Isola

di Leyna_s_heart
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio del viaggio. ***
Capitolo 2: *** Rio de Janeiro ***
Capitolo 3: *** Il tempo sull'isola. ***
Capitolo 4: *** Il gioco dell'assassino ***
Capitolo 5: *** Uno dopo l'altro ***



Capitolo 1
*** L'inizio del viaggio. ***


Capitolo uno: l’inizio del viaggio.

 

 

 

 

Rabbrividì. Un alito di vento gelido, che c’era solo nella mia testa, mi congelò la carne, le ossa e il sangue.

Nel Medioevo si diceva che il diavolo, dopo aver fatto un patto con lui, ti succhiasse fuori l’anima e il corpo fosse pervaso dal gelo, dal nulla. Ma credo che questo sia peggio!

Avevo appena stretto un patto con una persona peggiore del diavolo.

Avevo stretto un patto con…

 

 

Annabeth

 

 

Non ricordo esattamente come abbia accettato questo ingaggio.

Anzi proprio non so cosa mi sia preso. Non sono il genere di ragazza che spasima per partecipare ad un film stile grande fratello.

No. Sapevo perché l’avevo fatto, in realtà: i soldi.

Quelli che mi avrebbero permesso di andarmene da quella orribile casa e non dover più dipendere da mio padre.

Scrollai le spalle per cercare di cambiare i pensieri nella mia testa.

L’aereo  New York- Rio de Janeiro era appena decollate senza problemi e la grande mela stava sparendo sotto di noi.

Il film a cui avrei partecipato avrebbe visto me ed altri undici ragazzi e ragazze dai 15 ai 20 anni su un’isola fuori Rio dove dovremmo vivere per tre settimane insieme.

Il copione non esiste: puoi essere chi vuoi, fare ciò che vuoi –entro determinati limiti di legalità- e dire o non dire praticamente tutto o niente.

Sopra i sedili si spensero i segnali luminosi, così slacciai la cintura di sicurezza e mi legai i capelli biondi in una coda alta.

Lanciai uno sguardo alla hostess, avrei volentieri bevuto qualcosa vista la lunghezza del viaggio.

Ma davanti agli occhi mi comparve una ragazza dai capelli fiammeggianti.

“Ciao!” mi sorrise. “Devi essere una di noi.”

Studiai la ragazza che nel frattempo aveva preso posto accanto a me. Aveva dei capelli ricci ed indisciplinati color del fuoco, un viso spruzzato di  lentiggini e dai vestiti macchiati di colore, dedussi fosse un’artista.

“Ho azzeccato, vero?” ridacchiò.

Annuì.

“Rachel D..” si bloccò e ridacchiò ancora “niente cognomi, giusto?”

“Già. Solo il nome. Io sono Annabeth.”

“Trovo ridicola questa regola, ma..” fece una pausa ad effetto con aria teatralmente triste “.. le regole non le stabiliamo noi. Lui si però!”

Mi mise in mano un articolo dove parlava del regista del nostro film, Zeus Olympus.

Era una specie di stella, famoso e acclamato, ma anche molto odiato e vessato.

Più per la sua vita privata –i numerosi flirt e tradimento sotto la luce del sole- che per i suoi film –di solito più simili ad un mainstream che ad un film di nicchia come quello in cui avremmo partecipato-.

Diedi una rapida scorsa all’articolo, ma avendolo già letto non ci impiegai molto.

“Strano lanciarsi in un film così strano e di nicchia eh?!”

“Si, infatti.”

La cosa non mi convinceva, ma chi poteva capire cosa gli passava per la testa.

Scrollai le spalle. “Meglio per noi però.”

“Infatti. Avevo paura di non venire presa, anche perché non credo di aver fatto un super provino, ma a quanto pare.. Ed eccomi qui!”

Sorrisi. Rachel metteva il buon umore.

“Certo, la parte dell’oggetto da portare con sé, è stato una rogna. Non sapevo cosa portare!”

Annuì sperando di sembrare complice, ma in realtà per me era stato facile. C’era solo una cosa che volevo con me.

“Annabeth, guarda” Rachel stava tirando il mio braccio e indicando una ragazza. “Sicuramente lei è una di noi!”

La ragazza in questione, probabilmente sentendosi osservata, alzò lo sguardo –scuro, tanto da sembrare nero- con espressione tra l’annoiato e il superbo e ci osservò a sua volta.

Per un paio di secondi parve trovarci interessanti, poi però spostò lo sguardo annoiata e si sistemò la treccia scura e notai che un leggero sorriso le si formò sulle labbra come derisorio.

“Ok, miss simpatia sarà uno spasso. Dio, spero non sia davvero con noi!”

Tornai a riportare lo sguardo davanti a me e notai che stavano dando un film per i passeggeri.

“Forse ne ho beccato un altro dei nostri.”

Rachel era seduta sul sedile e si stava guardando attorno come una bambina.

“Guardalo. Sembra pure figo! Oh ti prego fa’ che sia uno di noi!” stringeva le mani a mo’ di preghiera.

Girai lo sguardo di malavoglia, ma fu allora che lo vidi.

Era qualche fila dietro noi. Aveva i capelli neri e arruffati, come fosse appena uscito dall’acqua e gli si asciugassero i capelli col sole e la pelle abbronzata di chi ama l’aria aperta.

Stava leggendo la rivista dell’aereo, ma sentendosi osservato alzò lo sguardo.

Invece di guardare entrambe, puntò gli occhi solo su di me.

Dio che occhi!

Persi un battito del cuore quando rischiai di annegare in quegli occhi verde mare.

Poi sorrise.

Qui il mio cuore riprese a battere più veloce del solito.

E mi accorsi di ricambiare il sorriso.

“Spero sia uno di noi! Dai, vieni con me a parlare con lui?”

Mi bloccai.

“No, resto qui a guardare il film.”

Avevo paura ad andargli vicino.

Sarebbe finita male.

Come l’ultima volta.

Rachel andò da sola e sentivo la sua risata da lontano.

Mi concentrai sul film, sperando di arrivare presto a Rio.

 

 

 

 

 

 

Salve!

Questa è la prima volta che scrivo in questo fandom, quindi ci provo.

Adoro la saga e ammetto che appena finito di leggere il libro da cui ho tratto la storia ( Anger di Isabel Abedi) ho iniziato a ricamarci sopra.

Per ora ho mostrato solo quattro dei dodici, ma immagino non abbiate avuto problemi a capire chi fossero.

Il cognome di Zeus è assolutamente random.

Se avete altri suggerimenti accetto.

Non dovrebbero esserci errori, ma del caso avvisate, grazie.

I personaggi, come ovvio, non hanno poteri e avranno età diverse rispetto a quelle del libro, per ovvi motivi.

Prossimo capitolo tra tre settimane o un mese.

Se voleste lasciare un commento positivo, negativo, neutro.. anche la bandierina color arcobaleno va bene.

 

Buon inizio di scuola a tutti!

 

 

Snow White Queen

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Capitolo 2
*** Rio de Janeiro ***


Capitolo due: Rio de Janeiro.

 

 

Annabeth

 

L’atterraggio fu tranquillo. Nel frattempo mi ero dovuta sorbire tre film che lasciavano molto a desiderare come trama, attori ed effetti speciali, ma non c’era altro che potessi fare.

Rachel non era più tornata. Probabilmente aveva passato il volo a chiedere ad ogni persona giovane se era nel film con noi.

Le persone presero i loro bagagli a mano mentre decisi di aspettare un attimo prima di scendere, era inutile correre all’uscita visto che era già congestionata da turisti già con la macchina fotografica in mano.

Appena l’aereo si fu metà svuotato, mi alzai e tirai giù il piccolo zaino che avevo con me, mi voltai per uscire dal mio posto e la ragazza dai capelli scuri che avevo visto con Rachel mi passò davanti con passo da imperatrice.

Indossava una camicetta senza maniche e dei pantaloncini scuri ma dal taglio elegante, abbigliamento che trovai poco adatto al luogo dove andavamo.

Non mi degnò neppure di uno sguardo.

Non ero solita dare giudizi affrettati e sulla base delle sensazioni ‘a pelle’, ma non ero sicura che mi sarei trovata bene con una ragazza così.

Aspettai che le persone che stavano già procedendo verso l’uscita continuassero senza inserirmi in mezzo.

“Prego, passa pure.”

Spostai lo sguardo verso il ragazzo che mi stava lasciando passare e riconobbi essere quello che mi era stato indicato da Rachel. Il ragazzo dagli occhi di mare.

“Grazie.” Gli sorrisi come una scema e mi incamminai in fretta per evitare di restare lì a fissarlo come una pirla.

Sentivo la sua presenza proprio dietro di me.

La hostess, con un sorriso stanco, mi augurò buona permanenza – avevo studiato un po’ di portoghese per non farmi trovare del tutto impreparata – e non appena uscì dal abitacolo iper-ventilato fui bloccata da un muro di umidità e caldo impressionante.

“Più caldo del previsto, non trovi?”

“E’ l’umidità a far percepire una temperatura maggiore, ma di solito a dicembre non ci sono più di 28 o 30 gradi.” Risposi con tono quasi annoiato.

“Ti sei ben informata vedo.”

“Si detesto partire impreparata.”

“Non so perché me lo aspettavo!” mi rivolse un sorriso bellissimo che non potevo che ricambiare..

“Tu sei partito alla sprovvista immagino.”

“Esatto! L’unica cosa che mi interessava era qui il mare è splendido!”

“Sei proprio una testa d’alghe!” gli risposi facendogli la linguaccia.

“E tu sei una sapientona, scommetto che potresti dirmi tutto del Brasile!”

Ridacchiai. “Colpita!”

Eravamo arrivati già alla fine della coda sotto il cartello estrangeiros, stranieri e dovetti distogliere la mia attenzione dal ragazzo e consegnai i miei documenti e il foglietto che l’assistente di New York di Zeus –Mr D.. D qualcosa- ci aveva consegnato. La guardia che controllava fece una smorfia, non ero la prima ad esibirlo e si vedeva che la trovava una cosa molto stupida. Ma mi restituì i documenti e mi disse “Pode passar. Bem vindo ao Brasil.”.

Lo ringraziai e feci pochi passi avanti per arrivare all’ingresso della sala arrivi e aspettare.. Dei! Non sapevo neppure il suo nome.

“Mi hai aspettata, grazie!” mi disse con quel sorriso sulle labbra.

Mi sentivo un po’ scema a ricambiare sempre.

“Non ti ho chiesto il tuo nome, testa d’alghe.”

“Percy. E tu sapientona?”

“Annabeth.” Gli porsi la mano.

“E’ strano non poter aggiungere il cognome.”

“Anche Rachel l’ha detto.”

“la rossa stramba?”

Annuì. “Non sono l’unica che ha avuto l’onore di conoscerla.”

Rise. Dei che risata!

“Si ma mi sembra una a posto! Un po’ come te, sapientona.” E mi rivolse un occhiolino.

Ovviamente arrossì e per distogliermi dal imbarazzo indicai avanti.

“Eccoli là i nostri compagni d’avventura.”

C’erano tre persone ad aspettarli con un cartello su cui era scritto isola – era stato scelto il termine in italiano perché, secondo il registra, dava più un senso di isolamento-: uno dei tre era una ragazzo alto e di colore, accanto a lui, tenendolo per mano –probabilmente stavano insieme- una bella ragazza dai capelli scuri e poi c’era un uomo su una sedia a rotelle.

Prima che ci avvicinassimo abbastanza la voce squillante di Rachel si fece sentire.

“Annabeth! Percy! Venite!”

Alzai gli occhi con un sorriso sulle labbra come per dire ‘ed eccoci finiti nel circo’ e Percy ridacchiò.

Con noi notai c’era pure la bella ragazza dai capelli scuri che stava un po’ in disparte con un ragazzo dall’aria sdegnosa: era biondo chiarissimo, la pelle quasi traslucida e gli occhi azzurro slavato.

“Dai, vi presento un po’ di persone” e dicendo questo intendeva tutti.

Prese Annabeth per il braccio, seguite da Percy, e la portò da un gruppetto di due ragazze e due ragazzi.

La prima ragazza aveva l’aspetto di una nativa americana con la pelle scura, i capelli cioccolato dal taglio asimmetrico intrecciati con piume e degli occhi che sembravano cambiare colore tra il blu, il verde e il marrone. Era vestita con una maxi maglia e degli shorts, un look un po’ hipster insomma.

“Sono Piper, piacere” rispose dopo essermi presentata.

“Ed io sono Leo! Meglio noto come il tuo sogno segreto, bellezza!”

Ridacchiai divertita, mentre Piper sollevava lo sguardo al cielo come in cerca di aiuto ma anche lei pareva divertita.

Leo era un ragazzo di origine messicana dai capelli neri e ricci con l’aspetto da elfo di Babbo Natale –aveva pure le orecchie a punta! -, con mani e occhi sempre in movimento. Doveva essere decisamente iperattivo. Mi annotai mentalmente di non dargli caffeina o cose che potessero metterlo ancora di più in agitazione.

Accanto a loro c’erano un ragazzo con il braccio della ragazza appoggiato sulla spalla: lui aveva i capelli a spazzola biondi, un bel viso con una piccola cicatrice al labbro che lo rendeva più carino se possibile e due occhi azzurri come il cielo carico di fulmini. Indossava una maglietta di superman e dei bermuda, ma aveva un che di militare. La ragazza sembrava uscita da un concerto rock con tanto di maglietta di un band famosa. Aveva i capelli neri e corti ed era davvero carina. Aveva degli occhi azzurri che..

“Aspettate, ma voi siete..?” dissi indicandoli.

Lei rise. “Indovinato! Io sono Talia e lui mio fratello Jason.”
Nel frattempo erano arrivati tutti – un ragazzo dai tratti orientali molto alto, una ragazza minuta e di colore, un ragazzo che sembrava un emo o punk o.. ah! Non sono esperta di queste cose!- e l’assistente di Zeus, Chirone, l’uomo in carrozzina, ci scorto alle auto e ci disse di dividerci in tre gruppi e salire.

Percy ed io ci separammo.

Lui salì in auto con il ragazzo pseudo emo con cui aveva già legato e l’asiatico e la ragazzina di colore.

Piper stava seguendo Jason, inseguita da Leo che pareva divertirsi un mondo a prenderla in giro, mentre Talia se la rideva a vedere suo fratello e la ragazza arrossire.

Quindi Rachel mi prese per il braccio.

“Siamo tu ed io socia!”

“Già. Ma che compagnia!”

Guardai la ragazza dai capelli neri intrecciati –doveva avere origini italiane o comunque mediterranee- e il ragazzo albino e sperai che il tempo passasse in fretta.

Mi ritrovai seduta accanto al finestrino –dei grazie!- mentre la mora si sedeva davanti e Rachel era stretta tra lei e il biondo col quale iniziò a battibeccare da subito –perché mi volete così male dei?!-.

Auto strombazzanti, confusione di persone, sirene di ambulanze o polizia unite alla voce squillante di Rachel e gracchiante del biondo non aiutavano.

L’aria era un miscuglio di umidità, odore di salsedine e smog che mi stava facendo rimpiangere il panino preso sull’aereo.

Potevo vedere oltre lo skyline il Cristo che dominava Rio. Era impressionante.

L’auto si bloccò di scatto mettendo alla prova le cinture di sicurezza.

“Che succede?”

“C’è stato un problema all’auto davanti.”

“Ma per gli dei! Non potevamo passare da un’altra parte?” intervenne il biondo rabbioso.

“Perché dove siamo?”

Guardai fuori e ebbi la risposta prima ancora che la mora potesse dirlo “La favela.”

Le case colorate tutte accozzate tra loro, il degrado e lo sguardo così vuoto delle persone ne era la prova. Lì circolava più droga che amore.

Appena ripartimmo dopo pochi minuti, voltai lo sguardo per sbaglio, fu proprio un puro caso.

Mi accorsi che una persona camminava accanto a noi sul marciapiede.

Indossava canottiera e bermuda e aveva un cappellino calato sul volto, ma il mio sguardo non lo mollava.

Aveva i capelli biondi e gli occhi blu.

Una lunga cicatrice sulla guancia.

Normalmente non ci avrei fatto caso. Un comune turista.

Se non fosse che lo conoscevo.

Era Luke!

Ripartimmo troppo in fretta per reagire in alcun modo e mi massaggiai la testa per tutto il viaggio.

C’era davvero qualcosa che non funzionava in me.

Era quasi sera quando arrivammo al locale accanto al porto in cui avremmo aspettato la barca. Tutti gli altri erano già arrivati e stavano mangiando.

“Siete arrivati.” Ci sorrise Chirone.

Rachel per fortuna rispose per tutti. “Si abbiamo folleggiato per Rio! Mica come voi!”

Il biondo sbuffò infastidito e si beccò un pugno da parte della rossa.

“Questo era da un po’ che aspettavo di dartelo!”

Non rivolsi più la mia attenzione a loro, visto che Percy mi chiamava e mi sedetti accanto a lui.

“Ti ho tenuto il posto.” Mi sorrise incoraggiante, ma l’immagine di Luke era lì.

Mi scrutò un attimo serio.

 “Tutto bene?”

Probabilmente mi ero sbagliata, poi Luke non era di sicuro lì a Rio.

Annuì scacciando i pensieri e sorridendo. “Certo testa d’alghe! Non dirmi che ti preoccupi per me?”

“Sempre sapientona. Si sa mai che combini!”

Risi con lui. Mi sentivo meglio.

“Allora ragazzi, benvenuti a questo documentario. Io sono Silena Beauregard e lui Charles Beckerford noi siamo gli aiuto assistenti che in caso di aiuto verranno da voi quando sarete sull’isola.” Disse la bella ragazza dai capelli scuri indicando lei e il ragazzo di colore. “Mentre il signor Chirone lui sarà insieme al signor Olympus a controllare i monitor. Quindi siete perfettamente e costantemente al sicuro.”

Sorrise dolcemente. Capii perché avevano fatto parlare lei, aveva una voce dolce e bassa che ti avrebbe convinta a fare tutto.

“Ora vorrei faceste una cosa prima di partire..”

Un cameriere si rivolse a lei. “Posso servì-los?”

Lei annuì e due o tre camerieri servirono del cibo freddo e delle bevande zuccherate e alla frutta.

“Stavo dicendo” riprese mentre noi mangiavamo “sul’isola potrete fare tutto come avete letto dal regolamento, tranne per alcuni divieti: niente alcol, niente droghe, niente violenza fisica o psicologica, né sesso.”

Un brusio si alzò da tutti, ma Silena alzò la mano per fermarlo.

“Noi saremo sull’isola accanto, ripeto e in qualunque caso saremo disponibili.”

Si avvicinò Chirone.

“Ora vorrei faceste una cosa, ragazzi. Dovrete guardare la telecamera e dire: mi chiamo..,ho.. anni e sull’isola porto con me ..”

“A cosa vi serve?” chiese Rachel.

“Come incipit per il film e per presentarvi. Pronti? Cominci tu?”

Era rivolto a Percy che annuì. Il cameraman si piazzò davanti a lui.

“Mi chiamo Percy, ho 17 anni e sull’isola porto con me una penna.”

Rimasi spazzata? Una penna? Che senso aveva? Ma mi riscossi, magari aveva un significato nascosto.

“Avanti.”

Mi sistemai sulla sedia.

“ Mi chiamo Annabeth, ho 17 anni e sull’isola porto con me il mio libro preferito.”

“Bene, il prossimo.”

“Mi chiamo Jason, ho 16 anni e sull’isola porto con me una moneta.”

Ook, di cose strane da portare su un’isola deserta ce ne sono.

“Mi chiamo Talia, ho 19 anni e sull’isola porto con me il mio cd preferito.”

Più li osservavo più notavo sottili somiglianze. Alla grande uno poteva dire che a parte gli occhi non avessero altro, ma non era così. Era il modo di fare, di inclinare il capo o muovere le mani.

Fu il turno della ragazzina di colore. Aveva gli occhi di un incredibile color dorato e i capelli color castano chiaro.

“Mi chiamo Hazel, ho 15 anni e sull’isola porto con me una collana.”

Poi si passò al ragazzone cinese col viso da bambino.

“Mi chiamo Frank, ho 17 anni e sull’isola porto con me un bastoncino.”

Arrivò il turno del biondo.

“Mi chiamo Octavian, ho 17 anni e sull’isola porto con me un orsacchiotto.”

Mi trattenni a stento dal ridergli in faccia, cosa che invece non riuscì a Rachel che se la rideva.

“Ma che diavolo? Stai scherzando?” e riprese a ridere.

“Beh che c’è? Non che voi portiate cose più utili è?”

Chirone richiamò all’ordine. “Ok, basta! Ognuno porta ciò che vuole. Andiamo avanti.”

“Mi chiamo Rachel, ho 17 anni e sull’isola porto con me il blocco da disegno e la matita.”

“Pff. E questo credi sia utile?”

Chirone li zittì. “Smettetela!”

Fu il turno del ragazzino dai capelli scuri.

“Mi chiamo Nico, ho 15 anni e sull’isola porto con me una foto.”

Si passò alla ragazza con la treccia.

“Mi chiamo Reyna, ho 16 anni e sull’isola porto con me una foto.”

“Di chi porti la foto?” le chiese Leo seduto a fianco a lei.

“Non sono affari tuoi!” rispose irritata. “Va’ avanti!” gli ordinò.

Lui non parve prendersela.

“Mi chiamo Leo, ho 16 anni e sull’isola porto con me la mia cintura per gli attrezzi.”

Finalmente qualcuno portava qualcosa di utile, anche se ero convinta che in caso di guasto ci fosse di sicuro sull’isola e che Charles sarebbe accorso a sistemare.

“Concludiamo.”

“Mi chiamo Piper, ho 16 anni e sull’isola porto con me katoptris.”

“ma non significa specchio in greco?”

“Si, ma non lo è.” Estrasse un coltellino che fece roteare e piantò sul tavolo con abilità, sorridendo dolcemente a tutti.

Chirone ci fermò dal continuare il discorso.

“Ora vi imbarcherete.”

La nave era piccola e chiaramente avrebbe portato solo noi. Il tramonto era inoltrato e il mare stava assumendo una sfumatura scura.

La barca partì senza problemi e il mare era tranquillo.

“Siamo proprio un bel gruppo, non trovi?” nonostante stesse parlando con me, Percy non distolse lo sguardo dal mare. Ne pareva incantato.

“Oh di sicuro. Meglio non far arrabbiare Piper direi.”

Rise con me. Vidi che si irrigidì un po’. E mi sporsi a guardare.

E là davanti a noi appariva l’isola.

 

 

Ok, puntuale direi.

Più rapidamente non posso postare. E’ difficile!

Ora avete tutti i personaggi e dal prossimo entriamo nel vivo della storia.

Grazie a tutti/e!

Siete stati troppo buoni a commentare, mettere tra preferite, ricordate e seguite o anche solo a leggere!

Non me l’aspettavo!

Vi lovvo tesori!

 

Ley.

 

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Capitolo 3
*** Il tempo sull'isola. ***


Capitolo 3: il tempo sull’isola.

 

 

L’attesa mi stava uccidendo.

Era da un po’ che aspettavo davanti i monitor, ma il traghetto non era ancora arrivato.

Tutte le telecamere erano accese e controllare più volte dai ragazzi di Zeus: tutto funzionante.

L’aria doveva essere fresca e sul molo c’erano le luci accese, che creavano delle inquietanti ombre nella foresta lussureggiante.

Quando infine vide la barca diretta all’isola, sentì lo stomaco chiudersi.

Eccoli!

Il grande momento era arrivato!

La barca ormeggiò.

Per primo smontò Percy. Alto, fisico da nuotatore, capelli neri e occhi verdi era decisamente un bel ragazzo e dal modo in cui porgeva la mano ad Annabeth era chiaro che ci fosse qualcosa tra loro.

La ragazza accettò la mano e si sistemò la coda bionda.

Dopo aver rivolto un sorriso al ragazzo, spostò quei suoi occhi grigio tempesta per analizzare cosa cerca in giro.

Poi fu la volta di Jason che stava ridendo e scherzando con sua sorella Talia – non notavo molte somiglianze tra i due-, Piper, la nativa americana e Leo, il latinoamericano.

Rachel scese senza smettere di parlare, sembrava non avere un freno alla lingua. I suoi capelli fiammeggianti danzavano nel vento e spiccavano nella notte. Dietro di lei scese Hazel che ridacchiava, Frank che non distoglieva lo sguardo dalla ragazza e Nico che sembrava seriamente annoiato.

Per ultimi scesero Octavian, con la sua solita espressione stizzita e Reyna con quel passo sicuro.

Il pilota ripartì, tranquillamente. I ragazzi restarono a guardare la barca per qualche istante, poi il gruppetto si mosse.

Ispezionarono la caletta, la scogliera a picco sula mare e la spiaggia costeggiata dalla foresta. Ovviamente nessuno stava realmente osservando il luogo, ma cercavano le telecamere.

Il loro nervosismo era palpabile quasi. Chi più chi meno.

Ora era tutto vero: ora erano sull’isola.

 

 

 

Rachel

 

Il gruppo procedeva così lentamente che mi uscì dalle labbra uno sbuffo.

“Già stufa di stare qui?” mi chiese Octavian.
“No, sono solo stufa di te. Cammini come mia nonna. E lei ha 85 anni.”

Stava per aprire la bocca, quando Reyna si intromise e disse “Non è un po’ troppo bello per essere il posto in cui fanno il programma di recupero per detenuti?”
“Cosa?” dissi.

“Davvero?” Percy ci raggiunse.

Reyna annuì. “Ho letto che viene usata per questo motivo, ma che Mr Zeus l’ha riadattata per noi.”
“Chissà quanto avrà speso.”

“Un capitale, Percy.”

“Oddei” esordì Octavia superandoci “Siete davvero irritanti”

“Ci stiamo allenando per stare al tuo passo!” gli urlai dietro.

Mi faceva uscire dai gangheri.

“Ma che simpatico.”

“Si concordo Percy.”

“Dovevamo essere un gruppo di sconosciuti, è ovvio che non possiamo starci tutti simpatici.”

“Si, vero, Reyna. Ma speriamo di andare d’accordo. Infondo dobbiamo restare qui per tre settimane, tutti insieme.”

Reyna annuì, aumentò l’andatura e raggiunse il gruppo.

Sentivo Annabeth che spiegava cosa fosse un giaco – un frutto con la polpa che sa di banana, ma che è meglio che non ti cada in testa-.

Voltai lo sguardo verso Percy che stava osservando la bionda con un sorriso sulle labbra.

“Dunque..” cominciai “Tu e Annabeth eh..”

“Oh, ehm, siamo arrivati.” Cambiò discorso imbarazzato il ragazzo.

L’edificio era grande e formato da tre blocchi: uno centrale dove c’erano cucina, una stanzetta per le necessità e un salone. L’edificio a sinistra erano le nostre camere e quello a destra dei maschi.

Dopo aver deciso all’unanimità che nessuno voleva la cena, ci ritirammo nelle stanze.

La camera era esagonale e c’era un letto per angolo, con una cassapanca infondo e dal soffitto cadevano dei baldacchini semitrasparenti.

I letti avevano i nomi sopra e il mio era tra Annabeth e Hazel.

Alla sinistra di Annabeth c’erano Talia e Reyna, mentre dall’altro lato Hazel e Piper.

Per prima cosa aprì la cassapanca e notai con gioia che la costumista aveva azzeccato la mia idea di look ideale con maglie grandi e pantaloncini semplici, si sa mai che mi sporchi disegnando.

Aprì lo zaino e tirai fuori blocco e matita, mi sedetti sul letto – era morbido come piace a me- e iniziai a buttare giù degli schizzi.

C’è da dire che quando disegno mi estraneo completamente dal mondo. Ma mi piace essere così presa nel disegno, far parte delle linee. Sentire che è il foglio a suggerirti cosa disegnare e tu sei solo lo strumento.

Ma come stavo dicendo mi perdo, spesso e volentieri.

“Rachel.”

Annabeth era di fronte a me in pigiama con un asciugamano in mano.

“Il bagno è tutto tuo.”

“Oh” cercai di connettere col mondo reale “è già il mio turno.”

“In realtà abbiamo già fatto tutte la doccia” indicò Hazel, Piper e Reyna che avevano già le luci spente “e le altre sono già a dormire.”

“Ah. Si, ok.” Mi alzai meccanicamente.

Intanto Annabeth tenendo tra le mani un libro di.. architettura?, ok ognuno ha i suoi gusti, stava parlando sottovoce con Talia.

“E’ strano pensare che qualcuno sta ascoltando tutto ciò che diciamo e osserva ciò che facciamo.” Disse la bionda.

“Si, ma cosa vuoi, probabilmente questi spezzoni saranno tagliati. Insomma noi che parliamo di cose sciocche non andrà nel film.”

“Lo spero.” Ridacchiò la bionda.

Io salì la scala a chiocciola accanto la porta e mi trovai nel bagno.

Piuttosto minuscolo: un lavandino con un piccolo mobiletto, una doccia e un gabinetto. C’erano ad una parete dei gancetti con i nostri nomi e appeso un asciugamano a testa.

Il bagno era stato creato per non passarci troppo tempo.

Aprì l’acqua della doccia pregando gli dei che ne fosse rimasta di calda. Per fortuna si.

L’acqua era un piacere dopo tutte quelle ore di aereo e il caldo che impregnava l’aria.

Improvvisamente rabbrividì.

Non perché l’acqua era diventata fredda, no.

Avevo come avuto un presentimento, un’illuminazione.

C’era qualcosa di sbagliato.

Sarebbe successo qualcosa di brutto, di tanto brutto.

Mi inginocchiai a terra, perché sentivo la testa troppo leggera e iniziavo a vedere offuscato.

L’acqua mi sembrava rossa di sangue.

Dei capelli biondi era sporchi di sangue. Cos..?

Chi..?

“Rachel!!”

L’acqua smise di bagnarmi e sentì due mani aiutarmi a tirarmi su.

“Rachel! Mi senti? Stai bene?”
la figura, familiare per altro, mi coprì con un asciugamano.

“Tutto ok?”

Dovetti sforzarmi per mettere a fuoco. Era Annabeth.

“S..” mi schiarì la voce “Si sto bene.”

“Cosa ti è successo?”

“Io..” esitai. Parlare del fatto che a volte ho questi episodi psicotici non aiutava di certo. “..Mi.. Mi sono addormentata.”

“Oddei e se battevi la testa?” espirò di frustrazione.

“Sto bene, tranquilla.”

“Riesci a vestirti?”

Annuì con più vigore. Annabeth si girò di spalle - per il mio pudore perché sono convinta avrebbe voluto controllare non cascassi a terra- e aspettò alla porta.

Mi rivestì e intrecciai i capelli così da non doverli asciugare col phon.

Annabeth mi guardò attentamente e cercai di sorridere al meglio.

“Ora andiamo a dormire.”

Scese la scala facendo attenzione a me.

Era davvero gentile.

L’unica luce accesa era la sua e ci permise di non cadere e svegliare tutti.

Mi infilai in fretta sotto le coperte e la luce fu spenta.

Mi rilassai un attimo, avevo ancora le mani tremanti e le membra deboli.

“Annabeth?”

“Si?”

“Grazie. Davvero.”

“Prego.”

Immaginai che sorridesse da come lo disse.

Chiusi gli occhi e cercai di addormentarmi in fretta, finendo, però, in un sonno agitato.

 

 

Jason

 

 

La mattina era calda e gli uccellini della foresta avevano deciso di tenere un concerto live a volume al massimo proprio fuori la casa, così finì che dovetti alzarmi presto.

Arrivai in cucina dove c’era Leo intento a cucinare per un esercito.

“Oh, hei! Buongiorno Superman!”

Sorrisi. “Buongiorno a te Leo.”

Era particolarmente irritante, ma allo stesso tempo non potevi non trovarlo divertente.

“Cosa vuoi di colazione? Lo zio Leo cucina di tutto e di più.” Disse con un inchino.

“Riesci a prepararmi qualcosa che non contenga animali? Sono vegetariana e un tè.”

Mi voltai e vidi Piper che si avvicinava al tavolo di vetro.

“Come vuole lei, miss mondo!” (la chiamava così nel libro, giusto? NDA) disse Leo “E tu?”

“Un caffè e quello che prende lei.”

Mi rivolsi verso di lei.

“Ciao!”

“Ciao!” mi rispose.

Era davvero una bella ragazza, anche se sembrava non farci caso. Anzi che volesse nasconderlo.

“Dormito bene?”

“Si, anche se poi c’è stata un po’ di confusione, si è risolto tutto. Da voi?”

“Praticamente mi sono addormentato appena ho appoggiato la testa sul letto.”

Leo riapparì e ci piazzò sotto il naso dei waffle al mango e le bevande.

“E non dimenticate la mancia!” e ci fece l’occhiolino.

Ridacchiammo entrambi mentre lui si avvicinava a Reyna, Frank e Hazel che stavano arrivando.

“Allora..” inizia dopo che avevamo quasi finito di mangiare.

“Si..”

“Un coltellino ti sei portata dietro..”

“Già, non si sa mai.”

“Mi sa che sei stata la più saggia.”

“Ne sono certa. Tu una moneta invece? Come mai?”

Tirai fuori dalla tasca la moneta.

“E’ una moneta romana d’oro che trovai mentre giravo per l’Italia quando ero piccolo. Ci sono affezionato. E’ un portafortuna potente.”

“Sei stato in Italia? Deve essere molto bella!”

“Già, ha un fascino che non si trova ovunque.” Misi via la moneta. “Ma è stato tanto tempo fa.”

Mi alzai visto che avevamo finito entrambi. “Facciamo una passeggiata?”

Stavamo diventando troppi e io volevo restare un po’ solo con Piper.

Dietro la casa si diramavano due sentieri uno portava più in basso verso le spiagge e l’altro verso i promontori nascosti dalla vegetazione.

Visto che in spiaggia c’erano già Percy e Annabeth, feci cenno di andare verso la foresta per non disturbare ed essere disturbati.

Gli uccellini continuavano a cantare quel motivetto beng-ci-vì.. beng-ci-vì.. beng-ci-vì..

“Che uccello diceva Annabeth che era questo che fa ‘sto verso?”

“E’ un pitango solforato. In Brasile si dice che il suo verso sia onomatopeico: ti ho visto.”

“Molto appropriato direi.”

“Allora mi racconti qualcosa di te?”

“Non c’è molto da dire.”

“Va bene una cosa qualsiasi e io in cambio ne dirò una a te.”

“Ci sto!” sorrise felina.

“Allora?”

“Beh.. finora ho passato tutto il liceo in un riformatorio.”

“Cosa? Perché?”

Questa non se l’aspettava.

“Ah-ha! Ora è il mio turno. Cosa mi racconti.” Aprì la bocca ma ci mise un dito davanti. “Fa’ in modo che sia interessante però o non ti dirò nulla più.” Era così vicina che se avessi voluto avrei potuto baciarla solo allungando il collo.

“Anche io non sto passando il liceo come tutti i ragazzi normali, ma in una accademia militare.” Prima che lei potesse dire altro. “E tu? Come ci sei finita al riformatorio?”
“Ho preso in prestito un auto.”

“Preso in prestito?”

“Si, proprio così. No! non guardarmi così, non scherzo! L’ho chiesta e il tizio me l’ha data.”

Sollevai il sopracciglio con un ombra di sorriso sulle labbra.

“Davvero. Solo che poi ha denunciato che l’avevo rubata, solo perché all’epoca ero minorenne e mio padre mi ha mandato là per rieducarmi” disse rieducarmi con una smorfia “solo che ora so maneggiare un coltellino, barare in ogni gioco e fare tante altre cosine non proprio carine.”

“Wow. Non me l’aspettavo, ma è una sorpresa. Io sono stato mandato all’accademia militare perché non volevano diventassi come Talia.”

“Cos’ha tua sorella che non va?”

“Nulla, è questo il punto! Solo che per i miei genitori sta diventando poco di buono e volevano che non succedesse pure a me, quindi..”

“A volte, i genitori si comportano peggio dei bambini e non ci ascoltano neppure.”

Si sedette a terra, triste e io mi sedetti accanto a lei e la abbracciai.

I nostri visi si avvicinarono..

“Jason!”

Reyna stava venendo a passo rapido verso di loro. Aveva i vestiti bagnati in alcuni punti.

“Oh, ci sei anche tu Piper.”sembrava davvero sorpresa.

Piper le rivolse un sorriso velenoso e io mi sentii tra due fuochi.

“Jason, ti cercavo.” Disse Reyna

“Come mai?”

“C’è bisogno di te per una cosa giù alla casa.”

“E gli altri cinque prestanti ragazzi non possono risolverla?”

“No.” sentenziò lapidaria Reyna.

“Hai almeno provato a chiederlo loro?”

Ok, stava per scoppiare una guerra e io non ne stavo neppure capendo il motivo.

“Reina!”

Reyna sbuffò.

Leo stava arrivando di corsa.

“Oh hai trovato miss mondo e superman, brava.” Le sorrise. “Però mi dispiace superman ma non potrai mostrare al popolo femminile quanto sei bravo, perché il qui presente Leo, l’uomo più amato dalle donne, ha già risolto tutto.”

“Davvero?” Reyna era scettica.

“Ah-ha!” annuì con orgoglio. “io e la mia super cintura” diede un colpetto alla cintura per attrezzi “possiamo tutto! Mhm dovrei avere anche io un soprannome da eroe, ma quale?”

Reyna sbuffò spazientita.

Piper invece intervenne. “Si, Leo l’aggiusta tutto.” E gli sorrise.

“Ma noo!” disse con una faccia triste.

“Eeh tardi! Ormai è stato coniato!” ribatté con un sorriso Piper.

Il mio stomaco si strinse in una morsa di gelosia.

Non mi piaceva che Piper e Leo andassero così tanto d’accordo.

“Quindi Reina, vieni. Possiamo lasciare questi due qua e tu puoi venire a lavare i piatti come hai promesso.”

“Non chiamarmi Reina, sono Reyna.”

“Ma Reina è più bello. Vuol dire regina in spagnolo.”

Sbuffò e sollevò lo sguardo al cielo.

“Su su non ringraziare così spesso gli dei per avermi messo sulla tua strada o saranno gelosi del mio successo.” Le fece l’occhiolino e con delicatezza la spinse sul sentiero davanti a sé.

“Oh ti prego. E non ti prendere certe libertà!”

“Come vuole la mi reina.” Ridacchiò e la seguì.

Piper sembrò rilassarsi e si appoggiò a me, che la strinsi.

Non capivo le donne!

 

 

Nico

 

Mi alzai e non c’era ormai più nessuno nella stanza, vestito – di nero come mio solito-, andai in sala comune.

Lì trovai Hazel e Frank che stavano asciugando il pavimento e chiacchierando amorevolmente –rabbrividisco al solo pensiero-, Reyna stava immobile, assorta nei suoi pensieri, ad osservare fuori la finestra e Rachel non le staccava gli occhi di dosso mentre la sua mano correva come danzando sui fogli bianchi, probabilmente la stava ritraendo.

Mi sedetti al tavolo –che notai essere tondo, cosa piuttosto strana – quando Leo comparve al mio fianco.

“Buongiorno a te!”

“Si si ‘giorno.”

“Allora cosa prendi di colazione?”

“Un caffè.”

“Solo quello?”

“Si.”

“Sicuro?”

“Si.”

“Non sei di molte parole.”

“No.” cominciavo a spazientirmi.

“S..”

“Il caffè?”

“Arriva arriva, ragazzo dei silenzi!” sparì in cucina e tornò con una tazza.

Sperai che non mi parlasse ancora e gli dei risposero al mio appello perché entrò Octavian che assorbì l’attenzione di Leo che stava cercando di dargli da fare alcuni lavori.

Quatto quatto uscì dalla casa e mi diressi alla spiaggia.

Mi sedetti al margine tra la foresta e la spiaggia osservando Percy che insegnava ad Annabeth a surfare.

Mi sedetti e tirai fuori la foto che avevo portato dalla tasca.

Era l’unica foto che avevo con la mamma, Bianca e me.

Dei, quanto gli mancavano.

Era un peccato che fossero morte loro al posto di quell’uomo. Perché non lo chiamava padre o papà da tanti anni ormai.

“Sono la tua famiglia?”

Sobbalzai e nascosi la foto.

“Nico, giusto?”

“Talia, vero?”

“Azzeccato, ragazzino. Scusa se ti ho spaventato.”

Si sedette accanto a me, come nulla fosse.

“Chi erano?”

Non risposi. Non erano affari suoi, dannazione!

Però un parte di me, aveva bisogno di parlarne con qualcun altro.

“Loro.. loro sono mia mamma e mia sorella Bianca.” Sussurrai, porgendole la foto.

Conoscevo a memoria i loro volti.

I capelli neri e occhi scuri, la pelle olivastra che mostrava le origini italiane, erano gli stessi miei.

“Sembrate..” si fermò un attimo “..felici.”

“Lo eravamo.”

“Cos’è successo?”

“C’è stato un incidente d’auto e loro.. ma lui non.. lui non..”

Le parole mi morivano sulle labbra, ma Talia mi guardò come capisse con quegli occhi azzurri così tempestosi.

“Anche mia madre è morta qualche anno fa.”

“Mi dispiace.”

“A me no. Non sono sicura ci volesse bene. Poi ha spedito Jason a quella stupida accademia militare e io non ho potuto vederlo per anni.”

Nella sua voce c’era la stessa rabbia che provavo io.

Le presi la mano.

Capivo l’amore che provava per suo fratello, quell’amore che ti avrebbe fatto fare tutto.

Lo provavo pure io.

Restammo lì a guardare il mare, con Percy e Annabeth –che non si accorsero neppure di noi, per la cronaca-, finché Rachel non venne a chiamare tutti noi perché era ora di pranzo.

Talia partì spedita e ci unimmo alla pseudo coppietta felice che parlavano allegramente, io restavo un po’ indietro.

Talia però si fermò e si voltò lasciando spazio tra noi e Percy con Annabeth.

“Grazie.” Mi sorrise.

“No, grazie a te.” Ricambiai il sorriso.

Lei mi piaceva.

Appena fummo tutti seduti attorno al tavolo, prima che venisse servito il pranzo –pasta coi frutti di mare e “Si Piper per te l’ho fatta coi pomodorini”-, mi accorsi di una cosa.

“Vi siete accorti dell’occhio?”

“Quale occhio?” chiese Percy accanto a me.

“Questo.” Indicai il centro del tavolo.

“Ma cosa?” perfino Leo si era avvicinato.

Non so come nessuno l’avesse notato prima, perché era piuttosto evidente.

C’era una specie di forma a mandorla bianca con un cerchio azzurro chiarissimo e una pupulla nera piccolissima in mezzo.

Hazel si abbassò per guardare sotto il tavolo.

“Hei! C’è un cassetto qua sotto!”

“Dai aprilo.”

Lo aprì con qualche difficoltà, ma poi ne estrasse una busta di carta gialla di quelle grandi come un A4.

“Cos’è?” chiese Rachel.

“Lo scopriremo ora.” Disse Percy che si era fatto passare la busta e l’aprì.

Fuori gli uccellini cantavano senza sosta: beng-ci-vì..beng-ci-vì..beng-ci-vì..

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ottimo!

Ed eccomi qui con un nuovo capitolo, che sta per entrare nel vivo della storia.

So che è stato un capitolo palloso, ma volevo parlare un po’ dei personaggi e buttare qua e là degli accenni della loro vita.

Poi non posso sempre usare POV Annabeth, no?

Lo so, con gli altro Pov è ancora peggio perché diventa sempre più OOC, ma capitemi.

Voglio ringraziare tutti voi per aver letto, chi mi ha messa tra seguite, preferite e da ricordare e pure i commenti: GRAZIE!! <3

Siete la mia gioia!

Il prossimo capitolo tra due settimane.

Se ci sono errori/orrori avvisate che modifico.

Visto che non mi passava nulla a scuola oggi ho abbinato i personaggi ad attori che mi piacerebbe vedere come loro interpreti.

Cosa ne dite?

 

Ley.

 

 

 

Percy – Logan Lerman

 

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Annabeth – Alexandra Daddario

 

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Jason – Austin Butler

 

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Piper – Victoria Justice

 

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Leo – Tyler Garcia Posey

 

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Reyna – Lucy Hale

 

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Octavian – Jack Gleeson

 

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Rachel – Bella Throne (immaginatela con gli occhi verdi)

 

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Frank – Tim Jo

 

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Hazel – Amandla Ludwig

 

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Nico – Skander Keynes

 

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Talia – Kaya Scodelario (immaginatela coi capelli corti)

 

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Capitolo 4
*** Il gioco dell'assassino ***


Capitolo quattro: il gioco dell’assassino.

 

 

 

Reyna

 

Beng-ci-vì.. beng-ci-vì.. beng-ci-vì..

Odiavo quei dannati uccellacci del malaugurio.

Sentivi solo il loro dannato verso che riempiva il silenzio mentre Percy sfogliava il piccolo quaderno dentro la busta che avevamo trovato sotto il tavolo.

“Allora?”

L’impazienza di Leo mi irritava e rendeva più nervosa di quanto non fossi.

O forse bastava il semplice fatto che fosse appoggiato allo schienale della mia sedia e continuasse a muovere le mani come tenendo il tempo.

“Sono.. Sono le istruzioni per un gioco..”

“Un gioco?”

“Che gioco?”

Un accozzaglia di voci iniziarono a levarsi tutte contemporaneamente e a porre domande, cosa che non mi aiutava.

Leo continuava ad agitarsi e a muovere la mia sedia.

Dei, perché avevo deciso di partecipare a questa pagliacciata?!

Guardai attentamente uno ad uno e notai che l’unico che sembrava irritato dal rumore come me era Nico. Ci scambiammo uno sguardo di comprensione.
“Ok, bene.” Dissi facendo in modo di ottenere l’attenzione di tutti “direi che vi siete espressi abbastanza voi e che forse Percy andrebbe ascoltato.”

Percy mi sorrise “Grazie Reyna!” e io ricambiai.

Era una delle poche persone che lì mi piacevano.

Sentii Octavia accanto a me borbottare sottovoce irritato e Leo, ancor appoggiato allo schienale della mia sedia,  fargli segno di tacere.

“Allora ci siamo tutti direi, no?”

“Si, Percy, siamo tutti.”

“Uno del gruppo dovrà leggere le regole ad alta voce.”

Rachel scattò in piedi. “Io! Io!”

“Volevo farlo io!” sbuffò Octavian.

“Non credo tu abbia la voce da profezia. O almeno non come la mia.”

“Voce da profezia.. Tsk!”

Sospirai sempre più irritata.

“Voi due smettetela! E tu, Leo, va’ a sederti!”

“Agli ordini, mi reina!”

Non sembrava minimamente turbato dal mio tono.

Rachel intanto si era fatta passare il quadernetto.

“Comincio..” prese un bel respiro e iniziò a leggere con davvero una voce da profezia.

“Alla lettura delle seguenti regole del gioco dovranno essere presenti tutti i membri del gruppo. Le regole verranno lette ad alta voce da una persona scelta dai compagni. Nessuno dovrà interrompere la lettura.”

Si fermò per pausa ad effetto e riprese.

“Ambientazione

In mezzo al Atlantico c’è un isola solitaria che ha il nome di Isola. Qui dodici ragazzi si riuniranno per un periodo stabilito. Uno di essi sarà l’assassino. In segreto sceglierà le sue vittime e le condurrà in un nascondiglio dell’isola finché tutti saranno spariti a eccezione di lui.

Numero dei giocatori

Dodici.

Materiale del gioco

Una guida con le istruzioni e dodici buste chiuse contenenti carte da gioco. Undici di queste carte indicano la vittima, la dodicesima è quella dell’assassino. Sulla sua carta sarà scritto anche in quale nascondiglio dovrà condurre le sue vittime. Il nascondiglio è stato scelto perché sia comodo per l’assassino e impossibile a riconoscersi per il resto del gruppo.

Preparativi del gioco

La scelta delle vittime e dell’assassino avverrà in maniera casuale. A tale scopo, prima dell’inizio del gioco le buste chiuse verranno sparse sul tavolo. Ogni partecipante ne sceglierà una e si apparterà per leggere la propria carta in un luogo riservato. Sono esclusi doccia, WC e spogliatoio.

Quindi ogni giocatore rimetterà la propria carta nella busta e si recherà alla cassetta postale nera dietro la casa principale. Una volta che tutti i partecipanti saranno presenti, le buste verranno imbucate nella cassetta.

Inizio del gioco

Il gioco avrà inizio non appena tutte le carte saranno state imbucate.

Compito dell’assassino

L’assassino potrà entrare in azione in qualunque momento del giorno o della notte e su tutta l’isola. Sceglierà le proprie vittime singolarmente e nella sequenza che preferisce, facendo però attenzione a non farsi scoprire dagli altri concorrenti. Ecco come dovrà procedere: stringerà il polso sinistro della vittima prescelta, la condurrà segretamente al nascondiglio e la lascerà là da sola. Un segnale dall’isola vicina annuncerà che la vittima è stata eliminata con successo. Tale segnale sarà rappresentato da una sirena da nebbia udibile da tutti i concorrenti. Solo una volta dato tale segnale l’assassino potrà passare alla vittima successiva. Se riuscirà a eliminare in questo modo tutte le vittime, sarà dichiarato vincitore del gioco.

Compito delle vittime

Le vittime potranno muoversi liberamente sull’isola finché non saranno catturate. Non appena l’assassino avrà afferrato per il polso sinistro la vittima prescelta, questa dovrà seguirlo nel nascondiglio. La vittima non potrà opporre resistenza o attirare su di sé l’attenzione del resto del gruppo con grida o rumori. Nel nascondiglio, la vittima dovrà attendere che qualcuno dall’esterno venga a prenderla, quindi sarà prelevata dall’isola e rimpatriata. In ogni caso, i genitori o i tutori saranno informati. Chi dovesse nutrire sospetti sull’identità dell’assassino non dovrà farne parola con il resto del gruppo, però gli sarà consentito tentare di evitarlo. La o le vittime che dovessero riuscire a non farsi catturare dall’assassino saranno dichiarate vincitrici del gioco.

Fine del gioco

Il gioco si concluderà quando l’assassino avrà eliminato tutte le vittime. Se non dovesse riuscirci entro tre settimane, al gioco messa fine dall’esterno. Con il termine del gioco ha fine anche la permanenza sull’Isola. I giocatori sfuggiti all’assassino verranno prelevati in barca.

Norme particolari

Per tutta la durata del gioco non è ammesso alcuna forma di violenza, né da parte dell’assassino né da parte delle vittime. Il gruppo si impegna a custodire le proprietà personali (l’oggetto) delle vittime nella relativa cassapanca alla oro partenza dall’isola. Se fra tali proprietà dovesse rientrare un essere vivete, i sopravvissuti dovranno essere tenuti a provvedervi fino alla fine del gioco. Se l’ultimo a sopravvivere sarà l’assassino, tale compito tocca a lui. Ogni infrazione alle regole comporterà l’interruzione automatica del progetto cinematografico. Il giocatore che avrà infranto le regole dovrà rientrare in patria a proprie spese e rinunciare altresì al proprio ingaggio. Lo stesso vale se uno dei membri del gruppo dovesse rifiutarsi di prendere parte al gioco.”

Il silenzio invase la casa.

Tutti si guardavano intorno con circospezione e sorpresa.

“Direi che la cosa si fa interessante.”

“Ma quale interessante e interessante, Testa d’alghe!”

“Perché no sapientona?”

“Forse perché siamo appena arrivati e rischiamo già di tornare indietro.”

“Esatto, Hazel ha ragione.”

“Grazie Frank.” Si sorrisero a vicenda.

“Non ci pagheranno nulla di ingaggio se veniamo cacciati già oggi.”

“Paura, Ocatavian?”

“Zitta, Rachel!”

Mentre tutti discutevano sulla bastardaggine di questo gioco, un’unica persona disse la cosa più intelligente: Nico.

“E se non ci stessimo?”

“Il progetto sarebbe interrotto.” Gli fece notare Annabeth.

“Non intendevo questo, ma nel senso non dobbiamo iniziare ora.”

“Non capisco.”

“Ma si è ovvio! Nessuno ci costringe a iniziare ora il gioco, ma possiamo pure farlo anche l’ultimo giorno.”

“Vero! Sul regolamento non c’è nulla contro questo.”
Non avevo ancora detto nulla, ma non ero sicura che Zeus sarebbe stato felice di questa cosa.

“Per me invece sarebbe divertente.” Dissi

“Nonostante tutto” Piper calcò sulla prima parte con un occhiataccia verso me “Reyna ha ragione, potremmo divertirci.”

“Farci dare la caccia da un assassino su un isola deserta? Davvero?” replicò Talia.

“Si, sorellona. Perché no? infondo non morirà nessuno.”

“Si, giusto anche questo.”

“Sentite” li interruppe Percy “prendiamoci il pomeriggio per decidere e stasera voteremo cosa fare, no?”

Tutti annuimmo.

Il resto del pranzo lo passammo in silenzio e appena finito Leo, Piper e Jason lavarono i piatti.

Io nel frattempo mi diressi in camera e mi lasciai cadere sul letto.

La mia decisione era un si, ma facendo un conti avrebbero vinto i no.

Non ci tenevo però a passare tre settimane qui con queste persone senza avere nulla da fare di meglio che non ‘conversare amabilmente con loro’.

Sospirai stizzita.

La porta si aprì e vidi Hazel con Rachel al seguito.

“Oh scusaci Reyna!” il sorriso di Hazel era caldo.

Lei e Rachel avevano gli stessi capelli ricci e voluminosi, solo che una li aveva col castano –un po’ come chiaro e scuro- e l’altra rosso fiamma.

“Non è un problema, me ne vado io.”

Feci per alzarmi, ma Rachel si piazzò davanti a me.

“No! No! tu resti qui!”

“Che?”

Si sedette sul suo letto e prese il suo blocco da disegno.

“Hazel, va’ vicino a Reyna!”

La ragazza si sedette accanto a me sorridendo.

Il suo sguardo cambiò, come perso iniziò a fissarci. Ma non in modo insistente, vedendo in noi solo forme e linee.

Il silenzio si protrasse e mi maledii per non sapere di cosa mai parlare con le persone.

“Che carina la foto che ti sei portata.” Disse Hazel rompendo il silenzio.

“Oh, si.” La presi e gliela porsi.

La foto ritraeva una adolescente portoricana dai capelli neri e lunghi, con gli occhi marroni e un sorriso non grandissimo, ma comunque felice con un cavallo enorme e due cani.

La ragazza della foto ero io.

“Un cavallo che bello!!”

“Si chiamava Scipio.”

“Chiamava?”

“Si, è morto un anno fa.”

“Mi dispiace.”

Calò il silenzio. Di nuovo.

“E.. Ehm i due cani con te?”

“Aurum e Argentum.” Indicando rispettivamente un cane dal pelo dorato e uno grigio.

“E loro..”

“Sono i miei cani.”

“Non pensavo che una ragazza come te avrebbe portato con sé una foto del genere, avrei pensato piuttosto ad una foto con un bel ragazzo.”

La guardai con le sopracciglia alzate.

“Si, di quelli belli, alti, biondi e con gli occhi azzurri.”

“Come Jason?” un ombra di sorriso mi nacque sulle labbra.

“Più o meno. O una foto dei tuoi amici.” Ridacchiò “o dei tuoi trofei.”

Risi piano pure io. “Si, a quelli ci avevo pensato.”

L’unico motivo per cui avevo portato una foto di me e i miei animali era perché non avevo amici.

“E tu?”

“Io?”

“Cos’hai portato?”

“Una collana.”

Non aggiunse altro e io non sapevo cosa fare.

“Era.. Era una collana appartenuta a mia madre, gliel’aveva regalata mia padre e io..”

Feci una cosa non da me, le presi la mano.

“E.. io devo trovare una persona, deve sapere una cosa..”

Non disse altro.

Restammo lì finché Rachel non tornò nel mondo reale.

“Ook, siete due modelle bellissime. Grazie!”

Mi voltai fuori dalla finestra e il sole stava sparendo.

 

 

Annabeth

 

 

Il gruppo si era riunito da solo, con lentezza e senza dimenticare nessuno.

“Allora” Percy prese la parola “Cosa avete deciso? Quanti si?”

Sorprendentemente tutti alzammo la mano.

Avevo cambiato idea e giocare avrebbe magari aiutato me a non stare troppo attorno a Percy. E’ brutto da dire, ma se sospettavo di lui, potevo trattarlo con più facilità e smettere di essere così soggetta alla sua vicinanza.

Vennero sparse le buste sul tavolo e attesi.

Tranno quando Reyna e Nico si trovarono a prendere la stessa busta –Nico, da gentiluomo, gliela cedette-, non ci furono incidenti.

Io presi l’ultima busta.

Ci dividemmo ognuno per conto suo.

Andai in spiaggia e notai che a dieci metri o poco più si era seduto Percy.

Aprì la busta e..

Ero una vittima.

Sulla carta erano ripetute le regole già lette sul regolamento.

E mi sarei attenuta.

Respirai, stranita dal fatto che non mi fossi accorta che avevo smesso di respirare.

Mi voltai verso Percy mentre anche lui lo faceva allo stesso momento.

Pregai gli dei non fosse l’assassino!

Il sole tramontava e l’oscurità avvolse il cielo.

Ci ritrovammo tutti davanti la buca delle lettere che si trovata dietro la casa e uno alla volta le rimbucammo.

Rientrammo e cenammo in silenzio.

Aiutai io Leo a lavare i piatti –sperando non fosse lui l’assassino-, ma appena terminato mi lasciò dandomi la buonanotte.

Rachel stava ritraendo Frank e poco lontano Piper, Jason e Talia discutevano sottovoce.

Notai Nico e Hazel che uscivano dalla porta secondaria, ma non avevo le forze per pensare a loro.

Così rientrai in camera.

 

 

Hazel

 

 

“Nico! Aspettami!”
Gli avevo chiesto di parlare, non mi importava nulla di quel gioco e lui mi aveva detto di seguirlo, però camminava troppo veloce per me.

Eravamo al bivio tra la spiaggia e la foresta e si sedette lì.

Non sembrava minimamente preoccupato per il fatto che potessi essere l’assassina e portarlo via.

“Cosa volevi da me, Hazel?”
E così partiamo proprio bene.

“Ecco.. Io..”

Non era un discorso facile.

Ci avevo messo così tanto tempo a sbrogliare la matassa, quella ragnatela di bugie che ora che era tutto risolto non sapevo neppure da dove iniziare.

Nico sollevò un sopracciglio impaziente.

“Fin da piccola, ho sempre vissuto da sola con mia madre a New Orleans.” Nico parve sorpreso della piega del mio discorso. “Lei.. Beh lei non è una brava persona. Cioè non lo era sempre.” Era una brutta cosa da dire sul proprio genitore, ma era così. Sapevo che mi amava ma le mancava la capacità di esprimerlo. “E’ morta l’anno scorso.”

Nello sguardo di Nico apparve un lampo di comprensione. Malinconica comprensione.

“Io allora ho deciso di cercare mio padre. Lei non me ne aveva mai parlato.”

L’unica cosa che sapevo di lui era che era un uomo difficile.

 “L’unica cosa che sapevo era che la collana che portava sempre al collo era un suo regalo.”

Infilai la mano nella tasca dei jeans e toccai la collana per darmi forza.

“Sono riuscita a risalire a.. A mio padre.”

Nico non mi interrompeva, sembrava annoiato, ma leggevo nei suoi occhi un avida curiosità di scoprire dove sarei andata a parare.

“Lui ha un’altra famiglia.”

“Mi dispiace Hazel.”

Gli allungai la collana.

“Penso che dovremmo parlare di questa però.”

Gli occhi di Nico si spalancarono in modo impressionante.

“Come..? Cosa..?”

Lui prese una foto dalla tasca e confrontò la collana con la foto. Rivolse verso di me uno sguardo di puro stupore.

“Mio padre si chiama Ade. Si faceva chiamare Plutone quando ha conosciuto mia madre.”

“La collana è la stessa.”

Mi mostrò la foto: raffigurava una bella donna di origini italiane dai lunghi capelli scuri con in braccio un bambino che doveva essere Nico e accanto una ragazzina dai capelli lunghi.

La donna portava al collo una collana identica a quella che avevo in mano.

“Quindi tu..”

“Si, sono tua sorella.” Confessai vergognandomi un po’ del modo in cui l’avevo detto. “Sorellastra per l’esattezza.”

Nico mi osservava con interesse e tristezza.

“Non me l’aspettavo.”

“Già.”

Calò il silenzio.

“Ascolta non mi aspetto che mi accogliate a braccia aperte. Non vorrei creare problemi a tua madre io.”

“E mio padre?” aggiunse con sarcasmo.

Scrollai le spalle. “Ritengo che sia ora che lo sappia.”

“Non creerai problemi a mia madre.”

“Ne sei sicuro?”

“E’ morta. Con mia sorella.”

Gli toccai il braccio. “Nico..” lui mi abbracciò. Non sembrava il tipo. “So cosa si prova.” Lo strinsi forte perché sembrava stesse per cadere a pezzi.

Restammo così con il solo rumore del mare e del vento.

“Grazie Hazel..”

“Prego Nico.”

“Ehm.. come sapevi che avrei partecipato a questo film?”

“Non sono una stalker! Però non posso rivelarlo. Diciamo che ero molto motivata.”
Nico scrollò le spalle. “Non importa allora.”

“Rientriamo è tardi.” Proposi.

“Aspetta.. c’è un’ultima cosa prima..” e mi prese il polso.

 

 

Annabeth

 

Dormivo tranquillamente finché il suono di una sirena da nebbia non squarciò il silenzio.

Il gioco era iniziato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ed eccoci al quarto capitolo con la vera storia che inizia finalmente.

Per prima cosa questo capitolo lo trovo orribile.

Spero sia piaciuto almeno a voi cari lettori!

Mi scuso per il piccolo spoiler di HoH che c’è nella storia, ma tanto so che non lo troverete perché è davvero nascosto.

Come sempre posterò tra due settimane il prossimo capitolo.

Sono aperte le scommesse sull’assassino e su chi è la prima vittima.

Voglio proprio vedere!!

Ultima cosa vi amo tantissimo.

Grazie mille per i commenti, per aver messo tra preferite, da ricordare e preferite la mia storia. E si anche a te lettore silenzioso.

Ora vi lascio con i disegni della mitica Viria (la trovate su TUMBLR o DeviantArt).

 

Ley

 

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 Ps. Vi consiglio di andarvi a guardare i suoi disegni usciti ieri con i ragazzi della saga senza maglietta. Suona da manica, ma è moolto interessante!!

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Uno dopo l'altro ***


Avvertenze: userò il termine ‘assassino’ al maschile per correttezza letteraria, ciò non esclude che potrebbe essere una ragazza.

Per scoprirlo dovrete proseguire le letture!

 

Capitolo cinque: uno dopo l’altro.

 

 

Annabeth

 

Aprì gli occhi con un urlo che mi moriva sulle labbra.

Scattai seduta sul letto, asciugandomi il sudore con il braccio.

Dopo la sirena che aveva suonato stamattina presto avevo sognato delle mani, tanti mani che mi toccavano e portavano via.

Cercai di calmare il respiro.

Thalia si mosse e sollevò uno sguardo assonnato verso me.

“Tutto bene?” biascicò.

“Si, grazie.”

Mi osservò ancora un attimo, poi scattò dal letto.

“Vieni.” Mi ordinò.

Non pensai neppure per un momento fosse l’assassino, anche perché in cucina non eravamo sole.

Nico era pacificamente seduto sulla poltrona accanto alla finestra e fissava fuori intensamente, Piper, Leo e Jason erano intenti a parlottare tra di loro.

“Cosa succede qui  fratellino?”

Jason ci guardò un secondo poi abbassò lo sguardo. “Hazel.. Non c’è più!”

Sbattei le palpebre un paio di volte.

Il gioco era già cominciato?

Così presto?

L’assassino era già all’opera?

Rabbrividì. Non volevo andarmene!

Mi sedetti al tavolo con Thalia.

“Annabeth, tutto bene?”

“Come? Oh si si. Stavo solo avendo un brutto incubo.”

“E’ questo posto, questo gioco.. Dà anche a me i brividi..”

Annuì.

La pensavo come lei.

Restammo lì in silenzio per non so quanto tempo.

Avevo una strana sensazione verso di lei: un misto di melanconia e amarezza.

Era come quando ripensavo a Luke.

Non avevo più pensato a lui e al fatto che l’avessi intravisto a Rio.

Esclusa la cicatrice, era lui.

Ne ero certa. O forse no..?

Dei che confusione!

“Stai pensando al tuo ragazzo?”

Sentivo le guance calde. “No!”

Sorrise maliziosa. “Avevi una espressione da ‘sono indecisa se picchiarlo o coprirlo di baci!’ tipica di noi donne quando pensiamo al nostro lui!”

“Finirebbe picchiato nel mio caso, ma no non ho lasciato nessuno moroso a New York.”

“Direi che però qui hai già preso all’amo quel tonno di Percy!”

Ora ero davvero rossa. “No, non è come pensi” balbettai.

Ghignò trionfante. Maledetta!

“Quindi tu hai lasciato un ragazzo a casa?”

La sua espressione cambiò e divenne un misto di tristezza e amore di quello doloroso, ma per un secondo, un battito del cuore, notai l’aria astuta che avevano i suoi occhi.

“Diciamo di si. Ho un ragazzo infatti.”

“Com’è?”

“Mhm..” ci pensò su un attimo “Stupido, maleducato, prepotente, testone e geloso da morire!”

“Oh il modello standard allora!”

Ridacchiò “Esatto.”

Ritornammo in silenzio.

“Povera Hazel.” Mormorò talmente piano che non mi parve avesse neppure parlato. “Dannato gioco!”

“Vado a prendere qualcosa da bere. Ti va un succo?”

Annuì.

Entrai in cucina e mi servii.

Non aveva senso perché mai Thalia si sentiva in colpa?

Oh si perché era senso di colpa quello nella sua voce!

Cosa centrava lei con tutto questo? Possibile che..?

 

 

Rachel

 

Quando mi alzai ero l’unica nella camerata.

Avevo fatto uno strano sogno: c’era una bambina dagli occhi d’oro che seguiva sua madre, ma lei la scacciava sempre via e scompariva nella nebbia, ma la bambina continuava a chiamarla ‘mamma’ ‘mamma’ ‘mamma’ la sua voce era ovunque e mentre la cercava inciampava costantemente in pietre preziose.

Ad un tratto apparve un ragazzino dagli occhi tristi che anche lui cercava la madre e una persona di nome ‘Bianca’ e si trova di fronte alla bambina.

Si osservarono per un po’ finché non si sorrisero e si presero per mano, andandosene nella nebbia.

Era carino, ma non ne capivo il senso –come sempre quando si tratta dei miei sogni!-.

Mi vestii con un vestito leggero e legai i capelli –faceva già caldo ed era solo mattina- ed entrai in cucina.

Tutti erano raccolti lì con aria triste.

“Che succede?”

Tutti si voltarono verso me. Avrei voluto avere penna e foglio per disegnare quel loro sguardo  così intenso, ognuno diverso, ma tutti uguali.

“Hazel è sparita.” Rispose Annabeth.

“No.” mi dispiacque davvero.

L’avevo ritratta solo ieri – anche Reyna e Frank pure-, quindi rientrai in camera e presi il blocco e osservai il mio disegno.

Era solo il terzo giorno sull’isola e secondo del gioco..

Quanto ci avremmo messo a sparire tutti?

Davvero poco di questo passo!

Tornai nella sala e strinsi a me il blocco da disegno.

Sfiducia, tristezza e.. si, un po’ di rabbia aleggiava in quella stanza.

Feci colazione in fretta e uscì ad esplorare l’isola.

Invece di andare in spiaggia dove si dirigevano quasi tutti loro, presi il sentiero verso la foresta e mi inoltrai.

Il caldo si faceva meno pressante, ma diventava più umido e il verso degli uccelli più insistente.

Mi sedetti su una roccia e presi a disegnare.

Beng-ci-vì.. Beng-ci-vì.. Beng-ci.vì..

L’ultima volta che avevo visto Hazel era con Nico che paralva.

Poteva essere stato lui?

Mi massaggia la tempia. Centrava qualcosa il sogno di stanotte..?

Ah, dannati dolori!

Appoggiai il blocco sulle gambe e mi accorsi nessun verso di nessun animale stava riempiendo l’aria.

Sollevai lo sguardo e notai Octavian camminare poco distante sul sentiero.

Andava spedito verso le alte coste che circondavano l’isola.

Mi alzai silenziosa e lo seguii.

Sapevo che andava fatto, era sempre la stessa sensazione di ‘è giusto così’ o ‘succederà questo’ che mi assale sempre.

Avevo lasciato un po’ di distanza che però mi permetteva di vederlo e se del caso di non farmi vedere.

Dopo più di mezzora di camminata, lui scese per una piccola scaletta in una insenatura.

Non era saggio scendere, quindi mi accuccia sul bordo e notai che c’era una barca posteggiata lì.

“Vedi che avevo ragione!”

Era la voce di Octavian. Quel suo inconfondibile timbro irritante!

Una voce gli stava rispondendo –quindi non parlava da solo!- ma non capivo né se fosse maschile o femminile né cosa dicesse.

“E cosa pensi di fare?”

“No no, ma prendi quell’orso.”

“No, lei no! E’ troppo chiaro!”

“Fa’ come vuoi!”

“Se se.”

“Pff e di questo cosa te ne farai?”

“Ma c’è tutto e hai visto lì?”

“No, non ce ne sono ne sono certo!”

“Ok ok, ci vediamo!”

Octavian stava risalendo e io scattai e mi nascosi dietro delle piante.

Sentii i suoi passi andarsene, ma non mi mossi mancava l’altra persona.

Dopo un cinque minuti buoni –ci sono un mucchio di insetti schifosi che camminano e io non potevo neppure scappare né urlare istericamente- sentii dei nuovi passi, silenziosi e più lenti.

I passi si fermarono sullo spiazzo –dove mi trovavo prima io per intenderci-, doveva aver capito che ero lì, ma dopo un po’ con il cuore che rimbombava in tutto il mio corpo, sentii che se ne andava.

Attesi ancora un po’ e dopo aver controllato per bene di non essere vista, corsi via.

Tornai nel punto dove stavo disegnando e non mi presentai a pranzo.

Sperai che Annabeth non si preoccupasse per me.

Non avevo voglia di tornare in quel posto perché potevano tornare Octavian e l’altra figura –improbabile- anche se la storia della barca mi incuriosiva.

Cosa ci faceva qui?

E perché quella parte non era controllata come il resto dell’isola?

Troppe domande.

Mi alzai dalla posizione del sole stimai fossero passate le due e scesi lungo il sentiero per andare in spiaggia.

Tutti o quasi stavano giocando a pallavolo, ma io optai per restare al fresco sotto le palme accanto a Nico.

Questo ragazzino faceva un po’ paura un po’ tenerezza.

Ora stretto in bermuda neri e con la sua maglietta anch’essa nera, faceva tanta tenerezza!

“Hei! Posso?”

Non aspettai neppure la risposta che ero già seduta accanto a lui.

Sbuffò infastidito e un po’ rassegnato.

Ridacchiai e presi ad osservare i suoi lineamenti.

I lineamenti ancora un po’ fanciulleschi con un incipit di ciò che sarebbe diventato da adulto: il viso che stava perdendo la sua tondezza.

La fronte un po’ alta nascosta dai cappelli scuri, la maschella un po’ squadrata e il naso dritto.

Aveva un po’ di lineamenti tipici mediterranei.

Non aveva il tipico aspetto da americano di Jason o californiano di Annabeth o latinoamericano di Leo o portoricano di Reyna.

E non dimentichiamo i tratti asiatici di Frank o quelli da nativa di Piper!

Ok, eravamo un strana miscellanea.

Osservavo talmente fisso Nico che lui arrossì.

“Che fai?”

“Ti ritraggo.” Risposi automaticamente.

Quando avevo preso in mano matita e blocco.

Come ho già detto io mi perdo quando disegno e dopo un paio d’ore – per l’esattezza cinque e mezza- Nico si alzò.

“Cosa? Dove vai?”

“A cenare.”

“Che?”

Il sole tramontava in lontananza.

“Oh.”

“Già. Andiamo!”

Osservai che eravamo rimasti soli.

Oddei e se mi prendeva il polso?

No no non può farlo!

Sanno tutti che sono qui con lui e capirebbero subito.

Però potrebbe farlo più tardi!

Oddei no!

“..gno?”

“Cosa? Parlavi con me?”

Espirò irritato gesticolò spazientito aprendo le braccia. “Si con chi vuoi che parli?”

“Si, giusto giusto. Eh eh eh sono un po’ svampita!”

“Solo un po’?”

“Ok, tanto! Ma cosa mi stavi chiedendo?”

Lui arrossì e voltò il capo. “Com’è venuto il disegno?”

“Oh bene. Vuoi vederlo?”

Mosse la mani come a dire ‘se vuoi’ e io sfogliai il blocco.

Lui mi bloccò al ritratto di Hazel e lo sfiorò con le dita.

Non dissi nulla.

Appena staccò le mani –che rinfilò in velocità nelle tasche- andai al suo e glielo porsi.

Lo osservò un po’ e annuì.

“Grazie.” Mi sorrise.

E io feci la cosa più intelligente di tutte lo fissai imbambolata.

Dei, diventava così carino quando sorrideva!

Chissà quante fan girl impazzite avrebbe se lo vedessero ora –ma aspetta le avrà quando vedranno il film!-.

Richiusi la bocca. “Prego.”

Entrammo in sala e tutti ci fissarono e si rilassarono impercettibilmente: eravamo tutti.

La cena fu in totale silenzio.

Poi io presi da parte Jason e Piper che stavano osservando fuori e presi a ritrarli.

Il tempo passò così in fretta che i due dopo un po’ mi chiesero se potevamo andare a dormire.

Raggiunsi la camera e sprofondai subito in un sonno senza sogni.

Almeno all’inizio.

Il sogno mi raggiunse lentamente, strisciando come un serpente e mi vidi una coppia.

Una ragazzo dai capelli dorati e una ragazza coi capelli scuri che si baciavano.

“Non dobbiamo più permettere a nessuno che ci separi.”

“No.”

“Noi dobbiamo scappare.”

“Si.”

“Dov’è un buon posto per nasconderci?”

“Dove non ci possono più trovare?”

Il sogno poi diventava nebuloso.

La ragazza aveva detto qualcosa che non avevo capito.

Poi vidi del sangue sulle mie mani.

Davanti a me c’era una persona coi capelli biondi sporchi di sangue.

Si girò per mostrami il viso, ma vedevo solo la sua bocca rossa.

“Ti prego, salvami!”

La persona era coperta dai miei ritratti di tutti e dodici –anche di quelli che non avevo ancora fatto- e giaceva ai miei piedi.

“Dille dov’è, dille chi è o morirò.”

Il mio respiro diventava irregolare.

La morte nei sogni mi angosciava sempre.

“Ti prego.” Sussurrò.

E io urlai..

Ma il mio urlo fu coperto dalla sirena.

Un’altra persona se ne era andata.

Frank non era più sull’isola!

 

 

Nico

 

Era il terzo giorno su sto schifo di isola e io non potevo più permettermi di restare qui.

Hazel se ne sarebbe potuta già andare e io non volevo perderla.

Lei era mia sorella e già le volevo bene.

Era sera e dalla scomparsa di Frank tutti mi guardavano male e per quanto Percy e Jason fossero gentili con me, sapevo che avevano paura fossi l’assassino.

Sbuffai.

Avevo preso un appuntamento con l’assassino.

Avevo capito abbastanza presto chi fosse –era stato molto facile- e mi veniva quasi da ridere a pensare quanto le coincidenze siano troppe in questo posto.

Sentii dei passi avvicinasi.

“Oh Nico. Sei tu che mi hai scritto?”

“Si.. Mi.. No, ti chiamerò assassino. Direi che ti calza.”

Mi guardò prima stupito, poi i suoi occhi si scurirono.

“Cosa c’è?”

“Voglio andarmene.”

I suoi occhi si spalancarono.

“Davvero?”

“Si.”

“Sicuro?”

“Si.”

“Non puoi cambiare idea, sai?”

“Perché se lo faccio e ti smaschero vinco?”

Scrollò le spalle a disagio. “Perché non potrai tornare e perderai i soldi.”

“Di quelli non mi interessa!”

Restammo in silenzio.

L’assassino allungò la mano verso il mio polso.

“Un’ultima cosa.”

Si fermò a fissarmi.

“Cos hai detto a Hazel per portarla via?”

“Che tu saresti stato il prossimo, ma ieri non ce l’ho fatta e ho preso Frank. Ma ora devi andare. Anche senza questo tuo ‘invito’ l’avrei fatto lo stesso.”

Annuì e allungai il braccio.

Sentii un stretta al polso che sapeva di libertà, di casa e di tornare alla mia famiglia, la mia nuova famiglia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ok, scusate!

Ma avevo perso il foglio con i riassunti e ho dovuto rifare in pratica la storia.

Ora sono meno capitoli della volta precedente.

Allora parlando del capitolo direi che qui è piuttosto facile capire chi è l’assassino e cosa succederà poi.

Vi dirò solo che accetto scommesse su chi saranno i prossimi due che eliminerò nel prossimo capitolo.

E mi scuso per i piccoli spoiler presenti nel capitolo dalla serie.

Non ho resistito!

A tra due settimane.

Grazie a tutti quelli che leggono e seguono la storia!!!

Vi amo!!!


 

 

 

Ley

 

Ecco a voi altre versioni dei nostri eroi, qui l’autrice non li ha disegnati tutti, quindi accontentatevi!

 

Autrice aireenscolor su DeviantArt.

 

 

 

Annabeth

 

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Jason

 

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Leo

 

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Nico

 

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Percy

 

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Piper

 

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Rachel

 

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Thalia

 

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Bonus: Luke

 

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