Tra le parole Orgoglio e Pregiudizio

di MM_White
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Promessa ***
Capitolo 2: *** Ingratitudine ***
Capitolo 3: *** Pensieri poco piacevoli ***
Capitolo 4: *** Frivolezze ***
Capitolo 5: *** Come un cerchio ***
Capitolo 6: *** La differenza tra volere e potere ***
Capitolo 7: *** Dietro il candido vestito ***
Capitolo 8: *** Passi nel buio ***
Capitolo 9: *** Troppo tardi per una visita ***
Capitolo 10: *** Amare un altro ***
Capitolo 11: *** Lasciamoglielo credere ***
Capitolo 12: *** Tutte le Notti della mia Vita ***
Capitolo 13: *** Un momento talmente perfetto ***



Capitolo 1
*** Promessa ***



( a partire dal capitolo LVI )
«Una mattina, circa una settimana dopo il fidanzamento di Jane con Bingley, mentre quest'ultimo era in sala da pranzo con le donne della famiglia, la loro attenzione fu improvvisamente richiamata alla finestra dal rumore di una carrozza e videro un tiro a quattro che attraversava il prato davanti casa...»


Mentre passeggiavano in giardino e Lady Catherine de Bourgh non aveva rivolto la parola ad Elizabeth neanche una volta, la ragazza venne assorbita d'un tratto dalla spirale dei ricordi. La presenza della nobildonna, aveva rievocato in lei, il tumulto dei sentimenti che l'aveva avvolta durante tutta la permanenza a Rosings. Ricordava le parole di Charlotte mentre le raccontava della sua vita coniugale, di quanto apparisse calmo quel viso, ma vacillante la sua voce. Ricordava le cene sfarzose a Rosings, le serate trascorse intorno ad un tavolo da gioco, l'incontro con il colonnello Fitzwilliam e poi, quasi il suo cervello avesse voluto conservare volutamente quel ricordo per ultimo, le venne in mente la dichiarazione di matrimonio di Darcy. I suoi occhi scuri e intensi, le sue parole d'amore. «Non posso reprimere i miei sentimenti. Deve permettermi di dirle con quanta passione l'ammiro e la amo». Elizabeth arrossì a quel ricordo. I suoi pensieri la trasportarono da un giorno all'altro, da un luogo ad altri luoghi e così finì catapultata a Pemberley. L'immagine del loro incontro, inaspettato per entrambi, le fece battere il cuore. Con amarezza si rese conto di essersi lentamente innamorata di Darcy e la tristezza derivava dalla consapevolezza che non avrebbe mai potuto accettare la sua proposta di matrimonio, anche se Darcy, per orgoglio, non gliela avrebbe mai più riproposta. Lei non poteva far altro che accettare silenziosamente quella condizione. Per il suo bene, così come le stava ripetendo con tanta foga Lady Catherine, non avrebbe mai dovuto neanche lontanamente aspirare a diventare la moglie di Darcy. «Perchè l'onore, il decoro e la ragione non lo permettono». In fondo, aveva sostenuto lui stesso che era consapevole dell'inferiorità di Elizabeth, dell'umiliazione che ciò rappresentava, degli ostacoli familiari che la ragione aveva sempre opposto al sentimento. Durante il colloquio con Lady Catherine de Bourgh, la ragazza aveva deciso che non sarebbe mai riuscita a perdonare se stessa, se l'uomo che amava con tanto ardore, si fosse sentito umiliato ed imbarazzato per causa sua. Loro non potevano stare insieme, potevano certamente amarsi in quanto esseri umani ma non potevano sposarsi per via dei ceti sociali così differenti ai quali appartenevano.
«Allora signorina Bennet,» disse Lady Catherine de Bourgh «mi promette di non fidanzarsi mai con mio nipote Darcy?» Elizabeth aveva già fatto la sua decisione: «Sì,» rispose senza un attimo di esitazione «glielo prometto».
Lady Catherine sembrò soddisfatta. «Bene,» disse con un enorme sorriso «sono contenta. Non credevo fosse una signorina così responsabile e giudiziosa. Le auguro che la vita le riservi molte felicità in futuro. Certo, non potrà mai essere felice come la mia bellissima figlia e mio nipote Darcy,» disse con tono più austero e orgoglioso «ma con la sua discreta bellezza sono sicura che riceverà ogni giorno proposte di matrimonio da parte di numerosi negozianti di Longbourn». Accennò un sorriso, fiera di aver avuto la meglio in quella discussione. Elizabeth abbassò lo sguardo. «Non è così, signorina Bennet?» chiese, ma senza attendere un risposta aggiunse «Dov'è sua madre? Voglio salutarla prima di andarmene. Tutti apprezzano le mie buone maniere. Sarei andata a salutarla anche se lei, signorina Elizabeth, mi avesse trattata in maniera scortese». Elizabeth seguì la donna che si dirigeva in casa. Lo sguardo rivolto verso il basso. Aveva appena rinunciato al suo amore per Darcy. Adesso doveva solo cercare di convincere lui, che in qualsiasi modo egli le proponesse di sposarlo, non avrebbe mai potuto indurla ad accettare.

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Capitolo 2
*** Ingratitudine ***



«Elizabeth riuscì a dominare a stento il turbamento suscitato in lei da quella visita tanto inaspettata, e per ore non potè pensare ad altro. A quanto pareva, Lady Catherine si era presa il disturbo di venire da Rosings con l'unico intento di troncare il suo presunto fidanzamento con Darcy. Ma da cosa fosse nata la voce del loro fidanzamento non riusciva propro a immaginarlo, finchè pensò che il fatto che lui fosse amico intimo di Bingley e lei la sorella di Jane poteva bastare a far nascere quell'idea, in un momento in cui l'attesa di un matrimonio ne faceva facilmente desiderare anche un secondo. Lei stessa non aveva potuto non pensare che il matrimonio di sua sorella avrebbe fatto incontrare più spesso anche loro due.»


Pochi giorni dopo la visita di Lady Catherine de Bourgh, Bingley e Darcy fecero visita a Longbourn. I gentiluomini arrivarono presto e prima che la signora Bennet avesse avuto il tempo di dire a Darcy che avevano ricevuto la visita di sua zia, pensiero che per un momento aveva terrorizzato Elizabeth, Bingley, che desiderava restare solo con Jane, propose a tutti una passeggiata. L'idea fu accettata anche da Elizabeth, che, avvertendo un pò di agitazione dato che sicuramente avrebbe incrociato più volte lo sguardo di Darcy, si fece coraggio in quanto doveva trovare il momento giusto per stroncare ogni suo sentimento.
Con loro si unì anche Kitty, ma ben presto Elizabeth e Darcy rimasero soli. Era venuto il momento di mettere in atto la sua decisione e, sentendosi coraggiosa si affrettò a dire: «Spero che con il tempo lei sia riuscito a dimenticare i suoi sentimenti nei miei confronti, signor Darcy». Lui la guardò sorpreso, rivelando un'aria dispiaciuta. Elizabeth non riusciva a sostenere il suo sguardo, consapevole che se lo avesse fatto, gli occhi non sarebbero riusciti a nascondere l'amore che provava nei suoi confronti, tradendo il tono spregievole con il quale moderava le parole. Quando Darcy, dopo aver riflettuto, aprì bocca per risponderle, lei lo interruppe. Doveva dire tutto in maniera rapida, altrimenti non avrebbe raggiunto il suo scopo.
«Le rivelo che anch'io ad un certo punto ho provato per lei una forte stima» disse con un leggero tremore nella voce «vorrei ringraziarla per come si è comportato con mia sorella Lydia, ma volevo assicurarle che oltre a questo ancora oggi non provo nient'altro nei suoi confronti».
«Ne sono certo, signorina, io non spero più che lei possa innamorarsi di me».
Elizabeth abbassò il capo. Da quando aveva saputo la verità sulla faccenda di Lidya, voleva esprimergli tutta la sua riconoscenza per la generosità mostrata. Ma doveva sforzarsi di apparire ai suoi occhi come la donna più odiosa di questo mondo, doveva sembrare ingrata, sgradevole e testarda nel perseguire i propri pregiudizi. Così facendo sarebbe riuscita ad allontanarlo da lei, ma risultava dannatamente difficile. Elizabeth desiderava la sua stima, il suo amore.
Darcy non parlò più. La ragazza voleva riaprire una conversazione ma ripensando alle parole di Lady Catherine, non potè non provare una certa inquietudine e agitazione sulle possibili conseguenze di una ostinata intromissione da parte sua.
Le coppie si riconciliarono nell'atrio. Bingley e Jane erano radiosi, sul viso di entrambi vi era un gioioso sorriso mentre Darcy ed Elizabeth non riuscivano a nascondere la loro tristezza. Lui si sentiva nuovamente umiliato e sconfitto, lei non poteva che odiare se stessa, consapevole che se l'uomo che le stava accanto non era felice era solo per colpa sua. Sperò in silenzio che il tempo sarebbe riuscito a risanare le ferite di entrambi.

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Capitolo 3
*** Pensieri poco piacevoli ***



La calda serata estiva aveva permesso ai lunghi e biondi capelli di Jane, di asciugarsi in fretta. Mentre li spazzolava, la ragazza ripensava al suo fidanzamento con Bingley. Un dolce sorriso le illuminò il viso, si considerava davvero felice, adesso. Il sentimento di felicità si fece meno forte quando, ad un tratto, i suoi pensieri finirono inevitabilmente a sua sorella Elizabeth ed alla sua di felicità. Quella mattina, dopo la visita di Bingley e Darcy, l'aveva vista particolarmente affranta.
Evidentemente vi erano ulteriori incomprensioni tra i due. Una mano leggera bussò alla sua porta: «Jane, stai dormendo?». Era Elizabeth. «No, mia cara Lizzy, entra pure». Rispose prontamente Jane.
Elizabeth entrò con un sorriso. Solo Jane avrebbe potuto accorgersi che non era sincero.
«Perchè quel broncio, Lizzy?» disse continuando a spazzolare i dorati capelli, «non riesci a dormire?»
Elizabeth si rese conto che poteva fingere di essere felice con chiunque, tranne che con sua sorella Jane, perciò ritrasse il sorriso e rispose ad entrambe le domande: «Ho pensieri poco felici, cara sorella, è per questo che non riesco a prender sonno».
«Riguardano il signor Darcy?»
«Sì».
Jane lasciò perdere i capelli e si voltò verso Elizabeth: «Vedo che quel signore turba la tua quiete molto più spesso di quello che in verità dovrebbe,» disse in tono affettuoso «non sarà che involontariamente te ne sei innamorata, Lizzy?»
«Oh Jane, cara la mia Jane» esordì allora Elizabeth arrossendo «non ti ho raccontato tutto del mio viaggio ai laghi con gli zii».
Jane rimase sbigottita. Aveva alluso ad un innamoramento di Elizabeth nei confronti di Darcy, ma ella si aspettava una battuta sarcastica, quella, al contrario di un viso imbarazzato, sarebbe stata di certo più appropriata per sua sorella. «Ma lizzy innamorata!» pensò divertita, «e del Signor Darcy per giunta!»
«Ma non può essere, Lizzy. So quanto lo detesti.»
«Non conosci la storia. Quella parte è da dimenticare. Forse non l'ho sempre amato come adesso, ma in casi come questi una buona memoria è imperdonabile.»

Jane la guardò incredula. Elizabeth le assicurò di nuovo e più seriamente che era tutto vero. Le raccontò della visita a Pemberley, del viso sorpreso di Darcy e che trapelava ancora un sentimento d'amore, del suo comportamento galante con i Gardiner. E poi, tutto d'un fiato, quasi non volesse ricordarlo, le raccontò anche della promessa fatta a Lady Catherine.
Jane scrutò gli occhi affranti della sorella. Elizabeth scrollò il capo e infine disse con un sorriso: «Ma è meglio così no?»
«No» rispose Jane, «non credo.»
«Gli rovinerei la vita se stessi al suo fianco.»
«Io credo che ti vuoi autoconvincere che sia così, lo fai perchè hai paura, Lizzy.»
«Paura di cosa?» si affrettò a dire Elizabeth, «paura di vivere per sempre in quel castello? Di avere accanto un uomo arrogante ed orgoglioso? Oh no, no di certo. Se lo faccio, lo faccio solo per me, mia cara Jane.»
«Paura di essere felice,» affermò allora Jane, «hai sempre pensato alla felicità degli altri e alla tua?»
Elizabeth abbassò il capo. Ormai aveva fatto una promessa.


Bingley rideva come non aveva mai riso in tutta la sua vita. Rideva perfino alle infide constatazioni di sua sorella Caroline sulle varie famiglie londinesi. Era felice, fra non molto avrebbe sposato la donna che amava. Lo stesso non si poteva dire del suo amico Darcy il quale, in piedi ad osservare fuori dalla finestra, sembrava avere pensieri poco felici.
«Che hai Darcy, amico mio?» gli chiese, «non ti ha allietato la passeggiata di questa mattina?» disse con un sorriso, alludendo al tempo passato in compagnia di Miss Bennet.
«Non quanto potrebbe aver allietato te, Bingley». Rispose con lo sguardo rivolto sempre verso il paesaggio, senza mutare espressione.
«Solo a te, fratello mio, potrebbe rendere felice una giornata in casa Bennet,» disse Caroline con sdegno «non è vero Darcy?»
«Questa volta ha pienamente ragione, Miss Bingley». Rispose Darcy con la solita freddezza.
Caroline rise di gusto, contenta di avere di fronte il Darcy di sempre.
Bingley lo guardò sbigottito.
La mattina seguente, Bingley e Darcy si recarono a caccia. Quando ormai erano nel bel mezzo del bosco, completamente soli, Bingley lasciò cadere il fucile sul prato.
«Se provi ancora sdegno per la famiglia Bennet,» esordì «come mai mi hai dato la tua approvazione a sposare la loro figlia maggiore?»
«Sei adulto, Bingley» rispose Darcy, alzando il fucile per puntarlo contro un'anatra in volo, «puoi fare come meglio credi.»
«Non penso sia solo questo il motivo,» disse Bingley irritato «tu avevi incominciato a cambiare opinione su di loro».
«E perchè mai avrei dovuto farlo?» Darcy sparò in aria distrattamente, senza centrare l'anatra.
«Perchè ti sei innamorato di Elizabeth!»
L'amico fu sorpreso da quella affarmazione. Significava che non era riuscito a nascondere bene i suoi sentimenti, ma come avrebbe potuto mai farlo? Come sarebbe riuscito a non cogliere ogni occasione per vedere quei begli occhi? Abbassò il fucile e lo appoggiò su un fianco.
«La tua, Bingley, è un'affermazione infondata».
«Non lo credo. So quello che dico, ci conosciamo da troppo tempo ormai per fingere, Witzwilliam Darcy!»
L'uomo rimase sbigottito da tutta quella sicurezza. Evidentemente l'amore l'aveva cambiato.
«Bingley,» pensò «caro, vecchio amico mio! L'amore ti ha reso certamente più forte, ma come puoi pensare di sovrastare me, di farmi sentire in colpa?»
«Non vedo perchè dovrei darti delle spiegazioni Bingley!» Disse con un sorriso ironico.
«Non riesci ad ammetterlo, il tuo orgoglio e la tua presunzione ti rendono cieco!»
Dall'espressione di Darcy sembrava che Bingley avesse colpito nel segno: «Ebbene sì, provo dei sentimenti per lei,» disse allora Darcy con impeto «che cosa cambia adesso? Ti rispondo io: niente! Io rimarrò Darcy, l'uomo ricco e arrogante, padrone di Pemberley, lei invece rimarrà Elizabeth, con i suoi libri, la sua ingratitudine e i suoi pregiudizi. Non potremo mai stare insieme».
«Mi spieghi il motivo di questa convinzione?» Disse Bingley con tono premuroso, in colpa per aver scaturito nell'amico emozioni tutt'altro che positive.
«Perchè lei non m'ama,» rispose, con lo sguardo rivolto verso l'alto ma con gli occhi che rivelavano quanto fosse ferito l'orgoglio «ecco perchè non posso rinnovarle la mia proposta di matrimonio, ecco perchè non posso continuare ad invadere la sua vita con la mia presenza e i miei sentimenti, che, evidentemente, le provocano orrore».
Bingley non riuscì a dire niente. Non aveva mai visto Darcy in quelle condizioni, non gli aveva mai sentito pronunciare tali parole con tale tristezza. A causa della sua felicità non si era reso conto dell'infelicità dell'amico. «Darcy fare una proposta di matrimonio?» pensò tra sè «e continuare ad amare la donna che lo ha rifiutato?» Il suo amico era cambiato, l'amore in fondo, cambia tutti.


Uno spazio mio? Da adesso sì!

Salve a tutti, questa su orgoglio e pregiudizio è la mia prima esperienza come autrice di fanfiction. Se sono qui e se apprezzate anche solo un pò ciò che scrivo, lo dovete a quella pazza (non mi stancherò mai di definirla così) di mia cugina (che qui conoscete come fredlove)!
Volevo fare dei piccoli chiarimenti sui capitoli: come saprete, questa storia incomincia quando, dopo la visita di Lady Catherine, Elizabeth, invece di rifiutare le richieste della donna a non sposare suo nipote Darcy (come avviene originariamente) decide invece di accettare la promessa.
Inevitabilmente, molti avvenimenti cambieranno a causa di quel semplice SI. Le lunghe frasi o i discorsi scritti in corsivo sono tratti dall'opera originale, questo, per far comprendere come, in un contesto differente, possa apparire diverso anche il senso di ciò che avviene o che viene detto.
Oh quanto ho scritto! Vabbè ma è la prima volta che ho uno spazio tutto mio, posso gestirlo come voglio, vero? ;)
MM

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Capitolo 4
*** Frivolezze ***



È una verità universalmente riconosciuta, che uno scapolo in possesso di un'ampio patrimonio debba essere in cerca di moglie.
Per quanto poco si possa sapere circa i sentimenti o i punti di vista di quest'uomo al suo primo apparire nel vicinato, tale verità è così saldamente radicata nella mente delle famiglie dei dintorni, da considerarlo di legittima proprietà di una o l'altra delle loro figlie.


Netherfield era in subbuglio: fra meno di un mese il suo proprietario sarebbe felicemente convogliato a nozze con la bella e amabile Jane Bennet. La servitù non poteva fermarsi un attimo tra i vari preparativi e le pulizie generali della tenuta, i giardinieri controllavano con ossessione che ogni siepe fosse potata perfettamente, nelle scuderie la criniera di ogni cavallo splendeva, in cucina ci si arrovellava per definire il menù di un ricevimento che sarebbe dovuto risultare impeccabile.
La confusione faceva da regina quel giorno, il cuoco gridava di fare più attenzione, andirivieni da ogni piano di servitù che doveva concludere tutto in tempo.
Per giunta quella mattina, doveva essere sistemata in fretta una stanza per gli ospiti. Il padrone aveva così annunciato: «Basta ad affannarvi per il ricevimento, per quello c'è ancora tempo!» disse con un largo sorriso, «pensate piuttosto a preparare una bella stanza per un ospite assai gradito che arriverà in tarda mattinata».
Non aveva voluto precisare nient'altro e ciò aveva deluso alcune tra le più chiacchierone delle cameriere che, al monotono lavoro quotidiano, preferivano di gran lunga il pettegolezzo.
Riuscivano a spettegolare perfino durante l'orario di lavoro e, spostandosi tra una stanza e l'altra, il vociferare prendeva vita in maniera piuttosto intermittente.
«Non penso si tratti del signor Darcy», disse la cameriera più anziana alla più giovane mentre rifacevano un letto, poi spostandosi a sistemare un'altra sala, aggiunse nel corridoio così che tutta la servitù del piano potesse udirla: «Ho sentito dire che passerà molto tempo prima che il padrone di Pemberley torni a far visita al signor Bingley!»
Un servitore dai capelli biondi fece capolino dal salone confermando la notizia: «L'ho sentito dire dal signor Darcy in persona durante una battuta di caccia».
«Avrai origliato, vorrai dire» insinuò con un sorriso malizioso una giovane cameriera.
«Ho sentito per caso,» precisò il ragazzo indignato per la bassa allusione.
«E che altro hai sentito per caso?» chiese la più anziana mentre entrava in un'altra stanza. «Sai forse chi è questo nuovo ospite assai gradito?».
«No, signora» si affrettò a rispondere il biondo, «ho sentito però...»
«Sempre per caso ovviamente!» lo interruppe ridendo la più giovane.
«Ovviamente, signorina!» disse l'altro mantenendo massima serietà nel tono, «Come dicevo, ho sentito dire tuttavia che l'ospite sia un parente del signor Bingley, uno zio lontano a me pare che sia.»
«Ed è affascinante?» chiesero tutte in coro, facendo capolino da ogni stanza del piano.
«Non credo,» rispose il ragazzo, offeso e geloso per l'ammirazione che le signore riservavano sempre agli ospiti e mai a lui «anzi ho sentito dire, per caso, che è anche pittusto vecchio e brutto!»
«Oooh!» esclamarono deluse le cameriere che ritornarono nelle stanze a terminare il loro lavoro.


Quando arrivò la carrozza con il rispettivo passeggero, si scoprì finalmente che l'ospite di cui tanto si parlava era sì un parente di Bingley, ma non era affatto suo zio, come aveva provato ad indovinare il ragazzo della servitù, bensì suo cugino. Si scoprì anche che aveva solo 25 anni, che viveva da molti anni in Francia, più precisamente a Parigi, e che godeva di un reddito annuo di sei mila sterline. Il suo nome era Jhon Oliver e le giovani cameriere poterono constatare che il ragazzo della servitù non era affatto bravo ad indovinare. Il signor Oliver non era un gentiluomo affabile e di classe, era un bell'uomo affabile e di classe e per di più era anche scapolo.

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Capitolo 5
*** Come un cerchio ***



Tutto prima o poi si ripete e si ricongiunge. Esattamente come quasi un anno fa, la famiglia Bennet si trovava a Meryton per l'ormai tradizionale ballo organizzato dai coniugi Hill. Elizabeth, immersa nei suoi pensieri, guardava distrattamente la folla. Kitty, senza la presenza di Lydia, appariva più calma e pacata di quello che normalmente da lei ci si aspetterebbe, nonostante ciò non disdegnava l'essere intattenuta da questo o quell'altro gentiluomo passando il tempo tra danze e discorsi frivoli che terminavano in copiose risate. Mary si esibiva al piano in un brano che aveva preparato per l'intera settimana mentre il Signor Bennet, esattamente come l'anno precedente, aveva preferito rinunciare a tali frivolezze per passare la serata in compagnia di un buon libro.
La Signora Bennet e Lady Lucas conversavano sorridendo allegramente, entrambe convinte che lo scapolo del momento avrebbe scelto di maritarsi con una delle proprie figlie.
«Maria è ormai in età da marito, ed è anche molto bella» disse Lady Lucas con tono fiero, «sono sicura che se il Signor Oliver avesse intenzione di trasferirsi qui definitivamente, sceglierebbe lei.»
«Non ho alcuna obiezione sulla bellezza di vostra figlia» mentì la Signora Bennet, convinta che le sue figlie fossero molto più belle di Maria Lucas, poi, con l'aria più orgogliosa che poteva mostrare, aggiunse: «ma penso che il signore in questione abbia già intenzione di sposare una delle mie figlie, dato che, per via del fidanzamento tra Jane e Bingley, siamo già, per così dire, di famiglia.»
Stizzita, Lady Lucas cercò di sminuire le ipotesi dell'amica: «Eppure, non lo vedo ancora. Potrebbe voler dire che non è poi tanto interessato alle signorine Bennet, come lei vuole far credere.»
«Sono sicura che invece sia così!» Strillò la donna assolutamente contrariata, «la mia bellissima Jane mi ha rivelato che il signor Oliver le ha chiesto se avesse sorelle amabili quanto lei.»
«E quando glielo avrebbe chiesto? Il gentiluomo è qui solo da ieri.»
«Ma come, non riesce proprio ad arrivarci Lady Lucas?» La signora Bennet alzò il capo, preparò con calma quel momento di massima suberbia e poi disse: «Manca poco ormai perchè Jane diventi padrona di Netherfield, trascorre lì la maggior parte della giornata e ieri Bingley le ha presentato suo cugino non appena è arrivato nel Derbyshire».
«E le ha detto anche se è un bel giovane?»
«Oh! Ma certo che lo è! Su mia richiesta la cara Jane ha accettato di descrivermelo nei minimi particolari: capelli castani, occhi color smeraldo e un portamento da principe!» Esclamò enfatizzando l'ultima parola che provocò stupore in alcune dame lì vicino, «In fondo lo si poteva immaginare, in alcune famiglie, come quella di Bingley o la mia per esempio, la bellezza sembra un dono ereditario.»
La signora Bennet sorrise, si sistemò meglio sul divano e poi, avvicinandosi con discrezione a Lady Lucas, le sussurò nell'orecchio: «Il suo patrimonio è di sei mila sterline l'anno!»
Lady Lucas si ritrasse sorpresa: «Dice sul serio Signora Bennet? Ma allora è un ottimo partito!»
«Ma certo, amica mia, deve assolutamente sistemarsi qui, nel Derbyshire, e sposarsi con una delle mie figlie, ovviamente.»
Lady Lucas cercò di cambiare discorso, stufa delle vanitose manifestazioni della donna: «Ieri mi è arrivata una lettera da parte di Charlotte, racconta che Hunsford è incantevole in questa stagione dell'anno.»
«Oh davvero? Ne sono contenta, come sono contenta che Jane è finalmente fidanzata con il signor Bingley e che godrà di una reddita pari a cinque mila sterline l'anno!»
Lady Lucas si rassegnò a sentire i discorsi orgogliosi della sua vicina e per questo motivo non parlò più per quasi tutto il proseguire della serata.
«Ma si rende conto?» Riprese la donna con gli occhi lucidi, «C-I-N-Q-U-E-M-I-L-A-S-T-E-R-L-I-N-E!»


Come un cerchio, la vita è come un cerchio, tutto prima o poi si ripete e si ricongiunge. Adesso Elizabeth ne era sempre più convinta. Si trovava di nuovo lì, le persone che conosceva avevano abiti diversi, cambiavano l'oggetto dei propri pettegolezzi, lo spartito da suonare, il gentiluomo al quale rivolgere le proprie attenzioni, ma erano sempre loro stessi e svolgevano sempre le medesime azioni, come se seguissero alla perfezione un copione a loro destinato.
E lei? Lei era obbligata a interpretare il copione più meschino, quello della donna sdegnanta dagli altri gentiluomini e che dunque, solitaria, si ritrovava di nuovo a pensare forse fin troppo. Un particolare, o forse due, le provocavano un'infinta tristezza in quanto, nonostante non fosse cambiato niente, o quasi, dall'anno precedente, in quel momento non poteva esporre le sue titubanze alla cara amica Charlotte o in alternativa, a sua sorella Jane. Una si era ormai sposata, l'altra stava quasi per farlo ma, ormai, trascorrevano così poco tempo insieme da sembrare che già lo fosse.
Jane e Bingley arrivarono a Meryton, entrambi felici e radiosi per le numerosi e divertenti occasioni che avevano per stare insieme. Elizabeth li accolse con un sorriso e quasi non si accorse dell'uomo che li accompagnava.
«Elizabeth! Mia cara e futura cognata!» Esclamò Bingley, «Voglio presentarti mio cugino Oliver, sarà qui fino al matrimonio.»
«Il suo, ovviamente!» Ci tenne a precisare il gentiluomo con un sorriso, «Sono onorato di fare la sua conoscenza, signorina.»
Oliver si inchinò ad Elizabeth la quale, con un sorriso incerto, gli porse la mano: «Elizabeth Bennet.»
«Perchè ha voluto puntualizzarlo, signor Oliver» chiese curiosamente Elizabeth, fingendo audacia, «è forse già sposato?»
«Oh no, no di certo signorina, ma sono sicuro che in presenza di dame così belle non resisterò alla tentazione di farlo, fra non molto.»
Elizabeth arrossì al complimento.
Tuttavia pensò che qualcosa era andato storto nel cerchio della vita. Bingley anche sta volta aveva portato con sè qualcuno. In un primo momento Elizabeth sperò si trattasse di Darcy ma con sua delusione si accorse che non era così. Il signor Oliver non sembrava nè freddo nè scortese. Dov'era l'uomo che l'aveva definita appena passabile ma non tanto bella per tentarlo? Che le aveva scombussolato il cuore, facendole ricredere sui suoi pregiudizi e le sue convinzioni?
Elizabeth abbassò il capo.

«Dov'è il mio Darcy?» sussurò.


Special Thanks:
A chi mi segue: Ainwen, BlakeT, I am SHERlocked, iaia_twl, maura 77.
A Romantic_Dreamer per aver inserito la storia tra le preferite.
A Queen With No Crown, Fecalina e maggio per aver recensito.
E poi ovviamente a Fredlove, la mia amata cuginetta per la sua sola presenza tra le mie fanfiction!
Al prossimo capitolo, se vorrete! :)

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Capitolo 6
*** La differenza tra volere e potere ***



L'Autunno stava lasciando lentamente il posto al freddo Inverno. Gli alberi erano più spogli e l'aria sempre più gelida. A Longbourn le donne si dedicavano a passatempi più casalinghi, come il cucito o la lettura, entrambe attività che non richiedevano di rimanere troppo tempo all'aperto. Quell'anno inoltre, si stava rivelando particolarmente freddo e il dover stare forzatamente in casa, rabbuiava ancora di più lo spirito libero e selvaggio di Elizabeth.
Dalla finestra della sua camera, la ragazza trascorreva sempre più tempo ad osservare nel cortile. Non vi erano molte distrazioni per i suoi occhi, se non il volare incerto di qualche uccello ritardatario che aveva perso lo stormo, ormai emigrato in posti più caldi.
La sua mente vagava per ore ma alla fine a qualsiasi posto lei volesse pensare, qualsiasi persona o ricordo le venivano in mente, tutti alla fine convergevano ad un unico volto: quello di Fitzwilliam Darcy.
«Darcy.» Sussurò, «Darcy, perchè non vieni più a trovarmi?».
Guardò nuovamente giù. Nel cortile non c'era nessuno.
Un giorno, mentre seduta sul davanzale della finestra era assorta nella lettura di un libro, Elizabeth sentì uno scalpitare di zoccoli avvicinarsi a Longbourn. Voltò rapidamente lo sguardo verso il cortile. Riuscì a scorgere due figure a cavallo, uno dei gentiluomini era chiaramente Charles Bingley l'altro non riuscì a riconoscerlo. Ebbe un tonfo al cuore quando notò che l'uomo cavalcava un bellissimo cavallo dal manto color ebano.
«Darcy!» Esclamò con un sorriso. Non riusciva ancora a capire perchè provasse tanto entusiasmo ma chiuse il libro e scese in fretta le scale.
Prima di entrare nel salone sentì sua madre accogliere gli ospiti: «Oh Signor Bingley è sempre un piacere averla qui». Elizabeth si arrestò quando sentì la madre affermare entusiasta: «E anche lei, Signor Oliver sarà sempre gradito qui a Longbourn!»
«Lo spero davvero,» rispose l'uomo sorridendo «Non mi sono mai divertito tanto come quella sera a Meryton, la compagnia era stupenda.»
Elizabeth appoggiò la schiena contro la parete del corridoio. Non ne comprendeva bene il motivo, ma la presenza di quel gentiluomo la turbava. Inoltre credeva si trattasse di Darcy!
«Lo credo bene signore, lo credo bene.» Disse la signora Bennet «E ho notato che preferiva intrattenersi in compagnia di mia figlia Elizabeth!»
«Oh mi ha già scoperto, signora Bennet» ammise Oliver stranamente impacciato, «Non le si può nascondere niente, non è così?»
La signora Bennet rise di gusto: «Devo ammettere, signor Oliver che nulla sfugge al mio occhio attento!»
Elizabeth, sentendo parlare di lei a quel modo, arrossì. Decise che, proprio per lo strano turbine di emozioni che Oliver inspiegabilmente le provocava, non si sarebbe intrattenuta con gli ospiti nel salone. Intenzionata a tornare in stanza, si voltò verso le scale. In quel momento scesero anche Jane e Kitty e, travolta dalle loro parole, fu spinta in direzione del salone.
In presenza delle donne, gli uomini si alzarono di scatto e fecero un breve inchino.
La compagnia si intrattenne con i soliti convenevoli. Jane chiese a Bingley notizie sulle sue sorelle, Kitty lesse una sfrontata lettera di Lydia che provocò una forte risata della signora Bennet. Elizabeth ebbe modo di scrutare meglio Oliver. Si accorse che in sua presenza cercava di apparire disinvolto e spontaneo e solo lei notò che molto spesso il suo tono rivelava invece un certo imbarazzo.
«E il signor Darcy?» Chiese Jane, «E' passata una settimana dall'ultima volta che è venuto a farvi visita a Netherfield.»
«Sì è vero» rispose Bingley senza il solito sorriso, «Credo che per il momento non voglia tornare qui. O per meglio dire non..»
Elizabeth abbassò gli occhi e Oliver notò il cambiamento nella sua espressione.
«Non può.» Concluse l'uomo, «E' oberato di lavoro, evidentemente».


«Ho notato quella domanda mirata di questa mattina, Jane».
Jane terminò la treccia e scrutò gli occhi della sorella riflessi nello specchio. «Non potevo non farla. Volevo sapere cosa lo trattenesse a lungo lontano da Netherfield, o meglio,» Si voltò per guardare Elizabeth «lontano da te.»
«Sappiamo benissimo cosa gli ha fatto cambiare idea. Gli ho confermato che non lo amo.»
«Ma no, Lizzy! Bingley mi ha fatto comprendere che tu non c'entri niente» disse ingenuamente la ragazza, «non torna per il troppo lavoro.»
Il voler giustificare tutti anche sta volta, tipico del carattere buono di Jane le strappò una risata.
«Oh Jane, non cambierai mai!» Disse Elizabeth in tono affettuoso, «Bingley ha fatto capire tutto il contrario invece! Ha detto chiaramente che Darcy non vuole andarsene da Pemberley, e poi, si è ingannato con il tono inquieto con il quale ha risposto alla tua improvvisa domanda.»
Jane sembrò rassegnata. «Ma Lizzy,» sussurò «io non posso vederti così, tu non vuoi ammetterlo ma non sei felice e io lo so.»
Jane accarezzò con un dito la morbida guancia di Elizabeth. «Mi sembra di rivedere me stessa nel periodo in cui Bingley era partito da Netherfield senza darmi più sue notizie.»
«Ammetto, cara sorella, che è una situazione che mi provoca più rabbia che dolore.»
«Se fosse realmente così dovresti reagire diversamente, a mio parere. Non è da te passare ore ed ore davanti alla finestra.»
Elizabeth cercò di sdramatizzare con un sorriso ma non riuscì a controbattere la sorella.
Jane ruppe il silenzio che si era venuto a creare. «Sai che ti dico?» disse mettendosi in ginocchio sul letto, «Dopodomani verrai con me a Londra!»
«Londra?» Chiese Elizabeth sorpresa «Non mi avevi detto che partissi!»
«Si tratta solo di due giorni. Questa mattina Bingley mi ha portato una lettera di Caroline in cui scriveva che le sarebbe piaciuto se il mio vestito da sposa lo confezionasse la sua sarta di fiducia. Sembra si tratti di una sarta molto richiesta tra i nobili signori. Ma a me questo particolare non importa, vorrei solo fare contenta quella che sarà la mia futura cognata.»
Jane sorrise dolcemente, non riusciva mai a portare rancore.
«E va bene» acconsentì Elizabeth, «Mi farà sicuramente bene allontanarmi un paio di giorni da Longbourn. E poi non riuscirei mai a perdonarmi se ti lasciassi scegliere il vestito più importante della tua vita da sola, o peggio, con Caroline Bingley!»
Jane non riuscì a trattenere una risata.
«Oh Lizzy!» esordì poi arossendo, «Non riesco proprio ad immaginarmi con l'abito bianco e mi chiedo tutti i giorni se sono all'altezza del mio futuro sposo.»
«Cara Jane, il signor Bingley è così modesto e tanto simile a te, che sicuramente in questo momento si starà chiedendo la stessa cosa».

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Capitolo 7
*** Dietro il candido vestito ***



Londra era in grande fermento quel sabato mattina. Le strade pullulavano di gente, nell'aria si sentiva odore di calde brioche e di compere natalizie. I negozi erano addobbati con vischi e nastri rossi ma quel giorno solo un edificio, l'antica sartoria in Oxford Street, poteva vantarsi di avere l'addobbo più bello: Jane Bennet in abito da sposa.


La morbida stoffa bianca accarezzava con naturalezza i lineamenti di Jane, mentre sui dorati capelli era stato appoggiato un candido velo, il cui nastro in pizzo, contornava il bellissimo viso.
Quando Jane entrò nella stanza, Elizabeth ne rimase incantata. Sembrava che si fosse resa conto solo allora che sua sorella stava per sposarsi con un uomo che amava davvero. Notò gli occhi lucidi ed il sorriso angelico che illuminava il viso di Jane. Elizabeth pensò che molto probabilmente anche una sposa si rende conto di essere tale, solo dopo essersi guardata allo specchio con indosso l'abito bianco.
La sarta, mantenendo per bene lo strascico, guardava con orgoglio i presenti. Nessun cliente lasciava il suo atelier con aria delusa, specialmente le future spose.
I signori Gardiner, che non potevano mancare a quel momento e ansiosi di vedere la loro nipote più grande all'altare, a quella visione celestiale risposero con un largo sorriso. Solo la signorina Bingley sembrava insodisfatta e arricciando il naso esordì: «No, no così non va! Lo strascico lo voglio più lungo!»
Jane, continuando a sorridere, guardò Elizabeth. Le sorelle si intesero subito e capirono che non sarebbe stato molto semplice confezionare l'abito con la supervisione di Caroline Bingley. La sarta appuntò la richiesta su di un taccuino, poi, con uno scatto, raggiunse l'abito per modificare la posizione di alcuni spilli. Chinata sull'orlo del vestito, l'esile figura dell'anziana donna sembrò ancora più minuta.
«E quelle maniche: dei ricami fioreali le renderebbero meno ordinarie».
La sarta fece un breve cenno.
«Cosa ne dice di questi signorina Bingley?»
Chiese mostrandole dei ritagli di stoffa presi da un cassetto.
«Dovrebbe mostrarle alla futura sposa, signora», azzardò a dire Elizabeth con un sorriso ironico «sarà lei che a breve prenderà marito».
Caroline lanciò ad Elizabeth un'occhiata carica d'odio.
«Ah sì certo», disse cercando di controllare lo sdegno «tu cosa ne pensi cara Jane?»
«Non lo so, sono indecisa», fu la timida risposta di Jane «un abito ordinario per me andrebbe benissimo».
Caroline sembrò non acconsentire. «Come può essere tanto semplice e umile la futura moglie di Charles?» pensò, «sempre meglio di avere come cognata sua sorella Elizabeth, questo è vero».
«Ma tu diventerai la futura signora Bingley! Non puoi apparire con un aspetto semplice, a maggior ragione il giorno del matrimonio!» Fu l'unico commento di Caroline, interrotta poi da un lieve tocco alla porta. Nella stanza entrò una giovane donna.
«Signora Taylor, la cliente nell'altra sala chiede la sua supervisione per alcuni minuti».
La sarta lasciò rapidamente la stanza scusandosi per l'inconveniente.
Il silenzio fu interrotto dalla voce di Jane: «non credete anche voi che sia un abito incantevole?»
«Lo credo bene, mia futura cognata, ti ho portata nel migliore atelier della contea!»
Jane sorrise imbarazzata, non era ancora avezza a vivere nel lusso e forse, non si sarebbe mai abituata.
Dopo alcuni minuti, Caroline, spazientita e oltremodo indignata per il comportamento della sarta, chiese ad Elizabeth di andare a cercarla.
Elizabeth fu sollevata di allontanarsi dalla signorina Bingley e dalla sua sgarbatezza e lasciò in fretta la stanza. Incominciò a vagare senza meta per il corridoio. L'atelier era molto grande e lussuoso, vi lavoravano decine di sarte ma solo le clienti più importanti potevano avere il tempo della proprietaria a loro disposizione. Elizabeth non osava entrare nelle stanze ma molte di queste erano aperte. Si trattava di laboratori da lavoro dove giovani sarti e ricamatrici tagliavano e cucivano stoffe tutto il giorno senza sosta. Elizabeth sentì una voce familiare provenire da una stanza in fondo al corridoio. Si avvicinò alla porta socchiusa e sbirciò le donne che parlavano animatamente nella grande sala. Aveva trovato la signora Taylor ed era quasi sul punto di irrompere nella stanza quando vide vicino alla ragazza che indossava un abito da sposa, Lady Catherine de Bourgh.
Elizabeth sobbalzò e dalla posizone in cui si trovava non potè vedere in viso chi stesse provando il vestito. Non riusciva a spiegarsi il perchè, ma era rimasta talmente scioccata di fronte a quella visone da rimanere paralizzata. Mentre Catherine de Bourgh spiegava con la solita austerità alla sarta come si dovesse confezionare il vestito, Elizabeth sbattè per sbaglio la mano contro la porta. Il rumore fece voltare le donne presenti nella sala, anche la ragazza con indosso l'abito da sposa.
Con un sussulto Elizabeth si accorse che dietro il candido vestito si celava il viso ancora più bianco della signorina de Bourgh.
«Non può essere», sussurrò con la voce tremante. «Non può essere vero», disse correndo per il corridoio.
Lady Catherine de Bourgh fece un largo sorriso.
«Conosce quella ragazza signora Taylor?» Chiese poi.
«Sì vossignoria, è la sorella di una delle mie spose».
«Ah!» strillò la donna, «Ah!» strillò di nuovo ridendo.
Dopo una breve risata disse di nuovo: «Anche io la conosco. E' la provinciale che credeva di poter sposare mio nipote Darcy!».
Lady Catherine de Bourgh lanciò un'occhiata fiera a sua figlia.


«Non può essere vero» sussurrò ancora una volta con la schiena appoggiata al muro, «non voglio credere a quello che i miei occhi hanno visto. Lei non sta per sposarsi, lei non sta per sposare Darcy!»

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Capitolo 8
*** Passi nel buio ***



A volte, si desidera così tanto che qualcosa di bello finalmente accada, che la vita, quella balorda, si ingegna qualcosa per ricordarci che siamo soltanto sciocchi involucri pieni d'aria e di sentimenti. Tali situazioni che ci si presentano davanti sono talmente assurde e irrazionali, che ci costringono a rimpiagere di aver sperato con tale ardore.


I pensieri che in quel momento attraversavano la mente di Elizabeth erano tutt'altro che piacevoli. Forse il suo turbamento derivava dal fatto che non sapeva bene cosa provare. Rancore no di certo, ma neanche avversione nè disprezzo. Era invece angosciata. Non se ne era mai resa conto, ma l'idea di vedere Darcy sposarsi con un'altra la rattristava come non mai.
Ancora con la schiena sulla parete Elizabeth fece un lungo respiro. Quando entrò nella sala Jane e i Gardiner l'accolsero con un sorriso.
«Allora?» Disse Caroline con una smorfia, «la signora Taylor dov'è?»
«Ah? Sì la signora Taylor...» Farfugliò Elizabeth, «sì sta tornando qui».
Jane guardò con aria perplessa sua sorella.
«Lizzy, ti senti bene?»
Elizabeth posò una mano sulla fronte e si sedette: «No, credo proprio di no Jane».


Prima di partire da Longbourn, si era deciso che Jane sarebbe stata ospitata dalla futura cognata nella sua casa londinese, mentre Elizabeth, che non voleva arrecare troppo disturbo ai Bingley, accettò l'ospitalità dei Gardiner.
In seguito al malessere della sorella, Jane non volle sentire scuse e convinse Elizabeth a dormire con lei per poterla assistere. Caroline, a malincuore, dovette fingere la stessa apprensione e insistette perchè Elizabeth soggiornasse da lei.
Quando quel pomeriggio Elizabeth si sdraiò sul letto, si sentì subito meglio.
«Oh Jane,» disse in un sussurro «non sai quanto mi dispiaccia averti fatto lasciare l'Atelier con tanta fretta».
«Lizzy! Ma che dici,» Jane accarezzò le guancia pallide della sorella «come potevo rimanere lì sapendo che tu stavi così male.»
«Eri bellissima con l'abito bianco,» disse Elizabeth voltando il capo e socchiudendo gli occhi «Bingley non poteva scegliere sposa migliore, cara Jane».
«E il signor Darcy non poteva scegliere di amare nessun altra che te, » disse Jane con un sorriso, ma voltandosi si accorse che la sorella si era già addormentata. Guardò quel bel viso riposare e con una certa apprensione cercò di capire cosa potesse aver turbato così tanto Elizabeth da sentirsi male. Ritenne fosse meglio lasciarla dormire.
«Buonanotte Lizzy,» sussurrò dopo aver spento la lampada.


Elizabeth si svegliò all'improvviso ansimando. Aveva avuto un incubo. Scoprì di ritrovarsi nel buio più totale e non riusciva a ricordare dove si fosse addormentata. Il sudore le imperlava la fronte mentre la sottana le aderiva bagnata al corpo. Dopo essersi alzata dal letto, vacillò nel buio, trovò la finestra e aprì le tende. La luce riflessa dalla luna riuscì ad illuminare la stanza.
«La casa a Londra dei Bingley,» sussurrò «adesso ricordo dove mi trovo».
Le rivennero alla mente gli avvenimenti del giorno prima: la prova dell'abito di Jane, la ricerca della signora Taylor nell'atelier e poi la scoperta di lady de Bourgh con indosso il vestito da sposa.
Si sentì mancare l'aria, le sembrava di aver fatto solo un brutto sogno. Di aver vissuto un incubo, simile a quelli che tormentavano le sue insonni notti. Guardò lo scenario notturno londinese attraverso le vetrate, per strada c'era ancora un gruppo di uomini attorno ad una bottiglia di vino. Si sentiva la gola secca. Decise di scendere in cucina, così prese un soprabito e uscì dalla stanza.
Il corridoio era poco illuminato, ma dalla poca luce riflessa dalle finestre si riuscivano a intravedere i contorni dei mobili. Mosse qualche passo barcollando nel buio, tastando i mobili che le si presentavano davanti. Dopo un lungo passo sentì improvvisamente il vuoto sotto di sè, era una scalinata e se ne rese conto troppo tardi per evitare la caduta. Sentì un atroce dolore alla gamba, poi al braccio e infine alla testa. Elizabeth non riusciva più a sollevarsi, tutto le appariva confuso in quell'odioso buio, finchè ad un tratto, dal piano superiore, sentì aprirsi una porta. Evidentemente il ruomore provocato dalla sua caduta aveva svegliato qualcuno.
Sentì dei passi scendere rapidamente dai gradini e una luce avvicinarsi a sè. Si trattava di un uomo con una candela in mano. Nello stato confusionale nel quale si trovava, non riusciva a distinguere nient'altro. L'uomo le cinse un braccio dietro la schiena e la sollevò, prendendola in braccio. Salì lentamente la scalinata, la riportò nella sua stanza e la rimise a letto.
Elizabeth era troppo stanca e intontita per sentire quel «l'amo».

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Capitolo 9
*** Troppo tardi per una visita ***



Erano accaduti tanti avvenimenti quella sera nella casa a Londra, mentre Elizabeth dormiva. Quando Jane, lasciata la stanza della sorella, scese al piano inferiore ed entrò nel salotto, si accorse che oltre alla signorina Bingley e alla signora Hurst, avrebbero soggiornato a Londra anche Bingley, suo cugino Oliver e Darcy.
«Buonasera,» disse la ragazza sorpresa.
Bingley e Oliver, seduti al tavolo da gioco con le donne, si alzarono e fecero un breve inchino mentre Darcy, voltandosi lentamente, si limitò a ricambiare il saluto con aria altrettanto sorpresa.
«Che piacere rivedervi signorina Bennet,» disse Bingley con un sorriso, «è stato di vostro gradimento il vestito mostrato all'atelier?»
Jane sorrise imbarazzata. Da quando aveva provato l'abito da sposa non riusciva più a pensare ad altro se non al giorno in cui l'avrebbe finalmente indossato.
«Che sfrontatezza da parte vostra Charles!» Affermò la signora Hurst ancor prima che Jane riuscisse a rispondere. Bingley guardò la sorella con aria interrogativa e attese il seguito della frase.
«Riguardo all'abito non potete sapere e soprattutto vedere niente fino a quel giorno!»
«Oh cielo, non voleva essere mia intenzione! Le porgo le mie scuse, signorina Bennet, se avete pensato questo di me.»
Jane arrossì di nuovo. «Niente affatto signor Bingley, potete star tranquillo». Disse prendendo un lavoro di cucito.
«Ne sono sollevato. Sua sorella Elizabeth dov'è?»
A quella domanda Jane sollevò il capo e notò che entrambi i gentiluomini, sia Oliver che Darcy, si erano voltati in attesa di una risposta.
«Elizabeth ha avuto un malessere mentre eravamo all'atelier,» spiegò Jane riprendendo a cucire «purtroppo adesso si sente poco bene, ho lasciato la sua stanza solo quando si è addormentata».
«Avete chiamato un dottore?» Chiese Oliver con apprensione.
«Sì ma potrà farle visita solo domani mattina».
Darcy continuò a guardare fuori dalla finestra.
La serata continuò in maniera tranquilla. I Bingley giocarono per tutto il tempo a carte, Oliver iniziò la lettura di un libro, Jane continuò il lavoro di cucito e Darcy scrisse una lettera a Georgiana. Bingley cercò numerose volte di scambiare qualche parola con Jane, ma quasi sempre la sua voce veniva contrastata da quella ben più squillante di Caroline che voleva intrattenere un discorso con il signor Darcy. Il suo tentativo però, fu spesso vano. Darcy quella sera sembrava non aver voglia di parlare con nessuno.


Bingley era sveglio da ben prima che il sole sorgesse timidamente sulla grigia Londra, così da poter lavorare di buon ora sulla sua scrivania.
Quando sentì bussare alla porta, solo dalla forza che era stata impiegata per farlo, Bingley capì chi vi si trovasse dietro.
«Darcy! Entra pure amico mio.»
Darcy si introdusse nella stanza con fare perplesso, forse si chiedeva come avesse fatto Bingley a sapere che fosse lui.
«Anche tu già sveglio?»
«E' la forza dell'abitudine, anche se non ho lavoro da svolgere.»
«Vuoi un pò del mio?» Disse Bingley scherzosamente, alzando dei fogli. «Siediti, tra noi non esistono certe formalità. Rimarrai sempre il solito, nonostante ci conosciamo da anni, ormai!»
Darcy abbozzò un sorriso. «Sto andando a Pemberley, volevo salutarti.»
«Come, di già? Non avevi detto che dovevi fermarti a Londra per qualche giorno?»
«C'è stato un imprevisto, devo partire immediatamente. Non ho il tempo di salutare le signore, con mio grande rammarico.»
«Ma guarda...» disse Bingley con fare dubbioso, «e credo di sapere anche come si chiama questo imprevisto.»
Darcy distolse lo sguardo. «Non ricomincia...»
«Elizabeth Bennet!»
«Lo sapevo che avresti fatto il suo nome.»
«Ecco come si chiama il tuo imprevisto.»
Darcy fece un lungo sospiro. «Non posso rimanere qui, non posso rivederla.»
«Se continui così finirà per credere che non l'ami più.»
«E' esattamente questa la mia intenzione.»
«Ho sentito dire che tua zia sta organizzando il tuo matrimonio con Anne de Bourgh.»
«Lo fa ogni anno, e ogni anno rimane delusa quando le spiego che non voglio sposarmi.»
«Ma quest anno ha una ragione in più per credere che tu voglia farlo.»
Darcy non rispose.
«Allora, per quanto starai lontano da Netherfield? Non mi dire che non parteciperai neanche al matrimonio,» disse Bingley con un sorriso «non potrei sposarmi senza il testimone!»
«Te lo prometto Bingley, sarò il tuo testimone ma non chiedermi nient altro.»
«Ti riferisci alla festa di fidanzamento?»
«Sì.»
«Essia, fa come meglio credi, non venire,» Bingley alzò i palmi, rammaricato «mi rassegnerò a non vedere più il mio migliore amico a Netherfield.»
Darcy scosse nervosamente il capo e si alzò.
«Ci vediamo al matrimonio, promesso.»
«Promesso...» sussurrò Bingley.
«Ah, Darcy?» Disse mentre l'amico apriva la porta. «Ricordati che in amore non sempre vince chi fugge.»
Darcy sorrise e uscì. Mentre si dirigeva verso la porta di ingresso incontrò Oliver.
«Buona giornata Oliver.»
Oliver, senza neanche rispondere al saluto, lo guardò in tono di sfida e continuò a dirigersi verso lo studio del cugino.


Per la colazione erano tutti seduti a tavola. Elizabeth, con il braccio ancora dolente, avvertiva un leggero mal di testa. Jane le dedicò ogni premura chiedendosi come avesse fatto sua sorella a farsi male in quel modo. Ma perfino Elizabeth, di quella notte, ricordava pochissimo.
«Ieri il signor Darcy è stato qui.» Sussurrò Jane mentre accarezzava il braccio di Elizabeth. «E' rimasto sorpreso quando ha saputo che c'eri anche tu a Londra.»
«E adesso dov'è?» Chiese Elizabeth sussurrando allo stesso modo.
«Non lo so, pare abbia avuto un impegno urgente da sbrigare a Pemberley.»
Elizabeth bevve un sorso di caffè. Se Darcy aveva passato la notte lì poteva essere stato lui a soccorrerla? Al solo pensiero arrossì.
«Oh lizzy,» disse Jane apprensiva «guarda come sei rossa, avrai la febbre.»
Elizabeth finse fosse davvero quello il motivo del suo rossore e non aggiunse nulla.
«Bingley,» disse Caroline con una smorfia «ti prego di riferire al signor Darcy che sono alquanto dispiaciuta che sia partito senza salutarmi.»
«Sarà fatto, anche se credo che il dipiacere più grande l'abbia provato lui, lasciandoti.» Affermò Bingley guardando Elizabeth anzichè sua sorella. Elizabeth abbassò lo sguardo.
«Oh, ne sono certa, è sempre triste per lui non poter godere della mia presenza.»
«Ne sono certo cara cugina.» Disse Oliver con un tono che lasciava intendere una certa derisione da parte sua. «Gli manchi esattamente come ad un fringuello può mancare una gabbia!»
Elizabeth e Jane si scambiarono uno sguardo divertito, mentre Caroline, titubante, cercava di capire il senso del complimento.
«Lasciamo stare il caro Darcy, tu piuttosto,» la signorina Bingley si rivolse ad Oliver con fare inquisitorio «cosa ci facevi questa notte davanti alla porta della signorina Elizabeth Bennet?»
Elizabeth sorpresa, guardò Oliver al quale andò di traverso il caffè. Dopo un leggero colpo di tosse disse: «Risponderò alla domanda solo se prima mi spieghi cosa ci facevi tu sveglia a quell'ora.»
Caroline, di natura un essere al quale sembra ovvio giudicare ma non essere giudicato, rimase interdetta. «Ah.. eh.. io?» Disse senza l'usuale tono austero «Io ho sentito un forte rumore, così sono uscita dalla mia stanza e ti ho visto!»
Elizabeth era sconvolta, il rumore che aveva sentito Caroline era sicuramente quello provocato da lei mentre cadeva dalla scalinata. E così l'uomo che l'aveva presa in braccio era invece Oliver?
«E va bene, ero davanti alla porta della signorina Bennet,» disse alzando le mani in segno di arresa, «dopo aver saputo che non stesse bene volevo farle visita. Ma, uscito dalla mia stanza, mi sono reso conto che fosse veramente troppo tardi per una visita del genere e che poteva indubbiamente essere fraintesa, così sono tornato a letto.»
Caroline guardò Oliver titubante mentre Elizabeth tirò un sospiro di sollievo. Si sarebbe certo vergognata se avesse rivelato davanti a tutti della sua sciocca caduta. Ma lo scoprire che sia stato Oliver a raccoglierla e a riportarla a letto la imbarazzò ancora di più tanto da non riuscire a sostenere il suo sguardo per tutto il corso della giornata. Vagamente, ricordava che l'uomo, dopo averla posata sul letto, le avesse detto qualcosa, ma non ricordava precisamente cosa.
Il dottore arrivò prima di pranzo e visitò Elizabeth. Non aveva riportato serie contusioni perciò la sua terapia consisteva solo in un riposo assoluto. Ma come poteva riposare Elizabeth, con tutti quei pensieri per la testa?

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Capitolo 10
*** Amare un altro ***



Adesso non posso considerarmi appagata. Non mi sento felice nè allegra. Sono invece affranta e agitata. Ma l'amore non doveva arrecare gaio sentimento e soprattutto compiacimento? Se ciò che provo per Darcy sia amore ancora non saprei con sicurezza, ma se così fosse allora sono certa che dovrei ricredermi sul vero significato del termine felicità.
Un pensiero mi sono persuasa a credere: se l'amore provocasse davvero solo un perenne stato di irrequietezza, allora vorrei che mi si considerasse una donna irrequieta per l'intera vita.
Per il momento non mi importa quanto distruttivo o negativo questo sentimento possa essere, voglio viverlo e assaporare la sua velenosa essenza ogni secondo.
E arrivata a questo punto mi chiedo, con tristezza, se sarei mai capace di amare qualcun altro che non sia Darcy.



Oliver le prese con delicatezza una mano e con un sorriso le chiese di danzare. Elizabeth esitò per qualche istante, per poi rispondergli di sì con un sorriso tanto dolce quanto incredulo.
Dopo essere ritornata a Longbourn dalla caotica Londra, le sembrava di vivire in un sogno dai contorni frastagliati e dalle immagini sfuocate. Tutto le appariva strano e confuso, pefino adesso, mentre ballava con Oliver, le sembrava di fluttuare sul pavimento.
«L'Hertfordshire è incantevole» disse l'uomo non appena la danza gli permise di avvicinarsi alla sua dama, «non riesco a concepire come possa cambiare così rapidamente, la ritrovo sempre diversa ogni volta che vi faccio ritorno».
«Cosa può cambiare in una contea così piccola, tanto da stupirvi?»
«Voi siete spettatrice di tali cambiamenti ogni giorno, non potrà mai accorgersi di come tutto si trasforma, se visto a distanza di anni,» spiegò Oliver pensieroso.
I due si separarono per qualche secondo e scambiarono coppia, per poi tornare a danzare mano nella mano.
«Mi faccia un esempio». Chiese Elizabeth curiosa.
«Il castagno sul ciglio della strada che porta a Meryton,» Oliver fece alcuni passi alle spalle di Elizabeth per poi tornare al suo fianco «dodici anni fa non esisteva».
«Vuole dire che manca nell'Hertfordshire da così tanto tempo?» Chiese incredula la ragazza.
«Per non parlare di quello che voi chiamate antico forno di Hunsford,» disse Oliver sviando la domanda «L'ultima volta che tornai in Inghilterra non esisteva neanche un mattone di quel forno. Ma forse, i mattoni con i quali è stato costruito erano antichi per davvero!»
La ragazza incominciò a ridere e con lei anche Oliver.
«Dire che avete un sorriso incantevole sarebbe un complimento troppo misero, signorina Bennet».
A quel complimento tanto inaspettato, Elizabeth arrossì. Forse Oliver si rese conto di essere stato troppo avventato, in quanto si ricompose immediatamente assumendo un'espressione seria. La ragazza sorrise. Voleva capire, esattamente come l'anno precedente, il carattere del gentiluomo con il quale stava danzando. Con Darcy, le risultò apparentemente semplice e ovvio il suo giudizio. Egli non era che un uomo arrogante e orgoglioso e solo dopo un lungo periodo, con sua grande amarezza, aveva compreso quanto erronea e sciocca possa rivelarsi una valutazione dettata dal pregiudizio. Lei aveva creduto per davvero che un uomo scortese e orgoglioso non poteva mai considerarsi un gentiluomo ai suoi occhi, ma non aveva colto i sentimenti che si celavano dietro quella maschera. Non voleva più commettere uno sbaglio del genere.
Adesso, mentre osservava Oliver ballare al suo fianco, voleva comprenderne la sua vera essenza. La bellezza e i sorrisi non sono essenza ma piuttosto apparenza. Si chiese cosa poteva nacondere Oliver dietro ogni sorriso.
«Non avete risposto alla mia domanda, signor Oliver.» Disse Elizabeth, mentre la musica terminava lentamente e le coppie si sciolsero. Oliver continuò a tenere la mano della propria dama.
«Ero poco più di un ragazzino quando partii per la Francia.»
«Non vi è mancata neanche un pò l'Inghilterra?» Chiese Elizabeth con un sorriso.
«Sarei solo un bugiardo se vi rispondessi di no.» Oliver abbassò lentamente il capo. «Ma dovetti seguire i miei genitori».
«Vi trasferiste per affari?»
«Non esattamente,» quando Oliver sollevò lo sguardo, Elizabeth notò lo splendore emanato dai suoi occhi verde smeraldo. Sentì batterle il cuore quando Oliver le prese entrambre le mani pronunciando il suo nome «Elizabeth» sussurrò, «Elizabeth» disse di nuovo.
«Oh signor Oliver,» intervenne improvvisamente il signor Lucas «che piacere averla qui nella mia dimora».
Oliver lasciò delicatamente le mani di Elizabeth e salutò il padrone di casa con un grande sorriso.
«Vedo che avete scelto proprio la dama migliore, non sarete mica uno di quelli che non si accontentano mai?»
Oliver non rispose ma rivolse uno sguardo carico di dolcezza e ammirazione verso Elizabeth.
«Vi pregherei, signorina Bennet, di presentare il gentiluomo alla signora Lucas» chiese il signor Lucas, dando un colpetto con la mano alla spalla di Oliver, «sembra ansiosa di conoscerlo, l'ultima volta non ne ho avuto il tempo, come adesso daltronde» disse guardando alle spalle di Elizabeth.
«Oh c'è il signor Bingley! Scusatemi...» Con questa frase il signor Lucas sparì nella folla ed Elizabeth si voltò verso quella direzione. Nel momento in cui il padrone di casa salutava il signor Bingley, notò l'espressione infastidita di Caroline Bingley e l'aria divertita dei coniugi Hurst. Non vedeva Darcy, ed Elizabeth ipotizzò che se fosse realmente venuto anche lui, poteva essersi allontanato. Mentre raggiungeva la signora Lucas, seguita da Oliver, Elizabeth continuò ad alzarsi sulle punte in cerca di Darcy nella folla.
«Non riuscite a trovare qualcuno?» chiese Oliver. «Se è il signor Darcy che cercate, mio cugino mi ha detto che non sarebbe venuto».
Elizabeth spalancò gli occhi incredula. Non riuscì a negare ciò che le era appena stato detto.
«Non vi preoccupate, l'ho capito da tempo, ma il vostro segreto rimarrà in buone mani.» Sussurrò Oliver con un occhiolino.
«Grazie.» Fu l'unica parola che Elizabeth riuscì a pronunciare. Si sentiva confusa, tutto stava procedendo troppo velocemente. Forti sentimenti le premevano il cuore tutti assieme senza un attimo di tregua.
Quando i due furono abbastanza vicini, sul viso della signora Lucas comparve un largo e compiaciuto sorriso. Elizabeth ripensò a ciò che Oliver le aveva detto qualche attimo prima «l'ho capito da tempo, ma il suo segreto rimarrà in buone mani.» Non riusciva a credere che Oliver fosse a conoscenza dei suoi sentimenti per Darcy. Era così evidente?
«Signora Lucas,» disse avvicinandosi alla donna, con la testa ancora carica di pensieri «vorrei presentarvi il cugino del signor Bingley, il signor Olivier».
Elizabeth sentì una stretta allo stomaco. A causa della forte confusione che si era insinuata nella sua mente, aveva presentato il gentiluomo sbagliandone il nome. La signora Lucas, sbigottita, guardò la ragazza a bocca aperta. Quando Elizabeth, costernata, cercò di correggere l'errore, Oliver la interruppe con una risata.
«Sono settimane che non sento pronunciare il mio nome in questa maniera».
I presenti guardarono Oliver stupiti.
«I francesi mutano tutte le parole straniere a loro piacimento, perfino i cognomi». Spiegò l'uomo con un'altra risata. Elizabeth guardò Oliver con dolcezza. Le aveva evitato un'altra figuraccia, dopo quella di Londra. La signora Lucas rise a lungo senza ritegno.


Era diverso dal signor Darcy. I due, messi a confronto, erano l'uno l'opposto dell'altro. Eppure Elizabeth sentiva di essere attratta da entrambi in egual maniera. Constatò con grande tristezza che se avesse incontrato il signor Oliver solo un anno prima, se ne sarebbe invaghita immediatamente. Era l'incarnazione del gentiluomo che aveva sempre cercato, quello per il quale aveva rifiutato ogni proposta di matrimonio con tanta sicurezza. Era affabile, gentile, divertente, dolce. Sua madre avrebbe aggiunto anche gli aggettivi ricco e affascinante. Ma questi aspetti non le interessavano assolutamente, Oliver era troppo simile e affine a lei per prendere in considerazione la sua bellezza o la sua ricchezza. Se lo avesse incontrato anche solo un anno prima, se ne sarebbe innamorata anche se fosse stato un mendicante privo di fascino. Si chiese allora per quale motivo la sua mente le imponeva di rifiutare ogni suo gesto d'affetto, ogni suo complimento. Forse perchè aveva imposto troppi «se» nel suo ragionamento. Loro non si erano incontrati un anno fa e in quell'anno ne erano accadute di novità, perchè in quell'anno, suo malgrado, si era innamorata di un uomo. Quell'uomo si chiamava Fitzwilliam Darcy, quell'uomo inizialmente non aveva nessuna intenzione di mostrarsi nè dolce nè gentile. Era tutt'altro che affabile e divertente, ma lentamente Elizabeth scoprì di essersene innamorata. Dietro ogni suo gesto vi scoprì una carezza nascosta, in fondo ad ogni parola un complimento da comprendere. Con il passare dei giorni, conoscendosi, egli si rivelò un uomo gradevole e amabile. «Ma anche ricco e affascinante!» avrebbe precisato ancora sua madre.
Ma i giorni passavano, ed Elizabeth incominciò a perdere la speranza di rivedere Darcy. Oliver veniva sempre più spesso a farle visita a Longbourn. In molte occasioni, con suo cugino Bingley, accettava di rimanere per cena. La signora Bennet trovava molto piacevole la presenza dei due gentiluomini e credeva che sarebbe passato poco tempo tra le nozze di Jane e quelle di Elizabeth con Oliver. Perfino il signor Bennet provava un'ammirazione sincera nei suoi confronti.
Una mattina, cinque giorni prima della grande festa di fidanzamento che si sarebbe tenuta a Netherfield, Oliver arrivò a Longbourn. Con loro grande sorpresa i Bennet notarono che arrivò da solo.
«Oh signor Oliver, che sorpresa averla qui così presto e dopo così poco tempo dall'ultima visita!»
Disse con fare concitato la signora Bennet.
«Mamma ma se ormai il signor Oliver viene qui tutti i giorni». Aggiunse Kitty.
«Kitty!» strillò la madre. «Vai a controllare in cucina, su sbrigati.» Poi rivolgendosi ad Oliver la donna chiese «Ma mi dica signor Oliver, come mai il signor Bingley non è con voi?»
«Ah, Bingley dite?» Esordì Oliver mentre scendeva da cavallo, poi, controllando che non ci fosse Jane, annunciò «Mio cugino mi ha mandato a dirvi che non vuole più saperne di Jane».
Il signor Bennet vide sua moglie diventare paonazza, mentre Elizabeth, accigliata, trattenne sua madre per un braccio.
«Oh i miei poveri nervi!» disse poggiando una mano sulla fronte.
Davanti ad una simile reazione Oliver non riuscì a trattenere una risata.
«Signora Bennet, non dicevo sul serio, potete star tranquilla» la rassicurò Oliver «Bingley è a Netherfield ed è anche disperato per giunta!»
«Le posso chiedere il perchè?» Disse ansiosa Jane, scendendo le scale del cortile.
«Perchè lui è costretto a rimanere sulla sua scrivania per lavoro mentre io no, spero non vi dispiaccia se trascorro il mio tempo qui a Longbourn».
«No assolutamente, signor Oliver» disse la signora Bennet in un sussurro mentra cercava di riprendersi, «ma vi chiedo la cortesia di avere pietà per i miei poveri nervi, la prossima volta».
Oliver scoppiò in una risata. «Vi prometto che d'ora in avanti avrò il massimo rispetto verso i vostri nervi!»
Il signor Bennet rise di gusto. «Siete un tipo sveglio, Oliver».
Elizabeth guardò Oliver con affetto. Mentre rientravano in casa, Jane, che non aveva compreso nulla di ciò che era appena accaduto, chiese ripetutamente alla madre cosa fosse successo per farle nominare i suoi nervi.
Qualche ora dopo, Elizabeth ed Oliver si ritrovarono a passeggiare da soli per il cortile. Oliver sembrava molto teso. Dopo i soliti convenevoli, Elizabeth chiese con curiosità ad Oliver di elencarle altri esempi su ciò che era cambiato nell'Hertfordshire in quegli anni.
«Ah bhè, vediamo...» Disse Oliver pensieroso. Dopo un colpo di tosse continuò «il paesaggio è cambiato completamente, per esempio. E poi i locali nuovi...»
«Anche la gente dovrebbe risultarvi estranea.»
«Sì» affermò Oliver annuendo «I visi nuovi sono la prima cosa che si possono notare. Inizialmente mi sentivo un estraneo nonostante fossi tornato a casa. La popolazione è l'elemento più dinamico di un paese. E' in grado di mutare ogni giorno. Dodici anni fa mi sarei solo sognato di incontrare nell'Hertfordshire una gentldonna intelligente e audace. Eppure l'ho trovata. Questa signorina mi ha colpito a tal punto che in poco tempo me ne sono innamorato perdutamente.»
«Se posso chiedervelo, signor Oliver, di chi state parlando?».
«Sto parlando di voi, signorina Bennet».
Oliver sorrise, poi, con un gesto improvviso, prese una mano di Elizabeth e si inginocchiò a lei. Lo stupore di Elizabeth era indescrivibile. Scosse leggermente il capo, senza riuscire a dire nulla.
«Manco dall'Inghilterra da troppo tempo per sapere se ci si inginocchia ancora, in questi casi, ma signorina Elizabeth, io sono un uomo che si lascia guidare molto dalla passionalità, quindi sono convinto che l'avrei fatto lo stesso, che fosse ancora di moda o meno.» Dopo questa lunga introduzione, con ancora tra le grandi mani quella candida di Elizabeth, Oliver disse: «Con voi voglio essere sincero: ho dei validi motivi per credere che il signor Darcy provi un sentimento abbastanza forte nei suoi confronti. Devo ammettere che io non conosco, se non di vista, questo gentiluomo e spero che le mie deduzioni siano errate. Oltremodo spero che il signor Darcy non sia corrisposto. Se questo vi sembra un ragionamento da egoisti allora sì, chiamatemi egoista!» Oliver abbassò leggermente il capò e dette un colpo di tosse dettato dal nervoso. Dopo essersi schiarito la voce riprese: «Quando mi avete chiesto il perchè della mia partenza per la Francia non vi risposi. Non volevo rispondervi, l'ho ammetto. Lì in Francia i miei genitori volevano farmi conoscere una persona. Si trattava di colei che sarebbe diventata mia moglie, a tempo debito.» Elizabeth ebbe un sussulto, non riusciva a spiegarsi la ragione del turbamento che le aveva provocato quell'ultima frase.
«Ma io, ahimè per i miei genitori, sin dalla tenera età avevo un carattere troppo impulsivo per accettare un matrimonio combinato. Ho rifiutato un'idea simile per tutti questi anni. Tuttavia, dopo le nozze di mio cugino Bingley, tornerò di nuovo in Francia e chissà quanti altri anni passeranno prima di decidermi a sposarla. Ma se la vostra risposta alla mia domanda fosse affermativa, signorina, nulla potrebbe impedirmi di rimanere qui, in Inghilterra.»
Oliver si sistemò meglio sulla gambe, mentre Elizabeth lo guardava incredula.
«Signorina Elizabeth Bennet, vorrei esprimervi con quanto ardore l'amo».
Sentendo quella frase Elizabeth trasalì. «L'amo», ecco cosa aveva sentito quella notte a Londra, mentre l'uomo che l'aveva riportata a letto usciva dalla stanza. «L'amo» aveva detto quella voce, ma non era la voce di Oliver. Egli lo aveva appena pronunciato, ma diversamente, con una diversa intensità, con una diversa passione. «L'amo» risuonava nella sua mente, mentre ripercorreva quelle immagini sfuocate. Prima la caduta, poi l'uomo che la sollevava. Le sue braccia attorno al corpo, il suo petto caldo. «L'amo» aveva detto e all'improvviso, con un sussulto, Elizabeth riuscì a ricordare il viso di quell'uomo.
«Volete sposarmi?» Disse Oliver stringendole le mani.

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Capitolo 11
*** Lasciamoglielo credere ***



Darcy, carissimo amico mio,
Come primissimo argomento vorrei elencare le motivazioni per le quali ti scrivo con enorme ritardo dalla tua ultima lettera e in qualche maniera giustificare e soprattutto scusare tale ignobile mancanza.
La prima motivazione riguarda, come ben saprai, la poca dipsonibiltà di tempo. Durante l'arco della giornata sono sempre impegnato dietro quella vecchia e triste scrivania, non ti nego che mi manca terribilmente la spensierata e calda stagione estiva. Ma un pensiero rallegra il mio lavoro, ovvero quello che presto potrò finalmente sposare la mia amata Jane. Tuttavia, per quanto possa essere lieto e fausto, anche questo evento, o meglio la sua preparazione, mi sottrae molto di quel tempo che potrei invece impiegare con in mano foglio e calamaio e scriverti.
La seconda motivazione è forse la più importante. Sei a conoscenza del fatto che dopo domani ci sarà la festa di fidanzamento qui a Netherfield. Volevo non solo rinnovarti il mio invito ma avevo oltremodo intenzione di invitare la carissima Lady Catherine de Bourgh e sua figlia Anne. Per fare ciò avevo bisogno naturalmente del consenso della cara Jane. Mi rendo conto che Fitzwilliam Darcy di Pemberley non ritrae mai la parola data e che se afferma che non andrà mai ad un ballo, seppur la festa di fidanzamento del suo migliore amico, allora non ci andrà mai, cascasse il mondo! Ma, amico mio, nel caso dovessi cambiare idea dopo aver letto questa lettera, giuro che non proferirò parola con nessuno di quello che mi avete detto e promesso quella mattina a Londra. Se al solo pensiero di essere scoperto ti assale una sensazione di angoscia, puoi anche bruciare questa lettera adesso stesso santodio! Dunque, se dovessi venire, presenta la tua cara cugina come tua dama.
Se ti stai chiedendo cosa potrebbe mai farti cambiare idea, questo non saprei, chiamalo pure intuito.
I giorni qui a Netherfield si stanno rivelando cupi e tediosi senza la tua presenza. Entrambe le mie sorelle sono in gran fermento per il ballo. Preparano tutto nei minimi dettagli e Caroline sembra stia preparando il suo matrimonio anzichè il mio. Credo infatti che desideri con tutta se stessa che le nozze arrivino presto anche per lei. Ma un pensiero simile sfiora tutti, prima o poi, soprattutto le fanciulle. Ho sentito dire che perfino la signorina Elizabeth Bennet, che inizialmente sembrava tanto restia ad innamorarsi, abbia ricevuto ieri una proposta di matrimonio e sembra proprio volerla accettare. Per quanto riguarda il nome del pretendente non ci crederesti mai ma si tratta di mio cugino Oliver!
Ma basta divagare su argomenti così frivoli. Siamo pur sempre uomini non dovrebbero interessarci tali pettegolezzi non è così?


In attesa di una tua risposta,
Tuo eccetera eccetera.



Darcy avvicinò leggermente la lettera al viso e strabuzzò gli occhi. Non era mai stato tanto incredulo e sconcertato in vita sua. «Ho sentito dire che perfino la signorina Elizabeth Bennet, che inizialmente sembrava tanto restia ad innamorarsi, abbia ricevuto ieri una proposta di matrimonio e sembra proprio volerla accettare.»
Rilesse quelle righe molte volte, alcune di queste anche a voce alta. Poi continuò la lettura, « Per quanto riguarda il nome del pretendente non ci crederesti mai ma si tratta di mio cugino Oliver!».
«Non ci posso credere» sussurrò.
Darcy si alzò di scatto dalla scrivania e si voltò verso la finestra. Immobile, con le mani congiunte dietro la schiena, ripensava a quelle parole scritte con tanta superficialità da Bingley. L'amico aveva solo accennato alla notizia della proposta di matrimonio ma sapeva che così facendo avrebbe colpito Darcy nel profondo. Era stata una mossa ben studiata e ciò risultava al quanto strano dato che si stava parlando di Charles Bingley, un gentiluomo tanto ricco quanto ingenuo.
Nella stanza regnava il silenzio. L'uomo, con i suoi occhi neri e imperscutabili, osservava il paesaggio che gli si prospettava dinanzi. Nonostante l'inverno fosse ormai alle porte, i giardini di Pemberley si mostravano dietro quelle finestre in tutto il loro splendore. Nella mente di Darcy affioravano numerosi ricordi collegati a quei giardini. Alcuni riguardavano il periodo dell'infanzia, quando rincorreva Wickham tra le siepi ben curate. Altri riguardavano momenti meno felici e in cui si era già più grandi. Ma man mano che gli anni trascorrevano, che gli arbusti di Pemberley si ergevano sempre più vicini al cielo e che Georgiana diventava sempre più bella, nella mente di Darcy, nonostante fosse arrivato all'età di 28 anni, non si era mai fatto vivo il desiderio di contrarre matrimonio. «Ma un pensiero simile sfiora tutti, prima o poi».
Le mani congiunte dietro la schiena di Darcy divennero di colpo dei pugni. Pugni serrati che perfino un gentiluomo come lui non riusciva a sciogliere. Nel suo cuore si insuò un sentimento molto simile al rimpianto e nella sua testa vi era spazio per un solo viso, quello di Elizabeth Bennet. Quei begli occhi lo avevano stregato, e poi anche la sua intelligenza e il suo spirito. E quel sorriso.
Non gli aveva mai concesso il privilegio di assaporare da vicino quel dolce sorriso. Quando le era di fronte ella sembrava provare solo antipatia e disprezzo. Eppure da qualche parte nel suo cuore qualcosa gli diceva che non era sempre stato così. Che c'era stato un momento, se pur breve, in cui avrebbe potuto regalare quei sorrisi anche a lui. Ma adesso li rivolgeva forse ad Oliver?
Le mani si aprirono improvvisamente e vacillarono dietro la schiena per poi essere puntate con forza contro il vetro. L'urto fece vibrare la finestra. «Perchè,» disse con i palmi aderenti al vetro gelido, «perchè hai scelto lui e non me?»


«Ma un pensiero simile sfiora tutti, prima o poi, soprattutto le fanciulle».


Quando la servitù aprì le porte di Netherfield, il cielo notturno aveva già messo in mostra le sue stelle più incantevoli. Alcune di queste, tuttavia, camminavano sulla terra e quella sera si trovavano tutte nell'Hertfordshire per la festa di fidanzamento tra Charles Bingley e la splendida Jane Bennet.
Netherfield non aveva mai assistito ad un ballo più sfarzoso di quello. Ognuno indossava l'abito più bello che aveva a disposizione ed il banchetto era a dir poco impeccabile.
Il padrone di casa mostrava un sorriso più radioso del solito che rivelava tutto l'orgoglio e la felicità di avere al suo fianco una dama tanto dolce e graziosa. La famiglia Bennet al completo, non poteva che fare quello per cui erano tanto famosi: deliziavano la vista degli ospiti. Mary cercava il momento buono per interrompere l'orchestra e incominciare a suonare il piano, Kitty camminava da un tavolo all'altro con un bicchiere di vino in mano, in attesa di un invito a ballare. La signora Bennet, più contenta che mai, urlava la sua gioia ad ogni conoscente. Solo il signor Bennet, con l'aria annoiata, sembrava volersi distaccare da tanta allegria.
Mentre Oliver, con gentilezza, chiedeva ad Elizabeth di farle da dama alla prossima danza, un' enorme carrozza varcò i cancelli di Netherfield. Vicino a tutte le altre carrozze, seppur alcune fossero state costruite con materiali pregiati, appariva ancora più evidente la sfarzosità del tiro a quattro che attraversava in quel momento il prato. Dapprima scese un elegante e composto Darcy, subito dopo Lady Catherine e Anne de Bourgh aiutata dal cugino.
Quando i tre illustri personaggi entrarono nella sala, per qualche secondo calò il silenzio. Gli ospiti scrutarono gli ultimi arrivati con un'aria di alta riverenza, stupefatti dalla sontuosità che appariva da ogni loro minimo movimento, per poi ritornare subito dopo a ballare e a far chiasso. Anche Elizabeth, con sua grande sorpresa, notò il loro arrivo, ma aveva deciso di reagire con l'indifferenza. Non avrebbe dovuto mostrare nessun segno di cedimento, dalle sue parole non doveva trapelare la minima insicurezza e i suoi occhi erano stati già avvertiti di non rivelare il ben che minimo rammarico o sentimento d'amore. Guardò Oliver con un sorriso e posò una mano sul suo palmo.
Stavano per iniziare le danze.
Bingley e Jane si avvicinarono a Darcy e alle dame di Rosings porgendo i loro saluti. Jane appariva più timida del solito mentre Bingley, radioso e per niente sorpreso, era sinceramente contento di rivedere il suo amico. Invitò Darcy a prendere la signorina de Bourgh sottobraccio e qualche minuto dopo fu chiamato da un altro gruppo di gentiluomini.
Lady Catherine de Bourgh parlava senza sosta, richiamando più volte l'attenzione di Darcy ma quest ultimo faceva guizzare non poche volte lo sguardo verso la folla. Insospettita da quello strano atteggiamento, Lady Catherine fece una smorfia.
«Ti ricordo che sei venuto qui, caro Darcy, presentandoti come il cavaliere di mia figlia.» Disse aspramente la nobildonna. Darcy la guardò per un istante per poi rivolgere nuovamente il capo verso la festosa sala.
«Lo rammento zia, nonostante ormai sia avezzo a frequentare questi luoghi campagnoli non vorrete sostenere che abbia perso del tutto il senso delle buone maniere».
Lady Catherine sorrise soddisfatta.
L'orchestra cominciò a suonare una quadriglia e le dame con i rispettivi cavalieri presero posto al centro della sala. Tra i danzatori Darcy riuscì a scorgervi Elizabeth e per qualche secondo tra i due ci fù uno scambio di sguardi. L'uomo deglutì di fronte a tale amabile bellezza, non aveva mai visto Elizabeth tanto sorridente e gioiosa. Ballava con Oliver.
Un pensiero gli squarciò la mente come un lampo a ciel sereno, si chiese se Elizabeth avesse realmente accettato la proposta di matrimonio di quel gentiluomo.
Se fino a quel giorno non gli era mai interessato osservarlo, adesso Darcy esaminava Oliver sotto ogni punto di vista. Era certamente un gentiluomo che tra le dame non doveva passare inosservato: educato, affabile e per di più affascinante. Ma non era l'uomo giusto per Elizabeth, questo lo sapeva. Erano troppo simili l'uno all'altro e Darcy, nelle anime gemelle ansimanti di incontrarsi, non vi aveva mai creduto. Egli credeva invece negli amanti che a volte provano odio o disprezzo, credeva ad un sentimento più realistico di un amore incondizionato.
Quando l'ultima nota della danza attraversò il salone, i cavalieri e le dame fecero un breve inchino e si allontanarono. Elizabeth sorridente al fianco di Oliver, si dirise verso Bingley e Jane.
«E voi quando danzerete?» Chiese ridendo.
«Quando saranno giunti tutti gli ospiti signorina Bennet,» rispose allegramente Bingley, «questa è di certo la festa più bella di tutta la mia vita!»
«Ancora per poco caro cugino,» intervenne Oliver «questa è di certo una bella festa, ma fra non molto parteciperai a quella che te la cambierà completamente, la vita».
Elizabeth notò il rossore sul viso della sorella.
«E il tuo amico Darcy non balla?» Domandò Oliver, «è forse troppo nobile per concedersi il piacere di una danza?»
«La danza non dovrebbe deliziare l'anima di un ricco,» interruppe frettolosamente Elizabeth «ma l'anima di un innamorato».
«Mi state forse dicendo che Darcy non sia innamorato? E quella dama che è al suo fianco chi sarebbe se non la sua amata».
Elizabeth si voltò con uno scatto e guardò Anne de Bourgh reggersi al braccio di Darcy. Il ricordo del suo magro corpo coperto dall'abito da sposa, la fece trasalire.
«Un gentiluomo di tutto rispetto non si sottrarrebbe mai ad accompagnare sua cugina».
«Non credo che adesso si tratti solo di sua cugina.» Intervenne Bingley dopo un colpo di tosse. «Si vocifera che da ieri i due possono essere considerati fidanzati ufficialmente».
Incredula Jane alzò lo sguardo verso Bingley per poi guardare il volto di sua sorella. Elizabeth finse di non essere per niente toccata da quelle parole.
«Lady Catherine sarà al settimo cielo, deduco». Disse con un tono che non riusciva a nascondere l'amarezza.
Quando Elizabeth e Oliver si allontanarono, Jane guardò meravigliata Bingley.
«Ma non avevate detto che avete invitato voi Lady Catherine de Bourgh?» Chiese cuoriosa la ragazza, «non sapevo che il signor Darcy fosse fidanzato con sua figlia».
«Infatti non lo sono.» Rispose Bingley con un sorriso mentre Jane era ancora più perplessa. Poi, rivolgendo lo sguardo in direzione di Elizabeth continuò: «ma lasciamoglielo credere».


«Mia cara e dolce futura signora Bingley». Sussurrò il gentiluomo. Troppo imbarazzata, Jane fece finta di non aver sentito quell'ultima frase pronunciata con tanta tenerezza. Il rossore sul suo viso, tuttavia, tradì quell'imbarazzo e al solo pensiero che Jane avesse sentito, Bingley arrossì a sua volta.

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Capitolo 12
*** Tutte le Notti della mia Vita ***



Elizabeth non aveva voluto accettare la proposta di matrimonio di Darcy per il suo bene, per la sua felicità. Ma cos'è realmente la felicità se non un rapido ed emozionante brivido? Tale senso di appagamento non dura di certo per un giorno intero figurarsi per anni. E lei, la felicità, era riuscita a dargliela. La scorse nel profondo dei suoi occhi il giorno in cui le ripropose di sposarlo, certo di un sì. Non era una nobil donna, non era ricca nè aveva una famiglia di cui vantarsi. Non conosceva a fondo la musica, il canto, il disegno, il ballo e le lingue moderne; oltre a questo non si distingueva nell'aspetto e nel portamento, nel tono della voce, nell'atteggiamento e nell'espressione...(*) Ma amava leggere e trascorrere del tempo con le sue sorelle. Sapeva di non essere particolarmente istruita ma sapeva altresì che riusciva ad affrontare le situazioni più difficili con audacia, senza perdersi mai d'animo, anche a costo di sembrare arrogante o spavalda. Non riusciva ancora a spiegarsi bene il perchè, ma sapeva che sarebbe stata l'unica a poter rendere davvero felice Darcy. E renderlo felice era tutto ciò che poteva desiderare.


Mentre Elizabeth e Oliver danzavano un'altra quadriglia, Darcy voleva sprofondare nel pavimento. Non si era mai sentito così confuso e affranto. Provava un amore così profondo e passionale nei confronti di quella ragazza, che avrebbe rinunciato a tutto, perfino all'orgoglio, per averla tutta per sè. Il suo cuore divampava al solo pensiero che un altro gentiluomo potesse guardarla, sorriderle... Toccarla. Cercò di contenersi il più possibile, inghiottendo bocconi via via sempre più amari.
La sgradevole voce di Lady Catherine destò Darcy dai suoi cupi pensieri: «Volete smetterla di stare lì tutto impettito? Coraggio, invitate vostra cugina a danzare come farebbe un vero gentiluomo». Anne de Bourgh abbassò lo sguardo, imbarazzata, mentre Darcy le si posizionava davanti. «Cara cugina,» disse con un breve inchino, ma quel gesto tanto galante voleva solo mascherare un certo disprezzo e mentre le porgeva la mano, Darcy non riuscì a trattenere un lungo sospiro. La ragazza conosceva troppo poco il vero carattere del cugino per capire che quella richiesta lo aveva infastidito e appoggiò altezzosa la mano inguantata su quella grande e calda di Darcy. Quando iniziò la danza i presenti non riuscivano a distogliere lo sguardo dalla coppia. Il loro matrimonio sarebbe stato l'evento dell'anno e Anne de Bourgh, arrossendo, si rendeva sempre di più conto di quanto fosse affascinante il suo futuro sposo. Tuttavia l'uomo non sembrava ugualmente compiaciuto e non le rivolse la parola per tutta la durata del ballo. Per questo motivo la ragazza rimase colpita quando, al cambio di coppie, Darcy incominciò a parlare con Miss Bennet.


Sentì il battito del cuore accelerare non appena si rese conto che aveva tra le mani quelle candide e minute di Elizabeth Bennet. Lei cambiò subito espressione, spegnendo il sorriso che le aveva illuminato il volto fino a quel momento.
«Possibile che si possa provare così tanta avversione nei confronti di una persona?» Le chiese senza guardarla negli occhi.
«Dove ha imparato come si incomincia una conversazione in maniera tanto brillante?»
A Darcy scappò un sorriso: «Sì credo che sia possibile.»
«Io credo che sia possibile sposare qualcuno che si ama realmente.»
Mentre parlava, Elizabeth si pentì di essere stata troppo impetuosa e di aver dato a Darcy la possibilità di potersi prendere gioco di lei con tanta facilità. Per quanto riguardava Darcy invece, lui non aveva nessuna intenzione di deriderla, anzi, la frase che aveva appena ascoltato fuoriuscire dalle labbra della donna per la quale provava un forte sentimento, lo aveva del tutto disorientato. Cercò di capire meglio il significato di tale frase: «Non credo di aver parlato di matrimonio.»
«Evidentemente non sarò riuscita ad ascoltare bene le sue parole, signore!» Elizabeth sentì il viso infiammarsi. Non riusciva più a ragionare lucidamente. Il rumore del battito del suo cuore era così forte che sembrava sovrastare il brano dell'orchestra. «La musica è troppo forte.» Disse scostando lo sguardo, imbronciata.
Darcy la guardò con affetto. Da quando aveva abbassato tutte le difese, Elizabeth le suscitava una tenerezza incredibile. Desiderò abbracciarla lì e senza vergogna davanti a tutti i presenti. Se solo fossero rimasti da soli, anche solo per qualche minuto.
«Se non riesce a sentirmi posso avvicinarmi di più,» disse accostando leggermente la testa a quella della ragazza, «se vuole.» Sussurrò poi. Da quella vicinanza Elizabeth potè sentire il profumo della pelle di Darcy. Non riusciva a comprendere perchè avesse compiuto un gesto così sconsiderato e al centro della sala, per di più. Non fu in grado di proferir parola.
La danza permise alle rispettive coppie di tornare assieme, per poi scambiarsi nuovamente. Quando Darcy ritornò da Elizabeth non riuscì più a tenere a freno la lingua.
«Da adesso in poi sarò chiaro. Vorrei parlare con voi, signorina Bennet.»
«Lo state già facendo, mi sembra.»
«Intendo privatamente.»
«Non conosco nessuna ragione per la quale dovrei parlare in privato con voi, signor Darcy.»
«Ma io ne sono a conoscenza, per questo motivo, signorina Bennet, mi conceda qualche minuto per parlare con voi in un luogo più appartato.»
«Parlare in un luogo appartato da sola con un gentiluomo?» Disse Elizabeth con aria scherzosa «Non sarebbe esattamente il comportamento che dovrebbe tenere una signorina rispettabile!»
«Ma io vi prego...» la voce di Darcy vibrò per un secondo, dando segni di cedimento. Deglutì ancora. Elizabeth non aveva mai visto Darcy comportarsi in quel modo. Socchiuse gli occhi, dispiaciuta.
«Mi dispiace davvero deluderla, signor Darcy, ma non posso accettare la sua richiesta.»
«E' per via del signor Oliver?»
Elizabeth lo guardò con aria di sorpresa.
«Ha accettato la sua proposta di matrimonio?»
«Non conosco nessuna ragione per la quale dovrei risponderle.»
«La smetta di tirare in ballo la ragione. Dunque l'ha accettata?»
Sconcertata da tanta insistenza, Elizabeth non riuscì più a danzare. Si fermò al centro della sala con le mani ancora tra quelle di Darcy, tra lo stupore generale.
«Che cosa dovrei tirare in ballo in questo momento, se non la ragione? Quando si parla di sentimenti riesco solo a diventare più irrequieta. E poi...» Elizabeth abbassò lo sguardo per un attimo, intorno a lei era calato il silenzio, «credo che dovrebbe interessarsi di meno ai matrimoni degli altri e di più al vostro». Concluse marcando l'ultima parola, mentre rialzava il capo.
Darcy abbassò le braccia, deluso.
Elizabeth comprese di averlo ferito profondamente. Decise che avrebbe ricominciato tutto da capo, con il signor Darcy. Vedere quell'espressione triste sul suo volto era sì una situazione assai rara, ma era anche un duro colpo per il suo ego. Non era capace di fare del male alle persone che amava. Amare. Si stupì per aver utilizzato un verbo simile ripensando al signor Darcy. Era ormai chiaro che quel gentiluomo le aveva stravolto la vita. Va bene, si disse tra sè e sè, avrebbe ricominciato tutto dall'inizio con lui. Gli avrebbe concesso di parlarle in privato e gli avrebbe chiarito tutta la questione sul signor Oliver. Voleva comportarsi nella maniera più onesta possibile.
«Venga con me».
Prese per mano Darcy e incominciò a tirarlo fuori dalla sala. Inizialmente Darcy oppose una leggera resistenza ma in seguito si fece guidare da Elizabeth che intanto si faceva strada tra lo stupore generale. Quando passarono davanti a Lady Catherine de Bourgh, la nobildonna mostrò segni di agitazione.
«Ma.. Signorina Bennet! Darcy!» Strillò.
Elizabeth rallentò il passo e si voltò.
«Vostra Magnificenza» disse con un profondo ed esagerato inchino. L'intenzione di deriderla era evidente e Lady Catherine de Bourgh divenne paonazza.
«Quale... Scostumatezza! E... E disolutezza!»
Elizabeth le rivolse un largo sorriso e proseguì il suo cammino tirando Darcy per la mano. Quest'ultimo non sembrava affatto scontento di quel contatto fisico nè tantomeno della situazione che si stava venendo a creare e anzi, dopo lo stupore iniziale, ne rimase vivamente divertito.
Una volta che Elizabeth e Darcy ebbero lasciato con tanta fretta la sala, tra gli invitati si alzò un forte mormorio e Anne de Bourgh, risentita, incominciò a piangere.


Elizabeth non aveva la minima idea di quale fosse la loro destinazione. Continuava a camminare a passo svelto davanti al gentiluomo, senza lasciargli mai la mano. Si trovavano in un lungo corridoio che, contro ogni aspettativa, oltre ad essere invaso dal chiacchericcio della sala principale, era anche molto affollato. Non era di certo il luogo adatto per parlare. Privatamente. Per questo motivo decise di aprire una porta qualsiasi e di tirare Darcy nella stanza.
«Il signor Oliver...» Esordì Elizabeth, chiaramente nervosa, «Il signor Oliver è il gentiluomo più affabile e gentile che io abbia mai conosciuto. Ho trascorso pomeriggi meravigliosi passeggiando con lui. Riesce sempre a farmi ridere e divertire. Ho pensato seriamente che sarebbe stato l'uomo che avrei potuto amare, che avrei potuto sposare. Io non comprendo il motivo di tanto interessamento da parte vostra, dato che state per sposarvi, ma mi sento in dovere di darvi una risposta. No, signor Darcy, nonostante abbia pensato a così tanti aspetti garbati sulla personalità del signor Oliver, io non ho accettato la sua proposta di matrimonio. E nonostante ciò lui ha voluto restarmi accanto, come amico. E' per questo motivo che nutro per lui una profonda e sincera stima.»
Elizabeth disse tutto ciò che le venne in mente senza pensarci. Il volto di Darcy sembrava titubante. Dopo un sospiro per riprendere fiato continuò, con insicurezza: «Adesso che sapete questo, signor Darcy, è il vostro turno. Cosa volete dirmi?»
Darcy si schiarì la voce, tornando ad assumere la consueta postura rigida.
«Si è resa conto, signorina Bennet, che mi ha trascinato in una camera da letto, illuminata tra l'altro da pochissime candele?»
«Perfetto,» disse Elizabeth arrossendo, «Posso andare, dunque. Le auguro un buon proseguimento di serata, signor Darcy.»
«L'amo.» Disse Darcy mentre Elizabeth usciva dalla stanza, chiudendo la porta. L'uomo rimase in silenzio e quasi completamente al buio per qualche secondo. «Ancora.» Sussurrò. Poi la porta si aprì nuovamente, mostrando l'esile figura di Elizabeth. Le gote arrossate e il respiro affannato.
Darcy sentì il cuore battere più forte del solito.
«Tuttavia non mi ha permesso di esporle il mio dubbio.»
«Vi ascolto.»
«Con tutto il rispetto, signorina Bennet, mi chiedo chi le ha instillato strane idee sul mio celibato.»
«Ecco io... Ho visto Anne de Bourgh mentre provava un abito da sposa in una boutique di Londra... E poi ho sentito il signor Bingley dire...»
«Charles!» La interruppe Darcy, un gesto insolitamente maleducato da parte sua, penso Elizabeth divertita «Mi perdoni se ho interrotto le sue motivazioni,» disse dopo essersene accorto, «Ma dovevo immaginarlo. Questa volta è stato lui a intromettersi nella mia vita privata, e in fondo me lo merito. Ma vi assicuro, signorina Bennet, che non sono fidanzato e che non prenderei mai la decisione di sposare una donna per la quale non provo una profonda ammirazione.»
«Neanche se si tratta della figlia di vostra zia, Lady Catherine de Bourgh?»
«In particolar modo, se si tratta della figlia di mia zia, Lady Catherine de Bourgh.»
Elizabeth rise.
«E' soddisfatta adesso, signorina Bennet? Posso ritenermi almeno suo amico, adesso che le ho dimostrato che non sono l'uomo arrogante e opportunista che voi credete?»
«Ho dimenticato quei giorni in cui la ritenevo tale, Signor Darcy.»
Darcy manifestò di essere confuso.
«Ma ho fatto una promessa,» cercò di chiarire Elizabeth «a vostra zia. Il giorno in cui fece visita a Longbourn mi chiese di non sposarmi mai con voi, per la vostra felicità.»
«Non credo che mia zia sappia esattamente cosa potrebbe rendermi felice.»
Si scambiarono uno sguardo fugace.
«Ma voi non sciogliete mai una promessa, non è forse vero?»
Il silenzio di Elizabeth sembrò confermare l'ipotesi di Darcy.
«Allora guardatemi signorina Bennet, stringete una promessa con me, con il gentiluomo più orgoglioso e più innamorato di tutta la contea.»
A quel punto Elizabeth alzò lo sguardo, con gli occhi lucidi e la bocca aperta dallo stupore.
«Se è vero che l'unica motivazione che l'ha spinta a non sposarmi è stata l'aver fatto un patto con mia zia, promettetemi che da oggi in poi mi rimarrete sempre accanto.»
Elizabeth cominciò a piangere per l'emozione.
«Se è davvero la mia felicità ciò che ha a cuore, capirà. Ma se è alla felicità di sua figlia, che puntava, mi rincresce per lei, ma ha avuto il nipote sbagliato. Se rimarrete al mio fianco... Oh signorina Elizabeth...» Darcy l'abbracciò, contravvenendo ad ogni codice morale, senza pensare alle conseguenze di quel contatto, trascurando il giudizio della gente. «Vorrei che voi foste con me stanotte, e domani notte, e tutte le notti della mia vita».
Tra le lacrime e tra le braccia del signor Darcy, Elizabeth sentì imperversare il cuore di entrambi. Pensò che fosse buio, buio come quella notte a Londra, ma questa volta le loro anime, come i loro corpi, erano finalmente vicini.




Nota:
(*) Tutte queste caratteristische, vengono elencate dalla signorina Bingley durante la breve permanenza di Jane ed Elizabeth a Netherfield.

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Capitolo 13
*** Un momento talmente perfetto ***



Ed eccoci qui, ci troviamo esattamente alla fine. Non credevo sarei riuscita a terminarla, non riesco mai a finire niente, io. Eppure con questo progetto è stato diverso... Sarà stato merito vostro e dell'affetto che avete dimostrato per questa mia storiella. Non mi dilungo ancora per molto così vi lascio leggere il proseguimento della storia, volevo solo ringraziarvi, ringraziare chi ha recensito, chi ha sollevato qualche critica e chi mi ha riempito il cuore di orgoglio con commenti di approvazione... Ringraziare chi ha inserito la storia tra le seguite o adirittura fra le preferite. Ringraziare anche chi ha solo letto qualche capitolo o tutta la fanfiction e ringraziare mia cugina FredLove che mi ha spronata a condividerla su EFP e che in fondo, mi sprona a fare del mio meglio ogni giorno...


In seguito a lunghe giornate piovose, la tenuta di Pemberley tornò ad essere illuminata da un tiepido sole. Le pareti bianche dei muri esterni, che già normalmente conferivano all'abitazione una mirabile e imponente struttura, erano state rese maggiormente lucenti dalle incessanti piogge che le avevano pulite a fondo. Ne uscirono più luminosi e vitali anche i numerosi arbusti che ornavano l'immenso giardino anteriore, così come anche i pioppi e gli abeti che circondavano, per tutta la sua estensione, la tenuta.
Il terreno, morbido e umido, era diventato fanghiglia.
Ma rimaneva comunque una splendida e calda giornata di sole e poco contava per Elizabeth, che era stata costretta a rimanere in casa durante quegli interminabili giorni di pioggia, il fatto che il terreno fosse diventato prevedibilmente fango.


Quando furono annunciati i coniugi Bingley, Darcy era in piedi davanti ad una finestra, intento ad osservare divertito ciò che accadeva in giardino.
Si scostò allora per ricevere gli ospiti con un sorriso, percorrendo a grandi passi il maestoso salone.
«Charles, amico mio!» Disse non appena li raggiunse, «signora Bingley.» Proferì dopo un inchino.
«Darcy! Caro, carissimo amico! L'abitudine mi spinge a definirti tale, anche se ormai siamo cognati!» Bingley lo abbracciò con calore, provocando nell'uomo un certo disagio.
«Ti ritrovo felice e spensierato come sempre, ma prego, accomodatevi pure!»
«Noto con piacere che invece tu, Darcy,» disse l'uomo prendendo posto sul divano, «hai acquisito un'aria radiosa che non avevo mai visto prima sul tuo volto».
«Convengo con molto piacere anch'io...» Si affrettò a confermare Mrs Bingley. «Ho visto raramente, o addirittura mai, il signor Darcy sorridere!»
«Avete entrambi ragione, signori» Disse Darcy con evidente imbarazzo, «non avrei mai immaginato quanto lieta e allegra potesse rendere un matrimonio la mia vita.»
Bingley apprezzò di buon grado ogni cambiamento positivo avvenuto nel carattere del vecchio amico, «puoi affermarlo, Darcy, in quanto hai deciso di prendere in moglie la gentildonna appropriata.»
«Credo che avrò sempre a mente questo particolare, ma ditemi,» cercò di cambiare argomento Darcy, «è stato difficoltoso il viaggio?»
«Siamo stati obbligati a fermarci più volte, causa il maltempo.» Rispose mesto Bingley.
«In merito a questo volevamo scusarci per il ritardo». Concluse poi Jane.
«Non desidero che porgiate le vostre scuse per un ritardo che non interessa assolutamente la vostra reale volontà».
Mrs Bingley, curiosa e ormai impaziente, cercò allora di chiedere dove si trovasse in quel momento sua sorella, ma interrotta dall'entrata nel salone della governante, fu costretta a zittire.
L'intromissione era giustificata da un annuncio al padrone di casa, riguardante l'arrivo di ulteriori visitatori. Darcy apparve sorpreso e, dopo aver sollecitato la governante ad informarne sua moglie, dette il permesso di farli accomodare. Fecero così capolino nella sala, con grande sorpresa dei presenti, i coniugi Oliver.
Dopo i consueti convenevoli, che apparivano però carichi di sincera contentezza, si apprestarono tutti a prender posto circondati dal pregiato mibilio.
«Mi rammarica il fatto di non avervi potuto avvisare prima, Darcy,» Annunciò Oliver chiaramente imbarazzato, «ma il nostro viaggio verso Netherfield ci portava nei paraggi e non sarei riuscito a perdonarmi se non vi avessi fatto visita».
«Avete fatto bene, Oliver, Pemberley è sempre pronta ad accogliere i miei amici nonchè gli amici della signora Darcy».
«Inoltre, noto che se fossi arrivato a Netherfield oggi, non ne avrei trovato i padroni!»
L'ironica considerazione riuscì a strappare un sorriso a tutti, compreso Darcy, ma una fragorosa risata si sollevò dal salone solo quando vi entrò Elizabeth Darcy, padrona di Pemberley.
Mrs Darcy, tenendo per mano un frugoletto di appena due anni, apparve stupita. Poi, guardandosi la veste, iniziò a ridere di gusto anche lei. Era sporca di fango di almeno tre dita, così come lo erano le scarpe e le scarpette del bambino. Poi, alzando lo sguardo e osservando con meraviglia i presenti, esclamò gioiosa: «Jane! Bingley! E ci siete anche voi, Oliver! Che magnifica sorpresa ricevervi tutti assieme!»
Oliver si alzò: «Vi presento mia moglie, Mrs Oliver».
Le donne si concesero un breve inchino.
«Dovete perdonare il mio aspetto, Mrs Oliver, giocavo in cortile con il bimbo,» si giustificò, «era una giornata troppo bella per rimanere in casa, ma la vostra presenza è una scusa perfetta per farlo!»
Darcy la guardò «certe sue strane abitudini non cambieranno mai», pensò divertito e con premura le si avvicinò: «Mrs Darcy, mia cara, se i signori Bingley e i signori Oliver vorrano farci il piacere di deliziarci della loro presenza a cena, avete tutto il tempo per andarvi a cambiare».
Una risposta positiva degli ospiti, sucitò nei padroni di casa una gioia immensa.


Fitzwilliam Jr Darcy, il principino dell'intera tenuta, era ormai fra le braccia di Morfeo quando i commensali presero posto a tavola. Nonostante vi fossero più persone del previsto, la cena risultò sfarzosa e abbondante, nonchè curata nei minimi dettagli. Pemberley non era mai stata così accogliente e popolata da gente tanto amichevole e amabile come quella sera.
Elizabeth era una perfetta padrona di casa, gentile e comprensiva, mentre l'arrivo del piccolo Fitzwilliam aveva reso Darcy un uomo affettuoso e affabile. Erano riusciti, insieme, a migliorare ognuno, gli aspetti negativi dell'altro. Non che fossero completamente spariti, questo è chiaro, Darcy era rimasto l'uomo orgoglioso che era sempre stato, e la bellezza e l'intelligenza di Fitzwilliam Jr non facevano altro che accentuare questo suo senso di fierezza, mentre Elizabeth, nonostante ormai si fosse adattata alla vita coniugale a fianco di un gentiluomo di tale elevatezza sociale, non riusciva ancora a contenere alcuni modi che per alcuni potevano apparire come «provinciali».
Per tutta la giornata, Elizabeth provò un lieve senso di imbarazzo ad avere in casa il signor Oliver, ma i comportamenti di quest'ultimo, che apparivano amichevoli e senza alcun senso di rancore o rimpianto, avevano rasserenato l'animo inquieto della donna, permettendole di godere del clima sereno che quella piacevole cena aveva da offrirle. Notò tuttavia, con grande dispiacere, che Mrs Oliver parlava davvero poco. Il suo atteggiamento nei confronti degli altri ospiti e dei padroni di casa era distaccato e a tratti sembrava perfino che non comprendesse perfettamente ciò che veniva detto durante la chiaccherata. In quei momenti stringeva il braccio del marito e Mr Oliver, prontamente, le sussurrava qualcosa, sucitando nella consorte un lieve risolino.
«Oliver, cugino mio» esordì Bingley, «non siate egoista deliziando solo Mrs Oliver delle vostre divertenti battute! Faccia ridere anche noi!»
Oliver arrossì, «Credo che stiate fraintendento Bingley, in quanto Mrs Oliver non ride mai alle mie battute, le considera scialbe e prive di spirito!»
«Allora credo proprio di aver frainteso, e per questo vi porgo le mie scuse, Oliver. Posso allora dar pace alla mia curiosità chiedendovi come mai ogni tanto sussurra alla vostra signora in modo tale che nessun altro possa udirvi?»
«Mr Bingley!» Lo riprese Jane, arrossendo.
«Bingley,» Darcy chiamò l'attenzione dell'uomo, «Mr Oliver avrà le sue ragioni, non dovresti sentirti minacciato. Sono fermamente convinto che non criticherebbe mai nessuno dei presenti o tantomeno si prenderebbe gioco di noi con battute di spirito sussurrate nell'orecchio di Mrs Oliver».
Elizabeth guardò Darcy con il cuore carico d'orgoglio. Lentamente, avevano imparato entrambi a non farsi guidare più dai preconcetti.
«Spero che Bingley non pensi davvero tanto male di me, Darcy» disse Oliver, «e non vorrei mai crederlo. Avrei dovuto dirvelo prima e vi porgo le mie scuse, ma la mia bellissima dama non parla perfettamente la nostra lingua. Ci sono ancora delle espressioni per lei incomprensibili e per questo motivo devo tradurgliele in francese. Non pensavo che per voi fosse rilevante.»
Sul volto di Elizabeth comparve un sorriso carico di tenerezza.
«Mrs Oliver, non ha alcuna importanza per noi il fatto che non sappiate parlare bene l'inglese,» disse, «saremo deliziati di sentire il vostro parere ogni volta che lo riterrà opportuno».
Mrs Oliver sembrò comprendere e sorrise. Era una donna dal viso molto bello e bilanciato. I capelli dorati contornavano il viso candido con voluminosi boccoli mentre le gote rosa rendevano ancora più brillante il colore celeste degli occhi. Aveva uno sguardo vispo e intelligente e non sembrava avere più di vent'anni d'età. L'abbigliamento e i nastrini che le decoravano l'acconciatura sottolineavano la sua predispozione e il suo interesse a seguire le ultime tendenze dettate dalla moda. Elizabeth incominciò a credere che si trattasse della ragazza alla quale Oliver era stato promesso sposo. Oliver sembrava riluttante all'idea di un matrimonio combinato ma, evidentemente, dopo aver conosciuto la ragazza al suo rientrato in Francia, aveva cambiato idea. Sperò con tutto il cuore che la sua fosse stata una scelta non dettata dalla rabbia di un rifiuto ma dall'amore. Ma dai loro sguardi complici e i dolci sorrisi che spesso si rivolgevano, Elizabeth fu contenta nel pensare che il loro fosse un matrimonio felice.
«Vi ringrazio,» disse Mrs Oliver con voce flebile e l'accento tipicamente straniero, «siete molto gentili con moi».
Oliver sorrise, «con me, mia cara, con me!»
«Vedo che avete un buon maestro di lingua inglese, Mrs Oliver,» la rassicurò Jane, «imparerete in fretta».
«Oh certo, Mrs Bingley, penso anche io che Mr Olivier sia un istruttore ottimo!»
«Tuttavia, non riuscirò mai a farti pronunciare il nostro cognome in maniera corretta, ma chère!»
Elizabeth rise, riportando la mente a un dolce e ormai vecchio ricordo.
«Io conosco un modo,» continuò l'uomo, «per deliziarvi della voce di Mrs Oliver senza dover sopportare il suo accento!»
Mrs Oliver arrossì abbassando lo sguardo, «Mon cher, s'il vous plaît...» Cercò di convincerlo, ma Oliver aveva già avuto l'approvazione di Mr e Mrs Darcy ad usare il pianoforte a coda della sala accanto. Gli ospiti si alzarono allietati da tavola e circondarono Mrs Oliver la quale, imbarazzata, incominciò a muovere alcune dita sulla tastiera. Le note si levarono leggere per tutto il salone e quando Mrs Oliver incominciò a cantare una ballata francese, tutti i presenti apparvero stupiti nell'ascoltare una voce tanto dolce e gradevole.
Darcy cinse la vita di Elizabeth con un braccio e lei, radiosa, si appoggiò a lui. Potè in quella posizione osservare gli spettatori che si erano riuniti intorno al pianoforte. Mr Oliver guardava sua moglie con talmente tanta ammirazione che Elizabeth non dubitò più sul loro amore sincero. Poi posò lo sguardo su Jane e Bingley e, dalla mano della sorella sul ventre, intuì e sperò con tutto il cuore, che a breve, e forse proprio dopo il concerto di Mrs Oliver, avrebbero annunciato l'arrivo in famiglia di un nuovo pargolo.

Era un momento che infondeva serenità e felicità, uno di quei momenti in cui avverti le lacrime agli occhi senza spiegartene il motivo, un momento talmente delizioso e perfetto che sicuramente, e il suo cuore lo sapeva per certo, non avrebbe dimenticato mai più.



Grazie a tutte da emmEmme ❤

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