Ci vediamo venerdì.

di misslittlesun95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Alta marea (A. Venditti) ***
Capitolo 2: *** I - Svegliarsi la mattina (Zero Assoluto) ***



Capitolo 1
*** Prologo - Alta marea (A. Venditti) ***


Ci vediamo venerdì.

Prologo - Alta marea (A. Venditti)


Il profumo di caffè stava svanendo lento nel mattino Romano che cominciava col suono dei clacson e dei motorini sguinzagliati liberi in mezzo alle auto in coda lungo le strade più grandi.
Carlotta stava in piedi in maglietta e jeans lunghi, troppo lunghi per essere settembre.
Era siciliana, i suoi occhi e capelli scuri lo ricordavano, come la pelle olivastra, resa ancora più scura dall'abbronzatura che stava pian piano svanendo.
In Sicilia a metà settembre i jeans lunghi non esistevano, non li aveva mai messi.
A Roma, in mezzo alla settimana, si era trovata con quelli addosso di giorno e una coperta di pile di notte.
E pensare che i romani avevano caldo, andavano al mare e giravano mezzi spogli.
Per fortuna nel fine settimana arrivava Rosario, e almeno di notte non aveva bisogno di coprirsi.
Lui stava a Milano, dove il freddo era maggiore e le giornate di sole iniziavano a diminuire.
Andava avanti così da due settimane, da quando entrambi avevano lasciato la provincia di Messina per andare a studiare.
Lei faceva economia alla Sapienza, lui un'accademia di arte nella città del Duomo per antonomasia.
Non ci avevano neanche provato a trovare un modo per stare insieme, ognuno stava inseguendo il suo sogno e così doveva essere.
Si amavano abbastanza per rimanere insieme anche lontani, si erano detti.
Ce l'avrebbero fatta.
Due settimane veniva giù Rosario, due settimane andava su Carlotta, si erano organizzati così.
I soldi andavano tutti in viaggi, ma non volevano fare altrimenti.
Si sarebbero inventati un modo per evitare i salassi dell'Alta Velocità, oppure avrebbero prenotato con largo anticipo.
Si sarebbero visti a Firenze o Bologna, una via di mezzo, o direttamente in Sicilia le poche volte che potevano far ritorno a casa.

Un modo per vedersi l'avrebbero sempre trovato.
Carlotta osservava la città dalla finestra.
Alla fermata dell'autobus si salutavano un uomo e una donna, fidanzati o già sposati.
Li vedeva tutti i giorni, erano diventati il suo punto fisso, il suo riferimento. Una mattina aveva visto solo lui, si era quasi preoccupata. Aveva sorriso la sera alle sette, quando l'aveva rivisto sempre lì con un mazzo di rose in mano.
Forse era un anniversario, forse la donna era stata lontana, forse avevano litigato, forse voleva solo farle una sorpresa.
Si era divertita a immaginare il motivo di quei fiori.

Li aveva guardati salutarsi e poi si era andata a fare un secondo caffè, più per il piacere del profumo che per quello della bevanda.
Poi si era messa a guardare i piatti del Week-End ancora sporchi nel lavello.
Le dispiaceva quel disordine, ma in quei due giorni aveva avuto di meglio da fare.
Si era preparata alla svelta per andare a lezione, senza neanche accendere il telefonino.
Rosario era in treno, probabilmente tra la Toscana e l'Emilia, l'avrebbe chiamato andando verso la facoltà.
Se ne era andato la mattina presto, l'aveva svegliata per un bacio e poi era uscito senza fare rumore, lasciando che si riaddormentasse.
La settimana successiva sarebbe stata lei a prendere il treno e ad andarsene presto, come se il loro non fosse l'amore di una vita ma il rapporto di una notte.
Doveva iniziare a farci l'abitudine, per quanto duro fosse quello era l'unico modo per rimanere insieme, per non far sì che la loro storia venisse uccisa dai loro sogni.
Mentre usciva di casa con un po' di amaro in bocca che di certo non dipendeva dal caffè, Carlotta aveva trovato un ricordo del passaggio di Rosario per quel Wee-End in un foglio appeso internamente alla porta di casa.


tu sei dentro di me come l’alta marea che scompare e riappare portandoti via. sei il mistero profondo, la passione, l’idea, sei l’immensa paura che tu non sia mia.
lo so lo sai il tempo vola, ma quanta strada per rivederti ancora, per uno sguardo, per il mio orgoglio.
Quanto ti voglio.

A. Venditti – Alta Marea.
Ti amo.
R.
PS: Ci vediamo venerdì.”


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Una storia un po' diversa dal mio solito, ispirata dalla canzone “Ci vediamo venerdì” di Biagio Antonacci.
Ovviamente non tutte le canzoni che guideranno la storia saranno esplicite come quella del titolo o quella di questo prologo, alcune anzi verranno segnalate a inizio capitolo ma non ne verrà citato il testo (Sarà, come dire, l'argomento portante del capitolo).
Le canzoni saranno tutte italiane :)
Niente, io spero la storia vi piaccia e vi vada di seguirla!
Baci! :)

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Capitolo 2
*** I - Svegliarsi la mattina (Zero Assoluto) ***


I – Svegliarsi la mattina (Zero Assoluto)

Rosario, da quando viveva a Milano, si svegliava realmente solo dopo la seconda sigaretta.

Un tempo c'era il caffè al bar con Carlotta prima di prendere la corriera, la mattina prestissimo.
Poi si arrivava in città e lui accendeva la prima sigaretta.
Lei si faceva un secondo caffè con qualche amica, magari ripassando, e poi la primissima sigaretta davanti al portone del liceo.
Lui le faceva compagnia prendendone un'altra, incurante del male che potesse fargli, ma a quel punto era già sveglio da un pezzo.
A Milano da solo le cose erano diverse, a Milano da solo la caffeina non bastava e la nicotina appena appena.
Il vuoto della distanza dalla persona che amava e a cui era stato sempre attaccato dalla più tenera età non si colmava facilmente.
Anche se, per fortuna, gli impegni con l'accademia di Arte lo costringevano a pensare sempre ad altro.
E poi lei a Roma era così felice... di certo non lui avrebbe interrotto la sua gioia.
Amare era quello, no? Anteporre la gioia dell'altro alla propria. Lui l'aveva sempre vista così, e quel caso, per quanto doloroso, non faceva eccezione.
- Dai che oggi è venerdì, oggi arriva, oggi la rivedi.- Quel pensiero gli era entrato in testa proprio dopo la seconda sigaretta, quando era davvero sveglio.
Aspettava quel giorno più di quanto non lo aspettasse da ragazzino, quando il venerdì pomeriggio poteva evitare di studiare e la sera usciva con gli amici.
Gli amici, un altro ricordo lontano.

In due settimane a Milano qualche conoscenza l'aveva fatta, sì, ma da lì a poter dire di essersi fatto degli amici ne passava.
Il sorriso che gli si dipinse sul volto pensando a Carlotta, comunque, rimase tale per buona parte della giornata.
Le lezioni e il pranzo con i compagni di corso furono anche più piacevoli del solito, per lui che ancora aveva difficoltà ad ambientarsi in quel contesto nuovo.
Non che non gli piacesse, anzi. Aveva sognato per tutta la vita di frequentare un'accademia d'arte e finalmente il suo sogno si stava realizzando, ma era lì da troppo poco per dire che andava tutto bene ed era contento della sua scelta.
Forse se avesse potuto avere il suo amore a fianco le cose sarebbero andate diversamente, ma erano divisi e nessuno poteva farci nulla.
A parte aspettare il venerdì.
Il treno di Carlotta arrivò puntuale alle sei e mezza, e neanche il tempo di scendere dalla carrozza che la ragazza era saltata addosso al fidanzato.
- Mi sei mancato da morire.- Gli aveva detto baciandolo.
Aveva con se un piccolo trolley che avrebbe lasciato a casa del ragazzo proprio come lui aveva fatto con il suo borsone a casa di lei, in modo che potessero viaggiare leggeri.
Erano andati subito a casa, e senza neanche accorgersene si erano ritrovati a fare l'amore.
Poi Rosario si era addormentato, e Carlotta era rimasta a guardarlo come se fosse la prima volta.
Le piaceva guardarlo dormire, forse perché in quel modo le pareva di proteggerlo, in qualche modo, come lui aveva sempre voluto proteggere lei da tutto; le cattive compagnie in quarta ginnasio, un principio di anoressia in prima liceo.
Carlotta si sentiva in debito con lui, e dentro di sé sapeva che non avrebbe mai ripagato il ragazzo in nessun modo, ma almeno in quei momenti si sentiva vicina ad un pareggio.
Chissà perché, poi.
Verso le sette e mezza si era alzata per andare a preparare qualcosa per cena, ma il ragazzo, che si era svegliato poco prima, l'aveva raggiunta dicendole di non far nulla, perché sarebbero andati a mangiare fuori.
La portò a mangiare sushi in centro.
La ragazza non aveva mai mangiato il piatto giapponese, troppo attaccata ai sapori tipici della sua terra, eppure la cena non le era dispiaciuta affatto. Dopo la cena avevano continuato a girare per il centro di Milano fino a che Rosario non aveva fatto entrare la fidanzata in un locale molto piccolo ed intimo.
- Mi ci hanno portato alcuni compagni l'altra settimana, è un posto dove non c'è confusione neanche in giorni come oggi. Penso sia perfetto per stare un po' insieme, no?- Le aveva detto mentre si accomodavano al tavolo.
La ragazza aveva sorriso, come faceva sempre quando voleva dire sì senza parlare.
Poi aveva iniziato la discussione. - Allora, tu che le hai conosciute un po' più di me cosa preferisci tra Milano e Roma?-
- Beh, direi che è presto per dirlo, anche se su Milano avevo ragione ad avere dei pregiudizi, è davvero troppo grigia.-
Carlotta aveva riso di gusto. - Ho passato cinque anni di superiori a dirti che dovevi smettere di vestirti di grigio e ora ti deprime una città che, finalmente, ti si abbina?-
Rosario aveva sbuffato. - Tu fai sempre discorsi che non stanno né in cielo né in terra, cosa c'entra ora come mi vesto! Non sono mica come te che calcolo la domenica i vestiti per tutta la settimana per aver sempre qualcosa di abbinato allo smalto!- L'aveva provocata.
La ragazza si era finta offesa e non gli aveva risposto più fino all'arrivo del cameriere.
Dopo aver ordinato, con una faccia da cane bastonato venutagli molto male, Rosario aveva convinto la fidanzata a parlargli di nuovo.
- Economia è terribilmente piena di numeri, vero? - Le aveva chiesto.
- Più che terribilmente direi fantasticamente, altrimenti non l'avrei scelta.-
La matematica era stata una delle poche cose su cui non si erano mai trovati se non quando lei gli dava ripetizioni.
Rosario non aveva mai capito perché Carlotta non avesse fatto un liceo scientifico, dato che a lungo il suo voto in matematica era l'equivalente della somma dei suoi voti in latino e greco, ma a quel punto, quando ormai avevano finito e scelto realmente cosa fare delle loro vite, non era più fondamentale il perché della scelta superiore. E, a pensarci bene, era anche una fortuna.
- E perché non hai fatto proprio matematica? Io non ti capisco, scegli sempre qualcosa di vicino ma non identico a quello per cui sei portata.-
- Avevo paura che tutti i miei anni di studio culminassero con l'insegnamento, e non penso di essere in grado di reggere quarant'anni come professoressa, specie se la maggior parte delle classi fossero come era la nostra!- Aveva risposto alludendo alla totale mancanza di autocontrollo e calma che aveva contraddistinto la loro classe delle superiori per tutti e cinque gli anni. - E poi, anche qui, non è che tu sei proprio il più indicato per parlare. Voglio dire, se davvero avessi seguito ciò per cui sei portato fin da subito avresti fatto l'artistico.- Aveva detto poi quasi per rimproverare il ragazzo.
- Ok, ok, uno a uno palla al centro, non voglio passare due giorni a discutere.- Si era arreso Rosario ridendo.
Tra una cosa e l'altra erano tornati a casa dopo la mezzanotte, ed erano crollati entrambi, addormentandosi abbracciati.
Il sabato e la domenica l'avevano passati giocando a fare i turisti in giro per Milano e gli innamorati passionali tra le mura di casa.
La loro intesa era perfetta dentro e fuori dal letto, lo era sempre stata.
Forse era quello che gli consentiva di poter stare insieme anche a distanza di così tanti chilometri, l'essere complici nella vita di tutti i giorni anche non vedendosi e il poterlo essere sotto le lenzuola in quelle quarantotto ore a settimana che dedicavano solo a loro.
Erano stati, come già quelli prima passati a Roma, due giorni intensi, che per quanto corti erano parsi non finire mai.
Il treno di Carlotta era partito lunedì mattina alle setta dalla stazione di Porta Garibaldi, e il loro ultimo bacio aveva ancora il gusto di sonno e caffè.
Il primo caffè, quello da prendere insieme come fino all'anno precedente.
Mentre il treno lasciava Milano la giovane si era riaddormentata, mentre Rosario era uscito dalla stazione e aveva messo in riproduzione casuale l'iPod.
Quasi per prenderlo in giro era partita “Svegliarsi la mattina” degli Zero Assoluto.
Salì sul pullman diretto verso casa contando sulle dita quante mattine si sarebbe svegliato di nuovo senza di lei.
Quando si rese conto di come fossero solo quattro gli si stampò sul viso il primo sorriso senza Carlotta della nuova settimana.

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