A Thousand Years Back

di Valeriagp
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Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Epilogo ***
Capitolo 2: *** Everything Changes ***



Capitolo 1
*** Epilogo ***


Nota dell’autrice:

WARNING! WARNING!

*NON* leggete assolutamente questo breve capitolo se non avete letto la mia storia “A Thousand Years”, link qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1577156&i=1

Queste poche parole sono l’EPILOGO della storia precedente di questa serie, che quindi va TASSATIVAMENTE letta per prima per non rovinarvi la sorpresa!

Lascio uno spropositato numero di linee per darvi tempo di GIRARVI dall’altra parte e cliccare il link che vi ho postato qui sopra, e che vi reincollo ancora una volta: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1577156&i=1

Valeria

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Arthur si svegliò di soprassalto e si sedette nel mezzo del letto. Merlin, che gli dormiva accanto, socchiuse gli occhi e chiese: “Cosa succede?”

Il biondo era disorientato dal brusco risveglio, e non riuscì a dare una risposta al suo compagno.

“Non so Merlin…. E’ come se avessi avuto un incubo, ma non ricordo i dettagli… Ma ho questa strana sensazione che ci sia qualcosa che non va. Nel sogno c’era Guinevere che dormiva, nel nostro letto a Camelot. E poi…. non ricordo. Ma dev’essere successo qualcosa di brutto, perché mi sono svegliato atterrito…”

Ancora offuscato dal sonno, Merlin accarezzò la schiena nuda di Arthur, e disse: “Torna a dormire, testa di fagiolo… era solo un incubo. Gwen dorme sana e salva fra le braccia di Lance…”

“Non è questo il punto, Merlin… Non si trattava di QUESTA Guinevere, la donna che era nel mio sogno era la Regina di Camelot. E le era successo qualcosa di orribile… Non riesco a levarmi dalla testa l’impressione che qualcosa sia cambiato.”

A quel punto Merlin era completamente sveglio, e iniziava a considerare seriamente le parole di Arthur: “Gli sforzi di ieri sera devono avermi davvero fiaccato per non accorgermene subito: qualcosa E’ cambiato. Riesco a percepirlo ora che sono ben cosciente. Ma cosa?”

Arthur si passò la mano fra i capelli in un gesto insofferente, e si alzò dal letto. Un veloce sguardo all’orologio sul comodino gli rivelò che erano le 7 del mattino, e lui si avvicinò alla finestra per raccogliere i suoi pensieri. Scansò le tende per lasciare entrare la luce del sole, e…. si immobilizzò. A bocca spalancata.

Il suo cuore saltò un battito: la città che aveva davanti non era quella in cui si era addormentato. Edifici grigi e dall’aspetto rigoroso erano allineati senza soluzione di continuità sulle strade, che erano tutte perpendicolari una all’altra.

Non c’era traccia del London Eye, né del Big Ben, che formavano parte integrante del panorama davanti a cui si svegliava ogni mattina Arthur.

In strada si vedevano soldati armati, e la gente camminava a testa bassa, tutta vestita uguale, muovendosi velocemente per non dare nell’occhio.

Arthur alzò lo sguardo e vide che nel cielo nuvoloso del primo mattino, si muovevano lenti due dirigibili - DIRIGIBILI? - su cui campeggiava la scritta “Respect and abide”. Rispetta e subisci.

Il respiro di Arthur si faceva sempre più veloce, mentre sentiva il gelo del panico che si impossessava della sua mente.

Merlin gli si avvicinò, e mosse rapidamente lo sguardo sul panorama che aveva davanti: la sua mano scese ad afferrare con forza quella di Arthur. Era gelata e tremava.

Con la voce rotta dal terrore, il mago disse: “Il nostro presente, ecco cosa è cambiato. E c’è solo un evento che può aver reso possibile tutto ciò: Morgana è tornata a Camelot e ha cambiato il passato.”

 

Nota dell’autrice 2:

LO SOOOO mi odierete… La storia non si conclude qui. E’ da circa 6 mesi che ho deciso di portarla avanti in un secondo “volume”, visto che ho avuto questa idea che mi piaceva moltissimo di far cambiare il presente a Morgana, uccidendo la Regina nel passato.

Spero che non siate schifati e oltraggiati da quello che la mia mente malata ha creato, ma mi divertiva troppo immaginare le conseguenze di questa azione.

La prossima storia non sarà altrettanto lunga - sto pensando a 4 / 5 capitoli in questo momento.

E anche qui voglio ringraziare con tutto il cuore la mia meravigliosa beta Shipalltheships che è stata una consigliera impagabile, e mi ha tirato fuori in più di un’occasione da dubbi amletici e monumentali blocchi di scrittura.

(Tutto ciò, oltre ad essere un’insuperabile autrice di storie Merthur e Brolin, andate assolutamente a leggerle!)

Una menzione d’onore va a mio marito, con cui ho spesso discusso delle pieghe che volevo far prendere alla storia, e che mi ha sempre ascoltato con interesse e pazienza!

Grazie di avermi accompagnato in questo viaggio nell’immaginazione e spero che deciderete di continuare a seguirmi! Mettete questa nuova storia fra i preferiti per ricevere notifiche sugli aggiornamenti :)

Valeria

 

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Capitolo 2
*** Everything Changes ***


Nota dell'Autrice:

Miei cari, spero che stiate tutti bene. So che è passato quasi un anno da quando ho concluso il primo capitolo di questa storia, e molti di voi probabilmente avevano perso la speranza che la storia andasse avanti, ma invece sono finalmente riuscita a ritrovare la volontà e il tempo per continuare a raccontarvi le vicende dei protagonisti di "A Thousand Years".

Per il momento vi posto questo breve capitolo che introduce la storia, ma sto già scrivendo il successivo e spero di poterlo pubblicare entro un paio di settimane!

Spero che vi piaccia, recensitemi e fatemi sapere che ne pensate!
Valeria 



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Mordred aprì gli occhi con una sensazione di disagio nel petto. Non sapeva di cosa si trattasse, ma era potentissima… Si sentiva costringere i polmoni e gli mancava il fiato. E le sue dita erano intorpidite, sentiva la sua magia in subbuglio nelle vene. Non ne capiva il motivo, non gli era mai successa una cosa del genere.
L’unica persona che, lui pensava, avrebbe potuto aiutarlo a capire, era Merlin. Sapeva che era mattino presto, ma questa sensazione che provava lo stava allarmando non poco, quindi si alzò e, ancora in pigiama, uscì nel corridoio di Palazzo Camelot che collegava tutte le stanze da letto, e stava avvicinandosi alla porta della camera di Arthur, dove Merlin dormiva, per chiamarlo telepaticamente, sperando che fosse già sveglio.

Quando si trovò davanti alla porta, questa si aprì e dietro di essa apparvero Merlin e Arthur, entrambi in pigiama, con delle facce sconvolte e pallidi come fantasmi. Mordred si fermò, fissò Merlin, e disse semplicemente: “Lo senti anche tu?” e il mago annuì, stringendo con una mano la spalla di Mordred, e dicendo “Seguici Mordred, penso di sapere cosa sta succedendo.”
Una volta in salone Mordred, sedendosi sul divano, colse con uno sguardo il panorama fuori dal l'enorme finestra che campeggiava sul lato opposto della stanza, e si immobilizzò, occhi sbarrati e bocca aperta dallo stupore: non poteva credere a quello che vedeva, non era possibile!!! Londra non era più quella che conoscevano, era austera, grigia, e soprattutto militarizzata! Vedeva soldati armati ovunque, e le poche persone che erano già per strada camminavano con passo veloce ma timido, come se avessero paura di venir notati.
Mordred si girò verso Merlin e Arthur e disse: "Ma com'è possibile? È... è..."
"...Incredibile vero?" Disse Arthur. "Non lo sappiamo per certo ma sospettiamo che il nostro presente sia cambiato per qualcosa che ha fatto Morgana."
"Pensi che mia sorella c'entri qualcosa?"

Merlin rispose: "La perturbazione nei flussi della magia che proviamo entrambi mi fa pensare questo. A parte me, chi potrebbe avere un potere tale da stravolgere la realtà, se non lei e Morgause? Sono state sconfitte e hanno evidentemente trovato un modo per vendicarsi."
“Possibile che sia arrivata a tanto? E cosa può aver fatto?” aggiunse Mordred.
“Non saprei davvero… ma qualcosa di grosso, di certo. E devo trovare un modo per scoprirlo.” concluse Merlin.


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Morgause si avvicinò a Morgana, che era rimasta impietrita, le ginocchia poggiate al letto di Gwen, nonostante il sangue della Regina ormai morta stesse spargendosi sulle coperte che coprivano il suo corpo, e iniziasse a macchiare anche gli abiti della maga. 
Guardava l’elsa del pugnale che protrudeva dal petto di Gwen, ed era evidente che non riusciva a distogliere lo sguardo. 

Morgause la chiamò una, due volte, e Morgana non reagì in alcun modo. Allora si avvicinò a lei e le sfiorò una spalla, al che Morgana sussultò e si girò di scatto, e Morgause si rese conto che aveva gli occhi umidi.

“Sorella, andiamo. Dobbiamo uscire da qui adesso.”

Morgana la guardò, i suoi occhi ancora assenti, poi si girò un’ultima volta a guardare Gwen, prima di assumere un’espressione dura e dire: “Hai ragione sorella, è ora di andare a prendere il posto che è mio di diritto: il trono.”
 

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Ricordava i corridoi del castello di Camelot come se li avesse attraversati solo ieri, quando invece, nella sua vita attuale, non ci aveva mai messo piede. Bastarono pochi minuti e Morgana (seguita da sua sorella) arrivò alla sala del Trono, e le guardie che stazionavano davanti all’enorme portone di legno sgranarono gli occhi e sguainarono le spade.
Senza nemmeno dir loro nulla, Morgana mosse la mano destra con un gesto indifferente e gli uomini vennero catapultati sulla parete di fronte, seriamente feriti o morti - a Morgana non interessava, le bastava che non fossero più un ostacolo per lei.

Aprì il portone con la sua magia, e il rumore dei battenti che si schiantarono violentemente sul muro riecheggiò in tutto il castello: Bene, pensò Morgana… fra poco arriverà il mio pubblico. 
Attraversò velocemente la grande sala, e con un ghigno soddisfatto si sedette sul trono, mentre Morgause si posizionò alla sua destra assumendo un’espressione minacciosa.

Non passò molto tempo che si iniziarono ad udire rumori per i corridoi, ed improvvisamente Morgana vide entrare Sir Leon seguito da altri 4 cavalieri, i mantelli rossi che gli volteggiavano dietro e le spade sguainate. Leon sgranò gli occhi al vedere Morgana, ma non disse una parola.

“Bene bene, una faccia conosciuta finalmente! Temevo che i miei Sassoni vi avessero sterminati tutti a Camlann! Sono felice di vedere che mi è invece rimasto qualche bel pupazzo vestito di rosso con cui giocare...”
Dicendo questo, Morgana allungò la mano davanti a sé, i suoi occhi si fecero d’oro, e i 4 cavalieri che affiancavano Leon si portarono simultaneamente le mani alla gola, senza fiato.
Leon, che Morgana non aveva colpito con lo stesso incantesimo, fece per avanzare in direzione del trono, ma i suoi occhi si posarono su Morgause e improvvisamente dovette realizzare che c’era qualcosa che non andava: si fermò incerto, spostando lo sguardo fra le due donne, probabilmente allibito di vederle lì insieme.

Qualche secondo dopo, ritrovò la voce e disse: “Morgana, abbandona subito il trono, non hai diritto su di esso! La Regina Guinevere…”
“...è morta.” lo interruppe Morgana stessa. “Se non ci credi, vai a controllare.”
Il cavaliere impallidì visibilmente, e girando su sé stesso corse fuori dalla sala, ignorando i suoi compagni d’armi che nel frattempo erano caduti a terra e si sforzavano di respirare nonostante l’incantesimo di Morgana stesse strozzandoli.
La maga li guardò, e con un altro gesto della mano sollevò l’incantesimo: gli uomini, di nuovo capaci di respirare, iniziarono a tossire, quasi esanimi dalla mancanza di ossigeno. Morgana si alzò ed andò loro vicino, e si rivolse a tutti e quattro: “Non è necessario combattermi. Come vedete ormai la mia magia è talmente potente che non potete fare nulla contro di me. Non avete scelta, nobili cavalieri: schieratevi con me o verrete fatti prigionieri e, quando più mi aggraderà, torturati ed uccisi.”

Gli uomini, fedeli al loro giuramento a Camelot e i suoi monarchi, fecero per riprendere le spade che erano state abbandonate senza cura a terra mentre loro cercavano di non soffocare, ma prima ancora che potessero afferrarne le else, si ritrovarono con le mani bloccate da un invisibile incantesimo, lanciatogli da Morgause. Un attimo dopo anche i loro piedi furono bloccati, e rimasero lì, impotenti e frustrati.

Leon rientrò dalla porta, e questa volta Morgana vide sul suo volto l’orrore di chi, per l’ennesima volta, aveva visto la morte.
L’uomo avanzò, e c’erano lacrime nei suoi occhi mentre sguainava la spada e si avvicinava alla maga: “Sei un’assassina! Non ti è bastato uccidere tuo fratello? Dovevi uccidere anche Gwen, che era TUA AMICA! Cosa vuoi fare adesso? Ucciderci tutti? Vuoi creare un regno senza sudditi? Pagherai per tutto quello che hai fatto, Morgana!!”
La rabbia gli sfigurava il volto, e una singola lacrima gli scese sulla guancia destra, sparendo nella sua barba.

Morgana lo fissò per un momento, mentre lui minaccioso le si avvicinava, e disse, sollevando una mano: “No, mio caro Leon, non ti ucciderò. Per te ho ben altri piani.”

E l’uomo cadde a terra senza sensi.

 

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La timida luce dell’alba non rischiarava ancora completamente la stanza, ma Lancelot iniziava ad intravedere nella penombra i ricci scomposti di sua moglie, che aveva la testa poggiata sulla sua spalla. Dormiva profondamente, o almeno così sembrava dal suo respiro profondo e regolare.
Lancelot non voleva svegliarla, ma la tentazione di accarezzare la morbidezza della sua pelle ebbe il sopravvento, e lui mosse delicatamente la mano che le circondava la vita.

Un lieve movimento tradì il lento ritorno alla coscienza della ragazza, che spostò minutamente la testa, mentre gli occhi faticavano ancora ad aprirsi. Man mano che Gwen tornava in sé però, Lancelot notò che il suo corpo si irrigidiva, e la strinse un po’ di più per rassicurarla della sua presenza.
Lei in tutta risposta aprì gli occhi e poi, in una frazione di secondo, l’espressione sul suo viso passò dall’incertezza a qualcos altro. Lancelot lesse nei suoi occhi terrore puro, e prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa per tranquillizzarla, Gwen saltò giù dal letto cercando di coprirsi il corpo seminudo con il lenzuolo.

Il cavaliere rimase allibito per qualche secondo, e poi disse: “Gwen, amore, che cosa succede?”

Lei sgranò gli occhi e iniziò a guardarsi intorno senza rispondere. Tenendo stretto il lenzuolo a sé, si avvicinò al comodino e, senza staccare gli occhi da quelli di Lancelot, allungò una mano ed afferrò la lampada, staccandone il cavo dal muro.
“Chi sei? Cosa ci faccio nel tuo letto? Mi ha drogato per portarmici?” urlò la donna, brandendo la lampada davanti a sé come se fosse un bastone.

Lancelot non poteva credere alle sue orecchie! Sua moglie non lo riconosceva!

“Gwen, sono tuo marito! Non ricordi? Guardati la mano sinistra: quella che vedi è la nostra fede nuziale.”
“Non ti credo! Io non so chi tu sia! Lasciami andare o chiamo le guardie!”
“Gwen, devi credermi! Devi fidarti di me! E devi cercare di calmarti! Se non ti fidi, posso chiamare Arthur e Merlin che ti confermeranno quello che sto dicendo! Però tu adesso calmati…”
“E chi sarebbero mai Arthur e Merlin? I tuoi complici? Mi avete rapita insieme?”

O mio dio, pensò Lancelot. Gwen aveva perso la memoria.

 

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Le girava la testa… non era lucida, ma d’altronde si era appena svegliata, e si era ritrovata fra le braccia di uno sconosciuto, che affermava - il folle!! - di essere suo marito. Ma Gwen non era sposata! Non aveva nemmeno un ragazzo, e a pensarci bene, non ricordava nemmeno chiaramente se ne avesse mai avuto uno.
Non ricordava come fosse arrivata in quella stanza, né DOVE fosse quella stanza.

A dire il vero, sentiva la testa scoppiare, e aveva difficoltà a ricordare qualsiasi cosa.
Cercò di focalizzare la sua attenzione su cose basilari, attaccandosi alle minime certezze che aveva in quel momento: ricordava il suo nome, quello si, e ricordava i suoi genitori… o meglio, ricordava due volti che le ispiravano affetto. O i volti erano tre… quattro? Non riusciva a focalizzare la sua attenzione su nulla! Era frustrante…. E più urgentemente, c’era il problema di riuscire a scappare da quella stanza, dove quell’uomo - molto attraente, questo doveva ammetterlo - continuava a ripeterle di calmarsi e che l’avrebbe fatta parlare con Arthur… e Merlin… chiunque essi fossero.

L’uomo - Lancelot, diceva di chiamarsi - si alzò dal letto, con le mani sollevate davanti a sé per mostrarle che era inoffensivo, e si affacciò alla porta d’ingresso della stanza, chiamando a gran voce questo Arthur.
Gwen rimase immobile, valutando le sue possibilità: uno sguardo alla finestra le confermò quello che sospettava, cioè che il piano a cui si trovava era troppo alto per riuscire a scappare dalla finestra. La porta era bloccata dall’uomo, quindi la sua unica speranza di liberarsi era stare al suo gioco finché l’uomo si fosse distratto abbastanza.

Nel giro di pochi secondi, la porta si spalancò, e si affacciarono due ragazzi - uno moro e uno biondo - e il biondo entrò nella stanza, camminando lentamente e chiamandola con il suo nome completo, Guinevere.
Erano davvero in pochi a conoscerlo, visto che lei lo trovava anacronistico e non lo usava mai, preferendo mille volte il suo diminutivo. Però, sentirlo pronunciare da quello sconosciuto, le diede una strana sensazione… di familiarità. Eppure non aveva mai visto quell’uomo! O forse si… Non riusciva davvero a capire!

Più cercava di focalizzare la propria attenzione sull’uomo che si chiamava Arthur, più la testa le doleva, al punto che dovette chiudere gli occhi e sedersi di nuovo sul letto perché non era più in grado di rimanere in piedi.
In pochi secondi i tre giovani le furono intorno, i loro volti sinceramente preoccupati, e Gwen sentì qualcosa che le riempiva il petto: affetto. Era come se conoscesse queste persone e le amasse tutte… ma non riusciva a spiegarsi come fosse possibile, visto che non li aveva mai visti!

Il terzo giovane, quello che non aveva ancora sentito parlare, si presentò: “Gwen sono Merlin, ti ricordi di me?”
La donna lo fissò per qualche secondo, provando di nuovo quella sensazione di familiarità.. Ma continuava a non ricordare esattamente. Scosse la testa guardando… Merlin… che assunse un’espressione ancora più grave. Lui si inginocchiò davanti a lei e le prese le mani fra le sue… lei lo lasciò fare.
Le disse: “Gwen, tu ci conosci tutti, ci conosciamo da molto molto tempo. E’ difficile da spiegare… preferirei mostrartelo se sei d’accordo.”
“E come potresti mai mostrarmelo?” rispose la donna, la sua voce debole e incerta, spaventata.

“Dovrai fidarti di me, perché è troppo complicato da spiegare. Puoi fidarti, Gwen… Abbiamo tutti a cuore il tuo benessere. Non lascerei mai che ti succedesse qualcosa di male.”
Qualcosa in quelle parole colpì Gwen, perché dopo qualche secondo di incertezza, annuì lentamente, decidendo di lasciar fare a Merlin… qualsiasi cosa dovesse fare per farle capire.

Merlin allora le mise le mani ai lati della testa, con tocco gentile, e le mosse delicatamente il viso, sollevandole il mento finché i loro visi furono perfettamente allineati. Per un attimo Gwen pensò che il giovane l’avrebbe baciata, invece chiuse gli occhi e…

BAM. Un fiume in piena di pensieri e ricordi le attraversarono simultaneamente la mente, immagini che si susseguivano sconnesse una dall’altra: un castello, e l’università dove (ora ricordava) aveva studiato anni fa. Immagini dei loro volti, di Arthur accanto a lei nella sala del trono di… Camelot?!? Merlin alla gogna, il loro primo incontro. Lancelot… oh mio dio Lancelot, il cuore le si strinse nel petto all’imponenza di quello che provava per quell’uomo! Sé stessa sola, nella sala del trono, ad aspettare… cosa? Cosa aspettava? Ohhh… aspettava di venire a sapere da Percival che suo marito il Re, era morto. Il dolore che aveva provato in quel momento fu di nuovo vivissimo, e sentì una lacrima che le scendeva sulla guancia destra.
Ancora un’immagine di sé stessa con una corona in testa, sola sul trono, davanti ai suoi sudditi.

E finalmente un altro volto - quello di una donna che la fissava con occhi di ghiaccio e un’espressione combattuta, prima di pugnalarla a morte.

Gwen urlò, spalancando gli occhi e scacciando via le mani di Merlin dalle sue tempie, e si accasciò con la testa sul petto di Lancelot che le era seduto vicino, iniziando a singhiozzare senza riuscire a controllarsi.

Arthur guardò Merlin e il moro, con aria solenne e una rabbia mal repressa, rispose alla sua muta domanda: “Morgana ha ucciso Gwen. L’ha uccisa la notte dopo il suo insediamento come Regina. E’ riuscita a tornare nel passato e lo ha cambiato. Ecco perché il nostro presente è completamente stravolto.”

 

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La porta della sala del trono era spalancata, e Percival, prima di entrare per aiutare Leon,si soffermò per un istante fuori ad ascoltare, per avere modo di valutare la situazione.
“Sei un’assassina! … Dovevi uccidere anche Gwen, ... Pagherai per tutto quello che hai fatto, Morgana!!”
Leon inveiva contro la maga, e il cavaliere la udì rispondere:
“No, mio caro Leon, non ti ucciderò. Per te ho ben altri piani.”

A questo punto Percival stava per entrare, ma una mano sul braccio lo bloccò; si girò e vide Gaius, che gli disse: “No, è inutile cercare di fermarla adesso. Così l’unica cosa che otterremo è che Morgana catturerà anche noi. Dobbiamo lasciare Camelot.”
“E lasciarla in mano a lei? Non possiamo Gaius! E’ inaccettabile!”
“Senza l’aiuto di un mago potente non possiamo contrastarla. Dobbiamo andare dai druidi e cercare la loro alleanza… Solo a quel punto avremo qualche possibilità di salvare il regno!”

Percival, la spada ancora in pugno, era pronto ad attaccare, ma le parole di Gaius lo convinsero, ed abbassò la guardia.
“Andiamo, ti proteggerò finché non saremo in salvo.”

Non trovarono alcuna difficoltà a raggiungere le mura, e uscirono di soppiatto, inoltrandosi nel bosco. Nascosero come poterono le loro tracce, sperando che le due maghe scoprissero il più tardi possibile che erano scappati.
 

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