The 60th Games

di Unhappy_Reader
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Le mietiture - i Distretti Remoti ***
Capitolo 3: *** Le mietiture - I Distretti produttori ***
Capitolo 4: *** Le mietiture - Ultima tappa ***
Capitolo 5: *** I mentori ***
Capitolo 6: *** L'addestramento ***
Capitolo 7: *** Sessioni Private ***
Capitolo 8: *** Le interviste ***
Capitolo 9: *** L'arena ***
Capitolo 10: *** Il padre e il bambino ***
Capitolo 11: *** Fuggi dal tuo incubo, se ne sei in grado ***
Capitolo 12: *** Fuoco; nel bene o nel male ***
Capitolo 13: *** Il colore che sporca le mani è il più difficile da cancellare ***
Capitolo 14: *** Tutto quello che dirai sarà usato contro di te ***
Capitolo 15: *** Hunger Games - Vetro e Sangue ***
Capitolo 16: *** Di cieli rossi e capelli nella neve ***
Capitolo 17: *** Il torneo ***
Capitolo 18: *** Il cerchio si chiude ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


In mezzo alla piazza erano ammassate duemila persone. Gli altri abitanti di Capitol City si erano scelti una piazza diversa o erano stravaccati sul divano, ma non c’era nessuno, nessuno che non avesse gli occhi su uno schermo, grande o piccolo. Un’elettrizzata annunciatrice parlava dal megaschermo su cui era posato lo sguardo degli abitanti dell’area centrale della città.
- E tra pochissimi istanti, signore e signori, vedremo le dodici mietiture di quest’anno in diretta esclusiva! –
Un ruggito di approvazione si alzò dalla capitale. Un ruggito che si trasformò in un conto alla rovescia proiettato anche sullo schermo.
- Tra sessanta secondi, amici telespettatori, sessanta secondi! – urlò l’annunciatrice. Poi, quasi tra le lacrime aggiunse: - E felici sessantesimi Hunger Games! –

 
***
Benvenuti, benvenuti benvenuti! Felici settantaquattresimi Hunger Games!
No, ricominciamo. Benvenuti! Allora, come avrete letto questa è una Fanfiction interattiva, quindi sarete voi a creare i tributi! Avevo già cominciato un’interattiva sui sessantesimi giochi, ma arrivato al secondo capitolo non ero contento del risultato e così la cancellai. E ora la ripropongo completamente nuova!
Cominciamo con le informazioni importanti:
1) Potete creare fino a due tributi, tre nel caso me ne mancasse solo uno o due.
2) Nelle recensioni specificate i tributi che prenotate, così gli altri lettori sapranno che non sono più disponibili.
3) Cercate di non discriminare alcuni distretti, per favore! Altrimenti avrò solo i favoriti J!
4) Per creare il vostro tributo, inviatemi UN MESSAGGIO PERSONALE seguendo questa scaletta:
Nome e cognome:
Distretto:
Sesso:
Età:
Famiglia e/o vita nel distretto:
Rapporti con gli altri tributi:
Abilità (se esistenti):
Informazioni aggiuntive (facoltative; costume, intervista ecc.):
Partecipate numerosi!
Silente996

 

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Capitolo 2
*** Le mietiture - i Distretti Remoti ***


Distretto 12
Duemila piccoli visi guardavano il palco, dove Brina Tellyer, l’accompagnatrice del Distretto 12, parlava del video sui Giorni Bui appena visto.
- Non pensate che sia fantastico? Che sia meraviglioso? Ma sì che lo pensate! – cinguettò sorridendo compassionevole alla folla.
- E ora, signore e signori, è giunto il momento di estrarre la giovane donna che sarà così fortunata da partecipare ai sessantesimi Hunger Games! –
Brina si avvicinò all’urna posizionata alla sua sinistra. La sua mano si introdusse nel contenitore e mescolò i bigliettini di carta bianca. Poi le sue dita raccolsero un unico foglietto. La donna tornò al centro del palco.
- E il tributo femminile è… - adorava tenere il 12 sulle spine. – Cassandra Lovelace! –
Tra la folla c’erano due ragazze identiche: due alte e magre diciottenni dai capelli rossi. Una teneva i capelli sciolti, l’altra raccolti in uno chignon. Fu quest’ultima a salire sul palco accompagnata dall’urlo strozzato di sua zia Adriane, ormai una madre per Cassandre. Appena salita sul palco, il tributo guardò sua sorella gemella Clarissa, sua zia e suo fratello Hector; annuì verso di loro per far capire che ce l’avrebbe fatta, che ci avrebbe provato per loro. Non poteva permettersi di far soffrire sua zia anche per la morte di una nipote, dopo quella della sorella, del marito e del cognato. Non le avrebbe mai fatto questo.
- Molto bene! Ci sono volontari? – chiese Brina. Come prevedibile, nessuno fiatò.
- Splendido! E ora, il giovane uomo! –
Fra i diciottenni vi era Magnus Starkweather, un ragazzo dai capelli neri e gli occhi verdi. Era il migliore amico di Cassandra, e ora ripensava a quel giorno di primavera.
- Perché l’hai fatto? – gli chiese Cassandra. – Serviva a te! Alla tua famiglia! –
- L’ho fatto per te. –
- Perché? Perché, Magnus? –
- Perché devo proteggerti. Te lo prometto: da oggi in poi, qualunque cosa accada, ti proteggerò da ogni male. –
- Sii serio, Mag… -
- Sono serio. E ormai ho promesso. –
Allora i due bambini risero e si presero per mano.
Gliel’aveva promesso. E poi cos’aveva da perdere? Un padre che non lo guardava più per la sua somiglianza con la moglie morta? Un letto vuoto che ogni giorno gli ricordava la morte di sua sorella?
- John Rubbes – chiamò Brina. Un ragazzo dalla faccia anonima salì sul palco impaurito.
– Bene! Ci sono volontari? –
, pensò Magnus. Sì, sì, sì.
- Sì – disse. – Io. –
- No! – questa volta fu Cassandra ad urlare. – No! Non salire sul palco! – gridò. Odiava mostrare le proprie debolezze, voleva apparire sicura, ma non poteva pensare a Magnus negli Hunger Games con lei.
- Oh, ma che… che scena dolce! – gongolò Brina. – Complimenti! Qual è il tuo nome? –
- Magnus Starkweather – disse il ragazzo. Poi sorrise a Cassandra. Mentre si stringevano le mani, alle orecchie della ragazza giunse la voce di Magnus che sussurrava: - Una promessa è una promessa. –
 
- Avete tre minuti. –
- Oh, bambina mia, ti prego, provaci, provaci, forse riuscirai a… a tronare… - Adriane scoppiò in lacrime e affondò il viso in un fazzoletto, l’unico fazzoletto di famiglia.
- No, zia, non piangere, dai – le sussurrò Cassandra. Poi si voltò verso i suoi fratelli. Questa volta fu lei a piangere. Lì non c’era nessuno a giudicarla e poteva mostrare tutte le sue debolezze. Abbracciò Hector e tra i singhiozzi gli disse: - Resta con me, anche alla TV, ma non lasciarmi. –
- Non lo farei mai – le rispose il fratello. Mancava solo Clarissa.
- Devi tornare – sussurrò Clarissa.
– Se tu muori, muoio anch’io. Devi… devi tornare! –
E così rimase solo Hector l’unico a non aver pianto in quella stanza.
 
- Avete tre minuti. –
Il padre di Magnus si sedette accanto a lui senza guardarlo.
- E così – sospirò. – È toccato anche a te. –
- Grazie per la tristezza dimostrata – gli sibilò il figlio.
- Rimarrò solo e senza figli. Vedrò morire anche l’ultimo mio parente. Se avessi spazio per la tristezza sarei già morto. –
- Non disturbarti. Puoi anche non guardarmi. Lo fai da anni, tanto. –
- È vero. –
-Sei… sei spregevole! Non mi vedrai mai più, papà! Almeno questa volta guardami! –
L’uomo si voltò verso di lui. Non riuscì a sostenere lo sguardo.
- Uguale a lei… uguale a lei… - era sotto shock.
- Sai, penso che tre minuti siano troppi. Puoi anche andare – lo provocò Magnus.
Ma il padre si alzò e uscì senza più parlare. Il ragazzo passò il resto del suo tempo a soffocare le sue urla nel cuscino.
 
Distretto 11
Nel Distretto 11 non erano duemila i visi a fissare il palco. Erano settemilacinquecento. E non uno di quei visi aveva un sentimento positivo stampato sopra. Non mentre Waily Medràss stava per sorteggiare due tributi.
- E chissà chi sarà, quest’anno! Quali giovani cuori intrepidi intraprenderanno questo avventuroso viaggio! – cantilenava Waily sorridendo. Parlava sempre per scioglilingua.
- E ora sorteggeremo con l’aiuto della sorte la giovane donna, il tributo femminilmente femminile! – trillò.
Dopo aver pescato il consueto biglietto, l’accompagnatrice si accinse a leggerlo.
- Latvia Almonds? – chiamò.
Dalla massa di persone emerse un’esile quindicenne dai capelli chiari e gli occhi innocenti. Stringeva in mano un girasole, che Alyssa, la padrona di casa che sfruttava lei e le sue sorelle, le aveva eccezionalmente concesso di cogliere dal campo. Salì sul palco a passi incerti. A tutti sembrò una smidollata, una “morta-nel-bagno-di-sangue”, ma nessuno sapeva che Latvia era una vera campionessa di sopravvivenza. E abbastanza intelligente da non buttarsi fra le braccia dei favoriti.
- Splendido! Ci sono volontari che si offrono volontariamente? – chiese Waily. Nessun volontario.
- Perfetto! E ora, il tributo maschilmente maschile! –
La donna si avvicinò all’urna contenente i nomi dei ragazzi dell’11 e ne estrasse un bigliettino qualunque, preso dalla superficie. Riportatasi al centro della pedana, Wayly annunciò: - Evan McHole! –
No. Non ci posso credere. Perché io? E perché con lei?, si chiese Evan. Il ragazzo aveva passato gli anni a guardare Latvia dalla finestra che potava le rose, raccoglieva la frutta, coltivava la verdura. Aveva passato gli anni a guardare quelle tre sorelle al lavoro nei campi, e si era innamorato di lei. Lei, con quella sua pelle un po’ più chiara del normale colore dell’11, lei, con quegli occhi che lo spiazzavano. Perché proprio lei?
Evan salì sul palco e sperò invano che qualcuno si offrisse volontario. Alla fine Waily li presentò a Panem e i due tributi dalla pelle scura entrarono nel Palazzo di Giustizia.
 
Le prime ad entrare furono Anne ed Elis, le sorelle di Latvia.
- Oh, Lat… avrei dovuto offrirmi volontaria – le disse Anne.
- No, non avresti dovuto farlo. Sta’ tranquilla. –
- Devi tornare, ok? Devi promettercelo – le disse Elis.
- Non posso fare promesse che non posso mantenere – sussurrò Latvia.
- Infatti, questa promessa la devi mantenere; vincerai, Latvia, è chiaro? Dovessi anche… dovessi anche uccidere tutti gli altri ventitré. Sai che per noi conterebbe solo il tuo ritorno. –
- O… ok. Ve lo prometto. –
Le tre ragazze si guardarono a lungo, poi si abbracciarono all’unisono.
Andò a farle visita anche Luna. Luna era una dolce bambina di undici anni, anch’essa sfruttata dai proprietari terrieri. Era orfana di madre e figlia unica, suo padre non trovava lavoro e così era l’unica a tenere in piedi la loro piccolissima famiglia. Per Luna Latvia era come una sorella maggiore.
Non si dissero molto, restarono solo abbracciate per un po’, poi Latvia rimase sola.
 
Marie venne introdotta nella stanza e si gettò subito fra le braccia del fratello.
- Oh, Evy, ti prego, torna, io se no rimango sola! Torna, tu puoi vincere, Evy! – la piccola aveva otto anni ed era chiaramente disperata.
- Stai calma, andrà tutto bene, ci penserà Lorence a te, non è vero? – Evan alzò la testa e incrociò lo sguardo di Lorence Swinsky, la sua migliore amica, una delle poche persone dell’11 con la pelle chiara.
- Certo. Vieni, Mary, andiamo via, ti raggiungo fra un minuto – disse lei.
La ragazza si sedette affianco a Evan. – Ehm, Evan… io devo dirti… una cosa – balbettò.
- Sì? – la incalzò lui.
- Io… da… due anni a questa parte… cioè… forse… io… - Lorence inspirò e a occhi chiusi concluse il periodo: - Io ti amo. –
Evan restò sconcertato. Si sentiva uno stupido. Cosa le avrebbe detto? La verità? Che lui era innamorato di Latvia Almonds?
Le prese la mano e disse: - Oh, Lorence… grazie. Ma… ma io sono innamorato… di un’altra persona. –
- Lo so – disse Lorence sorridendo fra le lacrime. – Ma se tornerai… lei non verrà con te. Lo sai questo? –
- Sì – sussurrò Evan. – Lo so. –
I due ragazzi si alzarono e lui la accompagnò alla porta.
- Ti prego, Evan, vinci. Se non vuoi farlo per me… -
- Oh, certo che lo farò per te – la interruppe lui abbraccaindola.
Lorence mise una mano sulla maniglia della porta, restando però a guardare Evan.
E per un breve, infinitesimale attimo, la ragazza non poté fare a meno di impadronirsi delle sue labbra.
 
Distretto 10
I muggiti dei bovini giungevano fin là, fin sotto al Palazzo di Giustizia. Facevano sentire più al sicuro i ragazzi mentre il video sui Giorni Bui terminava, mentre l’accompagnatrice inseriva la mano nell’urna femminile ed estraeva un biglietto. Ma sapevano che due di loro sarebbero partiti, probabilmente per non ritornare.
Prisha, l’accompagnatrice, aprì il biglietto bianco e lesse eccitata il nome che vi era scritto.
- Layra Likke! – urlò enfatizzando la pronuncia del nome.
Una ragazza dai capelli biondo platino salì sul palco con espressione affranta. Perché era così che faceva Layra. Irretiva, stregava, incantava tutti con la sua bellezza e i suoi occhi dolci, ma dentro era una dura. Una ragazza da Hunger Games. Non che le piacessero, ma il suo orgoglio le aveva impedito di essere spaventata per i giochi. Doveva essere sempre sicura e fredda. Ovviamente facendo gli occhi dolci.
- Ci sono volontari? – chiese Prisha. Naturalmente nessun suicida si offrì.
- E adesso, il-lui-del-duo! – scherzò la donna come al solito. Ridacchiando estrasse un bigliettino. Prima di leggerlo scoppiò in una fragorosa e poco fine risata dovuta al ricordo dell’insipida battuta fatta poco prima.
- John Taylor? Ci sei? C’è! – urlò mentre il ragazzo saliva sul palco mordendosi le labbra.
John osservò la ragazza su cui aveva posato lo sguardo anni prima, ora sua compagno di Distretto agli Hunger Games. Con quell’espressione dolce, quegli occhi melliflui, non poteva negare di essere attratto da quella creatura angelica. Ma non ci aveva mai parlato e non conosceva il suo lato più coraggioso, pronto, istintivo, a volte acido. Per ora era solo in adorazione.
- Bene! Splendido! Signore e signori, ecco a voi i tributi del Distretto 10, Layra Likke e John Taylor! –
 
La nonna di Layra entrò nella stanza con un mezzo sorriso in volto.
- Ti ho insegnato tutto, figliola. A usare i coltelli, a combattere, a usare la testa. Nessuno può reggere il tuo confronto. Sarai la vincitrice – le disse accarezzandole una guancia.
- E la nonna sarà ancora più orgogliosa di te. –
 
- Lo so – disse Annie.
- Cosa? – le chiese John. Lui e la sorellina di sette anni vivevano da soli in una piccola casa del Distretto 10.
- Lo so che ti piace. Ma non ti azzardare a fare l’eroe o qualcosa del genere solo per questo. Devi tornare a casa – gli occhi della bambina si riempirono di lacrime.
- Per me. –
- È ovvio che tornerò a casa – le disse il fratello.
Annie lo guardò. Sarebbe tornato a casa? No. John era troppo gentile, troppo magro, troppo buono. Avrebbe dato la vita per un favorito che un giorno gli avesse offerto un pezzo di pane. Annie lo sapeva bene, ma stette zitta.
- Tornerò, te lo prometto. E potrò comprarti l’unicorno di zucchero filato – le sorrise John.
- Sì… - sussurrò la sorellina. – Sì, lo so. –
 
Distretto 9
Arany lo sapeva. Sapeva che il suo nome aveva molte, troppe possibilità di uscire. Le tessere per foraggiare Bryan e sua madre erano indispensabili. O meglio, c’era un altro modo. Ma era orribile. Arany poteva sfruttare la sua bellezza per chiedere qualcosa ai Pacificatori. Ma nessuno di loro le aveva mai dato qualcosa senza ricevere qualcosa in cambio.
Perciò prendere le tessere era meno terribile. Fino a quando il suo a quando l’accompagnatrice del Distretto 9 non aveva letto il nome di Arany simpson davanti ai coltivatori del 9. Arany era salita sul palco e guardava la folla, attonita. Sarebbe morta, di questo era convinta.
Ora Thelma, l’accompagnatrice, stava aprendo il biglietto con su scritto il nome del tributo maschile.
- Jonah Rye Samules? – chiamò incerta.
Un ragazzo biondo salì sul palco leggermente scioccato.
- Ci sono volontari? – chiese Thelma. Come ogni anno, nessun volontario.
Jonah era però deciso a tornare. Per Adam, per June, per Tobias, il fratellino sordomuto, per sua madre, per il suo amico Edric e soprattutto per Riley, la sua ragazza. Aveva troppe persone importanti e non intendeva lasciare nessuna di queste.
 
Sua madre Rosalie e Bryan entrarono nella stanza. – Oh, no, sorellina – sussurrò il fratello.
Sua madre non disse niente, si limitava a piangere con la testa fra le mani.
– Basta, mamma, ti prego, non piangere – la consolò Arany.
- Sono ventitré, Arany! Alcuni si allenano da anni! Come… come puoi tornare indietro? – singhiozzò Rosalie.
- Ce la farò, mamma, te lo prometto. Lo prometto a tutti e due. –
- Così sono più sollevato – sorrise Bryan. – Hai sempre mantenuto le tue promesse. –
 
Le visite di Jonah furono molto più corpose. Dapprima i suoi tre fratelli – Adam che lo consolava, June che lo chiamava Angel e Tobias che lo salutava a segni -, poi la madre di natura cagionevole e infine il suo migliore amico e Riley, che erano fratelli. Sì, Jonah era fidanzato con la sorella del suo migliore amico, ma a Edric questo faceva solo piacere.
Prima scherzarono un po’, ma alla fine tutti e tre piansero di dolore. Edric uscì dalla stanza prima di Riley, e lasciò la sorella sola con l’amico.
- Ti amo – pianse la ragazza sulla sua spalla.
- Anch’io. Anch’io. –
- Devi provarci, Jon. Almeno provarci. –
- Lo sai che tornerò. Se tu sarai con me, qui dentro, lo sai che vincerò. Ma devi restare con me. –

Ta-daan! Che bella botta, eh? Ma se siete ancora qui a leggere dovete essere tipo dei fan ultrasfegatati, altrimenti come avreste resistito? 6 pagine di Word belle e buone, per una durata di tre ore di scrittura (yuppi! -_-")!
Recnsite, vi prego! Voglio sapere se ho reso bene i vostri personaggi, e se non è così bastonatemi senza pietà!
Alla prossima!


 

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Capitolo 3
*** Le mietiture - I Distretti produttori ***


DISTRETTO 8
- Oh, non è ancora finito? – sbottò Doreah Luminouse, l’accompagnatrice del Distretto 8, riferendosi al video sui Giorni Bui. Non aveva mai brillato per pazienza.
Quando le ultime note dell’inno si conclusero, Doreh cominciò a lamentarsi delle formalità delle Mietiture. Quando ebbe finito, cominciò a lavorare: - Eccoci! Benvenuti! Felici Hunger Games! E possa la fortuna essere sempre a vostro favore! Ora sorteggeremo i tributi e il resto lo sapete – concluse sbrigativa.
Si avvicinò all’urna dei nomi femminili e ci inserì una mano. Ovviamente pescò il primo bigliettino che trovò per non perdere tempo. Doreh si schiarì la voce per leggere il nome.
- Serafyna Caught? – chiamò.
Dietro di lei l’anziano sindaco gemette. Serafyna non era sua nipote, ma l’aveva adottata e le voleva bene come fosse tale. La bambina, ora quindicenne, era scappata dal Distretto 10 dove era stata partorita dalla madre in fuga dal vecchio marito capitolino. Qui era morta di parto e la bambina era stata affidata a un vecchio pastore, che morì però cinque anni dopo. Fuggita dall’orfanatrofio in cui aveva vissuto per anni, l’ormai matura Serafyna era stata trovata nel Distretto 8 e consegnata al sindaco. Tra i due c’era stata subito molta intesa, anche perché il sindaco era vedovo e la figlia era scomparsa e voleva compagnia. Il sindaco Thoriled era diventato quindi un nonno per Serafyna, e lei una nipote per lui, la nipote che non avrebbe mai potuto avere data la scomparsa della figlia Jyselle.
Serafyna salì sul palco, e un lampo balenò negli occhi del sindaco Thoriled. Il suo modo di camminare, l’espressione  negli occhi, il piccolo movimento di spalle mentre saliva le scale, quel suo guardarsi intorno furtiva… e l’uomo capì. Capì la scintilla scoppiata fra loro due, l’affetto istintivo e reciproco che si era creato quasi automaticamente. Serafyna Caught era figlia di Jyselle Thoriled. Di sua figlia.
L’urlo dell’assessore sindacale arrivò alle orecchie di tutti nella piazza, e migliaia di occhi guardarono la donna. Ma subito si spostarono sulla causa dell’urlo: Ebenezer Thoriled, sindaco del Distretto 8, accasciato sul palco dietro al nuovo tributo. Morto.
 
Ristabilito l’ordine, negli occhi di Serafyna c’era una luce totalmente nuova. Non era tristezza, non era disperazione, non era compassione. Era furore cieco e sete di sangue.
Doreah, arrabbiatissima per il fatto che la morte del sindaco in diretta avesse allentato i suoi piani, si diresse verso la boccia maschile senza neanche annunciarlo.
- Anakeen Liam Wool! – gridò dopo aver estratto il consueto foglietto di carta.
Un ragazzo con gli arti troppo lunghi, le iridi troppo piccole, con troppe sciarpe al collo, troppe giacche addosso e… senza scarpe si avvicinò al palco incitando il vuoto dietro di sé a seguirlo: - Vieni. Pokinaria. –
Non era a piedi nudi, indossava tredici strati di calzini l’uno sull’altro, e questo suggeriva che avrebbe potuto permettersi delle scarpe, ma evidentemente era una scelta personale. Bastò uno sguardo al ragazzo perché tutti formassero un unico pensiero. È pazzo.
 Violet, Celestia, Victor, Beatrice, Gregory, Timothy, Harriette, Edgar, Caithleen, Adelaide e Montague entrarono nella stanza. Erano gli undici fratelli di Anakeen. Isambard, Victor e I loro genitori mancavano all’appello. Chi suicida, ci sorteggiata agli Hunger Games, chi morto per malattia, erano tutti nell’oltretomba. In più Celestia era invalida.
Il saluto con i fratelli fu lungo e triste, soprattutto perché Anakeen si disse che aveva sempre più motivi per cui tornare, undici motivi. E questo non era necessariamente un bene.
 
DISTRETTO 7
L’odore del legno era padrone nel Distretto 7. Quel legno che li faceva sopravvivere, quegli alberi che due dei ragazzi lì presenti non avrebbero più visto. A meno che non fossero riusciti a tornare.
Trillaraya “Trill” BoomMcCarty, l’accompagnatrice con il nome più lungo di tutta Panem, salì sul palco gioiosa e commossa.
Dopo il video, prima di cominciare, Trill ci tenne a mostrare al mondo il suo nuovo look.
- Ed ecco la vostra amata estrattrice! Prima di sorteggiare i fortunati ragazzi, vorrei mostrarmi la mia metamorfosi! Ehm ehm…
In pieno sitle “I Love My District”, ammirate i tacchi d’ebano, gli orecchni a forma di albero, la parrucca verde foresta! Passiamo poi al poncho con motivi richiamanti le foglie, che nasconde discretamente la scollatura del vestito giallo foglie-d’autunno! Preziosi braccialetti di legno pregiato e infine una pelliccia grigi bosco! Il tutto ancora più bello con questo spaccato da capogiro! E tutto questo, per voi, miei cari! –
Concluso il siparietto di alta moda, Trillaraya estrasse un bigliettino contenente il nome femminile di quell’anno.
- Annalyse Virìd? – lesse titubante. Poi si corresse con un indignato: - Annalia Viride! Questi nomi multietnici! –
Una spocchiosa ragazza di sedici anni si avviò spavalda verso Trill, lanciandole un’occhiata di disgusto. Poi guardò la folla in modo freddo, prendendo le distanze.
- CI sono volontari? – chiese la BoomMcCarty. Il silenzio fu diniego.
- E ora, il ragazzo! –
La mano di Trill rimescolò i bigliettini mentre gli stomaci dei ragazzi del Distretto 7 si contorcevano. Poi un unico pezzo di carta emerse dalla boccia assieme alla mano di Trillaraya.
- Others Brumn! – chiamò, più contenta di aver trovato un nome di lingua locale.
Il diciassettenne chiamato portò lui, il suo nervoso sorrisetto storto e i suoi capelli castano scuro sul palco.
- Ci sono volontari? – chiese per la seconda volta Trill. Nessun volontario quell’anno.
 
I genitori di Annalisa entrarono nella sala delle visite. Qui la ragazza era un po’ meno fredda e un po’ meno spavalda, ma non troppo. Non si ritrasse quando i suoi l’abbracciarono, ma non volle baci.
Promise di tornare e loro ci credettero, perché in fondo era la figlia che procurava il cibo in casa, e quindi aveva conoscenze concernenti la caccia. Avrebbe solo dovuto convertirle in assassinio. Era un pensiero orribile da fare per un genitore, ma era l’unico che li rassicurasse del fatto che la loro Ann sarebbe tornata a rifiutare i loro baci.
 
Le visite di Others furono molto più tristi. Il padre, ormai violento e alcolizzato dopo la morte della moglie, non era venuto. Solo Oscar, il cupo fratello maggiore, era andato a trovarlo. Oscar, dopo che la loro madre era morta, faceva fatica a dimostrare affetto verso chiunque, ma a volte faceva qualche eccezione per Others. I due si abbracciarono e restarono zitti per molto tempo, finché Oscar, dopo anni e anni, pianse per la prima volta. Fu un pianto frammentato da singhiozzi e rabbia, senza speranza.
- Devi tornare, hai… capito? Sei… sei l’ultimo rimasto. Devi… devi tornare, o.. ok? –
- Tornerò, Others. Te lo prometto. Tu prepara il camino. –
 
DISTRETTO 6
- Splendido! Come sempre, prima le signore! –
Il Distretto 6 era bello e silenzioso. Lontano, una gigantesca nave partiva per mare, e il cielo era solcato da aerei. Seimila piccoli cuori battevano: due di loro sarebbero saliti sul palco davanti a loro, si sarebbero stretti la mano e almeno uno di loro sarebbe morto. E se qualcuno fosse tornato, non sarebbe stato quello di una volta. Era noto che i vincitori del Distretto 6 annegavano i loro dispiaceri nella morfamina, che poteva essere prodotto solo in quella zona.
E infatti, ecco Arya e Lend, i mentori del 6, guardare tutto con occhi vitrei, analizzando i colori, unico loro parametro. Non erano certo rassicuranti per i ragazzi sottostanti.
Stiklistika Met, l’accompagnatrice con il secondo nome più famoso a Panem, salì sul palco sfoggiando un corto abito azzurrino e una parrucca dello stesso colore.
- Benvenuti, futuri tributi! – li salutò. – Felici sessantesimi Hunger Games e… possa la fortuna essere sempre a vostro favore! Prima di cominciare, guardiamo insieme il nuovissimo video che Capitol City ci propone! –
Detto ciò, non finse neanche di guardare il megaschermo e cominciò a salutare la folla che sapeva ora la stava guardando da una piazza molto più bella di Capitol City.
- Benissimo! Perfetto! Paradisiaco, oserei dire! E ora, passiamo a sorteggiare la giovane donna che sarà tanto fortunata da partecipare, rappresentando il distretto 6, ai sessantesimi Hunger Games! –
Stiklistika Met si avvicinò alla boccia sulla sua sinistra e vi introdusse la mano; poco dopo ne trasse fuori un bigliettino.
- Sil Alba! –
Sil emerse dalla folla di scatto e camminò velocemente verso il palco. Era solo sollevata che non fosse stata la sorellina a uscire.
- Bene! Ci sono volontari..? … No! Meraviglioso! Stupendo! Angelico! –
Stiklistika estrasse anche il nome maschile dall’altra boccia.
- Rim Thorn? – chiamò la donna. Non le piacevano quel nome e quel cognome monosillabici. Non a una che si chiamava Stiklistica. ‘Met’ era infatti stata la più grande delusione della sua vita.
Dopo aver verificato che non  ci fossero volontari, Rim salì accanto a Sil sul palco.
Rim aveva un accenno di barbetta ed era abbronzato: un diciottenne carino ma non esageratamente.
Il tributo guardò Yamaha, la sua ragazza: non poteva non tornare da lei. Non poteva abbandonare il figlio che aveva lasciato in lei.
 
I suoi genitori e la tredicenne Elizabeth entrarono nella stanza. La sorella di Sil si mise subito a piangere e toccò a lei consolarla.
- Sil – sussurrò sua madre carezzandole una guancia. – Perché proprio tu? –
Quando le porte si aprirono per cacciarli, fu il turno del padre a dire l’ultima cosa: - Non ti chiedo di tornare. Ti chiedo di provarci. –
Poi la giovane Alba rimase sola con le sue a stento trattenute lacrime.
 
Yamaha, Amethyst e Dan entrarono nella stanza. Anche in quel mometo erano allegri. I quattro ragazzi più spensierati e lavativi del Distretto 6 non avrebbero però mai pensato che uno di loro potesse andarsene. Non per gli Hunger Games.
Quando i due migliori amici di Rim andarono via, lui e Yamaha rimasero da soli.
- So tutto quello che sai fare, conosco tutto quello in cui ei un esperto, ma non ti dirò questo. Ti dico solo di tornare. Per lui – disse la ragazza posandogli la mano sul ventre ormai gonfio.
- Sì… sì… - Rim non aveva quasi mai pianto. Non ne aveva motivo. Aveva una ragazza con cui viveva, due grandissimi amici, un lavoro che gli piaceva… ma ora paingeva, piangeva tra le braccia della persona che avrebbe dovuto assistere.
- Yelmouth, ok? –
- Cosa? – chiese lei.
- Se non tornerò… voglio che si chiami Yelmouth. –
- Yelmouth… è orribile, Rim. Facciamo così: tu torni. E poi contrattiamo sul nome. –
 
DISTRETTO 5
But straight away I loved you, yeah!
Because your eyes were beautiful, yeeeeaah!!
Così cominciò la mietitura nel Distretto 5.
Cotonella Bijouts era una cantante di Capitol City, nonché accompagnatrice di quel Distretto, e non aveva perso occasione di farsi pubblicità cantando il suo nuovo pezzo.
Finita la canzone dal testo arido e vuoto, si accinse a presentarsi.
- Eccomi! Grazie per avermi ascoltata! Ecco a voi la meravigliosa, scintillante e spumeggiante Cotonella Bijouts, nonché regina di Boccolandia! – trillò accennando alla riccissima parrucca giallo limone.
Poi scoppiò a ridere come una malata psichiatrica per cinque minuti buoni; di certo non ricordava di essere così spiritosa.
Ripresasi, estrasse il bigliettino contenente il nome femminile. Le ragazze, le bambine, le giovani adulte presenti trattennero il respiro.
- Su, ragazze, non abbiate quella faccia! – cinguettò Cotonella.
In risposta ricevette solo occhiatacce.
- Era per chiacchierare! Volevo solo stemperare la situazione! – disse indignata.
Poi si decise a leggere.
- Jeredith Camille Cohen! –
Jeredith si fece largo tra la folla per raggiungere Cotonella. Per quanto scossa, era meno spaventata di quanto potessero esserlo le altre ragazze.
In fondo, prima di trasferirsi aveva vissuto nel 2 e frequentato l’accademia, e qualcosa si ricordava. Forse molto più di qualcosa.
E poi avrebbe avuto Mirko come mentore. Mirko era il suo ragazzo, aveva diciannove anni e quindi due più di lei, e aveva vinto i cinquantanovesimi Hunger Games, la scorsa edizione. Mirko non era né un killer né un selvaggio, ma la sua abilità in fabbrica l’aveva aiutato nell’arena.
E la fortuna sembrava aver voltato le spalle ai futuri sposini, perché ora che nessun volontario si era fatto avanti era chiaro: Jeredith sarebbe entrata nell’arena.
- No! –
Jeredith si voltò di scatto. Mirko era presente sul palco come mentore. Era lui che aveva urlato. Il ragazzo corse ad abbracciarla e non volle lasciarle la mano nemmeno per un secondo, nemmeno quando Cotonella, dopo aver pianto di commozione, aveva letto il nome del tributo maschile.
- Foma Konon. –
Un altissimo e magrissimo diciottenne salì sul palco. Era denutrito come tutti, nel 5. Nessuno lo salvò. Nessun volontario. I ragazzi si strinsero la mano e solo allora Mirko lasciò qualla di Jeredith.
 
I genitori di Jeredith erano Pacificatori, così ebbero tutto il tempo che volevano per salutare la figlia insieme a sua sorella minore. Ci furono pianti, rimorsi, promesse di ritorno e abbracci, ma alla fine Jeredith non si sentì né sicua, né forte, né speranzosa, né niente. Persino la sua fantasia sembrava bloccata.
Sarebbe morta. Ne era pienamente consapevole.
 
Durante le visite di Foma, invece, il tributo provò solo rabbia. Perché sua madre non reagiva quando il marito la trattava male, perché suo padre strumentalizzava la secondogenita solo perché aveva il giglio del farmacista come “amichetto speciale”? E perché proprio lui doveva essere estratto, ora che poteva chiedere a Lucìa di uscire insieme?
Allora decise che sarebbe tornato; sarebbe tornato per sposare Lucìa, per dare un futuro a sua sorella, una voce a sua madre.
Sarebbe tornato. Doveva tornare. 

Angolo Autore:
Eccomi! Devo dire che ce ne avete messo di tempo per le schede eh! A ogni modo, ora tutti e 24 i tributi sono stati creati, e non nascondo che ce ne sono
venti o ventuno due o tre che mi stanno parecchio antipatici; saranno le prime vittime. Ahahaha, ovviamente scherzo, non sono così meschino! E... direi basta, recensite e fatemi sapere se ho sbagliato qualcosa sui personaggi!
P.S. Ma le mie capitoline? Comincio ad adorare quelle stupide ochette, scriverò una FF di 27 capitoli per ciascuna. O forse no...
Snow996 

 

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Capitolo 4
*** Le mietiture - Ultima tappa ***


 DISTRETTO 4
- Uuuuuh! Signore e signoriiiiii, benvenuti ai sessantesimi HUNGER GAMES! – cominciò Lita Itangi, parlando volutamente in maniera esaltata e ruggente. Ma qui, a differenza degli altri Distretti, non veniva guardata male. Al contrario, il popolo del 4 ruggiva insieme a lei e scandiva il suo nome sopra l’oceano.
- Così vi voglio! Ora vi chiedo di guardare questo meraviglioso ed epocale video importato direttamente da Capitol City! –
“Guerra. Terribile guerra…” cominciò la voce narrante.
Seguirono cinque minuti di attento silenzio, fino alla conclusione del video. La lettura dei nomi dei precedenti vincitori era di solito molto breve nei Distretti sfavoriti. Ma nell’1, nel 2 e nel 4 era piuttosto lunga. Finita anche questa, i ragazzi guardavano i loro futuri mentori, seduti sul palco, precedentemente citati.
- E ora, il momento che tutti, tutti aspettiamo! La giovane donna! – trillò Lita.
Si avvicinò alla boccia con i molti nomi delle ragazze del Distretto 4 e ne trasse fuori un piccolo bigliettino bianco.
- Claire Hopnirk! – chiamò.
Una ragazza per nulla preoccupata salì sul palco. Sapeva che ci sarebbero stati dei volontari
- Ci sono volontari? – chiese Lita. Come previsto da Claire, molte ragazze si sbracciarono, per poi lanciarsi sul palco. Ma solo una riuscì a emergere dalla massa femminile per salire sul palco, arruffata e fiera.
- Perfetto! Il tuo nome? –
- Merilah Kippy – rispose la volontaria che già fantasticava sull’arena e sulla sua futura gloria.
Era davvero una bellissima sedicenne, con quei capelli del colore del rame e quella pelle abbronzata.
- Ok1 Perfetto, ragazzi! Un bell’appaluso per Merilah, tributo volontario! –
La piazza del Palazzo di Giustizia, che dava su una spiaggia marina, esplose in un fragoroso applauso, accompagnato da numerosi fischi e acclamazioni.
- E come ben sapete, ora tocca al giovane uomo! – annunciò Lita.
Dopo aver estratto il solito pezzo di carta, la donna lesse: - David Munch! –
Nessuno si ricordò di David, perché subito molti altri ragazzi si offrirono volontari, e qui chi la spuntò fu un ragazzo biondo con gli occhi azzuri.
- Oh, ma che bellini i tributi di quest’anno! Il tuo nome, carissimo? –
- Manuel Black – rispose il ragazzo.
- Splendido! Direi che abbiamo concluso! Signore e signori, Merilah Kippy e Manuel Blak sono i tributi volontari del Distretto 4 per i sessantesimi Hunger Games! –
 
Per prima andò da Merilah Marilyn, la sua migliore amica, una specie di sorella per lei.
- Grande, Mer! – si congratulò con l’amica!
- Stai certa che ti guarderò! E poi l’anno prossimo mi offro e avrò te come mentore! –
- Questa è una fantastica idea, Mar! – gridò merilah ridendo.
Poi entrò la sua famiglia. I suoi genitori erano accompagnati dalla sorella di Merilah, Lysanna, e dal fratello, Medrus. Mentre i fratelli le fecero tanti auguri e si congratularono, i genitori erano meno contenti.
- Sei stata un’imprudente, Merilah! – la rimproverò il padre.
- Tranquillo papà, tornerò! –
- A questo proposito… se non dovessi tornare… noi… noi dobbiamo dirti una cosa. –
- Vi ascolto. –
- Tu sei nostra figlia, Mer. E ti amiamo come tale. Ma… ma tu non sei mai stata in grembo a tua madre. –
- Cosa significa? – scattò la ragazza. Neanche Lysanna lo sapeva. Medrus sì.
- Quando avevi tre anni, sei stata trovata in fin di vita su una delle nostre spiagge. E noi… noi ti abbiamo accolta – concluse il padre abbassando gli occhi.
- Avreste dovuto dirmelo. Ma siete i miei genitori – disse Merilah abbracciandoli.
– Non è cambiato niente. –
 
Anche Manuel aveva due fratelli e i genitori ancora vivi. Dopo cordiali saluti con loro, arrivarò un orda di amici, maschi e femmine, erano forse trenta ed erano comunque solo i più stretti. Le visite di Manuel furono quindi molto allegre e il tributo non si pentì di essersi offerto volontario.
 
DISTRETTO 3
Knaya Berling non era certo una persona facilmente impressionabile. E nemmeno molto fine, o capace di non essere fuori luogo. Per questo si presentò sul palco in ritardo, con i grandi seni quasi totalmente scoperti e una sgaretta accesa stretta fra le labbra a cui erano stati applicati troppi strati di rossetto.
- Che è qua? Oh, il video è gia finito. Va be’, ora ci sarebbero i felici Hunger Games e andiamo estrarre la giovano donna – disse con la voce da ‘abitante del ghetto’.
Detto questo, continuando a fumare, estrasse un bigliettino dalla boccia a sinistra. Lo lesse mentalmente e non disse niente, poi ci spense la sigaretta sopra e, con la voce ormai arrochita dalle troppe sigarette, ripeté a memoria:
- Violet Pitfall. –
Una ragazza dai capelli corvini si avvicinò al palco. Aveva i capelli raccolti in una piccola treccia disordinata. Non si poteva definire bella, ma era carina, nella media. La sedicenne salì affianco a Knaya e rivolse lo sguardo al padre in mezzo alla folla, il suo unico familiare rimasto in vita.
- Non lo chiedo perché tanto lo so che nessuno c’ha le p…le di offrirsi – sputò la Berling.
- E ora il tipo uomo. –
Dopo poco anche il secondo bigliettino era stato estratto.
- Peter Enfatil. –
No. Non lui. Questo fu il pensiero di molti abitanti del 3. Non un dodicenne. Il ragazzino, con i capelli neri e gli occhi azzurri in contrasto, terrorizzato, salì sul palco a passi irregolari.
- Sì, sì, è molto tragico e non ci sono volontari; stringetevi la mano e andiamocene. –
 
Fen Pitfall entrò nella stanza e abbracciò di slancio l’unica figlia. Dopo la morte della madre il loro volersi bene era diventato ancora più grande, nessuno dei due avrebbe mai pensato che qualcosa potesse dividerli. E invece era proprio così.
Violet fece una delle solite promesse che si facevano nei distretti: quella di tornare. Ma tutti dicevano così, e ventitré promesse non sarebbero state mantenute.
 
Peter viveva da solo con la madre e con la bionda sorella maggiore Silvia. Le due piansero molto, e Peter non fu da meno. Come avrebbe potuto lui, piccolo dodicenne denutrito, a vincere contro gli altri tributi, contro i favoriti? La risposta era che non ci sarebbe riuscito. Nessuno cercò di nasconderlo. Peter sarebbe morto.
 
DISTRETTO 2
Veneka Higlighteress era, oltre che l’accompagnatrice del Distretto 2, la moglie di Sneca Crane, giovane e promettente Stratega minore, e portava in grembo il suo secondo figlio.
In questo momento Veneka stringeva tra il pollice e l’indice un bigliettino di nomina per una giovane ragazza del Distretto 2.
- Amyca Loren! – chiamò.
Amyca fu subito sostituita da un’accozzaglia di ragazze volontarie. Quella che salì sul palco per prima fu una diciottenne con i capelli a caschetto bruni.
- Qual è il tuo nome? –
- Ukrajina Ocean – rispose la ragazza.
Si era offerta volontaria per dimostrare che la sua gentilezza e la sua sensibilità non facevano di lei una smidollata. E poi, se avesse vinto, avrebbe coronato il sogno familiare: perché così, oltre al fratello e a entrambi i genitori, anche Ukrajina sarebbe diventata una vincitrice.
- E ora, il ragazzo! – disse Veneka. Mancava del suo brio per la gravidanza sfibrante.
- Aaron Sinterlake! Ci sono volontari? –
Sì, certo che ce n’erano; e anche molti. Il primo a salire sul palco, Jude Blade, era quasi perfettamente in una situazione uguale a quella di Ukrajina. Anche lui aveva i genitori entrambi vincitori, due fratelli tornati dall’arena. Ma lui non si era offerto volontario per soddisfazione personale come Ukrajina. Jude doveva far piacere al padre, che pretendeva che i figli si offrissero volontari. Maxwell, Mallow e Prudence l’avevano già fatto. Solo due di loro erano tornati. Ora toccava a lui. Ma Jude odiava gli Hunger Games, e odiava i favoriti.
Fortunatamente con lui c’erano i fratelli e, soprattutto, Lewis, Dana e Maya, prima fra tutti Maya, la sua ragazza.
 
Nella stanza entrarono Ivan e i genitori di Ukrajina.
- Oh, Ukry, sai ch non dovevi! – pigolò la madre.
- Sta’ tranquilla, mamma, ce la farò. –
- Lo sappiamo che ce la farai, però… –
- Andrà tutto bene; ve lo assicuro. –
 
Anche nella stanza di Jude entrarono tre persone. Maxwell non venne perché sarebbe stato il suo mentore, in quanto era uscito vincitore dai cinquantottesimi Hunger Games. Suo padre Grint o guardò soddisfatto.
- Questo è il mio ragazzo – disse battendo una rozza manona sulla spalla di Jude.
La madre lo guardò addolorata: sapeva cosa nascondeva il figlio dentro di sé.
- Non eri costretto a farlo, Jude – gli disse la donna.
- Certo che era costretto, donna! – sbraitò Grint.
- La mamma ha ragione – intervenne Prudence.
Lo schiaffo di Grint arrivò sulla guancia della figlia prima di quando Jude si aspettasse.
- E non disonorarmi come quella sgualdrina di Mallow! –
Jude odiava suo padre. E adesso era nell’arena a causa sua.
Poi entrarono Lewis e Dana, i suoi due migliori amici. Decise di portare nell’arena l’aculeo d’istrice che avevano trovato insieme da bambini. Loro erano la forza a cui si sarebbe aggrappato per vincere.
Loro e Maya. La ragazza entrò per ultima e la prima cosa che fece fu tirargli uno schiaffo violentissimo.
- CODARDO! – gridò.
- Ma… Maya… -
- Non dovevi farlo! Non dovevi! Devi opporti a quell’uomo! – le urla furibonde della ragazza si trasformarono in un pianto disperato.
- Shhh, va tutto bene, ve tutto bene… - le sussurrò Jude abbracciandola.
- Ti amo… – mormorò Maya contro il suo petto.
- Anch’io, Maya. Anch’io. –
 
DISTRETTO 1
E infine, l’ultima accompagnatrice di Panem era Bondriella Tingshu. Il nome più ridicolo che si potesse immaginare. La donna comparve sul palco, e subito si mise a gridare isterica. Le si era rotto un tacco. La donna non poteva sopportare l’idea di continuare così, e, mentre strillava come un’aquila, svenne.
Bondriella venne portata via e toccò al povero sindaco Luxyrio estrarre, rendendo il Distretto 1 ridicolo davanti al mondo.
L’inesperto sindaco estrasse il nome femminile senza annunciarlo e, una volta che ‘Melia Shorts’, una piccola dodicenne, salì sul palco, si dimenticò di chiedere se c’erano volontari. Furono le grida indispettite delle ragazze a farglielo ricordare.
Melia Shorts venne sostituita da una quindicenne favorita con i ricci castano molto chiaro e gli occhi blu scuro.
- Il tuo nome? – le chiese il sindaco?
- Tiger Shorts. –
- Ah, era… era tua sorella? –
- No, era mia cugina – rispose lei con aria snob.
Tiger si era offerta volontaria per salvare la cuginetta melia, che di certo sarebbe morta con soli cinque anni di addestramento, ma l’avrebbe fatto comunque, una mietitura o l’altra. Era la fidanzata di un ex-vincitore, il suo grande amore, da quel giorno suo mentore.
Per i ragazzi venne sorteggiato Mevin Dopsider.
- Ci sono volontari? – chiese nervoso Luxyrio.
Anche qui, molti ragazzi si lanciarono verso il palco, uno addirittura, appena salito sul palco, fu tirato giù da quello dietro di lui, che si guadagnò il titolo di tributo.
- Morzan Mors – si presentò.
Aveva gli occhi uno nero e l’altro azzurro, e i capelli color del buio. Morzan era il tipico favorito amante del sangue, della tortura e misantropo.
- Ed ecco… ehm… i tributi di quest’anno. Trig Sborthsx… e Mozart Mors. –
 
Bliss entrò da sola dopo i suoi genitori. Non voleva che il litigio che sicuramente si sarebbe scatenato si mischiasse col suo saluto.
Tiger l’abbracciò e le giurò di tornare, per lei, per Melia, per Garb, il suo ragazzo, e Bliss aveva molta fiducia nella sorella.
Anche nel caso di Tiger, Garb non venne perché sarebbe stato suo mentore.
 
Morzan aveva solo i suoi genitori, non che gli importassero molto. Non aveva amore, né pietà, né affetto, solo odio, sadismo e sete di sangue. Il loro saluto fu praticamente muto.
 
CAPITOL CITY
Capitol City esultava. Eccoli, i loro ventiquattro tributi, i loro nuovi eroi. Da quella stessa piazza, da quello stesso punto dove duemila persone erano radunate, una piazza piena di gente come tante altre, si levò un ruggito d’approvazione. La diretta, durata ben tre ore, era stata gradita e ora i capitolini erano un unico, grande urlo di folle esaltazione.
Avrebbero giocato con loro. Si sarebbero divertiti e avrebbero aspettato la mietitura seguente dedicandosi agli interventi chirurgici. Questa era la vita a Capitol City. Niente di più.
 
 
Angolo Autore
ATTENZIONE! Il tributo maschile del Distretto 3 NON è stato creato da voi. L’utente aveva inviato ad un’altra interattiva, ovvero “The 31st Hunger Games (storia interattiva)” (e vi consiglio di visitarla perché ne vale la pena) di Canto_del_Lupo una stessa scheda identica per lo stesso tributo. Dato che lei ha recentemente pubblicato il suo capitolo, ho dovuto inventarmelo io. Quindi, se sei ‘RoryPrim’ a leggere, sappi che il tuo tributo esiste ma nell’altra interattiva.
 
Detto, ciò, eccomi qua!
Che dire, siete fantastici. Il primo capitolo ha ricevuto 265 visite, il secondo 137 e il terzo è in continua crescita! Le vostre recensioni sono sempre bellissime, e spero che anche questo capitolo se le meriti. I tributi sono finiti! Nel prossimo capitolo ci saranno gli incontri con i mentori, qui sotto elencati:
1. Griff e Illyr
2. Lyme e Maxwell
3. Thyaven e Beetee
4. Mags e Kassmod
5. Eveline e Mirko
6. Arya e Lend
7. Johanna e Blight
8. Cecelia e Woof
9. Alyssa e Henry
10. Anny
11. Seeder e Chaff
12. Haymitch
 
Be’, che dire, recensite!
Snow996

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Capitolo 5
*** I mentori ***


Dodici treni, a Panem, sfrecciavano a folle velocità verso la capitale. Su di essi, due ragazzi, l’accompagnatrice del loro Distretto e i mentori, figure importantissime per i neo-tributi. Tutti e ventiquattro i ragazzi stavano sostenendo un incontro con  i precedenti vincitori dei loro distretti. Ma non furono tutti uguali.
 
Gli incontri con i mentori dei Distretti Remoti andarono piuttosto bene. Sul treno del 12 Magnus e Cassandra, migliori amici, parlavano piacevolmente con Haymitch. Il vincitore della seconda Edizione della Memoria non era sempre mentalmente attivo, in quanto aveva iniziato ad alcolizzarsi, ma nei momenti di lucidità i due tributi si trovavano bene con lui; il giovane vincitore aveva inoltre solo sei anni più di loro, quindi Magnus e Cassandra si trovavano in sintonia con lui. I due amici avevano visto Haymitch gareggiare quando avevano otto anni. Tutto sembrava andare bene.
 
Latvia ed Evan avevano la stessa sintonia con Chaff, un po’ meno con Seeder. Ma presto i due tributi si resero conto che era la quarantacinquenne vincitrice a dare i consigli più saggi e, anche se ai ragazzi dispiaceva ammetterlo, la più intelligente. Non che Chaff fosse stupido, altrimenti come avrebbe vinto gli Hunger Games?
I ragazzi ottennero le informazioni più corpose quando si parlò degli sponsor. Latvia ed Evan sapevano ben poco a riguardo,  e i mentori li illuminarono sull’audience, le scommesse, gli investimenti su un tributo e su come portare un abitante della capitale a sponsorizzarli.
 
Anny era invece l’unica persona che poteva assistere Layra e John, in quanto unico vincitore del 10 ancora in vita. La donna non si era però lasciata andare, e si ritrovava ad essere una forte donna di quarant’anni dai lunghi capelli biondi. I due ragazzi parlarono con lei per tutto il tempo sul treno, poiché Anny era una persona gentile e dava consigli molto utili, rivelando ai tributi cose che non avevano mai immaginato. E la maggior parte di queste non erano positive.
 
Anche il Distretto 9 aveva una sola persona che poteva aiutare i tributi. Ovvero, i mentori erano due, ma Alyssa, drogata e da poco inferma, non era più in grado di assistere nessuno. Henry, segretamente innamorato di lei, era invece ancora in forma e aveva acquisito quella gentilezza che di certo non doveva aver avuto nell’arena. Arany Hampson* e Jonah Rye Samules ascoltarono quindi molto attentamente ciò che Henry diceva loro.
 
Dal Distretto 8 in poi le cose non andarono così bene. Mentre Woof era incapace di seguire Anakeen, che ancora si ostinava a non portare le scarpe, Cecelia, vincitrice dei cinquantaseiesimi giochi, provava irritazione nei confronti di Serafyna. La ragazza la trattava male, le sputava addosso risposte cariche di cafonaggine, appariva spietata e non obbediva una volta che fosse una.
- Be’, se odi così tanto tutti noi perché non te ne vai? Io potrei parlare con Anakeen, invece di stare qui a farmi usare come una pezza da piedi – sbottò la mentore ad un certo punto.
- Sì, penso che sarà quello che farò. –
Cecelia poté allora dedicarsi, seppur frustrata, all’altro tributo.

Sul treno del Distretto 7 le cose degenerarono. Johanna Mason era arrivata a prendere a schiaffi letteralmente Annalisa.
La ragazza era caduta a terra, e Johanna la prendeva a calci urlando: - Ah, è così, vero? Sei una ragazza fashion, non è così? Vuoi fare la spavalda con me? Provaci! –
Blight dovette intervenire per separarle.
- Fuori di qui! Fuori! Non voglio vedere la tua faccia! – urlò Johanna ad Annalisa.
E anche in questo Distretto restò solo un tributo seguito dai mentori.
 
E le cose peggioravano di treno in treno. Rim e Sil, due nomi vergognosi per Stiklistika, non avevano nessuno a consigliarli; Arya e Lend avevano la mente troppo offuscata dalla morfamina per interloquire con loro. Il loro modo era colore e nebbia, niente più.
 
Le cose andavano meglio con i tributi del 5. Eveline non si era mai lasciata andare, mentre Mirko era il ragazzo di Jeredith, quindi ovviamente non c’erano dissapori; anzi, i due suscitavano anche un po’ d’imbarazzo in Foma. Ma Foma non si sentiva a disagio solo per quello, che era una sensazione marginale; il giovane Konon avrebbe voluto vivere nascosto, nel grigio‘, sposato con Lucìa, andando a trovare la sua famiglia. E invece si ritrovava agli Hunger Games.
Presto i ruoli dei mentori si invertirono, dato che Mirko fece da mentore a Jeredith. Così Foma ascoltò i discorsi di Eveline, e fu contento di avere lei come mentore: l’altro gli sembrava troppo giovane (e infatti aveva vinto l’anno prima), mentre lei era sveglia e estremamente saggia.
 
Manuel e Merilah discutevano con Kassmod di affari da favoriti: come comportarsi con i tributi dell’1 e del 2, come reagire quando la tensione si faceva alta fra i cacciatori di tributi. Mags invece li guardava in tralice. L’anziana favorita, con gli anni, aveva imparato a ripudiare la giovane ragazza sadica che era stata, aprendosi alla gentilezza e alla pietà. Le faceva sempre male vedere nuovi ragazzi assetati di sangue.
 
Violet e Peter faticavano a intravedere i loro mentori, in quanto il vagone era pieno del fumo che si innalzava dalle sigarette di Knaya. Thyaven e Beetee si dimostrarono mentori geniali, soprattutto Beetee, e lasciarono i due ragazzi molto soddisfatti, accendendo persino un barlume di speranza in Beetee.
 
Lyme e Ukrajina andavano molto d’accordo, si conoscevano già prima della mietitura, ma la mentore non era come la classica assassina del 2; lei era più cupa, più flessibile, più… diversa.
Maxwell invece dovette parlare al fratello Jude da favorito, mentre il tributo lo guardava come se non lo riconoscesse. A Maxwell spezzava il cuore dover introdurre il suo fratellino nell’arena dandogli consigli da sanguinario, ma quello era il suo compito. E l’avrebbe rispettato.
 
Infine, Morzan e Tiger incontrarono Griff e Illyr. La bionda e ora ventiduenne Griff era famosa in tutta Panem per il modo in cui vinse. Tra i favoriti c’era il ragazzo del 2, che era nettamente superiore agli altri cinque per forza fisica e abilità. Tutti sapevano che avrebbe vinto. Griff cominciò a sfruttare la sua straordinaria bellezza per irretirlo, per esempio uscendo nuda dall’acqua e strusciandosi contro di lui. Rimasero in tre, e quando il ragazzo del 2 si decise a darle un bacio molto passionale, lei gli recise la gola, restando l’unica favorita nell’arena e uccidendo l’ultimo tributo rimasto.
I quattro discussero a lungo di strategie, caccia umana, addestramento, rapporti con gli altri favoriti, tecniche di uccisione pulite, soffocare le urla delle vittime e altri oscuri e straordinariamente sadici discorsi.
 
CAPITOL CITY
- Mi annoio, Weet – disse il Primo Stratega Orobnus Smailer al suo vice.
- Sarà un’arena come un’altra, i tributi saranno uguali e tutto sarà estremamente noioso. –
- Cosa potrebbe divertirti? –
- Un’Edizione della Memoria. Mancano solo quindici anni, Weet! –
- Ma probabilmente non sarai più un primo stratega! –
- Oh, ma sarò vivo, vedrai che sarò vivo. E ci sarà da divertirsi! – gongolò Orobnus.
- E riguardo a quest’anno? – chiese Weet.
- Li farò saltare in aria, quei piccoletti. –
- Ma non avevi detto che sarebbe stata un’arena come le altre? –
- Oh, sì. Ma vedrai, si divertiranno, i ragazzini, oh, se si divertiranno! –

Angolo autore
* Mi scuso con Roulette per l'errore, perché avevi ragione, Arany di cognone fa Hampson, non Simpson! Ecco spiegato a tutti il repentino cambio di cognome di Arany.

Et voilà! Spero di non averci messo troppo tempo! Ecco i vostri tributi alle prese con i mentori! C'è chi si trova bene, chi viene guardato male e chi viene schiaffeggiato, ma ci sono tutti!
E poi... ieri (venerdì) ho visto Catching Fire! Non ho mai visto un film ranto fedele al libro, spero che Yates si sia fustigato dopo averlo visto! Gli attori sono fantastici, e a parte quel 'Uairess' per Wiress, che ha profondamente offeso la mia ignoranza, è stato tutto perfetto! Tornerò a vederlo di sicuro!
Ma basta parlare a vanvera, chissà quanto ve ne frega. Comunque... direi di aver finito, lasciate una recensione, ve ne prego!
Silente996 (ex-Snow996)

 

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Capitolo 6
*** L'addestramento ***


I ventiquattro tributi erano raccolti in semicerchi attorno ad una donna magrissima ma molto muscolosa, dai tratti facciali smunti; indossava una sudata maglietta gialla e portava una fascia bianca fra i capelli. Un classico ‘maschiaccio’.
- Bene, ragazzi, io sono Trilis, la vostra istruttrice – si presentò.
Poi cominciò ad elencare le regole dell’addestramento e le varie postazioni; infine, dopo aver consigliato ai ragazzi di non dedicarsi esclusivamente alle armi, li lasciò andare.
Come sempre, i favoriti ignorarono bellamente i consigli dati loro e si misero in mostra con le armi per tutto il tempo.
Merilah, Tiger e Ukrajina si destreggiarono con l’arco, il tridente (quest’ultima arma venne usata specialmente da Merilah), la spada (preferita da Ukrajina) e i coltelli (Tiger non sbagliava mai il bersaglio).
Manuel e Morzan usarono rispettivamente l’arco e la spada. I ragazzi favoriti erano più taciturni delle ragazze, Jude addirittura si allenava in disparte con qualsiasi tipo di arma eccetto l’arco e il tridente.
Ma poi si rese conto che, se fosse mai tornato a casa, non sarebbe contato solo quello: suo padre non avrebbe guardato in faccia un figlio non-favorito. Così decise che avrebbe proposto la solita alleanza ai suoi futuri compagni all’ora di pranzo.
Anche Others si allenava con l’arco vicino ai favoriti, ma presto si dedicò ad altro in quanto i tre, specialmente Morzan, lo intimorivano. Il ragazzo passò quindi all’arrampicata, dove non eccelleva, ma riteneva che fosse per lui utile.
 
Alla postazione delle asce Annalisa si allenava, ammiccando a Manuel. Voleva fargli vedere quanto era brava, quanto era letale, che poteva meritarsi il suo rispetto. Si muoveva in maniera provocante attorno al manichino colpendolo abilmente con l’ascia; era chiaro che lei e il favorito amoreggiavano con gli occhi.
Dietro di lei anche Arany aspettava il suo turno. La ragazza del 9 provava una particolare ammirazione nei confronti dei tributi del Distretto 4; non l’aveva mai detto perché in parte si vergognava ad ammirare degli assassini, ma fin da bambina era stata attratta da questi dei del mare, e vedere la scena davanti a lei la lasciava infastidita non poco.
Quando arrivò il suo turno, cominciò a colpire con forza il manichino, sfogando la sua rabbia montante sul bersaglio, pensando: “Lascia stare, Arany. Fa colpo perché è un’ochetta, perché vende la sua immagine per farsi notare. Vorresti essere come lei e ottenere la fiducia dei ragazzi del 4?
E la risposta era no, assolutamente no.
 
I ragazzi del 3 non provarono nemmeno ad impugnare armi; mentre Peter accendeva timidamente dei bassi fuocherelli o studiava le piante commestibili, Violet creava piccoli esplosivi e costruiva trappole. Passarono inosservati per lungo tempo.
Cassandra e Magnus maneggiavano delle spade, e con l’esercizio diventarono bravini. Magnus passò poi al lancio dei coltelli, mentre la sua compagna provò un dispositivo dalla forma di un tapis-roulant che lanciava proiettili di gomma che il tributo doveva evitare correndo lungo la pista. Cassandra ridusse ad ogni prova il numero dei proiettili da cui veniva colpita, fino ad arrivare alla perfetta esecuzione dell’esercizio.
 
Jeredith rievocava i giorni passati nel 2 impugnando una spada, ma si dedicò anche ai circuiti elettrici assieme a Violet, abilità acquisita nel 5, e alla fabbricazione di armi con gli elementi naturali, insegnatale da Mirko.
Il suo compagno di Distretto Foma si allenò con lei e con Violet per un po’ costruendo trappole elettriche. Poi si allontanò e sfruttò le sue innaturalmente lunghe gambe per allenarsi nella corsa, dedicandosi anche allo stesso dispositivo usato da Cassandra, ma in un momento diverso.
 
Jonah, tributo del Distretto 9, cercò una fionda, ma non la trovò. Passò quindi, lievemente deluso, alle erbe medicinali e all’uso dell’unica falce a disposizione nella palestra; ovviamente mietere il grano per anni sotto i lavori forzati che Snow imponeva loro gli aveva donato una certa abilità.
Anakeen, dell’8, provava invece le tecniche di mimetizzazione e di arrampicata, senza però dedicarsi a nient’altro, poiché non avrebbe saputo accendere un fuoco nemmeno con l’istruttore che gli indirizzava le mani e il significato di ‘arma’ gli sfuggiva.
Serafyna si allenava da favorita. Destreggiando le armi, trucidando manichini, impiccando a sorpresa ignari bersagli, scoprì di avere un’insana e bruciante passione per l’assassinio. La morte in diretta di suo nonno l’aveva resa sadica e spietata. Cominciò ad avvicinarsi a Peter, il piccolo dodicenne del 3. La strategia di Serafyna era infatti quella di dimostrarsi gentile con i più deboli e ucciderli dall’interno una volta stretta l’alleanza. Con questa tattica era convinta di arrivare anche ai grandi avversari e uscire vincitrice dall’arena.
 
Alla povera Sil non andò bene. La ragazza non era abile in niente, e si allenò un po’ in tutto con scarsi successi. Arrivata alla postazione di coltelli ebbe un brutto incontro con Tiger.
La favorita si sentiva superiore a tutto e tutti, snobbando chiunque tranne i favoriti. Così, quando la ragazza del 6 prese un coltello, Tiger la spinse via e le disse: - Vattene, bella addormentata! –
- N… no, voglio solo provare i col… -
- Vattene e stai zitta, o ti taglio la gola! –
Sil fu allora invasa dal cipiglio e afferrò un coltello con forza. Ma aveva osato troppo. Tiger si avventò su di lei e la inchiodò a terra, scelse un pugnale ricurvo e si accinse a tracciare un arco sulla gola di Sil.
Fortunatamente arrivò Trilis a dividerle, minacciando Tiger dell’allontanamento dalla palestra.
Ma per Sil non erano finiti gli scontri con i favoriti. Passando da una postazione all’altra urtò Morzan, che subito l’afferrò per il colletto e le sibilò: - Rifallo e ti stacco la testa con le unghie. –
E per quanto Morzan fosse sadico, cattivo, folle e spietato Sil non poté fare a meno di notare quanto fosse bello.
 
Rim si allenava invece con gli strumenti d’officina, come le chiavi inglesi e gli attrezzi che di solito usava per il suo lavoro in variante ‘arma da combattimento’, il pensiero fisso di Yamaha che gli dava grande determinazione.
Mentre Layra, del 10, si allenava con le tecniche di combattimento che sua nonna le aveva insegnato, era osservata da John, che la seguì nella postazione delle trappole guardandola ammirato, e arrossendo ogni volta che la ragazza lo guardava. Il ragazzo passò poi alla postazione di tiro con l’arco, tenendosi a debita distanza da Morzan per non finire come Sil.
 
Per ultimi, Latvia e Evan si cimentavano l’una nella fabbricazione di veleni naturali, l’altro nel lancio dei coltelli.
E Latvia non poté fare a meno di notare le timide occhiate che Evan le lanciava con quegli occhi incastonati nel viso scuro.
 
Angolo Autore:
Sì, è così. Vi prometto che questo sarà l’ultimo o il penultimo capitolo così schematico e noioso, poi ci saranno le interviste e… arena! Mi rendo conto del fatto che sembra una lista della spesa, ma dovevo dire in qualche modo le abilità dei tributi.

Avvertimenti:
• Nel prossimo capitolo parlerò ancora un po’ dell’addestramento ma non inserirò le Sessioni private.
• Sempre nel capitolo seguente dirò i voti individuali dei tributi.
• Le morti saranno decise dal sottoscritto ma
potete votare per quanti tributi cadranno il primo giorno, scrivendolo nella recensione che eventualmente lascerete. Poi farò la media dei numeri.
• Direi di aver finito, recensite, ve ne prego!
Silente996

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Capitolo 7
*** Sessioni Private ***


L’addestramento era finito. Tra i tributi si erano formate due alleanze: quella fra Magnus e Cassandra, che non aveva avuto bisogno nemmeno di essere sancita, e quella più classica fra i favoriti.
I sei ragazzi si erano dimostrati un po’ riluttanti, specialmente Morzan e Manuel, ma alla fine avevano accettato. Il ragazzo del 4 l’aveva però fatto a una condizione: Annalisa avrebbe dovuto unirsi a loro. Vista l’abilità della ragazza, gli altri accettarono. Ma era proprio Annalisa a non volere.
- Odio tutti quegli assassini. Tu… sei un’eccezione, Manuel – gli aveva detto.
Ma alla fine il desiderio di passare tutto il tempo che poteva con il ragazzo l’aveva convinta ad entrare a far parte dell’alleanza.
Ora tutti loro, tutti e ventiquattro i tributi sorteggiati e non, stavano guardando lo schermo nel soggiorno dei loro alloggi assieme a mentori, stilisti ed accompagnatrici. Stavano per essere rivelati i voti delle Sessioni Private.
- Salve a tutti! – ruggì Caesar Flickerman dallo schermo.
- Come certamente saprete, gli Strateghi hanno osservato i tributi con attenzione per tre giorni, per poi attribuire loro il voto decisivo con le Sessioni Private. Sento il vostro fremito d’eccitazione! E allora non perdiamo tempo! – annunciò.
- Cominciamo! Dal Distretto 1, Morzan Mors, con un punteggio di… 11! –
Morzan sorrise soddisfatto, mentre tutti si complimentavano con lui.
 - La sua compagna di Distretto, Tiger Shorts, ottiene un punteggio di… 10! –
Anche per Tiger ci furono molti complimenti.
- Dal Distretto 2, Jude Blade, con un punteggio di… 9. E sempre dal Distretto 2, Ukrajina Ocean, con un punteggio di 10. Molto bene, molto bene! – Caesar scoppiò in una fragorosa risata, che negli alloggi del 2 fu accompagnata dalla fierezza di Maxwell e Lyme.
- Passiamo oltre! Dal Distretto 3, Peter Enfatil, con un punteggio di… 2. E, sempre dal Distretto 3, Violet Pitfal, con un punteggio di… 7. –
Peter si aspettava un voto bassissimo, Violet invece fu parecchio soddisfatta del suo.
- Andiamo avanti, ahahaha! – disse Caesar ridendo senza motivo.
- Dal Distretto 4, Manuel Black, con un punteggio di 8! E, insieme a lui, Merilah Kippy, con un punteggio di… 10! –
I favoriti del 4 esultarono compiaciuti, mentre Mags sperava in cuor suo che non avrebbero usato le loro abilità per macchiarsi di sangue.
- Bene, bene! Proseguiamo con il Distretto 5! Foma Konon ottiene un punteggio di… 6. Jeredith Camille Cohen si aggiudica un 8! –
I due ragazzi presero voti più alti rispetto alla media del Distretto 5 e ne furono più che felici, soprattutto Jeredith.
- Dal Distretto 6, Rim Thorn, con un punteggio di… 7! Sempre dal Distretto 6, Sil Alba, con un punteggio di… 3. –
Il quasi padre Rim era abbastanza soddisfatto, e guardò con compassione, quasi con affetto Sil, molto più giovane e inesperta di lui.
- Dal Distretto 7, Others Brumn, con un punteggio di… 5. Sempre dal Distretto 7, Annalisa Viride, con un punteggio di… 8! –
Others era consapevole di aver sbagliato, in preda all’ansia, molti tiri con l’arco, mentre la sua compagna di Distretto era contenta di aver preso un voto da favorita e quindi di avere ben salda la fiducia di Manuel.
- E andiamo avanti! Dal Distretto 8, Anakeen Liam Wool, con un punteggio di… 6. E, ancora dal Distretto 8, Serafyna Caught, con un punteggio di 9. –
I voti dei due ragazzi erano stati previsti pressappoco così, non ci furono sorprese.
- Dal Distretto 9, Jonah Rye Samules, con un punteggio di… 7. Ancora dal Distretto 9, Arany Hampson, con un uguale punteggio di 7. –
Entrambi i tributi pensavano di aver preso un voto più basso ed esultarono assieme ai mentori e all’accompagnatrice per i risultati ottenuti.
- Dal Distretto 10, Layra Likke, con un punteggio di 9! Suo compagno di Distretto, John Taylor, ottiene un punteggio di 4. –
John, pur essendosi impegnato, era stato assalito dalla paura di non farcela, che l’aveva fatto fallire, mentre Layra aveva più autocontrollo ed esperienza.
- Stiamo per finire! Dal Distretto 11, Evan McHole, con un punteggio di 8, e Latvia Almonds, con un punteggio di 6. –
I due tributi dalla pelle scura erano abbastanza soddisfatti dei loro voti, più alti del previsto.
- Per ultimi, Magnus Starkweather, con un punteggio di 7, e infine Cassandra Lovelace,  con un punteggio di… 4. –
La TV si spense lasciando Magnus soddisfatto e Cassandra delusa ma consapevole: al primo colpo di spada che aveva dato al manichino era inciampata e il colpo le aveva impedito di eseguire correttamente neanche l’esercizio di corsa.

Capitol City era in visibilio. Quella sera ci sarebbero state le interviste. C’era chi si truccava, chi provava gli abiti, chi addirittura si faceva l’ultimo lifting prima della grande serata. Le donne sfilavano per casa e gli uomini approvavano questo o quel vestito mentre si tingevano i capelli.
Solo una persona non era contenta. Si trattava di Orobnus Smailer, Primo Stratega. Parlava col suo vice, entrambi già seduti sui loro posti riservati dell’Anfiteatro, con sei ore d’anticipo.
- Ma li hai visti, Weet? –
- Sì, Orobnus, ne abbiamo già parlato. Tu pensa a quello che accadrà fra quindici anni – ribatté l’altro limandosi le unghie.
- In quindici anni si fa in tempo ad annoiarsi. E io odio annoiarmi. –
- E allora divertiti con loro. Con i tributi. È il tuo lavoro. –
- Sì, hai ragione. Ci sarà parecchio sangue. Ma non sarà divertente con dei tributi così noiosi. –
- Magari stasera li scoprirai imprevedibili, chissà. –
- Speriamo, o piazzo gli ibridi dentro la Cornucopia. –
I due Strateghi scoppiarono a ridere, divertiti dall’immagine di ventiquattro ragazzi urlanti deturpati da belve artificiali le prime due ore.
- Soprattutto i favoriti se la vedranno nera. Odio quando sono così arroganti. Strilleranno come femminucce. –
- Ma il pubblico li adora! –
- Il pubblico adorerà ancora di più vederli morire straziati! –
E, ancora una volta, i due uomini scoppiarono a ridere, le loro voci rimbombanti nell’Anfiteatro vuoto.
 
- Siete pronti? Siete elettrizzati? E allora… diamo inizio alle interviste!! –
 
Angolo Autore
Sì, lo so che questo capitolo è ancora una volta schematico: ‘Scusi, mi può dare tre etti di prosciutto, un filoncino di pane e della marmellata?’
Un’altra lista della spesa. Ma, per la vostra (e mia) gioia, questo è l’ultimo del tipo! Le interviste saranno più interessanti, spero, e poi l’arena non può matematicamente essere schematica!
Ho cercato di dare anche voti bassi, altrimenti avrebbero preso tutti 10, ma ho sempre dato una spiegazione, se c’è qualche voto che non si addice al vostro tributo ditemelo.
Ai creatori dei favoriti dico di non preoccuparsi, non eliminerò i loro tributi fin da subito, e c’è ancora (come sempre) la possibilità che vincano.
La media matematica dei tributi morti il primo giorno verrebbe 7,75, quindi, arrotondando,
il primo giorno moriranno otto tributi.
Direi di aver finito, recensite positivamente, negativamente, come volete, voglio solo sapere cosa ne pensate!
Silente996 

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Capitolo 8
*** Le interviste ***


Caesar Flickerman salì sul palco; la folla la amava, stravedeva per lui da quando, nei trentesimi Hunger Games, era diventato il giovanissimo presentatore dei giochi della fame. E ora, dopo trent’anni, nulla era cambiato in lui.
- Siete pronti? Siete elettrizzati? E allora… diamo inizio alle interviste! – ruggì.
I ventiquattro tributi, seduti in semicerchio dietro di lui, fremettero.
La folla gridò esaltata, inebriata da quei giochi crudeli che tanto la appassionavano. Caesar si sedette.
- Dal Distretto 1! Ha salvato sua cugina, si è dimostrata uno dei più grandi tributi del suo Distretto, e ora è qui con noi! Un bell’applauso per Tiger Shorts! –
Tiger si sedette accanto all’uomo; non era minimamente preoccupata.
- Allora, Tiger, che bel nome ‘ruggente’! Come stai, sei pronta per l’arena? –
- Oh, sì, Caesar, mi sento assolutamente prontissima! – trillò falsamente Tiger, nascondendo il suo sadismo dietro il vestito rosa confetto attillato e cortissimo.
- Ne sono molto felice! E dimmi, Tiger… tua cugina, dopo che l’hai salvata, è venuta a salutarti? –
- Oh, sì, era molto riconoscente – sorrise lei.
- E c’è qualcosa che vorresti dirle? –
- Ciao, Melia! Lo sai che fra due settimane avrai una cuginetta vincitrice? –
Il pubblico rise ed applaudì per un minuto buono, facilitando il compito a Caesar. Quando scattò il segnale acustico, Tiger aveva palesemente fatto colpo.
- E dopo di lei, accogliamo Morzan Mors! –
Morzan fu molto più taciturno. Anche se Caesar lo incitava a dire qualcosa, lui aspettava solo che passassero i suoi tre minuti. Non gli interessava niente.
- E dai, Morzan, dicci almeno qualcosa per salut… -
- Stai zitto. –
Così si concluse la sua intervista.
- Va bene, va bene, andiamo avanti! Chiamiamo qui con noi Ukrajina Ocean! –
La ragazza, graziosamente impacchettata in un pomposo abito giallo limone, si sedette accanto a Caesar.
- Allora, Ukrajina, parlaci un po’ di te! Insomma, non è trapelato molto in questi giorni! Chi ti aspetta a casa? –
- La mia famiglia e… - e chi?
- …qualche amico – concluse.
- Bene. E dimmi, sei agitata per domani? –
- Non molto. Sono calma ma non valgo poco. –
- Non l’ho mai detto! – gridò Caesar fingendo platealmente di sentirsi minacciato.
L’intervista andò avanti così per altri due minuti, tempo in cui Ukrajina si aggiudicò parecchi sponsor con le sue risposte intelligenti e pacate, che lasciavano però capire che era un’assassina come tutti.
- Splendido! Che serata, gente! Proseguiamo con il magnifico Jude Blade! Aha! –
Jude non si dimostrò però aperto e spietato come di solito erano i tributi maschi del 2. Dalle sue risposte trapelava l’irritazione per Caesar, per gli Hunger Games, per i favoriti. Ma questo animo ‘diverso’ piacque agli sponsor, che gridavano il suo nome durante i tre minuti che gli spettavano.
- Proseguiamo con l’incantevole Violet Pitfal! –
Violet, sotto istruzione di Thyaven, si dimostrò dolce e gentile, ma questo non era poi così lontano dal suo ego, anche se in modo caricaturale.
- Un’ultima domanda, Violet. C’è qualcosa, una qualsiasi cosa, che vorresti dire. –
La ragazza esitò.
- Ciao, papà. Torno, lo sai che torno, vero? Ti voglio bene. –
Gli occhi le si colmarono di lacrime, ma non era finzione.
- Incantevole. Grazie, grazie davvero, Violet. E ora, il nostro adorabile Peter Enfatil! –
Peter era semplicemente terrorizzato, eppure rivelò la sua natura sveglia intelligente. Ma in cuor suo sapeva che non avrebbe neanche fatto in tempo a sfruttare la sua mente.
- Elettrizzante! – scattò Caesar saltando in piedi quando anche la sua intervista finì. La folla urlò estasiata.
- Passiamo al prossimo tributo, Merilah Kippy! –
Merilah si dimostrò fin da subito sadica e assetata di sangue, seppur molto aperta. Dopo molte domande di circostanza, Caesar le chiese della sua famiglia, e la ragazza colse la palla al balzo per conquistare il pubblico.
- Oh, Caesar, vedi, io ho scoperto una cosa! Quando i miei genitori sono venuti a salutarmi, mi hanno detto… di non essere i miei genitori! Sì, sono stata adottata, ma, sai, questo non mi ha fatto effetto alcuno! Tornerò per loro, non c’è dubbio! –
Tra i dolci sospiri del pubblico scattò il segnale acustico.
Manuel si rivelò simpatico e solare, deciso a vincere, e sempre con il sorriso stampato sul viso abbronzato.
- E ora chiamiamo colei che deve scioglierci un importantissimo dubbio, Jeredith Cohen! –
Jeredith, scintillante in un completino azzurro, avanzò e si sedette al suo posto.
- Benvenuta, Jeredith. Verrò subito al dunque: noi ricordiamo molto bene che l’anno scorso Mirko, ora tuo mentore, ci parlò di un grande amore nel suo Distretto. E l’abbiamo anche visto stringerti la mano sconvolto quando sei stata estratta. Sei quindi forse tu la ragazza in questione? –
- Oh… be’… sì, sono io. Ciao, amore! – salutò la ragazza.
- Oh, che cosa dolce! Ma che cosa anche tragica, Jeredith! –
Il resto dell’intervista s’incentrò sulla loro storia d’amore, e la ragazza si guadagnò parecchi sponsor.
- Proseguiamo con Foma Konon! –
Foma era piuttosto taciturno. Si sentiva a disagio, lì, lui avrebbe voluto vivere in anonimato con Lucìa fin che morte non li avrebbe separati, e dover rispondere a queste domande personali lo faceva allontanare sempre di più da Caesar, tanto che non rispose alle ultime due domande.
- Bene! Un bell’applauso per il prossimo tributo, Sil Alba! –
Sil indossava un signorile e seicentesco abito da sera arancione. La ragazza era dolce e simpatica, una persona non da Hunger Games, ma da raccolta di fiori.
- A chi tocca, ora, gente? Gridate il suo nome! –
- Rim Thorn! Rim Thorn! –
- Ahahaha! Vieni, Rim! –
Il ragazzo, che indossava un abito grigio bosco, fece piangere la platea, come gli aveva consigliato lo stilista (il mentore era morfaminomane e non autosufficiente), con la storia vera i Yamaha e del figlio che la ragazza portava in grembo.
- Accogliamo calorosamente qui con noi Annalisa Viride! –
Annalisa, bellissima in un abito nero con tanto di velo posteriore, portava in testa una corona di aculei, a simboleggiare la sua pericolosità in contrasto con la bellezza.
- Benvenuta, Annalisa! Ti senti pronta per i giochi? –
- Certamente. Lo ero fin da quando sono stata estratta. –
- Ahahaha, formidabile! Hai preso un otto, è un voto altissimo, vuoi dirci qualcosa a riguardo? –
- Sono capace di maneggiare le asce meglio di chiunque altro qua dentro, vi sfiderei uno a uno. Sono combattiva. Pronta ad uccidere. Non c’è nemico che possa competermi. –
Dopo poco scattò il segnale acustico anche per lei.
- È il turno di Others Brumn, Distretto 7! –
Quando il ragazzo si sedette ammiccando al pubblico, Caesar cominciò a lavorare.
- Benvenuto, Others, quale onore! Dimmi, come ti trovi qui a Capitol City? –
- Oh, bene! –
- Qual è la cosa che ti piace di più? –
- Il cibo, che domande! –
Il pubblico rise, e Others ebbe tempo di pensare a quanto fossero ridicoli.
- La torta alla panna! Hai assaggiato la torta alla panna? – gli chiese ridendo Caesar.
- Chissà cosa nasconde Caesar dietro quella giacca, qualche chiletto ‘tortoso’? –
Per la seconda volta il pubblico rise di gusto.
L’intervista continuò sull’onda del sarcasmo di Others finché i suoi tre minuti non scadettero.
- Ahahaha, che serata, che serata! E ora, dal Distretto 8, Serafyna Caught! –
La ragazza si sedette al suo posto annoiata.
- Benvenuta, Serafyna! Allora, hai preso nove! È un voto altissimo, vuoi dirci qualcosa a riguardo? –
La ragazza sbuffò e non rispose.
- C’è qualcu… -
- Non mi interessa, Caesar, non me ne frega niente di questa serata, delle tue stupide domande e di questi ridicoli, schifosi ometti colorati. –
Il silenzio tombale che seguì la sua uscita fu il sottofondo dei restanti due minuti e mezzo.
- Sperando che sia più loquace, ahahaha, chiamiamo a “rapporto” Anakeen Liam Wool! –
Il ragazzo, perennemente senza scarpe, si sedette al posto prima occupato da Serafyna.
- Ciao, Anakeen. Volevo chiederti, e penso che tutti ci siamo posti questa domanda, perché non porti mai le scarpe? –
La risposta che ricevette fu uno sguardo malinconico da parte da due occhi quasi completamente bianchi.
- Va bene, - oh, gente, come sono arzilli i tributi dell’8 quest’anno! -, ti faccio un'altra domanda. Hai qualcuno, a casa, che ti aspetta? –
Il ragazzo elencò i nomi dei suoi undici fratelli, la voglia di rivederli ch cresceva nel suo petto ad ogni parola.
- Ah be’, penso che tu sia uno dei tributi con più motivi per tornare di tutta Panem! Non è vero, signori? Ahahaha! –
La folla rise ubbidiente con Caesar.
Per il resto dell’intervista il presentatore si fece dare delle risposte schematiche da Anakeen, che poi rigirava a modo suo per divertire la folla.
- E vediamo se si presenterà a noi dolce come il suo nome, venga avanti Arany Hampson! –
Arany indossava un vestito color grano con delle piccole pietre azzurre incastonate sopra: sembrava un campo dopo la pioggia tanto desiderata dagli abitanti del suo Distretto.
- Complimenti al tuo stilista, Arany – osservò Caesar.
- Grazie – rispose Arany molto semplicemente.
La ragazza era piuttosto riservata, non le piaceva esporsi in quel modo. Quindi si limitò a rispondere in maniera molto breve a tutte le domande, pur conservando la sua immancabile gentilezza. Era più che altro preoccupata per l’alleanza col suo compagno di Distretto che non era riuscita a formare.
- Grazie mille, Arany, è stato un piacere. Dal Distretto 9, Jonah Rye Samules! –
Jonah si presentò sorridendo sinceramente.
- Eccoti qua, Jonah! Dicci, come hai trovato Capitol City? –
- Adoro la musica che si sente la notte. –
- Ah, ti piace la musica? –
- Sì, molto. Amo il violino. –
- Il ragazzo ha buon gusto! – esclamò Caesar.
Jonah sorrise al pubblico.
- Ci vuoi parlare della tua famiglia? – chiese Caesar.
Jonah si rabbuiò subito. Pur sapendo quanti sponsor avrebbe ottenuto raccontando di Tobias, il suo fratellino sordomuto, di Riley e di suo padre, non voleva rischiare di metterli in pericolo.
- Penso di no. –
- Va bene, come preferisci. Parlami invece dell’arena. Ti senti pronto? –
Jonah, tornando a sorridere ma conservando una lieve freddezza prima assente, rispose: - Sì, assolutamente. Sono deciso a vincere. E ce la farò. –
- Ahahaha, mi piace da impazzire! Ma perché pensi di poter vincere? –
- Perché so mietere il grano. E non c’è una grande differenza tra mietere il grano e mietere vittime, se la posta in palio è la tua sopravvivenza. –
Scattò il segnale acustico.
- Meraviglioso! Che sera, gente!! E ora, dal Distretto 10, Layra Likke. –
Layra si presentò con un vestito blu sfumato di rosa, accompagnato dall’immancabile ciondolo a stella di sua nonna. Era incantevole anche di suo, e molti sponsor avevano già firmato un contratto per lei solo dopo averla guardata.
- Benvenuta, Layra! Be’, hai preso nove, vuoi dirci qualcosa a riguardo? –
- Preferirei tenera lo cosa segreta – rispose lei ammiccando al pubblico.
Dopo la sua immancabile risata, Caesar chiese: - Parlaci di te, Layra; hai una famiglia numerosa? –
- No… - rispose la ragazza. Pensò a suo padre, che credeva ancora vivo, ma poi si disse che lui e sua nonna non sarebbero comunque bastati a formare una famiglia numerosa.
- No, siamo solo io e mia nonna. –
- Intendi dire quell’avvenente signora alla mietitura? –
- Oh, Caesar, ci stai provando in diretta? –
Il pubblico si sbellicava dalle risate. Quando l’intervista finì, Caesra presentò un altro tributo.
- Sempre dal Distretto 10, John Tailor! –
John ebbe invece un’intervista molto più anonima: rispose schematicamente a tutte le domande, perché non sapeva come conquistare il pubblico. Rimaneva però un bravo combattente, pronto a lottare.
- E adesso, chiamo qui con noi la magnifica Latvia Almonds! –
Lavia indossava un abito rosso con un enorme nastro bianco in vita che suscitò sospiri compiaciuti da parte della folla.
La ragazza parlò del suo Distretto, dei girasoli, del lavoro nei campi, delle sue sorelle. Alla fine della sua intervista il pubblico era innamorato di lei e sembrava immerso in un alone di dolcezza.
- Dal Distretto 11, Evan McHole! –
Evan se la cavò bene parlando della sorellina Marie, ma i problemi cominciarono dopo per il tributo dalla pelle scura.
- Evan, sei un ragazzo molto bello, c’è qualcuno di speciale nel tuo Distretto? –
- No, nessuno – rispose, ed era la verità, visto che Latvia era lì con lui.
- Ah sì? Andiamo, Evan! –
Il ragazzo guardò Latvia. No, non avrebbe potuto dirlo davanti a tutti. Ma poi pensò agli sponsor. Inoltre forse quella sarebbe stata la sua ultima occasione.
- Be’, sì… diciamo che io… l’ho sempre guardata… raccogliere… i girasoli. –
- Girasoli? Ne conosciamo un’altra che… -
- Sì. È lei – lo interruppe Evan, rosso in faccia. Per fortuna arrivò il segnale acustico a salvarlo.
- Oh, be’, questo è tragico. Ma andiamo avanti. Qui con noi, stasera, Cassandra Lovelace! –
La ragazza del 12, che indossava un abito da sera nero brillante, si sedette accanto al conduttore.
- Allora, Cassandra, senti avere qualche punto di forza per l’arena? –
- La corsa, penso. Sono molto veloce. –
- Sì, be’, la velocità è di certo molto importante. –
Caesar continuò a farle domande di tipo strategico e fisico, poi chiamò Magnus Starkweather.
- Dimmi, Magnus, credo che noi tutti vorremmo sapere per quale motivo ti sei offerto volontario alla mietitura. –
- Perché dovevo salvarla. Gliel’avevo promesso. E io mantengo sempre le mie promesse. –
- Quindi mi stai dicendo che non proverai a tornare a casa? –
La risposta reale era sì. E alla fine, fu quella che diede.
 
I ventiquattro tributi si allinearono sul palco e l’inno cominciò a suonare. Nelle menti di tutti loro c’era un solo pensiero fisso: l’arena che forse il giorno dopo li avrebbe condotti alla morte. 

Angolo Autore
Ed eccomi! Ci ho messo una vita a scrivere questo capitolo, anche perché mi sono accorto di avere un vuoto di memoria sui tributi e sono dovuto andare a ripescare le schede dei tributi che mi avete inviato, ormai a pagina 15 nei messaggi. Di alcuni tributi ho detto molto poco perché non mi avete inviato le infrmazioni sull'intervista, mi dispiace. 
Ricapitolando, nel prossimo capitolo (ho abolito i sinonimi) vedrete l'arena e i primi otto tributi morti (me ne mancano tre!).
Recensite numerosi come sempre, siete fantastici!
Silente996 

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Capitolo 9
*** L'arena ***


- Sono tutti e ventiquattro nelle camere di lancio, signore. –
- Perfetto. Marie, tocca a te – disse Orobnus Smailer.
La Stratega si avvicinò ad un microfono collegato alle camere di lancio e parlò con voce
schematizzata.
- Trenta. Secondi. –
Orobnus Smailer fremeva d’eccitazione. Nulla compiaceva il Primo Stratega più di un bagno di sangue alla cornucopia. Sì, si sarebbe proprio divertito.
- Quindici di loro sono già nei tubi signore – disse Weet, il suo vice.
- Perfetto. Marie? –
- Venti. Secondi. –
- Su, bestioline, entrate… - bisbigliò Orobnus.
- Dieci. Secondi. –
- Ne manca solo uno! –
- Be’, che aspetta? –
- Non vuole togliersi le sciarpe. –
- Lascialo passare – sbuffò il Primo Stratega.
- Sono tutti nei tubi! –
- Perfetto… -
- 3… 2… 1… Signore, sono nell’arena. –
 
Freddo. Bianco. Neve.
Queste furono le prime tre cose che i tributi recepirono.
Erano stati introdotti in un’arena innevata. Il candido terreno coperto di neve attorno alla Cornucopia si stendeva fino ad uno strapiombo, trenta chilometri a nord rispetto ad essa. A destra del corno c'era un’grande lago ghiacciato. Tutto il resto era un’immensa pineta innevata. Questa era l’arena.
- Signore e signori, che i sessantesimi Hunger Games abbiano inizio. –
Sessata secondi.
I tributi perlustravano con gli occhi l’arena, guardavano il bottino recuperabile, studiavano strategie di fuga.
Trenta secondi.
I cacciatori calcolavano le loro prede.
Venti secondi.
La neve cadeva lentamente sulla Cornucopia dorata, scandendo i secondi. I muscoli dei tributi erano tesi fino allo spasmo.
10… 9… 8… 7…
Pochissimi secondi li separavano dall’inizio dei giochi.
6… 5…
Morse d’acciaio stringevano i loro cuori.
4…
Ogni battito era come un piccolo infarto.
3…
2…
1…
Ventiquattro figure saltarono giù dalle loro piattaforme metalliche. Il primo a fuggire fu Peter, che nemmeno provò ad avvicinarsi a qualche oggetto. Scomparve nel bosco prima che qualcuno avesse avuto il tempo di pensare a lui.
I favoriti trovarono subito le armi. Annalisa si lanciò su un’ascia semplice e letale.
Sil afferrò un zaino e si diresse verso la foresta, ma qualcosa la fermò. Si sentì spinta al suolo e sbattè violentemente la terra sul terreno. Aprì gli occhi in tempo per vedere Tiger che sollevava una lama su di lei. Poi, tutto fu buio.

John seguiva Layra a distanza, aveva paura per lei. Ma la ragazza, già impossessatasi di un coltello, non aveva bisogno di supporti. Il suo obiettivo era raggiungere la pineta, e correva decisa verso la sua meta.
Latvia era riuscita ad impossessarsi di un piccolo zaino e ora anche lei fuggiva verso i boschi gelati… ma la sua corsa fu interrotta quando andò a sbattere contro Layra. 
La ragazza del 10, pur non essendo una favorita, un’assassina, si fece sopraffare dell’istinto. Sguainò il coltello e afferrò la testa di Latvia. Il tributo del Distretto 11 si ritrovò per terra, con la gola recisa, a sognare i girasoli per l’ultima volta.
Merilah aveva preso di mira come prossima preda Latvia, e quando si accorse che qualcuno l’aveva preceduta, urlò per la frustrazione e il desiderio di sangue. Ma la sua vittima non si fece attendere. Un figura avvolta in otto sciarpe, con quindici paia di calzini ai piedi e le iridi piccolissime sfrecciò accanto a lei a velocità inaspettata. Merilah sorrise pregustando il sapore della morte.
Anakeen Liam Wool si fermò di colpo e cadde al suolo, l’atterraggio reso morbido dalle sue amate sciarpe. Quando Merilah estrasse il tridente dalla sua schiena, il ragazzo dell’8 chiuse gli occhi per sempre.

I combattimenti alla Cornucopia erano appena iniziati, ma Peter era già nascosto ai limitari della foresta. Le prime preoccupazioni cominciarono a sorgere. E se fosse subito morto di fame, o di sete? Per l’importante era essere vivi, ma come avrebbe fatto a sopravvivere durante la notte gelata?
- Ehy – si sentì chiamare. 
Si voltò di scatto. Era Serafyna Caught. La ragazza dell’8 non perse tempo e gli porse subito la mano.
- Alleati? –
Serafyna era stata così gentile con lui durante l’Addestramento, e poi aveva recuperato molte cose… Peter strinse timidamente la sua mano. Lei sorrise soddisfatta. 
- Salgo su un albero, così guardo a che punto sono alla Corucopia. –
Peter annuì. La ragazza si issò silenziosamente. Il tributo del 3 guardò distratto da un’altra parte, felicissimo di essere momentaneamente al sicuro. Ma poi sorse il primo dubbio: perché mai Serafyna Caught, forte, piena di sponsor, macchina per uccidere, avrebbe voluto lui come alleato? Lui, Peter Enfatil, così debole e indifeso…
Un rumore lo fece voltare. Proveniva dall’alto. Una lama venne estratta. Cosa poteva essere? Chi c’era sugli alberi? 
Poi capì. Serafyna l’aveva tradito. Si lanciò a sinistra di scatto, mentre la ragazza dell’8, che aveva contato sul corpo di Peter per attutire l’atterraggio, cadeva violentemente sul terreno. Il ragazzino non esitò. Si gettò su d lei per impedirle di rialzarsi. Srafyna usò tutta la sua forza nello spingere il suo coltello nella gola di Peter, ma l’avversario non demordeva, tenendole chiuso il pugno che impugnava l’arma con entrambe le mani. Serafyna digrignò i denti. Ce la stava facendo, il ragazzino era sena energie. Anche Peter se ne accorse. E tentò il disperato. Affondò i denti nella mano di lei, e il coltello cadde nella neve. Il tributo del 3 lo raccolse e lo diresse al petto della ragazza, terrorizzato. Ma la sua mira non era delle migliori.
Un urlo sovrumano si levò dalla pineta. Peter corse via inorridito, estraendo però il coltello che aveva usato contro la sua avversaria. 
Serafyna era stata colpita al bulbo oculare sinistro. La sua mano grondante di sangue tamponava l’orbita lacerata mentre lei urlava in modo atroce.
Morzan udì delle urla provenire dai margini della foresta. Si diresse là, sapeva che al suo ritorno i suoi alleati gli avrebbero lasciato qualche altro tributo. Si allontanò sempre di più dal bagno di sangue fino a raggiungere il luogo dove la ragazza dell’8 urlava. Un’espressione perversa gli si disegnò sul volto. Si godette il suo momento di oscuro piacere. 
Dapprima scoccò una freccia nel polpaccio di Serafyna. Poi si chino su di lei e le disegnò il contorno del mento con la stessa freccia, estratta dal polpaccio. Le urla della ragazza si fecero ancora più forti. Morzan tolse la mano che copriva l’occhi ferito e ammirò l’opera sanguigna che qualcun altro aveva compiuto. Fece scendere la sua freccia sul gozzo della ragazza. Avrebbe voluto che quel momento durasse all’infinito. Alla fine spinse con decisione la punta di metallo dentro la gola di lei.

Foma aveva recuperato immediatamente un sacco a pelo e ora fuggiva a tutta velocità dai favoriti. Poteva farcela, era veloce, scattante, sì ce l’avrebbe fatta. Ma qualcuno si era accorto di lui. Manuel, il favorito del 4. Sì, Foma era veloce, ed era stato proprio questo a firmare la sua condanna. Manuel pensò che se non fosse morto adesso, non sarebbero più riusciti a prenderlo. 
Il ragazzo del 5 si voltò per scoprire che il favorito gli era alle calcagna. Il panico gli afferrò la mente e Foma inciampò su un sasso. Si sentì tirare su per il bavero e si ritrovò a fissare negli occhi Manuel Black. Il favorito abbozzò un mezzo sorriso, poi trapassò Foma da parte a parte con una spada.
I tributi cominciavano a fuggire. La folla attorno alla cornucopia si assottigliava. Ukrajina era china su uno zaino che stava esaminando quando sentì dei passi in corsa alle sue spalle. Spada in pugno, si alzò subito e menò un fendente in avanti. Il sangue di Others Brumn macchiò la neve. Il ragazzo era ancora vivo, ma la sua schiena era stata squarciata. Ukrajina esitò un secondo, poi pose fine alle sue sofferenze.

Annalisa guardò i suoi compagni mietere vittime con ogni tipo di arma  e cercò con gli occhi qualcuno ancora disponibile. Mise gli occhi su due ragazzi che correvano affiancati, i tributi del 12, i due amici inseparabili. Ma quel giorno sarebbero stati divisi.
L’ascia di Annalisa creò un arco che sarebbe finito con Cassandra come vertice. Magnus si voltò e vide cosa stava per accadere.
Gliel’aveva promesso. E Magnus manteneva le sue promesse.
Si parò a braccia aperte davanti a Cassandra, alla sua migliore amica, a colei che aveva salvato. L’ascia si piantò al centro della sua gabbia toracica. Magnus sputò un fiotto di sangue e cadde a terra. Cassandra urlò mentre le lacrime le scorrevano come fiumi sul viso. Si chinò su Magnus, gli disse di svegliarsi, di tornare da lei, ma il ragazzo non riaprì gli occhi. Mai più.
Annalisa si stava dirigendo verso di lei, per recuperare l’ascia. Se non si fosse mossa, Cassandra avrebbe fatto la stessa fine. Corse via singhiozzando, fino a scomparire nel bosco.

Il primo scontro era finito. I favoriti stavano raccogliendo il loro bottino. I colpi di cannone non erano ancora stati sparati, segno che qualcuno stava agonizzando in fin di vita.
Jude guardava i suoi alleati inorridito. Li odiava tutti. Uno per uno. Una cosa in particolare gli fece sbiancare le nocche che stringevano la sua mannaia.
Annalisa e Manuel, in piedi al centro di quella devastazione rossa, si guardavano sorridendo maliziosi, avvicinandosi sempre di più. Arrivarono a strusciarsi lievemente l’una contro l’altro, e questa cosa fece imbestialire Jude.
Era disgustato dal fatto che facessero così, che si corteggiassero in maniera così esplicita dopo aver ucciso delle persone, magari fieri di aver mostrato all’altro tutta la loro forza. Li guardava scambiarsi sorrisetti di fuoco sadici, avvicinarsi e allontanarsi, in quella danza che lo faceva così arrabbiare, così arrabbiare… erano così contenti della loro ‘love story’, così contenti da dimenticare che avevano appena macchiato le loro mani di sangue. O forse era proprio quello a farli felici.
Quando i due arrivarono propriamente ad avvinghiarsi l’uno all’altra, a complimentarsi con l’altro per “come hai fatto uscire il sangue dalla bocca di quel ragazzo”, Jude non ci vide più. Ruggì e lanciò la sua mannaia in direzione dei due. Annalisa Viride cadde a terra, morta.
Il ragazzo del 2 raccolse il suo zaino e fuggì a tutt velocità nel bosco dai restanti favoriti che lo rincorrevano. E mentre scappava, mentre l’adrenalina lo faceva correre ancora più forte, mentre per l’arena risuonarono otto colpi di cannone, un pensiero riuscì a strappargli un sorriso. Beccati questo, papà.

Tutti i sedici tributi erano sparsi per l’immensa foresta, chi in una capanna artificiale, chi racchiuso nel proprio sacco a pelo sui rami di un albero, chi in un vero e proprio accampamento. Solo Jeredith si era rifugiata al lago, dove aveva supposto, e a ragione, che nessun tributo venisse a trovarla. 
La notte gelida, assieme ai suoi sette gradi sotto zero, portò l’inno di Panem e i volti degli otto caduti. Sedici teste guardavano il cielo, in attesa del resoconto. E i volti arrivarono.
Per primo arrivò il ragazzo del 5; questo significava che i tributi dall’1 al 4 erano tutti vivi, e quindi che i favoriti erano ancora sei. 
La ragazza del 6. Entrambi i tributi del 7 e dell’8. La ragazza dell’11. Il ragazzo del 12. L’inno finì e la notte tornò silenziosa. 

Angolo Autore
Eccomi! Scusate il ritardo, ma dovevo mettermi in pari con l'altra mia FF che sto scrivendo. Quanto ai tributi morti, faccio molte condoglianze ai loro creatori, sperando che continueranno a seguire la storia ugualmente.
Da ora, ogni volta che agiorno riassumerò nell'angolo autore i morti del capitolo. Cominciando da adesso...

Foma Konon, tributo maschio del Distretto 5.
Sil alba, tributo femmina del Distretto 6.
Annalisa Viride, tributo femmina del Distretto 7.
Others Brumn, tributo maschio del Distretto 7.
Serafyna Caught, tributo femmina del Distretto 8.

Anakeen Liam Wool, tributo mascho del Distretto 8.
Latvia Almonds, tributo femmina del Distretto 11.
Magus Starkweather, tributo maschio del Distretto 12.

E dopo la scaletta mortale (?), vi saluto. Ditemi se ho sbagliato qualcosa e se il capitolo vi  piaciuto!
Silente996

 

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Capitolo 10
*** Il padre e il bambino ***


Peter si svegliò nella neve. Quella notte aveva patito il freddo più di chiunque altro nell'arena. Non aveva niente per coprirsi, aveva solo un coltello insanguinato. L'aria gelida e il terreno innevato l'avevano ridotto ad una piccola creatura intirizzita. Non aveva le forze di alzarsi, di camminare, di fare qualsiasi cosa. Provò a puntellarsi sui gomiti, ma fu vano. Continuava a nevicare, aveva nevicato tutta la notte e non aveva ancora smesso. I candidi fiocchi si posarono su Peter, uno a uno. Faceva così freddo... quando il ragazzino respirava, l'aria gelida gli distruggeva l'olfatto, le narici, la bocca, i denti. Non sarebbe più riuscito ad alzarsi...
Avanti, Peter, avanti!, si disse. Si puntellò un'ultima volta sui gomiti, e per l'ultima volta fu vano. La neve cominciò ad accumularsi sul suo naso, sul suo viso, con crudele lentezza, soffocandolo. Di Peter Enfatil rimase solo un mucchietto bianco, una misera entità inerte persa nel vuoto.
 
Un colpo di cannone svegliò i tributi. Jeredith aprì gli occhi per scoprire di essere scivolata sulla lastra ghiacciata del lago nel sonno. Si affrettò a tornare in riva. Aveva recuperato cappellino e guanti di lana, più un coltellino da rifinitura. Si disse che avrebbe costruito qualcosa con questo. Un arco col legno dei pini, forse. Ma avrebbe dovuto avvicinarsi alla foresta. E non poteva rischiare una cosa simile.
Molti altri tributi avevano avevano avuto problemi, quella notte, rischiando l'assideramento. Arany, Jonah, Layra, John ed Evan, abituati al clima caldo dei Distretti 9, 10 e 11, avevano sofferto molto, anche perché solo Layra era riuscita a recuperare un sacco a pelo.
Arany aveva puntato su un'ascia, ma era stata terrorizzata da Annalisa, così ora si ritrovava con una corda di canapa e una bottiglia d'acqua vuota. Jonah e John avevano invece recuperato solo un sacchetto di plastica a testa con bacche e piccole radici. I ragazzi del 10 erano stati i migliori dei Distretti remoti; John aveva una spada e Layra fiammiferi, sacchi a pelo, coltelli, cibo, una bottiglietta d'acqua. La ragazza si era però dovuta sporcare le mani per ottenere tutto ciò. Latvia Almonds infatti non era più lì.
Per ora nessuno si preoccupava dell'acqua, con tutta quella neve pronta da sciogliere. Il problema più grande era invece il cibo. Cassandra poteva ritenersi fortunata, avendo trovato alla Cornucopia dell'erbetta commestibile, ma nella notte era quasi morta, pur non essendo il Distretto 12 un luogo caldo. Più volte si era svegliata col gelo che le attanagliava le tempie, il petto, la gola. Ma non si lasciò andare, mai
 
Rim era invece nascosto su un pino col suo zaino, intenzionato a non scendere finché le acqua non si fossero calmate.
Violet, non sapendosi arrampicare sugli alberi, aveva camminato per la foresta, sempre più lontana dalla Cornucopia, fino ad accamparsi a distanza di sicurezza dai favoriti. Il suo bottino era un cilindretto di plastica con un pulsante che scatenava piccole scariche elettriche all'estremità e un sacchetto di strisce di carne essiccata. Avrebbe potuto rischiare oltre, ma aveva preferito evitare dopo aver assistito alla morte di Foma, Latvia, Others e Anakeen.
 
Per ultimi c’erano i sei favoriti. O meglio, cinque, perché uno di loro li aveva abbandonati. Jude era quindi nascosto nella pineta con la sua ampia parte di bottino, mentre gli altri si erano accampati poco oltre i limitari della foresta; erano lievemente insoddisfatti del primo giorno. Otto? No, troppo poco sangue. Tra l’altro loro ne avevano versato solo per sei persone. Si svegliarono presto con la sete di sangue sulle labbra, spinti da quel colpo di cannone mattiniero.
 
John si muoveva nella foresta. Aveva visto dove si erano accampati i favoriti; troppo, troppo vicino a lui. Si allontanava sempre di più, mentre Layra popolava i suoi pensieri. All’inizio si era detto di proteggerla, ma poi si era reso conto che sarebbe stato solo d’intralcio; avrebbe però voluto parlarle, conoscerla un po’, anche se la cosa era paradossale, essendo nell’arena.
La neve lo faceva arrancare, la sua pelle sempre calda e scottata urlava di dolore. Non aveva visto i favoriti muoversi, quindi il colpo di cannone era per un tributo morto per assideramento. E lui non poteva fare la stessa fine.
Dall’albero sbucò una figura. Un corpo agile, dei capelli biondi impreziositi dai fiocchi di neve. Layra fu sopra ad Evan e levò il coltello. Gli occhi del ragazzo erano enormi, spaventati, sull’orlo delle lacrime. Quasi da cerbiatto, ma più piccoli. Aveva spento la vita della ragazza dei girasoli, perché non anche la sua? Le sarebbe bastato pugnalarlo alla gola, sarebbe stato un solo colpo.
- Ti prego – sussurrò il ragazzo scuotendo appena la testa.
Layra strinse la mascella. Lasciò andare bruscamente Evan e si rialzò. Ma non andò via. I due ragazzi si guardarono negli occhi.
- Grazie – disse lui.
- Non lo rifarò una seconda volta. –
- Capisco. –
Evan si studiò la punta degli scarponcini. Layra pensò; se lo lasciava andare, avrebbe dovuto trovarlo di nuovo. Le opzioni erano due: o ucciderlo… o eliminarlo dalla lista dei nemici.
- Alleati? – chiese a denti stretti.
Un ampio sorriso fu la risposta del ragazzo.
 
- E così, miei cari, un’altra alleanza si è formata, questa volta fra i due ragazzi del 10. –
Claudius Templesmith commentava gli Hunger Games secondo per secondo e Caesar Flickerman, seduto su una poltrona davanti al megaschermo dell’Anfiteatro, “commentava il commentatore”.
- Proprio così, signori! Non vedo l’ora di vedere gli sviluppi della cosa! –
Il pubblico che aveva scelto di seguire quel giorno degli Hunger Games a teatro rise.
- E adesso cosa vediamo? Oh, i ragazzi dell’1, del 2 e del 4… - disse Caesar ostinandosi a non pronunciare la parola “favoriti” -… stanno andando a cercare… eh… vittime. –
Sul megaschermo apparvero Morzan, Tiger, Ukrajina, Merilah e Manuel che camminavano per la pineta, fiutando l’aria. Tiger ad un certo punto salì su un grosso masso coperto di neve e guardò lontano.
- Eccone uno – sussurrò.
 
I cinque si acquattarono e tirarono fuori le loro armi. Rim Thorn era però troppo grosso per un corpo a corpo.
- Morzan… - disse Merilah.
I favoriti erano in difficoltà; essendo stato Jude a proporre l’alleanza, era sottinteso che lui sarebbe stato il capo. Ma ora… tutti sospettavano dei difetti di tutti.
Morzan incoccò una freccia e tese la corda. La schiena del ragazzo era a quindici metri da lui. Lievemente più lontano dei suoi standard. Prese la mira… forse qualcuno fece rumore, perché Rim si voltò di scatto verso Morzan. Il ragazzo dell’1 fece partire la sua freccia. La punta di metallo si pianto in mezzo agli occhi del futuro padre. Un cannone rombò.
Rim aveva lasciato Yamaha, il figlio che lei aveva in grembo, i suoi amici, i suoi genitori. Aveva promesso di tornare al Distretto 6. E l’avrebbe fatto. Ma in una bara di legno.
 
Arany, sul ramo di un albero, ascoltò il secondo colpo di cannone della giornata. Le venne quasi istintivo sussurrare: - Quattordici. –
Violet ebbe un sussulto. Qualcuno, sopra di lei, aveva parlato dopo il colpo di cannone.
- Chi sei? – sibilò spaventata.
Dagli aghi e dalle pigne emerse un viso. In fondo, Arany e Violet erano abbastanza simili. Sguardo intelligente, determinazione… l’aspetto però le divideva. Gli occhi ambrati di Violet fissavano quelli castani di lei, i capelli corvini dell’una erano coperti da fiocchi bianchi, come quelli dorati dell’altra. Le due facce della stessa medaglia, il giorno e la notte, il sole e la luna.
- Sono armata – la avvisò Arany.
Non era intenzionata a farle niente, ma non voleva essere attaccata.
- Io no. Quindi… vorrei solo che mi lasciassi andare avanti. –
- Il tempo di scendere per fermarti e tu saresti già lontana. –
- Penso che tu abbia ragione. Allora… buona fortuna. –
Arany la guardò allontanarsi. Sì, Violet Pitfal poteva essere una buona alleata. Ma no, cosa stava dicendo. Doveva stare da sola, inattaccabile, così sarebbe tornata a casa. Per Bryan, per sua madre… e forse anche per Luke.
 
I quattordici tributi osservavano l’infinita distesa scura sopra di loro, costellata di piccole luci. Un’aquila rossa attorniata da un cerchio scarlatto apparve di colpo. L’inno di Panem cominciò a suonare. Chi erano i due tributi morti? I loro cuori palpitavano.
Il ragazzo del 3. No, non il ragazzo. Il bambino, il piccolo Peter. In alcuni di loro crebbe la rabbia. Era morto anche lui, quella creatura così piccola, così innocente, ingiustamente catapultata nell’arena, per il divertimento di Capitol City. Perché qualcuno sessant’anni prima si era ribellato.
Il ragazzo del 6. Il padre, il marito, il giovane uomo che aveva già un futuro. Morto.
 
- Allora, Orobnus? Non volevi divertirti? –
- Oh, sì, Weet. Domani lo farò. Ho già progettato queste. –
Orobnus lo condusse davanti alla schermata multimediale dell’arena. Sopra di essa c’era l’ologramma di una farfalla.
- Non è una comune farfalla – spiegò il Primo Stratega rispondendo allo sguardo perplesso di Weet.
- È un ibrido. Inietta del veleno. Un veleno speciale. – Orbnus rise.
- Risveglia le peggiori paure della vittima, fa prendere loro forma nella mente del malcapitato. Domani… le sguinzaglierò. –
- Non credi che sia un po’… eccessivo? – chiese Weet, esitando.
- Eccessivo? –
- Sì, insomma… un po’ troppo… crudele? – rispose con un groppo in gola.
- Sai, mio caro – sussurrò il Primo Stratega chinandosi sul suo viso.
- Mi ricordi tuo padre, Weet Alyne. Me lo ricordi troppo, ultimamente. Ricordi che fine ha fatto, vero? * -
- S… sì. –
- Bene, quindi… vedi di discostarti da lui. –
Orobnus se ne andò lasciando Weet con gli occhi sgranati, il ricordo di suo padre troppo vivo, troppo bruciante nella mente.
 
* Collegamento con la storia “Novantadue”.
 
Angolo Autore
Io… non so cosa dire. Perdono! Scusatemi, chiedo Venia!! Ci ho messo una vita ad aggiornare, ma lasciate che vi spieghi. Avevo appena finito di scrivere questo capitolo e, da brava persona intelligente quale sono, facevo passare distrattamente il caricabatteria del cellulare contro la presa USB. Ed ero così contento di aver finito che puf!, il cavo è entrato. Sono saltate le schede di memoria e, con esse, tutto il mio lavoro. Quindi, spostandomi di computer in computer con la mia chiavetta, ho dovuto riscriverlo tutto, e molto più lentamente.
Ma ce l’ho fatta! Allora, per prima cosa faccio le debite condoglianze ai creatori dei tributi morti, anche del capitolo precedente. La scaletta mortale è…
 
Peter Enfatil, tributo maschile del Distretto 3.
Rim Thorn, tributo maschile del Distretto 6.
 
E ora vi saluto!
P.S. Il collegamento non è da intendersi ASSOLUTAMENTE come una pubblicità ad un mio scritto, ma avevo solamente voglia di intersecare le mie storie, come spesso faccio (ad esempio, mantenendo i nomi degli stessi mentori ecc.).
Silente996

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Capitolo 11
*** Fuggi dal tuo incubo, se ne sei in grado ***


- Gli ibridi sono pronti, Marie? –
- Sì, signore. –
- Sono stati fatti perfezionare come avevo chiesto? –
- Sì, signore. –
- Perfezionare? – Weet emerse alle spalle di Orobnus.
- Ah, Weet, eccoti qui! Sì, ho deciso di inserire una simpatica variante. –
- E sarebbe? –
- Be’, vedi, all’inizio il veleno di queste farfalle risvegliava le peggiori paure della vittima… ma ora, se chi viene punto si convince, durante l’allucinazione, di essere morto, morirà davvero. Invece sopravvivrà se riuscirà ad uscirne – poi scoppiò in una crudele risata.
- Ma non tutti sogneranno di morire, no? –
- No, non tutti. E quelli saranno coloro che più soffriranno. –
Il Primo Stratega si diresse verso l’ologramma dell’arena per posizionare gli ibridi.
- Ne è sicuro, Signore? – 
Orobnus si voltò verso Weet con un’espressione a metà fra l’interrogativo e il truce.
- Che cosa? –
Weet non poteva, non poteva dirgli di non essere in grado, di non sopportare la vista di quei ragazzini che venivano torturati, non poteva dirgli che non era assetato di sangue e divertimento.
- Insomma, siamo solo al terzo giorno di giochi. Gli Hunger Games devono durare almeno una settimana… - disse allora.
Orobnus era troppo intuitivo per cascarci, ma stette al suo gioco.
- Sì, be’, dopo creerò dello stallo per un paio di giorni – disse enigmatico. Poi riprese: - In ogni caso, mi fa piacere sapere che vuoi vedere sangue il più a lungo possibile. –
E il modo in cui lo disse, il sorriso che gli si disegnò sulle labbra, fecero capire a Weet che Orobnus Smailer sapeva perfettamente cosa pensava il suo vice.

Jonah si svegliò sul ramo di un albero. Faceva freddo, continuava a nevicare; i fiocchi non avevano mai smesso di cadere da quando era entrato nell’arena, ma quel giorno era cominciato con un pallido sole. Sorrise pensando a Riley che lo stava guardando; sì, sarebbe tornato a casa vivo, ce l’avrebbe fatta. Quel giorno sembrava quieto, c’erano addirittura delle piccole farfalle svolazzanti nell’aria, che evitavano agilmente i fiocchi.
Il ragazzo del 9 scese dall’albero. Inspirò a pieni polmoni e decise di continuare a camminare per allontanarsi dai favoriti. Una delle farfalle colorate si posò sul suo dito indice. Jonah rimase un minuto a guardarla incantato. Improvvisamente, sentì come se un ago gli penetrasse nel dito; la farfalla l’aveva punto. Ma le farfalle non pungono, pensò. Poi sgranò gli occhi per la terribile consapevolezza. Un ibrido.
Jonah si trovava nei campi di grano del suo Distretto. Qualcosa strisciava sotto le spighe. Sibilava parole amare, gli ricordava la morte di suo padre in quello stesso campo. Un serpente si muoveva sinuoso sul terreno, ma Jonah non sapeva da dove sarebbe arrivato.
Qualcosa lo morse alla caviglia. Il veleno si sarebbe fatto strada velocemente. È un’allucinazione, non è reale, svegliati!
La scena cambiò. Suo fratello Tobias, il suo fratellino Tobias, il bambino sordomuto, avanzava lentamente verso un muro di fiamme.
- Tobias! – gridò Jonah.
Ma lui non poteva sentirlo, come poteva sentirlo? 
- Tobias! No! –
Il bambino entrò nelle fiamme. Jonah si gettò nel fuoco, doveva prenderlo, ma non lo trovò. Le fiammo gli lambirono i polsi il volto, l’intero corpo, ogni nervo che urlava contorcendosi. 
È un’allucinazione, non stai morendo, non è reale! Ma il dolore era così reale, così reale… non era vero, stava solo sognando, ma stava morendo, lo sentiva… sì, stava morendo, il dolore era troppo forte per appartenere alla finzione…
Il corpo di Jonah cadde a terra, nella neve. Il suo corpo non riportava ustioni, ma il suo cuore aveva cessato di battere. Suonò il primo colpo di cannone della giornata.

John si muoveva in un labirinto di pietra sporco di sangue vermiglio. Di colpo vide sua madre, inchiodata alla parete gelida, gli occhi bianchi rovesciati all’indietro. John urlò. Scosse il corpo della madre, ma ottenne solo che questo si decomponesse fra le sue mani…
Non era più nel labirinto. Era di nuovo nell’arena, e davanti a lui, inchiodato ad un pino, c’era un altro corpo. Quello di lei…
- Layra! – gridò.
- Layra! –
La ragazza non riaprì gli occhi.
- Layra! –
Si risvegliò nella neve, terrorizzato. Si alzò di scatto. Layra era viva, ma era in preda alle allucinazioni. Scuoteva il vuoto per terra e faceva una cosa che John non credeva fosse in grado di fare; piangeva.
- Nonna! Nonna, ti prego, svegliati! – gridava fra i singhiozzi.
John si avvicinò a lei, la scosse lievemente.
- Layra, Layra, ascoltami. Lei è viva, è viva, sta bene, è un’allucinazione, Layra! Ascoltami, ti prego! Layra! –
- Nonna! Ti prego, apri gli occhi! – urlò la ragazza del 10. 
Il suo compagno di Distretto la scosse con più violenza. 
- Layra! Non è reale! Layra, svegliati! –
Lentamente la ragazza smise di piangere. La luce azzurra e malata nei suoi occhi si dissolse; ma questi rimasero terrorizzati. L’assassina, la ragazza forte, l’implacabile, affondò il viso nel petto di John, riprendendo a singhiozzare.
- Shh, era solo un sogno, va tutto bene, va tutto bene… - le sussurrava John, il riservato, l’indifeso, in un’incredibile inversione di parti. 
Le accarezzava piano i capelli biondi, e continuò a farlo finché lei non smise di piangere.

Morzan guardava i suoi compagni disgustato. Sì, anche lui era stato punto. Aveva avuto un lieve senso di vertigini, poi tutto era finito. Perché Morzan Mors non conosceva la paura.
Osservava con lo stomaco rivoltato Ukrajina, Merilah, Tiger e Manuel urlare e contorcersi al suolo. Ukrajina si guardava intorno, sconvolta. Merilah agitava le braccia in maniera scomposta, Tiger strillava tappandosi le orecchie. Anche Manuel, lo spietato, guardava il vuoto e gridava.
- Annalisa! Annalisa! – questo era il nome che chiamava, la ragazza del 7 che non gli avrebbe mai risposto.

Jeredith osservava la foresta. Ne fuoriuscivano urla, urla terribili e sovrumane. A volte erano solo versi, a volte nomi. “Layra”, “Annalisa”, “Papà”, “Tobias”, “Latvia”. Da qualche parte risuonavano anche delle suppliche disperate. Cosa stava succedendo?
Una farfalla colorata si librò nell’aria fredda. Trovò Jeredith, che la guardava con circospezione. L’insetto la oltrepassò; la ragazza tornò a guardare la fonte delle urla. Improvvisamente, sentì un dolore acuto alla nuca.
Si voltò di scatto. In piedi di fronte a lei c’era Mirko.
- Mirko! – gridò Jeredith gioiosa.
Si gettò fra le braccia del suo ragazzo, del suo mentore, ma lui la spinse via.
- Mirko? –
Il ragazzo estrasse un coltello. Cosa voleva fare?
- Addio – disse freddo.
La inchiodò a terra e le puntò la lama alla gola. Non fare la stupida, Jeredith. Lui non è qui. È un’allucinazione. Devi solo aspettare che passi.
La ragazza respirò il suo odore. Il suo odore… era così… vero. La ragazza spalancò gli occhi. E se non fosse un’allucinazione? E se fosse un ibrido? Un ibrido col suo aspetto?
Sì, doveva essere così. Tutto era troppo reale. E se le cose stavano così lei era in pericolo di vita. Cominciò a dimenarsi, a gridare. Si era lasciata andare, con l’assurda convinzione che fosse un sogno, e adesso quell’errore stava per costarle la vita. Scalciò, ma l’ibrido la tenne a terra. Cominciò a passare la sua lama sulla circonferenza del collo di lei. No, no! No!
Il corpo di Jeredith sbatté pesantemente a terra; non nella neve, ma sulla sottile lastra di ghiaccio del lago. La patina s’infranse, la ragazza venne trascinata a fondo. Ma era già morta. Il secondo colpo di cannone sparò.

Evan camminava per un campo di girasoli. Sapeva  chi avrebbe trovato in mezzo a quei fiori. E infatti eccola, Latvia Almonds, mietere dolcemente uno stelo. 
- Evan – sussurrò lei vedendolo.
- Latvia... tu... tu sei morta... -
- Ti dispiace che sia qui? -
- No! No, assolutamente – disse lui.
- Però hai ragione. Sono morta – gli sussurrò Latvia.
Improvvisamente i suoi occhi si tinsero di una luce assassina. La pelle si staccava a grossi pezzi dal suo corpo, i denti si affilavano; alla fine diventò un autentico mostro. Si lanciò su Evan. Il ragazzo si riscosse dalla trance.Cosa ci faccio io in un campo di girasoli?
Formulando questa domanda trovò la sua salvezza. Si risvegliò nella neve, la pesante aria fredda dell'arena che gli opprimeva il petto.

- Ok, basta. Mi sono divertito abbastanza – rise Orobnus Smailer.
Davanti agli Strateghi c'erano vari schermi che inquadravano i dodici tributi rimasti nell’arena.
- Voglio che tra oggi e il sesto giorno ci sia un massimo di due morti. -
- Quindi circa un morto al giorno per due giorni e uno vuoto? -
- Esatto. Si accettano feriti – disse Orobnus sogghignando.
Marie rise. Weet no. E il Primo Stratega se ne accorse. Per la seconda volta, però, lo nascose. E forse questo era quello che più faceva gelare il sangue nelle vene di Weet.

Arany si reggeva al tronco di un albero, ansimando, le lacrime che le rigavano il viso. Aveva vissuto di nuovo la sua tragedia, il suo vecchio modo per ottenere del cibo. Perché prima di passare alle tessere, Arany conosceva un altro modo per sopravvivere.
I suoi capelli dorati, i suoi occhi blu... era piuttosto desiderabile; all'inizio i Pacificatori avevano chiesto solo un bacio, una carezza; erano poi passati a qualcosa di più forte, fino a chiedere ad Arany rapporti sempre più intensi. Lei era fuggita da quel giro orribile, ma l'incubo delle avide mani degli uomini in bianco sul suo corpo non l'aveva mai lasciata.
E ora si era risvegliato, più potente e terribile, e Arany aveva gridato, gridato mentre quelle mani le toglievano i vestiti con la forza... 
Non doveva più pensarci. Era finito, era finito, non era vero, era solo un incubo. Si incamminò verso nord senza una meta, per togliersi di dosso quel pensiero, avanzando nella neve che continuava a depositarsi al suolo. All'improvviso avvertì un lamento proveniente da terra. 
- Papà... papà... -
Abbassò gli occhi e vide Violet Pitfall sdraiata a terra, gli occhi offuscati dalle lacrime. La ragazza del 3 avvertì la presenza di quella del 9 e scattò in piedi. Le due si riconobbero all'istante. 
- Tu non eri armata? - chiese Violet.
- Ufficialmente sì – rispose l'altra nervosamente.
Si fissarono un istante. 
- Allora... io me ne vado – disse Violet.
- Che cosa ti fa credere che ti lascerò andare? -
- Il fatto che non sei armata. -
- Sei intelligente, Violet Pitfall. -
- Sei perspicace, Arany Hampson. -
Arany rise. Le due si porsero automaticamente la mano.
- Alleate? -
Sorrisero entrambe e il patto fu sancito.

La sera era calata sull'arena. I due ragazzi del 10 accesero una stufetta trovata da Layra alla Cornucopia per riscaldarsi senza fare fumo. Dopo quello che era successo quella mattina, tra i due era sceso un silenzio imbarazzato. Alla fine fu Layra a romperlo.
- Grazie... per oggi. -
- Non ho fatto niente – sorrise John.
Layra fece un verso di scherno.
- Cos'hai sognato tu? -
- La morte di mia madre e... - gli salì un groppo in gola.
- E...? -
- E niente. La morte di mia madre. -
- No, c'era un “e” – non era una supposizione. Lo disse in tono pericoloso, con l'espressione che aveva usato mentre uccideva Latvia.
- Sì, be', la perdita di... un'altra persona.
- E cioè? -
Non poteva dirglielo, non poteva.
- Chi era? -
- Era... era... -
John si allontanò di qualche centimetro da lei.
- Eri tu – disse tutto d'un fiato.
Poi scomparve completamente nel sacco a pelo.


Angolo Autore
Procediamo immediatamente con la scaletta.

Jeredith Camille Cohen, tributo femminile del Distretto 5.
Jonah Rye Samules, tributo maschile del Distretto 9.

Vivissime condoglianze ai loro creatori (in questo caso JD Jaden e RoryPrim). Indi perciò per cui, adesso vi darò un pochino di tregua con le morti. Mi sto affezionando sempre di più a Weet e, ancora peggio, ai tributi. Dico peggio perché ucciderli è straziante. Ho impiegato secoli a decidere di sacrificare Jeredith e Jonah, li amavo troppo, ma alla fine ho deciso così. Mi dispiace molto, perdonatemi.
Lasciate una recensione anche piccola, per favore.
P.S. Riferendomi a Jude, avrete notato che l'ho un po' trascurato. Nel prossimo capitolo parlerò di dove si è nascosto e della paura che ha affrontato.
Silente996

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Capitolo 12
*** Fuoco; nel bene o nel male ***


Jude si svegliò di prima mattina con il ricordo dell'allucinazione ancora vivido nella testa. Suo padre, ovviamente. Suo padre che lo picchiava, che gli diceva “Sei la più grande delusione della mia vita”, che uccideva sua madre. 
Ma non aveva tempo per pensare a queste cose, doveva mettersi in marcia. Di sicuro i favoriti erano sulle sue tracce. Una parte di lui gli suggeriva di allontanarsi, un'altra gli sibilava di aspettarli e ucciderli, spurgare la terra da quegli assassini. Fortunatamente per lui, ascoltò la prima.
Camminò per trenta minuti buoni sul terreno candido, poi fu costretto a fermarsi; si nascose dietro ad un albero, ascoltando. Dei passi risuonavano poco più in là. L'individuo sembrava deciso ad arrampicarsi proprio su quell'albero. Jude non poteva cambiare nascondiglio, o l'avrebbe scoperto, così si lasciò trovare. 
Il viso di Cassandra Lovelace spuntò da dietro il tronco. Jude le tappò la bocca con la mano per non farla urlare; gli occhi della ragazza lo fissavano terrorizzati. Jude si portò il dito indice dell'altra mano alle labbra. La lasciò andare cautamente. Cassandra fuggì via di scatto. 
Jude emise un piccolo verso di scherno. Era quindi questo agli occhi di tutti? Un mostro assassino? Sì, probabilmente sì.

Evan rimuginava sul ramo di un albero. Pensava a Latvia. Era morta, e questa cosa gli aveva spezzato il cuore. Però ora pensava al suo ritorno. Se fosse riuscito a vincere gli Hunger Games, avrebbe potuto rivedere la sua sorellina Marie e Lorence... Lorence... ripensò al bacio chegli aveva dato durante l'ultima visita, a come lui l'aveva sempre considerata un'amica, anche dopo quell'avvenimento, perché c'era Latvia. Ma Latvia era morta. E Lorence... forse anche lui era innamorato di lei, ma non se n'era accorto perché non aveva mai preso in considerazione l'idea. Sì, forse avrebbe potuto sposarla, vivere felice... doveva solo uscire da quei giochi mortali.

Arany e Violet camminavano affiancate. Avevano unito i loro miseri bottini, raggiungendo però una buona scorta di cibo.
Come tutti, ora si stavano allontanando dai favoriti. Alla fine la curiosità che bruciava in entrambe venne fuori da Arany.
- Tu cos'hai sognato? - chiese.
- Mio padre, il mio unico parente. Moriva in mille modi. Ed era colpa mia. Tu? -
Arany si irrigidì lievemente.
- Ehm... io... dei Pacificatori... - rispose evasiva. Ma, in linea razionale, era la verità.
- Pacificatori? Curioso! -
- Curioso? - scattò Arany.
- Sì, be', perché... di solito si hanno altre paure. -
- Forse perché da te non sono così crudeli – si difese la ragazza del 9.
- È possibile. Ma, insomma, cosa facevano? -
Arany la guardò ad occhi semiaperti
- Non risponderò a questa domanda – rispose freddamente.
- Scusami – disse l’altra abbassando lo sguardo. – È che sono… troppo curiosa. –
- Sì, l’avevo capito – constatò Arany. Ma non c’era ironia nella sua voce.
Tra le due calò un silenzio teso, intervallato dal rumore degli stivali sulla neve; i fiocchi scendevano imperterriti.
- Scusa – sputò alla fine Arany. – Solo che è stato… terribile. –
- Lo so. Scusami tu. Acqua passata – disse Violet cercando di far comparire un sorriso sulle sue labbra.
Forse era meglio così, si disse. Forse era meglio non relazionarsi  troppo. Forse sarebbe stato meglio quando una delle due avrebbe dovuto uccidere l’altra.

- Tutto  il 2 distrutto, te lo giuro! – disse ridendo Ukrajina.
- Pipistrelli ovunque, ero terrorizzata! – enfatizzò Merilah.
- Tu hai paura dei pipistrelli? – la prese in giro Manuel.
I favoriti, mentre passeggiavano senza una meta precisa per la foresta, buttavano sul ridere l’attacco degli ibridi.
- Guarda che sono terrificanti! – ribatté la ragazza del 4 sussultando per le risate.
- E tu, Morzan? – chiese Manuel.
- Niente. Solo voi bambini avete immaginato qualcosa. –
- Quindi tu non hai paura… di niente? – Ukrajina era a bocca aperta.
- Esatto; ma non vedo come questo possa interessarvi. –
- Aspetta un attimo… tu eri lucido… e non hai fatto niente? Non ci hai aiutati? – disse Manuel bloccandosi.
- Sì – gli sibilò in faccia Morzan. – Scandalizzato? –
- Sai, non dovrebbe essere questo lo spirito della squadra. –
- Sai, non me ne fraga niente dello spirito della squadra. Anzi, a dirla tutta ero tentato di farvi fuori. –
- Allora penso che potresti andartene. –
- Ma come? – sogghignò Morzan. – E poi chi scaccerà i brutti sogni sulla sgualdrina del 7? –
Di colpo il ragazzo dell’1 si ritrovò in ginocchio, senza fiato.
- Non osare insultarla – gli sussurrò Manuel.
- Altrimenti? Cosa fai, mi uccidi? Andiamo, non dovrebbe essere questo lo spirito della squadra! –
Il ragazzo del 4 lo afferrò per la gola.
- Stai scherzando col fuoco – gli disse.
- Ah, davvero? Sto tremando di paura. Annalisa, vieni a salvarmi! Oh, già, scusa… non c’è. –
Ma Morzan lo spietato aveva davvero osato troppo col fuoco. Per l’arena risuonò il tuono di un cannone.

Tra i due ragazzi del 10 calava un imbarazzato silenzio dalla sera prima. O meglio, John era imbarazzato. Layra invece era più che altro infastidita; infastidita dalla sensazione che somigliava così spiacevolmente tanto all’imbarazzo. Normalmente, la cosa sarebbe dovuta scivolarle sulle spalle. E invece sentiva le guance arrossire quando ripensava a quello che aveva detto, e un piacevole  calore le si annidava nel petto. Piacevole per un istante. Poi lei tornava fredda e calcolatrice, sfregandosi a più non posso le guance pregando che tornassero rosee.
Ad un certo punto, all’ennesimo scatto nevrotico d Layra, John le chiese: - Ma… va tutto bene? –
- Sì! – sbraitò Layra.
- Ehm… no, decisamente no. –
- Che cosa ne sai? Stai zitto! – 
Poi la ragazza si voltò a guardarlo.
- E no, non ti chiederò scusa – disse. – Scusa. –
John sorrise. In quel preciso istante sparò un colpo di cannone.
- Chi… chi pensi che fosse? – chiese il ragazzo.
-  Sinceramente… non mi interessa. È uno in meno. –
- Sì, ma… se fosse un favorito vorrebbe dire che o hanno cominciato a litigare o ci sono ibridi in giro. Se non lo fosse vorrebbe dire che o ci sono ibridi in giro, o  i favoriti sono entrati in azione. –
- Ottima  relazione, signor detective. –
John scoppiò a ridere. Il ghiaccio fra i due si sciolse definitivamente.
L’inno di Panem ruppe le conversazioni dei tributi nell’arena. In cielo apparve il volto del ragazzo dell’1.
- Chi pensi che fosse? Intendo dire, come persona – chiese Layra.
- Che importa? In fondo, è solo uno in meno, no? –
- Sì, ma se fosse uno spietato assassino vorrebbe dire che o a fatto saltare i nervi a qualcuno, o ha cacciato una preda più grossa di lui. Se invece non lo fosse, cosa comunque poco probabile, o ci sono ibridi in giro, o ha detto di stare zitto a un favorito scambiandolo per Caesar. –
Il ragazzo del 10 rise di  gusto.
- Ottima relazione, signora detective – concluse.
Layra si sentì invadere dal fuoco, dall’impeto. Lo spinse a terra e gli fu sopra. I suoi capelli biondi formavano  una cupola attorno al viso di John. Il ragazzo sgranò gli occhi, sorpreso.
- Hai paura? – sussurrò la ragazza.
- Mi terrorizzi – rispose lui.
Poi Layra appoggiò le sue labbra a quelle del suo alleato, e l'universo di entrambi si trasformò in un alone rosato, un minuscolo frammento di felicità in quel mondo martoriato dalla tristezza. 

Angolo Autore
La risposta è no. Cioè no, non sono un pazzo sociopatico che aggiorna a Natale. Il fatto è che io il Natale o festggio il 24, e nel 25 l'unica cosa speciale è la messa infrasettimanale. Quindi, non chiamate gli assistenti sociali. Sto bene.
Ed ecco il capitolo numero... 11? Non ricordo. Comunque,  eccolo qua. Scaletta mortale...

Morzan Mors, tributo maschile del Distretto 1.

Eh, sì, ci ha lasciati. Insomma, era un sadico inzighino, ma mi stava simpatico. Mi dispiace. Condoglianze a Riario1. 
Comincio ad adorare Layra e John, sono così... teneri! E almeno uno dei due dovrà morire *si dispera*. Bene, allora alla prossima! Ricordate: ad ogni capitolo i vostri tributi sono sempre più a rischio. Il prossimo sarà il vostro? *Faccia sadica*
Silente996


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Capitolo 13
*** Il colore che sporca le mani è il più difficile da cancellare ***


Il quinto giorno sorse sull'arena portando con sé una leggera brezza calda, un minuscolo sprazzo di tregua da quel gelo infinito.
John si svegliò, la mano sinistra ancora intrecciata a quella di Layra. Sorrise. Cosa particolare, visto che si trovava negli Hunger Games; ma sorrise.
Rafforzò lievemente la presa per far svegliare la ragazza. Questa aprì gli occhi e gli sorrise a sua volta. Lo sguardo della ragazza si fece però subito serio.
- Ti... ti è dispiaciuto... ieri... insomma... scusa – balbettò imbarazzata.
- Ieri è stato bellissimo – sussurrò John.
- Sei... sei sicuro? Io... non vorrei che tu... - cominciò Layra.
- Ehi! Chi sei tu, dove hai messo Layra Likke? -
Lei ridacchiò, ma tornò immediatamente al suo discorso.
- Il fatto è che... io... se tu hai paura di me... -
- Paura per cosa? -
- Per... tu mi hai vista... perché... quella ragazza... -
- È stato necessario. Non sentirti in colpa – le disse John lievemente severo.
- Ma... ma se tu hai paura e ti senti costretto perché sai che potrei ucciderti... -
- Non è così. -
- Sei sicuro? -
I due, ancora sdraiati, si guardarono duramente negli occhi.
- Sicurissimo. -
 
- Arany, hai due occhiaie spaventose! -
- Non sono abituata a stare sveglia di notte. -
- Hai fatto solo mezzo turno. -
- Be', non sono abituata nemmeno a quello! -
- Ok, miss bisbetismo, non scaldarti. -
- Non sono una miss bisbetismo! -
- Ah – sbuffò Violet. - Stanotte faccio il turno completo io. -
- Sei sicura di rimanere viva? -
- Ah, bene, non ti opponi alla mia proposta, chiedi se sarò viva! -
- Ok, miss bisbetismo, non scaldarti. -
- Non sono una miss bisbetismo! -
- Ah! -
Un rumore di passi in corsa le interruppe
Arany afferrò una gelida pietra dal terreno, l'unica misera arma di cui poteva disporre. Qualcuno si muoveva nella foresta.
Una massa rossiccia emerse alle sue spalle e una voce gridò. La ragazza del 9 scattò. Un corpo cadde nella neve.
 
Cassandra guardava il cielo. Era bello, quel giorno. Poteva pensare al cielo e dimenticarsi della sua tempia sfondata.
Una ragazza bionda reggeva un sasso insanguinato nella mano e la guardava terrorizzata da quello che aveva fatto.
La pietra le cadde di mano. La ragazza si chinò di slancio su Cassandra, e con lei la sua alleata.
- Io... oh mio Dio... che cosa... che cos'ho fatto! - urlò la ragazza bionda, la sua assassina.
- Ti prego, Arany, non urlare! - bisbigliò l'altra.
-  Ho ucciso una persona! L'ho uccisa, l'ho uccisa! -
Arany urlava istericamente, i favoriti l'avrebbero trovata. Questa era l'unica piccola vendetta che Cassandra poté concedersi.
Ma davvero desiderava la morte di quella ragazza? Non se lo seppe dire. I suoi occhi si chiusero per sempre prima che potesse pensarci.
 
In cielo il sigillo di Capitol City cedette spazio al viso della ragazza del 12.
- Perché non l'abbiamo uccisa noi? - ringhiò Merilah. - Perché muoiono tutti e non li uccidiamo noi? -
Poi si voltò verso Manuel. - Anche perché il signorino ha deciso di accamparci e stare fermi. -
- Sono il capo e ho deciso così – rispose secco il ragazzo.
- Ah, sei il capo? E da quando? Lo sei diventato difendendo il ricordo della tua bella? - lo provocò Merilah scoppiando in una risata priva di allegria.
- Più o meno sì. -
- Ma ti senti? Che bambino! -
Ne seguì un silenzio ostile. La tensione fra i favoriti era palpabile, solo un'altra goccia e sarebbero esplosi.
Ukrajina considerò il fatto di allontanarsi dal gruppo a breve. Non voleva trovarsi coinvolta nell'imminente scontro. Perché se fra due lupi nemici ce n'è un terzo , questo sarà il primo a perire.
Dopo alcuni minuti durante i quali i quattro ragazzi avevano guardato il fuoco scoppiettare, dalla loro destra giunse un rumore di ramoscello spezzato.
Sul viso di Tiger comparve subito un sorriso di trionfo. Incordò velocemente una freccia e la scoccò fra gli alberi. La figura nascosta si mosse di lato, ma la freccia l'aveva colpita di striscio su una gamba. Una voce maschile urlò fra i denti. La ragazza dell'1 trascinò il tributo in mezzo al piccolo accampamento per finirlo. Le fiamme risplendettero sul viso di Jude Blade.
Tiger si mise a cavalcioni su di lui ed estrasse il suo coltello.
- E ora, traditore, è ora di morire – gli sussurrò.
Alzò il coltello.
- Ferma – la interruppe una voce. Manuel si avvicinò ai due.
- Lui deve morire per ultimo. E deve essere mio. -
 
Cibo.
Si svegliò con questa brutale necessità in testa. Il suo corpo implorava risorse, risorse che Evan non aveva. Risorse mancanti, che impedivano al ragazzo di muoversi, di pensare; ormai di lui rimaneva solo una bestia in fin di vita che lottava per la sopravvivenza. La neve lo congelava, demoralizzava la sua speranza di salvezza, mentre i candidi fiocchi scendevano imperterriti. Non c’era cibo, in quell’arena.
Afferrò una delle tantissime pigne che crescevano sugli alberi e la osservò. Se ci fosse stata una qualsiasi fonte di calore, Evan avrebbe potuto cuocerla e provare a mangiarla. Ma non c’era altro che gelo.
Lanciò la pugna lontano, frustrato. Possibile che nessuno volesse sponsorizzarlo? Non aveva ucciso nessuno, ma aveva dato prova della sua resistenza all’ambiente. Possibile che nessuno l’avesse notato? Si disse che probabilmente c’era in ballo una storia d’amore fra tributi, un litigio fra favoriti o una qualunque altra cosa che lo stava mettendo in ombra. E questo poteva costargli la vita.
- Vi prego… - si ritrovò a sussurrare al cielo.
Si accasciò contro il tronco di un albero, sfinito. Prese una palla di neve semi sporca e se la sciolse in bocca. Almeno aveva l’acqua.
Un bagliore argenteo baluginò fra i fiocchi. Una scatoletta di metallo cadde nella mano di Evan legata a un paracadute.
- S… sì! Sì! – esultò piano il ragazzo.
La aprì con mani tremanti. Conteneva un brodino di carne nel quale nuotavano pigramente due o tre rondelle di patate lesse. Sulla superficie, per bellezza, c’era una fogliolina di prezzemolo.
Presto le lacrime di gioia contaminarono il caldo brodo in scatola.
Sorgeva il sesto sole sull’arena dei sessantesimi Hunger Games.
 
Si dondolava avanti e indietro. La sua tempia, i suoi occhi che la guardavano, il colpo di cannone.
- Arany... Arany... ascoltami. Non è colpa tua, è stato il tuo istinto... - cercava di consolarla Violet.
Ma Arany non poteva fermarsi. Gli occhi sbarrati, il suo corpo chiuso a riccio, si dondolava avanti e indietro.
Avanti e indietro.

Angolo Autore
Pietà! Chiedo immensamente perdono! Non ho mai aggiornato così tardi, ma tra studio, pranzi, parenti, pseudo-parenti, fratelli, pseudo-sorellastre e varie creature immaginarie ho trovato tempo solo oggi. Non posso neanche dire che il capitolo era lungo perché è brevissimo. La scaletta mortale è breve ma c'è.

Cassandra Lovelace, tributo fmminile del DIstretto 12

Vive scuse e condoglianze. Ecco, vi avviso che dal prossimo capitolo in poi (e cioè a cominciare dal settimo giorno) ci sarà una piccola svolta nel programma. Perché, visto che gli Hunger Games hanno superato la regolare settimana di durata... per dirla in modo rude, comincerà a morire la gente a grappoli. Non vuol dire che moriranno a caso e senza logica, ma che potrete trovarvi anche con 3/4 tributi morti a capitolo. Forse (tremate, creatori!).
Nel prossimo capitolo tornerà anche la parte su Weet.
Detto questo, vi auguro buon 2014 e vi chiedo umilmente di recensire.
Silente996

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Capitolo 14
*** Tutto quello che dirai sarà usato contro di te ***


Da i due sacchi a pelo erano riuscite a ricavare una specie di grande sacco imbottito dove Arany e Violet potevano dormire al riparo dal freddo.
Quella notte, oltre alla neve, c’erano anche tuoni e lampi. Ottimo, altrimenti le urla di Arany avrebbero svegliato i favoriti.
Urlava nella notte, singhiozzando terrorizzata, il volto di Cassandra lampeggiante e accusatorio impresso nella mente.
- Arany… Arany, va tutto bene – le sussurrò Violet.
La ragazza continuò a piangere, cercando di far scomparire la testa dentro al sacco a pelo “matrimoniale”. Un altro acuto urlo le uscì dalle labbra. Non riusciva nemmeno a pensare lucidamente.
Violet la cinse allora fra le braccia e la tirò a sé, come fa una sorella maggiore quando la più piccola ha gli incubi.
- È tutto a posto, ci sono io, dormi… va tutto bene, Arany. –
L’ennesimo urlo dell’altra venne soffocato dalla tuta di Violet. La ragazza del 9 si rannicchiò contro l’altra, nascondendo il viso contro la spalla della sua alleata. Si ricordò di quando era lei a stringere in quel modo suo fratello Bryan da piccolo.
Ora capiva in modo bruciante cosa significasse aver paura del buio.
La notte di Violet fu un susseguirsi di consolazioni andate a vuoto e singhiozzi ovattati contro la sua spalla.
 
Il settimo giorno nell’arena portò con sé la rabbia dei favoriti. Come avevano potuto non uccidere nessuno anche il sesto giorno? Non sarebbe più dovuto capitare. Mai più.
Si mossero cauti nella foresta, Jude che arrancava dietro di loro con le mani legate. Raggiunsero uno spiazzo dove gli alberi si interrompevano; il terreno s’inclinava verso il basso e finiva con uno stagno gelato. Intorno, solo rocce gelate; più in là i pini ricominciavano a crescere.
- Devono morire – sussurrò Orobnus Smailer dalla sua postazione. – Credono di essere invincibili; pfui! Voglio che vedano i loro compagni morire uno a uno, voglio che si rendano conto che sono come tutti gli altri. Favoriti. Smetteranno di esserlo. Li voglio ridurre a conigli spaventati. –
- E come, signore? – chiese esitante Weet.
- Questo lo decideranno loro. –
 
- Aspettiamo che qualcuno si faccia vivo – suggerì Tiger. – Poi diamogli addosso. –
- Ehi, non vorrai prendere il posto del capetto! – disse Merilah accennando a Manuel.
Tutti estrassero le loro armi. Aspettarono pochi minuti, poi un urlo femminile giunse da lontano. I favoriti esultarono e si lanciarono all’inseguimento.
- Veniamo a prendervi, codardi! – urlò Manuel.
- Ah-uuuh! – Tiger imitò il verso del lupo per intimorire i suoi avversari. Presto venne imitata dai suoi compagni.
- Ah-uuuh! –
I favoriti ululavano correndo, assetati di sangue.
- Ah-uuuh! – una voce rispose.
- Chi è che ci sfida? – sibilò Merilah.
- Uccideremo anche lui – la liquidò Tiger.
Corsero in direzione del primo urlo, ululando come bestie affamate. Chissà com’erano spaventati gli altri tributi.
- Ah-uuuh!
Sull’arena cadde il silenzio.
- Quella non era una voce – sussurrò Ukrajina. – Quello era un lupo. –
 
Evan sentì i favoriti ululare. Il loro obiettivo era chiaro. Fortunatamente erano lontani. Più vicino a lui, la voce di una ragazza rispose; immediatamente pensò a Layra Likke, che probabilmente voleva sfidarli.
Gli ululati si fecero più vicini.
- Ah-uuuh!
Questo non era un favorito. Ed era ad un metro da lui. Si voltò di scatto.
Un lupo ringhiante lo fissava. Ma non era realmente un lupo. Aveva il muso tondo e  lungo il doppio del normale; inoltre era magrissimo e di conseguenza affamato.
Le gambe di Evan presero a galoppare; non aveva una meta doveva solo fuggire. Altri due lupi sbucarono direttamente dalla neve tagliandogli la strada. Virò a sinistra, ma si rese conto di essere accerchiato.
Il primo lupo che gli saltò addosso venne trafitto dalla sua spada. Continuò ad uccidere gli ibridi che lo assalivano finché non fu stremato. La spada gli cadde dalle mani. Si inginocchiò nella neve.
- Mi dispiace, Lorence – mormorò.
Furono le sue ultime parole.
 
Sullo schermo, tre ragazzi combattevano contro gli ibridi. Un quarto tributo, Tiger Shorts, era stata atterrata da uno dei lupi che ora le stava lacerando il petto con le zanne. La ragazza sembrava così giovane, così piccola mentre urlava disperata, consapevole del fatto che i suoi alleati avrebbero pensato solo alla propria salvezza.
Il cannone sparò per Evan McHole. Tiger urlò un’ultima volta, poi l’ibrido le azzannò la gola e l’arma da fuoco tuonò per la seconda volta.
L’inquadratura si spostò sui ragazzi del 10; non ce l’avrebbero mai fatta, l’ibrido più vicino stava per raggiungere John.
- Si fermi – disse Weet.
- Che cosa hai detto? – sibilò Orobnus.
- Ho detto si fermi – ribadì Weet, deciso a tenergli testa.
- Ti ricordo che sono io il Primo Stratega. –
- Non me ne frega niente di chi sei – gli sputò in faccia le parole l’altro, accantonando la formalità del “lei”. – Potresti essere anche Snow, non permetterò una simile atrocità. –
- Sei al corrente, vero, che perderai il posto? –
- Me ne s****o del posto! Si fermi! – ruggì Weet.
Continuando a fissarlo, Orobnus passò un dito su un pulsante digitale. Sullo schermo, gli ibridi cessarono di imperversare.
- Credo, Alyne, che ti fisserò una chiacchierata col presidente. Un normale tè, sia chiaro – gli sussurrò con falsa dolcezza il Primo Stratega.
 
- John… siamo in otto! – ansimò Layra.
- È fantastico – le rispose l’altro.
- Potremmo… potremmo tornare a casa! –
John la fissò.
- C’è un solo vincitore – mormorò.
- No – disse Layra prendendogli le mani. – No. Io e te potremmo farlo; potremmo abbattere questo schifoso sistema, distruggere Snow, salvare Panem! –
- Layra… sai che non è possibile. E anche se lo fosse, ci ucciderebbero. –
- No! I Distretti sarebbero con noi. Ce la faremo, John. Usciremo da quest’arena insieme. Devi fidarti di me. –
Il ragazzo la guardò quasi con compassione.
- Non ti fidi di me? – chiese Layra, con un’espressione ferita negli occhi.
- Mi fido di te – sussurrò John, baciandola. – Mi fido di te. –
 
I favoriti erano tornati nel loro accampamento. Avevano acceso il solito fuoco e  avevano guardato i volti della ragazza dell’1 e del ragazzo dell’11 in cielo.
Manuel si era allontanato dalle ragazze per andare ad accovacciarsi accanto a Jude, legato al tronco di un albero ai limiti della minuscola radura.
- Eccoci – gli sussurrò. – Allora; io ti ucciderò per ultimo, ma non cedo avrai pensato che ti lascerò tranquillo. Oh, no. Da ora fino all’ultimo giorni dell’arena, ogni sera ti farò rimpiangere di essere nato. –
- Tu… tu non puoi farlo… - balbettò Jude.
- Ma lo farò – rispose tranquillo l’altro. – Prima, però, voglio che tu sia pienamente consapevole del perché subirai tutto questo. Di’ il suo nome. –
- Io… -
- Di’ il suo nome!! – ruggì Manuel.
- Annalisa. Annalisa Viride. –
- Perfetto. Ora scegliamo la tortura di stasera. –
Lo esaminò come un macellaio esamina la carne da tagliare.
- Sai, mi piacerebbe vederti in versione senza-voce – bisbigliò il ragazzo del 4.
Negli occhi della vittima apparve il terrore cieco.
Manuel si chinò su di lui e lo guardò negli occhi.
- Tu lo sai come si crea un senza-voce, vero, Jude? –
 
La gelida notte e gli onnipresenti fiocchi di neve cadenti portarono un freddo pungente sull’arena. John guardava la ragazza addormentata fra le sue braccia.
Non è semplice come dice lei, pensò. Non è per niente così. Eppure sembrava convinta. Forse lo diceva per me.
Sapeva perfettamente che un solo vincitore sarebbe uscito da quei giochi. E sarà lei. Deve essere lei.
Sospettava che anche Layra sapesse tutto con chiarezza. Forse l’ha detto perché mi ama.
Sorrise a questo pensiero. Layra Likke lo amava, amava lui, John Tailor. Sembrava impossibile; purtroppo, invece, era terribilmente vero. E forse non era un bene.
 
Angolo Autore
Hola! Procediamo.
 
Tiger Shorts, tributo femminile del Distretto 1.
Evan McHole, tributo maschile del Distretto 11.
 
Allora. Vari avvisi.
  • Dunque, dovete sapere che finora ho deciso io le morti; non per odio, sia chiaro, ma per dare dei risvolti alla trama. Ho anche già deciso chi saranno i prossimi tre a cadere. Poi ho un dubbio esistenziale, perché soffro al pensiero di uccidere anche solo uno di loro. Quindi devo decidere se estrarre a sorte o far votare ai padroni dei tributi morti; sonoperò più propenso alla prima opzione. Ditemi voi
  • Forse, e ribadisco forse, scriverò una song-fic di un unico capitolo sul vincitore.
  • A breve dovrei aprire un’ulteriore votazione per qualcosa che non ho ancora deciso.
Credo di aver detto tutto. Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto e se dovrei cambiare il rating; io penso di no perché non descrivo nello specifico le scene violente, ma ditemi voi.
Silente996 

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Capitolo 15
*** Hunger Games - Vetro e Sangue ***


Jude si svegliò e sentì la bocca vuota; un dolore accecante gli riempiva la cavità orale. Provò a parlare ed ebbe la terribile verifica della cosa: Manuel Black l'aveva reso un senza-voce. Il dolore era ancora vivido, ricordo lancinante del pugnale che recideva il muscolo. Emetté un verso strozzato e sputò sangue. Si rese conto di essere osservato.
Ukrajina Ocean lo fissava. Erano circa le tre del mattino. Probabilmente la ragazza del 2 stava svolgendo il turno di guardia. I suoi occhi scintillavano nella notte.
Jude la sentì avvicinarsi. Pregò che lo uccidesse, pregò che lo liberasse da tutto quel dolore. La ragazza si accovacciò affianco a lui. I loro occhi si incontrarono. Lei gli posò una mano sulla fronte.
- Mi dispiace – mormorò.
Poi scosse la testa, come per chiedersi cosa stava facendo, e tornò a scrutare il buio.
Gli occhi di Jude si chiusero poco dopo.

Il ragazzo del 2 si svegliò di prima mattina, assieme agli altri favoriti. Era stato lasciato a terra nella neve. Merilah si stava stiracchiando; Ukrajina e Manuel si guardavano negli occhi poco distante.
- ...gli Hunger Games, Manuel, e bisogna uccidere. Lui l'ha fatto come tutti noi. -
- Ha ucciso lei – rispose lui con la voce che tremava leggermente.
- Tu non hai fatto lo stesso? Tu non hai ucciso Foma Konon? Non hai ucciso Morzan Mors? Annalisa non ha ucciso  Magnus Strakweather? - chiese Ukrajina.
Lui la fissò per un istante e distolse lo sguardo. Lei gli afferrò il volto con forza e lo puntò sui suoi occhi.
- Rispondimi. Assassino – gli ordinò.
- Che cosa vuoi? - chiese lui con aria malinconica e assente.
- Voglio che lasci in pace quel ragazzo. Uccidilo, se vuoi, ma non arrecargli altro dolore. Non se lo merita. -
- No – ringhiò l'altro. - Deve soffrire. Deve pagare! - ruggì di colpo.
- Sei solo uno stupido, Manuel Black – sussurrò l'altra. - E morirai da stupido. -

- Stai bene? - chiese Violet.
- Sì – mormorò l'altra, disegnando con un dito cerchi concentrici nella neve.
- Come ti senti? -
L'altra continuò il suo disegno per un po'.
- Vuota – rispose. - Completamente vuota. -
- Io intendevo... di testa... - azzardò la ragazza del 3.
- Non sono pazza. -
- Lo so... senti... io te l'ho già detto, questi sono i giochi della fame, era inevitabile. Non sentirti in colpa. -
Non ricevette risposta. 
- Dovremmo andare – disse Violet.
- Lasciami qui – rispose Arany tracciando un altro cerchio.
- No... no, dai, alzati. -
- Lasciami qui – ripeté la ragazza del 9, accucciata a terra, il dito ormai privo di sensibilità.
- Io non ti lascio qui! Alzati! - le ordinò Violet mentre gli occhi le si inumidivano.
Provò a strattonarla, a trascinarla, ma Arany era irremovibile.
- Lasciami qui. -
- Arany... ti prego... -
Le due si guardarono negli occhi, e Violet vide solo gelido vetro. Arany Hampson era perduta, perduta per sempre.

- Perché non muore nessuno? -
Questa domanda sorse spontanea sulle labbra di Layra.
- Vuoi che muoia qualcuno? -
- No, ma seriamente, non muore nessuno. Gli strateghi ci distruggeranno, se non muore nessuno. -
-- Non saremo noi ad accontentarli – disse John.
Layra si voltò verso di lui.
- No? - chiese.
- No. -
- E va bene, animo puro. Resteremo candidi come la neve. -
- Ti prego, basta neve! - rise lui.
Lei lo baciò lentamente sulle labbra.
- Questo mi ha riscaldato – disse John.
Layra rise.
- Amo quando flirti. -
- Che cosa?! -
- E amo quando sei in imbarazzo! -
- Io non flirto! -
- Invece sì, e sei anche bravo! -
La colorazione di lui stava diventando di un rosso sempre più tendente al nero.
- Ok, non carbonizzarti le guance. Era un complimento. -
- Io non flirto – ribatté lui stolidamente.
- Oh, come sei noioso! Non è mica una cosa brutta! Bisogna flirtare con la propria ragazza! -
- Hai appena detto che sei la mia ragazza? -
- Sì. E stai arrossendo di nuovo. -
- Non è vero! -
- Sei adorabile. -
- Ok, basta! -
- John, stai arrossendo di nuovo! -

La notte calò di nuovo. Nessun morto, quel giorno. Il sigillo di Panem non era appena scomparso.  
Manuel si avvicinò a Jude.
- Ed eccoci ancora. Come va la lingua? Dai, dimmi qualcosa – lo umiliò il ragazzo del 4. - Non fare il cafone. Lo sai che bisogna rispondere alle domande. Niente? Be', allora procediamo. -
Estrasse un coltello spesso e tagliente.
- Ho riflettuto a lungo su quello che non ti serve più. E sai a quale conclusione sono arrivato? Sai cosa proprio non ti serve? L'uso delle dita. Perciò... -
Gli afferrò la mano e alzò la lama sul mignolo di lui.
La sensazione del metallo ghiacciato sulla pelle si manifestò sul collo.
- Fermati – gli intimò la voce di Ukrajina Ocean.
- Vattene, Ukrajina. -
- Se solo lo tocchi affondo la spada. -
- Non lo faresti mai. -
- Mettimi alla prova. -
Manuel abbassò la lama. Jude aprì la bocca per gridare, ma non riuscì a farlo. 
- Vedi, Ukrajina? Sono ancora vivo. -
- Non sarò più clemente. Fermati. -
Noncurante, Manuel colpì una seconda volta la mano di Jude.
- Bene. Hai scelto – disse la ragazza del 2.
Un colpo di cannone sparò per Manuel. Merilah si alzò di scatto e si lanciò su Ukrajina col tridente in mano. Fece solo due passi, poi la sua ipotetica vittima lanciò la spada. 
Un colpo di cannone sparò anche per lei.
I tributi del 2 si fissarono. In quell'unico sguardo, lei capì.
- Sei sicuro? - chiese.
Lui annuì piano. Lei lo imitò.
- Addio, Jude. -
Quella sera, nell'arena avevano tuonato tre colpi di cannone. 

Angolo Autore
Salve! Vi avviso che da ora in poi non riuscirò più ad aggiornare così velocemente, a causa della Società Che Uccide Onesti e Ligi Allievi (S.C.U.O.L.A.). 
Allora, visto che alcuni dicevano di far votare, altri di estrarre, per non fare un torto a nettuno sono stato costretto a decidere io tutte le prossime morti (ç_ç). Vi informo perciò che ho già stabilito chi sarà il vincitore e che la FF si concluderà in 17/18 capitoli. Quindi... siamo quasi alla fine. Procediamo.

Jude Blade, tributo maschile del Distretto 2.
Merilah Kippy, tributo femminile del Distrretto 4.
Manuel Black, tributo maschile del Distretto 4.

Volete che la song-fic (che tra l'altro sarà di un tributo morto che parla al vincitore) sia una cosa a parte o la devo inserire come ultimo capitolo? Votate!
A presto!
Silente996

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Capitolo 16
*** Di cieli rossi e capelli nella neve ***


Tre schermi li inquadravano. In uno, Ukrajina Ocean preparava i suoi oggetti personali; stava per andare a concludere gli Hunger Games.
Sul secondo Layra Likke e John Tailor guardavano ansiosi e spaventati il cielo, in attesa che gli Strateghi usassero la loro ultima arma.
Sull'ultimo due ragazze si tenevano per mano; una si guardava intorno e sussurrava parole rassicuranti all'altra, che piangeva silenziosamente.
- La voglio morta – disse Orobnus.
Weet non se ne sorprese. Il Primo Stratega voleva tutti morti. 
- Quale delle quattro? - chiese.
- Quella che piange – rispose l'altro, secco.
- Ma... lei... -
- Voglio vedere morta lei e i due piccioncini. -
- Signore... loro non hanno colpe... -
- L'amore non è ammesso nel mio gioco. Menchemeno le lacrime. Marie... -
La Stratega pigiò un dito sul pulsante digitale di fronte a lei.
- Saranno lì dentro fra dieci minuti, signore. -
- Perfetto. Che il sangue cominci a scorrere. -

Layra e John si muovevano nella foresta ghiacciata.  Nessun luogo era sicuro, ora che erano rimasti solo in cinque. Già due volte erano stati attaccati da singoli ibridi. Layra aveva riportato una brutta ferita all'avambraccio, e non era riuscita a nasconderlo a John.
Il bagliore del sole riflesso sul metallo di una spada li fece fermare. Ukrajina Ocean sbarrò loro la strada, la lama dritta davanti a sé.
I tre ragazzi si guardarono, agitati. L'unica favorita rimasta doveva combattere contro i due tributi più sponsorizzati dell'anno.
I loro cuori cominciarono a battere all'impazzata. Furono distratti da una sgargiante macchia di colori caldi che planava su di loro. Uno strano uccello atterrò su uno dei rami bassi.
Aveva le piume rosso fiamma e il lunghissimo becco arancione brillante. Si intravedevano tre code a lamina, gialle e nere, interamente piatte. In cima alla testa del volatile si innalzava un piccolo ciuffetto di piume.
L'uccello aprì il becco. Emise un suono melodioso e potente. Troppo potente.
I tre ragazzi si tapparono le orecchie; quello era il suono più intenso che avessero mai udito, più forte di cento colpi di cannone messi assieme. Altri tre uccelli planarono e si unirono al primo.
I ragazzi caddero a terra. Era come se lava bollente si facesse strada verso i timpani, distruggendo qualsiasi cosa. 
Ukrajina si alzò tremante e con un unico colpo recise il capo di due dei quattro volatili. I restanti aumentarono l'intensità del suono e si alzarono in volo. La ragazza alzò le mani al volto un attimo prima che le code degli ibridi gliele frustassero.
I suoi palmi si ricoprirono di profondi e rossi tagli. Gridò quando vide il cielo oscurato dall'inferocito stormo degli uccelli vermigli.

Violet aveva sentito un potentissimo suono crescere a circa un chilometro da lei. Poi il cielo si era riempito di rosso ed era cominciato l'oblio.
L'arena stessa pareva cantare, un canto lacerante, un canto che mandava in fiamme le orecchie. Violet si era portata le mani ai lati della testa per isolare il suono, tenendo però ben stretto il pugnale, ultimo sponsor ricevuto. Poi la vide. Arany Hampson non si era accucciata a terra, non si era tappata le orecchie; era rimasta a guardare il cielo, assorta.
- Arany! - Violet provò a gridare, ma il canto la sovrastò. - Arany! -
Uno stormo di uccelli calò sulla ragazza del 9. Questa non si mosse. Violet si alzò per aiutarla, ma appena tolse la mani dalle cavità auricolari crollò di nuovo a terra, urlando. Non poteva fare niente per Arany. Arany, che ora non si vedeva più, sommersa com'era dagli ibridi.
Il colpo di cannone non si sentì, ma Violet sapeva che c'era stato, e ne ebbe la conferma quando un hovercraft apparve per portare via il corpo di Arany dall'arena.
I fiocchi di neve ricominciarono a cadere. L'aveva persa, aveva perso anche lei.

L'agonia del canto si sommò a quella della bufera di neve. John non vedeva nulla, non sentiva nulla. Soffriva e basta. 
Sentì un corpo cadere alla sua sinistra. Gattonò verso di esso. Lo sfiorò con una mano e intravide delle ciocche bionde. Ciocche bionde.
Le sue urla non vennero udite, perché i suoni continuavano a imperversare nell'arena, a uccidere... e poi, d'improvviso, tutto finì.
Gli uccelli svanirono, e con loro il canto, la neve cessò di cadere. John chiuse gli occhi. Non voleva vederla con le membra sfregiate dalle code, con le orecchie letteralmente spaccate. Se la voleva ricordare com'era nella sera in cui l'aveva baciato, nel momento in cui gli aveva detto di amarlo, nel giorno in cui aveva pianto per le allucinazioni, mille anni prima.
Il sole cedette il posto alla luna e l'inno suonò. Sembrava così flebile, ora. Nel cielo lampeggiò l'immagine della ragazza del 9. Poi arrivò lei. 
John si prese la testa fra le mani e pianse, pianse e basta; si sentiva morto anche lui, non riusciva a soffrire davvero perché non concepiva l'idea che lei fosse morta, che il mondo gli avesse rubato anche il suo ultimo angolo di paradiso.

Violet contò sulle dita delle mani quanti tributi rimanevano. Partì da se stessa e sollevò due dita. Lei e Arany. Le fissò mentre gli occhi le si inumidivano, poi abbassò uno dei due. 
La ragazza del 2. il ragazzo del 10. Tre. Tre. Violet guardò le sue dita stupita. Non se ne era nemmeno resa conto. I giochi erano quasi finiti, e lei era ancora in vita.
L'immagine di suo padre si fece sempre più nitida, più possibile. Strinse il pugnale in una mano. Ce l'avrebbe fatta, ce l'avrebbe fatta per lei.
Segretamente, di nascosto, Violet Pitfal aggiunse un quarto dito alla conta.

Angolo Autore
Sì, lo so. Questo è un capitolo lampo, un bel concentrato d'azione che forse non avete gradito. Ma, insomma, gli Hunger Games stanno per concludersi e i capitoli sono necessariamente più corti. Come da procedura...

Arany Hampson, tributo femminile del Distretto 9.
Layra Likke, tributo femminile del Distretto 10.

Condoglianze davvero sentite ai creatori (Roulette e ColeiCheDanzaConIlFuoco). Ripeto che ho già deciso il vincitore, quindi... purtroppo so già chi morirà e soffro al pensiero di doverli uccidere.
Quindi, i creatori ancora "in gara" sono Canto_del_Lupo, ColeiCheDanzaConIlFuoco e Triscele_Celtica98. confermo che i capitoli saranno 18. 

La sogn-fic sarà a parte, come la maggioranza di voi ha scelto. Ho già deciso la canzone, anzi, è stata un po' quella a farmi decidere il vincitore. Sono quasi tentato di dirvi il cantante ma alcuni potrebbero non gradire. Se volete potete chiederlo nella recensione ;).
A presto (quest'espressione mi fa venire la nausea, ormai)!
Silente996

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Capitolo 17
*** Il torneo ***


La voce di Claudius Templesmith rimbombò nell'arena come un tuono romba durante il temporale.
- Attenzione, tributi. -
John, Violet e Ukrajina levarono istintivamente la testa al cielo.
- Per celebrare l'imminente conclusione dei giochi, gli Strateghi hanno organizzato un festino. Ma non sarà un festino normale, perché uno dei tre tributi rimasti cadrà. Dirigetevi alla Cornucopia dove vi verranno spiegate le regole. Chiunque non si presenterà verrà trasportato nel punto di ritrovo. Possa la fortuna essere sempre a vostro favore. -
Ma nessuno sarebbe mancato. Tutti avevano bisogno di qualcosa. Violet necessitava cibo alla svelta, John e Ukrajina avevano bisogno di medicine contro l'infezione che stava dominando sulle ferite causate dagli ibridi. In tre punti diversi dell'arena, i tributi si alzarono.
Emersero dalla foresta sul terreno nevoso e, fissandosi, si diressero in semicerchio verso la Cornucopia.
Due lacci inchiodarono i loro piedi e una piattaforma di metallo spuntò sotto di loro. Erano posizionati a due metri esatti l'uno dall'altro.
A cinquanta metri da loro si trovavano tre zaini con un numero ben impresso sopra. Distretto 2, Distretto 3, Distretto 10.
- Complimenti, tributi – la voce del presentatore tornò a parlare. - Non avevamo dubbi. Cominciamo. Ognuno dei tre zaini contiene una bomba. -
Lo disse così, senza convenevoli.
- Chiaramente, oltre all'ordigno c'è anche l'oggetto di cui avete bisogno. La bomba verrà innescata nello zaino dell'ultimo tributo che riuscirà a prenderlo. A questo punto, resteranno solo due tributi in gara. -
I ragazzi capirono. Un gioco mortale, una gara in cui il più lento moriva. Non erano ammessi errori.
- La vostra corsa avrà inizio fra tre secondi. -
Claudius Templesmith aveva detto che la fine dei giochi era imminente. Ma non era vero. I giochi erano appena iniziati.

Violet si lanciò in avanti con una furia che non sentiva sua. Gettava avanti le gambe fino allo spasmo, correndo selvaggiamente verso il numero 3, il numero 3, il numero 3.
Lanciò una rapida occhiata ai suoi avversari e scoprì di essere l'ultima. L'ultima l'ultima l'ultima l'ultima.
Si lanciò avanti gridando di terrore e riuscì a superare il ragazzo del 10. Doveva farcela, non esisteva nient'altro, solo lei e il numero 3, lei e il numero 3.
Ukrajina era partita sicura di sé. Era certa di essere la più veloce dei tre, e non si era sbagliata. Gli altri due le erano dietro di almeno tre metri. Ma fu proprio quello sguardo indietro che la fece sbagliare. Il suo piede incontrò un sasso e Ukrajina cadde a terra.
Cercò di rialzarsi subito, ma scivolò sulla neve e cadde ancora. La ragazza del 3 la superò la vide afferrare il suo zaino e gridare di sollievo.
Ukrajina riuscì a rimettersi in piedi; ora era alla stessa distanza dagli zaini del ragazzo del 10. Percorse di corsa quegli ultimi cinque metri che la separavano dallo zaino contrassegnato col numero 2. Ukrajina e John tesero le mani verso le cinghie nello stesso momento e sollevarono il loro zaino. Ma questo John lo fece un attimo prima.

La bomba esplose e un colpo di cannone sparò immediatamente. Il corpo di Ukrajina Ocean schizzò in aria e quando ricadde a terra di lei rimaneva solo qualche brandello insanguinato.
John e Violet si guardarono.
- Andiamo nella foresta e apriamo gli zaini. Per prima cosa – suggerì Violet.
- Sì, hai ragione – acconsentì John.
- Allora... ci si rivede tra poco. -
- Ci si rivede. -

Violet mangiò e John curò le sue ferite. Entrambi fecero passare il maggior tempo possibile. Quando il sole cominciò a picchiare direttamente sopra di loro, segno che era circa l'una, si decisero ad andare. Era l'ora.
Si ritrovarono poco distanti da dove quella mattina avevano cominciato a correre, a trenta metri dalla Cornucopia. Si guardarono negli occhi e Violet estrasse piano il suo coltello.
Non ci sarebbero state discussioni, addii, gesti di compassione. Tutto quello che John aveva sperato si infranse in quel gesto dell'avversaria. 
Aveva estratto il coltello, segno che avrebbero combattuto e uno dei due avrebbe ucciso l'altro. Si sarebbero battuti nella neve, procurandosi ferite, piangendo nella consapevolezza di come la capitale li avesse trasformati. Il sangue di entrambi avrebbe macchiato la neve, ma solo uno dei due sarebbe morto. 
Chi sarebbe riuscito a diventare un assassino più in fretta e nel modo peggiore avrebbe vinto. Forse era meglio perdere, forse era meglio morire nella neve con le mani bianche.
Quando sarebbero tornati a casa, i fantasmi di tutti, di tutti e gli altri ventitré tributi li avrebbero accompagnati.
Perché John e Violet se li ricordavano tutti. Si ricordavano persino i ragazzi morti il primo giorno. Si ricordavano di Anakeen Liam Wool, di Sil Alba, di Others Brumn, di Peter Enfatil, di Serafyna Caught. Nomi dispersi, destinati ad essere dimenticati.
Ma non da loro. No, loro non avrebbero dimenticato un solo, singolo nome, né una sola sola, singola faccia. Rim Thorn, Foma Konon, Manuel Black, Jude Blade, Layra Likke, Arany Hampson, Merilah Kippy, Ukrajina Ocean, Tiger shorts, Morzan Mors, Latvia Almonds, Annalisa Viride, Jeredith Camille Cohen, Jonah Rye Samules, Evan McHole, Cassandra Lovelace, Magnus Starkweather.
Quanti ne erano morti... erano solo ventidue, ma nel ripetere il loro nome sembravano miliardi. E poi se ne sarebbe aggiunto un altro. Violet Pitfal. O John Tailor.
Un fiocco di neve cadde fra gli ultimi due tributi rimasti, contornato dalla fredda luce solare.
John estrasse a sua volta il coltello. Ormai l'aveva capito.
Si sarebbero affrontati così.
Da bestia a bestia.

Angolo Autore
Allora, dico subito che farò il “discorsetto conclusivo” qui, così da non... intaccare il capitolo finale. Prima la consueta scaletta, però.

Ukrajina Ocean, tributo femminile del Distretto 2.

Voglio ringraziare tutti voi, voi che avete creato questi fantastici personaggi, voi che con le vostre recensioni mi avette compiaciuto migliorato, divertito, emozionato, voi che continuate a seguirmi, voi che ritagliate del tempo per leggere, per commentare questa storia. Siete stati formidabili per tutto il tempo in cui siete rimasti con me.
Sì, perché qualcuno mi ha abbandonato, ma io non ci sono mai rimasto male, credetemi. Grazie, davvero grazie. 
Devo darvi due avvisi:
  • Il primo è che non so quando pubblicherò la song-fic, anche perché sono molto combattuto fra due canzoni di Adele e non so davvero quale scegliere. Comunque di sicuro arriverà entro gennaio.
  • Il secondo è che ora mi sono lanciato in un nuovo progetto, “Cronache di Arthesia”, una storia originale fantasy (sono arrivato al terzo capitolo), e che ora mi dedicherò a quello. Questo vuol dire che per un po' mi assenterò come autore dalla sezione Hunger Games, ma continuerò a frequentarla assiduamente come scrittore, su questo non c'è dubbio. Penso che farò ritorno, prima o poi, alle FF su questa meravigliosa serie, ma non so assolutamente quando.
Detto questo, vi saluto e vi ringrazio ancora per tutto.
Ci vediamo al prossimo capitolo, l'ultimo, con cui si concluderà “The 60th games”. Parlerà dello scontro tra Violet e John, scoprirete il vincitore, e poi penso che inserirò un breve trafiletto con le storie delle varie famiglie dei caduti (non tutti, però! Quindi se il vostro manca non offendetevi) e, chiaramente, del vincitore. Di quest'ultimo un po' meno perché con la song-fic si tratterà esclusivamente di lui.
A pr... *piange*
Silente996

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Capitolo 18
*** Il cerchio si chiude ***


Un uccello gridò il suo verso, poi scomparve sopra le nuvole. La neve cadeva placida sull'arena, quel giorno. Nulla avrebbe suggerito un omicidio. 
Violet Pitfal e John Tailor compivano piccoli passi l'uno verso l'altra, i coltelli sguainati. I loro scarponi lasciavano profonde orme nella neve. Si avvicinavano sempre di più, pronti a morire per mano dell'altro.
Raggiunsero la distanza minima che avrebbe permesso un attacco... e la superarono. L'abbraccio che si diedero fu eseguito con un braccio solo, ma servì a far capire loro che entrambi erano creature costrette a portare morte.
- Promettiamoci – sussurrò Violet. - Che nessuno dei due si sentirà in colpa per la morte dell'altro. -
- Sì – bisbigliò John di rimando. - Lo prometto. -
- Lo prometto – sancì la ragazza del 3.

E fu proprio Violet la prima ad attaccare. Sferrò un  esitante affondo al corpo dell'altro, che lo evitò con un balzo.
I due cacciatori, o le due prede, si mossero in cerchio frementi di adrenalina. John lanciò di lato il braccio destro e la sua avversaria cadde nella neve per evitare il colpo.
Presa dal panico, Violet mulinò selvaggiamente il coltello in aria, mentre si rialzava. Le lame dei due si incrociarono a x. E ancora. E ancora.
John sapeva cosa doveva fare: la sua superiorità fisica gli avrebbe consentito di buttarla a terra e finirla lì dov'era caduta. Ma non lo fece. Non lo avrebbe mai fatto.
La lotta si fece più intensa, più brutale. Ora ogni colpo sferrato sarebbe potuto essere mortale. Quando John vide Violet avvicinarsi a lui, avvicinarsi troppo, reagì d'istinto. Sferrò un laterale al volto di lei; il colpo non andò a segno, ma scavo un taglio rosso sulla guancia di Violet.
Inorridito, John lasciò cadere a terra il coltello. E questa fu la sua condanna.
Un calcio nelle costole gli fece perdere il fiato e il ragazzo cadde a terra di pancia. Violet gli fu sopra e, mentre lacrime di orribile consapevolezza le rigavano il volto ferì violentemente John alla gamba una, due, tre volte. 
Il ragazzo del 10 raccolse le sue ultime forze e la disarcionò con un colpo di reni. Si alzò e fuggì verso il lago, la gamba ferita che urlava implorando una tregua.
John corse, corse e non si fermò. Scvolò sulla lastra ghiacciata del lago e fini a terra. Poco dopo fu raggiunto da Violet. Non riuscì ad alzarsi, e guardò la morte in faccia. Quel giorno aveva preso il volto di Violet Pitfal.
Ma John non morì. Non morì perché la persona alla quale la morte aveva preso il volto quel giorno era quella sbagliata. Esitò troppo. Esitò troppo e John rotolò di lato raggiungendo la riva innevata.
Violet cadde sulla lastra e, cadendo, la sua lama si piantò nel ghiaccio. Il laghetto si coprì di crepe. La sottilissima linea di freddo che spingeva di sotto le acque si era finalmente rotta. E Violet c'era sopra.
La ragazza afferrò una porzione di acqua gelata ancora attaccata alla riva con le mani, ma un cono di ghiaccio le si conficco nella schiena. Urlò ma resto aggrappata a quell'isolotto ancorato al terreno.
John le afferrò le mani.
- Vieni su – la incoraggiò.
- No... - sussurrò Violet agonizzante. - Lasciami qui. -
- Vieni su! -
- Ti prego... vinci... lasciami qui – dalla bocca di lei uscì un rivolo di sangue.
- Io non ti lascio! - urlò John iniziando a piangere dalla disperazione. - Vieni su! -
- Ti prego... - Violet si sforzò di ricordare il suo nome. - ...John... morirei lo stesso. -
- Per favore... per favore... -
Violet gridò e sputò altro sangue. Il cono aveva raggiunto i polmoni. John allentò la presa.
- Perdonami – disse la ragazza.
Lo disse perché sapeva di aver condannato quel ragazzo ad incubi accusatori sul come lui avrebbe potuto salvarla. Depositò un lieve bacio sulle nocche di lui, un bacio privo d'amore o amicizia; era stato un gesto di ringraziamento.
Un'ultima lacrima rigò il volto di John, poi lui fece scivolare il corpo di lei nell'acqua gelata.
Un uccello gridò il suo verso, poi scomparve sopra le nuvole. La neve cadeva placida sull'arena, quel giorno. Nulla avrebbe suggerito un omicidio.

Si fece trasportare a fondo dal peso degli scarponi. Ecco. Violet aveva pensato alla morte, qualche volta, ma non se l'era mai immaginata così. 
Le venne da sorridere. Pregò che suo padre sopravvivesse alla sua morte, sperò che riuscisse a risposarsi e a rifarsi una famiglia. Pregò che il ragazzo del 10 non venisse sopraffatto dai sensi di colpa. Pregò che qualcuno abbattesse Capitol City.
Pregò.
Violet non credeva in Dio. Non le avevano mai parlato di Dio. Ma ora, ora che provava tutta quella tristezza, quella speranza, quel rimorso, fu certa che un Dio esisteva, e lei lo pregò.
Pregò che la ferita e il freddo la risparmiassero dall'agonia dell'affogamento. E così fu.
Poté quasi sentire il cannone sparare nell'arena. Per un attimo sperò di essere viva, per un attimo sperò che il ragazzo del 10 fosse morto e che lei sarebbe potuta tornare a casa.
Ma Violet sapeva, nel profondo del cuore, che quel colpo di cannone aveva sparato per lei.

 

John uscì vincitore dai sessantesimi Hunger Games.

Il padre di Violet invecchiò da solo, ingrigì, e morì fra le lacrime pensando al suo angelo.

Lorence Swinsky sposò Fwan Erenburn un anno dopo che la sorellina di Evan venisse estratta per i sessantaquattresimi Hnger Games. Marie morì lì, a dodici anni, felice di poter raggiungere suo fratello.

Mirko, il fidanzato di Jeredith, non ebbe più vita. Cadde nel giro della droga e, durante i sessantacinquesimi Hunger Games, si suicidò.

Yamaha morì di parto. Yelmouth, il figlio di Rim, venne affidato ai genitori del ragazzo. Anche lui venne sorteggiato per i settantatreesimi Hunger Games. Anche lui morì nell'arena.

Il padre di Jude venne ucciso dalla figlia Prudence quando mise le mani addosso alla madre dei ragazzi per sfogarsi in seguito alla sconfitta del tributo. La ragazza venne giustiziata pubblicamente. La madre di Jude, Prudence e Mxwell morì di depressione, lasciando quest'ultimo figlio solo e devastato.

Questo fece Capitol City.

Questo portarono i sessantesimi Hunger Games.

John sposò Susan Minter; la ragazza aveva i capelli neri. Aveva scelto qualcuno che si contrapponesse alla ferita ancora aperta del ricordo di Layra Likke. Il ragazzo divenne un caro amico dei nonni della sua compagna di Distretto nell'arena. John fu l'unica cosa che permise ai due anziani di sopravvivere. Ebbe due figli, un maschio e una femmina. Piano piano, Susan riuscì a cicatrizzare gli innumerevoli sfregi che l'anima di John recava.

E la leggenda narra
che dopo molti anni
John riuscì a dimenticare
la ragazza dai capelli biondi.
Angolo Autore
È finita. Io non ci posso credere. Io non ci credo. Vi ringrazio ancora, siete stati meravigliosi. Vi prometto che entro febbraio arriverà la song-fic.
Sono triste scrivendo queste parole. Sono distrutto. Canto_del_Lupo aveva elaborato una giusta teoria. Mi scuso con lei per aver ucciso Violet.
Vi lascio con qualche lacrima a rigare il mio viso.
Quest'esperienza con voi è stata fantastica. 
Grazie.
Silente996

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