He is Coming: Il Ritorno dei Morti Viventi

di MignolocolProf
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Devil can cry ***
Capitolo 2: *** Jackpot ***
Capitolo 3: *** Vivo ***
Capitolo 4: *** Figlio ***



Capitolo 1
*** Prologo: Devil can cry ***


A quell’ora del giorno, erano in pochi quelli che giravano per le strade della periferia.
Troppo caldo, dicevano.
Troppo silenzio,dicevano.
Ed era per questo motivo che anche Slum Avenue era deserta.
O almeno, così sembrava.
Ma al numero 123 tutto c’era meno che il silenzio.
Dietro alla parete di pietra possente, dietro la scritta luminescente che riportava il nome dell’agenzia, erano chiaramente udibili due voci.
Due uomini, che urlavano.

-Smettila di farmi la predica e trovami un lavoro decente!-
Dante sbuffò lasciandosi cadere a sedere sulla sedia e sbattendo malamente le gambe sulla scrivania.
-Tutti i lavori che ti procuro sono remunerativi, non è certo colpa mia se tu non li porti a termine.-
Calcò visibilmente sul “tu” per sottolineare la responsabilità dell’uomo.
-Tzè-
Il mezzo demone chiuse gli occhi e si confinò in un silenzio ostinato, fingendo di dormire.
Morrison sbuffò e alzò le braccia in cenno di resa.
-Sei una causa persa, me ne vado.-
infilatosi la giacca e indossato il cappello, uscì sbattendosi il grosso portone alle spalle, senza aspettare risposta.
Consapevole che una risposta non ci sarebbe stata.

L’uomo rimase immobile con gli occhi chiusi fino a quando non venne nuovamente circondato dal silenzio;
una volta accertatosi di essere rimasto solo sbuffò  e rimase per un attimo a fissare le pale che ruotavano sul soffitto, senza vederle.
Il telefono squillò e Dante alzò la cornetta rispondendo bruscamente.

-Devil May Cry, mi dispiace ma siamo chiusi. Riprovi quando avrò voglia di starla a sentire.-
La voce dall’altra parte balbettò qualcosa e l’uomo fece una smorfia.
-Ho.Detto.Che.Siamo.Chiusi.-
E chiuse il telefono in faccia al malcapitato, senza un minimo di rimorso per il trattamento riservatogli.
-Al diavolo.-
 Si alzò di scatto, urtando la scrivania e girandovi intorno, dirigendosi verso il biliardo, con tutta l’intenzione di distrarsi.
Ma il suo percorso venne interrotto dal rumore di un oggetto che cadeva a terra e dal suono di vetri rotti.
I vetri della cornice che Dante teneva sulla scrivania si erano sparsi a terra, eliminando ogni protezione per la fotografia che vi era custodita.
La raccolse con delicatezza,come se avesse avuto tra le mani il cristallo più raro e fragile del mondo.
Passò piano le dita sull’immagine, come in una carezza e i suoi occhi si colorarono di una strana dolcezza, una dolcezza triste, dettata dalla nostalgia.


Perdonami, mamma.
Ho sbagliato tutto.

Istintivamente alzò lo sguardo sul muro dietro la scrivania.
Lì, come un trofeo, era appesa la Sparda, la spada di suo padre.
La spada che avrebbe preferito non trovare mai, non a quel prezzo.
Infilò la mano in tasca e ne tirò fuori un guanto.

Vecchio, trasandato , rotto,incrostato di sangue, tagliato.
Sì, tagliato, proprio lì, sul palmo della mano.
Non aveva avuto il coraggio di gettarlo via.
Non aveva il coraggio di gettarlo neanche in quel momento.
Lo strinse con forza nella mano, avvicinandolo al viso.
I ricordi affollarono con violenza la sua mente e lo vide ancora, proprio come lo vedeva ogni notte.
Lo vide cadere.
Lo vide precipitare.
E vide ancora quell’involucro irriconoscibile mandatogli da Mundus, che aveva distrutto tutte le sue speranze.

E come ogni maledetta volta, si disse che aveva sbagliato tutto.
Che sarebbe  bastato sporgersi un po’ e trascurare quel fottutissimo taglietto per evitare che precipitasse.
Che avrebbe dovuto capire già dalla prima volta che quel Nelo Angelo aveva qualcosa di strano.
Che l’aveva ucciso lui, per ben due volte.
Era un fratricidio a tutti gli effetti.

E’ tutta colpa tua.
Il suo riflesso nello specchio glielo gridava ogni mattina da vent’anni.

Il suo cuore si stringeva dolorosamente ogni volta che ricordava, negli ultimi cinque anni.

Devils never cry.

I diavoli non piangono mai.
Eppure ogni volta, ogni maledettissima volta, i suoi occhi bruciavano e lui era costretto a ricacciare indietro le lacrime.
Perché un diavolo non piange mai.
Mai.

I suoi pensieri vennero bruscamente interrotti dal rumore della porta che si apriva.
Alzò la testa di scatto, girandola quanto bastava per intravedere l’ombra di un uomo e capire che non si trattava di Morrison.

-Mi dispiace, oggi siamo chiusi.-

All’inizio a rispondergli fu solo il silenzio. Poi venne raggiunto da una voce strascicata e dannatamente profonda.
E fredda allo stesso tempo.
-Non posso portarti via neanche pochi minuti?-

Dante si sentì morire.

No.
Non era possibile.
Era solo uno dei suoi maledetti incubi.

Per la prima volta Dante senti mancargli il coraggio.
Il coraggio di credere.
Il coraggio di voltarsi.

La mano che stringeva il guanto si strinse convulsamente.

C’era qualcosa di dannatamente sbagliato.

Prese dei respiri profondi.
Sentiva tutto il suo corpo tremare.
Aveva paura.
Una paura fottuta.
Si voltò piano, col cuore che sembrava volergli uscire dal petto.

Si voltò piano e fissò lo sguardo dritto negli occhi dell’uomo che aspettava in silenzio davanti alla porta.

Quello abbozzò un sorriso.

Devils never cry.

-Ciao, Dante.-

Devils never cry.

La cornice gli cadde di mano e quel poco vetro rimasto finì di rompersi.

Maybe somewhere out there even a devil may cry
when
he loses aloved one.

Mentre guardava quegli occhi azzurri così simili ai suoi, il mondo gli crollò addosso.

 

Devil can cry.

 

 

 

 


Angolo del laboratorio abusivo del Dottor Igor

 

Salve, umani!

Noi siamo Mignolo e Prof e attraverso le nostre fic CONQUISTEREMO IL MONDO!

Questa è la prima storia che scriviamo insieme (prima non eravamo in società perché Prof era in prigione e Mignolo preferiva fare sculture con i marshmallows), ma vi assicuriamo che non è scritta a scopi di lucro, ma solo per CONQUISTARE IL MONDO.

Speriamo vi piaccia. Speriamo anche che recensiate e ci diciate cosa ne pensate,  altrimenti CONQUISTEREMO IL MONDO (lo faremo comunque, in effetti).

Si ringrazia Dionigibacco per averci aiutato nell’ambito grammaticale. Se trovate errori di battitura date la colpa a lui.

Hasta la vista!

Mignolocolprof

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Capitolo 2
*** Jackpot ***


-Vergil-
Dante dovette appoggiarsi alla scrivania per non cadere.
Rimase a fissare quell’uomo con gli occhi sgranati e la mano ancora convulsamente stretta attorno al guanto.
L’altro abbozzò un mezzo sorriso, mettendo in mostra una piccola porzione dei suoi denti lucidi e bianchi.
Quasi a voler deridere la sua incredulità.
-Non ricordavo che avessi dei tempi di reazione così lenti, fratellino.-
E qualcosa dentro Dante scattò.
La mano libera corse a Ebony e la puntò dritta sul viso del suo ospite.
-Non chiamarmi in quel modo!- ringhiò.
Quello non si scompose troppo e si limitò ad inarcare un sopracciglio.
-E come dovrei chiamarti, di grazia?-
Davanti a quell’ostentazione così palese di sicurezza, gli occhi di Dante vennero attraversati  dall’ombra del dubbio.
-Tu…tu sei morto!-
Il gemello si limitò a fissarlo in silenzio, dritto in quegli occhi così simili ai suoi e il cacciatore di demoni si sentì vacillare.
Non era possibile.
 
Remember what we used to say?
 
-Jackpot-
Gli occhi di Dante si spalancarono.
 
Do you remember…
 
Il braccio che impugnava la pistola ricadde fiacco lungo il suo fianco e gli occhi gli pizzicarono.
 
…brother?
 
-Vergil-
Era stato un sussurro incredulo il suo.
Quasi a volersi convincere che quella parola fosse sbagliata, inadatta per quella situazione.
-Tu sei morto davanti ai miei occhi.-
Sono stato io ad ucciderti.
 
Vergil lo guardò con aria vagamente triste e sospirò.
-E’ vero, come non lo è.-
Quella di Dante fu una domanda silenziosa. Ma Vergil non rispose e si lasciò cadere scompostamente sul divano dell’ufficio.
-Fai come se fossi a casa tua!- osservò Dante con una nota di sarcasmo nella voce.
L’altro si limitò ad un gesto noncurante della mano e accavallò le gambe, tirando indietro la testa e chiudendo gli occhi.
Dante si soffermò ad osservarlo.
Nonostante fossero passati vent’anni dall’ultima volta in cui l’aveva visto così, non era cambiato poi molto.
Gli sembrava quasi di essere tornato indietro, a quando l’aveva incontrato sul Tame-ni-gru.
Gli stessi occhi glaciali, che sembravano leggergli l’anima;
gli stessi capelli chiarissimi tirati ordinatamente all’indietro;
gli stessi abiti scuri ed eleganti dal taglio orientale, così diversi dai suoi.
E aveva conservato anche quella stessa aria pensierosa, costantemente stampata sul volto.
Quella stessa aria che, quando andava ancora tutto bene, attirava molte più ragazze di quante riuscisse Dante, scatenando la sua invidia.
L’unica differenza che poteva cogliere era il fisico. Era diventato più robusto, più possente.
Dante avvertì ancora quella strana sensazione di stare guardandosi allo specchio.
Soffermandosi ancora sulla sua figura si accorse che c’era qualcosa che stonava con le sue mani;
 
Pallide
 
Contribuivano a trasmettere quello strano senso di pace che a Vergil non si addiceva, aveva un che di sbagliato.
Quasi mancasse qualcosa.
Per un attimo Dante distolse lo sguardo, facendolo vagare per la stanza, alla ricerca del dettaglio che donasse nuovamente armonia a suo fratello. E quando tornò con gli occhi al punto di partenza, incontrando il viso disteso di Vergil, Dante capì.
 
La spada del demone dal bel volto.
 
Yamato.
Era la sua assenza che circondava Vergil di quel fastidioso senso di incompletezza.
-Intendi rimanere così ancora per molto?-
Tagliente, strafottente, impassibile.
 
Fastidioso, irritante,da prendere a calci.
 
-Io credo che tu mi debba delle spiegazioni, amato fratello.-
Vergil alzò di scatto la testa aprendo gli occhi e puntandoli sul gemello.
Lo sguardo di Dante lo spaventò.
Per quanto tentasse di nasconderlo, non c’era la solita sicurezza a brillargli negli occhi; riusciva a vedere soltanto paura.
Un sentimento che aveva colto solo una volta nel fratello tanti, troppi anni prima.
Quando erano stati circondati dalle fiamme.
Quando i demoni avevano sancito la loro condanna.
Quando lei era morta.
Quando erano rimasti soli al mondo.
Quando avevano solo 16 anni.
Quando, per l’ultima volta, erano stati fratelli.

 
Potevano esserlo ancora?
 
Vergil sospirò.
-Sì, suppongo di sì. Cosa vuoi sapere?-
Dante si agitò irritato.
-Non saprei! Magari potresti raccontarmi dei party che organizzavate giù all’inferno, scommetto che vi divertivate da morire!-
L’altro inarcò un sopracciglio.
-Il tuo sarcasmo è fuori luogo. E smettila di agitarti!-
-FUORI LUOGO? Sono le tue domande ad essere fuori luogo! Da un giorno all’altro mi ritrovo davanti un fratello che credevo morto da vent’anni. Permetti, sono un tantino agitato.-
Vergil assunse un’aria pensierosa.
-Sì, suppongo sia legittimo.-
Dante sbuffò.
-Sei stato tu-
-Cosa?-
-Sei stato tu a permettermi di tornare. Non so come sia successo, ma quando Mundus è morto, io mi sono ritrovato libero.-
Dante si sedette sulla poltrona davanti al fratello, in attesa di spiegazioni che non era certo di voler sentire.
 
 
Bunker sotterraneo della Siberia centrale:

Salve, oh voi lettori. Siete finalmente giunti a questo secondo capitolo, così come noi siamo giunti al secondo step per la CONQUISTA DEL MONDO!
Prof è stata schiav... Cioè, si è resa utile per il sociale e scrive nella sua cantina ammuffita mentre studia l'ungherese per coronare il suo sogno d'amore.
BUDAPEST CAPITALE MONDIALE! [cit.]
E Mignolo... è latitante da giorni, la polizia ha perso le sue tracce. Non chiedetemi per quale motivo sia ricercata.
E io... beh, io sono Dionigibacco *Taaa daaan*
LASCIATECI UNA FOTTUTA RECENSIONE per contribuire alla CONQUISTA DEL... vabbè, lo avete capito ormai.
Vi vogliamo bene <3

Mignolo, Prof e Dionigibacco.


Note di Mignolo (che è sfuggita per un soffio alla polizia)

Vorrei ringraziare -visto che non l'ho potuto fare prima- la nostra recens... ora? Trice? vabbè, un grazie di proporzioni enormi a Bryluen che ha recensito questo primo capitolo e senza essere stata costretta! Ti ringrazio a nome di tutta la compagnia. E soprattutto a nome mio, visto che Prof mi precede sempre nella risposta alle recensioni e quindi io sembro inesistente(Maledetta bastarda!).

 

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Capitolo 3
*** Vivo ***


Quando aveva aperto gli occhi aveva visto il buio.
Non riusciva a distinguere niente intorno, ma in lontananza avvertiva dei forti rumori.
E poi fu il dolore.
Gli attraversava il corpo con scariche talmente violente da farlo sperare in una morte rapida.
In qualunque cosa fosse necessaria per porre fine a quello strazio.
Si sentiva come se qualcosa stesse lacerando a morsi le sue carni, come se gliele stesse strappando dal corpo.
Si contorse in preda agli spasmi e avvertì il pavimento ruvido grattargli sulla schiena e sbucciargli le piante dei piedi.
E gridò.
Gridò fino a non avere più fiato in gola, fino a distruggersi le corde vocali.
Le lacrime gli rigavano il volto senza che lui potesse controllarle.
Cercava appigli sul terreno, per darsi forza, per cercare di capire come fermare quella tortura, ma niente. Le sue mani raschiavano a terra, le sue dita si spellavano, ma il dolore non cessava.
Non era più in grado di intendere e di volere, tutto ciò che il suo cervello riusciva a percepire era il dolore.
Eppure non sembrava esserci nulla.
Nessuno.
Era solo, nel buio.
Col suo dolore.
Perché?
Il sangue sembrava bollirgli nelle vene eppure gli sembrava di essere freddo come il ghiaccio.
E faceva dannatamente male.

Non seppe dire per quanto tempo era rimasto lì a contorcersi e a urlare, ma ad un certo punto quello strazio cessò, lasciandolo lì a terra, nudo, senza fiato, dolorante e tremante.
Vivo.
Maledettamente, dolorosamente, certamente vivo.
E quelle consapevolezza lo fece piangere e gridare ancora.
Era vivo.
Era vivo come temeva di non essere più da troppo tempo.
Vivo.

Rotolò su sé stesso e fece perno sulle braccia, alzandosi con lentezza.
Cedette e rovinò in ginocchio, ancora stremato dal dolore, che si portava dietro ancora alcuni deboli strascichi.
Fece pressione sulle braccia e ritentò più e più volte, fino a quando riuscì ad assumere una posizione vagamente eretta, tremando sulle gambe malferme.
Riprese il fiato piano, abituandosi ancora al suo corpo.
Il suo vero corpo.
Dio, se gli era mancato.
Si osservò le mani con calma, riprendendo confidenza con esse. Sentì il pavimento ruvido sotto i piedi e gioì di quella sensazione ruvida.
E rise, rise come un pazzo.
Non era mai stato così felice.
Riso fino a sentire male alla pelle del volto.
Si passò le mani sul viso e le scoprì bagnate.
Lacrime, ancora lacrime.
Lacrime che era ben felice di versare.
Le asciugò con un gesto rapido della mano e puntò lo sguardo fisso davanti a lui.
Il buio. C’era solamente il buio.
Nient’altro.
Lentamente, pregando che le sue gambe ancora troppo deboli non lo tradissero iniziò a camminare.
Non aveva una direzione, non aveva una meta.
Semplicemente, camminava.
quel buio non poteva essere infinito, no?

Camminò, camminò e camminò ancora.
Il suo corpo,non ripresosi del tutto, era debole.
I passi erano lenti e i l’unico modo che aveva per avanzare era trascinare i piedi.
E poi, quando anche l’ultima flebile scintilla di speranza, vide un punto luminoso, lontano.
L’uscita.
L’uscita da quell’inferno nero.
Verso quale altro inferno l’avrebbe portato?
L’avrebbe davvero portato da qualche altra parte?

Decise che non era importante.. Doveva solo andare avanti.
E lo fece, a dispetto di tutto, lo fece. Andò avanti.

 
-Solo in seguito ho scoperto che quel luogo è chiamato Infinito. E’ lì che Mundus…- rabbrividì- …estrae le anime ai malcapitati che gli finiscono tra le mani.-
Dante tremò leggermente, portandosi istintivamente una mano al petto.
L’anima.
Dopo un breve istante di silenzio, Vergil proseguì.
 
La luce per un momento lo accecò.
Portò un braccio davanti al volto per proteggersi gli occhi e abituarsi a quella netta differenza.
Fiamme.
Tutto intorno imperversava il fuoco.
Orde di demoni fuggivano, terrorizzate.
Perché non erano le solite fiamme in cui erano soliti gioire.
Rappresentavano la distruzione.
Il loro mondo stava crollando.

Il fuoco non risparmia nessuno.

Si passò una mano sul petto, preoccupandosi di come avrebbe potuto affrontare le fiamme senza alcuna protezione.
Invulnerabile, ma fino a un certo punto.
Ma invece di incontrare la pelle nuda, trovò la stoffa.
Si guardò incredulo, passandosi le mani lungo il corpo, per trovare effettiva conferma di ciò che vedeva.
Aveva degli abiti addosso.
I suoi abiti.
Passò delicatamente le dita sulla stoffa della sua lunga giacca.
Sospirò compiaciuto.
Ma quando la sua mano corse lungo il fianco, raggelò.
Venne invaso da un senso di terrore, e rabbia.
Non c’era.
Yamato non c’era.
La sua amata spada non era più con lui.
Fu pervaso dal panico.
Come avrebbe superato quell’inferno senza di lei?
Ma qualcosa dentro il suo animo si mosse. La sua anima ringhiò e lui la sentì chiaramente.
L’avrebbe ritrovata.

Lei era sua, unicamente sua.
E di nessun altro.
Era la sua metà.

Avrebbe girato ogni girone dell’inferno, la terra, il cielo, tutto, tutto pur di ritrovarla.
Ma prima, si sarebbe ripreso la sua libertà.
Perché Yamato era potere, ma senza la libertà “potere” è solamente una parola.

Animato da una nuova forza iniziò a correre attraverso le fiamme. I demoni, troppo occupati a fuggire, troppo terrorizzati per capire, non avvertivano il suo odore.
Quell’odore che tanto li disgustava.
Eh sì, il fuoco fa miracoli anche all’inferno.

Sentiva qualche goccia di sudore scendergli lentamente lungo la schiena, procurandogli dei brividi.
La vedeva.
Sapeva che era davanti a lui
L’uscita.
L’unica porta dell’inferno.
E ci si fiondò sopra e la prese a spallate fino a farsi male, più e più volte fino a farla cedere, rovinando a terra con essa.
Si rialzò puntellandosi con le braccia e gemette per l’urto della caduta.
Fece per avanzare ma i suoi piedi incontrarono il vuoto. Indietreggiò di scatto, guardandosi attorno.
Davanti a lui c’era l’abisso.
La vera uscita dell’inferno.
L’unica uscita.
Prese un respiro profondo, chiuse gli occhi e si lasciò cadere.

 
Casetta sull’albero nella Foresta Amazzonica:

Buondì, amati lettori.
Ecco a voi il terzo capitolo della storia che segna anche il superamento della nostra terza tappa per la CONQUISTA DEL MONDO!

Questa volta è Prof che, sceso dal monte Olimpo, viene a parlarvi.

Mignolo è sparitq da giorni nella vegetazione. Non so che fine abbia fatto.
Probabilmente sta banchettando con le carni di qualche indigeno a una festicciola di una qualche tribù strana. Non c’è da temere per lei. C’è da temere LEI.

E Dionigibacco….con l’ultima luna piena è diventato una Pecora Mannara ed è sparito.

E io sono rimasta sola. Ma non temete, i miei progetti per la CONQUISTA DEL MONDO, continuano.
Vi incoraggiamo gentilmente –sorride malignamente- a lasciarci una recensione.
Fatelo, perchè noi CONQUISTEREMO IL MONDO.

Prof, Mignolo e Dionigibacco.

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Capitolo 4
*** Figlio ***


-E poi?- solo in quel momento Dante si accorse di aver trattenuto il respiro.
Vergil gli scoccò un’occhiata derisoria –E poi niente, mi sono ritrovato fuori.-
Il cacciatore di demoni congiunse le mani e se le portò al viso, concedendosi un attimo di riflessione.
-Se ti sforzi così tanto ti entra in cortocircuito il cervello, fratellino. Lo sai che quello intelligente sono io-
-Ma sta’ zitto, cretino!- Dante emise un ringhio irritato e Vergil fece spallucce, non scomponendosi troppo davanti all’espressione animalesca del gemello.
-C’è qualcosa che non mi quadra in quello che hai detto.-
-Cioè?-
Dante lo guardò dritto negli occhi.
-Il tempo.- Vergil inarcò un sopracciglio confuso –Sono passati 5 anni da…quell’episodio. Perché ti sei presentato da me solo adesso?-
Il gemello rimase per lungo tempo a guardarlo, senza emettere un fiato; tanto che Dante incominciò ad agitarsi sulla poltrona, sotto quello sguardo indagatore.
-Ho girato un po’, dovevo riordinare le idee. E poi, tu non sei certo stato il mio primo pensiero. Non dopo quello che è successo tra noi, ti pare fratellino?-
Dante abbassò lo sguardo, sentendosi colpevole.
Imbarazzato.
-Ho cercato Yamato- Dante sobbalzò a quel nome -..ma senza successo. Ho girato anni per ritrovarla, ma niente. Sparita, svanita nel nulla.-
-E quindi hai pensato bene di venire da me?-
Vergil gli scoccò uno sguardo annoiato –Sì, diciamo di sì. Però so che non ce l’hai.- sospirò scocciato – Io e quella spada siamo un tutt’uno. Mi basterebbe anche solo trovarmi nella stessa città, per capire dov’è. Ma quando sono arrivato qui non ho sentito nulla.- spiegò davanti allo sguardo confuso del fratello.
Dante si alzò, avvicinandosi alla scrivania e vi si appoggiò, incrociando le braccia.
-E allora perché sei venuto qui? Volevi finire quello che avevamo iniziato?- Dante rabbrividì al solo pensiero.
Vergil assunse un’espressione leggermente disgustata.
-Cielo, Dante, mi credi così squallido?-
Quello lo guardò e gli tornarono alla mente le sue parole.
-Sei stato tu-
-Cosa?-
-Sei stato tu a permettermi di tornare.-

-Ti prego, non dirmi che sei venuto fin qui per ringraziarmi. Non resisterei al colpo.-
Vergil si passò una mano tra i capelli, in un gesto che a Dante ricordò tanto la loro infanzia.
L’aveva sempre fatto, quasi senza accorgersene; era più forte di lui.
Lo faceva ogni volta che rifletteva su qualcosa, che si fosse trattato di una sciocchezza o di una situazione insormontabile.
Forse era l’unico gesto spontaneo che aveva mai visto compiere da suo fratello.
Niente piani dietro, niente trucchi. Nulla di premeditato, diversamente da tutte le altre cose che aveva sempre fatto.
-Mi aiuta a pensare.-
gli aveva detto.

Vergil era fatto così.
E nuovamente Dante si accorse di quando erano diversi pur essendo fratelli gemelli.
Lui impulsivo, testardo, violento. Privo di gusto, come diceva Vergil.
L’altro silenzioso, machiavellico, riflessivo. Assolutamente irritante, come aveva sempre sottolineato Dante.
-Sono qui per chiederti di aiutarmi.-
Rise sarcastico -Questo, se possibile, è ancora più innaturale.-
Vergil lo guardò con astio e si alzò di scatto, irritato come Dante non l’aveva mai visto.
Si sorprese di quel comportamento così impulsivo; non era da lui, che si era sempre distinto per il suo autocontrollo e i suoi modi impassibili.
Gli afferrò di scatto il braccio, impedendogli di prendere la porta e di andarsene.
Non glielo avrebbe permesso.
Non di nuovo.


Vergil scansò bruscamente la sua mano e si passò nuovamente le dita tra i capelli, in un gesto nervoso.
Dante indietreggiò ancora fino alla scrivania e vi si appoggiò.
Il gemello rimase immobile davanti alla porta, dandogli le spalle.
Sospirò –Scusami, sono ancora abbastanza nervoso.-
Suo fratello rimase immobile, continuando a dargli le spalle.
Il cacciatore di demoni si passò stancamente una mano sul viso, senza sapere come uscire da quella situazione di stallo.
Sarebbe bastata un’altra parola sbagliata e l’avrebbe perso per sempre. Ancora.
Fece appena in tempo ad alzare la mano per proteggersi il viso e afferrò l’oggetto che gli era stato lanciato contro.
Aprì la mano e si sorprese.
Un ciondolo. Uno di quelli ovali che si usavano per metterci una foto dentro.
-Sto cercando una persona.-
Dante guardò dritto negli occhi il fratello e venne invaso dai sentimenti confusi che si agitavano in Vergil.
-Chi?-
L’altro indicò il ciondolo con un breve cenno della testa e Dante lo aprì con delicatezza.
Ciò che vide lo lasciò di sasso.
Una donna estremamente giovane sorrideva verso l’obiettivo. I lunghi capelli neri le incorniciavano il volto delicato e gli occhi verdi leggermente socchiusi brillavano, come mai aveva visto in una persona.
Era felice. Era maledettamente felice.
Ed era bellissima.
Tra le braccia esili stringeva un fagotto e Dante riuscì a distinguere il viso di un neonato avvolto da una piccola coperta celeste. Vide i capelli di un chiarore innaturale e i grandi occhi azzurri che guardavano assonnati verso di lui.
Ma quello che lo sconvolse più di ogni altra cosa, fu l’uomo.
Un Vergil di vent’anni più giovane cingeva il fianco della donna con delicatezza e guardava verso l’obiettivo.
Ma non fu tanto il contesto così strano a sorprenderlo, ma l’espressione del fratello.
Sorrideva.
Vergil sorrideva.
Dante non l’aveva mai visto sorridere in quel modo. Era felice.
Possibile?
Dopo tutto quello che era successo nel corso delle loro vite, Vergil era riuscito a trovare la felicità, anche se per poco?
-Mio figlio.-
Dante alzò di scatto lo sguardo.
-Sto cercando mio figlio.-
Dante boccheggiò.
-Come…come si chiama?-
-Nero-
In un istante davanti ai suoi occhi passarono tante immagini che andavano a sovrapporsi una sull’altra.
Il soggetto, sempre lo stesso.
Un ragazzo con i capelli bianchi e gli occhi azzurri. Con un braccio che era la sua forza e la sua vergogna, una pistola rapida e una strafottenza unica.
Nero.
In quell’istante, davanti a quella fotografia, davanti allo sguardo di suo fratello, capì di averci visto giusto quella volta.
Quel giorno di due anni prima in cui aveva lasciato la Yamato nelle mani di quel ragazzo così simile a lui.
Così maledettamente simile a Vergil.
Se suo fratello l’avesse saputo, l’avrebbe ammazzato.
Deglutì rumorosamente –Puoi darmi qualche informazione in più?-
-Volentieri, se sapessi qualcosa.-
Dante lo guardò spaesato e Vergil sospirò affranto.
In quel momento lesse sul suo volto tutto il dolore che si portava dentro.
-Che intendi dire?-
-Intendo dire che quella…- indicò la fotografia nel ciondolo –è stata l’ultima volta che li ho visti.-
Dante chiuse con delicatezza il ciondolo e, prendendo una delle mani di Vergil, ve lo pose.
Suo fratello strinse il pugno e lo avvicinò al viso, chiudendo gli occhi e sospirando pesantemente.
Gli mise una mano sulla spalla e strinse leggermente, per fargli capire che lui adesso c’era.
Che il passato era passato e bisognava guardare avanti.
Si guardarono negli occhi per un breve momento e Dante sorrise.
-Ti aiuterò a trovarlo, costi quel che costi.-
Sì, Vergil lo avrebbe ucciso.
Era solo questione di tempo, prima della verità.

 
Iniziò a camminare per la stanza e raggiunse il divano, lasciandosi cadere tra i cuscini e tirando indietro la testa, appoggiandola sullo schienale.
-Quel ragazzo….saprai riconoscerlo?-
Io ci riuscirò di certo, dopo tutte le volte che ha cercato di uccidermi.
Vergil parve sovrappensiero –Non lo so. Credo, spero di sì.-
Dante lo guardò con aria triste e si accorse con orrore di non essere in grado di comprendere cosa stesse provando suo fratello in quel momento.
I suoi occhi, sempre così maledettamente gelidi, non gli permettevano di capire quali sentimenti si agitassero nel suo animo.
-Smettila di fare quella faccia ansiosa, mi innervosisci Dante.-
Il suddetto sbuffò, irritato –Scusa sai, se sei mio fratello. Purtroppo mi viene naturale preoccuparmi per te.-
Vergil fece un breve sorriso triste, ma non rispose.
-Era bella.-
Vergil capì subito a cosa si stesse riferendo il fratello.
-Sì. Una delle donne più belle che abbia mai visto.-
Dante abbozzò un sorriso.
-Devo darti proprio ragione. Sei stato fortunato a trovare una donna così. Scommetto che ti amava molto.-
Vergil sentì una fitta al cuore e strinse gli occhi, cercando di riprendersi da quel dolore così acuto.
-L’amavi?-
-Sì- sussurrò debolmente.
Dante alzò lo sguardo su di lui, preoccupato da quel tono di voce così flebile.
Ciò che vide sul volto del fratello, lo lasciò di sasso.
Non aveva mai visto quell’espressione, non da lui.
Addolorata, confusa, spaventata.
Innamorata, sofferente.
-L’amavo, per quanto un demone possa amare.- la voce gli uscì dalla gola roca e bassa.
-L’amore è uguale per tutti, Ver. Noi stessi ne siamo la prova vivente, ti pare?-
-Può darsi.-
Tra i due calò uno strano silenzio, che mise Dante in soggezione.

-Lei dov’è adesso?-
Vergil non rispose.
-Non l’hai cercata?-
Silenzio.
-Non sai dov’è?-
Ancora silenzio. Dante iniziò ad irritarsi e si alzò di scatto dal divano.
-Insomma Ver, è possibile che tu non abb..-
-E’ morta.-
Dante si zittì di colpo.
-Come?-
Vergil sospirò. –Il primo posto in cui mi sono diretto è stata la nostra vecchia casa. Non ho trovato che macerie. Non era rimasto in piedi nulla, al di fuori di un muro.-
Dante lo fissò interdetto. –Ma non puoi esserne certo, no? Che sia morta, intendo. In fin dei conti tuo figlio è vivo, potrebbe ess..-
- Non so se è vivo.-
-Cosa?-
Vergil tremò –Ho detto che non so se mio figlio è vivo. Non so nulla di lui.-
Il cacciatore di demoni quasi si sentì male, ascoltando le parole cariche di dolore del fratello. Non avrebbe mai pensato di vederlo così, un giorno.
Tuo figlio è vivo, Ver.
 
 
Sottomarino al largo dell’arcipelago del Giappone:

Buonasera, cari e amati lettori.
Qui è Prof che vi parla, intento a pianificare i nuovi metodi educativi che vigeranno nel nostro nuovo regime.

Ecco a voi il quarto capitolo di questa storia, terminato assieme alla quarta tappa per LA CONQUISTA DEL MONDO. La nostra, s’intende.

Mignolo è in un tempio perché si è convertita al Dionigibacchismo, quindi deve rendere omaggio al suo nuovo dio. Come intenda farlo, non lo so e non mi interessa. Anzi, la sola idea mi spaventa.

E Dionigibacco, bhe, dopo essersi ripreso dalla sua ultima trasformazione si è ritrovato improvvisamente ad essere un novello dio, quindi adesso si gode i momentanei privilegi della situazione. Non durerà, me lo sento.

E io qui, come al solito sola, continuo a lavorare ai miei piani.
La CONQUISTA DEL MONDO si avvicina inesorabilmente.
Lasciateci una recensione, mi raccomando: ci aiuterà per la nostra CONQUISTA DEL MONDO.
Credeteci e verrete salvati.

Prof, Mignolo e Dionigibacco

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