Disaster

di madelifje
(/viewuser.php?uid=209089)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Say hello to the future ***
Capitolo 2: *** Steps ***
Capitolo 3: *** Secrets and weddings ***
Capitolo 4: *** Strange coincidences ***
Capitolo 5: *** Before the worst ***
Capitolo 6: *** Thief ***
Capitolo 7: *** Return ***
Capitolo 8: *** Grand gala ***
Capitolo 9: *** Black-out ***
Capitolo 10: *** Crack the spine ***
Capitolo 11: *** It never rains but it pours ***
Capitolo 12: *** The scars you're keepin' ***



Capitolo 1
*** Say hello to the future ***


Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, né offenderle in alcun modo.


Questa storia è un sequel. Per leggere la prima parte, cliccate sul banner :)



***




Say hello to the future.


These moments will all be stories one day
-Ragazzo da parete


-Non è possibile!
Girai la chiave per la quarta volta, ma non successe nulla. Frustrata, scesi dalla macchina sbattendo la portiera ed aprii il cofano.
Quel gesto sarebbe stato utile ad una persona esperta di automobili con almeno una vaga idea su come funzionino, non a… me. Ero in grado di capire solo una cosa: la mia Chevy Bel Air, dopo quasi trent’anni di onorato servizio, era passata a miglior vita.
Avevo fatto il pieno la sera prima subito prima di tornare a casa, era impossibile che la benzina fosse già finita. Il meccanico non avrebbe nemmeno cercato di ripararmela, si sarebbe limitato a farla rottamare, consigliandomi di compare una macchina del secolo corrente.
Non avevo tempo di piangere la morte del Catorcio come avrei voluto, dovevo andare a scuola.
Le persone parlano dei primi giorni di università come qualcosa di perfetto, una sorta di spot pubblicitario. Sapevo che per me non sarebbe stato così, ma non immaginavo un tale disastro. Nel giro di un’ora avevo rotto uno specchio, macchiato un maglione, bruciato un toast e mandato per sbaglio un messaggio sdolcinato a mia madre. Se ci aggiungiamo il decesso della Chevy, otteniamo una mattinata che definire schifosa è farle un complimento.
Infilai con decisione la mano destra in tasca, sicura di trovarci il cellulare. Percepii una vampata di calore e paura ed iniziai a palpare tutte le tasche dei jeans e del giaccone. Niente. Mentre mi fiondavo all’interno dell’edificio ed iniziavo a salire precipitosamente le scale, riuscivo a pensare solo al ritardo assurdo con cui (non) stavo arrivando a scuola.  Mi ricordai dell’esistenza degli ascensori solo al terzo piano e gridai un’imprecazione.
Giunta davanti a casa bussai fino a farmi male alle nocche.
-Arrivo! Non serve buttare giù la porta! –quando Noelle mi vide si fece subito da parte per farmi passare. 
Motivi per cui amare Noelle Abernathy alias La Coinquilina – a cura di Aubree Styles
• Potrebbe essere telepatica.

-Dov’è? –boccheggiai.
-Nella tua camera, esattamente dove l’hai lasciato.
Potrebbe essere è telepatica.
-Amy? Sophie dorme!
• Frequentando solo per mezza giornata la Scuola d’Arte, ha potuto offrirsi come baby-sitter.
Entrai stando attenta a non fare rumore. La bambina con i capelli rosso chiaro –ereditati per sua sfortuna dalla sottoscritta- russava leggermente dal suo lettino. Diavolo, non potevo credere che avesse quasi un anno. Il mio cellulare giaceva sul comò. Mi abbassai per stampare un bacio sulla fronte di Sophie e sgattaiolai fuori dalla stanza. Stavo per comporre il numero che mi avrebbe salvato quando notai la scritta “Cinque nuovi messaggi”.
Il primo era di mio fratello Harry.
Secondo anno di college per la mia sorellina! Sono orgoglioso di te, Aubree.
Lo ignorai e passai a Sue, la mia migliore amica.
Maglia blu o verde? Rispondimi o t’ammazzo il cane.
Sospirando, digitai in fretta “verde” e inviai il messaggio. Sapevo quanto Sue fosse in ansia per il ritorno a medicina. Speravo solo che non avesse passato la nottata con mio fratello...
La risposta di Sue fu immediata: Era ora. Qualcuno si è svegliato tardi?
No, non avevo né voglia né tempo di raccontarle la mia mattinata, così passai al messaggio numero tre. Jules.
Potrei aver dimenticato in Inghilterra la mia felpa preferita.
Era ripartita da soli sei giorni. La felpa era rimasta sul mio divano. Avevo scommesso con Noelle su quanto ci avrebbe messo ad accorgersene.
Se sei scema non è colpa mia.
Il messaggio numero quattro era da parte di Liam su whatsapp. Anche senza guardarlo sapevo il suo contenuto: la boiata mattutina. Ovviamente lui l’avrebbe definita come una barzelletta fantastica.


L: I mammut si sono estinti. Poco dopo la tragica scomparsa dei papput.
A: Impiccati.
L: Quest’altra è bella!
A: Sentiamola.
L: Ieri ho visto uno sputo in ascensore. Saliva.
A: Fai una passeggiata sui binari della metro.
L: Sei cattiva!


Uscii da whatsapp e lessi l’ultimo messaggio. Niall.
Sei sveglia? Sappi che ti chiamerò alle sette e quaranta per essere sicuro. Ah, ti amo.
Il messaggio era stato inviato alle sette. Guardai l’orologio: le sette e trentanove. Mi conveniva prepararmi psicologicamente.
Il telefono squillò una frazione di secondo dopo. Mi affrettai a rispondere e ad esclamare un: -Sono sveglia, qualsiasi cosa tu abbia in mente NON farla!
-Oh, -fece deluso il mio ragazzo -Io avevo già rimediato la vuvuzela di Louis...
E da quando Louis aveva una vuvuzela?
-Devo davvero commentare?
-Meglio di no, Amy.  Sophie?
-In letargo. E no, non ho intenzione di svegliarla. C’è un emergenza in corso… Niall, la Chevy é morta.
Pausa. –Nah, quella macchina é praticamente indistruttibile! Sabato provo a darle un'occhiata, ok?
-Sabato? Devo andare a scuola! OGGI! –Noelle si affacciò dalla porta della cucina e mi fece cenno di abbassare il volume.
-Anche io. –replicò Niall. Giusto. Il mio ragazzo era ancora un prof. –Senti, puoi andare in taxi. O con la metro. Il Catorcio guarirà, stai tranquilla. Conosco un bravo meccanico, ma le darò comunque un’occhiata.
-Potrei amarti. –dichiarai, facendo roteare gli occhi di Noelle. La salutai con un cenno rapido e mi precipitai nuovamente al piano terra.
-Tranquilla: io lo faccio già. –disse Niall. Oh.
-Mi fai venire il diabete! Comunque ti saluta Sophie.
-Davvero?
-No, idiota. Lei non parla. –uscii sul marciapiede. Una folata di vento distrusse quella sottospecie di pettinatura che avevo in testa. Rassegnata, sciolsi i capelli e scrollai la testa per sistemarli.
-Pensa a quando inizierà… la sua prima parola sarà “papà”.
-No, sarà “mamma”.
-Papà.
-Mamma.
-Papà!
-Cos’hai detto? Scusa… la linea è disturbata. –cercai di simulare delle scariche elettrostatiche con la voce. Lui non ci cascò così passai al piano B. –Addio. Buon primo giorno, prof.
-Anche a te, Styles. Non uccidere nessuno.
Ridacchiai e chiusi la chiamata.
 
Non potevo rischiare di perdermi nella metropolitana londinese, così optai per il mezzo di trasporto meno pericoloso: il taxi.
Abitavo in una frequentatissima strada di Chelsea, non doveva essere così difficile.
Una signora e il suo dalmata mi soffiarono il primo taxi, il secondo non fece nemmeno finta di fermarsi, e quando finalmente ne arrivò un terzo un ragazzo sui vent’anni fece per salire a bordo.
-Non ci provare, -lo avvertii afferrando la maniglia.
-Sono in ritardo! –protestò lui, fermo dal lato opposto del veicolo.
-Anche io!
-Non mi interessa. –aprì la portiera ma lo anticipai e mi lanciai sul sedile.
-Ehi! Sono una ragazza. Dove sono finiti i modi da cavaliere?
-Spariti dal medioevo.
-Dove dovete andare? –chiese esasperato il tassista.
-Al Royal College of Music, Kensington! –esclamammo in coro. Lessi sul viso del ragazzo la stessa espressione orripilata che sapevo di avere anche io. Eravamo compagni di scuola.
Doveva essere la punizione per aver rotto lo specchio. Decisamente.
-Allora salite entrambi e cercate di non picchiarvi. –dichiarò il tassista. Sbuffando, ubbidimmo come due bambini dell’asilo a cui la maestra aveva imposto di fare pace.
Si sedette anche lui, sbattendo la portiera.
-Comunque sono Tyler. Tyler Moore.
-Amy Styles. –borbottai.
Mi guardò pensieroso per qualche secondo. –Quella incinta?
-Il cervello non ti dice che dopo un anno potrei anche avere partorito?
Scrollò le spalle. A quanto pare il cervello non gli diceva proprio niente. Lo ignorai categoricamente per tutto il resto del viaggio. Quando il taxi si fermò davanti al College mi arrivò un messaggio da Niall. Sarà “papà”.
No.
Io e Tyler dividemmo in fretta i soldi per il taxi e poi iniziai a correre verso il portone. Ero stranamente felice di essere di nuovo a scuola. Non vedevo l’ora di toccare il pianoforte…
Ti amo.
Sei un idiota. Mi fermai un secondo. Anche io, comunque.
 


HOLA!
Oddio, non ci posso credere. L’ho pubblicato. L’ho pubblicato sul serio.
E sono anche abbastanza puntuale. Ok no, non esageriamo.
I personaggi saranno più o meno gli stessi, con qualche aggiunta. Sophie, per esempio :)
Come avrete già capito, è passato un anno rispetto a You always will be my angel. Nei prossimi capitoli ci saranno vari flashback, giusto perché muoio dalla voglia di scrivere certe scene.
Questo capitolo è interamente dedicato a Amy, ma nei prossimi ci saranno a turno anche le storie di Sue, Bella e Jules. Mi sono troppo affezionata per pensare di abbandonarle (?)
Prometto che inizierò a rispondere alle vostre stupende recensioni dell’epilogo. Alle cinquanta recensioni positive dell’epilogo. Cinquanta. Ancora non ci credo, cioè… grazie. Non so cos’altro dire. Grazie davvero.
Non credo che questa storia durerà trenta capitoli, ma non si può mai sapere lol
Ok basta, mi sto dilungando troppo.
Spero davvero che questo capitolo vi piaccia, anche se è solo una specie di introduzione.
Tantissimi baci,
Gaia
P.S. probabilmente cambierò nickname ;) 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Steps ***


 
Confession.


I miei amici erano al bar, esattamente come al solito. Li conoscevo solo da un anno, eppure sembravano secoli. C'era Ian, alto e muscoloso. Il suo flauto traverso e i suoi occhi verdi facevano impazzire ogni ragazza del RCM. Pareva proprio il fidanzato ideale. E lo era. Solo... Non per le ragazze. Poi c'era Kaylie. Una violinista di soli diciassette anni. Kaylie era semplicemente un genio della composizione. E infine Ed. L'unica persona che conoscevo da prima che iniziassero i corsi. Cantava benissimo e sospettavo che scrivesse. Avevo avuto una cotta per lui mentre andavo al liceo, ma poi avevo scoperto che il ragazzo dai capelli arancioni era gay e un grande amico di Niall.
Quando spuntai da dietro l'angolo coprii gli occhi di Ian con le mani. Lui rimase paralizzato, poi iniziò a tastare i miei polsi. Purtroppo per lui ci trovò solo un banale orologio.
-Sei... Michael? -mi aveva confuso con il suo ragazzo. Stupendo.
-Ti sembrano mani da uomo? -lo rimbeccò Kaylie.
-Ti aiuto io, -disse Ed strisciando alle mie spalle. Le sue mani scattarono verso le ascelle. Scoppiai a ridere. Quando Ian esclamò un "Amy" mi stavo già contorcendo a terra in preda al solletico.
-Ba...sta -farfugliai.
-Devi supplicarmi.
-Vaffanculo! -ringhiai. Ed mi lasciò andare e schizzai subito in piedi, togliendo la polvere dai jeans.
In quel momento suonò la prima campanella. Troppo presto, per i miei gusti.
-Se la Styles non arrivasse sempre in ritardo... -mi canzonò Ian.
-Voi non avete figli -borbottai. Alla prima ora avevo teoria musicale. Mi sedetti in centro e scrutai i miei nuovi compagni di corso. Non conoscevo nessuno. Fantastico.
Il prof Harper veleggiò all'interno dell'aula e lanciò la borsa sulla cattedra. Fu in quel momento che Tyler fece il suo ingresso. Dopo una rapida scansione della classe optò per il posto vuoto da parte a me.
-A quanto pare è destino. -disse con un sorriso beffardo.
-A quanto pare no, visto che potevi benissimo sederti da un'altra parte.
-Ma tu sei sempre così gentile?
-Sì. -la lezione iniziò e io gli feci cenno di non replicare.
Per mia enorme sfortuna, rimasi bloccata in ascensore fra la terza e la quarta ora. Riuscii a non arrivare in ritardo al corso opzionale di composizione, ma trovai l'aula già piena. Cercai con lo sguardo Kaylie e la vidi imbottigliata in prima fila, assorta a scribacchiare sul quaderno pentagrammato. Non fui nemmeno troppo stupita dopo aver localizzato l'ultimo posto rimasto.
-Dicevi qualcosa sul destino? -chiesi mentre pestavo i piedi ad un ragazzo e mi sedevo vicino a Tyler.
-Ricorda: io ho sempre ragione.
Sbuffai. Il mio disappunto aumentò a dismisura quando scoprì che il corso sarebbe stato tenuto anche quest'anno dalla professoressa Hale. Tra noi c'era un odio reciproco ed inspiegabile. Era una donna sui quaranta, eppure aveva la fronte già solcata dalle rughe. Indossava come al solito abiti scuri ed esaminava la classe da sopra le lenti degli occhiali.
-Chi non muore si rivede, eh Odile?
Già. Odile ero io. La Hale era stata presente al mio esame e per qualche strana ragione le era rimasto impresso il mio Cigno Nero.
-Esatto. -risposi.
La ascoltai sciorinare informazioni su un certo spettacolo di Natale in cui avremmo dovuto presentare brani composti da noi. Ovviamente sapeva di non avere dei grandi geni in classe, salvo eccezioni, -occhiata a Kaylie- per cui avremmo dovuto lavorare in coppia.
-Non siamo più alle elementari, non mi interessa niente su chi sia la vostra amica del cuore. Lavorerete con la persona alla vostra sinistra, partendo dall'inizio delle varie file.
Oh merda. Tyler era all'estrema destra della terza fila.
-A quanto pare avremmo modo di conoscerci bene, Persona Alla Mia Sinistra.
-Che gioia.
 
Rincasai alle tre, completamente esausta e frustrata. Non avevo avuto strumento, e l'astinenza da pianoforte iniziava a farsi sentire. Ringraziai Noelle, che prese la sua sciarpa multicolore e uscì per l'appuntamento dal parrucchiere, e mi sdraiai sul divano.
Sophie era sul tappeto e agitava un enorme orsacchiotto che avevo chiamato Balù.
Glielo tolsi di mano ed iniziai a muovere Balù facendolo complimentare con la signorina Horan per il suo vestito. Le zampe dell'orso le solleticavano il naso, facendola ridere a crepapelle.
-Ti mangio! -dissi prendendola in braccio. Spalancò gli occhioni blu. Le schioccai un bacio sul naso, poi riconobbi la mia suoneria.
-Chi è che rompe i co... Le scatole? -Jules mi aveva fatto giurare di smetterla con le parolacce. "Almeno in presenza di Sophie" aveva detto.
-Pronto? -non guardai nemmeno il nome sul display.
-Ciao! -esclamò Niall.
-Ah sei tu! Dio, è  stata una giornata... Ho ancora la Hale, ci credi?
-Sì. Amy, senti... Domani pomeriggio passo da te.
-Ok che il tuo cervello è costantemente in sciopero, ma domani è martedì...
-Lo so, ma ti devo dire una cosa. E non ti piacerà.
 

Per qualche strana ragione ero convinta che l’essere vestita bene avrebbe evitato che Niall mi desse brutte notizie. Lo so, era una stronzata colossale. Sistemai i corti ricci di Sophie e ripresi a fissarmi le scarpe. Cos’aveva Niall da dirmi di così urgente? E terribile. Urgente e terribile. Lo smalto mi fece desistere dalla tentazione di mangiarmi le unghie, così cercai un modo per tenermi occupata ed iniziai a farmi una treccia.
L’attesa era estenuante.

Come ammazzare il tempo – a cura di Aubree Styles
• Contare le piastrelle del pavimento
• Osservare la propria figlia mentre dorme beatamente sul divano
• Fare scherzi telefonici a Courtney-della-porta-accanto
• Farsi beccare da Courtney-della-porta-accanto nel bel mezzo di uno dei summenzionati scherzi.
• Riattaccare in faccia a Courtney-della-porta-accanto
• Perdere a Candy crush saga per cinque volte di fila e passare i ventisette minuti successivi a fissare il cellulare in attesa di ricevere nuove vite


Quando suonò il campanello praticamente volai fino alla porta. Solo che fuori non c’era Niall. Cioè, c’era anche lui, ma veniva completamente coperto dall’energumeno del piano terra. Mi sentii impallidire.
-Dov’è quella stronza di Courtney che ruba la posta degli altri e se la legge? –ruggì. Dovetti lottare per riuscire a non togliere lo schizzo di saliva che mi era arrivato sulla guancia. Indicai la porta alla mia sinistra con il pollice e lui si buttò in quella direzione senza più degnarmi di uno sguardo. Non volevo assistere allo spargimento di sangue in arrivo, così afferrai Niall per la collottola e lo trascinai in casa. Lui era ancora leggermente perplesso.
Gli stampai un bacio sulle labbra e mi sedetti sul divano, facendo attenzione a non svegliare Sophie.
-La tua vicina è in pericolo di vita? –chiese lui dopo un po’.
-Probabile. Non è un problema mio. Al contrario di quello che stai per dirmi.
Arrossì ed iniziò a giocherellare con una scarpina di Sophie che giaceva sul pavimento.
-Sì, be’, a questo proposito… cazzo, non mi crederai mai.
-Provaci.
-In Irlanda la mia famiglia è… abbastanza conosciuta. I miei genitori sono ricchi sfondati, conoscono tutte le persone che contano, gestiscono non so quante terre e… si fanno rispettare, ecco. Solo che non apprezzano il lavoro che faccio e per questo non vedo un centesimo da due anni. Non chiamano mai, li vedo solo a Natale e trattano mio fratello Greg come se fosse figlio unico. Per questo non li hai mai conosciuti.
Ero abbastanza meravigliata. Niall sarebbe la pecora nera di una famiglia di milionari?
-Ma… perché non me l’hai mai d…?
Mi bloccò prima che potessi finire la domanda. –Perché era abbastanza inutile. Poi ieri ho scoperto che vogliono venire a Londra. Per quattro mesi. Per via di un grosso affare di cui non ho voluto sapere nulla.
Per quanto mi sforzassi, non riuscivo a vedere il problema in tutta quella faccenda.
-Amy, loro non… sanno niente. Di te e di Sophie. Di noi. Non approverebbero mai e soprattutto scoprirebbero che ho avuto una relazione con un’alunna.
Fu allora che capii dove volesse andare a parare, e mi sentii gelare il sangue nelle vene.
-Ero con Harry quando ho ricevuto la telefonata e lui mi ha consigliato di… -qui abbassò il tono della voce, sperando che non capissi -…assumere qualcuno che finga di essere la mia fidanzata.
-No! Non se ne parla nemmeno! –sbottai. Come aveva potuto?
-Sarà solo per quattro mesi, e se riesco a riconquistare la loro fiducia potrebbero aiutarci. Economicamente.
Non navigavamo nell’oro, e lo sapevo benissimo. Vivevamo a tutti quei chilometri di distanza perché lui non aveva avuto un trasferimento e senza lo stipendio da insegnante saremmo finiti in strada. I miei avevano promesso di pagarmi la retta della scuola, ma alla bambina dovevamo provvedere noi. Perciò capivo perfettamente il punto di vista di Niall, ma…
-Ma perché non provare a dire loro la verità? –tentai.
Si alzò in piedi. Non mi aveva ancora detto tutto, era lampante. Stava solo aspettando il momento migliore per sganciare la bomba, ma non sarebbe mai arrivato.
-Perché avevano già organizzato il mio matrimonio con un'altra. –sospirò.
Era uno scherzo, vero?
Stava girando un video da caricare su YouTube.
Non poteva essere la verità.
-COSA?! TU SEI FIDANZATO E NON ME L’HAI MAI DETTO?! –scattai in piedi anche io. Presi in braccio Soph addormentata, la portai in camera e chiusi la porta a chiave. Poi tornai in soggiorno. Ero a cinque centimetri da Niall, con gli occhi fiammeggianti e tutta l’intenzione di ucciderlo.
-N...non è una ccccosa ufficia…le. –balbettò –E poi anche Liz è fidanzata con un altro, sarebbe solo una copertura.
-E POI COSA SUCCEDERÀ? QUESTA MESSINSCENA SI RIPETERÀ A TUTTI I NATALI?
-No! Ci lasceremmo prima del matrimonio e dopo un anno entrerai in scena tu…
Lo guardai malissimo. –Potrei mandarti a cagare per questo, lo sai.
-Sì, -ammise. –ma ti amo, e questa sarebbe la nostra occasione. Ti fidi di me, Amy?
Mi fidavo di lui? Sì, certo che sì.
Annuii. 
 


-Amy, lei è... Liz. Liz, ti presento Amy.


Augh.
Buon pomeriggio donzelle (e, se ci sono, uomini).
Gaia is back! Per vostra sfortuna. 
Lo so, sono in ritardo. Avevo deciso di passare agosto a portarmi avanti con le trame e ce l'ho (quasi) fatta. Oggi è il 30 lol
Ho già un altro paio di capitoli pronti, quindi gli aggiornamenti saranno puntuali, almeno per adesso ahahah
Questo è IL capitolo. La storia di Amy graviterà intorno a lui, e so che mi odierete per questo. E molto. 
Dai, mi preparo per uscire
bacioni,
Gaia


P.S. 24 recensioni positive? Ventiquattro? Io vi amo ♥ Grazie, non sapete cosa singifichi per me

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Secrets and weddings ***




Secrets and weddings.


Sue Callaghan allungò un braccio e fece cessare l'odioso bip della sveglia. Sbadigliando, afferrò per una spalla il ragazzo nel suo letto e lo scosse finché lui non emise un mugolio. Allora la ragazza si alzò, afferrò i vestiti e i diresse alla finestra.
-Questa cosa deve finire, Styles. -annunciò aprendo le persiane.
-Questa cosa si chiama "sesso". E hai detto la stessa frase due settimane fa. -precisò il riccio.
-Se Amy lo scopre...
-Amy lo sa già. Fidati.
-Deve finire comunque.
Harry si alzò facendo cigolare il letto e la abbracciò da dietro, cingendole le vita. Poi le baciò il collo e salì fino al mento, mentre Sue smise di cercare di divincolarsi e si abbandonò ai baci. Ricaddero entrambi sul letto, come attratti da una calamita, poi lei appoggiò le mani sul petto di Harry e lo spinse via.
-Devo andare a scuola, -gemette.
-Perché sprecare così il tuo tempo?
-E tu al lavoro. -finì.
Harry la lasciò andare e Sue terminò di vestirsi. Il senso di colpa per quello che era successo la notte prima non si sarebbe fatto sentire per almeno mezz'ora.
Quando fu pronta lasciò un bacio sulle labbra del riccio, che le disse che sarebbe stato distratto tutto il giorno a causa sua, ed uscì.
Un tesissimo Louis la aspettava in macchina e quando vide i suoi capelli blu uscire dal portone si illuminò.
Era ufficiale: Sue Callaghan era una persona orribile.
 
-Non ce la faccio… -pigolò Louis quando furono in vista della facoltà.
-Ehi. Se ne sei così sicuro, perché diavolo hai lasciato lettere? –chiese Sue prendendolo a braccetto. Dopo averlo frequentato per tutta l’estate si era convinta che la cotta che Louis aveva per lei fosse passata. Certo, a volte la guardava in modo strano, ma Sue era sicura che Louis non fosse innamorato di lei. Non più. Per questo era stata felice di sapere che uno dei suoi migliori amici si sarebbe iscritto alla sua università.
-Perché non mi avrebbe aiutato a diventare oculista.
-Però ti piaceva.
-Voglio dare una chance alla tua scuola per supergeni.
Sue rise e parcheggiò al solito posto.
-Dio, la vita è così complicata… -disse Louis.
Certo, la sua. Sue aveva una relazione con il fratello sposato della sua migliore amica. Una bazzecola.
-Ripassa matematica, che è meglio. –fece Sue dandogli una sberla sul braccio. Louis finse teatralmente una smorfia di dolore.
-Devo distrarmi. –dichiarò il moro. Finalmente un’idea sensata.
-Sue, cos’hai fatto ieri sera?
La vita faceva schifo.
Ripetere continuamente a se stessa di rilassarsi come un mantra non serviva a nulla. Molto meglio la musica. Con Could you be loved nelle orecchie la prospettiva di un nuovo giorno a Londra non sembrava nemmeno così malvagia. Soprattutto se il suo amico Louis –un ragazzo assolutamente privo di secondi fini- era al suo fianco.
-Ho… guardato qualche vecchio film con Audrey Hepburn. –eppure gli stava mentendo. Ok, Harry era sposato e non poteva dire semplicemente “Ehi, sono stata con Styles!”.
Smetti di mentire a te stessa. Hai paura che Louis sia ancora innamorato di te.
-Oh, bello. –Louis si appoggiò alla porta della segreteria. Diavolo, con quel sorriso avrebbe potuto sciogliere un ghiacciaio. Sue si maledisse.
-Pranziamo insieme? –chiese Tommo. No, non poteva continuare così. Doveva assolutamente scoprire la verità sui sentimenti del suo amico. Ad ogni costo.
Cos’è che una persona innamorata non farebbe mai?
 
***
 
-Ok, ricapitoliamo. Niente sorrisi. Niente complimenti. Vietato socializzare con il nemico. Vietato trovare simpatico il nemico. Vietato, assolutamente proibito, trovare di bell’aspetto il nemico.
Noelle finse di russare. La guardai malissimo. Noelle smise di fingere di russare.
Mia figlia non aveva bisogno di simulare: dormiva beatamente sul passeggino, come se stesse prendendo il sole su una spiaggia tropicale.
La invidiavo tantissimo. Strinsi forte la mano della mia amica, sperando di non puzzare già di sudore.
-Dio, Noelle, ti farò un monumento per questo.
-Scherzi? Spettegolare su quella che fingerà di essere la fiancé di Niall con i suoceri? Devo assolutamente vederla dal vivo.
Era la migliore coinquilina del mondo.
Noi cinque avremmo dovuto incontrarci in territorio neutrale –vedi: un bar- ma Niall e Lei erano in ritardo.
Si fecero vivi solo dopo venti minuti. Mi aspettavo solo Niall e Liz, invece dalla macchina scese anche mio fratello. Si avvicinò come se la sua presenza fosse assolutamente normale e cercò di darmi un bacio sulla guancia. Non mi mossi, troppo impegnata a scannerizzare Liz. Era bionda. Magra. Con un sorriso quasi sincero e due stupendi occhi color miele. Sarà stata alta circa un metro e sessanta. Era la sosia di Sharpay di High School Musical, maledizione. Non aveva affatto le occhiaie e l'aria di una che ha dormito solo quattro misere ore grazie alla figlia. Forse perché lei non aveva figli.
Riuscì a farmi sentire un mostro solo sbattendo le palpebre.
Mi girai verso Noelle, sperando in un suo aiuto. Lei però decise di scaricare il compito a qualcun altro, così si voltò speranzosa a destra. Harry si girò fischiettando verso Sharpay. Liz si sentì osservata, avvampò e fissò intensamente Niall, il quale provò a girarsi, ma si accorse subito di non avere nessuno di fianco. Normalmente quella scena mi avrebbe fatto ridere.
-Oh, -disse il mio ragazzo cadendo dal pero –Certo. Amy, lei è… Liz. Liz, ti presento Amy.
Silenzio.
-Piacere. Sono Noelle e vivo con Amy.
Gli occhi di tutti si spostarono sulla mia coinquilina hippie e io le tirai un calcio da sotto il tavolo.
-Ciao, -disse dolcemente Sharpay. -lei invece deve essere la piccola Sophie!
No, lei è Amy, la fidanzata di undici mesi di Niall.
Aprii la bocca per dire qualcosa di sarcastico, ma le occhiate assassine degli altri me lo impedirono. Sophie, che si era svegliata, allungò una mano verso l'enorme collana di Liz, la prese e tirò verso il basso.
-Piccola, così la strozzi! -esclamai prendendo in braccio la bimba.
Brava, la mamma è molto fiera di te.
-Scusala, -dissi sorridendo.
-Non mi interessa. –replicò Liz. Sono piuttosto sicura che invece le interessasse eccome. A quella collana mancava solo il cartellino con il suo prezzo altissimo.
Calò un silenzio di tomba.
-Allora, ordiniamo qualcosa? –esordì mio fratello. Niall annuì entusiasta e l’immagine di una Corona apparve nella mia testa come un miraggio.
 
-Direi che potremmo chiarire la faccenda. –disse Liz, già a metà del suo cocktail. Sembrava decisamente forte.
-Buona idea, -confermai. Niall arrossì ed iniziò a giocherellare con lo spicchio di limone nel suo bicchiere. Quando era in ansia non riusciva a stare fermo. Esattamente come me.
-Allora, i signori Horan sono sicuri che io e Niall siamo fidanzati. Da quasi due anni.
-Due anni? –sbottai, incapace di trattenermi.
-Io li conosco, -continuò Liz, come se non mi avesse sentito -se al loro arrivo lui se ne uscisse con un “Amo una semplice ragazza di Holmes Chapel che era mia alunna! Ah, non vi ho detto di avere una figlia?”, loro non vorrebbero più avere niente a che fare con voi e Sophie. Quindi, il piano…
Harry la interruppe prima che potessi ucciderla con il centrotavola –Scusa, Lizzie, ma il piano è mio e voglio godermi la faccia di Aubree mentre lo spiego.
Noelle sibilò “Non sei l’unico”, guadagnandosi il secondo calcio della giornata.
-Le cose dovranno filare lisce come l’olio per un mesetto. Voi dovrete fingere di essere una coppietta perfetta, chiaro? Questo  fino a dicembre, poi vi lascerete in seguito ad un bello scandalo che non abbiamo ancora deciso e dopo qualche mese subentrerà Amy. Nel frattempo Maura e Bobby dovranno conoscere mia sorella e la bambina in modo da, se possibile, trovarle simpatiche e affezionarsi. L’importante è che evitiate l’argomento alunna-insegnante. Capito?
-Lo capiranno comunque, -obiettai –quando ci “fidanzeremo”, ad esempio a marzo, si chiederanno chi sia il padre di Sophie e scopriranno la sua età. Se non sono completamente stupidi faranno due più due.
-Gli diremo che è stata un’avventura di una notte a dicembre, quando ancora io non vivevo ad Holmes Chapel, e che Sophie è nata in ritardo. –disse Niall.
Purtroppo questa scusa stava in piedi.
-Non sarebbe più facile dire “Io e Liz ci siamo lasciati?”. –tentai.
Arrossirono. C’era qualcosa che non mi avevano detto, era lampante.
-Quella in effetti era l’idea originale… -iniziò Niall –poi, circa una settimana fa, mi è arrivato questo per posta.
Fece strisciare una busta bianca sul tavolo. La aprii, cercando di restare calma.
Siete invitati alle nozze di Niall James Horan ed Elizabeth Claire Waldorf, che si terranno il dodici dicembre nella residenza Horan a Mullingar, Irlanda.
-Porca puttana! –esclamò Noelle, che aveva letto il biglietto stando dietro di me.
Sentii la punta delle orecchie andare a fuoco.
-Se dicessimo loro la verità, probabilmente ti pagherebbero per trasferirti in America ed evitare lo scandalo. –mormorò Liz –Avevo pensato di simulare una gravidanza, ma potrebbero costringermi a fingere che il bambino sia di Niall… questo è l’unico modo, Amy.
Detestavo Liz perché era assolutamente impossibile odiarla.
-Perché cazzo non me l’hai detto? –scandii. Quel poco che sapevo di yoga mi permise di non saltare alla gola del biondo.
-C’è una cosa che i signori Horan non riuscirebbero a insabbiare, -disse Harry.
-Cosa?
-Un bello scandalo il giorno del matrimonio.
Erano impazziti tutti. 


 
Chiuse gli occhi e li riaprì lentamente. Niente da fare, lui era ancora lì e non c'era niente che lei potesse fare per impedirglielo.
 
Hola!
Arriverà un giorno in cui mi sarò perfettamente abituata al nuovo editor? Ok, non ce la posso fare.
Dopo sette giorni esatti, Gaia aggiorna. Quasi non ci credo.
Va bene che il capitolo è una schifezza, ma almeno sono riuscita ad essere puntuale. 
Come avrete visto, la prima parte è dedicata a Sue
Vi piace? Vi era mancata? A me tantissimo. 
La storia è sui oned, non posso parlare solo di Niall :)
Ok, lascio a voi i commenti ♥
bacioni,
Gaia

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Strange coincidences ***




Strange Coincidences.

Juliet O’Malley”. Jules ammirò il cartellino plastificato in tutto il suo splendore ed assaporò le quattordici lettere in Times new roman. Tredici, perché l’apostrofo non era una lettera. Quel cartellino era stato stampato apposta per lei e quando se lo mise al collo non poté fare a meno di sorridere.
La segretaria, Mrs. Fincher, la guardava come se avesse assistito a scene simili decine di volte. E probabilmente era vero. Camminava spedita per gli ampi corridoi bianchi e luminosi mentre Jules le trottava dietro cercando di memorizzare il percorso. Avrebbe voluto mettere le ballerine. Poi era stata minacciata da Bella e sua sorella Madison, così aveva dovuto optare per dei tacchi neri in velluto acquistati due anni prima e mai messi.
Quel lavoro significava tantissimo per lei. E non solo perché amava i computer.
Quando ti chiami Juliet, la gente passa la vita ad augurarti di trovare il tuo Romeo. Ovviamente senza finale tragico. Tutti prendevano il capolavoro di Shakespeare come un esempio, un'aspirazione, un obiettivo da raggiungere. A Jules, che era sempre stata abbastanza ingenua, piaceva crederci. A diciannove anni pensava di esserci finalmente riuscita. Il suo Romeo si chiamava Liam, era praticamente perfetto ed era sicura che avrebbe passato il resto della vita con lui.
Non era andata così.
Si erano lasciati da sei mesi, la loro relazione non era riuscita a sopportare la distanza. Lui, Inghilterra e lei, bloccata in Irlanda. Non era uscita di casa per una settimana prima di trovare la forza di rimettere in sesto la sua vita. Per questo aveva bisogno di quel lavoro, per dimostrare agli altri (Liam) di potercela fare.
-Eccoci. –disse la Fincher aprendo una porta bianca –Questo è il suo ufficio.
Jules appoggiò la borsa su una scrivania grigia e vuota, proprio accanto ad una delle grandi finestre. Avrebbe sopportato la permanenza in quell’ufficio. Ne era convinta.
La Fincher era già passata oltre. Jules dovette correre per raggiungerla. Quando Mrs. Fincher svoltò inaspettatamente in un corridoio, la ragazza inchiodò e scivolò sul pavimento lucido.
-E qui c’è il suo diretto responsabile. –la donnetta non si accorse di nulla ed aprì un’altra porta.
Jules era a dir poco entusiasta. -Sa, sono davvero felice di essere qui. Voglio dedicarmi a questo lavoro senza imbarazzanti problemi person…
-Ehi.
Chiuse gli occhi e li riaprì lentamente. Niente da fare, lui era ancora lì e non c’era niente che lei potesse fare per impedirglielo.
I capelli corti, gli occhi marroni, quel sorriso che le aveva fatto tremare le gambe migliaia di volte. Non era cambiato di una virgola. Il suo Liam. No, non più. Era Liam e basta.
-Tu sei in Inghilterra. –disse.
-A quanto pare no, -commentò Liam con ovvietà.
Accidenti. Le faceva ancora quell’effetto, anche dopo tutto quel tempo. Era facile. Jules era quella gentile, quella ingenua, quella disponibile, l’inguaribile romantica. Non era più un’adolescente, perché doveva sentirsi attratta da Liam in quel modo? E perché lui doveva mettersi proprio quel maglione attillato?
No, Jules. L’abbigliamento di Liam non era più un suo problema.
E nemmeno il suo sguardo.
O il profumo.
Fanculo.
-Voi vi conoscete? –si intromise la Fincher.
-Poco. –si affrettò a precisare Jules. –Abbiamo qualche amico in comune.
-Oh, bene! –digitò qualcosa sul palmare -Payne, aiutala ad ambientarsi. Devo proprio scappare.
Liam annuì. -Benvenuta, Jules.
 
Quando la Fincher se ne fu andata, Jules sospirò. Dio, il destino o chiunque ci fosse lassù si stava sicuramente facendo una bella risata.
-Qualche amico in comune?
-Non è proprio una bugia.
-Giusto, è omissione di parte della verità. –quella situazione lo divertiva tantissimo. Dio, avrebbe voluto tirargli un pugno.
-Potevi dirglielo tu.- gli fece notare.
-Giusto anche questo. Vuoi che ti mostri la tua scrivania?
-Ci ha già pensato Mrs. Fincher. Credo proprio che me la caverò. Ho già del lavoro da fare. Stammi bene a sentire. Non voglio fare finta che non sia successo niente. O che tu non mi abbia fatto stare da cani. Ma ci tengo davvero a questo lavoro, non puoi nemmeno immaginare quanto. Non mi licenzierò, non farò niente che possa mettere a rischio il mio posto. Non è finita come volevamo, ma non possiamo farci più nulla. Sei libero di comportarti come vuoi, però tieni presente quello che ti ho detto. Stammi bene.
Girò sui tacchi altissimi e si diresse a grandi passi verso la porta. Non era più in grado di resistere alla voglia di abbracciarlo. Meglio andare via, prima di perdere l’ultimo briciolo di dignità. Ed era un briciolo molto, molto piccolo. Aveva già abbassato la maniglia quando Liam parlò.
-Sono davvero felice di vederti, Julie.
Anche lei. Il problema era proprio quello.
 
 
 
Bella Malik amava la notte.
Amava la musica, le luci, i drink, i corpi che si muovevano seguendo quel ritmo che entrava nelle vene e non se ne andava. Almeno fino alla fine della canzone.
L’interno della discoteca era pieno, come ogni venerdì sera. Faceva ancora caldo e Bella si rifiutava di restare rinchiusa tra quattro mura. Così aveva scelto il gazebo. Era al centro del prato. Più in là, l’acqua trasparente della piscina brillava grazie a delle lampadine. Era la notte perfetta.
 
Hey, said a hustler’s work is never through
We makin’ it cause we make it move
 
Bella chiuse gli occhi e lasciò che il suo corpo si muovesse da solo.
Qualcuno le afferrò il polso. Riaprì solo l’occhio destro e riconobbe il ragazzo davanti a lei. Sorrise.
 
The only thing we know how to do
Said it’s the only thing we know how to do
 
La trascinò attraverso la folla di ragazzi sudati e felici e la fece correre attraverso il prato. Quando furono alla piscina si fermò e la lasciò andare.
 
Work hard, play hard
Work hard, play hard
 
Bella lo baciò. Nessuno dei due smise di ballare e continuarono a stringersi forte.
 
We work hard, play hard
Keep partyin’ like it’s your job
 
Erano le tre e mezza. Troppo tardi per due che il giorno seguente (anzi, lo stesso) avrebbero dovuto lavorare. Bastò un occhiata a suo marito per capire che era ora di tornare a casa. Bella sbuffò e si diresse verso il cancello, ma lui la fermò.
-Non ancora,  -disse.
In un attimo Bella non sentì più la terra sotto ai piedi. Capì quello che stava per succedere troppo tardi, e riuscì solo ad urlare mentre Zayn saltava in piscina.
Le urla si trasformarono presto in risate accompagnate da schizzi.
Sì, Bella Malik amava la notte.
Le figure scure di due buttafuori si stagliarono sul bordo. Zayn guardò la moglie ed entrambi scoppiarono a ridere.
Erano le tre e quaranta. Non avrebbero dovuto essere lì, non con il lavoro che li aspettava.
Bella guardò in alto. La stella polare brillava insieme alle sue compagne dell’Orsa minore, quasi come se la stesse salutando.
Era il momento perfetto.
 
La sveglia suonò troppo presto per i gusti di Bella. Ci vollero circa due secondi per realizzare di essere di pessimo umore. Non le capitava spesso, ma quando succedeva diventava… be’, sopportabile come può esserlo un sassolino in una scarpa.
Odiava tutto e tutti.
Forse quasi tutti, si corresse guardando la sagoma addormentata di Zayn.
Odiava il suo soprannome, troppo simile a quello della tizia di Twilight.
Odiava i suoi capelli, che non volevano saperne di stare in ordine.
Odiava i suoi occhi verde scuro, perché la gente pensava fossero marroni.
Era il primo giorno di lavoro. Il più sbagliato per essere in fase di rifiuto. Compresse i vestiti nella borsa a sacco e cominciò a stendere uno smalto rosa pastello sulle unghie. Ci teneva alla sua femminilità, lei.
Scrisse un biglietto per Zayn e glielo lasciò sul comodino, poi afferrò la fede con il pollice e l’indice della mano destra e tirò. Non si mosse di un millimetro. Bella fu colta dalla solita ondata di panico, quella che di solito viene nei negozi quando hai la malsana idea di provare un anello troppo piccolo, che puntualmente non riesci a togliere.
Lottò per circa un minuto, poi la piccola fede dorata schizzò fuori e venne chiusa in un cassetto.
 
Bella arrivò in spiaggia alle sette e quarantacinque precise. Tolse le ciabatte e si incamminò fino al bagnasciuga, i piedi che sollevavano nuvole di sabbia ad ogni passo. Si arrampicò su per la postazione da bagnino ed iniziò a togliersi i vestiti, fino a quando non rimase con la classica divisa rossa.
Cattiva idea, lo smalto rosa pastello.
Non si aspettava che tante persone piombassero al bagno Stella di Mare, perciò quando sentì delle voci rimase piacevolmente stupita.
La temperatura dell’acqua, però, le lasciava ancora un po’ di tempo libero. Estrasse la sua copia di Vogue dalla borsa e si immerse nella lettura.
Qualche coppia anziana attraversò il bagnasciuga camminando lentamente. C’era anche qualche mamma con il proprio figlio piccolo che si teneva alla larga dall’acqua. Poi arrivava l’onda, che lo bagnava fino alla vita e lo lasciava a bocca aperta. Poi il visetto assumeva un’espressione meravigliata e il bambino decideva che forse quella cosa blu non era poi così male. A Bella piaceva guardarli.
-Ehi! –urlò qualcuno dal basso –Il bagnino dov’è?
-Eccolo, -rispose.
Il ragazzo sui venticinque che si riparava dal sole con una mano arricciò il naso. Lei conosceva quell’espressione. La riteneva una perfetta incapace ancora prima di averla vista all’opera. Non sopportava i tipi così.
-E il vecchio Joe?
-Arriva di pomeriggio. Io sono Isabella.
-Ah, ok. Quindi Bella? Come la ragazza di Twilight?
Forse era ancora in tempo per farsi chiamare Isa. O Isy.
-A quanto pare. –la collezione autunno-inverno era molto più interessante di quel maschilista.
-Io sono Benjamin, lavoro al bar.  –lei si portò una mano alla fronte ed imitò il saluto militare. Lo sentì ridacchiare, poi lui e il suo costume verde si diressero verso il mare.
Si dimenticò di Benjamin nel giro di due secondi e continuò ad ammirare i fantastici accessori consigliati da Vogue.
Poi sentì un urlo.
-Oh cazzo! Sta affogando! Aiutatelo! Oh mio Dio, non lo vedo più!
Gli occhi di Bella corsero al mare. Il ragazzo della donna che aveva urlato stava nuotando in direzione della boa. Poco più indietro, una figura annaspava cercando di restare a galla.
Bella abbandonò la rivista e si precipitò alla canoa rossa. Aveva alle spalle il corso di formazione e un periodo di prova, ma non aveva mai salvato qualcuno completamente sola.
Remò fino alla boa e lanciò un salvagente al ragazzo in difficoltà. Il cuore batteva all’impazzata. Pregò che non le venisse un infarto, o il ragazzo sarebbe stato spacciato.
Guardò meglio. Era Benjamin, e non riusciva ad arrivare al salvagente. Bella si tuffò senza pensarci due volte.
-Ho… un crampo… alla… gamba! –annaspava e la sua testa bionda finiva continuamente sott’acqua. Lei lo prese, lo sollevò in modo da permettergli di respirare e gli passò il salvagente. Poi nuotò fino alla canoa e in qualche modo riuscì a caricarlo.
Benjamin tossiva acqua, ma almeno era vivo. Il crampo gli sarebbe passato.
-Ehi, Bella. A quanto pare mi sbagliavo. 

 
 

-Ed, c'è qualcosa che devi dirmi?


Augh.
Eccomii! 

È strano pubblicare un capitolo senza Amy ahaha ma non preoccupatevi, nel prossimo ci sarà. Anche se forsse l'avevate già intuito dallo spoiler qui sopra.
Ricapitolando: Jules e Liam si sono lasciati dopo che lei è tornata in Irlanda. Non sapeva che anche lui avesse intenzione di tornare (non se lo ricorderà nessuno, ma all'inizio di You always will be my angel Liam viveva in Irlanda) e invece... il caro Liam è il suo capo. Vi avviso che questi due vi faranno penare. Quasi come la Sue/Harry/Louis. 
Bella ha iniziato a lavorare come bagnina ed ha salvato Benjamin. Al lavoro lei non porta la fede.  Ok, non penso che succederà quello che voi vi aspettate che succeda :)

Ecco a voi Amy! Non riuscivo a trovare una foto che rendesse l'idea ahaha



La prossima volta gli altri personaggi!
Grazie mille per le recensioni,
baci,

Gaia

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Before the worst ***




Before the worst.


Avevo appena passato una delle settimane più complicate della mia vita. E non in senso buono. Speravo che almeno la solita uscita del sabato pomeriggio trascorresse senza particolari problemi, ma ovviamente mi sbagliavo. Se le cose possono peggiorare, lo faranno.
Passeggiavo per Harrods con Ed, Ian e Kaylee. Spingevo il passeggino di Sophie e intanto commentavo con gli altri ogni singolo abito che ci capitava a tiro. L’ignoranza sconfinata della testa arancione in fatto di moda faceva sbellicare tutti -come si fa a non sapere cosa sia un tubino?
Ne approfittai per raccontare ai miei amici tutte le novità assurde della mia vita. Naturalmente io non potevo insultare Liz, non sarebbe stato cortese, ma niente e nessuno vietava a loro di detestarla.
-Non avete capito, lei è il tipo di persona che non si può fare a meno di adorare! È una di quelle ragazze sempre perfette e per giunta ha anche i soldi che escono dal buco del culo.
-Amy! –ruggirono, alludendo alla bambina.
-Oh, Soph, ignorami! Comunque avete capito cosa intendo.
-Sì, e proprio per questo non la sopportiamo. –disse Ian. Quello era il suo modo di essere d’aiuto.
Presi una camicia da uno scaffale e la osservai meglio. Troppo semplice. La riappoggiai e tirai fuori il pacchetto di gomme da masticare dalla borsa.
-La tua vita sembra un film della Warner Bros! Cosa farai? Ti presenterai al matrimonio e dirai “Ehi, fermi tutti”? Oddio, sono Brooklyn?
Sbuffando, passai una cicca a Kaylee. Non sapevo bene cosa sarebbe successo al matrimonio. Insomma i miei quasi-suoceri erano convinti che il mio ragazzo fosse in procinto di sposare un’altra e gli avevano addirittura organizzato un matrimonio. Alle nozze era stata invitata praticamente tutta l’alta società irlandese, per cui non si poteva semplicemente annullare il tutto. Così il mio amabile fratellone aveva convinto Niall e Liz a fingere di essere fidanzati, poi avrebbero divorziato utilizzando come pretesto uno scandalo avvenuto il giorno del matrimonio, e le cose si sarebbero sistemare secondo un piano contorto che non avevo capito fino in fondo. Mi sentivo come un personaggio di Gossip Girl versione Inghilterra.
-Non lo so. Non so nemmeno come farò ad imbucarmi al matrimonio. Perché io ci sarò, potete scommetterci.
-Ci fidiamo… Kayl, tesoro, quelli non sono i jeans Versace che stavi cercando? –trillò Ian.
-Oddio, sì! –E fu così che uno dei geni del Royal College of Music strappò letteralmente di mano i pantaloni ad una cliente. Mentre Ian la raggiungeva per evitare un omicidio, Ed e io continuammo a camminare.
-Ancora non riesco a credere che Niall mi abbia nascosto una cosa simile… -dissi distrattamente.
-Sicuramente non voleva farti soffrire. –disse Ed. Un essere umano qualsiasi, al suo posto, si sarebbe sicuramente accorto dell’errore. Ma Ed no. Dovetti fare un lungo respiro profondo prima di calmarmi e di riuscire a rispondere senza violare la regola delle Zero-parolacce-in-presenza-di-Sophie.
-Certo. Perché ovviamente in una situazione del genere l’unica cosa a cui pensa è non far soffrire me. Te lo dico io: aveva paura. Per questo ha aspettato così tanto prima di dirmi tutto.
Ed arrossì. Poi prese a guardarsi intorno alla disperata ricerca di una distrazione, che ovviamente non trovò. Rassegnato, fissò lo sfondo del suo cellulare fingendosi occupato.
-Sheeran? Sophie mente meglio di te. E lei non parla.
-Potresti non sapere tutto. –sputò.
Sentii il sangue ribollirmi nelle vene, ma mi imposi di restare calma.
-Amy, non dovrai dire niente a Niall di questa conversazione.
-Ok. –dissi di getto.
-No, devi giurarmelo. –aveva uno sguardo da cane bastonato che proprio non potevo ignorare, quindi acconsentii.
-Non volevo dirtelo così. Anzi, non volevo proprio dirtelo. Però ormai non ho più scelta… Amy, qualche anno fa Niall era innamorato di Liz.
Me l’aspettavo. Forse l’avevo sempre saputo, avevo solo avuto bisogno di qualcuno che confermasse.  L’idea che il mio ragazza fingesse di essere fidanzato con una persona di cui era stato innamorato mi faceva girare la testa. Il fatto che Niall non me l’avesse detto però faceva ancora più male.
Ed appoggiò una mano sulla mia, che aveva smesso di spingere il passeggino.
-Non gli dirai niente, vero?
-Devo per forza, Ed.
-Lui ti ama! Possibile che tu abbia ancora dei dubbi?
-E possibile che tu lo difenda sempre?
La figura di una Kaylee trionfante con i suoi jeans in mano comparve in mezzo a noi. Appese i Versace al passeggino di Sophie e cinguettò qualcosa su Ian che aveva incontrato il suo ragazzo e lei che si sentiva il terzo incomodo. Poi guardò meglio la mia faccia.
-Ed, non gliel’avrai mica detto? –chiese. I capelli castani erano raccolti in una treccia che le ricadeva sulla spalla e risaltava sul bianco della camicia. Un papillon nuovo di zecca al collo e la gonna a tubo nera le davano un’aria molto professionale, che stonava completamente con le Jeffrey Campbell sportive nere e le calze scure.
Annuii. Lei tirò un sospiro di sollievo. –Visto, razza di stupido? Non è arrabbiata con te!
-Perché avrei dovuto arrabbiarmi con Ed? –domandai.
-È quello che ho cercato di spiegargli anche io! Cosa dice il detto? “Al cuor non si comanda”. Non è Ed che ha scelto!
Numerosi campanelli di allarme si attivarono nella mia testa. Ed Sheeran impallidì.
-Mi sa che non stiamo parlando della stessa cosa. –dissi. Lei divenne paonazza. Mortificata, guardò Ed.
-Tu non…?
-Kayl, ti ammazzo. –sussurrò lui.
-Ed, c’è qualcosa che devi dirmi?
-Ok, io vado ad impiccarmi. Ci si vede! –nel giro di due secondi Kaylee ed i suoi jeans si volatilizzarono.
Per circa un millennio nessuno dei due parlò. Le persone indaffarate e completamente assorbite dallo shopping scorrevano intorno a noi come un fiume, alcuni maledicendoci perché stavamo ostruendo il passaggio. Eppure il pensiero di spostarci e ti toglierci di mezzo non ci sfiorò nemmeno. Quando Ed risollevò la testa mi accorsi che aveva le lacrime agli occhi.
-Non puoi nemmeno immaginare quanto sia difficile. –scandì.
Aspettai. Ed non era il tipo che aspettava che fossero gli altri a completare le sue frasi. No, lui finiva sempre quello che aveva cominciato.
Aspettai ancora.
-Non è una cosa passeggera. Purtroppo. O forse è meglio così. Proprio perché non è passeggera io…. Non ho mai trovato il coraggio di dirtelo. Avrei dovuto. Forse avrei dovuto farlo quando sei venuta a casa e mi hai detto di avere una cotta per me. Ti ricordi?
Certo che sì. Quel giorno mi aveva confessato di essere gay. Ed si sedette su una panca e io feci lo stesso. Capii cosa stava per dire un attimo prima che formulasse la frase.
-Sono innamorato di Niall da circa due anni.
Eccola. La sensazione di essere sul fondo della Fossa delle Marianne. Forse sto annegando. È possibile?
Non potevo nemmeno pensare di arrabbiarmi con Ed, dato che non avrebbe avuto senso. Kaylee aveva ragione, non era stata una sua scelta. Lui conosceva Niall da più tempo di me. Ai suoi occhi, ero io l’altra.
-Ed…
-No. Non dire niente.
Restammo lì, sulla panca, schiena contro schiena, fino a quando Sophie non protestò.
 
Dovevo parlare con qualcuno. Noelle? No, non conosceva abbastanza Ed e Niall. Kaylee o Ian? Sarebbero stati di parte. Harry? Ok, ancora non so come abbia potuto pensare a lui. Sue. La mia migliore amica.
Così presi un taxi e mi feci portare fino a casa sua. Con Sophie in braccio, simulai delle montagne russe mentre attraversavamo il vialetto e lei scoppiò a ridere. Poi bussai.

***
Sue Callaghan sospirò mentre la sua chiamate veniva rifiutata per l’ennesima volta. Quanto ancora avrebbe dovuto scusarsi prima che Bella decidesse di perdonarla?
Sempre che lo faccia, pensò.
La verità era che si sentiva in colpa. In colpa per tutto quello che le aveva detto. In colpa per aver criticato il suo matrimonio con Zayn. Almeno lei era sposata. Non frequentava il marito di un’altra. Non doveva nascondersi ogni singola volta.
Guarda che so che rifiuti le chiamate.
Bene. Rispose Bella. Sue sospirò ancora.
Aprì la porta. Doveva uscire, prendere aria, e magari regalarsi una nuova cover per il cellulare. In piedi sullo zerbino, con un sacchetto tra le mani ed un sorriso smagliante, c’era Harry.
-Vai da qualche parte? –le chiese.
-Ora non più. –indietreggiò per permettergli di entrare in casa.
-Et voilà! Birra e un dvd a noleggio. Cosa c’è di meglio?
Uscire. Andare a vedere il mare o anche solo ad un ristorante, avrebbe voluto rispondergli.  Loro però non potevano farsi vedere in giro.
Erano le sette di sera quando Harry inserì il dvd nel lettore e diede a Sue la sua bottiglia di Heineken. Erano le sette e un minuto quando Sue schiacciò il tasto “play”, pur sapendo che avrebbero guardato ben poco di Pirati dei Caraibi. Erano le sette e dieci minuti quando le labbra di Harry si posarono sulle sue. Quando lei si ritrovò supina sul divano. Quando la camicia di Harry finì sul pavimento. E quando i campanello suonò.
Rimasero entrambi congelati.
-Ignorali, -sussurrò Harry. Chiunque fosse fuori dalla porta, però, non si arrese.
-Sue! Ho portato delle pizze.
Oddio.
-Cazzo! È Amy! –urlò Harry.
-Vuoi abbassare la voce? O dobbiamo per forza farci beccare? –saltarono giù dal divano ed iniziarono a camminare in cerchio.
-Non aprire, -le intimò il riccio.
-Ma è tua sorella e la mia migliore amica!
-Lo so!
Sue sbirciò dalla finestra della cucina. Amy era sulla soglia, con Sophie in braccio e due cartoni per le pizze nell’altra mano. Nonostante tutto le scappò un sorriso, perché lei amava sia la pizza che quella bambina con gli occhi blu.
-Guarda che so che sei lì! Ti prego, è stata una giornataccia e ti devo raccontare un po’ di cose…
-Nasconditi, -sibilò ad Harry.
“Dove?” le chiese con lo sguardo. Sue scrollò le spalle e il ragazzo sparì in camera da letto. Si impose di stare calma e andò ad aprire. Amy le mise subito in mano le pizze ed entrò come se quella fosse stata casa sua. E, visto tutto il tempo che aveva trascorso lì dentro, era praticamente così.
-Scusa l’improvvisata ma credevo di impazzire. Ed mi ha detto di quelle cose… E poi c’è la storia di Niall e Liz. E tra un po’ Noelle ricomincerà la scuola e io devo trovare un modo per mandare all’asilo questa signorina! –scompigliò i capelli si Sophie. Sue diede un calcio alla camicia di Harry per farla finire sotto al divano. Seduta a gambe incrociate, prese in braccio la figlia della sua migliore amica.
-Dai, dimmi tutto.
Ascoltò sempre più stupefatta il racconto di Amy e alla fine decise che A) Niall Horan era un idiota. B) Detestava Liz nonostante non l’avesse mai incontrata. C) Ed Sheeran anche più complicato di Amy. E non era una cosa facile.
Fece una boccaccia a Sophie.
-E non gli hai detto nulla? Ma quanto siamo belle! Siamo bellissime noi, è vero? –Sophie sorrise.
-Ci ho provato ma lui mi ha fermato… Non so cosa fare. E nemmeno cosa pensare.
-Diglielo! Assicuragli che non sei arrabbiata, ma solo confusa. Chi è questa bambina?
-Ci proverò. Anche se temo che Ed decida di evitarmi. –Amy guardò con desiderio la birra, ancora sul tavolino. -Sue? Perché ci sono due bottiglie?
Merda.
-Io… ehm… aspettavo Louis! Ma purtroppo non è potuto venire e io non ho più rimesso le bottiglie nel frigorifero.  –credibile.
-Allora non ti dispiace se bevo un po’?
-Eh? No, certo che no!
Al limite dispiacerà a tuo fratello. L’ha comprata lui.
-E stavi anche guardando Pirati dei Caraibi! Piace tanto a… -Amy troncò la frase appena in tempo.
-Guarda che puoi dire il suo nome. È passato un anno.
Si sentiva malissimo. Amy aveva paura a pronunciare la parola “Harry” perché non voleva farla soffrire, e lei teneva nascosto proprio lui in camera da letto. Sue era a un passo dal confessare  tutto.
Aprì la bocca, ma venne interrotta dal campanello. Amy le scoccò un’occhiata interrogativa.
Con la morte nel cuore Sue andò ad aprire. Fuori dalla porta c’era Louis Tomlinson.
Dio, che ne diresti di ammazzarmi… non so… seduta stante?
-Buonasera Callaghan! Non ti dispiace un po’ di compagnia, vero?
-Lou! –Amy scattò in piedi.
-Emyna! –urlò lui abbracciandola.
-Non esageriamo, Tomlinson. E smettila di chiamarmi così! –dopo che lui si fu guadagnato la solita sberla sul braccio –Amy Styles non cambierà mai –Louis salutò Sophie sollevandola e schioccandole un bacio sulla fronte.
-Come ai vecchi tempi, vero?
Nessuno rispose. Quando andavano al liceo Sophie non era ancora nata e soprattutto c’era Bella. Non andava trascurato nemmeno il dettaglio-Harry, ma questo loro non lo sapevano.
Si divisero le pizze in maniera abbastanza equa (di fatto Louis riuscì a mangiarne molta di più) e guardarono un pezzo della Maledizione della prima luna.
-Strano, -disse Amy ad un certo punto – pensavo avessi un impegno.
A Sue andò di traverso la birra. –Mi sono sbagliata! Intendevo… Lucy. È una mia compagna di università e io… credo di essermi confusa!
In quel momento Lucy era in Scozia per uno stage. Ma anche quella scusa risultò credibile e gli altri due non indagarono.
Tutto procedette bene fino a quando non si udì un forte colpo. E proveniva dalla camera da letto.
-Cos’è stato? –bisbigliò Amy.

 

-Settimana prossima? E allora quei due signori dall’aria molto sofisticata che stanno parlando con Niall chi sono?
-Oh merda. 

 
Buon noncompleanno a voi!

Ebbene sì, sono tornata e sono viva. 
La colpa è del capitolo di Non sono chi tu pensi che sia, che mi ha tenuta impegnata per tutto questo tempo. Per fortuna questo si è praticamente scritto da solo e sono riuscita a finirlo tra ieri sera e oggi pomeriggio :)
Allora, passiamo al capitolo. Le cose diventano sempre più incasinate per Amy, e quanto alla povera Sue... no, non vi dirò cosa succederà nel prossimo capitolo. Forse ve l'avevo già chiesto nel prequel, ma... Team Louis o Team Harry?
E non dimenticatevi della Questione Ed!
Vi lascio.
tanti baci,
Gaia ♥


 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Thief ***




Thief.



Non si sentiva volare una mosca. Mi avvicinai il più possibile a Louis, il quale era pur sempre l’unico "uomo" della situazione e pigolai: –Cosa diavolo è stato?
Nessuno mi rispose. Era bello essere ascoltati.
Un altro rumore mi fece venire la pelle d’oca.
Louis ricomparve con una vecchia mazza da baseball trovata chissà dove.
-Ok, io vado a vedere. –bisbigliò.
-Ma neanche per sogno! –sbottai sottovoce –Tu non ci lascerai qui da sole mentre giochi a fare Batman.
-Allora venite con me.
-Ma non posso lasciare qui Sophie, e nemmeno portarla di là!
-Amy, deciditi. –Sue si torceva le mani. Al contrario di noi, non sembrava spaventata. Solo molto, molto nervosa. Una strana sensazione si fece strada nella mia mente. Prima che potessi darle un nome, un terzo colpo ci fece sobbalzare tutti quanti.
-Ok, andiamo! –disse Louis. Gli tirai un calcio negli stinchi a metà frase per ricordargli di tenere un volume basso. Mentre camminavamo molto lentamente nel corridoio desiderai di avere il passo felpato della pantera rosa. Anche un palombaro avrebbe fatto meno rumore di me.
-Devo starnutire! –fece Louis cercando di reprimere l’impulso.
-Non farlo!
-Ma non posso!
-Hai presente il calcio di prima? Starnutisci e ne riceverai uno molto ma molto più forte.
Deglutì.
Il corridoio di quella casa non mi era mai sembrato così lungo.  Alla fine giungemmo davanti alla porta della camera da letto di Sue e ci si annodò lo stomaco.
-Ci siamo.
Louis strinse la maniglia. Louis fissò la maniglia. Louis deglutì ed aprì di scatto la porta. Louis strillò.
Qualcuno stava cercando di saltare dalla finestra.
Gridammo tutti e quattro (sì, anche lui si lasciò scappare un urletto isterico). Quello che successe dopo è ancora abbastanza confuso.
Sono abbastanza sicura di aver urlato “Louis, fa qualcosa!”. Poi Tomlinson e la sua mazza da baseball si lanciarono verso l’intruso, che aveva qualche problema a scavalcare il davanzale. Senza riflettere, mi tolsi un anfibio e glielo tirai contro. Lo colpii sulla spalla, lui si lamentò e sparì oltre la finestra.
-Cazzo! –io e Louis ci affacciammo, appena in tempo per vedere il ladro rialzarsi e correre a tutta velocità in strada. Tutta l’adrenalina mi abbandonò di colpo e dovetti sedermi tremando sul letto.
-È… scappato? –pigolò Sue, ancora ferma sulla porta. Annuimmo.
 
Sue Callaghan era una delle persone più intelligenti che avessi mai conosciuto, ma perfino il mio cane Killer mentiva meglio di lei.
Dopo aver controllato che non mancasse nulla,  ci invitò con gentilezza ad uscire, blaterando qualcosa sulla polizia. Sta mentendo e c’era qualcosa che non andava. Era chiaro come il sole. Ci assicurò che sarebbe stata benissimo anche da sola e ci sbatté la porta in faccia.
-Le hai creduto? –chiese Louis.
-No. Tu?
-No.
Sospirò. –Cosa facciamo?
-Non so te, ma io devo andare in giardino a recuperare la mia scarpa. –gli depositai in braccio mia figlia e mi avventurai nel retro della casetta di Sue.  Dopo un paio di metri capii di aver commesso un errore tattico abbandonando Louis, perché avevo una paura tremenda.
Anche un idiota capirebbe che non puoi cercare una scarpa nera in un prato nel buio più completo. Nemmeno se il tuo cellulare ha un’applicazione così figa come la torcia. In compenso feci una scoperta affascinante. Il cappellino in lana grigia era ai piedi di un albero . Conoscevo molto bene quel cappellino. E anche la H nera che avevo fatto ricamare su un lato in occasione dei diciannove anni di mio fratello. La mia scarpa giaceva qualche centimetro a destra.
Avrei voluto rientrare nella casa della mia migliore amica e urlare tutto quello che pensavo di lei, della sua sconsideratezza e di quell’idiota che purtroppo era imparentato con me, ma non lo feci. Volevo vedere come si sarebbe evoluta la faccenda.
-Ehi! –esclamò Louis vedendomi –Che fine avevi fatto? Stavo per chiamare il team di Buffy l’Ammazzavampiri.
Alzai gli occhi al cielo.
Come facevo a dire ad un ragazzo del genere che la persona di cui era innamorato da anni continuava a frequentare Harry? No, non potevo farlo.
Non ne hai nemmeno il diritto. È un problema di Sue, non tuo, disse una vocina alquanto vigliacca nella mia testa.
I segreti però non hanno mai fatto bene a nessuno.
 
Tyler Moore aveva deciso di rovinarmi. Lo dimostrava il messaggio molto sintetico che lui mi inviò alle sette della domenica mattina.
Lunedì, 16.00 a casa tua. Vedi di esserci.
Che idiota. Se aveva scritto “a casa tua”, era abbastanza ovvio che ci sarei stata.
Ok. Ma dovevi proprio svegliarmi? E dove hai trovato il mio numero?
Tu fai troppe domande, Styles.
Per poco non lanciai il cellulare contro al muro.
Ricaddi pensantemente sui cuscini e chiusi gli occhi.
Alle sette e dieci il telefono trillò ancora. Dovevo assolutamente ricordarmi di inserire il silenzioso.
Liam: Cosa fa una cecoslovacca?
Digitai in fretta. Rifletti, Payne. Ne vale davvero la pena? P.S. la Cecoslovacchia non esiste più.
Ovviamente mi ignorò.
Liam: Le cecoslovacche fanno cecoslomuuuu!
Dio, ti prego, perdonalo.
Non gli risposi. E non feci neppure in tempo a ridistendermi, perché mi arrivò un altro messaggio. Ma possibile che tutti dovessero pensare a me proprio in quel momento?
Noelle: Oggi pomeriggio andiamo al parco?
Viviamo nella stessa casa. Non me lo potevi chiedere dopo?
Noelle: Avevo paura di dimenticarmi.
Ridicolo. Ormai non c’era più verso di dormire, così mi alzai. Urtai inavvertitamente la sveglia, che piombò sul pavimento facendo un fracasso inaudito e svegliando Sophie, che si mise a strillare.
La giornata iniziava malissimo.
 
Il cielo era stranamente limpido. Non avevo nessun motivo per rifiutare l’invito di Noelle, perciò andammo tutte e tre a Hyde Park. Verso mezzogiorno e mezza mangiammo dei panini sedute sulle panchine e Noelle si mise a fare le parole crociate. Io cercai di insegnare a Sophie a camminare e lei riuscì a fare cinque passi tenendomi le mani.
-Noelle, guarda come siamo brave! –urlai.
-Ho visto, ma che brava che è questa bambina! Ah, vedo anche che ti sta chiamando Niall.
Mi porse il telefono.
-Ehi! –esclamò.
-Ciao. È questa l’ora di chiamare?
-Ho avuto… da fare. Come state?
Staccai un fiorellino da prato e lo usai per fare il solletico alla bambina. –Noi benissimo, siamo a Hyde Park! Sophie, saluta il papà! –le avvicinai il telefono all’orecchio e sentii la voce di Niall esclamare qualcosa con il tono destinato ai bambini piccoli.
-Ha detto che ti saluta anche lei, -lo informai.
-Davvero?
-Certo che no, scemo! Ma cos’hai mangiato?
-Io? Caviale. –e da quando nella casa dei ragazzi si mangiava il caviale?
-Be’, non ti fa un bell’effetto. …No, Soph, lascia stare la terra! Cavolo, la mia maglietta! –tenendo il cellulare tra l’orecchio e la spalla cercai di rimediare al disastro, ma la macchia non voleva proprio saperne di andare via.
-Cavolo, so quanto ti piace quella maglia. –disse Niall dall’altra parte della cornetta.
-Sì, be’, la posso lavar… Ehi. Tu come fai a sapere quale maglietta indosso?
Nessuna risposta.
-Niall?
Scattai in piedi e mi guardai intorno. Coppie che si baciavano, persone che facevano jogging, bambini che giocavano a palla e ragazzi che studiavano seduti sulle panchine. Intravidi dei capelli biondi su una collinetta.
-Noelle, -iniziai senza distogliere lo sguardo –è appena successa una cosa un po’ strana. Penso che Niall possa essere qui.
-Quando arrivano gli Horan? –disse lentamente lei.
-Settimana prossima, perché?
-Settimana prossima? E allora quei due signori dall’aria molto sofisticata che stanno parlando con Niall chi sono?
Seguii la direzione del suo dito. Niall era a Hyde Park. A Londra. Per la precisione se ne stava ai piedi della collinetta e discuteva animatamente con una coppia vestita in modo elegante. Lei era castana e indossava un vistoso cappotto marrone, lui aveva i capelli grigi e una giacca dello stesso colore.
-Oh merda. –sussurrai. I miei guai ovviamente non erano finiti. Noelle sistemò Sophie nel passeggino, mi prese a braccetto e mi trascinò a forza verso l’allegra famigliola.
-Ciao Niall! –esclamò a voce volutamente alta.
-Cosa fai? –sibilai mentre Niall perdeva vent’anni di vita.
-Ti faccio conoscere i futuri suoceri. –la faceva sembrare come la cosa più innocua e banale del mondo. Io volevo morire.
I “futuri suoceri” avevano già iniziato la scannerizzazione. -Le conosci? –chiese infine la signora Horan al figlio. Sono abbastanza sicura che lui abbia considerato per un paio di secondi l’idea di negare.
-Sì. –ammise.
-Mamma, papà… loro sono Amy e Noelle, due mie amiche.
-E la bambina? –chiese non proprio educatamente Bobby.
-È la figlia di Amy. Sophie. –sperai ardentemente che i coniugi Horan non facessero due più due. Sophie assomigliava parecchio al padre.
-Oh, -esclamò Maura –è molto carina. Com’è che le conosci?
-Perché parli come se loro non fossero presenti?
-Niall, non iniziamo. –lo ammonì il padre –Quanto ci mette Elizabeth?
Oh, no. Non ero assolutamente in grado di reggere anche Lizzie Sono bella e me ne vanto Waldorf.
Feci per andarmene, ma Noelle bloccò con un piede le ruote del passeggino.
-Lei è la sorella di Harry Styles, –spiegò Niall indicandomi –e Noelle è la sua coinquilina.
-Avevo capito che la famiglia di Harlold non avesse problemi economici. Perché una coinquilina?
Ma saranno cazzi miei? -È una lunga storia, signora Horan. –dissi sorridendo e cercando di sembrare amabile.
-Anche la maglia ha avuto una storia lunga. –mormorò al marito, assicurandosi che sentissi. Mi ricordai della terra. Avvertii un bruciore alla gola.
-Mamma! –sbottò Niall.
-Noi andiamo via, -dissi. Come se interessasse a qualcuno. Non mi ero mai sentita così umiliata in tutta la mia vita. Noelle non ebbe la forza di ribattere ed annuì.

 
***
 
Jules O'Malley si sforzava di odiare il suo lavoro, ma proprio non ci riusciva.
Le piaceva girare per Dublino con i mezzi pubblici.
Le piaceva salutare tutti quelli che incontrava nel tragitto  ingresso-scrivania (sì, anche la segretaria baffuta particolarmente scorbutica).
Le piacevano i suoni dell’ufficio: il digitare sui tasti dei computer, lo squillare dei telefoni, il ticchettio dei tacchi vertiginosi di qualche impiegata e le voci squillanti che chiacchieravano appena possibile.
Le piaceva anche bere l’ottimo caffè della macchinetta prima di iniziare la giornata lavorativa, ma purtroppo non era l’unica.
Evitare Liam Payne era un’altra delle innumerevoli cose in cui Jules O'Malley non riusciva. E, odiava ammetterlo, non le dispiaceva affatto.
Soprattutto da quando lui aveva preso l’abitudine di indossare quelle camicie.
-Buongiorno.
-‘Giorno.
-Caffè anche stamattina, eh?
-Già.
Quelle conversazioni erano snervanti. Lui non scherzava più con lei. Non le raccontava più la “stronzata del giorno”, come la chiamava Amy, e lei non poteva più fargli notare quanto fosse squallida. L’argomento più emozionante dei loro discorsi era il tempo. Jules non sapeva quanto ancora avrebbe saputo resistere prima di urlargli in faccia tutta la verità.
“Non fare boiate,” le aveva detto Sue. Oh, al diavolo.
-Così non possiamo continuare. –dissero contemporaneamente lei e Liam, spiazzandosi a vicenda.
-Oh! –esclamarono. Seguì un risolino.
-Prima le signore, -fece lui.
Vigliacco.
-Non sopporto questa situazione. Ci incontriamo casualmente di continuo, eppure non sappiamo tenere una cazzo di conversazione decente. Alle macchinette, davanti alla stampante, all’ingresso, in ascensore. Cavolo, ho smesso di venire in macchina per non incrociarti nel parcheggio! “Rottura pacifica” ci eravamo detti. Questa è… è…
-Una “rottura di merda”. –l’aiutò.
-Esatto! Non possiamo andare avanti così, dobbiamo comunicare per forza.
-E allora cosa facciamo? Devo far finta di non pensare a te che lavori seduta alla tua scrivania? Al modo in cui probabilmente mordicchi la penna e cerchi di fare canestro nel cestino? Perché lo faccio, sai, continuamente!
Ok, forse Jules non si aspettava che fosse così diretto.
E perché era all’improvviso felice?
-Tra di noi non funziona, Liam, ormai lo sappiamo.
-Sì, ma io non riesco nemmeno a fingere che tu non esista. Quindi cosa facciamo, proviamo ad essere amici?
È forse una delle frasi più usate al mondo.
-Sì. –si sentì dire –Amici.
Gli fece un mezzo sorriso e lui ricambiò. –Vediamo cosa succede, Payne. Adesso però devo andare, o il mio capo si lamenterà.
Il suo sorriso sghembo si allargò ancora di più. –Mi hanno detto che il tuo capo è alle macchinette a prendere un caffè.
Lei fece per andarsene. Voleva solo chiudersi in bagno e urlare.
-Jules?
Si voltò. –Sì?
-Sai cosa fanno le cecoslovacche?


 -Amy! Apri questa maledetta porta!
-Ma è sempre così a casa tua?



Augh.
Sì, è sabato sera, ma sono troppo distrutta per pensare di mettere un'unghia fuori di casa. 
Non sono morta e non mi sono trasferita in Mozambico. Lo studio e la scarsa ispirazione hanno fatto sì che finissi il capitolo solo cinque minuti fa, decisamente in ritardo. Scusatemi davvero, meraviglie ♥ Per farmi perdonare ho pubblicato un capitolo lunghissimo. Non odiatemi.
L'ispirazione è tornata, quindi dovrei essere più puntuale. Vi anticipo che nel prossimo capitolo tornerà una vecchia conoscienza :) Lui/lei iniziava a mancarmi ahah
Poi boh, i genitori di Niall sono dei pezzi di merda, adoro Jules e Liam e non so più cos'altro dire.
Ho pubblicato una nuova originale (nel caso non vi foste stufate di me e della mia follia)... per leggerla basta cliccare sul banner qui sotto :)
basta, vi lascio
tantissimissimi baci,
Gaia ♥


 

La memoria genetica è il ricordo di esperienze che non abbiamo mai vissuto di persona, ma che sono state ereditate e sono presenti alla nascita. Alcuni, come Freud, non ci credono. Altri le chiamano “vite passate”. 
Parigi, 1889 – Arielle è intrappolata nella sua vita e l’unica via d’uscita sembra essere Stephane.
San Pietroburgo, 1907 – Leon aiuta Vera a fuggire dalla reggia dello zar durante la rivoluzione russa.
Nuova Delhi, 1818 – Samira è promessa sposa ad un uomo che non ama. E poi è arrivato James.
Kingston, 1703 – Rosalyn, travestita da uomo, si imbarca su un veliero e cerca di mantenere il suo segreto. Con il mozzo Henry, però, è più difficile.

North Dakota, 1704 – la Cheyenne Malia scappa dalla sua tribù con Gilbert, l’uomo bianco che le ha salvato la vita
Londra, 2013 –tutti si incontrano di nuovo. Ariel, Stefan, Vivian, Liam, Sam, Jace, Rain, Erik, Maya e Gideon. 
Perché la storia ha la brutta abitudine di ripetersi.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Return ***




Return.


C’è qualcosa di maledettamente rilassante nelle coperte, i divani, le tortillas e i film orribili. Sono uno dei migliori rimedi contro la depressione insieme alla nutella. Ero stata in uno stato semi-catatonico per tutta la domenica sera, ignorando le telefonate di Niall e i messaggi di Ed. Il giorno seguente mi ero trascinata fino al Royal College of Music per uno dei giorni peggiori della mia carriera scolastica (e vi assicuro che ho visto giorni davvero pessimi). Evitare Ed Sheeran e cercare di suonare in maniera almeno passabile fu difficilissimo. Passai l’ora buca a guardare la prima parte di Monsters University con Ian, poi mi fiondai nell’aula di storia della musica per l’ultimo corso della giornata.
Solo quando ebbi varcato la porta di casa mi ricordai dell’appuntamento con Tyler.
Si presentò con dieci minuti di anticipo, mentre Sophie cercava di camminare in giro per la sala da pranzo. Il suo record era di quindici passi e sembrava intenzionata a batterlo. Avevo appoggiato un orsacchiotto a qualche metro da lei ed avevo aspettato. Si era alzata da terra, gli occhi azzurri puntati su Mr. Orso (mia madre e la sua fantasia) ed aveva fatto un passo. Poi un altro. E un altro ancora. Era troppo lontana, ma aveva teso comunque le braccia in avanti. Io avevo spinto con nonchalance l’orso verso di lei di un paio di centimetri.
-Dai Soph, dai che ce la fai!
Era finita con il sedere per terra per la seconda volta quando Tyler suonò il campanello, facendoci sobbalzare entrambe.
-Ciao. –lo feci entrare –Siediti, non fare commenti sul disordine, non rompere niente e non chiedermi dell’alcool.
-Come siamo gentili oggi! –commentò. Fece come gli avevo detto  e si sedette sul tavolo della cucina a penisola. –Fortuna che ho portato un antidoto contro il veleno.
Alzai gli occhi al cielo e rifiutai una chiamata in arrivo da Niall.
Andai a recuperare qualche pacchetto di patatine. Ero sicura che quello sarebbe stato un pomeriggio interminabile, ma ancora non potevo immaginare quanto.
Quando tornai in cucina, con due tubi di Pringles e tre KitKat, trovai mia figlia e il mio insopportabile compagno di lavoro che si fissavano intensamente negli occhi.
-Hai avuto un Imprinting con lei come Jacob di Twilight? –ironizzai.
-Questa era bella, Styles, te lo concedo. Comunque no. Non mi sono innamorato di lei. Devo dire che ti somiglia poco.
-Ha preso più da Niall, per sua fortuna. –presi in braccio Sophie, la quale era ancora sul pavimento,  e la portai in camera per il riposino.
Tyler appoggiò un quaderno pentagrammato sul tavolo e tirò fuori la sua matita HB.
-Da dove cominciamo?
-Decidiamo cosa vogliamo ottenere e poi ci inventiamo qualcosa al pianoforte. Hai il flauto?
Annuì. –Io pensavo a un pezzo jazz.
-Certo. Il flauto viene utilizzato tantissimo nel jazz. –se non l’avessi pagato venti sterline, avrei sicuramente tirato il vaso blu appoggiato sul davanzale sulla testa di Tyler.
-Ok, capo. Cosa proponi?
-Un pezzo contemporaneo. Tipo Yiruma, per indenderci.
Lui borbottò qualcosa di simile a “donne” ma accettò. Ci provammo per circa mezz’ora. Niente, neppure una battuta. Cercammo qualcosa su Youtube, ma era praticamente impossibile prendere spunto da un pezzo senza copiarlo. Alle cinque meno un quarto gettammo la spugna. Ci lasciammo cadere pesantemente sul divano, sicuri di ricevere un voto pessimo al corso di composizione. Non sarei mai riuscita a recuperare.
-E se oggi ci limitiamo ad ascoltare qualcosa? Giusto per farci un’idea. Se proviamo ancora a comporre finirò per dare un calcio al tuo piano.
-Ci devi solo provare! –grugnii prendendo il laptop dalla mia scrivania. Incredibilmente Sophie dormiva ancora.
-E il tuo ragazzo? –chiese Tyler mentre sullo schermo compariva la home di Windows 7 e io digitavo la password.
-Ad Holmes Chapel. Insegna musica al liceo. Perché lo chiedi?
Ignorò la domanda. –Al liceo? Il tuo liceo?
Ahia. Venni salvata dal campanello prima che la conversazione diventasse pericolosa.
Deve essere Noelle.
Una volta premuto il pulsante del citofono, presi una Pringles, me la cacciai in bocca ed andai ad aprire. Sicuramente la mia coinquilina si era dimenticata di Tyler, e non era il caso di farle venire un infarto.
-Arrivo! –esclamai masticando.
Ovviamente di Noelle non c’era neanche l’ombra.
Inizialmente il mio sguardo cadde sul cane. Un golden retriver dall’aria familiare che se ne stava seduto sul pianerottolo con la lingua a penzoloni.
-Killer? –tentai. Il mio cane scattò in piedi scodinzolando e mi si fiondò addosso. Mi chinai per accarezzarlo.
-Attento, ciccione, così mi ammazz… -venni interrotta da una voce maschile, che esclamò un “Oh cazzo”.
Purtroppo, conoscevo anche quella.
I miei occhi risalirono lungo il guinzaglio e finalmente misero a fuoco il nuovo arrivato. Non riuscii a reprimere un urlo.
-Sei tu! Avrei dovuto immaginarlo! –quella era decisamente una frase stupida. Era lui che si era presentato a casa mia. Non aveva letto il nome sul citofono?
Gli feci un enorme sorriso finto. –Smamma. –e chiusi la porta.
-Amy! –gridò William da fuori. –Non puoi lasciarmi qui!
Potevo eccome, e avevo tutte le intenzioni di dimostrarglielo.
George William, l’odioso figlio del compagno di mia madre. Il verme che per poco non aveva fatto licenziare Niall durante il mio ultimo anno di superiori. La persona che più detestavo sulla faccia della Terra era lì. Con Killer.
-Che cosa ci fai qui? –urlai.
-È una storia lunga.
-Abbiamo tutto il tempo del mondo. –non proprio, ma quella frase era troppo bella per rimanere nella mia testa. Tyler si era alzato. Mi fissava a metà tra il divertito e il perplesso. Avrei voluto togliermi un anfibio e usarlo per fargli molto male.
-Anne e mio padre sono a Las Vegas. Per sposarsi.
-Inventane un’altra.
-Te lo giuro! Stamattina hanno buttato me e Killer su un pullman per Londra e mi hanno dato l’indirizzo di “zia Lucille”.
-Non esiste nessuna zia Lucille!
-Questo l’avevo capito.
-Ma non puoi aprire la porta? –suggerì Tyler. Scossi la testa. Aprire la porta significava farlo entrare, e io non volevo George William nella mia vita, figuriamoci in casa.
-Ma hai quasi diciotto anni, non puoi stare a casa da solo? –urlai al mio fratellastro.
-No, loro hanno troppa paura che mi imbottisca di pillole. E poi conosci mio padre, non mi lascerebbe mai solo per un mese. Da Harry non c’è posto. Quindi è saltata fuori la zia Lucille.
-Ma non c’è nessuna…
-LO SO! Però non sarei mai venuto volontariamente a casa tua!
Io non gli avrei sicuramente impedito di prendere qualche pillola.
-Aubree, è solo per un mese…
-UN MESE? Con che coraggio pretendi di stare a casa mia per un mese, dopo quello che hai fatto a me e Niall? Vai via, Billy, e non farti  vedere mai più!
Lui cercò di aprire la porta da fuori e io dovetti appoggiarmici contro per impedirglielo.
-Ti ho già detto che mi dispiace!
-A dire il vero no, non l’hai fatto!
-Potrei provarci ad…
-Che diavolo sta succedendo?
Quella era la voce di Courtney La Stronza Della Porta Accanto. Le cose di mettevano male.
Sbirciai dalla serratura. Courtney era sul pianerottolo, una maschera di bellezza bianca sulla faccia e un vestitino rosa che le copriva (o almeno ci provava) il suo corpo taglia 42. L’espressione di puro terrore sul volto di Billy era direttamente proporzionale alla rabbia di Courtney. E lei era davvero arrabbiata, perché a quell’ora di solito c’era la sua seduta di musica house. 
-La mia sorellastra non vuole prendersi le sue responsabilità, -rispose seccamente William.
In un attimo ero in piedi dall’altra parte della porta.
-Sta scherzando.
-Allora vedere di scherzare all’interno della vostra casa.
Lui mi lanciò un’occhiata eloquente.
-In casa mia non entra!
-Lo spieghi tu ad Anne?
Quella situazione rasentava il ridicolo. William avrebbe trascorso un mese in un hotel, ne andava della mia salute mentale. Mia madre però avrebbe anche potuto togliermi il saluto, e dato che non navigavo nell’oro e che mio fratello non era per niente affidabile, quella era una cosa da evitare. Cavolo, stavo diventando un’ipocrita.
-Anne avrebbe anche potuto avvertirmi prima di cambiare continente!
Tyler si affacciò dalla porta, diede una rapida occhiata e me, William, Courtney e Killer, scosse la testa e rientrò. Fantastico.
-Questa maschera mi sta paralizzando la faccia, vogliamo risolvere la situazione? –si intromise la mia vicina.
-Nessuno ti obbliga a stare qui, -le feci notare –e la situazione è già risolta.
Strappai il guinzaglio di Killer dalle mani di William e rientrai.
-Amy! Apri questa maledetta porta! –urlò Billy picchiando sul legno.
-Ma è sempre così a casa tua? –chiese Tyler.
-Quasi. –sbuffai. Lui mi allungò il pacchetto di patatine e io me ne infilai due in bocca. Potevo lasciare William fuori a sbraitare e aspettare che qualcuno –Courtney –chiamasse la polizia, oppure potevo farlo entrare. E le conseguenze ad un’azione del genere non le volevo nemmeno immaginare.
-AMY! –ancora William.
-Vuoi chiudere la bocca? –Courtney.
Oh, fanculo.
 
-Allora?
Detestavo ammetterlo, ma il racconto di William era disgustosamente verosimile. Partire improvvisamente per una fuga amorosa in America era esattamente da mia madre e Gerald. E, considerando l’iperprotettività di quest’ultimo, era abbastanza ovvio che avessero cercato una sistemazione per Billy.
L’appartamento di mio fratello era comunicante con quello di Ed e Niall. E un incontro ravvicinato tra William e il mio ragazzo era decisamente da evitare.
Rimanevo solo io.
-Posso ancora sbatterti in strada?
-Io non lo farei. –commentò Tyler. Non ricordavo di aver chiesto la sua opinione.
Sophie, dal seggiolone, scoppiò a ridere.
-Certo che è proprio carina.
-Non è ingraziandoti mia figlia che riuscirai a convincermi!
Avevo chiamato mia madre. Lei, da migliaia di metri sopra l’Oceano Atlantico, mi aveva ordinato di far restare William. Poi mi aveva riattaccato in faccia fingendo che fosse caduta la linea.
Inspirai. –Ti do una settimana di prova. –lui lanciò un ululato di gioia. Tyler mangiò un’altra patatina. Sophie ruttò. Io iniziai a scavarmi la fossa.
Me ne sarei pentita. Poco ma sicuro.
Sfortunatamente per me, quel pomeriggio assurdo non era ancora finito. Tyler raccolse le sue cose intorno alle sei e io lo accompagnai alla porta.
Quando, aprendola, mi trovai davanti Niall e la mia coinquilina, lanciai un urlo.
-La cosa si fa interessante. –disse Tyler.
-Guarda chi ho trovato! –cinguettò Noelle.
Oh, sapessi io.
Niall mi salutò. Tyler lo guardò, poi si voltò verso di me e sillabò “buona fortuna”. Quello stronzo aveva capito tutto.
-Forse è meglio che tu te ne vada. –bofonchiai.
-Sei così arrabbiata?-mormorò il biondino.
No, non ero per niente arrabbiata con lui. Era con me stessa che ce l’avevo, per non essere abbastanza: abbastanza bella, abbastanza ricca, abbastanza coraggiosa da mandare a quel paese sua madre. Abbastanza tutto. Quello però era un altro discorso.
-Noi dobbiamo parlare.
Mi spinse da parte ed entrò nell’appartamento. Sophie emise un gridolino e lui si diresse in cucina con l’intento di salutarla. Solo che la bambina non era sola.
-Amy. –disse con calma. Lo raggiunsi, con una specie di nodo al posto dello stomaco.
-Cazzo! –William era schizzato in piedi e si era appiattito contro la parete. A meno che non fosse stato una specie di uomo-camaleonte, la cosa non gli sarebbe tornata molto utile.
-E lui cosa ci fa qui?! –esclamarono contemporaneamente.
-Lei è la mia ragazza! –gridò Niall –Perché tu sei a casa sua?
-Chi diavolo sei? –chiese Noelle.
Mi schiarii la voce. –Noelle, lui è William, il mio fratellastro. Billy, lei è la mia coinquilina Noelle. William starà qui per un mese, fino a quando mia mamma e suo padre non saranno tornati dalla loro fuga, e si accontenterà di dormire sul divano letto.
In un istante Niall aveva afferrato William per la collottola e l'aveva sbattuto contro il muro. –Non sei un mio studente, tecnicamente posso spaccarti la faccia.
Rabbrividii e mi affrettai a separarli.
-Tecnicamente no, perché è minorenne. E non fare queste cose davanti alla bambina.
Niall imprecò sottovoce. Mollò la presa e William schizzò verso Noelle in cerca di un riparo.
Il mio fratellastro aveva ancora qualche ora di vita.
-Ti devo parlare. -disse Niall.
Annuii. Gli altri due erano ancora immobili, in attesa. 
-Da soli. -specificò il mio ragazzo.
-Ti porto a fare un giro di Londra! -trillò Noelle. Afferrò William per un braccio e tre secondi dopo sentimmo la porta d'ingresso chiudersi alle loro spalle.
Deglutii. 

 

E lì Amy rischiò seriamente di svenire perché, per tutto il tempo, Liz Waldorf era stata dietro alla porta. E aveva sentito tutto.


Augh.
Hey, I, I, oh-oh, I'm still alive (cit. Pearl Jam)
L'Augh in giallo è un pugno nell'occhio, lo so. Un ulteriore motivo per farmi odiare.
Ricapitolando, sono sparita per un mese e il nuovo capitolo fa schifo. Ottimo.
L'unica funzione di questa schifezzuola è presentare William a quei (fortunatissimi) di voi che ancora non lo conoscevano. Sappiate che è abbastanza odioso, e proprio per questo io lo adoro. Preferisco i "cattivi", non ci posso fare niente.
Ah, non mi sono dimenticata della Bella/Zayn, torneranno nel prossimo capitolo :)
Non so cos'altro dire, quindi vi saluto.
tantissimi baci, e grazie a tutti quelli che seguono questa storia ♥
Gaia


 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Grand gala ***



Grand Gala.



Bella Malik era già al terzo martini. La serata sarebbe stata molto lunga e umiliante, meglio approfittare della generosità del padrone di casa.
E che casa, pensò. Cosa ci faceva una plebea come lei in quel… castello?
Oltre a bere gratis.
In realtà lei uno scopo ce l’aveva, ma era troppo imbarazzata per dirlo a qualcuno. Perfino suo marito Zayn non ne era al corrente e ignorava la ragione della loro presenza alla festa. Anzi, al gran galà. Non che Zayn Malik si ponesse troppe domande, intendiamoci.
Bella detestava avere segreti con lui. Se David Marshall ti dirà di sì, gli racconterai tutto. Ma solo in quell’eventualità.
Nel frattempo, perché non provare a divertirsi? Buttò giù tutto quello che restava del martini in un sorso e un uomo che conversava con Zayn, tale Finnigan, applaudì.
-Sua moglie mi è sempre più simpatica!
Considerando che Bella non aveva praticamente aperto bocca per tutta la serata, ma si era limitata a guardarsi intorno nervosamente cercando lui (che sfortunatamente non si era ancora fatto vedere), Finnigan doveva avere un’idea di simpatia leggermente contorta.
-Lo so, sono fortunato. –il braccio di Zayn scattò intorno alle sue spalle. Bella adorava la sua gelosia.
-Vi state divertendo? –a parlare era stata la minuscola moglie di Finnigan, rimasta in silenzio tutto il tempo trangugiando delle tartine.
-Sì, è la mia prima volta ad un galà di questo tipo! –ammise Bella stupidamente. Poi realizzò quanto suonasse male la frase e –A Zayn capita di partecipare ad eventi del genere all’estero, vero amore?
Lui assentì. La Finnigan però aveva finito la scorta di tartine e non aveva nessuna intenzione di tenere chiusa la bocca.
-Siete amici di Dave? –Oddio. Per quella donna David Marshall era “Dave”!
-Non proprio. A proposito, Izzy, dove hai trovato gli inviti?
Accidenti. La piega che la conversazione stava prendendo non le piaceva per niente.
-Me li ha dati Niall Horan! –negli occhi degli altri tre si accese un bagliore di interesse, anche se per motivi completamente diversi. Lo sguardo di Zayn chiedeva una spiegazione, mentre gli altri due…
-Amici degli Horan! Ma perché non l’avete detto subito?
-Izzy è amica della fidanzata di Niall, Aubree. –spiegò Zayn.
Bella si rese conto troppo tardi di quanto fosse sbagliata quella frase. Gli occhi della signora Finnigan si assottigliarono.
-Pensavo che la fidanzata di Niall Horan fosse Elizabeth Waldorf.
Zayn Malik riusciva a scatenare catastrofi anche solo respirando. Nei tre secondi che seguirono questa agghiacciante uscita, Bella ebbe modo di A) rimpiangere di non aver detto a suo marito del Piano-Liz, B) desiderare che qualcuno sganciasse una bomba atomica sul Regno Unito, C) pestare con le sue bellissime decolleté i piedoni di Zayn e D) partorire la frase-ancora di salvezza più pietosa della storia.
-Voleva dire ex fidanzata. Oh Zayn, Zayn, perché rimani sempre così indietro?
Zayn ebbe il buonsenso di non contraddirla.
-Capisco, -fece la Finnigan, poi aggiunse –Quel Niall è un ragazzo così gentile! Stasera dovrebbe esserci.
Quando nessuno la stava guardando, Bella prese un quarto martini.

***

-Oddio! Quella è Evanna Lynch!
-Lo so.
-Lo so?! Evanna Lynch è in questa stanza e l’unica cosa che riesci a dire è “lo so”?!
-Non è l’unica attrice in questa stanza, se è per questo.
Emisi una specie di squittio.
-Tutti i miei sensi di colpa per aver lasciato Sophie con Sue sono ufficialmente svaniti.
-Lo dicevo, che era solo questione di tempo.  –Noelle faceva attenzione a camminare esattamente come una signora dell’alta società. Sembrava che le avessero incollato un palo alla schiena. Le tirai una gomitata nelle costole e la presi a braccetto.
-Sembro troppo una quattordicenne se adesso le chiedo un autografo? –bisbigliai.
-Dipende. Se hai intenzione di metterti a piangere e di porgerle un dvd dell’Ordine della Fenice da autografare, allora sì. –disse Noelle con voce piatta.
-Ehi! Per chi mi hai preso? –la verità era che purtroppo non avevo il dvd a portata di mano.
Lei non rispose nemmeno.
-Sei ancora contraria?
-Amy, se due ore fa questa mi sembrava un’idea di merda, è ancora così. Perché dovrei aver cambiato opinione?
-Perché c’è Evanna Lynch.
Alzò gli occhi al cielo ed abbassò il tono di voce. -Niall ieri si è scusato. È ancora innamorato di te. Dov’è il problema?
 
«Ti devo parlare» disse Niall.
Annuii. Gli altri due erano ancora immobili, in attesa. 

«Da soli» specificò il mio ragazzo.
«Ti porto a fare un giro di Londra!» trillò Noelle. Afferrò William per un braccio e tre secondi dopo sentimmo la porta d'ingresso chiudersi alle loro spalle.
Deglutii. 
Niall aspettò qualche secondo, poi prese fiato. «Mi dispiace davvero per quello che è successo a Hyde Park. Mia madre è una stronza e se penso alle cose che ti ha detto mi sento una merda.»
Era sinceramente dispiaciuto, si vedeva. Scusarsi però non serviva a nulla, perché lei non avrebbe mai cambiato idea nei miei confronti e di sicuro non mi avrebbe mai accettata come nuora. Niall non poteva farci niente.
«Non è stata colpa tua.»
«Un po’ sì. Avrei dovuto dirle di te tanto tempo fa...»
«Dio, questa situazione è assurda!» lui mi abbracciò ed io affondai il viso nel maglione bianco e rosso. Adoravo il suo profumo.
«Mi manchi, scemo.»
«Anche tu, Amy, tantissimo. uno di questi giorni vi porto al ristorante, così potremo passare un po’ di tempo insieme come tutte le famiglie normali.»
Noi però non eravamo una famiglia normale. «A titolo informativo: io domani non ho impegni. Stasera resti?»
«Ok, ma domani non posso… Devo andare con Liz ad un galà. –mi allontanai di scatto e lui mi rivolse un’occhiata di scuse.»
«È il compleanno di David Marshall, non posso non andare!»
«Lo stilista?» lui annuì. Il pensiero di Niall e Liz insieme ad una festa mi faceva ribollire il sangue nelle vene. Soprattutto perché l’unica cosa che potevo fare era stare a casa e cercare di farmene una ragione.
Lui chiese di usare la doccia. Un piano malefico stava prendendo forma nella mia mente. Niall si sarebbe incazzato, ma non riuscii davvero a fermarmi. Quando sentii il rumore dell’acqua che scorreva afferrai la sua borsa e la aprii. Era quella di pelle nera che il professor Horan utilizzava per andare a scuola, in cui metteva assolutamente di tutto. Ed infatti, eccolo lì. L’invito al galà di compleanno di David Marshall stampato su un cartoncino panna. Ignorando il senso di colpa, lo portai in camera mia e lo infilai nel libro di storia della musica.

 
Ero decisamente una persona orribile. Non potevo stare a casa e pensare a lui che ballava con quella… quella… con Liz.
-Devo vedere con i miei occhi. –mormorai.
-Be’, la tua si sta rivelando una fatica inutile: Niall non c’è.
Era vero. Ci trovavamo in quella sala da quasi mezzo’ora, e del biondo neanche l’ombra. E se gli fosse stato impedito di entrare? Impossibile, Liz doveva avere un invito. Afferrai un bicchiere di quello che speravo fosse un normale spumante e lo bevvi in pochi sorsi.
Stavo giusto iniziando a preoccuparmi, quando la coppia fece la propria entrata trionfale. Aumentai la stretta sul braccio di Noelle e la trascinai lontano dal centro della sala.
Mi faceva un certo effetto stare lì. Il soffitto era altissimo, i muri di un elegante color panna e il pavimento in marmo così lucido che avrei potuto tranquillamente specchiarmici. La parete alla mia destra era una grande vetrata che dava sul parco della villa, in particolare su una fontana immensa.
Cercai di non guardare a bocca aperta l’enorme lampadario di cristallo e focalizzai la mia attenzione su Niall. Lui e Liz si erano avvicinati a quello che doveva essere il padrone di casa per salutarlo. Marshall ad un certo punto fece una battuta e Niall scoppiò a ridere.
Un cameriere con un vassoio mi si fermò accanto per prendere il bicchiere ormai vuoto, mentre Noelle si lanciava sul tavolo degli antipasti. Avevo una voglia assurda di piangere.
-Amy, non ti girare. –Noelle era ricomparsa al mio fianco.
-Ci ha viste?
-No, lui no. Ma ci sono la tua amica Bella e suo marito. Non voltarti!
Ovviamente ignorai il suo ordine. Eccola lì, la coppia dei coniugi Malik. I capelli di Bella erano diventati biondi, ma non c’era nessun dubbio: era lei.
-Ma cosa ci fanno qui? –pensai ad alta voce.
-E lo chiedi a me? –disse Noelle. Senza risponderle, afferrai il cellulare.
 
***
Alla tua destra” lesse Bella. Bloccò lo schermo dell’iPhone ed eseguì una rotazione di novanta gradi, ritrovandosi faccia a faccia con la sua vecchia compagna di liceo. Si sentì impallidire e raggiunse velocemente la sua amica.
-Amy?
-No, la renna Rudolph. Che diavolo ci fai qui?
-Potrei chiederti la stessa cosa. Niall mi aveva detto che non saresti venuta… -Bella capì immediatamente di aver rivelato troppo. Per sua fortuna, Amy sembrava troppo sconvolta per accorgersene.
-Sì, be’, ho cambiato idea. E comunque non sono affari tuo… Aspetta un attimo. Niall te l’ha detto?
Merda.
-Lui mi ha procurato gli inviti… -Bella strisciò la scarpa sul pavimento. Lo sguardò indagatore di Amy la stava scannerizzando. Trascinò la rossa nel bagno delle donne e si chiuse la porta alle spalle.
-Ok, ti dico tutto. Però mi devi giu-ra-re che non ne parlerai con nessuno. Nemmeno con Zayn. –Amy annuì. –Io ho disegnato degli abiti. Grazie ad una serie di sfortunati eventi non ho potuto mostrarli ai collaboratori di Marshall, e l’ultimo mi ha vivamente consigliato di andare direttamente da David. C’è un’occasione migliore della sua festa di compleanno?
-Qualunque occasione è meglio! Bells, ti manderà a cagare senza troppi complimenti.
La bionda sospirò e si appoggiò al lavandino con entrambe le mani. –Lo so. So di non avere nessuna possibilità perché, cazzo, non ho neanche frequentato una scuola di moda, ma non voglio mollare tutto. Non ho scelta, capisci? Non voglio vivere facendo la bagnina!
-Non è così male. –Amy le appoggiò una mano sulla spalla.
-Oh, certo, per te è facile. Tu diventerai sicuramente una pianista di successo. –Amy la guardò con i suoi enormi occhi chiari.
-Allora sai cosa ti dico? Fallo. Esci, vai da David Marshall e fagli vedere i tuoi disegni. Nella peggiore delle ipotesi di sbatterà fuori da casa sua. Nella migliore, si innamorerà dei tuoi vestiti.
Bella sorrise. Strinse la mano della sua amica come per ringraziarla e si leccò le labbra.
-E tu? Perché sei qui?
Amy arrossì fino a diventare quasi dello stesso colore dei suoi capelli. Si specchiò fingendo di dover sistemare qualche ciocca sfuggita allo chignon e formulò nella mente un discorso più o meno sensato. Confessò quindi a Bella di essere lì per spiare Niall, che l’idea di lui insieme a Liz la faceva impazzire, soprattutto dopo quello che Ed Sheeran le aveva riferito a proposito di quei due, che aveva paura di non riuscire a resistere, che sapeva di essere ridicola ma davvero non poteva farci nulla e che forse, vedere la finta coppia con i propri occhi, le avrebbe fatto bene. Verso la fine del discorso comunicò alla bionda tutto quello che pensava di Liz e dei suoi modi da ragazza perfetta.
A quel punto Bella si sforzò di trovare delle parole decenti con cui rassicurare la ragazza, ma i suoi pensieri vennero interrotti bruscamente dallo sbattere della porta in legno bianco del gabinetto. E lì Amy rischiò seriamente di svenire perché, per tutto il tempo, Liz Waldorf era stata dietro alla porta. E aveva sentito tutto.
 
***
Boccheggiai.
Non poteva essere vero.
Non ero famosa per la mia fortuna, ma una cosa simile era troppo anche per i miei standard.
Liz aveva sentito tutto.
Guardai Bella. Come dovevo comportarmi in una situazione del genere?
-Ciao, Amy. Non sapevo fossi qui.
Avevo appena ammesso di aver fotocopiato l’invito del mio ragazzo. Perché continuare quella recita?
-Liz, credo ci sia stato un grosso fraintendimento… -iniziai.
-Io invece penso di no. Ho capito perfettamente. Ma, davvero, non c’è problema. È normale che tu sia gelosa. Io passo tanto tempo con il tuo ragazzo, lo bacio, organizzo addirittura il mio matrimonio con lui. Chiunque proverebbe una sorta di risentimento nei miei confronti.
Quello che provavo io non era tanto risentimento. Più che altro il mio era una profonda vergogna mista alla voglia di picchiarla. Strinsi i pugni fino a farmi sbiancare le nocche e contai fino a venti. La stronza, però, non aveva ancora finito.
-Adesso, se volete scusarmi, ho un fidanzato che mi aspetta. Salutami Sophie, e ricordati che non devi essere gelosa.
-Tu invece devi andare a f… -un pizzicotto particolarmente violento di Bella troncò la mia frase sul gran finale. Così Liz poté solo uscire dal bagno e lasciarci sole.
 
-Forse è meglio tornare da Noelle… -mormorai quando fummo tornate nel salone. Bella doveva mostrare i suoi schizzi a David Marshall, così annuì e si diresse verso l’uscita per andare a recuperare il portfolio lasciato in macchina.
Gli invitati si erano già seduti ai tavoli per la cena. Scorsi con orrore la mia coinquilina seduta vicino a Zayn Malik e stavo giusto pensando che le cose non sarebbero potute andare peggio di così quando mi scontrai letteralmente con Maura Gallagher Horan.
Cos’avevo fatto di male?
-Ma buonasera, Aubree Styles.
-Buonasera anche a lei.
-Questo è forse l’ultimo posto in cui mi aspettavo di trovarti, -continuò Maura. Non potevo darle torto.
-Che coincidenza, vero? -esibii un pessimo sorriso forzato. Lei finse di non accorgersene.
-Proprio così. Noi due siamo partite con il piede sbagliato, sai, e ci terrei davvero a cercare di sistemare la faccenda.
Ora, potrò avere tutti i difetti di questo mondo, ma non sono così stupida. Quella donna aveva un secondo fine. Punto. Dovevo solo scoprire quale fosse.
Mentre ero immersa nei miei pensieri, la mia interlocutrice aveva già chiamato il figlio. Non dimenticherò mai l’espressione che fece Niall quando mi vide. Zittì con un gesto il ragazzo con cui stava parlando. Agguantai un bicchiere di vino dal vassoio di un cameriere di passaggio, il quale mi guardò malissimo ma non fece commenti.
-A…Amy? –la voce di Niall era stridula.
-Caro, perché non mi avevi detto che ci sarebbe stata anche lei? –gli chiese la madre. Gli occhi blu di Niall si fissarono su di me e lui esitò per un momento.
-Non ci ho pensato, mamma, scusa.
Non mi aveva tradito. Avrebbe potuto benissimo –Niall non era stupido, aveva capito perfettamente cosa fosse successo e perché io fossi lì –ma non lo fece.
-Non importa, -lo rassicurò Maura –anzi, stavo giusto invitando Aubree a trascorrere Halloween a casa nostra.
-Davvero? –fece Niall.
Il vino mi andò di traverso e iniziai a tossire. Seguì un silenzio imbarazzato in cui gli Horan rimasero ad osservarmi, poi Niall mi diede dei forti colpi sulla schiena e finalmente l’aria tornò nei miei polmoni.
-Davvero?! –ansimai.
-Certo. Ovviamente è invitato anche tuo fratello, io e Bob non lo vediamo da così tanto tempo!
Annuii, ancora non molto consapevole di quello che stava succedendo. La signora Horan fu chiamata da qualcuno seduto al suo tavolo, ci salutò e raggiunse il marito proprio mentre servivano i primi piatti.
Anche Niall doveva andare, ma prima mi sparire mi lanciò un’occhiata da “non finisce così” che mi fece gelare il sangue nelle vene. Cercai di sorridere e raggiunsi Noelle.
 
-Non sei curiosa di sapere come abbia ottenuto due posti in più a tavola?
-Mhm.
La mia coinquilina si esaltò ancora di più. -In pratica ho fatto una scenata ai camerieri perché si erano dimenticati di apparecchiare anche per noi. Ovviamente avevano ragione loro, perché ci siamo imbucate, ma sono riuscita ugualmente a farli sentire come delle merde. Ci credi? -sì, ci credevo.
-Ti ricordo che tu sei contraria a quest'idea.
-Vaffanculo, Amy. Te lo dico con amore.
Alzai gli occhi al cielo. Non riuscii ad essere molto presente per tutta la durata della cena. Noelle moriva dalla voglia di sapere cosa fosse successo, ma ovviamente io non potevo raccontarglielo (solo al nostro tavolo erano sedute sedici persone). In più Zayn Malik non mi dava tregua.
-Hai visto Izzy? –ancora non sapevo come la mia amica riuscisse a sopportare quel soprannome.
-Uhm, doveva fare una telefonata. –risposi, ricordandomi del giuramento. Lui annuì distrattamente.
-Ne è passato di tempo, eh Amy?
-Sì, Zayn, ma adesso vorrei proprio mangiare.
Bella si infilò tra suo marito e Noelle proprio mentre David Marshall di alzava in piedi e proponeva un brindisi in onore della coppia di fidanzati Niall e Liz.
Il mio stomaco fece una capriola. I bicchieri di tutti tintinnarono.
-Ok, voi dovete proprio spiegarmi cosa sta succedendo. –disse Zayn, il quale era completamente ignaro della Questione Liz.
-Un’altra volta, Z. Tua moglie ha appena ottenuto un nuovo lavoro! –Bella mi strizzò l’occhio. 
 

-Bene, adesso possiamo chiarire.
-Non ho vie di scampo, vero?
-Esatto. 
 


Sono imperdonabile. 
Potrei inventarmi decine di scuse, ma non sarebbe corretto nei vostri confronti, quindi... non avevo ispirazione. Non riuscivo proprio a continuare questa fanfiction, forse perché ne ho altre in ballo e sto scrivendo qualcosa solo ed esclusivamente per me, non so. Questo capitolo non voleva venire fuori e non sono sicura che i prossimi saranno così immediati. 
In più oggi l'editor di efp ha deciso di non collaborare.
Ricapitolando: Amy ha seguito Niall e Liz ad una festa perché era gelosa. A questa festa c'era anche Bella, che voleva mostrare degli schizzi ad un famoso stilista. Liz origlia una conversazione tra le due e scopre tutto quello che Amy pensa di lei (questo fatto sarà importante per i prossimi capitoli). Harry ed Amy vengono invitati a Casa Horan per Halloween. 
Lascio a voi i commenti :)
Vi ringrazio per tutto il supporto che mi state dando, siete davvero le migliori ♥
Al prossimo capitolo, che spero di pubblicare presto
bacioni,
Gaia
P.S. Cosa ne pensate del nuovo banner? Quello vecchio era inguardabile ahaha 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Black-out ***


SOOORPRESA! Non sono morta, non sono emigrata in Uganda e non mi hanno tagliato i fili della corrente. 
Potrei giustificare questa assenza in 2000 parole, che però sarebbero perfettamente inutili. Così vi lascio a questo schifo di capitolo che avevo promesso du ask e vi assicuro che avrete anche un seguito :) 

Gaia


 


Black-out



Billy aveva deciso di mettere a dura prova la mia pazienza. Altrimenti perché mai avrebbe dovuto mettersi a sgranocchiare dei cereali sul mio divano, facendo attenzione a sbriciolare abbondantemente? Va anche sottolineato il suo essere in boxer e calzini, nonostante l’avessi pregato di girare completamente vestito per casa mia.
Ero appoggiata al muro del corridoio da un paio di minuti eppure lui non sembrava essersi accorto della mia presenza. Forse fu per questo che sobbalzò quando io ringhiai un –Cosa diavolo stai facendo?
Lo stupore sul suo viso durò comunque troppo poco: nel giro di due secondi era già tornato il solito sorriso strafottente. – Buongiorno anche a te, sorellona. Sto mangiando. Non vedi?
Oh, lo vedevo eccome.
- Alza il culo dal divano e vai in cucina. Subito.
- E se mi rifiutassi?
Lo fulminai con un’occhiata e lui scattò in piedi, rovesciando una mangiata di briciole sul pavimento.
- Ti ammazzo, William.
- Non preferiresti dei deliziosi cereali Cheerios?
Cercai di tirargli un calcio, ma si scansò. Allora mi arresi e marciai verso la cucina, dove un piatto pieno di muffins ai mirtilli mi stava aspettando. Ovviamente il mio nuovo fratellastro mi trotterellò dietro.
- Che programmi hai per la giornata?
- Devo andare all’università –grugnii. Andare all’università significava vedere Ed Sheeran, il quale mi avrebbe chiesto di Niall e a quel punto sì, sarebbe stato troppo. Non parlavo con il mio ragazzo dalla sera del compleanno di David Marshall e non è che morissi proprio dalla voglia di farlo. Dopotutto, mi aveva scoperta mentre spiavo lui e la sua finta fidanzata. Dio, sembrava la trama di una fanfiction di pessima qualità. –I tuoi programmi invece sono…?
- Cercare lavoro, naturalmente.
Questa è bella.
- E a cosa ti serve un lavoro qui, a Londra, se tanto te ne andrai tra un mese?
- Potrei anche non farlo. A gennaio io sarò maggiorenne, Aubree. Non dimenticarlo. E Londra è davvero una bella città.
Mi andò di traverso l’aranciata. Per metabolizzare (e commentare) una notizia del genere ci sarebbe voluto del tempo che io non avevo, così dovetti limitarmi ad impallidire, fissare Billy, muovere la bocca in stile pesce senza emettere suono per un paio di volte e poi correre a prepararmi. Al solito, ero in un ritardo mostruoso.
 
Ed Sheeran mi aspettava davanti alle macchinette del primo piano. Mi conosceva bene, il bastardo, sapeva che io prendevo sempre lì il caffè perché ero convinta fosse più buono. Ed aveva avuto anche la brillante idea di nascondersi tra il muro e la macchinetta, in modo da poter saltare fuori al momento giusto, agguantarmi per un braccio e impedirmi di tentare la fuga.
- Per prima cosa, ahi. Secondo, ma che diavolo…?
- Dobbiamo parlare – disse secco. Sapeva andare direttamente al punto, quando voleva.
- No.
- Sì, e lo sai. Amy, io non voglio che quello che ti ho detto cambi il nostro rapporto. – Era sincero, glielo si leggeva in faccia. Teneva davvero alla nostra amicizia. E anche io, sul serio, ma…
- Hai dichiarato di essere innamorato del mio ragazzo. Come faccio a fare finta di niente? E lasciami andare, cribbio.
Sospirò e mollò la presa. Mi avvicinai per prendere un caffè alla macchinetta, in modo da non doverlo guardare in faccia mentre parlava. Ed però si era messo alle mie spalle, e la sua testa rossa era riflessa sulla plastica lucida della macchinetta. Merda.
- Sono innamorato di Niall, e quindi? Anche se dovreste lasciarvi, e speriamo non succeda, lui non verrebbe mai da me! Nel caso non lo sapessi, a Niall Horan piacciono le donne. E io non sono una donna. Come fai ad essere gelosa?
- Ma non sono gelosa! Non è Niall il punto! Come faccio a parlare con te di lui? La mia è una relazione incasinata, Ed, abbiamo un sacco di problemi. Io ho bisogno di sfogarmi con qualcuno e non sono così stronza da venire da te! Non riuscirei mai a sentire Bella lamentarsi della sua vita sentimentale, se io fossi innamorata di Zayn. – L’espressione di Ed si addolcì. Ritirai il caffè dallo sportello e finalmente mi voltai verso di lui.
- Non potrei mai – conclusi a bassa voce.
- Hai presente quando hai detto di avere una cotta per me, due anni fa?
Risi, e –Non ricordarmelo. Sul serio, non accennare a quell’episodio.
Mi ignorò. – Stavo per scoppiare a ridere. Io amavo Niall, Niall amava te e tu avevi una cotta per me. Sembrava di essere nel Mondo di Patty. E all’inizio mi sono anche incazzato, perché tu potevi avere Niall ed eri pronta a farti venire dei ridicolissimi dubbi a causa mia. Mi dicevo che io, al tuo posto, non l’avrei lasciato andare per nulla al mondo. Poi però l’ho osservato meglio mentre era con te e… lui è felice, Em, davvero felice. Io voglio vedere Niall Horan così e se questo significa farti da posta del cuore, allora lo farò. E poi gli amici servono a questo.
- L’ultima frase potevi benissimo evitarla. Non siamo davvero nel Mondo di Patty.
Scoppiammo a ridere entrambi.
- Davvero non ti fa stare male? – domandai.
- Davvero. E tu hai una marea di cose da raccontarmi, dico bene?
- Già – lo presi sottobraccio e ci incamminammo insieme verso l’aula di teoria musicale – Non immaginerai mai quello che è successo con Liz…
 
Quando tornai a casa trovai Noelle che cercava di farsi una nail art e Sophie sul divano, che agitava un peluche a forma di scimmia. La mia coinquilina disse che William era uscito, che Niall aveva chiamato cinque volte e che io dovevo assolutamente andare a comprare i Plasmon, perché “a lei si rovinava lo smalto”. Stavo per chiedere se i Plasmon fossero per lei o per Sophie, ma poi cambiai idea (quei biscotti in fondo piacevano anche a me) e accettai di fare una corsa al supermercato più vicino. Diedi un rapido bacino alla mia bambina, poi lasciai giù la borsa con i libri di scuola ed uscii dall’appartamento.
Ero uscita con l’intenzione di prendere dei biscotti ed ero tornata con due borse piene di cose assolutamente inutili. Vista la fatica che ci impiegai per prendere i sacchetti e portarli giù dalla macchina, decisi che prendere l’ascensore non era poi un’idea così malvagia.
Il tragitto non sarebbe durato così a lungo. Dio santo, mica abitavo in un grattacielo!
Sicura che la claustrofobia mi avrebbe dato tregua almeno per stavolta, schiacciai il pulsante per chiamare l’ascensore.
Le porte si aprirono e per poco non ebbi un attacco di cuore.
- Cazzo! – urlai; e Niall Horan inarcò un sopracciglio.
- Ciao anche a te.
- Cosa ci fai qui?
- A dire il vero ero venuto a cercare te. Noelle mi ha detto di ripassare tra un po’ ed era quello che avevo intenzione di fare, ma…
Senza dargli il tempo di finire la frase, riagguantai le borse della spesa e mi incamminai verso le scale. Ma lui ovviamente dovette richiamarmi.
- Aspetta, non vorrai mica andare a piedi?!
- Hai per caso un’idea migliore? – Le porte dell’ascensore fecero per richiudersi, ma Niall le bloccò prontamente con una mano.
- Non fare stronzate, Amy. Sali.
Guardai lui, le borse che stringevo forte tra le mani fino a farmi sbiancare le nocche, le rampe di scale che mi aspettavano e lo spazio angusto dell’ascensore. Sospirando, tornai verso di lui.
 
Condizioni che devono essere rispettate affinché Aubree Emily Styles salga in ascensore:
• Distanza breve
• Una delle pareti deve essere trasparente
• L’ascensore deve essere nuovo – ci sono meno probabilità che si fermi
• Aubree Emily Styles deve essere davvero ma davvero stanca
 

Quella volta non era rispettata nessuna di quelle condizioni, però c’era Niall e allora il resto non era mica importante.
Così accettai. Le porte di richiusero con un cigolio che non mi piacque per niente, bloccandoci all’interno. Mi imposi di respirare normalmente, di concentrarmi su Niall e, se possibile, non rivolgergli la parola.
I miei buoni propositi non durarono nemmeno due piani. L’ascensore di bloccò di colpo e le luci si spensero, lasciandoci immersi nell’oscurità.
***

William amava la libertà. Era fantastico non dover più dipendere da suo padre, da Anne, dai professori… C’era solo lui – ed Amy, ma lei era un altro paio di maniche – niente più ordini o costrizioni.
Era uscito dall’appartamento con l’intenzione di esplorare la nuova zona e si era trovato davanti a un Mediaworld. Billy si era allora ricordato di non possedere Take Care, l’album di Drake che lui reputava a dir poco immenso.  Non avendo niente di meglio da fare, aveva contato quanti soldi gli restavano nel portafogli ed era entrato. Non appena le porte automatiche si aprirono, Billy si trovò investito dall’aria condizionata decisamente troppo forte, che lo fece rabbrividire.
Trova il cd e vattene, che qui sembra di essere in Antartide, si disse.
Gli altoparlanti trasmettevano un vecchio successo degli AC/DC, quello che Billy sapeva a memoria ma di cui non ricordava il titolo, e c’era un ragazzo nel reparto dvd che canticchiava.
Aveva i capelli arancioni, una felpa vecchia, le scarpe consumate e un’aria così maledettamente familiare le rotelline nel cervello di Billy iniziarono immediatamente a girare. L’aveva appena visto e già gli stava sul culo. No, non l’aveva appena visto. Si erano già incontrati, l’avrebbe potuto giurare su sua madre, però non riusciva a ricordarsi dove e quando. Si avvicinò, come se fosse interessato ai cofanetti di The OC e scoprì che quel tale coi capelli ridicoli era pure intonato.
- Ehi – disse. Cosa gli importava, non l’avrebbe più visto.
- Sì? – fece il ragazzo, con un sorriso irritante.

- Com’è che si chiama ‘sta canzone? – A William non fregava più niente delle figure di merda, soprattutto con sfigati del genere.
- Hells Bells – rispose prontamente il ragazzo – degli AC/DC.Quello William lo sapeva, ma non era il caso di ribattere. – Mh grazie – grugnì.
- Prego! – Ma quel tizio sorrideva sempre?
- Di’ un po’, ma noi non ci siamo già visti?- Capelli Arancioni sembrava intenzionato a rispondere, però, proprio in quel momento, si udì una specie di fischio, la canzone fu troncata nel bel mezzo di un urlo e il negozio piombò nell’oscurità.
Ci mancava solo che andasse via la corrente.
***

Non poteva essere vero.  Doveva essere una specie di incubo da cui presto mi sarei svegliata.
Niall mi stava parlando e io non riuscivo a capire un tubo. Nella mia mente ronzavano solo poche parole: no l’ascensore no no l’ascensore no no l’ascensore no maledizione no.
Le pareti si stavano restringendo. Non avevo abbastanza aria. Dio mio, stavo soffocando?

- Amy! – Niall mi afferrò per le spalle. – Amy guardami. Tranquilla. Respira. Respiri profondi. Così. Bravissima. Ancora uno, Em.La faceva facile, l’idiota. Sperai che i suoi consigli funzionassero e continuai a respirare lentamente, concentrandomi solo sulla voce di Niall e il ritmo del mio respiro.
- Cosa succede? – sussurrai – Perché le luci si sono spente?Niall disse ad alta voce quello che più temevo: - Em, è saltata la corrente.
- Oh Cristo… Oh mio…
- Respira.Obbedii.
- Ci dovrebbe essere un sistema di emergenza che ci porta al piano di sopra automaticamente, ok? Andrà tutto bene.In effetti l’ascensore iniziò a muoversi. Salì lentamente fino al piano successivo, con Niall che fissava il pulsante d’emergenza e io che trattenevo il fiato in attesa che le porte si aprissero. Solo che non successe. Ci fu un rumore per niente incoraggiante, tra le porte si formò uno spiraglio di neanche un centimetro e poi si bloccarono ancora con un sinistro crack.
Oh no. No no no!

- Cazzo – imprecò Niall, mandandomi ancora di più nel panico. Pensai a Sophie, che in quel momento si trovava al sicuro con Noelle, e ringraziai di essere andata a fare la spesa senza di lei.
- Non è normale, vero? – pigolai.
- No – convenne Niall – Chiamiamo l’assistenza.Mentre insultavo quei bastardi che alla riunione di condominio si erano rifiutati di riparare definitivamente l’ascensore – “Funziona benissimo!” Sì, me ne sono accorta – Niall premette il pulsante con la campana e aspettò che rispondesse qualcuno. Poi realizzò che non c’era corrente ed era alquanto improbabile che riuscissimo a contattare qualcuno. Ci restava solo una cosa da fare: aspettare.
***

Erano passati dieci minuti e la corrente non tornava. Le porte scorrevoli senza elettricità non si aprivano. La cassiera dovette ripeterlo a quattro persone diverse prima che la voce facesse il giro del Mediaworld e un bambino di cinque anni scoppiasse a piangere. Qualcuno se la svignò dalle uscite di emergenza – William non riusciva a trovare un senso a quest’azione. Lui, Capelli Arancioni e un altro gruppo di temerari si sedettero sul pavimento, aspettando che la corrente tornasse. Capelli Arancioni decise di occupare il suo tempo continuando a guardare tra i dvd. Se siete già stati in un Mediaworld, saprete che colui che li ha progettati doveva essere un vampiro, perché non c’è nemmeno l’ombra di una finestra, porte scorrevoli escluse. Dall'ingresso, però, entrava luce sufficiente per permettere a Capelli Arancioni di frugare tra i titoli dei cofanetti. E William, che non aveva niente di meglio da fare, osservava. 
- Tu guardi Pretty Little Liars? – Il viso di Capelli Arancioni diventò dello stesso colore della sua chioma.
- Cos..? S…ì… Cioè no… cioè è per mia sorella!
William lo guardò attentamente.
- Okay, io non ce l’ho, una sorella. – L’altro rise – Ebbene sì, io, Edward C. Sheeran guardo Pretty Little Liars.
- Anche io – ammise Billy, con tutta la calma del mondo. E fu così che l’espressione di Edward C. Sheeran cambiò.
- Sul serio?
- Già.
- Secondo te chi cazzo è -A?
E fu così che George William scoppiò nella prima risata vera dopo tantissimo tempo.
Si lanciarono in un’accesa discussione sulla possibile identità di –A, che andò avanti per parecchi minuti, con William che si infervorava sempre di più e Edward che aveva gli occhi chiari spalancati per la concentrazione. Avrebbero potuto andare avanti così per un bel po’, spoilerando cinque stagioni di telefilm ai malcapitati che erano con loro nel negozio, ma poi il cellulare di Capelli Arancioni si mise a squillare. Lui dovette sbloccare lo schermo per poter rispondere, dando così modo a William di guardare la foto di gruppo che aveva come sfondo. Foto in cui spiccava il volto di una ragazza con i capelli rossi che lui conosceva molto bene.
Gli tornarono alla mente le immagini della folle notte di circa un anno e mezzo prima, la notte del compleanno di quella strana ragazza con i capelli blu, quando il pakistano aveva dato fuoco alla fabbrica e lui, William, aveva rubato la macchina. Era stata la notte per cui Niall Horan ed Amy adesso lo odiavano così tanto. E, quella benedetta sera, c’era anche Edward.
***
- Giochiamo a Indovina Chi?
- Per l’amor di Dio.
-Dai, Niall, ho la sensazione che la corrente non tornerà tanto presto.
- Bene, adesso possiamo chiarire.
Ecco, l’aveva detto. Il motivo per cui lo stavo evitando come la peste era finalmente venuto a galla.
- Non mi sembra che ci sia qualcosa da dire…
- Ah no? Amy, ho parlato con Liz. – Ah. – Ti devo delle spiegazioni.
- Niall, sul serio, non voglio sent…
- Sì, ero innamorato di lei. Immagino che non serva dirti che ormai non provo più niente, che ti amo tantissimo e che per me conti solo tu. Sbaglio? – Non sbagliava. – Però voglio che tu sappia una cosa. E cioè quello che veramente succederà il giorno del mio “matrimonio”. Quando il prete dirà la solita frase “Se qualcuno ha qualcosa da dire eccetera”, Harry si alzerà. E dirà a tutti che io ho tradito Liz più di una volta. A quel punto lei farà una scenata e si rifiuterà di continuare con il matrimonio. I miei genitori non riusciranno ad insabbiare la questione e io non dovrò più vedere Liz per il resto della mia vita. A quel punto potrò stare per il resto della vita con la persona che veramente amo… per il resto della vita.
- Niall?
Lui sorrise, mi prese le mani e si inginocchiò. Il mio cuore ormai era partito per la tangente, le gambe mi tremavano e non riuscivo a parlare. non poteva essere vero. Adesso sarebbe suonata la sveglia e Noelle mi avrebbe urlato di svegliarmi. Non poteva… Invece sì, poteva. Niall aveva appena tirato fuori una scatolina di velluto blu.
- Stavo venendo a casa tua per chiedertelo, ma già che ci siamo… Auree Emily Styles, vuoi sposarmi?
Lo guardai. Probabilmente delle lacrime mi stavano rotolando giù per le guance, non lo sapevo, non me ne rendevo conto. Vedevo solo Niall, in ginocchio, con quella scatolina in mano, nell’ascensore rotto che puzzava inspiegabilmente di naftalina. E, dio, lo amavo così tanto…
Sorrisi, riuscendo finalmente a sentire il sapore salato delle lacrime e…
…E scossi lentamente la testa. 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Crack the spine ***




Crack the spine.



Dire che Niall Horan ci rimase male sarebbe l’eufemismo del secolo. Mi guardava con i suoi occhi blu, che improvvisamente erano diventati rotondi e speravano di aver capito male. Invece no.
Aveva capito perfettamente.
Io, Aubree Emily Styles, avevo rifiutato la sua proposta di matrimonio.
Mi si stava spezzando il cuore. Speravo davvero che lui mi capisse, non aveva appena detto di amarmi? Non lo stavo rifiutando. Rifiutavo la proposta, non lui. E non venitemi a dire che è la stessa cosa. Pregavo solo che mi permettesse di spiegare, senza dare di matto.
Mi inginocchiai lentamente, fino a trovarmi al suo livello, e accennai un timido sorriso.
Niall mi guardava ancora sconvolto e apparentemente incapace di parlare, così dovetti dargli io qualche spiegazione.
- Ti ho detto di no – ripetei – perché non voglio che le circostanze siano queste. Non ti voglio sposare perché Liz è fuori dai piedi e i tuoi genitori sicuramente non riuscirebbero a insabbiare due scandali. Ti voglio sposare quando saremo entrambi più grandi, quando Sophie potrà ricordarsi del matrimonio e quando tu sarai sicuro al cento per cento di amarmi.
- Amy, ma io…
- Ho visto il casino che hanno combinato i miei genitori e il disastro in cui si è ficcato mio fratello. Non voglio fare quella fine, Niall, soprattutto non con te. Ci tengo troppo, che cavolo. Ti amo come non ho mai amato nessuno e sono sicura che sarà così anche tra qualche anno. Dovrebbe essere lo stesso anche per te, o non mi avresti fatto questa proposta.
- Forse hai ragione, però…
- Niall – dissi, e non ci fu bisogno di aggiungere altro. Lui mi aveva guardato e aveva capito, o almeno, così sembrava.
In quel momento, neanche a farlo apposta, le luci dell’ascensore si riaccesero.

 
***


Quando la corrente era saltata, Sue Callaghan si trovava a bordo della sua macchina, diretta ad Holmes Chapel. Era pronta a sopportare tre ore e passa di macchina, quella volta ne valeva la pena. Non si era accorta del black-out che aveva colpito quasi mezza Londra, il grande evento le sarebbe stato raccontato solo in seguito da Louis Tomlinson.  Per il momento, lei era a conoscenza solo della propria frustrazione e della voglia che aveva di mandare all’inferno Harry Styles. Dopo “l’incidente” con Amy e Louis, la coppia si era vista solo due volte. Entrambe si erano concluse allo stesso modo, ovvero con loro due nudi nello stesso letto. Sue voleva porre fine a questa storia, magari in modo definitivo.
L’ultimo messaggio le era arrivato alle 10.25 di quella mattina, quando cioè lei si trovava ad Anatomia e ovviamente aveva dimenticato di togliere la suoneria al cellulare. Un po’ di occhiatacce da parte dei suoi compagni e dal prof, però, le poteva sopportare; si era addirittura concessa lo sfizio di leggere il messaggio. E per poco non ci era rimasta secca.
Parcheggiò fuori dal vecchio appartamento dei ragazzi, dove era sicura si trovasse Harry. Entrò nell’edificio che aveva visto così tante volte e prese l’ascensore per raggiungere quel particolare appartamento. Nelle due case comunicanti che fino a un anno prima erano state un porto di mare, adesso ci vivevano solo tre persone: Niall, il quale appena poteva schizzava nella capitale, ed Harry con la moglie. Jenny in quel momento si trovava fuori città, dalla madre. Il messaggio che le aveva inviato Harry riguardava proprio questo e Sue, suo malgrado, avvertiva una certa emozione all’idea di incontrarlo. Harry avrà avuto centinaia e centinaia di difetti, ma forse lei lo amava.
Continuò così la lunga serie di errori che era iniziata con Sue che continuava a frequentare un uomo sposato ed era proseguita fino a quel momento, in cui lei non aveva bussato ma aveva recuperato direttamente le chiavi dal portaombrelli. Ingenuamente, sperava di cogliere Harry Syles di sorpresa.
Quello che la povera Sue Callaghan non poteva immaginare, era che l’unica davvero sorpresa sarebbe stata lei.

 
***


Forse William avrebbe dovuto dire qualcosa ad Edward, il quale chiaramente non l’aveva riconosciuto. Però “Ehi, sono il fratellastro bastardo di Amy” non è che suonasse troppo bene, perciò lui preferì tenere la bocca chiusa e continuare a parlare.
La cosa peggiore? Edward C. Sheeran in fondo gli era simpatico.
Più si parlavano, più a Billy veniva voglia di vederlo una seconda volta. E più gli veniva voglia di vederlo, più la faccenda riguardante Amy Styles e un certo grado di parentela sarebbe diventata difficile da nascondere. Che poi quest’idiota avrebbe anche potuto ricordare tutto quello che era successo quella sera - dall’incendio al compleanno della tizia con i capelli blu, a Billy che fregava una macchina e al conseguente arresto - !, non era stata esattamente una nottata difficile da dimenticare. Invece no, quel pel di carota lo trattava come se non si fossero mai visti.
Lui era disgustosamente gentile e William a Londra non aveva neanche uno straccio di amico. Sì, perché a casa di Amy l’unica persona che lo sopportava non aveva neanche un anno ed era priva della capacità di intendere e di volere. Messo bene, pensò con rabbia.
Quando la corrente tornò, si trovò quasi a sperare che Ed lo liquidasse con un “è stato bello, buona vita anche a te”. Ovviamente non fu così. I due finirono gli acquisti dentro il Mediaworld e poi si trovarono in uno di quei pub che a Londra sembrano essere ovunque.
- Sei a Londra da tanto? – gli chiese Ed, due boccali di birra dopo. Era stato imbarazzante. William aveva dovuto fingere di aver dimenticato a casa i documenti, in modo che il rosso si offrisse di ordinare al posto suo.
Salve, sono il fratellastro bastardo e pure minorenne di Amy Styles. Come va?
Cristo, ma perché era così sfigato?
- No, sono appena arrivato. Sto a casa di un amico per un mese.
- Solo un mese?
Pensa, Billy, pensa.  – Sì, sto facendo uno stage in una pasticceria.
Avrebbe voluto che gli alieni venissero a prenderlo. Da dove cazzo gli era uscita una scusa del genere? Se Ed gli avesse chiesto il nome della pasticceria, avrebbe confessato tutto. Ma, ancora una volta “I miei non mi lasciano solo a casa perché ho già tentato il suicidio” suonava terribilmente male. Una frase del genere implicava l’essere minorenne e abitare ancora con i genitori. Che poi, quando aveva iniziato a considerare Anne Cox come un genitore? Quella donna aveva generato Harry e Amy.
-Pasticceria? Grande! Mi fai assaggiare qualcosa, eh.
Contaci. – Chi lo sa!
- Senti un po’, Billy, dammi il tuo numero. Mi sa che ti servirà qualcuno per imparare a conoscere Londra.
Era maledettamente vero.

 
***


Come spiegai più tardi a Bella, mi ero sbagliata. Niall Horan non aveva capito, o non mi avrebbe abbandonato non appena fosse stato in grado di lasciare l'ascensore. Si era allontanato in fretta, con la coda tra le gambe e l’ego ferito, lasciandomi con la spesa e l’insopportabile odore di naftalina. Arrivata a casa – rigorosamente a piedi – ero scoppiata a piangere.
Presi il telefono e composi il primo numero che mi venne in mente, il quale, neanche a farlo apposta, apparteneva all’unica felicemente sposata delle mie amiche.
- Aspetta. Niall Horan si dichiara e tu dici di no? Amy, cosa cazzo hai bevuto?
Per poco non lanciai il cellulare giù dalla finestra. Quello sì che si chiamava supporto morale.
- Amore mio, non tutti sono come te. Alcuni hanno dei figli e non possono rischiare di mandare tutto all’aria. Cosa che è successa comunque, visto che adesso Niall mi odia.
Ci fu un sospiro da “oh, che povera idiota”, poi Bella Malik parlò. – Non ti odia.
- No?
- No. Hai solo ferito il suo povero ego. Niall è un maschio, gli passerà.
Mi sarebbe piaciuto essere così fiduciosa.  – Tu sei d’accordo con la mia decisione, vero?
Pausa. – Io al tuo posto non l’avrei fatto. Quindi deve essere stata la cosa giusta, quella coscienziosa sei tu.
Allora siamo freschi, pensai. Non dissi niente, perché Isabella Malik detestava il vittimismo, e lei colse l’occasione per continuare a parlare.
- Comunque gli passerà. Gli deve passare.
- Perché?
- Oh Gesù. Amy, settimana prossima tua figlia compie un anno. Hai intenzione di non invitare il padre alla festa?
Oh. Oh.
Mi ero completamente dimenticata della festa di Sophie. Che mamma di merda.
- Potrebbe anche decidere di venire solo per la figlia, non per me – puntualizzai. – Comunque grazie per avermelo ricordato, devo iniziare ad invitare un po’ di gente…
- Io e Zayn dovremmo… aspetta. ZAYN! – Dall’altra parte ci fu un “Cosa, Izzy?” – CI SIAMO PER IL COMPLEANNO DI SOPHIE HORAN?
- Quante Sophie conosci? – domandai, venendo prontamente ignorata. “Sì, amore!” strillò Zayn.
- Zayn dice “Sì, amore!”.
Ridacchiai. – Perfetto. Allora devo solo chiedere a Noelle, Niall, Louis, Ed, Sue e Billy, mio malgrado. Ah già, mio fratello. Jules e Liam non ce la fanno a venire dall’Irlanda, vero?
Lei fece come se non avesse sentito la mia domanda. – Sue? Devi proprio?
- Sì – sbuffai. – Vuoi dirmi perché avete litigato?
- Sì, perché è una puttana.
- Izzy!
- Zayn vi ha contagiati, stupendo. Senti Em, devo andare. Tu rilassati, perché Niall è schifosamente innamorato di te e la festa della tua figlioletta sarà degna di quel programma su MTV. Ciao ciao.
Riattaccò prima ancora che potessi farle notare che, a volte, l’amore non basta.

 
***


Sue Callaghan abbandonò la giacca sull’attaccapanni e indossò il suo migliore sorriso. Era quello con le fossette incluse, quello che sembrava comparire solo con Harry Styles nei paraggi.
Prese il cellulare, rilesse per la centesima volta il messaggio e sospirò, felice. Era arrivato il momento di fare quella sorpresa.
 
Harry: Ehi. Jen mi ha lasciato, starò ad Holmes Chapel per un po’. Sue, se vuoi venire, mi faresti un favore. Sto veramente da cani.
 
Una persona meno coinvolta emotivamente si sarebbe ricordata che Harry Styles nei messaggi non usa mai né la punteggiatura né le maiuscole. Avrebbe anche trovato strano quel “mi faresti un favore”. A Sue, ovviamente, il pensiero non passò neanche per l’anticamera del cervello.
Arrivò in salotto. Non avrebbe mai dimenticato l’espressione che fece Harry Styles dopo aver sentito il suo “Ehi”. La gioia iniziale venne quasi subito sostituita prima dallo stupore, poi da un’inspiegabile agitazione.
- Co… Cosa ci fai qui? – balbettò.
- Ho letto il tuo messaggio. Quello per cui ho fatto una grandissima figura di merda all’università, hai presente? – fece sarcastica, senza però smettere di sorridere.
E Harry Styles divenne pallido come un fantasma. Lanciò una rapida occhiata al corridoio, poi raggiunse Sue in due passi e le prese un polso.
- Sue, io non ti ho mandato nessun messaggio.
Lei non si preoccupò. Non ancora. – Come no? Dai, Harry, ammett…
- Sue, ma che sorpresa.
 
C’è un momento, mentre si sta risolvendo un indovinello particolarmente complicato, in cui viene la cosiddetta illuminazione. Tutti i pezzi vanno magicamente al loro posto e tu ti senti come la reincarnazione di Albert Einstein.
Quando Sue Callaghan udì quella voce, ripensò al messaggio incriminato e, finalmente, notò tutte le stranezze. Capì anche che Harry non le avrebbe mai chiesto di raggiungerlo ad Holmes Chapel per una cosa del genere, ma sarebbe stato lui ad andare da lei.
Non era stato Harry Styles ad inviare quel messaggio.
Si voltarono a rallentatore verso la proprietaria della voce, raggelati, la mano di Harry ancora stretta intorno al polso della ragazza.
Sue dovette deglutire un paio di volte prima di dire – Jenny.
- Ci avrei giurato – rise questa, – sapevo che saresti venuta. Harry, amore, dovresti cancellare il registro delle chiamate del tuo cellulare.
Visto che Harry ancora non capiva, Sue prese parola. – Hai inviato tu il messaggio. – Non era una domanda. In quel momento provava diverse emozioni: tristezza, rabbia, delusione e, soprattutto, una profonda vergogna per se stessa.
Cos’aveva detto Bella? “Voglio che venga il giorno in cui ti renderai conto di essere una puttana, solo per dirti che te l’avevo detto.” Aveva ragione, ovviamente. Sue le doveva delle scuse.
Avrebbe dovuto scusarsi anche con Jen, o sarebbe stato ridicolo?
- C’erano troppe chiamate tra te e mio marito – spiegò Jenny. – Eravamo qui ad Holmes Chapel per andare a trovare dei parenti di Harry e ho deciso di fare la prova del nove. Chiaramente non mi sbagliavo.
Era un’idea troppo astuta per Jen, sicuramente gliel’aveva suggerita qualcuno. Il pensiero fece scappare un sorriso a Sue e la scena diventò ancora più grottesca.
Erano lì, marito, moglie e amante, a parlare tranquillamente nel salotto.
- Vuoi che ti dica cosa succederà adesso?
Sue annuì. Le lacrime già le pungevano gli occhi, così si guardò la punta delle scarpe. Ma perché Harry non parlava?
- Tu adesso girerai sui tacchi, non rivolgerai più la parola né a me né a mio marito. Farò una scenata la prossima volta che ci saranno tutti, così capiranno chi è davvero Sue Callaghan. Mi dispiace, cara, la pubblica umiliazione è il minimo. Potrai divertirti con un altro ragazzo. Le puttane di solito trovano facilmente un rimpiazzo, vero?
La vergogna per se stessa era diventata disgusto allo stato puro. Le lacrime ormai scendevano incontrollabilmente giù per le guance. Tremava tutta. Sue non saprebbe dire dove diavolo abbia trovato il coraggio necessario a sollevare la testa e parlare.
- Non è solo colpa mia – articolò.
- Scusa?
- Non sono io che ti ho tradito. Harry non è finito nel mio stesso letto per sbaglio, perché credeva che al mio posto ci fossi tu. – Piccolo singhiozzo. – Era abbastanza consenziente, sai?
Per la prima volta, il diretto interessato emise un suono. “Sue”.
- Sue?! SUE?! È tutto quello che hai da dire? – gridò. Ormai piangeva, ma non gliene fregava niente. Non era quella la cosa peggiore.
- Sai cosa ti dico, Jenny? Tienitelo. Tieniti un marito che andava con un'altra e poi al telefono sosteneva di amarti. È tutto tuo, te lo meriti. E io forse sono una persona schifosa, ma non ho il coraggio di guardare in faccia mia moglie nonostante… tutto. Sono la puttana, non la traditrice. Addio.
Disgustata, girò sui tacchi e lasciò quella casa, dimenticando la giacca sull’attaccapanni. 


 
- Non mi avevi detto che ci sarebbero stati anche loro.
- Certo, o tu saresti rimasta a casa. Noccioline?


 
Saaalve :)
Non sono morta. Ho scritto su ask che stavo lavorando al capitolo e non ho resistito alla tentazione di pubblicarlo.
In tante mi avete chiesto se quello "scossi la testa" fosse un sì o un no. L'avevate immaginato? 
I miei poveri personaggi non hanno vita facile. Scrivere l'ultima parte del capitolo mi ha praticamente ucciso, spero che a voi sia piaciuta. È stato molto meglio scrivere il pezzo di Ed e Billy ahahaha
Al solito, fatemi sapere cosa ne pensate.
Vi lascio i miei contatti e un invito a passare dalle altre storie.
baci,
la vostra Gaia

P.S. solo nel mio pc efp è molto più piccolo?

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** It never rains but it pours ***




It never rains but it pours.
 



Era finalmente arrivato il giorno del compleanno di Sophie.
Non sarebbe stato niente di speciale: pizza e probabilmente cartoni animati. Ero comunque felice, perché sarebbero venute tutte le persone a cui tenevo di più e che erano più vicine alla mia bambina.
I messaggi di auguri iniziarono ad arrivare alle nove di quel sabato mattina. I primi furono mia mamma e Gerard dall’America, seguiti da Jules, Madison, papà e Skeletor, Ian e il suo ragazzo, Kaylie, un po’ di zii e mia nonna.
Si preannunciava una bella giornata.
Alle dieci del mattino Noelle stava facendo colazione con del bacon, mentre William russava ancora sul divano. Aveva la bocca aperta, una mano sul petto e l’altra a penzoloni di fianco a sé. Dalla bocca scendeva un rivolo di saliva che speravo non avesse colpito il mio divano. Presi uno dei cuscini da terra e glielo buttai in faccia.
- Gesù! Cosa succede?
- Succede che è tardi, William – grugnii. – Se iniziano ad arrivare gli ospiti tu cosa fai?
Potevo quasi vedere il vuoto nei suoi occhi. Dopo aver sbattuto le palpebre un paio di volte, sembrò finalmente capire. – Ah, il compleanno della bambina. Sorellona, potresti gentilmente ripetermi chi hai invitato?
- Niall, Harry e la moglie, Sue, Bella, Zayn e Louis. Ah, anche Ed.
- Ed?! – rantolò.
- Sì. Non ti preoccupare, ormai ti avrà perdonato. Adesso, se non ti dispiace, devo andare a svegliare la festeggiata.
Trovai Sophie ancora addormentata nel lettino. Abbassai le sbarre e mi chinai per prenderla in braccio, augurandole il buon giorno. Mia figlia brontolò qualcosa senza aprire gli occhi e lasciò ciondolare la testa in avanti. Allora me la appoggiai contro la spalla e la portai in cucina.
- Ehi, tesorino! – Noelle ci provava, ad essere tenera, ma risultava sempre un po’ inquietante. – Chi è la grandona? Chi è la mia bimba grande?
- La bimba grande ha leggermente sonno.
- Vieni dalla zia!
Dovevo ancora capire in che modo mia figlia fosse sua nipote, ma non importava. Sarebbe stata una giornata stupenda.

 
***

Niall Horan indugiava davanti alla porta di ingresso. Lui e Amy non si parlavano da circa una settimana. Cioè, si erano accordati per la festa di compleanno, ma la conversazione era finita lì. Amy aveva provato a chiedergli come gli andassero le cose e lui l’aveva prontamente liquidata, ecco la verità. Si sentiva in colpa eccome, mettiamo le cose in chiaro, però poi finiva sempre per pensare a quel giorno in ascensore, alla sua proposta di matrimonio e al modo in cui lei l’aveva rifiutato. Tutti lo consideravano un po’ come il bamboccione del villaggio, eppure anche Niall Horan aveva quel minimo di orgoglio.  L’unica consolazione era che alla festa ci sarebbero state altre persone, in questo modo non avrebbero dovuto nascere conversazioni imbarazzanti.
Oh, come si sbagliava.
 
Gli venne ad aprire una Noelle leggermente più fredda del solito – naturale che stesse dalla parte di Amy – seguita a ruota da Killer. Niall grattò il petto del cane con un piede e poi andò immediatamente a cercare sua figlia, tenendo il pacchetto verde chiaro dietro la schiena.

 
***

Sarebbe stata una giornata a dir poco di merda, secondo la modesta opinione di William. Tanto per dirne una, Niall Horan stava finendo le noccioline e lui temeva che, se solo si fosse azzardato a dirgli qualcosa, l’altro avrebbe colto al volo l’occasione per ammazzarlo. Il punto è che a William piacevano sul serio, le noccioline. Merda.
Con tutte le persone con cui quell’idiota di Amy poteva scopare, perché proprio lui?
 

Motivi per cui Aubree Styles è un’imbecille – a cura di George William Pitsbury
• Ha avuto una pargoletta da Niall Horan
• Non riesce a capire che suo fratello se la faccia con la tizia dalla testa blu
• È convinta che l’unico motivo per cui lui, William, non voglia vedere Ed Sheeran sia un furto di automobile  litigio avvenuto due anni prima

 

Poi iniziarono ad arrivare anche gli altri. William faceva una fatica tremenda a ricordare tutti i nomi, ma ci provava comunque.  C’era una bionda sposata col pakistano che si faceva chiamare o Izzy o Bella, Billy non aveva ancora capito, mentre suo marito era il famoso Zayn Malik. Quello castano con gli occhi azzurri era Louis. I quarti ad arrivare furono Harry e la moglie, gli unici a fare almeno finta di essere gentili con lui. Al tavolo della sala da pranzo c’era già una sorta di imbarazzo, ma qualcosa diceva a Billy che quello era solo l’inizio.
Naturalmente aveva ragione.

 
***

Il dito di Sue Callaghan esitò sul campanello di casa Styles-Abernathy per due minuti buoni. Un po’ perché aveva paura di rovinare lo smalto blu elettrico fresco, un po’ perché le voci si sentivano già dal pianerottolo.
La sua voce, poi, si sentiva fin troppo chiaramente.
La vicina di casa di Amy passò per la seconda volta e naturalmente si accorse che Sue fosse ancora lì, nella stessa posizione di prima. La ragazza con i capelli blu avvampò e si affrettò a premere quel maledetto campanello, prima di pentirsene.
La porta si aprì.
Lo stomaco di Sue fece una capriola.
Amy Styles sorrise, esclamò – C’è Sue! – e nell’appartamento calò il silenzio.
Esattamente quello che Sue Callaghan si aspettava.
 
- Sei un po' in ritardo - disse Amy, come se la reazione degli altri fosse stata normale. - Sono arrivati prima di te perfino Bella e Zayn!
- Non mi avevi detto che ci sarebbero stati anche loro! - esclamò Sue, sentendosi morire. Non era assolutamente pronta a fronteggiare Bella.
- Certo, o tu saresti rimasta a casa. Noccioline?
Quando i piedi assurdamente grandi di Sue Callaghan raggiunsero la sala da pranzo, l’imbarazzo raggiunse livelli da record. Il silenzio fu rotto, tanto per cambiare, da Jen Styles.
- Cosa ci fa lei qui?!
- Tesoro, calma – Harry le mise una mano sulla spalla, - Sue è un’amica di Amy.
- Non me ne frega un cazzo del suo rapporto con Amy, qui non la voglio!
Amy si schiarì la voce. – “Quisarebbe casa mia.
Harry scoccò un’occhiataccia alla moglie, guadagnandosi un’occhiata di ammirazione da parte di Amy. Che gli fossero magicamente spuntate le palle?
Sue si sentiva una merda. Era lì, in piedi, troppo lontana dalla porta e troppo vicina al tavolo. Venire era stata una pessima idea, ma ormai era troppo tardi. Non poteva più battere in ritirata. E poi, disse un’odiosa vocina all’interno della sua testa, te lo sei meritata. È la punizione per essere stata l’amate di un uomo sposato.
- Sue, siediti – ordinò Amy, indicando posto libero tra se stessa e Louis.
- Aubree, non ti immischiare – sibilò Jenny.
- Odio ammetterlo, Sue, ma te l’avevo detto.
Gli occhi di tutti si posarono su Bella, la quale, fino a quel momento, aveva bevuto tranquillamente il suo crodino senza emettere suono. Sue decise che forse era arrivato il momento di dire qualcosa. Appoggiandosi alla sedia, guardò quella che un tempo era stata una delle sue migliori amiche.
- Non fare la moralista, Izzy, non ti si addice.
Bella si morse il labbro inferiore e fece per ribattere, ma Louis le posò una mano sull’avambraccio, bloccandola.
– A qualcuno dispiacerebbe spiegarmi cosa sia successo? – domandò candidamente Zayn.
- Vorrei saperlo anche io – mormorò Amy.
Bella si alzò in piedi.  – Mi concedi l’onore, Sue?
L’altra non rispose. Era un incubo sì, sicuramente. Non poteva stare succedendo davvero, era troppo orrendo.
- La carissima, dolce e bella Sue ha fatto sesso con tuo fratello per mesi.
- No, aspetta, cosa?! – fece Niall.
- Che?! – Zayn.
- Allora è vero… - Amy.
- Sue, dimmi che sta scherzando. – Louis.
Oddio, Louis. Come aveva potuto dimenticarsi di lui?
- Piacerebbe anche a me, nonmiricordocometichiami – borbottò Jenny. Amy la guardò male e scandì il nome di Louis, mentre Sue non diceva nulla.
Calò un silenzio pesantissimo carico di stupore, interrotto solo da una breve risatina di Sophie. Nessuno sapeva come comportarsi. Cosa bisogna dire in certi casi?
Quando la porta d’ingresso si aprì nuovamente, sobbalzarono tutti.
- Signori, è arrivato Sheeran!

 
***

Mentre l’entusiasmo di Ed veniva stroncato sul nascere, William fece cadere una forchetta di plastica e schizzò sotto il tavolo per raccoglierla. In un altro momento probabilmente mi sarei insospettita, ma lo stupore per quello che avevo appena scoperto – nonostante sospettassi da parecchio tempo – era troppo grande. Guardai Ed, che se ne stava pochi passi dietro Sue, con un sorriso a trentadue denti e le braccia bloccate a mezz’aria, come se stesse esultando.
- Ma è morto qualcuno?
- Ed, vieni a sederti – dissi, cercando di sorridere.
- Io me ne vado – annunciò Sue.
Ci fu il “no” di Niall, Noelle, Zayn ed Harry; contemporaneamente al “buona idea” di Bella. Ecco perché hanno litigato. Sue gliel’aveva detto.
- Non fare stronzate e siediti anche tu – ringhiai. Ero arrabbiata con lei? Sì. Ma ce l’avevo ancora di più con tutti quegli idioti che stavano rovinando la festa di Sophie.
Stranamente obbedì.
- Se avete finito con queste scene alla Beautiful, ci sarebbe la tor… Billy, ma che diavolo stai facendo là sotto?
Da sotto il tavolo provenne un brontolio di protesta, poi emerse una mano pallida che dovette appoggiarsi per tirare su tutto il resto del corpo.
E, quando pensavo che le cose non potessero andare peggio, Ed esclamò – TU?!
William si sedette di nuovo al suo posto, forzando un sorriso. – Io.
- Sei un amico di Amy anche tu? Che coincidenza!
Improvvisamente capii tutto. La strana reazione che William aveva avuto quella mattina dopo aver sentito nominare Ed e quel ridicolo tentativo di nascondersi sotto al tavolo. Loro si erano incontrati da qualche parte, Ed chiaramente non l’aveva riconosciuto e dovevano anche aver parlato un po’. Stavo pensando ad un modo non molto traumatico per dargli la bellissima notizia, quando Niall decise di prendere in mano la situazione. Ovviamente, nel peggior modo possibile.
- Mi prendi per il culo?
- No, perché…?
Gli occhi blu del mio ragazzo si spalancarono. – Oddio, Ed. Questo è William. Il fratellastro di Amy? Il ladro di macchine? Quello che per poco non mi faceva perdere il lavoro? Ti dice qualcosa?
- Fottiti, Niall – sibilò Billy. L’espressione di Ed Sheeran cambiò completamente.
- Il fratellastro di Amy? Quel fratellastro di Amy?
- Grazie a dio ne ho uno solo – commentai.
- Perché cazzo non me l’hai detto? – continuò Ed, senza neanche sentirmi.
Negli occhi di Billy c’era un’amarezza che non avrei mai pensato di associare a lui. Ed era una bravissima persona, non c’era da stupirsi se praticamente tutto il mondo lo trovava simpatico, però…
- Perché non pensavo che fossi così idiota da non riconoscermi – disse, lo sguardo fisso su un bicchiere di plastica. C’era qualcosa di strano, di molto strano.
- Non ci posso credere! – esclamò Ed, esasperato. – Che gente! E dire che mi eri simpatico.
Billy fulminò Niall con lo sguardo e prese una manciata di noccioline, senza ribattere al mezzo insulto di Ed.
La tavolata ripiombò nel silenzio e tutti continuarono a mangiare – ad eccezione di Sue, che rimase ferma a fissare il piatto.
Una delle frasi fatte che conoscono tutti dice che non c’è limite al peggio. Non ci avevo mai creduto fino in fondo, fino a quel pomeriggio. Eravamo tutti così assorti dai nostri pensieri da non sentire che qualcuno aveva bussato alla porta d’ingresso. La prima a risvegliarsi dal torpore fu Noelle, che trotterellò ad aprire. Sentii un brusio, la mia coinquilina che dava il benvenuto al nuovo arrivato e il ticchettio di un paio di scarpe col tacco sul pavimento.
- Scusate il ritardo, avevo sbagliato strada – annunciò una voce dolorosamente familiare. Sollevai la testa di scatto e per poco non mi uscì la coca cola dal naso. Avvolta in un elegante cappotto nero, da cui spuntava un vestito azzurro chiaro sicuramente firmato, c’era Liz. 



 

Eccomi!
Questo capitolo è stato parecchio lungo da scrivere, forse perché, come avete visto, è parecchio contorto. 
È il compleanno della piccola Sophie Horan e si scatena l'inferno. Era abbastanza inevitabile, a dire il vero. Non posso commentare molto, perchè il capitolo finisce nel bel mezzo di una scena - per questo non c'è la solita anticipazione finale - e non vorrei spoilerarvi niente.
Vi dico solo che nel prossimo capitolo avremo un po' di sano Amy/Niall e ricompariranno anche Liam e Jules, che personalmente mi mancano.
Ah, il titolo del capitolo è la traduzione in inglese di "non c'è limite al peggio" :)
Questa storia non ha nessunissima pretesa, però non sappiate quanto mi faccia piacere che venga seguita/preferita/ricordata da così tante persone. Spero che vi piaccia anche questo capitolo e vorrei tanto sapere cosa ne pensate! Se invece volete fare due chiacchiere, tra i contatti c'è anche il profilo di facebook. 
baci,
Gaia

   

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** The scars you're keepin' ***


Nei capitoli precedenti di Disaster:
Niall Horan a chiesto ad Amy Styles di sposarlo e lei ha detto di no.
Bella Malik ha litigato con Sue dopo aver scoperto che lei aveva una relazione con Harry Styles.
Harry Styles è teoricamente sposato con quell'amore di Jenny Styles.
La summenzionata Jenny ha scoperto la storia tra il marito e Sue.
William Pitsbury, il fratellastro di Amy, vive con lei a Londra.
Ed Sheeran ha incontrato William ma non l'ha riconosciuto e quest'ultimo l'ha ingannato non dicendogli della sua parentela con Amy.
Jules O'Malley adesso lavora con il suo ex ragazzo Liam Payne. Stanno cercando di essere amici.
Tutta la combriccola (tranne Jules e Liam, che sono in Irlanda) si riunisce a casa Styles per festeggiare il primo compleanno di Sophie Horan.
Ovviamente si scatena l'inferno.


 
 
 

The scars you’re keepin’



 
Non sapevo se scoppiare a ridere amaramente o piangere a dirotto. Sembrava di essere in una di quelle sitcom che criticavo sempre, con me come protagonista sfigata della situazione.
Avevo sopportato la rivelazione sconvolgente di Bella – cioè che tra il mio fratellino sposato e la mia migliore amica ci fosse una relazione – la situazione tra Ed e William – non che mi meravigliasse: il mio fratellastro amava complicare la vita al prossimo – ma lei alla festa di mia figlia… no. C’era un limite a tutto, maledizione.
− Cosa ci fa lei qui? – chiesi a Niall, come se la diretta interessata non fosse presente.
− Piuttosto, questa “lei” chi sarebbe? – si intromise mia cognata. Jenny era assolutamente incapace di farsi i fatti suoi.
− La finta fidanzata di Niall – spiegò pacatamente Bella.
Noooo! – si lasciò sfuggire Louis, richiamando a sé l’attenzione di tutti.
− La cosa si fa interessante – commentò Billy, prendendo l’ennesima manciata di noccioline.
− Puoi dirlo forte, chiunque tu sia – replicò Zayn.
− Chiedilo a Niall.
Durante tutto questo scambio di battute io non mi ero mossa. I miei occhi chiari trapassavano quelli blu di Niall, sperando in una risposta che non fosse quella suggerita dalla mia mente.
− Pensavo fosse un buon modo per farvi conoscere meglio… - balbettò lui.
− Pensavi male.
Non immaginava quanto mi avesse fatto male. Già quella biondina stava lentamente logorando la mia vita sentimentale, presentarsi al compleanno di nostra figlia era troppo. Decisamente troppo. E che l’idea fosse stata di Niall…
− Ho portato un regalo per la festeggiata! – esclamò Liz, noncurante delle occhiatacce di tutti.
Appoggiò un pacchetto dall’aria morbida davanti alla festeggiata e, dato che io non muovevo un dito, toccò a Niall scartarlo. Nel silenzio più assoluto, il rumore della carta che veniva accartocciata e strappata sembrò ancora più forte. Quando l’involucro azzurrino atterrò leggermente sul pavimento, si sentì la voce candida di Noelle mormorare – Che bello!
Era un vestito di velluto Chanel, bordeaux, con annesse scarpe di vernice nera. Un vestitino che io non avrei potuto permettermi neanche andando avanti a pane e acqua per due mesi e, quando Niall disse a Liz che “non avrebbe dovuto”, fu come se qualcuno avesse aperto il vaso di Pandora.
− Non possiamo accettarlo – dichiarai.
− Amy, ti prego… - iniziò Harry, ma non lo lasciai finire.
− Non vedo l’utilità di regalare un abito del genere a una bambina di un anno. Non saprei quando farglielo mettere. Perciò ti sarei grata, Liz, se lo cambiassi con qualcosa di più sfruttabile: tra cinque mesi sarà troppo corto e Sophie l’avrà messo solo a Natale. Non tutti hanno i soldi che escono dal buco del culo e a tanti va bene così.
− Em… - mi supplicò Noelle.
− Spero che tu non la prenda sul personale.
Un’altra persona avrebbe incassato e cercato un modo per rendere meno terribile la situazione. Liz no.
Si passò una mano tra la chioma bionda, si schiarì la voce ed esibì la sua migliore espressione angelica.
− Senti, Amy, non so davvero perché tu ce l’abbia così tanto con me. È comprensibile che tu possa sentirti un po’… come dire… minacciata dalla mia presenza, ma non c’è bisogno di fare queste scenate, ecco.
Gelo.
Jenny smise immediatamente di mangiare. Niall imprecò sottovoce. Louis si alzò e prese in braccio Sophie, allontanandola da noi due. A Ed andò di traverso la fanta e Sue dovette dargli dei vigorosi colpi sulla schiena.
− Certo che tu, il cervello, non sai proprio cosa sia – fu il commento di William.
Nel frattempo io mi ero alzata in piedi. Non ricordavo di aver mai provato così tanta rabbia in tutta la mia vita.
− Minacciata dalla tua presenza. Certo – iniziai, - sicuro. Come se tu non avessi cercato di impressionare Niall con questo regalo costoso. O stavi forse comprando la simpatia di mia figlia?
− Tesoro, non stavo cercando di fare proprio niente. È ovvio che tu non riesca a capirlo, non è colpa tua se sei nata in una famiglia del genere. Semplicemente, da noi funziona così. Ed è per questo che i genitori del tuo ragazzo guardano me senza provare pena.
I silenzi che si erano creati fino ad adesso non erano niente, niente, in confronto a questo. Potevo quasi sentire il respiro di Sue di fianco a me.
Si sentì una notifica di whatsapp e la voce di Zayn avvisare tutti di aver appena ricevuto un audio da parte di Liam. Lo fece partire.
«Ehi Amy, visto che non mi caghi, scrivo al pakistano. Volevo fare gli auguri a quella bimba grande di Sophie, quando ci vediamo le darò il regalo. Intanto, sai qual è il faraone che è morto in un incidente stradale?» Pausa per creare suspense.  «Sutankamion! L’avete capita? Sut-an-kamion!» L’audio terminò dopo qualche secondo. Si sentì la risata soffocata di Noelle, che si affrettò a scusarsi.
Poi, con grande sorpresa di tutti, fu una voce maschile a intervenire.
− Liz, non mi sembra il caso – disse infatti Niall, con tutta la calma di questo mondo.
Nessuno si aspettava che intervenisse. Davvero. Soprattutto non dopo il mio recente rifiuto della sua proposta di matrimonio. Quella che rimase più allibita, però, fu senza ombra di dubbio Liz. Sbatté le palpebre più volte, sforzandosi di mettere a fuoco Niall, prima di assottigliare gli occhi.
− Sei stato tu a dirmi di portare qualcosa.
− Evidentemente ho commesso un errore.
Si era alzato anche lui, in tutta la sua altezza, e cercava di fronteggiare la sua finta fidanzata. Forse mi aveva perdonato. O forse quella situazione faceva arrabbiare lui tanto quando me.
− Quanto siete stupidi – sussurrò lei, − entrambi. Proprio non capite, vero?
Avrei voluto chiedere a cosa si stesse riferendo, ma ormai Niall si era galvanizzato e non mi lasciò parlare.
− Forse faresti meglio ad andare via.
− Ti conviene – gli fece eco Bella.
− Sentitela, la paladina di turno.
− Sue, per l’amor di dio…
− Cosa, Louis? Io mi ero semplicemente confidata. Perché sapevo di stare facendo qualcosa di terribilmente sbagliato. Le amiche dovrebbero aiutarti, vero? Invece no. Miss Moglie Perfetta ha pensato bene di darmi della puttana e un’altra manciata di epiteti che non ripeto. Ma per Amy ci sei sempre, vero?
− Sì, Amy non va con quelli sposati. Lei ha un minimo di cervello.
Conoscevo Sue Callaghan da parecchio tempo. Il suo carattere non aveva praticamente più segreti per me. All’apparenza era una persona normalissima, calma, gentile e disponibile. Non era sempre così. Riuscivo a vedere con esattezza quando oltrepassava il punto di non ritorno e abbatteva tutti i limiti che la sorreggevano. Si lasciava andare, glielo leggevi negli occhi, e a quel punto iniziavano i guai. Sue Callaghan sembrava equilibrata. In realtà, non riusciva a capire quando fermarsi.
E in quel momento riconoscevo lo sguardo.
− Amy è quella col cervello. Sicuro. Infatti siamo qui a festeggiare il compleanno della figlia non voluta, avuta col prof di musica. Davvero molto coscienziosa. Tutti hanno sempre finto che fosse una cosa normale. Ok, fate pure. E poi, da che pulpito viene la predica! Dalla ragazza che è scappata con Zayn Malik e se l’è sposato. Sapete cosa? Siete tutti degli ipocriti di merda. Jenny, che se la prende con me solo per non dover affrontare i problemi del suo matrimonio. Louis, che fa tanto il moralista perché è semplicemente geloso. Ed, che finge di essere amico di Niall solo per potergli stare vicino. Sì, Sheeran, la tua infatuazione è così palese. E Harry… con te non trovo nemmeno le parole.
Quando finì di parlare era senza fiato. Tremava, forse a causa dell’adrenalina che stava lentamente finendo di fare effetto, oppure per la liberazione di aver finalmente detto tutto quello che pensava. Piangeva. Teneva gli occhi inchiodati su Harry, il quale, dal canto suo, non riusciva a reggere il suo sguardo.
Nessuno ebbe il coraggio di parlare per molto tempo, fino a quando Billy non si schiarì la gola.
− Certo che sai davvero come spargere merda, ragazza.
− Perché non ci diamo tutti una calmata?  − tentò Noelle, venendo prontamente ignorata.
− Perché non eviti di dire cazzate, Sue? – saltò su Louis.
− Lou, davvero, stiamo calmi. – Zayn come paciere non era un granché, ma apprezzai il tentativo. Non si può dire lo stesso della cara Jenny.
− Invece di fare la vittima, tesoro – scandì, una mano ben salda sull’avambraccio del marito – perché non capisci che qui non ti vuole nessuno?
− Perché invece non ve ne andate tutti? − E fu così che Niall Horan stupì tutti per la seconda volta della giornata.

 
***
 

Nel profondo, Jules O’Malley sapeva di non aver dimenticato Liam. Non si sarebbe mai nemmeno azzardata a pensarla, una cosa del genere, ma era vera. Avevano deciso di essere amici. Perfetto. Jules non avrebbe potuto sperare di meglio. Peccato che, da quel giorno, i suoi tailleur fossero diventati più aderenti e il trucco più curato. Peccato che parcheggiasse sempre al B2, perché la macchina di Liam aveva il posto riservato al B1 e magari si sarebbero casualmente incontrati in ascensore. Peccato che, a causa della prospettiva di quell’incontro, avesse ricominciato a spruzzarsi litri di Dior. Peccato che ridesse sempre troppo forte quando lui le raccontava la Stronzata del Giorno, in ascensore. Jules detestava la propria risata. Aveva la sensazione che cambiasse di continuo. Se sommate tutti questi elementi, forse arriverete a capire come mai, quando Allison della scrivania 5 le chiese gentilmente di far firmare delle ricevute al signor Payne, lei avrebbe tanto voluto rifiutare.  Ovviamente disse di sì. Allison della scrivania 5 era stata così gentile…
Non fare cazzate, Jules, si disse, prima di bussare all’ufficio di Liam
Non ti azzardare, insistette, mentre lui diceva “avanti”.
Oh fanculo, sospirò, mentre i suoi occhi si posavano sulla figura palestrata di lui.
− Ti ho portato delle ricevute – annunciò, come se fosse stata Babbo Natale con una pila di regali.
− Perfetto, ringrazia Allison da parte mia.
Non mi congedare. Non ci provare, Payne, o giuro che-
− Stai… facendo qualcosa?
Le si riscaldò immediatamente il cuore, ma cercò di non darlo a vedere.
− No. In realtà ho già finito tutto quello che avevo. – Ed era una balla.
− Fantastico. Allora potremmo… tipo…
Ci stava provando, Liam, a non guardarle le gambe. Davvero. Ma a lui piacevano le curve e la gonna che Jules indossava quel giorno era molto attillata.
Non provocarlo. Non sei Bridget Jones.
Ignorando la propria coscienza, Jules si sedette su una delle sedie blu imbottite e accavallò con nonchalance le gambe. Avrebbe potuto giurare di aver visto Liam deglutire. Non era così disgustosamente felice da secoli.
− Tipo?
Lo vide arrossire per qualche secondo, poi il direttore Payne riprese il controllo di sé. Sempre facendo finta di niente, si tolse la giacca. Sotto portava una di quelle camicie che Jules aveva sempre amato, con le maniche prontamente arrotolate fino al gomito.
Si difendeva bene, l’infame.
− Non so, magari potresti fare la brava dipendente e andare a prendermi un caffè.
Jules si passò con indifferenza una mano sulle cosce, poi leccò le labbra sottili. Aveva visto tante volte sua sorella Madison comportarsi così, ormai era un’esperta.
− E così vuoi un caffè.
− Già.
Si portò i capelli da una parte sola, scoprendo il collo. Liam aveva sbottonato il colletto della camicia.
− Lo prendi ancora amaro?
Appoggiò i gomiti sulla scrivania e si sporse in avanti. Per un attimo si chiese cosa avrebbe pensato Allison se avesse deciso di affacciarsi, ma accantonò immediatamente il pensiero.
− Mh, sì.
− Ginseng o espresso?
− Sì.
− Liam?
− Non sto ascoltando una parola, Juliet.
L’utilizzo del suo vero nome la lasciò spiazzata. Aveva giocato l’ultima carta, il maledetto, capovolgendo immediatamente le sorti della partita. Ormai Jules non poteva fare più niente. Era finita.
− Ah no? – domandò stupidamente, a un direttore Payne che adesso avanzava verso di lei. Jules si alzò.
− Liam?
− Dimmi.
− E se la saltassimo, questa fase?
Non se lo fece ripetere due volte. In seguito Jules cercò di ricordare come fosse finita seduta sulla scrivania, con la gonna stretta che cercava di risalire e le braccia ben ferme dietro al collo di Liam. Ricordava solo la sensazione delle labbra di lui sulle sue e del tocco delle sue mani calde sulle cosce di lei. Credette seriamente di essere in paradiso, fino a quando non udì la voce di Allison chiedere che fine avessero fatto le ricevute, per poi troncarsi a metà dell’ultima parola.

 
 ***
 

Non posso credere che ci abbiano sbattuti fuori.
− Non dirlo a me, tecnicamente io là ci abito.
Ed Sheeran soffocò una risatina. Erano sul marciapiede fuori da casa Styles, indecisi sul da farsi o forse speranzosi che Niall si affacciasse per dire loro che era tutto uno scherzo. William però sapeva che non sarebbe successo. Per esperienza personale, era in grado di riconoscere la rabbia sulla faccia da tredicenne di Niall Horan. Un po’ gli era anche grato, perché gli aveva servito su un piatto d’argento l’occasione di spiegare a Ed Sheeran come stessero le cose. L’altro, però, non sembrava molto in vena di chiacchiere.
− Hai da accendere? – provò a rompere il ghiaccio.
− Non fumo. – Forse era meglio così, William stava cercando di smettere.
Tentativo numero due.
− Bel tipetto, la Testa Blu.
Ed fece una smorfia. Affondò le mani nelle tasche e osservò le macchine che ogni tanto passavano per il viale. Billy aveva ascoltato attentamente – quasi con ammirazione – il discorso di Sue, rimanendo piuttosto sbalordito dalla parte che riguardava Ed. E adesso era semplicemente troppo curioso per lasciar correre.
− Avrebbe anche potuto farsi i cazzi suoi – commentò infine il pel di carota.
− Non lo so, quella bionda la stava facendo veramente impazzire. E anche Jen Styles. Poi quel pezzo di merda del mio fratellastro non parlava, perciò…
− Perciò ha pensato bene di tirare in mezzo persone che non c’entravano niente. Pazienza, almeno imparo a confidarmi con Amy.
Quell’ultima frase fece scattare un interruttore nella testa di Billy. Stava forse ammettendo che fosse vero? Era davvero innamorato di Niall? William non sapeva se ridere o piangere. No perché, seriamente, come aveva fatto a finire in una soap opera senza accorgersene?
− Sì beh, Testa Blu non ci è andata leggera nemmeno con lei. La vedo male.
Testa Blu? – chiese divertito.
− Sì, la pazza. Se vi mettete vicini tu, lei e Niall potete fare l’Union Jack.
E rimase un po’ stupito, Billy, per essere realmente riuscito a far ridere Ed Sheeran.
Calò un silenzio confortevole, mentre lui trovava finalmente un accendino e prendeva la tanto desiderata sigaretta. Al diavolo, avrebbe smesso il giorno dopo.
− Ma perché sono qui con te, poi? – In effetti se lo chiedeva anche Billy, ma non aveva certo intenzione di approfondire la faccenda. Avrebbe dovuto fare un’altra cosa, invece: spiegarsi. Doveva dire a Ed Sheeran come stessero le cose, che non gli aveva mentito per il piacere di ingannarlo – come credevano tutti, giustamente – ma perché era l’unica persona in tutta Londra che gli ispirasse quel minimo di simpatia. Avrebbe dovuto, sì, ma George William non era bravo in queste cose.
− Lo chiedi a me? – Era molto più facile.
− Questo in teoria è il momento in cui mi spieghi perché hai fatto finta di non avermi mai visto – gli comunicò Ed, il quale, al contrario di lui, ci sapeva fare con le relazioni sociali.
− Perché a nessuno è venuto in mente che, come tu non hai riconosciuto me, possa non averlo fatto anche io?
− È così?
William scosse la testa e Ed gli rispose con una smorfia eloquente. Faceva schifo rendersi conto di non sapere cosa dire. “Cercavo un amico” suonava patetico anche alle sue stesse orecchie.
− L’ho fatto e basta. Non farne un dramma.
− Tu hai dei problemi.
− Lo so. – Con quell’ultima frase lo stupì leggermente. Ed Sheeran non era bravo a nascondere cosa gli passasse per la testa. Probabilmente si trattava di una delle pochissime cose in cui Billy era migliore di lui. Voleva porre fine a quella pagliacciata. Lui era George William Pitsbury e se ne infischiava di quello che gli altri pensavano di lui. In quel momento non si stava comportando come al suo solito e non andava bene. A lui piaceva il proprio carattere, tutti quei complessi da dove venivano?
Fu così che, in perfetto stile Billy Pitsbury, diede la stoccata finale.
− Però non sono io quello innamorato di Niall Horan.

 
 ***
 

Niall aveva letteralmente cacciato tutti e ne era fiero.
Cioè, non proprio tutti tutti.
Noelle, Amy e Sophie erano ancora lì. La prima perché non c’entrava nulla con quello che era successo, le altre due perché non avevano altra scelta. Tecnicamente anche George William viveva lì, ma Niall continuava a fare finta di non saperlo.
Adesso però doveva occuparsi di un’altra faccenda. La più importante. Quella che vegetava sul divano fissando un punto imprecisato nel vuoto. Si avvicinò lentamente alla sua ragazza e se ne uscì con la frase più idiota della storia.
− Stai bene?
Amy gli rifilò una risposta standard a cui lui non credette, perciò si accomodò di fianco a lei sul divano.
Pensò di metterle un braccio intorno alle spalle, ma ci ripensò. Amy avrebbe potuto semplicemente ucciderlo e non si sarebbe nemmeno sentita in colpa. Non subito, almeno.
Decise di provare col sarcasmo. Normalmente le piaceva.
− Gran bella festa, eh?
− Pensi che Sue abbia ragione? – Non proprio la risposta che Niall si aspettava.
− A che proposito?
− Tu. Io. Sophie.
Oh.
− Non è stata una cosa voluta, Em. Non possiamo mica negarlo, − lei abbassò la testa. – però… Io direi che ce la stiamo cavando piuttosto bene.
− Secondo me invece ce la stiamo cavando di merda. Non riusciamo nemmeno a farle passare un bel compleanno.
Niall sorrise amaramente, decidendosi finalmente a passarle un braccio intorno alle spalle. Sentì Amy rilassarsi e prese il coraggio necessario a parlare. – Io dico di sì. Stasera ci facciamo una bella cenetta noi tre.
− Io intendevo una festa. Con gli altri.
– Prima o poi succederà. Quando io avrò ucciso tuo fratello, che forse da morto smetterà di combinare guai.
− Stiamo parlando di Harry, sarebbe capace di fare cazzate anche da Mercurio.
− Allora ci faremo l’abitudine e riusciremo a limitare i danni.
− E magari arriveremo fino al taglio della torta, prima di far scoppiare una nuova guerra mondiale.
Lui scoppiò a ridere. Gli era mancata questa situazione, tantissimo. non avevano ancora risolto i loro problemi ma, datala situazione, potevano concedersi una sorta di tregua. – Dimostriamo a Sue che dagli sbagli si può trarre qualcosa di bello?
Amy appoggiò la testa sulla sua spalla.
− Facciamolo.
La vide chiudere gli occhi.
− E, Niall?
− Mh?
− Profumi di noccioline.




 

Non so dove trovi il coraggio di fare quest'angolo autrice, davvero.
Sì, mi davate per dispersa. Avevate più o meno ragione.
Avevo promesso di provare a finire questa fic, ma non ci riuscivo. Così l'avevo lasciata nel dimenticatoio. Poi ieri mi è girato non so bene cosa e ho riaperto quel documento word che si chiama "d1". Al terzo tentativo ho beccato la password. Ho cominciato a scrivere. E a scrivere. Inizialmente volevo farmi perdonare con un capitolo corposo ma poi, come al solito, i personaggi fanno quello che vogliono loro. Tipo Ed e William, che non avrebbero nemmeno dovuto esserci. Non avrei dovuto nemmeno pubblicare oggi e, se non fosse stato per l'anonimo su ask, non l'avrei sicuramente fatto. Ho finito il capitolo un quarto d'ora fa.
Proverò davvero a continuare, perché adesso come adesso l'ispirazione c'è. Mi sono affezionata a questi personaggi, anche se loro mi odieranno.
Mi odierete anche voi, ma spero di farmi perdonare. Amy e Niall non si sono picchiati. Lui ha finalmente tirato fuori le palle. Non sapete quanto mi sia piaciuto scrivere la parte di Jules e Liam, davvero. 
Passando alle parti un po' meno tranquille... Sue ha dato di matto. Ve l'aspettavate? Bella e Jenny hanno semplicemente fatto a pezzi la sua capacità di sopportazione e lei non ha retto più. I risultati li avete visti (e non tutti :)) Quanto a Ed e Billy... Billy è Billy, lo stesso che in YAWBMA ha gridato ai quattro venti la storia tra Niall e Amy. Non ci possiamo aspettare che diventi Mr. Socievole da un momento all'altro.
Mi farò viva. Davvero. Ogni tanto date un'occhiata.
E ditemi cosa ne pensate, che sono già abbastanza in crisi di mio ♥
un bacione

Gaia   #stillhere
     

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2065310