I Pinguini di Madagascar: Presa di Potere

di Fluffy Jpeg
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rivolta a Hoboken ***
Capitolo 2: *** Cupa Ispirazione ***
Capitolo 3: *** Attitudini Paranoiche ***
Capitolo 4: *** Stai Calmo ***
Capitolo 5: *** EXTRA: Meanwhile, at Hoboken... ***
Capitolo 6: *** Colpo Basso ***
Capitolo 7: *** Sguardi al Cielo ***



Capitolo 1
*** Rivolta a Hoboken ***


Salve! JpegFluffy qui per voi, con una nuova storia sui Pinguini di Madagascar~!
Anche questa è una storia che ho iniziato molti mesi fa, e volevo essere sicura di riuscire a continuarla prima di metterla.
Al contrario di Sogni Stellati, però, questa non è ancora completa. Quindi temo dovrete aspettare un po' per i prossimi capitoli! :'3
Inizialmente ero titubante, poiché è una storia che diventerà violenta da un certo punto in poi, e non sapevo se avrebbe trovato l'approvazione di qualcuno.
Poi, girando per le varie storie in questa sezione, mi sono soffermata su una di Syugi (che ringrazio ancora per i commenti nella mia storia precedente! ^^),
e ho notato che non sono l'unica che intravede nei Pinguini di Madagascar tematiche più forti di quel che si facciano pensare.
Quindi, eccomi finalmente qui~ Sperando che vi piaccia, vi auguro una buona lettura! <3



I Pinguni di Madagascar: Presa di Potere
Capitolo 1: Rivolta a Hoboken.

« ... e dopo la grande evasione degli animali dallo zoo, l'amministrazione di Hoboken ha richiesto
che ci siano maggiori protezioni e sorveglianza sui suoi abitanti, per preservare la vita dei cittadini e
soprattutto degli animali stessi, che potrebbero essere coinvolti in incidenti stradali. Grandi le
proteste degli impiegati dello zoo: in molti hanno detto di non avere i soldi necessari per una rivoluzione
del genere. Il proprietario ha deciso di tagliare loro gli stipendi, ed è attualmente in atto una rivolta che... »

Skipper decise che ne aveva abbastanza. Spense la televisione premendo con un gesto secco il pulsante rosso del telecomando, e quindi si voltò verso i suoi uomini, ognuno concentrato in una diversa attività: Rico spazzolava i capelli della sua bambola, Soldato sistemava i cuscini dei vari letti e Kowalski schizzava abbozzi di una nuova invenzione. I tre sollevarono lo sguardo a lui nel sentire la voce gracchiante della reporter scomparire nel nulla.
- Certo che a Hoboken sono dei pazzi. - affermò il comandante, girando un paio di volte l'aringa salata nella tazza ricolma di caffé bollente. - Ci credo che tutti i cattivi che abbiamo fermato finiscano lì.
- Beh... - richiamò l'attenzione lo scienziato, con la solita insicurezza di quando sente il bisogno di correggere una frase del superiore. - ... tecnicamente, Lulù non è una dei cattivi.
Skipper sospirò. - Va bene, scimpanzé con il fiocco rosa a parte, sono tutti cattivi. E non provare a fare il puntiglioso sul fatto che Savio non l'abbiamo battuto noi! - lo ammonì immediatamente, puntando la tazza contro Kowalski che richiuse di scatto il becco, e optò per un più semplice silenzio.
- Ma Skipper. - si intromise Soldato, picchiettando una pinna sulla punta del becco con aria pensosa. - Durante la rivolta non potrebbe scappare qualcuno? O magari è già scappato. -. Ebbe un brivido, e di colpo trovò il suo letto un posto molto invitante. - E se Savio fosse scappato di nuovo?! E' sulle nostre tracce, io lo so! La pancia del serpente... è così buia! E tetra!
- Ehi, ehi, Soldato, calma! - esclamò il comandante con ben poca pazienza. - Non è scappato nessuno. O quanto meno, non Savio. E' difficile fuggire quando sei un cobra lungo un kilometro. -. Stoppò nuovamente Kowalski dal correggerlo con un gesto secco della pinna, mentre l'altra portava al becco la tazza. Ne bevve un paio di brevi sorsi, quindi riprese a parlare. - Per quanto a Hoboken la sorveglianza faccia pena, non può andarsene così. Al massimo può scappare Hans, anche se non è così intelligente.
Soldato parve tornare tranquillo. Scese dal suo letto, lasciando respiro al cuscino che aveva preso tra le pinne e aveva iniziato a stringere con incredibile forza. Lo appoggiò al suo posto, mentre al suo fianco Kowalski si era fatto di nuovo pensoso.
- Teoricamente, Skipper, tra gli animali di piccola taglia potrebbe essere scappato anche Clemson. - disse, veloce come un razzo, tentando di mettere la pulce nell'orecchio al comandante prima che egli potesse avere il tempo di bloccarlo. Una tattica vincente, perché quando l'altro finì di sorseggiare la sua bevanda si ritrovò con un nome in testa a cui non riusciva ad associare un volto.
- Ragguagliami, Kowalski. Chi è Clemson?
L'altro saltò in piedi, felice di avere finalmente la parola. Frugò nel cassetto dei profili dei nemici e tirò fuori quello dell'animale appena nominato, quindi, aperta la cartella, tirò fuori uno ad uno i fogli attaccandoli alla lavagna magnetica.
- Clemson. - annunciò infine, indicando le varie immagini. - Il lemure rosso che ha tentato un colpo di stato al trono di Julien. La prima volta si fece proclamare nuovo braccio destro del re per poter portare via la sua corona più facilmente, la seconda volta dimostrò che il trono non poteva essere di Julien e lo batté vincendo più prove nelle sfide regali.
- Ah, giusto. Ora ricordo. - commentò Skipper, guardando con tristezza il fondo della tazza. Perché il caffé finisce sempre? - Clemson è quel tipo strambo e psicopatico. -. Rico emise un verso, come a voler rivendicare quel titolo. Il superiore gli rivolse una semplice occhiata. - Nah, tranquillo, non più psicopatico di te. - gli assicurò. L'armiere tirò un sospiro di sollievo, e tornò a concentrarsi sulla sua bambola.
- Sì, comunque, è lui. - confermò Kowalski, iniziando a tirare via i fogli con ordine scrupoloso, per rimetterli nello stesso identico ordine di prima. - L'abbiamo mandato allo zoo di Hoboken per ben due volte. Penso che ce l'abbia con noi, soprattutto dall'ultima volta in cui ha scoperto che aiutavamo Julien.
Skipper mosse la tazza in senso circolare, facendo muovere quel poco di liquido rimasto. Il suo moto lo aiutava vagamente a pensare al da farsi, anche se, effettivamente, in quel preciso istante non c'erano pericoli precisi a cui prepararsi.
- Se dovesse tornare a rompere le scatole a Coda ad Anelli, chissà che cosa combinerà. - mormorò, più a sé stesso che agli altri. - Potrebbe inventarsi di tutto pur di diventare il re dei lemuri, visto che i suoi piani precedenti non hanno funzionato. Potrebbe prendere in considerazione anche l'idea di fare del male.
Vide con la coda dell'occhio Kowalski che stava per sistemare la sua affermazione. Lo bloccò appena in tempo, e si spiegò meglio: - Seriamente male. Anche ucciderci.
Tutti, persino lui, ebbero un brivido. Cavoli. E loro che pensavano che Savio fosse il vero pericolo.
- ... ma non c'è nulla di cui preoccuparsi, per ora. - aggiunse Skipper dopo qualche lungo secondo, rivolgendo un sorriso stanco ma a suo modo rincuorante alla truppa. - Non facciamo i paranoici. Non c'è notizia che Clemson non sia all'appello allo zoo. Direi di aspettare il prossimo notiziario. Piuttosto, ora preoccupiamoci del fatto che Kowalski sta inventando qualcosa di nuovo.
Rivolse uno sguardo storto allo scienziato seduto per terra che era tornato a schizzare sui suoi fogli, talmente sovrappensiero da non accorgersi subito di essere stato nominato. Alzò la testa solo quando Soldato si sporse verso di lui, sfiorandogli la spalla con dolcezza e indicandogli il comandante.
- Oh! Ehm... mi sono perso qualcosa? - domandò, uscendo lentamente dal suo flusso di idee. Skipper stava per fargli una paternale, ma accorgendosi che non avrebbe avuto molto senso si limitò ad un più semplice sospiro.
- Ti ho solo chiesto che cosa stavi creando. - disse con calma controllata, avvicinandosi a lui sempre reggendo la tazza. Nel rendersi nuovamente conto che era vuota, la passò a Soldato, quindi si mise alle spalle dello scienziato e guardò il suo lavoro da sopra la testa di questi.
Sopra il foglio giallo a righe, il tipico da lui usato, era stata schizzata una provetta contenente del liquido effervescente. Accanto ad essa, varie frecce puntavano a diverse formule matematiche e nomi particolari fatti da numeri, alcuni affiancati da rappresentazioni grafiche della combinazione atomica tra alcuni di essi. Allungando il collo, il superiore poté vedere, alla base del foglio, una serie di disegni e statistiche: il primo gruppo era formato da un pinguino malato, come dimostravano le gote arrossate e le bollicine che uscivano dal suo becco; accanto ad esso, lo stesso pinguino beveva il liquido della provetta sopra rappresentata, e in quello dopo ancora sorrideva, agitando le pinne dalla gioia (suppose Skipper) di essere guarito. Completava la serie il numero 37%. Tra questo gruppo e il successivo figurava una "V", di cui il superiore aveva vaghi ricordi che, nel linguaggio matematico, essa fosse la congiunzione "o". Nel secondo gruppo, poi, i suoi occhi incontrarono un nuovo disegno di un pinguino che stava male, e che prendeva la medicina; ma il terzo era la sua raffigurazione steso per terra, con un fiore tra le pinne e la lingua fuori dal becco. Gli occhi erano formati da delle "X", e il superiore ebbe un brivido. Era certo di conoscerne il significato. Accanto alla serie spiccava un altro numero, tristemente più alto dell'altro: 54%. L'ultimo gruppo era formato da un unico disegno, di cui Skipper non riuscì a capire il significato: era un rettangolo, messo in verticale; una freccia partiva dal suo centro, muovendosi verso destra e girando dopo pochi centimetri, tornando indietro e indicando il bordo della figura.
Certo era uno dei progetti più dettagliati, figurativamente parlando, che avesse mai visto da Kowalski. Questi perfezionò una bollicina nel liquido della provetta, poi voltò la testa, rendendosi conto solo in quel momento che Skipper stava osservando con più attenzione del solito i suoi appunti. La cosa gli diede una certa soddisfazione.
- Provavo a mettere giù qualche idea per un'idea rivoluzionaria. - spiegò con un sorriso. Sollevò un lato di vari fogli, e li lasciò ricadere con calma l'uno sull'altro sulla sua cartelletta. - Qualcosa che potrebbe davvero fare la differenza.
- Non lo dici per tutte le tue invenzioni? - chiese Skipper da dietro la sua spalla, piuttosto retorico ma senza distogliere lo sguardo dai disegni. - Che cos'è, di preciso?
- E' un elisir. - spiegò Kowalski con un certo orgoglio. - Una medicina rivoluzionaria. Se riuscirò a crearla, non importa di quale malattia tu soffra: ti basterà prendere una dose di questo, e guarirai. La sua moderna concezione di legame atomico potrà renderlo facilmente versatile a qualsiasi disturbo: si modificherà a seconda del nemico, divenendo qualsiasi medicina o anticorpo di cui il corpo necessita. -. Allargò il suo sorriso, gli occhi che brillavano di gioia a quell'idea tanto meravigliosa. Ogni secondo che passava lo rendeva sempre più fiero di sé. - Potrebbe salvare milioni di vite, Skipper.
- O ucciderne altrettante. - affermò il comandante alle sue spalle. Allungò una pinna, andando ad indicare la seconda serie di disegni. - Non fraintendermi, non voglio spegnere il tuo entusiasmo. L'idea è magnifica. Ma finché non sarà pronta e collaudata, va tenuto in considerazione anche questo dettaglio.
- No, assolutamente, hai ragione. - confermò Kowalski, soffermandosi qualche lungo secondo ad osservare il disegno del pinguino con il fiore tra le pinne. - C'è una grande possibilità che l'elisir si trasformi in un virus. E finché non saprò che è sicuro, non voglio rischiare le penne di nessuno.
- Bravo, Kowalski. - si congratulò Skipper, dandogli una pacca sulla spalla con un sorriso largo e sincero sul becco. - Vai avanti così. Vedrai che lo troverai! Quando vuoi trovi sempre tutto, geniaccio!
Kowalski fece un sorriso amaro. - Come la ricetta dei burros. - mormorò. - Che ha quasi distrutto la Terra.
- Però erano molto buoni.
Il sorriso del più alto si allargò, diventando divertito.
- E' vero, erano molto buoni.

Nel frattempo, Julien era appollaiato sul suo trono nell'habitat dei lemuri, accoccolato con la testa appoggiata ad un bracciolo e la coda attorno al suo corpo, ad osservare il sole scendere lentamente dietro gli edifici di New York e lasciare spazio al buio della notte.
Erano momenti strani, quelli. Rari momenti introspettivi, in cui il catta si rifugiava in un angolo e iniziava a guardare qualcosa di lento, nel silenzio più totale, e quindi a pensare. Strano ma vero, anche lui sapeva farlo.
I suoi pensieri erano vaghi, di rado andavano davvero nel profondo; ma giravano sempre attorno al suo essere re, prima in Madagascar e ora in New York. Uno strano presentimento lo stava spingendo, in quel momento del tramonto, a pensare a quante volte ha rischiato di perdere il trono. Non era una novità che qualcuno tentasse un colpo di stato: il suo carattere infantile lo aveva sempre fatto credere un facile bersaglio per queste cose.
E forse è vero, pensò. In fondo, fin ora la mia corona è rimasta sulla mia testa grazie all'aiuto di Maurice, alla testardaggine di Mortino... e anche grazie a loro.
Lo sguardo passò lento all'habitat dei pinguini.
Sì... loro.
Lui è un pessimo vicino, un rompiscatole privo di freni, più infantile di un cucciolo.
Eppure... loro sono sempre pronti ad aiutarmi. Qualsiasi cosa succeda, loro vengono sempre. Per idiozie, per cose più serie. Che siano semplici lavoretti, o che ci sia da fare a botte. Sono sempre lì, a dare una mano.
Gli scappò un leggero sospiro.
Forse dovrei chiamarli...
Era da ore che si sentiva a disagio. Percepiva uno sguardo puntato contro di lui, e non lasciarlo un solo momento.
Lo spaventava. Non si è mai sottratto ai paparazzi, né agli sguardi degli ammiratori; ma non sapere chi lo stava guardando lo stava facendo diventare matto.
Accoccolato così, sopra il suo trono, si sentiva un po' più al sicuro, ma non totalmente protetto.
Le sue iridi rimbalzarono da una parte all'altra dello zoo. Guardò negli habitat, oltre i recinti, tra la vegetazione; allungò il collo, e controllò persino oltre le mura che segnavano il perimetro esterno dello zoo.
Ma di nuovo, non vide nessuno.
Rilassò il collo, incassando la testa vicino al corpo, sulla seduta. Le braccia abbracciarono la coda come fosse l'orsacchiotto di un bambino spaventato dal buio della sua cameretta.
Lanciò un'ultima occhiata intorno, sperando in un avvistamento all'ultimo secondo; ma non accadde. Gemette, e considerò la migliore alternativa chiudere gli occhi, e tentare di non vedere più niente.
A pochi metri di distanza, tra le foglie del suo stesso habitat, quel qualcuno che lo stava osservando incrociò le zampe con aria seccata. Storse la bocca, mentre gli occhi si assottigliavano nel vedere quelli dell'altro chiudersi.
E' incredibile come basti poco per spaventare un povero smidollato come lui...
Si sedette silenzioso sull'erba. La coda, alle sue spalle, si mosse quasi convulsamente dall'agitazione.
Non poteva essere. Dopo tutta la fatica fatta per creare quello scandalo a Hoboken, per scappare da quello zoo infernale, per attraversare tutta quella distanza... non aveva idea di come eseguire l'ultimo passo. A prendere il posto che gli spettava.
E la cosa lo irritava, lo irritava parecchio.
Come poteva non averci pensato?! Non aveva nemmeno una minima idea di cosa fare. Era per quello che era nascosto in quel cespuglio da ore, sicuro che il catta non l'avrebbe mai trovato, perché troppo ingenuo per cercare nel posto più vicino. E attendeva. Attendeva l'ispirazione, un'idea, una qualsiasi cosa. Che però ancora non gli si era manifestata.
Sospirò seccato. Odiava quei momenti.
Si appoggiò lentamente al muretto dietro di lui. Le palpebre iniziarono a farsi pesanti, forse a causa del lungo viaggio.
Decise di dormirci semplicemente sopra.
Rivolse un'ultima occhiata a Julien; quindi chiuse gli occhi, e si addormentò in pochi istanti.
Con un sorriso, sognò di riuscire a prevalere su tutti coloro che gli davano contro, e diventare finalmente re dei lemuri.

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Capitolo 2
*** Cupa Ispirazione ***


Breve prefazione stavolta, per dirvi solo due cose in croce:
da questo capitolo in poi, le note d'autore le troverete al termine del capitolo. La prefazione sarà breve, un po' come questa,
per introdurvi alla lettura del capitolo in poche parole. <3 Grazie ancora a Syugi per la bellissima recensione!
Vi auguro una buona lettura! <3



Capitolo 2: Cupa Ispirazione.

Calò la sera, e venne il momento di andare a dormire. Nonostante le tenebre invitassero ad un sereno riposo, protetto dalle numerose stelle che splendevano nel cielo, Kowalski non sembrava interessato a mettersi a letto, e anzi chiese un permesso speciale a Skipper per poter rimanere alzato un po' di più, e poter perfezionare la sua invenzione. Si sentiva ispirato, ed era convinto che cedere al mondo di Morfeo gli avrebbe portato via le sue idee.
- Permesso accordato, soldato. - aveva finalmente detto il comandante, dopo quasi cinque minuti di scongiuri a non finire. - Ma nel tuo laboratorio. E non fare rumore: noi vogliamo dormire, al contrario tuo.
Lo scienziato aveva annuito energico, e si era chiuso dietro la porta in acciaio, armato del suo set chimico e dei suoi appunti, e nel silenzio più totale aveva continuato a progettare.
Prese appunti su appunti, scrisse calcoli, formule, possibilità, considerò talmente tante statistiche da far venire il mal di testa, e non si fermò un solo momento.
In poche ore, aveva creato una formula di cui era assolutamente convinto.
Si stropicciò gli occhi, fiero del suo operato. Sistemò un numero, quindi riprese il foglio principale del progetto e ne sistemò la forma della provetta con scrupolosità asfissiante. Era un progetto a cui teneva davvero tanto, e si vedeva.
Passò lo sguardo sui vari fogli sparsi per il pavimento. Saranno stati una ventina, tutti pieni di scritture da matematico; solo uno possedeva il progetto grafico, ma effettivamente, neppure quello era poi tanto capibile ad un occhio inesperto. Le iridi del pinguino si focalizzarono su un dettaglio scritto su uno dei fogli più lontano. Si sporse in avanti, rileggendo con attenzione la lista di nomi che aveva appuntato.
Erano gli ingredienti dell'elisir, trovati durante quell'unica giornata.
E... santo cielo!
Il suo sguardo si sollevò di scatto alla serie di contenitori chiusi con tappo, in un angolo del suo laboratorio. I liquidi contenuti al loro interno erano ognuno di un colore diverso; alcuni brillavano, altri no, ma tutti insieme erano la scorta di materiali che Kowalski metteva via da mesi.
Li scorse con velocità, nominando quelli di cui aveva bisogno con tono di voce basso ma sempre più eccitato.
Li stava trovando tutti! Gli ingredienti del suo elisir... li aveva già tutti lì! Non c'era bisogno di andare al laboratorio di ricerca chimica di Brooklyin!
La sua vena di ricerca si fece sentire forte e chiaro. Non poteva ancora andare a dormire. Non poteva aspettare fino al giorno successivo! Erano tutti lì: cosa voleva di più dalla vita? Doveva creare l'elisir subito, in quel preciso istante! La formula era davanti a lui, bastava solo unire le quantità giuste e mischiare.
Nulla di più facile!
Non poté resistere al desiderio, e si mise immediatamente al lavoro. Recuperò una provetta e vi versò dentro le quantità esatte dei liquidi nei contenitori, con cura meticolosa e silenzio incredibile; girò il tutto con un bastoncino di metallo, quindi lo mise su un piedistallo e attese.
Secondo i suoi calcoli, i primi segni di funzionamento dell'elisir dovevano presentarsi entro dieci minuti. Non avrebbe dovuto aspettare molto.
Osservò il liquido iniziare a diventare effervescente, e a prendere un vago colore verde pallido. Era talmente concentrato sul suo esperimento da non accorgersi della porta del suo laboratorio che si apriva cigolando alle sue spalle, e di un passo leggero superarla e richiuderla. Solo quando sentì la voce di Soldato chiamarlo con un lieve: - Kowalski? - si rese conto di non essere più solo, e girando la testa si ritrovò il pinguino a pochi passi da sé.
- Oh... ciao. - lo salutò, abbozzando un sorriso appena un poco stanco. Parve realizzare solo un secondo più tardi che il suo compagno era sveglio. - Per Galileo Galilei! Ho fatto troppo rumore?
- No, no, tranquillo. - gli assicurò Soldato, stringendo il suo Lunacorno tra le pinne mentre gli sorrideva amabilmente. - Mi sono svegliato da solo. Ho visto che non eri ancora a letto, e mi sono preoccupato... pensavo fosse successo qualcosa. Ero venuto solo a controllare.
- Successo qualcosa? - domandò Kowalski, preso un po' alla sprovvista. Si guardò attorno alla ricerca dell'orologio, ma si ricordò che era stato spostato per un'operazione l'altro giorno, e quindi ora non era presente. - Perché? Sarà non più tardi della mezzanotte.
Soldato sbatté le palpebre un paio di volte. - Kowalski, sono quasi le tre. - mormorò.
L'altro sbiancò.
- Le tre? - marcò con preoccupazione. - Non... non mi ero accorto fosse così tardi.
Il più giovane sorrise vago. - Sì, si era capito. - affermò. L'occhio gli cadde sulla provetta colmo di liquido, e lo scrutò con curiosità mentre si faceva accanto allo scienziato.
- E' l'elisir? - chiese.
- Sì... è l'elisir. - rispose Kowalski. - O almeno, lo stato primordiale. Tra poco dovrebbe diventare giallo e frizzante, e brillare appena. Se così sarà, avremo la cura miracolosa.
- Incredibile! - esclamò Soldato, sedendosi con cura a terra e sorridendo felice. Condivideva sinceramente l'entusiasmo di Kowalski, ma non poteva fare a meno di preoccuparsi che qualcosa esplodesse, come accadeva praticamente sempre con le sue invenzioni.
- E... se non diventa giallo e frizzante? - domandò con cautela. Alzò lo sguardo a lui, ma lo scienziato non ricambiò: era troppo concentrato a guardare l'elisir, e a sperare con tutto sé stesso che venisse giusto.
- Se non sarà giallo e frizzante, diventerà un virus. - gli rispose con voce incerta.
- E... tu hai l'antidoto di quel virus? - fu la nuova domanda di Soldato. Kowalski notò che la voce gli tremava: gli rivolse uno sguardo tranquillo, e alzò una pinna, passandola attorno a lui per cingerlo in un piccolo abbraccio rincuorante.
- Non ho l'antidoto di fatto, ma ho la formula per crearlo. - gli assicurò, con la voce più calma possibile. - L'ho già testato, è totalmente sicuro. Va solo ricreato.
Soldato parve calmarsi un poco. - E dov'è la formica di questo antidoto? - volle assicurarsi.
Lo scienziato rise. - "Formula", non "formica". - puntualizzò. - Tranquillo, la trovi qui...
Allungò una pinna verso i fogli, ma prima che potesse indicarne uno il suo sguardo incontrò il liquido della provetta, e si arrestò di colpo. Quando Soldato notò che qualcosa lo distraeva, seguì il suo sguardo fino allo stesso oggetto, e osservò la reazione chimica con occhio titubante.
Il liquido verde pallido iniziò a scurirsi a velocità sempre maggiore. In pochi istanti divenne di un grigio molto scuro, con riflessi verdastri visibili grazie alla piccola lampada posta a pochi passi da Kowalski. Si compattò fino a diventare denso come una crema, e smise inevitabilmente di frizzare.
Lo scienziato si sporse in avanti, e guardò la provetta per lunghissimi secondi, immobile, quasi senza respirare. Soldato rimase silente ad osservarlo, con una certa preoccupazione. Infine allungò una pinna, toccandogli la schiena con dolcezza.
- K-Kowalski? Tutto bene...? - domandò.
Il secondo non rispose per qualche altro attimo. Poi, emise un lungo e malinconico sospiro. - Devo aver sbagliato i calcoli. - mormorò, con un soffio di voce talmente basso che il più giovane faticò a sentire. - Non è il mio elisir. E' diventato un... virus...
- Beh, era solo il primo tentativo... E' normale non farcela subito. - tentò di tirarlo su di morale Soldato. Si sporse anche lui in avanti, per poterlo guardare negli occhi. - Vedrai che ce la farai.
Kowalski appoggiò la pancia a terra, e continuò a guardare il liquido scuro all'interno della provetta con malinconia. - Ogni mio tentativo potrebbe creare un virus diverso. Sono cose pericolose. No... penso che dovrei fermarmi. E liberarmi di questo fallimento, prima che Rico entri qui dentro e se lo beva per colazione.
- Ma Rico non prende il cibo dal frigorifero?
- Di solito; ma capita che entri qui dentro e si beva la prima cosa che incontra. Non vorrei che lo scambiasse per aceto.
Si ritirò su con calma, e afferrò la provetta con entrambe le pinne, maneggiandola con estrema cura. Ne chiuse il beccuccio con un tappo di sughero, poi il suo sguardo cadde su Soldato.
- Lo vado a buttare nella spazzatura fuori. La mattina passano a svuotare i bidoni, finirà in discarica e nessuno si ammalerà. -. Rimase silente qualche istante. Poi, titubante, aggiunse: - Ti va di accompagnarmi?
Soldato sorrise e annuì genuinamente. - Sì, certo.

Tra i cespugli dell'habitat dei lemuri, Clemson riaprì finalmente gli occhi.
Sbatté le palpebre con stanchezza, quindi sbadigliò. Nel mentre, ne approfittò per stiracchiarsi un pochetto, con estrema cautela per non muovere le foglie che lo circondavano. Allungò la coda per ultima, quindi la ritrasse vicino alla sua schiena, e si sporse in avanti per controllare la situazione.
Non era cambiato quasi niente: Julien era ancora accoccolato sul trono, le zampe ad abbracciare la sua coda e gli occhi chiusi, in un sonno profondo e, notò Clemson, agitato. Ogni tanto, infatti, il catta gemeva e muoveva le zampe posteriori, come se stesse scappando da un qualche pericolo; ma non sembrava stesse per risvegliarsi. Ai piedi del trono dormiva Mortino, che si era addormentato seduto, con le piccole braccia incrociate sul petto. Forse stava facendo la guardia, ma non è mai stato rinomato per le sue capacità di veglia. Maurice invece dormiva più lontano, sul letto gonfiabile, nell'assoluta tranquillità.
Il lemure rosso sorrise soddisfatto, e si ritrasse nell'oscurità creata dalle foglie. Essendosi svegliato da poco, constatò che era più conveniente che rimanesse lì ancora un po', prima di uscire per cercare ispirazione per il suo piano per la presa del trono. Voleva evitare di fare rumore solo perché non era ancora totalmente lucido.
Una cosa però poteva già iniziare a fare: pensare. Si portò un dito alla fronte, e si concentrò a fondo per farsi venire almeno un piccolo sprazzo di idea. Ma tutte le luci che si formavano, i potenziali piani che bussavano alla sua mente, venivano subito eclissate da problematiche di vario genere: troppo tempo per prepararle, oggetti che non possedeva, impossibilità nel realizzarli.
La mano passò lentamente dalla fronte all'orecchio, e iniziò a grattarlo e massaggiarlo, come se fosse sicuro che, se lo trattava bene, lo avrebbe ricompensato con una qualche genialità. Storse la bocca nel realizzare che ciò non stava accadendo, e sospirò seccamente.
Aveva bisogno di un modo per mettere fuori gioco Julien, senza che però il piano comprendesse un suo trasferimento o una vincita della corona. Avevano già fallito questi due metodi. Doveva trovare qualcosa di nuovo, qualcosa a cui nessuno era pronto e che avrebbe messo in difficoltà persino i pinguini. Le botte erano fuori discussione. Lavorare d'astuzia era l'unica arma che possedeva.
Pensò a lungo a qualsiasi alternativa, ma nessuna gli sembrò adatta al suo scopo.
Fu proprio quando stava per perdere la speranza che alle sue orecchie giunsero delle voci.
Non erano di nessuno dei lemuri, ma le conosceva. Allungò il collo e si mise in attento ascolto: e di nuovo, le sentì. Sussurravano appena, ma erano abbastanza vicini perché le loro parole arrivassero forti e chiare a lui.
- ... però non capisco, potresti usarlo per trovare nuove possibilità di cura. Non mi sembra un fiasco così totale. - disse il primo. La voce sottile non si poteva confondere: Clemson la riconobbe subito come quella di Soldato. Il dialogo sembrava già iniziato, ma il lemure non perse la speranza che potesse comunque capirlo. Sgattaiolò fuori dal cespuglio con quanta più silenziosità trovò, mentre la seconda voce, che individuò come quella di Kowalski, rispondeva.
- Lo so, lo so. Ma è una cosa troppo pericolosa. Non voglio rischiare di far ammalare qualcuno, o di ammalarmi io stesso e poi non trovare la soluzione al mio caso. L'hai detto tu poco fa: spesso le mie invenzioni esplodono. E se qualcuna esplodesse vicino a questo? L'intero zoo potrebbe essere contaminato, e poi i visitatori! Potrei creare un'epidemia a livello mondiale!
- Ma non hai detto di avere l'antidoto? L'hai già collaudato! Basterebbe farlo trovare in giro.
Ci fu una lunga pausa. Clemson, che aveva iniziato a scalare il muro di mattoni, si fermò e si appiattì contro il muro, in attesa.
- ... non era vero.
Sentì Soldato trasalire.
- C-come non era vero?!
- L'ho detto solo per calmarti! Ho una formula, ma è solo un'ipotesi! Insomma, ragiona, Soldato! Come facevo a sperimentare un antidoto se non avevo la malattia? -. Kowalski saltò sul bidone della spazzatura, arrivando così più in alto e più vicino a Clemson. Il lemure poté quindi sentire con chiarezza le sue parole seguenti: - E' come un'equazione matematica: se sbagli un calcolo, come ovvia conseguenza il risultato viene sbagliato anch'esso. L'unica cosa che può rendere l'equazione giusta è trovare l'errore e sistemarlo. Così è con questo virus, Soldato. E' un errore, e solo la sua versione corretta lo può annullare. Non posso mettere a repentaglio la vita degli altri per diventare un eroe di cui, oltretutto, nessuno ricorderà il nome. Questo è un virus mortale. E come tale, deve rimanere chiuso in una provetta, e mai aperto.
Clemson sentì il rumore di un oggetto venir buttato tra la spazzatura, e il movimento di questa esercitato da Kowalski per coprirlo. Quindi avvertì il suo passo toccare terra, e le voci dei due che terminavano la conversazione farsi sempre più lontane.
- E' ammirevole il fatto che tu pensi prima agli altri che a soddisfare la tua sete di conoscenza, Kowalski.
L'altro sospirò. - Già. Che odio.
La testa del lemure fece capolino dal muretto. Rimase fermo a guardarli finché non li vide entrare nella loro base, e richiudere la porta con la ciotola in metallo del pesce.
Allora, e solo allora, sulle labbra gli si dipinse un sorriso maligno.
Saltò sul muretto, e quindi sul bordo del bidone della spazzatura. Spostò carte e succhi di frutta finiti, fino a trovare quello che cercava. Afferrò la provetta ricolma del liquido denso e scuro, e lo ammirò alla fioca luce delle lampade notturne.
Eccola lì. La sua ispirazione.
Lo sguardo passò a Julien, ancora profondamente addormentato e ignaro del piano che si stava formando a velocità disarmante nella mente di Clemson. Il sorriso di questi si allargò, lo sguardo divenne orribilmente sicuro di sé.
Alzò un braccio, e con un lento gesto lo abbassò in senso circolare, accompagnandolo con la parte superiore del corpo, fino ad arrivare a compiere un maestoso ed esagerato inchino.
- Lunga vita al re. - sibilò maligno.
Come se lo avesse sentito, Julien gemette un'altra volta e si accucciò ancora di più contro lo schienale del suo trono.



Saaalve~
JpegFluffy nelle note d'autore! Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Era pronto già da un po', ma poiché capitolo 6 è in
scrittura solo ora (dopo, tipo, sei mesi di stop) ho deciso di metterli più lentamente, così li correggo con più tranquillità, anziché
buttarmi nel vuoto come in Sogni Stellati. E magari riesco a tenerlo anche più regolare! <3
Ho anche ritrovato una storia a capitoli che avevo abbandonato, sempre dei Pinguini di Madagascar, e la sto riprendendo piano piano.
Prima o poi potrei postarla. Però è molto inquietante, anche se si sta rivelando parecchio liberatoria. XD
Ma questa è un'altra storia. Concentriamoci su questa.
In caso non si fosse capito nel primo capitolo, ora penso sia chiaro che il cattivo sarà Clemson.
E adesso sono curiosa: sono l'unica che, nel suo atteggiamento, nel suo parlare in fretta, nei suoi modi particolari,
vede un personaggio che è disposta a fare di tutto per avidità? Anche uccidere?
E nella maniera più lunga e dolorosa che gli viene in mente?
Non so per quale ragione, ma ho sempre notato una nota di sadismo nei suoi modi di fare: e in questa storia, temo sarà molto evidente.
Mi serviva una storia in cui sfogarmi. Perdonatemi, penguins! Perdonami, Julien!
... spero di non avervi appena fatto passare la voglia di leggere con questa cosa. ;u;
Tornerò presto con il prossimo capitolo! Sperando che la storia non vi annoi, vi saluto!
A presto!

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Capitolo 3
*** Attitudini Paranoiche ***


JpegFluffy alla riscossa! Perdonate il lungo periodo di stop.
Le spiegazioni di cosa è successo saranno in fondo, nella prefazione finale.
Per ora, vi auguro finalmente una buona lettura del terzo capitolo! <3

 

Capitolo 3: Attitudini Paranoiche

Poche ore dopo, Maurice fu svegliato dalle prime luci dell'alba, che superavano pigramente gli alti edifici di New York e iniziavano ad illuminare lo zoo di Central Park. Si tirò a sedere con calma, aprendo con fatica le palpebre assonnate.
Santo cielo, più dormiva e più avrebbe dormito.
Alzò le braccia per stiracchiarsi, mentre le iridi sondavano attorno a sé il regno di Julien per contare i danni. Non era la prima volta che, già di prima mattina, si ritrovava a dover pulire residui vari di una festa all'ultimo momento organizzata dal suo re. A volte festeggiava persino da solo, e anche così riusciva a mettere sottosopra l'intero habitat. Una cosa allucinante, davvero.
Gli capitava di dover adempiere a questo assiduo compito di pulitura più o meno ogni mattina; e quindi Maurice rimase molto sorpreso quel giorno quando, guardandosi attorno, vide che tutto era al posto dove ricordava averlo lasciato prima di addormentarsi. E c'era di più: Julien non era ancora sveglio.
Quale meraviglia è accaduta quest'oggi? pensò con un sorriso. Per una volta, il suo lavoro non iniziava subito. Era un evento più unico che raro, bisognava approfittarne!
Si alzò silenzioso e si avvicinò al piccolo bar di loro proprietà. Era sua intenzione prendere un paio di frutti per la colazione e fare un breve giro dai vicini, qualcosa di innocente mentre aspettava il risveglio del suo re. Ma il programma sfumò nella sua mente appena sentì, mentre era chinato dietro al bancone per prendere una mela dal cesto, un gemito angosciato.
Sollevò la testa, colto alla sprovvista. Che qualcuno stesse male? Appoggiò il frutto al bancone e si sporse verso il trono, guardando a terra. Mortino dormiva ancora con le braccia incrociate, ma aveva perso la posizione seduta, cadendo di lato. Sorrideva, il piccolo lemure, a volte persino ridacchiava felice, probabilmente sognando di riuscire ad incollarsi con la colla vinilica ai piedi di Julien (un desiderio che aveva espresso con un preoccupante bagliore di determinazione negli occhi).
Non poteva essere stato lui a gemere. Che me lo sia immaginato? si chiese Maurice.
Superò il bancone con passo leggero, evitando di fare rumori che avrebbero potuto disturbare il sonno degli altri due. Una volta lì, poté vedere bene il suo re; e gli fece uno strano effetto vederlo accucciato in quella piccola seduta, che si spingeva contro lo schienale del trono come se tentasse di sottrarsi ad un pericolo davanti a lui. Abbracciava con forza la sua coda, e continuava a gemere con spavento. Sudava copiosamente, e le palpebre gli tremavano nel vano sforzo di risvegliarsi.
Era da moltissimo tempo che non lo vedeva in quello stato: solo una fortissima preoccupazione poteva ridurlo così, e Maurice iniziò a chiedersi che genere di paura potesse avere. Era uno dei periodi più calmi che avessero mai passato. Non era da Julien essere paranoico; anzi, era sempre molto superficiale.
L'aye aye lo guardò qualche secondo senza parlare, poi con un sospiro disse addio ai suoi programmi mattutini, e decise di aiutarlo a svegliarsi. Scostò con dolcezza Mortino di lato per poter accedere alla scaletta, quindi la salì piano piano. Appoggiò una mano sulla spalla del catta, e lo scosse appena.
- Re Julien? - lo chiamò piano. - Sveglia. E' mattina.
L'altro ebbe un ultimo lamento, e aprì gli occhi di scatto con un sussulto. Si guardò ansiosamente intorno, perso dal brusco ritorno alla realtà, e solo quando Maurice ripeté il suo nome ne incontrò lo sguardo.
- Altezza, era solo un incubo. - lo rincuorò il consigliere, muovendo la mano sulla sua spalla in una leggera carezza paterna, di quelle che solo lui oramai è capace di dargli. - Va tutto bene ora, ci siamo io e Mortino con te.
Julien faticò ad ingoiare la sua saliva. Aveva la bocca stranamente secca, come se avesse corso miglia e miglia senza sosta. Sbatacchiò le palpebre più volte, e il suo sguardo parve tranquillizzarsi qualche attimo; ma un improvviso ricordo gli fece balzare il cuore in gola, e cercare la mano di Maurice per stringerla forte, come faceva poc'anzi con la sua coda.
- N-non c'è nessuno qui? - balbettò spaventato, senza osare tirarsi dritto per guardarsi attorno, quasi fosse convinto che un mostro sarebbe saltato fuori dal nulla in un qualsiasi momento se avesse solo accennato ad alzarsi. - Intendo, siamo solo i-io, tu e-e Mortino. Ve-vero?
Maurice sollevò un sopracciglio, colto nuovamente alla sprovvista. Forse frequentare così tanto Skipper l'aveva reso davvero paranoico, dopotutto.
- Sì, siamo solo noi. - gli rispose. - Perché pensi ci sia qualcun altro?
Julien serrò le labbra, ingoiando a stento. Forse è stato tutto nell'incubo, anche quell'opprimente sensazione di essere osservato. Lentamente, il viso si rilassò quel tanto che bastava per generare un sorriso piuttosto sincero, mentre lasciava la mano del consigliere e il respiro da ansante tornava normale.
- No... niente. - disse infine. - Dev'essere stato il mio sogno... Ho sognato che qualcuno mi stava fissando e mi rincorreva per portarmi via la corona. -. Fece spallucce, iniziando a ridere più tranquillo. - Sogni stupidini! Lasciano addosso sensazioni strane certe volte! Sono più belli quelli dove mi tuffo in un mare di gioielli preziosi!
- E per me quelli dove mi incollo con il liquido denso e bianco ai tuoi piedi, Vostra Maestà! - proruppe improvvisamente Mortino, svegliatosi dal nulla alla base del trono. Maurice e Julien posarono i loro occhi su di lui, ed eccezionalmente entrambi gli sorrisero.
- Buongiorno anche a te. - gli disse l'aye aye, scendendo la scaletta mentre il catta si raddrizzava sul trono e iniziava a stiracchiare i muscoli irrigiditi dalla posizione tenuta per tante ore. - Io comunque non ti consiglio di tentare di incollarti ai piedi del re, perché prima che la colla abbia effetto Julien ti avrà già calciato via, e rischi di incollarti ad una palma. E da una palma è difficile raggiungere i piedi reali.
Mortino inclinò la testa, pensando bene alle sue parole. - Mmh... okay. - disse infine con quella sua solita dolcezza, e saltellò fino ad uno degli sgabelli del bar. Vi si arrampicò sopra con una certa fatica, tanto che Maurice fu costretto ad aiutarlo spingendolo fin sopra la seduta, quindi sollevò i braccini al cielo e gridò: - Frullato!
- Arriva subito. - annunciò il consigliere, facendosi accanto al frullatore. Recuperò la mela di prima, la sua colazione che doveva essere consumata dai vicini, e la appoggiò in un angolo sorridendo. Nessun problema, l'avrebbe semplicemente mangiata dopo. - Desideri il tuo solito frullato di mango e fragola, Maestà? - domandò ad alta voce al catta, ancora seduto sul suo trono.
La voce con cui questi rispose preoccupò un po' il consigliere: - Sì... sì, va benissimo. -, detto in modo vago, distratto. Neppure lo guardò: Julien muoveva le iridi attorno a sé, alla ricerca di... qualcosa. O qualcuno.
Era successo di nuovo.
Aveva avvertito uno sguardo puntato dritto su di sé, da un punto che non riusciva ad individuare. Si sentiva spiato con una tale perseveranza da farlo iniziare a star male. Avvicinò le zampe posteriori alla pancia, e le abbracciò, di nuovo spaventato. Mosse la testa fino ad incontrare le sue ginocchia, e rimase acciambellato così. Solo le iridi si muovevano, alla disperata ricerca di un indizio anche minimo che lo aiutasse a capire chi lo teneva sott'occhio o dove fosse nascosto.
Maurice ricomparve nel suo campo visivo dopo un paio di minuti. Gli porse il bicchiere ricolmo di frullato nel quale aveva inserito due cannucce colorate, lo sguardo colmo di una certa preoccupazione, e anche quando Julien afferrò la bevanda non smise di guardarlo in quel modo.
- Maestà, sicuro di star bene? - domandò stranito. L'altro non rispose, e dopo aver lanciato un'occhiata a Mortino, il quale beveva il frullato con una tale ingordigia da non accorgersi della scena, l'aye aye decise di tentare un approccio più paterno. Appoggiò di nuovo una mano sulla spalla del re, facendoglisi più vicino.
- Julien. - lo chiamò per nome, con voce calda e tranquilla. Ne attirò fin da subito l'attenzione in quel modo. Portò anche l'altra mano alla spalla di lui, e le passò sulle sue braccia, accarezzandole piano piano. Arrivò fino alle sue mani tremanti, e le appoggiò sereno su di esse, tentando di fermarne il moto ansioso con la sua sola presenza. - Julien, che cosa c'è che non va? Puoi dirmelo. Mi dici sempre tutto, dimmi anche questo, no?
- No, non c'è niente che non va... da-davvero... E' solo, uh... l'i-incubo. Mi tormenta ancora. -. Abbozzò ad un vago sorriso. - Tutto qua. Nulla di cui p-preoccuparsi. Ora mi-mi passa.
E ciò detto, infilò in bocca le cannucce e iniziò a bere con una tale velocità da finire il suo frullato in pochi secondi. Maurice storse la bocca, poco convinto.
Beh, poteva anche essere, in fondo. Però gli sembrava troppo strano.
- ... d'accordo. - decise infine di lasciare la presa. - Se hai bisogno di parlare, sai dove trovarmi. - annunciò, e discese la scaletta per tornare dietro al bancone del mini-bar, a consumare la sua colazione.
Julien stette semplicemente lì sul trono, reggendo ancora la coppa vuota, a cercare quello che oramai sembrava soltanto un fantasma.

- Julien, ora basta: io chiamo i pinguini.
Maurice pronunciò queste parole con assoluta sicurezza, le mani appoggiate ai fianchi e lo sguardo talmente serio da far concorrenza ad un padre severo. Quando è troppo e troppo, e oramai aveva capito che il catta era diventato paranoico. E non l'avrebbe lasciato di stucco venire a sapere che la causa di quel comportamento era il capo dei quattro, Skipper. Quel suo atteggiamento da "ognuno è pronto a tradirmi attorno a me" aveva contagiato persino lui una volta. L'aveva anzi stupito il fatto che Julien non fosse stato ancora sopraffatto da questo pensiero.
Eppure ora era lì, nascosto dietro il suo trono, sotto una copertura di foglie alla buona, lontano dagli occhi di quello che diceva essere "il peggior paparazzo della storia dei re". Si era quasi convinto che stessero vegliando i suoi movimenti per poter trovare qualcosa di scandaloso per le riviste di gossip e rubargli la corona.
- Non c'è nulla di scandaloso nelle tue azioni! Santo cielo, fai le stesse cose tutti i giorni! Bevi frullati, dai ordini e balli! Cosa c'è di strano in queste cose? - esasperò il povero Maurice, che oramai non sapeva più dove sbattere la testa per aiutare il suo re. Ma in fondo, Julien non si faceva aiutare molto facilmente, visto il suo ostinato silenzio.
- Loro trovano di tutto! - mormorò finalmente il catta, con la voce appena più alta di un soffio di vento e coprendosi la bocca, lanciando occhiate sospettose attorno a sé. - Deformano la realtà, e tu ti ritrovi con una pessima reputazione con cose che non hai mai fatto!
- Non è che coprirsi di foglie aiuti molto la tua immagine, maestà. - ribatté l'aye aye, prendendogli le mani e abbassandogliele con un gesto secco. - Senti, ora io vado a chiamare i pinguini, perché non ne posso più di vederti in questo stato. Loro passeranno in rassegna tutto lo zoo, e se qualcuno ti sta veramente guardando raggiungerà l'uscita a calci nel sedere. Ti faranno anche da guardia, così starai tranquillo. Va bene?
- Oh, sì, sì! - piagnucolò Julien, sfoderando un sorriso da vittima. - Vai! Porta gli uccellotti grassocci!
- Vieni con me? O preferisci stare qui? - domandò il consigliere, guardando con un certo sospetto il volto dell'altro, che esprimeva un non so che di poco sincero.
- Sto qui! Sto qui. - rispose rapido il catta. - Vai, vai! Veloce!
- Ci potrei impiegare un po', prima devo spiegare loro la situazione. - lo avvertì. - ... e convincere Skipper ad aiutarti. Di nuovo. Mortino verrà con me, non riesce a stare qui. Ha detto che è troppo nervoso e che mi vuole aiutare.
- Va bene! Andate! - lo liquidò alla svelta Julien, e tornò a nascondersi sotto le foglie, come se quella conversazione non avesse mai avuto luogo.
Maurice scosse la testa con un sospiro. Era una situazione davvero strana quella che si era creata, e Skipper ne avrebbe dovuto fare le spese! Aveva ridotto una mente infantile e spensierata a quello stato pietoso. Aveva già in mente un bel discorsetto, come quelli che farebbe un padre all'uomo che ha maltrattato il figlio.
- Mortino, vieni, andiamo dai pinguini. - chiamò, prima di avviarsi verso l'habitat degli uccelli antartici. Il piccolo lemure lo seguì a ruota, ansioso come se fosse lui in paranoia.
Julien osservò i loro movimenti da dietro il banco di foglie che aveva creato, fino a quando non spostarono la ciotola del pesce ed entrarono nella base segreta dei quattro vicini. Quindi, con gesti molto lenti, si tolse il nascondiglio di dosso e si allontanò dal suo trono.
Non era in paranoia da paparazzi. Julien sapeva esattamente cosa stava succedendo: l'aveva scoperto. E non voleva coinvolgere Maurice o Mortino mentre andava ad incontrare la causa di quella sua agitazione, che per una volta aveva riconosciuto subito. Non aveva avuto bisogno di flashback del consigliere, né spiegazioni enigmatiche dal pinguino genio. Aveva fatto tutto con la sua testa; e si odiava per questo. Sarebbe andato all'appuntamento, se così si può definire, da solo.
Scese dal piedistallo centrale, atterrando agilmente sul rivestimento del canale sottostante. Puntò fin da subito verso un cespuglio alla sua destra, e vi si avvicinò con passo titubante, mentre la coda continuava a fremere agitata alle sue spalle.
- E-ehilà...? - chiamò piano. - Sono solo, tipo di cui non ricordo il nome...
Le foglie ebbero un fremito; quindi si allargarono, e da esse apparve la figura del lemure rosso, che per tutto quel tempo era rimasto pazientemente a fissarlo. Gli rivolse un largo sorriso, del tutto tranquillo. La schiena era tenuta dritta, le braccia lungo i fianchi, ma la coda tradiva un certo senso di eccitazione dal modo sinuoso in cui si muoveva.
- Mettitelo bene in testa, mediocre di un re. - iniziò subito, attaccando con la sua parlantina rapida ma chiara. - Il mio nome è Clemson. E sono colui che ti sfilerà il trono da sotto il muso.
- Beh... finora ci hai provato due volte e non ci sei riuscito. - controbatté Julien, nonostante il suo tono di voce fosse un po' tremante. L'altro emise uno sbuffo, inclinando la testa di lato.
- Se vogliamo dirla tutta, la seconda volta ci sono riuscito. Ma tu te la sei ripresa, grazie a quei quattro furbastri.
Il catta sorrise sotto i baffi. Quei quattro meravigliosi furbastri, prego.
- Come mai prima mi hai detto... anzi, mi hai segnalato... di incontrarti qui? Io e tu, tu ed io? - chiese Julien, gesticolando in base alle parole che pronunciava. - ... se hai qualche sorpresa, non mi interessa, eh!
- Non ti piacciono più? Aww, peccato... la mia aveva un buon sapore. -. Clemson gli si avvicinò, con passo leggero e in totale nonchalance. Gli girò dietro le spalle, e arrivato al suo fianco pose un braccio dietro il suo collo, in quello che poteva definirsi un abbraccio amichevole, se solo lui non fosse stato un nemico. - Beh... in fondo non è la fine del mondo. Ci sono altri modi. - continuò pacato, dandogli una leggera spinta con il braccio in modo da portarlo a camminare con lui verso il cespuglio.
Julien lo guardò titubante. Sentiva che stava per succedere qualcosa... e non aveva la benché minima idea di come comportarsi. - Altri modi per... cosa?
- Ma per darti il mio regalo, ovviamente. - affermò Clemson, la voce amichevole, ma lo sguardo che tradì una scintilla di malignità. - Come obbligarti.
Non lasciò al catta il tempo di aggiungere una qualsivoglia cosa: il braccio che aveva attorno alle spalle di lui lo spinse per terra e lì lo bloccò, mentre l'altra mano entrò nel cespuglio, e tirò fuori la provetta ricolma del denso liquido scuro recuperata la sera prima, già privata del tappo.
Mentre tentava di tenere fermo Julien, che si agitava cercando di liberarsi della sua presa, Clemson sentì la ciotola del pesce venir spostata un'altra volta, e capì di non aver più molto tempo. Maurice ci aveva impiegato meno del previsto, evidentemente.
- Da bravo, reuccio da strapazzo! Fai "aaah". - ordinò con fretta il lemure rosso, sporgendosi in avanti e forzando Julien ad aprire la bocca. Gliela tenne così mentre inclinava la provetta, e senza che il catta potesse fare niente si ritrovò con più della metà del liquido scuro in gola, in procinto di strozzarlo se non lo avesse sputato o mandato giù.
Clemson mise sottobraccio l'oggetto con il liquido restante, preservandolo con cura. Aveva l'impressione che gli sarebbe tornato utile. Con entrambe le zampe tenne chiusa la bocca di Julien, per evitargli di buttare fuori la sostanza, fino a quando il catta non si trovò costretto ad ingoiarlo.
Fu proprio in questo momento che Maurice, Mortino e i quattro pinguini fecero la loro comparsa, saltando quasi contemporaneamente sul muretto che delimitava l'habitat dei lemuri. Il più piccolo fu il primo ad accorgersi della scena e ad indicarla agli altri tremando, gridando la frase: - Clemson! E' malvaaagio! - che subito portò gli sguardi degli altri nello stesso punto.
Skipper si mosse all'istante, saltando giù e atterrando a pochi passi da lui. Gli altri lo seguirono a ruota.
- Ehi, soldo di cacio! - lo chiamò. - Lascialo immediatamente stare, e sparisci!
- Dovresti sceglierli con maggiore cura i soprannomi, papera che non sa volare. - affermò Clemson, voltando la testa in sua direzione con un sorriso di preoccupante vittoria sulle labbra. Ancora aveva le zampe sul muso di Julien, e continuava a obbligarlo a fargli ingoiare la sua saliva. - Ovviamente lo lascio stare... come vuoi tu. Ma sappiate, mi rivedrete molto presto. -. Lanciò uno sguardo che diceva tutto agli altri due lemuri. - Che lo vogliate oppure no.
Si alzò quindi, lasciando finalmente il volto del catta e prendendo con maggiore attenzione la provetta in mano, e iniziò ad allontanarsi. Saltò sul muretto, ma prima di andarsene si girò un'altra volta, e sollevato il contenitore del liquido scuro al cielo gridò: - Ah, e quasi dimenticavo: grazie mille, Kowalski!
Nessuno diede grande importanza alle sue parole, concentrandosi piuttosto sullo stato Julien. Solo Kowalski le capì; e rimase immobile, con il cuore in gola e pallido come un cadavere, a fissare il catta che sputava nel vano tentativo di buttare fuori qualsiasi cosa avesse mandato giù.

 

Ed eccoci alle note d'autore! Grazie per aver letto questo nuovo capitolo di Presa di Potere! ^^
Avrei voluto metterlo già qualche settimana fa, ma ho riscontrato un problema su EFP: avevo cambiato il mio nome utente, e le mie storie erano
improvvisamente sparite. destinyWeb e Syugi mi hanno aiutato, e le ringrazio dal profondo del cuore per quello che hanno fatto! <3
Ciò detto, subentrano le note della storia: ora le grane iniziano veramente.
Come ho detto già prima, Clemson me lo immagino vagamente sadico, e spero di essere riuscita ad integrare questa mia idea
con il suo carattere, ed essere rimasta quindi IC. Vi assicuro che non avete ancora visto niente da parte sua - io ho immagini terribili (?)
legate a Clemson. Ma non vi voglio anticipare niente~!
La prossima volta dovrei postare il nuovo capitolo presto (in fondo, è già pronto, devo solo correggerlo). Quindi, a breve con capitolo 4!
Fate i buoni~

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Capitolo 4
*** Stai Calmo ***


Buona sera! JpegFluffy qui per voi~
Perdonate il ritardo nel postare questo capitolo, doveva arrivare molto prima, ma la scuola è rincominciata, e
tra problemi miei ho un po' abbandoato EFP per un mesetto. Ma ne parlerò dopo! Per adesso, buona lettura!



 
Capitolo 4: Stai Calmo

- Kowalski... analisi.
Lo scienziato fu costretto a deglutire la saliva più volte prima di riuscire a parlare. Sentiva la gola a dir poco arida, ma tentava di nascondere quell'evidente segno dell'ansia in tutti i modi mentre osservava con attenzione i primi sintomi del virus presentarsi a Julien.
Dopo averlo convinto a smettere di sputare, lo avevano portato alla base dei pinguini e steso sul tavolo della sala principale, sotto una lampada dalla luce talmente forte da costringere il catta a tenere le palpebre chiuse. Kowalski alzò una pinna e spostò la direzione del raggio luminoso in modo da permettergli di aprire gli occhi, e di poter quindi analizzare l'intermittente tremore delle iridi.
Tentò di mascherare la sua preoccupazione, ma gli riuscì in modo pessimo.
- Mi vedi bene, Julien? - domandò con voce impastata. Il catta esitò prima di rispondere, e la cosa non gli piacque affatto.
- Sì... cioè, abbastanza. A volte ti vedo tremare, ma ti vedo. Bene, intendo. Ti vedo bene.
Una delle sue solite risposte confuse. Poveri noi... Maurice si preparò a fare da interprete per lo scienziato, ma non ce ne fu bisogno: egli appuntò qualcosa senza nemmeno voltarsi verso gli altri presenti. Osservò un altro secondo il lemure, poi raddrizzò la schiena, soppesando con cura le parole da usare per non tradirsi ammettendo di essere colpevole di ciò che era successo; ma prima che potesse spiegare, avvertì Julien sfiorargli una pinna. Tornò a prestargli attenzione, e lui gli mormorò titubante: - E' normale che mi giri la testa?
Kowalski sentì nuovamente il cuore farglisi in gola. Deglutì con immensa fatica, pallido come un cencio. Improvvisamente avvertiva un forte bisogno di urlare...
Lentamente riuscì ad abbozzare ad un sorriso, il cui scopo doveva essere rincuorante, ma che finì per essere solo una smorfia forzata.
- S... scusatemi... - balbettò ansiosamente, e traballando raggiunse il suo laboratorio, chiudendosi la porta alle spalle.
Skipper tentò di fermarlo con delle parole di protesta, ma l'altro non lo ascoltò, lasciandolo con l'unica opzione di guardare l'ingresso in acciaio nel silenzio.
Julien si tirò lentamente a sedere, evitando di fare i movimenti bruschi che gli piacevano tanto per limitare il più possibile i giramenti di testa, e si unì al comandante nel guardare il laboratorio sbarrato.
- Ehi, pinguino, ma che gli è preso? - domandò confuso, mentre Mortino gli si faceva accanto con ansietà e tendeva le braccia in avanti, pronto a prenderlo se cadeva, o quanto meno ad attutirgli la caduta.
Skipper gli rivolse lo sguardo più tranquillo che trovò, ma non aiutò a rendere rincuorante la sua frase: - Beh... non ne ho idea.
- Come non ne hai idea?! - ribatté Maurice, facendosi prendere per un attimo dal panico. - E' un TUO sottoposto!
- Sì, sì. Lo so. -. Il pinguino si voltò nuovamente verso la porta, e rimase ad osservarla senza pronunciar parola, seguendo la sua linea di pensiero senza esporla ad alta voce ai presenti.
Il silenzio fece da padrone al luogo per qualche lungo secondo; poi, Soldato si decise ad interromperlo.
- Uhm... penso che voglia fare degli esami prima di esprimersi. - disse, con la voce preoccupata che cercava di coprire le vere ragioni del comportamento di Kowalski. - Posso andare a vedere se ha bisogno di aiuto. Se volete.
Skipper assottigliò lo sguardo mentre lo scrutava con attenzione, percependo una nota di bugiardaggine nella sua voce tremante. Il giovane sottoposto sudava sette camicie, ma rimase immobile e sicuro, sfoggiando il suo miglior sguardo innocente. Alla fine il comandante si convinse, e approvò la sua richiesta.
- Ma vedete di rimanere lì dentro poco! - lo avvertì. - Almeno uno di voi due esca e ci dica la situazione. Non siamo in un film, accidenti, non lasciateci sulle spine!
Soldato annuì energico, e superò la porta in acciaio, chiudendosela poi nuovamente alle spalle.
Dalla sera precedente non era cambiato nulla: il laboratorio era ancora nell'ordine impeccabile tipico dello scienziato, con l'unica eccezione della serie di fogli sparsi per terra; ma guardandoli attentamente, si trovava una logica precisa anche nella loro disposizione, che però il giovane pinguino non riusciva a capire. Il sostegno della provetta dentro cui era stato creato il virus giaceva ancora dove Soldato ricordava era stato piazzato: vicino alla serie di contenitori di liquidi colorati di varia forma e altezza.
E proprio davanti a questi trovò Kowalski.
Era seduto per terra, leggermente chinato in avanti, e il suo corpo era scosso da tremiti. Non emetteva un suono, se non bassi gemiti che bastarono da sé a spaventare il giovane; ma non fu nulla in confronto alla sua reazione quando, avvicinandosi un altro po', riuscì a vedergli il volto.
Lo scienziato fissava gli elementi chimici con gli occhi sgranati, resi lucidi dalle lacrime di panico che gli rigavano copiosamente le guance. Sembrava non riuscire a distogliere lo sguardo dai contenitori, o forse non lo voleva, troppo terrorizzato di voltarsi e vedere il guaio dentro cui aveva coinvolto tutti. Ma la cosa che sconvolse di più Soldato fu il fatto che Kowalski aveva le pinne al becco, e si stava obbligando a tenerlo chiuso, per evitare di farsi scappare singhiozzi troppo forti, o quelle grida che tentavano prepotentemente di farsi strada fino all'esterno.
Era talmente insolito vedere proprio lui, sempre così razionale e calmo, lasciarsi sopraffare da quelle emozioni negative, che per lunghi secondi il giovane non seppe assolutamente cosa fare. Lo fissò con il becco socchiuso, completamente incapace di pensare ad una qualche soluzione, fino a quando non scosse la testa e si costrinse a pensare decentemente.
- Kowalski, andrà tutto bene. - gli mormorò piano, tentando di contagiarlo con la sua positività che, però, in quel momento non ebbe grande effetto. - Tu risolvi sempre qualsiasi cosa. Andrà tutto bene.
L'altro non distolse lo sguardo dai contenitori di fronte a sé; ma, preso un po' di coraggio, allentò appena la presa per provare a parlare. - ... è... - balbettò appena, ma quella singola lettera degenerò in un pericoloso singhiozzo che rischiò di farlo iniziare ad urlare. Lo soffocò in fretta serrando nuovamente il becco, e chiuse gli occhi con forza appena la vista gli si appannò a causa delle lacrime.
Soldato fu colto da un terribile magone nel vederlo in quel povero stato, e decise di lasciarsi guidare dall'istinto, piuttosto che dalla ragione. Senza dare segni di esitazione, gli gettò le pinne al collo e lo strinse nell'abbraccio più confortante che riuscì a regalargli.
- Kowalski, devi stare calmo. - gli sussurrò, posizionandosi davanti a lui per ottenerne lo sguardo. Afferrò con cura le sue pinne e le allontanò dal suo volto, stringendole forte per dargli coraggio. - La situazione non è persa. C'è sempre un'opzione esatta, ma per trovarla devi stare calmo.
Kowalski ricacciò in gola un singhiozzo, e annuì lentamente. Aveva ragione. Farsi prendere dal panico non avrebbe aiutato.
- Hai detto che per curare il virus serve il tuo elisir, no? - riprese Soldato, continuando ad usare un tono di voce pacato e tranquillizzante. - Hai già fatto i calcoli, trovare gli ingredienti non dovrebbe richiedere tanto tempo. Vedrai che ci verrà subito!
Ma lo scienziato scosse la testa con forza, tentando di soffocare la voglia di urlare per poter parlare normalmente. - C-ci ho messo ore... ieri notte, e... e il risultato è-è stato sbagliato... Non so dov'è l'errore, devo ri-rifare tutti i calcoli...!
Soldato strinse ancora di più le sue pinne. Riusciva a percepire il suo stato d'animo, e sentirlo balbettare a quel modo era una cosa a dir poco orribile. Non era abituato a vederlo così.
- I calcoli verranno sicuramente giusti!
- Ma potrei impiegarci ore! - esclamò improvvisamente Kowalski, in preda ad una tale ansia da farlo iniziare a piangere più forte. - Per quel che ne so, nel tempo che ci impiegherò a-a rifare i calcoli Julien potrebbe essere già morto!
Il più giovane si ritrasse appena a quella reazione così improvvisa. Lanciò un'occhiata alla porta, ma fortunatamente sembrò che nessuno avesse sentito. Si sporse nuovamente in avanti, cercando di calmarlo con frasi gentili.
Alla fine riprese il discorso con il tono più pacato possibile, pronto a fermare lo scienziato nel caso avesse esasperato di nuovo.
- Se questa non va bene, cerca altre soluzioni.
- Non ce ne sono!
- Ne sei sicuro?
- Io... -. Esitò. - N-no, però...!
- Aspetta! Stai dando forfait prima ancora di provarci?
L'altro emise un gemito colpevole, che sconvolse il giovane. Non poteva essere vero... non era mai successo prima!
- Non ti sei mai arreso a niente e ti dai sconfitto ORA?! Non puoi abbandonare la cosa solo perché ti spaventa non trovare niente! Julien ha bisogno di te, della tua calma, del tuo genio! Hai bisogno di essere motivato da qualcuno? -. Soldato prese il volto dello scienziato tra le pinne, e lo costrinse a guardarlo dritto negli occhi. Gli rivolse uno sguardo autoritario, di quelli che avrebbe dato un comandante, e pronunciò un secco e deciso: - Kowalski, opzioni!
Trovarsi a eseguire la ricerca dopo quella frase, come fosse un ordine di Skipper, parve riportare un barlume di lucidità nella mente dello scienziato, che nonostante non riuscisse a fermare le lacrime che imperterrite continuavano a bagnargli le guance iniziò ad analizzare la situazione con cura, e ad estrapolare delle possibili alternative.
Tentare di creare nuovamente l'elisir era escluso. Avrebbe potuto convertirsi in altri virus ancora, e se Clemson l'avesse scoperto avrebbe potuto veramente avvelenare tutto lo zoo. E se poi l'idea di base era sbagliata? Qualsiasi cosa avesse fatto sarebbe andata storta! Serviva qualcosa di più sicuro, qualcosa che aveva già fatto in precedenza. Un antidoto semplice da preparare.
Ma certo... un antidoto! Gli antidoti per l'avvelenamento da morso di serpente si ricavavano dal veleno stesso! Clemson aveva conservato parte del virus: se fosse riuscito ad entrare in possesso anche solo di qualche goccia di esso, avrebbe potuto ricavarne facilmente l'antidoto!
Un sorriso sollevato fece capolino sul suo volto, e non servirono parole perché Soldato capisse che aveva trovato una soluzione. Ormai più tranquillo, il giovane si tirò in piedi e gli appoggiò una pinna sulla spalla. - Riprenditi un po', vado a dire agli altri che è tutto a posto. E non farlo mai più: mi hai terrorizzato!
Kowalski rise debolmente, e annuì più volte.
- D'accordo. - promise in un mormorio.


Erano pochi i raggi del sole che riuscivano ad entrare dalla finestra dell'infermeria nel tardo pomeriggio; i suoi interni si ritrovavano quindi in una leggera penombra in quel momento della giornata. Una volta finito il giro di visite previste, le luci artificiali venivano spente per risparmiare sulla bolletta della luce, e riaccese solo in caso di emergenza.
Essendo il suo turno finito prima, il dottore si era tolto il camice ed era andato a casa in anticipo; era rimasta solo l'infermiera, in caso qualche animale si fosse sentito improvvisamente male. Per riempire il tempo, ella aveva deciso di finire di mettere in ordine la stanza dei farmaci che quel pomeriggio uno degli scimpanzé, in un momento di frenesia, aveva messo a soqquadro.
Non era certo stato un caso.
Clemson era assolutamente certo che nulla l'avrebbe disturbato.
Nascosto dalla penombra della stanza principale, era chinato sulla tastiera del computer, e scorreva le informazioni sul monitor con grande attenzione, alla ricerca della voce di cui aveva bisogno. Durante la sua permanenza a Hoboken aveva trovato la possibilità di imparare a grandi linee a leggere partendo dalla semplice etichetta di una merendina, e non se l'era fatta sfuggire. La sua stele di rosetta personale, ancora conservata nel suo recinto allo zoo dove non aveva assolutamente intenzione di ritornare.
Stava per diventare un re. Non aveva tempo per postacci del genere.
Scorse la pagina assottigliando le palpebre, muovendo appena le labbra mentre leggeva con fatica i nomi. Poi, sul volto si dipinse un sorriso quando finalmente trovò quello che andava cercando da un quarto d'ora. Premette il tasto con la freccia rivolta verso il basso finché non illuminò la scritta desiderata, quindi pigiò su invio.
Dalle casse accanto al monitor la voce elettronica annunciò gracchiando: - Impostazioni visite mediche.
Si aprì una pagina con una lista di nuove voci. Ah, fantastico, pensò Clemson. Un sottomenù. Rimarrò qui fino a domattina, poco ma sicuro.
Riprese a scorrere le iridi sulle varie lettere, concentrandosi per tradurle abbastanza in fretta.
Quella era la parte più difficile del suo piano. Il resto era facile come bere un bicchiere d'acqua: avrebbe fatto tutto il virus creato da Kowalski. Doveva fare solo un'altra cosa, ma era di una tale semplicità che non la considerava neppure. Ma purtroppo, perché il piano funzionasse bene doveva anche leggere i menù del programma di visite, e modificarlo a dovere. Lo zoo di Central Park era al passo con i tempi, e da molto tutto quanto era stato trasferito sul computer. Non c'erano carte da compilare né altre cose del genere: bastava premere un paio di tasti.
Un bel vantaggio per un lemure malvagio.
Finalmente poté confermare sulla voce che cercava. La voce gracchiante tornò ad annunciare: - Modifica programma visite.
Clemson alzò lo sguardo alla porta. Il volume era un po' altino: non voleva che l'infermiera lo avesse sentito. Sarebbero stati guai in quel caso. Da dietro il vetro smerigliato sulla parte alta dell'ingresso non vennero movimenti strani, quindi il lemure tornò a concentrarsi sul suo lavoro.
- Vediamo un po'. - mormorò, passando in rassegna le varie visite previste per il giorno successivo. L'elenco era formato dalle immagini dei vari pazienti previsti, e accanto il loro nome, la specie e la ragione del loro passaggio all'infermeria. Erano quasi tutte visite di routine: solo una era per una presunta malattia.
- E ora, sono due. - annunciò sottovoce il lemure, sorridendo maligno mentre scambiava il paziente della sesta visita del giorno con l'immagine (decisamente pessima, a suo parere) di Julien.
Salvò le modifiche, quindi chiuse il programma e spense il monitor, lasciando tutto esattamente come l'aveva trovato.
Aveva sentito voci che dicevano che la guardiana Alice era molto distratta, ma soprattutto insofferente. Non le importava molto se qualche animale stava male: lo liquidava con una medicina a caso. E questa era una cosa che Clemson non poteva assolutamente permettere che accadesse.
Uscì dalla finestra con un agile balzo, e con un altro arrivò al muretto del perimetro esterno dello zoo. Prima di saltare nel parco, decise di voltarsi in direzione dell'habitat dei lemuri e ammirare il lavoro che aveva compiuto. Vide Julien arrampicarsi con leggera fatica sul suo trono, e Maurice dietro di lui, pronto a reggerlo in caso di caduta. Alla base del trono individuò Kowalski prendere appunti con grande velocità sul suo blocco, e alle sue spalle i tre compagni.
Allungò il collo, perplesso. Dov'era il piccoletto con la voce stridula?
Neanche il tempo di porsi questa domanda, che avvertì una forte pressione sulla sua schiena spingerlo verso l'esterno dello zoo. Prima ancora di rendersene conto stava cadendo giù dal muretto; e per quanto l'atterraggio venne attutito un poco dall'erba fresca, gli fece comunque un gran male.
Si riscosse a fatica, tirando su prima il torso e poi girando l'intero corpo. Scosse la testa con confusione, mentre una voce acuta e molto, molto arrabbiata gli urlava contro.
- Non l'avrai vinta, Clemson! - gridò Mortino dall'alto del muretto, nel luogo dove poc'anzi sostava lui. - Re Julien guarirà! E tu tornerai nell'immondezzaio dal quale vieni!
Il lemure rosso lo fulminò con sguardo rabbioso, emettendo un suono gutturale simile ad un ringhio. - Lo sai almeno che cos'è un immondezzaio, piccoletto?! - replicò con voce iraconda.
Mortino non rispose: continuò a guardarlo severo e incollerito, ansimando appena per lo sforzo fatto di buttarlo giù. Iniziò ad allontanarsi con passo svelto, senza mai togliergli gli occhi di dosso.
- Non cantare vittoria, Clemson. - lo avvertì. - Non hai vinto prima, e non vincerai neanche stavolta. Tu non vincerai mai!
Di contro, l'altro resse il suo sguardo, rimanendo fermo nel punto dove era caduto.
- Aspetta e spera, piccoletto. - sibilò tra i denti. - Vincerò eccome, questa volta.



 
Ed eccoci alle note d'autore! Grazie per aver letto un altro capitolo, spero che vi sia piaciuto e che la storia continui ad interessarvi! :3
Scrivere questo capitolo è stato... difficile. Quando scrivo, disegno, e più in generale racconto, provo le stesse emozioni che provano i personaggi; e ogni
volta che arrivo a momenti di tensione tali da farti scoppiare in lacrime, come è successo a Kowalski in questo capitolo, mi prende un tale magone da rendermi
difficile proseguire. Ho vissuto un'esperienza simile alla sua - oddio, non ho avvelenato nessuno, ma essere empatici talvolta può portare a sentire sensi di colpa
fin troppo forti - e lo posso capire fin troppo bene.
Nessuno schiaffo da parte di Skipper. Per ora. E intanto, il piano di Clemson prosegue nell'ombra... e suppongo che Mortino sia stufo di vedere il suo re in pericolo
per colpa del lemure rosso. Mi piace quando i personaggi piccini come lui tirano improvvisamente fuori gli artigli!
Grazie ancora per essere arrivati fino a qui, e grazie a chi mi ha recensito, che con le loro belle parole mi spingono ad andare avanti! <3
A presto~

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Capitolo 5
*** EXTRA: Meanwhile, at Hoboken... ***


Forse mi sono presa fin troppo bene con questo capitolo speciale! <3 Doveva essere più corto, e invece è venuto della mia "lungehzza standard".
Ma non vi trattengo! Buona lettura di questo capitolo, e grazie a Syugi per avermi dato l'idea! <3



 
Capitolo extra: Meanwhile, at Hoboken...

Dopo la rivolta avvenuta ad Hoboken, il relativo zoo aveva scelto, almeno finché le acque non si sarebbero calmate, di cambiare gli orari. La struttura evitava quindi l'apertura mattutina, accogliendo i visitatori solo dalle due alle sei emmezza di pomeriggio. Sole quattro ore e trenta miseri minuti di lavoro per i dipendenti, che se già erano sottopagati prima, ora lo sarebbero stati ancora di più.
Alla calda luce del tramonto, quei pochi che non si erano ancora licenziati per la disperazione finivano di pulire il macello fatto da alcuni teppistelli solo un quarto d'ora prima, che avevano rovesciato ogni singola cosa contenente del cibo a terra.
Almeno li avessero dati agli animali, dannazione.
Dal suo habitat, Savio li osservava con noia. La testa era appoggiata al bordo del recinto, e gli occhi passavano dall'uno all'altro degli umani. Prima dalla donna che non faceva altro che sbuffare, poi dall'altra che buttava la scopa nello sgabuzzino. Aveva finito di pulire la sua zona, e non vedeva l'ora di tornare a casa.
Lo sguardo del boa passò infine su un ultimo dipendente, che aggrappato alla pinza per raccogliere la spazzatura lo fissava, con quella che pareva inquietudine profonda.
Gli habitat non erano recintati, e la possibilità che un animale pericoloso come lui uscisse con la chiara intenzione di mietere la sua nuova vittima erano non elevate, ma elevatissime.
Savio lo poteva capire. Lo ritenne adorabile, addirittura. Deliziosamente adorabile.
Strinse le palpebre, e gli rivolse un caldo sorriso, tirando fuori in automatico la lingua sottile per un breve istante.
Oh, chissà cosa pensò l'altro! Scambiò il suo gesto gentile per tranquillizzarlo in un messaggio di insano appetito, forse, e terrorizzato scappò nello sgabuzzino a mettere via la sua roba e potersene tornare nella sua bella casetta, calda e sicura.
Savio perse il suo sorriso, ma mentalmente se la rise. Probabilmente, l'indomani non l'avrebbe più visto. Aveva già fatto scappare tre dipendenti in quel modo.
E lui che voleva essere gentile... Era quella la ragione per cui un cattivo non avrebbe mai potuto essere buono.
Almeno, a suo parere.
I cancelli vennero chiusi, e lui tirò un lungo sospiro di sollievo. Finalmente, un po' di pace.
Non che avesse ricevuto chissà quali grandi fastidi. Allo zoo non ci andava più quasi nessuno, lasciando in pace i suoi abitanti.
Stava per scivolare nel suo piccolo spazio privato, lasciando perdere il mondo per il meritato riposo della giornata; quando un rumore ne attirò l'attenzione, e le sue pigre intenzioni furono messe da parte.
Lo sguardo scivolò per i vari recinti, alla ricerca della causa di quel suono; e quando si accorse che esso proveniva dall'habitat di Clemson - luogo da dove, teoricamente, non doveva arrivare proprio niente -, non poté non scivolare con lentezza fuori da casa con un sorriso sulle labbra, e avvicinarsi.
Non sapeva bene se lanciare la battutina al lemure rosso o chiedere semplicemente chi fosse in casa. Si era sì appisolato durante il pomeriggio, ma non gli era parso di sentire, né vedere, alcuna traccia del rientro ad Hoboken di Clemson. In fondo - e lo sapevano già - quando lui tornava si passavano intere giornate a non dormire a causa dei suoi scleri perché non era riuscito a realizzare i suoi piani "geniali".
Alla fine, optò per scivolare nell'altro habitat, piazzarsi accanto all'ingresso della cavernetta del lemure, e dire un semplice: - C'è nessssuno in casssa?
Di risposta, gli arrivarono dapprima dei brontolii; poi, la testa di Hans fece capolino dalla casetta improvvisata.
- ... oh. Mi sssembrava ssstrano. - disse Savio, inarcando un sopracciglio. - Che cosssa ci fai in casa di Clemssson?
- Mi arrabbio, ecco cosa! - esclamò il pulcinella di mare, uscendo totalmente dalla cavernetta con passo seccato. Reggeva tra le pinne la carta di una merendina, talmente ben conservata che in un primo momento Savio pensò ci fosse ancora del cibo al suo interno. L'altro la analizzò per qualche momento alla luce del tramonto, prima di mormorare un arrabbiato: - Tsk! - e tentare di buttarla oltre la recinzione dell'habitat. Essendo però una carta vuota, il lieve venticello ne bloccò il moto, e la rispedì al mittente. Dritto in faccia.
Savio scoppiò a ridere, mentre Hans si dibatteva per togliersi quella roba di dosso. Appena si liberò il volto gli rivolse un'occhiataccia degna di Blowhole, e il boa serrò le labbra, distogliendo lo sguardo, nel vano tentativo di fermarsi.
- Per... pff! Per-perché ti ssstai arrabbiando? - domandò, riportando lentamente lo sguardo al pulcinella di mare.
- E me lo chiedi anche?! Sono andato a prendere da mangiare, ma quell'egoista si è portato tutto via quando è scappato da qui! Ha lasciato solo questa carta vuota!
Stavolta fu Hans a ricevere un'occhiataccia.
- ... e perché sssei andato da Clemssson, ssscusa?
L'occhiataccia fu, di nuovo, ricambiata.
- Perché ci ruba il cibo, ecco perché.
- Lui fa COSSSA?!
- Ci ruba il cibo!!
Lo sguardo di Savio passò a fissare il vuoto, pensando a quella scoperta epocale.
- ... ecco perché...! - mormorò; ma prima che potesse finire la frase, la sua attenzione fu catturata di nuovo da Hans, che aveva ripreso a cercare di lanciare via la carta vuota della merendina che puntualmente gli tornava indietro.
- ... sssai, non penso che sssi butti in quel modo.
- Cosa ne sai, tu!
- Oh, beh. -. Il boa stava per continuare, ma decise di non farlo. Non sarebbe stato ascoltato, quindi tanto valeva. Ma dopo qualche secondo che osservava come si deve quel nemico impossibile da battere per Hans, si ricordò di una cosa.
- Ohi, ferma!
- PERCHE'.
- Forssse è meglio ssse glielo rimetti a posssto.
- PERCHE'!
- Quella è la carta da cui ha imparato a leggere.
Improvvisamente, Hans smise di lottare con l'oggetto, lo sguardo stupito fisso su Savio.
- ... woah, quindi è questo quel coso che andava decantando che gli aveva insegnato a leggere?
- Pare di sssì. - rispose Savio. Per poi aggiungere: - ... sssai cosa sssignifica "decantare"?
- Certo che lo so.
- Oh.
Rimasero in silenzio qualche istante. Poi, Hans sghignazzò, trovando in quella semplice carta tutto un nuovo mondo.
- Io me la tengo. - disse.
Savio scoppiò a ridere di nuovo. - Non sssi fa!
- Si fa eccome invece! L'ha detto lui, no? -. Si mise la carta sottobraccio, e sollevando l'altra pinna al cielo fece il vocione, mettendosi ad imitare Clemson: - "Non tornerò mai più in questo immondezzaio! Mai e poi mai! Salutatemi la melma, stolti!". Me lo tengo io! Dirò che... boh, c'è stato un incendio a casa sua e 'sto coso è scappato per non rimanere bruciato.
- ... guarda che alle carte non ssspuntano le gambe per ssscappare via.
- E cosa te lo dice? Questa è una carta magica!
- ... no, non lo è.
- Ma se gli ha insegnato a leggere! Per farlo deve aver parlato, e quindi deve essergli spuntata una bocca! E' magica!
Savio si trattenne a stento dallo scoppiargli a ridere in faccia, chiudendo l'argomento con un semplice scosso della testa sorridente. Gli faceva quasi tenerezza quando faceva così, seppur molti considerassero quella la prova che Hans era troppo credulone e di buon cuore per fare il cattivo.
Dopo qualche secondo di silenzio, il pulcinella di mare prese la rincorsa, e saltò sul muretto dell'habitat, e quindi giù a terra, in direzione della sua casa. Savio lo seguì senza stare a chiedere il permesso, appoggiandosi infine con la testa alla ringhiera che delineava l'area di Hans.
Lo vide appoggiare con ben poca cura la carta in un angolo, ridacchiando tutto gioioso, e con un leggero sbuffo gli ricordò: - Non ti conviene metterla tanto in bella visssta. Tanto torna indietro.
- No, Savio, no! Devi aver fiducia in Clemson! - esclamò Hans, con un tale sentimento che il boa si ritrovò a sollevare le sopracciglia per la sorpresa.
- ... ma sssei ssserio?
- Certo che lo sono! Abbi fiducia in lui! Non lo rivoglio indietro! Con quella sua parlantina veloce e quei suoi modi strafottenti... lo voglio ovunque tranne che qui!
Oh, ecco cosa intendeva! Savio ridacchiò nel sentire quelle parole, trascinando nella risata dopo qualche istante anche Hans.
- Però ssseriamente. - riprese il boa, senza perdere il sorriso dalle labbra. - Lo sssai che tornerà indietro.
- Finché si comporterà in quel modo idiota e strafottente, per forza tornerà indietro! E a calci nel posteriore! - rispose Hans, facendo spallucce. Allargò le ali tagliate, sbattendole nella finzione di spiccare il volo. - E' come se io mi imponessi di battere Skipper volando! Insomma, siamo seri. Dovrebbe mettere la testa a posto.
- Ma non lo farà! - esclamò il primo. - Lui è "troppo sssuperiore".
Ripresero a ridere, come se avessero appena sentito una bella barzelletta; e in un certo senso, la consideravano tale.
- Giuro. -. Hans sollevò un'ala, appoggiando l'altra al petto. - Se ce la fa, mi faccio spennare.
- Un po' rissschioso come giuramento. - commentò Savio al suo lato.
- Aggiungiamo che mi spenni tu?
- Ooh, la cosssa mi piace sssempre di più. Quasi ssspero che non torni più ora.
Il pulcinella di mare gli rivolse un'occhiata dubbiosa. - Ehi, la gente potrebbe fraintendere. - mormorò.
- Non era mia intenzione.
Hans si sedette. Lo sguardo dei due andò al cielo, e rimasero a guardarlo in silenzio per qualche minuto. Il discorso sembrava essere concluso; quando Hans ritornò sulla questione con un: - Secondo te quanto ci metterà?
Tornarono a guardarsi.
- Ad esssere ributtato qui?
- Sì.
- Una sssettimana, giorno più giorno meno.
- Woah, sei così generoso?
- Perché, tu quanto gli dai?
- Dopodomani. -. Hans sorrise, sicuro di sé. - Dopodomani è già qui.
- Ora sssei tu quello che non ha fiducia in lui! - rise Savio.
- Pff, forse non m'importa nemmeno.
Il pulcinella di mare si abbassò ancora di più, finendo con lo sdraiarsi sul suo piedistallo. Portò le ali dietro la testa, e sorridendo beato continuò: - Non hai mai pensato a cosa potrebbe star dicendo in questo momento?
Il boa sghignazzò. - Perché proprio in quesssto momento? - domandò.
- Ho sentito che quando parlano di te ti fischiano le orecchie. E lui le ha belle grosse.
- ... grosssse?
- Suvvia, più grosse delle mie e delle tue! -. Hans si prese un momento per ridacchiare, per poi aggiungere: - Te lo immagini? "Accidenti accidentaccio! Ora che mi sto mettendo la corona, proprio ora, mi fischiano le orecchie! Che cosa fastidiosa! Sta rovinando la mia gloriosa incoronazione! Non è bella come l'avevo prevista! Vai via, fischio! Via, via! Obbedisci al tuo sovrano!"
Savio scoppiò a ridere già alle prime parole dell'imitazione, mentre Hans di fronte a lui muoveva le ali per aria, imitando i gesti così teatrali di Clemson. E imperterrito continuava, tirandosi nuovamente a sedere: - "Eh? Cosa sento? Risate? Alla mia incoronazione! Da dove vengono? Da destra? Da sinistra? Oh... lo so di chi sono! Sono quei due stolti ad Hoboken! Ridono talmente forte che li sento fino a qui! Ah, ma appena avrò la corona sulla mia testa, li farò piegare al mio volere! Perché io sono Clemson, e voglio governare tutto il mondo! Perché c'è chi può e chi non può, e io può!"
- T-ti prego, Hans, basssta, mi ssstai uccidendo! - rantolò Savio, arrotolandosi su sé stesso nelle risate. Anche Hans, dopo quell'imitazione così seria, si sciolse nelle risa, e quasi cadde dal suo basamento mentre vi si rotolava.
- Oh, cielo! - esclamò, dopo essersi ripreso quel tanto che bastava per parlare. - ... quanto lo odio.
- Quanto lo odiano tutti! - disse il boa, ancora ridendosela. Lanciò uno sguardo d'intesa a Hans, e poi aggiunse: - ... ti prego, quando torna qui, fallo di fronte a lui.
- Sì, così mi uccide. - rise egli.
- No, dai, te lo tengo fermo.
- Sì, ma quando lo lasci lui aspetta che vado a dormire e mi uccide.
- Pff. -. Savio allungò il corpo, e appoggiò la testa vicino al basamento di Hans. - Toglie tutto il divertimento, che noia.
Hans annuì, e ritornò a pancia in su, le ali dietro la testa.
- Però seriamente. - sussurrò infine. - Sono sicuro che ci sta sclerando dietro in questo momento.
Savio si limitò a sorridere, lasciando cadere l'argomento.
Ma nessuno dei due pensava che, a miglia e miglia di distanza, allo zoo di Central Park, Clemson stesse effettivamente sclerando, mentre si torturava le orecchie per cercare di far passare quel fastidioso fischio che lo stava tirando scemo.



 
Salve salve~! JpegFluffy nelle note d'autore!
Spero che questo capitolo extra vi sia piaciuto! Grazie per averlo letto! <3
Come detto prima, doveva essere molto più breve, ma mi sono fatta prendere troppo dai discorsi di questi due adorabili cattivi. XD Spero che vi abbia fatto ridere
come ha fatto ridere me mentre lo correggevo! :D
Dal prossimo capitolo, ahinoi, si tornerà "con i piedi per terra", nello zoo di Central Park, nel piano malefico di Clemson che è appena cominciato...
Grazie ancora per aver letto e spero che continuerete a seguire la mia storia! <3 A presto~!

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Capitolo 6
*** Colpo Basso ***


E dopo l'intermezzo ad Hoboken... ritorniamo con i piedi per terra. O meglio, le zampe.
Piccolo avviso: verso la fine, questo capitolo diventa un po' più pesante. La direzione non risponde di danni da shock! (?)
Buona lettura! <3


 
Capitolo 5: Colpo Basso.

Il giorno dopo fu annunciato a Soldato dall'aroma del caffè appena preparato.
Aprì gli occhi dal profondo sonno, sbatacchiando le palpebre varie volte prima di alzare la testa e cercare i suoi compagni di squadra. Con sua grande sorpresa, l'unica figura che individuò fu quella di Skipper, seduto al tavolo centrale della sala principale con davanti una tazza ricolma del liquido scuro. Girava lentamente l'aringa salata dentro di essa quando alzò lo sguardo al sottoposto, e gli rivolse un leggero sorriso.
- Buongiorno, giovane Soldato. - gli disse con tranquillità, sorseggiando il suo caffè. Nel leggere il suo sguardo confuso, si spiegò subito: - Non è più tardi del solito, sono le sei: Kowalski non è riuscito a dormire bene, si è svegliato prima ed è voluto andare a controllare lo stato di salute di Coda ad Anelli. Nell'uscire ha svegliato Rico, e allora l'ho mandato a cercare il virus, come ha proposto ieri il nostro cervellone. In quanto a te, ti ho lasciato dormire. -. Appoggiò la tazza al tavolo, occhieggiandola qualche momento prima di tornare a prestare attenzione al giovane. - E' stata una nottata agitata per tutti. Volevo che almeno tu che riuscivi a dormire ti riposassi.
Soldato si tirò piano a sedere, poi saltò giù dal suo letto, atterrando con passo ovattato al suolo. - Sei preoccupato per Julien? - gli venne automatico chiedere.
Skipper scoppiò a ridere. - Chi, io? - domandò di risposta, sembrando divertito dalla sua ingenuità; ma ben presto la risata si spense, lasciando posto ad un'espressione seria, e leggermente giù di corda. - ... chi voglio prendere in giro. Sì, sono preoccupato. Da quel che ho potuto vedere dalla nostra piattaforma, durante la notte è peggiorato. E nessuno ha idea di che cosa diamine abbia.
Prese un profondo respiro, passandosi una pinna tra gli occhi e poi sulla testa. Continuava a cercare di apparire calmo e ottimista, e nonostante tradisse i suoi pensieri con piccoli gesti ansiosi il suo sguardo rimaneva serio e autoritario, tipico di un capo come lui. Alla fine rivolse un ultimo sorriso schietto a Soldato, e decise di distrarsi accendendo la televisione.
Sintonizzò sul solito canale delle News, senza aspettarsi di sentire chissà che cosa. Il giornalista Chuck Charles era già sveglio e attivo, persino a quell'ora, lindo e pinto nel suo completo blu. Skipper l'aveva già visto all'una della notte prima, e ormai iniziava a pensare che quel tipo non conoscesse il riposo. Quando si dice uno stacanovista...
 
« E tra le altre notizie, » annunciò ad un certo punto, con la sua cadenza strana da giornalista consumato. « la
rivolta di Hoboken ha sollevato grande scalpore, anche ora che è stata sedata. Lo zoo è stato l'edificio che ha
riportato maggiori danni in fatto amministrativo: molti i licenziamenti, soprattutto a seguito del controllo animali.
Sono stati infatti trovati degli animali feriti, e uno mancante. Dalle parole dei dipendenti, sembra essere scomparso
un camaleonte... »

- Non sanno nemmeno loro quale recinto è di chi? Un lemure rosso non passa tanto inosservato. - fu il commento con il quale entrò in scena Kowalski, di ritorno dalla visita a Julien. Aveva spostato la ciotola del pesce con silenzio e aveva sceso la scaletta il più piano possibile, ma Skipper lo aveva sentito ugualmente. Fu per quello che decise di dire qualcosa senza prima annunciarsi, facendo prendere un infarto al povero Soldato che, invece, non lo aveva sentito per niente. - ... e poi non hanno un camaleonte. Che cosa hanno in testa?
- Sì... lascia perdere. - disse acido il comandante, voltandosi verso di lui. Il suo sguardo si fece nuovamente serio, e gli domandò: - Come sta?
Lo scienziato emise un sospiro sommesso. - Peggio. - disse infine. - Gli è venuta la nausea, legata ai giramenti di testa che si sono fatti più forti, ma principalmente al fatto che non ha appetito. Sta perdendo forze, e ha sempre un grande sonno. -. Deglutì un paio di volte per prendere tempo, mentre recuperava il blocco su cui aveva appuntato le sue osservazioni. - E come se non bastasse, gli è venuta la febbre. Questo virus corre alla velocità di un treno, Skipper.
L'altro portò lo sguardo verso l'alto, come se cercasse di vedere Julien attraverso il soffitto scuro. Mosse la tazza in un movimento circolare, muovendo l'aringa al suo interno senza toccarla, pensoso.
- Rico non ha ancora trovato il virus, vero? - domandò infine.
Kowalski scosse la testa. - No. Stava per iniziare a far esplodere lo zoo per trovarlo, ma l'ho fermato in tempo.
Skipper emise un verso seccato. - Chissà dove accidenti l'avrà nascosto, quel virus.
Lo scienziato abbassò gli occhi al pavimento. Nonostante avesse recuperato completamente la sua lucidità, cosa di cui Soldato si era accorto con un sorriso sul becco, non riusciva a smettere di sentirsi in colpa.
- Sì. - mormorò. - Chissà...

- Chissà dov'è il nostro caro reuccio malatuccio!
Tutti, Julien compreso, sollevarono all'unisono le teste, e i loro occhi incontrarono la figura di Clemson. Egli stava ritto e sicuro, a braccia incrociate, sul tetto della casupola accanto all'habitat dei lemuri, illuminato dai raggi del Sole del pomeriggio inoltrato. Spostava lentamente il peso da una zampa all'altra con un'aria di tale gioia e soddisfazione da innervosire il piccolo Mortino, che lo fissò, assottigliando lo sguardo minacciosamente, stritolando l'unica carta della partita tra lui e Maurice che gli era rimasta.
L'aye aye lo guardò qualche istante, poi passò a Clemson. Scosse la testa, e tornò al piccolo lemure topo.
- Non si riesce a bruciare qualcuno con lo sguardo. Mi dispiace.
- Non voglio bruciarlo. - mormoro irritato l'altro. - Voglio fulminarlo!
- Hai già fatto abbastanza fatica a buttarmi giù dal muro, piccoletto. - gli disse il lemure rosso. - Evita di concentrarti così tanto, o il cervello ti andrà in fonduta!
Julien sbatté le palpebre un paio di volte prima di guardare Mortino, tradendo una certa sorpresa.
- ... hai buttato Clamson giù dal muro? - chiese.
L'altro di voltò verso di lui con un sorriso radioso, improvvisamente gongolate. - Sì! Ieri sera l'ho buttato fuori, e ha fatto PUM!
Il catta si lasciò sfuggire una risata, in parte soffocata dal malessere, ma che riuscì comunque a risuonare sincera e cristallina nelle orecchie di Clemson, ottenendo l'effetto di togliergli il suo sorriso beffardo dalle labbra e fargli crescere una certa irritazione dentro.
- Che ti ridi, re fantoccio! - lo ammonì, scendendo con un balzo secco sul muretto dell'habitat più in basso. - Non mi pare che tu sia nella condizione di trovare qualcosa di divertente. O forse sei talmente stupido da non capire che stai morendo?
Si aspettava il gelo; e invece, quello che ebbe fu la risata di Maurice e Mortino, che si univano a quelle del loro sovrano.
Clemson li guardò a lungo, sconvolto, prima di riuscire a pronunciare di nuovo parola.
- Cosa avete?! - tuonò. - Cosa mi è sfuggito?!
- Non "cosa", testa vuota! Ma "chi". - rispose Maurice, soffocando via via la risata per tornare serio. - I pinguini troveranno una soluzione.
Il lemure rosso inarcò un sopracciglio, tornando a sorridere dopo quelle parole. Sembrava quasi sollevato. Pensava fosse qualcosa di decisamente più grave...
- Forse, pancione, non hai capito una cosa. - disse. - Pensavo che la mia frase di ieri fosse chiara. La causa dei vostri problemi è proprio uno dei pinguini: Kowalski.
- E tu forse non hai capito che Kowalski è sempre la causa dei problemi dello zoo. E che li ha sempre risolti. -. Maurice fece una pausa. - Tutti. - calcò infine.
Clemson lo fissò qualche lungo istante, nel silenzio più totale. Il sorriso era scomparso di nuovo, sostituito da una linea dritta formata dalle sue labbra serrate, e lo sguardo sottile indirizzato ai tre indicava il suo odio per ognuno di loro che cresceva, cresceva sempre di più ad ogni secondo che passava.
- ... "risolvere", eh? - disse infine, in un sibilo di ira. Sul volto, si tese uno strano ghigno, ricolmo di una tale cattiveria da provocare un brivido lungo le schiene dei lemuri. - No... non questa volta. E quando diventerò re, perché stavolta lo diventerò, voi farete tutti la stessa fine del vostro caro, adorato, idiota di un re fantoccio!
E per completare il discorso, sollevò una zampa ad un lato della propria gola, e la mosse con un gesto secco fin dall'altra parte.
- Ecco, questo è perché le tue storie non verranno mai raccontate come favole della buona notte.
Era talmente preso dal suo discorso, e dalla goduria nello spaventare i tre lemuri, che Clemson non si accorse dell'avvicinarsi di Skipper. Egli pronunciò quelle parole mentre era tranquillamente al suo fianco da una buona manciata di secondi, tenendo un tono di voce abbastanza alto apposta per far sobbalzare il lemure rosso.
I due si rivolsero uno sguardo: il cattivo di turno, irritato per la figuraccia appena fattagli fare; il comandante dei buoni, decisamente fiero di sé stesso per l'azione appena compiuta.
- Oh, scusa. Non volevo spaventarti. - gli disse, accennando ad un sorriso di scherno per qualche istante prima di volgersi verso il catta. - Ah, e sappi che i tuoi discorsi da genio del male fanno proprio pena. Julien saprebbe fare di meglio.
- Lo prenderò per un complimento. - rispose l'interpellato dal suo trono, stringendo la propria coda con fare offeso, ma sotto sotto tradendo una certa felicità nel vederlo lì in suo soccorso.
Si sarebbe fatto insultare per ore da lui, purché non lo abbandonasse proprio in quel momento.
- Non mi pare di averti chiesto un giudizio sui miei discorsi, soldo di cacio. - riprese possesso del discorso Clemson, con una profonda irritazione che rimbombava nella sua voce.
Skipper non si fece minimamente impressionare; anzi, lo sguardo che gli lanciò era persino annoiato.
- Senti, coso, meglio che te ne vai. Non sono molto propenso al dialogo in questo momento.
Clemson sorrise, sbeffeggiatore. - Nemmeno io, se è per questo. - disse. - Lascerò parlare i fatti per conto mio. L'avrete già capito, spero, no? Vincerò io. E sarà tra solo pochi minuti.
Tutti gli rivolsero uno sguardo, chi confuso, chi spaventato, chi irritato. Lui si limitò ad inchinarsi, e a saltare giù dal muretto prima che qualcuno potesse aggiungere qualcosa.
- Ah, uhm... p-pinguino? - mormorò Julien. La voce improvvisamente si era fatta tremante, e si era stretto ancora di più alla sua coda. Ora tradiva una paura profonda, che scuoteva leggermente il suo corpo mentre guardava il punto dove poco prima c'era il lemure rosso. - Cosa... cosa intendeva...? Io non-non sto per morire, v-vero...?
- No che non stai per morire. - rispose Skipper, secco e con una certa rudezza nella voce. - Primo, non ti stronca così questo virus. Secondo, lui non sa come agisce. Terzo, troveremo un antidoto prima. Quindi smettila di preoccuparti.
Julien sorrise debolmente.
- I-io... uh... o-okay... - mormorò.
Calò per un po' il silenzio. Nessuno, nemmeno Skipper, sembrava essere in grado di articolare un discorso calmo e rilassato, che si allontanasse almeno per qualche momento dalla situazione del sovrano. Erano tutti tesi e preoccupati, e solo il pinguino riusciva a nascondere queste emozioni, nonostante il tono rude di prima avesse tradito quello che realmente provava. E si maledì per questo.
Sembrava che nulla potesse riuscire a sbrinare il gelo creatosi; ma ad un tratto, qualcosa - o meglio, qualcuno - diede loro motivo di riprendere a parlare.
Dalle porte del centro veterinario uscì pensosa l'infermiera, consultando la sua cartellina. Fu indicata a Skipper da Maurice, e il pinguino rapido si buttò tra i cespugli dell'habitat per nascondersi.
Pensava di rimanere lì solo qualche momento, giusto il tempo che la ragazza andasse nel recinto dell'animale a cui occorreva la visita e tornasse nell'edificio a lavorare.
Fu per questo che rimase stupito quando sentì la porta dell'habitat dei lemuri aprirsi, e la stessa ragazza che consultava la cartellina poc'anzi entrare e puntare dritto verso Julien.
Scostò appena le foglie, osservandola con attenzione: ella mise la cartelletta sotto braccio, e afferrò il catta con gesti professionali e gentili. Ne studiò gli occhi e il corpo con attenzione; e quindi fece una faccia che al pinguino non piacque affatto. Lo prese con più forza per evitare che cadesse, e rapida si diresse fuori dall'habitat, sbattendo la porta dietro di sé con quella che sembrava agitazione.
Skipper uscì dal cespuglio pochi secondi dopo la sua uscita, saltando sulla piattaforma dove gli altri due lemuri sostavano appena in tempo per vedere la ragazza entrare nel centro veterinario praticamente correndo.
- Una bella coincidenza che proprio oggi Julien avesse la visita. - mormorò pensoso.
- Sì, proprio bella. - si intromise Maurice. - ... soprattutto considerando il fatto che lui oggi non aveva alcuna visita.
Skipper spalancò gli occhi. Si voltò verso l'aye aye, realizzando quello che avrebbe dovuto capire all'istante.
- Che cosa?! - esclamò.
- La prossima visita di routine di Julien doveva essere tra due settimane. Oggi non aveva niente!
Mortino guardò il consigliere, poi il pinguino; avvertì l'ansia proveniente da entrambi, e non capiva il significato di quello che dicevano. Venne colto dall'ansia, e iniziò a boccheggiare.
- Cosa vuol dire?! - gridò, la sua voce rotta dall'agitazione.
- Che è opera di Clemson, maledizione! - fu la secca risposta di Skipper, prima che spiccasse un balzo verso il muretto dei lemuri, e quindi giù sul terreno all'infuori di esso.
Puntò direttamente verso il centro veterinario. Prese la rincorsa, e si lasciò scivolare sulla pancia a grande velocità.
Se i suoi timori erano veri, non aveva il tempo di andare ad avvertire i suoi uomini per avere manforte. Doveva andare da solo. E in fretta!, pensava, prima che quel pazzo...!
La fila dei suoi pensieri fu bruscamente interrotta prima di potersi anche solo consolidare nella sua mente, quando avvertì improvvisamente un dolore lancinante alla schiena che interrompette il suo moto.
Rimase a terra qualche istante, boccheggiando per via della botta, gli occhi serrati nel tentativo di non pensare a quella sofferenza. Gemette, facendo perno sulle ali per risollevarsi, lentamente.
Cosa diamine...?
- Oh, scusa. Non volevo farti così male.
Il sentire quella voce gli fece riaprire di scatto gli occhi.
Ma certo... che stupido! Non poteva certo aspettarsi che capisse il piano di Clemson e lui rimanesse in disparte a vedersi sconfiggere! Doveva saperlo che lo avrebbe aspettato dietro l'angolo, e alla prima occasione lo avrebbe colpito alle spalle, da bravo vigliacco quale è.
Si ritirò su, la schiena che urlava, mentre roteava gli occhi fino al trovare la figura del lemure rosso, in piedi a pochi passi da lui, che sorrideva soddisfatto di sé stesso, una zampa appoggiata al fianco e l'altra che reggeva sopra la propria spalla una spranga di ferro. Certo non ci voleva molto a capire che era quest'ultima la causa del dolore infernale del pinguino.
Clemson gli rivolse uno sguardo vittorioso, ricco di scherno apposta per lui, muovendo l'arma nella propria zampa come fosse impaziente di tornare ad usarla.
- Già... volevo fartene di più, se devo essere sincero. Molto di più.
- Tsk... - mormorò Skipper, tornando finalmente in piedi. Mise le pinne di fronte a sé, mettendo la propria guardia ai massimi livelli, pronto a qualsiasi altro colpo basso di quell'avversario baro. - Con quelle braccine prive di muscoli?
- Forse non ho muscoli, ma di certo ho molto più cervello di te. E di tutti gli altri idioti di questo zoo!
Clemson portò anche l'altra zampa alla spranga, e la mosse con rapidità verso il pinguino, maneggiandola con una certa esperienza che mai il secondo gli avrebbe dato. Ma lui era più bravo.
Parò il primo colpo, poi anche il secondo e il terzo, con una maestria degna del suo nome. Clemson tentò un altro colpo, ma Skipper riuscì a deviarlo e ad avere la sua guardia totalmente scoperta. Caricò un calcio e glielo diede dritto in petto, facendo rotolare il lemure rosso per terra.
Egli boccheggiò qualche momento, poi scoppiò a ridere. Non aveva perso la presa della spranga di ferro, e la utilizzò per ritirarsi in piedi.
- Te la sei cavata con questi colpiccioli da strapazzo? - lo schernì, tornando ad afferrare per bene la sua arma.
- Non mi sembra che il tuo corpo lo consideri molto da strapazzo, sai? - controbatté Skipper.
Stava per prepararsi ad un altro attacco, quando successe l'ultima cosa che avrebbe voluto.
Vide due ombre saltare a terra, a pochi passi da Clemson. Passò lo sguardo su di esse per qualche istante, tenendo d'occhio l'avversario con cura; e si sentì morire quando vide che le due figure erano Maurice e Mortino, il primo armato di un bastone di bambù, l'altro di un bastoncino di legno più piccolo. Lo sguardo agguerrito, stringendo le loro armi improvvisate con una rabbia non tipica loro, erano pronti per andare in soccorso di Skipper, senza sapere che stavano per procurargli solo un sacco di guai.
- Non la passerai liscia, Clemson! Siamo tutti contro di te! Julien non perderà il suo trono! - tuonò Maurice. Sollevò il bastone, correndogli incontro, pronto per abbassarlo sul nemico tanto odiato.
Skipper fece appena in tempo a gridare: - Maurice, NO!!
E poi, tutto iniziò a crollare.
Clemson mosse la sua spranga di ferro in senso circolare, intrappolando l'arma dell'aye aye e scagliandola lontano; quindi, sorridendo malignamente, lo colpì con uno degli estremi di essa dritto in mezzo alla schiena.
Maurice crollò a terra, gridando dal dolore. La visione fece scattare qualcosa in Mortino, che spense totalmente la mente e si buttò verso Clemson, brandendo il suo bastoncino. Riuscì persino a darlo contro la gamba del lemure prima che egli abbassasse la spranga su di lui con un movimento in diagonale, colpendolo al fianco e facendolo volare fin contro le sbarre dell'habitat dei pinguini.
Tutto accadde così in fretta che Skipper non ebbe il tempo di fare nulla. Assistette con impotenza a quella strage, prima ancora di riuscire a comporre un pensiero concreto per il contrattacco.
Improvvisamente, avvertì la rabbia invadergli il corpo.
Iniziava a sentirsi totalmente e stupidamente inutile. Non era riuscito a capire il piano di Clemson, non era riuscito a fermare Maurice e Mortino, e ora non riusciva più nemmeno a pensare.
- Tu...! - sibilò in direzione del lemure rosso.
Si mosse di scatto, saltandogli addosso senza più metodo, cercando di colpirlo, solo di colpirlo, abbandonando i suoi anni di allenamento, tutte le tattiche imparate, persino la ragione.
Fu questo il suo fatale errore.
Non ci volle niente a Clemson per schivare il suo attacco, portandosi solo di un paio di passi di lato. Mosse rapidamente la spranga di ferro, colpendolo di nuovo alla schiena. Ma anziché fermarsi, si abbatté di nuovo su di lui, colpendolo prima ad un fianco, poi all'altro, e quando Skipper cercò di ritirarsi su ad una delle sue ali.
Di tutti i colpi ricevuti, solo l'ultimo fece scappare un grido al pinguino. Si ritrovò a terra, dolorante e quasi del tutto incapace di muoversi, totalmente in balia del lemure rosso che ora più che mai torreggiava su di lui.
Lo guardò dall'alto in basso, ridacchiando malignamente, lo sguardo compiaciuto di sé stesso e del suo piano che considerava assolutamente geniale. Sembrava considerare tutta quella violenza una parte vitale dell'opera, nonché forse la più divertente in assoluto.
- Non aspettavo altro che questo momento. - ammise. Posò una zampa su Skipper, girandolo a pancia in su con un gesto secco e prepotente, che lo fece gemere nuovamente.
Allargò il suo sorriso.
- Buona notte. - gli augurò.
Quindi, sollevata la spranga di ferro, la abbassò sulla sua testa con violenza.
Fu l'ultima cosa che vide, prima del buio.



 

Ehi ehi! JpegFluffy nelle note d'autore!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, e di non avervi sconvolto - seppur la mia intenzinoe fosse effettivamente quella, a dire il vero - nella parte finale. Vi presento il vero Clemson
del mio headcanon: elgante, ma che non vede l'ora di prenderti a sprangate in testa. Forse, il tempo dei giochi è finito. Cosa succederà a Julien? Che ne sarà di Skipper?
Ma soprattutto, chi ha mangiato i dolcetti di Ma!
... ecco, come rovinare un capitolo nelle note d'autore *cough* Comunque, in caso vi stiate chiedendo perché questo è capitolo 5 ma nell'elenco è il sesto, ricordo che quello di
Hoboken era un capitolo extra, che inizialmente non era previsto nella storyline. Quindiii ecco svelato l'arcano mistero! <3
Come già detto, spero che il capitolo vi sia piaciuto e che continuerete ad essere interessati alla mia storia!
Grazie per aver letto! <3
See you soon~!

 

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Capitolo 7
*** Sguardi al Cielo ***


Prima di lasciarvi alla lettura di questo capitolo, le mie più sentite scuse a chi ha recensito la storia e a cui io non ho risposto! éuè
Avrei dovuto farlo da settimane, ma tra problemi, mancanza di voglia di scrivere e la mia idiozia nel non rispondere subito e poi dimenticarmi
che cosa devo fare, alla fine è slittato tutto e non ho fatto niente. çuç Spero possiate perdonarmi!
Vi auguro una buona lettura! <3


 
Capitolo 6: Sguardi al Cielo

Julien avvertì appena una carezza sulla testa. Aprì gli occhi per quel poco che riusciva, la luce accecante di un faro proiettata proprio addosso, cercando la persona che lo stava trattando con così tanta gentilezza. Sentiva appena la sua voce, in lontananza, mormorargli dei dolci: - Andrà tutto bene piccolino... Stai calmo... -, e gli parve di riconoscere il tono di una ragazza pronunciarle. Vide una sagoma, ma prima di poterne capire i lineamenti, ella si era già allontanata.
Appoggiò i gomiti a terra, trovando una superficie liscia e fredda.
Era sul tavolo del veterinario? Quando l'avevano appoggiato lì?
Sollevò lo sguardo, trovando la sagoma di prima dietro una porta, che parlava con un'altra. Non riusciva a seguire il loro discorso, ma sembrava iniziato già da tempo.
Eppure, lui aveva sentito solo poche parole fino a quel momento. Solo qualche attimo prima, l'avevano appena portato dentro alla struttura del veterinario, e l'occhio attento del medico l'aveva scrutato da cima a fondo. L'avevano messo in una gabbia, e avevano detto un paio di parole.
E di colpo, era da un'altra parte, con un discorso portato avanti così tanto?
La coda, alle sue spalle, si mosse debolmente verso il corpo, arrivando ad avvolgerlo in quel tipico abbraccio che si dava da solo quando era spaventato.
Probabilmente... doveva essere svenuto. Non ricordava che svenire fosse così immediato...
Ma forse il suo era un pensiero stupido.
Voltò la testa, lentamente, in direzione della finestra. Si stava facendo buio: il Sole si poteva solo vagamente intravedere dietro gli edifici di New York, e il cielo cambiava la sua tonalità azzurro splendente in un più cupo indaco.
Come se tutto si stesse spegnendo. Come se anche le ultime speranze stessero abbandonando il mondo.
Piano piano, si risdraiò. Lo sguardo rimase fisso fuori, perlustrando la volta celeste in quella che poteva parere la rassegnazione di un re malato prossimo alla morte.
Sarebbe davvero finita così? Un nemico di cui pochi ricordavano il nome stava veramente prendendo il potere?
Stavolta... la musica sarebbe davvero finita?

- S-Skipper...? Ti prego, riprenditi...!
Di chi era la voce che lo stava chiamando...? La conosceva... Non era forse quella di... sì, era di Maurice!
Skipper gemette, iniziando a risvegliarsi. Strinse le palpebre, muovendo la testa un poco di lato, quando vi avvertì un'improvvisa fitta.
Poi, i ricordi si affacciarono improvvisamente alla sua mente, facendogli spalancare di scatto gli occhi.
- Corpo di Bacco! Clemson! - gridò, tirandosi seduto. Si aspettava un'improvviso attacco da parte di egli, convinto che fosse ancora a pochi passi da lui; e invece, guardandosi attorno con più calma dopo il primo attimo di ansietà, si accorse che non c'era il benché minimo pericolo per lui.
Non si trovava più all'esterno. Doveva essere stato trasportato fino all'interno della base operativa mentre era incosciente, e ora, sulla sua brandina dove per poco non sbatteva la testa contro, ritrovava al suo fianco i volti di Maurice, Soldato, Rico, Kowalski, che ricambiavano la sua occhiata, chi con preoccupazione, chi con sollievo, chi con un tale mix di emozioni che non riusciva a scegliere quale mostrare.
Nessuno sembrava intenzionato a parlare, men che meno lo scienziato; ma il sospiro sollevato di Maurice, che si portava una zampa al petto, riuscì a sbloccare la situazione.
- Dio, che spavento. - mormorò, prima di appoggiare con delicatezza le palme sul petto dell'altro, e spingerlo piano di nuovo steso sulla sua brandina. - Rimettiti giù, dai.
Skipper gli rivolse uno sguardo sempre più confuso, senza opporre resistenza a quel suo gesto di cui non capiva il significato.
- Perché...? - domandò in un fil di voce, talmente bassa che sembrava non parlasse da un sacco di tempo. Aveva la gola secca.
L'aye aye lo guardò ancora più in ansia, come temesse che quella frase peggiorasse qualcosa. Si indicò tremando il lato della testa, mormorando: - S-stai sanguinando...
Il pinguino sbatacchiò le palpebre. Il suo primo pensiero andò alla stranezza che avvertì nell'udire Maurice balbettare per la prima volta; solo in un secondo momento realizzò davvero il significato delle sue parole, e d'istinto si sfiorò il capo nel punto indicato da egli.
Avvertì un lieve pizzico al contatto, e la consistenza che aveva sempre trovato strana delle bende che lo fasciavano. Rimase in silenzio, pensoso, per qualche istante; poi si limitò ad inarcare le sopracciglia, e a pronunciare un semplice: - ... ah. -, per nulla colpito.
Maurice, di contro, sembrava l'emblema della preoccupazione.
- N-non puoi dire solamente "ah"! Stai sanguinando, accidenti! Dalla testa!! - gridò, calcando per bene l'ultima parola, come fosse assolutamente certo che l'altro non l'avesse capita. Tese persino le braccia verso di lui, indicandogli nuovamente la ferita.
- Lemure, stai calmo. - lo interruppe Skipper, con un tono di voce totalmente apatico. - Ho visto decisamente di peggio. Quindi ora calma le palpitazioni da madre in ansia per il suo pulcino inciampato in una buca e fammi alzare.
Era una frase diretta, che più che una richiesta sembrava un vero e proprio ordine, talmente ben pronunciata che l'aye aye non se la sentì di contraddirlo, allontanandosi persino di un passo per lasciargli via libera. Il pinguino si mise di nuovo seduto, si voltò per prepararsi a scendere; ma prima di farlo, Kowalski diede sfogo a quell'ansietà che gli faceva continuare a muovere le pinne, facendole toccare tra loro, poi portandole al petto, poi dietro la schiena, e a far rincominciare il giro. Le sollevò, avvicinandole al superiore senza l'intenzione di toccarlo, e accennò: - Skipper, non dovresti...!
Ma la frase non poté essere completata. Prima ancora che il finale potesse formarsi nella sua mente, fu interrotto dal gesto secco, preciso, e pieno di rabbia di Skipper, che lo colpì con un manrovescio al volto talmente forte da farlo quasi cadere. Kowalski mantenne l'equilibrio per un soffio.
Portò le pinne alla zona colpita, mentre attorno a lui tutti si allontanavano di almeno un paio di passi. Non guardò subito Skipper: non ne trovava il coraggio.
L'altro si alzò, come rincuorato dal gesto appena fatto. Non che avesse finito. Gli si portò davanti, a pochi millimetri di distanza, lo sguardo decisamente poco amichevole.
- Kowalski, guardami.
L'altro, a scatti, eseguì. Abbassò le pinne, respirando a singhiozzi, sforzandosi di non lasciar trasparire la sua voglia di girare i tacchi e scappare via. Ma non poteva nasconderlo al suo superiore: era come suo padre, e ad un padre non puoi nascondere nulla.
- Quello che ti ho appena dato, è per aver creato quel virus. Perché sì: lo so che sei stato tu.
Poi, prima che lui potesse parlare, gli tirò un secondo ceffone, di direzione opposta ma di uguale potenza, se non addirittura maggiore.
- Questo è per aver aspettato che fosse Clemson a confermare i miei dubbi.
Arrivò il terzo, che sulle guance già arrossate dello scienziato parve fuoco puro.
- Questo per aver pianto come un bambino prima ancora di provare a cercare un antidoto; e non incolpare Soldato, l'ho scoperto da solo, perché origliare i miei polli è il mio primo compito, e lo sai bene. E questo...!
Ed ecco il quarto, che lasciò Skipper quasi senza fiato da quanta potenza vi usò. Kowalski fu costretto ad allargare le zampe per non cadere.
- ... è un extra. Perché so che prima che questa storia finisca te ne meriterai un altro, e francamente non ho voglia di riprendere dopo.
Nella base, calò un silenzio ancora più opprimente di quello di poco prima. Tutti rimanevano fermi, silenziosi; l'unico suono che riusciva a farsi strada era il fiato grosso di Skipper, che lentamente riprendeva una posa neutra, senza mai distogliere lo sguardo da Kowalski, che invece faceva di tutto per non incontrare i suoi occhi.
Si prese qualche istante per riprendersi. Poi ripeté: - Kowalski, guardami.
A malincuore, il sottoposto eseguì. Aveva gli occhi lucidi, ma rimaneva silente, controllava il respiro, e non si lasciava abbandonare alle lacrime. Non lo avrebbe fatto di nuovo.
E fu un dettaglio apprezzato da Skipper.
- Ciò che è fatto è fatto. Ora concentriamoci sul resto di questa storia. D'accordo? - gli disse, con un tono di voce improvvisamente più calmo. Il figlio era stato sgridato, ora bisognava spronarlo ad andare avanti. Perché in fondo, ci si crede sempre in lui.
Kowalski intuì il messaggio, e annuì, seppur a scatti.
- S... signorsì. - si sforzò di dire; e il superiore annuì in risposta.
- Va bene. Allora qualcuno mi dica: che cosa è successo?
Pose la domanda ancora guardando lo scienziato; ma gli bastò arrivare a metà, perché egli distogliesse lo sguardo. Si voltò, passando dall'uno all'altro degli altri che erano lì presenti, ma tutti fecero la stessa cosa.
La sua pazienza, già di per sé pessima in quel momento, peggiorò ancora di più. Sollevando il tono della voce, ripeté: - Che cosa è successo?
- Non lo ricordi...? - chiese Soldato, debolmente. La voce ricolma di preoccupazione era soffocata dalle pinne poste davanti al becco, come se si vergognasse di aver parlato.
- ... intendevo dopo che sono svenuto. Mi pare ovvio.
Ci fu un lungo, preoccupato silenzio, durante il quale gli sguardi andavano ovunque, tranne che a lui. Skipper attese una risposta, ma nessuno pareva volergliela dare.
Sospirò, quindi, e si volse.
- Va bene. - sentenziò. - Lo scoprirò da solo.
E ciò detto, senza ascoltare le parole di Maurice al suo fianco, l'unico tra tutti i presenti che sembrava abbastanza volenteroso da cercare di fermarlo, Skipper salì la scaletta, e uscì all'esterno della base.
Si fermò fuori dalla buca, coprendo l'entrata della base più per abitudine che per soffocare le frasi provenienti dall'interno, e si prese qualche momento per respirare a pieni polmoni quell'aria che improvvisamente gli pareva fresca e pulita. Ispirò, espirò, e poi portò lo sguardo alla volta celeste.
Era ben diverso da come lo aveva visto prima di perdere i sensi. Era diventato blu intenso, tipico di quel momento poco prima dell'arrivo del buio vero. La luce del Sole era ormai solo una debole presenza dietro gli edifici, e non mancava molto al momento in cui avrebbe detto 'A domani!' a tutta la popolazione di New York. L'illuminazione dei recinti era spenta: gli animali sembravano essere nella tana a dormire - o forse nascosti, gli fu automatico pensare.
E sotto uno dei lampioni già debolmente accesi, a metà strada tra lui e l'infermeria, finalmente trovò il mancante all'appello: Mortino.
Era seduto per terra, accoccolato come una piccola palla, la coda stretta attorno al corpicino beije; e dava le spalle al pinguino, alla sua casa, al mondo intero, come se nulla più esistesse.
Skipper non se la sentì di chiamarlo. Provò solo a fare rumore, strusciando la ciotola del pesce per sistemarla meglio sull'ingresso, ma continuò ad essere ignorato.
Decise di non insistere. Aveva tutt'altro di cui preoccuparsi al momento.
Il suo sguardo si volse verso l'unico habitat illuminato dalla fioca luce di un faretto. Senza stare a considerare i pericoli, le conseguenze, e tutte le altre idiozie del genere, Skipper si mosse verso di esso, con passo lento, senza fretta. Udì dietro di sé la base venir aperta, Maurice uscire e chiamarlo di nuovo, dirgli qualcosa riguardo il fatto che così facendo poteva peggiorare le sue condizioni; ma le sue parole erano solo fragili suoni che si perdevano nell'aria, e nonostante il loro impegno non riuscivano a tangere la sua mente. Era troppo concentrato su altre cose.
Una sensazione...
Sentiva che, oltre quel muro, qualcuno aveva qualcosa da spiegargli.
La prova era lì, a pochi passi da lui, sotto un lampione poco funzionante: era Mortino. Lo sapevano tutti: cercava sempre di raggiungere i piedi del suo amato sovrano, e se non poteva iniziava a straparlare, agitandosi come in preda alle convulsioni, o come in crisi d'astinenza da droga. Sempre.
Quella volta, invece, era fermo, immobile, silenzioso.
Come fosse in lutto...
Arrivato sotto il muretto che delimitava l'habitat, flesse le zampe e vi saltò sopra.
Ovviamente, non trovò Julien. Non se lo aspettava minimamente, nemmeno nelle sue più rosee aspettative. Il suo sguardo passò sul trono tristemente vuoto, la porta da cui era passata poco prima l'infermiera lasciata socchiusa dalla fretta, le foglie dei cespugli staccati dai rami lasciate a terra dalla sua corsa fuori da essi, fino ad arrivare alla figura che contemplava la sua immagine riflessa in uno specchio rotto, canticchiando gioioso, mentre reggeva tra le mani la corona che fino a poche ore prima era sulla testa di Julien.
Era Clemson. E Skipper ebbe un fremito di rabbia nello scorgere l'espressione di goduria che gli dipingeva il volto.
- I vetri rotti portano sette anni di sfortuna, lemure. - gli disse, il tono di voce contaminato dall'insofferenza che provava nei suoi confronti. Avvertì lo sguardo preoccupato di Maurice addosso, e quello dei suoi sottoposti unirsi al suo dalla piattaforma del loro habitat, ma non ci diede peso. Si concentrò unicamente sugli occhi, ricolmi di beffardaggine e sicurezza di sé, che Clemson gli rivolse. Gli sorrise anche, totalmente certo che, oramai, la vittoria era inderogabilmente sua.
- E non mi pare che tu possa levarti ancora a vincitore. - aggiunse il pinguino. L'altro ignorò deliberatamente le sue parole, accarezzando le foglie dell'oggetto in mano sua.
- Buon giorno anche a te, pinguino. Hai fatto una buona dormita?
- Ma che carino... Da quando ti preoccupi della mia salute, psicopatico?
Il lemure rosso mosse la mano nell'aria, in un gesto molto teatrale, fino ad appoggiarla al proprio petto.
- Io mi preoccupo per i miei sudditi... continuamente.
- Non siamo... -. La frase di Skipper venne interrotta da un improvviso capogiro. Chiuse gli occhi qualche momento, portando una pinna alla testa dolorante e allargando le zampe per ritrovare l'equilibrio. Quando schiuse le palpebre, Clemson aveva allargato il suo sorriso, provocandogli un secondo brivido di irritazione. - ... tuoi sudditi. - concluse in un sibilo.
- Forse dovresti sederti, pinguino. Non mi sembri al massimo della forma. - gli propose il lemure, ignorando nuovamente le sue parole.
- Io sto benissimo. - controbatté l'altro, il tono che gli uscì più acido di quanto si aspettasse. - Sei tu che non uscirai bene da questa storia.
Ma Clemson pareva aver perduto l'interesse nell'ascoltarlo. Ritornò a volgersi verso il pezzo di specchio rotto, e riprese a canticchiare, controllando ogni singolo dettaglio della corona che reggeva tra le zampe.
Skipper avvertì la rabbia crescere dentro di lui con sempre più prepotenza. Si protese verso di lui, iniziano a gridare il suo nome per riottenerne l'attenzione.
- Non ignorarmi, dannazione! - esclamò. - Non hai vinto! Il trono non sarà mai tuo, perché Julien guarirà! Kowalski troverà la c... cura...!
Di colpo, avvertì di nuovo la testa girare. Aveva di nuovo un mancamento, e stavolta era decisamente più forte dell'altro, tanto che rischiò di cadere dal muretto. Serrò gli occhi, portando ambedue le pinne alla testa nel disperato tentativo di recuperare in fretta l'equilibrio.
Non fece a meno di pensare che era strano. Aveva sì perso sangue dalla testa, ma non così tanto da stare così. Vero? O era più grave di quanto avesse pensato? Non era un medico, questo era certo, però...
Socchiuse gli occhi, ricercando la figura del lemure rosso quasi con ansia. Avrebbe potuto attaccarlo: non doveva assolutamente abbassare la guardia e permetterglielo.
Ma lui ancora canticchiava, nello stesso posto di prima. Si volse lentamente nella sua direzione, trovando più importante lucidare la base della corona prima di rivolgersi nuovamente a Skipper.
- Giramenti di testa... preannunciano la vista offuscata, la spossatezza, e la nausea. Poi verrà la febbre... -. Allargò il suo sorriso, teso da una macabra nota di sadismo. - Sarà un piacere vederti ridotto ad una pezza, pinguino.
Skipper prese un profondo respiro, guardandolo in cagnesco mentre cercava di capire il significato di quelle parole. Perché aveva appena elencato una serie di sintomi? Erano gli stessi che aveva provato Julien, e li conosceva bene: diamine, lo stavano curando loro! Perché aveva voluto ricordar...?
Tutt'ad un tratto, capì.
Spalancò gli occhi, mentre le pinne si allontanavano dal capo, e i muscoli di esse si tendevano dalla rabbia e da un'improvvisa ansia.
- T-tu...! - sibilò. Clemson chiuse gli occhi, continuando a sorridere beato. Mosse la corona tra le zampe, prima di afferrarla con entrambe.
- Dì un po', sono curioso. - gli disse. - Senti un sapore metallico? Mi sono sempre chiesto che sapore abbia quel liquido.
Skipper lo guardava sempre più irritato, iniziando ad ansimare per la rabbia.
- Tu! - ripeté, quasi urlando. - Tu mi hai fatto ingoiare quella roba che hai dato a Julien!!
Clemson sghignazzò, e fu come una confessione servita su un piatto d'argento. Riaprì gli occhi, e li fissò sulla sua figura ansante e scossa dalla consapevolezza di essere stato giocato.
- Sei stato così bravo a mandarlo giù... - commentò. - Nella semi-incoscienza, sembravi un giocattolino nelle mie mani.
Skipper emise un verso gutturale, simile ad un basso ringhio, fissandolo con occhi ricolmi dell'ira più nera. Lo osservò saltare sulla piattaforma centrale, quindi sul trono, e infine girarsi verso di lui, la coda che si agitava senza tregua alle sue spalle, colta dall'estasi di quel momento tanto agognato.
- Pensi di potermi fermare semplicemente avvelenandomi?! - gli gridò Skipper, la voce sempre più combattente. - Non me ne starò fermo a guardare!!
- Meglio, pinguino, meglio! Il virus scorrerà in corpo più velocemente! Mi farai solo un favore!
Assottigliò le palpebre, sentendosi messo alle strette.
Non voleva lasciargliela vinta così. Non voleva arrendersi, e ritrovarsi succube di quel maledetto sorriso.
- Tu... - sibilò nuovamente. - Tu...!
- IO, pinguino, ho VINTO! -. Clemson allargò la bocca in una risata sadica e malvagia, che con sempre più potenza iniziò a scuotere il suo corpo. Appoggiò la corona sulla sua testa, sollevandosi sul trono con lo spirito di un guerriero che ha finalmente vinto la sua battaglia più importante. - Ho vinto! HO VINTO IO!!
Skipper tese i muscoli, nello sforzo di stare fermo, non agire in modo avventato. Aveva già commesso quell'errore, e non aveva intenzione di ripeterlo.
Spostò lo sguardo dietro di sé, ritrovando la figura di Maurice, Kowalski, Soldato, Rico, che non avevano osato avvicinarsi per interromperlo, e guardavano con risolutezza il lemure rosso. L'aye aye stringeva i pugni, le labbra serrate che formavano una linea dritta e combattiva; i suoi sottoposti cercavano l'autocontrollo, chi incrociando le pinne, chi pregando mentalmente un altro di tenerlo fermo.
Non volevano arrendersi neanche loro.
E lì, a metà strada tra l'habitat dei pinguini e l'infermeria, Mortino volse finalmente la testa, muovendosi a scatti, rivelando gli occhi lucidi ricolmi dell'ira più forte, le guance rigate dalle lacrime, e un'incredibile voglia di far cessare quella maledettissima risata pazzoide, che risuonava con prepotenza dello zoo.
Il pinguino li guardò qualche momento, gli occhi carichi e combattivi; e annuì quando dai cinque ricevette lo stesso sguardo.
No, Clemson non aveva ancora vinto.
Skipper tornò a fissarlo, trattenendo a stento la voglia di saltargli addosso, lì e subito, e riempirlo di pugni e calci.
Dovessi morire nel tentativo, pensò, tu non vincerai mai.
E come se il suo pensiero avesse attraversato l'aria, nell'ambulatorio veterinario Julien schiuse nuovamente le palpebre, e tornò a guardare il cielo.
E sorrise, nel vedere le stelle più brillanti che mai.




 
Ehi ehi ehi, JpegFluffy nelle note d'autore!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! <3 Era fermo da quasi un mese, e ho approfittato dell'improvvisa ispirazione che ho avuto stasera per completarlo.
Ci tenevo a postarlo il prima possibile! Anche se effettivamente, quelsto non è propriamente il mio miglior "prima possibile"...
Attenzione attenzione, Clemson ha conquistato il trono! Riusciranno i nostri eroi a fermare il suo piano malefico, ora che è quasi arrivato al termine?
In fondo, si sa: gli ultimi passi sono sempre i più complicati da fare...
O forse erano i primi?
Tra dubbi filosofici e tante tazze di té freddo al mio fianco, vi dò appuntamento al prossimo capitolo, sperando ovviamente che la storia vi convinca
a proseguire nella lettura! :3
Dai dai, che il prossimo capitolo dovrebbe essere molto più dinamico! <3
Grazie per aver letto! <3 See you soon~!

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