Oriental Tale

di Nerospirito
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La fine di un Era ***
Capitolo 2: *** Decisioni ***
Capitolo 3: *** La via della spada, la via delle ombre ***
Capitolo 4: *** Io sono una lama nel Buio ***
Capitolo 5: *** Una gravosa eredità ***
Capitolo 6: *** L' intreccio dei sentieri ***
Capitolo 7: *** Una tempesta si avvicina silenziosa ***



Capitolo 1
*** La fine di un Era ***


Oriental Tale cap.0

Quel giorno segnava la fine di un’ era: L’imperatore Tetsuya Nomunaga era deceduto durante la notte, lasciando un regno dilaniato dal malcontento e dalla fame senza un vero e proprio testamento, senza dichiarare un erede.
Eraqus Nomunaga era stato al suo fianco, da bravo figlio, ma tutto di quell’ingrato compito lo aveva disgustato.

L’ immensa stanza buia, che la flebile luce giallastra della candela posata sul comodino in legno rossiccio non sarebbe mai riuscita a illuminare completamente, faceva da perfetta cornice alla fine di suo padre, ma era anche una perfetta allegoria di quello che era stato il suo modo di governare: privilegiare i suoi nobili con regalie e benefici ignorando i reali bisogni del regno.
- Ora tocca a me, padre, e cambierò questo impero sporco e corrotto.- mormorò a denti stretti, mentre stringeva con delicatezza l’ ossuta e secca mano del vecchio imperatore.
“Anche a costo di radere al suolo questa reggia con tutti i suoi occupanti dentro.” pensò infine, mentre le ultime forze abbandonavano il corpo tormentato di Tetsuya.
Eraqus rimase qualche minuto a riflettere, inspirando l’aria infetta della stanza, intrisa dell’ odore dolciastro della malattia e di quelli acri e penetranti dei farmaci e degli impiastri che i “sapienti” avevano sperimentato sul loro signore, con l’unico scopo di ritardare l’inevitabile.

Presa la sua decisione, il giovane principe si allontanò dal letto di morte di suo padre e a passi larghi andò a spalancare le porte massicce, sul viso una maschera di granito e negli occhi l’ardore di chi si è prefissato uno scopo e che avrebbe fatto di tutto per raggiungerlo.
Le due guardie poste a vegliare sulla stanza dell’imperatore scattarono in piedi appena sentirono la porta muoversi e salutarono Eraqus mettendosi sull’attenti.
- L’imperatore è morto, diramate la notizia solo dopo esservi preparati a eventuali colpi di mano da parte dei nobili. E vi voglio pronti prima del sorgere del sole, sono stato vhiaro?-
- Si comandante!-

- Bene - annuì il principe: l’unica cosa di cui si fidava erano la sua spada e i suoi soldati, che gli avevano salvato la vita in più di un’ occasione.

La faccenda però era diversa, si stava sicuramente profilando una battaglia per il trono, e i soldi facevano gola anche ai soldati, trasformandoli da valorosi in assassini e mercenari. Avrebbe dovuto prepararsi al meglio per quando sarebbe arrivata la tempesta.

- E così.. alla fine il vecchio ha tirato le cuoia.. Questa sì che è una grande notizia. - Le labbra di Xeahnorth si distesero in un sogghigno malvagio e trionfante. Finalmente, dopo quasi dieci anni avrebbe potuto tornare a corte, tornare a casa, ma lo avrebbe fatto con la spada in pugno e la testa di suo fratello Eraqus che pendeva sanguinante nell’altra mano.
- Avanti, lucidate le armarture e oliate le spade compagni, si va a corte! - esclamò poi, alzando il pugno al cielo terso di mezzogiorno.
Tutte le mille e cinquecento  canaglie che componevano il suo gruppo mercenario, le famigerate Spade Nere, alzarono al cielo urla di selvaggia esultanza sognando sangue, saccheggi, urla e bottini al di là della loro immaginazione.
- Signori miei, è guerra. - concluse Xeahnorth, il principe esiliato.

Di nuovo nella polvere, come sempre. Come sempre Aqua si rialzò più determinata che mai, puntellandosi sulla spada di legno che le aveva fatto loro padre per festeggiare il compleanno suo e di suo fratello gemello Terra.
- Ah, Ah, Ah! Non mi dire che vorresti ancora diventare una guerriera, finisci sempre a terra, Sorellina -
la risata di scherno di suo fratello, anche se scherzosa e bonaria, le bruciava più della collezione di lividi che si guadagnava ogni pomeriggio, quando giocavano ai samurai.
- Certo! Diventerò una spadaccina bravissima, e viaggerò per difendere chi ne ha bisogno! - esclamò la ragazzina, rimettendosi in posizione.
- Come vuoi, ma non dire che non ti avevo avvertito! - Rise suo fratello, attaccando con un fendente secco.
Tante risate, lividi e lacrimoni, eccom come passavano i pomeriggi i due gemellini destinati un giorno a cambiare il volto del loro impero.
Non avrebbero mai potuto immaginare che quelle spade di legno un giorno sarebbero diventate spade vere, che i lividi sarebbero diventati cicatrici e che le lacrime per aver perso al gioco delle spade si sarebbero trasformate in lacrime per chi non sarebbe riuscito a sopravvivere alla battaglia…
Quelli erano ancora tempi di pace, e anche se pur poveri, i contadini dell’ Impero del Sole vivevano esistenze tranquille e tutto sommato piacevoli,
ma all’ orizzonte già si profilava la nube scura della guerra civile, che avrebbe messo amici uno contro l’altro in nome di una causa e di un erede al trono.

Urla e dolori atroci riempivano la modesta casa di Selene, urla che una donna si sarebbe lasciata sfuggire in una sola occasione..
- Un maschio! è nato un maschio! - esclamò la levatrice, con lacrime di gioia sul viso arrossato e sudato per il miracolo che aveva aiutato a compiere.
Nel velo delle lacrime, la donna potè solo vedere due enormi occhi del colore dell’ oro  fuso che la guardavano con innocenza. “gli occhi di suo padre..” pensò, prima di sprofondare nel buio del sonno senza ritorno..

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Capitolo 2
*** Decisioni ***


Oriental Tale cap 1(decisioni)

Nel villaggio, dove i gemelli Aqua e Terra vivevano tranquilli, ci fu un gran baccano fin dal mattino di quel giorno.
Una colonna di soldati a cavallo armati di tutto punto stava attraversando in quel momento la strada maestra, i vessilli del comandante dell’ esercito Eraqus, una tigre bianca in campo blu scuro, sbandieravano nella brezza come uccelli legati ad un palo e il rumore di tutti quegli zoccoli ferrati faceva tremare i muri di legno e le stuoia delle casupole degli abitanti.
Aqua, da sempre curiosa e sempre con quella passione per i combattenti che ben strana per una ragazza della sua età, la quale solitamente era impegnata solo nel lavoro con la madre che sognava balli e cerimonie.
Lei invece fin da quando aveva ricordo sognava di cavalcare nel vento e sulle strade polverose con il mantello da viaggio svolazzante e col fodero della katana che le sbatacchiava lungo la coscia sinistra, esattamente come suo padre: un samurai errante.
E come poteva allora, quella ragazza così appassionata, mancare la marcia del comandante in persona? Di certo non poteva, e quindi appena sua madre la perse di vista sgattaiolò fuori in strada e si mise a fissare ammirata tutta quella fila imponente di destrieri da guerra, tutti quegli uomini che cavalcavano fieri di chi erano e dei loro ideali.. E decise che appena ne avrebbe avuto l’età sarebbe entrata in quella compagnia, ad ogni costo, dimostrando che anche una donna ce l’avrebbe fatta a sopravvivere.
Quelle fantasticherie però ebbero vita breve, dato che sua madre aveva scoperto la sua piccola fuga e la stava riportando nella loro piccola locanda per una spalla con la stretta che solo una donna di campagna poteva avere mentre le faceva la tipica ramanzina sul fatto che ormai aveva quattordici anni, che non poteva più fare quello che voleva come da piccola e soprattutto che doveva smetterla con quella storia della guerriera e pensare a fare quello che una ragazza della sua età doveva fare.
La cosa peggiore era però il sogghigno perfido sul volto di Terra, appoggiato allo stipite della porta sul retro della locanda, con una zappa appoggiata lungo il sentiero in ghiaietto.
- Non eri a lavorare, tu? - bofonchiò Aqua, mollandogli un pizzicotto da fargli vedere le stelle.
- Auch! E tu? Non dovevi andare a lavare i piatti?! - la rimbeccò Terra, con un ringhio infastidito sulle labbra.
Odiava ammetterlo, ma questa volta suo fratello aveva ragione: con così tanti stranieri al villaggio, la locanda sarebbe stata quasi sicuramente piena..

Era stata davvero un’ ottima pesca quella, Vanitas ne era orgoglioso.
Stava infatti tornando verso casa con due grossi pesci di fiume legati sulla schiena e il coltello per slamare infilato nella cintura.
Il Sole era quasi tramontato del tutto, ma il cielo nuvoloso era ancora avvolto in riflessi rossi e arancioni.. Arancioni? C’era qualcosa che non quadrava per nulla in quei colori.. Corse a perdifiato su per la strada che portava al suo villaggio, inciampando e ferendosi le ginocchia con i sassi affilati, senza badarvi, ma anzi correndo ancora più forte, il cuore che impazziva per il terrore di ciò che avrebbe potuto scoprire..
Appena fu sulla sommità della collinetta erbosa che lo separava dal villaggio, capì che i suoi timori non erano sbagliati: Incendio, e banditi.. una scorreria.
Di nuovo raccolse le sue forze e corse, corse per andare a cercare l’anziana levatrice che lo aveva adottato dopo la morte della madre.
Il calore era insopportabile, il fumo acre gli stringeva la gola con dita invisibili e forti come l’acciaio. Nulla, la sua casa era bruciata, la donna era bruciata con la casa e il responsabile era ancora lì a guardare il rogo con espressione fredda e sprezzante, capelli bianchi al vento.
Fu in quel momento che per la prima volta Vanitas sperimentò l’ odio: una fiamma oscura, che bruciava dal profondo delle sue viscere e saliva amara e collosa sulla lingua, calda, salata e umiliante sul viso.

"Non ti ha visto, fallo. Starai meglio!" sussurró una vocina malevola nel profondo della sua mente. Uccidere era sbagliato.. Ma quell' uomo se ne era preoccupato quando aveva appiccato fuoco al villaggio?

Lui se ne sarebbe preoccupato dopo, ora doveva solo far per placare il suo odio, quella sensazione schifosamente piacevole...
Senza nemmeno avvertire più il dolore ne la fatica, sguainò il coltello da pesca e si lanciò urlando contro l' uomo dai capelli candidi.
Xeahnorth fermò il patetico attacco del ragazzo a un metro dal viso, sicuro che era un ragazzetto odioso come gli altri, frignante e arrabbiato.
Un bruciore improvviso sulla guancia sinistra e la sensazione di tiepida umidità gli rigò il volto. Lo aveva colpito lanciando il coltello un attimo prima di essere afferrato? Quel bambino aveva talento, forse poteva essergli utile in futuro; ucciderlo sarebbe stato uno spreco.
- Bastardo, lasciami andare! Giuro che ti amma..- Un poderoso manrovescio da parte dell’uomo  lasciò Vanitas impietrito, stupito, scandalizzato.
- Bene, vedo che ti sei zittito. Ora ascoltami bene: questo è un mondo di lupi e di pecore, bimbo.. loro erano le pecore, noi siamo i lupi, e anche tu. Vieni con me, ti insegnerò come diventare imbattibile: nessuno potrá piú sbarrarti la strada, se mi obbedirai.Ormai non hai piú nulla da perdere, o mi sbaglio? - la voce dell’ uomo era diretta e dolorosamente vera: il villaggio in cui viveva era fatto di deboli piegavano la testa alle imposte e ai soprusi sempre crescenti dei membri dell’ esercito, che di volta in volta avevano portato via tutto.. No, non voleva essere debole mai più, anche se gli sarebbe costato fare un patto con un demone, e quell' uomo un demone lo era, anche un bambino come lui lo avrebbe capito...
Vanitas si asciugò quindi le lacrime e strinse la mano dell’ assassino della donna che aveva chiamato madre, col cuore pesante. “Un giorno ti ucciderò, ma fino ad allora.. insegnami tutto quello che vuoi: ti ringrazierò adeguatamente”, pensò.

Iniziò da quel giorno ad alimentare i fuochi bui generati da Xeahnorth nel profondo del suo cuore,  consapevole che il suo essere bambino cessava quel giorno, ad appena undici anni.

Di lí a breve, il mondo delle tenebre e della guerra lo avrebbe inghiottito: nell' abisso profondo del suo cuore, dove l' amore del luogo che chiamava casa non era mai arrivata, Vanitas si sentí finalmente libero...

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Capitolo 3
*** La via della spada, la via delle ombre ***


Oriental Tale cap 2 (la via della spada; la via delle ombre)

Entrato da appena due anni nella compagnia delle Spade Nere, Vanitas stava velocemente scalando i ranghi, dimostrando a Xeahnorth che aveva fatto una buona scelta a prenderlo con lui.
Non che ne avesse avuta molta di scelta, perchè chi non si dimostrava all’altezza del nome della brigata al primo fallimento vedeva la sua testa rotolare nella polvere..
Vanitas passava tutto il tempo con Shu Kitake e l’addestramento che gli impartiva era estenuante: il Maestro assassino precedente, che era ormai troppo avanti con gli anni per essere efficiente nei suoi incarichi, gli impartiva ogni genere di insegnamento, da ore di lettura sui libri di storia e scrittura fino alla temuta scienza dei veleni. Quell’uomo era l’unica persona che il principe trattava con rispetto, ma non perchè ne avesse timore, solo perchè lo aveva sempre servito bene..
E quanto era diabolico quel vecchio.
Non passava giorno senza che Vanitas sanguinasse, perchè il suo primo insegnamento era stato “la pratica prima di tutto”, Il che si tramutava in lotta corpo a corpo all’ultimo sangue, maratone mattutine attorno al campo base e soprattutto caccia ai veleni.
A proposito di questo, una settimana prima era stato morso da una vipera nel boschetto che forniva la maggior parte delle loro sostanze, ed era stata un’ esperienza che non si sarebbe sognato di ripetere mai più, visto che il suo Maestro aveva nascosto l’antidoto e gli aveva detto “Arrangiati: è la risorsa migliore una volta che sarai sul campo.”.

Cosí, era stato lasciato a se stesso a cercare la fiala di antidoto, con gli effetti del veleno che progredivano velocemente. Partendo da un dolore acuto sull' avanbraccio infiammato e gonfio, nel giro di una ventina di minuti Vanitas si era trovato a barcollare, con le giunture indolenzite e la mente ottenebrata dal dolore e dal veleno, per la baracca del Maestro. Per fortuna era stato ancora abbastanza lucido da ricordare quali sostanze avrebbero neutralizzato le tossine, quando si aggrappò alla dispensa dei veleni per salvarsi la testa da un cedimento delle ginocchia.

"Avevo davvero rischiato di morire quel giorno.." pensò, guardando il soffitto in legno muffito illuminato da lame di luce aranciate che filtravano attraverso le imposte in legno. Anche quel giorno era trascorso e lui era ancora vivo.. Doveva esserne felice? Non che gli importasse piú di tanto alla fine.. Vivo o morto non sarebbe dispiaciuto a nessuno di quella marmaglia.. Forse solo al suo maestro, dovette riconoscere: lo sguardo che aveva quando vide come si era salvato dal veleno era indiscutibilmente d' orgoglio..

"Ma che sto pensando, anche a quel vecchio non importa un accidente.." eppure per quanto duro, non lo aveva mai davvero abbandonato. Piú che un maestro, sembrava essere quasi diventato una figura paterna per il ragazzo: sotto la sua guida aveva imparato molto sulla natura e aveva imparato a difendersi e attaccare.. Avevano bevuto assieme,erano andati a caccia, a pesca e avevano spesso fatto a botte col resto dei soldati.. Ma Vanitas sapeva che di lí a poco ci sarebbe stato il suo battesimo: il giorno prima, camuffando la sua presenza, aveva origliato una discussione fra il suo mentore e Xeahnorth, che lo riteneva pronto per il suo primo incarico in solitaria, contro un loro disertore che era corso da Eraqus a cantare e si era poi nascosto in un fortino nobiliare sulle colline. Il suo maestro ne aveva parlato con lui quella sera stessa, esprimendo la sua preoccupazione sul fatto che potesse essere troppo presto per lui.

" Non si preoccupi, assicuri a lord Xeahnorth che si può fidare di me"

Ricordò di avergli risposto, magari in modo insolente. Con un sospiro seccato, l' anziano assassino aveva lasciato correre, ma quella mattina si era alzato e la lama di una spada corta pendeva sulla sua testa: se non se ne fosse accorto ci avrebbe rimesso un occhio.

La prima frase che gli aveva rivolto il vecchio fu "Forse te la puoi cavare". Lo aveva lasciato comunque a digiuno, per cui Vanitas si rigirò nel letto e si costrinse ad addormentarsi.

Aqua adorava le nottate estive: la brezza che spazzava morbidamente i lunghi fili d' erba e le spighe trasformando le pianure in un immenso oceano verde e oro, il frinire dei grilli nel silenzio e lo stupendo cielo nero trapuntato da una quantitá infinita di stelle sopra di lei le donavano una profonda e lucida serenitá.

Adorava stendersi sull' erba e immaginare, fantasticare, sognare e perdersi nel mare d' erba.

Uno scalpiccio di sandali ruppe il suo sogno cavalleresco.

- Che cosa c' è? - domandò, lasciandosi sfuggire un sospiro, infastidita dall' intrusione nella sua piccola fuga dalla realtá.

- Nulla, solo che mi chiedevo perchè stai preparando i bagagli in gran segreto.. Dove vorresti andare? - la voce dubbiosa e preoccupata di Terra ruppe definitivamente la piccola magia della notte.

Aqua si alzò a sedere in un leggero frusciare della veste che aveva addosso, leggera eppure rigida, fatta per durare.

- Non ce la faccio piú a vivere qui, senza emozioni... Voglio andarmene. - dichiarò al fratello, guardandolo negli occhi del suo stesso profondo blu.

Terra le sorrise comprensivo, prima di sedersi di fianco a lei.

- Ti capisco sorellina, ma che farai poi, dove andrai? Hai solo sedici anni! - ridacchiò, strapazzandole i capelli blu con affetto.

- E allora? Sedici anni: sono una donna fatta ormai. E poi anche tu hai sedici anni, non darti arie da adulto.- borbottò la ragazza offesa, spostando lo sguardo verso l' orizzonte piatto e nero. Sospirò di nuovo. - Ma per te è diverso, fratello mio: tu sei un uomo.- disse poi, scrollando le spalle.

- Vuoi unirti alla legione di Eraqus, vero? Lo immaginavo, ci pensi da quando è entrato alla locanda..- .

Era vero, ci pensava esattamente da quel giorno: il comandante dell' esercito era un eroe, un nemico del caos e le aveva detto lui stesso che lei sarebbe stata un grande guerriero, se il tempo sarebbe stato diverso.

- Sí, voglio unirmi alla sua guardia. Voglio andare nella capitale. -

- E allora vengo con te: da sola ti faresti ammazzare all' istante. -

Aqua rise di cuore, spostandosi i capelli blu dagli occhi con un gesto leggero, femminile. Uno dei pochi gesti graziosi che non era stata costretta a imparare.

- Sbruffone.. Grazie fratello mio - .

- Tranquilla, ma ora rientriamo, o mamma ci sbatte a pulire le dispense a vita.- ridacchiò il ragazzo, stiracchiandosi e alzandosi in piedi, prima di spolverarsi gli abiti dalla terra.

Tornarono verso casa nel silenzio piú assoluto, cercando di non svegliare i genitori che si erano addormemtati presto, stravolti dal lavoro.

Avrebbe fatto male salutarli, pensò Aqua, ma non riusciva a restare incatenata a quel posto: sentiva che la sua strada era quella del viaggio e della spada. Lo sentiva nel profondo.

Angolo autore: Bene Bene.. se siamo arrivati fin qui, direi che anche per questa volta vi devo salutare, e mi dispiace! Anyways, ringrazio chiunque abbia letto questo capitolo, davvero è bello sapere che le mie storie piacciono!
Ma ora le cose importanti: a dispetto del mio solito, Oriental Tale uscirà almeno una volta a settimana, spero tra domenica e mercoledì, ma non escludo un doppio appuntamento o un ritardo per forza maggiore (T.T comprendetemi…) . Per finire, un RINGRAZIAMENTO SPECIALE a Trisha_Elric, che ha accettato l’ingrato compito di farmi da beta reader per Oriental Tale e Bigboss2012, che mi segue da quell' abbozzo due capitoli fa e continua a recensire. Grazie infinite dei suggerimenti !

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Capitolo 4
*** Io sono una lama nel Buio ***


Oriental Tale cap.3 (Io sono una lama nel buio)

E cosí per Vanitas venne il giorno del suo battesimo di sangue: il primo incarico da svolgere in solitaria, dalla pianificazione alla fuga. La preparazione del colpo gli occupò una intera settimana tra appostamenti e raccolta di informazioni.

Il suo "morto", come Shu chiamava i bersagli da eliminare, era  un disertore che aveva occupato i piani alti della brigata delle Spade Nere e ora era scappato da un nobile schierato apertamente dalla parte del comandante Eraqus e di media influenza ma con i forzieri strabordanti d' oro che usava per supportare l' esercito nella guerra civile. Xeahnorth aveva ordinato la sua eliminazione e il maestro di Vanitas aveva colto l' occasione, se pur con qualche dubbio sulla preparazione dell'allievo.

La prima volta che il ragazzo era arrivato nella cittadina in cui quel nobile viveva era rimasto affascinato dalla quantitá di gente che si affaccendava per le vie e sulle bancarelle del mercato, stracolme di qualsiasi tipo di merce,preziosa e non.  Ma man mano che avanzava diretto ai quartieri piú alti dove risiedevani i benestanti, Vanitas iniziava ad accorgersi che quella realtá cosí diversa da quelle che aveva sperimentato non era cosí magnifica come appariva: agli angoli delle strade, in mezzo ai rifiuti dei cittadini si ammassavano mendicanti e poveracci di ogni genere, i ladruncoli e i monelli di strada, a cui si sentí in qualche modo vicino barattavano ogni minuto la propria vita per un pezzo di pane o un frutto rubandolo ai mercanti e scappando nei vicoli. "Sarei potuto diventare uno di loro, forse.. " si ritrovò a pensare, scacciando subito dopo quell' idea: era lí per uccidere, non per compatire. Si costrinse a non guardare lo squallore nascosto e proseguí sulla sua strada, sistemandosi il parasole in modo da nascondere gli occhi dal colore inusuale.

Arrivato nei quartieri dei ricchi però dovette iniziare a fare affidamento sulla furtivitá affinata durante gli addestramenti, perchè pochi isolati dopo la prima residenza lussuosa per poco non incrociò una coppia di guardie di ronda, armate con picche dalla lama che scintillava minacciosa al sole. Cosí di ombra in ombra il ragazzo, vestito di stracci per procedere ignorato nella folla, continuò pazientemente la sua ascesa fino all' enorme villa dove era rifugiato il suo "morto". Alla vista delle mura difensive, decorate da tegole in cotto marrone e un imponente cancello in legno di quercia, rinforzato da pilastri e contrafforti, un sorriso beffardo e divertito affiorò sulle labbra di Vanitas.

-Ora inizia il difficile.. - sussurrò tra sè, mentre lasciava a terra il mantello e il parasole, prima di arrampicarsi con agilitá sul muretto contro cui era schiacciato per nascondersi alle guardie. Di appiglio in appiglio, incastrando le dita nelle imperfezioni del legno o nelle fessure tra i mattoni, aggrappandosi ai davanzali e sui doccioni, in una manciata di minuti era sul tetto di una delle villette che contornavano il parco della tenuta nobiliare. Lí si concesse un paio di minuti di riposo, sdraiandosi a cavallo del tetto, ma se ne pentí quando il coccio arroventato gli ustionò la pelle e lo costrinse a mordersi un braccio per evitare di urlare. La posizione non era delle piú comode, ma la vista da lí era discreta e gli permise di osservare e memorizzare gran parte dei sentieri del piccolo parco e il percorso delle ronde esterne, ma per capire come e dove colpire avrebbe dovuto escogitare un trucco per entrare.

Dopo tre ore di appostamenti dai tetti, si decise a tornare nella cittá bassa per incontrare il suo maestro, come concordato.

 Shu Kitake aveva una rete di informatori cosí estesa che si diceva avesse orecchie perfino nella camera dell' imperatore; infatti era stato lui a dare la notizia della sua morte al principe esiliato, ed era sempre stato lui a organizzare la guerriglia che finora era costata cosí tante vittime all' esercito regolare ed inoltre, Vanitas ne era certo, aveva un paio di rifugi in ogni cittá e paesino dell' impero, corredati di arsenale e dispensa dei veleni.

Proprio in quel momento, Vanitas e Shu stavano discutendo sulle prossime mosse da fare e su quali armi utilizzare attorno a un tavolo su cui era spiegata una rozza mappa della tenuta. Vanitas voleva provare con un mix di tossine ideato qualche giorno prima, ma il maestro era decisamente contrario.

- Ma per quale motivo non volete farmi provare? - chiese il ragazzo per l' ennesima volta all' anziano avvelenatore, che in quel momento stava frugando in un grosso baule di quercia.

- Stupido! Non hai ancora provato quella brodaglia sugli animali, come vuoi sperare che funzioni come credi sugli esseri umani? - borbottò alla fine l' uomo, sbattendogli davanti un pacco di carta di riso morbido e interessante.

-Che roba è? - domandò il ragazzo, leggermente stizzito per essere stato rimproverato cosí dal maestro, prima di esaminare il pacco con accortezza, immaginando un trabocchetto.

-Qualcosa che ti aiuterá a restare vivo. Ora indossalo e preparati, iniziamo l' allenamento di oggi.-

Bofonchiò bisbeticamente l' uomo, prendendo dal baule due spade corte decorate con una coppia di nastri rossi su entrambi i pomi delle else e con uno strano incavo a V a sei dita dalla punta della lama, sul lato non affilato. Nel complesso erano armi particolari, poco usate nell' impero perchè considerate poco onorevoli: la tacca sulla lama serviva a bloccare le spade avversarie, i nastri a distrarre i combattenti.

- Quelle le detesto.. - sbuffò il ragazzo, prima di osservare la divisa da paggio che conteneva il pacco, oltre a una piú adatta tuta nera, rinforzata con placche in cuoio nei punti vitali. Non era completamente nera, in realtá, ma screziata di vari toni di grigio e blu scuro, il che rendeva difficile individuare chi la indossava nel buio. Ed era stata fatta su misura per lui.

-Questa sí che mi piace, invece.. Arrivo subito maestro- e cosí dicendo, andò a indossarla con un sorriso compiaciuto: gli stava perfettamente e non gli impediva in alcun modo i movimenti, inoltre gli sembrava come se fosse un' altra pelle: anche le protezioni erano flessibili come il resto del tessuto. Un istante dopo erano faccia  a faccia, Vanitas con la sua arma preferita, una daga a doppia lama, e Shu con quella strana coppia di spade, entrambi con i nervi tesi e i sensi in allerta: sarebbe bastato fare un passo falso e l' avversario avrebbe avuto un vantaggio enorme, perchè in quei due anni di allenamento, Vanitas era quasi arrivato ad anticipare i riflessi del mentore. Si lanciarono uno contro l' altro frontalmente, per poi scartare entrambi verso destra all' ultimo e cercare l' affondo della lama. Fallito,contrasto, Vanitas si trovò una delle lame alla gola.

-Quando l' avversario usa una doppia arma, aspetta a colpire e cerca una falla nella sua difesa, una ci sará prima o poi.- gli disse il maestro, rimettendosi in posizione. Finirono con due duelli su tre vinti da lui, ma nell' ultimo Van era riuscito quasi a "vedere" il colpo che lo avrebbe sconfitto e a rivoltarlo contro il vecchio, che si complimentò e lo spedí in missione. Per l' incarico Van scelse un veleno creato dal maestro, un mix di belladonna e uno strano fungo scuro, molto potente come neurotossina, pigiò i batuffoli di cotone all' interno della speciale lama da avvelenatore e dopo averlo infoderato e assicurato al fianco sinistro, si dedicó agli ultimi preparativi: mise un carboncino nella tasca sul retro della cintura e una fiala extra di veleno nascosta all' interno della manica, in un minuscolo alloggiamento che ospitava anche uno o due aghi lunghi sette centimetri. In una sacca anch'essa nera come il completo mise l'abito  che avrebbe usato per mimetizzarsi nel palazzo e raggiungere la camera del disertore come uno dei servi; sulla carta era facile, ma bastava aver sbagliato uno dei percorsi di ronda che rischiava la pelle per davvero.
Muoversi nei vicoli della città povera fu quanto mai semplice e il ragazzo ne approfittò per provare qualche tecnica furtiva sui tetti o nelle ombre dense del crepuscolo inoltrato: quando arrivò alla tenuta bersaglio, infatti, la luna era alta nel cielo e bagnava tutto il parco della villa con un forte riverbero argentato, che riduceva di parecchio le sue possibilità di mimetizzarsi. Vanitas sbuffò infastidito, scrutando i camminamenti lungo le mura in cerca di guardie: ce ne era solo una, e sembrava il classico gorilla addormentato, appoggiato al muro.
Con un sorrisetto beffardo gli sgusciò praticamente tra le gambe e ed era già in mezzo ai cespugli, correndo a testa bassa e respirando a pieni polmoni l’aria fresca della notte: non sapeva perchè, ma c’era qualcosa in quelle notti di luna piena in cui si sentiva vivissimo, onnipotente.
Ma la notte stessa scivolava via rapida tra le dita e lui non aveva tempo fino al mattino per completare il suo compito: con lo spuntare del sole la sua bella tuta nera sarebbe stata la sua condanna, come un campanaccio appeso al collo.
In una manciata di minuti era all’ombra del muro della magione, in un punto cieco delle ronde di guardia. Si sedette sull’erba e, dopo aver rovistato nella sacca, tirò fuori il suo camuffamento e lo infilò rapidamente prima di nascondere la sacca in un cespuglio dalle frasche larghe e sufficientemente dense da nasconderla.
Se non aveva studiato male la planimetria della villa poco più avanti doveva esserci la sua entrata speciale: una finestra che dava sulla depandance, sempre aperta perchè il padrone non si era mai curato di ripararla. Silenzioso come un’ ombra Vanitas sgattaiolò quindi alla finestrella e l’aprì con estrema lentezza, prima di scalare il muro e infilarcisi come un gatto.
Era dentro, metà del lavoro era stato fatto, ora gli mancava solo trovare quel tizio, eliminarlo e scappare dalla prima finestra aperta sui tetti delle case vicine e da lì fino al rifugio.
Dopo aver ripassato mentalmente il piano, si diresse fuori dalla stanza e per i corridoio della villa, cercando di mantenere il distacco di fronte a tutte le opere d’arte e gli oggetti raffinati che costellavano pareti e mensole ovunque girasse lo sguardo. C’era ancora gente che girava per la villa, ma come previsto non lo degnavano di uno sguardo come lui non osava alzare il suo su di loro.. e tutto filò liscio fino a quando, alla fine della scalinata che portava al lato superiore, in una teca, vide qualcosa di magnifico: una daga dalla lama estremamente incurvata, quasi fosse una mezzaluna, inguainata per metà della sua lunghezza in un fodero di legno nero impreziosito da sei lapislazzuli incastonati e di grandezze differenti, che dalla più grande sul pomo della lama si rimpicciolivano fino alla punta del fodero. Sulla lama di un nero profondo erano incisi gli ideogrammi che componevano il nome “Luna Crescente”.
Qualla lama lo aveva chiamato dal primo sguardo, ma non perchè era bella e preziosa, era qualcosa di più intenso e profondo e.. familiare: in qualche modo ricordava la sensazione di avere quella lama tra le mani, come se l’avesse giù usata… Il richiamo di Luna Crescente fu così forte che Vanitas la prese senza quasi rendersene conto. Inconsciamente decise che quella era la Sua arma, destinata a lui per il suo futuro.
La camera del disertore era infatti in cima alle scale e dalle porte provenivano rumori e suoni di chiarissima origine. Aprendo la porta e sgattaiolando dentro, Vanitas vide l’uomo, un energumeno dai capelli brizzolati, completamente preso dall’arduo compito di cavalcare una delle servette della villa. Che peccato, pensò, dover interrompere quella complicata esperienza.
In punta di piedi arrivò fino al letto senza essere notato, ma quando estrasse la daga ricurva per uccidere lo scintillio delle gemme attirò su di sè l’attenzione della ragazza, che cacciò un urlo acuto, rannicchiandosi nelle lezuola umide di sudore e liquidi.
Il disertore si voltò, più seccato che sorpreso e menò un pugno al volto del suo assalitore, ma Vanitas non era certo stato allenato per essere preso in pieno da un attacco lento come quello: si abbassò di scatto e con un balzo secco fu oltre le difese dell’uomo.
Vide come a rallentatore la lama di Luna Crescente mordere la carne dell’uomo e farsi strada nella sua gola con estrema facilità, troncando la trachea, i legamenti e uscendo finalmente dalla parte opposta, dopo avergli quasi staccato la testa.
Un istante dopo una fontana di sangue scuro e bollente inondò lui, le lenzuola e la ragazza, che ormai non aveva nemmeno più la forza di gridare: se ne stava lì, attonita e tremante a guardare Vanitas con gli occhi neri spalancati e dilatati, il respiro praticamente inesistente, probabilmente domandandosi perchè avevano mandato un ragazzino di tredici anni a uccidere un uomo come quello.
Il ragazzo dagli occhi dorati, nel fattempo era stato intrappolato in un sogno a occhi a occhi aperti che durò una manciata di secondi ma che per lui furono un’ eternità: In un vuoto di oscurità rossastra in cui lui affondava, una figura maschile sospesa e avvolta in una fredda luce argentea gli tendeva la mano fasciata in un guanto bianco, alla sua cintura era appeso il pugnale che Vanitas aveva rubato e sotto i lunghi capelli corvini, due occhi dorati lo squadravano assieme a un sorriso compiaciuto.
Il tempo di udire le parole “Ti ho aspettato a lungo, figlio mio” e fu di nuovo catapultato nel mondo reale, lavato di sangue.
- C-Chi.. chi sei? chi ti man.. manda?- balbettò la ragazza, cercando di nascondersi al meglio nel lenzuolo per non mostrare le nudità al sicario bambino.
Il sorriso senza allegria di Vanitas e gli occhi spietati del colore dell’ oro le gelarono di nuovo il sangue nelle vene.
- Io…? Sono la paura, sono l’odio, sono la solitudine.. Io sono solo una lama nel buio -.

Luna Crescente bevve di nuovo sangue quella notte, e fu il silenzio, immobile, teso e pesante ad accompagnare i passi di Vanitas verso la finestra e poi nel vuoto, fino a casa.
Silenzio per le strade e Silenzio nel cuore: la sua unica testimone fu la Luna piena, e la Luna fu orgogliosa del primo passo del suo unico discendente tra i mortali verso la strada delle ombre.

Di Nuovo alla fine del capitolo, questa volta lungo e corposo: Infatti l’ho finito appena in tempo u.u
Come sempre ringrazio chi segue la mia storia con entusiasmo o solo pura curiosità e invito a recensire, perchè mi piace sapere che ne pensate!
Questa volta poi il lavoro della mia Beta Reader, Trisha_Elric (Seguitela, è bravissima ;3 ) è stato un po’ più lungo del previsto eheh.. sorry <3
Per chiudere in bellezza, annuncio che il prossimo capitolo sarà incentrato sulla fuga dei gemelli e sul loro reclutamento.. finalmente la storia entra davvero nel vivo! come sono emozionato *-*

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Capitolo 5
*** Una gravosa eredità ***


Oriental Tale cap.4 (Una gravosa ereditá.)

Il frinire dei grilli e la frescura della prima sera non erano affatto di conforto ad Aqua in quel momento. Immersa nell' acqua calda, fino al mento, stava rimuginando sugli eventi di quel fatidico pomeriggio.

Pensava di aver nascosto per bene i bagagli, di essere riuscita a cancellare ogni traccia dei suoi piani di fuga e di arrivare abbastanza lontano per essere cercata. Aveva perfino giá scritto una lettera d' addio ai genitori. Purtroppo gli dei non si erano affatto schierati dalla sua parte, ma anzi, erano ben decisi ad ostacolarla: tra una faccenda e l' altra era arrivato il periodo del raccolto e con esso i viandanti e gli artisti di strada, i mercanti e i ronin. La loro famiglia era sempre sfinita dal lavoro nei campi e di conseguenza nemmeno un viaggio regolare sarebbe stato salubre in quelle condizioni, per non parlare di una fuga clandestina. A rincarare la dose ci pensarono le carovane, che portavano le notizie da tutto l'impero: il conflitto che proseguiva da almeno cinque anni era dilagato a macchia d' olio e ora tutto l' impero era infettato dalla guerra e viaggiare non era piú sicuro per nessuno, senza contare che molte terre erano state abbandonate per scappare alla carneficina o arruolarsi da una parte o dall' altra, quando non venivano distrutte dalle scorribande di entrambi gli eserciti. Per Aqua queste erano notizie amare  ma lontane, quello che la preoccupava maggiormente era stata la crisi nervosa della madre quando aveva scoperto i preparativi che la ragazza stava ultimando per la fuga da casa. Inutile dire che quella sfuriata era subito sfociata in una litigata tremenda in cui Aqua e sua madre urlavano sempre piú forte tra lacrime di rabbia o di esasperazione. Urlavano spesso da quando Aqua si era fatta adolescente ma mai quanto quella volta: quando la ragazza aveva sputato in faccia alla madre la sua idea assurda di arruolarsi nell' esercito, lei si ammutolí, lo spettro della paura negli occhi, prima di tornare ad attaccarla mescolando rabbia e pianto.

"Certo, ha paura di perdere entrambi sui campi di battaglia, prima di tutto, poi c' era la questione dell' onore famigliare.. " D' altronde chi avrebbe mai preso in moglie una donna che impugnava la spada come un uomo?

Ovviamente ad Aqua importava in modo relativo, il matrimonio non era al primo posto nella lista dei suoi desideri: mettere su famiglia le avrebbe impedito di viaggiare, di conoscere, di vivere le proprie emozioni.  Sospirò rannicchiando le ginocchia al petto e cingendole con le braccia. "Non posso certo biasimarla" pensò poi, sorridendo amaramente, accarezzandosi le spalle nude, sentendo la peluria rizzata sulle braccia e sulla nuca a causa della tensione.

Il momento peggiore della discussione fu l' intervento di suo padre: schiantò i pugni poderosi sul legno duro del tavolo e il boato che ne uscí scosse i muri della casa, zittendo all' istante sia lei che la madre. Aqua non lo aveva mai visto cosí furioso, cosí truce in volto, un volto raschiato dalle intemperie, dal Sole e dall' avventurosa vita di gioventú. Ma i suoi occhi.. quando nel timore generale si erano fissati su di lei, nel profondo delle pupille scure Aqua vide una furia senza eguali: la furia di un uomo ferito nell' orgoglio e nel cuore. "Vuoi azzardarti a sfidare la tua famiglia? Vuoi ferire tua madre e gettare disonore su tuo padre? Tu non capisci cosa stai chiedendo!" le ringhiò contro, stringendo i pugni dolorosamente. "Vuoi andartene? Cosí sia! Ma prima di lasciare questa casa dovrai dimostrarmi che sarai in grado di tornare viva da questa guerra inutile!" le sbraitò contro, prima di uscire dalla cucina come una furia. Dopo due minuti di inquietanti sferragliamenti l' uomo tornò di nuovo da loro con la sua arma infoderata, che gettò in grembo ad Aqua con un ringhio furioso: lo aveva davvero fatto infuriare.

"Preparati e va a metterti in guardia! Vuoi essere una guerriera? Bene! Impugna la spada e sfidami, perchè solo una spada decide il destino di un guerriero!".

Ma lei non era andata in cortile, si era rifugiata in bagno, nell' acqua calda a piangere e tremare, conscia che in ogni caso da quella situazione ne sarebbe uscita mutilata: se avesse perso, cosa assai probabile, avrebbe dovuto vivere come una brava ragazza in età da marito, ma se anche avesse vinto il duello avrebbe perso la sua famiglia... Guardò Fiore d'Autunno, la spada di suo padre, chiusa nel fodero color miele.. Perchè doveva fare una cosa del genere..? Non aveva importanza, doveva farlo, per il suo futuro.

L' acqua si stava ormai raffreddando, cosí decise che era arrivato il momento di sciacquarsi le lacrime e uscire da lí ad affrontare le proprie scelte. Sospirò, sentendosi debole, inutile e inquieta, ma uscí dalla vasca in pietra dura e si asciugò velocemente, mettendosi addosso un abito corto.

Infilò Fiore d'Autunno alla cintura e uscí sul retro della casa. Spirava un venticello tiepido, ma carico di minacce. Suo padre se ne stava ritto di fronte a lei: sembrava suo fratello gemello da adulto, massiccio e possente. La ragazza ricordava che da giovane aveva servito l' impero, prima come soldato e poi come guerriero libero, viaggiando in lungo e in largo tra cittá e paesi come giustiziere e cacciatore di taglie, offrendo anche ogni genere di aiuto in campagna o protezione alle carovane. Alla fine aveva accumulato abbastanza oro per sistemarsi, con un campo e la loro taverna, ma non aveva mai perso l' amore per la spada e si esercitava ogni mattina, prima del lavoro.

E lei doveva affrontarlo e vincere per poter seguire i suoi desideri.

L' uomo si mise in guardia con il saluto tipico del Bushido, la via della spada, che Aqua si affrettò a ricambiare. Brandiva come arma il manico nodoso di un vecchio forcone sfasciato che non avevano mai riparato, con gli occhi castani che ardevano nel buio notturno che aggrediva i bordi del cono di luce della lanterna appoggiata su un ceppo che usavano per la legna da ardere.

Una visione che incuteva timore a chiunque, ora a lei molto piú che ad altro, ma la ragazza si costrinse a sguainare la pesante katana con un movimento fluido, nonostante si sentisse un coniglio tremante di fronte a una tigre pronta a balzare.

L' affondo dell' uomo partí troppo veloce, troppo potente per essere parato. Un passo a sinistra, una piroetta : la lama di Fiore d' Autunno morse l' aria sibilando, ma incontrò il bastone troppo presto. L' impatto schioccante riverberò nelle braccia di Aqua togliendole la sensibilitá, tuttavia la ragazza strinse i denti, balzò indietro e tornò ad attaccare con fendenti rapidi, riuscendo dopo un paio di tentativi a sfruttare in modo efficace il peso della lama e la rotazione che quel peso comportava; abituandosi in breve a sopportare gli urti  che le toglievano sensibilitá.

Doveva ammetterlo, sua figlia era nata per la battaglia: il modo in cui si muoveva, come bilanciava il peso della spada e come attaccava in modo selvaggio,  tutto cio era indice di un istinto per la lotta.. Di un destino con la lama in pugno e il sangue sulla pelle. Ciò lo rendeva triste, e preoccupato: quella spada si nutriva di emozioni e se Aqua fosse stata destinata a romperne il sigillo..?  Si era stancato dei "forse" e dei "se": finora aveva giocato solo in difesa, ora sarebbe passato all' attacco. Non doveva farle male, solo disarmarla per vincere.

Mentre la figlia interrompeva il flusso di attacchi per respirare e riprendere un po' di fiato e sensibilità fece la sua mossa: balzò in avanti, con un fendente diagonale dal basso verso l' alto. Aqua balzò indietro.

Il secondo attacco arrivò calando dall' alto, accompagnato da un grido di guerra ferino e violento. La ragazza vide il manico nodoso piovere addosso a lei quando ancora non aveva recuperato una posizione stabile per saltare ancora: doveva parare. Lasciò che il manico del forcone impattasse sul piatto della lama, tenuta ferma con la destra per l' impugnatura e il palmo sinistro appoggiato appena dopo la metá.

L' impatto fu tremendo, da farle tremare ogni singolo osso.

Un dolore sferzante le attraversò la mano sinistra: quell' attacco violento aveva fatto scivolare la presa sul palmo sudato e il filo di Fiore d' Autunno le aveva scavato un solco scarlatto nella carne del palmo, tingendo l' acciaio di rosso

Cadde in ginocchio sotto la forza brutale delle braccia di suo padre, il braccio sinistro umido, dolorante e pulsante. Strinse gli occhi e i denti, tirandosi in piedi conscia che se fosse caduta ancora il suo futuro sarebbe stato tra quattro mura...

L' anziano guerriero sospirò mentre osservava la figlia rialzarsi, non senza sentirsi gonfio d' orgoglio per il coraggio e la forza interiore che Aqua stava dimostrando in quel momento. Lo faceva soffrire doverle tarpare le ali, ma c' erano in gioco l' onore famigliare e, cosa piú importante, la vita stessa della ragazza. - Lascia perdere, Aqua.. Torniamo in casa e dimentichiamo quasta sciocca follia, per favore.. - le disse, guardandola negli occhi, imprimendosi bene l' espressione sul suo viso. Era esattamente quella che lui sapeva di avere prima degli scontri piú cruenti.

"Lasciare perdere...? Nemmeno morta." pensò Aqua, stringendo la presa sull' impugnatura lunga di Fiore d'Autunno, senza sentire nepure il dolore e nemmeno le lacrime che le inondavano il viso. Sentiva solo il grido di rabbia e dolore dentro di lei: "No! No! No!"

- Per cosa..? Per stare in casa a spazzare e cucinare? A compiacere..? Io voglio viaggiare.. Voglio lottare per la mia terra.. Padre, io voglio la mia vita! - urlò.

Lo urlò a pieni polmoni, levando la spada e gettandosi in un nuovo violento assalto. L' ultimo.

Si sentiva stanca, dolorante e lacerata nel cuore e sulla pelle, ma in quell' ultimo sforzo aveva messo tutta se stessa, condensando in quella spada ricevuta per scherno dal padre, dall' uomo che si ergeva a muro tra lei e il suo futuro, tutto ciò che provava: Amore, dolore, orgoglio, coraggio, desideri e paure.

E la lama rispose alla sua muta e intensa preghiera: mentre correva verso di lui tutto venne avvolto in un' abbagliante e ardente luce dorata. Ci fu uno schiocco secco e violento, seguito da un tonfo sordo. Ciò che riverberò nella notte contro il possente braccio del vecchio Ronin non fu una spada in acciaio, ma il metallo lucente di una lunga arma dalle fattezze che ricordavano quelle si una chiave, istoriata da arabeschi che ricordavano fiamme e raggi solari. Sulla punta di quell' oggetto splendeva un' appendice argentea a forma di muso di lupo ululante,dove una chiave comune si innestava nella serratura. Tutta la keyblade era tempestata di rubini, topazi e granati, mentre sull' elsa brillava di luce arancione il simbolo di Amaterasu, la dea del Sole.

Terra aveva assistito a tutto lo scontro con il fiato sospeso, diviso tra l' onore di famiglia, di cui sarebbe stato un giorno erede e araldo, e l' orgoglio e l' affetto per la sorella, che si stava mostrando cosí coraggiosa.. Ma quando la luce divina della dea del Sole aveva avvolto la sorella e tra le sue mani era apparsa quell' arma cosí strana ciò che aveva provato fu.. Timore, un genuino e profondo timore reverenziale.

Quella luce dorata che avvolgeva e trasfigurava Aqua la rendeva al tempo stesso cosí bella da mozzare il fiato e cosí terrificante che Terra non riusciva nemmeno a scollare lo sguardo.. Cosa era quell' arma? E cos'era quella luce? Senza sapere perchè i suoi occhi iniziarono a lacrimare e si sentí avvolto da una malinconia triste, una tristezza luminosa come dicevano gli anziani del villaggio. Sarebbero partiti allora? Aqua aveva vinto.

Suo padre lasciò cadere a terra il manico del forcone, ormai impossibile da riparare, con un' espressione che tradiva al tempo stesso profonda sorpresa e infinita amarezza: era stata scelta lei dalla dea lupo quindi.. Come aveva sognato la notte prima. Sua figlia era predestinata, la predestinata a far tornare la luce dopo quegli anni bui. Silenziosamente prese Aqua tra le braccia e la strinse forte, sollevandola da terra con gli occhi pieni di lacrime.  -È un grande dono quello che hai ricevuto, figlia mia.. E un pesante fardello. Fiore d' Autunno è tuo di diritto ora.. Va, la dea del sole veglia su di te, io ormai non posso piú mettere voce in questa tua decisione, anche se vorrei salvarti dalla sozzura della guerra.. -

- Padre.. Io.. -

Cominciò Aqua quando venne rimessa a terra, il Keyblade ancora stretto nella mano destra, anche se la luce si era attenuata a livelli sopportabili. Suo padre scosse la testa, sorridendo mestamente - Domani vi aiuteremo a finire i preparativi. Ricordatevi solo di tornare a casa quando sará tutto finito. -

Aqua e Terra, che l' aveva raggiunta un momento prima, annuirono asciugandosi le lacrime. Nulla si frapponeva piú tra la ragazza e i suoi sogni, eppure il vento era ancora pregno dell' odore della minaccia, del profumo della vittoria e dell' odore di sangue e morte.

Un destino di luce attendeva Aqua, un destino che l' avrebbe messa di fronte a continue ed estenuanti sfide, ma lei sapeva che le avrebbe superate tutte e alla fine avrebbe brillato di luce propria, con Fiore d' Autunno al fianco e il Sole che vegliava su di lei; ma Sole e Luna sono fratelli e se una diventa più

luminosa l' altro infittisce le sue trame oscure.

Angolo autore: Ebbene.. Mi dispiace. Mi dispiace di averci averci messo mesi, ma con la scuola e il resto non ho potuto fare altrimenti.. Bene! Con il capitolo quattro terminano i preamboli gente! Finalmente si entra nel vivo dell' azione e delle trame dei due principi. E arriveranno i Keyblades, esatto, piú di uno. Perchè questo è il circolo eterno di luce e buio, dello Yin e dello Yang, e se non ci fosse in una storia chiamata Oriental Tale, dove lo troveremmo?

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Capitolo 6
*** L' intreccio dei sentieri ***


Oriental Tale cap 5 (Gli intrecci dei sentieri)

Anche la seconda settimana di viaggio sarebbe terminata con l’alba seguente.
Per quella notte i fratelli avevano affittato una camera in una locanda nel distretto povero della città in cui si erano fermati dopo aver cavalcato per quasi un terzo del territorio della provincia che comprendeva il loro villaggio e aver potuto constatare le reali condizioni della gente: tutto o quasi distrutto, colonne di disperati che provavano ad emigrare con il poco che avevano, o che era rimasto loro, verso la capitale. E ovunque si raccontavano storie di morte e di guerra..


In quel momento Terra stava sdraiato su uno dei due letti della camera, rimuginando sulla vista raccapricciante di quello che avevano fatto i soldati a un gruppo di persone che si era riunito per attaccarli. Quei disgraziati ciondolavano sulle mura esterne della città, marcendo al cappio e facendo da banchetto per gli spazzini del cielo con il cartello “traditore” appeso al collo.

- Hanno sbagliato.. Questa gente è stremata dalla guerra che prosegue da ormai quasi dieci anni senza che nessuna delle due parti riesca a sopraffare l’ altra.. Questo regno sta andando a rotoli e i potenti cosa fanno? Giocano a dadi con le nostre vite..bah. - commentò con amarezza, voltandosi sulla schiena e fissando il soffitto dalle assi imbevute di condensa e nere di muffa. La paglia nel materasso scricchiolò a ogni più piccolo movimento.

Anche Aqua ci stava pensando, chiusa in un cupo silenzio in cui stringeva al petto Fiore d’Autunno come se potesse dargli qualche conforto. L’ esercito? Il generale? No.. Lo ricordava un uomo d’ onore, ed era impossibile che fosse stato lui ad ordinare l’ esecuzione di massa di tutti quei briganti per necessità.

Eppure erano lì, impiccati e bollati come traditori, con tanto di sigillo impresso a fuoco sul cartello..

- Questa è la guerra.. Non sono i potenti a decidere cosa fanno i soldati, Terra. In guerra esiste solo il peggio, solo il lato brutale del mondo.. - Se anche lei credeva a quelle parole, non pensava più di saperlo così bene, dopo quello spettacolo di orrori pieni di mosche…

- La guerra? Balle: la guerra c’è da dieci anni quasi, eppure è solo da poco che si sente parlare di queste stragi. Il tuo generale sta diventando quello che sono tutti i nobili: un mucchio di sterco in pelle umana.-

Il risentimento, l’ odio e la paura che si erano mischiate nella gola di Terra da quella camminata tra i banchetti dei corvi, aiutati dal fetore dolciastro delle carcasse putrescenti gli risalirono la gola con il sapore della bile. Ricordò di aver vomitato, a metà del tragitto mentre sua sorella era rimasta impassibile, dura come l’acciaio.
Non era mai stata così… Possibile? Possibile che quell’ arma la stesse cambiando..? Fiore d’ Autunno era un’ arma prodigiosa, nata dalle mani di Amaterasu per difendere l’ Impero dal male, ma era possibile che fosse essa stessa..Male..? Non avrebbe comunque avuto risposte ai suoi timori.. Ne una risposta al suo ultimo insulto: Aqua gli aveva dato la schiena, voltata su di un fianco, e stava già dormendo. Sognando  incubi tenebrosi e occhi del colore dell’ ambra.

L’ aria di quel luogo puzzava in modo terribile a causa delle pire: avevano annientato un’ altra roccaforte dell’ impero, disposta tra i Monti dell’ Alba, a Nord Ovest della capitale.
Era stata una battaglia cruenta e i suoi uomini erano periti a centinaia dando l’assalto diversivo mentre Shu e Vanitas si erano infiltrati attraverso i condotti di scolo della roccaforte e avevano fatto saltare i cancelli con la polvere nera. Ah! Che magnifica sinfonia era stata quella! Le urla dei soldati nemici colti dal terrore cieco, dopo le esplosioni, e il  grido di guerra della sua compagnia… Sì, era partito in testa al cuneo di sfondamento, la sua lancia nera che rifletteva con bagliori cupi i raggi solari, ridendo della distruzione che stavano per portare loro.
Perchè il mondo era diviso tra pecore e lupi, e Xehanorth era il capobranco più famelico mai visto su quella terra dai tempi del primo Nomunaga che impugnando Cosmos, una leggendaria arma nata dal cuore di una bestia mitica e dalla forma che ricordava vagamente quella di una chiave, aveva unificato l’ Impero del Sole in un tempo perso tra le leggende.  

Ne aveva impalati tre nella carica, sangue caldo che zampillava dalle loro gole schizzandogli gli abiti. Due balestrieri avevano azzoppato il suo stallone, costringendolo ad andare a piedi nel fango e nella neve sciolta, col caos della battaglia che infuriava tutto attorno a lui. E Lui ne era il centro: lo avevano circondato, sperando di ucciderlo e terminare la guerra lì. Di ricevere un’ onorificenza.. E invece avevano tutti ricevuto una lama nel collo. O nelle viscere.

Fu veloce, un fulmine dagli occhi ambra che schizzava tra le aste delle lance, impugando la sua con una tecnica superba: il primo cadde colpito dalla lama con un affondo al ginocchio, lo finì spezzandogli la trachea usando la parte finale dell’ asta, mentre ne impalava uno squarciandogli il ventre e rubandogli la lancia di mano per atterrarne altri due che pensavano di colpirlo alle spalle. Due pugnali avevano troncato la loro giugulare, che stillava rosso e insozzava il terreno calpestato dai compagni.. Il terrore aveva fatto il resto: si erano voltati e morirono da idioti, con il cranio mozzato dal tremendo filo di Belladonna, la sua lancia nera avvelenata da una magia antica che le impediva di perdere il taglio o arrugginire, nemmeno con tutto il sangue che aveva versato.

Il principe esiliato in quel momento si stava facendo medicare ferite sulle braccia e al costato, procurate chissà in che modo.. Tendeva a perdere la ragione durante una battaglia, lasciando fare al corpo quello per cui era stato allenato con perizia dall’ infanzia: uccidere.

Aspirò una boccata di quell’aria fetida.. No, non era fetore, perchè la carne umana che cuoceva sulle pire aveva un’ odore spaventosamente simile a quello del maiale arrostito.
Che ironia conteneva quell’ odore: non dava di per sè il volta stomaco,quello era l’ effetto che dava il pensiero che ad emanare un profumo simile era la carne di un altro uomo..

Rise tra sè, immaginando che presto quello sarebbe stato il destino del suo “adorato” fratello maggiore..

Ma solo se Vanitas avrebbe saputo adempiere al compito che gli avrebbe assegnato appena terminato il conto dei cadaveri e del bottino…

Perfino lì, nei condotti sotterranei che portavano all’ interno della roccaforte arrivavano i clangori assordanti della guerra, che rimbombavano cupamente nella cavità circolare e gli martellavano i timpani impedendogli di pensare velocemente come avrebbe voluto.

- Che spreco di buoni uomini.. - sentì mugugnare il suo maestro, un paio di passi avanti a lui, come li accucciato a strisciare nel liquame con una bomba di carta di riso e polvere pirica fissata sulla schiena: ne avevano una a testa e sarebbero servite a far esplodere i cardini inferiori del portone. Aprirlo poi sarebbe stato facile, con l’ ariete che attendeva fuori dalle mura.

- Qui si sale. Fuori le armi e non farti ammazzare, ragazzino. - gli sussurrò il maestro, sfilando dal fodero la sua amata daga curva. Vanitas fece lo stesso con Luna Crescente, che strusciò nel suo fodero nero producendo un suono rassicurante.

- Questo dovrei dirtelo io, vecchiaccio - rispose a tono Vanitas, prima che il suo maestro scivolasse fuori dal condotto con una facilità assurda, pensando a quanti anni avesse in realtà; il ragazzo lo seguì, cercando di escludere i suoni del combattimento come aveva faticosamente imparato negli ultimi anni di addestramento letale, e poi furono fuori, alla luce del sole. Nell’ area di tiro degli arcieri.

Corsero tra le frecce che piovevano, nascondendosi ovunque potevano e squarciando le gole degli uomini che li venivano a stanare, usando i loro corpi come scudo. A Vanitas sembrò una corsa infinita, ma alla fine riuscirono a mettersi al riparo dalle frecce nascodendosi dietro un gruppo di barili accatastato vicino al portone. Perfetto. Con agilità il ragazzo sgusciò fuori e piazzò la bomba, tuffandosi un momento dopo al riparo: accesa la miccia bastavano pochi secondi e.. Il riverbero dell’ esplosione spense tutti gli altri suoni e frammenti di legno, ferro e pietra gli piovvero addosso come dardi, ferendolo superficialmente, alcuni anche gravemente, sulla schiena e alle gambe. Riuscì comunque a muoversi per tornare nelle retrovie, mentre il loro capo, Xehanorth, partiva alla carica finale… “Spero tu muoia qui, infame di un principe.. Anzi, spero tu sopravviva. La tua testa è mia, Morto.”

Comunque, gli ordini erano di ritirarsi all’accampamento e raggiungere il principe quando lo scontro fosse stato vinto e così fece.

Xehanorth lo stava aspettando seduto su un ceppo, la sua lunga lancia d’ ebano conficcata nel terreno come una promessa di morte che contaminava con la sua presenza perfino l’ aria festante dei bricconi che brindavano al saccheggio e alla vittoria. Lui non brindava: non lo faceva mai dopo una vittoria di così poco conto, sostenendo che avrebbe festeggiato solo quando avrebbe potuto sedere tranquillo sul trono. Inutile dire che questo significava “mai”.

- Vanitas.. Hai appreso bene le arti delle tenebre dal suo maestro e sei diventato uno splendido sottoposto. Ora ho bisogno di testare le tue abilità: viaggerai fino alla capitale e ti presenterai come un giovane contadino desideroso di arruolarsi per il proprio paese. Con le tue capacità ti sarà facile scalare i ranghi ed entrare nelle grazie di mio fratello. La tua missione è entrare nella guardia personale di Eraqus e fornire tutto ciò che potrai sapere sui suoi piani di guerra. Ci siamo capiti? -

Vanitas lo stette ad ascoltare in silenzio: una missione di spionaggio, in più senza avere le spalle coperte. In pratica era un “vai e parati il culo da solo.'' Oh giusto, sarai nella tana del lupo con addosso delle bistecche fresche e sanguinolente. Buona fortuna”.

- Con tutto il rispetto, signore, potrei ucciderlo appena possibile invece che fare la semplice spia. Sono stato addestrato per questo, giusto?-

Il principe emise un sbuffo rabbioso e infastidito - Moccioso, mio fratello non è una preda adatta alle tue zanne. Limitati a seguire gli ordini e a tenere un profilo basso. Ti incontrerai con un contatto ogni tre giorni, non mancare l’ appuntamento o sarai considerato morto. Non deludermi.-

Detto ciò lo congedò con un gesto e il ragazzo dagli occhi dorati andò a preparare l’ occorrente per il viaggio fino al centro di reclutamento, alla capitale, giurando che sarebbe stato l’ ultimo oltraggio che avrebbe ingoiato da parte di quella serpe.  

Angolo Autore: Anche stavolta è passato un sacco di tempo dall’ ultimo aggiornamento (Bigboss mi tirerebbe il collo se sapesse dove abito, ma non lo sa bwahahahah); comunque, mi scuso ma questa volta la Maturità aveva tutte le priorità possibili e mi scuso anche se il capitolo era un po’ sottotono, ma devo ingranare di nuovo dopo questa lunga pausa/vacanza. Bene, il primo arco narrativo è veramente finito, dal prossimo inizia l’ arco dell’ addestramento militare: Che succederà ad Aqua, la nostra coraggiosa e determinata eroina? E a Vanitas, l’ oscuro discendente del dio della notte?

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Capitolo 7
*** Una tempesta si avvicina silenziosa ***


Oriental Tale cap 6 (Una tempesta in avvicinamento)

Decimo giorno di viaggio dopo l’ esperienza della marcia sotto gli impiccati e fino ad ora i fratelli erano riusciti a tenersi a distanza dai campi di battaglia. Terra non poteva che dirsi sollevato di ciò, tuttavia sapeva bene che erano stati fortunati fino ad ora: se avessero incontrato qualche canaglia della compagnia di Xehanort non l’ avrebbero passata di certo liscia e anche nei confronti dell’ esercito ormai nutriva un sacco di dubbi.. Nei mercati e nelle locande di ogni villaggio ormai le notizie che arrivavano erano quanto meno sconfortanti: un’ altro avamposto, uno di quelli chiave a quanto si diceva, era caduto nelle mani del principe esiliato, e tra i bifolchi si stava facendo strada una strana leggenda riguardante quella compagnia: si diceva che quell’ uomo fosse riuscito a ottenere il controllo su di un mostro silenzioso e letale come la notte. Alcuni raccontavano che avesse denti in grado di dilaniare la carne, altri che avesse artigli affilati come rasoi, e altri ancora che avesse occhi gialli come una belva selvaggia e si muovesse più velocemente di un battito di ciglia.. probabilmente era solo una diceria gonfiata all’ inverosimile, ma dopo aver visto quella spada che portava sua sorella, non era poi così incline ad ignorare l’ impossibile.
Sospirò scuotendo la testa in segno di rassegnazione, dando un colpo di briglie al cavallo per raggiungere quello di Aqua, qualche passo più avanti.
Non si sentiva tranquillo: ogni volta che potevano dedicavano tempo all’ allenamento, usando due grossi bastoni raccolti nel campo di casa e  che lui aveva lavorato un poco per renderli vagamente simili a spade, ma ogni notte vedeva la sorella sempre più frustrata e stanca, così come digrignava i denti quando la osservava cercare di spezzare ancora il sigillo di Fiore d’ Autunno…

Ormai era passato ben più di un mese da quando Aqua aveva conquistato il diritto di decidere del suo destino: avrebbe dovuto essere una grande vittoria, e invece non riusciva proprio a esserne felice. C’ erano troppi interrogativi ancora insoluti e rimorsi con cui fare i conti, primo tra tutti quello che gli aveva causato l’ espressione dei suoi genitori quando erano partiti: si era ripetuta con tutte le sue forze di non voltarsi perchè sapeva che se si fosse voltata avrebbe mandato tutto all’ aria, e quella vittoria strappata con il sangue non sarebbe servita a nulla.. Ma lo fece, e non potè dimenticare l’ espressione di suo padre.
Era lì, che abbracciava le spalle di sua madre con lacrime che grondavano e rotolavano sulle guance rese ispide dalla barba incolta e un gran sorriso di orgoglio sulle labbra, che lottava disperatamente con la tristezza negli occhi scuri. Anche lì, anche ora, un singhiozzo le risalì la gola non voluto, impossibile da fermare, rompendole il respiro e la concentrazione, bruciando dolorosamente nel petto. Cosa doveva fare ora? Lottare, seguire il sentiero della spada, andare fino in fondo.. Dopotutto tornare indietro era impossibile, quindi non le restava che scalare quel cammino scosceso e irto di insidie e conquistare la vetta con le sue forze. Eppure.. la spada non rispondeva più ai suoi desideri, al suo comando.. La ragazza sospirò, alzando gli occhi all’ accecante azzurro del cielo di mezzogiorno, la vista cancellata dal bianco del sole.. Il Sole. Amaterasu… Perchè era stata scelta Lei?
- Sembra tutto così assurdo ora.. - disse ad alta voce, quasi senza essersi accorta della presenza di Terra, che lo aveva raggiunto pochi secondi prima.
- Cosa, sorellina? Che sei stata scelta da una spada magica o che sei in viaggio per diventare la prima ragazza soldato dell’ Impero? Bhe.. Rallegrati, è assurdo, ma sei stata forte a farlo avverare.-
Le disse lui, non interpellato ma comunque incapace di starsene zitto: odiava viaggiare in silenzio, lo faceva sentire sempre osservato e oppresso, era più forte di lui.

- Non fraintendere, sono felice di quello che è successo, ma.. Prescelta da una dea? Io? Sicuramente ha visto male. Non sono poi quella grande paladina che merita il diritto ad avere questa spada. Neanche mi obbedisce più, tra l’ altro! - esclamò lei, mimando il gesto di strozzare qualcuno per la frustrazione: Che aveva fatto quella volta per trasformarla? Cosa aveva pensato? Cosa aveva desiderato?

Terra si picchiettò l’ indice sul mento con fare dubbioso. Certo, detestava quell’ arma, ma sembrava legata a doppio filo a sua sorella, e poi non sopportava di vederla così nervosa. Avrebbe potuto seriamente passarsela brutta se Aqua avesse deciso di dirigere la sua rabbia contro di lui invece che contro il nulla: trovare il motivo di quel blocco era essenziale.

- L’ ultima volta.. L’ ultima volta  hai desiderato con tutta te stessa di vincere, per poter seguire il tuo sogno. Forse dipende dal fatto che non hai avversari da affrontare? In modo serio, intendo. - le suggerì, stiracchiando le braccia indolenzite per il tenere le redini tutto quel tempo: erano in viaggio dalla prima mattina.

Aqua annuì. Poteva essere, anche se era un po’ scettica riguardo questa spiegazione: Terra era ancora parecchio più forte di lei e faceva della forza bruta un vanto in allenamento come nel lavoro, e lei doveva davvero impegnarsi  seriamente per poterlo affrontare ad armi pari, cercando di batterlo con la tecnica e affinando quel suo modo particolare di combattere, danzando sul campo di battaglia spada in pugno come le altre ragazze facevano con un ventaglio sul palco di un teatro.

- Comunque.. Sono più convinta che sia una questione diversa dall’ impegno. Qualcosa di più profondo… Non so come spiegarlo.. -
Terra scrollò le spalle con un sorriso divertito sulle labbra.
- Non farlo allora, probabilmente se è destino che tu sia la padrona di quell’ arma, verrà anche il momento in cui risponderà - . “Pregando che sia il più tardi possibile.. Mi inquieta quell’ arnese.” pensò subito dopo, ma non disse nulla ad Aqua, sia per evitare di farla preoccupare, sia per evitare incomprensioni: con quello che stavano facendo, litigare era l’ ultimo dei suoi pensieri.

- Piuttosto, dove ci fermiamo a mettere qualcosa sotto i denti? Anche i cavalli avrebbero bisogno di riposare e bere, non voglio che muoiano prima di aver finito il viaggio.- Le disse, guardandosi attorno: erano in collina, diretti alle pendici dei Monti dell’ Alba, per attraversare il passo Pallido e scendere lungo la strada maestra fino alla capitale imperiale.

- Non lo so, se non ricordo male c’è un torrente non molto lontano da qui. Sarebbe l’ ideale, con acqua fresca, ombra e legna. Sono settimane che non faccio un bagno, e nemmeno tu! Puzzi come una capra in Agosto, lo sai?-

Sbottò Aqua, china sulla sella per frugare a tentoni in una delle bisacce allacciatevi, alla ricerca di quella mappa su carta che avevano ricevuto da un mercante come pagamento per averlo aiutato a scaricare la merce dai carri della sua carovana. Dopo essersi rimessa ritta sulla sella la aprì con gesti pratici, osservandola attentamente per cercare un punto di riferimento e capire dove si trovavano.
- Guarda che sono io che faccio i lavori di fatica, mi sembra ovvio che sudo! E se suda un uomo puzza di più di una donna, è naturale.- Rispose il ragazzo, quasi sentendosi offeso da quella provocazione della sorella.

- Sarà anche naturale, ma non ti si riesce a stare vicino, quindi.. Yah!-
All’ improvviso la ragazza ficcò i talloni nei fianchi del suo cavallo, incitandolo a scattare in avanti con un colpo di redini, ridendo e chinandosi sul collo dell’ animale per fargli prendere velocità con suo fratello al seguito che sbraitava per obbligare il suo cavallo a seguirla e a tenere il ritmo.

“Come fare?”

Questo si chiedeva Eraqus, in piedi di fronte a un tavolo ottagonale su cui era dispiegata la mappa più dettagliata e chiara possibile dei territori dell’ impero, con dei contrassegni che indicavano tutti i luoghi strategici e i centri abitati utili alla lotta. Nella stanza in legno e pietra grezza, scarsamente illuminata dalla poca luce che filtrava dalle tre finestre a feritoia e dalle candele di cera, lui e il suo amico più fidato studiavano l’ andamento della guerra.

L’ impero era vasto migliaia di chilometri quadrati, ma fin da subito Xehanort aveva guidato le sue truppe nelle zone di pianura e collina a est dei Monti dell’ Alba, distruggendo e saccheggiando tutto quello che poteva per rifornire i suoi mercenari, e la cosa gli aveva occupato un sacco di tempo, pure troppo. In più aveva perso molti uomini nella conquista del territorio, eppure.. Di recente sembrava che avesse riacquisitato vigore e anche che i suoi attacchi fossero diventati estremamente più efficaci e precisi: negli ultimi quattro mesi erano stati presi cinque forti sui monti, e questi significava che sia il Solco di Orochi che la Caverna degli Echi erano ora inaccessibili, e anche che la guarnigione montana era stata spazzata via.

- Semplicemente assurdo.. Non posso crede che abbia ottenuto simili risultati da quel branco di ubriaconi indisciplinati. Deve esserci dell’ altro.-

Mugugnò tra sè il generale, continuando a studiare sulla mappa i prossimi movimenti della propria armata e i possibili bersagli della compagnia di Xehanort.
- Dobbiamo isolarli prima che loro isolino noi. Sappiamo che hanno un sacco di truppe in più prese tra i villaggi e le città che hanno sventrato, e anche che sempre più nobili minori si stanno dedicando alla sua causa. -

- Se mi è concesso, vorrei farti notare che sono solo membri minori della nobiltà guerriera, pesci piccoli. Noi abbiamo in pugno i ministri e i capi famiglia della grande nobiltà e la gilda dei mercanti. Non hanno tutto.

Se conducessimo un attacco in forze sui monti, probabilmente riusciremmo a riaprire almeno il Solco, che poi è il passo principale verso la parte orientale dell’ impero.-

A parlare era stato Auron, un validissimo guerriero, veterano di mille e più battaglie, oltre che abile stratega e una volta comandante in seconda delle armate imperiali, ora promosso a generale a pieno titolo. Questo gli aveva causato parecchi guai, in quanto aveva un passato da soldato prezzolato e umili natali. Nonostante questo, fu il più fidato amico di Eraqus sul campo di battaglia e nella vita, per questo il principe aveva fatto in modo che occupasse una posizione degna del suo valore. Nonostante ciò, Auron continuava a trattarlo come un vecchio compagno d’ armi, senza formalismi ne salamelecchi o riverenze. Era per questo che lo teneva al suo fianco nelle decisioni militari più delicate. Per questo e per la sua spietata efficienza tattica.

- Sentiamo allora, come faremmo a riprenderci il forte più corazzato dell’ intera parte ovest dell’ impero? solo due lati sono accessibili, e non possiamo mandare troppi uomini alla volta ad attaccare perchè lo spazio tra le pareti del Solco è esiguo, mentre loro hanno baliste e catrame in abbondanza per farci arrosto. Non mi sembra possibile catturare quel posto con la facilità che fai intendere..-

Auron sogghignò, indicando un punto preciso alle pendici della collina montuosa, spostato verso il mare di una settantina di chilometri rispetto al passo. Non c’ era nulla lì, apparentemente.
- Questa. Il nostro asso nella manica si trova qui: non molti lo sanno, ma i monti dell’ Alba sono cavi.-
Disse il guerriero al suo amico e signore, tracciando con le dita un percorso che si snodava tortuosamente lungo la collina.. No, non lungo. Dentro.
- Cavi? Vuoi dire che c’è una rete di grotte nascoste nel ventre delle montagne?-
Eraqus era scettico: nessuno gli aveva mai parlato di una cosa del genere, ne lo aveva mai accennato nessuno dei suoi maestri durante gli studi che aveva seguito da ragazzo.
- Fa parte dei segreti della mia vecchia compagnia mercenaria. Avevamo lì il nostro covo, e da lì potevamo raggiungere la maggior parte delle zone vicine ai monti senza essere scoperti. Solo che quei tunnel sembrano essere stati scavati dai vulcani e bisogna fare attenzione: Molte gallerie sbucano direttamente su laghi di magma, mentre altre scendono fino alle viscere della terra.. Ci si orienta molto difficilmente, ma sono convinto che sarebbero la nostra soluzione.-
Eraqus rimase in silenzio, meditando su quella possibilità che gli veniva offerta così, su un piatto d’ argento.

- Sembra rischioso, ma è la nostra scelta migliore, al momento.. Devo pensarci, amico mio. Puoi andare.-
Gli disse, congedandolo con un gesto secco del capo, prima di camminare fino alla stretta finestra in pietra a feritoia per osservare la città sotto di lui, brulicante di persone e carri e traffici e vita.. Così tante vite nelle sue mani, e tutto dipendeva da una cosa semplice eppure così difficile. Uccidere o meno suo fratello minore, un nemico dell’ impero. Un nemico, ma anche tutto ciò che restava della sua famiglia in quei tempi sporchi di sangue.

E chi era un uomo che sterminava la propria famiglia?

Un Eroe, o un Demonio?

Eraqus non avrebbe mai saputo darsi una risposta...

Angolo Autore: E anche questa volta dobbiamo salutarci qui. Lo so, ho aggiunto ai temi di Oriental Tale anche “Guerra”, ma poi visto che della guerra in corso si è parlato solo di striscio (e visto anche che non avevo ancora dato spazio a Eraqus) ho deciso di prendere due piccioni con una fava e magari di presentare, anche se in sordina, un nuovo personaggio: Auron, ovviamente. Perchè avevo bisogno di qualcun altro che si intendesse di affari militari, visto che ogni condottiero ha un vice più che fidato al seguito. Bene, non ho nulla di nuovo da annunciare, se non che potrebbero arrivare anche altri personaggi in futuro, se ne avrò bisogno!
Ringrazio ancora chi ha letto fin qui, perchè vuol dire che non vi ho annoiato a morte, quindi Grazie Mille, al prossimo capitolo!

E lasciatemi una recensione, mi raccomando! ;D

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