Viva la Vida

di Faith Grace
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Act 1: He is ***
Capitolo 2: *** Freak ***
Capitolo 3: *** Mysterious ***
Capitolo 4: *** Golden like Peach Jam ***
Capitolo 5: *** A Brave Heart ***
Capitolo 6: *** Lively ***
Capitolo 7: *** Messed up ***
Capitolo 8: *** My Superhero ***
Capitolo 9: *** Sweeter than Cherry Coke ***
Capitolo 10: *** Act 2: Bittersweet Aerodynamic ***
Capitolo 11: *** Inertia Creeps ***
Capitolo 12: *** Act 3: Tell Me What The Rain Knows ***
Capitolo 13: *** Being in the Loop ***
Capitolo 14: *** Winter's Love ***
Capitolo 15: *** Happy Endings are stories that haven't ended yet ***
Capitolo 16: *** Eavesdropping all your White Lies ***
Capitolo 17: *** AT BIRTH ***
Capitolo 18: *** I PROMISED ***
Capitolo 19: *** DEATH ***
Capitolo 20: *** I WOULD DIE ***
Capitolo 21: *** Who will survive and what will be left of them ***
Capitolo 22: *** The Torment Of Existence Weighed Against The Horror Of Nonbeing ***



Capitolo 1
*** Act 1: He is ***


Viva la Vida



Act 1.
Knowing Roxas:
the kid without fear




#1. He is

La gelida pioggia batteva forte sui vetri leggermente appannati come a voler attrarre egoisticamente tutta l'attenzione su di sé, il vento soffiava cosi forte che pareva volesse sradicare tutto ciò che incontrava sul suo percorso e il cielo era così livido da sembrargli malato.
Axel non ricordava di aver mai visto un tempaccio simile dall'ultimo uragano a cui aveva assistito durante una delle vacanze a casa dei nonni, sulla costa orientale. Odiava la pioggia, in realtà odiava l'acqua in generale, ma la pioggia era quella che meno sopportava, sopratutto quando si adattava perfettamente al suo umore... decisamente uggioso.
Un sorrisetto appena abbozzato andò ad increspare le sue labbra al ricordo di quando, tempo prima, aveva detto la stessa cosa a Roxas: questi aveva aggrottato le sue sopracciglia dorate e lo aveva guardato con espressione indecifrabile per un lungo momento, e poi disse qualcosa che lo aveva letteralmente preso alla sprovvista.
"Quindi non ti piacevano neanche le battaglie con il fango?"
"Prego?" Axel sbattè le palpebre un paio di volte e si avvicinò di più, credendo di aver capito male.
"È uguale a quella con le palle di neve in inverno, solo che questa è con il fango... Io e Sor ci giocavamo spesso da piccoli, anche se la mamma si arrabbiava quando ci vedeva tornare a casa sporchi" il biondo sembrava entusiasta mentre spiegava, ma all'evidente perplessità del rosso si affrettò a proseguire e riprese il filo del discorso "Sei troppo pessimista Ax, dovesti vedere il lato positivo delle cose"
"Non sono pessimista, è che-..."
"Se non ti piace l'acqua significa che non ti piace neanche il mare?" Roxas interruppe bruscamente il più grande e al suo cenno di diniego sembrò oscurarsi "Peccato, a me piace tanto"
Axel portò la tazza di caffè alle labbra senza staccare l'attenzione dalla finestra - non che stesse guardando qualcosa in particolare.
Era sempre stato così, non ci poteva fare nulla, in qualsiasi situazione Roxas, a differenza sua, riusciva a vedere sempre il lato positivo, nonostante la sua vita non lo fosse poi così tanto. Ma, seriamente, come poteva pensare positivamente in quel momento?
Eppure doveva farlo, si rimproverò.
Si ritrovò a sbadigliare quando udì un rumore alla sua sinistra, si voltò e notò Sora appoggiato allo stipite della porta. Aveva un aspetto orribile, per metterla in maniera gentile: profonde occhiaie solcavano il suo volto, i capelli castani erano arruffati e i suoi occhi blu - proprio come quelli del fratello - mancavano della solita brillantezza. Il rosso lo vide avviarsi vicino l'armadio da dove prese una sediolina pieghevole e la mise al centro della stanza bianca, dove fino a poco prima si trovava il letto e ora erano rimaste solo le varie apparecchiature.
"L'anestesia è andata bene, ora hanno appena iniziato ad operarlo" sussurrò con voce strascicata dalla stanchezza. "Il dottore ha detto che potrebbero volerci varie ore"
Il più grande annuì dalla sua poltroncina e spostò di nuovo lo sguardo alla sua destra, fuori la finestra "Dovresti andare a riposare un po', sei uno straccio"
Sora non rispose subito.
"Oggi hai saltato una partita importante, avresti dovuto andarci" interloquì invece, non badando al consiglio "Roxas mi aveva detto che c'erano anche dei reclutatori di vari college venuti apposta per te"
Due occhi di un profondo verde si puntarono sul ragazzo appena venuto e sembrarono mostrare più vitalità rispetto a prima.
"Sinceramente? Chissene frega. Posso sempre tentare la prossima volta, posso rincorrerli in capo al mondo se ce n'è bisogno, ma oggi no. Roxy ha bisogno di me"
Gli occhi di Sora si ammorbidirono alla vista dell'animo infuocato del più grande. Axel aveva sempre sognato di giocare in NBA, la bravura ce l'aveva nonostante tutte le sbruffonate del passato, ma non poteva permettersi passi falsi: da quando l'anno prima aveva portato la squadra a vincere il campionato scolastico di stato, era entrato nel mirino di molti college rinomati. Per questo ogni partita adesso la giocava non più solo per divertimento, ma per il suo futuro.
"Arrivi a sacrificare anche il tuo futuro per la persona che ami. È un bel gesto..." sussurrò con tono più dolce, non tradendo però la sua stanchezza "Roxas è stato fortunato ad aver trovato una persona come te"
Il rosso serrò le labbra e portò lo sguardo contratto ai suoi piedi. È il contrario, voleva urlare, se non ci fosse stato Roxas lui non sarebbe diventato nulla. "Smettila di parlare così"
Il castano sospirò.
"Rox ha preso la sua condizione con filosofia e così anche noi" continuò Sora e notando che l'altro aveva serrato i pugni attorno alla sua tazza, si sporse e poggiò una mano sul suo polso "Lui, io, i nostri genitori... abbiamo avuto più tempo di te per accettare la situazione. Purtroppo è arrivato ad uno stadio troppo avanzato e le speranze di sopravvivenza si riducono." si fermò un istante quando notò lo sguardo di puro odio negli occhi del rosso "Non ti sto dicendo di abbandonarlo o dimenticarlo, ma di prendere in esame anche la peggiore delle ipotesi e accettare quel che può accadere"
Axel scattò e nella foga quasi rovesciò la tazza di caffè che ancora reggeva "Come puoi parlare così di tuo fratello? Lui è sempre stato positivo e anche voi... tu, tua madre, eravate così ottimisti da far schifo... e ora mi vieni a dire di arrendermi e che non ci sono più speranze per lui?" aveva alzato la voce, ma ricordatosi di trovarsi in un ospedale la riabbassò subito.
"No Axel. Noi siamo convinti che Rox ce la farà, lui è forte e sono sicuro che appena uscirà la prima cosa che farà sarà chiedere l'esito della partita" abbozzò una risatina forzata "Quello che voglio dirti è..." sospirò pesantemente "Non stare troppo male in caso contrario perché... perché noi avremo bisogno di te" detto questo si alzò, risistemò la seggiola pieghevole nell'angolo da cui l'aveva tirata fuori e si soffermò ad ispezionare quello spazio vuoto che era stato lasciato dal letto di Roxas quando l'avevano trasportato in sala operatoria.
Axel seguì tutti i suoi movimenti con lo sguardo, senza dir nulla e notò che alla fine, dopo un attento studio della stanza si era soffermato sui due portatili appoggiati diligentemente sul comodino accanto alla poltroncina del rosso.
"Ehi Axel. Allora cosa diresti di Roxas?"
Il diretto interessato non rispose subito, guardò attentamente i due computer come se li avesse visti per la prima volta in vita sua. Quello bianco era di Roxas, stava lì da quando era stato ricoverato, mentre l'altro, nero, era di Axel e lo portava spesso quando andava a trovarlo, così da passare il tempo a giocare insieme a uno di quei giochi online da nerd.
"Prenditi il tempo che vuoi..." sussurrò Sora dall'uscio della porta prima di svanire definitivamente, quasi senza che Axel se ne accorgesse.
D'istinto questi afferrò il portatile nero per piazzarselo sulle gambe e senza accorgersene iniziò a buttare giù un fiume infinito di parole, ritornando con la memoria a qualche ora prima, quando Roxas, un po' abbattuto dalla morfina ma ancora abbastanza lucido, lo guardò affaticato e gli pose una delle sue strambe domande."Ax, dopo l'operazione, cosa dirai di me? Solitamente dei morti si parla bene... la tua opinione cambierà a seconda dell'esito?" Il rosso contrasse il volto in un'espressione di dolore, scrutando il monitor del pc davanti a sé.


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Che cosa si può dire di un ragazzo di 17 anni ad un passo dalla morte?
Che è bello. E intelligente. Che stravede per la Coca Cola alla ciliegia. Che ama la letteratura. E Freddie Mercury. E me. Questa penso che sia la cosa che più preferisco oltre al suo caratte indomabile, nonostante quanto lui tenga sempre a sottolineare di amare Freddie Mercury più di me. La cosa mi rende geloso da morire, per quanto idiota sia, ma non sono abituato a essere messo al secondo posto. E poi, cavolo, io sono più sexy!


Non posso dire con certezza a quando risale il nostro primo incontro ma posso affermare che quando ci siamo conosciuti i nostri rapporti erano piuttosto burrascosi.
Io ero lo stronzo di turno: bello, famoso, acclamato da tutti e scorretto con il prossimo; lui invece rientrava in quella categoria che tutti definirebbero "sfigato", ma che io mi divertivo a denominare "preda sacrificale"... sì perché in quanto
predatore, nel tempo libero mi dilettavo con le mie prede. Nulla di personale, sia chiaro, solo semplice divertimento (probabilmente ingiusto nei loro confronti), tant'è che non mi degnavo neanche di guardare in faccia o sapere il nome delle mie vittime e questo mi rendeva superiore ai bulli, come Seifer ad esempio, che si impuntavano solo con un paio di ragazzini e magari pestavano solo loro durante tutto l'anno. Almeno io e il mio gruppo eravamo giusti nella nostra ingiustizia: non togliere a nessuno la propria razione.
E questo mio comportamento
probabilmente scorretto durò fino all'inizio del mio terzo anno di superiori.
Non potrò mai dimenticare quel soleggiato 2 Ottobre, quando il preside mi chiamò nel suo ufficio durante l'ora di pranzo; quella mattina avevo sentito che c'era stata una soffiata anonima e che erano stati presi dei provvedimenti disciplinari verso tutti i membri delle squadre di pallanuoto, football e di basket, alcuni utili membri erano stati espulsi a tempo indeterminato, altri semplicemente sospesi. Il tutto a causa di un festino abusivo tenutosi nei locali scolastici verso la fine dell'estate, aggravato da presenza di alcol, droghe leggere e incontri piccanti con le cheerleaders; io avevo toccato solo le birre. Sapete, ci tenevo a non lasciarci le penne a causa di quella merda, ed ero troppo gay anche solo per una sveltina con qualche pollastrella - all'epoca nessuno sapeva dei miei gusti sessuali, quindi mi limitavo a far finta di essere oltremodo ubriaco anche solo per calarmi i pantaloni.
Non nego la mia colpa ad aver partecipato, ma sentivo di non essere ugualmente colpevole come gli altri da essere addirittura sollevato dalle mie attività. La fortuna, se così possiamo chiamarla, parve essermi amica e dopo una lunga ramanzina il preside stava per rilasciarmi, quando il suo occhio cadde sulla mia griglia dei voti e allora il verdetto fu semplice: non sarei potuto rientrare in squadra finché non avrei colmato le mie insufficienze, perché "la scuola non è solo ozio e basket", per citare le sue parole. Possiamo sorvolare il mio evidente disappunto e tutte le colorite bestemmie che avevo cordialmente rivolto al preside... quanto all'anonimo, lo avrei trovato e me l'avrebbe pagata cara. Molto cara.
E fu sempre in quello stesso fatidico 2 Ottobre che oltre ad essere sospeso dal basket, mi recai per la prima volta in aula studio in cerca di un tutor e conobbi Roxas.
Mi fermai al bancone e poggiai il mandato del preside davanti al ragazzino biondo che era raggomitolato sullo sgabello dall'altra parte. Questo alzò gli occhi dal librone che aveva davanti a sé e mi scrutò attentamente. Aveva un grande livido nero che andava dall'occhio sinistro alla tempia e un batuffolo di cotone in una narice, per fermare una probabile perdita di sangue.
"Ho bisogno di un tutor" dissi senza troppi preamboli.
"Lo so" rispose senza darmi troppa importanza, adocchiando prima il foglietto e poi cercando qualcosa sulla scrivania "Attendi, ti riempio il modulo"
Alzai un sopracciglio, infastidito dal suo modo di fare e dal tono usato "Non dovrei farlo io?"
Lui mi lanciò un'occhiata divertita ma indubbiamente sarcastica.
"So già tutto, non scomodarti" gli ci vollero una trentina di secondi prima di posare il foglio su una pila e riprendere la parola "Il tuo tutor arriverà alle 16, ora di inizio del lavoro di recupero. Mettiti pure comodo ad uno di quei tavoli" mormorò senza staccare gli occhi dal libro che stava leggendo prima.
Lo guardai storto, desideroso di prenderlo a pugni, ma non mi trovavo in una posizione favorevole, quindi mi limitai a grugnire un assenso e lanciai un'occhiata all'orologio. Erano le 15.43, mancavano una ventina di minuti, era meglio seguire il consiglio del ragazzino antipatico davanti a me e andai a stravaccarmi su una sedia poco lontana. Mi guardai attorno per passare il tempo, era una stanza abbastanza ampia con vari tavoli sparsi, il bancone del biondino acido con un computer e una marea di scartoffie e una porta a due ante che comunicava con la biblioteca. A parte me e quel bimbetto microscopico non c'era nessun altro.
Cacciai un sonoro sbadiglio e iniziai a giocare con il cellulare, di tanto in tanto rivolgevo qualche occhiata all'altro ragazzo presente, poi all'orologio e di nuovo al cellulare. Dopo qualche minuto realizzai che Demyx non avrebbe risposto ai miei messaggi perché era agli allenamenti - quel bastardo non aveva preso parte al festino estivo e quindi non era stato punito - cosi iniziai a fantasticare su come poteva essere il tutor che mi avrebbe aiutato ad alzare la mia media. Già me la immaginavo: una ragazza bella, dolce, tranquilla, capelli biondi e occhi azzurri e magari un bel paio di poppe. Un vero paradiso per gli occhi. Sarò pure gay fino al midollo, ma una bella ragazza so sempre apprezzarla!
Finalmente l'orologio segnò le 4 in punto e rivolsi la mia attenzione alla porta, da dove supponevo che il tutor sarebbe arrivato, ma essa rimase chiusa. Forse era in ritardo.
Mi voltai di nuovo verso quel ragazzino che continuava a leggere imperterrito, dopo una manciata di secondi il suo cellulare iniziò a vibrare e chiuse il libro.
"Sono le 16" dichiarò alzandosi dallo sgabello, fece il giro del bancone e si avviò verso di me. Ora che lo guardavo meglio la sua figura era ancora più minuta di quel che sembrava, indossava una maglietta leggera a scacchi bianca e nera, sopra una felpa dei Rolling Stones con la zip aperta, un paio di jeans stretti grigio scuro e le vans a scacchi al piede. Per essere uno sfigato il topolino sapeva il fatto suo.
"Ebbene?" chiesi perplesso.
Lui senza dir nulla si lasciò cadere sulla sedia accanto alla mia e mise sul tavolo la sua borsa da cui trasse una cartellina. "Prima di iniziare vorrei dare un'occhiata al tuo portfolio"
"Aspetta. Che significa questo?" sbarrai gli occhi, feci fatica a non incrinare la mia voce.
Il ragazzino inarcò un sopracciglio e mi guardò come se fossi uno stupido.
"Sono il tuo tutor, tanto piacere. Ora prendi i libri"
A queste parole scattai in piedi e sbattei le mani sul tavolo, i miei occhi mostravano tutta la rabbia che avevo cercato di reprimere dal bel regalo del preside al comportamento da saputello di quel tizio davanti a me. "
"TU. Tu saresti il mio tutor? E sei stato qui dentro per tutto il tempo, perché cazzo mi hai fatto aspettare come uno scemo?"
"Siediti e abbassa la voce, non siamo allo stadio"
"No che non abbasso la voce! Mi prendi in giro per caso?"
"Non mi permetterei mai" disse l'altro ostentando un tono di finta innocenza "Inoltre ti avevo avvertito che le attività di recupero iniziano alle 4, prima di allora non sono tenuto a prestarti attenzione"
Quello era troppo, non conoscevo neanche il suo nome che già lo volevo uccidere. Lo presi per il colletto della maglia e lo avvicinai bruscamente a me.
"Brutto moccioso, come osi-" non conclusi la mia frase che lui mi ammonì con tono di sfida.
"Ti consiglio vivamente di lasciarmi andare"
"Altrimenti cosa?" lo derisi "Non mi arrivi neanche alla spalla e a giudicare da come è messa la tua faccia non credo che sia tu il tipo che le dà"
"Infatti, non sono così forte"
"Esatto. E sai chi sono io?"
"Axel Moore, 17 anni, playmaker nella squadra di basket" recitò lui e io abbozzai un sorrisetto compiaciuto "...tristemente conosciuta assieme a quella di football per essere frequentata da veri animali" aggiunse subito dopo.
Stranamente quelle parole non mi fecero infervorare di più, ridacchiai e gli diedi solo uno strattone notando come con quanta facilità avrei potuto metterlo al tappeto.
"Non darti troppe arie pulcino o finirai male. Devi rispettare chi è più forte di te" Con un colpo secco della sua mano riuscì a liberarsi dalla mia presa e alzò lo sguardo su di me.
"Potrai anche essere il re della savana altrove, ma finché sei in questa aula studio il capo sono io" Alzai un sopracciglio, stizzito.
"Spero che tu stia scherzando" mi avvicinai per torreggiare su di lui.
"E ti consiglio anche di non alzare neanche un dito su di me altrimenti potrai dire bye bye al basket" io lo ascoltai in silenzio e cosi, sapendo di avere il coltello dalla parte del manico, lui continuò con tono sfacciato "I tuoi voti sono in mano mia e, semmai dovessero alzarsi quelli, il preside potrà sempre espellerti dalla squadra per atti di bullismo come non ha potuto fare per quel bel party"
"Aspetta tu come lo sai..."
"Io so tutto, signor
Furia di Fiamme Danzanti" rise di gusto e si portò una mano al mento "Devo dire che è un soprannome fin troppo figo per un ubriaco che balla attorno al fuoco"
"Allora sei tu!" tuonai e senza che me ne accorgessi lo presi per il collo e lo portai all'altezza dei miei occhi, ormai accecato dalla rabbia "Eri tu l'anonimo che ha fatto la spia?"
Il biondo iniziò a tossire violentemente e dimenarsi debolmente, lo rimisi giù con poca grazia solo perché vedevo che non riusciva a respirare.
"Rispondi!"
Il ragazzino si era appoggiato al tavolo e si prese qualche minuto per riprendere fiato.
"Quel Marluxia di pallanuoto... ci e rimasto proprio male per essere stato sospeso dalla squadra per tutto il semestre... e se non mi sbaglio, prima mi pare di averlo visto uscire una seconda volta dall'ufficio del preside, questa volta con una espulsione"
"Quindi....quindi sei stato tu! Perché l'hai fatto? Così il mio futuro potrà essere compromesso!" digrignai i denti e affilai lo sguardo, che lui sorresse senza paura. Lo vidi riguadagnare la sua compostezza e si mise davanti a me.
"Il tuo futuro? E il mio presente allora? Io l'ho fatto per difendere me e tutti gli altri da voi" sputò velenoso "Non vi abbiamo mai dato motivo di tanta ira nei nostri confronti. Non è possibile tornare a casa ogni giorno con lividi diversi solo perché secondo voi 'vi guardiamo' o addirittura 'perché esistiamo'... però potevo tollerarlo. Ma quando quel tuo amico, Xigbar, ha messo le mani addosso a Namine non ci ho più visto. Le donne non si toccano"
Io spostai lo sguardo altrove: avevo saputo di quest'accaduto e che voleva forzarla a fare cose che non voleva, e io per primo ero andato su tutte le furie.
Decisi di non rispondere, il biondino si comportava come uno stronzetto ma per essere uno sfigato aveva le palle a sfidare ben tre squadre sportive da solo. Mi piaceva quella determinazione. Forse avrei potuto stipulare una sottospecie di tregua con lui, ma ancora non ero soddisfatto perché nel frattempo ce ne era andato di mezzo il mio basket.
"Attenzione Moore" continuò questi alla mia mancata risposta "Sarete anche più forti voi ma io ho l'ingegno e l'ostinazione dalla mia. Non sarò soddisfatto finché tutto non righerà dritto"
"Masochista, eh?"
"Combattivo direi" mi corresse.
Scossi la testa e tornai a sedermi, così fece anche lui qualche istante dopo. Gli passai la mia griglia dei voti e mentre lui la scrutava io sorrisi laconico.
"Allora è stato Marly a ridurti così?"
Il ragazzino, che prima si era presentato come mio tutor, abbassò il foglio e accennò un sorrisetto sarcastico "Marluxia è più sveglio di quanto sembri, non immaginavo che mi avrebbe scoperto così presto. Ha l'aria da primadonna con quella sua capigliatura rosa ma riesce a mollare dei ganci da paura"
Risi al suo commento, era la stessa cosa che pensavo io.
"Impara a stare al tuo posto, tieni la bocca chiusa e forse posso dire agli altri di andarci piano con te... se sarai tanto bravo da farmi avere voti alti potrei anche valutare l'idea di farti lasciare in pace"
Lui non rispose, continuò a studiare le mie ultime verifiche che aveva tirato fuori dalla sua cartellina che aveva precedentemente appoggiato sul tavolo.
"Sicuro di essere abbastanza bravo da farmi riammettere in squadra?" chiesi per spezzare il silenzio, non che non mi fidassi ma non sapevo assolutamente nulla di questo tizio.
"Qui c'è la mia griglia dei voti. È tuo diritto assicurarti che non sia uno stupido a darti ripetizioni" mormorò con tono tranquillo mentre mi passava un foglio.
Io lo afferrai e iniziai a scorrere i vari voti, era una collezione immensa di A e A+.
Sono finito con un pazzo o cosa?, mi chiesi stupito. E poi notai che vicino ad Educazione Fisica c'era una scritta in stampatello 'ESONERATO'.
"Cos'è, sei troppo bravo a scuola da poter saltare la ginnastica... Roxas Strife?" aggiunsi leggendo il suo nome.
"Credo che non siano affari tuoi" non mi guardò, ormai ci stavo facendo l'abitudine.
"Ora che ci penso ho già sentito di uno Strife..."
"Probabilmente mio fratello Sora, è nella squadra di calcio"
"No, non parlo di lui" agitai una mano in segno di diniego "Mi pare di ricordare di uno Strife che un paio di anni fa si è ritirato dalla squadra di calcio proprio durante una partita, era a causa di un infortunio vero? "
Il biondo alzò gli occhi solo per guardarmi sprezzante e poi li abbassò nuovamente con fare disinteressato.
"Martin Bauber una volta disse
'Ciascuno deve rispettare il mistero dell'anima del suo simile e astenersi dal penetrarvi con un'indiscrezione impudente'. Faresti bene a tenere a mente queste parole"
"E chi diavolo sarebbe questo?"
"
Questo, come dici tu, era un filosofo, citato tra l'altro a lezione proprio questa mattina. Ma dopotutto tu eri troppo impegnato a dormire per saperlo" rispose candidamente afferrando il mio libro di letteratura. Se non avessi saputo che dietro il suo faccino angelico si nascondeva una vera serpe, avrei potuto dire che era proprio carino. Ma non mi ci era voluto molto a capire che tipo fosse. Sarcastico e vendicativo.
"Adesso spii anche quello che faccio in classe?"
"Certo che no... Ma sai com'è, se quello seduto dietro di me inizia a russare nel bel mezzo della proiezione di un documentario, non posso fare a meno di notarlo"
Arrossii appena, imbarazzato per l'evidente doppia figura di merda. Non solo mi ero addormentato e lui mi aveva visto, ma era in classe con me e non me ne ero mai accorto!
"Scusa... non... non sapevo che fossimo..."
"Tranquillo" tagliò corto lui, apparentemente neanche un po' dispiaciuto "È vero che frequentiamo varie lezioni insieme ma non ho mai avuto la pretesa che uno insignificante come me potesse essere notato da uno del tuo calibro"
Mi limitai a scrutare quei lineamenti così stranamente rilassati. Roxas Strife era un tipo strano e con un caratteraccio intrattabile. Ma era interessante. Decisi che mi piaceva.
"Cavolo! non ho mai visto un libro più nuovo di questo" trillò fintamente stupito, sfogliando le pagine "Adesso mi spiego perché vai cosi
bene a scuola"
Una vena pulsò sulla mia tempia e assottigliai lo sguardo.
Il fatto che avessi dichiarato una tregua temporanea non significava però che avrei cessato di odiarlo, soprattutto se avesse continuato ad istigarmi cosi!





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Capitolo 2
*** Freak ***


2

Viva la Vida



#2. Freak

Si dicono tante cose belle dell'amore.
E anche Roxas aveva dato una sua interpretazione.
Che è una battaglia. Che è fastidio. Che è tormento. E dolore.
Sarò un pazzo a dire di essere felice ma io e lui lo dimostravamo così.

Nonostante gli iniziali dissidi, il pomeriggio filò liscio come l'olio e stranamente quasi mi dispiacque che avessimo già terminato.
Nella mia opinione generale, che mi ero costruito in quell'unica ora passata a contatto con quello che doveva essere il mio
tutor, ero riuscito a trovare una sola parola che riuscisse a descrivere perfettamente quell'uragano in miniatura di nome Roxas Strife. Feak. Eccentrico, strano, singolare, stravagante, fricchettone, scherzo della natura: tutto riassunto in una sola parola. E quando, sulla strada di casa, avevo trovato quella definizione mi sentii realizzato quasi quanto aver vinto una partita di basket. Poi mi resi conto che forse lo strano ero io che avevo passato tutto quel tempo a rimuginare.
Affrettai il passo e mi rintanai nella mia calda casetta: era solo l'inizio di Ottobre ma il freddo iniziava a farsi sentire, di sera soprattutto.

La mattina dopo mi ritrovavo a passeggiare tra i corridoi della scuola assieme a Demyx, intento a raccontargli del mio incontro del terzo tipo.
“Ed è carino?” tagliò corto lui dopo una mia lunga spiegazione.
Mullet-man, Sitar-man o, più semplicemente, Demyx è il mio migliore amico da sempre: vivace, scapestrato e amante della musica. Ci siamo incontrati all'asilo durante una gara di rutti e...no, questa è un'altra storia imbarazzante di cui si parlerà in seguito. Comunque è uno di quei tipi che sorridono così tanto che a volte vorresti mollargli un pugno in faccia. Ed è oltremodo gay. Questo non sarebbe un problema se non fosse lui, Demyx, perché c'è una cosa che lo rende diverso da tutti: lui è pazzo. Ma non 'pazzo' come si definisce scherzosamente un amico, no. Lui è pazzo e basta. Un pazzo che va in giro con un un'acconciatura retrò abbastanza inguardabile -
“Si chiama mullet!” mi rimbeccava sempre con la stessa energia della prima volta – a cui tiene tanto ed è solito suonare un sitar... ma poi che cazzo di strumento è?
Ad ogni modo quello che lo rende un pazzo è il suo atteggiamento esageratamente sentimentale ed esuberante. Sembrerebbe un bambino viziato e bisognoso di attenzioni, se non fosse malizioso da sfiorare l'indecenza.
Ciò che lo caratterizza è anche il suo look. È un po' complicato, in realtà, descrivere i suoi gusti ma si può dire che siano simili a quelli di Marluxia, anche se non così eccessivi! Glitter, paillettes, piumini colorati... qualche Halloween fa, quest'ultimo lo conciò come una vera drag queen; con gli anni sono riuscito a ridimensionare questo suo lato molto
appariscente, ma continua comunque a vestirsi come l'arcobaleno ed ad amare imperterrito i gattini.
Si potrebbe scrivere un trattato su di lui e scoprire lati ancora sconosciuti della sua persona, ma non è lui il soggetto del mio interesse.
“Dem, ti ho già detto che quello è matto da legare!” mi affrettai a ribadire concitatamente “Ha fatto fuori tre squadre sportive solo perché Xig importunava la sua amica”
“È proprio coraggioso” ridacchiò lui portando alla bocca un'altra manciata di quei biscotti che stava mangiando.
“Lo penso anche io” sussurrai a bassa voce per non farmi sentire da nessuno e poi ripresi con tono normale “Ma che se la prendesse solo con lui. Io non gli ho fatto niente e non solo mi ha fatto sospendere dalla squadra ma devo anche recuperare le mie insufficienze con lui”
“Sei sicuro di non avergli fatto nulla?” inquisì lui alzando i suoi occhi blu su di me.
Io rimasi interdetto da quella domanda e tentennai per un secondo al massimo. Non mi sembrava di avergli fatto alcun torto.
“Certo che no” ribattei.
“Hai tentennato”
“Ma ti ho detto di no!”
“E ne sei certo?”
No, volevo rispondere, perché non ero certo di non avergli fatto nulla. Dopotutto io non guardavo neanche le facce di quelli che riempivo di cazzotti.
A quel punto sospirai e scrollai le spalle “Ma che ne so... non mi sono neanche accorto che era nella mia stessa classe di letteratura” borbottai afferrando un biscotto dal suo sacchetto. Feci una faccia schifata quando lo assaporai, era troppo burroso e si sbriciolava come se niente fosse. Che diavolo mangiava Mullet-man?
“Lo è?” inarcò un sopracciglio biondo.
“A quanto pare sì... e ha detto che russavo”
Demyx ridacchiò e prese un altro biscotto “Il moccioso sa il fatto suo”. Nessuno sano di testa si sarebbe permesso di essere così sfacciato con uno di noi.
“Crede di essere il re del mondo”
Un rumore simile ad un tuono raggiunse la mia attenzione.
Lanciai uno sguardo alla mia destra e notai che Xaldin aveva incastrato un ragazzino in un angolo e aveva sbattuto un pugno sul metallo degli armadietti, a pochi centimetri dalla sua faccia e urlava qualcosa di indecifrabile. Il ragazzino sembrava in preda alle lacrime, Xaldin era infuriato.
Non prestai particolare attenzione, mi limitai a camminare svogliatamente con le mani nelle tasche e così fece Demyx, che non sembrò essersi accorto di nulla perché troppo occupato con i biscotti. In realtà aveva visto eccome, tutti i ragazzi che erano nel corridoio avevano visto ma nessuno osava mai dir nulla per paura di essere pestati. Anche se Dem faceva parte del nostro gruppo e non condivideva il nostro modo di fare, non poteva però impedire queste cose quindi ciò che si limitava a fare era continuare la sua politica pacifista senza però intralciare me e i nostri 'superiori'.
“Proprio come te” riprese lui il discorso dopo qualche istante di silenzio.
“Io non
credo di essere il re del mondo” ridacchiai spostando di nuovo la mia attenzione su di lui “Io lo sono
“Questo ti fa ancora più arrogante ed egocentrico di lui”
“Almeno io non parlo per citazioni” alzai lo sguardo e battei le palpebre.
Lui sorrise e appallottolò la busta di biscotti “Me lo farai mai vedere?”
Roxas era appena entrato nella mia visuale: veniva nella nostra direzione e stava trasportando un'enorme pila di fogli un po' traballante senza apparentemente badare a ciò che lo circondava. Io sorrisi impercettibilmente e Dem aveva già capito che avevo in mente qualcosa.
Rimasi in silenzio e continuai a camminare in maniera indifferente. Altrettanto indifferentemente gli feci lo sgambetto quando fummo vicinissimi e dal tonfo che sentii subito dopo capii che doveva aver preso una bella caduta.
“Dimmi che si è girato” mormorai in tono vittorioso senza voltarmi e continuando a proseguire per la mia strada, occhi spalancati e voce che fremeva dalla gioia. Non avevo avuto un motivo particolare per far cadere lui e tutti i suoi fogli a terra, solo ne sentivo il bisogno. Proprio come si sente il bisogno di bere o mangiare.
Sitar-man intanto si era voltato per vedere la scena ma poi mi rivolse un'occhiata di rammarico e scosse la testa. “Ha fatto un bel volo ma non ti ha degnato di uno sguardo”
Digrignai i denti.
“Che dici, non ti avrà visto?” chiese poi.
“Macché. Quello ha gli occhi di un falco. Si diverte solo a farmi diventare pazzo.”
“È carino Roxas. Era lui vero?”
Non risposi alla sua domanda, mi limitai ad affrettare il passo ed uscimmo dall'edificio scolastico per raggiungere il nostro gruppo ai tavolini da picnic fuori alla caffetteria. Ci facevamo chiamare l'Organizzazione XIII... anche se non so perché dal momento che non eravamo 13!
“Saix dobbiamo fare qualcosa! A causa sua sono fuori, adesso come vedrò i fisici scolpiti dei miei compagni di squadra?” la voce sdegnata di Marluxia raggiunse le nostre orecchie non appena ci avvicinammo. Io presi subito posto sulla panca di legno, appoggiai la schiena contro il tavolo e rivolsi la mia attenzione al ragazzo in piedi davanti a me. Ci sarebbe molto da dire anche su Marluxia Torn, o meglio
Porn, come lo chiamavo io, ma era un ragazzo abbastanza misterioso e nonostante lo conoscessi da ormai tre anni le uniche cose che sapevo per certo di lui erano che: era più donna di una vera donna, stuprava con lo sguardo ogni essere maschile presente sulla terra (da qui il soprannome 'Porn'), amava così tanto i fiori da avere una piccola serra e un roseto nel giardino di casa sua, e se voleva poteva essere tremendamente vendicativo.
Saix mi lanciò una veloce occhiata, quello era il suo modo di salutarmi, e poi ritornò all'altro.
“Hai delle prove che sia stato lui?” chiese con il suo solito tono glaciale. Saix era un altro mio amico di vecchia data, abbiamo iniziato a frequentarci alle medie ma a Demyx non era mai andato a genio. Forse per il suo carattere freddo e calcolatore, che l'aveva portato ad essere il favorito del nostro capo, o forse perché anche lui aveva notato quella vena di follia che illuminava di tanto in tanto il suo sguardo.
“Beh...non proprio...credo di aver perso la testa prima che potesse rispondermi” Marluxia abbassò lo sguardo e lo vidi tormentarsi le mani “Però a causa di questo piccolo incidente il preside mi ha richiamato di nuovo nel suo ufficio per sospendermi definitivamente!”
“In circostanze normali ti avrei permesso di occupartene ma...”
“Ti ricordo che non sono stato l'unico su cui si è sfogato il preside!” lo interruppe il ragazzo dai capelli rosa.
“...MA, come stavo dicendo, non siamo nella posizione di agire liberamente. Adesso siamo nel mirino diretto del preside e di tutti quanti, se facciamo passi falsi le conseguenze saranno ben peggiori” tuonò Saix e fece rabbrividire tutti i presenti. Non era da parte sua fare scatti simili “Dobbiamo esserne certi, solo allora potremo farlo nero” concluse con tono glaciale.
Abbassai lo sguardo e mi alzai di scatto per andarmene, ma così catturai l'attenzione di tutti.
“Cosa c'è, Axel?” mi chiese calmo Xemnas, il nostro boss, che era stato seduto per tutto il tempo sul tavolo senza proferir parola. Aveva uno strano look da
ganguro con pelle scura e capelli argentei ma nonostante ciò era un tipo autoritario e solitamente non agiva se non era strettamente necessario, preferiva rimanere dietro le quinte e assistere alle gesta degli altri membri del gruppo e godersi il timore di tutti gli altri studenti della scuola. Dietro la sua calma però si celava un carattere crudele e mefistofelico.
Io gli rivolsi il primo sguardo da quando ero arrivato.
Stavano parlando di Roxas. Sapevo che se fossi rimasto ancora lì avrei servito loro la verità su un piatto d'argento, ma anche se il ragazzino in questione mi ispirava tanta irritazione alla sola vista, non so perché ma non mi sentivo di essere tanto perfido con lui... e poi ero io il bastardo, non li avrei aiutati tanto facilmente. Forse avrei potuto farlo dopo che Roxas mi avesse aiutato con i miei voti.
Mio dio che stronzo che ero.
“Niente” risposi dissimulando la mia improvvisa ansia con una perfetta recita del mio migliore sguardo indifferente (che, modestamente, faceva crollare ai miei piedi l'intera popolazione femminile) “Sono solo in ritardo per la lezione. Sai, anche io sono stato richiamato ieri”
Lui accennò un assenso col capo ma prima che potessi congedarmi arrivò Xaldin ancora rosso dalla rabbia.
“XEMNAS” tuonò questo “Qualcuno ha detto al ragazzo di Belle che io ci sto provando con lei e adesso quello verrà a cercarmi e uccidermi!”
Il capo inarcò un sopracciglio e tutti noi lo guardammo con un misto di sorpresa ed incredulità. Era ormai risaputo in tutta la scuola della corte spietata che Xaldin riservava a Belle, una ragazza dell'ultimo anno e che si occupava anche della biblioteca.
“Eddai Xaldin, quante moine per nulla!” Xigbar aveva seguito con flemma l'amico e gli pose un braccio attorno alle spalle “Da quando ti preoccupa tanto se qualcuno vuole fare a botte?” rise.
Xigbar e Xaldin erano altri due tipi strani. Ok, diciamo che eravamo tutti tipi strani in quel gruppo. Però erano forti, soprattutto Xig quando si sentiva euforico o era ubriaco marcio! Entrambi erano imponenti e avevano tanto l'aria di tipi loschi: Xigbar aveva una grande cicatrice in faccia, trofeo di una delle tante zuffe di cui era protagonista, Xaldin invece aveva dei folti rasta neri, dei basettoni che facevano invidia a Wolverine e sotto il suo aspetto da duro aveva un cuore tenero.
“Da quando il fidanzato in questione è una vera
Bestia!” sbraitò indignato dalla domanda a cui non c'era neanche bisogno di rispondere: il ragazzo di Belle era gelosissimo di lei e chi si azzardava a toccarla era morto.
“Ragazzi non fate troppo chiasso. Sembrate dei bambini” li richiamò Xemnas annoiato dal loro comportamento.
“Allora, hai idea di chi sia stato?” indagò Saix.
“No! Ho chiesto a varie persone ma nessuno sa niente. Sembrano tutti fin troppo terrorizzati da poter anche solo pensare di far incazzare qualcuno di noi”
A quel punto, senza dire altro me ne andai spedito. Non mi fermai neanche all'armadietto per prendere i libri, non ne avevo bisogno perché li avevo già presi il pomeriggio prima per studiare con Roxas, ed entrai in classe. Ci misi qualche istante per adocchiare il biondo, mi avvicinai a grandi falcate e sbattei le mani sul suo banco, attraendo l'attenzione degli altri presenti.
“Così attiri l'attenzione” mormorò lui disinteressato, voltando la pagina del libro che stava leggendo e senza guardarmi. Come sempre.
“Che diavolo volete? Fatevi gli affari vostri” sbottai verso la classe e poi mi voltai verso Roxas “E a te, che diavolo ti salta in mente?”
“A cosa ti riferisci?”
“Guardami” gli ordinai.
Questo sbuffò e alzò lo sguardo svogliatamente.
“Sei stato tu...? Quella cosa con Xaldin... sei tu il responsabile?” chiesi sottovoce ma con impazienza.
Roxas mi guardò a fondo ma la sua espressione era illeggibile per me, lo vidi poi spostare lo sguardo oltre le mie spalle, verso il professore che era appena entrato.
“Avanti, tutti a sedere” lo sentii declamare.
Io sospirai e gli lanciai una veloce occhiata prima di andare a sedermi al mio posto, proprio dietro di lui e giurai di averlo visto accennare un sorriso! Non aveva negato, non aveva battuto ciglio: era lui il responsabile. Ma perché andare ad istigare quelli più grandi e più forti di lui? O aveva un pessimo modo di divertirsi o voleva fare una brutta fine.
“Ti stai cacciando in guai seri” gli sussurrai, sporgendomi in avanti verso di lui dal mio banco dietro.
“Cos'è, ti preoccupi per me, Moore?” mi schernì senza neanche voltarsi per lanciarmi una di quelle sue occhiatacce sarcastiche.
A quel commento serrai le labbra, tornai al mio posto e incrociai le braccia al petto. Non mi stavo preoccupando per lui, assolutamente. Il mio voleva essere solo un ragionamento di circostanza. Poi se ci teneva ad essere ridotto in poltiglia dai miei amici colossi, poteva fare quel che voleva. E poi mi chiesi,
perché cavolo sto dando tutta questa importanza ad un moccioso del genere?
“Axel” i miei pensieri furono interrotti da un bisbiglio che proveniva dalla mia sinistra e mi voltai verso il ragazzo che mi aveva chiamato, questo indicava con gli occhi il professore che era ormai davanti a me e che mi guardava corrucciato, come se si aspettasse qualcosa. Non mi ero neanche accorto di lui.
“Cosa?” chiesi all'uomo sperando che questo non mi costasse un altro brutto voto.
“Ho detto” cominciò lui mettendo una mano sul fianco, l'altra reggeva il libro di testo “Chi è che ha coniato l'espressione
Generazione perduta?”
Quella domanda provocò una strana reazione in me, non avevo idea di cosa si stesse parlando però una vocina nel mio cervello mi diceva che sapevo la risposta. Mi appoggiai allo schienale, il vortice di pensieri che affollava la mia mente defluì all'istante, spalancai gli occhi e la mia bocca si mosse nel tentativo di pronunciare qualcosa che non avrei dovuto sapere.
Rividi il volto di Roxas che il pomeriggio prima, dopo una spiegazione chiara e veloce del periodo storico che stavamo affrontando, contrasse l'espressione e mi chiese
“Non credi che anche la nostra sia una generazione perduta?”
Prego?”
Notando la mia evidente confusione lui continuò
“Una volta Gertrude Stein rimase colpita dalle parole che un garagista rivolse al giovane meccanico che non era riuscito a ripararle la macchina, 'siete tutta una generazione perduta!' gli aveva gridato.”
Lo guardai perplesso e gli dissi che non capivo cosa stesse dicendo: quel ragazzino sicuramente ci sapeva fare con i libri ma era strano forte, i suoi cambi di argomento mi prendevano di sorpresa. Cosa c'entrava la vita privata di quella scrittrice con la letteratura che dovevamo studiare e i suoi dubbi esistenziali? L'unica cosa che mi interessava al momento era finire presto e andarmene a casa.
Queste parole” spiegò lui “Furono utilizzate poi in seguito dalla stessa Stein per raccontare di Hemingway e di tutta la generazione cresciuta durante la prima guerra mondiale. Era una generazione vuota, priva di valori... secondo te anche noi siamo così?”
Perché pensi questo?”
Guardati attorno, guarda anche solo qui dentro la scuola. Ormai nessuno rincorre più i propri sogni, i germogli di bontà che risiedono in noi vengono lasciati incolti, tutti si guardano dall'aiutare il prossimo. Dilaga l'omertà e regna l'anarchia. Facciamo schifo Axel”
È la legge del più forte” scrollai le spalle.
Lui scosse la testa
“Tutti noi siamo divorati dall'ira, dalla vendetta, dalla lussuria. Abbiamo dimenticato il vero senso della vita”
E quale sarebbe?” sospirai appoggiando il mento sul palmo della mano.
Amare”
Sbattei le palpebre un paio di volte e udii un sottile filo di voce fuoriuscire dalle mie labbra senza che io avessi comandato loro di muoversi “È Gertude Stein”
Il professore sembrò soddisfatto della risposta.
“Moore per una volta hai studiato” sorrise come non l'avevo mai visto fare prima e poi si voltò verso Roxas con un ampio sorriso stampato in volto “Vedo che le ripetizioni di Strife sono servite a qualcosa”
Alzai lo sguardo e guardai la nuca di Roxas, per la prima volta pensai a quello che mi aveva detto il giorno prima. Non sentivo più nulla attorno a me, ero come in trance a fissare quei fili dorati e rammentare le sue parole.
Tu sai cosa significa amare davvero qualcuno?”
Roxas non aveva mai parlato di amore nel suo significato più stretto, lo aveva esteso alla generalità: l'amore per un familiare, per un amico, per le persone, le cose, la vita. Ma quelle parole in un modo o in un altro mi avevano fatto aprire gli occhi, non avevo mai amato nessuno, o meglio, non mi ero mai spinto tanto oltre da poter mai pensare di fare una cosa simile.
Roxas è sempre stata una persona a cui non piacciono le parole, vuole i fatti, ma gli piace fare congetture, ed è tremendamente perspicace e razionale anche in queste.
È sempre stato convinto che quello fu l'esatto momento in cui io mi innamorai di lui.
Io ho smentito più volte, ero convinto che fosse stato in un altro momento - dopo la festa o quella sera sulla spiaggia. All'epoca poi non mi importava più di tanto di lui, a stento sapevo il suo nome; eppure adesso, ripercorrendo con la memoria tutto ciò che è successo tra di noi non posso che dargli ragione.
Quella semplice risposta
“È Gertude Stein” mi fece capire quanto Roxas fosse speciale, quanto riuscisse a vedere oltre il muro dei pregiudizi che ostruisce la visuale, quanto i suoi orizzonti fossero ampi. Quanto avesse bisogno di qualcuno. Quanto io avessi bisogno di qualcuno.
Quel giorno si creò una sorta di alchimia che mi avrebbe legato a lui indissolubilmente.

Quel pomeriggio corsi a perdifiato nell'aula studio: erano le 4 in punto, ora di inizio del mio lavoro di recupero. Aprii di scatto la porta e lo vidi di nuovo accucciato sullo stesso sgabello dietro al bancone. L'enorme livido era sempre evidente.
“Si può sapere cosa cavolo leggi ogni volta?” borbottai infastidito mentre entravo e mi accomodavo con poca grazia ad un tavolo.
Lui alzò lo sguardo dal librone e seguì i miei movimenti in silenzio.
“Non si può sapere” commentò semplicemente, mise il segnalibro per tenere il segno e mi raggiunse al tavolo non prima però di afferrare una pila di fogli aggiustati alla meno peggio e lasciarli cadere sulla superficie davanti a me.
Inarcai un sopracciglio “Cosa sarebbe?”
“Tutta la roba su cui lavoreremo” si sedette sulla sedia accanto a me e posò lo sguardo sulle carte. “Questa mattina sei stato così gentile da far cadere me e loro quindi ho pensato che non ti sarebbe dispiaciuto riordinarle e rimetterle a posto” mi sorrise.
“Che cosa?!” esclamai sconvolto. Non sapevo se essere più sconvolto per il suo livello di bastardaggine, per l'estrema dolcezza con cui aveva pronunciato quella frase o per tutta quella roba che avremo dovuto studiare. Ero sempre più sicuro che quello in realtà era un demone dalle sembianze pucciose. Ecco, sì proprio come Kyuubey.
Già guardo anime e, sì, pure quel genere... Demyx ha una brutta influenza su di me.
Passai una buona ventina di minuti in silenzio a riordinare quella catasta di fogli (erano tutti numerati) e intanto lanciavo qualche occhiata a Roxas, lui era seduto accanto accanto a me ed era immerso nella lettura del librone che portava sempre con sé. Doveva essere davvero interessante.
“Sei stato bravo... a lezione” Roxas ruppe improvvisamente il silenzio, io lo guardai sbigottito: aveva ancora gli occhi incollati sulla pagina a cui era dedito ma subito li puntò su di me. Non avevo mai visto un blu tanto intenso “Quella cosa... il prof l'ha solo accennata tempo fa, immaginavo solo vagamente che potesse riprenderla. Io te ne ho parlato così, tanto per, fuori dalle spiegazioni ma tu te ne sei ricordato ugualmente...” e poi i suoi muscoli facciali si tirarono in quello che doveva essere un accenno di sorriso. Ma questo era vero. Il primo mezzo sorriso vero che gli avessi mai visto indossare “...mi fa piacere”
Ed era il più bel mezzo sorriso vero che avessi mai visto.
Sentii il sangue defluire tutto verso le mie guance, così mi affrettai a voltarmi altrove, imbarazzato “Ehm...gra-grazie” borbottai corrucciando l'espressione. Non potevo farci nulla, certe cose mi mettevano a disagio.
Roxas mi guardò per un istante più a lungo così decisi di cogliere la palla al balzo e mi affrettai a prendere nuovamente parola. “Senti...”
“Dimmi”
“Riguardo a quello... al tuo discorso di ieri...” cominciai indeciso.
“Oh sì” lui annuì “Hai per caso trovato una risposta?”
“Beh, non proprio... però mi ha fatto riflettere” mormorai titubante, afferrai il cellulare e iniziai a giocare nervosamente con il touch screen. Lo vidi annuire, il suo sguardo era serio e impenetrabile. “Volevo dirti che ho deciso di istituire una tregua tra di noi”
“Una tregua?” lui inarcò un sopracciglio e si voltò con il busto verso di me per potermi guardare meglio.
“Sì... nel senso che per il momento non ti userò come sacco da boxe come gli altri”
“Oh” in quel momento parve davvero stupito “Ehm...ti ringrazio?”
“Non sei felice?” chiesi perplesso.
“Se fossi stato qualcun altro sì, penso di sì...” si grattò la nuca “Io non ho fatto tutto questo per poi riservarmi un trattamento di favore. Non fraintendere, apprezzo il fatto che tu non voglia usarmi
come sacco da boxe ma quello che volevo io era che tutti fossero lasciati in pace e che fossero felici”
“No.
Tu mi hai aiutato... e io volevo ringraziarti” spiegai, non ero bravo a parole e anche un minimo gesto di gentilezza mi costava fatica “Nonostante il mio comportamento tu sei stato paziente con le tue spiegazioni e mi hai fatto riflettere. Ti comporti come uno stronzetto ma hai un cuore grande”
“Era il mio dovere” rispose semplicemente lui sorreggendo il capo con una mano.
“E io ora ti ringrazio”
Non stavo facendo il gentile perché volevo dipingermi bello ai suoi occhi, mi dava fastidio che a gente potesse però percepire una così brutta immagine di me"
“Vuoi dimostrare che non sei
perduto?” Roxas sorrise, ci aveva preso alla grande. “È tutto okay, non preoccuparti. Mi è bastato il fatto che non hai detto ai tuoi amici che ci sono io dietro a tutto quello”
“Come lo sai?” domandai stupito voltandomi con uno scatto verso di lui.
Lui ridacchiò e si appoggiò allo schienale della sedia, alzò lo sguardo al soffitto.
“Se avessero saputo penso che ora avrei avuto tutte le ossa rotte”
Io aggrottai lo sguardo a quella risposta “Ci tieni tanto a morire giovane?”
La mia era stata una domanda puramente sarcastica, non mi aspettavo una vera risposta ma solo qualche sua risatina o un commento di circostanza giusto per farmi incazzare, e invece no.
“Io
morirò giovane. Se è oggi o domani poco importa”
“Cosa?” rimasi spiazzato dalla serietà con cui aveva risposto e dalla freddezza con cui aveva marcato il 'morirò giovane'. Mi intimò di continuare a riordinare e intanto lui si alzò dalla sedia per andare alla macchinetta delle bevande calde in fondo alla stanza.
“Caffè o cioccolata?”
“Cioccolata”
Lui annuì.
“So che succederà presto, forse anche inaspettatamente, per questo prima che accada voglio mettere in chiaro alcune cose” riprese a parlare mentre contava le monetine e le inseriva nella macchinetta “Ho visto i miei sogni sfuggirmi di mano, tutto quello per cui stavo faticando è fuggito via in un batter d'occhio. Mi sarebbe piaciuto investire nella carriera sportiva, ero molto bravo a calcio ma il destino mi è stato avverso” si girò di nuovo verso di me “Poi mi son detto
'non fa niente, posso puntare su altro'. La vita è piena di opportunità dopotutto, ed è qui a scuola che puoi formarti. Però il male si annida ovunque. Se non sei in una squadra sportiva o non sei abbastanza figo da piacere a tutti allora vieni etichettato come 'sfigato' e tutti si sentono in diritto di trattarti una vera merda”
Abbassai gli occhi, sentendomi chiamato in causa, incapace di sostenere quello sguardo serio ma che celava una punta di malinconia.
“È bello fare il gradasso con uno più piccolo di te, vero Axel?”
Strinsi i pugni davanti a me.
“Io non sono così” proferii cercando di auto-convincermi di essere il contrario di ciò che effettivamente ero. Ma con scarsi risultati.
Roxas si girò per estrarre una tazza cioccolata pronta e schiacciò il bottone per prepararne un'altra.
“Già, non sei così”
Quelle sue parole mi stupirono così tanto che quasi pensavo di essermele sognate “Prego?”
“Sai Axel, anche tu hai un cuore grande se vuoi. Cosa ti ha spinto a non offrire la verità ai tuoi amici? Perché ti interessa se li sfido? Come mai mi hai offerto una tregua? Stai facendo tutto questo per una persona che non conosci neanche” disse senza voltarsi questa volta, iniziò a zuccherare la sua bevanda e a soffiarci sopra per raffreddarla “Questo mi dimostra che non tutto è perduto... forse un giorno potrò vedere davvero convivere tutti pacificamente”
“Pensi che io sia buono?” sussurrai guardandolo di nuovo.
“Lo sei, se ci lavori su. Non credo che il tuo carattere da stronzo sia del tutto ingiustificato. Ma se inizi a riservarmi trattamenti di favore allora non lo sarai più ai miei occhi”
“E perché no?” borbottai fingendomi offeso, la mia era curiosità più che altro.
Sempre dandomi le spalle, lo vidi afferrare anche l'altra tazza e la poggiò sul mobiletto accanto alla macchinetta, dove aveva precedentemente appoggiato la sua tazza, per iniziare a zuccherarla.
“Perché io sono forte” esclamò con ovvietà e poi ridacchiò “Non voglio che mi tratti come una mammoletta. Ricordi il discorso di ieri? Preferisco che mi dimostri il tuo 'amore' con il tuo comportamento abituale piuttosto che con uno da femminuccia” concluse con un tono di scherno, prese entrambe le tazze e si avvicinò a me.
“Certo che sei un tipo proprio strano” ridacchiai e afferrai la tazza che mi porse.
“Sappi che io continuerò a tormentarti, Moore” mi sorrise furbescamente.
“Questo dovrei dirlo io” sorrisi a mia volta e portai la tazza alle labbra.
Non riuscii neanche ad ingoiare completamente il primo sorso che mi sentii avvampare, bocca, gola e trachea erano a fuoco. Iniziai a tossire come un dannato e a boccheggiare profondamente per prendere un po' d'aria.
Roxas invece iniziò a ridere istericamente.
“Che cazzo ci hai messo qua dentro?” sbraitai sputacchiando i residui di cioccolata.
“Un po' di peperoncino per una persona
focosa come te” rispose mantenendosi la pancia per le troppe risate e mostrandomi una bustina con della polvere al peperoncino che doveva aver portato da casa proprio per me.
Arrossii violentemente un po' per la bocca che mi bruciava e un po' per quella battuta.
“Piccolo bastardello. Se è la guerra che vuoi, l'avrai”
“Non chiedevo di meglio” mi sorrise strafottente.

Da quel giorno iniziammo ad instaurare uno strano rapporto di tolleranza conflittuale, in poche parole facevamo a gara a chi era più stronzo tra i due. Durante l'orario scolastico continuavamo ad ignorarci a vicenda e farci scherzi di cattivo gusto, durante le lezioni di recupero invece ci ritrovavamo a parlare di qualsiasi cosa. Non ci definivamo amici ma neanche sconosciuti, fu Roxas che uno di quei pomeriggi tentò di trovare un nome adatto.
“Tormentamici” esordì all'improvviso, alzando il naso dal suo solito librone – ormai aveva quasi finito di leggerlo e un giorno avevo anche scorto il nome,
I miserabili.
“Che roba sarebbe?” staccai lo sguardo dall'esercizio che stavo facendo e lo guardai perplesso.
“Quello che siamo noi” ridacchiò “Era da tempo che cercavo di dare un nome al nostro rapporto e adesso l'ho trovato: tormentamici”
“Fa schifo” mugugnai ritornando al mio libro “Sembra il nome di un cartone animato”
“E allora proponine uno tu, signor
Sonoilpiùsexydelmondo
Ci pensai un momento e poi tentai “Compagni di torture?”
“È perfetto,
compagno” ridacchiò e tornò alla sua lettura.

Anche se con un po' di riluttanza all'inizio, ben presto iniziai ad abituarmi sempre di più a quei brevi incontri con Roxas: era un buon insegnante in fin dei conti e, con quelle sue uscite strane, era una compagnia interessante; per non parlare del fatto che i nostri giochetti dell'infastidirci a vicenda mi divertivano abbastanza. Oh e ascoltava i Queen, quindi altro punto a suo favore.
Però avevo sempre mantenuto segreta la nostra complicità. Non era una cosa che avevo pianificato, mi era venuto naturale e quando me ne resi conto sperai che lui non se ne accorgesse e potesse dispiacersi. Ma lui era tutt'altro che scemo, è solo che
aveva altro a cui pensare.
Era un sabato pomeriggio freddo e nuvoloso, non avevo preso impegni per quella sera – sono una persona fondamentalmente pigra, se non vedo qualcosa di interessante all'orizzonte non mi scomodo ad alzarmi dal mio comodo divano. Ero spaparanzato sul suddetto divano e assieme a me c'era Demyx, seduto a terra a pochi centimetri dalla TV intento a giocare a Mario Kart sulla mia wii e a bestemmiare contro la Principessa Peach perché a quanto pare persino lei era troppo forte da seminarlo.
Tirai un sonoro sbadiglio e notai con piacere che aveva finalmente spento quel dannato gioco ma adesso mi stava fissando imbronciato, sembrava un'idiota.
“Che cosa vuoi ancora?” sospirai al limite della pazienza.
“Io sono ancora depresso” batté i piedi per terra “Neanche Mario è riuscito a tirarmi su il morale”
Strano perché Mario aveva uno strano effetto su di lui: bastava piazzargli un gioco, qualunque gioco, di Super Mario e Demyx si calmava e lasciava i tuoi nervi in pace per un bel po' di tempo.
“Perché ti serve qualcosa di più forte. Accendi la play station, hai una vasta scelta... fai finta che quelli che devi far fuori siano il tizio che ti ha dato buca”
Mi resi conto troppo tardi però, del passo falso che avevo fatto, che Demyx iniziò di nuovo a lagnarsi e dimenarsi per terra. La sera prima eravamo andati in discoteca assieme agli altri, io avevo passato la serata al bancone bevendo e flirtando con il barman; lui invece, a quanto avevo capito, aveva conosciuto un tipo
“fantastico”, che doveva essere sicuramente la sua “anima gemella” (per citare le sue parole). Ma alla fine Demyx era anche lui troppo ubriaco e ha finito per vomitargli in bocca e quel poveretto giustamente l'ha mandato all'inferno.
E adesso dovevo sorbirmi io i suoi problemi di pazzia, sembrava davvero una ragazzina.
“Aspetta, vado a prenderti una birra” sospirai alzandomi.
“Voglio il gelato!”
“Ma fa un freddo della madonna” ribattei scandalizzato.
“Voglio il gelato!” si impuntò.
Andai in cucina e controllai in freezer, niente gelato – dovevamo averlo finito uno dei giorni precedenti. Pensai allora di imbottirlo di cioccolata, dopotutto anche quella si usa per lenire le
pene d'amore. Aprii la dispensa, niente cioccolata. Patatine! Quelle erano la mia ultima spiaggia ma niente, non c'erano più buste e quelle che avevamo lasciato sul tavolino in salotto erano vuote.
Dal momento che mi stava venendo fame, mi arresi all'evidenza: avrei dovuto affrontare quel freddo per arrivare al minimarket all'angolo e andare a fare scorta di schifezze.
“Dem” lo chiamai entrando di nuovo in salotto e mi diressi alla porta d'ingresso “Vado a fare rifornimento, mi raccomando non farti trovare con un cappio al collo e non buttarti giù”
“Pistacchio” mormorò con voce impastata, tirando su col naso.
Quella visione era rivoltante, presi un pacchetto di fazzolettini e glielo lanciai appresso. Indossai il giubbotto ed uscii.
Il minimarket non era lontano dal mio appartamento, ci volevano al massimo una decina di minuti a piedi. Affondai le mani nelle tasche e mi strinsi nelle spalle, il problema per me non era la distanza ma il freddo perché non lo sopportavo. Appena giunsi a destinazione fui avvolto da un caldo tepore e subito mi rianimai.
Senza neanche pensarci, afferrai un cestino e mi fiondai nel mio paese delle meraviglie, nel reparto dove tutti i sogni diventano realtà: il reparto dolciumi.
Scartai uno Sneakers e iniziai a mangiarlo mentre sceglievo con scrupolo quasi professionale quali, tra tutte quelle
bombe diabetiche e caria-denti, sarebbero state le mie alleate nel placare l'umore lamentoso di Demyx. Ma poi non ci badai più di tanto e riempii il mio cesto di cioccolata, patatine e stuzzichini vari.
Ero finalmente giunto al banco frigo per prendere il gelato al pistacchio per il mio amico quando una voce familiare mi fece sobbalzare.
“Ti ricordavo più magro l'ultima volta che ti ho visto”
Mi girai immediatamente e notai l'esile figura di Roxas, vicino al dispenser delle bibite, intento a riempirsi il bicchiere più grande di Coca Cola.
Afferrai una vaschetta di gelato e mi avvicinai a lui.
“Tu invece sembri sempre la solita ragazzina di quindici anni per niente affascinante” risposi a tono dopo aver ingoiato il mio ultimo pezzo di sneakers – quello ovviamente lo avrei pagato.
Lui mi lanciò un'occhiata divertita “Così mi fai soffrire”
Lo osservai attentamente, aveva un giubbotto blu ceruleo quasi più grande di lui e un grande cappello bordeaux, che nascondeva la gran parte dei suoi capelli dorati. Era buffo conciato così perché, sotto quegli abiti pesanti, sembrava ancora più piccolo e magrolino di quanto non fosse.
“Non pensavo che fossi tipo da Coca Cola alla ciliegia” commentai adocchiando da quale dei vari dispenser si stava servendo.
Roxas mise il coperchio di plastica e si portò la cannuccia alle labbra. Quel gesto così naturale e ingenuo, mi provocò una strana reazione interiore tanto che dovetti voltare la faccia altrove per non arrossire ulteriormente. Come poteva quel topolino emanare una così forte carica sessuale?!
“È come una droga per me. Ogni volta che ne ho l'occasione mi fermo sempre a prenderne una...penso che se lo scoprisse mia mamma mi ucciderebbe” si voltò di nuovo e mi guardò di nuovo con sguardo innocente.
Quello non era Roxas Strife!
“Che c'è?” mi chiese poi notando il mio comportamento “Sei strano”
“No tu sei strano” borbottai cercando di scacciare dalla testa certi pensieri strani e mi avvicinai al bancone per prendere anche io una Coca Cola.
“Non pensavo che fossi tipo da Coca Cola alla ciliegia” ripeté lui facendosi da parte e prendendo un altro sorso.
“È la mia preferita” commentai semplicemente, anche io scelsi il bicchiere più grande e mi servii.
“Sul serio? Incredibile, non ti facevo così
dolce. Poi dici che lo strano sono io”
Lo fulminai con lo sguardo.
“È così. Cosa c'è che mi rende tanto strano solo per il semplice fatto che bevo la Coca alla ciliegia?”
“Entrambi la beviamo quindi entrambi siamo strani o non lo siamo. Dipende dai punti di vista” ragionò lui.
Io mi portai la cannuccia alle labbra e assaporai quel sapore dolcissimo di ciliegia.
“Non ha senso quello che dici” rimbeccai.
“Mmmm” mugugnò distratto mentre si guardava attorno con poco interesse e continuava a bere la sua bibita. Era strano ma carino.
Lo guardai per un lungo momento in silenzio, immerso nelle mie riflessioni su quel ragazzino.
“Devi prendere altro?” domandai ad un tratto, questo si voltò verso di me e scosse la testa. “Aspetti qualcuno?” lui di nuovo scosse la testa, allora gli piazzai un braccio attorno alle spalle ci dirigemmo alle casse “Andiamo a pagare allora ”
Lui annuì solamente e non disse niente, lo vidi strano. Ma non
strano come sempre, era uno strano pensieroso e forse malinconico.
Appoggiai tutta la mia roba sulla cassa, salutai la cassiera che ormai conoscevo perché ero sempre lì e le indicai anche la carta dello sneakers che avevo mangiato e i due bicchieri di Coca Cola.
“Oggi sei mio ospite” gli lanciai un'occhiatina con la coda dell'occhio e lo vidi alzare gli occhi blu verso di me.
“Non ce n'è bisogno”
“Insisto” sorrisi. Una volta pagato tutto uscimmo nel gelo del pomeriggio di metà Ottobre - ero sicuro che nel giro di una quindicina di giorni avrebbe iniziato a nevicare. Mi guardai attorno e iniziamo a camminare verso il parco vicino, isolato come sempre, e andammo a sederci su una panchina – o meglio io lo portai lì.
“Cosa c'è?” chiesi all'improvviso e lo feci sobbalzare.
“In che senso?”
“Sei troppo silenzioso e distratto. Non è da te”
Lui guardò la sua bibita che manteneva in grembo “Niente, pensavo solamente”
"Vuoi... sfogarti?”chiesi con un po' di fatica, guardando altrove.
“No, grazie”
“Va bene”
“Qualcosa succederà a breve”
Puntai lo sguardo verso di lui “Che cosa?”
Ma lui non rispose, aveva lo sguardo fisso su un'altalena davanti a noi. Sembrava un guscio vuoto, e, mi sembrava strano a dirlo, ma non mi piaceva vederlo in quello stato.
Presi un altro sorso della mia coca e parlai di nuovo.
“Rox” lo chiamai e lui si girò “Perché hai detto che tua madre si arrabbierebbe se ti scoprisse a bere la Coca Cola?”
“Perché contiene caffeina”
“E allora? Non dormi?”
“È eccitante. Non posso bere questa roba”
“Perché no?”
“Perché mi fa male”
Stavo per chiedere ancora una volta il perché ma lui si alzò e tagliò corto.
“Si sta facendo tardi. Devo andare”
“Vuoi che ti accompagno?” presi la busta con tutte le schifezze e mi alzai anche io.
“No o il tuo gelato si scioglierà” pronunciò iniziando ad incamminarsi verso l'uscita del parco.
“Tanto è di Demyx” mi affrettai a seguirlo “Con questo freddo non vedo come potrà sciogliersi”
Lui mi guardò. Il naso e le guance si erano colorate di rosso e dalla bocca uscivano piccole nuvolette bianche. Era così diverso da come lo vedevo sempre a scuola.
“Non puoi farti vedere in giro con me, cosa ne sarà della tua reputazione? Noi apparteniamo a due mondi diversi”
Il sorriso appena abbozzato che avevo crollò del tutto e non dissi niente.
“Vai a casa Axel” mormorò riprendendo a camminare a passo spedito.
“Ci vediamo lunedì a scuola vero?”
Lui continuò a camminare a passo spedito e tutto quello che fece fu alzare una mano e agitarla in segno di saluto.
Guardai quella figura in lontananza finché non scomparve dalla mia vista, sospirai e attraversai la strada. Il mio palazzo era proprio davanti al parco.
Entrai in casa e posai la busta sul tavolo, Demyx senza bisogno di particolari inviti o avvertimenti si avventò alla ricerca del gelato.
Iniziò a pormi varie domande ma io non lo ascoltai – doveva essere qualcosa del tipo come mai ci avevo messo così tanto – mi avvicinai alla finestra e guardai fuori. Da lì si vedeva il parco in cui avevamo sostato fino a poco prima.
Non riuscivo a capire il motivo ma dopo quel breve incontro mi sentivo inspiegabilmente inquieto.
Roxas aveva ragione, ero troppo radicato in quella mentalità giovanile fatta di pregiudizi e diversità, che il solo farsi vedere in compagnia di uno che non era come te scatenava una serie infinita di pettegolezzi e, nel peggiore dei casi, poteva rovinarti la reputazione. Valeva la pena spingersi così oltre? Valeva la pena sfidare tutto e tutti per una persona?
Conoscevo da poco tempo Roxas, mi aveva sempre mostrato un carattere forte e combattivo ma non credevo che potesse essere anche così fragile. Avrei voluto saperne di più su di lui e perché era in quello stato, chissà cosa sarebbe accaduto.
Mi ripromisi di cercare di avvicinarmi di più a lui e chiedergli se c'era qualcosa che non andava.
Ma il lunedì dopo non venne a scuola.

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Capitolo 3
*** Mysterious ***


Viva la Vida

#3. Mysterious



"Niente è quello che sembra"
In queste poche parole Roxas soleva nascondere l'intero universo.



Roxas è sempre stato una persona misteriosa, benché all'inizio lo abbia etichettato come strano -
freak - con il passare del tempo non potei fare a meno di notare quest'altra sua preponderante caratteristica: non potrai mai sapere quello che frulla realmente nella sua testa, anche se ti da delle spiegazioni, lui tenderà sempre a nasconderti qualcosa. Con questo non voglio dire che è un bugiardo, perché non lo è e non lo sarà mai, solo che tende ad omettere alcune verità e preferire alcuni dettagli ad altri. Se all'epoca avessi saputo questo piccolo dettaglio sarebbe stato tutto più semplice, ma è anche vero che se non fosse stato proprio per questi lati così strambi ed intriganti del suo carattere, io non mi sarei mai interessato a tal punto a lui.

Quando aprii gli occhi quella mattina, il mio primo pensiero fu Roxas.
Beh non proprio... il primissimo fu quello di accendermi una sigaretta, ma questo dettaglio avrebbe sicuramente rovinato l'atmosfera idilliaca del mio discorso!
Dunque dicevo, il mio primo pensiero fu Roxas e non perché fossi mosso da particolari sentimenti nei suoi confronti, ma perché ero curioso. Circa due giorni prima lo avevo incontrato al minimarket all'angolo e, anche se non mi aveva detto nulla, avevo notato che il suo umore era più cupo dei nuvoloni che affollavano il cielo plumbeo di metà ottobre. Era più silenzioso del solito, aveva l'aria confusa, non sembrava prestare attenzione e solo più tardi, dopo che ci eravamo congedati, mi resi conto di quanto fosse pallido in volto.
Sembrava molto più fragile di quanto potessi immaginare, e per la prima volta lo vidi come una
persona e non più come Roxas, lo scherzo della natura che mi era stato affiancato come tutor.
Il suo comportamento inusuale e le sue parole mi avevano dato molto da pensare negli ultimi due giorni, mi aveva detto
"Qualcosa succederà a breve"... e in effetti qualcosa era successa: Demyx aveva riversato metà del suo fottutissimo gelato al pistacchio sul tappeto del salotto. Fortuna che mio padre è in viaggio per lavoro, aggiungerei. Ma non era questo. Non saprei neanche come spiegarlo in realtà. Non sono un tipo che crede nella sorte o roba simile ma sapevo che qualcosa effettivamente sarebbe successa, non sapevo a chi o cosa, se buona o cattiva... qualcosa sarebbe successa e basta. Un presentimento, chiamiamolo così. D'altronde Roxas non mi aveva fatto neanche il piacere di spiegarmi cosa voleva dire con quella sua frase o se si riferisse a se stesso o era in generale.
Feci un altro tiro dalla sigaretta e piegai la bocca in modo da creare tanti piccoli anelli di fumo e focalizzai la mia attenzione su di essi, portai distrattamente lo sguardo alla finestra e notai che fuori era ancora tutto scuro. Buon per me, pensai, avrei potuto poltrire ancora a letto.
A quel punto ritornai ancora con la mente a Roxas: era Lunedì, quel giorno l'avrei rivisto e avrei potuto togliermi quelle curiosità che ormai mi stavano assillando.
Va tutto bene? Perché eri così strano? Cosa deve succedere? E soprattutto a chi?
Avvertii un improvviso movimento sotto le coperte accanto a me, accompagnato da un mugugno contrariato. Io non vi badai finché il filo dei miei pensieri fu interrotto bruscamente.
"Porca puttana è tardissimo!" lo strillo poco elegante che era riecheggiato per tutta la casa apparteneva a Larxene - e chi altri allora? - che aveva appena afferrato il cellulare dal comodino e aveva spalancato i suoi occhi ancora assonnati in un'espressione di puro orrore "Che cazzo fumi a letto, vuoi incendiare la casa? E perché non mi hai svegliato prima, razza di coglione?"
Larxene: quarto anno, cheerleader, capelli biondi, occhi di un azzurro che va nel verde, verde che va nell'azzurro. Era una di quelle creature che possono ispirare tutto fuorché un sentimento pari all'amor stilnovista (già, Roxas mi ha fatto studiare bene) - donna angelica, essere celestiale, nobilitatrice dell'animo... puttanate. L'unica cosa di celestiale che si ritrovava erano le sue tette enormi, per il resto era una bestia, l'
anticristo in persona. Non ho mai visto tanta troiaggine (esiste come parola?) e cattiveria racchiusi in un solo corpo. Ma nonostante questo era una strafiga: facile ma con degli standard, e cosa c'è di meglio di un buon vecchio e sempreverde cliché del capitano della squadra di basket che se la fa con la cheerleader più popolare?
È vero, in precedenza ho detto di essere gay marcio ma anche io all'epoca avevo dei bisogni da soddisfare di tanto in tanto... e dal momento che
nessuno doveva sapere delle mie preferenze, mi accontentavo di qualche ragazza. Probabilmente non lo sapete ma essere etichettati come omosessuali è peggio dell'essere considerati sfigati.
"Buongiorno anche a te Larxene" proferii senza fare una piega al suo linguaggio stilnovista.
"Vai a farti fottere" borbottò con poca grazia alzandosi dal letto e fuggendo in bagno. Almeno era di buon umore.
Con un sospiro decisi di alzarmi anch’io, andai alla ricerca dei miei vestiti che avevo abbandonato in giro per la stanza la sera prima e li ammucchiai nel cesto della biancheria, scelsi un nuovo cambio e mi rifugiai nel bagno di servizio, dal momento che quello principale sarebbe stato occupato da Larxene per
molto tempo. Mi appuntai mentalmente che non avrei dovuto invitarla più da me quando c'era scuola.
Mi lavai e mi cambiai velocemente, afferrai la borsa e bussai alla porta del bagno ancora occupato.
"Larx io inizio ad andare a scuola, per piacere non lasciarmi il bagno una schifezza"
Ci fu una breve pausa e poi udii la sua voce seccata "Certo, certo a dopo"
Detto ciò mi affrettai ad uscire dal mio appartamento e presi a camminare a passo spedito, abitavo vicino la scuola quindi non avevo bisogno di prendere la macchina. Non mi preoccupai di lasciare Larxene sola nella mia casa, non era la prima volta che accadeva, è che non avevo voglia di sorbirmi le stronzate delle donne di prima mattina.
Appena arrivai in vista della scuola passai per il parcheggio invece che dal cortile e lanciai uno sguardo all'orario sul display del mio cellulare. Ogni mattina, alla stessa ora, vedevo Roxas scendere dalla Pontiac argentata di Riku
(il fidanzato di Sora), e suo fratello Sora o lo stesso Riku si offrivano sempre di portargli la borsa fino all'entrata della scuola, dove le loro strade si separavano per poi ricongiungersi il pomeriggio. Roxas mi aveva detto che abitava nel quartiere residenziale poco lontano, quindi Riku si offriva di dare a Sora e lui un passaggio a scuola; ma ora che ci penso non gli avevo mai chiesto come mai lo guardavano sempre con apprensione e gli portavano la borsa.
Ad ogni modo si stava facendo tardi e della Pontillac nessuna traccia, rimasi a scrutare il parcheggio finché la campanella non suonò e non mi costrinse ad entrare. Storsi il naso quando notai che Roxas non era in classe, cercai di convincermi che magari aveva avuto qualche contrattempo. Sì, sicuramente avevano trovato traffico e avevano fatto tardi, ma la mia ipotesi cadde quando, alla seconda ora mi affacciai nella classe di Inglese e non era presente neanche lì.
Forse stavo diventando paranoico ma mi stavo preoccupando.

"Axeeel!" il cinguettio acuto, seguito da un'energica pacca sulla spalla mi fecero trasalire di brutto e per poco non sbattei la fronte contro lo sportello del mio armadietto aperto.
"Ma che cavolo!" mi voltai verso la causa del mio quasi infarto. "Yuffie la vuoi piantare di arrivare da dietro così all'improvviso?"
"Le mie tecniche ninja sono sempre infallibili" lei rise raggiante e aprì il suo armadietto. Yuffie non era una mia amica ma la conoscevo perché era la mia vicina di armadietto ed era una tipa abbastanza esaltata perché credeva di essere un ninja: solitamente non socializzo con chi non fa parte del mio gruppo ma lei aveva un carattere così insistente e coinvolgente da non lasciarmi scampo, inoltre era una ragazza quindi era sempre aggiornata sugli ultimi pettegolezzi.
"Ho una notizia pazzesca"
"Spara" risposi guardandola con un pizzico di interesse. Andavo pazzo per il gossip, ma questa era una di quelle informazioni che nessuno avrebbe dovuto scoprire.
"Hai presente Vincent Valentine?"
"Uhm, quel tizio con l'aria da vampiro?"
"Esattamente" la vidi saltellare entusiasta "Ho deciso di invitarlo alla festa di Halloween"
Ridacchiai a quel pensiero "Buon per te... fareste una coppia... "
di fattoni, stavo per dire ma mi fermai e analizzai con cura le parole da utilizzare "Una coppia da sballo"
Seriamente, chi meglio poteva accoppiare un vampiro e un ninja?
"Ma a quanto pare dovrei fare io i complimenti a te" riprese guardandomi adesso con un'espressione maliziosa "Sta nascendo una nuova coppia?"
"Che stai dicendo?" aggrottai le sopracciglia.
"Sabato pomeriggio ti ho visto al minimarket assieme a Roxas, gli hai offerto una Cocacola... vero Zex?" si voltò alla sua sinistra e un altro armadietto si chiuse, rivelando Zexion - se ricordavo bene - ragazzino minuto, secchione e topo di biblioteca, lo avevo visto girare varie volte in compagnia di Roxas. Questo mi lanciò un'occhiata illeggibile ma io non vi badai perché ero troppo occupato a tenere a bada l'ansia che stava man mano crescendo in me.
"Tu...tu che ne sai?" puntai un dito indagatore contro la brunetta.
"Vi ho visti" scandì bene le parole con un risolino innocente "Te l'ho appena detto, vero Zex?"
Ancora questi non rispose ma continuò a guardarmi con l'unico occhio visibile - l'altro era nascosto da un ampio ciuffo in stile emo.
"Com'è possibile che non mi sia accorto di te?!" esclamai indignato.
"Perché sono un ninja!"
Non potevo credere al livello di pazzia che pullulava in quella scuola, inoltre non si poteva neanche incontrare qualcuno che subito iniziavano a nascere congetture improbabili e...oh cavolo!
"L'hai detto a qualcuno?" mi affrettai subito a chiedere senza badare al resto.
"No non preoccuparti" lei scosse la testa e mi sorrise come una bambina "Solo alle mie amiche più strette: Yuna, Rikku, Ariel, Belle, Aurora, Alice, Selphie..." elencò sulle dita e poi parve pensarci qualche secondo e aggiunse "Oh sì e anche Kairi"
In quel momento mi sentii come trafitto da mille frecce, il mio cuore non avrebbe retto. Kairi era la più grande pettegola della scuola, ogni informazione passava prima sotto il suo giudizio e poi lei la rendeva nota
a modo suo. E peggio ancora, Kairi era mia cugina.
La mia vita è finta, pensai sconsolato senza badare al chiacchiericcio di fondo a senso unico di Yuffie.
"Senti... non metterti strane idee in testa, l'ho incontrato per caso e ci siamo fermati a chiacchierare. Nient'altro. E per la cronaca, come mai non dici niente del fatto che ieri notte sono stato con Larxene? Non penso che tu ancora non lo sappia. "
"Certo che lo so. Ma non fate più notizia, non c'è passione tra di voi... e poi si dice che lei sia lesbica"
Sospirai sconfitto.
Riposi tutti i libri che non mi servivano più e chiusi l'armadietto con un tonfo. Feci per andarmene ma ci ripensai.
"Senti un po', prima di tutto piantala di andare in giro a diffondere notizie false su di me" mi abbassai alla sua altezza e le bisbigliai all'orecchio "Secondo, hai visto Roxas?"
Lei scosse la testa "No... questa mattina non l'ho proprio visto" poi si girò verso l'altro ragazzo. Cavolo mi ero dimenticato della sua presenza! "Ehi Zex, tu l'hai visto? Se non mi sbaglio avevate Filosofia insieme"
"Non si è sentito molto bene" rispose a voce così bassa e atona che dovetti sporgermi verso di lui per sentire "Si farà vedere appena starà meglio"
Yuffie e Zexion si scambiarono un'occhiata, come se stessero comunicando chissà cosa e lei alla fine ridacchiò.
"Conoscendo il tipo, sarebbe capace di presentarsi anche direttamente alle attività pomeridiane pur di non fare assenze"
"Ehi Ax" mi voltai e vidi Dem che correva nella mia direzione.
Io lo salutai con una mano, mi misi la borsa in spalla e piantai in asso gli altri due per dirigermi verso il mio amico Mullet-man. Mi ero stancato di tutte quelle conversazioni insensate.
"Ciao Dem. Pronto per sgranchirti un po' le gambe?" la nostra prossima ora era Educazione fisica.
"Prontissimo"dichiarò con il suo solito tono esuberante "Ma prima volevo chiederti una cosa"
Afferrai dal pacchetto che aveva in mano uno di quei soliti biscotti schifosi che era solito mangiare "Cosa c'è?"
"È vero che stai uscendo con quel Roxas?"
Per poco non mi strozzai.

Quelle voci infondate ormai si stavano propagando a macchia d'olio e io non potevo permettere che la mia reputazione venisse infangata da una idiozia del genere. Era vero che trovavo interessante quel ragazzino, così come era vero che ero stato un po' in ansia dall'ultima volta che lo avevo incontrato, ma io non stavo uscendo con lui. Non mi piaceva. Non provavo nulla per lui.
Che ingenuo che ero.
Tutta quella situazione aveva generato in me un improvviso impulso di rabbia, dovevo trovare mia cugina e scambiare due chiacchiere con lei. Attraversai di corsa i corridoi, sentendomi perforato dagli sguardi indagatori degli altri studenti, e appena arrivai negli spogliatoi sbattei con poca grazia la borsa sulla panca e iniziai a cambiarmi.
"Moore!" una voce carica d'ira alle mie spalle mi fece voltare. Si rivelò essere Sora, il fratello dell'oggetto delle mie pene.
"Ma guarda un po', un altro Strife. Certo che non mi date un secondo di tregua" mi rivolsi a lui con tono velenoso. Non avevo nulla contro Sora ma tutta la questione con Roxas e i pettegolezzi mi stavano facendo saltare i nervi e lui mi stava cercando in un momento sbagliato.
"Ho sentito quello che si dice in giro. È la verità?" fece un passo verso di me e mi guardò con astio.
"Perché non lo chiedi al tuo fratellino?" ribattei infastidito contraendo i miei lineamenti.
"Se fosse vero me l'avrebbe detto, lo so che non state insieme. Ma io voglio sapere se è vero che è con te che passa il tempo!" ormai era rosso in faccia.
"Sora basta così" intervenne Riku, frapponendosi tra me e il castano.
"È il mio tutor, non me lo sono scelto io" borbottai malamente.
Quella mia risposta lo fece raggelare. Si bloccò per un momento e poi si aggrappò al petto del ragazzo dai capelli argentei "Allora è vero...Riku tu lo sapevi? Dimmi la verità" mormorò con tono tremante "Perché non mi ha detto niente?"
"Non lo sapevo" quest'ultimo lo guardò negli occhi e gli accarezzò i capelli "Ma ora basta, stai calmo"
Sora annui ma poi si rivolse di nuovo a me, con uno sguardo carico d'odio "Axel! Non ti avvicinare a mio fratello" la sua voce tremava ancora, ma questa volta di rabbia nei miei confronti "Lascialo in pace... la colpa è tutta tua, ne sono sicuro. Non avvicinarti mai più a lui" urlò, calde lacrime avevano iniziato ad uscire copiose dai suoi occhi.
Lo guardai stupito, non sapevo cosa dire di tutto ciò.
"Moore" mi richiamò Riku con espressione neutra ma più calma, stringendo sempre il castano tra le sue braccia "Per piacere fai come ti dice Sora e non cercarlo più"
Giuro. Non ci stavo capendo nulla. Ma che cazzo avevano tutti? Roxas che faceva il misterioso, Yuffie che andava dicendo che io e lui avevamo una storia, Sora che mi attaccava e poi faceva le sceneggiate melodrammatiche e Riku che lo assecondava...e giuro di aver letto sulle sue labbra anche un "Perdonalo", rivolto al comportamento da vero
mestruato del ragazzino castano.
Rivolsi un vaffanculo generale e uscii fuori, nella palestra all'aperto. Ormai ne avevo le tasche piene di tutto e tutti. Mi diressi con ampie falcate nel campetto in cui sapevo che si stavano allenando le cheerleaders, entrai dalla porticina che delimitava la recensione, come se quel posto mi appartenesse, e senza pensarci due volte richiamai mia cugina alla mia attenzione.
"KAIRI!" sbraitai infuriato, ignorando deliberatamente tutti i saluti e le paroline che mi rivolgevano tutte le altre ragazzine. Da un angolino più lontano scorsi anche Larxene che se la ghignava con gusto.
Kairi si congedò dalle sue compagne e mi raggiunse in disparte, mi fece cenno di uscire dal campo e di dirigerci dietro gli spalti dove avremo avuto un po' di privacy.
"Ebbene?" chiese questa con aria scocciata di essere stata interrotta durante le sue attività.
"Ebbene dovrei dirlo io" sbottai incrociando le braccia al petto "Che diavolo ti salta in mente diffondendo certe cose?"
"A cosa ti riferisci?"nonostante il mio tono serio lei non appariva interessata.
"Lo sai bene! Mi riferisco a quella storia di me e Roxas. Perché dici cose non vere?"
"Oh, ti riferisci a quello? Beh io non ho fatto niente questa volta, è stata Yuffie a raccontare tutto" sorrise con malizia "E non dire che non è vero perché ho anche le prove"
"E che prove avresti?"
Lei di tutta risposta prese il cellulare e mi mostrò una fotografia, era un po' mossa ma mostrava senza ombra di dubbio me che portavo Roxas verso il parco.
"Yuffie l'ha mandata solo a me"
"Ma che cazzo, adesso vi improvvisate anche paparazzi?" esclamai non riuscendo più a contenermi ma questo non fece che provocarle una fragorosa risata "Guai a te se la fai vedere a qualcuno"aggiunsi ancora arrabbiato.
Lei mi guardò malandrina, sapeva che non le avrei fatto nulla sia perché era una ragazza e perché era mia cugina ma questo non significava che non mi sarei vendicato.
"Tranquillo non lo farò" mormorò mettendo di nuovo il cellulare in tasca "Ma non lo farò perché me lo stai chiedendo tu, anzi mi farebbe piacere vederti sputtanato per una volta. Se non lo faccio è per Roxas, per non metterlo ancora più nei guai di quanto non sia"
Sebbene quel suo discorso era fatto più per farmi infervorare che altro, io mi imposi di mantenere la calma e già che
c'ero potevo farmi dare tutte le informazioni che volevo. Dovevo solo giocarmi bene la partita, niente di più semplice.
"Di che guai parli? Sono io quello nei guai dal momento che è stato ritratto con uno sfigato, e Yuffie aggrava anche il tutto dicendo che c'è qualcosa tra noi"
"Sai... lui non è basso come te, per questo io sono dalla sua parte e non dalla tua. Se lui non può farsi vedere con te non è perché pensa alla propria reputazione ma perché suo fratello si arrabbierebbe"
"Me ne sono accorto" feci sarcastico "Prima mi ha aggredito negli spogliatoi dicendomi di stare alla larga da Roxas. Ma che cavolo ha contro di me? Eppure non gli ho mai torto un capello, avevo anche promesso a Roxas che non avrei fatto lo stronzo neanche con lui. Quel tuo amico, Sora, è un pazzo... cos'ha di tanto prezioso Roxas da fargli fare scatti del genere?"ribattei duro stringendo i pugni.
Capivo se la sua fosse stata una reazione dettata da qualche motivo scatenante, ma io non avevo mai fatto nulla a loro... beh a Roxas non ero tanto sicuro, ma a Sora di sicuro non gli avevo fatto nulla.
"È malato, Axel" tagliò corto lei "Ora come ora l'unica cosa di cui ha bisogno è riposo e non delle vostre cazzate. Conosco Roxas
abbastanza bene da poterti assicurare che non ci penserebbe due volte a rispondere ai vostri complimenti. Fa' come ha detto Sora e lascialo stare..."
La serietà della sua espressione mi fece tentennare e per qualche secondo ero davvero sul punto di demordere, ma poi mi ricordai con chi avevo a che fare: Kairi,cheerleader di punta, amica di Larxene, la più grande pettegola della scuola, e soprattutto mia cugina. Il che significava: furbizia, astuzia e bastardaggine. Riusciva a maneggiare a proprio piacimento qualsiasi informazione le capitasse a tiro. Poteva ingannare chiunque se voleva.
"Tu sei solo innamorata di Sora, ecco perché lo difendi" contestai indispettito dopo qualche secondo "Zexion me l'ha detto...
'non sta molto bene', non è poi grave come lo dipingi tu!"
Kairi mi guardò dal basso con espressione malinconica, la vidi congiungere le mani al petto "Sarò pure innamorata di Sora, ma adesso è di Roxas che stiamo parlando. Zexion per caso ti ha detto anche cos'ha? Per piacere... ascolta quello che ti sto dicendo e dimenticati della sua esistenza. Se vuoi metterò in giro altre voci che smentiscano quello che ha detto Yuffie, la tua reputazione non sarà rovinata perché sei stato visto in giro con lui, però ti prego lascialo in pace"
"Kairi tu..."
"Ti sto parlando da amica preoccupata per la sua salute" ribadì questa volta con più dolcezza.
Le parole di Kairi, la sua serietà, quella nota di dolore nei suoi occhi blu, tutto mi fece vacillare. Mi sentii come pervaso da un moto di infelicità e insoddisfazione.
Chi diamine era Roxas Strife da riuscire a provocare tante emozioni in me anche quando non era presente?
"Kai..." una vocina dolce e delicata ci fece trasalire e immediatamente ci voltammo verso una figurina poco distante da noi.
"Nami"sussurrò Kairi voltandosi verso la sua amica.
"Mi dispiace, non volevo interrompervi ma il coach ti cerca urgentemente Kai" la ragazzina rimase immobile, senza muovere un dito e mi rivolse solo uno sguardo.
"Vado subito, grazie per avermi
avvertita" Kairi annuì. Indugiò per qualche altro secondo e poi iniziò a trotterellare nella direzione da cui era arrivata, per poi voltarsi verso di me solo per un breve istante "Mi raccomando Ax" e detto ciò scomparve dalla mia vista, lasciandomi in compagnia della biondina appena arrivata.
"Senza volerlo ho sentito di cosa parlavate, Axel Moore" prese nuovamente parola quest'ultima. Non conoscevo bene Naminè ma era una ragazzina che a tratti mi inquietava. Era molto amica di Kairi e di Roxas
e sembrava sempre assente dal mondo reale, preferiva crearsene di propri nei suoi disegni, però quando parlava mostrava sempre una maturità fuori dal comune. Sembrava quasi una strega o una veggente a volte, e il suo abbigliamento non l'aiutava di certo: soleva vestire quasi esclusivamente di bianco. Altro che Larxene, lei poteva essere definita una creatura angelica.
Io sostenni il suo sguardo senza dir nulla, in realtà non sapevo cosa dire.
"Non sei mosso da sentimenti negativi nei confronti di Roxas" continuò vedendo che io non accennavo a rispondere.
"Tu sei la Naminè che è stata importunata da Xigbar vero?"
Lei annuì candidamente e poco dopo riprese "Roxas è una persona molto importante per me e so che in realtà rappresenta anche per te qualcosa... per questo voglio rivelarti una cosa" fece una breve pausa e io rimasi in ascolto "Durante l'ultima crisi che ha avuto, più di una volta ha mormorato il tuo nome. Credevano che delirasse ma io sapevo che in realtà era preoccupato perché non avrebbe potuto prender parte ai vostri incontri pomeridiani, me lo ha rivelato lui stesso. Anche tu rappresenti qualcosa per lui"
Io rimasi contraddetto dalle sue parole e dal tono caldo ma neutro con cui erano state pronunciate. Io ero qualcosa per Roxas?
"Roxas adesso sta affrontando una situazione abbastanza delicata e non può subire scosse emotive. Per questo Sora era arrabbiato quando ha saputo di te"
"A-aspetta, non...non credo di aver capito. Perché ce l'ha con me?" balbettai timoroso.
"Tu lo faresti soffrire. Questo non gioverebbe alla sua salute"
Spalancai gli occhi a quella risposta e feci un passo verso di lei per fronteggiarla meglio "No. No, aspetta. Io ho dichiarato una tregua, perché dovrei farlo soffrire?"
"Non è abbastanza..." sussurrò a quel punto ma poi ci ripensò e si corresse "
Tu non sei abbastanza. C'è qualcosa di fondo, lo so, ma tu non l'hai ancora percepito; Roxas ne avrebbe bisogno, sono sicura che così potrebbe guarire"
"Ma che stai dicendo?"
"Guarda nel tuo cuore e lo capirai, Axel Moore" e detto questo fece per andarsene ma la fermai.
"Naminè aspetta" lei si voltò e io ripresi a parlare "Qui nessuno mi dice niente... che cos'ha? Posso fare qualcosa?"
Lei mi scrutò per qualche istante e poi accennò un lieve sorriso "Se vorrà te lo dirà lui stesso. E sì, c'è una cosa che potresti fare per lui: stagli lontano ma vicino, stagli vicino ma lontano"
"Eh? Che significa?"
Ma questa volta non si voltò più, proseguì per la sua strada iniziando a cantilenare le ultime parole che mi aveva rivolto.

Il sudore scivolava copioso dalla mia fronte ma non mi fermai neanche ad asciugarlo che afferrai di nuovo la palla arancione, con qualche palleggio mi avvicinai sempre di più al canestro ed effettuai una delle mie scenografiche schiacciate che mi avevano permesso di guadagnarmi il titolo di capitano già dal secondo anno.
Amavo il basket da sempre, fin da bambino, al di sopra di ogni altra cosa. Era il mio credo, le parole che non dicevo, la mia fatica, la mia felicità, il mio pianto. In quei 28 metri di lunghezza riuscivo ad abbattere ogni mio limite e sentivo di racchiudere l'universo nelle mie mani. Non c'era un motivo preciso per
il quale avessi iniziato ad amare questo sport, lo amavo e basta. Era l'unica mia certezza, l'unica costante della mia vita e l'unica cosa che mi avvicinava davvero a mio padre. Fino ad allora non avevo mai amato nessuno come il basket e ogni volta che ne avevo l'occasione non potevo fare a meno di prendere la mia palla dalla mensola e andare a fare quattro tiri.
Riusciva a calmarmi in ogni momento, per questo quel pomeriggio mi ritrovavo a palleggiare nel campetto di street basket del quartiere. Eravamo solo io, la palla e il canestro, tutto il resto non contava; Roxas non contava e neanche
quel senso di oppressione trasmessami da quella situazione. La palla rimbalzò un paio di volte sul cemento duro dell'asfalto, l'afferrai con entrambe le mani e con un balzo la lanciai ancora una volta in aria, ma questa volta non finì nel canestro.
"Per essere un play maker i tuoi tiri da tre fanno schifo"
Una voce fredda e pacata, ma densa di sarcasmo, riecheggiò nel campetto. Dal mio canto, andai a riprendere la palla e continuai con i miei palleggi.
"Le schiacciate sono di maggior effetto" ribattei mentre mi posizionavo davanti al canestro e feci un tiro libero che andò a segno.
"Ma i tiri da tre valgono di più"
"Da quand'è che ti preoccupi degli altri" a quel punto decisi finalmente di girarmi verso il mio interlocutore "... Saix?"
L'altro, appoggiato al muro e con le mani in tasca, mi sorrise sghembo "Io mi preoccupo di tutti i miei compagni"
"Ma dai? Non si direbbe" ridacchiai ironico e mi passai una mano sulla fronte per togliere il sudore.
Lui di tutta risposta mi studiò attentamente ma non disse altro, tipico.
"Allora, a cosa devo la visita?" presi la palla da terra e gliela lanciai. Non era da lui venire a cercarti di proposito se non c'era qualcosa sotto, e sapevo che quel qualcosa non mi sarebbe piaciuto.
Saix afferrò la palla al balzo e la scrutò attentamente con i suoi occhi felini.
"Non posso venire a salutare un mio caro amico che devo essere subito trattato con diffidenza?" accennò un sorriso machiavellico così come iniziò a far roteare la palla su un dito. Io lo guardai con un'espressione che voleva dire
'mi stai prendendo in giro?', lui ridacchiò e riprese "Beh, effettivamente, c'è qualcosa"
"Ormai ti conosco"
"Oggi non sei venuto alla nostra riunione di gruppo, e neanche a pranzo ti si è visto"
Come sospettavo.
"Mi ero dimenticato della riunione" scrollai le spalle, ero serio tra l'altro "Oggi ero un po' scocciato"
Saix iniziò a camminare lentamente verso il centro del campo, dove mi trovavo io, reggendo sempre la palla in mano.
"Lo immaginavo"sibilò con tono di finta apprensione una volta davanti a me "Sai, eravamo
preoccupati per te. Ultimamente sei strano, pare che tu stia ammorbidendo un po' troppo la presa con i bambinetti"
Scrollai le spalle "Sai com'è, è un periodo particolare e tutto... mi hanno sospeso dalla squadra e ora sto studiando sodo per essere riammesso. Ma è una cosa passeggera, non preoccuparti"
"Lo spero tanto per te, non vorrei che quel Roxas Strife ti metta qualche strana idea in mente...sai noi lo abbiamo puntato"
Iniziò a palleggiare. Io non mi feci prendere di sorpresa e mi posizionai subito in difensiva ma lui con abili e rapidi movimenti riuscì a sfondare la difesa ed effettuò un tiro da tre perfetto in tutti i sensi. "Xemnas non sembrava tanto compiaciuto
da quelle voci che giravano per la scuola. Vedi di non deluderlo ancora"
Queste furono le sue ultime parole prima di lasciarmi di nuovo da solo nel campetto.
Il suo era un ultimatum, voleva farmi capire che sapeva delle voci, aveva notato che da quando avevo iniziato a frequentare Roxas non avevo mostrato più il solito carattere aggressivo, voleva ammonirmi che se non fossi ritornato sulla retta via sarei finito sulla loro lista nera.
Cosa c'era di sbagliato nel voler conoscere di più una persona? Perché doveva essere tutto così complicato?
Avvilito da tutto quello che stava succedendo, cacciai un urlo angosciato che si mescolò al fragoroso fruscio delle foglie sugli alberi.

Passarono i giorni e di Roxas neanche l'ombra.
In quei giorni avevo meditato molto sulla situazione e, non per fare lo stronzo, ma ero giunto alla conclusione che probabilmente avrei dovuto seguire i (diciamo)
consigli di Saix, Sora e Kairi - i quali, sebbene avessero idee divergenti, volevano solo una cosa: che io facessi finta che Roxas non fosse mai esistito.
Semplice a dirsi, dopotutto non è che avessi instaurato chissà quale rapporto con il biondo; così ripresi a farmi
gentilmente consegnare il pranzo dalle matricole, a insultare verbalmente i ragazzini, a fare il pervertito con le ragazze per infastidirle e a dormire in classe. Ma non avevo più picchiato nessuno, in un certo senso i discorsi di Roxas mi avevano colpito e pian piano, anche senza volerlo, stavo iniziando a capire quali dovessero essere i miei limiti. Certo, quella vita mi piaceva: fare lo stronzo mi riusciva semplice perché dopotutto era quello che avevo sempre fatto per nascondere tutte le mie debolezze e Xemnas sembrava soddisfatto che fossi tornato quello di una volta; inoltre in quei giorni erano cessati tutti gli attentati contro la prepotenza dell'Organizzazione XIII, quindi per me risultava ancora più evidente che dietro tutti i casini c'era proprio Roxas. Eppure non mi sentivo soddisfatto. Sentivo un grande vuoto dentro di me che cresceva sempre di più. Mi sentivo solo, ecco. Solo Roxas in quei pochi giorni era riuscito a colmare quella presenza che mancava nella mia vita ed era l'unico che riusciva a non farmi pesare l'assenza del basket.
Solo un giorno mi recai in aula studio, mosso da un moto di nostalgia, speravo di ritrovarlo sempre raggomitolato sul solito sgabello alla scrivania, pronto con qualche nuova offesa; ma lui non era lì, e neanche i giorni dopo. L'aula era vuota, le luci spente e la postazione abbandonata.
Ripensando agli atteggiamenti degli amici e del fratello, mi ero chiesto più volte cos'avesse Roxas - era una malattia tanto grave? Sarebbe guarito presto? Ma più che altro,
sarebbe guarito? Altrimenti non si spiegava tanta ansia e preoccupazione nei suoi confronti.
Forse quando abbiamo parlato quel sabato lui si stava riferendo proprio a questo. O forse al fatto che Sora aveva scoperto di lui e Roxas e si era arrabbiato? E poi mi chiesi ancora, perché cavolo Sora ce l'aveva con me e perché avrei dovuto far soffrire il fratello?
Le parole di Naminè rimanevano un mistero per me, non sapevo cosa pensare ma alla fine ero arrivato a una soluzione.
Stagli vicino ma lontano.
Per amor della mia reputazione, delle mie amicizie, della mia tranquillità e in rispetto alla salute di Roxas, avrei troncato ogni rapporto con lui, ma ci avrei parlato solo un'ultima volta giusto per metterlo al corrente della mia decisione e risolvere ogni cosa... e se ci scappava gli avrei chiesto anche maggiori delucidazioni sulla sua presunta malattia, di cui tutti sembravano preoccupati.
Non ero così basso e sleale come si poteva credere.

Era la mattina del sesto giorno senza Roxas quando con la coda dell'occhio catturai una chioma bionda familiare.
Stavo camminando per i corridoi e discutendo animatamente con Demyx, che stava cercando di giustificare la sua ipotesi sul perché Pippo parlava e Pluto no essendo entrambi cani, quando nel mio campo visivo apparve la minuscola figura di Roxas. Mi dava le spalle, ma sapevo che era lui. Indossava una felpa nera più grande di lui, la borsa in spalla era aperta e ancora vuota (probabilmente non era ancora passato a prendere i libri dall'armadietto) ed era in compagnia del suo solito gruppetto: Sora che faceva l'idiota già di prima mattina, Riku che se lo divorava letteralmente con lo sguardo, Kairi che tentava di fare la civetta con Sora e Naminè che ridacchiava divertita. Sembrava davvero un giorno come un altro e io non riuscii a frenare il mio impulso istigatore.
"Tra l'altro" continuò Demyx appallottolando il suo solito pacchetto di biscotti ormai finito, e ignaro delle mie intenzioni "Anche Pietro Gambadilegno se non mi sbaglio è un cane... e anche lui parla"
"Contina" gli intimai continuando a scrutare il gruppetto, facendo sempre attenzione a non dare troppo nell'occhio. Quando fui vicinissimo a Roxas, strappai il pacchetto di biscotti dalle mani di Dem e con naturalezza lo lasciai cadere nella borsa semiaperta del biondo.
Demyx da parte sua non interruppe il suo sciame infinito di parole neanche dopo l'iniziale sorpresa.
"Anche quelli della Banda Bassotti sono cani vero?" ripresi come se niente fosse.
Lo so, buttare una cartaccia nella sua borsa era una cosa stupida ma l'idea della faccia infastidita di Roxas, intento a doverla ripulire dai biscotti sbriciolati, mi divertiva da matti. Ma non ebbi il piacere di gustarmela. Non molto tempo dopo lo vidi trascinarsi con passo stanco e traballante fino al mio banco: era pallido, gli occhi spenti, le guance scavate. Sembrava appena uscito da un obitorio. Lui mi scrutò per qualche secondo, alzò la sua borsa e mi riversò addosso tutte le briciole dei biscotti di Demyx.
"Che diavolo stai facendo?" sbottai inacidito scuotendo la maglia per ripulirmi.
"Ti restituisco ciò che ti appartiene" proferì lui in un sussurro quasi inaudibile. Anche la voce non sembrava più la sua.
"Quella roba non è mia"
"Ma ce l'hai messa tu nella borsa. E
al tuo amico Demyx di prendere Chips Ahoy* la prossima volta, se vuole mangiare dei veri biscotti con le gocce di cioccolato"
Come sempre non gli sfuggiva nulla; era come se avesse gli occhi anche dietro la nuca, ridacchiai al pensiero "Come desidera" e annuii beffardo.
Questa volta però lui non si mise a ridere con me, la sua faccia rimase pensierosa.
"Axel..." esitò un'istante ma riacquisì subito il tuo classico tono imperioso "Dopo avremo un'ora buca, la professoressa è assente. Ci vediamo in aula studio tra un ora"
Io inarcai un sopracciglio e ciondolai la testa di lato.
"
Io non prendo ordini da te, gattino" incrociai le braccia al petto "Ricordi con chi stai parlando?"
"Un idiota che potrebbe essere riammesso in squadra... se la piantasse di fare l'imbecille e desse più ascolto agli altri" dichiarò con superiorità e andò a sedersi al banco vicino al mio.
Storsi il naso a quella risposta. Poteva essere stato bravo con le sue lezioni di recupero ma questo non lo autorizzava a parlarmi così in pubblico. Inoltre non avrei dovuto neanche rivederlo.
La malattia gli aveva riaffilato gli artigli.
Per
sua fortuna il professore entrò in quel preciso istante e non potei rispondere a dovere. Non che la cosa mi importasse più di tanto, Roxas aveva vinto questo round ma non la partita e non gli avrei più dato l'occasione di avere l'ultima risposta.
Passai l'ora a rimuginare su cosa avrei dovuto fare di lì a poco: avrei dovuto seguire Roxas in aula studio o avrei dovuto dargli buca? Avrei dovuto fare come dicevano gli altri oppure continuare a studiare con lui finché non sarei stato riammesso in squadra?
Cavolo, stava diventando tutto complicato solo perché, non lo avrei mai ammesso a voce alta ma, mi stavo quasi affezionando a Roxas.
Avrei potuto scegliere la strada più semplice: farmi assegnare un altro tutor, ignorare Roxas e fare finta che le nostre strade non si fossero mai incrociate.
Ero proprio una ragazzina.


Il professore camminava tra i banchi continuando a leggere un noiosissimo brano.
Era palese che nessuno lo stesse ascoltando, e anche io sbadigliai facendo finta di seguire la lezione quando invece stavo pensando a tutt'altro.
La mia attenzione però fu catturata proprio dal professore che si era avvicinato al banco accanto al mio dov'era seduto Roxas, spostai lo sguardo e notai sconvolto che questo aveva le braccia incrociate sul banco e la testa poggiata su. Stava dormendo, così, davanti a tutti e senza troppi complimenti. Ma quello che mi sconvolse di più era che il professore si era chinato per guardarlo meglio, si era ricomposto e aveva annunciato alla classe di non fare troppo chiasso e di non svegliare Roxas di soprassalto.
Non riuscivo a credere alle mie orecchie, persino il professore era impazzito all'improvviso!
Alzai la mano e quando mi fu accordato il permesso di parlare, sbottai contrariato "Professore perché non fa svegliare Roxas?"
"Sarà stanco. Lascialo dormire" mi rispose l'uomo come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
"E perché allora quando mi addormento io mi mette in punizione?"
"Moore, negli ultimi giorni abbiamo parlato spesso delle misure da adottare con lui. So che tu sei sempre
attentissimo ma spero che tu ti sia accorto almeno della sua assenza"
Io annuii. Avevano parlato di Roxas e io non me ne ero accorto? Dovevo prestare più attenzione di tanto in tanto.
"Bene, la prossima volta allora ti consiglio di ascoltare e non farti trovare addormentato altrimenti ti sbatto in presidenza" mi disse gioviale.
Che dittatore, questo era proprio odio nei miei confronti!

Roxas era il male.
Non avrei potuto definirlo in altri modi. In sole due settimane (di cui solo una avevo passato a contatto con lu
i) era stato capace di mettere sottosopra il mio mondo e farmi cambiare così tante volte umore da farmi assomigliare a una ragazzina affetta da perenne sindrome premestruale.
Felice, divertito, appagato, malinconico, colpevole, arrabbiato, infastidito.
Mi aveva dato più pensieri lui di chiunque altro.
E in quel momento ero così irritato (che novità
...) che dopo la lezione decisi di avviarmi in aula studio con tutta la flemma del mondo, mettendoci ben 15 minuti, giusto per far capire a quel biondino malefico come ci si sente a dover aspettare.
Spalancai la porta con un calcio e andai a bivaccarmi al solito tavolo, Roxas era già seduto lì.
"Cercavi di farmela pagare?" piantò lo sguardo su di me ma non batté ciglio per il mio ritardo.
"Certo che no" feci sarcastico appoggiando la borsa sul tavolo e appoggiandomi allo schienale della sedia "Volevo solo ricordare la nostra prima lezione"
"Avevo tutto il diritto di farti aspettare, il mio lavoro inizia alle 16"
"E perché allora siamo qui adesso? Non sono neanche le 9.30 di mattina" rimbeccai seccato.
Lui mi guardò attentamente. Non c'era più la solita vivacità, ma nonostante ciò quegli occhioni blu mi erano mancati. Erano la cosa più bella che avessi mai visto.
"Ho parlato con i professori" iniziò dopo una breve pausa "Mi hanno confermato che i tuoi voti stanno migliorando, adesso c'è solo Storia da colmare... Dopo alcune richieste da parte mia di analizzarti, il professore si è finalmente convinto e dopo ci sarà un test... se lo supererai sarai reintegrato subito in squadra"
Ci misi qualche secondo a processare tutto "Co...cosa? Tu hai chiesto al professore un test? Per me?"
"Un test di recupero" mi corresse "L'ho saputo stamattina e doveva essere una
sorpresa per tutti quelli che hanno un voto inferiore a C, ma ho pensato che potesse farti piacere saperlo prima. Hai studiato quel capitolo su Washington vero? Perché sarà su quello"
Dire che ero incredulo era un eufemismo bello e buono. Non solo Roxas si era prodigato per me, ma se l'avessi passato sarei rientrato in squadra!
"R-Roxas...io-"
"Non dire niente" tagliò corto, si sporse di più e appoggiò le braccia conserte sul tavolo di legno "Questa sarà l'ultima volta che ci vedremo per fare ripetizioni. Ho già parlato con il preside e ha detto che mi solleverà dall'incarico, ma tu non dovresti più avere problemi se supererai il test... se invece fallirai, allora ti verrà assegnato un altro tutor"
"Che storia è questa? Mi stai mollando tu?" mi intromisi perplesso. Pensavo che dovessi essere io a dover chiudere con lui e invece...?
"Diciamo di sì. Ormai non ho più le forze..." si giustificò e mi rivolse un'occhiata.
"Parli come un vecchio"
Le sue labbra si piegarono in un mezzo sorriso "Beh la mia vita è equiparabile a quella di un vecchio"
Lo guardai scettico e quando fui lì per ribattere qualcosa lui mi precedette.
"Ho saputo che nei giorni scorsi mi hai cercato"
Abbassai il volto imbarazzato, anche se non c'era niente da essere imbarazzati. Forse quello che mi metteva a disagio era l'espressione tranquilla che aveva Roxas in quel momento.
"Ma che dici...io non ti ho cercato" mentii. Kairi o Naminè dovevano sicuramente aver fatto la spia.
"Senti... mi dispiace per come ti ha trattato mio fratello. È...è una testa calda e non vuole capire che deve stare al suo posto" ridacchiò nervoso.
"Mi ha attaccato senza motivo" grugnii il mio dissenso.
"Axel cerca di capirlo... lui non si metterebbe mai contro di te o qualcuno del tuo gruppo, era solo preoccupato per me" lo vidi sfregarsi le mani in maniera febbrile "Non sono stato proprio bene ultimamente e quando ha saputo che c'ero io dietro a tutto quel casino delle espulsioni e che ora ero il tuo tutor, non ci ha visto più. È un tipo impulsivo... ha tentato di allontanarti perché pensava che potessi essere un
pericolo per la mia salute"
Mi sporsi maggiormente verso di lui e contrassi il volto in un'espressione che era un misto di curiosità e preoccupazione.
"Perché dovrei essere un pericolo?"
"Il nostro rapporto... è tutt'altro che tranquillo"
"E allora?"
"Potresti provocare tante emozioni che per me sarebbero letali..."
"Ancora non capisco, non ti pare di esagerare?"

Lui mi guardò infelice per un lungo istante "Axel, io sono malato..."
Spalancai gli occhi. Non era una novità, tutti lo avevano detto e tutti lo sapevano... tranne me,
ovviamente; ma io non potei fare a meno di trattenere il fiato alla verità che finalmente mi aveva rivelato. Detta da lui acquistava un significato quasi diverso.
"Ho la sindrome del QT lungo" disse infine.
Non sapevo cosa fosse ma la cosa non mi piaceva "Di cosa si tratta?"
Roxas sospirò e puntò lo sguardo davanti a sé, il suo disagio era evidente.
"Se non vuoi dirmelo non fa niente..." mi affrettai ad aggiungere.
"No... no... è tuo diritto sapere... così capirai perché tutti vogliono allontanarti da me" io annuii e lui esitò un attimo prima di riprendere "La sindrome del QT lungo è un disturbo cardiaco molto raro causato da una tardata ripolarizzazione delle cellule del miocardo-"
"Aspetta, non ho capito" scossi la testa "Ripolarizzazione? C'entra con l'elettricità? E il cuore?"
Roxas annuì lievemente "Te la faccio in maniera più semplice... allora, come sai è il cuore che ci tiene in vita" io feci un cenno con la testa per farlo proseguire "E
, come dovresti già sapere (perché è stato spiegato anche nelle lezioni di Scienze), il ritmo del cuore è alimentato da energia elettrica... ma quando questi ritmi diventano anormali possono provocare un'insufficienza cardiaca, ossia il tuo cuore non riesce più a pompare sangue a dovere. Nel mio caso i battiti diventano così veloci e caotici da portarmi a svenimenti ... o all'arresto cardiaco"
Rimasi in silenzio. Non riuscivo a sintetizzare coerentemente tutte quelle informazioni, non al momento. Portai le mani alle tempie per massaggiarle.
"Quindi sei malato di cuore?"
"Beh sì e no... la mia non è una malattia del muscolo ma, possiamo dire, un disordine del ritmo cardiaco"
"Mmm quindi se il tuo battito cardiaco diventa troppo caotico potresti svenire o morire..." cercai di fare il punto della situazione.
"Esatto" confermò lui "Il problema sussiste nel fatto che questa malattia è caratterizzata da un elevato rischio di aritmie che potrebbero essere fatali"
"E cosa le scatena?"
"Qualsiasi cosa... esercizio fisico, caffeina, sostanze eccitanti, alcune medicine o anche il provare semplici emozioni. Dolore, paura, angoscia, ansia, spavento, euforia... tutte queste cose provocano un'accelerazione. Come si usa dire...
morire di dolore, eh?" rise amaramente.
Sofferenza.
Naminè aveva detto che io avrei potuto farlo soffrire. Abbassai lo sguardo e rimasi in silenzio a meditare, non mi piaceva che la gente pensasse così male di me. Era vero, ero uno stronzo ma la mia era solo apparenza...
"Axel?"
La sua voce interruppe i miei pensieri e puntai di nuovo lo sguardo su di lui "Dimmi"
"Ci sono varie categorie a seconda della serietà della malattia... io rientro in quella intermedia, ho avuto parecchie crisi in passato e dal momento che sono un soggetto ad alto rischio mi hanno impiantato un defibrillatore proprio qui" disse toccandosi in un punto tra la spalla e poco sopra il cuore "Ma sono insorte complicanze e sto peggiorando a vista d'occhio, per questo Sora voleva che stessi lontano da me. Uno scherzo troppo violento, una scossa emotiva troppo forte potrebbero costarmi caro"
Rimanemmo in silenzio per un paio di minuti, ognuno immerso nei propri pensieri e alla fine trovai il coraggio di parlare.
"Perché ti stai prendendo la briga di dirmi tutto questo? Non avresti fatto prima a fare come diceva Sora e allontanarti da me?"
Roxas tentennò un attimo ma poi nei suoi occhi si accese un barlume di speranza e abbozzò un sorriso tirato.
Io sgranai gli occhi e trattenni il fiato "Aspetta... non vuoi?"
Lui scosse la testa e io sorrisi nervosamente sentendomi stranamente appagato.
"Però hai detto che questa sarebbe stata l'ultim
a lezione di recupero"
"Perché è così... non lo faccio a causa di Sora ma perché proprio io non sono più in condizion
e..."
Io annuii, era una brutta questione ma mi sentivo più sollevato sapendo qualcosa in più della faccenda e che Roxas non era della stessa opinione del fratello "Non hai paura che io
possa farti stare male? Sai, come diceva tuo fratello..."
"Perché dovresti?" lui mi guardò tranquillo "C'è qualcosa in te che è diverso dagli altri. Tu sei speciale, mi fai sentire vivo"
Forse era il suo modo schietto e diretto ma per un'istante quasi dimenticai come si respirava, tanto dallo stupore della sua rivelazione, e mi sentii le farfalle che divoravano il mio stomaco. Senza neanche rifletterci posai una mano sulle sue che erano ancora poggiate sul tavolo e sostenni il suo sguardo. Mi sentivo in un certo senso realizzato, qualcuno stava riponendo un briciolo di fiducia in me e in quel frangente mi ricordai di mia madre e della promessa che facemmo sul suo letto di morte.
Decisi che non avrei permesso a Roxas ulteriori sofferenze.
"Quando mi intimavi di non riservarti trattamenti di favore e mi dicevi che tu sei forte, intendevi dire che non volevi essere trattato da malato?" chiesi quasi timoroso.
"Beh sì... più o meno"
Lanciò un'occhiata alla mia mano poggiata sulle sue e io mi accorsi subito di quello che avevo fatto. Arrossii lievemente e mi ritirai al mio posto, lui invece ridacchiò.
"E non credi che potresti compromettere la tua salute continuando a metterti contro l'Organizzazione? Capisco che non ti piace il modo in cui si comportano e che vorresti un'atmosfera più tranquilla a scuola, però così ci rimarresti secco"
Roxas sospirò e mi lanciò un'occhiata divertita "
Non è mai quel che sembra"
Non capii cosa voleva intendere.
In realtà quelle parole nascondevano un desiderio proibito e profondamente egoistico.
Perché Roxas oltre
ad essere strano e misterioso era anche egoista.

Ma questo lo avrei scoperto solo molto tempo dopo.



•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•


*Chips Ahoy: famosa marca di biscotti americani, seconda solo agli Oreo

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Capitolo 4
*** Golden like Peach Jam ***


4
#4 - Golden like Peach Jam




Un proverbio dice che nella vita incontrerai tre tipi di persone
quelli che ti cambieranno la vita, quelli che te la rovineranno e quelli che saranno la tua vita.
La mia vita si può sintetizzare solo con una parola.
Roxas.


Alla fine, proprio come aveva detto Roxas, c'era stato quel test di storia, fortunatamente prima ero riuscito anche a rivedermi il capitolo su cui verteva e quindi ero stato in grado di rispondere a tutte le domande. Avevo persino finito in anticipo causando, con mio immenso piacere, lo sgomento del professore. Nonostante la mia iniziale felicità però non potei fare a meno di provare uno strano disagio interiore quando pensavo a Roxas. Certo per un malato di cuore la vita non è facile, non ci si può sforzare, bisogna essere sempre sotto controllo, non si possono praticare più determinati sport; ma la condizione di Roxas doveva essere ancora più dura se anche il semplice provare emozioni poteva causargli qualche attacco. Tra l'altro aveva anche parlato di sindrome e non di malattia e questo significava - secondo Google - che si tratta di «una mutazione del DNA» e quindi nella maggior parte dei casi la sindrome è una cosa che «non si può curare, a differenza delle malattie, ma si porta per sempre con sé».
Chissà quanto doveva aver sofferto, aveva dovuto persino abbandonare il suo sport dei sogni, eppure si era dimostrato sempre così energico e pieno di vita in tutto quello che faceva. Se ultimamente non lo avessi visto in quelle condizioni, non avrei mai detto che fosse tanto grave.
Non sapevo perché ma tutto questo mi turbava abbastanza e non mi sentivo più di fare lo stronzo con lui, anche se sapevo che così lo avrei fatto solo arrabbiare.

Quando finii il mio compito aspettai la fine dell'ora navigando su internet con il cellulare alla ricerca di informazioni - in realtà trovai ben poco perché non molto tempo dopo la campanella suonò e io mi fiondai fuori dalla classe per andare a cercare il mio ormai ex-tutor per ringraziarlo della soffiata. Come immaginavo, lo trovai vicino al suo armadietto in compagnia di Naminè e Zexion e parlavano a voce bassissima. Quei tre insieme avrebbero potuto fondare il club dell'allegria con quelle poker faces che si ritrovavano.
"Ehi Rox!" salutai gioviale avvicinandomi al gruppetto, il diretto interessato si voltò verso di me e io continuai a parlare "Volevo ringraziarti per quella soffiata"
A quel punto altre due paia di occhi si aggiunsero a quelli di Roxas, mi scrutarono ma non dissero nulla e dopo qualche istante ritornarono nuovamente a parlare tra di loro. Rimasi interdetto da quel comportamento. Mi stavano per caso ignorando?
"Roxas?" chiamai di nuovo, questa volta con voce più alta e leggermente infastidita.
Lo vidi lanciarmi un'occhiata con la coda dell'occhio ma continuò ad evitarmi di proposito. La cosa mi stava urtando non poco. Finché si trattava di Roxas potevo accettarlo, mi piaceva il nostro rapporto di sfida ma non ammettevo di essere trattato così davanti a degli sfigati. Che figura ci facevo?
"Guarda che ti stavo solo ringraziando. Invece di guardarmi con superiorità avresti anche potuto dire un prego" sbottai alla fine infuriato e finalmente riuscii a catturare la sua completa attenzione. Roxas si girò completamente verso di me e mi rivolse uno sguardo sostenuto, si congedò momentaneamente dagli amici e mi intimò di seguirlo fuori al portone che dava nel cortile.
Rimasi dietro di lui per tutto il breve tragitto e studiai la sua schiena con scarso interesse, però ora che ci facevo caso Roxas indossava sempre un abbigliamento piuttosto pesante: era metà Ottobre e, anche se le temperature stavano progressivamente scendendo, non mi sembrava che facesse così freddo da indossare felponi più minimo altre due maglie sotto... oltre al cappotto, sia chiaro! Poi passai alla nuca, il colore dei suoi capelli mi era sempre piaciuto, era di un dorato così bello che mi ricordava la marmellata di pesche.... sì lo so che solo un pazzo potrebbe fare paragoni simili, ma io non sono mai stato bravo con le parole o i romanticismi e poi valutavo anche il fattore bontà: la marmellata mi piace un sacco! E con il tempo rafforzai questa mia tesi che i suoi capelli fossero dorati come la marmellata di pesche, quando scoprii che effettivamente era solito usare uno shampoo alla pesca!
Ritornai alla realtà quando lui si fermò all'improvviso e io non gli finii quasi addosso. Lui si girò verso di me e mi scrutò con un'espressione indecifrabile prima di parlare.
"Ormai noi due non abbiamo più niente da spartire. Puoi anche risparmiarti queste cose" disse di punto in bianco.
Con quella risposta mi stava facendo pentire di averlo cercato "Ma come? Io credevo-"
"Credevi male, Axel. Io e te non siamo mai stati amici e non lo saremo mai. Non ti ho detto del test per gentilezza ma per farti riammettere in squadra..." spostò lo sguardo lontano da me e aggiunse qualcosa che non riuscii a sentire.
"Cosa?"
"E per liberarmi di te" ripeté tornando a puntare la sua attenzione su di me.
Quelle parole mi lasciarono quasi allibito, non ci stavo capendo più niente "Ma tu prima hai detto che non volevi che io mi allontanassi da te" ribattei alzando di poco il tono.
"Mi sbagliavo" tentennò e strinse i pugni per poi continuare con voce più decisa "Ci ho ripensato... non ti voglio più"
Alzai il braccio e mollai un pugno alla parete di cemento, forti vampate di dolore attraversarono il mio braccio e fui tentato di ritirarlo dalla dura superficie ma non lo feci, continuai solo a contemplare stizzito l'esile figura davanti a me che aveva sussultato al mio gesto. Sapevo di aver attratto l'attenzione di qualche ragazzino che camminava nei paraggi ma non me ne poteva fregare di meno.
"E poi sono io lo stronzo" ribattei sarcastico con una punta di durezza nella mia voce.
"Non ho mai detto di non esserlo" esclamò lui a voce più alta, quasi urlando, poi si rese conto del suo scatto e si ritrasse. Lo vidi congiungere le mani al petto, come a proteggersi e si appoggiò al muro quasi tremante dal nervosismo, "Non... non voglio trascinarti nei miei problemi" aggiunse poi con un filo di voce.
Inspirai profondamente tentando di mantenere un minimo di calma, se non lo facevo probabilmente il piccoletto avrebbe rischiato grosso. Mi avvicinai lentamente a lui, finché non ci separarono pochi centimetri e lo guardai dall'alto in basso.
"Credi che la tua malattia sia un problema troppo grande per me?" abbassai il tono ma era evidente una punta di amarezza.
Lui scosse la testa e si torturò le mani febbrilmente "Il problema... sono io" lo sentii affannato.
Allarmato, mi abbassai per guardarlo più da vicino e notai che era pallido e sudava un po' "Stai bene?"
Lui annuì vigorosamente anche se sembrava più occupato a tenere a bada il suo corpo scosso da violenti brividi "È meglio che ora vai...non vorrai farti vedere in giro con uno come me"
"Lo stai dicendo per tuo fratello?"
"La sto mettendo dalla tua parte. Ti rovinerai la reputazione con me" concluse sarcastico.
Per un momento non risposi, stavo seriamente valutando la situazione. Non aveva torto... valeva la pena per me fare una cosa del genere? Valeva la pena essere deriso da tutti ed essere escluso dal mio gruppo per lui? Non capivo perché mi ostinavo tanto ad affannarmi per una persona che conoscevo a stento e che neanche mi voleva.
No, non era vero che non mi voleva. Glielo leggevo negli occhi, nel suo turbamento, nel suo vacillare e nel fatto che non riusciva a sostenere il mio sguardo: lui semplicemente non poteva avermi. Cercava di nascondere le sue debolezze con una maschera, voleva dimostrarsi forte agli occhi degli altri e probabilmente anche tutti quei casini che faceva erano per dimostrare qualcosa. Lui in realtà aveva paura ma non voleva darlo a vedere.
Conoscevo quel carattere, era proprio come mia madre. Combattivo fino alla fine.
"Vattene" prima che potessi aprire la bocca per ribattere, lui mi precedette "Credimi, è meglio così"
Fece per andarsene ma con uno scatto rapido afferrai il suo braccio, e mi stupii di quanto fosse esile sotto quegli strati di maglie che era solito indossare.
"Se non possiamo essere amici allora saremo altro!"
"Non mi toccare!" gridò e si liberò dalla presa con uno strattone, come se fosse stato bruciato dal mio tocco. Nei suoi occhi vitrei riuscivo a leggere un misto di ansia e paura, erano spalancati e mi guardavano come se fossi un fantasma.
Sentii una morsa al cuore vederlo in quello stato.
"Roxas-"
"Lo faccio per te..." abbassò il volto e i suoi occhi furono coperti dalla sua capigliatura dorata, quelle furono le sue ultime parole prima di scappare via.
Io rimasi fermo nello stesso punto in cui Roxas mi aveva lasciato per quella che mi parve un'infinità, i minuti avevano smesso di scorrere e io mi sentii impantanato in una dimensione fuori dallo spazio e dal tempo. Chiusi gli occhi e respirai profondamente, facendo del mio meglio per scacciare quella sgradevole sensazione di vuoto che cresceva dentro di me.
C'erano tante cose che non capivo di Roxas: i suoi comportamenti, le sue parole, i suoi sguardi; ma se c'era una sola cosa di cui ero sicuro era che lui per me non era affatto un problema, né lui e né la sua 'malattia'.
Purtroppo però, ancora una volta, non avevo capito cosa volesse dirmi in realtà.

Roxas ormai stava diventando una persecuzione per me.
La giornata era passata abbastanza tranquilla, io avevo fatto il mio dovere - ossia far finta di seguire le lezioni - e Roxas mi evitava come se fossi un appestato. Ad un certo punto della mattinata un pensiero mi balzò alla mente... e se dietro a tutto c'era Sora? Ma poi scossi la testa perché Roxas non mi sembrava quel tipo di persone che si faceva dare ordini. Forse era meglio seguire il consiglio di Demyx e non pensarci più.
"Ricordati Axel, i pensieri non portano mai a nulla di buono. Se non te ne sbarazzi in fretta ti faranno venire le rughe e i capelli grigi"
Beh non credevo in quella stupidaggine ma almeno aveva ragione che non faceva bene pensare troppo; poggiai il mio vassoio con il pranzo sul tavolo e mi sedetti nell'unico posto libero, tra Marluxia e Lexaeus, il gigante buono (tanto buono quanto silente) del nostro gruppo.
"Quanto vorrei farmi una birretta" esordì Xigbar sventolando il suo bricchetto di latte "Che cazzo ci faccio con questa merda?"
"Xig ma è solo l'ora di pranzo" ribatté Demyx lasciando un attimo da parte il suo hamburger per guardare sconcertato l'amico "Se non lo vuoi dallo a me"
"Per uomini virili come noi non c'è un orario stabilito per bere. Vero Xaldin?"
"Verissimo, compagno" l'uomo in questione annui solamente ma non staccò lo sguardo dai fogli che stava attentamente analizzando.
Io addentai il mio panino e mi sporsi per guarare "Che stai facendo?"
"Sta scegliendo le materie da prendere nel prossimo semestre" intervenne Luxord, seduto qualche posto più in là, mentre mischiava il suo fidato mazzo di carte.
Demyx strappò il latte dalle mani di Xigbar e ignorò le colorite bestemmie che questo gli rivolse "Io voglio fare musica" cinguettò infilando la cannuccia e iniziando a bere.
"E io farò falegnameria così potrò costruire qualche arma con cui pestarti senza sporcarmi le mani" Xigbar digrignò i denti e gli lanciò un'occhiataccia.
"Calma ragazzi" Luxord si intromise nuovamente per placare l'animo infuocato del corvino. Luxord era un ragazzo inglese con un accento britannico piuttosto pronunciato e soleva portare una barbetta che lo faceva sembrare più vecchio di quanto non fosse, solitamente era una sottospecie di pacificatore del gruppo perché era l'unico ad andare d'accordo con tutti e non prendeva parte a nessuna lite... lui risolveva tutto con le carte e il gioco d'azzardo. Sebbene facessimo parte dello stesso gruppo, non eravamo particolarmente amici ma c'erano delle cose di lui che mi piacevano abbastanza: giocava a poker - strip poker, per essere precisi - e la vetrina di liquori di casa sua era sempre ben fornita. Le sue serate di poker erano un qualcosa di memorabile, altro che festini. Oh... ed era un fallito dongiovanni: Larxene era la sua preda prediletta ma non era mai riuscito a portarsela a letto.
"Che voi sappiate ci sono dei corsi di poker?"
Io sospirai e lasciai vagare lo sguardo per l'enorme sala mensa della scuola, i loro discorsi solitamente mi divertivano un sacco perché erano uno più svitato dell'altro eppure in quel momento mi sentivo quasi estraneo alla loro conversazione, era come se volessi cercare un pretesto per non ascoltarli. E il mio pretesto lo trovai proprio davanti ai miei occhi, giusto qualche fila più avanti: Roxas era seduto ad un tavolo con Sora, Riku, Naminè e Kairi. Era pallido e sembrava ancora più debole di quella mattina, aveva la testa appoggiata sulla spalla del fratello e il castano lo teneva tra le sue braccia mentre Naminè tentava invano di fargli mangiare una banana.
Una banana. Quasi mi venne da ridere mentre immaginai Roxas mangiare una banana... chissà se l'avesse fatto con malizia con me davanti. Scossi immediatamente la testa per scacciare quei pensieracci e tornai ad osservare ogni suo movimento, senza prestare attenzione quello che dicevano gli altri. Ormai mi arrivavano solo voci confuse alle orecchie.
"Se non c'è il poker farò educazione sessuale"
"Mi aggiungo anche io!"
"Marly quel corso è solo per etero!"
"Oh allora farò botanica per coltivare altri fiori! E tu Larx?"
"Difesa personale, così potrò uccidere tutti voi"
"E tu Ax?" Demyx mi sventolò una mano davanti agli occhi e mi fece risvegliare dai miei pensieri.
"Eh? Cosa?" battei le palpebre e lo guardai per la prima volta.
"Che materia scegli?"
"Ah... non... non so"
Marluxia si avvicinò ancora di più a me e mi guardò con malizia "Allora dolcezza... cosa guardavi di bello?"
Io sbruffai infastidito e lo allontanai in malo modo, sapeva che non lo sopportavo quando faceva così ma continuava imperterrito.
"Non guardavo proprio niente"
"A me sembra che guardavi con attenzione qualcosa... o meglio, qualcuno" Larxene ridacchiò maligna e rivolse un'occhiata nel punto in cui era fisso il mio sguardo.
"Fa vedere un po' " Xigbar, che era seduto di fronte a me, si girò di spalle per vedere anche lui cos'aveva catturato la mia attenzione e poco dopo si voltò con un grosso sorriso in faccia "Non mi dire... il funghetto delle lezioni pomeridiane?"
"Ma è il fratello di quel Sora Strife che fa calcio?" s'informò Xaldin.
"Sì è proprio lui!" confermò Dem.
"Ho sentito delle voci su di voi... è vero che ti piace?" Luxord domandò improvvisamente interessato alla questione.
"È vero! Si dice che usciate insieme"
"Che?!" sbraitai sconcertato. Era vero che c'era un pochino di interesse ma non pensavo che fosse tanto palese... e soprattuto non li ricordavo così svegli e astuti! "Ma siete pazzi? A me non piace proprio nessuno... semmai è a lui che piaccio io" aggiunsi subito nel tentativo di salvarmi le chiappe. Era una piccola e innocua bugia dopotutto.
"Cosa? Al ragazzino piacciono i maschi?" si insinuò Marluxia, il suo radar di gaiezza si era subito attivato.
"Hai sentito Axel? Dice che gli piacciono le banane... anche se a me non sembra gradire quella che gli offre Naminè" Larxene scoppiò in una sonora risata e fu seguita a ruota da Demyx, Xigbar e Xaldin (che ormai aveva abbandonato la sua precedente occupazione).
"Forse vuole che gliela imbocchi qualcun altro" rincarò Marluxia guardandomi allusivo.
"Che poi com'è che si chiama?"
"Rocks ass* o qualcosa del genere" disse la bionda.
"Dai... basta così" cercai di placarli abbozzando un sorrisetto, senza accorgermi però dell'occhiata di irritazione che mi rivolse Saix , seduto nell'angolo più estremo del tavolo assieme a Xemnas.
"È un peccato che in passato gli abbia rovinato quel bel faccino che si ritrova, quell'occhio nero non gli donava affatto"
"Ma è carino... non è una giusta motivazione per portarselo a letto?" rise Larxene.
"Larx tu sei proprio l'ultima che può parlare di chi portare a letto chi" fu la volta di Demyx.
"Dai ragazzi..." tentai nuovamente di insinuarmi nel loro baccano "È malato, lasciatelo stare". Quelle mie parole sembrarono finalmente zittirmi e sette paia di occhi (non dimentichiamoci di Lexaeus) si incollarono su di me.
"Malato?" fece eco Xaldin.
"Beh... in effetti non ha una bella cera, pare che stia per vomitare" Xigbar si girò di nuovo verso Roxas e poi tornò a guardare Xaldin con espressione grave "Probabilmente ha l'influenza. Pare che quest'anno sia abbastanza insidiosa"
"No... no, non ha l'influenza" agitai le mani in aria per riguadagnare la loro attenzione "È il cuore!"
"Il cuore? È grave?" Demyx si sporse verso di me con fare agitato.
"Abbastanza..." abbassai lo sguardo e mormorai sconsolato.
"Mi pare di sapere qualcosa a riguardo" prese di nuovo parola Luxord e tutti puntammo lo sguardo su di lui "Me lo ha detto Lexaeus" fece un cenno verso il gigante seduto accanto a me e lui annuì "Prima di entrare nella squadra di rugby, al primo anno era nella squadra di calcio con Sora e Roxase ed era presente quando è caduto a terra privo di sensi"
"Sono stato io ad assisterlo per primo" sussurrò Lexaeus per la prima volta con voce profonda, e io mi girai verso di lui.
"Io sapevo che aveva avuto un incidente in campo" mormorai ma lui scosse la testa e chiuse gli occhi.
"Ha avuto un arresto cardiaco"

Quella rivelazione mi aveva scosso non poco.
In quel poco di conoscenze mediche che possedevo potevo dire per certo che si trattava di una cosa grave. Lo sapevo perché era successo anche a mia madre poco prima di morire.
Ora che ci pensavo avevo già sentito parlare di tutta questa storia. Circa due anni prima, era una un'annata davvero sfortunata per la squadra di calcio perché durante il torneo ben due matricole si sono dovute ritirare: una aveva avuto un infortunio, niente di grave ma comunque compromettente per il suo rendimento in campo, e un'altra ci aveva quasi rimesso le penne in campo ed era stata portata d'urgenza in ospedale; da allora chiunque praticasse qualunque sport nella nostra scuola doveva fare dei controlli regolarmente, erano stati inoltre isituiti dei corsi di pronto soccorso e almeno una volta all'anno si tenevano dei seminari sulle morti improvvise degli sportivi e sulle malattie genetiche latenti. Perché la prevenzione era la cosa fondamentale e la nostra scuola non poteva perdere occasione di rafforzare il proprio prestigio puntando anche su cose di quest'importanza sociale.
"Ehi Axel" udii un sussurro accanto a me ma non vi badai perché sapevo già cosa volesse.
Dunque quello di Roxas era stato un malore... come avevo fatto a convincermi che avesse avuto un incidente?
"Axel?" la voce continuò imperterrita e io mi voltai scocciato.
"Per l'ennesima volta, Luxord non ti inviterà alla sua serat-" ma mi bloccai subito quando guardai la faccia familiare che era seduta accanto a me: capelli biondi, occhi azzurri e pelle nivea.
"Vaan!"
"Che cosa c'è? Ho qualcosa in faccia?" chiese il ragazzo in questione dopo aver messo il broncio per la mia iniziale risposta negativa.
"Tu facevi calcio vero?"
Lui annuì "Sì ma mi sono ritirato perché mi sono fatto male al ginocchio e ora faccio recitazione!" spiegò emozionato come un bambino che parla del suo cartone preferito, anche se era costretto a mantenere un tono basso perché eravamo a lezione "Sai, mi hanno assegnato la parte di Capitan Uncino per il prossimo musical! Quanto sono felice"
Ecco spiegato il mistero, come avevo fatto a scambiare una persona per un'altra? Semplice, in quella fottuta scuola erano tutti (quasi) uguali, senza contare che quasi tutti avevano gli occhi blu o azzurri - sembravano fatti con lo stampino! Fortuna che c'ero io a spezzare quella monotonia, modestamente.
Senza dargli troppo spago (perché se voleva sapeva essere un tipo fin troppo loquace e logorroico) mi congedai e, appurato che mancava ancora un bel po' alla fine della lezione, decisi di fare una pausa e andare in bagno a fumare.
Una volta in corridoio tirai un sospiro di sollievo: le lezioni pomeridiane erano un qualcosa di atroce, soprattutto perché lo stomaco pieno favorisce il sonno, se poi a questo si assommava anche l'algebra allora una sigaretta era d'obbligo se non volevo stramazzare al suolo. Magari anche due sigarette.
Mentre camminavo con tutta calma vidi una figurina di un ragazzo castano poco lontano che andava nella mia stessa direzione e decisi subito che avrei passato i miei prossimi quindici minuti di relax assieme a lui.
"Ehilà Tidus" lo chiamai e lo raggiunsi di corsa.
"Sono Sora... idiota di un Moore" questo mi lanciò un'occhiataccia e io inorridii dalla figuraccia appena fatta. Lo dicevo io che erano tutti uguali in quella scuola!
Lo vidi poi piegare gli angoli della bocca in un sorrisetto e accennò una risatina "Pausa sigaretta?"
Io rimasi quasi interdetto dal suo cambio di umore, sembrava un'altra persona rispetto a qualche giorno prima quando aveva fatto il pazzo negli spogliatoi. Decisi così di non indagare ulteriormente per evitare altri suoi sbalzi di umore e di prendermela così come veniva.
"Proprio così" feci un cenno del capo "Ho algebra" aggiunsi con fare grave.
Lui inorridì quasi all'informaizione, mi guardò con pietà e mi diede una pacca sulla spalla "Condoglianze. Io invece ho chimica"
"E che ci fai qui fuori?"
"Sono venuto a cercare Roxas e riportarlo in classe" rispose scrollando le spalle "Ogni tanto esce dalla classe a prendere una boccata d'aria... sai, conoscendo le sue condizioni i professori gli fanno fare quello che vuole, tanto porta sempre buoni voti" sottolineò l'ultima frase come se avesse un significato importante e poi continuò "Però ogni tanto abusa della sua posizione e si trattiene fuori per troppo tempo"
Io ridacchiai "E tu lo devi riportare sulla retta via? Che fratello modello"
"Affatto" lui sorrise e poi scoppiò in una sonora risata "Sfrutto queste occasioni per prendermi una pausa e poi quando rientro in classe usiamo scuse del tipo che non lo trovavo oppure che stava così male che dovevo per forza stargli vicino"
Io lo guardai esterrefatto. Come poteva scherzare su una cosa del genere con tanta leggezza? Dopo tutto quel casino che aveva fatto l'altra volta poi!
"Non mi guardare così, Moore. Siamo ragazzi dopotutto... è meglio prenderla con leggerezza, Roxas ha bisogno di un ambiente tranquillo e non di ansia costante"
Io abbassai lo sguardo e afferrai la maniglia della porta, eravamo arrivati "Hai ragione... forse è meglio"
"Senti... mi dispiace averti fatto quella scenata l'altra volta... ma ero davvero preoccupato per lui"
"Non ti preoccupare, mi ha già spiegato tutto" io sospirai e strinsi la maniglia "Non ti fidi proprio di me, eh?"
Lui non rispose subito, rimanemmo fermi davanti al bagno per un buon minuto e sapendo che non avrebbe detto nulla, aprii la porta e mi misi da parte.
Sora tentennò per un'istante ma subito indossò il solito sorriso che gli vedevo stampato sempre in volto ed entrò per primo.
"Roxyy-" cinguettò con finta allegria saltellando nel bagno ma si interruppe bruscamente e lo vidi correre verso un angolo "ROXAS!"
Non capii subito cos'aveva tanto da urlare ma il suo tono allarmato non faceva presagire nulla di buono, così mi affrettai anche io e trovai uno spettacolo che non avrei mai voluto vedere.
Roxas era semiseduto a terra, appoggiato tra il lavandino e la parete, respirava a fatica e aveva la bocca sporca di sangue.
Trattenni il fiato, quasi sconcertato alla vista di quel liquido cremisi che macchiava la sua faccia e le mani, alcune goccioline avevano raggiunto anche la maglia e c'erano alcune tracce anche sul lavandino e sul pavimento.
Sora si era prontamente inginocchiato accanto al fratello e gli parlava preoccupato ma il biondo non aveva l'aria di ascoltarlo veramente.
"Rox cosa ti senti? Ti fa male il petto?" chiese con urgenza ispezionandolo da vicino e tastandogli la fronte.
Io mi inginocchiai accanto a loro e notai che stava sudando.
"Hai preso le medicine? Eh Rox?" continuava a chiedere ma l'altro non sembrava propenso a parlare, il suo unico segnale che mostrava che si era accorto della nostra presenza era che aveva dischiuso appena gli occhi e cercava di far uscire qualche flebile suono dalla gola.
"Non parlare" dissi subito io facendomi spazio, appoggiai la mia fronte sulla sua e constatai che era caldo.
"Sora, serve aiuto" presi in mano le redini della situazione. Lui annuii solamente, da parte mia io non mi resi neanche conto di quello che stavo facendo che mi avvicinai a Roxas, gli misi un braccio dietro la schiena e una sotto le gambe, lo sollevai e mi ritrovai a correre senza che avessi dato alcun ordine alle mie gambe "Lo portiamo in infermeria"
Non ero diventato improvvisamente un genio della medicina, ma tutte le poche competenze che avevo le avevo acquisite durante durante l'ultimo periodo di vita di mia madre. Ero ancora piccolo allora e non riuscivo neanche a capire il concetto di morte, una delle poche cose che ricordo è che un giorno, rientrando in casa, la trovai riversa al suolo in un mare di sangue e dopo, in ospedale, mio padre che mi parlava "Ascoltami Axel, sputare sangue non è una cosa buona. Semmai vedessi una persona in questo stato corri, corri più che puoi e portalo da qualcuno il più presto possibile, quella persona te ne sarà grata"
All'inizio ero come pietrificato ma rivedere una scena simile mi aveva provocato la scossa di adrenalina che serviva, e ora, come mi aveva detto mio padre, mi ritrovavo ad attraversare a perdifiato i corridoi della scuola per raggiungere l'infermeria. Lì avrebbero sicuramente fatto qualcosa per lui. Durante il tragitto sentii che Roxas aveva afferrato la mia maglia e io inconsciamente lo strinsi di più a me, sperando che sarebbe andato tutto bene.
Quando arrivammo Sora spalancò malamente la porta della stanza e richiamò l'attenzione di Yuna, una donna dai capelli corti e castani che era seduta alla sua piccola scrivania; io invece adagiai il corpo caldo e sudato di Roxas sul primo letto che vidi.
"Cos'è successo?" accorse subito lei.
"Non lo so" biascicò il castano in preda al panico "L'ho trovato in bagno in queste condizioni... è come l'altra volta"
"Ha preso le medicine?" la prima cosa che fece fu afferrare la maschera dell'ossigeno e farla indossare a Roxas.
"Non... non lo so... credo di sì" lo vidi mettersi una mano tra i capelli "Stamattina le ha prese, l'ho visto io poi..." scosse la testa "Ha di nuovo la febbre"
La donna annuì e si tolse lo stetoscopio dal collo per indossarlo "Sora perché non vai ad avvertire i tuoi genitori? Chiama anche Riku così vi riporta a casa"
Io rimasi immobile vicino al letto, poco più dietro Yuna e guardavo Sora accanto a me che si agitava con nervosismo ma alla fine sospirò e parve calmarsi "Chiamo anche l'ambulanza?"
Lei scosse il capo e rispose dolcemente "Per il momento no"
Non mi era ben chiaro se la situazione fosse migliore di quel che sembrava o se Yuna stava gestendo la cosa alla perfezione, fatto sta è che voleva che Sora sloggiasse. E come darle torto! Solo il vederlo mi faceva venire l'ansia.
Seguii Sora con lo sguardo finché non fu fuori l'infermeria e mi girai di nuovo verso il letto, la donna mi passò la felpa che intanto gli aveva sfilato e io la appoggiai su una sedia lì accanto.
"Non ci fare caso, fa sempre così" disse lei mentre sentiva il battito di Roxas con lo stetoscopio, gli aveva alzato anche gli orli delle altre due maglie più sottili che indossava e dopo una manciata di secondi si alzò e andò vicino a degli scaffali.
Io ne approfittai per avvicinarmi a Roxas e notai una buona porzione di pelle vicino la clavicola rossiccia e rigonfia, al centro di essa vi era una cicatrice che aveva un aspetto tutt'altro che rassicurante: si presentava come una ferita in rilievo di un rosso vivo contornata da alcuni sprazi violacei.
"È un'infezione" spiegò Yuna riavvicinandosi con una crema e delle bende pulite.
"È grave?" chiesi e mi stupii che tutto quello che mi uscii fu un sussurro.
"È grave non sapere da cosa sia scaturita" spiegò solamente mentre gli disinfettava la zona attorno alla cicatrice e lo bendava di nuovo "Qui è dove è impiantato il defibrillatore" spiegò alzandosi nuovamente "E tutto ciò non è normale... presenta dei sintomi strani per una semplice infezione locale"
Io mi girai di nuovo verso Roxas e mi abbassai un po'. Il mio cuore batteva all'impazzata, mi sentivo così inutile in quel momento ma cercai di raccogliere le mie forse e parlargli per fargli sapere che ero vicino perché sapevo che era semicosciente.
"Roxas?" mormorai piano, quasi con timore per paura di dargli fastidio.
Lui non disse niente, continuava a respirare a fatica anche se aveva la maschera che avrebbe dovuto aiutarlo, però dischiuse gli occhi e mi guardò a fondo.
Non sapevo cosa dire in quel momento, la mia mente era come bloccata e fortunatamente Yuna irruppe nuovamente, portando questa volta un panno bagnato che poggiò delicatamente sulla fronte di Roxas e una siringa con del liquido dentro.
Improvvisamente sentimmo delle urla stizzite provenire fuori l'infermeria, doveva essere Sora ancora al telefono.
Yuna non ci badò molto, evidentemente aveva già avuto a che fare con il carattere ansioso del fratello castano "Rox questo è l'antibiotico" lui annuì con un debole segno del capo e lui con mano esperta prese un braccio di Roxas e in men che non si dica gli inniettò tutto il contenuto della siringa, fattò ciò sospirò pesantemente e fece per raggiungere fuori l'altro ragazzino non prima di dirmi "Puoi rimanere un attimo tu con lui?"
Ci misi giusto un paio di secondi a registrare la sua domanda, biscicai un "sì" e mi sedetti sul suo sgabello, accanto al letto del biondo. Lui aveva chiuso gli occhi.
Avrei voluto dire così tante cose in quel momento ma allo stesso tempo non sapevo cosa. Afferrai il panno che aveva sulla fronte e gli asciugai un po' di sudore e lasciai la mia mente vagare a quel giorno di qualche settimana prima in cui Roxas mi aveva detto per la prima che sapeva che sarebbe morto giovane, sentivo un peso sul cuore al solo pensarci. È per caso quello che si chiama senso di colpa? Senso di colpa per cosa poi? Forse per aver fatto lo stronzo con lui e non essere stato più attento dall'inizio. E se tutto quello era successo per colpa mia? Se fosse colpa di quella piccola discussione che avevamo avuto quella mattina? Di male in peggio, adesso mi sentivo il cuore racchiuso in una rete di spine.
"Axe..."
Un debole sospiro mi fece ridestare dalle mie insidie interiori, alzai lo sguardo e vidi gli occhi blu di Roxas puntati su di me, non erano più quel blu deciso che avevo conosciuto ma era sempre bello rivederlo.
"Roxas" esclamai preoccupato e d'impulso afferrai le sue mani e le tenni strette tra le mie "Come... come stai?"
Lui contrasse l'espressione e strinse la presa "Scu... sa" mormorò con voce incrinata attraverso la maschera "Scusami..."
Scusa?
"Io- io ti voglio... scusa... non volevo"
Quelle parole, quel tono furono come una pugnalata dritta in petto. Mi sentivo così male a vederlo così, eppure avrei dovuto essere felice per quello che aveva appena detto. Ancora non riuscivo a spiegarmi come riuscisse ad essere sempre così schietto e diretto anche in una situazione del genere
"Lo so" annuii "Lo so che non dicevi davvero" sussurrai "Ora sono qui" e mi avvicinai di più al suo volto per guardarlo negli occhi, lui di tutta risposta abbozzò un sorriso e calde lacrime iniziarono a rigargli le guance. Avrei tanto voluto chiedergli spiegazioni riguardo il rifiuto di quella mattina ma quello non era il momento, avrei avuto tutto il tempo di chiederglielo in seguito... avevo tanto da chiedergli in fin dei conti, una cosa prima o dopo non cambiava poi molto. L'importante è che eravamo insieme e tra tutti quei sentimenti di colpa e malinconia che sentivo crescere dentro di me riuscii avvertire anche un calore che si irradiò in tutto il mio petto.
"Stupido, non devi piangere" lo ripresi con tono gentile asciugandogli le lacrime con una manica della mia maglia. Avevo paura che anche quello avrebbe potuto fargli male.
"Hai paura?"
Io annuii e lui sorrise.
"Non devi averne"
"Perché?"
"Perché... sono lacrime di gioia"
Io mi sporsi e gli lasciai un bacio sulla fronte umida e gli sorrisi.
Qualche minuto dopo rientrò Yuna seguita da Sora e Riku, la prima sembrava abbastanza snervata... chissà quanto aveva dovuto faticare per calmare quel pazzo di Sora.
"Scusa se ti ho fatto aspettare, Axel" disse passandomi accanto e andò alla sua scrivania dove la vidi scribacchiare qualcosa su un fogliettino di carta. Io mi alzai e feci spazio sullo sgabello a Sora e Yuna ritornò pochi secondi dopo "La giustificazione che hai assistito Roxas, mostrala al tuo professore"
Io la afferrai, lanciai un'ultima occhiata a Roxas e senza dir nulla tornai in classe.

I due giorni seguenti Roxas non venne a scuola e io mi sentii sopraffatto da un senso di ansia, non sapevo cosa fosse successo, non sapevo se stava bene, Sora non si vedeva da nessuna parte e avevo intravisto Riku una volta solo di sfuggita, quindi anche se avessi voluto chiedere loro informazioni non avrei potuto.
Avrei tanto desiderato avere il suo numero così da poterlo chiamare ma non non sarei mai stato capace di chiederglielo.
Stentavo a crederci ma si stava iniziando ad insinuare in me l'idea che tra me e Roxas si stava creando qualcosa, non avevo idea che tutte quelle vicende sarebbero state l'inizo di un qualcosa. Ma nessuno credeva in noi e sinceramente neanche noi pensavamo che potesse funzionare. Dovevamo lottare contro i pregiudizi, contro quelli che conoscendo i miei passati pensavano che Roxas fosse una semplice scappatella, contro quelli che erano gelosi del nostro rapporto e anche contro amici e familiari di Roxas che desideravano che vivesse quello che gli rimaneva senza altri dolori.
"Axel andiamo?" Saix era poco più avanti di me e io mi affrettai a seguirlo nel parcheggio, non prima però di voltarmi un'ultima volta verso il portone della scuola ancora aperto e lasciai il vento spettinarmi dolcemente i capelli. Lì, tra tutti i ragazzi che stavano uscendo dopo la fine delle attività pomeridiane, rividi l'ombra della figura di Roxas che sorrideva e aveva l'aria tranquilla come quelle poche volte che l'avevo visto in passato.
"Axel?"
"Sì sto venendo"
Ma non era detta l'ultima parola perché Roxas era la persona più viva che io avessi mai conosciuto, lui era forte ed era stato l'unico a credere in me. E se tutti si ostinavano a pensare il contrario, io avrei fatto in modo di cambiare loro idea.
“Sai Axel, anche tu hai un cuore grande se vuoi. Cosa ti ha spinto a non offrire la verità ai tuoi amici, perché ti interessa se li sfido, come mai mi hai offerto una tregua? Stai facendo tutto questo per una persona che non conosci neanche”
“Pensi che io sia buono?”
“Lo sei, se ci lavori su. Non credo che il tuo carattere da stronzo sia del tutto ingiustificato. Ma se inizi a riservarmi trattamenti di favore allora non lo sarai più ai miei occhi”
"E perché no?"
“Perché io sono forte”


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*Rocks ass: assonanza con il nome Roxas, ma in slang indica qualcosa di estremamente figo o le attività degli omosessuali.

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Capitolo 5
*** A Brave Heart ***


Viva la Vida


#5 - A Brave Heart


Non lasciare che il tuo fuoco si spenga, che si perdano quelle preziose scintille,
nelle paludi senza speranza dell'indecisione, del dubbio e dell'incertezza.
Non permettere che l'eroe che è nella tua anima perisca solitario e frustrato,
privo della vita che tu meriti... ma che non sei mai riuscito a conquistare.
Il mondo che desideri può essere tuo... esiste, è reale, è possibile ed è tuo.




Quella mattina mi risvegliai con uno strano odore che mi pungeva le narici e la canzone Hotel California¹ come sottofondo.
A giudicare dalla prepotenza della luce che penetrava dalla finestra doveva essere sicuramente metà mattina, se non ora di pranzo, e dal momento che era domenica niente avrebbe potuto fermarmi dal rimanere a letto tutta la giornata, se non fosse stato per un piccolissimo dettaglio. Quello era il letto di Saix.
Era un dato di fatto, non avevo bisogno neanche di connettere il cervello per accorgermi che quella non era casa mia dal semplice fatto che solo Saix dopo una notte di sesso poteva ripassarsi l'intera discografia degli anni d'oro degli Eagles, fumandosi dei cannoni a dir poco apocalittici.
Aprii un occhio e andai alla ricerca del cellulare che avevo abbandonato da qualche parte sul comodino e, appena lo adocchiai, lo sbloccai per vedere l'ora.
11.56
Sbadigliai sonoramente e mi voltai dall'altra parte dove trovai Saix, appoggiato con la schiena alla testata del letto, con gli occhi chiusi e l'espressione rilassata. Mi chiedo quanta erba doveva aver fumato per essere così pacifico.
"Che ne diresti di spegnere quella merda almeno quando siamo a letto?" borbottai stiracchiandomi.
"Non mi pare di essere l'unico che fuma a letto" proferì lui con il suo solito tono freddo.
Io abbozzai un sorrisetto strafottente, dopotutto avevo preso da lui "Ma almeno quando esci da camera mia non puzzi di merda"
Lui mi lanciò un'occhiataccia e senza dir nulla tornò alla sua precedente occupazione.
All'inizio avrei potuto anche pensare che si fosse offeso per quella battutina, ma lui non era tipo da prendersela per certe cose quindi lasciai perdere, però quando mi misi a sedere mi sentii tutto indolenzito e lì mi venne da riflettere. Saix ci andava giù forte, non era una novità, ma a pensarci bene questa volta era stato particolarmente duro, e anche la sua occhiataccia era stata più pungente delle altre volte.
"Si può sapere che hai?" detti aria ai miei pensieri mentre mi alzavo per andare alla ricerca della biancheria, lui non rispose: rimase immobile come se non mi avesse proprio sentito e continuava a fumare. Ma io lo conoscevo troppo bene.
"Allora?" rincarai indossando i miei boxer e alla mancata risposta continuai "Saix?"
Saix non era una persona particolarmente loquace, se c'era qualcosa che lo turbava non te lo diceva in faccia, si limitava solo ad odiarti e a guardarti in cagnesco, però con me era diverso perché io ero una delle poche persone che riusciva a capirlo quasi a fondo. Riuscivo a distinguere quando ti stava solo guardando o ti stava letteralmente fulminando, riuscivo a leggere i suoi silenzi e a capire le sue emozioni. Riuscivo a fare tutto questo nonostante lui mantenesse quella solita maschera da io-odio-tutto, era per questo che quando ci siamo conosciuti ero rimasto quasi folgorato dalla sua persona.
All'epoca ero un ragazzino acerbo, non mi ero spinto ancora alla scoperta di me stesso e avevo due sole certezze: i ragazzi stanno con le ragazze, e le ragazze portano solo sofferenze. Probabilmente quest'ultima prospettiva mi era stata indotta dalla mia delicata situazione familiare (di cui avrò modo di parlare in seguito) per questo avevo anche deciso di non intrattenere alcun rapporto, ma la mia visione del mondo aveva iniziato a vacillare quando intravidi per la prima volta quella chioma blu cobalto. Il suo sguardo felino mi aveva spogliato di tutte le mie convinzioni e da allora la mia vita cambiò radicalmente. Saix era strano, ma di uno strano intrigante. Era riflessivo, era esperto, era saggio... e io mi sentivo come plagiato da un incantesimo. E quando capii che tutto ciò non era più abbastanza per me, lui mi guidò nell'esplorazione dell'ebbrezza dionisiaca del sesso.
All'inizio credevo di essere innamorato ma ben presto capii che non era altro che sesso. Niente sentimenti, solo piacere fisico.
E le cose iniziarono a cambiare quando arrivò Xemnas. Saix diventava sempre più illeggibile ai miei occhi, non c'era più quel feeling, quella complicità che ci aveva avvicinato alle medie, e io scesi di nuovo con i piedi in terra.
Non avevo idea da che tipo di rapporto fossero legati Saix e Xemnas, erano entrambi troppo strani, eppure lui continuava a reclamarmi regolarmente come un oggetto di sua appartenenza e io non sapevo dire no. Sapevo che tutto questo in fin dei conti era sbagliato, non mi avrebbe portato a nulla però mi era andato sempre bene. Non volevo legarmi a nessuno e allo stesso tempo non lo rifiutavo, volevo che tutti sapessero che io ero etero per preservare la mia reputazione e lui non aveva mai detto nulla a riguardo. La mia vita si era trasformata in un circolo vizioso di menzogne e ipocrisie, non c'era felicità ma solo piacere. Tutto quello che avevo guadagnato era un'illusione.
"Avanti Saix, parlami" sbottai dopo aver infilato la maglia "Stanotte ci sei andato anche pesante, mi dovresti delle scuse" mi appoggiai alla sua scrivania così che potessi guardarlo da una visuale ottimale "Sembrava che volessi farmela pagare per qualcosa" accennai una risatina ma quando lui puntò il suo sguardo su di me il mio ghigno scomparve "È così? Non ce l'avrai mica perché mi sono dimenticato di venire alle ultime riunioni?"
Saix non batté ciglio. Si alzò dal letto, vestito già dei suoi boxer e si mise davanti a me, giusto a pochi centimetri dal mio volto.
"Tu che dici?"
"Io dico che sembri una ragazzina nel suo periodo no"
"Piantala"
"Oh, mi scusi sua santità" ribattei sarcastico.
"Xemnas non è felice del tuo comportamento" lui sibilò e io mi infervorai, quella semplice frase mi aveva già fatto capire tutto.
"Xemnas non è felice... o tu?" esclamai al limite dell'indignazione "Non metterlo sempre in mezzo"
"Non fare nulla di stupido, Axel"
Tutto era sempre andato bene finché non era arrivato Roxas che aveva cambiato abilmente le carte in tavola. Mi aveva schiaffato in faccia tutta la verità, mi aveva fatto aprire gli occhi senza muovere un dito. Il mio posto non era lì in quella stanza, quella non era la vita che desideravo. E ora sentivo i sensi di colpa per aver passato la notte con Saix mentre del biondo non avevo notizie. Lo so, ero uno stronzo idiota.
"È per via di Roxas vero? Tu non lo sopporti"
"Non pronunciare più quel nome" soffiò con un severità. Lui mi squadrò per qualche istante e poi si avvicinò pericolosamente al mio volto, portò una mano dietro la mia nuca e accorciò le distanze "Tu sei mio" sussurrò a fior di labbra ma dopo un momento di esitazione io riuscii ad riacquistare tutta la mia forza di volontà e mi allontanai malamente.
"Non hai la mia esclusiva"
Vidi le sue labbra contrarsi in un sorrisetto maligno "È vero... ormai non ricordo più con quante persone tu sia andato" indurii lo sguardo e strinsi i pungi a quella constatazione e lui colse l'occasione per continuare "Ma ricordati che oggi sei quel che sei grazie a me"
"E dovrei ringraziarti?!" alzai la voce.
"Ti ho dato tutto quel che sapevo e tu l'hai accolto come un assetato che è posto davanti ad una sorgente d'acqua. Ti ho sempre lasciato libero ma in realtà è a me che appartieni"
"No... non sono mai stato tuo. Era tutto perfetto all'inizio, ma poi è arrivato Xemnas e allora ho capito che tra noi non c'è mai stato nulla. Adesso c'è Roxas per me"
"Allora è vero che c'è qualcosa con quel moccioso" abbassò lo sguardo e commentò più a se stesso che a me.
Io da parte mia non riuscii a dire nulla, quella era la prima volta che mi si poneva davanti una simile asserzione, fino ad allora non avevo mai visto in quei termini il mio rapporto con Roxas e l'interesse che nutrivo per lui.
"Il tuo è solo un atto di ribellione" continuò poi Saix, facendomi risvegliare dai miei pensieri "Axel, stai lontano da lui. Ti sta mettendo strane idee in testa"
"Ti piacerebbe" sbuffai sarcastico.
"Questo è un avvertimento"
Ma quella volta non gliela diedi vinta.

Quando ritornai a casa mi stupii di trovare mio padre stravaccato nella poltrona del salotto, non mi stupii invece di vederlo con la sua solita birra in mano intento a guardare una partita di baseball.
"Guarda chi si rivede" fu il mio saluto "Reno Turks"
Non volevo essere acido ma quella piccola discussione con Saix aveva peggiorato il mio umore, inoltre tra me e mio padre non c'era mai stato tutto questa formalità, prendevamo tutto molto alla leggera.
Quando lui si accorse della mia presenza alzò la birra e mi salutò con un cenno del capo, prima di ritornare a dedicarsi di nuovo alla tv.
Mio padre era un uomo d'affari originario della Brooklyn perbene, con una folta chioma rossa (che avevo poi ereditato io), amante sfegatato dello sport, delle macchine sportive e dell'alta velocità (altre cose che avevo preso da lui). Era un tipo abbastanza particolare: affascinante, sarcastico e sfacciato, sembrava una persona abbastanza disinteressata verso il mondo ma nel suo lavoro era il migliore. Non era mai stato nulla di quello che si può definire paterno, aveva sempre avuto difficoltà nell'esternare quel suo lato più affettivo; e da quando mia madre ci aveva lasciati lui era diventato quasi un'altra persona: si immergeva nel lavoro come non mai, era sempre via per viaggi e anche quando non aveva da lavorare si faceva vedere raramente a casa, spesso era in giro per bar assieme al suo amico o a fare chissà cosa, però nonostante questo non avevo nulla da ribattere perché non era una cattiva persona, sapevo che tutto quello che aveva passato negli anni passati l'aveva segnato e non era ancora riuscito a riprendersi. Le persone a volte ci scherzavano su dicendo "Almeno sei ricco", sì ma a cosa serve essere ricchi se non puoi usare il tuo denaro per salvare le persone che ami?
"Quando sei tornato?" indagai sedendomi sul pouf lì vicino e poggiai i gomiti sulle gambe.
"Mhhh" mugugnò staccandosi la bocca dalla bottiglia ma non gli occhi dallo schermo "Ieri sera... ero a Brooklyn di passaggio e ho pensato di passare a farti un saluto ma non eri in casa"
Il fatto che fosse a Brooklyn di passaggio significava che era ritornato nella nostra vecchia casa giusto per riportare la sua depressione ai massimi livelli e venire poi a fracassare a me le palle "Almeno ogni tanto ti ricordi di avere un figlio" alla mancata risposta del mio cosiddetto genitore mi ritrovai a sospirare sonoramente e mi girai verso la televisione "A quanto stiamo?"
"Vinciamo per 4 a 2" disse stranamente assorto e io sfruttai quella sua concentrazione per continuare il mio tentativo di dialogo.
"Come mai non mi hai chiamato? Ero da un amico ma sarei potuto tornare"
Lui rimase incollato alla partita per un altro paio di minuti finché non ci fu lo spacco per la pubblicità, e così si girò verso di me e mi dedicò la sua totale attenzione (beh quel poco che si può chiamare attenzione, si parla pur sempre di mio padre).
"Non volevo disturbarti"
E io annuii. Non è che la sua presenza evanescente avrebbe cambiato qualcosa nella mia vita però non mi avrebbe fatto schifo salutarlo al suo arrivo... e mi dissi, cazzo qui si parla di Axel e Reno e non di due persone normali.
"Senti un po', quanto tempo ti trattieni?" perché sapevo che non sarebbe rimasto.
Mio padre sbadigliò e si stiracchiò sulla poltrona "Fino a questa sera"
Non mi sarei aspettato così presto, solitamente rimaneva un paio di giorni, ma poi mi dissi di nuovo, qui si parla sempre di Reno! Però c'era una cosa che mi dava un po' da pensare "E dov'è Rude? Giù in cortile non ho visto né la tua macchina, né la sua" Rude era il suo amico più fidato, era con lui che passava il suo tempo ed era sempre con lui che spariva sempre senza una meta precisa. Scapolo e vedovo, come si dice Dio prima li fa e poi li accoppia.
Lui prese un'altra bottiglia e la analizzò a fondo, come se fosse molto interessante, e poi rispose con scarso interesse "Oh, lui è andato a Chinatown a sbrigare qualche affare. Sarà di ritorno oggi pomeriggio"
Il nostro dialogo finì dopo qualche sua domandina di circostanza "Coma va la scuola? Fai progressi con il basket? Tutto bene con Larxene?"(quest'ultima l'aveva vista una sola volta quando l'avevo portata a casa con me e da allora pensava che fosse la mia ragazza), io dal canto mio risposi che andava benissimo a tutte le domande, solo quando aggiunse di salutare Demyx assentii con un cenno del capo e quando mi chiese se avevo bisogno di soldi scossi la testa. Io e mio padre non parlavamo molto, eravamo quasi estranei e rispettavamo ognuno gli spazi dell'altro, non lo facevamo con cattiveria però così riuscivamo a funzionare alla grande. Finché nessuno dei due si cacciava nei guai allora era tutto okay.
Non molto tempo dopo mi ritirai nella mia camera per dedicarmi all'unica attività che amavo quasi di più del basket: dormire... giusto perché non era una cosa da poco gestire il risveglio con Saix e l'incontro con mio padre tutto in una sola giornata.
Quella sera mi svegliò il chiasso della play station, o meglio Demyx che avevo trovato a giocare alla mia console - ormai lui era uno di casa, entrava e usciva a suo piacimento quindi non era la prima volta che me lo ritrovavo in casa al mio risveglio - e che mi aveva prontamente messo al corrente dello spavento che si era preso trovando mio padre in salotto dal momento che erano mesi che non lo vedeva ("Pensavo di essere finito all'inferno!", "Idiota mio padre non è morto").
Da lì feci l'ultima tappa della giornata e quando uscii mio padre si era già dileguato.

"E poi cos'è successo?"
"E poi niente, sono ritornati Yuna, il fratello e il fidanzato" risposi con una leggera scrollata di spalle, portandomi la lattina di birra alle labbra.
Se fossi stato un tipo sentimentale e se fossi stato affezionato ai miei anni da liceale a tal punto da appendere una fotografia alla parete, non sarebbe stata quella della mia squadra di basket o del mio diploma, ma quella del garage di Demyx - o meglio la mia casa spirituale, come un universitario avrebbe definito il proprio alloggio. Durante la mia giovinezza era diventato quasi un rito andare almeno un giorno a settimana in quella Fortezza Oscura, dove avevamo deciso tacitamente che quello sarebbe stato il nostro luogo di raduno assieme agli altri ragazzi dell'Organizzazione, per tirare le somme di quello che era successo nella settimana o solamente per cazzeggiare. Ci vedevamo sempre senza Saix e Xemnas perché non riuscivamo a comportarci da veri animali quali eravamo con loro tra le palle e poi avevano sempre da fare (chissà cosa poi), oltre a loro escludevamo anche Larxene perché, anche se spiritualmente era più uomo di tutti noi messi assieme, era pur sempre una donna e per di più stronza.
Avevo preso l'abitudine di andare da Demyx con la mia divisa della squadra per pavoneggiarmi dei risultati che portavo in campo (e poi sua madre diceva che mi stava da dio!) e ogni volta che entravo in quel garage si effettuava una strana trasformazione in me: salutavo i miei amici con qualche amena oscenità, mi spogliavo degli orpelli della civiltà e mi trasformavo nel campione di basket bisognoso di attenzioni e idolatrie.
"Ma quindi quel tizio con i capelli da vecchio è davvero il fidanzato dell'altro Strife?" interloquì Demyx dal suo angolino più sperduto, dove stava accordando il suo sitar blu elettrico.
"Non ne ho la più pallida idea" scossi la testa.
"Ragazzi siete sicuri che non vi va proprio un pokerino?"arrivò un guaito sommesso dall'altro capo del tavolo dov'eravamo seduti, Luxord stava rimescolando (come sempre) le sue carte e si preparava a disporle di nuovo davanti a sé per un'altra partita di solitario.
"Luxy adesso siamo impegnati a riempire di attenzioni il nostro focoso playmaker... ma se ti senti troppo solo ci penso io a te" Marluxia ammiccò in direzione dall'ossigenato e il suo tono fece rabbrividire tutti i presenti, Luxord specialmente, che mormorò qualcosa di incomprensibile e tornò alle sue carte in religioso silenzio.
"E ora si è ripreso?" chiese Xaldin spostando di nuovo l'attenzione sull'argomento Roxas. Dopo quell'episodio tutti erano venuti a sapere che lo avevo soccorso dopo il suo malore - e questo aveva provocato un grande tumulto tra la popolazione femminile della scuola ("Così affascinante e di così gran cuore persino con gli sfigati!")
"Non l'ho più rivisto da quel giorno" ammisi abbassando lo sguardo.
"Ti dispiace per lui vero?"
"Beh è ovvio, si tratta comunque della salute di una persona. Sfigato o no, se l'è vista brutta"
"Ma come sei carino Axie" commentò Marluxia con un sorrisetto.
"Che-che cosa c'è di carino?!" mi misi sulla difensiva e feci per bere l'ultimo sorso della mia birra.
"Ad Axel piace il funghetto biondo" esclamò Xigbar con voce strascicata e ormai brillo, poggiando sul tavolo quello che doveva essere per noi il terzo round di birra e per lui il secondo giro di whisky (alla quarta birra aveva deciso di animare la serata) e dopo questo cacciò un sonoro rutto che fece sbellicare dalle risate Demix e mandò Marluxia in estasi che commentò con un acuto "Che uomo che sei!"
Però quella sua precedente frase buttata lì per scherzo mi fece andare la birra di traverso e per poco non mi affogai "Che cazzo stai dicendo?" dissi tra i colpi di tosse.
"Suvvia non c'è bisogno di nasconderlo, dolcezza" rise Marluxia, afferrando una lattina per sé e una per me "È palese sai?"
"Da quando hai iniziato a fare lezioni con lui hai sempre la testa tra le nuvole" si aggiunse Luxord e da dietro lui notai Lexaeus annuire.
Sentii improvvisamente il sangue confluire verso le mie guance e mi affrettai subito ad abbassare il volto e nascondere il mio rossore.
"Non mi piace il piccoletto" borbottai afferrando una ciocca ribelle di capelli e iniziando a giocarci nervosamente "Lo conosco a stento, non siamo neanche amici"
"Non c'è bisogno di essere amici per piacere ad una persona" spiegò Xaldin e poco lontano sentii Demyx fargli eco "Oh la fase della negazione!"
Io scossi la testa con vigore "Stiamo parlando di un ragazzo! Come fate a parlare di queste cose così tranquillamente? È maschio!" sottolineai.
Loro mi guardarono tutti con stupore.
"E allora? Non sarai mica omofobo, Axeee?" biascicò Xigbar a causa del troppo alcol che gli scorreva nelle vene. A quella domanda lo sguardo di Marluxia si fece penetrante.
"Axel non è omofobo" si intromise Sitar-man in mia difesa "Vero Ax?" e si voltò verso di me speranzoso.
"No... no, certo che no!" esclamai subito.
"E allora che problema hai? Finché ti serviva te lo sei allisciato per bene e ora che non è più il tuo tutor te ne freghi?" Xigbar mi puntò un dito contro e mi guardò con aria accusatrice, per quanto i suoi sensi ormai offuscati dall'alcol gli permettessero di fare.
A quell'accusa gratuita non ci vidi più e con uno scatto mi avventai su Xigbar ma Xaldin e Marluxia furono più veloci di me e mi afferrarono prontamente prima che potessi fare qualcosa di stupido che avrei potuto rimpiangere.
"Come cazzo ti permetti di dire queste cose? Mi credi così basso? Eh?" urlai.
"Calmati Axel" mi trattenne Xaldin.
"No che non mi calmo!" cercai di scrollarmelo di dosso ma non vi riuscii "Io non mi approfitterei mai di lui!"
"Axel basta" pronunciò Demyx con un misto di preoccupazione e serietà nella voce "Lo sappiamo che non sei quel genere di persone"
Quando mi calmai Xaldin mi lasciò cadere di nuovo sulla mia sedia e diede uno schiaffo dietro la testa a Xigbar, il quale protestò sonoramente "Ehi Xaldiiiin mi hai fatto male!"
"Così impari, idiota"
"Axel" mi chiamò Lexaeus "Xig non voleva offenderti"
Io sospirai pesantemente "Lo so, scusate"
"Xigbar voleva dire, perché non ti avvicini di più a lui se ti piace?" prese di nuovo parola Demyx avvicinandosi a Lexaeus che intanto aveva preso posto al pianoforte. A quanto aveva detto, loro due avrebbero suonato con la band per la festa di Halloween che si sarebbe tenuta a scuola. Sì, Lexaeus giocava a rugby e suonava il piano... era un essere inspiegabile.
"Volete mettere in discussione la mia virilità?"
"Non è questione di virilità Axie" disse Marluxia mentre andava a spaparanzarsi sul divano "Le persone possono anche essere bisex o gay per essere virili. Prendi Luxord, come etero fa schifo, non riesce neanche a portarsi Larxene a letto" e terminò con una fragorosa risata e Luxord gli lanciò una carta appresso.
Io presi un profondo respiro e strinsi la lattina tra le mani e diedi aria a quel pensiero che mi perseguitava da quando avevo preso coscienza del mio interesse per Roxas "E se poi la gente pensa che io mi stia approfittando di lui?" mormorai "Proprio come ha detto Xig... non voglio sembrare il forte che caccia sul più debole. Lui è malato... è una cosa delicata"
Nessuno parlò o almeno non subito.
Dopo le iniziali pressioni non mi ero fatto problemi ad aprirmi con loro, erano i miei migliori amici dopotutto e anche se sembravano tutt'altro che raccomandabili, erano dei bravi ragazzi e sapevo che mi avrebbero ascoltato ed eventualmente (se a loro garbava) aiutato. E poi se avevano messo in mezzo la cosa significava che avevano capito e accettato la situazione.
Quei minuti di interminabile silenzio furono spezzati da Demyx che aveva sussurrato qualcosa nell'orecchio di Lexaeus e quest'ultimo iniziò a suonare al piano una lenta melodia.
"He said "Boy can I tell you a wonderful thing? I can't help but notice you staring at me. I know I shouldn't say this but I really believe, I can tell by your eyes that you're in love with me". Now Ax, I'm only telling you this because life can do terrible things" prese ad intonare Mullet-man con un garbo e un'accortezza che non gli avevo mai visto prima d'ora "He said "Can I tell you a terrible thing? It seems that I'm sick and I've only got weeks. Please don't be sad now, I really believe you were the greatest thing that ever happened to me²"
Gli lanciai un'occhiata languida e incurvai le labbra in un mezzo sorriso "Beh... questa era triste"
"Era per l'occasione" lui sorrise a sua volta "L'amore è bello, non lasciartelo sfuggire che te ne penti"
"Ma io non sono innamorato"
"Chi può mai dirlo" ridacchiò e attaccò a suonare con il suo sitar.
"Oi Xaldin secondo te dovremo farci amico il piccoletto?" Xigbar si voltò verso l'amico che proprio in quel momento stava aprendo una lattina.
"Se ha passato ad Axel il compito sono sicuro che lo farà anche con noi se gli siamo simpatici... e magari ci passerà anche i risultati degli esami finali"
"Axie" ignorai i farneticamenti di quei due, presi la mia birra e mi voltai verso Marluxia che mi aveva chiamato "Lascia che ti dica una cosa. Fai attenzione a Saix, lui vuole togliere di mezzo Roxas"
Aggrottai le sopracciglia e la mia espressione si fece seria "In che senso vuole toglierlo di mezzo?"
Ma lui non mi diede altre spiegazioni.
Marluxia era sempre stato un passo avanti a noi, sveglio, scaltro e soprattutto non sopportava il potere nelle mani di Xemnas, sapevo che stava tramando qualcosa contro lui e Saix e il suo lanciarmi questo monito significava solo una cosa: voleva mandare all'aria i loro piani e stava cercando di reclutare il suo esercito.
Io rimasi immobile a guardarlo mentre attorno a me impazzava di nuovo il caos e lui iniziò a conversare allegramente con Xaldin e Xigbar, agitando la birra che aveva in mano con fare teatrale.
"Ragazzi, sapete l'ultima di Larxene?"

Quella notte non potei fare a meno di ripensare a quello che era successo durante la giornata e l'unico pensiero che mi destava qualche preoccupazione era l'avversione di Saix nei confronti di Roxas. L'avevo già notato in precedenza ma a quanto pare non ero stato l'unico. Da quando era subentrato Xemnas si erano venuti a creare dei grandi buchi tra me e l'uomo dai capelli blu, così spesso me ne andavo con chi volevo io e lui non aveva mai detto nulla, forse perché sapeva che gli ero sempre devoto, però quando era arrivato Roxas avevo iniziato a trascurarlo e a quanto pare la cosa non gli era andata a genio. Ma cosa intendeva Marluxia con quel toglierlo di mezzo? Dato che si parlava di Saix non potevo mai essere sicuro di nulla ma sapevo solo che dovevo muovermi con prudenza.
Il giorno dopo quando arrivai a scuola la mia voglia era pari a zero ma il mio umore si risollevò quando, mentre rovistavo nell'armadietto in cerca dei libri, mi sentii picchiettare la schiena. Inizialmente pensavo che fosse Yuffie che voleva mettermi al corrente di qualche altro pettegolezzo ma mi venne quasi un colpo quando al posto della brunetta mi ritrovai davanti l'oggetto delle mie afflizioni: Roxas.
"R-Rox!" esclamai preso alla sprovvista. Aveva un'espressione rilassata e un leggero sorriso ad increspargli le labbra, era davvero carino quando era tranquillo e non voleva farmi qualche bastardata - o almeno era quello che pensavo! Ad una più attenta analisi notai che non aveva più tanto l'aria di quello che era uscito da un obitorio però era sempre pallido e smunto.
"Ehilà" mi salutò con un filo di voce "Andiamo?"
Battei le palpebre un paio di volte "Andiamo dove?"
"In classe no?" rispose perplesso e poi ridacchiò "Mi raccomando non essere troppo entusiasta"
Io abbozzai un sorrisetto e mi ricordai che seguivamo Letteratura insieme, mi presi un secondo per chiudere l'armadietto e quando mi rigirai verso di lui notai che mi stava porgendo un foglio "E questo cos'è?" chiesi afferrandolo.
"È la relazione che il professore aveva assegnato quel giorno in cui abbiamo visto il documentario. Ho pensato che dal momento che dormivi in classe non avevi sentito dell'assegno"
La mia risposta iniziale fu un semplice "Oh" ma alla parola documentario, la mia mente tornò in dietro nel tempo a quel giorno in cui avevo conosciuto Roxas... quando aveva detto che russavo, cavolo che brutta figura. Quindi il fatto che avesse scritto una relazione per me significava effettivamente che non mi odiava come aveva detto qualche giorno prima! Già perché, anche se per poco, durante una delle mie pippe mentali, ero arrivato addirittura a pensare che stesse delirando quando si era scusato e che quindi non intendeva dire niente di tutto ciò.
Lo so, lo so, sembro una ragazzina alle prese con la sua prima cotta adolescenziale ma quello di cui parlavo era Roxas e con lui non sapevo mai come comportarmi o cosa pensare.
Quando mi accorsi che era passato troppo tempo da quello che mi aveva detto, mi affrettai a ringraziarlo tentando invano di celare il mio imbarazzo e iniziammo a camminare verso la classe.
Il nostro religioso silenzio fu però interrotto da un urlo stridulo che riecheggiò per tutto il corridoio e, per mia sfortuna, sapevo a chi apparteneva quella voce: Larxene (seguita da una divertita Kairi) arrivò correndo come una furia e spintonando tutti con la sua estrema delicatezza, e così come era arrivata, scomparve dalla mia visuale e tutto quello che lasciò dietro di sé fu caos e gente che parlottava sottovoce.
"Sono io che sono daltonico oppure i suoi capelli erano blu?" domandai al limite della perplessità.
Roxas si limitò a ridere e mi fece cenno di sbrigarci altrimenti avremo fatto tardi.
"Senti..." iniziai dopo un po' per interrompere quel silenzio in cui eravamo piombati di nuovo; non sapevo in realtà cosa dire anche se c'erano molte cose che avrei dovuto dire, poi lanciai uno sguardo alla sua felpa e a quello che c'era scritto sopra e cambiai argomento"È Don't Stop Me Now?" sussurrai.
Lui fece un sorriso a trentadue denti e annuì, probabilmente contento che avessi colto la citazione.
"Sono una stella cadente che attraversa il cielo, come una tigre che sfida le leggi di gravità³" recitai e poi sorrisi "Ti si addice"
Mi piaceva il modo in cui Roxas mi sorrideva, mi piaceva il fatto che fosse di buon umore, mi piaceva il fatto che eravamo in buoni rapporti. Mi piaceva il fatto che mi piaceva Roxas, ecco.
Improvvisamente il mio cellulare vibrò e notai che sul display era apparso il nome Saix ma mi affrettai a riagganciare per non rovinarmi il momento di serenità con il biondino.
"Non rispondi?" chiese lui curioso.
"Nah, non è improntante" ridacchiai senza sapere che in realtà Saix mi stava scrutando da lontano.
Arrivammo in aula e ci sedemmo nei nostri soliti posti, avrei voluto cogliere l'occasione di chiedere a Roxas almeno come stava ma ero troppo vigliacco e per di più il professore arrivò proprio quando mi stavo maledicendo della mia codardia.
A metà lezione non ne potevo più di seguire, in realtà avevo passato tutto il tempo a pensare a Roxas e a quanto fosse stato carino con me soprattutto facendomi la relazione (il professore stava quasi per scoppiare in lacrime quando mi ha visto consegnargli il compito!), così dopo un estenuante preparazione mentale, lanciai un bigliettino sul suo banco e attesi una sua risposta.
"Qualche giorno di questi ti va di andare a prenderci una Coca alla ciliegia?" avevo scritto, sperando di non risultare troppo stupido. Gli lanciai un'occhiatina con la coda dell'occhio e lo vidi sorpreso.
"Mi stai chiedendo di uscire insieme?"
Per poco non mi venne un attacco di cuore e subito mi affrettai a rispondere.
"No! Volevo sdebitarmi per avermi salvato di nuovo facendomi il compito" la mia era una menzogna, ma come ho già detto prima ero un vigliacco del cazzo.
"Sai Moore, ho sempre pensato che tu sia un idiota" fu la sua risposta che mi arrivò qualche minuto dopo e la cosa non mi lasciò molto contento, anzi mi irritò abbastanza. Solitamente non mi interessava il parere degli altri ma stranamente di lui sì.
"Cos'è che ti fa sentire tanto in gamba rispetto a me?"
"Il fatto che non verrei mai a 'prendere' una Coca alla ciliegia con te"
"Sta' a sentire...io non mi sognerei mai di invitarti ad uscire!"
Questa fu la mia ennesima stronzata atta a pararmi il culo, la mia intenzione era proprio quella di uscire con lui però non mi andava di ricevere un rifiuto da parte sua quindi mi misi subito sulla difensiva. Eppure come volevasi dimostrare ero andato del tutto fuori pista.
"E questo dimostra quanto sei idiota"
Squadrai la sua risposta per qualche minuto e la mia mente fu tarda ad elaborare il concetto. Trattenni il fiato e feci scorrere di nuovo la penna sulla carta "Perché... vorresti uscire...?"
"Solo se offri tu... e andiamo al parco"
Rilessi per tutto il resto dell'ora quelle poche lettere scribacchiate di fretta e non potei fare a meno di sorridere.
Roxas aveva ragione, ero proprio un'idiota.

All'ora di pranzo mi ritrovai di nuovo seduto allo stesso tavolo di sempre, questa volta però siccome ero arrivato tardi (perché mi ero trattenuto qualche minuto in più a guardare Roxas che chiacchierava con Zexion e Naminè... a proposito di ciò, stavo seriamente pensando di farmeli presentare, magari erano simpatici dal momento che lui passava sempre un sacco di tempo in loro compagnia!) mi era toccato il posto all'estremità finale del tavolo, giusto accanto a Saix, il quale aveva un'aria ancora più scorbutica del solito.
"E quindi ha detto che se non mi fossi fatto gli affari miei mi avrebbe fatto ingoiare la lingua" fu lo stralcio di frase che sentii borbottare da Demyx che aveva indossato un broncio infantile.
"Io dico che se l'è cercata" Xigbar scoppiò in una risata isterica.
"Di cosa si parla, signori?" domandai io addentando il mio trancio di pizza.
"Di quanto sia cattiva Larxene-" bofonchiò il biondo ma la sua frase fu interrotta da Xaldin.
"Larxene si è portata a letto quella bestia del ragazzo di Belle!" spiegò lui con disappunto.
"A lei piacciono i tipi così" fece eco Marluxia.
Alla mia iniziale sorpresa lasciò spazio la perplessità "E non dovresti essere felice?" domandai ricordando che a lui piaceva Belle "Adesso puoi avere una chance con lei"
"Quello prima mi invita a fare una scazzottata per il suo amore e poi la fa soffrire... non è degno di lei" Xaldin scosse la testa e trattenni a stento un sorriso di compassione per lui. Sembrava tanto grosso e rude ma in fondo era un romanticone, però se gli avessi detto una cosa del genere mi avrebbe spaccato la faccia senza farsi troppi problemi.
"Ora che ci penso stamattina l'ho vista più strana del solito"
"E aveva i capelli blu?" ridacchiò Xigbar.
"Allora non me la sono immaginata!"
"Blu" mormorò Marluxia con tono critico "Dio che colore fuori moda" lanciò un'occhiata disinteressata a Saix e poi tornò a leggere una rivista che aveva con sé, facendo palesemente intendere che stava lanciando un'accusa aperta nei suoi confronti "Quest'anno va di moda il biondo"
E sentii Saix accanto a me irrigidirsi. Non so perché ma mi sentii messo in mezzo.
"A quanto pare qualcuno deve averle fatto questo scherzetto per vendicarsi" intervenne Luxord per confermare l'ipotesi che si stava formando in me.
"Sarà stata Belle?" domandai.
"No, lei è sempre stata alla larga da Larx" spiegò e poi si sporse verso di me per continuare sottovoce "Pare che lei tenga tutti i suoi prodotti per la doccia nell'armadietto e non negli spogliatoi della palestra perché lì i lucchetti sono rotti. Dovrebbe essere sicuramente stato qualcuno che conosce la sua combinazione... o qualcuno che ha tutte le chiavi"
"Però se l'è meritato... così impara ad essere sempre stronza con tutti" intervenne di nuovo Demyx ancora contrariato.
"E ora lei dov'è?"
"Pare che sia scappata a casa... o più probabilmente da un parrucchiere" ridacchiò Marluxia con quel suo tono tanto simile a quello di una donna.
Io ascoltai pensieroso finché Xemnas, seduto accanto a Saix, non si seccò di sentire quei pettegolezzi e non invitò tutti a farsi i cazzi propri.
"Tu hai qualche ipotesi su chi possa essere stato?" sussurrai a bassa voce e mi sporsi verso Luxord che era seduto davanti a me ma lui mi scosse la testa e piombò di nuovo il silenzio.
"Come mai stamattina non hai risposto al cellulare?" domandò Saix di punto in bianco a metà del mio pranzo.
"Ehh... stavo... stavo parlando con il coach. Sì, stavo parlando con il coach" sputai nervosamente la prima bugia che mi era venuta in mente, sperando che lui se la bevesse.
"Il coach eh?"
Dopo quel breve scambio di informazioni, tornai a mangiare per conto mio e a divagare sulla precedente mattinata. Come un cliché la mia attenzione si posò su qualche tavolo più avanti al mio dove era seduto Roxas, o meglio dove lui e Naminè si stavano alzando per, probabilmente, uscire dalla caffetteria.
"Oh guarda! C'è Roxas!" esclamò Demyx quando adocchiò il biondino e subito si rivolse a me con un gran sorriso stampato in faccia "Perché non vai a salutarlo?"
"Non preoccuparti Demyx, adesso lo saluteremo tutti insieme" sibilò Saix con un tono che non mi faceva presagire niente di buono.
Quando vidi i due ragazzini biondi avvicinarsi al nostro tavolo per uscire dalla grande sala udii Xemnas ridacchiare "Ehilà Strife" e questo bastò ad attirare la sua attenzione.
Nessuno di noi osò parlare.
Roxas si fermò e lanciò un'occhiata indifferente all'uomo con i capelli argentati, Naminè invece si era avvicinata di più a lui.
"Da quant'è che non ci vediamo, eh Strife?"
"Da quando non ti hanno bocciato a tutti i corsi che frequentavamo insieme" fu la sua risposta disinteressata.
Xemnas aggrottò la fronte e digrignò i denti ma sembrò non perdere la calma.
"Hai sentito cos'è successo a Larxene?"
Lui parve pensarci un po' e poi annuì appena "Il blu non le dona affatto"
"Pessima scelta, tu che dici?"
"Dico che la prossima volta sarà meglio per lei fare le scelte giuste e non fare la troia"
Per essere un ragazzino minuto, che era stato male non fino a poco tempo fa, di coraggio ne aveva da vendere. Io non mi sarei mai sognato di essere così diretto.
E poi mi chiesi se i due non si conoscessero già, dal modo in cui parlavano.
"Nel frattempo il responsabile dovrà stare molto attento"
Sgranai gli occhi a quell'esclamazione che sembrava tanto un monito rivolto a Roxas, per caso stava insinuando che era proprio lui il responsabile? Il biondo però non ci badò tanto e fece per andarsene ma Xemnas lo fermò ancora, questa volta però sembrava infastidito.
"Ehi frocetto non mi ignorare!"
Roxas lo fulminò con lo sguardo e io mi sentii l'ansia avvampare in corpo.
"Oh ti sei girato... allora è vero quello che si dice? Sei dell'altra sponda?" ridacchiò perfido e io sbiancai quasi al pensiero che FORSE si stava riferendo a quella piccola bugia che avevo detto su Roxas proprio qualche giorno prima a pranzo...bugia che avevo detto sempre per apparire come il forte della situazione.
Roxas da parte sua sembrava fremere dal nervosismo ma vedevo Naminè che lo teneva per un braccio e gli bisbigliava qualcosa nell'orecchio, ma quando Xemnas parò di nuovo lui non ci vide più.
"Ormai sei diventato proprio come quel Freddie Mercury che osanni tanto. Frocetto storpio" e scoppiò a ridere "Chissà se la sorte avrà qualcosa di meglio in serbo per te"
C'era qualcosa di strano in tutto questo.
Xemnas non era mai stato il tipo da dare tanta confidenza alla gente, soprattutto a chi reputava sfigato, lui agiva sempre dietro le quinte. Perché diavolo adesso stava facendo tutto quello?
Vidi Roxas scattare come un fulmine e fu per un puro miracolo che non vidi un suo pugno premuto contro il volto di Xemnas, no, non era lui che l'aveva colpito ma... una fetta di torta al cioccolato? Scossi un attimo la testa per schiarirmi la visione: Roxas aveva afferrato il dessert di Luxord e l'aveva scagliato malamente in faccia a Xemnas. "Non osare più dire una cosa del genere" il tono del più piccolo era irriconoscibile, lo vedevo respirare freneticamente ma aveva indossato un'espressione a dir poco spaventosa.
Ora erano cazzi.
Xemnas rimase immobile per qualche istante e poi il suo volto fu trasfigurato da un impeto di follia, afferrò il piatto di carta che aveva avanti a sé e lo lanciò con quanta più forza che poteva contro Roxas, ma quest'ultimo riuscì a schivarlo all'ultimo e il piatto andò a colpire... Seifer?!
Cazzo, la situazione stava peggiorando sempre di più.
Seifer era l'arcinemico di Xemnas.
"Che cazzo fai? Stronzo!" questo si levò dal suo tavolo e afferrò una manciata di spaghetti dal suo piatto e li lanciò verso il suo rivale, ma sbagliò completamente traiettoria e colpì Xigbar.
Nel giro di pochi secondi la caffetteria si trasformò in un vero e proprio campo di battaglia senza esclusione di colpi, da una parte vidi Naminè trascinare via Roxas, mentre dall'altra sentivo Saix urlare all'argenteo "Guarda che avete combinato! Avresti dovuto prenderlo a pugni"
Saix.
Saix!
Ora tutto tornava!
Mentre la guerra, alimentata principalmente da rancori che ognuno nutriva verso gli altri, impazzava e il caos regnava, avrei voluto prendere in disparte Saix e Xemnas e dare ad entrambi un pugno in faccia ma decisi saggiamente di evitare, prima di tutto perché sapevo che io ne sarei uscito male e poi perché avevo visto che adesso erano passati al contatto fisico con quelli della squadra di rugby, quindi preferii dileguarmi di corsa per andare in cerca di Roxas. Avrei pensato in seguito a parlare con loro.
Quando uscii dalla caffetteria mi ritrovai di fronte Naminè, questa era ferma in mezzo al corridoio con la sua solita espressione distaccata.
"Dov'è Roxas?" chiesi con urgenza voce alta senza badare alla cortesia.
Lei indicò un corridoio parallelo e prima che potessi riprendere la corsa lei mi fermò "Hai ripensato alle mie parole, Axel Moore?"
Non capii inizialmente a cosa si riferisse ma poi ricordai quelle cose strane che mi aveva detto non molto tempo addietro "Sì, e Roxas mi vuole con sé"
Lei socchiuse per un attimo le palpebre e sospirò, si portò le mani dietro la schiena "Quando l'hai soccorso gli dovevi stare lontano eppure gli sei stato vicino, ma quando poco fa dovevi essergli vicino gli sei stato lontano"
"Io-io non... non volevo"
"Tu lo farai soffrire, Axel" io mi irrigidii a quella frase detta con tanta facilità ma che nascondeva tanto "Però anche lui ti farà soffrire. Pensaci bene"
"Io non lo lascerò andare" esclamai e questa volta la lasciai lì dov'era.
Corsi per la scuola in lungo e in largo ma non vedevo Roxas da nessuna parte, mi diressi verso l'atrio per cercarlo fuori ma qui una cosa mi colpì, o meglio una scritta. Sulla bacheca degli annunci svettavano delle enormi lettere in spray rosso che avevano ricoperto tutti i manifesti e gli annunci che erano appesi.
Mansex sei il prossimo.
Io mi avvicinai con espressione quasi inorridita ma poi l'attenzione fu catturata da un debole singulto proveniente poco lontano da me, analizzai l'ambiente affondo e notai l'esile figurina di Roxas accovacciata accanto alla scrivania deserta del centro informazioni.
"Rox" lo chiamai e mi inginocchiai accanto a lui, quando gli poggiai una mano sulla schiena notai che stava fremendo "Rox, tutto okay?" ma lui non rispose "Senti... mi dispiace... non volevo che succedesse tutto questo"
Attesi qualche secondo, ancora nulla.
Mi avvicinai di più al suo volto e mi accorsi che stava trattenendo a stento le lacrime.
"Rox" sussurrai più dolcemente.
Lui si girò e mi guardò con espressione spezzata "Non... non sto piangendo...mi devo trattenere" singhiozzò.
Vederlo in quello stato mi frantumava il cuore in tanti microscopici pezzettini "Roxas... mi dispiace..." non riuscii a dire altro.
Lui scosse la testa e si buttò tra le mie braccia, io rimasi immobile come un cretino per una buona ventina di secondi prima di registrare la cosa e racchiusi Roxas in un abbraccio.
"Non scusarti. Ho solo... ho solo reagito male" lo sentii tremare tra le mie braccia e io lo strinsi a me "Sono uno stupido... perché... perché sono cascato nel suo gioco"
Gioco? Ma perché poi?
"Di che stai parlando?"
"Era evidente no?" singhiozzò di nuovo e si portò una manica all'altezza degli occhi per asciugarsi una lacrima "Voleva farmi crollare emotivamente... sa che è la mia debolezza"
"Non piangere che poi ti senti male" mormorai passando una mano tra i fili dorati che erano i suoi capelli "Se poi ti senti male di nuovo io che faccio?" ridacchiai malinconicamente per alleggerire il momento.
"Mi porti di nuovo in salvo" rispose lui come se fosse un dato di fatto.
Abbozzai un sorriso e lasciai correre qualche minuto per dargli il tempo di riprendersi.
"Adesso però basta essere tristi"
"Ma io non sono triste... sono solo arrabbiato" lui mi afferrò la mia maglia e la strinse convulsamente "Fremo di rabbia... sia perché lui è stronzo... sia perché io sono così idiota da esserci cascato"
"Senti..." iniziai portando una mano dietro la testa e iniziando a grattarmi la nuca " Devo farti le mie scuse... avrei dovuto fare qualcosa per impedire a Xemnas di dire tutte quelle cose. Tu avevi ragione a sentirti offeso... non avrebbe dovuto chiamarti frocetto" sussurrai accarezzandolo ma lui scosse di nuovo la testa.
"Non... non me la sono presa per quella"
"E per cosa allora?"
"Per lo storpio"
Non seppi cosa dire a quel punto, non potevo uscirmene con qualcosa del tipo "Non preoccuparti che non sei storpio ma solo terminale", così preferii starmene zitto.
"E poi Freddie Mercury non era storpio" aggiunse.
"Sì... lo so" se la memoria non mi ingannava era morto di HIV "Ma lui cosa c'entra?"
"Mai offendere Freddie Mercury o pronunciare blasfemie su di lui"
Aspetta cosa? Aveva scatenato tutto quel casino per Freddie Mercury?
Quella era la conferma evidente che Roxas era un pazzo!
"La nostra sorte però sarà diversa"
"Cosa?"
"Io non morirò a differenza sua. Supererò tutto" sussurrò stringendosi a me e posizionando il suo orecchio all'altezza del mio cuore.
"Ti piace tanto eh?" appoggiai dolcemente il mento sulla sua testa.
"Se parli di Freddie Mercury la risposta è sì" indugiò giusto un istante e poi continuò "Però anche se parli di questa posizione allora la risposta è sì"
A quel punto avvampai e ringraziai tutti i santi che erano in cielo che Roxas non poteva vedere il mio volto.
"Il tuo cuore batte forte" constatò dopo qualche secondo di silenzio.
Ma per mia fortuna non dovetti mai dare giustificazioni perché proprio in quel momento arrivò Leon, lo psicologo della scuola.
"Roxas! Eccoti finalmente. Oh ci sei anche tu Axel" quando ci raggiunse parve sorpreso di vedere anche me lì e soprattutto della posizione in cui ci trovavamo "Tutti e due, in presidenza" aggiunse poi.

L'ufficio del preside era una stanza abbastanza spaziosa con un'ampia finestra che dava sul giardino anteriore, vi era una grande scrivania di legno piena di scartoffie che ammuffivano lì da chissà quanto, una libreria immensa che prendeva due pareti e dalla quale svettavano vari oggetti di dubbia natura, fotografie varie appese al muro, l'immancabile bandiera e in ultimo, ma non meno importante, il preside seduto sulla sua poltrona di pelle - ormai anche lui era diventato parte del mobilio dato che non lo si vedeva mai fuori da lì. Tutto era silenzioso, l'unico rumore che vi si poteva udire era solo il ticchettio delle lancette dell'orologio.
"Allora DiZ" cominciai ad un certo punto, stravaccato su una delle sedie del suo ufficio "Come va la vita?"
L'uomo non mi guardò neanche,tanto era assorto nella contemplazione del giardino esterno "Per la millesima volta, Axel, devi chiamarmi preside Ansem"
"Ma DiZ è più colloquiale"
"Appunto!" esclamò esasperato l'uomo portandosi una mano alla tempia e massaggiandosela.
Lanciai un'occhiatina a Roxas che era seduto sulla sedia accanto alla mia, aveva lo sguardo basso e sembrava particolarmente a disagio; evidentemente non era abituato a quel tipo di luogo, io invece ormai ci avevo fatto l'abitudine, mi recavo lì minimo una o due volte a settimana anche se questa volta il motivo non mi era ben chiaro dato che tecnicamente non avevo fatto proprio nulla. Gli diedi una leggera pacca sul braccio e gli sorrisi per rassicurarlo.
Non molto tempo dopo la porta dell'ufficio si aprì e rivelò una donna trafelata con una lunga treccia castana, legata a mo' di coda da un grande fiocco rosso e dai lipidi occhi di un brillante acquamarina.
"Scusate il ritardo" la donna, che fu salutata dal preside come signora Aerith Strife, prese subito posto su una sedia accanto alla nostra, salutò Roxas, con suo sommo imbarazzo, con un bacio sulla tempia e dopo i vari convenevoli attaccò a raccontare di quanto traffico avesse incontrato sulla strada. Quando il preside poi mi presentò, lei mi riconobbe subito come colui che aveva aiutato il suo adorato figlio (sue parole) e mi racchiuse in un soffocante abbraccio.
"Oggi avevamo già un appuntamento, mi è sembrata strana la sua chiamata" iniziò lei.
"Già, però è successo qualcosa durante l'ora di pranzo e penso che oggi dovrò passare tutto il pomeriggio qui per prendere provvedimenti disciplinari" sospirò profondamente l'uomo "Axel ho provato a chiamare tuo padre ma non sono riuscito a rintracciarlo"
"Ohh nessun problema" agitai una mano per aria e ridacchiai ironicamente "Sa com'è, chissà in che parte sperduta del globo sarà finito. Provvedo io a me stesso"
Lui scosse la testa con fare grave e la madre di Roxas parlò di nuovo "Cos'è successo di preciso?"
"In breve, c'è stata una vera e propria guerra con il pranzo... che poi si è trasformata in rissa"
"Ma è una cosa molto grave! E sa chi è il responsabile?"
"Mi riesce difficile crederci ma dei ragazzi asserivano che sia stato Roxas" lui rispose e puntò lo sguardo sul biondo accanto a me che era rimasto in religioso silenzio per tutto il tempo "Tu cosa ci puoi dire, Roxas?"
"Mi avvalgo della facoltà di non rispondere" fu tutto quello che ebbe da dire mentre continuava a tenere il volto basso.
"Rox non siamo in tribunale. Avanti, rispondi al preside" lo riprese la madre, turbata, ma lui continuò a tenere il silenzio.
"La colpa è mia"
Non seppi il motivo, forse per dipingermi migliore di quello che potevo sembrare ai suoi occhi o forse perché mi sentivo davvero colpevole per aver dato adito agli altri di odiare Roxas e non aver fatto nulla per difenderlo, ma le parole mi uscirono automaticamente senza sapere esattamente cosa avrei dovuto fare o dire.
Immediatamente tre paia di occhi si puntarono su di me.
"Axel... non dirmi che sei davvero tu. Proprio questa volta che non ti avevo convocato per la tua cattiva condotta"
"È colpa mia" sottolineai di nuovo annuendo "Xemnas ha iniziato ad importunare verbalmente Roxas e, non solo io sapevo di esserne la causa, ma non ho fatto nulla per farlo smettere... la reazione di Roxas è stata puramente difensiva. Però giuro che non è stato nulla di intenzionale, io non gli farei mai del male"
Per i venti minuti successivi Ansem ci intrattenne con un lungo discorso sul giusto comportamento da adottare a scuola, sul fatto che dovevamo andare tutti d'accordo, che non si giocava con il cibo e stronzate varie, saltò poi fuori che quel pomeriggio mi aveva convocato perché voleva spiegarmi il motivo per cui Roxas si era sottratto dalle sue responsabilità di tutor e cosa fosse successo quel giorno quando lo avevo soccorso, tutte cose che già sapevo, e disse anche che quel giorno la signora Strife era andata lì per aggiornarlo sulle condizioni di Roxas e le misure che la scuola avrebbe dovuto adottare per lui. Spiegò che le sue condizioni si stavano aggravando a causa di un'infezione latente che non era stata individuata in tempo ("Sono cose che succedono spesso" disse Aerith alla mia evidente confusione "Quando si tratta di malattie così particolari è già un miracolo accorgersene") e quindi adesso avrebbe dovuto avere costantemente qualcuno accanto come aiuto. Quanto alla punizione, per quella volta, disse che ce l'avrebbe data buona perché effettivamente il primo a molestare Roxas era stato Xemnas però si raccomandò che una cosa del genere non sarebbe mai più dovuta accadere.
"Se proprio vuole dar loro una punizione" annunciò la castana con un grande sorriso sulle labbra, poco prima di congedarci "Possiamo fare di Axel l'accompagnatore ufficiale di Roxas quando non c'è Sora!"
E il verdetto fu emanato.
Avrei vigilato sulla sua incolumità durante tutte le lezioni che avevamo in comune, lo avrei accompagnato da una classe a un'altra, lo avrei scortato in infermeria quando doveva prendere le sue medicine e lo avrei assistito se avesse avuto qualche lieve malore. Altro che punizione, non avrei potuto chiedere di meglio, pensai iniziando a camminare per il corridoio. L'unico problema che sussisteva adesso era come dovevo metterla con Saix e Xemnas.
"Sora è ancora in palestra con Riku, gli ho mandato un messaggio per avvisarlo che sei venuta tu a prendermi" sussurrò Roxas alla madre, camminando accanto a me.
Lei rispose affermativamente e poi si rivolse a me "Axel? È così che ti chiami vero?" io assentii con un cenno del capo "Prima hai detto che tuo padre è in viaggio. Sei solo a casa?"
"Sì perché?"
"Allora stasera vieni a cena a casa nostra" decretò con un caldo sorriso sulle labbra.
"Cosa?!" esclamammo io e Roxas all'unisono.
"Mamma... Axel avrà sicuramente da fare"
Lanciai un'occhiata a Roxas e notai una punta di nervosismo.
"Non si preoccupi signora Strife"
"Aerith"
"Cosa?"
"Chiamami Aerith"
"O-okay... Aerith"
"Bene" lei annuì contenta "Stasera sarai nostro ospite"
Non riuscii proprio a dirle di no.

Il viaggio in macchina durò una quindicina di minuti massimo ma sembrò non finire più.
Mi sentivo come un coniglio in gabbia che si stava dirigendo nella tana del leone e la cosa mi fece quasi ridere: è ironico come, fino a poche settimane prima, il leone pensavo di esserlo io. Accanto a me avevo un Roxas silenziosissimo che mi guardava di tanto in tanto, sul sedile anteriore invece Aerith parlava allegramente e non dava segno di voler terminare e io invece me ne stavo fermo, immobile, per la paura di poter fare qualcosa di sbagliato.
Spostai la mia attenzione dal finestrino e studiai attentamente la vegetazione che contornava le strade, ci eravamo lasciati alle spalle il centro cittadino e ora ci trovavamo in un piccolo quartiere residenziale immerso nella natura.
La casa di Roxas era una grande villa di mattoni rossi a tre piani, con il tetto spiovente blu e le rifiniture e le finestre bianche, avanti ad essa si stendeva un piccolo giardinetto all'inglese delimitato da tanti cespuglietti di fiorellini colorati, dietro di essa invece un'immensa distesa blu correva fino all'orizzonte, quello era il lago più grande della città.
Rimasi colpito dall'imponenza della casa e dal luogo in cui ci trovavamo, sebbene frequentava una scuola privata come me non mi aspettavo che Roxas fosse così benestante; ma poi scrollai le spalle, non che la cosa mi interessasse poi molto, dopotutto la maggior parte delle persone che vivevano nella nostra cittadina era più che benestante e chi più di me poteva dirlo.
Quando entrammo in casa, Roxas mi sorpassò di corsa e lo vidi attraversare il grande salone davanti a noi per andare nei giardino sul retro, io ero rimasto indietro perché sua madre era ancora in vena di parlare e mi aveva invitato in cucina a prendere una bibita.
"Non ci far caso" ridacchiò lei mentre versava del succo d'arancia in un bicchiere "Roxas è spesso un po' brontolone ma non lo fa apposta"
"Lo so, è un bravo ragazzo" io sorrisi mentre la vedevo preparare il vassoio con la merenda per noi.
"Sai Axel, sono felice che siate amici" mi confidò togliendo un pentolino dal fuoco e versando il latte caldo di Roxas in una tazza dello Stregatto, poi prese uno scatolino di plastica arancione da cui contò qualche pillola e le riversò nel tappetto che appoggiò sul vassoio accanto alla mia fetta di torta e alla sua banana "Lui non ha molti amici... però ho sentito varie volte che parlava di te con Naminè"
Roxas che parlava di me? La cosa mi fece quasi arrossire, chissà cosa le diceva.
"Ecco qui" mi consegnò il vassoio ricolmo di roba da mangiare, questo perché lei voleva offrirmi solo qualcosa da bere! "Raggiungi Roxas in giardino" mi sorrise.
"Va bene" accennai un sorriso e feci per avviarmi.
"Ah Axel?"
"Sì?"
"Puoi assicurarti che mangi qualcosa? Almeno la banana"
Io risposi affermativamente e seguii la strada che avevo visto imboccare da Roxas, attraversai il grande salone, aprii la vetrata scorrevole e mi ritrovai in un grande patio di legno bianco, davanti a me c'era un enorme giardino collegato ad un viottolo e in lontananza vedevo un piccolo molo in legno che andava nel lago e proprio lì scorsi la figura di Roxas.
Attraversai lentamente la distesa verde, facendo attenzione a non farmi cadere tutto addosso e lo raggiunsi sul molo: era in piedi, rivolto verso l'enorme distesa d'acqua e mi dava le spalle. Accanto a lui c'era una piccola barca a motore, probabilmente loro poiché notai la sua felpa abbandonata sul divanetto a prua.
"Roxas... ho portato-"
"Appoggia tutto nella barca" disse lui senza voltarsi.
Io non obiettai e feci come aveva detto, andai a prua e appoggiai il vassoio sul tavolino che era davanti al divanetto e mentre stavo sistemando tutto per non far cadere niente lui parlò di nuovo.
"Grazie Ax"
Mi girai verso di lui e mi portai una mano davanti agli occhi per coprirmi dal sole che mi andava negli occhi.
"Grazie per tutto" a quel punto anche lui si voltò e abbozzò un sorriso "Non avevo avuto ancora modo di ringraziarti per avermi soccorso l'altro giorno"
"Non ce n'è bisogno..."
"Grazie anche per oggi"
Lui scese dal molo e mi raggiunse sulla barca.
"Cos'è, Il giorno dei ringraziamenti? Non è da te" risi imbarazzato.
Lui mi guardò sorridente ma non aggiunse altro. Io lo guardai negli occhi e mi avvicinai di più a lui.
"Non sembravi tanto entusiasta del fatto che venissi a casa tua" sussurrai neutro.
"Al contrario... sono felice" rispose asciutto "Volevo solo preservarti"
"In che senso?"
"Volevo che fossi una mia esclusiva, senza che dovessi presentarti a troppa gente"
Trattenni il fiato a quelle parole e lui mi prese per mano per condurmi sul divanetto.
"Immagino che tu abbia qualcosa da chiedermi vero?"
"Abbastanza direi"
"Allora inizia, sono a tua completa disposizione"
Ci sedemmo uno davanti all'altro, io incrociai le gambe mentre lui le portò al petto, ci fu qualche attimo di silenzio e poi parlai.
"Allora, come stai?"

Quel giorno scoprii tre cose di Roxas.
Primo, che quando era di buon umore era la cosa più bella al mondo.
Secondo, che riusciva a farmi apparire come un cretino, qualsiasi cosa io facessi o dicessi.
Terzo, era un cuore impavido capace di difendere con gli artigli qualsiasi cosa a cui lui tenesse.



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¹ Hotel California - Eagles (1976)
² Lui disse "Ragazzo posso dirti una cosa bellissima? Non posso fare a meno di notare che mi fissi. Lo so che non dovrei dirlo ma lo credo davvero, dai tuoi occhi posso dire che sei innamorato di me". Ora, ti sto solo dicendo questo perché la vita può fare cose brutte. Lui disse "Ti posso dire una cosa terribile? Sembra che sono malato e che mi manca qualche settimana, per piacere non essere triste ora, perché voglio che tu creda davvero che tu sei stata la cosa migliore che mi sia capitata, Terrible Things - Mayday Parade (2011)
³ I'm a shooting star leaping through the sky, like a tiger defying the laws of gravity, Don't Stop Me Now - Queen (1979)

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Capitolo 6
*** Lively ***


Viva la Vida


Nel capitolo precedente
"Ti ho dato tutto quel che sapevo e tu l'hai accolto come un'assetato che è posto davanti ad una sorgente d'acqua. Ti ho sempre lasciato libero ma in realtà è a me che appartieni"
"No... non sono mai stato tuo. Era tutto perfetto all'inizio, ma poi è arrivato Xemnas e allora ho capito che tra noi non c'è mai stato nulla. Adesso c'è Roxas per me"
"Il tuo è solo un atto di ribellione" continuò poi Saix, facendomi risvegliare dai miei pensieri "Axel, stai lontano da lui. Ti sta mettendo strane idee in testa"
"Ti piacerebbe" sbuffai sarcastico.
"Questo è un avvertimento"

"Cos'è che ti fa sentire tanto in gamba rispetto a me?"
"Il fatto che non verrei mai a 'prendere' una Coca alla ciliegia con te"
"Sta' a sentire...io non mi sognerei mai di invitarti ad uscire!"
"E questo dimostra quanto sei idiota"

"Voleva farmi crollare emotivamente... sa che è la mia debolezza"
"Non piangere che poi ti senti male" mormorai passando una mano tra i fili dorati che erano i suoi capelli "Se poi ti senti male di nuovo io che faccio?" ridacchiai malinconicamente per alleggerire il momento.
"Mi porti di nuovo in salvo" rispose lui come se fosse un dato di fatto.
"Adesso però basta essere tristi"
"Ma io non sono triste... sono solo arrabbiato" lui mi afferrò la mia maglia e la strinse convulsamente "Fremo di rabbia... sia perché lui è stronzo... sia perché io sono così idiota da esserci cascato"

"Se proprio vuole vuole dar loro una punizione" annunciò la castana con un grande sorriso sulle labbra, poco prima di congedarci "Possiamo fare di Axel l'accompagnatore ufficiale di Roxas quando non c'è Sora!"

"Non sembravi tanto entusiasta del fatto che venissi a casa tua" sussurrai neutro.
"Al contrario... sono felice" rispose asciutto "Volevo solo preservarti"
"In che senso?"
"Volevo che fossi una mia esclusiva, senza che dovessi presentarti a troppa gente"



#6 - Lively


Se pensate con la testa, il cuore è solo un organo che pompa il sangue.
Ma se pensate con il cuore... sapete che il cuore è il centro dell'esistenza umana.
Un cuore sente, si emoziona e parla.
Con un cuore puoi percepire, comprendere e giudicare.
Spesso al cuore si accorda una maggiore importanza del cervello.



L'autunno di Tarrytown è uno degli spettacoli più belli che avessi mai visto in vita mia.
Probabilmente vi chiederete di cosa io stia parlando, ebbene Tarrytown, contea di Westchester, stato di New York, a soli 30 minuti dal centro di Manhattan, è una piccola macchia di verde in mezzo al caos metropolitano. Beh, forse non proprio piccola, si parla pur sempre di una cittadina. Una piccola cittadina immersa nella natura ma con la comodità di essere vicinissima al cosiddetto centro del mondo e non era raro vedere persone che fuggivano da smog e grattacieli per rintanarsi nella natura della periferia. Io e Roxas eravamo due chiari esempi, anche se per motivi diversi. Io mi ero trasferito a Tarrytown con mio padre poco dopo la morte di mia madre, prima vivevamo insieme nella lussuosa Brooklyn Heights* ma ad un certo punto, lui ha iniziato a sentirsi oppresso in quel pandemonio di luci e suoni ed è venuto qui, in cerca di una vita più sana e tranquilla... ma questa era solo la sua giustificazione, in realtà è scappato dalla città perché tutto gli ricordava mia madre e lui non riusciva a farsene una ragione. Anche Roxas arrivò quando era ancora piccolo, frequentava le elementari all'epoca e non era tanto entusiasta di aver lasciato l'eleganza della 5th Avenue di Upper East Side*, ma Sora da piccolo soffriva di una lieve forma di asma e i genitori ovviamente volevano il meglio per loro, e ovviamente cosa c'era di meglio di una villa ai piedi di uno splendido lago? "Che assurdità!" adoravo Aerith e Sora quando imitavano Roxas da bambino, gonfiavano le guance, mettevano il broncio e portavano le mani ai fianchi "Se tutti i bambini di Manhattan che hanno l'asma si trasferissero in periferia, la città si decimerebbe!", Roxas da piccolo doveva essere tanto intelligente quanto adorabile!
Ma ritornando a noi, la zona dei laghi di Tarrytown era considerata come il gioiello della città perché qui più che altrove si concentrava l'estrema bellezza della natura: c'erano alberi di tutti i generi ad incorniciare i laghi tanto che in primavera e in autunno diventava un vero e proprio trionfo di colori, mentre in inverno la superficie dell'acqua si ghiacciava e diventavano ottime piste di pattinaggio su ghiaccio.
Una volta raggiunto Roxas sulla barca, lui aveva tanto insistito a mostrarmi le sue doti di guida. Ora, non che non volessi fidarmi di lui, ma ero piuttosto preoccupato di affidare la mia vita nelle mani di un sedicenne sprovvisto non solo di patente nautica ma anche di quella automobilistica.
"Non guido non perché sono un'incapace ma perché non posso" mi lanciò un'occhiata sprezzante mentre prendeva posto ai comandi "Semmai l'incapace è Sora che è già stato bocciato due volte di seguito"
Io presi posto sulla poltroncina a poppa poco dietro di lui (avevo portato con me anche il vassoio con la merenda per paura che a prua potesse riversarsi a terra), ero ancora titubante ma ridacchiai al pensiero di Sora "Quindi sei assolutamente sicuro di saper far muovere quest'affare?"
"Per la millesima volta, sì Axel è da anni che lo faccio e non preoccuparti non ci allontaneremo molto" disse accendendo il motore.
Io per sicurezza mi aggrappai come meglio potei al divanetto "E... e se ti sentissi male alla guida?"
Lui voltò il capo, mi scrutò con attenzione e poi scrollò le spalle "Nel migliore dei casi affondiamo"
Cavolo che prospettiva confortante!
Purtroppo non potei protestare di più perché proprio mentre parlavamo la barca aveva iniziato a muoversi, all'inizio lentamente, poi sempre più velocemente e in men che non si dica ci allontanammo dal piccolo molo finché non divenne un piccolo puntino in lontananza.
"Allora come ti sembro?"
Bellissimo, volevo rispondere ma mi contenni "Direi capace"
Lui mi rivolse un sorriso e tornò alla guida senza aggiungere altro, ci fermammo pochi minuti dopo dalle parti della sponda opposta ma eravamo sempre al largo, mi chiedevo come mai.
"Dai Moore, alzati che siamo arrivati"
Roxas spense il motore e si avviò di nuovo a prua facendomi cenno di seguirlo, afferrai di nuovo il vassoio e lo seguii di nuovo sul divanetto dove avevamo iniziato a chiacchierare poco prima. Prima di sedermi accanto a lui mi soffermai a guardare l'ambiente, eravamo circondati da una miriade di alberi dal mantello giallo-rossiccio proprio dello stesso colore del sole che si specchiava nell'acqua e vicino a noi emergeva un minuscolo isolotto popolato solo da qualche sterpaglia.
"È davvero bello qui" mormorai e mi sentii in estasi quando guardai Roxas e mi accorsi di come la luce del rosso sole del tramonto illuminava ancora di più la sua capigliatura dorata. Forse per lo sfondo pittoresco, forse per l'illuminazione o forse perché era Roxas, la scena che mi si parava davanti era un qualcosa di paradisiaco. Attorno a noi il silenzio più totale.
"Sono felice che ti piaccia"
Senza pensarci due volte, afferrai di scatto il mio cellulare e immortalai quell'attimo a dir poco perfetto.
Il volto rilassato e appena sorridente di Roxas in primo piano, i capelli leggermente spettinati dalla brezza pomeridiana, gli occhi così caldi e vivi, le labbra rosee piegate in un caldo sorriso, la pelle un po' troppo pallida, e dietro di lui tutte le tonalità di giallo, arancione e rosso degli alberi.
Avete presente quella sgradevole sensazione delle farfalle nello stomaco? Ecco mi sentivo proprio così, e iniziai a temere che se avessi fatto una scansione a raggi x del mio corpo le avrei trovate a svolazzare allegramente dentro di me!
"Ehi che fai!"
Ridacchiai appena al rossore che si era venuto a formare sulle guance del biondo quando si era accorto che gli avevo appena scattato una foto. Rimasi a contemplarla con un sorriso a fior di labbra per una manciata di secondi, poi gli passai il cellulare per farla vedere anche a lui e si dipinse un'espressione compiaciuta sul suo volto.
"Non è male" commentò solamente "Se ti piace puoi tenerla, non ti denuncerò per furto d'immagine"
Il fatto di vederlo così beato mi scaldò il cuore e mi sentii pervadere da un sentimento di completezza e appagamento che non avevo mai provato prima. Stavo bene se stava bene lui, ma a proposito di questo...
"Allora che ci facciamo in mezzo al lago?"
"Volevo mostrarti una cosa" rispose guardando verso l'isolotto, sembrava deluso "Ma è ancora presto"
"Di cosa si tratta?"
"Te lo mostrerò al calar del sole"
Dal momento che ci mancava ancora un po' di tempo decisi di mettermi comodo sul divanetto, allungai le braccia lungo lo schienale e accavallai le gambe, alzai lo sguardo al cielo e ridacchiai "Che pace che c'è qui... dovremo saltare più spesso le attività pomeridiane"
"Certo, così ci bocciano" lui sogghignò, mettendosi comodo accanto a me...molto accanto a me.
Quando notai la sua vicinanza (che avrei definito spassionata, perché non sembrava mosso da particolari intenzioni) sentii il mio corpo irrigidirsi e, dal momento che avevo fatto fin troppo la figura dello scemo vicino a lui, mi imposi di riprendere le redini della mia persona, e per evitare qualcosa di cui mi sarei pentito, mi sporsi in avanti e afferrai con entrambe le mani il vassoio per servire la merenda, da buon cavaliere quale potevo essere, se volevo.
Roxas rimase quasi stupito dal mio gesto e quando lo avvicinai a lui afferrò goffamente la sua tazza dello stregatto e le pillole poggiate lì vicino, quando lui si fu servito io presi una fetta di torta e ritornai alla mia postazione.
"Latte caldo di pomeriggio?" feci addentando un pezzo di dolce "Che buona!" aggiunsi dopo aver ingoiato.
Roxas si prese qualche secondo per inghiottire le sue medicine, una per volta, accompagnata ognuna con un piccolo sorsetto e dopo questo suo piccolo rituale finalmente rispose "Il latte caldo ti aiuta a rilassarti... o almeno è quello che ripete sempre mia madre. Non credo in questa vecchia diceria, ma a quanto pare è fondamentale nella mia dieta". Lo vidi prendere qualche altro sorsetto e poi appoggiò la tazza mezza piena sulle gambe.
"Sai... sarà anche salutare ma di tutte le merende che ho visto durante la mia vita, latte caldo e una banana è la più strana di tutte!"
"Qualche esempio?" ciondolò la testa di lato in maniera carina.
"Qualcosa come alette di pollo fritte con contorno di gelato al pistacchio" solo Demyx poteva fare un'oscenità del genere e l'espressione di puro orrore che indossò Roxas fu la stessa mia di quando mi ritrovai quello spettacolo raccapricciante davanti agli occhi.
"Penso che chiunque abbia fatto una cosa del genere non stia tanto bene con la testa..."
"Lo penso anche io" mi ritrovai a sorridere. Dopotutto Demyx era pazzo.
"Allora Moore, di che si parlava prima?" cambiò argomento.
A quella domanda mi sentii improvvisamente come risvegliato da un lungo sonno e finalmente ricordai il motivo per cui avevo accettato ad andare a casa di Roxas...beh oltre al fatto che non avevo saputo dire di no alla signora Strife. Tagliai un altro pezzetto di dolce e lo portai alla bocca "Ti avevo chiesto come stavi"
"Tutto bene, grazie, e te?" mi rispose sarcastico
Abbozzai una lieve risata "Non vorremo finire a divagare un'altra volta come abbiamo fatto ora? Parlo seriamente, come stai ora? Sai dopo...dopo quello-"
"Si, ho capito cosa intendi Axel" mi interruppe, non lasciandomi il tempo di finire, dopotutto era ovvio cosa stessi cercando di chiedergli. Lui fece un lungo sospiro e fece un altro sorsetto di latte "Non è una buona situazione, ma possiamo dire che ora sto meglio... non vorrei annoiarti con tutta questa storia"
"Tu non mi annoi, Rox. Se te l'ho chiesto è perché mi interessa" ribattei serio voltandomi verso di lui, ma il suo sguardo era perso davanti a sé, verso qualcosa di invisibile.
Tra di noi era piombato di nuovo il silenzio.
Corrugai la fronte e inspirai profondamente, dal momento che evidentemente non voleva parlare decisi di non forzarlo, posai il piattino nel vassoio e presi il bicchiere con il succo che iniziai a bere lentamente.
"Axel..." il mio nome fu pronunciato in un sussurro e mi voltai di nuovo verso di lui "Circa due anni fa... mi è stato impiantato un defibrillatore proprio qui" parlava con una lentezza estenuante, ma in essa vi potevo percepire nervosismo e preoccupazione, e intanto con la mano destra era andato a sfiorarsi un punto un po' più in basso della clavicola sinistra, proprio come aveva giù fatto in precedenza "Allora non mi era stato ancora diagnosticato il qt lungo, sai... si pensava che fosse un problema di aritmie... ma non di questo livello!"
"Perché è tanto difficile da trovare?"
"Perché... come ti ho già detto, non è un problema del muscolo del cuore in sé ma della velocità dei battiti: se diventano incostanti e troppo veloci, il cuore non ha il tempo di riempirsi e pompare il sangue necessario per tutto il corpo. È difficile da diagnosticare perché i sintomi non si possono generalmente ricreare durante gli esami medici, certo possono metterti sotto sforzo... ma la particolarità di questa condizione, che si differenzia da tutte le altre malattie, è il fatto che sono soprattutto le forti emozioni a causarti attacchi e non solo i movimenti" spiegò allontanando gli occhi blu da me e voltandosi verso il pavimento della barca.
"Non puoi comandare le emozioni" aggiunsi completando il suoi pensiero.
"È vero, non puoi comandare le emozioni" lui confermò "Ma è anche vero che è quello che pensano tutti"
Inarcai un sopracciglio, scettico dal momento che a scuola era successo quel che era successo "Credi di saper controllare le tue emozioni?"
"Axel... scusami eh? Scusami per tutto..."
"Perché ti scusi adesso?"
Forse ero io scemo perché la maggior parte delle volte che parlava, io non riuscivo a capire dove voleva arrivare lui. Il suo tono era afflitto e le sue scuse sincere e speranzose, come se intendesse davvero dire quel che stava dicendo, ma il problema è che io davvero non avevo la più pallida idea di ciò che pensasse.
"Perché sono cattivo ed egoista"
Quell'affermazione mi spiazzò totalmente. Ma siamo sicuri che quello che aveva lui non intaccava anche qualcosa in testa? Che ne so, gli provocava sbalzi d'umore, dimenticava le cose, entrava in confusione, cambiava personalità? Eppure lui mi sembrava sempre lucido e pareva mantenere un filo logico del discorso, per quanto contorto fosse.
"No, tu sei bravo e altruista" lo rassicurai con dolcezza.
"Ti sbagli Axel, tu sei bravo e altruista"
Mantenne il suo tono fermo come a voler sottolineare che quella fosse la realtà dei fatti e io mi massaggiai le tempie per scacciare quell'inizio di mal di testa che mi stava venendo a furia di scervellarmi.
"Cosa significa tutto questo, Rox? Vuoi dirmi qualcosa?"
Lui esitò ma poi scosse il capo. Aveva un'espressione contratta e stringeva convulsamente la tazza che aveva tra le mani .
"Bene" sospirai solamente dopo qualche istante, mettendomi più comodo sul divanetto.
Avevo capito che Roxas era una persona che aveva tanto da dire, che aveva tanto che gli frullava in testa ma a quanto pare non si sfogava e continuava a tenersi tutto dentro. Non era quel tipo di persona che ti veniva vicino e parlava subito di tutto quello che pensava o lo affliggeva, era diretto, sì, ma c'erano anche tante parole non dette. Con i tipi come lui se si voleva cavare un ragno dal buco la cosa migliore era lasciarli parlare, far dire loro quello che volevano, far capire loro che si potevano fidare e che tu eri li per aiutarli e alla fine, se andava tutto come doveva andare, si sarebbero completamente aperti. Ci voleva pazienza.
Lanciai uno sguardo al vassoio e notai che Roxas non aveva ancora mangiato nulla, non aveva neanche bevuto la metà del suo latte.
"Rox, tua madre mi ha chiesto di assicurarmi che tu mangiassi" iniziai prendendo il frutto giallo e porgendoglielo"Che ne dici di mangiare la banana?"
Lui scosse la testa.
"Avanti, non hai mangiato niente... anche a pranzo ho visto che il tuo vassoio era mezzo pieno"
"Non ho fame"
"Non vorrai farmi fare brutta figura con tua madre?" ridacchiai, l’avevo appena conosciuta ma non potevo fare a meno di considerala come una sottospecie di suocera. Lo so, probabilmente ero pazzo dal momento che io e Roxas non stavamo neanche insieme. Non chiedetemi altro che è meglio.
"Che ne dici di fare a metà?" proposi poi, lui mi guardò per un istante ma si rifiutò di nuovo di collaborare. Ora, per esperienza personale e per conoscenza generale, sapevo che quando una persona non sta proprio bene non se la sente di mangiare e cose così, non dovevo forzarlo ma non potevo neanche permettergli di rimanere digiuno.
Sbucciai la banana e la avvicinai con delicatezza alla sua bocca "Qualcosa mi dice che le banane ti fanno bene" mormorai dolcemente e lui annuì debolmente, probabilmente aveva bisogno di potassio "Allora che ne dici se ti imboccassi io? Ne mangeresti un pochino? Lo faresti per me?"
Roxas esitò incerto per una manciata di secondi ma poi alla fine diede un morsetto e io sorrisi soddisfatto "Vedi? Anche tu sei bravo" feci accarezzandogli il capo.
Anche lui abbozzò un sorrisetto e masticò con lentezza.
"Ti va di continuare da dove ci siamo fermati?" domandai con accortezza per paura che non volesse più parlare, però mi rispose affermativamente e io feci il punto della situazione "Quindi ti hanno messo questo defibrillatore senza sapere cosa avessi... e quali sono i sintomi che puoi avere? Sai, giusto per prepararmi"
"Svenimenti improvvisi, palpitazioni, convulsioni o arresto cardiaco" rispose senza troppi preamboli.
"Capisco... e non ci sono dei campanelli di allarme o sintomi più leggeri che possono avvisarmi che stai per sentirti male?" chiesi dandogli un altro po' di banana, e lui scosse la testa. La cosa mi preoccupava abbastanza, cos'avrei dovuto fare in quei casi?
"È per questo che ho il defibrillatore. Mi serve a normalizzare i battiti del mio cuore affinché sia tutto regolare..." mi lanciò un'occhiata tesa"Però... le protesi possono scatenare delle complicazioni... soprattutto se il fisico è debilitato e le difese immunitarie sono basse"
Spalancai gli occhi e lo afferrai per le spalle.
"Quali complicazioni? Riguarda quello che ha detto tua madre prima quando eravamo a scuola?"
"Già... è possibile che si sviluppino delle infezioni... e noi ce ne siamo accorti troppo tardi" lui si bloccò un attimo e mi guardò grave.
"Di che si tratta?" chiesi timoroso.
"È un'infiammazione della parte interna del cuore, è una cosa abbastanza grave perché può danneggiarlo irreversibilmente"
"Come avete fatto a non accorgervene prima?" chiesi con urgenza, Roxas sospirò e appoggiò la testa alla mia spalla, come se fosse una cosa normalissima per lui... ma non lo era per me. Il cuore mi batteva all'impazzata, era già un momento critico per l'argomento che stavamo affrontando, poi si aggiungeva anche lui. Sarebbe stato un miracolo se ne sarei uscito indenne da lì!
"Perché i sintomi sono gli stessi della comune influenza: febbre, stanchezza, dolori articolari, brividi... Qualche settimana fa però le cose sono peggiorate quando ho iniziato a tossire sangue e non avevo più forze per muovermi"
"È... è terribile" la mia mascella si contrasse, sussurrai racchiudendolo tra le mie braccia come avevo fatto giusto qualche ora prima "Però se stai così male perché vieni ancora a scuola?"
"Perché non voglio più stare a casa o in ospedale... mi sembra di impazzire tra quelle mura"
Non aveva tutti i torti.
Un ragazzo della sua età, nel pieno degli anni migliori, non doveva essere costretto a soffrire così tanto, a vivere una vita diversa da quella degli altri, avere certe limitazioni. Essere sempre calmi e rilassati, non poter più correre sul campo, non poter piangere, provare eccitazione, rabbia, ansia, terrore, malinconia... è come essere morti prima del tempo. La persona quando è privata di ogni emozione è come un guscio vuoto, come poteva esserci vitalità in un ragazzo che non poteva provare nulla?
Eppure Roxas lo era. Lo era sempre, anche quando non stava bene.

Senza che ce ne accorgessimo ci eravamo ritrovati entrambi distesi su un lato sul divanetto, Roxas era ancora tra le mie braccia e io accarezzavo con gesto meccanico i suoi capelli ribelli dietro la nuca, i nostri sguardi si incrociarono per quasi un minuto e poi lui li socchiuse.
Rimanemmo in silenzio per un'infinità, nessuno si azzardò a spezzare quella quiete confortante o a muoversi dalla rispettiva posizione.
Giuro che se qualche settimana prima mi avessero detto che presto mi sarei ritrovato su una barca, in mezzo ad un lago, con Roxas tra le mie braccia e il cuore che minacciava di esplodermi in petto, penso che me ne sarei uscito con una risata tutt'altro che signorile.
Improvvisamente la tranquillità del posto fu interrotta da alcuni starnazzamenti molto simili a quelli di un gruppetto di papere, immediatamente Roxas spalancò gli occhi, si levò con un veloce scatto dal nostro caldo giaciglio e andò ad inginocchiarsi vicino al bordo.
"Vieni qui Axel" mi fece cenno di sbrigarmi a raggiungerlo "E porta i biscotti"
Non capivo cosa fosse tutta quell'emozione nella sua voce così feci come mi disse, presi una manciata di biscotti dalla piccola scodella nel vassoio e lo raggiunsi in un baleno.
"Guarda lì" mi fece cenno di vedere la sponda erbosa proprio davanti a noi "Li vedi? Li vedi?"
Io aguzzai lo sguardo e, quando sentii di nuovo quello strano starnazzare, individuai delle piccole macchioline grigette che si muovevano - erano in mezzo ai piccoli tronchi di alberi e ai cespugli. Poi quando arrivarono sulla terra ghiaiosa della riva riuscii a metterle a fuoco e mi scappò un sorriso "Sono delle paperelle?"
"Ma no... sono dei cignetti"
Aveva pronunciato quelle parole con una tenerezza tale che mi assalì un desiderio incontenibile di abbracciarlo e coccolarlo come se fosse un peluche. Dio come era bello, il suo essere emanava una felicità genuina come solo un bambino può provarla e io, grazie a lui, stavo riscoprendo emozioni che ormai neanche più ricordavo di aver mai provato.
"Sono davvero carini" commentai, intenerito sia dai piccoli animaletti che si affrettavano goffamente a raggiungere il lago sia da Roxas.
"Tutti i giorni verso quest'ora vengono qui a nuotare e poi vanno a passare la notte su quell'isolotto" si girò verso di me e prese un paio di biscotti dalle mie mani "Questi li dobbiamo sbriciolare così poi possono mangiarli"
Rimirai sognante il modo in cui Roxas si applicava a sbriciolare i biscotti «altrimenti i cignetti potevano soffocare» e lo seguii a ruota in quell'attività. Alle vocine stridule dei piccoli si erano aggiunte anche quelle dei genitori, ormai erano tutti in acqua e nuotavano indisturbati. Quando si furono avvicinati abbastanza, lanciammo le briciole e rimanemmo a guardarli un po'.
"Grazie per avermi portato qui"
"Figurati... volevo condividere con te questo momento"
"Non avevo mai visto dei cigni dal vivo"
Roxas mi guardò intensamente per un attimo e poi si alzò "Sai Axel, chi cerca la perfezione guardando sempre verso il cielo, rischia di non vedere i fiori sulla terra"
Era ironico come un ragazzino a cui la vita aveva tolto molto, aveva così tanto da insegnare, primo fra tutti riscoprire i piccoli piaceri della vita.

Rientrammo non molto tempo dopo, quando Roxas iniziò ad accusare una forte spossatezza e freddezza, l'aria in effetti stava diventando sempre più umida e pungente e anche il cielo stava diventando scuro. Quando si rimise alla guida della barca mi premurai di fargli indossare di nuovo la sua felpa che aveva abbandonato sul divanetto e rimasi in piedi accanto a lui per evenienza, una volta rientrati in casa ci togliemmo entrambi le scarpe (prima regola fondamentale: 'se vuoi stare dentro usi le pantofole!') e non potei fare a meno di fare qualche battutina di spirito alla vista degli enormi pantofoloni a forma di Stitch in cui erano sprofondati i suoi piedi - a me per fortuna toccò un paio più normale. Aerith era ancora ai fornelli e di Sora neanche l'ombra quindi ci rifugiammo al piano superiore dove sarei entrato finalmente nel mondo di Roxas.
La camera di Roxas non era esattamente come l'avevo immaginata.
A prima vista sembrava una stanza nella norma come tutte le altre: era abbastanza spaziosa con divanetto nel bow window, le pareti erano grigio scuro, c'era una scrivania, un'ampia libreria, un tv al plasma, il letto a una piazza e mezzo era accostato al muro e sopra di esso la una buona parte della parete era ricoperta di fotografie.
Ma poi quando accese le luci si ebbe la magia.
Vicino ad una delle pareti, dalla sagoma di un albero vettoriale dipinto di nero, prese vita uno sciame di lucine dorate che si estendevano dalle radici del pavimento, su per il tronco fino ai lunghi rami intricati e da lì si spandevano fino ad arrivare a contornare il soffitto e confluire in un cerchio concentrico al centro di esso. Tutto questo concorreva a donare all'ambiente un tocco magico e mozzafiato.
Vedendolo come un tipo perfettino pensavo che andasse su un genere classico o comunque sobrio e invece quello che mi ritrovai davanti fu davvero uno spettacolo inatteso. Spettacolo, perché era davvero bellissimo! Non penso di aver mai visto un qualcosa di simile.
Non seppi descrivergli a parole la mia estasi ma doveva aver capito dalla mia espressione tant'è che mi invitò ad entrare e guardarmi attorno. La prima cosa che mi colpì furono le numerose fotografie appese alla testata del letto, la maggior parte di esse ritraevano Roxas assieme a Sora, Riku, Naminè, in alcune comparivano anche Kairi e Zexion e altri ragazzini che non avevo mai visto, era ricorrente in particolare una ragazza carina dai capelli corti neri e gli occhi blu. Mi domandavo chi fosse, probabilmente una persona importante per lui dal momento che era unica protagonista di più di una foto. Guardando le fotografie la mia attenzione fu catturata da un fiume di parole che navigavano nella parete.
If today's the day I die, lay me down under the light, let me fall in love, let me save a life. E poi ancora. Cause we're all just kids who grew up way too fast, yeah the good die young but the great will always last¹.
Dovevano essere le parole di una canzone che io non conoscevo, ma le pareti ne erano piene. Ovviamente non mancavano poster di Freddie Mercury o dei Queen e spiccava anche quello di God Save The Queen dei Sex Pistols e Jim Morrison. Certo che il ragazzino aveva una buona cultura musicale.
In un angolo vuoto invece c'era una specie di torre fatta con dei tubetti arancioni disposti circolarmente, avvicinandomi per scrutarli meglio, mi accorsi che quelli erano i contenitori delle sue medicine. Erano davvero tantissimi, la costruzione arrivava quasi al soffitto e cosa ancora più stupefacente è che anche lì accanto c'erano delle parole. Don't worry, it could have been worse².
Contrassi la fronte in un espressione di dolore a quella vista e mi voltai verso Roxas, che ora aveva preso posto sul letto. Era così forte da riuscire anche a scherzare sulla sua malattia, se io fossi stato nella sua situazione chissà come mi sarei comportato, ma di certo non avrei eretto delle piccole sculture con i tubetti delle pillole. Era la persona più viva che io avessi mai visto.

Quando Roxas mi chiese se mi piacevano i videogiochi capii che era la persona fatta apposta per me.
Tirò fuori un rpg di nome Kingdom Heart, ne avevo sentito parlare in giro ma non avevo mai avuto l'opportunità di giocarci - anche perché non mi attraeva tanto l'idea di combattere assieme a Pippo e Paperino, mi sembrava una cosa da bambini, e invece mi dovetti ricredere.
"Senti un po'" iniziai durante un momento morto del gioco "Per caso conoscevi già Xemnas?"
Lui mi lanciò un'occhiatina ma poi ritornò a guardare la tv "Perché?"
"Avevate un tono quasi confidenziale, se così si può definire"
"Eh... più o meno. Era il fratello di un tizio che conoscevo"
"E come mai ti odia a tal punto?"
"Perché sono successe varie cose"
"Cioè?"
"Stai attento.... non attaccarlo ora" evitò di rispondere alla mia domanda deviando l'argomento sul videogioco.
E se non fosse stato per lui sarei stato sconfitto.
"Il protagonista è proprio un idiota" sbottai passando il controller a Roxas, il quale annuì senza staccare gli occhi dallo schermo.
"Mi ricorda tanto mio fratello. Guardalo bene, sono quasi identici... il livello di stupidità è lo stesso e hanno anche lo stesso nome!"
Io ridacchiai e gli diedi ragione.
"Eh? Ma come cavolo hai fatto a sconfiggere quell'Heartless così in fretta?" esclamai stupito ma anche un po' contrariato perché quel mostro mia aveva quasi ucciso.
"Sappi che io non muoio mai... almeno nei videogiochi! È statisticamente provato" rise compiaciuto.
Io feci un grugnito di dissenso e riafferrai il controller. Essendo abituato ad essere il vincitore e glorificato per tutto ciò che facessi, vedermi battuto da un piccoletto del genere mi dava davvero fastidio.
"E come hai trovato questo gioco?"
"L'ho provato a casa di Riku e quando entrambi abbiamo concordato sulla somiglianza con Sora ho deciso di comprarlo giusto per continuare a prenderlo in giro. Però a parte questo è davvero bello"
"È vero... per quanto odio il protagonista penso che lo prenderò anche io" assentii e subito dopo esultai per aver sconfitto il boss del mondo in cui ci trovavamo, anche a Roxas scappò una risata cristallina e mi diede una pacca sulla spalla mormorando un "Bravo"
Quando ci ricomponemmo e iniziò a scorrere un video sul monitor, ne approfittai per riprendere a chiacchierare "Toglimi una curiosità. Sora e Riku stanno insieme?"
Roxas mi guardò genuinamente perplesso "Perché questa domanda?"
"Sai... a scuola si parla tanto di loro, nessuno capisce se sono amici o qualcosa di più. Yuffie dirige addirittura le scommesse su di loro" risi e lui assieme a me.
"E chi lo sa...non mi interessa della vita sentimentale di mio fratello" disse poi stendendosi a terra accanto a me e appoggiandosi sui gomiti, io ero accanto a lui steso a pancia sotto.
"Però ti piace fare la candela" ribattei malizioso.
"Non faccio la candela" mi fulminò con lo sguardo "Riku è un tipo apposto... è vero, per un periodo non potevo proprio vederlo però il mio è stato solo un malinteso... e comunque è molto protettivo con entrambi. Non lo frequento solo a causa di Sora"
"Guarda... non riesco proprio a crederti" accennai un sorrisetto "E di Kairi che mi dici?"
"È la migliore amica di Naminè e Sora" rispose con ovvietà.
"Ed è innamorata follemente di Sora" aggiunsi.
"Okay, okay. Diciamo che forse vengono sempre da me perché Sora è un babbeo e non sa che vuole"
"Ah! Lo sapevo. E ora com'è lo stato delle cose?" mi informai pensando che l'indomani avrei avuto qualche news scottante da riferire a Yuffie.
"Non so proprio tutti i dettagli, comunque credo che Riku sia sempre stato innamorato di Sora ma lui è troppo stupido per capirlo. Sora intanto si era preso una cotta per Kairi e credeva che fosse vero amore, così ha iniziato a corteggiarla però dopo qualche tempo ci ha rinunciato e ora sono tutti amici... o meglio lui crede così perché adesso è Kairi quella innamorata... oltre a Riku, sia chiaro"
Misi in pausa il gioco e mi voltai sconcertato verso Roxas.
"Ma che cazzo di intreccio è? Sembra di essere in un film" esordii e poi mi portai una mano al mento mentre Roxas rideva del mio stato confusionale "E perché ha lasciato perdere Kairi?"
Lui scrollò le spalle e scosse la testa "Sai le donne... sono tutto casini e problemi, sanno solo loro cosa vogliono e come debba essere fatto"
"Un po' come te allora" ghignai con tono di scherno e Roxas, sentendosi attaccato, mise su un broncio carino e incrociò le braccia al petto.
"Parla quello che legge i manga shojo che gli passa la cugina e vede anime yaoi!"
Arrossii violentemente a quell'affermazione.
"E tu che ne sai?!"
"Ho le miei fonti" ostentò una finta incuranza.
"Se uccidessi Kairi non avresti più le tue fonti vero?" mi avvicinai a lui e sorrisi malefico.
"Non ti credere, Moore" Roxas sorresse il sorriso con tono di sfida e si avvicinò a sua volta, sempre di più, finché non ci separavano che pochi centimetri.
Mi specchiai in quegli occhi color cielo per lunghi istanti, i nostri respiri caldi si intrecciavano e per un momento il mio cuore minacciò di scoppiare quando constatai la vicinanza delle nostre bocche.
Ma prima ancora che potessi pensare lui si ritirò "Comunque il tuo sfondo del cellulare di Shion e Nezumi³ è davvero carino"
Ci misi un paio di secondi per rendermi conto di ciò che era successo - o meglio, ciò che non era successo - e ritornai anche io al mio posto iniziale, anche se un po' deluso, sul mio volto su dipinse un sorriso malizioso "Allora non sono l'unico che guarda quel genere di cose"
Roxas strabuzzò gli occhi e arrossì, rendendosi conto del passo falso che aveva fatto, e alzò le mani in segno di resa "Touché"

"Ehi Rox, ma allora sei felice che sarò il tuo accompagnatore?"
"Ehh"
"Cos'era quel sospiro?"
"È una cosa lunga"
"E allora?"
"Un giorno te ne parlerò"
"Ma quindi non sei felice?"
"Sì, lo sono"





·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•


*
Brooklin Heights e Upper East Side sono dei quartieri lussuosi rispettivamente nel quartiere di Brooklin e Manhattan, entrambi locati nel centro di New York City
¹ "Se oggi è il giorno in cui muoio, stendimi sotto la luce, lasciami innamorare e fammi salvare una vita", "Perché siamo tutti bambini che sono cresciuti troppo velocemente, già il buono muore giovane ma il grande durerà sempre" The Cab - Living Louder (2011)
² Non preoccuparti, poteva andare peggio.
³ Protagonisti di No.6 (novel, manga e anime)

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Capitolo 7
*** Messed up ***


7
Viva la Vida


Nei capitoli precedenti
"Prima mi ha aggredito negli spogliatoi dicendomi di stare alla larga da Roxas. Ma che cavolo ha contro di me? Eppure non gli ho mai torto un capello, avevo anche promesso a Roxas che non avrei fatto lo stronzo neanche con lui. Quel tuo amico, Sora, è un pazzo... cos'ha di tanto prezioso Roxas da fargli fare scatti del genere?"ribattei duro stringendo i pugni.
"È malato, Axel" tagliò corto lei "Ora come ora l'unica cosa di cui ha bisogno è riposo e non delle vostre cazzate. Conosco tanto Roxas da poterti assicurare che non ci penserebbe due volte a rispondere ai vostri complimenti. Fa' come ha detto Sora e lascialo stare..."

"La particolarità di questa condizione è che sono soprattutto le forti emozioni a causarti attacchi e non solo i movimenti"
"Non puoi comandare le emozioni" aggiunsi completando il suoi pensiero.
"È vero, non puoi comandare le emozioni" lui confermò "Ma è anche vero che è quello che pensano tutti"
"Credi di saper controllare le tue emozioni?"

"Non hai paura che io posso farti stare male? Sai, come diceva tuo fratello..."
"Perché dovresti?" lui mi guardò tranquillo "C'è qualcosa in te che è diverso dagli altri. Tu sei speciale, mi fai sentire vivo"

"Xemnas non è felice del tuo comportamento" lui sibilò e io mi infervorai, quella semplice frase mi aveva già fatto capire tutto.
"Xemnas non è felice... o tu?" esclamai al limite dell'indignazione "Non metterlo sempre in mezzo"
"Non fare nulla di stupido, Axel"
"È per via di Roxas vero? Tu non lo sopporti"

"Per caso conoscevi già Xemnas?Avevate un tono quasi confidenziale, se così si può definire"
"Eh... più o meno. Era il fratello di un tizio che conoscevo"
"E come mai ti odia a tal punto?"




#7 Messed up



Una volta Roxas, citandomi il Giulio Cesare di Shakespeare, mi disse:
"C'è nelle cose umane, una marea, che colta nel flusso, conduce alla fortuna.
Ma perduta, l'intero viaggio della nostra vita s'incaglia sui fondali di miseria"
Ora noi navighiamo in un mare aperto, dobbiamo dunque prendere la corrente finché è a favore
oppure fallire l'impresa davanti a noi.




"E quei tatuaggi sotto gli occhi? Hanno un significato?"
"Sai... non lo so. In realtà non me lo sono mai chiesto, dovevo essere ubriaco fradicio quando li ho fatti perché una domenica mattina, quando ho riacquisito tutte le mie facoltà mentali oltre ad una sbornia megagalattica, avevo anche loro"
In quel freddo pomeriggio di fine ottobre mi ritrovai inspiegabilmente a casa di Roxas e altrettanto inspiegabilmente eravamo finiti a fare il gioco delle 10 domande. Era iniziato tutto con qualche domandina a caso sui nostri interessi - niente di troppo personale sia chiaro - ben presto però la cosa era degenerata in roba del tipo "secondo te perché Superman porta gli slip sui pantaloni?" e cose così. Bella domanda aggiungerei. Anche se strane, adoravo le fantasie di Roxas.
Ma la cosa che adoravo di più in quel momento era non solo che stavo diventando un asso con Kingdom Hearts, ma che dal pavimento ci eravamo spostati sul letto a una piazza e mezzo di Roxas perché lui aveva iniziato a sentir freddo; così lo avevo avvolto in un grande plaid trovato nel suo armadio e ora stava appoggiato a me, con la testa ciondolante sulla mia spalla e gli occhi semichiusi. Non avrei mai pensato che potesse essere sempre così carino.
"Ti stanno bene" mormorò dopo uno sbadiglio e si strinse di più vicino a me.
Arrossii appena a quel complimento e tornai subito a focalizzarmi sul videogioco "G-grazie" balbettai imbarazzato.
Il silenzio piombò su di noi, spezzato solamente dai gemiti acuti del protagonista quando incassava un colpo. Gli lanciai un'occhiata fugace e accennai un debole sorriso vedendolo raggomitolato nelle coperte.
"Senti un po'" misi il gioco in pausa e parlai nuovamente dopo qualche minuto senza però girarmi verso di lui.
"Dimmi"
"Secondo te adesso siamo amici?"
Ci fu un istante di quiete durante il quale Roxas si prese comodamente il tempo di tossire un paio di volte e poi di guardarmi come se fossi un pazzo nell'avergli posto una domanda simile, tant'è che mi rispose con un tono di assoluta ovvietà "Te l'ho già detto, Axel. Noi non siamo amici"
"Ma ora andiamo d'accordo" mi premurai di scandire accuratamente ogni parola perché la sua risposta non mi soddisfaceva.
"Il fatto che andiamo d'accordo non significa che siamo amici"
Non riuscivo assolutamente a capire come mai lui si ostinava tanto. Cavolo io per avvicinarmi a lui avevo messo in gioco la mia presunta eterosessualità, ero andato contro tutto e tutti e stavo anche sfidando Saix - in pratica stavo mandando a puttane tutta la mia vita per amore (cavolo l'ho detto veramente?) di uno stronzetto in miniatura dai capelli biondi e gli occhi blu, e lui, nonostante avesse sostenuto più volte di volermi accanto a sé, continuava ad essere dell'opinione che noi non potevamo essere amici!
"Perché non vuoi?"
"Perché non potremo mai esserlo"
"E sentiamo, perché no?" io sbuffai sarcasticamente. Non ero sicuro se ad irritarmi di più fosse l'argomento della conversazione o il tono naturale di Roxas con cui opponeva le sue tesi alle mie, fatto sta che mi venne quasi un colpo quando sintetizzai razionalmente quello che intendeva davvero, e capii allora che l'idiota ero io. Sempre e totalmente.
Roxas si distese con la schiena sul letto e poggiò il capo sulle mie gambe incrociate, era sempre avvolto nella sua coperta ma questo non gli impedì di cacciare il suo sottile braccio e protrarre la sua mano sulla mia guancia. Era più fredda di quanto immaginassi, ma il suo tocco era gentile e delicato e mi sorrise teneramente, in una maniera che mise a dura prova la mia fervida immaginazione. Era così bello ma anche così fragile, nel suo sguardo intravidi anche una nota di malinconia e improvvisamente Roxas si rivelò ai miei occhi come un fantasma che avrebbe potuto svanire da un momento all'altro. Afferrai la sua mano nella mia e la strinsi forte.
"Axel" sussurrò il mio nome flebilmente.
"Roxas..."Io aggrottai la fronte e uno strano groppo d'ansia si formò alla bocca dello stomaco "Roxas" continuai a chiamarlo in un impeto di necessità.
Il solo pensiero che la sua era un'esistenza così fioca mi fece rabbuiare di colpo, ci conoscevamo da poco ma avevo capito che lui non ci sarebbe stato a lungo e l'improvvisa immagine di una mia probabile futura vita priva della sua figura mi agitò terribilmente, ormai Roxas stava diventando un'abitudine indispensabile per me.
"Dillo ancora"
"Che cosa?"
"Il mio nome"
"Roxas..."
"Ora ne ho la certezza"
"Di che?"
"Chiedimi di nuovo perché non possiamo essere amici"
"Perché non possiamo essere amici?" feci come mi disse e lui si mostrò ai miei occhi in uno stato di totale appagamento.
"Perché noi ci attraiamo"

Quelle parole arrivarono come dei corpi estranei alle mie orecchie.
Cosa significava noi ci attraiamo?
La mia mente era bloccata, non riusciva a sintetizzare quel concetto, forse perché timorosa che potesse essere un altro dei tanti tranelli di Roxas. Boccheggiai ma non feci in tempo a chiedere spiegazioni che udimmo il rumore di una macchina che parcheggiava nel vialetto e la porta di ingresso sbattere violentemente.
"Attento, sta arrivando" mi ammonì Roxas allontanandosi da me per mettersi di nuovo a sedere, questa volta con la schiena contro il muro.
"Chi sta arrivando?"
"Mi raccomando non dire niente di stupido... anzi non dire niente e basta"
Un trambusto simile a quello della corsa di dieci giocatori di rugby fece quasi tremare la casa, si stava avvicinando e io fui assalito dai brividi all'idea di non sapere cosa diavolo stesse succedendo tutto d'un tratto. La porta della stanza si aprì di malagrazia e rivelò un Sora tutto trafelato che invase il nostro territorio senza troppi complimenti. Bene, non solo il nostro momento clou era stato interrotto ma era entrato in scena anche il fratello scemo per mettere i bastoni tra le ruote.
"ROX! Ho saputo cos'è successo a pranzo e-" la sua frase, detta quasi urlando, si interruppe quando si accorse anche della mia presenza. Spalancò la bocca dalla sorpresa e inizialmente non fu capace di articolare nessun suono.
Io feci come mi aveva detto Roxas e non aprii bocca, sapendo quanto l'altro fosse suscettibile (Ricorda Axel, mi dissi, sei pur sempre in un territorio nemico e vuoi fare bella figura con Roxas, quindi non essere avventato), ma non potei non sghignazzare sotto i baffi alla vista della sua espressione a metà tra lo stupito e lo sconcertato.
"Rox... vicino a te c'è quel Moore, l'idiota della squadra di basket. L'hai visto?!" fece puntandomi con un dito.
Io arricciai il naso all'appellativo poco elegante e lanciai un'occhiata a Roxas che ostentò una finta sorpresa, guardò me e poi tornò al suo gemello "Cavolo Sora, grazie per avermi avvertito, non me ne ero accorto"
Il castano annuì ma poi si rese conto del tono beffardo di Roxas e gonfiò le guance paffute "Non prendermi in giro! Io sono il fratello più grande quindi devi portarmi rispetto" agitò le mani in aria con fare teatrale "Che ci fa lui qui? Pensavo di essere stato chiaro con entrambi"
"Okay la prossima volta ti manderò un telegramma" sospirò il biondo senza particolare interesse, ma Sora non sembrava dello stesso avviso perché stava per iniziare un lungo monologo di cui non avrei ascoltato una parola perché ero troppo concentrato a divorare con gli occhi Roxas, che mi sorrideva beffardo e mi invitava tacitamente ad ignorarlo.
"Sor se hai tanta voglia di blaterare, prenditela con la mamma allora. È stata lei ad invitarlo"
"Certo che lo farò!" brontolò battendo i piedi a terra e fuggendo con la stessa velocità e poca grazia con cui era entrato "MAMMAAAA" lo sentii urlare in lontananza.
Sull'uscio della porta era rimasto solo Riku, che non avevo notato prima, ovviamente la sua silenziosa presenza era stata nascosta dal chiasso infantile del castano.
"Tutto bene?" chiese a bassa voce dopo averci scrutato per un paio di secondi al massimo.
"Tutto sotto controllo" acconsentì Roxas "Ha saputo di Xemnas... vero?"
Riku fece un cenno di assenso col capo "Era molto preoccupato"
"Lo so" sussurrò il biondo abbassando il capo e io non riuscii a fare a meno di portare una mia mano sulla sua nuca per accarezzare le sue ciocche ribelli. Mi stavo sentendo tremendamente fuori posto in quella situazione, non avevo dimenticato di non essere tanto simpatico a Sora ma credevo che dopo quell'episodio dell'infermeria avesse deciso di demordere. Roxas si avvicinò a me e si avvolse stretto al mio braccio, non disse nulla e aveva sempre il volto nascosto dai capelli.
Riku sospirò e fece per andarsene, non prima di lanciarmi uno sguardo enigmatico.
"La cena è quasi pronta, fareste meglio a scendere" ci informò uscendo anche lui dalla stanza.
Fissai pensieroso per qualche secondo il punto in cui sostava l'albino e poi mi girai di nuovo verso Roxas, non capivo perché si era oscurato tutto d'un tratto ma la cosa non mi piaceva per niente. Volevo vederlo sereno. Sempre.
"Rox" lo accarezzai con l'altro braccio libero, perché lui era ancora attaccato a me, e lo sentii fremere al contatto "Stai tranquillo"
"Non preoccuparti" sussurrò lui a quel punto "Sora sa che sei un bravo ragazzo però conosce i tuoi trascorsi e le tue amicizie. Devi dargli tempo "

Una delle parti migliori della serata (oltre ai momenti-Roxas) fu la lasagna di Aerith, quello che mi piacque di meno invece era lo sguardo di puro astio che mi rivolgeva Sora mentre mangiavamo. Quella cena per me fu una delle più dure battaglie psicologiche che avessi mai combattuto: il castano era seduto di fronte e attaccava spietatamente la povera pietanza nel piatto senza staccarmi gli occhi corrucciati di dosso, Riku era accanto a lui, proprio davanti a me, ma con grande maestria riusciva a far finta di non avvertire la tensione nell'aria e a cenare indisturbato. Affianco a me c'era Roxas ma, beh, lui era di parte: se ne stava seduto con la schiena ricurva un po' in avanti, lo sguardo fisso nel vuoto e il piatto immacolato avanti a sé, sembrava non rendersi conto di nulla. Al centro, seduta a capotavola, c'era invece Aerith che, ignara delle nostre tensioni, chiacchierava allegramente del più e del meno.
Fortunatamente il signor Strife era stato trattenuto a Manhattan per una cena di lavoro quindi non ebbi il piacere di conoscerlo, si diceva fosse una persona davvero rigida e austera e in quel frangente avrei sicuramente fatto a meno di un altro problema di quel calibro!
"Dai Sor, non avere sempre il broncio" si lamentò la donna con dolcezza "Non è carino nei confronti del nostro ospite" aggiunse rivolgendosi a me, nonostante ci fosse anche Riku. In effetti quest'ultimo veniva considerato in tutto e per tutto un membro della famiglia Strife: i loro genitori erano amici di vecchia data quindi Sora, Roxas e Riku erano praticamente cresciuti insieme, qualche anno prima però questi si erano dovuti trasferire per motivi di lavoro e Riku aveva fatto di tutto pur di rimanere in città - lui giustificava la cosa dicendo che la nostra era la migliore scuola della contea e non voleva lasciarla, in realtà tutti sapevamo che voleva rimanere per Sora. Lo sapevamo tutti, tranne il diretto interessato. Ovviamente.
"Mamma non è colpa mia, stasera ho un peso sullo stomaco" borbottò il ragazzino continuando a guardarmi in tralice.
"Oh" Aerith apparve stupita "Sarà colpa della lasagna?"
"La lasagna è perfetta" intervenne Riku, alzando per la prima volta gli occhi dal piatto e si rivolse verso l'amico "È Sora che sta solo facendo il difficile. Vero?"
Lui di tutta risposta sbuffò e tornò a mangiare voracemente.
Io dal mio canto sospirai con afflizione e mi girai vero Rox e gli sussurrai all'orecchio.
"Perché non provi a mangiare qualcosa?"
Lui parve risvegliarsi dal suo stato frastornato e mi rispose con una lieve scossa del capo.
"Credevo ti tentarlo a mangiare preparando il suo piatto preferito ma evidentemente non è così. Non preoccuparti Axel, se non ha fame non fa niente. Oggi ha mangiato quasi tutta la banana... è stato un evento più unico che raro" Aerith mi parlava come se avessi fatto chissà cosa ma invece io non mi sentivo di aver fatto granché, mi ero solo limitato ad imboccarlo. Probabilmente Roxas non ci aveva fatto troppo caso perché intanto eravamo impegnati a parlare e quindi l'aveva quasi finita. "Se mangia così in tua compagnia allora ti chiamerò sempre" continuò con una risatina e io la seguii.
"Ne sarei onorato"
"Mamma smettila di coinvolgerlo troppo!"
"Oh dai Sora non lamentarti sempre"
"L'hai persino scelto come accompagnatore per Rox. Perché? C'eravamo già io e Riku che lo tenevamo d'occhio, ora non andiamo più bene? "
"Certo ma tutte le lezioni che non ha con te, le ha con lui. Ho confrontato i vostri piani di studio e penso che lui sia perfetto"
"Ha visto i piani di studio?! " chiesi stupito.
" Ovvio" mi sorrise con fare materno "Non ho mica preso questa decisione oggi su due piedi. Io e il preside ne abbiamo già parlato a tempo debito quando mi ha raccontato di come hai aiutato Roxas e ho pensato che tu eri perfetto"
Avvertii un improvviso calore all'altezza delle guance e abbassai lo sguardo, imbarazzato. Non immaginavo che quello che avessi fatto arrivasse così lontano, dopotutto io lo avevo solo portato in infermeria. Sentii una mano stringermi l'orlo della maglia e mi girai verso Roxas che mi sorrideva debolmente.
Da sotto al tavolo presi una sua mano e la tenni tra le mie "L'unica cosa che conta per me è il benessere di Roxas" annunciai alla madre non mancando però di lanciare una frecciatina a Sora "Accetto l'incarico di buon grado"
Lei fece un risolino compiaciuto e congiunse le mani "Lo sapevo che eri quello giusto" disse entusiasta "Non riesco proprio a capire come faceva Ansem a dire che eri inaffidabile e senza speranze. Però ha riconosciuto che hai messo la testa apposto quando tu e Roxas avete iniziato a frequentarvi. Come siete carini!" a quelle parole il mio sorriso era scomparso ma lei non ci badò perché aveva preso a scompigliare affettuosamente i capelli del figlio biondo.
Quando Aerith si alzò da tavola per sparecchiare Sora colse l'occasione per dire la sua.
"Io ancora non sono d'accordo con tutta questa storia" sussurrò a bassa voce per non far sentire la madre che era in cucina, aveva incrociato le braccia al petto e continuava a guardarmi torvo "Rox tu non hai idea di cos'è successo a scuola"
"Posso immaginare" mormorò l'altro dopo uno sbadiglio, come se la cosa non lo preoccupasse.
"Rox qui la cosa è seria" intervenne Riku con tono più calmo "Noi eravamo in palestra ad allenarci, ma Kairi ha detto che è successo il finimondo in mensa"
"Qualcuno è arrivato alle mani" confermai io vacillante.
"Non solo, ci sono state anche delle sospensioni"
Sgranai gli occhi dalla sorpresa.
"Xemnas adesso sarà furioso" il tono di Sora adesso non era più arrabbiato ma... Preoccupato? Fatto sta che mi rivolse un'occhiata agitata "E tu adesso cosa farai? Non difenderai il tuo capo?"
"Perché dovrei?"
"Perché è il tuo capo, ovvio" disse palese. E in effetti non aveva torto, in quanto membro dell'Organizzazione e suo subordinato avrei dovuto prestargli fedeltà e stare dalla sua parte ma in realtà non mi interessava, non mi era mai interessato nulla di lui. Lui mi aveva sottratto Saix e ora stava facendo la stessa cosa con Roxas ma questo non gliel'avrei permesso, per una volta che finalmente sentivo di aver trovato la persona giusta non avrei permesso ad altri di mettersi in mezzo, al costo di rinnegare tutto e tutti.
Scossi la testa con vigore "Roxas è più importante"
La mia risposta parve zittirlo ma questo non gli impedì di riservarmi ancora delle occhiate di disappunto.
Io e Sora ci eravamo conosciuti al primo anno, non eravamo proprio amici ma solo compagni di classe - o meglio lui il clown e io l'elemento di disturbo della classe - frequentavamo insieme il corso di geografia ma siccome facevamo entrambi schifo e quella non era una materia obbligatoria, abbandonammo entrambi al secondo semestre e da allora avevamo perso i rapporti. Anche se non lo conoscevo bene sapevo che lui era un ragazzo solare e sempre allegro, uno di quelli così gioiosi in ogni istante che ti facevano quasi schifare la vita, non era da lui essere sempre così agitato e sospettoso. Era comprensibile essere preoccupati per la salute di Roxas ma lui esagerava.
Da quel momento ebbi la certezza che c'era assolutamente qualcosa sotto, non c'erano altre spiegazioni, e in un modo o in un altro io avrei dovuto capire cosa perché lì nessuno sembrava disponibile a parlarne.

Quando tornammo al piano di sopra Roxas si rinchiuse nello studio del padre dicendomi che doveva andare a fare una telefonata e potevo aspettarlo in camera sua o potevo raggiungere Sora e Riku nella sala hobbies. Francamente, quest'ultima opzione mi allettava ma decisi di rimanere nella sua stanza a curiosare ancora nella speranza di scoprire qualcosa.
Ritornai vicino al letto dov'erano attaccate le foto al muro, ce n'erano davvero tante, era una delle cose che mi aveva colpito fin da quando ero entrato qualche ora prima. C'era una ragazzina dai capelli corti neri e gli occhi azzurro cielo, era abbastanza mingherlina ed era alta come Roxas. Mi chiesi come mai lei fosse così frequente, a differenza delle altre persone che erano ritratte in gruppo o con Roxas, lei invece era spesso anche da sola. Era carina e sorrideva timidamente all'obbiettivo ma nei suoi grandi occhi sembrava esserci tristezza. Mi chiesi se non ci fosse un rapporto particolare tra lei e Roxas, magari migliore amica o addirittura la ragazza. A quel pensiero aggrottai la fronte e scossi il capo per togliermi quelle idee dalla testa.
Ora che ci penso non avevo la più pallida idea della vita sentimentale di Roxas. Era fidanzato? Ma soprattutto era etero? Tutti i suoi atteggiamenti mi davano da pensare il contrario, ma cavolo si parlava di Roxas Strife, l'uomo dei misteri!
Sconsolato da quelle riflessioni, mi diressi verso il comodino nella speranza di trovare qualche altra cosa che mi distraesse dai dubbi gusti sessuali di Roxas. Non trovai nulla di interessante neanche qui o almeno era quello che pensai a prima vista. Accanto ad un lumetto sotto ad un tubetto di pillole e una bottiglina d'acqua, vi era la copia dei Miserabili che gli avevo visto leggere in continuazione in passato. Possibile che lo stesse rileggendo? Era un bel mattone quel libro.
Presi il libro e lo aprii alla pagina in cui c'era il segnalibro e un pezzo di testo sottolineato con l'evidenziatore spiccò ai miei occhi.

La coscienza è il caos delle chimere, delle cupidigie e dei tentativi, la fornace dei sogni, l’antro delle idee di cui si ha vergogna; è il pandemonio dei sofismi, è il campo di battaglia delle passioni. Penetrate, in certe ore, attraverso la faccia livida d’un uomo che sta riflettendo, guardate in quell’anima, in quell’oscurità; sotto il silenzio esteriore, vi sono combattimenti di giganti come in Omero, mischie di dragoni ed idre e nugoli di fantasmi, come in Milton, visioni ultraterrene come in Dante. Oh, qual abisso è mai quest’infinito che ogni uomo porta in sé e col quale confronta disperatamente la volontà del cervello e gli atti della vita.

Rilessi un paio di volte quel pezzo di testo e rimasi perplesso.
Stava cercando di lanciare qualche tacito messaggio? Se così fosse, Roxas doveva essere proprio incasinato dentro di sé. Sfogliai le pagine e notai altre frasi sottolineate, probabilmente doveva essere così per tutto il libro. Lo posai al suo posto e lì vicino notai un piccolo mazzo di chiavi, dovevano essere una quindicina ed erano tutte numerate, erano stranamente familiari. Lo afferrai e le guardai con attenzione, erano piccole e sopra recavano dei numeri.
Esclamai sorpreso quando mi resi conto perché mi pareva di averle già viste: erano le chiavi degli armadietti della scuola. Ma perché ne aveva così tante? Tra l'altro tra di esse non c'era neanche la sua, la 138. Me le rigirai tra le mani pensieroso, chiedendomi dove le avesse mai prese e cosa dovesse farsene.
Forse saranno cadute a qualche responsabile e lui le avrà raccolte per restituirgliele?
No, ipotesi stupida, avrebbe potuto restituirle appena trovate. E in quel momento mi accorsi che tra le chiavi ne mancava una, la numero 12, possibile che fosse cadut- aspetta! Il 12 era l'armadietto di Larxene e non mi ci volle molto a fare 2+2 e capire perché quel mazzo era nelle mani di Roxas! Adesso era tutto chiaro, la sua carica di tutor gli permetteva di entrare senza problemi negli uffici vari della scuola e doveva aver sfruttato qualcuna delle sue tante visitine al bagno per andare a reperire quelle chiavi durante le lezioni, così avrebbe avuto meno probabilità di incontrare qualche professore. Avevo notato che, ad ogni lezione che seguivamo, non mancava di uscire per una decina di minuti, era impossibile che andasse sempre in bagno e proprio Sora mi aveva confermato la cosa.
Quindi era stato lui. Ma perché?
Un rumore improvviso in una delle stanze vicine mi riscosse dai pensieri e mi affrettai a posare il mazzo dove l'avevo trovato, mi rilassai non vedendo nessuno arrivare e controllai l'ora sul cellulare domandandomi quanto ci avrebbe messo ancora Roxas.
"Ma che cavolo?!" esclamai quando vidi 2 chiamate perse e 7 nuovi messaggi. Erano tutti da parte di Demyx.
>> Ti sei perso la parte migliore! Mansex ha steso Seifer
>>Il coach ti cerca!! È infuriato perché salti sempre gli allenamenti!
>>Ax dove sei?
>>Perché non mi rispondi?
>>Axelllll
>>AKUSERUUUUUU
>>"£$%&/%$£"!"£$%&/&%$
Ignorai la sviolinata di Dem e rimisi il cellulare in tasca, con lui ci avrei parlato domani. Dal momento che Roxas era ancora disperso da qualche parte decisi di avventurarmi nella stanza degli hobbies, non avevo idea di dove fosse ma ciò che mi guidò fu il chiasso di un videogioco sparato a tutto volume e così mi ritrovai al terzo piano, nell'immensa mansarda adibita a regno delle meraviglie.
Al centro dell'ambiente stazionava un grande tavolo da biliardo, qualche attrezzo figo da palestra, qualche divano, poltrona, un camino... in breve c'erano un mucchio di cose ma quello che mi interessava era lo schermo alla parete al quale erano collegate le console e due grandi scrivanie, ciascuna provvista di computer.
"Non pensavo che fossi tipo da The Last Of Us" ghignai sull'orlo della porta alla vista di un concentratissimo Riku che stava letteralmente violentando i tasti del joystick.
"Non pensavo che uno come te conoscesse The Last Of Us" commentò Sora. Era al pc sulla scrivania alla mia sinistra e sedeva su una sedia a rotelle.
"Baby io vivo di videogiochi" gli feci l'occhiolino avvicinandomi a loro "Forte la tua sedia, sembra vera"
"Perché forse è vera. È di Roxas ma non vuole usarla" replicò sprucido.
"Ah... s-scusa non lo sapevo"
Lui mi guardò serio per qualche secondo e poi scoppiò a ridere "Quest'affare è davvero comodo! Roxas non sa che si perde" ma poi scrollò le spalle e tornò a dedicarsi a uno di quei giochi stupidi di Facebook.
Rimasi interdetto dal suo cambio di umore tanto improvviso, probabilmente come aveva detto Roxas non mi odiava proprio del tutto, e dal momento che nessuno dei due ragazzi mi aveva ancora buttato fuori da lì decisi di sedermi su un poggiapiedi vacante e guardare il gameplay di Riku.
"Attenzione che adesso ci sarà un'esplosione laggiù, girati con la X" avvisai il ragazzo e questo mi ringraziò con un cenno del capo.
"A proposito di Roxas" riprese di nuovo Sora una volta finita la sua partita "Che fine ha fatto? Spero che tu non l’abbia pestato a morte e nascosto il suo cadavere nel lago"
Io e Riku ci voltammo verso di lui e io lo guardai allibito "Cos- ma che cavolo dici!"
"E allora d0v'è? Non dirmi che ti ha già mollato" ridacchiò prendendo a fare qualche movimento freestyle con la sedia.
"Uhm... è a telefono da un po' "
"Con chi?"
"Non saprei"
"È nello studio?" chiese Riku, io annuii e lui e Sora pronunciarono contemporaneamente "Squall!"
Squall? C'era uno Squall nella vita di Roxas? Chi diavolo era Squall?!
"E chi sarebbe costui?" chiesi educatamente, fingendo indifferenza per celare la gelosia che fosse un possibile pretendente.
"Uno con cui passa molto tempo" Riku sorrise mettendo in pausa il gioco e a lui si unì Sora con tono canzonatorio.
"Uno con cui parla davvero tanto"
"Ragazzi piantatela di fare gli idioti" una mano estranea si insinuò tra i miei capelli e prese ad accarezzarmeli dolcemente, mi girai e notai Roxas dietro di me con un sorriso rilassato in volto "Torniamo in camera?"
"S-sì" acconsentii lottando con tutte le mie forze per non arrossire.
"Rox te ne vai giààà?" fece Sora "Dai divertiamoci un po'"
"Sor non rompere" borbottò il biondo prendendomi per il polso e mi alzai.
"Dammi un bacinooo"
Roxas roteò gli occhi con aria sconsolata e posò un bacio sulla guancia del fratello, questo gli rispose con un gigantesco abbraccio da orso e gli stampò un bacio sulla guancia. Roxas si divincolò buffamente e mi trascinò via prima che il castano gli si potesse avventare addosso nuovamente.
"Fa sempre così" mi spiegò mentre scendevamo le scale "È estremamente sentimentale... e appiccicoso"
Scossi la testa "Dovrebbe farlo con Riku"
"Lo fa anche con lui" sottolineò "Solo con me e lui ora che ci penso" sbadigliò e si lasciò cadere sul letto, io lo seguii e ci stendemmo entrambi con gli occhi rivolti verso le mille luci del soffitto.
"Rox" spezzai la quiete che si era venuta a creare tra di noi.
"Uhm?" lui girò il capo verso di me.
Quello sguardo blu penetrante mi fece andare nel pallone, nella mia mente si stava creando una sorta di filo logico per tutte le domande che avrei voluto chiedergli, ma lui fu capace di farmi dimenticare tutto e rimasi a boccheggiare per un minuto buono.
"Ax?"
Digli qualcosa, non fare la parte dello stupido!
"Ehm... domani è Halloween, c'è la festa a scuola" buttai lì la prima cosa che mi venne in testa.
Stupido! Chiunque sa cos'è domani!
"Sì lo so... e allora?" mi chiese lui perplesso, quei dannati occhioni blu continuavano a soffermarsi su di me.
"Eh...ehm... volevo sapere se..."
"Se?"
"Se ti va di andarci con me!" non potevo credere a quello che avevo appena detto.
Io, Axel Lea Moore, 17 anni, playmaker e donnaiolo della scuola, avevo appena invitato alla festa di Halloween Roxas Strife, un ragazzo. Un ragazzo! Mi dissi che dovevo essere uscito completamente fuori di senno per aver fatto un passo tanto azzardato.
Roxas ridacchiò e si girò su un fianco verso di me "Sei gentile, Axel" io sorrisi "Ma io non verrò"
E il mio sorriso si spense "Cosa?" chiesi abbattuto.
"Proprio così" mormorò lui e abbassò lo sguardo "Non posso"
"Perché no?"
"Perché no... ti prego non chiedere altro" si raggomitolò sul lato e io mi sentii una merda per aver insistito.
"Mi dispiace" sussurrai girandomi anche io sul lato verso di lui.
"Senti, no... non devi scusarti" replicò con fermezza "Parliamo di altro"
Io feci un cenno di assenso e puntellai con le dita il materasso, proprio in quel momento non sapevo cos'altro dire "Ho visto che stai rileggendo i Miserabili" buttai lì e lui annuì distrattamente "Come mai?"
Lui si avvicinò di più a me, fino ad aderire e iniziò a tracciare dei cerchietti immaginari sul mio petto "Perché... perché è stato Squall a dirmelo"
Ancora con questo tizio?!
"Chi sarebbe Squall?" domandai non del tutto entusiasta di sapere di dover competere con qualcun altro per le sue attenzioni.
"Un bell'uomo dai capelli castani e gli occhi magnetici" a quella risposta io mi tesi e trattenni il fiato, lui doveva essersene accorto, infatti alzò lo sguardo verso di me e sorrise malizioso "Cos'è, sei geloso per caso?"
Io arrossii violentemente e mi voltai altrove "Ma-ma cosa dici... io geloso? E di chi poi?"
"Mah non so... forse del mio psicologo?"
"Come scusa?"
"Squall Leonheart" spiegò ridendo "Lo conosci no? È il mio psicologo sia dentro che fuori la scuola. Certo, è un bell'uomo ma è troppo vecchio per me"
Ah... parlava di quello Squall!
Emisi un "Oh" che doveva essere un misto tra la sorpresa, il sollievo, l'imbarazzo per essere stato scoperto così facilmente e la figuraccia appena fatta. "Non sapevo che andassi dallo psicologo"
"Neanche io lo sapevo però un giorno mi sono ritrovato lì e ora di routine vado a fare quattro chiacchiere con lui" mormorò con una leggera scrollata di spalle.
"E perché ti ha detto di rileggere quel libro? È lunghissimo... dopo lo studio per la scuola come fai a leggere anche quella roba?"
"Leggere per me non è un peso" disse entusiasta prendendo a guardare il soffitto illuminato dalle migliaia di lucine che creavano una scia concentrica e alzò un braccio come a volerle afferrare "Si dice che chi legge vive mille vite... penso che sia una cosa abbordabile per me dal momento che la mia non posso viverla appieno. Una volta sono un avventuriero, una volta uno stregone, un'altra un marinaio, un borghese, un re, un cavaliere... e ora un peccatore da redimere" il suo ampio sorriso si spense e portò la sua mano al petto "Nella condizione in cui mi trovo devo imparare a reprimere la rabbia, stare calmo e perdonare. Devo perdonare e pentirmi di tutte le brutte azioni che faccio... è questo che dice sempre Leon"
"Addirittura pentirti?" chiesi dubbioso, sembrava che stesse parlando di un prete però effettivamente il perdono era l'unico modo per vivere in pace e serenità con il mondo. Roxas doveva per forza vivere in un mondo ovattato, senza nient'altro che tranquillità ma probabilmente c'era qualcosa che lo tormentava e siccome lui era un tipo abbastanza testardo, Leon doveva aver fatto ricorso a metodi un bel po' strani. Come si dice: a mali estremi, estremi rimedi.
"Esatto... e a ogni stronzata che faccio devo rimediare con qualcosa di buono"
"Stronzate tipo lo scherzetto di cattivo gusto a Larxene?" storsi il naso.
"L'ha derisa... l'ha presa in giro... l'ha offesa e alla fine si è portata a letto il suo ragazzo. Belle non le aveva fatto nulla, Larxene non aveva motivi per comportarsi così. L’ha fatto solo per divertirsi"
Mi chiedevo come mai proprio ora dopo tutti gli anni che avevo passato assieme all'Organizzazione, stavo iniziando a prendere realmente coscienza del comportamento sbagliato che adottavamo. Non ci eravamo mai domandati se fosse giusto o no, non ci eravamo mai domandati cosa provassero gli altri ragazzi della scuola, non ci eravamo mai domandati che persone stavamo diventando, il tutto per noi era diventato come un qualcosa da fare. Saix e Xemnas ci esortavano sempre a mantenere l'ordine (come preferivano definirlo loro), dicevano che era il compito di noi pochi prescelti tenere tutti in riga, dovevamo farlo noi perché eravamo forti e così facendo tutti ci avrebbero amati e rispettati. "Il terrore porta all'amore" diceva sempre Xemnas.
All'epoca però non sapevo ancora nulla, non ero a conoscenza dei suoi piani, del suo passato... nulla. Ero un tipo che aveva perso ogni interesse verso il mondo e preferiva farsi scorrere la vita addosso, come un fiume inarrestabile, ignorando tutto il resto. Vedere il terrore sulle facce delle matricole, prendere in giro i secchioni sfigati, pompare il mio ego con le idolatrie delle cheerleaders, fare a botte ogni tanto... erano tutte cose che mi divertivano, a me come a tutti gli altri. Sapevo di essere stronzo ma non mi ero ancora messo nei panni delle nostre vittime perché in realtà non mi interessava. Non mi interessava nulla eccetto il basket.
Ma Roxas... lui si che mi aveva colpito. Era stata la prima “cosa” in tanti anni di nulla a colpirmi.

"Quindi....quindi sei stato tu! Perché l'hai fatto? Così il mio futuro potrà essere compromesso!" digrignai i denti e affilai lo sguardo, che lui sorresse senza paura. Lo vidi riguadagnare la sua compostezza e si mise davanti a me.
"Il tuo futuro? E il mio presente allora? Io l'ho fatto per difendere me e tutti gli altri da voi" sputò velenoso "Non vi abbiamo mai dato motivo di tanta ira nei nostri confronti. Non è possibile tornare a casa ogni giorno con lividi diversi solo perché secondo voi 'vi guardiamo' o addirittura 'perché esistiamo'... però potevo tollerarlo. Ma quando quel tuo amico, Xigbar, ha messo le mani addosso a Namine non ci ho più visto. Le donne non si toccano"

Era stato il primo a credere in me.
Se non sei in una squadra sportiva o non sei abbastanza figo da piacere a tutti allora vieni etichettato come 'sfigato' e tutti si sentono in diritto di trattarti una vera merda”
Abbassai gli occhi, sentendomi chiamato in causa, incapace di sostenere quello sguardo serio ma che celava una punta di malinconia.
“È bello fare il gradasso con uno più piccolo di te, vero Axel?”
Strinsi i pugni davanti a me.
“Io non sono così” proferii cercando di auto-convincermi di essere il contrario di ciò che effettivamente ero.
“Già, non sei così”

Lui era una persona speciale, era maturo... ma adesso il suo comportamento era sbagliato.
"Rox se continui così ti uccideranno! E non lo dico tanto per dire, quelli sarebbero capaci di fare pazzie"
"Lo so... Saix, Xemnas e Larxene sono i più pericolosi"rispose, io acconsentii e presi a massaggiargli la schiena con una mano. Almeno aveva capito anche lui chi rappresentava il vero pericolo nel gruppo, tutti gli altri erano innocui, eravamo solo degli sbruffoni ma se non eravamo incitati da Xemnas o Saix non facevamo nulla, davvero nulla. "A dire il vero penso che Xemnas costituisca il pericolo maggiore" aggiunse poi dopo averci riflettuto.
"Beh soprattutto se avete avuto qualche disputa in passato... almeno a quanto mi è sembrato di capire"
"Disputa è dir poco" puntualizzò tra uno sbadiglio e l'altro "Però non parlavo di questo"
"E di cosa allora?"
Lui non rispose subito, si mise a sedere in mezzo al letto e appoggiò le braccia sulle ginocchia.
"In passato gli è stato sequestrato un coltellino con cui ricattava i ragazzi ma ho ragione di credere che non sia tutto qui"
Spalancai gli occhi esterrefatto. Sapevo che Xemnas era tutt'altro che raccomandabile ma non pensavo fino a questi livelli.
Con uno scatto mi rimisi a sedere e scossi la testa "Un coltellino?" ero allibito, afferrai Roxas per le spalle e lo guardai con espressione grave "Roxas ti prego, non cacciarti nei guai. Tutto questo a cosa credi che ti porterà?"
"Io non vivrò a lungo..." soffiò in un sussurrò quasi impercettibile, il suo voltò era basso e il tono serio "So che c'è qualcosa e il mio corpo potrà cedere da un momento all'altro... ma almeno voglio essere ricordato per aver salvato qualcuno, per aver fatto del bene"
Roxas fece per alzarsi, io cercai di trattenerlo per un braccio ma lui riuscì a divincolarsi e sfuggì dalla mia presa. Lo vidi vagare per la stanza con le braccia strette al petto e poi si fermò davanti all'ampio bow window, ormai la sera era scesa da un bel po'.
"Capisco le tue motivazioni..." mi sedetti sul bordo del letto ma lui tagliò corto.
"No... no tu non sai-"
"E allora mettimi al corrente" esclamai con forza, di lui non vedevo altro che la sua schiena tremante.
"Axel... sto cercando di preservarti. Tu... tu non hai bisogno di sapere" il suo tono stava vacillando.
"Perché? Credi che io non ne sia all'altezza? Io ci tengo a te Roxas, davvero tanto, però ogni volta che cerco di avvicinarmi tu mi allontani e ti rinchiudi in te. Dimmi, ti ho fatto qualcosa?"
Ormai avevo perso ogni facoltà di ragione, mi ero semplicemente ritrovato al centro della stanza, poco dietro Roxas, irritato e deluso, e stavo dando sfogo a tutto ciò che avevo dentro ma che non avrei voluto dirgli così in quel frangente.
"Vedi Ax? È proprio per questo che non voglio coinvolgerti" lo vidi voltarsi lentamente e i suoi occhi erano languidi, tutto questo mi provocò una fitta allo stomaco "Non ti riguarda, non hai bisogno di dolore inutile"
"Perché, tu sì?" io mi avvicinai e gli presi le mani ma lui non rispose nulla, si limitò ad abbassare il volto e lasciare che i ciuffi ribelli gli nascondessero gli occhi "Roxy io ci tengo a te... e sappi che questo mi imbarazza quindi non complicare ancora di più le cose" ridacchiai nervosamente e vidi sulle sue labbra accendersi un debole sorriso anche se continuava a non mantenere un contatto visivo con me "Posso immaginare come tu possa sentirti infuriato e capisco che tu voglia aiutare chi è in difficoltà... ma fare del bene sfidando e punendo gli altri a modo tuo non mi sembra tanto furbo... e giusto. È vero, è così che funziona la legge ma tu non sei un giudice... anzi se non mi sbaglio, nei Miserabili, la legge era vista come sbagliata in certi casi... sai, moralmente parlando"
Roxas fece una risata roca "Sei scaltro... con tutte queste domande vuoi farmi vacillare vero?"
Feci un sorrisetto compiaciuto "Era questo il mio intento"
"Sembri tanto disinteressato e fingi di non saper nulla, ma sei tutt'altro che scemo" si portò una mano alla fronte e continuò a ridere convulsamente "Vedi, Axel, perché dicevo di essere cattivo ed egoista? Certo, io voglio fare qualcosa per il mondo... però guardo prima i miei interessi, te l'avevo detto: tutti noi siamo divorati dall'ira, dalla vendetta e io non faccio eccezione"
Ricordai quella conversazione che avemmo tempo fa nell'aula studio, quando ancora non mi interessava nulla né di lui né del resto "Hai dimenticato il senso della vita?"
"Penso di sì"
"Amare... me l'hai detto tu stesso" risposi riprendendo quello che mi aveva detto in passato e poi aggiunsi con più dolcezza "Amare significa vivere"
Lui sospirò e appoggiò la fronte al mio petto "Hai presente quando Jean Valjean si trova a dover scegliere se lasciare che fosse incolpato quell'uomo identico a lui oppure prendersi le proprie responsabilità e autodenunciarsi alla polizia?"¹
"Eh più o meno" feci insicuro, non ricordando proprio tutto, dopotutto io avevo visto solo il film a scuola... altrimenti neanche quello.
"La mia situazione è metaforicamente simile"
"C'è uno identico a te che potrebbe andare in prigione?!"
"No scemo!" rispose subito ma poi si corresse "Effettivamente c'è uno identico a me... ma lui non c'entra niente... o almeno è di parte. Però sappi che mi dispiace... per quello che ho fatto o quello che farò, è tutto a fin di bene... spero che tu mi capisca"
"Aspetta cosa significa? Hai intenzione di fare qualcosa?"
Roxas si staccò da me e mi guardò malinconico "Mi faccio schifo da solo"
Anche volendo non potei dir nulla perché ancora una volta il nostro discorso fu interrotto, questa volta era Riku che aveva bussato alla porta e si era affacciato per avvisarmi che era ora di andare, lui mi avrebbe dato uno strappo a casa, quindi a malincuore salutai Roxas mentre lui mi aspettava in macchina.
"Ne parleremo ancora di questo e, quando sarà, tu mi dirai tutto, okay?" gli sussurrai accarezzandogli una guancia con il dorso della mano e lui ridacchiò annuendo "Ci vediamo domani?"
"Probabile... ah. Aspetta" andò alla scrivania e lì prese un foglietto piegato accuratamente che poi mi tese.
"Cos'è?" chiesi perplesso aprendolo.
"È il mio numero. Immaginavo che lo volessi"
"G-grazie" gli sorrisi affabile ma dentro di me fremevo di gioia, non sapevo neanche io come riuscivo a trattenermi dal saltargli addosso e baciarlo. In effetti quel numero lo volevo da fin troppo tempo ma ero sempre stato un gran vigliacco per chiederglielo e adesso averlo tra le mie mani mi faceva sentire come un vecchio grassone che aveva vinto un abbonamento gratis al McDonald's. Lo ripiegai meticolosamente e lo riposi al sicuro nel mio portafogli.

Qualche minuto dopo mi ritrovai adagiato nel tepore dell'abitacolo della Pontiac argentata di Riku.
Anche lui abitava in centro come me però ogni giorno dava un passaggio a Sora e Roxas da casa a scuola e viceversa, e con la scusa di annoiarsi da solo a casa passava molto tempo dagli Strife, salvo quando Sora non andava a fargli compagnia a casa sua. Ribadisco: casa vuota. Se Sora fosse stato più sveglio chissà cosa non avrebbero potuto fare.
"Ridi da solo?" chiese ad un tratto Riku, spezzando il silenzio in cui eravamo immersi.
"Pensavo ad una cosa" riposi senza farmi troppi problemi. Lui era un tipo silenzioso e sembrava studiare ogni minima cosa della persona che aveva davanti, ma stranamente non mi creava alcun problema. Era ironico come fossi intimorito di più da un tipetto come Sora che da Riku, ma forse questo era dovuto dal fatto che Sora era il fratello di Roxas e spesso aveva un comportamento incomprensibile, Riku invece sembrava a posto. "Posso farti una domanda?"
"Chiedi pure"
Appoggiai il braccio sul finestrino e mi sorressi il capo "Come va con Sora?"
La sua reazione mi prese alla sprovvista, pensavo di vederlo sorpreso o comunque con qualche espressione facciale differente dal solito ma nulla, non tradì alcuna emozione e rimase sulla difensiva.
"Dove vuoi arrivare?"
Io sfoggiai un sorriso impertinente e risposi schietto "A scuola la gente fa scommesse se state insieme o meno"
Questa volta però parve divertito, lo dedussi da un sorrisetto compiaciuto che gli increspò le labbra "E tu cos'hai scommesso?"
"Che entro Natale starete insieme"
"Bella puntata" soffocò una risata senza però mai staccare gli occhi dalla strada.
"Vedi di darti da fare, non mi va che Yuffie sprechi i miei 20 verdoni in quegli strani negozi da ninja"
"Sempre meglio di quei negozi kitsch in cui si rintanano i tuoi amici Demyx e Marluxia" io ridacchiai e concordai. "Qualcuno dovrebbe dir loro che gli anni '60 sono passati da un pezzo"
"Già" lanciai un'occhiata fuori al finestrino e tornai a parlare qualche minuto dopo "Alla fine ho capito chi era Squall"
"Ah sì? Passata la gelosia?"
"Era tanto evidente?"
"Direi di sì" disse con una scrollata di spalle "Per averla notata Sora!"
"Ma come mai ha bisogno di uno psicologo?"
Riku inarcò un sopracciglio e mi chiese come facessi a non arrivarci da solo "Prova tu a convivere con l'idea di poter svenire o poterti sentire male in qualsiasi momento. Sai che anche lo spavento per il suono della sveglia potrebbe essere letale per lui?"
Io lo guardai per un istante e poi sospirai, certo che la sua era una situazione complicata.
"Ehi Moore"
"Mh?"
"Quanto sei serio con Roxas?"
"In che senso?"
Ci fermammo ad un semaforo e lui si prese la libertà di squadrarmi per qualche istante "Non fare l'idiota, lo sai cosa intendo. Non penso che ti sei dimenticato della chiacchierata che hai avuto con Sora negli spogliatoi qualche settimana fa"
"Hai intenzione di boicottarmi?"
"Tu non lo conosci neanche"
La macchina ripartì e io mi presi qualche secondo per formulare una risposta "Lui è la persona più intrigante che io abbia mai visto. Sono abituato ad avere sempre tutto bello e pronto ma con lui no, devo sudare e passare per la parte del cretino prima di ottenere qualcosa. Lui ha avuto le palle di sfidarmi e questa sua forza mi ha attratto... anche se devo dire che l'ho trovato carino dal primo momento che l'ho visto"
"Pensavo fossi etero" mormorò guardandomi con la coda dell'occhio.
"Tutti lo pensano" mi stiracchiai, piegai le braccia dietro la nuca e risi sprezzante "Sono il ragazzo più acclamato della scuola, sono il capitano della squadra e il mio obbiettivo è entrare in NBA. La gente parla di me e alle mie partite già iniziano a comparire i primi reclutatori per il college... sarebbe un peccato macchiare la mia carriera sportiva con qualche sbandata giovanile" lui mi guardò enigmatico ma non disse niente così io continuai "Non fare questo altrimenti verrai scartato, non fare quest'altra cosa, comportati in questo modo... quante puttanate solo per entrare in un fottutissimo college. Pensa che mio padre ha persino regalato anche una nuova ala della biblioteca ad Harvard - sai per assicurarsi che entrassi - quando vedono i soldi quelli non capiscono più niente e hanno detto di sì, che non ci sono dubbi sulla mia ammissione. Però i coach sono belli tosti, non gli interessa un cazzo... vogliono che sei come dicono loro, altrimenti tanti saluti" enfatizzai con gesti delle mani.
"Fammi capire" parlò qualche istante più tardi, dopo aver fermato la macchina nel vialetto del mio palazzo, e si voltò completamente verso di me "Preferiscono che vai in giro a pestare gente piuttosto che mostrare i tuoi gusti?"
"Eh... lo sport comporta fama, devi piacere agli altri e non a te stesso, sii sempre forte e non mostrarti debole" sospirai grattandomi la nuca "Però sai una cosa? Non mi importa più nulla di tutto questo, fanculo ai reclutatori e agli altri... quando ho conosciuto Roxas ho trovato un motivo in più per andare avanti, è come se mi avesse fatto risvegliare da un lungo letargo... è un tipo strano e non riesco mai a capirlo, per questo mi piace!" aggiunsi poi con entusiasmo "Lo so, forse sarò affrettato però quando sono con lui o quando lo penso sono felice...e quando sta male vorrei abbracciarlo forte e fare qualsiasi cosa pur di alleviare il suo dolore"
Riku nel frattempo si era appoggiato al volante e ascoltava con interesse senza mai interrompermi o senza dire la sua.
"Però non so cosa fare, non so se gli piaccio, ho paura di dirglielo... ho paura... non so... di incasinare qualcosa con la sua malattia" continuai stringendo i palmi sulle gambe "Cavolo, non so neanche perché ti sto dicendo queste cose"
"Stai tranquillo, non devi agitarti altrimenti non puoi stare con lui" disse sospirando "Tu sei la prima persona verso cui mostra un vivo interesse da quando Xion ci ha lasciati e, in un certo senso, sono felice perché finalmente si sta buttato alle spalle quella storia... però ci sono varie cose di te che non mi fanno stare tranquillo. Primo fra tutti è il fatto che sei amico di Xemnas"
Chi è Xion adesso?
"Io non sono amico di Xemnas... mi trovo per caso nel suo gruppo ma in realtà io e lui non abbiamo niente da spartire, non so nulla sul suo conto se non che non mi è simpatico"
"Quindi non sai niente neanche della sua, diciamo, doppia vita?"
Assottigliai gli occhi, quella mie era nuova "In che senso doppia vita?"
"Se non lo sai è meglio così"
"Aspetta... ha qualcosa a che fare con Roxas? Lui ha detto che conosceva il suo fratello"
"Conoscere, per modo di dire. Ma sì, possiamo dire di sì. Sono successe delle cose in passato... cose abbastanza gravi di cui non ti parlerò, se vorrà sarà Roxas stesso a farlo, ma voglio solo darti un avvertimento: stai molto attento a lui"
Rimasi pensieroso per qualche secondo ma non riuscii a venire a capo di tutta quella situazione, non avevo nessun elemento che potesse aiutarmi e se loro continuavano a non dirmi niente non potevo fare nulla.
"Tu e Sora siete convinti che io possa essere, in qualche modo, cattivo? È questo il problema? Perché faccio parte dell'Organizzazione?"
Lui temporeggiò ma poi rispose affermativamente "Sì, in un certo senso è così" disse schietto "Però ho notato un certo cambiamento in te da quando Roxas è diventato il tuo tutor e anche Sora se ne è accorto, non sembri lo stronzo che dimostri sempre di essere. Forse lui davvero potrebbe compiere un miracolo"
"Se se ne è accorto anche lui perché mi odia ancora?" borbottai contrariato.
"Perché ha paura" si portò le mani alle tempie e se le massaggiò "Roxas non sta bene-"
"Sì lo so cos'ha!" tagliai a corto, non avevo voglia di ascoltare sempre la stessa solita litania "L'ho anche soccorso l'altra volta"
Lui mi fulminò "Credimi, tu non sai cos'ha"
"Certo che lo so.... è quella cosa della ripolarizzazione, che il cuore batte troppo forte se si agita, è triste o cose così... hai capito no?"
"Complimenti per la descrizione così accurata e dettagliata" fece ironico "Comunque se ti riferisci al qt sappi che non è quello"
Spalancai gli occhi "Come non è quello? Lui mi ha detto che ha proprio quella sindrome!"
Riku scosse la testa e borbottò qualcosa sottovoce che non afferrai.
"Axel... ti dico questa cosa perché penso tu debba saperla, sia perché da domani gli dovrai stare continuamente appiccicato... sia per metterti in guardia, così valuterai tu stesso quanto ti conviene avvicinarti a lui"
A quel punto, visto che ci stavamo trattenendo tanto, gli chiesi se volesse salire a casa mia ma lui rifiutò dicendo che non si sarebbe dilungato ancora molto, così ritornò a parlare "Lui ha la sindrome del qt lungo, proprio come hai detto tu" io annuii ancora una volta per farlo procedere "Il qt adesso è sotto controllo, Roxas ha imparato a gestirlo discretamente, riesce a tenere a bada le sue emozioni, anche se deve comunque stare molto attento, è una patologia grave la sua... basta poco per... in ogni caso, dovresti sapere che sono sorte delle complicanze"
"Si mi ha detto qualcosa"
"Te lo spiego in modo semplice. Il defibrillatore è un dispositivo piccolo come una pallina, da qui partono vari tubicini che sono inseriti nei vari ventricoli del cuore per stimolarlo quando serve. Uno di questi tubicini però ha fatto infezione nel ventricolo destro e cavolo se non ha fatto bei danni! Per mesi nessuno si era accorto di nulla, sembrava una comune influenza, però nel frattempo l'infezione si espandeva sempre di più: ha attaccato tutto il muscolo del cuore ed è arrivata ai polmoni, per questo l'altra volta tossiva sangue. Roxas sa in effetti di avere qualcosa, ma non sa quanto è grave altrimenti potrebbe preoccuparsi, agitarsi e mandare tutto a puttane"
"Quanto è grave?" aggrottai la fronte.
"Ti dico solo che siamo arrivati ad uno stadio di non ritorno, le valvole del cuore sono danneggiate irreversibilmente e ciò ha provocato un'insufficienza cardiaca²"
Era una cosa grave, ne avevamo parlato non molto tempo fa a lezione di biologia e tutto quello che sapevo mi permetteva di dire che questa era un'altra bella rottura di palle per Roxas.
Roxas. Avrei voluto abbracciarlo in quel momento.
"Però ha il defibrillatore" interloquii pensieroso "Non dovrebbe aiutarlo in qualche modo? Voglio dire, non serve a stimolare il cuore a battere regolarmente?"
Riku sospirò e si appoggiò con la schiena alla portiera della macchina "È proprio quello che ha causato l'infezione... io davvero non so... l'abbiamo saputo solo da pochi giorni"
Io annuii.
"Insufficienza cardiaca eh?"
"Già"
"Buona notte" mi congedai con tono stanco uscendo dalla macchina, dopo che lui mi ricordò ancora di non farne parola con Roxas.
Non avevo voglia di sentire altro per quella sera, l'unica cosa che volevo fare era un bel bagno caldo e mettere un album qualsiasi dei Coldplay a palla. Stranamente quella notizia non mi aveva scosso più di tanto, mi sentivo la testa completamente vuota ma sapevo che questo era solo un effetto momentaneo, quando avrei razionalizzato il concetto di insufficienza cardiaca allora avrei pensato al da farsi.
Nell'attesa che la vasca si riempisse di acqua bollente, seduto sul bordo intento a svuotare con un cucchiaino un barattolo di burro di arachidi e con gli occhi rivolti verso la luna piena che dominava il cielo scuro, passò allo stereo Viva la Vida. Non ero mai riuscito a capire cosa significasse quella canzone ma quel motto faceva tanto Roxas, gliel'avevo visto scritto sulla parete della sua stanza, poco sopra la marea di fotografie che sormontavano la testata del suo letto, in mezzo al caos di frasi impresse sul muro con pittura nera, risaltavano quelle tre paroline bianche. Quando gli chiesi se era un omaggio alla canzone dei Coldplay lui storse il naso e scosse il capo ridacchiando "Mi piacciono i Coldplay... ma è un riferimento a Frida Kahlo³"
E ora che ci facevo caso era molto simile a questa Frida: anche lei era passata attraverso tanta merda, sofferenze, incidenti e malattie croniche ma questo non le aveva mai impedito di diventare la grande donna che era stata, aveva una voglia di vivere non indifferente, non a caso sull'ultimo quadro che dipinse scrisse la celebre frase Viva la Vida.
Viva la Vida è un grido al mondo, un inno alla vita, una speranza perseverante. Viva la Vida è l'eco di tutti quegli spiriti che si sono dimenticati di morire. Ed ero assolutamente sicuro che anche Roxas, nonostante i suoi problemi avrebbe superato tutto e avrebbe avuto un posto speciale nel mondo, perché lui era la persona più forte che avessi mai conosciuto.





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¹ Jean Valjean a metà della sua storia è posto davanti ad una scelta molto importante. Viene a sapere che è stato trovato un uomo del tutto identico a lui (Champmatieu) ed è condannato ai lavori forzati al posto suo, lui deve decidere se agire egoisticamente, mantenere la propria nuova identità ed essere finalmente libero oppure assumersi tutte le proprie colpe, salvare quell'uomo innocente e tornare in prigione. Se non sapete di cosa sto parlando andatevi a leggere la trama sulla Wikipedia o vedete il film che è davvero bello (vi dico solo che dopo aver letto il libro mi stavo facendo suora D:) - [Riferimenti - Parte I, libro 6, capitolo 2 e Parte 1, libro 7]
² Insufficienza Cardiaca: incapacità del cuore di fornire una quantità adeguata di sangue rispetto alle normali esigenze dell'organismo, ulteriori informazioni qui
³ Frida Kahlo, pittrice messicana (10907-1954) letteralmente perseguitata dalla sfortuna ma nonostante ciò ha vissuto una vita degna di nota, è diventata la prima artista donna ad essere ritratta su dei francobolli statunitensi e sempre la prima a cui è stata dedicata una mostra d'arte in suo onore. Sul suo ultimo quadro scrisse la frase Viva la Vida da cui si sono poi ispirati i Coldplay per la canzone e il loro album, qui qualche informazione.

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Capitolo 8
*** My Superhero ***


8
Viva la Vida
Nei capitoli precedenti
"E tu adesso cosa farai? Non difenderai il tuo capo?"
"Perché dovrei?"
"Perché è il tuo capo, ovvio"

"Roxas ti prego, non cacciarti nei guai. Tutto questo a cosa credi che ti porterà?"
"Io non vivrò a lungo..." soffiò in un sussurrò quasi impercettibile, il suo voltò era basso e il tono serio "So che c'è qualcosa e il mio corpo potrà cedere da un momento all'altro... ma almeno voglio essere ricordato per aver salvato qualcuno, per aver fatto del bene"

"Tu sei la prima persona verso cui mostra un vivo interesse da quando Xion ci ha lasciati e in un certo senso sono felice perché finalmente si sta buttato alle spalle quella storia... però ci sono varie cose di te che non mi fanno stare tranquillo. Primo fra tutti è il fatto che sei amico di Xemnas"
"Io non sono amico di Xemnas... mi trovo per caso nel suo gruppo ma in realtà io e lui non abbiamo niente da spartire, non so nulla sul suo conto se non che non mi è simpatico"
"Quindi non sai niente neanche della sua, diciamo, doppia vita?"






#8 My Superhero

Dobbiamo smetterla di pensare che il "difetto" sia solo un ostacolo,
una macchia, qualcosa di negativo e di cui vergognarsi.
Il difetto ti rende unico, speciale, la forza di volontà può aiutarti.
Del resto, i grandi supereroi dei fumetti non nascono tutti
da un difetto iniziale che si trasforma poi in un punto di forza?


Gli allenamenti di mattina prima delle lezioni erano una delle cose peggiori al mondo, soprattutto per una persona pigra come me. Svegliarsi all'alba, indossare la divisa e correre all'aperto nel freddo pungente. Il coach sapeva certo come farmela pagare per tutte quelle volte che avevo dato forfait, però ciò non toglieva che io ero sempre il migliore della squadra e poi gli esercizi mattutini mi aiutavano a scaricare tutta l'ansia e l'agitazione che accumulavo, così riuscivo a pensare molto meglio.
Stranamente avevo preso meglio del previsto la notizia che mi aveva dato Riku: erano passate diverse ore e non ero ancora andato fuori di testa, nemmeno quando avevo letto qualche informazione su internet. Tosse, perdita della fame, dimagrimento, stanchezza, confusione, erano tutti sintomi più comuni dell'insufficienza cardiaca ed erano anche le prime cose che avevo notato in Roxas con il passare del tempo. Da quanto andava avanti questa storia?
Quello che mi dava più da pensare al momento però era Xemnas, avevo tastato una forte ostilità da ambedue le parti e se davvero era come diceva Riku, che Sora era tanto diffidente nei mie confronti perché ero un suo sottoposto, allora la faccenda doveva essere abbastanza grave. A rafforzare quest'ipotesi c'era anche il comportamento strano di Xemnas: già dalla mattina infatti lo avevo visto strano, nervoso più che altro, ma in tutti quegli anni non lo avevo mai visto fare un passo tanto sconsiderato. Al contrario Xemnas doveva mantenere la calma e non dare nell'occhio perché era nel mirino diretto del preside, per questo per ogni cosa eravamo sempre noi a fare il lavoro sporco al posto suo.
Sicuramente era stato Saix a indisporlo nei confronti di Roxas. Questi lo odiava perché si era frapposto tra me e lui, se poi a questo aggiungiamo il malumore di Xemnas e i loro trascorsi a me ancora oscuri, le cose iniziavano a spiegarsi. Ma ancora mi chiedevo come mai tutto questo accanimento?

Improvvisamente vidi il pallone con cui mi stavo allenando, rotolare via e mi sentii afferrare per le spalle da una forza ignota e fui strattonato di malagrazia.
"Axel" urlò una voce che tanto sconosciuta non era, e senza avere il tempo di realizzare cosa stesse succedendo, mi ritrovai di fronte Xigbar, Xaldin e Marluxia. Ma quando erano arrivati? Credevo di essere solo!
"Che intenzioni ha il tuo amichetto?" disse Marluxia tenendomi per un braccio con una presa ferrea, quando voleva anche lui sapeva fare l'uomo.
"Ma che-?" feci frastornato.
"Che cazzo ha in testa quel moccioso? Istigare così Xemnas... è come entrare in una gabbia di leoni" spiegò di nuovo il ragazzo dai capelli rosa, con tono che oscillava dall'irritato allo spazientito "Hai idea di cosa sia successo qui ieri?"
Io scossi il capo, ancora sorpreso di quella visita improvvisa.
"Te lo dico io cos'è successo" Xigbar avanzò verso di noi, la sua voce riecheggiava nella palestra deserta "Xemnas è stato sospeso per tre settimane"
"Che cosa?!"
"Ha mandato Seifer e Rai all'ospedale e ha fatto una bella scazzottata con alcuni professori. Cazzo, sembrava una belva"
"Ma... ma è diventato pazzo così all'improvviso? Lui sa che se non sta attento l'espulsione dalla scuola non gliela toglie nessuno"
"Non è tutto. Ieri mattina, prima della pausa, ha ricevuto una strana telefonata che l'ha fatto andare fuori di testa" intervenne Xaldin e Xigbar annuì "Era molto criptico ma siamo riusciti a capire che si parlava di un certo Loz"
"Quindi il suo comportamento è dovuto a questa telefonata?" mormorai sfregandomi il mento tra l'indice e il pollice"E chi diavolo è Loz?"
"Non lo so ma la cosa non mi piace. So per certo che dev'essere qualcuno di molto influente per lui" sospirò Marluxia con tono pensieroso "Una volta ho origliato una sua conversazione con Saix, diceva esattamente testuali parole: "ora che la sua ombra è tornata alla Capitale Dimenticata, Loz e Yazoo possono partire liberamente". Tu che sei molto vicino a Saix, hai mai sentito qualcosa a riguardo?"
Contrassi la fronte e scavai nella memoria ma non ne ricavai nulla "No, nulla" feci scuotendo lentamente il capo in senso di diniengo e andai a sedermi su una panca lì vicino. Che poi perché mai dovevo sapere qualcosa riguardo una capitale il cui nome è stato dimenticato o due persone sconosciute? Saix non mi parlava mai di nulla, figuriamoci se si trattava di Xemnas. Certo che Loz e Yazoo erano dei nomi proprio strani. Loz e... "Aspetta!" esclamai improvvisamente colto da un'illuminazione "Yazoo! Una volta Saix ha telefonato ad un certo Yazoo, è stato più di un anno fa ma me lo ricordo perché era a casa mia e mi ha svegliato in piena notte perché cercava un telefono pubblico... gli ho detto che poteva liberamente chiamare da casa mia ma non ha voluto sentir ragioni e ho dovuto accompagnarlo al minimarket"
Marluxia sgranò gli occhi e mi guardò come se gli stessi per dare la soluzione per una mappa di un tesoro "E che cosa si sono detti?"
"Ma che ne so, gli chiedeva se il capo dormiva ancora. Certo che dormiva... non tutti sono così pazzi da svegliarsi alle 4 del mattino per mettersi al telefono" sbottai irritato al ricordo.
"Lo sapevo" dichiarò Marluxia mentre sul suo viso si accendeva un sorriso vittorioso, dietro di lui Xigbar e Xaldin si lanciarono delle occhiate ma io non stavo capendo nulla "Lo sapevo che anche Saix c'entrava qualcosa"
"Di che diavolo stai parlando? Cosa c'entra tutto questo con Roxas?" feci iniziandomi a spazientire.
"Axel, è da un po' che ho iniziato a nutrire dei dubbi su Xemnas e se le mie ricerche si riveleranno giuste significa che siamo in una marea di guai... anzi forse lo è più il tuo amichetto"
"ROXAS?" sgranai gli occhi in preda all'agitazione.
"Quando i professori sono riusciti a bloccare Xemnas lui continuava ad urlare che gli Strife gli stavano rovinando la vita. Ho trovato dei documenti negli archivi di mio padre datati due anni fa, in cui comparivano dei nomi: Loz, Yazoo, Cloud Strife - potrei mettere la mano sul fuoco che si tratta del padre di Roxas - e altra gente. Purtroppo non ho altre informazioni perché quello stronzo deve aver scoperto che io ho le sue password e le ha cambiate tutte ma ti assicuro che con capo Saix non si riferiva al nostro Mansex e quel dormire era un messaggio in codice. Quello che voglio dire è che Xemnas è-"
"Ragazzi! Finalmente vi ho trovati"
La frase di Marluxia fu improvvisamente interrotta da Demyx che arrivò zompettando teatralmente con la sua aria da bambino "Che ci fate voi in palestra? Pensavo che solo Axie dovesse allenarsi" cinguettò con tono curioso sedendosi sulla panca accanto a me "Di che parlate?"
Immediatamente io e gli altri tre presenti ci scambiammo delle occhiate eloquenti, e proprio come accade tra sconosciuti legati da una stessa passione, si creò una sorta di solidarietà, in questo caso antiDemyx e, per non mandare a far fottere tutti i nostri propositi di cercare di fare un discorso serio e mantenerlo privato, facemmo quasi a gara a chi sparava la balla più grossa. Non ce l'avevamo con lui ma sfortunatamente Dem aveva tre grandi difetti: una profonda ingenuità, la bocca un po' troppo larga e l'essere amico di quella pettegola di Kairi.
"Parlavamo della festa di questa sera" iniziai io.
Xaldin resse subito la scusa "E da cosa ci vestiremo"
Gli occhi di Mullet-man si illuminarono ma inizialmente non sembrò bersela "Ma io ho sentito il nome di Xemnas"
"Appunto" si intromise Xigbar mettendo una mano sulla spalla del biondo "Quel vecchio aveva perso una scommessa contro di me e doveva vestirsi da Babbo Natale stasera, ma si è fatto sospendere e quindi addio Babbo Mansex"
Demyx emise un prolungato 'Oh' di puro stupore, sinomino del fatto che ci aveva abboccato alla grande "E voi da cosa vi vestirete?"
"È una sopresa, tesoro mio" sorrise malizioso Marluxia "Appena mi vedrai cadrai ai miei piedi"
Il nostro gioco di squadra sembrò sortire l'effetto sperato e Demyx iniziò ad intavolare una discussione sul quale potesse essere il miglior travestimento per lui dal momento che doveva suonare nella band, a questo seguirono risolini e vaneggiamenti sulla possibile reazione che avrebbe potuto avere una certa persona vedendolo sul palco.
Dopo una buona decina di minuti, concludemmo che si era fatta ora e che a breve sarebbero iniziate le lezioni, andai a fare una veloce doccia e uscimmo dalla palestra e ci dirigemmo verso l'entrata, come prima tappa io sarei dovuto andare in presidenza per parlare con DiZ riguardo il mio nuovo incarico ma prima di separarci Marluxia mi prese in disparte.
"Ora che Xemnas non c'è non abbiamo fretta però ne riparleremo presto, nel frattempo dici al bimbetto di non cacciarsi nei guai"
"Non preoccuparti. Da oggi sono stato assegnato come suo accompagnatore a scuola quindi farò in modo che se ne stia buono" gli feci l'occhiolino mettendo le mani in tasca.
"Perfetto e se ti scappa chiedigli qualche informazione. Ma come mai sei il suo accompagnatore?"
Ormai eravamo arrivati davanti la porta della presidenza e mi appoggiai con la schiena al muro "Al momento la sua salute non gli permette altrimenti e dal momento che frequentiamo la maggior parte delle lezioni insieme la scelta è stata ovvia" feci scrollando le spalle e scossi il capo "Io ho provato a farlo parlare ma è molto prudente e non si lascia scappare nulla"
"Lui potrebbe chiarire tutti i punti oscuri" mormorò tirando fuori dalla sua tracolla la chiave del suo armadietto e fece per andarsene al suono della campanella ma dopo un'istante di riflessione si girò di nuovo verso di me e mi sorrise malizioso "Quindi tu e Saix dormite insieme eh?"
Arrossii violentemente, toccando tutte le tonalità del rosso fino al viola e sbraitai irritato "Shut the fuck up!"

Grazie alla chiacchierata con il preside mi persi una buona parte dell'ora di scienze, verso la cui classe mi ero poi diretto con la stessa lentezza di un condannato a morte verso la sedia elettrica. Al nostro colloquio si era aggiunta anche Yuna che mi aveva spiegato di tutte le misure di sicurezza che erano state adottate dalla scuola per Roxas, come dovevo comportarmi con lui, cosa avrei dovuto fare in caso di emergenza - e soprattutto come distinguere un'emergenza da un semplice malore - mi aveva poi dato una lista con l'elenco delle medicine e gli orari in cui le doveva assumere. Insomma, per farla breve, dovevo stare appiccicato a Roxas sempre, comunque e dovunque, e meno tempo Sora e la sua ansia gli erano vicini, meglio era per tutti. Soprattutto per me perché così avrei potuto passare un sacco di tempo da solo con Roxas. Non avrei potuto chiedere di meglio.
Una volta in classe avevo ancora in testa quella breve conversazione con Marluxia, avevo capito che la cosa era grave dal suo tono serio. Non avevo capito molto della faccenda ma a quanto pare Xemnas serbava dei rancori non soltanto verso Roxas ma verso la sua famiglia, doveva infatti essere successo qualcosa anche tra il padre di quest'ultimo e quegli altri tizi dai nomi strani, qualcosa che doveva aver portato delle conseguenze negative per Xemnas. Ancora mi chiedevo come facesse l'irresponsabile Marluxia Porn ad essere sempre così furbo e perspicace, poi mi risposi da solo: probabilmente perché suo padre era lo sceriffo della contea; io invece più ci pensavo e più avevo paura che mi uscisse il fumo dalle orecchie.
Appena presi posto nel mio banco accanto a quello di Demyx decisi subito di scacciare tutti quegli strani pensieri dalla mente ed intavolare una conversazione col biondo. Era avido di notizie, glielo leggevo negli occhi, e io lo accontentai perché amavo essere sempre al centro dell'attenzione. Gli raccontai a modo mio e in maniera sommaria di Roxas, della sua casa, del giro in barca fino all'arrivo di Sora, il cattivo; ne era uscito un racconto molto fantasioso ma Dem pendeva dalle mie labbra proprio come se gli stessi raccontando un'avvincente fiaba.
"E poi cosa è successo?" chiese sottovoce ormai troppo assorto da accorgersi del professor Vexen che si era avvicinato a noi con silenziose falcate per prenderci di sorpresa.
"E poi cosa succede lo chiedo io, signor Dintch" chiese il vecchio Vexen altezzoso, accentuando con tono acuto la fine della frase e mettendosi le mani sui fianchi, tipico comportamento di quando era in vena di fare lo stronzo con gli studenti "Allora, cosa succede quando i geni di una persona subiscono una mutazione?"
Il biondo guizzò con lo sguardo da me al resto della classe elemosinando tacitamente qualche suggerimento ma non fu tanto fortunato e, dopo circa una trentina di secondi, notando l'evidente irritazione del professore, si decise a rispondere con un fil di voce "Si unisce agli X-Men?"
Per poco non soffocai dalle risate alla risposta del biondo ma anche a me toccò la sua stessa sorte e quando il vecchiaccio mi perforò con il suo sguardo di ghiaccio fui costretto anche io a sparare qualche stronzata, dato che non avevo assolutamente la più pallida idea di cosa stesse spiegando "Uhm... se non è X-Men allora sarà qualcosa come Spiderman, Batman o Fantastici Quattro... oppure Hulk?"
Se lo sguardo di disapprovazione fosse stata un'arma allora penso che a quest'ora sarei morto a causa di quella che mi riservò l'uomo.
"Okay, è assodato che non diventi un supereroe" ridacchiai imbarazzato mentre con una mano mi grattavo la nuca "Però dai, loro hanno subito una mutazione genetica e sono diventati proprio dei gran fighi... hanno saputo sfruttare la loro diversità e ne vanno fieri"
Vexen sospirò e si voltò verso il resto della classe e iniziò a camminare per i banchi con le mani dietro la schiena "Come dice il signor Moore - o almeno se ho decifrato bene i suoi pensieri - una mutazione genetica non dev'essere vista in termini dispregiativi, certo, non diventerai un supereroe ma anche un difetto negativo può avere dei lati positivi" lo vidi ritornare alla sua cattedra e dopo un veloce sorso del suo caffé amaro, si girò di nuovo verso di me e Demyx "Tali padri tali figli, anche Zell e Reno erano dei gran scocciatori ma sapevano il fatto loro... Dintch, Moore, sedetevi subito qui in prima fila e se vi trovo di nuovo occupati in pettegolezzi avrete una bella punizione"
Senza protestare facemmo come ci ordinò, più che altro perché altrimenti avrebbe iniziato un'altra delle sue litanie da vecchiaccio bisbetico, e una volta che prendemmo posto Vexen si indirizzò al suo pupillo prediletto, la luce dei suoi occhi, seduto proprio accanto a me.
"Zexion, almeno tu sapresti aiutarci?"
Il ragazzo in questione accennò un flebile segno di assenso col capo e si raddrizzò con la schiena "Una mutazione genetica è proprio quello che dice il termine. Quando prima della nascita o durante lo sviluppo si verifica il danneggiamento del dna, le cellule tentano di ripararlo, a volte con scarsi risultati, ed è questo poi che provoca il cambiamento. Le mutazioni possono essere positive ma anche negative... e queste ultime portano a problemi con il sistema immunitario, al cancro" lo vidi voltarsi appena verso di me prima di concludere la sua spiegazione "O altre malattie"
"Ottimo come sempre" proferì un compiaciuto Vexen andando ad aggiungere un'ennesima nota di merito a Zexion.
Con immenso sollievo la campanella suonò pochi minuti dopo e finalmente potei riprere la chiacchierata con Dem, ma questa volta andavo più velocemente perché a breve sarei dovuto andare a prendere in consegna Roxas dalle mani del suo lunatico fratello.
"Già non sta molto bene per questo ha bisogno di qualcuno che gli stia vicino" spiegai mettendo la borsa in spalla, Demyx era apparso davvero interessato alle condizioni di salute dell'altro biondo e ogni volta chiedeva sempre di lui "E al polso ha anche un braccialetto con su scritto il suo nome e dei codici"
"Che dici, farà parte di qualche setta?" chiese stupidamente Demyx.
"LQT2" rimarcò una voce alle mie spalle, che riscontrai essere niente di meno che Zexion "È l'acronimo della sua malattia. Dal momento che è un soggetto a rischio, semmai si trovasse a svenire in un luogo in cui non ci sono persone che sanno della sua situazione, i paramedici individuerebbero subito il problema"
Io vacillai a quella sua improvvisa intromissione, Zexion non si era mai avvicinato a me, figurarsi rivolgermi la parola! Demyx invece si strinse al mio braccio e guardò l'altro ragazzo quasi con timore.
"Ah...ehm.. grazie" mi affrettai a dire, ricordandomi che non avevo ancora detto nulla.
"Di nulla" fece spallucce "Quel pensiero sui supoereroi era interessante. Anche la malattia di Roxas è frutto di una mutazione... sai forse dovrei rivalutarti" mi passò accanto e scrutò per un istante Demyx, al quale abbozzò un timido e impercettibile sorriso "Arrivederci"
Rimasi a studiare la sua schiena che si allontanava nel corridoio ma subito Mullet-man fremette accanto a me.
"Axel ti prego, reggimi" sussurrò appoggiandosi alla mia spalla, le sue gambe tremavano violentemente e davano segno di voler cedere da un momento all'altro.
"Cazzo Dem, cos'hai? Non ti senti bene?" mi affrettai a sostenerlo.
Lui scosse il capo ma poi iniziò a ridere istericamente "Non è possibile, non è possibile"
"Che cosa?"
"Zexion!" mi guardò con occhi quasi inondati di lacrime "Non è possibile... lui... lui mi ha parlato! Anzi no, mi ha augurato un arrivederci... quindi significa che vuole rivedermi! Mi ha anche sorriso! Ommioddio mi sento quasi mancare" disse quasi in iperventilazione, facendosi aria con le mani.
A quelle parole gli diedi uno spintone "Ma vaffanculo... credevo che stessi per morire"
"Infatti per poco non sono morto! Quanto è affascinante il mio Zexy" saltellò con espressione sognante, seguendomi verso gli armadietti "Che dici secondo te ho un'opportunità?"
Mi schiaffai una mano sulla fronte, eccolo che ricominciava.
Zexion. Esattamente.
Quel tizio triste e invisibile, con i capelli grigio topo, dalla frangia emo che gli copriva un occhio, dall'espressione atona, quello che sembrava aver costruito un accampamento nella biblioteca ma che vedevo spesso in compagnia di Roxas. Avete presente il tipo no? Ebbene, Demyx era innamorato perso di lui dal primo anno ma non aveva mai avuto le palle di invitarlo fuori, in realtà non aveva neanche le palle di parlargli o guardarlo, il tutto a causa di un motivo stupido. Al primo anno Zexion gli aveva prestato il suo libro di scienze, Dem ne fu così emozionato che distrattamente ci versò sopra uno di quegli strani intrugli che dovevamo comporre e fu così terrorizzato da una sua possibile reazione negativa che si autoconvinse che Zexion lo odiasse e iniziò ad evitare qualsiasi tipo di contatto con lui. Diciamo che Demyx si era relegato in una sorta di amore a distanza ravvicinata - idiota, non trovate? - e aveva anche provato a dimenticarsi di lui andando a fare la troietta qua e là ma non ci era mai riuscito, il suo era una sorta di vero amore alla maniera Disney.
"Dem... per la milionesima volta, se non ci parli non potrai mai avere speranze con lui!"
"Come faccio a parlarci se poi mi odia?"
Sospirai pesantemente e repressi i miei istinti più selvaggi.
Fortunatamente fui salvato da un nuovo nascente piagnisteo dalla vibrazione del mio cellulare che si rivelò essere un messaggio da parte di Riku.
>>Porta il tuo culo fiacco all'armadietto di Rox, ti stiamo aspettando
Non mi ci volle molto a scaricare con malagrazia il mio amico di infanzia e correre nel corridoio parallelo dove scorsi in lontanaza Riku con due borse sulle spalle sfoggiando una delle sue migliori poker faces, Kairi armata di rossetto e specchietto che si aggiustava eventuali sbavature, Roxas appoggiato all'armadietto e un corrucciato Sora con braccia conserte.
"Moore alla buon ora!" sbraitò quest'ultimo vedendomi arrivare.
"Scusate Vexen ci ha trattenuto" dissi avvicinandomi al gruppetto.
"Anche noi abbiamo delle lezioni da seguire, la prossima volta cerca di essere puntuale"
"Sor non sono un bambino... te l'ho già detto che se voi avete da fare potete anche avviarvi, so badare a me stesso" intervenne Roxas con tono annoiato.
"E io ti ripeto che non voglio che tu stia da solo, tu sei il mio unico fratello e voglio saperti al sicuro" il castano si era girato verso di lui e aveva allargato le braccia "Dammi un abbraccio"
Roxas scosse il capo e ridacchiò mentre si avvicinava a lui e lo abbracciava.
"Mi chiamerai se c'è qualche problema?"
"Stai tranquillo Sor, ci vediamo alla fine delle lezioni"

"Certo che tuo fratello è davvero soffocante" mormorai mettendomi in spalla anche la sua tracolla.
"Già" Roxas mi seguiva a passo sostenuto e sollevò lo sguardo verso di me "Però non lo fa apposta... è terrorizzato dall'idea di potermi perdere"
A quella risposta sospirai e mi diedi mentalmente dello stupido, preferii non dire nient'altro ma allungai solo una mano verso di lui.
"Che significa?" mi chiese interrogativo spostando lo sguardo sorpreso da me alla mano e viceversa.
"Dammi la mano" dissi solamente.
"Non sono un bambino!" protestò.
"Lo so"
Al mio tono pacato sembrò ammorbidirsi "Hai paura che posso scappare?"
"Assolutamente no"
"Allora" esitò "Hai paura di perdermi?"
Quelle parole mi trafissero come una coltellata in pieno stomaco e lottai con tutto me stesso per non rispondere un malinconico "Sì".
Roxas mi piaceva davvero tanto, questo era assodato, e sapevo che era un un passo azzardato quello di innamorarsi una persona che sapevo non avrebbe potuto stare al mio fianco per sempre, ma non potevo fare a meno di stare con lui, di cercare un qualsiasi contatto con lui. Lo desideravo, volevo che fosse solo mio, volevo poterlo abbracciare senza aver paura di ciò che potevano dire gli altri, volevo sentire il caldo sapore delle sue labbra sulle mie. Volevo vedere il sorriso, sentire la sua voce e vedere il suo sguardo illuminato dalla luce di vitalità che gli avevo visto quando l'avevo conosciuto. Roxas doveva essere felice e sentirsi amato.
"Perché dovrei perderti?" risposi serio continuando a guardare il corridoio davanti a me "Dammi la mano... voglio sentirti vicino a me"
Accennò un sorriso, soddisfatto dalla mia spiegazione, e senza dire nient'altro mi strinse la mano e ci avviammo nell'aula di inglese.

Come d'abitudine, in classe ci sedemmo vicini ma evidentemente Roxas era così ben disposto nei miei confronti che fece finta di aver dimenticato il suo libro di testo e si vide costretto ad avvicinare la sua sedia al mio banco e venire a seguire con me, come se non bastasse ad un certo punto della lezione appoggiò la testa sulla mia spalla e io lo circondai da dietro con il mio braccio libero. Non lo facevo così audace ma questo suo coraggio mi piaceva, era come se per lui niente di tutto ciò fosse imbarazzante o sbagliat e assieme a lui anche io non stavo dando più peso a quello che potevano pensare gli altri. Non avevo mai indagato prima d'ora sulla sua situazione sentimentale o sui suoi gusti e lui non mi aveva mai espresso i suoi sentimenti a voce, ma riusciva a farsi capire dai gesti - lui era attratto da me quanto io lo ero da lui ed era la stessa cosa che mi aveva detto anche lui il giorno prima. Però anche se lui cercava sempre un contatto con me a volte lo vedevo quasi timoroso nei miei confronti e sembrava avesse paura di qualcosa.
Non avevo dimenticato le parole che Riku mi aveva detto il giorno prima in macchina.
"Tu sei la prima persona verso cui mostra un vivo interesse da quando Xion ci ha lasciati e in un certo senso sono felice perché finalmente si sta buttato alle spalle quella storia"
Se c'era una cosa che avevo imparato a mie spese è che quando una persona ha paura di soffrire ancora tende a spingere via tutti gli altri e rinchiudersi nel proprio mondo, questo era anche il caso di Roxas?
Ero così assorto nei miei pensieri che quando ad un certo punto lui mi avvisò che sarebbe andato in bagno e che non mi voleva tra i piedi, io acconsentii senza rendermene conto; soltanto la voce dell'insegnante mi ridestò poco dopo, chiedendomi se il mio compito non fosse proprio quello di accertarmi che lui stesse bene, e così mi resi conto che la sedia accanto alla mia era vuota.
Cazzo.
Corsi velocemente fuori dalla classe e vidi in lontananza Roxas che stava svoltando un angolo e aggrottai la fronte quando osservai che quella non era la strada per andare in bagno. Mi affrettai a seguirlo facendo del mio meglio per fare in modo che non si accorgesse di me, avevo sempre avuto la sensazione che lui mi nascondesse qualcosa e per questo colsi l'occasione al balzo. La cosa si fece sospetta quando lo vidi entrare in una classe apparentemente vuota, io rimasi fuori per spiare ma riuscii a scorgere attraverso la fessura della porta appannata la figura di Larxene in piedi al centro della stanza.
"Alla fine sei andata dal parrucchiere?"
"Sai che per il tuo affronto potrei fartela pagare molto cara, seduta stante, senza che nessuno si accorga di nulla?" sentii la di-nuovo-bionda ragazza sibilare acidamente, aveva le braccia incrociate al petto ed era appoggiata ad un banco.
"Certo che lo so" ridacchiò Roxas che non sembrava affatto intimidito "Ma tu non lo farai"
"Ah no? E fammi sapere, cosa ti fa credere il contrario?"
"Il fatto che tu sei di parola. Hai promesso che mi avresti sempre ignorato"
E in quel momento stentai a credere ai miei occhi: Larxene si strinse nelle spalle e abbassò lo sguardo, senza dire nulla. Mi appoggiai alla porta per vedere meglio ma facendo comunque attenzione a non fare rumore. Non riuscivo a spiegarmi cosa ci facessero quei due in una stessa stanza e cosa più strana ancora, Larxene sembrava astiosa ma non intenzionata a fare nient'altro al di fuori del semplice parlare, inoltre i due sembravano confidenziali. Che Roxas conoscesse anche lei? Avrei voluto entrare e chiedere spiegazioni ma ritenni più saggio rimanere fuori a spiare i loro movimenti e se le cose si sarebbero messe male allora sarei intervenuto.
"Perché l'hai fatto? Eravate tanto amiche..." prese di nuovo parola il più piccolo.
"Ma se non conosco neanche il suo cognome"
"Pantala, lo sai che non sto parlando di Belle"
Larxene nuovamente non rispose, si morse il labbro nervosamente e poi mugugnò "Moccioso... tu sai che ti odio sempre di più? Sto facendo davvero un grande sforzo per non mollarti un pugno nello stomaco"
"Ti ringrazio" ridacchiò Roxas "Non mi è nuovo il tuo astio nei miei confronti"
"Come mai hai deciso di farmela pagare dopo tutto questo tempo?"
"Era da tempo che volevo restituirti il favore, però sai sono insorti dei contrattempi... adesso però ho le ore contate e per non accumulare altri rimpianti devo fare tutto ciò che non ho fatto a tempo debito"
"Strife..." sospirò la ragazza analizzandosi le unghie delle mani come se fossero la cosa più interessante "Ti metterai in guai seri"
"Lo so"
"Non hai paura?"
Roxas sorrise strafottente "Seriamente Larx, chi credi che in una situazione come questa possa non avere paura?"
Lei lo guardò negli occhi e lo superò per poi fermarsi poco dietro di lui, ma continuava a dargli le spalle "Credi che il tuo corpo gracilino possa farcela?"
"Ce la farò, la mia volontà è più forte di qualsiasi altra cosa"
Aggrottò la fronte e serrò gli occhi quando Larxene batté un pugno sul banco e urlò dalla frustrazione.
"Eri sempre in mezzo, ovunque io andassi, tu eri sempre lì... non sopportavo il modo in cui ti guardava, l'ammirazione che provava, quel luccichio nei suoi occhi. Volevo solo qualche attenzione in più da lei! Non mi pare chiedere molto"
"E credevi il tuo comportamento da stronza l'avrebbe fatta innamorare di te?" Roxas si voltò si scatto, i suoi occhi erano accesi da un barlume di furore "Complimenti, vedo che frequentarti con Vanitas ti ha fottuto ancora di più il cervello di quanto non fosse"
A quel punto il tempo sembrò velocizzarsi.
Larxene si girò di scatto, afferrò il biondo per la felpa e lo sbatté con violenza contro il muro, io senza pensarci due volte entrai nella stanza e mi frapposi tra i due.
"Stronzetto ripetilo ancora se ne hai il coraggio!" strepitò la ragazza che ora si divincolava nella mia presa ferrea.
"Larxene lascialo andare" dissi allontanandola faticosamente una volta che riuscii a bloccarle le braccia e le mani.
"Levami subito le mani di dosso!"
"Axel che diavolo ci fai qui? Ti avevo detto di rimanere in classe" sbottò Roxas infuriato. Perfetto, io che cercavo di mantenere la situazione sotto controllo, dovevo subirmi le ire di entrambi.
"Se non fossi intervenuto Larxene ti avrebbe mandato all'ospedale"
"Lasciala andare, lei non lo avrebbe fatto!"
Non riuscii ad oppormi a quello sguardo risoluto e quando lasciai la bionda mi sentii come se mi fossi levato un peso dalle spalle... pesava davvero!
"Da quanto tempo sei qui?" mi chiese l'altro come se fosse una constatazione più che una domanda.
"Da sempre"
Larxene sgranò gli occhi "Hai origliato tutto!"
"Non preoccuparti, Axel non dirà nulla della nostra chiacchierata" Roxas sospirò, mi prese per una manica e mi portò a sedermi su una sedia poco lontano da loro "Vero Ax?"
Feci un grugnito di dissenso.
"E a chi dovrei dirlo? Anche se volessi non potrei perché non ho capito di chi diavolo state parlando. Io sono qui per Roxas e per assicurarmi che non gli accada nulla"
Vero, ma ero lì anche per scoprire cosa c'era dietro tutti i casini che ultimamente animavano la scuola, ovviamente però questo preferii tenerlo per me. Roxas annuì soddisfatto e si girò di nuovo verso la ragazza irritata.
"Con il tuo comportamento l'hai fatta soffrire, credeva che non le volessi più bene"
"Io l'amavo, Roxas, non sapevo come farglielo capire... non sapevo neanche come gestire quelle sensazioni così strane. Alla fine mi sono arresa perché il mio non era un sentimento ricambiato, se l'avessi fatto avrei rovinato la nostra amicizia" Larxene scosse la testa e con una mano si portò i capelli all'indietro "Non sono mai stata più male in vita mia, quando è successo poi avevo anche pensato di mettere il punto fine alla storia. Un epilogo squallido proprio come lo stava diventando la mia vita... Se non fosse stato per Marluxia penso che a quest'ora la mia unica conquista sarebbe stata una cassa interrata di colore bianco e una lastra di marmo"
"Ti buchi ancora?"
"No ho smesso"
Roxas inarcò un sopracciglio, scettico. Era incredibile come entrambi riuscissero a parlare di un argomento così delicato con tanta facilità, ma la cosa più incredibile è che non avevo idea che Larxene fosse stata nel giro della droga... e Roxas come faceva a saperlo?!
"Dico sul serio" rimarcò Larxene con tono annoiato "Dopo quella storia mi sono ammalata e ho passato tutta l'estate e parte dell'autunno in ospedale, ne ho avuto abbastanza"
"Lo so... all'epoca ci siamo sentiti solo tramite cellulare" mormorò lui con una punta di malinconia nella voce "Come stai ora?"
"Sto bene" Larxene incrociò le braccia "Sai che mi hanno asportato tutto... ma almeno non si sono più presentate metastasi, anche se devo sempre stare sotto controllo"
"Metastasi?" sbraitai sgranando gli occhi, non riuscendo a trattenermi.
La bionda fece una risatina sarcastica e mi guardò con sufficienza "Ho avuto il cancro, Moore. Non lo sapevi?"
"No che non lo sapevo... non me l'hai mai detto!" feci alzandomi e andando verso di lei "Stai bene?"
"A parte la sterilità sto benissimo adesso... ma non è di me che devi preoccuparti" lei si voltò verso Roxas e io feci lo stesso aggrottando la fronte. Quante cose succedevano e io non sapevo niente di niente.
"Larxene piantala di dire queste cose" sospirò lui prendendomi per mano e riportandomi di nuovo a sedere in fondo alla stanza dove stavo prima, io non opposi resistenza "È meglio per te rimanere sempre sotto controllo... non ti sembra strano che ci siamo ammalati entrambi più o meno nello stesso periodo?"
"Coincidenza vero?" lei ridacchiò con la sua solita arroganza.
Pensandoci bene anche il cancro era una mutazione genetica.
All'improvviso mi sentii tremendamente fuori posto in quella stanza assieme a due mutanti, e seppur fosse di cattivo gusto mi venne quasi da ridere al pensiero ed ero certo che anche Roxas e Larxene si sarebbero uniti alle mie risate. Quello diverso ero io in quel momento!
"Perché hai scelto proprio il blu?" chiese Roxas spezzando il filo dei miei pensieri insensati.
"Adoravo il colore dei suoi occhi"
Roxas sorrise probabilmente intenerito da tutte quelle dichiarazioni personali della bionda, neanche io avrei immaginato che potesse provare sentimenti così dolci "Lei ti ha sempre voluto bene. Ti ammirava, eri come una sorella maggiore, un modello da imitare... Però vedendo il tuo comportamento freddo e scontroso pensava di non essere più abbastanza per te"
Larxene prese a vagare per la stanza e per qualche minuto non disse niente, era nervosa ed era evidente che stava facendo un grande sforzo per non prenderci a pugni. Se era come diceva Roxas, che non avrebbe fatto nulla, allora eravamo salvi, ma conoscendola dopo si sarebbe sfogata su qualcun altro.
"Quando sono uscita dalla doccia e ho visto cosa fosse successo ai miei capelli, ho subito pensato a te... io però avevo usato pittura e non tintura"
"La tintura non si toglie... volevo che non ti dimenticassi di lei"
"Non potrei mai"
"Allora correggi la tua condotta"
Larxene lo squadrò per qualche istante, la vidi avvicinarsi pericolosamente e con un dito gli alzò il mento. Io mi misi sulla difensiva, pronto a intervenire, ma la lasciai fare.
"Non prenderti troppa confidenza, moccioso. Io faccio quello che voglio" mi lanciò un'occhiata sprezzante e continuò di nuovo "Io sono entrata nell'Organizzazione proprio per Xemnas"
"Non ne avevo dubbi" Roxas accennò un risolino sarcastico e si divincolò dalla sua presa per ritornare di nuovo vicino a me "Hai qualche notizia del capo?"
"Ancora niente"
Il capo?
Il biondo annuì e mi prese una manica per esortarmi ad alzarmi e ad uscire assieme a lui dalla classe, ma Larxene ci bloccò proprio quando stavamo sull'uscio della porta.
"Loz è stato preso"
Roxas si voltò di scatto, i suoi occhi sembravano voler uscire dalle orbite dalla sorpresa e anche io fui colpito dal sentire quel nome "Che cosa stai dicendo?"
"Quel figlio di puttana era in Cina" lei annuì e alla mancata risposta di Roxas riprese a parlare "Adesso siamo pari. Non mi piace avere debiti... men che meno con te"
"Sicuro" Roxas sorrise e assentì "Ah, Larxene?"
"Uhm?"
"I capelli biondi ti stanno meglio"

Sora, Riku e Kari si trovavano nell'altro padiglione scolastico, Naminé era impegnata ad ultimare un dipinto per la sua classe di Educazione Artistica e Zexion era scomparso dalla circolazione, quindi dal momento che eravamo solo io e Roxas e non avevo intenzione di farlo unire al mio tavolo di pazzi (un po' per non farlo spaventare dalle stranezze degli altri e un po' per tenerlo lontano da Saix), quel giorno decidemmo di passare la pausa pranzo in aula studio perstare un po' da soli.
"Conosci Larxene da molto tempo?" domandai di punto in bianco mentre armeggiavo con il mio panino e tutto il ripieno che minacciava di voler cadere fuori.
"Ehh... dalle medie più o meno" rispose giocherellando con la forchetta con i pezzi di pollo nel suo piatto "Però non siamo neanche lontanamente amici"
"Guarda, non si era notato" ridacchiai finendo il panino "Quindi se ho capito bene quella di Belle era una scusa?"
Lui annuì "Belle sarà anche una ragazza molto dolce e disponibile ma io non sono così, soprattutto se si tratta di una persona con cui non ho niente a che fare... te l'ho detto Ax, io sono cattivo ed egoista"
"Non sei cattivo ed egoista" ribadii prendendo un paio di patatine e portandomele alla bocca "Avrai anche usato questa scusa ma in realtà ti sei voluto vendicare di una persona che ha ricevuto un'offesa. Era importante per te?"
"La persona a cui tenevo di più" disse per poi prendere un altro piccolo boccone.
Mi pulii la bocca e mi fermai qualche istante a guardare Roxas che finalmente si era deciso a mettere qualcosa sotto i denti. Era così carino anche mentre mangiava che non potei fare a meno di soprenderlo scattandogli una foto proprio come avevo fatto il giorno prima in barca.
"La tua sta diventando una mania?"
"Era un momento da immortalare"
"Cosa? Il pezzo di pollo che ho appena mangiato? Già... un momento davvero significativo" commentò ironico "Tra poco dovrai iniziare a pagarmi i diritti"
"Finché posso continuerò a farti foto, sarà un piacere pagarteli" gli sorrisi ma lui mi ignorò deliberatamente, così presi una patatina fritta dal mio vassoio e gliela imboccai. Ormai anche questo stava diventando un'abitudine però a quanto pare era gradita infatti la addentò con un grande sorriso sulle labbra.
"E quindi Larxene era innamorata di quacuno che conoscevi? O meglio una lei, se ho capito bene"
"Sembra strano da parte sua ma era davvero cotta... solo che non sapeva dimostrarlo"
"Si comportava male?"
"Esatto. È sempre stata così caratterialmente però quando si è accorta che tra noi c'era una maggior sintonia, lei ha iniziato comportarsi sempre peggio per attrarre la sua attenzione. Una volta le ha rovesciato un intero barattolo di pittura azzurra addosso e l'ha derisa davanti tutta la scuola... quella è stata l'ultima volta che l'ha vista"
Io annuii ma quella spiegazione non era abbastanza per me "E ora lei dov'è?"
"Se n'è andata"
Non ero così scemo da non sapere cosa significasse una risposta del genere, ma comunque poteva avere un doppio significato dal momento che era stata pronunicata da Roxas, il signore del mistero. Così mi armai di tutta la delicatezza di cui disponevo e posi la domanda fatale.
"Dov'è andata?"
"Si è ricongiunta con sua madre"
Tirai un sospiro di sollievo e cacciai una risata "Oh... menomale! Credevo fosse morta"
"Infatti è morta, grazie della delicatezza" mormorò Roxas con espressione rabbuiata.
Cazzo!
"Perdonami Roxy... quando mi hai detto della madre credevo che si fosse trasferita" mi affrettai a dire circondandolo con un braccio e stringendolo forte a me, a volte riuscivo a diventare quasi più stupido di Demyx. Passai i successivi dieci minuti a scusarmi perché mi ero sentito davvero una merda anche se non lo avevo fatto apposta e con molta fatica ero riuscito anche a scoprire il nome della misteriosa ragazza. Xion. Doveva essere la stessa Xion di cui parlava Riku e la stessa protagonista della maggior parte delle fotografie che adornavano il muro di Roxas. Era lei la persona a cui Roxas teneva di più e per la quale Larxene aveva sofferto.
Roxas e Xion dunque stavano insieme come avevo precedentemente ipotizzato? E perché è morta?
Il biondo si appoggiò col capo al mio petto e si aggrappò alla mia felpa, non mi andava di vederlo triste ma in quel momento l'unica cosa che potevo fare era abbracciarlo più forte che potevo e fargli sapere che io c'ero per lui.
"Roxy so che forse non è il momento ma credo che questa sia una domanda importante"
"Di cosa si tratta?"
"Chi è Loz?"
"Perché vuoi saperlo?"
"Ho notato che cerchi informazioni su questo capo e Loz. Prima dell'ora di pranzo Xemnas ha ricevuto una telefonata a proposito di un certo Loz e lui si è infuriato... probabilmente gli hanno comunicato la stessa cosa che ti ha detto Larxene"
"Sì è molto probabile" assentì con un cenno stringendosi forte a me "Ma ti consiglio di stare alla larga da questa faccenda... perché Loz è il sottoposto di quello che ha ucciso Xion"

"Allora Roxy, da cosa ti vestirai stasera?"
"Axel... piantala di farmi da seconda madre, so mettere il cappotto anche da solo"
Guardai il ragazzo davanti a me e dentro di me urlai dalla gioia. Assorto dalle nostre conversazioni e senza badar troppo alle sue proteste, avevo iniziato a rivestirlo di tutto punto con cappotto, cappello e sciarpa, e dovevo ammettere ancora una volta che era davvero carino.
"Fuori fa freddo, devo assicurarmi che tu stia caldo" dichiarai aggiustandogli la sciarpa e lui sospirò esasperato "Non hai ancora risposto alla mia domanda"
"Ti ho risposto già ieri" rispose a quel punto il biondo finendo di riporre i quaderni nella sua tracolla per poi passarla a me "Io non ci vengo stasera"
Dopo la sua rivelazione, Roxas si era chiuso in un'estenuante silenzio e io avevo dovuto faticare non poco per farlo riprendere. La campanella aveva annunciato già da qualche minuto la fine delle lezioni pomeridiane e dal momento che quella sera ci sarebbe stata la festa di Halloween, tutte le altre attività e gli allenamenti sportivi sarebbero saltati, così ce la prendemmo comoda e aspettammo che la calca di gente ansiosa di tornare a casa iniziasse a scemare prima di incamminarci verso il parcheggio dove ci avrebbero aspettati Sora e Riku.
"Perché no?" mi lamentai con tono infantile.
"Perché ti ho detto di no, Roxas Strife non prende parte a queste feste"
"Neanche se ci sono io?"
"Soprattutto perché ci sei tu"
"Credevo che mi volessi bene!" protestai.
"Non ho mai detto di volertene" lui fece spallucce "Axel Moore non ha altra gente che venderebbe l'anima pur di essere in sua compagnia?"
"Certo che ce l'ho"
"Allora puoi andare alla festa con quelle persone"
"Ma io volevo andare con te"
"Perché insisti tanto? Cosa è che mi rende tanto diverso dagli altri?"
"Il fatto che tu sei speciale ti rende diverso dagli altri" dissi con fermezza piazzandomi davanti a lui "Vorresti essere il mio supereroe?"






31/10, 6:28 pm
From:
Axel Sexy Moore

Object: Mmmh
Text: Loz è stato catturato in Cina,
il suo capo ha ucciso un'amica di Roxas e Larxene,
entrambi nascondono qualcosa,
entrambi si sono ammalati nello stesso periodo

31/10, 6:50 pm
From: Marly Heidenröslein¹
Torn
Object: Re:
Mmmh
Text: Entrambi affetti da una mutazione
che si è manifestata in maniera diversa.
Cosa hai detto che aveva tua madre?



•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•


¹ Heidenröslein = rosellina della landa, protagonista dell'omonima poesia di Goethe che trovate qui.

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Capitolo 9
*** Sweeter than Cherry Coke ***


9
Viva la Vida

Nei capitoli precedenti
"Senti un po', quanto tempo ti trattieni?" perché sapevo che non sarebbe rimasto.
Mio padre sbadigliò e si stiracchiò sulla poltrona "Fino a questa sera"
Non mi sarei aspettato così presto, solitamente rimaneva un paio di giorni, ma poi mi dissi di nuovo, qui si parla sempre di Reno! Però c'era una cosa che mi dava un po' da pensare "E dov'è Rude? Giù in cortile non ho visto né la tua macchina, né la sua" Rude era il suo amico più fidato, era con lui che passava il suo tempo ed era sempre con lui che spariva sempre senza una meta precisa. Scapolo e vedovo, come si dice Dio prima li fa e poi li accoppia.
Lui prese un'altra bottiglia e la analizzò a fondo, come se fosse molto interessante, e poi rispose con scarso interesse "Oh, lui è andato a Chinatown a sbrigare qualche affare. Sarà di ritorno oggi pomeriggio"

"Quando i professori sono riusciti a bloccare Xemnas lui continuava ad urlare che gli Strife gli stavano rovinando la vita. Ho trovato dei documenti negli archivi di mio padre datati due anni fa, in cui comparivano dei nomi: Loz, Yazoo, Cloud Strife - potrei mettere la mano sul fuoco che si tratta del padre di Roxas - e altra gente. Purtroppo non ho altre informazioni perché quello stronzo deve aver scoperto che io ho le sue password e le ha cambiate tutte ma ti assicuro che con capo Saix non si riferiva al nostro Mansex e quel dormire era un messaggio in codice. Quello che voglio dire è che Xemnas è-"

"Io l'amavo, Roxas, non sapevo come farglielo capire... non sapevo neanche come gestire quelle sensazioni così strane. Alla fine mi sono arresa perché il mio non era un sentimento ricambiato, se l'avessi fatto avrei rovinato la nostra amicizia" Larxene scosse la testa e con una mano si portò i capelli all'indietro "Non sono mai stata più male in vita mia, quando è successo poi avevo anche pensato di mettere il punto fine alla storia. Un epilogo squallido proprio come lo stava diventando la mia vita... Se non fosse stato per Marluxia penso che a quest'ora la mia unica conquista sarebbe stata una cassa interrata di colore bianco e una lastra di marmo"
"Ti buchi ancora?"
"No ho smesso"

31/10, 6:28 pm
From: Axel Sexy Moore
Object: Mmmh
Text: Loz è stato catturato in Cina, il suo capo ha ucciso un'amica di Roxas e Larxene, entrambi nascondono qualcosa, entrambi si sono ammalati nello stesso periodo.

"Perché insisti tanto? Cosa è che mi rende tanto diverso dagli altri?"
"Il fatto che tu sei speciale ti rende diverso dagli altri" dissi con fermezza piazzandomi davanti a lui "Vorresti essere il mio supereroe?"


#9 Sweeter than Cherry Coke


Non guardarti indietro e affliggerti per il passato, perché se n'è andato,
e non essere preoccupato riguardo il futuro, perché deve ancora venire.
Vivi nel presente e fa che sia così bello che meriti di essere ricordato.



"Tu sei troppo importante per me e non mi stancherò mai di dirlo, non ho mai amato niente e nessuno, così tanto, come amo te... neanche la coca cola alla ciliegia. Non c'è una minima parte del tuo corpo che non mi faccia eccitare, se potessi ti porterei a letto in questo momento" sussurrai con tono serio e feci una breve pausa mentre ascoltavo la musica ad alto volume diffondersi nell'ambiente. Afferrai il telefono cordless e me lo portai con mosse sensuali alla bocca "You're the one that I want uuh uuh uuh, the one I want uuh uuh uuh, the one I need, oh yes indeed" iniziai ad intonare con degli acuti che farebbero venir voglia al povero John Travolta di suicidarsi e rivoltarsi nella tomba, il tutto mentre sculettavo per il bagno e cercavo di palpare il mio riflesso allo specchio. Purtroppo non ero riuscito a trattenermi quando, una volta indossato, avevo constatato che quel vestito per la serata da Danny Zuko¹ mi faceva più sexy del solito.
Afferrai il pettine e con l'ausilio del gel mi acconciai meticolosamente i capelli all'indietro "Però, mio amato Axel, non voglio che tu la prenda a male ma devi sapere che adesso c'è un'altra persona nel mio cuore e ha gli occhi più belli che io abbia mai visto, si chiama Roxas ed è-"
Le mie parole furono troncate dall'improvviso squillo del telefono che avevo ancora nell'altra mano e aggrottai la fronte quando sul display apparve un numero strano con un prefisso ancora più improbabile.
"Pronto?" risposi annoiato, pronto subito a troncare la conversazione immaginando che fosse qualche venditore o qualche call center ma sussultai dalla sorpresa quando riconobbi la la voce del mio interlocutore.
"Pronto, Axel"
Trattenni il fiato e strinsi la cornetta nella mano, in attesa di sentirlo nuovamente parlare.
"Tra qualche giorno torno a casa, sei felice?"
Era mio padre, il suo tono era stanco e leggermente roco rispetto al solito e sembrava essere molto lontano, ma l'avrei riconosciuto tra mille anche senza presentazioni e subito fui attraversato da un'ondata di contentezza. Erano forse mesi che mio padre non mi faceva una telefonata, e, certo, l'avevo visto per una manciata di minuti qualche settimana prima ma poi subito dopo era sparito di nuovo come tutte le altre volte. Reno non era tagliato per fare il padre e il fatto che non si fosse mai comportato come tale non significava che non mi volesse bene, anche se era lontano o assente o non parlavamo quasi mai lui non mi aveva mai fatto mancare nulla e sapevo che in caso di bisogno lui c'era sempre. È solo che la morte di mia madre era stato il colpo di grazia per la sua sregolatezza.
"Ci sei, Ax?"
"S-sì, pronto"
"Questa volta mi tratterrò un po' di più. Sei felice allora?" continuò facendosi più vispo nel sentire la mia voce..
"Sì, sono felice" sussurrai abbozzando un sorriso e socchiudendo gli occhi mentre con la schiena mi appoggiavo al muro piastrellato del bagno.
"La settimana prossima ti porto a vedere la partita dei Lakers"
"Cosa si festeggia?" fu la mia domanda nell'udire quella vena di eccitazione che sembrava diventata una caratteristica ormai cancellata dalla sua persona, lui temporeggiò un breve istante .
"Il mio ritorno a casa... e il fatto che rivedrò mio figlio"
"Saranno anni che non ti sento così felice. Che ti è successo tutto d'un tratto?"
"Ho concluso un buon affare che mi trascinavo da molti anni. Ma adesso basta altrimenti assomiglieremo a due ragazzine adolescenti" disse lui con una risatina che contagiò anche me "Ehi Axel?"
"Uhm?"
"Quando torno ti va di andare a trovare la mamma?"
Decisamente doveva essere successo qualcosa di estremamente bello a mio padre da spingerlo a parlare così ed io ero felice di sentirlo così allegro. Quello di mia madre era un argomento taboo in sua presenza e ogni volta che la si citava lui si ammutoliva di colpo e si attaccava ad una bottiglia di liquore (la birra era troppo poco efficace per quelle occasioni).
Io risposi affermativamente e attaccammo un paio di minuti dopo perché disse che da lui era quasi l'alba e stava telefonando da uno di quei centri per chiamate intercontinentali, da questo ne dedussi che era finito dall'altra parte del mondo. Giusto per curiosità andai a rivedere il prefisso e no, non mi diceva nulla - fortuna che esisteva Google per qualsiasi esigenza ma quando ebbi la risposta mi chiesi se forse non sarebbe stato meglio rimanerne all'oscuro. Era il prefisso della Cina.
Ormai la Cina sembrava essere una persecuzione.
Anche il tipo di cui parlavano Marluxia e Larxene era stato catturato lì.
Era una coincidenza? Mio padre poteva davvero avere qualcosa a che fare con quel tizio di nome Loz che era legato a Xemnas? Dopo un istante di serietà scoppiai in una fragorosa risata, la risposta era semplice: ovviamente no, mio padre era un uomo di affari e come lui stesso aveva detto, aveva appena concluso un buon lavoro quindi non c'era assolutamente alcun dubbio sul fatto che i due avessero qualche legame. Era una coincidenza, basta, e poi in Cina ci sono quasi un miliardo e mezzo di persone. Anche se, quella strana felicità che lo animava mi dava da pensare.
Fatti, fatti, fatti. Affrontali e mettiti l'anima in pace.
Con un pesante sospiro andai a spegnere la musica che era ancora in riproduzione in camera mia e andai a finire di prepararmi. Quella sera non avevo proprio voglia di andare alla festa senza Roxas.

Le luci colorate allestite in palestra inondavano con tutta la loro forza l'ambiente che di sportivo ormai conservava solo i tabelloni segnapunti appesi alle pareti e l'inconfondibile puzza di sudore, ormai così impregnato nell'ambiente, che neanche tutte le pietanze presenti in sala riuscivano a coprirlo.
Avevo passato una buona parte del mio tempo dietro le quinte del palco che avevano montato per tranquillizzare un agitato Demyx che era stato colpito dall'ansia della prima esibizione, ma io sapevo che sarebbe andato alla grande. Beh... un diciassettenne che girava in mullet, con un sitar gigante blu elettrico e un eccentrico abito da Tony Manero² non dava proprio l'idea di grande affidabilità. Però quando iniziava a suonare sapeva il fatto suo.
"Ma come cazzo abbiamo fatto a vestirci entrambi da John Travolta?" domandai soffiando il fumo della sigaretta a boccate. Eravamo vestiti in due modi totalmente differenti ma entrambi i nostri personaggi erano stati animati dallo stesso grande uomo... almeno io ero la versione sexy!
"Perché a furia di stare insieme forse ci influenziamo a vicenda" ipotizzò il biondo togliendomi la sigaretta dalle labbra e la spense poi con la punta del proprio piede, io non dissi niente solo perché era Dem "I tuoi capelli rossi però sono inappropriati per il personaggio... avresti dovuto usare una parrucca"
"Scherzi? Non potrei mai indossare una schifezza del genere sui miei capelli, sarebbe un affronto al mio sex appeal!" sbottai indignato rientrando nel camerino assieme a lui "Allora ti senti pronto per stasera?"
"Prontiiiiiissimo"
"Si può sapere qualche titolo in anteprima?"
"È una sorpresa! Ti dico solo che tutte le canzoni sono accuratamente scelte per delle persone in particolare"
"Allora speriamo che Zexion abbocchi all'amo" io ridacchiai ma Demyx subito si lasciò cadere su una sedia a peso morto e mi guardò con espressione afflitta "Oh... se Zexy ricambiasse... sarei il ragazzo più felice sulla faccia della terra"
Incrociai le braccia al petto e sbuffai "Se non ti dichiari tu lo farò io al posto tuo"
"Non posso!" sbraitò lui allarmato "Ti ricordo che stiamo parlando di Zexion e non di una persona qualunque!"
"Potrei rigirare la frittata a tuo sfavore volendo" mormorai accennando una risata ma poi mi piegai sulle ginocchia per arrivare a guardarlo con serietà negli occhi "Ascoltami Dem, tu per me sei come un fratello, ci conosciamo da così tanti anni che posso dire di aver passato più tempo con te che con i miei genitori. Abbiamo condiviso tante cose insieme, giochi, avventure, vestiti e persino il letto" a quel punto ci fu una risatina da parte di entrambi "Non in quel senso! Ma mi hai capito. Tu mi hai aiutato molto in tutti questi anni e sei stato l'unico ad essermi stato vicino dopo la morte di mia madre. Ora però voglio dirti una cosa... se persino una cosa ignobile come Internet Explorer ha il coraggio di chiederti di essere impostato come browser principale, non dirmi che tu non puoi chiedere a Zexion di uscire! Adesso alza le chiappe da questa fottuta sedia, impugna il tuo sitar e fallo innamorare della tua musica"
Il biondo mi guardò in tralice dal basso per un lungo istante ma poi sospirò pesantemente e accennò un sorrisetto divertito "Ti odio e ti adoro così tanto che non saprei neanche cosa dirti"
"Assicurami solamente che dopo il tuo concerto lo inviti a prendere un milkshake alla tavola calda in fondo alla strada"
"Ma... ma lì si rintana sempre Kairi con le sue amiche!" tentò di protestare.
"Appunto, c'è bisogno che qualcuno ti controlli!"
Demyx si mise a sbraitare qualcosa di non propriamente traducibile, le uniche cose che riuscii ad afferrare furono "Vaffanculo Ax, con tutto il cuore"
Io ridacchiai e uscii dallo stage non prima di avergli mollato una sonora pacca sulla spalla e avergli augurato buona fortuna.

La situazione in sala non era poi tanto lontana dalle mie aspettative: in un angolo c'era Luxord che aveva occupato un enorme tavolo e lo aveva allestito come postazione da poker e roulette, accanto a lui c'era una piccola folla di gente tra cui scorsi anche Yuffie vestita da ninja e quel tipo strano di nome Vincent Valentine, vestito da vampiro. Lui non era uno studente come noi, era molto più grande, ma era un amico di vecchia data della ragazza e lei non mancava di invitarlo in qualsiasi occasione prendesse parte, che si trattasse di festa a scuola o con gli amici fino a farsi giustificare da lui, spacciarlo per il proprio fratello maggiore.
In giro per la palestra incontrai Xigbar e Xaldin che, ormai già euforici, correvano urlando oscenità vicino alle ragazze single nella triste speranza di ottenere qualcosa di non ben identificato. In un angolino, assieme a Tidus e Vaan, scorsi la faccia apatica di Zexion che tentava invano di scostarsi dall'esuberanza degli amici... probabilmente anch'essi brilli. Intravidi poi Larxene vestita da coniglietta di Play Boy, che come ogni anno, era l'addetta al reparto alcolici - essendo una festa scolastica essi erano vietati, ma lei aveva sempre l'abilità di procurarne e se il pagamento diventava più alto o interessante lei era disposta a preparare anche qualche cocktail bello potente.
"Ti trovo in forma questa sera" commentò con la sua voce squillante passandomi accanto mentre reggeva un vassoio di cicchetti, nonostante fosse palese che non gliene fregasse un cavolo.
"Anche tu lo sei. Che ne dici di terminare la serata in maniera focosa?" ridacchiai malizioso ma non facevo sul serio.
"Cerchi compagnia?" lei mi lanciò un'occhiatina divertita dall'angolo dell'occhio e rise "Fai il bravo e torna nella tua cuccia, se ti comporti bene troverai un bell'osso da mordicchiare"
"Non mi piacciono gli ossi, preferisco la sostanza" ressi il gioco.
"Oh... allora ti conviene far nutrire di più il cagnolino pelle e ossa che ti scodinzola dietro"
"Farò del mio meglio" alzai il pollice della mano in senso affermativo "Sai... se fossi in vena ti sbatterei sul tavolo di Luxord e ti farei le feste"
"Ma sei così gay che quando lo facciamo tu immagini che io sia ogni volta qualcuno di diverso... sbaglio o l'ultima volta ti è scappato un certo nome che conoscevi a stento?" fece maliziosa.
"Avevo pensato a lui perché si comportava in maniera strana" feci spallucce abbassando il tono a causa dell'imbarazzo.
"Ne sei innamorato marcio!" lei rise.
"Non è vero" bottai tirando le labbra.
"Ormai sei irrecuperabile"
"Irrecuperabile come quel cicchetto che non ho ancora avuto?"
Improvvisamente sentii un peso estraneo su di me e un braccio, foderato da una stoffa scintillante, aveva circondato il collo mio e quello di Larxene.
"Larxy ti sto aspettando da ore per quel tesorino" continuò la voce, questa volta lagnosa, e vidi una mano allungarsi verso in vassoio della ragazza seccata. Guardai Marluxia con fare perplesso ma non più di tanto: indossava un luccicante completo stile drag queen che mi ricordava tanto Jem e le Holograms... sì perché sfoggiava anche una sottospecie di make up al quale non seppi dare un aggettivo adatto a descriverlo(Spaventoso non dava l'idea).
Diceva che quella sera aveva deciso di andare a fare spettacolo sul palco assieme alla band e aveva bisogno di rinforzi che solo Larxene poteva offrirgli.
"Dov'è il nanetto?" il suo alito alcolico mi colpì come un pugno nello stomaco.
Per quale motivo non avevo ancora iniziato a bere? Ah già, per non cacciarmi ancora nei guai.
Feci spallucce e scossi il capo "Non è voluto venire"
"Oh..." fece una volta e poi produsse un altro paio di volte dei suoni simili.
Larxene se lo scrollò di dosso e se ne andò per la sua strada, Marluxia mi rimise un braccio attorno alle spalle e avvicinò le sue labbra al mio orecchio "Avrei voluto fare due chiacchiere con lui riguardo i Silver Haired Men"
Gli lanciai un'occhiata perplessa "Chi diavolo sono?"
Lui rise e si appigliò a me perché le sue gambe traballanti non riuscivano a fare il loro dovere "Hai mai sentito parlare di Sephiroth?"
"Sephiroth?" feci eco pensando di essermi sbagliato "Quel pazzo criminale?"
"Esatto, proprio lui"con un abile gesto si portò il cicchetto alla bocca e lo finì in un sorso, dall'espressione tirata che aveva fatto compresi che doveva essere davvero forte.
"E cosa c'entra Roxas con questi Silver Haired Men e Sephiroth?" domandai mentre lo trasportavo con cautela verso una sedia e lo feci sedere.
Marluxia mi scrutò con occhi lucidi e uno stupido sorriso sulle labbra "Te ne parlerò quando mi riprenderò dalla sbronza colossale che avrò tra non molto" riprese a ridere e dalla giacca cacciò una bottiglia di birra.
"Aspetta un momento... Sephiroth non è morto anni fa?" mi affrettai a chiedere bloccandogli il polso con una mano in modo che non potesse bere.
Il ragazzo mi guardò con un'aria tutt'altro compiaciuta dal mio gesto "Sephiroth è ancora vivo" mugugnò con voce impastata mentre si liberava della mia presa "Lo sarà sempre finché ci saranno seguaci"
A quel punto sospirai pesantemente, deciso ad accantonare quell'argomento, e lo lasciai al suo passatempo, preferendo vagare senza interessi precisi per la palestra. Che senso aveva rimuginare su delle cose che neanche sapevo?
Poco prima avevo mandato un messaggio a Roxas chiedendogli cosa stesse facendo e lui mi aveva risposto che si stava preparando perché doveva vedere qualcuno, le mie speranze si erano accese per qualche istante pensando che volesse venire alla festa ma a quel punto il biondino mi aveva mandato a quel paese. Dopo quel messaggio il mio umore era più basso del suolo che stavo calpestando e con passo ciondolante mi avvicinai al tavolo dei drink e presi un bicchiere di un intruglio analcolico di succhi di frutta mentre mi scervellavo su chi potesse essere il traditore con cui si sarebbe visto il biondo.
"Sembra l'angolo degli sfigati senza accompagnatori" commentai alzando il bicchiere in segno di saluto e sfoggiando il mio miglior sorriso da gentiluomo stronzo "Salve signore, anche voi sole?"
Kairi mi guardò torva dall'interno del suo sfarzoso e ingombrante vestito da principessa, mentre una più sobria Naminè, con un candido vestitino da angelo, mi salutò con un debole cenno del capo, entrambe erano attaccate a due bicchieri pieni fino all'orlo.
"Io vorrei sapere che diavolo ho fatto di male per capitare in una scuola simile" abbaiò la rossa più a se stessa che ad altri mentre si versava il bis "Possibile che tutti i ragazzi più sexy si rivelano essere sempre gay?"
"Stai facendo qualche allusione?" ammiccai malizioso, dandole una leggera gomitata nel fianco.
Lei grugnì un dissenso e Naminè mi fece cenno di guardare dall'altra parte della sala dove quello che sembrava un audace Frodo Baggins si stava arrampicando addosso a un non tanto rugoso Gandalf e stava tentando di esplorarne con la lingua l'intera cavità orale. Una scena orripilante.
"Sapevo del coraggio degli Hobbit ma non pensavo che potessero spingersi a tanto" commentai disgustato portando il bicchiere alla bocca e per poco non mi affogai quando constatai che il sapore non era assolutamente quello di un normale succo di frutta.
"Quello è Sora... ubriaco fradicio" spiegò affranta "E l'altro è Riku... e io sono disperata"
Rimasi così sconvolto dalla notizia che per poco non mi strozzai e una volta ripresomi mi girai verso le due ragazzine "Non mi era nuova l'idiozia di Sora ma... ubriacarsi col succo di frutta?!"
"Quella roba è corretta, Larxene ha dato il meglio di sé stasera" intervenne Naminè dopo aver vuotato il suo bicchiere con una velocità da far paura e andò subito a riempirsene un altro "Non ho ancora ben capito se sia rimasta scossa dalla chiacchierata con Roxas o se abbia finalmente trovato la pace eterna. Fatto sta che ci ha regalato una grandissima serata"
"Ma concentrati sul problema principale: la pomiciata di Sora e Riku" Kairi mi si avventò quasi addosso e mi prese il bicchiere di mano vedendo che io non ero molto interessato al contenuto.
"Hai ragione, Kai. La questione è importante" ridacchiai per sdrammatizzare "Ho vinto la scommessa e devo andare da Yuffie a ritirare i soldi"

Ma nel mio campo visivo apparve un fugace bagliore azzurro e mi fermai d'improvviso. Era stato un istante, veloce, sfuggente, eppure quel poco era bastato ad imprimermi quella luce in mente. Era un azzurro familiare, sapevo di averlo già visto da qualche parte ma non avevo idea di dove. E senza neanche pensarci, ignorando tutte le proteste di mia cugina, iniziai a correre tra la folla che animava la grande palestra in cerca di quella candida macchiolina che con forza aveva strappato la mia attenzione da tutto il resto, ma quando Demyx salì sul palco per cantare e le luci si abbassarono abbandonai le mie ricerche perché probabilmente, mi dissi, dovevo essermi immaginato tutto.
Lanciai un'occhiata al mio amico che salutava gioioso il pubblico - mi fece anche un cenno quando mi ebbe individuato - e impugnava il suo sitar per dare inizio al concerto, alla tastiera accanto a lui c'era anche Lexaeus con un parrucchino biondo, era vestito da... He-Man?!
Feci un sospiro sconsolato e andai a cercarmi un posticino più appartato dove poter stare un pò per i fatti miei. Se la serata sarebbe continuata così, presto me ne sarei tornato a casa per una maratona di videogiochi ma proprio quando misi piede nella palestra adiacente non potei fare a meno di sussultare alla vista di ciò che mi ritrovai davanti.
"Pianifichi un bagnetto notturno in pieno inverno?" domandai mettendo le mani in tasca mentre mi addentravo nell'ambiente vuoto, se non fosse stato per quella figura. La figura in questione era rannicchiata sul blocco da cui ci si tuffava della piscina olimpionica e si girò di scatto verso di me, mostrando un espressione di puro stupore.
"Scommetto che l'acqua è calda" non gli ci volle molto per ricomporsi e voltarsi di nuovo verso la superficie limpida.
Io mi feci avanti fino ad affiancarlo e lanciai qualche occhiata al ragazzino raggomitolato accanto a me: aveva una parrucca argentata, quasi azzurrina, un felpone blu, un pantalone marrone che gli arrivava ai polpacci e i piedi nudi che ciondolavano ai lati del blocco piastrellato.
"Tu chi saresti?"
"Jack Frost" rispose lui con nonchalance senza neanche voltarsi, proprio come i vecchi tempi.
"E perché te ne stai qui da solo?" domandai sedendomi accanto a lui .
Lui fece spallucce "Volevo un po' di tranquillità"
"Intendo dire, cosa ci fai qui stasera?" io scossi il capo e mi sporsi di più verso di lui "La persona con cui ti dovevi vedere allora ero io, Roxy?"
Le pallide guance del ragazzino accanto a me si velarono di rosa e lui si scostò malamente e abbassò il volto "Ti ho già detto che io sono Jack Frost"
Io risi, intenerito dall'imbarazzo del più piccolo "Okay Jack Frost, come mai sei venuto qui?"
"Perché non avevo di meglio da fare"
"O perché in realtà c'era qualcuno che volevi vedere?" io sorrisi sfacciato ma dal momento che lui non mi guardò, io gli presi il mento con il pollice e l'indice e gentilmente girai il suo volto verso di me "Credevo di averle immaginate e invece erano proprio loro, le due pozze celesti che mi avevano letteralmente rapito"
"A-Axel... che stai dicendo...?" balbettò impacciato socchiudendo gli occhi per non guardarmi ma io lo pregai di riaprirli.
"Mi ricordano il cielo d'estate" continuai una volta che mi regalò un altro bellissimo sguardo e lo sentii sussurrare mentre si sedeva più vicino a me.
"Non ha senso questo paragone"
Io ridacchiai.
"Sai, quando ci sono le belle giornate mi piace andare al parco, stendermi sul prato e fissare il cielo sereno... i tuoi occhi mi danno la stessa sensazione di tranquillità"
Roxas accennò una leggera risata e si strinse a me "Sto cercando di convincermi che sei ubriaco proprio come gli altri... eppure non riesco a sentirti nessuna puzza addosso, a parte quella di fumo"
"Perché non ho bevuto. Sarebbe stato più semplice essere te stesso se io fossi stato ubriaco?"
Lui piegò le labbra in un leggero sorriso "Probabilmente sì"
"Ma a me vai bene così" sussurrai accerchiandolo con il mio braccio.
Ci fu un breve istante di silenzio in cui lui si staccò appena da me per guardarmi con aria scettica e io ridacchiai "Guarda che è vero" ma questo non modificò la sua espressione, anzi continuò a scrutarmi ancora e ancora.
"È complicato" sussurrò aggrottando la fronte.
"Che cosa è complicato?"
"Tutto"
"Se non mi dici cosa c'è che non va io non capisco"
Stirai le labbra in una smorfia pensierosa e portai una mano sulla sua liscia guancia, per una volta avrei tanto desiderato che mi parlasse apertamente senza essere così criptico, senza nascondermi tutto, perché tutti quei silenzi in un modo o in un altro mi preoccupavano. Come potevo prendermi cura di lui se non mi diceva ciò che pensava?
Roxas mi guardò malinconico e fece per parlare ma poi si ritrasse di nuovo e rimase in silenzio.
"Rox?"
"Sei mai morto per amore?"
Rimasi interdetto da quella domanda. Non riuscivo a capire se mi stesse prendendo in giro o se dicesse davvero, la risposta era ovvia, come si può chiedere ad una persona viva se fosse mai morta? Eppure la sua espressione era seria, così io scossi il capo in segno di diniego.
"Io sì" lo sentii sospirare solamente e non sembrava voler dire nient'altro a riguardo "La senti?" mi chiese dopo qualche istante di silenzio.
Quella domanda improvvisa mi fece trasalire, io stavo ancora cercando di capire cosa gli frullasse in testa.
"Cosa?"
"La musica"
Battei un paio di volte le palpebre e rimasi sorpreso da quell'improvviso cambio di argomento e scossi appena il capo perché a dire la verità non ci avevo proprio fatto caso da quando Dem aveva iniziato a cantare. Era in lontananza ma a giudicare dalla base quella doveva essere un'altra canzone dei Mayday Parade, Mullet-man li adorava.
"She fell to the bottom of her life... this wasn't meant for two" la voce di Roxas si sovrappose a quella di Demyx e sul suo volto si dipinse un'espressione affranta mentre con una mano andava a cercare la mia per stringerla, non ci voleva un genio per capire a cosa si stava riferendo "She struggled to find herself in time but she could barely move"
"Just try to get up, you gotta slowly brush off. I know that words aren't enough but you're better than this" mi intromisi io anche se non ero intonato come lui.
Lui mi gettò un'occhiata e sospirò prima di riprendere a cantare "He tourns the pages every day just to change the mood, but every chapter reads the same... it's so hard to make it through... save your heart for someone that's worth dying for"
"Torn apart, never getting what you've been crying for..."
"It's always the same" lui alzò la voce e serrò gli occhi, stringendosi nelle spalle "And you give and they take, and it's love that you want but not love that you make... Save your heart for someone that's worth dying for"
Io scossi il capo e lo guardai deciso "Save your heart for someone who leaves you breathless and I know that you're scared, seems like someone said you had it in you. All along you said you knew this was wrong-"
"But still worth dying for!" lui mi interruppe con determinazione "And you give and they take, and it's love that you want but not love that you make... Save your heart for someone that's worth dying for. Don't give it away³~"
Quando la canzone terminò ci rendemmo conto che eravamo così presi da quello scambio di quasi-opinioni che non ci eravamo resi conto di esserci alzati in piedi, mani nelle mani e ci guardavamo negli occhi, entrambi con il sorriso sulle labbra. Quella era la canzone perfetta per il momento e mi chiesi se Demyx non l'avesse scelta apposta per noi: Roxas non riusciva ad avvicinarsi a nessun altro a causa del fantasma di Xion che probabilmente lo tormentava, la mia ipotesi su una possibile relazione tra i due si faceva sempre più forte ogni momento che passava ma come si dice, il passato è passato e va buttato alla spalle. Doveva smettere di vivere nel passato e accettare quello che gli offriva il presente, io volevo essere il suo presente.
"È curioso..." incominciò Roxas con un po' di fiatone, senza mai interrompere il contatto visivo "Tu hai detto che i miei occhi sono come il cielo. Cielo, nuvole, stelle... sogni e desideri, spensieratezza e speranza: aspetti che non sembravano esistere nella tua apatica vita. Mentre i tuoi sono verdi, come l'erba... quella che non ho quasi mai sotto i piedi perché sono un sognatore, sempre campato di illusioni e favole. Ma possiamo completarci a vicenda: i miei occhi potranno essere il tuo cielo, ed i tuoi la mia terra"
La mia mente sembrava come sgomberata in quel momento, la sua voce era come un'armoniosa melodia alle mie orecchie, tutto quello che era attorno a noi all'improvviso scomparve e per la prima volta in tutta la mia vita il mio cuore si aprì completamente.

Roxas, forse tu non lo sai quanto sei speciale.
Quanto debole, e freddo, e vuoto ero fino a quando non ho incontrato te. Quanto codarde fossero le mie dita prima che si intrecciassero per la prima volta con le tue. I tuoi palmi così gentili, che poco alla volta, avevano il potere di scaldare il mio cuore. Le tue mani che con forza mi avevano trascinato alla luce e mi avevano spogliato di ogni traccia di oscurità che mi avvolgeva. I tuoi occhi che, pretenziosi, riuscivano a leggere ogni aspetto della mia anima.
Dimmi Roxas, hai idea di quanto tu mi abbia salvato?

Per un lungo momento dopo quella dichiarazione a tutti gli effetti non riuscii a spiaccicare parola, complice anche il fatto che le voci ubriache di Sora e Riku si stavano avvicinando all'entrata, riportandoci così alla realtà, ma riuscii a stringere solo di più il biondo a me "Ti fidi di me?" sussurrai con dolcezza.
Lui non fece nient'altro che un cenno del capo, afferrò le sue scarpe, e di corsa lo portai con me verso l'uscita di sicurezza che dava nel giardino - ci fermammo giusto un minuto nella rientranza della parete per vedere i due che avevano raggiunto la palestra in cerca di intimità. Si stavano baciando, ma non baciando normalmente, il loro era un vorticare frenetico di mugolii, rantoli e palpate tipiche di due selvaggi. Io rimasi a ridacchiare ma Roxas tentò di trascinarmi via affermando di non voler essere partecipe delle attività sessuali di suo fratello.
Ridendo, senza un motivo ben preciso ma solo felici di essere insieme, corremmo attraverso il cortile e lungo il marciapiede, fino ad arrivare nel vialetto di casa mia dove sfoderai le chiavi della mia cabriolet nera come la notte che avevo parcheggiato in strada.
Non volli dire nulla a Roxas sulla meta, volevo che tutto fosse perfetto quella sera.
Mentre guidavo ogni tanto lanciavo delle occhiatine divertite al ragazzino seduto accanto a me e non riuscii a trattenermi dall'esprimergli quanto fosse carino con quel travestimento.
Lui di tutta risposta si tolse la parrucca e sbuffò imbarazzato, rivelando le sue bionde ciocche ribelli "Anche tu stai bene conciato in quel modo" borbottò giocherellando con i ciuffi della parrucca argentea.
Il viaggio durò al massimo una ventina di minuti, compresa una brevissima sosta al primo minimarket che trovai per fermarmi a prendere due cherry cokes in modo da addolcire ancora di più la serata.
"Allora dove siamo finiti?" mi chiese il biondo per la prima volta quando parcheggiai la macchina in una rientranza della strada, lasciando però i fari accesi, e gli feci cenno di scendere. Lui si guardò attorno ma tutto ciò che poteva scorgere, luce permettendo, perché era tutto buio, era la fitta vegetazione che si susseguiva ai lati dell'intestatale e poi lo vidi quasi rabbrividire - comprensibile dal momento che a prima vista sembrava uno di quei posti in cui un serial killer avrebbe seppellito qualche cadavere.
"Ti fidi?" gli sussurrai ancora una volta prendendogli la mano libera - l'altra reggeva la sua cola preferita.
Esitante, lui rispose "Certo"
"Bene" sorrisi avvolgendo il mio braccio attorno alla sua vita e avvicinandolo di più a me mentre ci incamminavamo tra le sterpaglie "Non essere così nervoso, rilassati. Lo so che sembra un posto sospetto ma ti prometto che non te ne pentirai"
Roxas prese un altro sorso dalla sua cannuccia e annuì lievemente, stringendosi al mio busto.
I fari accesi dietro di noi ci aiutavano un po' a vedere ma fortunatamente conoscevo la strada a memoria perché ci ero stato moltissime volte in passato, quindi ci vollero solo un paio di minuti per arrivare alla nostra meta.
Quando ci fermammo sentii il biondo irrigidirsi accanto a me e io mi abbassai al suo orecchio "Adesso cammina nel campo davanti a te, alza lo sguardo e dimmi se non è la cosa più bella che tu abbia mai visto"
Roxas era immobile ma non sembrava convinto di ciò che gli stessi dicendo.
Ci trovavamo in un campo aperto, immerso nell'oscurità più totale, l'erba gli arrivava quasi alle ginocchia. L'unica cosa appena visibile erano gli alberi dietro di noi, la luna alta in cielo e qualche rara stella.
"Vai" lo incitai gentilmente.
Il biondo annuì e mi passò la sua bibita "Vado" rispose in un sussurro facendo un piccolo passo avanti.
Il mio braccio scivolò dalla sua vita quando mi passò il bicchiere e anche se avevo entrambe le mani occupate - perché reggevo anche la mia coca - gli diedi una leggera spinta in avanti e lo vidi allontanarsi da me con estrema lentezza. Dopo un paio di passi però sussultò e si abbassò un po' verso l'erba, doveva averle viste e io mi incamminai verso di lui. Le lucciole salivano dall'erba così come camminavamo, come se disturbassimo il loro pacifico riposo e illuminavano l'oscurità.
Nell'arco di pochi minuti diventavano sempre di più, cento, mille, milioni e noi fummo sommersi dalla brillantezza delle stelle e delle lucciole che ci avvolgevano e vidi Roxas ridacchiare come una ragazza e guardarsi attorno in estasi - aveva iniziato a corre per il campo e più correva e più le lucciole aumentavano e più esse aumentavano e più lui era felice.
E io improvvisamente sentii come un pugno di ottimismo dritto in faccia. Non lo avevo mai visto così felice, mai... e quella era la più bella cosa che avessi potuto mai vedere in tutta la mia vita.
"È bellissimo qui" quella voce familiare, ora sicura di sé, sfiorò le mie orecchie "Grazie per avermici portato"
Io lo guardai avvicinarsi, gli diedi di nuovo il suo bicchiere e accennai una risatina alla vista del leggero rossore che imporporava le sue guance "Ci vengo spesso qui " dissi portandomi la cannuccia della mia coca cola e prendendo un sorso "Quando ho voglia di stare da solo ed allontanarmi da tutto, solo per rilassarmi e pensare in silenzio"
"Non hai mai portato nessuno qui?"
"No, tu sei la prima persona a cui lo abbia mostrato... potrebbe essere..." mugugnai il resto della frase sottovoce mentre voltavo il viso che sentivo andare in fiamme.
"Che cosa?" fece Roxas piazzandosi davanti a me in modo che fossi costretto a guardarlo.
"Dicevo... potrebbe essere il nostro rifugio segreto" dissi ancora imbarazzato e subito mi piazzai la cannuccia in bocca per trovarmi un altra occupazione.
Per la prima volta mi regalò un sorriso sincero che gli illuminò il volto "Certo"
Detto questo lo vidi buttarsi a terra, steso, con braccia e gambe spalancate e io mi sedetti accanto a lui.
"Sono felice" lo sentii mormorare mentre appoggiava la testa sulle mie gambe "Sono davvero felice"
Io iniziai ad accarezzargli con delicatezza i capelli mentre continuavo a sorseggiare la cola "E io sono felice che tu sia felice"
"Grazie ancora"
"Per averti portato qui o per la coca cola?"
Roxas ridacchiò. Abbandonò il suo bicchiere nell'erba e con una mano prese ad accarezzarmi una guancia e poi da lì iniziò a tracciare il profilo del mio volto "Per tutto" e fermò il dito proprio sulle mie labbra "Non credevo che sarei stato capace di provare ancora un simile sentimento... e questo è tutto merito tuo Axel" sussurrò lui.
"intendi dire per la storia di Xion?"
Lui sospirò e portò lo sguardo al cielo "Ax ci sono così tante che non sai..."
"Allora dimmele!"
"Vorrei che tu ne restassi fuori... penso che ti sei fatto un'idea di me diversa da quella vera"
"Questo perché non mi dici nulla!" protestai avvicinandomi a gattoni "Io ho sempre saputo che nascondi qualcosa: quell'aria malinconica che ti porti dietro, la conversazione con Larxene, le fotografie di quella ragazzina appese in camera tua, il tuo rapporto con Xemnas. Non sono ancora riuscito a capire quale sia il nesso tra tutte queste cose ma quello che ho capito è che da quando Xion è morta tu hai sofferto molto... così tanto che non vuoi avvicinarti a nessun altro?" aggiunsi quest'ultima parte in forma di domanda perché non ero neanche io sicuro di cosa stessi dicendo.
Roxas si alzò in piedi, afferrò un ramoscello da terra e prese a giocarci come se fosse uno spadino "È una storia complicata Ax e fidati di me se ti dico che è meglio che non ti immischi... però hai ragione. Da quando lei se ne è andata è come se il mio cuore si sia chiuso e si rifiuti di vivere... non trovi che sia ironico? Con la mia malattia è come se il mio corpo mi stia obbligando a non essere triste"
"Non è divertente Rox... tu potresti sentirti male per qualsiasi cosa"
Lanciò lontano il ramoscello e abbassò il volto "È vero" assentì "Xion per me non era solo una semplice amica... lei era il mio mondo e... quando è venuta a mancare... tra le mie braccia.... ho sentito il mondo come se sprofondasse e improvvisamente mi sentii perso"
Io mi alzai in piedi e lo raggiunsi. Su di noi aveva preso a cadere una fitta pioggerella ma entrambi non vi badammo.
"Rox..." lo avvolsi tra le mie braccia "Mi dispiace... io... io so cosa significa perdere qualcuno di importante"
Il biondo si aggrappò alla mia vita e affondò nel mio petto, io dal mio canto presi ad accarezzargli la nuca e gli lasciai qualche bacio sulla fronte.
"Non essere triste" sussurrai al suo orecchio quando sentii un singhiozzo "Entrambi portiamo dentro di noi un grande dolore, sarà diverso ma pur sempre parallelo. Insieme però possiamo essere felici. Pensaci è proprio come in matematica: due simboli negativi fanno uno positivo"
Nell'udire le mie parole lui mi mostrò il suo viso, gli occhi leggermente arrossati "Mi piacerebbe Ax... ma non posso"
"Perché?!" esclamai con il cuore che mi stava andando in pezzi "Rox... tu mi piaci! Penso che tu te ne sia accorto... e farei qualsiasi cosa per vederti felice"
"È proprio questo il problema.. Tutto questo è sbagliato... Dio, che mi salta in mente, di avvicinarmi così tanto a te"
"Nulla di tutto questo è sbagliato! Sei solo tu a pensarla così"
"Certo che lo è" il biondo strinse convulsamente i lembi della mia maglia nei suoi pugni e io con un gesto automatico della mano andai ad asciugargli le goccioline di pioggia miste a qualche lacrima solitaria che rigavano il suo volto "Io... io sono come una bomba ad orologeria. Presto esploderò, per questo vorrei ridurre il numero delle vittime"
"Credi che spingendo tutti via come fai tu, nessuno soffrirà?"
"No" scosse il capo "Ma non proverete tutti i rimorsi che ho io"
"Non voglio sentirti dire queste cose..."
Roxas si staccò appena "In un'altra circostanza io ti avrei amato come se non ci fosse stato un domani... ma adesso lo sto facendo per te. Mi sei subito piaciuto, volevo stare sempre vicino a te... ma poi quando mi ricordavo della mia realtà ho cercato di allontanarti"
"Ma non ce l'hai fatta" protestai affranto alzando di poco la voce "Non ci sono ragioni per il cuore, Roxas! Forte o debole, sano o malato che sia, tu non puoi imporgli una cosa diversa dalla sua volontà"
"Axel... stai esagerando..."
"No, Rox, non sto esagerando. Io voglio che tu viva ma per farlo devi amare perché l'amore è l'unica medicina in grado di curare tutti i mali"
"Sì invece, stai sconfinando nella fantasia!" strillò lui "Questa non è una favola della Disney, non esiste il bacio del vero amore... questa è la realtà Axel. Una realtà fatta di droga, morte e disperazione... e non puoi fare niente perché appena cerchi di cambiarla ne vieni inevitabilmente colpito anche tu" io spalancai gli occhi a quella rivelazione e il biondo continuò, questa volta abbassando la voce "Tu mi hai ricordato le gioie della vita, mi hai fatto ricordare cosa significa amare... nonostante io ti ignorassi tu continuavi a cercarmi... ti sei allontanato dai tuoi amici per me... e questa sera mi hai comprato una coca cola e mi hai portato qui... non c'è nulla di più dolce al mondo"
Io trattenni il fiato chiedendomi cosa avessi fatto di male per meritarmi una vita così schifosa, perché ero destinato a perdere le cose per me importanti anche prima di averle potute assaporare. Avrei voluto mettermi a piangere come una fottuta ragazzina e sfogare tutto quello che mi tenevo dentro. Ma non lo feci perché sapevo che il suo dolore era dieci volte più forte del mio.
"La coca cola alla ciliegia è più dolce" sdrammatizzai prendendo la sua mano nella mia e iniziandola a baciare delicatamente.
Lui scosse il capo, tirò su col naso e sorrise affettuosamente "Tu sei molto più dolce della cherry coke"
Rimanemmo a guardarci qualche istante, nel più completo silenzio, e, accadde tutto subito, ogni cosa. Sentii le mie labbra premute contro quelle di Roxas, erano calde e morbide e sapevano di un vago retrogusto di ciliegia Il nostro primo bacio fu esattamente l'opposto del nostro primo incontro verbale, fu tutto così calmo, così dolce, così tenero. Non mi ero mai reso conto che il vero Roxas fosse quello... il Roxas dolce, con gesti così leggeri e delicati. E tuttavia, ciò che mi sorprese ancora di più fu la mia reazione. Io gentile, io calmo, io dolce. Era quello il vero Axel Moore?
"Ehi, Axel... te l'ho detto che ti voglio bene?" domandò con il fiato leggermente accelerato.
Mi presi un istante per riflettere e poi scossi il capo "No, Rox non me l'hai mai detto"
"Perché non me l'hai mai chiesto?"
"Sinceramente? Avevo paura"
"Allora chiedimelo adesso"
"Mi vuoi bene, Rox?"
Mi guardò e quando mi rispose "Tu che ne pensi?" capii che non intendeva essere evasivo
"Sì, penso" mi sporsi per lasciargli una scia di baci sul collo "Forse"
"Axel?"
"Sì?"
"Non ti voglio bene"
Cazzo, e ora?
"Penso di essermi innamorato di te" fu l'ultimo sussurro che provenne dalle sue labbra.

Vi siete mai chiesti come si sia sentito Napoleone dopo la battaglia di Waterloo? Era un uomo comune ma grazie alla sua testardaggine era riuscito a fondare un impero, era diventato l'uomo più forte d'Europa, tutti si inchinavano al suo passaggio, persino gli altri sovrani. Eppure una piccola fatalità aveva stravolto il destino di un uomo e di un intero continente, e in men che non si dica si era ritrovato in esilio, solo, senza più niente che potesse dargli conforto.
Anche quella notte pioveva, forse non sarà stata la causa della nostra sventura come lo è stata per Napoleone, ma in quel momento... in quel momento capii cosa doveva aver provato quell'uomo quando aveva visto tutti i propri sogni andare in fumo.
Le gambe di Roxas avevano ceduto e si era accasciato tra le mie braccia.
Il tempo sembrava scorrere con una lentezza estenuante, lo adagiai a terra e provai a chiamarlo ma lui non mi rispose, respirava affannosamente e aveva le braccia strette al petto. Yuna mi aveva spiegato cosa dovevo fare in quelle occasioni ma inevitabilmente fui preso dall'ansia e dal terrore di poter fare qualcosa di sbagliato, iniziai a massaggiargli con forza il petto senza badare alle lacrime che avevano preso a scendere copiose dai miei occhi.
Ero così terrorizzato che a stento mi accorsi della debole stretta sul mio polso.
"Come mi accorgo che il turbamento è contagioso" mormorò in un flebile sussurrò mentre con la mano libera cercava di asciugare le mie guance "Perché i miei occhi, al vedere le perle di dolore che brillano nei tuoi, prendono ad inumidirsi."

Non ebbi notizie di Roxas per tre giorni.
Dopo il suo malore l'avevo portato di corsa all'ospedale e con immenso dolore dovetti separarmi da lui. Da quel momento ero rimasto seduto nella sala d'aspetto della terapia intensiva e non ci fu verso di vederlo, neanche dall'altra parte della finestra della sua stanza. Niente. L'unica cosa che sapevo era che non si svegliava. Avevo visto i genitori di Roxas entrare e uscire dalla stanza, parlare con i medici, riempire scartoffie, avevo visto Sora che andava avanti e indietro nei corridoi con l'andatura di uno zombie, avevo visto Riku che tentava in tutti i modi di tranquillizzarlo, ma io non avevo potuto spingermi oltre quella schifosissima stanza dalle poltroncine scolorite e impregnata dell'odore di surrogato di caffè.
"Stai bene?" fu la domanda retorica che mi sentii porre da Riku una sera quando si lasciò cadere, sfinito, sulla poltrona accanto a me.
Io lo guardai per un istante e poi senza degnarmi di rispondergli, tornai di nuovo a contemplare una macchia nel pavimento.
"Se ti dico una cosa puoi assicurarmi di non andare fuori di testa?"
Ancora una volta mi voltai verso di lui, questa volta però inarcai un sopracciglio. A giudicare dall'espressione irritata di Riku in quel momento dovevo avere una faccia così apatica e stravolta che neanche Zexion avrebbe potuto battermi.
"Che cosa vuoi?" borbottai a quel punto.
"Roxas si è svegliato poco fa" a quelle parole mi rianimai subito ma l'argenteo si affrettò a continuare "Però è molto debole, non potrai vederlo"
"Non mi interessa... l'importante è sapere che si sia svegliato! Come sta?"
"Non so nient'altro" rispose con una scrollata di spalle.
"Va bene così..."
Annuii e cacciai un sonoro sbadiglio, ora che avevo saputo di un miglioramento ero pronto per tornare a casa e farmi una bella dormita così da poter tornare a trovarlo con più energie, sperando che me l'avrebbero fatto vedere.
"Se stasera Roxas migliora, domani trascino Sora a scuola"
"Allora ci vediamo domani" dissi mentre mi avviavo verso l'uscita della sala ma fui interrotto dalla voce di Riku.
"Axel" io mi girai e lo guardai interrogativo "Adesso hai capito cosa significa stare vicino a Roxas? Non fraintendere, noi tutti gli vogliamo bene e non potremmo mai abbandonarlo... ma tu sei disposto ad avvicinarti e ad amare una persona in quelle condizioni?"
Io però non risposi nulla, gli augurai la buona notte e me ne andai.
Riku non aveva torto.
Lui era sempre stato schietto con me e se mi aveva detto una cosa del genere non era per allontanarmi da Roxas ma per assicurarsi delle mie intenzioni. Ero abbastanza forte da affrontare una situazione del genere? Io, che avevo già vissuto un'esperienza simile in famiglia. Chissà cos'avrebbe detto mio padre se gli avessi detto che mi ero innamorato di un ragazzo terminale... si sarebbe opposto? Mi avrebbe detto di lasciar perdere? Si sarebbe attaccato ad un'altra bottiglia di liquore perché la situazione gli ricordava quella della mamma?
Assalito da mille pensieri, una volta arrivato a casa, feci quello che facevo ogni volta che mi sentivo perso: andai a scavare nel mobiletto del salotto e misi nel videoregistratore la cassetta che aveva registrato mia madre poco prima di morire.
Solo lei poteva aiutarmi a prendere qualsiasi decisione.

Il giorno dopo ricevetti una telefonata da parte di Aerith che mi disse che se volevo potevo vedere Roxas ma dovevo sbrigarmi perché a breve lo avrebbero operato. Era poco dopo l'ora di pranzo e a breve sarebbero ricominciate le lezioni ma non mi interessava, piantai tutto e tutti, corsi fino a casa per prendere la macchina e arrivai di corsa in ospedale solo per ritrovarmi la donna che mi aspettava fuori dal reparto, avvolta in un grande scialle. Aveva l'aria stanca ma appena mi vide mi sorrise e mi abbracciò.
"Come sta Roxas? Perché devono operarlo?"
"Sta un po' meglio" rispose la donna riprendendo a camminare "Ma devono rimuovere il defibrillatore perché ormai il corpo lo sta rigettando... purtroppo sta peggiorando a vista d'occhio e non sappiamo cosa fare"
"E si riprenderà?" domandai con preoccupazione e lei scollò le spalle, non sapendo cosa dire "Non potrebbe ricorrere, che ne so, al trapianto?"
"Sarebbe un'ipotesi... ma è tipo quarantesimo nella lista e fino ad allora non credo che..." si bloccò lasciandomi intendere cosa avrebbe detto.
"Non potrebbe saltare la fila in qualche modo? Diamine... è un ragazzino!"
"Potrebbe farlo solo se diventa codice rosso. Se le sue condizioni si aggravano in maniera molto grave da un momento all'altro allora lui sarebbe destinato al trapianto"
La ascoltai con interesse, avido di informazioni, finché non arrivammo davanti alla sua stanza.
"Non avrai molto tempo a disposizione quindi spendi bene questi minuti" mi raccomandò accennando un dolce sorriso.
Dalla stanza vidi uscire il famoso Cloud Strife, la copia invecchiata di Roxas, nonché il suo apprensivo padre. Io lo salutai e lui mi rivolse un cenno del capo "Roxas è ancora debole, non farlo stancare troppo"
Io risposi affermativamente ed entrai cautamente nella stanza. La prima cosa che catturò la mia attenzione fu il costante bip di sottofondo e una marea di apparecchiature che circondavano il letto occupato da una minuscola figura.
Era pallido, molto più pallido di come l'avevo visto a scuola ed attorno al suo corpo correvano tanti sottili tubicini che servivano a tenerlo in vita, e immediatamente sentii una stretta al cuore vedendolo in quelle condizioni.
"Rox?" lo chiamò a voce bassa Sora che era appoggiato al letto del fratello, lui mi rivolse un veloce sguardo e poi si girò di nuovo verso il biondo "Rox, guarda chi è venuto a trovarti"
Le palpebre del biondo si aprirono, rivelando quei due grandi zaffiri che amavo tanto ma anche loro assieme a tutta la sua persona avevano perso la vivacità.
Sora gli sistemò i tubicini che erano collegati al naso per farlo respirare e parlò nuovamente "Vi lascio un po' soli" il biondo annuì e Sora si alzò e mi passò accanto "Axel, in caso di bisogno noi siamo qua fuori..." io risposi affermativamente "Se vedi delle anomalie con il battito del suo cuore chiamaci subito" mi disse sottovoce prima di andarsene.
Appena rimanemmo soli nella stanza io mi voltai di nuovo verso Roxas e lo salutai, andandomi a sedere accanto a lui "Ciao Rox"
"Ehilà" salutò lui con voce roca.
A quel punto rimasi in silenzio, non potevo mica chiedergli come stava? Tutto bene, Axel, ho quasi avuto un infarto e tra poco mi dovranno operare ma a parte questo è tutto okay!
Stupido Axel, possibile che avessi esaurito già tutti gli argomenti di conversazione?
Ben presto però fui riportato alla realtà da una risatina che proveniva niente di meno che da Roxas in persona.
"Che cos'hai da ridere?"
"Sei patetico" fu la sua risposta secca.
Quella breve frase detta con tanta semplicità fu però come una pugnalata al mio orgoglio personale "Ma...ma perché?"
Lui ridacchiò ancora. Mi chiesi come facesse a comportarsi così in un momento del genere, forse era diventato pazzo tutto d'un tratto o forse la causa era della troppa morfina in azione nel suo sistema - e io ero più sicuro di questa opzione -, ma almeno ero felice di vederlo di buon umore, per così dire.
"Non avrei mai, neanche lontanamente, immaginato che il famoso Axel Moore, capitano della squadra di basket della scuola e play boy impertinente potesse innamorarsi di uno come Roxas Strife, tutor sfigato e per di più malato terminale" cinguettò con il suo solito tono sfacciato "Sai, credo che una love story tra noi potrebbe ispirare un buon film di serie B"
"Cosa ti fa credere che io sia innamorato di te?"
"Il fatto che sei venuto fin qui. Per me."
Certo che Roxas mi aveva cambiato.
Chi avrebbe mai detto che uno come me potesse innamorarsi di uno malato, 'diverso' come lo avrei definito non molto tempo prima? Nessuno. L'amore giocava davvero dei brutti scherzi ma a me stava bene così.
Sul mio viso si accese un ampio sorriso "E se fosse così? Se questo Axel Moore si fosse davvero innamorato, tu cosa faresti?"
"Gli direi di pensarci bene"
"E se ci avesse pensato?"
A quel punto anche lui sorrise flebilmente, per quanto poteva "Allora gli direi di amarmi alla follia, perché è quello che io provo per lui"
Nell'udire quelle parole, dette con così tanta dolcezza, mi sporsi verso il suo letto e posai un casto bacio sulle sue labbra. Non fu alimentato da nessun bisogno sessuale, era solo il bisogno di sentici più vicini possibili. Gli presi una mano e, facendo attenzione al tubicino che era fermato al suo dito, presi ad accarezzarla, lui invece socchiuse gli occhi.
"Allora sei sicuro di voler stare con me?"
"Te l'ho detto, Rox. Io voglio solo te. Forse tutto questo è affrettato... dopotutto noi ci conosciamo da poco più di un mese... ma questo mese è stato il più lungo della mia vita, è stato decisivo perché ho conosciuto te e sempre grazie a te ho ritrovato il mio vero me" gli dissi con una fermezza tale da farlo sorridere teneramente "Prima di conoscerti la mia vita era vuota, non mi volevo avvicinare a nessuno di proposito... ma con te non ho potuto fare altrimenti. Quando sono venuto a casa tua ho capito che tu eri la persona che io stavo cercando da tanto tempo"
"Ti sbagli Ax" intervenne il biondino portando la sua mano alla mia guancia "Tu ti sei innamorato di me quando ti ho parlato di Gertrude Stein... forse non ne eri ancora cosciente, ma io sono sicuro che sia stato in quel momento"
"Roxy, non fare il saputello anche con i miei sentimenti!" ridacchiai e mi lasciai accarezzare dall'altro "Però non hai ancora risposto alla mia domanda"
"Quale domanda?"
"Vuoi essere il mio supereroe?"
Roxas accennò una risatina "Certo stupido... sarò il tuo Jack Frost"

"Senti Ax"
"Dimmi"
"Non ti da fastidio la faccenda di Xion vero?" mi chiese titubante dopo qualche minuto.
"La amavi vero? Beh su questo non posso che alzare le mani" risposi io sospirando, dopotutto cosa potevo farci? "Però lei è passato, dovresti andare avanti"
"Sì lo so... però c'è qualcosa che vorrei fare prima di insabbiare tutto"
"E cioè?"
Roxas non mi rispose subito, con una mano si strofinò gli occhi e sbadigliò.
"Vendicarti di quello che l'ha uccisa per caso?" ipotizzai con una vena di ironia nella voce e quello che ne guadagnai fu un'occhiata illeggibile da parte dell'altro.
"Ormai non ho più molto tempo. Fino ad oggi sono morto due volte, tre se contiamo l'operazione per impiantarmi il defibrillatore. Il mio cuore si è fermato per la bellezza di tre volte eppure io sono ancora qui... evidentemente c'è qualcuno che mi odia lassù e ogni volta fa il diavolo a quattro per rispedirmi qui" fece sarcastico "Oppure quel qualcuno vuole che giustizia sia fatta"
"Cos'è successo a Xion?"
"Te ne parlerò, se mi prometti di essermi sempre accanto per ogni mia decisione, io te lo dirò al più presto"
"Qualunque cosa" gli assicurai saciandogli le labbra "Qualsiasi cosa succeda io ti starò vicino. Anche se non appoggerò le tue scelte, sappi che io sarò sempre dalla tua parte"
Roxas sorrise e i tubicini nel suo naso si mossero appena "Dimmi che mi ami"
"Ti amo più di qualsiasi cosa al mondo. E tu mi ami?"
"Tanto... però.... c'è un però"
"Ovvero?"
"Non posso amarti più di Freddy Mercury... sai com'è"
"Dannato bastardello"
Se fosse stata un'altra persona un bel cazzotto non gliel'avrebbe tolto nessuno, ma mi trattenni sia perché era Roxas e sia perché era in un letto d'ospedale e quindi finimmo entrambi per scoppiare a ridere.
"Axe?"
"Uhm?"
"Tu sai che stare con me non sarà un compito facile?"
"Lo so... conosco bene il tuo caratteraccio" emisi una risatina incrociando le braccia sul letto e vi appoggiai sopra il mento.
"Non mi riferisco a quello" Roxas mi scompigliò i capelli e io mi beai di quei gesti "Sì forse un po' anche a quello, ma io intendevo dire che la mia condizione implica molte attenzioni e limitazioni. Sei pronto ad abbandonare il tuo dolce far nulla per... questo?" fece indicando la stanza e i macchinari.
"Ti ho detto di sì, Roxy. Per te farei di tutto"
"Cosa ti ha fatto prendere questa decisione?"
"Mia madre"
Dalla faccia di Roxas compresi che voleva indagare ancora ma non ne ebbe il tempo perché un'infermiera dai capelli azzurri fece irruzione nella stanza, salutò entrambi e disse che per me era ora di andare perché dovevano prepararlo per l'operazione. Io mi voltai un'ultima volta verso il biondo e gli presi con accortezza le mani tra le mie, era visibilmente teso e io lo ero come lui "Allora... uhm... ci vediamo nella prossima vita"
Roxas inspirò profondamente e mi rispose con non troppa convinzione "Sì... ti aspetterò"
"Stupido... perché tu avrai un'altra vita" lo ripresi bonariamente lasciandogli un bacio sulla fronte, lasciandogli intendere che sarebbe andato tutto bene "Promettimi di stare bene"

Per convivere con la sua malattia Roxas aveva sviluppato una visione tutta sua della vita, lui non vedeva i brutti avvenimenti come tali ma li definiva 'fine di una vita', pronto poi per ricominciarne un'altra. Perché nonostante tutti i dolori, sia fisici che psicologici, lui si riteneva davvero fortunato ma quello più fortunato in realtà ero io ad aver trovato uno come lui, capace di vedere la vera essenza delle cose, capace di amare come pochi. Quando presi la decisione che sarei rimasto sempre al suo fianco avevo già messo in conto che le cose sarebbero state difficili, avrei dovuto lottare contro chi si sarebbe frapposto tra noi, avrei dovuto allontanare altre persone per il bene di Roxas ma soprattutto avrei dovuto affiancarlo nella sua lotta contro il passato.
All'inizio non sapevo fino a che punto le cose si sarebbero complicate ma io ero felice se stavo con Roxas, qualsiasi situazione si trattasse, perché lui era la persona più strana, forte e coraggiosa che io avessi mai conosciuto. Lui era Roxas e basta.











Ciao Axel, sono la mamma.
Quando tu vedrai questo video io non ci sarò più...
e lo so che questo non sarà il massimo, ma io sono felice.
Sono felice della vita che ho vissuto e sono felice di aver avuto un figlio come te,
e non voglio che tu sia triste vedendo questa cassetta
perché la cosa più brutta è sapere di aver fatto arrossare quei begli occhioni verdi che hai.
Quindi pensavo di farti una lista di tutte le cose più importanti
che ogni genitore vorrebbe per il proprio figlio.
Prima di tutto l'educazione: porta a buon fine i tuoi studi
e continua con il basket perché il tuo è un dono formidabile.
Rimani vicino a tuo padre, sai quanto potrà sentirsi solo,
fatti tanti amici e divertiti perché quelli dell'adolescenza sono gli anni più belli.
Mi raccomando fai molti errori, perché non c'è modo migliore per crescere.
E infine l'amore. Ama senza paura.
Segui sempre il tuo cuore anche se la testa ti dice che stai sbagliando,
perché il cuore, figlio mio, è quello che ti guiderà nelle migliori scelte
e anche se farà male almeno tu saprai che ne è valsa la pena.
E quando troverai quell'amore, chiunque lui sia,
chiunque tu scelga, non scappare via,
non lasciarti sopraffare dalla prima difficoltà.
Ama e verrai ripagato... non c'è cosa più bella dell'amore, Axel,
perché amare significa vivere.
Se tu ami, quella persona vivrà per sempre dentro di te.
Proprio come me, se tu mi vorrai io sarò sempre con te
e sappi che sono davvero fiera di aver passato questi cinque anni
assieme al bambino più bello, intelligente e gentile del mondo.
Non te lo dimenticare mai, ti voglio bene.



[End of the Act. 1]




•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•



¹Danny Zuko è il protagonista di Grease e la canzone che cantava Axel è
You're the one that I want
² Tony Manero è il protagonista de La Febbre del Sabato Sera
³ Save your Heart - Mayday Parade

Vi consiglio di leggere la parte del videomessaggio a fine capitolo con questa ost di sottofondo.

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Capitolo 10
*** Act 2: Bittersweet Aerodynamic ***


Act.2
Reminiscences about Xion:
the sad girl with big blue eyes






#10. Bittersweet Aerodynamic

Il rumore dei pneumatici della sua fidata Fenrir squarciavano l'innaturale silenzio che avvolgeva la cittadina, e non se ne stupì più di tanto perché da quando i notiziari avevano diffuso notizia di ciò che era avvenuto tutti gli abitanti della zona avevano visto bene dall'uscire di casa.
Una volta arrivato davanti alla palazzina da tre piani, o almeno quello che ne rimaneva, fermò la motocicletta davanti al vialetto con una sgommata che alzò un gran nuvolone di polvere e cenere, ma non vi badò tanto. Si tolse gli occhialoni da moto e gettò un veloce sguardo al cielo cupo prima di scendere dalla sella.
"Entrate trionfali come sempre?" una voce provenite dalla sua destra lo schernì non appena si fece strada nel cortile sterrato dell'edificio, lui si voltò e non fu molto sorpreso della persona che si ritrovò davanti ma come sempre non cedette alle sue provocazioni.
Reno Turks era appoggiato contro il cofano dell'elegante auto nera con cui doveva essere arrivato e nonostante fossero passati anni dall'ultima volta che lo aveva visto, la sua aria trasandata e strafottente non lo aveva abbandonato.
"Sei solo?" fu l'unica domanda che si sentì rivolgere il rosso e questo non mancò di borbottare il suo dissenso.
"Eccolo che neanche arriva e subito prende le redini della situazione" questo abbandonò la sua postazione e con grandi falcate si avvicinò pericolosamente al volto dell'altro "Chi ti credi di essere, eh Cloud Strife?"
Attimi di tensione si susseguirono durante i quali i due uomini si squadrarono attentamente l'uno negli occhi dell'altro, alla fine però Cloud inarcò un sopracciglio dorato e Reno scoppiò in una fragorosa risata "Che tipo che sei! Sono felice di rivederti" esclamò dandogli delle sonore pacche sulla schiena.
Il biondo stirò le labbra in quello che doveva essere un flebile sorriso "Già, anche io"
"Ti prego, basta così. Il tuo entusiasmo mi fa arrossire" fece sarcastico.
"Allora sei solo?" domandò nuovamente Cloud, andando dritto al punto.
L'altro sbuffò.
"No, Rude è qui in giro in cerca di campioni da esaminare"
Il biondo annuì e si diresse verso il portone di entrata sbarrato per i civili dal nastro giallo. Come aveva immaginato, una volta all'interno, tutto era ridotto ad un cumulo di cenere e macerie e niente sembrava essersi salvato.
"Bel casino eh?" chiese Reno, affiancando il biondo nella sua esplorazione.
Cloud si abbassò in ginocchio e da sotto un ammasso di legno bruciacchiato ne estrasse una fialetta ricolma di un liquido trasparente, che sembrava essersi salvata per puro miracolo, e la esaminò per qualche istante.
"Reno?"
"Uh?"
"Quanto è immischiata l'FBI in questa situazione?"
"Tu che dici?" chiese di rimando l'altro con un sorrisetto di circostanza che sottintendeva l'ovvietà della risposta "Però sai una cosa?" continuò subito dopo prendendo a vagare per l'ambiente facendo attenzione a dove metteva i piedi e afferrò quello che doveva essere stato un libro ma che inevitabilmente gli si sgretolò tra le mani "Non mi stupirei se gran parte delle prove fossero andate distrutte. Capisci quello che voglio dire?" concluse voltandosi di nuovo verso il biondo ancora inginocchiato.
I due si scambiarono dello occhiate di complicità.

*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.

Estratto dal diario di Roxas.


Era l'autunno dei miei quindici anni quando i miei genitori hanno deciso che ero depresso.
Forse avevano ragione o forse no, non mi ero mai domandato in effetti cosa fossi, lasciavo loro carta bianca di cosa farne della mia vita dal momento che ormai era diventata vuota, priva di qualunque sentimento sia positivo che negativo. In realtà la negatività c'era sempre, quella mi seguiva sempre e comunque.
Il fatto è che io non mi sentivo assolutamente depresso. Da quando mi avevano diagnosticato quella che ho soprannominato la mia rovina, nell'attesa tra una visita e un'operazione e un malore e un altro, passavo le mie monotone giornate in quel letto infernale della mia camera a sfogliare gli album di fotografie, fissare il soffitto e pensare alla morte. Ci pensavo così tanto che avevo finito per trovarvi un qualcosa di intrigante in essa e continuavo a rimuginarvi anche quando Sora puntualmente mi diceva "No Rox, io non vedo nessun fascino nella morte".
Sui libri, su internet, sugli opuscoli riguardanti la mia malattia c'era sempre come effetto collaterale la depressione - ovviamente la depressione non era un effetto diretto, derivava semplicemente dalla paura della morte che poteva aggredirti in qualsiasi momento, anche nel sonno.
Il problema però non era la morte in sé ma il fatto che avevo troppo tempo libero per pensare.
Sì, il tempo era divenuto la mia ossessione e la mia condanna perché non scorreva mai, e più mi concentravo per far passare la giornata e più questa non passava. La morte, il pensare e tutto il resto erano solo un effetto collaterale del pensare e non della mia malattia. Ma queste riflessioni non cambiavano ciò che ero agli occhi dei miei genitori: depresso.
Quindi senza neanche consultarmi, mi portarono da uno psicologo loro amico, Leon, che doveva essere davvero bravo e paziente perché nonostante gli avessi tenuto il broncio per le prime otto sedute e non mi fossi sforzato neanche a salutarlo, lui aveva mantenuto sempre il sorriso. Però si rivelò ben presto meglio di quello che pensavo perché sapeva più cose di quelle che dimostrava sapere.
Ovviamente era a conoscenza della mia situazione e dei miei trascorsi ma quello che mi sorprese davvero fu una piccola e semplice frase apparentemente priva di significato.
"Tu hai visto la Madre, Rox?"
Era strano perché io non avevo idea di ciò che stesse dicendo eppure la cosa mi aveva turbato perché l'avevo già sentita nominare.
Sempre Leon mi aveva poi detto che se non volevo parlare con lui potevo scrivere su un diario tutto quello che avevo vissuto, aveva fatto un bel discorso persuasivo sul fatto che questo fosse un buon metodo di sfogo ma io non ne ero tanto convinto... anche se mi domando ancora cosa mi abbia spinto a iniziare a scrivere.
Forse la noia e l'abbondante tempo libero a disposizione.
E con questo si ritorna al punto di partenza.

Tutti i motivi che mi hanno portato al punto in cui mi trovo ora hanno preso forma il giorno in cui incontrai per la prima volta Xion.
Quello fu anche l'esatto momento in cui la mia vita cambiò radicalmente, anche se in maniera graduale.
Era una mattina apparentemente come le altre, come ogni altro giorno avevo subito la razione quotidiana di angherie da parte di Seifer e banda e avevo passato, come sempre, qualche buon minuto nel risistemare tutti i libri e quaderni che mi aveva fatto cadere mentre mio fratello prendeva le mie difese. Io e Sora seguivamo tutte le lezioni insieme, eravamo seduti anche in banchi vicini e anche in mensa eravamo sempre attaccati.
Roxas Strife è sempre stato una nullità sia dentro che fuori la scuola, ma se adesso posso vantare del suddetto appellativo, fino alla seconda media non riuscivo ad essere neanche quello. Timido, riservato, poco loquace con il prossimo, costantemente segregato nel mio mondo immaginario. Vivevo all'ombra di mio fratello, se così si può dire. Lui era tutto il mio opposto: era sempre felice e ottimista, riusciva ad essere se stesso anche con gli estranei, riusciva a fare amicizia con facilità ed era bravo negli sport... eppure nonostante la sua onnipotenza non era mai turbato dalla mia insignificante presenza che lo seguiva ogni dove.
Quel giorno però il banco di Sora accanto al mio era stato occupato da una ragazzina dai capelli neri che non avevo mai visto in giro.
Inizialmente fui invaso da un moto di irritazione perché lei mi aveva separato, per modo di dire, da mio fratello, ma sebbene nella maggior parte dei casi non ci avrei dato più di tanta importanza, lei suscitò quasi subito il mio interesse senza un motivo apparente. Tra l'altro dovevo averla fissata per così tanto tempo che ad un certo punto durante la lezione, i nostri sguardi si incrociarono brevemente - niente di intenso, ma era bastato per farmi scattare qualcosa dentro - poi aggrottò la fronte e tirò fuori uno specchietto per vedere se aveva qualcosa in faccia. Gran bella figura per una prima impressione.

Per le prime settimane Xion era diventato un vero e proprio caso in tutta la scuola, chiunque ne parlava ma nessuno pareva sapere abbastanza sul suo conto quindi ci si fermava all'esteriorità : era un tipo abbastanza timido e tranquillo, non parlava con nessuno né durante le lezioni né al di fuori, la sua voce mi era sconosciuta e quando la intercettavo nei corridoi era sempre sola e camminava a capo chino. Tutto ciò che sapevo era che si chiamava Xion e si era trasferita da poco a casa di una vecchia zia.
"È una persona strana. Ho sentito che se la fa con ragazzi delle superiori!" esordì con tono solenne Kari scrutando con attenzione le nostre facce stupite, tranne Riku ovviamente, lui era sempre serio e impassibile. Kairi e Riku erano i migliori amici di Sora e in un certo senso mi sentivo fuori posto con loro perché avevo l'impressione che mi parlassero solo perché ero suo fratello. Roxas Strife non aveva amici.
"Davvero? Ma sono grandi!" rispose Sora con i suoi occhioni sgranati dalla sorpresa.
"Scemo, saranno un paio di anni di differenza" lo rimproverai con uno sbuffo e poi mi rivolsi alla rossa che intanto si era distesa sul grande telo che avevamo appoggiato sull'erba, quando erano belle giornate eravamo soliti passare la pausa pranzo nel cortile della scuola "E chi ti ha detto una cosa del genere?"
"Le voci girano" fece lei spallucce.
"Il fatto che frequenti dei tipi più grandi significa che è più matura e non che è strana, no?" ragionai cercando un appoggio da parte di Riku, l'unico che pareva usare la testa, e lui annuì silenziosamente.
"Probabile... ma ciò non toglie che non sia uno strano soggetto! Sempre così seria anche quando qualcuno si avvicina per parlarle, sembra che si senta superiore agli altri... nah, quella non me la conta giusta"
Io e Sora ci scambiammo occhiate di pura perplessità e poi lui concluse che Kairi aveva ragione... perché Kairi era Kairi e lei aveva sempre ragione. Brutta cosa l'amore.
La rossa allora, presa dalla foga del momento, continuò ad enumerare le sue ragioni secondo le quali Xion non dovesse essere uno dei migliori esempi "E credo anche che lei stia seducendo il professore di Storia"
"Questa è un'accusa cattiva" mormorò Riku.
"Non è cattiva" rimarcò lei "È la verità!"
A quel punto qualcosa scattò dentro di me e sentii il sangue ribollirmi nelle vene "Piantala di dire queste cose... solo perché lei ha avuto un voto più alto del tuo al test non significa che stia seducendo qualcuno! Ogni volta che torni da una lezione che hai in comune con lei inizi a criticarla nonostante lei non ti abbia fatto nulla... non avete mai parlato, cos'è tutto questo accanimento nei suoi confronti?" esclamai irritato, non accorgendomi che quella era la prima volta che osavo fare uno scatto del genere verso una persona.
Gli altri infatti mi guardarono attoniti per una buona manciata di secondi - dovevano essere davvero un bel po' sorpresi - ma poi Kairi inarcò un sopracciglio, infastidita e non mancò di ribattere "E tu invece che cos'hai che la difendi sempre? Non ti ho mai visto così interessato a qualcuno, che cos'ha lei da riuscire a guadagnare la tua attenzione?"
"Niente... non ha niente che non vada" io tentennai appena ma cercai comunque di mantenere un tono fermo, lei però doveva essersene accorta perché accennò una risatina.
"Sai perché non vedi niente di strano in lei?" mi chiese avvicinandosi pericolosamente al mio volto, dopo avermi scrutato per qualche secondo, il suo respiro accarezzava gentilmente il mio collo "Siete entrambi dei disadattati"

Nonostante quello che Kairi o gli altri dicevano di Xion io non potevo fare a meno di guardarla da lontano e sebbene mi sentissi inspiegabilmente attratto, non riuscii ad avere contatti di alcun modo con lei per vari mesi - causa anche la mia timidezza.
Fu proprio Xion un giorno a rivolgermi la parola quando nel corridoio le cadde a terra un fermaglio e io lo raccolsi per lei. Mi avvicinai titubante al suo banco in fondo all'aula (da tempo ormai Sora era tornato a sedere accanto a me) e guadagnai la sua attenzione facendo qualche colpetto di tosse, lei mi guardò come se fosse sorpresa di vedermi lì, poi quando si accorse di ciò che avevo tra le mani, i suoi occhi si illuminarono "Quello è il mio" esclamò alzandosi dal suo posto, mi sorrise dolcemente prendendo il fermaglio e lo guardò quasi con commozione "Credevo di averlo perso. Sei stato davvero gentile, per me è molto importante"
Il sangue defluì tutto verso le mie guance e preso dall'imbarazzo risposi con un veloce cenno del capo e feci per andarmene ma lei mi fermò prima che potessi dirigermi al mio posto "Roxas...è così che ti chiami vero?"
Io annuii.
"Allora grazie, Roxas" mi sorrise per poi rubarmi un veloce bacio a fior di labbra.
Dire che ero scioccato è un eufemismo.
Quell'episodio segnò la svolta, non ero più il fratello di Sora o l'altro Strife. Finalmente ero diventato una persona agli occhi di qualcuno e decisi che avrei dedicato tutto me stesso per la sua felicità
Da quel giorno diventammo amici e, proprio come si recita durante il matrimonio, rimanemmo insieme finché morte non ci separò.

"Buongiorno Roxas" mi salutò con un leggero sorriso il giorno dopo prendendo posto nel banco accanto al mio. Preso alla sprovvista, io la salutai e tra di noi sprofondò il silenzio. Durante tutto il tempo della lezione non potei fare a meno di spiarla con la coda dell'occhio e domandarmi per quale motivo si fosse seduta proprio accanto a me, non eravamo amici o altro però in qualche modo ne ero felice. Contemplai per chissà quanto la sua espressione rilassata, studiai tutti i dettagli del suo viso, fino ad arrivare alle increspature che si formavano sulla sua fronte quando aggrottava le sopracciglia e mordicchiava la matita mentre cercava di svolgere l'esercizio sul libro. Mi ero chiesto spesso anche di quel bacio che mi aveva dato ma dal momento che non fece mai alcuna allusione riguardo ad esso, mi dissi che quello doveva essere il suo ringraziamento per averle trovato il fermaglio oppure che dalle sue parti si usava così
"A presto, Roxas"
La sua voce mi riscosse dai miei pensieri e così come era arrivata, se ne andò e si dileguò nei corridoi per raggiungere la classe della sua lezione seguente.
Fu così per le settimane a seguire, sempre così.
Ci incrociavamo nei corridoi, all'ingresso, in cortile, sedevamo vicini durante le classi che avevamo in comune e stavamo sempre insieme, senza dire nient'altro che potesse rompere quell'atmosfera di pace che regnava tra noi, a parte quei fugaci saluti.

Era insolita l'attrazione che avevo iniziato a sentire nei suoi confronti, non avevo mai provato qualcosa di simile prima e tutto sommato quello strano rapporto non mi dispiaceva. La cosa più insolita per me era il desiderio di instaurare una qualsiasi sorta dialogo con lei e cosi, alla fine racimolai un po' di coraggio e le parlai.
"Perché stai con me?" domandai un giorno mentre eravamo seduti sul muretto del cortile, durante l'ora di pranzo. Lei alzò un sopracciglio interrogativo e io continuai "Sono il più nerd e sfigato della scuola... non ci faresti una bella figura vicino a me"
"So chi sei e so anche che Sora Strife è tuo fratello" rispose lei con una risatina. Io battei le palpebre un paio di volte e non riuscii a celare la mia sorpresa.
"Non è il contrario? Io sono il fratello di Sora" ribattei sottolineando il modo in cui venivo chiamato dal resto del mondo.
"No, tu sei Roxas Strife. E tu sai cosa dice la gente di me?"
"No"
La mia fu una bugia a metà, sapevo che la gente parlava di lei e anche tanto ma non avevo idea di cosa si dicesse oltre quello che avevo sentito da Kairi - ormai l'avevo mandata al diavolo a causa del suo odio ingiustificato nei confronti della ragazzina dai capelli corvini.
"Allora dovresti informarti"
"Non mi interessa cosa dicono gli altri"
Xion mi sorrise.
"Mi piacciono i tuoi occhi" le dissi dopo un breve silenzio specchiandomi nei suoi zaffiri.
"Ma sono dello stesso tuo colore" ridacchiò avvicinandosi per scrutarli bene "Forse i tuoi sono leggermente più chiari" poi si allontanò appena e mi prese il viso tra le mani "Biondo e occhi azzurri.... Sei così carino che se tu avessi avuto i capelli più lunghi avrei potuto aggiungerti alla mia collezione di bambole"
Da quel momento il nostro rapporto subì un'evoluzione, ai silenzi si aggiunsero risate e conversazioni.

C'era una villa abbandonata sulla vetta della collina appena fuori la città. Era una tipica villa in legno della fine dell'800 disposta su due livelli, sul davanti aveva un grande portico dove in altri tempi avrebbero sicuramente piazzato un dondolo e un tavolo con delle sedie, all'interno c'erano molte stanze, erano molto ampie e prive di mobilio eccetto per qualche vecchio materasso vacante, le credenze della cucina, troppo ingombranti per essere portate via e un grande camino in marmo finemente intarsiato che era locato in un grande salone tappezzato da una carta da parati scolorita a motivi georgiani. Il salone a suo tempo doveva essere stato la stanza più bella e raffinata della casa, quell'ambiente mi piaceva molto e decisi che sarebbe stata la mia stanza prediletta. Sul retro dell'imponente villa c'era un piccolo orticello recintato in cui sorgevano una quantità infinita di piante di fiorellini colorati, c'erano anche le rose e delle piante che si erano arrampicate sulla facciata esterna della casa e lungo tutto il muretto. Al cento di questo trionfo della natura c'era una piccola panchina ed era lì che eravamo seduti io e Xion.
Dopo aver intensificato la nostra amicizia, eravamo riusciti ad arrivare ad un rapporto quasi normale e così Xion aveva deciso di mostrarmi questa villa che era un po' il suo rifugio segreto dalla vita a sua detta schifosa.
Passavamo i pomeriggi a leggere perché avevamo scoperto che la lettura era una passione in comune, oltre a questo poco altro facevamo.
"Cosa leggi?" mi chiese lei un giorno abbassando il libro e voltandosi verso di me quando mi sentì sospirare annoiato.
"Jane Austen, Orgoglio e Pregiudizio" borbottai sventolando il mio libro.
"Letteratura leggera eh?" lei sorrise "Non ti facevo tipo da roba per femminucce"
Io scollai le spalle e misi il libro da parte, voltandomi completamente verso di lei "Non sono un lettore vizioso, provo un po' tutto. Tu invece cosa leggi?"
"Siddartha"
"Mai sentito"
"Questo perché sei piccino. Herman Hesse è uno scrittore per grandi" rise e mi passò una mano tra i capelli, io a quel punto corrucciai la fronte e mi scostai.
"Non sono piccolo, abbiamo la stessa età" protestai con il broncio.
"In confronto a me lo sei...ma non è una cosa negativa, anche io vorrei essere ancora innocente come te"
"Cosa intendi?"
"Non ci pensare"
Io la scrutai con attenzione per qualche istante e mi accorsi che i suoi occhi di vetro si erano colmati di un'immensa tristezza tutto d'un tratto "Di cosa parla il libro?" domandai intenzionato a spezzare il silenzio e accennai un sorrisetto di incoraggiamento quando lei mi guardò come presa di sorpresa.
"A-ah.... parla delle avventure di Siddartha e la ricerca costante del suo io"
"Alla fine riesce a trovare se stesso?"
Lei si morse il labbro e abbassò lo sguardo sul suo libro che ora aveva chiuso sul suo grembo "Sì, ci riesce"
Io annuii, soddisfatto momentaneamente della risposta, e tra di noi venne a crearsi di nuovo il silenzio, questa volta però non era confortevole ma stranamente pesante.
Quel giorno Xion era diversa, nel corso del tempo l'avevo studiata così a lungo che ormai avevo imparato a distinguere i suoi umori e i suoi silenzi, capivo quando era allegra e spensierata e quando era triste e preoccupata, anche se era solita mostrare un'espressione di imperturbabile serenità. Non sapevo come ma la capivo.
"Che succede?"
Lei scosse il capo e sospirò pesantemente "Forse dovesti davvero informarti su cosa si dice di me"
"Ti ho detto che non mi interessa"
"E invece dovrebbe"
"No, perché non cambierebbe quello che tu sei per me"
Xion vacillò per qualche istante e tentò di formulare qualche risposta a tono ma a quanto pare non vi riuscì perché socchiuse gli occhi e riprese con tono di arrendevolezza "Devi sapere chi frequenti"
"Temo che sia un po' tardi" ribattei con un sorriso vittorioso.

Dopo quella conversazione il nostro rapporto sembrò regredire ai tempi i cui ci salutavamo solamente, lei non mi parlava più molto e io non sapevo come comportarmi, non ero un mostro di socialità. La nostra lontananza durò qualche settimana, Xion non venne a scuola per qualche giorno e io, sentendomi terribilmente solo e annoiato, decisi di avvicinarmi di nuovo a mio fratello che riuscì a convincermi anche ad entrare nella squadra di calcio. Facevo schifo ma il coach aveva un occhio di riguardo per me perché, ancora, ero il fratello del grande prodigio Sora.
Un giorno Xion ricomparve, era triste ma più felice dell'ultima volta che l'avevo vista, con mia grande sorpresa mi abbracciò e appoggiò la testa nell'incavo della mia spalla, eravamo della stessa altezza.
"Ho bisogno di te" mugugnò flebilmente tra i miei capelli "Stammi vicino"
Io ero ancora stupito dal suo gesto ma la strinsi forte a me, la accarezzai e le mormorai parole di incoraggiamento, inebriandomi del suo profumo di lavanda. Quando iniziò a piangere silenziosamente capii che non avrei più dovuto lasciarla andare.

"Bella partita, prep*. Stai diventando sempre più bravo a calcio" cinguettò la ragazzina un pomeriggio entrando nel grande salone della villa e sprofondando accanto a me nel materasso piazzato a ridosso di una parete. Erano passati diversi mesi da quel suo piccolo sfogo e le cose sembravano essere tornate alla normalità.
"Cos'è questo soprannome?" domandai inarcando un sopracciglio.
"Non ti piace?"
"Dovrebbe?"
"Beh si, indica quello che sei: un prep noioso ma carino" lei ridacchiò e si girò su un lato per guardarmi bene.
"Ti ringrazio per il carino... riguardo al noioso non penso di essere l'unico"
"Mai detto di non esserlo anche io" mi sorrise, io mi lasciai andare ad una risata e le passa una mano tra i suoi morbidi capelli.
"Mi consola almeno sapere di essere noioso assieme a qualcuno"
"Ma ci pensi? Le nostre giornate si riducono al dormire, mangiare, studiare a scuola e leggere qui alla villa"
"Già facciamo proprio schifo...ci servirebbe qualcosa di più giovanile"
Xion mi scrutò per qualche attimo e poi sorrise "Forse ho io quello adatto a noi..." e senza dire altro prese ad armeggiare con il cellulare.
"Xion?" la chiamandolo qualche minuto.
"Mmm?"
"Posso chiederti una cosa?"
"Di che si tratta, prep?
"Cosa ti fa pensare che io decida di andare in quel tipo di scuola?"
"Tutto di te urla preparatory school: sei intelligente, bravo nello sport e provieni da una famiglia ricca. Sei un candidato ideale" disse come se fosse una cosa ovvia, ma non lo era per me.
"Ti sbagli, sono povero e andrò alla scuola pubblica"
"No prep, io sono povera e andrò alla scuola pubblica. Tu continua con il calcio e diventerai anche famoso"
"E tu cosa vorrai fare?" non ero ancora convinto da quello che mi aveva detto ma decisi di lasciar correre.
"Vuoi sapere cosa? Seriamente prep, a cosa credi che io possa aspirare?" alla mia scrollata di spalle lei continuò "Ci sono persone a questo mondo che hanno tutto a disposizione" mi guardò con eloquenza "E altre persone a cui la vita non ha dato niente"
Se c'era una cosa che avevo capito di Xion in tutti quei mesi è che era profondamente infelice sebbene cercasse di mascherare la sua tristezza, io tentavo di metterla sempre a proprio agio e farla stare bene ma a volte avevo come l'impressione di essere nel tutto impotente.
"La speranza... La speranza c'è sempre" mi affrettati a rispondere.
"Anche quella mi verrà tolta prima o poi"

L'improvviso suono di un clacson fuori la villa ci fece trasalire.
"È arrivata!" cinguettò Xion indossando di nuovo il suo sorriso.
"Chi è arrivata?" chiesi vedendola alzarsi e sistemarsi frettolosamente le pieghe della sua gonna. Senza che potessi protestare cui preso per un polso e attraversammo veloci i corridoi della casa per fermarci giusto sul portico. Davanti a noi c'era una macchina decappottabile anni '70, era piuttosto vecchia e malandata ma generalmente per i ragazzi l'importante è che sia un mezzo a quattro ruote che li porti dove vogliono. Davanti avevano preso posto un ragazzo e una ragazza dai capelli biondi pettinati all'indietro, e fu quest'ultima a parlare per prima.
"Ehi Xi, non mi avevi detto che sarebbe venuto anche questo bimbo. Il nostro non è un asilo nido" commentò aspramente guardandomi con sguardo indagatore.
"Piantala Larx, ha la mia età" rise la più piccola avvicinandosi alla portiera e aprendola per me.
"È un tuo amico?"
"Il mio prediletto" annuì Xion.
"Mocciosetto, avvicinati a me" la bionda si appoggiò con il braccio alla portiera, dal momento che era priva di finestrino e mi fece cenno di raggiungerla. Io, che ero rimasto tutto il tempo in silenzio dietro Xion, mi avvicinai titubante. Larx, o come si chiamava, mi prese il mento e mi studiò "Quanti anni hai detto che hai?"
"Quasi tredici" mormorai flebilmente.
La più grande rise in una maniera così macabra da farmi venire i brividi "Come ho detto sei ancora un bimbo ma se è Xion che ti porta allora non ho niente da ribattere.
Con un cenno della mano Xion mi invitò a salire a bordo e prese posto accanto a me sul sedile posteriore "Spero che ti piacciano i succhi di frutta e un pò di musica"
La guardai perplesso.

Se avessi saputo a cosa sarei andato incontro penso che ci avrei fatto un pensierino prima di accettare eppure sapevo che la colpa non era del tutto mia ma anche dello strano modo di Xion di categorizzare le cose. Certo, birra, vino, gin, vodka, whisky, sidro, provengono tutti da ingredienti naturali e in teoria sarebbero succhi di frutta o di cereali, ma io li avrei fatti rientrare nella categoria "alcolici" che era la più legittima.
"E comunque orzo e malto non sono frutti" le feci notare guardandomi attorno.
Con mia grandissima sorpresa eravamo finiti a casa di un tizio (che non avevo neanche visto) nel bel mezzo di quello che doveva essere un festino di liceali ubriachi, con nient'altro che alcol e musica assordante. Così tanti tipi di alcol che non sapevo neanche esistessero.
"Certo che lo sono. Sono tutti frutti della terra, coltivati con il sudore dei contadini" Xion mi sorrise e con una mano dietro la spalla mi invitò a farmi strada all'interno. Preferii non indagare ancora per paura di poter degenerare e ritrovarmi nudo assieme a lei ed altre migliaia di persone in un ritrovo hippy a manifestare contro la guerra.
"Io però non credo che dovremo essere qui. La tua amica Larxene aveva ragione, siamo piccoli per queste cose" protestai trovandomi costretto ad alzare la voce a causa del volume alto della musica "Tutti questi estranei, l'alcol... non è il posto adatto a noi. Se poi succede qualcosa? Chi glielo dice poi ai nostri genitori?"
"Hai paura, Rox?" mi domandò lei con un tono neutro che mi sorprese.
"Cos- no che non ho paura!" mentii.
"E allora qual'è il problema?"
Boccheggiai un istante non capendo cosa stesse succedendo con lei, la presi per un polso e la portai in una stanza vuota dove ci chiudemmo dentro "Il problema? Il problema è che non dovremo essere qui. Cosa centriamo noi con questa roba? Non ho neanche idea di come tu sia riuscita a farci arrivare qui"
"Non ti piace?" parve oscurarsi tutto d'un tratto.
"No, certo che no!" sbottai furioso senza vacillare alla sua espressione affronta. La vidi sospirare e poi si strinse nelle spalle.
"Beh questa sono io. Tu volevi conoscermi e hai detto che volevi divertirti, ho cercato di unire le tue due esigenze... ma a quanto pare non sono il tipo adatto a te"
"Non è vero Xion-"
"Sono un'ubriacona del cazzo... I miei amici sono ubriaconi del cazzo"
"Non sei un'ubriacona del cazzo"
"Infatti...sono anche una drogata di merda" rise amaramente.
"Piantala di dire queste cose!" la afferrai per un braccio con malagrazia, lei strattonò e cercò di allontanarsi da me, ma la mia presa era più forte "Tu sei Xion e basta e tutto il resto non cambierà quello che provo per te"
I suoi occhi vitrei divennero lucidi e ai lati apparvero delle lacrime simili a gocce di rugiada "Avresti dovuto informarti sul mio conto" sussurrò appoggiandosi al mio petto.
"L'ho fatto..." mormorai accarezzandola con dolcezza "Quel giorno che eravamo sul muretto a scuola e abbiamo iniziato a parlare... l'ho chiesto a Riku e lui mi ha detto tutto"
"Chi è Riku?"
"L'amico di mio fratello"
"E che cosa ti ha detto?"
"Quello che fai la sera" nessuno di noi abbassò lo sguardo, cercando sincerità negli occhi dell'altro.
"Perché hai continuato a vedermi?"
"Perché se è vero ci sarà un motivo" risposi con una scrollata di spalle, lei a quel punto iniziò a piangere a dirotto e scusarsi con me per tutto e a condannare la sua vita. Io dal mio canto le rimasi vicino come le avevo sempre detto.
Dopo aver passato tanto tempo a piangere e sfogarsi tra le mie braccia, Xion doveva essermi davvero grata perché si avvicinò al mio viso e mi baciò sulle labbra.
Fino ad allora il nostro rapporto non era stato altro che semplice amicizia, non c'era mai stato nulla di erotico nelle nostre carezze, nei nostri abbracci e neanche in quel primo bacio che mi aveva dato mesi prima o nella strana attrazione... non c'era nient'altro che affetto tra di noi. Eppure in quel momento mi resi conto di qualcosa. Avrei voluto che quel contatto durasse di più, avrei voluto sapere il motivo di quel gesto e il significato. E in quel momento capii che mi ero preso una cotta, una semplice e immensa cotta per Xion. Non ne parlammo però, come sarebbe stato normale per tutti gli altri esseri umani.


Xion aveva vissuto una vita per niente facile e nonostante la giovane età era stata costretta a crescere più in fretta del dovuto. Da piccola abitava con i genitori in un sobborgo popolare di New York e i soldi in casa mancavano. Il padre era un tipo violento, picchiava sempre lei e la madre anche per i motivi più futili e dava loro la colpa se la sua vita era così miserabile, a questo si aggiungeva la sua passione per l'alcol. Quando si ubriacava era finita, diventava tutt'altra persona e Xion ne era terrorizzata perché sapeva che quello significava ricevere altre botte. Lei era piccola e ancora non capiva molto della vita, sapeva solo che qualsiasi cosa facesse che non andava bene al padre, lei le riceveva e sua madre rimaneva impotente sull'uscio della porta a piangere - e in un certo senso Xion era felice che non si intromettesse perché per lei la razione era peggiore.
Quando aveva raggiunto i cinque anni ed aveva acquisito un po' di consapevolezza, iniziò a chiedersi perché quell'uomo invece di voler loro bene le odiava a tal punto. La madre le spiegò che aveva conosciuto suo marito all'università: lui era uno di quei classici fighetti e sulle cui spalle gravava il futuro impiego di amministratore della ditta del padre, lei invece era solo una ragazzina di campagna frustrata, stanca della sua vita, con un padre all'antica che non le permetteva di frequentare ragazzi e vivere l'adolescenza come tutte le sue coetanee. Fu per dispetto verso la famiglia che decise di uscire incinta, pensava che così avrebbe potuto sposarsi e diventare indipendente, le cose però non andarono tanto bene come previsto. Entrambi dovettero interrompere gli studi, si sposarono e le famiglie voltarono loro le spalle, si trasferirono a New York in cerca di lavoro ma la fortuna non era dalla loro e i soldi continuavano a mancare.
Per Xion il peggio arrivò quando il padre iniziò a ripudiare lei e sua madre. Quando lui era in compagnia dei suoi amici, loro non erano più moglie e figlia ma sorella e nipote o qualcosa del genere, lei doveva chiamarlo 'zio' e se si sbagliava veniva picchiata ancora... tutto ciò perché lui si vergognava di loro e della sua vita e si era pentito di essersi sposato.
Un giorno il padre rimproverò la bambina, il rimproverò si trasformò in discussione con la moglie e la discussione in una vera e propria lotta di sopravvivenza. L'uomo sbattè la testa della donna nel vetro della finestra e si accorse di quello che aveva fatto solo quando lei ritirò la testa insanguinata, per poco non l'aveva uccisa.
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso, la madre avviò le pratiche legali per il divorzio anche se lui non ne voleva sapere. Madre e figlia fecero le valigie e con quei pochi soldi che avevano da parte si trasferirono in un monolocale il più lontano possibile dalla loro vecchia casa occupata ancora da quell'uomo che faceva finta di nulla e non ne voleva sapere di andar via.
Qualche tempo dopo i due adulti si erano recati nel centro di Manhattan per concludere il divorzio e Xion apprese la notizia di quello che era successo dai telegiornali. C'era stata una violenta esplosione in uno di quei grattacieli del centro, il responsabile era morto (era un pazzo con dei lunghi capelli argentati e un nome strano) e assieme a lui tantissime altre persone, tra cui suo padre, sua madre invece era ferita ma si era salvata.
Xion non versò una lacrima per suo padre, né al suo funerale né negli anni a seguire, le persone dicevano che era una bambina orribile per questo ma lei ogni volta faceva spallucce e ignorava quelle voci, nessuno sapeva di che razza di persona parlavano.
Un paio di anni dopo arrivò un avviso di trasferimento da parte del governo: tutti quei pochi superstiti e tutti gli altri coinvolti nel caso Sephiroth erano invitati a trasferirsi nella cittadina vicina, Tarrytown. Più che un invito sembrava un obbligo, ma a Xion e alla madre non dispiacque tanto perché avrebbero avuto una casa loro e avrebbero potuto lasciarsi il passato alle spalle.
Xion iniziò una nuova vita e qui conobbe anche Larxene e i suoi amici, non era mai stato facile per lei fare amicizia ma ben presto scoprì che anche tutti quei ragazzi avevano avuto passati difficili e comprese che i loro problemi sarebbero stati il loro punto di unione. Xion era felice di avere qualcuno con cui condividere le sue esperienze e allo stesso tempo sapeva che per essere accettata in tutti sensi da quel gruppo avrebbe dovuto dimostrare di non essere una bambina. Si avvicinò all'alcol e non molto tempo dopo anche alle droghe leggere, prima con riluttanza e poi per bisogno di evasione.
Quando sua madre si ammalò improvvisamente la situazione precipitò inaspettatamente: le medicine costavano troppo, loro erano a corto di soldi e senza lavoro non avrebbe potuto neanche più comprarsi le dosi. Così fu costretta a ricorrere ad un metodo che le avrebbe permesso di guadagnare abbastanza in poco tempo.
La prostituzione.


Il nostro rapporto non cambiò di una virgola se non per le differenze che al silenzio e alle conversazioni si erano aggiunti i baci. Baci semplici e dolci, baci voraci e passionali, ma comunque baci.
I mesi passarono e noi continuavamo a stare insieme. Xion frequentava sempre il suo circolo di amicizie, ogni vota mi ripeteva che se non volevo non ero tenuto a stare con loro per farle piacere ma io puntualmente la seguivo, non volevo lasciarla da sola e sopratutto con il passare del tempo mi accorsi di una cosa. Di tutti i suoi amici nessuno mi fissava in modo strano, nessuno mi prendeva in giro, nessuno mi guardava con sufficienza o derisione. Per loro non ero il fratello di Sora, ero Roxas e basta. Neanche i cognomi o le classi sociali importavano. Semplicemente accettavano il fatto che fossi lì. Solo all'inizio mi guardavano con diffidenza, poi un giorno Xion rivelò un dettaglio per me insignificante. "Anche Roxas si è trasferito da New York quando era più piccolo"
Tutti allora mi guardarono chi con interesse e chi con pietà, venni a sapere che anche tutti loro provenivano dalla grande città ma non capivo perché fosse un dettaglio importante.
"Roxas, di tutte le persone chi credi che voglia lasciare la propria casa nel comfort della città per trasferirsi in questa città-giardino?" mi disse un ragazzo di cui non sapevo il nome. Io scrollai le spalle e scossi il capo, effettivamente neanche io non ero stato entusiasta di muovermi dal centro "Non so... chi vuole una casa col giardino o cerca aria più pulita?" tentai.
"Ci sei vicino. Tutti quelli che sono stati coinvolti nel caso Sephiroth sono morti sul posto o chi l'ha scampata si è ammalato in seguito. Il governo sentendosi colpevole ha regalato qualche casa in questo grande giardino. Far passare gli ultimi anni di vita in mezzo alla natura, ottimo metodo per togliersi dalle scatole certi soggetti e lavarsene le mani non trovi?"
"Oppure siamo dei testimoni troppo scomodi per i suoi gusti" si inserì nella conversazione una ragazza seduta accanto a Larxene. La bionda aveva le gambe accavallate, una canna tra le labbra e un'espressione di astio nei miei confronti, non me ne stupii, la indossava dalla prima volta che mi aveva visto. Ero sicuro che era gelosa del mio rapporto con Xion.
"Vedila come una specie di ghetto" esordì reggendo la stecca tra le dita e producendo una nube di fumo con la bocca "Un ghetto per ricchi e poveri che sono costretti a convivere con le menzogne e le false speranze del governo"
Rimasi basito da quelle accuse rivolte allo stato, quelli non mi sembravano più dei semplici liceali ma degli adulti stanchi del mondo io mi sentii improvvisamente fuori posto. Non sapevo assolutamente niente di quello che stavano dicendo, stavo perdendo il punto principale della questione. Quindi noi che ci eravamo trasferiti lì eravamo in qualche modo diversi dal resto del mondo? Eppure non mi sembrava di avere qualcosa di diverso dagli altri e poi non mi sembrava che i miei genitori avessero mai avuto a che fare con-
"Aspettate... cosa c'entra Sephiroth? Cos'ha fatto lui?" chiesi io faticando a seguirli.
"Sei serio Rox?" fece Xion genuinamente perplessa "Chiunque lo sa"
Certo, sapevo chi fosse di nome e avevo sentito che fosse colpevole delle stragi ma niente di più, quando ne parlavano al notiziario o nei programmi i miei genitori cambiavano canale o spegnevano la tv. Avvertivo una strana tensione ma non ci avevo mai badato perché pensavo che lo odiassero a causa del male che aveva fatto.
Scossi il capo e mi spiegai meglio "Intendo dire, perché lui è la causa? Come ha fatto a far ammalare gli altri se lui era morto? E cosa c'entra il governo?"
"Il governo ha fatto delle cose che non doveva e sta cercando di risolvere alla meglio e mettere tutto a tacere il prima possibile" nella stanza dove eravamo tutti riuniti arrivò una persona che non mi sarei mai aspettato di incontrare ma che, pensandoci, mi sembrava adatto al luogo.
"Vanitas?!" mi alzai di scatto e lo guardai con occhi sgranati.
"Yo Ven... finalmente hai deciso di unirti al mio gruppo?" mi guardò con aria trasognata e reggeva qualche bottiglia in mano. Era ubriaco. Solo quando lo era mi scambiava per mio cugino più grande, Ventus, anche se era vero che eravamo identici. Loro erano compagni di letto, per dirla gentilmente.
"Sono Roxas"
Lui sbatté le palpebre e si avvicinò per mettere a fuoco la mia figura. Quando parve riconoscermi sfoggiò un sorriso a trentadue denti e mi mise un braccio attorno alle spalle "Roxy! Non mi sarei mai aspettato di trovarti qui... cavolo sei troppo perfettino per questo squallore"
"Lascialo andare, Vanitas" lo riprese Larxene con mio immenso stupore.
"E perché mai?" rispose contrariato.
"Perché lui è il giocattolino di Xion"
Arricciai il naso a quella definizione ma gliene fui grata perché Vanitas mi lasciò subito andare borbottando e sprofondò su un pouf vacante. "Tornando a noi" riprese dopo un sorso dalla sua bottiglia "Hai mai sentito parlare del geostigma?"
Io scossi il capo.
"È la malattia di Sephiroth" sussurrò Xion a bassa voce al mio orecchio "Anche mia madre è stata contagiata da lui"
Io mi girai di scatto verso di lei con espressione incredula, senza riuscire a formulare nessun pensiero coerente.
"Prova a chiedere a zio Cloudino... lui ne sa più di tutti" rise Vanitas.
"Che cavolo dici!"
"Correggimi se sbaglio, lui non era un SOLDIER? Scommetto che conosceva Sephiroth e avranno lavorato anche insieme" rispose come se quello non era un grande affare. Posò la bottiglia vuota e iniziò a preparare quella che aveva l'aria di essere una canna.
"Cazzo è quella roba?" fece Larxene stranamente interessata.
"Questa, dolcezza, è DMT"
"Allucinogeni?" cinguettò contenta aggrappandosi al suo collo "Dove li hai presi?"
"Xemnas"
"Prepara i preservativi"
La situazione stava decisamente degenerando. Forse, mi dissi, un po' di alcol non mi avrebbe fatto male.

La mia prima sbronza fu un qualcosa di atroce.
A quanto mi avevano detto gli altri, avevo fatto un mix allucinante di tutti gli alcolici presenti con contorni di erba. Secondo il loro modesto parere ero davvero uno spasso da ubriaco e reggevo abbastanza bene, però se al posto di un paio di canne avessi optato per le schifezze psichedeliche di Vanitas a quest'ora sarei morto. Avevo passato tutta la notte a vomitare e il giorno dopo ero catatonico sul letto di Xion.
La prima sballata riuscii a nasconderla alla mia famiglia facendola passare per qualche idiozia del tipo influenza o che avevo mangiato qualcosa che mi aveva fatto male e avevo pregato mio cugino Ventus di venirmi a prendere e portare a casa. Tutti credettero alla mia bugia, solo Riku non sembrava del tutto convinto. Ma, dopotutto, chi si sarebbe mai immaginato che uno studente modello come me, uno sfigato del mio calibro, l'ombra di Sora, un ragazzino delle medie, potesse intraprendere la strada degli eccessi? A quella sbronza ne seguirono infinite altre e così un ultimo fattore unì maggiormente la mia vita a quella di Xion.





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prep: soprannome dispregiativo per indicare coloro che frequentano la preparatory school, un tipo di scuola che forma per il college e che punta sullo studio e sullo sport (è frequentata soprattutto da chi è abbastanza facoltoso)

Piccola notizia, a grande richiesta Viva la Vida will be translated in the glorious English sempre dalla sottoscritta (purtroppo), questo perché dopo aver pubblicato il disegno che ho fatto e che troverete qui, la gente mi ha invaso di mp su tumblr chiedendomi la traduzione... And so this is it.
Alla prossima!

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Capitolo 11
*** Inertia Creeps ***


11
Viva la Vida




#11. Inertia Creeps



Sta riprendendo a respirare...”
Pressione sanguigna in aumento...”
Appena le condizioni si stabilizzano dimettetelo dalla terapia intensiva”

... mamma non credi ci siano troppi fiori?”
Non sono mai troppi. I fiori hanno il potere di rallegrare anche i posti peggiori”

...Per quello che ne sappiamo, se non si sveglia presto potrebbe scivolare di nuovo in coma e questa volta le speranze sono più misere della volta scorsa. Sta peggiorando a vista d'occhio”
Allora dobbiamo procedere con il trattamento prima del suo risveglio...”
Signor Strife è una procedura rischiosa e non è neanche detto che funzioni... potrebbe perdere suo figlio”
Crede che non lo sappia? Non mi piace l'idea di fare esperimenti su mio figlio... ma attualmente lui è l'unico con questa malattia ancora vivo e se vogliamo salvarlo dobbiamo tentare”
Ma sua moglie?”
Lei sta bene così...non ha bisogno di altre preoccupazioni”
Ho capito”

Naminè, Zexion e Kairi mi chiedono ogni giorno di te. Dico sempre loro che stai meglio... perché stai meglio, vero? Ti vedo sempre più... più... Mi chiedo se senti davvero quello che ti dico. Mamma, papà e i dottori dicono di sì e ci voglio credere anche io...”

...Roxy quando ti svegli? Mi manchi un sacco. Ancora non riesco a capire... dicevano che era un'operazione stupida eppure non ti svegli ancora. Sora dice che ti piace dormire... dice che fai sempre questi scherzetti. Io ti aspetto sempre eh?”



*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.



Non ero riuscito ad indagare sulla situazione riguardante Sephiroth che ruotava attorno a tutti quelli che vivevano a Tarrytown, ogni volta che provavo a fare domande a mio padre, questo semplicemente se ne andava; avevo provato a chiedere anche a mia madre ma lei ogni volta si oscurava e mi sentivo colpevole di averla rattristata. Avevo fatto delle ricerche su internet, con scarsi risultati e questo confermava le parole di Vanitas: il governo voleva mettere tutto a tacere.

Trascorsi l’estate, tra gelati, gite in città, pic nic nei parchi, feste di sconosciuti, tra la compagnia di Xion e le mie costanti dimostrazioni di essere come tutti quei ragazzi per essere accettato. Passarono veloci e felici i mesi fino a che l'autunno si portò via il caldo, il sole e la serenità.
Mi costrinsi anche a ricordarmi di una regola fondamentale: non si può dire di conoscere realmente una persona finché non si è passato il tempo necessario insieme. Pensavo ormai di conoscere Xion, la sua occupazione serale, il bisogno spasmodico di bere e farsi per non pensare, il suo amore per la lettura, i suoi problemi e i suoi difetti, ma presto dovetti ricredermi. L’avevo accettata, come lei aveva accettato me. Questo però non mi impedì di scoprire quante volte lei mi tradisse e quante volte mi dicesse delle bugie.
Su due cose ero intransigente: la sincerità, odiavo le bugie e la falsità e non perdonavo facilmente. E secondo, non avrebbe mai dovuto incontrare gli aghi sulla sua strada. Mai.
Ai silenzi, conversazioni, risate, baci e carezze si erano aggiunte le discussioni.
Ci perdemmo di vista per un mese. Poi ci ritrovammo.
Xion veniva sempre meno a scuola e io avevo capito che aveva allargato il suo giro di clienti perché la salute di sua madre era peggiorata. Non gliene facevo una colpa ma non potevo fare a meno di esprimere il mio dissenso a riguardo, non volevo che si rovinasse la vita così, poteva trovare altri lavori.
"Chi credi che assumerebbe un'emarginata come me che fa uso di droga e alcol, con una situazione difficile a casa e un passato da cancellare alle spalle?" mi inveiva contro ogni volta. Senza contare che a tredici anni nessuno l'avrebbe assunta neanche se fosse stata pulita.
Ancora ci perdemmo per qualche settimana, questa volta fu una decisione da entrambe le parti di troncare, ma finimmo per ritrovarci.
Io ne sentivo il bisogno, non volevo lasciarla, non volevo che ogni discussione ci allontanasse sempre di più. Volevo aiutarla e rimetterla sulla retta via, anche se frequentavo il suo gruppo ero ancora della ferma idea che tutto si poteva ancora risolvere.
Mentre per Xion ero come un’ossessione. Stava ritornando la ragazzina silenziosa di quando l'avevo conosciuta e ogni volta che mi cercava non mi diceva più nulla, si aggrappava al mio petto e se ne stava in silenzio con gli occhi socchiusi, agitata solo qualche volta da qualche singulto. Ormai Xion non piangeva più, né per sua madre che lentamente si stava spegnendo, ne per la gente che la guardava con indignazione e ribrezzo, né per i clienti (a volte anche violenti) con cui doveva avere a che fare.
I nostri periodi di tenerezza si riducevano, i problemi si ripresentavano puntuali e gli scontri superavano le carezze.
Ci stavamo perdendo.

Ai problemi con Xion ben presto si aggiunsero quelli a casa.
La mia indisposizione nei confronti del mondo stava raggiungendo picchi elevati, anche quando ero con lei e non eravamo in conflitto avevo iniziato a bere di più, anche di pomeriggio presto e quando ero in vena anche la mattina negli angoli deserti della scuola. Bevevo e fumavo erba fino a vomitare. Ma l'alcol e tutto il resto presto avevano iniziato a non placare più il mio nervosismo e avevo deciso di buttarmi sugli acidi e metamfetamine perché... perché sì. Inizialmente ero riluttante come tutte le persone normali verso questa roba, poi improvvisamente compresi il motivo e il bisogno che spingeva gli altri a fare uso di queste sostanze.
Un giorno però le cose non andarono per il verso giusto e mi ritrovai le urla di Ventus in camera. Non sapevo se fosse preoccupato o arrabbiato, l'unica cosa di cui ero certo è che, per la prima volta in tutta la mia vita, lui non era felice di me.
Quello stronzo di Vanitas gli aveva raccontato tutto.
Era ormai da quasi un anno che i due non si frequentavano più perché il biondo non accettava la strada che stava intraprendendo l'altro, ma questo non impediva loro di continuare a mantenere i contatti e vedersi saltuariamente per fare una partita di carte nel letto di uno dei due. E doveva essere stato proprio durante uno di questi rari incontri che Vanitas doveva avergli espresso la sua preoccupazione per la mia salute: qualche sera prima mi ero sentito male a causa di un qualche intruglio che avevo fatto mentre ero sballato e alcuni ragazzi più grandi mi avevano portato all'ospedale dove ero stato tenuto sotto osservazione per alcune ore. Come sempre sarebbero rimasti tutti all'oscuro delle mie stronzate (perché sapevo che lo erano) ma a quanto pare il destino mi odiava proprio.
"Mi riesce impossibile credere a quello che stai dicendo. In realtà ti ha detto queste cose solo per rovinarmi! Vanitas non se ne è fregato mai un cazzo degli altri... neanche di te! Lui vive a modo suo e basta. Se permette ad una persona di avvicinarsi a lui non è perché gli piace o gli interessa ma perché non gli crea fastidio!" sbraitai irritato, deviando la conversazione dalle mie nuove abitudini al gesto, per me insensato, di Vanitas.
"È vero che è una testa di cazzo e si comporta come se fosse il re degli stronzi, perché lo è" assentì Ventus senza però abbassare il tono "Ma se fosse vero quello che dici io sarei così idiota da frequentarlo? Lui tiene a me e anche a te, solo che non lo dimostra. Lo conosciamo da anni e in tutto questo tempo a parte qualche presa in giro da bambini cosa ti ha mai fatto?"
Risposi con un lamento di dissenso senza preoccuparmi di ribattere. Era evidente che avevo torto marcio ma la mia testa (e forse anche buona parte del mio orgoglio) aveva registrato che la ragione era dalla mia. Vanitas non era il migliore è aveva così tanti difetti da poterci scrivere una trilogia di libri ma era anche vero che mi aveva accettato nel suo gruppo (per assicurarsi che non avrei potuto fare qualcosa di stupido, asserì Ventus), era felice che bevessi con loro ma non mi aveva mai sforzato ad eccedere o provare quello che prendevano loro; a differenza degli altri, mi aveva messo in guardia sui pericoli verso cui andavo incontro e, data la mia insistenza nel volerle assumere nell'ultimo periodo, mi aveva sempre indirizzato verso le droghe più stupide e leggere. Gli acidi e tutte le altre merde erano stati una mia decisione e lui all'inizio si era opposto, ma poi più di tanto che ci poteva fare? La vita era la mia e la sua era sicuramente più fottuta quindi non mi aveva detto più niente altrimenti sarebbe stato un ipocrita.
Il baccano di mio cugino aveva richiamato l'attenzione dei miei genitori che avevano abbandonato le loro mansioni ed erano accorsi in camera mia, preoccupati.
"Che sta succedendo?" fece mia madre apprensiva, mio padre era sulla soglia della porta accanto a lei.
Io lanciai loro un'occhiata e mi focalizzai di nuovo su Ventus.
"Zia, zio... devo dirvi una cosa" iniziò lui titubante, senza staccarmi lo sguardo di dosso. Era evidente il disagio e il senso di colpa nei suoi occhi ma sapeva che quella era la cosa giusta da fare.
"Ven... non ti azzarda-" cercai di sovrastarlo, la mia voce era spezzata e avevo preso a tremare, conscio di quello che sarebbe accaduto. Fu tutto vano perché le parole mi morirono in gola e lui disse una cosa che mi fece prendere coscienza della mia situazione, anche se la mia mente era ancora troppo annebbiata per accettarla.
"Roxas ha bisogno di aiuto"

Avevo perso la mia strada, ero abbandonato da chi amavo, mi sentivo tradito da chi mi fidavo e dovevo iniziare a guardarmi attorno con sospetto.
I miei genitori quando vennero a sapere della mia vita 'segreta' rimasero più che scioccati, mia madre soprattutto perché pianse ininterrottamente per giorni. Non mi punirono o urlarono, come credevo che avesse potuto fare qualsiasi genitore con un figlio che si era cacciato in una situazione del genere. No, loro erano solo delusi e si dannavano nel capire cos'avessero fatto di sbagliato per farmi finire così. Nulla, loro non avevano fatto proprio nulla. Ero io il problema e forse, mi dissi, Kairi non aveva tutti i torti quando aveva detto che ero attratto da Xion perché eravamo due disadattati.
Io ero un disadattato.
Non mi permisero più di frequentare Xion o qualsiasi altra persona del suo gruppo; non potei frequentare più nessun altro in realtà, l'alternativa era mio fratello e Riku e proprio non avevo intenzione di vederli (Kairi non era neanche il caso di prenderla in esame). Se Sora era rimasto dispiaciuto e si sentiva colpevole di non essersi mai accorto del mio malessere, Riku invece era furioso con me e io lo odiavo per questo. Spesso, quando mi sentivo in vena di riversare tutta la mia rabbia e la mia frustrazione sceglievo proprio lui perché mi dava una grande soddisfazione con le sue imprecazioni. Ogni tanto mi accorgevo del mio cambiamento: cambiavo umore ogni 5 minuti, passavo da un cumulo di tremolante in lacrime a uno psicotico furente che inveiva contro tutto e tutti.
Riku me lo faceva sempre notare, diceva che era colpa della droga se ero diventato così. Poi improvvisamente anche lui passava dall'ira alla tristezza, e si colpevolizzava perché era stato l'unico ad essersi accorto del mio cambiamento, più volte mi aveva sentito addosso puzza di alcol e erba ma pensava che fosse colpa di Xion che fumava e beveva vicino a me.
Nei pochi momenti di lucidità, quando capivo quanto avessi sbagliato con tutti, quanto avessi mandato a puttane tutti gli sforzi che gli altri facevano per me, sentivo il senso di colpa attanagliarmi lo stomaco e il respiro si fermava in petto. Mi sentivo asfissiato, tutto attorno a me diventava estremamente bollente, tutti gli spazi divenivano troppo stretti, il cuore batteva forte, la fronte si imperlava di sudore e le mie mani, costantemente aggrappate al mio busto, prendevano a tremare violentemente.
Così iniziarono anche i primi attacchi di panico.

Rimasi segregato in casa per tutte le vacanze invernali, e quando esse finirono uscivo solo per andare a scuola perché i miei ancora non si fidavano di me. Era a scuola che ogni tanto riuscivo a vedermi con Xion, quando lei si degnava di un venire, ma quella ormai non era più la Xion che conoscevo.
Era cambiata. Era debilitata, oppressa, intrappolata nella sua stessa pelle che gli andava ormai troppo stretta. Dei suoi occhi blu ormai vuoti, non rimaneva che il fantasma di quella ragazzina dolce e malinconica che si era avvicinata a me senza prepotenza.
Fu in questo nostro tira e molla senza senso che lei aveva trovato la sua condanna.
Mi urlò contro, mi respinse, mi vomitò addosso tutta la sua rabbia.
"Devi stare lontano da me! Ormai non possiamo più stare insieme" mi aveva detto in preda alle lacrime un giorno che era venuta a scuola "Non sono più come gli altri"
Quello stesso giorno venne Larxene nella nostra scuola, non l'avevo mai vista così arrabbiata. Eravamo in giardino, febbraio era alle porte e la professoressa di Educazione Artistica aveva deciso di portarci fuori per dipingere il paesaggio invernale dal vivo. Larxene arrivò spedita verso di noi, afferrò un secchio di pittura azzurra e lo riversò tutto addosso a Xion. A poco servirono l'intervento dell'insegnante e le sue minacce di chiamare la polizia: la bionda iniziò prima a deriderla e schernirla davanti a tutti, poi continuò strillando la sua collera e la sua disapprovazione.
Lo avevano giurato qualche anno prima quando si erano incamminate su quella strada, non avrebbero mai dovuto provare le siringhe. Ma Xion alla fine ci era cascata e dopo di lei toccò anche ad altri ragazzi del gruppo.
Quella fu l'ultima volta che Larxene la vide, da allora Xion abbandonò anche la scuola.

Altri due mesi passarono.
Io mi ero arreso all'evidenza dei fatti e valutai la mia situazione, non potevo contare più su nessuno del gruppo. L'eroina li aveva piegati tutti. Decisi quindi di assecondare il volere dei miei genitori e fare quello che volevano. In tutto quel tempo lontano da Xion mi ero convinto di aver trovato un po' di pace e anche i miei dissero che mi trovavano meglio.
Le cose precipitarono un giorno di primavera quando mia madre rispose ad una telefonata e io origliai involontariamente la conversazione.
"Ha chiamato Reno" sussurrò grave a bassa voce raggiungendo mio padre nello studio "Gli ho detto che al momento eri occupato con questi documenti e quindi ha parlato con me"
Era una delle poche volte in cui mi sentivo abbastanza spensierato da voler raggiungere Sora e guardarlo giocare vicino al lago ma le loro voci mi raggiunsero non appena uscii dalla mia camera. Io mi avvicinai in punta di piedi alla porta socchiusa.
"Che ha detto?" chiese mio padre mantenendo un tono basso.
"C'è stata un'altra vittima. Una donna. Dopo una lunga sofferenza ha spirato questa mattina all'ospedale della città"
"Anche lei era stata coinvolta nell'esposizione dell'edificio di qualche anno fa?"
"Probabile"
"Era una collega?"
"No, non aveva nessun collegamento con Sephiroth. Reno ha detto che all'epoca era disoccupata e viveva dall'altra parte della città in un quartiere popolare" il tono di mia madre non era mai di disprezzo ma di dispiacere, era sempre stata di animo gentile verso tutti "Suo marito è morto nell'incidente"
Aggrottai la fronte quando ascoltai quel nome e ascoltai con maggiore attenzione.
Mio padre sospirò pesantemente e attese una trentina di secondi prima di dire qualcosa "Era molto giovane?"
"32 anni"
Un altro silenzio e udii mio padre imprecare sotto voce.
"Tu non centri nulla" mormorò mia madre dopo qualche altro istante "Non attribuirti colpe che non ti appartengono"
"Se fossimo stati tutti più attenti a quest'ora non avrei tutte queste morti sulla coscienza" un altro breve silenzio e parlò di nuovo "Aveva figli?"
"Una figlia. Reno l'ha incontrata stamattina in ospedale, ha sui 13 o 14 anni e non aveva la faccia della salute"
A quelle parole sgranai immediatamente gli occhi e il respiro mi si fermò in gola. Non seppi neanche come riuscii a collegare tutte quelle informazioni in un nome solo, eppure le avevo sentite solo una volta mesi fa.
"Secondo te anche lei è stata contagiata?"
"Reno dice di si. Ma è strano perché non è una malattia che si trasmette da persona a persona"
"Forse anche lei era presente in quell'inferno"
Ormai io avevo smesso di ascoltarli, l'unica cosa a cui pensavo era Xion. Presto mi resi anche conto di ciò che era stato detto e del fatto che mio padre parlava con naturalezza di quello che era accaduto, come se se lo aspettasse. Questo significa solo una cosa per me...
"Tu... tu lo conoscevi. Allora è vero quello che si dice" sussurrai con un filo di voce tremante sullo stipite della porta, mostrando la mia presenza.
"Roxas?"
"Tu sei un exSOLDIER... ti sei ritirato poco dopo il caso Sephiroth... i tempi coincidono. Lo conoscevi vero? È per questo che non vuoi mai parlarne..." continuai scioccato dalla realizzazione, la mia mente correva nel formulare ipotesi, testarle, scartarle o accettarle "Anche tu sei stato coinvolto, non so ancora come ma ne sono sicuro. È... è per questo che ci siamo trasferiti qui vero? Non era a causa dell'asma di Sora... È stato per ordine del governo!"
"Non è stato per il governo!" mio padre scattò in piedi. Si accorse solo dopo del passo falso che aveva fatto. Serrò i pugni e mia madre gli lanciò un'occhiata e gli carezzò una mano.
"Cloud..."
Non neghi” accertai amaramente.
Mio padre sospirò e si rimise a sedere alla scrivania sommersa di fogli.
"È come ho detto?" continuai mantenendo un minimo di calma che sapevo non sarei riuscito a trattenere a lungo ancora.
"È così" confermò mio padre ormai arresosi "Conoscevo Sephiroth e ho lavorato con lui"
"Sei suo complice?"
"No, Roxas, non dirlo neanche!" rispose mia madre per lui.
"Aerith basta così, non ha tutti i torti" sussurrò mio padre, con sguardo colpevole, senza staccarmi gli occhi di dosso "Roxas non è una situazione semplice. Il governo-"
"Il governo un'accidente! Non stai negando!" esclamai poggiando una mano sul muro, mi stavo sentendo quasi mancare "Tu sei complice di un pazzo pluriomicida che è stato proclamato pericolo nazionale... tutte le volte che ti chiedevo spiegazioni, tutte le cose che dicevi su di lui, tutti gli insegnamenti che avete dato a me e Sora... sono solo menzogne!"
"No... non sono menzogne" tentò di controbattere ma non glielo permisi.
"Hai idea di quante migliaia di persone sono morte a causa sua? Quanti bambini sono rimasti orfani, quanti danni ha fatto... quanta sofferenza, quanto male... quanto dolore” non mi ero neanche accorto di aver alzato bruscamente la voce e quando me ne resi conto i miei occhi si inumidirono “Percepisco il vuoto negli animi di tutti i ragazzi che sono qui... quelli che frequentavo io erano i più svegli e cercavano di scampare a questa vita da schifo con metodi collaterali. Loro sanno di essere dei reietti... lo siamo tutti noi che viviamo qui” guardai mio padre in attesa di risposta ma quando lo vidi dilaniato dai conflitti interiori continuai, abbassando il tono “Sai che ho scoperto? Se non contiamo chi risiedeva a Tarrytown da prima, la maggior parte di quelli che ora vivono qui o sono malati terminali o hanno perso qualcuno. Tutti loro precedentemente vivevano nel distretto finanziario... oppure ci lavoravano” mi fermai un momento “... come te”
Mio padre non diceva nulla e questo non faceva altro che confermare la sua colpevolezza e fomentare la mia sfiducia nei suoi confronti. Vidi mia madre abbandonare il suo posto vicino a mio padre e si diresse verso di me per abbracciarmi ma io la allontanai.
Quante altre cose ci avete nascosto? Quante bugie ci avete detto?” ripresi a parlare, le lacrime scendevano incontrollate e silenziose sulle mie guance “Perché non sapevamo niente di tutto questo? Perché nessuno dice niente a riguardo? Tutti quelli che sono morti o che stanno morendo sanno di chi è la colpa?” quando ancora una volta mio padre non rispose io scattai e sbattei le mani alla sua scrivania “Rispondimi!”
Lui alzò gli occhi e mi guardò qualche istante, erano solcati da una profonda malinconia “No”
Perché no!”
Non mi è permesso dire nulla, è top secret” sospirò.
Top secret?” esclamai furioso alzando incontrollabilmente il volume “Ti rendi conto della situazione? Il grattacielo della Shinra del Financial District e la zona limitrofa ad esso sono ancora sotto sequestro. Vuoti. Deserti. Desolati. Tutto ancora distrutto e sotto sequestro. Perché si teme il contagio? Si può sapere cosa è successo?”
No” fu l'unica risposta che ebbi ma io non demorsi. Sono sempre stato molto testardo e perspicace, qualche informazione gliel'avrei comunque rubata a forza.
Cos'è il geostigma?”
Niente”
Tu lo sai cos'è?”
Sì”
Perché non me lo dici?”
Non posso”
Perché ci siamo trasferiti qui?”
Non posso dirtelo”
Qualcuno di noi è malato?”
No”
Mi stai mentendo?”
No”
È una decisione legata però a quello che è successo con Sephiroth?”
Sì”
Non è stato il governo a farci venire qui?”
No”
L'hai deciso tu?”
Mio padre lanciò un occhiata a mia madre e poi annuì “Sì”
Perché?”
Per proteggervi"
"Da chi?"
"Da tutti"
Io mi voltai di scatto verso mia madre che era rimasta dove l'avevo lasciata, vicino la porta, con le mani in grembo e un'espressione angosciata in volto “Mamma, tu sapevi tutto?”
Lei annuì e abbassò lo sguardo.
Non riuscivo a credere a quello che stava succedendo, mi sentivo la terra sprofondare da sotto i piedi ogni secondo in cui la consapevolezza mi assaliva sempre di più. Mi sentivo come schiaffeggiato dalla vita. Ormai non sapevo più in cosa credere, non avevo più nessuna certezza. Tutto quello che credevo fosse stata la mia vita, le mie convinzioni e le mie sicurezze erano solo menzogne. Tutte falsità. Anche i miei genitori. Mio padre non mi aveva detto niente di Sephiroth, dei piani del governo o di tutte le altre cose che sapeva ma non aveva negato niente e a quel punto pure volendo non riuscivo più a fidarmi di loro.
Il mondo attorno a me era completamente marcio e questa volta la colpa non era la mia.
La discussione continuò ancora, volevo cercare di fare maggiore chiarezza ma mio padre era persistente nel suo silenzio. Ad un certo punto iniziò a dire di calmarmi, che era tutto okay e dovevo metterci una pietra sopra. Tutto quello non fece altro che peggiorare il mio umore, i nostri toni si alzarono. Lui urlava e io gli rispondevo. Pretendeva che neanche una parola sarebbe dovuta uscire da quelle mura e dovevo dimenticarmi della nostra discussione. Io non ci stavo, ne avevo abbastanza di tutte quelle stronzate, così me ne andai.

Dissi loro che non sarei tornato e così feci.
Avevo pochi soldi con me ed ero senza un posto dove stare così scappai nell'unico luogo che mi venne in mente in quel momento: la vecchia villa sulla collina. Ero speranzoso di trovare Xion, volevo parlarle, raccontarle tutto quello di cui ero venuto a conoscenza, volevo confortarla per la perdita della madre. Volevo lei e basta. Ma lei non c'era lì. Né quel giorno, né i giorni a seguire.
Abbandonai la scuola e ripresi i contatti con quelle poche persone del gruppo che avevo ritrovato, tra di loro c'era Larxene che sembrava essere l'unica a sapere cosa ne fosse stato di Xion, non perché la vedesse o la frequentasse ancora ma perché era genuinamente preoccupata per lei e si informava delle sue condizioni tramite altre persone.
Secondo le indicazioni, trovai Xion una sera a Depot Plaza, sotto la stazione della Hudston Line¹ rannicchiata sotto un lampione cercando di scaldarsi come poteva con il maglioncino leggero che aveva. Era magrissima e la sua pelle era diventata grigiastra, i suoi occhi, una volta più profondi del mare, erano vuoti e profonde occhiaie le solcavano il volto. Quando la vidi non dissi e non le chiesi niente, non ce n'era bisogno, sapevo già tutto. Ora che la madre era morta, l'unico motivo per prostituirsi e guadagnare soldi era per comprare la dose.
Mi sedetti accanto a lei e le misi la mia felpa sulle spalle e rimanemmo per tutta la notte a guardare le stelle.
Siamo soli contro il mondo, ora possiamo affrontare i problemi insieme”

Poche erano le persone che le erano rimaste accanto: i ragazzi del gruppo si erano divisi tra quelli che erano scampati al fascino della droga, un numero che si contava sulle dita di una mano, e quelli che invece ci erano cascati. Alcuni morirono di AIDS, di botte, di stenti, gli altri si raggruppavano e si tradivano a vicenda, tutto pur di avere più soldi e più roba per sé. Quello che notai però è che tutti quelli che si facevano in vena si stavano pian piano ammalando e morivano, senza eccezioni. Nessuno era morto di overdose.
In tutto il tempo che non l'avevo vista, Xion si è trasferita da un suo amico, diceva che non aveva senso stare con la zia perché era quasi un estranea per lei, e così mi portò con sé. Convivemmo con altri due ragazzi che non avevo mai visto e mi sorpresi di trovare anche Vanitas tra di loro. Io tenevo le distanze da lui sempre a causa di quello che aveva fatto con mio cugino e lui non si azzardò mai ad avvicinarsi a me... diciamo che riversava in condizioni non molto salutari. Vivevamo in un piccolo appartamento dall’aspetto inabitabile: non c’era praticamente mobilia, perché era stata venduta tutta per pagare i buchi e dormivamo su materassi sparsi per terra, un po' come facevamo per gioco quando mesi prima andavamo a passare il tempo alla vecchia villa. Era una casa sporca e fetida, ma garantiva un tetto e un luogo sicuro.

Per l’ennesima volta la nostra relazione rinacque e si aggiunse un nuovo elemento: la droga, anche se io fui forte abbastanza da non incappare mai nelle siringhe.
Il nostro nuovo rapporto fu difficile e complicato come era diventato da quando Xion aveva provato l'eroina; ma come era aumentata la negatività, lo stesso valeva per la dolcezza. Dalle nostre bocche uscivano in quantità uguale i ‘ti amo’ e i ’ti odio’, ma quale sentimento provavamo realmente non lo sapevamo nemmeno noi. Litigavamo e ci odiavamo perché eravamo sempre stati consapevoli che il nostro rapporto non avrebbe mai portato a nulla di buono per nessuno dei due eppure non potevamo fare a meno di cercarci, di coccolarci e di prenderci cura l’una dell'altro a vicenda.
Spesso avevo tentato di farla disintossicare, con poche speranze. Rinunciai dopo svariati tentativi, non ero d'accordo ma mi ero reso conto che quello era l'unico modo per alleviare le sue sofferenze.
Nel tempo che passavamo assieme mi aveva raccontato di aver trovato un nuovo spacciatore, gliel'aveva consigliato Vanitas quando anche lui era incappato in quella stessa brutta strada. Questo tizio vendeva della roba di nome Mako, era simile all'eroina ma apparentemente molto meglio, me la descriveva sempre come una fonte di energia per gli esseri umani.
Tutto quello però non mi piaceva, così avevo preso l'abitudine di accompagnare Xion ogni volta che comprava la sua dose e squadravo sempre il ragazzo con cui faceva quello scambio, lontano dalla luce del sole, troppo familiare anche per me. Avevo notato che in lontananza c'era sempre un tizio dalla pelle scura e i capelli argentei che scrutava il lavoro del ragazzo e tutti i clienti che riceveva.

Spesso mi capitava di ritrovarmi dentro una cabina telefonica.
Quando ero scappato di casa avevo lasciato lì il mio cellulare per rendermi irrintracciabile, e comunque non è che lo usassi poi tanto data la mia vita sociale praticamente inesistente. Quindi per fare telefonate dovevo prendere in prestito il cellulare di Xion oppure fermarmi ai radi telefoni pubblici.
I miei genitori mi mancavano sempre di più ogni giorno che passava, tutto quello che volevo era tornare nel calore della mia casa e abbracciarli. Volevo che Sora venisse a prendermi per mano, accompagnarmi su per le scale, portarmi in camera mia e stendersi sul mio letto assieme a me così da iniziare a parlare delle cose più sceme che gli passavano per la testa, proprio come facevamo in passato. A volte avrei fatto qualsiasi cosa per essere innocente come lui e per rimanere nella campana di vetro in cui viveva, forse così non avrei sofferto così tanto.
Conoscevo il numero di casa e conoscevo anche l'indirizzo, sarei potuto tornare in qualsiasi momento.
Pronto?” rispose una voce femminile flebile e stanca dall'altra parte del ricevitore.
Io mantenni l'apparecchio all'orecchio e rimasi in attesa.
“Pronto... pronto, chi è?”
Volevo parlarle, dirle che mi mancava, iniziare a piangere e chiederle di venirmi a prendere perché avevo freddo e fame. Feci per aprire la bocca ma nessun suono uscì da essa, mi sentivo quasi fuori posto.
Roxas... sei tu?” continuò mia madre nonostante quello che ricevette fu il silenzio assoluto, spezzato solo dai miei pesanti respiri “Rox dove sei? Ci manchi tanto... per piacere dove se-”
Interruppi subito la conversazione e attaccai la telefonata.
Il cuore mi batteva all'impazzata nella cassa toracica e il respiro si faceva sempre più pesante, cercai di reprimere al meglio tutte quelle sensazioni e spingerle nella parte più remota e reclusa della mia mente. Non era la prima volta che mi ritrovavo a telefonare a casa, non parlavo mai ma loro dovevano aver capito alla fine che ero io e per non farmi localizzare ogni volta sceglievo cabine telefoniche in zone diverse. Il problema era che ogni volta che sentivo la voce di mia madre o mio padre non potevo fare a meno di pensare al mondo di menzogne in cui avevano cresciuto me e Sora. Avevo sempre pensato che i miei genitori fossero persone dai grandi valori morali, erano sempre stati dei modelli per tutti gli altri, sempre invidiati, sempre perfetti, sempre...
Ognuno ha i suoi scheletri nell'armadio.
Eppure qualcosa mi diceva che se mia madre si ostinava a difendere mio padre forse un motivo c'era, forse lui non aveva partecipato attivamente, forse era tutto frutto di alcune circostanze fatali in cui lui si trovava. C'erano così tanti forse nella mia testa che ben presto arrivò un pulsante mal di testa a farmi compagnia.
Ehiiiii” una voce in lontananza mi ridestò dai miei pensieri e mi voltai, non essendoci nessun altro nelle vicinanze doveva essere per forza rivolta a me.
Nonostante l'oscurità della sera, vidi un ragazzino abbastanza alto, con dei capelli corti e rossi sparati in aria come dei petardi, che se ne stava in piedi in mezzo a un campetto di street basket e agitava una mano in aria per ottenere la mia attenzione “ La palla... prendi la palla!”
Battei un paio di volte le palpebre per risvegliarmi completamente e vidi una palla arancione che stava rotolando in direzione della strada. Andai ad afferrarla e gliela riportai mentre lui mi correva in contro.
Cavolo grazie!” esclamò rumorosamente lui avvicinandosi a me, era più alto e aveva un sorriso stupido in volto che mostrava qualche dente da latte in meno “Se avessi perso anche questa mio padre avrebbe iniziato a borbottare più del solito. E sai cosa significa padre borbottante? Significa padre scorbutico che potrà decidere di mandarmi al campo estivo per sfigati della scuola se non inizio a tener cura delle cose” iniziò a ridere e parlare a vanvera senza che gli avessi chiesto niente. Lo sconosciuto mi squadrò per qualche secondo e poi sorrise di nuovo “Il mio nome è Axel. L'hai memorizzato? Tu come ti chiami?”
Lo guardai perplesso e mi strinsi nella felpa, senza dargli una risposta. Il ragazzino di nome Axel attese per qualche secondo e il sorrisetto cominciò a cadere.
Sei un tipo silenzioso o non parli agli sconosciuti?”
Io abbassai lo sguardo al suolo e ancora una volta non risposi.
Vuoi fare una partita di basket contro di me? Dai uno contro uno, però attento che sono forte” l'altro non demorse al mio silenzio insistente e sul suo volto ricomparse di nuovo il sorriso di prima “Non essere timido, vieni a giocare con me”
Proprio in quel momento il suo cellulare squillò, alzai lo sguardo solo per vederlo intento a rispondere ad un messaggio e poi si dedicò di nuovo a me “Senti... io devo andare a cena, si è fatto tardi” mormorò e fece per cercare qualcosa nella tasca dei pantaloni e mi porse una barretta di cioccolata Dairy Milk ai cereali.
Guardai più volte prima lui e poi la barretta e poi di nuovo lui con sguardo interrogativo.
È per ringraziarti” spiegò notando la mia perplessità e poi ridacchiò “Sai, per aver salvato la mia ultima palla da una brutta fine. Però avrei voluto giocare con te” e detto questo afferrò le mie mani e ci spinse dentro la cioccolata “Spero di rivederti presto...” mi passò una mano tra i capelli per spettinarli gentilmente “E se non è tanto presto ricordati del mio nome, un giorno potrai vedermi in tv all'NBA”
E detto questo quello strano ragazzino sparì dalla mia vista con la stessa velocità con cui era apparso.
All'improvviso il mio viso divenne così bollente che iniziai a sudare. Dovevo avere la febbre.

Con l'arrivo dell'estate ennesime perdite segnarono la nostra strada e tutto quello che potemmo fare fu sederci nell'angolo più remoto della casa e chiuderci sempre di più nel nostro dolore.
Nei mesi successivi al mio trasferimento in quell'appartamento spoglio, tutti gli inquilini e il loro circolo di amici ancora superstiti (che si contavano sulle dita di una mano) iniziarono a morire uno dopo l'altro - la causa non mi era ancora ben chiara: sparivano per due o tre giorni e poi li ritrovavamo senza vita.
Eravamo rimasti io, Xion e Vanitas ma la calma durò solo una quindicina di giorni. Vanitas una mattina disse che sarebbe andato da una parte dove lo avrebbero aiutato, io e Xion ci scambiammo delle occhiate interrogative pensando che avesse deciso di andare in ospedale dal momento che non sembrava stare proprio bene, ci offrimmo di accompagnarlo ma lui si rifiutò, ripeteva frasi sconnesse e senza senso. Doveva provare lui, doveva assicurarsi che fosse sicuro, poi sarebbe tornato da noi. Di cosa parlasse non riuscii mai a capirlo. Non avemmo notizie di lui per quasi una settimana e quando tornò aveva l'aria confusa e smarrita, non parlava più, non sembrava neanche cosciente della nostra presenza e sulla sua pelle erano apparse delle strane macchie nere. Non era più il Vanitas che conoscevo. Tentai di parlargli e di chiedergli dove fosse stato, cosa gli fosse successo, cosa erano tutte quelle chiazze ma niente... lui mi spintonava via con violenza e tornava a lamentarsi sul suo materasso. Tentai più volte di curare quelle macchie da cui a volte fluiva uno strano liquido simile a pus marroncino.
Per tre giorni e tre notti Vanitas vegetò riverso sul suo materasso fetido in una stanza, in preda alle urla e a degli improvvisi spasmi. Xion, terrorizzata, si rintanò nella stanza più lontana con le ginocchia al petto, la testa nascosta tra di esse, le mani salde sulle orecchie e la mente continuamente annebbiata dalle dosi che defluivano incessantemente nel suo sistema circolatorio. Io, per quanto sfatto, deperito, demoralizzato e sconvolto da tutto quello che avevo vissuto e quello che stavo vivendo, non so come riuscii a mantenere quel po' di lucidità che mi permetteva di prendermi cura dei due. Era piena notte del terzo giorno, quando Vanitas cessò improvvisamente di gemere e puntò i suoi occhi gialli su di me.
Madre?” sussurrò lui così piano che dovetti inginocchiarmi accanto a lui per sentirlo meglio.
Cosa?”
Aspettami... portami con te” implorò con voce strozzata, la sua mano si distese avanti a sé come a cercare di toccare un qualcosa di inafferrabile.
Van” provai con un fil di voce prendendo la sua mano “Stai vaneggiando. Torna a dormire”
Madre” continuò a chiamare più con insistenza.
Aggrottai la fronte e gli strinsi la mano, forse stava sognando sua madre. Lei era morta anni prima.
Qui non c'è tua madre” sussurrai a quel punto con più dolcezza.
Vanitas puntò lo sguardo su di me e sembrò riacquistare un barlume di coscienza “Non riesci a vederla?”
Scossi il capo non avendo il cuore di dirgli la verità, così lo assecondai.
E invece dovresti... è molto bella”
Davvero?”
Ha i capelli lunghi e una pelle chiarissima. Però... però non si vuole far vedere dagli altri per questo indossa sempre una brutta maschera di metallo”
Perché non si vuole far vedere?”
Solo i suoi figli ne hanno il diritto... gli altri sono cattivi”
Mi mordicchiai un labbro e lo guardai con preoccupazione. Vanitas era figlio unico. Di chi diavolo stava parlando?
Improvvisamente mi afferrò le spalle e mi avvicinò bruscamente a sé, stringendo sempre di più la presa “Seguila finché sei in tempo” mi disse con impellenza “Io... credo di essermi perso ma so che lei verrà a cercarmi e a salvarmi” poi accennò un sorriso. Un sorriso vero che non gli avevo mai visto indossare “Lei aiuta sempre i suoi figli”
Io ascoltavo ma tutto quello che diceva non riusciva a raggiungermi veramente. Un minuto prima Vanitas mi parlava e il minuto dopo mi ritrovai il suo corpo esanime tra le braccia. A nulla erano valsi i tentativi di rianimarlo, lui morì nell'ambulanza durante la corsa in ospedale.
L'estate era ormai alle porte e io e Xion eravamo soli, debilitati e mentalmente esauriti.

Era un giorno come un altro quando la porta dell'appartamento si aprì con violenza e sull'uscio apparve un uomo alto e di corporatura robusta. Aveva irti capelli argentati tirati all'indietro, occhi verdi e un ghigno sul volto. Entrò come se quella fosse casa sua e appena intercettò le nostre presenze si avvicinò a noi.
Volete giocare?” chiese quasi con dolcezza porgendoci la mano.
Xion era raggomitolata a terra, era ormai malata e non faceva altro che tremare, io le ero vicino e l'avevo racchiusa tra le mie braccia per proteggerla ma non riuscivo a nascondere il mio terrore.
Immagino che sia un no” riprese lo sconosciuto riprendendo a camminare verso di noi “Dov'è la Madre?”
Non c'è nessuno qui” risposi velocemente e mi stupii di essere riuscito a mantenere un tono fermo.
L'uomo mi guardò un momento e poi si concentrò su Xion “Vieni con me, bimba”
Lei non verrà proprio da nessuna parte!” esclamai stringendola prima a me e poi alzandomi in piedi per fronteggiare lo straniero.
Sei protettivo eh? Non ti fidi?” chiese con un ghigno e con un gesto della mano mi invitò a farmi avanti “Va bene. Gioca con me”
Non me lo feci ripetere due volte, strinsi i pugni davanti a me e mi misi in posizione di attacco. Essendo stato un SOLDIER, mio padre in passato mi aveva insegnato i rudimenti del combattimento corpo a corpo e dell'autodifesa, seppure non me la cavassi male sapevo di non avere speranze contro un bestione del genere (del quale non sapevo neanche cosa volesse da Xion!). Dovevo stare molto attento, quel tipo sull'avambraccio aveva una sorta di corazza con un taser incorporato, se mi colpiva con l'elettroshock ero fritto.
Sarà divertente” rise.
A quel commento indurii l'espressione e corsi verso di lui pronto per attaccarlo.



****


Roxas!”
Eravamo su un letto malandato, con delle lenzuola lerce e maleodoranti. Quando aprii gli occhi Xion era accanto a me ma in un certo senso era più di là che di qua.

Loz, chi è il moccioso?”
Non ne ho idea, era assieme a lei e li ho presi entrambi”

I ricordi divennero via via più nebulosi e la mia mente lavorava con una lentezza inaudita.

"Ogni vita umana è un dono, non bisogna mai sprecarla. Neanche se è così inaspettata, vero Roxas?"
"Come sai il mio nome?"

C'erano vari tizi dai capelli argentati che mi parlavano: uno era quello con la pelle scura e gli occhi gialli che vedevo sempre assieme allo spacciatore, un altro era quello più possente che aveva attaccato me e Xion, un altro aveva i capelli lunghi e movimenti gentili e fluenti come una donna e un altro era incappucciato e sembrava conoscermi.
Riuscii a scorgere degli occhi verde acqua e delle pupille allungate come quelle di un gatto.
Presto ci ricongiungeremo tutti con la nostra Madre”

Siete due gocce d'acqua, avete lo stesso carattere testardo. Il pericolo non vi spaventa. Era così bello e testardo che era diventato la sua ossessione... Ma poi lo ha abbandonato!" mi parlava con tono languido e malinconico ma l'ira defluì verso l'ultima frase. Mi strattonò e mi scaraventò contro il muro "Me la pagherete tutti!”

Dimmi cos'è a cui tieni di più, così avrò il piacere di privartene"
Gli occhi felini mi guardavano come pervasi da una nuovo furore.
Quegli stessi occhi si avvicinarono di nuovo a Xion e non la lasciarono più andare.
"Ho capito"

Sono stata bene con te ma ti avevo avvertito che non avresti dovuto avvicinarti più a me"
Xion cercava di sorridermi nonostante quello che lui le avesse fatto. Si era arresa davanti alla sua stessa esistenza.

"Ehi Rox, tu l'hai vista la Madre? "
" ...quale madre?"
"Io l'ho vista... È molto bella e buona"

Un momento la vidi sorridere serena e in pace e un momento dopo era morta.
Qualche secondo per realizzare l'accaduto e per reagire.
Cercai di rianimarla, ma assistetti solo ai suoi spasmi e al cessare del battito cardiaco.
In quel momento persi completamente il senno, il mio cuore batteva a ritmo incessante e avevo iniziato a sudare freddo.
Perché Xion si era addormentata così all'improvviso?

Buio.

Sofferenza.

Qualcosa di estraneo scorreva nel mio sangue e le mie membra bruciavano come arse dal fuoco.

Attorno a me silenzi alternati a dialoghi ovattati.

Urla di dolore e violenti spasmi, il mio corpo faceva tutto da solo, si muoveva senza che io gli dessi qualche imput.

I momenti di delirio e incoscienza avevano superato quelli di lucidità.

Gli occhi verdi mi scrutavano e mi toccavano con voracità.

Mi chiedevano della Madre.

Aiutatemi.

Fui svegliato da rumori assordanti e abbaglianti luci che squarciavano le tenebre della notte. C'era caos, dentro e fuori la casa. Anche nella mia testa c'era solo caos.

Qualcuno chiamava il mio nome e altri ne pronunciavano un altro.

Kadaj

Chi era Kadaj?

Una stretta al collo mi smorzò l'aria dalle vie respiratorie e un'altra mano mi bloccò le braccia e il petto “Non avvicinarti o lui è morto”
Aprii con fatica gli occhi, la vista era sfocata ma riuscii ad individuare mio padre che imbracciava la sua spada e sferrava fendenti contro il corpo che mi manteneva e che si faceva scudo con me.

L'odore di bruciato invase le mie narici, il fuoco aveva avvolto tutto.

Fui sballottato da una parte a un'altra e sentii di nuovo un corpo che mi teneva stretto.

Ci fu un'esplosione alle mie spalle e dopo il nulla.

Vi prego, aiutatemi.

*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.


Rox?”
Il costante bip e tutte le altre apparecchiature in funzione erano gli unici suoni di sottofondo che si udivano nella stanza.
Mmm?” sentiva le palpebre pesanti quando provò ad aprirle, per non parlare delle braccia e delle gambe formicolanti. Tutto il corpo gli pizzicava quando cercava di muoversi così finì presto per rinunciarvi e si limitò a sospirare e voltarsi verso il rosso che stava accanto a lui.
Domani si torna a casa, non sei felice?” mormorò Axel accarezzandogli la mano che era appoggiata sul lato, attento a non muovere nessun filo e cavi che correvano lungo entrambe le braccia e il petto del biondo.
Roxas gemette in disappunto mentre con l'altra mano si strofinava gli occhi “Era pure ora”
Come ti senti?”
Il biondo lo fulminò con lo sguardo “È la quarta volta che me lo chiedi da stamattina”
Ma no” Axel inarcò un sopracciglio e raddrizzò la schiena “Te l'ho chiesto solo tre volte”
Quattro volte” puntualizzò l'altro.
Tre” ripeté il più grande e iniziò a contare sulle dita “Una volta quando ti ho salutato, una volta quando è arrivata Aqua a infilarti questi altri due aghi nel braccio e adesso”
Roxas sospirò e socchiuse gli occhi “E quando due minuti dopo che Aqua se ne è andata e io ti ho detto che avevo sonno? Quella te la sei dimenticata?”
Axel aggrottò la fronte e rimuginò qualche istante ma il più piccolo lo precedette.
Tre più quella di ora... quattro” mormorò tornando di nuovo a guardare il rosso “Non ti pare esagerato in un paio d'ore?”
Axel dopo un tentennamento iniziale rispose con un ampio sorriso “Roxy non mi hai ancora risposto, allora come stai?”
Se mi chiami ancora con quel soprannome o mi chiedi ancora come sto, giuro che ti uccido”
Mi erano mancate le tue dimostrazioni di affetto” rise il rosso sprofondando nello schienale della poltrona “Senti un po' ma a cosa ti serve questa specie di dialisi? Tu non hai un problema al cuore?”
Roxas fece spallucce e si mosse appena per mettersi più comodo “Mia madre diceva che dovevano ripulirmi il sangue da qualcosa e il mio corpo non può farlo da solo... ma ho come l'impressione che neanche lei ne sappia molto... è mio padre che se la vede con i medici”
L'importante è che tu stia bene” disse Axel mordicchiandosi il labbro e poi sorrise di nuovo “Ehi Roxas... ne ho un altro”
Uhm?” il biondo aggrottò la fronte, timoroso di sentire cosa ne sarebbe uscito dalla bocca dell'altro.
Che ne dici di Foxy Roxy?”
Un bagliore omicida brillò negli occhi blu del più piccolo.





·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•



¹ Hudston Line: linea ferroviaria che corre lungo il fiume Hudston


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Capitolo 12
*** Act 3: Tell Me What The Rain Knows ***


12
Viva la Vida

Act 3.
Xemnas' silent scream:
Shut your eyes and pull the trigger

Nei capitoli precedenti
"Loz è stato preso"

Roxas si voltò di scatto, i suoi occhi sembravano voler uscire dalle orbite dalla sorpresa e anche io fui colpito dal sentire quel nome "Che cosa stai dicendo?"
"Quel figlio di puttana era in Cina"

"Ci sei, Ax?"

"S-sì, pronto"
"Questa volta mi tratterrò un po' di più. Sei felice allora?" continuò facendosi più vispo nel sentire la mia voce..
"Sì, sono felice" sussurrai abbozzando un sorriso e socchiudendo gli occhi mentre con la schiena mi appoggiavo al muro piastrellato del bagno.
"La settimana prossima ti porto a vedere la partita dei Lakers"
"Cosa si festeggia?" fu la mia domanda nell'udire quella vena di eccitazione che sembrava diventata una caratteristica ormai cancellata dalla sua persona, lui temporeggiò un breve istante .
"Il mio ritorno a casa... e il fatto che rivedrò mio figlio"

"Avrei voluto fare due chiacchiere con lui riguardo i Silver Haired Men"
Gli lanciai un'occhiata perplessa "Chi diavolo sono?"
Lui rise e si appigliò a me perché le sue gambe traballanti non riuscivano a fare il loro dovere "Hai mai sentito parlare di Sephiroth?"
"Sephiroth?" feci eco pensando di essermi sbagliato "Quel pazzo criminale?"
"Esatto, proprio lui"con un abile gesto si portò il cicchetto alla bocca e lo finì in un sorso, dall'espressione tirata che aveva fatto compresi che doveva essere davvero forte.
"E cosa c'entra Roxas con questi Silver Haired Men e Sephiroth?"

"È curioso..." incominciò Roxas con un po' di fiatone, senza mai interrompere il contatto visivo "Tu hai detto che i miei occhi sono come il cielo. Cielo, nuvole, stelle... sogni e desideri, spensieratezza e speranza: aspetti che non sembravano esistere nella tua apatica vita. Mentre i tuoi sono verdi, come l'erba... quella che non ho quasi mai sotto i piedi perché sono un sognatore, sempre campato di illusioni e favole. Ma possiamo completarci a vicenda: i miei occhi potranno essere il tuo cielo, ed i tuoi la mia terra"
La mia mente sembrava come sgomberata in quel momento, la sua voce era come un'armoniosa melodia alle mie orecchie, tutto quello che era attorno a noi all'improvviso scomparve... e mentre mi parlava mi innamorai, proprio così come ci si addormenta: piano piano e poi tutto in una volta.

"Axel?"
"Sì?"
"Non ti voglio bene"
Cazzo, e ora?
"Penso di essermi innamorato di te"





# 12. Tell me what the rain knows


Tarrytown era una città come le altre, forse un po' particolare o forse no. Era una questione di punti di vista e secondo quello di Axel, che anche se non era solito prestare attenzione ai dettagli, lo era di certo sotto alcuni aspetti.
Prima di tutto la cittadina era così piena di alberi, giardini e parchi che sembrava di vivere quasi in una giungla che sorgeva a pochi passi dal caos del centro della Grande Mela, neanche Central Park gli sembrava così... verde.
Tarrytown era anche il luogo in cui era ambientata la famosa leggenda di Sleepy Hollow, e anche se poi una parte della città si era staccata e aveva adottato l'altro nome per attirare ancora più turisti, rimaneva un luogo che manteneva vivo l'interesse dei giovani più temerari che decidevano di intraprendere un viaggio dell'orrore, soprattutto nel periodo di Halloween.
In ultimo, e cosa più importante, Tarrytown sembrava essere come fuori dal mondo; il che, vi direte, è abbastanza bizzarro per essere un distretto di Manhattan eppure Axel ne era profondamente convinto. Quello che lo aveva spinto a pensare ad una cosa del genere era un particolare abbastanza stupido ma che per una persona con un ego pompato come il suo faceva la differenza: la mancanza di media.
Suo padre, Reno Turks, era un importante quando intraprendente e istigatorio pezzo grosso nel mondo degli affari newyorkese, era conosciuto per la sua leadership e abilità di far soldi, ma era rinomato principalmente per i party che era solito organizzare in passato nella grande casa di Brooklyn Heights quando vivevano ancora lì. Sua madre, Elena Moore, era stata invece figlia di un'importante famiglia californiana immersa nel settore dello spettacolo e aveva iniziato la sua carriera durante l'adolescenza con qualche comparsa in tv; con la maturità aveva intrapreso tutt'altra strada ed era entrata prima in politica e poi, battendosi per la difesa dei diritti civili e l'uguaglianza sociale, era diventata un'ambasciatrice ONU della sede di Manhattan.
In quanto figlio di due personaggi abbastanza famosi, Axel era cresciuto a pane e paparazzi: se li ritrovava alle calcagna ovunque fin dalla nascita, erano una presenza così costante che non gli dispiacevano affatto, anzi spesso e volentieri si prendeva anche la briga di fermarsi, pure per strada, nel bel mezzo di qualunque cosa stesse facendo e posare per un paio di scatti frettolosi. Era bello, amichevole, malizioso e alla moda, non c'era da dire che era una personalità amata, soprattutto dal pubblico femminile, sebbene conducesse una vita lontano dai riflettori... dopotutto si sa, il pubblico è interessato ai pettegolezzi sui ricchi e sul loro tenore di vita e non al tipo di impiego in cui sono occupati. La cosa inspiegabile però era che i paparazzi lo pedinavano soltanto quando metteva piede a Manhattan o da altre parti, in pratica non si era mai visto nessunfotografo o giornalista nei dintorni di Tarrytown.
"È un po' come se i tuoi angeli custodi fossero a comodi loro" annuì Demyx senza staccare lo sguardo dalla rivista di Kairi che stava sfogliando. Suo padre, Zell Dintch, era un famoso sportivo quindi il biondo capiva il punto di vista di Axel e poi lui sembrava stranamente attratto dai paparazzi non tanto per coltivare la propria vanità ma perché tutto ciò che era caotico e privo di senso era di suo gusto.
"Hai presente quelle celebrità che sarebbero capaci di fuggire su un'isola deserta pur di non farsi trovare ma finiscono comunque su tutti i tabloid?" riprese Axel prendendo dal frigo una porzione di sushi che aveva conservato la sera prima, la appoggiò in un vassoio e tornò in salotto.
"Esatto! I paparazzi sono divertenti, non capisco perché si lamentano tanto"
"Forse perché sono pronti a scattarti foto nei momenti più improbabili e sono pronti a frantumarti la reputazione?" intervenne Marluxia prendendo un onigiri dal vassoio prima ancora che Axel potesse metterlo sul tavolino da caffè "La gente gode a vedere le star in tuta, senza trucco e possibilmente mentre mangiano schifezze"
"Marly, tu non capisci proprio niente!" borbottò il biondo con un tono infantile "Anche mio padre dice le stesse cose"
"E tuo padre ha ragione"
"Siete due vecchi noiosi!"
Marluxia sgranò gli occhi e digrignò i denti "Parla per Zell, io sono ancora un bocciolo di rosa"
"Il bocciolo di rosa più gaio di tutta New York" commentò il rosso prendendo un pezzetto di omelette con le bacchette "Io non vorrei mai farmi vedere in quelle condizioni dal pubblico... e non intendo neanche che i fotografi debbano appostarsi anche qui, mi basta già quando sono sotto casa a Heights... però è davvero strano. Il mio punto è un altro: ogni volta che gioco pubblicano degli articoli su di me, ogni volta che torno in centro mi seguono quasi fino in bagno, però quando sono qui conduco la vita di un normalissimo ragazzo di periferia"
"E ti dispiace?"
"No, anzi... ci tengo alla mia privacy. Però è come se tutti volessero tenersi alla larga da questa città... perché non si vedono mai estranei a Tarrytown?" osservò Axel dopo una breve riflessione e l'altro annuì come immerso nei suoi pensieri. Il rosso afferrò il telecomando da sopra al divano dove era stravaccato e iniziò a fare una panoramica giusto per tenersi occupato.

...e il mese prossimo ci sarà un'esposizione al museo...

...la situazione politica del...

...un rialzo per la borsa di Wall Street...

"Allora Dem... come hai detto che è andato il dopo-party di Halloween?" chiese uno svogliato Axel ricominciando una nuova conversazione, continuando sempre a fare zapping. Erano passate varie settimane dalla festa di Halloween e sebbene lo avesse incontrato per gli allenamenti e la partita di inizio campionato che avevano disputato qualche giorno prima, erano successe varie cose che avevano distolto la sua attenzione da tutto il resto, tra cui l'operazione e la riabilitazione di Roxas e l'arrivo di suo padre in città. Si era un po' diviso tra entrambi gli impegni e tutto il resto era passato di secondo piano.
"Siamo andati a Sleepy Hollow, ricordi?" gli occhi del biondo si illuminarono, non aspettava nient'altro che parlare di quella storia "Bene. Siamo andati tutti con il mio Transporter e indovina chi c'era?"
"Uhm... fammi indovinare..." fece il rosso senza particolare interesse ancora immerso nei programmi e nei jingle pubblicitari, Marluxia intanto era occupato a messaggiare con il cellulare.
"Zexy! Sì c'era proprio lui!" proclamò il biondo con un acuto tutt'altro che virile, iniziando ad eccitarsi come una ragazzina e battendo le mani come un infante "Ha insistito a guidare perché diceva che io ero ubriaco e non si fidava. Così mi sono seduto nel posto dei passeggeri accanto a lui per tutto il tragitto e-" continuò una sequela di frasi senza senso alternate a gridolini di eccitazione e io rosso ne approfittà per distrarsi ancora una volta.

...il tacchino all'arancia per il Ringraz...

...l'ospite della puntata di oggi...

... Reno Turks arrivato alle prime luci dell'alba...

"Aspetta, lascia qui!" esclamò Marluxia prendendo il telecomando dalle mani del rosso e alzò la voce.
"Come mai non mi stupisco che mi dicessi di lasciare su E!?" grugnì Axel ma l'altro non vi badò, anche il biondo sembrò interessarsi improvvisamente al reportage, così si arrese e si concentrò sulla voce della giornalista e tutte le immagini in sovrimpressione.

...dopo un viaggio di lavoro che l'ha tenuto lontano dalla capitale per quasi cinque mesi è rientrato la scorsa settimana a Tarrytown, città in cui risiede ormai da quando la sua amata moglie è venuta a mancare. Assieme a lui, il suo fidato collega in affari, Rude Garcia ha confidato il successo della loro missione come una "vendetta che aspettavano da anni", purtroppo però non ci è dato sapere sulla natura dei loro incarichi. Sarà una vittoria sul dominio cinese che sta divorando l'economia mondiale?
Durante l'intervista a cui si sono prestati hanno anche commentato la vicenda dell'ancora fresco arresto di Loz, noto malavitoso che ha fatto parlare di sé qualche anno fa e che, ricordiamo, aveva trovato rifugio all'estero, proprio in Cina, dove albergavano Reno e Rude. "Siamo profondamente soddisfatti che un uomo così pericoloso si stato finalmente catturato, però mancano ancora i suoi fratelli all'appello. Bisogna trovarli il prima possibile così che si possa rendere giustizia per tutte le loro vittime" queste sono le esatte parole di Reno Turks, dopo aver espresso il proprio dolore e cordoglio per le famiglie che come lui hanno subito delle perdite in una maniera così barbara.
Il giorno stesso del arrivo, Reno Turks è stato visto assieme a suo figlio Axel prima in alcuni locali esclusivi del centro e poi allo stadio per la dibattuta partita Knicks contro Lakers, probabilmente per festeggiare la prima vittoria del campionato scolastico del ragazzo. Avrà finalmente deciso di iniziare a comportarsi da vero padre? Noi speriamo proprio di sì. Certamente Axel è sulla buona strada per il successo, alcune fonti ci hanno informato che alcuni reclutatori-

Uno sbuffo di irritazione e la televisione fu spenta senza troppe cerimonie nel bel mezzo del servizio.
"Axel ma che cavolo? Stavo seguendo!" protestò Demyx buttandosi addosso all'amico per riprendere il telecomando ma l'altro lo scaricò letteralmente giù dal divano.
"E io non voglio più vedere" borbottò questo incrociando le braccia, i paparazzi erano un passatempo divertente ma gli dava immensamente fastidio quando iniziavano a fare delle congetture e ipotesi prive di qualsiasi fondamento. Cosa ne potevano sapere della loro vita privata? Ogni volta che intervistavano lui o Reno non facevano che cantilenare sempre la stessa storia della famiglia ormai disgregata e questo lo indisponeva abbastanza perché loro erano legati nonostante la distanza, ma i media erano di tutt'altro parere.
"Che ne pensi di quello che hanno detto?" chiese Marluxia di soppiatto, guadagnando l'attenzione degli altri due.
"Lo sai che sono un mucchio di stronzate"
"No, intendo la parte di Loz... che ne pensi?"
Axel inarcò un sopracciglio e si grattò la nuca non sapendo effettivamente cosa dire di preciso, forse la loro stava diventando un'ossessione però il fatto che si trovassero entrambi nello stesso posto allo stesso tempo era proprio strano "Non lo so... è possibile che mio padre sia legato a lui? Può darsi che Loz sia qualche cliente che lo ha raggirato in passato e ora mio padre lo ha fatto arrestare"
"Ipotesi probabile" osservò il rosa con una scrollata delle spalle "Però come la mettiamo con Roxas e Larxene? Hai detto che anche loro ne hanno parlato"
Axel abbassò lo sguardo e scosse il capo adombrandosi.
"Sarà un argomento alla moda" intervenne Demyx che, come sempre, non aveva la più pallida idea di cosa si stesse parlando "Piuttosto Ax... come sta il tuo biondino?"



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D'improvviso fui come ipnotizzato da una forza a me sconosciuta.
Quegli occhi verde oceano erano così freddi ma allo stesso tempo ardevano come il fuoco, il colore era troppo simile a quello di mia madre se non fosse stato per quelle pupille allungate che mi mettevano i brividi addosso. I suoi capelli erano argentati come il chiaro di luna ed erano lunghi e fluenti e quasi si mimetizzavano con il suo niveo incarnato, le sue fattezze sembravano così irreali da assomigliare ad una bambola di ceramica. Mi sorrise teneramente come qualsiasi uomo farebbe in presenza di un bambino e mi prese in braccio, tenendomi cautamente stretto a sé. Io battei le palpebre e lo scrutai con un misto di timore e perplessità, quando la sua mano accarezzò la mia guancia abbassai il capo, mi dimenai appena per farlo allontanare e strinsi forte tra le mie braccia il mio pupazzo preferito.
"Roxas... sei cresciuto dall'ultima volta che ci siamo visti. Ti ricordi di me? Sono Sephiroth... ci conosciamo da quando sei nato... Roxas?"
"Non farci caso, è molto timido. Sora è molto più chiassoso"
"Siete molto simili, Cloud. Ha anche i tuoi stessi occhi"
"Già, Sora invece assomiglia più ad Aerith"
"Come sta Aerith?"
"Bene, si è presa una pausa dal lavoro per occuparsi di Sora e Roxas però tra qualche mese dovrebbe firmare una nuova linea di profumi"
"Bella e attiva come sempre vedo... dopotutto queste sono le qualità che ti hanno fatto innamorare di lei"
"È anche molto dolce"
"Giusto... penso che Roxas abbia ereditato la dolcezza da lei" mi lanciò un'occhiata e mi accarezzò i capelli "E dov'è l'altro ometto?"
"Penso che stia giocando da qualche parte. Aspetta un attimo vado a cercarlo e te lo presento"
Rimanemmo di nuovo da soli.
Lui continuava a guardarmi con quello sguardo penetrante e a sorridermi, io invece iniziavo a sentirmi profondamente irrequieto e se ne avessi avuto la possibilità me ne sarei scappato lontano.
"Due anni, eh? Chissà che bel ragazzo diventerai da grande"


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Quando Roxas si svegliò fuori stava piovendo.
Una mano emerse dal suo bozzolo di calore e andò a stropicciare i suoi occhi, la fronte appoggiata al vetro della finestra era diventata quasi ghiacciata a causa del freddo che doveva fare fuori ma a lui andava bene così. Sbadigliò e si strinse di nuovo nella coperta in cui era avvolto, accoccolandosi meglio tra i cuscini del bow-window della stanza degli hobby. Novembre era arrivato con la sua forza preponderante e aveva portato il freddo tutto in una volta, non che ci avesse prestato particolarmente attenzione perché le ultime settimane le aveva passate a letto a dormire.
I suoi ricordi erano piuttosto nebulosi, ricordava di trovarsi con Axel in un campo pieno di lucciole e poi aveva riguadagnato piena coscienza di sé quasi una settimana dopo, in una stanza di ospedale sotto lo sguardo apprensivo di sua madre e suo padre. Gli avevano detto che in quell'arco di tempo gli avevano rimosso chiururgicamente il defibrillatore perché stava soltanto peggiorando la situazione e aveva iniziato una nuova cura, a una sua iniziale perplessità seguì un moto di soddisfazione: se gliel'avevano tolto significava che poteva vivere anche senza e quindi non stava poi così male? Sapeva che la risposta era un secco no, ma lui voleva autoconvincersene, giusto per non aggiungere un altro elemento che lo avrebbe fatto sentire ancora più di merda oltre al pensiero di aver causato una gran sofferenza ad Axel, il quale ormai aveva iniziato a passare più tempo in ospedale al suo capezzale che a casa o altrove - almeno aveva vinto la prima partita di basket dell'anno, se l'avesse persa Roxas non se lo sarebbe mai potuto perdonare. Da quando era stato ricoverato non avevano più parlato dei loro sentimenti, certo passavano il tempo insieme e si scambiavano un po' di coccole (in realtà era maggiormente il più grande che lo viziava) però Roxas non aveva idea di come considerare la loro situazione attuale, se era ancora una frequentazione amicale con l'aggiunta di baci oppure se stavano insieme a tutti gli effetti. A questo pensiero Roxas si ritrovò ad arrossire e si affrettò a nascondere la faccia nella coperta per non essere scorto da nessuno.
"Foxyyy!"
Ovviamente...
"Foxy cosa fai con la faccia dentro la coperta?" l'onnipresente e sorridente Axel sbucò improvvisamente alle spalle del biondo e andò a sedersi accanto a lui nel bow-window.
"Mi godo il completo calore per tutto il corpo... tanto non posso più soffocare" il biondo aggiunse queste ultime parole con una punta di amarezza.
Il più grande lo guardò per un istante con commiserazione e poi lo avvolse tra le sue braccia "Certo che non puoi più soffocare... e sai una cosa? Anche io vorrei avere uno di questi affari così quando la notte fa freddo posso sprofondare tra le coperte senza il bisogno di lasciare la testa fuori a congelare" disse con una risatina per alleggerire l'aria.
Roxas alzò appena il viso per guardarlo e abbozzò un sorrisetto tirato.
Da quando era uscito dall'ospedale era costretto a portare con sé una bombola dell'ossigeno per la respirazione artificiale perché a quanto pare il suo «schifosissimo cuore stava diventando troppo pigro pure per trasportare l'ossigeno nel sangue» ma Axel era sempre stato lì accanto a lui, pronto a tirargli su il morale e distrarlo. Se solo pensava a quanto fosse cambiato rispetto a quando lo aveva conosciuto a scuola...
"Hai finito di giocare a... non so neanche più a cosa"
"Final Fantasy" gli andò in contro il rosso appoggiando una guancia sul capo dell'altro e prendendo sulle gambe la bombola dell'ossigeno così che non desse fastidio "Oggi dopo scuola mi sono fermato con Dem al GameStop... e siccome fino a poco fa tu dormivi ho pensato bene di socializzare con Sora e Riku"
"Come va tra di voi?"
Axel puntellò le dita sulla coperta e si prese un momento per rifletterci "Bene... direi piuttosto bene, dalla fase delle urla e dei silenzi siamo passati alle occhiate indagatrici, forse sta iniziando ad accettarmi, ma è meglio non cantar vittoria perché se non sto attento Sora davvero potrà accettarmi... con l'accetta" entrambi condivisero una leggera risatina e poi il più grande continuò "Comunque le cose stavano andando bene finché Riku non ha fatto un commento scottante e si sono ammutoliti entrambi... io ho pensato bene di lasciarli arrostire nel loro imbarazzo e li ho lasciati soli" Axel sorrise al ricordo delle loro facce. Durante la festa di Halloweenl ui e Roxas li avevano scorti a mangiarsi di baci e avevano soperto che il giorno dopo Sora si era svegliato nel letto di Riku, mezzo nudo e con una sbornia che avrebbe steso un cavallo (ecco perché era stato l'ultimo ad accorrere in ospedale). Da allora le cose si erano fatte imbarazzanti un po' per tutti.
"Eravate qui tutti e tre?" domandò il biondo, sorpreso di non essersi accorto di nulla ma l'altro scosse la testa.
"No, siamo andati in camera di Sora per non disturbarti"
"Se ti annoiavi avresti potuto svegliarmi"
"Nah, è più importante che riposi... e poi avevo una voglia matta di giocarci!"
Roxas annuì distrattamente e tornò a girarsi verso il vetro della finestra per scrutare il cielo scuro "Come sta tuo padre?"
"Sta bene, Rox. Ormai è a casa da una settimana, ha preso le ferie dal lavoro e ora si sta riambientando all'aria di periferia" ridacchiò il rosso prendendo a massaggiargli la schiena "Poi siamo andati a fare un giro in centro, mi ha trascinato a pattinare al Rockfeller Center proprio come due adolescenti, abbiamo visto la partita dei Lakers, siamo tornati alla casa di Heights... e abbiamo salutato mia madre" terminò abbassando, seppur impercettibilmente, il tono e questo non passò inosservato all'attenzione dell'altro, infatti si girò di nuovo verso di lui e ammorbidì l'espressione.
"Axel..."
"È tutto okay Roxy"
"No, non è tutto okay" il biondo scosse il capo e lo guardò serio "Piantala di chiamarmi Roxy o Foxy Roxy"
Il più grande rimase interdetto per un beve istante, sorrise impercettibilmente e poi mise un broncio lamentoso "Ma Roxy è carino"
"No, non è carino. E piantala di fare il bambino" sospirò pesantemente lanciando un'occhiata esasperata al soffitto.
Afferrò il suo cellulare dalla sua matassa di coperte e si prese la libertà di mandare un messaggio mentre l'altro era occupato a ribattere sulla sua precedente affermazione.
"Ehi Axel?" fece dopo qualche minuto.
"Hm?"
"Il tuo amico biondo... Demyx... è single vero?"
Axel lo guardò completamente allibito e fu incapace di formulare una frase di senso compiuto "Cosa... Perché"
"Rispondi solo con sì o no"il rosso annuì titubante e Roxas accennò un sorrisetto "Mi dai il suo numero di cellulare?" si fermò un secondo a scrutare l'espressione dell'altro "...possibilmente senza svenire"

18.07
Devo parlarti urgentemente, ci vediamo davanti lo Starbucks dell'angolo.

La paura di un ipotetico tradimento da parte di Roxas sfumò quando quest'ultimo gli spiegò che aveva intenzione di organizzare un incontro al buio tra Demyx e Zexion dal momento che entrambi erano cotti l'uno dell'altro ma erano troppo stupidi per dichiararsi o anche uscire insieme.
"A proposito di Demyx e Zexion... Io e te abbiamo qualche questione in sospeso" dichiarò il rosso di punto in bianco una volta che l'altro aveva finito di armeggiare con i messaggi.
Roxas deglutì a vuoto e mantenne lo sguardo fisso davanti a sé, avendo paura di quello che potesse chiedergli l'altro. Gli aveva promesso che prima o poi gli avrebbe parlato di Xion e del suo passato, ma in quel momento non ne aveva alcuna voglia.
"Dimmi"
Da parte sua, Axel avrebbe tanto desiderato fargli delle domande ma sapeva che non era il tempo giusto, Roxas dopotutto era uscito da poco dall'ospedale e l'ultima cosa che voleva era stressarlo ulteriormente. Tutto poteva aspettare, tranne una cosa. Portò le mani al suo volto per accarezzargli una guancia e poi gli sistemò meglio i tubicini per l'ossigeno che dal naso correvano dietro le orecchie e dal lì si riunivano all'altezza del collo.
"Da quando hai avuto quella ricaduta non abbiamo avuto l'opportunità di parlarne" incominciò scegliendo accuratamente le parole e sentì l'altro irrigidirsi accanto a sé "Riguardo a noi..."
Il più piccolo alzò lo sguardo, genuinamente stupito e per poco non gli venne un altro attacco di cuore (in senso buono) nell'udire quello che poi gli disse l'altro.
"Sabato vuoi uscire con me? Intendo uscire, uscire... ma se tu vuoi solo uscire va anche bene... oppure anche se non vuoi è okay... credo" vociferò imbarazzato il rosso abbassando lo sguardo, le guance appena imporporate di rosso e una mano e grattava febbrilmente dietro la nuca.
A quella visione davvero dolce e quasi buffa, Roxas non poté fare a meno di sorridere caldamente, questa volta il sorriso fu vero "Va bene. Sabato è perfetto"

18.55
Axel dimmi che hai il dono della metamorfosi e che quello davanti a Starbucks sei tu e non Zexy!

18.55
Sappi che io ti odio!

18.56
Traditore ç_ç



"È già passato così tanto?" chiese Leon chiudendosi le porte dello studio alle spalle e sprofondando nella poltrona di pelle marrone "Dovrebbe essere quasi un mesetto, giusto?"
"Tre settimane e mezzo per la precisione" annuì Roxas mantenendo una posizione eretta sul divanetto dove era seduto "E grazie ancora per essere venuto a casa, davvero non mi andava ancora di uscire..."
"Figurati, non è la prima volta che lo faccio"
"...ma è la prima volta che te lo chiedo io volontariamente"
"E infatti Aerith era più che entusiasta della tua proposta"
Il biondo fece per dire qualcosa ma poi abbassò lo sguardo e rimase in silenzio "Già"
L'uomo gli lanciò un'occhiatina veloce, si alzò e iniziò a vagare per lo studio.
Squall Leonhart aveva preso in custodia Roxas da circa un annetto, quando Cloud si era rivolto a lui in cerca di aiuto: lui e lo Strife senior erano amici di una vita e negli anni passati aveva anche sentito parlare dello strano caso del ragazzino scampato due volte alla follia dei Silver Haired Man, quindi era stato più che felice di occuparsene. I motivi che avevano spinto Leon ad interessarsene erano molteplici, forse il più forte era il desiderio di arrivare dove tutti gli altri avevano fallito, e sapeva che così facendo si stava spingendo oltre i suoi semplici doveri da psicologo, ma voleva sapere di Jenova, dei suoi ricordi e tutto quello che ruotava attorno a ciò. Sapeva che Roxas doveva avere qualche collegamento con essa, se lo sentiva che aveva qualche informazione a riguardo anche se ignorava cosa o come, e allo stesso tempo sapeva anche che Roxas era un tassello importante per chiarire i punti ancora irrisolti. Se volevano aiutare tutte le vittime innocenti la prima persona da salvare era proprio lui.
Leon però non poté negare di aver avuto una vita facile con lui: Roxas non era un soggetto semplice con cui avere a che fare, la maggior parte delle volte non era collaborativo (soprattutto nei primi tempi) e molte delle loro sessioni le passavano in silenzio, Leon sistemando i fogli sulla propria scrivania e l'altro fissando il vuoto e pensando chissà a cosa. Quando lo conobbe, Roxas era come un guscio vuoto, privato della vitalità di un normale adolescente, e solitamente erano Cloud e Aerith che lo forzavano a prendere parte alle loro piccole conversazioni. Fortunatamente con il tempo era riuscito a farlo aprire un po', Roxas gli aveva parlato per sommi capi di Xion e della sua vita di droga e alcol che lo stava portando al capolinea, ma il punto principale era ancora lontano: non aveva memoria di buona parte di quello che era accaduto nell'arco di tempo che aveva passato a contatto con quei pazzi. No, dire che non aveva memoria non era preciso. Le memorie c'erano, le aveva soltanto represse negli angoli più remoti del suo inconscio per proteggere se stesso dalla follia.
"Come vanno le cose dall'ultima volta che ci siamo visti?" domandò qualche istante dopo fermandosi ad osservare una foto di Zack e Tifa appesa alla parete. Era capitato varie volte che le loro riunioni si spostassero a casa Strife, per un motivo o per un altro, e ogni volta Leon sceglieva come stanza lo studio di Cloud - capriccio personale più che altro.
"Vanno bene... penso" rispose incerto il più piccolo.
"Sei esitante"
"Beh sì... sono successe tante cose"
Leon si avvicinò alla finestra e gli diede le spalle, era una cosa che faceva sempre per mettero a proprio agio "Ti va di parlarmene?"
"Io..." Roxas abbassò lo sguardo tra le sue gambe dove aveva appoggiato la sua bombola dell'ossigeno e si rabbuiò.
"Prenditi il tempo che vuoi, non vado di fretta. Dimmi tutto quello che ti passa per la testa"
Un altro paio di minuti di silenzio e di nuovo la voce insicura del biondo ricomparve, bassa ma leggermente più calda del solito "Ho conosciuto un ragazzo il mese scorso" indugiò un altro istante e poi riprese "Più che conosciuto direi che mi sono avvicinato. Si chiama Axel e gioca a basket... ma tu dovresti conoscerlo già"
Leon rimase piacevolmente stupito dall'argomento scelto, si sarebbe aspettato qualcosa a riguardo della sua salute in netto peggioramento e invece "Si, quel ragazzo è un personaggio" commentò solamente. Ovviamente sapeva che i due si stavano frequentando, li aveva visti più volte insieme a scuola, gliel'aveva detto Ansem e glielo aveva confermato Aerith.
"Uno stronzo direi" puntualizzò invece il più piccolo.
"Dipende dai punti di vista"
"E il tuo punto di vista qual è?"
"Qui si parla di te, Roxas, e non di me. Allora, cosa ne pensi di lui oltre quello che mi hai detto?"
"Lui... lui... non lo so. È diverso... mi fa sentire diverso" esitò incerto riaggiustandosi la cannula della bombola nelle narici.
"Diverso in che senso?" Leon alzò appena lo sguardo verso di lui.
"Diverso in senso positivo" si affrettò a spiegare "Io lo odio perché è capace di abbattere i miei muri difensivi e farmi vacillare... mi fa sentire bene e in pace con il mondo, mi fa dimenticare l'odio e le bugie e le sofferenze"
"Credi che possa aiutarti a superare tutto?"
"Leon... qui si parla del ragazzino pazzo che è stato rinchiuso in un reparto psichiatrico senza che avesse la minima idea di quello che gli stesse accadendo intorno" Roxas appoggiò il mento sul palmo della mano sorretta sul bracciolo del divanetto "Cosa ti fa credere che un pazzo possa mai guarire?"
"A questo mondo siamo un po' tutti pazzi, Roxas" disse l'uomo tornando a sedersi sulla poltrona di pelle e accavallò le gambe "Le persone si dividono in quelle che proseguono spedite per la propria strada e quelle che hanno bisogno di un piccolo aiuto per ritrovare la propria. Quando ti ho conosciuto, un annetto fa, la tua salute mentale era vicina al codice rosso... ma oggi invece con le nostre brevi conversazioni la situazione sta migliorando. Tutto quello che ti serve è solo parlare e dare aria a quello che hai dentro"
Il biondo abbassò il volto, la frangia spettinata andò a coprirgli gli occhi e rimase in silenzio.
"Hai parlato con Axel delle tue esperienze passate?" riprese il castano alla mancata risposta del più piccolo, ma dopo un altro paio di minuti si silenzio si sporse sulla poltrona e appoggiò i gomiti sulle gambe per avvicinarsi di più all'altro "Roxas?"
"No" fu il sussurro impercettibile che provenne dalle sue labbra, ancora non voleva alzare lo sguardo ma riprese a parlare precedendo la domanda che gli avrebbe posto l'altro "Ma gli ho promesso che l'avrei fatto... è una brutta questione, non mi sento pronto a parlarne a voce... fino ad ora l'ho affrontata solo per iscritto in quel diario che mi hai dato. E poi ho paura della sua reazione. Sono consapevole di non essere stato quel ragazzo modello che tutti pensano che io sia, solitamente una persona storce il naso alla parola 'droga'... lui potrebbe fare lo stesso-"
"O forse no" Leon prese in mano le redini della conversazione, Roxas si faceva prendere facilmente dall'agitazione e il suo compito principale era quello di tenerlo calmo "Axel ha dato prova di grande interesse e pazienza con te fino ad ora, e con tutto quello che è successo eppure è stato sempre al tuo fianco. Facciamo un ripasso veloce: tu fai notare al preside il suo netto calo di voti, lo fai sospendere dalla squadra di basket e gli fai lezioni pomeridiane... in realtà vuoi avvicinarti a lui per colpire Xemnas, il suo capo, ma questo lo tieni per te" l'uomo fece una pausa in cerca di un assenso che arrivò subito da parte del biondo e così continuò "Axel scopre che sei stato tu a farlo sospendere e, sorprendentemente, la prende così bene da proporti una tregua senza conflitto di interessi. Con il tempo scopre anche che tu odi Xemnas e viceversa e, a quanto ho notato durante il fiasco della battaglia con il pranzo, si è anche preso la colpa con Ansem per farti uscire pulito. Poi accetta di buon grado l'incarico di farti da accompagnatore a scuola, per quel che e durato, e per le ultime tre settimane ti è stato appiccicato notte e giorno senza che nessuno gli chiedesse niente: hai passato i primi tre giorni di incoscienza in terapia intensiva e lui era fuori in sala d'aspetto finché non lo mandavano via, dopo l'operazione sei stato incosciente per altri cinque giorni e lui era sempre appostato fuori la tua stanza nell'attesa che ti svegliassi, hai poi passato una settimana in osservazione e lui era lì, una volta ha persino passato la notte con te in ospedale, e ora che sei uscito viene tutti i giorni a casa per stare con te.... non credi che si meriterebbe qualche spiegazione?"
Roxas non rispose, si strinse nelle spalle e iniziò a torturarsi le mani in maniera febbrile. Fece per dire qualcosa ma poi deglutì a vuoto e poi sospirò "È per questo che lo odio... vorrei tanto dirgli di andare via, e di lasciarmi in pace con il lavoro che devo fare... e invece lui è così buono e dolce che mi fa sentire colpevole di tutto l'odio e il disgusto che provo verso il mondo... a volte mi pento di averlo conosciuto perché se non fosse per lui non mi sentirei intralciato"
"Forse è un bene... l'amore arriva sempre nel momento di maggior bisogno" Leon sorrise.
"Amore?"
"Non negarlo, si vede che siete cotti l'un dell'altro"
A quelle parole Roxas arrossi e spostò lo sguardo sul pavimento.
"Il nostro tempo per oggi è finito" annunciò l'uomo alzandosi dopo aver lanciato un'occhiata all'orologio appeso alla parete verde scuro "Axel ti fa del bene, vorrei che parlassi con lui e ti sfogassi. Non dovrai dirgli tutto subito se non te la senti però sarebbe un buon inizio dirgli dei tuoi turbamenti interiori o delle tue paure, quello che vuoi... o anche di Xion. Però ti chiedo di aprirti, in qualsiasi modo tu voglia... e prendi il tuo tempo per riposare" gli sorrise aiutandolo ad alzarsi dal divanetto e andando insieme in salotto dove era seduto Cloud intento a leggere il giornale "Vedrai che ti capirà, lo si legge nei suoi occhi. Quel ragazzo si butterebbe nel fuoco per te"



02.37
Ax... penso di essere appena finito a letto con Zexy...




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Capitolo 13
*** Being in the Loop ***


Viva la Vida
Nei capitoli precedenti
"Sabato vuoi uscire con me? Intendo uscire, uscire... ma se tu vuoi solo uscire va anche bene... oppure anche se non vuoi è okay... credo" vociferò imbarazzato il rosso abbassando lo sguardo, le guance appena imporporate di rosso e una mano e grattava febbrilmente dietro la nuca.
A quella visione davvero dolce e quasi buffa, Roxas non poté fare a meno di sorridere caldamente, questa volta il sorriso fu vero "Va bene. Sabato è perfetto"

"Io lo odio perché è capace di abbattere i miei muri difensivi e farmi vacillare... mi fa sentire bene e in pace con il mondo, mi fa dimenticare l'odio e le bugie e le sofferenze"
"Credi che possa aiutarti a superare tutto?"
"Leon... qui si parla del ragazzino pazzo che è stato rinchiuso in un reparto psichiatrico senza che avesse la minima idea di quello che gli stesse accadendo intorno" Roxas appoggiò il mento sul palmo della mano sorretta sul bracciolo del divanetto "Cosa ti fa credere che un pazzo possa mai guarire?"



#13. Being in the Loop

Ricordo la neve che imbiancava i marciapiedi affollati di Manhattan e gli alberi spogli che torreggiavano a Central Park, le luminose luci rosse e verdi dei semafori e i taxi gialli che coloravano le strade trafficate.
La parte bassa della grande vetrata del salone era sempre patinata da piccole impronte di mani, memore di tutto il tempo che passavo attaccato ad essa ad ammirare il cambiamento di ogni stagione. L'inverno e l'autunno erano quelle che mi piacevano di meno perché la natura sembrava come morta.
"Woxy. neve!" Sora arrivò di gran corsa con il suo solito sorriso in faccia e incespicando più volte durante il suo tragitto "Usciamo!"
Io mi voltai a guardarlo mentre lui prese a tirarmi la manica della mia maglia con insistenza e continuava a esortarmi di uscire a giocare con lui.
"Ho... ho chiesto a papà! Ha detto sì"
"Oh" abbassai lo sguardo al suolo.
Udii delle voci nell'altra stanza e Sephiroth ci venne incontro sorridente e con lo sguardo magnetico fisso su di me.
"Sora, la tua mamma ti sta cercando. Vai da lei così finisce di vestirti e potrete uscire a giocare con la neve"
"Zio Sephy, anche tu vieni con noi?" esclamò entusiasta mio fratello saltellando ai piedi dell'uomo ma essi scosse la testa e con una pacchetta dietro le spalle lo indirizzò verso la porta.
"Io e vostro padre abbiamo del lavoro da sbrigare. Fai il bravo bambino e vai" sulle sue labbra apparve un ghigno alla vista di mio fratello che si allontanava da noi e poi si voltò di nuovo verso di me. Mi studiò come sempre qualche momento più del dovuto, si inginocchiò davanti a me e con la sua grande mano iniziò ad accarezzare prima i miei capelli e poi lentamente giù verso il mio volto "Non mancherà tempo per giocare insieme, eh?"
Io mi sottrassi a quel tocco, per me quasi snervante, e feci un passetto indietro.
"Sei troppo timido. Se scappi sempre come ci divertiremo?" mi chiese l'uomo non aspettandosi una risposta da me, infatti inarcò poi un sopracciglio e sul suo viso apparve un sorriso che non mi rassicurò per niente "Hai ragione... così sarà più divertente"
Io trattenni il respiro e abbassai lo sguardo, arretrando ancora. Solo troppo tardi mi accorsi di essermi chiuso in un vicolo cieco, ero appiattito contro la vetrata.
"Vi piace scappare e farvi desiderare vero?" Sephiroth si alzò in piedi e mi prese in braccio senza troppa fatica. Io mi agitai e mi divincolai ma la sua presa era ferrea e mi tenne stretto a sé, con una mano dietro il capo in modo che avessi la faccia premuta contro la sua spalla "Non vedo l'ora di giocare con te, piccolo Cloud"


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"Oggi dopo gli allenamenti io e Riku ci fermiamo al Labs Roaster per un frappuccino, forse ci raggiungono anche Kairi e Larxene. Se ti va puoi unirti a noi e poi passi a trovarlo"
Sora si appoggiò al muro accanto a quello
del rosso e lanciò un'occhiata in fondo al corridoio, in attesa dell'arrivo della sua amica così da poter raggiungere la prossima classe insieme. La testa di Axel emerse dal suo armadietto, genuinamente stupito da quella proposta arrivata così di punto in bianco e poi scrollò le spalle.
"Grazie ma non voglio scroccare sempre il passaggio da Riku. Oggi i miei allenamenti sono anticipati quindi posso passare a casa a prendere la macchina e poi vado da Roxas"
"Come vuoi" il più piccolo fece spallucce e si raddrizzò sulle gambe quando vide l'amica venirgli incontro "Ciao Kai!"
"SORAAA! Mi sei mancato tantissimo" esclamò lei gettandosi letteralmente addosso al castano e stritolandolo in un abbraccio da orso, solo dopo che lo ebbe allisciato per bene Kairi si girò per salutare il cugino in maniera molto meno enfatica, cosa che a lui non dispiacque affatto "Ciao Ax, ricorda a quel ritardato di Dem che deve restituirmi le riviste di moda"
Axel la salutò con un cenno del capo e scarno interesse ma si soffermò a studiare perplesso i suoi atteggiamenti. Da quando Kairi era venuta a sapere che Riku e Sora per poco non erano finiti a letto, dopo la festa di Halloween, era diventata ancora più appiccicosa nei confronti di quest'ultimo e sfruttava ogni istante di assenza dell'albino per abbracciarlo, sbaciucchiarlo e fare la civetta. Non avrebbe dovuto arrendersi all'evidenza che i due si piacevano? Axel davvero non capiva la logica delle ragazze e non si sforzava di farlo.
In mezzo a tutto quel caos di ordine generale, non si capacitò neanche di come vi riuscì ma la sua attenzione fu improvvisamente catturata da una chioma blu fin troppo conosciuta e subito il suo corpo fu pervaso da una scossa di adrenalina. Chiuse con un tonfo il suo armadietto, afferrò la sua borsa e si voltò di nuovo per individuarla tra tutte le persone che affollavano il corridoio ma era scomparsa. Era
sicuro di non essersi sbagliato, anche se l'aveva vista per un breve secondo, e sapeva anche dove andarla a cercare.
Non si fermò neanche a salutare gli altri che subito iniziò a camminare a passo spedito, scartando e sorpassando orde di studenti che si affrettavano a raggiungere le varie aule, scese le scale, superò la sua classe, svoltò a sinistra, imprecò un paio di volte per essere stato fermato da Seifer e banda che lo voleva sfidare a quel suo assurdo gioco con mazze da baseball e palline colorate, imboccò un altro corridoio, uscì dalla porta antincendio e attraversò il cortile per raggiungere il retro degli spalti del campo di rugby.
Saix era lì, al telefono, eretto in tutta la sua maestosa presenza, con i capelli che fluivano leggiadri al vento e gli occhi felini puntati sull'erba davanti a sé. Appena vide Axel si affrettò subito a chiudere la conversazione e mise via il cellulare.
I due si scrutarono per lunghi istanti senza emettere fiato, l'uno di fronte all'altro e gli sguardi duri come a voler prevaricare l'uno sull'altro in una tacita sfida mentale, la tensione era palpabile sebbene non fosse in corso uno scontro vero e proprio - o almeno non ancora - poi Saix stirò le labbra ed emise una risatina gutturale che prese il rosso alla sprovvista.
"Che hai da ridere?" sbottò immediatamente Axel aggrottando la fronte.
"Piantala" esordì canzonatorio ma con un velo di machiavellismo mentre avanzava verso di lui e l'altro si ritrovò ad indietreggiare appena, intimidito da quelle pupille dorate.
"Di fare che?" si ritrovò quasi a squittire come un topolino in gabbia quando l'altro gli fu a pochi centimetri di distanza.
"Il sostenuto... sei così rigido che sembra che hai una mazza su per il culo"
Axel represse un forte istinto violento "E cosa vorresti fare a riguardo?"
"Continuare a tormentarti. Mi stai sul cazzo quando fai così"
Il rosso fece per parlare ma si bloccò, si grattò la nuca ed inspirò profonde boccate d'aria ripetendosi di ignorare quelle frecciatine telegrafiche - tanto non erano cosa nuova - e dirottare l'attenzione sull'argomento per cui era andato a cercarlo, e ora per colpa sua stava anche facendo tardi al lezione "Dov'è Xemnas?"
L'altro inarcò un sopracciglio e portò le mani sui fianchi "Cazzo Axel, non ci vediamo da settimane e la prima cosa che mi chiedi è
dov'è Xemnas?"
"Non che la prima cosa che mi hai detto tu sia
stata un complimento..." sbuffò contrariato "In effetti l'ho notato, lui è stato sospeso per tre settimane e anche tu sei sparito dalla circolazione per un bel po'. Che fine hai fatto?"
"Sono partito" lo informò con un vago gesto della mano.
"Strano, io non ne sapevo niente" e alla scrollata di spalle dell'altro, Axel ridusse gli occhi a due fessure e si fece inquisitorio "Sei partito proprio quando il
tuo capo è stato sospeso?"
Saix lo scrutò per un lungo momento ma non espresse parola, incrociò le braccia al petto e piegò la testa di lato, come in attesa di spiegazioni, che non tardarono ad arrivare perché Axel lo conosceva troppo bene ed era anche un po' intimorito dalla sua persona. Infatti il rosso alzò subito le mani in segno di resa e scosse il capo.
"Niente niente, è solo che è
sospetto. Tutto qui"
A quel punto il ragazzo con i capelli blu sospirò e roteò gli occhi "Sono partito con Xemnas-"
"Perché?!" si affrettò a domandare prima che l'altro potesse finire di parlare.
"
Suppongo che tutte queste domande siano dettate da una semplice preoccupazione per il nostro capo" Saix si preoccupò di scegliere accuratamente le parole e sapientemente calcarle con la giusta intonazione per far capire ad Axel come voleva che andassero le cose. Ma il rosso non era dello stesso avviso, dopo aver passato buona parte della sua adolescenza alle dipendenze di Saix aveva deciso di darci un taglio e uscire finalmente dalla sua bolla di cristallo.
"Centra qualcosa l'arresto di un certo Loz?" sibilò Axel stringendo nervosamente i pugni.
L'altro rimase genuinamente stupito da quella domanda, per non dire scioccato, e sgranò le orbite "Cosa hai detto?" accennò in sussurro.
"Gli altri hanno detto di averlo sentito parlare di questo Loz e sembrava parecchio agitato"
Saix si portò una mano al mento e rimase in silenzio per qualche istante con fare riflessivo, abbassò lo sguardo e poi lo riportò su Axel "Cosa sai della questione?"
"Ho sentito qualcosa ai notiziari ma non dicono nulla di che"
"Axel..." disse e poi si zittì un attimo per riflettere "Era nelle mie intenzioni parlartene a breve dal momento che hai iniziato a frequentare lo Strife biondo"
Quel comportamento era davvero inusuale secondo Axel e il fatto che avesse nominato Roxas la cosa si fece quasi più allarmante, così decise di rimanere a vedere cosa gli avrebbe detto.
"Ho cercato più volte di dirtelo ma non mi hai mai ascoltato: allontanati subito da lui. Quel ragazzo ti plagerà, sempre se non l'ha
già fatto. Lui odia Xemnas e la sua famiglia e farà di tutto pur di distruggerla. È pericoloso... sta cercando di soggiogarti, tutto quello che vuole è metterti contro di noi perché lui è solo!"
Axel rimase senza parole, si sarebbe aspettato una reazione negativa da parte sua e invece si era rivelata essere il contrario, ma più di tutto non capiva perché mai stesse dicendo che Roxas era pericoloso. Certo, a volte il ragazzo gli sembrava un po' inquietante quando
parlava di Xemnas o di cose che non gli stavano bene, si vedeva che nascondeva dei segreti e che aveva intenzione di fare qualcosa di cui ignorava la natura; a parte questo però non gli era mai sembrato pericoloso... forse solo molto triste e rassegnato.
"Axie" ignorai i farneticamenti di quei due, presi la mia birra e mi voltai verso Marluxia che mi aveva chiamato "Lascia che ti dica una cosa. Fai attenzione a Saix, lui vuole togliere di mezzo Roxas"
"A me sembra che quello più pericoloso sia Xemnas... ha attaccato verbalmente Roxas senza motivo e l'ha fatto piangere. Sei stato tu ad incitarlo, lo so perché ti ho sentito che gli dicevi che sarebbe stato meglio prenderlo a pugni" l'altro spostò lo sguardo e Axel indurì il tono "Saix ormai non credo più alle tue stronzate, dimmi che cosa avete in mente. Dov'è Xemnas e perché ce l'avete a morte con Roxas?"
"Non sono cose che ti
riguardano, Axel, tutto quello che devi fare tu è non familiarizzare con il nemico"
"Altrimenti cosa?" il rosso lo guardò con tono di sfida che l'altro sorresse senza problemi mentre si avvicinava pericolosamente al suo volto.
"Altrimenti sarà peggio per voi" sibilò il blu afferrando il suo mento e baciandolo poi con violenza.
Axel si divincolò quasi subito e lo spintonò con violenza "Non sono più il tuo giocattolino, lasciami stare!"
"Oh... vedo che inizi a cacciare gli artigli" ghignò malizioso Saix ma Axel non vi badò.
"Voglio parlare con Xemnas. Dov'è? Perché non è tornato a scuola? Ormai le tre settimane sono passate"
Saix indietreggiò di qualche passo giusto per sostenere il suo sguardo e rispose con il suo solito tono serio "Xemnas è lontano da qui. Non so quando tornerà...
se tornerà"
"E che rapporto ha con Loz?"
"È suo fratello"
"Cosa?" Axel sgranò gli occhi e ricordò immediatamente cosa gli aveva detto Roxas qualche settimana prima.
"Loz è il sottoposto di quello che ha ucciso Xion"
Adesso capiva l'agitazione di Marluxia e l'urgenza di Roxas.
Xemnas era nella malavita... e Saix non era da meno.
E questo significava solo una cosa: guai in vista.


*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.

Mi ero rintanato dietro l'angolo del corridoio che portava verso l'atrio, e premevo la mia faccia nel muro nel tentativo di risultare il più invisibile possibile mentre guardavo mio padre che di tutta fretta indossava la sua giacca e si sistemava alla meglio.
"Grazie per essere venuto subito, Sephiroth, ci stai facendo davvero un grande favore. Avrem
mo chiamato qualcun altro oppure una baby sitter ma a quest'ora della notte non tutti erano così disponibili come te" disse piegandosi verso il carrozzino in cui c'era mio fratello.
"Non dirlo neanche per scherzo. Come sta Sora?"
"Non smette più di tossire e a volte fa fatica a respirare. Aerith era spaventata così abbiamo deciso di portarlo in ospedale sperando che non sia niente di grave"
"Sarà il malanno stagionale o al massimo un po' di asma... speriamo in bene"
Fui distratto dall'eco dei tacchi di mia madre che diveniva più forte ad ogni passo che faceva, mi girai verso di lei e puntai lo sguardo in alto, stringendo il mio pupazzo tra le braccia. Quando lei si accorse della mia presenza, si abbassò verso di me e mi guardò con un misto di preoccupazione e dolcezza "Roxas, tesoro, cosa ci fai fuori dal letto a quest'ora?" io non risposi e lei sorrise appena "Volevi venire a dirci ciao?"
"Penso che l'abbiamo svegliato" spiegò Sephiroth che, come mio padre, si era voltato verso l'angolo in cui ero rintanato. Mia madre si alzò di nuovo in piedi e mi prese in braccio, dandomi un forte bacio sulla guancia. Alla vista di quello sguardo acquamarina costantemente puntato su di me, affondai il capo nell'incavo della spalla di mia madre e afferrai con le mani i lembi della sua maglia, come a non volerla lasciare più.
"Allora possiamo andare?" chiese lei raggiungendo i due uomini "Sora è pronto?"
Mio padre annuì "Si è appena addormentato"
"Menomale. Povero amore, doveva essere esausto con tutto quel piangere e tossire" disse dispiaciuta e poi abbassò lo sguardo su di me "Mamma e papà adesso accompagnano il tuo fratellino a curarsi. Torneremo presto, va bene?"
Mia madre mi passò tra le braccia di Sephiroth che iniziò a cullarmi "Avanti Roxas, torniamo a letto. Dici ciao a mamma, papà e Sora"
"Fai il bravo bambino in nostra assenza" disse mio padre mentre mia madre si fermava di nuovo a darmi un bacio sulla guancia.
Quando la porta d'ingresso fu chiusa, Sephiroth si girò di nuovo verso di me e mi sorrise con malizia, io invece cercai come potei di nascondere il viso dietro il mio amato pupazzo.
"Stiamo giocando a nascondino?"
Io scossi il capo mentre continuavo a stringere il mio amico di pezza e lui iniziò a ridere incamminandosi giù per il corridoio "Perché fai il musone?" mi chiese aprendo la porta della stanza che condividevo con Sora, vederla così buia mi incuteva timore "Vedrai che ci divertiremo insieme" sussurrò con uno strano tono al mio orecchio, baciando la mia guancia con gentilezza, e poi mi adagiò sul letto "Ci divertiremo molto, ne sono sicuro"

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Durante il resto della giornata Axel non poté fare a meno di pensare a tutta quella faccenda, stava diventando un'ossessione ormai e sapeva che presto sarebbe diventato pazzo a furia di pensare.
"Fatti, fatti, fatti. Affrontali e risolvili" si ripeteva costantemente massaggiandosi le tempie e cercando di venire a capo di tutte quelle informazioni confusionarie di cui a mano a mano stava venendo in possesso. Durante i vari notiziari aveva sentito più volte parlare di Loz come un malavitoso legato al mondo della droga assieme agli altri fratelli, anch'essi ricercati. Erano tutti degli uomini con i capelli argentati di medie e lunghe dimensioni, avevano la pelle estremamente chiara e le movenze di un gatto. Mettevano i brividi solo a vederli e probabilmente tra di loro ci doveva essere anche Yazoo.
"Ti buchi ancora?"
"No ho smesso... Dico sul serio" rimarcò Larxene con tono annoiato "Dopo quella storia mi sono ammalata e ho passato tutta l'estate e parte dell'autunno in ospedale, ne ho avuto abbastanza"
Larxene aveva parlato di Loz e Roxas aveva proseguito con l'epilogo di Xion. Questo significava che se lei era stata uccisa da dei tipi del genere doveva essere legata a quel bassomondo e probabilmente era coinvolta anche Larxene. Ma cosa c'entrava Roxas con tutto questo? E perché Xemnas viveva ancora libero e alla luce del sole se, ipoteticamente, doveva essere il fratello di un malavitoso e magari coinvolto in qualche losco affare?
Axel era sicuro che a breve gli sarebbe uscito il fumo dalle orecchie.
Non molto tempo dopo, parcheggiò la macchina proprio dietro quella di Aerith nel vialetto davanti la grande villa e appena la vide aprire la portiera del cofano del suo fuoristrada si affrettò subito a scendere per andare ad aiutarla.
"Buongiorno Aerith"
"Ehi Axel, buongiorno a te" la donna si girò verso di lui e gli sorrise caldamente come sempre "Oggi sei arrivato prima del solito"
"Gli allenamenti sono stati anticipati e così ne ho approfittato" lui sorrise in risposta e prese delle casse e sacchi di terra dalle sue mani e la aiutò a scaricare la macchina e posò tutto davanti la porta d'ingresso.
"Bella macchina" commentò la castana raggiungendolo con un'ultima busta di carta tra le braccia, indicando con il capo la Porsche nera dell'altro.
"Grazie" ridacchiò imbarazzato "Dove vanno tutte queste cose?"
"Vieni con me" gli sorrise e aprì la porta per farlo entrare. Posò la busta di carta sull'isola in cucina, lo guidò attraverso il salone e arrivarono nel giardino sul retro "Sei davvero gentile Ax, se fosse così anche Sora la vita sarebbe davvero più semplice" cinguettò contenta camminando a passo svelto nell'erba umida fino a fermarsi davanti a una piccola costruzione poco lontano dalla casa.
"È un piacere"
Lei annuì aprendo la porta che rivelò l'interno di una serra e lo invitò ad entrare "Puoi posare tutto a terra accanto a questi scaffali"
Axel si guardò attorno esterrefatto. Non aveva mai visto una serra, figurarsi entrarci dentro.
Era un edificio di ferro e vetro non molto grande ma neanche troppo piccolo, lo stile delle inferriate gli ricordava vagamente quello vintage-vittoriano e c'erano così tanti tipi di piantine e fiori che molte di esse non le aveva mai viste. Sembrava quasi di essere in un orto botanico.
"È l'unica cosa che ho chiesto a Cloud quando siamo venuti a vivere qui" cominciò Aerith con tono dolce mentre con un annaffiatoio iniziava a bagnare una distesa di fiori in un angolo, sembravano dei narcisi gialli e bianchi. Axel fu distolto dalle sue fantasticherie e le si avvicinò mentre l'altra continuava a parlare "È improntata sullo stile del palazzo di cristallo di Londra, forse non lo conoscerai perché è stato distrutto negli anni '30 ma era un edificio davvero imponente. Sai per un periodo ci ho vissuto, a South Kensington precisamente, ma lì non avevo spazio per i miei fiori... non c'erano neanche i balconi quindi dovevo adattarmi e tenere solo qualche piantina dentro casa" la donna emise una risatina e scosse il capo con leggerezza "Sapeva che mi piacevano i fiori e ogni volta si premura sempre di farmene trovare qualcuno nei paraggi"
"Sono davvero molto belli" mormorò il rosso avvicinandosi a guardarli.
"Non ti dico neanche come ho trovato questi, non ci crederesti mai... sono capaci di nascere e crescere in luoghi avversi ma allo stesso tempo sono così delicati e bisognosi di cure che altrimenti morirebbero nel giro di poco tempo" la vide inginocchiarsi e con una mano andò a sfiorare con tocco delicato i petali gialli, tutto d'un tratto gli parve che si fosse adombrata e il suo tono era diventato quasi amaro "Pensa come se ogni fiore fosse la vita di una persona... un bellissimo fiore unico ed elegante, ognuno di essi è un raro esempio di bellezza e armonia. La loro vita è breve e accidentata, e sarebbero destinati a rinascere se nessuno arrivasse ad estirparli" Aerith si girò verso il ragazzo e aggrottò le sopracciglia "Si dice che un fiore non può crescere senza un po' di pioggia. Ma non è anche vero che troppa pioggia... finisce per ucciderlo?"
Axel abbassò lo sguardo e si ritrovò a boccheggiare un paio di volte prima di prender parola "All'apparenza i fiori possono sembrare delicati... ma sono più forti di quel che sembrano"
Lei ammorbidì lo sguardo "Sei davvero un bravo ragazzo lo sai? Grazie per venire a trovare sempre Roxas... da quando ci sei tu sembra più vitale"
"Figurati, lo faccio con immenso piacere" Axel arrossì appena e distolse lo sguardo e questo fece sorridere la donna.
"Ma non hai altri impegni come lo studio e lo sport? Non vorrei che iniziassi a trascurare i tuoi doveri"
"Non preoccuparti è tutto sotto controllo! Con lo sport riesco a conciliare bene... con lo studio invece... mi aiuta Roxas, è davvero bravo a scuola. Ogni giorno gli porto sempre gli appunti e i compiti delle varie lezioni per non farlo rimanere indietro"
Aerith gli passò una mano tra i capelli con fare materno e poi ritornò a dedicarsi ai propri fiori, sotto lo sguardo vigile del rosso che nel frattempo stava cercando di accumulare un po' di coraggio per farle una domanda.
"Aerith?"cominciò nervosamente mordicchiandosi le unghie delle mani, era così nervoso che sembrava dovesse chiederle la mano di suo figlio.
"Hm?"
"Stavo... stavo pensando se magari questo fine settimana potessi portare Roxas a fare un giro a New York City, ma niente di troppo stancante... andremo con la macchina fino ai vari locali. Vorrei che si svagasse un po', ho paura che il rimanere sempre confinato tra quattro mura stia iniziando a pesargli"
"New York eh?" la donna abbassò lo sguardo e rimuginò qualche istante "Non saprei... ho paura a lasciarlo andare lì"
"Se sei preoccupata che sia ancora troppo debole per uscire allora non preoccuparti, si potrà fare un'altra volta!" si affrettò ad aggiungere l'altro ma lei scosse il capo.
"Non è questo. Roxas e Sora non tornano in centro da quando ci siamo trasferiti qui, non saprei come-"
"Non preoccuparti allora! Io
vivevo a Brooklyn Heights e di tanto in tanto ci torno ancora. Se hai paura che magari possiamo perderci stai tranquilla, quella città la conosco come le mie tasche... beh forse non proprio come le mie tasche, ma la conosco bene"
Aerith sospirò, la sua paura non era quella. In passato avevano lasciato la grande città perché stava diventando pericolosa, soprattutto per lei e Roxas e non si sentiva sicura al pensiero di suo figlio di nuovo in quel luogo, teatro delle stragi di Sephiroth e della sua pazzia. Però era anche vero che erano passati più di dieci anni da allora, Cloud andava tutti i giorni a lavoro a Wall Street e anche lei spesso si recava in città per lavoro; sapeva che non avrebbe più dovuto continuare a tenere i figli in quella specie di gabbia e doveva lasciarli vivere liberi altrimenti, forse non tanto Sora, ma Roxas avrebbe potuto rivoltarsi nuovamente a loro e scappare come aveva fatto pochi anni prima. Era davvero preoccupata. Perché per una madre era così difficile lasciare andare i propri figli?
"Ormai siete grandi... lo affido alle tue cure, Axel, mi fido di te. Mi raccomando divertitevi" sussurrò infine con un caldo sorriso sulle labbra.
Quando i due finirono di risistemare nella serra tutti gli acquisti per il giardinaggio, entrambi entrarono di nuovo in casa e si diressero in cucina su richiesta di Aerith che aveva intenzione di preparare la merenda per lui e Roxas. Axel si sedette tranquillamente sullo sgabello dell'isola e iniziò a guardarsi attorno senza particolare interesse finché un dettaglio non colpì la sua attenzione.
"Di chi è quella macchina azzurra parcheggiata nel vialetto?" domandò guardando fuori la grande finestra della cucina.
Aerith seguì il suo sguardo, incuriosita, e poi ridacchiò quando la riconobbe "È di Naminé... probabilmente è venut
a a fargli visita"

"Mi dispiace non essere venuta a trovarti in ospedale"
"Stai tranquilla, so che queste cose fanno impressione alle persone" Roxas sorrise appena appoggiandosi con la schiena al muro mentre osservava attentamente Naminé che era intenta a ricalcare con la pittura nera delle lettere appena abbozzate a matita sulla parete opposta.
"È che... non lo so neanche io... non ci riuscivo..." fece una breve pausa e scosse il capo, scrutando il muro davanti a sé invece di guardare il biondo seduto alle sue spalle "Avevo molte cose per la testa e non volevo venire e dirti qualcosa di sbagliato... Volevo riordinare i miei pensieri prima di vederti"
"È comprensibile" il ragazzo piegò la testa di lato per sbirciare meglio il suo elaborato "
Baby I'm fighting harder and loving stronger tonight... Bella frase" assentì con un cenno del capo "Sempre dei The Cab?
La bionda accennò un timido sorriso e riprese a pitturare.
"Grazie per essere venuta"
"Rox tu sai che io ti voglio bene, vero?" lei chiese voltandosi e posando il barattolo di pittura sui giornali che aveva poggiato a terra per non sporcare il pavimento, lui annuì "Che ne dici se chiediamo a Zio Cloud di mettere delle lucette a intermittenza sotto al soffitto? Così al buio sembrerà un cielo stellato e quelle luci concentriche saranno la luna"
Roxas scrollò le spalle e le disse di fare come meglio credeva.
Naminé era sua cugina di secondo grado e non era una persona di molte parole, spesso si rinchiudeva nel suo mondo fantastico fatto di disegni e colori brillanti - anche se lei soleva indossare abiti bianchi - però era una ragazza davvero dolce e amava esprimere il proprio affetto attraverso la propria arte e i piccoli gesti. Era stata proprio lei a rinnovare totalmente la sua stanza quasi un anno prima come regalo di ben tornato a casa, era successo dopo che era caduto in coma a causa del suo tentato suicidio, lo ricordava come se fosse ieri.
"Volevo che fosse qualcosa di grande... che ti ricordasse che c'è sempre qualcosa per cui vale la pena vivere" gli aveva detto mentre lui girava incredulo per la stanza. In questo mondo ci sono persone brave a parole, che scrivono poesie e odi e altre che riescono a rallegrare solo con la loro presenza, e Naminé era una di queste ultime.
"Sono davvero felice per te e Axel" la voce della bionda lo riscosse dai suoi pensieri.
Roxas inarcò le sopracciglia "Cosa sai?"
"Vi ho visti andarvene insieme dalla scuola ad Halloween... eravate mano nella mano. E poi Sora mi ha detto che ti viene a trovare tutti i giorni"
Il biondo arrossì e abbassò lo sguardo.
"Axel è una brava persona, vero? Ci tiene a te"
"Già..."
Naminé lanciò un'ultima occhiata al suo lavoro e fu soddisfatta di sé, seppur fatto velocemente non era venuto affatto male. Proprio quando stava riponendo i suoi attrezzi in una valigetta, l'appena citato Axel fece capolino nella stanza con un vassoio in mano "Ehi Rox... Naminé..." salutò i due andando ad appoggiarlo sulla scrivania.
Alla vista del rosso, lo sguardo di Roxas si accese immediatamente "Ax!"
Naminé ridacchiò timidamente e si mise la borsa in spalla "Ciao Axel. Sei arrivato in tempo, stavo giusto andando via"
"Non rimani a fare merenda?" chiese il cugino ma lei scosse il capo.
"Vorrei andare a finire delle tele, sai questo fine settimana ci sarà una mostra d'arte in cui esporranno anche alcuni dei miei dipinti! Mi farebbe piacere se ci venissi"
Roxas apparve un momento pensieroso e poi guardò il rosso che fece spallucce.
"Ovviamente l'invito è esteso anche ad Axel" aggiunse dolcemente avviandosi verso la porta "Anche Sora e Riku verranno"
Il rosso andò a sedersi sulla punta del letto e fece un sorriso a trentadue denti "Verremo più che volentieri"
La bionda salutò i ragazzi e Roxas la accompagnò fino all'ingresso, quando ritornò in camera si chiuse la porta alle spalle e poi andò ad abbracciare Axel che intanto si era messo comodo sul suo letto.
"Oggi siamo coccolosi?" chiese quest'ultimo racchiudendolo tra le proprie braccia e trascinandolo con sé sul materasso.
"Mi sei mancato" il più piccolo rispose semplicemente.
"E anche dolc
i! Dove sono le frecciatine o le minacce di morte? Se continui così inizierò a credere che il diavolo si sia impossessato di te" disse Axel con una fragorosa risata provocando un rossore diffuso sulle guance dell'altro, con conseguente broncio e un pugno dritto alla spalla.
"Se non la pianti ti castro" ringhiò.
"Ecco il Roxas che conosco" lo sbeffeggiò il più grande afferrandosi la parte offesa "Sebbene io sia particolarmente attaccato al mio apparato riproduttivo, anche la spalla mi serve ancora e sarei lieto di mantenerla ancora intatta"
Roxas borbottò qualcosa qualcosa di incomprensibile, appoggiò la testa sul braccio dell'altro e fece per dire qualcosa ma alla fine rinunciò.
"Cosa c'è?" domandò l'altro spiandolo con la coda dell'occhio.
"Niente" Roxas scosse il capo e chiuse gli occhi e si raggomitolò contro il suo petto "Sono stanco"
"Vuoi riposare?"
Il biondo rispose di no con un cenno di diniego e si limitò a sospirare "Sono stanco di questa vita Axel... spesso mi chiedo perché tutto questo sia capitato a me. Probabilmente qualcuno mi odia proprio tanto"
Axel si girò su un lato e lo guardò serio poi con una mano andò ad accarezzare quei ciuffi dorati che odoravano di pesca.
"Ultimamente... sto facendo dei sogni strani"
"Che tipo di sogni?"
"Non lo so, non riesco a ricordarli bene. Mi sveglio nel cuore della notte sudato e con il cuore in gola... batte così forte che ho paura che mi possa scoppiare da un momento all'altro e...ora che non ho più un mezzo che possa tenerli monitorati sarebbe un bel problema"
Roxas cercò con lo sguardo quello smeraldino dell'altro che era rivolto al soffitto. Era serio, ma di un serio pensieroso, si chiese se lo avesse ascoltato ed ebbe quasi paura di chiederglielo per timore di disturbarlo, così si soffermò a scrutare quei lineamenti affilati e spigolosi del suo viso ma al contempo così armoniosi. Axel in confronto a lui era già un uomo.
"Andiamo a vedere qualche anime" proclamò quest'ultimo mettendosi a sedere, la sua voce ridestò il più piccolo dai suoi pensieri.
"Cosa?"
Axel si era già alzato in piedi e ora gli tendeva la mano per aiutarlo a fare altrettanto "Muoviti pigrone, vuoi poltrire tutto il giorno? Se oggi mi perdo la nuova puntata te la faccio pagare"
Roxas lo guardò stupito ma poi sul suo volto apparve un sorriso tirato "Esiste sempre lo streaming"
"Taci. Voglio vedere anime ora, in quel bel televisore nella stanza degli hobby, con te tra le mie gambe, entrambi avvolti nella coperta di lana mentre ci riempiamo lo stomaco con tutto quello che ci ha preparato Aerith"
Sì, Axel di certo sapeva come tirargli su il morale.
Il più piccolo andò in cerca della sua mano e si lasciò guidare da lui.


*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.


Mi svegliai al caldo tocco di una mano.
Si muoveva gentilmente sulla mia faccia, carezzandomi prima la guancia e poi scendendo verso il collo dove sentii premute anche delle labbra. Quella mano prese a vagare lentamente sul mio petto e sul mio addome e scostava gli orli della maglia del mio pigiama per entrare a contatto con quanta più pelle possibile. Mi risvegliai completamente quando la sentii sostare nella parte interna della mia coscia. Qualcuno era nel mio letto ma non era Sora e neanche mia madre e mio padre, loro erano appena andati via.
"Shh... va tutto bene... va tutto bene. Non ti farò del male" un roco sussurro al mio orecchio e io subito mi voltai di scatto riconoscendo quella figura illuminata dalla luce della luna.
"Rimani in silenzio, okay?" mi sorrise e mi fece stendere di nuovo "Torna a dormire e non preoccuparti, Cloud"
Io rimasi immobile con gli occhi serrati mentre lui continuava a toccarmi con gentilezza. Non sapevo cosa volesse... non sapevo che fosse sbagliato.
Sapevo solamente che non mi piaceva e volevo che finisse.


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Ricordava la neve che imbiancava i marciapiedi affollati di Manhattan e gli alberi spogli che torreggiavano a Central Park, le luminose luci rosse e verdi dei semafori e i taxi gialli che coloravano le strade trafficate.
Ricordava anche l'odore speziato delle pietanze preparate dai venditori ambulanti, il dolce profumo di caffè che costeggiava le vetrine dei coffe shops, l'odore di zucchero filato e delle castagne arrostite.
Ricordava il rumore assordante dei clacson delle mille macchine, le voci che si inseguivano confuse da un passante a un altro, i tacchi delle donne che battevano sull'asfalto e le musiche di sottofondo che si mescolavano nell'ambiente.
Ricordava le luci e i colori delle insegne digitali, ricordava i grattacieli e tutti quei negozi.
Non ricordava però che fosse tutto così grande e bello.
Arrivò di corsa e si fermò al centro del marciapiede, senza attendere l'altro che lo raggiungesse. Puntò il naso per aria e guardò come incantato l'ambiente che lo circondava, sorridendo come un bambino, un moto di gioia ritrovata lo pervase e si sentì finalmente bene.
"Roxas non correre così veloce. Times Square non scappa mica" Axel gli fu subito accanto e con lui il suo onnipresente ghigno furbesco.


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Capitolo 14
*** Winter's Love ***


Viva la Vida
Nei capitoli precedenti
"Sabato vuoi uscire con me? Intendo uscire, uscire... ma se tu vuoi solo uscire va anche bene... oppure anche se non vuoi è okay... credo" vociferò imbarazzato il rosso abbassando lo sguardo, le guance appena imporporate di rosso e una mano e grattava febbrilmente dietro la nuca.
A quella visione davvero dolce e quasi buffa, Roxas non poté fare a meno di sorridere caldamente, questa volta il sorriso fu vero "Va bene. Sabato è perfetto"

Il biondo rispose di no con un cenno di diniego e si limitò a sospirare "Sono stanco di questa vita Axel... spesso mi chiedo perché tutto questo sia capitato a me. Probabilmente qualcuno mi odia proprio tanto"
Axel si girò su un lato e lo guardò serio poi con una mano andò ad accarezzare quei ciuffi dorati che odoravano di pesca.
"Ultimamente... sto facendo dei sogni strani"
"Che tipo di sogni?"
"Non lo so, non riesco a ricordarli bene. Mi sveglio nel cuore della notte sudato e con il cuore in gola... batte così forte che ho paura che mi possa scoppiare da un momento all'altro e...ora che non ho più un mezzo che possa tenerli monitorati sarebbe un bel problema"





#14. Winter's Love


I'll find the places where you hide
I'll be the dawn on your worst night
The only thing left in your life
Yeah I would kill for you, that's right

If that's what you wanted

I'll put your poison in my veins
They say the best love is insane, yeah
I'll light your fire till my last day
I'll let your fields burn around me, around me¹



Ridacchiai mentre, freneticamente, mi chiudevo alle spalle le ante dell'armadio e mi nascondevo tra le scatole e le coperte accuratamente riposte. Amavo giocare a nascondino con mia madre e mio fratello. La maggior parte delle volte vincevo io perché Sora non sapeva nascondersi così bene come me e quindi veniva trovato sempre per primo.
Come ogni volta rimasi in attesa per un po' prima di udire le voci ovattate di mia madre esultante per aver stanato Sora e quest'ultimo che rideva animatamente. Non passò molto tempo che un'anta fu aperta e io fui attaccato da un sottile raggio di luce. Trattenni a stento un gridolino e cercai di appiattirmi come meglio potei contro il fondo, a quanto pare il mio movimento non era però passato inosservato.
Chi è quel bel pulcino che si nasconde tra le coperte?” la voce allegra di mia madre solleticò le mie orecchie e io subito saltai fuori ridendo.
Woxy!” esclamò mio fratello saltellante.
Sì, è proprio Roxy” lei sorrise ad entrambi di noi e poi mi passò affettuosamente una mano tra i capelli “Ogni volta che ti nascondi sembra quasi che tu voglia sparire. Come devo fare con te, Roxas?”
È Coud!” la corressi sorridendole.
Cosa?”
È Coud” ripetei.
Cloud? Si, anche tuo padre sparisce sempre” ridacchiò ma io contrassi la fronte e scossi il capo.
No...io shono Coud, no Woxas”
Mia madre si inginocchiò davanti a me, la perplessità nei suoi occhi era facilmente leggibile anche per un bambino della mia età.
Tesoro, Cloud è il nome del tuo papà... tu ti chiami Roxas”
Io scossi di nuovo il capo, non capendo come mai lei mettesse in dubbio quello che per me era un dato di fatto.
Chi ti ha detto questa cosa?” mi chiese poi, lanciando intanto un'occhiata a Sora che era andato a giocare con le costruzioni, poi tornò di nuovo a concentrarsi su di me. Io però scrollai le spalle perché non avevo risposte alla sua domanda.
Siete molto simili, è vero, ma tu sei Roxas” mi disse “Non dar retta a chiunque ti abbia fatto credere una cosa del genere. Tu sei tu e nessun altro” fece una breve pausa “Avanti, ripeti «io sono Roxas»”
Io shono... Woxas”
Il sorriso tornò sulle sue labbra rosee e io fui di nuovo felice.
Ripeti di nuovo”
Io shono Woxas”
Bravissimo” esclamò gioiosa battendo le mani “Allora come ti chiami?”
Coud!”

Appoggiata su una mensola di cristallo nel salone svettava in bella mostra una fotografia che non potevo fare a meno di guardare ogni volta che ci passavo davanti. C'era mio padre, serio come sempre e molto più giovane, accanto a lui c'era Sephirot, aveva il volto rilassato e i suoi capelli argentei erano sempre uguali; e poi c'era un altro ragazzo che non avevo mai visto di persona, aveva i capelli neri, gli occhi azzurri e un ampio sorriso, sembrava il più vivace dei tre. Spesso mi ero chiesto di lui e tutto quello che sapevo era quello che mi ripeteva sempre mio padre «Zack Fair, il più nobile SOLDIER di prima classe». Ma io sapevo che il più forte era mio padre, da grande avrei voluto diventare SOLDIER proprio come lui.
Sei sicuro che vuoi andare fino in fondo in questa cosa?” la voce di mio padre mi fece sobbalzare, era in piedi vicino alla vetrata e accanto a lui c'era Sephiroth. Io mi acquattai più che potei sperando di risultare invisibile.
Non mi piace quello che sta facendo la Shinra, sono convinto che ci stanno nascondendo qualcosa di importante”
Non vuoi attendere il ritorno di Zack?”
No... non voglio coinvolgere anche voi”
È troppo rischioso... semmai ti scoprissero ti sbatterebbero davanti alla corte marziale”
Ci fu uno scambio di battute sottovoce che io non riuscii a captare e poi un breve silenzio che Sephiroth non tardò a spezzare.
Tu mi manchi, Cloud”
Ancora questa storia? Credevo di essere stato chiaro”
Mi avevi promesso che non mi avresti più lasciato, ma poi quella mattina quando ho aperto gli occhi il letto era vuoto”
Sephiroth... non ora”
Mi hai abbandonato”
Non sono stato mai legato a te... io ora ho Aerith e i bambini... mi sono creato una vita. È ora che tu ti metta l'anima in pace”
Mi sporsi appena dal mio nascondiglio dietro al divano, Sephiroth e mio padre erano pericolosamente vicini. Avevo paura che a breve sarebbero arrivati alle mani, giudicando dalle occhiate torve che si lanciavano, poi quest'ultimo sospirò, si passò una mano sugli occhi e andò a rinchiudersi come sempre nel suo ufficio.
Sephiroth rimase immobile per qualche minuto a fissare il paesaggio esterno, le mani rigide ai suoi fianchi e un'espressione illeggibile in volto.
Quando alzò gli occhi e si iniziò a incamminare nella mia direzione capii che non ero poi così bravo a nascondermi.

*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.



“Povera gente”
“Di che stai parlando?”
Roxas inarcò un sopracciglio dorato e lo guardò come se implicitamente gli stesse chiedendo “Mi stai prendendo in giro?”, ma sapendo che l'altro non era poi tanto perspicace decise di metterlo al corrente delle sue riflessioni.
“Hai visto com'è bella Times Square con tutte le insegne luminose, gli schermi televisivi e i cartelli giganti?”
Axel fissò lo sguardo sui grattacieli attorno a loro e annuì sorridente “È spettacolare!”
“Quegli aggeggi dovranno pur essere appesi da qualche parte, ti pare?” il biondo domandò girandosi verso il rosso mentre continuavano a camminare sul marciapiede affollato “Ci pensi a tutte quelle povere persone che non possono vedere la luce del sole perché le loro finestre sono perennemente oscurate dai cartelloni appesi contro il proprio edificio?... è davvero triste” mormorò infine, quasi sconsolato.
Axel si fermò di soppiatto e la cannula nasale di Roxas si tese all'improvvisa distanza che si era creata tra i due, perché il rosso si era offerto di portargli il carrellino dell'ossigeno e gli era del tutto passato di mente che così facendo avrebbe potuto quasi strozzare il suo Foxy Roxy. Ma non aveva potuto farci nulla se l'altro era così strano, così bizzarro, così fuori di testa, così... freak. Sì, nonostante il tempo scorresse, i loro rapporti si evolvevano e i loro caratteri si malleavano, Roxas rimaneva il solito scherzo della natura che aveva conosciuto poco più di un mese prima. Dopotutto come poteva, una persona normale, fare (o meglio, pensare) una constatazione simile proprio mentre stava girando nel grande e stupefacente parco giochi che era Manhattan?... no, solo una mente deviata come quella del suo biondo ne era capace.
“Ehm... okay” disse con voce strascicante ma al contempo idiota, proprio come si fa quando si è in presenza di un pazzo.
Roxas incrociò le braccia e gli lanciò un'occhiataccia “Cosa?”
“Niente niente” ridacchiò il rosso grattandosi la nuca nervosamente “Non ci avrei mai pensato ad una cosa simile”
“Certo, perché tutti pensano alle facciate... però per essere belle e splendenti le cose hanno anche dei lati oscuri”
Quelle parole furono dette con così tanta spontaneità che Axel si sentì quasi colpevole di avergli fatto tradurre in parole un concetto tanto ovvio. Quasi istintivamente contrasse la fronte e abbassò lo sguardo al suolo ripensando che quello che diceva Roxas non era del tutto sbagliato, seppur strano, lui aveva sempre ragione.
Il biondo si accorse del cambio d'umore del ragazzo e si affrettò subito a ripercorrere i suoi passi all'indietro e andò a stringere la sua mano.
“Non sminuire ciò che sei” gli sussurrò con dolcezza guardandolo dal basso e abbozzò un leggero sorrisetto “Tu sei fantastico, lo sai?”
Axel fece contatto visivo con il più piccolo, angosciato ancora da uno strano senso di disagio e inquietudine e aprì la bocca per dire qualcosa ma fu preceduto dall'altro che con la mano libera indicava la propria testa.
“E poi mi hai regalato il cappello a forma di Stregatto” aggiunse come se l'informazione racchiudesse un significato importante.
Il più grande lo guardò incredulo per una manciata di istanti e poi scoppiò in una risata “Piantala... sei inquietante con quel coso in testa!”
"Ma è fantastico! Credi di essere meglio tu con il cappello di Tigro?” ridacchiò Roxas riprendendo a camminare e l'altro fece altrettanto.
“Ehi, io sono unico e inimitabile proprio come lui” protestò fintamente offeso.
Da quando erano arrivati in centro Roxas l'aveva letteralmente trascinato ovunque, sebbene avesse l'aspetto fragilino era davvero instancabile, solo le tappe della mattina erano state Disney Store, M&M's World, Madame Tussauds, Lego Store, Nintendo World e Youtube Space NYC e non dava ancora segno di voler demordere. Era come se con quella piccola gita fuori casa volesse recuperare tutto il tempo perso durante gli anni passati e guadagnare il più possibile in vista di un futuro oscuro e tortuoso, dopotutto la sua esistenza era paragonabile a quella della debole fiammella di una candela, troppo delicata e instabile per bruciare anche in presenza del più flebile soffio d'aria. A quel pensiero Axel si sentiva come se tutti i suoi organi gli venissero letteralmente strappati dal corpo a mani nude e poi fatti essi stessi a pezzi con altrettanta brutalità, ma non appena vedeva il sorriso luminoso sulle labbra di Roxas subito si sentiva in paradiso, si sentiva felice come non mai e finché quel benessere sarebbe perdurato allora lui non avrebbe contestato nulla. L'unica cosa che desiderava era prolungare il più possibile quella beatitudine, forse per non rivivere ancora brutte esperienze come in passato... ma, dopotutto, chi vorrebbe? Lui non stava scappando dai problemi, voleva solo godere appieno di quella felicità fugace.
In quel momento si stavano incamminando verso gli MTV Studios, questa volta sotto impellente desiderio del rosso (perché “OmmiddiocisonoiColdplay! Devo avere assolutamente l'autografo!”), e non prestarono particolare attenzione all'ingente quantità di folla accalcata sotto l'edificio fin quando qualcuno non iniziò a chiamare il loro nome e da allora il caos fu totale.
Ehi quello è Axel Moore?”
Il figlio di Reno Turks?”
Axel ci concedi una foto?”
Dov'è? Io non lo vedo!”
Possibile che il ragazzino accanto a lui sia-”
Roxas Strife!”
Allora non è ancora morto?”
È vero che sei ancora in riabilitazione?”
Tuo padre non vuole rilasciare dichiarazioni su di te o sul resto”
Roxas parlaci”
Roxas vieni qui”
Roxas”
Roxas”
In un battito di occhi furono accerchiati da una calca di persone strillanti che si agitavano e dimenavano pur di raggiungerli il prima possibile, i giornalisti sguinzagliarono subito microfoni e telecamere e i fotografi apparvero alle loro spalle dal nulla. In tutto quel pandemonio improvviso Roxas si sentì oppresso, come se l'ossigeno non fosse più abbastanza e iniziò a sudar freddo mentre con la mano stringeva nervosamente quella del rosso. Quest'ultimo parve leggergli nel pensiero e subito iniziò a tirarlo con sé attraverso quella massa, mettendo a tracollo il carrellino, e fuggendo da quelle esplosioni di flash accecanti e voci confuse. Corsero fino ad arrivare pericolosamente al ciglio del marciapiede, dove Axel estrasse l'altro braccio per richiamare un taxi che arrivò pochi secondi dopo e intimò al conducente di portarli a Greenwich Village.
“Come ti senti?” domandò come di rito, portando l'attenzione sul biondo che aveva aiutato a sedersi sul sedile posteriore accanto a sé.
L'altro non rispose subito, continuò a respirare ancora a pieni polmoni per riprendere fiato. Il cuore gli martellava nel petto e non accennava a calmarsi, forse a causa dell'ansia o della paura improvvisa.
“È stato... quasi emozionante” annuì dopo un po' lanciando un'occhiata alla bombola dell'ossigeno che Axel custodiva sulle gambe, all'inizio questi credeva che stesse scherzando ma il suo tono non lasciava trasparire altro che serietà “Sembrava quasi di vivere un'avventura... tralasciando ovviamente quelle persone che cercavano di afferrarmi e inglobarmi nella mischia”
“Mi dispiace, Rox... avrei dovuto pensarci prima che lì potevamo incontrare un sacco di gente e che a te queste cose non fanno bene. Sono stato uno stupido... scusami” mormorò abbassando lo sguardo.
Roxas rimase in silenzio per un lungo istante, concentrato sulla figura dell'altro e poi gli picchiettò la guancia con un dito.
“Allora cosa si fa a Greenwich Village?”
Axel, incerto, si voltò di nuovo verso di lui chiedendosi perché l'altro non fosse arrabbiato per la sua sconsideratezza che avrebbe potuto essere fatale “Ah... non... non lo so. È il primo quartiere che mi è venuto in mente, dovrebbe essere abbastanza tranquillo lì”
Il più piccolo annuì e senza aggiungere altro si appoggiò al vetro del finestrino.
I hear Jerusalem bells are ringing, Roman Cavalry choirs are singing, be my mirror, my sword and shield, my missionaries in a foreign field...” iniziò a canticchiare a bassa voce non molto tempo dopo, richiamando così l'attenzione del rosso.
“Che stai facendo?”
"Canto, tu non volevi vedere i Coldplay?"
"Sì ma... non fa nulla"
“Ci hai mai fatto caso che nella canzone non appare mai il titolo?”
“Già... non riesco a capirne il significato”
“Anche io... ci ho provato un sacco di volte e alla fine quelle che sono rimaste sono solo mille congetture. Però secondo me se Viva la Vida si è accaparrata tutti quei dischi d'oro e di platino un motivo ci sarà”
“E tu ne cosa pensi?”
“Penso tante cose”
“Solo... dimmi l'ipotesi per te più plausibile”
Roxas appoggiò la nuca al poggiatesta e rimase a riflettere per un paio di minuti.
“Credo... credo che ci sono delle storie, degli eventi che non hanno spiegazione. Tu puoi trovare tutte le colpe del mondo, puoi affermare che il peccato sia di talune persone mentre altre sono innocenti, eppure questo non è altro che un punto di vista... Ci sono quelle storie in cui gli intrecci sono solo colpa di un gioco fatale del destino, nessuno è nel giusto o nello sbagliato e spesso si commettono passi falsi per errore, cerchi di fare una cosa per bene e invece fallisci miseramente e magari vieni accusato per questo... la canzone lo dice, morto un re se ne fa un altro, no? Per quanto ti sforzi di fare una cosa non sarai mai abbastanza, dopo vieni comunque rimpiazzato” mormorò a bassa voce.
Axel inarcò un sopracciglio e assottigliò lo sguardo “Stai dicendo che il male in realtà non è male ma solo una constatazione dettata dal punto di vista? Cioè ad esempio se io sparo ad un uomo allora è giusto?”
“Non è giusto, Axel” sospirò il biondo socchiudendo gli occhi “Non giustifico questi atti e comunque non era quello che intendevo.... riprendiamo l'esempio di te che spari ad un uomo. Ovviamente la colpa è indiscutibilmente tua, eppure se... se ci fossero dei motivi per cui tu hai fatto una cosa del genere? Se per caso era per difendere qualcuno? Questo non tutti lo sapranno, volevi fare del bene eppure verrai sempre visto come un assassino... perché dopotutto è quello che saresti”
A quella domanda Axel aggrottò la fronte e rimase in silenzio, così lui decise di continuare dopo aver indugiato un breve istante “Ax... secondo te una persona è pazza se compie delle stragi per amore di qualcuno?”
“Secondo me si...”
“Già, anche secondo me”
Axel era sempre più perplesso.
Non era la prima volta che Roxas faceva discorsi privi di senso, o meglio apparentemente privi di senso. Sì, perché anche se all'inizio si chiedeva se fosse del tutto normale e/o avesse tutte le rotelle apposto, con il passare del tempo aveva capito che c'era una sorta di filo logico in quello che diceva, una filosofia proibita di cui solo lui era il sovrano. Il biondo sapeva di cosa stava parlando anche se l'argomento era sfuggente, più che altro quei pensieri sembravano ragionamenti che faceva con se stesso ma pronunciati ad alta voce. Questa era una delle tante cose che confermava che effettivamente c'era qualcosa di particolarmente oscuro nel suo passato, qualcosa di peccaminoso che non voleva che gli altri sapessero. Eppure tutto ciò non faceva che alimentare la sua ansia costante.
La loro conversazione morì lì e nessuno si azzardò a parlare finché non arrivarono a destinazione, dal momento che quella era la loro giornata decisero di spingere via tutti gli argomenti più delicati e concentrarsi su loro stessi. Dopo un veloce giro della zona constatarono che non c'erano attrazioni particolari e così, dopo un veloce pranzo (in cui Roxas, a detta di Axel, avrebbe dovuto sforzarsi a mangiare un po' di più), si dedicarono all'antiquariato. Era un passatempo noioso e da vecchi però avevano notato che molta gente affollava quei localini particolari, soprattutto le librerie, e decisero quindi di dare un'occhiata.
Entrarono in un negozietto gestito da una ragazza dai tratti asiatici che li accolse con un gran sorriso e disse loro che se avevano bisogno potevano chiedere aiuto a lei, i due annuirono e presero a vagare... più che altro Roxas era interessato all'acquisto di un nuovo libro, il rosso invece girava tra gli scaffali senza realmente guardare nulla in particolare. I libri non erano la sua passione e non era una novità, si stava semplicemente limitando a seguire il suo biondino preferito finché non rimase colpito dai versi di una poesia trovata mentre sfogliava un volume a caso.

Chi crederà ai miei versi nei tempi che verranno
se straripassero dei tuoi meriti più eletti?
Eppure anche il cielo sa che son come una tomba
che cela la tua vita e poco dicon dei tuoi pregi.
Se potessi scrivere la bellezza dei tuoi occhi
e in nuove rime enumerare ogni tua grazia,
l'età a venir direbbe: "Questo poeta mente,
tali tocchi divini mai dipinsero volti umani".
Così i miei scritti ingialliti dal passar del tempo,
verrebbero derisi qual ciarle menzognere
e le tue sincere lodi chiamate furor poetico
e rime affettate di una vecchia cantilena:
ma se a quel tempo vivesse un figlio tuo,
due volte tu vivresti, in lui e nelle mie rime

" Wow” commentò poi a bassa voce dopo aver letto quel breve componimento.
Shakespeare, giusto?” fece Roxas che si era avvicinato, attratto dalla voce dell'altro, e ora aveva appoggiato il capo al suo braccio, portando il peso su una gamba.
“Uhm... pare di sì” mormorò questi controllando l'autore sulla copertina.
“Ti piace la poesia?”
“Sì... sì, non è male”
“Sai che è dedicata ad un uomo?” Roxas gli rivolse un sorrisetto malizioso.
“Ma che dici!” sbottò l'altro incredulo “Non è possibile”
“Oh, sì che è possibile... non sai che Shakespeare era omosessuale?”
Axel, che di letteratura – come ben saprete – non se ne intendeva niente, stentò a crederci e incollò di nuovo il suo sguardo sul libro come a volere che esso gli desse conferma della cosa.
“La letteratura pullula di autori di queste tendenze” Roxas pronunciò ridacchiando mentre enfatizzava il tutto con un gesto teatrale della mano e poi tornò a guardare lo scaffale su cui era concentrato prima “Forse se l'avessi saputo a tempo debito ti saresti interessato di più allo studio e non avresti avuto quei brutti voti”
Axel preferì non rispondere alla sua frecciatina, rimase concentrato sulle pagine che seguivano, estasiato dalle parole che scorrevano sotto i suoi occhi. Quello Shakespeare era davvero interessante, la sua era indubbiamente una poesia d'amore però mai una volta aveva celebrato il suo sentimentalismo. Era così distaccato, come se si fosse arreso all'evidenza di quanto fosse scontata una manifestazione plateale, eppure celate tra quelle parole riusciva a scorgere qualcosa di privato ed estremamente passionale. Cambiò pagina e arrivò a quello che era segnato come Sonetto XVIII.


Dovrei paragonarti a un giorno d'estate?
Tu sei ben più raggiante e mite:
venti furiosi scuotono le tenere gemme di maggio
e il corso dell'estate ha vita troppo breve:
talvolta troppo cocente splende l'occhio del cielo
e spesso il suo volto d'oro si rabbuia
e ogni bello talvolta da beltà si stacca,
spoglio dal caso o dal mutevol corso di natura.
Ma la tua eterna estate non dovrà sfiorire
né perdere possesso del bello che tu hai;
né morte vantarsi che vaghi nella sua ombra,
perché al tempo contrasterai la tua eternità:
finché ci sarà un respiro od occhi per vedere
questi versi avranno luce e ti daranno vita.

Trattenne a stento uno strano bisogno di liberare quelle lacrime che stavano bussando alle porte dei suoi occhi, quella poesia era stato per lui come il colpo di grazia ma si rimproverò di non scoppiare a piangere come una ragazzina, che figura ci avrebbe fatto?
Rispetto alla precedente poesia, questa era forse un pochino più esplicita ma traspariva un forte senso di malinconia dettato dal passare del tempo.
Certo che la vita è proprio una figlia di puttana, prima ti regala le cose più belle del mondo e poi te le strappa con la stessa forza e velocità con cui te le ha propinate, proprio come se tu fossi l'ultimo dei peccatori. Quando alzò lo sguardo davanti a sé, individuò la figura di Roxas che stava sfogliando delle illustrazioni ad acquerelli e, se la sua forza di volontà aveva avuto la meglio sulle lacrime, non riuscì proprio a trattenere il desiderio spasmodico di abbracciarlo e affondare il volto nei suoi capelli dorati dall'odore di pesca.
Roxas non disse nulla quando si ritrovò improvvisamente e inspiegabilmente premuto contro il cappotto caldo dell'altro. Il loro rapporto dopotutto era fatto così, spesso rimanevano abbracciati in silenzio senza che nessuno dei due pronunciasse parola per ore, spesso avevano pensato di essere diversi dalle altre coppie ma non se ne erano mai lamentati, la loro era una necessità incontrollabile di sentire anche solo la presenza dell'altro accanto a sé, le parole erano superflue e i gesti erano il loro barlume di speranza.
Axel sapeva che l'estate del biondo sarebbe stata eterna e per questo avrebbe fatto qualsiasi cosa per far sì che non sarebbe mai sfiorita.

Nonostante le proteste dell'altro, Roxas decise di regalargli quella copia dei Sonetti di Shakespeare, dicendogli anche che non avrebbe dovuto leggere il libro dall'inizio alla fine ma aprirlo a caso, quando ne sentiva il bisogno, e leggere la poesia che si ritrovava davanti perché quelli sarebbero stati i versi che lo avrebbero accompagnato.
Non si trattennero ancora in giro per i negozi, quando arrivarono davanti ad un teatro optarono entrambi per un musical, giusto per rilassarsi un po', e furono più che felici di constatare che a breve sarebbe andato in scena il Re Leone. Passarono il resto del pomeriggio tra risate e abbracci silenziosi e prima che se ne accorgessero il tramonto aveva tinto di rosso il freddo cielo di Novembre, e, mentre Axel si ripeteva sempre di non voler tornare tardi per non incappare nell'ira divina dei genitori del biondo, si erano ritrovati in uno dei tanti Starbucks davanti ad una bibita calda.
“Non so neanche io come Dem abbia fatto a convincermi, sta di fatto che mio padre è venuto a sapere della nostra scappatella tramite i giornali!” esclamò Axel mentre raccontava delle avventure che aveva vissuto assieme al suo scapestrato Mullet-man “Ricordo ancora quei titoli come se fossero ieri «due sportivi ubriachi a New York» oppure il «tour culturale dei night club di Axel e Demyx»
Roxas rideva di cuore al pensiero del rosso ubriaco fradicio che girava come un'idiota per le strade della città “Eri così ubriaco?”
“Ero totalmente distrutto! Non mi ricordo assolutamente nulla, il mio unico ricordo sono questi bad boys che mi sono ritrovato il giorno dopo” asserì puntandosi i tatuaggi sotto gli occhi con orgoglio e soddisfazione.
“Certo che sei proprio idiota, i fotografi hanno fatto bene ad immortalarti in quello stato... forse dovrei andare a cercarne qualcuna su internet” mormorò il biondo prendendo un sorso dalla sua cioccolata calda e quella constatazione fece scattare qualcosa nella mente dell'altro.
“A proposito, è una mia impressione oppure quella gente sotto gli Studios sembrava conoscerti?”
“Ho avuto modo di farmi conoscere
"Wow Roxy è una celebrità? Chi se lo aspettava!"
"Non quanto te, non sono un tipo da riflettori"
“Però parlavano di riabilitazione... riabilitazione da cosa?”
"Axel... basta così" si oscurò improvvisamente.
"Ma-"
Non ricevette più risposte a riguardo nonostante continuasse più volte a chiedergli il motivo, se avesse magari fatto qualcosa in particolare tipo partecipare a qualche serata di beneficenza, campagna pubblicitaria o se fosse stato protagonista di uno scandalo. Niente, il biondo era stato sempre evasivo, si era degnato solo di rendergli noto cose che a quanto pare sapevano tutti tranne lui come ad esempio che suo padre era un exSoldier e attualmente occupato a dirigere il patrimonio di famiglia mentre sua madre era una nota stilista che però lavorava solo quando le andava, per non togliere troppo tempo alla famiglia.
“Allora lei è quella Aerith Gainsborough che si vede spesso alle sfilate? Ecco perché aveva una faccia familiare”
“Non dirmi che guardi le sfilate” il biondo soffocò una risata e per poco l'altro non divenne paonazzo.
“N-no! Che dici! È Kairi che è fissata” sbottò incrociando le braccia al petto nella speranza di difendere l'offesa del suo amor proprio.
“Senti un po' Ax... per quale motivo porti il cognome di tua madre?" cambiò totalmente argomento "Ho sempre voluto chiedertelo ma avevo paura che potessi risultare scortese o invasivo”
Axel rimase più che sorpreso da quella domanda, senza quasi accorgersene serrò la stretta sulla tazza davanti a sé e si specchiò nella bevanda nera.
“Beh... è una decisione che abbiamo preso io e mio padre qualche anno fa dopo la sua morte...”
Roxas lo scrutò attento e mise la sua mano su quella dell'altro incitandolo a parlare con un cenno del capo.
“Sto bene, non preoccuparti” gli assicurò il rosso ma lui fece spallucce e lo guardò con espressione neutra.
“Non riceverai commiserazione da parte mia per la tua perdita” ribadì con dolcezza stringendo la mano nella sua “Odio gli sguardi di pietà della gente, anche io li ricevo sempre... so come ti senti”
Axel ammorbidì lo sguardo e portò la mano dell'altro all'altezza del suo volto e delicatamente iniziò a baciargli uno ad uno i polpastrelli fino a risalire al polso e infine al braccio. Era spettacolare come Roxas riuscisse sempre a comprendere anche i pensieri inespressi delle persone e dire sempre le cose al momento giusto.
Abbozzò un sorriso carico di dolcezza e si portò la mano del biondo alla guancia “Mia madre ha fatto tante opere di bene in passato, ha sempre combattuto contro i forti che volevano piegare i più deboli, e anche quando si è ammalata ha continuato il suo lavoro”
“Lo so... ho letto una biografia su di lei” sussurrò Roxas rispondendo al suo sorriso “Doveva essere una persona fantastica...”
“Lo era... peccato che se ne sia andata quando ero ancora troppo piccolo per conoscerla e capire tutte le sue ragioni”
Roxas rimase a fissarlo con espressione pensierosa per lunghi minuti mentre Axel aveva iniziato a giocherellare con la sua tazza, il tempo sembrava non voler scorrere più mentre il silenzio era ancora calato tra di loro, inibendo qualsiasi tipo di contatto verbale.
Un giorno.
Forse un giorno tutti avrebbero avuto le risposte che tanto agognavano e i loro cuori sarebbero tornati a vivere dopo quel lungo sonno in cui erano immersi.
… anche Elena Moore era una dei presenti il giorno della strage di Sephiroth.
"Axel?"
"Dimmi Rox"
"Io odiavo Xion"
Axel fissò perplesso il ragazzo per una buona manciata di secondi, chiedendosi se quell'argomento avesse qualcosa a che fare con quello di cui stavano parlando prima, però era sollevato sia dal fatto che Roxas si fosse finalmente deciso di dirgli qualcosa riguardo a quella misteriosa ragazzina, e sia perché non povava qualcos'altro per lei.
"Credevo che l'amassi" sussurrò incrociando le braccia e piegando il capo di lato.
"È così" annuì il biondo "O meglio, anche io credevo che fosse così. Io amavo e odiavo Xion alla stessa maniera"
"Vuoi parlarmene?"
Roxas scosse il capo e rimase in silenzio.
"Rox...parlami di Xion" Axel si perse in un sospiro e l'altro contrasse la fronte "Non intendo la sua storia... parlami di lei, dei suoi hobby... di Xion"
Axel si stupì delle proprie parole, proprio come lo fu Roxas. In un primo momento lo vedeva sempre scrutare un punto indefinito del tavolo, immerso in chissà quale riflessione, poi con incertezza alzò in capo e di nuovo fece contatto visivo con lui. La bocca era semiaperta e si apriva e chiudeva continuamente, come se stesse cercando di formulare una frase di senso compiuto e con le dita aveva una ciocca della propria frangia con cui aveva preso a giocherellare nervosamente.
La cannula sibilò impercettibilmente quando sospirò pesantemente con il naso.
"Xion... era una ragazza davvero carina. Era sempre gentile e premurosa, ed era bravissima in matematica, sono sicuro che sarebbe piaciuta anche a te se l'avessi conosciuta" iniziò a dire con un leggero sorriso che andava ad increspargli le labbra "Le piacevano le fragole... le piacevano tantissimo. Ogni giorno dopo scuola andavamo sempre al Coffee Labs Roaster e lei puntualmente prendeva un milkshake alla fragola... e in estate faceva la marmellata in casa. Diceva che nella sua vita c'erano solo tre cose di cui non poteva fare a meno: le fragole, la lettura e me..."
Axel si sporse sul tavolo e appoggiò il gomiti sulla superfice legnosa, era sempre più interessato nonostante covasse quell'insaziabile gelosia nei confronti della ragazzina e la cosa gli faceva venire l'amaro in bocca perché non era una cosa su cui competere dal momento che era deceduta.
"Credo che lei provasse per me quello che io provo per te"
"Quindi non ricambiavi i suoi sentimenti?"
Roxas scosse il capo "Ero attratto da lei però il mio non era neanche lontanamente amore, credevo che lo fosse, me ne ero convinto ma in realtà il mio era solo bisogno di essere accettato da qualcuno"
"Che cosa intendi dire?"
"Io non giudicavo Xion per quello che faceva... lei per me era Xion e basta come per lei io ero solo Roxas... non c'erano diversità tra noi, non c'erano barriere" Roxas si fermò un momento e inspirò profondamente, stringendo convulsamente i pugni sul tavolo "Io e lei eravamo uguali per questo la odiavo. Ogni volta che mi specchiavo nei suoi occhi rivedevo me stesso, le mie paure, i miei dubbi, le mie illusioni. Lei era lo specchio della mia anima, era tutto quello da cui stavo fuggendo... lei era un altro me... per questo quando mi ha lasciato è come se avessi perso una parte del mio cuore"
"Roxas..." sussurrò Axel prendendo le mani del biondo nelle sue per rassicurarlo, e abbozzò un sorriso di incoraggiamento.
"Xion era una supernova incantevole ed elegante ma estremamente pericolosa. Emetteva tanta energia da riuscire a legarti indissolubilmente a lei ma alla fine, proprio come una supernova, era destinata ad esplodere e la sua onda d'urto era talmente devastante da radere al suolo ogni forma di vita che entrava in contatto con lei. Nonostante questo però io tenevo a lei più di ogni altra cosa. Quando se ne è andata Xion era sempre con me, anche quando volevo dimenticarla, quando incontravo altri volti, altri nomi… senza rendermene conto la cercavo negli occhi di altre ragazze. Ero stanco di lei. La mia memoria era esausta, non mi sopportava più, mi giocava dei brutti scherzi, mi confondeva. Mi incitava a separarmi da quel fantasma dalla pelle diafana, ad allontanarmi da quella stagione d’amore interrotta brutalmente. Ma io non ce la facevo, anche contro la mia volontà, rimanevano impressi nella mia mente quegli ultimi istanti di una felicità senza pari... Con Xion l'amore sapeva di malattia e anche di morte... la sua bellezza era la sua grazia e la sua sventura"

L'oscurità era ormai scesa da tempo e anche l'ora di cena era passata da un bel pezzo, ma nessuno dei due parve badarci tanto perché era sabato e il sabato potevano anche fare più tardi senza avere rimorsi, tuttavia dal momento che erano usciti dalla mattina presto la stanchezza si stava facendo sentire e quindi deliberarono di fare un ultimo giro a piedi fino a Times Square dove Axel aveva parcheggiato la macchina – da lì poi ci avrebbero messo una quarantina di minuti a raggiungere casa.
Causa forse la stanchezza o il fatto che fosse buio e non si distinguevano del tutto le strade, dopo una buona mezz'oretta di cammino erano finiti in una zona della città a loro sconosciuta. I lampioni si erano fatti sempre più radi e le persone per strada iniziavano a decimarsi sempre di più. Era come se la metropoli si fosse spenta per lasciare spazio ad una vera e propria città fantasma.
“Sai Ax... questa non mi sembra Broadway...”
“Ma dove diavolo siamo?” pronunciò il rosso stringendo si la sciarpa al collo, sebbene fosse stata una giornata relativamente calda per gli standard di Novembre, la sera diventava sempre più pungente “Forse abbiamo sbagliato strada... che dici, torniamo indietro?”
Il biondo lo guardò dal basso e fece per assentire ma uno scintillio in lontananza catturò la sua attenzione, avevano tutta l'aria di essere delle recinzioni metalliche.
Non ebbe neanche il tempo di chiedere cosa ci facesse una cosa del genere in mezzo alla città, che le sue gambe iniziarono a muoversi senza aspettare alcun comando del cervello, e, a nulla valsero i richiami di Axel, la sua volontà sembrava improvvisamente finalizzata solamente a raggiungere quel luogo a lui sconosciuto. Un forte senso di inquietudine attanagliava il suo petto.
“Rox non devi allontanarti così di soppiatto, è pericoloso!” lo rimproverò Axel una volta che lo ebbe raggiunto e bastarono queste parole per riscuoterlo dal suo stato di semi-trance.
“È meglio tornare indietro”
“No, aspetta!” esclamò invece il biondo, preso da un senso di panico all'idea di lasciare quel luogo “Io... io... credo di sapere dove siamo” continuò con gravità.
“Ebbene?” Axel inarcò un sopracciglio, dubbioso dal suo strano comportamento e lanciò un'occhiata all'ambiente. Oltre la barricata non c'era altro che desolazione, e solo in quel preciso istante si accorse delle macerie e dei palazzi semidistrutti, c'erano quelli che un tempo dovevano essere giardinetti ma che ora si mostravano come appezzamenti di erba incolti, e un po' più lontano c'era anche un parco giochi ormai abbandonato.
“Rox... cosa stiamo facendo qui?”
Ma il biondo non gli rispose, aveva lo sguardo fisso davanti a sé, atto probabilmente a scrutare i più piccoli dettagli dello scenario inquietante che si stagliava loro davanti.
Roxas non riusciva a spiegarselo, non ci era mai stato lì ma sapeva con certezza che quello era un luogo molto importante per qualcuno. Tutto ad un tratto gli sembrava di udire delle voci soffuse, voci di donne, uomini e bambini che vorticavano nell'aria e si mescolavano ai rumori del traffico e dei clacson, il mondo attorno a lui era come ritornato alla vita e rivedeva i fantasmi di quelle persone che popolavano il quartiere. Niente più era distrutto, non esistevano le macerie e l'abbandono, era tutto ritornato al suo antico splendore.
E in fondo a tutto svettava l'imponente grattacielo della Shinra, polo vitale della zona.
Ormai non aveva più dubbi, quello era il luogo di cui tanto aveva dibattuto con suo padre in passato e dove moltissime persone ci avevano rimesso la vita a causa della follia di un pazzo. Quello che non capiva è come mai quell'ambiente risultasse a lui tanto familiare, era come se stesse guardando attraverso gli occhi di qualcuno.
Il suo sguardo fu poi rapito da una presenza al centro del parco giochi. Vi era una giovane donna vestita in un lungo abito bianco dalle ricche decorazioni dorate, la sua pelle era diafana come la prima neve di Dicembre, i suoi capelli erano biondi e luminosi, e se ne stava lì, immobile, con il suo sguardo acquamarina posato su Roxas.
Questi strizzò gli occhi per mettere a fuoco la figura e trattenne il respiro, sentendo una sensazione indefinibile alla bocca dello stomaco. Voleva chiederle cosa ci facesse in mezzo a quella desolazione, perché stava da sola e cos'era tutta quella malinconia che lo stava assalendo così all'improvviso ma dalla sua bocca non uscì alcun suono.

Non dimenticare, Roxas”

Aprì di scatto gli occhi e finalmente ricordò come si respirava.
Le vie respiratorie gli bruciavano come se avesse trattenuto il fiato per immergersi sott'acqua per un tempo infinito, la vista ci mise qualche secondo per adattarsi alla scarsa luce, e, mentre, nella testa una miriade di piccole esplosioni intracraniche si susseguivano a ritmo incessante, riconobbe il volto apprensivo di Axel a pochi centimetri dal suo. Vedeva chiaramente il panico risplendere nei suoi occhi smeraldini e le sue labbra che si muovevano veloci, gli stava parlando eppure non lo sentiva, o meglio non riusciva a connettere il suono al vero significato delle parole.
“Mi... gira un po' la testa” sussurrò il più piccolo accorgendosi di essere aggrappato al corpo dell'altro “Possiamo... possiamo tornare a casa?”
Il rosso accennò un assenso del capo senza fare ulteriori commenti, gli sistemò a tracolla la bombola dell'ossigeno e poi se lo caricò sulle spalle.
Era successo tutto nel giro di un paio di minuti, Roxas aveva smesso di rispondergli e, con gli occhi ancora incollati su un punto indefinito, oltre la recinzioni, aveva iniziato a barcollare e se non ci fosse stato lui ad afferrarlo sarebbe sicuramente crollato rovinosamente al suolo. Probabilmente il suo corpo era ancora troppo debole per sostenere una gita fuori casa per un'intera giornata.
Lanciò un'occhiata al cielo stellato sopra di loro e cacciò un sospiro sconsolato mentre ripercorreva i loro passi a ritroso, ritrovandosi non molto tempo dopo sulla strada illuminata, adesso però era insorto un altro inconveniente.
“Ehi, Rox, ci sei ancora?”
“Hm?” fu il flebile mugugno che udì dall'altro.
“C'è un problemino...” pronunciò con cautela sentendo il biondo appoggiare il mento sulla sua spalla.
“Ti hanno fregato la macchina?”
“Uh.. non sia mai!”
“Allora sono arrivati gli alieni sulla Terra”
“Non ancora”
“E allora cosa?”
Il rosso gli indicò con un pollice l'ingorgo infinito che aveva totalmente bloccato l'ampia strada. Lui inarcò le sopracciglia in risposta ma sapendo che non avrebbe potuto vederlo espresse a parole il suo pensiero.
“Quindi?”
Axel si ritrovò di nuovo a sospirare.
“È il traffico del sabato sera, si riversa tutto tra Times Square e zone limitrofe...”
“Che... che cosa vorresti dirmi?” ebbe quasi paura a domandare l'altro, ora era quasi completamente sveglio.
“Che siamo fottuti”
“Non è possibile, Ax! Non vorrai mica dirmi che rimarremo imbottigliati nel traffico fino a domani mattina?!”
“Pessima scelta quella di parcheggiare l'auto in centro...”
Roxas non voleva assolutamente credere alle proprie orecchie, come diavolo avevano fatto a non pensarci prima? Il traffico di New York il sabato sera era un qualcosa di apocalittico, per questo molta gente preferiva parcheggiarla da qualche parte e poi muoversi a piedi o con la metropolitana.
“Ax, che facciamo adesso? Cavolo che idioti che siamo stati...senti secondo te potremo prendere qualche treno per raggiungere Tarrytown? Fare i senzatetto con il freddo di Novembre non mi sembra saggio...”
Ma il più grande aveva smesso di ascoltarlo da un pezzo, aveva iniziato a pensare ad un piano B dal momento in cui aveva intercettato l'autobus che avrebbe dovuto portarli a Times Square imbottigliato in mezzo alle altre macchine.
“Roxy per caso nello zaino porta ossigeno hai tutte le medicine che ti servono?” chiese sovrastando le sue chiacchiere frenetiche, l'altro si zittì per un'istante.
“Cos...? S-sì perché? Cosa c'entra ora?”
“Forse ho trovato un'alternativa”

Chissà perché non aveva ancora pensato ad una soluzione del genere, lui che era sempre tanto preciso e puntuale, e quando il rosso gliel'aveva proposto non aveva potuto rifiutare – anche perché così sarebbe stato molto più semplice raggiungere la mostra d'arte di Naminé a Chelsea il giorno dopo. E così, dopo qualche fermata di metropolitana, si erano ritrovati sull'altra sponda di New York, ai piedi di un elegante palazzo dai mattoni rossi di stile europeo, con le finestre a volta e i cornicioni finemente intarsiati. Era proprio l'opposto del moderno grattacielo sulla Quinta strada di Manhattan in cui viveva lui un tempo.
L'usciere sotto al portico del palazzo salutò animatamente Axel e rivolse un cenno al biondo semiaddormentato sulle sue spalle e subito li accompagnò all'ingresso dell'ascensore, aprendo per loro tutte le porte.
Durante tutto quel tragitto Roxas non aveva prestato particolare attenzione perché il sonno si era quasi esclusivamente appropriato di lui, quello che però non poté fare a meno di incantarlo fu la vista davanti a sé prima ancora che Axel potesse accendere le luci di casa.
Davanti a loro, due grandi porte scorrevoli di vetro regalavano una vista mozzafiato sul mare e i grattacieli illuminati di Manhattan.
“Ti piace?” domandò il più grande raggiungendo l'altro che intanto era sceso dalla sua schiena ed era fuggito fuori al balconcino per ammirare esterrefatto il panorama.
“È bellissimo” sussurrò quest'ultimo affondando il mento nelle braccia ancora coperte dal pesante cappotto e appoggiate sulla ringhiera di marmo.
Il silenzio scese di nuovo, sacro, tra i due mentre Axel andava ad abbracciarlo da dietro, con la guancia tra i capelli dorati, com'era solito fare nei momenti di tenerezza, le mani accarezzavano con dolcezza il busto esile dell'altro, e attorno a loro l'ambiente si impregnava delle note dense di passione di Elton John.
Roxas, trasportato dal momento di affettività da cui erano stati conquistati, si girò e gettò le braccia dietro al collo del rosso per avvicinarlo più a sé e posargli un casto bacio sulle labbra, che fu prontamente ricambiato.
"Perché non mi avevi mai detto che avevi una casa così bella a Heights?" sorrise teneramente allontanandosi di poco.
"Non pensavo che fosse un fattore rilevante"
Roxas rise al solletico che gli aveva procurato l'altro baciandolo sulla punta del naso.
"Promettimi che questo posto sarà complice delle nostre fughe d'amore"
“Sta rischiando seriamente di farmi innamorare ancora più di lei, signor Strife” gli sussurrò Axel a fior di labbra, specchiandosi in quegli occhi sempre freddi e distaccati, pronti a sondare i misteri più oscuri che si annidano nell'animo umano, pronti a spogliarti di ogni convinzione, quegli occhi sempre così riflessivi e malinconici eppure adesso carichi d'amore.
L'amore è nell'aria stasera” sorrise il biondo accarezzandogli una guancia e stringendosi forte a lui.

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Stringevo convulsamente quella mano troppo grande nelle mie nella speranza di ricevere una risposta. Ricordo che stavo cantilenando qualcosa in preda al panico mentre le lacrime scendevano calde e incontrollate sulle mie guance. Volevo che aprisse gli occhi e che tutto quello che stava succedendo fosse solo un gioco, volevo che si rialzasse e mi abbracciasse forte, volevo che non ci fossero quelle urla attorno, volevo che tutto finisse, volevo...
Mamma...” soffocai un singulto e mi strinsi di più al suo corpo privo di sensi.
Fui improvvisamente sollevato da una forza a me troppo conosciuta e il mio viso fu premuto contro una superficie calda e morbida.
Stai tranquillo, Cloud” sapevo già a chi apparteneva quella voce vellutata e fin troppo calma “Andrà tutto bene”
No! Lasciami andare” tentai di divincolarmi e dimenarmi alla meglio, ma la sua forza era come di mille volte superiore alla mia, dopotutto, secondo mio padre, lui era uno dei migliori soldati al mondo “Voglio la mamma... perché non apre gli occhi?... mamma!” piagnucolai alzando questa volta la voce, non sopportando l'idea di essere stato separato da lei.
Lei non tornerà, Cloud. E sai di chi è la colpa?” mi chiese bloccandomi il mento con una mano e i suoi freddi occhi felini si specchiarono nei miei “Di tuo padre. Se lui non mi avesse abbandonato ora non sarei stato costretto a fare tutto questo. Lo avrei reso felice, saremo stati tutti più felici” lo vidi contrarre il volto e il suo tono si inasprì d'un tratto “Adesso però ho te. Saremo soli e felici... però... però devo prima togliere di mezzo anche lui”
Serrai gli occhi nella speranza di alienarmi dal mondo e ritornare a quel pomeriggio prima, quando io e mia madre stavamo preparando assieme una torta.

Che diavolo hai fatto? Sephiroth... tu-”
Una voce sconosciuta mi riportò alla realtà e quando aprii gli occhi potei ben leggere la paura e l'agitazione inondare gli zaffiri che stavano fronteggiando Sephiroth.
Non so come o quando ero stato lasciato andare e avevo sfruttato l'occasione per schiacciare di nuovo il mio corpo contro quello inerme di mia madre.
Che cazzo ci fai tu qui? Dov'è lui?”
Le urla di Sephiroth in risposta mi spaventarono a tal punto che sentii le lacrime pizzicarmi ancora agli angoli degli occhi ma non riuscii a trattenerle più di tanto, scoppiai di nuovo a piangere quando lo vidi estrarre di nuovo la sua lunga spada. Non capivo cosa stava succedendo, quel gioco non mi stava più piacendo. Volevo che mia madre si svegliasse e iniziasse a ridere e prendermi in giro perché i bambini grandi non piangevano.
Non solo lui ti ha strappato dalle mani la donna che hai sempre amato, ma non si è degnato neanche di mostrarsi e venire a salvarla nel momento di bisogno... Come fai a considerarlo ancora un amico?”
Amare una persona significa essere felici solo per il fatto che essa è felice. Non tutti al mondo siamo così egoisti, Sephiroth, è questa la caratteristica che contraddistingue me da uno come te”
Il tuo altruismo mi fa salire l'acido, Zack Fair”
Un commento sprezzante e poi il suono metallico delle spade che sferzavano l'aria e si incrociavano.
Avevo il volto affondato nei capelli castani di mia madre ma quando riaprii gli occhi, dopo un tempo che a me parve infinito, alzai il viso e l'unica cosa che vidi fu un'immensa cascata cremisi e un corpo afflosciarsi a terra, in lontananza il volto sconvolto di mio padre.
Cloud, tu sei...il mio lascito vivente... Il mio onore, i miei sogni... sono tuoi ora”
Zack no!”
Di Sephiroth non c'era più alcuna traccia.

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Roxas si svegliò con le proprie urla che gli fracassavano i timpani.
Infinite goccioline di sudore imperlavano le sue tempie pulsanti e le mani, anch'esse sudate, stringevano convulsamente la coperta appoggiata sul suo corpo tremante. Il cuore batteva così forte che sembrava volesse scoppiargli in petto e il respiro si faceva sempre più affaticato via via che acquistava maggior coscienza di sé.
Era successo un'altra volta.
Ancora una volta aveva sognato qualcosa, immagini frammentate e volti sfocati turbinavano vorticosamente nella sua testa, ma come sempre non ricordava nulla. A dire il vero non ricordava neanche di essersi addormentato e ora che vagava con lo sguardo attorno a sé riconobbe l'ambiente in cui si trovava come la vecchia stanza di Axel. Oh, era appena comparso anche il rosso.
“Rox!” esclamò preoccupato quest'ultimo sbattendo la porta aperta, catapultandosi verso il letto dove giaceva il proprio ragazzo e afferrò la sua mano“Non ti senti bene?”
Il biondo lo guardò con occhi spalancati, ancora un po' frastornato.
“Cos'è successo?” proferì con un fil di voce stupendosi di essere ancora così scosso.
Axel lo studiò velocemente per accertarsi che fosse tutto apposto e poi parlò di nuovo “Vuoi che chiami i tuoi genitori o un'ambulanza?”
Ma l'altro lo fermò ancorando la propria mano sul suo polso e lo pregò tacitamente di non lasciarlo. Prese profonde boccate d'aria per regolarizzare il proprio battito cardiaco e si fece passare le pillole appoggiate sul comodino, ci mise una decina di minuti per riprendersi dallo shock iniziale ma quando si sentì meglio abbozzò un debole sorriso, che però crollò quando vide l'espressione dell'altro.
“Cosa... cosa è successo?” ripeté di nuovo, questa volta con un tono più udibile.
Axel era rimasto tutto il tempo immobile, in paziente attesa di un cenno dell'altro.
“Hai iniziato a strillare e dimenarti nel sonno, chiamavi sempre tua madre...” rispose mordendosi un labbro “Io ero andato a dormire nella stanza degli ospiti... quando ho sentito le tue urla sono subito corso qui”
“Mia madre?” domandò Roxas aggrottando le sopracciglia dorate quando l'altro confermò con un cenno del capo. Questo era strano, perché mai doveva chiamare sua madre? Non voleva di certo passare per un bambino che aveva paura di stare lontano da casa, chissà che brutta figura ci aveva fatto.
“Sarà stato un brutto sogno...” offrì Axel ammorbidendo l'espressione e scompigliandogli i capelli “Ti senti meglio adesso?”
“S-sì... mi dispiace averti svegliato... e fatto preoccupare” mormorò l'altro addolorato.
“Non preoccuparti, l'importante è che tu stia bene. Vuoi un po' di latte caldo?"
Il biondo però scosse il capo, Axel sorrise e gli lasciò un bacio sulla fronte.
"Allora torna a dormire, domani ci aspetta la mostra di Naminé, sarebbe poco carino da parte tua se di addormentassi davanti ai suoi quadri” ridacchiò Axel alzandosi.
“No, aspetta!”
“Che cosa c'è?”
“Rimani” Roxas si alzò sui gomiti e puntò lo sguardo verso il più grande.
“Roxy... non credo che sia il caso, devi riposare”
“Per piacere, rimani con me” lo interruppe prima che potesse dire altro “Io... voglio stare qui a letto con te... non intendo fare sesso... solo... solo dormire. Insieme, sotto le coperte, nel tuo letto. Con le mie mani sul tuo petto e le tue braccia attorno a me. Con la finestra socchiusa, così fa freddo e noi dobbiamo raggomitolarci vicini e coccolarci. Senza parlare, addormentati, beatamente felici... ho bisogno di sentirti fisicamente accanto a me e protetto dal tuo amore”
Axel rimase imbambolato per quasi un intero minuto, inizialmente non aveva capito la sua richiesta – a dire il vero credeva che il sonno gli stesse giocando brutti scherzi. Lui era andato di proposito a dormire in un'altra stanza proprio per non far pensare male di sé al piccolo biondo. Pensava che fosse un ragazzino timido e con una rigida moralità, del tutto incompatibile con la sua precedente vivace vita sessuale, eppure ancora una volta era rimasto piacevolmente stupito dalla sua richiesta.
“Vado... vado a spegnere le luci”
Roxas annuì e sbadigliò in attesa del suo ritorno, il suo sguardo si posò su una figura in piedi nell'angolo più remoto della stanza.
“Eccomi qui, Roxy”
Axel ritornò quasi subito e scostò le coperte per infilarsi nel letto, le luci erano spente e non si riusciva a vedere bene ma notando che l'altro non gli aveva risposto, inarcò un sopracciglio interrogativo. Non era la prima volta che lo scorgeva a fissare il vuoto, a volte lo faceva anche per un tempo relativamente lungo quindi non si preoccupò più di tanto, solo si chiedeva se lo ascoltasse realmente in quei momenti. Prese il biondo tra le proprie braccia e iniziò ad accarezzargli la schiena mentre attendeva che il sonno si impossessasse nuovamente di loro.
Dal canto suo Roxas non poteva fare a meno di fissare quella silenziosa presenza, era inquietato al saperla lì immobile, relegata in un angolino, con il suo sguardo posato su di sé, ma al tempo stesso si sentiva rassicurato proprio come se fosse sua madre a vegliare su di lui.
“Mi farai compagnia finché non mi sarò addormentato?” spezzò il silenzio che era alternato solo ai profondi respiri del corpo accanto al suo, anche se la sua domanda non aveva un destinatario in particolare.
“Ma certo. Ci sono io qui per te, Roxy”

Non preoccuparti, una madre premurosa vigila sempre sull'incolumità dei propri figli”




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¹ Troverò il posto in cui ti nascondi
Sarò l’alba della tua notte peggiore
L’unica cosa che hai lasciato in una vita
Ucciderei per te, è sicuro
Se è questo che vuoi
Metterò il tuo veleno nelle mie vene
Dicono che l’amore migliore è pazzo
Accenderò il tuo fuoco fino al mio ultimo giorno
Lascerò i campi bruciare intorno a me, intorno a me
[
One Republic - What You Wanted]

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Capitolo 15
*** Happy Endings are stories that haven't ended yet ***


15
Viva la Vida
Nei capitoli precedenti
"Axel ti fa del bene, vorrei che parlassi con lui e ti sfogassi. Non dovrai dirgli tutto subito se non te la senti però sarebbe un buon inizio dirgli dei tuoi turbamenti interiori o delle tue paure, quello che vuoi... o anche di Xion. Però ti chiedo di aprirti, in qualsiasi modo tu voglia... e prendi il tuo tempo per riposare" gli sorrise aiutandolo ad alzarsi dal divanetto e andando insieme in salotto dove era seduto Cloud intento a leggere il giornale "Vedrai che ti capirà, lo si legge nei suoi occhi. Quel ragazzo si butterebbe nel fuoco per te"

Il suo sguardo fu poi rapito da una presenza al centro del parco giochi. Vi era una giovane donna vestita in un lungo abito bianco dalle ricche decorazioni dorate, la sua pelle era diafana come la prima neve di Dicembre, i suoi capelli erano biondi e luminosi, e se ne stava lì, immobile, con il suo sguardo acquamarina posato su Roxas.
Questi strizzò gli occhi per mettere a fuoco la figura e trattenne il respiro, sentendo una sensazione indefinibile alla bocca dello stomaco. Voleva chiederle cosa ci facesse in mezzo a quella desolazione, perché stava da sola e cos'era tutta quella malinconia che lo stava assalendo così all'improvviso ma dalla sua bocca non uscì alcun suono.
Non dimenticare, Roxas”

Cosa... cosa è successo?” ripeté di nuovo, questa volta con un tono più udibile.
Axel era rimasto tutto il tempo immobile, in paziente attesa di un cenno dell'altro.
Hai iniziato a strillare e dimenarti nel sonno, chiamavi sempre tua madre...” rispose mordendosi un labbro “Io ero andato a dormire nella stanza degli ospiti... quando ho sentito le tue urla sono subito corso qui”
Mia madre?”



# 15. Happy Endings are stories that haven't ended yet


"Ehi prep"
"Hmm?"
"Stammi bene eh?"

Un caldo sussurro gli sfiorò il collo e un tocco delicato delle labbra appena appoggiate sulla sua tempia. Era un ricordo così soffuso che aveva quasi paura di averlo sognato e quando aprì di nuovo gli occhi era scesa la sera. Il crepitio del fuoco nel camino era l'unico suono che spezzava l'irreale silenzio in cui era immerso il salone in cui si trovava. Tutte le luci erano spente, le uniche illuminazioni provenivano dal camino davanti a lui e dal televisore ancora acceso ma impostato su muto.
Suo fratello si era addormentato, come sempre, con la guancia appoggiata sulla sua spalla e un grande plaid era appoggiato sui loro corpi riversi sul divano, dovevano essersi addormentati a metà strada del terzo film che si erano sparati quel pomeriggio assieme ad Axel e Riku.
A proposito, ora che ci pensava la stanza gli sembrava troppo vuota.
Afferrò subito il cellulare dalla tasca della felpa e sorrise quando vide di aver ricevuto un messaggio.

23.34
Io e Riku siamo tornati a casa, tu e Sora eravate così carini mentre dormivate che abbiamo preferito non svegliarvi. Ci vediamo domani a scuola xxx

Gli augurò la buona notte, ripensando a quanto fosse stato fortunato ad aver trovato una persona come Axel, e mise via il cellulare. Era passato un mese da quando lui e il rosso si erano baciati per la prima volta in quel campo lontano da tutto e da tutti e da quel giorno la sua vita aveva subito una svolta radicale. Non che non fosse una cosa strana, ormai era abituato ai cambiamenti, agli imprevisti, ma nessuno di essi era mai stato tanto positivo. Con Axel era stato tutto così inaspettato, grazie a lui ora riusciva a percepire l'essenza delle cose da una prospettiva diversa che non fosse sempre triste e realista. A volte si sentiva leggero e allo stesso tempo appesantito dalla felicità proprio come tanti anni prima: con Xion aveva provato quasi le stesse emozioni ma non così forti, sapeva che questa volta erano vive e reali. E quando si domandava il motivo di questa strana sensazione non riusciva a capire se era conseguenza dell'avere qualcuno al proprio fianco o era semplicemente Axel e basta. Sora invece gli aveva offerto una sentenza diversa, l'aveva scrutato con sguardo meditante e alla fine aveva scrollato le spalle come se fosse la cosa più ovvia del mondo "Beh, sei innamorato". Roxas si era limitato ad accennare un sorrisetto a quella risposta, l'innamoramento era sempre stato un concetto così lontano per lui, sembrava quasi un controsenso per la sua esistenza che aveva sempre definito platonica, eppure quella definizione gli sembrava la più adatta al momento.
All'inizio non si era avvicinato ad Axel per interesse ma voleva solo riuscire a carpire qualche informazione in più su Xemnas e i suoi spostamenti - in realtà non aveva neanche dovuto decidere chi scegliere, la risposta gli era venuta naturale: Larxene sarebbe stata la candidata ideale perché la conosceva, per modo di dire, e perché si era trovata nella sua stessa situazione, però era stronza e non avrebbe mai accettato di collaborare con nessuno. Marluxia era un candidato abbastanza interessante: sembrava un tipo frivolo ma in realtà sapeva più di quanto volesse far vedere, però era stato subito scartato perché aveva visto il modo in cui guardava i ragazzi e come aveva guardato anche lui un paio di volte... inoltre lo aveva anche riempito di pugni (anche se forse un po' se l'era cercata). Tutti gli altri semplicemente non andavano bene: Demyx era tonto e parlava troppo, Lexaeus era l'opposto e non parlava affatto, Xigbar e Xaldin erano degli idioti, Luxord sembrava interessato solo alle donne e alle carte, e Saix non era neanche da prendere in esame. Riguardo ad Axel, invece, Roxas non aveva mai potuto mettere in discussione il suo animo gentile, sebbene si fosse più volte presentato come un beota egocentrico e con il cervello dalla forma di un pallone da basket. Forse era stato l'unico a vederlo, eppure sapeva che quella bontà era sempre stata lì, celata dalla paura di esporsi troppo al mondo.
Roxas aveva compreso il comportamento del suo amante e non aveva mai avuto il coraggio di criticarlo perché il disinteresse era una protezione, una sorta di scudo, una campana di vetro. La verità era meschina, avrebbe potuto distruggere tutto, e questo era uno dei motivi per cui Roxas aveva sempre avuto il terrore di farsi coinvolgere troppo da Axel: non voleva farlo soffrire, non se lo meritava.
Da quando poi si erano messi insieme, il più grande era cambiato totalmente. Era diventato attento e premuroso, l'esatto contrario del teenager scapestrato che era stato fino a un paio di mesi prima. E questo cambiamento non si era manifestato solo nei confronti di Roxas. Negli ultimi tempi Axel era sempre così presente che sua madre, Aerith, aveva iniziato a considerarlo ormai come un membro della famiglia, lo vedeva quasi come un figlio, ed era riuscito a legare anche con i sospettosissimi Sora e Riku.
Roxas non poteva dirsi più felice, avrebbe desiderato che la sua vita fosse sempre così. La malattia, la vendetta e tutte le altre cose non erano dei problemi insormontabili se al suo fianco ci fosse stato sempre Axel, però...
"Terra chiama Roooxaaas!"
Una voce squillante lo fece trasalire e d'istinto si aggrappò al cuscino, doveva aver assunto un'espressione a dir poco scioccata perché Sora aveva iniziato a ridere ossessivamente.
"Oddio Rox, avresti dovuto vedere la tua faccia di puro terrore!" fece il castano punzecchiandolo sulla spalla.
Roxas fece una smorfia irritata e si scrollò l'altro di dosso "Che diavolo fai?"
"Lo stavi facendo di nuovo" rispose Sora.
"Facendo cosa?"
"Pensando. Pensavi così tanto che credevo ti fossi trasformato in una statua!"
"Che idiota che sei" Roxas abbozzò un sorrisetto e si stiracchiò "Sei sveglio da molto?"
L'altro scosse il capo "Da un paio di minuti. Riku e Axel se ne sono andati da tanto tempo?"
"Un'oretta più o meno. Adesso però penso che sia ora di andare a letto altrimenti domani faremo tardi a scuola"
Sora annuì e si alzò per andare a spegnere il fuoco nel camino, Roxas invece socchiuse gli occhi, in attesa, e si concentrò sulla figura del fratello riflessa nel lucido pavimento di marmo.
"Sor?" lo chiamò dopo un po'.
"Dimmi" l'altro lo guardò da sopra la spalla senza però voltarsi.
"Io..." iniziò ad articolare in cerca delle parole adatte, dopo qualche istante di silenzio però si morse un labbro e abbassò il volto. Suo fratello si girò interessato e gli chiese cosa volesse dirgli, ma Roxas sospirò e scosse il capo, dopotutto avrebbe potuto attendere "Sono felice che stai con Riku"
Sora rimase quasi stupito dall'uscita del fratello così di punto in bianco, tant'è che non rispose subito, si prese giusto il tempo di finire di occuparsi della cenere nel camino.
"Anche io" mormorò una volta terminato il suo lavoro "Il solo sapere che lui è sempre lì mi rende felice, e sono grato del fatto che tra noi non sia cambiato niente... all'inizio avevo paura che tutto potesse essere diverso o imbarazzante ma alla fine facciamo sempre le stesse cose di prima, l'unica differenza è che ora ci sono i baci"
"E il sesso" lo interruppe Roxas con un tono che voleva imitare quello di Axel.
"Eddai scemo!" rise imbarazzato il castano sentendo le proprie guance avvampare.
"Se ci fosse stato Axel avrebbe detto la stessa cosa, solo che lui ti avrebbe messo dieci volte più in imbarazzo" sogghignò il biondo mettendosi meglio sedere sul divano "Tuttavia non voglio conoscere ulteriori dettagli della vita sessuale di mio fratello, quindi la parentesi si chiude qui"
Sora si rimise in piedi continuando a ridere, una volta posati gli attrezzi del camino, si pulì le mani sul pantalone e accese la luce, senza però ribattere al precedente commento.
"Se avessi saputo che la persona destinata a starmi accanto fosse stata Riku penso che mi ci sarei messo il giorno che l'ho conosciuto"
"Meglio tardi che mai, no?"
A Roxas si scaldò il cuore nel vedere quel caldo sorriso che ornava il viso di Sora ogni volta che parlava del ragazzo dai capelli argentei, era una cosa che non gli aveva mai visto fare quando si era preso quella cotta per Kairi.
"E io sono felice che tu stai con Axel" disse Sora dopo qualche minuto di religioso silenzio, tornando a sedersi sul divano e passando un braccio attorno alle spalle del fratello che lo guardò con la coda dell'occhio, ma lui ignorò di proposito lo sguardo e ridacchiò "Io e Riku gli abbiamo dato del filo da torcere"
"Tu in particolare" ribadì il biondo, non tanto entusiasta.
"Dovevo assicurarmi che le sue intenzioni fossero serie" si difese alzando le mani. La sua paura più grande era sempre stata che Roxas potesse trovare qualche altra amicizia malsana che avrebbe potuto allontanarlo ancora una volta da lui e dalla sua famiglia, proprio come aveva fatto in passato quella Xion. Quella ragazzina non gli aveva mai fatto né caldo né freddo, però quando aveva iniziato ad accorgersi che suo fratello le stava dedicando troppe attenzioni aveva iniziato ad odiarla. La odiava perché era geloso che Roxas passasse più tempo con Xion invece che con lui, però allo stesso tempo era felice per lui perché per la prima volta aveva trovato un'amica che non fosse lui o Riku o Kairi.
Poi era successo quel che era successo.
"E ti sembra serio?" ridacchiò Roxas risvegliandolo dai suoi pensieri.
"Abbastanza!" gli rispose con un sorriso a trentadue denti "Non è da tutti i giorni avere un fratello, un fidanzato e anche un cognato con cui passare i pomeriggi interi a giocare ai videogiochi"
"Scemo non siete cognati"
"Teoricamente sì"
A quel punto Sora si lasciò cadere con la schiena e appoggiò la testa sulle cosce di Roxas, quest'ultimo spostò la cannula dell'ossigeno di lato così che non desse fastidio al fratello e iniziò ad accarezzargli i capelli. Negli ultimi tempi i due non avevano passato molto tempo insieme e la cosa gli era mancata un po'. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di rimanere sempre vicino alle persone a lui care, tranquillo e spensierato come in quei momenti in cui si lasciava andare con Sora, però ogni volta che pensava ai momenti felici non poteva fare a meno di ricordare che lui era una bomba a orologeria che presto sarebbe scoppiata e avrebbe procurato solo altra sofferenza.
"Vorrei che fosse sempre così, sai?" mormorò Sora come se gli avesse letto nel pensiero.
"Così come?"
"Io, tu, Riku e Axel. Insieme come quattro normali liceali alle prese con la vita quotidiana... i cui unici problemi sono solo avere tutte le sufficienze, vincere le partite, cercare di venire bene nella foto dell'annuario e diplomarci tutti insieme..." spiegò con voce languida socchiudendo per un breve istante gli occhi e inalò a fondo "Sì, sarebbe bello"
Roxas aggrottò la fronte e serrò le labbra, senza osare proferire parola, e lasciò la conversazione cadere lì.
Rimasero in quella posizione qualche altro minuto ancora, poi decisero che si era fatto tardi e si diressero al piano superiore per andare a letto. Sora aiutò il biondo a portare il carrellino dell'ossigeno su per le scale e lo accompagnò fino alla sua stanza per sistemarlo in vista della notte quando si accorse che lo sguardo del fratello era perso tra quelle fotografie che navigavano nella parete, poco sopra il letto. Ormai a furia di studiarle, Sora le aveva imparate a memoria, era sicuro che, se ne fosse stato capace, avrebbe potuto ridisegnarle ad occhi chiusi. Le conosceva a memoria eppure rivederle gli provocava sempre una grande tristezza nonostante non avesse mai conosciuto di persona Xion. L'aveva odiata perché era a causa sua se la vita di suo fratello stava andando a rotoli, però dentro di sé, anche se in minima parte sapeva che la ragazzina non era del tutto colpevole.
"Rox..." sussurrò a bassa voce per non svegliare nessuno ma l'altro non ripose, era ancora immerso nelle fotografie, così provò a chiamarlo di nuovo e questa volta sembrò riuscire nel suo intento.
Roxas posò i suoi occhi blu sul fratello e constatò che quest'ultimo aveva il volto basso.
"Tu... non..." balbettò, poi alzò lo sguardo e lo guardò attentamente "Staremo sempre insieme, vero?"
Il biondo rimase sconvolto da quella domanda, erano poche parole ma intrise di angoscia, paura, agitazione, ansia, nervosismo. Avrebbe voluto rispondergli affermativamente, che adesso andava tutto bene e che niente li avrebbe più separati.
C'era sempre quel però che lo perseguitava.
L'unica cosa che poteva fare era ingannare quella snervante attesa di quel limbo in cui si trovava, beandosi di quell'effimera beatitudine che provava con il calore delle persone che amava.
Con volto basso Roxas si avvicinò al fratello e andò alla ricerca della sua mano, senza dir nulla lo portò nel letto con sé e lasciò che si raggomitolasse contro il proprio petto, lo racchiuse tra le sue braccia e nascose il proprio volto nell'incavo della spalla dell'altro. Senza dir nulla, aspettando che il sonno s'impossessasse di loro.



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"Quella Larxene mi mette i brividi!" borbottai di punto in bianco riemergendo dalla coppa di gelato su cui avevo riversato tutta la mia attenzione negli ultimi minuti, a quella mia affermazione Xion piegò il capo di lato con fare interrogativo.
"Ogni volta che mi vede sembra sul punto di volermi incenerire con lo sguardo" spiegai a quel punto, enfatizzando con il cucchiaino che avevo in mano "Sei sicura che non mi odi?"
La vidi appoggiare il mento sul palmo della mano e mi specchiai nei suoi occhi blu, sembrava intenta a soppesare il valore della domanda che le avevo appena posto.
"No, prep... però sono sicura del contrario" confermò alla fine, concedendosi un altro sorso del suo milk shake alla fragola.
"Bene..." assodai con tono tutt'altro che entusiasta, mi appoggiai allo schienale della panca e incrociai le braccia al petto, tutto d'un tratto mi era passata la fame.
"Effettivamente Larxene ti odia. Però tu sei l'unico al quale non torcerebbe mai un capello perché gliel'ho fatto promettere... tu per me sei troppo importante" Xion mi sorrise e mi studiò a lungo come era solita fare, poi allungò una mano per asciugarmi una macchia di gelato che mi era rimasta al lato della bocca e si portò il dito alla bocca con fare malizioso, eppure sapevo che di malizia nel suo gesto non ce n'era.
Le presi il polso e racchiusi la sua mano nella mia e sorrisi. Xion per me era Xion e basta, era tutto quello di cui sapevo di aver bisogno in quel momento. Quando sorrideva sapevo che era triste e quando cercava di essere forte sapevo che in realtà era più fragile di quanto potessi immaginare. Con il lavoro che faceva, Xion era cresciuta troppo in fretta, alcune occhiate, alcuni gesti per lei erano diventati del tutto quotidiani. Però a me andava bene così perché sapevo che dietro tutta quella sua esperienza si celava ancora l'innocenza di una ragazzina di quattordici anni.
"Oggi non mi va di va di vedere gli altri... andiamo alla villa? Ho lasciato qualche scorta per te lì" dissi poco dopo ma lei scosse il capo e abbassò lo sguardo.
"Sai... credo proprio che non ci sarò"
"Hai da fare? Se vuoi rimandiamo a domani"
Vidi Xion sospirare profondamente e socchiuse gli occhi prima di puntarli nuovamente su di me "No... quello che intendevo è che non ci vedremo per un po' "
Io rimasi in silenzio, incapace di controbattere, mentre lei mi diceva ancora una volta che a casa sua andava male, avevano bisogno di altri soldi perché sua madre era stata ricoverata d'urgenza in ospedale e le spese mediche costavano troppo. Era sempre la stessa storia, mi chiedevo come mai non avesse già fatto i bagagli e non fosse fuggita lontano.
"Tu... tu assicurati solo di farmi trovare un bel regalo di bentornata quando torno" mi sussurrò con dolcezza passandomi una mano tra i capelli, prima di alzasi dal tavolo.
"Ti farò trovare qualcosa di buono..." risposi sommessamente abbassando il volto, sperando che non si accorgesse del mio cambio d'umore improvviso. Nonostante questo però lei si avvicinò pericolosamente, tanto che potevo sentire il suo caldo respiro contro la mia pelle.
"Ehi prep"
"Hmm?"
"Stammi bene eh?"
Mi baciò delicatamente la tempia e sparì dalla mia vita per interminabili settimane.



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Quel giorno Axel si sentiva felice, e non perché il coach aveva appena comunicato a lui e agli altri che la prossima squadra che avrebbero fronteggiato nella prossima partita sarebbe stata una delle più semplici da battere, o perché Reno aveva deciso di portare la loro relazione padre-figlio a un nuovo livello preparando la colazione con toast e pancakes. No. Il motivo per cui si sentiva così felice era che Roxas, dopo un mese di assenza, quel giorno sarebbe finalmente tornato a scuola e avrebbero potuto seguire le lezioni insieme proprio come facevano prima.
"Se non ti vedessi con i miei occhi non riuscirei mai a credere in questo tuo cambiamento!"
Nell'udire quella voce fin troppo conosciuta, il rosso fece per chiudere l'armadietto ma una mano bloccò lo sportello a metà.
"Ohh cos'abbiamo qui" cinguettò Yuffie allontanando Axel con una spinta per avere una migliore visuale della fotografia che era stata attaccata con lo scotch sulla parete dell'armadietto. Erano ritratti lui, Roxas, Sora, Riku, al centro c'era Naminé. Doveva essere stata scattata il giorno dell'inaugurazione della mostra della biondina perché erano vestiti tutti estremamente eleganti e dietro di loro erano esposti alcuni quadri. Erano tutti sorridenti, anche se la più felice era ovviamente Naminé.
"Ehi chi ti ha dato il permesso di guardarla!" sbottò Axel chiudendo malamente lo sportello.
"Capirai" fece spallucce la ragazza con una risatina "Come se non avessimo già visto le foto sui giornali"
Il rosso borbottò un dissenso e si grattò con una mano dietro la nuca "Allora che cosa vuoi? Di che cambiamento parlavi?"
La ragazzina gli fece la linguaccia e aprì il proprio armadietto per prendere i libri di cui aveva bisogno.
"Il tuo cambiamento, no? Da quando ti sei messo con Roxas sei diventato completamente un'altra persona"
"Ma non è vero"
"Certo che è vero" lei rise e chiuse la zip della borsa, voltandosi di nuovo verso l'altro "Hai costantemente lo sguardo da innamorato perso"
Axel arrossì violentemente e si abbassò per prendere lo zaino per metterselo in spalla "Cosa vai dicendo... non è cambiato proprio niente"
"Eravate proprio carini in quella foto!"
"Piantala" grugnì e per sua fortuna la moretta non poté continuare a infastidirlo perché proprio in quel momento udì qualcuno chiamare il suo nome. Si girò alle sue spalle e vide Leon venirgli incontro.
"Leon, hai bisogno di qualcosa?" domandò perplesso.
L'uomo lo studiò giusto un paio di secondi con serietà prima di parlare "Hai dieci minuti a disposizione?"

L'ufficio di Leon era una stanzetta piccola ma abbastanza ariosa, con le pareti azzurre, una piccola libreria, due poltroncine e una scrivania piena di scartoffie; il mobilio era ridotto all'essenziale però quell'ambiente gli trasmetteva una pace irreale nonostante il nervosismo che l'aveva assalito nel momento in cui aveva adocchiato Cloud appoggiato al muro.
"Che cosa significa questo?" chiese sulla difensiva, non sapeva perché ma aveva come l'impressione che quella piccola riunione non gli sarebbe piaciuta affatto.
Cloud rimase immobile con le braccia conserte e non sembrava propenso a voler cominciare qualsivoglia tipo di comunicazione, Leon invece non rispose subito, chiuse la porta dell'ufficio a chiave, poi si diresse alle finestre che erano ai lati della scrivania e chiuse le tapparelle orientabili in modo che non rimanesse altro che penombra.
"Axel, siediti" vociò dopo un tempo che al rosso parve un'eternità, l'uomo, però, notando la sua diffidenza si affrettò subito a continuare "Stai tranquillo, vogliamo solo parlare. Ho chiuso porta e tapparelle perché non voglio che qualcuno possa disturbarci, è una discussione privata"
"Io... non ho fatto niente" si difese subito il ragazzo spostando nervosamente lo sguardo da Leon a Cloud e viceversa.
"Lo sappiamo"
"... riguarda Roxas?"
"Esatto"
A quel punto il rosso sospìrò e si lasciò cadere sulla poltrona, era sollevato che il signor Strife non gli fosse seduto accanto ma era rimasto in piedi accanto alla scrivania.
"Axel, tu sai che io e Roxas parliamo periodicamente?" cominciò il castano accomodandosi sulla propria sedia.
"Sì"
"E sai anche per quale motivo?"
Axel inarcò le sopracciglia e si passò una mano tra i capelli rosso fuoco per ravvivarli "Beh... perché... perché penso che per un ragazzo sia difficile fare i conti con una malattia come la sua"
Leon socchiuse gli occhi per un breve istante prima di ritornare a guardarlo, come sempre la sua espressione e il suo tono non facevano trasparire alcuna emozione "Non è così"
"Ma Riku mi ha detto-"
"Tutti" lo interruppe l'altro prima che potesse dire altro "Tutti pensano che questo sia il motivo per cui lui ha bisogno di uno psicologo... Riku di certo non sarebbe venuto a dirti tutti gli affari privati così gratuitamente, sono questioni delicate che non si possono dire al primo che si incontra. Gli unici che conoscono il vero motivo siamo io, Cloud, Aerith, Sora e , appunto, Riku. Tu invece quanto sai della vita di Roxas?"
"Aspetta, che significa quello che hai appena detto?" si intromise Axel con agitazione, riflettendo sull’iniziare a preoccuparsi o no.
"Axel rispondi alla mia domanda"
"Cosa vuoi che ti dica?" sbottò irritato e in quel momento si sentì perforato dallo sguardo di Cloud. Cosa voleva che gli dicesse? Ora che ci pensava, lui non sapeva assolutamente nulla della vita del biondo eppure aveva sempre sospettato che nascondesse qualcosa di estremamente importante.
"Tutto quello che sai" questa volta a parlare fu proprio il padre del ragazzino in questione, e Axel stentò a credere al tono stranamente più dolce con cui aveva proferito quelle parole, in netto contrasto con il suo sguardo duro e serio.
"Niente" sussurrò alla fine, arrendendosi all'evidenza "Non so niente"
Cloud cercò Leon con lo sguardo e si scambiarono un'occhiata di assenso.
"Axel..." pronunciò infine il biondo, concentrando di nuovo la sua attenzione sul rosso "Roxas ha vissuto degli avvenimenti che, diciamo, sono stati decisivi, l'hanno segnato nel profondo. Negli anni passati la sua salute mentale rasentava la stabilità, ha avuto varie ricadute emotive e..." si fermò giusto un momento per inspirare profondamente "Una volta è stato ricoverato a causa di un crollo psicotico..." la sua voce andò pian piano dissolvendosi, segno evidente del suo nervosismo e della sua angoscia, così fu Leon a riprendere le redini del discorso.
"Roxas non è pazzo, semmai te lo stessi chiedendo" gli assicurò "La sua mente, Axel, è stata per troppo tempo abusata. Il problema è che a causa dei forti traumi subiti in passato, il suo cervello ha spinto tutti questi ricordi in un angolo remoto della sua coscienza. Aerith e Cloud si sono rivolti a me perché ho sviluppato un po' di pratica anche nell'ambito della psicanalisi così da poter aiutare la sua guarigione con l'esplorazione dell'inconscio"
Axel rimase in silenzio, anche quando l'altro finì di parlare. Non sapeva cosa dire o cosa pensare. Perché gli stavano dicendo tutte quelle cose? E cos'era successo a Roxas da avergli procurato un simile crollo?
"P-perché..." sussurrò solamente con un fil di voce.
"Ti sto dicendo tutto questo perché-"
"Da quando sei arrivato tu Roxas è migliorato" si intromise Cloud, questa volta il suo tono era un misto tra il deciso e il supplichevole "Non lo vedevo sorridere così tanto da anni. È sempre tranquillo e di buon umore, e anche le sue crisi cardiache si sono ridotte notevolmente. Certo la sua salute peggiora sempre ma in maniera meno graduale... tu...tu sei la sua unica ancora di salvezza, sei quella stabilità di cui aveva bisogno... sei una speranza di guarigione"
Il rosso aggrottò la fronte e strinse i pugni in grembo "Cosa... cosa volete che faccia?"
"Le memorie di Roxas presto arriveranno" questa volta fu il castano a parlare "E tu sarai l'unica persona con cui si confiderà. A quel punto dovrai venire a riportarci tutto quello che dice. Tutto. Ogni minima parola"
"Le confessioni non sarebbero private?" replicò Axel vedendo lo psicologo alzarsi e aggirare la scrivania per posizionarsi davanti a lui.
"Generalmente lo sono, ma qui la situazione è delicata. Dobbiamo sapere cos'è successo in passato, abbiamo bisogno di informazioni. Qui non si tratta solo del benessere di Roxas, lui per primo non è purtroppo più cosciente di varie cose, qui si parla anche del benessere di tante altre persone. Se vuoi aiutarlo allora devi fare come ti abbiamo detto"
Axel da parte sua rimase immobile, pensieroso, e dilaniato da mille pensieri che vorticavano nella sua testa.
Mantenere la segretezza delle rivelazioni di Roxas ed essere il suo confidente o tradire la sua fiducia per salvarlo?

Quando Roxas lo vide arrivare nella direzione del gruppetto con cui si stava intrattenendo, agitò una mano per salutarlo e sul suo volto si dipinse un ampio sorriso, il carrellino dell'ossigeno era una silenziosa costante accanto a lui.
"Ehi Ax, era ora che arrivassi!" mormorò abbracciando la vita del rosso una volta che gli fu accanto.
"Ciao Rox" lo salutò quest'ultimo passandogli un braccio attorno alle spalle e poi si rivolse agli altri "Ehi ragazzi"
"Ehilà Rosso! Certo che fa strano vedevi inisieme" commentò Vaan con un sorrisetto impertinente.
"Vaan prima o poi tutti si danno una regolata. Questa è stata la volta del nostro Axel di crescere un po'" replicò uno Zexion stranamente divertito.
"Sai, credo che a quest'ora tutte le tue povere vittime staranno venerando l'arrivo di Roxas e stappando bottiglie di champagne" fece eco Tidus ridendo animatamente anche se il suo tono era più che pungente.
"Dici che i giorni da tiranno sono finiti?" continuò Vaan aggregandosi all'amico dai capelli color miele.
"Ragazzi, basta così" sospirò Zexion con risolutezza, accorgendosi dello sguardo ora oscurato del rosso mentre Roxas gli accarezzava una guancia senza dir nulla "Fareste meglio a raggiungere le vostre classi o farete tardi"
I due si lanciarono delle veloci occhiate, rendendosi conto di aver esagerato con i loro commenti e si congedarono silenziosamente.
"Rox, fammi sapere cosa vuoi fare riguardo al laboratorio di teatro" si raccomandò Vaan prima di sparire assieme a Tidus nella folla di ragazzi che animavano il corridoio.
"Scusali, a volte non pensano prima di parlare" mormorò il biondo tornando ad abbracciare di nuovo il più grande una volta che erano rimasti solo loro due e Zexion.
"È tutto okay" gli assicurò l'altro accarezzandogli la schiena e affondando il volto nei suoi capelli biondi, poi si voltò verso l'altro ragazzo "Grazie, Zexion"
"Di nulla" annuì colui che Axel aveva sempre, tacitamente, soprannominato l'emo-boy, per via del ciuffo che gli ricopriva metà del volto. Fin da quando lo aveva visto arrivare, Zexion aveva notato una strana nota negativa nell'umore di Axel ma aveva preferito far finta di nulla.
"Allora Zex, piani per oggi?" Roxas intavolò una nuova conversazione, non essendosi accorto della tensione che aleggiava nell'aria e di questo il ragazzo dai capelli color acciaio non poté che essergli grato.
"Oggi stavo pensando di andare a quella nuova libreria assieme a Demyx per-"
Ma non riuscì a terminare la frase che si sentì un urlo in lontananza seguito da pesanti falcate che affondavano rumorosamente nel pavimento e nel giro di qualche istante Zexion fu atterrato da una creatura dalla capigliatura biondo cenere e una felpa a strisce color arcobaleno. Non ci volle molto ad Axel ad indovinare di chi si trattasse, dopotutto di tutte le persone che conosceva solo una portava un simile taglio di capelli, si muoveva come un elefante in calore ed era solito vestire Topman.
"Zexyyyy mi sei mancato tanto! Credevo che sarei morto di vecchiaia durante l'ora di storia" mugolò il nuovo arrivato strusciandosi contro il povero malcapitato, tra l'altro più basso di una manciata di centimetri.
"Parli del diavolo e spuntano le corna" commentò Axel sorridendo beffardo sotto lo sguardo impressionato del suo piccolo biondo.
"Ma che cavolo..." fu tutto quello che riuscì a dire Roxas mentre guardava attonito gli altri due che riguadagnavano una parvenza di compostezza.
"Ehi Ax!" esclamò Mullet-man appena si accorse della presenza del rosso e... "E lui?" chiese correndo davanti a Roxas e lo scrutò con occhi spalancati.
Il rosso guardò Roxas e accennò un sorriso "Lui è Roxas"
"Finalmente! Non sai quanto sono felice di conoscerti!" il ragazzo più grande gridò quasi dall'emozione e prese il mento dell'altro biondo per esaminarlo meglio oltre quel tubicino che portava in volto "Axel's Roxy è più carino di quanto immaginassi"
Axel's Roxy?
Axel lo guardò perplesso ma preferì non indagare ulteriormente la pazzia del proprio amico, così continuò con le presentazioni, questa volta rivolto verso Roxas "Mentre lui è il mio amico Demyx"
Roxas si allontanò dalla presa dell'altro ragazzo e lo salutò con tono piatto "Il piacere è mio DemDem"
DemDem? Axel si ritrovò a inarcare nuovamente le sopracciglia nel giro di pochi secondi.
"Tuttavia mi dispiace contraddirti, tra me e Axel non c'è alcun legame di possessione quindi puoi chiamarmi Roxy's Roxy"
Demyx incrociò le braccia e puntellò le dita sui gomiti "Roxy's Roxy è la tua coscienza individuale ma il tuo desiderio e la realtà dei fatti dice Axel's Roxy"
Roxas lo studiò per qualche istante, palesemente assorto.
"Quindi come per te è Zexy's Dem?"
"Esattamente e viceversa!"
"Uhm... Demyx's Zexy e Roxy's Axel... nice matching"
Zexion si gustava lo spettacolo senza però lasciarsi coinvolgere più di tanto mentre invece Axel era sempre più sconvolto da quel discorso insensato e dalla serietà con cui Roxas dava corda a Demyx. Era come se fosse stato escluso da qualcosa di molto importante.
Mullet-man iniziò a saltellare e battere le mani iniziando a guaire qualcosa privo di senso, alla fine si aggrappò alle spalle del rosso per sostenersi.
"Ax... sento uno smisurato bisogno di abbracciarlo e coccolarlo!"
"Ma neanche per sogno!"
"Ti prego"
"Tu saresti capace di romperlo"
"Un abbraccio piccino piccino"
"Zexion, riprenditi quest'animale"
Demyx iniziò a piagnucolare appendendosi ad Axel che, nel mentre, cercava di scrollarselo malamente di dosso e spingerlo tra le braccia di Zexion che intanto se la rideva sotto i baffi. Roxas all'inizio era rimasto sconcertato dalla vitalità di quello stramboide di Demyx, di certo non era una persona normale però era un ragazzo che ti parlava con il cuore in mano. Sì, era felice che Zexion avesse trovato una così brava persona.
Intanto, in tutto quel caos, il cuore di Axel scoppiò di gioia quando i suoi occhi si posarono sul suo biondino che se la rideva di gusto allo spettacolino che gli stavano offrendo. Roxas era felice, le sue cure sembravano procedere bene, il loro rapporto si stava fortificando sempre di più, Sora, Riku, Demyx e Zexion avevano offerto il loro supporto morale e di Xemnas non vi era neanche l'ombra.
Tutto sembrava andare per il meglio, ma quanto sarebbe durato?

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Correntemente questa storia conta:
595.152 caratteri, 100.503 parole, 1135 visite per il primo capitolo, 217 pagine word, 178 giorni, 81 recensioni, 20 preferiti, 17 seguite, 2 ricordate... e migliaia di morti.
Bei numeri... dovrei giocarmeli.

Grazie a
Kronohunter25 che con grande pazienza mi sta betando tutta la fic :3

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Capitolo 16
*** Eavesdropping all your White Lies ***


16 16
Viva la Vida
Nei capitoli precedenti

"Dov'è Xemnas?"
"Cazzo Axel, non ci vediamo da settimane e la prima cosa che mi chiedi è dov'è Xemnas?"
"In effetti l'ho notato, lui è stato sospeso per tre settimane e anche tu sei sparito dalla circolazione per un bel po'. Che fine hai fatto?"
"Devo assumere che tutte queste domande siano dettate da una semplice preoccupazione per il nostro capo" Saix si preoccupò di scegliere accuratamente le parole e sapientemente calcarle con la giusta intonazione per far capire ad Axel come voleva che andassero le cose.

"Tutti pensano che questo sia il motivo per cui lui ha bisogno di uno psicologo... Riku di certo non sarebbe venuto a dirti tutti gli affari privati così gratuitamente, sono questioni delicate che non si possono dire al primo che si incontra. Gli unici che conoscono il vero motivo siamo io, Cloud, Aerith, Sora e , appunto, Riku. Tu invece quanto sai della vita di Roxas?"
"Niente. Non so niente"
"Roxas ha vissuto degli avvenimenti che, diciamo, sono stati decisivi, l'hanno segnato nel profondo. Negli anni passati la sua salute mentale rasentava la stabilità, ha avuto varie ricadute emotive e..." si fermò giusto un momento per inspirare profondamente "Una volta è stato ricoverato a causa di un crollo psicotico..."
"Cosa... cosa volete che faccia?"
"Le memorie di Roxas presto arriveranno" questa volta fu il castano a parlare "E tu sarai l'unica persona con cui si confiderà. A quel punto dovrai venire a riportarci tutto quello che dice. Tutto. Ogni minima parola"





#16. Eavesdropping all your White Lies


Quel giorno Saix era di pessimo umore e niente avrebbe potuto risollevarlo, anzi l'incontro fortuito con Axel e Demyx nel corridoio della scuola sembrò peggiorarlo ancora di più. A niente era valso il tentativo dell'allegro Mullet-man di salutarlo, questi emise un grugnito gutturale, non mancando però di lanciare una tacita occhiataccia al rosso, e si affrettò a sorpassarli senza accorgersi che nella foga aveva spinto e fatto cadere due sfortunate matricole che erano sul suo tragitto.
"Ma che gli sta prendendo ultimamente?" domandò Demyx confuso mentre lo guardava dirigersi a grandi falcate verso l'uscita.
Axel lanciò un'occhiata alle due matricole che si allontanavano impaurite e rimuginò un attimo prima di rispondere.
"Penso che mi odi" disse con una scrollata di spalle si fermandosi alle macchinette delle bibite per prendere qualcosa da bere. Ora che ci pensava era proprio da tanto tempo che non andava in giro a importunare i poveri ragazzi della scuola - da quando Roxas era entrato nella sua vita tutte le stronzate che era solito fare sembravano non divertirlo più.
Il biondo lo guardò con interesse e poi sorrise malizioso "È geloso di Roxas oppure l'hai sorpreso a letto con Xemnas?"
"Ma che diav..." per poco Axel non si strozzò con la cherry coke che aveva appena aperto e fulminò con lo sguardo Demyx che stava quasi piangendo dalle risate.
"Che vai dicendo?!" sbraitò irritato colpendogli la spalla.
"Non lo sapevi? Quei due se la intendono, una volta li ho anche scorti a pomiciare selvaggiamente negli spogliatoi" rispose l'altro gemendo per il dolore "Però mi hai fatto male"
"Così impari a fare l'idiota" borbottò Axel tra un sorso e l'altro.
Il pensiero di Saix e Xemnas in intimità non faceva una piega anche se gli faceva quasi venire da vomitare, questo spiegava cosa facevano la maggior parte delle volte che sparivano... ma com'era possibile che non se ne fosse mai accorto prima? Era davvero così cieco e distaccato dal mondo?
"E cosa c'entra Roxas?" fece dopo qualche secondo girandosi di nuovo verso la macchinetta, inserì le monete e digitò nuovamente il codice per un'altra bibita fredda.
"Suvvia Ax, non sono mica scemo. Non era una novità che tu andassi a letto con lui... però ora che ti sei trovato un Roxy così carino, Saix si sarà infuriato di essere stato messo da parte"
"Sapevi anche questo?"
Demyx sorrise e affondò le mani nelle tasche dei jeans scoloriti "Ti conosco da quando eravamo piccoli, non hai segreti per me"
Sconfitto, Axel lo scrutò per un istante ma decise di non rispondere e tornò a dedicarsi alla sua coca cola, posando l'altra lattina nella tracolla.
"Piuttosto, tutta quella roba non ti fa male?"
"Non le bevo entrambe, scemo" ribatté Axel incamminandosi verso l'uscita "È strano che tu non hai preso nulla. Gli allenamenti sono finiti da una ventina di minuti e ancora non ti vedo con qualche schifezza tra le mani"
"Oh... io non posso. Se Zexy mi sorprendesse a mangiare qualcosa si arrabbierebbe perché dice che così diventerei un grassone pieno di brufoli"
Il rosso inorridì all'evidenza delle gesta che il prode Zexion stava portando avanti da quando si era messo con quel caso perso di Demyx.
"Benedetto sia il giorno in cui ti sei messo con quel santo ragazzo" proferì avanzando il passo. Chissà, forse un giorno Zexion sarebbe riuscito a trasmettergli anche un po' di gusto nel vestire decentemente.
Camminarono in religioso silenzio fino al parcheggio dove li attendevano gli altri vicino al fuoristrada ricoperto di neve di Xaldin. Axel si strinse nel pesante cappotto e affondò il volto nella sciarpa, il freddo di metà dicembre ormai non lasciava più scampo e ormai da qualche giorno aveva iniziato a nevicare senza sosta, dando alla città un aspetto vagamente affascinante ma assolutamente invivibile.
Appena Zexion entrò nella visuale di Demyx, quest'ultimo non riuscì a trattenere la propria euforia e si gettò letteralmente nell'ennesimo abbraccio da orso della giornata, Axel invece strabuzzò gli occhi alla vista di Larxene in tenuta da ragazza pon pon.
"Cavolo... ci sei anche tu?" fece sorpreso, soffermandosi un secondo più del dovuto sulle sue gambe. La bionda era stronza e acida ma era uno schianto in minigonna e a quanto pare aveva anche una buona resistenza al freddo dal momento che non era ancora morta di ipotermia con quel freddo.
"Adoro il rugby perché è così virile..." disse la ragazza con sufficienza "E ti conviene guardare altrove se non vuoi morire prematuramente e lasciare il tuo biondino solo soletto"
Il rosso rabbrividì e si allontanò immediatamente per preservare la sua integrità.
"Ax allora sei sicuro di non voler venire alla partita?" chiese Marluxia aprendo la portiera posteriore per iniziare a salire assieme a Luxord.
L'altro scosse una mano a mezz'aria e abbozzò un sorriso "Davvero, per oggi passo. Ci vediamo domani a scuola"
"Quel funghetto biondo ti ha preso proprio vero?" si intromise Xigbar che era già seduto avanti "Non vedo l'ora di conoscerlo e allenarlo per farlo diventare un vero uomo"
"Grazie per l'interesse, ma credo che non sia necessario" prese parola Zexion con un sospiro mentre andava a chiudergli la portiera e poi scosse il capo, a volte gli sembrava di doversi occupare di un gruppo di bambini dell'asilo.
"Non preoccuparti, avviso io Laexeus della tua assenza. Tu vai da Roxas" dichiarò Xaldin da dietro al volante.
Axel li salutò con un ampio sorriso e si diresse velocemente verso casa sua per andare a prendere la macchina. Quel pomeriggio ci sarebbero state le qualificazioni per il torneo nazionale scolastico di rugby e, sebbene gli sarebbe piaciuto unirsi al resto della combriccola per fare un po' di casino allo stadio, quel giorno preferì mettere da parte tutti i suoi programmi per andare a fare compagnia a Roxas durante i suoi controlli di routine all'ospedale. Non che il biondo fosse solo, perché Sora l'aveva accompagnato al mattino e Riku e Naminé lo avevano raggiunto al termine delle lezioni, ma si sentiva in dovere di farlo, e si stupiva ogni volta che si dirigeva all'ospedale senza batter ciglio. Solitamente quel posto lo rendeva di pessimo umore perché gli portava brutti ricordi alla mente - era pur sempre il luogo in cui era morta sua madre - eppure quando incrociava lo sguardo di Roxas tutto sembrava scemare all'istante. E lo stesso avvenne nel momento in cui intercettò il biondo intento a giocare a carte con gli altri, quando entrò nell'area giochi del reparto in cui sapeva che lo avrebbe trovato.
Roxas appena si accorse della sua presenza abbassò le carte e gli sorrise dolcemente - era leggermente più pallido del solito ed era seduto su una sedia a rotelle con una flebo attaccata al braccio ma sembrava di buon umore.
"Il re del campo di basket è tornato" esordì platealmente come saluto mentre si faceva strada verso la sedia vuota accanto a Roxas.
"Alla buonora, sua maestà. Come sono andati gli allenamenti?" il più piccolo lo schernì con una risatina e appoggiò il mento sul dorso della mano libera.
"Più che bene, se continuiamo di questo passo vinceremo il torneo nazionale" l'altro rispose con tono caldo avvicinandosi pericolosamente al volto del biondo, che a quanto pare aveva deciso di assecondarlo.
"Ohh siete forti" Roxas sorrise malizioso con tono istigatorio.
"Ho una forte ispirazione" gli sussurrò il rosso a fior di labbra ma il loro scambio fu interrotto da qualche colpetto di tosse ad opera di Sora ed entrambi si voltarono verso di lui, chi annoiato e chi divertito.
"Ops... scusate non volevo disturbarvi, ma sapete con questo freddo gira un brutto raffreddore" li schernì il castano con malizia, ostentando un tono di finto dispiacere alternato da qualche altrettanto finto colpo di tosse.
Roxas si limitò a ridere, seguito a ruota da Naminé, mentre Axel inarcò un sopracciglio ma mantenne il suo sorrisetto.
"Siamo in un ospedale, puoi farti curare... oppure sei allergico ai retroscena hot della vita di tuo fratello?"
"Che cos-?" stava per iniziare a sbraitare il castano ma fu interrotto dal tono di consapevolezza del rosso.
"Oh Sora, ma sono cose normali" Axel gli si avvicinò e gli passò un braccio attorno alle spalle con fare teatrale "Chissà quante volte avrete fatto sesso tu e Riku, scommetto anche più volte al giorno. Mi stupirei se mi dicessi che non l'avete fatto ancora qui in ospedale"
"Effettivamente i miei desideri proibiti sarebbero proprio di farlo in ospedale e in aereo" si intromise Riku non riuscendo a trattenere una risata.
Sora arrossì di colpo e diede una gomitata nelle costole del proprio ragazzo "Piantala di dargli corda" borbottò gonfiando le guance in un broncio infantile.
"Ragazzi non litigate" li riprese dolcemente Naminé mentre raggruppava le carte per mischiarle.
"Nami ma io non sto facendo proprio niente" continuò con tono fintamente angelico Axel, tornando a sedersi accanto a Roxas che appoggiò il capo sulla sua spalla "In questo mondo non siamo tutti precoci come Sora e Riku, vero Roxy?"
Il diretto interessato annuì debolmente e li lasciò ai loro battibecchi, spostando lo sguardo verso la finestra dove stava quella donna vestita di bianco e dai lunghi capelli biondi che gli dava le spalle. Era sempre lì con lui, immobile, il volto serio e talvolta grave. Gli capitava spesso di ritrovarsela nella sua stessa stanza eppure nessuno dei due aveva mai parlato: quella donna si limitava a starsene in un angolo remoto, con le mani conserte in grembo e lo sguardo fisso su di lui o perso nel vuoto.
Chissà perché nessuno si interrogava mai sulla sua presenza? Si ritrovò a pensare Roxas senza staccarle lo sguardo di dosso, eppure era molto bella, solitamente Axel a quest'ora avrebbe già fatto qualche apprezzamento.
"Roxy?" una voce lo risvegliò dal suo stato di trance e si concentrò di nuovo su Axel che intanto gli stava agitando una mano davanti agli occhi.
"Co-cosa c'è?"
"Eri assente... va tutto bene?" spiegò Naminé con apprensione.
Il biondo lanciò una veloce occhiata alla finestra, la donna si era girata e lo fissava con il suo sguardo magnetico. Roxas si voltò di nuovo verso i suoi amici, imbarazzato per essere stato scoperto a sbirciarla e inspirò profondamente prima di rispondere "Sto... sto bene... sono solo un po' stanco"
La ragazza lo scrutò in silenzio per un paio di secondi e poi accennò un sorriso "Hai ragione, si è fatto tardi" mormorò riponendo le carte nella borsa e poi guardò Riku e Sora "Voi due, mi date un passaggio fino a casa vero?"
"Però Rox..." provò a protestare Sora ma Riku lo prese per mano e lo zittì con un bacio.
"Nami ha ragione, è meglio lasciarlo riposare e poi ci sono Axel e i vostri genitori con lui" sussurrò l'albino alzandosi e andando a prendere la giacca sua, di Sora e Naminé "Dai, se fai il bravo vi porto a prendere i donuts"
Il castano scatto subito in piedi e un enorme sorriso gli si dipinse sul volto "E anche un milkshake a fragola"
A quelle parole Roxas sgranò gli occhi e si irrigidì ma si affrettò a dissimulare il proprio turbamento e con innaturale velocità portò una mano tra i capelli per sistemarsi le ciocche ribelli.
"Oggi c'è una festino a casa di un amico di Vanitas. Ti va di andarci, prep?"
"Se a te va sai che ti seguirei però prima vorrei fare una pausa donuts"
"E milkshake alla fragola!"
Il sorriso di Xion era così luminoso che avrebbe fatto qualunque cosa per vederlo splendere sempre.
"Andiamo anche noi, Rox?" chiese Axel ignaro dell'inquietudine del biondo, si mise la borsa in spalla e iniziò a spingere la sedia a rotelle verso la stanza del day hospital.
"S-sì" rispose il più piccolo lanciando un'ultima occhiata a quella donna che continuava a fissarlo prima di essere portato fuori dall'area giochi.

"Natale è alle porte"
"Già il tempo passa così velocemente"
Roxas portò le gambe al petto e appoggiò il mento sulle ginocchia, con sguardo assente guardava la neve che scendeva e imbiancava la città e fu inondato da spezzoni di vita che non ricordava aver vissuto ma che avevano un vago profumo di familiarità.
"Woxy, neve!" la risata di suo fratello gli riempì le orecchie e immediatamente si ritrovò nella sua vecchia casa di Upper East Side. Lui e Sora erano piccoli, dovevano avere sui quattro anni, ma poi alla vocetta squillante del castano se ne aggiunse un'altra calda e vellutata ma allo stesso tempo glaciale.
"Vi piace scappare e farvi desiderare vero?"
Non aveva idea di chi fosse ma, quando alzò lo sguardo, fu accolto da due iridi feline che lo scrutavano bramose e in quell'istante aprì di scatto gli occhi.
Un paio di istanti per ricordarsi che non era solo nella stanza e si concentrò su Axel.
"Cos'hai detto?" domandò asciugando un rivoletto di sudore dalla tempia.
"Non la mangi?" ripeté Axel con nonchalance, nonostante si fosse accorto del cambiamento improvviso del biondo ma preferì tenerselo per sé.
"Cosa?" Roxas seguì lo sguardo dell'altro verso il piatto di frutta appoggiato sul tavolino accanto al letto e fece una smorfia "A-ah... non mi va di mangiare ancora banane... non ora almeno"
"È davvero un peccato" ribatté il più grande con tono melodrammatico mentre estraeva dalla borsa una lattina di cherry coke "Perché io avevo un regalo per te"
Lo sguardo del biondo si illuminò ma si ricompose subito per non lasciar spazio all'evidente delusione.
"Conosci le regole di casa Strife no? Niente più coca cola" commentò amaramente.
"Sì" sorrise il rosso andando a sedersi sul letto accanto all'altro, aprì la lattina e gliela porse "Però qui non siamo in casa Strife... e questa è senza caffeina quindi la puoi bere"
"Mh... trasgressivo..."
Roxas spostò con estrema lentezza lo sguardo dagli occhi smeraldini di Axel alla lattina che era nelle sue mani, studiò accuratamente l'oggetto prima di avvicinarsi con altrettanta lentezza e fece un sorso. Tutta quella calma innaturale fece sentire il più grande a disagio, tant'è che si ritrovò a deglutire e sentì le mani tremargli - quello non era il normale atteggiamento di Roxas.
Il biondo intanto aveva abbandonato la lattina ed era tornato a concentrarsi su Axel "Mi piace" sussurrò a fior di labbra, appoggiandogli le braccia sulle spalle per avvicinarlo a sé.
"Il bacio o la coca cola?" domandò Axel poco dopo, ancora inebriato da quelle labbra al gusto di ciliegia.
"Entrambi"
"Stai cercando di sedurmi?" Axel sorrise malizioso.
Gli prese il volto tra le mani e la coca cola fu dimenticata.

Quando Roxas si svegliò, fuori nevicava ancora e il suo corpo era diventato stranamente pesante. Il suo sguardo si posò sulla figura di Axel accomodato nella poltrona accanto al suo letto, aveva i capelli legati in una coda bassa e un'espressione rilassata mentre leggeva.
"Quanto... quanto ho dormito?" chiese stordito, stropicciandosi gli occhi con una mano e poi aguzzò meglio la vista "E quello che hai in mano è un libro?"
"Un'oretta o poco meno" poi Axel puntò lo sguardo sul libro che aveva tra le mani e si chiese se, a giudicare dal tono di Roxas, non stesse diventando troppo intellettuale "Matematica... sto tentando di recuperare i capitoli arretrati. Gli esami di fine semestre si stanno avvicinando e non vorrei gravare su di te con lo studio"
Il cuore di Roxas per poco non perse un battito.
"No... no, no, no" fece il biondo il biondo cercando di mettersi a sedere e, vedendolo in difficoltà, Axel si alzò per aiutarlo e gli sistemò la cannula dell'ossigeno e la flebo. Vedendosi impossibilitato nei movimenti, Roxas sospirò affranto e fece cenno all'altro di lasciarlo andare. Ormai Roxas si sentiva inutile, era un peso per tutti e non riusciva a sopportare l'idea di essere messo da parte ed essere trattato da malato... semplicemente non l'accettava, ne era terrorizzato.
"Ax, tu... tu non gravi su di me! Finché c'è qualcosa che posso fare per rendermi utile o per aiutarti io sarò felice di farlo. Tu mi stai costantemente vicino, mi aiuti sempre e non mi fai mancare nulla... io tutto questo non posso farlo però... però posso ricambiare con l'unica cosa in cui sono buono: lo studio"
Il più grande aggrottò la fronte mentre lo ascoltava parlare ma poi scosse il capo e rispose con un tono talmente serio che si stupì di sé stesso "Roxas... io non faccio tutto questo perché voglio essere ricambiato in qualche modo... lo faccio perché ci tengo a te e già la tua sola presenza è un dono prezioso. Cavolo, ti odio quando mi costringi a dirti certe cose così imbarazzanti però tu mi hai cambiato, mi hai mostrato che c'è del bello anche nelle cose più piccole e fugaci, mi hai mostrato la voglia di vivere... adesso vorrei solo che mi mostrassi il tuo cuore ma per me va bene anche così perché io so che il tuo amore è sincero e non voglio che tu soffra ripercorrendo qualche evento passato. E non pensare neanche di essere un peso! Se ami una persona la aiuti no? Tu con la scuola e io con il resto"
Quelle parole furono un pugno di emozione così forte per Roxas che a nulla valsero i suoi tentativi di trattenere le lacrime. Avrebbe voluto sorridergli e dirgli che con lui era sempre felice, avrebbe voluto essere più forte e dirgli che andava tutto bene, avrebbe voluto essere più coraggioso e raccontargli tutto - eppure tutto quello che riuscì a fare fu piangere e liberarsi di tutta l'angoscia che portava sempre con sé.
Axel si sedette sul bordo del letto e spinse il capo del biondo contro il proprio petto per consolarlo "Shh va tutto bene, Roxy" mormorava di tanto in tanto, accarezzandogli le ciocche dorate finché non si fu calmato.
"Io non...non voglio essere trattato da malato..."
"Lo so..." sussurrò dolcemente il più grande accarezzando la sua nuca "Solo perché ti porti dietro una bombola dell'ossigeno non significa che tu sia più debole degli altri... tu sei il mio piccolo supereroe"
"Non voglio essere un peso per tutti voi" cominciò a dire asciugandosi le lacrime "Ci sono delle volte in cui per me sembra tutto così complicato da non riuscire neanche a compiere le azioni più stupide del tipo portare da solo la bombola. Ho paura che in un futuro la situazione si aggraverà ancora di più e i miei limiti saranno... maggiori... per questo l'unica cosa che chiedo è rendermi utile in qualche modo finché ne ho ancora il tempo. Questo era anche il motivo per cui mi ero proposto per il posto di tutoraggio a scuola... " Roxas alla fine sorrise e, tra un singulto e l'altro, poggiò il viso nell'incavo della spalla dell'altro "E lo so che a volte ti complico le cose con il mio carattere spigoloso però... scusami Ax, non volevo renderti partecipe di una scena simile"
"Non devi dirlo... non devi mai scusarti con me" fu la risposta che si sentì dire.
"Perché?"
Axel lo prese per le spalle e lo allontanò gentilmente da sé per guardarlo negli occhi "Perché amare significa non dover mai chiedere scusa*"
Roxas rimase genuinamente spiazzato da quelle parole e si ritrovò a spalancare gli occhi, ma poi il suo sorriso si estese al pensiero di come il più grande stesse maturando.
"Non ti facevo appassionato di libri rosa anni '70"
"Lo stesso vale per te" ridacchiò il rosso.
Senza dire altro Roxas lo abbracciò forte, più forte che poteva, assalito da uno strano senso di ansia e i due rimasero in silenzio per lunghi minuti, l'uno appoggiato al corpo dell'altro, in ascolto dei propri respiri, fin quando Roxas spezzò di nuovo quell'immacolata quiete.
"Ti è mai capitato di pensare che la tua vita forse non è altro che una grande bugia?"
"Che cosa intendi?" Axel guardò il biondo con la coda dell'occhio e intrecciò le dita della mano con le sue.
"Non lo so" sospirò Roxas all'inizio e rimuginò qualche istante per pensare a come spiegare meglio i suoi pensieri "Che tutto quello che credi sia reale non è altro che una menzogna... di svegliarti un giorno e scoprire cose di te che non sapevi, o meglio, di scoprire che non sei la persona che hai sempre creduto di essere?"
"No... non mi pare" mormorò il rosso grattandosi la nuca, quella domanda lo aveva colto impreparato e non aveva idea di dove gli fosse uscita "Forse l'unica volta che mi sono sentito così è quando ho capito di preferire i ragazzi alle ragazze... per il resto non credo di essermi posto mai dei problemi del genere. Perché me lo chiedi?"
"Ho un presentimento"
Axel lo guardò portare una mano al petto per massaggiarselo e studiò la sua espressione confusa ma combattuta "Che tipo di presentimento?"
"Io non capisco... a volte rivedo degli eventi che non ricordo di aver mai vissuto... sono sicuro di non averli mai vissuti però sono così realistici... si adattano così bene che mi risulta quasi impossibile dire che sono frutto della mia immaginazione"
"Cosa ricordi?" Axel aggrottò la fronte.
"Sono tutte immagini sfocate di quando vivevo ancora a New York..." Roxas scosse il capo e continuò a muovere febbrilmente la mano sul petto "Credo ci fosse un uomo..."
"Un uomo? Chi era?"
"No... non lo so"
"Puoi descrivermelo?"
Il tono di Axel era urgente e deciso, si era accorto della posizione di disagio dell'altro ma giunto a quel punto non poteva più tirarsi indietro e rischiare di mandare all'aria l'occasione di poter scoprire qualcosa di più sul passato di Roxas. Proprio come avevano detto Cloud e Leon, i ricordi di Roxas stavano tornando... ma tutto questo avrebbe fatto del bene al piccolo biondo?
"Non me lo ricordo... non-" mugolò quest'ultimo stendendosi di nuovo e raggomitolandosi in posizione fetale, da quando faceva così caldo nella stanza?
"Perché mi sento così...pesante"
"Che cos'hai, Rox?" chiese a quel punto Axel iniziando seriamente a preoccuparsi "Quando dormivi Aqua ha alzato la dose... forse è questo. Vuoi... vuoi che chiamo qualcuno?" mormorò il più grande lanciando un'occhiata alla flebo e poi afferrò i suoi polsi per evitare che si facesse del male mentre si stringeva convulsamente la zona dolente. Vedendo però i suoi occhi ludici e velati dal dolore non si attardò ad aspettare alcuna risposta, si precipitò fuori la stanza in cerca di qualcuno e per sua fortuna trovò Aqua, l'infermiera che si occupava sempre di Roxas, seduta al bancone indaffarata con alcune cartelle.
"Axel, com'è la si-" la donna provò a chiedere ma le sue parole furono coperte dalla voce più alta e agitata del ragazzo che sbatté involontariamente le mani sulla superficie su cui lei stava lavorando.
"Roxas non sta bene... non capisco cos'ha... ti prego aiutalo!"
Aqua si alzò subito e aggirò il bancone.
"Dimmi tutto" disse avanzando il passo verso la porta dove stava il biondo, non vi era più traccia della sua solita voce dolce e tranquilla.
"Credo che abbia dei dolori..."
Proprio mentre si apprestava a seguire la donna, Axel intercettò Cloud assieme a Leon e un altro medico dall'altra parte della sala, il loro fu un contatto visivo fulmineo ma intenso, interrotto subito dopo dal più giovane che si voltò di spalle per ripercorrere i propri passi e ritornare al capezzale di Roxas. Nella stanza il suo sguardo ricadde sulla velocità con cui Aqua si affrettava a togliere la maglia di Roxas e a disfarsi della bendatura sul suo petto.
"Che... che cos'è?" vociò in un sussurrò, ancora sull'uscio della porta.
"Nulla di grave, stai tranquillo" asserì questa facendo il giro della stanza e accompagnandolo nel corridoio "Evidentemente è l'infezione cutanea che gli da fastidio, ora gli cambieremo le bende e tornerà come nuovo" gli sorrise.
"Posso rimanere con lui?"
Aqua guardò con la coda dell'occhio il medico che entrava nella stanza e assieme a lui il padre di Roxas, poi tornò dedicarsi al rosso "Perché non raggiungi la signora Strife alla caffetteria? Sono sicura che le farebbe piacere un po' di compagnia"
"Ma io voglio stare con Roxas" ribatté l'altro intestardito "Sono sicuro che anche lui vuole che io rimanga"
La donna sospirò e si portò una mano tra i capelli azzurri "Axel... dopo ti lascerò entrare di nuovo e ti farò stare tutto il tempo che vuoi, ma ora fa' come ti dico e stai fuori" detto questo lo lasciò nel corridoio e si chiuse la porta alle spalle.
Axel rimase lì immobile e sconfitto, con i pugni stretti e il sentore di qualcosa che non quadrava.
Erano passati più di due mesi da quando aveva visto per la prima volta quell'infezione... perché diavolo non era ancora guarita?


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Rimasi incantato da due pozze verdi come smeraldi.
Erano così grandi e brillanti, assieme a quei capelli rosso fuoco, che mi sembrava quasi impossibile che potessero essere reali.
In quel momento quei capelli e quegli occhi avevano catturato la mia completa e totale attenzione, tanto che non mi ero neanche accorto che mio padre aveva iniziato a parlare con un uomo.
"Come sta Elena?"
"Come al solito... ormai non rimane più molto tempo" spostai lo sguardo verso la persona davanti a noi e mi meravigliai di vedere che anche lui aveva i capelli dello stesso colore acceso del bambino che era attaccato alla stoffa dei suoi pantaloni "Siamo venuti a salutare la mamma. Domani Ax andrà a trovare i nonni sulla West Coast!" continuò poi con tono più alto passandogli affettuosamente una mano tra i capelli, causando la sua risata.
"Quindi vai a trascorrere le vacanze al mare?" mio padre si rivolse a quel bambino con un sorriso, io invece mi tenevo stretto al suo petto e nascosi il viso nell'incavo del collo.
"Rimarrà lì tutto il tempo necessario. E Aerith come sta?" parlò di nuovo quell'uomo dai capelli rossi.
"Lei si riprende velocemente, appena glielo permettono vorrebbe andare a trovare Elena"
"Sempre la solita altruista" lo sentii ridacchiare e lanciai un'occhiata verso di lui, scoprendo che mi stava scrutando "E lui come l'ha presa?"
"Beh..." mio padre mi strinse e addolcì il tono "Non sembra aver realizzato cos'è successo davvero... però da quel giorno è diventato estremamente bisognoso di attenzioni, vuole sempre stare in braccio a qualcuno e non vuole mai lasciare la mamma. Vero, Rox?"
A quella domanda io lo guardai ma rimasi in silenzio.
"È comprensibile, avrà avuto paura ma con il tempo tutto si sistema... o quasi"
Mio padre non rispose nulla ma assunse un'aria di compassione, a quel punto mi mise a terra e mi direzionò verso quel bambino di qualche centimetro più alto di me che fino a quel momento se ne era stato in silenzio. Quando mi accorsi che quegli occhi verdi erano concentrati su di me, abbassai il volto intimorito, incapace di sostenere quello sguardo magnetico.
"Presto dimenticheranno tutto"

*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.


Axel sbadigliò sonoramente mentre richiudeva la portiera della sua macchina e si stringeva nel cappotto.
Alla fine, proprio come aveva detto Aqua, la situazione non era niente di grave: le era bastato cambiare le fasciature di Roxas e imbottirlo di antidolorifici e il dolore era passato, però date le pietose condizioni meteorologiche avevano deciso di fargli passare la notte in ospedale giusto per evitare che prendesse troppo freddo e anche per tenerlo ancora un po' sotto controllo. Comunque si sarebbero rivisti il giorno dopo a scuola quindi si sentiva più leggero.
Mentre attraversava il parcheggio, lesse l'orario su un grande orologio per strada e constatò che si era fatto davvero tardi e l'ora di cena era passata da un pezzo, sperò che suo padre non ci avrebbe badato o che non lo avesse aspettato per mangiare ma i suoi pensieri furono presto accantonati quando scorse una Pontiac G6 piuttosto familiare parcheggiata dall'altra parte della strada.
"Riku?" fece avvicinandosi al finestrino "Che ci fai qui? Vuoi... vuoi salire?"
L'albino, una volta riconosciuta la sua presenza, salutò il rosso con un cenno del capo "Ti ringrazio ma sono in attesa"
"Di qualcuno?" chiese perplesso Axel.
"Di
qualcosa"
"Qualcosa?" fece eco il rosso ma l'altro non si sbilanciò con le spiegazioni.
"Una rivelazione"
"Oh. Va bene... se posso fare qualcosa per te chiedi pure" mormorò stupendosi lui stesso della propria disponibilità e fece per avviarsi, Riku però con uno scatto afferrò il suo braccio.
"In effetti c'è qualcosa che potresti fare"

Riku era un tipo proprio strano.
Certo, era un buon amico e pure simpatico se lo si sapeva prendere ma ciò non toglieva che fosse davvero strano.
"Quando entri in casa non far rumore"
Axel non riusciva a capacitarsi della richiesta dell'altro, lo stava per caso prendendo in giro? O forse suo padre era già andato a dormire? Nah, impossibile, era tardi ma non
così tardi... e poi Riku come avrebbe potuto sapere se suo padre fosse a letto o no?
Comunque nel dubbio decise di seguire il suggerimento dell'amico e aprì e richiuse la porta con la massima attenzione e, vedendo una luce accesa, fece per avviarsi in salotto ma si fermò quando udì delle voci.
"Sono stato sempre scettico a riguardo però se ci sono dei risultati positivi allora sono felice di sapere che gli sforzi miei e di Rude non sono stati vani"
"Sicuramente ci sono dei miglioramenti..."
"Tuttavia la situazione rimane critica, non è così?"
C'era un'altra voce, oltre a quella di Rude e di suo padre, che lo lasciava perplesso. Era familiare ma non riusciva a piazzarla in un contesto concreto, così arrivò all'estremità del corridoio dell'ingresso e si sporse appena in modo da spiare i presenti ma non da essere visto e rimase del tutto spiazzato quando la terza persona si rivelò essere Cloud Strife. Egli se ne stava appoggiato al muro vicino alla finestra, con le braccia conserte e l'espressione seria mentre suo padre apriva una lattina di birra e Rude lo guardava di traverso come faceva ogni volta che il rosso iniziava ad eccedere.
"Più che critica penso che
stabile sia il termine più adatto" riprese a parlare Cloud.
Axel non seppe neanche perché stava mantenendo tutta quella segretezza, ma reputò saggio in quel momento appiattirsi contro il muro e rimanere in ascolto. Tra l'altro non sapeva neanche che suo padre conoscesse il signor Strife.
"Quindi questa cosiddetta
cura che avete sperimentato sta funzionando?" intervenne Rude.
"Stiamo prendendo tempo. Roxas non sta migliorando ma neanche peggiorando... grazie ad essa la malattia sta facendo il suo decorso naturale ad un ritmo meno veloce del solito altrimenti a quest'ora sarebbe già..."
Axel sentì una morsa attanagliargli lo stomaco a vedere l'espressione di puro dolore dell'uomo ma quella di suo padre era peggiore, senza emozioni, fissava il vuoto e la lattina era a mezz'aria. Quando faceva così sapeva che stava pensando solo a una cosa.
"Quasi due anni e mezzo... sono un'eternità se messi a paragone. Elena non è durata che pochi mesi... è stato tutto così veloce e improvviso che non siamo neanche riusciti a renderci conto di
cosa la stesse uccidendo" disse con tono atono e si interruppe per prendere un sorso "Non te la fai un'altra birretta, Cloud?"
"Penso che tu ora debba smetterla, non mi va di fare ancora una volta i conti con le tue sbronze emotive" elargì Rude lanciandogli un'occhiataccia.
"Ti ringrazio ma io passo, tra poco devo comunque andare e sono sicuro che Axel tornerà a breve, sarebbe sconveniente farmi trovare qui"
"Già... Axel. Chissà dov'è finito" mormorò il rosso palesemente brillo.
"È andato in ospedale a fare compagnia a Roxas. Quel ragazzo sta facendo così tanto per lui che a volte penso che possa guarire da un momento all'altro grazie alla sua sola presenza"
"Come siamo sentimentali, Strife" lo derise Reno appoggiando la testa sul tavolo, guadagnandosi di conseguenza un'occhiataccia del biondo "Però ti ringrazio per avermelo tenuto d'occhio"
Rude fece il giro della stanza e, approfittando di un momento di distrazione dell'altro, gli prese la birra dalle mani ma il rosso non protestò... a dirla tutta non sembrava neanche essersene accorto.
"Piuttosto, cosa stavi dicendo di stamattina?" chiese Rude alla fine.
Cloud alzò lo sguardo e si strinse nelle spalle "Si sta lentamente diffondendo a tutti gli organi interni, ora con molta lentezza sta intaccando i polmoni e...e se non ci sbrighiamo a trovare un mezzo per contrastarlo non sono sicuro che riuscirà ad arrivare alla maggiore età" sospirò stringendo convulsamente i pugni.
"Aerith cosa dice?" domandò apprensivo l'uomo col pizzetto ma non ricevette alcuna risposta se non uno sguardo di colpevolezza "Cloud? Non dirmi che..."
"Già..." sussurrò impercettibilmente quest'ultimo.
"E... e Roxas? Almeno lui?"
Il biondo serrò le labbra e abbassò il volto.
"Ma che diavolo?" scattò Rude "Cloud, per quanto ancora hai intenzione di lasciarli all'oscuro? Questa è una situazione delicata-"
"Dolore immenso, allucinazioni, macchie su tutto il corpo" esclamò Reno alzandosi improvvisamente dal suo posticino sul tavolo su cui era collassato giusto qualche minuto prima "Cosa dirai quando inizieranno ad apparire tutti quei segnali? Non potrai più nasconderlo sotto la scusa dei soli problemi cardiaci, anzi a tal proposito complimentati con i tuoi medici di fiducia perché hanno trovato una patologia che si adatta proprio a pennello. Ma Sephiroth non puoi nasconderlo. Cosa dirai a tuo figlio quando il suo corpo sarà martoriato dal dolore e non avrà più la forza di muovere un dito? L'ennesima scusa, quella delle infezioni, non durerà a lungo" si fermò giusto davanti al biondo, l'alcol in circolo nel suo sistema non sembrava aver inibito le sue capacità di riflessione "E so che vuoi solo proteggere i tuoi cari ma il geostigma non lascia spazio a speranze: se vuole una cosa, se la prende. Proprio come ha fatto con la mia Elena ora sta facendo lo stesso con il cuore di Roxas e presto con tutti i suoi altri organi" sibilò alla fine "Piantala con le menzogne"
Dopo quel discorso tutti rimasero ammutoliti, nessuno fino a quel momento si era mai azzardato ad esprimere a parole tutte quelle verità ma quello che rimase più scosso di tutti fu Axel perché non si sarebbe mai aspettato delle rivelazioni del genere. Il ragazzo, infatti, sgranò gli occhi incredulo e si appoggiò al muro per sorreggersi.
"E con Axel come la mettiamo allora?" Cloud riprese le redini del discorso dopo qualche secondo di sgomento "Non mi pare che lui sappia tutto"
"Lui lascialo fuori, la cosa non lo coinvolge in prima persona, e non mi ha mai fatto molte domande quindi in un certo senso mi ha semplificato il lavoro... ringrazio che sia un ragazzo che non ficca il naso negli affari che non gli riguardano"
Improvvisamente si udì un tonfo sordo provenire dall'altra parte della casa e Rude, che era rimasto in silenzio fino a quel momento, sospirò e lanciò un'occhiata al cielo scuro fuori la finestra.
“Spero che quei due ragazzi un giorno trovino la felicità”
Reno serrò le labbra, consapevole che presto avrebbe avuto luogo una lunga chiacchierata con suo figlio.

Le parole di suo padre erano state il colpo di grazia. In quel momento non aveva capito bene cosa fosse successo perché la sua mente si era improvvisamente svuotata di qualsiasi pensiero mentre le sue gambe si erano mosse veloci attraverso la porta d'ingresso fino al vialetto innevato.
Correva a perdifiato Axel, e l'unica cosa di cui era cosciente era il bruciore che infuocava i suoi polmoni a causa dello sbalzo di temperatura. L'aria gelida che gli pizzicava il volto anestetizzava il suo caos interiore ma improvvisamente la sua corsa senza meta fu bruscamente portata a termine da una strana forza che gli bloccò tutti i movimenti, e si ritrovò d'improvviso nella stretta di Riku.
Le braccia del ragazzo erano serrate contro il suo busto in modo che non potesse più andare da nessuna parte e la sua voce vellutata gli diceva di stare calmo, ma Axel non registrò alcuno di quei gesti.
“Tu lo sapevi, non è così?” disse divincolandosi con uno strattone e si girò per guardarlo nei suoi occhi di ghiaccio "Riku!"
L'argenteo lo scrutò giusto il tempo di accorgersi del suo respiro accelerato e delle gote arrossate a causa del freddo. Si morse il labbro e lo afferrò per un polso “Andiamo a casa mia”

“Cos'è successo?”
Una voce appena sussurrata spezzò il silenzio in cui regnava la casa illuminata solo da un lumetto nel soggiorno.
Axel si ritrovò a specchiarsi nel sul stesso riflesso mentre il suo respiro appannava la finestra contro il cui vetro aveva appoggiato la fronte.
Aveva iniziato a piovere. Dio, quanto odiava la pioggia.
“Ora che ci penso non hai mai risposto alla mia domanda” mormorò rauco senza staccare gli occhi dalla superficie fredda.
Riku sospirò e poggiò la tazza di cioccolata sul davanzale del bow window dove si era rintanato l'altro.
“Nutrivo dei sospetti” dichiarò infine sedendosi accanto al rosso e, a giudicare dalla sua espressione, immaginò che quella sua risposta non gli bastasse così inspirò profondamente prima di dare una spiegazione più accurata "Conosco gli Strife praticamente da sempre. I nostri genitori sono amici dai tempi del college, era inevitabile per me entrare in contatto con loro. Ho vissuto assieme a loro i momenti pacifici e quelli burrascosi quindi non mi ci vorrebbe molto a capire se uno di essi sta mentendo o nasconde qualcosa... e Cloud mi da proprio quell'impressione" Riku si fermò un attimo, si massaggiò le tempie ed esitò "Questa sera dopo aver accompagnato Sora a casa, ero in macchina quando ho visto Cloud parcheggiare la sua moto e imboccare il vialetto di casa tua"
Axel si girò e fece per parlare ma venne interrotto prima che potesse dir nulla.
"Avevo intenzione di aspettarlo finché non fosse uscito, così da potergli chiedere cosa diavolo stesse facendo... ma il destino ha voluto diversamente" disse facendo un cenno di eloquenza nei confronti del rosso "Cloud era un SOLDIER... È ovvio che fosse invischiato in un sacco di roba però quella sua aria colpevole e quell'espressione tormentata mi spingono a pensare che ci sia dell'altro... qualcosa di importante che tiene nascosto a tutti e ho come il presentimento che si tratti di Roxas"
"Cosa te lo suggerisce?" indagò l'altro cercando nello sguardo di Riku sincerità e rassicurazione.
Dal canto suo quest'ultimo aveva deciso di giocare la carta dell'onestà, modulando però a seconda delle esigenze il suo grado di sincerità - dopotutto Riku era un osservatore scettico e difficilmente si fidava di qualcuno, lui preferiva annotare tutte le informazioni da bordo campo e poi agire nell'eventualità di un sospetto confermato.
Il ragazzo aprì la bocca ma poi la richiuse.
Se non fosse stato sempre così passivo, se invece di perdersi nelle sue teorie avesse agito subito
sapeva che avrebbe potuto salvare Roxas da quella brutta strada su cui si stava incamminando. Lui aveva sempre sospettato che Roxas avesse una doppia vita, aveva sempre sospettato dei suoi problemi interiori nonostante cercasse sempre di sorridere, aveva sempre sospettato che Cloud era gravato da un pesante fardello di cui non conosceva ancora l'origine, aveva sempre sospettato che Cloud stesse nascondendo qualcosa di importante alla sua famiglia. Riku aveva avuto sempre tanti sospetti, o meglio: certezze, ma non aveva mai fatto niente per evitare che tutto attorno si sgretolasse in mille pezzi. Questa volta sarebbe stato diverso, questa volta avrebbe agito.
"Tutti i suoi comportamenti strani da quando Roxas si è ammalato... e il fatto che lo vedo passare molto tempo assieme ai medici e a Leon. Forse è la mia natura diffidente ma sono sicuro che questo c'entri qualcosa" si affrettò a rispondere.
"Tu sei l'unico a sospettare?"
"Secondo me anche Aerith si è accorta di qualcosa... ma la sua ingenuità e la sua benevolenza l'avranno sicuramente spinta a pensare che suo marito voglia essere solo più partecipe nelle cure di suo figlio"
"Non fa una piega..." commentò Axel guardando la tazza ormai abbandonata sul davanzale, appuntandosi mentalmente che in seguito avrebbe dovuto chiedergli in cosa consistevano i
comportamenti strani di Cloud di cui parlava. Dopotutto anche lui aveva notato spesso che l'uomo passava del tempo assieme a Leon e la cosa non lo aveva mai convinto molto, il sospetto principale l'aveva avuto dopo che i due gli avevano chiesto di riportare i discorsi di Roxas. Qualsiasi cosa ci fosse in mezzo, uno psicologo era tenuto a mantenere il segreto della confessione.
"Allora cosa dicevano Cloud e tuo padre?"
"Hanno confermato i tuoi sospetti..." sussurrò Axel portando lo sguardo in un punto indefinito del soffitto.
Roxas morirà della stessa malattia che a quanto pare ha ucciso mia madre "...ma non hanno detto nient'altro" aggiunse, optando di custodire quel pensiero gelosamente per sé. In quel momento nessun dolore avrebbe potuto essere paragonato al desiderio di sentire il calore di Roxas accanto al proprio corpo.
Un denso silenziò scese su di loro per inesorabili minuti, l'unica cosa che spezzava la quiete della casa era il ritmico ticchettio dell'orologio nella cucina.
"Vado fare una telefonata" sussurrò infine Axel alzandosi senza in realtà aspettarsi alcuna risposta.
Percorse la stanza a grandi falcate e andò a rinchiudersi nel bagno dove, dopo aver chiuso la porta a chiave, si lasciò cadere sul pavimento con la schiena appoggiata ad essa, cellulare alla mano e la chiamata in attesa di essere ricevuta.
"
Axel?" rispose la voce assonnata di Roxas qualche secondo dopo.
"Rox" fu l'unico sussurro che riuscì a pronunciare e questo provocò una leggera preoccupazione nel ragazzo dall'altra parte del ricevitore.
"Che... che cos'è successo? Perché mi chiami a quest'ora?"
"Scusa, lo so che è tardi ma avevo bisogno di sentirti"
"O-okay... È successo qualcosa?"
Axel scosse il capo ma ricordandosi che l'altro non avrebbe potuto vederlo tradusse in parole i suoi pensieri "Tu non...non..." inspirò profondamente e socchiuse gli occhi "Non mi lascerai mai, vero?"
"Cosa?"
"Niente... è che ho bisogno di sentirmelo dire, che non te ne andrai mai. Ho bisogno di uno di quei 'per sempre' che si dicono le persone che si amano"
"Ax" Roxas fece una breve pausa, stupito da quella strana richiesta arrivata in piena notte "Cos'è successo?"
"Ho detto niente... davvero! Anzi forse non avrei neanche dovuto chiamarti, scusami-"
L'altro sospirò pesantemente e non gli permise di parlare ulteriormente
"Il per sempre non esiste, mi spiace non voglio dirti quello che vuoi sentire e illuderti... però ti dirò un'altra cosa. Tu mi hai regalato l'infinito in un tempo finito. Il nostro è un amore più grande di noi...è un colpo di fulmine mortale, inesauribile, estremo, esasperato... è uno di quelli che non si sa come iniziano ma che, sono sicuro, non si spegnerà neanche dopo la morte. Tutto quello che dovremo fare noi è amarci sempre, nonostante quello che potrebbe accadere, in modo da perpetuare quel sentimento di infinito che ci lega"
Axel era sicuro che, se fosse stato meno orgoglioso, avrebbe pianto.


Il suono di pesanti passi crepitò contro la superficie legnosa del pavimento, demolendo l'atmosfera di calma e quiete che si respirava all'interno della cattedrale.
Gli ci vollero solo una manciata di secondi per percorrere la lunga navata e fermarsi davanti all'abside ricco di imponenti vetrate, in tipico stile gotico; lì incontrò due occhi felini incorniciati da una lunga capigliatura argentata.
"Ci incontriamo di nuovo" pronunciò questi con una voce innaturalmente calma una volta individuato il nuovo arrivato "Xemnas"

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*
Citazione tratta dal libro di Erich Segal, Love Story (1970) , da cui è stato tratto l'omonimo film nello stesso anno.


Ancora quattro capitoli alla fine del terzo atto, preparatevi al rush finale pieno di caos e, finalmente, di azione; nel 21 invece ci sarà l'ultimo capitolo su Xion, anzi a tal proposito vorrei ringraziare tutte quelle squisite persone che hanno accolto positivamente il mio spin off Portrait of the Missing Moments of a Lifetime... sul serio Xion vi ha commosso tanto? Ne sono lieta, se invece non l'avete vista correte a darci un'occhiata.
Come sempre ringrazio Kronohunter21 per il lungo e accurato lavoro di betaggio e anche per la copertina carinissima che ha fatto e che troverete qui giù.





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Capitolo 17
*** AT BIRTH ***


Viva la Vida
Nei capitoli precedenti

"Ma che diavolo?" scattò Rude "Cloud, per quanto ancora hai intenzione di lasciarli all'oscuro? Questa è una situazione delicata-"
"Dolore immenso, allucinazioni, macchie su tutto il corpo" esclamò Reno alzandosi improvvisamente dal suo posticino sul tavolo su cui era collassato giusto qualche minuto prima "Cosa dirai quando inizieranno ad apparire tutti quei segnali? Non potrai più nasconderlo sotto la scusa dei soli problemi cardiaci, anzi a tal proposito complimentati con i tuoi medici di fiducia perché hanno trovato una patologia che si adatta proprio a pennello. Ma Sephiroth non puoi nasconderlo. Cosa dirai a tuo figlio quando il suo corpo sarà martoriato dal dolore e non avrà più la forza di muovere un dito? L'ennesima scusa, quella delle infezioni, non durerà a lungo" si fermò giusto davanti al biondo, l'alcol in circolo nel suo sistema non sembrava aver inibito le sue capacità di riflessione "E so che vuoi solo proteggere i tuoi cari ma il geostigma non lascia spazio a speranze: se vuole una cosa, se la prende. Proprio come ha fatto con la mia Elena ora sta facendo lo stesso con il cuore di Roxas e presto con tutti i suoi altri organi" sibilò alla fine "Piantala con le menzogne"
"E con Axel come la mettiamo allora?" Cloud riprese le redini del discorso dopo qualche secondo di sgomento "Non mi pare che lui sappia tutto"
"Lui lascialo fuori, la cosa non lo coinvolge in prima persona, e non mi ha mai fatto molte domande quindi in un certo senso mi ha semplificato il lavoro... ringrazio che sia un ragazzo che non ficca il naso negli affari che non gli riguardano"


Il suono di pesanti passi crepitò contro la supErficie legnosa del pavimento, demolendo l'atmosfera di calma e quiete che si respirava all'interno della cattedrale.
Gli ci vollero solo una manciata di secondi per percorrere la lunga navata e fermarsi davanti all'abside ricco di imponenti vetrate, in tipico stile gotico; lì incontrò due occhi felini incorniciati da una lunga capigliatura argentata.
"Ci incontriamo di nuovo" pronunciò questi con una voce innaturalmente calma una volta individuato il nuovo arrivato "Xemnas"







#17.
AT BIRTH


I vetri colorati delle grandi vetrate illuminavano la persona che si erigeva davanti a lui, creando anche dei giochi di colori che si riflettevano sui capelli argentei – in un altro contesto l'avrebbe trovato quasi buffo, ma non in quel momento. Xemnas alzò lo sguardo e si fermò a pochi metri dagli scalini che salivano verso l'altare, davanti al quale sostava un uomo dai lunghi capelli argentati, gli occhi felini e tratti innaturalmente androgini. Come sempre era vestito di nero, per contrastare con la sua pelle chiara, e indossava un sorriso che di dolce o gioviale aveva ben poco nonostante l'affabilità che voleva trasmettere attraverso le proprie parole.
Era da tempo che non ti vedevo” dichiarò questi allargando le braccia e non mancando di lasciare il sorriso ad ornare il proprio viso.
Sono stato occupato con le faccende di Loz, ho cercato di metter fine a tutti i suoi affari dal momento che adesso è stato preso”
Sarebbe stato un mio compito, ma lo capisco anche se sei il più giovane” rispose l'altro ostentando una finta noncuranza che fece domandare a Xemnas quanto in realtà si stesse rodendo il fegato per essere stato bistrattato così su due piedi.
Già, il capo l'ha affidato a me” confermò il ragazzo senza però sbilanciarsi.
E ne hai tratto buoni profitti?”
Yazoo, secondo in carica ad occuparsi degli affari di famiglia, proprio per l'ingente dominio che nel corso degli ultimi anni aveva conquistato nei mercati neri internazionali, era sempre stata una persona dai larghi orizzonti e poco incline a seguire la parola degli altri. Non era mai stato particolarmente interessato alla vendetta o a portare a compimento gli incarichi che gli venivano affidati, lui navigava su frequenze diverse e questo lo si era già notato da qualche anno, da quando cioè aveva iniziato a mostrarsi sempre meno. Quello che lo interessava era il profitto ed era la stessa cosa che lo accomunava ai mafiosi a cui tutti loro venivano ironicamente associati e con cui non avevano nulla da spartire.
In realtà niente di che” Xemnas si manteneva sempre eretto e fiero, con le gambe leggermente divaricate e le mani serrate dietro la schiena. La sua espressione era di passività ma mai di sottomissione.
È un peccato” rispose l'altro senza però provare realmente quelle parole “Ad ogni modo spero di conciliare la tua perdita con la mia proposta. Oggi ti avevo convocato qui per fare quattro chiacchiere sui nostri traffici; i miei vanno davvero a gonfie vele, ho stretto amicizia con qualche società e famiglia influente e ho iniziato a fare investimenti vari... sai ho qualche contatto anche in Cina e in Giappone”
È per questo che hai suggerito a Loz di rifugiarsi lì, vero?”
Esatto... è stato davvero doloroso venire a sapere che nonostante i nostri sforzi lo abbiano trovato”
Xemnas strinse i pugni e aggrottò le sopracciglia, si morse la lingua per non elargire ad alta voce il suo sospetto che in realtà era stato proprio lui a tradirlo per estendere i propri domini. Non gli era molto complicato farsi un'idea di dove volesse arrivare con questi suoi piani.
E i tuoi amici di scuola come se la passano?” continuò Yazoo, ignorando apparentemente l'espressione di puro odio dell'altro che rispose comunque a denti stretti.
Continuo a ricordare loro di tenere gli occhi aperti e monitorare il nostro territorio, così come mi è stato insegnato, mentre Saix si occupa dei contatti e dei rapporti con i clienti. Nessuno ovviamente sospetta nulla”
Che ragazzo ligio al dovere e all'ordine, non c'è che dire. Vorrei premiare la tua devozione proponendoti una collaborazione con il sottoscritto”
Collaborazione di che tipo?”
Uniamo i nostri territori e i nostri affari, insieme potremo diventare ricchissimi e presto riusciremo ad acquisire il comando di tutta la città. A che ci serve il nostro obbiettivo se ci ricaviamo poco e nulla? Tutto quello che dovremo fare sarà correggere leggermente la struttura chimica delle nostre partite di Mako in modo da renderle comune schifezza allucinogena e poi rivenderle in un mercato più ampio”
Xemnas rimase sbalordito da quella richiesta posta così apertamente che non riuscì a formulare alcun pensiero concreto.
Durante gli ultimi anni in cui lui non è stato in circolazione sono sempre stato io a occuparmi di tutto. Il ruolo di capo dovrebbe spettare a me! Unisciti a me, Xemnas, e ti garantisco il succes-”
Ma prima che Xemnas potesse muovere un dito o che Yazoo potesse anche solo terminare la parola che stava pronunciando, quest'ultimo si ritrovò freddato da un colpo che gli forò la testa nel centro della fronte. Quello dello sparo era stato un rumore talmente frastornante e innaturale in un luogo di quiete come quella cattedrale abbandonata che Xemnas lo avvertì quasi come la fine del mondo.
Nessuno si era accorto di niente se non dell'immenso boato che aveva preceduto di mezzo millisecondo il proiettile fautore della morte di Yazoo che, con occhi ancora spalancati in quell'estrema espressione di vitrea paura, si accasciò inerme al suolo nella pozza del proprio sangue.
L'eco di passi che scricchiolavano contro il pavimento di legno accompagnarono il suono di una voce glaciale e una figura molto simile a quella di Yazoo apparve alle spalle del caduto con una pistola fumante ancora in mano.
Non sopporto gli usurpatori e i traditori”
C-capo” un brivido di freddo percorse l'intera lunghezza della colonna vertebrale di Xemnas che si ritrovò ad indietreggiare di qualche passo, egli non aveva mai piegato il capo davanti a nessuno se non davanti a colui che gli aveva insegnato tutto.
Era da tempo che mi preoccupava”
Perché l'hai fatto? Lui era tuo-”
Xemnas, purtroppo quando ci sono di mezzo il potere e degli affari così importanti non puoi rimanere radicato ai legami. Niente sentimentalismi. Ricordi cosa ti ho insegnato? Vince il più forte”
Ma-”
Il nuovo arrivato guardò Xemnas con affezione mentre gli si avvicinava pericolosamente con passo cadenzato ed elegante, il suo volto era coperto da un pesante cappuccio nero ma era possibile scorgere il debole sorriso di tenerezza che era solito rivolgergli. Allungò una mano verso il più giovane per sistemargli i lunghi capelli dietro le orecchie e con uno scatto improvviso poi gli strappò qualcosa dall'orecchio “Come ti ho detto, io odio gli usurpatori e i traditori” proferì ancora una volta, questa volta con tono più basso.
Un rivolo di sudore scese sulla tempia di Xemnas mentre il cuore gli batteva forte in gola, per un secondo aveva pensato che la sua vita sarebbe terminata eppure era ancora vivo e illeso. Sapeva di aver azzardato fin troppo facendo quella mossa ma mai avrebbe immaginato di trovarsi faccia a faccia con il proprio capo in quel momento. Lui sapeva sempre tutto, era normale che sventasse qualsiasi cosa che riteneva potesse nuocere lui o i suoi ideali, l'aveva appena fatto con Yazoo dopotutto. Ma perché aveva risparmiato Xemnas? Questo era l'interrogativo che pulsava nella sua mente al momento.
Ti affido tutti gli impieghi e il patrimonio di Loz e Yazoo”
Quella voce fredda e vellutata lo prese in contropiede, conosceva abbastanza il proprio capo da poter affermare con certezza che ovviamente c'era qualcosa dietro. A quel punto Xemnas non poté fare altro che arrendersi al proprio destino e annuire per non peggiorare la situazione.
Ah un'ultima cosa... il piccolo Strife biondo... quello di cui eri incaricato di osservare...”
Sì?”
È ancora vivo?”
Sì”
Com'è possibile? Io davvero non capisco” Xemnas si ritrovò a scrollare le spalle, ignaro dell'attuale risposta al quesito e l'altro scosse il capo e prese il mento tra le dita con fare pensieroso.
Lo odio...”sussurrò poi non rivolto a qualcuno in particolare, poi puntò di nuovo il suo sguardo glaciale su di lui e un sorrisetto sghembo si aprì di nuovo sul suo volto “Occupatene al più presto e mostrami quanto sei degno di appartenermi”
Xemnas abbassò lo sguardo sul pavimento e annuì con fermezza. Strinse gli occhi e si morse il labbro inferiore nel tentativo di reprimere il dolore che lo assalì all'istante, fondamentale era sempre mantenere alto il proprio onore e accettare qualsiasi conseguenza alle proprie mancanze, dopotutto era quello che gli era stato impartito fin da piccolo. Aveva in breve ricevuto l'ordine non solo di disfarsi di una vita umana, ma anche di trovare da solo un giusta pena per le azioni commesse ed egli, mosso dal più ancestrale e mirabile senso di devozione nei confronti di quella persona, accettando la propria disfatta chinò il capo e assieme ad esso il proprio orgoglio.
Capo...” sussurrò impercettibilmente qualche minuto dopo di religioso silenzio, senza azzardarsi ancora di alzare il suo sguardo dorato così diverso all'acquamarina dell'altro “Sei sicuro di quello che stiamo facendo? Non è sbagliato?”
Metti in dubbio i nostri ideali?”
No è che-”
L'uomo incappucciato con delicatezza estrema gli prese il mento con una mano e lo sollevò in modo da riuscire a stabilire un contatto visivo e parlò con tono languido “Credi che il comportamento della società sia giusto? Gli uomini distruggono tutto ciò che toccano, compiono delle atrocità inaudite. L'uomo è l'essere più meschino che esista ed è capace di fare qualsiasi cosa, qualsiasi cosa, pur di portare avanti i propri studi, per estendere la propria conoscenza, per essere più forti, per essere avvantaggiati sugli altri eserciti e paesi... perché dopotutto l'uomo ha paura dello sconosciuto e degli imprevisti. I potenti vogliono padroneggiare sugli altri in modo da non avere più problemi e rivali. Tutto ciò ti pare giusto? È ora che la parte lesa si prenda la propria rivincita... cosa sarà qualche migliaio di persone sacrificate in confronto alle miliardi di vite spezzate per cause ignobili? Noi combattiamo per la causa di Sephiroth”
Xemnas spalancò gli occhi di fronte all'efficacia di quel breve monologo e rimembrò subito tutti i motivi che l'avevano spinto a seguire con passione la parola di quell'uomo.
D'un tratto si vide indegno di tutta quella benevolenza nei propri confronti e comprese subito come avrebbe dovuto agire d'ora in poi.
Nel frattempo, fuori dalla cattedrale, una persona dalla folta chioma dorata non si era persa neanche una parola di quell'incontro così imprevisto, e con stupore si portò una mano alla bocca per soffocare un'esclamazione di incredulità prima di rimettersi in piedi e fuggire con la stessa cautela con cui era arrivata.




*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.


Quando aprii gli occhi mi ritrovai inspiegabilmente riverso sull'asfalto bollente al centro di una strada deserta.
Il rosso sole del tramonto splendeva in cielo e irradiava un innaturale caldo afoso che batteva minaccioso. Sentivo il sudore scendere dalla tempia e la maglietta, completamente bagnata, mi si era letteralmente incollata addosso, e, nonostante tentassi di rigirarmi su un lato in cerca di una posizione più comoda, quella sensazione di malessere e debolezza non volevano lasciarmi andare. Mi portai un braccio alla fronte bollente - forse non solo a causa del sole - per asciugare tutte le goccioline che la imperlavano e mi allargai il colletto della maglietta mentre cercavo di respirare il più profondamente possibile nel tentativo di dissipare quella strana stretta in gola che mi opprimeva. Era come se quel caldo stesse prosciugando tutta l'aria dai miei polmoni e volesse uccidermi lentamente.
Improvvisamente udii un sospiro poco lontano da me - non era né di sollievo né di preoccupazione, era un sospiro così distaccato da sembrare quasi impersonale e questo mi bastò a ricordarmi che ero ancora a terra, così mi feci forza per alzarmi e lanciai uno sguardo all'ambiente circostante. Non era solo la strada ad essere deserta ma anche il quartiere in sé, ero circondato da imponenti grattacieli, e non mi ci volle molto a capire in che posto fossi finito quando realizzai che davanti a me si erigeva un maestoso edificio fatto di specchi e acciaio che portava il nome di Shinra.
Perché qui?” domandai a bassa voce. Non aveva importanza se stessi parlando con qualcuno o con me stesso, la voce mi uscì spontanea e il mio sguardo rimaneva fisso su un parco giochi alla mia sinistra, più avanti ancora c'era invece una cattedrale.
Qui è iniziato tutto”
Sapevo che se mi fossi girato nella direzione di quella voce tranquilla e solenne mi sarei trovato faccia a faccia con quella donna vestita di bianco.
Voglio andare via” un fremito uscì dalle mie labbra e con un braccio mi strofinai gli occhi che avevano iniziato a bruciarmi “Non voglio stare qui, non mi sento bene”
È il sole. Ti fa sentire stanco, ti fa venire voglia di andar via”
Rimasi in silenzio, con una strana inquietudine che cresceva dentro di me, e intanto con la coda dell'occhio studiai tutti i suoi fluidi movimenti. La candida gonna svolazzava con eleganza e si appoggiava morbidamente alle sue gambe mentre si avvicinava a me, inaspettatamente poggiò una mano sulla mia spalla e io trasalii a quel contatto. La sua mano era ghiacciata sulla mia pelle, proprio come quella di un fantasma.
Tu mi fai sentire così bene” la donna in bianco spezzò il silenzio con un sussurro appena accennato all'altezza del mio orecchio “Non andartene, rimani un altro po' con me”
Un brivido di freddo percorse la mia spina dorsale e socchiusi per un istante gli occhi.
Ma io non mi sento bene” la pregai quasi affranto, affondando il capo nel suo petto e godendo appieno del piacevole contrasto con la sua pelle fredda.
Non temere, la mamma si prenderà cura di te. Una madre non abbandona mai i propri figli” lei mi sorrise e addolcì lo sguardo mentre con le braccia mi racchiudeva in un abbraccio “Tu mi abbandonerai?”
Io scossi il capo a quella domanda e aggrottai la fronte “Non voglio abbandonarti”
Bravo bambino” lei mi baciò il capo con fare materno e io mi rigirai in quell'abbraccio così freddo e così caldo allo stesso tempo, tuttavia quello non mi distrasse dai miei interrogativi.
Ma perché siamo qui?”
La donna prese a massaggiarmi la schiena come a volermi rassicurare delle sue intenzioni “Devi portare pazienza, Rox. Adesso è ancora presto per te. Non sei pronto”
Axel si preoccuperà se non torno da lui” protestai debolmente, soccombendo alla stanchezza che stava prevalendo su di me. Chiusi gli occhi e mi lasciai sorreggere dalla donna, dal suo canto lei mi strinse forte a sé e mi baciò la tempia.
Lui è un bravo ragazzo, vedrai che capirà”


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Roxas spalancò gli occhi giusto qualche istante prima che la porta del bagno si aprisse per rivelare la figura trafelata di Axel, il quale si ritrovò a tirare un sospiro di sollievo non appena intercettò il piccolo biondo raggomitolato sul davanzale della finestra.
Alla buon ora” lo schernì Roxas con un cenno del capo, scrutando ogni minimo gesto che compiva l'altro nel raggiungerlo. Aveva l'aria assonnata e l'andatura stanca, anche i suoi capelli erano leggermente più arruffati del solito e questo non faceva altro che confermare i sospetti che nutriva nei confronti del rosso: c'era qualcosa che lo turbava ultimamente e, nonostante avesse più volte provato a chiedergli cosa fosse, l'altro era sempre vago a riguardo, in compenso era diventato leggermente più ossessivo del solito.
Che diavolo, Rox? Avevi detto che passavi un momento in infermeria a prendere le medicine e invece hai saltato tutta l'ora di letteratura” sbottò seccato Axel passandosi una mano tra le folte ciocche rosse come faceva quando era irritato, ma questo non intimidì il più piccolo, anzi.
Ops... mi dispiace?”
Piantala di prendermi in giro, dovevi star via solo una decina di minuti al massimo. Che ci fai in bagno? Per caso non ti sei sentito bene?”
Dai Ax, come sei pesante” sbuffò Roxas stiracchiandosi “Si può sapere che diavolo hai? È da un po' di tempo che sei strano”
Che diavolo hai tu! Il mio compito è quello di scortarti, ti rendi conto che puoi sentirti male in qualsiasi momento?”
E se tu mi avessi ascoltato stamattina mi avresti anche sentito quando ti dicevo che oggi sto molto meglio del solito” gli ritorse contro il più piccolo indurendo il tono. Solo allora Axel parve notare per la prima volta l'assenza della bombola dell'ossigeno e della cannula che erano ormai diventate ornamento fisso del volto di Roxas. Ora che ci ripensava ricordava vagamente di averlo sentito dire che l'avrebbe lasciata in infermeria per non portarla sempre con sé, era una cosa che faceva di tanto in tanto.
Davvero, Ax. Che ti sta succedendo? Ormai hai sempre la testa tra le nuvole” proseguì rabbuiandosi appena e poi cambiò discorso “Comunque hai passato brillantemente tutti gli esami di fine semestre, tu e tutti gli altri.”
Dici sul serio? Come lo sai?” dopo un attimo di incredulità il rosso rimase piacevolmente sorpreso da quella notizia così inattesa.
Il tempo era passato relativamente veloce dal giorno in cui Axel aveva scoperto quanto suo padre e Cloud Strife stessero loro nascondendo. Quelle notizie erano state un duro colpo per lui e la consapevolezza che avrebbe presto potuto perdere anche Roxas lo affliggeva senza sosta, tutto d'un tratto si era inoltre ritrovato ad odiare suo padre per non avergli detto la verità su sua madre.
Ora era tutto grigio, non sapeva davvero cosa fare o pensare. Roxas più volte gli aveva ribadito il suo improvviso cambio di comportamento ma lui cercava sempre di far finta di nulla, non poteva di certo dirgli tutti quei casini che aveva origliato e magari fargli venire un colpo.
Ehi Rox, sai che non hai speranza di sopravvivenza?”
No, non poteva.
Intanto si stavano avvicinando gli esami di fine semestre e per la prima volta in vita sua Axel li aveva accolti come un aiuto dal cielo: dal momento che non poteva far nulla per migliorare la situazione almeno grazie ad essi avrebbe avuto la mente occupata, e così per un'intera settimana aveva passato i pomeriggi assieme a Roxas, Sora, Riku, Naminé, Kairi, Demyx e Zexion.
Quest'ultimo, assieme a Roxas e Riku, avevano progettato un piano di studio per coprire tutti i programmi studiati e aiutare gli altri a colmare le eventuali insufficienze, quei tre insieme erano noiosi come la morte ma a quanto pare erano riusciti nel proprio intento.
Roxas annuì e sorrise.
Sì, dopo la sosta in infermeria ho fatto una capatina nella sala professori per dare un'occhiata ai risultati... sono felice che tu e quegli idioti di Sora e Demyx ce l'abbiate fatta”
A chi lo dici. Solitamente sono sempre pieno di debiti” mormorò Axel ancora incredulo.
Ma non quest'anno” ribadì l'altro con una risatina “Adesso hai me”
A quelle parole Axel si sentì avvampare e spostò lo sguardo altrove, l'altro però non fece caso al suo disagio – o forse non voleva farglielo pesare - e iniziò a divagare con un'aria stranamente allegra.
A proposito di ciò, dal momento che non sono più un tutor forse dovrei anche decidermi a restituire le chiavi degli uffici... però è così comodo averle a disposizione, potrei fare il bad boy e tenerle ancora un po' per me. Ah... parlando di bad boys, prima nei corridoi ho incontrato Seifer e compagnia che erano in pausa sigaretta e così li ho seguiti qui in bagno per fare due chiacchiere... non ricordavo fumasse così tanto”
Seifer? Ma sei pazzo?!” sbraitò Axel ritrovandosi a spalancare gli occhi al tono così naturale dell'altro.
Perché scusa?”
Quello è un pazzo violento”
Roxas lo scrutò per qualche secondo e si torturò il labbro inferitore con il pollice e l'indice “Violento sì... ma pazzo non direi”
Da quando siete amici?”
Non lo siamo. Ricorda, io sono sempre Roxas Strife, lo sfigato della scuola. Però quando è di buon umore riusciamo ad adottare un comportamento civile in pubblico”
Axel sospirò pesantemente e incrociò le braccia al petto, spostando tutto il peso su una gamba. Lo guardò con preoccupazione, ma la sua parte razionale gli diceva che non avrebbe potuto privarlo della sua vita.
Ciò non toglie che avresti dovuto avvertirmi, sono stato in pensiero. Credevo che ti fosse successo chissà cosa”
Forse avrò anche sbagliato a non dirti nulla ma la colpa è anche tua che ultimamente non presti più attenzione a nulla, sembri essere tornato quello di un tempo. Volevo vedere dopo quanto tempo ti saresti accorto della mia assenza”
Mi dispiace Rox, ho tante cose per la testa da qualche tempo... non era mia intenzione ignorarti”
Sei troppo nervoso, dovresti fumare un po'” offrì l'altro come soluzione ma Axel scosse il capo e sorrise con affezione.
Ormai è da un bel po' che non lo faccio, stare sempre con te mi ha fatto quasi perdere il vizio”
Oh... bene” Roxas commentò con una nota di delusione nel tono e si affrettò subito a voltare lo sguardo verso il cortile ricoperto di neve che si intravedeva dalla finestra “Cavolo, cosa darei per un po' d'erba” mormorò sottovoce a se stesso.
Axel rimase un momento in silenzio.
Beh... potremo andare in giardino, lì solitamente ce n'è tanta però adesso è dicembre non credo che ne troverai molta”
Quell'affermazione spiazzò totalmente Roxas che rimase a bocca aperta per una manciata di secondi ma poi si ritrovò a sorridere al buon cuore di Axel e si trattenne dal ridergli in faccia. Si sporse dal suo piccolo giaciglio sul davanzale e strinse una mano del rosso contro la propria guancia, dopotutto chi avrebbe mai potuto immaginare che un ragazzo tranquillo e dedito al lavoro come lui avesse avuto un passato di alcol e droghe?
Axel non meritava di stare con una persona come lui, Axel si meritava la verità.
Che dici, torniamo in classe?”Axel spezzò il lungo silenzio che si era creato tra i due e riportò l'altro alla realtà.
Inizia ad andare, adesso ti raggiungo”
Il più grande annui e fece per avviarsi alla porta con un gran sorriso ma Roxas, senza neanche pensarci, scese dal davanzale e lo bloccò sulla soglia della porta con la propria voce“Ax?”
Dimmi”
Roxas rimase immobile per alcuni istanti e la bocca aperta mentre veniva assalito dalla realizzazione di non sapere da dove cominciare, o meglio di cosa dire. Lui voleva davvero che il proprio ragazzo conoscesse il suo passato, però allo stesso tempo, aveva paura di poter essere rigettato da lui e questa era una delle cose che voleva assolutamente evitare.
Tu mi vedresti nei panni di un cattivo ragazzo?” vociò alla fine, ricordandosi che non aveva ancora proferito parola. A quella domanda Axel inarcò la fronte e gli scappò un risolino.
Tu? Ma fammi il piacere” fu la sua risposta prima di girarsi e incamminarsi verso la classe.

Un grugnito di disapprovazione fuoriuscì dalle labbra di Larxene quando la busta di patatine appallottolata era caduta a terra e non nel cestino dei rifiuti quando l'aveva lanciata; solo dopo un lungo dibattito mentale decise di alzarsi per riprendere la cartaccia e gettarla in maniera più civile, senza però risparmiarsi una sequela di imprecazioni, e ritornò poi a sedersi nella poltroncina che aveva occupato e poggiò le gambe accavallate sullo schienale di quella della fila davanti a sé, lo sguardo era rivolto alla bandiera degli Stati Uniti riposta affianco allo schermo spento del proiettore.
Hai intenzione di startene lì ancora per molto?” chiese senza voltarsi, con un gesto fluido del braccio afferrò invece la lattina di birra e se la portò alle labbra.
Un breve silenzio anticipò la risposta.
Non avevo mai pensato alla sala conferenze come scappatoia dal mondo, ottima scelta” Roxas si staccò dallo stipite della porta sul quale era poggiato e, con le mani affondate nelle tasche dei jeans, iniziò ad avvicinarsi a lei con postura trasandata “Da chi o cosa ti nascondi?”
Cosa ci fai qui?” lei gli lanciò un'occhiata di sufficienza quando lo vide sedersi accanto a sé, l'altro si ritrovò a scrollare le spalle dal momento che in realtà non lo sapeva neanche lui.
Credo di essere un cattivo ragazzo, questa è la seconda ora di lezione che salto…passeggiavo per i corridoi e ti ho vista qui” offrì come spiegazione con tono pensieroso e si adagiò allo schienale.
Ma davvero? E io che credevo che fossi da qualche parte a difendere i diritti dei più deboli”
Non passo abbastanza tempo in questa scuola per entrare a far parte del consiglio studentesco”
Roxas abbozzò un sorrisetto malizioso, per nulla offeso dalla frecciatina sarcastica, e tra i due calò il silenzio - non era però un silenzio opprimente o imbarazzante, era solo semplice, mera quiete. Con Larxene era sempre stato così fin dai tempi in cui si era ritrovato a frequentare Xion e i suoi amici e in quel momento, senza volerlo, Roxas fu accolto subito da ricordi indesiderati che non avrebbe voluto far riemergere dalle tenebre del suo subconscio. Larxene era una persona schietta con poco tatto e ancor meno pazienza, tuttavia ogni volta che ripensava ai tempi andati non poteva far meno di constatare che lei era sempre presente nei suoi ricordi. Ogni singola volta che si incontravano, anche per pochi istanti, la bionda si premurava sempre di ricordargli quanto la sua esistenza la irritasse eppure lei c'era sempre stata. Quando lui e Xion avevano un problema, quando avevano bisogno di un passaggio o un luogo dove passare la notte, quando avevano bisogno di una copertura o semplicemente di compagnia, lei era sempre stata lì, brontolante ma presente. Era ironico come due tipi particolari e poco amichevoli come Larxene e Vanitas si prendessero tanto la briga di vigilare sull'incolumità di due mocciosi. E in quel momento gli sembrò di rivivere una scena di vita passata: Xion era occupata con i suoi clienti, Vanitas era in giro a comprare la dose quotidiana e lui e Larxene erano seduti, insieme, ognuno immerso nei propri pensieri, senza provare il bisogno di spezzare quella quiete innaturale.
Cos'è quel muso lungo? Hai litigato con Mister Universo?” domandò ad un certo punto la ragazza, senza però preoccuparsi di staccare gli occhi da qualunque cosa stesse attraendo così tanto la sua attenzione per far contatto visivo con Roxas, che da parte sua si ritrovò a sospirare.
Non abbiamo litigato, però è strano, è sempre pensieroso ultimamente e io non so cosa fare”
Non mi interessa, non sono un'agenzia per cuori infranti”
Il biondo si ritrovò a ridacchiare, sapeva che non aveva motivo a prendere le sue risposte sul personale perché dopotutto lei faceva così con tutti, anche se sapeva che dopotutto, in fondo, lei si preoccupava. Appoggiò il mento sulla mano che si sorreggeva sul bracciolo della poltroncina e si ritrovò a puntellare le dita della mano libera sull'altro bracciolo; per un momento gli fece strano non avere la bombola dell'ossigeno con sé, ormai ogni volta che si ritrovava in momenti scomodi aveva preso l'abitudine di torturare con le dita il tubicino della cannula “Non è presto per bere?” si ritrovò a chiedere, un po' per curiosità e un po' perché non gli andava di andare subito in classe.
Che ti importa?” fu la non tanto inaspettata risposta che venne offerta dalla bionda.
Il fatto che siamo a scuola ed è mattina?”
Oh signore” Larxene si ritrovò a ridere quasi di gusto, il tono era alto e acuto come tutte le quelle volte che aveva intenzione di essere gentile con il prossimo “Certo che nelle scuole private siete sempre tutti così ligi al dovere”
E con questa risposta Roxas riconobbe che era stata davvero molto, molto gentile ma non se ne curò e la sua azzardata osservazione gli procurò un'occhiataccia di puro astio nei suoi confronti.
In realtà è così anche nella scuola pubblica”
Poi ti chiedi perché non ti sopporto?”
Mi dai un sorsetto?”
Larxene rimase quasi stupita dal cambio di argomento da parte di Roxas e per poco non si mise a ridere a tale richiesta, ma dall'incuranza e spontaneità con cui era stata posta capì subito che il giovane biondo non stava scherzando.
Non pensi che ti faccia male?”
Capirai... sto così incasinato che un po' di birra non mi ucciderà mica” Roxas roteò gli occhi, dalla sua espressione si evinceva la noia del momento e questo bastò alla ragazza per passargli la lattina. Lei sapeva che con tutti i problemi un sorsetto di birra era il male minore, anzi gli avrebbe solo risollevato il morale.
Axel lo sa?” si prese la briga di chiedere anche se sapeva di conoscere la risposta.
Scherzi? Lui crede che io dorma ancora con Shadow... figurati se sa della birra o del resto”
Parli di quel pupazzo orribile con cui ti ho scoperto avvinghiato una volta che abbiamo dormito da Van?”
Roxas non rispose subito perché si prese la libertà di gustarsi quel paio di secondi di pura estasi che gli aveva donato quel sorso di birra fredda, era passato così tanto tempo dall'ultima volta che ne aveva bevuta una che quasi aveva dimenticato il sapore. La coca cola alla ciliegia rimaneva comunque mille volte meglio.
Non è orribile” ribatté poi gonfiando le guance, quasi offeso dall'affermazione e Larxene soffocò una risatina.
Invece di abbracciare Xion riempivi di attenzioni quel coso... seriamente, ma cos'avevi in testa?”
Avevo tredici anni...” mormorò impacciato cercando di nascondere il rossore che gli imporporava le guance.
Certo certo” fece lei afferrando di nuovo la lattina e prendendo un altro sorso “Riesci ad immaginare come sarebbe la vita se loro fossero ancora qui?”
Non era molto difficile rispondere ad una domanda del genere, era ovvio quali sarebbero state ancora le loro strade, se Xion e Vanitas non fossero morti le loro vite non sarebbero mai cambiate (in meglio? Erano cambiate in meglio o in peggio?)
No” mentì però Roxas “Non riesco ad immaginarlo”
Tutto quello che l’altra fece fu esclamare un “Oh” di sorpresa e tornare a dedicarsi alla propria lattina. Ripensare agli eventi del passato le faceva male ma per qualche strano motivo con Roxas era sempre così tutto naturale che non si poneva il problema di dover nascondere le proprie emozioni. Lui l'aveva sempre capita, anche se non aveva mai fatto domande. Aveva sempre dato per scontato che tutto quello che faceva lei era perché c'era un motivo; anche se all'epoca era un bambino – e lo era ancora tutt'ora - e non riusciva ancora a comprendere proprio tutto, alla fine aveva imparato il significato di ogni suo sguardo o silenzio.
Cazzo, quanto mi mancano” sussurrò impercettibilmente mentre muoveva la lattina per accertarsi che ci fosse ancora un po' di birra.
Lei aveva amato Vanitas. Si era messa con lui per cercare di dimenticare Xion e, sebbene i suoi sentimenti per la ragazzina non avessero mai voluto abbandonarla, per un periodo aveva amato anche lui. Xion era uno di quegli amori che non si dimenticano facilmente ma anche Vanitas aveva fatto tanto per lei, e Roxas l'aveva capito senza che nessuno gli dicesse nulla. Roxas era un pezzo di passato che trascendeva il tempo, era per questo che nonostante tutto lei gli era affezionata, avrebbe fatto di tutto per far sì che quel passato continuasse a vivere.
A quel punto, proprio come se le avesse letto nella mente, il biondo le poggiò timidamente una mano sulla spalla e le sorrise debolmente prima di alzarsi e annunciarle che era tardi e che doveva tornare in classe, ma lei lo bloccò prima ancora che potesse fare il primo passo “Ho notizie di Xemnas”
Roxas si voltò subito, interessato da quell'annuncio così inaspettato ma al contempo desiderato con ardore, era da tempo che non aveva più notizie del ragazzo dai capelli argentati.
Ma non ti dirò niente” la bionda sorrise maliziosa e rivolse all'altro un'occhiatina di complicità per fargli intendere che le domande erano inutili, gli bastava solo sapere quello “E per quanto riguarda Axel, ti consiglio di parlargli se volete risolvere i vostri problemi”
Roxas sorrise e annuì, fece per andarsene ma poi ci ripensò su e si trattenne un altro breve momento “Larxene?”
Che vuoi ancora?”
Quest'anno hai il diploma... non fare stupidaggini”

Sono molto felice che tu abbia accettato il mio invito”
Non potevo di certo rifiutare”
Giusto, era da tempo che non ti vedevo”
Sono stato occupato con le faccend...”
La trasmissione vacillò per qualche istante a causa di un'interferenza e un colpo secco al computer fece ristabilire la connessione, in realtà sapeva che non erano i suoi pugni a risolvere tali problemi di frequenze ma assumevano comunque un buon effetto placebo. Rude si portò la tazza alla bocca e storse le labbra al pensiero che dopo anni e anni di servizio nessuno era ancora capace di fare un buon caffè.
Ti ho detto che io non ne so nulla” una voce strafottente proruppe all'improvviso quando si aprì la porta dell'ufficio. Un Reno piuttosto scocciato si strascicò verso la poltrona di pelle e affondò dentro con un tonfo sordo, stringeva il cellulare che aveva all'orecchio con una forza tale che pareva volesse frantumarlo “Ma che diav- assolutamente no! Guarda che io sono un padre con un figlio a carico... sì...sì lo so che non ci vediamo mai ma sono una persona adulta e responsabile”
Rude si voltò completamente verso l'amico e si tolse gli occhiali per evidenziare lo stupore nel sentire quello che stava dicendo, a giudicare dal tono infastidito aveva una vaga idea di chi potesse essere ma in quel mondo forse avrebbe solo peggiorato le cose. Le parole adulto e responsabile abbinate alla persona di Reno Turks mal si conciliavano con il soggetto, non convincevano lui che lo conosceva da più di vent'anni, figurarsi la vicina di casa che lo odiava.
Ti dico che è la verità... Hai provato a chiedere a Rude? Lui sa sempre tutto, sicuramente-” sentendosi chiamato in causa l'uomo inarcò un sopracciglio e vide il rosso ammutolirsi per un momento, poi annuì e contrasse l'espressione “Bene. Adesso sono a lavoro e devo lavorare, tanti saluti” e detto ciò attaccò bruscamente, poi alzò lo sguardo e vide l'altro che lo fissava “Cosa?!” sbottò.
Rude a quel punto si tolse le cuffie e le appoggiò alla scrivania, tanto qualunque cosa stesse ascoltando era tutto registrato “Che hai fatto?” domandò perentorio incrociando le braccia al petto.
Cosa ti fa pensare che io abbia fatto qualcosa?” abbaiò l'altro stendendosi allo schienale della poltrona e prima ancora che riuscisse ad appoggiare le gambe sulla scrivania Rude lo fulminò con lo sguardo.
Ti conosco abbastanza da poterlo affermare anche senza sapere cosa sia successo”
E invece ora ti sbagli! Ha iniziato Malefica”
Bingo.
Rude si congratulò con se stesso per aver indovinato ancora una volta di chi si trattava a telefono: Malefica era il soprannome che Reno aveva gentilmente dato alla sopracitata vicina della residenza di Brooklyn (in realtà abitava al piano di sopra), i due non andavano assolutamente d’accordo e non osava immaginare cosa avrebbero combinato se avessero condiviso il pianerottolo.
La vecchia mentre ieri sera parcheggiava ha urtato contro la mia nuovissima macchina, io sono andato a farglielo notare e lei diceva che non era vero e che era stato qualcun altro prima di lei... ma tu potresti mai crederci? Lei mi odia” continuò ad inveire il rosso mentre gesticolava animatamente.
E poi tu cos'hai fatto?” domandò l'altro con sospetto.
E io... e io...” tentennò per un secondo e poi riprese a parlare con tono deciso “Le ho rigato la macchina!”
Rude si schiaffò una mano in fronte e sussurrò esasperato, a volte gli sembrava avere a che fare con un bambino.
E qui entri in gioco tu” continuò Reno senza interrompersi “Ovviamente mi coprirai e dirai che non sono stato io ma quel gruppo di ragazzine deluse che Axel non fosse tornato a Brooklyn”
Ti giuro, a volte mi fai davvero...non so neanche come definirlo... sconfortare di vivere?”
Ma dai amico, la vita è bella” il rosso gli diede una pacca sulla spalla e con naturalezza prese la tazza di caffè dell'altro “Dio che schifo!”
Adesso puoi anche finirtelo”
Grazie ma non ci tengo. Piuttosto che facevi prima? Hai qualche novità?” disse infine mettendo la tazza di lato e sistemandosi meglio nel tentativo di assumere una parvenza di serietà.
Siamo sulla buona strada, siamo riusciti a localizzarli”
Ottimo”
Purtroppo la trasmissione si interrompe poco dopo”
Non ci sono problemi, l'importante è aver individuato il luogo” Reno si alzò e afferrò il cellulare che si portò all'orecchio dopo aver digitato velocemente il numero, attese giusto qualche secondo prima di udire la solita voce calma e profonda “Yo Cloud! Indovina un po'... no, Rude non si è ancora sbarazzato di me” esordì gioviale e poi seguì una risatina mentre si avvicinava alla finestra per ammirare il panorama della città imbiancata dalla neve “ Ho ricevuto il permesso per andare a fare un giro con l'elicottero, quindi imbellettati per bene che si va a caccia... tuo figlio ha buon fiuto” spostò lo sguardo su un palazzo in particolare e sul suo volto si disegnò un ghigno “E ho appena deciso di comprare un ristorante sulla cresta del fallimento!”

Se c’era una cosa che Marluxia odiava era la neve che rendeva la guida un vero inferno, ma non c’era niente che odiava di più al mondo che guidare di notte con la neve che rendeva la strada un vero inferno – a parte i broccoli, sia chiaro, quelli avevano il primato assoluto nel suo mondo fatto di rose e lustrini colorati – perché a causa di tale empia precipitazione atmosferica non solo le sue povere rose si erano seccate ma era anche costretto a mantenersi ad una velocità ridotta per non rischiare qualche incidente.
Si ritrovò a sospirare con insofferenza e aguzzò meglio la vista perché la strada secondaria che aveva appena imboccato era scarsamente illuminata e perché in lontananza gli era parso di intercettare una strana sagoma.
Che fosse un procione? Un procione un po’ troppo cresciuto che si godeva il panorama… nah, poco realistico seppure possibile.
Un orso che si godeva il panorama?
Marluxia si ritrovò a ridacchiare da solo e scosse il capo, un orso in città? Ma come gli era venuta? E poi quella figura era troppo mingherlina anche per essere un cucciolo.
Accese gli abbaglianti e proseguì dritto finché non raggiunse e riconobbe la figura.
Altro che orsetto, quello è il nostro gattino” esclamò stupito accostando la macchina al ciglio della strada.
La zona dei laghi era la località di maggior attrattiva della città grazie alla bellezza dei paesaggi e per la presenza di una ricca flora e fauna, nelle varie stagioni le persone amavano ammirare quello specchio d’acqua abitato da cigni e pesciolini mentre in inverno diventavano delle enormi piste di pattinaggio, quest’anno però il ghiaccio non era ancora abbastanza resistente e quindi tutti i programmi locali erano stati ritardati.
Sebbene quello fosse un luogo piuttosto isolato, Roxas amava passeggiare lungo l’intera stradina che costeggiava il Lago Maggiore e godere dell’estrema privacy che gli era negata a casa a causa delle continue pressioni di Sora e sua madre. In quel particolare frangente poi, suo fratello e Riku erano andati a festeggiare la fine degli esami e lui non aveva molta voglia di andare con loro a fare la ruota di scorta o di rimanere a casa con sua madre che tentava sempre di sostituire Leon e fare la morale per ogni suo minimo movimento.
Sei troppo depresso, Rox” “Perché sei così silenzioso?” “Dovresti farti degli amici”
Tra l’altro quel pomeriggio Axel per chissà quale motivo non era passato da lui dopo gli allenamenti e quindi per evitare un’altra sessione di domande del proprio strizzacervelli casalingo, aveva deciso di anticipare sua madre ed era uscito a prendere una boccata d’aria. All’inizio aveva pensato di passare da Naminé o Zexion ma poi era giunto alla conclusione che un po’ di solitudine non gli faceva tanto schifo, avrebbe potuto pensare meglio a cosa diavolo avesse Axel o cosa aveva in mente Larxene. E fu durante la sua tranquilla passeggiata serale che fu investito da una luce accecante.
Tu sei Roxas”
Appena udì una voce alla propria sinistra trasalì di soprassalto e si voltò subito verso la macchina che aveva parcheggiato poco più avanti, anche se non riusciva a vedere bene a causa dell’oscurità, non ebbe dubbi sull’identità del nuovo arrivato.
Marluxia” concordò come saluto non troppo entusiasta.
Anche se Axel non ci ha ancora presentati ufficialmente sembra che i convenevoli non ci servono” l’altro ridacchiò con leggerezza ma Roxas storse il naso e si portò più vicino alla bombola d’ossigeno.
Cosa vuoi?” ignorò totalmente la constatazione e passò subito al dunque, cercando di mantenere sempre un tono neutro “E quelle sono paillettes?”
Il ragazzo dai capelli rosa si era fermato a neanche un metro da lui ma questo non gli impedì di eseguire un’attenta scansione del soggetto: postura sbilenca, capelli arruffati dal tempo umido, schiena leggermente ricurva, mani pesantemente affondate nei tasconi del suo cappotto e uno scenografico sciarpone che più che riscaldarlo sembrava volesse stritolarlo e sotto il quale si intravedeva uno strano luccichio.
Marluxia seguì lo sguardo del biondo e, con un mezzo sorrisetto, aprì di più il cappotto per lasciargli vedere il proprio maglione decorato con paillettes e brillantini.
Mio dio, questo è un essere pericoloso, si ritrovò a pensare Roxas quasi impallidendo e poi si ricompose “Allora cosa vuoi?”
Oi buono, buono. Non voglio farti niente”
Guarda che sarò pure deboluccio ma conosco i rudimenti di autodifesa”
Certo, infatti è grazie ai tuoi rudimenti che ti sei ritrovato con un occhio nero” uno strano bagliore illuminò per un istante gli occhi dell’altro che iniziò subito a ridere senza un minimo di decenza “Senti a proposito di questo, volevo scusarmi per quello che ti ho fatto qualche mese fa… è che mi avevi fatto davvero incazzare”
Roxas, senza scomporsi, lo studiò attentamente e poi accennò un “sì” col capo, senza però riuscire ad essere entusiasta.
Tranquillo, vorrei scusarmi anche io per averti fatto sospendere dalla tua amata pallanuoto, ma hai partecipato ad un festino illegale pertanto non trovo nessun rimorso a cui appigliarmi”
Marluxia lo scrutò dall’alto, con un sorrisetto indecifrabile che regnava sul suo volto “Non ci sono più problemi, alla fine mi hanno reintegrato in squadra... in caso contrario penso che non sarei stato così pacifico”
Non lo metto in dubbio” mormorò il biondo fissandolo ancora con diffidenza, Marluxia notando una strana pressione nell’aria cambiò argomento.
Che ci fai qui da solo? È abbastanza isolato, non mi sembra l'ideale per una passeggiata”
Avevo bisogno di riordinare le idee e pensare al da farsi”
È successo qualcosa?”
Roxas sbuffò “Come se venissi a dirti i fatti miei”
Vorrei aiutarti” il più grande scosse il capo e si appoggiò con la schiena alla staccionata alla quale si sorreggeva Roxas “Lo so che ora come ora non ti fideresti mai di me, però sono serio. Axel è mio amico e gli amici di Axel sono miei amici, se poi si parla del ragazzo allora sei come un fratellino. Axel è felice con te”
Mi fa piacere” Roxas incrociò le braccia e spostò il peso su una gamba, c’era qualcosa di quel tipo che gli dava da pensare. Forse l’improvvisa disponibilità?
Dai salta in macchina, ti do un passaggio”
Non serve”
Insisto”
Non ti conosco neanche”
Non mi sentirei bene con la coscienza a lasciarti qui da solo”
Roxas lo guardò di sottecchi, non poteva dire di fidarsi di quel tipo, tuttavia accettò con riluttanza l'invito e salì in macchina, l'abitacolo era caldo e accogliente e questo particolare non lo fece pentire della sua scelta, dopotutto se fosse rimasto ancora lì in mezzo alla neve sarebbe morto assiderato.
Tu che ci facevi da queste parti?” domandò con una punta di curiosità nella voce mentre si sistemava la bombola in mezzo alle gambe.
Ero passato da Larxene” rispose l’altro mettendo di nuovo in funzione l’aria calda e spegnendo lo stereo che era ancora in funzione.
Capisco”
Vi conoscete da molto tu e lei?”
Da cosa lo dedurresti?”
Mah non saprei, semplice ipotesi”
Roxas distese la nuca sul poggiatesta e girò il capo verso il ragazzo che intanto, per qualche strano motivo, si era appoggiato al volante e lo guardava con la faccia di un bambino che ha appena chiesto conferma ai genitori dell’esistenza di Babbo Natale.
Qualcosa mi dice che conosci già la risposta” si limitò a rispondere e l’altro rise.
Poi dici che non mi conosci”
Allora?” Roxas inarcò un sopracciglio.
D'accordo, siamo amici dai tempi delle medie e ogni tanto parliamo”
Lo sapeva.
Roxas lo sapeva così come immaginava che Marluxia sapesse, almeno vagamente, del passato suo e di Larxene, eppure nonostante questo si stupì del fatto che l'altro non stesse già facendo commenti sprezzanti o non fosse già saltato a conclusioni affrettate.
Anche noi ci conosciamo dai tempi delle medie” confermò allora.
Forte” commentò Marluxia decidendosi a rimettere la macchina in moto “Sappi che se hai problemi non esitare a rivolgerti a qualcuno, io ad esempio sono a disposizione per qualsiasi cosa” gli rivolse un'occhiata che voleva far intendere che sapeva in realtà più cose di quel che voleva dimostrare.
Roxas spostò lo sguardo dalla vegetazione che correva fuori dal finestrino al ragazzo accanto a sé. Conosceva Marluxia Torn, non di persona ma tempo fa l'aveva comunque schedato come calcolatore. Tutto ciò che lui faceva era solo in funzione del divertimento oppure per scacciare la tediosa noia che assaliva la maggior parte degli adolescenti dell'alta società, sempre alla ricerca di nuovi passatempi. Lui non era uno che faceva qualcosa senza motivo e il solo fatto che volesse invischiarsi in una faccenda con così tanto ardore da andare addirittura a richiedergli un invito, faceva solo intendere che avesse fiutato puzza di divertimento.
Roxas sorrise sbilenco, non era di certo tanto malvagio da negargli certi piaceri, se voleva intrattenersi allora la loro vicenda faceva al caso suo “Accetterò volentieri” rispose con una voce innaturalmente zuccherosa.
Allora dove ti porto, dolcezza?”
Il più piccolo ci pensò un momento e la risposta fu evidente nella sua mente.


*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.



Il suono di risate allegre riempì l'aria di quella stanza d'ospedale fin troppo triste e bianca, la finestra era appena aperta cosicché il fresco venticello di maggio faceva ondeggiare dolcemente la tendina semichiusa. Una giovane donna dall'aria serena era seduta al centro del letto, aveva i capelli biondi corti e con una mano reggeva il libro che stava leggendo. Quando udì una vocina acuta squittire vicino a sé, alzò lo sguardo.
Mamma!”
Axel?”
Indovina?”
Un bambino sui cinque anni, dai capelli rosso fuoco e dai luminosi occhi verdi sorrideva a trentadue denti mentre si avvicinava a gran velocità al letto e si arrampicava sulla sedia per sedersi accanto alla madre.
Non saprei” gli rispose la donna chiudendo il libro e sorridendogli dolcemente.
Papà ha detto che ho fatto il bravo e quindi posso andare a giocare con il cagnolino dei nonni” esclamò Axel più che entusiasta.
Davvero? Te li ricordi i nonni? Sono venuti a trovarci lo scorso Natale”
Sì... erano abbronzati, dicevano che a casa loro andavano sempre al mare”
Sei felice che ora potrai farlo anche tu?”
Il bambino annuì e le mostrò anche lo zainetto che aveva dietro le spalle “Sono pronto per prendere l'aereo! Papà ha detto che partiamo oggi”
Elena passò affettuosamente una mano tra i capelli di Axel e ridacchiò “Sei diventato proprio un ometto. Adesso ti prenderai tu cura di Pluto, però non far stancare i nonni mi raccomando”
Sì” lui fece un cenno con il capo e andò a stendersi accanto alla madre che lo richiuse in un abbraccio “Mamma?” la chiamò poco dopo.
Dimmi tesoro”
Prima ho conosciuto un altro bambino mentre stavamo venendo qui”
Davvero? E com'era?” domandò accarezzandolo.
Era biondo come te ed piccolo piccolo e sembrava triste”
E tu l'hai salutato?”
Axel annuì pensieroso “Lui non parlava molto... però io gli ho detto che era carino e mi ha sorriso!”
Che bravo bambino che sei, Axel” Elena lo abbracciò e gli diede un bacio sulla guancia e lui iniziò a ridacchiare freneticamente a causa del solletico “Axel mi fai una promessa?”
Quale?”
Mi prometti che farai sempre sorridere le persone che ami così come fai con me?”
In che senso?”
Lo capirai da grande. Allora me lo prometti?” chiese porgendogli a quel punto il mignolo e il bambino ricambiò con un gran sorriso.
Giurin giurello! E tu mi prometti che tornerai presto a casa? Altrimenti non ti vorrò più bene”
Elena impallidì improvvisamente a quella richiesta e tentennò per un momento ma alla fine si ritrovò a mentire per il bene del suo unico e amato figlio.
Lo prometto”
Negli anni a seguire Axel non odiò mai così tanto sua madre.
Il rosso si svegliò all'improvviso con una strana morsa di nostalgia che gli gravava alla bocca dello stomaco e il cellulare che gli vibrava insistentemente in mano. Gli ci volle giusto qualche istante per rendersi conto di essersi addormentato sul divano con la tv accesa, una birra nell'altra mano e la divisa di basket ancora addosso, si prese la libertà di leggere il mittente di tutti quei messaggi a ripetizione che aveva ricevuto, e, constatando che si trattava sempre di Demyx, li eliminò senza neanche degnarsi di aprirli. Abbandonò il cellulare sul divano e si passò una mano in faccia per risvegliarsi dal torpore in cui era piombato senza essersene neanche accorto - lanciò un'occhiata fuori la finestra, era buio e aveva iniziato a nevicare. Si portò la bottiglia di birra alla bocca e pensò che forse avrebbe dovuto telefonare a Roxas per scusarsi di essersi totalmente dimenticato di andare a casa sua quel pomeriggio ma poi abbandonò quell'idea, quello era un periodo un po' strano per lui e a conferma di ciò si stava proprio impegnando a far andare il biondo fuori di testa, tant'è che aveva iniziato anch'egli a comportarsi in maniera inusuale – forse in realtà neanche tanto Roxas sembrava essere tornato il piccolo bastardo di quando si erano conosciuti, mentre lui era lo stronzo menefreghista che pensava solo a sé.
Sospirò pesantemente e, annoiato da quello stupido film sdolcinato che stavano dando in tv, senza preoccuparsi di spegnerla, afferrò il telecomando dello stereo e fece partire la riproduzione casuale. Inarcò un sopracciglio quando udì la prima canzone in riproduzione e si chiese se non era uno stupido scherzo del destino.

I'm standing on a bridge
I'm waitin in the dark
I thought that you'd be here by now
Theres nothing but the rain
No footsteps on the ground
I'm listening but there's no sound*

Axel?”
Un'improvvisa voce familiare lo fece trasalire dai suoi pensieri e si voltò verso il corridoio che dava nel salotto dov'era seduto, non si stupì di non trovare nessuno, probabilmente l'aveva sognata.
Axel, ci sei?”
La voce si era fatta più vicina ma lui non si girò più, si portò la bottiglia di birra davanti agli occhi e tracciò il contorno con un dito “Isn't anyone tryin' to find me?” si ritrovò a seguire il verso della canzone.
Adesso anche Avril Lavigne?”
A quel punto Axel decise di alzare lo sguardo e per poco non sobbalzò alla vista dell'ultima persona che si sarebbe mai immaginato di trovarsi avanti, un sorrisetto malizioso adornava il suo volto.
Non posso lasciarti un po' da solo che ti fai trovare in questo stato, se non sto attento inizierai ad ascoltare anche Britney Spears?”
Rox... che ci fai qui?” Axel si mise più composto e lo guardò stralunato mentre l'altro entrava nel soggiorno e gli si avvicinava con una strana tenerezza nella voce.
Non sei felice di vedermi?”
Certo che sono felice! È che non mi aspettavo di trovarti qui... da casa tua a qui si può arrivare solo con la macchina”
Ho trovato un passaggio e la porta d'ingresso era aperta, dovresti stare più attento”
S-sì... ero stanco”
Roxas si sedette accanto all'altro a pochi centimetri dal suo volto e lo guardò intensamente negli occhi, gli prese il volto tra le mani e gli baciò le labbra prima di staccarsi e riprendere a parlare con serietà senza dargli adito di interromperlo “Senti... non sono venuto per sorprenderti alle spalle e farti venire un infarto ma perché... perché...” balbettò e prese un respiro profondo prima di realizzare che la sua mente si era completamente svuotata. Aveva passato una buona parte del tragitto in macchina con Marluxia a prepararsi un discorso da fare ad Axel per fargli capire quanto il dialogo fosse importante in un rapporto, era persino giunto alla fatale decisione di parlargli del suo passato eppure adesso tutto il coraggio di cui si era munito sembrava averlo abbandonato del tutto.
D'altro canto, Axel notando l'evidente disagio dell'altro gli prese una mano e abbassò lo sguardo “Rox no, forse dovrei essere io a iniziare a scusarmi... avevo paura di averti fatto incazzare. Il fatto è che mio padre è sparito e non risponde mai al telefono e io non so cosa fare con lui”
Il biondo non rispose ma decise di alzarsi e si fece un giro della stanza sotto lo sguardo attonito dell'altro.

Wont you take me by the hand
take me somewhere new
I dont know who you are
but I, I'm with you
I'm with you

Okay” disse qualche momento dopo fermandosi davanti al rosso e gli tese una mano “Dammi la mano”
Axel batté gli occhi e lo guardò interrogativo ma il più piccolo ripeté di nuovo l'affermazione precedente, così fece come gli era stato detto e si alzò. Roxas si disfò momentaneamente della bombola d'ossigeno per non essere intralciato nei movimenti e con gesti goffi abbracciò il più grande dal torso e appoggiò la testa contro il suo petto.
La canzone è carina anche se davvero triste” mormorò affondando il viso nella maglia dell'altro.
Penso che si addica alla situazione” abbozzò una risatina il rosso mentre iniziò a dondolarsi e richiudeva l'altro in un abbraccio “Why is everything so confusing, maybe I'm just out of my mind” e prese a canticchiare sapendo di non essere all'altezza della canzone.
Roxas sorrise e socchiuse gli occhi lasciandosi trasportare da quei lenti movimenti “Mi mancava stare così vicino a te”
Anche a me... mi dispiace di aver preso un po' le distanze da te”
Non ci pensare, adesso siamo insieme. Quando ti sentirai di farlo mi dirai cosa c'è che non va”

Take me by the hand
take me somewhere new
I dont know who you are
but I'm, I'm with you
I'm with you
I'm with you

Sai cos'è?” proruppe Axel di punto in bianco appena finì la canzone mentre cercava l'altro con lo sguardo “Non c'è cosa al mondo che odio più delle bugie, io non cerco che un po' di fiducia dalle persone però alla fine vengo irrimediabilmente deluso. Odio, odio, odio, odio”
Roxas sgranò gli occhi e la sorpresa gli mozzò il fiato, ebbe giusto il tempo di chiedersi se l'altro avesse scoperto qualcosa sul suo conto che gli fu rivolta una domanda che quasi lo fece andare in panico.
Rox... tu mi nasconderesti mai qualcosa?”
Lo sguardo addolorato di Axel, il suo tono, l'evidente delusione... la sua persona urlava una silenziosa richiesta di sincerità e questo non fece altro che far realizzare all'altro quanto in realtà fosse ipocrita ed egoista. Roxas avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di rimanere sempre accanto al proprio ragazzo e, forse un po' per paura di rimanere solo o per paura di essere giudicato, realizzò che avrebbe quasi preferito tradire i suoi sentimenti piuttosto che abbassare le proprie barriere ed esporre i peccati che aveva commesso in passato.
Se Axel avesse saputo tutte le vicissitudini che avevano animato la sua vita prima della malattia sarebbe sicuramente rimasto disgustato, lo avrebbe rigettato, lo avrebbe abbandonato, e lui sarebbe rimasto solo e miserabile.
Non seppe con quale coraggio riuscì a ricambiare lo sguardo di Axel e pronunciare con tono fermo quelle parole che sapeva avrebbero sancito il suo destino.
No, non ti nasconderei mai nulla”



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Capitolo 18
*** I PROMISED ***


Viva la Vida
Nei capitoli precedenti

"Cosa dirai a tuo figlio quando il suo corpo sarà martoriato dal dolore e non avrà più la forza di muovere un dito?" si fermò giusto davanti al biondo, l'alcol in circolo nel suo sistema non sembrava aver inibito le sue capacità di riflessione "E so che vuoi solo proteggere i tuoi cari ma il geostigma non lascia spazio a speranze: se vuole una cosa, se la prende. Proprio come ha fatto con la mia Elena ora sta facendo lo stesso con il cuore di Roxas e presto con tutti i suoi altri organi" sibilò alla fine "Piantala con le menzogne"
"E con Axel come la mettiamo allora?"

“Sei sicuro di quello che stiamo facendo? Non è sbagliato?”
“Metti in dubbio i nostri ideali?”
“No è che-”
“Credi che il comportamento della società sia giusto? Gli uomini distruggono tutto ciò che toccano, compiono delle atrocità inaudite. L'uomo è l'essere più meschino che esista ed è capace di fare qualsiasi cosa, qualsiasi cosa, pur di portare avanti i propri studi, per estendere la propria conoscenza, per essere più forti, per essere avvantaggiati sugli altri eserciti e paesi... perché dopotutto l'uomo ha paura dello sconosciuto e degli imprevisti. I potenti vogliono padroneggiare sugli altri in modo da non avere più problemi e rivali. Tutto ciò ti pare giusto? È ora che la parte lesa si prenda la propria rivincita... cosa sarà qualche migliaio di persone sacrificate in confronto alle miliardi di vite spezzate per cause ignobili? Noi combattiamo per la causa di Sephiroth”

“Mi mancava stare così vicino a te”
“Anche a me... mi dispiace di aver preso un po' le distanze da te”
“Non ci pensare, adesso siamo insieme. Quando ti sentirai di farlo mi dirai cosa c'è che non va”
“Non c'è cosa al mondo che odio più delle bugie, io non cerco che un po' di fiducia dalle persone però alla fine vengo irrimediabilmente deluso. Rox... tu mi nasconderesti mai qualcosa?”
Non seppe con quale coraggio riuscì a ricambiare lo sguardo di Axel e pronunciare con tono fermo quelle parole che sapeva avrebbero sancito il suo destino.
“No, non ti nasconderei mai nulla”




#18. I PROMISED


Axel non era mai stato un tipo sentimentale, ma quando provava qualcosa non poteva fare a meno di esternarlo in maniera simil-plateale - non ai livelli di Demyx, ovviamente, ma non era neanche tanto lontano. In diciassette anni di vita il sentimento più vicino all'amore che avesse mai provato era quello per il basket, gli allenamenti con Dem e Saix al campetto quando erano più piccoli, la superficie ruvida della palla sotto ai polpastrelli, l'adrenalina che subentrava durante ogni partita; tutto questo era fino ad allora stato la sua primaria fonte di piacere, eppure da quando i suoi occhi avevano incrociato lo sguardo fiero e orgoglioso di Roxas tutto era passato in secondo piano. Si dice che è dalle piccole cose che si capisce se due persone sono fatte per stare insieme, ma quella mattina era stata la riprova che loro non erano due semplici innamorati. Erano anime gemelle.
Il motivo alla base di tale realizzazione?
Un french toast appena dorato con zucchero a velo e salsa di mele.
Axel aveva sempre pensato di essere un tipo abbastanza complicato per la prima colazione. Non era un tipo metodico ma come chiunque altro aveva le proprie fisse: amava le schifezze tanto quanto il suo fisico scolpito, ma il suo palato la mattina risultava fin troppo raffinato per i comuni mortali tanto che spesso manteneva segrete le proprie abitudini alimentari, finché quel piccolo demonio biondo non aveva dato voce alle sue stesse passioni proibite ordinando la colazione con precisione quasi maniacale: una tazza di latte e cioccolato con più cioccolato che latte, succo di mirtilli possibilmente a temperatura ambiente, il tutto accompagnato da quel fatidico french toast appena dorato con zucchero a velo e salsa di mele in un vasetto a parte così da non far ammorbidire troppo il pane. Era come se il più piccolo gli leggesse nella mente: stessi ordini, stessi accorgimenti, stesse quantità; alla sua meraviglia, il biondo aveva risposto semplicemente che era ovvio che conoscesse i suoi gusti dato che stavano insieme. Ormai ne era certo, in quel piccolo coffee shop in cui avevano fatto colazione insieme, Axel aveva avuto la riprova che lui è Roxas ormai procedevano sulla stessa linea d'onda e niente avrebbe potuto separarli. Niente.
"Cavolo, che bella colazione! Sono proprio soddisfatto"
Il più grande era in procinto di annuire e concordare su quanto affermato ma Roxas lo batté sul tempo e si girò con espressione corrucciata verso il sedile posteriore dove suo fratello era stravaccato in modo pigro e svogliato, sinonimo che per quella giornata aveva fatto già fin troppo.
"Sora è davvero impossibile per me comprendere come un essere umano possa ingurgitare certe schifezze di prima mattina...mi sono sempre chiesto tu cos'abbia al posto dello stomaco e non sono ancora riuscito a darmi una risposta sensata"
"Come la fai lunga Rox, erano solo alette di pollo" protestò il castano portandosi una mano sullo stomaco ben appagato, il fratello però non era dello stesso avviso e storse il naso.
"Appunto! Non credo che qualcuno sano di mente mangi certa roba alle 9 di mattina"
"Dimentichi Demyx" intervenne Axel con una risatina senza staccare lo sguardo dalla strada davanti a sé.
"Anche lui non è tanto normale" Roxas gli lanciò un'occhiata eloquente e tornò a sfogliare il fumetto che aveva acquistato poco prima. Quel giorno i tre erano usciti di buon ora per andare a razziare barbaramente la fumetteria della città dal momento che appena sarebbe ricominciata la scuola non avrebbero più avuto molto tempo per oziare e concedersi certi svaghi.
"Non ci far caso" proruppe Sora sporgendosi tra i due sedili anteriori e rivolse un ampio sorriso ad Axel che era impegnato a scartare una vecchietta al volante che stava rallentando il traffico "Roxas è sempre stato un tipo molto bisbetico"
"Io mi definirei pratico e realista"
"Ceerto, è proprio così...Ax tu che dici?"
Il rosso in questione scoppiò a ridere non appena riuscì ad avere la meglio nella sua impresa contro la vecchietta e quando si fermò al semaforo finalmente si voltò verso il biondo accanto a sé nonostante parlasse con Sora "Concordo con te. Roxas è bisbetico e aggiungerei anche bastardo a volte"
Sora prese a ridere nevroticamente alla faccia sdegnata del fratello che lanciava occhiatacce a entrambi.
"Pero non lo cambierei mai per nulla al mondo... e ha un faccino dannatamente carino quando è indignato” aggiunse Axel dopo una breve pausa prendendo il mento di Roxas con una mano e lo scosse con fare affettivo. Quest'ultimo si divincolò fintamente infastidito dalla presa non prima che l'altro gli scoccò un bacio sulla punta del naso.
"Piantatela di esercitare violenza morale su di me" sospirò seccato delle loro stupide coalizioni.
"Esatto Axel, piantala!" gli fece il verso Sora "Carino? Avresti dovuto vederlo travestito da Snoopy alla recita scolastica... allora sì che era carino, adesso è solo... uhm... è solo Roxas, il noioso scorbutico di Tarrytown"
"Snoopy? Dici sul serio?" lo sguardo di Axel si illuminò improvvisamente e al sospiro sconsolato di Roxas seguì un'ennesima risatina di Sora che annuì e si insinuò con il capo tra i due sedili anteriori.
"Eravamo credo in seconda elementare...Roxas era il migliore con quel travestimento! Ogni volta che lo vedevo davanti a me ricordo che dovevo concentrarmi un sacco per dire le mie battute e non scoppiare a ridergli in faccia. Che ricordi... io ero Charlie Brown, Riku era Schroeder e Kairi Piperita Patty...era carina anche con quell'abbigliamento trasandato" mormorò con aria trasognata.
Axel inarcò un sopracciglio "Non penso che Riku sarebbe felice sentendoti fare complimenti alla concorrenza, nonostante si tratti di mia cugina"
Sebbene Sora e Riku stessero insieme da mesi ormai, era palese della cotta che Kairi nutriva nei confronti del castano.
"Oh Riku" mugolò Sora adombrandosi nel giro di pochi istanti, al pensiero del proprio ragazzo che era partito un paio di settimane prima con la famiglia per trascorrere le vacanze natalizie a casa dei nonni qualche stato più a sud. Il ragazzo a volte sapeva essere più emotivo di un'adolescente in piena crisi premestruale, con complessi di inferiorità e colpevolezza; c'erano poi anche degli argomenti che amici e parenti avevano imparato ad evitare come la peste per far si che il castano non scoppiasse a piangere nel bel mezzo di una conversazione come ad esempio le partenze di Riku, la caccia alle piccole e carine foche bianche, i panda a rischio di estinzione e le morti di Albus Silente, Sirius Black e tutti i caduti della Seconda Guerra in Harry Potter e così via.
"Adesso inizierà a piangere e lamentare la sua mancanza" mormorò Roxas dopo qualche colpetto di tosse, guardando Sora che non aveva dato neanche il tempo alla macchina di accostare al marciapiede del vialetto che era subito sfrecciato in casa come un razzo.
“Starà bene?” domandò Axel una volta parcheggiato, spiazzato dal comportamento dell'altro.
Roxas scrollò le spalle e pregò mentalmente di non dover fare sempre la balia a suo fratello ogni volta che Riku si assentava momentaneamente, tuttavia rimase silenzioso al suo posto, con lo sguardo fisso nel vuoto senza dar cenno di voler uscire dalla vettura. Quel repentino cambio d'umore non passò però inosservato.
“Cosa c'è?” Axel gli poggiò una mano sul ginocchio con aria apprensiva e il più piccolo si girò, si leggeva una profonda malinconia nei suoi occhi blu “Ehi, cos'hai?”
“Sai una cosa?” cominciò, una leggera titubanza gli increspava la voce “Forse sembra stupido da dire...ma in un certo senso lo capisco. Io...io non riuscirei a starti lontano"
Axel addolcì lo sguardo e congiunse le loro labbra in un casto bacio "E perché dovresti? Io non vado da nessuna parte"
“Sei sicuro?”
“Non ti lascerò mai”
“Mai?”
“Mai”
Il rosso gli sorrise teneramente gli scompigliò i capelli guadagnando così una risatina da parte del minore e si affrettarono così a rientrare in casa perché fuori si congelava. Come sempre Axel con una mano trasportò il carrellino dell'ossigeno mentre con l'altra teneva stretto a sé il biondo in un caldo abbraccio, e quando furono in soggiorno il sorriso sulle loro labbra si ingigantì ancora di più al profumo di biscotti in forno.
"Ragazzi! Avete fatto una buona passeggiata?" la chioma castana di Aerith fece capolino dalla cucina, rivelando la donna vestita del suo grembiule da cucina a fiorellini e munita di pesanti guanti.
"Abbiamo fatto spese" disse il figlio mostrando le buste della fumetteria che aveva in mano.
Aerith scoccò un bacio sulle guance di entrambi i ragazzi e poi si rivolse ad Axel con un gran sorriso "Oggi ti fermi con noi?"
“Ti ringrazio ma pranzo con mio padre”
"Allora è tornato a casa?"
“Così pare, ormai ci ho fatto l'abitudine” Axel fece spallucce per sottolineare quanto quella situazione non lo turbasse più di tanto “Ultimamente è stato sempre così impegnato"
"Axel... lo so che per te è difficile però anche per noi adulti questo è un periodo un po' complicato, dagli tempo e vedrai che tutto si sistemerà. Stai tranquillo, anche se non c'è spesso sono sicura che tuo padre ti vuole bene” Aerith gli diede una pacca sulla spalla e tornò in cucina, facendo loro cenno di seguirla.
“Mamma noi in realtà volevamo andare in camera mia" si intromise Roxas che nel frattempo si era seduto sul divano e tossicchiava di tanto in tanto. Aerith lo scrutò per un momento, senza dir nulla tirò fuori dalla tasca del pantalone un tovagliolino di carta, si inginocchiò e asciugò il sudore formatosi sulla fronte del figlio.
“Hai ragione Rox, sarete stanchi, andate a riposare e appena saranno pronti vi porterò i biscotti. Va bene?”
Axel rimase in silenzio a guardare come la donna era sempre amorevole e premurosa e riusciva a mantenere i nervi saldi in qualsiasi occasione vicino a Roxas, pure quando le cose non andavano bene - non si stupiva che tutti la adorassero e, per una frazione di secondo, fu invidioso; per un solo momento desiderò anch'egli una madre, una famiglia normale. Alla fine però si ritrovò a scuotere il capo e a riconoscere che una vita troppo tranquilla e monotona non faceva per lui.
Quando si riscosse dai suoi pensieri si ritrovò da solo in salone, o quasi; Aerith era scappata in cucina per tenere d'occhio i biscotti in forno mentre Roxas si stava avventurando per le scale e, vedendolo piuttosto in difficoltà, si precipitò immediatamente da lui prendendo con sé il carrellino dell'ossigeno. Ultimamente Roxas gli sembrava più fiacco del solito e spesso sembrava esausto anche dopo piccole attività, a tal riguardo Axel aveva cercato di farglielo notare più volte ma l'altro cambiava abilmente argomento e dirottava la sua attenzione altrove. A volte si chiedeva chi fosse più cocciuto tra i due.
Una volta arrivati con un po' di fatica in camera del biondo, Axel non si stupì più di tanto di trovare Sora spaparacchiato scompostamente sulla sedia a rotelle (che, dato il disuso, era diventata la sua giostrina personale) intento a leggere il nuovo numero di Ultimate X-Men. Ormai con lui tra i piedi stava diventando quasi impossibile avere un po' di intimità.
"Non dovresti finire i compiti per le vacanze?" vociò un affaticato Roxas, a quanto pare concorde con lui, lasciandosi cadere sul letto con lo stesso ardore di un corridore davanti a un comodo materasso dopo un'estenuante maratona.
"Pensa ad Axel, sono sicuro che lui deve ancora aprire libro"
"Ehi! A me manca solo francese" Axel borbottò con fare offeso e diede un colpetto sulla fronte del castano, quest'ultimo mugolò con disappunto e poi sgranò gli occhi.
"Merda avevo dimenticato che c'era anche quello!"
"Piuttosto mi sono sempre chiesto per quale motivo noi studiamo il francese mentre nelle altre scuole si fa spagnolo¹” il rosso prese posto sul letto accanto al proprio ragazzo e gli passò un braccio attorno alle spalle “Che senso ha? Non è che qui ci sono francesi con cui parlare"
"Il francese è la lingua della letteratura e della raffinatezza" suggerì Roxas.
"Perché vuoi imparare lo spagnolo, Moore? Progetti un viaggetto o vuoi solo comprendere cosa dicono i domestici?" Sora gli lanciò un'occhiata maliziosa e iniziò a ridacchiare, così facendo però si guadagnò un cuscino in faccia da parte di Axel.
"Sora non ricominciare di nuovo con questa storia" sospirò Rox esasperato.
"Ehi prima o poi scoprirò cosa dice la nostra governante quando parla tra sé e sé... devo assolutamente imparare lo spagnolo!"
"Lei parla portoghese, non la capiresti comunque, e se non la pianti di importunare quella povera donna le dirò dove nascondi le tue merendine"
"No le merendine no!"
Il biondo lasciò il fratello alle proprie lamentele e, notando l'eventuale perplessità di Axel, si avvicinò al suo orecchio per dargli spiegazioni "È convinto che lei lo odi e che abbia costruito una bambolina voodoo per farlo soffrire"
Axel guardò sconcertato prima Sora, poi Roxas e di nuovo Sora senza azzardarsi ad intromettersi in quella conversazione priva di senso ma preferì continuare a fare da spettatore alle stranezze dei due gemelli.
"Se proprio vuoi imparare lo spagnolo potresti vedere se c'è qualche corso extra a scuola oppure sceglierlo come materia per il secondo semestre"
"Nah, ho più crediti da colmare nelle materie artistiche... ho scelto disegno cosi sto insieme a Nami e sono sicuro di passare senza troppi problemi"
"Mi stupisco che tu non abbia scelto qualcosa con Riku" intervenne a quel punto un attonito Axel, anche Roxas sembra stupito che i due si fossero separati.
Sora assunse un'espressione disgustata "Lui è un secchione, ha deciso di seguire chimica avanzata con Zexion"
"Tu cosa hai scelto alla fine, Roxy? "
"Mi avrebbe interessato arte del dialogo o filosofia ma poi ho optato per teatro. Mamma e papà all'inizio non erano d'accordo però sono riuscito a convincerli e mi hanno dato il consenso, ci sarà Vaan con me durante quelle lezioni"
Axel rimase perplesso da quella scelta non proprio consigliata per la sua situazione e inarcò un sopracciglio, scettico "Ce la farai? Non è... pericoloso per te?"
"Perché dovrebbe? L'importante è non avere un ruolo molto stancante e poi conosco Vaan dalle medie, i miei si fidano di lui” il rosso fece per ribattere ma Roxas non gli diede il tempo di aprire bocca “Lo so cosa stai per dire e, credimi capisco la tua preoccupazione, ma ormai ho deciso e non cambierò idea. Ehi non guardarmi così... questa è una delle poche opportunità che ho di muovermi e fare qualcosa di diverso...chissà poi in futuro..."
Intuendo il risvolto amaro che stava assumendo la conversazione Sora, subito dirottò l'attenzione verso il rosso "E tu cosa farai, Ax?"
"Io ho dei crediti arretrati da colmare...” rispose quest'ultimo spostando lo sguardo da Roxas e concentrandosi sul castano “Penso... penso che riprenderò geografia che abbiamo abbandonato un paio d'anni fa e poi non ho ancora deciso"
Sora sorrise e si mise più comodo sulla sedia, non avrebbe mai potuto dimenticare quando al primo anno i due si erano uniti in una sorta di tacita alleanza ai danni del professor Even "Ah che ricordi... Il professore non ci sopportava proprio, aveva anche detto che se avessimo continuato con i nostri casini avrebbe deposto le armi e si sarebbe dimess-... a proposito di armi, potresti fare lavorazione dei metalli!" esclamò il castano con tono entusiasta dell'idea che lo aveva appena colpito.
"Che?!"
"Ma sì! Devi sapere che il professore nel tempo libero gestisce un'armeria e nella maggior parte dei casi se sei davvero bravo ti aiuta a costruire anche delle armi a tuo piacimento"
“Anche io l'ho fatto" intervenne Roxas un po' più tranquillamente di Sora, appoggiandosi alla spalla del rosso e stringendosi al suo braccio "I miei lavori sono anche stati esibiti in un'esposizione della scuola"
"Esposizione? Armi? Perché non ho mai sentito nulla di tutto ciò?"
Roxas sbadigliò e lanciò un'occhiata alla sveglia sul suo comodino prima di rivolgersi agli altri due e rispondere al quesito con un tono glaciale "Perché probabilmente hai vissuto sempre pensando esclusivamente a te stesso e a ciò che ti ruotava attorno"
Tutti si ammutolirono alla pungente sentenza del biondo.
Sora li guardò nervosamente, timoroso di una nascente discussione tra i due e così decise di volatilizzarsi più in fretta che poté "Io...io vado a telefonare a Riku...è-è davvero tardi"
Una volta che il ragazzino fu fuori e la porta sbattuta in malo modo per la fretta, Roxas appoggiò la testa sulle cosce di Axel e sollevò un braccio per accarezzargli una guancia.
"Certo che sei proprio stronzo a mandarlo via così" quest'ultimo accennò una risatina.
"Intendi fingendo il preludio di un litigio? Almeno l'ho fatto con gentilezza"
“Ma così di punto in bianco?”
“Mi aveva stufato e sono stanco in un certo senso... questo era il momento ideale”
Axel si chinò e lo baciò.
“Vuoi riposare?”
“Voglio parlare con te” Roxas scosse il capo e invitò l'altro a stendersi accanto a sé.
Nelle ultime settimane i rapporti erano diventati strani tra i due, Axel era sempre pensieroso e sembrava non riuscire a lasciarsi andare del tutto; Roxas d'altra parte accusava la solitudine e aveva avvertito delle tensioni nell'aria, tensioni da parte di Axel, dei suoi genitori e anche da parte di Larxene. Sapeva che i problemi stavano tornando a bussare alla sua porta e per questo iniziava a provare il bisogno di allontanarsi dalla realtà proprio come faceva un tempo, anche se sapeva che era sbagliato.
"Allora tuo padre è ritornato in circolazione?"
"Ho la sensazione che si sia riempito di lavoro per evitarmi, ma ora che ci sono state le feste di Natale e capodanno non ha più scuse"
"Cos'è successo tra di voi? "
Axel lo guardò a fondo con espressione amara e sospirò, gli passò una mano tra i capelli com'era sua abitudine fare quando voleva rassicurargli che aveva la situazione sotto controllo anche se l'altro sapeva che non era vero "Niente Rox, problemi familiari. Mi ha nascosto molte cose importanti"
"Capisco..." decise di non indagare oltre anche se si chiedeva il motivo per cui Axel alternasse momenti di sconforto a rabbia a rassegnazione e giù di lì. Quando parlava di Reno, Axel era sempre strano, sembrava essere animato da mille emozioni contrastanti però sembrava volergli molto bene nonostante fosse praticamente sempre assente. “Com'è tuo padre?” chiese cautamente alla fine, alzando lo sguardo per testare la reazione del rosso.
“Com'è...” Axel in un primo momento fu meravigliato da quella domanda “Lui...lui è difficile da descrivere” continuò lentamente mentre giocava con le ciocche di capelli dell'altro “È un tipo strano, non ci sono in realtà molte parole per descriverlo... è fuori dal mondo, se vogliamo metterla così. Gli piacciono le feste e bere... soprattutto bere. Si distrae facilmente quindi la maggior parte di quello che gli dico finisce irrimediabilmente per dimenticarlo... e adora il basket, quindi abbiamo una cosa in comune” fece una breve paura e poi si aprì un ampio sorriso sul suo volto “Quando io e Dem eravamo piccoli capitavano quelle mattine in cui ci accompagnava a scuola e iniziavamo a cantare a squarciagola tutte le canzoni dei Metallica e poi... oh, ti ho mai detto come ho imparato a guidare?”
Roxas scosse il capo e si avvicinò di più per mettersi comodo mentre Axel continuava a parlare ora con tono vivace, e gesticolando teatralmente per descrivere al meglio tutti i ricordi che gli stavano tornando alla mente.
“Okay, una notte mi ha letteralmente strappato dai miei videogiochi e mi ha portato sull'interstrada - era più o meno mezzanotte o giù di lì - e mi ha insegnato a guidare veloce, intendo molto veloce. Prima di allora mi aveva insegnato le basi, del tipo partire, parcheggiare e cose del genere però quella era la prima volta per me su una vera strada e mi ha fatto guidare sugli 80-85 finché non siamo arrivati a Coney Island - la conosci, no? A sud di Brooklyn - da qui ci vuole quasi un'ora e mezza o forse più per raggiungerla ma noi ci siamo arrivati in una cinquantina di minuti. Capisci? Cinquanta minuti! E non ti nascondo che quella volta credevo che sarei morto davvero... non so se a causa della paura della velocità o per paura di schiantarmi contro qualcosa ma comunque arrivammo lì e mio padre mi trascinò sulla spiaggia perché voleva fare un bagno nell'oceano.... di notte! Ma qui dopotutto si parla di Reno, cosa ti potevi aspettare da lui? Ovviamente fui costretto ad unirmi a lui perché continuava a prendermi in giro, che ero una ragazzina se non avevo il coraggio di fare una nuotata al chiaro di luna. Tu poi sai quanto a me non piacciano queste cose”
Roxas annuì, cercava però di non ridere alla comicità di Axel mentre raccontava e allo stesso tempo si portava indietro delle ciocche di capelli ribelli che non ne volevano sapere di stare al loro posto.
“L'acqua era ghiacciata! Era come fare un bagno al polo nord in pieno inverno anche se era estate... quando siamo ritornati alla macchina e ci siamo asciugati alla meglio avevo gli arti congelati e pensavo che prima o poi mi sarebbero caduti”
“Non oso immaginare il viaggio di ritorno” il biondo lo interruppe ridendo.
“Avresti dovuto vedermi! Mio padre mi costrinse a guidare nonostante non mi sentissi più i piedi... erano tutti intorpiditi! Penso che siamo ancora vivi per puro miracolo”
“Tuo padre è strano forte!”
“E non hai sentito ancora la parte migliore... al ritorno non abbiamo preso più l'interstrada ma siamo passati per la città e ci siamo fermati in questo localino anni '80 gestito da un suo amico. Erano tipo le due di notte ma a mio padre non interessava, diceva che la notte doveva essere vissuta e così facemmo. Ci sedemmo ad un tavolo e fumammo e mangiammo un sandwich al tacchino. Non chiedermi come faccio a ricordarmi anche del tacchino perché non ne ho idea... avevo 13 o 14 anni e lo so che ero ancora piccolo per tutte queste cose, ma questo è vivere con Reno Turks. Morale della storia: il giorno dopo mi mise in punizione perché avevo fumato nonostante fosse stato lui a coinvolgermi, la sua motivazione era che sapeva del mio vizio e che era una cosa sconsiderata ma una fumata in compagnia non si nega a nessuno”
“Wow” mormorò Roxas una volta che l'altro ebbe finito il racconto “Sembra un tipo simpatico tuo padre”
“Difficile da gestire più che altro... siamo due teste di cazzo” Axel sorrise strofinando il naso tra i capelli biondi del più piccolo e sospirò inebriato dal profumo di pesca.
“Non sembra una persona cattiva, a volte lo descrivi come il demonio” obiettò a quel punto l'altro e si alzò sui gomiti per guardare il rosso negli occhi “Non capisco perché a volte parli di Reno come se fossi irritato della sua esistenza, per non parlare di quando non ti indirizzi a lui come se fosse neanche un genitore ma quasi... un amico?”
“Lui non è tanto nei panni del padre... capisci quello che dico? Certo, ci vogliamo bene ma da quando è morta mia madre non si è mai sentito di imporsi su di me, in un certo senso procediamo ognuno per la propria strada. Però non è che io non gli voglia bene... è solo che sono incazzato con lui perché mi ha detto molte bugie e mi tiene nascoste delle cose importanti”
Roxas sentì un groppo in gola e abbassò lo sguardo, in quel momento parlava in difesa di Reno anche se tacitamente si riferiva a sé stesso “Però... però a volte per proteggere chi si ama può capitare di dire delle bugie a fin di bene”
“Rox, tu sai quanto io odi queste cose. Per me è difficile perdonare certe cose”
“Però lui ti vuole bene!” il biondo continuò a protestare e Axel inarcò un sopracciglio.
“Lo so... ma perché lo prendi sempre tanto a cuore ogni volta che parliamo di quanto ultimamente non si sia comportato bene nei miei confronti? Non mi starai mica nascondendo qualcosa?” domandò giocoso lanciandogli un'occhiata indagatrice.
Roxas sapeva che l'altro stava scherzando ma non poté fare a meno di sentire un senso di ansia e colpevolezza crescere in lui e lentamente avvolgerlo “N-no ma che stai dicendo...” abbozzò un lieve sorriso “Io non ti mentirei mai. Te l'ho promesso”
“Già, una promessa è una promessa” Axel sorrise e spostò lo sguardo verso la testata del letto dove tutte le fotografie navigavano sparpagliate e si ritrovò a studiare per la millesima volta tutti i ritratti di quei volti che non conosceva ma che ormai avrebbe saputo descriverli nei minimi dettagli anche ad occhi chiusi “Perché non sorrideva mai?” domandò ad un certo punto, spiazzando totalmente il biondo che gli chiese di spiegarsi meglio “Parlo delle fotografie... lei c'è nella maggior parte di esse però solo in una sorride di cuore, nelle altre sembra quasi malinconica” disse facendo segno verso una foto in particolare in cui una ragazzina dai capelli corti neri e gli occhi blu reggeva un gelato e sorrideva all'obbiettivo. Dietro si lei c'era un laghetto in lontananza e tanti alberi, doveva essere stata scattata in un parco, e nell'estremità sinistra si intravedeva il volto tagliato di Larxene che era intenta a guardarla con uno strano sorrisetto.
Roxas si fermò a studiare quella fotografia come se fosse stata scattata ieri, ricordava troppo bene quel momento. Era il compleanno di Xion, era giusto poco tempo dopo che lei gli aveva raccontato la verità sul suo conto.
Erano felici e spensierati a quel tempo,credevano di poter risolvere tutti i problemi della vita.
“Lei...” cominciò dopo qualche secondo di silenzio, ormai aveva deciso che sarebbe stato meglio se Axel non avesse mai saputo niente di lei, era uno di quei segreti che avrebbe custodito gelosamente dentro di sé “Lei era solo molto timida”
“Davvero? Però sembra triste in alcune foto”
“Già... aveva qualche problema a casa, ma niente di serio”
“E come vi siete conosciuti? Intendo non è che tu sia un mostro nella socializzazione”
“Eravamo molto simili per questo abbiamo legato tanto” annuì il biondo senza staccare lo sguardo dalla foto “Ci siamo conosciuti a scuola”
“E poi?”
“E poi cosa?”
“E poi dimmi di lei”
Il biondo abbandonò le fotografie per girarsi di nuovo verso il suo ragazzo e scrutò per lunghi secondi l'espressione carica di aspettativa dell'altro e corrucciò la fronte “Ti ho già detto di lei tempo fa... perché continui a chiedere?”
Axel fece spallucce “Curiosità”
“Te l'ho detto... era una ragazzina piuttosto anonima, andavamo sempre a prendere un milkshake dopo scuola, mi aiutava in matematica e le piaceva leggere. Nulla di più”
“E quando uscivate cosa facevate?”
Quella domanda posta lì così mise Roxas subito sulla difensiva. Sentì il cuore iniziare a battere più velocemente e le mani iniziarono a sudare ma continuò a respirare profondamente per non lasciar trasparire alcun segno di ansia e mantenere un tono neutrale; doveva calmarsi, non poteva rischiare di essere scoperto o di sentirsi male lì “Cosa... cosa intendi?”
Axel lo studiò a fondo e intercettò uno strano cambiamento nello sguardo dell'altro. Si era premurato di porre quella domanda nel momento propizio, facendo in modo da farla passare per semplice curiosità ma in realtà si aspettava una determinata risposta. Qualche giorno prima era passato a casa di sua cugina Kairi con l'intento di farle sputare il rospo, sapeva che Roxas gli nascondeva qualcosa perché manteneva il ricordo di Xion con troppa cura, e, dal momento che sia Sora che Riku erano riluttanti a parlare, aveva pensato che lei fosse la persona perfetta perché era la persona più vicina a loro di chiunque altro.

“Xion dici?”
“Era un’amica di Roxas delle medie, dovreste aver frequentato la stessa scuola”
“Conosco la Xion di cui parli e ,sinceramente, non capisco perché mi chiedi di lei... come la conosci?”
“Ho visto delle fotografie a casa di Rox e dato che sembra tener molto a lei mi sono sempre chiesto chi fosse”
“Sai che... che... non è più tra noi?”
“Sì ed è per questo che devo sapere, non è che posso andare da lei e fare una chiacchierata da fidanzato a ex o quello che era”
“Ax, non credo di essere la persona più adatta a parlarti di lei”
“Kairi per piacere, è una cosa importante... lui sembra bloccato nel passato e non riesce ad andare avanti! Io sono paziente e capisco che è doloroso perdere qualcuno ma questo a volte crea dei muri tra di noi”
“Lei...lei era strana, era sempre sulla bocca di tutti... a prima vista sembrava piccola e fragile ma il suo sguardo metteva i brividi, Ax, soprattutto negli ultimi tempi in cui si è fatta vedere prima di sparire. Sembrava uno zombie... lei nascondeva qualcosa che nessuno doveva sapere, nessuno eccetto Roxas. Lui era diventato il suo pupillo e...e quando stava con lei era diverso, non era più il solito Roxas... per questo non la sopportavo”
“Cosa nascondeva?”
“Lei faceva cose illegali, Ax. Ti prego, non posso dirti altro perché io non dovrei neanche saperlo... non voglio litigare con Roxas”
“Tranquilla... non dirò nulla”

La sua reazione lo aveva insospettito non poco.
“Cosa preferivate fare? Intendo dire... andavate al cinema, al luna park, al centro commerciale...” rispose il rosso con noncuranza accompagnando le parole con un sorriso.
L'altro rimase silente e si impose di calmarsi, se avesse dato di matto davanti a lui, Axel lo avrebbe scoperto “Leggevamo” rispose massaggiandosi una tempia “Leggevamo tanti libri”
“E basta?”
“E basta... davvero, cosa vuoi che ti dica? Eravamo due noiosissimi ragazzi che passavano il loro tempo a leggere i classici della letteratura invece di uscire con i coetanei, lei era la mia unica amica. Perché non mi credi?”
Axel meditò su quelle parole, si lasciò scappare un sospiro e alzò una mano per massaggiarsi il collo “Ti credo, se sei tu a dirmelo ti credo. Dopotutto tu non avresti motivo di mentirmi, no?”
“No” Roxas non si era mai sentito tanto meschino.
Rimasero in silenzio per una manciata di minuti e poi Axel si stese e lo abbracciò forte per risollevare l'umore "Allora... Snoopy?"
"Ti prego, non iniziare anche con questo soprannome"
"Preferisci Foxy Roxy? "
"Ma anche no! Allontanati da me”
I due rimasero a coccolarsi e parlare del più e del meno, beandosi della compagnia dell’altro come se nulla fosse successo, come se nessuno avesse messo in discussione l’altrui sincerità, finché la stanchezza non ebbe la meglio sul biondo che si addormentò tra le braccia del proprio ragazzo.
Axel rimase pensieroso mentre la sua mano si muoveva meccanicamente tra i fili dorati del ragazzino e, proprio quando stava per appisolarsi anche lui, la porta si aprì e rivelò la figura di Sora; il rosso alzò lo sguardo e, accertatosi della sua presenza, si portò un dito davanti alle labbra e gli fece cenno di non far rumore. Sora annuì e con passi felpati si avvicinò al letto per disfare il fratello della cannula e attaccarlo ad un piccolo macchinario vicino al letto che Axel non aveva mai visto prima d'ora. Seguendo le istruzioni sotto voce del castano che intanto stava accendendo il monitor, il più grande sfilò la cannula e sollevò il capo di Roxas per aiutare Sora ad infilare la mascherina facciale.
“Si chiama bipap” disse quest’ultimo come se gli avesse letto nel pensiero e nel frattempo metteva da parte la bombola, poi prese un plaid dall’armadio e glielo sistemò addosso “Serve ad aiutarlo a respirare mentre dorme”
“Sora... come sono le sue condizioni?” sussurrò a bassa voce l’altro rimanendo immobile accanto al letto senza staccare gli occhi da dosso alla figura dormiente.
“Dovresti saperlo no?”
Axel scosse il capo “Voglio sapere come stanno le cose e non quello che gli dite per non farlo preoccupare”
Sora esitò per un istante, valutando se fosse opportuno riferirgli certe informazioni. Il problema non era il fatto di non fidarsi di Axel, perché ormai lo aveva rivalutato, ciò che non lo faceva stare tranquillo era il pensiero che magari in un impeto di sconsideratezza il rosso potesse far sorgere dei dubbi al fratello o addirittura dire qualcosa che non avrebbe dovuto e farlo preoccupare. Alla fine però risolse che la cosa migliore sarebbe stato dire ad Axel quelle poche cose che sapeva così da aiutarlo al meglio nel prendersi cura del biondo, anche perché non era giusto tenerlo all'oscuro, e poi, dopotutto, non è che Sora avesse molte informazioni a disposizione.
“Andiamo fuori” mormorò lanciando un’ultima occhiata a Roxas per assicurarsi che fosse tutto okay e che stesse davvero dormendo, senza aggiungere altro girò sui tacchi e invitò l’altro ad uscire e si sistemarono nella camera del castano così da avere un po’ di privacy “Nell'ultima visita hanno riscontrato dei liquidi nei polmoni, erano in quantità minima però non è una cosa buona... fortunatamente si cura attraverso la somministrazione di ossigeno, quindi dal momento che aveva già la bombola siamo sulla buona strada. Quella macchina gli serve solo quando dorme o quando è a riposo” disse di punto in bianco sedendosi su un pouf a terra mentre Axel aveva optato per girare in tondo nella stanza.
“E come sono arrivati questi liquidi nei suoi polmoni?”
A quella domanda Sora scrollò le spalle e scosse il capo.
Axel corrucciò la fronte, possibile che l’altro avesse già terminato le sue risposte?
“Secondo te è saggio mandarlo ancora a scuola? Non sarà troppo stancante? Poi anche quell'idea del teatro che si è messo in testa… io non ne sono tanto entusiasta. Cioè, per carità, sono felice se lui è felice e si diverte però sono solo preoccupato per la sua salute”
“Non ci possiamo far nulla” fu la risposta piatta, era piatta e impassibile tanto che Axel aggrottò le sopracciglia “Ogni giorno qui a casa è una guerra continua. Roxas che urla da una parte e nostro padre dall'altra, mamma è sempre al centro dei due fuochi, cerca di sedare le loro liti ma entrambi sono testardi… Roxas è troppo testardo e orgoglioso… e lei finisce sempre per piangere… e io… io consolo lei, do qualche pacca sulla spalla di nostro padre e cerco di far calmare Rox. Alla fine finiscono per acconsentire perché sono presi dai rimorsi e per non farlo rattristare ancora di più. Ci sarebbero tante cose che non dovrebbe fare eppure le fa...”
“Dovreste imporvi di più! Non riesce a capire che è solo per il suo benessere?”
“Cosa credi, che accontentiamo ogni suo capriccio?” lo sguardo improvvisamente serio di Sora prese Axel alla sprovvista “Forse più che capriccio lo definirei orgoglio personale, devi sapere che solitamente vengono ritirati da scuola quelli considerati 'senza speranze'... quelli che non hanno più forze... e Roxas...lui vuole essere autonomo e uguale agli altri. Gli negheresti una cosa del genere? Abbiamo 16 anni, Axel... ti pare giusto tutto ciò?”
Axel fece per dire altro ma si trattenne e abbassò il capo.
No che non era giusto. Nessuno, a qualsiasi età, meriterebbe una vita di privazione anche delle cose più banali.
Roxas forse non era forte fisicamente ma aveva un animo così tenace da riuscire a demolire un palazzo, non glielo aveva mai detto perché sapeva che il più piccolo anche nei momenti di serietà lo avrebbe preso in giro, però lo aveva sempre ammirato. Aveva sempre ammirato Roxas da lontano ed era per questo che aveva deciso di avvicinarsi e proteggerlo.
Durante il tempo trascorso assieme a Roxas aveva fatto delle ricerche sulla sua malattia, così da sentirsi pronto in qualsiasi evenienza, però stavano iniziando a comparire complicazioni e sintomi che non erano menzionati da nessuna parte. Axel sapeva che non poteva neanche lontanamente vestire i panni del medico di turno e fare una diagnosi però nutriva il forte sospetto che il problema di Roxas non si limitava al solo qt lungo, glielo aveva sentito dire anche da suo padre quella volta che aveva origliato. Avrebbe voluto fare domande più specifiche a riguardo ma Aerith e Cloud, seppure fossero i candidati ideali a cui porre certi quesiti probabilmente non gli avrebbero detto alcunché. Sora invece non sembrava saperne molto e non voleva insinuare in lui dei dubbi che forse potevano essere anche infondati. Le uniche due persone che vedeva abbastanza vicine a Roxas da sapere qualcosa e con cui sapeva di poter parlare erano Riku o Naminé.
“A proposito, Riku ti saluta. Ha detto che ci rivedremo tutti a scuola domani” la voce di Sora interruppe il suo treno di pensieri proprio nel momento propizio.
“Bene” sul viso di Axel si disegnò un sorriso ampio e prima di risolvere che era ora di tornare a casa decise di fare un ultimo servizio “Oh... prima che me ne dimentichi, per caso hai qualche foto di Roxas vestito da Snoopy?”
“Da Snoopy dici?”
“Voglio vedere quanto era carino” annuì il più grande lasciandogli intendere che era sua intenzione tormentare a morte Roxas.
“Dovrebbero esserci ma non ho idea di dove siano... però… però sicuramente ci sarà il filmino. Va bene anche quello?”
“Sarebbe perfetto!”
Sul volto di Sora si disegnò un ampio sorriso e afferrò per un braccio il rosso per trascinarlo nel seminterrato con una velocità che solo lui avrebbe potuto avere.

Appena Axel entrò si accorse subito del cambio di temperatura nell'aria e strinse meglio nella felpa: probabilmente era un'area poco frequentata perché lì i riscaldamenti erano spenti. Era una stanza abbastanza grande con le pareti arancioni, come a voler dare un tocco di calore ad un ambiente così freddo. Addossate alle pareti vi erano dei grossi armadi, cassettiere e altri mobili nei quali, Axel era sicuro, dovevano essere riposti gli oggetti in disuso o con un particolare valore affettivo, la sua tesi fu confermata quando in un angolo remoto della stanza vide due culle uguali e intercettò qualche cesta ricolma di giocattoli.
A quella visione il rosso non poté fare a meno di sorridere, spinto da un moto di tenerezza.
Mentre seguiva il castano che si avventurava in quel groviglio di cianfrusaglie e apriva qualche cassetto a caso, la sua attenzione fu catturata da un piccolo luccichio ai piedi di una porta. Si inginocchiò e rimase meravigliato quando tra le mani si ritrovò un ciondolo a forma di chiave, era piccola ma era fittamente intarsiata, il tempo e l'incuria dovevano averla invecchiata ma si nascondeva in essa un fascino particolare.
“Guarda cosa c'è qui... pensavo se ne fosse disfatto” Sora apparve all'improvviso accanto a lui e si inginocchiò per vedere meglio il piccolo bijou.
“Di chi è?”
“È di Roxas. Gliel'ha regalata la sua amica tempo fa”
“Parli di Xion?”
“Esatto, proprio lei” tuttavia prima che il rosso potesse fargli qualsiasi altra domanda lui si alzò di scatto e aprì la porta che era davanti a loro, rivelando l'oggetto più stupefacente che Axel avesse mai visto.
I suoi occhi erano spalancati e anche lui si rimise su due piedi, anche se più lentamente, senza staccare lo sguardo dalla vetrina all'interno della quale era riposta accuratamente quella che doveva essere una specie di chiave gigante. Essa era nera come la notte, il corpo della chiave era percorso da una lunga catena mentre la guardia dell'elsa aveva la forma di due ali di pipistrello e nel suo centro vi era una pietra blu scura. Nella parte alta, i denti della chiave erano la cosa più particolare che colpirono Axel perché le punte erano fittamente intrecciate, denotando la maestria e la cura del suo creatore nel forgiarla.
“Ti sei ammutolito di colpo, eh Moore?” ridacchiò Sora.
“È la cosa più incredibile che io abbia mai visto!”
“Non sei il primo a dirlo” l'altro sorrise e poi sospirò, oscurando tutto d'un tratto la sua espressione, e si abbassò per prendere un piccolo spadino di legno da uno scaffale che si rigirò tra le mani.
“Era questa l’arma che avrebbe forgiato di cui parlavate prima?”
“Il professore era rimasto impressionato dal suo progetto e lo prese davvero a cuore” Sora annuì “Si chiama Oblivion... era così pieno di rabbia o tristezza, non lo so neanche io, ma sembrava potesse essere schiacciato in qualsiasi istante dai suoi stessi sentimenti”
Axel scrutò con la coda dell'occhio l'espressione di Sora e, dal tono amaro che aveva adottato, subito capì che quella grande chiave doveva essere stata forgiata in onore di una persona a lui cara, ormai il rosso non aveva più dubbi sull'identità della suddetta persona, il colore della chiave e della pietra blu gli suggerivano il nome. Ma perché creare un'arma del genere?
Un'improvvisa esclamazione di sorpresa fece sobbalzare Axel e vide Sora occupato a tirare fuori uno scatolone da uno scaffale e poggiarlo a terra. Sembrava piuttosto pesante data la fatica con cui lo aveva maneggiato e al suo interno scoprì una gran quantità di dvd e vhs e qualche piccolo album di foto che probabilmente era stato lasciato lì dentro per errore o perché non vi era più posto assieme agli altri.
“Qui dentro dovresti trovare qualcosa, sono tutti filmati di quando io e Roxas eravamo piccoli. Prendine quanti ne vuoi se non ti annoia vederli”
“Oh, sì” disse Axel ritornando alla realtà, ancora troppo assorto dalle sue congetture “Sei sicuro che posso prenderli in prestito?”
“Ma certo, noi non tocchiamo questa roba da anni” Sora ghignò e si portò le braccia dietro la nuca “Mi raccomando cerca qualcosa di interessante con cui ricattare quell'antipatico di Rox”
I due si scambiarono un sorrisetto di complicità e poi Sora si congedò dal rosso col pretesto di andare a studiare altrimenti non avrebbe mai finito prima del rientro a scuola.
Axel scrutò un'ultima volta il piccolo ciondolo a forma di chiave che aveva ancora in mano e lo ripose al sicuro nella tasca dei suoi jeans, prima di iniziare la sua ricerca. Aveva deciso che sarebbe stato lui stesso a restituirla a Roxas.
“Sora impara a parlare” lesse ad alta voce sulla prima videocassetta che gli capitò a tiro “Vacanze al mare, Sora e Roxas in gita…”
Dopo una buona decina di minuti di ricerche Axel iniziò a chiedersi se quel filmino era davvero in quello scatolone o fosse andato perso assieme alle altre fotografie, ma, proprio quando stava valutando l’idea di mettere tutto a posto, dalla custodia di una vecchia videocassetta spuntò un cd sul quale erano scribacchiate delle parole quasi incomprensibili con la grafia che riconobbe subito appartenere a Roxas.
“Gara di spelling? Che cavolo-… questo sì che sarà noiosissimo, sono sicuro che avrà partecipato Roxas… Sora non è il tipo da queste cose da secchioni” pronunciò con una risatina il rosso mettendosi su due piedi e andando ad accendere il polveroso televisore lì vicino per vedere di cosa si trattava il video “Roxy spero per te che mi intratterrai per bene con questo spettacolino” continuò a dire con leggerezza mentre inseriva il dvd nel lettore e si inginocchiava davanti lo schermo. Una volta gli era capitato di assistere a queste gare quando Demyx in prima media si era messo in testa di essere uno scrittore provetto, Axel lo vedeva squalificato già al primo girone e invece sorprendentemente era arrivato terzo finalista… alla fine era stato battuto da Zexion ma comunque, da quel giorno, il rosso si era ricreduto sulle doti dell’amico.
Lo schermo si fece improvvisamente grigio e poi apparve Roxas.
Axel si fece più attento e rimase in attesa, quella non sembrava una gara di spelling come leggeva il cd: il video era in bassa qualità e ogni tanto l’immagine si sfocava ma riusciva chiaramente a vedere uno sfondo bianco immacolato, il ragazzino biondo era seduto su uno sgabello al centro del quadro e rivolgeva lo sguardo fisso verso la telecamera. Era più magro del solito, la carnagione era molto pallida, le guance erano leggermente incavate e si torturava le mani con nervosismo.
“Ma che diavolo è?” si domandò Axel scrutando l’immagine.
“Avanti Rox”
Una vocina fuori campo catturò l’attenzione del rosso, si voltò verso l’entrata del seminterrato per accertarsi che non fosse entrato nessuno e poi tornò a concentrarsi sul video. Non gli ci volle molto per riconoscere quella voce femminile appartenere a Naminé, era una tonalità dolce e tranquilla che non era riuscito a riscontrare in nessun altro. Però tutto quello gli dava da pensare.
“Sei.. sei sicura?”
Questa volta fu Roxas ad aprir bocca per la prima volta, la voce era roca e nonostante avesse un'aria abbastanza malaticcia, egli continuava a sedere con compostezza e guardare la videocamera con serietà.
“Assolutamente, vedrai che ti sentirai meglio”
Seguì un altro breve silenzio e poi il biondo inspirò profondamente prima di parlare con estrema lentezza.

Mi chiamo Roxas Strife, ho 15 anni e ho tentato il suicidio.
L’attenuante è che secondo il parere dei medici sono pazzo.
L’aggravante è che quel giorno ero completamente lucido”

Axel sgranò gli occhi e, con gesti tremanti e affannati, si affrettò a tirar fuori il dvd dal lettore, senza curarsi che il video non fosse ancora finito.
Non riusciva a credere a ciò che aveva appena sentito, quello che doveva essere un momento di evasione si era trasformato in tutto fuorché un gioco e Axel non aveva idea di come reagire ad una notizia del genere.


“Allora il gravy e la salsa di cranberry² sono pronte, non erano abbastanza difficili da preparare… anche se… uhm… ero in difficoltà e quest’ultima si stava attaccando alla pentola così ho aggiunto della marmellata di cranberry”
“Cosa?! Che schifo!”
“Lo so, lo so…. però è venuta… dolce, molto dolce e non è proprio male”
“Ti ricordo che è una salsa che deve accompagnare un tacchino, non la devi spalmare sul pane tostato per merenda! Dio che schifo, ricordami di non accettare mai un tuo invito a pranzo”
“Tranquilla non lo farei mai, non vorrei correre il rischio che ti innamorassi di me”
“Ah-ah divertente, non credo che accadrebbe mai”
Una risatina femminile, forse un po’ troppo stridula, riecheggiò dall’altra parte dell’apparecchio telefonico e Reno si appoggiò con la schiena al piano della cucina continuando a mantenere il suo solito sorriso sghembo; mentre con una mano manteneva il cordless, con l’altra intanto si affaccendava a coprire le ciotole delle salse con della pellicola trasparente e le appoggiò sul davanzale per lasciarle freddare.
Gli piaceva Marlene, non in quel senso ma come segretaria personale e amica. Ormai la conosceva da così tanti anni che avevano sviluppato un tipo di rapporto in cui essi flirtavano o si stuzzicavano a vicenda senza però prenderla sul personale, la loro era pura amicizia e poi adesso lei era fidanzata ufficialmente con quel Denzel di cui non ricordava il cognome - ora che ci pensava aveva dimenticato la data delle loro nozze – questi era un tipo molto timido e silenzioso, lo aveva visto solo poche volte ma Marlene gli parlava sempre di lui.
Reno aveva sempre fatto parte di quel genere di persone meet-and-greet, il cui unico piacere e passatempo universale era avere una vita mondana ricca di impegni - ovviamente oltre a una bella bottiglia di birra ghiacciata e una partita di campionato di baseball o basket.
“Ti assicuro che se questo tacchino fa schifo vado personalmente da Bobby Flay³ e gli faccio pentire di essere diventato chef, parola di Reno Turks”
“Voglio proprio vedere”
Il timer del forno fece sobbalzare il rosso che si voltò di scatto e afferrò i guantoni da cucina, iniziò a sudare freddo quando vide fuoriuscire del fumo “Merda mi ero dimenticato del tacchino!”
“Brucia la portata principale e bruci l’intero pranzo” rise la voce dall’altra parte che si affrettò a salutarlo prima di attaccare.
“Sì, sì alla prossima e grazie dell’aiuto” borbottò il rosso posando il telefono e precipitandosi verso il forno, pregando che non sarebbe esplosa l’intera casa, quando aprì lo sportello fu immediatamente investito da un muro di fumo scuro e da una nauseante puzza di bruciato, con una buona manciata di fatica e scarso equilibro riuscì miracolosamente a trasportare il vassoio bollente sul piano cottura e si meravigliò di constatare del colore forse più-marrone-scuro-che-dorato del tacchino, ma in fin dei conti sembrava commestibile.
“Almeno non è uscita una massa nera e informe” si disse facendo spallucce.
Proprio in quel momento la porta d’ingresso si aprì e pochi istanti dopo Axel fece capolino in cucina che, alla vista del proprio genitore, mostrò un repertorio di espressioni che variava dallo stupito, allo scioccato per poi terminare con il disgustato.
“Dove diamine hai preso quel grembiule rosa?” esclamò senza staccare gli occhi da quell’orrore che suo padre stava indossando.
“Oh…ehm… sei già tornato?” ribatté questi con agitazione proprio come se fosse stato colto in flagrante durante un reato e poi lanciò un’occhiata esaustiva al grembiule “Questo….questo… beh sai che non sono bravo con il bucato!”
“In realtà non sei bravo in tante altre cose, come riparare le tubature, pulire casa…e cucinare. Che cavolo stai facendo? È tacchino quello?”
“Volevo farti una sorpresa” si giustificò Reno togliendosi i guantoni mentre andava incontro al figlio, appena vide che l’altro stava per ribattere con fare scettico si affrettò a precederlo “Senti lo so che ultimamente le cose tra noi sono andate così e così per colpa mia e che non ti sono stato vicino a dovere come un vero genitore, però mi dispiace e volevo rimediare”
In quel momento Axel non aveva voglia di iniziare una nuova discussione, aveva già abbastanza pensieri per la testa e risolse che forse doveva ascoltare gli altri e che un approccio democratico con il suo vecchio avrebbe potuto portare le cose a una buona risoluzione, così non diede subito aria ai suoi pensieri e dopo un breve silenzio parlò di nuovo
“Il tacchino si mangia al Ringraziamento, ora siamo a Gennaio” mormorò massaggiandosi il collo e abbassò lo sguardo, non era una persona da belle parole e finiva sempre per imbarazzarsi però sapeva di dover dare una possibilità a suo padre “È un po’ tardi però apprezzo lo sforzo”
Senza aggiungere altro si ritirò in camera sua dove accese lo stereo prima ancora di sedersi e posò sulla scrivania il dvd che aveva preso di nascosto a casa degli Strife, aveva intenzione di rivederlo ma aveva paura di quello che avrebbe potuto scoprire e poi la presenza ingombrante di suo padre non gli offriva particolare tranquillità mentale.
Il primo brano che partì fu Miserable at Beast. Perfetto, era la compilation dei Mayday Parade che gli aveva masterizzato Demyx, ora sì che aveva un motivo in più per demoralizzarsi.
Chissà che vita schifosa devono avere i Mayday Parade a giudicare dai loro testi.
A metà strada durante la seconda o la terza canzone sentì qualcuno bussare alla porta e la vide aprirsi senza che ne avesse dato il permesso. Suo padre sostava sullo stipite della porta con una strana aria persa che male si addiceva alla sua espressione, fortunatamente aveva avuto la decenza di togliersi quel grembiule dall’orrenda sfumatura e sembrava stranamente propenso a instaurare un dialogo con il ragazzo. Da parte sua Axel continuava a sedere sulla sua poltrona, con i piedi incrociati sulla scrivania e il braccio che gli sorreggeva il capo.
“Ti sei preparato un buon discorso?” domandò senza particolare entusiasmo nella voce.
“Penso di sì…” Reno prese la domanda del figlio come un invito ad entrare e a sedersi sul letto, al quale l’altro gli lanciò un’occhiataccia ma non se ne curò.
“Okay, allora comincia… io… io… non ti interromperò” Axel si girò verso do lui con la sedia e incrociò le braccia al petto. Il bello dell’essere Axel e Reno era che anche se si trattava della fine del mondo non ne facevano una grande questione; erano due persone fondamentalmente pacate e disinteressate - i problemi sorgevano quando non parlavano, il che avveniva la maggior parte delle volte, però quando decidevano di essere sinceri riuscivano a lavorare bene insieme. Vedere il padre così agitato e pensieroso gli faceva intuire che quello che stavano per affrontare doveva essere una bella rottura.
“Da dove vuoi che inizi?”
“Oh… scegli tu, ho tutto il tempo che vuoi”
Reno annuì e mugugnò qualcosa sottovoce, probabilmente pensava a come iniziare, prima di soffermarsi di nuovo sul figlio “Da quando tua madre è morta sono entrato nell’FBI per occuparmi del caso Sephiroth e metter fine a questa storia”
Un’altra cosa bella di Reno Turks è che quando decideva di parlarti di qualcosa andava dritto al sodo, mollava la bomba così senza curarsi se gli effetti fossero devastanti o meno.
Axel batté le palpebre un paio di volte e la sua bocca era dischiusa a mezz’aria, come se non avesse capito ciò che l’altro aveva appena detto.
“Scu-scusa?” balbettò non troppo convinto.
Reno sospirò col naso e distese il busto, sorreggendosi sulle braccia fermamente ancorate sul materasso “Hai presente tutti i miei affari che mi tengono lontano da casa per tanto tempo? Non sono affari finanziari come credono tutti ma-”
“Quindi mi hai mentito” sussurrò Axel con un fil di voce ma Reno subito alzò le mani davanti a sé.
“No no, non ti ho mentito!” esclamò “Io possiedo sempre tutte le proprietà di famiglia e faccio investimenti in borsa e non… l’unica differenza è che non gestisco più io tutte queste cose per mancanza di tempo. Non ho mentito…. è solo una copertura, non posso dire al mondo intero che sono nei servizi segreti”
Il ragazzo lo guardò stralunato, ancora impossibilitato dal formulare un pensiero coerente e così tutto quello che riuscì a biascicare fu un’inudibile “Perché?”
Reno a quella domanda si fece serio e si piegò su se stesso, reggendo le braccia sulle gambe e lo sguardo basso. La sua voce sembra essere diventata più ferma e profonda “Ax… purtroppo molte informazioni sono riservate però volevo che lo sapessi. Da tempo stavo valutando l’idea di metterti al corrente della situazione però sono intercorsi dei contrattempi che mi hanno tenuto occupato per vari mesi e…”
“Si trattava della cattura di Loz non è così?”
“Come lo sai?”
“Non sono scemo”
L’uomo studiò a fondo l’espressione piatta di suo figlio e cacciò un sospiro “Si trattava della cattura di Loz” affermò poi con un cenno del capo “Quella volta mi sono accorto troppo tardi che tu eri lì ad origliare, eravamo tutti assorti nei nostri pensieri e ho capito che era giunto il momento di dirti come stavano le cose”
“Quindi aspettavi che venissi a scoprirlo così per caso, vero?” commentò acidamente il rosso afferrando il telecomando dello stereo per mettere la musica in pausa e poi tornò a guardare di nuovo il padre “Hai idea di come io mi sia sentito? Mi hai preso per i fondelli per tutti questi anni e non sembri neanche rammaricato!”
“Adesso basta Axel, credi che io sia stato bene tutto questo tempo? Non potevo condividere con te le mie ansie e le mie paure, dovevo stare attento, dovevo ritornare tutto intero per te… l’ho fatto perché tu sei l’unica persona che amo ad essere ancora in vita. Però allo stesso tempo l’ho fatto per tua madre” dopo quell’improvvisa esplosione Reno si accorse del suo repentino cambio nel tono di voce e così si impose di darsi una calmata “Dio sa solo quanto ho amato e amo tutt’ora tua madre… era una donna così altruista, metteva il benessere della gente prima del suo e io più volte le avevo lamentato di non esporsi troppo ora che aveva una famiglia e tu eri piccolo, ma lei era una guerriera e quando ha scoperto gli orrori che compiva Shinra non ci ha visto più, diceva… diceva che era suo dovere denunciare quelle atrocità”
“Quali atrocità? Non ho mai sentito nulla”
“Il governo ha messo a tacere ogni voce e ha oscurato qualsiasi informazione a riguardo, non posso dirti niente. Comunque dopo le numerose denunce di avvertimento che Elena aveva sporto contro la Shinra, quel giorno aveva deciso di recarsi lì di persona… io non ero d’accordo perché dopo aver saputo che razza di gente senza scrupoli erano avevo paura che potesse succedere qualcosa… e lei… lei era sull’ingresso di casa, mi sorrise e mi disse “Come posso vivere bene quando ho sulla coscienza tutte quelle povere persone in cerca d’aiuto?”. Era una cosa più forte di lei Axel, era così devota al suo lavoro che non poteva fare a meno di prendere a cuore anche persone che non conosceva. E…e quel giorno quando si è recata alla Shinra anche lui era lì, Sephiroth, quel pazzo… Elena era lì per aiutarlo e invece lui…lui… dannazione” la voce di Reno si incrinò e nascose il volto tra le mani per impedire a quelle lacrime che bussavano con insistenza di uscire. Ogni volta che ripensava a quel giorno, ovunque si trovasse, qualunque cosa facesse sentiva come se una spada lo stesse uccidendo da dentro.
Dopo quella rivelazione Axel nonostante ce la stesse mettendo tutta per mantenere la sua aria sostenuta, non riuscì più ad essere arrabbiato con suo padre, tutto quel rancore che aveva portato nelle ultime settimane era improvvisamente svanito in favore di un profondo senso di malinconia. Quell’aria così miserabile non si addiceva a Reno Turks, il grande Gatsby del ventunesimo secolo, il re della cena surgelata e dei sabati sera in compagnia di birra e patatine.
“Come hai detto che è morta la mamma? Geostigma? Per caso è il nome in codice di qualcosa? Perché su internet e in biblioteca non ho trovato nulla… però hai detto che ce l’ha anche Roxas quindi si tratta sicuramente di qualcosa di grave perché lui non sta bene… non sta bene per niente anche se cerca di non darlo a vedere, lui è come la mamma… io sapevo che lei soffriva, glielo leggevo in faccia anche se ero piccolo. E io non voglio che anche Roxas se ne vada come lei”
“Cosa sai di Roxas?”
“Quello che hai lamentato al signor Strife di aver detto a tutti: sindrome del qt lungo. Però io sono sicuro che il suo non è solo un problema del cuore, è troppo strano… mi sono documentato”
“Ho sempre saputo che quando volevi eri davvero perspicace” Reno alzò lo sguardo e abbozzò un lieve sorriso.
“Il geostigma esiste… è una malattia di cui non si sa molto, è sempre tutto a discrezione del governo per questo non hai trovato nulla su internet. Al momento Cloud ha ingaggiato un’equipe medica per cercare una cura. Non iniziare a fare altre domande Ax, io sono fuori da questa storia, non ne so molto… io e Rude aiutiamo quando possiamo”
“La mamma è morta a causa del geostigma?”
“Sì”
Axel abbassò lo sguardo e rimase pensieroso per qualche minuto “E come conosci Cloud Strife?”
“Anche lui vuole chiudere il capitolo Sephiroth. Cloud non è nell’FBI ma perseguiamo lo stesso obbiettivo”
Reno studiò il volto contratto del figlio per una manciata di secondi e non si negò un debole sorriso. Quell’aria di consapevolezza che ora oscurava lo sguardo di Axel, la scoperta di come si prendeva cura di Roxas, la dedizione che impiegava in tutto ciò che amava fare… tutto questo lo rendeva così fiero, ormai il suo Ax non era più un bambino e sapeva che neanche sua madre sarebbe rimasta delusa del modo in cui era cresciuto.
“Ho conservato tutti i disegni che hai fatto, tutti quanti fin dall’asilo” pronunciò con voce più dolce, incontrando lo sguardo del ragazzo “E anche qualche letterina per Babbo Natale - quelle non tutte perché la maggior parte le hai imbucate – e anche qualche lettera per la mamma… Anche se ti sono stato lontano, anche se non sono riuscito ad essere un padre modello volevo che sapessi che io…ti… uhm… ti voglio davvero bene… e che tutto questo l’ho fatto per proteggerti e per non farti soffrire come ho sofferto io. Ti ho allontanato dalla città e hai indossato il cognome di tua madre per non essere troppo coinvolto, quella in cui mi sono invischiato è una faccenda pericolosa” concluse con una leggera risatina ma Axel continuò a rimanere in silenzio “Ax?”
L’altro sembrò riscuotersi improvvisamente dai propri pensieri e lo guardò perplesso “Dimmi”
“Potrai mai perdonarmi?”
Il rosso sospirò e si passò una mano tra la folta chioma ribelle “Non sopporto le bugie… la mia intenzione era venire qui e iniziare una guerra con te per placare tutte le mie frustrazioni… però ho capito che non serve prendermela senza affrontare i problemi di faccia”
“Quindi sono perdonato?”
“Non ti credere, sono ancora incazzato con te per avermi tenuto nascosto praticamente tutto, però è già un buon inizio il fatto che sei venuto qui per parlarmi”
“Non ti biasimo se sei arrabbiato, hai tutto il diritto di esserlo con chi ti racconta frottole” Reno annuì con un gran sorriso, si alzò dal letto e si diresse verso la porta per tornare in cucina “Il tacchino si sarà freddato, che ne dici di venire e riempire il tuo vecchio di commenti su quanto faccia schifo?”
Axel per un momento fu preso alla sprovvista da quell’invito, e seppur fosse del tutto lecito non se la sentì di unirsi a tavola e fingere un pranzo normale “O-oh… a dire il vero non ho molta fame, preferirei rimanere qui a fare delle cose se non ti dispiace” mormorò guardando con la coda dell’occhio il dvd abbandonato sulla scrivania e poi si voltò di nuovo verso il padre, che sembrò capire al volo il bisogno del figlio di un po’ di privacy.
“Okay… va bene, però voglio che lo provi comunque” disse senza lasciarsi abbattere da quel rifiuto, si volatilizzò all’istante e ritornò subito dopo con la stessa velocità con la quale era scappato, in compagnia di un piatto con un cosciotto di tacchino accompagnato da varie salse e da purè di patate “Avanti assaggia” lo incitò stranamente eccitato, probabilmente perché quella era la prima cosa complicata che riusciva a cucinare senza mandare a fuoco la cucina.
Axel abbozzò un sorriso e prese una forchetta per assaggiare, spezzò un pezzo di carne e iniziò a masticare lentamente.
Reno lo vide impallidire all’istante e spalancò gli occhi “Oddio, dimmi che non ti ho avvelenato”
Axel si girò e assunse un’aria terrorizzata quanto quella del padre e stentò a credere alle parole che pronunciò, se non l’avesse visto con i propri occhi non avrebbe mai detto che fosse stato suo padre a prepararlo “È buono!”


Tarrytown era un piccolo centro immerso nella natura in cui prima o poi conosci tutti, e se ti perdi di vista con qualcuno stai certo che lo rincontrerai sul tuo cammino. Era una cosa che Axel aveva notato quando era piccolo, quando prima conosceva dei bambini e poi questi sparivano dalla circolazione, alla fine qualcuno ritornava qualche anno dopo, un po’ cresciuto e in qualche caso anche un po’ tanto malato, però tornava comunque, confermando le sue tesi su quella città. Tarrytown aveva delle caratteristiche un po’ inusuali e per certi tratti anche grottesche, celate dietro l’apparenza delle sfarzose ville stile New England, però in fondo era una cittadina un po’ come tutte le altre in cui i toast cadevano sempre sul lato della marmellata e i teenager erano alle prese con i loro problemi da teenager.

E poi c’era questo ragazzino dai capelli rossi che non la smetteva più di parlarmi nonostante non mi conoscesse…”

Quel giorno Axel si era svegliato con una strana indisposizione nei confronti del mondo, complice la pioggia insistente che non gli aveva dato tregua neanche per un minuto durante la notte e la conseguente mancanza di sonno; quel giorno si sentiva di pessimo umore e avrebbe volentieri attaccato briga con Seifer o qualche idiota del suo calibro.
Nel breve momento di transizione tra la canzone che stava ascoltando e il brano successivo, il rosso si accorse vagamente di una presenza bionda che agitava le mani davanti ai suoi occhi e farneticava qualcosa senza senso.
“-elAxelAxelAxelAxel!”
“Cosa vuoi?” sbottò sfiladosi una cuffietta dell’ipod e lanciò un’occhiata disinteressata a Demyx che continuava a gesticolare imperterrito.
“Sai, volevo ricordarti che siamo a scuola”
“E allora?”
“E allora qui è vietato fumare, se non stai attento ti vedrà qualche professore o scatterà l’allarme antincendio e poi saranno cazzi”
Il rosso lo scrutò con aria seria, poi con estrema lentezza si tolse la sigaretta di bocca, vide Demyx sorridere vittorioso ma senza che potesse fare nulla gli soffiò una boccata di fumo in faccia e assunse un’espressione soddisfatta vedendolo tossire e sputacchiare.
“Ma che diavolo… Ax che ti prende? Sembri tornato lo stronzo di qualche mese fa” si lamentò il più basso facendosi aria con un quaderno che aveva in mano.

“…lui non era come Xion e i suoi amici…
è stata l’unica persona ‘normale’ ad avermi parlato tranquillamente, come se io non fossi una nullità,
come se non fossi diverso...”

Axel però non ascoltò una parola di Demyx, aiutato anche dalla musica ancora in riproduzione a tutto volume in un orecchio, si appoggiò al muro con una spalla, le braccia incrociate al petto e continuò a fumare incurante delle occhiatacce che gli rivolgevano gli altri studenti che affollavano il corridoio. Non seppe dire con precisione quanto tempo aveva passato in quella posizione, immerso nei propri pensieri, fatto sta che appena intercettò una chioma bionda familiare si staccò dal muro e iniziò ad avanzare lentamente nella sua direzione, a giudicare dall’assenza di Demyx e gran parte della folla doveva essersi distratto davvero tanto.
Quando Roxas intravide Axel camminare verso di lui, un enorme sorriso si accese sul suo viso e diede uno strattone al carrellino che portava con sé per raggiungerlo velocemente.
“Indovina!” proruppe emozionato, gli occhi erano illuminati e vitali come poche volte ma questo non migliorava l’umore del rosso anche se era contento di non vederlo sempre con quell’espressione spettrale.
“Cosa?” mantenne un tono dolce ma neutrale mentre lo guardava dall’alto.

Sono andato spesso a guardarlo di nascosto mentre giocava su quel campetto di street basket sul fiume,
però non ho mai detto nulla agli altri”

“Sono un pirata!” a giudicare dai movimenti febbrili non era più nella pelle di parlargli del suo corso di teatro “Sono nella ciurma di Capitan Uncino assieme a Vaan, non è fantastico?”
“S-si, è fantastico”
Roxas non era stupido, aveva sempre saputo che l’altro non era mai stato entusiasta della sua decisione però adesso era ancora più strano del solito, sembrava quasi scontento di qualcosa. Studiò per una manciata di secondi la sua espressione seria e poi sospirò “Cos’hai Ax?”
“Niente”
“Lo so che c’è qualcosa che ti turba… a me puoi dirlo”
“Non devi andare a lezione?”
“Ora buca”
Senza aggiungere altro, il rosso a quel punto mise una mano nella tasca del suo giubbotto di pelle e tirò fuori la piccola collanina col ciondolo a forma di chiave e la porse a Roxas che, appena la riconobbe, riuscì incredibilmente ad arrivare ad un incarnato ancora più pallido di quanto non fosse.
“A-Ax…”
“Questo è tuo, vero?”
Il biondo con occhi spalancati e bocca paralizzata passò in rassegna il piccolo oggetto nella mano dell’altro, e d'improvviso fu investito da un turbinio di ricordi che avrebbe preferito fossero rimasti sepolti nel suo animo.
Come… come l’hai trovata?” sussurrò senza guardarlo in faccia.
“L’ho trovata ieri a casa tua mentre dormivi, era a terra nel seminterrato”
“Pensavo di averla persa…”
Con mano esitante, Roxas la prese tra le sue e la studiò attentamente. Era esattamente come la ricordava, lo sguardo vagava meticolosamente per tutta la lunghezza della piccola chiave, soffermandosi su ogni dettaglio e imperfezione. Non avrebbe mai potuto dimenticare il giorno in cui Xion gliela regalò, doveva essere il suo regalo d’addio, voleva che lui andasse avanti con la sua vita e invece dopo tutti quegli anni Roxas sentiva di trovarsi in un limbo, bloccato a metà strada tra il passato e il futuro.
“Chi te l’ha regalata?” domandò Axel ad un certo punto mantenendo la voce bassa, lanciò un’occhiata attraverso la grande porta di vetro che dava sul giardino e gli altri edifici scolastici, fuori pioveva ancora.
“Qualcosa mi dice che lo sai”
“Speravo che fossi tu a dirmelo”
Non traspariva nessun emozione in particolare nelle parole del rosso che continuava a rimanere immobile, con le mani salde sui fianchi, e l’espressione apparentemente calma. Roxas invece non sembrava tanto tranquillo, la vista di quella collanina lo aveva scosso non poco e aveva il vago sentore che l’altro avrebbe colto l’opportunità di tartassarlo di domande.
“Xion” uno strano bagliore di arresa gli oscurò lo sguardo “Doveva essere il suo regalo d’addio prima che le nostre strade si separassero…”
“Cosa è successo?”
“Ci sono dei momenti nella vita di una persona… in cui capisci che la cosa migliore è lasciarsi andare per il bene di entrambi”
“Avete litigato?” Axel inarcò un sopracciglio all’esitazione dell’altro.
“Accadeva spesso”
“Per quale motivo?”

“… fumava, beveva, si bucava e si prostituiva…
ammetto che non è stato il miglior soggetto in circolazione,
però per me era più importante di chiunque altro…”

Roxas non rispose subito, abbassò lo sguardo e strinse nervosamente i pugni ai lati. In quel momento sembrava più piccolo di quanto non fosse e quell’arnese attaccato a lui non era altro che una fastidiosa presenza. Ormai si trovavano nel discorso, avrebbe potuto raccontare senza problemi ad Axel la verità ma niente gli assicurava che avrebbe potuto mai accettare un racconto del genere. Era sicuro che si sarebbe allontanato e lo avrebbe preso per pazzo per essersi attaccato tanto ad una persona disadattata come Xion… se avesse parlato, Axel gli avrebbe chiesto sempre più informazioni e avrebbe scoperto tutto: la sua fuga da casa, l’uso di droghe, il suo non riuscire più ad adattarsi in una normale comunità, il dolore di assistere alla morte di molti amici, la perdita del presunto amore, la sua depressione, il tentato suicidio. Tutto.
“Sai quando due persone sono l’una lo specchio dell’altra? Vorresti sempre il meglio per entrambi, ma poi quando capisci che ciò non può avvenire se siete insieme, vieni sopraffatto dalla rabbia”
“C’era… c’era qualcosa che Xion faceva che a te non stava bene?”
Roxas tentennò e alzò finalmente lo sguardo sulla persona davanti a sé provando ad abbozzare un lieve sorriso, con la speranza di far cadere lì l’argomento “Già… ma non era niente di importante, davvero. Sai, ogni tanto i ragazzi discutono per le cose stupide”
“Non mi sembra una cosa stupida” ribatté il rosso arricciando il naso e all’occhiata interrogativa del più piccolo si affrettò ad aggiungere “Intendo, a giudicare dalla tua espressione malinconica non sembravano cose da nulla”
“No… erano cose da nulla” affermò Roxas un po’ incerto.
“Sei sicuro?”
“Sì”
A quel punto il rosso si stufò “Senti Rox, ti faccio un’ultima domanda, però voglio che tu sia sincero. Chi era davvero questa Xion e perché sei sempre vago a riguardo?”
“Te l’ho detto non so quante volte Axe! Lei era… era una mia carissima amica, ci siamo conosciuti a scuola e passavamo molto tempo assieme. Non facevamo niente di diverso da quello che fanno tutti i normali adolescenti”
Ci fu un lungo silenzio che colmò i minuti che i due rimasero immobili a guardarsi negli occhi, non erano mai stati così scettici e indagatori prima d’ora come quella mattina e, anche se faticavano a crederci, qualcosa nel loro rapporto si stava incrinando.
“Sai Rox, pensavo che almeno tu fossi diverso dagli altri…” disse finalmente il più grande, senza staccare gli occhi verde smeraldo da quelli blu dell’altro “E invece mi sbagliavo”
“Cosa?”
“Tu più di tutti sai quanto odio le bugie e nonostante questo hai continuato a mentirmi imperterrito” Axel si bloccò di scatto e fece un lungo respiro, non avrebbe mai creduto che sarebbe arrivato quel giorno, loro erano sempre stati in sintonia, anche se si conoscevano solo da pochi mesi si erano amati davvero e quella decisione gli faceva male, si sentiva vulnerabile. Ma la rabbia era maggiore del dolore in quel momento “Forse anche noi non siamo destinati a stare insieme”
Roxas rimase agghiacciato da quell’affermazione e per quasi un minuto buono rimase immobile, senza compiere movimento o dire alcunché.
“Co-cosa? Cosa stai dicendo?”
“Roxas, hai capito troppo bene. Io so tutto ormai, non c’è bisogno di mentire con me” Axel proruppe in ghigno sarcastico e senza smettere di parlare si avvicinò alla porta di vetro e uscì in giardino, incurante della pioggia che lo colpiva come una serie di frecce appuntite. Senza attendere un invito Roxas si affrettò a seguirlo fuori, senza preoccuparsi del freddo.
“No, aspetta!” esclamò trascinando con non poca fatica il carrellino nel fango ma alla fine riuscì comunque ad afferrarlo per un braccio e a fermarlo “Cosa intendi con ‘io so tutto’?”
“Quello che ho appena detto” rispose questa volta ad alta voce, tanto era forte la foga con cui si era voltato e si era divincolato dalla presa che aveva fatto barcollare il più piccolo “So tutto… te, Xion, la droga, quello che faceva lei… tutto. Quello che mi basta per trarre le mie conclusioni” da interrogativo lo sguardo di Roxas divenne di puro terrore e Axel non ebbe bisogno di altre domande perché la sua espressione era abbastanza eloquente “Ho trovato una registrazione in cui raccontavi tutto ciò e sai come mi sono sentito mentre la guardavo? Un vero schifo. Mi sentivo preso in giro dalla persona che amavo e non è tutto! Ogni volta che ti ho chiesto di essere sincero con me tu mi guardavi negli occhi e mi mentivi”

“… dopotutto non si può giudicare una persona
senza conoscere i suoi più oscuri segreti, no?”

“Ti prego Axel, cerca di capirmi”
“Capire cosa? Quanto tu in realtà sia stato egoista? Mi spiace ma ne ho avuto la riprova poco fa quando ti ho dato un’altra possibilità… ogni volta che pensavo a quante volte mi hai preso in giro continuavo a ripetermi che prima o poi ti saresti confidato con me perché è questo che fanno le persone che si amano, parlano dei propri problemi, si consolano e si aiutano… alla base di ogni storia c’è la fiducia ma quando questa manca come può sopravvivere un rapporto?” prima di attraversare il giardino ed entrare nell’edificio della palestra, Axel abbassò il tono e con esso lo sguardo, lanciò con la coda dell’occhio un'occhiata densa di dolore verso il più piccolo e si domandò se fosse la decisione giusta “Non volevo arrivare a tanto ma mi hai costretto... abbi cura di te”
Axel aveva sempre avuto un rapporto particolare con la pioggia perché sembrava che le tappe più importanti della sua vita fossero scandite dal quel fenomeno atmosferico. Pioveva il giorno in cui sua madre fu portata d’urgenza in ospedale e pioveva anche quando ella morì, pioveva quando era caduto con la bicicletta e si era rotto il braccio e anche quando Saix l’aveva piantato per Xemnas; però aveva iniziato a rivalutare la pioggia il giorno in cui aveva baciato Roxas, allora non gli era sembrata più tanto spiacevole anche se poco dopo il biondo era stato male. Forse la pioggia era sempre lì per lui per lavargli tutte le lacrime che gli rigavano il volto.
Entrò in palestra completamente fradicio con una postura ricurva e passo lento ed esitante, avrebbe voluto girarsi e guardare almeno una volta l’espressione miserabile dell’altro ma non lo fece, continuò a proseguire spedito verso gli spogliatoi, superando Naminé e un Sora dall’aria persa che aveva assistito alla scena dalla finestra e ora lo guardava con incredulità senza però aprire bocca.
Afferrando la situazione al volo, Naminé incitò il castano a raggiungere Roxas che era ancora fermo sotto la pioggia e poi, fissando il rosso che si allontanava, contrasse l’espressione e sospirò con afflizione “Avevo detto loro di stare attenti altrimenti avrebbero sofferto…”
Nello stesso momento Sora corse in giardino più veloce che poté, attento a non scivolare, e afferrò le spalle del fratello “Cos’è successo?” disse agitato mentre lo scuoteva con vigore. Il volto contratto in lacrime del biondo era più che loquace di per sé ma voleva, doveva sapere per filo e per segno cosa fosse appena accaduto.
“Ho avuto veramente così tanta paura di perderlo che alla fine l’ho perso davvero…” Roxas socchiuse gli occhi, sentendosi improvvisamente attanagliato da uno strano senso di vertigine, la testa pulsava, le ginocchia tremavano così tanto che non sarebbero state in grado di reggerlo ancora per molto, e il petto gli faceva troppo male per descriverlo a parole. Questi fece un respiro profondo e con un braccio si sorresse al castano. “Sor…Sor aiutami tu… credo di aver appena rovinato tutto…”
Axel camminava nei corridoi apparentemente incurante del mondo circostante, con il proprio ipod nelle orecchie e lanciò un’ultimo sguardo al cielo cupo denso di nuvoloni, in quel momento si sentiva tradito proprio come il protagonista della canzone che stava ascoltando. Forse, forse Viva la Vida stava iniziando ad assumere un significato non più così distante anni luce dalla realtà del suo mondo.
“Never an honest word, but that was when I ruled the world”

Tarrytown era una piccola città come tutte le altre. C’era chi combatteva per i propri cari, chi desiderava una vita normale, si soffriva per i propri errori, chi lottava per conoscere la verità e chi si preparava a difendere il proprio onore e gli ideali per i quali si era votato.
"Il cielo è plumbeo... A cosa stai pensando, Xemnas?"


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¹ Negli Stati Uniti la seconda lingua viene inserita solo nei piani di studi di coloro che hanno intenzione di andare all'università (o quelli davvero interessati); ovviamente questo è a discrezione della scuola e del distretto in cui è situata poiché talvolta capita che la lingua straniera sia obbligatoria per tutti. Solitamente si studia lo spagnolo ma nelle scuole private esso viene sostituito dal francese, e dal momento che Axel, Roxas, Sora e tutti gli altri frequentano una preparatory school non è che hanno molta scelta.

² il gravy è una salsa preparata con i sughi di cottura del tacchino e con il quale viene accompagnato nel piatto; la salsa di cranberry è un altro accompagnamento da affiancare al tacchino e al ripieno e ha un sapore più dolce in modo da fare contrasto con la carne insapore e le altre salse salate. Sinceramente non ho idea di come tradurre “cranberry”, sui libri di cucina viene definito come mirtillo rosso ma sono due cose completamente diverse (comunque semmai vi trovaste tipo in Inghilterra o negli States, passate da Whittard e provate assolutamente il cranberry and raspberry tea <3)

³ Bobby Flay è un noto chef americano; presenta vari programmi di cucina, ha scritto libri e possiede svariati ristoranti in giro per gli usa

Penso che la diretta interessata l’avrà già visto ma comunque, harrysdimples mi ha chiesto di disegnarle la scena della telefonata di Axel e Roxas del cap 16 e io con tratto abbastanza pigro ho accettato volentieri, il disegno lo trovate qui.

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Capitolo 19
*** DEATH ***


Viva la Vida
Nei capitoli precedenti
“Xemnas, purtroppo quando ci sono di mezzo il potere e degli affari così importanti non puoi rimanere radicato ai legami. Niente sentimentalismi. Ricordi cosa ti ho insegnato? Vince il più forte”
“Ma-”
Allungò una mano verso il più giovane per sistemargli i lunghi capelli dietro le orecchie e con uno scatto improvviso poi gli strappò qualcosa dall'orecchio “Come ti ho detto, io odio gli usurpatori e i traditori” proferì ancora una volta, questa volta con tono più basso.

“Sai una cosa?” cominciò, una leggera titubanza gli increspava la voce “Forse sembra stupido da dire...ma in un certo senso lo capisco. Io...io non riuscirei a starti lontano"
Axel addolcì lo sguardo e congiunse le loro labbra in un casto bacio "E perché dovresti? Io non vado da nessuna parte"
“Sei sicuro?”
“Non ti lascerò mai”
“Mai?”
“Mai”

“Da quando tua madre è morta sono entrato nell’FBI per occuparmi del caso Sephiroth e metter fine a questa storia” [...]
"Quindi aspettavi che venissi a scoprirlo così per caso, vero? Mi hai preso per i fondelli per tutti questi anni e non sembri neanche rammaricato!”
“Adesso basta Axel, credi che io sia stato bene tutto questo tempo? Non potevo condividere con te le mie ansie e le mie paure, dovevo stare attento, dovevo ritornare tutto intero per te… l’ho fatto perché tu sei l’unica persona che amo ad essere ancora in vita. Però allo stesso tempo l’ho fatto per tua madre”

“E poi c’era questo ragazzino dai capelli rossi che non la smetteva più di parlarmi nonostante non mi conoscesse. Lui non era come Xion e i suoi amici... è stata l’unica persona ‘normale’ ad avermi parlato tranquillamente, come se io non fossi una nullità, come se non fossi diverso. Sono andato spesso a guardarlo di nascosto mentre giocava su quel campetto di street basket sul fiume, però non ho mai detto nulla agli altri.
… fumava, beveva, si bucava e si prostituiva… ammetto che non è stato il miglior soggetto in circolazione, però per me era più importante di chiunque altro… dopotutto non si può giudicare una persona senza conoscere i suoi più oscuri segreti, no?"

“Forse anche noi non siamo destinati a stare insieme”
"Cosa?"
“So tutto… te, Xion, la droga, quello che faceva lei… tutto. Quello che mi basta per trarre le mie conclusioni. Ho trovato una registrazione in cui raccontavi tutto ciò e sai come mi sono sentito mentre la guardavo? Un vero schifo. Mi sentivo preso in giro dalla persona che amavo e non è tutto! Ogni volta che ti ho chiesto di essere sincero con me tu mi guardavi negli occhi e mi mentivi”




#19. DEATH
Hey there now
Where'd you go
You left me here so unexpected
You changed my life
I hope you know
cause now I'm lost
So unprotected
"Se fossi nato anni luce da questa realtà, secondo te il mio destino sarebbe stato diverso, Saix?"
"Credo proprio di no, Xemnas. Il destino spesso lo si incontra sulla strada che hai intrapreso per evitarlo"
"Dunque il nostro castigo è quello di dover pagare per gli errori commessi dai nostri predecessori, non è così?"

Una volta Katherine Anne Porter disse che sembrava ci fosse, nell'universo, un ordine preciso nel movimento delle stelle, nel girare della Terra e nel trascorrere delle stagioni. Ma la vita umana è quasi sempre puro caos, ognuno prende la propria posizione, afferma i suoi diritti e sentimenti, fraintendendo i motivi degli altri e i propri. E se in quel momento Roxas avesse avuto i nervi saldi e la paura non avesse albergato nel suo cuore, avrebbe sicuramente rincorso Axel in capo al mondo per esporgli le proprie ragioni, eppure il senso di colpa che si era fatto strada in lui adesso lo stava soffocando, lo aveva paralizzato e prosciugato di ogni energia fisica e mentale. Internamente il suo intero essere era in subbuglio e il suo corpo tremava. Paura, dolore e panico. Tutti quei sentimenti che per lui erano letali si erano riversati con una tale prepotenza da provocargli nausea e vertigini e poco stava facendo il ragazzo per placare il suo crescente malessere.
"Roxas, ti prego parlami!"
Sora aveva ormai preso a gridare mentre con le mani stringeva febbrilmente le spalle del fratello, ma la sua voce si disperdeva nell'ambiente, otturata dal fitto scrosciare della pioggia. Le sue parole arrivavano smorzate alle orecchie del biondo che, con occhi spalancati e lo sguardo fisso sul fango sotto i suoi piedi, continuava a ripetere meccanicamente frasi sconnesse.
"Gli avevo detto che io sono solo cattivo ed egoista ma lui non mi ascoltava... io gliel'avevo detto... gliel'avevo detto più volte... ma lui non mi ascoltava, diceva che non importava...mi aveva promesso che non mi avrebbe mai abbandonato"
"Cos'è successo con Axel?" disse Sora senza badare al mormorio di suo fratello: la pioggia batteva gelata su di loro e i loro corpi stavano perdendo sensibilità a causa dell'intenso freddo, ma lui continuava a sfregare le proprie mani sulla pesante stoffa della felpa di Roxas. Non importava che piovesse, che la fuori ci fossero meno due gradi e neanche che il cielo minacciava una nevicata imminente e che loro erano sprovvisti delle loro giacche, l'unica cosa che gli premeva al momento era far sì che Roxas si sfogasse così che non covasse dentro di sé risentimento e afflizione com'era solito fare. Negli ultimi tempi le cose stavano andando decisamente meglio grazie alle sedute con Leon e alla presenza di Axel; il biondo stava ritornando pian piano alla normalità e questo era un grande passo secondo il parere dei medici che all'inizio lo avevano etichettato come senza speranze. Era l'estate dei loro quattordici anni quando fu deciso - senza il consenso dei loro genitori - che a seguito del suo crollo psicotico, e di tutte le conseguenze che avevano inciso sulle sue condizioni, sarebbe stato opportuno trasferire il biondo nel reparto di psichiatria. L'esperienza aveva scosso a tal punto i due ragazzi che da allora Sora si era ripromesso di vigilare costantemente sull'incolumità di Roxas - in maniera meno ossessiva di come era solito fare ma spesso non riusciva a fare a meno di lasciarsi dominare dalle sue ansie.
Roxas era distrutto emotivamente, non ci voleva molto per farlo scattare: per anni aveva accumulato tutte le angosce, le paure e le tensioni, e un'ennesima rottura con una persona importante nella sua vita avrebbe potuto culminare con un altro crollo mentale.
"Non doveva finire così..."
"Rox per piacere, parla con me... avete litigato?"
"Io... io volevo che fosse felice, non doveva sapere certe cose" ormai rassegnato, Roxas sussurrava tra i singhiozzi; il volto era contratto e non era riuscito ad impedire alle lacrime di scendere copiose mentre il suo corpo, scosso da fremiti, iniziava a dare i primi segni di cedimento "Lui... lui era troppo buono"
La vista intanto si era annebbiata, il respiro si era fatto più affannoso e, proprio quando le gambe cedettero sotto il suo peso, l'istante prima che potesse riversarsi al suolo, si sentì afferrare da due mani che si presero la briga di sorreggerlo al suo posto.
Tutto quello che voleva lui era solo preservare Axel da ulteriore, superfluo dolore. Voleva proteggerlo come non era riuscito a fare con Xion, ma non era stato forte abbastanza da evitare che questi venisse a contatto con la verità.
Aveva fatto soffrire la persona che amava di più al mondo, ma soprattutto aveva fatto sì che questa lo odiasse.
Mai come in quel momento Roxas si sentì un totale fallimento.
E mentre il suo corpo bruciava e la sua anima gridava disperata, le ultime cose di cui ebbe coscienza fu che il cielo aveva acquistato lo stesso colore cinereo dei capelli di Riku e una lacrima solitaria si mischiava alle gocce di pioggia che gli bagnavano il viso.

In a blink of an eye
I never got to say goodbye

"Dobbiamo andare in infermeria" la voce ferma dell'albino risvegliò Sora dallo stato di agitazione in cui era piombato; quando il castano veniva sopraffatto dall'ansia diveniva purtroppo incapace di svolgere con coerenza e adeguata velocità processi di ragionamento anche più semplici, per questo motivo Riku era sempre lì pronto a rischiarargli la strada per la retta via.
Certo, lui era stato così preso dal cercare di cavar fuori delle spiegazioni che non aveva minimamente pensato che Roxas non stesse bene o che la fuori entrambi avrebbero potuto ammalarsi.
"Riku, tu..." mormorò questi guardando il proprio ragazzo che sollevava senza troppi sforzi il corpo di suo fratello, ormai preda delle convulsioni. Era stato così assorto che non si era accorto del suo arrivo, non si era neanche accorto delle lacrime che stavano rigando il proprio volto.
"Sor prendi la bombola dell'ossigeno, okay?" sul volto serio di Riku si aprì un debole sorrise e questo bastò a spezzare la tensione, Sora accennò un assenso con il capo e si mise in spalla la borsa porta ossigeno.
"Con calma" gli sussurrava il più grande mentre entravano di nuovo nella scuola e attraversavano i corridoi a passo spedito "Vedrai che con calma si risolverà tutto"
Sora, da parte sua, rimasto qualche passo indietro, fissava la schiena dell'albino e non poteva fare a meno di osservare quanto Riku fosse forte. Egli era sempre tranquillo e pacato in qualsiasi situazione, anche nelle più gravi, e ora sentirlo dire certe cose con quella calma inaudita, nonostante i suoi movimenti tradissero un certo nervosismo, lo faceva sentire ancora più vulnerabile. I due avevano sempre vissuto in competizione, Sora soprattutto perché voleva dimostrargli costantemente quanto valesse, però ogni volta che le cose prendevano una piega diversa da come si aspettava, egli iniziava ad entrare in panico e finiva per creare solo ulteriore caos.
E qui Riku sopraggiungeva giusto in tempo per salvare la situazione.
Spesso Sora si era chiesto per quale motivo Riku lo facesse, si era anche domandato per quale motivo l'altro aveva accettato di mettersi assieme ad un tipo come lui che non riusciva neanche a mantenere il sangue freddo nel momento del bisogno.
"Per egoismo... Perché il tuo sorriso riesce a rasserenare anche gli animi più cupi e io voglio essere l'unico a cui sia rivolto" fu l'unica spiegazione che gli aveva offerto Riku con un mezzo sorrisetto.
Sora non aveva accettato una risposta del genere.
In realtà era arrossito e si era sciolto in un brodo di giuggiole, ma questo non l'avrebbe mai ammesso.
"Te la farò pagare" sussurrò alla fine, leggermente adombrato, affiancandolo e puntando poi lo sguardo dal volto sofferente di Roxas - se suo fratello stava male era lui a doversene occupare e non altri "Domani agli allenamenti te la farò pagare"
C'erano dei momenti in cui Sora arrivava quasi a odiare Riku. Erano quei momenti in cui combatti con tutte le tue forze per qualcosa, stringi i denti e cerchi di scrollarti il peso da dosso, ma tutto è vano e i tuoi sforzi non sono serviti a nulla. E poi, al momento giusto, con puntualità impeccabile, appare all'orizzonte Mr. Problem Solving sul suo bianco destriero di certezze, pronto per salvarti.
Tutto ciò era frustrante e Riku era un idiota perché sapeva che l'altro era orgoglioso, ma non se ne curava... però Sora lo amava sempre e comunque.

You were always there
and like shining light
on my darkest days
you were there to guide me

Ad ogni modo, il castano non si aspettava una risposta vera e propria alla sua affermazione, sia a causa della situazione in cui si trovavano sia perché la persona con cui parlava era Riku - l'eterno silenzioso - infatti questi rimase silente finché non arrivarono davanti alla porta dell'infermeria che spalancò con un piede senza troppe cerimonie.
"Yuna" Riku chiamò la dottoressa non vedendola alla sua scrivania "Yuna, sbrigati è urgente"
Richiamata da quella improvvisa voce grave e al contempo affaticata, la donna emerse dal fondo della stanza dove era stata occupata a medicare un ragazzino e assunse un'espressione preoccupata alla vista dei tre ragazzi bagnati fradici "Cos'è successo?" domandò senza perder tempo mentre indossava lo stetoscopio e si avvicinava con grandi falcate "Fallo stendere con delicatezza"
"È in stato confusionale. Convulsioni" spiegò sinteticamente l'albino una volta poggiato Roxas sul lettino, attento a stenderlo su un fianco così che non soffocasse. Riku aveva le mani intorpidite dal freddo e il fiatone a causa dello sforzo appena compiuto di trasportare il ragazzo nel minor tempo possibile in infermeria, però nonostante la stanchezza si adoperò a spogliarlo della felpa e delle altre magliette che aveva in dosso per non fargli prendere ulteriormente freddo. La fasciatura sul suo petto era sempre in bella mostra. Roxas non ne faceva mai parola con nessuno ma essa era sempre lì a ricordare tutti loro che qualcosa non andava con il suo corpo, in quel particolare punto del petto, attorno alla cicatrice dell'operazione, la pelle si era annerita e si stavano formando delle piccole piaghe sempre più evidenti man mano che il tempo passava. Cloud e Aerith avevano detto che si trattava di un'infezione ma i ragazzi non ne erano del tutto convinti.
"Ha il battito troppo accelerato ma almeno è ancora cosciente, è un buon segno" spiegò Yuna togliendosi lo stetoscopio, ancora assorta nel proprio dovere sfilò la cannula per cambiarla con una più comoda mascherina facciale; solo dopo qualche momento di silenzio lanciò un'occhiata a Sora che se ne stava immobile dietro di loro e con il volto basso e il piede che tamburellava freneticamente sul pavimento, poi andò a cercare lo sguardo del ragazzo dai capelli argentati che per qualche strano motivo non staccava gli occhi di dosso a Roxas. Gli animi dei due ragazzi sembravano essere scossi da qualche insidia interiore ma quello non era il momento di tergiversare altrimenti avrebbero solo aggravato la situazione, per questo motivo la donna parlò di nuovo "Ragazzi dovreste dirmi cosa è successo altrimenti io non posso capire se c'è un motivo scatenante o se questa crisi è arrivata all'improvviso"
La domanda non ebbe pronta risposta, gli unici rumori che si potevano sentire erano la pioggia che batteva contro le finestre e il respiro affannoso di Roxas.
"Sor?" vociò a quel punto Riku, come a volerlo esortare.
Sora era rimasto ad assistere alla scena qualche passo più dietro, aveva lo sguardo basso e si teneva occupato torturandosi i lacci della felpa. Non era la prima volta che rimaneva in disparte in quelle situazioni, ogni volta non poteva fare a meno di sentirsi sempre così inutile però era più forte di lui, appena la situazione si faceva critica il suo corpo si paralizzava. D'altra parte, questa volta il suo comportamento era leggermente diverso dal solito perché tradiva un nervosismo non interamente rivolto alla salute del fratello in sé ma anche alla situazione: questa era stata la prima volta, dopo anni di negazioni, che Roxas era potuto ritornare finalmente a scuola; prima il biondo seguiva le lezioni da privatista, com'era di consuetudine fare in casi di malattie del genere, però Sora era sempre stato fortemente opposto a questa misura perché sapeva che Roxas era infelice nell'essere costantemente segregato in quelle quattro mura che erano ormai diventate la sua prigione, certo aveva bisogno di qualcuno che gli stesse sempre vicino, però il castano era sicuro che un ambiente diverso in cui Roxas avesse ritrovato i suoi vecchi amici, avrebbe potuto giovare alla sua salute. I loro genitori, seppur con scetticismo, alla fine avevano deciso di seguire la proposta di Sora, ma a due condizioni: una era ovviamente che quest'ultimo avrebbe dovuto sempre monitorarlo e l'altra, quella che aveva sempre intimorito Sora, era che se semmai ci fosse stato qualcuno che con il proprio comportamento avrebbe potuto minare la salute di Roxas, loro lo avrebbero immediatamente ritirato da scuola.
E quello era proprio il problema che si era presentato.
Fin dall'inizio Sora aveva sempre cercato di allontanare Roxas da Axel perché sapeva che quest'ultimo era un tipo fin troppo imprevedibile, però l'ostinazione dei due ragazzi l'avevano portato a rivalutare il rosso. Axel era riuscito a far sorridere Roxas, gli aveva dato una nuova forza per andare avanti. Però Axel era un'arma a doppio taglio perché se da una parte poteva fare del bene per Roxas, dall'altra era anche causa dei suoi intensi sbalzi emotivi.
Se suo padre avesse saputo, avrebbe segregato di nuovo in casa Roxas seduta stante pur di non esporlo ad altri rischi.
Tuttavia Sora non poteva mettere suo fratello a rischio occultando la verità, così dopo un primo momento di incertezza, alla fine sospirò e parlò "Axel..." disse come unica spiegazione ma l'evidente perplessità che si leggeva sul volto di Yuna lo fece proseguire "Stavano discutendo e poi lui se ne è andato, piantando Rox in asso"
"Loro erano molto uniti, per questo è rimasto così turbato emotivamente" subentrò Riku per chiarificare, anche se non disse nulla in proposito, anche lui aveva colto le turbolenze che scuotevano l'animo del proprio ragazzo.
"Quindi è stato un litigio? Allora la cosa migliore da fare sarebbe tranquillizzarlo ed evitare così che peggiori" Yuna si portò una mano al mento con fare pensieroso e i due annuirono "Perfetto. Allora, Sora potresti-" si interruppe bruscamente e studiò l'espressione afflitta e apprensiva del castano. Si era seduto sulla sedia accanto al letto, prossimo ad una crisi di pianto, aveva la mano di Roxas nella sua e con l'altra gli accarezzava delicatamente una guancia.
Questi alzò lo sguardo, in attesa di qualche ordine ma lei cambiò subito idea.
"Potresti andare a telefonare i tuoi genitori?" domandò con tono gentile accennando la porta con il capo.
Senza dir nulla, Sora annuì e come sempre uscì nel corridoio dove la prima cosa che fece fu lasciarsi cadere a terra, la schiena appoggiata al muro e lo sguardo rivolto al soffitto.
Ogni volta che Roxas finiva in infermeria o in ospedale, con una scusa o con un altra, tutti lo mandavano sempre fuori.

Like a shooting star
Flyin' across the room
So fast so far
You were gone too soon

Una volta che il castano fu fuori, Yuna si indirizzò a Riku e gli chiese di prenderle il defibrillatore mentre lei preparava il necessario.
"Roxas? Roxas mi senti?" sussurrò poi all'orecchio del biondo con tono dolce e gli passò una mano tra i capelli.
"Mi...mi dispiace" singhiozzò lui senza aprire gli occhi, era pallido e si muoveva in maniera frastornata, senza il pieno controllo delle proprie facoltà.
"Lo so... Lo so ma stai tranquillo"
"Io non volevo..."
"Ma certo, tu sei un bravo ragazzo. Però ora devi farmi un favore e rimanere calmo, va bene?"
Riku aveva udito il flebile scambio di frasi tra Yuna e Roxas mentre si era assentato per qualche istante nella stanzetta accanto per reperire il defibrillatore, e una volta riemerso tornò ad osservare attentamente la dottoressa mentre continuava a parlare con accortezza e il corpo del biondo che si rilassava sempre di più a mano a mano che i secondi passavano, e non mancò neanche di notare la siringa usata che stava riponendo in una bustina sul comodino affianco.
"Era necessario sedarlo?" disse di punto in bianco avvicinandosi al lettino, era chiaro come il sole che gli avesse chiesto quel favore per distrarlo mentre lei metteva a dormire Roxas.
"Cosa ti fa pensare che io l'abbia fatto?" fu l'unica risposta che ebbe. Yuna si alzò dalla sedia dove si era momentaneamente seduta e andò a gettare la bustina contenente la siringa in un apposito bidoncino.
"Conosco Roxas"
"Era l'antibiotico" lei si giustificò a quel punto con una scrollata di spalle.
Una scusa del genere avrebbe potuto raggirare Sora o Axel ma non uno scettico come Riku "Roxas non prende l'antibiotico a quest'ora... ed è così innaturalmente tranquillo solo quando lo imbottite di schifezze" calcò appositamente le ultime parole con tono più duro senza preoccuparsi del fatto che stesse parlando con un'adulta.
"Che brutti termini che usi" la donna fece spallucce e tornò al suo posto accanto a Roxas, iniziò a togliere con cura tutte le bende e preparare l'occorrente per fare una nuova medicazione "I tranquillizzanti servono solo ad aiutare una persona quando essa non è in grado di farlo da sé"
"E pensi che metterlo ko con quella roba risolverà la sua situazione?"
"Io sto eseguendo solo quello che mi è stato chiesto di fare in questi casi, Riku. E non prenderla tanto a male perché non sei un medico e non puoi sapere cosa è meglio o peggio per Roxas, quindi fidati di più degli adulti"
"Ormai negli ultimi anni Roxas è stato imbottito di così tanti farmaci per tenerlo buono che era diventato uno zombie, non era più reattivo! Non è così che si devono risolvere i suoi problemi" sbottò il ragazzo corrucciando la fronte, stava cercando di mantenere la calma e un volume di voce basso per non farsi sentire da Sora, ma dal suo tono forzatamente neutro era evidente tutto l'astio che stava provando in quel momento verso la castana che lo guardava senza batter ciglio "Era una stupida discussione con un altro ragazzo! Sarebbe bastato parlaci un po' e la cosa si sarebbe risolta per il meglio"
"Certo sempre se prima di ciò non si fosse fatto venire un attacco di cuore a furia di piangere e deprimersi"
"Vi paga bene il signor Strife vero?" disse poi con tono sarcastico "Lui sa sempre cosa fare in tutte le situazioni, soprattutto quando si tratta di affari tra adolescenti"
"Esattamente, il signor Strife sa cosa è giusto e cosa è sbagliato per Roxas. Lui è adulto e ha esperienza rispetto a voi ragazzi" lei annuì con tono fermo, osservava attentamente il ragazzo ma non lasciava che le sue parole la colpissero più di tanto. In fondo riusciva a capire che Riku era solamente preoccupato per il benessere dell'amico.
"E tu sai cos'è giusto o sbagliato?"
...certo, era preoccupato per l'amico ma adesso stava decisamente esagerando. Yuna si alzò dalla sua sedia e camminò in direzione dell'albino per guardarlo bene negli occhi, ella si posizionò davanti a lui, a pochi centimetri dal suo volto. Lo sguardo serio, l'espressione fiera e la postura composta si contrapponevano a quella scomposta dal giovane che si stava facendo divorare dalla rabbia.
"Adesso basta, Riku, stai disturbando il riposo di Roxas" dichiarò.
"Rispondi solo a questa domanda!"
"Quando mi è stato affidato il compito di venire in questa scuola e monitorarlo sapevo che si trattava di un compito oneroso per questo presto molta attenzione a quello che devo fare e quello che mi dicono di fare"
"Ma non puoi trattare così un paziente!"
"Se è per il suo bene sì"
"È scorretto sedarlo così su due piedi solo perché è triste. Non puoi fargli una colpa se ha dei sentimenti! Roxas è costretto a privarsi di molte cose ma non puoi togliergli anche quelli!"
"Qui nessuno glie ne sta facendo una colpa-"
"Quando lui si sveglierà la situazione non sarà cambiata, le liti e i problemi non saranno cancellati perché qualcuno lo ha messo a dormire"
"E cosa avrei dovuto fare allora?"
"Che ne so, tipo parlargli? Confortarlo e dirgli che le cose si sarebbero risolte col tempo?!"
"Riku io non sono il suo psicologo"
"Infatti, sei la dottoressa della scuola e in quanto tale avresti dovuto avere più riguardo nei suoi confronti. Tu l'hai trattato come se fosse un oggetto... un oggetto che in quel momento non sapevi come gestire e così l'hai messo da parte"
"Basta così, stai esagerando! Se non te ne vai di qui ti spedirò dal preside!"
"Tranquilla ti risparmio anche questa fatica, tanto me ne stavo andando!" sibilò lanciandole un'occhiata fulminante mentre usciva dall'infermeria sbattendo la porta.
Una volta fuori si concesse un lungo sospiro con la speranza di calmarsi e adocchiò Sora che si era raggomitolato a terra, con la schiena premuta contro il muro e lo sguardo fisso sul cellulare.
"Ho chiamato papà, ha detto che sarebbe arrivato quanto prima" disse questo senza neanche alzare il volto per guardarlo.
"Bene" mormorò l'albino con un filo di incertezza che velava il tono, si grattò un braccio e sperò che l'altro non avesse udito lo scambio con Yuna "Uhm... senti, per quanto riguarda prima..." ma Sora lo interruppe senza che potesse terminare.
"Tranquillo, sto bene... sono consapevole di essere un'idiota nel momento del bisogno, sto lavorando sul mio carattere per cercare di rendermi più utile... però ti ringrazio per tutto quello che fai"
Riku esitò un momento e trattenne il fiato prima di porre quella che più che domanda aveva l'aria di un'affermazione "Hai sentito la discussione"
"Quasi tutto"
Un lungo silenzio cadde tra i due e il più grande si insultò mentalmente per non aver mantenuto la calma, alla fine però non poté fare altro che arrendersi all'evidenza dei fatti e si sedette a terra accanto a Sora, gli passò un braccio attorno alle spalle e poggiò la sua fronte contro il capo dell'altro "Hai idea di cosa sia successo?"
Sora però scosse il capo, senza mai alzare lo sguardo dal suo cellulare.
"Hanno litigato, questo è certo" affermò Riku con fare pensieroso iniziando a massaggiargli la schiena, e questo bastò all'altro per voltarsi per la prima volta verso di lui, la fronte corrucciata e un'espressione apprensiva gli deformava il volto.
"A giudicare dall'espressione furiosa di Axel direi proprio di sì, però ho un brutto presentimento"
"Di che si tratta?"
"Era da tempo che non litigavano così... forse anche da prima di mettersi insieme"
Riku si morse un labbro.
"Pensi che se la caveranno?" continuò il castano quando non ebbe alcuna risposta dall'altro.
"Non so" il più grande si raddrizzò da quella posizione scomoda, scosse il capo e sospirò "Sono delle teste calde, entrambi hanno un caratteraccio"
"Quando è stata l'ultima volta che abbiamo litigato noi invece?" si ritrovò poi ad interloquire Sora dopo un paio di istanti di riflessione, questa domanda prese Riku contropiede ma non gli impedì di emettere una risatina al pensiero.
"Stamattina... quando ho trovato il tuo dentifricio"
A quel punto Sora gonfiò le guance e mise un tenero broncio infantile "Non ti fai mai gli affari tuoi"
"Devi spremerlo dal fondo e non da metà o come ti capita, è una questione di ordine!" Riku sorrise e gli baciò la punta del naso, sapeva che gli dava estremamente fastidio ma si divertiva a vederlo lamentarsi e infatti non ci volle molto prima che il castano iniziasse a mugugnare contrariato.
"Che tu sappia Axel e Roxas hanno mai discusso sul dentifricio o sulla fragranza dello shampoo?" domandò di nuovo quest'ultimo ripensando invece ai loro più che frequenti battibecchi.
"Non mi pare.... in realtà non li ho mai visti discutere da quando stanno insieme"
"Secondo me lo fanno di nascosto perché in pubblico vogliono mantenere l'immagine dei perfetti fidanzatini!" sbottò contrariato ma poi realizzò quello che aveva appena detto e aggiunse "O almeno volevano... spero che le cose tra loro si risolvano altrimenti... altrimenti Rox... spero che tra loro non sia grave come penso". Ancora una volta Sora interruppe la frase e si passò una mano tra i capelli, i suoi gesti erano frenetici così come i pensieri che avevano messo in subbuglio il suo animo ed emise un sospiro di rassegnazione, non aveva senso continuare ad affliggersi così "Papà sicuramente lo rinchiuderà in casa"
Riku non rispose. Non c'era nulla da dire per lenire l'angoscia del castano se non qualche tipica frase di circostanza che però non avrebbe modificato la situazione attuale; quando sarebbe arrivato, Cloud avrebbe valutato l'entità dei fatti e avrebbe giudicato quale provvedimento fosse opportuno per il figlio, fino ad allora non rimaneva loro altro da fare che sperare in meglio.
"Sei tutto bagnato, vai ad asciugarti altrimenti ti prenderai qualche malanno" affermò di punto in bianco mettendosi di nuovo in piedi, aveva bloccato l'altro prima che potesse di nuovo adombrarsi.
"Anche tu sei bagnato" gli fece notare l'altro seguendolo con lo sguardo, ma il più grande si mise le mani nelle tasche dei jeans e iniziò ad incamminarsi nel corridoio.
"Non preoccuparti per me. Vai a prendere il tuo cambio negli armadietti dello spogliatoio e usa le lavatrici di quelli di teatro per lavare questi vestiti"
Sora si alzò lentamente in piedi, senza mai staccare lo sguardo dalla schiena del suo ragazzo, e poi contrasse la fronte quando sentì uno sgradevole calore assalire le sue guance.
"Piantala di trattarmi da bambino!" sbraitò dimenandosi e prendendo a pugni l'aria, non poteva negare di amare quelle piccole attenzioni e riguardi che l'altro aveva nei suoi confronti però tutto ciò lo imbarazzava da morire.
Alla sfuriata di Sora, il ragazzo dai capelli argentei si voltò e gli rivolse un sorrisetto di sfida "Non ti tratto da bambino, voglio che tu sia in forma quando dovrai farmela pagare domani"

Oh I miss you now
I wish you could see
Just how much your memory
Will always mean to me

Gli spogliatoi della palestra erano più affollati di quanto avesse immaginato, tenendo presente che a quell'ora la maggior parte degli studenti avrebbe dovuto essere impegnata con le lezioni, ma dopotutto Axel non se ne stupì più di tanto conoscendo i soggetti che attualmente avevano occupato abusivamente la panca davanti al suo armadietto e avevano acceso un interessante dibattito su quello che era successo pochi minuti prima nel cortile della scuola.
Le voci giravano, e, dio se non erano veloci ad arrivare alle orecchie di tutti.
"Sai come saranno felici adesso tutte le povere cheerleader che ti facevano la corte? Adesso quelle iene avranno di nuovo campo libero" Xigbar scoppiò a ridere senza un motivo ben preciso e il rosso arricciò il naso, offeso dalla sua totale mancanza di tatto in tutta quella situazione.
"Deficiente, Axel si è appena lasciato e tu pensi alle altre ragazze... ricordati che se lui torna in pista ci saranno meno prede per noi" lo riprese Xaldin.
"Cazzo, è vero!" questi spalancò gli occhi e si girò di nuovo verso il rosso con fare grave "Ax devi subito rimetterti con il bimbo biondo"
Ma Axel si limitò a sospirare e ignorò i farneticamenti insensati degli amici, in favore di... rassettare il proprio armadietto. Era una cosa che non aveva mai fatto - e sinceramente ancora non capiva perché lo stesse facendo - ma finché gli permetteva di occupare la mente con qualcosa che non riguardasse Roxas, fulmini e il perpetuo senso di colpa allora era tutto ben accetto.
"Sei consapevole del fatto che tra poche ore tutta la scuola saprà del piccolo spettacolino che si è tenuto questa mattina in cortile?" domandò poi Marluxia, appoggiato con una spalla allo sportello dell'armadietto accanto, aveva le braccia incrociate al petto e lo sguardo indagatore che cercava di analizzare a fondo tutte le parole che i silenzi di Axel gli stavano gridando "Avresti potuto fare una cosa meno plateale... ma tu sei Axel e non sei soddisfatto se ogni tua azione non implichi qualche tipo di esibizionismo" il solo pensiero che all'uscita di scuola una marea di ragazze in piena crisi ormonale potessero sommergerli lo seccava abbastanza.
Il rosso serrò le labbra fulminò l'amico dai capelli rosa "Senti lo so che è stato stupido da parte mia, magari avrei potuto scegliere un luogo più adatto... e magari avremmo potuto discuterne davanti a un tè e pasticcini" sbottò sarcastico e chiuse lo sportello dell'armadietto con un tonfo, catturando così l'attenzione anche di Xigbar e Xaldin mentre Marluxia non batté ciglio "Ma ero incazzato e lo sono tuttora!"
"Si può sapere cos'è successo?"
"Niente"
"Il tuo non mi sembra niente" cercò di far luce Marluxia, tuttavia non sembrava essere tanto fortunato.
"Ho bisogno di una sigaretta" sputò Axel con espressione furiosa e prese a camminare avanti e indietro per lo spogliatoio "No, che sto dicendo... qui mi serve qualcosa di più potente, magari mi ubriaco e non ci penso più"
"Piantala di farneticare, così facendo non risolverai nulla" Marluxia lo redarguì con tono pacato, ormai abituato al temperamento dell'altro. Quest'ultimo però non ci badò molto e continuò a camminare per la stanza con l'intenzione di sbollire la propria frustrazione.
"Vaffanculo!"
Xigbar inarcò un sopracciglio alla foga impiegata dall'amico nell'inveire contro il ragazzo dai capelli rosa e proprio non riuscì a capire quel suo strano comportamento, non l'aveva mai visto così nervoso e frenetico "Eddai Axeeel calmati, sei troppo agitato"
"Calmarmi?" Axel scattò subito nella direzione del compagno di bevute, guardandolo con ostilità con il solo intento di fulminarlo ed era sicuro che ci sarebbe riuscito senza troppi problemi se avesse posseduto una tale facoltà "CALMARMI?" sottolineò assottigliando gli occhi e poi sibilò sottovoce "Voi non avete idea di-"
"Se ce lo dicessi lo sapremmo" intervenne Marluxia bloccando l'altro a metà strada, questi non si era mosso di un centimetro dal suo posto contro lo sportello dell'armadietto indice di un freddo temperamento in contrasto con il furore mostrato dal rosso. Lui sapeva che quello che turbava Axel non era una semplice discussione, c'era qualcosa di più profondo, di irraggiungibile per tutti gli altri. Nonostante la sua natura frivola e leggera, Marluxia era in realtà sottile e calcolatore capace di captare anche il più flebile segnale se la situazione non lo convinceva del tutto, e a riprova di ciò l'ottanta percento delle volte che nutriva un dubbio aveva sempre ragione - spesso si diceva di aver acquisito questo atteggiamento avveduto da suo padre, lo sceriffo della contea, ma poi con il tempo aveva riscontrato più interessante fingersi ingenuo così da avere la strada spianata davanti a sé e non risultare sospetto. Ora che ci pensava, Marluxia aveva sempre avuto un talento innato nel fare ricerche, trovare indizi e far venire a galla la verità, sarebbe stato davvero il degno successore di suo padre se quel mestiere gli fosse piaciuto. In realtà tutto quello che faceva era solo per scacciare la noia, per scoprire quell'irraggiungibile, adrenalinico brivido di eccitazione. E invece niente, la sua vita dei quartieri alti era una totale noia, era per questo motivo che si era unito al gruppo di Xemnas.
Adesso però il fatto che Axel non stesse più con Roxas significava dire addio al nuovo passatempo che aveva visto nella storia del biondino.
"Vuoi il motivo?" fece eco Axel respirando a fondo come per calmarsi.

"Ti è mai capitato di pensare che la tua vita forse non è altro che una grande bugia?"
"Che cosa intendi?" Axel guardò il biondo con la coda dell'occhio e intrecciò le dita della mano con le sue.
"Non lo so" sospirò Roxas all'inizio e rimuginò qualche istante per pensare a come spiegare meglio i suoi pensieri "Che tutto quello che credi sia reale non è altro che una menzogna... di svegliarti un giorno e scoprire cose di te che non sapevi, o meglio, di scoprire che non sei la persona che hai sempre creduto di essere?"

"Bugie" riprese con tono velenoso "La ma vita è tutta una menzogna e mentire è la prima cosa che mi è stata insegnata. Fin da quando sono nato la mia vita è stata sotto i riflettori a causa della fama dei miei genitori, ho dovuto imparare a mentire per apparire sempre al meglio, mantenere una facciata in pubblico. E così per non soffrire ho deciso di alienarmi, non me ne fregava più se tutto attorno a me cadeva a pezzi ma così facendo non ho fatto altro che continuare a mentire anche a me stesso. Era una sorta di placebo, stavo bene però alla fine ho capito che non potevo continuare così... Secondo te cosa avrebbe fatto più male, mentire a me stesso e ignorare tutto quello che mi accadeva attorno oppure svegliarmi e affrontare tutti i problemi?" chiese a nessuno in particolare, aveva serrato gli occhi come a volersi allontanare ancora di più da quella realtà. Questa volta fu Xaldin a rispondere, con fronte contratta e voce combattuta se parlare o no.
"Penso la seconda, Ax" non nascondeva che Axel lo preoccupava, il ragazzo stava davvero esagerando, non lo aveva mai visto in quello stato.
"Mi sono scontrato con le menzogne di tutti quelli che mi circondano e sai una cosa? Fa davvero schifo aprire gli occhi alla realtà perché ti rendi conto che non puoi più fidarti di nessuno! Tua madre, tuo padre, la persona che ami... e pure quello stronzo di Saix, ormai tutto fa brodo... nessuno è quello che credevi che fosse. Tutto quello che ho chiesto è un po' di sincerità, non sono un fottuto minorato che ha bisogno di vivere in una bolla di cristallo "
"Adesso stai generalizzando" prese di nuovo voce Marluxia, leggermente scosso dalle parole affilate dall'altro. Ormai non aveva più dubbi, Axel aveva saputo di Roxas, a tal riguardo si era sempre domandato come avrebbe reagito il rosso a quella vera e propria bomba ma non si sarebbe mai aspettato una reazione simile. Quello doveva essere stato il suo prezzo per aver covato per anni dentro di sé dubbi e incertezze.
"Ehi Ax noi siamo qui per aiutarti!" la voce di Xaldin si sovrappose a quella dell'amico dai capelli rosa. Xaldin era conosciuto assieme a Xigbar per essere uno dei peggiori casinisti e attaccabrighe della scuola ma in realtà lui era uno dei più sentimentali, anche se non l'avrebbe mai ammesso neanche sotto tortura e avrebbe sicuramente pestato a sangue chi si sarebbe permesso di fare una simile insinuazione.
"Non vi ho chiesto alcun aiuto e ora che ci penso non so neanche perché vi sto dicendo tutte queste cose... io non dovrei essere neanche qui tra l'altro!" sbraitò uno stizzito Axel che, nonostante fosse ben cosciente del suo attuale comportamento, non poteva far a meno di continuare a gridare e fumare dalla rabbia "L'unica cosa che voglio ora è stare DA SOLO!" e detto questo fece per avviarsi verso l'uscita della stanza proprio nell'esatto momento in cui le porte dello spogliatoio furono bruscamente spalancate e rivelarono la presenza di Riku. Accadde tutto nel giro di pochi momenti, il ragazzo dai capelli argentati si avvicinò ad Axel con grandi falcate, lo afferrò per il bavero della maglia ancora umida dalla pioggia e con la mano libera gli sferrò un gancio così potente da farlo traballare.
Il rosso ci mise un paio di minuti per registrare quello che era accaduto e fece un cenno del capo a Xigbar e Xaldin - che nel mentre si erano frapposti tra lui e l'albino e sembravano pronti a ridurlo in un cumulo di sangue - di togliersi di mezzo, ci avrebbe pensato lui. Non avrebbe mai tollerato un simile affronto.
Riguadagnò la sua compostezza e senza dir nulla si avviò fuori lo spogliatoio, invitando tacitamente l'altro a fare lo stesso, e una volta che i due furono lontani abbastanza da orecchie indiscrete, Axel si lasciò andare.
"Che cazzo ti salta in mente? Venire e tirarmi un pugno in faccia? La prossima volta non sarò più tanto indulgente da scrollarti quei bestioni di dosso" chiese retoricamente, in realtà sapeva perfettamente cosa volesse Riku da lui.
"Che cazzo ti salta in mente lo dico io! Perché non sei con Roxas? Sai dov'è adesso?" fu la risposta dell'altro, come volevasi dimostrare Axel aveva centrato il tema e, con un sospiro di menefreghismo, scrollò le spalle.
"No, non lo so...non sono mica sua madre"
"Axel..." iniziò a dire Riku ma il rosso lo bloccò con un gesto della mano, in quel momento non aveva alcun intenzione di sentire nient'altro che contribuisse al suo crescente mal di testa di peggiorare ancora di più.
"Riku, per piacere"
"No niente per piacere" affermò duro "Roxas è in infermeria, era così scosso che Yuna ha deciso di sedarlo perché non ne voleva sapere di calmarsi"
Poco bastò a catturare l'attenzione del rosso.
"Cosa?" fece questo puntando lo sguardo su di lui.
"Tu avevi il compito di occuparti di lui, avevi detto che non lo avresti mai fatto soffrire e io ho voluto darti credito perché sembrava davvero stare meglio. Ora cos'è successo tra di voi?" Riku lo guardava serio dal basso di quei pochi centimetri che li distanziavano, i suoi pugni erano serrati e gli prudevano dal desiderio di sferrargli un altro pugno.
"Tranquillo, ormai non stiamo più insieme quindi non ci sarà più il pericolo che io possa farlo soffrire"
"Cosa, scusa? Perché vi siete lasciati?"
"Fai troppe domande, com'è che sei diventato tanto loquace?" Axel proruppe in una risata sarcastica mentre affondava le mani nelle tasche dei jeans nel disperato tentativo di riscaldarle, ma fu tutto vano, anch'essi come tutto il resto erano ancora bagnati. Stava pianificando una fuga anticipata da tutto e tutti per rifugiarsi davanti al camino di casa sua e bruciarsi i neuroni davanti ai videogiochi per staccare totalmente dal mondo.
Riku storse il naso e sbuffò "Riformulo la domanda in 'è stata una decisione presa da entrambi?' "
"Chiedilo a Roxas. Chissà, può essere che hai più fortuna di me... può essere che di te si fida e ti racconterà tutto" ribatté amaro.
"Senti, non voglio farmi gli affari vostri però qui è una cosa seria. Prova a parlargli! Lo tranquillizzi, vi sedete a un tavolino e discutete di tutti i vostri problemi come due brave persone mature"
"Stai scherzando spero, io e quel moccioso viziato non abbiamo più nient'altro da dirci. Anzi fammi un piacere, quando lo vedi digli di non piangere sul latte versato. Sarò pur paziente ma non sono scemo" affermò con un tono che non ammetteva repliche e fece per avviarsi verso il proprio armadietto nel corridoio principale così da poter prendere la propria borsa e tornare a casa ma Riku lo afferrò per un braccio e lo bloccò.
"Moore, io sono stato dalla tua parte, ti avevo dato fiducia" sibilò tra i denti "...ma ti giuro che se le condizioni di Roxas dovessero precipitare all'improvviso verrò da te e te la farò pagare"
"Oh, sto tremando di paura..." lo derise il rosso con lo sguardo ancora fisso davanti a sé e con uno strattone si liberò dalla presa dell'altro, si voltò leggermente verso Riku e lo guardò dall'alto, e, senza battere ciglio, con una mano sbatté violentemente contro il muro uno sfortunato ragazzino che stava passando di lì "Ricorda che scherzare con Axel equivale a scherzare col fuoco"
E detto questo se ne andò senza degnarlo di un ultimo sguardo e lasciò Riku dietro di sé incapace di replicare.

In a blink of an eye
I never got to say goodbye

I pallidi raggi del sole di Gennaio filtravano attraverso le grandi vetrate gotiche della cattedrale e davano un tocco di colore in quell'ambiente solitario e abbandonato. Sebbene tutto attorno fosse in rovina era un miracolo che quella chiesa, che malcapitatamente sorgeva nelle vicinanze del grattacielo della Shinra ormai in macerie, era ancora in piedi e in discreto stato, ovviamente essa era stata sconsacrata e lasciata in balia dell'incuria ma nonostante questo si riusciva ancora a respirare un'aria di tranquillità non indifferente.
Cloud camminava con estrema lentezza lungo la navata e attorno all'altare per scrutare ogni più piccolo dettaglio e quasi si sentì in colpa per aver lavorato per anni in quella zona - alla Shinra - e non essersi mai fermato ad ammirarla prima di quel giorno, prima che tutto andasse distrutto. Lanciò un'occhiata fuggente alla sagoma tracciata con il gesso sul pavimento di legno e aggirò la scena del crimine per non intralciare la scientifica che in quel momento era al lavoro alla ricerca di qualche prova. Tutta l'area era stata transennata anche se non c'era nessuno che avrebbe potuto avvicinarsi - in realtà tutto il Distretto Finanziario era sotto sequestro ma l'omicidio che era avvenuto da pochi giorni in quella cattedrale rappresentava una pista troppo importante perché venisse contaminata, rappresentava l'evidenza della presenza sul territorio dei Silver Haired Man.
Passò in rassegna l'ambiente e alla fine si fermò a contemplare una macchia di verde, del tutto inusuale in un luogo del genere. Una manciata di assi di legno erano state sventrate dal pavimento e al di sotto di esse erano stati scoperti dei fiori molti simili a gigli bianchi che crescevano rigogliosi.
"Sono capaci di nascere e crescere in luoghi avversi ma allo stesso tempo sono così delicati e bisognosi di cure che altrimenti morirebbero nel giro di poco tempo"
Aerith li amava, quando li aveva visti una volta che aveva presenziato a un sopralluogo se ne era subito innamorata.
"Clooooud quanto tempo ci metti?" fu l'urlo del tutto fuori luogo che riecheggiò nel silenzio della cattedrale, Cloud alzò lo sguardo contrariato e vide in lontananza, sull'uscio del portone, Reno che gli faceva cenno con le braccia "Sbrigati che è tar-". La sua bocca fu però tappata bruscamente dalle mani di un omone che era apparso alle sue spalle.
"Idiota, siamo in una chiesa" lo redarguì Barrett non mancando però di sbraitare sonoramente proprio come aveva appena fatto il rosso, fortunatamente arrivò Rude giusto in tempo a placare le acque.
Cloud si ritrovò a sospirare e rivolse un ultimo sguardo a quello scorcio di natura lì davanti a lui prima di raggiungere gli altri, parlò con voce bassa e nostalgica, come se stesse conversando con qualcuno in particolare “Ci stiamo dando da fare per risolvere tutto il prima possibile, non solo per Roxas ma anche affinché tu possa riposare in pace” fece una breve pausa e si inginocchiò per cogliere un fiore “Potrai mai perdonare la follia umana?"
Quei fiori erano una sorta di miracolo della natura perché era come se volessero rendere omaggio alla tomba che era sotto di essi.

Like a shooting star
Flyin' across the room
So fast so far
You were gone too soon

Roxas stava ridendo.
Rideva di gusto come una di quelle poche volte che gliel'aveva visto fare da quando lo conosceva. Erano a casa di Axel e il più piccolo stava sfuggendo dalle sue grinfie ridendo animatamente per i corridoi; alla fine però si era trovato braccato nella camera di quest'ultimo e non poté fare altro che prendere un cuscino per difendersi. Ma Axel era temerario e non si fece troppi scrupoli a circondare con le sue grandi braccia sia il cuscino che il corpicino del biondo.
Ti ho preso!” rise di gusto come un bambino. Si lasciò cadere a peso morto sul letto, portando con sé anche Roxas.
Lasciami subito” comandò l'altro senza usare però un tono perentorio, tra una risata e l'altra.
Roxy non sarai così ingenuo da pensare che io ti lasci scappare ancora?” rispose il più grande con il suo solito ghigno spavaldo.
Il più piccolo sorrise e posò un leggero bacetto sulla punta del naso dell'altro, facendolo inevitabilmente diventare più rosso dei suoi stessi capelli. Vide come Roxas soffocò una risatina e affondò il volto nel cuscino che teneva stretto al suo petto.
Rimasero stesi in quella posizione così a lungo che Axel credette seriamente che Roxas si fosse addormentato, ma un mugugno da parte di quest'ultimo lo fece ricredere.
Axel?”
Mh?”
Tu mi hai detto che non ci separeremo mai, vero?”
Mai”
È una promessa?”
Certo”
Però...però se io un giorno dovessi morire tu cosa faresti?”
Cosa?”
Axel si svegliò di soprassalto, il cuore batteva veloce nel suo petto come se volesse uscire dalla sua gabbia toracica e un pesante senso di angoscia gravava alla bocca dello stomaco. Borbottò qualcosa sottovoce e si passò un braccio sugli occhi per scacciare via gli ultimi residui di sonno; ad essere sinceri non si era neanche accorto di essersi addormentato, una veloce occhiata alla tv e constatò che essa era ancora accesa e il videogioco in pausa. Ultimamente non era raro da parte sua fare sogni del genere, ovviamente ne avrebbe fatto volentieri a meno ma non poteva che attribuirli al senso di colpa che lo stava uccidendo per la piega che aveva preso il rapporto con il biondo. Axel si sentiva davvero una schifezza, non avrebbe mai voluto che andasse a finire così però la rabbia c'era e non si era ancora dissipata del tutto, anche se più volte si era dato dello stupido e si era detto che forse avrebbe potuto agire in maniera più civile e matura. Tra l'altro sperava che Roxas stesse bene, Riku qualche giorno addietro gli aveva detto che il ragazzo era molto scosso ma fino ad ora né lui né Sora si erano fatti sentire quindi significava che il biondo era fuori pericolo. O così almeno si augurava.
Dopo un ultimo sbadiglio finalmente decise di alzarsi dal letto, spense la tv e con una mano iniziò a massaggiarsi il collo intorpidito mentre si avviava in cucina per prepararsi qualcosa da mangiare, o almeno questa era la sua intenzione prima che in salotto intercettasse una figura con una capigliatura color acciaio che rivolgeva uno sguardo accigliato a quello che stavano trasmettendo in tv.
"Sei ancora qui?" domandò avvicinandosi al divano bianco sul quale era seduto l'altro, quasi gli faceva ridere come il colore dei capelli del ragazzo si abbinava al grigio antracite delle pareti.
"Cosa c'è che non va con la società? Hanno fatto un documentario sulle tette di Kim Kardashian!" sbottò incredulo Zexion indicando lo schermo con enfasi.
"Ti assicuro che ci sarebbe da fare più di un semplice documentario su quelle tette" rispose Axel con nonchalance e alla sua incredibile naturalezza l'altro inarcò un sopracciglio.
"Sei per caso andato a letto con lei?"
"Ma ti pare?" esclamò subito il rosso ma poi si affrettò a continuare quando si accorse che non ci avrebbe fatto proprio una bella figura "Cioè se avessi avuto l'opportunità l'avrei fatto pure... sai solo per andare vicino agli altri e vantarmi 'Sono andato a letto con Kim Kardashian!'. Però...uhm... vedi... io ho altri interessi"
"Non lo avrei mai detto, almeno prima che ti mettessi con Roxas"
"Ho sempre cercato di nasconderlo..." ammise con una scrollata di spalle "Sono un personaggio pubblico, se avessi messo i manifesti sai che che casino che ci sarebbe stato? No grazie, preferisco tenere per me certe cose, forse non sembra ma ci tengo molto alla mia privacy. Per questo ogni tanto mi portavo a letto qualche ragazza... e la mia relazione con Larxene? Anche quella era una stronzata, lei aveva bisogno di una copertura per i genitori e io un po' per tutti” ridacchiò amaramente “Pensa che per sembrare ancora più credibile la sera andavo in quei bar di Manhattan assieme a Luxord, Xigbar e Xaldin... come diavolo si chiamava quel localino che mi piaceva tanto?" ridacchiò sforzandosi di rievocare il nome.
Zexion storse il naso "Ho capito a quali ti riferisci e non voglio sapere i dettagli... non voglio neanche sapere come hai fatto ad entrare in certi locali per adulti"
"Baby secondo te a cosa mi serve la carta d'identità falsa?" il più grande ammiccò con tono fintamente malizioso "È lì comunque che ho incontrato la Kardashian... dal vivo è una strafiga da paura, niente a che vedere con Paris Hilton"
"Santo dio" si ritrovò a sospirare sconsolato il ragazzo dai capelli color acciaio.
"Quindi come puoi ben vedere la mia vita era tutto un 'nascondi la tua vera natura altrimenti tutti avranno da parlare ancora più di te' e la cosa non mi allettava tanto, anche se così non sono mai stato felice. Poi quando mi sono messo con Roxas un po' l'ho fatto anche per lui e per non farlo stressare, aveva bisogno di un ambiente tranquillo attorno a lui no?"
Zexion rimuginò un momento sulle parole dell'altro e impostò la tv su muto prima di girarsi completamente verso di lui "Però a scuola non sembravi aver problemi a mostrarti con lui in pubblico"
"No..." mormorò Axel prendendo il mento tra il pollice e l'indice e contrasse la fronte "Non ho avuto problemi... non so forse perché sapevo che la scuola era un ambiente più, diciamo, sicuro... anche se non sono più "attivo" come prima ho ancora una certa autorità lì dentro, i ragazzi mi temono e quindi non si sognerebbero mai di dire qualcosa di sconveniente perché sanno a cosa andrebbero incontro. D'altra parte ammetto anche che quando stavo con Roxas non mi facevo scrupoli, a volte mi dimenticavo addirittura che forse avrei dovuto curare di più la mia immagine pubblica"
"Da come parli sembri molto legato a lui"
Axel sussultò e non rispose subito, si portò una mano tra i capelli rossi per ravvivarli e alla fine sospirò sconfortato.
"Già... sono sempre stato di gusti difficili però con Roxas..." mormorò e fece una smorfia quando realizzò cosa stava dicendo e a chi però non gli importò più di tanto "Con Roxas ero felice, nonostante tutti i suoi problemi e le difficoltà, ero davvero felice anche solo di poter passare del tempo con lui"
"Perché allora l'hai lasciato?" il tono di curiosità veicolava con sé anche un accenno di rimprovero.
"Non mi va di parlarne ancora" borbottò alla fine il rosso sulla difensiva, e detto questo lo piantò in asso e andò in cucina. Zexion sospirò alzandosi dal divano e raggiungendolo nell'altra stanza, trovò Axel intento a frugare in frigo alla ricerca di qualcosa.
"Axel"
"Zexion" ripeté l'altro annoiato.
"Perché credi che sono qui?"
"Per infastidirmi... e per finirmi tutte le scorte in frigo"
"Quasi... avevo fame" abbozzò un sorrisetto colpevole.
Axel prese un paio di buste di affettati e del formaggio, richiuse il frigo e poi andò alla ricerca dei bagel dispersi in qualche mobile "Hai finito tutti i latkes* che mi ha mandato la mamma di Dem" si lamentò come un bambino.
"Stavano in frigo dall'Hannukkah, per quanto ancora volevi conservarli? Ti ho salvato da un'intossicazione alimentare"
"Stronzo ammettilo che volevi solo mangiarteli tutti" Axel lo guardò in tralice.
"Scusa non ho potuto resistere" ammise infine Zezion con una risatina e alzando le mani in segno di resa "Allora che dicevamo?"
"Che è ora che tu vada via" borbottò il rosso afferrando un coltello per tagliare i due bagel "Non hai una casa?"
"I miei sono fuori città, posso tornare a casa quando avrò terminato il mio lavoro"
"Che sarebbe?"
"Sapere perché hai lasciato Roxas" dichiarò tranquillamente il più basso scrutando i movimenti ora tesi del rosso, questi infatti interruppe il suo lavoro di precisione e lanciò un'occhiata infastidita a Zexion.
"Che diavolo volete tutti da me?"
"Allora?"
"Perché sei così insistente? Tu non eri il topo di biblioteca emo e silenzioso che stava sempre per conto suo?"
"Non sono emo"
"E i tuoi capelli?"
"Un taglio di capelli non fa di una persona un emo"
Axel inarcò le sopracciglia e fece un esclamazione di stupore, poi tornò a concentrarsi sui bagel che aveva appena tagliato e cominciò a spalmarci il formaggio e riempirli di salumi di vario genere. Una volta ultimato il lavoro ne passò uno a Zexion.
"Ebbene?" insisté ancora quest'ultimo ringraziandolo per il panino e alla fine Axel si ritrovò a cedere alle sue pressanti richieste, anche perché non ce la faceva a sentire ancora le persone chiedergli sempre le stesse cose.
"Roxas mi ha tenuto nascoste delle cose e io mi sono incazzato. Sapevo che lui non mi diceva proprio tutto su di lui però speravo che prima o poi me ne parlasse e invece ogni volta dirottava l'argomento oppure mentiva"
"Erano cose importanti?"
"Beh, sì... abbastanza"
"Ti ha tradito?"
"No, no che stai dicendo"
"Non vedo cosa ci sia di molto importante che abbia potuto nasconderti allora"
"Non penso di essere la persona più adatta per parlartene ma credimi quando ti dico che si potrebbe scrivere un libro intero su tutto quello che avrei da dire"
"È una cosa che comprometteva la vostra relazione?"
"Non... non propriamente... cioè non lo so... se me ne avesse parlato a tempo debito penso che ne avremo discusso in maniera civile e si sarebbe risolto tutto"
"E invece Roxas ha preferito tenerti nascosto...” il ragazzo si interruppe un istante per trovare una definizione adatta “...qualsiasi cosa sia. Era una cosa personale? Se non comprometteva la vostra relazione perché hai agito così?"
"Perché stiamo insieme, volevo che me ne parlasse così avrei potuto aiutarlo a superare i suoi problemi"
"Non hai pensato che magari non si sentisse pronto? Che se ne vergognava o addirittura aveva paura che tu non accettassi questo suo segreto?"
Axel fece per parlare ma le sue labbra si bloccarono a mezz'aria e nessun suono fuoriuscì da esse, non riuscì ad articolare nessun pensiero coerente.
"Vorrei che ritornassimo a quando non c'erano problemi tra noi" ammise abbassando lo sguardo e allontanò il piatto con il bagel che si era appena preparato, improvvisamente gli era passata la fame.
"Puoi sempre recuperare"
"No che non posso"
"Sì, ti basta solo andare da lui e parlarne. Lui era distrutto e anche tu non sei messo meglio... guardati come sei ridotto, sembri un uomo di mezza età che è stato appena lasciato dalla moglie. Dove diavolo è finito l'Axel sempre pronto e lustrato per ogni occasione? Ovviamente questa situazione ti sta turbando non poco, perché gettare al vento tutto quello che hai creato?"
Axel boccheggiò per un breve momento ma poi scosse energicamente il capo e perforò l'amico con i suoi occhi verdi "Tu non capisci... non posso andare da lui con la coda tra le gambe e fare finta che non sia successo niente. Che figura ci farei?"
"La figura della persona innamorata. Demyx lo fa sempre quando capisce di aver sbagliato"
"Ma io non sono come Demyx!"
"Allora sii ragionevole e fai quello che ti ho detto"
A quel punto Axel non ci vide più, non si era neanche reso conto di aver da poco iniziato ad alzare il tono ma si era visto braccato in un angolo. Tutte quelle domande e quelle pressioni lo stavano facendo andare in panico, improvvisamente la temperatura della casa sembrava essere schizzata alle stelle e delle minuscole goccioline di sudore si stavano formando sulla sua fronte mentre le sue mani tremavano. Tutto quello stava diventando troppo per lui.
"Sai una cosa? Vaffanculo!" esclamò facendosi trasportare dai sentimenti. Rabbia, snervamento, ansia, angoscia e sensi di colpi. Tutte quelle emozioni contrastanti lo stavano facendo andare fuori di testa.
Solo dopo un buon minuto sbiancò quando si accorse di aver sbattuto con violenza il pugno sulla superficie della cucina e che l'espressione di Zexion era completamente scioccata. Ormai con le spalle al muro, il rosso preso dall'agitazione non sapeva più cosa gli stava succedendo così si abbandonò all'inerzia e senza neanche il bisogno di ricevere qualche impulso in particolare, le sue gambe compirono grandi falcate fino all'ingresso per prendere le chiavi della macchina e il cappotto e uscì senza dare ulteriori spiegazioni.

You're part of me
And I'll never be
The same here without you

Stava impazzendo, ne era sicuro.
Il problema era Roxas, sempre lui, lo era stato fin dal primo giorno che lo aveva conosciuto quando con il suo carattere dominante e vendicativo l'aveva fatto crollare miseramente ai suoi piedi; sempre Roxas, durante il corso dei mesi, anche quando era assente riusciva a ridurlo a una poltiglia di emozioni che avrebbe fatto invidia a una ragazzina alle prese con la sua prima cotta. E persino ora che Axel aveva deciso di mollarlo, Roxas non ne voleva sapere di lasciarlo in pace - o almeno l'immagine di Roxas prodotta dalla sua stessa mente. Il rosso era messo così male che qualsiasi cosa gli ricordava il biondo, qualsiasi: la strada che stava percorrendo al momento (era la stessa che faceva tutti i giorni per recarsi a casa Strife), il sedile anteriore vuoto (ormai posto esclusivo di Roxas), il cd in riproduzione dei Queen (regalatogli di Roxas), i grandi laghi che si susseguivano fuori al finestrino (luogo della loro prima uscita in barca) e la villa di mattoni rossi con il tetto blu che ora stazionava imponente davanti a lui...
Okay, forse quella non era esattamente la cosa che si aspettava di vedere.
Axel stava cercando in tutti i modi di fuggire dal ricordo di Roxas e il suo stress gli giocava lo scherzo di cattivo gusto di farlo piombare giusto davanti casa del suo disperato amore. Tirò un pesante sospiro, scese dalla vettura con passo ciondolante e vi si appoggiò con la schiena. Rimase immerso nei pensieri per una buona manciata di minuti, indeciso se andare a bussare o no.
Axel sapeva di essersi comportato da stronzo, da vero pezzo di merda, così come sapeva che il suo comportamento era stato irragionevole perché quello che lo turbava non era stato scoprire tutte quelle cose sul passato del biondo, ma il fatto che questi non gli avesse detto nulla. E se avesse dovuto commentare un comportamento del genere, l'avrebbe definito del tutto legittimo, se si fosse trovato nei panni di Roxas neanche lui probabilmente avrebbe detto nulla - forse per paura più che altro, in realtà non sapeva quali fossero i sentimenti che spingevano il biondo a tenere tutto sotterrato nei meandri della sua coscienza più profonda però era evidente che tutta quella situazione lo faceva stare male tutt'ora.
I rimorsi stavano corrodendo Axel dall'interno e in più si mettevano anche i ricordi sotto forma di sogni a perseguitarlo.
Cosa?” il rosso aggrottò le sopracciglia e affilò lo sguardo sul corpo accanto al suo, Roxas intanto aveva voltato il capo verso Axel, anche se era ancora affondato nel cuscino quasi più grande di lui. I loro occhi si specchiarono, rimasero a lungo in silenzio, fermi in quella posizione – il corpo di Axel era steso su un lato, girato verso il biondo, mentre il più piccolo era steso sulla sua schiena con il cuscino premuto ancora su di sé quasi come per nascondersi.
Rox?” non avendo ancora ricevuto risposta, lo esortò con tono ora apprensivo appoggiandosi sui gomiti “Che significa?”
Roxas dischiuse la bocca un paio di volte nel tentativo di rispondere ma vi rinunciò. Si raggomitolò su un fianco, stringendo compulsivamente il cuscino al petto, e abbassò lo sguardo.
Lo sai"
Axel chiuse gli occhi e fece un profondo sospiro, perché le cose dovevano essere così complicate?
Roxas era stupido perché anche se aveva tentato di accennare all'argomento quella volta che erano andati insieme a New York, aveva l'abitudine di inviargli le informazioni sempre sotto forma di rebus, e Axel... forse lui era peggiore perché avrebbe dovuto ascoltarlo più attentamente senza voltargli le spalle.
Credo... credo che ci sono delle storie, degli eventi che non hanno spiegazione. Tu puoi trovare tutte le colpe del mondo, puoi affermare che il peccato sia di talune persone mentre altre sono innocenti, eppure questo non è altro che un punto di vista... Ci sono quelle storie in cui gli intrecci sono solo colpa di un gioco fatale del destino, nessuno è nel giusto o nello sbagliato e spesso si commettono passi falsi per errore, cerchi di fare una cosa per bene e invece fallisci miseramente e magari vieni accusato per questo... la canzone lo dice, morto un re se ne fa un altro, no? Per quanto ti sforzi di fare una cosa non sarai mai abbastanza, dopo vieni comunque rimpiazzato”

Con un gesto secco aprì di nuovo la portiera e rimise in moto la macchina, pronto a partire verso qualunque meta a patto che fosse lontano dai suoi problemi.
Era proprio un vigliacco del cazzo.

Like a shooting star
Flyin' across the room
So fast so far

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"Esprimete un desiderio!" mia madre cinguettò gioiosamente mentre io e Sora, in piedi su una sedia, guardavamo la torta illuminata dalle candeline davanti a noi.
Sora prese a battere le mani proprio come facevano tutti gli invitati mentre cantavano e poi si rivolse a me con un gran sorriso "Al tre, 'kay?"
Io annuii e lo presi per mano mentre ci piegavamo verso il tavolo e iniziavamo a soffiare. Quattro candeline per me e quattro per Sora. Una volta che riuscimmo a spegnerle, tutti attorno a noi esultarono e ci circondarono calorosamente per abbracciarci e riempirci di baci.
Era il 14 Febbraio, il giorno del nostro compleanno e all'epoca non c'era nulla di più gioioso.
"Sora, Roxas" una volta dissipatasi la folla, mia madre riapparve al nostro fianco con un coltello in mano e un leggero sorriso sulle sue labbra "Mettete una manina su quella della mamma e aiutatemi a tagliare la torta!"
Tutti e due facemmo come ci disse e mettemmo una mano sulla sua e tagliammo la prima fetta, poi Sora fu preso in braccio dalla zia Rikku, la madre di Ventus, mentre mio padre aiutava me a scendere dalla sedia. Io mi allontanai velocemente dalla mischia che adesso affollava il tavolo per accaparrarsi un pezzo di torta e raggiunsi Ventus che era letteralmente incollato alla grande vetrata ed era intento ad ammirare il panorama innevato di Central Park, proprio come ero solito fare io.
"È proprio bello!" esclamò girandosi verso di me e io annuii, lui aveva tre anni più di me e Sora e stranamente mi assomigliava molto.
Qualche minuto dopo Sora arrivò correndo verso di noi con un piatto in mano e una fetta gigante di torta al suo interno, lui era sempre stato il goloso di famiglia.
"È buona la torta?" domandò Ventus alla vista della glassa di cioccolato e mio fratello annuì sorridendo mentre prendeva un pezzetto e lo portava alla bocca.
"Tantisshimo, prendila anche tu Venny!"
Mio cugino prese in parola Sora e corse subito a riscattare la propria fetta, e così rimanemmo io e mio fratello.
"Woxy mangiala anche tu"
Ma io scossi la testa, non ero mai stato particolarmente attratto da quelle cose e al mio rifiuto Sora non demorse, cercò anzi di spingermi in bocca un pezzetto che aveva sulla forchetta, io però girai la faccia e la torta mi cadde rovinosamente sulla maglietta.
"Oooops... scusa!" disse guardando l'estesa macchia di cioccolato.
"Ma guarda cos'abbiamo qui"
Io e Sora alzammo lo sguardo e vedemmo Sephiroth dietro di noi che ci scrutava a fondo dall'alto con uno strano sorriso stampato in volto, poi si rivolse a Sora "Ohh stavi cercando di dividere la torta con tuo fratello? Che gesto carino Sora, sei proprio un bravo bambino" mio fratello ridacchiò "Non preoccuparti, adesso andremo a ripulire Roxas così potrà giocare di nuovo con te... vero Rox?" fece con un tono fastidiosamente zuccheroso mentre mi prese in braccio, con un dito mi tolse una macchia dalla guancia e se la portò alle labbra per assaporarla "Mmm cioccolata"
Io presi ad agitarmi, infastidito da quel gesto e guardai implorante mia madre che si avvicinava a noi.
"Rox, tesoro, cosa ti è successo?"
"Sora voleva dargli un po' di torta ma gli è caduta addosso" Sephiroth rise e mi strinse forte a sé "Ci penso io a cambiarlo Aerith cara, tu torna a intrattenere le altre signore. Non possiamo avere un festeggiato sporco di cioccolata e una padrona di casa assente"


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Quando Roxas riguadagnò coscienza la testa gli martellava in maniera incessante e aveva paura che aprendo gli occhi avrebbe solo peggiorato la situazione, così optò per rimanere fermo e tranquillo in quel suo dormiveglia ancora per un po' prima di svegliarsi completamente. Ormai il sonno lo aveva abbandonato da un pezzo e la sensazione di insofferenza di rimanere sempre steso lo stava facendo quasi uscire fuori di testa. Nell'ultimo paio di giorni infatti non si era mosso dal proprio letto, salvo per i controlli, e tra l'altro si disse anche parecchio fortunato perché, nonostante quel giorno a scuola si fosse inzuppato completamente, stranamente non si era ammalato - a differenza di Sora, lui era uno spettacolo orripilante. In quel suo eccessivo tempo libero aveva fatto di tutto pur di non dare di matto riguardo agli ultimi eventi. Aveva messaggiato molto con Vaan, quest'ultimo era sembrato davvero preoccupato, e aveva sentito anche Kairi e Yuffie. Anche Leon era andato a trovarlo un paio di volte con la speranza di conversare, ma Roxas non ne voleva sapere di aprire bocca. Nonostante ciò però la sua mente vagava sempre verso mete indesiderate... proprio come stava per fare in quel momento.
Tra Axel e quegli strani sogni che lo lasciavano scosso ma di cui non riusciva a ricordare nulla, non sapeva quanto la sua mente avrebbe retto ancora.
Alla fine giunse alla decisione che non aveva più voglia di starsene in quella posizione così, dopo un leggero sbadiglio, aprì lentamente gli occhi e si mise a sedere.
La sua camera era in penombra, le tende erano quasi del tutto tirate così che solo un leggero squarcio di luce soffusa riusciva a filtrare e le mille lucette erano accese per dare una maggiore visibilità senza però dare troppo fastidio. Tutto sembrava in ordine come lo aveva lasciato prima di addormentarsi finché non adocchiò qualcosa di estraneo al suo mobilio.
"Demyx?!" esclamò sinceramente preoccupato di non essere ancora del tutto sveglio, ma dovette ricredersi quando il suddetto personaggio, che fino a un istante prima gli aveva dato le spalle, si voltò e sul suo volto apparve un sorriso a dir poco chilometrico.
“Ehilà Roxy!” gridò a voce alta - sebbene Roxas avesse più volte provato a fargli notare che doveva ridimensionare il timbro di voce, l'altro non sembrava capace di mettere in pratica tale richiesta.
“Che diavolo ci fai qui?”
“Mi ha aperto una signora che parlava solo in spagnolo, penso sia la governante”
“Portoghese..." precisò il piccolo biondo con un leggero sospiro " E sì, è la governante”
“Oh bene, comunque dato che dormivi ho pensato di intrattenermi guardando questi disegni ad acquerelli. Non pensavo disegnassi” Mullet-man si voltò completamente verso Roxas e gli mostrò le piccole tele che avevano catturato la sua attenzione. Esse erano tentativi di raffigurare paesaggi naturali oppure persone come Sora, Naminé o Aerith, ma avrebbero potuto essere meglio inscritti nella categoria di un fantasioso astrattismo.
“Ah quelli... Non ci far caso, erano uno dei miei passatempi durante la convalescenza di questi anni. Non ero molto bravo così mi aiutava mia madre a dipingere, sembrava tenerci molto”
“Sono carini, dovresti tenerli esposti!"
Roxas scrollò le spalle e appoggiò la schiena al cuscino per mettersi più comodo.
“Ho incontrato Riku giù in salone, era al pc...ha detto che Sora è in quarantena?” mormorò poi Demyx riponendo tutti i disegni e si avvicinò al letto.
“Proprio così" Roxas abbozzò una risata "Sora si ammala molto facilmente, a volte anche più volte all'anno, e siccome lui è una sottospecie di bomba batteriologica e nessuno tra me e i miei ha intenzione di prendersi i suoi microbi, ormai ha imparato a trascorrere il tempo in quarantena in camera sua e a indossare una mascherina quando decide di emergere dagli abissi del suo antro oscuro”
A quella spiegazione Demyx prese a ridere di gusto: risata fragorosa e movimenti frenetici proprio come ci si aspetta dal buon vecchio Mullet-man. Una volta che il biondo riuscì a riacquisire una parvenza di compostezza, Roxas gli domandò di passargli la bombola dell'ossigeno che aveva riposto accanto alla libreria (raccomandandosi sempre di non distruggergli l'intera camera), Demyx fece come statogli richiesto, poi portò una poltroncina accanto a letto dove si sedette a gambe incrociate e guardò incuriosito l'altro che si toglieva la mascherina ingombrante che era collegata a uno strano macchinario e la rimpiazzava con i soliti tubicini con cui era abituato a vederlo.
“Cosa c'è?” chiese infine il più piccolo accorgendosi dello sguardo insistente di Demyx.
“Niente” si affrettò a rispondere l'altro.
“Sicuro? Sembravi morire dalla voglia di dire qualcosa”
“Zexion mi ha ammonito di non dire o fare domande sconvenienti o personali”
Roxas contrasse la fronte “Era qualche battutaccia a sfondo sessuale per caso?”
“No, solo curiosità”
“Allora spara”
“Perché hai quelle fasciature sul petto? Ti sei per caso fatto male?”
Roxas abbassò il volto e intercettò le bende sul petto che si intravedevano da sotto il pigiama e inarcò un sopracciglio “No... servono solo per tenere fermi gli elettrodi”
Demyx lo guardò confuso, come se l'altro gli stesse parlando in un'altra lingua e a quel punto Roxas spostò le coperte e si alzò di poco la maglia del pigiama rivelando un piccolo dispositivo elettronico della stessa dimensione di un cellulare da cui partivano vari fili, le cui estremità sparivano sotto le bende “Questo è un Holter, serve a monitorare l'attività del mio cuore... gli elettrodi sono quella specie di piccole ventose che si attaccano al petto”
“Oh credo di aver capito! Ho fatto un esame simile quando sono andato a fare la visita per entrare nella squadra di basket” annuì il più grande, incrociò le braccia al petto e puntellò sui gomiti “Ma perché hai questi fili attaccati a te anche a casa? Non dirmi che dovrai sempre indossare questa roba!”
“No” ridacchiò Roxas “Solo per un paio di giorni per fare un controllo approfondito”
“E riesci a muoverti?”
“Questo aggeggio è fatto apposta per essere maneggevole e non intralciarmi nei movimenti”
“Ohh” Mullet-man ascoltò la spiegazione con l'interesse di un bambino e a ciò seguì un momento di silenzio, durante il quale Roxas stava per convincersi di essere riuscito a zittire almeno per poco il ragazzo, purtroppo però la curiosità insaziabile di Demyx non gli lasciò cantar vittoria e quest'ultimo parlò di nuovo pochi istanti dopo "Chi è quella ragazza vestita di nero nelle foto? La tua ex fidanzatina?" chiese malizioso, con una faccia da idiota che chiedeva tacitamente di essere presa a pugni.
Roxas si appuntò mentalmente di avvisare tutti i suoi familiari di non far mai più entrare in casa il ragazzo "Un'ex prostituta drogata con la passione per la letteratura d'oltreoceano" dichiarò schietto, se nascondere la verità gli aveva procurato solo casino ormai tanto valeva dire la verità.
Demyx lo guardò con perplessità per una buona manciata di secondi e poi scoppiò a ridere chiassosamente "Cavolo Roxy! Perché Zexy non mi ha mai detto che eri così simpatico? Ti avrei frequentato da anni ormai"
"Che fortuna" borbottò a bassa voce.
"Hai detto qualcosa?"
“Mi chiedevo che diavolo sei venuto a fare qui?”
“Indovina indovinello!” rise giocoso ma il più piccolo lo guardò torvo.
“Ti sembro il tipo che regge il gioco?”
“Sì”
“...infatti" rispose Roxas con tono secco "Ma oggi non ne ho voglia. Ammetto però di essere sinceramente sorpreso, essendo il migliore amico di Axel non mi sarei aspettato di trovarti qui”
“Anche tu sei mio amico”
“Ma non come lui”
“Touché, però sei carino e sto facendo un grande sforzo adesso non stritolandoti tra le mie braccia”
“Dovrei essertene grato allora?”
“Il fatto è che ero in pensiero per Roxy's Roxy. Negli ultimi due giorni non sei venuto a scuola e ho saputo anche cos'è successo un paio di mattine fa”
“Immagino che le voci girano”
“Girano eccome! Dovevi vedere come era infuriata Kairi quando ha saputo..." Demyx vide l'altro abbassare lo sguardo e si affrettò a riprendere il discorso "Allora come ti senti?”
“Mi sento come se un treno mi fosse passato addosso ripetutamente” fu la risposta che ricevette, anche se non sapeva se Roxas alludesse alla sua condizione fisica o interiore.
“Perfetto allora stai bene!”
“Se vuoi metterla così....” Roxas sospirò annoiato dall'eccessivo entusiasmo del biondo.
“Sembri averla presa meglio del previsto”
“Gli antidepressivi fanno miracoli”
“A cosa serve quell'aggeggio che ti sei appena tolto da faccia?”
“Certo che tu cambi argomento da un momento all'altro” rispose seccamente l'altro e al sorrisetto idiota di Dem fece appello a tutta la pazienza di cui era dotato per non mandarlo a quel paese “Si chiama Bipap, mi aiuta a respirare quando dormo. Allora cosa è successo a scuola?" cambiò poi argomento "Riku dice di essere incazzato con Axel quindi si è tenuto alla larga da tutti”
“Mah niente di particolare” Demyx gli fece il verso e si mise a ridacchiare ma all'occhiata truce di Roxas si ricompose “A parte il fatto che ora a scuola si parla di più della discussione tra te e Ax piuttosto della festa di Capodanno a casa di Selphie... si dice che Tidus abbia dato spettacolo” rise.
“Come sta Axel?”
“Axel sta...” iniziò Mullet-man ma si bloccò subito, contrasse la fronte e poi riprese con un tono deciso “Sta facendo l'idiota. L'altro giorno ero a lezione ma Marluxia ha detto che ha messo il broncio e ha iniziato a schiamazzare come un bambino, io ho provato a chiamarlo un paio di volte ma non risponde... e anche il coach sta iniziando a scazzarsi perché ha ripreso a saltare gli allenamenti... lui è il capitano, dovrebbe dare l'esempio e invece fa solo casini”
“Quindi è ancora molto arrabbiato..." con tono amaro il piccolo biondo.
“Frustrato direi”
Roxas si oscurò ripensando al fatto di essere stato la causa del dolore dell'altro e sempre a causa sua questi aveva ricominciato a saltare gli allenamenti.
Demyx con un dito picchiettò la fronte dell'altro e lo fece trasalire “Guarda che non sono dalla sua parte, nonostante io sia il suo migliore amico”
“Perché? Se sta così è solo a causa mia”
“Perché è immaturo” rispose con una scrollata di spalle “E non guardarmi così, lo so che io sarei l'ultimo a dover parlare di maturità, me lo dicono tutti... però è stupido gettare al vento un rapporto come il vostro. A proposito, cosa gli avresti fatto per scatenare una reazione del genere?”
Roxas voltò lo sguardo e rimase in silenzio, non poteva di certo dirgli che Axel era venuto a conoscenza della sua vita passata e adesso era disgustato da lui.
“Roxy?”
“Niente”
“Niente?”
“Non ne voglio parlare” si stese di nuovo con la schiena rivolta verso di lui e si coprì con la coperta.
“Roxyyyy non nasconderti” si lasciò cadere a peso morto sul corpo dell'altro e rise “Gli hai per caso detto che è tinto?”
“Togliti di dosso, sei pesante” Roxas si rialzò e lo buttò già dal letto.
“Non sei divertente” mise il broncio.
“Non ho mai detto di esserlo”
Demyx sospirò e incrociò le gambe, ancora seduto a terra “Quando Ax mi ha detto che si era messo con te ero felice che finalmente avesse trovato qualcuno. Avevo sempre sospettato avesse un interesse maggiore verso i ragazzi però questa cosa era un po' scomoda per lui, tanto è vero che non ne ha mai parlato neanche con me, però alla fine non si è fatto scrupoli a fare coming out. Lui ci tiene tanto a te”
“Secondo me adesso mi disprezza così tanto che non vorrà più sapere niente di me”
“E invece qui ti sbagli, Roxy! Lui ti ama davvero e lo sai perché?” il più piccolo scosse il capo e Demyx sorrise malizioso “È da mesi che non è ancora andato a letto con qualcuno e persino ora che teoricamente non state più insieme preferisce fare il miserabile a casa sua piuttosto che andarsene con la prima persona che capita!”
Roxas arrossì leggermente ma non si negò un debole sorriso nonostante i sensi di colpa.
“Lo so che hai passato gli ultimi giorni a disperarti però lasciatelo dire... siete due cretini!" riprese poi Mullet-man puntandogli contro un dito e l'altro corrucciò la fronte "Invece di starvene tutti e due a casa a piagnucolare e mangiare gelato come due pre-teen perché non alzate il culo dal divano e non vi affrontate? "
"Ma cosa-"
"State proprio una schifezza, tu che passi le tue giornate a piagnucolare da una parte e Axel che sembra una ragazzina con il ciclo dall'altra" sospirò inasprendo inaspettatamente il tono"Sinceramente sono molto deluso da te, Roxas, non ti stai comportando assolutamente da stronzetto sfacciato come ti sei presentato a scuola all'inizio dell'anno. Cos'è, l'amore ti ha trasformato in un tremante cumulo di muco ed emozioni? Cavolo mostrate un po' di spina dorsale”
“Ohi non ti permetto di parlare in questo modo!” ribatté indispettito il biondo.
“Perché altrimenti cosa mi fai?”
Un improvviso dolore si irradiò attraverso la guancia del più grande e la sua vista si oscurò per un istante, Roxas gli aveva sferrato un pugno in faccia, i suoi occhi blu erano densi di ira mentre il respiro si faceva via via più accelerato “Ti faccio ingoiare quello che hai detto con la forza” sibilò velenoso.
Sul viso di Demyx si dipinse un sorriso provocatorio, si massaggiò la mascella con una mano ma dalla sua espressione non traspariva neanche la più debole venatura di dolore “Allora ti è rimasto un po' di carattere”
Roxas rimase in silenzio, continuando a guardarlo con fronte corrucciata “Ritira tutto quello che hai detto” disse perentorio.
“Solo a una condizione"
"Spara"
"Domani torna a scuola e mostrami di non essere una femminuccia. Fai rigare dritto Axel e tu affronta i tuoi problemi”

Roxas lo fulminò con lo sguardo, quando veniva colpito nell'orgoglio non si ritirava da una sfida per nulla al mondo.
“Affare fatto"


You were gone too soon

Nel momento in cui la porta della piccola camera in cui si trovava fu sbattuta violentemente, il volto di Xemnas non perse la sua solita compostezza sebbene sapesse che il nuovo arrivato si sarebbe premurato di fargli passare un brutto quarto d'ora assieme alle sue lagne e lamentele. Con un gesto fluido del braccio afferrò il calice di vino appoggiato sul tavolino accanto al divano e se lo portò alle labbra.
“Che cazzo ti salta in mente? Mandarmi a controllare quei vecchi magazzini fuori Sleepy Hollow”
Come volevasi dimostrare non passò molto prima che l'altro desse aria a tutte le sue frustrazioni, Xemnas abbozzò un sorriso al pensiero di conoscere ormai Saix meglio di se stesso.
“Non avevo voglia di uscire” articolò senza un particolare entusiasmo.
Saix appese il pesante cappotto all'appendiabiti e fulminò con lo sguardo il ragazzo che al momento gli dava le spalle “È da quando è morto Yazoo che non hai più voglia di uscire” sibilò velenoso.
“Però non è stato molto complicato, mi pare”
“Tu dici?" sbottò il ceruleo, attraversò la stanza e si piazzò davanti al divano proprio davanti Xemnas e proseguì con profonda irritazione "Metà di quelle persone non sapevano neanche che fosse morto, figurarsi se avevano la decenza di sapere a chi da oggi risponderanno. Avresti dovuto avere il buon senso di mostrarti a loro almeno per una volta”
“Non mi andava” scrollò le spalle il ragazzo dai capelli argentati e tornò a dedicarsi al proprio bicchiere senza troppi convenevoli.
“Sei schifosamente viziato”
“Fottiti”
“Volentieri, mi dai una mano?”
Xemnas lo fulminò con lo sguardo, con la speranza che l'altro capisse che non era il momento adatto per le stronzate, e tornò a guardare il focolare nel camino davanti a sé come se fosse uno spettacolo interessante.
“Comunque le partite di roba sono apposto, hai detto che Yazoo voleva cambiare qualche componente chimica per modificarne la formula molecolare ma a me è parso tutto okay” prese a dire Saix cambiando argomento, ma alla mancata risposta dell'altro, che continuava a fissare il fuoco assorto nei suoi pensieri, si ritrovò a sospirare pesantemente e andò a riporre un plico di fogli con tutte le informazioni che aveva accumulato in un cassetto della scrivania.
Se Xemnas aveva deciso che quello era il giorno del silenzio, allora lo avrebbe assecondato ignorandolo.
“Ho sentito il capo” disse infine l'argenteo, spezzando il silenzio che era sceso tra loro “Penso di aver mandato tutto a puttane”
“Che cosa intendi?” chiese Saix senza troppo interesse sprofondando sul divano, a debita distanza dall'altro.
“Era furioso... riguardo la vicenda di Yazoo, hai visto la tv no?”
“Cazzo, ormai non si parla di altro, la notizia è su tutti i telegiornali da giorni
“Voleva sapere come ha fatto l'FBI ad arrivare sul luogo e scoprire l'avvenimento dopo così poco tempo”
Saix assimilò le informazioni e rimase pensieroso per un breve istante, in un certo senso l'arrivo dell'FBI sul posto significa che erano stati scoperti e sicuramente era solo una questione di tempo prima che trovassero anche loro. Ormai sia Xemnas che Saix avevano già compiuto diciotto anni quindi erano perseguibili penalmente.
"Ci credo che il capo si sia incazzato. Sarà meglio che faccia di nuovo i bagagli se non vuole rischiare le penne” si ritrovò a rispondere senza però dar voce ai suoi veri pensieri.
Xemnas sospirò e si portò una mano tra i capelli, la sua mente intanto vagava senza tregua.
“È sempre lui... Cloud Strife” Saix assaporò lentamente le lettere che componevano quel nome. Prima di riprendere il discorso, accavallò le gambe, allungò le braccia sullo schienale e reclinò la testa all'indietro “Hai letto il bollettino che ha inviato all'agenzia di stampa?”
L'argenteo annuì senza mai staccare gli occhi dal fuoco “Gli Strife mi hanno rovinato la vita”
“È così” confermò l'altro senza però cercare il suo volto “Ci pensi se non ci fossero più? Tanti fastidi in meno”
Xemnas ripensò a qualche settimana prima, quando il capo gli aveva chiesto di Roxas. Egli non nutriva particolari sentimenti verso il ragazzino, questi era un moccioso come tutti gli altri, l'unico motivo per cui aveva motivo di chiedere di lui era perché non riusciva a capire perché a differenza di tutti gli altri ragazzi lui era ancora vivo. Xemnas, da parte sua, anche se aveva dovuto tenerlo sott'occhio non era mai riuscito a sopportarlo, perché lui era l'unico che non si era lasciato domare, l'unico che non si era abbassato all'Organizzazione - Roxas osava sfidarli e provocarli senza ritegno.
Con un sospiro Xemnas scacciò quei pensieri, appoggiò il calice ormai vuoto sul tavolino e si alzò, aggirò il divano e si avvicinò alla finestra posta dietro una piccola scrivania. Soffermò lo sguardo su un piccolo pacco postale inviato da un mittente sconosciuto, ma lui non aveva bisogno di conoscerne il nome dal momento che l'aveva già intuito una volta visto il lucente contenuto.
Il capo era davvero furioso con lui, gli aveva già espresso il suo disgusto verso i traditori... quell'oggetto invece rappresentava la sua repulsione per i deboli e i vigliacchi come lui?
“Il cielo è plumbeo” sussurrò Saix, seguendo attentamente con gli occhi felini i movimenti dell'altro, ogni sua mossa poteva essere imprevedibile e lui non si fidava dei suoi sbalzi di umore “A cosa stai pensando, Xemnas?”
"Se fossi nato anni luce da questa realtà, secondo te il mio destino sarebbe stato diverso, Saix?"
Il ceruleo continuava a fare contatto visivo con la schiena dell'altro "Credo proprio di no, Xemnas. Il destino spesso lo si incontra sulla strada che hai intrapreso per evitarlo"
"Dunque il nostro castigo è quello di dover pagare per gli errori commessi dai nostri predecessori, non è così?"
“Non capisco a cosa vuoi arrivare”
“Niente. Oggi vai a scuola?”
***

"Domani io e Naminé stavamo pensando di andare a New York" Selphie fece una breve pausa per riaggiustarsi il rossetto sulle labbra e si prese un attimo più del dovuto per studiarsi nello specchio e assicurarsi che fosse tutta in ordine "Hanno aperto una tea room davvero carina sulla ventitreesima strada. Perché non vieni anche tu?"
Una volta terminata anche lei la stessa operazione, Kairi emerse dal proprio armadietto ed emise un sospiro frustrato"Vorrei tanto" mugolò lamentosa "Ma non posso, una delle cheerleader si è rotta una caviglia durante l'ultima esercitazione e quindi dobbiamo cercare una sostituta per la prossima partita"
"Brutta storia" rabbrividì la castana chiudendo lo sportello del suo armadietto, si appoggiò ad esso con la schiena e incrociò le braccia.
"Già... e Larxene ha dato forfait. Mi chiedo perché non l'abbiano ancora cacciata dal momento che si fa vedere di rado"
"Forse perché piace ai ragazzi" suggerì Selphie con una risata.
Kairi sospirò ancora una volta e richiuse lo sportello, non prima di aver afferrato un paio di testi che le servivano per le prossime lezioni "Parlando di ragazzi... qualche giorno fa ne ho conosciuto uno carino"
"Davvero? Come si chiama?" cinguettò l'altra ragazza prendendo a saltellare con eccitazione, la rossa la guardò con malizia e ripose con lentezza i libri nella borsa giusto per il gusto di lasciare l'amica con il fiato sospeso.
"Si chiama Setzer" disse poi con noncuranza "L'ho incontrato a casa di un'amica che aveva dato una festa... e c'era lui al tavolo con altra gente a giocare a poker. Pare sia un giocatore accanito..."
"Un giocatore d'azzardo?" fece dubbiosa la castana.
"Se non fosse per quest'aspetto direi che sarebbe un tipo davvero intrigante"
"Cosa sarebbe davvero intrigante?" una nuova voce si unì alla conversazione, coprendo il brusio di sottofondo dei ragazzi che popolavano il corridoio. Tidus si era appena avvicinato, tracolla in spalla e sorrideva loro gioviale. Kairi non poté fare a meno di sorridere alla vista di Selphie che assumeva la stessa tonalità di un peperone in presenza del ragazzo - era chiaro che tra loro ci fosse qualcosa in più della semplice amicizia, e a quanto aveva sentito a Capodanno c'era stato anche un bacio, ma i due erano troppo timidi per dichiararsi e quindi toccava a lei trovare il modo per farli sbloccare.
Solo che in quel momento c'era qualcosa che non quadrava.
"Perché indossi un pigiama e un cilindro?" si ritrovò a domandare dopo un lungo dibattito mentale in cui si era posta il problema se fosse maleducato o no chiedere una cosa del genere, alla fine la curiosità aveva avuto la meglio su di lei "Ti sei dimenticato di vestirti?"
"Sono il fratello di Wendy" rispose Tidus con una scrollata di spalle, lanciando un'occhiata a Selphie nonostante stesse rispondendo a Kairi, ma lo sguardo perplesso che le ragazze si scambiarono lo costrinsero ad offrire una spiegazione più accurata "Wendy Darling, l'amica di Peter Pan! Suvvia ragazze, conoscerete la storia spero"
"Ah giusto" proruppe Selphie a quel punto, come colta da un'illuminazione "Sei uno di quei freak che fanno teatro"
"Non siamo fricchettoni ma artisti" contrasse la fronte e annuì con convinzione "Piuttosto avete visto qualcun altro del gruppo? Ci eravamo dati tutti appuntamento qui vicino agli armadietti per andare insieme alla cartoleria in fondo alla strada e fare una grande scorta di colla vinilica"
"Che dovete fare con la colla vinilica?"
"Come costruisci le ambientazioni senza colla?"
Kairi lo guardò scettico e incrociò le braccia al petto "Ed è un lavoro da fare in gruppo?"
"Serve tanta colla"
Le ragazze non protestarono, non c'era speranza di ribattere con un tipo del genere. Così iniziarono a raccogliere tutte le loro cose per dirigersi in classe perché a breve sarebbero cominciate le lezioni.
"Poco fa ho visto Vaan e Roxas fuori nel cortile principale, penso che saranno qui a breve" annunciò Kairi, mettendosi la borsa in spalla, seguita a ruota da Selphie, e poi indicò due pirati e un coccodrillo che camminavano nella loro direzione "Guarda, sta arrivando qualcuno del tuo gruppo"
"Carino... è Jack Sparrow?" Selphie sgranò gli occhi ed emise un fischio di approvazione. La loro tranquilla conversazione fu però interrotta da un'improvvisa voce maschile che squarciò il vivace vociare degli studenti che popolavano il corridoio.
"Questa volta non la passerai liscia. Tu verrai all'inferno con me!"
Tutto divenne silenzioso per una frazione di secondo e poi ci fu un boato assordante. Il tempo si fermò e la lunghezza dei minuti si triplicò: ormai tutto sembrava muoversi a rallentatore, Tidus intercettò una persona con una pistola in mano, era familiare ma non fu abbastanza svelto per riconoscerla, si voltò verso Kairi e Selphie e con uno strattone le tirò giù a terra assieme a lui.
Un proiettile vacante colpì la porta di vetro che separava l'atrio dal corridoio in cui si trovavano e la mandò in frantumi. Negli attimi che si susseguirono un'esplosione di voci terrorizzate e in preda al panico, assieme all'allarme che era scattato, sembrarono volergli perforare i timpani.
Senza neanche accorgersene, il castano si ritrovò pervaso da un'ondata di adrenalina che non gli permise di riflettere, si alzò di scatto e senza badare ad altro incespicò tra il fitto sciame di studenti che ora fuggivano disorientati. Aveva visto Selphie e Kairi alzarsi assieme a lui ma in un batter d'occhio erano scomparse dalla sua visuale, inglobate probabilmente in quel caos di gente che si riversava verso le uscite più vicine.
Invece però di uscire dalla porta di emergenza più vicina, Tidus decise di raggiungere la palestra perché era quella l'area più lontana e sicura dall'ingresso.
Nel giro di una frazione di minuto raggiunse lo spogliatoio dove intravide la squadra di basket assieme alle riserve, intenti a cambiarsi nei loro vestiti normali.
"Tidus che ci fai qui vestito così?" domandò Demyx ridacchiando alla vista dell'amico trafelato.
"Ragazzi dobbiamo andarcene subito da qui!" esclamò questi con urgenza ma prima che potesse terminare fu interrotto da un altro ragazzo che si stava asciugando i capelli, evidentemente gli allenamenti mattutini erano finiti da poco e dovevano esse appena usciti dalle docce.
"Perché sta suonando l'allarme? Seifer o Xigbar hanno fatto qualche stronzata?"
Tidus scosse il capo e spiegò con tono frettoloso "Nel corridoio principale un tizio ha sparato a qualcuno... dobbiamo allontanarci il prima possibile!"
"Cosa? Dici sul serio?" si avvicinò un altro preoccupato.
"Hai visto chi ha sparato a chi?" fece Demyx preoccupato mentre si avvicinava a lui.
"Non... ne ho idea” Tidus fu preso in contropiede e si bloccò nella sua corsa verso la porta di servizio “Ho visto qualcuno vestito da pirata cadere a terra... ma non so chi fosse"
Nell'udire quelle parole, Axel emerse dall'armadietto e sbatté lo sportello, improvvisamente pervaso dal terrore "Hai... hai detto pirata?"
Tidus annuì "Sì doveva essere del gruppo di recitazione... spero... spero che” calde lacrime presero a scendere sulle sue guance come fiumi in piena.
“Ragazzi, tutti fuori!” il coach Cid irruppe nello spogliatoio e prese Tidus per un braccio per esortarlo a seguirlo verso l'uscita.
Axel però rimase immobile. Non aveva registrato ancora il pericolo in cui si trovavano tutti, l'unico pensiero che occupava la sua mente era solo uno.
Roxas.
Sapeva che era a scuola, quella mattina l'aveva intercettato da lontano assieme a un paio di ragazzi che non conosceva. Doveva accertarsi che stesse bene, che non fosse lui la vittima della sparatoria altrimenti non se lo sarebbe mai perdonato. Senza riflettere, iniziò a correre nella direzione opposta agli altri.
"Ax dove vai?" Demyx si bloccò a metà strada, accorgendosi che l'amico non era con loro, ma il rosso era già lontano per sentirlo. Il biondo avrebbe voluto fare marcia indietro e seguirlo ma qualcuno lo prese tra le braccia e lo costrinse fuori dall'edificio.

Quando Axel uscì dagli spogliatoi della palestra ed entrò nell'edificio principale, fu avvolto da un silenzio tombale. Sembrava essere stato improvvisamente catapultato su un campo di battaglia: ovunque c'erano armadietti aperti, borse abbandonate, libri e astucci riversi a terra.
E poi intercettò delle macchie di sangue sul pavimento.
Quando alzò lo sguardo, scorse la figura riversa al suolo a cui apparteneva la chiazza di sangue che si era dilagata sul pavimento.
Tutto il suo essere si pietrificò.
Il respiro gli si bloccò nel petto e il suo cuore perse un battito.

You're part of me
And I'll never be
The same here without you


*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.


"Solo?" Xion ridacchiò esalando una nuvola di fumo, bilanciò nuovamente la canna tra le labbra e mi lanciò un'occhiata scettica "Come diavolo fai a sentirti solo? Hai un fratello opprimente, i suoi due amichetti che non si scollano mai da casa tua, una madre presente e sempre pronta ad ascoltare i tuoi lamenti e un padre che... beh non è sempre presente ma almeno ce l'hai" si concesse un istante di silenzio per aspirare nuovamente e mi passò la stecca che accettai con un sospiro.
"È così e basta"
"Così come?" mi domandò appoggiando la nuca alla parete e incrociando le gambe davanti a sé "Guarda me. Io sono sola, mia madre ormai è in un punto di non ritorno e la zia con cui viviamo è così vecchia e rincoglionita che non si accorge neanche della mia assenza durante la maggior parte dei giorni! Almeno tu hai qualcuno vicino a te, qualcuno su cui puoi fare affidamento... di cui ti puoi fidare.
Ma io scossi il capo e sospirai ancora "È proprio questo il problema... tu non capisci"
Non le rivolsi alcuno sguardo, rimasi concentrato sulla piccola nube di fumo bianco che avevo appena creato.


You were gone too soon

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*latkes: frittelle di patate di tradizione ebraica che si mangiano durante l'Hannukkah
La canzone usata è Gone Too Soon - Simple Plan

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Capitolo 20
*** I WOULD DIE ***



I corridoi erano vuoti davanti a me.
Un innaturale candore latteo si stagliava fino all'infinito orizzonte che mi circondava, e compresi allora di trovarmi tra le corsie di un ospedale deserto. Non c'erano medici che giravano affaccendati, né le infermiere sedute alla scrivania e neanche i malati nelle proprie stanze. Ero solo assieme a due bambini che giocavano nel playground del reparto. Uno aveva i capelli rossi e uno aveva i capelli biondi. E io li guardavo da lontano, con uno strano senso di vuoto che cresceva sempre di più nel mio petto ogni secondo che passava.

Non sembrano molto felici” mormorai con voce rauca senza voltarmi al mio lato, dove sapevo che il vestito bianco della donna senza nome fluttuava aggraziatamente.
La vita è dura” la sua voce era bassa ma estremamente calda, come me anche lei guardava le due figure che giocavano con le costruzioni. Quello più grande sembrava più vivace dell'altro “Loro sono i miei bambini”
Quanti anni hanno?”
Sono più grandi di quanto mostrano in realtà”
Oggi parto assieme a mio padre, vado al mare dai miei nonni” la voce del bambino dai capelli rossi mi distrasse. Egli aveva messo da parte le sue costruzioni e si era avvicinato al piccolo biondo “Anche tu sei venuto a salutare la tua mamma?”
Contrassi la fronte e distolsi subito lo sguardo.
Mi sembrano familiari” mormorai cercando un contatto visivo con la donna accanto a me e scoprii che lei mi stava scrutando con affetto, le sue mani erano incrociate in grembo e i lunghi capelli dorati le ricadevano sulle spalle “Madre... sono confuso”
Lei sorrise. Allungò un braccio e mi strinse forte a sé.
Non fa niente, è normale”
Ci sono tante cose che non riesco a capire, vorrei sapere la verità”
Adesso non è il momento, Roxas, non sei pronto. È ancora troppo presto per te”
Mi staccai dal suo abbraccio e mi allontanai di scatto, il suo sguardo sembrava apprensivo ma non me ne curai “Perché non vuoi spiegarmi mai niente? Perché... devo essere sempre all'oscuro di tutto?”
La voce mi morì presto in gola, mi portai una mano alla fronte che aveva iniziato a bruciarmi e repressi un gemito strozzato. Ero stanco e mi faceva male tutto, sentivo un fuoco improvviso ardermi dall'interno. Non capivo cosa stava succedendo ma mi distrassi ancora una volta quando sentii la voce del bambino che aveva parlato prima riecheggiare nuovamente nell'ambiente.
Non essere triste, bimbo. Sei carino, sai?”
Quando mi voltai, però, non c'era più nessuno nell'area giochi: la donna e i due bambini erano svaniti nel nulla.
Un senso di ansia mi assalì quando realizzai di essere rimasto di nuovo solo. Il mondo era diventato desolato attorno a me e in tutto quel silenzio riuscivo quasi a sentire le urla di dolore degli innocenti. Quel luogo mi faceva stare male, volevo qualcuno che mi stesse accanto e mi dicesse che andava tutto bene. Non volevo stare più lì, allora corsi. Corsi più veloce che potei e raggiunsi la prima porta in vista perché volevo con tutto me stesso uscire il prima possibile da quell'ospedale, ma una volta che aprii la porta le tenebre mi circondarono.
Ero in una stanza buia, le uniche fonti di luce erano quella lunare che entrava dalla finestra e una televisione accesa ma impostata su muto. E improvvisamente mi rividi più piccolo, bloccato in un angolo da una figura imponente, le cui fattezze erano occultate dal buio, fatta eccezione di due occhi felini dell'acquamarina più pura.
Quella strana figura voleva qualcosa da me, lo sapevo, per questo le sue mani si insinuavano sul mio petto con una veracità che non pensavo potesse mai esistere. Quelle attenzioni non mi piacevano, quelle carezze mi innervosivano, volevo che tutto finisse, volevo-
Piantala di agitarti o sveglierai il piccolo Sora” mi intimò quella voce bloccandomi con una mano al muro.
Mi sentii in trappola.
L'aria si fece immediatamente bollente, incendiando le mie vie respiratorie, e mentre le mie mani tremavano e la mia voce non voleva uscire, il cuore prese a battere incessantemente, minacciando di implodere da un momento all'altro.


*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.


Con un gemito strozzato, Roxas spalancò violentemente le palpebre e si mise a sedere nel centro del letto con una foga tale da essere quasi preso da un capogiro.
Il respiro era affannoso e velocizzato così come il ritmo del suo cuore, e si ritrovò quasi a ringraziare mentalmente il suo bipap per la razione di aria che stava provvedendo a procurargli, altrimenti si sentiva che sarebbe morto in quell'esatto momento per fame d'aria. Con gesto meccanico, ma leggermente tremante, afferrò le sue medicine dal comodino e buttò giù un paio di pillole per regolarizzare l'attività cardiaca.
Le immagini del suo sogno erano sfocate ma ricordava con estrema evidenza tutta la paura e l'ansia che lo avevano investito. Forse era un bene il non riuscire a rammentare cosa avesse vissuto durante il sonno, d'altra parte stava diventando un'afflizione per lui, a volte infatti aveva quasi paura di addormentarsi per non incappare ancora in quegli strani incubi.
Il biondo rimase immobile nella sua posizione seduta, per lunghi minuti finché il suo cuore non riprese la sua normale attività, e solo in quel momento decise di lanciare uno sguardo all'orario.
Le 05.27.
In un certo senso era irritato al solo sapere di essersi svegliato così presto ma d'altra parte non aveva nessuna intenzione di tornare a dormire. Non dopo quel risveglio così burrascoso. Così mise da parte la sua frustrazione e decise di alzarsi, indossò una felpa sul pigiama e andò a reperire la sua bombola dell'ossigeno. Ormai non aveva senso rimanere a letto, tanto valeva scendere in cucina a prendere qualcosa che potesse tranquillizzarlo un po'.
Mai scelta fu più azzardata, si disse però quando, arrivato neanche a metà della rampa di scale, fu costretto a sedersi a causa delle vertigini e della mancanza d'aria. L'inquietudine era ancora forte dentro di lui ma sapeva che la sua non era stata una scelta saggia decidere di andarsene in giro così presto quando tutti dormivano ancora, specialmente con quel leggero malore che gli aveva appena risucchiato le forze, le scale ultimamente erano diventate un vero ostacolo da affrontare. A quel punto si portò le mani alla fronte, chiuse gli occhi e cercò di reprimere quello strano senso di nausea che lo stava assalendo mentre si dava mentalmente dello stupido per essere stato tanto avventato. Roxas si stava seriamente arrendendo all'idea che avrebbe passato la prossima oretta sulle scale nell’attesa di qualcuno che si fosse svegliato e l’avrebbe aiutato a scendere, ma ben presto una luce si accese al piano inferiore e una voce lo fece sussultare.
Roxas sei tu?”
Il ragazzo si ridestò e vide suo padre che lo stava raggiungendo sulla scala però non se la sentì ancora di rispondere: aveva appoggiato la tempia al corrimano e scrutava suo padre che lo aveva affiancato con velocità. Quest'ultimo, senza proferir parola, prese in spalla la bombola, gli mise un braccio sotto le gambe e un altro dietro la schiena e lo sollevò fino a trasportarlo sul divano dove si sedette accanto a lui.
Stai bene?” domandò poi una volta che l'altro sembrò essersi ripreso, il più piccolo però non rispose ma si limitò solo ad annuire con un cenno del capo.
Che ci fai sveglio a quest'ora?”
Non avevo sonno”
Dovresti tornare a letto, fa freddo”
Roxas abbassò lo sguardo. Il solo pensiero di tornare di nuovo tra quelle quattro mura lo avrebbe fatto uscire fuori di testa, così si limitò a scuotere debolmente il capo si strinse nella felpa.
Le scale sono una brutta cosa vero?” tentò il padre e questa volta, con un po' di esitazione, l'altro annuì. Cloud lo studiò intensamente per qualche momento prima di parlare di nuovo “Facciamo così, mi fai un po’ di compagnia qui mentre finisco di controllare delle carte e poi ti aiuto a tornare in camera, che te ne pare?”
Roxas però rimase ancora in silenzio con lo sguardo fisso sul pavimento. Era scosso, ormai era chiaro, probabilmente aveva fatto qualche altro brutto sogno e questo era il suo tacito modo di chiedere un po' di compagnia: a voce non lo avrebbe mai fatto, dopotutto Roxas era la copia di Cloud in versione ridotta.
Ti va del moon milk?” tentò di nuovo Cloud dopo un momento di riflessione.
A questo punto il più piccolo alzò finalmente lo sguardo e annuì, suo padre era già scattato in piedi ed era andato in cucina così, dopo qualche altro secondo di preparazione mentale, Roxas decise di raggiungerlo e confidò nelle sue gambe che avrebbero avuto l'arduo compito di non fare schifo quanto il suo cuore e di avere la decenza di farlo arrivare almeno fino all'isola, dove si sedette a una sedia e iniziò a scrutare suo padre, che gli dava le spalle ed era intento a cercare tutti gli ingredienti: latte, vaniglia, miele, noce moscata e zucchero. Faceva sempre una strana impressione intercettare Cloud Strife ai fornelli, in procinto di preparare qualcosa che poi inevitabilmente sarebbe diventato carbone, o nel peggiore dei casi avrebbe preso fuoco.
Suo padre era un vero disastro in cucina, proprio per questo era una presenza quasi del tutto assente in quella parte di casa – per non dire del tutto assente nell'intera casa. Erano di più le volte che mancava rispetto a quelle in cui era presente, e se c'era era sempre rinchiuso nel suo studio.
L'attenzione di Roxas fu catturata da vari fogli sparpagliati sul piano.
E perché sei sveglio anche tu a quest'ora?” domandò con un fil di voce per spezzare il silenzio, senza staccare il suo sguardo dai fogli, gli era parso di leggere il suo nome ma non ne era del tutto certo.
Cloud si voltò e si appoggiò al piano cottura “Non avevo sonno” ripeté le parole del figlio. Andò poi alla ricerca di due tazze dalla credenza e vi versò il latte ormai caldo, ne passò una a Roxas e l'altra la poggiò sul piano dove doveva essere seduto prima.
Hai finito tutto il miele di nespolo della mamma” commentò il biondino con un leggero sorriso e con la tazza alla bocca.
Quello che le aveva portato Rinoa dal suo ultimo viaggio in Giappone?” Cloud scrollò le spalle e accennò una risata beffarda “Speriamo non si arrabbi”
Ci teneva perché non si trova ovunque, ti consiglio di prenotare il primo volo disponibile e andare a comprare un nuovo barattolo!”
Oppure potrei farle piantare un albero di nespolo in giardino così avrà la sua riserva di miele personale” gli diede corda Cloud, mentre beveva e finiva di passare in rassegna i suoi fogli “Così oltre al giardiniere potrà tartassare anche qualche apicoltore... oppure potrei regalarle direttamente un fascio di fiori”
L'altro giorno ho visto che stava acquistando dei bulbi di tulipani su un mercato online olandese. Penso abbia provveduto da sé” Roxas scrollò le spalle e prese un altro sorso del suo moon milk.
Cloud sospirò e si portò una mano alla fronte “Ho paura che presto invaderà anche la casa con tutti quei fiori”
Dei gigli le faranno sempre piacere” Roxas sorrise e calò di nuovo il silenzio. Il biondo prese a giocherellare con la tazza tra le sue mani e ogni tanto spiava di sottecchi suo padre applicato nella lettura. Con un dito avvolse il tubicino della cannula dell'ossigeno mentre con i piedi si dondolava dallo sgabello “Che stai facendo?” domandò di punto in bianco, sentendo il nervosismo che lo prendeva in quei momenti ma niente, suo padre non batté ciglio e lasciò cadere la conversazione lì.
Quei silenzi che scendevano spesso tra lui e suo padre lo snervavano non poco. Il loro rapporto era... strano, non aveva altre parole per definirlo. C'erano stati frequenti screzi tra di loro in passato, in quel periodo in cui aveva frequentato Xion, e sebbene ci avessero messo una pietra sopra e non ne avessero più parlato, Roxas non poteva fare a meno di sentirsi una schifezza per il modo in cui aveva trattato i suoi genitori, e soprattutto suo padre. Per non citare il fatto che ormai, da quando si era ammalato, quest'ultimo era diventato super apprensivo e passava un sacco di tempo con i suoi medici per trovare una cura per tutti i suoi infiniti problemi.
Roxas sapeva che suo padre non era il massimo della compagnia, soprattutto quando aveva da lavorare, però era cosciente del fatto che era sempre stato presente in tutte le occasioni importanti della vita sua e di Sora. Non si era mai perso niente. Quindi non disse nulla e, dal momento che non aveva proprio voglia di ritornare in camera sua, spostò lo sguardo fuori la finestra e si accorse che il cortile era completamente bianco.
Aveva nevicato davvero tanto. E improvvisamente, senza esserne cosciente, si ritrovò a vagare con la mente verso quel periodo in cui qualche anno prima c'era stata una nevicata fuori stagione, e lui e Xion avevano scorto di nascosto Vanitas accucciato tra le braccia di suo cugino Ventus che aveva preso ad accarezzargli teneramente i capelli. Era raro vedere il ragazzo dai capelli color ebano vestire un'espressione così rilassata, poiché neanche quando era strafatto sembrava così in pace col mondo.
Vorrei che restasse tutto così, con la neve e questo barlume di felicità”
Una vocina femminile trillò alle sue spalle e Roxas si voltò di colpo, quello che vide però non era la persona che si aspettava ma suo padre che lo guardava.
Cosa?”
Sei sicuro di stare bene? Non rispondevi quando ti chiamavo”
Si... sì scusa, ero distratto” il più piccolo accennò un assenso col capo e si grattò la nuca con fare imbarazzato “Cosa avevi detto?”
Cloud a quel punto sospirò e mise da parte tutti i fogli “Senti Rox... in questi giorni dovremo fare altri accertamenti”
Roxas carpì all'istante il cambiamento in suo padre: gli occhi, il tono, l'espressione, tutto lo fece subito preoccupare “O-okay... che tipo di accertamenti? Niente di che vero?”
Cloud era serio ma il suo volto era contratto dal dolore “Rox...”
Dimmi che non devono più aprirmi in due o ficcarmi un sacco di tubi nel petto, ti prego...” lo interruppe Roxas con fare preoccupato. Stava cominciando ad agitarsi e suo padre se ne accorse subito, infatti si sporse verso di lui e poggiò le sue mani su quelle tremanti del figlio.
No, non è niente di tutto ciò” gli assicurò.
Allora...allora sarà una risonanza magnetica? Una radioscopia?”
Neanche” Cloud esitò un momento e guardò le mani del figlio prima di alzare di nuovo lo sguardo “Una biopsia polmonare. Non è una cosa complicata” aggiunse subito intercettando la preoccupazione negli occhi dell'altro “Però è necessaria...ci serve per guardare più a fondo”
Cloud si fermò quando vide delle lacrime silenziose rigare il volto distrutto di Roxas. Il ragazzo guardava fisso davanti a sé e non diceva nulla, era immobile è silenzioso, solo la sua cannula ogni tanto sfrigolava a causa di qualche singulto.
Rox...”
Cosa c'è di preciso?” disse lapidario “Una biopsia ai polmoni non ha niente a che vedere con il cuore. È...è per questo che non riesco a respirare come prima? Mi stai forse dicendo che adesso oltre al cuore anche i miei polmoni fanno schifo?” Roxas si portò le mani alla fronte e respirò pesantemente dal naso “Cazzo...quello non era già abbastanza?”
No!” Cloud azzardò senza neanche pensarci. Aveva mentito un'altra volta e la cosa lo fece stare ancora più male, ma sapeva che tutto ciò lo faceva per il bene di Roxas, per non farlo preoccupare ulteriormente. Lui era troppo giovane per conoscere la verità, non lo meritava. “Non sto dicendo questo. Sono certo che i tuoi polmoni stanno bene, però sarebbe consigliabile fare qualche altro esame più approfondito giusto per sicurezza. Il tuo cuore è debole Rox, devi sottoporti a controlli regolari se vuoi evitare che si possano creare altri problemi”
Roxas rimase immobile per un lungo momento, poi si asciugò le lacrime sulle guance con la manica della felpa e posò lo sguardo arrossato sul padre “Il qt dovrebbe essere solo un disturbo elettrico del cuore... perché sono finito così?”
Questa volta fu però Cloud a evitare il suo sguardo, semplicemente non ce la faceva.
Può accadere a volte che in presenza di varie cause, disturbi, il cuore possa indebolirsi e perdere la sua capacità di pompare il sangue come dovrebbe, il tuo spesso batte troppo velocemente e a causa di ciò non ha abbastanza tempo per riempirsi e svuotarsi... il cuore ne risente se questo è prolungato e... e anche i polmoni potrebbero indebolirsi” l'uomo abbassò il capo e richiuse tutti i fogli in una cartellina poggiata lì vicino. Reno aveva ragione quando gli aveva detto che non poteva continuare a riempire i suoi familiari di menzogne, lui non era altro che un vigliacco.... ma non poteva farne a meno. Non poteva dire a Roxas che in realtà il geostigma lo stava lentamente consumando da dentro. Si era preso il suo cuore e lentamente aveva raggiunto anche un polmone.
Se avessi avuto ancora il defibrillatore non sarei arrivato a questo punto” interloquì il più piccolo con testardaggine e Cloud aggrottò la fronte.
Saresti morto, Rox. Lo sai che stava facendo infezione, avevi sempre la febbre, non avevi forze, stavi male. Non ti ricordi?”
Forse era il progredire di qualche altra cosa...”
Che cosa?”
Non lo so ma ho sempre avuto il presentimento di avere qualcos'altro...” Roxas abbassò lo sguardo ed esitò prima di riprendere a parlare “Papà?” Cloud lo guardò in attesa e l'altro continuò “Hai detto che non devono aprirmi in due né intubarmi vero?”
Già”
È un agobiopsia allora. Devono ficcarmi un ago gigante tra le costole” sospirò arreso e le sue labbra si stirarono in un sorriso malinconico “Si va ad esclusione”
Cloud rimase in silenzio e lo studiò con compassione, il dolore della realtà era la condanna della persona acuta e scaltra. Aveva sempre sperato che crescendo Roxas fosse rimasto ingenuo come Sora, ma niente era andato come aveva sperato ed era cosciente dei dubbi che il biondo nutriva verso il suo stato di salute.
Esatto Rox, sai proprio tutto” mormorò sentendo gli occhi farsi sempre più lucidi nel vedere le lacrime che non finivano mai di scendere da quelli del figlio.
Roxas da parte sua non ne poteva più, voleva urlare, voleva mollare tutto, voleva che fosse tutto finito. A volte si era anche chiesto perché non era ancora morto. Voleva morire. Ma non disse niente di tutto ciò. Rimase composto, volto basso, tazza tra le mani e tono fermo.
Posso... Posso andare a scuola oggi?”
A scuola?”
Roxas annuì.
Cloud boccheggiò insicuro “Mi dispiace ma non penso che sia possibile, dovresti riposare”
Ti prego, concedimi solo questo. Solo oggi”



Viva la Vida

20. I Would Die



Onore. Famiglia. Fedeltà assoluta per i superiori”
Un uomo sulla soglia dell'anzianità, con postura ricurva e mani incrociate dietro la schiena camminava con passo cadenzato, parlando con la sua voce rauca ma profonda. Egli era completamente calvo, fatta eccezione per un folto pizzetto grigio, ma quello che lo inquietava di più erano gli occhi di un profondo giallo, così simili ai suoi, e allo stesso tempo così freddi e calcolatori “Queste sono le regole fondamentali che dovrai tenere sempre a mente” e a quel punto si voltò verso il ragazzo che era rimasto immobile proprio nel punto in cui lo aveva lasciato.
Xemnas non aveva alzato lo sguardo dal terriccio scosceso sotto i suoi piedi, aveva ascoltato quella storia fin da quando era nato e sebbene non riuscisse ancora a capire fino in fondo, sebbene non si fosse mai riconosciuto in tutte quelle parole, non c'era niente da fare, non poteva tirarsi indietro: quello era il suo destino e avrebbe dovuto conviverci fino alla tomba.
Dodici anni è un'età importante. Ormai non sei più un bambino, devi prendere il tuo posto nella società e dimostrare chi sei e quanto vali”
Ecco fatto, Xemnas, ora sei pronto” mormorò Loz con tono confidente dandogli una pacca sul giubbotto antiproiettile che gli aveva appena allacciato in petto. Questi si rimise in piedi, si spolverò le ginocchia e fece un cenno all'uomo prima di raggiungere gli altri fratelli che erano appostati più indietro per non intralciarli. Il capannone in cui si trovavano era isolato dal resto del mondo, quindi nessuno sarebbe venuto a conoscenza dell'importante rito che si stava svolgendo al suo interno.
Il vecchio rivolse un cenno del capo agli altri tre e poi si allineò perfettamente di fronte a Xemnas, ed estrasse una pistola a salve. Il ragazzino ormai aveva alzato il volto e lo guardava negli occhi.
Tu sei coraggioso, vero?” domandò l'uomo.
Essere sempre determinati.
Sì”
E hai paura?”
Mai mostrare debolezze.
Xemnas esitò per una frazione di secondo. Scrutò il giubbotto che aveva in petto e poi lanciò un'occhiata ai fratelli che lo stavano guardando con estrema attenzione; tutti confidavano in lui, Xemnas aveva sempre saputo che lui sarebbe stato un tassello fondamentale nella famiglia e per questo non avrebbe mai potuto deluderli, anche se questo significava mettere da parte la sua volontà e i suoi desideri.
Chissà se in futuro avrebbe potuto aspirare ad una vita normale.
No, master Xehanort” rispose risoluto, mantenendo sempre il contatto visivo con l'uomo.
Il volto del vecchio fu deformato da un sorriso storto “Così mi piaci”
E sparò.
I suoi amici avevano detto che sarebbero andati tutti in gelateria per festeggiare l'ultimo giorno di scuola, evidentemente quel pomeriggio avrebbero dovuto fare a meno della sua presenza.
Il corpo di Xemnas era riverso a terra a causa della forza del proiettile che gli era rimbalzato addosso ed era ancora troppo rintronato per rimettersi in piedi. Xehanort però non ci badò, gli andò incontro e gli offrì una mano per rialzarsi.
Ora sei un vero uomo” dichiarò, poi afferrò una mano dell'altro e gli piazzò la pistola nel centro del palmo “La vita è una lotta perciò impara a combattere. Non permettere ad altri di metterti i piedi in testa o di darti ordini, tu sei il più forte di tutti e puoi fare ciò che vuoi” il vecchio si soffermò a scrutarlo negli occhi un momento più del dovuto e poi guidò la mano con la pistola sul petto del ragazzo “E ricorda che i traditori vanno sempre puniti”

Xemnas fissò la macchia cremisi che si stava estendendo sul pavimento e il terrore si impossessò del suo essere. Occultò la canna ancora fumante nella tasca della sua felpa e i suoi piedi si mossero da soli, in quel mare di gente che ora correva caoticamente.
Nella sua testa riecheggiavano incessantemente le parole che gli avevano ripetuto da sempre.
I deboli devono essere eliminati a sangue freddo... ma non provare pietà, anche loro hanno un orgoglio”



40 minutes before
07.15

Tu lo sai che potrai sempre contare su di me però la situazione si è ribaltata da un giorno a un altro. Ognuno fa quello che gli pare senza curarsi che in questa scuola c'è una gerarchia da rispettare, forse ora che sei tornato potrai rimettere tu tutto a posto” Larxene si portò una mano tra i capelli per ravvivarseli e liberarli da tutti i fiocchi di neve che vi si erano posati.
Il freddo di prima mattina era intenso e la città era completamente imbiancata ma nonostante ciò il cortile della scuola era già affollato da tutti quegli studenti che dovevano prender parte alle attività mattutine ed extrascolastiche. Xemnas accennò un segno di assenso e mentre la ragazza continuava a parlare, passò in rassegna l'ambiente circostante. I ragazzi lo guardavano con diffidenza, nessuno sembrava più intimorito dalla sua presenza, anzi sembravano quasi seccati di rivederlo.
Te ne avevo già parlato” si intromise Saix affondando le mani nelle tasche del pesante cappotto “È come se senza il padrone, i cani siano ritornati dei randagi”
Sembra che mi abbiano totalmente rimosso, come se non fossi mai esistito” pronunciò il ragazzo con i capelli argentati continuando a guardarsi attorno. Axel era poco più avanti, in compagnia di un gruppetto di ragazzi che indossavano la tuta della squadra della scuola e parlava animatamente, con la stessa aria da socialite di sempre, ma non gli aveva rivolto neanche l’ombra di uno sguardo.
Questo comportamento lo faceva andare in bestia.
Xemnas quella mattina aveva preso la decisione di andare a scuola, dopo una lunga assenza, per portare a compimento un dovere molto importante ma quel frangente transigeva un intervento immediato. Il ragazzo era rimasto assorto così a fondo nei suoi pensieri che non si era accorto neanche che Larxene si era congedata da loro, soltanto quando qualcuno lo urtò per sbaglio si ridestò e contrasse il volto in un’espressione di pura collera.
Ma che cazzo” sbottò voltando lo sguardo e quasi si pietrificò alla vista del suo offensore. Roxas, la sua eterna nemesi dall’era dei tempi, uno degli Strife che gli avevano reso l’esistenza un inferno, uno dei pochi che a scuola si era ostinato a non portargli mai rispetto “Strife, proprio te cercavo” disse ricomponendosi e assumendo il suo solito comportamento freddo e distaccato.
Il biondo nell’udire quella voce familiare si raggelò nelle vene e interruppe la sua conversazione con Vaan - inizialmente l’altro ragazzo non aveva capito cosa gli fosse preso al biondo ma quando notò l’imponente figura anche lui si ammutolì e si avvicinò di più a lui. Roxas però non lasciò trasparire uno sguardo di terrore puro come l’amico, lui rimase impassibile e assunse un’aria irritata.
Che ci fai ancora qui?”
Il ragazzo dai capelli argentati inarcò le sopracciglia e gli fece una risata in faccia “Fattelo dire, la tua è proprio una domanda del cazzo. Ti do l'opportunità di spararne un'altra però” fece con sarcasmo.
Roxas gli riservò un'occhiata di sufficienza “Pensavo che avessi cambiato scuola o anche paese per quello che mi riguarda...” e detto questo fece per sorpassarlo.
Xemnas se avesse potuto gli avrebbe dato fuoco con lo sguardo, ma si limitò a scattare e lo afferrò saldamente per una spalla.
Lasciami stare, levami le mani di dosso!” ringhiò il biondo voltandosi di scatto senza però riuscire a togliere la mano dell'altro dalla sua spalla.
Non prima di aver scambiato quattro parole con te, Strife”
Io non ho niente da dire a uno come te”
Saix era rimasto in silenzio tutto il tempo a seguire lo scambio, e francamente non sembrava minimamente interessato ad intervenire. A un certo punto si accese persino una sigaretta e puntò lo sguardo su Vaan, anche lui era rimasto silenzioso, però la sua espressione era completamente terrificata per la sorte dell'altro biondo. La cosa lo divertiva alquanto.
Peccato, sai che c'è di nuovo?” fece Xemnas beffardo e senza alcuno sforzo sbatacchiò il più giovane come se fosse una fogliolina “Non me ne è mai fottuto della tua opinione, qui comando io e ho deciso che-” ma non riuscì a continuare perché Roxas tagliò corto con un tono impertinente.
Comandi? Ma non farmi ridere. Non ti sei accorto che qui nessuno ti vuole? Vattene via” disse con una risata sarcastica alzando la voce; si scostò malamente e lo guardò torvo com'era solito fare durante i loro occasionali incontri a scuola, ma quel giorno si stava impegnando più del solito perché la luna storta lo assisteva “E non ti azzardare mai più a toccarmi”
Detto ciò si sistemò il pesante cappotto ceruleo, afferrò Vaan per una mano e lo trascinò verso l'interno dell'edificio, incespicando nella neve alta.
Saix, che aveva assistito alla scena da neutrale, studiò con lo sguardo i due ragazzi che si allontanavano goffamente tra la folla, e poi si concentrò su Xemnas che ora aveva digrignato i denti. Quella mattina prima di recarsi a scuola era passato a casa del ragazzo per fare un mezzo rapporto sull'attività che questi gli aveva sbrigativamente delegato qualche giorno prima e il suo strano comportamento l'aveva allertato. Lo aveva trovato a bere vino e aveva iniziato a dire cose senza senso, qualcosa di grosso lo preoccupava, e poi c'erano quel pacco senza mittente di cui non aveva avuto modo di vedere il contenuto e l'improvvisa voglia di tornare a scuola. Il ragazzo dai capelli blu aveva il brutto presentimento che ci fosse qualcosa sotto e che quel qualcosa implicava grossi guai.
Andiamo anche noi, Xemnas, si sta facendo tardi” sussurrò con un sospiro, approcciandosi all'altro.

Contemporaneamente, dall'altra parte dell'atrio, Axel si dimenava tra la folla di ragazzi per cercare di avere un contatto con Roxas. Aveva scorto di sfuggita uno stralcio della sua capigliatura dorata e a quel punto aveva mollato i suoi compagni di squadra e aveva deciso di agire. Certo, non aveva il coraggio di avvicinarsi e parlargli di sua iniziativa, però avrebbe potuto simulare un incontro casuale o qualcosa del genere. La notte gli aveva portato consiglio, o meglio era stato Zexion, ma comunque era lo stesso, aveva capito che si era comportato da completo idiota e adesso stava facendo solo soffrire il suo biondo e se stesso. Tutta la sua determinazione però svanì nell'esatto secondo in cui intravide Roxas varcare la soglia dell'edificio. Se si fosse girato alla sua sinistra lo avrebbe sicuramente notato poiché gli era molto vicino, ma Roxas guardava fisso avanti a sé, con un'espressione indecifrabile in volto e con una mano strattonava di tanto in tanto Vaan che lo seguiva con il suo carrellino dell'ossigeno.
Sicuramente quel Roxas non era quello che era abituato a vedere quotidianamente, sembrava essere l'impertinente bastardo che aveva conosciuto a inizio anno; e non sapeva dire se la cosa lo impressionava o no, l'unica cosa di cui era certo è che doveva essere proprio incazzato con lui.

Fin da quando si era svegliato quella mattina, Roxas aveva capito che quella sarebbe stata una giornata no.
Prima c'era stato uno di quei sogni che l'aveva sconvolto di più delle altre volte, a questo si era aggiunta poco dopo la notizia di suo padre. Il biondo era convinto che magari ritornando a scuola il suo umore si sarebbe alleggerito un po' ma si sbagliava - ovviamente se nella sua vita una cosa andava storta tutto il resto sarebbe andato in frantumi di conseguenza.
Una volta arrivato davanti scuola, c'era Vaan ad aspettarlo con un'espressione gioviale; il ragazzo lo aveva aiutato a scendere dalla macchina, si era offerto di portargli la bombola e aveva salutato suo padre con un gesto della mano. I due ragazzi stavano per andare spediti in aula per il laboratorio di teatro ma Roxas rimase impalato al centro del giardino perché aveva intercettato Axel che si era appena incontrato con gli amici - il rosso però gli sembrava troppo vivace per essere depresso come glielo aveva descritto Demyx il giorno prima. Grazie alla conversazione avuta con Mullet-man, il biondo aveva capito che non aveva senso continuare a indugiare e lasciare che un malinteso potesse rovinare quello che loro avevano costruito con tanta fatica, però il vedere Axel sorridere e chiacchierare con tanta noncuranza assieme ad altri ragazzi gli aveva oscurato ancora di più l'umore. Probabilmente al rosso non dispiaceva poi così tanto essersi liberato di lui.
Roxas aggrottò le sopracciglia e con un cenno disse all'amico di incamminarsi, magari distraendosi non ci avrebbe pensato nonostante il motivo per cui fosse andato a scuola era proprio il rosso in questione. Poi a questo si era aggiunto anche l'inaspettato incontro con Xemnas che a quanto pare aveva voglia di attaccar briga. Decisamente la giornata non era delle migliori, si disse il biondo mentre si abbottonava nervosamente una larga camicia bianca.
Senti, proprio stamattina ho altri problemi per la testa, di Xemnas non mi importa niente. È ora che impari qual è il suo posto” borbottò in risposta alla raffica di lamentele con cui lo aveva travolto l'altro biondo nell'esatto momento in cui erano entrati nell'aula di teatro adibita a camerino. Non faceva altro che ripetere che aveva esagerato a rispondere così e che ci si poteva aspettare di tutto da uno come Xemnas. Roxas sospirò pesantemente e roteò gli occhi, come se quelle cose non le sapesse da sé.
Problemi del tipo.... Axel-problemi?” replicò Vaan con una risata mentre indossava una lunga giacca marrone.
Roxas lo guardò trovo “Dovrei risponderti?”
Certo che voi due siete diventati davvero popolari”
Essere sulla bocca di tutti perché il tuo ragazzo ti ha mollato sotto la pioggia non è essere popolari”
È romantico però...” l'altro lo fulminò e così Vaan si affrettò a continuare “Cioè beh, non in quel senso però la pioggia rende l'atmosfera più... mmm unica? Drammatica? Indimenticabile?”
Il biondo nel frattempo aveva indossato una casacca ed era intento a legarsi una fascia bianca in vita, si bloccò però per ripensare alle parole dell'amico. Abbassò il volto ed emise un sospiro malinconico “Credimi, se voleva rendere il tutto indimenticabile allora ci è riuscito alla grande” mormorò andando verso lo specchio per dargli le spalle.
Romantico e indimenticabile come il nostro primo bacio, anche quello sotto la pioggia. Pare che si scelga le occasioni, rifletté tra sé e il solo ripensarci gli faceva salire il nervosismo. Afferrò la pochette con i trucchi di scena dal piano lì accanto e contrasse il volto “Dio, quanto lo odio....quelle palle da basket vorrei lanciargliele in testa a ripetizione!”
Vaan ridacchiò e si legò in testa una bandana dalla quale uscivano le sue ciocche bionde, Roxas era davvero perso per Axel ma si vide bene dal dirglielo perché non aveva intenzione di rigirare il coltello nella piaga e poi l'altro avrebbe potuto davvero lanciargli qualcosa addosso se l'avesse irritato più di quanto non fosse. Poi lanciò un’occhiata agli altri ragazzi che già vestiti con gli abiti di scena stavano iniziando ad avviarsi in teatro per cominciare le prove, e li salutò con un cenno della mano.
Meglio sbrigarci” annunciò seguendo con lo sguardo Roxas che era andato a frugare in uno scatolone contenente accessori vari, l'altro gli rivolse un fugace assenso ma non sembrava prestargli particolare attenzione.
Ehi che stai combinando con trucco e parrucca?” ridacchiò raggiungendolo e si ritrovò ad esclamare in preda alla sorpresa quando lo vide in faccia “Fantastico, sei identico a Jack Sparrow!” disse divertito, gli prese il volto tra le mani e lo analizzò attentamente. Roxas aveva indossato una parrucca con un qualcosa di simile a dei rasta e ornamenti di perline e in fronte aveva indossato un'ampia bandana rossa che gli ricadeva quasi sugli occhi blu, appesantiti da della matita nera “Saranno pur finti, ma con baffi e pizzetto sei inquietante. Non ti riconosco quasi”
Dopo un'ultima sistematina veloce, Roxas indossò la cannula che si era tolto momentaneamente per riempirsi il viso di schifezze e la nascose sotto la camicia per non rovinarsi troppo il travestimento.
Bene, questo è il mio intento. Voglio camminare per i corridoi ed essere irriconoscibile” brontolò storcendo il naso. Con un colpo di reni si rimise di nuovo in piedi e si scrutò un'ultima volta nello specchio – Vaan aveva ragione, con quel vestito faceva un po' impressione però tutto sommato gli piaceva... perché scegliere un pirata normale quando poteva essere il Capitano Jack Sparrow?
Perché ho la vaga impressione di sapere da chi non vuoi farti riconoscere?” lo redarguì l'altro e a quella battuta le gote di Roxas si tinsero di rosa.
Il ragazzo gli rivolse un'occhiataccia e si voltò altrove per non far scorgere l'evidente rossore in volto. A volte Vaan sapeva essere più fastidioso di quel folle di Demyx, probabilmente avrebbe dovuto cominciare a frequentare altre compagnie.
Tutta colpa di quell'idiota di Demyx!” sbottò di malumore ed esortò Vaan a sbrigarsi per raggiungere gli altri “Porta tu la bombola”
Vaan sospirò e prese il carrellino, senza trattenere però un sorrisetto.
Prima di raggiungere il teatro, i due fecero un salto davanti la palestra dove si tenevano gli allenamenti mattutini di basket, o meglio Roxas non ebbe neanche bisogno di dire all'amico del piccolo dirottamento che questi scrollò le spalle e lo accompagnò fino all'entrata senza dir nulla. La palestra era grande e la eco delle scarpe che strusciavano sul parquet e le urla dei giocatori riecheggiavano fin dalla parte opposta del corridoio.
Roxas si appoggiò appena alla porta accostata e sbirciò dalla fessura, gli ci volle qualche istante prima di individuare l'oggetto del suo costante interesse ma alla fine lo intercettò. Axel era lì assieme ai suoi compagni, intento a fare qualche palleggio e chiacchierare animatamente con alcune cheerleaders che si pavoneggiavano a bordo campo con i ragazzi.
Il ragazzo vestito da pirata si ritrasse di scatto dalla porta come se ne fosse rimasto ustionato e abbassò il volto; non solo quella mattina nel cortile della scuola Axel non gli aveva rivolto neanche un cenno ma anche ora non si poneva troppi problemi nel fare il cascamorto con quelle ragazze. Quello stronzo di Demyx lo aveva fatto sentire in colpa il giorno prima quando gli aveva detto che il rosso stava passando le sue giornate a deprimersi e ora che aveva raccolto tutto il coraggio del mondo per affrontarlo e cercare di risolvere le cose, lo trovava a fare lo scemo con le ragazze. Certo era rattristato, ma quella visione non faceva altro che indisporlo ancora di più nei confronti del mondo.
Fanculo Axel.
Fanculo tutti.
Fanculo pure Namine e Sora che lo avevano costretto a rifarsi una nuova vita. Faceva bene prima a stare sempre per conto suo, ormai lo aveva capito a sue spese che se si fosse avvicinato troppo a qualcuno alla fine ne sarebbe rimasto inevitabilmente bruciato.
Tutto bene?” fu la domanda che gli rivolse Vaan, ma Roxas non gli diede ascolto. Girò sui tacchi e riprese a camminare nel corridoio.
Andiamo” gli intimò, continuando ad affondare nei suoi pensieri.
Era ovvio che il rosso lo avesse già dimenticato, dopotutto cosa aveva Roxas di più di un bel gruppetto di cheerleaders splendenti? Assolutamente nulla. Ah si, una cosa c'era: i problemi. La loro storia era stata troppo bella per essere vera e, sebbene il biondo avesse lottato contro tutti coloro che non credevano in loro, alla fine tutti i suoi sforzi non erano valsi a nulla. Forse Sora aveva davvero ragione, quando all'inizio gli aveva gridato in testa che Axel era un tipo da cui stare alla larga.
Il biondo lanciò uno sguardo alla sua sinistra. Camminando per il corridoio affollato, si era unita a lui e Vaan una ragazza vestita da coccodrillo – si chiamava Penelo o qualcosa del genere - e al momento era intenta a raccontare qualche aneddoto apparentemente molto interessante perché l'amico pendeva dalle sue labbra, Roxas invece la stava ignorando bellamente perché troppo occupato con il suo rimuginio mentale. Alla fine però scosse il capo, rassegnato, e realizzò che ormai non aveva più senso cercare di risolvere tra lui ed Axel, tanto ormai era tutto finito. E con quei pensieri in testa non si accorse di aver urtato di nuovo qualcuno e aveva fatto cadere a terra i libri di quel qualcuno. Egli si voltò subito, seguito a ruota da Vaan, pronto per scusarsi ma si irrigidì con la bocca a mezz'aria quando riconobbe di nuovo la persona in questione.
Strife questa volta hai oltrepassato il limite”
Xemnas torreggiava su di loro, affacciato dal suo armadietto, con un'espressione deformata che faceva intendere del tutto che era davvero incazzato per un motivo o per un altro “Non posso più tollerare il tuo comportamento”
Roxas lanciò una silenziosa occhiata a Vaan di non badarci troppo. Quel giorno non era proprio dell'umore e non aveva assolutamente intenzione di subire pure le angherie di Xemnas, anzi forse sfogarsi su di lui come aveva più volte fatto in passato avrebbe potuto aiutarlo a sbollire la sua arrabbiatura. E così la sua bocca si mosse senza neanche bisogno di pensarci “Menomale, pensavo di essere l'unico a non sopportare il tuo”
Il suo cuore accelerò improvvisamente, l'adrenalina entrò in circolo nel suo essere e le mani gli pizzicavano nel desiderio di prendere a pugni il suo oltraggiatore. La sentiva, quella sensazione liberatoria di quando attaccava briga con qualcuno che non gli andava a genio lo aveva fatto subito sentire meglio.
Rox piantala!” sibilò Vaan nell'orecchio dandogli uno strattone al braccio e poi posò di nuovo lo sguardo su Xemnas che, per uno strano motivo si ostinava a guardare lui piuttosto che Roxas.
Io ho cercato di metterti in guardia ma tu non sembri affatto interessato. La tua esistenza mi è d'intralcio!”
Vaan boccheggiò più volte ma non seppe cosa dire, non riusciva a capire se l'argenteo stava parlando con lui o Roxas ma a quanto pare al suo amico non importava più di tanto perché diede loro le spalle e commentò uno sdegnato “Vai all'inferno, Mansex” prima di afferrare Vaan sotto braccio e riprendere ad avvicendarsi tra i corridoi affollati.
Ma questa volta le cose andarono diversamente.
A quella frecciatina non seguì un'altra risposta pungente o un'offesa. Questa volta Xemnas con uno scatto fulmineo chiuse l'armadietto, estrasse una revolver argentata e premette il grilletto.
Questa volta non la passerai liscia. Tu verrai all'inferno con me!”
E caos fu.


here and now
07.55

Quando Axel uscì dagli spogliatoi della palestra ed entrò nell'edificio principale, fu avvolto da un silenzio tombale. Sembrava essere stato improvvisamente catapultato su un campo di battaglia: ovunque c'erano armadietti aperti, borse abbandonate, libri e astucci riversi a terra.
E poi intercettò delle macchie di sangue sul pavimento.
Quando alzò lo sguardo, scorse la figura riversa al suolo a cui apparteneva la chiazza di sangue che si era dilagata sul pavimento.
Tutto il suo essere si pietrificò.
Il respiro gli si bloccò nel petto e il suo cuore perse un battito.
Vaan! Vaan mi senti? Ti prego svegliati” si ritrovò a gridare inginocchiandosi accanto al corpo supino e prese a scuoterlo e chiamarlo più volte, ma l'altro ragazzo rimaneva freddo e immobile come se fosse fatto di ceramica. Il rosso esitò e si sentì un groppo in gola quando notò un minuscolo particolare: sulla sua schiena, all'altezza del cuore, era aperto un piccolo forellino che probabilmente doveva averlo trapassato da una parte all'altra del petto.
Vaan” ripeté con voce strozzata, sentendo le lacrime che gli offuscavano la vista, e senza indugiare appoggiò due dita sul collo, sperando con tutto se stesso che non fosse quello che il suo raziocinio gli urlava disperatamente. I suoi dubbi furono però presto confermati dall'assenza di battito e inconsciamente si allontanò di scatto, sentendosi improvvisamente invaso da un dolore fortissimo, come se il proiettile si fosse automaticamente conficcato nelle sue carni nel momento in cui aveva sfiorato l'amico.
Non poteva crederci.
Fino a poco prima Vaan era vivo, lo aveva visto in cortile in compagnia di Roxas e stava benissimo – perché era morto così facilmente? Era davvero bastato così poco per porre fine a un'esistenza?
Con gesto meccanico, si asciugò le lacrime con l'avambraccio nonostante quelle continuassero a scendere copiose e lasciò lo sguardo vagare attorno a sé. C'erano altre macchie di sangue sul pavimento e la vetrata della porta che dava su un altro corridoio era in frantumi, qualcun altro doveva essere stato ferito, o almeno sperava che fosse così.
Dei leggeri lamenti lo distrassero dai suoi pensieri e finalmente si ricordò il motivo per cui era lì, così si alzò subito anche se con qualche leggero tremolio e corse nella direzione da cui essi provenivano. Aveva imboccato un corridoio adiacente identico al precedente, apparentemente vuoto se non fosse per quei singhiozzi che erano diventati più distinti.
Continuò a camminare attento ad ogni minimo movimento attorno a sé e il cuore che gli batteva a mille, doveva rimanere sempre attento nell'eventualità incappasse in qualche pazzo armato. E poi individuò una figura schiacciata in un minuscolo spazietto tra gli armadietti e il muro. Essa era raggomitolata come un riccio e sebbene fosse vestita in maniera strana e il volto era nascosto, riconobbe subito che era il biondo che stava cercando.
Ro-Rox?” Axel si avvicinò preoccupato ma cauto per non farlo trasalire, quella era già una situazione critica per lui e altri spaventi lo avrebbero solo aggravato “Roxas stai bene?”
Il biondo a quel punto alzò il viso contratto dal dolore e rigato dalle lacrime, i suoi occhi erano rossi e la matita era tutta sciolta sulle sue guance ma lo stupore fu troppo per permettergli di articolare qualsiasi risposta.
Ax” pigolò guardandolo come se avesse davanti a sé un fantasma.
Sei ferito?” il rosso si inginocchiò davanti a lui e lo scrutò con apprensione, gli prese le mani nelle sue e solo in quel momento si accorse che entrambi stavano tremando “C'è qualcosa che ti fa male?
Roxas temporeggiò e abbassò il capo, tutte le sequenze di avvenimenti che aveva vissuto poco prima si ripeterono davanti ai suoi occhi con gran velocità.

C'era stato un rumore assordante e da quel momento Roxas non capì più cosa stava succedendo. Vaan si era accasciato al suolo e perdeva sangue, aveva provato a farlo rialzare ma non ci era riuscito; ci furono degli spintoni e qualcuno l'aveva afferrato di peso per un braccio, e poi si era ritrovato a correre in una direzione a caso, però il suo corpo non era riuscito a sostenere quello sforzo e si era piegato sotto il suo peso.

Il biondo chiuse di scatto gli occhi e scosse il capo per non far preoccupare l'altro.
Vaan-”
Lo so Rox, lo so” Axel gli portò una mano dietro alla nuca e poggiò la fronte contro quella dell'altro, le lacrime minacciavano di scendere di nuovo ma a lui non interessava, l'importante era sapere che Roxas era salvo “Non hai idea di quanto sono felice di vederti ancora vivo”
Roxas cercò di asciugarsi invano le lacrime con la manica della felpa e con l'altra mano strinse quella del più grande “Anche... anche io, però perché sei venuto qui?”
Axel si prese un ultimo secondo per ammirare quegli occhi blu che tanto amava e passò un'ultima volta la mano nei morbidi capelli dorati prima di rimettersi in piedi e porgere una mano all'altro “Adesso non c'è tempo, dobbiamo andare a nasconderci... ho paura che ci sia ancora qualcuno qui dentro”
Roxas guardò la mano che l'altro gli aveva teso e contrasse la fronte.

Il suo corpo era improvvisamente diventato troppo pesante anche solo per muovere un dito, l'aria diventava sempre più rarefatta e le vertigini gli impedivano anche di muovere un solo passo. Conosceva così bene quella sensazione da poter sperare solo che il suo cuore non scegliesse quel tempismo perfetto per fare qualche scherzo.
Roxas sapeva che non poteva rimanere lì e dal momento che non riusciva ad alzarsi per rifugiarsi in un'aula, si fece un po' di forza e si rintanò in un minuscolo spazietto tra gli armadietti e il muro. Lasciò cadere parrucca e ornamenti finti, si mise la bombola tra le gambe, poggiò le braccia sulle ginocchia e nascose il viso tra di esse. Tutto quello che doveva fare ora era diventare invisibile, svuotare la mente e placare i singhiozzi, così forse le palpitazioni gli avrebbero dato un po' di tregua.

Ax vai senza di me, io mi fermo qui” mormorò infine, scuotendo debolmente il capo e accennò un sorriso malinconico “Non ce la faccio ad alzarmi. Mettiti in salvo”
Axel rimase stupito da quell'affermazione che era suonata così innaturale una volta uscita dalle labbra del biondo davanti a lui. Roxas era stato sempre così fiero, audace e combattivo. Lo aveva sempre invidiato per quella forza che mostrava in tutti i momenti di maggior difficoltà e adesso non riusciva a comprendere cosa gli stesse passando per la testa. Aveva lottato tanto per poi arrendersi e farsi ammazzare da qualche povero pazzo? No, Axel proprio non riusciva ad accettarlo, certe cose lo facevano incazzare.
Stai scherzando per caso? Sono venuto a cercarti per assicurarmi che stessi bene, non credere che ti lascerò qui!” protestò ostinato ma anche l'altro non demorse.
Le mie gambe non vogliono muoversi”
Allora sarò io le tue gambe!”
Senza perdere altro tempo il più alto si mise la bombola a tracollo, prese il biondo in braccio e iniziò a camminare svelto, ignorando le proteste dell'altro che si divincolava nella sua presa – allora un po' di forza ce l'aveva, pensò.
Che cavolo Axel- mettimi giù non voglio essere un peso!”
Axel non rispose ma strinse i denti dalla rabbia, e con un po’ di fatica si chiuse nella prima porta che trovò. Era uno sgabuzzino stretto e senza finestre, ma era sempre meglio di nulla. Forse lì sarebbero stati al sicuro per tutto il tempo necessario, finché qualcuno non sarebbe arrivato a tirarli fuori.
Una volta accesa la luce, adagiò Roxas a terra e lo guardò irato “Ritira subito quello che hai detto!”
L'altro si appoggiò con la schiena alla parete e si strinse nelle spalle “No”
Sei uno stupido!” lo accusò Axel stringendo i pugni ai lati, non si era neanche accorto di aver gridato a causa del nervosismo “Te l'ho già detto un sacco di volte che tu per me non sei un peso. Non lo sarai mai, neanche quando ti rifiuti di collaborare. Pensi forse che io possa lasciarti da solo? Non credere che io sia tanto egoista da pensare solo a me stesso in un momento simile, appena ho saputo cosa era successo il mio primo pensiero sei stato tu. Dovevo accertarmi che stessi bene perché nonostante tutto io ci tengo sempre a te, e se a te non sta bene dovrò allora essere egoista e portarti fuori di qui di peso perché l'ultima cosa che voglio è saperti morto”
Roxas era rimasto in silenzio durante quella sviolinata, con la fronte aggrottata e labbra serrate. Dentro di lui le sue emozioni turbinavano vorticosamente e si scontravano ferocemente, in una sanguinosa guerra che lo stava corrodendo. Si stropicciò gli occhi e cedette alla forza delle lacrime che scesero come dei fiumi in piena. Ogni tanto la sua schiena veniva scossa da qualche singulto ma a parte quello non fuoriuscì altro suono dalla sua bocca.
Solo a quel punto Axel comprese ciò che aveva appena fatto e si sedette di nuovo: appoggiò anch'egli la schiena al muro, incrociò le gambe e nel silenzio di quel momento si accorse che l'altro respirava pesantemente.
Scusa non volevo alzare la voce”
Roxas però non rispose, aveva ancora lo sguardo basso e si era richiuso in se stesso. Axel non sapeva cosa fare in una situazione del genere in cui la tensione era palpabile, l'unica cosa che voleva era vedere Roxas parlargli di nuovo.

Nel frattempo non molto lontano da quello sgabuzzino, un gruppetto di ragazzi aveva trovato rifugio in un’aula poco lontano.
Tutti erano seduti a terra, appiattiti contro il muro e i cuori che martellavano incessanti. Nessuno aveva osato aprire bocca da quando la porta era stata chiusa e l’allarme era stato lanciato. Nessuno, finché la prima mezz’ora non passò nel più totale silenzio, dentro e fuori quelle quattro mura.
Dobbiamo uscire da qui” esordì Xaldin lanciando uno sguardo agli altri.
Riku era seduto accanto a lui e gli lanciò un’occhiata apprensiva da sopra le spalle ma invece di interloquire, ritornò a stringere tra le sue braccia Kairi. La ragazza per proteggersi durante la sparatoria si era gettata a terra, ma la porta di vetro che collegava le due aree della scuola era andata in frantumi e una miriade di schegge le erano cadute addosso, conficcandosi poi in una gamba. Quando Riku la aveva adocchiata, l’aveva subito caricata sulle spalle e si era gettato nella prima classe più vicina, dove Marluxia da lontano gli faceva cenno di sbrigarsi ad entrare.
No, dobbiamo aspettare qui che qualcuno venga a prenderci” rispose Zexion con tono neutrale, il ragazzo aveva portato le gambe al petto e si torturava nervosamente le mani. Sperava che Demyx stesse bene e che fosse riuscito a mettersi in salvo.
Se quello è ancora dentro la scuola potrebbe piombare qui all'improvviso” prese parola Marluxia, aveva piegato le ginocchia davanti a sé e aveva appoggiato le braccia su di esse. Il suo sguardo era serio e distaccato, e si disse che stava gestendo davvero bene la sua preoccupazione “Dovremmo uscire dalla finestra” propose poi.
È bloccata, se la sfondassimo ci sentirebbe”
Il tono pratico e da so-tutto-io di Zexion gli fece pulsare una tempia ma scelse di non controbattere. A quel punto si levò un debole gemito e tutti puntarono lo sguardo sulla cheerleader dai capelli rossi.
Kairi è ferita, non può rimanere qua dentro a lungo!” pronunciò a quel punto Riku, sapeva che quella era una pessima idea perché così l’avrebbe messa in pericolo ma non avrebbe potuto fare altrimenti, la ragazza stava perdendo molto sangue.
Zexion gattonò verso di loro, esaminò velocemente la ferita e cacciò un sospiro.
È troppo pericoloso, non possiamo rischiare” mormorò, dalla tasca sfilò un fazzoletto di stoffa e prese a tamponare delicatamente.
Kairi strinse i denti e ingoiò i gemiti di dolore, con una mano strinse il braccio dell’albino e lo guardò con occhi intrisi di lacrime. Non si trattenne dal piangere silenziosamente, la paura era tanta ma non voleva gravare sugli altri e mettere la loro sicurezza ulteriormente a rischio.
La gamba fa male… ma io sto bene” singhiozzò nel tentativo di mantenere un tono e mostrarsi forte, ma la sua voce era scossa da fremiti “Fa’ come dicono gli altri per piacere”
Riku si morse un labbro e diede un pugno al muro per reprimere il senso di frustrazione che si stava facendo largo in lui. La sua attenzione fu però distolta da un movimento alla sua destra e notò Xaldin che intanto si era alzato e si era avvicinato alla finestra per scrutarla per bene.
Che diavolo stai facendo?”
Una voce che non si era ancora manifestata fino ad allora proruppe dall’angolo più remoto della classe e Xemnas fece un passo avanti. Durante il caos a seguito del suo gesto, il ragazzo era stato assalito da un improvviso senso di terrore e senza rifletterci ulteriormente si era dato alla fuga ed era finito bloccato in quell’aula assieme agli altri ignari.
Xaldin lo guardò accigliato da quella domanda “Secondo te? Provo a trovare una via di uscita da qui, vuoi che quello svitato ci trovi?”
Perché lo chiami svitato?”
Una persona che si mette a sparare in una scuola non mi sembra tanto normale, ti pare?”
Il ragazzo abbozzò una risata impertinente e quello bastò a far scoccare la scintilla.
Ripetilo di nuovo” abbaiò Xemnas cacciando la pistola dalla tasca della felpa e puntandogliela contro, Xaldin immediatamente indietreggiò e alzò le mani in segno di difesa. Immediatamente seguirono razioni di puro sgomento e paura.
Xemnas?” fecero tutti attoniti dalla rivelazione e si appiattirono al muro. Marluxia fu l’unico a mantenere il sangue freddo e lo scrutò attentamente senza dir nulla.
Sì, complimenti mi avete scoperto. Adesso allontanatevi tutti dalla porta, che nessuno si muova” esclamò il ragazzo agitando la pistola verso tutti e prese a girare nevroticamente per l’aula.
Perché stai facendo tutto questo, Xemnas?” fece Xaldin con le mani ancora sulla difensiva e un rivoletto di sudore che gli scendeva dalla tempia “Ti stai rovinando con le tue mani”
E' un po’ tardi per fare la paternale”
Ti sbagli, se metti giù la pistola e ti arrendi vedrai che non succederà nulla”
No, non è così” lo bloccò prima che potesse continuare “Ormai è troppo tardi per tutto… non si può tornare più indietro” Xemnas si muoveva freneticamente su e giù per la classe in preda all’agitazione, ma poi si bloccò di scatto; assunse il suo solito atteggiamento, proprio come se fossero due persone separate e si rivolse a Marluxia con sguardo di fuoco “Cosa stai facendo?”
Niente” rispose il ragazzo dai capelli rosa forse troppo velocemente, nascondendo velocemente qualcosa, e questo non fece che urtare ancora maggiormente l’altro.
Ho detto che cazzo stai facendo, cos’hai dietro la schiena?”
Marluxia a questo punto fu costretto a cacciare il cellulare che stava nascondendo e Xemnas con un gesto della mano libera gli intimò di passarglielo alla svelta.
Cercavi di metterti in comunicazione con qualcuno, Torn?” fece quest’ultimo una volta che l’altro glielo ebbe lanciato e andò alla ricerca del registro chiamate, fu però lo stesso Marluxia a chiarificargli il piano che aveva in mente.
Lo ammetto, volevo chiamare il 911” ammise il rosa con aria colpevole alzando le mani al petto “Ma le linee sono intasate”
Sei furbo” pronunciò Xemnas e poi si guardò attorno inferocito “Consegnatemi tutti i vostri cellulari, datevi una mossa!”
Marluxia assistette alla scena in silenzio e represse un sorrisetto vittorioso, Xemnas era all’oscuro del fatto che nella tasca della sua giacca aveva in realtà un secondo cellulare con il quale era in atto una chiamata d’emergenza e tutti stavano ascoltando cosa stava accadendo all’interno dell’aula.

Il silenzio era palpabile nello sgabuzzino in cui Axel e Roxas erano rintanati e nessuno sembrava avere il coraggio di aprire bocca, in realtà il rosso voleva eccome ma non sapeva cosa dire così decise di impiegare il tempo occupandosi del biondo, che lui volesse o meno. Di punto in bianco, prese dei fazzolettini imbevuti dallo zaino della bombola e gli prese il viso tra le mani per iniziare a pulirglielo dal trucco sciolto. Roxas trasalì a quel gesto ma non disse nulla, lasciò l'altro fare tutto ciò che voleva, voleva mostrarsi fermo e impassibile ma le sue lacrime lo tradirono.
Hai paura?” sussurrò Axel concentrato nel suo lavoro, manteneva lo sguardo fisso sulla pelle che stava strofinando con gesti dolci e leggeri per non metterlo ulteriormente a disagio.
Roxas annuì senza staccare gli occhi dal pavimento.
Anche io” ammise il rosso con sincerità e gli diede un buffetto sul naso quando finì di struccarlo “Però non piangere, ci sono io con te e non lascerò che ti accada qualcosa”
Quello fu il culmine. Roxas non riuscì a trattenersi ulteriormente e si portò i dorsi delle mani agli occhi e fu scosso da un singulto. Temeva che Axel si comportasse così solo per pietà nei suoi confronti o per rimorso... o forse perché ricordava la promessa che gli sarebbe rimasto sempre vicino, qualsiasi cosa fosse successa. Però per quanto volesse ignorare le attenzioni dell'altro proprio non riusciva a voltargli le spalle, ogni tocco sulla sua pelle gli provocava brividi ed emozioni che lo facevano uscire fuori di testa. Una cosa che non era successa con nessuno prima d'ora. Anche se poco prima lo aveva odiato con tutto se stesso nel vederlo ridere e scherzare con altri, si ritrovò a mettere da parte tutto l'astio e lasciò trasparire tutte le sue debolezze.
Scusami, non volevo... perdonami”
Axel gli passò una mano tra i capelli morbidi “Non dire così”
Tu sei sempre così buono e gentile con me, anche adesso, mentre io invece...”
Sei tu che dovresti perdonarmi, mi sono comportato da vero immaturo. Le cose non si affrontano scappando”
Tu...tu avevi ragione” Roxas scosse il capo e continuò con la voce incrinata dai singhiozzi “Avrei dovuto dirti tutto prima però avevo paura. Tutte quelle cose che ho fatto....non sono poi la persona modello che tutti pensano che io sia. Ho sempre avuto paura che non fossi abbastanza per te e che avresti potuto stufarti di me per tutti i miei problemi, o che scoprendo il mio passato avresti potuto vedermi con occhi diversi. Lo so che è egoistico da parte mia però...però io volevo solo stare con te”
Axel rimase stupito da quelle parole, Roxas aveva frainteso tutto e si diede mentalmente dello stupido “Scemo, non ti avrei lasciato! Non devi assolutamente pensare queste cose. È vero, il tuo passato non è stato proprio rose e fiori e mi sono stupito non poco, però avrei capito”
Il biondo fece per protestare ma il rosso lo bloccò con un gesto della mano.
Non dire niente Rox. Devi sapere che non mi sono arrabbiato con te perché bevevi o fumavi non so neanche cosa, anzi sono rimasto a bocca aperta...almeno non mi sentirò in colpa la prossima volta che berrò una birra sapendo che non sei contrario” accennò una leggera risata e con un dito iniziò a tracciare dei motivetti sul dorso della mano dell'altro “È stato però il modo in cui l'ho scoperto che mi ha fatto incazzare. Speravo che mi dicessi tu tutto quanto”
Roxas si oscurò in volto e ritrasse le mani al petto “Avevo paura che non mi avresti accettato”
Se due persone stanno insieme e si amano, si prendono cura l’uno dell’altro… accettano tutto, pregi e difetti...e…e poi ho accettato la tua malattia, tutto il resto è niente a confronto- più o meno”
Il passato e la malattia sono due cose diverse”
Infatti...la malattia è mille volte peggio perché non sai come sarà in futuro” a quel punto Axel si avvicinò pericolosamente al volto dell'altro “Vogliamo mettere una pietra sopra a questa cosa?”
Roxas inizialmente sembrava riluttante ma alla fine si arrese e annuì debolmente, non aveva più voglia di discutere o combattere, voleva ritornare ai tempi in cui tra loro andava tutto bene.
Axel sorrise e gli posò un bacio sulla guancia.

Ohi sono un agente dell'FBI, che significa che non posso andare oltre? Mio figlio è la dentro!”
Così come anche tanti altri ragazzi, adesso si calmi per piacere e lasci fare a chi è in servizio”
Reno ringhiò in risposta all'agente che si era messo davanti a lui e lo aveva fatto indietreggiare, non aveva senso tutta quella storia, lui aveva tutto il diritto di entrare in quella dannata scuola e andare a cercare Axel. L'uomo in divisa allora, vedendo che il rosso non demordeva, con un cenno del capo gli indicò un uomo che stava parlando nervosamente al telefono.
Quello è lo sceriffo Torn, anche suo figlio è lì dentro. Signore, non metto in dubbio la sua preoccupazione ma la sicurezza degli studenti è la prima cosa a cui pensare”
Quello non lo tranquillizzò molto ma quel tanto bastò a spingerlo ad abbandonare quei suoi pensieri irrazionali di piombare nell'edificio senza alcun piano. Con un pesante sospiro dal naso, Reno girò sui tacchi e raggiunse l'altro lato del giardino dove scorse il preside Ansem e Leon che stavano parlando insieme, una voce femminile proveniente dalle sue spalle però lo fece sussultare e quando si girò vide una donna dai lunghi capelli color cioccolato avvicinarsi di corsa verso di lui.
Aerith”
Reno, cos'è successo? Sono appena arrivata e tutti quegli uomini non vogliono dirmi nulla!”
Dov'è Cloud?”
Sta arrivando” rispose la donna una volta approcciato il rosso, evidente era il terrore nei suoi occhi così cercò di infonderle un po' di sicurezza dicendole che la polizia aveva tutto sotto controllo, purtroppo però le sue parole non la aiutarono molto.
Le linee sono intasate, neanche io riesco a mettermi in comunicazione” stava spiegando ma il loro discorso fu interrotto.
Lei è il signor Turks?”
Un altro agente si avvicinò ben presto ai due che si erano appostati vicino alla macchina del rosso, quest’ultimo si corrucciò in viso, preda dell’ansia che lo stava assalendo, e annuì timoroso.
Sì”
Mi segua, ci è stata pervenuta l’identità dell’aggressore e hanno detto di informarla immediatamente”
Reno sentì la mascella irrigidirsi e uno strano senso di inquietudine lo pervase.

Dei rumori fuori la scuola catturarono l’attenzione degli studenti rinchiusi nell’aula studio, ora sotto il controllo di Xemnas armato di pistola. Si udiva chiaramente il suono delle sirene della polizia e qualcuno parlava col megafono, ma da quella distanza non si riuscivano a distinguere le parole, e c’erano persino gli elicotteri che perlustravano la zona.
Sono arrivati i rinforzi” constatò Zexion sollevato del fatto.
Merda” sibilò Xemnas appiattito al muro accanto alla finestra e diede una sbirciata fuori, era fottuto, quella situazione era diventata più grande di lui.
Xemnas, per piacere posa quell’arma e arrenditi. Facci uscire da qui e vedrai che non succederà nulla”
Taci!” urlò in preda al panico puntando la pistola su Riku e minacciò di togliere la sicura, ma questo fu più ostinato di lui e non distolse lo sguardo.
Se non vuoi farlo per noi o per te stesso, fallo almeno per Kairi” indicò la ragazza che aveva tra le braccia che aveva perso i sensi a causa della perdita di sangue “Se è in questo stato è per colpa tua”
Xemnas sgranò gli occhi e il respiro gli si bloccò in gola. Non sapeva più che fare o a cosa pensare, tutta quella situazione era diventata ingestibile. Aveva fatto una stronzata. Tutto questo era successo solo perché voleva aiutare una persona ma quella persona lo aveva fatto imbestialire. Senza dare spiegazioni girò sui tacchi e raggiunse la porta “Non azzardatevi a muovervi da qui se non volete fare una brutta fine” intimò ai ragazzi prima di uscire.
Non appena si chiuse la porta alle spalle, Xemnas prese a correre forsennatamente nei corridoi, neanche lui sapeva bene quello che stava facendo o quello che avrebbe fatto ma in quel momento l’agitazione aveva preso il sopravvento sulla sua razionalità. La sua corsa fu presto bloccata quando si sentì afferrare da dietro e qualcuno gli mise una mano sulla bocca per evitare che potesse urlare e attirare l’attenzione.
Che stai facendo?”
Nell’udire quella voce familiare, Xemnas riuscì a riguadagnare tutte le sue facoltà mentali e si tranquillizzò in parte. Era Saix.
Quello Strife” biascicò febbrile una volta che l’altro lo aveva lasciato andare “Mi ha fatto saltare i nervi...io...io davvero non ho realizzato il mio gesto prima di averlo ucciso”
Saix piegò di lato il capo e inarcò un sopracciglio “Quello a terra non è lui...hai sparato a un'altra persona”
Co....Cosa?”
È un amico di Roxas, non so come si chiami”
Per poco le gambe non cedettero sotto al suo peso dalla tanta incredulità che colpì Xemnas in quel momento, la sua fronte era imperlata di sudore e la sua mascella si muoveva meccanicamente, alla ricerca di parole che faticavano ad uscire.
E...e adesso cosa faccio. Saix che faccio? Ho ucciso un ragazzo innocente!”
Un innocente, una persona che non aveva niente a che vedere con lui.
Si era macchiato di una colpa abissale, lui che era sempre stato contro tutti i principi della sua famiglia alla fine aveva ceduto al suo istinto barbaro e selvaggio di vendetta.
Xemnas mi meraviglio di te” enfatizzò Saix con un sorrisetto beffardo e posò il suo sguardo famelico sull’arma che l’altro continuava a stringere. Aveva un piano in mente. “Tu non dovresti porti questi problemi, ormai hai ereditato una posizione di prestigio; il capo sarebbe felice di sapere che sei riuscito a compiere una cosa del genere a sangue freddo, è per questo che ti ha lasciato quella pistola oggi? Era una prova di coraggio per dimostrargli la tua fedeltà?”
Xemnas abbassò lo sguardo, l’espressione stravolta da un dolore pulsante. Prova di coraggio, eh? Pensò tra sé e sé, sarebbe stato bello ma in realtà quel regalo gli era stato fatto solo per insegnargli la sua punizione. I traditori in quanto tali andavano castigati, certo, però come ultima rivendicazione prima della sua condanna, Xemnas aveva pensato di fare quello che gli aveva sempre detto la sua coscienza. In questo modo forse sarebbe riuscito a rimischiare le carte in tavola perché sapeva che non ci si poteva fidare degli adulti, anche se gli avevano assicurato più volte che erano dalla sua parte. Lui ci aveva provato ma la sua ira aveva prevalso su tutto, non poteva farci niente. Era stata colpa di Roxas e della sua lingua biforcuta. In quel momento l'unica cosa che aveva desiderato era vederlo morto, anche se mai avrebbe voluto arrivare a compiere quel casino.
Questo non faceva altro che confermare il fatto che lui fosse un completo fallimento.
La polizia è qui...” si limitò a commentare gettando uno sguardo alle vetrate del corridoio.
Lo so”
Che faccio?”
Un bagliore sinistro illuminò gli occhi dorati del ragazzo con la cicatrice in fronte “Porta a compimento quello che hai iniziato, non rendere vana la morte di quel ragazzo”
Xemnas si portò un braccio alla fronte e si asciugò un rivoletto di sudore che gli stava rigando la tempia. Non poteva, non voleva continuare tutto quello. Forse avrebbe dovuto arrendersi e costituirsi.
Saix, non mi sembra una scelta saggia”
Il ragazzo dai capelli blu, si avvicinò cautamente e lo prese per le spalle, i suoi occhi si specchiarono nelle pozze dorate dell’altro “Xemnas” lo scosse per farlo ritornare in sé “Mostrati il degno successore di Sephiroth. Ricorda che se non fosse per gli Strife, tu adesso avresti una famiglia, saresti felice, e invece che ti sei ritrovato? Niente, sei solo. Questa è solo colpa loro. Quel Roxas è un tipo pericoloso, così ribelle e diabolico, si è sempre frapposto tra noi e per questo dev'essere tolto di mezzo alla svelta”

Come... come è cominciato tutto questo?”
“Non ti so dire l'ora, il luogo, lo sguardo, o le parole che hanno posto le basi... è stato troppo tempo fa. Mi ci sono trovato in mezzo prima di accorgermi che fosse cominciato”
Roxas socchiuse gli occhi mentre continuava a respirare profondamente, la testa ormai aveva preso a girargli vorticosamente “All'inizio avevi resistito alla mia bellezza, e per quanto riguarda i miei modi...” fece una breve pausa e per un momento perse quasi la concentrazione, se avesse perso i sensi sarebbe stata la fine così si costrinse a riaprire gli occhi “Il mio comportamento con te era a dir poco sempre al limite della scortesia. Ora sii sincero, mi ammiravi per la mia impertinenza?”
“Rox, non hai un bel colorito...”
“...taci e rispondi alla battuta”
In quei momenti in cui non si sentiva particolarmente bene, sua madre gli aveva suggerito che per non pensarci poteva ripercorrere la storia di un libro che aveva letto così si sarebbe aiutato a tenere la mente occupata. Roxas l’aveva ritenuta sempre un’idea stupida ma in quel momento sembrava l’unica cosa da fare per tenersi sveglio e concentrato.
Recitare Orgoglio e Pregiudizio assieme a te è divertente, credimi, ma in questo frangente sono un po' preoccupato per altro” mormorò Axel “Il cellulare non prende e siamo chiusi da un'ora qua dentro con qualcuno armato che probabilmente si aggira ancora per i corridoi, e non mi sembra che tu stia troppo bene”
Le medicine le ho prese, non c’è altro che si possa fare”
Perché non mi hai detto prima che avevi dolori al petto? Anzi no non dirmelo, non è il momento per discutere” Axel si portò una mano alla fronte e si stropicciò gli occhi, con un sospiro posò il libro di Orgoglio e Pregiudizio su uno scaffale e si dedicò di nuovo al suo biondo.
È stato Xemnas” disse di punto in bianco Roxas.
A fare che?”
È stato lui a sparare a Vaan. Anche se penso che il vero obiettivo fossi io”
P-perché? E da dove è uscito Xemnas? Non lo vedo da mesi a scuola” esclamò perplesso.
Il biondo esitò impacciato “…diciamo che l'ho istigato”
Rox ma che diavolo, adesso ti ci metti pure tu? L'ho sempre detto che quello non sta bene con la testa ma da qui a portare una pistola a scuola…”
Roxas però lasciò cadere lì la conversazione. Con un gesto meccanico si portò le mani alla fronte, si accompagnò i capelli all'indietro e respirò profondamente, l'apporto di ossigeno ormai stava quasi terminando, avrebbe dovuto andare a prendere un'altra bombola in infermeria.
Axel lo guardò apprensivo e prese a massaggiargli la schiena con una mano. Ormai il tempo stava stringendo, sperava solo che qualcuno sarebbe arrivato presto ad aiutarli. Era evidente che Roxas avrebbe ceduto da un momento all’altro.
Perché sei venuto a scuola?” mormorò cambiando discorso per farlo distrarre.
Il biondo tentennò prima di rispondere ma non esitò a dirgli la verità.
Per vedere te”
Le gote del rosso assunsero una tonalità molto simile a quella dei suoi capelli e ringraziò il fatto che il biondo non lo stesse guardando altrimenti sentiva che sarebbe sprofondato a causa dell’imbarazzo. Però era felice di sapere che nonostante tutto, Roxas era comunque venuto a cercarlo.
Anche io” ammise accennando un debole sorriso anche se l’altro non lo vedeva “Per qualche giorno ho deciso di starmene da solo come un miserabile ma poi ho pensato che non serviva a niente, sono venuto a scuola per incontrarti e se non fossi venuto sarei passato a casa tua”
Chi erano quelle ragazze con cui parlavi?” lo interrogò repentino il biondo alzando di scatto il volto e sfoggiando tutto il suo scetticismo.
Roxy non dirmi che sei geloso?”
Io? Ma ti pare. Cosa avrei da invidiare a un gruppetto di cheerleader senza cervello?”
Ben detto, tu sei molto meglio” Axel gli diede una pacca sulla spalla e poi si morse il labbro prima di continuare in preda all’imbarazzo più totale, in quei momenti si sentiva proprio una ragazzina “Ehi Rox, mi….mi concederesti un appuntamento?”
Un appuntamento?” gli fece eco l’altro.
Axel annuì “A parte quella gita a New York, tutti gli altri non sono stati propriamente appuntamenti”
Roxas alzò lo guardò stupito e il rosso si lasciò prendere dall’agitazione “Sai- sai… ti offro la cena, facciamo una passeggiata e poi ti riaccompagno a casa… cose così però se non vuoi non fa niente, possiamo fare quello che facciamo sempre”
Roxas gli posò una mano sul braccio e lo zittì con un bacio a fior di labbra. Ormai erano stati insieme per mesi ma questo non aveva privato il rosso di quel buffo imbarazzo che lo pervadeva in quei momenti. Era tremendamente carino.
Ne sarei davvero felice”
Axel sorrise maldestro e lo strinse forte a sé, lasciò la sua mente vagare prima di dar voce ai suoi pensieri.
Sei freddo”
Il biondo abbassò lo sguardo e non disse niente, pregò solo di riuscire a resistere fino alla fine di tutto.
Rox, la bombola è quasi del tutto finita
Resisterò”
Axel storse in naso “No io non mi fido, non ce la faccio a rimanermene qua con le mani in mano mentre tu stai in questo stato. Faccio un salto in infermeria a prenderne una nuova e torno”
No Ax che stai dicendo, è pericoloso!”
Tranquillo, fuori è tutto silenzioso… probabilmente l’avranno già preso oppure non è neanche in quest’ala della scuola. Quando sono arrivato non c’era nessuno nei paraggi”
Axel per piacere, non andare”
Tornerò presto, tu aspettami”
Axel si mise in piedi e apri la porta, si affacciò di poco e constatato che fuori non c’era nessuno, uscì e fece per richiuderla ma Roxas era già dietro di lui.
Rox, torna dentro” gli intimò sospirando ma l’altro si era ormai incaponito.
Se tu vai io ti seguo”
Non se ne parla, torna dentro”
Stiamo perdendo tempo, o andiamo o resti”
Axel sbuffò pesantemente, cacciò la mano e strinse quella del biondo “Se succede qualcosa ti ucciderò con le mie mani”
Roxas gli sorrise “Se succede qualcosa voglio essere con te”

I due ragazzi mentre camminavano però commisero il fatale errore di abbassare quasi del tutto le loro difese, vicini all’infermeria e senza alcun rumore nelle vicinanze ipotizzarono di essere ormai fuori pericolo. Ma proprio appena svoltarono in un corridoio laterale i due furono accolti dalla voce di Saix che esclamava qualcosa e ad essa seguì un altro sparo.
Roxas!
La vista di Roxas si oscurò per una frazione di secondo, tutto diventò nero e sordo attorno a lui; il tempo aveva cessato di scorrere e, quando la sua schiena toccò terra, si accorse che qualcosa stava accadendo e comprese di essere stato scaraventato a terra e un peso gli gravava sullo sterno.
Stai- stai bene?
La voce di Axel lo riportò alla realtà. Quella però non era la solita voce allegra e piena di sé, no, quella voce era rotta dal dolore, era sofferente e anche… sollevata?
Quando aprì gli occhi si ritrovò il viso di Axel a pochi millimetri dal suo, ansimava e aveva lo sguardo velato dalla sofferenza, e una spia di allarme si accese nel suo cervello quando si accorse che sulla sua mano c’era qualcosa di liquido e caldo. Non ebbe bisogno di guardare per comprendere.
Ax-“
Scappa” soffiò il rosso prendendolo per un braccio e spintonandolo affinché si alzasse velocemente “Vai!”
La mente del biondo in quel momento era completamente vuota, una volta che riuscì a registrare l’ambiente circostante nella sua visuale entrarono due figure in lontananza. Affilò lo sguardo e trattenne a stento un’esclamazione di timore, quelli erano chiaramente Saix e Xemnas. Quest’ultimo sembrava essere diventato una statua di marmo, la pistola era ancora puntata su di loro e l’espressione era stravolta; Saix invece era in subbuglio, non capiva se fosse furioso o se la sua anima stesse ululando di dolore. Lo aveva visto gettarsi addosso al ragazzo armato e gridare disperato “Perché Axel?”.
Quello bastò al biondo per riguadagnare la forza necessaria a mettersi il piedi, senza pensarci ulteriormente si sfilò la cannula e si liberò del peso ingombrante della bombola, si passò un braccio del suo ragazzo sulle spalle e cercò di ripercorrere al contrario la strada che stavano facendo prima.
Stupido, lasciami” ansimò il più grande ma Roxas non lo ascoltò, nella sua mente c’era solo l’urgenza di trovare alla svelta una via di uscita da lì. Lo sguardo era fisso avanti a sé, non si azzardava a guardare nient’altro, neanche Axel. Non sapeva quanto era grave la sua ferita e se aveva colpito qualche organo vitale, non voleva sapere nulla. Il petto gli faceva male, il cuore batteva incontrollato, i suoi polmoni bramavano ossigeno, le sue gambe bruciavano a causa dello sforzo e le lacrime incontrollate gli offuscavano la vista. Ma neanche quello gli interessava: tirò su col naso e con uno scatto iniziò a correre, almeno per quello che poteva. Poteva anche morire lì ma l’unica cosa che contava era salvare Axel.

Se due persone stanno insieme e si amano, si prendono cura l’uno dell’altro”

Si dice che esiste una forza superiore a qualsiasi altra - quella meccanica, nucleare o elettrica sono niente a confronto. La forza di volontà, unita a quella della disperazione, permette di compiere sforzi che in normali circostanze sarebbero impossibili da concepire, come prendere in spalla una persona più grande di te o iniziare a correre nonostante il tuo corpo ti chieda pietà. Eppure se una minuscola componente viene meno a quel vacillante equilibrio, la torre inevitabilmente crolla su se stessa.
E così Roxas si era ritrovato di nuovo a terra, schiacciato da quel corpo che tanto amava. Gli era bastato solo una frazione di secondo di deconcentrazione e le sue gambe avevano ceduto. Con gesti frastornati e incurante del suo critico stato di salute, si alzò sui gomiti e si mise a sedere.
Axel… Axel, tesoro apri gli occhi” singhiozzò accarezzandolo con una mano e con l’altra vagava nevroticamente sul suo corpo alla ricerca della ferita. Quando la trovò lanciò una fugace occhiata ma dissimulò il tutto in maniera quasi perfetta: c’era una lesione abbastanza profonda nella parte destra dell’addome e il proiettile era ancora dentro ma non sembrava aver colpito organi vitali, il problema principale era l’enorme quantità di sangue che stava perdendo. Roxas cercò di mantenere un tono e ignorò le lacrime e i tremolii mentre tentava di mantenere l’altro sveglio.
Ro-Rox?” l’altro aprì gli occhi e anche se il dolore lancinante, da una parte fu sollevato di vedere Roxas ancora accanto a lui.
Sì, sono io” il biondo sorrise e portò una mano dell’altro alla sua guancia “Va tutto bene, ci penso io a te”
Dov’è la tua bombola?”
Roxas rimase basito da quella domanda, non pensava che in un certo momento, l’altro potesse notare pure i particolari.
Non… non è necessaria adesso”
Rox, salvati tu che puoi... non perdere altro tempo, io non sono messo tanto bene, no?”
Axel lo guardava con sofferenza ma nei suoi occhi verdi non c’era alcun bagliore di dolore o rimpianto, sembrava felicità. Il biondo socchiuse gli occhi e fu scosso da un singulto.

Allora cosa faresti se io dovessi morire?”
“Ti seguirei” il rosso rispose senza neanche pensarci.
“Così è sbagliato” gli occhi grandi azzurri si piantarono di nuovo sul corpo accanto al suo, il suo tono sembrava quasi dispiaciuto “Così andremo via tutti e due”
“Io non posso sopportare di perdere altre persone care...non posso perdere anche te” al silenzio dell'altro, Axel si prese la libertà di continuare "E tu cosa faresti se fossi io a morire prima di te?"

Roxas era sempre stato convinto che sarebbe morto prematuramente, ma non aveva messo in preventivo l'idea che avrebbe potuto essere Axel ad andarsene per sempre prima di lui.
Te l’ho detto prima” dichiarò con voce rotta dalle troppe emozioni “Noi usciremo insieme da qui…”
Il rosso addolcì l’espressione e con un dito andò ad asciugare una lacrima sulla guancia dell’amato “Mi sento proprio un perdente in questo momento...tu passi le giornate con il terrore di poter incontrare la morte in qualsiasi momento ma non lo dai a vedere… sei… sei sempre il ragazzino un po' stronzo che vuole dimostrare di essere più forte di tutti. Mentre ora che… invece mi ritrovo io in questa situazione me la sto facendo sotto dalla paura"
Il più piccolo tirò su col naso e represse un singhiozzo "Io-io non ho paura della morte, Axel"
"Vedi? Anche in questo momento vuoi dimostrarti forte”
Axel gli sorrise debolmente e gli diede un buffetto sul naso ma Roxas scosse il capo.
Il punto non è avere paura della morte” sussurrò stringendosi all’altro e prese a passargli una mano nei capelli “Per me la morte è come quando dormiamo la notte e abbiamo l'impressione di non sognare nulla… noi non siamo coscienti del fatto che stiamo dormendo no? Oppure... se ci pensi prima di essere nati noi non eravamo vivi. Il problema non è la morte in sé ma la paura dello sconosciuto…” si fermò un attimo e si asciugò le lacrime con la manica della camicia “Noi tutti siamo terrorizzati da ciò di cui non abbiamo certezze. Penso che quello che debba far più paura è l'essere dimenticato da tutti, rimanere solo, non avere più nessuno vicino… Finché una persona che muore è ricordata vivrà per sempre, ma una persona sola rimarrà nell'oblio e quello sì che è spaventoso” terminò abbozzando poi un sorrisetto tirato.
Tu mi ricorderesti se io dovessi morire?”
La domanda dell’altro lo spiazzò, aveva chiuso gli occhi e pensava che ormai non lo stesse più ascoltando.
Tu non morirai, usciremo entrambi da questo posto. Insieme… vivi o morti non avrà importanza, dovremo stare sempre insieme… sempre e comunque” gli disse con voce strozzata.
Roxy?” lo chiamò l’altro, dischiudendo finalmente gli occhi “C-come… com’è la morte secondo te?”
La morte….” mormorò Roxas ripensandoci su “La morte non è brutta… è come un lungo tappeto rosso che percorre un corridoio, ai due lati ci sono tutte le persone che conosci e che ti hanno voluto bene… e mentre lo attraversi senti We Are The Champions in sottofondo”
I Queen eh? Sei troppo prevedibile” Axel ridacchiò e represse un gemito di dolore, alzò gli occhi al cielo e riprese di nuovo “Non è una marcia troppo altisonante per un morto?”
Roxas scosse il capo “Non importa se tu sia vivo o morto, i veri vincitori sono quelli che hanno lottato con tutte le loro forze”

Che cazzo hai fatto!” esclamò Saix in preda ad un impeto di furore, si portò le mani tremanti al volto e cercò di mantenere un barlume di lucidità “Perché Axel… perché proprio lui? Eh? L’hai fatto apposta vero? Io lo so che non lo sopporti proprio come stronzetto biondo!” gridò nella direzione dell’altro che aveva ancora la pistola tra le mani ma la presa questa volta era meno salda, il suo volto era dilaniato da sentimenti che non riusciva a comprendere.
Aveva sempre odiato quel lato debole di Xemnas e aveva sempre cercato di sfruttarlo a suo favore, il ragazzo era stato sempre così facilmente manipolabile, però quel giorno l’aveva combinata davvero grossa.
Dovevi uccidere Strife! Cos’è che non ti è chiaro in questa semplicissima frase?” sbraitò ancora una volta stizzito e questa volta l’altro lo guardò.
Si è messo davanti a lui… io non potevo immaginare… io non volevo colpirlo” farneticò e gettò un’occhiata alla pistola che aveva in mano, le sirene e il caos che veniva da fuori era ormai dimenticato “Io non volevo ucciderlo!”
Fino ad ora non hai fatto altro che creare casini su casini. Che cazzo ti sta prendendo oggi Xemnas? Sei sempre stato il capo assoluto della scuola, ti sei occupato dei lavori che necessitavano esser fatti e sei sempre stato il più impeccabile tra i tuoi fratelli e adesso a stento ti riconosco”
Il capo mi odia”
Ci credo che ti odierà, dopotutto quello che hai fatto oggi!”
Ho tradito la sua fiducia”
Dovevi solo levare di mezzo una persona e non sei riuscito neanche a fare quello. Ora posso comprendere perché possa avercela con te. Sei un buono a nulla, sei la vergogna della famiglia… persino l’avarizia di Yazoo era niente a confronto della tua debolezza”
Taci, tu non hai il diritto di intrometterti in questi affari”
Saix inarcò le sopracciglia e rimase per un momento stupito ma poi scoppiò a ridere, una risata sarcastica e velenosa “Xemnas, tu mi hai sempre coinvolto nelle tue questioni private, sarebbe da ipocrita ripudiarmi proprio adesso… io ti ho parato il culo un’infinità di volte” ringhiò poi alla fine e lo guardò con occhi ricolmi d’ira “E tu invece cosa fai? Te la fai sotto quando uno ti mette in mano una pistola. Fai l’uomo, hai già fatto fuori due persone a causa delle tue insulse debolezze, se riprovi magari al terzo tentativo fai centro! Sei un codardo”
Xemnas digrignò i denti e strinse i pugni ai lati.
Chiamami debole. Chiamami buono a nulla. Chiamami come ti pare” scandì con estrema lentezza “Ma non osare mai più darmi del codardo” e detto questo iniziò ad avanzare nel corridoio. I suoi passi riecheggiavano in quel silenzio abissale che si contrapponeva al caos che c’era in giardino, il suo sguardo era alto e fiero e si muoveva nella direzione in cui aveva visto Axel e Roxas precedentemente fuggire.
Quella situazione non poteva andare ancora per le lunghe, a breve gli sbirri avrebbero fatto irruzione nella scuola, quindi doveva sbrigarsi, ormai tanto valeva regolare i conti.
Svoltato l’angolo alla sua destra, ritrovò i due ragazzi riversi a terra, Roxas che stringeva tra le braccia un apparentemente dormiente Axel, dall’addome di quest’ultimo si era estesa un’ampia chiazza color cremisi. Quella visione gli provocò una fitta all’altezza dello stomaco, come se esso fosse stretto da un filo spinato. Quando il biondo alzò lo sguardo e notò la sua presenza, i suoi occhi erano ancora densi di lacrime ma ormai non ne scendevano più. Non c’era né ira, ne agitazione, né tantomeno paura, solo pura rassegnazione. Che avesse smesso di lottare?
Roxas strinse il corpo del rosso al petto e contrasse l’espressione “Perché?” domandò in un flebile sussurro. La sua carnagione, a causa del progredire del malessere, era diventata bianca come quella di un coccio d’avorio.
Xemnas si avvicinò e abbassò lo sguardo al suolo.
Perché hai fatto tutto questo?” domandò di nuovo tra gli ansimi pesanti.
Io…” provò ad articolare ma di tutto quel subbuglio di pensieri che aveva in testa, Xemnas non riuscì a produrre nient’altro.
Axel mi sta lasciando” pronunciò il biondo guardando con tenerezza il proprio ragazzo “Ma io andrò con lui, altrimenti si sentirebbe solo
Il ragazzo dai capelli argentei non rispose subito, rimase chiuso nei suoi pensieri ma quando udì i passi di Saix avvicinarsi alle sue spalle, alzò di nuovo il volto e posò lo sguardo sul biondo.
Tu e Sephiroth siete uguali” affermò “Quel bagliore di follia e irrazionalità che illumina i vostri sguardi… tu saresti capace persino di uccidere pur di vendicare la morte di qualcuno a te caro, non è così Strife? Non ho dimenticato la tua amica, so delle intenzioni che avevi”
Roxas sussultò a quelle parole ma non ebbe il tempo di ribattere perché l’altro continuò.
Eppure adesso sei diverso. Adesso saresti disposto anche a morire pur di non separarti da Axel”
Quando ami una persona faresti di tutto per rimanere con essa”
Non ha senso quello che stai dicendo” intervenne Saix, rimanendo però sempre in disparte “Ma stai tranquillo perché lo raggiungerai molto presto. Xemnas sarà tanto misericordioso da farvi ricongiungere nell’aldilà”
Saix non transigeva sul fatto che Xemnas avesse colpito Axel perché anche se non nutrisse sentimenti per il ragazzo lo vedeva come un giocattolo di sua possessione che era stato rotto. Axel era suo e non sopportava l’idea che si fosse ribellato a lui e che avesse trovato un’altra persona con cui era felice.
Quasi quasi avrebbe lasciato in vita Roxas solo per il gusto di vederlo soffrire per la perdita, ma era evidente che presto o tardi anche lui avrebbe fatto una brutta fine, quindi tanto valeva chiudere quella questione alla svelta. Roxas ormai sapeva troppe cose, lui era un tipo sveglio e fin troppo perspicace per i suoi gusti.
Accetto il mio destino” annunciò il biondo con fierezza, senza la più piccola traccia di timore “Però prima di ciò vorrei sapere una cosa da te, Xemnas. Perché in tutti questi anni ti sei comportato così? Che senso ha distruggersi l’esistenza in questo modo”
Xemnas lo scrutò a fondo, e si morse un labbro per evitare che questo prendesse a tremare.
Credi che sia bello ricoprire il ruolo del cattivo?” disse sottovoce ma questa volta non si sforzò di reprimere tutti i suoi sentimenti “Credi che io mi diverta? Vedila invece sotto quest’altro punto di vista: tu con la tua bella famigliola felice, e io da solo e senza nessuno, in cerca di un po’ di affetto da qualcuno. Secondo te chi è il cattivo adesso, io o chi ha sterminato la mia famiglia? Eh, Strife?”
Xemnas fece una breve pausa giusto per far assimilare le parole all’altro “Tuo padre è una brava persona… però è stato ingiusto con Sephiroth, l’ha abbandonato nel momento del bisogno. Il genere umano è ingiusto. L’umanità fa schifo. Per questo quella parte marcia dovrebbe essere cancellata dalla faccia della terra”

Credi che il comportamento della società sia giusto? Gli uomini distruggono tutto ciò che toccano, compiono delle atrocità inaudite. L'uomo è l'essere più meschino che esista ed è capace di fare qualsiasi cosa, qualsiasi cosa, pur di portare avanti i propri studi, per estendere la propria conoscenza, per essere più forte, per essere avvantaggiato sugli altri eserciti e paesi... perché dopotutto l'uomo ha paura dello sconosciuto e degli imprevisti. I potenti vogliono padroneggiare sugli altri in modo da non avere più problemi e rivali. Tutto ciò ti pare giusto? È ora che la parte lesa si prenda la propria rivincita... cosa sarà qualche migliaio di persone sacrificate in confronto alle miliardi di vite spezzate per cause ignobili?”

Avanti Xemnas, non perdere più tempo e sii uomo” intervenne Saix affiancandolo a quel punto, il suo sguardo si spostò dai ragazzi davanti a loro alla pistola nella mano dell’altro.
Non lo ascoltare!” esclamò di nuovo Roxas “Xemnas, tu non hai niente da dimostrare a nessuno. Tu sei tu, non lasciare che altri manovrino la tua esistenza. Io lo so che molte cose le hai fatte solo perché dovevi eseguire degli ordini… io l’ho notato il tuo sguardo intriso di malinconia quella volta di più di tre anni fa quando ho incontrato per la prima volta i tuoi fratelli. Però non capisco perché ricopri la parte del ‘cattivo’, ti diverte vedere gli altri che ti temono? Non sai come gestire i rapporti sociali e quindi sottometti chiunque?... e soprattutto, il tuo odio per me era così forte che volevi vedermi morto al costo di fare una strage?”
Xemnas esitò ma non si fece prendere in contropiede.
Vuoi che ti parli di me, Strife? Non ho niente da dirti, e anche se l'avessi non dovresti fidarti. Mai credere a quello che dicono gli altri, procedi sempre dritto sulla tua strada, seguendo le tue credenze e fai solo quello che pensi sia giusto da fare. Fin da quando ero piccolo mi hanno insegnato a combattere perché vince solo il più forte. Sempre. In qualsiasi occasione. E io ci ho creduto, questa era la mia filosofia di vita” affermò battendo una mano sul suo petto, all’altezza del cuore e calde perle di disperazione presero a scendere dai suoi occhi “Ma ora mentre cado a terra, mentre ogni parte del mio corpo urla di dolore, mentre la mia anima implora pietà… mi chiedo solo cosa ho ottenuto da tutto ciò? Mai nessuna ricompensa, mai nessuna vittoria” Xemnas alzò gli occhi al cielo e l'espressione si ammorbidì, come se si stesse rivolgendo a qualcuno in particolare, qualcuno che non era in quel corridoio di disperazione assieme a loro “Io ormai non cerco più niente, ho investito ogni briciola del mio onore per perseguire i miei ideali e sebbene io sappia di non essere altro che un misero traditore, desidero solo raggiungerti, in quel luogo lontano dove non posso seguirti... se non quando le mie palpebre si abbasseranno, i miei respiri si faranno sempre più lievi e il mio cuore cesserà di battere”
Xemnas... co-cosa stai dicendo?” fece il biondo assumendo una maschera di preoccupazione, la vista gli si stava offuscando, sintomo che presto sarebbe crollato anche lui, ma si impose di resistere ancora un po’.
Ormai è arrivata l'ora, non posso più perdere tempo”
Un pesante rumore di passi improvvisamente squarciò il silenzio e tutti i presenti si voltarono verso la direzione dell’uscita.
Gli sbirri stanno arrivando” si intromise Saix con urgenza e con un veloce scatto afferrò la spalla dell’amico “Xemnas!”
Con estrema lentezza Xemnas alzò la pistola, la sua anima bruciava e si dimenava.
La verità è che io ho cercato di salvarti, Roxas. Il tuo carattere mi ha sempre fatto andare fuori di testa e ho commesso tanti errori… sono umano dopotutto… non volevo arrivare a questo, però ho tentato in tutti i modi di salvarti”
Queste furono le sue ultime parole, ma ormai fu troppo tardi.
La visione di Roxas ormai sfocata divenne tutta nera e i suoni ovattati, il suo corpo lo aveva abbandonato e si ritrovò a collassare al suolo, accanto al suo amato. Prima di lasciarsi andare però l'ultima cosa che riuscì a vedere fu la donna bionda che correva disperata verso di lui, ma ella non fu in grado di raggiungerlo in tempo.
Nello stesso momento ci fu uno sparo.
Un forte dolore si irradiò per tutto il suo corpo, seguito poi da una strana sensazione di calore.
E poi fu il buio.

Mi avevi detto che non si può evitare il proprio destino, che lo avrei incontrato sulla mia strada.
Certo che tu mi conosci proprio bene, forse è un po' tardi chiederti perché hai fatto tutto ciò ma non importa, perché dopotutto nell'esatto momento in cui sono venuto al mondo, ho promesso alla Morte che sarei stato suo.



I've taken my bows
And my curtain calls
You brought me fame and fortune
and everything that goes with it
I thank you all

But it's been no bed of roses
No pleasure cruise
I consider it a challenge before the whole human race
And I ain't gonna lose

We are the champions - my friends
And we'll keep on fighting - till the end
{Queen - We are the Champions}



***


Roxas si ritrovò ai piedi di una grande chiesa, la città tutta attorno a sé era distrutta e desolata. C’era un parco abbandonato poco lontano e i fantasmi di bambini giocavano indisturbati, lasciando che le loro gioiose risate si mescolassero nell’aria appesantita da quel senso di morte.
Con esitazione poggiò entrambe le mani sulla superficie legnosa del portone e le spinse in avanti le due porte, sembravano molto pesanti ma il suo corpo non percepì alcuno sforzo; e nel momento in cui entrò nella chiesa fu completamente avvolto da una grande luce.
Ehi prep... avevo paura che ti fossi dimenticato di me”




At birth, I promised Death I would die
{End of the Act 3}



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La canzone citata è We are the Champions - Queen


Ringrazio anche Kyarameru per lo splendido e fluffosissimo disegn di Roxas tratto dal capitolo 2 (quando si incontra con Axel e bevono entrambi una cherry coke per intenderci).




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Capitolo 21
*** Who will survive and what will be left of them ***


Viva la Vida
Act. 4
Veridis Quo: No Heroes Allowed



#21. Who will survive and what will be left of them

Roxas aveva sempre pensato che i ricordi rimanessero intatti, passando dal tedio all’estasi, dall’illusione all’amarezza. Li amava e li disprezzava allo stesso modo, come amava e disprezzava se stesso, e senza neanche accorgersene egli aveva costruito casa tra le reliquie delle sue reminescenze, tra le luci e le ombre del suo giardino interiore. Spesso pensava a Xion. Ai suoi occhi, ai suoi capelli e al suo incarnato. Senza saperlo l'abbelliva nei suoi ricordi, faceva di lei una principessa, irraggiungibile come una femme fatale, una poesia triste e commovente. La custodiva come un tesoro prezioso e inaccessibile, a cui nessuno era concesso venirne a conoscenza.
E Xion era sempre stata con lui, anche dopo la morte, come un ricordo ostinato, l'ombra di una vita insolente. Era una presenza reale al suo fianco.
"Prep?"
Xion non era affatto cambiata, con grazia lei indossava i suoi eterni 14 anni mentre gli rivolgeva uno sguardo carico di affetto.
"Sono felice che sei ritornato da me, prep" sussurrò avvicinandosi e appoggiò la fronte sulla spalla di lui "Per lungo tempo non mi hai cercato"
Roxas racchiuse la ragazza tra le braccia e appoggiò il mento sul suo capo, senza dire niente, perché era questo che faceva quando era con lei. In quel momento non c'erano emozioni o sentimenti, passato o futuro, Roxas era un guscio vuoto e la sua esistenza era finalizzata in funzione di quel preciso attimo. Era normale che Xion fosse tra le sue braccia, era normale che si trovassero in una cattedrale. Non aveva bisogno di alzare lo sguardo per ammirare il soffitto altissimo e ricco di affreschi o la navata centrale costeggiata da colonne di marmo decorate con motivi dorati o ancora le enormi vetrate in stile gotico che emanavano fasci di luce colorati. Non era mai stato lì ma sapeva di conoscere già quella chiesa. Tutto per lui era cosi normale e scontato.
"L'ho fatto" rispose Roxas dopo un lungo silenzio "Tu sei sempre stata con me. Anche quando volevo dimenticarti ti vedevo ovunque, ma quando ti parlavo tutti pensavano che fossi pazzo. Ero stanco, ho tentato di raggiungerti ma non ce l'ho fatta. Io ho dovuto smettere di cercare il tuo nome per far felici loro" immerso com'era non si era accorto che a un certo punto aveva iniziato a parlare con maggior foga e si era allontanato dalla ragazza, le aveva preso i polsi e la scrutava con sguardo bisognoso di certezze "Xion, secondo te cercare una persona importante significa essere pazzi?"
"No prep, è da pazzi frapporsi, ma anche quello che hai tentato di fare è imperdonabile. Non puoi porre fine alla tua vita con tanta leggerezza"
Ma Roxas la guardò con gli occhi di chi aveva vissuto troppo, di chi aveva detto basta, di chi era stanco di giustificarsi o dare spiegazioni. Non voleva sentire Xion pronunciarsi su quello. Se lui era arrivato sul punto di abracciare la Morte come la più cara delle sue amiche nessuno aveva il diritto di immischiarsi o decidere al posto suo. Non era stato un incidente come tutti credevano, quel giorno era lucido, era nel pieno possesso delle sue facoltà e se lo aveva fatto era perché lo voleva. Neanche Naminé, che era l'unica con cui era sempre stato sincero e si era confidato, era a conoscenza delle sue intenzioni.
Xion però non si crucciò del suo silenzio e gli passò una mano sulla guancia, ne tracciava il profilo mentre amava ogni luccichio nelle pozze celesti dell'altro "Ma questo è stato tanto tempo fa..." sussurrò come se volesse convincere di più se stessa "Adesso sei cresciuto, te lo si legge negli occhi"
"Tu invece non sei cambiata di una virgola"
Xion gli sorrise malinconica ma Roxas le allontanò la mano dal suo viso. Non sopportava la strada che stava prendendo la conversazione, quando loro erano insieme finivano sempre per cadere nella stessa trappola di odio e amore. Inspirò profondamente, lasciando che la sua mente si svuotasse, più di quanto non fosse, e poi parlò di nuovo "Xion dimmi la verità, io sono morto?"
Ci fu un momento di silenzio tra i due ma quella non fu una domanda inattesa, dopotutto era il motivo per cui si tovavano lì. La ragazza dai capelli corvini si umettò le labbra secche ma non si scompose, il suo sguardo non fu mai cosi austero.
"Il tuo cuore ha cessato di battere un paio di minuti fa" questa fu la sua unica risposta e Roxas pronunciò una flebile esclamazione di stupore ma non si sbilanciò più di tanto, era come se in un certo senso se lo aspettasse e che si fosse gia preparato mentalmente.
Era come guardare un condannato a morte che aveva passato i suoi ultimi giorni a pregare per la sua anima e che ora aveva appena ricevuto la sua condanna. Xion si strinse nelle spalle al costante ricordo di come avesse rovinato la vita del biondo e di tutte le volte che lo aveva coinvolto e così, come a voler scappare da tutti i suoi rimorsi, gli rivolse un'ultima volta la parola con voce leggermente tremante “Vieni con me, non c'è tempo"
Roxas la scrutò attentamente mentre lo superava ma non si fece prendere alla sprovvista: iniziò a correre nella sua direzione, veloce, sempre più veloce, e più pensava di avvicinarsi a lei e più la distanza tra loro aumentava. Xion era sparita e con lei anche la chiesa. Senza sapere come, si ritrovò in un corridoio bianco di cui non riusciva a intravedere la fine e udì delle voci confuse e vorticanti ma non era capace di tracciarne la provenienza. Le luci, prima deboli e sfocate, adesso lo abbagliarono e per pochi secondi fu costretto a chiudere gli occhi per non rimanerne accecato.
"Valori in diminuzione"
"Preparate le sacche per le trasfusioni"
"La sala operatoria è pronta"
Roxas sussultò quando si accorse che quelle voci si avvicinavano a gran velocità e si girò giusto in tempo per adocchiare un gruppo di infermieri che trasportavano delle barelle. Era in un ospedale. La situazione doveva essere critica, si disse, a giudicare dalla foga con cui tutti correvano. Cercò di raggiungerli e gettò un'occhiata giusto per curiosità. Sulla prima barella c'era Axel, la sua divisa di basket era coperta di sangue e un infermiere stava cercando di fermare l'emorragia con scarso successo mentre gli altri lo trasportavano, non sembrava che se la stesse passando tanto bene. Subito dietro di lui adocchiò Kairi, lei era sveglia e si teneva la gamba destra insanguinata tra le mani. Adocchiò anche un'altra ragazza che non conosceva ma spostò poi lo sguardo su un'altra barella che stava arrivando di gran corsa, aggrottò la fronte quando si accorse che il ragazzo su quel materassino era lui stesso vestito da pirata.
"Arresto cardiaco" Xion lo affiancò e gli prese una mano, la strinse forte e incrociò le dita con quelle del biondo.
"Non ho una bella cera"
"Direi proprio di no" sussurrò e con dolcezza lo portò davanti la finestra che dava dentro una stanza. C'era una gran foga all'interno, i medici stavano cercando di riportarlo in vita col defibrillatore. Ormai lo avevano usato così tante volte su di lui che gli erano rimaste anche delle piccole cicatrici sul petto. Per qualche strano motivo le mani gli pizzicavano alla vista di sé stesso lentamente cedere davanti alla morte, non riusciva a capire neanche lui cosa provava in realtà.
"Xion?"
"Uh?" la ragazza si strinse a lui ma non spostò lo sguardo dalla scena.
"Fa male morire?"
"No prep" sussurrò con voce flebile "Non si sente niente, è quello che c'è prima che fa male"
"Perché mi stai facendo vedere tutto questo?"
Roxas fu perforato dallo sguardo penetrante di Xion ma non ricevette mai risposta alla sua domanda. Così entrò nella stanza e si avvicinò al letto dove giaceva il suo corpo privo di vita. Era così pallido e i suoi capelli avevano perso la loro solita brillantezza; forse era una cosa stupida da dire ma gli piacevano i suoi capelli, anche se erano sempre ribelli e non riusciva mai a sistemarli a dovere. Ogni mattina lui e Sora facevano delle vere e proprie battaglie per cercare di assumere un aspetto di minima decenza, ma alla fine a scuola sembrava sempre che si fossero svegliati pochi minuti prima. Sora era sempre quello più in difficoltà a causa dei suoi capelli selvaggi e così Roxas finiva per doversene occupare. Gli scappò una leggera risata a quel pensiero, poi però si rabbuiò perché sapeva che adesso non avrebbe potuto più vivere quei momenti felici con suo fratello.
"Sai Xion" mormorò ad un certo punto, continuando però a fissare con commozione il suo corpo terreno "Mi sono sempre chiesto come sarebbero state le cose una volta che me ne fossi andato"
La ragazza si era seduta sul bordo del letto ed era intenta ad accarezzare un braccio del Roxas defunto, il biondo si sentì strano ad assistere a una scena del genere - dopotutto non era da tutti i giorni vedere la protagonista del tuo interesse platonico morta da anni, accarezzare il tuo corpo mentre tu ti trovi dall'altro lato della stanza e non in quel letto.
Xion non alzò il volto, neanche per rispondere “Perché ti poni queste domande invece di smaniare il ritorno tra i vivi?"
Il biondo inarcò un sopracciglio e si lasciò scappare una risata sarcastica, come poteva lei tra tutti fare una domanda cosi ovvia?
"Mi stai prendendo in giro? Guardami! Guarda il mio corpo rinsecchito sotto tutti quei tubi e fili, circondato da quei monitor e quelle attrezzature, in quel letto fin troppo grande" anche se non poteva sentirla davvero, si sentì quasi assalire da una sensazione di panico e angoscia e si portò le mani strette al petto "Ormai con la mia malattia contavo i giorni in cui il mio corpo continuava a trascinarsi avanti per inerzia. Non ce la facevo più, Xion. Ogni volta che venivo ricoverato d'urgenza o quando leggevo gli sguardi avviliti dei medici o dei miei genitori mi dicevo sempre "spero che questa sia la mia volta, spero che questa sia la mia volta", ma poi puntualmente venivo rimandato a casa, sempre con qualche diagnosi negativa in più e qualche accessorio ad ornarmi il corpo... Secondo te questa può chiamarsi vita? Biasimi ancora le mie scelte?"
Se Xion avesse sostenuto il suo sguardo sapeva che presto avrebbe ceduto alle lacrime. Ma non era quello il posto, non era quello il momento, adesso era lì per un altro motivo "E tutte le persone che ti vogliono bene allora? Non pensi a loro?"
"Ho causato già fin troppi problemi. Io sapevo che non dovevo lasciarmi coinvolgere più di tanto... come uno stupido ho usufruito della loro compagnia perché avevo paura... adesso senza di me tutti potranno continuare le loro vite"
"Tu credi che lasciandoli così vivranno meglio?"
"Sì"
Xion esitò alla fermezza della risposta dell'altro ma si ricompose immediatamente.
"Allora seguimi, forza"

L'ultimo luogo in cui Roxas si sarebbe immaginato di ritrovarsi era il giardino di casa sua, più precisamente davanti le due altalene solitarie che pendevano da un grosso albero.
"Scendi da lì" quello del biondo risultò come un atono richiamo ma in realtà era una vera e propria ammonizione "Quello è il posto di Sora"
"Pensavo che io godessi di un trattamento di favore" Xion rise e continuava dondolarsi, senza prestare attenzione alle occhiate fulminanti dell'altro. Da parte sua, Roxas stringeva i genti per non risultare scortese, perché su quelle altalene non poteva sedersi nessuno oltre a lui e Sora, era una legge che aveva imposto quest'ultimo quando erano piccoli - anche se un paio di volte il castano aveva trasgredito la regola e aveva fatto salire Riku sulla sua altalena... a Kairi invece non l'aveva mai permesso.
"Su queste altalene non sono ammesse concessioni o trattamenti di favore" liquidò Roxas affondando le mani nelle tasche dei pantaloni e si voltò per fronteggiare la sua casa che sorgeva imponente in mezzo a una distesa di verde, l'erba era tagliata e curata meticolosamente cosi come tutti i cespugli fioriti che contornavano il perimetro dell'edificio, il cielo invece era plumbeo.
"Certo che sei molto geloso delle cose di tuo fratello" cinguettò la moretta scendendo con un agile salto, Roxas la ignorò e continuò a lasciarsi cullare dalla nostalgia che l'aveva assalito.
"Cosa facciamo qui?"
"Siamo in attesa"
Proprio nel momento in cui Roxas stava per chiedere cosa stessero aspettando udì una voce fin troppo familiare che lo chiamava e si girò di scatto. Sora correva verso di lui a gran velocità e in viso indossava un sorriso luminoso, sotto braccio aveva un piccolo cesto con un guantone e delle palle da baseball. Istintivamente il biondo abbozzò un sorriso di rimando, felice di rivederlo.
"Ti va di fare qualche tiro?" chiese il castano preso da una febbrile eccitazione.
Roxas annuì e si mise in posizione, divaricò le gambe in attesa che l'altro gli lanciasse la palla, ma il tiro non andò a buon fine perché la palla finì incastrata sull'albero.
"Tiro lungo" esclamò Sora, stupito come se fosse la prima volta che gli capitava "Scusa, errore mio, adesso te la rilancio!".
Sora si chinò nella cesta a prendere un'altra palla e si preparò al lancio. Il secondo tiro fu molto più rettilineo e deciso del secondo e Roxas era certo che l'avrebbe presa, ma proprio quando allungò la mano davanti a sé la palla sfuggì dalla sua presa e trapassò il suo busto da una parte all'altra.
"Cosa?" fece sbigottito il biondo guardando la pallina che adesso rotolava a terra come se l'avesse bruciato.
"Che ti prende, prep?" lo richiamò Xion da poco dietro.
"La palla" tentennò ancora scioccato da quello che era appena successo "La palla mi ha trapassato"
La ragazza inarcò un sopracciglio "E cosa ti aspettavi? Che rallentasse e ti aggirasse?" ironizzò con una risatina.
Il biondo sentì una strana sensazione all'altezza dello stomaco e udì andora una volta la voce di Sora.
"Dai Rox, questa era facile. Se manchi anche questa però non sarò io l'unica schiappa!"
Un'altra palla passò attraverso il ragazzo, che si spostò subito di lato per non essere 'colpito' ancora dai prossimi tiri. Era senza parole. Sora era davanti a lui, gli parlava e giocava con lui eppure la palla lo aveva oltrepassato e lui non aveva battuto ciglio - a dirla tutta la cosa aveva stupito più Roxas che Sora - anzi ora che ci faceva caso il castano stava ancora parlando e lanciando palle. Sembrava che giocasse... da solo?
"Xion, che diavolo sta succedendo qui?" chiese allarmato mentre si avvicinava all'amica che aveva assistito agli eventi sotto l'albero delle altalene.
"Non capisco perché ti sorprendi tanto, prep. Sei un fantasma, la gente non può vederti o sentirti"
"M-ma prima Sora...io..."
Roxas lasciò morire la frase a mezz'aria e continuò a guardare suo fratello che continuava a giocare e a parlare tranquillamente da solo, poi lo vide interrompersi di colpo e scoppiare a piangere e singhiozzare senza sosta. Non era possibile, cosa diavolo stava succedendo?
Poco più in là, seduto sulle scale del portico, adocchiò Riku che guardava con scarno interesse la scena. Sul suo volto si leggevano solo noia e disinteresse, come se fosse stufo di tutto ciò. Roxas si sentì il sangue ribollire nelle vene, o almeno metaforicamente parlando, e senza pensarci due volte percorse il giardino a grandi falcate e si piantò davanti al ragazzo dai capelli argentei.
"Che cavolo stai facendo?" sibilò a denti stretti "Vai da Sora! Perché te ne stai qui senza far niente?"
Riku però non sembrò vederlo o sentirlo, si limitò a passarsi una mano tra i capelli per ravvivarli e trasse un pesante sospiro. Seguì Sora con lo sguardo per un paio di minuti, sembrava quasi indeciso se raggiungerlo o no ma poi alla fine si alzo e si diresse verso la sua macchina. Roxas poté giurare di averlo sentito mormorare sottovoce un addio con un velo di nostalgia.
"Riku aspetta, dove stai andando? Sora ha bisogno di te... il tuo ragazzo ha bisogno di te" senza accorgersene si era ritrovato a rincorrerlo e ad alzare la voce ma l'argenteo non si era mai fermato, in men che non si dica era sparito dalla sua vista "Riku perché fai cosi?" l'ultima frase fu un mero sussurro.
"Loro ormai non stanno più insieme" Xion lo affiancò con flemma e alzò lo sguardo al cielo nuvoloso, presto la pioggia avrebbe lavato via le lacrime dei due ragazzi e non ne avrebbe lasciato più traccia.
"Perché... perché è finita così? Loro erano anche più uniti di me e Axel... perché Riku-"
"Riku ha fatto di tutto pur di salvare la relazione, Sora invece non si è preoccupato più di tanto. Ha iniziato a trascurare Riku sempre di più, da quel giorno ha perso ogni interesse...il desiderio di quello che non c'è più l'ha portato a perdere qualcosa di molto importante"
Roxas sentì l'aria bloccarsi in gola, i pugni stretti ai suoi fianchi avevano preso a tremare. Era la stessa cosa che stava accadendo con Axel. Avrebbe voluto dire tanto ma neanche un suono uscì dalle sue labbra, c'erano solo tanta delusione e tristezza per la sorte di suo fratello e del più stretto dei suoi amici.
"Avanti Rox" annunciò Xion circondandolo con un braccio "Andiamo dentro"
Roxas ne aveva già abbastanza ma non oppose resistenza e si lasciò guidare attraverso il giardino e la porta di ingresso, ancora con quella sgradevole sensazione che gli attanagliava l'animo, scrutava ogni più piccolo dettaglio come se fossero delle antiche reliquie: le fotografie che ritraevano quattro facce sorridenti con il mare o le montagne alle spalle, il salone completamente bianco che dava un senso di pace ultraterrena, il pavimento di marmo sempre perfettamente lucido e i gigli nei vasi sembravano appena colti, le tende erano appena tirate e sul tavolo di cristallo era poggiato quello che Roxas aveva riconosciuto essere un suo vecchio album di disegni. Anche se non era bravo come Naminé, gli piaceva provare a ritrarre le persone o i paesaggi.
La sua attenzione però fu ben presto catturata dalla voce incrinata di suo fratello che proveniva dalla cucina.
"Che stai dicendo? Ti ricordo che sto all'ultimo anno, i reclutatori quest'anno inizieranno ad esaminarmi. Il coach ha detto che la settimana prossima verrà uno da Providence apposta per me, non posso perdere quest'occasione!"
Ci fu un breve silenzio e Roxas immaginò che dovesse essere a telefono oppure qualcuno aveva semplicemente risposto a voce molto bassa, cosi senza perder tempo si affacciò nell'altro ambiente e vide Sora seduto all'isola della cucina e di fronte a lui c'erano suo padre a braccia conserte e sua madre che tentava di tenersi occupata con un bonsai.
"No. Mi rifiuto categoricamente di assecondare la tua richiesta!" parlò di nuovo il castano rivolto verso Cloud, c'era dell'astio nel suo tono e nel suo sguardo, qualcosa che non gli aveva mai visto in dosso, ma l'altro lo sosteneva con impassibilità.
"Ci sono tante altre attività più sicure che potresti praticare-"
"Io non abbandonerò il calcio solo perché ora sei fissato che io possa avere qualcosa"
"Il qt è molto difficile da individuare, potrebbe presentarsi in qualsiasi momento, dovresti saperlo, e i soggetti più a rischio sono proprio gli sportivi. Quanti giovani sono morti in campo perché non sapevano di averlo... io non voglio che a te possa capitare qualcosa"
Roxas sgranò gli occhi e si avvicinò con titubanza agli altri una volta ricevuto un cenno da Xion. La sua famiglia non poteva vederlo ma questo non toglieva che lui non potesse vederli o sentirli e l'ultima cosa che avrebbe voluto era vederli discutere di queste cose, ora che lui era morto che motivo avevano di parlarne ancora? Perché non erano felici invece?
"Questo non è il mio caso" ribatté Sora indurendo il tono "Mi avete fatto fare mille test in condizioni sempre diverse e non è mai uscito niente perché sto bene!"
"Questi test individuano il problema solo quando si presentano certe condizioni, bisogna riprovarli nelle occasioni più disparate-"
"È da quando avevamo 15 anni che abbiamo iniziato a fare esami su esami e io sono sempre risultato negativo. Mamma diglielo anche tu! Non può farmi lasciare la squadra per capriccio, lo sapete benissimo che sono sano"
Aerith per la prima volta alzò il naso dalla sua piantina e rivelò la sua espressione afflitta, non si era intromessa apposta "Sora a dire il vero anche io sono un po' preoccupata-"
"Cosa-" se il ragazzo fino a quel momento era sembrato stanco e angosciato piuttosto che realmente arrabbiato, adesso il suo sguardo era diventato infuocato e sul suo volto apparve una smorfia di sarcasmo "Ah, ma certo, che stupido che sono... dovevo immaginarlo che foste alleati"
"Sora, tesoro, aspetta" disse alzandosi dallo sgabello e si avvicinò pericolosamente a Roxas, anche se non poteva vederlo. Adesso Sora era diventato molto più alto rispetto a prima, il biondo gli arrivava appena alla spalla, e per un momento si chiese se sarebbe mai cresciuto come lui se non fosse morto.
"Non ti avvicinare!"
L'ammonizione di Sora lo fece trasalire dal suo fiume di pensieri e lo vide scansarsi da sua madre che cercava di andargli incontro.
"Noi lo stiamo dicendo per il tuo bene"
"Il mio bene? Vi rendete conto che la vostra è un'ossessione? Siete convinti che debba sempre succedere qualcosa di spiacevole. Sempre. Sempre. Sempre! E ora volete segregarmi in casa proprio come facevate con lui. Ma io non sono lui e non lascerò che facciate della mia vita quello che volete voi"
"Adesso basta" questa volta fu Cloud a intervenire e Roxas lo vide erigersi in piedi, lui rimaneva sempre più alto rispetto a Sora "Abbiamo provato a dirtelo in tutti i modi con le buone, vorrà dire che adesso parlerò io col coach e-" incominciò a parlare con voce che non ammetteva repliche, ma fu prontamente interrotto dallo stesso Sora.
"Papà ti rendi conto di quello che dici? Sei convinto che tutti debbano fare come dici tu, ma solo perché hai qualche gruppo di sottoposti che pende dalle tue labbra non significa che tu debba decidere la vita degli altri. Il mondo non ruota attorno a te. Io ora ho 18 anni sono grande abbastanza da prendere da solo le mie decisioni!"
"Bada a come parli, Sora, se non vuoi finire in punizione. Tu adesso non sei nessuno, siamo io e tua madre a decidere per te. Tu lascerai quel dannato club di calcio oggi stesso!"
"È così che reagisci quando ti senti minacciato, vero? Ora capisco perché Roxas vi odiava ed è scappato di casa!"
A quel nome tutti ammutolirono e impallidirono, compreso Sora. Nessuno nominava mai il nome di Roxas, da quel giorno lui era come un taboo, come una cosa che non era mai esistita. E Roxas si era accorto di come abilmente sviavano sempre il suo nome.
Sora era in preda al panico e guardando i volti stravolti dei suoi genitori si sentiva ancora più colpevole per quello che aveva detto, ma ormai il loro rapporto era incrinato da troppo tempo "Non aspettatemi" sussurrò prima di prendere le chiavi della macchina e chiudersi la porta d'ingresso alle spalle.
Roxas afferrò nelle mani il petto che minacciava di esplodere da un momento all'altro, e le gambe fallivano a reggerlo.
Non ce la faceva ad assistere a scene del genere.
Non capiva... quella non era la sua famiglia, non poteva esserlo. Sora adorava i loro genitori, non avevano mai litigato, e non si sarebbe mai immaginato di alzare la voce.
"Sora non è più tornato" Xion lo prese per mano per sorreggerlo e si specchiò nel cielo infinito delle iridi del biondo "L'unica colpa di tuo padre è stata la paura. La troppa paura di perdere anche Sora gliel'ha fatto perdere comunque"
Tutte quelle cose che Xion gli aveva fatto vedere, a Roxas sembrava di ripercorrere gli errori che aveva commesso lui stesso. Il troppo attaccamento a Xion lo aveva allontanato da Axel e il loro rapporto ne era uscito minato da tutta quella situazione.
"Dai andiamo" mormorò dolcemente conducendolo attraverso il salone. Quando però Xion aprì la porta di vetro fuori non c'era il cortile di casa, non c'erano più la serra di Aerith o il lago. I due ragazzi si ritrovarono a passeggiare in un giardino apparentemente deserto; l'erba era curatissima, c'era qualche albero qua e là e in lontananza si sentiva il mare infrangersi contro gli scogli. Roxas però non domandò dove si trovassero perché sapeva che presto l'avrebbe scoperto, e infatti non passò molto tempo che intravide in lontananza sua madre in piedi in religioso silenzio davanti quella che sembrava una lapide di marmo bianco. Si trovavano in un cimitero e lì doveva essere dove giaceva lui.
Xion gli diede una pacca dietro la schiena per esortarlo ad avvicinarsi, ma lui era timoroso di sapere. I suoi passi erano lenti, sempre più lenti e rimase a distanza di sicurezza, come se avesse paura di rimanere ferito, e scorse Leon accanto a lei. I due stavano parlando a voce bassissima e Roxas non riusciva a capire cosa dicessero, così prese coraggio e li affiancò, andando a posizionarsi sulla sua lapide.
"Non si sistemerà nulla. Ho provato a contattarlo più volte, ma quel suo amico Tidus ha detto che non vuole sentirmi"
"È giovane, lascialo sfogare. Vedrai che prima o poi tornerà"
"Dimmi, Leon, che cosa ho sbagliato? Ho dato tutta me stessa per loro, cercavo di incoraggiarli a seguire i loro sogni, a essere buoni e giusti col prossimo. Io sono umana, ho fatto anche tanti sbagli, ma come potevo fare? Nessuno ti insegna a essere una madre"
Roxas era sempre rimasto con il volto fisso su quella lastra di marmo bianco sulla quale erano incisi il suo nome e la data di nascita e di morte, non ce la faceva a sostenere lo sguardo di sua madre poco dietro di lui, ma quando lei interruppe bruscamente il suo monologo Roxas si voltò di scatto e la vide piangere. Erano rare le volte che si lasciava andare così davanti agli altri, solitamente preferiva farlo di sera tardi quando tutti andavano a dormire e lei si rinchiudeva in bagno. Roxas lo sapeva perché quelle notti rimaneva sveglio, seduto dietro la porta della sua stanza in attesa che sua madre decidesse di andare a letto. Lei era stata quella che aveva sofferto di più della situazione di Roxas, e ora con Sora doveva essere lo stesso.
"Quando Sora e Roxas sono nati erano così piccoli e fragili che avevo quasi paura di romperli quando li tenevo in braccio... All'epoca avevo 25 anni, ero una stilista emergente e i miei maggiori problemi all'ordine del giorno erano scegliere tra una festa o una cena di beneficenza. Anche Cloud non era messo meglio, lui era un SOLDIER, cosa vuoi che ne sapesse di bambini? Lui con Tifa e io con le mie questioni irrisolte con Zack... non eravamo pronti per fare i genitori... però... però quando guardavamo le loro faccine sorridenti..." Aerith si fermò un attimo e fu scossa da un singhiozzo, prima di riprendere mormorò una flebile scusa "Sora e Roxas erano la cosa più preziosa che avessimo mai potuto avere"
"Lo so, lo so" Leon le passò una mano tra i capelli ma lei scosse il capo "Non puoi saperlo... tu non puoi capire" Aerith si asciugò invano le lacrime con una mano e alzò lo sguardo sull'uomo "Se ti muore una madre, sei un'orfana. Se ti muore un marito, sei una vedova. Ma se ti muore un figlio... se ti muore un figlio cosa sei? Non sei nulla"
Nessuno parlò più. Leon l'aveva presa tra le sue braccia e le carezzava dolcemente la schiena mentre Roxas invece si era girato di nuovo verso la sua tomba e non accennava ad alzare lo sguardo dal terreno sotto i suoi piedi, pesanti lacrime solcavano le sue guance e niente le avrebbe più fermate. Ormai aveva capito, non c'era più felicità nelle vite dei suoi cari, sapeva che c'era sempre qualcosa di peggio che Xion gli avrebbe presto mostrato. E con estrema puntualità, lei gli si era avvicinato e aveva racchiuso la sua mano tra le sue.
"Cloud è sempre assente. Da quando sei morto è stato sopraffatto dai sensi di colpa perché non è riuscito a salvarti e ha scaricato la sua apprensione su Sora. Quest'ultimo è andato via e ora non vuole vederli, ma proprio come i genitori anche lui è tremendamente infelice" spiegò sfregando dolcemente la mano dell'altro "E Aerith... lei è rimasta sola e distrutta dalla perdita di entrambi i figli e ha cercato conforto tra le braccia di un altro" Xion si fermò e attese giusto qualche istante per permettere all'altro di assimilare tutte le informazioni "Anche Leon dopo quel giorno non è più riuscito ad andare avanti, ha lasciato il suo lavoro e la sua ragazza Rinoa"
"Basta così" la interruppe Roxas, non ce la faceva più a sentire e venire a conoscenza di quel circolo vizioso di disperazione però c'era solo un'ultima cosa che gli premeva di sapere. Ormai non aveva grandi aspettative, però non facendo parte della sua famiglia sperava che almeno a lui le cose andassero meglio "Dimmi solo di Axel... non voglio sapere nient'altro"
Xion sospirò e, dopo aver scrutato a fondo l'espressione stravolta di Roxas, con un dito indicò un punto dietro di lui. Il biondo si girò e aguzzò la vista. Quello che vedeva erano lande desolate e macerie, doveva essere quello che rimaneva di un piccolo edificio e di una camionetta ma Roxas non capiva cosa significasse.
"Dopo quel giorno Axel non è più tornato a scuola" chiarificò Xion con voce piatta e distaccata "Ha lasciato il basket e si è arruolato"
Un improvviso bagliore di realizzazione illuminò lo sguardo di Roxas, che si girò di scatto verso la ragazza e la afferrò per le spalle "Dimmi che non è quello che sto pensando. Ti prego Xion, dimmi che non è così"
Ma la moretta aveva il volto basso e sperava che quello bastasse per capire.
"Un'autobomba è scoppiata nella base proprio il giorno prima in cui lui avrebbe terminato la sua missione e sarebbe potuto tornare a casa. Non ci sono stati sopravvissuti"
Quello fu troppo. Roxas cade sulle ginocchia, la gola era secca e non gli permetteva di articolare alcun suono. Lui credeva che una volta morto tutti sarebbero stati più liberi, più felici perché non avevano più un peso sulle spalle, e allora perché? Perché il mondo doveva fare così schifo? E perché tutte le persone buone dovevano soffrire?
Proprio come se lo avesse letto nel pensiero, Xion si accovacciò davanti a lui "Questo è il mondo, prep. Credi che sia migliore?" chiese non staccando mai un secondo lo sguardo dal viso in lacrime del biondo, sapeva che non le avrebbe mai risposto per questo riprese quasi subito a parlare, con una mano gli alzò il mento per assicurarsi di avere la sua attenzione "Ricordi come sei morto?"
Roxas scosse il capo in un cenno di diniego, ora che ci pensava non aveva idea di come mai si trovasse li. Senza che potesse accorgersene, erano di nuovo in quella grande cattedrale che aveva visto prima.
"E sai dirmi perché sei morto?" riprovò di nuovo, mantenendo sempre lo sguardo fisso su di lui.
Roxas fu scosso da un fremito e ci mise un po' per riprendersi, ma alla fine rispose un flebile "Arresto cardiaco... me l'hai detto tu"
"Ti sbagli" sussurrò con una leggera scossa del capo "Roxas tu sei morto perché hai smesso di lottare. Un sacco di volte ti sei trovato in questa situazione, l'unica differenza è che questa volta ti sei lasciato andare... tu volevi morire ma non hai pensato agli altri" il suo tono era dolce ma risultava quasi come un rimprovero, e alla mancata risposta dell'altro, lo chiamò di nuovo "Roxas?
"Che egoista..." vociò con voce rotta e si appoggiò con la fronte sulla spalla dell'amica, in un gesto confidenziale come faceva quando era più piccolo, quando era impaurito e voleva delle rassicurazioni "In tutto questo tempo non ho fatto altro che pensare a me stesso. Io li ho fatti soffrire ma ho continuato a pensare solo a me... mentivo ai miei genitori quando dicevo loro che andava tutto bene è che stavo bene, li illudevo mentre dentro di me attendevo la morte...e mi sono approfittato di Axel, gli ho mentito e tenuto nascosto tutto il nostro passato solo per non essere lasciato. Se solo potessi fare qualcosa per loro..."
"Errare è umano, nessuno è perfetto"
"Ma perseverare è diabolico"
"Sapevo che avresti risposto così" Xion sorrise e allontanò il volto dell'altro, con un braccio gli asciugò le lacrime e gli rivolse un sorriso di conforto "Roxas, tu sei ancora in tempo per evitare tutto questo"
Il biondo batté più volte gli occhi e scosse il capo, nel timore di aver capito male quasi balbettò "C-cosa? Posso...posso scegliere di tornare?"
"Se vuoi sì" confermò Xion mettendosi in piedi "Ma devi volerlo. Devi desiderare di vivere... non avrai più opportunità del genere"
L'altro la seguì a ruota, si alzò subito e l'afferrò per le spalle, ora animato da una vitalità che quasi gli era estranea.
"Devo tornare assolutamente" esclamò il biondo "Io- io devo mettere tutto a posto, non posso lasciare che anche loro rovinino così le loro esistenze"
Xion ciondolò la testa di lato.
"E te stesso allora? Sei sicuro di voler tornare e affrontare la tua vita?" e quello che ricevette fu un'occhiata carica di decisione.
"Il mio dolore fisico non è nulla in confronto a quello dei loro animi. Tutti loro tenevano così tanto a me da lasciare che le loro vite andassero in prezzi. Non posso accettarlo. Loro hanno bisogno di me"
A quel punto un sorriso luminoso increspò le labbra di Xion. Roxas non l'aveva mai vista così lieta e beata, sembrava quasi contagiosa e pure lui si ritrovò a sorridere. Aveva dimenticato quella sensazione di pace interiore che riusciva a trasmettergli la ragazza.
Poi si accorse di un piccolo dettaglio.
"Xion... chi sono loro?"
La ragazza lanciò un'occhiata dietro le sue spalle e indietreggiò di qualche passo. Dietro di lei in quella cattedrale c'erano decine, centinaia di persone, adulti e bambini di tutte le età. E tra loro c'era la donna vestita di bianco che sorrideva affabile.
"Noi, Roxas, siamo tutti quegli spiriti che si sono dimenticati di morire. Per qualche motivo siamo incapaci di lasciare il mondo dei vivi e riposare in pace nell'aldilà"
"Dimmi tutto allora. Farò qualsiasi cosa pur di farvi raggiungere il nirvana"
"Roxas" Xion gli passò accanto e si fermò giusto un momento prima di procedere "Ti prego, sorridi sempre anche quando sembra che ti sta uccidendo. Non dargli la soddisfazione di sapere che ti ha ferito così. Vivi e non rendere vana la nostra morte"
"Di chi stai parlando, Xion?" Roxas si girò verso di lei ma la ragazza era davanti al portone, e quando lui la raggiunse fu investito da una luce accecante.

Quando Roxas riaprì gli occhi era steso a terra e la prima cosa di cui ebbe coscienza fu un soffitto bianco, non era quel bianco nauseante a cui era abituato ma anche questo gli era molto familiare. Il silenzio che lo accolse era quasi assordante e quando si mise in piedi riconobbe i corridoi deserti della scuola.
"C'è nessuno?" fece perplesso mentre si guardava attorno. C'erano zaini e libri sparsi a terra, armadietti spalancati, pezzi di vetro e tracce di sangue. E immediatamente il panico gli invase il petto come un pesante fardello, con timore gettò un'occhiata ai suoi vestiti e notò che indossava ancora il costume da pirata ma non c'era traccia della sua bombola. Il mondo cominciò a girare vorticosamente e assieme ad esso anche i ricordi tornarono come un fulmine che lo investì in pieno. Vaan, le prove dello spettacolo, il litigio con Axel e poi quel colpo di pistola che gli aveva perforato i timpani. Come aveva potuto dimenticare? Come aveva potuto lasciarsi andare così facilmente?
Per qualche strano motivo, anche se non aveva il supporto della respirazione artificiale, Roxas si sentiva perfettamente in grado di muoversi senza problemi, e così, con il cuore in gola, iniziò a fuggire. Corse a perdifiato come non aveva mai fatto, per paura che potesse esserci ancora qualcuno armato a scuola. Ma poi si bloccò di colpo quando sentì delle voci e si appiattì al muro per non essere visto.
"Cerca di calmarti. Vedrai che si sistemerà tutto però metti giù quella pistola"
Era una voce femminile e anche fin troppo familiare ma non riuscì a darle un volto. Quello che comprese però è che era quasi finito nella tana del lupo, c'era qualcuno con una pistola lì a pochi metri da lui. Roxas rimase a boccheggiare per qualche altro secondo ma si sforzò di riguadagnare un po' di coraggio e si affacciò nel corridoio adiacente per dare una sbirciatina. Larxene aveva bloccato Xemnas al muro, lei ansimava e le mani che aveva affondato nel colletto dell'altro erano scosse da violenti tremolii. Aveva paura. Quella non era la Larxene fredda e calcolatrice di sempre. Quella Larxene era terrorizzata... e pure Xemnas non era più lui. Sembravano due persone completamente diverse.
Ecco a chi apparteneva la voce che Roxas aveva sentito... ecco che finalmente ricordò anche chi aveva sparato quella mattina. Tutti i pezzi stavano tornando al loro posto.
"Non c'è più niente da fare, ogni speranza è perduta" farfugliò l'argenteo scuotendo il capo, i suoi occhi erano languidi e trasfigurati da una commozione che male si addiceva alla sua persona sempre così distaccata. Xemnas afferrò i polsi della ragazza e con estrema gentilezza glieli allontanò "Affido tutto a te... sarai tu a doverti occupare di Strife. Posso fidarmi, vero?"
Roxas era senza parole così come Larxene, solo che dagli occhi spalancati di quest'ultima pesanti lacrime avevano preso a rigarle il volto "N-no... tu non puoi davvero... Xemnas riflettici meglio-"
"Ho tergiversato fin troppo, adesso scappa"
"Ma capo, io-"
"Ho detto scappa!" Xemnas alzò la pistola verso la ragazza e aprì il fuoco. La pallottola si era conficcata nel muro, volutamente a pochi centimetri da lei "Mettiti in salvo finché sei in tempo" sussurrò lasciando cadere le braccia ai fianchi.
Larxene era rimasta immobile come una statua, la bocca e le mani fremevano violentemente in cerca di rassicurazioni a cui appigliarsi, ma non c'era assolutamente nulla. Senza lasciargli un ultimo sguardo, a testa alta camminò nella direzione opposta. Si fermò giusto un momento, incerta se girarsi e tornare da lui, ma non lo fece, prese invece a correre il più veloce che poteva finché non sparì dalla visuale di Xemnas e di Roxas che continuava a guardarli.
"Ho sempre detto a Larxene che i capelli lunghi le donavano di più, ma lei non voleva ascoltarmi"
Un'improvvisa voce alle sue spalle fece voltare Roxas di soprassalto e per poco non sentì il cuore uscire dal petto. Xion era accanto a lui e sembrava essersi goduta l'intera scena.
"Che ti prende, prep? Hai l'aria di chi ha appena visto un fantasma"
Roxas fu sbalordito di vederla ancora lì ma quello non era il tempo per le chiacchiere "Cos...cos'era quello?"
Xion lo guardò con aria trasognata e piegò la testa di lato.
"Quello?"
"Quello che abbiamo appena visto!"
"Oh... penso che fosse l'ultimo saluto tra Larxene e Xemnas, prima che la strada di quest'ultimo si incrociasse con quella tua e di Axel"
Roxas si sentì quasi preso per i fondelli, sembrava che Xion godesse a fargli vedere tutte quelle cose senza che gliel'avesse chiesto. Quella vita era così dolorosa, perché allora rigirare il coltello nella piaga? Lui era stato male per il gran casino che aveva combinato con Axel e anche Axel aveva sofferto molto per quello che era successo, quest'ultimo aveva messo in pericolo la sua vita pur di salvare quella di Roxas, che a sua volta non aveva fatto altro che piangersi addosso per la morte di Xion. E poi c'era Xemnas che-
"Adesso ti ricordi tutto?" domandò Xion in fondo al corridoio, il biondo non si era neanche accorto che si fosse allontanata così tanto "Tu sai quello che è successo veramente"
Roxas iniziò a correre per raggiungerla ma lei era sempre più lontana. Non riusciva a capire, cosa significava quello che gli aveva detto? Lui sapeva che era stato Xemnas ad aver alzato la pistola su Vaan e poi su Axel, perché gli chiedeva quelle cose, perché...
Roxas si bloccò di colpo quando arrivò in un altro corridoio, il sudore scendeva a fiotti dalla fronte e i polmoni minacciavano di esplodergli in petto, ma gli bastò un'occhiata rapida da costringersi ad alzare il viso verso il soffitto per non vedere ancora.
"Che significa, Xion?" esclamò quasi urlando, ma non gli importava perché in quel momento a terra davanti a lui c'erano il suo corpo, quello di Axel e Xemnas, tutti riversi in un'estesa pozza cremisi "Perché mi stai facendo vedere tutto questo?" le lacrime gli velavano nuovamente gli occhi "Ti prego, lasciami in pace... non voglio più stare qui"
"Roxas, tu sai la verità. Tu sai come sono andate le cose. Devi solo ricordare"
"Io non lo so quello che stai dicendo"
Xion prese il volto dell'altro tra le sue mani e lo guardò dritto negli occhi "Non puoi salvare delle vite innocenti ma puoi impedire che il passato si ripeta. Fidati di chi non ti fidavi prima, Roxas, solo così potrai vendicare la nostra morte"
"Ion non so come fare...è troppo difficile"
"È molto semplice invece" Xion sorrise e avvicinò pericolosamente il volto a quello dell'altro "Devi solo aprire gli occhi" sussurrò prima di poggiare le sue labbra su quelle di Roxas. Fu un bacio casto e tenero, che sapeva di lacrime e sofferenza. Quello fu l'ultimo saluto di Xion prima che diventasse di nuovo tutto nero "Apri gli occhi"

"Apri gli occhi"

C'era un dolore nauseante dietro la nuca e una fitta luce bussava sulle sue palpebre. Roxas non voleva svegliarsi di nuovo, ne aveva abbastanza ormai. Ogni volta che apriva gli occhi, il mondo faceva sempre più schifo. Ma questa volta c'era una voce persistente nella sua testa che gli diceva di farlo. Se non fosse stato per il caldo che lo stava facendo sudare e quell'insistenza assidua, lui avrebbe continuato a crogiolarsi nel suo riposo eterno; evidentemente avrebbe dovuto rimandare i suoi piani, perché lentamente dischiuse gli occhi azzurri e la prima cosa che mise a fuoco fu il rosso cielo del tramonto, macchiato da mille sfumature di rosa e arancione, e davanti a sé c'era il mare che correva fino all'orizzonte, e il sole rosso che era in balia di quelle onde, e un altra ombra rossa che pareva volesse fare invidia al sole.
"Axel?" domandò perplesso mettendosi a sedere, insicuro se fosse davvero lui o se fosse qualche allucinazione. La figura al suo fianco di tutta risposta si girò e rivelò il volto del suo ragazzo.
"Ah sei sveglio" mormorò l'altro inarcando le sopracciglia "Mi chiedevo quando avresti aperto gli occhi"
"Dove...dove ci troviamo?" chiese spaesato il biondo, Axel si appoggiò all'indietro sui gomiti e gli rivolse un sorrisetto malizioso.
"Su una spiaggia paradisiaca. Solo io e te" all'occhiataccia che ricevette dal più piccolo però fu costretto a ricomporsi e alzò le mani in segno di arresa "Okay, la smetto" ridacchiò e si passò una mano dietro la nuca come faceva sempre quando pensava o era imbarazzato "Credo che qui è dove finiscono le anime delle persone vicine alla morte"
"Cavolo, me ne ero dimenticato!" disse Roxas che gli si buttò addosso e lasciò freneticamente vagare le sue mani sul suo petto "Cosa ti è successo? Come stai?"
"Roxy... non che non apprezzi, però preferirei che adottassi un approccio cosi...fisico...quando siamo...uhm...un po' più vivi"
A quel punto Roxas si bloccò, le mani che trafficavano ancora con la stoffa della divisa dell'altro e aggrottò la fronte.
"Siamo morti?"
"No, ma questa è come un'ultima spiaggia"
"Non ricordavo che fossi così squallido" solo Axel aveva la capacità di distruggere quei loro rari attimi di serietà e far infuriare Roxas con un semplice sorrisetto.
"E io non ricordavo che tu fossi così sexy- oddio che dolore!" questa volta il rosso si era guadagnato un pugno sulla spalla e a niente valsero i suoi sguardi languidi e bisognosi, Roxas avrebbe continuato a guardarlo torvo finché non avrebbe ricevuto risposta e così si decise ad accontentarlo "Hai capito quello che intendevo, no? Bisogna risolvere tutto quello che è rimasto irrisolto se vuoi tornare indietro"
Roxas rimase ad ascoltare in silenzio, col capo chino e poi socchiuse gli occhi prima di appoggiare la fronte sul petto del rosso "Ax" sussurrò con sospiro pesante "Sono consapevole che questo è successo per colpa mia... e volevo dirti che mi dispiace per tutto, cominciando dalla faccenda di Xion, finendo poi con quello che ti è capitato..." si fermò un attimo nel tentativo di riordinare i pensieri ma con il caos che si ritrovava in mente non sembrava quasi possibile, così strinse tra le mani i lembi della divisa di basket dell'altro e si avvicinò di più "Io ero spaventato, avevo paura che non mi avresti più guardato nello stesso modo dopo aver saputo di lei... non volevo mentirti...te lo giuro. Il mio unico desiderio è sempre stato solo stare con te"
Axel gli carezzava la schiena mentre lo ascoltava ma poi lo allontanò giusto per guardarlo, meglio negli occhi “Hai ragione Rox, forse avresti dovuto parlarmi prima di tutto" disse passandogli il dorso della mano su una guancia "Ma guarda, il fatto è questo... quando ci si innamora di una persona, ci sono un sacco di cose che ancora non si sanno. Quando ti innamori non sai se l’altro preferisce il mare o la montagna, il ketchup o la maionese, l’alba o il tramonto, se vede il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Non sai se guarda film romantici o di azione, se segue il basket o il football, se tifa per la tua squadra o quella avversaria, se mangia cioccolato fondente o se magari è un amante del cioccolato bianco... Non puoi sapere se è uno di quelli che la domenica mattina si alza alle sei per andare a correre, o se invece dorme fino a mezzogiorno. Non sai se russa, se spreme il tubetto di dentifricio a metà, se è un maniaco dell’ordine o se lascia il suo letto sfatto... Tutte queste cose si scoprono con il tempo, Rox."
"Ma io-"
"Mentire è un conto ma non rivelare è un altro. Tu non mi hai mai mentito sui sentimenti, e questo è quello che conta. Se ho scelto te è perché ne sono davvero convinto. Per me l’amore è tutto questo. E’ una scommessa. E’ come dire “So ancora poco di te, ma voglio stare con te, anche se dovessi scoprire che hai paura dei temporali". Se tu vorrai, avremo una vita intera per conoscerci completamente"
Roxas lo guardò con la bocca spalancata. Axel si era sempre lamentato che non era bravo con le parole o con le romanticherie, ma questa era la cosa più bella che qualcuno potesse mai dirgli. Era così pieno di tutto che non sapeva neanche da dove iniziare. Neanche un misero 'ti amo' poteva eguagliare tutto quello. Cosi alzò il mignolo della mano sinistra e lo guardò con decisione. Allo sguardo interrogativo del rosso, gli prese la mano destra e legò le due dita.
"Sempre" disse spostando lo sguardo dalle loro mani agli occhi verdi dell'altro "Qualsiasi cosa, sempre. Hai capito?"
"Sempre?"
"Sempre!"
"Sempre" ridacchiò alla fine Axel con accondiscendenza.
"E comunque sei tu che hai paura dei temporali"
"Non è vero!" si affrettò a ribadire arrossendo violentemente.
Il silenzio cadde ben presto su di loro, Roxas aveva il viso rivolto verso il cielo ma gli occhi erano chiusi e si beava di quella dolce brezza che spirava mentre in sottofondo le onde del mare si infrangevano sulla bianca riva.
"Ormai sai tutto, Axel" cominciò Roxas dopo una lunga quiete "Manca solo una cosa. Appena starò meglio te ne parlerò solo se mi prometterai di Non pensare che io sia pazzo e di non farne parola con nessuno. I miei genitori, Leon, Sora, Riku, Naminé. Nessuno. Ma non devi rispondere ora, avrai del tempo per decidere"
Axel sospirò prima di dare un cenno di assenso.
"Vorrei solo un'ultima cosa da te, Ax" vociò il biondo in un quasi inudibile sussurro prima di distogliere lo sguardo dal cielo blu, ormai stava scendendo la sera "Abbiamo studiato tante volte insieme, vorrei che mi citassi Shakespeare... un passo a caso"
Il volto del rosso si corrugò ma non mancò di lasciar spazio a un tragico, malinconico sorriso, splendente però come il primo sole di primavera. Non ebbe bisogno di pensare alla risposta perché le sue labbra si mossero di loro spontanea volontà.
"Vivi per essere la meraviglia e l'ammirazione del tuo tempo"
"Macbeth, eh? Una tragedia... la cosa non mi stupisce, dopotutto non si allontana molto dalla realtà"
"Io sono l'unico che può ucciderti, proprio come Macduff è l'unico a poter uccidere Macbeth. Non lasciarti vincere da altre circostanze"
Roxas stirò le labbra in un lieve sorriso, iniziava a sentirsi stanco e capì che il loro tempo a disposizione si stava esaurendo.
"Allora il nostro tempo è arrivato?" mormorò specchiandosi negli smeraldi del più grande.
"Pare di sì" il rosso gli sorrise teneramente mentre gli accarezzava la schiena ma l'alto sembrava inquieto.
"Ax?"
"Sì?"
"Ci rivedremo, vero?"
"Puoi scommetterci!" Axel sorrise radioso e prese a guardare il mare sconfinato davanti a loro, era consapevole dello sguardo di preoccupazione del biondo e rispose alle sue domande proprio come se lo avesse letto nel pensiero "Mi hanno operato d'urgenza. Il proiettile mi ha perforato l'addome ma non è rimasto dentro. Per pochi centimetri non ha lacerato punti vitali, però ho perso molto sangue...me la caverò, stai tranquillo" fece dandogli un buffetto sul naso "Adesso vai"
Roxas accennò un lieve sorriso e si alzò in piedi "Tu non vieni?"
"Inizia ad andare, adesso ti raggiungo"
Axel lo guardò finché il biondo non sparì verso il mare e si mise in piedi, poi si girò verso una donna dai capelli biondi corti e gli occhi color cioccolato che se ne stava poco più dietro. Gli sorrideva e alzò una mano per salutarlo.
Il rosso stirò le labbra in un sorriso e mimò una tacito sussurro, prima di riprendere il passo e seguire Roxas.
"Grazie, mamma"

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Originariamente il capitolo 21 era pronto da marzo dello scorso anno e doveva terminare la coppia di capitoli sul passato di Roxas e Xion. Perché allora ho scritto tutto ciò? Questo capitolo voglio dedicarlo a tutte quelle persone che non hanno retto alla vita e hanno deciso di farla finita, a tutte quelle persone che piangono di notte perché vorrebbero rivedere le persone scomparse, a quelle famiglie che si sono sfasciate dopo una morte violenta...e a me stessa che, a causa di qualche rimpianto, la notte vengo perseguitata nei sogni da persone che non ci sono più. Ho deciso di scrivere questo perché ho passato gli ultimi mesi a consolare una mia amica,di giorno e di notte, e ho avuto modo di riflettere sia sulle mie vicende personali che su quelle di molte persone a me vicine. La vita va avanti e le persone reagiscono in modi diversi, ma a volte si susseguono anche una serie di reazioni a catena inaspettate.
Spero che il capitolo non vi abbia annoiati.

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Capitolo 22
*** The Torment Of Existence Weighed Against The Horror Of Nonbeing ***


Viva la Vida
Nei capitoli precedenti

"Oggi ti avevo convocato qui per fare quattro chiacchiere sui nostri traffici; i miei vanno davvero a gonfie vele, ho stretto amicizia con qualche società e famiglia influente e ho iniziato a fare investimenti vari... sai ho qualche contatto anche in Cina e in Giappone”
“È per questo che hai suggerito a Loz di rifugiarsi lì, vero?”
“Esatto... è stato davvero doloroso venire a sapere che nonostante i nostri sforzi lo abbiano trovato”
Xemnas strinse i pugni e aggrottò le sopracciglia, si morse la lingua per non elargire ad alta voce il suo sospetto che in realtà era stato proprio Yazoo a tradirlo per estendere i propri domini.

"Ho avuto il cancro, Moore. Non lo sapevi?"
"No che non lo sapevo... non me l'hai mai detto!" fece alzandosi e andando verso di Larxene "Stai bene?"
"A parte la sterilità sto benissimo adesso... ma non è di me che devi preoccuparti" si voltò verso Roxas.

Xemnas si portò un braccio alla fronte e si asciugò un rivoletto di sudore che gli stava rigando la tempia. Non poteva, non voleva continuare tutto quello. Forse avrebbe dovuto arrendersi e costituirsi.
“Saix, non mi sembra una scelta saggia”
Il ragazzo dai capelli blu, si avvicinò cautamente e lo prese per le spalle, i suoi occhi si specchiarono nelle pozze dorate dell’altro “Xemnas” lo scosse per farlo ritornare in sé “Mostrati il degno successore di Sephiroth. Ricorda che se non fosse per gli Strife, tu adesso avresti una famiglia, saresti felice, e invece che ti sei ritrovato? Niente, sei solo. Questa è solo colpa loro. Quel Roxas è un tipo pericoloso, così ribelle e diabolico, si è sempre frapposto tra noi e per questo dev'essere tolto di mezzo alla svelta”

“Da quando tua madre è morta sono entrato nell’FBI per occuparmi del caso Sephiroth e metter fine a questa storia”

“La verità è che io ho cercato di salvarti, Roxas. Il tuo carattere mi ha sempre fatto andare fuori di testa e ho commesso tanti errori… sono umano dopotutto… non volevo arrivare a questo, però ho tentato in tutti i modi di salvarti"






#22. The Torment Of Existence Weighed Against The Horror Of Nonbeing




Non è vero che ci si rende conto del colpo, non è vero che si piange. Io non mi accorsi di niente.
Non versai una lacrima eppure il dolore era lancinante, sembrava non voler cessare.
Fu improvviso come un fulmine in una giornata di sole,
ma poi la sensazione di benessere che seguì lavò via tutta la sofferenza.
Accolsi a braccia aperte quella beatitudine che mi avvolse e dimenticai tutti i miei rimpianti.
Mai, neanche per un secondo rimasi stupito dal tradimento di Saix.
Ero consapevole che prima o poi mi avrebbe trafitto con la sua lancia di Longino.



Secondo le comuni definizioni, il silenzio è «l'assenza di rumori, di suoni e di voci, come condizione che si verifica in un ambiente o caratterizza una determinata situazione». Niente di più falso, perché, come paradossale possa sembrare, il silenzio non è silenzio. Il silenzio è il regno del frastuono e del caos. È il regno in cui la coscienza non è mai sola, ci lascia in compagnia di noi stessi e di tutto quello che odiamo di più. Si dice che il silenzio uccide, perché è il compagno di Satana, perché non possiamo chiudere le orecchie con la stessa facilità con cui chiudiamo i nostri occhi.
“All'uomo disse: poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell'albero di cui ti avevo comandato "Non devi mangiarne", maledetto il suolo per causa tua!”
Tutte le luci nel corridoio erano state spente e il cigolio delle scarpe della ronda che battevano ritmicamente contro il pavimento veniva pian piano divorato dal silenzio, assieme a tutte le voci sommesse degli altri presenti sul piano.
La notte era la parte della giornata che più odiava perché era solo assieme al silenzio che sembrava non volerlo mai più abbandonare, per questo si rannicchiava vicino la finestra, dove la luce della luna filtrava di più e cominciava a leggere per non udire le voci della sua coscienza.
“Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l'erba dei campi. Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché non ritornerai alla terra”
Le sue colpe maggiori erano state la lealtà, la fiducia. Tutti i valori che nella sua famiglia erano rispettati come una religione. La famiglia per loro era religione, ma ora che non c'era più la famiglia non c'era neanche più la religione.
Loro erano nel torto, lo sapeva, ma si stavano solo vendicando nello stesso modo citato nelle scritture «Se uno farà una lesione al suo prossimo, si farà a lui come egli ha fatto all'altro: frattura per frattura, occhio per occhio, dente per dente; gli si farà la stessa lesione che egli ha fatta all'altro¹». Cosa mai avrebbe potuto fare un figlio a cui hanno portato via la madre? I veri colpevoli non erano loro ma gli altri, quelli che li avevano raggirati e li avevano presi in giro, erano quelli che invece di essere stati puniti ora li stavano punendo.
Aveva peccato di ingenuità, non avrebbe dovuto recarsi in Cina sotto consiglio di Yazoo per nascondersi, avrebbe dovuto rimanere e proteggerli tutti. Ma ora che Yazoo e Xemnas non c'erano più quale utilità poteva avere ancora su questo mondo? Tutto quello che avevano fatto era per la loro famiglia, ma ora che non c'era più una famiglia a che scopo combattere ancora?
I veri colpevoli non pagheranno mai: questo è il mondo.
Suo fratello se la sarebbe cavata senza di lui.
Con la Bibbia ancora tra le mani si eresse in tutta la sua altezza e si avvicinò silenziosamente alla sua brandina, che scrutò con i suoi occhi felini.
“Perché da essa sei stato tratto”
Kadaj lo avrebbe odiato, ma si era stancato. Non era quella la vita che voleva, il suo desiderio era ricongiungersi con la sua famiglia. E poi era sicuro che non avrebbe retto ancora a lungo con gli interrogatori, prima o poi si sarebbe lasciato sfuggire qualcosa sui piani di Kadaj. Quel tipo, Tseng, era troppo scaltro.
Prese un profondo respiro e alzò gli occhi al soffitto.
“Polvere tu sei e polvere ritornerai²" concluse la sua recita chiudendo il libro.
Chi era lui?
Il detenuto numero 24601.

***

“Nell'ultimo anno di università presi l'abitudine di andare a studiare nella biblioteca di Radcliffe³.
Il campus all'epoca era diviso e Radcliffe era l'universo del gentil sesso."Scelta astuta", mi dicevano i compagni del dormitorio perché a volte sparivo per giornate intere e mi ritiravo dopo il coprifuoco. La verità era che mio padre aveva scoperto la mia carriera tutt'altro che rosea e quindi dovevo rimettermi al passo. A tal proposito, la biblioteca di Radcliffe era un posto tranquillo e i testi di consultazione erano poco richiesti, ma, lo ammetto, lustrarmi gli occhi mi piaceva.
Era il giorno prima di un esame e io non ero ancora riuscito ad aprire libro, niente di inconsueto per uno studente di Harvard. Ad ogni modo al bancone c'erano due ragazze: una alta, con la corporatura di una che gioca a lacrosse e con i capelli legati in una coda alta. L'altra era bassina e aveva i codini, sembrava fresca fresca di scuola.
Mi rivolsi alla matricola inesperta.
“Avete Storia della politica europea?”
Lei mi lanciò un'occhiata disinteressata e chiuse il libro che stava leggendo “Non hai la tua biblioteca?”
“Quelli di Harvard hanno il diritto di consultare la biblioteca di Radcliffe”
"Non è un discorso legale ma etico, mio caro. La vostra è molto più grande, perché venire a importunare noi donne?”
Rimasi basito da quella sua uscita e mi appoggiai al bancone “Stai a sentire, ho davvero bisogno di quel libro e se non mi permetterai di consultarlo domani potresti avere qualcuno sulla coscienza”
“Ne sei sicuro?” lei si sporse verso di me e mi studiò con rinnovato interesse, sorrise divertita “Sono indecisa tra basket e hockey. Quale delle due famiglie frequenti?”
"Basket... ehi no aspetta, come fai ad essere sicura che pratico sport?”
"Perché hai l'aria stupida e ricca. Al college gli stupidi che trascurano lo studio sono gli sportivi... solo che quelli che sono qui con una borsa di studio devono impegnarsi anche con gli esami, tu invece avrai chi provvede per il tuo soggiorno dal momento che sei qui, ora”
Mi guardava negli occhi. I suoi erano castani, leggermente celati dalla frangia bionda. Okay, forse avevo l'aria del ricco – dandy suonava meglio – ma non avrei permesso ad una matricola qualsiasi di darmi del cretino, neanche se aveva un bel paio di occhi.
“A giudicare dal modo in cui parli vorresti farmi sottintendere che tu sei quella povera e intelligente?”
"No, assolutamente. Io sono il binomio ricca e intelligente
Stavo iniziando a spazientirmi, era evidente che quella ragazzina si stava prendendo gioco di me.
“Cosa ti fa pensare di essere più in gamba di me?”
"Il fatto che tengo alla mia reputazione e quindi non mi lascerei abbindolare da un ragazzo come te”
"Guarda che io non ti sto mica chiedendo di uscire”
"Ecco perché ho detto che sei stupido”
Alla fine la invitai sul serio a prendere un caffè, solo per avere il mio libro, e siccome lei non poteva uscire fino alla fine del suo turno, rimasi col capo chino nel manuale polveroso con la speranza di assimilare qualche informazione pregnante per l'esame, e anche per cercare di monopolizzare qualche conversazione futura con lei e non fare ancora la figura del cretino.
“Mi chiamo Elena Moore” disse con la massima semplicità e compostezza davanti alla sua fetta di red velvet “Studio scienze politiche”
"Io invece sono Reno Turks”
"Ah” soggiunse e inclinò la testa di lato “Come il politico canadese”
Esultai dentro di me perché lei fu una dei pochi a non fare un'uscita del tipo “Turks come quello della biblioteca?”, la verità dietro questa triste faccenda è che mio padre era stato così generoso da offrire un edificio più grande e nuovo per la biblioteca del college, non so ancora bene se l'abbia fatto per assicurarsi che non mi cacciassero di lì o per ingigantire ancora di più la sua gloriosa reputazione. Esami e biblioteche a parte, fatto sta che sapevo che quella sarebbe stata una gran serata. Alla fine presi 28 all'esame, lo stesso voto che diedi alle gambe di Elena la prima volta che era uscita dal bancone per andare a prendere il mio libro.
Bei tempi gli anni '80, tutto quello che invece ora è rimasto sono ricordi. Oggi non c'è più Radcliffe e neanche Elena”
Il cielo era scuro, tetro, sembrava che la sera fosse arrivata, eppure erano appena le nove del mattino e la colazione era stata servita più di un'ora prima. La giornata cominciava presto al Memorial Hospital ma la consueta relazione padre-figlio sembrava essersi già conclusa.
Axel odiava la pioggia, per lui era come portatrice di sventura e per quanto ne sapeva, era da tre lunghi giorni che pioveva ininterrottamente.
Quel giorno invece era uscito il sole. Che cosa bizzarra.
Dopo la sparatoria tutti erano stati trasferiti d'urgenza in ospedale, anche gli illesi. Axel aveva appreso che anche altri erano rimasti feriti a causa di incidenti sopraggiunti durante la fuga dalla scuola, Kairi era tra questi, le si erano conficcate delle schegge di vetro nella gamba ma non era particolarmente grave, il suo pegno era consistito in una quindicina di punti e una notte in osservazione. Axel non era stato così fortunato: intervento d'urgenza, qualche trasfusione e un paio di giorni in terapia intensiva; anche se ammaccato, tutto sommato se l'era cavata ma per qualche tempo avrebbe dovuto dimenticarsi del basket. Di Roxas invece non aveva notizie. Grazie a un'infermiera pettegola sapeva solo che quando erano in terapia intensiva Cloud aveva fatto in modo che lui e il biondo potessero stare in stanze vicine perché “era quello che avrebbe voluto Roxas”, ma erano tre giorni che ormai si era svegliato e non era riuscito ancora ad avere informazioni sul suo ragazzo. Quel mistero, quei silenzi, tutto quello non gli piaceva, sperava solo che Roxas se la fosse cavata.
"Perché mi hai raccontato tutto questo?" chiese di punto in bianco Axel mantenendo lo sguardo basso sulle sue ginocchia. Ripensandoci quello dei suoi genitori assomigliava tanto al rapporto tra lui e Roxas.
"Perché mi andava"
Reno non staccò gli occhi dal parco che si vedeva dalla finestra della stanza di Axel. Da quando era entrato li, quello era l'unica cosa che guardava, non vedeva nient'altro, neanche suo figlio. Gli ospedali erano legati a delle ferite ancora non del tutto rimarginate, e Axel non gliene faceva una colpa, conosceva suo padre e gli bastava sapere che c'era sempre. Quest'ultimo infatti si limitava a sedersi sulla poltrona tra il letto e la finestra, lo sguardo era perso fuori ma una mano era appoggiata sempre su una gamba dell'altro per mantenere un contatto, seppur minimo.
“Papà?” tentò il più giovane con casualità, celando il suo disagio mentre si torturava una ciocca di capelli tra le dita “Partirai presto?”
"Non lo so”
E scese il silenzio.
Ormai era chiaro, quello era il giorno 'no' di Reno Turks. Già il fatto che avesse interrotto il loro confortevole silenzio con un racconto su sua madre avrebbe dovuto essere un chiaro segnale. Ora tanto valeva farlo parlare.
“Papà?”
"Mh?”
"Tutto quello che è successo ha a che fare con il caso Sephiroth?” altrimenti non poteva spiegarsi il perché di quell'interesse quasi morboso verso quello che era successo. Negli ultimi giorni la polizia aveva interrogato tutti i ragazzi della scuola in cerca di informazioni su Xemnas e sulla dinamica, pure Axel non era stato risparmiato, e suo padre aveva passato quasi la totalità del loro tempo insieme a leggere montagne di carte e sfoggiare un'espressione afflitta.
L'uomo finalmente si voltò verso il ragazzo e lo studiò per qualche istante “A volte sei così sveglio che mi chiedo se tu possa davvero leggermi nel pensiero" mormorò abbozzando un lieve sorriso di scherno "Ancora non riesco ad abituarmi all'idea di vederti crescere, ma eccoti qui: Axel Moore, 17 anni e capitano della squadra di basket, salva un amico durante una sparatoria. La stampa ti adora”
“Smettila di dire queste cose” biascicò Axel lanciando una veloce occhiata alle riviste che aveva accantonato sul comodino, gentile pensiero di Demyx quando era andato a trovarlo il pomeriggio prima. In realtà non li aveva neanche letti.
“Mi dirai la verità e solo la verità?” riprese Reno guardandolo intensamente, finalmente sembrava essersi deciso ad uscire dal suo stato di torpore.
"Ti dirò solo quello che so ma non ti assicuro niente. La dinamica ormai la sapete”
"Tu conoscevi Xemnas, no? Dimmi quello che sai”
Axel boccheggiò “La verità è che non so nulla. Tutto quello che credevo è andato a puttane. Xemnas era un tipo refrattario, stava sempre per gli affari suoi, ci lasciava divertire a scuola. Quando è arrivato si è preso Saix tutto per sé e per questo non l'ho mai visto di buon occhio ma la realtà è che non mi è mai importato nulla di lui, finché non mi dava fastidio stava bene dove stava. Però non lo so... quel giorno a scuola... sembrava così vulnerabile... così umano... Non sembrava sul punto di poter uccidere qualcuno, eppure l'ha fatto”
“Cosa diceva?”
"Delirava per lo più, ma non so altro”
Era la verità. Axel aveva riferito tutta la verità come aveva promesso, ma non aveva rivelato il dettaglio che era a conoscenza del fatto che Xemnas era legato ai Silver Haired Man, così come non aveva rivelato che Roxas sembrasse conoscerli. Ora che aveva scoperto il passato suo e di Xion, sapeva che il biondo non avrebbe mai più riaperto quel libro ma aveva ancora alcuni dubbi al riguardo come ad esempio il mistero dietro la morte della ragazza.
Reno, dal canto suo, era rimasto ad ascoltarlo per tutto il tempo senza batter ciglio ma c'era del disinteresse nei suoi modi di fare. Avevano ascoltato le testimonianze di tutti con la speranza di trovare qualche parola differente da quelle che sapessero già ma nessuno era stato di loro aiuto, Axel compreso... l'unica persona rimasta che poteva aiutarli soffriva di amnesia selettiva.
Mugugnò un assenso e si alzò dalla poltrona, pronto per fuggire da quella realtà e immergersi totalmente nel suo lavoro, ma Axel lo afferrò prontamente per un braccio.
"Aspetta” esclamò di scatto e contrasse l'espressione a causa di una fitta all'addome che lo costrinse ad appoggiarsi al cuscino “Aspetta” sussurrò ancora, questa volta a voce più bassa mentre con una mano si reggeva la parte dolente “Adesso vorrei chiederti io una cosa, ne parlammo già un paio di settimane fa e ti ho sentito che ne hai parlato con il signor Strife, però per piacere, rispondimi almeno adesso... cos'è davvero il geostigma?"
Axel non aveva guardato suo padre mentre poneva la domanda, il suo sguardo era fisso sulla mano che gli aveva afferrato e che ora stringeva, ma era sicuro che aveva sgranato i suoi occhi blu e che magari ora erano intrisi di orrore. Sapeva che era una domanda che non avrebbe dovuto fare, ma doveva sapere, doveva essere preparato. Si era stancato di essere sempre lasciato all'oscuro di tutto.
Ci fu un pesante silenzio tra i due, interminabili istanti in cui Axel si stava arrendendo all'idea che non sarebbe mai arrivata una risposta, che suo padre l'avrebbe piantato su due piedi in una stanza d'ospedale, ma poi alla fine udì la sua voce. Fu un flebile sussurro ma arrivò alle orecchie del destinatario.
"Non vorresti saperlo, fidati"
"Non è vero, papà! Ti prego, dimmelo, io voglio aiutare Roxas ma non so come fare... ogni giorno che passa lo vedo sempre più spento, sempre più vuoto, non ce la faccio a sapere che soffre. Il signor Strife ha detto che io posso riuscirci, e lo dicono anche Sora e Riku... tutti la pensano così, ma io davvero mi sento impotente accanto a lui" il rosso trasse un profondo respiro nel tentativo di regolarizzare il battito del cuore che sembrava essere impazzato nel suo petto. Quell'ansia lo stava uccidendo, se lo sentiva. Suo padre però non sembrò tanto misericordioso, c'era un tremore nella sua voce e quando Axel alzò lo sguardo intravide anche delle lacrime agli angoli degli occhi. Non avrebbe dovuto parlare, si rimproverò mentalmente per aver dato aria a certi pensieri e ripensò alle parole che gli disse il biondo vari mesi prima.
Come mi accorgo che il turbamento è contagioso. Perché i miei occhi, al vedere le perle di dolore che brillano nei tuoi, prendono ad inumidirsi”
Che strana cosa l'empatia, un sentimento che non aveva mai compreso fino all'arrivo di Roxas nella sua vita.
Reno strinse un ultima volta la mano del figlio prima di liberarsi dalla sua presa e gli rivolse una fugace occhiata "L'unica cosa che puoi fare è stargli vicino e sperare nel meglio"
Questa volta Axel non protestò quando suo padre andò via, ma rimase a fissare la porta a lungo, con quella sgradevole sensazione di pesantezza che gli gravava sullo stomaco. Dal momento in cui aveva aperto gli occhi, qualche giorno fa, il suo pensiero era stato solo Roxas. Come stava? Era tutto okay? Come aveva preso la notizia del suicidio di Xemnas?
Da quando si era svegliato c'era una parte della sua coscienza che gli ripeteva costantemente che le cose erano cambiate per tutti, non erano più gli stessi di quando avevano iniziato l'anno con quella festa clandestina nella palestra della scuola; in cui lui aveva ballato ubriaco attorno al fuoco e si era guadagnato il soprannome di flurry of the dancing flames; di cui Roxas aveva poi fatto la spia e aveva fatto sospendere tutti dalle attività. Non erano più gli stessi di quando andava a letto con Larxene e Saix, o di quando Marluxia aveva preso a pugni Roxas perché a causa sua era stato sospeso dalla squadra di pallanuoto e non poteva più ammirare i fisici dei compagni; non erano più gli stessi neanche di quando Roxas aveva fatto incazzare Xemnas e avevano dato il via a una vera e propria guerra nella mensa della scuola, o di quando passava le giornate a spiare Roxas che chiacchierava con Zexion e Vaan.
Vaan e Xemnas. Xemnas e Vaan.
Nessuno era più lo stesso, c'erano delle verità nascoste che avrebbero potuto rimanere latenti ma che alla fine avevano lasciato dietro di sé solo macerie.
Ci sono delle storie, degli eventi che non hanno spiegazione. Tu puoi trovare tutte le colpe del mondo, puoi affermare che il peccato sia di talune persone mentre altre sono innocenti, eppure questo non è altro che un punto di vista... Ci sono quelle storie in cui gli intrecci sono solo colpa di un gioco fatale del destino, nessuno è nel giusto o nello sbagliato e spesso si commettono passi falsi per errore, cerchi di fare una cosa per bene e invece fallisci miseramente e magari vieni accusato per questo.
Roxas aveva già previsto tutto, aveva sempre fatto il possibile pur di tenerlo lontano e aveva cercato di dirglielo in un modo ma Axel non era riuscito a comprendere. Chissà se le cose ora sarebbero state diverse se l'avesse capito in tempo, ma questo non avrebbe comunque impedito alla realtà di cambiare radicalmente ogni cosa.
E all'improvviso si rese conto di essere ancora vivo.
Vivo.
Lui era vivo.
Aveva riso e scherzato con Demyx e Zexion quando erano andati a trovarlo ma non si era reso conto di quanto fosse stato fortunato in realtà. Era una sensazione strana, credeva che sarebbe morto in quel corridoio, proprio come era successo con Vaan, eppure ora era lì: vivo e vegeto in un letto d'ospedale e quella ferita sull'addome che ancora non gli permetteva di camminare bene divenne un regalo. Ora comprese quello che doveva provare ogni volta Roxas quando riprendeva conoscenza dopo qualcuno dei suoi attacchi, Axel non era così forte come lui ma fu grato alla vita di avergli dato un'altra possibilità.
Sentì un pizzicore ai lati degli occhi e si portò le gambe al petto per nascondere il viso e dare aria al suo sfogo.
Era ancora vivo.
Axel aveva fatto un sogno qualche giorno addietro, c'era sua madre con lui, gli era stata vicino e gli aveva ripetuto infinite volte di quanto fosse fiera del suo bambino. Per tutto il tempo aveva l'impressione di essere morto ma non era così perché era consapevole del suo cuore che batteva, dei medici che si affrettavano a stabilizzarlo e della ferita che pulsava dolorosamente. La presenza di sua madre però era stata così vicina che gli era sembrata quasi reale... così reale che quando si era svegliato non sapeva a cosa credere, non distingueva più la realtà dalla finzione. Era tutto indefinito.
Da quando aveva ripreso coscienza aveva in mente una frase che gli aveva detto Roxas in uno di quei suoi momenti di stranezze.
Ti è mai capitato di pensare che tutto quello che credi sia reale non è altro che una menzogna... di svegliarti un giorno e scoprire cose di te che non sapevi, o meglio, di scoprire che non sei la persona che hai sempre creduto di essere?
A volte la vita può essere strana, serafica come un sogno o pericolosa come un incubo, e l'unico modo per svegliarsi è quello di affrontare tutte le bugie che ti si sono edificate attorno, anche se a fin di bene.

Due piani più sopra, Roxas fissava il soffitto in stato ancora leggermente confusionale. I rumori delle varie attrezzature arrivavano alle sue orecchie come suoni smorzati e le luci sembravano accecanti. Il suo corpo era paralizzato nel letto, come sempre, ma nella sua mente c'erano immagini che si alternavano in maniera sconnessa. Aveva l'impressione di aver sognato qualcosa di bello, non ricordava cosa ma aveva questo un vago retrogusto di serenità di quando si è in pace con il mondo. Di una cosa però era certo, doveva avere tanta di quella morfina in corpo che si sentiva leggero come lo zucchero filato e la cosa stranamente lo metteva di buon umore.
Chissà come se la passava Axel.
“Buongiorno Rox”
La sua attenzione fu catturata da una voce alla sua destra che riconobbe appartenere ad Aqua, l'infermiera che si occupava sempre di lui quando era ricoverato. La donna era in piedi vicino al suo letto, intenta a cambiare una flebo e indossava quell'espressione di dolcezza che riusciva sempre a rincuorarlo.
 “Sono felice di vederti di nuovo qui tra noi”
Il biondo ci mise qualche istante più del necessario a registrare quello che gli aveva appena detto. Riconobbe la stanza della terapia intensiva perché lì i genitori non erano ammessi e si chiese perché fosse di nuovo lì “Ti offendi se dico che io non lo sono?” mormorò con voce bassa e roca, complice anche la gola secca per il non aver bevuto per chissà quanto tempo.
“Data la situazione no, non mi offendo” Aqua gli rivolse un ampio sorriso ma notando l'espressione disorientata del biondo, gli passò una mano tra i capelli e gli sistemò i ciuffi ribelli “Tranquillo, non hai avuto un infarto mentre eri in bagno” scherzò gentile per alleggerire l'atmosfera e l'altro ridacchiò.
"Menomale”
"Sono stati giorni intensi ma adesso va tutto bene. Pensa a riposare, tra non molto ti porteremo in una vera stanza”
Roxas non ebbe bisogno di farselo ripetere, socchiuse gli occhi ancora con un leggero sorriso a increspargli labbra, non ne capiva molto ma era sollevato di lasciare già la terapia intensiva, chissà dov'era Axel “Per quanto sono stato qui?”
Aqua si girò verso di lui per rispondere ma non fece in tempo che si era già riaddormentato.

***

“Marluxia Torn. Il ragazzo che ha dato l'allarme e, per una fortuita coincidenza, anche il figlio dello sceriffo. Tuo padre ti ha insegnato proprio bene”
“Più che altro direi che la mia è stata solo astuzia e molta fortuna”
“E anche modesto direi”
Il ticchettio dell'orologio da parete e la fitta pioggia che batteva incessante contro le finestre erano gli unici suoni percepiti nei momenti in cui la conversazione veniva sospesa. Rude Garcia accavallò le gambe, comodo sul divano sul quale era seduto, e si sfilò per un momento i suoi onnipresenti occhiali da sole per studiare più approfonditamente il ragazzo accomodato sul divano di fronte. Tra di loro vi era un piccolo tavolino sul quale erano poggiate due tazze di caffè.
Marluxia sedeva compostamente: le mani intrecciate in grembo, schiena dritta, espressione rilassata e sguardo privo di qualsiasi emozione. Contrariamente a tutti gli altri ragazzi che avevano interrogato fino a quel momento, lui non dava alcun cenno di ansia o preoccupazione. Anche se Rude cercava di rendere tutto il più informale possibile, nella stanza con loro c'era anche un ufficiale di polizia a fare da guardia e testimone, il suo compito era starsene fermo vicino alla porta con le mani dietro la schiena ma la maggior parte degli altri adolescenti davano di matto alla sola vista; e il fatto che il ragazzo dai capelli rosa fosse così pacato lo colpì non poco.
"Allora” riprese “Che ne dici di ripercorrere insieme gli avvenimenti in modo da ricostruire per bene la dinamica?”
“Come ho già detto, io ero tenuto in ostaggio assieme agli altri nella classe di scienze quindi non so proprio tutto” rispose con praticità Marluxia, chinandosi in avanti per prendere la sua tazza.
“Certo, ma sappi che ogni dettaglio per noi è fondamentale” Rude aprì un quadernetto sul quale aveva scribacchiato delle note e ricapitolò la situazione “Allora, nella dinamica Xemnas era agli armadietti quando ha sparato accidentalmente a un ragazzo, turbato da tale gesto si è dato alla fuga ed è finito nella classe un cui vi eravate rifugiati tu, Riku, Kairi, Zexion e Xaldin, prendendovi così in ostaggio. Il tutto non è durato molto perché poi si è accorto dell'arrivo della polizia, e, preso dall'ansia, è uscito in cerca di un'altra via di fuga" alzò lo guado dal suo taccuino e chiese conferma a Marluxia, che annuì mesto "Bene, a questo punto so che tu conoscevi Xemnas quindi potresti aiutarci a fare chiarezza su questa storia. Era tuo amico?”
“Non direi "amico". Eravamo conoscenti più che altro, facevamo parte dello stesso gruppo di amici ma il nostro rapporto era ridotto al semplice saluto e nulla di più”
“E cosa facevate in questo gruppo?”
Il ragazzo scrollò le spalle e si specchiò nel liquido nero nella sua tazza “Mantenevamo l'ordine nella scuola. Quando nessuno si fa rispettare ognuno fa quello che vuole... Xemnas invece era considerato una sottospecie di re, tutti lo temevano, probabilmente a causa del suo sguardo glaciale, fatto sta che nessuno osava contraddirlo, e per estensione rispettavano anche noi”
“Quindi per questo era tenuto di mira dai professori e dal preside?”
"Esatto”
Rude rimase un momento in silenzio e poi si piegò, poggiò gli avambracci sulle ginocchia, e scrutò Marluxia mentre si mordicchiava il labbro inferiore “Ed era violento?” chiese alla fine.
“Di certo non era pacifico ma non l'ho mai visto 'entrare in azione', solitamente stava per gli affari suoi ad assicurarsi che fosse tutto ok”
“E se non era tutto ok?”
“Diceva a noi di sistemare tutto a modo nostro”
“A modo vostro?” l'uomo inarcò un sopracciglio ma Marluxia sottolineò quanto appena detto.
“A modo nostro”
“Quindi non gli hai mai visto fare qualcosa di strano?”
“Non mi pare”
Dopo quella risposta Rude si ammutolì per qualche altro minuto con espressione meditativa, ogni tanto lanciava qualche occhiata al suo quadernetto e annotava o cancellava qualcosa. Marluxia lo guardava con disinvoltura, accortosi che era cambiato qualcosa nel comportamento dell'uomo. 
“E dimmi un po'” riprese l'adulto fissando di nuovo il suo sguardo sull'altro “Lui aveva nemici oppure qualcuno che non sopportava?”
“Non saprei”
“E riguardo i tre ragazzi - Axel Moore, Roxas Strife e Vaan Ratsbane - sai dirmi qualcosa?”
Marluxia poggiò un braccio sul bracciolo del divano e affondò la guancia sinistro nel palmo della mano, si concesse giusto un momento per rimuginare “Axel faceva parte del gruppo ma è un tipo che preferisce farsi gli affari suoi, Vaan non so chi sia e Roxas... lui ha cominciato a frequentare Axel da qualche mese. Poco dopo che i due hanno cominciato a studiare insieme Xemnas è scomparso dalla circolazione... per poi apparire l'altro giorno” aggiunse quest'ultima parte con tono grave.
"Mh” Rude annuì e si grattò la nuca mentre leggeva qualche altro appunto “In precedenza hai detto che quella mattina non avevi attività extracurricolari”
“Proprio così. Ero andato a scuola di prima mattina perché volevo iniziare a fare i preparativi per la lezione di botanica” Marluxia accennò un leggero sorriso ma l'uomo non sembrava sulla stessa linea d'onda.
“Come mai allora quando è scattato l'allarme non eri nella serra ma nella classe di scienze, ben lontana dal luogo di svolgimento della lezione?”
“Ero entrato per prendere i libri dall'armadietto e perché volevo salutare un'amica”
Rude annuì ancora alle sue parole, non sembrava particolarmente convinto ma decise di sorvolare per il momento “Ti faccio un'ultima domanda e poi ti lascio libero. Sapevi che Xemnas sarebbe tornato a scuola?”
Questa volta fu Marluxia a lasciar cadere il silenzio tra loro, fu breve ma intenso, durante il quale mantenne il contatto visivo a lungo prima di rispondere con un secco e velatamente istigante “No”
A quel punto, con un leggero sospiro, Rude fece cenno all'agente di poter andare e si alzò anch'egli per congedarsi ma Marluxia lo fermò repentinamente mentre era intento a raccogliere la sua giacca.
“Posso farle io una domanda?”
Rude si girò verso il ragazzo ancora seduto e rispose con accondiscendenza. Marluxia lo guardò negli occhi ed esitò appena prima di parlare ma poi indossò un sorrisetto di circostanza.
"Quello che è successo nella nostra scuola è stata una cosa gravissima, ma non crede che il fatto che sia addirittura coinvolta l'FBI in un semplice caso di omicidio-suicidio potrebbe dare da pensare? Ovviamente, signor Rude Garcia, attualmente proprietario della NY Real Estate, con la precedente domanda non sto facendo insinuazioni su un suo possibile coinvolgimento con il settore di controspionaggio della polizia federale, ma solo che la situazione potrebbe destare dei sospetti come il poter supporre che Xemnas avrebbe potuto essere collegato con altri ricercati come, che ne so... i Silver Haired Man?”
Rude sentì il sangue raggelarsi nelle vene e si bloccò dalla sua attività. Quel ragazzo... come faceva quel ragazzo ad essere in possesso di tutte quelle informazioni? Stava per caso facendo il doppio gioco oppure lo stava solo prendendo in giro?
“Signor Marluxia Torn” disse cauto, sfilandosi gli occhiali e infilandoli nel taschino della giacca “Lei chi è veramente?”
Ma il ragazzo dai capelli rosa sorrise gentilmente e fece una scrollata di spalle “Oh, io sono un semplice studente dell'ultimo anno di liceo affascinato dalla botanica”
Rude però non si lasciò convincere e lo osservò attentamente. Il ragazzo era scaltro al punto da mandargli un segnale che diceva chiaramente “Io so tutto di quello che state facendo”... oppure, ipotesi forse più probabile, Axel doveva avergli spifferato tutto dopo che quell'idiota di Reno gli aveva detto la verità su di loro. Comunque non poteva abbassare le difese “Non so cosa sa e a che gioco sta giocando ma mi auguro per lei che mi abbia fornito tutte le notizie a sua disposizione affinché possano favorire il corretto svolgimento delle indagini”
Marluxia si alzò a sua volta dal divano e si sistemò il pantalone e la camicia con una disinvoltura tale che qualcuno non avrebbe mai immaginato la serietà dell'argomento in atto “Se la verità è davvero quella, mi auguro che abbiate sotto controllo questo Loz...in tv non si parla altro che di Xemnas” e detto questo afferrò la sua borsa e fece un cenno di saluto mentre guardava Rude uscire dalla stanza visibilmente pensieroso. Si appoggiò allo stipite della porta e sorrise malizioso.
“Lei ha il cuore troppo tenero, signor Garcia. Non dovrebbe essere così indulgente, neanche con i ragazzi” mormorò tra sé e sé. Era da tempo che non si divertiva così tanto e ora che si era trovato coinvolto personalmente in questo caso aveva deciso di giocare. Chissà chi avrebbe scoperto prima la verità, lui o l'FBI?
A tal riguardo si appuntò mentalmente che non aveva ancora avuto modo di ingraziarsi per bene Roxas.
“Ehi Marly!”
Il ragazzo, ancora appoggiato al muro, notò con sommo stupore un Demyx oltremodo raggiante accompagnato dalla sua imperturbabile dolce metà: Zexion, il topo di biblioteca probabilmente emo. Rivolse loro un cenno col capo e andò loro incontro.
“Che ci fai qui?” continuò il biondo con la sua solita esuberanza.
“Ero passato a salutare Larxene, voi?” rispose invitandoli a seguirlo finché non arrivarono agli ascensori e pigiò i bottoni di prenotazione. Demyx sorrise smagliante.
“Axel”
Giusto, lui aveva paura di Larxene. Era troppo rigida per i suoi gusti.
“Salutatemelo, e ditegli che appena si riprenderà andremo a farci una birra da soli” disse entrando di fretta nell'ascensore una volta arrivato.
“Non ti unisci a noi?”
 “Purtroppo oggi vado di fretta. Alla prossima!” 
Demix e Zexion si scambiarono un'occhiata spaesata appena il loro amico sparì dietro le porte dell'ascensore. Marluxia era un tipo fin troppo strano ma oggi lo era stato ancora di più e Zexion si chiese a cosa fosse dovuta tutta quell'impellenza, ma il biondo non mostrò un particoolare interesse o stupore a riguardo, e lo afferrò per un braccio per trascinarlo nella stanza di Axel. Aprì la porta di malagrazia e si fece largo all'interno come se quella fosse casa sua.
“Axeeeeeeel! Indovina chi ti è venuto a trovare? Ma sì, il tuo grandissimo migliore amico Demyx, e il suo bellissimo e supersexy principe azzurro Zexion!” esclamò con il suo tono caotico facendo una gran corsa fino al letto, dove si buttò sopra come un sacco di patate. Axel da parte sua non aveva registrato in tempo l'arrivo del suo amico pazzo e si lasciò scappare un grido di terrore tutt'altro che mascolino.
“Cazzo Dem per poco non mi hai fatto venire un infarto. Siamo in un ospedale, porca miseria, vuoi stare zitto?” sbraitò una volta riacquistato fiato, portandosi una mano al petto mentre col piede cercava di farlo cadere giù. A Zexion invece riservò un saluto più sobrio.
“Tanto meglio" rispose il biondo con una fragorosa risata e si girò sulla schiena. Demyx si era steso sulla parte terminale del letto, in modo che i piedi penzolassero fuori, e allargò comodamente le braccia "Se l'avessi avuto non avresti dovuto scomodarti di venire fin qui”
Axel sospirò, non valeva la pena avere applicarsi con quel caso perso “Se continui così molto presto avrai un'ordinanza di restrizione da appendere in camera come mio ultimo ricordo”
“Sei sempre così dispotico con me” mormorò lamentoso Demyx girandosi di nuovo sullo stomaco per guardare il rosso con faccia afflitta.
“Secondo me invece ti ha trattato con i guanti...” intervenne per la prima volta Zexion, rivolgeva al suo ragazzo lo stesso sguardo di afflizione che si usa con i bambini quando fanno i capricci.
“Non importa” borbottò Demyx e afferrò il telecomando per spegnere la tv che Axel probabilmente stava vedendo prima del loro arrivo “Basta guardare sempre il telegiornale, non voglio sentire altro su quello che è successo!”
Axel roteò gli occhi e lanciò uno sguardo di compassione al povero Zexion che nel frattempo si era andato a sedere sulla poltrona occupata prima da suo padre “Dem, cosa sei venuto a fare anche oggi? Non ti è bastato il casino che hai fatto ieri?”
Mullet-man si mise a sedere, faccia a faccia con il rosso e incrociò le gambe come lui “Sono venuto a reclamare le cure che ultimamente non mi hai rivolto”
“Ancora a elemosinare attenzioni?" Axel rimase interdetto e spostò lo sguardo da Demyx a Zexion e poi di nuovo a Demyx "Qui il malato sarei io, non tu... e comunque hai Zexion”
“Zexion provvede già ampiamente”
Axel fece una faccia schifata e preferì non indagare ulteriormente sul come Zexion provvedesse e cercò di cambiare argomento rivolgendosi proprio a quest'ultimo, dato che Dem era così ottuso che non riusciva a reggere una conversazione seria per più di 10 secondi “Avete notizie di Roxas?” chiese speranzoso ma l'altro chinò il capo e fece un cenno di diniego.
“Ancora prognosi riservata, mi dispiace”
Il rosso sbuffò e incrociò le braccia al petto “Che cavolo, lo stronzetto ha pure il cellulare spento”
“Dai Ax non ti agitare altrimenti ti verranno le rughe in fronte" intervenne di nuovo Demyx. Ormai lo aveva cronometrato, 10 secondi di silenzio e doveva ripartire con la sua raffica di stronzate "Comunque ti saluta Marly e ti invita per una birretta tête-à-tête... e se ve ne andate in qualche locale a Chelsea⁴ voglio venire anche io!"
Ad Axel per poco non venne un altro colpo.
***

Rude camminava a passo spedito tra i corridoi dell'ospedale, le sue scarpe lucide cozzavano pesantemente sul pavimento azzurro e il suo sguardo era fisso davanti a sé per non percepire la tristezza e il dolore dei bambini e i ragazzi in pigiama e vestaglia che camminavano nel reparto. Aveva sempre avuto un debole per queste cose e sapeva che quello non era un momento per mettersi a fare i sentimentali. Quando arrivò davanti alla sala delle conferenze si fermò e rimase a fissare la superficie della porta in legno, aveva uno strano presentimento e aveva a che fare con quello che aveva detto quel ragazzo che aveva appena interrogato.
"Mi auguro che abbiate sotto controllo questo Loz"
Ovvio che ce l'avevano sotto controllo. Il giorno prima si era recato persino in prima persona assieme al suo capo, Tseng, per presiedere ad un altro interrogatorio, un buco nell'acqua come sempre perché non parlava mai, era sicuro che godeva di buona salute anche se a volte faceva degli strani scatti.
Con estrema riluttanza poggiò la mano sul pomello e lo abbassò.
"In tv non si parla altro che di Xemnas"
Andava tutto bene.
"Reno" sussurrò con voce incrinata mentre entrava e il fiato gli si bloccò in gola non appena percepì la tensione opprimente che regnava in quella stanza che avevano occupato momentaneamente per poter svolgere ricerche. Reno era in piedi appoggiato con una spalla alla parete e lo sguardo fisso su qualcosa di indefinito fuori la finestra accanto a sé. Assieme a lui c'erano Cloud seduto sul divano con la testa tra le mani e accanto a lui Leon con entrambe le braccia distese sullo schienale gambe accavallate.
"Reno-"
"Ho sentito Tseng" tagliò a corto il rosso con un tono più serio del solito, senza muoversi di un millimetro dalla sua posizione "Questa notte l'hanno convocato d'urgenza a Great Meadow⁵"
Rude rimase in attesa, timoroso di sentire quello che l'altro immaginava avrebbe detto.
"Anche Loz l'ha fatta finita. Adesso non abbiamo più nessuna pista, Rude. Siamo di nuovo al punto di partenza”

***

Axel non amava gli ospedali, essere ricoverato ancora meno, ma quella routine che si stava creando non gli dispiaceva affatto: si svegliava, mangiava, oziava, andava in esplorazione, faceva il galletto con le infermiere e di nuovo oziava. E ora era uno di quei non rari momenti in cui stava perdendo tempo senza sentirsi minimamente in colpa ma un costante brusio di sottofondo distolse la sua attenzione dalla preziosa lettura...di un tabloid.
"Che cavolo è tutto sto casino?" borbottò con tono scocciato a nessuno in particolare.
"Penso che stiano trasferendo qualcuno nella stanza affianco" spiegò Zexion con tono pratico, lui però non alzò lo sguardo dal suo libro, non lo faceva mai se non ce n'era veramente bisogno "Prima mentre venivamo abbiamo visto che stavano facendo i preparativi"
Axel parve rifletterci giusto un secondo ma poi fece spallucce, sicuramente non era affar suo, e appoggiò la rivista che gli aveva lasciato Kairi sul materasso "Sai una cosa Dem? Per una volta Yuffie aveva ragione dicendo che la casa di Ariana Grande non è male"
"Davvero?"
"Purtroppo devo darle conto, adoro l'accostamento bianco e azzurro fiordaliso...e il soffitto a cassettoni è davvero interessante"
"Fa un po' vedere" il biondo risalì sul letto e prese la rivista che cominciò a studiare con gran passione.
Se solo studiasse così anche per la scuola anche lui a quest'ora sarebbe in procinto di diplomarsi, pensò un affranto Zexion senza però pronunciare quelle parole a voce alta. Non era quello il momento per esporre i loro problemi di coppia, e per questo si rivolse al rosso "Axel non ti offendere ma sembri una donna quando parli così"
Axel di tutta risposta si impettì e sorrise con fierezza "Scommetto che sei geloso della mia classe invece"
"Non l'ho neanche mai sentito questo azzurro fiordaliso!" protestò Zexion con un leggero rossore che gli imporporava le gote e il biondo iniziò a ridere di gusto alla scena.
"Axe ha molto buon gusto invece, mi ha promesso che sarà lui a progettare la nostra casa quando ci sposeremo!"
Zexion sospirò sconsolato e ignorò i due ragazzi per il suo benessere mentale.
"Già vi ci vedo: in un loft di Soho, perché Sitar-man ha bisogno della sua dose di eccentricità assieme agli altri artisti del vicinato" Axel fece un occhiolino in direzione di Demyx "Il soggiorno dev'essere ampio, con le pareti bianche e solo quella centrale celeste con un camino di mattoni incassato, se c'è il bow window tanto meglio..."
"OKAY, basta così" tagliò a corto il ragazzo dai capelli color acciaio chiudendo il suo tomo con un sonoro tonfo. Quelle discussioni lo mettevano stranamente a disagio, come tutta la pressione dei prossimi anni si riversasse in batter d'occhio sulle sue spalle e lui si sentiva oppresso da tutto e tutti.
I ragazzi non poterono protestare ulteriormente, sebbene stessero ridacchiando sotto i baffi in maniera piuttosto malcelata, perché poco dopo qualcuno bussò alla porta e quando Axel diede il permesso di entrare rimase piacevolmente sorpreso di vedere niente di meno che Aerith "Signora Strife!"
"Aerith"
"Giusto, Aerith" si corresse imbarazzato.
La donna dai capelli castani entrò con estremo garbo nella stanza e salutò cordialmente tutti i presenti, poi si diresse verso il comodino dove poggiò un piccolo vaso trasbordante di fiorellini di campo.
"Speravo di fare due chiacchiere con te, Axel" cominciò a dire ma fu bloccata quasi all'inizio dalla voce di Demyx che scattò immediatamente in piedi e assunse un'espressione solenne.
"Ma certo, fate pure! Noi stavamo giusto andando, vero Zex? Ci trovate in caffetteria" esclamò così velocemente che nessuno riuscì a capire veramente cosa gli fosse preso. A quel punto afferrò Zexion per un braccio e lo trascinò fuori come una furia, senza dargli neanche l'opportunità di riprendere il suo libro che aveva lasciato sulla poltrona, e chiuse con un tonfo sordo la porta alle loro spalle. Una volta nel corridoio, Zexion gli lanciò un'occhiataccia e iniziò ad incamminarsi verso la caffetteria, perché era lì che pensava fossero diretti, ma vedendo che il suo ragazzo non lo seguiva ritornò sui suoi passi e lo vide incollato alla porta.
"Che cavolo stai facendo?"
"Mi pare ovvio, sto cercando di origliare. Ora fa silenzio"
"Dem"
"Zex"
"Signori?" li interruppe un infermiere che passava di lì "Avete bisogno di qualcosa? Sulla destra c'è una sala comune con tv e divani"
"Stiamo bene così, grazie mille!" fu la risposta solare di Demyx.
Zexion in quel momento si sentì così in imbarazzo che avrebbe voluto annegare nella cascata di pioggia che c'era fuori.

Aerith rimase quasi tramortita dal comportamento del ragazzo biondo che non seppe cosa dire per una buona manciata di secondi, fu Axel a rassicurarla che era una cosa del tutto normale e che Demyx a volte poteva comportarsi come un pazzo.
"Oh... okay" mugugnò la donna, sedendosi sulla poltrona precedentemente occupata da Zexion "Volevo sapere come ti sentissi oggi, però mi dispiace aver interrotto qualcosa, se vuoi posso andare a chiamarli"
"Tranquilla non hai interrotto niente!" la fermò subito il rosso, gli faceva sempre piacere vederla perché riusciva sempre a metterlo di buon umore con i suoi modi di fare "Quanto a me... sto meglio, credo. La ferita fa un po' male ma non è nulla che mi impedisca di vivere, giusto?" fece retoricamente "Piuttosto...uhm... mi hanno detto che prima io e Roxas stavamo in stanze vicine..."
Aerith sorrise e annuì "Sì, è così, sono stata io a richiederlo... anche se ammetto di essere stata un pochino insistente con Cloud" ridacchiò bonariamente "Il fatto è che tuo padre era così preoccupato, non voleva mai allontanarsi da te anche se non gli era permesso entrare nella stanza,  sarebbe stato lì anche se il lavoro lo chiamava, così ho detto che mi sarei pesa cura io di te" Axel arrossì visibilmente e spostò lo sguardo di lato ma lei non ci prestò attenzione "E poi l'ho fatto perché immaginavo che potesse farvi piacere stare l'uno vicino all'altro, anche se non ne eravate consapevoli"
"I...in che senso?"
"Axel... capisco più cose di quante tu possa immaginare, sono pur sempre una mamma" replicò con naturalezza, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Quelle parole però non fecero altro che aggravare la situazione e Axel arrivò ad assumere una tonalità di rosso ancora più scura dei suoi stessi capelli, sapeva che sarebbe morto di crepacuore se la donna avesse continuato. Stava per caso sottintendendo che aveva capito tutto di lui e Roxas? Certo, non era scema e loro erano piuttosto morbosi a volte ma avevano fatto attenzione a non divulgare la cosa troppo platealmente.
"Se... se volevi farci stare vicini perché allora non ci hai fatto mettere nella stessa stanza?"
Aerith sospirò "Avete bisogno di riposo, entrambi. Poi tu hai perso molto sangue"
"E allora?"
"Se ti avesse visto in quello stato sarebbe andato fuori di testa... e noi non vogliamo che succeda. Allo stesso tempo non penso che tu te ne saresti stato buono"
"Ma ora sto bene! A maggior ragione posso vedere Roxas e assicurargli che va tutto bene"
"Dovresti continuare a riposare"
"Io non ho bisogno proprio di niente! È di lui che sono preoccupato. Nessuno mi ha detto nulla sulle sue condizioni, ora come ora potrebbe essere anche morto per quello che ne so... prima di perdere i sensi a scuola, Roxas era vicino a me ma glielo leggevo in faccia che non stava bene... si era disfatto della sua dose di ossigeno per portarmi in salvo. Penso che sia un mio diritto sapere come sta, Aerith. Tu hai detto che capisci e allora perché mi avete tenuto lontano da lui per tutto questo tempo?" spiegò Axel con rinnovato vigore, tutti erano stati preoccupati per le sue condizioni ma nessuno poteva immaginare davvero cosa fosse successo davvero in quella scuola. Il sangue, i corpi a terra, l'ansia, la paura di non uscirne vivi. La sua non era preoccupazione solo per la salute fisica di Roxas, lui aveva bisogno di Roxas. Aveva bisogno della sua vicinanza, del suo calore, della sua voce. Aveva bisogno solo di Roxas perché erano stati loro a trovarsi da soli in quell'inferno e solo  loro potevano capirsi. Solo così poteva guarire.
Aerith lo scrutò a fondo, come se stesse sondando la sua anima, e alla fine lasciò cadere lo sguardo sulle sue mani strette in grembo "Roxas... non è grave come immaginavamo anche se non nego che all'inizio abbiamo temuto il peggio"
Axel le prese una mano tra le sue e la esortò a continuare.
"Aveva del liquido nel polmone sinistro che gli impediva di respirare, ecco perché negli ultimi tempi era così affaticato, e poi hanno proceduto con tutti gli esami  e controlli. Il cuore lo sta indebolendo ma lui è sempre forte e combattivo"
"Aerith posso chiederti una cosa?"
"Dimmi pure"
"Sei sicura che Roxas soffra del qt lungo?"
"Certo, non potrei essere più sicura" affermò con un cenno del capo "Il padre di mio marito è morto proprio a causa di questo... Cloud era ancora troppo giovane per capire di cosa si trattasse però pare che i problemi di cuore girano nella sua famiglia e, dato che lui è sano e Roxas è colpito, siamo preoccupati per Sora... sai, potrebbe essere anche un gene recessivo ma sono pur sempre gemelli, con queste cose bisogna prendere la massima precauzione"
Axel aggrottò la fronte. Era scontato, come poteva averne dubitato? Se ne parlava sempre del qt ma allora che c'entrava quel fantomatico geostigma? Era davvero il caso dirle la verità in quel momento? Lei non sapeva niente e una notizia del genere così su due piedi l'avrebbe distrutta, senza contare che lui così si sarebbe cacciato seriamente nei guai. Roxas in quel momento aveva bisogno del sostegno di tutti loro e non di altri problemi.
"Come sta ora? Si è svegliato?" chiese alla fine, ignorando il suo desiderio di vederci chiaro.
"Si è svegliato due o tre volte ma la maggior parte del tempo era sotto sedativi quindi non era proprio partecipe... con i trattamenti vari non era l'ideale tenerlo sveglio"
"E quando potrò vederlo?"
"Appena starete meglio" sorrise dandogli una pacca sulla spalla "Anzi, adesso ti lascio riposare. Prima ti riprendi, prima potrai vedere Roxas"
Una volta solo, Axel rimase con lo sguardo fisso sulle sue gambe incrociate, domandandosi per quanto tempo ancora gli adulti avrebbero continuato a mentire spudoratamente. Nel suo animo dominavano sentimenti contrastanti, da una parte era sollevato perché non sarebbe mai riuscito a vivere serenamente con la consapevolezza di quello che aveva realmente Roxas senza che quest'ultimo potesse saperlo davvero, d'altra parte si sentiva così inutile non poterlo aiutare. L'unica cosa di cui era felice era che il biondo stesse bene e, chissà, forse presto sarebbero tornati a casa insieme proprio come i vecchi tempi. Per il momento tutto quello che poteva fare era rimanere di buon umore e raggiungere Demyx e Zexion in caffetteria, magari avrebbe trovato persino il dessert.
Si infilò velocemente una felpa e le sue converse e si avventurò per i corridoi. Ormai quell'ospedale lo conosceva abbastanza bene perché era andato spesso a trovare Roxas in passato ma mai avrebbe immaginato che sarebbe rimasto lui stesso lì.
Prima di raggiungere l'ascensore decise di fare un salto da Larxene per chiederle se le andava di unirsi a loro o se voleva semplicemente qualcosa. Sapeva che anche lei era ricoverata, però solo per degli accertamenti dal momento che non era rimasta ferita nella sparatoria. A quanto aveva capito i medici avevano preferito fare qualche controllo perché era da tempo che li saltava (sicuramente volontariamente).
Quando arrivò in prossimità della sua stanza notò la porta socchiusa e si affacciò cautamente, non voleva disturbarla se aveva da fare o magari stava dormendo, ma ben presto si ravvide. Larxene gli dava le spalle. Era a torso nudo davanti allo specchio e una lacrima solitaria le rigava silenziosamente il volto.
Axel però non seppe dire se lo turbò di più il fatto che stesse piangendo o quello che vide su di lei: il  suo corpo era ricoperto da ampie porzioni di pelle annerita, molto simili a quella che aveva Roxas sul petto e che non guariva mai.
Il ragazzo si sentì le gambe quasi tremare sotto il suo peso e si poggiò con la schiena al muro per sorreggersi, non riusciva a credere a quello che aveva appena visto. Il cuore iniziò a ad accelerare sempre di più nel suo petto e il respiro si faceva sempre più rarefatto. Si portò una mano alla ferita fasciata che aveva deciso di dolergli proprio in quel momento e poggiò la nuca alla parete. Gli occhi erano serrati mentre si ripeteva mentalmente che non era possibile. Non era possibile che quella fosse la realtà.

"Dolore immenso, allucinazioni, macchie su tutto il corpo. Cosa dirai quando inizieranno ad apparire tutti quei segnali?"

"Mamma quando tornerai a casa?"

Cloud non aveva risposto alla domanda posta con tono grave, suo padre non era mai stato così serio come in quel momento. Anche sua madre non aveva risposto alla sua domanda, Elena preferiva tacere piuttosto che mentire al suo unico figlio.
In un primo momento Axel decise di andare via ma qualcosa lo trattenne. Inviò un veloce messaggio a Dem e attese qualche minuto fuori la stanza, incollato alla parete, prima di entrare. Non poteva scappare. Se voleva di essere di qualche aiuto doveva smettere di scappare.
Prese un profondo respiro e bussò lievemente.
"Posso?" mormorò a voce bassa ma non seguì alcuna risposta, così si affacciò nella stanza e vide che Larxene si era rivestita e aveva poggiato delle borse sul letto "Te ne vai di già?"
"Sì mia madre sta venendo a prendermi, non ce la facevo più a stare qui dentro" rispose lei senza guardarlo, troppo indaffarata a preparare le valigie.
"Ci sei stata davvero poco" osservò il rosso sedendosi sul letto.
"Mi hanno trattenuta per dei controlli, tre giorni vanno più che bene per me"
"Ed è andato tutto bene?"
"Va tutto bene, mi hanno fatto solo qualche esame di routine" rispose alla svelta ma ad Axel non bastava, la guardò con apprensione e Larxene, sentendo il peso del suo sguardo perforante, ridacchiò e si voltò completamente verso di lui, interrompendo la sua attività "Non fare quella faccia, mi è bastata una firmetta e ora sono fuori... se stavo così male non credo che mi avrebbero permesso di uscire tanto facilmente no?"
Il rosso sospirò e scrollò le spalle "Sì lo so, è che-"
Larxene gli posò un dito sulle labbra e gli impedì di continuare oltre, si sedette sul letto e si specchiò nei suoi occhi verdi "Ormai ho 18 anni, sono maggiorenne e posso fare quello che voglio. Non devi stare in pensiero per me" affermò con tono stranamente morbido, poi le sue labbra si piegarono in un mezzo sorriso "E poi hai già un cagnolino che reclama le tue attenzioni"
A quel pensiero, Axel lasciò cadere il discorso così. Gli passò invece una mano tra i capelli, aveva cambiato pettinatura tutto d'un tratto, ora i fili dorati le cadevano sul viso e le conferivano un aspetto decisamente più maturo assieme alla matita nera sugli occhi e il rossetto rosso. Era strano vedere Larxene così e il ricordo di quello che aveva visto solo pochi minuti prima lo gettò in uno stato di profonda angoscia e nostalgia.
"Sei bella, lo sai?" sussurrò giocando con una ciocca dei suoi capelli, non riusciva a staccare gli occhi da quei fili illuminati dalla luce del sole che filtrava dalla finestra. Erano più chiari di quelli di Roxas e profumavano di vaniglia, ma erano ugualmente morbidi. Lei certamente doveva averne più cura anche se non dava l'impressione di essere una tipa del genere.
"A cosa devo questo complimento da uno come te?" disse con una punta di ironia nella voce "Se non ti conoscessi potrei fraintendere"
"Scema, non è la prima volta che te lo dico!"
Sul volto della bionda apparve il fantasma di un sorriso e portò il dorso della sua mano sul volto dell'altro per carezzarlo. Larxene aveva capito che il rosso era così riguardoso perché  c'era qualcosa che lo turbava, la cosa la allietava e allo stesso tempo gli era grata che non avesse approfondito con altre domande troppo personali. Ormai si conoscevano da anni, erano intimi e per questo Axel riusciva a comprendere le sfumature dei suoi sguardi e dei suoi silenzi, ma lei lo aveva sempre tenuto fuori dalle questioni del suo passato. Erano cose che non gli appartenevano e non voleva condividere il suo dolore con altri.
"Tra qualche mese ci sarà il ballo di fine anno" Axel spezzò di nuovo il silenzio parecchi minuti dopo, quei momenti di quiete tra di loro erano sempre confortevoli anche in momenti del genere. Si distese con la schiena sul materasso e portò l'amica giù con se, con lo sguardo rivolto verso il soffitto "Voglio vederti in gran forma per quel giorno"
"Non ho interesse per queste cose, l'anno scorso ho passato la serata nel retro della palestra a vomitare tutto l'alcol che avevo buttato giù" Larxene ricordò quella giornata con una celata malinconia e una punta di divertimento. Non era stata esattamente la serata che tutte le ragazze del liceo sognano e magari pianificano da anni. In realtà invece di un vestito da sera aveva indossato un lungo soprabito di pelle nera e un costumino a due pezzi e aveva scorrazzato sul pick-up di Xigbar.
"Quest'anno invece sarà speciale" annuì Axel con convinzione, era come se con tutti quei piani volesse auto convincersi che sarebbe andato tutto bene nei prossimi mesi, che Larxene si fosse tenuta fuori da tutti i guai "Tu sei all'ultimo anno, devi portare con te dei bei ricordi per la fine della scuola"
"Certo.. come se ce ne fossero"
"Permettimi di regalarti il vestito"
"Che diavolo ti salta in mente?" la bionda rise di cuore alla battuta fatta dall'altro ma quando si specchiò nello sguardo dell'altro vide una faccia seria e determinata.
"Voglio che tu sia la più bella lì" dichiarò "Io non so neanche se ci sarò, sai dipende tutto da Rox... però voglio che almeno tu passi una bella serata prima della fine dell'anno!"
Larxene studiò a fondo l'espressione dell'altro e si impresse nella mente quegli zaffiri che sembravano risplendere di luce propria. Alla fine sbuffò e con un certo divertimento tornò a fissare il soffitto.
"Moore, a volte ti preoccupi troppo per gli altri piuttosto che di te stesso"
"A me basta vedere tutti felici" fu la nota di chiusura del rosso.
Quella volta ci teneva ad essere lui a mettere il punto fine alla loro conversazione.
***
"Io ho cercato di salvarti, Roxas... non volevo arrivare a questo però ho tentato in tutti i modi di salvarti"
Xemnas si girò un'ultima volta verso la finestra che dava sul giardino, all'orizzonte si intravedevano le volanti della polizia appostate sul ciglio della strada e gli elicotteri che volavano sulla scuola. Sorrise impercettibilmente e poi ci fu uno sparo improvviso.
Roxas spalancò gli occhi e scattò a sedere in preda a un irrefrenabile desiderio di scappare il più lontano possibile, come se non riuscisse a distinguere il confine tra la realtà e il sogno. Il sudore scendeva lungo la sua tempia e gli aveva attaccato qualche ciuffo alla fronte, e il respiro era irregolare da risultare così doloroso che provò persino a tapparsi naso e bocca. La gola, i polmoni e il torace gli andavano a fuoco, cercò di ignorare il dolore pulsante della ferita che gli avevano fatto poco dietro la schiena ma questo non bastava a placare le fitte che gli scuotevano il corpo.
Si portò le gambe strette al busto e si raggomitolò su sé stesso, e con una mano si strinse il petto che batteva così forte da fargli male.
"Calma" sussurrò a sé stesso con voce strozzata, sentendo le vertigini che lo stavano assalendo "Hai... hai fatto solo... un brutto sogno... proprio come oggi " continuò con il fiatone, alternando le parole a qualche colpo di tosse secca. Appoggiò la fronte sudata sulle ginocchia e fece un enorme sforzo per rimanere concentrato su se stesso. Doveva rimanere buono e tranquillo e non lasciarsi trasportare dai ricordi, dopotutto proprio quel pomeriggio aveva rischiato seriamente di avere qualche altra crisi.
Poche ore prima infatti si era svegliato con le sue grida irrefrenabili che lo assordavano, cercavano un barlume di sollievo da tutte le scene che si ripetevano all'infinito nella sua mente. Le immagini erano così vivide che sembrava di trovarsi ancora sul pavimento della scuola, il sangue di Axel, lo sguardo vacuo di Vaan e l'espressione sconfitta di Xemnas che lo perseguitava. Le lacrime scendevano incontrollate dai suoi occhi, il respiro era corto e il cuore aveva perso il controllo. Si prese la testa tra le mani e si raggomitolò in posizione fetale, sembrava quasi un attacco di panico ma sapeva che presto sarebbe successo altro. Tutto faceva male, sia la testa che il fisico, ma quello che faceva più male era sapere che non era riuscito a fare niente per evitare che tutto quello accadesse. La colpa era stata sua perché aveva istigato Xemnas, l'aveva fatto arrabbiare di proposito perché voleva rovinargli la giornata come pensava che gliel'avesse rovinata la vista di Axel ridere e scherzare con un gruppetto di cheerleader. Sua madre e un'altra infermiera erano subito accorse non appena avevano sentito il monitor impazzire a causa sua, e presto si sentì avvolto dal calore delle braccia di sua madre che intanto gli ripeteva che era tutto finito e che andava bene ora. Ma in realtà non andava niente bene perché due persone erano morte per colpa sua mentre lui era ancora lì.
"Axel?" chiese senza ascoltare nient'altro, Aerith gli assicurò che stava bene ma al ragazzo non bastava "Dov'è Axel?" ripeté di nuovo con voce leggermente più calma, iniziava a sentirsi intorpidito, non sentiva neanche più le braccia di sua madre che lo stringevano al suo petto.
"Stai tranquillo, è nella stanza accanto alla tua" sussurrò massaggiandogli gentilmente la schiena.
"Voglio Axel"
"Appena starai meglio potrai vederlo" Aerith gli sorrise e lo fece stendere di nuovo adagio, e lo coprì con le coperte "Però devi riposare adesso"
"Non volevo che succedesse tutto quello..."
"Lo so, tesoro. Non è colpa tua"
Sì che era colpa sua. E contro la sua volontà si ritrovò di nuovo avvolto dall'oscurità, spazzato via dalla stanza in cui si trovava.
Roxas era esausto, per lunghe ore aveva oscillato avanti e indietro, attraverso la linea che separava il sonno e la veglia, lo avevano riempito di tranquillanti perché qualsiasi dolore era scomparso, anche quello della sua anima, ma ora l'effetto degli antidolorifici era scomparso.
Con la testa ancora appoggiata sulle ginocchia voltò il viso alla sua sinistra dove c'era un'ampia finestra. Era scesa la notte. Le luci della città apparivano come stelle luminose là fuori e la pioggia continuava a scendere.
Sua madre era appollaiata su una poltrona lì vicino, con una coperta addosso, e non si era svegliata neanche con il rumore irregolare che emetteva il monitor multiparametrico a causa del suo risveglio così brusco. Respirò profondamente prima di sporgersi verso quell'affare e lo spense per non disturbare ancora sua madre. L'unica fortuna era che ormai dopo tutti questi anni riusciva ad usare quei marchingegni anche ad occhi chiusi.
Doveva vedere Axel. Era vicino, appena oltre il muro che li separava, stando alle parole che gli aveva detto sua madre. Non poteva aspettare ancora, doveva assicurarsi che stesse davvero bene. 
Senza rifletterci oltre, si disfò di tutte quelle cose che gli avevano attaccato addosso per tenerlo monitorato e lentamente scese dal letto. Appena toccarono il suolo le sue gambe vacillarono a causa del lungo disuso e il biondo fu costretto a tenersi appoggiato a qualcosa per reggersi. Roxas era stanco, le energie erano ancora poche ma era riuscito a passare accanto a sua madre senza svegliarla e arrivare alla porta con successo.
All'improvviso la donna si mosse di scatto e immediatamente Roxas si appiattì al muro, rimase immobile in quella posizione per un paio di minuti, con il cuore in gola. Sua madre non si mosse più, dormiva ancora, e a quel punto il ragazzo si lasciò scappare un sospiro di sollievo prima di riprendere il suo tragitto. Appoggiò l'orecchio alla porta e francamente pregò che non soggiungesse nessun altro a rovinare tutto il suo duro lavoro.
A parte il respiro regolare di sua madre non si udiva niente, i corridoi erano silenziosi e non sembrava esserci nessuno nei paraggi. Non poteva permettersi di indugiare ancora, così, senza fare rumore, aprì la porta alla cieca e sperò nel meglio.
Roxas esitò per un istante, incerto sulla direzione che doveva prendere, perché sua madre non gli aveva specificato in quale "stanza accanto" stava Axel. Rimase appoggiato al muro giusto per qualche secondo in più e si concentrò a prendere fiato, senza la bombola aveva qualche difficoltà ma per il momento ce l'avrebbe fatta. Axel era vicino e solo questo contava.
Raggiunse la prima porta che vide e indugiò ancora, chiedendosi questa volta se forse fosse stato meglio rimanere a letto e attendere di sentirsi meglio prima di vedere il rosso, dopotutto non gli avrebbero permesso di rimanere lì a lungo, lo avrebbero riportato nella sua stanza non appena sua madre o qualche infermiera se ne fosse accorta. Però doveva vedere Axel, non riusciva a cancellarsi la memoria il corpo del suo ragazzo intriso di un rosso più scuro del colore dei suoi capelli e gli occhi velati dal dolore. Di quello che era successo poi aveva così pochi ricordi che niente poteva dirgli che Axel stesse davvero bene.
Aprì la porta ed entrò nella penombra.
Era la stanza giusta. Non c'era nessun altro con quella capigliatura così selvaggia. I suoi capelli erano sparsi sul cuscino alla rinfusa perché gli dava fastidio tenerli legati quando dormiva, sul ripiano vicino al letto erano esposte una serie di cartacce di tutte le barrette di cioccolata che doveva aver consumato la sera prima e in volto aveva un'espressione rilassata, dormiva profondamente, con le labbra appena dischiuse. Quello era il suo Axel, stava bene proprio come gli aveva detto sua madre.
Mosse qualche passo per avvicinarsi al letto e accennò un leggero sorriso mentre si sedeva accanto a lui, un sorriso malinconico. Come aveva potuto lasciare che accadesse qualcosa del genere ad Axel? Perché Axel e non lui? Axel era una persona così buona e gentile.
Roxas si sedette sul materasso e lo guardò a lungo.
Perché non potevano essere felici?
Perché tutte le persone a lui care soffrivano?
Perché la vita faceva così male?
"Ax" sussurrò impercettibilmente alzando la gamba sul materasso e appoggiò il braccio destro sul ginocchio. Avrebbe voluto avvicinarsi di più a lui e abbracciarlo, raggomitolarsi tra le tue braccia, ma non lo fece. Axel aveva bisogno di riposare e non voleva disturbalo. Al contrario, optò per parlargli, perché ogni volta che lo faceva, anche al telefono, si sentiva sempre meglio. Axel era sempre una soluzione per lui, anche se il rosso non aveva soluzioni. Parlò piano, come faceva spesso quando stavano insieme e alla fine Axel si addormentava durante il film che non aveva scelto. Roxas si portò un braccio al volto e si sfregò gli occhi "Ax, secondo te perché viviamo? A cosa serve affannarci ogni giorno nei doveri quotidiani? Chi siamo noi per decidere cosa è giusto o sbagliato?... ma soprattutto, siamo noi a decidere della nostra vita o è già scritta? Ogni mattina ci svegliamo senza sapere cosa potrebbe accadere: un bel voto a scuola, essere ammessi al college che avevi scelto, ottenere il lavoro dei propri sogni, incontrare l'anima gemella, dover dire addio a una persona cara... oppure non risvegliarsi più. Ti sei mai chiesto se siamo noi a creare certi momenti oppure se sono le opportunità, gli imprevisti a creare noi e le nostre scelte?" Roxas si stese a testa in giù sul letto, vicino al suo ragazzo ma attento a non farlo svegliare e fissò lo sguardo sul soffitto "Axel, secondo te quanto ci vuole a cambiarci davvero  la vita? Gli anni della scuola? L'università? Il matrimonio? Io credo che la vita può cambiare da un momento all'altro... anche  con un semplice sguardo"
Il mio nome è Axel. L'hai memorizzato?
Spero di rivederti presto...e se non è tanto presto ricordati del mio nome, un giorno potrai vedermi in tv all'NBA”

"Ho bisogno di un tutor" 
"Lo so. Attendi, ti riempio il modulo"
"Non dovrei farlo io?"
Roxas socchiuse gli occhi e si portò una mano sulla guancia per lavare via una lacrima solitaria che era scesa contro la sua volontà "Un semplice sguardo può cambiare una vita"
"Quello è il mio fermaglio!
Sei stato davvero gentile, per me è molto importante.
Roxas...è così che ti chiami vero?

"La vita cambia. Noi cambiamo" riaprì gli occhi e tornò a fissare il soffitto, si sentiva sempre più debole, la stanchezza si stava pian piano impossessando di lui "Ax, credi che sia possibile tornare a quando eravamo felici? Posso tornare indietro nel tempo e mettere a posto tutti i miei errori?"
Roxas non ricevette alcuna risposta ai suoi dubbi.
Il fatto è che le storie non finiscono sempre come quelle favole che si raccontano ai bambini, a volte rimane l'amaro in bocca. Alcuni si perdono sul cammino e altri dimenticano il motivo per cui combattevano. Ma se c'è ancora qualcuno per cui vale la pena vivere, qualcuno per cui vale la pena lottare e superare tutte le sfide che il destino che pone sulla strada, allora bisogna stringere i denti e proseguire fino allo stremo delle forze. Perché se c'è qualcuno che tiene ancora a te allora qualsiasi crepa può essere riparata. Finché c'è qualcuno che si ricorda di te non è ancora detta l'ultima parola.
Senza accorgersene, Roxas si lasciò andare al conforto della sua incoscienza, dove niente e nessuno avrebbe potuto disturbarlo, cullato dai respiri di Axel come se fossero la sua ninnananna.

***

Marluxia sedeva sulla punta del letto, con le gambe accavallate e lo sguardo rivolto sulla figura di Larxene che gli dava le spalle. Da quando era entrato in quella stanza la ragazza non gli aveva neanche rivolto la parola, solo una fugace occhiata per indicare che sapeva della sua presenza e poi si era rifugiata di nuovo nel suo mondo interiore. Aveva lo sguardo basso Larxene, non c'era nessun desiderio, nessun barlume di quella fierezza che contraddistingueva il suo sguardo, neanche un briciolo di furore scuoteva le sue carni. Aveva le braccia conserte e guardava la finestra, l'unica cosa che staccava dalla monotonia delle pareti bianche. Era così fragile in quel momento che sembrava una fogliolina ingiallita in procinto di cadere dal suo ramo.
"Larxene, per piacere"
"Non ho niente da dire"
"Eppure il tuo silenzio è così rumoroso..."
"Hai scelto il giorno sbagliato per venire, tra non molto mi dimettono"
"È così allora? Hai deciso di fuggire?"
"Non ho deciso di fuggire" Larxene esitò prima di continuare "Questa è la mia vita, questo è il mio corpo, se è destino preferisco pagare per i miei errori piuttosto che ridurmi a un cadavere che cammina come Roxas"
"Sei molto dura con te stessa e con Roxas"
Dopo quella constatazione scese tra di loro un pesante silenzio, Marluxia rimase pazientemente in attesa senza mai scollare lo sguardo dalla sua amica. Quella situazione stava degenerando sempre di più e non c'era molto che si potesse fare a riguardo, Larxene si strinse nelle spalle e sembrò ancora più minuta di quanto non fosse già.
"Non fraintendere, mi ci sono affezionata" riprese dopo qualche lungo minuto di tormento interiore, anche se le sentiva quelle parole erano difficili da pronunciare "Ormai lui è tutto quello che mi resta del passato, assieme a questo" si portò una mano all'altezza dell'addome "Roxas mi ricorda le cose belle del passato mentre il mio corpo tutte le stronzate che ho fatto"
"Che piani hai adesso?" domandò Marluxia appoggiando le braccia sul materasso e reggendosi su di esse.
"Piani?" Larxene si voltò all'improvviso verso il suo interlocutore, con gli occhi sgranati "Che piani posso mai avere secondo te? Ho il geostigma, questa notizia mi è bastata...anche se stranamente non mi ha colpito quanto quella volta che mi hai trovato dopo l'overdose e mi hai portato qui. La prima volta fa male ma la seconda no perché ti sei già preparato alla morte. Ho sempre nutrito forti dubbi sulla mia malattia ma ero troppo distrutta per interrogarmene. E quando pochi giorni fa mi hanno rivelato che io non avevo il cancro allora ho avuto la conferma che c'era davvero qualcosa sotto, proprio come dicevi tu. Mi hanno spiegato che il governo ha impedito la divulgazione di qualsiasi informazione riguardo il geostigma, mia madre sapeva tutto ma ora che sono maggiorenne era mio diritto sapere. Il geostigma è come un virus che si propaga in tutto il corpo, non puoi sconfiggerlo rimuovendo solo la parte marcia... è come il cancro, devi fare la chemio per sbarazzartene davvero"
Marluxia però non rimase sconfitto dal tono accusatorio dell'altra, rimase fermo nella sua sfacciata testardaggine.
"Perché non ti sottoponi alle cure?"
"Te l'ho detto, non voglio ridurmi come Roxas"
"Ma tu non sei messa come lui"
La bionda ridacchiò amaramente e scosse la testa in senso di diniego, per quanto potesse essere inquietante la situazione la divertiva quasi.
"Ti sbagli, io sono messa peggio di lui" ammise portandosi vicino allo specchio dentro l'armadietto dove aveva riposto tutti i suoi beni e afferrò la pochette del trucco "I medici non facevano altro che dire che io sono a uno stadio molto più avanzato perché non seguo le cure, ormai ho il corpo ricoperto di macchie nere..." fece una lunga pausa durante la quale si passò con cura quasi maniacale del rossetto sulle sue labbra appena rosate. Era rosso sangue, proprio come quello che scorreva nelle sue vene; proprio come quello che macchiava i corpi esanimi di alcuni dei suoi vecchi amici, che avevano scelto di porre fine alle loro squallide vite con qualche dose vinta prendendosi a coltellate. Cremisi che contrastava sulla neve ai bordi delle strade. La sua pelle era bianchissima "Roxas invece ne ha solo una e anche piuttosto piccola, me l'ha rivelato non molto tempo fa... ma sono sicura che non sappia in realtà cosa sia. Ad ogni modo so che ha già preso parte a due o tre sedute di cura e, nonostante ciò, non lo vedo molto migliorato"
"Lo stanno usando come cavia da laboratorio perché lui è l'ultimo rimasto" replicò Marluxia scrutando dallo specchio Larxene intenta ad adornarsi il volto e a quel punto si alzò e la raggiunse da dietro. Prese una spazzola dalla mensola dell'armadietto e cominciò a pettinarle i capelli, questa volta però non glieli lasciò all'indietro come era solita fare lei, li portò in avanti in modo che le incorniciassero il viso. Sembrava una donna. "Però credo che stia traendo qualche vantaggio. Già il fatto che la malattia sia rimasta confinata in un punto è una cosa buona. Lui soffriva di cuore già da prima di ammalarsi ed è questo che l'ha penalizzato"
"Io rimango ferma nella mia idea" replicò lei alzando lo sguardo sul ragazzo, un nuovo fuoco vibrò nei suoi occhi verdi "Tutto quello che farò sarà ricambiare il mio favore a Roxas perché lui è stato l'unico a prendersi cura di me, Xion e Vani senza mai chiedere niente. Farò in modo che continui a vivere, fosse l'ultima cosa che faccio"


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¹ Levitico 24, 19-20
² Genesi 3: 17-19
³ Radcliffe era un college femminile privato a Cambridge, nel Massachusetts (ogni volta sbaglio sempre a scriverlo quindi perdonate eventuali errori), e si potrebbe definire come la controparte di Harvard che invece era maschile. Nel 1999 le due università si sono fuse e nel campus di Harvard è nato il Radcliffe Institute for Advanced Study
⁴ Chelsea a New York è un quartiere culturale multietnico molto frequentato dalle comunità gay
⁵ Great Meadow Correctional Facility è un carcere di alta sicurezza nello stato di New York




THE END.
Piaciuto il finale?
No, sto scherzando, la storia non è conclusa... ma ci avevate sperato, ammettetelo!

Avevo detto che avrei aggiornato ad Ottobre e ho mantenuto la mia parola \(çwç)/. Questo capitolo è stato un vero pain in the ass, giusto per essere fini. Non voleva uscire, non voleva svilupparsi, niente di niente. Il problema è che scrivo solo quando devo studiare, e ora ho proprio tanto da studiare. 
Mi ha fatto molto piacere sapere che il capitolo scorso vi sia piaciuto, molti di voi mi hanno contattato in privato e se l'hanno fatto rispetto la vostra scelta di privacy per non far sapere al mondo intero dei vostri problemi e/o pensieri.
Dato che non posso parlare di voi, spenderò giusto due parole su di me. Come ho detto a qualcuno sono felicissima di sapere che la mia storia abbia aiutato concretamente - a pensarla in un modo, a vedere le cose in un altro, mettetela come volete - qualcun altro mi ha anche detto che do degli insegnamenti morali. La verità è che io scrivo per non essere sola con me stessa e non pensare. Ho avuto e ho tuttora qualche... disagio (?) - buttiamoci sul ridere anche se non lo è affatto - e questa fic è il risultato della mia vita, del mio andare avanti, del mio cercare di uscirne. Questo è il mio modo di vedere il mondo e affrontarlo.
Questa storia quindi diciamo che è un "scrivi che la scrittura ti aiuta". E' un percorso di formazione e di ripresa, e il sapere che aiuta anche altri non fa che rendermi ancora più motivata a continuare - e non parlo solo della storia.
Sappiate solo che non è oro quel che luccica, ognuno può avere i suoi problemi, nessuno è perfetto, ma non lasciatevi scoraggiare perché qualsiasi cosa si può risolvere. Prendetevi cura di voi stessi <3

Piccola nota riguardo il capitolo: nella frase iniziale in corsivo e nell'ultima in corsivo del capitolo 20 è Xemnas a parlare. Non so se si capiva ahahah.
Nota n.2: mi rendo conto che non tutti sono ben addentrati in final fantasy da cui traggo molti personaggi, quindi giusto per farvi un'idea Elena in questo capitolo è più giovane e ha questo aspetto [x]
Nota n.3: vi è piaciuto tutto l'angst? Sì? No? Fa niente, dal prossimo alleggeriremo un poco il tono altrimenti qui davvero si suicida qualcuno. Non so quando aggiornerò (sicuro non prima di natale) quindi vi darò qualche breve antipasto: si festeggerà il compleanno di qualcuno, ci sarà una coppia in crisi, il ballo di fine anno e arriverà un nuovo personaggio creare confusione e far nascere gelosie.
Appuntamento ai prossimi capitoli di Viva la Vida 2 - la sitcom.
Okay, vi sto trollando di nuovo ma ci saranno davvero quegli sviluppi... e l'angst non mancherà, se ci sono io c'è pure l'angst.


Dato che qualcuno mi ha anche chiesto di fare una playlist con tutte le canzoni che includo nella storia ecco anche questa {link}

Ringrazio a tutti quelli che leggono, che mettono la storia tra le preferite, chi suggerisce la fic e la scopre tramite passaparola, chi mi ha messo tra gli autori preferiti, ma soprattutto tutti quelli che donano l'1% del loro tempo per farmi felice con le loro recensioni e un grazie particolare anche al mio beta Kronohunter25
Vi auguro uno splendido autunno con tante suggestive foglie gialle e arancioni e buona fortuna con tutti i vostri impegni. See ya!
Faith

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