Viva la Vida di Faith Grace (/viewuser.php?uid=38646)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Act 1: He is ***
Capitolo 2: *** Freak ***
Capitolo 3: *** Mysterious ***
Capitolo 4: *** Golden like Peach Jam ***
Capitolo 5: *** A Brave Heart ***
Capitolo 6: *** Lively ***
Capitolo 7: *** Messed up ***
Capitolo 8: *** My Superhero ***
Capitolo 9: *** Sweeter than Cherry Coke ***
Capitolo 10: *** Act 2: Bittersweet Aerodynamic ***
Capitolo 11: *** Inertia Creeps ***
Capitolo 12: *** Act 3: Tell Me What The Rain Knows ***
Capitolo 13: *** Being in the Loop ***
Capitolo 14: *** Winter's Love ***
Capitolo 15: *** Happy Endings are stories that haven't ended yet ***
Capitolo 16: *** Eavesdropping all your White Lies ***
Capitolo 17: *** AT BIRTH ***
Capitolo 18: *** I PROMISED ***
Capitolo 19: *** DEATH ***
Capitolo 20: *** I WOULD DIE ***
Capitolo 21: *** Who will survive and what will be left of them ***
Capitolo 22: *** The Torment Of Existence Weighed Against The Horror Of Nonbeing ***
Capitolo 1 *** Act 1: He is ***
Viva
la Vida
Act
1.
Knowing Roxas:
the kid without fear
#1.
He
is
La
gelida pioggia batteva forte sui vetri leggermente appannati come a
voler attrarre egoisticamente tutta l'attenzione su di sé,
il vento
soffiava cosi forte che pareva volesse sradicare tutto ciò
che
incontrava sul suo percorso e il cielo era così livido da
sembrargli
malato.
Axel
non ricordava di aver mai visto un tempaccio simile
dall'ultimo uragano a cui aveva assistito durante una delle vacanze a
casa dei nonni, sulla costa orientale. Odiava la pioggia, in
realtà
odiava l'acqua in generale, ma la pioggia era quella che meno
sopportava, sopratutto quando si adattava perfettamente al suo
umore... decisamente uggioso.
Un
sorrisetto appena abbozzato andò ad increspare le sue labbra
al
ricordo di quando, tempo prima, aveva detto la stessa cosa a Roxas:
questi aveva aggrottato le sue sopracciglia dorate e lo aveva
guardato con espressione indecifrabile per un lungo momento, e poi
disse qualcosa che lo aveva letteralmente preso alla
sprovvista.
"Quindi
non ti piacevano neanche le battaglie con
il fango?"
"Prego?"
Axel sbattè le palpebre un
paio di volte e si avvicinò di più, credendo di
aver capito
male.
"È
uguale a quella con le palle di neve in inverno,
solo che questa è con il fango... Io e Sor ci giocavamo
spesso da
piccoli, anche se la mamma si arrabbiava quando ci vedeva tornare a
casa sporchi" il biondo sembrava entusiasta mentre spiegava, ma
all'evidente perplessità del rosso si affrettò a
proseguire e
riprese il filo del discorso "Sei troppo pessimista Ax, dovesti
vedere il lato positivo delle cose"
"Non
sono
pessimista, è che-..."
"Se
non ti piace l'acqua
significa che non ti piace neanche il mare?" Roxas interruppe
bruscamente il più grande e al suo cenno di diniego
sembrò
oscurarsi "Peccato, a me piace tanto"
Axel
portò la
tazza di caffè alle labbra senza staccare l'attenzione dalla
finestra - non che stesse guardando qualcosa in particolare.
Era
sempre stato così, non ci poteva fare nulla, in qualsiasi
situazione
Roxas, a differenza sua, riusciva a vedere sempre il lato positivo,
nonostante la sua vita non lo fosse poi così tanto. Ma,
seriamente,
come poteva pensare positivamente in quel
momento?
Eppure
doveva
farlo,
si rimproverò.
Si
ritrovò a sbadigliare quando udì un rumore
alla sua sinistra, si voltò e notò Sora
appoggiato allo stipite
della porta. Aveva un aspetto orribile, per metterla in maniera
gentile: profonde occhiaie solcavano il suo volto, i capelli castani
erano arruffati e i suoi occhi blu - proprio come quelli del fratello
- mancavano della solita brillantezza. Il rosso lo vide avviarsi
vicino l'armadio da dove prese una sediolina pieghevole e la mise al
centro della stanza bianca, dove fino a poco prima si trovava il
letto e ora erano rimaste solo le varie apparecchiature.
"L'anestesia
è andata bene, ora hanno appena iniziato ad operarlo"
sussurrò
con voce strascicata dalla stanchezza. "Il dottore ha detto che
potrebbero volerci varie ore"
Il
più grande annuì dalla sua
poltroncina e spostò di nuovo lo sguardo alla sua destra,
fuori la
finestra "Dovresti andare a riposare un po', sei uno
straccio"
Sora
non rispose subito.
"Oggi
hai saltato
una partita importante, avresti dovuto andarci" interloquì
invece, non badando al consiglio "Roxas mi aveva detto che
c'erano anche dei reclutatori di vari college venuti apposta per
te"
Due
occhi di un profondo verde si puntarono sul ragazzo
appena venuto e sembrarono mostrare più vitalità
rispetto a
prima.
"Sinceramente?
Chissene frega. Posso sempre tentare la
prossima volta, posso rincorrerli in capo al mondo se ce n'è
bisogno, ma oggi no. Roxy ha bisogno di me"
Gli
occhi di Sora
si ammorbidirono alla vista dell'animo infuocato del più
grande.
Axel aveva sempre sognato di giocare in NBA, la bravura ce l'aveva
nonostante tutte le sbruffonate del passato, ma non poteva
permettersi passi falsi: da quando l'anno prima aveva portato la
squadra a vincere il campionato scolastico di stato, era entrato nel
mirino di molti college rinomati. Per questo ogni partita adesso la
giocava non più solo per divertimento, ma per il suo futuro.
"Arrivi
a sacrificare anche il tuo futuro per la persona che ami. È
un bel
gesto..." sussurrò con tono più dolce, non
tradendo però la
sua stanchezza "Roxas è stato fortunato ad aver trovato una
persona come te"
Il
rosso serrò le labbra e portò lo
sguardo contratto ai suoi piedi. È il contrario,
voleva urlare, se non ci fosse stato Roxas lui non sarebbe diventato
nulla. "Smettila di parlare così"
Il
castano
sospirò.
"Rox
ha preso la sua condizione con filosofia e
così anche noi" continuò Sora e notando che
l'altro aveva
serrato i pugni attorno alla sua tazza, si sporse e poggiò
una mano
sul suo polso "Lui, io, i nostri genitori... abbiamo avuto
più
tempo di te per accettare la situazione. Purtroppo è
arrivato ad uno
stadio troppo avanzato e le speranze di sopravvivenza si riducono."
si fermò un istante quando notò lo sguardo di
puro odio negli occhi
del rosso "Non ti sto dicendo di abbandonarlo o dimenticarlo, ma
di prendere in esame anche la peggiore delle ipotesi e accettare quel
che può accadere"
Axel
scattò e nella foga quasi rovesciò
la tazza di caffè che ancora reggeva "Come puoi parlare
così
di tuo fratello? Lui è sempre stato positivo e anche voi...
tu, tua
madre, eravate così ottimisti da far schifo... e ora mi
vieni a dire
di arrendermi e che non ci sono più speranze per lui?" aveva
alzato la voce, ma ricordatosi di trovarsi in un ospedale la
riabbassò subito.
"No
Axel. Noi siamo convinti che Rox ce la
farà, lui è forte e sono sicuro che appena
uscirà la prima cosa
che farà sarà chiedere l'esito della partita"
abbozzò una
risatina forzata "Quello che voglio dirti è..."
sospirò
pesantemente "Non stare troppo male in caso contrario
perché...
perché noi avremo bisogno di te" detto questo si
alzò,
risistemò la seggiola pieghevole nell'angolo da cui l'aveva
tirata
fuori e si soffermò ad ispezionare quello spazio vuoto che
era stato
lasciato dal letto di Roxas quando l'avevano trasportato in sala
operatoria.
Axel
seguì tutti i suoi movimenti con lo sguardo,
senza dir nulla e notò che alla fine, dopo un attento studio
della
stanza si era soffermato sui due portatili appoggiati diligentemente
sul comodino accanto alla poltroncina del rosso.
"Ehi
Axel.
Allora cosa diresti di Roxas?"
Il
diretto interessato non
rispose subito, guardò attentamente i due computer come se
li avesse
visti per la prima volta in vita sua. Quello bianco era di Roxas,
stava lì da quando era stato ricoverato, mentre l'altro,
nero, era
di Axel e lo portava spesso quando andava a trovarlo, così
da
passare il tempo a giocare insieme a uno di quei giochi online da
nerd.
"Prenditi
il tempo che vuoi..." sussurrò Sora
dall'uscio della porta prima di svanire definitivamente, quasi senza
che Axel se ne accorgesse.
D'istinto
questi afferrò il portatile
nero per piazzarselo sulle gambe e senza accorgersene iniziò
a
buttare giù un fiume infinito di parole, ritornando con la
memoria a
qualche ora prima, quando Roxas, un po' abbattuto dalla morfina ma
ancora abbastanza lucido, lo guardò affaticato e gli pose
una delle
sue strambe domande."Ax,
dopo l'operazione, cosa dirai di me? Solitamente dei morti si parla
bene... la tua opinione cambierà a seconda dell'esito?"
Il
rosso contrasse il volto in un'espressione di dolore, scrutando il
monitor del pc davanti a sé.
*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.
Che
cosa si può dire di un ragazzo di 17 anni ad un passo dalla
morte?
Che
è bello. E intelligente. Che stravede per la Coca Cola alla
ciliegia. Che ama la letteratura. E Freddie Mercury. E me. Questa
penso che sia la cosa che più preferisco oltre al suo
caratte
indomabile, nonostante quanto lui tenga sempre a sottolineare di
amare Freddie Mercury più di me. La cosa mi rende geloso da
morire,
per quanto idiota sia, ma non sono abituato a essere messo al secondo
posto. E poi, cavolo, io sono più sexy!
Non
posso dire con certezza a quando risale il nostro primo incontro ma
posso affermare che quando ci siamo conosciuti i nostri rapporti
erano piuttosto burrascosi.
Io ero lo stronzo di turno: bello,
famoso, acclamato da tutti e scorretto con il prossimo; lui invece
rientrava in quella categoria che tutti definirebbero "sfigato",
ma che io mi divertivo a denominare "preda sacrificale"...
sì perché in quanto predatore,
nel tempo libero mi dilettavo con le mie prede.
Nulla di personale, sia chiaro, solo semplice divertimento
(probabilmente ingiusto nei loro confronti), tant'è che non
mi
degnavo neanche di guardare in faccia o sapere il nome delle mie
vittime e questo mi rendeva superiore ai bulli, come Seifer ad
esempio, che si impuntavano solo con un paio di ragazzini e magari
pestavano solo loro durante tutto l'anno. Almeno io e il mio gruppo
eravamo giusti nella nostra ingiustizia: non togliere a nessuno la
propria razione.
E questo mio
comportamento probabilmente
scorretto
durò fino all'inizio del mio terzo anno di superiori.
Non potrò
mai dimenticare quel soleggiato 2 Ottobre, quando il preside mi
chiamò nel suo ufficio durante l'ora di pranzo; quella
mattina avevo
sentito che c'era stata una soffiata anonima e che erano stati presi
dei provvedimenti disciplinari verso tutti i membri delle squadre di
pallanuoto, football e di basket, alcuni utili membri erano stati
espulsi a tempo indeterminato, altri semplicemente sospesi. Il tutto
a causa di un festino abusivo tenutosi nei locali scolastici verso la
fine dell'estate, aggravato da presenza di alcol, droghe leggere e
incontri piccanti con le cheerleaders; io avevo toccato solo le
birre. Sapete, ci tenevo a non lasciarci le penne a causa di quella
merda, ed ero troppo gay anche solo per una sveltina con qualche
pollastrella - all'epoca nessuno sapeva dei miei gusti sessuali,
quindi mi limitavo a far finta di essere oltremodo ubriaco anche solo
per calarmi i pantaloni.
Non nego la mia colpa ad aver
partecipato, ma sentivo di non essere ugualmente colpevole come gli
altri da essere addirittura sollevato dalle mie attività. La
fortuna, se così possiamo chiamarla, parve essermi amica e
dopo una
lunga ramanzina il preside stava per rilasciarmi, quando il suo
occhio cadde sulla mia griglia dei voti e allora il verdetto fu
semplice: non sarei potuto rientrare in squadra finché non
avrei
colmato le mie insufficienze, perché "la scuola non
è solo
ozio e basket", per citare le sue parole. Possiamo sorvolare il
mio evidente disappunto e tutte le colorite bestemmie che avevo
cordialmente rivolto al preside... quanto all'anonimo, lo avrei
trovato e me l'avrebbe pagata cara. Molto cara.
E fu sempre in
quello stesso fatidico 2 Ottobre che oltre ad essere sospeso dal
basket, mi recai per la prima volta in aula studio in cerca di un
tutor e conobbi Roxas.
Mi fermai al bancone e poggiai il mandato
del preside davanti al ragazzino biondo che era raggomitolato sullo
sgabello dall'altra parte. Questo alzò gli occhi dal librone
che
aveva davanti a sé e mi scrutò attentamente.
Aveva un grande livido
nero che andava dall'occhio sinistro alla tempia e un batuffolo di
cotone in una narice, per fermare una probabile perdita di
sangue.
"Ho bisogno di un tutor" dissi senza troppi
preamboli.
"Lo so" rispose senza darmi troppa
importanza, adocchiando prima il foglietto e poi cercando qualcosa
sulla scrivania "Attendi, ti riempio il modulo"
Alzai un
sopracciglio, infastidito dal suo modo di fare e dal tono usato "Non
dovrei farlo io?"
Lui mi lanciò un'occhiata divertita ma
indubbiamente sarcastica.
"So già tutto, non scomodarti"
gli ci vollero una trentina di secondi prima di posare il foglio su
una pila e riprendere la parola "Il tuo tutor arriverà alle
16,
ora di inizio del lavoro di recupero. Mettiti pure comodo ad uno di
quei tavoli" mormorò senza staccare gli occhi dal libro che
stava leggendo prima.
Lo guardai storto, desideroso di prenderlo a
pugni, ma non mi trovavo in una posizione favorevole, quindi mi
limitai a grugnire un assenso e lanciai un'occhiata all'orologio.
Erano le 15.43, mancavano una ventina di minuti, era meglio seguire
il consiglio del ragazzino antipatico davanti a me e andai a
stravaccarmi su una sedia poco lontana. Mi guardai attorno per
passare il tempo, era una stanza abbastanza ampia con vari tavoli
sparsi, il bancone del biondino acido con un computer e una marea di
scartoffie e una porta a due ante che comunicava con la biblioteca. A
parte me e quel bimbetto microscopico non c'era nessun altro.
Cacciai
un sonoro sbadiglio e iniziai a giocare con il cellulare, di tanto in
tanto rivolgevo qualche occhiata all'altro ragazzo presente, poi
all'orologio e di nuovo al cellulare. Dopo qualche minuto realizzai
che Demyx non avrebbe risposto ai miei messaggi perché era
agli
allenamenti - quel bastardo non aveva preso parte al festino estivo e
quindi non era stato punito - cosi iniziai a fantasticare su come
poteva essere il tutor che mi avrebbe aiutato ad alzare la mia media.
Già me la immaginavo: una ragazza bella, dolce, tranquilla,
capelli
biondi e occhi azzurri e magari un bel paio di poppe. Un vero
paradiso per gli occhi. Sarò pure gay fino al midollo, ma
una bella
ragazza so sempre apprezzarla!
Finalmente l'orologio segnò le 4
in punto e rivolsi la mia attenzione alla porta, da dove supponevo
che il tutor sarebbe arrivato, ma essa rimase chiusa. Forse era in
ritardo.
Mi voltai di nuovo verso quel ragazzino che continuava a
leggere imperterrito, dopo una manciata di secondi il suo cellulare
iniziò a vibrare e chiuse il libro.
"Sono le 16"
dichiarò alzandosi dallo sgabello, fece il giro del bancone
e si
avviò verso di me. Ora che lo guardavo meglio la sua figura
era
ancora più minuta di quel che sembrava, indossava una
maglietta
leggera a scacchi bianca e nera, sopra una felpa dei Rolling Stones
con la zip aperta, un paio di jeans stretti grigio scuro e le vans a
scacchi al piede. Per essere uno sfigato il topolino sapeva il fatto
suo.
"Ebbene?" chiesi perplesso.
Lui senza dir nulla
si lasciò cadere sulla sedia accanto alla mia e mise sul
tavolo la
sua borsa da cui trasse una cartellina. "Prima di iniziare
vorrei dare un'occhiata al tuo portfolio"
"Aspetta.
Che significa questo?" sbarrai gli occhi, feci fatica a non
incrinare la mia voce.
Il ragazzino inarcò un sopracciglio e mi
guardò come se fossi uno stupido.
"Sono il tuo tutor, tanto
piacere. Ora prendi i libri"
A queste parole scattai in piedi
e sbattei le mani sul tavolo, i miei occhi mostravano tutta la rabbia
che avevo cercato di reprimere dal bel regalo del preside al
comportamento da saputello di quel tizio davanti a me. "
"TU.
Tu saresti il mio tutor? E sei stato qui dentro per tutto il tempo,
perché cazzo mi hai fatto aspettare come uno
scemo?"
"Siediti
e abbassa la voce, non siamo allo stadio"
"No che non
abbasso la voce! Mi prendi in giro per caso?"
"Non mi
permetterei mai" disse l'altro ostentando un tono di finta
innocenza "Inoltre ti avevo avvertito che le attività di
recupero iniziano alle 4, prima di allora non sono tenuto a prestarti
attenzione"
Quello era troppo, non conoscevo neanche il suo
nome che già lo volevo uccidere. Lo presi per il colletto
della
maglia e lo avvicinai bruscamente a me.
"Brutto
moccioso, come osi-" non conclusi la mia frase che lui mi
ammonì
con tono di sfida.
"Ti consiglio vivamente di lasciarmi
andare"
"Altrimenti cosa?" lo derisi "Non mi
arrivi neanche alla spalla e a giudicare da come è messa la
tua
faccia non credo che sia tu il tipo che le dà"
"Infatti,
non sono così forte"
"Esatto. E sai chi sono io?"
"Axel
Moore, 17 anni, playmaker nella squadra di basket" recitò
lui e
io abbozzai un sorrisetto compiaciuto "...tristemente conosciuta
assieme a quella di football per essere frequentata da veri animali"
aggiunse subito dopo.
Stranamente quelle parole non mi fecero
infervorare di più, ridacchiai e gli diedi solo uno
strattone
notando come con quanta facilità avrei potuto metterlo al
tappeto.
"Non darti troppe arie pulcino o finirai male. Devi
rispettare chi è più forte di te" Con un colpo
secco della sua
mano riuscì a liberarsi dalla mia presa e alzò lo
sguardo su di
me.
"Potrai anche essere il re della savana altrove, ma
finché sei in questa aula studio il capo sono io" Alzai un
sopracciglio, stizzito.
"Spero che tu stia scherzando"
mi avvicinai per torreggiare su di lui.
"E ti consiglio anche
di non alzare neanche un dito su di me altrimenti potrai dire bye bye
al basket" io lo ascoltai in silenzio e cosi, sapendo di avere
il coltello dalla parte del manico, lui continuò con tono
sfacciato
"I tuoi voti sono in mano mia e, semmai dovessero alzarsi
quelli, il preside potrà sempre espellerti dalla squadra per
atti di
bullismo come non ha potuto fare per quel bel party"
"Aspetta
tu come lo sai..."
"Io so tutto, signor Furia
di Fiamme Danzanti"
rise di gusto e si portò una mano al mento "Devo dire che
è un
soprannome fin troppo figo per un ubriaco che balla attorno al
fuoco"
"Allora sei tu!" tuonai e senza che me ne
accorgessi lo presi per il collo e lo portai all'altezza dei miei
occhi, ormai accecato dalla rabbia "Eri tu l'anonimo che ha
fatto la spia?"
Il biondo iniziò a tossire violentemente e
dimenarsi debolmente, lo rimisi giù con poca grazia solo
perché
vedevo che non riusciva a respirare.
"Rispondi!"
Il
ragazzino si era appoggiato al tavolo e si prese qualche minuto per
riprendere fiato.
"Quel Marluxia di pallanuoto... ci e
rimasto proprio male per essere stato sospeso dalla squadra per tutto
il semestre... e se non mi sbaglio, prima mi pare di averlo visto
uscire una seconda volta dall'ufficio del preside, questa volta con
una espulsione"
"Quindi....quindi sei stato tu! Perché
l'hai fatto? Così il mio futuro potrà essere
compromesso!"
digrignai i denti e affilai lo sguardo, che lui sorresse senza paura.
Lo vidi riguadagnare la sua compostezza e si mise davanti a me.
"Il
tuo futuro? E il mio presente allora? Io l'ho fatto per difendere me
e tutti gli altri da voi" sputò velenoso "Non vi abbiamo
mai dato motivo di tanta ira nei nostri confronti. Non è
possibile
tornare a casa ogni giorno con lividi diversi solo perché
secondo
voi 'vi guardiamo' o addirittura 'perché esistiamo'...
però potevo
tollerarlo. Ma quando quel tuo amico, Xigbar, ha messo le mani
addosso a Namine non ci ho più visto. Le donne non si
toccano"
Io
spostai lo sguardo altrove: avevo saputo di quest'accaduto e che
voleva forzarla a fare cose che non voleva, e io per primo ero andato
su tutte le furie.
Decisi di non rispondere, il biondino si
comportava come uno stronzetto ma per essere uno sfigato aveva le
palle a sfidare ben tre squadre sportive da solo. Mi piaceva quella
determinazione. Forse avrei potuto stipulare una sottospecie di
tregua con lui, ma ancora non ero soddisfatto perché nel
frattempo
ce ne era andato di mezzo il mio basket.
"Attenzione Moore"
continuò questi alla mia mancata risposta "Sarete anche
più
forti voi ma io ho l'ingegno e l'ostinazione dalla mia. Non
sarò
soddisfatto finché tutto non righerà dritto"
"Masochista,
eh?"
"Combattivo direi" mi corresse.
Scossi la
testa e tornai a sedermi, così fece anche lui qualche
istante dopo.
Gli passai la mia griglia dei voti e mentre lui la scrutava io
sorrisi laconico.
"Allora è stato Marly a ridurti così?"
Il
ragazzino, che prima si era presentato come mio tutor,
abbassò il
foglio e accennò un sorrisetto sarcastico "Marluxia
è più
sveglio di quanto sembri, non immaginavo che mi avrebbe scoperto
così
presto. Ha l'aria da primadonna con quella sua capigliatura rosa ma
riesce a mollare dei ganci da paura"
Risi al suo commento,
era la stessa cosa che pensavo io.
"Impara a stare al tuo
posto, tieni la bocca chiusa e forse posso dire agli altri di andarci
piano con te... se sarai tanto bravo da farmi avere voti alti potrei
anche valutare l'idea di farti lasciare in pace"
Lui non
rispose, continuò a studiare le mie ultime verifiche che
aveva
tirato fuori dalla sua cartellina che aveva precedentemente
appoggiato sul tavolo.
"Sicuro di essere abbastanza bravo da
farmi riammettere in squadra?" chiesi per spezzare il silenzio,
non che non mi fidassi ma non sapevo assolutamente nulla di questo
tizio.
"Qui c'è la mia griglia dei voti. È tuo diritto
assicurarti che non sia uno stupido a darti ripetizioni"
mormorò
con tono tranquillo mentre mi passava un foglio.
Io lo afferrai e
iniziai a scorrere i vari voti, era una collezione immensa di A e
A+. Sono
finito con un pazzo o cosa?,
mi
chiesi stupito. E poi notai che vicino ad Educazione Fisica c'era una
scritta in stampatello 'ESONERATO'.
"Cos'è, sei troppo bravo
a scuola da poter saltare la ginnastica... Roxas Strife?"
aggiunsi leggendo il suo nome.
"Credo che non siano affari
tuoi" non mi guardò, ormai ci stavo facendo l'abitudine.
"Ora
che ci penso ho già sentito di uno Strife..."
"Probabilmente
mio fratello Sora, è nella squadra di calcio"
"No, non
parlo di lui" agitai una mano in segno di diniego "Mi pare
di ricordare di uno Strife che un paio di anni fa si è
ritirato
dalla squadra di calcio proprio durante una partita, era a causa di
un infortunio vero? "
Il biondo alzò gli occhi solo per
guardarmi sprezzante e poi li abbassò nuovamente con fare
disinteressato.
"Martin Bauber una volta disse
'Ciascuno
deve rispettare il mistero dell'anima del suo simile e astenersi dal
penetrarvi con un'indiscrezione impudente'.
Faresti bene a tenere a mente queste parole"
"E chi
diavolo sarebbe questo?"
"Questo,
come dici tu, era un filosofo, citato tra l'altro a lezione proprio
questa mattina. Ma dopotutto tu eri troppo impegnato a dormire per
saperlo" rispose candidamente afferrando il mio libro di
letteratura. Se non avessi saputo che dietro il suo faccino angelico
si nascondeva una vera serpe, avrei potuto dire che era proprio
carino. Ma non mi ci era voluto molto a capire che tipo fosse.
Sarcastico e vendicativo.
"Adesso spii anche quello che
faccio in classe?"
"Certo che no... Ma sai com'è, se
quello seduto dietro di me inizia a russare nel bel mezzo della
proiezione di un documentario, non posso fare a meno di
notarlo"
Arrossii appena, imbarazzato per l'evidente doppia
figura di merda. Non solo mi ero addormentato e lui mi aveva visto,
ma era in classe con me e non me ne ero mai accorto!
"Scusa...
non... non sapevo che fossimo..."
"Tranquillo"
tagliò corto lui, apparentemente neanche un po' dispiaciuto
"È
vero che frequentiamo varie lezioni insieme ma non ho mai avuto la
pretesa che uno insignificante come me potesse essere notato da uno
del tuo calibro"
Mi limitai a scrutare quei lineamenti così
stranamente rilassati. Roxas Strife era un tipo strano e con un
caratteraccio intrattabile. Ma era interessante. Decisi che mi
piaceva.
"Cavolo! non ho mai visto un libro più nuovo di
questo" trillò fintamente stupito, sfogliando le pagine
"Adesso
mi spiego perché vai cosi bene
a
scuola"
Una vena pulsò sulla mia tempia e assottigliai lo
sguardo.
Il fatto che avessi dichiarato una tregua temporanea non
significava però che avrei cessato di odiarlo, soprattutto
se avesse
continuato ad istigarmi cosi!
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Capitolo 2 *** Freak ***
2
Viva
la Vida
#2. Freak
Si
dicono tante cose belle dell'amore.
E
anche Roxas aveva dato una sua interpretazione.
Che
è una battaglia. Che è fastidio. Che è
tormento. E dolore.
Sarò
un pazzo a dire di essere felice ma io e lui lo dimostravamo
così.
Nonostante
gli iniziali dissidi, il pomeriggio filò liscio come l'olio
e
stranamente quasi mi dispiacque che avessimo già terminato.
Nella
mia opinione generale, che mi ero costruito in quell'unica ora
passata a contatto con quello che doveva essere il mio
tutor,
ero riuscito a trovare una sola parola che riuscisse a descrivere
perfettamente quell'uragano in miniatura di nome Roxas Strife.
Feak.
Eccentrico, strano, singolare, stravagante, fricchettone, scherzo
della natura: tutto riassunto in una sola parola. E quando, sulla
strada di casa, avevo trovato quella definizione mi sentii realizzato
quasi quanto aver vinto una partita di basket. Poi mi resi conto che
forse lo strano ero io che avevo passato tutto quel tempo a
rimuginare.
Affrettai il passo e mi rintanai nella mia calda
casetta: era solo l'inizio di Ottobre ma il freddo iniziava a farsi
sentire, di sera soprattutto.
La
mattina dopo mi ritrovavo a passeggiare tra i corridoi della scuola
assieme a Demyx, intento a raccontargli del mio incontro del terzo
tipo.
“Ed è carino?” tagliò corto
lui dopo una mia lunga
spiegazione.
Mullet-man, Sitar-man o, più semplicemente, Demyx
è
il mio migliore amico da sempre: vivace, scapestrato e amante della
musica. Ci siamo incontrati all'asilo durante una gara di rutti
e...no, questa è un'altra storia imbarazzante di cui si
parlerà in
seguito. Comunque è uno di quei tipi che sorridono
così tanto che a
volte vorresti mollargli un pugno in faccia. Ed è oltremodo
gay.
Questo non sarebbe un problema se non fosse lui, Demyx,
perché c'è
una cosa che lo rende diverso da tutti: lui è pazzo. Ma non
'pazzo'
come si definisce scherzosamente un amico, no. Lui è pazzo e
basta.
Un pazzo che va in giro con un un'acconciatura retrò
abbastanza
inguardabile -
“Si
chiama mullet!”
mi
rimbeccava sempre con la stessa energia della prima volta – a
cui
tiene tanto ed è solito suonare un sitar...
ma
poi che cazzo di strumento è?
Ad
ogni modo quello che lo rende un pazzo è il suo
atteggiamento
esageratamente sentimentale ed esuberante. Sembrerebbe un bambino
viziato e bisognoso di attenzioni, se non fosse malizioso da sfiorare
l'indecenza.
Ciò che lo caratterizza è anche il suo look.
È un
po' complicato, in realtà, descrivere i suoi gusti ma si
può dire
che siano simili a quelli di Marluxia, anche se non così
eccessivi!
Glitter, paillettes, piumini colorati... qualche Halloween fa,
quest'ultimo lo conciò come una vera drag queen; con gli
anni sono
riuscito a ridimensionare questo suo lato molto
appariscente,
ma continua comunque a vestirsi come l'arcobaleno ed ad amare
imperterrito i gattini.
Si potrebbe scrivere un trattato su di lui
e scoprire lati ancora sconosciuti della sua persona, ma non
è lui
il soggetto del mio interesse.
“Dem, ti ho già detto che quello
è matto da legare!” mi affrettai a ribadire
concitatamente “Ha
fatto fuori tre squadre sportive solo perché Xig importunava
la sua
amica”
“È proprio coraggioso”
ridacchiò lui portando alla
bocca un'altra manciata di quei biscotti che stava mangiando.
“Lo
penso anche io” sussurrai a bassa voce per non farmi sentire
da
nessuno e poi ripresi con tono normale “Ma che se la
prendesse solo
con lui. Io non gli ho fatto niente e non solo mi ha fatto sospendere
dalla squadra ma devo anche recuperare le mie insufficienze con
lui”
“Sei sicuro di non avergli fatto nulla?”
inquisì lui
alzando i suoi occhi blu su di me.
Io rimasi interdetto da quella
domanda e tentennai per un secondo al massimo. Non mi sembrava di
avergli fatto alcun torto.
“Certo che no” ribattei.
“Hai
tentennato”
“Ma ti ho detto di no!”
“E ne sei
certo?”
No,
volevo rispondere, perché non ero certo di non avergli fatto
nulla.
Dopotutto io non guardavo neanche le facce di quelli che riempivo di
cazzotti.
A quel punto sospirai e scrollai le spalle “Ma che ne
so... non mi sono neanche accorto che era nella mia stessa classe di
letteratura” borbottai afferrando un biscotto dal suo
sacchetto.
Feci una faccia schifata quando lo assaporai, era troppo burroso e si
sbriciolava come se niente fosse. Che diavolo mangiava
Mullet-man?
“Lo è?” inarcò un
sopracciglio biondo.
“A
quanto pare sì... e ha detto che russavo”
Demyx ridacchiò e
prese un altro biscotto “Il moccioso sa il fatto
suo”. Nessuno
sano di testa si sarebbe permesso di essere così sfacciato
con uno
di noi.
“Crede di essere il re del mondo”
Un rumore simile
ad un tuono raggiunse la mia attenzione.
Lanciai uno sguardo alla
mia destra e notai che Xaldin aveva incastrato un ragazzino in un
angolo e aveva sbattuto un pugno sul metallo degli armadietti, a
pochi centimetri dalla sua faccia e urlava qualcosa di indecifrabile.
Il ragazzino sembrava in preda alle lacrime, Xaldin era
infuriato.
Non prestai particolare attenzione, mi limitai a
camminare svogliatamente con le mani nelle tasche e così
fece Demyx,
che non sembrò essersi accorto di nulla perché
troppo occupato con
i biscotti. In realtà aveva visto eccome, tutti i ragazzi
che erano
nel corridoio avevano visto ma nessuno osava mai dir nulla per paura
di essere pestati. Anche se Dem faceva parte del nostro gruppo e non
condivideva il nostro modo di fare, non poteva però impedire
queste
cose quindi ciò che si limitava a fare era continuare la sua
politica pacifista senza però intralciare me e i nostri
'superiori'.
“Proprio come te” riprese lui il discorso dopo
qualche istante di silenzio.
“Io non
credo
di
essere il re del mondo” ridacchiai spostando di nuovo la mia
attenzione su di lui “Io lo
sono”
“Questo
ti fa ancora più arrogante ed egocentrico di lui”
“Almeno io
non parlo per citazioni” alzai lo sguardo e battei le
palpebre.
Lui
sorrise e appallottolò la busta di biscotti “Me lo
farai mai
vedere?”
Roxas era appena entrato nella mia visuale: veniva
nella nostra direzione e stava trasportando un'enorme pila di fogli
un po' traballante senza apparentemente badare a ciò che lo
circondava. Io sorrisi impercettibilmente e Dem aveva già
capito che
avevo in mente qualcosa.
Rimasi in silenzio e continuai a
camminare in maniera indifferente. Altrettanto indifferentemente gli
feci lo sgambetto quando fummo vicinissimi e dal tonfo che sentii
subito dopo capii che doveva aver preso una bella caduta.
“Dimmi
che si è girato” mormorai in tono vittorioso senza
voltarmi e
continuando a proseguire per la mia strada, occhi spalancati e voce
che fremeva dalla gioia. Non avevo avuto un motivo particolare per
far cadere lui e tutti i suoi fogli a terra, solo ne sentivo il
bisogno. Proprio come si sente il bisogno di bere o
mangiare.
Sitar-man intanto si era voltato per vedere la scena ma
poi mi rivolse un'occhiata di rammarico e scosse la testa.
“Ha
fatto un bel volo ma non ti ha degnato di uno sguardo”
Digrignai
i denti.
“Che dici, non ti avrà visto?” chiese
poi.
“Macché.
Quello ha gli occhi di un falco. Si diverte solo a farmi diventare
pazzo.”
“È carino Roxas. Era lui vero?”
Non risposi alla
sua domanda, mi limitai ad affrettare il passo ed uscimmo
dall'edificio scolastico per raggiungere il nostro gruppo ai tavolini
da picnic fuori alla caffetteria. Ci facevamo chiamare
l'Organizzazione XIII... anche se non so perché dal momento
che non
eravamo 13!
“Saix dobbiamo fare qualcosa! A causa sua sono
fuori, adesso come vedrò i fisici scolpiti dei miei compagni
di
squadra?” la voce sdegnata di Marluxia raggiunse le nostre
orecchie
non appena ci avvicinammo. Io presi subito posto sulla panca di
legno, appoggiai la schiena contro il tavolo e rivolsi la mia
attenzione al ragazzo in piedi davanti a me. Ci sarebbe molto da dire
anche su Marluxia Torn, o meglio
Porn,
come lo chiamavo io, ma era un ragazzo abbastanza misterioso e
nonostante lo conoscessi da ormai tre anni le uniche cose che sapevo
per certo di lui erano che: era più donna di una vera donna,
stuprava con lo sguardo ogni essere maschile presente sulla terra (da
qui il soprannome 'Porn'), amava così tanto i fiori da avere
una
piccola serra e un roseto nel giardino di casa sua, e se voleva
poteva essere tremendamente vendicativo.
Saix mi lanciò una
veloce occhiata, quello era il suo modo di salutarmi, e poi
ritornò
all'altro.
“Hai delle prove che sia stato lui?” chiese con il
suo solito tono glaciale. Saix era un altro mio amico di vecchia
data, abbiamo iniziato a frequentarci alle medie ma a Demyx non era
mai andato a genio. Forse per il suo carattere freddo e calcolatore,
che l'aveva portato ad essere il favorito del nostro capo, o forse
perché anche lui aveva notato quella vena di follia che
illuminava
di tanto in tanto il suo sguardo.
“Beh...non proprio...credo di
aver perso la testa prima che potesse rispondermi” Marluxia
abbassò
lo sguardo e lo vidi tormentarsi le mani “Però a
causa di questo
piccolo incidente il preside mi ha richiamato di nuovo nel suo
ufficio per sospendermi definitivamente!”
“In circostanze
normali ti avrei permesso di occupartene ma...”
“Ti ricordo
che non sono stato l'unico su cui si è sfogato il
preside!” lo
interruppe il ragazzo dai capelli rosa.
“...MA, come stavo
dicendo, non siamo nella posizione di agire liberamente. Adesso siamo
nel mirino diretto del preside e di tutti quanti, se facciamo passi
falsi le conseguenze saranno ben peggiori” tuonò
Saix e fece
rabbrividire tutti i presenti. Non era da parte sua fare scatti
simili “Dobbiamo esserne certi, solo allora potremo farlo
nero”
concluse con tono glaciale.
Abbassai lo sguardo e mi alzai di
scatto per andarmene, ma così catturai l'attenzione di tutti.
“Cosa
c'è, Axel?” mi chiese calmo Xemnas, il nostro
boss, che era stato
seduto per tutto il tempo sul tavolo senza proferir parola. Aveva uno
strano look da
ganguro
con
pelle scura e capelli argentei ma nonostante ciò era un tipo
autoritario e solitamente non agiva se non era strettamente
necessario, preferiva rimanere dietro le quinte e assistere alle
gesta degli altri membri del gruppo e godersi il timore di tutti gli
altri studenti della scuola. Dietro la sua calma però si
celava un
carattere crudele e mefistofelico.
Io gli rivolsi il primo sguardo
da quando ero arrivato.
Stavano parlando di Roxas. Sapevo che se
fossi rimasto ancora lì avrei servito loro la
verità su un piatto
d'argento, ma anche se il ragazzino in questione mi ispirava tanta
irritazione alla sola vista, non so perché ma non mi sentivo
di
essere tanto perfido con lui... e poi ero io il bastardo, non li
avrei aiutati tanto facilmente. Forse avrei potuto farlo dopo che
Roxas mi avesse aiutato con i miei voti.
Mio dio che stronzo che
ero.
“Niente” risposi dissimulando la mia improvvisa
ansia con
una perfetta recita del mio migliore sguardo indifferente (che,
modestamente, faceva crollare ai miei piedi l'intera popolazione
femminile) “Sono solo in ritardo per la lezione. Sai, anche
io sono
stato richiamato ieri”
Lui accennò un assenso col capo ma prima
che potessi congedarmi arrivò Xaldin ancora rosso dalla
rabbia.
“XEMNAS” tuonò questo
“Qualcuno ha detto al ragazzo
di Belle che io ci sto provando con lei e adesso quello
verrà a
cercarmi e uccidermi!”
Il capo inarcò un sopracciglio e tutti
noi lo guardammo con un misto di sorpresa ed incredulità.
Era ormai
risaputo in tutta la scuola della corte spietata che Xaldin riservava
a Belle, una ragazza dell'ultimo anno e che si occupava anche della
biblioteca.
“Eddai Xaldin, quante moine per nulla!” Xigbar
aveva seguito con flemma l'amico e gli pose un braccio attorno alle
spalle “Da quando ti preoccupa tanto se qualcuno vuole fare a
botte?” rise.
Xigbar e Xaldin erano altri due tipi strani. Ok,
diciamo che eravamo tutti tipi strani in quel gruppo. Però
erano
forti, soprattutto Xig quando si sentiva euforico o era ubriaco
marcio! Entrambi erano imponenti e avevano tanto l'aria di tipi
loschi: Xigbar aveva una grande cicatrice in faccia, trofeo di una
delle tante zuffe di cui era protagonista, Xaldin invece aveva dei
folti rasta neri, dei basettoni che facevano invidia a Wolverine e
sotto il suo aspetto da duro aveva un cuore tenero.
“Da quando
il fidanzato in questione è una vera
Bestia!”
sbraitò indignato dalla domanda a cui non c'era neanche
bisogno di
rispondere: il ragazzo di Belle era gelosissimo di lei e chi si
azzardava a toccarla era morto.
“Ragazzi non fate troppo
chiasso. Sembrate dei bambini” li richiamò Xemnas
annoiato dal
loro comportamento.
“Allora, hai idea di chi sia stato?”
indagò Saix.
“No! Ho chiesto a varie persone ma nessuno sa
niente. Sembrano tutti fin troppo terrorizzati da poter anche solo
pensare di far incazzare qualcuno di noi”
A quel punto, senza
dire altro me ne andai spedito. Non mi fermai neanche all'armadietto
per prendere i libri, non ne avevo bisogno perché li avevo
già
presi il pomeriggio prima per studiare con Roxas, ed entrai in
classe. Ci misi qualche istante per adocchiare il biondo, mi
avvicinai a grandi falcate e sbattei le mani sul suo banco, attraendo
l'attenzione degli altri presenti.
“Così attiri l'attenzione”
mormorò lui disinteressato, voltando la pagina del libro che
stava
leggendo e senza guardarmi. Come sempre.
“Che diavolo volete?
Fatevi gli affari vostri” sbottai verso la classe e poi mi
voltai
verso Roxas “E a te, che diavolo ti salta in mente?”
“A cosa
ti riferisci?”
“Guardami” gli ordinai.
Questo sbuffò e
alzò lo sguardo svogliatamente.
“Sei stato tu...? Quella cosa
con Xaldin... sei tu il responsabile?” chiesi sottovoce ma
con
impazienza.
Roxas mi guardò a fondo ma la sua espressione era
illeggibile per me, lo vidi poi spostare lo sguardo oltre le mie
spalle, verso il professore che era appena entrato.
“Avanti,
tutti a sedere” lo sentii declamare.
Io sospirai e gli lanciai
una veloce occhiata prima di andare a sedermi al mio posto, proprio
dietro di lui e giurai di averlo visto accennare un sorriso! Non
aveva negato, non aveva battuto ciglio: era lui il responsabile. Ma
perché andare ad istigare quelli più grandi e
più forti di lui? O
aveva un pessimo modo di divertirsi o voleva fare una brutta
fine.
“Ti stai cacciando in guai seri” gli sussurrai,
sporgendomi in avanti verso di lui dal mio banco dietro.
“Cos'è,
ti preoccupi per me, Moore?” mi schernì senza
neanche voltarsi per
lanciarmi una di quelle sue occhiatacce sarcastiche.
A quel
commento serrai le labbra, tornai al mio posto e incrociai le braccia
al petto. Non mi stavo preoccupando per lui, assolutamente. Il mio
voleva essere solo un ragionamento di circostanza. Poi se ci teneva
ad essere ridotto in poltiglia dai miei amici colossi, poteva fare
quel che voleva. E poi mi chiesi,
perché
cavolo sto dando tutta questa importanza ad un moccioso del
genere?
“Axel”
i miei pensieri furono interrotti da un bisbiglio che proveniva dalla
mia sinistra e mi voltai verso il ragazzo che mi aveva chiamato,
questo indicava con gli occhi il professore che era ormai davanti a
me e che mi guardava corrucciato, come se si aspettasse qualcosa. Non
mi ero neanche accorto di lui.
“Cosa?” chiesi all'uomo
sperando che questo non mi costasse un altro brutto voto.
“Ho
detto” cominciò lui mettendo una mano sul fianco,
l'altra reggeva
il libro di testo “Chi è che ha coniato
l'espressione
Generazione
perduta?”
Quella
domanda provocò una strana reazione in me, non avevo idea di
cosa si
stesse parlando però una vocina nel mio cervello mi diceva
che
sapevo la risposta. Mi appoggiai allo schienale, il vortice di
pensieri che affollava la mia mente defluì all'istante,
spalancai
gli occhi e la mia bocca si mosse nel tentativo di pronunciare
qualcosa che non avrei dovuto sapere.
Rividi il volto di Roxas che
il pomeriggio prima, dopo una spiegazione chiara e veloce del periodo
storico che stavamo affrontando, contrasse l'espressione e mi
chiese
“Non
credi che anche la nostra sia una generazione
perduta?”
“Prego?”
Notando
la mia evidente confusione lui continuò
“Una
volta Gertrude Stein rimase colpita dalle parole che un garagista
rivolse al giovane meccanico che non era riuscito a ripararle la
macchina, 'siete tutta una generazione perduta!' gli aveva
gridato.”
Lo
guardai perplesso e gli dissi che non capivo cosa stesse dicendo:
quel ragazzino sicuramente ci sapeva fare con i libri ma era strano
forte, i suoi cambi di argomento mi prendevano di sorpresa. Cosa
c'entrava la vita privata di quella scrittrice con la letteratura che
dovevamo studiare e i suoi dubbi esistenziali? L'unica cosa che mi
interessava al momento era finire presto e andarmene a casa.
“Queste
parole”
spiegò
lui
“Furono
utilizzate poi in seguito dalla stessa Stein per raccontare di
Hemingway e di tutta la generazione cresciuta durante la prima guerra
mondiale. Era una generazione vuota, priva di valori... secondo te
anche noi siamo così?”
“Perché
pensi questo?”
“Guardati
attorno, guarda anche solo qui dentro la scuola. Ormai nessuno
rincorre più i propri sogni, i germogli di bontà
che risiedono in
noi vengono lasciati incolti, tutti si guardano dall'aiutare il
prossimo. Dilaga l'omertà e regna l'anarchia. Facciamo
schifo
Axel”
“È
la legge del più forte”
scrollai
le spalle.
Lui scosse la testa
“Tutti
noi siamo divorati dall'ira, dalla vendetta, dalla lussuria. Abbiamo
dimenticato il vero senso della vita”
“E
quale sarebbe?”
sospirai
appoggiando il mento sul palmo della mano.
“Amare”
Sbattei
le palpebre un paio di volte e udii un sottile filo di voce
fuoriuscire dalle mie labbra senza che io avessi comandato loro di
muoversi “È Gertude Stein”
Il professore sembrò soddisfatto
della risposta.
“Moore per una volta hai studiato” sorrise
come non l'avevo mai visto fare prima e poi si voltò verso
Roxas con
un ampio sorriso stampato in volto “Vedo che le ripetizioni
di
Strife sono servite a qualcosa”
Alzai lo sguardo e guardai la
nuca di Roxas, per la prima volta pensai a quello che mi aveva detto
il giorno prima. Non sentivo più nulla attorno a me, ero
come in
trance a fissare quei fili dorati e rammentare le sue parole.
“Tu
sai cosa significa amare davvero qualcuno?”
Roxas
non aveva mai parlato di amore nel suo significato più
stretto, lo
aveva esteso alla generalità: l'amore per un familiare, per
un
amico, per le persone, le cose, la vita. Ma quelle parole in un modo
o in un altro mi avevano fatto aprire gli occhi, non avevo mai amato
nessuno, o meglio, non mi ero mai spinto tanto oltre da poter mai
pensare di fare una cosa simile.
Roxas è sempre stata una persona
a cui non piacciono le parole, vuole i fatti, ma gli piace fare
congetture, ed è tremendamente perspicace e razionale anche
in
queste.
È sempre stato convinto che quello fu l'esatto momento in
cui io mi innamorai di lui.
Io ho smentito più volte, ero
convinto che fosse stato in un altro momento - dopo la festa o quella
sera sulla spiaggia. All'epoca poi non mi importava più di
tanto di
lui, a stento sapevo il suo nome; eppure adesso, ripercorrendo con la
memoria tutto ciò che è successo tra di noi non
posso che dargli
ragione.
Quella semplice risposta
“È
Gertude Stein”
mi
fece capire quanto Roxas fosse speciale, quanto riuscisse a vedere
oltre il muro dei pregiudizi che ostruisce la visuale, quanto i suoi
orizzonti fossero ampi. Quanto avesse bisogno di qualcuno.
Quanto
io
avessi
bisogno di qualcuno.
Quel giorno si creò una sorta di alchimia
che mi avrebbe legato a lui indissolubilmente.
Quel
pomeriggio corsi a perdifiato nell'aula studio: erano le 4 in punto,
ora di inizio del mio lavoro di recupero. Aprii di scatto la porta e
lo vidi di nuovo accucciato sullo stesso sgabello dietro al bancone.
L'enorme livido era sempre evidente.
“Si può sapere cosa cavolo
leggi ogni volta?” borbottai infastidito mentre entravo e mi
accomodavo con poca grazia ad un tavolo.
Lui alzò lo sguardo dal
librone e seguì i miei movimenti in silenzio.
“Non si può
sapere” commentò semplicemente, mise il segnalibro
per tenere il
segno e mi raggiunse al tavolo non prima però di afferrare
una pila
di fogli aggiustati alla meno peggio e lasciarli cadere sulla
superficie davanti a me.
Inarcai un sopracciglio “Cosa
sarebbe?”
“Tutta la roba su cui lavoreremo” si sedette sulla
sedia accanto a me e posò lo sguardo sulle carte.
“Questa mattina
sei stato così gentile da far cadere me e loro quindi ho
pensato che
non ti sarebbe dispiaciuto riordinarle e rimetterle a posto”
mi
sorrise.
“Che cosa?!” esclamai sconvolto. Non sapevo se
essere
più sconvolto per il suo livello di bastardaggine, per
l'estrema
dolcezza con cui aveva pronunciato quella frase o per tutta quella
roba che avremo dovuto studiare. Ero sempre più sicuro che
quello in
realtà era un demone dalle sembianze pucciose. Ecco,
sì proprio
come Kyuubey.
Già guardo anime e, sì, pure quel genere... Demyx
ha una brutta influenza su di me.
Passai una buona ventina di
minuti in silenzio a riordinare quella catasta di fogli (erano tutti
numerati) e intanto lanciavo qualche occhiata a Roxas, lui era seduto
accanto accanto a me ed era immerso nella lettura del librone che
portava sempre con sé. Doveva essere davvero interessante.
“Sei
stato bravo... a lezione” Roxas ruppe improvvisamente il
silenzio,
io lo guardai sbigottito: aveva ancora gli occhi incollati sulla
pagina a cui era dedito ma subito li puntò su di me. Non
avevo mai
visto un blu tanto intenso “Quella cosa... il prof l'ha solo
accennata tempo fa, immaginavo solo vagamente che potesse
riprenderla. Io te ne ho parlato così, tanto per, fuori
dalle
spiegazioni ma tu te ne sei ricordato ugualmente...” e poi i
suoi
muscoli facciali si tirarono in quello che doveva essere un accenno
di sorriso. Ma questo era vero. Il primo mezzo sorriso vero che gli
avessi mai visto indossare “...mi fa piacere”
Ed era il più
bel mezzo sorriso vero che avessi mai visto.
Sentii il sangue
defluire tutto verso le mie guance, così mi affrettai a
voltarmi
altrove, imbarazzato “Ehm...gra-grazie” borbottai
corrucciando
l'espressione. Non potevo farci nulla, certe cose mi mettevano a
disagio.
Roxas mi guardò per un istante più a lungo
così decisi
di cogliere la palla al balzo e mi affrettai a prendere nuovamente
parola. “Senti...”
“Dimmi”
“Riguardo a quello... al
tuo discorso di ieri...” cominciai indeciso.
“Oh sì” lui
annuì “Hai per caso trovato una
risposta?”
“Beh, non
proprio... però mi ha fatto riflettere” mormorai
titubante,
afferrai il cellulare e iniziai a giocare nervosamente con il touch
screen. Lo vidi annuire, il suo sguardo era serio e impenetrabile.
“Volevo dirti che ho deciso di istituire una tregua tra di
noi”
“Una tregua?” lui inarcò un sopracciglio
e si voltò
con il busto verso di me per potermi guardare meglio.
“Sì...
nel senso che per il momento non ti userò come sacco da boxe
come
gli altri”
“Oh” in quel momento parve davvero stupito
“Ehm...ti ringrazio?”
“Non sei felice?” chiesi
perplesso.
“Se fossi stato qualcun altro sì, penso di
sì...”
si grattò la nuca “Io non ho fatto tutto questo
per poi riservarmi
un trattamento di favore. Non fraintendere, apprezzo il fatto che tu
non voglia usarmi
come
sacco da boxe
ma
quello che volevo io era che tutti fossero lasciati in pace e che
fossero felici”
“No.
Tu
mi
hai aiutato... e
io
volevo
ringraziarti” spiegai, non ero bravo a parole e anche un
minimo
gesto di gentilezza mi costava fatica “Nonostante il mio
comportamento tu sei stato paziente con le tue spiegazioni e mi hai
fatto riflettere. Ti comporti come uno stronzetto ma hai un cuore
grande”
“Era il mio dovere” rispose semplicemente lui
sorreggendo il capo con una mano.
“E io ora ti ringrazio”
Non
stavo facendo il gentile perché volevo dipingermi bello ai
suoi
occhi, mi dava fastidio che a gente potesse però percepire
una così
brutta immagine di me"
“Vuoi dimostrare che non
sei
perduto?”
Roxas sorrise, ci aveva preso alla grande. “È
tutto okay, non
preoccuparti. Mi è bastato il fatto che non hai detto ai
tuoi amici
che ci sono io dietro a tutto quello”
“Come lo sai?”
domandai stupito voltandomi con uno scatto verso di lui.
Lui
ridacchiò e si appoggiò allo schienale della
sedia, alzò lo
sguardo al soffitto.
“Se avessero saputo penso che ora avrei
avuto tutte le ossa rotte”
Io aggrottai lo sguardo a quella
risposta “Ci tieni tanto a morire giovane?”
La mia era stata
una domanda puramente sarcastica, non mi aspettavo una vera risposta
ma solo qualche sua risatina o un commento di circostanza giusto per
farmi incazzare, e invece no.
“Io
morirò
giovane.
Se è oggi o domani poco importa”
“Cosa?” rimasi spiazzato
dalla serietà con cui aveva risposto e dalla freddezza con
cui aveva
marcato il 'morirò giovane'. Mi intimò di
continuare a riordinare e
intanto lui si alzò dalla sedia per andare alla macchinetta
delle
bevande calde in fondo alla stanza.
“Caffè o
cioccolata?”
“Cioccolata”
Lui annuì.
“So che
succederà presto, forse anche inaspettatamente, per questo
prima che
accada voglio mettere in chiaro alcune cose” riprese a
parlare
mentre contava le monetine e le inseriva nella macchinetta
“Ho
visto i miei sogni sfuggirmi di mano, tutto quello per cui stavo
faticando è fuggito via in un batter d'occhio. Mi sarebbe
piaciuto
investire nella carriera sportiva, ero molto bravo a calcio ma il
destino mi è stato avverso” si girò di
nuovo verso di me “Poi
mi son detto
'non
fa niente, posso puntare su altro'.
La vita è piena di opportunità dopotutto, ed
è qui a scuola che
puoi formarti. Però il male si annida ovunque. Se non sei in
una
squadra sportiva o non sei abbastanza figo da piacere a tutti allora
vieni etichettato come 'sfigato' e tutti si sentono in diritto di
trattarti una vera merda”
Abbassai gli occhi, sentendomi
chiamato in causa, incapace di sostenere quello sguardo serio ma che
celava una punta di malinconia.
“È bello fare il gradasso con
uno più piccolo di te, vero Axel?”
Strinsi i pugni davanti a
me.
“Io non sono così” proferii cercando di
auto-convincermi
di essere il contrario di ciò che effettivamente ero. Ma con
scarsi
risultati.
Roxas si girò per estrarre una tazza cioccolata pronta
e schiacciò il bottone per prepararne un'altra.
“Già, non sei
così”
Quelle sue parole mi stupirono così tanto che quasi
pensavo di essermele sognate “Prego?”
“Sai Axel, anche tu
hai un cuore grande se vuoi. Cosa ti ha spinto a non offrire la
verità ai tuoi amici? Perché ti interessa se li
sfido? Come mai mi
hai offerto una tregua? Stai facendo tutto questo per una persona che
non conosci neanche” disse senza voltarsi questa volta,
iniziò a
zuccherare la sua bevanda e a soffiarci sopra per raffreddarla
“Questo mi dimostra che non tutto è perduto...
forse un giorno
potrò vedere davvero convivere tutti pacificamente”
“Pensi
che io sia buono?” sussurrai guardandolo di nuovo.
“Lo sei, se
ci lavori su. Non credo che il tuo carattere da stronzo sia del tutto
ingiustificato. Ma se inizi a riservarmi trattamenti di favore allora
non lo sarai più ai miei occhi”
“E perché no?” borbottai
fingendomi offeso, la mia era curiosità più che
altro.
Sempre
dandomi le spalle, lo vidi afferrare anche l'altra tazza e la
poggiò
sul mobiletto accanto alla macchinetta, dove aveva precedentemente
appoggiato la sua tazza, per iniziare a zuccherarla.
“Perché io
sono forte” esclamò con ovvietà e poi
ridacchiò “Non voglio
che mi tratti come una mammoletta. Ricordi il discorso di ieri?
Preferisco che mi dimostri il tuo 'amore' con il tuo comportamento
abituale piuttosto che con uno da femminuccia” concluse con
un tono
di scherno, prese entrambe le tazze e si avvicinò a me.
“Certo
che sei un tipo proprio strano” ridacchiai e afferrai la
tazza che
mi porse.
“Sappi che io continuerò a tormentarti,
Moore” mi
sorrise furbescamente.
“Questo dovrei dirlo io” sorrisi a mia
volta e portai la tazza alle labbra.
Non riuscii neanche ad
ingoiare completamente il primo sorso che mi sentii avvampare, bocca,
gola e trachea erano a fuoco. Iniziai a tossire come un dannato e a
boccheggiare profondamente per prendere un po' d'aria.
Roxas
invece iniziò a ridere istericamente.
“Che cazzo ci hai messo
qua dentro?” sbraitai sputacchiando i residui di cioccolata.
“Un
po' di peperoncino per una persona
focosa
come
te” rispose mantenendosi la pancia per le troppe risate e
mostrandomi una bustina con della polvere al peperoncino che doveva
aver portato da casa proprio per me.
Arrossii violentemente un po'
per la bocca che mi bruciava e un po' per quella battuta.
“Piccolo
bastardello. Se è la guerra che vuoi, l'avrai”
“Non chiedevo
di meglio” mi sorrise strafottente.
Da
quel giorno iniziammo ad instaurare uno strano rapporto di tolleranza
conflittuale, in poche parole facevamo a gara a chi era più
stronzo
tra i due. Durante l'orario scolastico continuavamo ad ignorarci a
vicenda e farci scherzi di cattivo gusto, durante le lezioni di
recupero invece ci ritrovavamo a parlare di qualsiasi cosa. Non ci
definivamo amici ma neanche sconosciuti, fu Roxas che uno di quei
pomeriggi tentò di trovare un nome adatto.
“Tormentamici”
esordì all'improvviso, alzando il naso dal suo solito
librone –
ormai aveva quasi finito di leggerlo e un giorno avevo anche scorto
il nome,
I
miserabili.
“Che
roba sarebbe?” staccai lo sguardo dall'esercizio che stavo
facendo
e lo guardai perplesso.
“Quello che siamo noi” ridacchiò
“Era
da tempo che cercavo di dare un nome al nostro rapporto e adesso l'ho
trovato: tormentamici”
“Fa schifo” mugugnai ritornando al
mio libro “Sembra il nome di un cartone animato”
“E allora
proponine uno tu, signor
Sonoilpiùsexydelmondo”
Ci
pensai un momento e poi tentai “Compagni di
torture?”
“È
perfetto,
compagno”
ridacchiò e tornò alla sua lettura.
Anche
se con un po' di riluttanza all'inizio, ben presto iniziai ad
abituarmi sempre di più a quei brevi incontri con Roxas: era
un buon
insegnante in fin dei conti e, con quelle sue uscite strane, era una
compagnia interessante; per non parlare del fatto che i nostri
giochetti dell'infastidirci a vicenda mi divertivano abbastanza. Oh e
ascoltava i Queen, quindi altro punto a suo favore.
Però avevo
sempre mantenuto segreta la nostra complicità. Non era una
cosa che
avevo pianificato, mi era venuto naturale e quando me ne resi conto
sperai che lui non se ne accorgesse e potesse dispiacersi. Ma lui era
tutt'altro che scemo, è solo che
aveva
altro a cui pensare.
Era
un sabato pomeriggio freddo e nuvoloso, non avevo preso impegni per
quella sera – sono una persona fondamentalmente pigra, se non
vedo
qualcosa di interessante all'orizzonte non mi scomodo ad alzarmi dal
mio comodo divano. Ero spaparanzato sul suddetto divano e assieme a
me c'era Demyx, seduto a terra a pochi centimetri dalla TV intento a
giocare a Mario Kart sulla mia wii e a bestemmiare contro la
Principessa Peach perché a quanto pare persino lei era
troppo forte
da seminarlo.
Tirai un sonoro sbadiglio e notai con piacere che
aveva finalmente spento quel dannato gioco ma adesso mi stava
fissando imbronciato, sembrava un'idiota.
“Che cosa vuoi
ancora?” sospirai al limite della pazienza.
“Io sono ancora
depresso” batté i piedi per terra
“Neanche Mario è riuscito a
tirarmi su il morale”
Strano perché Mario aveva uno strano
effetto su di lui: bastava piazzargli un gioco, qualunque gioco, di
Super Mario e Demyx si calmava e lasciava i tuoi nervi in pace per un
bel po' di tempo.
“Perché ti serve qualcosa di più forte.
Accendi la play station, hai una vasta scelta... fai finta che quelli
che devi far fuori siano il tizio che ti ha dato buca”
Mi resi
conto troppo tardi però, del passo falso che avevo fatto,
che Demyx
iniziò di nuovo a lagnarsi e dimenarsi per terra. La sera
prima
eravamo andati in discoteca assieme agli altri, io avevo passato la
serata al bancone bevendo e flirtando con il barman; lui invece, a
quanto avevo capito, aveva conosciuto un tipo
“fantastico”,
che doveva essere sicuramente la sua “anima
gemella”
(per
citare le sue parole). Ma alla fine Demyx era anche lui troppo
ubriaco e ha finito per vomitargli in bocca e quel poveretto
giustamente l'ha mandato all'inferno.
E adesso dovevo sorbirmi io
i suoi problemi di pazzia, sembrava davvero una ragazzina.
“Aspetta,
vado a prenderti una birra” sospirai alzandomi.
“Voglio il
gelato!”
“Ma fa un freddo della madonna” ribattei
scandalizzato.
“Voglio il gelato!” si impuntò.
Andai in
cucina e controllai in freezer, niente gelato – dovevamo
averlo
finito uno dei giorni precedenti. Pensai allora di imbottirlo di
cioccolata, dopotutto anche quella si usa per lenire le
pene
d'amore.
Aprii la dispensa, niente cioccolata. Patatine! Quelle erano la mia
ultima spiaggia ma niente, non c'erano più buste e quelle
che
avevamo lasciato sul tavolino in salotto erano vuote.
Dal momento
che mi stava venendo fame, mi arresi all'evidenza: avrei dovuto
affrontare quel freddo per arrivare al minimarket all'angolo e andare
a fare scorta di schifezze.
“Dem” lo chiamai entrando di nuovo
in salotto e mi diressi alla porta d'ingresso “Vado a fare
rifornimento, mi raccomando non farti trovare con un cappio al collo
e non buttarti giù”
“Pistacchio” mormorò con voce
impastata, tirando su col naso.
Quella visione era rivoltante,
presi un pacchetto di fazzolettini e glielo lanciai appresso.
Indossai il giubbotto ed uscii.
Il minimarket non era lontano dal
mio appartamento, ci volevano al massimo una decina di minuti a
piedi. Affondai le mani nelle tasche e mi strinsi nelle spalle, il
problema per me non era la distanza ma il freddo perché non
lo
sopportavo. Appena giunsi a destinazione fui avvolto da un caldo
tepore e subito mi rianimai.
Senza neanche pensarci, afferrai un
cestino e mi fiondai nel mio paese delle meraviglie, nel reparto dove
tutti i sogni diventano realtà: il reparto dolciumi.
Scartai uno
Sneakers e iniziai a mangiarlo mentre sceglievo con scrupolo quasi
professionale quali, tra tutte quelle
bombe
diabetiche e caria-denti,
sarebbero state le mie alleate nel placare l'umore lamentoso di
Demyx. Ma poi non ci badai più di tanto e riempii il mio
cesto di
cioccolata, patatine e stuzzichini vari.
Ero finalmente giunto al
banco frigo per prendere il gelato al pistacchio per il mio amico
quando una voce familiare mi fece sobbalzare.
“Ti ricordavo più
magro l'ultima volta che ti ho visto”
Mi girai immediatamente e
notai l'esile figura di Roxas, vicino al dispenser delle bibite,
intento a riempirsi il bicchiere più grande di Coca Cola.
Afferrai
una vaschetta di gelato e mi avvicinai a lui.
“Tu invece sembri
sempre la solita ragazzina di quindici anni per niente
affascinante”
risposi a tono dopo aver ingoiato il mio ultimo pezzo di sneakers
–
quello ovviamente lo avrei pagato.
Lui mi lanciò un'occhiata
divertita “Così mi fai soffrire”
Lo osservai attentamente,
aveva un giubbotto blu ceruleo quasi più grande di lui e un
grande
cappello bordeaux, che nascondeva la gran parte dei suoi capelli
dorati. Era buffo conciato così perché, sotto
quegli abiti pesanti,
sembrava ancora più piccolo e magrolino di quanto non fosse.
“Non
pensavo che fossi tipo da Coca Cola alla ciliegia” commentai
adocchiando da quale dei vari dispenser si stava servendo.
Roxas
mise il coperchio di plastica e si portò la cannuccia alle
labbra.
Quel gesto così naturale e ingenuo, mi provocò
una strana reazione
interiore tanto che dovetti voltare la faccia altrove per non
arrossire ulteriormente. Come poteva quel topolino emanare una
così
forte carica sessuale?!
“È come una droga per me. Ogni volta
che ne ho l'occasione mi fermo sempre a prenderne una...penso che se
lo scoprisse mia mamma mi ucciderebbe” si voltò di
nuovo e mi
guardò di nuovo con sguardo innocente.
Quello non era Roxas
Strife!
“Che c'è?” mi chiese poi notando il mio
comportamento
“Sei strano”
“No tu sei strano” borbottai cercando di
scacciare dalla testa certi pensieri strani e mi avvicinai al bancone
per prendere anche io una Coca Cola.
“Non pensavo che fossi tipo
da Coca Cola alla ciliegia” ripeté lui facendosi
da parte e
prendendo un altro sorso.
“È la mia preferita” commentai
semplicemente, anche io scelsi il bicchiere più grande e mi
servii.
“Sul serio? Incredibile, non ti facevo così
dolce.
Poi
dici che lo strano sono io”
Lo fulminai con lo sguardo.
“È
così. Cosa c'è che mi rende tanto strano solo per
il semplice fatto
che bevo la Coca alla ciliegia?”
“Entrambi la beviamo quindi
entrambi siamo strani o non lo siamo. Dipende dai punti di
vista”
ragionò lui.
Io mi portai la cannuccia alle labbra e assaporai
quel sapore dolcissimo di ciliegia.
“Non ha senso quello che
dici” rimbeccai.
“Mmmm” mugugnò distratto mentre si
guardava attorno con poco interesse e continuava a bere la sua
bibita. Era strano ma carino.
Lo guardai per un lungo momento in
silenzio, immerso nelle mie riflessioni su quel ragazzino.
“Devi
prendere altro?” domandai ad un tratto, questo si
voltò verso di
me e scosse la testa. “Aspetti qualcuno?” lui di
nuovo scosse la
testa, allora gli piazzai un braccio attorno alle spalle ci dirigemmo
alle casse “Andiamo a pagare allora ”
Lui annuì solamente e
non disse niente, lo vidi strano. Ma non
strano
come
sempre, era uno
strano
pensieroso
e forse malinconico.
Appoggiai tutta la mia roba sulla cassa,
salutai la cassiera che ormai conoscevo perché ero sempre
lì e le
indicai anche la carta dello sneakers che avevo mangiato e i due
bicchieri di Coca Cola.
“Oggi sei mio ospite” gli lanciai
un'occhiatina con la coda dell'occhio e lo vidi alzare gli occhi blu
verso di me.
“Non ce n'è bisogno”
“Insisto” sorrisi.
Una volta pagato tutto uscimmo nel gelo del pomeriggio di
metà
Ottobre - ero sicuro che nel giro di una quindicina di giorni avrebbe
iniziato a nevicare. Mi guardai attorno e iniziamo a camminare verso
il parco vicino, isolato come sempre, e andammo a sederci su una
panchina – o meglio io lo portai lì.
“Cosa c'è?” chiesi
all'improvviso e lo feci sobbalzare.
“In che senso?”
“Sei
troppo silenzioso e distratto. Non è da te”
Lui guardò la sua
bibita che manteneva in grembo “Niente, pensavo
solamente”
"Vuoi...
sfogarti?”chiesi con un po' di fatica, guardando altrove.
“No,
grazie”
“Va bene”
“Qualcosa succederà a breve”
Puntai
lo sguardo verso di lui “Che cosa?”
Ma lui non rispose, aveva
lo sguardo fisso su un'altalena davanti a noi. Sembrava un guscio
vuoto, e, mi sembrava strano a dirlo, ma non mi piaceva vederlo in
quello stato.
Presi un altro sorso della mia coca e parlai di
nuovo.
“Rox” lo chiamai e lui si girò
“Perché hai detto
che tua madre si arrabbierebbe se ti scoprisse a bere la Coca
Cola?”
“Perché contiene caffeina”
“E allora? Non
dormi?”
“È eccitante. Non posso bere questa roba”
“Perché
no?”
“Perché mi fa male”
Stavo per chiedere ancora una
volta il perché ma lui si alzò e
tagliò corto.
“Si sta
facendo tardi. Devo andare”
“Vuoi che ti accompagno?” presi
la busta con tutte le schifezze e mi alzai anche io.
“No o il
tuo gelato si scioglierà” pronunciò
iniziando ad incamminarsi
verso l'uscita del parco.
“Tanto è di Demyx” mi affrettai a
seguirlo “Con questo freddo non vedo come potrà
sciogliersi”
Lui
mi guardò. Il naso e le guance si erano colorate di rosso e
dalla
bocca uscivano piccole nuvolette bianche. Era così diverso
da come
lo vedevo sempre a scuola.
“Non puoi farti vedere in giro con
me, cosa ne sarà della tua reputazione? Noi apparteniamo a
due mondi
diversi”
Il sorriso appena abbozzato che avevo crollò del tutto
e non dissi niente.
“Vai a casa Axel” mormorò riprendendo a
camminare a passo spedito.
“Ci vediamo lunedì a scuola
vero?”
Lui continuò a camminare a passo spedito e tutto quello
che fece fu alzare una mano e agitarla in segno di saluto.
Guardai
quella figura in lontananza finché non scomparve dalla mia
vista,
sospirai e attraversai la strada. Il mio palazzo era proprio davanti
al parco.
Entrai in casa e posai la busta sul tavolo, Demyx senza
bisogno di particolari inviti o avvertimenti si avventò alla
ricerca
del gelato.
Iniziò a pormi varie domande ma io non lo ascoltai
–
doveva essere qualcosa del tipo come mai ci avevo messo così
tanto –
mi avvicinai alla finestra e guardai fuori. Da lì si vedeva
il parco
in cui avevamo sostato fino a poco prima.
Non riuscivo a capire il
motivo ma dopo quel breve incontro mi sentivo inspiegabilmente
inquieto.
Roxas aveva ragione, ero troppo radicato in quella
mentalità giovanile fatta di pregiudizi e
diversità, che il solo
farsi vedere in compagnia di uno che non era come te scatenava una
serie infinita di pettegolezzi e, nel peggiore dei casi, poteva
rovinarti la reputazione. Valeva la pena spingersi così
oltre?
Valeva la pena sfidare tutto e tutti per una persona?
Conoscevo da
poco tempo Roxas, mi aveva sempre mostrato un carattere forte e
combattivo ma non credevo che potesse essere anche così
fragile.
Avrei voluto saperne di più su di lui e perché
era in quello stato,
chissà cosa sarebbe accaduto.
Mi ripromisi di cercare di
avvicinarmi di più a lui e chiedergli se c'era qualcosa che
non
andava.
Ma il lunedì dopo non venne a scuola.
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Capitolo 3 *** Mysterious ***
Viva
la Vida
#3.
Mysterious
"Niente
è quello che sembra"
In
queste poche parole Roxas soleva nascondere l'intero universo.
Roxas
è sempre stato una persona misteriosa,
benché all'inizio
lo abbia etichettato come strano - freak -
con il passare del tempo non potei fare a meno di notare quest'altra
sua preponderante caratteristica: non potrai mai sapere quello che
frulla realmente nella sua testa, anche se ti da delle spiegazioni,
lui tenderà sempre a nasconderti qualcosa. Con questo non
voglio
dire che è un bugiardo, perché non lo
è e non lo sarà mai, solo
che tende ad omettere alcune verità e preferire alcuni
dettagli ad
altri. Se all'epoca avessi saputo questo piccolo dettaglio
sarebbe stato tutto più semplice, ma è anche vero
che se non fosse
stato proprio per questi lati così strambi ed intriganti del
suo
carattere, io non mi sarei mai interessato a tal punto a lui.
Quando
aprii gli occhi quella mattina, il mio primo pensiero fu
Roxas.
Beh
non proprio... il primissimo fu quello di accendermi una sigaretta,
ma questo dettaglio avrebbe sicuramente rovinato l'atmosfera
idilliaca del mio discorso!
Dunque dicevo, il mio primo
pensiero fu Roxas e non perché fossi mosso da particolari
sentimenti
nei suoi confronti, ma perché ero curioso. Circa due giorni
prima lo
avevo incontrato al minimarket all'angolo e, anche se non mi aveva
detto nulla, avevo notato che il suo umore era più cupo dei
nuvoloni
che affollavano il cielo plumbeo di metà ottobre. Era
più
silenzioso del solito, aveva l'aria confusa, non sembrava prestare
attenzione e solo più tardi, dopo che ci eravamo congedati,
mi resi
conto di quanto fosse pallido in volto.
Sembrava molto più
fragile di quanto potessi immaginare, e per la prima volta lo vidi
come una persona e
non più come Roxas, lo
scherzo della natura che mi era stato affiancato come tutor.
Il
suo comportamento inusuale e le sue parole mi avevano dato molto da
pensare negli ultimi due giorni, mi aveva detto "Qualcosa
succederà a breve"... e
in effetti qualcosa era successa: Demyx aveva riversato metà
del suo
fottutissimo gelato al pistacchio sul tappeto del salotto. Fortuna
che mio padre è in viaggio per lavoro,
aggiungerei. Ma non era questo. Non saprei neanche come spiegarlo in
realtà. Non sono un tipo che crede nella sorte o roba simile
ma
sapevo che qualcosa effettivamente sarebbe successa, non sapevo a chi
o cosa, se buona o cattiva... qualcosa sarebbe successa e basta. Un
presentimento, chiamiamolo così. D'altronde Roxas non mi
aveva fatto
neanche il piacere di spiegarmi cosa voleva dire con quella sua frase
o se si riferisse a se stesso o era in generale.
Feci
un altro tiro dalla sigaretta e piegai la bocca in modo da creare
tanti piccoli anelli di fumo e focalizzai la mia attenzione su di
essi, portai distrattamente lo sguardo alla finestra e notai
che fuori era ancora tutto scuro. Buon
per me,
pensai,
avrei
potuto poltrire ancora a letto.
A quel punto ritornai ancora con
la mente a Roxas: era Lunedì, quel giorno l'avrei rivisto e
avrei
potuto togliermi quelle curiosità che ormai mi stavano
assillando.
Va tutto
bene? Perché eri così
strano? Cosa deve succedere? E soprattutto a chi?
Avvertii
un improvviso movimento sotto le coperte accanto a me, accompagnato
da un mugugno contrariato. Io non vi badai finché il filo
dei miei
pensieri fu interrotto bruscamente.
"Porca puttana è
tardissimo!" lo strillo poco elegante che era riecheggiato per
tutta la casa apparteneva a Larxene - e chi altri allora? - che aveva
appena afferrato il cellulare dal comodino e aveva spalancato i suoi
occhi ancora assonnati in un'espressione di puro orrore "Che
cazzo fumi a letto, vuoi incendiare la casa? E perché non mi
hai
svegliato prima, razza di coglione?"
Larxene: quarto anno,
cheerleader, capelli biondi, occhi di un azzurro che va nel verde,
verde che va nell'azzurro. Era una di quelle creature
che
possono ispirare tutto fuorché un sentimento pari all'amor
stilnovista (già, Roxas mi ha fatto studiare bene) - donna
angelica,
essere celestiale, nobilitatrice dell'animo... puttanate. L'unica
cosa di celestiale che si ritrovava erano le sue tette enormi, per il
resto era una bestia, l'anticristo in
persona. Non ho mai visto tanta troiaggine (esiste come parola?) e
cattiveria racchiusi in un solo corpo. Ma nonostante questo era una
strafiga: facile ma con degli standard, e cosa c'è di meglio
di un
buon vecchio e sempreverde cliché del capitano della squadra
di
basket che se la fa con la cheerleader più popolare?
È vero, in
precedenza ho detto di essere gay marcio ma anche io all'epoca avevo
dei bisogni da soddisfare di tanto in tanto... e dal momento
che nessuno doveva
sapere delle mie preferenze, mi accontentavo di qualche ragazza.
Probabilmente non lo sapete ma essere etichettati come omosessuali
è
peggio dell'essere considerati sfigati.
"Buongiorno
anche a te Larxene" proferii senza fare una piega al suo
linguaggio stilnovista.
"Vai
a farti fottere" borbottò con poca grazia alzandosi dal
letto e
fuggendo in bagno. Almeno era di buon umore.
Con un sospiro decisi
di alzarmi anch’io, andai alla ricerca dei miei vestiti che
avevo
abbandonato in giro per la stanza la sera prima e li ammucchiai nel
cesto della biancheria, scelsi un nuovo cambio e mi rifugiai nel
bagno di servizio, dal momento che quello principale sarebbe stato
occupato da Larxene per
molto
tempo.
Mi appuntai mentalmente che non avrei dovuto invitarla più
da me
quando c'era scuola.
Mi lavai e mi cambiai velocemente, afferrai
la borsa e bussai alla porta del bagno ancora occupato.
"Larx
io inizio ad andare a scuola, per piacere non lasciarmi il bagno una
schifezza"
Ci fu una breve pausa e poi udii la sua voce
seccata "Certo, certo a dopo"
Detto ciò mi affrettai ad
uscire dal mio appartamento e presi a camminare a passo spedito,
abitavo vicino la scuola quindi non avevo bisogno di prendere la
macchina. Non mi preoccupai di lasciare Larxene sola nella mia casa,
non era la prima volta che accadeva, è che non avevo voglia
di
sorbirmi le stronzate delle donne di prima mattina.
Appena arrivai
in vista della scuola passai per il parcheggio invece che dal cortile
e lanciai uno sguardo all'orario sul display del mio cellulare. Ogni
mattina, alla stessa ora, vedevo Roxas scendere dalla Pontiac
argentata di Riku (il
fidanzato di Sora), e suo
fratello Sora o lo stesso Riku si offrivano sempre di portargli la
borsa fino all'entrata della scuola, dove le loro strade si
separavano per poi ricongiungersi il pomeriggio. Roxas mi aveva detto
che abitava nel quartiere residenziale poco lontano, quindi Riku si
offriva di dare a Sora e lui un passaggio a scuola; ma ora che ci
penso non gli avevo mai chiesto come mai lo guardavano sempre con
apprensione e gli portavano la borsa.
Ad ogni modo si stava
facendo tardi e della Pontillac nessuna traccia, rimasi a scrutare il
parcheggio finché la campanella non suonò e non
mi costrinse ad
entrare. Storsi il naso quando notai che Roxas non era in classe,
cercai di convincermi che magari aveva avuto qualche contrattempo.
Sì, sicuramente avevano trovato traffico e avevano fatto
tardi, ma
la mia ipotesi cadde quando, alla seconda ora mi affacciai nella
classe di Inglese e non era presente neanche lì.
Forse
stavo diventando paranoico ma mi stavo preoccupando.
"Axeeel!"
il cinguettio acuto, seguito da un'energica pacca sulla spalla mi
fecero trasalire di brutto e per poco non sbattei la fronte contro lo
sportello del mio armadietto aperto.
"Ma che cavolo!" mi
voltai verso la causa del mio quasi infarto. "Yuffie la vuoi
piantare di arrivare da dietro così all'improvviso?"
"Le
mie tecniche ninja sono sempre infallibili" lei rise
raggiante e aprì il suo armadietto. Yuffie non era una mia
amica ma
la conoscevo perché era la mia vicina di
armadietto ed era una
tipa abbastanza esaltata perché credeva di essere un ninja:
solitamente non socializzo con chi non fa parte del mio gruppo ma lei
aveva un carattere così insistente e coinvolgente da non
lasciarmi
scampo, inoltre era una ragazza quindi era sempre aggiornata sugli
ultimi pettegolezzi.
"Ho una notizia pazzesca"
"Spara"
risposi guardandola con un pizzico di interesse. Andavo pazzo per il
gossip, ma questa era una di quelle informazioni che nessuno avrebbe
dovuto scoprire.
"Hai presente Vincent Valentine?"
"Uhm,
quel tizio con l'aria da vampiro?"
"Esattamente" la
vidi saltellare entusiasta "Ho deciso di invitarlo alla festa di
Halloween"
Ridacchiai a quel pensiero "Buon per te...
fareste una coppia... " di
fattoni,
stavo per dire ma mi
fermai e analizzai con cura le parole da utilizzare "Una coppia
da sballo"
Seriamente, chi meglio poteva accoppiare un
vampiro e un ninja?
"Ma a quanto pare dovrei fare io i
complimenti a te" riprese guardandomi adesso con un'espressione
maliziosa "Sta nascendo una nuova coppia?"
"Che
stai dicendo?" aggrottai le sopracciglia.
"Sabato
pomeriggio ti ho visto al minimarket assieme a Roxas, gli hai offerto
una Cocacola... vero Zex?" si voltò alla sua sinistra e un
altro armadietto si chiuse, rivelando Zexion - se ricordavo bene -
ragazzino minuto, secchione e topo di biblioteca, lo avevo visto
girare varie volte in compagnia di Roxas. Questo mi lanciò
un'occhiata illeggibile ma io non vi badai perché ero troppo
occupato a tenere a bada l'ansia che stava man mano crescendo
in
me.
"Tu...tu che ne sai?" puntai un dito indagatore
contro la brunetta.
"Vi ho visti" scandì bene le parole
con un risolino innocente "Te l'ho appena detto, vero
Zex?"
Ancora questi non rispose ma continuò a guardarmi con
l'unico occhio visibile - l'altro era nascosto da un ampio ciuffo in
stile emo.
"Com'è possibile che non mi sia accorto di te?!"
esclamai indignato.
"Perché sono un ninja!"
Non
potevo credere al livello di pazzia che pullulava in quella scuola,
inoltre non si poteva neanche incontrare qualcuno che subito
iniziavano a nascere congetture improbabili e...oh cavolo!
"L'hai
detto a qualcuno?" mi affrettai subito a chiedere senza badare
al resto.
"No non preoccuparti" lei scosse la testa
e mi sorrise come una bambina "Solo alle mie amiche
più
strette: Yuna, Rikku, Ariel, Belle, Aurora, Alice, Selphie..."
elencò sulle dita e poi parve pensarci qualche secondo e
aggiunse
"Oh sì e anche Kairi"
In quel momento mi sentii come
trafitto da mille frecce, il mio cuore non avrebbe retto. Kairi era
la più grande pettegola della scuola, ogni informazione
passava
prima sotto il suo giudizio e poi lei la rendeva nota a
modo suo.
E peggio ancora,
Kairi era mia cugina.
La mia
vita è finta, pensai
sconsolato senza badare al chiacchiericcio di fondo a senso unico di
Yuffie.
"Senti... non metterti strane idee in testa, l'ho
incontrato per caso e ci siamo fermati a chiacchierare. Nient'altro.
E per la cronaca, come mai non dici niente del fatto che ieri notte
sono stato con Larxene? Non penso che tu ancora non lo sappia.
"
"Certo che lo so. Ma non fate più notizia, non
c'è
passione tra di voi... e poi si dice che lei sia lesbica"
Sospirai
sconfitto.
Riposi tutti i libri che non mi servivano più e chiusi
l'armadietto con un tonfo. Feci per andarmene ma ci ripensai.
"Senti
un po', prima di tutto piantala di andare in giro a diffondere
notizie false su di me" mi abbassai alla sua altezza e le
bisbigliai all'orecchio "Secondo, hai visto Roxas?"
Lei
scosse la testa "No... questa mattina non l'ho proprio visto"
poi si girò verso l'altro ragazzo. Cavolo mi ero dimenticato
della
sua presenza! "Ehi Zex, tu l'hai visto? Se non mi sbaglio
avevate Filosofia insieme"
"Non si è sentito molto
bene" rispose a voce così bassa e atona che dovetti
sporgermi
verso di lui per sentire "Si farà vedere appena
starà
meglio"
Yuffie e Zexion si scambiarono un'occhiata, come se
stessero comunicando chissà cosa e lei alla fine
ridacchiò.
"Conoscendo il tipo, sarebbe capace di
presentarsi anche direttamente alle attività pomeridiane pur
di non
fare assenze"
"Ehi Ax" mi voltai e vidi Dem
che correva nella mia direzione.
Io lo salutai con una mano, mi
misi la borsa in spalla e piantai in asso gli altri due per dirigermi
verso il mio amico Mullet-man. Mi ero stancato di tutte quelle
conversazioni insensate.
"Ciao Dem. Pronto per sgranchirti un
po' le gambe?" la nostra prossima ora era Educazione
fisica.
"Prontissimo"dichiarò con il suo solito tono
esuberante "Ma prima volevo chiederti una cosa"
Afferrai
dal pacchetto che aveva in mano uno di quei soliti biscotti schifosi
che era solito mangiare "Cosa c'è?"
"È vero che
stai uscendo con quel Roxas?"
Per poco non mi
strozzai.
Quelle voci infondate ormai si stavano propagando a
macchia d'olio e io non potevo permettere che la mia reputazione
venisse infangata da una idiozia del genere. Era vero che trovavo
interessante quel ragazzino, così come era vero che ero
stato un po'
in ansia dall'ultima volta che lo avevo incontrato, ma io non stavo
uscendo con lui. Non mi piaceva. Non provavo nulla per lui.
Che
ingenuo che ero.
Tutta quella situazione aveva generato in me un
improvviso impulso di rabbia, dovevo trovare mia cugina e scambiare
due chiacchiere con lei. Attraversai di corsa i corridoi, sentendomi
perforato dagli sguardi indagatori degli altri studenti, e appena
arrivai negli spogliatoi sbattei con poca grazia la borsa sulla panca
e iniziai a cambiarmi.
"Moore!" una voce carica d'ira
alle mie spalle mi fece voltare. Si rivelò essere Sora, il
fratello
dell'oggetto delle mie pene.
"Ma guarda un po', un altro
Strife. Certo che non mi date un secondo di tregua" mi rivolsi a
lui con tono velenoso. Non avevo nulla contro Sora ma tutta la
questione con Roxas e i pettegolezzi mi stavano facendo saltare i
nervi e lui mi stava cercando in un momento sbagliato.
"Ho
sentito quello che si dice in giro. È la
verità?" fece un
passo verso di me e mi guardò con astio.
"Perché non lo
chiedi al tuo fratellino?" ribattei infastidito contraendo i
miei lineamenti.
"Se fosse vero me l'avrebbe detto, lo so che
non state insieme. Ma io voglio sapere se è vero che
è con te che
passa il tempo!" ormai era rosso in faccia.
"Sora basta
così" intervenne Riku, frapponendosi tra me e il castano.
"È
il mio tutor, non me lo sono scelto io" borbottai
malamente.
Quella mia risposta lo fece raggelare. Si bloccò per
un momento e poi si aggrappò al petto del ragazzo dai
capelli
argentei "Allora è vero...Riku tu lo sapevi? Dimmi la
verità"
mormorò con tono tremante "Perché non mi ha detto
niente?"
"Non lo sapevo" quest'ultimo lo guardò
negli occhi e gli accarezzò i capelli "Ma ora basta, stai
calmo"
Sora annui ma poi si rivolse di nuovo a me, con uno
sguardo carico d'odio "Axel! Non ti avvicinare a mio fratello"
la sua voce tremava ancora, ma questa volta di rabbia nei miei
confronti "Lascialo in pace... la colpa è tutta tua, ne sono
sicuro. Non avvicinarti mai più a lui" urlò,
calde lacrime
avevano iniziato ad uscire copiose dai suoi occhi.
Lo guardai
stupito, non sapevo cosa dire di tutto ciò.
"Moore" mi
richiamò Riku con espressione neutra ma più
calma, stringendo
sempre il castano tra le sue braccia "Per piacere fai come ti
dice Sora e non cercarlo più"
Giuro. Non ci stavo capendo
nulla. Ma che cazzo avevano tutti? Roxas che faceva il misterioso,
Yuffie che andava dicendo che io e lui avevamo una storia, Sora che
mi attaccava e poi faceva le sceneggiate melodrammatiche e Riku che
lo assecondava...e giuro di aver letto sulle sue labbra anche un
"Perdonalo", rivolto al comportamento da vero mestruato del
ragazzino castano.
Rivolsi un vaffanculo generale e uscii
fuori, nella palestra all'aperto. Ormai ne avevo le tasche piene di
tutto e tutti. Mi diressi con ampie falcate nel campetto in cui
sapevo che si stavano allenando le cheerleaders, entrai dalla
porticina che delimitava la recensione, come se quel posto mi
appartenesse, e senza pensarci due volte richiamai mia cugina alla
mia attenzione.
"KAIRI!" sbraitai infuriato, ignorando
deliberatamente tutti i saluti e le paroline che mi rivolgevano tutte
le altre ragazzine. Da un angolino più lontano scorsi anche
Larxene
che se la ghignava con gusto.
Kairi si congedò dalle sue compagne
e mi raggiunse in disparte, mi fece cenno di uscire dal campo e di
dirigerci dietro gli spalti dove avremo avuto un po' di
privacy.
"Ebbene?" chiese questa con aria scocciata di
essere stata interrotta durante le sue attività.
"Ebbene
dovrei dirlo io" sbottai incrociando le braccia al petto
"Che diavolo ti salta in mente diffondendo certe cose?"
"A
cosa ti riferisci?"nonostante il mio tono serio lei non appariva
interessata.
"Lo sai bene! Mi riferisco a quella storia di me
e Roxas. Perché dici cose non vere?"
"Oh, ti riferisci
a quello? Beh io non ho fatto niente questa volta, è stata
Yuffie a
raccontare tutto" sorrise con malizia "E non dire che non è
vero perché ho anche le prove"
"E che prove
avresti?"
Lei di tutta risposta prese il cellulare e mi
mostrò una fotografia, era un po' mossa ma mostrava senza
ombra di
dubbio me che portavo Roxas verso il parco.
"Yuffie l'ha
mandata solo a me"
"Ma che cazzo, adesso vi improvvisate
anche paparazzi?" esclamai non riuscendo più a
contenermi
ma questo non fece che provocarle una fragorosa risata "Guai a
te se la fai vedere a qualcuno"aggiunsi ancora arrabbiato.
Lei
mi guardò malandrina, sapeva che non le avrei fatto nulla
sia perché
era una ragazza e perché era mia cugina ma questo non
significava
che non mi sarei vendicato.
"Tranquillo non lo farò"
mormorò mettendo di nuovo il cellulare in tasca "Ma non lo
farò
perché me lo stai chiedendo tu, anzi mi farebbe piacere
vederti
sputtanato per una volta. Se non lo faccio è per Roxas, per
non
metterlo ancora più nei guai di quanto non sia"
Sebbene quel
suo discorso era fatto più per farmi infervorare che altro,
io mi
imposi di mantenere la calma e già che c'ero
potevo farmi dare tutte le informazioni che volevo. Dovevo solo
giocarmi bene la partita, niente di più semplice.
"Di che
guai parli? Sono io quello nei guai dal momento che è stato
ritratto
con uno sfigato, e Yuffie aggrava anche il tutto dicendo che
c'è
qualcosa tra noi"
"Sai... lui non è basso come te, per
questo io sono dalla sua parte e non dalla tua. Se lui non
può farsi
vedere con te non è perché pensa alla propria
reputazione ma perché
suo fratello si arrabbierebbe"
"Me ne sono accorto"
feci sarcastico "Prima mi ha aggredito negli spogliatoi
dicendomi di stare alla larga da Roxas. Ma che cavolo ha contro di
me? Eppure non gli ho mai torto un capello, avevo anche promesso a
Roxas che non avrei fatto lo stronzo neanche con lui. Quel tuo amico,
Sora, è un pazzo... cos'ha di tanto prezioso Roxas da fargli
fare
scatti del genere?"ribattei duro stringendo i pugni.
Capivo
se la sua fosse stata una reazione dettata da qualche motivo
scatenante, ma io non avevo mai fatto nulla a loro... beh a Roxas non
ero tanto sicuro, ma a Sora di sicuro non gli avevo fatto nulla.
"È
malato, Axel" tagliò corto lei "Ora come ora l'unica cosa
di cui ha bisogno è riposo e non delle vostre cazzate.
Conosco Roxas
abbastanza bene
da poterti
assicurare che non ci penserebbe due volte a rispondere ai
vostri complimenti.
Fa' come ha detto Sora e lascialo stare..."
La serietà della
sua espressione mi fece tentennare e per qualche secondo ero davvero
sul punto di demordere, ma poi mi ricordai con chi avevo a che fare:
Kairi,cheerleader di punta, amica di Larxene, la più grande
pettegola della scuola, e soprattutto mia cugina. Il che significava:
furbizia, astuzia e bastardaggine. Riusciva a maneggiare a proprio
piacimento qualsiasi informazione le capitasse a tiro. Poteva
ingannare chiunque se voleva.
"Tu sei solo innamorata
di Sora, ecco perché lo difendi" contestai indispettito dopo
qualche secondo "Zexion me l'ha detto...'non
sta molto bene',
non è poi
grave come lo dipingi tu!"
Kairi mi guardò dal basso con
espressione malinconica, la vidi congiungere le mani al petto
"Sarò
pure innamorata di Sora, ma adesso è di Roxas che stiamo
parlando.
Zexion per caso ti ha detto anche cos'ha? Per piacere... ascolta
quello che ti sto dicendo e dimenticati della sua esistenza. Se vuoi
metterò in giro altre voci che smentiscano quello che ha
detto
Yuffie, la tua reputazione non sarà rovinata
perché sei stato visto
in giro con lui, però ti prego lascialo in pace"
"Kairi
tu..."
"Ti sto parlando da amica preoccupata per la sua
salute" ribadì questa volta con più dolcezza.
Le parole di
Kairi, la sua serietà, quella nota di dolore nei suoi occhi
blu,
tutto mi fece vacillare. Mi sentii come pervaso da un moto di
infelicità e insoddisfazione.
Chi diamine era Roxas Strife da
riuscire a provocare tante emozioni in me anche quando non era
presente?
"Kai..." una vocina dolce e delicata ci fece
trasalire e immediatamente ci voltammo verso una figurina poco
distante da noi.
"Nami"sussurrò Kairi voltandosi verso
la sua amica.
"Mi dispiace, non volevo interrompervi ma il
coach ti cerca urgentemente Kai" la ragazzina rimase immobile,
senza muovere un dito e mi rivolse solo uno sguardo.
"Vado
subito, grazie per avermi avvertita"
Kairi annuì. Indugiò per qualche altro secondo e
poi iniziò
a trotterellare nella direzione da cui era arrivata, per poi voltarsi
verso di me solo per un breve istante "Mi raccomando Ax"
e detto ciò scomparve dalla mia vista, lasciandomi in
compagnia
della biondina appena arrivata.
"Senza volerlo ho sentito di
cosa parlavate, Axel Moore" prese nuovamente parola
quest'ultima. Non conoscevo bene Naminè ma era una ragazzina
che a
tratti mi inquietava. Era molto amica di Kairi e di Roxas e
sembrava sempre assente dal mondo reale, preferiva crearsene di
propri
nei suoi disegni, però quando parlava mostrava sempre una
maturità
fuori dal comune. Sembrava quasi una strega o una veggente a volte, e
il suo abbigliamento non l'aiutava di certo: soleva vestire quasi
esclusivamente di bianco. Altro che Larxene, lei poteva
essere definita una creatura angelica.
Io sostenni il suo sguardo
senza dir nulla, in realtà non sapevo cosa dire.
"Non sei
mosso da sentimenti negativi nei confronti di Roxas"
continuò
vedendo che io non accennavo a rispondere.
"Tu sei la Naminè
che è stata importunata da Xigbar vero?"
Lei annuì
candidamente e poco dopo riprese "Roxas è una persona molto
importante per me e so che in realtà rappresenta anche per
te
qualcosa... per questo voglio rivelarti una cosa" fece una breve
pausa e io rimasi in ascolto "Durante l'ultima crisi che ha
avuto, più di una volta ha mormorato il tuo nome. Credevano
che
delirasse ma io sapevo che in realtà era preoccupato
perché
non avrebbe potuto prender parte ai vostri incontri
pomeridiani,
me lo ha rivelato lui stesso. Anche tu rappresenti qualcosa per
lui"
Io rimasi contraddetto dalle sue parole e dal tono caldo
ma neutro con cui erano state pronunciate. Io ero qualcosa per
Roxas?
"Roxas adesso sta affrontando una situazione
abbastanza delicata e non può subire scosse emotive. Per
questo Sora
era arrabbiato quando ha saputo di te"
"A-aspetta,
non...non credo di aver capito. Perché ce l'ha con me?"
balbettai timoroso.
"Tu lo faresti soffrire. Questo non
gioverebbe alla sua salute"
Spalancai gli occhi a quella
risposta e feci un passo verso di lei per fronteggiarla meglio "No.
No, aspetta. Io ho dichiarato una tregua, perché dovrei
farlo
soffrire?"
"Non è abbastanza..." sussurrò a quel
punto ma poi ci ripensò e si corresse "Tu non
sei abbastanza. C'è qualcosa di fondo, lo so, ma tu non
l'hai ancora
percepito; Roxas ne avrebbe bisogno, sono sicura che così
potrebbe
guarire"
"Ma che stai dicendo?"
"Guarda nel
tuo cuore e lo capirai, Axel Moore" e detto questo fece per
andarsene ma la fermai.
"Naminè aspetta" lei si voltò
e io ripresi a parlare "Qui nessuno mi dice niente... che
cos'ha? Posso fare qualcosa?"
Lei mi scrutò per qualche
istante e poi accennò un lieve sorriso "Se vorrà
te lo dirà
lui stesso. E sì, c'è una cosa che potresti fare
per lui: stagli
lontano ma vicino, stagli vicino ma lontano"
"Eh? Che
significa?"
Ma questa volta non si voltò più,
proseguì per
la sua strada iniziando a cantilenare le ultime parole che mi aveva
rivolto.
Il sudore scivolava copioso dalla mia fronte ma non
mi fermai neanche ad asciugarlo che afferrai di nuovo la palla
arancione, con qualche palleggio mi avvicinai sempre di più
al
canestro ed effettuai una delle mie scenografiche schiacciate che mi
avevano permesso di guadagnarmi il titolo di capitano già
dal
secondo anno.
Amavo il basket da sempre, fin da bambino, al
di sopra di ogni altra cosa. Era il mio credo, le parole che non
dicevo, la mia fatica, la mia felicità, il mio
pianto. In quei
28 metri di lunghezza riuscivo ad abbattere ogni mio limite e sentivo
di racchiudere l'universo nelle mie mani. Non c'era un motivo
preciso per il
quale avessi
iniziato ad amare questo sport, lo amavo e basta. Era l'unica mia
certezza, l'unica costante della mia vita e l'unica cosa che mi
avvicinava davvero a mio padre. Fino ad allora non avevo mai amato
nessuno come il basket e ogni volta che ne avevo l'occasione non
potevo fare a meno di prendere la mia palla dalla mensola e andare a
fare quattro tiri.
Riusciva a calmarmi in ogni momento, per
questo quel pomeriggio mi ritrovavo a palleggiare nel campetto di
street basket del quartiere. Eravamo solo io, la palla e il canestro,
tutto il resto non contava; Roxas non contava e neanche quel
senso di oppressione
trasmessami da
quella situazione.
La palla
rimbalzò un paio di
volte sul cemento duro dell'asfalto,
l'afferrai con entrambe le mani e con un balzo la lanciai ancora una
volta in aria, ma questa volta non finì nel canestro.
"Per
essere un play maker i tuoi tiri da tre fanno schifo"
Una
voce fredda e pacata, ma densa di sarcasmo, riecheggiò nel
campetto.
Dal mio canto, andai a riprendere la palla e continuai con i miei
palleggi.
"Le schiacciate sono di maggior effetto"
ribattei mentre mi posizionavo davanti al canestro e feci un tiro
libero che andò a segno.
"Ma i tiri da tre valgono di
più"
"Da quand'è che ti preoccupi degli altri" a
quel punto decisi finalmente di girarmi verso il mio interlocutore
"... Saix?"
L'altro, appoggiato al muro e con le mani in
tasca, mi sorrise sghembo "Io mi preoccupo di tutti i miei
compagni"
"Ma dai? Non si direbbe" ridacchiai
ironico e mi passai una mano sulla fronte per togliere il
sudore.
Lui di tutta risposta mi studiò attentamente ma non
disse altro, tipico.
"Allora, a cosa devo la visita?"
presi la palla da terra e gliela lanciai. Non era da lui venire a
cercarti di proposito se non c'era qualcosa sotto, e sapevo che quel
qualcosa non mi sarebbe piaciuto.
Saix afferrò la palla al balzo
e la scrutò attentamente con i suoi occhi felini.
"Non posso
venire a salutare un mio caro amico che devo essere subito trattato
con diffidenza?" accennò un sorriso machiavellico
così come
iniziò a far roteare la palla su un dito. Io lo guardai con
un'espressione che voleva dire 'mi
stai prendendo in giro?', lui
ridacchiò e riprese "Beh, effettivamente, c'è
qualcosa"
"Ormai
ti conosco"
"Oggi non sei venuto alla nostra riunione di
gruppo, e neanche a pranzo ti si è visto"
Come
sospettavo.
"Mi ero dimenticato della riunione" scrollai
le spalle, ero serio tra l'altro "Oggi ero un po'
scocciato"
Saix iniziò a camminare lentamente verso il
centro del campo, dove mi trovavo io, reggendo sempre la palla in
mano.
"Lo immaginavo"sibilò con tono di finta
apprensione una volta davanti a me "Sai, eravamo preoccupati per
te. Ultimamente sei strano, pare che tu stia ammorbidendo un po'
troppo la presa con i bambinetti"
Scrollai le spalle "Sai
com'è, è un periodo particolare e tutto... mi
hanno sospeso dalla
squadra e ora sto studiando sodo per essere riammesso. Ma è
una cosa
passeggera, non preoccuparti"
"Lo spero tanto per te,
non vorrei che quel Roxas Strife ti metta qualche strana idea in
mente...sai noi lo abbiamo puntato"
Iniziò a palleggiare. Io
non mi feci prendere di sorpresa e mi posizionai subito in difensiva
ma lui con abili e rapidi movimenti riuscì a sfondare la
difesa ed
effettuò un tiro da tre perfetto in tutti i sensi. "Xemnas
non
sembrava tanto compiaciuto da
quelle voci che giravano per la scuola. Vedi di non deluderlo
ancora"
Queste furono le sue ultime parole prima di lasciarmi
di nuovo da solo nel campetto.
Il suo era un ultimatum, voleva
farmi capire che sapeva delle voci, aveva notato che da quando avevo
iniziato a frequentare Roxas non avevo mostrato più il
solito
carattere aggressivo, voleva ammonirmi che se non fossi ritornato
sulla retta via sarei finito sulla loro lista nera.
Cosa c'era di
sbagliato nel voler conoscere di più una persona?
Perché doveva
essere tutto così complicato?
Avvilito da tutto quello che stava
succedendo, cacciai un urlo angosciato che si mescolò al
fragoroso
fruscio delle foglie sugli alberi.
Passarono i giorni e di
Roxas neanche l'ombra.
In quei giorni avevo meditato molto
sulla situazione e, non per fare lo stronzo, ma ero giunto alla
conclusione che probabilmente avrei dovuto seguire i
(diciamo)consigli di
Saix, Sora e Kairi - i quali, sebbene avessero idee divergenti,
volevano solo una cosa: che io facessi finta che Roxas non fosse mai
esistito.
Semplice a dirsi, dopotutto non è che avessi instaurato
chissà quale rapporto con il biondo; così ripresi
a
farmi gentilmente consegnare
il pranzo dalle matricole, a insultare verbalmente i ragazzini, a
fare il pervertito con le ragazze per infastidirle e a dormire in
classe. Ma non avevo più picchiato nessuno, in un certo
senso i
discorsi di Roxas mi avevano colpito e pian piano, anche senza
volerlo, stavo iniziando a capire quali dovessero essere i miei
limiti. Certo, quella vita mi piaceva: fare lo stronzo mi riusciva
semplice perché dopotutto era quello che avevo sempre fatto
per
nascondere tutte le mie debolezze e Xemnas sembrava soddisfatto che
fossi tornato quello di una volta; inoltre in quei giorni erano
cessati tutti gli attentati contro la prepotenza dell'Organizzazione
XIII, quindi per me risultava ancora più evidente che dietro
tutti i
casini c'era proprio Roxas. Eppure non mi sentivo soddisfatto.
Sentivo un grande vuoto dentro di me che cresceva sempre di
più. Mi
sentivo solo, ecco. Solo Roxas in quei pochi giorni era riuscito a
colmare quella presenza che mancava nella mia vita ed era l'unico che
riusciva a non farmi pesare l'assenza del basket.
Solo un giorno
mi recai in aula studio, mosso da un moto di nostalgia, speravo di
ritrovarlo sempre raggomitolato sul solito sgabello alla scrivania,
pronto con qualche nuova offesa; ma lui non era lì, e
neanche i
giorni dopo. L'aula era vuota, le luci spente e la
postazione abbandonata.
Ripensando agli atteggiamenti degli
amici e del fratello, mi ero chiesto più volte cos'avesse
Roxas -
era una malattia tanto grave? Sarebbe guarito presto? Ma più
che
altro,
sarebbe
guarito?
Altrimenti non si spiegava tanta ansia e preoccupazione nei suoi
confronti.
Forse quando abbiamo parlato quel sabato lui si stava
riferendo proprio a questo. O forse al fatto che Sora aveva
scoperto di lui e Roxas e si era arrabbiato? E poi mi chiesi ancora,
perché cavolo Sora ce l'aveva con me e perché
avrei dovuto far
soffrire il fratello?
Le parole di Naminè rimanevano un mistero
per me, non sapevo cosa pensare ma alla fine ero arrivato a una
soluzione.
Stagli
vicino ma
lontano.
Per amor della mia
reputazione, delle mie amicizie, della mia tranquillità e in
rispetto alla salute di Roxas, avrei troncato ogni rapporto con lui,
ma ci avrei parlato solo un'ultima volta giusto per metterlo al
corrente della mia decisione e risolvere ogni cosa... e se ci
scappava gli avrei chiesto anche maggiori delucidazioni sulla sua
presunta malattia, di cui tutti sembravano preoccupati.
Non ero
così basso e sleale come si poteva credere.
Era la mattina
del sesto giorno senza Roxas quando con la coda
dell'occhio catturai una chioma bionda familiare.
Stavo
camminando per i corridoi e discutendo animatamente con Demyx, che
stava cercando di giustificare la sua ipotesi sul perché
Pippo
parlava e Pluto no essendo entrambi cani, quando nel mio campo visivo
apparve la minuscola figura di Roxas. Mi dava le spalle, ma sapevo
che era lui. Indossava una felpa nera più grande di lui, la
borsa in
spalla era aperta e ancora vuota (probabilmente non era ancora
passato a prendere i libri dall'armadietto) ed era in compagnia del
suo solito gruppetto: Sora che faceva l'idiota già di prima
mattina,
Riku che se lo divorava letteralmente con lo sguardo, Kairi che
tentava di fare la civetta con Sora e Naminè che ridacchiava
divertita. Sembrava davvero un giorno come un altro e io non riuscii
a frenare il mio impulso istigatore.
"Tra l'altro"
continuò Demyx appallottolando il suo solito pacchetto di
biscotti
ormai finito, e ignaro delle mie intenzioni "Anche Pietro
Gambadilegno se non mi sbaglio è un cane... e anche lui
parla"
"Contina" gli intimai continuando a scrutare
il gruppetto, facendo sempre attenzione a non dare troppo
nell'occhio. Quando fui vicinissimo a Roxas, strappai il pacchetto di
biscotti dalle mani di Dem e con naturalezza lo lasciai cadere nella
borsa semiaperta del biondo.
Demyx da parte sua non interruppe il
suo sciame infinito di parole neanche dopo l'iniziale
sorpresa.
"Anche quelli della Banda Bassotti sono cani vero?"
ripresi come se niente fosse.
Lo so, buttare una cartaccia
nella sua borsa era una cosa stupida ma l'idea della faccia
infastidita di Roxas, intento a doverla ripulire dai biscotti
sbriciolati, mi divertiva da matti. Ma non ebbi il piacere di
gustarmela. Non molto tempo dopo lo vidi trascinarsi con passo stanco
e traballante fino al mio banco: era pallido, gli occhi spenti, le
guance scavate. Sembrava appena uscito da un obitorio. Lui mi
scrutò
per qualche secondo, alzò la sua borsa e mi
riversò addosso tutte
le briciole dei biscotti di Demyx.
"Che diavolo stai
facendo?" sbottai inacidito scuotendo la maglia per
ripulirmi.
"Ti restituisco ciò che ti appartiene"
proferì lui in un sussurro quasi inaudibile. Anche la voce
non
sembrava più la sua.
"Quella roba non è mia"
"Ma
ce l'hai messa tu nella borsa. E dì
al tuo amico Demyx di prendere Chips Ahoy* la prossima volta, se
vuole mangiare dei veri biscotti con le gocce di cioccolato"
Come
sempre non gli sfuggiva nulla; era come se avesse gli occhi anche
dietro la nuca, ridacchiai al pensiero "Come desidera" e
annuii beffardo.
Questa volta però lui non si mise a ridere con
me, la sua faccia rimase pensierosa.
"Axel..." esitò
un'istante ma riacquisì subito il tuo classico tono
imperioso "Dopo
avremo un'ora buca, la professoressa è assente. Ci vediamo
in aula
studio tra un ora"
Io inarcai un sopracciglio e ciondolai la
testa di lato.
"Io non
prendo ordini da te,
gattino"
incrociai le braccia al petto "Ricordi con chi stai
parlando?"
"Un idiota che potrebbe essere riammesso in
squadra... se la piantasse di fare l'imbecille e desse più
ascolto
agli altri" dichiarò con superiorità e
andò a sedersi al
banco vicino al mio.
Storsi il naso a quella risposta. Poteva
essere stato bravo con le sue lezioni di recupero ma questo non lo
autorizzava a parlarmi così in pubblico. Inoltre non avrei
dovuto
neanche rivederlo.
La malattia gli aveva riaffilato gli
artigli.
Per sua fortuna
il professore entrò in quel preciso istante e non potei
rispondere a
dovere. Non che la cosa mi importasse più di tanto, Roxas
aveva
vinto questo round ma non la partita e non gli avrei più
dato
l'occasione di avere l'ultima risposta.
Passai l'ora a rimuginare
su cosa avrei dovuto fare di lì a poco: avrei dovuto seguire
Roxas
in aula studio o avrei dovuto dargli buca? Avrei dovuto fare come
dicevano gli altri oppure continuare a studiare con lui
finché non
sarei stato riammesso in squadra?
Cavolo, stava diventando
tutto complicato solo perché, non lo avrei mai ammesso a
voce alta
ma, mi stavo quasi affezionando a Roxas.
Avrei potuto
scegliere la strada più semplice: farmi assegnare un altro
tutor,
ignorare Roxas e fare finta che le nostre strade non si fossero mai
incrociate.
Ero proprio una ragazzina.
Il
professore camminava tra i banchi continuando a leggere un
noiosissimo brano.
Era palese che nessuno lo stesse ascoltando, e
anche io sbadigliai facendo finta di seguire la lezione quando invece
stavo pensando a tutt'altro.
La mia attenzione però fu
catturata proprio dal professore che si era avvicinato al banco
accanto al mio dov'era seduto Roxas, spostai lo sguardo e notai
sconvolto che questo aveva le braccia incrociate sul banco e la testa
poggiata su. Stava dormendo, così, davanti a tutti e senza
troppi
complimenti. Ma quello che mi sconvolse di più era che il
professore
si era chinato per guardarlo meglio, si era ricomposto e aveva
annunciato alla classe di non fare troppo chiasso e di non svegliare
Roxas di soprassalto.
Non riuscivo a credere alle mie orecchie,
persino il professore era impazzito all'improvviso!
Alzai
la mano e quando mi fu accordato il permesso di parlare, sbottai
contrariato "Professore perché non fa svegliare Roxas?"
"Sarà
stanco. Lascialo dormire" mi rispose l'uomo come se fosse la
cosa più ovvia del mondo.
"E perché allora quando mi
addormento io mi mette in punizione?"
"Moore, negli
ultimi giorni abbiamo parlato spesso delle misure da adottare con
lui. So che tu sei sempre attentissimo ma
spero che tu ti sia accorto almeno della sua assenza"
Io
annuii. Avevano parlato di Roxas e io non me ne ero accorto? Dovevo
prestare più attenzione di tanto in tanto.
"Bene, la
prossima volta allora ti consiglio di ascoltare e non
farti
trovare addormentato altrimenti ti sbatto in presidenza" mi
disse gioviale.
Che dittatore, questo era proprio odio nei miei
confronti!
Roxas era il male.
Non avrei potuto definirlo in
altri modi. In sole due settimane (di cui solo una avevo passato a
contatto con lui)
era stato capace di mettere sottosopra il mio mondo e farmi
cambiare così tante volte umore da farmi assomigliare a una
ragazzina affetta da perenne sindrome
premestruale.
Felice, divertito, appagato, malinconico,
colpevole, arrabbiato, infastidito.
Mi aveva dato più pensieri
lui di chiunque altro.
E in quel momento ero così irritato (che
novità...)
che dopo la lezione decisi di avviarmi in aula studio con tutta la
flemma del mondo, mettendoci ben 15 minuti, giusto per far capire a
quel biondino malefico come ci si sente a dover aspettare.
Spalancai
la porta con un calcio e andai a bivaccarmi al solito tavolo, Roxas
era già seduto lì.
"Cercavi di farmela pagare?" piantò
lo sguardo su di me ma non batté ciglio per il mio ritardo.
"Certo
che no" feci sarcastico appoggiando la borsa sul tavolo e
appoggiandomi allo schienale della sedia "Volevo solo ricordare
la nostra prima lezione"
"Avevo tutto il diritto di
farti aspettare, il mio lavoro inizia alle 16"
"E perché
allora siamo qui adesso? Non sono neanche le 9.30 di mattina"
rimbeccai seccato.
Lui mi guardò attentamente. Non c'era più la
solita vivacità, ma nonostante ciò quegli
occhioni blu mi erano
mancati. Erano la cosa più bella che avessi mai visto.
"Ho
parlato con i professori" iniziò dopo una breve pausa "Mi
hanno confermato che i tuoi voti stanno migliorando, adesso
c'è solo
Storia da colmare... Dopo alcune richieste da parte mia di
analizzarti, il professore si è finalmente convinto e dopo
ci sarà
un test... se lo supererai sarai reintegrato subito in squadra"
Ci
misi qualche secondo a processare tutto "Co...cosa? Tu hai
chiesto al professore un test? Per me?"
"Un test di
recupero" mi corresse "L'ho saputo stamattina e doveva
essere una sorpresa
per tutti quelli che hanno un voto inferiore a C, ma ho pensato che
potesse farti piacere saperlo prima. Hai studiato quel capitolo su
Washington vero? Perché sarà su quello"
Dire che ero
incredulo era un eufemismo bello e buono. Non solo Roxas si era
prodigato per me, ma se l'avessi passato sarei rientrato in
squadra!
"R-Roxas...io-"
"Non dire niente"
tagliò corto, si sporse di più e
appoggiò le braccia conserte sul
tavolo di legno "Questa sarà l'ultima volta che ci vedremo
per
fare ripetizioni. Ho già parlato con il preside e ha detto
che mi
solleverà dall'incarico, ma tu non dovresti più
avere problemi se
supererai il test... se invece fallirai, allora ti verrà
assegnato
un altro tutor"
"Che storia è questa? Mi stai mollando
tu?" mi intromisi perplesso. Pensavo che dovessi essere io a
dover chiudere con lui e invece...?
"Diciamo di sì. Ormai
non ho più le forze..." si giustificò e mi
rivolse
un'occhiata.
"Parli come un vecchio"
Le sue labbra si
piegarono in un mezzo sorriso "Beh la mia vita è
equiparabile a
quella di un vecchio"
Lo guardai scettico e quando fui lì
per ribattere qualcosa lui mi precedette.
"Ho saputo che nei
giorni scorsi mi hai cercato"
Abbassai il volto imbarazzato,
anche se non c'era niente da essere imbarazzati. Forse quello che mi
metteva a disagio era l'espressione tranquilla che aveva Roxas in
quel momento.
"Ma che dici...io non ti ho cercato"
mentii. Kairi o Naminè dovevano sicuramente aver fatto la
spia.
"Senti... mi dispiace per come ti ha trattato mio
fratello. È...è una testa calda e non vuole
capire che deve stare
al suo posto" ridacchiò nervoso.
"Mi ha attaccato
senza motivo" grugnii il mio dissenso.
"Axel cerca di
capirlo... lui non si metterebbe mai contro di te o qualcuno del tuo
gruppo, era solo preoccupato per me" lo vidi sfregarsi le mani
in maniera febbrile "Non sono stato proprio bene ultimamente e
quando ha saputo che c'ero io dietro a tutto quel casino delle
espulsioni e che ora ero il tuo tutor, non ci ha visto più.
È un
tipo impulsivo... ha tentato di allontanarti perché pensava
che
potessi essere un pericolo per
la mia salute"
Mi sporsi maggiormente verso di lui e
contrassi il volto in un'espressione che era un misto di
curiosità e
preoccupazione.
"Perché dovrei essere un pericolo?"
"Il
nostro rapporto... è tutt'altro che tranquillo"
"E
allora?"
"Potresti provocare tante emozioni che per me
sarebbero letali..."
"Ancora non capisco, non ti pare di
esagerare?"
Lui
mi guardò infelice per un lungo istante "Axel, io sono
malato..."
Spalancai gli occhi. Non era una novità, tutti lo
avevano detto e tutti lo sapevano... tranne me, ovviamente;
ma io non potei fare a meno di trattenere il fiato alla
verità che
finalmente mi aveva
rivelato. Detta da lui acquistava un significato quasi diverso.
"Ho
la sindrome del QT lungo" disse infine.
Non sapevo cosa fosse
ma la cosa non mi piaceva "Di cosa si tratta?"
Roxas
sospirò e puntò lo sguardo davanti a
sé, il suo disagio era
evidente.
"Se non vuoi dirmelo non fa niente..." mi
affrettai ad aggiungere.
"No... no... è tuo diritto
sapere... così capirai perché tutti vogliono
allontanarti da me"
io annuii e lui esitò un attimo prima di riprendere "La
sindrome del QT lungo è un disturbo cardiaco molto raro
causato da
una tardata ripolarizzazione delle cellule del miocardo-"
"Aspetta,
non ho capito" scossi la testa "Ripolarizzazione? C'entra
con l'elettricità? E il cuore?"
Roxas annuì lievemente "Te
la faccio in maniera più semplice... allora, come sai
è il cuore
che ci tiene in vita" io feci un cenno con la testa per farlo
proseguire "E, come
dovresti
già
sapere (perché è stato spiegato anche nelle
lezioni di Scienze),
il ritmo del cuore è alimentato da energia elettrica... ma
quando
questi ritmi diventano anormali possono provocare un'insufficienza
cardiaca, ossia il tuo cuore non riesce più a pompare sangue
a
dovere. Nel mio caso i battiti diventano così veloci e
caotici da
portarmi a svenimenti ... o all'arresto cardiaco"
Rimasi in
silenzio. Non riuscivo a sintetizzare coerentemente tutte quelle
informazioni, non al momento. Portai le mani alle tempie per
massaggiarle.
"Quindi sei malato di cuore?"
"Beh
sì e no... la mia non è una malattia del muscolo
ma, possiamo dire,
un disordine del ritmo cardiaco"
"Mmm quindi se il tuo
battito cardiaco diventa troppo caotico potresti svenire o morire..."
cercai di fare il punto della situazione.
"Esatto"
confermò lui "Il problema sussiste nel fatto che questa
malattia è caratterizzata da un elevato rischio di aritmie
che
potrebbero essere fatali"
"E cosa le
scatena?"
"Qualsiasi cosa... esercizio fisico,
caffeina, sostanze eccitanti, alcune medicine o anche il provare
semplici emozioni. Dolore, paura, angoscia, ansia, spavento,
euforia... tutte queste cose provocano un'accelerazione. Come si usa
dire... morire
di dolore,
eh?" rise amaramente.
Sofferenza.
Naminè
aveva detto che io avrei potuto farlo soffrire. Abbassai lo sguardo e
rimasi in silenzio a meditare, non mi piaceva che la gente pensasse
così male di me. Era vero, ero uno stronzo ma la mia era
solo
apparenza...
"Axel?"
La sua voce interruppe i miei
pensieri e puntai di nuovo lo sguardo su di lui "Dimmi"
"Ci
sono varie categorie a seconda della serietà della
malattia... io
rientro in quella intermedia, ho avuto parecchie crisi in passato e
dal momento che sono un soggetto ad alto rischio mi hanno impiantato
un defibrillatore proprio qui" disse toccandosi in un punto
tra la spalla e poco sopra il cuore "Ma sono insorte complicanze
e sto peggiorando a vista d'occhio, per questo Sora voleva che stessi
lontano da me. Uno scherzo troppo violento, una scossa
emotiva troppo
forte potrebbero costarmi caro"
Rimanemmo in silenzio per un
paio di minuti, ognuno immerso nei propri pensieri e alla fine trovai
il coraggio di parlare.
"Perché ti stai prendendo la briga
di dirmi tutto questo? Non avresti fatto prima a fare come diceva
Sora e allontanarti da me?"
Roxas tentennò un attimo ma poi
nei suoi occhi si accese un barlume di speranza e abbozzò un
sorriso
tirato.
Io sgranai gli occhi e trattenni il fiato
"Aspetta... non vuoi?"
Lui scosse la testa e io sorrisi
nervosamente sentendomi stranamente appagato.
"Però hai
detto che questa sarebbe stata l'ultima
lezione di
recupero"
"Perché
è così... non lo faccio a causa di Sora ma
perché proprio io non
sono più in condizione..."
Io
annuii, era una brutta questione ma mi sentivo più sollevato
sapendo
qualcosa in più della faccenda e che Roxas non era della
stessa
opinione del fratello "Non hai paura che io possa
farti stare male? Sai, come diceva tuo fratello..."
"Perché
dovresti?" lui mi guardò tranquillo "C'è qualcosa
in te
che è diverso dagli altri. Tu sei speciale, mi fai sentire
vivo"
Forse era il suo modo schietto e diretto ma per
un'istante quasi dimenticai come si respirava, tanto dallo stupore
della sua rivelazione, e mi sentii le farfalle che divoravano
il
mio stomaco. Senza neanche rifletterci posai una mano sulle sue che
erano ancora poggiate sul tavolo e sostenni il suo sguardo. Mi
sentivo in un certo senso realizzato, qualcuno stava riponendo un
briciolo di fiducia in me e in quel frangente mi ricordai di mia
madre e della promessa che facemmo sul suo letto di morte.
Decisi
che non avrei permesso a Roxas ulteriori sofferenze.
"Quando
mi intimavi di non riservarti trattamenti di favore e mi dicevi che
tu sei forte, intendevi dire che non volevi essere trattato da
malato?" chiesi quasi timoroso.
"Beh sì... più o
meno"
Lanciò un'occhiata alla mia mano poggiata sulle
sue e io mi accorsi subito di quello che avevo fatto. Arrossii
lievemente e mi ritirai al mio posto, lui invece ridacchiò.
"E
non credi che potresti compromettere la tua salute continuando a
metterti contro l'Organizzazione? Capisco che non ti piace il modo in
cui si comportano e che vorresti un'atmosfera più tranquilla
a
scuola, però così ci rimarresti secco"
Roxas sospirò e mi
lanciò un'occhiata divertita "Non
è mai quel che sembra"
Non
capii cosa voleva intendere.
In realtà quelle parole nascondevano
un desiderio proibito e profondamente egoistico.
Perché
Roxas oltre ad
essere
strano e misterioso era anche
egoista.
Ma
questo lo avrei scoperto solo molto tempo dopo.
•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•
*Chips
Ahoy: famosa
marca di biscotti americani, seconda solo agli Oreo
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Capitolo 4 *** Golden like Peach Jam ***
4
#4 - Golden like Peach Jam
Un
proverbio dice che nella vita incontrerai tre tipi di persone
quelli
che ti cambieranno la vita, quelli che te la rovineranno e quelli che
saranno la tua vita.
La
mia vita si può sintetizzare solo con una parola.
Roxas.
Alla fine, proprio come aveva detto Roxas, c'era stato quel test di
storia, fortunatamente prima ero riuscito anche a rivedermi
il capitolo su cui verteva e quindi ero stato in grado di
rispondere a tutte le domande.
Avevo persino finito in anticipo causando, con mio immenso piacere, lo
sgomento del professore. Nonostante la mia iniziale felicità
però non potei fare a meno di provare uno strano disagio
interiore quando pensavo a Roxas. Certo
per un malato di cuore la vita non è facile, non ci si
può sforzare, bisogna essere sempre sotto controllo, non si
possono praticare più determinati sport; ma la condizione di
Roxas doveva essere ancora più dura se anche il
semplice
provare emozioni poteva causargli qualche attacco. Tra l'altro aveva anche parlato
di sindrome
e non di malattia
e questo significava - secondo Google - che si tratta di «una mutazione del
DNA» e quindi nella
maggior parte dei casi la sindrome è una
cosa che «non si può curare,
a
differenza delle malattie, ma si porta per sempre con sé».
Chissà
quanto doveva
aver sofferto, aveva dovuto persino abbandonare il suo sport dei sogni,
eppure si era dimostrato sempre
così energico e pieno di vita in tutto quello che faceva. Se
ultimamente non lo avessi visto in quelle condizioni, non avrei mai
detto che fosse tanto grave.
Non sapevo perché ma tutto questo
mi turbava abbastanza e non mi sentivo più di fare lo
stronzo
con lui, anche se sapevo che così lo avrei fatto solo
arrabbiare.
Quando finii il mio compito aspettai la fine dell'ora navigando su
internet con il cellulare alla ricerca di informazioni - in
realtà trovai ben poco perché non molto tempo
dopo la
campanella suonò e io mi fiondai fuori dalla classe per
andare a
cercare il mio ormai ex-tutor per ringraziarlo della soffiata. Come
immaginavo, lo trovai vicino al suo armadietto in compagnia di
Naminè e Zexion e parlavano a voce bassissima. Quei tre
insieme
avrebbero potuto fondare il club
dell'allegria con quelle poker faces che si ritrovavano.
"Ehi Rox!" salutai gioviale avvicinandomi al gruppetto, il diretto
interessato si voltò verso di me e io continuai a parlare
"Volevo ringraziarti per quella soffiata"
A quel punto altre due paia di occhi si aggiunsero a quelli di Roxas,
mi scrutarono ma non dissero nulla e dopo qualche istante
ritornarono nuovamente a parlare tra di loro. Rimasi interdetto da quel
comportamento. Mi stavano per caso ignorando?
"Roxas?" chiamai di nuovo, questa volta con voce più alta e
leggermente infastidita.
Lo vidi lanciarmi un'occhiata con la coda dell'occhio ma
continuò ad evitarmi di proposito. La cosa mi stava urtando
non
poco. Finché si trattava di Roxas potevo accettarlo, mi
piaceva
il nostro rapporto di sfida ma non ammettevo di essere trattato
così davanti a degli sfigati. Che figura ci facevo?
"Guarda che ti stavo solo ringraziando. Invece di guardarmi con
superiorità avresti anche potuto dire un prego"
sbottai alla fine infuriato e finalmente riuscii a catturare la sua
completa attenzione. Roxas si girò completamente verso di me
e
mi rivolse uno sguardo sostenuto, si congedò momentaneamente
dagli amici e mi intimò di seguirlo fuori al portone che
dava
nel cortile.
Rimasi dietro di lui per tutto il breve tragitto e studiai la sua
schiena con scarso interesse, però ora che ci facevo caso
Roxas
indossava sempre un abbigliamento piuttosto pesante: era
metà
Ottobre e, anche se le temperature stavano progressivamente scendendo,
non mi sembrava che facesse così freddo da indossare felponi
più minimo altre due maglie sotto... oltre al cappotto, sia
chiaro! Poi passai alla nuca, il colore dei suoi capelli mi era sempre
piaciuto, era di un dorato così bello che mi ricordava la
marmellata di pesche.... sì lo so che solo un pazzo potrebbe
fare paragoni simili, ma io non sono mai stato bravo con le parole o i
romanticismi e poi valutavo anche il fattore bontà:
la marmellata mi piace un sacco! E con il tempo rafforzai questa mia
tesi che i suoi capelli fossero
dorati come la marmellata di pesche, quando scoprii che
effettivamente era solito usare uno shampoo alla pesca!
Ritornai alla realtà quando lui si fermò
all'improvviso e
io non gli finii quasi addosso. Lui si girò verso di me e mi
scrutò con un'espressione indecifrabile prima di parlare.
"Ormai noi due non abbiamo più niente da spartire. Puoi
anche
risparmiarti queste cose" disse di punto in bianco.
Con quella risposta
mi stava facendo pentire di averlo cercato "Ma come? Io credevo-"
"Credevi male, Axel. Io e te non siamo mai stati amici e non lo saremo
mai. Non
ti ho detto del test per gentilezza ma per farti riammettere in
squadra..." spostò lo sguardo lontano da me e aggiunse
qualcosa
che non riuscii a sentire.
"Cosa?"
"E per liberarmi di te" ripeté tornando a puntare
la sua attenzione su di me.
Quelle parole mi lasciarono quasi allibito, non ci stavo capendo
più niente "Ma tu prima hai detto che non volevi che io mi
allontanassi da te" ribattei alzando di poco il tono.
"Mi sbagliavo" tentennò e strinse i pugni per poi continuare
con
voce più decisa "Ci ho ripensato... non ti voglio
più"
Alzai il braccio e mollai un pugno alla parete di cemento, forti
vampate
di dolore attraversarono il mio braccio e fui tentato di ritirarlo
dalla dura superficie ma non lo feci, continuai solo a contemplare
stizzito l'esile figura davanti a me che aveva sussultato al mio gesto.
Sapevo di aver attratto l'attenzione di qualche ragazzino che camminava
nei paraggi ma non me ne poteva fregare di meno.
"E poi sono io lo stronzo" ribattei sarcastico con una punta di durezza
nella mia voce.
"Non ho mai detto di non esserlo" esclamò lui a voce
più
alta, quasi urlando, poi si rese conto del suo scatto e si ritrasse. Lo
vidi congiungere le mani al petto, come a proteggersi e si
appoggiò al muro quasi tremante dal nervosismo, "Non... non
voglio trascinarti nei miei problemi" aggiunse poi con un filo di voce.
Inspirai
profondamente tentando di mantenere un minimo di calma, se non lo
facevo probabilmente il piccoletto avrebbe rischiato grosso. Mi
avvicinai lentamente a lui, finché non ci separarono pochi
centimetri e lo guardai dall'alto in basso.
"Credi che la tua malattia sia un problema troppo grande per me?"
abbassai il tono ma era evidente una punta di amarezza.
Lui scosse la testa e si torturò le mani febbrilmente "Il
problema... sono io" lo sentii affannato.
Allarmato, mi abbassai per guardarlo più da vicino e notai
che era pallido e sudava un po' "Stai bene?"
Lui annuì vigorosamente anche se sembrava più
occupato a tenere a
bada il suo corpo scosso da violenti brividi "È meglio che
ora
vai...non vorrai farti vedere in giro con uno come me"
"Lo stai dicendo per tuo fratello?"
"La sto mettendo dalla tua parte. Ti rovinerai la reputazione con me"
concluse sarcastico.
Per un momento non risposi, stavo seriamente valutando la situazione.
Non aveva torto... valeva la pena per me fare una cosa del genere?
Valeva la pena essere deriso da tutti ed essere escluso dal mio gruppo
per lui? Non capivo perché mi ostinavo tanto ad affannarmi
per
una persona che conoscevo a stento e che neanche mi voleva.
No, non era
vero che non mi voleva. Glielo leggevo negli
occhi, nel suo
turbamento, nel suo vacillare e nel fatto che non riusciva a sostenere
il mio sguardo: lui semplicemente
non poteva
avermi. Cercava di nascondere le sue debolezze con una maschera, voleva
dimostrarsi forte agli occhi degli altri e probabilmente anche tutti
quei casini che faceva erano per dimostrare qualcosa. Lui in
realtà aveva paura ma non voleva darlo a vedere.
Conoscevo quel carattere, era proprio come mia madre. Combattivo fino
alla fine.
"Vattene" prima che potessi aprire la bocca per ribattere, lui mi
precedette "Credimi, è meglio così"
Fece per andarsene ma con uno scatto rapido afferrai il suo braccio, e
mi stupii di quanto fosse esile sotto quegli strati di maglie che era
solito indossare.
"Se non possiamo essere amici allora saremo altro!"
"Non mi toccare!" gridò e si liberò dalla presa
con uno
strattone, come se fosse stato bruciato dal mio tocco. Nei
suoi
occhi vitrei riuscivo a leggere un misto di ansia e paura, erano
spalancati e mi guardavano come se fossi un fantasma.
Sentii una morsa al cuore vederlo in quello stato.
"Roxas-"
"Lo faccio per te..." abbassò il volto e i suoi occhi furono
coperti dalla sua capigliatura dorata, quelle furono le sue ultime
parole prima di scappare via.
Io rimasi fermo nello stesso punto in cui Roxas mi aveva lasciato per
quella che mi parve un'infinità, i minuti avevano smesso di
scorrere e io mi sentii impantanato in una dimensione fuori dallo
spazio e dal tempo. Chiusi gli occhi e respirai profondamente, facendo
del mio meglio per scacciare quella sgradevole sensazione di vuoto che
cresceva dentro di me.
C'erano tante cose che non capivo di Roxas: i suoi comportamenti, le
sue parole, i suoi sguardi; ma se c'era una sola cosa di cui ero sicuro
era che lui per me non era affatto un
problema, né lui e né la sua 'malattia'.
Purtroppo però, ancora una volta, non avevo capito cosa
volesse dirmi in realtà.
Roxas ormai stava diventando una persecuzione per me.
La giornata era passata abbastanza tranquilla, io avevo fatto il mio
dovere - ossia far finta di seguire le lezioni - e Roxas mi evitava
come se fossi un appestato. Ad un certo punto della mattinata un
pensiero mi balzò alla mente... e se
dietro a tutto c'era Sora? Ma poi scossi la testa
perché Roxas non
mi sembrava quel tipo di persone che si faceva dare ordini. Forse era
meglio seguire il consiglio di Demyx e non pensarci più.
"Ricordati Axel, i
pensieri non
portano mai a nulla di buono. Se non te ne sbarazzi in fretta ti
faranno
venire le rughe e i capelli grigi"
Beh non credevo in quella stupidaggine ma almeno aveva ragione che non
faceva bene pensare troppo; poggiai il mio vassoio con il pranzo sul
tavolo e mi
sedetti nell'unico posto libero, tra Marluxia e Lexaeus, il gigante
buono (tanto buono quanto silente) del nostro gruppo.
"Quanto vorrei farmi una birretta" esordì Xigbar sventolando
il
suo bricchetto di latte "Che cazzo ci faccio con questa merda?"
"Xig ma è solo l'ora di pranzo" ribatté Demyx
lasciando
un attimo da parte il suo hamburger per guardare sconcertato l'amico
"Se non lo vuoi dallo a me"
"Per uomini virili come noi non c'è un orario stabilito per
bere. Vero Xaldin?"
"Verissimo, compagno" l'uomo in questione annui solamente ma non
staccò lo sguardo dai fogli che stava attentamente
analizzando.
Io addentai il mio panino e mi sporsi per guarare "Che stai facendo?"
"Sta scegliendo le materie da prendere nel prossimo semestre"
intervenne Luxord, seduto qualche posto più in
là, mentre
mischiava il suo fidato mazzo di carte.
Demyx strappò il latte dalle mani di Xigbar e
ignorò le
colorite bestemmie che questo gli rivolse "Io voglio fare musica"
cinguettò infilando la cannuccia e iniziando a bere.
"E io farò falegnameria così potrò
costruire
qualche arma con cui pestarti senza sporcarmi le mani" Xigbar
digrignò i denti e gli
lanciò un'occhiataccia.
"Calma ragazzi" Luxord si intromise nuovamente per placare l'animo
infuocato del corvino. Luxord
era un ragazzo inglese
con un accento britannico piuttosto pronunciato e soleva portare una
barbetta che
lo faceva sembrare più vecchio di quanto non fosse,
solitamente
era una sottospecie di pacificatore del gruppo perché era
l'unico ad andare d'accordo con tutti e non prendeva parte a nessuna
lite... lui risolveva tutto con le carte e il gioco d'azzardo. Sebbene
facessimo
parte dello stesso gruppo, non eravamo particolarmente amici ma c'erano
delle cose di lui che mi piacevano abbastanza: giocava a poker - strip poker, per
essere precisi - e la vetrina di liquori di casa sua era sempre ben
fornita. Le sue serate di poker erano un qualcosa di memorabile,
altro che festini. Oh... ed era un fallito dongiovanni: Larxene era la
sua preda prediletta ma non era mai riuscito a portarsela a letto.
"Che voi sappiate ci sono dei
corsi di poker?"
Io sospirai e lasciai vagare lo sguardo per l'enorme sala mensa della
scuola, i loro discorsi solitamente mi divertivano un sacco
perché erano uno più svitato dell'altro eppure in
quel
momento mi sentivo quasi estraneo alla loro conversazione, era come se
volessi cercare un pretesto per non ascoltarli. E il mio pretesto lo
trovai proprio davanti ai miei occhi, giusto qualche fila
più
avanti: Roxas era seduto ad un tavolo con Sora, Riku, Naminè
e
Kairi. Era pallido e sembrava ancora più debole di quella
mattina, aveva la testa appoggiata sulla spalla del fratello e il
castano lo teneva tra le sue braccia mentre Naminè tentava
invano di fargli mangiare una banana.
Una banana.
Quasi mi venne da ridere mentre immaginai Roxas mangiare
una banana... chissà se l'avesse fatto con malizia con me
davanti. Scossi immediatamente la testa per scacciare quei pensieracci
e
tornai ad osservare ogni suo movimento, senza prestare attenzione
quello che dicevano gli altri. Ormai mi arrivavano solo voci confuse
alle orecchie.
"Se non c'è il poker farò educazione sessuale"
"Mi aggiungo anche io!"
"Marly quel corso è solo per etero!"
"Oh allora farò botanica per coltivare altri fiori! E tu
Larx?"
"Difesa personale, così potrò uccidere tutti voi"
"E tu Ax?" Demyx mi sventolò una mano davanti agli occhi e
mi fece risvegliare dai miei pensieri.
"Eh? Cosa?" battei le palpebre e lo guardai per la prima volta.
"Che materia scegli?"
"Ah... non... non so"
Marluxia si avvicinò ancora di più a me e mi
guardò con malizia "Allora dolcezza... cosa guardavi di
bello?"
Io sbruffai infastidito e lo allontanai in malo modo, sapeva che non lo
sopportavo quando faceva così ma continuava imperterrito.
"Non guardavo proprio niente"
"A me sembra che guardavi con attenzione qualcosa... o meglio, qualcuno" Larxene
ridacchiò maligna e rivolse un'occhiata nel punto in cui era
fisso il mio sguardo.
"Fa vedere un po' " Xigbar, che era seduto di fronte a me, si
girò di spalle per vedere anche lui cos'aveva catturato la
mia attenzione e poco dopo si
voltò con un grosso sorriso in faccia "Non mi dire... il funghetto delle
lezioni pomeridiane?"
"Ma è il fratello di quel Sora Strife che fa calcio?"
s'informò Xaldin.
"Sì è proprio lui!" confermò Dem.
"Ho sentito delle voci su di voi... è vero che ti piace?"
Luxord
domandò improvvisamente interessato alla questione.
"È vero! Si dice che usciate insieme"
"Che?!" sbraitai sconcertato. Era vero che c'era un pochino
di
interesse ma non pensavo che fosse tanto palese... e soprattuto non li
ricordavo così svegli e astuti! "Ma siete pazzi? A me non
piace
proprio nessuno... semmai è a lui che piaccio
io" aggiunsi subito nel tentativo di salvarmi le chiappe. Era una piccola e innocua bugia
dopotutto.
"Cosa? Al ragazzino piacciono i maschi?" si insinuò
Marluxia, il suo radar
di gaiezza si era subito attivato.
"Hai sentito Axel? Dice che gli piacciono le banane...
anche se a me non sembra gradire quella che gli offre
Naminè"
Larxene scoppiò in una sonora risata e fu seguita a ruota da
Demyx, Xigbar e Xaldin (che ormai aveva abbandonato la sua
precedente occupazione).
"Forse vuole che gliela imbocchi qualcun
altro" rincarò Marluxia guardandomi allusivo.
"Che poi com'è che si chiama?"
"Rocks ass*
o qualcosa del genere" disse la bionda.
"Dai... basta così" cercai di placarli abbozzando un
sorrisetto,
senza accorgermi però dell'occhiata di irritazione che mi
rivolse Saix , seduto nell'angolo più estremo del tavolo
assieme
a Xemnas.
"È un peccato che in passato gli abbia rovinato quel bel
faccino
che si ritrova, quell'occhio nero non gli donava affatto"
"Ma è carino... non è una giusta motivazione per
portarselo a letto?" rise Larxene.
"Larx tu sei proprio l'ultima che può parlare di
chi portare a letto chi" fu la volta di Demyx.
"Dai ragazzi..." tentai nuovamente di insinuarmi nel loro baccano
"È malato, lasciatelo stare". Quelle mie parole sembrarono
finalmente zittirmi e sette paia di occhi (non dimentichiamoci di Lexaeus) si incollarono su di
me.
"Malato?" fece eco Xaldin.
"Beh... in effetti non ha una bella cera, pare che stia per vomitare"
Xigbar si girò di nuovo verso Roxas e poi tornò a
guardare Xaldin con espressione grave "Probabilmente ha l'influenza.
Pare che quest'anno sia abbastanza insidiosa"
"No... no, non ha l'influenza" agitai le mani in aria per riguadagnare
la loro attenzione "È il cuore!"
"Il cuore? È grave?" Demyx si
sporse verso di me con fare agitato.
"Abbastanza..." abbassai lo sguardo e mormorai sconsolato.
"Mi pare di sapere qualcosa a riguardo" prese di nuovo parola Luxord e
tutti puntammo lo sguardo su di lui "Me lo ha detto Lexaeus" fece un
cenno verso il gigante seduto accanto a me e lui annuì
"Prima di
entrare nella squadra di rugby, al primo anno era nella squadra di
calcio con Sora e Roxase ed era presente quando è caduto a
terra
privo di sensi"
"Sono stato io ad assisterlo per primo" sussurrò Lexaeus per la prima volta con voce
profonda, e io mi girai verso di lui.
"Io sapevo che aveva avuto un incidente in campo" mormorai ma lui
scosse la testa e chiuse gli occhi.
"Ha avuto un arresto cardiaco"
Quella rivelazione mi aveva scosso non poco.
In quel poco di conoscenze mediche che possedevo potevo dire per certo
che si trattava di una cosa grave. Lo sapevo perché era
successo anche a mia madre poco prima di morire.
Ora che ci pensavo avevo già sentito parlare di tutta questa
storia. Circa due anni prima, era una un'annata davvero sfortunata per
la squadra di calcio perché durante il torneo ben due
matricole si sono dovute ritirare: una aveva avuto un infortunio,
niente di grave ma comunque compromettente per il suo rendimento in
campo, e un'altra
ci aveva quasi rimesso le penne in campo ed era stata portata d'urgenza
in ospedale; da allora chiunque praticasse qualunque sport nella nostra
scuola doveva fare dei controlli regolarmente, erano stati inoltre
isituiti dei corsi di pronto soccorso e almeno una volta all'anno si
tenevano dei seminari sulle morti improvvise degli sportivi e sulle
malattie genetiche latenti. Perché la prevenzione era la
cosa
fondamentale e la nostra scuola non poteva perdere occasione di
rafforzare il proprio prestigio puntando anche su cose di
quest'importanza sociale.
"Ehi Axel" udii un sussurro accanto a me ma non vi badai
perché sapevo già cosa volesse.
Dunque quello di Roxas era stato un malore... come avevo fatto a
convincermi che avesse avuto un incidente?
"Axel?" la
voce continuò imperterrita e io mi voltai scocciato.
"Per l'ennesima volta, Luxord non ti inviterà alla sua
serat-"
ma mi bloccai subito quando guardai la faccia familiare che era seduta
accanto a me: capelli biondi, occhi azzurri e pelle nivea.
"Vaan!"
"Che cosa c'è? Ho qualcosa in faccia?" chiese il ragazzo in
questione dopo aver messo il broncio per la mia iniziale risposta
negativa.
"Tu facevi calcio vero?"
Lui annuì "Sì ma mi sono ritirato
perché mi sono
fatto male al ginocchio e ora faccio recitazione!"
spiegò
emozionato come un bambino che parla del suo cartone preferito, anche
se era costretto a mantenere un tono basso perché eravamo a
lezione "Sai, mi hanno assegnato la parte di Capitan Uncino per il
prossimo musical! Quanto sono felice"
Ecco spiegato il mistero, come avevo fatto a scambiare una persona per
un'altra? Semplice, in quella fottuta scuola erano tutti (quasi)
uguali, senza contare che quasi tutti avevano gli
occhi blu o azzurri - sembravano fatti con lo stampino! Fortuna che
c'ero io a spezzare quella monotonia, modestamente.
Senza dargli troppo spago (perché se voleva sapeva essere un
tipo fin troppo loquace e logorroico) mi congedai e, appurato che
mancava ancora un bel po' alla fine della lezione, decisi di fare una
pausa e andare in bagno a fumare.
Una volta in corridoio tirai un sospiro di sollievo: le lezioni
pomeridiane erano un qualcosa di atroce, soprattutto perché
lo
stomaco pieno favorisce il sonno, se poi a questo si assommava anche
l'algebra allora una sigaretta era d'obbligo se non volevo stramazzare
al suolo. Magari anche due
sigarette.
Mentre camminavo con tutta calma vidi una figurina di un ragazzo
castano poco lontano che andava nella mia stessa direzione e decisi
subito che avrei passato i miei prossimi quindici minuti di relax
assieme a lui.
"Ehilà Tidus" lo chiamai e lo raggiunsi di corsa.
"Sono Sora... idiota di un Moore" questo mi lanciò
un'occhiataccia e io inorridii dalla figuraccia appena fatta. Lo dicevo
io che erano tutti uguali in quella scuola!
Lo vidi poi piegare gli angoli della bocca in un sorrisetto e
accennò una risatina "Pausa sigaretta?"
Io rimasi quasi interdetto dal suo cambio di umore, sembrava un'altra
persona rispetto a qualche giorno prima quando aveva fatto il pazzo
negli spogliatoi. Decisi così di non indagare ulteriormente
per
evitare altri suoi sbalzi di umore e di prendermela così
come
veniva.
"Proprio così" feci un cenno del capo "Ho algebra" aggiunsi
con fare grave.
Lui inorridì quasi all'informaizione, mi guardò
con
pietà e mi diede una pacca sulla spalla "Condoglianze. Io
invece
ho chimica"
"E che ci fai qui fuori?"
"Sono venuto a cercare Roxas e riportarlo in classe" rispose scrollando
le spalle "Ogni tanto esce dalla classe a prendere una boccata
d'aria... sai, conoscendo le sue condizioni i professori gli
fanno
fare quello che vuole,
tanto porta sempre buoni voti"
sottolineò l'ultima frase come se avesse un significato
importante e poi continuò "Però ogni tanto abusa
della
sua posizione e si trattiene fuori per troppo tempo"
Io ridacchiai "E tu lo devi riportare sulla retta via? Che fratello
modello"
"Affatto" lui sorrise e poi scoppiò in una sonora risata
"Sfrutto queste occasioni per prendermi una pausa e poi quando rientro
in classe usiamo scuse del tipo che non lo trovavo oppure che stava
così male che dovevo per forza stargli vicino"
Io lo guardai esterrefatto. Come poteva scherzare su una cosa del
genere con tanta leggezza? Dopo tutto quel casino che aveva fatto
l'altra volta poi!
"Non mi guardare così, Moore. Siamo ragazzi dopotutto...
è meglio prenderla con leggerezza, Roxas ha bisogno di un
ambiente tranquillo e non di ansia costante"
Io abbassai lo sguardo e afferrai la maniglia della porta, eravamo
arrivati "Hai ragione... forse è meglio"
"Senti... mi dispiace averti fatto quella scenata l'altra volta... ma
ero davvero
preoccupato per lui"
"Non ti preoccupare, mi ha già spiegato tutto" io sospirai e
strinsi la maniglia "Non ti fidi proprio di me, eh?"
Lui non rispose subito, rimanemmo fermi davanti al bagno per un buon
minuto e sapendo che non avrebbe detto nulla, aprii la porta e
mi misi da parte.
Sora tentennò per un'istante ma subito indossò il
solito sorriso che gli vedevo stampato sempre in volto ed
entrò per primo.
"Roxyy-" cinguettò con
finta allegria saltellando nel bagno ma si interruppe bruscamente
e lo vidi correre verso un angolo "ROXAS!"
Non capii subito cos'aveva tanto da urlare ma il suo tono allarmato non
faceva presagire nulla di buono, così mi affrettai anche io
e
trovai uno spettacolo che non avrei mai voluto vedere.
Roxas era semiseduto a terra, appoggiato tra il lavandino e la parete,
respirava a fatica e aveva la bocca sporca di sangue.
Trattenni il fiato, quasi sconcertato alla vista di quel liquido
cremisi che macchiava la sua faccia e le mani, alcune
goccioline
avevano raggiunto anche la maglia e c'erano alcune tracce anche sul
lavandino e sul pavimento.
Sora si era prontamente inginocchiato accanto al fratello e gli parlava
preoccupato ma il biondo non aveva l'aria di ascoltarlo veramente.
"Rox cosa ti senti? Ti fa male il petto?" chiese con urgenza
ispezionandolo da vicino e tastandogli la fronte.
Io mi inginocchiai accanto a loro e notai che stava sudando.
"Hai preso le medicine? Eh Rox?" continuava a chiedere ma l'altro non
sembrava propenso a parlare, il suo unico segnale che mostrava che si
era accorto della nostra presenza era che aveva dischiuso appena gli
occhi e cercava di far uscire qualche flebile suono dalla gola.
"Non parlare" dissi subito io facendomi spazio, appoggiai la mia fronte
sulla sua e constatai che era caldo.
"Sora, serve aiuto" presi in mano le redini della situazione. Lui
annuii solamente, da parte mia io non mi resi neanche conto di
quello che stavo facendo che mi avvicinai a Roxas, gli misi un braccio
dietro la schiena e una sotto le gambe, lo sollevai e mi ritrovai a
correre senza che avessi dato alcun ordine alle mie gambe "Lo portiamo in infermeria"
Non ero
diventato
improvvisamente un genio della medicina, ma tutte le poche competenze
che avevo le avevo acquisite durante durante l'ultimo periodo di vita
di mia madre. Ero ancora piccolo allora e non riuscivo neanche a capire
il concetto di morte,
una delle poche cose che ricordo è che un giorno,
rientrando in casa, la trovai riversa al suolo in un mare di sangue e
dopo, in ospedale,
mio padre che mi parlava "Ascoltami
Axel, sputare sangue non è una cosa buona. Semmai vedessi
una
persona in questo stato corri, corri più che puoi e portalo
da
qualcuno il più presto possibile, quella persona te ne
sarà grata"
All'inizio ero come pietrificato ma rivedere una scena simile mi
aveva provocato la scossa di adrenalina che serviva, e ora, come mi
aveva detto mio padre, mi ritrovavo ad attraversare a perdifiato i
corridoi della scuola per
raggiungere l'infermeria. Lì avrebbero sicuramente fatto
qualcosa per lui. Durante il tragitto sentii che Roxas aveva afferrato
la mia maglia e io inconsciamente lo strinsi di più a me,
sperando che sarebbe andato tutto bene.
Quando arrivammo Sora spalancò malamente la porta della
stanza e
richiamò l'attenzione di Yuna, una donna dai capelli corti e
castani che era seduta alla sua piccola scrivania; io invece adagiai il
corpo
caldo e sudato di Roxas sul primo letto che vidi.
"Cos'è successo?" accorse subito lei.
"Non lo so" biascicò il castano in preda al panico "L'ho
trovato
in bagno in queste condizioni... è come l'altra volta"
"Ha preso le medicine?" la prima cosa che fece fu
afferrare la maschera dell'ossigeno e farla indossare a Roxas.
"Non... non
lo so... credo di sì" lo vidi mettersi una mano tra
i capelli "Stamattina le ha prese, l'ho visto io poi..." scosse la
testa "Ha di nuovo la febbre"
La donna annuì e si tolse lo stetoscopio dal collo per
indossarlo "Sora perché non vai ad avvertire i tuoi
genitori?
Chiama anche Riku così vi riporta a casa"
Io rimasi immobile vicino al letto, poco più dietro Yuna e
guardavo Sora accanto a me che si agitava con nervosismo ma alla fine
sospirò e parve calmarsi "Chiamo anche l'ambulanza?"
Lei scosse il capo e rispose dolcemente "Per il momento no"
Non mi era ben chiaro se la situazione fosse migliore di quel che
sembrava o se Yuna stava gestendo la cosa alla perfezione, fatto sta
è che voleva che Sora sloggiasse. E come darle torto! Solo
il
vederlo mi faceva venire l'ansia.
Seguii Sora con lo sguardo finché non fu fuori l'infermeria
e mi girai di nuovo verso il letto, la donna mi passò la
felpa che intanto gli aveva sfilato e io la appoggiai su una sedia
lì accanto.
"Non ci fare caso, fa sempre così" disse lei mentre sentiva
il
battito di Roxas con lo stetoscopio, gli aveva alzato anche gli orli
delle altre due maglie più sottili che indossava e dopo
una manciata di secondi si alzò e andò vicino a
degli
scaffali.
Io ne approfittai per avvicinarmi a Roxas e notai una buona porzione di
pelle vicino la clavicola rossiccia e rigonfia, al centro di essa vi
era
una cicatrice che aveva un aspetto tutt'altro che rassicurante: si
presentava come una ferita in rilievo di un rosso vivo contornata da
alcuni sprazi violacei.
"È un'infezione" spiegò Yuna riavvicinandosi con
una crema e delle bende pulite.
"È grave?" chiesi e
mi stupii che tutto quello che mi uscii fu un sussurro.
"È grave
non sapere da cosa sia scaturita" spiegò solamente mentre
gli
disinfettava la zona attorno alla cicatrice e lo bendava di nuovo "Qui
è dove è impiantato il defibrillatore"
spiegò
alzandosi nuovamente "E tutto ciò non è
normale... presenta dei sintomi strani per una semplice infezione
locale"
Io mi girai di nuovo verso Roxas e mi abbassai un po'. Il mio
cuore batteva all'impazzata, mi sentivo così inutile in quel
momento ma cercai di raccogliere le mie forse e parlargli per fargli
sapere che ero vicino perché sapevo che era semicosciente.
"Roxas?" mormorai piano, quasi con timore per paura di dargli fastidio.
Lui non disse niente, continuava a respirare a fatica anche se aveva la
maschera che avrebbe dovuto aiutarlo, però dischiuse gli
occhi e
mi guardò a fondo.
Non sapevo cosa dire in quel momento, la mia mente era come bloccata e
fortunatamente Yuna irruppe nuovamente, portando questa volta un panno
bagnato che poggiò delicatamente sulla fronte di Roxas e una
siringa con del liquido dentro.
Improvvisamente sentimmo delle urla stizzite provenire fuori
l'infermeria, doveva essere Sora ancora al telefono.
Yuna non ci badò molto, evidentemente aveva già
avuto a
che fare con il carattere ansioso del fratello castano "Rox questo
è l'antibiotico" lui annuì con un debole segno
del capo e lui con mano
esperta prese un braccio di Roxas e in men che non si dica gli
inniettò tutto il contenuto della siringa, fattò
ciò sospirò pesantemente e fece per raggiungere
fuori
l'altro ragazzino non prima di dirmi "Puoi rimanere un attimo tu con
lui?"
Ci misi giusto un paio di secondi a registrare la sua domanda, biscicai
un "sì"
e mi sedetti sul suo sgabello, accanto al letto del biondo.
Lui aveva chiuso gli occhi.
Avrei voluto dire così tante cose in quel momento ma allo
stesso tempo non sapevo cosa. Afferrai il panno che aveva sulla fronte
e gli asciugai un po' di sudore e lasciai la mia mente vagare a quel
giorno di qualche settimana prima in cui Roxas mi aveva detto per la
prima che sapeva che sarebbe morto giovane, sentivo un peso sul cuore
al solo pensarci. È per caso quello che si chiama senso di colpa? Senso
di colpa per cosa poi? Forse per aver fatto lo stronzo con lui e non
essere stato più attento dall'inizio. E se tutto quello era
successo per colpa mia? Se fosse colpa di quella piccola discussione
che avevamo avuto quella mattina? Di male in peggio, adesso mi sentivo
il cuore racchiuso in una rete di spine.
"Axe..."
Un debole sospiro mi fece ridestare dalle mie insidie interiori, alzai
lo sguardo e vidi gli occhi blu di Roxas puntati su di me, non erano
più quel blu deciso che avevo conosciuto ma era sempre bello
rivederlo.
"Roxas" esclamai preoccupato e d'impulso afferrai le sue mani e le
tenni strette tra le mie "Come... come stai?"
Lui contrasse l'espressione e strinse la presa "Scu... sa"
mormorò con voce incrinata attraverso la maschera
"Scusami..."
Scusa?
"Io- io ti voglio... scusa... non volevo"
Quelle parole, quel tono furono come una pugnalata dritta in petto. Mi
sentivo così male a vederlo così, eppure avrei
dovuto essere felice per quello che aveva appena detto. Ancora non
riuscivo a spiegarmi come riuscisse ad essere sempre così
schietto e diretto anche in una situazione del genere
"Lo so" annuii "Lo so che non dicevi
davvero" sussurrai "Ora sono qui" e mi
avvicinai di
più al suo volto per guardarlo negli occhi, lui di tutta
risposta abbozzò un sorriso e calde lacrime iniziarono a
rigargli le guance. Avrei tanto voluto chiedergli spiegazioni riguardo
il rifiuto di quella mattina ma quello non era il momento, avrei avuto
tutto il tempo di chiederglielo in seguito... avevo tanto da chiedergli
in fin dei conti, una cosa prima o dopo non cambiava poi molto.
L'importante è che eravamo insieme e tra tutti quei
sentimenti di colpa e malinconia che sentivo crescere dentro di me
riuscii avvertire anche un calore che si irradiò in tutto il
mio petto.
"Stupido, non devi piangere" lo ripresi con tono gentile asciugandogli
le lacrime con una manica della mia maglia. Avevo paura che anche
quello avrebbe potuto fargli male.
"Hai paura?"
Io annuii e lui sorrise.
"Non devi averne"
"Perché?"
"Perché... sono lacrime di gioia"
Io mi sporsi e gli lasciai un bacio sulla fronte umida e gli sorrisi.
Qualche minuto dopo rientrò Yuna seguita da Sora e Riku, la
prima sembrava abbastanza snervata... chissà quanto aveva
dovuto faticare per calmare quel pazzo di Sora.
"Scusa se ti ho fatto aspettare, Axel" disse passandomi accanto e
andò alla sua scrivania dove la vidi scribacchiare qualcosa
su un fogliettino di carta. Io mi alzai e feci spazio sullo sgabello a
Sora e Yuna ritornò pochi secondi dopo "La giustificazione
che hai assistito Roxas, mostrala al tuo professore"
Io la afferrai, lanciai un'ultima occhiata a Roxas e senza dir nulla
tornai in classe.
I due giorni seguenti Roxas non venne a scuola e io mi sentii
sopraffatto da un senso di ansia, non sapevo cosa fosse successo, non
sapevo se stava bene, Sora non si vedeva da nessuna parte e avevo
intravisto Riku una volta solo di sfuggita, quindi anche se avessi
voluto
chiedere loro informazioni non
avrei potuto.
Avrei tanto desiderato avere il suo numero così da poterlo
chiamare ma non non sarei mai stato
capace di chiederglielo.
Stentavo a crederci ma si stava iniziando ad insinuare in me l'idea che
tra me e Roxas si stava creando qualcosa, non avevo idea che tutte
quelle vicende sarebbero state l'inizo di un qualcosa. Ma
nessuno credeva in noi e sinceramente neanche noi pensavamo che potesse
funzionare. Dovevamo lottare contro i pregiudizi, contro quelli che
conoscendo i miei passati pensavano che Roxas fosse una semplice
scappatella, contro quelli che erano gelosi del nostro rapporto e anche
contro amici e familiari di Roxas che desideravano che vivesse quello
che gli rimaneva senza altri dolori.
"Axel andiamo?" Saix era poco più avanti di me e io mi
affrettai a seguirlo nel parcheggio, non prima però di
voltarmi un'ultima volta verso il portone della scuola ancora aperto e
lasciai il vento spettinarmi dolcemente i capelli. Lì, tra
tutti i ragazzi che stavano uscendo dopo la fine delle
attività pomeridiane, rividi l'ombra della figura di Roxas
che sorrideva e aveva l'aria tranquilla come quelle poche volte che
l'avevo visto in passato.
"Axel?"
"Sì sto venendo"
Ma non era detta l'ultima
parola perché Roxas era la persona più viva che
io avessi mai
conosciuto, lui era forte ed era stato l'unico a credere in me. E se
tutti si ostinavano a pensare il contrario, io avrei fatto in modo di
cambiare loro idea.
“Sai Axel, anche tu
hai un cuore grande se vuoi. Cosa ti ha spinto a non offrire la
verità ai tuoi amici, perché ti interessa se li
sfido, come mai mi hai offerto una tregua? Stai facendo tutto questo
per una persona che non conosci neanche”
“Pensi che io
sia buono?”
“Lo sei, se ci
lavori su. Non credo che il tuo carattere da stronzo sia del tutto
ingiustificato. Ma se inizi a riservarmi trattamenti di favore allora
non lo sarai più ai miei occhi”
"E perché no?"
“Perché
io sono forte”
•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•
*Rocks ass: assonanza con il nome Roxas, ma in slang indica
qualcosa di estremamente figo o le
attività
degli omosessuali.
|
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Capitolo 5 *** A Brave Heart ***
Viva
la Vida
#5
- A Brave Heart
Non
lasciare che il tuo fuoco si spenga, che si perdano quelle preziose
scintille,
nelle
paludi senza speranza dell'indecisione, del dubbio e
dell'incertezza.
Non
permettere che l'eroe che è nella tua anima
perisca solitario e frustrato,
privo
della vita che tu meriti...
ma che non sei mai riuscito a conquistare.
Il mondo
che desideri
può essere tuo... esiste, è reale, è
possibile ed è tuo.
Quella
mattina mi risvegliai con uno strano odore che mi pungeva le narici e
la canzone
Hotel
California¹
come
sottofondo.
A giudicare dalla prepotenza della luce
che penetrava
dalla finestra doveva essere sicuramente metà mattina, se
non ora di
pranzo, e dal momento che era domenica niente avrebbe potuto fermarmi
dal rimanere a letto tutta la giornata,
se non fosse stato per un piccolissimo
dettaglio.
Quello era il letto di Saix.
Era un dato di fatto, non avevo
bisogno neanche di connettere il cervello per accorgermi che quella
non era casa mia dal semplice fatto che solo Saix dopo una notte di
sesso poteva ripassarsi l'intera discografia degli anni d'oro degli
Eagles, fumandosi dei cannoni a dir poco apocalittici.
Aprii un
occhio e andai alla ricerca del cellulare che avevo abbandonato da
qualche parte sul comodino e, appena lo adocchiai, lo sbloccai per
vedere l'ora.
11.56
Sbadigliai sonoramente e mi voltai
dall'altra parte dove trovai Saix, appoggiato con la schiena alla
testata del letto, con gli occhi chiusi e l'espressione rilassata. Mi
chiedo quanta erba doveva aver fumato per essere
così pacifico.
"Che
ne diresti di spegnere quella merda almeno quando siamo a letto?"
borbottai stiracchiandomi.
"Non mi pare di essere l'unico che
fuma a letto" proferì lui con il suo solito tono freddo.
Io
abbozzai un sorrisetto strafottente, dopotutto avevo preso da lui "Ma
almeno quando esci da camera mia non puzzi di merda"
Lui
mi lanciò un'occhiataccia e senza dir nulla tornò
alla sua
precedente occupazione.
All'inizio avrei potuto anche pensare
che
si fosse offeso per quella battutina, ma lui non era tipo da
prendersela per certe cose quindi lasciai perdere, però
quando mi
misi a sedere mi sentii tutto indolenzito e lì mi venne da
riflettere. Saix ci andava giù forte, non era una
novità, ma a
pensarci bene questa volta era stato particolarmente duro, e anche la
sua occhiataccia era
stata più pungente delle altre volte.
"Si può sapere che
hai?" detti aria ai miei pensieri mentre mi alzavo per andare
alla ricerca della biancheria, lui non rispose: rimase immobile come
se non mi avesse proprio sentito e continuava a fumare. Ma io lo
conoscevo troppo bene.
"Allora?" rincarai indossando i
miei boxer e alla mancata risposta continuai "Saix?"
Saix
non era una persona particolarmente loquace, se c'era qualcosa che lo
turbava non te lo diceva in faccia, si limitava solo ad odiarti e a
guardarti in cagnesco, però con me era diverso
perché io ero una
delle poche persone che riusciva a capirlo quasi a fondo. Riuscivo a
distinguere quando ti stava solo guardando o ti stava letteralmente
fulminando, riuscivo a leggere i suoi silenzi e a capire le sue
emozioni. Riuscivo a fare tutto questo nonostante lui mantenesse
quella solita maschera da io-odio-tutto,
era per questo che quando ci siamo conosciuti ero rimasto quasi
folgorato dalla sua persona.
All'epoca ero un ragazzino
acerbo, non mi ero spinto ancora alla scoperta di me stesso e avevo
due sole certezze: i ragazzi stanno con le ragazze, e le ragazze
portano solo sofferenze. Probabilmente quest'ultima prospettiva mi
era stata indotta dalla mia delicata situazione familiare (di cui
avrò modo di parlare in seguito) per questo avevo anche
deciso di
non intrattenere alcun rapporto, ma la mia visione del mondo aveva
iniziato a vacillare quando intravidi per la prima volta quella
chioma blu cobalto. Il suo sguardo felino mi aveva spogliato di tutte
le mie convinzioni e da allora la mia vita cambiò
radicalmente. Saix
era strano, ma di uno strano intrigante. Era riflessivo, era esperto,
era saggio... e io mi sentivo come plagiato da un incantesimo. E
quando capii che tutto ciò non era più abbastanza
per me, lui mi
guidò nell'esplorazione dell'ebbrezza dionisiaca del
sesso.
All'inizio credevo di essere innamorato
ma ben presto
capii che non era altro che sesso. Niente sentimenti, solo piacere
fisico.
E le cose iniziarono a cambiare quando
arrivò
Xemnas. Saix diventava sempre più illeggibile ai miei occhi,
non
c'era più quel feeling, quella complicità che ci
aveva avvicinato
alle medie, e io scesi di nuovo con i piedi in terra.
Non avevo
idea da che tipo di rapporto fossero legati Saix e Xemnas, erano
entrambi troppo strani, eppure lui continuava a reclamarmi
regolarmente come un oggetto di sua appartenenza e io non sapevo dire
no. Sapevo che tutto questo in fin dei conti era sbagliato, non mi
avrebbe portato a nulla però mi era andato sempre bene. Non
volevo
legarmi a nessuno e allo stesso tempo non lo rifiutavo, volevo che
tutti sapessero che io ero etero per preservare la mia reputazione e
lui non aveva mai detto nulla a riguardo. La mia vita si era
trasformata in un circolo vizioso di menzogne e ipocrisie, non c'era
felicità ma solo piacere. Tutto quello che avevo guadagnato
era
un'illusione.
"Avanti Saix, parlami" sbottai dopo aver
infilato la maglia "Stanotte ci sei andato anche pesante, mi
dovresti delle scuse" mi appoggiai alla sua scrivania così
che
potessi guardarlo da una visuale ottimale "Sembrava che volessi
farmela pagare per qualcosa" accennai una risatina ma quando lui
puntò il suo sguardo su di me il mio ghigno scomparve
"È così?
Non ce l'avrai mica perché mi sono dimenticato di venire
alle ultime
riunioni?"
Saix non batté ciglio. Si
alzò dal letto,
vestito già dei suoi boxer e si mise davanti a me, giusto a
pochi
centimetri dal mio volto.
"Tu che dici?"
"Io
dico che sembri una ragazzina nel suo periodo no"
"Piantala"
"Oh,
mi scusi sua santità" ribattei sarcastico.
"Xemnas non
è felice del tuo comportamento" lui sibilò e io
mi infervorai,
quella semplice frase mi aveva già fatto capire tutto.
"Xemnas
non è felice... o tu?"
esclamai al limite dell'indignazione "Non metterlo sempre in
mezzo"
"Non fare nulla di stupido, Axel"
Tutto
era sempre andato bene finché non era arrivato Roxas che
aveva
cambiato abilmente le carte in tavola. Mi aveva schiaffato in faccia
tutta la verità, mi aveva fatto aprire gli occhi senza
muovere un
dito. Il mio posto non era lì in quella stanza, quella non
era la
vita che desideravo. E ora sentivo i sensi di colpa per aver passato
la notte con Saix mentre del biondo non avevo notizie. Lo so, ero uno
stronzo idiota.
"È per via di Roxas vero? Tu
non lo
sopporti"
"Non pronunciare
più quel nome" soffiò con un severità.
Lui mi squadrò per
qualche istante e poi si avvicinò pericolosamente al mio
volto,
portò una mano dietro la mia nuca e accorciò le
distanze "Tu
sei mio" sussurrò a fior di labbra ma dopo un momento di
esitazione io riuscii ad riacquistare tutta la mia forza di
volontà
e mi allontanai malamente.
"Non hai la mia esclusiva"
Vidi
le sue labbra contrarsi in un sorrisetto maligno "È vero...
ormai non ricordo più con quante persone tu sia andato"
indurii
lo sguardo e strinsi i pungi a quella constatazione e lui colse
l'occasione per continuare "Ma ricordati che oggi sei quel che
sei grazie a me"
"E dovrei ringraziarti?!" alzai la
voce.
"Ti ho dato tutto quel che sapevo e tu
l'hai accolto come un
assetato
che è posto davanti ad una sorgente d'acqua. Ti ho sempre
lasciato
libero ma in realtà è a me che appartieni"
"No... non
sono mai stato tuo. Era tutto perfetto all'inizio, ma poi è
arrivato
Xemnas e allora ho capito che tra noi non c'è mai stato
nulla.
Adesso c'è Roxas per me"
"Allora è vero che
c'è
qualcosa con quel moccioso" abbassò lo sguardo e
commentò più
a se stesso che a me.
Io da parte mia non riuscii a dire
nulla,
quella era la prima volta che mi si poneva davanti una simile
asserzione, fino ad allora non avevo mai visto in quei termini il mio
rapporto con Roxas e l'interesse che nutrivo per lui.
"Il tuo
è solo un atto di ribellione" continuò poi Saix,
facendomi
risvegliare dai miei pensieri "Axel, stai lontano da lui. Ti sta
mettendo strane idee in testa"
"Ti piacerebbe"
sbuffai sarcastico.
"Questo è un avvertimento"
Ma
quella volta non gliela diedi vinta.
Quando
ritornai a casa mi stupii di trovare mio padre stravaccato nella
poltrona del salotto, non mi stupii invece di vederlo con la sua
solita birra in mano intento a guardare una partita di
baseball.
"Guarda chi si rivede" fu il mio saluto
"Reno
Turks"
Non volevo essere acido ma quella
piccola
discussione con Saix aveva peggiorato il mio umore, inoltre tra me e
mio padre non c'era mai stato tutto questa formalità,
prendevamo
tutto molto alla
leggera.
Quando
lui si accorse della mia presenza alzò la birra e mi
salutò con un
cenno del capo, prima di ritornare a dedicarsi di nuovo alla tv.
Mio
padre era un uomo d'affari originario della Brooklyn perbene, con una
folta chioma rossa (che avevo poi ereditato io), amante sfegatato
dello sport, delle macchine sportive e dell'alta velocità
(altre
cose che avevo preso da lui). Era un tipo abbastanza particolare:
affascinante, sarcastico e sfacciato, sembrava una persona abbastanza
disinteressata verso il mondo ma nel suo lavoro era il migliore. Non
era mai stato nulla di quello che si può definire paterno,
aveva sempre avuto difficoltà nell'esternare quel suo lato
più
affettivo; e da quando mia madre ci aveva lasciati lui era diventato
quasi un'altra persona: si immergeva nel lavoro come non mai, era
sempre via per viaggi e anche quando non aveva da lavorare si faceva
vedere raramente a casa, spesso era in giro per bar assieme al suo
amico o a fare chissà cosa, però nonostante
questo non avevo nulla
da ribattere perché non era una cattiva persona, sapevo che
tutto
quello che aveva passato negli anni passati l'aveva segnato e non era
ancora riuscito a riprendersi. Le persone a volte ci scherzavano su
dicendo
"Almeno
sei ricco",
sì ma a cosa serve essere ricchi se non puoi usare il tuo
denaro per
salvare le persone che ami?
"Quando sei tornato?"
indagai sedendomi sul pouf lì vicino e poggiai i gomiti
sulle
gambe.
"Mhhh" mugugnò staccandosi la
bocca dalla
bottiglia ma non gli occhi dallo schermo "Ieri sera... ero a
Brooklyn di passaggio e ho pensato di passare a farti un saluto ma
non eri in casa"
Il fatto che fosse
a Brooklyn di passaggio significava
che era ritornato nella nostra vecchia casa giusto per riportare la
sua depressione ai massimi livelli e venire poi a fracassare a me le
palle "Almeno ogni tanto ti ricordi di avere un figlio"
alla mancata risposta del mio cosiddetto genitore mi ritrovai a
sospirare sonoramente e mi girai verso la televisione "A quanto
stiamo?"
"Vinciamo per 4 a 2" disse stranamente
assorto e io sfruttai quella sua concentrazione per continuare il mio
tentativo di dialogo.
"Come mai non mi hai chiamato? Ero da
un amico ma sarei potuto tornare"
Lui rimase incollato alla
partita per un altro paio di minuti finché non ci fu lo
spacco per
la pubblicità, e così si girò verso di
me e mi dedicò la sua
totale attenzione (beh quel poco che si può chiamare attenzione,
si parla pur sempre di mio padre).
"Non volevo disturbarti"
E
io annuii. Non è che la sua presenza evanescente avrebbe
cambiato
qualcosa nella mia vita però non mi avrebbe fatto schifo
salutarlo
al suo arrivo... e mi dissi, cazzo qui si parla di Axel e Reno e
non di due persone normali.
"Senti un po', quanto tempo ti
trattieni?" perché sapevo che non sarebbe rimasto.
Mio padre
sbadigliò e si stiracchiò sulla poltrona "Fino a
questa
sera"
Non mi sarei aspettato così
presto, solitamente
rimaneva un paio di giorni, ma poi mi dissi di nuovo, qui
si parla sempre di Reno! Però
c'era una cosa che mi dava un po' da pensare "E dov'è Rude?
Giù
in cortile non ho visto né la tua macchina, né la
sua" Rude
era il suo amico più fidato, era con lui che passava il suo
tempo ed
era sempre con lui che spariva sempre senza una meta precisa. Scapolo
e vedovo, come si dice
Dio
prima li fa e poi li accoppia.
Lui
prese un'altra bottiglia e la analizzò a fondo, come se
fosse molto
interessante, e poi rispose con scarso interesse "Oh, lui è
andato a Chinatown a sbrigare qualche affare. Sarà di
ritorno oggi
pomeriggio"
Il nostro dialogo finì dopo
qualche sua
domandina di circostanza
"Coma
va la scuola? Fai progressi con il basket? Tutto bene con
Larxene?"(quest'ultima
l'aveva vista una sola volta quando l'avevo portata a casa con me e
da allora pensava che fosse la mia ragazza), io dal canto mio risposi
che andava benissimo a tutte le domande, solo quando aggiunse di
salutare Demyx assentii con un cenno del capo e quando mi chiese se
avevo bisogno di soldi scossi la testa. Io e mio padre non parlavamo
molto, eravamo quasi estranei e rispettavamo ognuno
gli spazi dell'altro, non lo facevamo con cattiveria però
così
riuscivamo a funzionare alla grande. Finché nessuno dei due
si
cacciava nei guai allora era tutto okay.
Non molto tempo
dopo mi ritirai nella mia camera per dedicarmi all'unica
attività
che amavo quasi di più del basket: dormire... giusto
perché non era
una cosa da poco gestire il risveglio con Saix e l'incontro con mio
padre tutto in una sola giornata.
Quella sera mi svegliò il
chiasso della play station, o meglio Demyx che avevo trovato a
giocare alla mia console
- ormai lui era uno di casa, entrava e usciva a
suo
piacimento quindi non era la prima volta che me lo ritrovavo in casa
al mio risveglio - e che mi aveva prontamente messo al corrente dello
spavento che si era preso trovando mio padre in salotto dal momento
che erano mesi che non lo vedeva ("Pensavo di essere finito
all'inferno!", "Idiota mio padre non è morto").
Da
lì feci l'ultima tappa della giornata e quando uscii mio
padre si
era già dileguato.
"E poi cos'è successo?"
"E
poi niente, sono ritornati Yuna, il fratello e il fidanzato"
risposi con una leggera scrollata di spalle, portandomi la lattina di
birra alle labbra.
Se fossi stato un tipo sentimentale e se
fossi
stato affezionato ai miei anni da liceale a tal punto da appendere
una fotografia alla parete, non sarebbe stata quella della mia
squadra di basket o del mio diploma, ma quella del garage di Demyx -
o meglio la mia casa
spirituale,
come un universitario avrebbe definito il proprio alloggio. Durante
la mia giovinezza era diventato quasi un rito andare almeno un giorno
a settimana in quella Fortezza
Oscura,
dove avevamo deciso tacitamente che quello sarebbe stato il nostro
luogo di raduno assieme agli altri ragazzi dell'Organizzazione, per
tirare le somme di quello che era successo nella settimana o
solamente per cazzeggiare. Ci vedevamo sempre senza Saix e Xemnas
perché non riuscivamo a comportarci da veri animali quali
eravamo
con loro tra le palle e poi avevano sempre da fare (chissà
cosa
poi), oltre a loro escludevamo anche Larxene perché,
anche
se spiritualmente era più uomo di tutti noi messi assieme,
era pur
sempre una donna e per di più stronza.
Avevo preso l'abitudine di
andare da Demyx con la mia divisa della squadra per pavoneggiarmi dei
risultati che portavo in campo (e poi sua madre diceva che mi stava
da dio!) e ogni volta che entravo in quel garage si effettuava una
strana trasformazione in me: salutavo i miei amici con qualche amena
oscenità, mi spogliavo degli orpelli della
civiltà e mi trasformavo
nel campione di basket bisognoso di attenzioni e
idolatrie.
"Ma
quindi quel tizio con i capelli da vecchio è davvero il
fidanzato
dell'altro Strife?" interloquì Demyx dal suo angolino
più
sperduto, dove stava accordando il suo sitar blu elettrico.
"Non
ne ho la più pallida idea" scossi la testa.
"Ragazzi
siete sicuri che non vi va proprio un pokerino?"arrivò un
guaito sommesso dall'altro capo del tavolo dov'eravamo seduti, Luxord
stava rimescolando (come sempre) le sue carte e si preparava a
disporle di nuovo davanti a sé per un'altra partita di
solitario.
"Luxy adesso siamo impegnati a riempire
di
attenzioni il nostro focoso
playmaker...
ma se ti senti troppo solo ci penso io a te" Marluxia
ammiccò
in direzione dall'ossigenato
e il suo tono fece rabbrividire tutti i presenti, Luxord
specialmente, che mormorò qualcosa di incomprensibile e
tornò alle
sue carte in religioso silenzio.
"E ora si è ripreso?"
chiese Xaldin spostando di nuovo l'attenzione sull'argomento Roxas.
Dopo quell'episodio tutti erano venuti a sapere che lo avevo soccorso
dopo il suo malore - e questo aveva provocato un grande tumulto tra
la popolazione femminile della scuola ("Così affascinante e
di
così gran cuore persino con gli sfigati!")
"Non l'ho
più rivisto da quel giorno" ammisi abbassando lo sguardo.
"Ti
dispiace per lui vero?"
"Beh è ovvio, si tratta
comunque della salute di una persona. Sfigato o no, se l'è
vista
brutta"
"Ma come sei carino Axie"
commentò
Marluxia con un sorrisetto.
"Che-che cosa c'è di
carino?!"
mi misi sulla difensiva e feci per bere l'ultimo sorso della mia
birra.
"Ad Axel piace il funghetto biondo"
esclamò
Xigbar con voce strascicata e ormai brillo, poggiando sul tavolo
quello che doveva essere per noi il terzo round di birra e per lui il
secondo giro di whisky (alla quarta birra aveva deciso di animare
la serata)
e dopo questo cacciò un sonoro rutto che fece sbellicare
dalle
risate Demix e mandò Marluxia in estasi che
commentò con un
acuto "Che
uomo che sei!"
Però
quella sua precedente frase buttata lì per scherzo mi fece
andare la
birra di traverso e per poco non mi affogai "Che cazzo stai
dicendo?" dissi tra i colpi di tosse.
"Suvvia non c'è
bisogno di nasconderlo, dolcezza" rise Marluxia, afferrando una
lattina per sé e una per me "È palese sai?"
"Da
quando hai iniziato a fare lezioni con lui hai sempre la testa tra le
nuvole" si aggiunse Luxord e da dietro lui notai Lexaeus
annuire.
Sentii improvvisamente il sangue
confluire verso le mie
guance e mi affrettai subito ad abbassare il volto e nascondere il
mio rossore.
"Non mi piace il piccoletto" borbottai
afferrando una ciocca ribelle di capelli e iniziando a giocarci
nervosamente "Lo conosco a stento, non siamo neanche amici"
"Non
c'è bisogno di essere amici per piacere ad una persona"
spiegò
Xaldin e poco lontano sentii Demyx fargli eco "Oh
la fase della negazione!"
Io
scossi la testa con vigore "Stiamo parlando di un ragazzo! Come
fate a parlare di queste cose così tranquillamente?
È maschio!"
sottolineai.
Loro mi guardarono tutti con stupore.
"E
allora? Non sarai mica omofobo, Axeee?" biascicò Xigbar a
causa
del troppo alcol che gli scorreva nelle vene. A quella domanda lo
sguardo di Marluxia si fece penetrante.
"Axel non è omofobo"
si intromise Sitar-man in mia difesa "Vero Ax?" e si voltò
verso di me speranzoso.
"No... no, certo che no!"
esclamai subito.
"E allora che problema hai?
Finché ti
serviva te lo sei allisciato per bene e ora che non è
più il tuo
tutor te ne freghi?" Xigbar mi puntò un dito contro e mi
guardò
con aria accusatrice, per quanto i suoi sensi ormai offuscati
dall'alcol gli permettessero di fare.
A quell'accusa gratuita non
ci vidi più e con uno scatto mi avventai su Xigbar ma Xaldin
e
Marluxia furono più veloci di me e mi afferrarono
prontamente prima
che potessi fare qualcosa di stupido che avrei potuto
rimpiangere.
"Come cazzo ti permetti di dire queste
cose? Mi
credi così basso? Eh?" urlai.
"Calmati Axel" mi
trattenne Xaldin.
"No che non mi calmo!" cercai di
scrollarmelo di dosso ma non vi riuscii "Io non mi approfitterei
mai di lui!"
"Axel basta" pronunciò Demyx
con un
misto di preoccupazione e serietà nella voce "Lo sappiamo
che
non sei quel genere di persone"
Quando mi calmai Xaldin mi
lasciò cadere di nuovo sulla mia sedia e diede uno schiaffo
dietro
la testa a Xigbar, il quale protestò sonoramente "Ehi
Xaldiiiin
mi hai fatto male!"
"Così impari, idiota"
"Axel"
mi chiamò Lexaeus "Xig non voleva offenderti"
Io
sospirai pesantemente "Lo so, scusate"
"Xigbar
voleva dire, perché non ti avvicini di più a lui
se ti piace?"
prese di nuovo parola Demyx avvicinandosi a Lexaeus che intanto aveva
preso posto al pianoforte. A quanto aveva detto, loro due avrebbero
suonato con la band per la festa di Halloween che si sarebbe tenuta a
scuola. Sì, Lexaeus giocava a rugby e suonava il piano...
era un
essere inspiegabile.
"Volete mettere in discussione la mia
virilità?"
"Non è questione di
virilità Axie"
disse Marluxia mentre andava a spaparanzarsi sul divano "Le
persone possono anche essere bisex o gay per essere virili. Prendi
Luxord, come etero fa schifo, non riesce neanche a portarsi Larxene a
letto" e terminò con una fragorosa risata e Luxord gli
lanciò
una carta appresso.
Io presi un profondo respiro e strinsi
la
lattina tra le mani e diedi aria a quel pensiero che mi perseguitava
da quando avevo preso coscienza del mio interesse per Roxas "E
se poi la gente pensa che io mi stia approfittando di lui?"
mormorai "Proprio come ha detto Xig... non voglio sembrare il
forte che caccia sul più debole. Lui è malato...
è una cosa
delicata"
Nessuno parlò o almeno non
subito.
Dopo le
iniziali pressioni non mi ero fatto problemi ad aprirmi con loro,
erano i miei migliori amici dopotutto e anche se sembravano
tutt'altro che raccomandabili, erano dei bravi ragazzi e sapevo che
mi avrebbero ascoltato ed eventualmente (se a loro garbava) aiutato.
E poi se avevano messo in mezzo la cosa significava che avevano
capito e accettato la situazione.
Quei minuti di interminabile
silenzio
furono spezzati da Demyx che aveva sussurrato qualcosa nell'orecchio
di Lexaeus e quest'ultimo iniziò a suonare al piano una
lenta
melodia.
"He
said "Boy can I tell you a wonderful thing? I can't help but
notice you staring at me. I know I shouldn't say this but I really
believe, I can tell by your eyes that you're in love with me".
Now Ax, I'm only telling you this because life can do terrible
things"
prese ad intonare Mullet-man con un garbo e un'accortezza che non gli
avevo mai visto prima d'ora "He
said "Can I tell you a terrible thing? It seems that I'm sick
and I've only got weeks. Please don't be sad now, I really believe
you were the greatest thing that ever happened to me²"
Gli
lanciai un'occhiata languida e incurvai le labbra in un mezzo sorriso
"Beh... questa era triste"
"Era per l'occasione"
lui sorrise a sua volta "L'amore è bello, non lasciartelo
sfuggire che te ne penti"
"Ma io non sono
innamorato"
"Chi può mai dirlo"
ridacchiò e
attaccò a suonare con il suo sitar.
"Oi Xaldin secondo te
dovremo farci amico il piccoletto?" Xigbar si voltò verso
l'amico che proprio in quel momento stava aprendo una lattina.
"Se
ha passato ad Axel il compito sono sicuro che lo farà anche
con noi
se gli siamo simpatici... e magari ci passerà anche i
risultati
degli esami finali"
"Axie" ignorai i farneticamenti
di quei due, presi la mia birra e mi voltai verso Marluxia che mi
aveva chiamato "Lascia che ti dica una cosa. Fai attenzione a
Saix, lui vuole togliere di mezzo Roxas"
Aggrottai le
sopracciglia e la mia espressione si fece seria "In che
senso
vuole
toglierlo di mezzo?"
Ma
lui non mi diede altre spiegazioni.
Marluxia era sempre
stato un passo avanti a noi, sveglio, scaltro e soprattutto non
sopportava il potere nelle mani di Xemnas, sapevo che stava tramando
qualcosa contro lui e Saix e il suo lanciarmi questo monito
significava solo una cosa: voleva mandare all'aria i loro piani e
stava cercando di reclutare il suo esercito.
Io rimasi immobile a
guardarlo mentre attorno a me impazzava di nuovo il caos e lui
iniziò
a conversare allegramente con Xaldin e Xigbar, agitando la birra che
aveva in mano con fare teatrale.
"Ragazzi, sapete l'ultima di
Larxene?"
Quella notte non potei fare a meno di
ripensare
a quello che era successo durante la giornata e l'unico pensiero che
mi destava qualche preoccupazione era l'avversione di Saix nei
confronti di Roxas. L'avevo già notato in precedenza ma a
quanto
pare non ero stato l'unico. Da quando era subentrato Xemnas si erano
venuti a creare dei grandi buchi tra me e l'uomo dai capelli blu,
così spesso me ne andavo con chi volevo io e lui non aveva
mai detto
nulla, forse perché sapeva che gli ero sempre devoto,
però quando
era arrivato Roxas avevo iniziato a trascurarlo e
a quanto pare la cosa non gli era andata a genio. Ma cosa intendeva
Marluxia con quel
toglierlo
di mezzo?
Dato che si parlava di Saix non potevo mai essere sicuro di nulla ma
sapevo solo che dovevo muovermi con prudenza.
Il giorno dopo
quando arrivai a scuola la mia voglia era pari a zero ma il mio umore
si risollevò quando, mentre rovistavo nell'armadietto in
cerca dei
libri, mi sentii picchiettare la schiena. Inizialmente pensavo che
fosse Yuffie che voleva mettermi al corrente di qualche altro
pettegolezzo ma mi venne quasi un colpo quando al posto della
brunetta mi ritrovai davanti l'oggetto delle mie afflizioni:
Roxas.
"R-Rox!" esclamai preso alla sprovvista.
Aveva
un'espressione rilassata e un leggero sorriso ad increspargli le
labbra, era davvero carino quando era tranquillo e non voleva farmi
qualche bastardata - o almeno era quello che pensavo! Ad una
più
attenta analisi notai che non aveva più tanto l'aria di
quello che
era uscito da un obitorio però era sempre pallido e smunto.
"Ehilà"
mi salutò con un filo di voce "Andiamo?"
Battei le
palpebre un paio di volte "Andiamo dove?"
"In
classe no?" rispose perplesso e poi ridacchiò "Mi
raccomando non essere troppo entusiasta"
Io abbozzai un
sorrisetto e mi ricordai che seguivamo Letteratura insieme, mi presi
un secondo per chiudere l'armadietto e quando mi rigirai verso di lui
notai che mi stava porgendo un foglio "E questo cos'è?"
chiesi afferrandolo.
"È la relazione che il
professore aveva
assegnato quel giorno in cui abbiamo visto il documentario. Ho
pensato che dal momento che dormivi in classe non avevi sentito
dell'assegno"
La mia risposta iniziale fu un semplice
"Oh"
ma alla parola documentario,
la mia mente tornò in dietro nel tempo a quel giorno in cui
avevo
conosciuto Roxas... quando aveva detto che russavo, cavolo che brutta
figura. Quindi il fatto che avesse scritto una relazione per me
significava effettivamente che non mi odiava come aveva detto qualche
giorno prima! Già perché, anche se per poco,
durante una delle mie
pippe mentali, ero arrivato addirittura a pensare che stesse
delirando quando si era scusato e che quindi non intendeva dire
niente di tutto ciò.
Lo so, lo so, sembro una ragazzina alle
prese con la sua prima cotta adolescenziale ma quello di cui parlavo
era Roxas e con lui non sapevo mai come comportarmi o cosa
pensare.
Quando mi accorsi che era passato troppo
tempo da quello
che mi aveva detto, mi affrettai a ringraziarlo tentando invano di
celare il mio imbarazzo e iniziammo a camminare verso la
classe.
Il
nostro religioso silenzio fu però interrotto da un urlo
stridulo che
riecheggiò per tutto il corridoio e, per mia sfortuna,
sapevo a chi
apparteneva quella voce: Larxene (seguita da una divertita Kairi)
arrivò correndo come una furia e spintonando tutti con la
sua
estrema delicatezza, e così come era arrivata, scomparve
dalla mia
visuale e tutto quello che lasciò dietro di sé fu
caos e gente che
parlottava sottovoce.
"Sono io che sono daltonico oppure i
suoi capelli erano blu?" domandai al limite della
perplessità.
Roxas si limitò a ridere e mi
fece cenno di
sbrigarci altrimenti avremo fatto tardi.
"Senti..."
iniziai dopo un po' per interrompere quel silenzio in cui eravamo
piombati di nuovo; non sapevo in realtà cosa dire anche se
c'erano
molte
cose
che avrei dovuto dire, poi lanciai uno sguardo alla sua felpa e a
quello che c'era scritto sopra e cambiai
argomento"È Don't
Stop Me Now?"
sussurrai.
Lui fece un sorriso a trentadue denti e
annuì,
probabilmente contento che avessi colto la citazione.
"Sono
una stella cadente che attraversa il cielo, come una tigre che sfida
le leggi di gravità³"
recitai e poi sorrisi "Ti si addice"
Mi piaceva il
modo in cui Roxas mi sorrideva, mi piaceva il fatto che fosse di buon
umore, mi piaceva il fatto che eravamo in buoni rapporti. Mi piaceva
il fatto che mi piaceva Roxas, ecco.
Improvvisamente il mio
cellulare vibrò e notai che sul display era apparso il nome
Saix ma
mi affrettai a riagganciare per non rovinarmi il momento di
serenità
con il biondino.
"Non rispondi?" chiese lui
curioso.
"Nah, non è improntante"
ridacchiai senza
sapere che in realtà Saix mi stava scrutando da lontano.
Arrivammo
in aula e ci sedemmo nei nostri soliti posti, avrei voluto cogliere
l'occasione di chiedere a Roxas almeno come stava ma ero troppo
vigliacco e per di più il professore arrivò
proprio quando mi stavo
maledicendo della mia codardia.
A metà lezione non ne potevo
più
di seguire, in realtà avevo passato tutto il tempo a pensare
a Roxas
e a quanto fosse stato carino con me soprattutto facendomi la
relazione (il professore stava quasi per scoppiare in lacrime quando
mi ha visto consegnargli il compito!), così dopo un
estenuante
preparazione mentale, lanciai un bigliettino sul suo banco e attesi
una sua risposta.
"Qualche
giorno di questi ti va di andare a prenderci una Coca alla
ciliegia?" avevo
scritto, sperando di non risultare troppo stupido. Gli lanciai
un'occhiatina con la coda dell'occhio e lo vidi sorpreso.
"Mi
stai chiedendo di uscire insieme?"
Per
poco non mi venne un attacco di cuore e subito mi affrettai a
rispondere.
"No!
Volevo sdebitarmi per avermi salvato di nuovo facendomi il
compito"
la
mia era una menzogna, ma come ho già detto prima ero un
vigliacco
del cazzo.
"Sai
Moore, ho sempre pensato che tu sia un idiota" fu
la sua risposta che mi arrivò qualche minuto dopo e la cosa
non mi
lasciò molto contento, anzi mi irritò abbastanza.
Solitamente non
mi interessava il parere degli altri ma stranamente di lui
sì.
"Cos'è
che ti fa sentire tanto in gamba rispetto a me?"
"Il
fatto che non verrei mai a 'prendere'
una
Coca alla ciliegia con te"
"Sta'
a sentire...io non mi sognerei mai di invitarti ad uscire!"
Questa
fu la mia ennesima stronzata atta a pararmi il culo, la mia
intenzione era proprio quella di uscire con lui però non mi
andava
di ricevere un rifiuto da parte sua quindi mi misi subito sulla
difensiva. Eppure come volevasi dimostrare ero andato del tutto fuori
pista.
"E
questo dimostra quanto sei idiota"
Squadrai
la sua risposta per qualche minuto e la mia mente fu tarda ad
elaborare il concetto. Trattenni il fiato e feci scorrere di nuovo la
penna sulla carta
"Perché...
vorresti uscire...?"
"Solo
se offri tu... e andiamo al parco"
Rilessi
per tutto il resto dell'ora quelle poche lettere scribacchiate di
fretta e non potei fare a meno di sorridere.
Roxas aveva ragione,
ero proprio un'idiota.
All'ora di pranzo mi ritrovai di nuovo
seduto allo stesso tavolo di sempre, questa volta però
siccome ero
arrivato tardi (perché mi ero trattenuto qualche minuto in
più a
guardare Roxas che chiacchierava con Zexion e Naminè... a
proposito
di ciò, stavo seriamente pensando di farmeli presentare,
magari
erano simpatici dal momento che lui passava sempre un sacco di tempo
in loro compagnia!) mi era toccato il posto all'estremità
finale del
tavolo, giusto accanto a Saix, il quale aveva un'aria ancora
più
scorbutica del solito.
"E quindi ha detto che se non mi fossi
fatto gli affari miei mi avrebbe fatto ingoiare la lingua" fu lo
stralcio di frase che sentii borbottare da Demyx che aveva indossato
un broncio infantile.
"Io dico che se l'è cercata"
Xigbar scoppiò in una risata isterica.
"Di cosa si parla,
signori?" domandai io addentando il mio trancio di pizza.
"Di
quanto sia cattiva Larxene-" bofonchiò il biondo ma la sua
frase fu interrotta da Xaldin.
"Larxene si è portata a letto
quella bestia del
ragazzo di Belle!" spiegò lui con disappunto.
"A lei
piacciono i tipi così" fece eco Marluxia.
Alla mia iniziale
sorpresa lasciò spazio la perplessità "E non
dovresti essere
felice?" domandai ricordando che a lui piaceva Belle "Adesso
puoi avere una chance con lei"
"Quello prima mi invita a
fare una scazzottata per il suo amore e poi la fa soffrire... non
è
degno di lei" Xaldin scosse la testa e trattenni a stento un
sorriso di compassione per lui. Sembrava tanto grosso e rude ma in
fondo era un romanticone, però se gli avessi detto una cosa
del
genere mi avrebbe spaccato la faccia senza farsi troppi
problemi.
"Ora che ci penso stamattina l'ho vista
più
strana
del
solito"
"E aveva i capelli blu?"
ridacchiò
Xigbar.
"Allora non me la sono immaginata!"
"Blu"
mormorò Marluxia con tono critico "Dio che colore fuori
moda" lanciò un'occhiata disinteressata a Saix e
poi tornò
a leggere una rivista che aveva con sé, facendo palesemente
intendere che stava lanciando un'accusa aperta nei suoi confronti
"Quest'anno va di moda il biondo"
E sentii Saix accanto
a me irrigidirsi. Non so perché ma mi sentii messo in mezzo.
"A
quanto pare qualcuno deve averle fatto questo scherzetto per
vendicarsi" intervenne Luxord per confermare l'ipotesi che si
stava formando in me.
"Sarà stata Belle?"
domandai.
"No, lei è sempre stata alla
larga da Larx"
spiegò e poi si sporse verso di me per continuare sottovoce
"Pare
che lei tenga tutti i suoi prodotti per la doccia nell'armadietto e
non negli spogliatoi della palestra perché lì i
lucchetti sono
rotti. Dovrebbe essere sicuramente stato qualcuno che conosce la sua
combinazione... o qualcuno che ha tutte le chiavi"
"Però
se l'è meritato... così impara ad essere sempre
stronza con tutti"
intervenne di nuovo Demyx ancora contrariato.
"E ora lei
dov'è?"
"Pare che sia scappata a casa... o
più
probabilmente da un parrucchiere" ridacchiò Marluxia con
quel
suo tono tanto simile a quello di una donna.
Io ascoltai
pensieroso finché Xemnas, seduto accanto a Saix, non si
seccò di
sentire quei pettegolezzi e non invitò tutti a farsi i cazzi
propri.
"Tu hai qualche ipotesi su chi possa
essere stato?"
sussurrai a bassa voce e mi sporsi verso Luxord che era seduto
davanti a me ma lui mi scosse la testa e piombò di nuovo il
silenzio.
"Come mai stamattina non hai risposto al
cellulare?" domandò Saix di punto in bianco a
metà del mio
pranzo.
"Ehh... stavo... stavo parlando con il
coach. Sì,
stavo parlando con il coach" sputai nervosamente la prima bugia
che mi era venuta in mente, sperando che lui se la bevesse.
"Il
coach eh?"
Dopo quel breve scambio di informazioni,
tornai a
mangiare per conto mio e a divagare sulla precedente mattinata. Come
un cliché la mia attenzione si posò su qualche
tavolo più avanti
al mio dove era seduto Roxas, o meglio dove lui e Naminè si
stavano
alzando per, probabilmente, uscire dalla caffetteria.
"Oh
guarda! C'è Roxas!" esclamò Demyx quando
adocchiò il biondino
e subito si rivolse a me con un gran sorriso stampato in faccia
"Perché non vai a salutarlo?"
"Non preoccuparti
Demyx, adesso lo saluteremo tutti insieme" sibilò Saix con
un
tono che non mi faceva presagire niente di buono.
Quando vidi i
due ragazzini biondi avvicinarsi al nostro tavolo per uscire dalla
grande sala udii Xemnas ridacchiare "Ehilà Strife" e
questo bastò ad attirare la sua attenzione.
Nessuno di noi osò
parlare.
Roxas si fermò e
lanciò un'occhiata indifferente
all'uomo con i capelli argentati, Naminè invece si era
avvicinata di
più a lui.
"Da quant'è che non ci
vediamo, eh Strife?"
"Da
quando non ti hanno bocciato a tutti i corsi che frequentavamo
insieme" fu la sua risposta disinteressata.
Xemnas aggrottò
la fronte e digrignò i denti ma sembrò non
perdere la calma.
"Hai
sentito cos'è successo a Larxene?"
Lui parve pensarci un po'
e poi annuì appena "Il blu non le dona affatto"
"Pessima
scelta, tu che dici?"
"Dico che la prossima volta
sarà meglio per lei fare le scelte giuste e non fare la
troia"
Per
essere un ragazzino minuto, che era stato male non fino a poco tempo
fa, di coraggio ne aveva da vendere. Io non mi sarei mai sognato di
essere così diretto.
E poi mi chiesi se i due non si
conoscessero
già, dal modo in cui parlavano.
"Nel frattempo il
responsabile dovrà stare molto attento"
Sgranai
gli occhi a quell'esclamazione che sembrava tanto un monito rivolto a
Roxas, per caso stava insinuando che era proprio lui il responsabile?
Il biondo però non ci badò tanto e fece per
andarsene ma Xemnas lo
fermò ancora, questa volta però sembrava
infastidito.
"Ehi
frocetto non mi ignorare!"
Roxas lo fulminò con lo
sguardo e io mi sentii l'ansia avvampare in corpo.
"Oh ti sei
girato... allora è vero quello che si dice? Sei dell'altra
sponda?"
ridacchiò perfido e io sbiancai quasi al pensiero che FORSE
si stava
riferendo a quella
piccola bugia
che avevo detto su Roxas proprio qualche giorno prima a
pranzo...bugia che avevo detto sempre per apparire come il forte
della situazione.
Roxas da parte sua sembrava fremere dal
nervosismo ma vedevo Naminè che lo teneva per un braccio e
gli
bisbigliava qualcosa nell'orecchio, ma quando Xemnas parò di
nuovo
lui non ci vide più.
"Ormai sei diventato proprio come quel
Freddie Mercury che osanni tanto. Frocetto
storpio"
e scoppiò a ridere "Chissà se la sorte
avrà qualcosa di
meglio in serbo per te"
C'era qualcosa di strano in tutto
questo.
Xemnas non era mai stato il tipo da dare
tanta confidenza
alla gente, soprattutto a chi reputava sfigato, lui agiva sempre
dietro le quinte. Perché diavolo adesso stava facendo tutto
quello?
Vidi Roxas scattare come un fulmine e fu
per un puro
miracolo che non vidi un suo pugno premuto contro il volto di Xemnas,
no, non era lui che l'aveva colpito ma... una fetta di torta al
cioccolato? Scossi un attimo la testa per schiarirmi la visione:
Roxas aveva afferrato il dessert di Luxord e l'aveva scagliato
malamente in faccia a Xemnas. "Non osare più dire
una cosa
del genere" il tono del più piccolo era irriconoscibile, lo
vedevo respirare freneticamente ma aveva indossato un'espressione a
dir poco spaventosa.
Ora
erano cazzi.
Xemnas rimase immobile per qualche
istante e poi il
suo volto fu trasfigurato da un impeto di follia, afferrò il
piatto
di carta che aveva avanti a sé e lo lanciò con
quanta più forza
che poteva contro Roxas, ma quest'ultimo riuscì a schivarlo
all'ultimo e il piatto andò a colpire... Seifer?!
Cazzo, la
situazione stava peggiorando sempre di più.
Seifer era
l'arcinemico di Xemnas.
"Che cazzo fai? Stronzo!" questo
si levò dal suo tavolo e afferrò una manciata di
spaghetti dal suo
piatto e li lanciò verso il suo rivale, ma
sbagliò completamente
traiettoria e colpì Xigbar.
Nel giro di pochi secondi la
caffetteria si trasformò in un vero e proprio campo di
battaglia
senza esclusione di colpi, da una parte vidi Naminè
trascinare via
Roxas, mentre dall'altra sentivo Saix urlare all'argenteo "Guarda
che avete combinato! Avresti dovuto prenderlo a
pugni"
Saix.
Saix!
Ora
tutto tornava!
Mentre la guerra, alimentata
principalmente da
rancori che ognuno nutriva verso gli altri, impazzava e il caos
regnava, avrei voluto prendere in disparte Saix e Xemnas e dare ad
entrambi un pugno in faccia ma decisi saggiamente di evitare, prima
di tutto perché sapevo che io ne sarei uscito male e poi
perché
avevo visto che adesso erano passati al contatto
fisico
con
quelli della squadra di rugby, quindi preferii dileguarmi di corsa
per andare in cerca di Roxas. Avrei pensato in seguito a parlare con
loro.
Quando uscii dalla caffetteria mi
ritrovai di fronte Naminè,
questa era ferma in mezzo al corridoio con la sua solita espressione
distaccata.
"Dov'è Roxas?" chiesi con
urgenza voce alta
senza badare alla cortesia.
Lei indicò un corridoio
parallelo e
prima che potessi riprendere la corsa lei mi fermò "Hai
ripensato alle mie parole, Axel Moore?"
Non capii
inizialmente a cosa si riferisse ma poi ricordai quelle cose strane
che mi aveva detto non molto tempo addietro "Sì, e Roxas mi
vuole con sé"
Lei socchiuse per un attimo le palpebre
e
sospirò, si portò le mani dietro la schiena
"Quando l'hai
soccorso gli dovevi stare lontano eppure gli sei stato vicino, ma
quando poco fa dovevi essergli vicino gli sei stato lontano"
"Io-io
non... non volevo"
"Tu lo farai soffrire, Axel" io
mi irrigidii a quella frase detta con tanta facilità ma che
nascondeva tanto "Però anche lui ti farà
soffrire. Pensaci
bene"
"Io non lo lascerò andare"
esclamai e questa
volta la lasciai lì dov'era.
Corsi per la scuola in lungo e in
largo ma non vedevo Roxas da nessuna parte, mi diressi verso l'atrio
per cercarlo fuori ma qui una cosa mi colpì, o meglio una
scritta.
Sulla bacheca degli annunci svettavano delle enormi lettere in spray
rosso che avevano ricoperto tutti i manifesti e gli annunci che erano
appesi.
Mansex
sei il prossimo.
Io
mi avvicinai con espressione quasi inorridita ma poi l'attenzione fu
catturata da un debole singulto proveniente poco lontano da me,
analizzai l'ambiente affondo e notai l'esile figurina di Roxas
accovacciata accanto alla scrivania deserta del centro
informazioni.
"Rox" lo chiamai e mi inginocchiai
accanto
a lui, quando gli poggiai una mano sulla schiena notai che stava
fremendo "Rox, tutto okay?" ma lui non rispose "Senti...
mi dispiace... non volevo che succedesse tutto questo"
Attesi
qualche secondo, ancora nulla.
Mi avvicinai di più al suo
volto e
mi accorsi che stava trattenendo a stento le lacrime.
"Rox"
sussurrai più dolcemente.
Lui si girò e mi
guardò con
espressione spezzata "Non... non sto piangendo...mi devo
trattenere" singhiozzò.
Vederlo in quello stato mi
frantumava il cuore in tanti microscopici pezzettini "Roxas...
mi dispiace..." non riuscii a dire altro.
Lui scosse la testa
e si buttò tra le mie braccia, io rimasi immobile come un
cretino
per una buona ventina di secondi prima di registrare la cosa e
racchiusi Roxas in un abbraccio.
"Non scusarti. Ho solo... ho
solo reagito male" lo sentii tremare tra le mie braccia e io lo
strinsi a me "Sono uno stupido... perché...
perché sono
cascato nel suo gioco"
Gioco? Ma
perché poi?
"Di che stai parlando?"
"Era
evidente no?" singhiozzò di nuovo e si portò una
manica
all'altezza degli occhi per asciugarsi una lacrima "Voleva farmi
crollare emotivamente... sa che è la mia debolezza"
"Non
piangere che poi ti senti male" mormorai passando una mano tra i
fili dorati che erano i suoi capelli "Se poi ti senti male di
nuovo io che faccio?" ridacchiai malinconicamente per
alleggerire il momento.
"Mi porti di nuovo in salvo"
rispose lui come se fosse un dato di fatto.
Abbozzai un sorriso e
lasciai correre qualche minuto per dargli il tempo di
riprendersi.
"Adesso però basta essere
tristi"
"Ma
io non sono triste... sono solo arrabbiato" lui mi afferrò
la
mia maglia e la strinse convulsamente "Fremo di rabbia... sia
perché lui è stronzo... sia perché io
sono così idiota da esserci
cascato"
"Senti..." iniziai portando una mano
dietro la testa e iniziando a grattarmi la nuca " Devo farti le
mie scuse... avrei dovuto fare qualcosa per impedire a Xemnas di dire
tutte quelle cose. Tu avevi ragione a sentirti offeso... non avrebbe
dovuto chiamarti frocetto"
sussurrai accarezzandolo ma lui scosse di nuovo la testa.
"Non...
non me la sono presa per quella"
"E per cosa
allora?"
"Per lo storpio"
Non
seppi cosa dire a quel punto, non potevo uscirmene con qualcosa del
tipo
"Non
preoccuparti che non sei storpio ma solo terminale",
così preferii starmene zitto.
"E poi Freddie Mercury non era
storpio" aggiunse.
"Sì... lo so" se la memoria
non
mi ingannava era morto di HIV "Ma lui cosa c'entra?"
"Mai
offendere Freddie Mercury o pronunciare blasfemie su di lui"
Aspetta
cosa? Aveva scatenato tutto quel casino per Freddie Mercury?
Quella
era la conferma evidente che Roxas era un pazzo!
"La nostra
sorte però sarà diversa"
"Cosa?"
"Io non
morirò a differenza sua. Supererò tutto"
sussurrò
stringendosi a me e posizionando il suo orecchio all'altezza del mio
cuore.
"Ti piace tanto eh?" appoggiai
dolcemente il
mento sulla sua testa.
"Se parli di Freddie Mercury la
risposta è sì" indugiò giusto un
istante e poi continuò
"Però anche se parli di questa posizione allora la risposta
è
sì"
A quel punto avvampai e ringraziai tutti
i santi che
erano in cielo che Roxas non poteva vedere il mio volto.
"Il
tuo cuore batte forte" constatò dopo qualche secondo di
silenzio.
Ma per mia fortuna non dovetti mai dare
giustificazioni
perché proprio in quel momento arrivò Leon, lo
psicologo della
scuola.
"Roxas! Eccoti finalmente. Oh ci sei
anche tu
Axel" quando ci raggiunse parve sorpreso di vedere anche me
lì
e soprattutto della posizione in cui ci trovavamo "Tutti e due,
in presidenza" aggiunse poi.
L'ufficio del preside era
una stanza abbastanza spaziosa con un'ampia finestra che dava sul
giardino anteriore, vi era una grande scrivania di legno piena di
scartoffie che ammuffivano lì da chissà quanto,
una libreria
immensa che prendeva due pareti e dalla quale svettavano vari oggetti
di dubbia natura, fotografie varie appese al muro, l'immancabile
bandiera e in ultimo, ma non meno importante, il preside seduto sulla
sua poltrona di pelle - ormai anche lui era diventato parte del
mobilio dato che non lo si vedeva mai fuori da lì. Tutto era
silenzioso, l'unico rumore che vi si poteva udire era solo il
ticchettio delle lancette dell'orologio.
"Allora DiZ"
cominciai ad un certo punto, stravaccato su una delle sedie del suo
ufficio "Come va la vita?"
L'uomo non mi guardò
neanche,tanto era assorto nella contemplazione del giardino esterno
"Per la millesima volta, Axel, devi chiamarmi preside Ansem"
"Ma
DiZ è più colloquiale"
"Appunto!" esclamò
esasperato l'uomo portandosi una mano alla tempia e
massaggiandosela.
Lanciai un'occhiatina a Roxas che era
seduto
sulla sedia accanto alla mia, aveva lo sguardo basso e sembrava
particolarmente a disagio; evidentemente non era abituato a quel tipo
di luogo, io invece ormai ci avevo fatto l'abitudine, mi recavo
lì
minimo una o due volte a settimana anche se questa volta il motivo
non mi era ben chiaro dato che tecnicamente non avevo fatto
proprio nulla.
Gli diedi una leggera pacca sul braccio e gli sorrisi per
rassicurarlo.
Non molto tempo dopo la porta
dell'ufficio si aprì
e rivelò una donna trafelata con una lunga treccia castana,
legata a
mo' di coda da un grande fiocco rosso e dai lipidi occhi di un
brillante acquamarina.
"Scusate il ritardo" la donna,
che fu salutata dal preside come signora Aerith Strife, prese subito
posto su una sedia accanto alla nostra, salutò Roxas, con
suo sommo
imbarazzo, con un bacio sulla tempia e dopo i vari convenevoli
attaccò a raccontare di quanto traffico avesse incontrato
sulla
strada. Quando il preside poi mi presentò, lei mi riconobbe
subito
come colui che aveva aiutato il suo adorato
figlio
(sue
parole) e mi racchiuse in un soffocante abbraccio.
"Oggi
avevamo già un appuntamento, mi è sembrata strana
la sua chiamata"
iniziò lei.
"Già, però
è successo qualcosa durante
l'ora
di pranzo e penso che oggi dovrò passare tutto il pomeriggio
qui per
prendere provvedimenti disciplinari" sospirò profondamente
l'uomo "Axel ho provato a chiamare tuo padre ma non sono
riuscito a rintracciarlo"
"Ohh nessun problema"
agitai una mano per aria e ridacchiai ironicamente "Sa
com'è,
chissà in che parte sperduta del globo sarà
finito. Provvedo io a
me stesso"
Lui scosse la testa con fare grave e la
madre di
Roxas parlò di nuovo "Cos'è successo di preciso?"
"In
breve, c'è stata una vera e propria guerra con il pranzo...
che poi
si è trasformata in rissa"
"Ma è una cosa molto grave!
E sa chi è il responsabile?"
"Mi riesce difficile
crederci ma dei ragazzi asserivano che sia stato Roxas" lui
rispose e puntò lo sguardo sul biondo accanto a me che era
rimasto
in religioso silenzio per tutto il tempo "Tu cosa ci puoi dire,
Roxas?"
"Mi avvalgo della facoltà di
non rispondere"
fu tutto quello che ebbe da dire mentre continuava a tenere il volto
basso.
"Rox non siamo in tribunale. Avanti,
rispondi al
preside" lo riprese la madre, turbata, ma lui continuò a
tenere
il silenzio.
"La colpa è mia"
Non seppi il motivo,
forse per dipingermi migliore di quello che potevo sembrare ai suoi
occhi o forse perché mi sentivo davvero colpevole per aver
dato
adito agli altri di odiare Roxas e non aver fatto nulla per
difenderlo, ma le parole mi uscirono automaticamente senza sapere
esattamente cosa avrei dovuto fare o dire.
Immediatamente tre paia
di occhi si puntarono su di me.
"Axel... non dirmi che sei
davvero tu. Proprio questa volta che non ti avevo convocato per la
tua cattiva condotta"
"È colpa mia" sottolineai di
nuovo annuendo "Xemnas ha iniziato ad importunare verbalmente
Roxas e, non solo io sapevo di esserne la causa, ma non ho fatto
nulla per farlo smettere... la reazione di Roxas è stata
puramente
difensiva. Però giuro che non è stato nulla di
intenzionale, io non
gli farei mai del male"
Per i venti minuti successivi Ansem
ci intrattenne con un lungo discorso sul giusto comportamento da
adottare a scuola, sul fatto che dovevamo andare tutti d'accordo, che
non si giocava con il cibo e stronzate varie, saltò poi
fuori che
quel pomeriggio mi aveva convocato perché voleva spiegarmi
il motivo
per cui Roxas si era sottratto dalle sue responsabilità di
tutor e
cosa fosse successo quel giorno quando lo avevo soccorso, tutte cose
che già sapevo, e disse anche che quel giorno la signora
Strife era
andata lì per aggiornarlo sulle condizioni di Roxas e le
misure che
la scuola avrebbe dovuto adottare per lui. Spiegò che le sue
condizioni si stavano aggravando a causa di un'infezione latente che
non era stata individuata in tempo ("Sono cose che succedono
spesso" disse Aerith alla mia evidente confusione "Quando
si tratta di malattie così particolari è
già un miracolo
accorgersene") e quindi adesso avrebbe dovuto avere
costantemente qualcuno accanto come aiuto. Quanto alla punizione, per
quella volta, disse che ce l'avrebbe data buona perché
effettivamente il primo a molestare Roxas era stato Xemnas
però si
raccomandò che una cosa del genere non sarebbe mai
più dovuta
accadere.
"Se proprio vuole dar loro una
punizione"
annunciò la castana con un grande sorriso sulle labbra, poco
prima
di congedarci "Possiamo fare di Axel l'accompagnatore ufficiale
di Roxas quando non c'è Sora!"
E il verdetto fu
emanato.
Avrei vigilato sulla sua
incolumità durante tutte le
lezioni che avevamo in comune, lo avrei accompagnato da una classe a
un'altra, lo avrei scortato in infermeria quando doveva prendere le
sue medicine e lo avrei assistito se avesse avuto qualche lieve
malore. Altro che punizione, non avrei potuto chiedere di meglio,
pensai iniziando a camminare per il corridoio. L'unico problema che
sussisteva adesso era come dovevo metterla con Saix e Xemnas.
"Sora
è ancora in palestra con Riku, gli ho mandato un messaggio
per
avvisarlo che sei venuta tu a prendermi" sussurrò Roxas alla
madre, camminando accanto a me.
Lei rispose affermativamente e poi
si rivolse a me "Axel? È così che ti
chiami vero?"
io assentii con un cenno del capo "Prima hai detto che tuo padre
è in viaggio. Sei solo a casa?"
"Sì perché?"
"Allora
stasera vieni a cena a casa nostra" decretò con un caldo
sorriso sulle labbra.
"Cosa?!" esclamammo io e Roxas
all'unisono.
"Mamma... Axel avrà
sicuramente da
fare"
Lanciai un'occhiata a Roxas e notai una
punta di
nervosismo.
"Non si preoccupi signora
Strife"
"Aerith"
"Cosa?"
"Chiamami
Aerith"
"O-okay... Aerith"
"Bene" lei
annuì contenta "Stasera sarai nostro ospite"
Non
riuscii proprio a dirle di no.
Il viaggio in macchina durò
una quindicina di minuti massimo ma sembrò non finire
più.
Mi
sentivo come un coniglio in gabbia che si stava dirigendo nella tana
del leone e la cosa mi fece quasi ridere: è ironico come,
fino a
poche settimane prima, il leone pensavo di esserlo io. Accanto a me
avevo un Roxas silenziosissimo che mi guardava di tanto in tanto, sul
sedile anteriore invece Aerith parlava allegramente e non dava segno
di voler terminare e io invece me ne stavo fermo, immobile, per la
paura di poter fare qualcosa di sbagliato.
Spostai la mia
attenzione dal finestrino e studiai attentamente la vegetazione che
contornava le strade, ci eravamo lasciati alle spalle il centro
cittadino e ora ci trovavamo in un piccolo quartiere residenziale
immerso nella natura.
La casa di Roxas era una grande villa di
mattoni rossi a tre piani, con il tetto spiovente blu e le rifiniture
e le finestre bianche, avanti ad essa si stendeva un piccolo
giardinetto all'inglese delimitato da tanti cespuglietti di
fiorellini colorati, dietro di essa invece un'immensa distesa blu
correva fino all'orizzonte, quello era il lago più grande
della
città.
Rimasi colpito dall'imponenza della casa
e dal luogo
in cui ci trovavamo, sebbene frequentava una scuola privata come me
non mi aspettavo che Roxas fosse così benestante; ma poi
scrollai le
spalle, non che la cosa mi interessasse poi molto, dopotutto la
maggior parte delle persone che vivevano nella nostra cittadina
era più
che benestante
e
chi più di me poteva dirlo.
Quando entrammo in casa, Roxas mi
sorpassò di corsa e lo vidi attraversare il grande salone
davanti a
noi per andare nei giardino sul retro, io ero rimasto indietro
perché
sua madre era ancora in vena di parlare e mi aveva invitato in cucina
a prendere una bibita.
"Non ci far caso" ridacchiò
lei mentre versava del succo d'arancia in un bicchiere "Roxas
è
spesso un po' brontolone ma non lo fa apposta"
"Lo so, è
un bravo ragazzo" io sorrisi mentre la vedevo preparare il
vassoio con la merenda per noi.
"Sai Axel, sono felice che
siate amici" mi confidò togliendo un pentolino dal fuoco e
versando il latte caldo di Roxas in una tazza dello Stregatto, poi
prese uno scatolino di plastica arancione da cui contò
qualche
pillola e le riversò nel tappetto che appoggiò
sul vassoio accanto
alla mia fetta di torta e alla sua banana "Lui non ha molti
amici... però ho sentito varie volte che parlava di te con
Naminè"
Roxas che parlava di me? La cosa mi fece
quasi
arrossire, chissà cosa le diceva.
"Ecco qui" mi
consegnò il vassoio ricolmo di roba da mangiare, questo
perché lei
voleva offrirmi solo qualcosa da bere! "Raggiungi Roxas in
giardino" mi sorrise.
"Va bene" accennai un sorriso
e feci per avviarmi.
"Ah Axel?"
"Sì?"
"Puoi
assicurarti che mangi qualcosa? Almeno la banana"
Io
risposi affermativamente e seguii la strada che avevo visto imboccare
da Roxas, attraversai il grande salone, aprii la vetrata scorrevole e
mi ritrovai in un grande patio di legno bianco, davanti a me c'era un
enorme giardino collegato ad un viottolo e in lontananza vedevo un
piccolo molo in legno che andava nel lago e proprio lì
scorsi la
figura di Roxas.
Attraversai lentamente la distesa verde,
facendo
attenzione a non farmi cadere tutto addosso e lo raggiunsi sul molo:
era in piedi, rivolto verso l'enorme distesa d'acqua e mi dava le
spalle. Accanto a lui c'era una piccola barca a motore, probabilmente
loro poiché notai la sua felpa abbandonata sul divanetto a
prua.
"Roxas... ho portato-"
"Appoggia tutto
nella barca" disse lui senza voltarsi.
Io non obiettai e feci
come aveva detto, andai a prua e appoggiai il vassoio sul tavolino
che era davanti al divanetto e mentre stavo sistemando tutto per non
far cadere niente lui parlò di nuovo.
"Grazie Ax"
Mi
girai verso di lui e mi portai una mano davanti agli occhi per
coprirmi dal sole che mi andava negli occhi.
"Grazie per
tutto" a quel punto anche lui si voltò e abbozzò
un sorriso
"Non avevo avuto ancora modo di ringraziarti per avermi soccorso
l'altro giorno"
"Non ce n'è bisogno..."
"Grazie
anche per oggi"
Lui scese dal molo e mi raggiunse sulla
barca.
"Cos'è, Il giorno dei
ringraziamenti? Non è da
te"
risi imbarazzato.
Lui mi guardò sorridente ma
non aggiunse altro.
Io lo guardai negli occhi e mi avvicinai di più a lui.
"Non
sembravi tanto entusiasta del fatto che venissi a casa tua"
sussurrai neutro.
"Al contrario... sono felice" rispose
asciutto "Volevo solo preservarti"
"In che
senso?"
"Volevo che fossi una mia esclusiva,
senza che
dovessi presentarti a troppa gente"
Trattenni il fiato a
quelle parole e lui mi prese per mano per condurmi sul
divanetto.
"Immagino che tu abbia qualcosa da
chiedermi
vero?"
"Abbastanza direi"
"Allora inizia,
sono a tua completa disposizione"
Ci sedemmo uno
davanti all'altro, io incrociai le gambe mentre lui le portò
al
petto, ci fu qualche attimo di silenzio e poi parlai.
"Allora,
come stai?"
Quel giorno scoprii tre cose di Roxas.
Primo,
che quando era di buon umore era la cosa più bella al
mondo.
Secondo, che riusciva a farmi apparire
come un cretino,
qualsiasi cosa io facessi o dicessi.
Terzo, era un cuore
impavido
capace
di difendere con gli artigli qualsiasi cosa a cui lui tenesse.
•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•
¹
Hotel
California - Eagles (1976)
² Lui
disse "Ragazzo posso dirti una cosa bellissima? Non posso fare a meno
di notare che mi fissi. Lo so che non dovrei dirlo ma lo credo davvero,
dai tuoi occhi posso dire che sei innamorato di me". Ora, ti sto solo
dicendo questo perché la vita può fare cose
brutte.
Lui disse "Ti posso dire una cosa terribile? Sembra che sono
malato e che mi manca qualche settimana, per piacere non essere triste
ora, perché voglio che tu creda davvero che tu sei stata la
cosa
migliore che mi sia capitata,
Terrible
Things - Mayday Parade (2011)
³
I'm a shooting star leaping through the sky,
like a tiger defying the laws of gravity, Don't
Stop Me Now - Queen (1979)
|
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Capitolo 6 *** Lively ***
Viva la Vida
Nel
capitolo precedente
"Ti ho dato
tutto quel che sapevo e tu l'hai accolto come un'assetato
che è posto davanti ad una sorgente d'acqua. Ti ho sempre
lasciato libero ma in realtà è a me che
appartieni"
"No... non sono
mai stato tuo. Era tutto perfetto all'inizio, ma poi
è arrivato Xemnas e allora ho capito che tra noi non
c'è
mai stato nulla. Adesso c'è Roxas per me"
"Il tuo
è solo un atto di ribellione" continuò
poi Saix,
facendomi risvegliare dai miei pensieri "Axel, stai lontano da lui. Ti
sta mettendo strane idee in testa"
"Ti piacerebbe"
sbuffai sarcastico.
"Questo
è un avvertimento"
"Cos'è
che ti fa sentire tanto in gamba rispetto a me?"
"Il fatto che
non verrei mai a 'prendere' una Coca alla ciliegia con te"
"Sta' a
sentire...io non mi sognerei mai di invitarti ad uscire!"
"E questo
dimostra quanto sei idiota"
"Voleva farmi
crollare emotivamente... sa che è la mia
debolezza"
"Non piangere
che poi ti senti male" mormorai passando una mano tra i
fili dorati che erano i suoi capelli "Se poi ti senti male di nuovo io
che faccio?" ridacchiai malinconicamente per alleggerire il momento.
"Mi porti di
nuovo in salvo" rispose lui come se fosse un dato di fatto.
"Adesso
però basta essere tristi"
"Ma io non sono
triste... sono solo arrabbiato" lui mi
afferrò
la mia maglia e la strinse convulsamente "Fremo di rabbia... sia
perché lui è stronzo... sia perché io
sono
così idiota da esserci cascato"
"Se proprio
vuole vuole dar loro una punizione" annunciò la
castana con un grande sorriso sulle labbra, poco prima di congedarci
"Possiamo fare di Axel l'accompagnatore ufficiale di Roxas quando non
c'è Sora!"
"Non sembravi
tanto entusiasta del fatto che venissi a casa tua"
sussurrai neutro.
"Al contrario...
sono felice" rispose asciutto "Volevo solo preservarti"
"In che senso?"
"Volevo che
fossi una mia esclusiva, senza che dovessi presentarti a
troppa gente"
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#6
- Lively
Se
pensate con la testa, il cuore è solo un organo che pompa il
sangue.
Ma se pensate con il cuore...
sapete che il cuore è il
centro dell'esistenza umana.
Un cuore sente, si emoziona e
parla.
Con un cuore puoi percepire,
comprendere e
giudicare.
Spesso al cuore si accorda
una maggiore importanza del
cervello.
L'autunno
di Tarrytown è uno degli spettacoli più belli che
avessi mai visto
in vita mia.
Probabilmente vi chiederete di cosa io
stia parlando,
ebbene Tarrytown, contea di Westchester, stato di New York, a soli 30
minuti dal centro di Manhattan, è una piccola macchia di
verde in
mezzo al caos metropolitano. Beh, forse non proprio piccola, si parla
pur sempre di una cittadina. Una piccola cittadina immersa nella
natura ma con la comodità di essere vicinissima al cosiddetto
centro
del mondo e
non era raro vedere persone che fuggivano da smog e grattacieli per
rintanarsi nella natura della periferia. Io
e Roxas eravamo due chiari esempi, anche se per motivi diversi. Io mi
ero trasferito a Tarrytown con mio padre poco dopo la morte di mia
madre, prima vivevamo insieme nella lussuosa Brooklyn Heights* ma ad
un certo punto, lui
ha iniziato a sentirsi oppresso in quel pandemonio di luci e suoni ed
è venuto qui, in cerca di una vita più sana e
tranquilla... ma
questa era solo la sua giustificazione, in realtà
è scappato dalla
città perché tutto gli ricordava mia madre e lui
non riusciva a
farsene una ragione. Anche Roxas arrivò quando era ancora
piccolo,
frequentava le elementari all'epoca e non era tanto entusiasta di
aver lasciato l'eleganza della 5th Avenue di Upper East Side*, ma
Sora da piccolo soffriva di una lieve forma di asma e i genitori
ovviamente volevano il meglio per loro, e ovviamente cosa c'era di
meglio di una villa ai piedi di uno splendido lago? "Che
assurdità!"
adoravo
Aerith e Sora quando imitavano Roxas da bambino, gonfiavano le
guance, mettevano il broncio e portavano le mani ai fianchi "Se
tutti i bambini di Manhattan che hanno l'asma si trasferissero in
periferia, la città si decimerebbe!",
Roxas da piccolo doveva essere tanto intelligente quanto
adorabile!
Ma ritornando a noi, la zona dei laghi
di Tarrytown era
considerata come il gioiello della città perché
qui più che
altrove si concentrava l'estrema bellezza della natura: c'erano
alberi di tutti i generi ad incorniciare i laghi tanto che in
primavera e in autunno diventava un vero e proprio trionfo di colori,
mentre in inverno la superficie dell'acqua si ghiacciava e
diventavano ottime piste di pattinaggio su ghiaccio.
Una volta
raggiunto Roxas sulla barca, lui aveva tanto insistito a mostrarmi le
sue doti di guida. Ora, non che non volessi
fidarmi
di lui, ma ero piuttosto preoccupato di affidare la mia vita nelle
mani di un sedicenne sprovvisto non solo di patente nautica ma anche
di quella automobilistica.
"Non guido non perché sono
un'incapace ma perché non
posso"
mi lanciò un'occhiata sprezzante mentre prendeva posto ai
comandi
"Semmai l'incapace è Sora che è già
stato bocciato due volte
di seguito"
Io presi posto sulla poltroncina a
poppa poco
dietro di lui (avevo portato con me anche il vassoio con la
merenda per paura che a prua potesse riversarsi a terra), ero ancora
titubante ma ridacchiai al pensiero di Sora "Quindi sei
assolutamente sicuro di saper far muovere quest'affare?"
"Per
la millesima volta, sì Axel è da anni che lo
faccio e non
preoccuparti non ci allontaneremo molto" disse accendendo il
motore.
Io per sicurezza mi aggrappai come
meglio potei al
divanetto "E... e se
ti sentissi male alla guida?"
Lui voltò il capo, mi
scrutò
con attenzione e poi scrollò le spalle "Nel migliore dei
casi
affondiamo"
Cavolo che prospettiva confortante!
Purtroppo
non potei protestare di più perché proprio mentre
parlavamo la
barca aveva iniziato a muoversi, all'inizio lentamente, poi sempre
più velocemente e in men che non si dica ci allontanammo dal
piccolo
molo finché non divenne un piccolo puntino in lontananza.
"Allora
come ti sembro?"
Bellissimo,
volevo rispondere ma mi contenni "Direi capace"
Lui mi
rivolse un sorriso e tornò alla guida senza aggiungere
altro, ci
fermammo pochi minuti dopo dalle parti della sponda opposta ma
eravamo sempre al largo, mi chiedevo come mai.
"Dai Moore,
alzati che siamo arrivati"
Roxas spense il motore e si
avviò di nuovo a prua facendomi cenno di seguirlo, afferrai
di nuovo
il vassoio e lo seguii di nuovo sul divanetto dove avevamo iniziato a
chiacchierare poco prima. Prima di sedermi accanto a lui mi soffermai
a guardare l'ambiente, eravamo circondati da una miriade di alberi
dal mantello giallo-rossiccio proprio dello stesso colore del sole
che si specchiava nell'acqua e vicino a noi emergeva un minuscolo
isolotto popolato solo da qualche sterpaglia.
"È davvero
bello qui" mormorai e mi sentii in estasi quando guardai Roxas e
mi accorsi di come la luce del rosso sole del tramonto illuminava
ancora di più la sua capigliatura dorata. Forse per lo
sfondo
pittoresco, forse per l'illuminazione o forse perché era
Roxas, la
scena che mi
si parava davanti
era un qualcosa di paradisiaco. Attorno a noi il silenzio
più
totale.
"Sono felice che ti piaccia"
Senza pensarci
due volte, afferrai di scatto il mio cellulare e immortalai
quell'attimo a dir poco perfetto.
Il volto rilassato e appena
sorridente di Roxas in primo piano, i capelli leggermente spettinati
dalla brezza pomeridiana, gli occhi così caldi e vivi, le
labbra
rosee piegate in un caldo sorriso, la pelle un po' troppo pallida, e
dietro di lui tutte le tonalità di giallo, arancione e rosso
degli
alberi.
Avete presente quella sgradevole
sensazione delle
farfalle nello stomaco? Ecco mi sentivo proprio così, e
iniziai a
temere che se avessi fatto una scansione a raggi x del mio corpo le
avrei trovate a svolazzare allegramente dentro di me!
"Ehi
che fai!"
Ridacchiai appena al rossore che si
era venuto a
formare sulle guance del biondo quando si era accorto che gli avevo
appena scattato una foto. Rimasi a contemplarla con un sorriso a fior
di labbra per una manciata di secondi, poi gli passai il cellulare
per farla vedere anche a lui e si dipinse un'espressione compiaciuta
sul suo volto.
"Non è male"
commentò solamente "Se
ti piace puoi tenerla, non ti denuncerò per furto d'immagine"
Il
fatto di vederlo così beato mi scaldò il cuore e
mi sentii
pervadere da un sentimento di completezza e appagamento
che non avevo mai provato prima. Stavo bene se stava bene lui, ma a
proposito di questo...
"Allora che ci facciamo in mezzo al
lago?"
"Volevo mostrarti una cosa" rispose
guardando verso l'isolotto, sembrava deluso "Ma è ancora
presto"
"Di cosa si tratta?"
"Te lo
mostrerò al calar del sole"
Dal momento che ci mancava
ancora un po' di tempo decisi di mettermi comodo sul divanetto,
allungai le braccia lungo lo schienale e accavallai le gambe, alzai
lo sguardo al cielo e ridacchiai "Che pace che c'è qui...
dovremo saltare più spesso le attività
pomeridiane"
"Certo,
così ci bocciano" lui sogghignò, mettendosi
comodo accanto a
me...molto
accanto
a me.
Quando notai la sua vicinanza (che
avrei
definito spassionata,
perché non sembrava mosso da particolari intenzioni) sentii
il mio
corpo irrigidirsi e, dal momento che avevo fatto fin troppo la figura
dello scemo vicino a lui, mi imposi di riprendere le redini della mia
persona, e per evitare qualcosa di cui mi sarei pentito, mi sporsi in
avanti e afferrai con entrambe le mani il vassoio per servire la
merenda, da buon cavaliere
quale
potevo essere,
se volevo.
Roxas rimase quasi stupito dal mio
gesto e quando lo
avvicinai a lui afferrò goffamente la sua tazza dello
stregatto e le
pillole poggiate lì vicino, quando lui si fu servito io
presi una
fetta di torta e ritornai alla mia postazione.
"Latte caldo
di pomeriggio?" feci addentando un pezzo di dolce "Che
buona!" aggiunsi dopo aver ingoiato.
Roxas si prese qualche
secondo per inghiottire le sue medicine, una per volta, accompagnata
ognuna con un piccolo sorsetto e dopo questo suo piccolo rituale
finalmente rispose "Il latte caldo ti aiuta a rilassarti... o
almeno è quello che ripete sempre mia madre. Non credo in
questa
vecchia diceria, ma a quanto pare è fondamentale nella mia
dieta".
Lo vidi prendere qualche altro sorsetto e poi appoggiò la
tazza
mezza piena sulle gambe.
"Sai... sarà anche salutare
ma di
tutte le merende che ho visto durante la mia vita, latte caldo e una
banana è la più strana di tutte!"
"Qualche
esempio?" ciondolò la testa di lato in maniera
carina.
"Qualcosa come alette di pollo fritte
con contorno di
gelato al pistacchio" solo Demyx poteva fare un'oscenità del
genere e l'espressione di puro orrore che indossò Roxas fu
la stessa
mia di quando mi ritrovai quello spettacolo raccapricciante davanti
agli occhi.
"Penso che chiunque abbia fatto una
cosa del
genere non stia tanto bene con la testa..."
"Lo penso
anche io" mi ritrovai a sorridere. Dopotutto Demyx era
pazzo.
"Allora Moore, di che si parlava
prima?" cambiò
argomento.
A quella domanda mi sentii
improvvisamente come
risvegliato da un lungo sonno e finalmente ricordai il motivo per cui
avevo accettato ad andare a casa di Roxas...beh oltre al fatto che
non avevo saputo dire di no alla signora Strife. Tagliai un altro
pezzetto di dolce e lo portai alla bocca "Ti avevo chiesto come
stavi"
"Tutto bene, grazie, e te?" mi rispose
sarcastico
Abbozzai una lieve risata "Non vorremo
finire a
divagare un'altra volta come abbiamo fatto ora? Parlo seriamente,
come stai ora? Sai dopo...dopo quello-"
"Si, ho capito
cosa intendi Axel" mi interruppe, non lasciandomi il tempo di
finire, dopotutto era ovvio cosa stessi cercando di chiedergli. Lui
fece un lungo sospiro e fece un altro sorsetto di latte "Non
è
una buona situazione, ma possiamo dire che ora sto meglio... non
vorrei annoiarti con tutta questa storia"
"Tu non mi
annoi, Rox. Se te l'ho chiesto è perché mi
interessa" ribattei
serio voltandomi verso di lui, ma il suo sguardo era perso davanti a
sé, verso qualcosa di invisibile.
Tra di noi era piombato di
nuovo il silenzio.
Corrugai la fronte e inspirai
profondamente,
dal momento che evidentemente non voleva parlare decisi di non
forzarlo, posai il piattino nel vassoio e presi il bicchiere con il
succo che iniziai a bere lentamente.
"Axel..." il mio
nome fu pronunciato in un sussurro e mi voltai di nuovo verso di lui
"Circa due anni fa... mi è stato impiantato un
defibrillatore
proprio qui" parlava con una lentezza estenuante, ma in essa vi
potevo percepire nervosismo e preoccupazione, e intanto con la mano
destra era andato a sfiorarsi un punto un po' più in basso
della
clavicola sinistra, proprio come aveva giù fatto in
precedenza
"Allora non mi era stato ancora diagnosticato il qt
lungo,
sai... si pensava che fosse un problema di aritmie... ma non di
questo livello!"
"Perché è tanto
difficile da
trovare?"
"Perché... come ti ho
già detto,
non è un problema del muscolo del cuore in sé ma
della velocità
dei battiti: se diventano incostanti e troppo veloci, il cuore non ha
il tempo di riempirsi e pompare il sangue necessario per tutto il
corpo. È difficile da diagnosticare perché i
sintomi non si possono
generalmente ricreare durante gli esami medici, certo possono
metterti sotto sforzo... ma la particolarità di questa
condizione,
che si differenzia da tutte le altre malattie,
è il fatto che sono soprattutto le forti emozioni a causarti
attacchi e non solo i movimenti" spiegò allontanando gli
occhi
blu da me e voltandosi verso il pavimento della barca.
"Non
puoi comandare le emozioni" aggiunsi completando il suoi
pensiero.
"È vero, non puoi comandare
le emozioni" lui
confermò "Ma è anche vero che è quello
che pensano
tutti"
Inarcai un sopracciglio, scettico dal
momento che a
scuola era successo quel che era successo "Credi di saper
controllare le tue emozioni?"
"Axel... scusami eh?
Scusami per tutto..."
"Perché ti scusi
adesso?"
Forse ero io scemo perché
la maggior parte delle
volte che parlava, io non riuscivo a capire dove voleva arrivare lui.
Il suo tono era afflitto e le sue scuse sincere e speranzose, come se
intendesse davvero dire quel che stava dicendo, ma il problema
è che
io davvero non avevo la più pallida idea di ciò
che
pensasse.
"Perché sono cattivo ed
egoista"
Quell'affermazione mi
spiazzò totalmente. Ma siamo
sicuri che quello che aveva lui non intaccava anche qualcosa in
testa? Che ne so, gli provocava sbalzi d'umore, dimenticava le cose,
entrava in confusione, cambiava personalità? Eppure lui mi
sembrava
sempre lucido e pareva mantenere un filo logico del discorso, per
quanto contorto fosse.
"No, tu sei bravo e altruista" lo
rassicurai con dolcezza.
"Ti sbagli Axel, tu
sei
bravo e altruista"
Mantenne il suo tono fermo come a
voler
sottolineare che quella fosse la realtà dei fatti e io mi
massaggiai
le tempie per scacciare quell'inizio di mal di testa che mi stava
venendo a furia di scervellarmi.
"Cosa significa tutto
questo, Rox? Vuoi dirmi qualcosa?"
Lui esitò ma poi scosse
il capo. Aveva un'espressione contratta e stringeva
convulsamente la tazza che aveva tra le mani .
"Bene"
sospirai solamente dopo qualche istante, mettendomi più
comodo sul
divanetto.
Avevo capito che Roxas era una persona
che aveva tanto
da dire, che aveva tanto che gli frullava in testa ma a quanto pare
non si sfogava e continuava a tenersi tutto dentro. Non era quel tipo
di persona che ti veniva vicino e parlava subito di tutto quello che
pensava o lo affliggeva, era diretto, sì, ma c'erano anche
tante
parole non dette. Con i tipi come lui se si voleva cavare un ragno
dal buco la cosa migliore era
lasciarli parlare, far dire loro quello che volevano, far capire loro
che si potevano fidare e che tu eri li per aiutarli e alla fine, se
andava tutto come doveva andare, si sarebbero completamente aperti.
Ci voleva pazienza.
Lanciai uno sguardo al vassoio e notai
che
Roxas non aveva ancora mangiato nulla, non aveva neanche bevuto la
metà del suo latte.
"Rox, tua madre mi ha chiesto di
assicurarmi che tu mangiassi" iniziai prendendo il frutto giallo
e porgendoglielo"Che ne dici di mangiare la banana?"
Lui
scosse la testa.
"Avanti, non hai mangiato niente...
anche a
pranzo ho visto che il tuo vassoio era mezzo pieno"
"Non
ho fame"
"Non vorrai farmi fare brutta figura
con tua
madre?" ridacchiai, l’avevo
appena conosciuta ma non potevo fare a meno di considerala come una
sottospecie di suocera. Lo so, probabilmente ero pazzo dal momento
che io e Roxas non stavamo neanche insieme. Non chiedetemi altro che
è meglio.
"Che ne dici di fare a
metà?" proposi poi,
lui mi guardò per un istante ma si rifiutò di
nuovo di collaborare.
Ora, per esperienza personale e per conoscenza generale, sapevo che
quando una persona non
sta proprio bene
non
se la sente di mangiare e cose così, non dovevo forzarlo ma
non
potevo neanche permettergli di rimanere digiuno.
Sbucciai la
banana e la avvicinai con delicatezza alla sua bocca "Qualcosa
mi dice che le banane ti fanno bene" mormorai dolcemente e lui
annuì debolmente, probabilmente aveva bisogno di potassio
"Allora
che ne dici se ti imboccassi io? Ne mangeresti un pochino? Lo faresti
per me?"
Roxas esitò incerto per una
manciata di secondi ma
poi alla fine diede un morsetto e io sorrisi soddisfatto "Vedi?
Anche tu sei bravo" feci accarezzandogli il capo.
Anche lui
abbozzò un sorrisetto e masticò con lentezza.
"Ti va di
continuare da dove ci siamo fermati?" domandai con accortezza
per paura che non volesse più parlare, però mi
rispose
affermativamente e io feci il punto della situazione "Quindi ti
hanno messo questo defibrillatore senza sapere cosa avessi... e quali
sono i sintomi che puoi avere? Sai, giusto per
prepararmi"
"Svenimenti improvvisi, palpitazioni,
convulsioni o arresto cardiaco" rispose senza troppi
preamboli.
"Capisco... e non ci sono dei
campanelli di
allarme o sintomi più leggeri che possono avvisarmi che stai
per
sentirti male?" chiesi dandogli un altro po' di banana, e lui
scosse la testa. La cosa mi preoccupava abbastanza, cos'avrei dovuto
fare in quei casi?
"È per questo che ho il
defibrillatore.
Mi serve a normalizzare i battiti del mio cuore affinché sia
tutto
regolare..." mi lanciò un'occhiata tesa"Però...
le
protesi possono scatenare delle complicazioni... soprattutto se il
fisico è debilitato e le difese immunitarie sono basse"
Spalancai
gli occhi e lo afferrai per le spalle.
"Quali complicazioni?
Riguarda quello che ha detto tua madre prima quando eravamo a
scuola?"
"Già... è
possibile che si sviluppino delle
infezioni... e noi ce ne siamo accorti troppo tardi" lui si
bloccò un attimo e mi guardò grave.
"Di che si tratta?"
chiesi timoroso.
"È un'infiammazione della
parte interna del
cuore, è una cosa abbastanza grave perché
può danneggiarlo
irreversibilmente"
"Come avete fatto a non accorgervene
prima?" chiesi con urgenza, Roxas sospirò e
appoggiò la testa
alla mia spalla, come se fosse una cosa normalissima per lui... ma
non lo era per me. Il cuore mi batteva all'impazzata, era
già un
momento critico per l'argomento che stavamo affrontando, poi si
aggiungeva anche lui. Sarebbe stato un miracolo se ne sarei uscito
indenne da lì!
"Perché i sintomi sono gli
stessi della
comune influenza: febbre, stanchezza, dolori articolari, brividi...
Qualche settimana fa però le cose sono peggiorate quando ho
iniziato
a tossire sangue e non avevo più forze per muovermi"
"È...
è terribile" la mia mascella si contrasse, sussurrai
racchiudendolo tra le mie braccia come avevo fatto giusto qualche ora
prima "Però se stai così male perché
vieni ancora a
scuola?"
"Perché non voglio
più stare a casa o in
ospedale... mi sembra di impazzire tra quelle mura"
Non aveva
tutti i torti.
Un ragazzo della sua età,
nel pieno degli anni
migliori, non doveva essere costretto a soffrire così tanto,
a
vivere una vita diversa da quella degli altri, avere certe
limitazioni. Essere sempre calmi e rilassati, non poter più
correre
sul campo, non poter piangere, provare eccitazione, rabbia, ansia,
terrore, malinconia... è come essere morti prima del tempo.
La
persona quando è privata di ogni emozione è come
un guscio vuoto,
come poteva esserci vitalità in un ragazzo che non poteva
provare
nulla?
Eppure Roxas lo era. Lo era sempre,
anche quando non stava
bene.
Senza che ce ne accorgessimo ci
eravamo ritrovati
entrambi distesi su un lato sul divanetto, Roxas era ancora tra le
mie braccia e io accarezzavo con gesto meccanico i suoi capelli
ribelli dietro la nuca, i nostri sguardi si incrociarono per quasi un
minuto e poi lui li socchiuse.
Rimanemmo in silenzio per
un'infinità, nessuno si azzardò a spezzare quella
quiete
confortante o a muoversi dalla rispettiva posizione.
Giuro che se
qualche settimana prima mi avessero detto che presto mi sarei
ritrovato su una barca, in mezzo ad un lago, con Roxas tra le mie
braccia e il cuore che minacciava di esplodermi in petto, penso che
me ne sarei uscito con una risata tutt'altro che
signorile.
Improvvisamente la
tranquillità del posto fu
interrotta da alcuni starnazzamenti molto simili a quelli di un
gruppetto di papere, immediatamente Roxas spalancò gli
occhi, si
levò con un veloce scatto dal nostro caldo giaciglio e
andò ad
inginocchiarsi vicino al bordo.
"Vieni qui Axel" mi fece
cenno di sbrigarmi a raggiungerlo "E porta i biscotti"
Non
capivo cosa fosse tutta quell'emozione nella sua voce così
feci come
mi disse, presi una manciata di biscotti dalla piccola scodella nel
vassoio e lo raggiunsi in un baleno.
"Guarda lì" mi
fece cenno di vedere la sponda erbosa proprio davanti a noi "Li
vedi? Li vedi?"
Io aguzzai lo sguardo e, quando sentii
di
nuovo quello strano starnazzare, individuai delle piccole macchioline
grigette che si muovevano - erano in mezzo ai piccoli tronchi di
alberi e ai cespugli. Poi quando arrivarono sulla terra ghiaiosa
della riva riuscii a metterle a fuoco e mi scappò un sorriso
"Sono
delle paperelle?"
"Ma no... sono dei cignetti"
Aveva
pronunciato quelle parole con una tenerezza tale che mi
assalì un
desiderio incontenibile di abbracciarlo e coccolarlo come se fosse un
peluche. Dio come era bello, il suo essere emanava una
felicità
genuina come solo un bambino può provarla e io, grazie a
lui, stavo
riscoprendo emozioni che ormai neanche più ricordavo di aver
mai
provato.
"Sono davvero carini" commentai,
intenerito sia dai piccoli animaletti che si affrettavano goffamente
a raggiungere il lago sia da Roxas.
"Tutti i giorni verso
quest'ora vengono qui a nuotare e poi vanno a passare la notte su
quell'isolotto" si girò verso di me e prese un paio di
biscotti
dalle mie mani "Questi li dobbiamo sbriciolare così poi
possono
mangiarli"
Rimirai sognante il modo in cui Roxas
si applicava
a sbriciolare i biscotti «altrimenti
i
cignetti potevano soffocare» e
lo seguii a ruota in quell'attività. Alle vocine stridule
dei
piccoli si erano aggiunte anche quelle dei genitori, ormai erano
tutti in acqua e nuotavano indisturbati. Quando si furono avvicinati
abbastanza, lanciammo le briciole e rimanemmo a guardarli un
po'.
"Grazie per avermi portato qui"
"Figurati...
volevo condividere con te questo momento"
"Non avevo mai
visto dei cigni dal vivo"
Roxas mi guardò
intensamente per
un attimo e poi si alzò "Sai Axel, chi cerca la perfezione
guardando sempre verso il cielo, rischia di non vedere i fiori sulla
terra"
Era ironico come un ragazzino a cui la
vita aveva
tolto molto,
aveva così tanto da insegnare, primo fra tutti riscoprire i
piccoli
piaceri della vita.
Rientrammo non molto tempo dopo,
quando
Roxas iniziò ad accusare una forte spossatezza e freddezza, l'aria in effetti stava diventando sempre più umida e
pungente
e anche il cielo stava diventando scuro. Quando si rimise alla guida
della barca mi premurai di fargli indossare di nuovo la sua felpa che
aveva abbandonato sul divanetto e rimasi in piedi accanto a lui per
evenienza, una volta rientrati in casa ci togliemmo entrambi le
scarpe (prima regola fondamentale: 'se vuoi stare dentro usi le
pantofole!') e non potei fare a meno di fare qualche battutina di
spirito alla vista degli enormi pantofoloni a forma di Stitch in cui
erano sprofondati i suoi piedi - a me per fortuna toccò un
paio più
normale. Aerith era ancora ai fornelli e di Sora neanche l'ombra
quindi ci rifugiammo al piano superiore dove sarei entrato finalmente
nel mondo
di Roxas.
La
camera di Roxas non era esattamente come l'avevo immaginata.
A
prima vista sembrava una
stanza nella norma come tutte le altre: era abbastanza spaziosa con
divanetto nel bow
window,
le pareti erano grigio scuro, c'era una scrivania, un'ampia libreria,
un
tv al plasma, il letto a una piazza e mezzo era accostato al muro e
sopra di esso la una buona parte della parete era ricoperta di
fotografie.
Ma poi quando accese le luci si ebbe
la magia.
Vicino
ad una delle pareti, dalla sagoma di
un albero vettoriale dipinto di nero,
prese vita uno sciame di lucine dorate che si estendevano dalle
radici del pavimento, su per il tronco fino ai lunghi rami intricati
e da lì si spandevano fino ad arrivare a contornare il
soffitto e
confluire in un cerchio concentrico al
centro di esso. Tutto questo concorreva a donare all'ambiente un
tocco magico e mozzafiato.
Vedendolo come un tipo perfettino
pensavo che andasse su
un genere classico o comunque sobrio e invece quello che mi ritrovai
davanti fu davvero uno spettacolo inatteso. Spettacolo,
perché era davvero bellissimo! Non penso di aver mai visto
un
qualcosa di simile.
Non seppi descrivergli a parole la mia
estasi ma doveva aver capito dalla mia espressione tant'è
che mi
invitò ad entrare e guardarmi attorno. La prima cosa che mi
colpì
furono le numerose fotografie appese alla testata del letto, la
maggior parte di esse ritraevano Roxas assieme a Sora, Riku,
Naminè,
in alcune comparivano anche Kairi e Zexion e altri ragazzini che non
avevo mai visto, era ricorrente in particolare una ragazza carina dai
capelli corti neri e gli occhi blu. Mi domandavo chi fosse,
probabilmente una persona importante per lui dal momento che era
unica protagonista di più di una foto. Guardando le
fotografie la
mia attenzione fu catturata da un fiume di parole che navigavano
nella parete.
If
today's the day I die, lay me down under the light, let me fall in
love, let me save a life. E
poi ancora. Cause
we're all just kids who grew up way too fast, yeah the good die young
but the great will always last¹.
Dovevano
essere le parole di una canzone che io non conoscevo, ma le pareti ne
erano piene. Ovviamente non mancavano poster di Freddie Mercury o dei
Queen e spiccava anche quello di God Save The Queen dei Sex Pistols e
Jim Morrison. Certo che il ragazzino aveva una buona cultura
musicale.
In un angolo vuoto invece c'era una
specie di torre
fatta con dei tubetti arancioni disposti circolarmente, avvicinandomi
per scrutarli meglio, mi accorsi che quelli erano i contenitori delle
sue medicine. Erano davvero tantissimi, la costruzione arrivava quasi
al soffitto e cosa ancora più stupefacente è che
anche lì accanto
c'erano delle parole. Don't
worry, it could have been worse².
Contrassi
la fronte in un espressione di dolore a quella vista e mi voltai
verso Roxas, che ora aveva preso posto sul letto. Era così
forte da
riuscire anche a scherzare sulla sua malattia, se io fossi stato
nella sua situazione chissà come mi sarei comportato, ma di
certo
non avrei eretto delle piccole sculture con i tubetti delle pillole.
Era la persona più viva
che
io avessi mai visto.
Quando Roxas mi chiese se mi piacevano
i
videogiochi capii che era la persona fatta apposta per me.
Tirò
fuori un rpg di nome Kingdom Heart, ne avevo sentito parlare in giro
ma non avevo mai avuto l'opportunità di giocarci - anche
perché non
mi attraeva tanto l'idea di combattere assieme a Pippo e Paperino, mi
sembrava una cosa da bambini, e invece mi dovetti ricredere.
"Senti
un po'" iniziai durante un momento morto del gioco "Per
caso conoscevi già Xemnas?"
Lui mi lanciò un'occhiatina
ma
poi ritornò a guardare la tv "Perché?"
"Avevate
un tono quasi confidenziale, se così si può
definire"
"Eh...
più o meno. Era il fratello di un tizio che conoscevo"
"E
come mai ti odia a tal punto?"
"Perché sono successe
varie cose"
"Cioè?"
"Stai
attento.... non attaccarlo ora" evitò di rispondere alla mia
domanda deviando l'argomento sul videogioco.
E se non fosse
stato per lui sarei stato sconfitto.
"Il protagonista è
proprio un idiota" sbottai passando il controller a Roxas, il
quale annuì senza staccare gli occhi dallo schermo.
"Mi
ricorda tanto mio fratello. Guardalo bene, sono quasi identici... il
livello di stupidità è lo stesso e hanno anche lo
stesso nome!"
Io
ridacchiai e gli diedi ragione.
"Eh? Ma come cavolo hai fatto
a sconfiggere quell'Heartless così in fretta?" esclamai
stupito
ma anche un po' contrariato perché quel mostro mia aveva
quasi
ucciso.
"Sappi che io non muoio mai... almeno
nei
videogiochi! È statisticamente provato" rise compiaciuto.
Io
feci un grugnito di dissenso e riafferrai il controller. Essendo
abituato ad essere il vincitore e glorificato per tutto ciò
che
facessi, vedermi battuto da un piccoletto del genere mi dava davvero
fastidio.
"E come hai trovato questo gioco?"
"L'ho
provato a casa di Riku e quando entrambi abbiamo concordato sulla
somiglianza con Sora ho deciso di comprarlo giusto per continuare a
prenderlo in giro. Però a parte questo è davvero
bello"
"È
vero... per quanto odio il protagonista penso che lo
prenderò anche
io" assentii e subito dopo esultai per aver sconfitto il boss
del mondo in cui ci trovavamo, anche a Roxas scappò una
risata
cristallina e mi diede una pacca sulla spalla mormorando un
"Bravo"
Quando ci ricomponemmo e
iniziò a scorrere un
video sul monitor, ne approfittai per riprendere a chiacchierare
"Toglimi una curiosità. Sora e Riku stanno insieme?"
Roxas
mi guardò genuinamente perplesso "Perché questa
domanda?"
"Sai... a scuola si parla tanto di
loro,
nessuno capisce se sono amici o qualcosa di più. Yuffie
dirige
addirittura le scommesse su di loro" risi e lui assieme a me.
"E
chi lo sa...non mi interessa della vita sentimentale di mio fratello"
disse poi stendendosi a terra accanto a me e appoggiandosi sui
gomiti, io ero accanto a lui steso a pancia sotto.
"Però ti
piace fare la candela" ribattei malizioso.
"Non faccio
la candela" mi fulminò con lo sguardo "Riku è un
tipo
apposto... è vero, per un periodo non potevo proprio vederlo
però
il mio è stato solo un malinteso... e comunque è
molto protettivo
con entrambi. Non lo frequento solo a causa di Sora"
"Guarda...
non riesco proprio a crederti" accennai un sorrisetto "E di
Kairi che mi dici?"
"È la migliore amica di
Naminè e
Sora" rispose con ovvietà.
"Ed è innamorata follemente
di Sora" aggiunsi.
"Okay, okay. Diciamo che forse
vengono sempre da me perché Sora è un babbeo e
non sa che
vuole"
"Ah! Lo sapevo. E ora com'è
lo stato delle
cose?" mi informai pensando che l'indomani avrei avuto qualche
news scottante da riferire a Yuffie.
"Non so proprio tutti i
dettagli, comunque credo che Riku sia sempre stato innamorato di Sora
ma lui è troppo stupido per capirlo. Sora intanto si era
preso una
cotta per Kairi e credeva che fosse vero amore, così ha
iniziato a
corteggiarla però dopo qualche tempo ci ha rinunciato e ora
sono
tutti amici... o meglio lui crede così perché
adesso è Kairi
quella innamorata... oltre a Riku, sia chiaro"
Misi in pausa
il gioco e mi voltai sconcertato verso Roxas.
"Ma che cazzo
di intreccio è? Sembra di essere in un film" esordii e poi
mi
portai una mano al mento mentre Roxas rideva del mio stato
confusionale "E perché ha lasciato perdere Kairi?"
Lui
scrollò le spalle e scosse la testa "Sai le donne... sono
tutto
casini e problemi, sanno solo loro cosa vogliono e come debba essere
fatto"
"Un po' come te allora" ghignai con
tono di
scherno e Roxas, sentendosi attaccato, mise su un broncio carino e
incrociò le braccia al petto.
"Parla quello che legge i
manga shojo che gli passa la cugina e vede anime yaoi!"
Arrossii
violentemente a quell'affermazione.
"E tu che ne sai?!"
"Ho
le miei fonti" ostentò una finta incuranza.
"Se
uccidessi Kairi non avresti
più le tue fonti vero?" mi avvicinai a lui e sorrisi
malefico.
"Non ti credere, Moore" Roxas sorresse
il
sorriso con tono di sfida e si avvicinò a sua volta, sempre
di più,
finché non ci separavano che pochi centimetri.
Mi specchiai in
quegli occhi color cielo per lunghi istanti, i nostri respiri caldi
si intrecciavano e per un momento il mio cuore minacciò di
scoppiare
quando constatai la vicinanza delle nostre bocche.
Ma prima ancora
che potessi pensare lui si ritirò "Comunque il tuo sfondo
del
cellulare di Shion e Nezumi³ è davvero carino"
Ci misi un
paio di secondi per rendermi conto di ciò che era successo -
o
meglio, ciò che non
era
successo - e ritornai anche io al mio posto iniziale, anche se un po'
deluso, sul mio volto su dipinse un sorriso malizioso "Allora
non sono l'unico che guarda quel genere di cose"
Roxas
strabuzzò gli occhi e arrossì, rendendosi conto
del passo falso che
aveva fatto, e alzò le mani in segno di resa
"Touché"
"Ehi
Rox, ma allora sei felice che sarò il tuo
accompagnatore?"
"Ehh"
"Cos'era quel
sospiro?"
"È una cosa lunga"
"E
allora?"
"Un giorno te ne parlerò"
"Ma
quindi non sei felice?"
"Sì, lo sono"
•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•
*Brooklin
Heights e Upper
East Side sono
dei quartieri lussuosi rispettivamente nel quartiere di Brooklin e
Manhattan, entrambi locati nel centro di New York City
¹
"Se oggi è il giorno in cui muoio, stendimi sotto la luce,
lasciami innamorare e fammi salvare una vita", "Perché
siamo tutti bambini che sono cresciuti troppo velocemente,
già il
buono muore giovane ma il grande durerà sempre" The
Cab - Living Louder (2011)
²
Non preoccuparti, poteva andare peggio.
³ Protagonisti di No.6
(novel, manga e anime)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Messed up ***
7
Viva la Vida
Nei
capitoli precedenti
"Prima
mi ha aggredito negli spogliatoi dicendomi di stare alla larga da
Roxas. Ma che cavolo ha contro di me? Eppure non gli ho mai torto un
capello, avevo anche promesso a Roxas che non avrei fatto lo stronzo
neanche con lui. Quel tuo amico, Sora, è un pazzo... cos'ha
di tanto prezioso Roxas da fargli fare scatti del genere?"ribattei duro
stringendo i pugni.
"È
malato, Axel" tagliò corto lei "Ora come ora l'unica cosa di
cui ha bisogno è riposo e non delle vostre cazzate. Conosco
tanto Roxas da poterti assicurare che non ci penserebbe due volte a
rispondere ai vostri complimenti. Fa' come ha detto Sora e lascialo
stare..."
"La
particolarità di questa condizione è che sono
soprattutto le forti emozioni a causarti attacchi e non solo i
movimenti"
"Non puoi
comandare le emozioni" aggiunsi completando il suoi pensiero.
"È
vero, non puoi comandare le emozioni" lui confermò "Ma
è anche vero che è quello che pensano tutti"
"Credi di saper
controllare le tue emozioni?"
"Non hai paura
che io posso farti stare male? Sai, come diceva tuo fratello..."
"Perché
dovresti?" lui mi guardò tranquillo "C'è qualcosa
in te che è diverso dagli altri. Tu sei speciale, mi fai
sentire vivo"
"Xemnas non
è felice del tuo comportamento" lui sibilò e io
mi infervorai, quella semplice frase mi aveva già fatto
capire tutto.
"Xemnas non
è felice... o tu?" esclamai al limite dell'indignazione "Non
metterlo sempre in mezzo"
"Non fare nulla
di stupido, Axel"
"È
per via di Roxas vero? Tu non lo sopporti"
"Per caso
conoscevi già Xemnas?Avevate un tono quasi confidenziale, se
così si può definire"
"Eh...
più o meno. Era il fratello di un tizio che conoscevo"
"E come mai ti
odia a tal punto?"
|
#7
Messed up
Una
volta Roxas, citandomi il Giulio Cesare di Shakespeare, mi
disse:
"C'è
nelle cose umane, una marea, che colta nel flusso, conduce alla
fortuna.
Ma
perduta, l'intero viaggio della nostra vita s'incaglia sui fondali di
miseria"
Ora
noi navighiamo in un mare aperto, dobbiamo dunque prendere la
corrente finché è a favore
oppure
fallire l'impresa davanti a noi.
"E
quei tatuaggi sotto gli occhi? Hanno un significato?"
"Sai...
non lo so. In realtà non me lo sono mai chiesto, dovevo
essere
ubriaco fradicio quando li ho fatti perché una domenica
mattina,
quando ho riacquisito tutte le mie facoltà mentali oltre ad
una
sbornia megagalattica,
avevo anche loro"
In
quel freddo pomeriggio di fine ottobre mi ritrovai inspiegabilmente a
casa di Roxas e altrettanto inspiegabilmente eravamo finiti a fare il
gioco delle 10 domande. Era iniziato tutto con qualche domandina a
caso sui nostri interessi - niente di troppo personale sia chiaro -
ben presto però la cosa era degenerata in roba del tipo "secondo
te perché Superman porta gli slip sui pantaloni?" e
cose così. Bella domanda aggiungerei. Anche se strane,
adoravo le
fantasie di Roxas.
Ma
la cosa che adoravo di più in quel momento era non solo che
stavo
diventando un asso con Kingdom Hearts, ma che dal pavimento ci
eravamo spostati sul letto a una piazza e mezzo di Roxas
perché lui
aveva iniziato a sentir freddo; così lo avevo avvolto in un
grande
plaid trovato nel suo armadio e ora stava appoggiato a me, con la
testa ciondolante sulla mia spalla e gli occhi semichiusi. Non avrei
mai pensato che potesse essere sempre così carino.
"Ti
stanno bene" mormorò dopo uno sbadiglio e si strinse di
più
vicino a me.
Arrossii
appena a quel complimento e tornai subito a focalizzarmi sul
videogioco "G-grazie" balbettai imbarazzato.
Il
silenzio piombò su di noi, spezzato solamente dai gemiti
acuti del
protagonista quando incassava un colpo. Gli lanciai un'occhiata
fugace e accennai un debole sorriso vedendolo raggomitolato nelle
coperte.
"Senti
un po'" misi il gioco in pausa e parlai nuovamente dopo qualche
minuto senza però girarmi verso di lui.
"Dimmi"
"Secondo
te adesso siamo amici?"
Ci
fu un istante di quiete durante il quale Roxas si prese comodamente
il tempo di tossire un paio di volte e poi di guardarmi come se fossi
un pazzo nell'avergli posto una domanda simile, tant'è che
mi
rispose con un tono di assoluta ovvietà "Te l'ho
già detto,
Axel. Noi non siamo amici"
"Ma
ora andiamo d'accordo" mi premurai di scandire accuratamente
ogni parola perché la sua risposta non mi soddisfaceva.
"Il
fatto che andiamo d'accordo non significa che siamo amici"
Non
riuscivo assolutamente a capire come mai lui si ostinava tanto.
Cavolo io per avvicinarmi a lui avevo messo in gioco la mia presunta
eterosessualità, ero andato contro tutto e tutti e stavo
anche
sfidando Saix - in pratica stavo mandando a puttane tutta la mia vita
per amore (cavolo l'ho detto veramente?) di uno stronzetto in
miniatura dai capelli biondi e gli occhi blu, e lui,
nonostante avesse sostenuto più volte di volermi accanto a
sé,
continuava ad essere dell'opinione che noi non potevamo essere
amici!
"Perché
non vuoi?"
"Perché
non potremo mai esserlo"
"E
sentiamo, perché no?" io sbuffai sarcasticamente. Non ero
sicuro se ad irritarmi di più fosse l'argomento della
conversazione
o il tono naturale di Roxas con cui opponeva le sue tesi alle mie,
fatto sta che mi venne quasi un colpo quando sintetizzai
razionalmente quello che intendeva davvero, e capii allora che
l'idiota ero io. Sempre e totalmente.
Roxas
si distese con la schiena sul letto e poggiò il capo sulle
mie gambe
incrociate, era sempre avvolto nella sua coperta ma questo non gli
impedì di cacciare il suo sottile braccio e protrarre la sua
mano
sulla mia guancia. Era più fredda di quanto immaginassi, ma
il suo
tocco era gentile e delicato e mi sorrise teneramente, in una maniera
che mise a dura prova la mia fervida immaginazione. Era così
bello
ma anche così fragile, nel suo sguardo intravidi anche una
nota di
malinconia e improvvisamente Roxas si rivelò ai miei occhi
come un
fantasma che avrebbe potuto svanire da un momento all'altro. Afferrai
la sua mano nella mia e la strinsi forte.
"Axel"
sussurrò il mio nome flebilmente.
"Roxas..."Io
aggrottai la fronte e uno strano groppo d'ansia si formò
alla bocca
dello stomaco "Roxas" continuai a chiamarlo in un impeto di
necessità.
Il
solo pensiero che la sua era un'esistenza così fioca mi fece
rabbuiare di colpo, ci conoscevamo da poco ma avevo capito che lui
non ci sarebbe stato a lungo e l'improvvisa immagine di una mia
probabile futura vita priva della sua figura mi agitò
terribilmente,
ormai Roxas stava diventando un'abitudine indispensabile per
me.
"Dillo
ancora"
"Che
cosa?"
"Il
mio nome"
"Roxas..."
"Ora
ne ho la certezza"
"Di
che?"
"Chiedimi
di nuovo perché non possiamo essere amici"
"Perché
non possiamo essere amici?" feci come mi disse e lui si
mostrò
ai miei occhi in uno stato di totale appagamento.
"Perché
noi ci attraiamo"
Quelle
parole arrivarono come dei corpi estranei alle mie orecchie.
Cosa
significava noi
ci attraiamo?
La
mia mente era bloccata, non riusciva a sintetizzare quel concetto,
forse perché timorosa che potesse essere un altro dei tanti
tranelli
di Roxas. Boccheggiai ma non feci in tempo a chiedere spiegazioni che
udimmo il rumore di una macchina che parcheggiava nel vialetto e la
porta di ingresso sbattere violentemente.
"Attento,
sta arrivando" mi ammonì Roxas allontanandosi da me per
mettersi di nuovo a sedere, questa volta con la schiena contro il
muro.
"Chi
sta arrivando?"
"Mi
raccomando non dire niente di stupido... anzi non dire niente e
basta"
Un
trambusto simile a quello della corsa di dieci giocatori di rugby
fece quasi tremare la casa, si stava avvicinando e io fui assalito
dai brividi all'idea di non sapere cosa diavolo stesse succedendo
tutto d'un tratto. La porta della stanza si aprì di
malagrazia e
rivelò un Sora tutto trafelato che invase il nostro
territorio senza
troppi complimenti. Bene, non solo il nostro momento clou era stato
interrotto ma era entrato in scena anche il fratello scemo per
mettere i bastoni tra le ruote.
"ROX!
Ho saputo cos'è successo a pranzo e-" la sua frase, detta
quasi
urlando, si interruppe quando si accorse anche della mia presenza.
Spalancò la bocca dalla sorpresa e inizialmente non fu
capace di
articolare nessun suono.
Io
feci come mi aveva detto Roxas e non aprii bocca, sapendo quanto
l'altro fosse suscettibile (Ricorda
Axel,
mi dissi, sei pur
sempre in un territorio nemico e vuoi fare bella figura con Roxas,
quindi non essere avventato),
ma non potei non sghignazzare sotto i baffi alla vista della sua
espressione a metà tra lo stupito e lo sconcertato.
"Rox...
vicino a te c'è quel Moore, l'idiota della squadra di
basket. L'hai
visto?!" fece puntandomi con un dito.
Io
arricciai il naso all'appellativo poco elegante e lanciai un'occhiata
a Roxas che ostentò una finta sorpresa, guardò me
e poi tornò al
suo gemello "Cavolo Sora, grazie per avermi avvertito, non me ne
ero accorto"
Il
castano annuì ma poi si rese conto del tono beffardo di
Roxas e
gonfiò le guance paffute "Non prendermi in giro! Io sono il
fratello più grande quindi devi portarmi rispetto"
agitò le
mani in aria con fare teatrale "Che ci fa lui qui? Pensavo di
essere stato chiaro con entrambi"
"Okay
la prossima volta ti manderò un telegramma"
sospirò il biondo
senza particolare interesse, ma Sora non sembrava dello stesso avviso
perché stava per iniziare un lungo monologo di cui non avrei
ascoltato una parola perché ero troppo concentrato a
divorare con
gli occhi Roxas, che mi sorrideva beffardo e mi invitava tacitamente
ad ignorarlo.
"Sor
se hai tanta voglia di blaterare, prenditela con la mamma allora.
È
stata lei ad invitarlo"
"Certo
che lo farò!" brontolò battendo i piedi a terra e
fuggendo con
la stessa velocità e poca grazia con cui era entrato
"MAMMAAAA"
lo sentii urlare in lontananza.
Sull'uscio
della porta era rimasto solo Riku, che non avevo notato prima,
ovviamente la sua silenziosa presenza era stata nascosta dal chiasso
infantile del castano.
"Tutto
bene?" chiese a bassa voce dopo averci scrutato per un paio di
secondi al massimo.
"Tutto
sotto controllo" acconsentì Roxas "Ha saputo di Xemnas...
vero?"
Riku
fece un cenno di assenso col capo "Era molto preoccupato"
"Lo
so" sussurrò il biondo abbassando il capo e io non riuscii a
fare a meno di portare una mia mano sulla sua nuca per accarezzare le
sue ciocche ribelli. Mi stavo sentendo tremendamente fuori posto in
quella situazione, non avevo dimenticato di non essere tanto
simpatico a Sora ma credevo che dopo quell'episodio dell'infermeria
avesse deciso di demordere. Roxas si avvicinò a me e si
avvolse
stretto al mio braccio, non disse nulla e aveva sempre il volto
nascosto dai capelli.
Riku
sospirò e fece per andarsene, non prima di lanciarmi uno
sguardo
enigmatico.
"La
cena è quasi pronta, fareste meglio a scendere" ci
informò
uscendo anche lui dalla stanza.
Fissai
pensieroso per qualche secondo il punto in cui sostava l'albino e poi
mi girai di nuovo verso Roxas, non capivo perché si era
oscurato
tutto d'un tratto ma la cosa non mi piaceva per niente. Volevo
vederlo sereno. Sempre.
"Rox"
lo accarezzai con l'altro braccio libero, perché lui era
ancora
attaccato a me, e lo sentii fremere al contatto "Stai
tranquillo"
"Non
preoccuparti" sussurrò lui a quel punto "Sora sa che sei
un bravo ragazzo però conosce i tuoi trascorsi e le tue
amicizie.
Devi dargli tempo "
Una
delle parti migliori della serata (oltre ai momenti-Roxas) fu la
lasagna di Aerith, quello che mi piacque di meno invece era lo
sguardo di puro astio che mi rivolgeva Sora mentre mangiavamo. Quella
cena per me fu una delle più dure battaglie psicologiche che
avessi
mai combattuto: il castano era seduto di fronte e attaccava
spietatamente la povera pietanza nel piatto senza staccarmi gli occhi
corrucciati di dosso, Riku era accanto a lui, proprio davanti a me,
ma con grande maestria riusciva a far finta di non avvertire la
tensione nell'aria e a cenare indisturbato. Affianco a me c'era Roxas
ma, beh, lui era di parte: se ne stava seduto con la schiena ricurva
un po' in avanti, lo sguardo fisso nel vuoto e il piatto immacolato
avanti a sé, sembrava non rendersi conto di nulla. Al
centro, seduta
a capotavola, c'era invece Aerith che, ignara delle nostre tensioni,
chiacchierava allegramente del più e del meno.
Fortunatamente
il signor Strife era stato trattenuto a Manhattan per una cena di
lavoro quindi non ebbi il piacere di
conoscerlo, si diceva fosse una persona davvero rigida e austera e in
quel frangente avrei sicuramente fatto a meno di un altro problema di
quel calibro!
"Dai
Sor, non avere sempre il broncio" si lamentò la donna con
dolcezza "Non è carino nei confronti del nostro ospite"
aggiunse rivolgendosi a me, nonostante ci fosse anche Riku. In
effetti quest'ultimo veniva considerato in tutto e per tutto un
membro della famiglia Strife: i loro genitori erano amici di vecchia
data quindi Sora, Roxas e Riku erano praticamente cresciuti insieme,
qualche anno prima però questi si erano dovuti trasferire
per motivi
di lavoro e Riku aveva fatto di tutto pur di rimanere in
città - lui
giustificava la cosa dicendo che la nostra era la migliore scuola
della contea e non voleva lasciarla, in realtà tutti
sapevamo che
voleva rimanere per Sora. Lo sapevamo tutti, tranne il diretto
interessato. Ovviamente.
"Mamma
non è colpa mia, stasera ho un peso sullo stomaco"
borbottò il
ragazzino continuando a guardarmi in tralice.
"Oh"
Aerith apparve stupita "Sarà colpa della lasagna?"
"La
lasagna è perfetta" intervenne Riku, alzando per la prima
volta
gli occhi dal piatto e si rivolse verso l'amico "È Sora che
sta
solo facendo il difficile. Vero?"
Lui
di tutta risposta sbuffò e tornò a mangiare
voracemente.
Io
dal mio canto sospirai con afflizione e mi girai vero Rox e gli
sussurrai all'orecchio.
"Perché
non provi a mangiare qualcosa?"
Lui
parve risvegliarsi dal suo stato frastornato e mi rispose con una
lieve scossa del capo.
"Credevo
ti tentarlo a mangiare preparando il suo piatto preferito ma
evidentemente non è così. Non preoccuparti Axel,
se non ha fame non
fa niente. Oggi ha mangiato quasi tutta la banana... è stato
un
evento più unico che raro" Aerith mi parlava come se avessi
fatto chissà cosa ma invece io non mi sentivo di aver fatto
granché,
mi ero solo limitato ad imboccarlo. Probabilmente Roxas non ci aveva
fatto troppo caso perché intanto eravamo impegnati a parlare
e
quindi l'aveva quasi finita. "Se mangia così in tua
compagnia
allora ti chiamerò sempre" continuò con una
risatina e io la
seguii.
"Ne
sarei onorato"
"Mamma
smettila di coinvolgerlo troppo!"
"Oh
dai Sora non lamentarti sempre"
"L'hai
persino scelto come accompagnatore per Rox. Perché?
C'eravamo già
io e Riku che lo tenevamo d'occhio, ora non andiamo più
bene?
"
"Certo
ma tutte le lezioni che non ha con te, le ha con lui. Ho confrontato
i vostri piani di studio e penso che lui sia perfetto"
"Ha
visto i piani di studio?! " chiesi stupito.
"
Ovvio" mi sorrise con fare materno "Non ho mica preso
questa decisione oggi su due piedi. Io e il preside ne abbiamo
già
parlato a tempo debito quando mi ha raccontato di come hai aiutato
Roxas e ho pensato che tu eri perfetto"
Avvertii
un improvviso calore all'altezza delle guance e abbassai lo sguardo,
imbarazzato. Non immaginavo che quello che avessi fatto arrivasse
così lontano, dopotutto io lo avevo solo portato in
infermeria.
Sentii una mano stringermi l'orlo della maglia e mi girai verso Roxas
che mi sorrideva debolmente.
Da
sotto al tavolo presi una sua mano e la tenni tra le mie "L'unica
cosa che conta per me è il benessere di Roxas" annunciai
alla
madre non mancando però di lanciare una frecciatina a Sora
"Accetto
l'incarico di buon grado"
Lei
fece un risolino compiaciuto e congiunse le mani "Lo sapevo che
eri quello giusto" disse entusiasta "Non riesco proprio a
capire come faceva Ansem a dire che eri inaffidabile e senza
speranze. Però ha riconosciuto che hai messo la testa
apposto quando
tu e Roxas avete iniziato a frequentarvi. Come siete carini!" a
quelle parole il mio sorriso era scomparso ma lei non ci
badò perché
aveva preso a scompigliare affettuosamente i capelli del figlio
biondo.
Quando
Aerith si alzò da tavola per sparecchiare Sora colse
l'occasione per
dire la sua.
"Io
ancora non sono d'accordo con tutta questa storia" sussurrò
a
bassa voce per non far sentire la madre che era in cucina, aveva
incrociato le braccia al petto e continuava a guardarmi torvo "Rox
tu non hai idea di cos'è successo a scuola"
"Posso
immaginare" mormorò l'altro dopo uno sbadiglio, come se la
cosa
non lo preoccupasse.
"Rox
qui la cosa è seria" intervenne Riku con tono più
calmo "Noi
eravamo in palestra ad allenarci, ma Kairi ha detto che è
successo
il finimondo in mensa"
"Qualcuno
è arrivato alle mani" confermai io vacillante.
"Non
solo, ci sono state anche delle sospensioni"
Sgranai
gli occhi dalla sorpresa.
"Xemnas
adesso sarà furioso" il tono di Sora adesso non era
più
arrabbiato ma... Preoccupato? Fatto sta che mi rivolse un'occhiata
agitata "E tu adesso cosa farai? Non difenderai il tuo
capo?"
"Perché
dovrei?"
"Perché
è il tuo capo, ovvio" disse palese. E in effetti non aveva
torto, in quanto membro dell'Organizzazione e suo subordinato avrei
dovuto prestargli fedeltà e stare dalla sua parte ma in
realtà non
mi interessava, non mi era mai interessato nulla di lui. Lui mi aveva
sottratto Saix e ora stava facendo la stessa cosa con Roxas ma questo
non gliel'avrei permesso, per una volta che finalmente sentivo di
aver trovato la persona giusta non avrei permesso ad altri di
mettersi in mezzo, al costo di rinnegare tutto e tutti.
Scossi
la testa con vigore "Roxas è più importante"
La
mia risposta parve zittirlo ma questo non gli impedì di
riservarmi
ancora delle occhiate di disappunto.
Io
e Sora ci eravamo conosciuti al primo anno, non eravamo proprio amici
ma solo compagni di classe - o meglio lui il clown e
io l'elemento
di disturbo della
classe - frequentavamo insieme il corso di geografia ma siccome
facevamo entrambi schifo e quella non era una materia obbligatoria,
abbandonammo entrambi al secondo semestre e da allora avevamo perso i
rapporti. Anche se non lo conoscevo bene sapevo che lui era un
ragazzo solare e sempre allegro, uno di quelli così gioiosi
in ogni
istante che ti facevano quasi schifare la vita, non era da lui essere
sempre così agitato e sospettoso. Era comprensibile essere
preoccupati per la salute di Roxas ma lui esagerava.
Da
quel momento ebbi la certezza che c'era assolutamente qualcosa
sotto, non c'erano altre spiegazioni, e in un modo o in un altro io
avrei dovuto capire cosa perché
lì nessuno sembrava disponibile a parlarne.
Quando
tornammo al piano di sopra Roxas si rinchiuse nello studio del padre
dicendomi che doveva andare a fare una telefonata e potevo aspettarlo
in camera sua o potevo raggiungere Sora e Riku nella sala hobbies.
Francamente, quest'ultima opzione mi allettava ma decisi di rimanere
nella sua stanza a curiosare ancora nella speranza di scoprire
qualcosa.
Ritornai
vicino al letto dov'erano attaccate le foto al muro, ce n'erano
davvero tante, era una delle cose che mi aveva colpito fin da quando
ero entrato qualche ora prima. C'era una ragazzina dai capelli corti
neri e gli occhi azzurro cielo, era abbastanza mingherlina ed era
alta come Roxas. Mi chiesi come mai lei fosse così
frequente, a
differenza delle altre persone che erano ritratte in gruppo o con
Roxas, lei invece era spesso anche da sola. Era carina e sorrideva
timidamente all'obbiettivo ma nei suoi grandi occhi sembrava esserci
tristezza. Mi chiesi se non ci fosse un rapporto particolare tra lei
e Roxas, magari migliore amica o addirittura la ragazza. A quel
pensiero aggrottai la fronte e scossi il capo per togliermi quelle
idee dalla testa.
Ora
che ci penso non avevo la più pallida idea della vita
sentimentale
di Roxas. Era fidanzato? Ma soprattutto era etero? Tutti i suoi
atteggiamenti mi davano da pensare il contrario, ma cavolo si parlava
di Roxas Strife, l'uomo dei misteri!
Sconsolato
da quelle riflessioni, mi diressi verso il comodino nella speranza di
trovare qualche altra cosa che mi distraesse dai dubbi gusti sessuali
di Roxas. Non trovai nulla di interessante neanche qui o almeno era
quello che pensai a prima vista. Accanto ad un lumetto sotto ad un
tubetto di pillole e una bottiglina d'acqua, vi era la copia dei
Miserabili che gli avevo visto leggere in continuazione in passato.
Possibile che lo stesse rileggendo? Era un bel mattone quel
libro.
Presi
il libro e lo aprii alla pagina in cui c'era il segnalibro e un pezzo
di testo sottolineato con l'evidenziatore spiccò ai miei
occhi.
La
coscienza è il caos delle chimere, delle cupidigie e dei
tentativi,
la fornace dei sogni, l’antro delle idee di cui si ha
vergogna; è
il pandemonio dei sofismi, è il campo di battaglia delle
passioni.
Penetrate, in certe ore, attraverso la faccia livida d’un
uomo che
sta riflettendo, guardate in quell’anima, in
quell’oscurità;
sotto il silenzio esteriore, vi sono combattimenti di giganti come in
Omero, mischie di dragoni ed idre e nugoli di fantasmi, come in
Milton, visioni ultraterrene come in Dante. Oh, qual abisso
è mai
quest’infinito che ogni uomo porta in sé e col
quale confronta
disperatamente la volontà del cervello e gli atti della vita.
Rilessi
un paio di volte quel pezzo di testo e rimasi perplesso.
Stava
cercando di lanciare qualche tacito messaggio? Se così
fosse, Roxas
doveva essere proprio incasinato dentro di sé. Sfogliai le
pagine e
notai altre frasi sottolineate, probabilmente doveva essere
così per
tutto il libro. Lo posai al suo posto e lì vicino notai un
piccolo
mazzo di chiavi, dovevano essere una quindicina ed erano tutte
numerate, erano stranamente familiari. Lo afferrai e le guardai con
attenzione, erano piccole e sopra recavano dei numeri.
Esclamai
sorpreso quando mi resi conto perché mi pareva di averle
già viste:
erano le chiavi degli armadietti della scuola. Ma perché ne
aveva
così tante? Tra l'altro tra di esse non c'era neanche la
sua, la
138. Me le rigirai tra le mani pensieroso, chiedendomi dove le avesse
mai prese e cosa dovesse farsene.
Forse
saranno cadute a qualche responsabile e lui le avrà raccolte
per
restituirgliele?
No,
ipotesi stupida, avrebbe potuto restituirle appena trovate. E in quel
momento mi accorsi che tra le chiavi ne mancava una, la numero 12,
possibile che fosse cadut- aspetta! Il 12 era l'armadietto di Larxene
e non mi ci volle molto a fare 2+2 e capire perché quel
mazzo era nelle mani di Roxas! Adesso era tutto chiaro, la sua carica
di tutor gli permetteva di entrare senza problemi negli uffici vari
della scuola e doveva aver sfruttato qualcuna delle sue
tante visitine
al bagno per
andare a reperire quelle chiavi durante le lezioni, così
avrebbe
avuto meno probabilità di incontrare qualche professore.
Avevo
notato che, ad ogni lezione che seguivamo, non mancava di uscire per
una decina di minuti, era
impossibile che
andasse sempre in bagno e proprio Sora mi aveva confermato la
cosa.
Quindi
era stato lui. Ma perché?
Un
rumore improvviso in una delle stanze vicine mi riscosse dai pensieri
e mi affrettai a posare il mazzo dove l'avevo trovato, mi rilassai
non vedendo nessuno arrivare e controllai l'ora sul cellulare
domandandomi quanto ci avrebbe messo ancora Roxas.
"Ma
che cavolo?!" esclamai quando vidi 2 chiamate perse e 7 nuovi
messaggi. Erano tutti da parte di Demyx.
>> Ti
sei perso la parte migliore! Mansex
ha steso Seifer
>>Il
coach ti cerca!! È infuriato perché salti sempre
gli
allenamenti!
>>Ax dove
sei?
>>Perché
non mi
rispondi?
>>Axelllll
>>AKUSERUUUUUU
>>"£$%&/%$£"!"£$%&/&%$
Ignorai
la sviolinata di Dem e rimisi il cellulare in tasca, con lui ci avrei
parlato domani. Dal momento che Roxas era ancora disperso da qualche
parte decisi di avventurarmi nella stanza degli hobbies, non avevo
idea di dove fosse ma ciò che mi guidò fu il
chiasso di un
videogioco sparato a tutto volume e così mi ritrovai al
terzo piano,
nell'immensa mansarda adibita a regno delle meraviglie.
Al
centro dell'ambiente stazionava un grande tavolo da biliardo, qualche
attrezzo figo da palestra, qualche divano, poltrona, un camino... in
breve c'erano un mucchio di cose ma quello che mi interessava era lo
schermo alla parete al quale erano collegate le console e due grandi
scrivanie, ciascuna provvista di computer.
"Non
pensavo che fossi tipo da The
Last Of Us"
ghignai sull'orlo della porta alla vista di un concentratissimo Riku
che stava letteralmente violentando i tasti del joystick.
"Non
pensavo che uno come te conoscesse
The Last Of Us" commentò Sora. Era al pc sulla scrivania
alla
mia sinistra e sedeva su una sedia a rotelle.
"Baby
io vivo di videogiochi" gli feci l'occhiolino avvicinandomi a
loro "Forte la tua sedia, sembra vera"
"Perché
forse è vera.
È di Roxas ma non vuole usarla" replicò sprucido.
"Ah...
s-scusa non lo sapevo"
Lui
mi guardò serio per qualche secondo e poi scoppiò
a ridere
"Quest'affare è davvero comodo! Roxas non sa che si perde"
ma poi scrollò le spalle e tornò a dedicarsi a
uno di quei giochi
stupidi di Facebook.
Rimasi
interdetto dal suo cambio di umore tanto improvviso, probabilmente
come aveva detto Roxas non mi odiava proprio del tutto, e dal momento
che nessuno dei due ragazzi mi aveva ancora buttato fuori da
lì
decisi di sedermi su un poggiapiedi vacante e guardare il gameplay di
Riku.
"Attenzione
che adesso ci sarà un'esplosione laggiù, girati
con la X"
avvisai il ragazzo e questo mi ringraziò con un cenno del
capo.
"A
proposito di Roxas" riprese di nuovo Sora una volta finita la
sua partita "Che fine ha fatto? Spero che tu non l’abbia
pestato a morte e nascosto il suo cadavere nel lago"
Io
e Riku ci voltammo verso di lui e io lo guardai allibito "Cos-
ma che cavolo dici!"
"E
allora d0v'è? Non dirmi che ti ha già mollato"
ridacchiò
prendendo a fare qualche movimento freestyle con la sedia.
"Uhm...
è a telefono da un po' "
"Con
chi?"
"Non
saprei"
"È
nello studio?" chiese Riku, io annuii e lui e Sora pronunciarono
contemporaneamente "Squall!"
Squall?
C'era uno Squall nella vita di Roxas? Chi diavolo era Squall?!
"E
chi sarebbe costui?" chiesi educatamente, fingendo indifferenza
per celare la gelosia che fosse un possibile pretendente.
"Uno
con cui passa molto tempo" Riku sorrise mettendo in pausa il
gioco e a lui si unì Sora con tono canzonatorio.
"Uno
con cui parla davvero tanto"
"Ragazzi
piantatela di fare gli idioti" una mano estranea si insinuò
tra
i miei capelli e prese ad accarezzarmeli dolcemente, mi girai e notai
Roxas dietro di me con un sorriso rilassato in volto "Torniamo
in camera?"
"S-sì"
acconsentii lottando con tutte le mie forze per non arrossire.
"Rox
te ne vai giààà?" fece Sora "Dai
divertiamoci un
po'"
"Sor
non rompere" borbottò il biondo prendendomi per il polso e
mi
alzai.
"Dammi
un bacinooo"
Roxas
roteò gli occhi con aria sconsolata e posò un
bacio sulla guancia
del fratello, questo gli rispose con un gigantesco abbraccio da orso
e gli stampò un bacio sulla guancia. Roxas si
divincolò buffamente
e mi trascinò via prima che il castano gli si potesse
avventare
addosso nuovamente.
"Fa
sempre così" mi spiegò mentre scendevamo le scale
"È
estremamente sentimentale... e appiccicoso"
Scossi
la testa "Dovrebbe farlo con Riku"
"Lo
fa anche
con lui" sottolineò "Solo con me e lui ora che ci penso"
sbadigliò e si lasciò cadere sul letto, io lo
seguii e ci stendemmo
entrambi con gli occhi rivolti verso le mille luci del
soffitto.
"Rox"
spezzai la quiete che si era venuta a creare tra di noi.
"Uhm?"
lui girò il capo verso di me.
Quello
sguardo blu penetrante mi fece andare nel pallone, nella mia mente si
stava creando una sorta di filo logico per tutte le domande che avrei
voluto chiedergli, ma lui fu capace di farmi dimenticare tutto e
rimasi a boccheggiare per un minuto buono.
"Ax?"
Digli
qualcosa, non fare la parte dello stupido!
"Ehm...
domani è Halloween, c'è la festa a scuola" buttai
lì la prima
cosa che mi venne in testa.
Stupido!
Chiunque sa cos'è domani!
"Sì
lo so... e allora?" mi chiese lui perplesso, quei dannati
occhioni blu continuavano a soffermarsi su di me.
"Eh...ehm...
volevo sapere se..."
"Se?"
"Se
ti va di andarci con me!" non potevo credere a quello che avevo
appena detto.
Io,
Axel Lea Moore, 17 anni, playmaker e donnaiolo della scuola, avevo
appena invitato alla festa di Halloween Roxas Strife, un ragazzo. Un
ragazzo! Mi dissi che dovevo essere uscito completamente fuori di
senno per aver fatto un passo tanto azzardato.
Roxas
ridacchiò e si girò su un fianco verso di me "Sei
gentile,
Axel" io sorrisi "Ma io non verrò"
E
il mio sorriso si spense "Cosa?" chiesi abbattuto.
"Proprio
così" mormorò lui e abbassò lo sguardo
"Non
posso"
"Perché
no?"
"Perché
no... ti prego non chiedere altro" si raggomitolò sul lato e
io
mi sentii una merda per aver insistito.
"Mi
dispiace" sussurrai girandomi anche io sul lato verso di
lui.
"Senti,
no... non devi scusarti" replicò con fermezza "Parliamo di
altro"
Io
feci un cenno di assenso e puntellai con le dita il materasso,
proprio in quel momento non sapevo cos'altro dire "Ho visto che
stai rileggendo i Miserabili" buttai lì e lui
annuì
distrattamente "Come mai?"
Lui
si avvicinò di più a me, fino ad aderire e
iniziò a tracciare dei
cerchietti immaginari sul mio petto "Perché...
perché è stato
Squall a dirmelo"
Ancora
con questo tizio?!
"Chi
sarebbe Squall?" domandai non del tutto entusiasta di sapere di
dover competere con qualcun altro per le sue attenzioni.
"Un
bell'uomo dai capelli castani e gli occhi magnetici" a quella
risposta io mi tesi e trattenni il fiato, lui doveva essersene
accorto, infatti alzò lo sguardo verso di me e sorrise
malizioso
"Cos'è, sei geloso per caso?"
Io
arrossii violentemente e mi voltai altrove "Ma-ma cosa dici...
io geloso? E di chi poi?"
"Mah
non so... forse del mio psicologo?"
"Come
scusa?"
"Squall
Leonheart" spiegò ridendo "Lo conosci no? È il
mio
psicologo sia dentro che fuori la scuola. Certo, è un
bell'uomo ma è
troppo vecchio per me"
Ah...
parlava di quello Squall!
Emisi
un "Oh" che doveva essere un misto tra la sorpresa, il
sollievo, l'imbarazzo per essere stato scoperto così
facilmente e la
figuraccia appena fatta. "Non sapevo che andassi dallo
psicologo"
"Neanche
io lo sapevo però un giorno mi sono ritrovato lì
e ora di routine
vado a fare quattro chiacchiere con lui" mormorò con una
leggera scrollata di spalle.
"E
perché ti ha detto di rileggere quel libro? È
lunghissimo... dopo
lo studio per la scuola come fai a leggere anche quella
roba?"
"Leggere
per me non è un peso" disse entusiasta prendendo a guardare
il
soffitto illuminato dalle migliaia di lucine che creavano una scia
concentrica e alzò un braccio come a volerle afferrare "Si
dice
che chi legge vive mille vite... penso che sia una cosa abbordabile
per me dal momento che la mia non posso viverla appieno. Una volta
sono un avventuriero, una volta uno stregone, un'altra un marinaio,
un borghese, un re, un cavaliere... e ora un peccatore da redimere"
il suo ampio sorriso si spense e portò la sua mano al petto
"Nella
condizione in cui mi trovo devo imparare a reprimere la rabbia, stare
calmo e perdonare. Devo perdonare e pentirmi di tutte le brutte
azioni che faccio... è questo che dice sempre Leon"
"Addirittura
pentirti?" chiesi dubbioso, sembrava che stesse parlando di un
prete però effettivamente il perdono era l'unico modo per
vivere in
pace e serenità con il mondo. Roxas doveva per forza vivere
in un
mondo ovattato, senza nient'altro che tranquillità ma
probabilmente
c'era qualcosa che lo tormentava e siccome lui era un tipo abbastanza
testardo, Leon doveva aver fatto ricorso a metodi un bel po' strani.
Come si dice: a
mali estremi, estremi rimedi.
"Esatto...
e a ogni stronzata che faccio devo rimediare con qualcosa di
buono"
"Stronzate
tipo lo scherzetto di cattivo gusto a Larxene?" storsi il
naso.
"L'ha
derisa... l'ha presa in giro... l'ha offesa e alla fine si è
portata
a letto il suo ragazzo. Belle non le aveva fatto nulla, Larxene non
aveva motivi per comportarsi così. L’ha fatto solo
per
divertirsi"
Mi
chiedevo come mai proprio ora dopo tutti gli anni che avevo passato
assieme all'Organizzazione, stavo iniziando a prendere realmente
coscienza del comportamento sbagliato che adottavamo. Non ci eravamo
mai domandati se fosse giusto o no, non ci eravamo mai domandati cosa
provassero gli altri ragazzi della scuola, non ci eravamo mai
domandati che persone stavamo diventando, il tutto per noi era
diventato come un qualcosa da
fare.
Saix e Xemnas ci esortavano sempre a mantenere
l'ordine (come
preferivano definirlo loro), dicevano che era il compito di noi
pochi prescelti tenere
tutti in riga, dovevamo farlo noi perché eravamo forti e
così
facendo tutti ci avrebbero amati e rispettati. "Il terrore porta
all'amore" diceva sempre Xemnas.
All'epoca
però non sapevo ancora nulla, non ero a conoscenza dei suoi
piani,
del suo passato... nulla. Ero un tipo che aveva perso ogni interesse
verso il mondo e preferiva farsi scorrere la vita addosso, come un
fiume inarrestabile, ignorando tutto il resto. Vedere il terrore
sulle facce delle matricole, prendere in giro i secchioni sfigati,
pompare il mio ego con le idolatrie delle cheerleaders, fare a botte
ogni tanto... erano tutte cose che mi divertivano, a me come a tutti
gli altri. Sapevo di essere stronzo ma non mi ero ancora messo nei
panni delle nostre vittime perché in realtà non
mi interessava. Non
mi interessava nulla eccetto il basket.
Ma
Roxas... lui si che mi aveva colpito. Era stata la prima
“cosa”
in tanti anni di nulla a colpirmi.
"Quindi....quindi
sei stato tu! Perché l'hai fatto? Così il mio
futuro potrà essere
compromesso!" digrignai i denti e affilai lo sguardo, che lui
sorresse senza paura. Lo vidi riguadagnare la sua compostezza e si
mise davanti a me.
"Il
tuo futuro? E il mio presente allora? Io l'ho fatto per difendere me
e tutti gli altri da voi" sputò velenoso "Non vi abbiamo
mai dato motivo di tanta ira nei nostri confronti. Non è
possibile
tornare a casa ogni giorno con lividi diversi solo perché
secondo
voi 'vi guardiamo' o addirittura 'perché esistiamo'...
però potevo
tollerarlo. Ma quando quel tuo amico, Xigbar, ha messo le mani
addosso a Namine non ci ho più visto. Le donne non si
toccano"
Era
stato il primo a credere in me.
Se
non sei in una squadra sportiva o non sei abbastanza figo da piacere
a tutti allora vieni etichettato come 'sfigato' e tutti si sentono in
diritto di trattarti una vera merda”
Abbassai
gli occhi, sentendomi chiamato in causa, incapace di sostenere quello
sguardo serio ma che celava una punta di malinconia.
“È
bello fare il gradasso con uno più piccolo di te, vero
Axel?”
Strinsi
i pugni davanti a me.
“Io
non sono così” proferii cercando di
auto-convincermi di essere il
contrario di ciò che effettivamente ero.
“Già,
non sei così”
Lui
era una persona speciale, era maturo... ma adesso il suo
comportamento era sbagliato.
"Rox
se continui così ti uccideranno! E non lo dico tanto per
dire,
quelli sarebbero capaci di fare pazzie"
"Lo
so... Saix, Xemnas e Larxene sono i più pericolosi"rispose,
io
acconsentii e presi a massaggiargli la schiena con una mano. Almeno
aveva capito anche lui chi rappresentava il vero pericolo nel gruppo,
tutti gli altri erano innocui, eravamo solo degli sbruffoni ma se non
eravamo incitati da Xemnas o Saix non facevamo nulla, davvero nulla.
"A dire il vero penso che Xemnas costituisca il pericolo
maggiore" aggiunse poi dopo averci riflettuto.
"Beh
soprattutto se avete avuto qualche disputa in passato... almeno a
quanto mi è sembrato di capire"
"Disputa
è dir poco" puntualizzò tra uno sbadiglio e
l'altro "Però
non parlavo di questo"
"E
di cosa allora?"
Lui
non rispose subito, si mise a sedere in mezzo al letto e
appoggiò le
braccia sulle ginocchia.
"In
passato gli è stato sequestrato un coltellino con cui
ricattava i
ragazzi ma ho ragione di credere che non
sia tutto qui"
Spalancai
gli occhi esterrefatto. Sapevo che Xemnas era tutt'altro che
raccomandabile ma non pensavo fino a questi livelli.
Con
uno scatto mi rimisi a sedere e scossi la testa "Un coltellino?"
ero allibito, afferrai Roxas per le spalle e lo guardai con
espressione grave "Roxas ti prego, non cacciarti nei guai. Tutto
questo a cosa credi che ti porterà?"
"Io
non vivrò a lungo..." soffiò in un
sussurrò quasi
impercettibile, il suo voltò era basso e il tono serio "So
che c'è qualcosa
e il mio corpo potrà cedere da un momento all'altro... ma
almeno
voglio essere ricordato per aver salvato qualcuno, per aver fatto del
bene"
Roxas
fece per alzarsi, io cercai di trattenerlo per un braccio ma lui
riuscì a divincolarsi e sfuggì dalla mia presa.
Lo vidi vagare per
la stanza con le braccia strette al petto e poi si fermò
davanti
all'ampio bow window, ormai la sera era scesa da un bel po'.
"Capisco
le tue motivazioni..." mi sedetti sul bordo del letto ma lui
tagliò corto.
"No...
no tu non sai-"
"E
allora mettimi al corrente" esclamai con forza, di lui non
vedevo altro che la sua schiena tremante.
"Axel...
sto cercando di preservarti. Tu... tu non hai bisogno di sapere"
il suo tono stava vacillando.
"Perché?
Credi che io non ne sia all'altezza? Io ci tengo a te Roxas, davvero
tanto, però ogni volta che cerco di avvicinarmi tu mi
allontani e ti
rinchiudi in te. Dimmi, ti ho fatto qualcosa?"
Ormai
avevo perso ogni facoltà di ragione, mi ero semplicemente
ritrovato
al centro della stanza, poco dietro Roxas, irritato e deluso, e stavo
dando sfogo a tutto ciò che avevo dentro ma che non avrei
voluto
dirgli così in quel frangente.
"Vedi
Ax? È proprio per questo che non voglio coinvolgerti" lo
vidi
voltarsi lentamente e i suoi occhi erano languidi, tutto questo mi
provocò una fitta allo stomaco "Non ti riguarda, non hai
bisogno di dolore inutile"
"Perché,
tu sì?" io mi avvicinai e gli presi le mani ma lui non
rispose
nulla, si limitò ad abbassare il volto e lasciare che i
ciuffi
ribelli gli nascondessero gli occhi "Roxy io ci tengo a te... e
sappi che questo mi imbarazza quindi non complicare ancora di
più le
cose" ridacchiai nervosamente e vidi sulle sue labbra accendersi
un debole sorriso anche se continuava a non mantenere un contatto
visivo con me "Posso immaginare come tu possa sentirti infuriato
e capisco che tu voglia aiutare chi è in
difficoltà... ma fare del
bene sfidando e punendo gli altri a modo tuo non mi sembra tanto
furbo... e giusto. È vero, è così che
funziona la legge ma tu non
sei un giudice... anzi se non mi sbaglio, nei Miserabili, la legge
era vista come sbagliata in
certi casi... sai, moralmente parlando"
Roxas
fece una risata roca "Sei scaltro... con tutte queste domande
vuoi farmi vacillare vero?"
Feci
un sorrisetto compiaciuto "Era questo il mio intento"
"Sembri
tanto disinteressato e fingi di non saper nulla, ma sei tutt'altro
che scemo" si portò una mano alla fronte e
continuò a ridere
convulsamente "Vedi, Axel, perché dicevo di essere cattivo
ed
egoista? Certo, io voglio fare qualcosa per il mondo... però
guardo
prima i miei interessi, te l'avevo detto: tutti noi siamo divorati
dall'ira, dalla vendetta e io non faccio eccezione"
Ricordai
quella conversazione che avemmo tempo fa nell'aula studio, quando
ancora non mi interessava nulla né di lui né del
resto "Hai
dimenticato il senso della vita?"
"Penso
di sì"
"Amare...
me l'hai detto tu stesso" risposi riprendendo quello che mi
aveva detto in passato e poi aggiunsi con più dolcezza "Amare
significa vivere"
Lui
sospirò e appoggiò la fronte al mio petto "Hai
presente quando
Jean Valjean si trova a dover scegliere se lasciare che fosse
incolpato quell'uomo identico a lui oppure prendersi le proprie
responsabilità e autodenunciarsi alla polizia?"¹
"Eh
più o meno" feci insicuro, non ricordando proprio tutto,
dopotutto io avevo visto solo il film a scuola... altrimenti neanche
quello.
"La
mia situazione è metaforicamente simile"
"C'è
uno identico a te che potrebbe andare in prigione?!"
"No
scemo!" rispose subito ma poi si corresse
"Effettivamente c'è uno
identico a me... ma lui non c'entra niente... o almeno è di
parte.
Però sappi che mi dispiace... per quello che ho fatto o
quello che
farò, è tutto a fin di bene... spero che tu mi
capisca"
"Aspetta
cosa significa? Hai intenzione di fare qualcosa?"
Roxas
si staccò da me e mi guardò malinconico "Mi
faccio schifo da
solo"
Anche
volendo non potei dir nulla perché ancora una volta il
nostro
discorso fu interrotto, questa volta era Riku che aveva bussato alla
porta e si era affacciato per avvisarmi che era ora di andare, lui mi
avrebbe dato uno strappo a casa, quindi a malincuore salutai Roxas
mentre lui mi aspettava in macchina.
"Ne
parleremo ancora di questo e, quando sarà, tu mi dirai
tutto, okay?"
gli sussurrai accarezzandogli una guancia con il dorso della mano e
lui ridacchiò annuendo "Ci vediamo domani?"
"Probabile...
ah. Aspetta" andò alla scrivania e lì prese un
foglietto
piegato accuratamente che poi mi tese.
"Cos'è?"
chiesi perplesso aprendolo.
"È
il mio numero. Immaginavo che lo volessi"
"G-grazie"
gli sorrisi affabile ma dentro di me fremevo di gioia, non sapevo
neanche io come riuscivo a trattenermi dal saltargli addosso e
baciarlo. In effetti quel numero lo volevo da fin troppo tempo ma ero
sempre stato un gran vigliacco per chiederglielo e adesso averlo tra
le mie mani mi faceva sentire come un vecchio grassone che aveva
vinto un abbonamento gratis al McDonald's. Lo ripiegai
meticolosamente e lo riposi al sicuro nel mio portafogli.
Qualche
minuto dopo mi ritrovai adagiato nel tepore dell'abitacolo della
Pontiac argentata di Riku.
Anche
lui abitava in centro come me però ogni giorno dava un
passaggio a
Sora e Roxas da casa a scuola e viceversa, e con la scusa di
annoiarsi da solo a casa passava molto tempo dagli Strife, salvo
quando Sora non andava a fargli compagnia a casa sua. Ribadisco: casa
vuota.
Se Sora fosse stato più sveglio chissà cosa non avrebbero
potuto fare.
"Ridi
da solo?" chiese ad un tratto Riku, spezzando il silenzio in cui
eravamo immersi.
"Pensavo
ad una cosa" riposi senza farmi troppi problemi. Lui era un tipo
silenzioso e sembrava studiare ogni minima cosa della persona che
aveva davanti, ma stranamente non mi creava alcun problema. Era
ironico come fossi intimorito di più da un tipetto come Sora
che da
Riku, ma forse questo era dovuto dal fatto che Sora era il fratello
di Roxas e spesso aveva un comportamento incomprensibile, Riku invece
sembrava a posto. "Posso farti una domanda?"
"Chiedi
pure"
Appoggiai
il braccio sul finestrino e mi sorressi il capo "Come va con
Sora?"
La
sua reazione mi prese alla sprovvista, pensavo di vederlo sorpreso o
comunque con qualche espressione facciale differente dal solito ma
nulla, non tradì alcuna emozione e rimase sulla difensiva.
"Dove
vuoi arrivare?"
Io
sfoggiai un sorriso impertinente e risposi schietto "A scuola la
gente fa scommesse se state insieme o meno"
Questa
volta però parve divertito, lo dedussi da un sorrisetto
compiaciuto
che gli increspò le labbra "E tu cos'hai scommesso?"
"Che
entro Natale starete insieme"
"Bella
puntata" soffocò una risata senza però mai
staccare gli occhi
dalla strada.
"Vedi
di darti da fare, non mi va che Yuffie sprechi i miei 20 verdoni in
quegli strani negozi da ninja"
"Sempre
meglio di quei negozi kitsch in cui si rintanano i tuoi amici Demyx e
Marluxia" io ridacchiai e concordai. "Qualcuno dovrebbe dir
loro che gli anni '60 sono passati da un pezzo"
"Già"
lanciai un'occhiata fuori al finestrino e tornai a parlare qualche
minuto dopo "Alla fine ho capito chi era Squall"
"Ah
sì? Passata la gelosia?"
"Era
tanto evidente?"
"Direi
di sì" disse con una scrollata di spalle "Per averla
notata Sora!"
"Ma
come mai ha bisogno di uno psicologo?"
Riku
inarcò un sopracciglio e mi chiese come facessi a non
arrivarci da
solo "Prova tu a convivere con l'idea di poter svenire o poterti
sentire male in qualsiasi momento. Sai che anche lo spavento per il
suono della sveglia potrebbe essere letale per lui?"
Io
lo guardai per un istante e poi sospirai, certo che la sua era una
situazione complicata.
"Ehi
Moore"
"Mh?"
"Quanto
sei serio con Roxas?"
"In
che senso?"
Ci
fermammo ad un semaforo e lui si prese la libertà di
squadrarmi per
qualche istante "Non fare l'idiota, lo sai cosa intendo. Non
penso che ti sei dimenticato della chiacchierata che hai avuto con
Sora negli spogliatoi qualche settimana fa"
"Hai
intenzione di boicottarmi?"
"Tu
non lo conosci neanche"
La
macchina ripartì e io mi presi qualche secondo per formulare
una
risposta "Lui è la persona più intrigante che io
abbia mai
visto. Sono abituato ad avere sempre tutto bello e pronto ma con lui
no, devo sudare e passare per la parte del cretino prima di ottenere
qualcosa. Lui ha avuto le palle di sfidarmi e questa sua forza mi ha
attratto... anche se devo dire che l'ho trovato carino dal primo
momento che l'ho visto"
"Pensavo
fossi etero" mormorò guardandomi con la coda
dell'occhio.
"Tutti
lo pensano" mi stiracchiai, piegai le braccia dietro la nuca e
risi sprezzante "Sono il ragazzo più acclamato della scuola,
sono il capitano della squadra e il mio obbiettivo è entrare
in NBA.
La gente parla di me e alle mie partite già iniziano a
comparire i
primi reclutatori per il college... sarebbe un peccato macchiare la
mia carriera sportiva con qualche sbandata
giovanile"
lui mi guardò enigmatico ma non disse niente così
io continuai "Non
fare questo altrimenti verrai scartato, non fare quest'altra cosa,
comportati in questo modo... quante puttanate solo per entrare in un
fottutissimo college. Pensa che mio padre ha persino regalato anche
una nuova ala della biblioteca ad Harvard - sai per assicurarsi che
entrassi - quando vedono i soldi quelli non capiscono più
niente e
hanno detto di sì, che non ci sono dubbi sulla mia
ammissione. Però
i coach sono belli tosti, non gli interessa un cazzo... vogliono che
sei come dicono loro, altrimenti tanti saluti" enfatizzai con
gesti delle mani.
"Fammi
capire" parlò qualche istante più tardi, dopo
aver fermato la
macchina nel vialetto del mio palazzo, e si voltò
completamente
verso di me "Preferiscono che vai in giro a pestare gente
piuttosto che mostrare i tuoi gusti?"
"Eh...
lo sport comporta fama, devi piacere agli altri e non a te stesso,
sii sempre forte e non mostrarti debole" sospirai grattandomi la
nuca "Però sai una cosa? Non mi importa più nulla
di tutto
questo, fanculo ai reclutatori e agli altri... quando ho conosciuto
Roxas ho trovato un motivo in più per andare avanti,
è come se mi
avesse fatto risvegliare da un lungo letargo... è un tipo
strano e
non riesco mai a capirlo, per questo mi piace!" aggiunsi poi con
entusiasmo "Lo so, forse sarò affrettato però
quando sono con
lui o quando lo penso sono felice...e quando sta male vorrei
abbracciarlo forte e fare qualsiasi cosa pur di alleviare il suo
dolore"
Riku
nel frattempo si era appoggiato al volante e ascoltava con interesse
senza mai interrompermi o senza dire la sua.
"Però
non so cosa fare, non so se gli piaccio, ho paura di dirglielo... ho
paura... non so... di incasinare qualcosa con la sua malattia"
continuai stringendo i palmi sulle gambe "Cavolo, non so neanche
perché ti sto dicendo queste cose"
"Stai
tranquillo, non devi agitarti altrimenti non puoi stare con lui"
disse sospirando "Tu sei la prima persona verso cui mostra un
vivo interesse da quando Xion ci ha lasciati e, in un certo senso,
sono felice perché finalmente si sta buttato alle spalle
quella
storia... però ci sono varie cose di te che non mi fanno
stare
tranquillo. Primo fra tutti è il fatto che sei amico di
Xemnas"
Chi
è Xion adesso?
"Io
non sono amico di Xemnas... mi trovo per caso nel suo gruppo ma in
realtà io e lui non abbiamo niente da spartire, non so nulla
sul suo
conto se non che non mi è simpatico"
"Quindi
non sai niente neanche della sua, diciamo, doppia
vita?"
Assottigliai
gli occhi, quella mie era nuova "In che senso doppia vita?"
"Se
non lo sai è meglio così"
"Aspetta...
ha qualcosa a che fare con Roxas? Lui ha detto che conosceva il suo
fratello"
"Conoscere,
per modo di dire. Ma sì, possiamo dire di sì.
Sono successe delle
cose in passato... cose abbastanza gravi di cui non ti
parlerò, se
vorrà sarà Roxas stesso a farlo, ma voglio solo
darti un
avvertimento: stai molto attento a lui"
Rimasi
pensieroso per qualche secondo ma non riuscii a venire a capo di
tutta quella situazione, non avevo nessun elemento che potesse
aiutarmi e se loro continuavano a non dirmi niente non potevo fare
nulla.
"Tu
e Sora siete convinti che io possa essere, in qualche modo, cattivo?
È questo il problema? Perché faccio parte
dell'Organizzazione?"
Lui
temporeggiò ma poi rispose affermativamente "Sì,
in un certo
senso è così" disse schietto "Però ho
notato un certo
cambiamento in te da quando Roxas è diventato il tuo tutor e
anche
Sora se ne è accorto, non sembri lo stronzo che dimostri
sempre di
essere. Forse lui davvero potrebbe compiere un miracolo"
"Se
se ne è accorto anche lui perché mi odia ancora?"
borbottai
contrariato.
"Perché
ha paura" si portò le mani alle tempie e se le
massaggiò
"Roxas non sta bene-"
"Sì
lo so cos'ha!" tagliai a corto, non avevo voglia di ascoltare
sempre la stessa solita litania "L'ho anche soccorso l'altra
volta"
Lui
mi fulminò "Credimi, tu non sai cos'ha"
"Certo
che lo so.... è quella cosa della ripolarizzazione, che il
cuore
batte troppo forte se si agita, è triste o cose
così... hai capito
no?"
"Complimenti
per la descrizione così accurata e dettagliata" fece ironico
"Comunque se ti riferisci al qt sappi che non è
quello"
Spalancai
gli occhi "Come non è quello? Lui mi ha detto che ha proprio
quella sindrome!"
Riku
scosse la testa e borbottò qualcosa sottovoce che non
afferrai.
"Axel...
ti dico questa cosa perché penso tu debba saperla, sia
perché da
domani gli dovrai stare continuamente appiccicato... sia per metterti
in guardia, così valuterai tu stesso quanto ti conviene
avvicinarti
a lui"
A
quel punto, visto che ci stavamo trattenendo tanto, gli chiesi se
volesse salire a casa mia ma lui rifiutò dicendo che non si
sarebbe
dilungato ancora molto, così ritornò a parlare
"Lui ha la
sindrome del qt lungo, proprio come hai detto tu" io annuii
ancora una volta per farlo procedere "Il qt adesso è sotto
controllo, Roxas ha imparato a gestirlo discretamente, riesce a
tenere a bada le sue emozioni, anche se deve comunque stare molto
attento, è una patologia grave la sua... basta poco per...
in ogni
caso, dovresti sapere che sono sorte delle complicanze"
"Si
mi ha detto qualcosa"
"Te
lo spiego in modo semplice. Il defibrillatore è un
dispositivo
piccolo come una pallina, da qui partono vari tubicini che
sono inseriti nei vari ventricoli del cuore per stimolarlo quando
serve. Uno di questi tubicini però ha fatto infezione nel
ventricolo
destro e cavolo se non ha fatto bei danni! Per mesi nessuno si era
accorto di nulla, sembrava una comune influenza, però nel
frattempo
l'infezione si espandeva sempre di più: ha attaccato tutto
il
muscolo del cuore ed è arrivata ai polmoni, per questo
l'altra volta
tossiva sangue. Roxas sa in effetti di avere qualcosa, ma non sa
quanto è grave altrimenti potrebbe preoccuparsi, agitarsi e
mandare
tutto a puttane"
"Quanto
è grave?" aggrottai la fronte.
"Ti
dico solo che siamo arrivati ad uno stadio di non ritorno, le valvole
del cuore sono danneggiate irreversibilmente e ciò ha
provocato un'insufficienza cardiaca²"
Era
una cosa grave, ne avevamo parlato non molto tempo fa a lezione di
biologia e tutto quello che sapevo mi permetteva di dire che questa
era un'altra bella rottura di palle per Roxas.
Roxas.
Avrei voluto abbracciarlo in quel momento.
"Però
ha il defibrillatore" interloquii pensieroso "Non dovrebbe
aiutarlo in qualche modo? Voglio dire, non serve a stimolare il cuore
a battere regolarmente?"
Riku
sospirò e si appoggiò con la schiena alla
portiera della macchina
"È proprio quello che ha causato l'infezione... io davvero
non
so... l'abbiamo saputo solo da pochi giorni"
Io
annuii.
"Insufficienza
cardiaca eh?"
"Già"
"Buona
notte" mi congedai con tono stanco uscendo dalla macchina, dopo
che lui mi ricordò ancora di non farne parola con Roxas.
Non
avevo voglia di sentire altro per quella sera, l'unica cosa che
volevo fare era un bel bagno caldo e mettere un album qualsiasi dei
Coldplay a palla. Stranamente quella notizia non mi aveva scosso
più
di tanto, mi sentivo la testa completamente vuota ma sapevo che
questo era solo un effetto momentaneo, quando avrei razionalizzato il
concetto di insufficienza
cardiaca allora
avrei pensato al da farsi.
Nell'attesa
che la vasca si riempisse di acqua bollente, seduto sul bordo intento
a svuotare con un cucchiaino un barattolo di burro di arachidi e con
gli occhi rivolti verso la luna piena che dominava il cielo scuro,
passò allo stereo Viva
la Vida.
Non ero mai riuscito a capire cosa significasse quella canzone ma
quel motto faceva tanto Roxas, gliel'avevo visto scritto sulla parete
della sua stanza, poco
sopra la marea di fotografie che sormontavano la testata del suo
letto, in mezzo al caos di frasi impresse sul muro con pittura nera,
risaltavano quelle tre paroline bianche. Quando gli chiesi se era un
omaggio alla canzone dei Coldplay lui storse il naso e scosse il capo
ridacchiando "Mi piacciono i Coldplay... ma è un riferimento
a
Frida Kahlo³"
E
ora che ci facevo caso era molto simile a questa Frida: anche lei era
passata attraverso tanta merda, sofferenze, incidenti e malattie
croniche ma questo non le aveva mai impedito di diventare la grande
donna che era stata, aveva una voglia di vivere non indifferente, non
a caso sull'ultimo quadro che dipinse scrisse la celebre frase Viva
la Vida.
Viva
la Vida è
un grido al mondo, un inno alla vita, una speranza perseverante. Viva
la Vida è l'eco di tutti quegli spiriti che si sono
dimenticati di
morire. Ed ero assolutamente sicuro che anche Roxas, nonostante i
suoi problemi avrebbe superato tutto e avrebbe avuto un posto
speciale nel mondo, perché lui era la persona più
forte che avessi
mai conosciuto.
•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•
¹
Jean Valjean a metà della sua storia è posto
davanti ad una scelta
molto importante. Viene a sapere che è stato trovato un uomo
del
tutto identico a lui (Champmatieu) ed è condannato ai lavori
forzati
al posto suo, lui deve decidere se agire egoisticamente, mantenere la
propria nuova identità ed essere finalmente libero oppure
assumersi
tutte le proprie colpe, salvare quell'uomo innocente e tornare in
prigione. Se non sapete di cosa sto parlando andatevi a leggere la
trama sulla
Wikipedia
o
vedete il film che è davvero bello (vi dico solo che dopo
aver letto
il libro mi stavo facendo suora D:) - [Riferimenti - Parte I, libro
6, capitolo 2 e Parte 1, libro 7]
²
Insufficienza Cardiaca: incapacità del cuore di fornire una
quantità
adeguata di sangue rispetto alle normali esigenze dell'organismo,
ulteriori informazioni
qui
³
Frida
Kahlo, pittrice messicana (10907-1954) letteralmente perseguitata
dalla sfortuna ma nonostante ciò ha vissuto una vita degna
di nota,
è diventata la prima artista donna ad essere ritratta su dei
francobolli statunitensi e sempre la prima a cui è stata
dedicata
una mostra d'arte in suo onore. Sul suo ultimo quadro scrisse la
frase Viva la Vida da cui si sono poi ispirati i Coldplay per la
canzone e il loro album,
qui
qualche
informazione.
|
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Capitolo 8 *** My Superhero ***
8
Viva
la Vida
Nei
capitoli precedenti
"E tu adesso cosa farai? Non
difenderai il tuo
capo?"
"Perché
dovrei?"
"Perché
è il tuo capo, ovvio"
"Roxas
ti prego, non cacciarti
nei
guai. Tutto questo a cosa credi che ti porterà?"
"Io non
vivrò a lungo..." soffiò in un
sussurrò
quasi impercettibile, il suo voltò era basso e il tono serio
"So
che c'è
qualcosa e il
mio corpo potrà cedere da un momento all'altro... ma almeno
voglio essere ricordato per aver salvato qualcuno, per aver fatto del
bene"
"Tu
sei la prima persona verso cui mostra un vivo
interesse da
quando Xion ci ha lasciati e in un certo senso sono felice
perché finalmente si sta buttato alle spalle quella
storia...
però ci sono varie cose di te che non mi fanno stare
tranquillo.
Primo fra tutti è il fatto che sei amico di Xemnas"
"Io
non sono amico di
Xemnas... mi trovo per caso nel suo gruppo ma in
realtà io e lui non abbiamo niente da spartire, non so nulla
sul
suo conto se non che non mi è simpatico"
"Quindi non sai
niente
neanche della sua, diciamo,
doppia vita?" |
#8 My Superhero
Dobbiamo
smetterla di pensare che il "difetto" sia solo un ostacolo,
una macchia, qualcosa di negativo e di cui vergognarsi.
Il difetto ti rende unico, speciale, la forza di volontà
può aiutarti.
Del resto, i grandi supereroi dei fumetti non nascono tutti
da un difetto iniziale che si trasforma poi in un punto di forza?
Gli allenamenti di
mattina prima delle lezioni erano una delle cose
peggiori al mondo, soprattutto per una persona pigra come me.
Svegliarsi all'alba, indossare la divisa e correre all'aperto nel
freddo pungente. Il coach sapeva certo come farmela pagare per tutte
quelle volte che avevo dato forfait, però ciò non
toglieva che io ero sempre il migliore della squadra e poi gli esercizi
mattutini mi aiutavano a scaricare tutta l'ansia e l'agitazione che
accumulavo, così riuscivo a pensare molto meglio.
Stranamente avevo preso
meglio del previsto la notizia che mi aveva dato Riku: erano passate
diverse ore e non ero ancora andato fuori di testa, nemmeno quando
avevo letto qualche informazione su internet. Tosse, perdita della
fame, dimagrimento, stanchezza, confusione, erano tutti sintomi
più comuni dell'insufficienza cardiaca ed erano anche le
prime cose che avevo notato in Roxas con il passare del tempo. Da
quanto andava avanti questa storia?
Quello che mi dava
più da pensare al momento però
era Xemnas, avevo tastato una forte ostilità da ambedue le
parti e se davvero era come diceva Riku, che Sora era tanto diffidente
nei mie confronti perché ero un suo sottoposto, allora la
faccenda doveva essere abbastanza grave. A rafforzare quest'ipotesi
c'era anche il comportamento strano di Xemnas: già dalla
mattina infatti lo avevo visto strano, nervoso più che
altro, ma in tutti quegli anni non lo avevo mai visto fare un passo
tanto sconsiderato. Al contrario Xemnas doveva mantenere la calma e non
dare nell'occhio perché era nel mirino diretto del preside,
per questo per ogni cosa eravamo sempre noi a fare il lavoro sporco al
posto suo.
Sicuramente era stato
Saix a indisporlo nei confronti di
Roxas. Questi lo odiava perché si era frapposto tra me e
lui, se poi a questo aggiungiamo il malumore di Xemnas e i loro
trascorsi a me ancora oscuri, le cose iniziavano a spiegarsi. Ma ancora
mi chiedevo come mai tutto questo accanimento?
Improvvisamente vidi il pallone con cui mi stavo allenando, rotolare
via e mi sentii afferrare per le spalle da una forza ignota e fui
strattonato di malagrazia.
"Axel" urlò
una voce che tanto sconosciuta non era, e senza
avere il tempo di realizzare cosa stesse succedendo, mi ritrovai di
fronte Xigbar, Xaldin e Marluxia. Ma quando erano arrivati? Credevo di
essere solo!
"Che intenzioni ha il
tuo amichetto?" disse Marluxia tenendomi per un
braccio con una presa ferrea, quando voleva anche lui sapeva fare
l'uomo.
"Ma che-?" feci
frastornato.
"Che cazzo ha in testa
quel moccioso? Istigare così
Xemnas...
è come entrare in una gabbia di leoni" spiegò di
nuovo il
ragazzo dai capelli rosa, con tono che oscillava dall'irritato allo
spazientito "Hai idea di cosa sia successo qui ieri?"
Io scossi il capo,
ancora sorpreso di quella visita improvvisa.
"Te lo dico io
cos'è successo" Xigbar avanzò
verso di
noi, la sua voce riecheggiava nella palestra deserta "Xemnas
è stato
sospeso per tre settimane"
"Che cosa?!"
"Ha mandato Seifer e
Rai all'ospedale e ha fatto una bella
scazzottata con alcuni professori. Cazzo, sembrava una belva"
"Ma... ma è
diventato pazzo così all'improvviso?
Lui sa
che se non sta attento l'espulsione dalla scuola non gliela toglie
nessuno"
"Non è
tutto. Ieri mattina, prima della pausa, ha
ricevuto una strana telefonata che l'ha fatto andare fuori di testa"
intervenne Xaldin e Xigbar annuì "Era molto criptico ma
siamo
riusciti a capire che si parlava di un certo Loz"
"Quindi il suo comportamento
è dovuto a questa telefonata?" mormorai sfregandomi il
mento tra l'indice e il pollice"E chi diavolo è
Loz?"
"Non lo so ma la cosa
non mi piace. So per certo che dev'essere
qualcuno di molto influente per lui" sospirò Marluxia
con tono pensieroso
"Una volta ho origliato una sua conversazione con Saix, diceva
esattamente testuali parole: "ora
che la sua ombra è tornata alla Capitale Dimenticata, Loz e
Yazoo possono partire liberamente". Tu che sei molto
vicino a Saix, hai mai sentito qualcosa a riguardo?"
Contrassi la fronte e
scavai nella memoria ma non ne ricavai nulla "No,
nulla" feci scuotendo lentamente il capo in senso di diniengo e andai a
sedermi su una panca lì vicino. Che poi perché
mai dovevo
sapere qualcosa riguardo una capitale il cui nome è stato
dimenticato o due persone sconosciute? Saix
non mi parlava mai di nulla, figuriamoci se si trattava di Xemnas.
Certo che Loz e Yazoo erano dei nomi proprio strani. Loz e...
"Aspetta!" esclamai improvvisamente colto da un'illuminazione "Yazoo!
Una volta Saix ha telefonato ad un certo Yazoo, è stato
più di un anno fa ma me lo ricordo
perché era a casa mia e mi ha svegliato in piena notte
perché cercava un telefono pubblico... gli ho detto che
poteva
liberamente chiamare da casa mia ma non ha voluto sentir ragioni e ho
dovuto accompagnarlo al minimarket"
Marluxia
sgranò gli occhi e mi guardò come se gli
stessi per
dare la soluzione per una mappa di un tesoro "E che cosa si sono detti?"
"Ma che ne so, gli
chiedeva se il capo dormiva ancora. Certo che
dormiva... non tutti sono così pazzi da svegliarsi alle 4
del
mattino per mettersi al telefono" sbottai irritato al ricordo.
"Lo sapevo"
dichiarò Marluxia mentre sul suo viso si
accendeva
un sorriso vittorioso, dietro di lui Xigbar e Xaldin si lanciarono
delle occhiate ma io non stavo capendo nulla "Lo sapevo che anche Saix
c'entrava qualcosa"
"Di che diavolo stai
parlando? Cosa c'entra tutto questo con Roxas?"
feci iniziandomi a spazientire.
"Axel, è da
un po' che ho iniziato a nutrire dei dubbi su
Xemnas
e se le mie ricerche si riveleranno giuste significa che siamo in una
marea di guai... anzi forse lo è più il tuo
amichetto"
"ROXAS?" sgranai gli
occhi in preda all'agitazione.
"Quando i professori
sono riusciti a bloccare Xemnas lui continuava ad
urlare che gli Strife gli stavano rovinando la vita. Ho trovato dei
documenti negli archivi di mio padre datati due anni fa, in cui
comparivano dei nomi: Loz, Yazoo, Cloud Strife - potrei mettere la
mano sul fuoco che si tratta del padre di Roxas - e altra gente.
Purtroppo non ho altre
informazioni perché quello stronzo deve aver scoperto che io
ho
le sue password e le ha cambiate tutte ma ti assicuro che con capo Saix non si
riferiva al nostro Mansex e quel dormire
era un messaggio in codice. Quello che voglio dire
è che Xemnas è-"
"Ragazzi! Finalmente vi
ho trovati"
La frase di Marluxia fu
improvvisamente interrotta da Demyx che
arrivò zompettando teatralmente con la sua aria da bambino
"Che
ci fate voi in palestra? Pensavo che solo Axie dovesse allenarsi"
cinguettò con tono curioso sedendosi sulla panca accanto a
me
"Di che parlate?"
Immediatamente io e gli
altri tre presenti ci scambiammo delle occhiate
eloquenti, e proprio come accade tra sconosciuti legati da una stessa
passione, si creò una sorta di solidarietà, in
questo caso antiDemyx e,
per non mandare a far fottere tutti i nostri propositi di cercare di
fare un discorso serio e mantenerlo privato, facemmo quasi a gara a chi
sparava la balla più grossa. Non ce l'avevamo con lui ma
sfortunatamente Dem aveva tre
grandi difetti: una profonda ingenuità, la bocca un po'
troppo
larga e l'essere amico di quella pettegola di Kairi.
"Parlavamo della festa
di questa sera" iniziai io.
Xaldin resse subito la
scusa "E da cosa ci
vestiremo"
Gli occhi di Mullet-man
si illuminarono ma inizialmente non
sembrò bersela "Ma io ho sentito il nome di Xemnas"
"Appunto" si intromise
Xigbar mettendo una mano sulla spalla del biondo
"Quel vecchio aveva perso una scommessa contro di me e doveva
vestirsi da Babbo Natale stasera, ma si è fatto sospendere e
quindi addio Babbo Mansex"
Demyx emise un
prolungato 'Oh' di puro stupore, sinomino del fatto che
ci aveva abboccato alla grande "E voi da cosa vi vestirete?"
"È una
sopresa, tesoro mio" sorrise malizioso Marluxia
"Appena mi vedrai cadrai ai miei piedi"
Il nostro gioco di
squadra sembrò sortire l'effetto sperato
e
Demyx iniziò ad intavolare una discussione sul quale potesse
essere il miglior travestimento per lui dal momento che doveva suonare
nella band, a questo seguirono risolini e vaneggiamenti sulla possibile
reazione che avrebbe potuto avere una
certa persona vedendolo sul palco.
Dopo una buona decina
di minuti, concludemmo che si era fatta ora e che
a breve sarebbero iniziate le lezioni, andai a fare una veloce doccia e
uscimmo dalla palestra e ci
dirigemmo verso l'entrata, come prima tappa io sarei dovuto andare in
presidenza per parlare con DiZ riguardo il mio nuovo incarico ma prima
di separarci Marluxia mi prese in disparte.
"Ora che Xemnas non
c'è non abbiamo fretta però
ne riparleremo
presto, nel frattempo dici al bimbetto di non cacciarsi nei guai"
"Non preoccuparti. Da
oggi sono stato assegnato come suo accompagnatore
a scuola quindi farò in modo che se ne stia buono" gli feci
l'occhiolino mettendo le mani in tasca.
"Perfetto e se ti
scappa chiedigli qualche informazione. Ma come mai
sei il suo accompagnatore?"
Ormai eravamo arrivati
davanti la porta della presidenza e mi appoggiai
con la schiena al muro "Al momento la sua salute non gli permette
altrimenti e dal momento che frequentiamo la maggior parte delle
lezioni insieme la scelta è stata ovvia" feci scrollando le
spalle e scossi il capo "Io ho provato a farlo parlare ma è
molto prudente e non si lascia scappare nulla"
"Lui potrebbe chiarire
tutti i punti oscuri" mormorò tirando
fuori dalla sua tracolla la chiave del suo armadietto e fece per
andarsene al suono della campanella ma dopo un'istante di riflessione
si girò di nuovo verso di me e mi sorrise malizioso "Quindi
tu e
Saix dormite
insieme eh?"
Arrossii
violentemente, toccando tutte le tonalità
del rosso fino al viola e sbraitai irritato "Shut the fuck up!"
Grazie alla
chiacchierata con il preside mi persi una buona parte
dell'ora di scienze, verso la cui classe mi ero poi diretto con la
stessa lentezza di un condannato a morte verso la sedia elettrica. Al
nostro colloquio si era aggiunta anche Yuna che mi aveva spiegato di
tutte le misure di sicurezza che erano state adottate dalla scuola per
Roxas, come dovevo comportarmi con lui, cosa avrei dovuto fare in caso
di emergenza - e soprattutto come distinguere un'emergenza da un
semplice malore - mi aveva poi dato una lista con l'elenco delle
medicine e gli orari in cui le doveva assumere. Insomma, per farla
breve, dovevo stare appiccicato a Roxas sempre, comunque e dovunque,
e meno tempo Sora e la sua ansia gli erano vicini, meglio era per
tutti.
Soprattutto per me perché così avrei potuto
passare un
sacco di tempo da solo
con Roxas. Non avrei potuto chiedere di meglio.
Una volta in classe
avevo ancora in testa quella breve conversazione
con Marluxia, avevo capito che la cosa era grave dal suo tono serio.
Non avevo capito molto della faccenda ma a quanto pare Xemnas serbava
dei rancori non soltanto verso Roxas ma verso la sua famiglia, doveva
infatti essere successo qualcosa
anche tra il padre di quest'ultimo e quegli altri tizi dai nomi strani,
qualcosa che doveva aver portato delle conseguenze negative per Xemnas.
Ancora mi chiedevo come facesse l'irresponsabile Marluxia Porn
ad essere sempre così furbo e perspicace, poi mi risposi da
solo: probabilmente
perché suo padre era lo sceriffo della contea; io invece
più ci pensavo e più avevo paura che mi uscisse
il fumo
dalle orecchie.
Appena presi posto nel
mio banco accanto a quello di Demyx decisi
subito di scacciare tutti quegli strani pensieri dalla mente ed
intavolare una conversazione col biondo. Era avido di notizie, glielo
leggevo negli occhi, e io lo accontentai perché amavo essere
sempre al centro dell'attenzione. Gli raccontai a modo mio e in maniera
sommaria di Roxas, della sua casa, del giro in barca fino all'arrivo di
Sora, il cattivo; ne era uscito un racconto molto fantasioso ma Dem
pendeva dalle mie labbra proprio come se gli stessi raccontando
un'avvincente fiaba.
"E poi cosa
è successo?" chiese sottovoce ormai troppo
assorto
da accorgersi del professor Vexen che si era avvicinato a noi con
silenziose falcate per prenderci di sorpresa.
"E poi cosa succede
lo chiedo
io, signor Dintch" chiese il vecchio Vexen altezzoso, accentuando con
tono acuto la fine della frase e mettendosi le mani sui fianchi, tipico
comportamento di quando era in vena di fare lo stronzo con gli studenti
"Allora, cosa succede quando i geni di una persona subiscono una
mutazione?"
Il biondo
guizzò con lo sguardo da me al resto della classe
elemosinando tacitamente qualche suggerimento ma non fu tanto fortunato
e, dopo circa una trentina di secondi, notando l'evidente irritazione
del professore, si decise a rispondere con un fil di voce "Si unisce
agli X-Men?"
Per poco non soffocai
dalle risate alla risposta del biondo ma anche a
me toccò la sua stessa sorte e quando il
vecchiaccio mi
perforò con il suo sguardo di ghiaccio fui costretto anche
io a
sparare qualche stronzata, dato che non avevo assolutamente la
più pallida idea di cosa stesse spiegando "Uhm... se non
è X-Men allora sarà qualcosa come Spiderman,
Batman o Fantastici Quattro... oppure Hulk?"
Se lo sguardo di
disapprovazione fosse stata un'arma allora penso che a
quest'ora sarei morto a causa di quella che mi
riservò
l'uomo.
"Okay, è
assodato che non diventi un supereroe" ridacchiai
imbarazzato mentre con una mano mi grattavo la nuca "Però
dai,
loro hanno subito una mutazione genetica e sono diventati proprio dei
gran fighi... hanno saputo sfruttare la loro diversità e ne
vanno fieri"
Vexen
sospirò e si voltò verso il resto della
classe e
iniziò a camminare per i banchi con le mani dietro la
schiena
"Come dice il signor Moore - o almeno se ho decifrato bene i suoi
pensieri - una mutazione genetica non dev'essere vista in termini
dispregiativi, certo, non diventerai un supereroe ma anche un difetto
negativo può avere dei lati positivi" lo vidi ritornare alla
sua
cattedra e dopo un veloce sorso del suo caffé amaro, si
girò di nuovo verso di me e Demyx "Tali padri tali figli,
anche
Zell e Reno erano dei gran scocciatori ma sapevano il fatto loro...
Dintch, Moore, sedetevi subito qui in prima fila e se vi trovo di nuovo
occupati in pettegolezzi avrete una bella punizione"
Senza protestare
facemmo come ci ordinò, più che
altro
perché altrimenti avrebbe iniziato un'altra delle sue
litanie da
vecchiaccio bisbetico, e una volta che prendemmo posto Vexen si
indirizzò al suo pupillo prediletto, la luce dei suoi occhi, seduto proprio accanto a me.
"Zexion, almeno tu
sapresti aiutarci?"
Il ragazzo in questione
accennò un flebile segno di assenso
col
capo e si raddrizzò con la schiena "Una mutazione genetica
è proprio quello che dice il termine. Quando prima della
nascita o durante lo sviluppo si
verifica il danneggiamento del dna, le cellule tentano di ripararlo,
a volte con scarsi risultati, ed è questo poi che provoca il
cambiamento.
Le mutazioni possono essere positive ma anche
negative... e queste ultime portano a problemi con il sistema
immunitario, al cancro" lo vidi voltarsi appena verso di me
prima di
concludere la sua spiegazione "O altre malattie"
"Ottimo come sempre"
proferì un compiaciuto Vexen andando ad
aggiungere un'ennesima nota di merito a Zexion.
Con immenso sollievo la
campanella suonò pochi minuti dopo
e finalmente potei riprere la chiacchierata con Dem, ma questa volta
andavo
più velocemente perché a breve sarei dovuto
andare a
prendere in consegna Roxas dalle mani del suo lunatico fratello.
"Già non sta
molto bene per questo ha bisogno di qualcuno
che
gli stia vicino" spiegai mettendo la borsa in spalla, Demyx era apparso
davvero interessato alle condizioni di salute dell'altro biondo e ogni
volta chiedeva sempre di lui "E al polso ha anche un braccialetto con
su scritto il suo nome e dei codici"
"Che dici,
farà parte di qualche setta?" chiese stupidamente
Demyx.
"LQT2"
rimarcò una voce alle mie spalle, che riscontrai
essere
niente di meno che Zexion "È l'acronimo della sua malattia.
Dal
momento che è un soggetto a rischio, semmai si trovasse a
svenire
in un luogo in cui non ci sono persone che sanno della sua situazione,
i paramedici individuerebbero subito il problema"
Io vacillai a quella
sua improvvisa intromissione, Zexion non si era
mai avvicinato a me, figurarsi rivolgermi la parola! Demyx
invece si strinse al mio braccio e guardò l'altro ragazzo
quasi con
timore.
"Ah...ehm.. grazie" mi
affrettai a dire, ricordandomi che non avevo
ancora detto nulla.
"Di nulla" fece
spallucce "Quel pensiero sui supoereroi era interessante.
Anche la malattia di Roxas è frutto di una mutazione... sai
forse dovrei rivalutarti" mi passò accanto e
scrutò per
un istante Demyx, al quale abbozzò un timido e
impercettibile
sorriso "Arrivederci"
Rimasi a studiare la
sua schiena che si allontanava nel corridoio ma
subito Mullet-man fremette accanto a me.
"Axel ti prego,
reggimi" sussurrò appoggiandosi alla mia
spalla,
le sue gambe tremavano violentemente e davano segno di voler cedere da
un momento all'altro.
"Cazzo Dem, cos'hai?
Non ti senti bene?" mi affrettai a sostenerlo.
Lui scosse il capo ma
poi iniziò a ridere istericamente "Non
è possibile, non è possibile"
"Che cosa?"
"Zexion!" mi
guardò con occhi quasi inondati di lacrime "Non
è possibile... lui... lui mi ha parlato! Anzi no, mi ha
augurato
un arrivederci...
quindi
significa che vuole rivedermi! Mi ha anche sorriso! Ommioddio mi sento
quasi mancare" disse quasi in iperventilazione, facendosi aria con le
mani.
A quelle parole gli
diedi uno spintone "Ma vaffanculo... credevo che
stessi per morire"
"Infatti per poco non
sono morto! Quanto è affascinante il
mio
Zexy" saltellò con espressione sognante, seguendomi verso
gli
armadietti "Che dici secondo te ho un'opportunità?"
Mi schiaffai una mano
sulla fronte, eccolo che ricominciava.
Zexion. Esattamente.
Quel tizio triste e
invisibile, con i capelli grigio topo, dalla
frangia emo che gli copriva un occhio, dall'espressione atona, quello
che sembrava aver costruito un accampamento nella biblioteca ma che
vedevo spesso in compagnia di Roxas. Avete presente il tipo no? Ebbene,
Demyx era innamorato perso di lui dal primo anno ma non aveva mai
avuto le palle di invitarlo fuori, in realtà non aveva
neanche
le palle di parlargli o guardarlo, il tutto a causa di un motivo
stupido. Al primo
anno Zexion gli aveva prestato il suo libro di scienze, Dem ne fu
così emozionato che distrattamente ci
versò sopra
uno di quegli strani intrugli che dovevamo comporre e fu
così
terrorizzato da una sua possibile reazione negativa che si autoconvinse
che Zexion lo odiasse e iniziò ad evitare qualsiasi tipo di
contatto con lui. Diciamo che Demyx si era relegato in una sorta di
amore a distanza ravvicinata - idiota, non trovate?
- e aveva anche provato a dimenticarsi di lui andando a fare la
troietta qua e là ma non ci era mai riuscito, il suo era una
sorta di vero amore alla
maniera Disney.
"Dem... per la
milionesima volta, se non ci parli non potrai mai avere speranze
con lui!"
"Come faccio a parlarci
se poi mi odia?"
Sospirai pesantemente e
repressi i miei istinti più selvaggi.
Fortunatamente fui
salvato da un nuovo nascente piagnisteo dalla
vibrazione del mio cellulare che si rivelò essere un
messaggio
da parte di Riku.
>>Porta il
tuo culo fiacco all'armadietto di Rox, ti stiamo aspettando
Non mi ci volle
molto a scaricare con malagrazia il mio
amico di
infanzia e correre nel corridoio parallelo dove scorsi in lontanaza
Riku con due borse sulle spalle sfoggiando una delle sue migliori
poker faces, Kairi armata di rossetto e specchietto che si aggiustava
eventuali sbavature, Roxas appoggiato all'armadietto e un corrucciato
Sora con braccia conserte.
"Moore alla buon ora!"
sbraitò quest'ultimo vedendomi
arrivare.
"Scusate Vexen ci ha
trattenuto" dissi avvicinandomi al gruppetto.
"Anche noi abbiamo
delle lezioni da seguire, la prossima volta cerca di
essere puntuale"
"Sor non sono un
bambino... te l'ho già detto che se voi
avete
da fare potete anche avviarvi, so badare a me stesso" intervenne Roxas
con tono annoiato.
"E io ti ripeto che non
voglio che tu stia da solo, tu sei il mio unico
fratello e voglio saperti al sicuro" il castano si era girato verso di
lui e aveva allargato le braccia "Dammi un abbraccio"
Roxas scosse il capo e
ridacchiò mentre si avvicinava a lui
e lo abbracciava.
"Mi chiamerai se
c'è qualche problema?"
"Stai tranquillo Sor,
ci vediamo alla fine delle lezioni"
"Certo che tuo fratello
è davvero soffocante" mormorai
mettendomi in spalla anche la sua tracolla.
"Già" Roxas
mi seguiva a passo sostenuto e
sollevò lo sguardo verso di me "Però non lo fa
apposta... è terrorizzato dall'idea di potermi perdere"
A quella risposta
sospirai e mi diedi mentalmente dello stupido,
preferii non dire nient'altro ma allungai solo una mano verso di lui.
"Che significa?" mi
chiese interrogativo spostando lo sguardo sorpreso
da me alla mano e viceversa.
"Dammi la mano" dissi
solamente.
"Non sono un bambino!"
protestò.
"Lo so"
Al mio tono pacato
sembrò ammorbidirsi "Hai paura che posso
scappare?"
"Assolutamente no"
"Allora"
esitò "Hai paura di perdermi?"
Quelle parole mi
trafissero come una coltellata in pieno stomaco e
lottai con tutto me stesso per non rispondere un malinconico "Sì".
Roxas mi piaceva
davvero tanto, questo era assodato, e sapevo che era
un un passo azzardato quello di innamorarsi una persona che sapevo non
avrebbe potuto stare al mio fianco per sempre, ma non potevo fare a
meno di stare con lui, di cercare un qualsiasi contatto con lui. Lo
desideravo, volevo che fosse solo mio, volevo poterlo abbracciare senza
aver paura di ciò che potevano dire gli altri, volevo
sentire il
caldo sapore delle sue labbra sulle mie. Volevo vedere il sorriso,
sentire la sua voce e vedere il suo sguardo illuminato dalla luce di
vitalità che gli avevo visto quando l'avevo conosciuto.
Roxas
doveva essere felice e sentirsi amato.
"Perché
dovrei perderti?" risposi serio continuando a
guardare
il corridoio davanti a me "Dammi la mano... voglio sentirti vicino a me"
Accennò un
sorriso, soddisfatto dalla mia spiegazione, e
senza
dire nient'altro mi strinse la mano e ci avviammo nell'aula di
inglese.
Come d'abitudine, in
classe ci sedemmo vicini ma evidentemente Roxas
era così ben disposto nei miei confronti che fece finta di
aver
dimenticato il suo libro di testo e
si vide costretto
ad avvicinare la sua sedia al mio banco e venire a seguire con me, come
se non bastasse ad un certo punto della lezione appoggiò la
testa sulla mia spalla e io lo circondai da dietro con il mio braccio
libero. Non lo facevo così audace ma questo suo coraggio mi
piaceva, era come se per lui niente di tutto ciò fosse
imbarazzante o sbagliat e assieme a lui anche io non stavo dando
più peso a quello che potevano pensare gli altri. Non avevo
mai indagato prima d'ora sulla sua
situazione sentimentale o sui suoi gusti e lui non mi aveva mai
espresso
i suoi sentimenti a voce, ma riusciva a farsi capire dai gesti - lui
era
attratto da me quanto io lo ero da lui ed era la stessa cosa che mi
aveva detto anche lui il giorno prima. Però anche se lui
cercava
sempre un contatto con me a volte lo vedevo quasi timoroso nei miei
confronti e sembrava avesse paura di qualcosa.
Non avevo dimenticato
le parole che Riku mi aveva detto il giorno prima
in macchina.
"Tu sei la
prima persona verso cui mostra un vivo
interesse da
quando Xion ci ha lasciati e in un certo senso sono felice
perché finalmente si sta buttato alle spalle quella
storia"
Se c'era
una cosa che avevo
imparato a mie spese è che quando una persona ha paura di
soffrire ancora tende a spingere via tutti gli altri e rinchiudersi nel
proprio mondo, questo era anche il caso di Roxas?
Ero così
assorto nei miei pensieri che quando ad un
certo punto lui mi avvisò che sarebbe andato in bagno e che
non
mi voleva tra i piedi, io acconsentii senza rendermene conto; soltanto
la voce dell'insegnante mi ridestò poco dopo, chiedendomi se
il
mio compito non fosse proprio quello di accertarmi che lui
stesse
bene, e così mi resi conto che la sedia accanto alla mia era
vuota.
Cazzo.
Corsi velocemente fuori
dalla classe e vidi in lontananza Roxas che
stava svoltando un angolo e aggrottai la fronte quando osservai che
quella non era la strada per andare in bagno. Mi affrettai a seguirlo
facendo del mio meglio per fare in modo che non si accorgesse di me,
avevo sempre avuto la sensazione che lui mi nascondesse qualcosa e per
questo colsi l'occasione al balzo. La cosa si fece sospetta quando lo
vidi entrare in una classe apparentemente vuota, io rimasi fuori per
spiare ma riuscii a scorgere attraverso la fessura della porta
appannata la figura di Larxene in piedi al centro della stanza.
"Alla fine sei andata
dal parrucchiere?"
"Sai che per il tuo
affronto potrei fartela pagare molto cara, seduta
stante, senza che nessuno si accorga di nulla?" sentii la di-nuovo-bionda
ragazza sibilare acidamente, aveva le braccia incrociate al petto ed
era
appoggiata ad un banco.
"Certo che lo so"
ridacchiò Roxas che non sembrava affatto
intimidito "Ma tu non lo farai"
"Ah no? E fammi sapere,
cosa ti fa credere il contrario?"
"Il fatto che tu sei di
parola. Hai promesso che mi avresti sempre
ignorato"
E in quel momento
stentai a credere ai miei occhi: Larxene si strinse
nelle spalle e abbassò lo sguardo, senza dire nulla. Mi
appoggiai alla porta per vedere meglio ma facendo comunque attenzione a
non fare rumore. Non riuscivo a spiegarmi cosa ci facessero quei due in
una stessa stanza e cosa più strana ancora, Larxene sembrava
astiosa ma non intenzionata a fare nient'altro al di fuori del
semplice parlare, inoltre i due sembravano confidenziali. Che Roxas
conoscesse anche lei? Avrei voluto entrare e chiedere spiegazioni ma
ritenni più saggio rimanere fuori a spiare i loro movimenti
e se
le cose si sarebbero messe male allora sarei intervenuto.
"Perché
l'hai fatto? Eravate tanto amiche..." prese di nuovo
parola il più piccolo.
"Ma se non conosco
neanche il suo cognome"
"Pantala, lo sai che
non sto parlando di Belle"
Larxene nuovamente non
rispose, si morse il labbro nervosamente e poi
mugugnò "Moccioso... tu sai che ti odio sempre di
più?
Sto facendo davvero un grande sforzo per non mollarti un pugno nello
stomaco"
"Ti ringrazio"
ridacchiò Roxas "Non mi è nuovo il
tuo astio nei miei confronti"
"Come mai hai deciso di
farmela pagare dopo tutto questo tempo?"
"Era da tempo che
volevo restituirti il favore, però sai
sono insorti dei
contrattempi...
adesso però ho le ore contate e per non accumulare altri
rimpianti devo fare tutto ciò che non ho fatto a tempo
debito"
"Strife..."
sospirò la ragazza analizzandosi le unghie delle
mani come se fossero la cosa più interessante "Ti metterai
in
guai seri"
"Lo so"
"Non hai paura?"
Roxas sorrise
strafottente "Seriamente Larx, chi credi che in una
situazione come questa possa non avere paura?"
Lei lo
guardò negli occhi e lo superò per poi
fermarsi
poco dietro di lui, ma continuava a dargli le spalle "Credi che il tuo
corpo gracilino possa farcela?"
"Ce la farò,
la mia volontà è
più forte di qualsiasi altra cosa"
Aggrottò la
fronte e serrò gli occhi quando
Larxene
batté un pugno sul banco e urlò dalla
frustrazione.
"Eri sempre in mezzo,
ovunque io andassi, tu eri sempre
lì...
non sopportavo il modo in cui ti guardava, l'ammirazione che provava,
quel luccichio nei suoi occhi. Volevo solo qualche attenzione in
più da lei! Non mi pare chiedere molto"
"E credevi il tuo
comportamento da stronza l'avrebbe fatta innamorare
di te?" Roxas si voltò si scatto, i suoi occhi erano accesi
da
un barlume di furore "Complimenti, vedo che frequentarti con Vanitas ti
ha fottuto ancora di più il cervello di quanto non fosse"
A quel punto il tempo
sembrò velocizzarsi.
Larxene si
girò di scatto, afferrò il biondo per
la felpa
e lo sbatté con violenza contro il muro, io senza
pensarci due volte entrai nella stanza e mi frapposi tra i due.
"Stronzetto ripetilo
ancora se ne hai il coraggio!" strepitò
la ragazza che ora si divincolava nella mia presa ferrea.
"Larxene lascialo
andare" dissi allontanandola faticosamente una volta
che riuscii a bloccarle le braccia e le mani.
"Levami subito le mani
di dosso!"
"Axel che diavolo ci
fai qui? Ti avevo detto di rimanere in classe"
sbottò Roxas infuriato. Perfetto, io che cercavo di
mantenere la
situazione sotto controllo, dovevo subirmi le ire di entrambi.
"Se non fossi
intervenuto Larxene ti avrebbe mandato all'ospedale"
"Lasciala andare, lei
non lo avrebbe fatto!"
Non riuscii ad oppormi
a quello sguardo risoluto e quando lasciai la
bionda mi sentii come se mi fossi levato un peso dalle spalle... pesava
davvero!
"Da quanto tempo sei
qui?" mi chiese l'altro come se fosse una
constatazione più che una domanda.
"Da sempre"
Larxene
sgranò gli occhi "Hai origliato tutto!"
"Non preoccuparti, Axel
non dirà nulla della nostra
chiacchierata" Roxas sospirò, mi prese per una manica e mi
portò a sedermi su una sedia poco lontano da loro "Vero Ax?"
Feci un grugnito di
dissenso.
"E a chi dovrei dirlo?
Anche se volessi non potrei perché
non ho
capito di chi diavolo state parlando. Io sono qui per Roxas e per
assicurarmi che non gli accada nulla"
Vero, ma ero
lì anche per scoprire cosa c'era dietro tutti i
casini che ultimamente animavano la scuola, ovviamente però
questo
preferii tenerlo per me. Roxas annuì soddisfatto e si
girò di nuovo verso la ragazza irritata.
"Con il tuo
comportamento l'hai fatta soffrire, credeva che non le
volessi più bene"
"Io l'amavo, Roxas, non
sapevo come farglielo capire... non sapevo
neanche come gestire quelle sensazioni così strane. Alla
fine mi
sono arresa perché il mio non era un sentimento ricambiato,
se
l'avessi fatto avrei rovinato la nostra amicizia" Larxene scosse la
testa e con una mano si portò i capelli all'indietro "Non
sono
mai stata più male in vita mia, quando è successo
poi avevo anche pensato di mettere il punto fine alla storia. Un
epilogo squallido proprio come lo stava diventando la mia vita... Se
non fosse stato per Marluxia penso che a quest'ora la mia
unica conquista
sarebbe
stata una cassa interrata di colore
bianco e una lastra di marmo"
"Ti buchi ancora?"
"No ho smesso"
Roxas inarcò
un sopracciglio, scettico.
Era incredibile come entrambi riuscissero a parlare di un argomento
così delicato con tanta facilità, ma la cosa
più
incredibile è che non avevo idea che Larxene fosse stata nel
giro
della droga... e Roxas come faceva a saperlo?!
"Dico sul serio"
rimarcò Larxene con tono annoiato "Dopo
quella
storia mi sono ammalata e ho passato tutta l'estate e parte
dell'autunno in ospedale, ne ho
avuto abbastanza"
"Lo so... all'epoca ci
siamo sentiti solo tramite cellulare"
mormorò lui con una punta di malinconia nella voce "Come
stai ora?"
"Sto bene" Larxene
incrociò le braccia "Sai che mi hanno
asportato tutto... ma almeno non si sono più presentate
metastasi, anche se devo sempre stare sotto controllo"
"Metastasi?" sbraitai
sgranando gli occhi, non riuscendo a trattenermi.
La bionda fece una
risatina sarcastica e mi guardò con
sufficienza "Ho avuto il cancro, Moore. Non lo sapevi?"
"No che non lo
sapevo... non me l'hai mai detto!" feci alzandomi e
andando verso di lei "Stai bene?"
"A parte la
sterilità sto benissimo adesso... ma non
è di me che devi preoccuparti" lei si voltò verso
Roxas e io feci lo stesso aggrottando la fronte. Quante cose
succedevano e io non sapevo niente di niente.
"Larxene piantala di
dire queste cose" sospirò lui
prendendomi per mano e riportandomi di nuovo a sedere in fondo alla
stanza dove
stavo prima, io non opposi resistenza "È meglio per te
rimanere sempre sotto
controllo... non ti sembra strano che ci siamo ammalati
entrambi più o meno nello stesso periodo?"
"Coincidenza vero?" lei
ridacchiò con la sua solita
arroganza.
Pensandoci
bene
anche il cancro era una mutazione genetica.
All'improvviso mi
sentii tremendamente fuori posto in quella stanza
assieme a due mutanti,
e seppur fosse di cattivo gusto mi venne quasi da ridere al pensiero ed
ero certo che anche Roxas e Larxene si sarebbero uniti alle
mie risate. Quello diverso ero io in quel momento!
"Perché hai
scelto proprio il blu?" chiese Roxas spezzando il filo dei miei
pensieri insensati.
"Adoravo il colore dei
suoi occhi"
Roxas sorrise
probabilmente intenerito da tutte quelle dichiarazioni
personali della bionda, neanche io avrei immaginato che potesse provare
sentimenti così dolci "Lei ti ha sempre voluto bene. Ti
ammirava, eri come una sorella maggiore, un modello da imitare...
Però vedendo il tuo comportamento freddo e scontroso pensava
di
non essere più abbastanza per te"
Larxene prese a vagare
per la stanza e per qualche minuto non disse
niente, era nervosa ed era evidente che stava facendo un grande sforzo
per non prenderci a pugni. Se era come diceva Roxas, che non avrebbe
fatto nulla, allora eravamo salvi, ma conoscendola dopo si sarebbe
sfogata su
qualcun altro.
"Quando sono uscita
dalla doccia e ho visto cosa fosse successo ai miei
capelli, ho subito pensato a te... io però avevo usato
pittura
e
non tintura"
"La tintura non si
toglie... volevo che non ti dimenticassi di lei"
"Non potrei mai"
"Allora correggi la tua
condotta"
Larxene lo
squadrò per qualche istante, la vidi avvicinarsi
pericolosamente e con un dito gli alzò il mento. Io mi misi
sulla difensiva, pronto a intervenire, ma la lasciai fare.
"Non prenderti troppa
confidenza, moccioso. Io faccio quello che
voglio" mi lanciò un'occhiata sprezzante e
continuò di
nuovo "Io sono entrata nell'Organizzazione proprio per Xemnas"
"Non ne avevo dubbi"
Roxas accennò un risolino sarcastico e
si
divincolò dalla sua presa per ritornare di nuovo vicino a me
"Hai qualche notizia del capo?"
"Ancora niente"
Il capo?
Il biondo
annuì e mi prese una manica per esortarmi ad
alzarmi e
ad uscire assieme a lui dalla classe, ma Larxene ci bloccò
proprio quando stavamo sull'uscio della porta.
"Loz è stato
preso"
Roxas si
voltò di scatto, i suoi occhi sembravano voler
uscire
dalle orbite dalla sorpresa e anche io fui colpito dal sentire quel
nome "Che cosa stai dicendo?"
"Quel figlio di puttana
era in Cina" lei annuì e alla
mancata
risposta di Roxas riprese a parlare "Adesso siamo pari. Non mi piace
avere debiti... men che meno con te"
"Sicuro" Roxas sorrise
e assentì "Ah, Larxene?"
"Uhm?"
"I capelli biondi ti
stanno meglio"
Sora, Riku e Kari si
trovavano nell'altro padiglione scolastico,
Naminé era impegnata ad ultimare un dipinto per la sua
classe di
Educazione Artistica e Zexion era scomparso dalla circolazione, quindi
dal momento che eravamo solo io e Roxas e non avevo intenzione di farlo
unire al mio tavolo di pazzi (un po' per non farlo spaventare dalle
stranezze degli altri e un po' per tenerlo lontano da Saix), quel
giorno decidemmo di passare la pausa pranzo in aula studio perstare
un po' da soli.
"Conosci Larxene da
molto tempo?" domandai di punto in bianco mentre
armeggiavo con il mio panino e tutto il ripieno che minacciava di voler
cadere fuori.
"Ehh... dalle medie
più o meno" rispose giocherellando con
la
forchetta con i pezzi di pollo nel suo piatto "Però non
siamo
neanche lontanamente amici"
"Guarda, non si era
notato" ridacchiai finendo il panino
"Quindi se ho capito bene quella di Belle era una scusa?"
Lui annuì
"Belle sarà anche una ragazza molto
dolce e disponibile ma io non sono così, soprattutto se si
tratta di una persona con cui non ho niente a che fare... te l'ho detto
Ax, io sono cattivo ed egoista"
"Non sei cattivo ed
egoista" ribadii prendendo un paio di patatine e
portandomele alla bocca "Avrai anche usato questa scusa ma in
realtà ti sei voluto vendicare di una persona che ha
ricevuto un'offesa. Era importante per te?"
"La persona a cui
tenevo di più" disse per poi prendere un
altro piccolo boccone.
Mi
pulii la bocca e mi fermai qualche istante a guardare Roxas che
finalmente si era deciso a mettere qualcosa sotto i denti. Era
così carino anche mentre mangiava che non potei fare a meno
di
soprenderlo scattandogli una foto proprio come avevo fatto il giorno
prima in barca.
"La tua sta diventando
una mania?"
"Era un momento da
immortalare"
"Cosa? Il pezzo di
pollo che ho appena mangiato? Già... un
momento davvero significativo" commentò ironico "Tra poco
dovrai
iniziare a pagarmi i diritti"
"Finché
posso continuerò a farti foto,
sarà un
piacere pagarteli" gli sorrisi ma lui mi ignorò
deliberatamente,
così presi una patatina fritta dal mio vassoio e gliela
imboccai. Ormai anche questo stava diventando un'abitudine
però
a quanto pare era gradita infatti la addentò con un grande
sorriso sulle labbra.
"E quindi Larxene era
innamorata di quacuno che conoscevi? O meglio una
lei, se ho
capito bene"
"Sembra strano da parte
sua ma era davvero cotta... solo che non sapeva
dimostrarlo"
"Si comportava male?"
"Esatto. È
sempre stata così caratterialmente
però
quando si è accorta che tra noi c'era una maggior sintonia,
lei
ha iniziato comportarsi sempre peggio per attrarre la sua attenzione.
Una volta le ha rovesciato un intero barattolo di pittura azzurra
addosso e l'ha derisa davanti tutta la scuola... quella è
stata
l'ultima volta che l'ha vista"
Io annuii ma quella
spiegazione non era abbastanza per me "E ora lei
dov'è?"
"Se n'è
andata"
Non ero così
scemo da non sapere cosa significasse una
risposta
del genere, ma comunque poteva avere un doppio significato dal momento
che era stata pronunicata da Roxas, il signore del mistero.
Così
mi armai di tutta la delicatezza di cui disponevo e posi la domanda
fatale.
"Dov'è
andata?"
"Si è
ricongiunta con sua madre"
Tirai un sospiro di
sollievo e cacciai una risata "Oh... menomale!
Credevo fosse morta"
"Infatti è
morta, grazie della delicatezza"
mormorò Roxas con espressione rabbuiata.
Cazzo!
"Perdonami Roxy...
quando mi hai detto della madre credevo che si fosse
trasferita" mi affrettai a dire circondandolo con un braccio e
stringendolo forte a me, a volte riuscivo a diventare quasi
più stupido di Demyx. Passai i successivi dieci minuti a
scusarmi
perché mi ero sentito davvero una merda anche se non lo
avevo
fatto apposta e con molta fatica ero riuscito anche a scoprire il nome
della misteriosa ragazza.
Xion.
Doveva essere la stessa Xion di cui parlava Riku e la stessa
protagonista della maggior parte delle fotografie che adornavano il
muro di Roxas. Era lei la persona a cui Roxas teneva di più
e
per la quale Larxene aveva sofferto.
Roxas e Xion dunque
stavano insieme come avevo precedentemente
ipotizzato? E perché è morta?
Il biondo
si appoggiò col capo al mio petto e si aggrappò
alla mia felpa, non mi andava di vederlo triste ma in quel momento
l'unica cosa che potevo fare era abbracciarlo più forte che
potevo e fargli sapere che io c'ero per lui.
"Roxy so che forse non
è il momento ma credo che questa sia una domanda importante"
"Di cosa si tratta?"
"Chi è Loz?"
"Perché vuoi
saperlo?"
"Ho notato che cerchi
informazioni su questo capo
e Loz. Prima
dell'ora di pranzo Xemnas ha ricevuto una telefonata a proposito di un
certo Loz e lui si è infuriato... probabilmente gli hanno
comunicato la stessa cosa che ti ha detto Larxene"
"Sì
è molto probabile" assentì con un
cenno stringendosi forte a me "Ma ti consiglio di stare alla larga da
questa faccenda... perché Loz è il sottoposto di
quello che ha ucciso Xion"
"Allora Roxy, da cosa
ti vestirai stasera?"
"Axel... piantala di
farmi da seconda madre, so mettere il cappotto
anche da solo"
Guardai il ragazzo
davanti a me e dentro di me urlai dalla gioia.
Assorto dalle nostre conversazioni e senza badar troppo alle sue
proteste, avevo iniziato a rivestirlo di tutto punto con cappotto,
cappello e sciarpa, e dovevo ammettere ancora una volta che era davvero
carino.
"Fuori fa freddo, devo
assicurarmi che tu stia caldo" dichiarai
aggiustandogli la sciarpa e lui sospirò esasperato "Non hai
ancora risposto alla mia domanda"
"Ti ho risposto
già ieri" rispose a quel punto il biondo
finendo
di riporre i quaderni nella sua tracolla per poi passarla a me "Io non
ci vengo stasera"
Dopo la sua
rivelazione, Roxas si era chiuso in un'estenuante silenzio
e io avevo dovuto faticare non poco per farlo riprendere. La campanella
aveva annunciato già da qualche minuto la fine
delle lezioni pomeridiane e dal momento che quella sera ci sarebbe
stata la festa di Halloween, tutte le altre attività e gli
allenamenti sportivi sarebbero saltati, così ce la prendemmo
comoda e aspettammo che la calca di gente ansiosa di tornare a casa
iniziasse a scemare prima di incamminarci verso il parcheggio dove ci
avrebbero aspettati Sora e Riku.
"Perché no?"
mi lamentai con tono infantile.
"Perché ti
ho detto di no, Roxas Strife non prende parte a
queste feste"
"Neanche se ci sono io?"
"Soprattutto
perché ci sei tu"
"Credevo che mi volessi
bene!" protestai.
"Non ho mai detto di
volertene" lui fece spallucce "Axel Moore non ha
altra gente che venderebbe l'anima pur di essere in sua compagnia?"
"Certo che ce l'ho"
"Allora puoi andare
alla festa con quelle persone"
"Ma io volevo andare
con te"
"Perché
insisti tanto? Cosa è che mi rende tanto
diverso dagli altri?"
"Il fatto che tu sei
speciale ti rende diverso dagli altri" dissi con
fermezza piazzandomi davanti a lui "Vorresti essere il mio supereroe?"
31/10, 6:28 pm
From: Axel Sexy Moore
Object: Mmmh
Text: Loz
è stato catturato in Cina,
il suo capo ha ucciso un'amica di Roxas e Larxene,
entrambi nascondono qualcosa,
entrambi si sono ammalati nello stesso periodo
31/10, 6:50 pm
From:
Marly Heidenröslein¹
Torn
Object: Re:Mmmh
Text: Entrambi
affetti da una mutazione
che si è manifestata in maniera diversa.
Cosa hai detto che aveva tua madre?
•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•
¹
Heidenröslein
= rosellina della landa, protagonista dell'omonima poesia di Goethe che
trovate qui.
|
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Capitolo 9 *** Sweeter than Cherry Coke ***
9
Viva la Vida
Nei capitoli precedenti
"Senti un po', quanto tempo ti
trattieni?" perché sapevo che
non sarebbe rimasto.
Mio padre sbadigliò e si stiracchiò sulla
poltrona "Fino a questa sera"
Non mi sarei aspettato così presto, solitamente rimaneva un
paio di giorni, ma poi mi dissi di nuovo, qui si parla sempre di Reno!
Però c'era una cosa che mi dava un po' da pensare "E
dov'è Rude? Giù in cortile non ho visto
né la tua
macchina, né la sua" Rude era il suo amico più
fidato,
era con lui che passava il suo tempo ed era sempre con lui che spariva
sempre senza una meta precisa. Scapolo e vedovo, come si dice Dio prima li fa e poi li
accoppia.
Lui prese un'altra bottiglia e la analizzò a fondo, come se
fosse molto interessante, e poi rispose con scarso interesse "Oh, lui
è andato a Chinatown a sbrigare qualche affare.
Sarà di
ritorno oggi pomeriggio"
"Quando i professori
sono riusciti a bloccare Xemnas lui continuava ad
urlare che gli Strife gli stavano rovinando la vita. Ho trovato dei
documenti negli archivi di mio padre datati due anni fa, in cui
comparivano dei nomi: Loz, Yazoo, Cloud Strife - potrei mettere la
mano sul fuoco che si tratta del padre di Roxas - e altra gente.
Purtroppo non ho altre
informazioni perché quello stronzo deve aver scoperto che io
ho
le sue password e le ha cambiate tutte ma ti assicuro che con capo Saix non si
riferiva al nostro Mansex e quel
dormire era un messaggio in codice. Quello che voglio
dire
è che Xemnas è-"
"Io l'amavo, Roxas, non
sapevo come farglielo capire... non sapevo
neanche come gestire quelle sensazioni così strane. Alla
fine mi
sono arresa perché il mio non era un sentimento ricambiato,
se
l'avessi fatto avrei rovinato la nostra amicizia" Larxene scosse la
testa e con una mano si portò i capelli all'indietro "Non
sono
mai stata più male in vita mia, quando è successo
poi avevo anche pensato di mettere il punto fine alla storia. Un
epilogo squallido proprio come lo stava diventando la mia vita... Se
non fosse stato per Marluxia penso che a quest'ora la mia
unica conquista sarebbe
stata una cassa interrata di colore
bianco e una lastra di marmo"
"Ti buchi ancora?"
"No ho smesso"
31/10, 6:28 pm
From:
Axel Sexy Moore
Object:
Mmmh
Text:
Loz
è stato catturato in Cina, il suo capo ha ucciso un'amica di
Roxas e Larxene, entrambi nascondono qualcosa, entrambi si sono
ammalati nello stesso periodo.
"Perché
insisti tanto? Cosa è che mi rende tanto
diverso dagli altri?"
"Il fatto che tu sei
speciale ti rende diverso dagli altri" dissi con
fermezza piazzandomi davanti a lui "Vorresti essere il mio supereroe?" |
#9 Sweeter
than Cherry Coke
Non
guardarti indietro e affliggerti per il passato, perché se
n'è
andato,
e
non essere preoccupato riguardo il futuro, perché
deve ancora venire.
Vivi
nel presente e fa che sia così
bello che meriti di essere ricordato.
"Tu
sei troppo importante per me e non mi stancherò mai di
dirlo, non ho
mai amato niente e nessuno,
così tanto,
come amo te... neanche la coca cola alla ciliegia. Non c'è
una
minima parte del tuo corpo che non mi faccia eccitare, se potessi ti
porterei a letto in questo momento" sussurrai con tono serio e
feci una breve pausa mentre ascoltavo la musica ad alto
volume diffondersi nell'ambiente. Afferrai il telefono
cordless
e me lo portai con mosse sensuali alla bocca "You're the one
that I want uuh uuh uuh, the one I want uuh uuh uuh, the one I need,
oh yes indeed" iniziai ad intonare con degli acuti che farebbero
venir voglia al povero John Travolta di suicidarsi e rivoltarsi nella
tomba, il tutto mentre sculettavo per il bagno e cercavo di palpare
il mio riflesso allo specchio. Purtroppo non ero riuscito a
trattenermi quando, una volta indossato, avevo constatato che quel
vestito per la serata da Danny Zuko¹ mi faceva più
sexy del
solito.
Afferrai il pettine e con l'ausilio
del gel mi acconciai
meticolosamente i capelli all'indietro "Però, mio amato
Axel,
non voglio che tu la prenda a male ma devi sapere che adesso
c'è
un'altra persona nel mio cuore e ha gli occhi più belli che
io abbia
mai visto, si chiama Roxas ed è-"
Le mie parole furono
troncate dall'improvviso squillo del telefono che avevo ancora
nell'altra mano e aggrottai la fronte quando sul display apparve un
numero strano con un prefisso ancora più improbabile.
"Pronto?"
risposi annoiato, pronto subito a troncare la conversazione
immaginando che fosse qualche venditore o qualche call center ma
sussultai dalla sorpresa quando riconobbi la la voce del mio
interlocutore.
"Pronto,
Axel"
Trattenni
il fiato e strinsi la cornetta nella mano, in attesa di sentirlo
nuovamente parlare.
"Tra
qualche giorno torno a casa, sei felice?"
Era
mio padre, il suo tono era stanco e leggermente roco rispetto al
solito e sembrava essere molto lontano, ma l'avrei riconosciuto tra
mille anche senza presentazioni e subito fui attraversato da
un'ondata di contentezza. Erano forse mesi che mio padre non mi
faceva una telefonata, e, certo, l'avevo visto per una manciata di
minuti qualche settimana prima ma poi subito dopo era sparito di
nuovo come tutte le altre volte. Reno non era tagliato per fare il
padre e il fatto che non si fosse mai comportato come tale non
significava che non mi volesse bene, anche se era lontano o assente o
non parlavamo quasi mai lui non mi aveva mai fatto mancare nulla e
sapevo che in caso di bisogno lui c'era sempre. È solo che
la morte
di mia
madre era stato il colpo di grazia per la sua sregolatezza.
"Ci
sei, Ax?"
"S-sì,
pronto"
"Questa
volta mi tratterrò un po' di più. Sei felice
allora?" continuò
facendosi più vispo nel sentire la mia voce..
"Sì,
sono felice" sussurrai abbozzando un sorriso e socchiudendo gli
occhi mentre con la schiena mi appoggiavo al muro piastrellato del
bagno.
"La
settimana prossima ti porto a vedere la partita dei Lakers"
"Cosa
si festeggia?" fu la mia domanda nell'udire quella vena di
eccitazione che sembrava diventata una caratteristica ormai
cancellata dalla sua persona, lui temporeggiò un breve
istante
.
"Il
mio ritorno a casa... e il fatto che rivedrò mio figlio"
"Saranno
anni che non ti sento così felice. Che ti è
successo tutto d'un
tratto?"
"Ho
concluso un buon affare che mi trascinavo da molti anni.
Ma
adesso basta altrimenti assomiglieremo a due ragazzine
adolescenti" disse
lui con una risatina che contagiò anche me
"Ehi
Axel?"
"Uhm?"
"Quando
torno ti va di andare a trovare la mamma?"
Decisamente
doveva essere successo qualcosa di estremamente bello a mio padre da
spingerlo a parlare così ed io ero felice di sentirlo
così allegro.
Quello di mia madre era un argomento taboo in sua presenza e ogni
volta che la si citava lui si ammutoliva di colpo e si attaccava ad
una bottiglia di liquore (la birra era troppo poco efficace per
quelle occasioni).
Io risposi affermativamente e
attaccammo un
paio di minuti dopo perché disse che da lui era quasi
l'alba e
stava telefonando da uno di quei centri per chiamate
intercontinentali, da questo ne dedussi che era finito dall'altra
parte del mondo. Giusto per curiosità andai a rivedere il
prefisso e
no, non mi diceva nulla - fortuna
che
esisteva Google per qualsiasi esigenza ma quando ebbi la risposta mi
chiesi se forse non sarebbe stato meglio rimanerne all'oscuro. Era il
prefisso della Cina.
Ormai la Cina sembrava essere una
persecuzione.
Anche il tipo di cui parlavano
Marluxia e
Larxene era stato catturato lì.
Era una coincidenza? Mio
padre poteva davvero avere qualcosa a che fare con quel tizio di nome
Loz che era legato a Xemnas? Dopo un istante di serietà
scoppiai in
una fragorosa risata, la risposta era semplice:
ovviamente
no,
mio padre era un uomo di affari e come lui stesso aveva detto, aveva
appena concluso un buon lavoro quindi non c'era assolutamente alcun
dubbio sul fatto che i due avessero qualche legame. Era una
coincidenza, basta, e poi in Cina ci sono quasi un miliardo e mezzo
di persone. Anche se,
quella strana felicità che lo animava mi dava da pensare.
Fatti,
fatti, fatti. Affrontali e mettiti l'anima in pace.
Con
un pesante sospiro andai a spegnere la musica che era ancora in
riproduzione in camera mia e andai a finire di prepararmi. Quella
sera non avevo proprio voglia di andare alla festa senza Roxas.
Le
luci colorate allestite in palestra inondavano con tutta la loro
forza l'ambiente che di sportivo ormai conservava solo i tabelloni
segnapunti appesi alle pareti e l'inconfondibile puzza di sudore,
ormai così impregnato nell'ambiente, che neanche tutte le
pietanze
presenti in sala riuscivano a coprirlo.
Avevo passato una buona
parte del mio tempo dietro le quinte del palco che avevano montato
per tranquillizzare un agitato Demyx che era stato colpito dall'ansia
della prima esibizione, ma io sapevo che sarebbe andato alla grande.
Beh... un diciassettenne che girava in mullet, con un sitar gigante
blu elettrico e un eccentrico abito da Tony Manero² non dava
proprio
l'idea di grande affidabilità. Però quando
iniziava a suonare
sapeva il fatto suo.
"Ma come cazzo abbiamo fatto a
vestirci
entrambi da John Travolta?" domandai soffiando il fumo della
sigaretta a boccate. Eravamo vestiti in due modi totalmente
differenti ma entrambi i nostri personaggi erano stati animati dallo
stesso grande uomo... almeno io ero la versione sexy!
"Perché
a furia di stare insieme forse ci influenziamo a vicenda"
ipotizzò il biondo togliendomi la sigaretta dalle labbra e
la spense
poi con la punta del proprio piede, io non dissi niente solo
perché
era Dem "I tuoi capelli rossi però sono inappropriati per il
personaggio... avresti dovuto usare una parrucca"
"Scherzi?
Non potrei mai indossare una schifezza del genere sui miei capelli,
sarebbe un affronto al mio sex appeal!" sbottai indignato
rientrando nel camerino assieme a lui "Allora ti senti pronto
per stasera?"
"Prontiiiiiissimo"
"Si
può sapere qualche titolo in anteprima?"
"È una
sorpresa! Ti dico solo che tutte le canzoni sono accuratamente scelte
per delle persone in particolare"
"Allora speriamo che
Zexion abbocchi all'amo" io ridacchiai ma
Demyx subito si
lasciò cadere su una sedia a peso morto e mi
guardò con espressione
afflitta "Oh... se Zexy ricambiasse... sarei il ragazzo più
felice sulla faccia della terra"
Incrociai le braccia
al petto e sbuffai "Se non ti dichiari tu lo farò io al
posto
tuo"
"Non posso!" sbraitò lui
allarmato "Ti
ricordo che stiamo parlando di Zexion e non di una persona
qualunque!"
"Potrei rigirare la frittata a tuo
sfavore
volendo" mormorai accennando una risata ma poi mi piegai sulle
ginocchia per arrivare a guardarlo con serietà negli occhi
"Ascoltami Dem, tu per me sei come un fratello, ci conosciamo da
così tanti anni che posso dire di aver passato
più tempo con te che
con i miei genitori. Abbiamo condiviso tante cose insieme, giochi,
avventure, vestiti e persino il letto" a quel punto ci fu una
risatina da parte di entrambi "Non in quel senso! Ma mi hai
capito. Tu mi hai aiutato molto in tutti questi anni e sei stato
l'unico ad essermi stato vicino dopo la morte di mia madre. Ora
però
voglio dirti una cosa... se persino una cosa ignobile come Internet
Explorer ha il coraggio di chiederti di essere impostato come browser
principale, non dirmi che tu non puoi chiedere a Zexion di uscire!
Adesso alza le chiappe da questa fottuta sedia, impugna il tuo sitar
e fallo innamorare della tua musica"
Il biondo mi guardò in
tralice dal basso per un lungo istante ma poi sospirò
pesantemente e
accennò un sorrisetto divertito "Ti odio e ti adoro
così tanto
che non saprei neanche cosa dirti"
"Assicurami solamente
che dopo il tuo concerto lo inviti a prendere un milkshake alla
tavola calda in fondo alla strada"
"Ma... ma lì si
rintana sempre Kairi con le sue amiche!" tentò di
protestare.
"Appunto, c'è bisogno che
qualcuno ti
controlli!"
Demyx si mise a sbraitare qualcosa di
non
propriamente traducibile, le uniche cose che riuscii ad afferrare
furono "Vaffanculo Ax, con tutto il cuore"
Io ridacchiai
e uscii dallo stage non prima di avergli mollato una sonora pacca
sulla spalla e avergli augurato buona fortuna.
La
situazione in sala non era poi tanto lontana dalle mie aspettative:
in un angolo c'era Luxord che aveva occupato un enorme tavolo e lo
aveva allestito come postazione da poker e roulette, accanto a lui
c'era una piccola folla di gente tra cui scorsi anche Yuffie vestita
da ninja e quel tipo strano di nome Vincent Valentine, vestito da
vampiro. Lui non era uno studente come noi, era molto più
grande, ma
era un amico di vecchia data della ragazza e lei non mancava di
invitarlo in qualsiasi occasione prendesse parte, che si trattasse di
festa a scuola o con gli amici fino a farsi giustificare da lui,
spacciarlo per il proprio fratello maggiore.
In giro per la
palestra incontrai Xigbar e Xaldin che, ormai già euforici,
correvano urlando oscenità vicino alle ragazze single nella
triste
speranza di ottenere qualcosa di non ben identificato. In un
angolino, assieme a Tidus e Vaan, scorsi la faccia apatica di Zexion
che tentava invano di scostarsi dall'esuberanza degli amici...
probabilmente anch'essi brilli. Intravidi poi Larxene vestita da
coniglietta di Play Boy, che come ogni anno, era l'addetta al reparto
alcolici - essendo una festa scolastica essi erano vietati, ma lei
aveva sempre l'abilità di procurarne e se il pagamento
diventava più
alto o interessante
lei
era disposta a preparare anche qualche cocktail bello potente.
"Ti
trovo in forma questa sera" commentò con la sua voce
squillante
passandomi accanto mentre reggeva un vassoio di cicchetti, nonostante
fosse palese che non gliene fregasse un cavolo.
"Anche tu lo
sei. Che ne dici di terminare la serata in maniera focosa?"
ridacchiai malizioso ma non facevo sul serio.
"Cerchi
compagnia?" lei mi lanciò un'occhiatina divertita
dall'angolo dell'occhio e rise "Fai il bravo e torna nella tua
cuccia, se ti comporti bene troverai un bell'osso da
mordicchiare"
"Non mi piacciono gli ossi, preferisco
la
sostanza" ressi il gioco.
"Oh... allora ti conviene far
nutrire di più il cagnolino pelle e ossa che ti scodinzola
dietro"
"Farò del mio meglio" alzai
il pollice
della mano in senso affermativo "Sai... se fossi in vena ti
sbatterei sul tavolo di Luxord e ti farei le feste"
"Ma
sei così gay che quando lo facciamo tu immagini che io sia
ogni
volta qualcuno di diverso... sbaglio o l'ultima volta ti è
scappato
un certo nome che conoscevi a stento?" fece maliziosa.
"Avevo
pensato a lui perché si comportava in maniera strana" feci
spallucce abbassando il tono a causa dell'imbarazzo.
"Ne sei
innamorato marcio!" lei rise.
"Non è vero" bottai
tirando le labbra.
"Ormai sei irrecuperabile"
"Irrecuperabile
come quel cicchetto che non ho ancora avuto?"
Improvvisamente
sentii un peso estraneo su di me e un braccio, foderato da una stoffa
scintillante, aveva circondato il collo mio e quello di
Larxene.
"Larxy ti sto aspettando da ore per
quel tesorino"
continuò la voce, questa volta lagnosa, e vidi una mano
allungarsi
verso in vassoio della ragazza seccata. Guardai Marluxia con fare
perplesso ma non più di tanto: indossava un luccicante
completo
stile drag queen che mi ricordava tanto Jem e le Holograms...
sì
perché sfoggiava anche una sottospecie di make up al quale
non seppi
dare un aggettivo adatto a descriverlo(Spaventoso
non
dava l'idea).
Diceva che quella sera aveva deciso di
andare a fare
spettacolo sul palco assieme alla band e aveva bisogno
di rinforzi che
solo Larxene poteva offrirgli.
"Dov'è il nanetto?" il
suo alito alcolico mi colpì come un pugno nello
stomaco.
Per
quale motivo non avevo ancora iniziato a bere? Ah già, per
non
cacciarmi ancora nei guai.
Feci spallucce e scossi il capo "Non
è voluto venire"
"Oh..." fece una volta e poi
produsse un altro paio di volte dei suoni simili.
Larxene se lo
scrollò di dosso e se ne andò per la sua strada,
Marluxia mi rimise
un braccio attorno alle spalle e avvicinò le sue labbra al
mio
orecchio "Avrei voluto fare due chiacchiere con lui riguardo
i Silver
Haired Men"
Gli
lanciai un'occhiata perplessa "Chi diavolo sono?"
Lui
rise e si appigliò a me perché le sue gambe
traballanti non
riuscivano a fare il loro dovere "Hai mai sentito parlare di
Sephiroth?"
"Sephiroth?" feci eco pensando di
essermi sbagliato "Quel pazzo criminale?"
"Esatto,
proprio lui"con un abile gesto si portò il cicchetto alla
bocca
e lo finì in un sorso, dall'espressione tirata che aveva
fatto
compresi che doveva essere
davvero forte.
"E
cosa c'entra Roxas con questi Silver Haired Men e Sephiroth?"
domandai mentre lo trasportavo con cautela verso una sedia e lo feci
sedere.
Marluxia mi scrutò con
occhi lucidi e uno stupido sorriso
sulle labbra "Te ne parlerò quando mi riprenderò
dalla sbronza
colossale che avrò tra non molto" riprese a ridere e dalla
giacca cacciò una bottiglia di birra.
"Aspetta un momento...
Sephiroth non è morto anni fa?" mi affrettai a chiedere
bloccandogli il polso con una mano in modo che non potesse
bere.
Il
ragazzo mi guardò con un'aria tutt'altro compiaciuta dal mio
gesto
"Sephiroth è ancora vivo" mugugnò con voce
impastata
mentre si liberava della mia presa "Lo sarà sempre
finché ci
saranno seguaci"
A quel punto sospirai pesantemente,
deciso
ad accantonare quell'argomento, e lo lasciai al suo passatempo,
preferendo vagare senza interessi precisi per la palestra. Che senso
aveva rimuginare su delle cose che neanche sapevo?
Poco prima
avevo mandato un messaggio a Roxas chiedendogli cosa stesse facendo e
lui mi aveva risposto che si stava preparando perché doveva
vedere
qualcuno, le mie speranze si erano accese per qualche istante
pensando che volesse venire alla festa ma a quel punto il biondino mi
aveva mandato a quel paese. Dopo quel messaggio il mio umore era
più
basso del suolo che stavo calpestando e con passo ciondolante mi
avvicinai al tavolo dei drink e presi un bicchiere di un intruglio
analcolico di succhi di frutta mentre mi scervellavo su chi potesse
essere il traditore con cui si sarebbe visto il biondo.
"Sembra
l'angolo degli sfigati senza accompagnatori" commentai alzando
il bicchiere in segno di saluto e sfoggiando il mio miglior sorriso
da gentiluomo stronzo "Salve signore, anche voi sole?"
Kairi
mi guardò torva dall'interno del suo sfarzoso e ingombrante
vestito
da principessa, mentre una più sobria Naminè, con
un candido
vestitino da angelo, mi salutò con un debole cenno del capo,
entrambe erano attaccate a due bicchieri pieni fino all'orlo.
"Io
vorrei sapere che diavolo ho fatto di male per capitare in una scuola
simile" abbaiò la rossa più a se stessa che ad
altri mentre si
versava il bis "Possibile che tutti i ragazzi più sexy si
rivelano essere sempre gay?"
"Stai facendo qualche
allusione?" ammiccai malizioso, dandole una leggera gomitata nel
fianco.
Lei grugnì un dissenso e
Naminè mi fece cenno di
guardare dall'altra parte della sala dove quello che sembrava un
audace Frodo Baggins si stava arrampicando addosso a un non tanto
rugoso Gandalf e stava tentando di esplorarne con la lingua l'intera
cavità orale. Una scena orripilante.
"Sapevo del coraggio
degli Hobbit ma non pensavo che potessero spingersi a tanto"
commentai disgustato portando il bicchiere alla bocca e per poco non
mi affogai quando constatai che il sapore non era assolutamente
quello di un normale succo di frutta.
"Quello è Sora...
ubriaco fradicio" spiegò affranta "E l'altro è
Riku... e
io sono disperata"
Rimasi così sconvolto dalla
notizia che
per poco non mi strozzai e una volta ripresomi mi girai verso le due
ragazzine "Non mi era nuova l'idiozia di Sora ma... ubriacarsi
col succo di frutta?!"
"Quella roba è corretta,
Larxene
ha dato il meglio di sé stasera" intervenne
Naminè dopo aver
vuotato il suo bicchiere con una velocità da far paura e
andò
subito a riempirsene un altro "Non ho ancora ben capito se sia
rimasta scossa dalla chiacchierata con Roxas o se abbia finalmente
trovato la pace eterna. Fatto sta che ci ha regalato una grandissima
serata"
"Ma concentrati sul problema
principale: la
pomiciata di Sora e Riku" Kairi mi si avventò quasi addosso
e
mi prese il bicchiere di mano vedendo che io non ero molto
interessato al contenuto.
"Hai ragione, Kai. La questione
è
importante" ridacchiai per sdrammatizzare "Ho vinto la
scommessa e devo andare da Yuffie a ritirare i soldi"
Ma
nel mio campo visivo apparve un fugace bagliore azzurro e mi fermai
d'improvviso. Era stato un istante, veloce, sfuggente, eppure quel
poco era bastato ad imprimermi quella luce in mente. Era un azzurro
familiare, sapevo di averlo già visto da qualche parte ma
non avevo
idea di dove. E senza neanche pensarci, ignorando tutte le
proteste di mia cugina, iniziai a correre tra la folla che animava la
grande palestra in cerca di quella candida macchiolina che con forza
aveva strappato la mia attenzione da tutto il resto, ma quando Demyx
salì sul palco per cantare e le luci si abbassarono
abbandonai le
mie ricerche perché probabilmente, mi dissi, dovevo essermi
immaginato tutto.
Lanciai un'occhiata al mio amico che
salutava
gioioso il pubblico - mi fece anche un cenno quando mi ebbe
individuato - e impugnava il suo sitar per dare inizio al concerto,
alla tastiera accanto a lui c'era anche Lexaeus con un parrucchino
biondo, era vestito da... He-Man?!
Feci
un sospiro sconsolato e andai a cercarmi un posticino più
appartato
dove poter stare un pò per i fatti miei. Se la serata
sarebbe
continuata così, presto me ne sarei tornato a casa per una
maratona
di videogiochi ma proprio quando misi piede nella palestra adiacente
non potei fare a meno di sussultare alla vista di ciò che mi
ritrovai davanti.
"Pianifichi un bagnetto notturno in
pieno
inverno?" domandai mettendo le mani in tasca mentre mi
addentravo nell'ambiente vuoto, se non fosse stato per quella figura.
La figura in questione era rannicchiata sul blocco da cui ci si
tuffava della piscina olimpionica e si girò di scatto verso
di me,
mostrando un espressione di puro stupore.
"Scommetto che
l'acqua è calda" non gli ci volle molto per ricomporsi e
voltarsi di nuovo verso la superficie limpida.
Io mi feci avanti
fino ad affiancarlo e lanciai qualche occhiata al ragazzino
raggomitolato accanto a me: aveva una parrucca argentata, quasi
azzurrina, un felpone blu, un pantalone marrone che gli arrivava ai
polpacci e i piedi nudi che ciondolavano ai lati del blocco
piastrellato.
"Tu chi saresti?"
"Jack Frost"
rispose lui con nonchalance senza neanche voltarsi, proprio come i
vecchi tempi.
"E perché te ne stai qui da
solo?"
domandai sedendomi accanto a lui .
Lui fece spallucce "Volevo
un po' di tranquillità"
"Intendo dire, cosa ci fai qui
stasera?" io scossi il capo e mi sporsi di più verso di lui
"La
persona con cui ti dovevi vedere allora ero io, Roxy?"
Le
pallide guance del ragazzino accanto a me si velarono di rosa e lui
si scostò malamente e abbassò il volto "Ti ho
già detto che
io sono Jack Frost"
Io risi, intenerito dall'imbarazzo del
più piccolo "Okay Jack Frost, come mai sei venuto qui?"
"Perché
non avevo di meglio da fare"
"O perché in
realtà c'era
qualcuno che volevi vedere?" io sorrisi sfacciato ma dal momento
che lui non mi guardò, io gli presi il mento con il pollice
e
l'indice e gentilmente girai il suo volto verso di me "Credevo
di averle immaginate e invece erano proprio loro, le due pozze
celesti che mi avevano letteralmente rapito"
"A-Axel...
che stai dicendo...?" balbettò impacciato socchiudendo gli
occhi per non guardarmi ma io lo pregai di riaprirli.
"Mi
ricordano il cielo d'estate" continuai una volta che mi
regalò
un altro bellissimo sguardo e lo sentii sussurrare mentre si
sedeva più vicino a me.
"Non
ha senso questo paragone"
Io ridacchiai.
"Sai,
quando ci sono le belle giornate mi piace andare al parco, stendermi
sul prato e fissare il cielo sereno... i tuoi occhi mi danno la
stessa sensazione di tranquillità"
Roxas accennò una
leggera risata e si strinse a me "Sto cercando di convincermi
che sei ubriaco proprio come gli altri... eppure non riesco a
sentirti nessuna puzza addosso, a parte quella di fumo"
"Perché
non ho bevuto. Sarebbe stato più semplice essere te stesso
se io
fossi stato ubriaco?"
Lui piegò le labbra in un
leggero
sorriso "Probabilmente sì"
"Ma a me vai bene così"
sussurrai accerchiandolo con il mio braccio.
Ci
fu un breve istante di silenzio in cui lui si staccò appena
da me
per guardarmi con aria scettica e io ridacchiai "Guarda che
è
vero" ma questo non modificò la sua espressione, anzi
continuò
a scrutarmi ancora e ancora.
"È complicato"
sussurrò
aggrottando la fronte.
"Che cosa è complicato?"
"Tutto"
"Se
non mi dici cosa c'è che non va io non capisco"
Stirai le
labbra in una smorfia pensierosa e portai una mano sulla sua liscia
guancia, per una volta avrei tanto desiderato che mi parlasse
apertamente senza essere così criptico, senza nascondermi
tutto,
perché tutti quei silenzi in un modo o in un altro mi
preoccupavano.
Come potevo prendermi cura di lui se non mi diceva ciò che
pensava?
Roxas mi guardò malinconico
e fece per parlare ma poi si
ritrasse di nuovo e rimase in silenzio.
"Rox?"
"Sei
mai morto per amore?"
Rimasi interdetto da quella domanda.
Non riuscivo a capire se mi stesse prendendo in giro o se dicesse
davvero, la risposta era ovvia, come si può chiedere ad una
persona
viva se fosse mai morta? Eppure la sua espressione era seria,
così
io scossi il capo in segno di diniego.
"Io sì" lo
sentii sospirare solamente e non sembrava voler dire nient'altro a
riguardo "La senti?" mi chiese dopo qualche istante di
silenzio.
Quella domanda improvvisa mi fece
trasalire, io stavo
ancora cercando di capire cosa gli frullasse in testa.
"Cosa?"
"La
musica"
Battei un paio di volte le palpebre e
rimasi sorpreso
da quell'improvviso cambio di argomento e scossi appena il capo
perché a dire la verità non ci avevo proprio
fatto caso da quando
Dem aveva iniziato a cantare. Era in lontananza ma a giudicare dalla
base quella doveva essere un'altra canzone dei Mayday Parade,
Mullet-man li adorava.
"She
fell to the bottom of her life... this wasn't meant for two"
la voce di Roxas si sovrappose a quella di Demyx e sul suo volto si
dipinse un'espressione affranta mentre con una mano andava a cercare
la mia per stringerla, non ci voleva un genio per capire a cosa si
stava riferendo "She
struggled to find herself in time but she could barely move"
"Just
try to get up, you gotta slowly brush off. I know that words aren't
enough but you're better than this"
mi intromisi io anche se non ero intonato come lui.
Lui mi gettò
un'occhiata e sospirò prima di riprendere a cantare "He
tourns the pages every day just to change the mood, but every chapter
reads the same... it's so hard to make it through... save your heart
for someone that's worth dying for"
"Torn
apart, never getting what you've been crying for..."
"It's
always the same"
lui
alzò la voce e serrò gli occhi, stringendosi
nelle spalle "And
you give and they take, and it's love that you want but not love that
you make... Save your heart for someone that's worth dying
for"
Io
scossi il capo e lo guardai deciso "Save
your heart for someone who leaves you breathless and I know that
you're scared, seems like someone said you had it in you. All along
you said you knew this was wrong-"
"But
still worth dying for!"
lui mi interruppe con determinazione "And
you give and they take, and it's love that you want but not love that
you make... Save your heart for someone that's worth dying
for.
Don't give it away³~"
Quando
la canzone terminò ci rendemmo conto che eravamo
così presi da
quello scambio di quasi-opinioni che non ci eravamo resi conto di
esserci alzati in piedi, mani nelle mani e ci guardavamo negli occhi,
entrambi con il sorriso sulle labbra. Quella era la canzone perfetta
per il momento e mi chiesi se Demyx non l'avesse scelta apposta per
noi: Roxas non riusciva ad avvicinarsi a nessun altro a causa del
fantasma di Xion che probabilmente lo tormentava, la mia ipotesi su
una possibile relazione tra i due si faceva sempre più forte
ogni
momento che passava ma come si dice, il passato è passato e
va
buttato alla spalle. Doveva smettere di vivere nel passato e
accettare quello che gli offriva il presente, io
volevo
essere il suo presente.
"È curioso..."
incominciò
Roxas con un po' di fiatone, senza mai interrompere il
contatto
visivo "Tu hai detto che i miei occhi sono come il cielo.
Cielo, nuvole, stelle... sogni e desideri, spensieratezza e speranza:
aspetti che non sembravano esistere nella tua apatica vita. Mentre i
tuoi sono verdi, come l'erba... quella che non ho quasi mai sotto i
piedi perché sono un sognatore, sempre campato di illusioni
e
favole. Ma possiamo completarci a vicenda: i miei occhi potranno
essere il tuo cielo, ed i tuoi la mia terra"
La mia mente
sembrava come sgomberata in quel momento, la sua voce era come
un'armoniosa melodia alle mie orecchie, tutto quello che era attorno
a noi all'improvviso scomparve e per la prima volta in tutta la mia
vita il mio cuore si aprì completamente.
Roxas, forse tu non lo sai quanto sei
speciale.
Quanto
debole, e freddo, e vuoto ero fino a quando non ho incontrato te.
Quanto codarde fossero le mie dita prima che si intrecciassero per la
prima volta con le tue. I tuoi palmi così gentili, che poco
alla
volta, avevano il potere di scaldare il mio cuore. Le tue mani che
con forza mi avevano trascinato alla luce e mi avevano spogliato di
ogni traccia di oscurità che mi avvolgeva. I tuoi occhi che,
pretenziosi, riuscivano a leggere ogni aspetto della mia
anima.
Dimmi Roxas, hai idea di quanto tu mi
abbia
salvato?
Per un lungo momento dopo quella
dichiarazione a
tutti gli effetti non riuscii a spiaccicare parola, complice anche il
fatto che le voci ubriache di Sora e Riku si stavano avvicinando
all'entrata, riportandoci così alla realtà, ma
riuscii a stringere
solo di più il biondo a me "Ti fidi di me?" sussurrai con
dolcezza.
Lui non fece nient'altro che un cenno
del capo, afferrò
le sue scarpe, e di corsa lo portai con me verso l'uscita di
sicurezza che dava nel giardino - ci fermammo giusto un minuto nella
rientranza della parete per vedere i due che avevano raggiunto la
palestra in cerca di intimità. Si stavano baciando, ma non
baciando
normalmente, il loro era un vorticare frenetico di mugolii, rantoli e
palpate tipiche di due selvaggi. Io rimasi a ridacchiare ma Roxas
tentò di trascinarmi via affermando di non voler essere
partecipe
delle attività sessuali di suo fratello.
Ridendo, senza un motivo
ben preciso ma solo felici di essere insieme, corremmo attraverso il
cortile e lungo il marciapiede, fino ad arrivare nel vialetto di casa
mia dove sfoderai le chiavi della mia cabriolet nera come la notte
che avevo parcheggiato in strada.
Non volli dire nulla a Roxas
sulla meta, volevo che tutto fosse perfetto quella sera.
Mentre
guidavo ogni tanto lanciavo delle occhiatine divertite al ragazzino
seduto accanto a me e non riuscii a trattenermi dall'esprimergli
quanto fosse carino con quel travestimento.
Lui di tutta risposta
si tolse la parrucca e sbuffò imbarazzato, rivelando le sue
bionde
ciocche ribelli "Anche tu stai bene conciato in quel modo"
borbottò giocherellando con i ciuffi della parrucca argentea.
Il
viaggio durò al massimo una ventina di minuti, compresa una
brevissima sosta al primo minimarket che trovai per fermarmi a
prendere due cherry cokes in modo da addolcire ancora di più
la
serata.
"Allora dove siamo finiti?" mi chiese
il biondo
per la prima volta quando parcheggiai la macchina in una rientranza
della strada, lasciando però i fari accesi, e gli feci cenno
di
scendere. Lui si guardò attorno ma tutto ciò che
poteva scorgere,
luce permettendo, perché era tutto buio, era la fitta
vegetazione
che si susseguiva ai lati dell'intestatale e poi lo vidi quasi
rabbrividire - comprensibile dal momento che a prima vista sembrava
uno di quei posti in cui un serial killer avrebbe seppellito qualche
cadavere.
"Ti fidi?" gli sussurrai ancora una
volta
prendendogli la mano libera - l'altra reggeva la sua cola
preferita.
Esitante, lui rispose "Certo"
"Bene"
sorrisi avvolgendo il mio braccio attorno alla sua vita e
avvicinandolo di più a me mentre ci incamminavamo tra le
sterpaglie
"Non essere così nervoso, rilassati. Lo so che sembra un
posto
sospetto ma ti prometto che non te ne pentirai"
Roxas prese
un altro sorso dalla sua cannuccia e annuì lievemente,
stringendosi
al mio busto.
I fari accesi dietro di noi ci
aiutavano un po' a
vedere ma fortunatamente conoscevo la strada a memoria
perché ci ero
stato moltissime volte in passato, quindi ci vollero solo un paio di
minuti per arrivare alla nostra meta.
Quando ci fermammo sentii il
biondo irrigidirsi accanto a me e io mi abbassai al suo orecchio
"Adesso cammina nel campo davanti a te, alza lo sguardo e dimmi
se non è la cosa più bella che tu abbia mai visto"
Roxas
era immobile ma non sembrava convinto di ciò che gli stessi
dicendo.
Ci trovavamo in un campo aperto,
immerso nell'oscurità
più totale, l'erba gli arrivava quasi alle ginocchia.
L'unica cosa
appena visibile erano gli alberi dietro di noi, la luna alta in cielo
e qualche rara stella.
"Vai" lo incitai gentilmente.
Il
biondo annuì e mi passò la sua bibita "Vado"
rispose in
un sussurro facendo un piccolo passo avanti.
Il mio braccio
scivolò dalla sua vita quando mi passò il
bicchiere e anche se
avevo entrambe le mani occupate - perché reggevo anche la
mia coca -
gli diedi una leggera spinta in avanti e lo vidi allontanarsi da me
con estrema lentezza. Dopo un paio di passi però
sussultò e si
abbassò un po' verso l'erba, doveva averle viste e io mi
incamminai
verso di lui. Le lucciole salivano dall'erba così come
camminavamo,
come se disturbassimo il loro pacifico riposo e illuminavano
l'oscurità.
Nell'arco di pochi minuti diventavano
sempre di
più, cento, mille, milioni e noi fummo sommersi dalla
brillantezza
delle stelle e delle lucciole che ci avvolgevano e vidi Roxas
ridacchiare come una ragazza e guardarsi attorno in estasi - aveva
iniziato a corre per il campo e più correva e più
le lucciole
aumentavano e più esse aumentavano e più lui era
felice.
E io
improvvisamente sentii come un pugno di ottimismo dritto in faccia.
Non lo avevo mai visto così felice, mai... e quella era la
più
bella cosa che avessi potuto mai vedere in tutta la mia vita.
"È
bellissimo qui" quella voce familiare, ora sicura di sé,
sfiorò
le mie orecchie "Grazie per avermici portato"
Io lo
guardai avvicinarsi, gli diedi di nuovo il suo bicchiere e accennai
una risatina alla vista del leggero rossore che imporporava le sue
guance "Ci vengo spesso qui " dissi portandomi la cannuccia
della mia coca cola e prendendo un sorso "Quando ho voglia di
stare da solo ed allontanarmi da tutto, solo per rilassarmi e pensare
in silenzio"
"Non hai mai portato nessuno qui?"
"No,
tu sei la prima persona a cui lo abbia mostrato... potrebbe
essere..." mugugnai il resto della frase sottovoce mentre
voltavo il viso che sentivo andare in fiamme.
"Che cosa?"
fece Roxas piazzandosi davanti a me in modo che fossi costretto a
guardarlo.
"Dicevo... potrebbe essere il nostro
rifugio
segreto" dissi ancora imbarazzato e subito mi piazzai la
cannuccia in bocca per trovarmi un altra occupazione.
Per la prima
volta mi regalò un sorriso sincero che gli
illuminò il volto
"Certo"
Detto questo lo vidi buttarsi a terra,
steso, con braccia e gambe spalancate e io mi sedetti accanto a
lui.
"Sono felice" lo sentii mormorare
mentre appoggiava
la testa sulle mie gambe "Sono davvero felice"
Io
iniziai ad accarezzargli con delicatezza i capelli mentre continuavo
a sorseggiare la cola "E io sono felice che tu sia
felice"
"Grazie ancora"
"Per averti portato
qui o per la coca cola?"
Roxas ridacchiò.
Abbandonò il suo
bicchiere nell'erba e con una mano prese ad accarezzarmi una guancia
e poi da lì iniziò a tracciare il profilo del mio
volto "Per
tutto" e fermò il dito proprio sulle mie
labbra "Non
credevo che sarei stato capace di provare ancora un simile
sentimento... e questo è tutto merito tuo Axel"
sussurrò
lui.
"intendi dire per la storia di Xion?"
Lui
sospirò e portò lo sguardo al cielo "Ax ci sono
così tante
che non sai..."
"Allora dimmele!"
"Vorrei
che tu ne restassi fuori... penso che ti sei fatto un'idea di me
diversa da quella vera"
"Questo perché non mi dici
nulla!" protestai avvicinandomi a gattoni "Io ho sempre
saputo che nascondi qualcosa: quell'aria malinconica che ti porti
dietro, la conversazione con Larxene, le fotografie di quella
ragazzina appese in camera tua, il tuo rapporto con Xemnas. Non sono
ancora riuscito a capire quale sia il nesso tra tutte queste cose ma
quello che ho capito è che da quando Xion è morta
tu hai sofferto
molto... così tanto che non vuoi avvicinarti a nessun
altro?"
aggiunsi quest'ultima parte in forma di domanda perché non
ero
neanche io sicuro di cosa stessi dicendo.
Roxas si alzò in piedi,
afferrò un ramoscello da terra e prese a giocarci come se
fosse uno
spadino "È una storia complicata Ax e fidati di me se ti
dico
che è meglio che non ti immischi... però hai
ragione. Da quando lei
se ne è andata è come se il mio cuore si sia
chiuso e si rifiuti di
vivere... non trovi che sia ironico? Con la mia malattia è
come se
il mio corpo mi stia obbligando a non essere triste"
"Non
è divertente Rox... tu potresti sentirti male per qualsiasi
cosa"
Lanciò lontano il
ramoscello e abbassò il volto
"È
vero" assentì "Xion per me non era solo una semplice
amica... lei era il mio mondo e... quando è venuta a
mancare... tra
le mie braccia.... ho sentito il mondo come se sprofondasse e
improvvisamente mi sentii perso"
Io mi alzai in piedi e
lo raggiunsi. Su di noi aveva preso a cadere una fitta pioggerella ma
entrambi non vi badammo.
"Rox..." lo avvolsi tra le mie
braccia "Mi dispiace... io... io so cosa significa perdere
qualcuno di importante"
Il biondo si aggrappò alla
mia vita
e affondò nel mio petto, io dal mio canto presi ad
accarezzargli la
nuca e gli lasciai qualche bacio sulla fronte.
"Non essere
triste" sussurrai al suo orecchio quando sentii un singhiozzo
"Entrambi portiamo dentro di noi un grande dolore, sarà
diverso
ma pur sempre parallelo. Insieme però possiamo essere
felici.
Pensaci è proprio come in matematica: due simboli negativi
fanno uno
positivo"
Nell'udire le mie parole lui mi
mostrò il suo
viso, gli occhi leggermente arrossati "Mi piacerebbe Ax... ma
non posso"
"Perché?!" esclamai con il
cuore che mi
stava andando in pezzi "Rox... tu mi piaci! Penso che tu te ne
sia accorto... e farei qualsiasi cosa per vederti felice"
"È
proprio questo il problema.. Tutto questo è sbagliato...
Dio, che mi
salta in mente, di avvicinarmi così tanto a te"
"Nulla
di tutto questo è sbagliato! Sei solo tu a pensarla
così"
"Certo
che lo è" il biondo strinse convulsamente i lembi della mia
maglia nei suoi pugni e io con un gesto automatico della mano andai
ad asciugargli le goccioline di pioggia miste a qualche lacrima
solitaria che rigavano il suo volto "Io... io sono come una
bomba ad orologeria. Presto esploderò, per questo vorrei
ridurre il
numero delle vittime"
"Credi che spingendo tutti via
come fai tu, nessuno soffrirà?"
"No" scosse il
capo "Ma non proverete tutti i rimorsi che ho io"
"Non
voglio sentirti dire queste cose..."
Roxas si staccò appena
"In un'altra circostanza io ti avrei amato come se non ci fosse
stato un domani... ma adesso lo sto facendo per te. Mi sei subito
piaciuto, volevo stare sempre vicino a te... ma poi quando mi
ricordavo della mia realtà ho cercato di allontanarti"
"Ma
non ce l'hai fatta" protestai affranto alzando di poco la voce
"Non ci sono ragioni per il cuore, Roxas! Forte o debole, sano o
malato che sia, tu non puoi imporgli una cosa diversa dalla sua
volontà"
"Axel... stai esagerando..."
"No,
Rox, non sto esagerando. Io voglio che tu viva ma per farlo devi
amare perché l'amore è l'unica medicina in grado
di curare tutti i
mali"
"Sì invece, stai
sconfinando nella fantasia!"
strillò lui "Questa non è una favola della
Disney, non esiste
il bacio del vero amore... questa è la realtà
Axel. Una realtà
fatta di droga, morte e disperazione... e non puoi fare niente
perché
appena cerchi di cambiarla ne vieni inevitabilmente colpito anche tu"
io spalancai gli occhi a quella rivelazione e il biondo
continuò,
questa volta abbassando la voce "Tu mi hai ricordato le gioie
della vita, mi hai fatto ricordare cosa significa amare... nonostante
io ti ignorassi tu continuavi a cercarmi... ti sei allontanato dai
tuoi amici per me... e questa sera mi hai comprato una coca cola e mi
hai portato qui... non c'è nulla di più dolce al
mondo"
Io
trattenni il fiato chiedendomi cosa avessi fatto di male per
meritarmi una vita così schifosa, perché ero
destinato a perdere le
cose per me importanti anche prima di averle potute assaporare. Avrei
voluto mettermi a piangere come una fottuta ragazzina e sfogare tutto
quello che mi tenevo dentro. Ma non lo feci perché sapevo
che il suo
dolore era dieci volte più forte del mio.
"La coca cola alla
ciliegia è più dolce" sdrammatizzai prendendo la
sua mano
nella mia e iniziandola a baciare delicatamente.
Lui scosse il
capo, tirò su col naso e sorrise affettuosamente "Tu sei
molto
più dolce della cherry coke"
Rimanemmo a guardarci qualche
istante, nel più completo silenzio, e, accadde tutto subito,
ogni
cosa. Sentii le mie labbra premute contro quelle di
Roxas, erano
calde e morbide e sapevano di un vago retrogusto di
ciliegia Il
nostro primo bacio fu esattamente l'opposto del nostro primo incontro
verbale, fu tutto così calmo, così dolce,
così tenero. Non mi ero
mai reso conto che il vero Roxas fosse quello... il Roxas dolce, con
gesti così leggeri e delicati. E tuttavia, ciò
che mi sorprese
ancora di più fu la mia reazione. Io gentile, io calmo, io
dolce.
Era quello il vero Axel Moore?
"Ehi, Axel... te l'ho detto
che ti voglio bene?" domandò con il fiato
leggermente
accelerato.
Mi
presi un istante per riflettere e poi scossi il capo "No, Rox
non me l'hai mai detto"
"Perché non me l'hai mai
chiesto?"
"Sinceramente? Avevo paura"
"Allora
chiedimelo adesso"
"Mi vuoi bene, Rox?"
Mi
guardò e quando mi rispose "Tu che ne pensi?" capii che
non intendeva essere evasivo
"Sì, penso" mi sporsi per
lasciargli una scia di baci sul collo "Forse"
"Axel?"
"Sì?"
"Non
ti voglio bene"
Cazzo,
e ora?
"Penso
di essermi innamorato di te" fu l'ultimo sussurro che provenne
dalle sue labbra.
Vi siete mai chiesti come si sia
sentito
Napoleone dopo la battaglia di Waterloo? Era un uomo comune ma grazie
alla sua testardaggine era riuscito a fondare un impero, era
diventato l'uomo più forte d'Europa, tutti si inchinavano al
suo
passaggio, persino gli altri sovrani. Eppure una piccola
fatalità
aveva stravolto il destino di un uomo e di un intero continente, e in
men che non si dica si era ritrovato in esilio, solo, senza
più
niente che potesse dargli conforto.
Anche quella notte
pioveva, forse non sarà stata la causa della nostra sventura
come lo
è stata per Napoleone, ma in quel momento... in quel momento
capii
cosa doveva aver provato quell'uomo quando aveva visto tutti i propri
sogni andare in fumo.
Le gambe di Roxas avevano ceduto e si
era
accasciato tra le mie braccia.
Il tempo sembrava scorrere
con una lentezza estenuante, lo adagiai a terra
e provai a
chiamarlo ma lui non mi rispose, respirava affannosamente e aveva le
braccia strette al petto. Yuna mi aveva spiegato cosa dovevo fare in
quelle occasioni ma inevitabilmente fui preso dall'ansia e dal
terrore di poter fare qualcosa di sbagliato, iniziai a massaggiargli
con forza il petto senza badare alle lacrime che avevano preso a
scendere copiose dai miei occhi.
Ero così terrorizzato che a
stento mi accorsi della debole stretta sul mio polso.
"Come
mi accorgo che il turbamento è contagioso"
mormorò in un
flebile sussurrò mentre con la mano libera cercava di
asciugare le
mie guance "Perché i miei occhi, al vedere le perle di
dolore
che brillano nei tuoi, prendono ad inumidirsi."
Non ebbi
notizie di Roxas per tre giorni.
Dopo il suo malore l'avevo
portato di corsa all'ospedale e con immenso dolore dovetti separarmi
da lui. Da quel momento ero rimasto seduto nella sala d'aspetto della
terapia intensiva e non ci fu verso di vederlo, neanche dall'altra
parte della finestra della sua stanza. Niente. L'unica cosa che
sapevo era che non si svegliava. Avevo visto i genitori di Roxas
entrare e uscire dalla stanza, parlare con i medici, riempire
scartoffie, avevo visto Sora che andava avanti e indietro nei
corridoi con l'andatura di uno zombie, avevo visto Riku che tentava
in tutti i modi di tranquillizzarlo, ma io non avevo potuto spingermi
oltre quella schifosissima stanza dalle poltroncine scolorite e
impregnata dell'odore di surrogato di caffè.
"Stai bene?"
fu la domanda retorica che mi sentii porre da Riku una sera quando si
lasciò cadere, sfinito, sulla poltrona accanto a me.
Io lo
guardai per un istante e poi senza degnarmi di rispondergli, tornai
di nuovo a contemplare una macchia nel pavimento.
"Se ti dico
una cosa puoi assicurarmi di non andare fuori di testa?"
Ancora
una volta mi voltai verso di lui, questa volta però inarcai
un
sopracciglio. A giudicare dall'espressione irritata di Riku in quel
momento dovevo avere una faccia così apatica e stravolta che
neanche
Zexion avrebbe potuto battermi.
"Che cosa vuoi?"
borbottai a quel punto.
"Roxas si è svegliato poco
fa"
a quelle parole mi rianimai subito ma l'argenteo si affrettò
a
continuare "Però è molto debole, non potrai
vederlo"
"Non
mi interessa... l'importante è sapere che si sia svegliato!
Come
sta?"
"Non so nient'altro" rispose con una
scrollata di spalle.
"Va bene così..."
Annuii e
cacciai un sonoro sbadiglio, ora che avevo saputo di un miglioramento
ero pronto per tornare a casa e farmi una bella dormita così
da
poter tornare a trovarlo con più energie, sperando che me
l'avrebbero fatto vedere.
"Se stasera Roxas migliora, domani
trascino Sora a scuola"
"Allora ci vediamo domani"
dissi mentre mi avviavo verso l'uscita della sala ma fui interrotto
dalla voce di Riku.
"Axel" io mi girai e lo guardai
interrogativo "Adesso hai capito cosa significa stare vicino a
Roxas? Non fraintendere, noi tutti gli vogliamo bene e non potremmo
mai abbandonarlo... ma tu sei disposto ad avvicinarti e ad amare una
persona in quelle condizioni?"
Io però non risposi nulla,
gli augurai la buona notte e me ne andai.
Riku non aveva
torto.
Lui era sempre stato schietto con me e
se mi aveva
detto una cosa del genere non era per allontanarmi da Roxas ma per
assicurarsi delle mie intenzioni. Ero abbastanza forte da affrontare
una situazione del genere? Io, che avevo già vissuto
un'esperienza
simile in famiglia. Chissà cos'avrebbe detto mio padre se
gli avessi
detto che mi ero innamorato di un ragazzo terminale... si sarebbe
opposto? Mi avrebbe detto di lasciar perdere? Si sarebbe attaccato ad
un'altra bottiglia di liquore perché la situazione gli
ricordava
quella della mamma?
Assalito da mille pensieri, una volta
arrivato
a casa, feci quello che facevo ogni volta che mi sentivo perso: andai
a scavare nel mobiletto del salotto e misi nel videoregistratore la
cassetta che aveva registrato mia madre poco prima di morire.
Solo
lei poteva aiutarmi a prendere qualsiasi decisione.
Il giorno
dopo ricevetti una telefonata da parte di Aerith che mi disse che se
volevo potevo vedere Roxas ma dovevo sbrigarmi perché a
breve lo
avrebbero operato. Era poco dopo l'ora di pranzo e a breve sarebbero
ricominciate le lezioni ma non mi interessava, piantai tutto e tutti,
corsi fino a casa per prendere la macchina e arrivai di corsa in
ospedale solo per ritrovarmi la donna che mi aspettava fuori dal
reparto, avvolta in un grande scialle. Aveva l'aria stanca ma appena
mi vide mi sorrise e mi abbracciò.
"Come sta Roxas? Perché
devono operarlo?"
"Sta un po' meglio" rispose la
donna riprendendo a camminare "Ma devono rimuovere il
defibrillatore perché ormai il corpo lo sta rigettando...
purtroppo
sta peggiorando a vista d'occhio e non sappiamo cosa fare"
"E
si riprenderà?" domandai con preoccupazione e lei
scollò le
spalle, non sapendo cosa dire "Non potrebbe ricorrere, che ne
so, al trapianto?"
"Sarebbe un'ipotesi... ma è
tipo
quarantesimo nella lista e fino ad allora non credo che..." si
bloccò lasciandomi intendere cosa avrebbe detto.
"Non
potrebbe saltare la fila in qualche modo? Diamine... è un
ragazzino!"
"Potrebbe farlo solo se diventa codice
rosso. Se le sue condizioni si aggravano in maniera molto grave da un
momento all'altro allora lui sarebbe destinato al trapianto"
La
ascoltai con interesse, avido di informazioni, finché non
arrivammo
davanti alla sua stanza.
"Non avrai molto tempo a
disposizione quindi spendi bene questi minuti" mi raccomandò
accennando un dolce sorriso.
Dalla stanza vidi uscire il famoso
Cloud Strife, la copia invecchiata di Roxas, nonché il suo
apprensivo padre. Io lo salutai e lui mi rivolse un cenno del capo
"Roxas è ancora debole, non farlo stancare troppo"
Io
risposi affermativamente ed entrai cautamente nella stanza. La prima
cosa che catturò la mia attenzione fu il costante bip di
sottofondo
e una marea di apparecchiature che circondavano il letto occupato da
una minuscola figura.
Era pallido, molto più
pallido di come
l'avevo visto a scuola ed attorno al suo corpo correvano tanti
sottili tubicini che servivano a tenerlo in vita, e immediatamente
sentii una stretta al cuore vedendolo in quelle condizioni.
"Rox?"
lo chiamò a voce bassa Sora che era appoggiato al letto del
fratello, lui mi rivolse un veloce sguardo e poi si girò di
nuovo
verso il biondo "Rox, guarda chi è venuto a trovarti"
Le
palpebre del biondo si aprirono, rivelando quei due grandi zaffiri
che amavo tanto ma anche loro assieme a tutta la sua persona avevano
perso la vivacità.
Sora gli sistemò i tubicini
che erano
collegati al naso per farlo respirare e parlò nuovamente "Vi
lascio un po' soli" il biondo annuì e Sora si
alzò e mi passò
accanto "Axel, in caso di bisogno noi siamo qua fuori..."
io risposi affermativamente "Se vedi delle anomalie con il
battito del suo cuore chiamaci subito" mi disse sottovoce prima
di andarsene.
Appena rimanemmo soli nella stanza io
mi voltai di
nuovo verso Roxas e lo salutai, andandomi a sedere accanto a lui
"Ciao Rox"
"Ehilà" salutò
lui con voce
roca.
A quel punto rimasi in silenzio, non
potevo mica chiedergli
come stava? Tutto
bene, Axel, ho quasi avuto un infarto e tra poco mi dovranno operare
ma a parte questo è tutto okay!
Stupido
Axel, possibile che avessi esaurito già tutti gli argomenti
di
conversazione?
Ben presto però fui
riportato alla realtà da una
risatina che proveniva niente di meno che da Roxas in persona.
"Che
cos'hai da ridere?"
"Sei patetico" fu la sua
risposta secca.
Quella breve frase detta con tanta
semplicità fu
però come una pugnalata al mio orgoglio personale "Ma...ma
perché?"
Lui ridacchiò ancora. Mi
chiesi come facesse a
comportarsi così in un momento del genere, forse era
diventato pazzo
tutto d'un tratto o forse la causa era della troppa morfina in azione
nel suo sistema - e io ero più sicuro di questa opzione -,
ma almeno
ero felice di vederlo di buon umore, per così dire.
"Non
avrei mai, neanche lontanamente, immaginato che il famoso Axel Moore,
capitano della squadra di basket della scuola e play boy impertinente
potesse innamorarsi di uno come Roxas Strife, tutor sfigato e per di
più malato terminale" cinguettò con il suo solito
tono
sfacciato "Sai, credo che una love story tra noi potrebbe
ispirare un buon film di serie B"
"Cosa ti fa credere
che io sia innamorato di te?"
"Il fatto che sei venuto
fin qui. Per me."
Certo che Roxas mi aveva cambiato.
Chi
avrebbe mai detto che uno come me potesse innamorarsi di uno
malato, 'diverso'
come
lo avrei definito non molto tempo prima? Nessuno. L'amore giocava
davvero dei brutti scherzi ma a me stava bene così.
Sul mio viso
si accese un ampio sorriso "E se fosse così? Se questo Axel
Moore si fosse davvero innamorato, tu cosa faresti?"
"Gli
direi di pensarci bene"
"E se ci avesse pensato?"
A
quel punto anche lui sorrise flebilmente, per quanto poteva "Allora
gli direi di amarmi alla follia, perché è quello
che io provo per
lui"
Nell'udire quelle parole, dette con
così tanta
dolcezza, mi sporsi verso il suo letto e posai un casto bacio sulle
sue labbra. Non fu alimentato da nessun bisogno sessuale, era solo il
bisogno di sentici più vicini possibili. Gli presi una mano
e,
facendo attenzione al tubicino che era fermato al suo dito, presi ad
accarezzarla, lui invece socchiuse gli occhi.
"Allora sei
sicuro di voler stare con me?"
"Te l'ho detto, Rox. Io
voglio solo te. Forse tutto questo è affrettato... dopotutto
noi ci
conosciamo da poco più di un mese... ma questo mese
è stato il più
lungo della mia vita, è stato decisivo perché ho
conosciuto te e
sempre grazie a te ho ritrovato il mio vero me" gli dissi con
una fermezza tale da farlo sorridere teneramente "Prima di
conoscerti la mia vita era vuota, non mi volevo avvicinare a nessuno
di proposito... ma con te non ho potuto fare altrimenti. Quando sono
venuto a casa tua ho capito che tu eri la persona che io stavo
cercando da tanto tempo"
"Ti sbagli Ax" intervenne
il biondino portando la sua mano alla mia guancia "Tu ti sei
innamorato di me quando ti ho parlato di Gertrude Stein... forse non
ne eri ancora cosciente, ma io sono sicuro che sia stato in quel
momento"
"Roxy, non fare il saputello anche con
i miei
sentimenti!" ridacchiai e mi lasciai accarezzare dall'altro
"Però non hai ancora risposto alla mia domanda"
"Quale
domanda?"
"Vuoi essere il mio supereroe?"
Roxas
accennò una risatina "Certo stupido... sarò il
tuo Jack
Frost"
"Senti Ax"
"Dimmi"
"Non
ti da fastidio la faccenda di Xion vero?" mi chiese titubante
dopo qualche minuto.
"La amavi vero? Beh su questo non
posso
che alzare le mani" risposi io sospirando, dopotutto cosa potevo
farci? "Però lei è passato, dovresti andare
avanti"
"Sì
lo so... però c'è qualcosa che vorrei fare prima
di insabbiare
tutto"
"E cioè?"
Roxas non mi rispose subito,
con una mano si strofinò gli occhi e sbadigliò.
"Vendicarti
di quello che l'ha uccisa per caso?" ipotizzai con una vena di
ironia nella voce e quello che ne guadagnai fu un'occhiata
illeggibile da parte dell'altro.
"Ormai non ho più molto
tempo. Fino ad oggi sono morto due volte, tre se contiamo
l'operazione per impiantarmi il defibrillatore. Il mio cuore si
è
fermato per la bellezza di tre volte eppure io sono ancora qui...
evidentemente c'è qualcuno che mi odia lassù e
ogni volta fa il
diavolo a quattro per rispedirmi qui" fece sarcastico "Oppure
quel qualcuno vuole che giustizia sia fatta"
"Cos'è
successo a Xion?"
"Te ne parlerò, se mi
prometti di
essermi sempre accanto per ogni mia decisione, io te lo dirò
al più
presto"
"Qualunque cosa" gli assicurai
saciandogli
le labbra "Qualsiasi cosa succeda io ti starò vicino. Anche
se
non appoggerò le tue scelte, sappi che io sarò
sempre dalla tua
parte"
Roxas sorrise e i tubicini nel suo
naso si mossero
appena "Dimmi che mi ami"
"Ti amo più di qualsiasi
cosa al mondo. E tu mi ami?"
"Tanto... però....
c'è
un però"
"Ovvero?"
"Non
posso amarti più di Freddy Mercury... sai
com'è"
"Dannato
bastardello"
Se fosse stata un'altra persona un bel
cazzotto non gliel'avrebbe tolto nessuno, ma mi trattenni sia
perché
era Roxas e sia perché era in un letto d'ospedale e quindi
finimmo
entrambi per scoppiare a ridere.
"Axe?"
"Uhm?"
"Tu
sai che stare con me non sarà un compito facile?"
"Lo
so... conosco bene il tuo caratteraccio" emisi una risatina
incrociando le braccia sul letto e vi appoggiai sopra il mento.
"Non
mi riferisco a quello" Roxas mi scompigliò i capelli e io mi
beai di quei gesti "Sì forse un po' anche a quello, ma io
intendevo dire che la mia condizione implica molte attenzioni e
limitazioni. Sei pronto ad abbandonare il tuo dolce far nulla
per... questo?"
fece indicando la stanza e i macchinari.
"Ti ho detto di sì,
Roxy. Per te farei di tutto"
"Cosa ti ha fatto prendere
questa decisione?"
"Mia madre"
Dalla
faccia di Roxas compresi che voleva indagare ancora ma non ne ebbe il
tempo perché un'infermiera dai capelli azzurri fece
irruzione nella
stanza, salutò entrambi e disse che per me era ora di andare
perché
dovevano prepararlo per l'operazione. Io mi voltai un'ultima volta
verso il biondo e gli presi con accortezza le mani tra le mie, era
visibilmente teso e io lo ero come lui "Allora... uhm... ci
vediamo nella prossima vita"
Roxas inspirò profondamente
e
mi rispose con non troppa convinzione "Sì... ti
aspetterò"
"Stupido... perché tu avrai
un'altra vita"
lo ripresi bonariamente lasciandogli un bacio sulla fronte,
lasciandogli intendere che sarebbe andato tutto bene "Promettimi
di stare bene"
Per convivere con la sua malattia
Roxas
aveva sviluppato una visione tutta sua della vita, lui non vedeva i
brutti avvenimenti come tali ma li definiva 'fine
di una vita',
pronto poi per ricominciarne un'altra. Perché nonostante
tutti i
dolori, sia fisici che psicologici, lui si riteneva davvero fortunato
ma quello più fortunato in realtà ero io ad aver
trovato uno come
lui, capace di vedere la vera essenza delle cose, capace di amare
come pochi. Quando presi la decisione che sarei rimasto sempre al suo
fianco avevo già messo in conto che le cose sarebbero state
difficili, avrei dovuto lottare contro chi si sarebbe frapposto tra
noi, avrei dovuto allontanare altre persone per il bene di Roxas ma
soprattutto avrei dovuto affiancarlo nella sua lotta contro il
passato.
All'inizio non sapevo fino a che punto
le cose si
sarebbero complicate ma io ero felice se stavo con Roxas, qualsiasi
situazione si trattasse, perché lui era la persona
più strana,
forte e coraggiosa che io avessi mai conosciuto. Lui era Roxas e
basta.
Ciao
Axel, sono la mamma.
Quando tu vedrai questo video io non ci sarò
più...
e lo so che questo non sarà il massimo, ma io sono
felice.
Sono felice della vita che ho vissuto e sono felice di
aver avuto un figlio come te,
e non voglio che tu sia triste
vedendo questa cassetta
perché la cosa più brutta è sapere di
aver fatto arrossare quei begli occhioni verdi che hai.
Quindi
pensavo di farti una lista di tutte le cose più
importanti
che
ogni genitore vorrebbe per il proprio figlio.
Prima di tutto
l'educazione: porta a buon fine i tuoi studi
e continua con
il basket perché il tuo è un dono formidabile.
Rimani vicino a
tuo padre, sai quanto potrà sentirsi solo,
fatti tanti amici e
divertiti perché quelli dell'adolescenza sono gli anni
più
belli.
Mi raccomando fai molti errori, perché non c'è
modo
migliore per crescere.
E infine l'amore. Ama senza paura.
Segui
sempre il tuo cuore anche se la testa ti dice che stai
sbagliando,
perché il cuore, figlio mio, è quello che ti
guiderà
nelle migliori scelte
e anche se farà male almeno tu saprai che
ne è valsa la pena.
E quando troverai quell'amore, chiunque lui
sia,
chiunque tu scelga, non scappare via,
non lasciarti
sopraffare dalla prima difficoltà.
Ama e verrai ripagato... non
c'è cosa più bella dell'amore, Axel,
perché amare significa
vivere.
Se tu ami, quella persona vivrà per sempre dentro di
te.
Proprio come me, se tu mi vorrai io sarò sempre con te
e
sappi che sono davvero fiera di aver passato questi cinque
anni
assieme al bambino più bello, intelligente e gentile del
mondo.
Non te lo dimenticare mai, ti voglio bene.
[End
of the Act. 1]
•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•
¹Danny
Zuko è il protagonista di Grease e la canzone che cantava
Axel
è You're
the one that I want
² Tony
Manero è il protagonista de La Febbre del Sabato Sera
³
Save
your Heart - Mayday Parade
Vi
consiglio di leggere la parte del videomessaggio a fine capitolo con questa
ost di sottofondo.
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Capitolo 10 *** Act 2: Bittersweet Aerodynamic ***
Act.2
Reminiscences
about Xion:
the sad girl with big blue eyes
#10.
Bittersweet Aerodynamic
Il
rumore dei pneumatici della sua fidata Fenrir squarciavano
l'innaturale silenzio che avvolgeva la cittadina, e non se ne
stupì
più di tanto perché da quando i notiziari avevano
diffuso notizia
di ciò che era avvenuto tutti gli abitanti della zona
avevano visto
bene dall'uscire di casa.
Una volta arrivato davanti alla
palazzina da tre piani, o almeno quello che ne rimaneva,
fermò la
motocicletta davanti al vialetto con una sgommata che alzò
un gran
nuvolone di polvere e cenere, ma non vi badò tanto. Si tolse
gli
occhialoni da moto e gettò un veloce sguardo al cielo cupo
prima di
scendere dalla sella.
"Entrate trionfali come sempre?"
una voce provenite dalla sua destra lo schernì non appena si
fece
strada nel cortile sterrato dell'edificio, lui si voltò e
non fu
molto sorpreso della persona che si ritrovò davanti ma come
sempre
non cedette alle sue provocazioni.
Reno Turks era appoggiato
contro il cofano dell'elegante auto nera con cui doveva essere
arrivato e nonostante fossero passati anni dall'ultima volta che lo
aveva visto, la sua aria trasandata e strafottente non lo aveva
abbandonato.
"Sei solo?" fu l'unica domanda che si
sentì
rivolgere il rosso e questo non mancò di borbottare il suo
dissenso.
"Eccolo che neanche arriva e subito
prende le
redini della situazione" questo abbandonò la sua postazione
e
con grandi falcate si avvicinò pericolosamente al volto
dell'altro
"Chi ti credi di essere, eh Cloud Strife?"
Attimi di
tensione si susseguirono durante i quali i due uomini si squadrarono
attentamente l'uno negli occhi dell'altro, alla fine però
Cloud
inarcò un sopracciglio dorato e Reno scoppiò in
una fragorosa
risata "Che tipo che sei! Sono felice di rivederti" esclamò
dandogli delle sonore pacche sulla schiena.
Il biondo stirò le
labbra in quello che doveva essere un flebile sorriso "Già,
anche io"
"Ti prego, basta così. Il
tuo entusiasmo mi
fa arrossire" fece sarcastico.
"Allora sei solo?"
domandò nuovamente Cloud, andando dritto al punto.
L'altro
sbuffò.
"No, Rude è qui in giro in
cerca di campioni da
esaminare"
Il biondo annuì e si
diresse verso il portone di
entrata sbarrato per i civili dal nastro giallo. Come aveva
immaginato, una volta all'interno, tutto era ridotto ad un cumulo di
cenere e macerie e niente sembrava essersi salvato.
"Bel
casino eh?" chiese Reno, affiancando il biondo nella sua
esplorazione.
Cloud si abbassò in
ginocchio e da sotto un ammasso
di legno bruciacchiato ne estrasse una fialetta ricolma di un liquido
trasparente, che sembrava essersi salvata per puro miracolo, e la
esaminò per qualche istante.
"Reno?"
"Uh?"
"Quanto
è immischiata l'FBI in questa situazione?"
"Tu che
dici?" chiese di rimando l'altro con un sorrisetto di
circostanza che sottintendeva l'ovvietà della risposta
"Però
sai una cosa?" continuò subito dopo prendendo a vagare per
l'ambiente facendo attenzione a dove metteva i piedi e
afferrò
quello che doveva essere stato un libro ma che inevitabilmente gli si
sgretolò tra le mani "Non mi stupirei se gran parte delle
prove
fossero andate distrutte. Capisci quello che voglio dire?"
concluse voltandosi di nuovo verso il biondo ancora
inginocchiato.
I due si scambiarono dello occhiate di
complicità.
*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.
Estratto
dal
diario di Roxas.
Era
l'autunno
dei miei quindici anni quando i miei genitori hanno deciso che ero
depresso.
Forse avevano ragione o forse no, non
mi ero mai
domandato in effetti cosa fossi, lasciavo loro carta bianca di cosa
farne della mia vita dal momento che ormai era diventata vuota, priva
di qualunque sentimento sia positivo che negativo. In realtà
la
negatività c'era sempre, quella mi seguiva sempre e comunque.
Il
fatto è che io non mi sentivo assolutamente depresso. Da
quando mi
avevano diagnosticato quella che ho soprannominato la
mia rovina,
nell'attesa tra una visita e un'operazione e
un malore e un
altro,
passavo le mie monotone giornate in quel letto infernale della mia
camera a sfogliare gli album di fotografie, fissare il soffitto e
pensare alla morte. Ci pensavo così tanto che avevo finito
per
trovarvi un qualcosa di intrigante in essa e continuavo a rimuginarvi
anche quando Sora puntualmente mi diceva "No Rox, io non vedo
nessun fascino nella morte".
Sui libri, su internet, sugli
opuscoli riguardanti la mia malattia c'era sempre come effetto
collaterale la depressione - ovviamente la depressione non era un
effetto diretto, derivava semplicemente dalla paura della morte che
poteva aggredirti in qualsiasi momento, anche nel sonno.
Il
problema però non era la morte in sé ma il fatto
che avevo troppo
tempo libero per pensare.
Sì, il tempo era divenuto
la mia
ossessione e la mia condanna perché non scorreva mai, e
più mi
concentravo per far passare la giornata e più questa non
passava. La
morte, il pensare e tutto il resto erano solo un effetto collaterale
del pensare e non della mia malattia. Ma queste riflessioni non
cambiavano ciò che ero agli occhi dei miei genitori:
depresso.
Quindi senza neanche consultarmi, mi
portarono da uno
psicologo loro amico, Leon, che doveva essere davvero bravo e
paziente perché nonostante gli avessi tenuto il broncio per
le prime
otto sedute e non mi fossi sforzato neanche a salutarlo, lui aveva
mantenuto sempre il sorriso. Però si rivelò ben
presto meglio di
quello che pensavo perché sapeva più cose di
quelle che dimostrava
sapere.
Ovviamente era a conoscenza della mia
situazione e
dei miei trascorsi ma quello che mi sorprese davvero fu una piccola e
semplice frase apparentemente priva di significato.
"Tu hai
visto la Madre, Rox?"
Era strano perché io non
avevo idea di
ciò che stesse dicendo eppure la cosa mi aveva turbato
perché
l'avevo già sentita nominare.
Sempre Leon mi aveva poi detto che
se non volevo parlare con lui potevo scrivere su un diario tutto
quello che avevo vissuto, aveva fatto un bel discorso persuasivo sul
fatto che questo fosse un buon metodo di sfogo ma io non ne ero tanto
convinto... anche se mi domando ancora cosa mi abbia spinto a
iniziare a scrivere.
Forse la noia e l'abbondante tempo
libero a
disposizione.
E con questo si ritorna al punto di
partenza.
Tutti i motivi che mi hanno portato al
punto in cui
mi trovo ora hanno preso forma il giorno in cui incontrai per la
prima volta Xion.
Quello fu anche l'esatto momento in
cui la
mia vita cambiò radicalmente, anche se in maniera graduale.
Era
una mattina apparentemente come le altre, come ogni altro giorno
avevo subito la razione quotidiana di angherie da parte di Seifer e
banda e avevo passato, come sempre, qualche buon minuto nel
risistemare tutti i libri e quaderni che mi aveva fatto cadere mentre
mio fratello prendeva le mie difese. Io e Sora seguivamo tutte le
lezioni insieme, eravamo seduti anche in banchi vicini e anche in
mensa eravamo sempre attaccati.
Roxas Strife è sempre stato
una
nullità sia dentro che fuori la scuola, ma se adesso posso
vantare
del suddetto appellativo, fino alla seconda media non riuscivo ad
essere neanche quello. Timido, riservato, poco loquace con il
prossimo, costantemente segregato nel mio mondo immaginario. Vivevo
all'ombra di mio fratello, se così si può dire.
Lui era tutto il
mio opposto: era sempre felice e ottimista, riusciva ad essere se
stesso anche con gli estranei, riusciva a fare amicizia con
facilità
ed era bravo negli sport... eppure nonostante la sua onnipotenza
non
era mai turbato dalla mia insignificante presenza che lo seguiva ogni
dove.
Quel giorno però il banco
di Sora accanto al mio era stato
occupato da una ragazzina dai capelli neri che non avevo mai visto in
giro.
Inizialmente fui invaso da un moto di
irritazione
perché lei mi aveva separato, per modo di dire, da mio
fratello,
ma sebbene nella maggior parte dei casi non ci avrei dato
più di
tanta importanza, lei suscitò quasi subito il mio interesse
senza un
motivo apparente.
Tra
l'altro dovevo averla fissata per così tanto tempo che ad un
certo
punto durante la lezione, i nostri sguardi si incrociarono brevemente
- niente di intenso, ma era bastato per farmi scattare qualcosa
dentro - poi aggrottò la fronte e tirò fuori uno
specchietto per
vedere se aveva qualcosa in faccia. Gran bella figura per una prima
impressione.
Per le prime settimane Xion era
diventato un vero
e proprio caso in tutta la scuola, chiunque ne parlava ma nessuno
pareva sapere abbastanza sul suo conto quindi ci si fermava
all'esteriorità : era un tipo abbastanza timido e
tranquillo, non
parlava con nessuno né durante le lezioni né al
di fuori, la sua
voce mi era sconosciuta e quando la intercettavo nei corridoi era
sempre sola e camminava a capo chino. Tutto ciò che sapevo
era che
si chiamava Xion e si era trasferita da poco a casa di una vecchia
zia.
"È
una persona strana. Ho sentito che se la fa con ragazzi delle
superiori!" esordì con tono solenne Kari scrutando con
attenzione le nostre facce stupite, tranne Riku ovviamente, lui era
sempre serio e impassibile. Kairi e Riku erano i migliori amici di
Sora e in un certo senso mi sentivo fuori posto con loro
perché
avevo l'impressione che mi parlassero solo perché ero suo
fratello.
Roxas Strife non aveva amici.
"Davvero? Ma sono
grandi!" rispose Sora con i suoi occhioni sgranati dalla
sorpresa.
"Scemo, saranno un paio di anni di
differenza"
lo rimproverai con uno sbuffo e poi mi rivolsi alla rossa che intanto
si era distesa sul grande telo che avevamo appoggiato sull'erba,
quando erano belle giornate eravamo soliti passare la pausa pranzo
nel cortile della scuola "E chi ti ha detto una cosa del
genere?"
"Le voci girano" fece lei spallucce.
"Il
fatto che frequenti dei tipi più grandi significa che
è più matura
e non che è strana, no?" ragionai cercando un appoggio da
parte
di Riku, l'unico che pareva usare la testa, e lui annuì
silenziosamente.
"Probabile... ma ciò non
toglie che non sia
uno strano soggetto! Sempre così seria anche quando qualcuno
si
avvicina per parlarle, sembra che si senta superiore agli altri...
nah, quella non me la conta giusta"
Io e Sora ci scambiammo
occhiate di pura perplessità e poi lui concluse che Kairi
aveva
ragione... perché Kairi era Kairi e lei aveva sempre
ragione. Brutta
cosa l'amore.
La rossa allora, presa dalla foga del
momento,
continuò ad enumerare le sue ragioni secondo le quali Xion
non
dovesse essere uno dei migliori esempi "E credo anche che lei
stia seducendo il professore di Storia"
"Questa è
un'accusa cattiva" mormorò Riku.
"Non è cattiva"
rimarcò lei "È la verità!"
A quel punto
qualcosa scattò dentro di me e sentii il sangue ribollirmi
nelle
vene "Piantala di dire queste cose... solo perché lei ha
avuto
un voto più alto del tuo al test non significa che stia
seducendo
qualcuno! Ogni volta che torni da una lezione che hai in comune con
lei inizi a criticarla nonostante lei non ti abbia fatto nulla... non
avete mai parlato, cos'è tutto questo accanimento nei suoi
confronti?" esclamai irritato, non accorgendomi che quella era
la prima volta che osavo fare uno scatto del genere verso una
persona.
Gli altri infatti mi guardarono
attoniti per una
buona manciata di secondi - dovevano essere davvero un bel po'
sorpresi - ma poi Kairi inarcò un sopracciglio, infastidita
e non
mancò di ribattere "E tu invece che cos'hai che la difendi
sempre? Non ti ho mai visto così interessato a qualcuno, che
cos'ha
lei da riuscire a guadagnare la tua attenzione?"
"Niente...
non ha niente che non vada" io tentennai appena ma cercai
comunque di mantenere un tono fermo, lei però doveva
essersene
accorta perché accennò una risatina.
"Sai perché non vedi
niente di strano in lei?" mi chiese avvicinandosi
pericolosamente al mio volto, dopo avermi scrutato per qualche
secondo, il suo respiro accarezzava gentilmente il mio collo "Siete
entrambi dei disadattati"
Nonostante quello che Kairi o
gli altri dicevano di Xion io non potevo fare a meno di guardarla da
lontano e sebbene mi sentissi inspiegabilmente attratto, non riuscii
ad avere contatti di alcun modo con lei per vari mesi - causa anche
la mia timidezza.
Fu proprio Xion un giorno a rivolgermi
la parola
quando nel corridoio le cadde a terra un fermaglio e io lo raccolsi
per lei. Mi avvicinai titubante al suo banco in fondo all'aula (da
tempo ormai Sora era tornato a sedere accanto a me) e guadagnai la
sua attenzione facendo qualche colpetto di tosse, lei mi
guardò come
se fosse sorpresa di vedermi lì, poi quando si accorse di
ciò che
avevo tra le mani, i suoi occhi si illuminarono "Quello è il
mio" esclamò alzandosi dal suo posto, mi sorrise dolcemente
prendendo il fermaglio e lo guardò quasi con commozione
"Credevo
di averlo perso. Sei stato davvero gentile, per me è molto
importante"
Il sangue defluì tutto
verso le mie guance e
preso dall'imbarazzo risposi con un veloce cenno del capo e feci per
andarmene ma lei mi fermò prima che potessi
dirigermi al mio
posto "Roxas...è così che ti chiami vero?"
Io
annuii.
"Allora grazie, Roxas" mi sorrise per
poi
rubarmi un veloce bacio a fior di labbra.
Dire che ero
scioccato è un eufemismo.
Quell'episodio segnò la
svolta, non
ero più il
fratello di Sora o l'altro
Strife.
Finalmente ero diventato una persona agli occhi di qualcuno e decisi
che avrei dedicato tutto me stesso per la sua
felicità
Da
quel giorno diventammo amici e, proprio come si recita durante il
matrimonio, rimanemmo insieme finché morte non ci
separò.
"Buongiorno Roxas" mi
salutò con un
leggero sorriso il giorno dopo prendendo posto nel banco accanto al
mio. Preso alla sprovvista, io la salutai e tra di noi
sprofondò il
silenzio. Durante tutto il tempo della lezione non potei fare a meno
di spiarla con la coda dell'occhio e domandarmi per quale motivo si
fosse seduta proprio accanto a me, non eravamo amici o altro
però in
qualche modo ne ero felice. Contemplai per chissà quanto la
sua
espressione rilassata, studiai tutti i dettagli del suo viso, fino ad
arrivare alle increspature che si formavano sulla sua fronte quando
aggrottava le sopracciglia e mordicchiava la matita mentre cercava di
svolgere l'esercizio sul libro. Mi ero chiesto spesso anche di quel
bacio che mi aveva dato ma dal momento che non fece mai alcuna
allusione riguardo ad esso, mi dissi che quello doveva essere il suo
ringraziamento per averle trovato il fermaglio oppure che dalle sue
parti si usava così
"A presto, Roxas"
La
sua voce mi riscosse dai miei pensieri e così come era
arrivata, se
ne andò e si dileguò nei corridoi per raggiungere
la classe della
sua lezione seguente.
Fu così per le settimane a
seguire, sempre
così.
Ci incrociavamo nei corridoi,
all'ingresso, in
cortile, sedevamo vicini durante le classi che avevamo in comune e
stavamo sempre insieme, senza dire nient'altro che potesse rompere
quell'atmosfera di pace che regnava tra noi, a parte quei fugaci
saluti.
Era insolita l'attrazione che avevo
iniziato a
sentire nei suoi confronti, non avevo mai provato qualcosa di simile
prima e tutto sommato quello strano rapporto non mi dispiaceva. La
cosa più insolita per me era il desiderio di instaurare una
qualsiasi sorta dialogo con lei e cosi, alla fine racimolai un po' di
coraggio e le parlai.
"Perché stai con me?"
domandai un giorno mentre eravamo seduti sul muretto del cortile,
durante l'ora di pranzo. Lei alzò un sopracciglio
interrogativo e io
continuai "Sono il più nerd e sfigato della scuola... non ci
faresti una bella figura vicino a me"
"So chi sei
e so anche che Sora Strife è tuo fratello" rispose lei con
una
risatina. Io battei le palpebre un paio di volte e non riuscii a
celare la mia sorpresa.
"Non è il contrario? Io
sono il
fratello di Sora"
ribattei sottolineando il modo in cui venivo chiamato dal resto del
mondo.
"No, tu sei Roxas Strife. E tu sai
cosa dice la
gente di me?"
"No"
La mia fu una bugia a
metà, sapevo che la gente parlava di lei e anche tanto ma
non avevo
idea di cosa si dicesse oltre quello che avevo sentito da Kairi -
ormai l'avevo mandata al diavolo a causa del suo odio ingiustificato
nei confronti della ragazzina dai capelli corvini.
"Allora
dovresti informarti"
"Non mi interessa cosa dicono gli
altri"
Xion mi sorrise.
"Mi piacciono i tuoi
occhi" le dissi dopo un breve silenzio specchiandomi nei suoi
zaffiri.
"Ma sono dello stesso tuo colore"
ridacchiò avvicinandosi per scrutarli bene "Forse i tuoi
sono
leggermente più chiari" poi si allontanò appena e
mi prese il
viso tra le mani "Biondo e occhi azzurri.... Sei così carino
che se tu avessi avuto i capelli più lunghi avrei potuto
aggiungerti
alla mia collezione di bambole"
Da quel momento il
nostro rapporto subì un'evoluzione, ai silenzi si aggiunsero
risate
e conversazioni.
C'era una villa abbandonata sulla
vetta
della collina appena fuori la città. Era una tipica villa in
legno
della fine dell'800 disposta su due livelli, sul davanti aveva un
grande portico dove in altri tempi avrebbero sicuramente piazzato un
dondolo e un tavolo con delle sedie, all'interno c'erano molte
stanze, erano molto ampie e prive di mobilio eccetto per qualche
vecchio materasso vacante, le credenze della cucina, troppo
ingombranti per essere portate via e un grande camino in marmo
finemente intarsiato che era locato in un grande salone tappezzato da
una carta da parati scolorita a motivi georgiani. Il salone a suo
tempo doveva essere stato la stanza più bella e raffinata
della
casa, quell'ambiente mi piaceva molto e decisi che sarebbe stata la
mia stanza prediletta. Sul retro dell'imponente villa c'era un
piccolo orticello recintato in cui sorgevano una quantità
infinita
di piante di fiorellini colorati, c'erano anche le rose e delle
piante che si erano arrampicate sulla facciata esterna della casa e
lungo tutto il muretto. Al cento di questo trionfo della natura c'era
una piccola panchina ed era lì che eravamo seduti io e
Xion.
Dopo
aver intensificato la nostra amicizia, eravamo riusciti ad arrivare
ad un rapporto quasi normale e così Xion aveva deciso di
mostrarmi
questa villa che era un po' il suo rifugio segreto dalla vita a sua
detta schifosa.
Passavamo
i pomeriggi a leggere perché avevamo scoperto che la lettura
era una
passione in comune, oltre a questo poco altro facevamo.
"Cosa
leggi?" mi chiese lei un giorno abbassando il libro e voltandosi
verso di me quando mi sentì sospirare annoiato.
"Jane
Austen, Orgoglio e Pregiudizio" borbottai sventolando il mio
libro.
"Letteratura leggera eh?" lei sorrise
"Non
ti facevo tipo da roba per femminucce"
Io scollai le
spalle e misi il libro da parte, voltandomi completamente verso di
lei "Non sono un lettore vizioso, provo un po' tutto. Tu invece
cosa leggi?"
"Siddartha"
"Mai
sentito"
"Questo perché sei piccino.
Herman Hesse è
uno scrittore per grandi" rise e mi passò una mano tra i
capelli, io a quel punto corrucciai la fronte e mi scostai.
"Non
sono piccolo, abbiamo la stessa età" protestai con il
broncio.
"In confronto a me lo sei...ma non
è una cosa
negativa, anche io vorrei essere ancora innocente come te"
"Cosa
intendi?"
"Non ci pensare"
Io la scrutai
con attenzione per qualche istante e mi accorsi che i suoi occhi di
vetro si erano colmati di un'immensa tristezza tutto d'un tratto "Di
cosa parla il libro?" domandai intenzionato a spezzare il
silenzio e accennai un sorrisetto di incoraggiamento quando lei mi
guardò come presa di sorpresa.
"A-ah.... parla delle
avventure di Siddartha e la ricerca costante del suo io"
"Alla
fine riesce a trovare se stesso?"
Lei si morse il
labbro e abbassò lo sguardo sul suo libro che ora aveva
chiuso sul
suo grembo "Sì, ci riesce"
Io annuii, soddisfatto
momentaneamente della risposta, e tra di noi venne a crearsi di nuovo
il silenzio, questa volta però non era confortevole ma
stranamente
pesante.
Quel giorno Xion era diversa, nel
corso del tempo
l'avevo studiata così a lungo che ormai avevo imparato a
distinguere
i suoi umori e i suoi silenzi, capivo quando era allegra e
spensierata e quando era triste e preoccupata, anche se era solita
mostrare un'espressione di imperturbabile serenità. Non
sapevo come
ma la capivo.
"Che succede?"
Lei scosse il capo
e sospirò pesantemente "Forse dovesti davvero informarti su
cosa si dice di me"
"Ti ho detto che non mi
interessa"
"E invece dovrebbe"
"No,
perché non cambierebbe quello che tu sei per me"
Xion
vacillò per qualche istante e tentò di formulare
qualche risposta a
tono ma a quanto pare non vi riuscì perché
socchiuse gli occhi e
riprese con tono di arrendevolezza "Devi sapere chi
frequenti"
"Temo che sia un po' tardi"
ribattei con un sorriso vittorioso.
Dopo quella conversazione
il nostro rapporto sembrò regredire ai tempi i cui ci
salutavamo
solamente, lei non mi parlava più molto e io non sapevo come
comportarmi, non ero un mostro di socialità. La nostra
lontananza
durò qualche settimana, Xion non venne a scuola per qualche
giorno e
io, sentendomi terribilmente solo e annoiato, decisi di avvicinarmi
di nuovo a mio fratello che riuscì a convincermi anche ad
entrare
nella squadra di calcio. Facevo schifo ma il coach aveva un occhio di
riguardo per me perché, ancora, ero il fratello del grande
prodigio
Sora.
Un giorno Xion ricomparve, era triste
ma più felice
dell'ultima volta che l'avevo vista, con mia grande sorpresa mi
abbracciò e appoggiò la testa nell'incavo della
mia spalla, eravamo
della stessa altezza.
"Ho bisogno di te" mugugnò
flebilmente tra i miei capelli "Stammi vicino"
Io
ero ancora stupito dal suo gesto ma la strinsi forte a me, la
accarezzai e le mormorai parole di incoraggiamento, inebriandomi del
suo profumo di lavanda. Quando iniziò a piangere
silenziosamente
capii che non avrei più dovuto lasciarla andare.
"Bella
partita, prep*. Stai diventando sempre più bravo a calcio"
cinguettò la ragazzina un pomeriggio entrando nel grande
salone
della villa e sprofondando accanto a me nel materasso piazzato a
ridosso di una parete. Erano passati diversi mesi da quel suo piccolo
sfogo e le cose sembravano essere tornate alla
normalità.
"Cos'è
questo soprannome?" domandai inarcando un sopracciglio.
"Non
ti piace?"
"Dovrebbe?"
"Beh si,
indica quello che sei: un prep noioso ma carino" lei
ridacchiò
e si girò su un lato per guardarmi bene.
"Ti ringrazio
per il carino... riguardo al noioso non penso di essere
l'unico"
"Mai detto di non esserlo anche io"
mi sorrise, io mi lasciai andare ad una risata e le passa una mano
tra i suoi morbidi capelli.
"Mi consola almeno sapere
di essere noioso assieme a qualcuno"
"Ma ci pensi?
Le nostre giornate si riducono al dormire, mangiare, studiare a
scuola e leggere qui alla villa"
"Già facciamo
proprio schifo...ci servirebbe qualcosa di più
giovanile"
Xion
mi scrutò per qualche attimo e poi sorrise "Forse ho io
quello
adatto a noi..." e senza dire altro prese ad armeggiare con il
cellulare.
"Xion?" la chiamandolo qualche
minuto.
"Mmm?"
"Posso chiederti una
cosa?"
"Di che si tratta, prep?
"Cosa
ti fa pensare che io decida di andare in quel tipo di
scuola?"
"Tutto di te urla preparatory school:
sei
intelligente, bravo nello sport e provieni da una famiglia ricca. Sei
un candidato ideale" disse come se fosse una cosa ovvia, ma non
lo era per me.
"Ti sbagli, sono povero e
andrò alla
scuola pubblica"
"No prep, io sono povera e
andrò
alla scuola pubblica. Tu continua con il calcio e diventerai anche
famoso"
"E tu cosa vorrai fare?" non ero
ancora convinto da quello che mi aveva detto ma decisi di lasciar
correre.
"Vuoi sapere cosa? Seriamente prep, a
cosa credi che
io possa aspirare?" alla mia scrollata di spalle lei
continuò
"Ci sono persone a questo mondo che hanno tutto a disposizione"
mi guardò con eloquenza "E altre persone a cui la vita non
ha
dato niente"
Se c'era una cosa che avevo capito di
Xion
in tutti quei mesi è che era profondamente infelice sebbene
cercasse
di mascherare la sua tristezza, io tentavo di metterla sempre a
proprio agio e farla stare bene ma a volte avevo come l'impressione
di essere nel tutto impotente.
"La speranza... La
speranza c'è sempre" mi affrettati a rispondere.
"Anche
quella mi verrà tolta prima o poi"
L'improvviso
suono di un clacson fuori la villa ci fece trasalire.
"È
arrivata!" cinguettò Xion indossando di nuovo il suo
sorriso.
"Chi è arrivata?" chiesi
vedendola
alzarsi e sistemarsi frettolosamente le pieghe della sua gonna. Senza
che potessi protestare cui preso per un polso e attraversammo veloci
i corridoi della casa per fermarci giusto sul portico. Davanti a noi
c'era una macchina decappottabile anni '70, era piuttosto vecchia e
malandata ma generalmente per i ragazzi l'importante è che
sia un
mezzo a quattro ruote che li porti dove vogliono. Davanti avevano
preso posto un ragazzo e una ragazza dai capelli biondi pettinati
all'indietro, e fu quest'ultima a parlare per prima.
"Ehi
Xi, non mi avevi detto che sarebbe venuto anche questo bimbo. Il
nostro non è un asilo nido" commentò aspramente
guardandomi
con sguardo indagatore.
"Piantala Larx, ha la mia
età"
rise la più piccola avvicinandosi alla portiera e aprendola
per
me.
"È un tuo amico?"
"Il mio
prediletto" annuì Xion.
"Mocciosetto, avvicinati
a me" la bionda si appoggiò con il braccio alla portiera,
dal
momento che era priva di finestrino e mi fece cenno di raggiungerla.
Io, che ero rimasto tutto il tempo in silenzio dietro Xion, mi
avvicinai titubante. Larx, o come si chiamava, mi prese il mento e mi
studiò "Quanti anni hai detto che hai?"
"Quasi
tredici" mormorai flebilmente.
La più grande rise in
una maniera così macabra da farmi venire i brividi "Come ho
detto sei ancora un bimbo ma se è Xion che ti porta allora
non ho
niente da ribattere.
Con un cenno della mano Xion mi
invitò
a salire a bordo e prese posto accanto a me sul sedile posteriore
"Spero che ti piacciano i succhi di frutta e un pò di
musica"
La guardai perplesso.
Se avessi
saputo a cosa sarei andato incontro penso che ci avrei fatto un
pensierino prima di accettare eppure sapevo che la colpa non era del
tutto mia ma anche dello strano modo di Xion di categorizzare le
cose. Certo, birra, vino, gin, vodka, whisky, sidro, provengono tutti
da ingredienti naturali e in teoria sarebbero succhi di frutta o di
cereali, ma io li avrei fatti rientrare nella categoria "alcolici"
che era la più legittima.
"E comunque orzo e malto non
sono frutti" le feci notare guardandomi attorno.
Con
mia grandissima sorpresa eravamo finiti a casa di un tizio (che non
avevo neanche visto) nel bel mezzo di quello che doveva essere un
festino di liceali ubriachi, con nient'altro che alcol e musica
assordante. Così tanti tipi di alcol che non sapevo neanche
esistessero.
"Certo che lo sono. Sono tutti frutti
della terra, coltivati con il sudore dei contadini" Xion mi
sorrise e con una mano dietro la spalla mi invitò a farmi
strada
all'interno. Preferii non indagare ancora per paura di poter
degenerare e ritrovarmi nudo assieme a lei ed altre migliaia di
persone in un ritrovo hippy a manifestare contro la guerra.
"Io
però non credo che dovremo essere qui. La tua amica Larxene
aveva
ragione, siamo piccoli per queste cose" protestai trovandomi
costretto ad alzare la voce a causa del volume alto della musica
"Tutti questi estranei, l'alcol... non è il posto adatto a
noi.
Se poi succede qualcosa? Chi glielo dice poi ai nostri
genitori?"
"Hai paura, Rox?" mi
domandò lei
con un tono neutro che mi sorprese.
"Cos- no che non ho
paura!" mentii.
"E allora qual'è il
problema?"
Boccheggiai un istante non capendo
cosa
stesse succedendo con lei, la presi per un polso e la portai in una
stanza vuota dove ci chiudemmo dentro "Il problema? Il problema
è che non dovremo essere qui. Cosa centriamo noi con questa
roba?
Non ho neanche idea di come tu sia riuscita a farci arrivare
qui"
"Non ti piace?" parve oscurarsi tutto
d'un tratto.
"No, certo che no!" sbottai furioso
senza vacillare alla sua espressione affronta. La vidi sospirare e
poi si strinse nelle spalle.
"Beh questa sono io. Tu
volevi conoscermi e hai detto che volevi divertirti, ho cercato di
unire le tue due esigenze... ma a quanto pare non sono il tipo adatto
a te"
"Non è vero Xion-"
"Sono
un'ubriacona del cazzo... I miei amici sono ubriaconi del
cazzo"
"Non sei un'ubriacona
del cazzo"
"Infatti...sono
anche una drogata di merda" rise amaramente.
"Piantala
di dire queste cose!" la afferrai per un braccio con malagrazia,
lei strattonò e cercò di allontanarsi da me, ma
la mia presa era
più forte "Tu sei Xion e basta e tutto il resto non
cambierà
quello che provo per te"
I suoi occhi vitrei divennero
lucidi e ai lati apparvero delle lacrime simili a gocce di rugiada
"Avresti dovuto informarti sul mio conto" sussurrò
appoggiandosi al mio petto.
"L'ho fatto..."
mormorai accarezzandola con dolcezza "Quel giorno che eravamo
sul muretto a scuola e abbiamo iniziato a parlare... l'ho chiesto a
Riku e lui mi ha detto tutto"
"Chi è
Riku?"
"L'amico di mio fratello"
"E
che cosa ti ha detto?"
"Quello che fai la sera"
nessuno di noi abbassò lo sguardo, cercando
sincerità negli occhi
dell'altro.
"Perché hai continuato a
vedermi?"
"Perché se è
vero ci sarà un motivo"
risposi con una scrollata di spalle, lei a quel punto iniziò
a
piangere a dirotto e scusarsi con me per tutto e a condannare la sua
vita. Io dal mio canto le rimasi vicino come le avevo sempre
detto.
Dopo aver passato tanto tempo a
piangere e sfogarsi
tra le mie braccia, Xion doveva essermi davvero grata perché
si
avvicinò al mio viso e mi baciò sulle
labbra.
Fino ad
allora il nostro rapporto non era stato altro che semplice amicizia,
non c'era mai stato nulla di erotico nelle nostre carezze, nei nostri
abbracci e neanche in quel primo bacio che mi aveva dato mesi prima o
nella strana attrazione... non c'era nient'altro che affetto tra di
noi. Eppure in quel momento mi resi conto di qualcosa. Avrei voluto
che quel contatto durasse di più, avrei voluto sapere il
motivo di
quel gesto e il significato. E in quel momento capii che mi ero preso
una cotta, una semplice e immensa cotta per Xion. Non ne parlammo
però, come sarebbe stato normale per tutti gli altri esseri
umani.
Xion aveva vissuto una vita per niente
facile
e nonostante la giovane età era stata costretta a crescere
più in
fretta del dovuto. Da piccola abitava con i genitori in un sobborgo
popolare di New York e i soldi in casa mancavano. Il padre era un
tipo violento, picchiava sempre lei e la madre anche per i motivi
più
futili e dava loro la colpa se la sua vita era così
miserabile, a
questo si aggiungeva la sua passione per l'alcol. Quando si ubriacava
era finita, diventava tutt'altra persona e Xion ne era terrorizzata
perché sapeva che quello significava ricevere altre botte.
Lei era
piccola e ancora non capiva molto della vita, sapeva solo che
qualsiasi cosa facesse che non andava bene al padre, lei le riceveva
e sua madre rimaneva impotente sull'uscio della porta a piangere - e
in un certo senso Xion era felice che non si intromettesse
perché
per lei la razione era peggiore.
Quando aveva raggiunto i
cinque anni ed aveva acquisito un po' di consapevolezza,
iniziò a
chiedersi perché quell'uomo invece di voler loro bene le
odiava a
tal punto. La madre le spiegò che aveva conosciuto suo
marito
all'università: lui era uno di quei classici fighetti e
sulle cui
spalle gravava il futuro impiego di amministratore della ditta del
padre, lei invece era solo una ragazzina di campagna frustrata,
stanca della sua vita, con un padre all'antica che non le permetteva
di frequentare ragazzi e vivere l'adolescenza come tutte le sue
coetanee. Fu per dispetto verso la famiglia che decise di uscire
incinta, pensava che così avrebbe potuto sposarsi e
diventare
indipendente, le cose però non andarono tanto bene come
previsto.
Entrambi dovettero interrompere gli studi, si sposarono e le famiglie
voltarono loro le spalle, si trasferirono a New York in cerca di
lavoro ma la fortuna non era dalla loro e i soldi continuavano a
mancare.
Per Xion il peggio arrivò
quando il padre iniziò
a ripudiare lei e sua madre. Quando lui era in compagnia dei suoi
amici, loro non erano più moglie e figlia ma sorella e
nipote o
qualcosa del genere, lei doveva chiamarlo 'zio' e se si sbagliava
veniva picchiata ancora... tutto ciò perché lui
si vergognava di
loro e della sua vita e si era pentito di essersi sposato.
Un
giorno il padre rimproverò la bambina, il
rimproverò si trasformò
in discussione con la moglie e la discussione in una vera e propria
lotta di sopravvivenza. L'uomo sbattè la testa della donna
nel vetro
della finestra e si accorse di quello che aveva fatto solo quando lei
ritirò la testa insanguinata, per poco non l'aveva
uccisa.
Quella
fu la goccia che fece traboccare il vaso, la madre avviò le
pratiche
legali per il divorzio anche se lui non ne voleva sapere. Madre e
figlia fecero le valigie e con quei pochi soldi che avevano da parte
si trasferirono in un monolocale il più lontano possibile
dalla loro
vecchia casa occupata ancora da quell'uomo che faceva finta di nulla
e non ne voleva sapere di andar via.
Qualche tempo dopo i
due adulti si erano recati nel centro di Manhattan per concludere il
divorzio e Xion apprese la notizia di quello che era successo dai
telegiornali. C'era stata una violenta esplosione in uno di quei
grattacieli del centro, il responsabile era morto (era un pazzo con
dei lunghi capelli argentati e un nome strano) e assieme a lui
tantissime altre persone, tra cui suo padre, sua madre invece era
ferita ma si era salvata.
Xion non versò una lacrima
per
suo padre, né al suo funerale né negli anni a
seguire, le persone
dicevano che era una bambina orribile per questo ma lei ogni volta
faceva spallucce e ignorava quelle voci, nessuno sapeva di che razza
di persona parlavano.
Un paio di anni dopo arrivò
un avviso
di trasferimento da parte del governo: tutti quei pochi superstiti e
tutti gli altri coinvolti nel caso Sephiroth erano invitati a
trasferirsi nella cittadina vicina, Tarrytown. Più che un
invito
sembrava un obbligo, ma a Xion e alla madre non dispiacque tanto
perché avrebbero avuto una casa loro e avrebbero potuto
lasciarsi il
passato alle spalle.
Xion iniziò una nuova vita
e qui
conobbe anche Larxene e i suoi amici, non era mai stato facile per
lei fare amicizia ma ben presto scoprì che anche tutti quei
ragazzi
avevano avuto passati difficili e comprese che i loro problemi
sarebbero stati il loro punto di unione. Xion era felice di avere
qualcuno con cui condividere le sue esperienze e allo stesso tempo
sapeva che per essere accettata in tutti sensi da quel gruppo avrebbe
dovuto dimostrare di non essere una bambina. Si avvicinò
all'alcol e
non molto tempo dopo anche alle droghe leggere, prima con riluttanza
e poi per bisogno di evasione.
Quando sua madre si ammalò
improvvisamente la situazione precipitò inaspettatamente: le
medicine costavano troppo, loro erano a corto di soldi e senza lavoro
non avrebbe potuto neanche più comprarsi le dosi.
Così fu costretta
a ricorrere ad un metodo che le avrebbe permesso di guadagnare
abbastanza in poco tempo.
La prostituzione.
Il
nostro rapporto non cambiò di una virgola se non per le
differenze
che al silenzio e alle conversazioni si erano aggiunti i baci. Baci
semplici e dolci, baci voraci e passionali, ma comunque baci.
I
mesi passarono e noi continuavamo a stare insieme. Xion frequentava
sempre il suo circolo di amicizie, ogni vota mi ripeteva che se non
volevo non ero tenuto a stare con loro per farle piacere ma io
puntualmente la seguivo, non volevo lasciarla da sola e sopratutto
con il passare del tempo mi accorsi di una cosa. Di tutti i suoi
amici nessuno mi fissava in modo strano, nessuno mi prendeva in giro,
nessuno mi guardava con sufficienza o derisione. Per loro non
ero il
fratello di Sora,
ero Roxas e basta. Neanche i cognomi o le classi sociali importavano.
Semplicemente accettavano il fatto che fossi lì. Solo
all'inizio mi
guardavano con diffidenza, poi un giorno Xion rivelò un
dettaglio
per me insignificante. "Anche Roxas si è trasferito da New
York
quando era più piccolo"
Tutti allora mi guardarono chi con
interesse e chi con pietà, venni a sapere che anche tutti
loro
provenivano dalla grande città ma non capivo
perché fosse un
dettaglio importante.
"Roxas, di tutte le persone chi
credi che voglia lasciare la propria casa nel comfort della
città
per trasferirsi in questa città-giardino?" mi disse un
ragazzo
di cui non sapevo il nome. Io scrollai le spalle e scossi il capo,
effettivamente neanche io non ero stato entusiasta di muovermi dal
centro "Non so... chi vuole una casa col giardino o cerca aria
più pulita?" tentai.
"Ci sei vicino. Tutti quelli
che sono stati coinvolti nel caso Sephiroth sono morti sul posto o
chi l'ha scampata si è ammalato in seguito. Il governo
sentendosi
colpevole ha regalato qualche casa in questo grande giardino.
Far passare gli ultimi anni di vita in mezzo alla natura, ottimo
metodo per togliersi dalle scatole certi soggetti e lavarsene le mani
non trovi?"
"Oppure siamo dei testimoni troppo
scomodi per i suoi gusti" si inserì nella conversazione una
ragazza seduta accanto a Larxene. La bionda aveva le gambe
accavallate, una canna tra le labbra e un'espressione di astio nei
miei confronti, non me ne stupii, la indossava dalla prima volta che
mi aveva visto. Ero sicuro che era gelosa del mio rapporto con
Xion.
"Vedila come una specie di ghetto"
esordì
reggendo la stecca tra le dita e producendo una nube di fumo con la
bocca "Un ghetto per ricchi e poveri che sono costretti a
convivere con le menzogne e le false speranze del governo"
Rimasi
basito da quelle accuse rivolte allo stato, quelli non mi sembravano
più dei semplici liceali ma degli adulti stanchi del mondo
io mi
sentii improvvisamente fuori posto. Non sapevo assolutamente niente
di quello che stavano dicendo, stavo perdendo il punto principale
della questione. Quindi noi che ci eravamo trasferiti lì
eravamo in
qualche modo diversi dal resto del mondo? Eppure non mi sembrava di
avere qualcosa di diverso dagli altri e poi non mi sembrava che i
miei genitori avessero mai avuto a che fare con-
"Aspettate...
cosa c'entra Sephiroth? Cos'ha fatto lui?" chiesi io faticando a
seguirli.
"Sei serio Rox?" fece Xion
genuinamente
perplessa "Chiunque lo sa"
Certo, sapevo chi fosse
di nome e avevo sentito che fosse colpevole delle stragi ma niente di
più, quando ne parlavano al notiziario o nei programmi i
miei
genitori cambiavano canale o spegnevano la tv. Avvertivo una strana
tensione ma non ci avevo mai badato perché pensavo che lo
odiassero
a causa del male che aveva fatto.
Scossi il capo e mi
spiegai meglio "Intendo dire, perché lui è la
causa? Come ha
fatto a far ammalare gli altri se lui era morto? E cosa c'entra il
governo?"
"Il governo ha fatto delle cose che
non
doveva e sta cercando di risolvere alla meglio e mettere tutto a
tacere il prima possibile" nella stanza dove eravamo tutti
riuniti arrivò una persona che non mi sarei mai aspettato di
incontrare ma che, pensandoci, mi sembrava adatto al
luogo.
"Vanitas?!" mi alzai di scatto e lo
guardai con
occhi sgranati.
"Yo Ven... finalmente hai deciso di
unirti al mio gruppo?" mi guardò con aria trasognata e
reggeva
qualche bottiglia in mano. Era ubriaco. Solo quando lo era mi
scambiava per mio cugino più grande, Ventus, anche se era
vero che
eravamo identici. Loro erano compagni
di letto,
per dirla gentilmente.
"Sono Roxas"
Lui
sbatté le palpebre e si avvicinò per mettere a
fuoco la mia figura.
Quando parve riconoscermi sfoggiò un sorriso a trentadue
denti e mi
mise un braccio attorno alle spalle "Roxy! Non mi sarei mai
aspettato di trovarti qui... cavolo sei troppo perfettino per questo
squallore"
"Lascialo andare, Vanitas" lo riprese
Larxene con mio immenso stupore.
"E perché mai?"
rispose contrariato.
"Perché lui è il
giocattolino di
Xion"
Arricciai il naso a quella definizione
ma gliene
fui grata perché Vanitas mi lasciò subito andare
borbottando e
sprofondò su un pouf vacante. "Tornando a noi" riprese
dopo un sorso dalla sua bottiglia "Hai mai sentito parlare
del geostigma?"
Io
scossi il capo.
"È la malattia di
Sephiroth"
sussurrò Xion a bassa voce al mio orecchio "Anche mia madre
è
stata contagiata da lui"
Io mi girai di scatto verso di lei
con espressione incredula, senza riuscire a formulare nessun pensiero
coerente.
"Prova a chiedere a zio Cloudino...
lui ne sa
più di tutti" rise Vanitas.
"Che cavolo
dici!"
"Correggimi se sbaglio, lui non era un
SOLDIER? Scommetto che conosceva Sephiroth e avranno lavorato anche
insieme" rispose come se quello non era un grande affare.
Posò
la bottiglia vuota e iniziò a preparare quella che aveva
l'aria di
essere una canna.
"Cazzo è quella roba?" fece
Larxene stranamente interessata.
"Questa, dolcezza, è
DMT"
"Allucinogeni?" cinguettò
contenta
aggrappandosi al suo collo "Dove li hai
presi?"
"Xemnas"
"Prepara i
preservativi"
La situazione stava decisamente
degenerando. Forse, mi dissi, un po' di alcol non mi avrebbe fatto
male.
La mia prima sbronza fu un qualcosa di
atroce.
A
quanto mi avevano detto gli altri, avevo fatto un mix allucinante di
tutti gli alcolici presenti con contorni di erba. Secondo il loro
modesto parere ero davvero uno spasso da ubriaco e reggevo abbastanza
bene, però se al posto di un paio di canne avessi optato per
le
schifezze psichedeliche di Vanitas a quest'ora sarei morto. Avevo
passato tutta la notte a vomitare e il giorno dopo ero catatonico sul
letto di Xion.
La prima sballata riuscii a
nasconderla alla mia
famiglia facendola passare per qualche idiozia del tipo influenza o
che avevo mangiato qualcosa che mi aveva fatto male e avevo pregato
mio cugino Ventus di venirmi a prendere e portare a casa. Tutti
credettero alla mia bugia, solo Riku non sembrava del tutto convinto.
Ma, dopotutto, chi si sarebbe mai immaginato che uno studente modello
come me, uno sfigato del mio calibro, l'ombra di Sora, un ragazzino
delle medie, potesse intraprendere la strada degli eccessi? A quella
sbronza ne seguirono infinite altre e così un ultimo fattore
unì
maggiormente la mia vita a quella di Xion.
•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•
prep:
soprannome dispregiativo per indicare coloro che frequentano la
preparatory school, un tipo di scuola che forma per il college e che
punta sullo studio e sullo sport (è frequentata soprattutto
da chi è
abbastanza facoltoso)
Piccola notizia, a grande
richiesta Viva la Vida will be translated in the glorious English
sempre dalla sottoscritta (purtroppo), questo perché dopo
aver
pubblicato il disegno che ho fatto e che troverete
qui, la gente mi ha invaso di mp su tumblr chiedendomi la
traduzione...
And so this is it.
Alla prossima!
|
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Capitolo 11 *** Inertia Creeps ***
11
Viva
la Vida
#11.
Inertia Creeps
“Sta
riprendendo a respirare...”
“Pressione
sanguigna in aumento...”
“Appena
le condizioni si stabilizzano dimettetelo dalla terapia
intensiva”
“...
mamma non credi ci siano troppi fiori?”
“Non
sono mai troppi. I fiori hanno il potere di rallegrare anche i posti
peggiori”
“...Per
quello che ne sappiamo, se non si sveglia presto potrebbe scivolare
di nuovo in coma e questa volta le speranze sono più misere
della
volta scorsa. Sta peggiorando a vista d'occhio”
“Allora
dobbiamo procedere con il trattamento prima del suo
risveglio...”
“Signor
Strife è una procedura rischiosa e non è neanche
detto che
funzioni... potrebbe perdere suo figlio”
“Crede
che non lo sappia? Non mi piace l'idea di fare esperimenti su mio
figlio... ma attualmente lui è l'unico con questa malattia
ancora
vivo e se vogliamo salvarlo dobbiamo tentare”
“Ma
sua moglie?”
“Lei
sta bene così...non ha bisogno di altre
preoccupazioni”
“Ho
capito”
“Naminè,
Zexion e Kairi mi chiedono ogni giorno di te. Dico sempre loro che
stai meglio... perché stai meglio, vero? Ti vedo sempre
più...
più... Mi chiedo se senti davvero quello che ti dico. Mamma,
papà e
i dottori dicono di sì e ci voglio credere anche
io...”
“...Roxy
quando ti svegli? Mi manchi un sacco. Ancora non riesco a capire...
dicevano che era un'operazione stupida eppure non ti svegli ancora.
Sora dice che ti piace dormire... dice che fai sempre questi
scherzetti. Io ti aspetto sempre eh?”
*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.
Non
ero riuscito ad indagare sulla situazione riguardante Sephiroth che
ruotava attorno a tutti quelli che vivevano a Tarrytown, ogni volta
che provavo a fare domande a mio padre, questo semplicemente se ne
andava; avevo provato a chiedere anche a mia madre ma lei ogni volta
si oscurava e mi sentivo colpevole di averla rattristata. Avevo fatto
delle ricerche su internet, con scarsi risultati e questo confermava
le parole di Vanitas: il governo voleva mettere tutto a
tacere.
Trascorsi
l’estate, tra gelati, gite in città, pic nic nei
parchi, feste di
sconosciuti, tra la compagnia di Xion e le mie costanti dimostrazioni
di essere come tutti quei ragazzi per essere accettato. Passarono
veloci e felici i mesi fino a che l'autunno si portò via il
caldo,
il sole e la serenità.
Mi
costrinsi anche a ricordarmi di una regola fondamentale: non si
può
dire di conoscere realmente una persona finché non si
è passato il
tempo necessario insieme. Pensavo
ormai
di conoscere Xion, la sua occupazione serale, il bisogno spasmodico
di bere e farsi per non pensare, il suo amore per la lettura, i suoi
problemi e i suoi difetti, ma presto dovetti ricredermi.
L’avevo
accettata, come lei aveva accettato me. Questo però non mi
impedì
di scoprire quante volte lei mi tradisse e quante volte mi dicesse
delle bugie.
Su
due cose ero intransigente: la sincerità, odiavo le bugie e
la
falsità e non perdonavo facilmente. E secondo, non avrebbe
mai
dovuto incontrare gli aghi sulla sua strada. Mai.
Ai
silenzi, conversazioni, risate, baci e carezze si erano aggiunte le
discussioni.
Ci perdemmo di vista per un mese. Poi ci
ritrovammo.
Xion
veniva sempre meno a scuola e io avevo capito che aveva allargato il
suo giro di clienti perché la salute di sua madre era
peggiorata.
Non gliene facevo una colpa ma non potevo fare a meno di esprimere il
mio dissenso a riguardo, non volevo che si rovinasse la vita
così,
poteva trovare altri lavori.
"Chi
credi che assumerebbe un'emarginata come me che fa uso di droga e
alcol, con una situazione difficile a casa e un passato da cancellare
alle spalle?" mi inveiva contro ogni volta. Senza contare che a
tredici anni nessuno l'avrebbe assunta neanche se fosse stata
pulita.
Ancora
ci perdemmo per qualche settimana, questa volta fu una decisione da
entrambe le parti di troncare, ma finimmo per ritrovarci.
Io
ne sentivo il bisogno, non volevo lasciarla, non volevo che ogni
discussione ci allontanasse sempre di più. Volevo aiutarla e
rimetterla sulla retta via, anche se frequentavo il suo gruppo ero
ancora della ferma idea che tutto si poteva ancora risolvere.
Mentre
per Xion ero come un’ossessione. Stava ritornando la
ragazzina
silenziosa di quando l'avevo conosciuta e ogni volta che mi cercava
non mi diceva più nulla, si aggrappava al mio petto e se ne
stava in
silenzio con gli occhi socchiusi, agitata solo qualche volta da
qualche singulto. Ormai Xion non piangeva più, né
per sua madre che
lentamente si stava spegnendo, ne per la gente che la guardava con
indignazione e ribrezzo, né per i clienti (a volte anche
violenti)
con cui doveva avere a che fare.
I
nostri periodi di tenerezza si riducevano, i problemi si
ripresentavano puntuali e gli scontri superavano le carezze.
Ci
stavamo perdendo.
Ai
problemi con Xion ben presto si aggiunsero quelli a casa.
La
mia indisposizione nei confronti del mondo stava raggiungendo picchi
elevati, anche quando ero con lei e non eravamo in conflitto avevo
iniziato a bere di più, anche di pomeriggio presto e quando
ero in
vena anche la mattina negli angoli deserti della scuola. Bevevo e
fumavo erba fino a vomitare. Ma l'alcol e tutto il resto presto
avevano iniziato a non placare più il mio nervosismo e avevo
deciso
di buttarmi sugli acidi e metamfetamine perché...
perché sì.
Inizialmente ero riluttante come tutte le persone normali verso
questa roba, poi improvvisamente compresi il motivo e il bisogno che
spingeva gli altri a fare uso di queste sostanze.
Un
giorno però le cose non andarono per il verso giusto e mi
ritrovai
le urla di Ventus in camera. Non sapevo se fosse preoccupato o
arrabbiato, l'unica cosa di cui ero certo è che, per la
prima volta
in tutta la mia vita, lui non era felice di me.
Quello
stronzo di Vanitas gli aveva raccontato tutto.
Era
ormai da quasi un anno che i due non si frequentavano più
perché il
biondo non accettava la strada che stava intraprendendo l'altro, ma
questo non impediva loro di continuare a mantenere i contatti e
vedersi saltuariamente per
fare una partita di carte
nel
letto di uno dei due. E doveva essere stato proprio durante uno di
questi rari incontri che Vanitas doveva avergli espresso la
sua preoccupazione per
la mia salute: qualche sera prima mi ero sentito male a causa di un
qualche intruglio che avevo fatto mentre ero sballato e alcuni
ragazzi più grandi mi avevano portato all'ospedale dove ero
stato
tenuto sotto osservazione per alcune ore. Come sempre sarebbero
rimasti tutti all'oscuro delle mie stronzate (perché sapevo
che lo
erano)
ma a quanto pare il destino mi odiava proprio.
"Mi
riesce impossibile credere a quello che stai dicendo. In
realtà ti
ha detto queste cose solo per rovinarmi! Vanitas non se ne è
fregato
mai un cazzo degli altri... neanche di te! Lui vive a modo suo e
basta. Se permette ad una persona di avvicinarsi a lui non è
perché
gli piace o gli interessa ma perché non gli crea fastidio!"
sbraitai irritato, deviando la conversazione dalle mie nuove
abitudini al gesto, per me insensato, di Vanitas.
"È
vero che è una testa di cazzo e si comporta come se fosse il
re
degli stronzi, perché lo è" assentì
Ventus senza però
abbassare il tono "Ma se fosse vero quello che dici io sarei
così idiota da frequentarlo? Lui tiene a me e anche a te,
solo che
non lo dimostra. Lo conosciamo da anni e in tutto questo tempo a
parte qualche presa in giro da bambini cosa ti ha mai
fatto?"
Risposi
con un lamento di dissenso senza preoccuparmi di ribattere. Era
evidente che avevo torto marcio ma la mia testa (e forse anche buona
parte del mio orgoglio) aveva registrato che la ragione era dalla
mia. Vanitas non era il migliore è aveva così
tanti difetti da
poterci scrivere una trilogia di libri ma era anche vero che mi aveva
accettato nel suo gruppo (per
assicurarsi che non avrei potuto fare qualcosa di stupido,
asserì Ventus), era felice che bevessi con loro ma non mi
aveva mai
sforzato ad eccedere o provare quello che prendevano loro; a
differenza degli altri, mi aveva messo in guardia sui pericoli verso
cui andavo incontro e, data la mia insistenza nel volerle assumere
nell'ultimo periodo, mi aveva sempre indirizzato verso le droghe
più
stupide e leggere. Gli acidi e tutte le altre merde erano stati una
mia decisione e lui all'inizio si era opposto, ma poi più di
tanto
che ci poteva fare? La vita era la mia e la sua era sicuramente
più
fottuta quindi non mi aveva detto più niente altrimenti
sarebbe
stato un ipocrita.
Il
baccano di mio cugino aveva richiamato l'attenzione dei miei genitori
che avevano abbandonato le loro mansioni ed erano accorsi in camera
mia, preoccupati.
"Che
sta succedendo?" fece mia madre apprensiva, mio padre era sulla
soglia della porta accanto a lei.
Io
lanciai loro un'occhiata e mi focalizzai di nuovo su Ventus.
"Zia,
zio... devo dirvi una cosa" iniziò lui titubante, senza
staccarmi lo sguardo di dosso. Era evidente il disagio e il senso di
colpa nei suoi occhi ma sapeva che quella era la cosa giusta da
fare.
"Ven...
non ti azzarda-" cercai di sovrastarlo, la mia voce era spezzata
e avevo preso a tremare, conscio di quello che sarebbe accaduto. Fu
tutto vano perché le parole mi morirono in gola e lui disse
una cosa
che mi fece prendere coscienza della mia situazione, anche se la mia
mente era ancora troppo annebbiata per accettarla.
"Roxas
ha bisogno di aiuto"
Avevo
perso la mia strada, ero abbandonato da chi amavo, mi sentivo tradito
da chi mi fidavo e dovevo iniziare a guardarmi attorno con
sospetto.
I
miei genitori quando vennero a sapere della mia vita 'segreta'
rimasero più che scioccati, mia madre soprattutto
perché pianse
ininterrottamente per giorni. Non mi punirono o urlarono, come
credevo che avesse potuto fare qualsiasi genitore con un figlio che
si era cacciato in una situazione del genere. No, loro erano solo
delusi e si dannavano nel capire cos'avessero fatto di sbagliato per
farmi finire così. Nulla, loro non avevano fatto proprio
nulla. Ero
io il problema e forse, mi dissi, Kairi non aveva tutti i torti
quando aveva detto che ero attratto da Xion perché eravamo
due
disadattati.
Io ero
un disadattato.
Non
mi permisero più di frequentare Xion o qualsiasi altra
persona del
suo gruppo; non potei frequentare più nessun altro in
realtà,
l'alternativa era mio fratello e Riku e proprio non avevo intenzione
di vederli (Kairi non era neanche il caso di prenderla in esame). Se
Sora era rimasto dispiaciuto e si sentiva colpevole di non essersi
mai accorto del mio malessere, Riku invece era furioso con me e io lo
odiavo per questo. Spesso, quando mi sentivo in vena di riversare
tutta la mia rabbia e la mia frustrazione sceglievo proprio lui
perché mi dava una grande soddisfazione con le sue
imprecazioni.
Ogni tanto mi accorgevo del mio cambiamento: cambiavo umore ogni 5
minuti, passavo da un cumulo di tremolante in lacrime a uno psicotico
furente che inveiva contro tutto e tutti.
Riku
me lo faceva sempre notare, diceva che era colpa della droga se ero
diventato così. Poi improvvisamente anche lui passava
dall'ira alla
tristezza, e si colpevolizzava perché era stato l'unico ad
essersi
accorto del mio cambiamento, più volte mi aveva sentito
addosso
puzza di alcol e erba ma pensava che fosse colpa di Xion che fumava e
beveva vicino a me.
Nei
pochi momenti di lucidità, quando capivo quanto avessi
sbagliato con
tutti, quanto avessi mandato a puttane tutti gli sforzi che gli altri
facevano per me, sentivo il senso di colpa attanagliarmi lo stomaco e
il respiro si fermava in petto. Mi sentivo asfissiato, tutto attorno
a me diventava estremamente bollente, tutti gli spazi divenivano
troppo stretti, il cuore batteva forte, la fronte si imperlava di
sudore e le mie mani, costantemente aggrappate al mio busto,
prendevano a tremare violentemente.
Così
iniziarono anche i primi attacchi di panico.
Rimasi
segregato in casa per tutte le vacanze invernali, e quando esse
finirono uscivo solo per andare a scuola perché i miei
ancora non si
fidavano di me. Era a scuola che ogni tanto riuscivo a vedermi con
Xion, quando lei si degnava di un venire, ma quella ormai non era
più
la Xion che conoscevo.
Era
cambiata. Era debilitata, oppressa, intrappolata nella sua stessa
pelle che gli andava ormai troppo stretta. Dei suoi occhi blu ormai
vuoti, non rimaneva che il fantasma di quella ragazzina dolce e
malinconica che si era avvicinata a me senza prepotenza.
Fu
in questo nostro tira e molla senza senso che lei aveva trovato la
sua condanna.
Mi
urlò contro, mi respinse, mi vomitò addosso tutta
la sua
rabbia.
"Devi
stare lontano da me! Ormai non possiamo più stare insieme"
mi
aveva detto in preda alle lacrime un giorno che era venuta a scuola
"Non sono più come gli altri"
Quello
stesso giorno venne Larxene nella nostra scuola, non l'avevo mai
vista così arrabbiata. Eravamo in giardino, febbraio era
alle porte
e la professoressa di Educazione Artistica aveva deciso di portarci
fuori per dipingere il paesaggio invernale dal vivo. Larxene
arrivò
spedita verso di noi, afferrò un secchio di pittura azzurra
e lo
riversò tutto addosso a Xion. A poco servirono l'intervento
dell'insegnante e le sue minacce di chiamare la polizia: la bionda
iniziò prima a deriderla e schernirla davanti a tutti, poi
continuò
strillando la sua collera e la sua disapprovazione.
Lo
avevano giurato qualche anno prima quando si erano incamminate su
quella strada, non avrebbero mai dovuto provare le siringhe. Ma Xion
alla fine ci era cascata e dopo di lei toccò anche ad altri
ragazzi
del gruppo.
Quella
fu l'ultima volta che Larxene la vide, da allora Xion
abbandonò
anche la scuola.
Altri
due mesi passarono.
Io
mi ero arreso all'evidenza dei fatti e valutai la mia situazione, non
potevo contare più su nessuno del gruppo. L'eroina li aveva
piegati
tutti. Decisi quindi di assecondare il volere dei miei genitori e
fare quello che volevano. In tutto quel tempo lontano da Xion mi ero
convinto di aver trovato un po' di pace e anche i miei dissero che mi
trovavano meglio.
Le
cose precipitarono un giorno di primavera quando mia madre rispose
ad una telefonata e io origliai involontariamente la
conversazione.
"Ha
chiamato Reno" sussurrò grave a bassa voce raggiungendo mio
padre nello studio "Gli ho detto che al momento eri occupato con
questi documenti e quindi ha parlato con me"
Era
una delle poche volte in cui mi sentivo abbastanza spensierato da
voler raggiungere Sora e guardarlo giocare vicino al lago ma le loro
voci mi raggiunsero non appena uscii dalla mia camera. Io mi
avvicinai in punta di piedi alla porta socchiusa.
"Che
ha detto?" chiese mio padre mantenendo un tono basso.
"C'è
stata un'altra vittima. Una donna. Dopo una lunga sofferenza ha
spirato questa mattina all'ospedale della città"
"Anche
lei era stata coinvolta nell'esposizione dell'edificio di qualche
anno fa?"
"Probabile"
"Era
una collega?"
"No,
non aveva nessun collegamento con Sephiroth. Reno ha detto che
all'epoca era disoccupata e viveva dall'altra parte della
città in
un quartiere popolare" il tono di mia madre non era mai di
disprezzo ma di dispiacere, era sempre stata di animo gentile verso
tutti "Suo marito è morto nell'incidente"
Aggrottai
la fronte quando ascoltai quel nome e ascoltai con maggiore
attenzione.
Mio
padre sospirò pesantemente e attese una trentina di secondi
prima di
dire qualcosa "Era molto giovane?"
"32
anni"
Un
altro silenzio e udii mio padre imprecare sotto voce.
"Tu
non centri nulla" mormorò mia madre dopo qualche altro
istante
"Non attribuirti colpe che non ti appartengono"
"Se
fossimo stati tutti più attenti a quest'ora non avrei tutte
queste
morti sulla coscienza" un altro breve silenzio e parlò di
nuovo
"Aveva figli?"
"Una
figlia. Reno l'ha incontrata stamattina in ospedale, ha sui 13 o 14
anni e non aveva la faccia della salute"
A
quelle parole sgranai immediatamente gli occhi e il respiro mi si
fermò in gola. Non seppi neanche come riuscii a collegare
tutte
quelle informazioni in un nome solo, eppure le avevo sentite solo una
volta mesi fa.
"Secondo
te anche lei è stata contagiata?"
"Reno
dice di si. Ma è strano perché non è
una malattia che si trasmette
da persona a persona"
"Forse
anche lei era presente in quell'inferno"
Ormai
io avevo smesso di ascoltarli, l'unica cosa a cui pensavo era Xion.
Presto mi resi anche conto di ciò che era stato detto e del
fatto
che mio padre parlava con naturalezza di quello che era accaduto,
come se se lo aspettasse. Questo significa solo una cosa per
me...
"Tu...
tu lo conoscevi. Allora è vero quello che si dice" sussurrai
con un filo di voce tremante sullo stipite della porta, mostrando la
mia presenza.
"Roxas?"
"Tu
sei un exSOLDIER... ti sei ritirato poco dopo il caso Sephiroth... i
tempi coincidono. Lo conoscevi vero? È per questo che non
vuoi mai
parlarne..." continuai scioccato dalla realizzazione, la mia
mente correva nel formulare ipotesi, testarle, scartarle o accettarle
"Anche tu sei stato coinvolto, non so ancora come ma ne sono
sicuro. È... è per questo che ci siamo trasferiti
qui vero? Non era
a causa dell'asma di Sora... È stato per ordine del
governo!"
"Non
è stato per il governo!" mio padre scattò in
piedi. Si accorse
solo dopo del passo falso che aveva fatto. Serrò i pugni e
mia madre
gli lanciò un'occhiata e gli carezzò una
mano.
"Cloud..."
“Non
neghi” accertai amaramente.
Mio
padre sospirò e si rimise a sedere alla scrivania sommersa
di
fogli.
"È
come ho detto?" continuai mantenendo un minimo di calma che
sapevo non sarei riuscito a trattenere a lungo ancora.
"È
così" confermò mio padre ormai arresosi
"Conoscevo
Sephiroth e ho lavorato con lui"
"Sei
suo complice?"
"No,
Roxas, non dirlo neanche!" rispose mia madre per lui.
"Aerith
basta così, non ha tutti i torti" sussurrò mio
padre, con
sguardo colpevole, senza staccarmi gli occhi di dosso "Roxas non
è una situazione semplice. Il governo-"
"Il
governo un'accidente! Non stai negando!" esclamai poggiando una
mano sul muro, mi stavo sentendo quasi mancare "Tu sei complice
di un pazzo pluriomicida che è stato proclamato pericolo
nazionale... tutte le volte che ti chiedevo spiegazioni, tutte le
cose che dicevi su di lui, tutti gli insegnamenti che avete dato a me
e Sora... sono solo menzogne!"
"No...
non sono menzogne" tentò di controbattere ma non glielo
permisi.
"Hai
idea di quante migliaia di persone sono morte a causa sua? Quanti
bambini sono rimasti orfani, quanti danni ha fatto... quanta
sofferenza, quanto male... quanto dolore” non mi ero neanche
accorto di aver alzato bruscamente la voce e quando me ne resi conto
i miei occhi si inumidirono “Percepisco il vuoto negli animi
di
tutti i ragazzi che sono qui... quelli che frequentavo io erano i
più
svegli e cercavano di scampare a questa vita da schifo con metodi
collaterali. Loro sanno di essere dei reietti... lo siamo tutti noi
che viviamo qui” guardai mio padre in attesa di risposta ma
quando
lo vidi dilaniato dai conflitti interiori continuai, abbassando il
tono “Sai che ho scoperto? Se non contiamo chi risiedeva a
Tarrytown da prima, la maggior parte di quelli che ora vivono qui o
sono malati terminali o hanno perso qualcuno. Tutti loro
precedentemente vivevano nel distretto finanziario... oppure ci
lavoravano” mi fermai un momento “... come
te”
Mio
padre non diceva nulla e questo non faceva altro che confermare la
sua colpevolezza e fomentare la mia sfiducia nei suoi confronti. Vidi
mia madre abbandonare il suo posto vicino a mio padre e si diresse
verso di me per abbracciarmi ma io la allontanai.
“Quante
altre cose ci avete nascosto? Quante bugie ci avete detto?”
ripresi
a parlare, le lacrime scendevano incontrollate e silenziose sulle mie
guance “Perché non sapevamo niente di tutto
questo? Perché
nessuno dice niente a riguardo? Tutti quelli che sono morti o che
stanno morendo sanno di chi è la colpa?” quando
ancora una volta
mio padre non rispose io scattai e sbattei le mani alla sua scrivania
“Rispondimi!”
Lui
alzò gli occhi e mi guardò qualche istante, erano
solcati da una
profonda malinconia “No”
“Perché
no!”
“Non
mi è permesso dire nulla, è top secret”
sospirò.
“Top
secret?” esclamai furioso alzando incontrollabilmente il
volume “Ti
rendi conto della situazione? Il grattacielo della Shinra del
Financial District e la zona limitrofa ad esso sono ancora sotto
sequestro. Vuoti. Deserti. Desolati. Tutto ancora distrutto e sotto
sequestro. Perché si teme il contagio? Si può
sapere cosa è
successo?”
“No”
fu l'unica risposta che ebbi ma io non demorsi. Sono sempre stato
molto testardo e perspicace, qualche informazione gliel'avrei
comunque rubata a forza.
“Cos'è
il geostigma?”
“Niente”
“Tu
lo sai cos'è?”
“Sì”
“Perché
non me lo dici?”
“Non
posso”
“Perché
ci siamo trasferiti qui?”
“Non
posso dirtelo”
“Qualcuno
di noi è malato?”
“No”
“Mi
stai mentendo?”
“No”
“È
una
decisione legata però a quello che è successo con
Sephiroth?”
“Sì”
“Non
è stato il governo a farci venire qui?”
“No”
“L'hai
deciso tu?”
Mio
padre lanciò un occhiata a mia madre e poi annuì
“Sì”
“Perché?”
“Per
proteggervi"
"Da chi?"
"Da tutti"
Io
mi voltai di scatto verso mia madre che era rimasta dove l'avevo
lasciata, vicino la porta, con le mani in grembo e un'espressione
angosciata in volto “Mamma, tu sapevi tutto?”
Lei
annuì e abbassò lo sguardo.
Non
riuscivo a credere a quello che stava succedendo, mi sentivo la terra
sprofondare da sotto i piedi ogni secondo in cui la consapevolezza mi
assaliva sempre di più. Mi sentivo come schiaffeggiato dalla
vita.
Ormai non sapevo più in cosa credere, non avevo
più nessuna
certezza. Tutto quello che credevo fosse stata la mia vita, le mie
convinzioni e le mie sicurezze erano solo menzogne. Tutte
falsità.
Anche i miei genitori. Mio padre non mi aveva detto niente di
Sephiroth, dei piani del governo o di tutte le altre cose che sapeva
ma non aveva negato niente e a quel punto pure volendo non riuscivo
più a fidarmi di loro.
Il
mondo attorno a me era completamente marcio e questa volta la colpa
non era la mia.
La
discussione continuò ancora, volevo cercare di fare maggiore
chiarezza ma mio padre era persistente nel suo silenzio. Ad un certo
punto iniziò a dire di calmarmi, che era tutto okay e dovevo
metterci una pietra sopra. Tutto quello non fece altro che peggiorare
il mio umore, i nostri toni si alzarono. Lui urlava e io gli
rispondevo. Pretendeva che neanche una parola sarebbe dovuta uscire
da quelle mura e dovevo dimenticarmi della nostra discussione. Io non
ci stavo, ne avevo abbastanza di tutte quelle stronzate,
così me ne
andai.
Dissi
loro che non sarei tornato e così feci.
Avevo
pochi soldi con me ed ero senza un posto dove stare così
scappai
nell'unico luogo che mi venne in mente in quel momento: la vecchia
villa sulla collina. Ero speranzoso di trovare Xion, volevo parlarle,
raccontarle tutto quello di cui ero venuto a conoscenza, volevo
confortarla per la perdita della madre. Volevo lei e basta. Ma lei
non c'era lì. Né quel giorno, né i
giorni a seguire.
Abbandonai
la scuola e ripresi i contatti con quelle poche persone del gruppo
che avevo ritrovato, tra di loro c'era Larxene che sembrava essere
l'unica a sapere cosa ne fosse stato di Xion, non perché la
vedesse
o la frequentasse ancora ma perché era genuinamente
preoccupata per
lei e si informava delle sue condizioni tramite altre
persone.
Secondo
le indicazioni, trovai Xion una sera a Depot Plaza, sotto la stazione
della Hudston Line¹ rannicchiata sotto un lampione cercando di
scaldarsi come poteva con il maglioncino leggero che aveva. Era
magrissima e la sua pelle era diventata grigiastra, i suoi occhi, una
volta più profondi del mare, erano vuoti e profonde occhiaie
le
solcavano il volto. Quando la vidi non dissi e non le chiesi niente,
non ce n'era bisogno, sapevo già tutto. Ora che la madre era
morta,
l'unico motivo per prostituirsi e guadagnare soldi era per comprare
la dose.
Mi
sedetti accanto a lei e le misi la mia felpa sulle spalle e rimanemmo
per tutta la notte a guardare le stelle.
“Siamo
soli contro il mondo, ora possiamo affrontare i problemi
insieme”
Poche
erano le persone che le erano rimaste accanto: i ragazzi del gruppo
si erano divisi tra quelli che erano scampati al fascino della droga,
un numero che si contava sulle dita di una mano, e quelli che invece
ci erano cascati. Alcuni morirono di AIDS, di botte, di stenti, gli
altri si raggruppavano e si tradivano a vicenda, tutto pur di avere
più soldi e più roba per sé. Quello
che notai però è che tutti
quelli che si facevano in vena si stavano pian piano ammalando e
morivano, senza eccezioni. Nessuno era morto di overdose.
In
tutto il tempo che non l'avevo vista, Xion si è trasferita
da un suo
amico, diceva che non aveva senso stare con la zia perché
era quasi
un estranea per lei, e così mi portò con
sé. Convivemmo con altri
due ragazzi che non avevo mai visto e mi sorpresi di trovare anche
Vanitas tra di loro. Io tenevo le distanze da lui sempre a causa di
quello che aveva fatto con mio cugino e lui non si azzardò
mai ad
avvicinarsi a me... diciamo che riversava in condizioni non
molto salutari.
Vivevamo in un piccolo appartamento dall’aspetto inabitabile:
non
c’era praticamente mobilia, perché era stata
venduta tutta per
pagare i buchi e dormivamo su materassi sparsi per terra, un po' come
facevamo per gioco quando mesi prima andavamo a passare il tempo alla
vecchia villa. Era una casa sporca e fetida, ma garantiva un tetto e
un luogo sicuro.
Per
l’ennesima volta la nostra relazione rinacque e si aggiunse
un
nuovo elemento: la droga, anche se io fui forte abbastanza da non
incappare mai nelle siringhe.
Il nostro nuovo rapporto fu
difficile e complicato come era diventato da quando Xion aveva
provato l'eroina; ma come era aumentata la negatività, lo
stesso
valeva per la dolcezza. Dalle nostre bocche uscivano in
quantità
uguale i ‘ti amo’ e i ’ti
odio’, ma quale sentimento
provavamo realmente non lo sapevamo nemmeno noi. Litigavamo e ci
odiavamo perché eravamo sempre stati consapevoli che il
nostro
rapporto non avrebbe mai portato a nulla di buono per nessuno dei due
eppure non potevamo fare a meno di cercarci, di coccolarci e di
prenderci cura l’una dell'altro a vicenda.
Spesso
avevo tentato di farla disintossicare, con poche speranze. Rinunciai
dopo svariati tentativi, non ero d'accordo ma mi ero reso conto che
quello era l'unico modo per alleviare le sue sofferenze.
Nel
tempo che passavamo assieme mi aveva raccontato di aver trovato un
nuovo spacciatore, gliel'aveva consigliato Vanitas quando anche lui
era incappato in quella stessa brutta strada. Questo tizio vendeva
della roba di nome Mako,
era simile all'eroina ma apparentemente molto meglio, me la
descriveva sempre come una
fonte di energia per gli esseri umani.
Tutto
quello però non mi piaceva, così avevo preso
l'abitudine di
accompagnare Xion ogni volta che comprava la sua dose e squadravo
sempre il ragazzo con cui faceva quello scambio, lontano dalla luce
del sole, troppo familiare anche per me. Avevo notato che in
lontananza c'era sempre un tizio dalla pelle scura e i capelli
argentei che scrutava il lavoro del ragazzo e tutti i clienti che
riceveva.
Spesso
mi capitava di ritrovarmi dentro una cabina telefonica.
Quando
ero scappato di casa avevo lasciato lì il mio cellulare per
rendermi
irrintracciabile, e comunque non è che lo usassi poi tanto
data la
mia vita sociale praticamente inesistente. Quindi per fare telefonate
dovevo prendere in prestito il cellulare di Xion oppure fermarmi ai
radi telefoni pubblici.
I
miei genitori mi mancavano sempre di più ogni giorno che
passava,
tutto quello che volevo era tornare nel calore della mia casa e
abbracciarli. Volevo che Sora venisse a prendermi per mano,
accompagnarmi su per le scale, portarmi in camera mia e stendersi sul
mio letto assieme a me così da iniziare a parlare delle cose
più
sceme che gli passavano per la testa, proprio come facevamo in
passato. A volte avrei fatto qualsiasi cosa per essere innocente come
lui e per rimanere nella campana di vetro in cui viveva, forse
così
non avrei sofferto così tanto.
Conoscevo
il numero di casa e conoscevo anche l'indirizzo, sarei potuto tornare
in qualsiasi momento.
“Pronto?”
rispose una voce femminile flebile e stanca dall'altra parte del
ricevitore.
Io mantenni l'apparecchio all'orecchio e
rimasi
in attesa.
“Pronto... pronto, chi
è?”
Volevo
parlarle, dirle che mi mancava, iniziare a piangere e chiederle di
venirmi a prendere perché avevo freddo e fame. Feci per
aprire la
bocca ma nessun suono uscì da essa, mi sentivo quasi fuori
posto.
“Roxas...
sei tu?” continuò mia madre nonostante quello che
ricevette fu il
silenzio assoluto, spezzato solo dai miei pesanti respiri
“Rox dove
sei? Ci manchi tanto... per piacere dove se-”
Interruppi
subito la conversazione e attaccai la telefonata.
Il
cuore mi batteva all'impazzata nella cassa toracica e il respiro si
faceva sempre più pesante, cercai di reprimere al meglio
tutte
quelle sensazioni e spingerle nella parte più remota e
reclusa della
mia mente. Non era la prima volta che mi ritrovavo a telefonare a
casa, non parlavo mai ma loro dovevano aver capito alla fine che ero
io e per non farmi localizzare ogni volta sceglievo cabine
telefoniche in zone diverse. Il problema era che ogni volta che
sentivo la voce di mia madre o mio padre non potevo fare a meno di
pensare al mondo di menzogne in cui avevano cresciuto me e Sora.
Avevo sempre pensato che i miei genitori fossero persone dai grandi
valori morali, erano sempre stati dei modelli per tutti gli altri,
sempre invidiati, sempre perfetti, sempre...
Ognuno
ha i suoi scheletri nell'armadio.
Eppure
qualcosa mi diceva che se mia madre si ostinava a difendere mio padre
forse un motivo c'era, forse lui non aveva partecipato attivamente,
forse era tutto frutto di alcune circostanze fatali in cui lui si
trovava. C'erano così tanti forse nella mia testa che ben
presto
arrivò un pulsante mal di testa a farmi compagnia.
“Ehiiiii”
una voce in lontananza mi ridestò dai miei pensieri e mi
voltai, non
essendoci nessun altro nelle vicinanze doveva essere per forza
rivolta a me.
Nonostante
l'oscurità della sera, vidi un ragazzino abbastanza alto,
con dei
capelli corti e rossi sparati in aria come dei petardi, che se ne
stava in piedi in mezzo a un campetto di street basket e agitava una
mano in aria per ottenere la mia attenzione “ La palla...
prendi la
palla!”
Battei
un paio di volte le palpebre per risvegliarmi completamente e vidi
una palla arancione che stava rotolando in direzione della strada.
Andai ad afferrarla e gliela riportai mentre lui mi correva in
contro.
“Cavolo
grazie!” esclamò rumorosamente lui avvicinandosi a
me, era più
alto e aveva un sorriso stupido in volto che mostrava qualche dente
da latte in meno “Se avessi perso anche questa mio padre
avrebbe
iniziato a borbottare più del solito. E sai cosa significa
padre
borbottante? Significa padre scorbutico che potrà decidere
di
mandarmi al campo estivo per sfigati della scuola se non inizio a
tener cura delle cose” iniziò a ridere e parlare a
vanvera senza
che gli avessi chiesto niente. Lo sconosciuto mi squadrò per
qualche
secondo e poi sorrise di nuovo “Il mio nome è
Axel. L'hai
memorizzato? Tu come ti chiami?”
Lo
guardai perplesso e mi strinsi nella felpa, senza dargli una
risposta. Il ragazzino di nome Axel attese per qualche secondo e il
sorrisetto cominciò a cadere.
“Sei
un tipo silenzioso o non parli agli sconosciuti?”
Io
abbassai lo sguardo al suolo e ancora una volta non risposi.
“Vuoi
fare una partita di basket contro di me? Dai uno contro uno,
però
attento che sono forte” l'altro non demorse al mio silenzio
insistente e sul suo volto ricomparse di nuovo il sorriso di prima
“Non essere timido, vieni a giocare con me”
Proprio
in quel momento il suo cellulare squillò, alzai lo sguardo
solo per
vederlo intento a rispondere ad un messaggio e poi si dedicò
di
nuovo a me “Senti... io devo andare a cena, si è
fatto tardi”
mormorò e fece per cercare qualcosa nella tasca dei
pantaloni e mi
porse una barretta di cioccolata Dairy Milk ai cereali.
Guardai
più volte prima lui e poi la barretta e poi di nuovo lui con
sguardo
interrogativo.
“È
per
ringraziarti” spiegò notando la mia
perplessità e poi ridacchiò
“Sai, per aver salvato la mia ultima palla da una brutta
fine. Però
avrei voluto giocare con te” e detto questo
afferrò le mie mani e
ci spinse dentro la cioccolata “Spero di rivederti
presto...” mi
passò una mano tra i capelli per spettinarli gentilmente
“E se non
è tanto presto ricordati del mio nome, un giorno potrai
vedermi in
tv all'NBA”
E
detto questo quello strano ragazzino sparì dalla mia vista
con la
stessa velocità con cui era apparso.
All'improvviso
il mio viso divenne così bollente che iniziai a sudare.
Dovevo avere
la febbre.
Con
l'arrivo dell'estate ennesime perdite segnarono la nostra strada e
tutto quello che potemmo fare fu sederci nell'angolo più
remoto
della casa e chiuderci sempre di più nel nostro dolore.
Nei
mesi successivi al mio trasferimento in quell'appartamento spoglio,
tutti gli inquilini e il loro circolo di amici ancora superstiti (che
si contavano sulle dita di una mano) iniziarono a morire uno dopo
l'altro - la causa non mi era ancora ben chiara: sparivano per due o
tre giorni e poi li ritrovavamo senza vita.
Eravamo
rimasti io, Xion e Vanitas ma la calma durò solo una quindicina di
giorni. Vanitas una mattina
disse che
sarebbe andato da una parte dove lo avrebbero aiutato, io e Xion ci
scambiammo delle occhiate interrogative pensando che avesse deciso di
andare in ospedale dal momento che non sembrava stare proprio bene,
ci offrimmo di accompagnarlo ma lui si rifiutò, ripeteva
frasi
sconnesse e senza senso. Doveva
provare lui, doveva assicurarsi che fosse sicuro, poi sarebbe tornato
da noi.
Di cosa parlasse non riuscii mai a capirlo. Non avemmo notizie di lui
per quasi una settimana e quando tornò aveva l'aria confusa
e
smarrita, non parlava più, non sembrava neanche cosciente
della
nostra presenza e sulla sua pelle erano apparse delle strane macchie
nere. Non era più il Vanitas che conoscevo. Tentai di
parlargli e di
chiedergli dove fosse stato, cosa gli fosse successo, cosa erano
tutte quelle chiazze ma niente... lui mi spintonava via con violenza
e tornava a lamentarsi sul suo materasso. Tentai più volte
di curare
quelle macchie da cui a volte fluiva uno strano liquido simile a pus
marroncino.
Per
tre giorni e tre notti Vanitas vegetò riverso sul suo
materasso
fetido in una stanza, in preda alle urla e a degli improvvisi spasmi.
Xion, terrorizzata, si rintanò nella stanza più
lontana con le
ginocchia al petto, la testa nascosta tra di esse, le mani salde
sulle orecchie e la mente continuamente annebbiata dalle dosi che
defluivano incessantemente nel suo sistema circolatorio. Io, per
quanto sfatto, deperito, demoralizzato e sconvolto da tutto quello
che avevo vissuto e quello che stavo vivendo, non so come riuscii a
mantenere quel po' di lucidità che mi permetteva di
prendermi cura
dei due. Era piena notte del terzo giorno, quando Vanitas
cessò
improvvisamente di gemere e puntò i suoi occhi gialli su di
me.
“Madre?”
sussurrò lui così piano che dovetti
inginocchiarmi accanto a lui
per sentirlo meglio.
“Cosa?”
“Aspettami...
portami con te” implorò con voce strozzata, la sua
mano si distese
avanti a sé come a cercare di toccare un qualcosa di
inafferrabile.
“Van”
provai con un fil di voce prendendo la sua mano “Stai
vaneggiando.
Torna a dormire”
“Madre”
continuò a chiamare più con insistenza.
Aggrottai
la fronte e gli strinsi la mano, forse stava sognando sua madre. Lei
era morta anni prima.
“Qui
non c'è tua madre” sussurrai a quel punto con
più
dolcezza.
Vanitas
puntò lo sguardo su di me e sembrò riacquistare
un barlume di
coscienza “Non riesci a vederla?”
Scossi
il capo non avendo il cuore di dirgli la verità,
così lo
assecondai.
“E
invece dovresti... è molto bella”
“Davvero?”
“Ha
i capelli lunghi e una pelle chiarissima. Però...
però non si vuole
far vedere dagli altri per questo indossa sempre una brutta maschera
di metallo”
“Perché
non si vuole far vedere?”
“Solo
i suoi figli ne hanno il diritto... gli altri sono cattivi”
Mi
mordicchiai un labbro e lo guardai con preoccupazione. Vanitas era
figlio unico. Di chi diavolo stava parlando?
Improvvisamente
mi afferrò le spalle e mi avvicinò bruscamente a
sé, stringendo
sempre di più la presa “Seguila finché
sei in tempo” mi disse
con impellenza “Io... credo di essermi perso ma so che lei
verrà a
cercarmi e a salvarmi” poi accennò un sorriso. Un
sorriso vero che
non gli avevo mai visto indossare “Lei aiuta sempre i suoi
figli”
Io
ascoltavo ma tutto quello che diceva non riusciva a raggiungermi
veramente. Un minuto prima Vanitas mi parlava e il minuto dopo mi
ritrovai il suo corpo esanime tra le braccia. A nulla erano valsi i
tentativi di rianimarlo, lui morì nell'ambulanza durante la
corsa in
ospedale.
L'estate
era ormai alle porte e io e Xion eravamo soli, debilitati e
mentalmente esauriti.
Era
un giorno come un altro quando la porta dell'appartamento si
aprì
con violenza e sull'uscio apparve un uomo alto e di corporatura
robusta. Aveva irti capelli argentati tirati all'indietro, occhi
verdi e un ghigno sul volto. Entrò come se quella fosse casa
sua e
appena intercettò le nostre presenze si avvicinò
a noi.
“Volete
giocare?” chiese quasi con dolcezza porgendoci la mano.
Xion
era raggomitolata a terra, era ormai malata e non faceva altro che
tremare, io le ero vicino e l'avevo racchiusa tra le mie braccia per
proteggerla ma non riuscivo a nascondere il mio terrore.
“Immagino
che sia un no” riprese lo sconosciuto riprendendo a camminare
verso
di noi “Dov'è la Madre?”
“Non
c'è nessuno qui” risposi velocemente e mi stupii
di essere
riuscito a mantenere un tono fermo.
L'uomo
mi guardò un momento e poi si concentrò su Xion
“Vieni con me,
bimba”
“Lei
non verrà proprio da nessuna parte!” esclamai
stringendola prima a
me e poi alzandomi in piedi per fronteggiare lo straniero.
“Sei
protettivo eh? Non ti fidi?” chiese con un ghigno e con un
gesto
della mano mi invitò a farmi avanti “Va bene.
Gioca con me”
Non
me lo feci ripetere due volte, strinsi i pugni davanti a me e mi misi
in posizione di attacco. Essendo stato un SOLDIER, mio padre in
passato mi aveva insegnato i rudimenti del combattimento corpo a
corpo e dell'autodifesa, seppure non me la cavassi male sapevo di non
avere speranze contro un bestione del genere (del quale non sapevo
neanche cosa volesse da Xion!). Dovevo stare molto attento, quel tipo
sull'avambraccio aveva una sorta di corazza con un taser incorporato,
se mi colpiva con l'elettroshock ero fritto.
“Sarà
divertente” rise.
A
quel commento indurii l'espressione e corsi verso di lui pronto per
attaccarlo.
****
“Roxas!”
Eravamo
su un letto malandato, con delle lenzuola lerce e maleodoranti.
Quando aprii gli occhi Xion era accanto a me ma in un certo senso era
più di là che di qua.
“Loz,
chi è il moccioso?”
“Non
ne ho idea, era assieme a lei e li ho presi entrambi”
I
ricordi divennero via via più nebulosi e la mia mente
lavorava con
una lentezza inaudita.
"Ogni
vita umana è un dono, non bisogna mai sprecarla. Neanche se
è così
inaspettata, vero Roxas?"
"Come sai il mio
nome?"
C'erano
vari tizi dai capelli argentati che mi parlavano: uno era quello con
la pelle scura e gli occhi gialli che vedevo sempre assieme allo
spacciatore, un altro era quello più possente che aveva
attaccato me
e Xion, un altro aveva i capelli lunghi e movimenti gentili e fluenti
come una donna e un altro era incappucciato e sembrava
conoscermi.
Riuscii
a scorgere degli occhi verde acqua e delle pupille allungate come
quelle di un gatto.
“Presto
ci ricongiungeremo tutti con la nostra Madre”
“Siete
due gocce d'acqua, avete lo stesso carattere testardo. Il pericolo
non vi spaventa. Era così bello e testardo che era diventato
la sua
ossessione... Ma poi lo ha abbandonato!" mi parlava con tono
languido e malinconico ma l'ira defluì verso l'ultima frase.
Mi
strattonò e mi scaraventò contro il muro "Me la
pagherete
tutti!”
“Dimmi
cos'è a cui tieni di più, così
avrò il piacere di
privartene"
Gli
occhi felini mi guardavano come pervasi da una nuovo furore.
Quegli
stessi occhi si avvicinarono di nuovo a Xion e non la lasciarono
più
andare.
"Ho capito"
“Sono
stata bene con te ma ti avevo avvertito che non avresti dovuto
avvicinarti più a me"
Xion
cercava di sorridermi nonostante quello che lui le avesse fatto. Si
era arresa davanti alla sua stessa esistenza.
"Ehi
Rox, tu l'hai vista la Madre? "
"
...quale madre?"
"Io
l'ho vista... È molto bella e buona"
Un
momento la vidi sorridere serena e in pace e un momento dopo era
morta.
Qualche secondo per realizzare
l'accaduto e per
reagire.
Cercai di rianimarla, ma assistetti
solo ai suoi
spasmi e al cessare del battito cardiaco.
In
quel momento persi completamente il senno, il mio cuore batteva a
ritmo incessante e avevo iniziato a sudare freddo.
Perché
Xion si era addormentata così
all'improvviso?
Buio.
Sofferenza.
Qualcosa
di estraneo scorreva nel mio sangue e le mie membra bruciavano come
arse dal fuoco.
Attorno
a me silenzi alternati a dialoghi ovattati.
Urla
di dolore e violenti spasmi, il mio corpo faceva tutto da solo, si
muoveva senza che io gli dessi qualche imput.
I
momenti di delirio e incoscienza avevano superato quelli di
lucidità.
Gli
occhi verdi mi scrutavano e mi toccavano con voracità.
Mi
chiedevano della Madre.
Aiutatemi.
Fui
svegliato da rumori assordanti e abbaglianti luci che squarciavano le
tenebre della notte. C'era caos, dentro e fuori la casa. Anche nella
mia testa c'era solo caos.
Qualcuno
chiamava il mio nome e altri ne pronunciavano un altro.
Kadaj
Chi
era Kadaj?
Una
stretta al collo mi smorzò l'aria dalle vie respiratorie e
un'altra
mano mi bloccò le braccia e il petto “Non
avvicinarti o lui è
morto”
Aprii
con fatica gli occhi, la vista era sfocata ma riuscii ad individuare
mio padre che imbracciava la sua spada e sferrava fendenti contro il
corpo che mi manteneva e che si faceva scudo con me.
L'odore
di bruciato invase le mie narici, il fuoco aveva avvolto tutto.
Fui
sballottato da una parte a un'altra e sentii di nuovo un corpo che mi
teneva stretto.
Ci
fu un'esplosione alle mie spalle e dopo il nulla.
Vi prego,
aiutatemi.
*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.
“Rox?”
Il
costante bip e tutte le altre apparecchiature in funzione erano gli
unici suoni di sottofondo che si udivano nella stanza.
“Mmm?”
sentiva le palpebre pesanti quando provò ad aprirle, per non
parlare
delle braccia e delle gambe formicolanti. Tutto il corpo gli
pizzicava quando cercava di muoversi così finì
presto per
rinunciarvi e si limitò a sospirare e voltarsi verso il
rosso che
stava accanto a lui.
“Domani
si torna a casa, non sei felice?” mormorò Axel
accarezzandogli la
mano che era appoggiata sul lato, attento a non muovere nessun filo e
cavi che correvano lungo entrambe le braccia e il petto del
biondo.
Roxas
gemette in disappunto mentre con l'altra mano si strofinava gli occhi
“Era pure ora”
“Come
ti senti?”
Il
biondo lo fulminò con lo sguardo
“È la quarta volta che me
lo chiedi da stamattina”
“Ma
no” Axel inarcò un sopracciglio e
raddrizzò la schiena “Te l'ho
chiesto solo tre volte”
“Quattro
volte” puntualizzò l'altro.
“Tre”
ripeté il più grande e iniziò a
contare sulle dita “Una volta
quando ti ho salutato, una volta quando è arrivata Aqua a
infilarti
questi altri due aghi nel braccio e adesso”
Roxas
sospirò e socchiuse gli occhi “E quando due minuti
dopo che Aqua
se ne è andata e io ti ho detto che avevo sonno? Quella te
la sei
dimenticata?”
Axel
aggrottò la fronte e rimuginò qualche istante ma
il più piccolo lo
precedette.
“Tre
più quella di ora... quattro” mormorò
tornando di nuovo a
guardare il rosso “Non ti pare esagerato in un paio
d'ore?”
Axel
dopo un tentennamento iniziale rispose con un ampio sorriso
“Roxy
non mi hai ancora risposto, allora come stai?”
“Se
mi chiami ancora con quel soprannome o mi chiedi ancora come sto,
giuro che ti uccido”
“Mi
erano mancate le tue dimostrazioni di affetto” rise il rosso
sprofondando nello schienale della poltrona “Senti un po' ma
a cosa
ti serve questa specie di dialisi? Tu non hai un problema al
cuore?”
Roxas
fece spallucce e si mosse appena per mettersi più comodo
“Mia
madre diceva che dovevano ripulirmi il sangue da qualcosa e il mio
corpo non può farlo da solo... ma ho come l'impressione che
neanche
lei ne sappia molto... è mio padre che se la vede con i
medici”
“L'importante
è che tu stia bene” disse Axel mordicchiandosi il
labbro e poi
sorrise di nuovo “Ehi Roxas... ne ho un altro”
“Uhm?”
il biondo aggrottò la fronte, timoroso di sentire cosa ne
sarebbe
uscito dalla bocca dell'altro.
“Che
ne dici di Foxy
Roxy?”
Un
bagliore omicida brillò negli occhi blu del più
piccolo.
•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•
¹
Hudston Line: linea ferroviaria che corre lungo il fiume Hudston
|
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Capitolo 12 *** Act 3: Tell Me What The Rain Knows ***
12
Viva la Vida
Act 3.
Xemnas'
silent scream:
Shut
your eyes and pull the trigger
Nei
capitoli precedenti
"Loz
è stato
preso"
Roxas si
voltò di scatto, i suoi occhi sembravano voler
uscire
dalle orbite dalla sorpresa e anche io fui colpito dal sentire quel
nome "Che cosa stai dicendo?"
"Quel figlio di
puttana
era in Cina"
"Ci sei, Ax?"
"S-sì,
pronto"
"Questa
volta mi
tratterrò un po' di più. Sei felice allora?" continuò
facendosi
più vispo nel sentire la mia voce..
"Sì,
sono felice" sussurrai abbozzando un sorriso e
socchiudendo
gli occhi mentre con la schiena mi appoggiavo al muro piastrellato del
bagno.
"La
settimana
prossima
ti porto a vedere la partita dei Lakers"
"Cosa si
festeggia?" fu la mia domanda nell'udire quella vena di
eccitazione che sembrava diventata una caratteristica ormai cancellata
dalla sua persona, lui temporeggiò un breve istante .
"Il
mio ritorno a
casa... e il fatto che rivedrò mio figlio"
"Avrei voluto
fare
due
chiacchiere con lui riguardo i
Silver Haired Men"
Gli lanciai
un'occhiata perplessa "Chi diavolo sono?"
Lui rise e si
appigliò a me perché le sue gambe
traballanti non riuscivano a fare il loro dovere "Hai mai sentito
parlare di Sephiroth?"
"Sephiroth?"
feci eco pensando di essermi sbagliato "Quel pazzo
criminale?"
"Esatto, proprio
lui"con un abile gesto si portò il
cicchetto
alla bocca e lo finì in un sorso, dall'espressione tirata
che
aveva fatto compresi che doveva essere davvero forte.
"E cosa c'entra
Roxas con questi Silver Haired Men e Sephiroth?"
"È
curioso..." incominciò Roxas con un po' di
fiatone, senza
mai interrompere il contatto visivo "Tu hai detto
che i miei occhi sono come il cielo. Cielo, nuvole,
stelle... sogni e desideri, spensieratezza e speranza: aspetti che non
sembravano esistere nella tua apatica vita. Mentre i tuoi sono verdi,
come l'erba... quella che non ho
quasi mai sotto i piedi perché sono un sognatore, sempre
campato di
illusioni e favole. Ma possiamo completarci a vicenda: i miei
occhi potranno essere il tuo cielo, ed i tuoi la mia terra"
La mia mente
sembrava come sgomberata in quel momento, la sua voce era
come un'armoniosa melodia alle mie orecchie, tutto quello che era
attorno a noi all'improvviso scomparve... e mentre mi parlava mi
innamorai, proprio così come ci si addormenta: piano piano e
poi
tutto in una volta.
"Axel?"
"Sì?"
"Non ti voglio
bene"
Cazzo,
e ora?
"Penso di
essermi innamorato di te"
|
# 12. Tell me what the rain knows
Tarrytown era una
città come le altre, forse un po'
particolare o forse
no. Era una questione di punti di vista e secondo quello di Axel, che
anche se non era solito prestare attenzione ai dettagli, lo era di
certo sotto alcuni aspetti.
Prima di tutto la
cittadina era così piena di alberi,
giardini e
parchi che sembrava di vivere quasi in una giungla che sorgeva a pochi
passi dal caos del centro della Grande Mela, neanche Central Park gli
sembrava così... verde.
Tarrytown era anche il
luogo in cui era ambientata la famosa leggenda
di Sleepy Hollow, e anche se poi una parte della città si
era
staccata e aveva adottato l'altro nome per attirare ancora
più
turisti, rimaneva un luogo che manteneva vivo l'interesse dei giovani
più temerari che decidevano di intraprendere un viaggio
dell'orrore, soprattutto nel periodo di Halloween.
In ultimo, e cosa
più importante, Tarrytown sembrava essere
come
fuori dal mondo; il che, vi direte, è abbastanza bizzarro
per
essere un distretto di Manhattan eppure Axel ne era profondamente
convinto. Quello che lo aveva spinto a pensare ad una cosa del genere
era un particolare abbastanza stupido ma che per una persona con un ego
pompato come il suo faceva la differenza: la mancanza di media.
Suo padre, Reno Turks,
era un importante quando intraprendente e
istigatorio pezzo grosso nel mondo degli affari newyorkese, era
conosciuto per la sua leadership e abilità di far
soldi, ma
era rinomato principalmente per i party che era solito organizzare in
passato nella grande casa di Brooklyn Heights quando vivevano ancora
lì. Sua madre, Elena Moore, era stata invece figlia di
un'importante
famiglia californiana immersa nel settore dello spettacolo e aveva
iniziato la sua carriera durante l'adolescenza con qualche comparsa in
tv; con la maturità aveva intrapreso tutt'altra strada ed
era
entrata prima in politica e poi, battendosi per la difesa dei diritti
civili e l'uguaglianza sociale, era diventata un'ambasciatrice ONU
della sede di Manhattan.
In quanto figlio di due
personaggi abbastanza famosi, Axel era
cresciuto a pane e paparazzi: se li ritrovava alle calcagna ovunque fin
dalla nascita, erano una presenza così costante che
non gli
dispiacevano affatto, anzi spesso e volentieri si prendeva anche la
briga di fermarsi, pure per strada, nel bel mezzo di qualunque cosa
stesse facendo e posare per un paio di scatti frettolosi. Era bello,
amichevole, malizioso e alla moda, non c'era da dire che era una
personalità amata, soprattutto dal pubblico femminile,
sebbene
conducesse una vita lontano dai riflettori... dopotutto si sa, il
pubblico è interessato ai pettegolezzi sui ricchi e sul loro
tenore di vita e non al tipo di impiego in cui sono occupati. La
cosa inspiegabile però era che i paparazzi lo pedinavano
soltanto quando metteva piede a Manhattan o da altre parti, in pratica
non si era mai visto nessunfotografo o giornalista nei dintorni di
Tarrytown.
"È un po'
come se i tuoi angeli custodi fossero a comodi
loro"
annuì Demyx senza staccare lo sguardo dalla rivista di Kairi
che
stava sfogliando. Suo padre, Zell Dintch, era un famoso sportivo quindi
il biondo capiva il punto di vista di Axel e poi lui sembrava
stranamente attratto dai paparazzi non tanto per coltivare la propria
vanità ma perché tutto ciò che era
caotico e privo
di senso era di suo gusto.
"Hai presente quelle
celebrità che sarebbero capaci di
fuggire
su un'isola deserta pur di non farsi trovare ma finiscono comunque su
tutti i tabloid?" riprese Axel prendendo dal frigo una porzione di
sushi che aveva conservato la sera prima, la appoggiò in un
vassoio e tornò in salotto.
"Esatto! I paparazzi
sono divertenti, non capisco perché si
lamentano tanto"
"Forse
perché sono pronti a scattarti foto nei momenti
più improbabili e sono pronti a frantumarti la reputazione?"
intervenne Marluxia prendendo un onigiri dal vassoio prima ancora che
Axel potesse metterlo sul tavolino da caffè "La gente gode a
vedere le star in tuta, senza trucco e possibilmente mentre mangiano
schifezze"
"Marly, tu non capisci
proprio niente!" borbottò il biondo
con un tono infantile "Anche mio padre dice le stesse cose"
"E tuo padre ha ragione"
"Siete due vecchi
noiosi!"
Marluxia
sgranò gli occhi e digrignò i denti
"Parla per Zell, io sono ancora un bocciolo di rosa"
"Il bocciolo di rosa
più gaio di tutta New York"
commentò
il rosso prendendo un pezzetto di omelette con le bacchette "Io non
vorrei mai farmi vedere in quelle condizioni dal pubblico... e non
intendo neanche che i fotografi debbano appostarsi anche qui, mi
basta già quando sono sotto casa a Heights...
però è davvero
strano. Il mio punto è un altro: ogni volta che gioco
pubblicano degli articoli su
di me, ogni volta che torno in centro mi seguono quasi fino in bagno,
però quando sono qui conduco la vita di un normalissimo
ragazzo
di periferia"
"E ti dispiace?"
"No, anzi... ci tengo
alla mia privacy. Però
è come se tutti volessero tenersi alla larga da questa
città... perché non si vedono mai estranei a
Tarrytown?" osservò Axel dopo una breve riflessione e
l'altro
annuì come immerso nei suoi pensieri. Il rosso
afferrò il
telecomando da sopra al divano dove era stravaccato e iniziò
a
fare una panoramica giusto per tenersi occupato.
...e il mese prossimo ci
sarà un'esposizione al museo...
...la
situazione politica del...
...un rialzo per la borsa di
Wall Street...
"Allora Dem... come hai
detto che è andato il dopo-party di
Halloween?" chiese uno svogliato Axel ricominciando una nuova
conversazione, continuando sempre a fare zapping. Erano passate varie
settimane dalla festa di Halloween e
sebbene lo avesse incontrato per gli allenamenti e la partita di inizio
campionato che avevano disputato qualche giorno prima, erano successe
varie cose che avevano distolto la sua attenzione da tutto il resto,
tra cui
l'operazione e la riabilitazione di Roxas e l'arrivo di suo padre in
città. Si era
un po' diviso tra entrambi gli impegni e tutto il resto era passato di
secondo piano.
"Siamo andati a Sleepy
Hollow, ricordi?" gli occhi del biondo si
illuminarono, non aspettava nient'altro che parlare di quella storia
"Bene. Siamo andati tutti con il mio Transporter e indovina chi c'era?"
"Uhm... fammi
indovinare..." fece il rosso senza particolare interesse
ancora immerso nei programmi e nei jingle pubblicitari, Marluxia
intanto era occupato a
messaggiare con il cellulare.
"Zexy! Sì
c'era proprio lui!" proclamò il biondo
con un
acuto tutt'altro che virile, iniziando ad eccitarsi come una ragazzina
e battendo le mani come un infante "Ha insistito a guidare
perché diceva che io ero ubriaco e non si fidava.
Così mi
sono seduto nel posto dei passeggeri accanto a lui per tutto il
tragitto e-" continuò una sequela di frasi senza senso
alternate
a gridolini di eccitazione e io rosso ne approfittà per
distrarsi ancora una volta.
...il tacchino
all'arancia per
il Ringraz...
...l'ospite della puntata di
oggi...
... Reno Turks arrivato alle
prime luci dell'alba...
"Aspetta, lascia qui!"
esclamò Marluxia prendendo il
telecomando dalle mani del rosso e alzò la voce.
"Come mai non mi
stupisco che mi dicessi di lasciare su E!?"
grugnì Axel ma l'altro non vi badò, anche il
biondo
sembrò interessarsi improvvisamente al reportage,
così si
arrese e si concentrò sulla voce della giornalista e
tutte le immagini in sovrimpressione.
...dopo un
viaggio di lavoro
che l'ha tenuto lontano dalla capitale per quasi cinque mesi
è
rientrato la scorsa settimana a Tarrytown, città in
cui
risiede ormai da quando la sua amata moglie è venuta a
mancare.
Assieme a lui, il suo fidato collega in affari, Rude Garcia ha
confidato il successo della loro missione come una "vendetta che
aspettavano da anni", purtroppo però non ci è
dato sapere sulla
natura dei loro incarichi. Sarà una vittoria sul dominio
cinese
che sta divorando l'economia mondiale?
Durante l'intervista a cui si
sono prestati hanno anche commentato la vicenda dell'ancora fresco
arresto di Loz, noto malavitoso che ha fatto parlare di sé
qualche anno fa e che, ricordiamo, aveva trovato rifugio all'estero,
proprio in Cina, dove albergavano Reno e Rude. "Siamo profondamente
soddisfatti che un uomo così pericoloso si
stato finalmente catturato, però mancano ancora i suoi
fratelli
all'appello. Bisogna trovarli il prima possibile così che si
possa rendere giustizia per tutte le loro vittime" queste sono le
esatte parole di Reno Turks, dopo aver espresso il proprio dolore e
cordoglio per le famiglie che come lui hanno subito delle perdite in
una maniera così barbara.
Il giorno stesso del arrivo,
Reno Turks è stato visto
assieme a
suo figlio Axel prima in alcuni locali esclusivi del centro e poi allo
stadio per la dibattuta partita Knicks contro Lakers, probabilmente per
festeggiare la prima vittoria del campionato scolastico del ragazzo.
Avrà
finalmente deciso di iniziare a comportarsi da vero padre? Noi speriamo
proprio di sì. Certamente
Axel è sulla buona strada per il successo, alcune fonti ci
hanno
informato che alcuni reclutatori-
Uno sbuffo di
irritazione e la televisione fu spenta senza
troppe cerimonie nel bel mezzo del servizio.
"Axel ma che cavolo?
Stavo seguendo!" protestò Demyx
buttandosi
addosso all'amico per riprendere il telecomando ma l'altro lo
scaricò letteralmente giù dal divano.
"E io non voglio
più vedere" borbottò questo
incrociando
le braccia, i paparazzi erano un passatempo divertente ma gli dava
immensamente fastidio quando iniziavano a fare delle congetture e
ipotesi prive di qualsiasi fondamento. Cosa ne potevano sapere della
loro vita privata? Ogni volta che intervistavano lui o Reno non
facevano che cantilenare sempre la stessa storia della famiglia ormai
disgregata e questo lo indisponeva abbastanza
perché loro
erano legati nonostante la distanza, ma i media erano di tutt'altro
parere.
"Che ne pensi di quello
che hanno detto?" chiese Marluxia di soppiatto,
guadagnando l'attenzione degli altri due.
"Lo sai che sono un
mucchio di stronzate"
"No, intendo la parte
di Loz... che ne pensi?"
Axel inarcò
un sopracciglio e si grattò la nuca
non
sapendo effettivamente cosa dire di preciso, forse la loro
stava
diventando un'ossessione però il fatto che si trovassero
entrambi nello stesso posto allo stesso tempo era proprio strano "Non
lo so... è possibile che mio padre sia legato a lui?
Può
darsi che Loz sia qualche cliente che lo ha raggirato in passato e ora
mio
padre lo ha fatto arrestare"
"Ipotesi probabile"
osservò il rosa con una scrollata delle
spalle "Però come la mettiamo con Roxas e Larxene? Hai detto
che
anche loro ne hanno parlato"
Axel abbassò
lo sguardo e scosse il capo adombrandosi.
"Sarà un
argomento alla moda" intervenne Demyx che, come
sempre,
non aveva la più pallida idea di cosa si stesse parlando
"Piuttosto Ax... come sta il tuo biondino?"
*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.
D'improvviso fui come
ipnotizzato da una forza a me sconosciuta.
Quegli occhi verde
oceano erano
così freddi ma allo stesso tempo ardevano come il fuoco, il
colore era troppo simile a quello di mia madre se non fosse stato per
quelle pupille allungate che mi mettevano i brividi addosso. I suoi
capelli erano argentati come il chiaro di luna ed erano lunghi e
fluenti e quasi si mimetizzavano con il suo niveo incarnato, le sue
fattezze sembravano così irreali da assomigliare ad una
bambola di ceramica. Mi
sorrise teneramente come qualsiasi uomo farebbe in presenza di un
bambino e
mi prese in braccio, tenendomi cautamente stretto a sé. Io
battei le palpebre e lo scrutai con un misto di timore e
perplessità, quando la sua mano accarezzò la mia
guancia
abbassai il capo, mi dimenai appena per farlo allontanare e strinsi
forte tra le mie braccia il mio pupazzo preferito.
"Roxas... sei cresciuto
dall'ultima volta che ci siamo visti. Ti
ricordi di me? Sono Sephiroth... ci conosciamo da quando sei nato...
Roxas?"
"Non farci caso, è
molto timido. Sora è molto
più chiassoso"
"Siete molto simili, Cloud. Ha
anche i tuoi stessi occhi"
"Già, Sora invece
assomiglia più ad Aerith"
"Come sta Aerith?"
"Bene, si è presa una
pausa dal lavoro per occuparsi di Sora
e
Roxas però tra qualche mese dovrebbe firmare una nuova linea
di
profumi"
"Bella e attiva come sempre
vedo... dopotutto queste sono le
qualità che ti hanno fatto innamorare di lei"
"È anche molto dolce"
"Giusto... penso che Roxas abbia
ereditato la dolcezza da lei" mi
lanciò un'occhiata e mi accarezzò i capelli "E
dov'è l'altro ometto?"
"Penso che stia giocando da
qualche parte. Aspetta un attimo vado a
cercarlo e te lo presento"
Rimanemmo di nuovo da soli.
Lui continuava a guardarmi con
quello sguardo penetrante e a
sorridermi, io invece iniziavo a sentirmi profondamente irrequieto e se
ne avessi avuto la possibilità me ne sarei scappato lontano.
"Due anni, eh? Chissà
che bel ragazzo diventerai da grande"
*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.
Quando Roxas si
svegliò fuori stava piovendo.
Una mano emerse dal suo
bozzolo di calore e andò a
stropicciare i suoi occhi, la fronte appoggiata al vetro della finestra
era diventata quasi ghiacciata a causa del freddo che doveva fare fuori
ma a lui andava bene così. Sbadigliò e si strinse
di
nuovo nella coperta in cui era avvolto, accoccolandosi meglio tra i
cuscini del bow-window della stanza degli hobby. Novembre era arrivato
con la sua forza preponderante e aveva portato il freddo tutto in una
volta, non che ci avesse prestato particolarmente attenzione
perché le ultime settimane le aveva passate a letto a
dormire.
I suoi ricordi erano
piuttosto nebulosi, ricordava di trovarsi con Axel
in un campo pieno di lucciole e poi aveva riguadagnato piena coscienza
di sé quasi una
settimana dopo, in una stanza di ospedale sotto lo sguardo apprensivo
di
sua madre e suo padre. Gli avevano detto che in quell'arco di
tempo gli avevano rimosso chiururgicamente il defibrillatore
perché stava soltanto peggiorando la situazione e aveva
iniziato una nuova cura, a una sua
iniziale perplessità seguì un moto di
soddisfazione: se
gliel'avevano tolto significava che poteva vivere anche senza e quindi
non stava poi così male? Sapeva che la risposta era un secco
no,
ma lui voleva autoconvincersene, giusto per non aggiungere un altro
elemento che lo avrebbe fatto sentire ancora più di merda
oltre
al pensiero di aver causato una gran sofferenza ad Axel, il quale
ormai aveva iniziato a passare più tempo in ospedale al suo
capezzale che a casa o altrove - almeno aveva vinto la prima partita di
basket dell'anno, se l'avesse persa Roxas non se lo sarebbe mai potuto
perdonare. Da quando era stato ricoverato non avevano più
parlato dei loro sentimenti, certo passavano il tempo insieme e si
scambiavano un po' di coccole (in realtà era maggiormente il
più grande che lo viziava) però Roxas non aveva
idea di come
considerare la loro situazione attuale, se era ancora una
frequentazione amicale con l'aggiunta di baci oppure se stavano insieme
a tutti gli effetti. A questo pensiero Roxas si ritrovò ad
arrossire e si affrettò a nascondere la faccia nella coperta
per
non essere scorto da nessuno.
"Foxyyy!"
Ovviamente...
"Foxy cosa fai con la
faccia dentro la coperta?" l'onnipresente e
sorridente Axel sbucò improvvisamente alle spalle del biondo
e
andò a sedersi accanto a lui nel bow-window.
"Mi godo il completo
calore per tutto il corpo... tanto non posso
più soffocare" il biondo aggiunse queste ultime parole con
una
punta di amarezza.
Il più
grande lo guardò per un istante con
commiserazione
e poi lo avvolse tra le sue braccia "Certo che non puoi più
soffocare... e sai una cosa? Anche io vorrei avere uno di questi affari
così quando la notte fa freddo posso sprofondare tra le
coperte
senza il bisogno di lasciare la testa fuori a congelare" disse con una
risatina per alleggerire l'aria.
Roxas alzò
appena il viso per guardarlo e abbozzò
un sorrisetto tirato.
Da quando era uscito
dall'ospedale era costretto a portare con
sé una bombola dell'ossigeno per la respirazione artificiale
perché a quanto pare il suo «schifosissimo cuore
stava diventando troppo pigro pure per
trasportare l'ossigeno nel sangue» ma Axel era
sempre stato lì accanto a lui,
pronto
a tirargli su il morale e distrarlo. Se solo pensava a quanto fosse
cambiato rispetto a quando lo aveva conosciuto a scuola...
"Hai finito di giocare
a... non so neanche più a cosa"
"Final Fantasy" gli
andò in contro il rosso appoggiando una
guancia sul capo dell'altro e prendendo sulle gambe la bombola
dell'ossigeno così che non desse fastidio "Oggi dopo scuola
mi
sono fermato con Dem al GameStop... e siccome fino a poco fa tu dormivi
ho pensato bene
di socializzare con Sora e Riku"
"Come va tra di voi?"
Axel
puntellò le dita sulla coperta e si prese un momento
per rifletterci "Bene... direi piuttosto bene, dalla fase delle urla e
dei silenzi siamo passati alle occhiate indagatrici, forse sta
iniziando ad accettarmi, ma è meglio non cantar vittoria
perché se non sto attento Sora davvero potrà
accettarmi... con l'accetta" entrambi condivisero una leggera risatina
e poi il più grande continuò "Comunque le cose
stavano andando bene finché Riku non ha fatto un commento
scottante e si sono ammutoliti entrambi... io ho pensato bene di
lasciarli arrostire nel loro imbarazzo e li ho lasciati soli" Axel
sorrise al ricordo delle loro facce. Durante la festa di Halloweenl ui
e
Roxas li avevano scorti a mangiarsi di baci e avevano soperto che il
giorno dopo Sora si era svegliato nel letto di Riku, mezzo nudo e con
una sbornia che avrebbe steso un cavallo (ecco perché era
stato l'ultimo ad accorrere in ospedale). Da allora le cose si erano
fatte imbarazzanti un po' per tutti.
"Eravate qui tutti e
tre?" domandò il biondo, sorpreso di
non essersi accorto di nulla ma l'altro scosse la testa.
"No, siamo andati in
camera di Sora per non disturbarti"
"Se ti annoiavi avresti
potuto svegliarmi"
"Nah, è
più importante che riposi... e poi avevo
una voglia matta di giocarci!"
Roxas annuì
distrattamente e tornò a girarsi
verso il
vetro della finestra per scrutare il cielo scuro "Come sta tuo padre?"
"Sta bene, Rox. Ormai
è a casa da una settimana, ha preso le
ferie dal lavoro e ora si sta riambientando all'aria di periferia"
ridacchiò il rosso prendendo a massaggiargli la schiena "Poi
siamo andati a fare un giro in centro, mi ha trascinato a pattinare al
Rockfeller Center proprio come due adolescenti, abbiamo visto la
partita dei Lakers, siamo tornati
alla casa di Heights... e abbiamo salutato mia madre"
terminò
abbassando, seppur impercettibilmente, il tono e questo non
passò inosservato all'attenzione dell'altro, infatti si
girò di nuovo verso di lui e ammorbidì
l'espressione.
"Axel..."
"È tutto
okay Roxy"
"No, non è
tutto okay" il biondo scosse il capo e lo
guardò serio "Piantala di chiamarmi Roxy o Foxy Roxy"
Il più
grande rimase interdetto per un beve istante, sorrise
impercettibilmente e poi mise un broncio lamentoso "Ma Roxy
è carino"
"No, non è
carino. E piantala di fare il bambino"
sospirò
pesantemente lanciando un'occhiata esasperata al soffitto.
Afferrò il
suo cellulare dalla sua matassa di coperte e si
prese la
libertà di mandare un messaggio mentre l'altro era occupato
a
ribattere sulla sua precedente affermazione.
"Ehi Axel?" fece dopo
qualche minuto.
"Hm?"
"Il tuo amico biondo...
Demyx... è single vero?"
Axel lo
guardò completamente allibito e fu incapace di
formulare una frase di senso compiuto "Cosa... Perché"
"Rispondi solo con
sì o no"il rosso annuì
titubante e
Roxas accennò un sorrisetto "Mi dai il suo numero di
cellulare?"
si fermò un secondo a scrutare l'espressione dell'altro
"...possibilmente senza svenire"
18.07
Devo parlarti
urgentemente, ci vediamo davanti lo Starbucks dell'angolo.
La paura di un
ipotetico tradimento da parte di Roxas sfumò
quando quest'ultimo gli spiegò che aveva intenzione di
organizzare un incontro al buio tra Demyx e Zexion dal momento che
entrambi erano cotti l'uno dell'altro ma erano troppo stupidi per
dichiararsi o anche uscire insieme.
"A proposito di Demyx e
Zexion... Io e te abbiamo qualche questione in
sospeso" dichiarò il rosso di punto in bianco una volta che
l'altro aveva finito di armeggiare con i messaggi.
Roxas
deglutì a vuoto e mantenne lo sguardo fisso davanti a
sé, avendo paura di quello che potesse chiedergli l'altro.
Gli
aveva promesso che prima o poi gli avrebbe parlato di Xion e del suo
passato, ma in quel momento non ne aveva alcuna voglia.
"Dimmi"
Da parte sua, Axel
avrebbe tanto desiderato fargli delle domande ma
sapeva che non era il tempo giusto, Roxas dopotutto era uscito da poco
dall'ospedale e l'ultima cosa che voleva era stressarlo ulteriormente.
Tutto poteva aspettare, tranne una cosa. Portò le mani al
suo volto per accarezzargli una guancia e poi gli sistemò
meglio i tubicini per l'ossigeno che dal naso correvano dietro le
orecchie e dal lì si riunivano all'altezza del collo.
"Da quando hai avuto
quella ricaduta non abbiamo avuto
l'opportunità di parlarne" incominciò scegliendo
accuratamente le parole e sentì l'altro irrigidirsi accanto
a
sé "Riguardo a noi..."
Il più
piccolo alzò lo sguardo, genuinamente
stupito e
per poco non gli venne un altro attacco di cuore (in senso buono)
nell'udire quello che poi gli disse l'altro.
"Sabato vuoi uscire con
me? Intendo uscire, uscire...
ma se tu
vuoi solo
uscire va anche bene... oppure anche se non vuoi è okay...
credo" vociferò imbarazzato il rosso abbassando lo sguardo,
le
guance appena imporporate di rosso e una mano e grattava febbrilmente
dietro la nuca.
A quella visione
davvero dolce e quasi buffa, Roxas non poté
fare a meno di sorridere caldamente, questa volta il sorriso fu vero
"Va bene. Sabato è perfetto"
18.55
Axel dimmi che hai il dono della
metamorfosi e che quello davanti a
Starbucks sei tu e non Zexy!
18.55
Sappi che io ti odio!
18.56
Traditore
ç_ç
"È
già passato
così tanto?" chiese Leon chiudendosi le porte dello studio
alle
spalle e sprofondando nella poltrona di pelle marrone "Dovrebbe essere
quasi un mesetto, giusto?"
"Tre settimane e mezzo
per la precisione" annuì Roxas
mantenendo
una posizione eretta sul divanetto dove era seduto "E grazie ancora per
essere venuto a casa, davvero non mi andava ancora di uscire..."
"Figurati, non
è la prima volta che lo faccio"
"...ma è la
prima volta che te lo chiedo io volontariamente"
"E infatti Aerith era
più che entusiasta della tua proposta"
Il biondo fece per dire
qualcosa ma poi abbassò lo sguardo e
rimase in silenzio "Già"
L'uomo gli
lanciò un'occhiatina veloce, si alzò e
iniziò a vagare per lo studio.
Squall Leonhart aveva
preso in custodia Roxas da circa un annetto,
quando Cloud si era rivolto a lui in cerca di aiuto:
lui e lo Strife senior erano amici di una vita e negli anni passati
aveva anche sentito parlare dello strano caso del ragazzino
scampato due volte alla follia dei Silver Haired Man, quindi era stato
più che felice di occuparsene. I motivi che avevano spinto
Leon
ad interessarsene erano molteplici, forse il più
forte era
il desiderio di arrivare dove tutti gli altri avevano fallito, e sapeva
che così facendo si stava spingendo oltre i suoi semplici
doveri da psicologo,
ma voleva sapere di Jenova, dei suoi ricordi e tutto quello che ruotava
attorno a ciò. Sapeva che Roxas doveva avere qualche
collegamento con essa, se lo sentiva che aveva qualche informazione a
riguardo anche se ignorava cosa o come, e allo stesso tempo sapeva
anche che
Roxas era un tassello importante per chiarire i punti ancora irrisolti.
Se volevano aiutare tutte le vittime innocenti la prima persona da
salvare era proprio lui.
Leon però
non poté negare di aver avuto una vita
facile
con lui: Roxas non era un soggetto semplice con cui avere a che fare,
la maggior parte delle volte
non era collaborativo (soprattutto nei primi tempi) e molte delle loro
sessioni le passavano in silenzio, Leon sistemando i fogli sulla
propria scrivania e l'altro fissando il vuoto e pensando
chissà
a cosa. Quando lo conobbe, Roxas era come un guscio vuoto, privato
della
vitalità di un normale adolescente, e solitamente erano
Cloud e Aerith
che lo forzavano a prendere parte alle loro piccole conversazioni.
Fortunatamente con il tempo era riuscito a farlo aprire un po', Roxas
gli aveva parlato per sommi capi di Xion e della sua vita di droga e
alcol che lo stava portando al capolinea, ma il punto principale era
ancora lontano: non aveva memoria di buona parte di quello che era
accaduto nell'arco di tempo che aveva passato a contatto con quei
pazzi. No, dire che non aveva memoria non era preciso. Le memorie
c'erano, le aveva soltanto represse negli angoli più remoti
del
suo inconscio per proteggere se stesso dalla follia.
"Come vanno le cose
dall'ultima volta che ci siamo visti?" domandò qualche
istante
dopo fermandosi ad osservare una foto di Zack e Tifa appesa alla
parete. Era capitato varie volte che le loro riunioni si spostassero a
casa Strife, per un motivo o per un altro, e ogni volta Leon
sceglieva come stanza lo studio di Cloud - capriccio
personale più che altro.
"Vanno bene... penso"
rispose incerto il più piccolo.
"Sei esitante"
"Beh sì...
sono successe tante cose"
Leon si
avvicinò alla finestra e gli diede le spalle, era
una
cosa che faceva sempre per mettero a proprio agio "Ti va di
parlarmene?"
"Io..." Roxas
abbassò lo sguardo tra le sue gambe dove aveva
appoggiato la sua bombola dell'ossigeno e si rabbuiò.
"Prenditi il tempo che
vuoi, non vado di fretta. Dimmi tutto quello che
ti passa per la testa"
Un altro paio di minuti
di silenzio e di nuovo la voce insicura del
biondo ricomparve, bassa ma leggermente più calda del solito
"Ho
conosciuto un ragazzo il mese scorso" indugiò un altro
istante e
poi riprese "Più che conosciuto direi che mi sono
avvicinato. Si
chiama Axel e gioca a basket... ma tu dovresti conoscerlo
già"
Leon rimase
piacevolmente stupito dall'argomento scelto, si sarebbe
aspettato qualcosa a riguardo della sua salute in netto peggioramento e
invece "Si, quel ragazzo è un personaggio"
commentò
solamente. Ovviamente sapeva che i due si stavano frequentando, li
aveva
visti più volte insieme a scuola, gliel'aveva detto Ansem e
glielo aveva confermato Aerith.
"Uno stronzo direi"
puntualizzò invece il più
piccolo.
"Dipende dai punti di
vista"
"E il tuo punto di
vista qual è?"
"Qui si parla di te,
Roxas, e non di me. Allora, cosa ne pensi di lui
oltre quello che mi hai detto?"
"Lui... lui... non lo
so. È diverso... mi fa sentire
diverso"
esitò incerto riaggiustandosi la cannula della bombola nelle
narici.
"Diverso in che senso?"
Leon alzò appena lo sguardo verso di
lui.
"Diverso in senso
positivo" si affrettò a spiegare "Io lo
odio
perché è capace di abbattere i miei muri
difensivi e farmi
vacillare... mi fa sentire bene e in pace con il mondo, mi fa
dimenticare l'odio e le bugie e le sofferenze"
"Credi che possa
aiutarti a superare tutto?"
"Leon... qui si parla
del ragazzino pazzo che è stato
rinchiuso
in un reparto psichiatrico senza che avesse la minima idea di quello
che gli stesse accadendo intorno" Roxas appoggiò il
mento sul palmo della mano sorretta sul bracciolo del divanetto "Cosa
ti fa credere che un pazzo possa mai guarire?"
"A questo mondo siamo
un po' tutti pazzi, Roxas" disse l'uomo tornando
a sedersi sulla poltrona di pelle e accavallò le gambe "Le
persone si dividono in quelle che proseguono spedite per la propria
strada e quelle che hanno bisogno di un piccolo aiuto per ritrovare la
propria. Quando ti ho conosciuto, un annetto fa, la tua salute mentale
era vicina al codice rosso... ma oggi invece con le nostre brevi
conversazioni la situazione sta migliorando. Tutto quello che ti serve
è solo parlare e dare aria a quello che hai dentro"
Il biondo
abbassò il volto, la frangia spettinata
andò a coprirgli gli occhi e rimase in silenzio.
"Hai parlato con Axel
delle tue esperienze passate?" riprese il castano
alla mancata risposta del più piccolo, ma dopo un altro paio
di
minuti si silenzio si sporse sulla poltrona e appoggiò i
gomiti
sulle gambe per avvicinarsi di più all'altro "Roxas?"
"No" fu il sussurro
impercettibile che provenne dalle sue labbra,
ancora non voleva alzare lo sguardo ma riprese a parlare precedendo la
domanda che gli avrebbe posto l'altro "Ma gli ho promesso che l'avrei
fatto... è una brutta questione, non mi sento pronto a
parlarne
a voce... fino ad ora l'ho affrontata solo per iscritto in quel diario
che mi hai dato. E poi ho paura della sua reazione. Sono consapevole di
non essere stato quel ragazzo modello che tutti pensano che io sia,
solitamente una persona storce il naso alla parola 'droga'... lui
potrebbe fare lo stesso-"
"O forse no" Leon prese
in mano le redini della conversazione, Roxas si
faceva prendere facilmente
dall'agitazione e il suo compito principale era quello di tenerlo calmo
"Axel ha dato prova di grande interesse e pazienza con te fino ad ora,
e
con tutto quello che è successo eppure è stato
sempre al
tuo fianco. Facciamo un ripasso veloce: tu fai notare al preside il suo
netto calo di voti, lo fai sospendere dalla squadra di basket e gli fai
lezioni pomeridiane... in realtà vuoi avvicinarti a lui per
colpire Xemnas, il suo capo, ma questo lo tieni per te" l'uomo fece una
pausa in cerca di un
assenso che arrivò subito da parte del biondo e
così
continuò "Axel scopre che sei stato tu a farlo sospendere e,
sorprendentemente, la prende così bene da proporti una
tregua
senza conflitto di interessi. Con il tempo scopre anche che tu odi
Xemnas e viceversa e, a quanto ho notato durante il fiasco della
battaglia con il pranzo, si è anche preso la colpa con Ansem
per
farti uscire pulito. Poi accetta di buon grado l'incarico di farti da
accompagnatore a scuola, per quel che e durato, e per le ultime tre
settimane ti è stato appiccicato notte e giorno senza che
nessuno gli chiedesse niente: hai passato i primi tre giorni di
incoscienza in terapia intensiva e lui era fuori in sala d'aspetto
finché non lo mandavano via, dopo l'operazione sei stato
incosciente per altri cinque giorni e lui era sempre appostato fuori la
tua stanza nell'attesa che ti svegliassi, hai poi passato una settimana
in osservazione e lui era lì, una volta ha persino passato
la
notte con te in ospedale, e ora che sei uscito viene tutti
i giorni a casa per stare con te.... non credi che si meriterebbe
qualche spiegazione?"
Roxas non rispose, si
strinse nelle spalle e iniziò a
torturarsi
le mani in maniera febbrile. Fece per dire qualcosa ma poi
deglutì a vuoto e poi sospirò "È per
questo che lo
odio... vorrei tanto dirgli di andare via, e di lasciarmi in pace con
il lavoro che devo fare... e invece lui è così
buono e
dolce che mi fa sentire colpevole di tutto l'odio e il disgusto che
provo verso il mondo... a volte mi pento di averlo conosciuto
perché se non fosse per lui non mi sentirei intralciato"
"Forse è un
bene... l'amore arriva sempre nel momento di maggior bisogno" Leon
sorrise.
"Amore?"
"Non negarlo, si vede
che siete cotti l'un dell'altro"
A quelle parole Roxas
arrossi e spostò lo sguardo sul
pavimento.
"Il nostro tempo per
oggi è finito" annunciò
l'uomo
alzandosi dopo aver lanciato un'occhiata all'orologio appeso alla
parete verde scuro "Axel ti fa del bene, vorrei che parlassi con lui e
ti sfogassi. Non dovrai dirgli tutto subito se non te la senti
però sarebbe un buon inizio dirgli dei tuoi turbamenti
interiori
o delle tue paure, quello che vuoi... o anche di Xion. Però
ti
chiedo di aprirti, in qualsiasi modo tu voglia... e prendi il tuo tempo
per riposare" gli sorrise aiutandolo ad alzarsi dal divanetto e andando
insieme in salotto dove era seduto Cloud intento a leggere il giornale
"Vedrai che ti capirà, lo si legge nei suoi occhi. Quel
ragazzo si butterebbe nel fuoco per te"
02.37
Ax... penso
di essere
appena finito a letto con Zexy...
|
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Capitolo 13 *** Being in the Loop ***
Viva
la Vida
Nei
capitoli precedenti
"Sabato vuoi
uscire con me? Intendo uscire, uscire...
ma se tu
vuoi solo
uscire va anche bene... oppure anche se non vuoi è okay...
credo" vociferò imbarazzato il rosso abbassando lo sguardo,
le
guance appena imporporate di rosso e una mano e grattava febbrilmente
dietro la nuca.
A quella visione
davvero dolce e quasi buffa, Roxas non poté
fare a meno di sorridere caldamente, questa volta il sorriso fu vero
"Va bene. Sabato è perfetto"
"Io lo
odio
perché è capace di abbattere i miei muri
difensivi e farmi
vacillare... mi fa sentire bene e in pace con il mondo, mi fa
dimenticare l'odio e le bugie e le sofferenze"
"Credi che possa aiutarti a superare tutto?"
"Leon... qui si parla del ragazzino pazzo che è stato
rinchiuso
in un reparto psichiatrico senza che avesse la minima idea di quello
che gli stesse accadendo intorno" Roxas appoggiò il
mento sul palmo della mano sorretta sul bracciolo del divanetto "Cosa
ti fa credere che un pazzo possa mai guarire?"
|
#13.
Being in the Loop
Ricordo
la neve che imbiancava i marciapiedi affollati di Manhattan e gli
alberi spogli che torreggiavano a Central Park, le luminose luci
rosse e verdi dei semafori e i taxi gialli che coloravano le strade
trafficate.
La
parte bassa della grande vetrata del salone era
sempre patinata da piccole impronte di mani, memore di tutto il tempo
che passavo attaccato ad essa ad ammirare il cambiamento di ogni
stagione. L'inverno e l'autunno erano quelle che mi piacevano di meno
perché la natura sembrava come morta.
"Woxy.
neve!"
Sora arrivò di gran corsa con il suo solito sorriso in
faccia e
incespicando più volte durante il suo tragitto
"Usciamo!"
Io
mi voltai a guardarlo mentre lui prese a tirarmi la manica della mia
maglia con insistenza e continuava a esortarmi di uscire a giocare
con lui.
"Ho...
ho chiesto a papà! Ha detto sì"
"Oh"
abbassai lo sguardo al suolo.
Udii
delle voci nell'altra
stanza e Sephiroth ci venne incontro sorridente e con lo sguardo
magnetico fisso su di me.
"Sora,
la tua mamma ti sta
cercando. Vai da lei così finisce di vestirti e potrete
uscire a
giocare con la neve"
"Zio
Sephy, anche tu vieni con
noi?" esclamò entusiasta mio fratello saltellando
ai piedi
dell'uomo ma essi scosse la testa e con una pacchetta dietro le
spalle lo indirizzò verso la porta.
"Io
e vostro padre
abbiamo del lavoro da sbrigare. Fai il bravo bambino e vai"
sulle sue labbra apparve un ghigno alla vista di mio fratello che si
allontanava da noi e poi si voltò di nuovo verso di me. Mi
studiò
come sempre qualche momento più del dovuto, si
inginocchiò davanti
a me e con la sua grande mano iniziò ad accarezzare prima i
miei
capelli e poi lentamente giù verso il mio volto "Non
mancherà
tempo per giocare insieme, eh?"
Io
mi sottrassi a quel tocco,
per me quasi snervante, e feci un passetto indietro.
"Sei
troppo timido. Se scappi sempre come ci divertiremo?" mi chiese
l'uomo non aspettandosi una risposta da me, infatti inarcò
poi un
sopracciglio e sul suo viso apparve un sorriso che non mi
rassicurò
per niente "Hai ragione... così sarà
più divertente"
Io
trattenni il respiro e abbassai lo sguardo, arretrando ancora. Solo
troppo tardi mi accorsi di essermi chiuso in un vicolo cieco, ero
appiattito contro la vetrata.
"Vi
piace scappare e farvi
desiderare vero?" Sephiroth si alzò in piedi e mi prese in
braccio senza troppa fatica. Io mi agitai e mi divincolai ma la sua
presa era ferrea e mi tenne stretto a sé, con una mano
dietro il
capo in modo che avessi la faccia premuta contro la sua spalla "Non
vedo l'ora di giocare con te, piccolo Cloud"
*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.
"Oggi
dopo gli allenamenti io e Riku ci fermiamo al Labs Roaster per un
frappuccino, forse ci raggiungono anche Kairi e Larxene. Se ti va
puoi unirti a noi e poi passi a trovarlo"
Sora si
appoggiò al muro accanto a quello del
rosso e lanciò un'occhiata in fondo al corridoio, in attesa
dell'arrivo della sua amica così da poter raggiungere la
prossima
classe insieme. La testa di Axel emerse dal suo armadietto,
genuinamente stupito da quella proposta arrivata così di
punto in
bianco e poi scrollò le spalle.
"Grazie ma non voglio
scroccare sempre il passaggio da Riku. Oggi i miei allenamenti sono
anticipati quindi posso passare a casa a prendere la macchina e poi
vado da Roxas"
"Come vuoi" il più piccolo fece
spallucce e si raddrizzò sulle gambe quando vide l'amica
venirgli
incontro "Ciao Kai!"
"SORAAA! Mi sei mancato
tantissimo" esclamò lei gettandosi letteralmente addosso al
castano e stritolandolo in un abbraccio da orso, solo dopo che lo
ebbe allisciato per bene Kairi si girò per salutare il
cugino in
maniera molto meno enfatica, cosa che a lui non dispiacque affatto
"Ciao Ax, ricorda a quel ritardato di Dem che deve restituirmi
le riviste di moda"
Axel la salutò con un cenno del capo e
scarno interesse ma si soffermò a studiare perplesso i suoi
atteggiamenti. Da quando Kairi era venuta a sapere che Riku e Sora
per poco non erano finiti a letto, dopo la festa di Halloween, era
diventata ancora più appiccicosa nei confronti di
quest'ultimo e
sfruttava ogni istante di assenza dell'albino per abbracciarlo,
sbaciucchiarlo e fare la civetta. Non avrebbe dovuto arrendersi
all'evidenza che i due si piacevano? Axel davvero non capiva la
logica delle ragazze e non si sforzava di farlo.
In mezzo a tutto
quel caos di ordine generale, non si capacitò neanche di
come vi
riuscì ma la sua attenzione fu improvvisamente catturata da
una
chioma blu fin troppo conosciuta e subito il suo corpo fu pervaso da
una scossa di adrenalina. Chiuse con un tonfo il suo armadietto,
afferrò la sua borsa e si voltò di nuovo per
individuarla tra tutte
le persone che affollavano il corridoio ma era scomparsa. Era sicuro
di non essersi sbagliato, anche se l'aveva vista per un breve
secondo, e sapeva anche dove andarla a cercare.
Non si fermò
neanche a salutare gli altri che subito iniziò a camminare a
passo
spedito, scartando e sorpassando orde di studenti che si affrettavano
a raggiungere le varie aule, scese le scale, superò la sua
classe,
svoltò a sinistra, imprecò un paio di volte per
essere stato
fermato da Seifer e banda che lo voleva sfidare a quel suo assurdo
gioco con mazze da baseball e palline colorate, imboccò un
altro
corridoio, uscì dalla porta antincendio e
attraversò il cortile per
raggiungere il retro degli spalti del campo di rugby.
Saix era lì,
al telefono, eretto in tutta la sua maestosa presenza, con i capelli
che fluivano leggiadri al vento e gli occhi felini puntati sull'erba
davanti a sé. Appena vide Axel si affrettò subito
a chiudere la
conversazione e mise via il cellulare.
I due si scrutarono per
lunghi istanti senza emettere fiato, l'uno di fronte all'altro e gli
sguardi duri come a voler prevaricare l'uno sull'altro in una tacita
sfida mentale, la tensione era palpabile sebbene non fosse in corso
uno scontro vero e proprio - o almeno non ancora - poi Saix
stirò le
labbra ed emise una risatina gutturale che prese il rosso alla
sprovvista.
"Che hai da ridere?" sbottò immediatamente
Axel aggrottando la fronte.
"Piantala" esordì
canzonatorio ma con un velo di machiavellismo mentre avanzava verso
di lui e l'altro si ritrovò ad indietreggiare appena,
intimidito da
quelle pupille dorate.
"Di fare che?" si ritrovò quasi
a squittire come un topolino in gabbia quando l'altro gli fu a pochi
centimetri di distanza.
"Il sostenuto... sei così rigido che
sembra che hai una mazza su per il culo"
Axel represse un
forte istinto violento "E cosa vorresti fare a
riguardo?"
"Continuare a tormentarti. Mi stai sul cazzo
quando fai così"
Il rosso fece per parlare ma si bloccò, si
grattò la nuca ed inspirò profonde boccate d'aria
ripetendosi di
ignorare quelle frecciatine telegrafiche - tanto non erano cosa nuova
- e dirottare l'attenzione sull'argomento per cui era andato a
cercarlo, e ora per colpa sua stava anche facendo tardi al lezione
"Dov'è Xemnas?"
L'altro inarcò un sopracciglio e portò
le mani sui fianchi "Cazzo Axel, non ci vediamo da settimane e
la prima cosa che mi chiedi è
dov'è
Xemnas?"
"Non
che la prima cosa che mi hai detto tu sia
stata
un complimento..." sbuffò contrariato "In effetti l'ho
notato, lui è stato sospeso per tre settimane e anche tu sei
sparito
dalla circolazione per un bel po'. Che fine hai fatto?"
"Sono
partito" lo informò con un vago gesto della mano.
"Strano,
io non ne sapevo niente" e alla scrollata di spalle dell'altro,
Axel ridusse gli occhi a due fessure e si fece inquisitorio "Sei
partito proprio quando il tuo
capo
è stato sospeso?"
Saix lo scrutò per un lungo momento ma
non espresse parola, incrociò le braccia al petto e
piegò la testa
di lato, come in attesa di spiegazioni, che non tardarono ad arrivare
perché Axel lo conosceva troppo bene ed era anche un po'
intimorito
dalla sua persona. Infatti il rosso alzò subito le mani in
segno di
resa e scosse il capo.
"Niente niente, è solo che
è sospetto.
Tutto qui"
A quel punto il ragazzo con i capelli blu sospirò
e roteò gli occhi "Sono partito con Xemnas-"
"Perché?!"
si affrettò a domandare prima che l'altro potesse finire di
parlare.
"Suppongo
che tutte queste domande siano dettate da una
semplice preoccupazione
per
il nostro
capo"
Saix si preoccupò di scegliere accuratamente le parole e
sapientemente calcarle con la giusta intonazione per far capire ad
Axel come voleva che andassero le cose. Ma il rosso non era dello
stesso avviso, dopo aver passato buona parte della sua adolescenza
alle dipendenze di Saix aveva deciso di darci un taglio e uscire
finalmente dalla sua bolla di cristallo.
"Centra qualcosa
l'arresto di un certo Loz?" sibilò Axel stringendo
nervosamente
i pugni.
L'altro rimase genuinamente stupito da quella domanda,
per non dire scioccato, e sgranò le orbite "Cosa hai detto?"
accennò in sussurro.
"Gli altri hanno detto di averlo
sentito parlare di questo Loz e sembrava parecchio agitato"
Saix
si portò una mano al mento e rimase in silenzio per qualche
istante
con fare riflessivo, abbassò lo sguardo e poi lo
riportò su Axel
"Cosa sai della questione?"
"Ho sentito qualcosa ai
notiziari ma non dicono nulla di che"
"Axel..."
disse e poi si zittì un attimo per riflettere "Era nelle mie
intenzioni parlartene a breve dal momento che hai iniziato a
frequentare lo Strife biondo"
Quel comportamento era davvero
inusuale secondo Axel e il fatto che avesse nominato Roxas la cosa si
fece quasi più allarmante, così decise di
rimanere a vedere cosa
gli avrebbe detto.
"Ho cercato più volte di dirtelo ma non
mi hai mai ascoltato: allontanati subito da lui. Quel ragazzo ti
plagerà, sempre se non l'ha già
fatto. Lui odia Xemnas e la sua famiglia e farà di tutto pur
di
distruggerla. È pericoloso... sta cercando di soggiogarti,
tutto
quello che vuole è metterti contro di noi perché
lui è solo!"
Axel
rimase senza parole, si sarebbe aspettato una reazione negativa da
parte sua e invece si era rivelata essere il contrario, ma
più di
tutto non capiva perché mai stesse dicendo che Roxas era
pericoloso.
Certo, a volte il ragazzo gli sembrava un po' inquietante
quando
parlava di Xemnas o di cose che non gli stavano bene,
si vedeva che nascondeva dei segreti e che aveva intenzione di fare
qualcosa di cui ignorava la natura; a parte questo però non
gli era
mai sembrato pericoloso... forse solo molto triste e
rassegnato.
"Axie"
ignorai i farneticamenti di quei due, presi la mia birra e mi voltai
verso Marluxia che mi aveva chiamato "Lascia che ti dica una
cosa. Fai attenzione a Saix, lui vuole togliere di mezzo Roxas"
"A
me sembra che quello più pericoloso sia Xemnas... ha
attaccato
verbalmente Roxas senza motivo e l'ha fatto piangere. Sei stato tu ad
incitarlo, lo so perché ti ho sentito che gli dicevi che
sarebbe
stato meglio prenderlo a pugni" l'altro spostò lo sguardo e
Axel indurì il tono "Saix ormai non credo più
alle tue
stronzate, dimmi che cosa avete in mente. Dov'è Xemnas e
perché ce
l'avete a morte con Roxas?"
"Non sono cose che ti
riguardano,
Axel, tutto quello che devi fare tu è non familiarizzare con
il
nemico"
"Altrimenti cosa?" il rosso lo guardò con
tono di sfida che l'altro sorresse senza problemi mentre si
avvicinava pericolosamente al suo volto.
"Altrimenti sarà
peggio per voi" sibilò il blu afferrando il suo mento e
baciandolo poi con violenza.
Axel si divincolò quasi subito
e lo spintonò con violenza "Non sono più il tuo
giocattolino,
lasciami stare!"
"Oh... vedo che inizi a cacciare gli
artigli" ghignò malizioso Saix ma Axel non vi
badò.
"Voglio
parlare con Xemnas. Dov'è? Perché non
è tornato a scuola? Ormai le
tre settimane sono passate"
Saix indietreggiò di qualche
passo giusto per sostenere il suo sguardo e rispose con il suo solito
tono serio "Xemnas è lontano da qui. Non so quando
tornerà... se
tornerà"
"E
che rapporto ha con Loz?"
"È suo fratello"
"Cosa?"
Axel sgranò gli occhi e ricordò immediatamente
cosa gli aveva detto
Roxas qualche settimana prima.
"Loz
è il sottoposto di quello che ha ucciso Xion"
Adesso
capiva l'agitazione di Marluxia e l'urgenza di Roxas.
Xemnas era
nella malavita... e Saix non era da meno.
E questo significava
solo una cosa: guai in vista.
*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.
Mi
ero rintanato dietro l'angolo del corridoio che portava verso
l'atrio, e premevo la mia faccia nel muro nel tentativo di risultare
il più invisibile possibile mentre guardavo mio padre che di
tutta
fretta indossava la sua giacca e si sistemava alla meglio.
"Grazie
per essere venuto subito, Sephiroth, ci stai facendo davvero un
grande favore. Avremmo
chiamato qualcun altro oppure una baby sitter ma a quest'ora della
notte non tutti erano così disponibili come te" disse
piegandosi verso il carrozzino in cui c'era mio fratello.
"Non
dirlo neanche per scherzo. Come sta Sora?"
"Non smette
più di tossire e a volte fa fatica a respirare. Aerith era
spaventata così abbiamo deciso di portarlo in ospedale
sperando che
non sia niente di grave"
"Sarà il malanno stagionale o
al massimo un po' di asma... speriamo in bene"
Fui distratto
dall'eco dei tacchi di mia madre che diveniva più forte ad
ogni
passo che faceva, mi girai verso di lei e puntai lo sguardo in alto,
stringendo il mio pupazzo tra le braccia. Quando lei si accorse della
mia presenza, si abbassò verso di me e mi guardò
con un misto di
preoccupazione e dolcezza "Roxas, tesoro, cosa ci fai fuori dal
letto a quest'ora?" io non risposi e lei sorrise appena "Volevi
venire a dirci ciao?"
"Penso che l'abbiamo svegliato"
spiegò Sephiroth che, come mio padre, si era
voltato verso
l'angolo in cui ero rintanato. Mia madre si alzò di nuovo in
piedi e
mi prese in braccio, dandomi un forte bacio sulla guancia. Alla vista
di quello sguardo acquamarina costantemente puntato su di me,
affondai il capo nell'incavo della spalla di mia madre e afferrai con
le mani i lembi della sua maglia, come a non volerla lasciare
più.
"Allora possiamo andare?" chiese lei raggiungendo
i due uomini "Sora è pronto?"
Mio padre annuì "Si
è appena addormentato"
"Menomale. Povero amore, doveva
essere esausto con tutto quel piangere e tossire" disse
dispiaciuta e poi abbassò lo sguardo su di me "Mamma e
papà
adesso accompagnano il tuo fratellino a curarsi. Torneremo presto, va
bene?"
Mia madre mi passò tra le braccia di Sephiroth che
iniziò a cullarmi "Avanti Roxas, torniamo a letto. Dici ciao
a
mamma, papà e Sora"
"Fai il bravo bambino in nostra
assenza" disse mio padre mentre mia madre si fermava di nuovo a
darmi un bacio sulla guancia.
Quando la porta d'ingresso fu
chiusa, Sephiroth si girò di nuovo verso di me e mi sorrise
con
malizia, io invece cercai come potei di nascondere il viso dietro il
mio amato pupazzo.
"Stiamo giocando a nascondino?"
Io
scossi il capo mentre continuavo a stringere il mio amico di pezza e
lui iniziò a ridere incamminandosi giù per il
corridoio "Perché
fai il musone?" mi chiese aprendo la porta della stanza che
condividevo con Sora, vederla così buia mi incuteva timore
"Vedrai
che ci divertiremo insieme" sussurrò con uno strano tono al
mio
orecchio, baciando la mia guancia con gentilezza, e poi mi
adagiò
sul letto "Ci divertiremo molto, ne sono sicuro"
*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.
Durante
il resto della giornata Axel non poté fare a meno di pensare
a tutta
quella faccenda, stava diventando un'ossessione ormai e sapeva che
presto sarebbe diventato pazzo a furia di pensare.
"Fatti,
fatti, fatti. Affrontali e risolvili" si
ripeteva costantemente massaggiandosi le tempie e cercando di venire
a capo di tutte quelle informazioni confusionarie di cui a mano a
mano stava venendo in possesso. Durante i vari notiziari aveva
sentito più volte parlare di Loz come un malavitoso legato
al mondo
della droga assieme agli altri fratelli, anch'essi ricercati. Erano
tutti degli uomini con i capelli argentati di medie e lunghe
dimensioni, avevano la pelle estremamente chiara e le movenze di un
gatto. Mettevano i brividi solo a vederli e probabilmente tra di loro
ci doveva essere anche Yazoo.
"Ti
buchi ancora?"
"No
ho smesso... Dico sul serio" rimarcò Larxene con tono
annoiato
"Dopo quella storia mi sono ammalata e ho passato tutta l'estate
e parte dell'autunno in ospedale, ne ho avuto abbastanza"
Larxene
aveva parlato di Loz e Roxas aveva proseguito con l'epilogo di Xion.
Questo significava che se lei era stata uccisa da dei tipi del genere
doveva essere legata a quel bassomondo e probabilmente era
coinvolta anche Larxene. Ma cosa c'entrava Roxas con tutto questo? E
perché Xemnas viveva ancora libero e alla luce del sole se,
ipoteticamente, doveva essere il fratello di un malavitoso e magari
coinvolto in qualche losco affare?
Axel era sicuro che a breve gli
sarebbe uscito il fumo dalle orecchie.
Non molto tempo dopo,
parcheggiò la macchina proprio dietro quella di Aerith nel
vialetto
davanti la grande villa e appena la vide aprire la portiera del
cofano del suo fuoristrada si affrettò subito a scendere per
andare
ad aiutarla.
"Buongiorno Aerith"
"Ehi Axel,
buongiorno a te" la donna si girò verso di lui e gli sorrise
caldamente come sempre "Oggi sei arrivato prima del solito"
"Gli
allenamenti sono stati anticipati e così ne ho approfittato"
lui sorrise in risposta e prese delle casse e sacchi di terra dalle
sue mani e la aiutò a scaricare la macchina e
posò tutto davanti la
porta d'ingresso.
"Bella macchina" commentò la castana
raggiungendolo con un'ultima busta di carta tra le braccia, indicando
con il capo la Porsche nera dell'altro.
"Grazie"
ridacchiò imbarazzato "Dove vanno tutte queste cose?"
"Vieni
con me" gli sorrise e aprì la porta per farlo entrare.
Posò la
busta di carta sull'isola in cucina, lo guidò attraverso il
salone e
arrivarono nel giardino sul retro "Sei davvero gentile Ax, se
fosse così anche Sora la vita sarebbe davvero più
semplice"
cinguettò contenta camminando a passo svelto nell'erba umida
fino a
fermarsi davanti a una piccola costruzione poco lontano dalla
casa.
"È un piacere"
Lei annuì aprendo la porta che
rivelò l'interno di una serra e lo invitò ad
entrare "Puoi
posare tutto a terra accanto a questi scaffali"
Axel si
guardò attorno esterrefatto. Non aveva mai visto una serra,
figurarsi entrarci dentro.
Era un edificio di ferro e vetro non
molto grande ma neanche troppo piccolo, lo stile delle inferriate gli
ricordava vagamente quello vintage-vittoriano e c'erano così
tanti
tipi di piantine e fiori che molte di esse non le aveva mai viste.
Sembrava quasi di essere in un orto botanico.
"È l'unica
cosa che ho chiesto a Cloud quando siamo venuti a vivere qui"
cominciò Aerith con tono dolce mentre con un annaffiatoio
iniziava a
bagnare una distesa di fiori in un angolo, sembravano dei narcisi
gialli e bianchi. Axel fu distolto dalle sue fantasticherie e le si
avvicinò mentre l'altra continuava a parlare "È
improntata
sullo stile del palazzo di cristallo di Londra, forse non lo
conoscerai perché è stato distrutto negli anni
'30 ma era un
edificio davvero imponente. Sai per un periodo ci ho vissuto, a South
Kensington precisamente, ma lì non avevo spazio per i miei
fiori...
non c'erano neanche i balconi quindi dovevo adattarmi e tenere solo
qualche piantina dentro casa" la donna emise una risatina e
scosse il capo con leggerezza "Sapeva che mi piacevano i fiori e
ogni volta si premura sempre di farmene trovare qualcuno nei
paraggi"
"Sono davvero molto belli" mormorò il
rosso avvicinandosi a guardarli.
"Non ti dico neanche come ho
trovato questi, non ci crederesti mai... sono capaci di nascere e
crescere in luoghi avversi ma allo stesso tempo sono così
delicati e
bisognosi di cure che altrimenti morirebbero nel giro di poco tempo"
la vide inginocchiarsi e con una mano andò a sfiorare con
tocco
delicato i petali gialli, tutto d'un tratto gli parve che si fosse
adombrata e il suo tono era diventato quasi amaro "Pensa come se
ogni fiore fosse la vita di una persona... un bellissimo fiore unico
ed elegante, ognuno di essi è un raro esempio di bellezza e
armonia.
La loro vita è breve e accidentata, e sarebbero destinati a
rinascere se nessuno arrivasse ad estirparli" Aerith si girò
verso il ragazzo e aggrottò le sopracciglia "Si dice che un
fiore non può crescere senza un po' di pioggia. Ma non
è anche vero
che troppa pioggia... finisce per ucciderlo?"
Axel
abbassò lo sguardo e si ritrovò a boccheggiare un
paio di volte
prima di prender parola "All'apparenza i fiori possono sembrare
delicati... ma sono più forti di quel che sembrano"
Lei
ammorbidì lo sguardo "Sei davvero un bravo ragazzo lo sai?
Grazie per venire a trovare sempre Roxas... da quando ci sei tu
sembra più vitale"
"Figurati, lo faccio con immenso
piacere" Axel arrossì appena e distolse lo sguardo e questo
fece sorridere la donna.
"Ma non hai altri impegni come lo
studio e lo sport? Non vorrei che iniziassi a trascurare i tuoi
doveri"
"Non preoccuparti è tutto sotto controllo! Con
lo sport riesco a conciliare bene... con lo studio invece... mi aiuta
Roxas, è davvero bravo a scuola. Ogni giorno gli porto
sempre gli
appunti e i compiti delle varie lezioni per non farlo rimanere
indietro"
Aerith gli passò una mano tra i capelli con fare
materno e poi ritornò a dedicarsi ai propri fiori, sotto lo
sguardo
vigile del rosso che nel frattempo stava cercando di accumulare un
po' di coraggio per farle una domanda.
"Aerith?"cominciò
nervosamente mordicchiandosi le unghie delle mani, era così
nervoso
che sembrava dovesse chiederle la mano di suo figlio.
"Hm?"
"Stavo...
stavo pensando se magari questo fine settimana potessi portare Roxas
a fare un giro a New York City, ma niente di troppo stancante...
andremo con la macchina fino ai vari locali. Vorrei che si svagasse
un po', ho paura che il rimanere sempre confinato tra quattro mura
stia iniziando a pesargli"
"New York eh?" la donna
abbassò lo sguardo e rimuginò qualche istante
"Non saprei...
ho paura a lasciarlo andare lì"
"Se sei preoccupata che
sia ancora troppo debole per uscire allora non preoccuparti, si
potrà
fare un'altra volta!" si affrettò ad aggiungere l'altro ma
lei
scosse il capo.
"Non è questo. Roxas e Sora non tornano in
centro da quando ci siamo trasferiti qui, non saprei come-"
"Non
preoccuparti allora! Io vivevo
a Brooklyn Heights e di tanto in tanto ci torno ancora. Se hai paura
che magari possiamo perderci stai tranquilla, quella città
la
conosco come le mie tasche... beh forse non proprio come le mie
tasche, ma la conosco bene"
Aerith sospirò, la sua paura non
era quella. In passato avevano lasciato la grande città
perché
stava diventando pericolosa, soprattutto per lei e Roxas e non si
sentiva sicura al pensiero di suo figlio di nuovo in quel luogo,
teatro delle stragi di Sephiroth e della sua pazzia.
Però era
anche vero che erano passati più di dieci anni da allora,
Cloud
andava tutti i giorni a lavoro a Wall Street e anche lei spesso si
recava in città per lavoro; sapeva che non avrebbe
più dovuto
continuare a tenere i figli in quella specie di gabbia e doveva
lasciarli vivere liberi altrimenti, forse non tanto Sora, ma Roxas
avrebbe potuto rivoltarsi nuovamente a loro e scappare come aveva
fatto pochi anni prima. Era davvero preoccupata. Perché per
una
madre era così difficile lasciare andare i propri figli?
"Ormai
siete grandi... lo affido alle tue cure, Axel, mi fido di te. Mi
raccomando divertitevi" sussurrò infine con un caldo sorriso
sulle labbra.
Quando i due finirono di risistemare nella serra
tutti gli acquisti per il giardinaggio, entrambi entrarono di nuovo
in casa e si diressero in cucina su richiesta di Aerith che aveva
intenzione di preparare la merenda per lui e Roxas. Axel si sedette
tranquillamente sullo sgabello dell'isola e iniziò a
guardarsi
attorno senza particolare interesse finché un dettaglio non
colpì
la sua attenzione.
"Di chi è quella macchina azzurra
parcheggiata nel vialetto?" domandò guardando fuori la
grande
finestra della cucina.
Aerith seguì il suo sguardo, incuriosita,
e poi ridacchiò quando la riconobbe "È di
Naminé...
probabilmente è venuta
a fargli visita"
"Mi dispiace non essere venuta a
trovarti in ospedale"
"Stai tranquilla, so che queste
cose fanno impressione alle persone" Roxas sorrise appena
appoggiandosi con la schiena al muro mentre osservava attentamente
Naminé che era intenta a ricalcare con la pittura nera delle
lettere
appena abbozzate a matita sulla parete opposta.
"È che...
non lo so neanche io... non ci riuscivo..." fece una breve pausa
e scosse il capo, scrutando il muro davanti a sé invece di
guardare
il biondo seduto alle sue spalle "Avevo molte cose per la testa
e non volevo venire e dirti qualcosa di sbagliato... Volevo
riordinare i miei pensieri prima di vederti"
"È
comprensibile" il ragazzo piegò la testa di lato per
sbirciare
meglio il suo elaborato "Baby
I'm fighting harder and loving stronger tonight...
Bella frase" assentì con un cenno del capo "Sempre dei The
Cab?
La bionda accennò un timido sorriso e riprese a
pitturare.
"Grazie per essere venuta"
"Rox tu
sai che io ti voglio bene, vero?" lei chiese voltandosi e
posando il barattolo di pittura sui giornali che aveva poggiato a
terra per non sporcare il pavimento, lui annuì "Che ne dici
se chiediamo a Zio Cloud di mettere delle lucette a
intermittenza sotto al soffitto? Così al buio
sembrerà un cielo
stellato e quelle luci concentriche saranno la luna"
Roxas
scrollò le spalle e le disse di fare come meglio credeva.
Naminé
era sua cugina di secondo grado e non era una persona di molte
parole, spesso si rinchiudeva nel suo mondo fantastico fatto di
disegni e colori brillanti - anche se lei soleva indossare abiti
bianchi - però era una ragazza davvero dolce e amava
esprimere il
proprio affetto attraverso la propria arte e i piccoli gesti. Era
stata proprio lei a rinnovare totalmente la sua stanza quasi un anno
prima come regalo di ben tornato a casa, era successo dopo che era
caduto in coma a causa del suo tentato suicidio, lo ricordava come se
fosse ieri.
"Volevo
che fosse qualcosa di grande... che ti ricordasse che c'è
sempre
qualcosa per cui vale la pena vivere"
gli
aveva detto mentre lui girava incredulo per la stanza. In questo
mondo ci sono persone brave a parole, che scrivono poesie e odi e
altre che riescono a rallegrare solo con la loro presenza, e
Naminé
era una di queste ultime.
"Sono davvero felice per te e
Axel" la voce della bionda lo riscosse dai suoi pensieri.
Roxas
inarcò le sopracciglia "Cosa sai?"
"Vi ho visti
andarvene insieme dalla scuola ad Halloween... eravate mano nella
mano. E poi Sora mi ha detto che ti viene a trovare tutti i
giorni"
Il biondo arrossì e abbassò lo sguardo.
"Axel
è una brava persona, vero? Ci tiene a te"
"Già..."
Naminé
lanciò un'ultima occhiata al suo lavoro e fu soddisfatta di
sé,
seppur fatto velocemente non era venuto affatto male. Proprio quando
stava riponendo i suoi attrezzi in una valigetta, l'appena citato
Axel fece capolino nella stanza con un vassoio in mano "Ehi
Rox... Naminé..." salutò i due andando ad
appoggiarlo sulla
scrivania.
Alla vista del rosso, lo sguardo di Roxas si accese
immediatamente "Ax!"
Naminé ridacchiò timidamente e si
mise la borsa in spalla "Ciao Axel. Sei arrivato in tempo, stavo
giusto andando via"
"Non rimani a fare merenda?"
chiese il cugino ma lei scosse il capo.
"Vorrei andare a
finire delle tele, sai questo fine settimana ci sarà una
mostra
d'arte in cui esporranno anche alcuni dei miei dipinti! Mi farebbe
piacere se ci venissi"
Roxas apparve un momento pensieroso e
poi guardò il rosso che fece spallucce.
"Ovviamente l'invito
è esteso anche ad Axel" aggiunse dolcemente avviandosi verso
la
porta "Anche Sora e Riku verranno"
Il rosso andò a
sedersi sulla punta del letto e fece un sorriso a trentadue denti
"Verremo più che volentieri"
La bionda salutò i
ragazzi e Roxas la accompagnò fino all'ingresso, quando
ritornò in
camera si chiuse la porta alle spalle e poi andò ad
abbracciare Axel
che intanto si era messo comodo sul suo letto.
"Oggi siamo
coccolosi?" chiese quest'ultimo racchiudendolo tra le proprie
braccia e trascinandolo con sé sul materasso.
"Mi sei
mancato" il più piccolo rispose semplicemente.
"E anche
dolci!
Dove sono le frecciatine o le minacce di morte? Se continui
così
inizierò a credere che il diavolo si sia impossessato di te"
disse Axel con una fragorosa risata provocando un rossore diffuso
sulle guance dell'altro, con conseguente broncio e un pugno dritto
alla spalla.
"Se non la pianti ti castro" ringhiò.
"Ecco
il Roxas che conosco" lo sbeffeggiò il più grande
afferrandosi
la parte offesa "Sebbene io sia particolarmente attaccato al mio
apparato riproduttivo, anche la spalla mi serve ancora e sarei lieto
di mantenerla ancora intatta"
Roxas borbottò qualcosa
qualcosa di incomprensibile, appoggiò la testa sul braccio
dell'altro e fece per dire qualcosa ma alla fine rinunciò.
"Cosa
c'è?" domandò l'altro spiandolo con la coda
dell'occhio.
"Niente" Roxas scosse il capo e chiuse gli
occhi e si raggomitolò contro il suo petto "Sono stanco"
"Vuoi
riposare?"
Il biondo rispose di no con un cenno di diniego e
si limitò a sospirare "Sono stanco di questa vita Axel...
spesso mi chiedo perché tutto questo sia capitato a me.
Probabilmente qualcuno mi odia proprio tanto"
Axel si
girò su un lato e lo guardò serio poi con una
mano andò ad
accarezzare quei ciuffi dorati che odoravano di
pesca.
"Ultimamente... sto facendo dei sogni strani"
"Che
tipo di sogni?"
"Non lo so, non riesco a ricordarli
bene. Mi sveglio nel cuore della notte sudato e con il cuore in
gola... batte così forte che ho paura che mi possa scoppiare
da un
momento all'altro e...ora che non ho più un mezzo
che possa
tenerli monitorati sarebbe un bel problema"
Roxas cercò con
lo sguardo quello smeraldino dell'altro che era rivolto al soffitto.
Era serio, ma di un serio pensieroso, si chiese se lo avesse
ascoltato ed ebbe quasi paura di chiederglielo per timore di
disturbarlo, così si soffermò a scrutare quei
lineamenti affilati e
spigolosi del suo viso ma al contempo così armoniosi. Axel
in
confronto a lui era già un uomo.
"Andiamo a vedere qualche
anime" proclamò quest'ultimo mettendosi a sedere, la sua
voce
ridestò il più piccolo dai suoi pensieri.
"Cosa?"
Axel
si era già alzato in piedi e ora gli tendeva la mano per
aiutarlo a
fare altrettanto "Muoviti pigrone, vuoi poltrire tutto il
giorno? Se oggi mi perdo la nuova puntata te la faccio pagare"
Roxas
lo guardò stupito ma poi sul suo volto apparve un sorriso
tirato
"Esiste sempre lo streaming"
"Taci. Voglio vedere
anime ora, in quel bel televisore nella stanza degli hobby, con te
tra le mie gambe, entrambi avvolti nella coperta di lana mentre ci
riempiamo lo stomaco con tutto quello che ci ha preparato Aerith"
Sì,
Axel di certo sapeva come tirargli su il morale.
Il più
piccolo andò in cerca della sua mano e si lasciò
guidare da lui.
*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.
Mi
svegliai al caldo tocco di una mano.
Si muoveva gentilmente sulla
mia faccia, carezzandomi prima la guancia e poi scendendo verso il
collo dove sentii premute anche delle labbra. Quella mano prese a
vagare lentamente sul mio petto e sul mio addome e scostava gli orli
della maglia del mio pigiama per entrare a contatto con quanta
più
pelle possibile. Mi risvegliai completamente quando la sentii sostare
nella parte interna della mia coscia. Qualcuno era nel mio letto ma
non era Sora e neanche mia madre e mio padre, loro erano appena
andati via.
"Shh... va tutto bene... va tutto bene. Non ti
farò del male" un roco sussurro al mio orecchio e io subito
mi
voltai di scatto riconoscendo quella figura illuminata dalla luce
della luna.
"Rimani in silenzio, okay?" mi sorrise e mi
fece stendere di nuovo "Torna a dormire e non preoccuparti,
Cloud"
Io rimasi immobile con gli occhi serrati mentre lui
continuava a toccarmi con gentilezza. Non sapevo cosa volesse... non
sapevo che fosse sbagliato.
Sapevo solamente che non mi
piaceva e volevo che finisse.
*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.
Ricordava
la neve che imbiancava i marciapiedi affollati di Manhattan e gli
alberi spogli che torreggiavano a Central Park, le luminose luci
rosse e verdi dei semafori e i taxi gialli che coloravano le strade
trafficate.
Ricordava anche l'odore speziato delle pietanze
preparate dai venditori ambulanti, il dolce profumo di caffè
che
costeggiava le vetrine dei coffe shops, l'odore di zucchero filato e
delle castagne arrostite.
Ricordava il rumore assordante dei
clacson delle mille macchine, le voci che si inseguivano confuse da
un passante a un altro, i tacchi delle donne che battevano
sull'asfalto e le musiche di sottofondo che si mescolavano
nell'ambiente.
Ricordava le luci e i colori delle insegne
digitali, ricordava i grattacieli e tutti quei negozi.
Non
ricordava però che fosse tutto così grande e
bello.
Arrivò di
corsa e si fermò al centro del marciapiede, senza attendere
l'altro
che lo raggiungesse. Puntò il naso per aria e
guardò come incantato
l'ambiente che lo circondava, sorridendo come un bambino, un moto di
gioia ritrovata lo pervase e si sentì finalmente bene.
"Roxas
non correre così veloce. Times Square non scappa mica" Axel
gli
fu subito accanto e con lui il suo onnipresente ghigno furbesco.
|
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Capitolo 14 *** Winter's Love ***
Viva
la Vida
Nei
capitoli precedenti
"Sabato vuoi
uscire con me? Intendo uscire, uscire...
ma se tu
vuoi solo
uscire va anche bene... oppure anche se non vuoi è okay...
credo" vociferò imbarazzato il rosso abbassando lo sguardo,
le
guance appena imporporate di rosso e una mano e grattava febbrilmente
dietro la nuca.
A quella visione
davvero dolce e quasi buffa, Roxas non poté
fare a meno di sorridere caldamente, questa volta il sorriso fu vero
"Va bene. Sabato è perfetto"
Il biondo
rispose di no con un cenno di
diniego e si limitò
a
sospirare "Sono stanco di questa vita Axel... spesso mi chiedo
perché tutto questo sia capitato a me. Probabilmente
qualcuno mi odia proprio tanto"
Axel
si
girò su un lato e lo guardò serio poi con
una
mano andò ad accarezzare quei ciuffi dorati che odoravano di
pesca.
"Ultimamente...
sto facendo dei sogni strani"
"Che
tipo di
sogni?"
"Non
lo so, non
riesco a ricordarli bene. Mi sveglio nel cuore della
notte sudato e con il cuore in gola... batte così forte che
ho
paura che mi possa scoppiare da un momento all'altro
e...ora che
non ho più un mezzo che possa tenerli monitorati sarebbe un
bel
problema"
|
#14.
Winter's Love
I'll
find the places where you hide
I'll be the dawn on your worst
night
The only thing left in your life
Yeah I would kill for
you, that's right
If that's what you wanted
I'll
put your poison in my veins
They say the best love is insane,
yeah
I'll light your fire till my last day
I'll let your fields
burn around me, around me¹
Ridacchiai
mentre, freneticamente, mi chiudevo alle spalle le ante dell'armadio
e mi nascondevo tra le scatole e le coperte accuratamente riposte.
Amavo giocare a nascondino con mia madre e mio fratello. La maggior
parte delle volte vincevo io perché Sora non sapeva
nascondersi così
bene come me e quindi veniva trovato sempre per primo.
Come
ogni volta rimasi in attesa per un po' prima di udire le voci
ovattate di mia madre esultante per aver stanato Sora e quest'ultimo
che rideva animatamente. Non passò molto tempo che un'anta
fu aperta
e io fui attaccato da un sottile raggio di luce. Trattenni a stento
un gridolino e cercai di appiattirmi come meglio potei contro il
fondo, a quanto pare il mio movimento non era però passato
inosservato.
“Chi
è quel bel pulcino che si nasconde tra le
coperte?” la voce
allegra di mia madre solleticò le mie orecchie e io subito
saltai
fuori ridendo.
“Woxy!”
esclamò mio fratello saltellante.
“Sì,
è proprio Roxy” lei sorrise ad entrambi di noi e
poi mi passò
affettuosamente una mano tra i capelli “Ogni volta che ti
nascondi
sembra quasi che tu voglia sparire. Come devo fare con te,
Roxas?”
“È
Coud!” la corressi sorridendole.
“Cosa?”
“È
Coud” ripetei.
“Cloud?
Si, anche tuo padre sparisce sempre” ridacchiò ma
io contrassi la
fronte e scossi il capo.
“No...io
shono Coud, no Woxas”
Mia
madre si inginocchiò davanti a me, la perplessità
nei suoi occhi
era facilmente leggibile anche per un bambino della mia
età.
“Tesoro,
Cloud è il nome del tuo papà... tu ti chiami
Roxas”
Io
scossi di nuovo il capo, non capendo come mai lei mettesse in dubbio
quello che per me era un dato di fatto.
“Chi
ti ha detto questa cosa?” mi chiese poi, lanciando intanto
un'occhiata a Sora che era andato a giocare con le costruzioni, poi
tornò di nuovo a concentrarsi su di me. Io però
scrollai le spalle
perché non avevo risposte alla sua domanda.
“Siete
molto simili, è vero, ma tu sei Roxas” mi disse
“Non dar retta a
chiunque ti abbia fatto credere una cosa del genere. Tu sei tu e
nessun altro” fece una breve pausa “Avanti, ripeti
«io sono
Roxas»”
“Io
shono... Woxas”
Il
sorriso tornò sulle sue labbra rosee e io fui di nuovo
felice.
“Ripeti
di nuovo”
“Io
shono Woxas”
“Bravissimo”
esclamò gioiosa battendo le mani “Allora come ti
chiami?”
“Coud!”
Appoggiata
su una mensola di cristallo nel salone svettava in bella mostra una
fotografia che non potevo fare a meno di guardare ogni volta che ci
passavo davanti. C'era mio padre, serio come sempre e molto
più
giovane, accanto a lui c'era Sephirot, aveva il volto rilassato e i
suoi capelli argentei erano sempre uguali; e poi c'era un altro
ragazzo che non avevo mai visto di persona, aveva i capelli neri, gli
occhi azzurri e un ampio sorriso, sembrava il più vivace dei
tre.
Spesso mi ero chiesto di lui e tutto quello che sapevo era quello che
mi ripeteva sempre mio padre «Zack Fair, il più
nobile SOLDIER di
prima classe». Ma io sapevo che il più forte era
mio padre, da
grande avrei voluto diventare SOLDIER proprio come lui.
“Sei
sicuro che vuoi andare fino in fondo in questa cosa?” la voce
di
mio padre mi fece sobbalzare, era in piedi vicino alla vetrata e
accanto a lui c'era Sephiroth. Io mi acquattai più che potei
sperando di risultare invisibile.
“Non
mi piace quello che sta facendo la Shinra, sono convinto che ci
stanno nascondendo qualcosa di importante”
“Non
vuoi attendere il ritorno di Zack?”
“No...
non voglio coinvolgere anche voi”
“È
troppo rischioso... semmai ti scoprissero ti sbatterebbero davanti
alla corte marziale”
Ci
fu uno scambio di battute sottovoce che io non riuscii a captare e
poi un breve silenzio che Sephiroth non tardò a spezzare.
“Tu
mi manchi, Cloud”
“Ancora
questa storia? Credevo di essere stato chiaro”
“Mi
avevi promesso che non mi avresti più lasciato, ma poi
quella
mattina quando ho aperto gli occhi il letto era vuoto”
“Sephiroth...
non ora”
“Mi
hai abbandonato”
“Non
sono stato mai legato a te... io ora ho Aerith e i bambini... mi sono
creato una vita. È ora che tu ti metta l'anima in
pace”
Mi
sporsi appena dal mio nascondiglio dietro al divano, Sephiroth e mio
padre erano pericolosamente vicini. Avevo paura che a breve sarebbero
arrivati alle mani, giudicando dalle occhiate torve che si
lanciavano, poi quest'ultimo sospirò, si passò
una mano sugli occhi
e andò a rinchiudersi come sempre nel suo ufficio.
Sephiroth
rimase immobile per qualche minuto a fissare il paesaggio esterno, le
mani rigide ai suoi fianchi e un'espressione illeggibile in
volto.
Quando
alzò gli occhi e si iniziò a incamminare nella
mia direzione capii
che non ero poi così bravo a nascondermi.
*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.
“Povera
gente”
“Di che stai parlando?”
Roxas inarcò
un sopracciglio dorato e lo guardò come se implicitamente
gli stesse
chiedendo “Mi stai prendendo in giro?”, ma sapendo
che l'altro
non era poi tanto perspicace decise di metterlo al corrente delle sue
riflessioni.
“Hai visto com'è bella
Times Square con
tutte le insegne luminose, gli schermi televisivi e i cartelli
giganti?”
Axel fissò lo sguardo sui
grattacieli attorno a
loro e annuì sorridente
“È spettacolare!”
“Quegli
aggeggi dovranno pur essere appesi da qualche parte, ti
pare?” il
biondo domandò girandosi verso il rosso mentre continuavano
a
camminare sul marciapiede affollato “Ci pensi a tutte quelle
povere
persone che non possono vedere la luce del sole perché le
loro
finestre sono perennemente oscurate dai cartelloni appesi contro il
proprio edificio?... è davvero triste”
mormorò infine, quasi
sconsolato.
Axel si fermò di soppiatto e la
cannula nasale
di Roxas si tese all'improvvisa distanza che si era creata tra i due,
perché il rosso si era offerto di portargli il carrellino
dell'ossigeno e gli era del tutto passato di mente che così
facendo
avrebbe potuto quasi strozzare il suo Foxy Roxy. Ma non aveva potuto
farci nulla se l'altro era così strano, così
bizzarro, così fuori
di testa, così... freak.
Sì, nonostante il tempo scorresse, i loro rapporti si
evolvevano e i
loro caratteri si malleavano, Roxas rimaneva il solito scherzo della
natura che aveva conosciuto poco più di un mese prima.
Dopotutto
come poteva, una persona normale, fare (o meglio, pensare)
una constatazione simile proprio mentre stava girando nel grande e
stupefacente parco
giochi che
era Manhattan?... no, solo una mente deviata come quella del suo
biondo ne era capace.
“Ehm... okay” disse con
voce
strascicante ma al contempo idiota, proprio come si fa quando si
è
in presenza di un pazzo.
Roxas incrociò le braccia e gli
lanciò un'occhiataccia “Cosa?”
“Niente niente”
ridacchiò il rosso grattandosi la nuca nervosamente
“Non ci avrei
mai pensato ad una cosa simile”
“Certo, perché tutti
pensano alle facciate... però per essere belle e splendenti
le cose
hanno anche dei lati oscuri”
Quelle parole furono dette
con così tanta spontaneità che Axel si
sentì quasi colpevole di
avergli fatto tradurre in parole un concetto tanto ovvio. Quasi
istintivamente contrasse la fronte e abbassò lo sguardo al
suolo
ripensando che quello che diceva Roxas non era del tutto sbagliato,
seppur strano, lui aveva sempre ragione.
Il biondo si
accorse del cambio d'umore del ragazzo e si affrettò subito
a
ripercorrere i suoi passi all'indietro e andò a stringere la
sua
mano.
“Non sminuire ciò che
sei” gli
sussurrò con
dolcezza guardandolo dal basso e abbozzò un leggero
sorrisetto “Tu
sei fantastico, lo sai?”
Axel fece contatto visivo con il
più piccolo, angosciato ancora da uno strano senso di
disagio e
inquietudine e aprì la bocca per dire qualcosa ma fu
preceduto
dall'altro che con la mano libera indicava la propria testa.
“E
poi mi hai regalato il cappello a forma di Stregatto”
aggiunse come
se l'informazione racchiudesse un significato importante.
Il
più grande lo guardò incredulo per una manciata
di istanti e poi
scoppiò in una risata “Piantala... sei inquietante
con quel coso
in testa!”
"Ma è fantastico! Credi di essere
meglio tu con il cappello di Tigro?” ridacchiò
Roxas riprendendo a
camminare e l'altro fece altrettanto.
“Ehi, io sono unico
e inimitabile proprio come lui” protestò
fintamente offeso.
Da
quando erano arrivati in centro Roxas l'aveva letteralmente
trascinato ovunque, sebbene avesse l'aspetto fragilino era davvero
instancabile, solo le tappe della mattina erano state Disney Store,
M&M's World, Madame Tussauds, Lego Store, Nintendo World e
Youtube Space NYC e non dava ancora segno di voler demordere. Era
come se con quella piccola gita fuori casa volesse recuperare tutto
il tempo perso durante gli anni passati e guadagnare il più
possibile in vista di un futuro oscuro e tortuoso, dopotutto la sua
esistenza era paragonabile a quella della debole fiammella di una
candela, troppo delicata e instabile per bruciare anche in presenza
del più flebile soffio d'aria. A quel pensiero Axel si
sentiva come
se tutti i suoi organi gli venissero letteralmente strappati dal
corpo a mani nude e poi fatti essi stessi a pezzi con altrettanta
brutalità, ma non appena vedeva il sorriso luminoso sulle
labbra di
Roxas subito si sentiva in paradiso, si sentiva felice come non mai e
finché quel benessere sarebbe perdurato allora lui non
avrebbe
contestato nulla. L'unica cosa che desiderava era prolungare il
più
possibile quella beatitudine, forse per non rivivere ancora brutte
esperienze come in passato... ma, dopotutto, chi vorrebbe? Lui non
stava scappando dai problemi, voleva solo godere appieno di quella
felicità fugace.
In quel momento si stavano incamminando
verso gli MTV Studios, questa volta sotto impellente desiderio del
rosso (perché “OmmiddiocisonoiColdplay!
Devo avere assolutamente l'autografo!”),
e non prestarono particolare attenzione all'ingente quantità
di
folla accalcata sotto l'edificio fin quando qualcuno non
iniziò a
chiamare il loro nome e da allora il caos fu totale.
“Ehi
quello è Axel Moore?”
“Il
figlio di Reno Turks?”
“Axel
ci concedi una foto?”
“Dov'è?
Io non lo vedo!”
“Possibile
che il ragazzino accanto a lui sia-”
“Roxas
Strife!”
“Allora
non è ancora morto?”
“È
vero che sei ancora in riabilitazione?”
“Tuo
padre non vuole rilasciare dichiarazioni su di te o sul
resto”
“Roxas
parlaci”
“Roxas
vieni qui”
“Roxas”
“Roxas”
In
un battito di occhi furono accerchiati da una calca di persone
strillanti che si agitavano e dimenavano pur di raggiungerli il prima
possibile, i giornalisti sguinzagliarono subito microfoni e
telecamere e i fotografi apparvero alle loro spalle dal nulla. In
tutto quel pandemonio improvviso Roxas si sentì oppresso,
come se
l'ossigeno non fosse più abbastanza e iniziò a
sudar freddo mentre
con la mano stringeva nervosamente quella del rosso. Quest'ultimo
parve leggergli nel pensiero e subito iniziò a tirarlo con
sé
attraverso quella massa, mettendo a tracollo il carrellino, e
fuggendo da quelle esplosioni di flash accecanti e voci confuse.
Corsero fino ad arrivare pericolosamente al ciglio del marciapiede,
dove Axel estrasse l'altro braccio per richiamare un taxi che
arrivò
pochi secondi dopo e intimò al conducente di portarli a
Greenwich
Village.
“Come ti senti?”
domandò come di rito,
portando l'attenzione sul biondo che aveva aiutato a sedersi sul
sedile posteriore accanto a sé.
L'altro non rispose subito,
continuò a respirare ancora a pieni polmoni per riprendere
fiato. Il
cuore gli martellava nel petto e non accennava a calmarsi, forse a
causa dell'ansia o della paura improvvisa.
“È stato...
quasi emozionante” annuì dopo un po' lanciando
un'occhiata alla
bombola dell'ossigeno che Axel custodiva sulle gambe, all'inizio
questi credeva che stesse scherzando ma il suo tono non lasciava
trasparire altro che serietà “Sembrava quasi di
vivere
un'avventura... tralasciando ovviamente quelle persone che cercavano
di afferrarmi e inglobarmi nella mischia”
“Mi dispiace,
Rox... avrei dovuto pensarci prima che lì potevamo
incontrare un
sacco di gente e che a te queste cose non fanno bene. Sono stato uno
stupido... scusami” mormorò abbassando lo
sguardo.
Roxas
rimase in silenzio per un lungo istante, concentrato sulla figura
dell'altro e poi gli picchiettò la guancia con un
dito.
“Allora
cosa si fa a Greenwich Village?”
Axel, incerto, si voltò
di nuovo verso di lui chiedendosi perché l'altro non fosse
arrabbiato per la sua sconsideratezza che avrebbe potuto essere
fatale “Ah... non... non lo so. È il primo
quartiere che mi è
venuto in mente, dovrebbe essere abbastanza tranquillo
lì”
Il
più piccolo annuì e senza aggiungere altro si
appoggiò al vetro
del finestrino.
“I
hear
Jerusalem bells are ringing, Roman Cavalry choirs are singing, be my
mirror, my sword and shield, my missionaries in a foreign field...”
iniziò a canticchiare a bassa voce non molto tempo dopo,
richiamando
così l'attenzione del rosso.
“Che stai facendo?”
"Canto,
tu non volevi vedere i Coldplay?"
"Sì ma... non fa
nulla"
“Ci hai mai fatto caso che nella
canzone non appare
mai il titolo?”
“Già... non riesco a
capirne il
significato”
“Anche io... ci ho provato un
sacco di
volte e alla fine quelle che sono rimaste sono solo mille congetture.
Però secondo me se Viva la Vida si è accaparrata
tutti quei dischi
d'oro e di platino un motivo ci sarà”
“E tu ne cosa
pensi?”
“Penso tante cose”
“Solo... dimmi
l'ipotesi per te più plausibile”
Roxas appoggiò la nuca
al poggiatesta e rimase a riflettere per
un paio di
minuti.
“Credo...
credo che ci sono delle storie, degli eventi che non hanno
spiegazione. Tu puoi trovare tutte le colpe del mondo, puoi affermare
che il peccato sia di talune persone mentre altre sono innocenti,
eppure questo non è altro che un punto di vista... Ci sono
quelle
storie in cui gli intrecci sono solo colpa di un gioco fatale del
destino, nessuno è nel giusto o nello sbagliato e spesso si
commettono passi falsi per errore, cerchi di fare una cosa per bene e
invece fallisci miseramente e magari vieni accusato per questo... la
canzone lo dice, morto un re se ne fa un altro, no? Per quanto ti
sforzi di fare una cosa non sarai mai abbastanza, dopo vieni comunque
rimpiazzato” mormorò a bassa voce.
Axel inarcò un
sopracciglio e assottigliò lo sguardo “Stai
dicendo che il male in
realtà non è male ma solo una constatazione
dettata dal punto di
vista? Cioè ad esempio se io sparo ad
un uomo allora è giusto?”
“Non è giusto,
Axel”
sospirò il biondo socchiudendo gli occhi “Non
giustifico questi
atti e comunque non era quello che intendevo.... riprendiamo
l'esempio di te che spari ad un uomo. Ovviamente la colpa è
indiscutibilmente tua, eppure se... se ci fossero dei motivi per cui
tu hai fatto una cosa del genere? Se per caso era per difendere
qualcuno? Questo non tutti lo sapranno, volevi fare del bene eppure
verrai sempre visto come un assassino... perché dopotutto
è quello
che saresti”
A quella domanda Axel aggrottò la
fronte e
rimase in silenzio, così lui decise di continuare dopo aver
indugiato un breve istante “Ax... secondo te una persona
è pazza
se compie delle stragi per amore di qualcuno?”
“Secondo
me si...”
“Già, anche secondo
me”
Axel era
sempre più perplesso.
Non era la prima volta che Roxas
faceva discorsi privi di senso, o meglio apparentemente privi
di senso. Sì, perché anche se all'inizio si
chiedeva se fosse del
tutto normale e/o avesse tutte le rotelle apposto, con il passare del
tempo aveva capito che c'era una sorta di filo logico in quello che
diceva, una filosofia proibita di cui solo lui era il sovrano. Il
biondo sapeva di cosa stava parlando anche se l'argomento era
sfuggente, più che altro quei pensieri sembravano
ragionamenti che
faceva con se stesso ma pronunciati ad alta voce. Questa era una
delle tante cose che confermava che effettivamente c'era qualcosa di
particolarmente oscuro nel suo passato, qualcosa di peccaminoso che
non voleva che gli altri sapessero. Eppure tutto ciò non
faceva che
alimentare la sua ansia costante.
La loro conversazione morì
lì e nessuno si azzardò a parlare
finché non arrivarono a
destinazione, dal momento che quella era la loro giornata decisero di
spingere via tutti gli argomenti più delicati e concentrarsi
su loro
stessi. Dopo un veloce giro della zona constatarono che non c'erano
attrazioni particolari e così, dopo un veloce pranzo (in cui
Roxas,
a detta di Axel, avrebbe dovuto sforzarsi a mangiare un po' di
più), si dedicarono all'antiquariato. Era un passatempo
noioso e da
vecchi però avevano notato che molta gente affollava quei
localini
particolari, soprattutto le librerie, e decisero quindi di dare
un'occhiata.
Entrarono in un negozietto gestito da una
ragazza dai tratti asiatici che li accolse con un gran sorriso e
disse loro che se avevano bisogno potevano chiedere aiuto a lei, i
due annuirono e presero a vagare... più che altro Roxas era
interessato all'acquisto di un nuovo libro, il rosso invece
girava tra gli scaffali senza realmente guardare nulla in
particolare. I libri non erano la sua passione e non era una
novità,
si stava semplicemente limitando a seguire il suo biondino preferito
finché non rimase colpito dai versi di una poesia trovata
mentre
sfogliava un volume a caso.
Chi
crederà ai miei versi nei tempi che verranno
se
straripassero dei tuoi meriti più eletti?
Eppure
anche il cielo sa che son come una tomba
che
cela la tua vita e poco dicon dei tuoi pregi.
Se
potessi scrivere la bellezza dei tuoi occhi
e
in nuove rime enumerare ogni tua grazia,
l'età
a venir direbbe: "Questo poeta mente,
tali
tocchi divini mai dipinsero volti umani".
Così
i miei scritti ingialliti dal passar del tempo,
verrebbero
derisi qual ciarle menzognere
e
le tue sincere lodi chiamate furor poetico
e
rime affettate di una vecchia cantilena:
ma
se a quel tempo vivesse un figlio tuo,
due
volte tu vivresti, in lui e nelle mie rime
" Wow”
commentò poi a bassa voce dopo aver letto quel breve
componimento.
“Shakespeare,
giusto?” fece Roxas che si era avvicinato, attratto dalla
voce
dell'altro, e ora aveva appoggiato il capo al suo braccio, portando
il peso su una gamba.
“Uhm... pare di sì”
mormorò
questi controllando l'autore sulla copertina.
“Ti piace la
poesia?”
“Sì... sì, non
è
male”
“Sai che
è dedicata ad un uomo?” Roxas gli rivolse un
sorrisetto
malizioso.
“Ma che dici!”
sbottò l'altro incredulo
“Non
è possibile”
“Oh, sì che è
possibile... non sai che
Shakespeare era omosessuale?”
Axel, che di letteratura –
come ben saprete – non se ne intendeva niente,
stentò a crederci e
incollò di nuovo il suo sguardo sul libro come a volere che
esso gli
desse conferma della cosa.
“La letteratura pullula di
autori di queste tendenze” Roxas pronunciò
ridacchiando mentre
enfatizzava il tutto con un gesto teatrale della mano e poi
tornò a
guardare lo scaffale su cui era concentrato prima “Forse se
l'avessi saputo a tempo debito ti saresti interessato di più
allo
studio e non avresti avuto quei brutti voti”
Axel preferì
non rispondere alla sua frecciatina, rimase concentrato sulle pagine
che seguivano, estasiato dalle parole che scorrevano sotto i suoi
occhi. Quello Shakespeare era davvero interessante, la sua era
indubbiamente una poesia d'amore però mai una volta aveva
celebrato
il suo sentimentalismo. Era così distaccato, come se si
fosse arreso
all'evidenza di quanto fosse scontata una manifestazione plateale,
eppure celate tra quelle parole riusciva a scorgere qualcosa di
privato ed estremamente passionale. Cambiò pagina e
arrivò a quello
che era segnato come Sonetto XVIII.
Dovrei
paragonarti a un giorno d'estate?
Tu
sei ben più raggiante e mite:
venti
furiosi scuotono le tenere gemme di maggio
e
il corso dell'estate ha vita troppo breve:
talvolta
troppo cocente splende l'occhio del cielo
e
spesso il suo volto d'oro si rabbuia
e
ogni bello talvolta da beltà si stacca,
spoglio
dal caso o dal mutevol corso di natura.
Ma
la tua eterna estate non dovrà sfiorire
né
perdere possesso del bello che tu hai;
né
morte vantarsi che vaghi nella sua ombra,
perché
al tempo contrasterai la tua eternità:
finché
ci sarà un respiro od occhi per vedere
questi
versi avranno luce e ti daranno vita.
Trattenne
a stento uno strano bisogno di liberare quelle lacrime che stavano
bussando alle porte dei suoi occhi, quella poesia era stato per lui
come il colpo di grazia ma si rimproverò di non scoppiare a
piangere
come una ragazzina, che figura ci avrebbe fatto?
Rispetto
alla precedente poesia, questa era forse un pochino più
esplicita ma
traspariva un forte senso di malinconia dettato dal passare del
tempo.
Certo che la vita è proprio una
figlia di puttana,
prima ti regala le cose più belle del mondo e poi te le
strappa con
la stessa forza e velocità con cui te le ha propinate,
proprio come
se tu fossi l'ultimo dei peccatori. Quando alzò lo sguardo
davanti a
sé, individuò la figura di Roxas che stava
sfogliando delle
illustrazioni ad acquerelli e, se la sua forza di volontà
aveva
avuto la meglio sulle lacrime, non riuscì proprio a
trattenere il
desiderio spasmodico di abbracciarlo e affondare il volto nei suoi
capelli dorati dall'odore di pesca.
Roxas non disse nulla
quando si ritrovò improvvisamente e inspiegabilmente premuto
contro
il cappotto caldo dell'altro. Il loro rapporto dopotutto era fatto
così, spesso rimanevano abbracciati in silenzio senza che
nessuno
dei due pronunciasse parola per ore, spesso avevano pensato di essere
diversi dalle altre coppie ma non se ne erano mai lamentati, la loro
era una necessità incontrollabile di sentire anche solo la
presenza
dell'altro accanto a sé, le parole erano superflue e i gesti
erano
il loro barlume di speranza.
Axel sapeva che l'estate del
biondo sarebbe stata eterna e per questo avrebbe fatto qualsiasi cosa
per far sì che non sarebbe mai sfiorita.
Nonostante le
proteste dell'altro, Roxas decise di regalargli quella copia dei
Sonetti di Shakespeare, dicendogli anche che non avrebbe dovuto
leggere il libro dall'inizio alla fine ma aprirlo a caso, quando ne
sentiva il bisogno, e leggere la poesia che si ritrovava davanti
perché quelli sarebbero stati i versi che lo avrebbero
accompagnato.
Non si trattennero ancora in giro per i
negozi, quando arrivarono davanti ad un teatro optarono entrambi per
un musical, giusto per rilassarsi un po', e furono più che
felici di
constatare che a breve sarebbe andato in scena il Re Leone. Passarono
il resto del pomeriggio tra risate e abbracci silenziosi e prima che
se ne accorgessero il tramonto aveva tinto di rosso il freddo cielo
di Novembre, e, mentre Axel si ripeteva sempre di non voler tornare
tardi per non incappare nell'ira divina dei genitori del biondo, si
erano ritrovati in uno dei tanti Starbucks davanti ad una bibita
calda.
“Non so neanche io come Dem abbia
fatto a
convincermi, sta di fatto che mio padre è venuto a sapere
della
nostra scappatella tramite i giornali!” esclamò
Axel mentre
raccontava delle avventure che aveva vissuto assieme al suo
scapestrato Mullet-man “Ricordo ancora quei titoli come se
fossero
ieri
«due
sportivi ubriachi a
New York»
oppure
il «tour
culturale dei night club di Axel e Demyx»
Roxas
rideva di cuore al pensiero del rosso ubriaco fradicio che girava
come un'idiota per le strade della città “Eri
così
ubriaco?”
“Ero totalmente distrutto! Non mi
ricordo
assolutamente nulla, il mio unico ricordo sono questi bad
boys che
mi sono ritrovato il
giorno dopo” asserì puntandosi i tatuaggi sotto
gli occhi con
orgoglio e soddisfazione.
“Certo che sei proprio idiota, i
fotografi hanno fatto bene ad immortalarti in quello stato... forse
dovrei andare a cercarne qualcuna su internet”
mormorò il biondo
prendendo un sorso dalla sua cioccolata calda e quella constatazione
fece scattare qualcosa nella mente dell'altro.
“A
proposito, è una mia impressione oppure quella gente sotto
gli
Studios sembrava conoscerti?”
“Ho avuto modo di
farmi conoscere”
"Wow
Roxy è una celebrità? Chi se lo aspettava!"
"Non
quanto te, non sono un tipo da riflettori"
“Però parlavano
di riabilitazione... riabilitazione da cosa?”
"Axel...
basta così" si oscurò improvvisamente.
"Ma-"
Non
ricevette più risposte a riguardo nonostante continuasse
più volte
a chiedergli il motivo, se avesse magari fatto qualcosa in
particolare tipo partecipare a qualche serata di beneficenza,
campagna pubblicitaria o se fosse stato protagonista di uno scandalo.
Niente, il biondo era stato sempre evasivo, si era degnato solo di
rendergli noto cose che a quanto pare sapevano tutti tranne lui come
ad esempio che suo padre era un exSoldier e attualmente occupato a
dirigere il patrimonio di famiglia mentre sua madre era una nota
stilista che però lavorava solo quando le andava, per non
togliere
troppo tempo alla famiglia.
“Allora lei è quella
Aerith Gainsborough che si vede spesso alle sfilate? Ecco
perché
aveva una faccia familiare”
“Non dirmi che guardi le
sfilate” il biondo soffocò una risata e per poco
l'altro non
divenne paonazzo.
“N-no! Che dici! È
Kairi che è
fissata” sbottò incrociando le braccia al petto
nella speranza di
difendere l'offesa del suo amor proprio.
“Senti un po' Ax... per
quale motivo porti il cognome di tua madre?" cambiò
totalmente
argomento "Ho sempre voluto chiedertelo ma avevo paura che
potessi risultare scortese o invasivo”
Axel rimase più
che sorpreso da quella domanda, senza quasi accorgersene
serrò la
stretta sulla tazza davanti a sé e si specchiò
nella bevanda
nera.
“Beh... è una decisione
che abbiamo preso io e mio
padre qualche anno fa dopo la sua morte...”
Roxas lo
scrutò attento e mise la sua mano su quella dell'altro
incitandolo a
parlare con un cenno del capo.
“Sto bene, non
preoccuparti” gli assicurò il rosso ma lui fece
spallucce e lo
guardò con espressione neutra.
“Non riceverai
commiserazione da parte mia per la tua perdita”
ribadì con
dolcezza stringendo la mano nella sua “Odio gli sguardi di
pietà
della gente, anche io li ricevo sempre... so come ti
senti”
Axel
ammorbidì lo sguardo e portò la mano dell'altro
all'altezza del suo
volto e delicatamente iniziò a baciargli uno ad uno i
polpastrelli
fino a risalire al polso e infine al braccio. Era spettacolare come
Roxas riuscisse sempre a comprendere anche i pensieri inespressi
delle persone e dire sempre le cose al momento giusto.
Abbozzò
un sorriso carico di dolcezza e si portò la mano del biondo
alla
guancia “Mia madre ha fatto tante opere di bene in passato,
ha
sempre combattuto contro i forti che volevano piegare i più
deboli,
e anche quando si è ammalata ha continuato il suo
lavoro”
“Lo
so... ho letto una biografia su di lei” sussurrò
Roxas rispondendo
al suo sorriso “Doveva essere una persona
fantastica...”
“Lo
era... peccato che se ne sia andata quando ero ancora troppo piccolo
per conoscerla e capire tutte le sue ragioni”
Roxas rimase
a fissarlo con espressione pensierosa per lunghi minuti mentre Axel
aveva iniziato a giocherellare con la sua tazza, il tempo sembrava
non voler scorrere più mentre il silenzio era ancora calato
tra di
loro, inibendo qualsiasi tipo di contatto verbale.
Un
giorno.
Forse un giorno tutti avrebbero avuto le
risposte
che tanto agognavano e i loro cuori sarebbero tornati a vivere dopo
quel lungo sonno in cui erano immersi.
… anche Elena
Moore era una
dei presenti il giorno della strage di Sephiroth.
"Axel?"
"Dimmi
Rox"
"Io odiavo Xion"
Axel fissò perplesso il
ragazzo per una buona manciata di secondi, chiedendosi se
quell'argomento avesse qualcosa a che fare con quello di cui stavano
parlando prima, però era sollevato sia dal fatto che Roxas
si fosse
finalmente deciso di dirgli qualcosa riguardo a quella misteriosa
ragazzina, e sia perché non povava qualcos'altro per
lei.
"Credevo che l'amassi" sussurrò
incrociando le
braccia e piegando il capo di lato.
"È così"
annuì il
biondo "O meglio, anche io credevo che fosse così. Io amavo
e
odiavo Xion alla stessa maniera"
"Vuoi
parlarmene?"
Roxas scosse il capo e rimase in
silenzio.
"Rox...parlami di Xion" Axel si perse in un
sospiro e l'altro contrasse la fronte "Non intendo la sua
storia... parlami di lei, dei suoi hobby... di
Xion"
Axel si stupì delle
proprie parole, proprio come lo fu Roxas. In un primo momento lo
vedeva sempre scrutare un punto indefinito del tavolo, immerso in
chissà quale riflessione, poi con incertezza alzò
in capo e di
nuovo fece contatto visivo con lui. La bocca era semiaperta e si
apriva e chiudeva continuamente, come se stesse cercando di formulare
una frase di senso compiuto e con le dita aveva una ciocca della
propria frangia con cui aveva preso a giocherellare nervosamente.
La
cannula sibilò impercettibilmente quando sospirò
pesantemente con
il naso.
"Xion... era una ragazza davvero carina. Era
sempre
gentile e premurosa, ed era bravissima in matematica, sono sicuro
che sarebbe piaciuta anche a te se l'avessi conosciuta"
iniziò
a dire con un leggero sorriso che andava ad increspargli le labbra
"Le piacevano le fragole... le piacevano tantissimo. Ogni giorno
dopo scuola andavamo sempre al Coffee Labs Roaster e lei puntualmente
prendeva un milkshake alla fragola... e in estate faceva la
marmellata in casa. Diceva che nella sua vita c'erano solo tre cose
di cui non poteva fare a meno: le fragole, la lettura e me..."
Axel
si sporse sul tavolo e appoggiò il gomiti sulla superfice
legnosa,
era sempre più interessato nonostante covasse
quell'insaziabile
gelosia nei confronti della ragazzina e la cosa gli faceva venire
l'amaro in bocca perché non era una cosa su cui competere
dal
momento che era deceduta.
"Credo che lei provasse per me
quello che io provo per te"
"Quindi non ricambiavi i
suoi sentimenti?"
Roxas scosse il capo "Ero attratto da
lei però il mio non era neanche lontanamente amore, credevo
che lo
fosse, me ne ero convinto ma in realtà il mio era solo
bisogno di
essere accettato da qualcuno"
"Che cosa intendi
dire?"
"Io non giudicavo Xion per quello che
faceva...
lei per me era Xion e basta come per lei io ero solo Roxas... non
c'erano diversità tra noi, non c'erano barriere" Roxas si
fermò
un momento e inspirò profondamente, stringendo convulsamente
i pugni
sul tavolo "Io e lei eravamo uguali per questo la odiavo. Ogni
volta che mi specchiavo nei suoi occhi rivedevo me stesso, le mie
paure, i miei dubbi, le mie illusioni. Lei era lo specchio della mia
anima, era tutto quello da cui stavo fuggendo... lei era un altro
me... per questo quando mi ha lasciato è come se avessi
perso una
parte del mio cuore"
"Roxas..." sussurrò Axel
prendendo le mani del biondo nelle sue per rassicurarlo, e
abbozzò
un sorriso di incoraggiamento.
"Xion era una supernova
incantevole ed elegante ma estremamente pericolosa. Emetteva tanta
energia da riuscire a legarti indissolubilmente a lei ma alla fine,
proprio come una supernova, era destinata ad esplodere e la sua onda
d'urto era talmente devastante da radere al suolo ogni forma di vita
che entrava in contatto con lei. Nonostante questo però io
tenevo a
lei più di ogni altra cosa. Quando se ne è andata
Xion era sempre
con me, anche quando volevo dimenticarla, quando incontravo altri
volti, altri nomi… senza rendermene conto la cercavo negli
occhi di
altre ragazze. Ero stanco di lei. La mia memoria era esausta, non mi
sopportava più, mi giocava dei brutti scherzi, mi
confondeva. Mi
incitava a separarmi da quel fantasma dalla pelle diafana, ad
allontanarmi da quella stagione d’amore interrotta
brutalmente. Ma
io non ce la facevo, anche contro la mia volontà, rimanevano
impressi nella mia mente quegli ultimi istanti di una
felicità senza
pari... Con Xion l'amore sapeva di malattia e anche di morte... la
sua bellezza era la sua grazia e la sua sventura"
L'oscurità
era ormai scesa da tempo e anche l'ora di cena era passata da un bel
pezzo, ma nessuno dei due parve badarci tanto perché era
sabato e il
sabato potevano anche fare più tardi senza avere rimorsi,
tuttavia
dal momento che erano usciti dalla mattina presto la stanchezza si
stava facendo sentire e quindi deliberarono di fare un ultimo giro a
piedi fino a Times Square dove Axel aveva parcheggiato la macchina
–
da lì poi ci avrebbero messo una quarantina di minuti a
raggiungere
casa.
Causa forse la stanchezza o il fatto che
fosse buio e
non si distinguevano del tutto le strade, dopo una buona mezz'oretta
di cammino erano finiti in una zona della città a loro
sconosciuta.
I lampioni si erano fatti sempre più radi e le persone per
strada
iniziavano a decimarsi sempre di più. Era come se la
metropoli si
fosse spenta per lasciare spazio ad una vera e propria città
fantasma.
“Sai Ax... questa non mi sembra
Broadway...”
“Ma dove diavolo siamo?”
pronunciò il
rosso stringendo si la sciarpa al collo, sebbene fosse stata una
giornata relativamente calda per gli standard di Novembre, la sera
diventava sempre più pungente “Forse abbiamo
sbagliato strada...
che dici, torniamo indietro?”
Il biondo lo guardò dal
basso e fece per assentire ma uno scintillio in lontananza
catturò
la sua attenzione, avevano tutta l'aria di essere delle recinzioni
metalliche.
Non ebbe neanche il tempo di chiedere cosa
ci
facesse una cosa del genere in mezzo alla città, che le sue
gambe
iniziarono a muoversi senza aspettare alcun comando del cervello, e,
a nulla valsero i richiami di Axel, la sua volontà sembrava
improvvisamente finalizzata solamente a raggiungere quel luogo a lui
sconosciuto. Un forte senso di inquietudine attanagliava il suo
petto.
“Rox non devi allontanarti
così di soppiatto,
è
pericoloso!” lo rimproverò Axel una volta che lo
ebbe raggiunto e
bastarono queste parole per riscuoterlo dal suo stato di
semi-trance.
“È meglio tornare
indietro”
“No,
aspetta!” esclamò invece il biondo, preso da un
senso di panico
all'idea di lasciare quel luogo “Io... io... credo di sapere
dove
siamo” continuò con gravità.
“Ebbene?” Axel
inarcò
un sopracciglio, dubbioso dal suo strano comportamento e
lanciò
un'occhiata all'ambiente. Oltre la barricata non c'era altro che
desolazione, e solo in quel preciso istante si accorse delle macerie
e dei palazzi semidistrutti, c'erano quelli che un tempo dovevano
essere giardinetti ma che ora si mostravano come appezzamenti di erba
incolti, e un po' più lontano c'era anche un parco giochi
ormai
abbandonato.
“Rox... cosa stiamo facendo
qui?”
Ma
il biondo non gli rispose, aveva lo sguardo fisso davanti a
sé, atto
probabilmente a scrutare i più piccoli dettagli dello
scenario
inquietante che si stagliava loro davanti.
Roxas non
riusciva a spiegarselo, non ci era mai stato lì ma sapeva
con
certezza che quello era un luogo molto importante per qualcuno. Tutto
ad un tratto gli sembrava di udire delle voci soffuse, voci di donne,
uomini e bambini che vorticavano nell'aria e si mescolavano ai rumori
del traffico e dei clacson, il mondo attorno a lui era come ritornato
alla vita e rivedeva i fantasmi di quelle persone che popolavano il
quartiere. Niente più era distrutto, non esistevano
le macerie
e l'abbandono, era tutto ritornato al suo antico splendore.
E in
fondo a tutto svettava l'imponente grattacielo della Shinra, polo
vitale della zona.
Ormai non aveva più dubbi, quello
era il
luogo di cui tanto aveva dibattuto con suo padre in passato e dove
moltissime persone ci avevano rimesso la vita a causa della follia di
un pazzo. Quello che non capiva è come mai quell'ambiente
risultasse
a lui tanto familiare, era come se stesse guardando attraverso gli
occhi di qualcuno.
Il suo sguardo fu poi rapito da una
presenza al centro del parco giochi. Vi era una giovane donna vestita
in un lungo abito bianco dalle ricche decorazioni dorate, la sua
pelle era diafana come la prima neve di Dicembre, i suoi capelli
erano biondi e luminosi, e se ne stava lì, immobile, con il
suo
sguardo acquamarina posato su Roxas.
Questi strizzò gli
occhi per mettere a fuoco la figura e trattenne il respiro, sentendo
una sensazione indefinibile alla bocca dello stomaco. Voleva
chiederle cosa ci facesse in mezzo a quella desolazione,
perché
stava da sola e cos'era tutta quella malinconia che lo stava
assalendo così all'improvviso ma dalla sua bocca non
uscì alcun
suono.
“Non
dimenticare, Roxas”
Aprì
di scatto gli occhi e finalmente ricordò come si
respirava.
Le
vie respiratorie gli bruciavano come se avesse trattenuto il fiato
per immergersi sott'acqua per un tempo infinito, la vista ci mise
qualche secondo per adattarsi alla scarsa luce, e, mentre, nella
testa una miriade di piccole esplosioni intracraniche si susseguivano
a ritmo incessante, riconobbe il volto apprensivo di Axel a pochi
centimetri dal suo. Vedeva chiaramente il panico risplendere nei suoi
occhi smeraldini e le sue labbra che si muovevano veloci, gli stava
parlando eppure non lo sentiva, o meglio non riusciva a connettere il
suono al vero significato delle parole.
“Mi... gira un po'
la testa” sussurrò il più piccolo
accorgendosi di essere
aggrappato al corpo dell'altro “Possiamo... possiamo tornare
a
casa?”
Il rosso accennò un assenso del
capo senza fare
ulteriori commenti, gli sistemò a tracolla la bombola
dell'ossigeno
e poi se lo caricò sulle spalle.
Era successo tutto nel
giro di un paio di minuti, Roxas aveva smesso di rispondergli e, con
gli occhi ancora incollati su un punto indefinito, oltre la
recinzioni, aveva iniziato a barcollare e se non ci fosse stato lui
ad afferrarlo sarebbe sicuramente crollato rovinosamente al suolo.
Probabilmente il suo corpo era ancora troppo debole per sostenere una
gita fuori casa per un'intera giornata.
Lanciò un'occhiata
al cielo stellato sopra di loro e cacciò un sospiro
sconsolato
mentre ripercorreva i loro passi a ritroso, ritrovandosi non molto
tempo dopo sulla strada illuminata, adesso però era insorto
un altro
inconveniente.
“Ehi, Rox, ci sei
ancora?”
“Hm?”
fu il flebile mugugno che udì dall'altro.
“C'è un
problemino...” pronunciò con cautela sentendo il
biondo appoggiare
il mento sulla sua spalla.
“Ti hanno fregato la
macchina?”
“Uh.. non sia mai!”
“Allora sono
arrivati gli alieni sulla Terra”
“Non ancora”
“E
allora cosa?”
Il rosso gli indicò con un
pollice
l'ingorgo infinito che aveva totalmente bloccato l'ampia strada. Lui
inarcò le sopracciglia in risposta ma sapendo che non
avrebbe potuto
vederlo espresse a parole il suo pensiero.
“Quindi?”
Axel
si ritrovò di nuovo a sospirare.
“È il traffico del
sabato sera, si riversa tutto tra Times Square e zone
limitrofe...”
“Che... che cosa vorresti
dirmi?” ebbe
quasi paura a domandare l'altro, ora era quasi completamente
sveglio.
“Che siamo fottuti”
“Non è
possibile, Ax! Non vorrai mica dirmi che rimarremo imbottigliati nel
traffico fino a domani mattina?!”
“Pessima scelta quella
di parcheggiare l'auto in centro...”
Roxas non voleva
assolutamente credere alle proprie orecchie, come diavolo avevano
fatto a non pensarci prima? Il traffico di New York il sabato sera
era un qualcosa di apocalittico, per questo molta gente preferiva
parcheggiarla da qualche parte e poi muoversi a piedi o con la
metropolitana.
“Ax, che facciamo adesso? Cavolo
che idioti
che siamo stati...senti secondo te potremo prendere qualche treno per
raggiungere Tarrytown? Fare i senzatetto con il freddo di Novembre
non mi sembra saggio...”
Ma il più grande aveva smesso di
ascoltarlo da un pezzo, aveva iniziato a pensare ad un piano B dal
momento in cui aveva intercettato l'autobus che avrebbe dovuto
portarli a Times Square imbottigliato in mezzo alle altre
macchine.
“Roxy per caso nello zaino porta
ossigeno hai
tutte le medicine che ti servono?” chiese sovrastando le sue
chiacchiere frenetiche, l'altro si zittì per
un'istante.
“Cos...?
S-sì perché? Cosa c'entra
ora?”
“Forse ho trovato
un'alternativa”
Chissà perché non
aveva ancora
pensato ad una soluzione del genere, lui che era sempre tanto preciso
e puntuale, e quando il rosso gliel'aveva proposto non aveva potuto
rifiutare – anche perché così sarebbe
stato molto più semplice
raggiungere la mostra d'arte di Naminé a Chelsea il giorno
dopo. E
così, dopo qualche fermata di metropolitana, si erano
ritrovati
sull'altra sponda di New York, ai piedi di un elegante palazzo dai
mattoni rossi di stile europeo, con le finestre a volta e i
cornicioni finemente intarsiati. Era proprio l'opposto del moderno
grattacielo sulla Quinta strada di Manhattan in cui viveva lui un
tempo.
L'usciere sotto al portico del palazzo
salutò
animatamente Axel e rivolse un cenno al biondo semiaddormentato sulle
sue spalle e subito li accompagnò all'ingresso
dell'ascensore,
aprendo per loro tutte le porte.
Durante tutto quel tragitto
Roxas non aveva prestato particolare attenzione perché il
sonno si
era quasi esclusivamente appropriato di lui, quello che però
non
poté fare a meno di incantarlo fu la vista davanti a
sé prima
ancora che Axel potesse accendere le luci di casa.
Davanti a
loro, due grandi porte scorrevoli di vetro regalavano una vista
mozzafiato sul mare e i grattacieli illuminati di Manhattan.
“Ti
piace?” domandò il più grande
raggiungendo l'altro che intanto
era sceso dalla sua schiena ed era fuggito fuori al balconcino per
ammirare esterrefatto il panorama.
“È
bellissimo”
sussurrò quest'ultimo affondando il mento nelle braccia
ancora
coperte dal pesante cappotto e appoggiate sulla ringhiera di
marmo.
Il silenzio scese di nuovo, sacro, tra i due
mentre
Axel andava ad abbracciarlo da dietro, con la guancia tra i capelli
dorati, com'era solito fare nei momenti di tenerezza, le mani
accarezzavano con dolcezza il busto esile dell'altro, e attorno a
loro l'ambiente si impregnava delle note dense di passione di Elton
John.
Roxas, trasportato dal momento di
affettività da cui
erano stati conquistati, si girò e gettò le
braccia dietro al collo
del rosso per avvicinarlo più a sé e posargli un
casto bacio sulle
labbra, che fu prontamente ricambiato.
"Perché non mi
avevi mai detto che avevi una casa così bella a Heights?"
sorrise teneramente allontanandosi di poco.
"Non pensavo che
fosse un fattore rilevante"
Roxas rise al solletico che gli
aveva procurato l'altro baciandolo sulla punta del naso.
"Promettimi
che questo posto sarà complice delle nostre fughe
d'amore"
“Sta
rischiando seriamente di farmi innamorare ancora più di lei,
signor
Strife” gli sussurrò Axel a fior di labbra,
specchiandosi in
quegli occhi sempre freddi e distaccati, pronti a sondare i misteri
più oscuri che si annidano nell'animo umano, pronti a
spogliarti di
ogni convinzione, quegli occhi sempre così riflessivi e
malinconici
eppure adesso carichi d'amore.
“L'amore
è nell'aria stasera” sorrise il
biondo accarezzandogli una guancia e stringendosi forte a lui.
*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.
Stringevo
convulsamente quella mano troppo grande nelle mie nella speranza di
ricevere una risposta. Ricordo che stavo cantilenando qualcosa in
preda al panico mentre le lacrime scendevano calde e incontrollate
sulle mie guance. Volevo che aprisse gli occhi e che tutto quello che
stava succedendo fosse solo un gioco, volevo che si rialzasse e mi
abbracciasse forte, volevo che non ci fossero quelle urla attorno,
volevo che tutto finisse, volevo...
“Mamma...”
soffocai un singulto e mi strinsi di più al suo corpo privo
di
sensi.
Fui
improvvisamente sollevato da una forza a me troppo conosciuta e il
mio viso fu premuto contro una superficie calda e morbida.
“Stai
tranquillo, Cloud” sapevo già a chi apparteneva
quella voce
vellutata e fin troppo calma “Andrà tutto
bene”
“No!
Lasciami andare” tentai di divincolarmi e dimenarmi alla
meglio, ma
la sua forza era come di mille volte superiore alla mia, dopotutto,
secondo mio padre, lui era uno dei migliori soldati al mondo
“Voglio
la mamma... perché non apre gli occhi?... mamma!”
piagnucolai
alzando questa volta la voce, non sopportando l'idea di essere stato
separato da lei.
“Lei
non tornerà, Cloud. E sai di chi è la
colpa?” mi chiese
bloccandomi il mento con una mano e i suoi freddi occhi felini si
specchiarono nei miei “Di tuo padre. Se lui non mi avesse
abbandonato ora non sarei stato costretto a fare tutto questo. Lo
avrei reso felice, saremo stati tutti più felici”
lo vidi
contrarre il volto e il suo tono si inasprì d'un tratto
“Adesso
però ho te. Saremo soli e felici... però...
però devo prima
togliere di mezzo anche lui”
Serrai
gli occhi nella speranza di alienarmi dal mondo e ritornare a quel
pomeriggio prima, quando io e mia madre stavamo preparando assieme
una torta.
“Che
diavolo hai fatto? Sephiroth... tu-”
Una
voce sconosciuta mi riportò alla realtà e quando
aprii gli occhi
potei ben leggere la paura e l'agitazione inondare gli zaffiri che
stavano fronteggiando Sephiroth.
Non
so come o quando ero stato lasciato andare e avevo sfruttato
l'occasione per schiacciare di nuovo il mio corpo contro quello
inerme di mia madre.
“Che
cazzo ci fai tu qui? Dov'è lui?”
Le
urla di Sephiroth in risposta mi spaventarono a tal punto che sentii
le lacrime pizzicarmi ancora agli angoli degli occhi ma non riuscii a
trattenerle più di tanto, scoppiai di nuovo a piangere
quando lo
vidi estrarre di nuovo la sua lunga spada. Non capivo cosa stava
succedendo, quel gioco non mi stava più piacendo. Volevo che
mia
madre si svegliasse e iniziasse a ridere e prendermi in giro
perché
i bambini grandi non piangevano.
“Non
solo lui ti ha strappato dalle mani la donna che hai sempre amato, ma
non si è degnato neanche di mostrarsi e venire a salvarla
nel
momento di bisogno... Come fai a considerarlo ancora un
amico?”
“Amare
una persona significa essere felici solo per il fatto che essa
è
felice. Non tutti al mondo siamo così egoisti, Sephiroth,
è questa
la caratteristica che contraddistingue me da uno come te”
“Il
tuo altruismo mi fa salire l'acido, Zack Fair”
Un
commento sprezzante e poi il suono metallico delle spade che
sferzavano l'aria e si incrociavano.
Avevo
il volto affondato nei capelli castani di mia madre ma quando riaprii
gli occhi, dopo un tempo che a me parve infinito, alzai il viso e
l'unica cosa che vidi fu un'immensa cascata cremisi e un corpo
afflosciarsi a terra, in lontananza il volto sconvolto di mio
padre.
“Cloud,
tu sei...il mio lascito vivente... Il mio onore, i miei sogni... sono
tuoi ora”
“Zack
no!”
Di
Sephiroth non c'era più alcuna traccia.
*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.
Roxas
si svegliò con le proprie urla che gli fracassavano i
timpani.
Infinite goccioline di sudore imperlavano le
sue
tempie pulsanti e le mani, anch'esse sudate, stringevano
convulsamente la coperta appoggiata sul suo corpo tremante. Il cuore
batteva così forte che sembrava volesse scoppiargli in petto
e il
respiro si faceva sempre più affaticato via via che
acquistava
maggior coscienza di sé.
Era successo un'altra
volta.
Ancora una volta aveva sognato qualcosa,
immagini
frammentate e volti sfocati turbinavano vorticosamente nella sua
testa, ma come sempre non ricordava nulla. A dire il vero non
ricordava neanche di essersi addormentato e ora che vagava con lo
sguardo attorno a sé riconobbe l'ambiente in cui si trovava
come la
vecchia stanza di Axel. Oh, era appena comparso anche il
rosso.
“Rox!”
esclamò preoccupato quest'ultimo
sbattendo la porta aperta, catapultandosi verso il letto dove giaceva
il proprio ragazzo e afferrò la sua mano“Non ti
senti bene?”
Il
biondo lo guardò con occhi spalancati, ancora un po'
frastornato.
“Cos'è
successo?” proferì con
un fil di
voce stupendosi di essere ancora così scosso.
Axel lo
studiò velocemente per accertarsi che fosse tutto apposto e
poi
parlò di nuovo “Vuoi che chiami i tuoi genitori o
un'ambulanza?”
Ma l'altro lo fermò ancorando la
propria
mano sul suo polso e lo pregò tacitamente di non lasciarlo.
Prese
profonde boccate d'aria per regolarizzare il proprio battito cardiaco
e si fece passare le pillole appoggiate sul comodino, ci mise una
decina di minuti per riprendersi dallo shock iniziale ma quando si
sentì meglio abbozzò un debole sorriso, che
però crollò quando
vide l'espressione dell'altro.
“Cosa... cosa è
successo?”
ripeté di nuovo, questa volta con un tono più
udibile.
Axel
era rimasto tutto il tempo immobile, in paziente attesa di un cenno
dell'altro.
“Hai iniziato a strillare e
dimenarti nel
sonno, chiamavi sempre tua madre...” rispose mordendosi un
labbro
“Io ero andato a dormire nella stanza degli ospiti... quando
ho
sentito le tue urla sono subito corso qui”
“Mia madre?”
domandò Roxas aggrottando le sopracciglia dorate quando
l'altro
confermò con un cenno del capo. Questo era strano,
perché mai
doveva chiamare sua madre? Non voleva di certo passare per un bambino
che aveva paura di stare lontano da casa, chissà che brutta
figura
ci aveva fatto.
“Sarà stato un brutto
sogno...”
offrì
Axel ammorbidendo l'espressione e scompigliandogli i capelli
“Ti
senti meglio adesso?”
“S-sì... mi dispiace
averti
svegliato... e fatto preoccupare” mormorò l'altro
addolorato.
“Non preoccuparti, l'importante
è che tu stia
bene. Vuoi un po' di latte caldo?"
Il biondo però scosse il
capo, Axel sorrise e gli lasciò un bacio sulla
fronte.
"Allora
torna a dormire, domani ci aspetta la mostra di Naminé,
sarebbe poco
carino da parte tua se di addormentassi davanti ai suoi
quadri”
ridacchiò Axel alzandosi.
“No, aspetta!”
“Che
cosa c'è?”
“Rimani” Roxas si
alzò sui gomiti e
puntò
lo sguardo verso il più grande.
“Roxy... non credo che
sia il caso, devi riposare”
“Per piacere, rimani con
me”
lo interruppe prima che potesse dire altro “Io... voglio
stare qui
a letto con te... non intendo fare sesso...
solo... solo dormire. Insieme, sotto le coperte, nel tuo letto. Con
le mie mani sul tuo petto e le tue braccia attorno a me. Con la
finestra socchiusa, così fa freddo e noi dobbiamo
raggomitolarci
vicini e coccolarci. Senza parlare, addormentati, beatamente
felici... ho bisogno di sentirti fisicamente accanto a me e protetto
dal tuo amore”
Axel rimase imbambolato per quasi un intero
minuto, inizialmente non aveva capito la sua richiesta – a
dire il
vero credeva che il sonno gli stesse giocando brutti scherzi. Lui era
andato di proposito a dormire in un'altra stanza proprio per non far
pensare male di sé al piccolo biondo. Pensava che fosse un
ragazzino
timido e con una rigida moralità, del tutto incompatibile
con la sua
precedente vivace vita
sessuale, eppure ancora una volta era rimasto piacevolmente stupito
dalla sua richiesta.
“Vado... vado a spegnere le
luci”
Roxas annuì e
sbadigliò in attesa del suo
ritorno,
il suo sguardo si posò su una figura in piedi nell'angolo
più
remoto della stanza.
“Eccomi qui, Roxy”
Axel
ritornò quasi subito e scostò le coperte per
infilarsi nel letto,
le luci erano spente e non si riusciva a vedere bene ma notando che
l'altro non gli aveva risposto, inarcò un sopracciglio
interrogativo. Non era la prima volta che lo scorgeva a fissare il
vuoto, a volte lo faceva anche per un tempo relativamente lungo
quindi non si preoccupò più di tanto, solo si
chiedeva se lo
ascoltasse realmente in quei momenti. Prese il biondo tra le proprie
braccia e iniziò ad accarezzargli la schiena mentre
attendeva che il
sonno si impossessasse nuovamente di loro.
Dal canto suo
Roxas non poteva fare a meno di fissare quella silenziosa presenza,
era inquietato al saperla lì immobile, relegata in un
angolino, con
il suo sguardo posato su di sé, ma al tempo stesso si
sentiva
rassicurato proprio come se fosse sua madre a vegliare su di
lui.
“Mi farai compagnia
finché non mi sarò
addormentato?” spezzò il silenzio che era
alternato solo ai
profondi respiri del corpo accanto al suo, anche se la sua domanda
non aveva un destinatario in particolare.
“Ma certo. Ci
sono io qui per te, Roxy”
“Non
preoccuparti, una madre premurosa vigila sempre
sull'incolumità dei
propri figli”
•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•
¹ Troverò
il posto in cui ti nascondi
Sarò l’alba della tua notte
peggiore
L’unica cosa che hai lasciato in una vita
Ucciderei
per te, è sicuro
Se è questo che vuoi
Metterò il tuo veleno
nelle mie vene
Dicono che l’amore migliore è pazzo
Accenderò
il tuo fuoco fino al mio ultimo giorno
Lascerò i campi bruciare
intorno a me, intorno a me
[One
Republic - What You Wanted]
|
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Capitolo 15 *** Happy Endings are stories that haven't ended yet ***
15
Viva
la Vida
Nei
capitoli precedenti
"Axel ti fa del bene, vorrei
che parlassi con lui e
ti sfogassi. Non dovrai dirgli tutto subito se non te la senti
però sarebbe un buon inizio dirgli dei tuoi turbamenti
interiori
o delle tue paure, quello che vuoi... o anche di Xion. Però
ti
chiedo di aprirti, in qualsiasi modo tu voglia... e prendi il tuo tempo
per riposare" gli sorrise aiutandolo ad alzarsi dal divanetto e andando
insieme in salotto dove era seduto Cloud intento a leggere il giornale
"Vedrai che ti capirà, lo si legge nei suoi occhi. Quel
ragazzo si butterebbe nel fuoco per te"
Il
suo sguardo fu poi rapito da una presenza al centro del parco giochi.
Vi era una giovane donna vestita in un lungo abito bianco dalle
ricche decorazioni dorate, la sua pelle era diafana come la prima
neve di Dicembre, i suoi capelli erano biondi e luminosi, e se ne
stava lì, immobile, con il suo sguardo acquamarina posato su
Roxas.
Questi
strizzò gli occhi per mettere a fuoco la figura e trattenne
il
respiro, sentendo una sensazione indefinibile alla bocca dello
stomaco. Voleva chiederle cosa ci facesse in mezzo a quella
desolazione, perché stava da sola e cos'era tutta quella
malinconia
che lo stava assalendo così all'improvviso ma dalla sua
bocca non
uscì alcun suono.
“Non
dimenticare, Roxas”
“Cosa...
cosa è successo?” ripeté di nuovo,
questa volta con un tono più
udibile.
Axel
era rimasto tutto il tempo immobile, in paziente attesa di un cenno
dell'altro.
“Hai
iniziato a strillare e dimenarti nel sonno, chiamavi sempre tua
madre...” rispose mordendosi un labbro “Io ero
andato a dormire
nella stanza degli ospiti... quando ho sentito le tue urla sono
subito corso qui”
“Mia
madre?” |
#
15. Happy Endings are stories that haven't ended yet
"Ehi
prep"
"Hmm?"
"Stammi bene eh?"
Un
caldo sussurro gli sfiorò il collo e un tocco delicato delle
labbra
appena appoggiate sulla sua tempia. Era un ricordo così
soffuso che
aveva quasi paura di averlo sognato e quando aprì di nuovo
gli occhi
era scesa la sera. Il crepitio del fuoco nel camino era l'unico suono
che spezzava l'irreale silenzio in cui era immerso il salone in cui
si trovava. Tutte le luci erano spente, le uniche illuminazioni
provenivano dal camino davanti a lui e dal televisore ancora acceso
ma impostato su muto.
Suo fratello si era addormentato, come
sempre, con la guancia appoggiata sulla sua spalla e un grande plaid
era appoggiato sui loro corpi riversi sul divano, dovevano essersi
addormentati a metà strada del terzo film che si erano
sparati quel
pomeriggio assieme ad Axel e Riku.
A proposito, ora che ci
pensava la stanza gli sembrava troppo vuota.
Afferrò
subito il cellulare dalla tasca della felpa e sorrise quando vide di
aver ricevuto un messaggio.
23.34
Io
e Riku siamo tornati a casa, tu e Sora eravate così carini
mentre
dormivate che abbiamo preferito non svegliarvi. Ci vediamo domani a
scuola xxx
Gli
augurò la
buona notte, ripensando a quanto fosse stato fortunato ad aver
trovato una persona come Axel, e mise via il cellulare. Era
passato un mese da quando lui e il rosso si erano baciati per la
prima volta in quel campo lontano da tutto e da tutti e da quel
giorno la sua vita aveva subito una svolta radicale. Non che non
fosse una cosa strana, ormai era abituato ai cambiamenti, agli
imprevisti, ma nessuno di essi era mai stato tanto positivo. Con Axel
era stato tutto così inaspettato, grazie a lui ora riusciva
a
percepire l'essenza delle cose da una prospettiva diversa che non
fosse sempre triste e realista. A volte si sentiva leggero e allo
stesso tempo appesantito dalla felicità proprio come tanti
anni
prima: con Xion aveva provato quasi le stesse emozioni ma non
così
forti, sapeva che questa volta erano vive e reali. E quando si
domandava il motivo di questa strana sensazione non riusciva a capire
se era conseguenza dell'avere
qualcuno al proprio fianco o
era semplicemente Axel e
basta. Sora invece gli aveva offerto una sentenza diversa, l'aveva
scrutato con sguardo meditante e alla fine aveva scrollato le spalle
come se fosse la cosa più ovvia del mondo "Beh, sei
innamorato". Roxas si era limitato ad accennare un sorrisetto a
quella risposta, l'innamoramento era sempre stato un concetto
così
lontano per lui, sembrava quasi un controsenso per la sua esistenza
che aveva sempre definito platonica,
eppure quella definizione gli sembrava la più adatta al
momento.
All'inizio non si era avvicinato ad Axel per
interesse ma
voleva solo riuscire a carpire qualche informazione in più
su Xemnas
e i suoi spostamenti - in realtà non aveva neanche dovuto
decidere
chi scegliere, la risposta gli era venuta naturale: Larxene sarebbe
stata la candidata ideale perché la conosceva, per modo di
dire, e
perché si era trovata nella sua stessa situazione,
però era stronza
e non avrebbe mai accettato di collaborare con nessuno. Marluxia era
un candidato abbastanza interessante: sembrava un tipo frivolo ma in
realtà sapeva più di quanto volesse far vedere,
però era stato
subito scartato perché aveva visto il modo in cui guardava i
ragazzi
e come aveva guardato anche lui un paio di volte... inoltre lo aveva
anche riempito di pugni (anche se forse un po' se l'era cercata).
Tutti gli altri semplicemente non andavano bene: Demyx era tonto e
parlava troppo, Lexaeus era l'opposto e non parlava affatto, Xigbar e
Xaldin erano degli idioti, Luxord sembrava interessato solo alle
donne e alle carte, e Saix non era neanche da prendere in esame.
Riguardo ad Axel, invece, Roxas non aveva mai potuto mettere
in
discussione il suo animo gentile, sebbene si fosse
più
volte presentato come un beota egocentrico e con il cervello dalla
forma di un pallone da basket. Forse era stato l'unico a vederlo,
eppure sapeva che quella bontà era sempre stata
lì, celata dalla
paura di esporsi troppo al mondo.
Roxas aveva compreso il
comportamento del suo amante e non aveva mai avuto il coraggio di
criticarlo perché il disinteresse era una protezione, una
sorta di
scudo, una campana di vetro. La verità era meschina, avrebbe
potuto
distruggere tutto, e questo era uno dei motivi per cui Roxas aveva
sempre avuto il terrore di farsi coinvolgere troppo da Axel: non
voleva farlo soffrire, non se lo meritava.
Da quando poi si
erano messi insieme, il più grande era cambiato totalmente.
Era
diventato attento e premuroso, l'esatto contrario del teenager
scapestrato che era stato fino a un paio di mesi prima. E questo
cambiamento non si era manifestato solo nei confronti di Roxas. Negli
ultimi tempi Axel era sempre così presente che sua madre,
Aerith,
aveva iniziato a considerarlo ormai come un membro della famiglia, lo
vedeva quasi come un figlio, ed era riuscito a legare anche con i
sospettosissimi Sora e Riku.
Roxas non poteva dirsi più
felice, avrebbe desiderato che la sua vita fosse sempre
così. La
malattia, la vendetta e tutte le altre cose non erano dei problemi
insormontabili se al suo fianco ci fosse stato sempre Axel,
però...
"Terra chiama Roooxaaas!"
Una voce
squillante lo fece trasalire e d'istinto si aggrappò al
cuscino,
doveva aver assunto un'espressione a dir poco scioccata
perché Sora
aveva iniziato a ridere ossessivamente.
"Oddio Rox, avresti
dovuto vedere la tua faccia di puro terrore!" fece il castano
punzecchiandolo sulla spalla.
Roxas fece una smorfia irritata e si
scrollò l'altro di dosso "Che diavolo fai?"
"Lo
stavi facendo di nuovo" rispose Sora.
"Facendo
cosa?"
"Pensando. Pensavi così tanto che
credevo ti
fossi trasformato in una statua!"
"Che idiota che sei"
Roxas abbozzò un sorrisetto e si stiracchiò "Sei
sveglio da
molto?"
L'altro scosse il capo "Da un paio di
minuti. Riku e Axel se ne sono andati da tanto
tempo?"
"Un'oretta più o meno. Adesso
però penso che
sia ora di andare a letto altrimenti domani faremo tardi a
scuola"
Sora annuì e si alzò
per andare a spegnere il
fuoco
nel camino, Roxas invece socchiuse gli occhi, in attesa, e si
concentrò sulla figura del fratello riflessa nel lucido
pavimento di
marmo.
"Sor?" lo chiamò dopo un po'.
"Dimmi"
l'altro lo guardò da sopra la spalla senza però
voltarsi.
"Io..."
iniziò ad articolare in cerca delle parole adatte,
dopo qualche
istante di silenzio però si morse un labbro e
abbassò il
volto. Suo fratello si girò interessato e gli chiese cosa
volesse
dirgli, ma Roxas sospirò e scosse il capo, dopotutto avrebbe
potuto
attendere "Sono felice che stai con Riku"
Sora rimase
quasi stupito dall'uscita del fratello così di punto in
bianco,
tant'è che non rispose subito, si prese giusto il tempo di
finire di
occuparsi della cenere nel camino.
"Anche io"
mormorò una volta terminato il suo lavoro "Il solo
sapere
che lui è sempre lì mi rende felice, e sono grato
del fatto che tra
noi non sia cambiato niente... all'inizio avevo paura che tutto
potesse essere diverso o imbarazzante ma alla fine facciamo sempre le
stesse cose di prima, l'unica differenza è che ora ci sono i
baci"
"E il sesso" lo interruppe Roxas con un tono
che voleva imitare quello di Axel.
"Eddai scemo!" rise
imbarazzato il castano sentendo le proprie guance avvampare.
"Se
ci fosse stato Axel avrebbe detto la stessa cosa, solo che lui ti
avrebbe messo dieci volte più in imbarazzo"
sogghignò il
biondo mettendosi meglio sedere sul divano "Tuttavia non voglio
conoscere ulteriori dettagli della vita sessuale di mio fratello,
quindi la parentesi si chiude qui"
Sora si rimise in piedi
continuando a ridere, una volta posati gli attrezzi del camino, si
pulì le mani sul pantalone e accese la luce, senza
però ribattere
al precedente commento.
"Se avessi saputo che la persona
destinata a starmi accanto fosse stata Riku penso che mi ci sarei
messo il giorno che l'ho conosciuto"
"Meglio tardi che
mai, no?"
A Roxas si scaldò il cuore nel
vedere quel caldo
sorriso che ornava il viso di Sora ogni volta che parlava del ragazzo
dai capelli argentei, era una cosa che non gli aveva mai visto fare
quando si era preso quella cotta per Kairi.
"E io sono felice
che tu stai con Axel" disse Sora dopo qualche minuto di
religioso silenzio, tornando a sedersi sul divano e passando un
braccio attorno alle spalle del fratello che lo guardò con
la coda
dell'occhio, ma lui ignorò di proposito lo sguardo e
ridacchiò "Io
e Riku gli abbiamo dato del filo da torcere"
"Tu in
particolare" ribadì il biondo, non tanto entusiasta.
"Dovevo
assicurarmi che le sue intenzioni fossero serie" si difese
alzando le mani. La sua paura più grande era sempre stata
che Roxas
potesse trovare qualche altra amicizia malsana che avrebbe potuto
allontanarlo ancora una volta da lui e dalla sua famiglia, proprio
come aveva fatto in passato quella Xion. Quella ragazzina non gli
aveva mai fatto né caldo né freddo,
però quando aveva iniziato ad
accorgersi che suo fratello le stava dedicando troppe attenzioni
aveva iniziato ad odiarla. La odiava perché era geloso che
Roxas
passasse più tempo con Xion invece che con lui,
però allo stesso
tempo era felice per lui perché per la prima volta aveva
trovato
un'amica che non fosse lui o Riku o Kairi.
Poi era successo
quel che era successo.
"E ti sembra serio?" ridacchiò
Roxas risvegliandolo dai suoi pensieri.
"Abbastanza!"
gli rispose con un sorriso a trentadue denti "Non è da tutti
i
giorni avere un fratello, un fidanzato e anche un cognato con
cui passare i pomeriggi interi a giocare ai videogiochi"
"Scemo
non siete cognati"
"Teoricamente sì"
A quel
punto Sora si lasciò cadere con la schiena e
appoggiò la testa
sulle cosce di Roxas, quest'ultimo spostò la cannula
dell'ossigeno
di lato così che non desse fastidio al fratello e
iniziò ad
accarezzargli i capelli. Negli ultimi tempi i due non avevano passato
molto tempo insieme e la cosa gli era mancata un po'. Avrebbe dato
qualsiasi cosa pur di rimanere sempre vicino alle persone a lui care,
tranquillo e spensierato come in quei momenti in cui si lasciava
andare con Sora, però ogni volta che pensava ai momenti
felici non
poteva fare a meno di ricordare che lui era una bomba a orologeria
che presto sarebbe scoppiata e avrebbe procurato solo altra
sofferenza.
"Vorrei che fosse sempre così,
sai?"
mormorò Sora come se gli avesse letto nel pensiero.
"Così
come?"
"Io, tu, Riku e Axel. Insieme come quattro
normali liceali alle prese con la vita quotidiana... i cui unici
problemi sono solo avere tutte le sufficienze, vincere le partite,
cercare di venire bene nella foto dell'annuario e diplomarci tutti
insieme..." spiegò con voce languida socchiudendo per un
breve
istante gli occhi e inalò a fondo "Sì, sarebbe
bello"
Roxas
aggrottò la fronte e serrò le labbra, senza osare
proferire parola,
e lasciò la conversazione cadere lì.
Rimasero in quella
posizione qualche altro minuto ancora, poi decisero che si era fatto
tardi e si diressero al piano superiore per andare a letto. Sora
aiutò il biondo a portare il carrellino dell'ossigeno su per
le
scale e lo accompagnò fino alla sua stanza per sistemarlo in
vista
della notte quando si accorse che lo sguardo del fratello era perso
tra quelle fotografie che navigavano nella parete, poco sopra il
letto. Ormai a furia di studiarle, Sora le aveva imparate a memoria,
era sicuro che, se ne fosse stato capace, avrebbe potuto ridisegnarle
ad occhi chiusi. Le conosceva a memoria eppure rivederle gli
provocava sempre una grande tristezza nonostante non avesse mai
conosciuto di persona Xion. L'aveva odiata perché era a
causa sua se
la vita di suo fratello stava andando a rotoli, però dentro
di sé,
anche se in minima parte sapeva che la ragazzina non era del
tutto colpevole.
"Rox..." sussurrò a bassa voce
per non
svegliare nessuno ma l'altro non ripose, era ancora immerso nelle
fotografie, così provò a chiamarlo di nuovo e
questa volta sembrò
riuscire nel suo intento.
Roxas posò i suoi occhi blu sul
fratello e constatò che quest'ultimo aveva il volto basso.
"Tu...
non..." balbettò, poi alzò lo sguardo e lo
guardò
attentamente "Staremo sempre insieme, vero?"
Il biondo
rimase sconvolto da quella domanda, erano poche parole ma intrise di
angoscia, paura, agitazione, ansia, nervosismo. Avrebbe voluto
rispondergli affermativamente, che adesso andava tutto bene e che
niente li avrebbe più separati.
C'era sempre quel
però che
lo perseguitava.
L'unica cosa che poteva fare era ingannare
quella
snervante attesa di quel limbo in cui si trovava, beandosi di
quell'effimera beatitudine che provava con il calore delle persone
che amava.
Con volto basso Roxas si avvicinò
al fratello e
andò
alla ricerca della sua mano, senza dir nulla lo portò nel
letto con
sé e lasciò che si raggomitolasse contro il
proprio petto, lo
racchiuse tra le sue braccia e nascose il proprio volto nell'incavo
della spalla dell'altro. Senza dir nulla, aspettando che il sonno
s'impossessasse di loro.
*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.
"Quella
Larxene mi mette i brividi!" borbottai di punto in bianco
riemergendo dalla coppa di gelato su cui avevo riversato tutta la mia
attenzione negli ultimi minuti, a quella mia affermazione Xion
piegò
il capo di lato con fare interrogativo.
"Ogni volta che mi
vede sembra sul punto di volermi incenerire con lo sguardo"
spiegai a quel punto, enfatizzando con il cucchiaino che avevo in
mano "Sei sicura che non mi odi?"
La vidi appoggiare il
mento sul palmo della mano e mi specchiai nei suoi occhi blu,
sembrava intenta a soppesare il valore della domanda che le avevo
appena posto.
"No, prep... però sono
sicura del contrario"
confermò alla fine, concedendosi un altro sorso del suo milk
shake
alla fragola.
"Bene..." assodai con tono
tutt'altro che
entusiasta, mi appoggiai allo schienale della panca e incrociai le
braccia al petto, tutto d'un tratto mi era passata la
fame.
"Effettivamente Larxene ti odia.
Però tu sei l'unico
al quale non torcerebbe mai un capello perché gliel'ho fatto
promettere... tu per me sei troppo importante" Xion mi sorrise e
mi studiò a lungo come era solita fare, poi
allungò una mano per
asciugarmi una macchia di gelato che mi era rimasta al lato della
bocca e si portò il dito alla bocca con fare malizioso,
eppure
sapevo che di malizia nel suo gesto non ce n'era.
Le presi
il polso e racchiusi la sua mano nella mia e sorrisi. Xion per me era
Xion e basta, era tutto quello di cui sapevo di aver bisogno in quel
momento. Quando sorrideva sapevo che era triste e quando cercava di
essere forte sapevo che in realtà era più fragile
di quanto potessi
immaginare. Con il lavoro che faceva, Xion era cresciuta troppo in
fretta, alcune occhiate, alcuni gesti per lei erano
diventati del tutto quotidiani. Però a me andava
bene così
perché sapevo che
dietro tutta quella sua esperienza si celava ancora l'innocenza di
una ragazzina di quattordici anni.
"Oggi non mi va di va di
vedere gli altri... andiamo alla villa? Ho lasciato qualche scorta
per te lì" dissi poco dopo ma lei scosse il capo e
abbassò lo
sguardo.
"Sai... credo proprio che non ci
sarò"
"Hai
da fare? Se vuoi rimandiamo a domani"
Vidi Xion
sospirare profondamente e socchiuse gli occhi prima di puntarli
nuovamente su di me "No... quello che intendevo è che non ci
vedremo per un po' "
Io rimasi in silenzio, incapace di
controbattere, mentre lei mi diceva ancora una volta che a casa sua
andava male, avevano bisogno di altri soldi perché sua madre
era
stata ricoverata d'urgenza in ospedale e le spese mediche costavano
troppo. Era sempre la stessa storia, mi chiedevo come mai non avesse
già fatto i bagagli e non fosse fuggita lontano.
"Tu... tu
assicurati solo di farmi trovare un bel regalo
di bentornata
quando
torno"
mi sussurrò con dolcezza passandomi una mano tra i capelli,
prima di
alzasi dal tavolo.
"Ti farò trovare
qualcosa di buono..."
risposi sommessamente abbassando il volto, sperando che non si
accorgesse del mio cambio d'umore improvviso. Nonostante questo
però
lei si avvicinò pericolosamente, tanto che potevo sentire il
suo
caldo respiro contro la mia pelle.
"Ehi prep"
"Hmm?"
"Stammi
bene eh?"
Mi baciò delicatamente
la tempia e sparì dalla
mia vita per interminabili settimane.
*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.
Quel
giorno Axel si sentiva felice, e non perché il coach aveva
appena
comunicato a lui e agli altri che la prossima squadra che avrebbero
fronteggiato nella prossima partita sarebbe stata una delle
più
semplici da battere, o perché Reno aveva deciso di portare
la loro
relazione padre-figlio a un nuovo livello preparando la colazione con
toast e pancakes. No. Il motivo per cui si sentiva così
felice era
che Roxas, dopo un mese di assenza, quel giorno
sarebbe finalmente tornato a scuola e avrebbero
potuto
seguire le lezioni insieme proprio come facevano prima.
"Se
non ti vedessi con i miei occhi non riuscirei mai a credere in questo
tuo cambiamento!"
Nell'udire
quella voce fin troppo conosciuta, il rosso fece per chiudere
l'armadietto ma una mano bloccò lo sportello a
metà.
"Ohh
cos'abbiamo qui" cinguettò Yuffie allontanando Axel con una
spinta per avere una migliore visuale della fotografia che era stata
attaccata con lo scotch sulla parete dell'armadietto. Erano ritratti
lui, Roxas, Sora, Riku, al centro c'era Naminé. Doveva
essere stata
scattata il giorno dell'inaugurazione della mostra della biondina
perché erano vestiti tutti estremamente eleganti e
dietro di
loro erano esposti alcuni quadri. Erano tutti sorridenti, anche se la
più felice era ovviamente Naminé.
"Ehi chi ti ha dato il
permesso di guardarla!" sbottò Axel chiudendo malamente lo
sportello.
"Capirai" fece spallucce la ragazza con una
risatina "Come se non avessimo già visto le foto sui
giornali"
Il rosso borbottò un dissenso e
si grattò con una
mano dietro la nuca "Allora che cosa vuoi? Di che cambiamento
parlavi?"
La ragazzina gli fece la linguaccia e
aprì il
proprio armadietto per prendere i libri di cui aveva bisogno.
"Il
tuo cambiamento, no? Da quando ti sei messo con Roxas sei diventato
completamente un'altra persona"
"Ma non è vero"
"Certo
che è vero" lei rise e chiuse la zip della borsa, voltandosi
di
nuovo verso l'altro "Hai costantemente lo sguardo da innamorato
perso"
Axel arrossì violentemente e si
abbassò per
prendere
lo zaino per metterselo in spalla "Cosa vai dicendo... non è
cambiato proprio niente"
"Eravate proprio carini in
quella foto!"
"Piantala" grugnì e per sua
fortuna la moretta non poté continuare a infastidirlo
perché
proprio in quel momento udì qualcuno chiamare il suo nome.
Si girò
alle sue spalle e vide Leon venirgli incontro.
"Leon, hai
bisogno di qualcosa?" domandò perplesso.
L'uomo lo studiò
giusto un paio di secondi con serietà prima di parlare "Hai
dieci minuti a disposizione?"
L'ufficio di Leon era una
stanzetta piccola ma abbastanza ariosa, con le pareti azzurre, una
piccola libreria, due poltroncine e una scrivania piena di
scartoffie; il mobilio era ridotto all'essenziale però
quell'ambiente gli trasmetteva una pace irreale nonostante il
nervosismo che l'aveva assalito nel momento in cui aveva adocchiato
Cloud appoggiato al muro.
"Che cosa significa questo?"
chiese sulla difensiva, non sapeva perché ma aveva come
l'impressione che quella piccola riunione non gli sarebbe piaciuta
affatto.
Cloud rimase immobile con le braccia
conserte e non
sembrava propenso a voler cominciare qualsivoglia tipo di
comunicazione, Leon invece non rispose subito, chiuse la porta
dell'ufficio a chiave, poi si diresse alle finestre che erano ai lati
della scrivania e chiuse le tapparelle orientabili in modo che non
rimanesse altro che penombra.
"Axel, siediti" vociò
dopo un tempo che al rosso parve un'eternità, l'uomo,
però, notando
la sua diffidenza si affrettò subito a continuare "Stai
tranquillo, vogliamo solo parlare. Ho chiuso porta e tapparelle
perché non voglio che qualcuno possa disturbarci,
è una discussione
privata"
"Io... non ho fatto niente" si difese
subito il ragazzo spostando nervosamente lo sguardo da Leon a Cloud e
viceversa.
"Lo sappiamo"
"... riguarda
Roxas?"
"Esatto"
A quel punto il rosso
sospìrò
e si lasciò cadere sulla poltrona, era sollevato che il
signor
Strife non gli fosse seduto accanto ma era rimasto in piedi accanto
alla scrivania.
"Axel, tu sai che io e Roxas parliamo
periodicamente?" cominciò il castano accomodandosi sulla
propria sedia.
"Sì"
"E sai anche per quale
motivo?"
Axel inarcò le sopracciglia e si
passò una mano
tra i capelli rosso fuoco per ravvivarli "Beh... perché...
perché penso che per un ragazzo sia difficile fare i conti
con una
malattia come la sua"
Leon socchiuse gli occhi per un breve
istante prima di ritornare a guardarlo, come sempre la sua
espressione e il suo tono non facevano trasparire alcuna emozione
"Non è così"
"Ma Riku mi ha detto-"
"Tutti"
lo interruppe l'altro prima che potesse dire altro "Tutti
pensano che questo sia il motivo per cui lui ha bisogno di uno
psicologo... Riku di certo non sarebbe venuto a dirti tutti
gli
affari privati così gratuitamente, sono questioni delicate
che non
si possono dire al primo che si incontra. Gli unici che conoscono il
vero motivo siamo io, Cloud, Aerith, Sora e , appunto,
Riku. Tu invece
quanto sai della vita di Roxas?"
"Aspetta, che significa
quello che hai appena detto?" si intromise Axel con agitazione,
riflettendo sull’iniziare a preoccuparsi o no.
"Axel
rispondi alla mia domanda"
"Cosa vuoi che ti dica?"
sbottò irritato e in quel momento si sentì
perforato dallo sguardo
di Cloud. Cosa voleva che gli dicesse? Ora che ci pensava, lui
non sapeva assolutamente nulla della vita del biondo eppure aveva
sempre sospettato che nascondesse qualcosa di estremamente
importante.
"Tutto quello che sai" questa volta a
parlare fu proprio il padre del ragazzino in questione, e Axel
stentò
a credere al tono stranamente più dolce con cui aveva
proferito
quelle parole, in netto contrasto con il suo sguardo duro e
serio.
"Niente" sussurrò alla fine,
arrendendosi
all'evidenza "Non so niente"
Cloud cercò Leon con lo
sguardo e si scambiarono un'occhiata di assenso.
"Axel..."
pronunciò infine il biondo, concentrando di nuovo la sua
attenzione
sul rosso "Roxas ha vissuto degli avvenimenti che, diciamo, sono
stati decisivi, l'hanno segnato nel profondo. Negli anni passati la
sua salute mentale rasentava la stabilità, ha avuto varie
ricadute
emotive e..." si fermò giusto un momento per inspirare
profondamente "Una volta è stato ricoverato a causa di
un crollo
psicotico..."
la sua voce andò pian piano dissolvendosi, segno evidente
del suo
nervosismo e della sua angoscia, così fu Leon a riprendere
le redini
del discorso.
"Roxas non è pazzo, semmai te lo
stessi
chiedendo" gli assicurò "La sua mente,
Axel, è stata
per troppo tempo abusata. Il problema è che a causa dei
forti traumi
subiti in passato, il suo cervello ha spinto tutti questi ricordi in
un angolo remoto della sua coscienza. Aerith e Cloud si sono rivolti
a me perché ho sviluppato un po' di pratica anche
nell'ambito della
psicanalisi così da poter aiutare la sua guarigione con
l'esplorazione dell'inconscio"
Axel rimase in silenzio, anche
quando l'altro finì di parlare. Non sapeva cosa dire o cosa
pensare.
Perché gli stavano dicendo tutte quelle cose? E cos'era
successo a
Roxas da avergli procurato un simile crollo?
"P-perché..."
sussurrò solamente con un fil di voce.
"Ti sto dicendo tutto
questo perché-"
"Da quando sei arrivato tu Roxas
è
migliorato" si intromise Cloud, questa volta il suo tono era un
misto tra il deciso e il supplichevole "Non lo vedevo sorridere
così tanto da anni. È sempre tranquillo e di buon
umore, e anche le
sue crisi cardiache si sono ridotte notevolmente. Certo la sua salute
peggiora sempre ma in maniera meno graduale... tu...tu sei la sua
unica ancora di salvezza, sei quella stabilità di cui aveva
bisogno... sei una speranza di guarigione"
Il rosso aggrottò
la fronte e strinse i pugni in grembo "Cosa... cosa volete che
faccia?"
"Le memorie di Roxas presto arriveranno"
questa volta fu il castano a parlare "E tu sarai l'unica persona
con cui si confiderà. A quel punto dovrai venire a
riportarci tutto
quello che dice. Tutto. Ogni minima parola"
"Le
confessioni non sarebbero private?" replicò Axel vedendo lo
psicologo alzarsi e aggirare la scrivania per posizionarsi davanti a
lui.
"Generalmente lo sono, ma qui la situazione
è delicata.
Dobbiamo sapere cos'è successo in passato, abbiamo bisogno
di
informazioni. Qui non si tratta solo del benessere di Roxas, lui per
primo non è purtroppo più cosciente di varie
cose, qui si
parla anche del
benessere di tante altre persone. Se vuoi aiutarlo allora devi fare
come ti abbiamo detto"
Axel da parte sua rimase immobile,
pensieroso, e dilaniato da mille pensieri che vorticavano nella sua
testa.
Mantenere la segretezza delle rivelazioni di
Roxas ed
essere il suo confidente o tradire la sua fiducia per
salvarlo?
Quando Roxas lo vide arrivare nella
direzione del
gruppetto con cui si stava intrattenendo, agitò una mano per
salutarlo e sul suo volto si dipinse un ampio sorriso, il carrellino
dell'ossigeno era una silenziosa costante accanto a lui.
"Ehi
Ax, era ora che arrivassi!" mormorò abbracciando la vita del
rosso una volta che gli fu accanto.
"Ciao Rox" lo salutò
quest'ultimo passandogli un braccio attorno alle spalle e poi si
rivolse agli altri "Ehi ragazzi"
"Ehilà Rosso!
Certo che fa strano vedevi inisieme" commentò Vaan con un
sorrisetto impertinente.
"Vaan prima o poi tutti si danno una
regolata. Questa è stata la volta del nostro Axel di
crescere un
po'" replicò uno Zexion stranamente divertito.
"Sai,
credo che a quest'ora tutte le tue povere vittime staranno venerando
l'arrivo di Roxas e stappando bottiglie di champagne" fece eco
Tidus ridendo animatamente anche se il suo tono era più che
pungente.
"Dici che i giorni da tiranno sono finiti?"
continuò Vaan aggregandosi all'amico dai capelli color
miele.
"Ragazzi, basta così"
sospirò Zexion con
risolutezza, accorgendosi dello sguardo ora oscurato del rosso mentre
Roxas gli accarezzava una guancia senza dir nulla "Fareste
meglio a raggiungere le vostre classi o farete tardi"
I due
si lanciarono delle veloci occhiate, rendendosi conto di aver
esagerato con i loro commenti e si congedarono silenziosamente.
"Rox,
fammi sapere cosa vuoi fare riguardo al laboratorio di teatro"
si raccomandò Vaan prima di sparire assieme a Tidus nella
folla di
ragazzi che animavano il corridoio.
"Scusali, a volte non
pensano prima di parlare" mormorò il biondo tornando ad
abbracciare di nuovo il più grande una volta che erano
rimasti solo
loro due e Zexion.
"È tutto okay" gli
assicurò l'altro
accarezzandogli la schiena e affondando il volto nei suoi capelli
biondi, poi si voltò verso l'altro ragazzo "Grazie, Zexion"
"Di
nulla" annuì colui che Axel aveva sempre, tacitamente,
soprannominato l'emo-boy,
per via del ciuffo che gli ricopriva metà del volto. Fin da
quando
lo aveva visto arrivare, Zexion aveva notato una strana nota negativa
nell'umore di Axel ma aveva preferito far finta di nulla.
"Allora
Zex, piani per oggi?" Roxas intavolò una nuova
conversazione,
non essendosi accorto della tensione che aleggiava nell'aria e di
questo il ragazzo dai capelli color acciaio non poté che
essergli
grato.
"Oggi stavo pensando di andare a quella
nuova libreria
assieme a Demyx per-"
Ma non riuscì a terminare la
frase che
si sentì un urlo in lontananza seguito da pesanti falcate
che
affondavano rumorosamente nel pavimento e nel giro di qualche istante
Zexion fu atterrato da una creatura dalla capigliatura biondo cenere
e una felpa a strisce color arcobaleno. Non ci volle molto ad Axel ad
indovinare di chi si trattasse, dopotutto di tutte le persone che
conosceva solo una portava un simile taglio di capelli, si muoveva
come un elefante in calore ed era solito vestire Topman.
"Zexyyyy
mi sei mancato tanto! Credevo che sarei morto di vecchiaia durante
l'ora di storia" mugolò il nuovo arrivato strusciandosi
contro
il povero malcapitato, tra l'altro più basso di una manciata
di
centimetri.
"Parli del diavolo e spuntano le corna"
commentò Axel sorridendo beffardo sotto lo sguardo
impressionato del
suo piccolo biondo.
"Ma che cavolo..." fu tutto quello
che riuscì a dire Roxas mentre guardava attonito gli altri
due che
riguadagnavano una parvenza di compostezza.
"Ehi Ax!"
esclamò Mullet-man appena si accorse della presenza del
rosso e...
"E lui?" chiese correndo davanti a Roxas e lo scrutò con
occhi spalancati.
Il rosso guardò Roxas e
accennò un sorriso
"Lui è Roxas"
"Finalmente! Non sai quanto sono
felice di conoscerti!" il ragazzo più grande
gridò quasi
dall'emozione e prese il mento dell'altro biondo per esaminarlo
meglio oltre quel tubicino che portava in volto "Axel's Roxy
è
più carino di quanto immaginassi"
Axel's
Roxy?
Axel lo guardò
perplesso ma preferì non indagare ulteriormente la pazzia
del
proprio amico, così continuò con le
presentazioni, questa
volta rivolto verso Roxas "Mentre lui è il mio
amico
Demyx"
Roxas si allontanò dalla presa
dell'altro ragazzo e
lo salutò con tono piatto "Il piacere è mio
DemDem"
DemDem?
Axel
si ritrovò a inarcare nuovamente le sopracciglia nel giro di
pochi
secondi.
"Tuttavia mi dispiace contraddirti, tra me e
Axel
non c'è alcun legame di possessione quindi puoi
chiamarmi Roxy's
Roxy"
Demyx incrociò le
braccia e puntellò le dita sui gomiti "Roxy's Roxy
è la tua
coscienza individuale ma il tuo desiderio e la realtà dei
fatti dice
Axel's Roxy"
Roxas lo studiò per qualche
istante,
palesemente assorto.
"Quindi come per te è Zexy's
Dem?"
"Esattamente e viceversa!"
"Uhm...
Demyx's Zexy e Roxy's Axel... nice matching"
Zexion si
gustava lo spettacolo senza però lasciarsi coinvolgere
più di tanto
mentre invece Axel era sempre più sconvolto da quel discorso
insensato e dalla serietà con cui Roxas dava corda a Demyx.
Era come
se fosse stato escluso da qualcosa di molto importante.
Mullet-man
iniziò a saltellare e battere le mani iniziando a guaire
qualcosa
privo di senso, alla fine si aggrappò alle spalle del rosso
per
sostenersi.
"Ax... sento uno smisurato bisogno di
abbracciarlo e coccolarlo!"
"Ma neanche per sogno!"
"Ti
prego"
"Tu saresti capace di romperlo"
"Un
abbraccio piccino piccino"
"Zexion, riprenditi
quest'animale"
Demyx iniziò a piagnucolare
appendendosi
ad Axel che, nel mentre, cercava di scrollarselo malamente di dosso e
spingerlo tra le braccia di Zexion che intanto se la rideva sotto i
baffi. Roxas all'inizio era rimasto sconcertato dalla
vitalità di
quello stramboide di Demyx, di certo non era una persona normale
però
era un ragazzo che ti parlava con il cuore in mano. Sì, era
felice
che Zexion avesse trovato una così brava persona.
Intanto, in
tutto quel caos, il cuore di Axel scoppiò di gioia quando i
suoi
occhi si posarono sul suo biondino che se la rideva di gusto allo
spettacolino che gli stavano offrendo. Roxas era felice, le sue cure
sembravano procedere bene, il loro rapporto si stava fortificando
sempre di più, Sora, Riku, Demyx e Zexion avevano offerto il
loro
supporto morale e di Xemnas non vi era neanche l'ombra.
Tutto
sembrava andare per il meglio, ma quanto sarebbe durato?
•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•
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ricordate... e migliaia di morti.
Bei numeri... dovrei giocarmeli.
Grazie a Kronohunter25 che con grande pazienza mi sta
betando tutta la fic :3
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Capitolo 16 *** Eavesdropping all your White Lies ***
16
16
Viva
la Vida
Nei
capitoli precedenti
"Dov'è
Xemnas?"
"Cazzo Axel, non ci vediamo da settimane e la
prima cosa che mi chiedi è dov'è Xemnas?"
"In
effetti l'ho notato, lui è stato sospeso per tre settimane e
anche
tu sei sparito dalla circolazione per un bel po'. Che fine hai
fatto?"
"Devo assumere che tutte queste domande siano
dettate da una semplice preoccupazione per il nostro capo" Saix
si preoccupò di scegliere accuratamente le parole e
sapientemente
calcarle con la giusta intonazione per far capire ad Axel come voleva
che andassero le cose.
"Tutti pensano che questo sia il
motivo per cui lui ha bisogno di uno psicologo... Riku di certo non
sarebbe venuto a dirti tutti gli affari privati così
gratuitamente,
sono questioni delicate che non si possono dire al primo che si
incontra. Gli unici che conoscono il vero motivo siamo io, Cloud,
Aerith, Sora e , appunto, Riku. Tu invece quanto sai della vita di
Roxas?"
"Niente. Non so niente"
"Roxas ha
vissuto degli avvenimenti che, diciamo, sono stati decisivi, l'hanno
segnato nel profondo. Negli anni passati la sua salute mentale
rasentava la stabilità, ha avuto varie ricadute emotive
e..."
si fermò giusto un momento per inspirare profondamente "Una
volta è stato ricoverato a causa di un crollo psicotico..."
"Cosa... cosa volete che faccia?"
"Le memorie
di Roxas presto arriveranno" questa volta fu il castano a
parlare "E tu sarai l'unica persona con cui si confiderà. A
quel punto dovrai venire a riportarci tutto quello che dice. Tutto.
Ogni minima parola"
|
#16.
Eavesdropping all your White Lies
Quel
giorno Saix era di pessimo umore e niente avrebbe potuto
risollevarlo, anzi l'incontro fortuito con Axel e Demyx nel corridoio
della scuola sembrò peggiorarlo ancora di più. A
niente era valso
il tentativo dell'allegro Mullet-man di salutarlo, questi emise un
grugnito gutturale, non mancando però di lanciare una tacita
occhiataccia al rosso, e si affrettò a sorpassarli
senza
accorgersi che nella foga aveva spinto e fatto cadere due sfortunate
matricole che erano sul suo tragitto.
"Ma che gli sta
prendendo ultimamente?" domandò Demyx confuso mentre lo
guardava dirigersi a grandi falcate verso l'uscita.
Axel lanciò
un'occhiata alle due matricole che si allontanavano impaurite e
rimuginò un attimo prima di rispondere.
"Penso che mi odi"
disse con una scrollata di spalle si fermandosi alle macchinette
delle bibite per prendere qualcosa da bere. Ora che ci pensava era
proprio da tanto tempo che non andava in giro a importunare i poveri
ragazzi della scuola - da quando Roxas era entrato nella sua vita
tutte le stronzate che era solito fare sembravano non divertirlo
più.
Il biondo lo guardò con
interesse e poi sorrise malizioso
"È geloso di Roxas oppure l'hai sorpreso a letto con
Xemnas?"
"Ma che diav..." per poco Axel non si
strozzò con la cherry coke che aveva appena aperto
e fulminò
con lo sguardo Demyx che stava quasi piangendo dalle risate.
"Che
vai dicendo?!" sbraitò irritato colpendogli la spalla.
"Non
lo sapevi? Quei due se la intendono, una volta li ho anche scorti a
pomiciare selvaggiamente negli spogliatoi" rispose l'altro
gemendo per il dolore "Però mi hai fatto male"
"Così
impari a fare l'idiota" borbottò Axel tra un sorso e
l'altro.
Il pensiero di Saix e Xemnas in
intimità non
faceva una piega anche se gli faceva quasi venire da vomitare, questo
spiegava cosa facevano la maggior parte delle volte che sparivano...
ma com'era possibile che non se ne fosse mai accorto prima? Era
davvero così cieco e distaccato dal mondo?
"E cosa
c'entra Roxas?" fece dopo qualche secondo girandosi di nuovo
verso la macchinetta, inserì le monete e digitò
nuovamente il
codice per un'altra bibita fredda.
"Suvvia Ax, non sono mica
scemo. Non era una novità che tu andassi a letto con lui...
però
ora che ti sei trovato un Roxy così carino, Saix si
sarà infuriato
di essere stato messo da parte"
"Sapevi anche
questo?"
Demyx sorrise e affondò le
mani nelle tasche
dei jeans scoloriti "Ti conosco da quando eravamo piccoli, non
hai segreti per me"
Sconfitto, Axel lo scrutò
per un istante
ma decise di non rispondere e tornò a dedicarsi alla sua
coca cola,
posando l'altra lattina nella tracolla.
"Piuttosto, tutta
quella roba non ti fa male?"
"Non le bevo
entrambe, scemo" ribatté Axel incamminandosi verso l'uscita
"È
strano che tu non
hai preso nulla. Gli allenamenti sono finiti da una ventina di minuti
e ancora non ti vedo con qualche schifezza tra le mani"
"Oh...
io non posso. Se Zexy mi sorprendesse a mangiare qualcosa si
arrabbierebbe perché dice che così diventerei un
grassone pieno di
brufoli"
Il rosso inorridì
all'evidenza delle gesta che il
prode Zexion stava portando avanti da quando si era messo con quel
caso perso di Demyx.
"Benedetto sia il giorno in cui ti sei
messo con quel santo ragazzo" proferì avanzando il passo.
Chissà, forse un giorno Zexion sarebbe riuscito a
trasmettergli
anche un po' di gusto nel vestire decentemente.
Camminarono in
religioso silenzio fino al parcheggio dove li attendevano gli altri
vicino al fuoristrada ricoperto di neve di Xaldin. Axel si
strinse nel pesante cappotto e affondò il volto nella
sciarpa, il
freddo di metà dicembre ormai non lasciava più
scampo e ormai da
qualche giorno aveva iniziato a nevicare senza sosta, dando alla
città un aspetto vagamente affascinante ma assolutamente
invivibile.
Appena Zexion entrò nella
visuale di Demyx,
quest'ultimo non riuscì a trattenere la propria euforia e si
gettò
letteralmente nell'ennesimo abbraccio da orso della giornata, Axel
invece strabuzzò gli occhi alla vista di Larxene in tenuta
da
ragazza pon pon.
"Cavolo... ci sei anche tu?" fece
sorpreso, soffermandosi un secondo più del dovuto sulle sue
gambe.
La bionda era stronza e acida ma era uno schianto in minigonna e a
quanto pare aveva anche una buona resistenza al freddo dal momento
che non era ancora morta di ipotermia con quel freddo.
"Adoro
il rugby perché è così virile..."
disse la ragazza con
sufficienza "E ti conviene guardare altrove se non vuoi
morire prematuramente e lasciare il tuo biondino solo
soletto"
Il rosso rabbrividì e si
allontanò immediatamente
per preservare la sua integrità.
"Ax allora sei sicuro di
non voler venire alla partita?" chiese Marluxia aprendo la
portiera posteriore per iniziare a salire assieme a Luxord.
L'altro
scosse una mano a mezz'aria e abbozzò un sorriso "Davvero,
per
oggi passo. Ci vediamo domani a scuola"
"Quel funghetto
biondo ti ha preso proprio vero?" si intromise Xigbar che era
già seduto avanti "Non vedo l'ora di conoscerlo e allenarlo
per
farlo diventare un vero uomo"
"Grazie per l'interesse,
ma credo che non sia necessario" prese parola Zexion con un
sospiro mentre andava a chiudergli la portiera e poi scosse il capo,
a volte gli sembrava di doversi occupare di un gruppo di bambini
dell'asilo.
"Non preoccuparti, avviso io Laexeus
della tua
assenza. Tu vai da Roxas" dichiarò Xaldin da dietro al
volante.
Axel li salutò con un ampio
sorriso e si diresse
velocemente verso casa sua per andare a prendere la macchina. Quel
pomeriggio ci sarebbero state le qualificazioni per il torneo
nazionale scolastico di rugby e, sebbene gli sarebbe piaciuto unirsi
al resto della combriccola per fare un po' di casino allo stadio,
quel giorno preferì mettere da parte tutti i suoi programmi
per
andare a fare compagnia a Roxas durante i suoi controlli di routine
all'ospedale. Non che il biondo fosse solo, perché Sora
l'aveva
accompagnato al mattino e Riku e Naminé lo avevano raggiunto
al
termine delle lezioni, ma si sentiva in dovere di farlo, e si stupiva
ogni volta che si dirigeva all'ospedale senza batter ciglio.
Solitamente quel posto lo rendeva di pessimo umore perché
gli
portava brutti ricordi alla mente - era pur sempre il luogo in cui
era morta sua madre - eppure quando incrociava lo sguardo di Roxas
tutto sembrava scemare all'istante. E lo stesso avvenne nel momento
in cui intercettò il biondo intento a giocare a carte con
gli altri,
quando entrò nell'area giochi del reparto in cui sapeva che
lo
avrebbe trovato.
Roxas appena si accorse della sua
presenza
abbassò le carte e gli sorrise dolcemente - era leggermente
più
pallido del solito ed era seduto su una sedia a rotelle con una flebo
attaccata al braccio ma sembrava di buon umore.
"Il re del
campo di basket è tornato" esordì platealmente
come saluto
mentre si faceva strada verso la sedia vuota accanto a Roxas.
"Alla
buonora, sua
maestà.
Come sono andati gli allenamenti?" il più piccolo lo
schernì
con una risatina e appoggiò il mento sul dorso della mano
libera.
"Più che bene, se
continuiamo di questo passo
vinceremo il torneo nazionale" l'altro rispose con tono caldo
avvicinandosi pericolosamente al volto del biondo, che a quanto pare
aveva deciso di assecondarlo.
"Ohh siete forti" Roxas
sorrise malizioso con tono istigatorio.
"Ho una forte
ispirazione" gli sussurrò il rosso a fior di labbra ma il
loro
scambio fu interrotto da qualche colpetto di tosse ad opera di Sora
ed entrambi si voltarono verso di lui, chi annoiato e chi
divertito.
"Ops... scusate non volevo
disturbarvi, ma sapete
con questo freddo gira un brutto raffreddore" li schernì il
castano con malizia, ostentando un tono di finto dispiacere alternato
da qualche altrettanto finto colpo di tosse.
Roxas si limitò a
ridere, seguito a ruota da Naminé, mentre Axel
inarcò un
sopracciglio ma mantenne il suo sorrisetto.
"Siamo in un
ospedale, puoi farti curare... oppure sei allergico ai retroscena hot
della vita di tuo fratello?"
"Che cos-?" stava per
iniziare a sbraitare il castano ma fu interrotto dal tono di
consapevolezza del rosso.
"Oh Sora, ma sono cose normali"
Axel gli si avvicinò e gli passò un braccio
attorno alle spalle con
fare teatrale "Chissà quante volte avrete fatto sesso tu e
Riku, scommetto anche più volte al giorno. Mi stupirei se mi
dicessi
che non l'avete fatto ancora qui in ospedale"
"Effettivamente
i miei desideri proibiti sarebbero proprio di farlo in ospedale e in
aereo" si intromise Riku non riuscendo a trattenere una
risata.
Sora arrossì di colpo e
diede una gomitata nelle costole
del proprio ragazzo "Piantala di dargli corda" borbottò
gonfiando le guance in un broncio infantile.
"Ragazzi non
litigate" li riprese dolcemente Naminé mentre raggruppava le
carte per mischiarle.
"Nami ma io non sto facendo proprio
niente" continuò con tono fintamente angelico Axel, tornando
a
sedersi accanto a Roxas che appoggiò il capo sulla sua
spalla "In
questo mondo non siamo tutti precoci come Sora e Riku, vero Roxy?"
Il
diretto interessato annuì debolmente e li lasciò
ai loro
battibecchi, spostando lo sguardo verso la finestra dove
stava quella
donna vestita di bianco e dai lunghi capelli biondi che gli dava le
spalle. Era sempre lì con lui, immobile, il volto serio e
talvolta
grave. Gli capitava spesso di ritrovarsela nella sua stessa stanza
eppure nessuno dei due aveva mai parlato: quella donna si limitava a
starsene in un angolo remoto, con le mani conserte in grembo e lo
sguardo fisso su di lui o perso nel vuoto.
Chissà
perché nessuno si interrogava mai sulla sua presenza?
Si ritrovò a pensare Roxas senza staccarle lo sguardo di
dosso,
eppure era molto bella, solitamente Axel a quest'ora avrebbe
già
fatto qualche apprezzamento.
"Roxy?" una voce lo
risvegliò dal suo stato di trance e si concentrò
di nuovo su Axel
che intanto gli stava agitando una mano davanti agli occhi.
"Co-cosa
c'è?"
"Eri assente... va tutto bene?"
spiegò
Naminé con apprensione.
Il biondo lanciò una veloce
occhiata
alla finestra, la donna si era girata e lo fissava con il suo sguardo
magnetico. Roxas si voltò di nuovo verso i suoi amici,
imbarazzato
per essere stato scoperto a sbirciarla e inspirò
profondamente prima
di rispondere "Sto... sto bene... sono solo un po'
stanco"
La ragazza lo scrutò in
silenzio per un paio di
secondi e poi accennò un sorriso "Hai ragione, si
è fatto
tardi" mormorò riponendo le carte nella borsa e poi
guardò
Riku e Sora "Voi due, mi date un passaggio fino a casa vero?"
"Però
Rox..." provò a protestare Sora ma Riku lo prese per mano e
lo
zittì con un bacio.
"Nami ha ragione, è meglio
lasciarlo
riposare e poi ci sono Axel e i vostri genitori con lui"
sussurrò l'albino alzandosi e andando a prendere la giacca
sua, di
Sora e Naminé "Dai, se fai il bravo vi porto a
prendere i
donuts"
Il castano scatto subito in piedi e un
enorme sorriso
gli si dipinse sul volto "E anche un milkshake a fragola"
A
quelle parole Roxas sgranò gli occhi e si
irrigidì ma si affrettò
a dissimulare il proprio turbamento e con innaturale
velocità portò
una mano tra i capelli per sistemarsi le ciocche ribelli.
"Oggi
c'è una festino a casa di un amico di Vanitas. Ti va di
andarci,
prep?"
"Se a te va sai che ti
seguirei però prima
vorrei fare una pausa donuts"
"E milkshake alla
fragola!"
Il sorriso di Xion era
così luminoso che avrebbe
fatto qualunque cosa per vederlo splendere sempre.
"Andiamo
anche noi, Rox?" chiese Axel ignaro dell'inquietudine del
biondo, si mise la borsa in spalla e iniziò a spingere la
sedia a
rotelle verso la stanza del day hospital.
"S-sì"
rispose il più piccolo lanciando un'ultima occhiata a quella
donna
che continuava a fissarlo prima di essere portato fuori dall'area
giochi.
"Natale è alle porte"
"Già il
tempo passa così velocemente"
Roxas portò le gambe al
petto
e appoggiò il mento sulle ginocchia, con sguardo assente
guardava la
neve che scendeva e imbiancava la città e fu inondato da
spezzoni di
vita che non ricordava aver vissuto ma che avevano un vago profumo di
familiarità.
"Woxy,
neve!" la
risata di suo fratello gli riempì le orecchie e
immediatamente si
ritrovò nella sua vecchia casa di Upper East Side. Lui e
Sora erano
piccoli, dovevano avere sui quattro anni, ma poi alla vocetta
squillante del castano se ne aggiunse un'altra calda e vellutata ma
allo stesso tempo glaciale.
"Vi
piace scappare e farvi desiderare vero?"
Non
aveva idea di chi fosse ma, quando alzò lo sguardo, fu
accolto da
due iridi feline che lo scrutavano bramose e in quell'istante
aprì
di scatto gli occhi.
Un paio di istanti per ricordarsi che
non era
solo nella stanza e si concentrò su Axel.
"Cos'hai detto?"
domandò asciugando un rivoletto di sudore dalla tempia.
"Non
la mangi?" ripeté Axel con nonchalance, nonostante si fosse
accorto del cambiamento improvviso del biondo ma preferì
tenerselo
per sé.
"Cosa?" Roxas seguì lo
sguardo dell'altro
verso il piatto di frutta appoggiato sul tavolino accanto al letto e
fece una smorfia "A-ah... non mi va di mangiare ancora banane...
non ora almeno"
"È davvero un peccato"
ribatté il
più grande con tono melodrammatico mentre estraeva dalla
borsa una
lattina di cherry coke "Perché io avevo un regalo per te"
Lo
sguardo del biondo si illuminò ma si ricompose subito per
non
lasciar spazio all'evidente delusione.
"Conosci le
regole di casa Strife no? Niente più coca cola"
commentò
amaramente.
"Sì" sorrise il rosso
andando a sedersi sul
letto accanto all'altro, aprì la lattina e gliela porse
"Però
qui non siamo in casa Strife... e questa è senza caffeina
quindi la
puoi bere"
"Mh... trasgressivo..."
Roxas spostò
con estrema lentezza lo sguardo dagli occhi smeraldini di Axel alla
lattina che era nelle sue mani, studiò accuratamente
l'oggetto prima
di avvicinarsi con altrettanta lentezza e fece un sorso. Tutta quella
calma innaturale fece sentire il più grande a disagio,
tant'è
che si ritrovò a deglutire e
sentì le mani tremargli -
quello non era il normale atteggiamento di Roxas.
Il biondo
intanto aveva abbandonato la lattina ed era tornato a concentrarsi su
Axel "Mi piace" sussurrò a fior di labbra, appoggiandogli
le braccia sulle spalle per avvicinarlo a sé.
"Il bacio o la
coca cola?" domandò Axel poco dopo, ancora inebriato da
quelle
labbra al gusto di ciliegia.
"Entrambi"
"Stai
cercando di sedurmi?" Axel sorrise malizioso.
Gli prese il
volto tra le mani e la coca cola fu dimenticata.
Quando Roxas
si svegliò, fuori nevicava ancora e il suo corpo era
diventato
stranamente pesante. Il suo sguardo si posò sulla figura di
Axel
accomodato nella poltrona accanto al suo letto, aveva i capelli
legati in una coda bassa e un'espressione rilassata mentre
leggeva.
"Quanto... quanto ho dormito?" chiese
stordito, stropicciandosi gli occhi con una mano e poi
aguzzò meglio
la vista "E quello che hai in mano è un libro?"
"Un'oretta
o poco meno" poi Axel puntò lo sguardo sul libro che aveva
tra
le mani e si chiese se, a giudicare dal tono di Roxas, non stesse
diventando troppo intellettuale
"Matematica...
sto tentando di recuperare i capitoli arretrati. Gli esami di fine
semestre si stanno avvicinando e non vorrei gravare su di te con lo
studio"
Il cuore di Roxas per poco non perse
un
battito.
"No... no, no, no" fece il biondo il
biondo
cercando di mettersi a sedere e, vedendolo in difficoltà,
Axel si
alzò per aiutarlo e gli sistemò la cannula
dell'ossigeno e la
flebo. Vedendosi impossibilitato nei movimenti, Roxas
sospirò
affranto e fece cenno all'altro di lasciarlo andare. Ormai Roxas si
sentiva inutile, era un peso per tutti e non riusciva a sopportare
l'idea di essere messo da parte ed essere trattato da malato...
semplicemente non l'accettava, ne era terrorizzato.
"Ax,
tu... tu non gravi su di me! Finché c'è
qualcosa che posso
fare per rendermi utile o per aiutarti io sarò felice di
farlo. Tu
mi stai costantemente vicino, mi aiuti sempre e non mi fai mancare
nulla... io tutto questo non posso farlo però...
però posso
ricambiare con l'unica cosa in cui sono buono: lo studio"
Il
più grande aggrottò la fronte mentre lo ascoltava
parlare ma poi
scosse il capo e rispose con un tono talmente serio che si
stupì di
sé stesso "Roxas... io non faccio tutto questo
perché voglio
essere ricambiato in qualche modo... lo faccio perché ci
tengo a te
e già la tua sola presenza è un dono prezioso.
Cavolo, ti odio
quando mi costringi a dirti certe cose così imbarazzanti
però tu mi
hai cambiato, mi hai mostrato che c'è del bello anche nelle
cose più
piccole e fugaci, mi hai mostrato la voglia di vivere... adesso
vorrei solo che mi mostrassi il tuo cuore ma per me va bene anche
così perché io so che il tuo amore è
sincero e non voglio che tu
soffra ripercorrendo qualche evento passato. E non pensare neanche di
essere un peso! Se ami una persona la aiuti no? Tu con la scuola e io
con il resto"
Quelle parole furono un pugno di
emozione così
forte per Roxas che a nulla valsero i suoi tentativi di trattenere le
lacrime. Avrebbe voluto sorridergli e dirgli che con lui era
sempre felice, avrebbe voluto essere più forte e
dirgli che
andava tutto bene, avrebbe voluto essere più
coraggioso e
raccontargli tutto - eppure tutto quello che riuscì a fare
fu
piangere e liberarsi di tutta l'angoscia che portava sempre con
sé.
Axel si sedette sul bordo del letto e
spinse il capo del
biondo contro il proprio petto per consolarlo "Shh va tutto
bene, Roxy" mormorava di tanto in tanto, accarezzandogli le
ciocche dorate finché non si fu calmato.
"Io non...non
voglio essere trattato da malato..."
"Lo so..."
sussurrò dolcemente il più grande accarezzando la
sua nuca "Solo
perché ti porti dietro una bombola dell'ossigeno non
significa che
tu sia più debole degli altri... tu sei il mio piccolo
supereroe"
"Non voglio essere un peso per tutti
voi" cominciò a dire
asciugandosi le lacrime "Ci sono delle volte in cui per me sembra tutto
così complicato da non riuscire neanche a compiere le azioni
più stupide del tipo portare da solo la bombola. Ho paura
che in un futuro la situazione si aggraverà ancora di
più e i miei limiti saranno... maggiori... per
questo l'unica cosa che chiedo è rendermi utile in qualche
modo finché ne ho ancora il tempo. Questo era anche il
motivo per cui mi ero proposto per il posto di tutoraggio a scuola... "
Roxas alla
fine sorrise e, tra un singulto e l'altro, poggiò il viso
nell'incavo della spalla dell'altro "E lo so che a volte ti complico le
cose con il mio carattere spigoloso però... scusami Ax, non volevo
renderti partecipe di una scena simile"
"Non
devi dirlo... non
devi mai scusarti con me" fu la risposta che si sentì
dire.
"Perché?"
Axel lo prese per le spalle e lo
allontanò gentilmente da sé per guardarlo negli
occhi "Perché
amare significa non dover mai chiedere scusa*"
Roxas rimase
genuinamente spiazzato da quelle parole e si ritrovò a
spalancare
gli occhi, ma poi il suo sorriso si estese al pensiero di come
il più grande stesse maturando.
"Non ti facevo appassionato
di libri rosa anni '70"
"Lo stesso vale per te"
ridacchiò il rosso.
Senza dire altro Roxas lo
abbracciò forte,
più forte che poteva, assalito da uno strano senso di ansia
e i due
rimasero in silenzio per lunghi minuti, l'uno appoggiato al corpo
dell'altro, in ascolto dei propri respiri, fin quando Roxas
spezzò
di nuovo quell'immacolata quiete.
"Ti è mai capitato di
pensare che la tua vita forse non è altro che una grande
bugia?"
"Che cosa intendi?" Axel
guardò il biondo
con la coda dell'occhio e intrecciò le dita della mano con
le
sue.
"Non lo so" sospirò Roxas
all'inizio e rimuginò
qualche istante per pensare a come spiegare meglio i suoi pensieri
"Che tutto quello che credi sia reale non è altro che una
menzogna... di svegliarti un giorno e scoprire cose di te che non
sapevi, o meglio, di scoprire che non sei la persona che hai sempre
creduto di essere?"
"No... non mi pare" mormorò
il
rosso grattandosi la nuca, quella domanda lo aveva colto impreparato
e non aveva idea di dove gli fosse uscita "Forse l'unica volta
che mi sono sentito così è quando ho capito di
preferire i ragazzi
alle ragazze... per il resto non credo di essermi posto mai dei
problemi del genere. Perché me lo chiedi?"
"Ho un
presentimento"
Axel lo guardò portare una
mano al
petto per massaggiarselo e studiò la sua
espressione confusa
ma combattuta "Che tipo di presentimento?"
"Io non
capisco... a volte rivedo degli eventi che non ricordo di aver mai
vissuto... sono sicuro di
non averli mai vissuti però sono così
realistici... si adattano
così bene che mi risulta quasi impossibile dire che sono
frutto
della mia immaginazione"
"Cosa ricordi?" Axel
aggrottò la fronte.
"Sono tutte immagini sfocate di quando
vivevo ancora a New York..." Roxas scosse il capo e continuò
a
muovere febbrilmente la mano sul petto "Credo ci fosse un uomo..."
"Un
uomo? Chi era?"
"No... non lo so"
"Puoi
descrivermelo?"
Il tono di Axel era urgente e deciso,
si era
accorto della posizione di disagio dell'altro ma giunto a quel punto
non poteva più tirarsi indietro e rischiare di mandare
all'aria
l'occasione di poter scoprire qualcosa di più sul passato di
Roxas.
Proprio come avevano detto Cloud e Leon, i ricordi di Roxas stavano
tornando... ma tutto questo avrebbe fatto del bene al piccolo
biondo?
"Non me lo ricordo... non-"
mugolò quest'ultimo
stendendosi di nuovo e raggomitolandosi in posizione fetale, da
quando faceva così caldo nella stanza?
"Perché mi
sento così...pesante"
"Che cos'hai, Rox?" chiese a
quel punto Axel iniziando seriamente a preoccuparsi "Quando
dormivi Aqua ha alzato la dose... forse è questo. Vuoi...
vuoi che
chiamo qualcuno?" mormorò il più grande lanciando
un'occhiata
alla flebo e poi afferrò i suoi polsi per evitare
che si
facesse del male mentre si stringeva convulsamente la zona dolente.
Vedendo però i suoi occhi ludici e velati dal dolore non si
attardò
ad aspettare alcuna risposta, si precipitò fuori la stanza
in cerca
di qualcuno e per sua fortuna trovò Aqua, l'infermiera che
si
occupava sempre di Roxas, seduta al bancone indaffarata con alcune
cartelle.
"Axel, com'è la si-" la
donna provò a
chiedere ma le sue parole furono coperte dalla voce più alta
e
agitata del ragazzo che sbatté involontariamente le mani
sulla
superficie su cui lei stava lavorando.
"Roxas non sta bene...
non capisco cos'ha... ti prego aiutalo!"
Aqua si alzò
subito e aggirò il bancone.
"Dimmi tutto" disse
avanzando il passo verso la porta dove stava il biondo, non vi era
più traccia della sua solita voce dolce e tranquilla.
"Credo che abbia dei
dolori..."
Proprio mentre si apprestava a seguire
la donna,
Axel intercettò Cloud assieme a Leon e un altro medico
dall'altra
parte della sala, il loro fu un contatto visivo fulmineo ma intenso,
interrotto subito dopo dal più giovane che si
voltò di spalle per
ripercorrere i propri passi e ritornare al capezzale di Roxas. Nella
stanza il suo sguardo ricadde sulla velocità con cui Aqua si
affrettava a togliere la maglia di Roxas e a disfarsi della bendatura
sul suo petto.
"Che... che cos'è?"
vociò in un
sussurrò, ancora sull'uscio della porta.
"Nulla di grave,
stai tranquillo" asserì questa facendo il giro della stanza
e
accompagnandolo nel corridoio "Evidentemente è l'infezione
cutanea che gli da fastidio, ora gli cambieremo le bende e
tornerà
come nuovo" gli sorrise.
"Posso rimanere con lui?"
Aqua
guardò con la coda dell'occhio il medico che entrava nella
stanza e
assieme a lui il padre di Roxas, poi tornò dedicarsi al
rosso
"Perché non raggiungi la signora Strife alla caffetteria?
Sono
sicura che le farebbe piacere un po' di compagnia"
"Ma
io voglio stare con Roxas" ribatté l'altro intestardito
"Sono
sicuro che anche lui vuole che io rimanga"
La donna sospirò e
si portò una mano tra i capelli azzurri "Axel... dopo ti
lascerò entrare di nuovo e ti farò stare tutto il
tempo che vuoi,
ma ora fa' come ti dico e stai fuori" detto questo lo lasciò
nel corridoio e si chiuse la porta alle spalle.
Axel rimase lì
immobile e sconfitto, con i pugni stretti e il sentore di qualcosa
che non quadrava.
Erano passati più di due
mesi da quando
aveva visto per la prima volta quell'infezione... perché
diavolo non
era ancora
guarita?
*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.
Rimasi
incantato da due pozze verdi come smeraldi.
Erano così
grandi e brillanti, assieme a quei capelli rosso fuoco, che mi
sembrava quasi impossibile che potessero essere reali.
In quel
momento quei capelli e quegli occhi avevano catturato la mia completa
e totale attenzione, tanto che non mi ero neanche accorto che mio
padre aveva iniziato a parlare con un uomo.
"Come sta
Elena?"
"Come al solito... ormai non rimane più molto
tempo" spostai lo sguardo verso la persona davanti a noi e
mi meravigliai di vedere che anche lui aveva i capelli dello stesso
colore acceso del bambino che era attaccato alla stoffa dei suoi
pantaloni "Siamo venuti a salutare la mamma. Domani Ax andrà
a
trovare i nonni sulla West Coast!" continuò poi con tono
più
alto passandogli affettuosamente una mano tra i capelli, causando la
sua risata.
"Quindi vai a trascorrere le vacanze al
mare?" mio padre si rivolse a quel bambino con un sorriso, io
invece mi tenevo stretto al suo petto e nascosi il viso nell'incavo
del collo.
"Rimarrà lì tutto il tempo necessario.
E
Aerith come sta?" parlò di nuovo quell'uomo dai capelli
rossi.
"Lei si riprende velocemente, appena glielo permettono
vorrebbe andare a trovare Elena"
"Sempre la solita
altruista" lo sentii ridacchiare e lanciai un'occhiata verso di
lui, scoprendo che mi stava scrutando "E lui come l'ha
presa?"
"Beh..." mio padre mi strinse e addolcì il
tono "Non sembra aver realizzato cos'è successo davvero...
però
da quel giorno è diventato estremamente bisognoso di
attenzioni,
vuole sempre stare in braccio a qualcuno e non vuole mai lasciare la
mamma. Vero, Rox?"
A quella domanda io lo guardai ma rimasi
in silenzio.
"È comprensibile, avrà avuto paura ma con il
tempo tutto si sistema... o quasi"
Mio padre non rispose
nulla ma assunse un'aria di compassione, a quel punto mi mise a terra
e mi direzionò verso quel bambino di qualche centimetro
più alto di
me che fino a quel momento se ne era stato in silenzio. Quando mi
accorsi che quegli occhi verdi erano concentrati su di me, abbassai
il volto intimorito, incapace di sostenere quello sguardo
magnetico.
"Presto dimenticheranno tutto"
*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.
Axel
sbadigliò sonoramente mentre richiudeva la portiera della
sua
macchina e si stringeva nel cappotto.
Alla fine, proprio come
aveva detto Aqua, la situazione non era niente di grave: le era
bastato cambiare le fasciature di Roxas e imbottirlo di
antidolorifici e il dolore era passato, però date le pietose
condizioni meteorologiche avevano deciso di fargli passare la notte
in ospedale giusto per evitare che prendesse troppo freddo e anche
per tenerlo ancora un po' sotto controllo. Comunque si sarebbero
rivisti il giorno dopo a scuola quindi si sentiva più
leggero.
Mentre attraversava il parcheggio, lesse l'orario su un
grande orologio per strada e constatò che si era fatto
davvero tardi
e l'ora di cena era passata da un pezzo, sperò che suo padre
non ci
avrebbe badato o che non lo avesse aspettato per mangiare ma i suoi
pensieri furono presto accantonati quando scorse una Pontiac
G6 piuttosto familiare parcheggiata dall'altra parte della
strada.
"Riku?" fece avvicinandosi al finestrino "Che
ci fai qui? Vuoi... vuoi salire?"
L'albino, una volta
riconosciuta la sua presenza, salutò il rosso con un cenno
del capo
"Ti ringrazio ma sono in attesa"
"Di qualcuno?"
chiese perplesso Axel.
"Di qualcosa"
"Qualcosa?"
fece eco il rosso ma l'altro non si sbilanciò con le
spiegazioni.
"Una rivelazione"
"Oh. Va bene...
se posso fare qualcosa per te chiedi pure" mormorò
stupendosi
lui stesso della propria disponibilità e fece per avviarsi,
Riku
però con uno scatto afferrò il suo braccio.
"In effetti c'è
qualcosa che potresti fare"
Riku era un tipo proprio
strano.
Certo, era un buon amico e pure simpatico se lo si sapeva
prendere ma ciò non toglieva che fosse davvero
strano.
"Quando
entri in casa non far rumore"
Axel
non riusciva a capacitarsi della richiesta dell'altro, lo stava per
caso prendendo in giro? O forse suo padre era già andato a
dormire?
Nah, impossibile, era tardi ma non così
tardi...
e poi Riku come avrebbe potuto sapere se suo padre fosse a letto o
no?
Comunque nel dubbio decise di seguire il suggerimento
dell'amico e aprì e richiuse la porta con la massima
attenzione e,
vedendo una luce accesa, fece per avviarsi in salotto ma si
fermò
quando udì delle voci.
"Sono stato sempre scettico a
riguardo però se ci sono dei risultati positivi allora sono
felice
di sapere che gli sforzi miei e di Rude non sono stati
vani"
"Sicuramente ci sono dei
miglioramenti..."
"Tuttavia la situazione rimane
critica, non è così?"
C'era un'altra voce, oltre a quella
di Rude e di suo padre, che lo lasciava perplesso. Era familiare ma
non riusciva a piazzarla in un contesto concreto, così
arrivò
all'estremità del corridoio dell'ingresso e si sporse appena
in modo
da spiare i presenti ma non da essere visto e rimase del tutto
spiazzato quando la terza persona si rivelò essere Cloud
Strife.
Egli se ne stava appoggiato al muro vicino alla finestra, con le
braccia conserte e l'espressione seria mentre suo padre apriva una
lattina di birra e Rude lo guardava di traverso come faceva ogni
volta che il rosso iniziava ad eccedere.
"Più che critica
penso che stabile
sia
il termine più adatto" riprese a parlare Cloud.
Axel
non seppe neanche perché stava mantenendo tutta quella
segretezza,
ma reputò saggio in quel momento appiattirsi contro il muro
e
rimanere in ascolto. Tra l'altro non sapeva neanche che suo padre
conoscesse il signor Strife.
"Quindi questa
cosiddetta cura
che
avete sperimentato sta funzionando?" intervenne Rude.
"Stiamo
prendendo tempo. Roxas non sta migliorando ma neanche peggiorando...
grazie ad essa la malattia sta facendo il suo decorso naturale ad un
ritmo meno veloce del solito altrimenti a quest'ora sarebbe
già..."
Axel sentì una morsa attanagliargli lo stomaco a
vedere l'espressione di puro dolore dell'uomo ma quella di suo padre
era peggiore, senza emozioni, fissava il vuoto e la lattina era a
mezz'aria. Quando faceva così sapeva che stava pensando solo
a una
cosa.
"Quasi due anni e mezzo... sono un'eternità se messi a
paragone. Elena non è durata che pochi mesi... è
stato tutto così
veloce e improvviso che non siamo neanche riusciti a renderci conto
di cosa la
stesse uccidendo" disse con tono atono e si interruppe per
prendere un sorso "Non te la fai un'altra birretta,
Cloud?"
"Penso che tu ora debba smetterla, non mi va di
fare ancora una volta i conti con le tue sbronze emotive"
elargì
Rude lanciandogli un'occhiataccia.
"Ti ringrazio ma io passo,
tra poco devo comunque andare e sono sicuro che Axel tornerà
a
breve, sarebbe sconveniente farmi trovare qui"
"Già...
Axel. Chissà dov'è finito" mormorò il
rosso palesemente
brillo.
"È andato in ospedale a fare compagnia a Roxas. Quel
ragazzo sta facendo così tanto per lui che a volte penso che
possa
guarire da un momento all'altro grazie alla sua sola presenza"
"Come
siamo sentimentali, Strife" lo derise Reno appoggiando la testa
sul tavolo, guadagnandosi di conseguenza un'occhiataccia del biondo
"Però ti ringrazio per avermelo tenuto d'occhio"
Rude
fece il giro della stanza e, approfittando di un momento di
distrazione dell'altro, gli prese la birra dalle mani ma il rosso non
protestò... a dirla tutta non sembrava neanche
essersene
accorto.
"Piuttosto, cosa stavi dicendo di stamattina?"
chiese Rude alla fine.
Cloud alzò lo sguardo e si strinse nelle
spalle "Si sta lentamente diffondendo a tutti gli organi
interni, ora con molta lentezza sta intaccando i polmoni e...e
se non ci sbrighiamo a trovare un mezzo per contrastarlo non sono
sicuro che riuscirà ad arrivare alla maggiore
età" sospirò
stringendo convulsamente i pugni.
"Aerith cosa dice?"
domandò apprensivo l'uomo col pizzetto ma non ricevette
alcuna
risposta se non uno sguardo di colpevolezza "Cloud? Non dirmi
che..."
"Già..." sussurrò impercettibilmente
quest'ultimo.
"E... e Roxas? Almeno lui?"
Il biondo
serrò le labbra e abbassò il volto.
"Ma che diavolo?"
scattò Rude "Cloud, per quanto ancora hai intenzione di
lasciarli all'oscuro? Questa è una situazione delicata-"
"Dolore
immenso, allucinazioni, macchie su tutto il corpo" esclamò
Reno
alzandosi improvvisamente dal suo posticino sul tavolo su cui era
collassato giusto qualche minuto prima "Cosa dirai quando
inizieranno ad apparire tutti quei segnali? Non potrai più
nasconderlo sotto la scusa dei soli problemi cardiaci, anzi a tal
proposito complimentati con i tuoi medici di fiducia perché
hanno
trovato una patologia che si adatta proprio a pennello. Ma Sephiroth
non puoi nasconderlo. Cosa dirai a tuo figlio quando il suo corpo
sarà martoriato dal dolore e non avrà
più la forza di muovere un
dito? L'ennesima scusa, quella delle infezioni, non durerà a
lungo"
si fermò giusto davanti al biondo, l'alcol in circolo nel
suo
sistema non sembrava aver inibito le sue capacità di
riflessione "E
so che vuoi solo proteggere i tuoi cari ma il geostigma non lascia
spazio a speranze: se vuole una cosa, se la prende. Proprio come ha
fatto con la mia Elena ora sta facendo lo stesso con il cuore di
Roxas e presto con tutti i suoi altri organi" sibilò alla
fine
"Piantala con le menzogne"
Dopo quel discorso tutti
rimasero ammutoliti, nessuno fino a quel momento si era mai azzardato
ad esprimere a parole tutte quelle verità ma quello che
rimase più
scosso di tutti fu Axel perché non si sarebbe mai aspettato
delle
rivelazioni del genere. Il ragazzo, infatti, sgranò gli
occhi
incredulo e si appoggiò al muro per sorreggersi.
"E con Axel
come la mettiamo allora?" Cloud riprese le redini del discorso
dopo qualche secondo di sgomento "Non mi pare che lui sappia
tutto"
"Lui lascialo fuori, la cosa non lo coinvolge in
prima persona, e non mi ha mai fatto molte domande quindi in un certo
senso mi ha semplificato il lavoro... ringrazio che sia un ragazzo
che non ficca il naso negli affari che non gli
riguardano"
Improvvisamente si udì un tonfo sordo
provenire dall'altra parte della casa e Rude, che era rimasto in
silenzio fino a quel momento, sospirò e lanciò
un'occhiata al cielo
scuro fuori la finestra.
“Spero che quei due ragazzi un
giorno trovino la felicità”
Reno serrò le labbra, consapevole
che presto avrebbe avuto luogo una lunga chiacchierata con suo
figlio.
Le parole di suo padre erano state il colpo di grazia.
In quel momento non aveva capito bene cosa fosse successo
perché la
sua mente si era improvvisamente svuotata di qualsiasi pensiero
mentre le sue gambe si erano mosse veloci attraverso la porta
d'ingresso fino al vialetto innevato.
Correva a perdifiato
Axel, e l'unica cosa di cui era cosciente era il bruciore che
infuocava i suoi polmoni a causa dello sbalzo di temperatura. L'aria
gelida che gli pizzicava il volto anestetizzava il suo caos interiore
ma improvvisamente la sua corsa senza meta
fu bruscamente portata
a termine da una strana forza che gli bloccò tutti
i movimenti,
e si ritrovò d'improvviso nella stretta di Riku.
Le braccia
del ragazzo erano serrate contro il suo busto in modo che non potesse
più andare da nessuna parte e la sua voce vellutata gli
diceva di
stare calmo, ma Axel non registrò alcuno di quei
gesti.
“Tu
lo sapevi, non è così?” disse
divincolandosi con uno strattone e
si girò per guardarlo nei suoi occhi di ghiaccio "Riku!"
L'argenteo
lo scrutò giusto il tempo di accorgersi del suo respiro
accelerato e
delle gote arrossate a causa del freddo. Si morse il labbro e lo
afferrò per un polso “Andiamo a casa
mia”
“Cos'è
successo?”
Una voce appena sussurrata spezzò il silenzio in cui
regnava la casa illuminata solo da un lumetto nel soggiorno.
Axel
si ritrovò a specchiarsi nel sul stesso riflesso mentre il
suo
respiro appannava la finestra contro il cui vetro aveva appoggiato la
fronte.
Aveva iniziato a piovere. Dio, quanto odiava la
pioggia.
“Ora che ci penso non hai mai risposto alla mia
domanda” mormorò rauco senza staccare gli occhi
dalla superficie
fredda.
Riku sospirò e poggiò la tazza di cioccolata sul
davanzale del bow window dove si era rintanato l'altro.
“Nutrivo
dei sospetti” dichiarò infine sedendosi accanto al
rosso e, a
giudicare dalla sua espressione, immaginò che quella sua
risposta
non gli bastasse così inspirò profondamente prima
di dare una
spiegazione più accurata "Conosco gli Strife praticamente da
sempre. I nostri genitori sono amici dai tempi del college, era
inevitabile per me entrare in contatto con loro. Ho vissuto assieme
a loro i momenti pacifici e quelli burrascosi quindi non mi
ci
vorrebbe molto a capire se uno di essi sta mentendo o nasconde
qualcosa... e Cloud mi da proprio quell'impressione" Riku si
fermò un attimo, si massaggiò le tempie ed
esitò "Questa sera
dopo aver accompagnato Sora a casa, ero in macchina quando ho visto
Cloud parcheggiare la sua moto e imboccare il vialetto di casa
tua"
Axel si girò e fece per parlare ma venne
interrotto prima che potesse dir nulla.
"Avevo intenzione di
aspettarlo finché non fosse uscito, così da
potergli chiedere cosa
diavolo stesse facendo... ma il destino ha voluto diversamente"
disse facendo un cenno di eloquenza nei confronti del rosso "Cloud
era un SOLDIER... È ovvio che fosse invischiato in un sacco
di roba
però quella sua aria colpevole e quell'espressione
tormentata mi
spingono a pensare che ci sia dell'altro... qualcosa di importante
che tiene nascosto a tutti e ho come il presentimento che si tratti
di Roxas"
"Cosa te lo suggerisce?" indagò l'altro
cercando nello sguardo di Riku sincerità e
rassicurazione.
Dal
canto suo quest'ultimo aveva deciso di giocare la carta
dell'onestà,
modulando però a seconda delle esigenze il suo grado di
sincerità -
dopotutto Riku era un osservatore scettico e difficilmente si fidava
di qualcuno, lui preferiva annotare tutte le informazioni da bordo
campo e poi agire nell'eventualità di un sospetto confermato.
Il
ragazzo aprì la bocca ma poi la richiuse.
Se non fosse stato
sempre così passivo, se invece di perdersi nelle sue teorie
avesse
agito subito sapeva
che
avrebbe potuto salvare Roxas da quella brutta strada su cui si stava
incamminando. Lui aveva sempre sospettato che Roxas avesse una doppia
vita, aveva sempre sospettato dei suoi problemi interiori nonostante
cercasse sempre di sorridere, aveva sempre sospettato che Cloud era
gravato da un pesante fardello di cui non conosceva ancora l'origine,
aveva sempre sospettato che Cloud stesse nascondendo qualcosa di
importante alla sua famiglia. Riku aveva avuto sempre tanti sospetti,
o meglio: certezze,
ma non aveva mai fatto niente per evitare che tutto attorno si
sgretolasse in mille pezzi. Questa volta sarebbe stato diverso,
questa volta avrebbe agito.
"Tutti i suoi comportamenti
strani da quando Roxas si è ammalato... e il fatto che lo
vedo
passare molto tempo assieme ai medici e a Leon. Forse è la
mia
natura diffidente ma sono sicuro che questo c'entri qualcosa" si
affrettò a rispondere.
"Tu sei l'unico a
sospettare?"
"Secondo me anche Aerith si è accorta di
qualcosa... ma la sua ingenuità e la sua benevolenza
l'avranno
sicuramente spinta a pensare che suo marito voglia essere solo
più
partecipe nelle cure di suo figlio"
"Non fa una
piega..." commentò Axel guardando la tazza ormai abbandonata
sul davanzale, appuntandosi mentalmente che in seguito avrebbe dovuto
chiedergli in cosa consistevano i comportamenti
strani di
Cloud di cui parlava. Dopotutto anche lui aveva notato spesso che
l'uomo passava del tempo assieme a Leon e la cosa non lo aveva mai
convinto molto, il sospetto principale l'aveva avuto dopo che i due
gli avevano chiesto di riportare i discorsi di Roxas. Qualsiasi cosa
ci fosse in mezzo, uno psicologo era tenuto a mantenere il segreto
della confessione.
"Allora cosa dicevano Cloud e tuo
padre?"
"Hanno confermato i tuoi sospetti..."
sussurrò Axel portando lo sguardo in un punto indefinito del
soffitto. Roxas
morirà della stessa malattia che a quanto pare ha ucciso mia
madre "...ma
non hanno detto nient'altro" aggiunse, optando di custodire quel
pensiero gelosamente per sé. In quel momento nessun dolore
avrebbe
potuto essere paragonato al desiderio di sentire il calore di Roxas
accanto al proprio corpo.
Un denso silenziò scese su di loro per
inesorabili minuti, l'unica cosa che spezzava la quiete della casa
era il ritmico ticchettio dell'orologio nella cucina.
"Vado
fare una telefonata" sussurrò infine Axel alzandosi senza in
realtà aspettarsi alcuna risposta.
Percorse la stanza a grandi
falcate e andò a rinchiudersi nel bagno dove, dopo aver
chiuso la
porta a chiave, si lasciò cadere sul pavimento con la
schiena
appoggiata ad essa, cellulare alla mano e la chiamata in attesa di
essere ricevuta.
"Axel?"
rispose la voce assonnata di Roxas qualche secondo dopo.
"Rox"
fu l'unico sussurro che riuscì a pronunciare e questo
provocò una
leggera preoccupazione nel ragazzo dall'altra parte del
ricevitore.
"Che...
che cos'è successo? Perché mi chiami a quest'ora?"
"Scusa,
lo so che è tardi ma avevo bisogno di sentirti"
"O-okay...
È successo qualcosa?"
Axel
scosse il capo ma ricordandosi che l'altro non avrebbe potuto vederlo
tradusse in parole i suoi pensieri "Tu non...non..."
inspirò profondamente e socchiuse gli occhi "Non
mi
lascerai mai, vero?"
"Cosa?"
"Niente... è che ho
bisogno di sentirmelo dire, che non te ne andrai mai. Ho bisogno di
uno di quei 'per sempre' che si dicono le persone che si
amano"
"Ax"
Roxas
fece una breve pausa, stupito da quella strana richiesta arrivata in
piena notte "Cos'è
successo?"
"Ho detto niente... davvero! Anzi forse non avrei neanche dovuto
chiamarti, scusami-"
L'altro sospirò pesantemente e non gli permise di parlare
ulteriormente "Il
per sempre non esiste, mi spiace non voglio dirti quello che vuoi
sentire e illuderti... però ti dirò un'altra
cosa. Tu mi hai
regalato l'infinito in un tempo finito. Il nostro è un amore
più
grande di noi...è un colpo di fulmine mortale, inesauribile,
estremo, esasperato... è uno di quelli che non si sa come
iniziano
ma che, sono sicuro, non si spegnerà neanche dopo la morte.
Tutto
quello che dovremo fare noi è amarci sempre, nonostante
quello
che potrebbe accadere, in modo da perpetuare quel sentimento di
infinito che ci lega"
Axel era sicuro che, se fosse stato meno orgoglioso, avrebbe
pianto.
Il
suono di pesanti passi crepitò contro la superficie legnosa
del
pavimento, demolendo l'atmosfera di calma e quiete che si respirava
all'interno della cattedrale.
Gli ci vollero solo una manciata di
secondi per percorrere la lunga navata e fermarsi davanti all'abside
ricco di imponenti vetrate, in tipico stile gotico;
lì incontrò
due occhi felini incorniciati da una lunga capigliatura
argentata.
"Ci incontriamo di nuovo" pronunciò questi
con una voce innaturalmente calma una volta individuato il nuovo
arrivato "Xemnas"
•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•
* Citazione
tratta dal libro di Erich Segal, Love Story (1970) , da cui
è stato
tratto l'omonimo film nello stesso anno.
Ancora
quattro capitoli alla fine del terzo atto, preparatevi
al rush finale pieno di caos e, finalmente, di azione; nel 21 invece ci
sarà l'ultimo capitolo su Xion, anzi a tal proposito vorrei
ringraziare tutte quelle squisite persone che hanno accolto
positivamente il mio spin off Portrait
of the Missing Moments of a Lifetime... sul
serio Xion vi ha
commosso tanto? Ne sono lieta, se invece non l'avete vista correte a
darci un'occhiata.
Come
sempre ringrazio Kronohunter21 per il lungo e accurato lavoro di
betaggio e anche per la copertina carinissima che ha fatto e che
troverete qui giù.
|
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Capitolo 17 *** AT BIRTH ***
Viva
la Vida
Nei
capitoli precedenti
"Ma
che diavolo?"
scattò Rude "Cloud, per quanto ancora hai intenzione di
lasciarli all'oscuro? Questa è una situazione delicata-"
"Dolore
immenso, allucinazioni, macchie su tutto il corpo" esclamò
Reno
alzandosi improvvisamente dal suo posticino sul tavolo su cui era
collassato giusto qualche minuto prima "Cosa dirai quando
inizieranno ad apparire tutti quei segnali? Non potrai più
nasconderlo sotto la scusa dei soli problemi cardiaci, anzi a tal
proposito complimentati con i tuoi medici di fiducia perché
hanno
trovato una patologia che si adatta proprio a pennello. Ma Sephiroth
non puoi nasconderlo. Cosa dirai a tuo figlio quando il suo corpo
sarà martoriato dal dolore e non avrà
più la forza di muovere un
dito? L'ennesima scusa, quella delle infezioni, non durerà a
lungo"
si fermò giusto davanti al biondo, l'alcol in circolo nel
suo
sistema non sembrava aver inibito le sue capacità di
riflessione "E
so che vuoi solo proteggere i tuoi cari ma il geostigma non lascia
spazio a speranze: se vuole una cosa, se la prende. Proprio come ha
fatto con la mia Elena ora sta facendo lo stesso con il cuore di
Roxas e presto con tutti i suoi altri organi" sibilò alla
fine
"Piantala con le menzogne"
"E
con Axel
come la mettiamo allora?" Cloud riprese le redini del discorso
dopo qualche secondo di sgomento "Non mi pare che lui sappia
tutto"
"Lui lascialo fuori, la cosa non lo coinvolge in
prima persona, e non mi ha mai fatto molte domande quindi in un certo
senso mi ha semplificato il lavoro... ringrazio che sia un ragazzo
che non ficca il naso negli affari che non gli
riguardano"
Il
suono di pesanti passi crepitò contro la supErficie legnosa
del
pavimento, demolendo l'atmosfera di calma e quiete che si respirava
all'interno della cattedrale.
Gli ci vollero solo una manciata di
secondi per percorrere la lunga navata e fermarsi davanti all'abside
ricco di imponenti vetrate, in tipico stile gotico;
lì incontrò
due occhi felini incorniciati da una lunga capigliatura
argentata.
"Ci incontriamo di nuovo" pronunciò questi
con una voce innaturalmente calma una volta individuato il nuovo
arrivato "Xemnas"
|
#17. AT BIRTH
I
vetri colorati delle grandi vetrate illuminavano la persona che si
erigeva davanti a lui, creando anche dei giochi di colori che si
riflettevano sui capelli argentei – in un altro contesto
l'avrebbe
trovato quasi buffo, ma non in quel momento. Xemnas alzò lo
sguardo
e si fermò a pochi metri dagli scalini che salivano verso
l'altare,
davanti al quale sostava un uomo dai lunghi capelli argentati, gli
occhi felini e tratti innaturalmente androgini. Come sempre era
vestito di nero, per contrastare con la sua pelle chiara, e indossava
un sorriso che di dolce o gioviale aveva ben poco nonostante
l'affabilità che voleva trasmettere attraverso le proprie
parole.
“Era
da tempo che non ti vedevo” dichiarò questi
allargando le braccia
e non mancando di lasciare il sorriso ad ornare il proprio viso.
“Sono
stato occupato con le faccende di Loz, ho cercato di metter fine a
tutti i suoi affari dal momento che adesso è stato
preso”
“Sarebbe
stato un mio compito, ma lo capisco anche se sei il più
giovane”
rispose l'altro ostentando una finta noncuranza che fece domandare a
Xemnas quanto in realtà si stesse rodendo il fegato per
essere stato
bistrattato così su due piedi.
“Già,
il capo l'ha affidato a me” confermò il ragazzo
senza però
sbilanciarsi.
“E
ne hai tratto buoni profitti?”
Yazoo,
secondo in carica ad occuparsi degli affari di famiglia, proprio per
l'ingente dominio che nel corso degli ultimi anni aveva conquistato
nei mercati neri internazionali, era sempre stata una persona dai
larghi orizzonti e poco incline a seguire la parola degli altri. Non
era mai stato particolarmente interessato alla vendetta o a portare a
compimento gli incarichi che gli venivano affidati, lui navigava su
frequenze diverse e questo lo si era già notato da qualche
anno, da
quando cioè aveva iniziato a mostrarsi sempre meno. Quello
che lo
interessava era il profitto ed era la stessa cosa che lo accomunava
ai mafiosi a cui tutti loro venivano ironicamente associati e con cui
non avevano nulla da spartire.
“In
realtà niente di che” Xemnas si manteneva sempre
eretto e fiero,
con le gambe leggermente divaricate e le mani serrate dietro la
schiena. La sua espressione era di passività ma mai di
sottomissione.
“È
un peccato” rispose l'altro senza però provare
realmente quelle
parole “Ad ogni modo spero di conciliare la tua perdita con
la mia
proposta. Oggi ti avevo convocato qui per fare quattro chiacchiere
sui nostri traffici; i miei vanno davvero a gonfie vele, ho stretto
amicizia con qualche società e famiglia influente e ho
iniziato a
fare investimenti vari... sai ho qualche contatto anche in Cina e in
Giappone”
“È
per questo che hai suggerito a Loz di rifugiarsi lì,
vero?”
“Esatto...
è stato davvero doloroso venire a sapere che nonostante i
nostri
sforzi lo abbiano trovato”
Xemnas
strinse i pugni e aggrottò le sopracciglia, si morse la
lingua per
non elargire ad alta voce il suo sospetto che in realtà era
stato
proprio lui
a tradirlo per estendere i propri domini. Non gli era molto
complicato farsi un'idea di dove volesse arrivare con questi suoi
piani.
“E
i tuoi amici
di scuola
come se la passano?” continuò Yazoo, ignorando
apparentemente
l'espressione di puro odio dell'altro che rispose comunque a denti
stretti.
“Continuo
a ricordare loro di tenere gli occhi aperti e monitorare il nostro
territorio, così come mi è stato insegnato,
mentre Saix si occupa
dei contatti e dei rapporti con i clienti. Nessuno ovviamente
sospetta nulla”
“Che
ragazzo ligio al dovere e all'ordine, non c'è che dire.
Vorrei
premiare la tua devozione proponendoti una collaborazione con il
sottoscritto”
“Collaborazione
di che tipo?”
“Uniamo
i nostri territori e i nostri affari, insieme potremo diventare
ricchissimi e presto riusciremo ad acquisire il comando di tutta la
città. A che ci serve il nostro obbiettivo se ci ricaviamo
poco e
nulla? Tutto quello che dovremo fare sarà correggere
leggermente la
struttura chimica delle nostre partite di Mako
in modo da renderle comune schifezza allucinogena e poi rivenderle in
un mercato più ampio”
Xemnas
rimase sbalordito da quella richiesta posta così apertamente
che non
riuscì a formulare alcun pensiero concreto.
“Durante
gli ultimi anni in cui lui
non è stato in circolazione sono sempre stato io
a occuparmi di tutto. Il ruolo di capo dovrebbe spettare a me!
Unisciti a me, Xemnas, e ti garantisco il succes-”
Ma
prima che Xemnas potesse muovere un dito o che Yazoo potesse anche
solo terminare la parola che stava pronunciando, quest'ultimo si
ritrovò freddato da un colpo che gli forò la
testa nel centro della
fronte. Quello dello sparo era stato un rumore talmente frastornante
e innaturale in un luogo di quiete come quella cattedrale abbandonata
che Xemnas lo avvertì quasi come la fine del mondo.
Nessuno
si era accorto di niente se non dell'immenso boato che aveva
preceduto di mezzo millisecondo il proiettile fautore della morte di
Yazoo che, con occhi ancora spalancati in quell'estrema espressione
di vitrea paura, si accasciò inerme al suolo nella pozza del
proprio
sangue.
L'eco
di passi che scricchiolavano contro il pavimento di legno
accompagnarono il suono di una voce glaciale e una figura molto
simile a quella di Yazoo apparve alle spalle del caduto con una
pistola fumante ancora in mano.
“Non
sopporto gli usurpatori e i traditori”
“C-capo”
un brivido di freddo percorse l'intera lunghezza della colonna
vertebrale di Xemnas che si ritrovò ad indietreggiare di
qualche
passo, egli non aveva mai piegato il capo davanti a nessuno se non
davanti a colui che gli aveva insegnato tutto.
“Era
da tempo che mi preoccupava”
“Perché
l'hai fatto? Lui era tuo-”
“Xemnas,
purtroppo quando ci sono di mezzo il potere e degli affari
così
importanti non puoi rimanere radicato ai legami. Niente
sentimentalismi. Ricordi cosa ti ho insegnato? Vince il più
forte”
“Ma-”
Il
nuovo arrivato guardò Xemnas con affezione mentre gli si
avvicinava
pericolosamente con passo cadenzato ed elegante, il suo volto era
coperto da un pesante cappuccio nero ma era possibile scorgere il
debole sorriso di tenerezza che era solito rivolgergli.
Allungò una
mano verso il più giovane per sistemargli i lunghi capelli
dietro le
orecchie e con uno scatto improvviso poi gli strappò
qualcosa
dall'orecchio “Come ti ho detto, io odio gli usurpatori e i
traditori” proferì ancora una volta, questa volta
con tono più
basso.
Un
rivolo di sudore scese sulla tempia di Xemnas mentre il cuore gli
batteva forte in gola, per un secondo aveva pensato che la sua vita
sarebbe terminata eppure era ancora vivo e illeso. Sapeva di aver
azzardato fin troppo facendo quella mossa ma mai avrebbe immaginato
di trovarsi faccia a faccia con il proprio capo in quel momento. Lui
sapeva sempre tutto, era normale che sventasse qualsiasi cosa che
riteneva potesse nuocere lui o i suoi ideali, l'aveva appena fatto
con Yazoo dopotutto. Ma perché aveva risparmiato Xemnas?
Questo era
l'interrogativo che pulsava nella sua mente al momento.
“Ti
affido tutti gli impieghi e il patrimonio di Loz e Yazoo”
Quella
voce fredda e vellutata lo prese in contropiede, conosceva abbastanza
il proprio capo da poter affermare con certezza che ovviamente c'era
qualcosa dietro. A quel punto Xemnas non poté fare altro che
arrendersi al proprio destino e annuire per non peggiorare la
situazione.
“Ah
un'ultima cosa... il piccolo Strife biondo... quello di cui eri
incaricato di osservare...”
“Sì?”
“È
ancora vivo?”
“Sì”
“Com'è
possibile? Io davvero non capisco” Xemnas si
ritrovò a scrollare
le spalle, ignaro dell'attuale risposta al quesito e l'altro scosse
il capo e prese il mento tra le dita con fare pensieroso.
“Lo
odio...”sussurrò poi non rivolto a qualcuno in
particolare, poi
puntò di nuovo il suo sguardo glaciale su di lui e un
sorrisetto
sghembo si aprì di nuovo sul suo volto “Occupatene
al più presto
e mostrami quanto sei degno di appartenermi”
Xemnas
abbassò lo sguardo sul pavimento e annuì con
fermezza. Strinse gli
occhi e si morse il labbro inferiore nel tentativo di reprimere il
dolore che lo assalì all'istante, fondamentale era sempre
mantenere
alto il proprio onore e accettare qualsiasi conseguenza alle proprie
mancanze, dopotutto era quello che gli era stato impartito fin da
piccolo. Aveva in breve ricevuto l'ordine non solo di disfarsi di una
vita umana, ma anche di trovare da solo un
giusta pena
per le azioni
commesse ed egli, mosso dal più ancestrale e mirabile senso
di
devozione nei confronti di quella persona, accettando la propria
disfatta chinò il capo e assieme ad esso il proprio orgoglio.
“Capo...”
sussurrò impercettibilmente qualche minuto dopo di religioso
silenzio, senza azzardarsi ancora di alzare il suo sguardo dorato
così diverso all'acquamarina dell'altro “Sei
sicuro di quello che
stiamo facendo? Non è sbagliato?”
“Metti
in dubbio i nostri ideali?”
“No
è che-”
L'uomo
incappucciato con delicatezza estrema gli prese il mento con una mano
e lo sollevò in modo da riuscire a stabilire un contatto
visivo e
parlò con tono languido “Credi che il
comportamento della società
sia giusto? Gli uomini distruggono tutto ciò che toccano,
compiono
delle atrocità inaudite. L'uomo è l'essere
più meschino che esista
ed è capace di fare qualsiasi cosa, qualsiasi
cosa,
pur di portare avanti i
propri studi, per estendere la propria conoscenza, per essere
più
forti, per essere avvantaggiati sugli altri eserciti e paesi...
perché dopotutto l'uomo ha paura dello sconosciuto e degli
imprevisti. I potenti vogliono padroneggiare sugli altri in modo da
non avere più problemi e rivali. Tutto ciò ti
pare giusto? È ora
che la parte lesa si prenda la propria rivincita... cosa
sarà
qualche migliaio di persone sacrificate in confronto alle miliardi di
vite spezzate per cause ignobili? Noi combattiamo per la causa di
Sephiroth”
Xemnas
spalancò gli occhi di fronte all'efficacia di quel breve
monologo e
rimembrò subito tutti i motivi che l'avevano spinto a
seguire con
passione la parola di quell'uomo.
D'un
tratto si vide indegno di tutta quella benevolenza nei propri
confronti e comprese subito come avrebbe dovuto agire d'ora in poi.
Nel
frattempo, fuori dalla cattedrale, una persona dalla folta chioma
dorata non si era persa neanche una parola di quell'incontro
così
imprevisto, e con stupore si portò una mano alla bocca per
soffocare
un'esclamazione di incredulità prima di rimettersi in piedi
e
fuggire con la stessa cautela con cui era arrivata.
*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.
Quando
aprii gli occhi mi ritrovai inspiegabilmente riverso sull'asfalto
bollente al centro di una strada deserta.
Il
rosso sole del tramonto splendeva in cielo e irradiava un innaturale
caldo afoso che batteva minaccioso. Sentivo il sudore scendere dalla
tempia e la maglietta, completamente bagnata, mi si era letteralmente
incollata addosso, e, nonostante tentassi di rigirarmi su un lato in
cerca di una posizione più comoda, quella sensazione di
malessere e
debolezza non volevano lasciarmi andare. Mi portai un braccio alla
fronte bollente - forse non solo a causa del sole - per asciugare
tutte le goccioline che la imperlavano e mi allargai il colletto
della maglietta mentre cercavo di respirare il più
profondamente
possibile nel tentativo di dissipare quella strana stretta in gola
che mi opprimeva. Era come se quel caldo stesse prosciugando tutta
l'aria dai miei polmoni e volesse uccidermi lentamente.
Improvvisamente
udii un sospiro poco lontano da me - non era né di sollievo
né di
preoccupazione, era un sospiro così distaccato da sembrare
quasi
impersonale e questo mi bastò a ricordarmi che ero ancora a
terra,
così mi feci forza per alzarmi e lanciai uno sguardo
all'ambiente
circostante. Non era solo la strada ad essere deserta ma anche il
quartiere in sé, ero circondato da imponenti grattacieli, e
non mi
ci volle molto a capire in che posto fossi finito quando realizzai
che davanti a me si erigeva un maestoso edificio fatto di specchi e
acciaio che portava il nome di Shinra.
“Perché
qui?” domandai a bassa voce. Non aveva importanza se stessi
parlando con qualcuno o con me stesso, la voce mi uscì
spontanea e
il mio sguardo rimaneva fisso su un parco giochi alla mia sinistra,
più avanti ancora c'era invece una cattedrale.
“Qui
è iniziato tutto”
Sapevo
che se mi fossi girato nella direzione di quella voce tranquilla e
solenne mi sarei trovato faccia a faccia con quella donna vestita di
bianco.
“Voglio
andare via” un fremito uscì dalle mie labbra e con
un braccio mi
strofinai gli occhi che avevano iniziato a bruciarmi “Non
voglio
stare qui, non mi sento bene”
“È
il sole. Ti fa sentire stanco, ti fa venire voglia di andar
via”
Rimasi
in silenzio, con una strana inquietudine che cresceva dentro di me, e
intanto con la coda dell'occhio studiai tutti i suoi fluidi
movimenti. La candida gonna svolazzava con eleganza e si appoggiava
morbidamente alle sue gambe mentre si avvicinava a me,
inaspettatamente poggiò una mano sulla mia spalla e io
trasalii a
quel contatto. La sua mano era ghiacciata sulla mia pelle, proprio
come quella di un fantasma.
“Tu
mi fai sentire così bene” la donna in bianco
spezzò il silenzio
con un sussurro appena accennato all'altezza del mio orecchio
“Non
andartene, rimani un altro po' con me”
Un
brivido di freddo percorse la mia spina dorsale e socchiusi per un
istante gli occhi.
“Ma
io non mi sento bene” la pregai quasi affranto, affondando il
capo
nel suo petto e godendo appieno del piacevole contrasto con la sua
pelle fredda.
“Non
temere, la mamma si prenderà cura di te. Una madre non
abbandona mai
i propri figli” lei mi sorrise e addolcì lo
sguardo mentre con le
braccia mi racchiudeva in un abbraccio “Tu mi
abbandonerai?”
Io
scossi il capo a quella domanda e aggrottai la fronte “Non
voglio
abbandonarti”
“Bravo
bambino” lei mi baciò il capo con fare materno e
io mi rigirai in
quell'abbraccio così freddo e così caldo allo
stesso tempo,
tuttavia quello non mi distrasse dai miei interrogativi.
“Ma
perché siamo qui?”
La
donna prese a massaggiarmi la schiena come a volermi rassicurare
delle sue intenzioni “Devi portare pazienza, Rox. Adesso
è ancora
presto per te. Non sei pronto”
“Axel
si preoccuperà se non torno da lui” protestai
debolmente,
soccombendo alla stanchezza che stava prevalendo su di me. Chiusi gli
occhi e mi lasciai sorreggere dalla donna, dal suo canto lei mi
strinse forte a sé e mi baciò la tempia.
“Lui
è un bravo ragazzo, vedrai che capirà”
*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.
Roxas
spalancò gli occhi giusto qualche istante prima che la porta
del
bagno si aprisse per rivelare la figura trafelata di Axel, il quale
si ritrovò a tirare un sospiro di sollievo non appena
intercettò il
piccolo biondo raggomitolato sul davanzale della finestra.
“Alla
buon ora” lo schernì Roxas con un cenno del capo,
scrutando ogni
minimo gesto che compiva l'altro nel raggiungerlo. Aveva l'aria
assonnata e l'andatura stanca, anche i suoi capelli erano leggermente
più arruffati del solito e questo non faceva altro che
confermare i
sospetti che nutriva nei confronti del rosso: c'era qualcosa che lo
turbava ultimamente e, nonostante avesse più volte provato a
chiedergli cosa fosse, l'altro era sempre vago a riguardo, in
compenso era diventato leggermente
più ossessivo del solito.
“Che
diavolo, Rox? Avevi detto che passavi un
momento in
infermeria a
prendere le medicine e invece hai saltato tutta l'ora di
letteratura”
sbottò seccato Axel passandosi una mano tra le folte ciocche
rosse
come faceva quando era irritato, ma questo non intimidì il
più
piccolo, anzi.
“Ops...
mi dispiace?”
“Piantala
di prendermi in giro, dovevi star via solo una decina di minuti al
massimo. Che ci fai in bagno? Per caso non ti sei sentito
bene?”
“Dai
Ax, come sei pesante” sbuffò Roxas stiracchiandosi
“Si può
sapere che diavolo hai? È da un po' di tempo che sei
strano”
“Che
diavolo hai tu! Il mio compito è quello di scortarti, ti
rendi conto
che puoi sentirti male in qualsiasi momento?”
“E
se tu mi avessi ascoltato stamattina mi avresti anche sentito quando
ti dicevo che oggi sto molto meglio del solito” gli ritorse
contro
il più piccolo indurendo il tono. Solo allora Axel parve
notare per
la prima volta l'assenza della bombola dell'ossigeno e della cannula
che erano ormai diventate ornamento fisso del volto di Roxas. Ora
che ci ripensava ricordava vagamente di averlo sentito dire che
l'avrebbe lasciata in infermeria per non portarla sempre con
sé, era
una cosa che faceva di tanto in tanto.
“Davvero,
Ax. Che ti sta succedendo? Ormai hai sempre la testa tra le
nuvole”
proseguì rabbuiandosi appena e poi cambiò
discorso “Comunque hai
passato brillantemente tutti gli esami di fine semestre, tu e tutti
gli altri.”
“Dici
sul serio? Come lo sai?” dopo un attimo di
incredulità il rosso
rimase piacevolmente sorpreso da quella notizia così
inattesa.
Il
tempo era passato relativamente veloce dal giorno in cui Axel aveva
scoperto quanto suo padre e Cloud Strife stessero loro nascondendo.
Quelle notizie erano state un duro colpo per lui e la consapevolezza
che avrebbe presto potuto perdere anche Roxas lo affliggeva senza
sosta, tutto d'un tratto si era inoltre ritrovato ad odiare suo padre
per non avergli detto la verità su sua madre.
Ora
era tutto grigio, non sapeva davvero cosa fare o pensare. Roxas
più
volte gli aveva ribadito il suo improvviso cambio di comportamento ma
lui cercava sempre di far finta di nulla, non poteva di certo dirgli
tutti quei casini che aveva origliato e magari fargli venire un
colpo.
“Ehi
Rox, sai che non hai speranza di sopravvivenza?”
No,
non poteva.
Intanto
si stavano avvicinando gli esami di fine semestre e per la prima
volta in vita sua Axel li aveva accolti come un aiuto dal cielo: dal
momento che non poteva far nulla per migliorare la situazione almeno
grazie ad essi avrebbe avuto la mente occupata, e così per
un'intera settimana aveva passato i pomeriggi assieme a Roxas, Sora,
Riku, Naminé, Kairi, Demyx e Zexion.
Quest'ultimo,
assieme a Roxas e Riku, avevano progettato un piano di studio per
coprire tutti i programmi studiati e aiutare gli altri a colmare le
eventuali insufficienze, quei tre insieme erano noiosi come la morte
ma a quanto pare erano riusciti nel proprio intento.
Roxas
annuì e sorrise.
“Sì,
dopo la sosta in infermeria ho fatto una capatina nella sala
professori per dare un'occhiata ai risultati... sono felice che tu e
quegli idioti di Sora e Demyx ce l'abbiate fatta”
“A
chi lo dici. Solitamente sono sempre pieno di debiti”
mormorò Axel
ancora incredulo.
“Ma
non quest'anno” ribadì l'altro con una risatina
“Adesso hai me”
A
quelle parole Axel si sentì avvampare e spostò lo
sguardo altrove,
l'altro però non fece caso al suo disagio – o
forse non voleva
farglielo pesare - e iniziò a divagare con un'aria
stranamente
allegra.
“A
proposito di ciò, dal momento che non sono più un
tutor forse
dovrei anche decidermi a restituire le chiavi degli uffici...
però è
così comodo averle a disposizione, potrei fare il bad boy e
tenerle
ancora un po' per me. Ah... parlando di bad boys, prima nei corridoi
ho incontrato Seifer e compagnia che erano in pausa sigaretta e
così
li ho seguiti qui in bagno per fare due chiacchiere... non ricordavo
fumasse così tanto”
“Seifer?
Ma sei pazzo?!” sbraitò Axel ritrovandosi a
spalancare gli occhi
al tono così naturale dell'altro.
“Perché
scusa?”
“Quello
è un pazzo violento”
Roxas
lo scrutò per qualche secondo e si torturò il
labbro inferitore con
il pollice e l'indice “Violento sì... ma pazzo non
direi”
“Da
quando siete amici?”
“Non
lo siamo. Ricorda, io sono sempre Roxas Strife, lo sfigato della
scuola. Però quando è di buon umore riusciamo ad
adottare un
comportamento civile in pubblico”
Axel
sospirò pesantemente e incrociò le braccia al
petto, spostando
tutto il peso su una gamba. Lo guardò con preoccupazione, ma
la sua
parte razionale gli diceva che non avrebbe potuto privarlo della sua
vita.
“Ciò
non toglie che avresti dovuto avvertirmi, sono stato in pensiero.
Credevo che ti fosse successo chissà cosa”
“Forse
avrò anche sbagliato a non dirti nulla ma la colpa
è anche tua che
ultimamente non presti più attenzione a nulla, sembri essere
tornato
quello di un tempo. Volevo vedere dopo quanto tempo ti saresti
accorto della mia assenza”
“Mi
dispiace Rox, ho tante cose per la testa da qualche tempo... non era
mia intenzione ignorarti”
“Sei
troppo nervoso, dovresti fumare un po'” offrì
l'altro come
soluzione ma Axel scosse il capo e sorrise con affezione.
“Ormai
è da un bel po' che non lo faccio, stare sempre con te mi ha
fatto
quasi perdere il vizio”
“Oh...
bene” Roxas commentò con una nota di delusione nel
tono e si
affrettò subito a voltare lo sguardo verso il cortile
ricoperto di
neve che si intravedeva dalla finestra “Cavolo, cosa darei
per un
po' d'erba” mormorò sottovoce a se stesso.
Axel
rimase un momento in silenzio.
“Beh...
potremo andare in giardino, lì solitamente ce n'è
tanta però
adesso è dicembre non credo che ne troverai molta”
Quell'affermazione
spiazzò totalmente Roxas che rimase a bocca aperta per una
manciata
di secondi ma poi si ritrovò a sorridere al buon cuore di
Axel e si
trattenne dal ridergli in faccia. Si sporse dal suo piccolo giaciglio
sul davanzale e strinse una mano del rosso contro la propria guancia,
dopotutto chi avrebbe mai potuto immaginare che un ragazzo tranquillo
e dedito al lavoro come lui avesse avuto un passato di alcol e
droghe?
Axel
non meritava di stare con una persona come lui, Axel si meritava la
verità.
“Che
dici, torniamo in classe?”Axel spezzò il lungo
silenzio che si era
creato tra i due e riportò l'altro alla realtà.
“Inizia
ad andare, adesso ti raggiungo”
Il
più grande annui e fece per avviarsi alla porta con un gran
sorriso
ma Roxas, senza neanche pensarci, scese dal davanzale e lo
bloccò
sulla soglia della porta con la propria voce“Ax?”
“Dimmi”
Roxas
rimase immobile per alcuni istanti e la bocca aperta mentre veniva
assalito dalla realizzazione di non sapere da dove cominciare, o
meglio di cosa dire. Lui voleva davvero
che il proprio ragazzo conoscesse il suo passato, però allo
stesso
tempo, aveva paura di poter essere rigettato da lui e questa era una
delle cose che voleva assolutamente evitare.
“Tu
mi vedresti nei panni di un cattivo ragazzo?”
vociò alla fine,
ricordandosi che non aveva ancora proferito parola. A quella domanda
Axel inarcò la fronte e gli scappò un risolino.
“Tu?
Ma fammi il piacere” fu la sua risposta prima di girarsi e
incamminarsi verso la classe.
Un
grugnito di disapprovazione fuoriuscì dalle labbra di
Larxene quando
la busta di patatine appallottolata era caduta a terra e non nel
cestino dei rifiuti quando l'aveva lanciata; solo dopo un lungo
dibattito mentale decise di alzarsi per riprendere la cartaccia e
gettarla in maniera più civile, senza però
risparmiarsi una sequela
di imprecazioni, e ritornò poi a sedersi nella poltroncina
che aveva
occupato e poggiò le gambe accavallate sullo schienale di
quella
della fila davanti a sé, lo sguardo era rivolto alla
bandiera degli
Stati Uniti riposta affianco allo schermo spento del proiettore.
“Hai
intenzione di startene lì ancora per molto?”
chiese senza
voltarsi, con un gesto fluido del braccio afferrò invece la
lattina
di birra e se la portò alle labbra.
Un
breve silenzio anticipò la risposta.
“Non
avevo mai pensato alla sala conferenze come scappatoia dal mondo,
ottima scelta” Roxas si staccò dallo stipite della
porta sul quale
era poggiato e, con le mani affondate nelle tasche dei jeans,
iniziò
ad avvicinarsi a lei con postura trasandata “Da chi o cosa ti
nascondi?”
“Cosa
ci fai qui?” lei gli lanciò un'occhiata di
sufficienza quando lo
vide sedersi accanto a sé, l'altro si ritrovò a
scrollare le spalle
dal momento che in realtà non lo sapeva neanche lui.
“Credo
di essere un cattivo ragazzo, questa è la seconda ora di
lezione che
salto…passeggiavo per i corridoi e ti ho vista
qui” offrì come
spiegazione con tono pensieroso e si adagiò allo schienale.
“Ma
davvero? E io che credevo che fossi da qualche parte a difendere i
diritti dei più deboli”
“Non
passo abbastanza tempo in questa scuola per entrare a far parte del
consiglio studentesco”
Roxas
abbozzò un sorrisetto malizioso, per nulla offeso dalla
frecciatina
sarcastica, e tra i due calò il silenzio - non era
però un silenzio
opprimente o imbarazzante, era solo semplice, mera quiete. Con
Larxene era sempre stato così fin dai tempi in cui si era
ritrovato
a frequentare Xion e i suoi amici e in quel momento, senza volerlo,
Roxas fu accolto subito da ricordi indesiderati che non avrebbe
voluto far riemergere dalle tenebre del suo subconscio. Larxene era
una persona schietta con poco tatto e ancor meno pazienza, tuttavia
ogni volta che ripensava ai tempi andati non poteva far meno di
constatare che lei era sempre presente nei suoi ricordi. Ogni singola
volta che si incontravano, anche per pochi istanti, la bionda si
premurava sempre di ricordargli quanto la sua esistenza la irritasse
eppure lei c'era sempre stata. Quando lui e Xion avevano un problema,
quando avevano bisogno di un passaggio o un luogo dove passare la
notte, quando avevano bisogno di una copertura o semplicemente di
compagnia, lei era sempre stata lì, brontolante ma presente.
Era
ironico come due tipi particolari e poco amichevoli come Larxene e
Vanitas si prendessero tanto la briga di vigilare
sull'incolumità di
due mocciosi. E in quel momento gli sembrò di rivivere una
scena di
vita passata: Xion era occupata con i suoi clienti, Vanitas era in
giro a comprare la dose quotidiana e lui e Larxene erano seduti,
insieme, ognuno immerso nei propri pensieri, senza provare il bisogno
di spezzare quella quiete innaturale.
“Cos'è
quel muso lungo? Hai litigato con Mister Universo?”
domandò ad un
certo punto la ragazza, senza però preoccuparsi di staccare
gli
occhi da qualunque cosa stesse attraendo così tanto la sua
attenzione per far contatto visivo con Roxas, che da parte sua si
ritrovò a sospirare.
“Non
abbiamo litigato, però è strano, è
sempre pensieroso ultimamente e
io non so cosa fare”
“Non
mi interessa, non sono un'agenzia per cuori infranti”
Il
biondo si ritrovò a ridacchiare, sapeva che non aveva motivo
a
prendere le sue risposte sul personale perché dopotutto lei
faceva
così con tutti, anche se sapeva che dopotutto, in fondo, lei
si
preoccupava. Appoggiò il mento sulla mano che si sorreggeva
sul
bracciolo della poltroncina e si ritrovò a puntellare le
dita della
mano libera sull'altro bracciolo; per un momento gli fece strano non
avere la bombola dell'ossigeno con sé, ormai ogni volta che
si
ritrovava in momenti scomodi aveva preso l'abitudine di torturare con
le dita il tubicino della cannula “Non è presto
per bere?” si
ritrovò a chiedere, un po' per curiosità e un po'
perché non gli
andava di andare subito in classe.
“Che
ti importa?” fu la non tanto inaspettata risposta che venne
offerta
dalla bionda.
“Il
fatto che siamo a scuola ed è mattina?”
“Oh
signore” Larxene si ritrovò a ridere quasi di
gusto, il tono era
alto e acuto come tutte le quelle volte che aveva intenzione di
essere gentile
con il prossimo “Certo che nelle scuole private siete sempre
tutti
così ligi al dovere”
E
con questa risposta Roxas riconobbe che era stata davvero molto,
molto gentile ma non se ne curò e la sua azzardata
osservazione gli
procurò un'occhiataccia di puro astio nei suoi confronti.
“In
realtà è così anche nella scuola
pubblica”
“Poi
ti chiedi perché non ti sopporto?”
“Mi
dai un sorsetto?”
Larxene
rimase quasi stupita dal cambio di argomento da parte di Roxas e per
poco non si mise a ridere a tale richiesta, ma dall'incuranza e
spontaneità con cui era stata posta capì subito
che il giovane
biondo non stava scherzando.
“Non
pensi che ti faccia male?”
“Capirai...
sto così incasinato che un po' di birra non mi
ucciderà mica” Roxas roteò gli occhi,
dalla sua espressione si evinceva la noia del
momento e questo bastò alla ragazza per passargli la
lattina. Lei
sapeva che con tutti i problemi un sorsetto di birra era il male
minore, anzi gli avrebbe solo risollevato il morale.
“Axel
lo sa?” si prese la briga di chiedere anche se sapeva di
conoscere
la risposta.
“Scherzi?
Lui crede che io dorma ancora con Shadow... figurati se sa della
birra
o del resto”
“Parli
di quel pupazzo orribile con cui ti ho scoperto avvinghiato una volta
che abbiamo dormito da Van?”
Roxas
non rispose subito perché si prese la libertà di
gustarsi quel paio
di secondi di pura estasi che gli aveva donato quel sorso di birra
fredda, era passato così tanto tempo dall'ultima volta che
ne aveva
bevuta una che quasi aveva dimenticato il sapore. La coca cola alla
ciliegia rimaneva comunque mille volte meglio.
“Non
è orribile” ribatté poi gonfiando le
guance, quasi offeso
dall'affermazione e Larxene soffocò una risatina.
“Invece
di abbracciare Xion riempivi di attenzioni quel coso... seriamente,
ma cos'avevi in testa?”
“Avevo
tredici anni...” mormorò impacciato cercando di
nascondere il
rossore che gli imporporava le guance.
“Certo
certo” fece lei afferrando di nuovo la lattina e prendendo un
altro
sorso “Riesci ad immaginare come sarebbe la vita se loro
fossero
ancora qui?”
Non
era molto difficile rispondere ad una domanda del genere, era ovvio
quali sarebbero state ancora le loro strade, se Xion e Vanitas non
fossero morti le loro vite non sarebbero mai cambiate (in meglio?
Erano cambiate in meglio o in peggio?)
“No”
mentì però Roxas “Non riesco ad
immaginarlo”
Tutto
quello che l’altra fece fu esclamare un
“Oh” di sorpresa e
tornare a dedicarsi alla propria lattina. Ripensare agli eventi del
passato le faceva male ma per qualche strano motivo con Roxas era
sempre così tutto naturale che non si poneva il problema di
dover
nascondere le proprie emozioni. Lui l'aveva sempre capita, anche se
non aveva mai fatto domande. Aveva sempre dato per scontato che tutto
quello che faceva lei era perché c'era un motivo; anche se
all'epoca
era un bambino – e lo era ancora tutt'ora - e non riusciva
ancora a
comprendere proprio tutto, alla fine aveva imparato il significato di
ogni suo sguardo o silenzio.
“Cazzo,
quanto mi mancano” sussurrò impercettibilmente
mentre muoveva la
lattina per accertarsi che ci fosse ancora un po' di birra.
Lei
aveva amato Vanitas. Si era messa con lui per cercare di dimenticare
Xion e, sebbene i suoi sentimenti per la ragazzina non avessero mai
voluto abbandonarla, per un periodo aveva amato anche lui. Xion era
uno di quegli amori che non si dimenticano facilmente ma anche
Vanitas aveva fatto tanto per lei, e Roxas l'aveva capito senza che
nessuno gli dicesse nulla. Roxas era un pezzo di passato che
trascendeva il tempo, era per questo che nonostante tutto lei gli era
affezionata, avrebbe fatto di tutto per far sì che quel
passato
continuasse a vivere.
A
quel punto, proprio come se le avesse letto nella mente, il biondo
le poggiò timidamente una mano sulla spalla e le sorrise
debolmente
prima di alzarsi e annunciarle che era tardi e che doveva tornare in
classe, ma lei lo bloccò prima ancora che potesse fare il
primo
passo “Ho notizie di Xemnas”
Roxas
si voltò subito, interessato da quell'annuncio
così inaspettato ma
al contempo desiderato con ardore, era da tempo che non aveva
più
notizie del ragazzo dai capelli argentati.
“Ma
non ti dirò niente” la bionda sorrise maliziosa e
rivolse
all'altro un'occhiatina di complicità per fargli intendere
che le
domande erano inutili, gli bastava solo sapere quello “E per
quanto
riguarda Axel, ti consiglio di parlargli se volete risolvere i vostri
problemi”
Roxas
sorrise e annuì, fece per andarsene ma poi ci
ripensò su e si
trattenne un altro breve momento “Larxene?”
“Che
vuoi ancora?”
“Quest'anno
hai il diploma... non fare stupidaggini”
“Sono
molto felice che tu abbia accettato il mio invito”
“Non
potevo di certo rifiutare”
“Giusto,
era da tempo che non ti vedevo”
“Sono
stato occupato con le faccend...”
La
trasmissione vacillò per qualche istante a causa di
un'interferenza
e un colpo secco al computer fece ristabilire la connessione, in
realtà sapeva che non erano i suoi pugni a risolvere tali
problemi
di frequenze ma assumevano comunque un buon effetto placebo. Rude si
portò la tazza alla bocca e storse le labbra al pensiero che
dopo
anni e anni di servizio nessuno era ancora capace di fare un buon
caffè.
“Ti
ho detto che io non ne so nulla” una voce strafottente
proruppe
all'improvviso quando si aprì la porta dell'ufficio. Un Reno
piuttosto scocciato si strascicò verso la poltrona di pelle
e
affondò dentro con un tonfo sordo, stringeva il cellulare
che aveva
all'orecchio con una forza tale che pareva volesse frantumarlo
“Ma
che diav- assolutamente no! Guarda che io sono un padre con un figlio
a carico... sì...sì lo so che non ci vediamo mai
ma sono una
persona adulta e responsabile”
Rude
si voltò completamente verso l'amico e si tolse gli occhiali
per
evidenziare lo stupore nel sentire quello che stava dicendo, a
giudicare dal tono infastidito aveva una vaga idea di chi potesse
essere ma in quel mondo forse avrebbe solo peggiorato le cose. Le
parole
adulto e responsabile
abbinate alla persona di Reno Turks mal si conciliavano con il
soggetto, non convincevano lui che lo conosceva da più di
vent'anni,
figurarsi la vicina di casa che lo odiava.
“Ti
dico che è la verità... Hai provato a chiedere a
Rude? Lui sa
sempre tutto, sicuramente-” sentendosi chiamato in causa
l'uomo
inarcò un sopracciglio e vide il rosso ammutolirsi per un
momento,
poi annuì e contrasse l'espressione “Bene. Adesso
sono a lavoro e
devo lavorare, tanti saluti” e detto ciò
attaccò bruscamente, poi
alzò lo sguardo e vide l'altro che lo fissava
“Cosa?!” sbottò.
Rude
a quel punto si tolse le cuffie e le appoggiò alla
scrivania, tanto
qualunque cosa stesse ascoltando era tutto registrato “Che
hai
fatto?” domandò perentorio incrociando le braccia
al petto.
“Cosa
ti fa pensare che io
abbia fatto qualcosa?” abbaiò l'altro stendendosi
allo schienale
della poltrona e prima ancora che riuscisse ad appoggiare le gambe
sulla scrivania Rude lo fulminò con lo sguardo.
“Ti
conosco abbastanza da poterlo affermare anche senza sapere cosa sia
successo”
“E
invece ora ti sbagli! Ha iniziato Malefica”
Bingo.
Rude
si congratulò con se stesso per aver indovinato ancora una
volta di
chi si trattava a telefono: Malefica era il soprannome che Reno aveva
gentilmente dato alla sopracitata vicina
della residenza di Brooklyn (in realtà abitava al piano di
sopra), i
due non andavano assolutamente d’accordo e non osava
immaginare
cosa avrebbero combinato se avessero condiviso il pianerottolo.
“La
vecchia mentre ieri sera parcheggiava ha urtato contro la mia
nuovissima macchina, io sono andato a farglielo notare e lei diceva
che non era vero e che era stato qualcun altro prima di lei... ma tu
potresti mai crederci? Lei mi odia” continuò ad
inveire il rosso
mentre gesticolava animatamente.
“E
poi tu cos'hai fatto?” domandò l'altro con
sospetto.
“E
io... e io...” tentennò per un secondo e poi
riprese a parlare con
tono deciso “Le ho rigato la macchina!”
Rude
si schiaffò una mano in fronte e sussurrò
esasperato, a volte gli
sembrava avere a che fare con un bambino.
“E
qui entri in gioco tu” continuò Reno senza
interrompersi
“Ovviamente mi coprirai e dirai che non sono stato io ma quel
gruppo di ragazzine deluse che Axel non fosse tornato a
Brooklyn”
“Ti
giuro, a volte mi fai davvero...non so neanche come definirlo...
sconfortare di vivere?”
“Ma
dai amico, la vita è bella” il rosso gli diede una
pacca sulla
spalla e con naturalezza prese la tazza di caffè dell'altro
“Dio
che schifo!”
“Adesso
puoi anche finirtelo”
“Grazie
ma non ci tengo. Piuttosto che facevi prima? Hai qualche
novità?”
disse infine mettendo la tazza di lato e sistemandosi meglio nel
tentativo di assumere una parvenza di serietà.
“Siamo
sulla buona strada, siamo riusciti a localizzarli”
“Ottimo”
“Purtroppo
la trasmissione si interrompe poco dopo”
“Non
ci sono problemi, l'importante è aver individuato il
luogo” Reno
si alzò e afferrò il cellulare che si
portò all'orecchio dopo aver
digitato velocemente il numero, attese giusto qualche secondo prima
di udire la solita voce calma e profonda “Yo Cloud! Indovina
un
po'... no, Rude non si è ancora sbarazzato di me”
esordì gioviale
e poi seguì una risatina mentre si avvicinava alla finestra
per
ammirare il panorama della città imbiancata dalla neve
“ Ho
ricevuto il permesso per andare a fare un giro con l'elicottero,
quindi imbellettati per bene che si va a caccia... tuo figlio ha buon
fiuto” spostò lo sguardo su un palazzo in
particolare e sul suo
volto si disegnò un ghigno “E ho appena deciso di
comprare un
ristorante sulla cresta del fallimento!”
Se
c’era una cosa che Marluxia odiava era la neve che rendeva la
guida
un vero inferno, ma non c’era niente che odiava di
più al mondo
che guidare di
notte
con la neve che rendeva la strada un vero inferno – a parte i
broccoli, sia chiaro, quelli avevano il primato assoluto nel suo
mondo fatto di rose e lustrini colorati – perché a
causa di tale
empia precipitazione atmosferica non solo le sue povere rose si erano
seccate ma era anche costretto a mantenersi ad una velocità
ridotta
per non rischiare qualche incidente.
Si
ritrovò a sospirare con insofferenza e aguzzò
meglio la vista
perché la strada secondaria che aveva appena imboccato era
scarsamente illuminata e perché in lontananza gli era parso
di
intercettare una strana sagoma.
Che
fosse un procione? Un procione un po’ troppo cresciuto che si
godeva il panorama… nah, poco realistico seppure possibile.
Un
orso che si godeva il panorama?
Marluxia
si ritrovò a ridacchiare da solo e scosse il capo, un orso
in città?
Ma come gli era venuta? E poi quella figura era troppo mingherlina
anche per essere un cucciolo.
Accese
gli abbaglianti e proseguì dritto finché non
raggiunse e riconobbe
la figura.
“Altro
che orsetto, quello è il nostro gattino”
esclamò stupito
accostando la macchina al ciglio della strada.
La
zona dei laghi era la località di maggior attrattiva della
città
grazie alla bellezza dei paesaggi e per la presenza di una ricca
flora e fauna, nelle varie stagioni le persone amavano ammirare
quello specchio d’acqua abitato da cigni e pesciolini mentre
in
inverno diventavano delle enormi piste di pattinaggio,
quest’anno
però il ghiaccio non era ancora abbastanza resistente e
quindi tutti
i programmi locali erano stati ritardati.
Sebbene
quello fosse un luogo piuttosto isolato, Roxas amava passeggiare
lungo l’intera stradina che costeggiava il Lago Maggiore e
godere
dell’estrema privacy che gli era negata a casa a causa delle
continue pressioni di Sora e sua madre. In quel particolare frangente
poi, suo fratello e Riku erano andati a festeggiare la fine degli
esami e lui non aveva molta voglia di andare con loro a fare la ruota
di
scorta o di rimanere a casa con sua madre che tentava sempre di
sostituire Leon e fare la morale per ogni suo minimo movimento.
“Sei
troppo depresso, Rox” “Perché sei
così silenzioso?” “Dovresti
farti degli amici”
Tra
l’altro quel pomeriggio Axel per chissà quale
motivo non era
passato da lui dopo gli allenamenti e quindi per evitare
un’altra
sessione di domande del proprio strizzacervelli casalingo, aveva
deciso di anticipare sua madre ed era uscito a prendere una boccata
d’aria. All’inizio aveva pensato di passare da
Naminé o Zexion
ma poi era giunto alla conclusione che un po’ di solitudine
non gli
faceva tanto schifo, avrebbe potuto pensare meglio a cosa diavolo
avesse Axel o cosa aveva in mente Larxene. E fu durante la sua
tranquilla passeggiata serale che fu investito da una luce accecante.
“Tu
sei Roxas”
Appena
udì una voce alla propria sinistra trasalì di
soprassalto e si
voltò subito verso la macchina che aveva parcheggiato poco
più
avanti, anche se non riusciva a vedere bene a causa
dell’oscurità,
non ebbe dubbi sull’identità del nuovo arrivato.
“Marluxia”
concordò come saluto non troppo entusiasta.
“Anche
se Axel non ci ha ancora presentati ufficialmente sembra che i
convenevoli non ci servono” l’altro
ridacchiò con leggerezza ma
Roxas storse il naso e si portò più vicino alla
bombola d’ossigeno.
“Cosa
vuoi?” ignorò totalmente la constatazione e
passò subito al
dunque, cercando di mantenere sempre un tono neutro “E quelle
sono
paillettes?”
Il
ragazzo dai capelli rosa si era fermato a neanche un metro da lui ma
questo non gli impedì di eseguire un’attenta
scansione del
soggetto: postura sbilenca, capelli arruffati dal tempo umido,
schiena leggermente ricurva, mani pesantemente affondate nei tasconi
del suo cappotto e uno scenografico sciarpone che più che
riscaldarlo sembrava volesse stritolarlo e sotto il quale si
intravedeva uno strano luccichio.
Marluxia
seguì lo sguardo del biondo e, con un mezzo sorrisetto,
aprì di più
il cappotto per lasciargli vedere il proprio maglione decorato con
paillettes e brillantini.
Mio
dio, questo è un essere pericoloso,
si ritrovò a pensare Roxas quasi impallidendo e poi si
ricompose
“Allora cosa vuoi?”
“Oi
buono, buono. Non voglio farti niente”
“Guarda
che sarò pure deboluccio ma conosco i rudimenti di
autodifesa”
“Certo, infatti è grazie ai
tuoi
rudimenti che ti sei ritrovato con un occhio nero” uno strano
bagliore illuminò per un istante gli occhi
dell’altro che iniziò
subito a ridere senza un minimo di decenza “Senti a proposito
di
questo, volevo scusarmi per quello che ti ho fatto qualche mese
fa…
è che mi avevi fatto davvero
incazzare”
Roxas,
senza scomporsi, lo studiò attentamente e poi
accennò un “sì”
col capo, senza però riuscire ad essere entusiasta.
“Tranquillo,
vorrei scusarmi anche io per averti fatto sospendere dalla tua amata
pallanuoto, ma hai partecipato ad un festino illegale pertanto non
trovo nessun rimorso a cui appigliarmi”
Marluxia
lo scrutò dall’alto, con un sorrisetto
indecifrabile che regnava
sul suo volto “Non ci sono più problemi, alla fine
mi hanno
reintegrato in squadra... in caso contrario penso che non sarei stato
così pacifico”
“Non
lo metto in dubbio” mormorò il biondo fissandolo
ancora con
diffidenza, Marluxia notando una strana pressione nell’aria
cambiò
argomento.
“Che
ci fai qui da solo? È abbastanza isolato, non mi sembra
l'ideale per
una passeggiata”
“Avevo
bisogno di riordinare le idee e pensare al da farsi”
“È
successo qualcosa?”
Roxas
sbuffò “Come se venissi a dirti i fatti
miei”
“Vorrei
aiutarti” il più grande scosse il capo e si
appoggiò con la
schiena alla staccionata alla quale si sorreggeva Roxas “Lo
so che
ora come ora non ti fideresti mai di me, però sono serio.
Axel è
mio amico e gli amici di Axel sono miei amici, se poi si parla del
ragazzo allora sei come un fratellino. Axel è felice con
te”
“Mi
fa piacere” Roxas incrociò le braccia e
spostò il peso su una
gamba, c’era qualcosa di quel tipo che gli dava da pensare.
Forse
l’improvvisa disponibilità?
“Dai
salta in macchina, ti do un passaggio”
“Non
serve”
“Insisto”
“Non
ti conosco neanche”
“Non
mi sentirei bene con la coscienza a lasciarti qui da solo”
Roxas
lo guardò di sottecchi, non poteva dire di fidarsi di quel
tipo,
tuttavia accettò con riluttanza l'invito e salì
in macchina,
l'abitacolo era caldo e accogliente e questo particolare non lo fece
pentire della sua scelta, dopotutto se fosse rimasto ancora
lì in
mezzo alla neve sarebbe morto assiderato.
“Tu
che ci facevi da queste parti?” domandò con una
punta di curiosità
nella voce mentre si sistemava la bombola in mezzo alle gambe.
“Ero
passato da Larxene” rispose l’altro mettendo di
nuovo in funzione
l’aria calda e spegnendo lo stereo che era ancora in funzione.
“Capisco”
“Vi
conoscete da molto tu e lei?”
“Da
cosa lo dedurresti?”
“Mah
non saprei, semplice ipotesi”
Roxas
distese la nuca sul poggiatesta e girò il capo verso il
ragazzo che
intanto, per qualche strano motivo, si era appoggiato al volante e lo
guardava con la faccia di un bambino che ha appena chiesto conferma
ai genitori dell’esistenza di Babbo Natale.
“Qualcosa
mi dice che conosci già la risposta” si
limitò a rispondere e
l’altro rise.
“Poi
dici che non mi conosci”
“Allora?”
Roxas inarcò un sopracciglio.
“D'accordo,
siamo amici dai tempi delle medie e ogni tanto parliamo”
Lo
sapeva.
Roxas
lo sapeva così come immaginava che Marluxia sapesse, almeno
vagamente, del passato suo e di Larxene, eppure nonostante questo si
stupì del fatto che l'altro non stesse già
facendo commenti
sprezzanti o non fosse già saltato a conclusioni affrettate.
“Anche
noi ci conosciamo dai tempi delle medie” confermò
allora.
“Forte”
commentò Marluxia decidendosi a rimettere la macchina in
moto “Sappi
che se hai problemi non esitare a rivolgerti a qualcuno, io ad
esempio sono a disposizione per qualsiasi cosa” gli rivolse
un'occhiata che voleva far intendere che sapeva in realtà
più cose
di quel che voleva dimostrare.
Roxas
spostò lo sguardo dalla vegetazione che correva fuori dal
finestrino
al ragazzo accanto a sé. Conosceva Marluxia Torn, non di
persona ma
tempo fa l'aveva comunque schedato come calcolatore.
Tutto ciò che lui faceva era solo in funzione del
divertimento
oppure per scacciare la tediosa noia che assaliva la maggior parte
degli adolescenti dell'alta società, sempre alla ricerca di
nuovi
passatempi. Lui non era uno che faceva qualcosa senza motivo e il
solo fatto che volesse invischiarsi in una faccenda con così
tanto
ardore da andare addirittura a richiedergli un invito, faceva solo
intendere che avesse fiutato puzza di divertimento.
Roxas
sorrise sbilenco, non era di certo tanto malvagio da negargli certi
piaceri, se voleva intrattenersi allora la loro vicenda faceva al
caso suo “Accetterò volentieri” rispose
con una voce
innaturalmente zuccherosa.
“Allora
dove ti porto, dolcezza?”
Il
più piccolo ci pensò un momento e la risposta fu
evidente nella sua
mente.
*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.
Il
suono di risate allegre riempì l'aria di quella stanza
d'ospedale
fin troppo triste e bianca, la finestra era appena aperta
cosicché
il fresco venticello di maggio faceva ondeggiare dolcemente la
tendina semichiusa. Una giovane donna dall'aria serena era seduta al
centro del letto, aveva i capelli biondi corti e con una mano reggeva
il libro che stava leggendo. Quando udì una vocina acuta
squittire
vicino a sé, alzò lo sguardo.
“Mamma!”
“Axel?”
“Indovina?”
Un
bambino sui cinque anni, dai capelli rosso fuoco e dai luminosi occhi
verdi sorrideva a trentadue denti mentre si avvicinava a gran
velocità al letto e si arrampicava sulla sedia per sedersi
accanto
alla madre.
“Non
saprei” gli rispose la donna chiudendo il libro e
sorridendogli
dolcemente.
“Papà
ha detto che ho fatto il bravo e quindi posso andare a giocare con il
cagnolino dei nonni” esclamò Axel più
che entusiasta.
“Davvero?
Te li ricordi i nonni? Sono venuti a trovarci lo scorso
Natale”
“Sì...
erano abbronzati, dicevano che a casa loro andavano sempre al
mare”
“Sei
felice che ora potrai farlo anche tu?”
Il
bambino annuì e le mostrò anche lo zainetto che
aveva dietro le
spalle “Sono pronto per prendere l'aereo! Papà ha
detto che
partiamo oggi”
Elena
passò affettuosamente una mano tra i capelli di Axel e
ridacchiò
“Sei diventato proprio un ometto. Adesso ti prenderai tu cura
di
Pluto, però non far stancare i nonni mi raccomando”
“Sì”
lui fece un cenno con il capo e andò a stendersi accanto
alla madre
che lo richiuse in un abbraccio “Mamma?” la
chiamò poco dopo.
“Dimmi
tesoro”
“Prima
ho conosciuto un altro bambino mentre stavamo venendo qui”
“Davvero?
E com'era?” domandò accarezzandolo.
“Era biondo come te ed
piccolo piccolo e sembrava triste”
“E
tu l'hai salutato?”
Axel
annuì pensieroso “Lui non parlava molto...
però io gli ho detto
che era carino e mi ha sorriso!”
“Che
bravo bambino che sei, Axel” Elena lo abbracciò e
gli diede un
bacio sulla guancia e lui iniziò a ridacchiare
freneticamente a
causa del solletico “Axel mi fai una promessa?”
“Quale?”
“Mi
prometti che farai sempre sorridere le persone che ami così
come fai
con me?”
“In
che senso?”
“Lo
capirai da grande. Allora me lo prometti?” chiese porgendogli
a
quel punto il mignolo e il bambino ricambiò con un gran
sorriso.
“Giurin
giurello! E tu mi prometti che tornerai presto a casa? Altrimenti non
ti vorrò più bene”
Elena
impallidì improvvisamente a quella richiesta e
tentennò per un
momento ma alla fine si ritrovò a mentire per il bene del
suo unico
e amato figlio.
“Lo
prometto”
Negli
anni a seguire Axel non odiò mai così tanto sua
madre.
Il
rosso si svegliò all'improvviso con una strana morsa di
nostalgia
che gli gravava alla bocca dello stomaco e il cellulare che gli
vibrava insistentemente in mano. Gli ci volle giusto qualche istante
per rendersi conto di essersi addormentato sul divano con la tv
accesa, una birra nell'altra mano e la divisa di basket ancora
addosso, si prese la libertà di leggere il mittente di tutti
quei
messaggi a ripetizione che aveva ricevuto, e, constatando che si
trattava sempre di Demyx, li eliminò senza neanche degnarsi
di
aprirli. Abbandonò il cellulare sul divano e si
passò una mano in
faccia per risvegliarsi dal torpore in cui era piombato senza
essersene neanche accorto - lanciò un'occhiata fuori la
finestra,
era buio e aveva iniziato a nevicare. Si portò la bottiglia
di birra
alla bocca e pensò che forse avrebbe dovuto telefonare a
Roxas per
scusarsi di essersi totalmente dimenticato di andare a casa sua quel
pomeriggio ma poi abbandonò quell'idea, quello era un
periodo un po'
strano per lui e a conferma di ciò si stava proprio
impegnando a far
andare il biondo fuori di testa, tant'è che aveva iniziato
anch'egli
a comportarsi in maniera inusuale – forse in
realtà neanche tanto
Roxas sembrava essere tornato il piccolo bastardo di quando si erano
conosciuti, mentre lui era lo stronzo menefreghista che pensava solo
a sé.
Sospirò
pesantemente e, annoiato da quello stupido film sdolcinato che
stavano dando in tv, senza preoccuparsi di spegnerla,
afferrò il
telecomando dello stereo e fece partire la riproduzione casuale.
Inarcò un sopracciglio quando udì la prima
canzone in riproduzione
e si chiese se non era uno stupido scherzo del destino.
I'm
standing on a bridge
I'm
waitin in the dark
I
thought that
you'd be here by now
Theres
nothing but the rain
No
footsteps
on the ground
I'm
listening but there's no sound*
“Axel?”
Un'improvvisa
voce familiare lo fece trasalire dai suoi pensieri e si
voltò verso
il corridoio che dava nel salotto dov'era seduto, non si
stupì di
non trovare nessuno, probabilmente l'aveva sognata.
“Axel,
ci sei?”
La
voce si era fatta più vicina ma lui non si girò
più, si portò la
bottiglia di birra davanti agli occhi e tracciò il contorno
con un
dito “Isn't
anyone tryin' to
find me?”
si ritrovò a
seguire il verso della canzone.
“Adesso
anche Avril Lavigne?”
A
quel punto Axel decise di alzare lo sguardo e per poco non
sobbalzò
alla vista dell'ultima persona che si sarebbe mai immaginato di
trovarsi avanti, un sorrisetto malizioso adornava il suo volto.
“Non
posso lasciarti un po' da solo che ti fai trovare in questo stato, se
non sto attento inizierai ad ascoltare anche Britney Spears?”
“Rox...
che ci fai qui?” Axel si mise più composto e lo
guardò stralunato
mentre l'altro entrava nel soggiorno e gli si avvicinava con una
strana tenerezza nella voce.
“Non
sei felice di vedermi?”
“Certo
che sono felice! È che non mi aspettavo di trovarti qui...
da casa
tua a qui si può arrivare solo con la macchina”
“Ho
trovato un passaggio e la porta d'ingresso era aperta, dovresti stare
più attento”
“S-sì...
ero stanco”
Roxas
si sedette accanto all'altro a pochi centimetri dal suo volto e lo
guardò intensamente negli occhi, gli prese il volto tra le
mani e
gli baciò le labbra prima di staccarsi e riprendere a
parlare con
serietà senza dargli adito di interromperlo
“Senti... non sono
venuto per sorprenderti alle spalle e farti venire un infarto ma
perché... perché...”
balbettò e prese un respiro profondo prima
di realizzare che la sua mente si era completamente svuotata. Aveva
passato una buona parte del tragitto in macchina con Marluxia a
prepararsi un discorso da fare ad Axel per fargli capire quanto il
dialogo fosse importante in un rapporto, era persino giunto alla
fatale decisione di parlargli del suo passato eppure adesso tutto il
coraggio di cui si era munito sembrava averlo abbandonato del tutto.
D'altro
canto, Axel notando l'evidente disagio dell'altro gli prese una mano
e abbassò lo sguardo “Rox no, forse dovrei essere
io a iniziare a
scusarmi... avevo paura di averti fatto incazzare. Il fatto
è che
mio padre è sparito e non risponde mai al telefono e io non
so cosa
fare con lui”
Il
biondo non rispose ma decise di alzarsi e si fece un giro della
stanza sotto lo sguardo attonito dell'altro.
Wont
you take me by the hand
take
me somewhere new
I
dont know who
you are
but
I, I'm with you
I'm
with you
“Okay”
disse qualche momento dopo fermandosi davanti al rosso e gli tese una
mano “Dammi la mano”
Axel
batté gli occhi e lo guardò interrogativo ma il
più piccolo ripeté
di nuovo l'affermazione precedente, così fece come gli era
stato
detto e si alzò. Roxas si disfò momentaneamente
della bombola
d'ossigeno per non essere intralciato nei movimenti e con gesti goffi
abbracciò il più grande dal torso e
appoggiò la testa contro il
suo petto.
“La
canzone è carina anche se davvero triste”
mormorò affondando il
viso nella maglia dell'altro.
“Penso
che si addica alla situazione” abbozzò una
risatina il rosso
mentre iniziò a dondolarsi e richiudeva l'altro in un
abbraccio “Why
is everything so confusing, maybe I'm just out of my mind”
e prese a canticchiare sapendo di non essere all'altezza della
canzone.
Roxas
sorrise e socchiuse gli occhi lasciandosi trasportare da quei lenti
movimenti “Mi mancava stare così vicino a
te”
“Anche
a me... mi dispiace di aver preso un po' le distanze da te”
“Non
ci pensare, adesso siamo insieme. Quando ti sentirai di farlo mi
dirai cosa c'è che non va”
Take
me by the hand
take
me somewhere new
I
dont know who you are
but
I'm, I'm with you
I'm
with you
I'm
with you
“Sai
cos'è?” proruppe Axel di punto in bianco appena
finì la canzone
mentre cercava l'altro con lo sguardo “Non c'è
cosa al mondo che
odio più delle bugie, io non cerco che un po' di fiducia
dalle
persone però alla fine vengo irrimediabilmente deluso. Odio,
odio,
odio, odio”
Roxas
sgranò gli occhi e la sorpresa gli mozzò il
fiato, ebbe giusto il
tempo di chiedersi se l'altro avesse scoperto qualcosa sul suo conto
che gli fu rivolta una domanda che quasi lo fece andare in panico.
“Rox...
tu mi nasconderesti mai qualcosa?”
Lo
sguardo addolorato di Axel, il suo tono, l'evidente delusione... la
sua persona urlava una silenziosa richiesta di sincerità e
questo
non fece altro che far realizzare all'altro quanto in realtà
fosse
ipocrita ed egoista. Roxas avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di
rimanere sempre accanto al proprio ragazzo e, forse un po' per paura
di rimanere solo o per paura di essere giudicato, realizzò
che
avrebbe quasi preferito tradire i suoi sentimenti piuttosto che
abbassare le proprie barriere ed esporre i peccati che aveva commesso
in passato.
Se
Axel avesse saputo tutte le vicissitudini che avevano animato la sua
vita prima della malattia sarebbe sicuramente rimasto disgustato, lo
avrebbe rigettato, lo avrebbe abbandonato, e lui sarebbe rimasto solo
e miserabile.
Non
seppe con quale coraggio riuscì a ricambiare lo sguardo di
Axel e
pronunciare con tono fermo quelle parole che sapeva avrebbero sancito
il suo destino.
“No,
non ti nasconderei mai nulla”
•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•
|
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Capitolo 18 *** I PROMISED ***
Viva
la Vida
Nei
capitoli precedenti
"Cosa dirai a
tuo figlio quando il suo corpo sarà martoriato dal dolore e
non avrà più la forza di muovere un dito?" si
fermò giusto davanti al biondo, l'alcol in circolo nel suo
sistema non sembrava aver inibito le sue capacità di
riflessione "E so che vuoi solo proteggere i tuoi cari ma il geostigma
non lascia spazio a speranze: se vuole una cosa, se la prende. Proprio
come ha fatto con la mia Elena ora sta facendo lo stesso con il cuore
di Roxas e presto con tutti i suoi altri organi" sibilò alla
fine "Piantala con le menzogne"
"E con Axel come
la mettiamo allora?"
“Sei
sicuro di quello che stiamo facendo? Non è
sbagliato?”
“Metti
in dubbio i nostri ideali?”
“No
è che-”
“Credi
che il comportamento della società sia giusto? Gli uomini
distruggono tutto ciò che toccano, compiono delle
atrocità inaudite. L'uomo è l'essere
più meschino che esista ed è capace di fare
qualsiasi cosa, qualsiasi cosa, pur di portare avanti i propri studi,
per estendere la propria conoscenza, per essere più forti,
per essere avvantaggiati sugli altri eserciti e paesi...
perché dopotutto l'uomo ha paura dello sconosciuto e degli
imprevisti. I potenti vogliono padroneggiare sugli altri in modo da non
avere più problemi e rivali. Tutto ciò ti pare
giusto? È ora che la parte lesa si prenda la propria
rivincita... cosa sarà qualche migliaio di persone
sacrificate in confronto alle miliardi di vite spezzate per cause
ignobili? Noi combattiamo per la causa di Sephiroth”
“Mi
mancava stare così vicino a te”
“Anche
a me... mi dispiace di aver preso un po' le distanze da te”
“Non
ci pensare, adesso siamo insieme. Quando ti sentirai di farlo mi dirai
cosa c'è che non va”
“Non
c'è cosa al mondo che odio più delle bugie, io
non cerco che un po' di fiducia dalle persone però alla fine
vengo irrimediabilmente deluso. Rox... tu mi nasconderesti mai
qualcosa?”
Non seppe con
quale coraggio riuscì a ricambiare lo sguardo di Axel e
pronunciare con tono fermo quelle parole che sapeva avrebbero sancito
il suo destino.
“No,
non ti nasconderei mai nulla” |
#18. I
PROMISED
Axel non era mai stato un tipo
sentimentale, ma quando provava qualcosa non poteva fare a meno di
esternarlo in maniera simil-plateale - non
ai livelli di
Demyx, ovviamente, ma non era neanche tanto lontano. In diciassette
anni di vita il sentimento più vicino all'amore che avesse
mai
provato era quello per il basket, gli allenamenti con Dem e Saix al
campetto quando erano più piccoli, la superficie ruvida
della palla
sotto ai polpastrelli, l'adrenalina che subentrava durante ogni
partita; tutto questo era fino ad allora stato la sua primaria fonte
di piacere, eppure da quando i suoi occhi avevano incrociato lo
sguardo fiero e orgoglioso di Roxas tutto era passato in secondo
piano. Si dice che è dalle piccole cose che si capisce se
due
persone sono fatte per stare insieme, ma quella mattina era stata la
riprova che loro non erano due semplici innamorati. Erano anime
gemelle.
Il motivo alla base di tale
realizzazione?
Un
french toast appena dorato con zucchero a velo e salsa di mele.
Axel
aveva sempre pensato di essere un tipo abbastanza complicato per la
prima colazione. Non era un tipo metodico ma come chiunque altro
aveva le proprie fisse: amava le schifezze tanto quanto il suo fisico
scolpito, ma il suo palato la mattina risultava fin
troppo raffinato per i comuni
mortali tanto che
spesso manteneva segrete le proprie abitudini alimentari,
finché
quel piccolo demonio biondo non aveva dato voce alle sue stesse
passioni proibite ordinando la colazione con precisione quasi
maniacale: una tazza di latte e cioccolato con più
cioccolato che
latte, succo di mirtilli possibilmente a temperatura ambiente, il
tutto accompagnato da quel fatidico french toast
appena
dorato con zucchero a velo e salsa di mele in un vasetto a parte
così
da non far ammorbidire troppo il pane. Era come se
il più
piccolo gli leggesse nella mente: stessi ordini, stessi accorgimenti,
stesse quantità; alla sua meraviglia, il biondo aveva
risposto
semplicemente che era ovvio che conoscesse i suoi gusti dato che
stavano insieme. Ormai ne era certo, in quel piccolo coffee shop in
cui avevano fatto colazione insieme, Axel aveva avuto la riprova che
lui è Roxas ormai procedevano sulla stessa linea d'onda e
niente
avrebbe potuto separarli. Niente.
"Cavolo, che bella
colazione! Sono proprio soddisfatto"
Il più grande era
in procinto di annuire e concordare su quanto affermato ma Roxas lo
batté sul tempo e si girò con espressione
corrucciata verso il
sedile posteriore dove suo fratello era stravaccato in modo pigro e
svogliato, sinonimo che per quella giornata aveva fatto già
fin
troppo.
"Sora è davvero impossibile per
me comprendere
come un essere umano possa ingurgitare certe schifezze di prima
mattina...mi sono sempre chiesto tu cos'abbia al posto dello stomaco
e non sono ancora riuscito a darmi una risposta sensata"
"Come
la fai lunga Rox, erano solo alette di pollo" protestò il
castano portandosi una mano sullo stomaco ben appagato, il fratello
però non era dello stesso avviso e storse il naso.
"Appunto!
Non credo che qualcuno sano di mente mangi certa roba alle 9 di
mattina"
"Dimentichi Demyx" intervenne Axel
con una risatina senza staccare lo sguardo dalla strada davanti a
sé.
"Anche lui non è tanto normale"
Roxas gli
lanciò un'occhiata eloquente e tornò a sfogliare
il fumetto che
aveva acquistato poco prima. Quel giorno i tre erano usciti di buon
ora per andare a razziare barbaramente la fumetteria della
città dal
momento che appena sarebbe ricominciata la scuola non avrebbero
più
avuto molto tempo per oziare e concedersi certi svaghi.
"Non
ci far caso" proruppe Sora sporgendosi tra i due sedili
anteriori e rivolse un ampio sorriso ad Axel che era impegnato a
scartare una vecchietta al volante che stava rallentando il traffico
"Roxas è sempre stato un tipo molto bisbetico"
"Io
mi definirei pratico e realista"
"Ceerto, è
proprio così...Ax tu che dici?"
Il rosso in questione
scoppiò a ridere non appena riuscì ad avere la
meglio nella sua
impresa contro la vecchietta e quando si fermò al semaforo
finalmente si voltò verso il biondo accanto a sé
nonostante
parlasse con Sora "Concordo con te. Roxas è bisbetico e
aggiungerei anche bastardo a volte"
Sora prese a ridere
nevroticamente alla faccia sdegnata del fratello che lanciava
occhiatacce a entrambi.
"Pero non lo cambierei mai per
nulla al mondo... e ha un faccino dannatamente carino
quando è
indignato” aggiunse Axel dopo una breve pausa prendendo il
mento di
Roxas con una mano e lo scosse con fare affettivo. Quest'ultimo si
divincolò fintamente infastidito dalla presa non prima che
l'altro
gli scoccò un bacio sulla punta del naso.
"Piantatela
di esercitare violenza morale su di me" sospirò seccato
delle
loro stupide coalizioni.
"Esatto Axel, piantala!"
gli fece il verso Sora "Carino? Avresti dovuto vederlo
travestito da Snoopy alla recita scolastica... allora sì che
era
carino, adesso è solo... uhm... è solo Roxas, il
noioso scorbutico
di Tarrytown"
"Snoopy? Dici sul serio?" lo
sguardo di Axel si illuminò improvvisamente e al sospiro
sconsolato
di Roxas seguì un'ennesima risatina di Sora che
annuì e si insinuò
con il capo tra i due sedili anteriori.
"Eravamo credo
in seconda elementare...Roxas era il migliore con quel travestimento!
Ogni volta che lo vedevo davanti a me ricordo che dovevo concentrarmi
un sacco per dire le mie battute e non scoppiare a ridergli in
faccia. Che ricordi... io ero Charlie Brown, Riku era Schroeder e
Kairi Piperita Patty...era carina anche con quell'abbigliamento
trasandato" mormorò con aria trasognata.
Axel inarcò
un sopracciglio "Non penso che Riku sarebbe felice sentendoti
fare complimenti alla concorrenza, nonostante si tratti di mia
cugina"
Sebbene Sora e Riku stessero insieme da
mesi
ormai, era palese della cotta che Kairi nutriva nei confronti del
castano.
"Oh Riku" mugolò Sora
adombrandosi nel giro di
pochi istanti, al pensiero del proprio ragazzo che era partito un
paio di settimane prima con la famiglia per trascorrere le vacanze
natalizie a casa dei nonni qualche stato più a sud. Il
ragazzo a
volte sapeva essere più emotivo di un'adolescente in piena
crisi
premestruale, con complessi di inferiorità e colpevolezza;
c'erano
poi anche degli argomenti che amici e parenti avevano imparato ad
evitare come la peste per far si che il castano non scoppiasse a
piangere nel bel mezzo di una conversazione come ad esempio le
partenze di Riku, la caccia alle piccole e carine foche bianche, i
panda a rischio di estinzione e le morti di Albus Silente, Sirius
Black e tutti i caduti della Seconda Guerra in Harry Potter e
così
via.
"Adesso inizierà a piangere e
lamentare la sua
mancanza" mormorò Roxas dopo qualche colpetto di tosse,
guardando Sora che non aveva dato neanche il tempo alla macchina di
accostare al marciapiede del vialetto che era subito sfrecciato in
casa come un razzo.
“Starà
bene?” domandò Axel una
volta parcheggiato, spiazzato dal comportamento dell'altro.
Roxas
scrollò le spalle e pregò mentalmente di non
dover fare sempre la
balia a suo fratello ogni volta che Riku si assentava
momentaneamente, tuttavia rimase silenzioso al suo posto, con lo
sguardo fisso nel vuoto senza dar cenno di voler uscire dalla
vettura. Quel repentino cambio d'umore non passò
però
inosservato.
“Cosa c'è?”
Axel gli poggiò una mano sul
ginocchio con aria apprensiva e il più piccolo si
girò, si leggeva
una profonda malinconia nei suoi occhi blu “Ehi,
cos'hai?”
“Sai
una cosa?” cominciò, una leggera titubanza gli
increspava la voce
“Forse sembra stupido da dire...ma in un certo senso lo
capisco.
Io...io non riuscirei a starti lontano"
Axel addolcì lo
sguardo e congiunse le loro labbra in un casto bacio "E
perché
dovresti? Io non vado da nessuna parte"
“Sei
sicuro?”
“Non ti lascerò
mai”
“Mai?”
“Mai”
Il
rosso gli sorrise teneramente gli scompigliò i capelli
guadagnando
così una risatina da parte del minore e si affrettarono
così a
rientrare in casa perché fuori si congelava. Come sempre
Axel con
una mano trasportò il carrellino dell'ossigeno mentre con
l'altra
teneva stretto a sé il biondo in un caldo abbraccio, e
quando furono
in soggiorno il sorriso sulle loro labbra si ingigantì
ancora di più
al profumo di biscotti in forno.
"Ragazzi! Avete fatto
una buona passeggiata?" la chioma castana di Aerith fece
capolino dalla cucina, rivelando la donna vestita del suo grembiule
da cucina a fiorellini e munita di pesanti guanti.
"Abbiamo
fatto spese" disse il figlio mostrando le buste della fumetteria
che aveva in mano.
Aerith scoccò un bacio sulle
guance di
entrambi i ragazzi e poi si rivolse ad Axel con un gran sorriso "Oggi
ti fermi con noi?"
“Ti ringrazio ma pranzo con mio
padre”
"Allora è tornato a
casa?"
“Così
pare, ormai ci ho fatto l'abitudine” Axel fece spallucce per
sottolineare quanto quella situazione non lo turbasse più di
tanto
“Ultimamente è stato sempre così
impegnato"
"Axel...
lo so che per te è difficile però anche per noi
adulti questo è un
periodo un po' complicato, dagli tempo e vedrai che tutto si
sistemerà. Stai tranquillo, anche se non c'è
spesso sono sicura che
tuo padre ti vuole bene” Aerith gli diede una pacca
sulla
spalla e tornò in cucina, facendo loro cenno di seguirla.
“Mamma
noi in realtà volevamo andare in camera mia" si intromise
Roxas
che nel frattempo si era seduto sul divano e tossicchiava di tanto in
tanto. Aerith lo scrutò per un momento, senza dir nulla
tirò fuori
dalla tasca del pantalone un tovagliolino di carta, si
inginocchiò e
asciugò il sudore formatosi sulla fronte del
figlio.
“Hai
ragione Rox, sarete stanchi, andate a riposare e appena saranno
pronti vi porterò i biscotti. Va bene?”
Axel rimase in
silenzio a guardare come la donna era sempre amorevole e premurosa e
riusciva a mantenere i nervi saldi in qualsiasi occasione vicino a
Roxas, pure quando le cose non andavano bene - non si stupiva che
tutti la adorassero e, per una frazione di secondo, fu invidioso; per
un solo momento desiderò anch'egli una madre, una famiglia
normale.
Alla fine però si ritrovò a scuotere il capo e a
riconoscere che
una vita troppo tranquilla e monotona non faceva per lui.
Quando
si riscosse dai suoi pensieri si ritrovò da solo in
salone, o
quasi; Aerith era scappata in cucina per tenere d'occhio i biscotti
in forno mentre Roxas si stava avventurando per le scale e, vedendolo
piuttosto in difficoltà, si precipitò
immediatamente da lui
prendendo con sé il carrellino dell'ossigeno. Ultimamente
Roxas gli
sembrava più fiacco del solito e spesso sembrava esausto
anche dopo
piccole attività, a tal riguardo Axel aveva cercato di
farglielo
notare più volte ma l'altro cambiava abilmente argomento e
dirottava
la sua attenzione altrove. A volte si chiedeva chi fosse più
cocciuto tra i due.
Una volta arrivati con un po' di fatica
in camera del biondo, Axel non si stupì più di
tanto di trovare
Sora spaparacchiato scompostamente sulla sedia a rotelle (che, dato
il disuso, era diventata la sua giostrina personale) intento a
leggere il nuovo numero di Ultimate X-Men. Ormai con lui tra i piedi
stava diventando quasi impossibile avere un po' di
intimità.
"Non
dovresti finire i compiti per le vacanze?" vociò un
affaticato
Roxas, a quanto pare concorde con lui, lasciandosi cadere sul letto
con lo stesso ardore di un corridore davanti a un comodo materasso
dopo un'estenuante maratona.
"Pensa ad Axel, sono
sicuro che lui deve ancora aprire libro"
"Ehi! A
me manca solo francese" Axel borbottò con fare offeso e
diede
un colpetto sulla fronte del castano, quest'ultimo mugolò
con
disappunto e poi sgranò gli occhi.
"Merda avevo
dimenticato che c'era anche quello!"
"Piuttosto mi
sono sempre chiesto per quale motivo noi studiamo il francese mentre
nelle altre scuole si fa spagnolo¹” il rosso prese
posto sul letto
accanto al proprio ragazzo e gli passò un braccio attorno
alle
spalle “Che senso ha? Non è che qui ci sono
francesi con cui
parlare"
"Il francese è la lingua della
letteratura e della raffinatezza" suggerì Roxas.
"Perché
vuoi imparare lo spagnolo, Moore? Progetti un viaggetto o vuoi solo
comprendere cosa dicono i domestici?" Sora gli lanciò
un'occhiata maliziosa e iniziò a ridacchiare,
così facendo però si
guadagnò un cuscino in faccia da parte di Axel.
"Sora
non ricominciare di nuovo con questa storia" sospirò Rox
esasperato.
"Ehi prima o poi scoprirò cosa
dice la
nostra governante quando parla tra sé e sé...
devo assolutamente
imparare lo spagnolo!"
"Lei parla portoghese, non
la capiresti comunque, e se non la pianti di importunare quella
povera donna le dirò dove nascondi le tue
merendine"
"No
le merendine no!"
Il biondo lasciò il fratello
alle
proprie lamentele e, notando l'eventuale perplessità di
Axel, si
avvicinò al suo orecchio per dargli spiegazioni
"È convinto
che lei lo odi e che abbia costruito una bambolina voodoo per farlo
soffrire"
Axel guardò sconcertato prima
Sora, poi
Roxas e di nuovo Sora senza azzardarsi ad intromettersi in quella
conversazione priva di senso ma preferì continuare a fare da
spettatore alle stranezze dei due gemelli.
"Se proprio
vuoi imparare lo spagnolo potresti vedere se c'è qualche
corso extra
a scuola oppure sceglierlo come materia per il secondo
semestre"
"Nah, ho più crediti da colmare
nelle
materie artistiche... ho scelto disegno cosi sto insieme a Nami e
sono sicuro di passare senza troppi problemi"
"Mi
stupisco che tu non abbia scelto qualcosa con Riku" intervenne a
quel punto un attonito Axel, anche Roxas sembra stupito che i due si
fossero separati.
Sora assunse un'espressione disgustata
"Lui è un secchione, ha deciso di seguire chimica avanzata
con
Zexion"
"Tu cosa hai scelto alla fine, Roxy?
"
"Mi avrebbe interessato arte del dialogo o
filosofia ma poi ho optato per teatro. Mamma e papà
all'inizio non
erano d'accordo però sono riuscito a convincerli e mi hanno
dato il
consenso, ci sarà Vaan con me durante quelle
lezioni"
Axel
rimase perplesso da quella scelta non proprio consigliata per la sua
situazione e inarcò un sopracciglio, scettico "Ce la farai?
Non
è... pericoloso per
te?"
"Perché
dovrebbe? L'importante è non avere un ruolo molto stancante
e poi
conosco Vaan dalle medie, i miei si fidano di lui” il rosso
fece
per ribattere ma Roxas non gli diede il tempo di aprire bocca
“Lo
so cosa stai per dire e, credimi capisco la tua preoccupazione, ma
ormai ho deciso e non cambierò idea. Ehi non guardarmi
così...
questa è una delle poche opportunità che ho di
muovermi e fare
qualcosa di diverso...chissà poi in futuro..."
Intuendo
il risvolto amaro che stava assumendo la conversazione Sora, subito
dirottò l'attenzione verso il rosso "E tu cosa farai,
Ax?"
"Io
ho dei crediti arretrati da colmare...” rispose quest'ultimo
spostando lo sguardo da Roxas e concentrandosi sul castano
“Penso...
penso che riprenderò geografia che abbiamo abbandonato un
paio
d'anni fa e poi non ho ancora deciso"
Sora sorrise e si
mise più comodo sulla sedia, non avrebbe mai potuto
dimenticare
quando al primo anno i due si erano uniti in una sorta di tacita
alleanza ai danni del professor Even "Ah che ricordi... Il
professore non ci sopportava proprio, aveva anche detto che se
avessimo continuato con i nostri casini avrebbe deposto le armi e si
sarebbe dimess-... a proposito di armi, potresti fare lavorazione dei
metalli!" esclamò il castano con tono entusiasta dell'idea
che
lo aveva appena colpito.
"Che?!"
"Ma
sì! Devi sapere che il professore nel tempo libero gestisce
un'armeria e nella maggior parte dei casi se sei davvero bravo ti
aiuta a costruire anche delle armi a tuo piacimento"
“Anche
io l'ho fatto" intervenne Roxas un po' più tranquillamente
di
Sora, appoggiandosi alla spalla del rosso e stringendosi al suo
braccio "I miei lavori sono anche stati esibiti in
un'esposizione della scuola"
"Esposizione? Armi?
Perché non ho mai sentito nulla di tutto
ciò?"
Roxas
sbadigliò e lanciò un'occhiata alla sveglia sul
suo comodino prima
di rivolgersi agli altri due e rispondere al quesito con un tono
glaciale "Perché probabilmente hai vissuto sempre pensando
esclusivamente a te stesso e a ciò che ti ruotava
attorno"
Tutti
si ammutolirono alla pungente sentenza del biondo.
Sora li
guardò nervosamente, timoroso di una nascente discussione
tra i due
e così decise di volatilizzarsi più in fretta che
poté "Io...io
vado a telefonare a Riku...è-è davvero
tardi"
Una
volta che il ragazzino fu fuori e la porta sbattuta in malo modo per
la fretta, Roxas appoggiò la testa sulle cosce di Axel e
sollevò un
braccio per accarezzargli una guancia.
"Certo che sei
proprio stronzo a mandarlo via così" quest'ultimo
accennò una
risatina.
"Intendi fingendo il preludio di un
litigio?
Almeno l'ho fatto con gentilezza"
“Ma così di punto
in bianco?”
“Mi aveva stufato e sono stanco
in un certo
senso... questo era il momento ideale”
Axel si chinò e lo
baciò.
“Vuoi
riposare?”
“Voglio parlare con
te” Roxas scosse il capo e invitò l'altro a
stendersi accanto a
sé.
Nelle ultime settimane i rapporti erano
diventati
strani tra i due, Axel era sempre pensieroso e sembrava non riuscire
a lasciarsi andare del tutto; Roxas d'altra parte accusava la
solitudine e aveva avvertito delle tensioni nell'aria, tensioni da
parte di Axel, dei suoi genitori e anche da parte di Larxene. Sapeva
che i problemi stavano tornando a bussare alla sua porta e per questo
iniziava a provare il bisogno di allontanarsi dalla realtà
proprio
come faceva un tempo, anche se sapeva che era sbagliato.
"Allora
tuo padre è ritornato in circolazione?"
"Ho la
sensazione che si sia riempito di lavoro per evitarmi, ma ora che ci
sono state le feste di Natale e capodanno non ha più
scuse"
"Cos'è
successo tra di voi? "
Axel lo guardò a fondo con
espressione amara e sospirò, gli passò una mano
tra i capelli
com'era sua abitudine fare quando voleva rassicurargli che aveva la
situazione sotto controllo anche se l'altro sapeva che non era vero
"Niente Rox, problemi familiari. Mi ha nascosto molte cose
importanti"
"Capisco..." decise di non
indagare oltre anche se si chiedeva il motivo per cui Axel alternasse
momenti di sconforto a rabbia a rassegnazione e giù di
lì. Quando
parlava di Reno, Axel era sempre strano, sembrava essere animato da
mille emozioni contrastanti però sembrava volergli molto
bene
nonostante fosse praticamente sempre assente.
“Com'è tuo padre?”
chiese cautamente alla fine, alzando lo sguardo per testare la
reazione del rosso.
“Com'è...”
Axel in un primo momento
fu meravigliato da quella domanda “Lui...lui è
difficile da
descrivere” continuò lentamente mentre giocava con
le ciocche di
capelli dell'altro “È un tipo strano, non ci sono
in realtà molte
parole per descriverlo... è fuori dal mondo, se vogliamo
metterla
così. Gli piacciono le feste e bere... soprattutto
bere.
Si distrae facilmente quindi la maggior parte di quello che gli dico
finisce irrimediabilmente per dimenticarlo... e adora il basket,
quindi abbiamo una cosa in comune” fece una breve paura e poi
si
aprì un ampio sorriso sul suo volto “Quando io e
Dem eravamo
piccoli capitavano quelle mattine in cui ci accompagnava a scuola e
iniziavamo a cantare a squarciagola tutte le canzoni dei Metallica e
poi... oh, ti ho mai detto come ho imparato a
guidare?”
Roxas
scosse il capo e si avvicinò di più per mettersi
comodo mentre Axel
continuava a parlare ora con tono vivace, e gesticolando teatralmente
per descrivere al meglio tutti i ricordi che gli stavano tornando
alla mente.
“Okay, una notte mi ha
letteralmente strappato
dai miei videogiochi e mi ha portato sull'interstrada - era
più o
meno mezzanotte o giù di lì - e mi ha insegnato a
guidare veloce,
intendo molto veloce. Prima di allora mi
aveva insegnato
le basi, del tipo partire, parcheggiare e cose del genere
però
quella era la prima volta per me su una vera strada e mi ha fatto
guidare sugli 80-85 finché non siamo arrivati a Coney Island
- la
conosci, no? A sud di Brooklyn - da qui ci vuole quasi un'ora e mezza
o forse più per raggiungerla ma noi ci siamo arrivati in una
cinquantina di minuti. Capisci? Cinquanta minuti! E non ti nascondo
che quella volta credevo che sarei morto davvero... non so se a causa
della paura della velocità o per paura di schiantarmi contro
qualcosa ma comunque arrivammo lì e mio padre mi
trascinò sulla
spiaggia perché voleva fare un bagno nell'oceano.... di
notte! Ma
qui dopotutto si parla di Reno, cosa ti potevi aspettare da lui?
Ovviamente fui costretto ad unirmi a lui perché continuava a
prendermi in giro, che ero una ragazzina se non avevo il coraggio
di fare una nuotata al chiaro di luna. Tu
poi sai quanto
a me non piacciano queste cose”
Roxas annuì, cercava
però
di non ridere alla comicità di Axel mentre raccontava e allo
stesso
tempo si portava indietro delle ciocche di capelli ribelli che non ne
volevano sapere di stare al loro posto.
“L'acqua era
ghiacciata! Era come fare un bagno al polo nord in pieno inverno
anche se era estate... quando siamo ritornati alla macchina e ci
siamo asciugati alla meglio avevo gli arti congelati e pensavo che
prima o poi mi sarebbero caduti”
“Non oso immaginare il
viaggio di ritorno” il biondo lo interruppe ridendo.
“Avresti
dovuto vedermi! Mio padre mi costrinse a guidare nonostante non mi
sentissi più i piedi... erano tutti intorpiditi! Penso che
siamo
ancora vivi per puro miracolo”
“Tuo padre è strano
forte!”
“E non hai sentito ancora la
parte migliore...
al ritorno non abbiamo preso più l'interstrada ma siamo
passati per
la città e ci siamo fermati in questo localino anni '80
gestito da
un suo amico. Erano tipo le due di notte ma a mio padre non
interessava, diceva che la notte doveva essere vissuta e
così
facemmo. Ci sedemmo ad un tavolo e fumammo e mangiammo un sandwich al
tacchino. Non chiedermi come faccio a ricordarmi anche del tacchino
perché non ne ho idea... avevo 13 o 14 anni e lo so che ero
ancora
piccolo per tutte queste cose, ma questo è vivere con Reno
Turks.
Morale della storia: il giorno dopo mi mise in punizione
perché
avevo fumato nonostante fosse stato lui a coinvolgermi, la sua
motivazione era che sapeva del mio vizio e che era una cosa
sconsiderata ma una fumata in compagnia non si nega a
nessuno”
“Wow”
mormorò Roxas una volta che l'altro ebbe finito il racconto
“Sembra
un tipo simpatico tuo padre”
“Difficile da gestire
più
che altro... siamo due teste di cazzo” Axel sorrise
strofinando il
naso tra i capelli biondi del più piccolo e
sospirò inebriato dal
profumo di pesca.
“Non sembra una persona cattiva,
a volte
lo descrivi come il demonio” obiettò a quel punto
l'altro e si
alzò sui gomiti per guardare il rosso negli occhi
“Non capisco
perché a volte parli di Reno come se fossi irritato della
sua
esistenza, per non parlare di quando non ti indirizzi a lui come se
fosse neanche un genitore ma quasi... un
amico?”
“Lui
non è tanto nei panni del padre... capisci quello che dico?
Certo,
ci vogliamo bene ma da quando è morta mia madre non si
è mai
sentito di imporsi su di me, in un certo senso procediamo ognuno per
la propria strada. Però non è che io non gli
voglia bene... è solo
che sono incazzato con lui perché mi ha detto molte bugie e
mi tiene
nascoste delle cose importanti”
Roxas sentì un groppo in
gola e abbassò lo sguardo, in quel momento parlava in difesa
di Reno
anche se tacitamente si riferiva a sé stesso
“Però... però a
volte per proteggere chi si ama può capitare di dire delle
bugie a
fin di bene”
“Rox, tu sai quanto io odi queste
cose. Per
me è difficile perdonare certe cose”
“Però lui ti
vuole bene!” il biondo continuò a protestare e
Axel inarcò un
sopracciglio.
“Lo so... ma perché lo
prendi sempre tanto
a cuore ogni volta che parliamo di quanto ultimamente non si sia
comportato bene nei miei confronti? Non mi starai mica nascondendo
qualcosa?” domandò giocoso lanciandogli
un'occhiata
indagatrice.
Roxas sapeva che l'altro stava scherzando
ma
non poté fare a meno di sentire un senso di ansia e
colpevolezza
crescere in lui e lentamente avvolgerlo “N-no ma che stai
dicendo...” abbozzò un lieve sorriso “Io
non ti mentirei mai. Te
l'ho promesso”
“Già, una promessa
è una promessa”
Axel sorrise e spostò lo sguardo verso la testata del letto
dove
tutte le fotografie navigavano sparpagliate e si ritrovò a
studiare
per la millesima volta tutti i ritratti di quei volti che non
conosceva ma che ormai avrebbe saputo descriverli nei minimi dettagli
anche ad occhi chiusi “Perché non sorrideva
mai?” domandò ad un
certo punto, spiazzando totalmente il biondo che gli chiese di
spiegarsi meglio “Parlo delle fotografie... lei
c'è nella maggior
parte di esse però solo in una sorride di cuore, nelle altre
sembra
quasi malinconica” disse facendo segno verso una foto in
particolare in cui una ragazzina dai capelli corti neri e gli occhi
blu reggeva un gelato e sorrideva all'obbiettivo. Dietro si lei c'era
un laghetto in lontananza e tanti alberi, doveva essere stata
scattata in un parco, e nell'estremità sinistra si
intravedeva il
volto tagliato di Larxene che era intenta a guardarla con uno strano
sorrisetto.
Roxas si fermò a studiare quella
fotografia
come se fosse stata scattata ieri, ricordava troppo bene quel
momento. Era il compleanno di Xion, era giusto poco tempo dopo che
lei gli aveva raccontato la verità sul suo conto.
Erano
felici e spensierati a quel tempo,credevano di poter risolvere tutti
i problemi della vita.
“Lei...”
cominciò dopo qualche
secondo di silenzio, ormai aveva deciso che sarebbe stato meglio se
Axel non avesse mai saputo niente di lei, era uno di quei segreti che
avrebbe custodito gelosamente dentro di sé “Lei
era solo molto
timida”
“Davvero? Però sembra
triste in alcune
foto”
“Già... aveva qualche
problema a casa, ma niente
di serio”
“E come vi siete conosciuti?
Intendo non è
che tu sia un mostro nella socializzazione”
“Eravamo
molto simili per questo abbiamo legato tanto”
annuì il biondo
senza staccare lo sguardo dalla foto “Ci siamo conosciuti a
scuola”
“E poi?”
“E poi cosa?”
“E
poi dimmi di lei”
Il biondo abbandonò le
fotografie per
girarsi di nuovo verso il suo ragazzo e scrutò per lunghi
secondi
l'espressione carica di aspettativa dell'altro e corrucciò
la fronte
“Ti ho già detto di lei tempo fa...
perché continui a
chiedere?”
Axel fece spallucce
“Curiosità”
“Te
l'ho detto... era una ragazzina piuttosto anonima, andavamo sempre a
prendere un milkshake dopo scuola, mi aiutava in matematica e le
piaceva leggere. Nulla di più”
“E quando uscivate cosa
facevate?”
Quella domanda posta lì
così mise Roxas
subito sulla difensiva. Sentì il cuore iniziare a battere
più
velocemente e le mani iniziarono a sudare ma continuò a
respirare
profondamente per non lasciar trasparire alcun segno di ansia e
mantenere un tono neutrale; doveva calmarsi, non poteva rischiare di
essere scoperto o di sentirsi male lì “Cosa...
cosa
intendi?”
Axel lo studiò a fondo e
intercettò uno strano
cambiamento nello sguardo dell'altro. Si era premurato di porre
quella domanda nel momento propizio, facendo in modo da farla passare
per semplice curiosità ma in realtà si aspettava
una determinata
risposta. Qualche giorno prima era passato a casa di sua cugina Kairi
con l'intento di farle sputare il rospo, sapeva che Roxas gli
nascondeva qualcosa perché manteneva il ricordo di Xion con
troppa
cura, e, dal momento che sia Sora che Riku erano riluttanti a
parlare, aveva pensato che lei fosse la persona perfetta
perché era
la persona più vicina a loro di chiunque altro.
“Xion
dici?”
“Era un’amica
di Roxas delle medie,
dovreste aver frequentato la stessa scuola”
“Conosco
la Xion di cui parli e ,sinceramente, non capisco perché mi
chiedi
di lei... come la conosci?”
“Ho visto delle
fotografie a casa di Rox e dato che sembra tener molto a lei mi sono
sempre chiesto chi fosse”
“Sai che... che... non
è più tra noi?”
“Sì ed
è per questo che devo
sapere, non è che posso andare da lei e fare una
chiacchierata da
fidanzato a ex o quello che era”
“Ax, non credo
di essere la persona più adatta a parlarti di lei”
“Kairi
per piacere, è una cosa importante... lui sembra bloccato
nel
passato e non riesce ad andare avanti! Io sono paziente e capisco che
è doloroso perdere qualcuno ma questo a volte crea dei muri
tra di
noi”
“Lei...lei era strana,
era sempre sulla
bocca di tutti... a prima vista sembrava piccola e fragile ma il suo
sguardo metteva i brividi, Ax, soprattutto negli ultimi tempi in cui
si è fatta vedere prima di sparire. Sembrava uno zombie...
lei
nascondeva qualcosa che nessuno doveva sapere, nessuno eccetto Roxas.
Lui era diventato il suo pupillo e...e quando stava con lei era
diverso, non era più il solito Roxas... per questo
non la
sopportavo”
“Cosa
nascondeva?”
“Lei
faceva cose illegali, Ax. Ti prego, non posso dirti altro
perché io
non dovrei neanche saperlo... non voglio litigare con
Roxas”
“Tranquilla... non
dirò nulla”
La
sua reazione lo aveva insospettito non poco.
“Cosa
preferivate fare? Intendo dire... andavate al cinema, al luna park,
al centro commerciale...” rispose il rosso con noncuranza
accompagnando le parole con un sorriso.
L'altro rimase
silente e si impose di calmarsi, se avesse dato di matto davanti a
lui, Axel lo avrebbe scoperto “Leggevamo” rispose
massaggiandosi
una tempia “Leggevamo tanti libri”
“E basta?”
“E
basta... davvero, cosa vuoi che ti dica? Eravamo due noiosissimi
ragazzi che passavano il loro tempo a leggere i classici della
letteratura invece di uscire con i coetanei, lei era la mia unica
amica. Perché non mi credi?”
Axel meditò su quelle
parole, si lasciò scappare un sospiro e alzò una
mano per
massaggiarsi il collo “Ti credo, se sei tu a dirmelo ti
credo.
Dopotutto tu non avresti motivo di mentirmi, no?”
“No”
Roxas non si era mai sentito tanto meschino.
Rimasero in
silenzio per una manciata di minuti e poi Axel si stese e lo
abbracciò forte per risollevare l'umore "Allora...
Snoopy?"
"Ti prego, non iniziare anche con questo
soprannome"
"Preferisci Foxy Roxy? "
"Ma
anche no! Allontanati da me”
I due rimasero a coccolarsi e
parlare del più e del meno, beandosi della compagnia
dell’altro
come se nulla fosse successo, come se nessuno avesse messo in
discussione l’altrui sincerità, finché
la stanchezza non ebbe la
meglio sul biondo che si addormentò tra le braccia del
proprio
ragazzo.
Axel rimase pensieroso mentre la sua mano
si
muoveva meccanicamente tra i fili dorati del ragazzino e, proprio
quando stava per appisolarsi anche lui, la porta si aprì e
rivelò
la figura di Sora; il rosso alzò lo sguardo e, accertatosi
della sua
presenza, si portò un dito davanti alle labbra e gli fece
cenno di
non far rumore. Sora annuì e con passi felpati si
avvicinò al letto
per disfare il fratello della cannula e attaccarlo ad un piccolo
macchinario vicino al letto che Axel non aveva mai visto prima d'ora.
Seguendo le istruzioni sotto voce del castano che intanto stava
accendendo il monitor, il più grande sfilò la
cannula e sollevò il
capo di Roxas per aiutare Sora ad infilare la mascherina
facciale.
“Si chiama bipap” disse
quest’ultimo come se
gli avesse letto nel pensiero e nel frattempo metteva da parte la
bombola, poi prese un plaid dall’armadio e glielo
sistemò addosso
“Serve ad aiutarlo a respirare mentre
dorme”
“Sora...
come sono le sue condizioni?” sussurrò a bassa
voce l’altro
rimanendo immobile accanto al letto senza staccare gli occhi da dosso
alla figura dormiente.
“Dovresti saperlo
no?”
Axel
scosse il capo “Voglio sapere come stanno le cose e non
quello che
gli dite per non farlo preoccupare”
Sora esitò per un
istante, valutando se fosse opportuno riferirgli certe informazioni.
Il problema non era il fatto di non fidarsi di Axel, perché
ormai lo
aveva rivalutato, ciò che non lo faceva stare tranquillo era
il
pensiero che magari in un impeto di sconsideratezza il rosso potesse
far sorgere dei dubbi al fratello o addirittura dire qualcosa che non
avrebbe dovuto e farlo preoccupare. Alla fine però risolse
che la
cosa migliore sarebbe stato dire ad Axel quelle poche cose che sapeva
così da aiutarlo al meglio nel prendersi cura del biondo,
anche
perché non era giusto tenerlo all'oscuro, e poi, dopotutto,
non è
che Sora avesse molte informazioni a disposizione.
“Andiamo
fuori” mormorò lanciando un’ultima
occhiata a Roxas per
assicurarsi che fosse tutto okay e che stesse davvero dormendo, senza
aggiungere altro girò sui tacchi e invitò
l’altro ad uscire e si
sistemarono nella camera del castano così da avere un
po’ di
privacy “Nell'ultima visita hanno riscontrato dei liquidi nei
polmoni, erano in quantità minima però non
è una cosa buona...
fortunatamente si cura attraverso la somministrazione di ossigeno,
quindi dal momento che aveva già la bombola siamo sulla
buona
strada. Quella macchina gli serve solo quando dorme o quando
è a
riposo” disse di punto in bianco sedendosi su un pouf a terra
mentre Axel aveva optato per girare in tondo nella stanza.
“E
come sono arrivati questi liquidi nei suoi polmoni?”
A
quella domanda Sora scrollò le spalle e scosse il
capo.
Axel
corrucciò la fronte, possibile che l’altro avesse
già terminato
le sue risposte?
“Secondo te è saggio
mandarlo ancora a
scuola? Non sarà troppo stancante? Poi anche quell'idea del
teatro
che si è messo in testa… io non ne sono tanto
entusiasta. Cioè,
per carità, sono felice se lui è felice e si
diverte però sono
solo preoccupato per la sua salute”
“Non ci possiamo far
nulla” fu la risposta piatta, era piatta e impassibile tanto
che
Axel aggrottò le sopracciglia “Ogni giorno qui a
casa è una
guerra continua. Roxas che urla da una parte e nostro padre
dall'altra, mamma è sempre al centro dei due fuochi, cerca
di sedare
le loro liti ma entrambi sono testardi… Roxas è
troppo testardo e
orgoglioso… e lei finisce sempre per piangere… e
io… io consolo
lei, do qualche pacca sulla spalla di nostro padre e cerco di far
calmare Rox. Alla fine finiscono per acconsentire perché
sono presi
dai rimorsi e per non farlo rattristare ancora di più. Ci
sarebbero
tante cose che non dovrebbe fare eppure le fa...”
“Dovreste
imporvi di più! Non riesce a capire che è solo
per il suo
benessere?”
“Cosa credi, che accontentiamo
ogni suo
capriccio?” lo sguardo improvvisamente serio di Sora prese
Axel
alla sprovvista “Forse più che capriccio lo
definirei orgoglio
personale, devi sapere che solitamente vengono ritirati da scuola
quelli considerati 'senza speranze'... quelli che non hanno
più
forze... e Roxas...lui vuole essere autonomo e uguale agli altri. Gli
negheresti una cosa del genere? Abbiamo 16 anni, Axel... ti pare
giusto tutto ciò?”
Axel fece per dire altro ma si
trattenne e abbassò il capo.
No che non era giusto.
Nessuno, a qualsiasi età, meriterebbe una vita di privazione
anche
delle cose più banali.
Roxas forse non era forte
fisicamente ma aveva un animo così tenace da riuscire a
demolire un
palazzo, non glielo aveva mai detto perché sapeva che il
più
piccolo anche nei momenti di serietà lo avrebbe preso in
giro, però
lo aveva sempre ammirato. Aveva sempre ammirato Roxas da lontano ed
era per questo che aveva deciso di avvicinarsi e
proteggerlo.
Durante il tempo trascorso assieme a Roxas
aveva fatto delle ricerche sulla sua malattia, così da
sentirsi
pronto in qualsiasi evenienza, però stavano iniziando a
comparire
complicazioni e sintomi che non erano menzionati da nessuna parte.
Axel sapeva che non poteva neanche lontanamente vestire i panni del
medico di turno e fare una diagnosi però nutriva il forte
sospetto
che il problema di Roxas non si limitava al solo qt lungo, glielo
aveva sentito dire anche da suo padre quella volta che aveva
origliato. Avrebbe voluto fare domande più specifiche a
riguardo ma
Aerith e Cloud, seppure fossero i candidati ideali a cui porre certi
quesiti probabilmente non gli avrebbero detto alcunché. Sora
invece
non sembrava saperne molto e non voleva insinuare in lui dei dubbi
che forse potevano essere anche infondati. Le uniche due persone che
vedeva abbastanza vicine a Roxas da sapere qualcosa e con cui sapeva
di poter parlare erano Riku o Naminé.
“A proposito, Riku
ti saluta. Ha detto che ci rivedremo tutti a scuola domani”
la voce
di Sora interruppe il suo treno di pensieri proprio nel momento
propizio.
“Bene” sul viso di Axel
si disegnò un sorriso
ampio e prima di risolvere che era ora di tornare a casa decise di
fare un ultimo servizio “Oh... prima che me ne dimentichi,
per caso
hai qualche foto di Roxas vestito da Snoopy?”
“Da Snoopy
dici?”
“Voglio vedere quanto era
carino” annuì il più
grande lasciandogli intendere che era sua intenzione tormentare a
morte Roxas.
“Dovrebbero esserci ma non ho
idea di dove
siano... però… però sicuramente ci
sarà il filmino. Va bene
anche quello?”
“Sarebbe
perfetto!”
Sul volto
di Sora si disegnò un ampio sorriso e afferrò per
un braccio il
rosso per trascinarlo nel seminterrato con una velocità che
solo lui
avrebbe potuto avere.
Appena Axel entrò si accorse
subito del cambio di temperatura nell'aria e strinse meglio nella
felpa: probabilmente era un'area poco frequentata perché
lì i
riscaldamenti erano spenti. Era una stanza abbastanza grande con le
pareti arancioni, come a voler dare un tocco di calore ad un ambiente
così freddo. Addossate alle pareti vi erano dei grossi
armadi,
cassettiere e altri mobili nei quali, Axel era sicuro, dovevano
essere riposti gli oggetti in disuso o con un particolare valore
affettivo, la sua tesi fu confermata quando in un angolo remoto della
stanza vide due culle uguali e intercettò qualche cesta
ricolma di
giocattoli.
A quella visione il rosso non
poté fare a meno
di sorridere, spinto da un moto di tenerezza.
Mentre seguiva
il castano che si avventurava in quel groviglio di cianfrusaglie e
apriva qualche cassetto a caso, la sua attenzione fu catturata da un
piccolo luccichio ai piedi di una porta. Si inginocchiò e
rimase
meravigliato quando tra le mani si ritrovò un ciondolo a
forma di
chiave, era piccola ma era fittamente intarsiata, il tempo e
l'incuria dovevano averla invecchiata ma si nascondeva in essa un
fascino particolare.
“Guarda cosa c'è
qui... pensavo se
ne fosse disfatto” Sora apparve all'improvviso accanto a lui
e si
inginocchiò per vedere meglio il piccolo bijou.
“Di chi
è?”
“È di Roxas. Gliel'ha
regalata la sua amica tempo
fa”
“Parli di
Xion?”
“Esatto, proprio lei”
tuttavia prima che il rosso potesse fargli qualsiasi altra domanda
lui si alzò di scatto e aprì la porta che era
davanti a loro,
rivelando l'oggetto più stupefacente che Axel avesse mai
visto.
I
suoi occhi erano spalancati e anche lui si rimise su due piedi, anche
se più lentamente, senza staccare lo sguardo dalla vetrina
all'interno della quale era riposta accuratamente quella che doveva
essere una specie di chiave gigante. Essa era nera come la notte, il
corpo della chiave era percorso da una lunga catena mentre la guardia
dell'elsa aveva la forma di due ali di pipistrello e nel suo centro
vi era una pietra blu scura. Nella parte alta, i denti della chiave
erano la cosa più particolare che colpirono Axel
perché le punte
erano fittamente intrecciate, denotando la maestria e la cura del suo
creatore nel forgiarla.
“Ti sei ammutolito di colpo, eh
Moore?” ridacchiò Sora.
“È la cosa
più incredibile
che io abbia mai visto!”
“Non sei il primo a
dirlo”
l'altro sorrise e poi sospirò, oscurando tutto d'un tratto
la sua
espressione, e si abbassò per prendere un piccolo spadino di
legno
da uno scaffale che si rigirò tra le mani.
“Era questa
l’arma che avrebbe forgiato di cui parlavate
prima?”
“Il
professore era rimasto impressionato dal suo progetto e lo prese
davvero a cuore” Sora annuì “Si chiama
Oblivion... era così
pieno di rabbia o tristezza, non lo so neanche io, ma sembrava
potesse essere schiacciato in qualsiasi istante dai suoi stessi
sentimenti”
Axel scrutò con la coda
dell'occhio
l'espressione di Sora e, dal tono amaro che aveva adottato, subito
capì che quella grande chiave doveva essere stata forgiata
in onore
di una persona a lui cara, ormai il rosso non aveva più
dubbi
sull'identità della suddetta persona, il colore della chiave
e della
pietra blu gli suggerivano il nome. Ma perché creare un'arma
del
genere?
Un'improvvisa esclamazione di sorpresa fece
sobbalzare Axel e vide Sora occupato a tirare fuori uno scatolone da
uno scaffale e poggiarlo a terra. Sembrava piuttosto pesante data la
fatica con cui lo aveva maneggiato e al suo interno scoprì
una gran
quantità di dvd e vhs e qualche piccolo album di foto che
probabilmente era stato lasciato lì dentro per errore o
perché non
vi era più posto assieme agli altri.
“Qui dentro dovresti
trovare qualcosa, sono tutti filmati di quando io e Roxas eravamo
piccoli. Prendine quanti ne vuoi se non ti annoia
vederli”
“Oh,
sì” disse Axel ritornando alla realtà,
ancora troppo assorto
dalle sue congetture “Sei sicuro che posso prenderli in
prestito?”
“Ma certo, noi non tocchiamo
questa roba da
anni” Sora ghignò e si portò le braccia
dietro la nuca “Mi
raccomando cerca qualcosa di interessante con cui ricattare
quell'antipatico di Rox”
I due si scambiarono un
sorrisetto di complicità e poi Sora si congedò
dal rosso col
pretesto di andare a studiare altrimenti non avrebbe mai finito prima
del rientro a scuola.
Axel scrutò un'ultima volta il
piccolo ciondolo a forma di chiave che aveva ancora in mano e lo
ripose al sicuro nella tasca dei suoi jeans, prima di iniziare la sua
ricerca. Aveva deciso che sarebbe stato lui stesso a restituirla a
Roxas.
“Sora impara a parlare”
lesse ad alta voce sulla
prima videocassetta che gli capitò a tiro “Vacanze
al mare, Sora e
Roxas in gita…”
Dopo una buona decina di minuti di
ricerche Axel iniziò a chiedersi se quel filmino era davvero
in
quello scatolone o fosse andato perso assieme alle altre fotografie,
ma, proprio quando stava valutando l’idea di mettere tutto a
posto,
dalla custodia di una vecchia videocassetta spuntò un cd sul
quale
erano scribacchiate delle parole quasi incomprensibili con la grafia
che riconobbe subito appartenere a Roxas.
“Gara di
spelling? Che cavolo-… questo sì che
sarà noiosissimo, sono
sicuro che avrà partecipato Roxas… Sora non
è il tipo da queste
cose da secchioni” pronunciò con una risatina il
rosso mettendosi
su due piedi e andando ad accendere il polveroso televisore
lì
vicino per vedere di cosa si trattava il video “Roxy spero
per te
che mi intratterrai per bene con questo spettacolino”
continuò a
dire con leggerezza mentre inseriva il dvd nel lettore e si
inginocchiava davanti lo schermo. Una volta gli era capitato di
assistere a queste gare quando Demyx in prima media si era messo in
testa di essere uno scrittore provetto, Axel lo vedeva squalificato
già al primo girone e invece sorprendentemente era arrivato
terzo
finalista… alla fine era stato battuto da Zexion ma
comunque, da
quel giorno, il rosso si era ricreduto sulle doti
dell’amico.
Lo
schermo si fece improvvisamente grigio e poi apparve Roxas.
Axel
si fece più attento e rimase in attesa, quella non sembrava
una gara
di spelling come leggeva il cd: il video era in bassa
qualità e ogni
tanto l’immagine si sfocava ma riusciva chiaramente a vedere
uno
sfondo bianco immacolato, il ragazzino biondo era seduto su uno
sgabello al centro del quadro e rivolgeva lo sguardo fisso verso la
telecamera. Era più magro del solito, la carnagione era
molto
pallida, le guance erano leggermente incavate e si torturava
le
mani con nervosismo.
“Ma che diavolo
è?” si
domandò Axel scrutando l’immagine.
“Avanti
Rox”
Una vocina fuori campo catturò
l’attenzione
del rosso, si voltò verso l’entrata del
seminterrato per
accertarsi che non fosse entrato nessuno e poi tornò a
concentrarsi
sul video. Non gli ci volle molto per riconoscere quella voce
femminile appartenere a Naminé, era una tonalità
dolce e tranquilla
che non era riuscito a riscontrare in nessun altro. Però
tutto
quello gli dava da pensare.
“Sei.. sei sicura?”
Questa
volta fu Roxas ad aprir bocca per la prima volta, la voce era roca e
nonostante avesse un'aria abbastanza malaticcia, egli continuava a
sedere con compostezza e guardare la videocamera con
serietà.
“Assolutamente, vedrai
che ti sentirai
meglio”
Seguì un altro breve silenzio e
poi il biondo
inspirò profondamente prima di parlare con estrema
lentezza.
“Mi chiamo Roxas
Strife, ho 15 anni e ho tentato il suicidio.
L’attenuante
è che secondo il parere dei medici sono pazzo.
L’aggravante
è che quel giorno ero completamente lucido”
Axel sgranò
gli occhi e, con gesti tremanti e affannati, si affrettò a
tirar
fuori il dvd dal lettore, senza curarsi che il video non fosse ancora
finito.
Non riusciva a credere a ciò che
aveva appena
sentito, quello che doveva essere un momento di evasione si
era
trasformato in tutto fuorché un gioco e Axel non aveva idea
di come
reagire ad una notizia del genere.
“Allora
il gravy e la salsa di cranberry² sono pronte, non erano
abbastanza
difficili da preparare… anche se… uhm…
ero in difficoltà e
quest’ultima si stava attaccando alla pentola così
ho aggiunto
della marmellata di cranberry”
“Cosa?! Che
schifo!”
“Lo so, lo so….
però è
venuta… dolce, molto
dolce e non è proprio
male”
“Ti ricordo che
è una salsa che deve
accompagnare un tacchino, non la devi spalmare sul pane tostato per
merenda! Dio che schifo, ricordami di non accettare mai un tuo invito
a pranzo”
“Tranquilla non lo farei mai, non
vorrei
correre il rischio che ti innamorassi di me”
“Ah-ah
divertente, non credo che accadrebbe mai”
Una risatina
femminile, forse un po’ troppo stridula,
riecheggiò dall’altra
parte dell’apparecchio telefonico e Reno si
appoggiò con la
schiena al piano della cucina continuando a mantenere il suo solito
sorriso sghembo; mentre con una mano manteneva il cordless,
con
l’altra intanto si affaccendava a coprire le ciotole delle
salse
con della pellicola trasparente e le appoggiò sul davanzale
per
lasciarle freddare.
Gli piaceva Marlene, non in quel senso
ma come segretaria personale e amica. Ormai la conosceva da
così
tanti anni che avevano sviluppato un tipo di rapporto in cui essi
flirtavano o si stuzzicavano a vicenda senza però prenderla
sul
personale, la loro era pura amicizia e poi adesso lei era fidanzata
ufficialmente con quel Denzel di cui non ricordava il cognome - ora
che ci pensava aveva dimenticato la data delle loro nozze –
questi
era un tipo molto timido e silenzioso, lo aveva visto solo poche
volte ma Marlene gli parlava sempre di lui.
Reno aveva
sempre fatto parte di quel genere di persone meet-and-greet,
il cui unico piacere e passatempo universale era avere una vita
mondana ricca di impegni - ovviamente oltre a una bella
bottiglia di birra ghiacciata e una partita di campionato di baseball
o basket.
“Ti assicuro che se questo
tacchino fa schifo
vado personalmente da Bobby Flay³ e gli faccio pentire di
essere
diventato chef, parola di Reno Turks”
“Voglio proprio
vedere”
Il timer del forno fece sobbalzare il rosso
che si voltò di scatto e afferrò i guantoni da
cucina, iniziò a
sudare freddo quando vide fuoriuscire del fumo “Merda mi ero
dimenticato del tacchino!”
“Brucia la portata
principale e bruci l’intero pranzo” rise
la voce
dall’altra parte che si affrettò a salutarlo prima
di
attaccare.
“Sì, sì
alla prossima e grazie dell’aiuto”
borbottò il rosso posando il telefono e precipitandosi verso
il
forno, pregando che non sarebbe esplosa l’intera casa, quando
aprì
lo sportello fu immediatamente investito da un muro di fumo scuro e
da una nauseante puzza di bruciato, con una buona manciata di fatica
e scarso equilibro riuscì miracolosamente a trasportare il
vassoio
bollente sul piano cottura e si meravigliò di constatare del
colore
forse più-marrone-scuro-che-dorato del tacchino, ma in fin
dei conti
sembrava commestibile.
“Almeno non è uscita
una massa
nera e informe” si disse facendo spallucce.
Proprio in
quel momento la porta d’ingresso si aprì e pochi
istanti dopo Axel
fece capolino in cucina che, alla vista del proprio genitore,
mostrò
un repertorio di espressioni che variava dallo stupito, allo
scioccato per poi terminare con il disgustato.
“Dove
diamine hai preso quel grembiule rosa?” esclamò
senza staccare gli
occhi da quell’orrore che suo padre stava
indossando.
“Oh…ehm…
sei già tornato?” ribatté questi con
agitazione proprio come se
fosse stato colto in flagrante durante un reato e poi lanciò
un’occhiata esaustiva al grembiule
“Questo….questo… beh sai
che non sono bravo con il bucato!”
“In realtà non sei
bravo in tante altre cose, come riparare le tubature, pulire
casa…e
cucinare. Che cavolo stai facendo? È tacchino
quello?”
“Volevo
farti una sorpresa” si giustificò Reno togliendosi
i guantoni
mentre andava incontro al figlio, appena vide che l’altro
stava per
ribattere con fare scettico si affrettò a precederlo
“Senti lo so
che ultimamente le cose tra noi sono andate così e
così per colpa
mia e che non ti sono stato vicino a dovere come un vero genitore,
però mi dispiace e volevo rimediare”
In quel momento Axel
non aveva voglia di iniziare una nuova discussione, aveva
già
abbastanza pensieri per la testa e risolse che forse doveva ascoltare
gli altri e che un approccio democratico con il suo vecchio avrebbe
potuto portare le cose a una buona risoluzione, così non
diede
subito aria ai suoi pensieri e dopo un breve silenzio parlò
di
nuovo
“Il tacchino si mangia al
Ringraziamento, ora siamo
a Gennaio” mormorò massaggiandosi il collo e
abbassò lo sguardo,
non era una persona da belle parole e finiva sempre per imbarazzarsi
però sapeva di dover dare una possibilità a suo
padre “È un po’
tardi però apprezzo lo sforzo”
Senza aggiungere altro si
ritirò in camera sua dove accese lo stereo prima ancora di
sedersi e
posò sulla scrivania il dvd che aveva preso di nascosto a
casa degli
Strife, aveva intenzione di rivederlo ma aveva paura di quello che
avrebbe potuto scoprire e poi la presenza ingombrante di suo padre
non gli offriva particolare tranquillità mentale.
Il primo
brano che partì fu Miserable at Beast. Perfetto, era la
compilation
dei Mayday Parade che gli aveva masterizzato Demyx, ora sì
che aveva
un motivo in più per demoralizzarsi.
Chissà che vita
schifosa devono avere i Mayday Parade a giudicare dai loro testi.
A
metà strada durante la seconda o la terza canzone
sentì qualcuno
bussare alla porta e la vide aprirsi senza che ne avesse dato il
permesso. Suo padre sostava sullo stipite della porta con una strana
aria persa che male si addiceva alla sua espressione, fortunatamente
aveva avuto la decenza di togliersi quel grembiule
dall’orrenda
sfumatura e sembrava stranamente propenso a instaurare un dialogo con
il ragazzo. Da parte sua Axel continuava a sedere sulla sua poltrona,
con i piedi incrociati sulla scrivania e il braccio che gli
sorreggeva il capo.
“Ti sei preparato un buon
discorso?”
domandò senza particolare entusiasmo nella voce.
“Penso
di sì…” Reno prese la domanda del
figlio come un invito ad
entrare e a sedersi sul letto, al quale l’altro gli
lanciò
un’occhiataccia ma non se ne curò.
“Okay, allora
comincia… io… io… non ti
interromperò” Axel si girò verso
do lui con la sedia e incrociò le braccia al petto. Il bello
dell’essere Axel e Reno era che anche se si trattava della
fine del
mondo non ne facevano una grande questione; erano due persone
fondamentalmente pacate e disinteressate - i problemi sorgevano
quando non parlavano, il che avveniva la maggior parte delle volte,
però quando decidevano di essere sinceri riuscivano a
lavorare bene
insieme. Vedere il padre così agitato e pensieroso gli
faceva
intuire che quello che stavano per affrontare doveva essere una bella
rottura.
“Da dove vuoi che
inizi?”
“Oh…
scegli tu, ho tutto il tempo che vuoi”
Reno annuì e
mugugnò qualcosa sottovoce, probabilmente pensava a come
iniziare,
prima di soffermarsi di nuovo sul figlio “Da quando tua madre
è
morta sono entrato nell’FBI per occuparmi del caso Sephiroth
e
metter fine a questa storia”
Un’altra cosa bella di Reno
Turks è che quando decideva di parlarti di qualcosa andava
dritto al
sodo, mollava la bomba così senza curarsi se gli effetti
fossero
devastanti o meno.
Axel batté le palpebre un paio
di volte e la
sua bocca era dischiusa a mezz’aria, come se non avesse
capito ciò
che l’altro aveva appena detto.
“Scu-scusa?”
balbettò
non troppo convinto.
Reno sospirò col naso e distese
il
busto, sorreggendosi sulle braccia fermamente ancorate sul materasso
“Hai presente tutti i miei affari che mi tengono lontano da
casa
per tanto tempo? Non sono affari finanziari come credono tutti
ma-”
“Quindi mi hai mentito”
sussurrò Axel con un fil
di voce ma Reno subito alzò le mani davanti a
sé.
“No
no, non ti ho mentito!” esclamò “Io
possiedo sempre tutte le
proprietà di famiglia e faccio investimenti in borsa e
non…
l’unica differenza è che non gestisco
più io tutte queste cose
per mancanza di tempo. Non ho mentito…. è solo
una copertura, non
posso dire al mondo intero che sono nei servizi segreti”
Il
ragazzo lo guardò stralunato, ancora impossibilitato dal
formulare
un pensiero coerente e così tutto quello che
riuscì a biascicare fu
un’inudibile
“Perché?”
Reno a quella domanda si fece
serio e si piegò su se stesso, reggendo le braccia sulle
gambe e lo
sguardo basso. La sua voce sembra essere diventata più ferma
e
profonda “Ax… purtroppo molte informazioni sono
riservate però
volevo che lo sapessi. Da tempo stavo valutando l’idea di
metterti
al corrente della situazione però sono intercorsi dei
contrattempi
che mi hanno tenuto occupato per vari mesi
e…”
“Si
trattava della cattura di Loz non è
così?”
“Come lo
sai?”
“Non sono
scemo”
L’uomo studiò a
fondo l’espressione piatta di suo figlio e cacciò
un sospiro “Si
trattava della cattura di Loz” affermò poi con un
cenno del capo
“Quella volta mi sono accorto troppo tardi che tu eri
lì ad
origliare, eravamo tutti assorti nei nostri pensieri e ho capito che
era giunto il momento di dirti come stavano le cose”
“Quindi
aspettavi che venissi a scoprirlo così per caso,
vero?” commentò
acidamente il rosso afferrando il telecomando dello stereo per
mettere la musica in pausa e poi tornò a guardare di nuovo
il padre
“Hai idea di come io mi sia sentito? Mi hai preso per i
fondelli
per tutti questi anni e non sembri neanche
rammaricato!”
“Adesso
basta Axel, credi che io sia stato bene tutto questo
tempo? Non
potevo condividere con te le mie ansie e le mie paure, dovevo stare
attento, dovevo ritornare tutto intero per te…
l’ho fatto perché
tu sei l’unica persona che amo ad essere ancora in vita.
Però allo
stesso tempo l’ho fatto per tua madre” dopo
quell’improvvisa
esplosione Reno si accorse del suo repentino cambio nel tono di voce
e così si impose di darsi una calmata “Dio sa solo
quanto ho amato
e amo tutt’ora tua madre… era una donna
così altruista, metteva
il benessere della gente prima del suo e io più
volte le avevo
lamentato di non esporsi troppo ora che aveva una famiglia e tu eri
piccolo, ma lei era una guerriera e quando ha scoperto gli orrori che
compiva Shinra non ci ha visto più, diceva…
diceva che era suo
dovere denunciare quelle atrocità”
“Quali atrocità?
Non ho mai sentito nulla”
“Il governo ha messo a tacere
ogni voce e ha oscurato qualsiasi informazione a riguardo, non posso
dirti niente. Comunque dopo le numerose denunce di avvertimento che
Elena aveva sporto contro la Shinra, quel giorno aveva deciso di
recarsi lì di persona… io non ero
d’accordo perché dopo aver
saputo che razza di gente senza scrupoli erano avevo paura che
potesse succedere qualcosa… e lei… lei era
sull’ingresso di
casa, mi sorrise e mi disse “Come posso
vivere bene quando
ho sulla coscienza tutte quelle povere persone in cerca
d’aiuto?”. Era una cosa
più forte di lei Axel, era così
devota al suo lavoro che non poteva fare a meno di prendere a cuore
anche persone che non conosceva. E…e quel giorno quando si
è
recata alla Shinra anche lui era lì, Sephiroth, quel
pazzo… Elena
era lì per aiutarlo e invece lui…lui…
dannazione” la voce di
Reno si incrinò e nascose il volto tra le mani per impedire
a quelle
lacrime che bussavano con insistenza di uscire. Ogni volta che
ripensava a quel giorno, ovunque si trovasse, qualunque cosa facesse
sentiva come se una spada lo stesse uccidendo da dentro.
Dopo
quella rivelazione Axel nonostante ce la stesse mettendo tutta per
mantenere la sua aria sostenuta, non riuscì più
ad essere
arrabbiato con suo padre, tutto quel rancore che aveva portato nelle
ultime settimane era improvvisamente svanito in favore di un profondo
senso di malinconia. Quell’aria così miserabile
non si addiceva a
Reno Turks, il grande Gatsby del ventunesimo secolo, il re della cena
surgelata e dei sabati sera in compagnia di birra e patatine.
“Come
hai detto che è morta la mamma? Geostigma? Per caso
è il nome in
codice di qualcosa? Perché su internet e in biblioteca non
ho
trovato nulla… però hai detto che ce
l’ha anche Roxas quindi si
tratta sicuramente di qualcosa di grave perché lui non sta
bene…
non sta bene per niente anche se cerca di non darlo a vedere, lui
è
come la mamma… io sapevo che lei soffriva, glielo leggevo in
faccia
anche se ero piccolo. E io non voglio che anche Roxas se ne vada come
lei”
“Cosa sai di
Roxas?”
“Quello che hai
lamentato al signor Strife di aver detto a tutti: sindrome del qt
lungo. Però io sono sicuro che il suo non è solo
un problema del
cuore, è troppo strano… mi sono
documentato”
“Ho
sempre saputo che quando volevi eri davvero perspicace” Reno
alzò
lo sguardo e abbozzò un lieve sorriso.
“Il geostigma
esiste… è una malattia di cui non si sa molto,
è sempre tutto a
discrezione del governo per questo non hai trovato nulla su internet.
Al momento Cloud ha ingaggiato un’equipe medica per cercare
una
cura. Non iniziare a fare altre domande Ax, io sono fuori da questa
storia, non ne so molto… io e Rude aiutiamo quando
possiamo”
“La
mamma è morta a causa del geostigma?”
“Sì”
Axel
abbassò lo sguardo e rimase pensieroso per qualche minuto
“E come
conosci Cloud Strife?”
“Anche lui vuole chiudere il
capitolo Sephiroth. Cloud non è nell’FBI ma
perseguiamo lo stesso
obbiettivo”
Reno studiò il volto contratto
del figlio per
una manciata di secondi e non si negò un debole sorriso.
Quell’aria
di consapevolezza che ora oscurava lo sguardo di Axel, la scoperta di
come si prendeva cura di Roxas, la dedizione che impiegava in tutto
ciò che amava fare… tutto questo lo rendeva
così fiero, ormai il
suo Ax non era più un bambino e sapeva che neanche sua madre
sarebbe
rimasta delusa del modo in cui era cresciuto.
“Ho
conservato tutti i disegni che hai fatto, tutti quanti fin
dall’asilo” pronunciò con voce
più dolce, incontrando lo
sguardo del ragazzo “E anche qualche letterina per Babbo
Natale -
quelle non tutte perché la maggior parte le hai imbucate
– e anche
qualche lettera per la mamma… Anche se ti sono stato
lontano, anche
se non sono riuscito ad essere un padre modello volevo che sapessi
che io…ti… uhm… ti voglio davvero
bene… e che tutto questo
l’ho fatto per proteggerti e per non farti soffrire come ho
sofferto io. Ti ho allontanato dalla città e hai indossato
il
cognome di tua madre per non essere troppo coinvolto, quella in cui
mi sono invischiato è una faccenda pericolosa”
concluse con una
leggera risatina ma Axel continuò a rimanere in silenzio
“Ax?”
L’altro sembrò
riscuotersi improvvisamente dai
propri pensieri e lo guardò perplesso
“Dimmi”
“Potrai
mai perdonarmi?”
Il rosso sospirò e si
passò una mano
tra la folta chioma ribelle “Non sopporto le
bugie… la mia
intenzione era venire qui e iniziare una guerra con te per placare
tutte le mie frustrazioni… però ho capito che non
serve
prendermela senza affrontare i problemi di faccia”
“Quindi
sono perdonato?”
“Non ti credere, sono ancora
incazzato
con te per avermi tenuto nascosto praticamente tutto, però
è già
un buon inizio il fatto che sei venuto qui per
parlarmi”
“Non
ti biasimo se sei arrabbiato, hai tutto il diritto di esserlo con chi
ti racconta frottole” Reno annuì con un gran
sorriso, si alzò dal
letto e si diresse verso la porta per tornare in cucina “Il
tacchino si sarà freddato, che ne dici di venire e riempire
il tuo
vecchio di commenti su quanto faccia schifo?”
Axel per un
momento fu preso alla sprovvista da quell’invito, e seppur
fosse
del tutto lecito non se la sentì di unirsi a tavola e
fingere un
pranzo normale “O-oh… a dire il vero non ho molta
fame,
preferirei rimanere qui a fare delle cose se non ti dispiace”
mormorò guardando con la coda dell’occhio il dvd
abbandonato sulla
scrivania e poi si voltò di nuovo verso il padre, che
sembrò capire
al volo il bisogno del figlio di un po’ di privacy.
“Okay…
va bene, però voglio che lo provi comunque” disse
senza lasciarsi
abbattere da quel rifiuto, si volatilizzò
all’istante e ritornò
subito dopo con la stessa velocità con la quale era
scappato, in
compagnia di un piatto con un cosciotto di tacchino accompagnato da
varie salse e da purè di patate “Avanti
assaggia” lo incitò
stranamente eccitato, probabilmente perché quella era la
prima cosa
complicata che riusciva a cucinare senza mandare a fuoco la
cucina.
Axel abbozzò un sorriso e prese
una forchetta per
assaggiare, spezzò un pezzo di carne e iniziò a
masticare
lentamente.
Reno lo vide impallidire
all’istante e
spalancò gli occhi “Oddio, dimmi che non ti ho
avvelenato”
Axel
si girò e assunse un’aria terrorizzata quanto
quella del padre e
stentò a credere alle parole che pronunciò, se
non l’avesse visto
con i propri occhi non avrebbe mai detto che fosse stato suo padre a
prepararlo “È buono!”
Tarrytown era
un piccolo centro immerso nella natura in cui prima o poi conosci
tutti, e se ti perdi di vista con qualcuno stai certo che lo
rincontrerai sul tuo cammino. Era una cosa che Axel aveva notato
quando era piccolo, quando prima conosceva dei bambini e poi questi
sparivano dalla circolazione, alla fine qualcuno ritornava qualche
anno dopo, un po’ cresciuto e in qualche caso anche un
po’ tanto
malato, però tornava comunque, confermando le sue tesi su
quella
città. Tarrytown aveva delle caratteristiche un
po’ inusuali e per
certi tratti anche grottesche, celate dietro l’apparenza
delle
sfarzose ville stile New England, però in fondo era una
cittadina un
po’ come tutte le altre in cui i toast cadevano sempre sul
lato
della marmellata e i teenager erano alle prese con i loro problemi
da teenager.
“E poi c’era
questo ragazzino dai capelli rossi che non la smetteva più
di
parlarmi nonostante non mi conoscesse…”
Quel giorno Axel si era
svegliato con una strana indisposizione nei confronti del mondo,
complice la pioggia insistente che non gli aveva dato tregua neanche
per un minuto durante la notte e la conseguente mancanza di sonno;
quel giorno si sentiva di pessimo umore e avrebbe volentieri
attaccato briga con Seifer o qualche idiota del suo calibro.
Nel
breve momento di transizione tra la canzone che stava
ascoltando
e il brano successivo, il rosso si accorse vagamente di una presenza
bionda che agitava le mani davanti ai suoi occhi e farneticava
qualcosa senza senso.
“-elAxelAxelAxelAxel!”
“Cosa
vuoi?” sbottò sfiladosi una cuffietta
dell’ipod e lanciò
un’occhiata disinteressata a Demyx che continuava a
gesticolare
imperterrito.
“Sai, volevo ricordarti che siamo
a scuola”
“E
allora?”
“E allora qui è
vietato fumare, se non stai
attento ti vedrà qualche professore o scatterà
l’allarme
antincendio e poi saranno cazzi”
Il rosso lo scrutò con
aria seria, poi con estrema lentezza si tolse la sigaretta di bocca,
vide Demyx sorridere vittorioso ma senza che potesse fare nulla gli
soffiò una boccata di fumo in faccia e assunse
un’espressione
soddisfatta vedendolo tossire e sputacchiare.
“Ma che
diavolo… Ax che ti prende? Sembri tornato lo stronzo di
qualche
mese fa” si lamentò il più basso
facendosi aria con un quaderno
che aveva in mano.
“…lui non era come
Xion e i suoi amici…
è stata
l’unica persona ‘normale’ ad
avermi parlato tranquillamente, come se io non fossi una
nullità,
come se non
fossi diverso...”
Axel però non
ascoltò una parola di Demyx, aiutato anche dalla musica
ancora in
riproduzione a tutto volume in un orecchio, si appoggiò al
muro con
una spalla, le braccia incrociate al petto e continuò a
fumare
incurante delle occhiatacce che gli rivolgevano gli altri studenti
che affollavano il corridoio. Non seppe dire con precisione quanto
tempo aveva passato in quella posizione, immerso nei propri pensieri,
fatto sta che appena intercettò una chioma bionda familiare
si
staccò dal muro e iniziò ad avanzare lentamente
nella sua
direzione, a giudicare dall’assenza di Demyx e gran parte
della
folla doveva essersi distratto davvero tanto.
Quando Roxas
intravide Axel camminare verso di lui, un enorme sorriso si accese
sul suo viso e diede uno strattone al carrellino che portava con
sé
per raggiungerlo velocemente.
“Indovina!” proruppe
emozionato, gli occhi erano illuminati e vitali come poche volte ma
questo non migliorava l’umore del rosso anche se era contento
di
non vederlo sempre con quell’espressione spettrale.
“Cosa?”
mantenne un tono dolce ma neutrale mentre lo guardava
dall’alto.
“Sono andato spesso
a guardarlo di nascosto mentre giocava su quel campetto di street
basket sul fiume,
però non ho mai detto
nulla agli altri”
“Sono un
pirata!” a giudicare dai movimenti febbrili non era
più nella
pelle di parlargli del suo corso di teatro “Sono nella ciurma
di
Capitan Uncino assieme a Vaan, non è
fantastico?”
“S-si,
è fantastico”
Roxas
non era stupido, aveva sempre saputo che l’altro non era mai
stato
entusiasta della sua decisione però adesso era ancora
più strano
del solito, sembrava quasi scontento di qualcosa. Studiò per
una
manciata di secondi la sua espressione seria e poi sospirò “Cos’hai
Ax?”
“Niente”
“Lo so
che c’è qualcosa che ti turba… a me
puoi dirlo”
“Non
devi andare a lezione?”
“Ora buca”
Senza
aggiungere altro, il rosso a quel punto mise una mano nella tasca del
suo giubbotto di pelle e tirò fuori la piccola collanina col
ciondolo a forma di chiave e la porse a Roxas che, appena la
riconobbe, riuscì incredibilmente ad arrivare ad un
incarnato ancora
più pallido di quanto non fosse.
“A-Ax…”
“Questo
è tuo, vero?”
Il biondo con occhi
spalancati e bocca paralizzata passò in rassegna il piccolo
oggetto
nella mano dell’altro, e d'improvviso fu investito da un
turbinio
di ricordi che avrebbe preferito fossero rimasti sepolti nel suo
animo.
“ Come… come
l’hai
trovata?” sussurrò senza guardarlo in
faccia.
“L’ho
trovata ieri a casa tua mentre dormivi, era a terra nel
seminterrato”
“Pensavo di averla
persa…”
Con
mano esitante, Roxas la prese tra le sue e la studiò
attentamente.
Era esattamente come la ricordava, lo sguardo vagava meticolosamente
per tutta la lunghezza della piccola chiave, soffermandosi su ogni
dettaglio e imperfezione. Non avrebbe mai potuto dimenticare il
giorno in cui Xion gliela regalò, doveva essere il suo
regalo
d’addio, voleva che lui andasse avanti con la sua vita e
invece
dopo tutti quegli anni Roxas sentiva di trovarsi in un limbo,
bloccato a metà strada tra il passato e il futuro.
“Chi
te l’ha regalata?” domandò Axel ad un
certo punto mantenendo la
voce bassa, lanciò un’occhiata attraverso la
grande porta di vetro
che dava sul giardino e gli altri edifici scolastici, fuori pioveva
ancora.
“Qualcosa mi dice che lo
sai”
“Speravo
che fossi tu a dirmelo”
Non traspariva nessun emozione in
particolare nelle parole del rosso che continuava a rimanere
immobile, con le mani salde sui fianchi, e l’espressione
apparentemente calma. Roxas invece non sembrava tanto tranquillo, la
vista di quella collanina lo aveva scosso non poco e aveva il vago
sentore che l’altro avrebbe colto
l’opportunità di tartassarlo
di domande.
“Xion” uno strano
bagliore di arresa gli
oscurò lo sguardo “Doveva essere il suo regalo
d’addio prima che
le nostre strade si separassero…”
“Cosa è
successo?”
“Ci sono dei momenti nella vita
di una
persona… in cui capisci che la cosa migliore è
lasciarsi andare
per il bene di entrambi”
“Avete litigato?” Axel
inarcò
un sopracciglio all’esitazione dell’altro.
“Accadeva
spesso”
“Per quale
motivo?”
“…
fumava, beveva,
si bucava e si prostituiva…
ammetto che non è stato
il miglior
soggetto in circolazione,
però per me era
più importante di
chiunque altro…”
Roxas non
rispose subito, abbassò lo sguardo e strinse nervosamente i
pugni ai
lati. In quel momento sembrava più piccolo di quanto non
fosse e
quell’arnese attaccato a lui non era altro che una fastidiosa
presenza. Ormai si trovavano nel discorso, avrebbe potuto raccontare
senza problemi ad Axel la verità ma niente gli assicurava
che
avrebbe potuto mai accettare un racconto del genere. Era sicuro che
si sarebbe allontanato e lo avrebbe preso per pazzo per essersi
attaccato tanto ad una persona disadattata come Xion… se
avesse
parlato, Axel gli avrebbe chiesto sempre più informazioni e
avrebbe
scoperto tutto: la sua fuga da casa, l’uso di droghe, il suo
non
riuscire più ad adattarsi in una normale
comunità, il dolore di
assistere alla morte di molti amici, la perdita del presunto amore,
la sua depressione, il tentato suicidio. Tutto.
“Sai
quando due persone sono l’una lo specchio
dell’altra? Vorresti
sempre il meglio per entrambi, ma poi quando capisci che ciò
non può
avvenire se siete insieme, vieni sopraffatto dalla
rabbia”
“C’era…
c’era qualcosa che Xion faceva che a te non stava
bene?”
Roxas
tentennò e alzò finalmente lo sguardo sulla
persona davanti a sé
provando ad abbozzare un lieve sorriso, con la speranza di far cadere
lì l’argomento
“Già… ma non era niente di importante,
davvero. Sai, ogni tanto i ragazzi discutono per le cose
stupide”
“Non mi sembra una cosa
stupida” ribatté il
rosso arricciando il naso e all’occhiata interrogativa del
più
piccolo si affrettò ad aggiungere “Intendo, a
giudicare dalla tua
espressione malinconica non sembravano cose da
nulla”
“No… erano cose da
nulla” affermò Roxas un po’
incerto.
“Sei
sicuro?”
“Sì”
A quel punto il rosso si stufò
“Senti Rox, ti faccio un’ultima domanda,
però voglio che tu sia
sincero. Chi era davvero questa Xion e perché sei sempre
vago a
riguardo?”
“Te l’ho detto non so
quante volte Axe! Lei
era… era una mia carissima amica, ci siamo conosciuti a
scuola e
passavamo molto tempo assieme. Non facevamo niente di diverso da
quello che fanno tutti i normali adolescenti”
Ci fu un
lungo silenzio che colmò i minuti che i due rimasero
immobili a
guardarsi negli occhi, non erano mai stati così scettici e
indagatori prima d’ora come quella mattina e, anche se
faticavano a
crederci, qualcosa nel loro rapporto si stava incrinando.
“Sai
Rox, pensavo che almeno tu fossi diverso dagli
altri…” disse
finalmente il più grande, senza staccare gli occhi verde
smeraldo da
quelli blu dell’altro “E invece mi
sbagliavo”
“Cosa?”
“Tu
più di tutti sai quanto odio le bugie e nonostante questo
hai
continuato a mentirmi imperterrito” Axel si bloccò
di scatto e
fece un lungo respiro, non avrebbe mai creduto che sarebbe arrivato
quel giorno, loro erano sempre stati in sintonia, anche se si
conoscevano solo da pochi mesi si erano amati davvero e quella
decisione gli faceva male, si sentiva vulnerabile. Ma la rabbia era
maggiore del dolore in quel momento “Forse anche noi non
siamo
destinati a stare insieme”
Roxas rimase agghiacciato da
quell’affermazione e per quasi un minuto buono rimase
immobile,
senza compiere movimento o dire alcunché.
“Co-cosa? Cosa
stai dicendo?”
“Roxas, hai capito troppo bene.
Io so
tutto ormai, non c’è bisogno di mentire con
me” Axel proruppe in
ghigno sarcastico e senza smettere di parlare si avvicinò
alla porta
di vetro e uscì in giardino, incurante della pioggia che lo
colpiva
come una serie di frecce appuntite. Senza attendere un invito Roxas
si affrettò a seguirlo fuori, senza preoccuparsi del
freddo.
“No,
aspetta!” esclamò trascinando con non poca fatica
il carrellino
nel fango ma alla fine riuscì comunque ad afferrarlo per un
braccio
e a fermarlo “Cosa intendi con ‘io
so tutto’?”
“Quello
che ho appena detto” rispose questa volta ad alta voce, tanto
era
forte la foga con cui si era voltato e si era divincolato dalla presa
che aveva fatto barcollare il più piccolo “So
tutto… te, Xion,
la droga, quello che faceva lei… tutto.
Quello che mi
basta per trarre le mie conclusioni” da interrogativo lo
sguardo di
Roxas divenne di puro terrore e Axel non ebbe bisogno di altre
domande perché la sua espressione era abbastanza eloquente
“Ho
trovato una registrazione in cui raccontavi tutto ciò e sai
come mi
sono sentito mentre la guardavo? Un vero schifo. Mi sentivo preso in
giro dalla persona che amavo e non è tutto! Ogni volta che
ti ho
chiesto di essere sincero con me tu mi guardavi negli occhi e mi
mentivi”
“…
dopotutto
non si può giudicare una persona
senza
conoscere i suoi più oscuri segreti, no?”
“Ti prego
Axel, cerca di capirmi”
“Capire cosa? Quanto tu in
realtà sia stato egoista? Mi spiace ma ne ho avuto la
riprova poco
fa quando ti ho dato un’altra
possibilità… ogni volta che
pensavo a quante volte mi hai preso in giro continuavo a ripetermi
che prima o poi ti saresti confidato con me perché
è questo che
fanno le persone che si amano, parlano dei propri problemi, si
consolano e si aiutano… alla base di ogni storia
c’è la fiducia
ma quando questa manca come può sopravvivere un
rapporto?” prima
di attraversare il giardino ed entrare nell’edificio della
palestra, Axel abbassò il tono e con esso lo sguardo,
lanciò con la
coda dell’occhio un'occhiata densa di dolore verso il
più piccolo
e si domandò se fosse la decisione giusta “Non
volevo arrivare a
tanto ma mi hai costretto... abbi cura di te”
Axel aveva
sempre avuto un rapporto particolare con la pioggia perché
sembrava
che le tappe più importanti della sua vita fossero scandite
dal quel
fenomeno atmosferico. Pioveva il giorno in cui sua madre fu portata
d’urgenza in ospedale e pioveva anche quando ella
morì, pioveva
quando era caduto con la bicicletta e si era rotto il braccio e anche
quando Saix l’aveva piantato per Xemnas; però
aveva iniziato a
rivalutare la pioggia il giorno in cui aveva baciato Roxas, allora
non gli era sembrata più tanto spiacevole anche se poco dopo
il
biondo era stato male. Forse la pioggia era sempre lì per
lui per
lavargli tutte le lacrime che gli rigavano il volto.
Entrò
in palestra completamente fradicio con una postura ricurva e passo
lento ed esitante, avrebbe voluto girarsi e guardare almeno una volta
l’espressione miserabile dell’altro ma non lo fece,
continuò a
proseguire spedito verso gli spogliatoi, superando Naminé e
un Sora
dall’aria persa che aveva assistito alla scena dalla finestra
e ora
lo guardava con incredulità senza però aprire
bocca.
Afferrando
la situazione al volo, Naminé incitò il castano a
raggiungere Roxas
che era ancora fermo sotto la pioggia e poi, fissando il rosso che si
allontanava, contrasse l’espressione e sospirò con
afflizione
“Avevo detto loro di stare attenti altrimenti avrebbero
sofferto…”
Nello stesso momento Sora corse in
giardino più veloce che poté, attento a non
scivolare, e afferrò
le spalle del fratello “Cos’è
successo?” disse agitato mentre
lo scuoteva con vigore. Il volto contratto in lacrime del biondo era
più che loquace di per sé ma voleva, doveva
sapere per filo e per
segno cosa fosse appena accaduto.
“Ho avuto veramente
così
tanta paura di perderlo che alla fine l’ho perso
davvero…”
Roxas socchiuse gli occhi, sentendosi improvvisamente attanagliato da
uno strano senso di vertigine, la testa pulsava, le ginocchia
tremavano così tanto che non sarebbero state in grado di
reggerlo
ancora per molto, e il petto gli faceva troppo male per descriverlo a
parole. Questi fece un respiro profondo e con un braccio si sorresse
al castano. “Sor…Sor aiutami tu… credo
di aver appena rovinato
tutto…”
Axel camminava nei corridoi apparentemente
incurante del mondo circostante, con il proprio ipod nelle orecchie e
lanciò un’ultimo sguardo al cielo cupo denso di
nuvoloni, in quel momento si sentiva tradito proprio come il
protagonista della canzone che stava ascoltando. Forse, forse Viva la Vida stava
iniziando ad assumere un significato non più così
distante anni luce dalla realtà del suo mondo.
“Never
an honest word, but that was when I ruled the world”
Tarrytown
era una piccola città come tutte le altre. C’era
chi combatteva
per i propri cari, chi desiderava una vita normale, si soffriva per i
propri errori, chi lottava per conoscere la verità e chi si
preparava a difendere il proprio onore e gli ideali per i quali si
era votato.
"Il cielo è plumbeo... A cosa stai pensando, Xemnas?"
•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•
¹ Negli Stati
Uniti la seconda lingua viene inserita solo nei piani di studi di
coloro che hanno intenzione di andare all'università (o
quelli
davvero interessati); ovviamente questo è a discrezione
della scuola
e del distretto in cui è situata poiché talvolta
capita che la
lingua straniera sia obbligatoria per tutti. Solitamente si studia lo
spagnolo ma nelle scuole private esso viene sostituito dal francese,
e dal momento che Axel, Roxas, Sora e tutti gli altri frequentano una
preparatory school non è che hanno molta scelta.
²
il gravy è una salsa
preparata con i sughi di
cottura del tacchino e con il quale viene accompagnato nel piatto;
la salsa di cranberry è
un altro accompagnamento da
affiancare al tacchino e al ripieno e ha un sapore più dolce
in modo
da fare contrasto con la carne insapore e le altre salse salate.
Sinceramente non ho idea di come tradurre
“cranberry”, sui libri
di cucina viene definito come mirtillo rosso ma sono due cose
completamente diverse (comunque semmai vi trovaste tipo in
Inghilterra o negli States, passate da Whittard e provate
assolutamente il cranberry and raspberry tea <3)
³
Bobby Flay è un noto chef americano; presenta vari programmi
di
cucina, ha scritto libri e possiede svariati ristoranti in giro per
gli usa
Penso che
la diretta interessata l’avrà già visto
ma comunque, harrysdimples mi
ha chiesto di disegnarle la scena della telefonata di Axel e Roxas del
cap 16 e io con tratto abbastanza pigro ho accettato volentieri, il
disegno lo trovate qui.
|
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Capitolo 19 *** DEATH ***
Viva
la Vida
Nei
capitoli precedenti
“Xemnas,
purtroppo
quando ci sono di mezzo il potere e degli affari così
importanti
non puoi rimanere radicato ai legami. Niente sentimentalismi. Ricordi
cosa ti ho insegnato? Vince il più forte”
“Ma-”
Allungò
una mano verso
il più giovane per sistemargli i lunghi capelli dietro le
orecchie e con uno scatto improvviso poi gli strappò
qualcosa
dall'orecchio “Come ti ho detto, io odio gli usurpatori e i
traditori” proferì ancora una volta, questa volta
con tono
più basso.
“Sai
una cosa?”
cominciò, una leggera titubanza gli increspava la voce
“Forse sembra stupido da dire...ma in un certo senso lo
capisco.
Io...io non riuscirei a starti lontano"
Axel
addolcì lo
sguardo e congiunse le loro labbra in un casto bacio "E
perché
dovresti? Io non vado da nessuna parte"
“Sei
sicuro?”
“Non
ti lascerò mai”
“Mai?”
“Mai”
“Da
quando tua madre
è morta sono entrato nell’FBI per occuparmi del
caso
Sephiroth e metter fine a questa storia” [...]
"Quindi
aspettavi che venissi
a scoprirlo così per caso, vero? Mi hai preso per i fondelli
per
tutti questi anni e non sembri neanche rammaricato!”
“Adesso
basta Axel,
credi che io sia stato bene tutto questo tempo? Non potevo condividere
con te le mie ansie e le mie paure, dovevo stare attento, dovevo
ritornare tutto intero per te… l’ho fatto
perché tu
sei l’unica persona che amo ad essere ancora in vita.
Però
allo stesso tempo l’ho fatto per tua madre”
“E
poi
c’era
questo ragazzino dai capelli rossi che non la smetteva più
di
parlarmi nonostante non mi conoscesse. Lui non era come Xion e i suoi
amici... è stata l’unica persona
‘normale’ ad
avermi parlato tranquillamente, come se io non fossi una
nullità, come se non fossi diverso. Sono andato spesso a
guardarlo di nascosto mentre giocava su quel campetto di street basket
sul fiume, però non ho mai detto nulla agli altri.
…
fumava, beveva, si
bucava e si prostituiva… ammetto che non è stato
il
miglior soggetto in circolazione, però per me era
più importante di chiunque altro… dopotutto non
si
può giudicare una persona senza conoscere i suoi
più oscuri segreti, no?"
“Forse
anche noi non siamo destinati a stare insieme”
"Cosa?"
“So
tutto… te,
Xion, la droga, quello che faceva lei… tutto. Quello che mi
basta per trarre le mie conclusioni. Ho trovato una registrazione in
cui raccontavi tutto ciò e sai come mi sono sentito mentre
la
guardavo? Un vero schifo. Mi sentivo preso in giro dalla persona che
amavo e non è tutto! Ogni volta che ti ho chiesto di essere
sincero con me tu mi guardavi negli occhi e mi mentivi” |
#19.
DEATH
Hey
there now
Where'd you go
You left me here so unexpected
You
changed my life
I hope you know
cause now I'm lost
So
unprotected
"Se
fossi nato anni luce da questa realtà, secondo te il mio
destino
sarebbe stato diverso, Saix?"
"Credo proprio di no,
Xemnas. Il destino spesso lo si incontra sulla strada che hai
intrapreso per evitarlo"
"Dunque il nostro castigo
è
quello di dover pagare per gli errori commessi dai nostri
predecessori, non è così?"
Una volta Katherine Anne
Porter disse che sembrava ci fosse, nell'universo, un ordine
preciso nel movimento delle stelle, nel girare della Terra e nel
trascorrere delle stagioni. Ma la vita umana è quasi sempre
puro
caos, ognuno prende la propria posizione, afferma i suoi diritti e
sentimenti, fraintendendo i motivi degli altri e i propri. E se in
quel momento Roxas avesse avuto i nervi saldi e la paura non avesse
albergato nel suo cuore, avrebbe sicuramente rincorso Axel in capo al
mondo per esporgli le proprie ragioni, eppure il senso di colpa che
si era fatto strada in lui adesso lo stava soffocando, lo aveva
paralizzato e prosciugato di ogni energia fisica e mentale.
Internamente il suo intero essere era in subbuglio e il suo corpo
tremava. Paura, dolore e panico. Tutti quei sentimenti che per
lui erano letali si erano riversati con una tale prepotenza da
provocargli nausea e vertigini e poco stava facendo il ragazzo per
placare
il suo crescente malessere.
"Roxas, ti prego parlami!"
Sora aveva ormai preso a
gridare mentre con le mani stringeva
febbrilmente le spalle del fratello, ma la sua voce si disperdeva
nell'ambiente, otturata dal fitto scrosciare della pioggia. Le sue
parole arrivavano smorzate alle orecchie del biondo che, con occhi
spalancati e lo sguardo fisso sul fango sotto i suoi piedi,
continuava a ripetere meccanicamente frasi sconnesse.
"Gli
avevo detto che io sono solo cattivo ed egoista ma lui non mi
ascoltava... io gliel'avevo detto... gliel'avevo detto più
volte...
ma lui non mi ascoltava, diceva che non importava...mi aveva promesso
che non mi avrebbe mai abbandonato"
"Cos'è successo con
Axel?" disse Sora senza badare al mormorio di suo fratello: la
pioggia batteva gelata su di loro e i loro corpi stavano perdendo
sensibilità a causa dell'intenso freddo, ma lui continuava a
sfregare le proprie mani sulla pesante stoffa della felpa di Roxas.
Non importava che piovesse, che la fuori ci fossero meno due gradi e
neanche che il cielo minacciava una nevicata imminente e che loro
erano sprovvisti delle loro giacche, l'unica cosa che gli premeva al
momento era far sì che Roxas si sfogasse così che
non covasse
dentro di sé risentimento e afflizione com'era solito fare.
Negli
ultimi tempi le cose stavano andando decisamente meglio grazie alle
sedute con Leon e alla presenza di Axel; il biondo stava ritornando
pian piano alla normalità e questo era un grande passo
secondo il
parere dei medici che all'inizio lo avevano etichettato come senza
speranze.
Era l'estate dei
loro quattordici anni quando fu deciso - senza il consenso dei loro
genitori - che a seguito del suo crollo psicotico, e di tutte le
conseguenze che avevano inciso sulle sue condizioni, sarebbe
stato opportuno trasferire il biondo nel reparto di psichiatria.
L'esperienza aveva scosso a tal punto i due ragazzi che da allora
Sora si era ripromesso di vigilare costantemente
sull'incolumità di
Roxas - in maniera meno ossessiva di come era solito fare ma spesso
non riusciva a fare a meno di lasciarsi dominare dalle sue
ansie.
Roxas era distrutto
emotivamente, non ci voleva molto per
farlo scattare: per anni aveva accumulato tutte le angosce, le paure
e le tensioni, e un'ennesima rottura con una persona importante nella
sua vita avrebbe potuto culminare con un altro crollo mentale.
"Non
doveva finire così..."
"Rox per piacere, parla con
me... avete litigato?"
"Io... io volevo che fosse
felice, non doveva sapere certe cose" ormai rassegnato, Roxas
sussurrava tra i singhiozzi; il volto era contratto e non era
riuscito ad impedire alle lacrime di scendere copiose mentre il suo
corpo, scosso da fremiti, iniziava a dare i primi segni di cedimento
"Lui... lui era troppo buono"
La vista intanto si era
annebbiata, il respiro si era fatto più affannoso e, proprio
quando
le gambe cedettero sotto il suo peso, l'istante prima che potesse
riversarsi al suolo, si sentì afferrare da due mani che si
presero
la briga di sorreggerlo al suo posto.
Tutto quello che voleva lui
era solo preservare Axel da ulteriore, superfluo dolore. Voleva
proteggerlo come non era riuscito a fare con Xion, ma non era stato
forte abbastanza da evitare che questi venisse a contatto con la
verità.
Aveva fatto
soffrire la persona che amava di più al
mondo, ma soprattutto aveva
fatto
sì che questa lo
odiasse.
Mai come in quel momento Roxas
si sentì un totale
fallimento.
E mentre il suo corpo bruciava
e la sua anima gridava
disperata, le ultime cose di cui ebbe coscienza fu che il cielo aveva
acquistato lo stesso colore cinereo dei capelli di Riku e una lacrima
solitaria si mischiava alle gocce di pioggia che gli bagnavano il
viso.
In
a blink of an eye
I never got to say goodbye
"Dobbiamo
andare in infermeria" la voce ferma dell'albino risvegliò
Sora
dallo stato di agitazione in cui era piombato; quando il castano
veniva sopraffatto dall'ansia diveniva purtroppo incapace di
svolgere con coerenza e adeguata velocità processi
di
ragionamento anche più semplici, per questo motivo Riku era
sempre
lì pronto a rischiarargli la strada per la retta via.
Certo, lui
era stato così preso dal cercare di cavar fuori delle
spiegazioni
che non aveva minimamente pensato che Roxas non stesse bene o che la
fuori entrambi avrebbero potuto ammalarsi.
"Riku, tu..."
mormorò questi guardando il proprio ragazzo che sollevava
senza
troppi sforzi il corpo di suo fratello, ormai preda delle
convulsioni. Era stato così assorto che non si era accorto
del suo
arrivo, non si era neanche accorto delle lacrime che stavano rigando
il proprio volto.
"Sor prendi la bombola dell'ossigeno,
okay?" sul volto serio di Riku si aprì un debole sorrise e
questo bastò a spezzare la tensione, Sora
accennò un assenso
con il capo e si mise in spalla la borsa porta ossigeno.
"Con
calma" gli sussurrava il più grande mentre entravano di
nuovo
nella scuola e attraversavano i corridoi a passo spedito "Vedrai
che con calma si risolverà tutto"
Sora, da parte sua,
rimasto qualche passo indietro, fissava la schiena dell'albino e non
poteva fare a meno di osservare quanto Riku fosse forte. Egli era
sempre tranquillo e pacato in qualsiasi situazione, anche nelle
più
gravi, e ora sentirlo dire certe cose con quella calma inaudita,
nonostante i suoi movimenti tradissero un certo nervosismo, lo faceva
sentire ancora più vulnerabile. I due avevano sempre vissuto
in
competizione, Sora soprattutto perché voleva dimostrargli
costantemente quanto valesse, però ogni volta che le cose
prendevano
una piega diversa da come si aspettava, egli iniziava ad entrare in
panico e finiva per creare solo ulteriore caos.
E qui Riku
sopraggiungeva giusto in tempo per salvare la situazione.
Spesso
Sora si era chiesto per quale motivo Riku lo facesse, si era
anche domandato per quale motivo l'altro aveva accettato di mettersi
assieme ad un tipo come lui che non riusciva neanche a mantenere il
sangue freddo nel momento del bisogno.
"Per
egoismo... Perché il tuo sorriso riesce a rasserenare anche
gli
animi più cupi e io voglio essere l'unico a cui sia rivolto"
fu l'unica spiegazione che gli aveva offerto Riku con un mezzo
sorrisetto.
Sora non aveva accettato una risposta
del genere.
In
realtà era arrossito e si era sciolto in un brodo di
giuggiole, ma
questo non l'avrebbe mai ammesso.
"Te la farò pagare"
sussurrò alla fine, leggermente adombrato, affiancandolo e
puntando
poi lo sguardo dal volto sofferente di Roxas - se suo fratello
stava male era lui a doversene occupare e non altri "Domani agli
allenamenti te la farò pagare"
C'erano dei momenti in cui
Sora arrivava quasi a odiare Riku. Erano quei momenti in cui combatti
con tutte le tue forze per qualcosa, stringi i denti e cerchi di
scrollarti il peso da dosso, ma tutto è vano e i tuoi sforzi
non
sono serviti a nulla. E poi, al momento giusto, con
puntualità
impeccabile, appare all'orizzonte Mr.
Problem
Solving
sul suo bianco destriero di certezze,
pronto per salvarti.
Tutto ciò era frustrante e
Riku era un
idiota perché sapeva che l'altro era orgoglioso, ma non se
ne
curava... però Sora lo amava sempre e comunque.
You
were always there
and
like shining light
on
my darkest days
you
were there to guide me
Ad
ogni modo, il castano non si aspettava una risposta vera e propria
alla sua affermazione, sia a causa della situazione in cui si
trovavano sia perché la persona con cui parlava era Riku -
l'eterno
silenzioso - infatti questi rimase silente finché non
arrivarono
davanti alla porta dell'infermeria che spalancò con un piede
senza
troppe cerimonie.
"Yuna" Riku
chiamò la dottoressa non
vedendola alla sua scrivania "Yuna, sbrigati è
urgente"
Richiamata da quella
improvvisa voce grave e al
contempo affaticata, la donna emerse dal fondo della stanza
dove
era stata occupata a medicare un ragazzino e assunse un'espressione
preoccupata alla vista dei tre ragazzi bagnati fradici
"Cos'è
successo?" domandò senza perder tempo mentre indossava lo
stetoscopio e si avvicinava con grandi falcate "Fallo stendere
con delicatezza"
"È in stato
confusionale.
Convulsioni" spiegò sinteticamente l'albino una volta
poggiato
Roxas sul lettino, attento a stenderlo su un fianco così che
non
soffocasse. Riku aveva le mani intorpidite dal freddo e il fiatone a
causa dello sforzo appena compiuto di trasportare il ragazzo nel
minor tempo possibile in infermeria, però nonostante la
stanchezza
si adoperò a spogliarlo della felpa e delle altre magliette
che
aveva in dosso per non fargli prendere ulteriormente freddo. La
fasciatura sul suo petto era sempre in bella mostra. Roxas non ne
faceva mai parola con nessuno ma essa era sempre lì a
ricordare
tutti loro che qualcosa non andava con il suo corpo, in quel
particolare punto del petto, attorno alla cicatrice dell'operazione,
la pelle si era annerita e si stavano formando delle piccole piaghe
sempre più evidenti man mano che il tempo passava. Cloud e
Aerith
avevano detto che si trattava di un'infezione ma i ragazzi non ne
erano del tutto convinti.
"Ha il battito troppo
accelerato ma
almeno è ancora cosciente, è un buon segno"
spiegò Yuna
togliendosi lo stetoscopio, ancora assorta nel proprio dovere
sfilò
la cannula per cambiarla con una più comoda mascherina
facciale;
solo dopo qualche momento di silenzio lanciò un'occhiata a
Sora che
se ne stava immobile dietro di loro e con il volto basso e il piede
che tamburellava freneticamente sul pavimento, poi andò a
cercare lo
sguardo del ragazzo dai capelli argentati che per qualche strano
motivo non staccava gli occhi di dosso a Roxas. Gli animi dei due
ragazzi sembravano essere scossi da qualche insidia interiore ma
quello non era il momento di tergiversare altrimenti avrebbero solo
aggravato la situazione, per questo motivo la donna parlò di
nuovo
"Ragazzi dovreste dirmi cosa è successo altrimenti io non
posso
capire se c'è un motivo scatenante o se
questa crisi è arrivata all'improvviso"
La domanda non ebbe
pronta risposta, gli unici rumori che si potevano sentire erano
la pioggia che batteva contro le finestre e il respiro affannoso di
Roxas.
"Sor?" vociò
a quel punto Riku, come a volerlo
esortare.
Sora era rimasto ad
assistere alla scena qualche
passo più dietro, aveva lo sguardo basso e si teneva
occupato
torturandosi i lacci della felpa. Non era la prima volta che rimaneva
in disparte in quelle situazioni, ogni volta non poteva fare a meno
di sentirsi sempre così inutile però era
più forte di lui, appena
la situazione si faceva critica il suo corpo si paralizzava. D'altra
parte, questa volta il suo comportamento era leggermente diverso dal
solito perché tradiva un nervosismo non interamente rivolto
alla
salute del fratello in sé ma anche alla situazione: questa
era stata
la prima volta, dopo anni di negazioni, che Roxas era potuto
ritornare finalmente a scuola; prima il biondo seguiva le lezioni da
privatista, com'era di consuetudine fare in casi di malattie del
genere, però Sora era
sempre stato fortemente opposto a questa misura perché
sapeva che
Roxas era infelice nell'essere costantemente segregato in quelle
quattro mura che erano ormai diventate la sua prigione, certo aveva
bisogno di qualcuno che gli stesse sempre vicino, però il
castano
era sicuro che un ambiente diverso in cui Roxas avesse ritrovato i
suoi vecchi amici, avrebbe potuto giovare alla sua salute. I loro
genitori, seppur con scetticismo, alla fine avevano deciso di seguire
la proposta di Sora, ma a due condizioni: una era ovviamente che
quest'ultimo avrebbe dovuto sempre monitorarlo e l'altra, quella che
aveva sempre intimorito Sora, era che se semmai ci fosse stato
qualcuno che con il proprio comportamento avrebbe potuto minare la
salute di Roxas, loro lo avrebbero immediatamente ritirato da scuola.
E quello era proprio il
problema che si era presentato.
Fin
dall'inizio Sora aveva sempre cercato di allontanare Roxas da Axel
perché sapeva che quest'ultimo era un tipo fin troppo
imprevedibile,
però l'ostinazione dei due ragazzi l'avevano portato a
rivalutare il
rosso. Axel era riuscito a far sorridere Roxas, gli aveva dato una
nuova forza per andare avanti. Però Axel era un'arma a
doppio taglio
perché se da una parte poteva fare del bene per Roxas,
dall'altra
era anche causa dei suoi intensi sbalzi emotivi.
Se suo padre
avesse saputo, avrebbe segregato di nuovo in casa Roxas seduta stante
pur di non esporlo ad altri rischi.
Tuttavia Sora non
poteva
mettere suo fratello a rischio occultando la verità,
così dopo un
primo momento di incertezza, alla fine sospirò e
parlò "Axel..."
disse come unica spiegazione ma l'evidente perplessità che
si
leggeva sul volto di Yuna lo fece proseguire "Stavano discutendo
e poi lui se ne è andato, piantando Rox in asso"
"Loro
erano molto uniti, per questo è rimasto così
turbato emotivamente"
subentrò Riku per chiarificare, anche se non disse nulla in
proposito, anche lui aveva colto le turbolenze che scuotevano l'animo
del proprio ragazzo.
"Quindi è
stato un litigio? Allora la
cosa migliore da fare sarebbe tranquillizzarlo ed evitare
così
che peggiori" Yuna si portò una mano al mento con fare
pensieroso e i due annuirono "Perfetto. Allora, Sora potresti-"
si interruppe bruscamente e studiò l'espressione afflitta e
apprensiva del castano. Si era seduto sulla sedia accanto al letto,
prossimo ad una crisi di pianto, aveva la mano di Roxas nella sua e
con l'altra gli accarezzava delicatamente una guancia.
Questi
alzò lo sguardo, in attesa di qualche ordine ma lei
cambiò subito
idea.
"Potresti andare a
telefonare i tuoi genitori?"
domandò con tono gentile accennando la porta con il capo.
Senza
dir nulla, Sora annuì e come sempre uscì nel
corridoio dove la
prima cosa che fece fu lasciarsi cadere a terra, la schiena
appoggiata al muro e lo sguardo rivolto al soffitto.
Ogni volta
che Roxas finiva in infermeria o in ospedale, con una scusa o con un
altra, tutti lo mandavano sempre fuori.
Like
a shooting star
Flyin'
across the room
So
fast so far
You
were gone too soon
Una
volta che il castano fu fuori, Yuna si indirizzò a Riku e
gli chiese
di prenderle il defibrillatore mentre lei preparava il necessario.
"Roxas? Roxas mi senti?"
sussurrò poi all'orecchio del
biondo con tono dolce e gli passò una mano tra i capelli.
"Mi...mi
dispiace" singhiozzò lui senza aprire gli occhi, era pallido
e
si muoveva in maniera frastornata, senza il pieno controllo delle
proprie facoltà.
"Lo so... Lo so ma stai
tranquillo"
"Io
non volevo..."
"Ma certo, tu sei un
bravo ragazzo.
Però ora devi farmi un favore e rimanere calmo, va bene?"
Riku
aveva udito il flebile scambio di frasi tra Yuna e Roxas mentre si
era assentato per qualche istante nella stanzetta accanto per
reperire il defibrillatore, e una volta riemerso tornò
ad osservare
attentamente la dottoressa mentre continuava a parlare con
accortezza e il corpo del biondo che si rilassava sempre di
più a
mano a mano che i secondi passavano, e non mancò neanche di
notare
la siringa usata che stava riponendo in una bustina sul comodino
affianco.
"Era necessario sedarlo?"
disse di punto in
bianco avvicinandosi al lettino, era chiaro come il sole che gli
avesse chiesto quel favore per distrarlo mentre lei metteva a dormire
Roxas.
"Cosa ti fa pensare che io
l'abbia fatto?" fu
l'unica risposta che ebbe. Yuna si alzò dalla sedia dove si
era
momentaneamente seduta e andò a gettare la bustina
contenente la
siringa in un apposito bidoncino.
"Conosco Roxas"
"Era
l'antibiotico" lei si giustificò a quel punto con
una
scrollata di spalle.
Una scusa del genere avrebbe
potuto raggirare
Sora o Axel ma non uno scettico come Riku "Roxas non prende
l'antibiotico a quest'ora... ed è così
innaturalmente
tranquillo solo quando lo imbottite di schifezze"
calcò appositamente le ultime parole con tono più
duro senza
preoccuparsi del fatto che stesse parlando con un'adulta.
"Che
brutti termini che usi" la donna fece spallucce e tornò al
suo
posto accanto a Roxas, iniziò a togliere con cura tutte le
bende e
preparare l'occorrente per fare una nuova medicazione "I
tranquillizzanti servono solo ad aiutare
una persona quando essa non è in grado di farlo da
sé"
"E
pensi che metterlo ko con quella roba risolverà la sua
situazione?"
"Io sto eseguendo solo quello
che mi è
stato chiesto di fare in questi casi, Riku. E non prenderla tanto a
male perché non sei un medico e non puoi sapere cosa
è meglio o
peggio per Roxas, quindi fidati di più degli adulti"
"Ormai
negli ultimi anni Roxas è stato imbottito di così
tanti farmaci per
tenerlo buono che era diventato uno zombie, non era
più
reattivo! Non è così che si devono risolvere i
suoi
problemi" sbottò il ragazzo corrucciando la fronte,
stava
cercando di mantenere la calma e un volume di voce basso per non
farsi sentire da Sora, ma dal suo tono forzatamente neutro era
evidente tutto l'astio che stava provando in quel momento verso la
castana che lo guardava senza batter ciglio "Era una stupida
discussione con un altro ragazzo! Sarebbe bastato parlaci un po' e la
cosa si sarebbe risolta per il meglio"
"Certo sempre se
prima di ciò non si fosse
fatto venire un attacco di cuore a furia di piangere e
deprimersi"
"Vi paga bene il signor
Strife vero?" disse poi con tono sarcastico "Lui sa sempre
cosa fare in tutte le situazioni, soprattutto quando si tratta di
affari tra adolescenti"
"Esattamente, il signor Strife
sa cosa è giusto e cosa è sbagliato per Roxas.
Lui è adulto e ha
esperienza rispetto a voi ragazzi" lei annuì con tono fermo,
osservava attentamente il ragazzo ma non lasciava che le sue parole
la colpissero più di tanto. In fondo riusciva a capire che
Riku era
solamente preoccupato per il benessere dell'amico.
"E tu sai
cos'è giusto o sbagliato?"
...certo, era preoccupato per
l'amico ma adesso stava decisamente esagerando. Yuna si alzò
dalla
sua sedia e camminò in direzione dell'albino per guardarlo
bene
negli occhi, ella si posizionò davanti a lui, a pochi
centimetri dal
suo volto. Lo sguardo serio, l'espressione fiera e la postura
composta si contrapponevano a quella scomposta dal giovane che si
stava facendo divorare dalla rabbia.
"Adesso basta, Riku,
stai disturbando il riposo di Roxas" dichiarò.
"Rispondi
solo a questa domanda!"
"Quando mi è stato
affidato il
compito di venire in questa scuola e monitorarlo sapevo che si
trattava di un compito oneroso per questo presto molta attenzione a
quello che devo fare e quello che mi dicono di fare"
"Ma
non puoi trattare così un paziente!"
"Se è per il suo
bene sì"
"È scorretto
sedarlo così su due piedi solo
perché è triste. Non puoi fargli una colpa se ha
dei sentimenti!
Roxas è costretto a privarsi di molte cose ma non puoi
togliergli
anche quelli!"
"Qui nessuno glie ne sta
facendo una
colpa-"
"Quando lui si
sveglierà la situazione non sarà
cambiata, le liti e i problemi non saranno cancellati perché
qualcuno lo ha messo a dormire"
"E cosa avrei dovuto
fare allora?"
"Che ne so, tipo parlargli?
Confortarlo e
dirgli che le cose si sarebbero risolte col tempo?!"
"Riku
io non sono il suo psicologo"
"Infatti, sei la
dottoressa della scuola e in quanto tale avresti dovuto avere
più
riguardo nei suoi confronti. Tu l'hai trattato come se fosse
un oggetto... un oggetto che in quel momento non sapevi come gestire
e così l'hai messo da parte"
"Basta così, stai
esagerando! Se non te ne vai di qui ti spedirò dal
preside!"
"Tranquilla ti risparmio anche
questa fatica,
tanto me ne stavo andando!" sibilò lanciandole un'occhiata
fulminante mentre usciva dall'infermeria sbattendo la porta.
Una
volta fuori si concesse un lungo sospiro con la speranza di calmarsi
e adocchiò Sora che si era raggomitolato a terra, con la
schiena
premuta contro il muro e lo sguardo fisso sul cellulare.
"Ho
chiamato papà, ha detto che sarebbe arrivato quanto prima"
disse questo senza neanche alzare il volto per guardarlo.
"Bene"
mormorò l'albino con un filo di incertezza che velava il
tono, si
grattò un braccio e sperò che l'altro non avesse
udito lo scambio
con Yuna "Uhm... senti, per quanto riguarda prima..." ma
Sora lo interruppe senza che potesse terminare.
"Tranquillo,
sto bene... sono consapevole di essere un'idiota nel momento del
bisogno, sto lavorando sul mio carattere per cercare di rendermi
più
utile... però ti ringrazio per tutto quello che fai"
Riku
esitò un momento e trattenne il fiato prima di porre quella
che più
che domanda aveva l'aria di un'affermazione "Hai sentito la
discussione"
"Quasi tutto"
Un lungo silenzio
cadde tra i due e il più grande si insultò
mentalmente per non aver
mantenuto la calma, alla fine però non poté fare
altro che
arrendersi all'evidenza dei fatti e si sedette a terra accanto a
Sora, gli passò un braccio attorno alle spalle
e poggiò la sua fronte contro il capo dell'altro "Hai idea
di
cosa sia successo?"
Sora però scosse il
capo, senza mai
alzare lo sguardo dal suo cellulare.
"Hanno litigato, questo
è certo" affermò Riku con fare pensieroso
iniziando a
massaggiargli la schiena, e questo bastò all'altro per
voltarsi per
la prima volta verso di lui, la fronte corrucciata e un'espressione
apprensiva gli deformava il volto.
"A giudicare
dall'espressione furiosa di Axel direi proprio di sì,
però ho un
brutto presentimento"
"Di che si tratta?"
"Era
da tempo che non litigavano così... forse anche da prima di
mettersi
insieme"
Riku si morse un labbro.
"Pensi che se la
caveranno?" continuò il castano quando non ebbe alcuna
risposta
dall'altro.
"Non so" il
più grande si raddrizzò
da quella posizione scomoda, scosse il capo e sospirò "Sono
delle teste calde, entrambi hanno un caratteraccio"
"Quando
è stata l'ultima volta che abbiamo litigato noi invece?" si
ritrovò poi ad interloquire Sora dopo un paio di istanti di
riflessione, questa domanda prese Riku contropiede ma non gli
impedì
di emettere una risatina al pensiero.
"Stamattina... quando
ho trovato il tuo dentifricio"
A quel punto Sora
gonfiò le
guance e mise un tenero broncio infantile "Non ti fai mai gli
affari tuoi"
"Devi spremerlo dal fondo e
non da metà o
come ti capita, è una questione di ordine!" Riku sorrise e
gli
baciò la punta del naso, sapeva che gli dava estremamente
fastidio
ma si divertiva a vederlo lamentarsi e infatti non ci volle molto
prima che il castano iniziasse a mugugnare contrariato.
"Che
tu sappia Axel e Roxas
hanno mai discusso sul dentifricio o sulla fragranza dello shampoo?"
domandò di nuovo quest'ultimo ripensando invece ai loro
più che
frequenti battibecchi.
"Non mi pare.... in
realtà non li ho
mai visti discutere da quando stanno insieme"
"Secondo
me lo fanno di nascosto perché in pubblico vogliono
mantenere
l'immagine dei perfetti fidanzatini!" sbottò contrariato ma
poi
realizzò quello che aveva appena detto e aggiunse "O almeno
volevano...
spero che le cose tra loro si risolvano altrimenti... altrimenti
Rox... spero che tra loro non sia grave come penso". Ancora una
volta Sora interruppe la frase e si passò una mano tra i
capelli, i
suoi gesti erano frenetici così come i pensieri
che avevano
messo in subbuglio il suo animo ed emise un sospiro di rassegnazione,
non aveva senso continuare ad affliggersi così
"Papà
sicuramente lo rinchiuderà in casa"
Riku non rispose. Non
c'era nulla da dire per lenire l'angoscia del castano se
non qualche tipica frase di circostanza che però non avrebbe
modificato la situazione attuale; quando sarebbe arrivato, Cloud
avrebbe valutato l'entità dei fatti e avrebbe giudicato
quale
provvedimento fosse opportuno per il figlio, fino ad allora non
rimaneva loro altro da fare che sperare in meglio.
"Sei tutto
bagnato, vai ad asciugarti altrimenti ti prenderai qualche malanno"
affermò di punto in bianco mettendosi di nuovo in piedi,
aveva
bloccato l'altro prima che potesse di nuovo adombrarsi.
"Anche
tu sei bagnato" gli fece notare l'altro seguendolo con lo
sguardo, ma il più grande si mise le mani nelle tasche dei
jeans e
iniziò ad incamminarsi nel corridoio.
"Non preoccuparti per
me. Vai a prendere il tuo cambio negli armadietti dello spogliatoio e
usa le lavatrici di quelli di teatro per lavare questi vestiti"
Sora si alzò
lentamente in piedi, senza mai staccare lo sguardo
dalla schiena del suo ragazzo, e poi contrasse la fronte quando
sentì
uno sgradevole calore assalire le sue guance.
"Piantala di
trattarmi da bambino!" sbraitò dimenandosi e prendendo a
pugni
l'aria, non poteva negare di amare quelle piccole attenzioni e
riguardi che l'altro aveva nei suoi confronti però tutto
ciò lo
imbarazzava da morire.
Alla sfuriata di Sora, il
ragazzo dai
capelli argentei si voltò e gli rivolse un sorrisetto di
sfida "Non
ti tratto da bambino, voglio che tu sia in forma quando dovrai
farmela pagare domani"
Oh
I miss you now
I
wish you could see
Just
how much your memory
Will
always mean to me
Gli
spogliatoi della palestra erano più affollati di quanto
avesse
immaginato, tenendo presente che a quell'ora la maggior parte degli
studenti avrebbe
dovuto essere
impegnata con le lezioni, ma dopotutto Axel non se ne stupì
più di
tanto conoscendo i soggetti che attualmente avevano occupato
abusivamente la panca davanti al suo armadietto e avevano acceso un
interessante dibattito su quello che era successo pochi minuti prima
nel cortile della scuola.
Le voci giravano, e, dio se
non erano
veloci ad arrivare alle orecchie di tutti.
"Sai come saranno
felici adesso tutte le povere cheerleader che ti facevano la
corte? Adesso quelle iene avranno di nuovo campo libero" Xigbar
scoppiò a ridere senza un motivo ben preciso e il
rosso arricciò
il naso, offeso dalla sua totale mancanza di tatto in tutta quella
situazione.
"Deficiente, Axel si
è appena lasciato e tu
pensi alle altre ragazze... ricordati che se lui torna in pista ci
saranno meno prede per noi" lo riprese Xaldin.
"Cazzo, è
vero!" questi spalancò gli occhi e si girò di
nuovo verso il
rosso con fare grave "Ax devi subito rimetterti con il bimbo
biondo"
Ma Axel si limitò a
sospirare e ignorò i
farneticamenti insensati degli amici, in favore di... rassettare il
proprio armadietto. Era una cosa che non aveva mai fatto - e
sinceramente ancora non capiva perché lo stesse facendo - ma
finché
gli permetteva di occupare la mente con qualcosa che non riguardasse
Roxas, fulmini e il perpetuo senso di colpa allora era tutto ben
accetto.
"Sei consapevole del fatto che
tra poche ore tutta
la scuola saprà del piccolo spettacolino che si è
tenuto questa
mattina in cortile?" domandò poi Marluxia, appoggiato con
una
spalla allo sportello dell'armadietto accanto, aveva le braccia
incrociate al petto e lo sguardo indagatore che cercava di analizzare
a fondo tutte le parole che i silenzi di Axel gli stavano gridando
"Avresti potuto fare una cosa meno plateale... ma tu sei Axel
e non sei soddisfatto se ogni tua azione non implichi qualche tipo di
esibizionismo" il solo pensiero che all'uscita di scuola una
marea di ragazze in piena crisi ormonale potessero sommergerli lo
seccava abbastanza.
Il rosso serrò le
labbra fulminò l'amico dai
capelli rosa "Senti lo so che è stato stupido da parte mia,
magari avrei potuto scegliere un luogo più adatto... e
magari
avremmo
potuto discuterne davanti a un tè e pasticcini"
sbottò
sarcastico e chiuse lo sportello dell'armadietto con un tonfo,
catturando così l'attenzione anche di Xigbar e Xaldin mentre
Marluxia non batté ciglio "Ma ero incazzato e lo sono
tuttora!"
"Si
può sapere cos'è successo?"
"Niente"
"Il
tuo non mi sembra niente"
cercò di far luce Marluxia, tuttavia non sembrava essere
tanto
fortunato.
"Ho bisogno di una sigaretta"
sputò Axel con
espressione furiosa e prese a camminare avanti e indietro per
lo
spogliatoio "No, che sto dicendo... qui mi serve qualcosa di
più
potente, magari mi ubriaco e non ci penso più"
"Piantala
di farneticare, così facendo non risolverai nulla" Marluxia
lo
redarguì con tono pacato, ormai abituato al temperamento
dell'altro.
Quest'ultimo però non ci badò molto e
continuò a camminare per la
stanza con l'intenzione di sbollire la propria frustrazione.
"Vaffanculo!"
Xigbar inarcò un
sopracciglio alla
foga impiegata dall'amico nell'inveire contro il ragazzo dai capelli
rosa e proprio non riuscì a capire quel suo strano
comportamento,
non l'aveva mai visto così nervoso e frenetico "Eddai Axeeel
calmati, sei troppo agitato"
"Calmarmi?" Axel
scattò subito nella direzione del compagno di bevute,
guardandolo
con ostilità con il solo intento di fulminarlo ed era sicuro
che ci
sarebbe riuscito senza troppi problemi se avesse posseduto una tale
facoltà "CALMARMI?"
sottolineò assottigliando gli occhi e poi sibilò
sottovoce "Voi
non avete idea di-"
"Se ce lo dicessi lo sapremmo"
intervenne Marluxia bloccando l'altro a metà strada, questi
non si
era mosso di un centimetro dal suo posto contro lo sportello
dell'armadietto indice di un freddo temperamento in contrasto con il
furore mostrato dal rosso. Lui sapeva che quello che turbava Axel non
era una semplice discussione, c'era qualcosa di più
profondo, di
irraggiungibile per tutti gli altri. Nonostante la sua natura frivola
e leggera, Marluxia era in realtà sottile e calcolatore
capace di
captare anche il più flebile segnale se la situazione non lo
convinceva del tutto, e a riprova di ciò l'ottanta percento
delle
volte che nutriva un dubbio aveva sempre ragione - spesso si diceva
di aver acquisito questo atteggiamento avveduto da suo padre, lo
sceriffo della contea, ma poi con il tempo aveva riscontrato
più
interessante fingersi ingenuo così da avere la strada
spianata
davanti a sé e non risultare sospetto. Ora che ci pensava,
Marluxia
aveva sempre avuto un talento innato nel fare ricerche, trovare
indizi e far venire a galla la verità, sarebbe stato davvero
il
degno successore di suo padre se quel mestiere gli fosse piaciuto. In
realtà tutto quello che faceva era solo per scacciare la
noia, per
scoprire quell'irraggiungibile, adrenalinico brivido di eccitazione.
E invece niente, la sua vita dei quartieri alti era una totale noia,
era per questo motivo che si era unito al gruppo di Xemnas.
Adesso
però il fatto che Axel non stesse più con Roxas
significava dire
addio al nuovo passatempo che aveva visto nella storia del
biondino.
"Vuoi il motivo?" fece eco
Axel respirando a
fondo come per calmarsi.
"Ti
è mai capitato di pensare che la tua vita forse non
è altro che una
grande bugia?"
"Che cosa intendi?"
Axel guardò il
biondo con la coda dell'occhio e intrecciò le dita della
mano con le
sue.
"Non lo so"
sospirò Roxas all'inizio e rimuginò
qualche istante per pensare a come spiegare meglio i suoi pensieri
"Che tutto quello che credi sia reale non è altro che una
menzogna... di svegliarti un giorno e scoprire cose di te che non
sapevi, o meglio, di scoprire che non sei la persona che hai sempre
creduto di essere?"
"Bugie" riprese
con tono velenoso "La ma vita è tutta una menzogna e mentire
è
la prima cosa che mi è
stata insegnata. Fin da quando sono nato la mia vita è stata
sotto i
riflettori a causa della fama dei miei genitori, ho dovuto imparare a
mentire per apparire sempre al meglio, mantenere una facciata in
pubblico. E così per non soffrire ho deciso di alienarmi,
non me ne
fregava più se tutto attorno a me cadeva a pezzi ma
così facendo
non ho fatto altro che continuare a mentire anche a me stesso. Era
una sorta di placebo, stavo bene però alla fine ho capito
che non
potevo continuare così... Secondo te cosa avrebbe fatto
più male,
mentire a me stesso e ignorare tutto quello che mi accadeva attorno
oppure svegliarmi e affrontare tutti i problemi?" chiese a
nessuno in particolare, aveva serrato gli occhi come a volersi
allontanare ancora di più da quella realtà.
Questa volta fu Xaldin
a rispondere, con fronte contratta e voce combattuta se parlare o
no.
"Penso la seconda, Ax" non
nascondeva che Axel
lo preoccupava, il ragazzo stava davvero esagerando, non lo
aveva mai visto in quello stato.
"Mi sono scontrato con le
menzogne di tutti quelli che mi circondano e sai una cosa? Fa davvero
schifo aprire gli occhi alla realtà perché ti
rendi conto che non
puoi più fidarti di nessuno! Tua madre, tuo padre, la
persona che
ami... e pure quello stronzo di Saix, ormai tutto fa brodo... nessuno
è quello che credevi che fosse. Tutto quello che ho chiesto
è un
po' di sincerità, non sono un fottuto minorato che ha
bisogno di
vivere in una bolla di cristallo "
"Adesso stai
generalizzando" prese di nuovo voce Marluxia, leggermente scosso
dalle parole affilate dall'altro. Ormai non aveva più dubbi,
Axel
aveva saputo di Roxas, a tal riguardo si era sempre domandato come
avrebbe reagito il rosso a quella vera e propria bomba ma non si
sarebbe mai aspettato una reazione simile. Quello doveva essere stato
il suo prezzo per aver covato per anni dentro di sé dubbi e
incertezze.
"Ehi Ax noi siamo qui per
aiutarti!" la voce
di Xaldin si sovrappose a quella dell'amico dai capelli rosa. Xaldin
era conosciuto assieme a Xigbar per essere uno dei peggiori casinisti
e attaccabrighe della scuola ma in realtà lui era uno dei
più
sentimentali, anche se non l'avrebbe mai ammesso neanche sotto
tortura e avrebbe sicuramente pestato a sangue chi si sarebbe
permesso di fare una simile insinuazione.
"Non vi ho
chiesto
alcun aiuto e ora che ci penso non so neanche perché vi sto
dicendo
tutte queste cose... io non dovrei essere neanche qui tra l'altro!"
sbraitò uno stizzito Axel che, nonostante fosse ben
cosciente del
suo attuale comportamento, non poteva far a meno di continuare a
gridare e fumare dalla rabbia "L'unica cosa che voglio ora
è stare DA SOLO!" e detto questo fece per avviarsi verso
l'uscita della stanza proprio nell'esatto momento in cui le porte
dello spogliatoio furono bruscamente spalancate e rivelarono
la
presenza di Riku. Accadde tutto nel giro di pochi momenti, il ragazzo
dai capelli argentati si avvicinò ad Axel con grandi
falcate, lo
afferrò per il bavero della maglia ancora umida dalla
pioggia e con
la mano libera gli sferrò un gancio così potente
da farlo
traballare.
Il rosso ci mise un paio di
minuti per registrare
quello che era accaduto e fece un cenno del capo a Xigbar e Xaldin -
che nel mentre si erano frapposti tra lui e l'albino e sembravano
pronti a ridurlo in un cumulo di sangue - di togliersi di mezzo, ci
avrebbe pensato lui. Non avrebbe mai tollerato un simile
affronto.
Riguadagnò la sua
compostezza e senza dir nulla si
avviò fuori lo spogliatoio, invitando tacitamente l'altro a
fare lo
stesso, e una volta che i due furono lontani abbastanza da orecchie
indiscrete, Axel si lasciò andare.
"Che cazzo ti salta in
mente?
Venire
e tirarmi un pugno
in faccia? La prossima volta non sarò più tanto
indulgente da
scrollarti quei bestioni di dosso" chiese retoricamente, in
realtà sapeva perfettamente cosa volesse Riku da lui.
"Che
cazzo ti salta in mente lo dico io! Perché non sei con
Roxas? Sai
dov'è adesso?" fu la risposta dell'altro, come volevasi
dimostrare Axel aveva centrato il tema e, con un sospiro di
menefreghismo, scrollò le spalle.
"No, non lo so...non sono
mica sua madre"
"Axel..." iniziò a
dire Riku ma
il rosso lo bloccò con un gesto della mano, in
quel momento
non aveva alcun intenzione di sentire nient'altro che contribuisse al
suo crescente mal di testa di peggiorare ancora di più.
"Riku,
per piacere"
"No niente per piacere"
affermò
duro "Roxas è in infermeria, era così
scosso che Yuna ha
deciso di sedarlo perché non ne voleva sapere di calmarsi"
Poco
bastò a catturare l'attenzione del rosso.
"Cosa?"
fece questo puntando lo sguardo su di lui.
"Tu avevi il
compito di occuparti di lui, avevi detto che non lo avresti mai fatto
soffrire e io ho voluto darti credito perché sembrava
davvero stare
meglio. Ora cos'è successo tra di voi?" Riku lo guardava
serio
dal basso di quei pochi centimetri che li distanziavano, i suoi pugni
erano serrati e gli prudevano dal desiderio di sferrargli un altro
pugno.
"Tranquillo, ormai non stiamo
più insieme quindi non
ci sarà più il pericolo che io possa farlo
soffrire"
"Cosa,
scusa? Perché vi siete lasciati?"
"Fai troppe domande,
com'è che sei diventato tanto loquace?" Axel proruppe in una
risata sarcastica mentre affondava le mani nelle tasche dei jeans nel
disperato tentativo di riscaldarle, ma fu tutto vano, anch'essi come
tutto il resto erano ancora bagnati. Stava pianificando una fuga
anticipata da tutto e tutti per rifugiarsi davanti al camino di casa
sua e bruciarsi i neuroni davanti ai videogiochi per staccare
totalmente dal mondo.
Riku storse il naso e
sbuffò
"Riformulo la domanda in 'è
stata una decisione presa da entrambi?' "
"Chiedilo a Roxas.
Chissà, può essere che hai più fortuna
di me... può essere che di te si fida e ti
racconterà tutto"
ribatté amaro.
"Senti, non voglio farmi gli
affari vostri
però qui è una cosa seria. Prova a parlargli! Lo
tranquillizzi, vi
sedete a un
tavolino e discutete di tutti i vostri problemi come due brave
persone mature"
"Stai scherzando spero, io e
quel
moccioso viziato non abbiamo più nient'altro da dirci. Anzi
fammi un
piacere, quando lo vedi digli di non piangere sul latte versato.
Sarò
pur paziente ma non sono scemo" affermò con un tono che non
ammetteva repliche e fece per avviarsi verso il proprio armadietto
nel corridoio principale così da poter prendere la propria
borsa e
tornare a casa ma Riku lo afferrò per un braccio e lo
bloccò.
"Moore, io sono
stato dalla tua parte, ti avevo dato fiducia" sibilò tra i
denti "...ma ti giuro che se le condizioni di Roxas dovessero
precipitare all'improvviso verrò da te e te la
farò pagare"
"Oh,
sto tremando di paura..." lo derise il rosso con lo sguardo
ancora fisso davanti a sé e con uno strattone si
liberò dalla presa
dell'altro, si voltò leggermente verso Riku e lo
guardò dall'alto,
e, senza battere ciglio, con una mano sbatté violentemente
contro il
muro uno sfortunato ragazzino che stava passando di lì
"Ricorda
che scherzare con Axel equivale a scherzare col fuoco"
E
detto questo se ne andò senza degnarlo di un ultimo sguardo
e lasciò
Riku dietro di sé incapace di replicare.
In
a blink of an eye
I never got to say goodbye
I pallidi
raggi del sole di Gennaio filtravano attraverso le grandi vetrate
gotiche della cattedrale e davano un tocco di colore in
quell'ambiente solitario e abbandonato. Sebbene tutto attorno fosse
in rovina era un miracolo che quella chiesa, che malcapitatamente
sorgeva nelle vicinanze del grattacielo della Shinra ormai in
macerie, era ancora in piedi e in discreto stato, ovviamente essa era
stata sconsacrata e lasciata in balia dell'incuria ma nonostante
questo si riusciva ancora a respirare un'aria di
tranquillità
non indifferente.
Cloud camminava con
estrema lentezza lungo la
navata e attorno all'altare per scrutare ogni più piccolo
dettaglio
e quasi si sentì in colpa per aver lavorato per anni in
quella zona
- alla Shinra - e non essersi mai fermato ad ammirarla prima di quel
giorno, prima che tutto andasse distrutto. Lanciò
un'occhiata
fuggente alla sagoma tracciata con il gesso sul pavimento di legno e
aggirò la scena del crimine per non intralciare la
scientifica che
in quel momento era al lavoro alla ricerca di qualche prova. Tutta
l'area era stata transennata anche se non c'era nessuno che avrebbe
potuto avvicinarsi - in realtà tutto il Distretto
Finanziario era
sotto sequestro ma l'omicidio che era avvenuto da pochi giorni in
quella cattedrale rappresentava una pista troppo importante
perché
venisse contaminata, rappresentava l'evidenza della presenza sul
territorio dei Silver Haired Man.
Passò in
rassegna
l'ambiente e alla fine si fermò a contemplare una macchia di
verde,
del tutto inusuale in un luogo del genere. Una manciata di assi di
legno erano state sventrate dal pavimento e al di sotto di esse erano
stati scoperti dei fiori molti simili a gigli bianchi che crescevano
rigogliosi.
"Sono
capaci di
nascere e crescere in luoghi avversi ma allo stesso tempo sono
così
delicati e bisognosi di cure che altrimenti morirebbero nel giro di
poco tempo"
Aerith li amava, quando
li
aveva visti una volta che aveva presenziato a un sopralluogo se ne
era subito innamorata.
"Clooooud quanto tempo
ci metti?"
fu l'urlo del tutto fuori luogo che riecheggiò nel silenzio
della
cattedrale, Cloud alzò lo sguardo contrariato e vide in
lontananza,
sull'uscio del portone, Reno che gli faceva cenno con le
braccia
"Sbrigati che è tar-". La sua bocca fu però
tappata
bruscamente dalle mani di un omone che era apparso alle sue
spalle.
"Idiota, siamo in una
chiesa" lo redarguì
Barrett non mancando però di sbraitare sonoramente proprio
come
aveva appena fatto il rosso, fortunatamente arrivò Rude
giusto in
tempo a placare le acque.
Cloud si
ritrovò a sospirare e rivolse
un ultimo sguardo a quello scorcio di natura lì davanti a
lui prima
di raggiungere gli altri, parlò con voce bassa e
nostalgica,
come se stesse conversando con qualcuno in particolare “Ci
stiamo
dando da fare per risolvere tutto il prima possibile, non solo per
Roxas ma anche affinché tu possa riposare in pace”
fece una breve
pausa e si inginocchiò per cogliere un fiore
“Potrai mai perdonare
la follia umana?"
Quei fiori erano una
sorta di miracolo
della natura perché era come se volessero rendere omaggio
alla tomba
che era sotto di essi.
Like
a shooting star
Flyin'
across the room
So
fast so far
You
were gone too soon
Roxas
stava ridendo.
Rideva di
gusto come una di quelle poche
volte che gliel'aveva visto fare da quando lo conosceva. Erano a casa
di Axel e il più piccolo stava sfuggendo dalle sue grinfie
ridendo
animatamente per i corridoi; alla fine però si era trovato
braccato
nella camera di quest'ultimo e non poté fare altro che
prendere un
cuscino per difendersi. Ma Axel era temerario e non si fece troppi
scrupoli a circondare con le sue grandi braccia sia il cuscino che il
corpicino del biondo.
“Ti
ho preso!” rise di gusto come
un bambino. Si lasciò cadere a peso morto sul letto,
portando con sé
anche Roxas.
“Lasciami
subito” comandò
l'altro senza
usare però un tono perentorio, tra una risata e l'altra.
“Roxy
non sarai così ingenuo da pensare che io ti lasci scappare
ancora?”
rispose il più grande con il suo solito ghigno spavaldo.
Il
più piccolo sorrise e posò un leggero bacetto
sulla punta del naso
dell'altro, facendolo inevitabilmente diventare più rosso
dei suoi
stessi capelli. Vide come Roxas soffocò una risatina e
affondò il
volto nel cuscino che teneva stretto al suo petto.
Rimasero
stesi in quella posizione così a lungo che Axel credette
seriamente
che Roxas si fosse addormentato, ma un mugugno da parte di
quest'ultimo lo fece ricredere.
“Axel?”
“Mh?”
“Tu
mi hai detto che non ci separeremo mai, vero?”
“Mai”
“È
una promessa?”
“Certo”
“Però...però
se
io un giorno dovessi morire tu cosa faresti?”
“Cosa?”
Axel
si svegliò di soprassalto, il cuore batteva veloce nel suo
petto
come se volesse uscire dalla sua gabbia toracica e un pesante senso
di angoscia gravava alla bocca dello stomaco. Borbottò
qualcosa
sottovoce e si passò un braccio sugli occhi per scacciare
via gli
ultimi residui di sonno; ad essere sinceri non si era neanche accorto
di essersi addormentato, una veloce occhiata alla tv e
constatò che
essa era ancora accesa e il videogioco in pausa. Ultimamente non era
raro da parte sua fare sogni del genere, ovviamente ne avrebbe fatto
volentieri a meno ma non poteva che attribuirli al senso di colpa che
lo stava uccidendo per la piega che aveva preso il rapporto con il
biondo. Axel si sentiva davvero una schifezza, non avrebbe mai voluto
che andasse a finire così però la rabbia c'era e
non si era ancora
dissipata del tutto, anche se più volte si era dato dello
stupido e
si era detto che forse avrebbe potuto agire in maniera più
civile e
matura. Tra l'altro sperava che Roxas stesse bene, Riku qualche
giorno addietro gli aveva detto che il ragazzo era molto scosso ma
fino ad ora né lui né Sora si erano fatti sentire
quindi
significava che il biondo era fuori pericolo. O così almeno
si
augurava.
Dopo un ultimo
sbadiglio finalmente decise di alzarsi
dal letto, spense la tv e con una mano iniziò a massaggiarsi
il
collo intorpidito mentre si avviava in cucina per prepararsi qualcosa
da mangiare, o almeno questa era la sua intenzione prima che in
salotto intercettasse una figura con una capigliatura color acciaio
che rivolgeva uno sguardo accigliato a quello che stavano
trasmettendo in tv.
"Sei ancora qui?"
domandò avvicinandosi al divano bianco sul quale era seduto
l'altro,
quasi gli faceva ridere come il colore dei capelli del ragazzo si
abbinava al grigio antracite delle pareti.
"Cosa
c'è che non va con la società? Hanno fatto un
documentario sulle
tette di Kim Kardashian!" sbottò incredulo Zexion indicando
lo
schermo con enfasi.
"Ti assicuro
che ci sarebbe da fare più di un semplice documentario su
quelle
tette" rispose Axel con nonchalance e alla sua incredibile
naturalezza l'altro inarcò un sopracciglio.
"Sei
per caso andato a letto con lei?"
"Ma
ti pare?" esclamò subito il rosso ma poi si
affrettò a
continuare quando si accorse che non ci avrebbe fatto proprio una
bella figura "Cioè se avessi avuto l'opportunità
l'avrei fatto
pure... sai solo per andare vicino agli altri e vantarmi 'Sono
andato a letto con Kim Kardashian!'.
Però...uhm... vedi... io ho altri
interessi"
"Non
lo avrei mai detto, almeno prima che ti mettessi con Roxas"
"Ho
sempre cercato di nasconderlo..." ammise con una scrollata di
spalle "Sono un personaggio pubblico, se avessi messo i
manifesti sai che che casino che ci sarebbe stato? No grazie,
preferisco tenere per me certe cose, forse non sembra ma ci tengo
molto alla mia privacy. Per questo ogni tanto mi portavo a letto
qualche ragazza... e la mia relazione con Larxene? Anche quella era
una stronzata, lei aveva bisogno di una copertura per i genitori e io
un po' per tutti” ridacchiò amaramente
“Pensa che per sembrare
ancora più credibile la sera andavo in quei bar di
Manhattan
assieme a Luxord, Xigbar e Xaldin... come diavolo si chiamava quel
localino che mi piaceva tanto?" ridacchiò sforzandosi di
rievocare il nome.
Zexion
storse il naso "Ho capito a quali ti riferisci e non voglio
sapere i dettagli... non voglio neanche sapere come hai fatto ad
entrare in certi locali per adulti"
"Baby
secondo te a cosa mi serve la carta d'identità falsa?" il
più
grande ammiccò con tono fintamente malizioso "È
lì comunque
che ho incontrato la Kardashian... dal vivo è una strafiga
da paura,
niente a che vedere con Paris Hilton"
"Santo
dio" si ritrovò a sospirare sconsolato il ragazzo dai
capelli
color acciaio.
"Quindi come puoi
ben vedere la mia vita era tutto un 'nascondi
la tua vera natura altrimenti tutti avranno da parlare ancora
più di
te' e la cosa non mi allettava
tanto, anche se così non sono mai stato felice. Poi quando
mi sono
messo con Roxas un po' l'ho fatto anche per lui e per non farlo
stressare, aveva bisogno di un ambiente tranquillo attorno a lui
no?"
Zexion
rimuginò un momento
sulle parole dell'altro e impostò la tv su muto prima di
girarsi
completamente verso di lui "Però a scuola non sembravi aver
problemi a mostrarti con lui in pubblico"
"No..."
mormorò Axel prendendo il mento tra il pollice e l'indice e
contrasse la fronte "Non ho avuto problemi... non so forse
perché sapevo che la scuola era un ambiente più,
diciamo, sicuro...
anche se non sono più "attivo" come prima ho ancora una
certa autorità lì dentro, i ragazzi mi temono e
quindi non
si sognerebbero mai di dire qualcosa di sconveniente perché
sanno a
cosa andrebbero incontro. D'altra parte ammetto anche che quando
stavo con Roxas non mi facevo scrupoli, a volte mi dimenticavo
addirittura che forse avrei dovuto curare di più la mia
immagine
pubblica"
"Da
come parli sembri molto legato a lui"
Axel
sussultò e non rispose subito, si portò una mano
tra i capelli
rossi per ravvivarli e alla fine sospirò sconfortato.
"Già...
sono sempre stato di gusti
difficili però con Roxas..." mormorò e fece una
smorfia quando
realizzò cosa
stava dicendo e a chi
però non gli importò più di tanto "Con
Roxas ero felice,
nonostante tutti i suoi problemi e le difficoltà, ero
davvero felice
anche solo di poter passare del tempo con lui"
"Perché
allora l'hai lasciato?" il tono di curiosità veicolava con
sé
anche un accenno di rimprovero.
"Non mi va di parlarne
ancora" borbottò alla fine il rosso sulla difensiva, e detto
questo lo piantò in asso e andò in cucina. Zexion
sospirò
alzandosi dal divano e raggiungendolo nell'altra stanza,
trovò Axel
intento a frugare in frigo alla ricerca di qualcosa.
"Axel"
"Zexion"
ripeté l'altro
annoiato.
"Perché
credi che sono qui?"
"Per
infastidirmi... e per finirmi tutte le scorte in frigo"
"Quasi...
avevo fame" abbozzò un sorrisetto colpevole.
Axel prese un
paio di buste di affettati e del formaggio, richiuse il frigo e poi
andò alla ricerca dei bagel dispersi in qualche mobile "Hai
finito tutti i latkes* che mi ha mandato la mamma di Dem" si
lamentò come un bambino.
"Stavano in frigo
dall'Hannukkah,
per quanto ancora volevi conservarli? Ti ho salvato da
un'intossicazione alimentare"
"Stronzo ammettilo che
volevi solo mangiarteli tutti" Axel lo guardò in
tralice.
"Scusa non ho potuto
resistere" ammise infine
Zezion con una risatina e alzando le mani in segno di resa "Allora
che dicevamo?"
"Che è ora
che tu vada via"
borbottò il rosso afferrando un coltello per tagliare i due
bagel
"Non hai una casa?"
"I miei sono fuori
città,
posso tornare a casa quando avrò terminato il mio lavoro"
"Che
sarebbe?"
"Sapere
perché hai lasciato Roxas"
dichiarò tranquillamente il più basso scrutando i
movimenti ora
tesi del rosso, questi infatti interruppe il suo lavoro di precisione
e lanciò un'occhiata infastidita a Zexion.
"Che diavolo
volete tutti da me?"
"Allora?"
"Perché sei
così insistente? Tu non eri il topo di biblioteca emo e
silenzioso
che stava sempre per conto suo?"
"Non sono emo"
"E
i tuoi capelli?"
"Un taglio di capelli
non fa di una
persona un emo"
Axel inarcò
le sopracciglia e fece un
esclamazione di stupore, poi tornò a concentrarsi sui bagel
che
aveva appena tagliato e cominciò a spalmarci il formaggio e
riempirli di salumi di vario genere. Una volta ultimato il lavoro ne
passò uno a Zexion.
"Ebbene?"
insisté ancora
quest'ultimo ringraziandolo per il panino e alla fine Axel si
ritrovò
a cedere alle sue pressanti richieste, anche perché non ce
la faceva
a sentire ancora le persone chiedergli sempre le stesse cose.
"Roxas
mi ha tenuto nascoste delle cose e io mi sono incazzato. Sapevo che
lui non mi diceva proprio tutto su di lui però speravo che
prima o
poi me ne parlasse e invece ogni volta dirottava l'argomento oppure
mentiva"
"Erano cose
importanti?"
"Beh, sì...
abbastanza"
"Ti ha
tradito?"
"No, no che stai
dicendo"
"Non vedo cosa ci
sia di molto importante che abbia potuto nasconderti allora"
"Non
penso di essere la persona più adatta per parlartene ma
credimi
quando ti dico che si potrebbe scrivere un libro intero su tutto
quello che avrei da dire"
"È
una cosa che comprometteva la vostra relazione?"
"Non...
non propriamente... cioè non lo so... se me ne avesse
parlato a
tempo debito penso che ne avremo discusso in maniera civile e si
sarebbe risolto tutto"
"E
invece Roxas ha preferito tenerti nascosto...” il ragazzo si
interruppe un istante per trovare una definizione adatta
“...qualsiasi cosa sia.
Era una cosa personale? Se non comprometteva la vostra relazione
perché hai agito così?"
"Perché
stiamo insieme, volevo che me ne parlasse così avrei potuto
aiutarlo
a superare i suoi problemi"
"Non hai pensato che
magari non si sentisse pronto? Che se ne vergognava o addirittura
aveva paura che tu non accettassi questo suo segreto?"
Axel
fece per parlare ma le sue labbra si bloccarono a mezz'aria e nessun
suono fuoriuscì da esse,
non riuscì ad articolare nessun pensiero coerente.
"Vorrei
che ritornassimo a quando non c'erano problemi tra noi" ammise
abbassando lo sguardo e allontanò il piatto con il bagel che
si era
appena preparato, improvvisamente gli era passata la fame.
"Puoi
sempre recuperare"
"No che non posso"
"Sì,
ti basta solo andare da lui e parlarne. Lui era distrutto e anche tu
non sei messo meglio... guardati come sei ridotto, sembri un uomo di
mezza età che è stato appena lasciato dalla
moglie. Dove diavolo è
finito l'Axel sempre pronto e lustrato per ogni occasione? Ovviamente
questa situazione ti sta turbando non poco, perché gettare
al vento
tutto quello che hai creato?"
Axel
boccheggiò per un breve momento ma poi scosse energicamente
il capo
e perforò l'amico con i suoi occhi verdi "Tu non capisci...
non
posso andare da lui con la coda tra le gambe e fare finta che non sia
successo niente. Che figura ci farei?"
"La figura della
persona innamorata. Demyx lo fa sempre quando capisce di aver
sbagliato"
"Ma io non sono come
Demyx!"
"Allora
sii ragionevole e fai quello che ti ho detto"
A quel punto
Axel non ci vide più, non
si era neanche reso conto di aver da poco iniziato ad alzare il tono
ma si era visto braccato in un angolo. Tutte quelle domande e quelle
pressioni lo stavano facendo andare in panico, improvvisamente la
temperatura della casa sembrava essere schizzata alle stelle e delle
minuscole goccioline di sudore si stavano formando sulla sua fronte
mentre le sue mani tremavano. Tutto quello stava diventando troppo
per lui.
"Sai una cosa?
Vaffanculo!" esclamò facendosi
trasportare dai sentimenti. Rabbia, snervamento, ansia, angoscia e
sensi di colpi. Tutte quelle emozioni contrastanti lo stavano facendo
andare fuori di testa.
Solo dopo un buon
minuto sbiancò quando si
accorse di aver sbattuto con violenza il pugno sulla superficie della
cucina e che l'espressione di Zexion era completamente scioccata.
Ormai con le spalle al muro, il rosso preso dall'agitazione non
sapeva più cosa gli stava succedendo così si
abbandonò all'inerzia
e senza neanche il bisogno di ricevere qualche impulso in
particolare, le sue gambe compirono grandi falcate fino all'ingresso
per prendere le chiavi della macchina e il cappotto e uscì
senza
dare ulteriori spiegazioni.
You're
part of me
And
I'll never be
The
same here without you
Stava
impazzendo, ne era sicuro.
Il problema era Roxas, sempre
lui, lo
era stato fin dal primo giorno che lo aveva conosciuto quando con il
suo carattere dominante e vendicativo l'aveva fatto crollare
miseramente ai suoi piedi; sempre Roxas, durante il corso dei mesi,
anche quando era assente riusciva a ridurlo a una poltiglia di
emozioni che avrebbe fatto invidia a una ragazzina alle prese con la
sua prima cotta. E persino ora che Axel aveva
deciso di
mollarlo, Roxas non ne voleva sapere di lasciarlo in pace - o almeno
l'immagine di Roxas prodotta dalla sua stessa mente. Il rosso era
messo così male che qualsiasi cosa gli ricordava il biondo,
qualsiasi: la strada che stava percorrendo al
momento (era la
stessa che faceva tutti i giorni per recarsi a casa Strife), il
sedile anteriore vuoto (ormai posto esclusivo di Roxas), il cd in
riproduzione dei Queen (regalatogli di Roxas), i grandi laghi che si
susseguivano fuori al finestrino (luogo della loro prima uscita in
barca) e la villa di mattoni rossi con il tetto blu che ora
stazionava imponente davanti a lui...
Okay, forse quella non era
esattamente la cosa che si aspettava di vedere.
Axel stava
cercando in tutti i modi di fuggire dal ricordo di Roxas e il suo
stress gli giocava lo scherzo di cattivo gusto di farlo piombare
giusto davanti casa del suo disperato amore. Tirò un pesante
sospiro, scese dalla vettura con passo ciondolante e vi si
appoggiò
con la schiena. Rimase immerso nei pensieri per una buona manciata di
minuti, indeciso se andare a bussare o no.
Axel sapeva di
essersi comportato da stronzo, da vero pezzo di merda, così
come
sapeva che il suo comportamento era stato irragionevole
perché
quello che lo turbava non era stato scoprire tutte quelle cose sul
passato del biondo, ma il fatto che questi non gli avesse
detto
nulla. E se avesse dovuto commentare un comportamento del genere,
l'avrebbe definito del tutto legittimo, se si fosse trovato nei panni
di Roxas neanche lui probabilmente avrebbe detto nulla - forse per
paura più che altro, in realtà non sapeva quali
fossero i
sentimenti che spingevano il biondo a tenere tutto sotterrato nei
meandri della sua coscienza più profonda però era
evidente che
tutta quella situazione lo faceva stare male tutt'ora.
I rimorsi
stavano corrodendo Axel dall'interno e in più si mettevano
anche i
ricordi sotto forma di sogni a perseguitarlo.
“Cosa?”
il rosso aggrottò le sopracciglia e affilò lo
sguardo sul corpo
accanto al suo, Roxas intanto aveva voltato il capo verso Axel, anche
se era ancora affondato nel cuscino quasi più grande di lui.
I loro
occhi si specchiarono, rimasero a lungo in silenzio, fermi in quella
posizione – il corpo di Axel era steso su un lato, girato
verso il
biondo, mentre il più piccolo era steso sulla sua schiena
con il
cuscino premuto ancora su di sé quasi come per nascondersi.
“Rox?”
non avendo ancora ricevuto risposta, lo esortò con tono ora
apprensivo appoggiandosi sui gomiti “Che significa?”
Roxas
dischiuse la bocca un paio di volte nel tentativo di rispondere ma vi
rinunciò. Si raggomitolò su un fianco, stringendo
compulsivamente
il cuscino al petto, e abbassò lo sguardo.
“Lo
sai"
Axel chiuse gli occhi e
fece un profondo sospiro, perché le cose dovevano essere
così
complicate?
Roxas era stupido
perché anche se aveva tentato di
accennare all'argomento quella volta che erano andati insieme a New
York, aveva l'abitudine di inviargli le informazioni sempre
sotto forma di rebus, e Axel... forse lui era peggiore
perché
avrebbe dovuto ascoltarlo più attentamente senza voltargli
le
spalle.
“Credo...
credo che ci sono delle storie, degli eventi che non hanno
spiegazione. Tu puoi trovare tutte le colpe del mondo, puoi affermare
che il peccato sia di talune persone mentre altre sono innocenti,
eppure questo non è altro che un punto di vista... Ci sono
quelle
storie in cui gli intrecci sono solo colpa di un gioco fatale del
destino, nessuno è nel giusto o nello sbagliato e spesso si
commettono passi falsi per errore, cerchi di fare una cosa per bene e
invece fallisci miseramente e magari vieni accusato per questo... la
canzone lo dice, morto un re se ne fa un altro, no? Per quanto ti
sforzi di fare una cosa non sarai mai abbastanza, dopo vieni comunque
rimpiazzato”
Con un gesto
secco aprì di nuovo la portiera e rimise in moto la
macchina, pronto
a partire verso qualunque meta a patto che fosse lontano dai suoi
problemi.
Era proprio un vigliacco del cazzo.
Like
a shooting star
Flyin' across the room
So fast so far
*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.
"Esprimete
un desiderio!" mia madre cinguettò gioiosamente mentre io e
Sora, in piedi su una sedia, guardavamo la torta illuminata dalle
candeline davanti a noi.
Sora
prese a battere le mani
proprio come facevano tutti gli invitati mentre cantavano e poi si
rivolse a me con un gran sorriso "Al tre, 'kay?"
Io
annuii e lo presi per mano mentre ci piegavamo verso il tavolo e
iniziavamo a soffiare. Quattro candeline per me e quattro per Sora.
Una volta che riuscimmo a spegnerle, tutti attorno a noi esultarono e
ci circondarono calorosamente per abbracciarci e riempirci di
baci.
Era
il 14 Febbraio, il giorno del nostro compleanno e
all'epoca non c'era nulla di più gioioso.
"Sora,
Roxas" una volta dissipatasi la folla, mia madre riapparve al
nostro fianco con un coltello in mano e un leggero sorriso sulle sue
labbra "Mettete una manina su quella della mamma e aiutatemi a
tagliare la torta!"
Tutti
e due facemmo come ci disse
e mettemmo una mano sulla sua e tagliammo la prima fetta, poi Sora fu
preso in braccio dalla zia Rikku, la madre di Ventus, mentre mio
padre aiutava me a scendere dalla sedia. Io mi allontanai velocemente
dalla mischia che adesso affollava il tavolo per accaparrarsi un
pezzo di torta e raggiunsi Ventus che era letteralmente incollato
alla grande vetrata ed era intento ad ammirare il panorama innevato
di Central Park, proprio come ero solito fare io.
"È
proprio bello!" esclamò girandosi verso di me e io annuii,
lui
aveva tre anni più di me e Sora e stranamente mi
assomigliava
molto.
Qualche
minuto dopo Sora arrivò correndo verso di
noi con un piatto in mano e una fetta gigante di torta al suo
interno, lui era sempre stato il goloso di famiglia.
"È
buona la torta?" domandò Ventus alla vista della glassa di
cioccolato e mio fratello annuì sorridendo mentre prendeva
un
pezzetto e lo portava alla bocca.
"Tantisshimo,
prendila anche tu Venny!"
Mio
cugino prese in parola
Sora e corse subito a riscattare la propria fetta, e così
rimanemmo
io e mio fratello.
"Woxy
mangiala anche tu"
Ma
io scossi la testa, non ero mai stato particolarmente attratto da
quelle cose e al mio rifiuto Sora non demorse, cercò anzi di
spingermi in bocca un pezzetto che aveva sulla forchetta, io
però
girai la faccia e la torta mi cadde rovinosamente sulla
maglietta.
"Oooops...
scusa!" disse guardando
l'estesa macchia di cioccolato.
"Ma
guarda cos'abbiamo
qui"
Io
e Sora alzammo lo sguardo e vedemmo Sephiroth
dietro di noi che ci scrutava a fondo dall'alto con uno strano
sorriso stampato in volto, poi si rivolse a Sora "Ohh stavi
cercando di dividere la torta con tuo fratello? Che gesto carino
Sora, sei proprio un bravo bambino" mio fratello ridacchiò
"Non
preoccuparti, adesso andremo a ripulire Roxas così
potrà giocare di
nuovo con te... vero Rox?" fece con un tono fastidiosamente
zuccheroso mentre mi prese in braccio, con un dito mi tolse una
macchia dalla guancia e se la portò alle labbra per
assaporarla "Mmm
cioccolata"
Io
presi ad agitarmi, infastidito da quel
gesto e guardai implorante mia madre che si avvicinava a noi.
"Rox,
tesoro, cosa ti è successo?"
"Sora
voleva dargli
un po' di torta ma gli è caduta addosso" Sephiroth
rise e
mi strinse forte a sé "Ci penso io a cambiarlo Aerith cara,
tu
torna a intrattenere le altre signore. Non possiamo avere un
festeggiato sporco di cioccolata e una padrona di casa assente"
*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.
Quando
Roxas riguadagnò coscienza la testa gli martellava in
maniera
incessante e aveva paura che aprendo gli occhi avrebbe solo
peggiorato la situazione, così optò per rimanere
fermo e tranquillo
in quel suo dormiveglia ancora per un po' prima di svegliarsi
completamente. Ormai il sonno lo aveva abbandonato da un pezzo e la
sensazione di insofferenza di rimanere sempre steso lo stava facendo
quasi uscire fuori di testa. Nell'ultimo paio di giorni infatti non
si era mosso dal proprio letto, salvo per i controlli, e tra l'altro
si disse anche parecchio fortunato perché, nonostante quel
giorno a
scuola si fosse inzuppato completamente, stranamente non si era
ammalato - a differenza di Sora, lui era uno spettacolo orripilante.
In quel suo eccessivo tempo libero aveva fatto di tutto pur di non
dare di matto riguardo agli ultimi eventi. Aveva messaggiato molto
con Vaan, quest'ultimo era sembrato davvero preoccupato, e aveva
sentito anche Kairi e Yuffie. Anche Leon era andato a
trovarlo un paio
di volte con la speranza di conversare, ma Roxas non ne voleva sapere
di aprire bocca. Nonostante ciò
però la sua
mente vagava sempre verso mete indesiderate... proprio come stava per
fare in quel momento.
Tra Axel e quegli strani sogni che lo
lasciavano scosso ma di cui non riusciva a ricordare nulla, non sapeva
quanto la sua mente avrebbe retto ancora.
Alla
fine giunse alla decisione che
non aveva più voglia di starsene in quella posizione
così,
dopo un leggero
sbadiglio, aprì lentamente gli occhi e si mise a sedere.
La
sua
camera era in penombra, le tende erano quasi del tutto tirate
così
che solo un leggero squarcio di luce soffusa riusciva a filtrare e le
mille lucette erano accese per dare una maggiore visibilità
senza
però dare troppo fastidio. Tutto sembrava in ordine come lo
aveva
lasciato prima di addormentarsi finché non
adocchiò qualcosa di
estraneo al suo mobilio.
"Demyx?!"
esclamò
sinceramente preoccupato di non essere ancora del tutto sveglio, ma
dovette ricredersi quando il suddetto personaggio, che fino a un
istante prima gli aveva dato le spalle, si voltò e sul suo
volto
apparve un sorriso a dir poco chilometrico.
“Ehilà
Roxy!” gridò a voce alta - sebbene Roxas avesse
più volte provato
a fargli notare che doveva ridimensionare il timbro di voce, l'altro
non sembrava capace di mettere in pratica tale richiesta.
“Che
diavolo ci fai qui?”
“Mi
ha aperto una signora che parlava solo in spagnolo, penso sia la
governante”
“Portoghese..."
precisò il piccolo biondo con un leggero sospiro " E
sì, è la
governante”
“Oh
bene, comunque dato che dormivi ho pensato di intrattenermi guardando
questi disegni ad acquerelli. Non pensavo disegnassi”
Mullet-man si
voltò completamente verso Roxas e gli mostrò le
piccole tele che
avevano catturato la sua attenzione. Esse erano tentativi di
raffigurare paesaggi naturali oppure persone come Sora,
Naminé o
Aerith, ma avrebbero potuto essere meglio inscritti nella categoria
di un fantasioso astrattismo.
“Ah
quelli... Non ci far caso, erano uno dei miei passatempi durante la
convalescenza di questi anni. Non ero molto bravo così mi
aiutava
mia madre a dipingere, sembrava tenerci molto”
“Sono
carini, dovresti tenerli esposti!"
Roxas
scrollò le spalle e
appoggiò la schiena al cuscino per mettersi più
comodo.
“Ho
incontrato Riku giù in salone, era al pc...ha detto che Sora
è in
quarantena?” mormorò poi Demyx riponendo tutti i
disegni e si
avvicinò al letto.
“Proprio
così"
Roxas abbozzò una
risata "Sora si ammala molto facilmente, a volte anche più
volte all'anno, e siccome lui è una sottospecie di bomba
batteriologica e nessuno tra me e i miei ha intenzione di prendersi i
suoi microbi, ormai ha imparato a trascorrere il tempo in
quarantena
in camera sua e a indossare una mascherina quando decide di emergere
dagli abissi del suo antro oscuro”
A
quella spiegazione Demyx prese a ridere di gusto: risata fragorosa e
movimenti frenetici proprio come ci si aspetta dal buon vecchio
Mullet-man. Una volta che il biondo riuscì a riacquisire una
parvenza di compostezza, Roxas gli domandò di passargli la
bombola
dell'ossigeno che aveva riposto accanto alla libreria
(raccomandandosi sempre di non distruggergli l'intera camera), Demyx
fece come statogli richiesto, poi portò una poltroncina
accanto a
letto dove si sedette a gambe incrociate e guardò
incuriosito
l'altro che si toglieva la mascherina ingombrante che era collegata a
uno strano macchinario e la rimpiazzava con i soliti tubicini con cui
era abituato a vederlo.
“Cosa
c'è?” chiese infine il più piccolo
accorgendosi dello sguardo
insistente di Demyx.
“Niente”
si affrettò a rispondere l'altro.
“Sicuro?
Sembravi morire dalla voglia di dire qualcosa”
“Zexion
mi ha ammonito di non dire o fare domande sconvenienti o
personali”
Roxas
contrasse la fronte “Era qualche battutaccia a sfondo
sessuale per
caso?”
“No,
solo curiosità”
“Allora
spara”
“Perché
hai quelle fasciature sul petto? Ti sei per caso fatto male?”
Roxas
abbassò il volto e intercettò le bende sul petto
che si
intravedevano da sotto il pigiama e inarcò un sopracciglio
“No...
servono solo per tenere fermi gli elettrodi”
Demyx
lo
guardò confuso, come se l'altro gli stesse parlando in
un'altra
lingua e a quel punto Roxas spostò le coperte e si
alzò di poco la
maglia del pigiama rivelando un piccolo dispositivo elettronico della
stessa dimensione di un cellulare da cui partivano vari fili, le cui
estremità sparivano sotto le bende “Questo
è un Holter, serve a
monitorare l'attività del mio cuore... gli elettrodi sono
quella
specie di piccole ventose che si attaccano al petto”
“Oh
credo di aver capito! Ho fatto un esame simile quando sono andato a
fare la visita per entrare nella squadra di basket”
annuì il più
grande, incrociò le braccia al petto e puntellò
sui gomiti “Ma
perché hai questi fili attaccati a te anche a casa? Non
dirmi che
dovrai sempre indossare questa roba!”
“No”
ridacchiò Roxas “Solo per un paio di giorni per
fare un controllo
approfondito”
“E
riesci a muoverti?”
“Questo
aggeggio è fatto apposta per essere maneggevole e non
intralciarmi
nei movimenti”
“Ohh”
Mullet-man ascoltò la spiegazione con l'interesse di un
bambino e a
ciò seguì un momento di silenzio, durante il
quale Roxas stava per
convincersi di essere riuscito a zittire almeno per poco il ragazzo,
purtroppo però la curiosità insaziabile di Demyx
non gli lasciò
cantar vittoria e quest'ultimo parlò di nuovo pochi istanti
dopo
"Chi è quella ragazza vestita di nero nelle foto? La tua ex
fidanzatina?" chiese malizioso, con una faccia da idiota che
chiedeva tacitamente di essere presa a pugni.
Roxas
si appuntò mentalmente di avvisare tutti i suoi familiari di
non far
mai più entrare in casa il ragazzo "Un'ex prostituta drogata
con la passione per la letteratura d'oltreoceano" dichiarò
schietto, se nascondere la verità gli aveva procurato solo
casino
ormai tanto valeva dire la verità.
Demyx
lo guardò con perplessità per una buona manciata
di secondi e poi
scoppiò a ridere chiassosamente "Cavolo Roxy!
Perché Zexy non
mi ha mai detto che eri così simpatico? Ti avrei frequentato
da anni
ormai"
"Che
fortuna" borbottò a bassa voce.
"Hai
detto qualcosa?"
“Mi
chiedevo che diavolo sei venuto a fare qui?”
“Indovina
indovinello!” rise giocoso ma il più piccolo lo
guardò torvo.
“Ti
sembro il tipo che regge il gioco?”
“Sì”
“...infatti"
rispose Roxas con tono secco "Ma oggi non ne ho voglia. Ammetto
però di essere sinceramente sorpreso, essendo il migliore
amico di
Axel non mi sarei aspettato di trovarti qui”
“Anche
tu sei mio amico”
“Ma
non come lui”
“Touché,
però sei carino e sto facendo un grande sforzo adesso non
stritolandoti tra le mie braccia”
“Dovrei
essertene grato allora?”
“Il
fatto è che ero in pensiero per Roxy's Roxy. Negli ultimi
due giorni
non sei venuto a scuola e ho saputo anche cos'è successo un
paio di
mattine fa”
“Immagino
che le voci girano”
“Girano
eccome! Dovevi vedere come era infuriata Kairi quando ha saputo..."
Demyx vide l'altro abbassare lo sguardo e si affrettò a
riprendere
il discorso "Allora come ti senti?”
“Mi
sento come se un treno mi fosse passato addosso
ripetutamente” fu
la risposta che ricevette, anche se non sapeva se Roxas alludesse
alla sua condizione fisica o interiore.
“Perfetto
allora stai bene!”
“Se
vuoi metterla così....” Roxas sospirò
annoiato dall'eccessivo
entusiasmo del biondo.
“Sembri
averla presa meglio del previsto”
“Gli
antidepressivi fanno miracoli”
“A
cosa serve quell'aggeggio
che ti sei appena tolto da faccia?”
“Certo
che tu cambi argomento da un momento all'altro” rispose
seccamente
l'altro e al sorrisetto idiota di Dem fece appello a tutta la
pazienza di cui era dotato per non mandarlo a quel paese “Si
chiama
Bipap, mi aiuta a respirare quando dormo. Allora cosa è
successo a
scuola?" cambiò poi argomento "Riku dice di essere
incazzato con Axel quindi si è tenuto alla larga da
tutti”
“Mah
niente di particolare” Demyx gli fece il verso e si mise a
ridacchiare ma all'occhiata truce di Roxas si ricompose “A
parte il
fatto che ora a scuola si parla di più della discussione tra
te e Ax
piuttosto della festa di Capodanno a casa di Selphie... si dice che
Tidus abbia dato spettacolo” rise.
“Come
sta Axel?”
“Axel
sta...” iniziò Mullet-man ma si bloccò
subito, contrasse la
fronte e poi riprese con un tono deciso “Sta facendo
l'idiota.
L'altro giorno ero a lezione ma Marluxia ha detto che ha messo il
broncio e ha iniziato a schiamazzare come un bambino, io ho provato a
chiamarlo un paio di volte ma non risponde... e anche il coach sta
iniziando a scazzarsi perché ha ripreso a saltare gli
allenamenti...
lui è il capitano, dovrebbe dare l'esempio e invece fa solo
casini”
“Quindi
è ancora molto arrabbiato..." con tono amaro il piccolo
biondo.
“Frustrato
direi”
Roxas
si oscurò ripensando al fatto di essere stato la causa del
dolore
dell'altro e sempre a causa sua questi aveva ricominciato a saltare
gli allenamenti.
Demyx
con un dito picchiettò la fronte dell'altro e lo fece
trasalire
“Guarda che non sono dalla sua parte, nonostante io sia il
suo
migliore amico”
“Perché?
Se sta così è solo a causa mia”
“Perché
è immaturo” rispose con una scrollata di spalle
“E non guardarmi
così, lo so che io sarei l'ultimo a dover parlare di
maturità, me
lo dicono tutti... però è stupido gettare al
vento un rapporto come
il vostro. A proposito, cosa gli avresti fatto per scatenare una
reazione del genere?”
Roxas
voltò lo sguardo e rimase in silenzio, non poteva di certo
dirgli
che Axel era venuto a conoscenza della sua vita passata e adesso era
disgustato da lui.
“Roxy?”
“Niente”
“Niente?”
“Non
ne voglio parlare” si stese di nuovo con la schiena rivolta
verso
di lui e si coprì con la coperta.
“Roxyyyy
non nasconderti” si lasciò cadere a peso morto sul
corpo
dell'altro e rise “Gli hai per caso detto che è
tinto?”
“Togliti
di dosso, sei pesante” Roxas si rialzò e lo
buttò già dal letto.
“Non
sei divertente” mise il broncio.
“Non
ho mai detto di esserlo”
Demyx
sospirò e incrociò le gambe, ancora seduto a
terra “Quando Ax mi
ha detto che si era messo con te ero felice che finalmente avesse
trovato qualcuno. Avevo sempre sospettato avesse un interesse
maggiore verso i ragazzi però questa cosa era un po' scomoda
per
lui, tanto è vero che non ne ha mai parlato neanche con me,
però
alla fine non si è fatto scrupoli a fare coming out. Lui ci
tiene
tanto a te”
“Secondo
me adesso mi disprezza così tanto che non vorrà
più sapere niente
di me”
“E
invece qui ti sbagli, Roxy! Lui ti ama davvero e lo sai
perché?”
il più piccolo scosse il capo e Demyx sorrise malizioso
“È da
mesi che non è ancora andato a letto con qualcuno e persino
ora che
teoricamente non state più insieme preferisce fare il
miserabile a
casa sua piuttosto che andarsene con la prima persona che
capita!”
Roxas
arrossì leggermente ma non si negò un debole
sorriso nonostante i
sensi di colpa.
“Lo
so che hai passato gli ultimi giorni a disperarti però
lasciatelo
dire... siete due cretini!" riprese poi Mullet-man puntandogli
contro un dito e l'altro corrucciò la fronte "Invece di
starvene tutti e due a casa a piagnucolare e mangiare gelato come due
pre-teen
perché non alzate il culo dal divano e non vi affrontate? "
"Ma
cosa-"
"State
proprio una schifezza, tu che
passi le tue
giornate a piagnucolare da una parte e Axel che sembra una ragazzina
con il ciclo dall'altra" sospirò inasprendo inaspettatamente
il
tono"Sinceramente sono molto deluso da te, Roxas, non ti stai
comportando assolutamente da stronzetto sfacciato come ti sei
presentato a scuola all'inizio dell'anno. Cos'è, l'amore ti
ha
trasformato in un tremante cumulo di muco ed emozioni? Cavolo
mostrate un po' di spina dorsale”
“Ohi
non ti permetto di parlare in questo modo!”
ribatté indispettito il biondo.
“Perché
altrimenti cosa mi fai?”
Un
improvviso dolore si irradiò attraverso la guancia del
più grande e
la sua vista si oscurò per un istante, Roxas gli aveva
sferrato un
pugno in faccia, i suoi occhi blu erano densi di ira mentre il
respiro si faceva via via più accelerato “Ti
faccio ingoiare
quello che hai detto con la forza”
sibilò velenoso.
Sul
viso
di Demyx si dipinse un sorriso provocatorio, si massaggiò la
mascella con una mano ma dalla sua espressione non traspariva neanche
la più debole venatura di dolore “Allora ti
è rimasto un po' di
carattere”
Roxas
rimase in silenzio, continuando a guardarlo con fronte corrucciata
“Ritira tutto quello che hai detto” disse
perentorio.
“Solo
a una condizione"
"Spara"
"Domani torna a scuola e mostrami di non essere una
femminuccia. Fai rigare dritto Axel e tu affronta i tuoi
problemi”
Roxas
lo
fulminò con lo sguardo, quando veniva colpito nell'orgoglio
non si ritirava da una sfida per nulla al mondo.
“Affare fatto"
You
were gone too soon
Nel
momento in cui la porta della piccola camera in cui si trovava fu
sbattuta violentemente, il volto di Xemnas non perse la sua solita
compostezza sebbene sapesse che il nuovo arrivato si sarebbe
premurato di fargli passare un brutto quarto d'ora assieme
alle
sue lagne e lamentele. Con un gesto fluido del braccio
afferrò il
calice di vino appoggiato sul tavolino accanto al divano e se
lo portò alle labbra.
“Che
cazzo ti salta in
mente? Mandarmi a
controllare quei vecchi magazzini fuori Sleepy Hollow”
Come
volevasi dimostrare non passò molto prima che l'altro desse
aria a
tutte le sue frustrazioni, Xemnas abbozzò un sorriso al
pensiero di
conoscere ormai Saix meglio di se stesso.
“Non
avevo voglia di uscire” articolò senza un
particolare
entusiasmo.
Saix
appese il pesante cappotto all'appendiabiti e fulminò con lo
sguardo
il ragazzo che al momento gli dava le spalle “È
da quando è
morto Yazoo che non
hai più voglia di uscire”
sibilò
velenoso.
“Però
non è stato molto complicato, mi pare”
“Tu
dici?"
sbottò il ceruleo, attraversò la stanza e si
piazzò davanti al
divano proprio davanti Xemnas e proseguì con profonda
irritazione
"Metà di quelle persone non sapevano neanche che fosse
morto,
figurarsi se avevano la decenza di sapere a chi da oggi
risponderanno. Avresti dovuto avere il buon senso di mostrarti a loro
almeno per una volta”
“Non
mi andava” scrollò le spalle il ragazzo dai
capelli argentati e
tornò a dedicarsi al proprio bicchiere senza troppi
convenevoli.
“Sei
schifosamente viziato”
“Fottiti”
“Volentieri,
mi dai una mano?”
Xemnas
lo fulminò con lo sguardo, con la speranza che l'altro
capisse che
non era il momento adatto per le stronzate, e tornò a
guardare il
focolare nel camino davanti a sé come se fosse uno
spettacolo
interessante.
“Comunque
le partite di roba sono apposto, hai detto che Yazoo voleva cambiare
qualche componente chimica per modificarne la formula molecolare ma a
me è parso tutto okay” prese a dire Saix cambiando
argomento, ma
alla mancata risposta dell'altro, che continuava a fissare il fuoco
assorto nei suoi pensieri, si ritrovò a sospirare
pesantemente e
andò a riporre un plico di fogli con tutte le informazioni
che aveva
accumulato in un cassetto della scrivania.
Se
Xemnas aveva deciso
che quello era il giorno del silenzio, allora lo avrebbe assecondato
ignorandolo.
“Ho
sentito il
capo” disse infine l'argenteo,
spezzando il silenzio che era sceso tra loro “Penso di aver
mandato
tutto a puttane”
“Che
cosa intendi?” chiese Saix senza troppo interesse
sprofondando sul
divano, a debita distanza dall'altro.
“Era
furioso... riguardo la vicenda di Yazoo, hai visto la tv no?”
“Cazzo,
ormai non si parla di altro, la notizia è su tutti i
telegiornali da
giorni
“Voleva
sapere come ha fatto l'FBI ad arrivare sul luogo e scoprire
l'avvenimento dopo così poco tempo”
Saix
assimilò le
informazioni e rimase pensieroso per un breve istante, in un certo
senso l'arrivo dell'FBI sul posto significa che erano stati scoperti
e sicuramente era solo una questione di tempo prima che trovassero
anche loro. Ormai sia Xemnas che Saix avevano già compiuto
diciotto
anni quindi erano perseguibili penalmente.
"Ci
credo che il
capo si sia incazzato. Sarà meglio che faccia di nuovo i
bagagli se
non vuole rischiare le penne” si ritrovò a
rispondere senza però
dar voce ai suoi veri pensieri.
Xemnas
sospirò e si portò una mano tra i capelli, la sua
mente intanto
vagava senza tregua.
“È
sempre lui... Cloud Strife” Saix assaporò
lentamente le
lettere che componevano quel nome. Prima di riprendere il discorso,
accavallò le gambe, allungò le braccia sullo
schienale e reclinò
la testa all'indietro “Hai
letto il bollettino che ha inviato all'agenzia di stampa?”
L'argenteo
annuì senza mai
staccare gli occhi dal fuoco “Gli
Strife mi hanno rovinato la vita”
“È
così” confermò l'altro senza
però cercare il suo volto “Ci
pensi se non ci fossero più? Tanti fastidi in
meno”
Xemnas
ripensò a qualche settimana prima, quando il capo gli aveva
chiesto
di Roxas. Egli non nutriva particolari sentimenti verso il ragazzino,
questi era un moccioso come tutti gli altri, l'unico motivo per cui
aveva motivo di chiedere di lui era perché non riusciva a
capire
perché a differenza di tutti gli altri ragazzi lui era
ancora vivo.
Xemnas, da parte sua, anche se aveva dovuto tenerlo sott'occhio non
era mai riuscito a sopportarlo, perché lui era l'unico che
non si
era lasciato domare, l'unico che non si era abbassato
all'Organizzazione - Roxas osava sfidarli e provocarli senza
ritegno.
Con
un sospiro Xemnas
scacciò quei pensieri, appoggiò
il calice ormai vuoto sul tavolino e
si alzò,
aggirò il divano e si avvicinò alla finestra
posta dietro una
piccola scrivania. Soffermò lo sguardo su un piccolo pacco
postale
inviato da un mittente sconosciuto, ma lui non aveva bisogno di
conoscerne il nome dal momento che l'aveva già intuito una
volta
visto il lucente contenuto.
Il
capo era davvero furioso con lui, gli aveva già espresso il
suo
disgusto verso i traditori... quell'oggetto invece rappresentava la
sua repulsione per i deboli e i vigliacchi come lui?
“Il
cielo è
plumbeo” sussurrò Saix, seguendo attentamente con
gli occhi felini
i movimenti dell'altro, ogni sua mossa poteva essere imprevedibile e
lui non si fidava dei suoi sbalzi di umore “A cosa stai
pensando,
Xemnas?”
"Se
fossi nato anni luce da questa realtà, secondo te il mio
destino
sarebbe stato diverso, Saix?"
Il
ceruleo continuava a fare
contatto visivo con la schiena dell'altro "Credo proprio di no,
Xemnas. Il destino spesso lo si incontra sulla strada che hai
intrapreso per evitarlo"
"Dunque
il nostro castigo è
quello di dover pagare per gli errori commessi dai nostri
predecessori, non è così?"
“Non
capisco a cosa vuoi arrivare”
“Niente.
Oggi vai a scuola?”
***
"Domani
io e Naminé stavamo pensando di andare a New York"
Selphie fece una breve pausa
per
riaggiustarsi il rossetto sulle labbra e si prese un attimo
più del
dovuto per studiarsi nello specchio e assicurarsi che fosse tutta in
ordine "Hanno aperto una tea room davvero carina sulla
ventitreesima strada. Perché non vieni anche tu?"
Una volta
terminata anche lei la stessa operazione, Kairi emerse dal proprio
armadietto ed emise un sospiro frustrato"Vorrei tanto"
mugolò lamentosa "Ma non posso, una delle cheerleader si
è
rotta una caviglia durante l'ultima esercitazione e quindi dobbiamo
cercare una sostituta per la prossima partita"
"Brutta
storia" rabbrividì la castana chiudendo lo sportello del suo
armadietto, si appoggiò ad esso con la schiena e
incrociò le
braccia.
"Già... e Larxene
ha dato forfait. Mi chiedo perché
non l'abbiano ancora cacciata dal momento che si fa vedere di
rado"
"Forse perché piace
ai ragazzi" suggerì
Selphie con una risata.
Kairi sospirò
ancora una volta e richiuse
lo sportello, non prima di aver afferrato un paio di testi che le
servivano per le prossime lezioni "Parlando di ragazzi...
qualche giorno fa ne ho conosciuto uno carino"
"Davvero?
Come si chiama?" cinguettò l'altra ragazza prendendo a
saltellare con eccitazione, la rossa la guardò con malizia e
ripose
con lentezza i libri nella borsa giusto per il gusto di lasciare
l'amica con il fiato sospeso.
"Si chiama Setzer" disse
poi con noncuranza "L'ho incontrato a casa di un'amica che aveva
dato una festa... e c'era lui al tavolo con altra gente a giocare a
poker. Pare sia un giocatore accanito..."
"Un giocatore
d'azzardo?" fece dubbiosa la castana.
"Se non fosse per
quest'aspetto direi che sarebbe un tipo davvero intrigante"
"Cosa
sarebbe davvero intrigante?" una nuova voce si unì alla
conversazione, coprendo il brusio di sottofondo dei ragazzi che
popolavano il corridoio. Tidus si era appena avvicinato, tracolla in
spalla e sorrideva loro gioviale. Kairi non poté fare a meno
di
sorridere alla vista di Selphie che assumeva la stessa
tonalità di
un peperone in presenza del ragazzo - era chiaro che tra loro ci
fosse qualcosa in più della semplice amicizia, e a quanto
aveva
sentito a Capodanno c'era stato anche un bacio, ma i due erano troppo
timidi per dichiararsi e quindi toccava a lei trovare il modo per
farli sbloccare.
Solo che in quel momento c'era
qualcosa che non
quadrava.
"Perché indossi un
pigiama e un cilindro?" si
ritrovò a domandare dopo un lungo dibattito mentale
in cui si
era posta il problema se fosse maleducato o no chiedere una cosa del
genere, alla fine la curiosità aveva avuto la meglio su di
lei "Ti
sei dimenticato di vestirti?"
"Sono il fratello di
Wendy" rispose Tidus con una scrollata di spalle, lanciando
un'occhiata a Selphie nonostante stesse rispondendo a Kairi, ma lo
sguardo perplesso che le ragazze si scambiarono lo costrinsero ad
offrire una spiegazione più accurata "Wendy Darling, l'amica
di
Peter Pan! Suvvia ragazze, conoscerete la storia spero"
"Ah
giusto" proruppe Selphie a quel punto, come colta da
un'illuminazione "Sei uno di quei freak
che fanno teatro"
"Non siamo fricchettoni ma artisti"
contrasse la fronte e annuì con convinzione "Piuttosto avete
visto qualcun altro del gruppo? Ci eravamo dati tutti appuntamento
qui vicino agli armadietti per andare insieme alla cartoleria in
fondo alla strada e fare una grande scorta di colla vinilica"
"Che
dovete fare con la colla vinilica?"
"Come costruisci le
ambientazioni senza colla?"
Kairi lo guardò
scettico e
incrociò le braccia al petto "Ed è un lavoro da
fare in
gruppo?"
"Serve
tanta colla"
Le ragazze non protestarono,
non c'era speranza
di ribattere con un tipo del genere. Così iniziarono a
raccogliere
tutte le loro cose per dirigersi in classe perché a breve
sarebbero
cominciate le lezioni.
"Poco fa ho visto Vaan e Roxas
fuori
nel
cortile
principale, penso
che saranno qui a breve" annunciò Kairi, mettendosi la borsa
in
spalla, seguita a ruota da Selphie, e poi indicò due pirati
e un
coccodrillo che camminavano nella loro direzione "Guarda, sta
arrivando qualcuno del tuo gruppo"
"Carino... è Jack
Sparrow?" Selphie sgranò gli occhi ed emise un fischio di
approvazione. La loro tranquilla conversazione fu però
interrotta da
un'improvvisa voce maschile che squarciò il vivace vociare
degli
studenti che popolavano il corridoio.
"Questa
volta non la passerai liscia. Tu verrai all'inferno con me!"
Tutto divenne silenzioso per
una
frazione di secondo e poi ci fu un boato assordante. Il tempo si
fermò e la lunghezza dei minuti si triplicò:
ormai tutto sembrava
muoversi a rallentatore, Tidus intercettò una persona con
una
pistola in mano, era familiare ma non fu abbastanza svelto per
riconoscerla, si voltò verso Kairi e Selphie e con uno
strattone le
tirò giù a terra assieme a lui.
Un proiettile vacante
colpì la
porta di vetro che separava l'atrio dal corridoio in cui si trovavano
e la mandò in frantumi. Negli attimi che si susseguirono
un'esplosione di voci terrorizzate e in preda al panico, assieme
all'allarme che era scattato, sembrarono volergli perforare i
timpani.
Senza neanche accorgersene, il
castano si ritrovò
pervaso da un'ondata di adrenalina che non gli permise di riflettere,
si alzò di scatto e senza badare ad altro
incespicò tra il fitto
sciame di studenti che ora fuggivano disorientati. Aveva visto
Selphie e Kairi alzarsi assieme a lui ma in un batter d'occhio erano
scomparse dalla sua visuale, inglobate probabilmente in quel caos di
gente che si riversava verso le uscite più vicine.
Invece però
di uscire dalla porta di emergenza più vicina, Tidus decise
di
raggiungere la palestra perché era
quella l'area
più lontana
e sicura dall'ingresso.
Nel giro di
una frazione di minuto raggiunse lo spogliatoio dove intravide la
squadra di basket assieme alle riserve, intenti a cambiarsi nei loro
vestiti normali.
"Tidus che ci fai qui vestito
così?"
domandò Demyx ridacchiando alla vista dell'amico trafelato.
"Ragazzi
dobbiamo andarcene subito da qui!" esclamò questi con
urgenza
ma prima che potesse terminare fu interrotto da un altro ragazzo che
si stava asciugando i capelli, evidentemente gli allenamenti
mattutini erano finiti da poco e dovevano esse appena usciti dalle
docce.
"Perché sta
suonando l'allarme? Seifer o Xigbar hanno
fatto qualche stronzata?"
Tidus
scosse il capo e spiegò con tono frettoloso "Nel corridoio
principale un tizio ha sparato a qualcuno... dobbiamo allontanarci il
prima possibile!"
"Cosa? Dici sul serio?" si
avvicinò un altro preoccupato.
"Hai visto chi
ha sparato a chi?"
fece Demyx preoccupato mentre si avvicinava a lui.
"Non... ne
ho idea” Tidus fu preso in contropiede e si bloccò
nella sua corsa
verso la porta di servizio “Ho visto qualcuno vestito da
pirata
cadere a terra... ma non so chi fosse"
Nell'udire quelle
parole, Axel emerse dall'armadietto e sbatté lo sportello,
improvvisamente pervaso dal terrore "Hai... hai detto
pirata?"
Tidus annuì
"Sì doveva essere del gruppo di
recitazione... spero... spero che” calde lacrime presero a
scendere sulle sue guance come fiumi in piena.
“Ragazzi,
tutti fuori!” il coach Cid irruppe nello spogliatoio e prese
Tidus
per un braccio per esortarlo a seguirlo verso l'uscita.
Axel però
rimase immobile. Non aveva registrato ancora il pericolo in cui si
trovavano tutti, l'unico pensiero che occupava la sua mente era solo
uno.
Roxas.
Sapeva che
era a scuola, quella mattina l'aveva intercettato da lontano assieme
a un paio di ragazzi che non conosceva. Doveva accertarsi che stesse
bene, che non fosse lui la vittima della sparatoria altrimenti non se
lo sarebbe mai perdonato. Senza riflettere, iniziò a correre
nella
direzione opposta agli altri.
"Ax dove vai?" Demyx si
bloccò a metà strada, accorgendosi che l'amico
non era con loro, ma
il rosso era già lontano per sentirlo. Il biondo avrebbe
voluto fare
marcia indietro e seguirlo ma qualcuno lo prese tra le braccia e lo
costrinse fuori dall'edificio.
Quando Axel
uscì dagli spogliatoi della palestra ed entrò
nell'edificio
principale, fu avvolto da un silenzio tombale. Sembrava essere stato
improvvisamente catapultato su un campo di battaglia: ovunque c'erano
armadietti aperti, borse abbandonate, libri e astucci riversi a
terra.
E poi
intercettò delle macchie di sangue sul pavimento.
Quando alzò lo
sguardo, scorse la figura riversa al suolo a cui apparteneva la
chiazza di sangue che si era dilagata sul pavimento.
Tutto il suo
essere si pietrificò.
Il respiro
gli si bloccò nel petto e il suo cuore perse un battito.
You're
part of me
And
I'll never be
The
same here without you
*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.
"Solo?" Xion
ridacchiò esalando una nuvola di fumo, bilanciò
nuovamente la canna
tra le labbra e mi lanciò un'occhiata scettica "Come diavolo
fai a sentirti solo? Hai un fratello opprimente, i suoi due amichetti
che non si scollano mai da casa tua, una madre presente e sempre
pronta ad ascoltare i tuoi lamenti e un padre che... beh non
è
sempre presente ma almeno ce l'hai" si concesse un istante di
silenzio per aspirare nuovamente e mi passò la stecca che
accettai
con un sospiro.
"È così e basta"
"Così
come?" mi domandò appoggiando la nuca alla parete e
incrociando
le gambe davanti a sé "Guarda me. Io sono sola, mia madre
ormai
è in un punto di non ritorno e la zia con cui viviamo
è così
vecchia e rincoglionita che non si accorge neanche della mia assenza
durante la maggior parte dei giorni! Almeno tu hai qualcuno vicino a
te, qualcuno su cui puoi fare affidamento... di cui ti puoi
fidare.
Ma io scossi il capo e sospirai ancora "È
proprio questo il problema... tu non capisci"
Non le
rivolsi alcuno sguardo, rimasi concentrato sulla piccola nube di fumo
bianco che avevo appena creato.
You
were gone too soon
•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•
*latkes: frittelle di
patate di tradizione ebraica che si mangiano
durante l'Hannukkah
La canzone usata è Gone Too
Soon - Simple Plan
|
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Capitolo 20 *** I WOULD DIE ***
I
corridoi erano vuoti davanti a me.
Un innaturale candore latteo si
stagliava fino all'infinito orizzonte che mi circondava, e compresi
allora di trovarmi tra le corsie di un ospedale deserto. Non c'erano
medici che giravano affaccendati, né le infermiere sedute
alla
scrivania e neanche i malati nelle proprie stanze. Ero solo assieme a
due bambini che giocavano nel playground del reparto. Uno aveva i
capelli rossi e uno aveva i capelli biondi. E io li guardavo da
lontano, con uno strano senso di vuoto che cresceva sempre di
più
nel mio petto ogni secondo che passava.
“Non
sembrano molto felici” mormorai con voce rauca senza voltarmi
al
mio lato, dove sapevo che il vestito bianco della donna senza nome
fluttuava aggraziatamente.
“La
vita è dura” la sua voce era bassa ma estremamente
calda, come me
anche lei guardava le due figure che giocavano con le costruzioni.
Quello più grande sembrava più vivace dell'altro
“Loro sono i
miei bambini”
“Quanti
anni hanno?”
“Sono
più grandi di quanto mostrano in realtà”
“Oggi
parto assieme a mio padre, vado al mare dai miei nonni”
la voce del bambino dai capelli rossi mi distrasse. Egli aveva messo
da parte le sue costruzioni e si era avvicinato al piccolo biondo
“Anche
tu sei venuto a salutare la tua mamma?”
Contrassi
la fronte e distolsi
subito lo sguardo.
“Mi
sembrano familiari” mormorai cercando un contatto visivo con
la
donna accanto a me e scoprii che lei mi stava scrutando con affetto,
le sue mani erano incrociate in grembo e i lunghi capelli dorati le
ricadevano sulle spalle “Madre... sono confuso”
Lei
sorrise. Allungò un braccio e mi strinse forte a
sé.
“Non
fa niente, è normale”
“Ci
sono tante cose che non riesco a capire, vorrei sapere la
verità”
“Adesso
non è il momento, Roxas, non sei pronto. È ancora
troppo presto per
te”
Mi
staccai dal suo abbraccio e mi allontanai di scatto, il suo sguardo
sembrava apprensivo ma non me ne curai “Perché non
vuoi spiegarmi
mai niente? Perché... devo essere sempre all'oscuro di
tutto?”
La
voce mi morì presto in gola, mi portai una mano alla fronte
che
aveva iniziato a bruciarmi e repressi un gemito strozzato. Ero stanco
e mi faceva male tutto, sentivo un fuoco improvviso ardermi
dall'interno. Non capivo cosa stava succedendo ma mi distrassi ancora
una volta quando sentii la voce del bambino che aveva parlato prima
riecheggiare nuovamente nell'ambiente.
“Non
essere triste, bimbo. Sei carino, sai?”
Quando
mi voltai, però, non c'era più nessuno nell'area
giochi: la donna e
i due bambini erano svaniti nel nulla.
Un
senso di ansia mi assalì quando realizzai di essere rimasto
di nuovo
solo. Il mondo era diventato desolato attorno a me e in tutto quel
silenzio riuscivo quasi a sentire le urla di dolore degli innocenti.
Quel luogo mi faceva stare male, volevo qualcuno che mi stesse
accanto e mi dicesse che andava tutto bene. Non volevo stare
più lì,
allora corsi. Corsi più veloce che potei e raggiunsi la
prima porta
in vista perché volevo con tutto me stesso uscire il prima
possibile
da quell'ospedale, ma una volta che aprii la porta le tenebre mi
circondarono.
Ero
in una stanza buia, le uniche fonti di luce erano quella lunare che
entrava dalla finestra e una televisione accesa ma impostata su muto.
E improvvisamente mi rividi più piccolo, bloccato in un
angolo da
una figura imponente, le cui fattezze erano occultate dal buio, fatta
eccezione di due occhi felini dell'acquamarina più pura.
Quella
strana figura voleva qualcosa da me, lo sapevo, per questo le sue
mani si insinuavano sul mio petto con una veracità che non
pensavo
potesse mai esistere. Quelle attenzioni non mi piacevano, quelle
carezze mi innervosivano, volevo che tutto finisse, volevo-
“Piantala
di agitarti o sveglierai il piccolo Sora” mi
intimò quella voce
bloccandomi con una mano al muro.
Mi
sentii in trappola.
L'aria
si fece immediatamente bollente, incendiando le mie vie respiratorie,
e mentre le mie mani tremavano e la mia voce non voleva uscire, il
cuore prese a battere incessantemente, minacciando di implodere da un
momento all'altro.
*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.*.
Con
un gemito
strozzato, Roxas spalancò violentemente le palpebre e si
mise a
sedere nel centro del letto con una foga tale da essere quasi preso
da un capogiro.
Il
respiro era affannoso e velocizzato così come il ritmo del
suo
cuore, e si ritrovò quasi a ringraziare mentalmente il suo
bipap per
la razione di aria che stava provvedendo a procurargli, altrimenti si
sentiva che sarebbe morto in quell'esatto momento per fame d'aria.
Con gesto meccanico, ma leggermente tremante, afferrò le sue
medicine dal comodino e buttò giù un paio di
pillole per
regolarizzare l'attività cardiaca.
Le
immagini del suo sogno erano sfocate ma ricordava con estrema
evidenza tutta la paura e l'ansia che lo avevano investito. Forse era
un bene il non riuscire a rammentare cosa avesse vissuto durante il
sonno, d'altra parte stava diventando un'afflizione per lui, a volte
infatti aveva quasi paura di addormentarsi per non incappare ancora
in quegli strani incubi.
Il
biondo rimase immobile nella sua posizione seduta, per lunghi minuti
finché il suo cuore non riprese la sua normale
attività, e solo in
quel momento decise di lanciare uno sguardo all'orario.
Le
05.27.
In
un certo senso era irritato al solo sapere di essersi svegliato
così
presto ma d'altra parte non aveva nessuna intenzione di tornare a
dormire. Non dopo quel risveglio così burrascoso.
Così mise da
parte la sua frustrazione e decise di alzarsi, indossò una
felpa sul
pigiama e andò a reperire la sua bombola dell'ossigeno.
Ormai non
aveva senso rimanere a letto, tanto valeva scendere in cucina a
prendere qualcosa che potesse tranquillizzarlo un po'.
Mai
scelta fu più azzardata, si disse però quando,
arrivato neanche a
metà della rampa di scale, fu costretto a sedersi a causa
delle
vertigini e della mancanza d'aria. L'inquietudine era ancora forte
dentro di lui ma sapeva che la sua non era stata una scelta saggia
decidere di andarsene in giro così presto quando tutti
dormivano
ancora, specialmente con quel leggero malore che gli aveva appena
risucchiato le forze, le scale ultimamente erano diventate un vero
ostacolo da affrontare. A quel punto si portò le mani alla
fronte,
chiuse gli occhi e cercò di reprimere quello strano senso di
nausea
che lo stava assalendo mentre si dava mentalmente dello stupido per
essere stato tanto avventato. Roxas si stava seriamente arrendendo
all'idea che avrebbe passato la prossima oretta sulle scale
nell’attesa di qualcuno che si fosse svegliato e
l’avrebbe
aiutato a scendere, ma ben presto una luce si accese al piano
inferiore e una voce lo fece sussultare.
“Roxas
sei tu?”
Il
ragazzo si ridestò e vide suo padre che lo stava
raggiungendo sulla
scala però non se la sentì ancora di rispondere:
aveva appoggiato
la tempia al corrimano e scrutava suo padre che lo aveva affiancato
con velocità. Quest'ultimo, senza proferir parola, prese in
spalla
la bombola, gli mise un braccio sotto le gambe e un altro dietro la
schiena e lo sollevò fino a trasportarlo sul divano dove si
sedette
accanto a lui.
“Stai
bene?” domandò poi una volta che l'altro
sembrò essersi ripreso,
il più piccolo però non rispose ma si
limitò solo ad annuire con
un cenno del capo.
“Che
ci fai sveglio a quest'ora?”
“Non
avevo sonno”
“Dovresti
tornare a letto, fa freddo”
Roxas
abbassò lo sguardo. Il solo pensiero di tornare di nuovo tra
quelle
quattro mura lo avrebbe fatto uscire fuori di testa, così si
limitò
a scuotere debolmente il capo si strinse nella felpa.
“Le
scale sono una brutta cosa vero?” tentò il padre e
questa volta,
con un po' di esitazione, l'altro annuì. Cloud lo
studiò
intensamente per qualche momento prima di parlare di nuovo
“Facciamo
così, mi fai un po’ di compagnia qui mentre
finisco di controllare
delle carte e poi ti aiuto a tornare in camera, che te ne
pare?”
Roxas
però rimase ancora in silenzio con lo sguardo fisso sul
pavimento.
Era scosso, ormai era chiaro, probabilmente aveva fatto qualche altro
brutto sogno e questo era il suo tacito modo di chiedere un po' di
compagnia: a voce non lo avrebbe mai fatto, dopotutto Roxas era la
copia di Cloud in versione ridotta.
“Ti
va del moon milk?” tentò di nuovo Cloud dopo un
momento di
riflessione.
A
questo punto il più piccolo alzò finalmente lo
sguardo e annuì,
suo padre era già scattato in piedi ed era andato in cucina
così,
dopo qualche altro secondo di preparazione mentale, Roxas decise di
raggiungerlo e confidò nelle sue gambe che avrebbero avuto
l'arduo
compito di non fare schifo quanto il suo cuore e di avere la decenza
di farlo arrivare almeno fino all'isola, dove si sedette a una sedia
e iniziò a scrutare suo padre, che gli dava le spalle ed era
intento
a cercare tutti gli ingredienti: latte, vaniglia, miele, noce moscata
e zucchero. Faceva sempre una strana impressione intercettare Cloud
Strife ai fornelli, in procinto di preparare qualcosa che poi
inevitabilmente sarebbe diventato carbone, o nel peggiore dei casi
avrebbe preso fuoco.
Suo
padre era un vero disastro in cucina, proprio per questo era una
presenza quasi del tutto assente in quella parte di casa –
per non
dire del tutto assente nell'intera
casa. Erano di più le volte che mancava rispetto a quelle in
cui era
presente, e se c'era era sempre rinchiuso nel suo studio.
L'attenzione
di Roxas fu catturata da vari fogli sparpagliati sul piano.
“E
perché sei sveglio anche tu a quest'ora?”
domandò con un fil di
voce per spezzare il silenzio, senza staccare il suo sguardo dai
fogli, gli era parso di leggere il suo nome ma non ne era del tutto
certo.
Cloud
si voltò e si appoggiò al piano cottura
“Non avevo sonno”
ripeté le parole del figlio. Andò poi alla
ricerca di due tazze
dalla credenza e vi versò il latte ormai caldo, ne
passò una a
Roxas e l'altra la poggiò sul piano dove doveva essere
seduto prima.
“Hai
finito tutto il miele di nespolo della mamma”
commentò il biondino
con un leggero sorriso e con la tazza alla bocca.
“Quello
che le aveva portato Rinoa dal suo ultimo viaggio in
Giappone?”
Cloud scrollò le spalle e accennò una risata
beffarda “Speriamo
non si arrabbi”
“Ci
teneva perché non si trova ovunque, ti consiglio di
prenotare il
primo volo disponibile e andare a comprare un nuovo
barattolo!”
“Oppure
potrei farle piantare un albero di nespolo in giardino così
avrà la
sua riserva di miele personale” gli diede corda Cloud, mentre
beveva e finiva di passare in rassegna i suoi fogli
“Così oltre al
giardiniere potrà tartassare anche qualche apicoltore...
oppure
potrei regalarle direttamente un fascio di fiori”
“L'altro
giorno ho visto che stava acquistando dei bulbi di tulipani su un
mercato online olandese. Penso abbia provveduto da
sé” Roxas
scrollò le spalle e prese un altro sorso del suo moon milk.
Cloud
sospirò e si portò una mano alla fronte
“Ho paura che presto
invaderà anche la casa con tutti quei fiori”
“Dei
gigli le faranno sempre piacere” Roxas sorrise e
calò di nuovo il
silenzio. Il biondo prese a giocherellare con la tazza tra le sue
mani e ogni tanto spiava di sottecchi suo padre applicato nella
lettura. Con un dito avvolse il tubicino della cannula dell'ossigeno
mentre con i piedi si dondolava dallo sgabello “Che stai
facendo?”
domandò di punto in bianco, sentendo il nervosismo che lo
prendeva
in quei momenti ma niente, suo padre non batté ciglio e
lasciò
cadere la conversazione lì.
Quei
silenzi che scendevano spesso tra lui e suo padre lo snervavano non
poco. Il loro rapporto era... strano,
non aveva altre parole per definirlo. C'erano stati frequenti screzi
tra di loro in passato, in quel periodo in cui aveva frequentato
Xion, e sebbene ci avessero messo una pietra sopra e non ne avessero
più parlato, Roxas non poteva fare a meno di sentirsi una
schifezza
per il modo in cui aveva trattato i suoi genitori, e soprattutto suo
padre. Per non citare il fatto che ormai, da quando si era ammalato,
quest'ultimo era diventato super apprensivo e passava un sacco di
tempo con i suoi medici per trovare una cura per tutti i suoi
infiniti problemi.
Roxas
sapeva che suo padre non era il massimo della compagnia, soprattutto
quando aveva da lavorare, però era cosciente del fatto che
era
sempre stato presente in tutte le occasioni importanti della vita sua
e di Sora. Non si era mai perso niente. Quindi non disse nulla e, dal
momento che non aveva proprio voglia di ritornare in camera sua,
spostò lo sguardo fuori la finestra e si accorse che il
cortile era
completamente bianco.
Aveva
nevicato davvero tanto. E improvvisamente, senza esserne cosciente,
si ritrovò a vagare con la mente verso quel periodo in cui
qualche
anno prima c'era stata una nevicata fuori stagione, e lui e Xion
avevano scorto di nascosto Vanitas accucciato tra le braccia di suo
cugino Ventus che aveva preso ad accarezzargli teneramente i capelli.
Era raro vedere il ragazzo dai capelli color ebano vestire
un'espressione così rilassata, poiché neanche
quando era strafatto
sembrava così in pace col mondo.
“Vorrei
che restasse tutto così, con la neve e questo barlume di
felicità”
Una
vocina femminile trillò alle sue spalle e Roxas si
voltò di colpo,
quello che vide però non era la persona che si aspettava ma
suo
padre che lo guardava.
“Cosa?”
“Sei
sicuro di stare bene? Non rispondevi quando ti chiamavo”
“Si...
sì scusa, ero distratto” il più piccolo
accennò un assenso col
capo e si grattò la nuca con fare imbarazzato
“Cosa avevi detto?”
Cloud
a quel punto sospirò e mise da parte tutti i fogli
“Senti Rox...
in questi giorni dovremo fare altri accertamenti”
Roxas
carpì all'istante il cambiamento in suo padre: gli occhi, il
tono,
l'espressione, tutto lo fece subito preoccupare “O-okay...
che tipo
di accertamenti? Niente di che vero?”
Cloud
era serio ma il suo volto era contratto dal dolore
“Rox...”
“Dimmi
che non devono più aprirmi in due o ficcarmi un sacco di
tubi nel
petto, ti prego...” lo interruppe Roxas con fare preoccupato.
Stava
cominciando ad agitarsi e suo padre se ne accorse subito, infatti si
sporse verso di lui e poggiò le sue mani su quelle tremanti
del
figlio.
“No,
non è niente di tutto ciò” gli
assicurò.
“Allora...allora
sarà una risonanza magnetica? Una radioscopia?”
“Neanche”
Cloud esitò un momento e guardò le mani del
figlio prima di alzare
di nuovo lo sguardo “Una biopsia polmonare. Non è
una cosa
complicata” aggiunse subito intercettando la preoccupazione
negli
occhi dell'altro “Però è
necessaria...ci serve per guardare più
a fondo”
Cloud
si fermò quando vide delle lacrime silenziose rigare il
volto
distrutto di Roxas. Il ragazzo guardava fisso davanti a sé e
non
diceva nulla, era immobile è silenzioso, solo la sua cannula
ogni
tanto sfrigolava a causa di qualche singulto.
“Rox...”
“Cosa
c'è di preciso?” disse lapidario “Una
biopsia ai polmoni non ha
niente a che vedere con il cuore. È...è per
questo che non riesco a
respirare come prima? Mi stai forse dicendo che adesso oltre al cuore
anche i miei polmoni fanno schifo?” Roxas si portò
le mani alla
fronte e respirò pesantemente dal naso
“Cazzo...quello non era già
abbastanza?”
“No!”
Cloud azzardò senza neanche pensarci. Aveva mentito un'altra
volta e
la cosa lo fece stare ancora più male, ma sapeva che tutto
ciò lo
faceva per il bene di Roxas, per non farlo preoccupare ulteriormente.
Lui era troppo giovane per conoscere la verità, non lo
meritava.
“Non sto dicendo questo. Sono certo che i tuoi polmoni stanno
bene,
però sarebbe consigliabile fare qualche altro esame
più
approfondito giusto per sicurezza. Il tuo cuore è debole
Rox, devi
sottoporti a controlli regolari se vuoi evitare che si possano creare
altri problemi”
Roxas
rimase immobile per un lungo momento, poi si asciugò le
lacrime
sulle guance con la manica della felpa e posò lo sguardo
arrossato
sul padre “Il qt dovrebbe essere solo un disturbo elettrico
del
cuore... perché sono finito così?”
Questa
volta fu però Cloud a evitare il suo sguardo, semplicemente
non ce
la faceva.
“Può
accadere a volte che in presenza di varie cause, disturbi, il cuore
possa indebolirsi e perdere la sua capacità di pompare il
sangue
come dovrebbe, il tuo spesso batte troppo velocemente e a causa di
ciò non ha abbastanza tempo per riempirsi e svuotarsi... il
cuore ne
risente se questo è prolungato e... e anche i polmoni
potrebbero
indebolirsi” l'uomo abbassò il capo e richiuse
tutti i fogli in
una cartellina poggiata lì vicino. Reno aveva ragione quando
gli
aveva detto che non poteva continuare a riempire i suoi familiari di
menzogne, lui non era altro che un vigliacco.... ma non poteva farne
a meno. Non poteva dire a Roxas che in realtà il geostigma
lo stava
lentamente consumando da dentro. Si era preso il suo cuore e
lentamente aveva raggiunto anche un polmone.
“Se
avessi avuto ancora il defibrillatore non sarei arrivato a questo
punto” interloquì il più piccolo con
testardaggine e Cloud
aggrottò la fronte.
“Saresti
morto, Rox. Lo sai che stava facendo infezione, avevi sempre la
febbre, non avevi forze, stavi male. Non ti ricordi?”
“Forse
era il progredire di qualche altra cosa...”
“Che
cosa?”
“Non
lo so ma ho sempre avuto il presentimento di avere
qualcos'altro...”
Roxas abbassò lo sguardo ed esitò prima di
riprendere a parlare
“Papà?” Cloud lo guardò in
attesa e l'altro continuò “Hai
detto che non devono aprirmi in due né intubarmi
vero?”
“Già”
“È
un agobiopsia allora. Devono ficcarmi un ago gigante tra le
costole”
sospirò arreso e le sue labbra si stirarono in un sorriso
malinconico “Si va ad esclusione”
Cloud
rimase in silenzio e lo studiò con compassione, il dolore
della
realtà era la condanna della persona acuta e scaltra. Aveva
sempre
sperato che crescendo Roxas fosse rimasto ingenuo come Sora, ma
niente era andato come aveva sperato ed era cosciente dei dubbi che
il biondo nutriva verso il suo stato di salute.
“Esatto
Rox, sai proprio tutto” mormorò sentendo gli occhi
farsi sempre
più lucidi nel vedere le lacrime che non finivano mai di
scendere da
quelli del figlio.
Roxas
da parte sua non ne poteva più, voleva urlare, voleva
mollare tutto,
voleva che fosse tutto finito. A volte si era anche chiesto
perché
non era ancora morto. Voleva
morire.
Ma non disse niente di tutto ciò. Rimase composto, volto
basso,
tazza tra le mani e tono fermo.
“Posso...
Posso andare a scuola oggi?”
“A
scuola?”
Roxas
annuì.
Cloud
boccheggiò insicuro “Mi dispiace ma non penso che
sia possibile,
dovresti riposare”
“Ti
prego, concedimi solo questo. Solo oggi”
Viva
la Vida
20.
I Would Die
“Onore.
Famiglia. Fedeltà assoluta per i superiori”
Un
uomo sulla soglia dell'anzianità, con postura ricurva e mani
incrociate dietro la schiena camminava con passo cadenzato, parlando
con la sua voce rauca ma profonda. Egli era completamente calvo,
fatta eccezione per un folto pizzetto grigio, ma quello che lo
inquietava di più erano gli occhi di un profondo giallo,
così
simili ai suoi, e allo stesso tempo così freddi e
calcolatori
“Queste sono le regole fondamentali che dovrai tenere sempre
a
mente” e a quel punto si voltò verso il ragazzo
che era rimasto
immobile proprio nel punto in cui lo aveva lasciato.
Xemnas
non aveva alzato lo sguardo dal terriccio scosceso sotto i suoi
piedi, aveva ascoltato quella storia fin da quando era nato e sebbene
non riuscisse ancora a capire fino in fondo, sebbene non si fosse mai
riconosciuto in tutte quelle parole, non c'era niente da fare, non
poteva tirarsi indietro: quello era il suo destino e avrebbe dovuto
conviverci fino alla tomba.
“Dodici
anni è un'età importante. Ormai non sei
più un bambino, devi
prendere il tuo posto nella società e dimostrare chi sei e
quanto
vali”
“Ecco
fatto, Xemnas, ora sei pronto” mormorò Loz con
tono confidente
dandogli una pacca sul giubbotto antiproiettile che gli aveva appena
allacciato in petto. Questi si rimise in piedi, si spolverò
le
ginocchia e fece un cenno all'uomo prima di raggiungere gli altri
fratelli che erano appostati più indietro per non
intralciarli. Il
capannone in cui si trovavano era isolato dal resto del mondo, quindi
nessuno sarebbe venuto a conoscenza dell'importante rito che si stava
svolgendo al suo interno.
Il
vecchio rivolse un cenno del capo agli altri tre e poi si
allineò
perfettamente di fronte a Xemnas, ed estrasse una pistola a salve. Il
ragazzino ormai aveva alzato il volto e lo guardava negli occhi.
“Tu
sei coraggioso, vero?” domandò l'uomo.
Essere
sempre determinati.
“Sì”
“E
hai paura?”
Mai
mostrare debolezze.
Xemnas
esitò per una frazione di secondo. Scrutò il
giubbotto che aveva in
petto e poi lanciò un'occhiata ai fratelli che lo stavano
guardando
con estrema attenzione; tutti confidavano in lui, Xemnas aveva sempre
saputo che lui sarebbe stato un tassello fondamentale nella famiglia
e per questo non avrebbe mai potuto deluderli, anche se questo
significava mettere da parte la sua volontà e i suoi
desideri.
Chissà
se in futuro avrebbe potuto aspirare ad una vita normale.
“No,
master Xehanort” rispose risoluto, mantenendo sempre il
contatto
visivo con l'uomo.
Il
volto del vecchio fu deformato da un sorriso storto
“Così mi
piaci”
E
sparò.
I
suoi amici avevano detto che sarebbero andati tutti in gelateria per
festeggiare l'ultimo giorno di scuola, evidentemente quel pomeriggio
avrebbero dovuto fare a meno della sua presenza.
Il
corpo di Xemnas era riverso a terra a causa della forza del
proiettile che gli era rimbalzato addosso ed era ancora troppo
rintronato per rimettersi in piedi. Xehanort però non ci
badò, gli
andò incontro e gli offrì una mano per rialzarsi.
“Ora
sei un vero uomo” dichiarò, poi afferrò
una mano dell'altro e gli
piazzò la pistola nel centro del palmo “La vita
è una lotta
perciò impara a combattere. Non permettere ad altri di
metterti i
piedi in testa o di darti ordini, tu sei il più forte di
tutti e
puoi fare ciò che vuoi” il vecchio si
soffermò a scrutarlo negli
occhi un momento più del dovuto e poi guidò la
mano con la pistola
sul petto del ragazzo “E ricorda che i traditori vanno sempre
puniti”
Xemnas
fissò la macchia cremisi che si stava estendendo sul
pavimento e il
terrore si impossessò del suo essere. Occultò la
canna ancora
fumante nella tasca della sua felpa e i suoi piedi si mossero da
soli, in quel mare di gente che ora correva caoticamente.
Nella
sua testa riecheggiavano incessantemente le parole che gli avevano
ripetuto da sempre.
“I
deboli devono essere eliminati a sangue freddo... ma non provare
pietà, anche loro hanno un orgoglio”
40
minutes before
“Tu
lo sai che potrai sempre contare su di me però la situazione
si è
ribaltata da un giorno a un altro. Ognuno fa quello che gli pare
senza curarsi che in questa scuola c'è una gerarchia da
rispettare,
forse ora che sei tornato potrai rimettere tu tutto a posto”
Larxene si portò una mano tra i capelli per ravvivarseli e
liberarli
da tutti i fiocchi di neve che vi si erano posati.
Il
freddo di prima mattina era intenso e la città era
completamente
imbiancata ma nonostante ciò il cortile della scuola era
già
affollato da tutti quegli studenti che dovevano prender parte alle
attività mattutine ed extrascolastiche. Xemnas
accennò un segno di
assenso e mentre la ragazza continuava a parlare, passò in
rassegna
l'ambiente circostante. I ragazzi lo guardavano con diffidenza,
nessuno sembrava più intimorito dalla sua presenza, anzi
sembravano
quasi seccati di rivederlo.
“Te
ne avevo già parlato” si intromise Saix affondando
le mani nelle
tasche del pesante cappotto “È come se senza il
padrone, i cani
siano ritornati dei randagi”
“Sembra
che mi abbiano totalmente rimosso, come se non fossi mai
esistito”
pronunciò il ragazzo con i capelli argentati continuando a
guardarsi
attorno. Axel era poco più avanti, in compagnia di un
gruppetto di
ragazzi che indossavano la tuta della squadra della scuola e parlava
animatamente, con la stessa aria da socialite
di sempre, ma non gli aveva rivolto neanche l’ombra di uno
sguardo.
Questo
comportamento lo faceva andare in bestia.
Xemnas
quella mattina aveva preso la decisione di andare a scuola, dopo una
lunga assenza, per portare a compimento un dovere molto importante ma
quel frangente transigeva un intervento immediato. Il ragazzo era
rimasto assorto così a fondo nei suoi pensieri che non si
era
accorto neanche che Larxene si era congedata da loro, soltanto quando
qualcuno lo urtò per sbaglio si ridestò e
contrasse il volto in
un’espressione di pura collera.
“Ma
che cazzo” sbottò voltando lo sguardo e quasi si
pietrificò alla
vista del suo offensore. Roxas, la sua eterna nemesi dall’era
dei
tempi, uno degli Strife che gli avevano reso l’esistenza un
inferno, uno dei pochi che a scuola si era ostinato a non portargli
mai rispetto “Strife, proprio te cercavo” disse
ricomponendosi e
assumendo il suo solito comportamento freddo e distaccato.
Il
biondo nell’udire quella voce familiare si raggelò
nelle vene e
interruppe la sua conversazione con Vaan - inizialmente
l’altro
ragazzo non aveva capito cosa gli fosse preso al biondo ma quando
notò l’imponente figura anche lui si
ammutolì e si avvicinò di
più a lui. Roxas però non lasciò
trasparire uno sguardo di terrore
puro come l’amico, lui rimase impassibile e assunse
un’aria
irritata.
“Che
ci fai ancora qui?”
Il
ragazzo dai capelli argentati inarcò le sopracciglia e gli
fece una
risata in faccia “Fattelo dire, la tua è proprio
una domanda del
cazzo. Ti do l'opportunità di spararne un'altra
però” fece con
sarcasmo.
Roxas
gli riservò un'occhiata di sufficienza “Pensavo
che avessi
cambiato scuola o anche paese per quello che mi riguarda...”
e
detto questo fece per sorpassarlo.
Xemnas
se avesse potuto gli avrebbe dato fuoco con lo sguardo, ma si
limitò
a scattare e lo afferrò saldamente per una spalla.
“Lasciami
stare, levami le mani di dosso!” ringhiò il biondo
voltandosi di
scatto senza però riuscire a togliere la mano dell'altro
dalla sua
spalla.
“Non
prima di aver scambiato quattro parole con te, Strife”
“Io
non ho niente da dire a uno come te”
Saix
era rimasto in silenzio tutto il tempo a seguire lo scambio, e
francamente non sembrava minimamente interessato ad intervenire. A un
certo punto si accese persino una sigaretta e puntò lo
sguardo su
Vaan, anche lui era rimasto silenzioso, però la sua
espressione era
completamente terrificata per la sorte dell'altro biondo. La cosa lo
divertiva alquanto.
“Peccato,
sai che c'è di nuovo?” fece Xemnas beffardo e
senza alcuno sforzo
sbatacchiò il più giovane come se fosse una
fogliolina “Non me ne
è mai fottuto della tua opinione, qui comando io e ho deciso
che-”
ma non riuscì a continuare perché Roxas
tagliò corto con un tono
impertinente.
“Comandi?
Ma non farmi ridere. Non ti sei accorto che qui nessuno ti vuole?
Vattene via” disse con una risata sarcastica alzando la voce;
si
scostò malamente e lo guardò torvo com'era solito
fare durante i
loro occasionali incontri a scuola, ma quel giorno si stava
impegnando più del solito perché la luna storta
lo assisteva “E
non ti azzardare mai più a toccarmi”
Detto
ciò si sistemò il pesante cappotto ceruleo,
afferrò Vaan per una
mano e lo trascinò verso l'interno dell'edificio,
incespicando nella
neve alta.
Saix,
che aveva assistito alla scena da neutrale, studiò con lo
sguardo i
due ragazzi che si allontanavano goffamente tra la folla, e poi si
concentrò su Xemnas che ora aveva digrignato i denti. Quella
mattina
prima di recarsi a scuola era passato a casa del ragazzo per fare un
mezzo rapporto sull'attività che questi gli aveva
sbrigativamente
delegato qualche giorno prima e il suo strano comportamento l'aveva
allertato. Lo aveva trovato a bere vino e aveva iniziato a dire cose
senza senso, qualcosa di grosso lo preoccupava, e poi c'erano quel
pacco senza mittente di cui non aveva avuto modo di vedere il
contenuto e l'improvvisa voglia di tornare a scuola. Il ragazzo dai
capelli blu aveva il brutto presentimento che ci fosse qualcosa sotto
e che quel qualcosa implicava grossi guai.
“Andiamo
anche noi, Xemnas, si sta facendo tardi” sussurrò
con un sospiro,
approcciandosi all'altro.
Contemporaneamente,
dall'altra parte dell'atrio, Axel si dimenava tra la folla di ragazzi
per cercare di avere un contatto con Roxas. Aveva scorto di sfuggita
uno stralcio della sua capigliatura dorata e a quel punto aveva
mollato i suoi compagni di squadra e aveva deciso di agire. Certo,
non aveva il coraggio di avvicinarsi e parlargli di sua iniziativa,
però avrebbe potuto simulare un incontro casuale o qualcosa
del
genere. La notte gli aveva portato consiglio, o meglio era stato
Zexion, ma comunque era lo stesso, aveva capito che si era comportato
da completo idiota e adesso stava facendo solo soffrire il suo biondo
e se stesso. Tutta la sua determinazione però
svanì nell'esatto
secondo in cui intravide Roxas varcare la soglia dell'edificio. Se si
fosse girato alla sua sinistra lo avrebbe sicuramente notato
poiché
gli era molto vicino, ma Roxas guardava fisso avanti a sé,
con
un'espressione indecifrabile in volto e con una mano strattonava di
tanto in tanto Vaan che lo seguiva con il suo carrellino
dell'ossigeno.
Sicuramente
quel Roxas non era quello che era abituato a vedere quotidianamente,
sembrava essere l'impertinente bastardo che aveva conosciuto a inizio
anno; e non sapeva dire se la cosa lo impressionava o no, l'unica
cosa di cui era certo è che doveva essere proprio incazzato
con lui.
Fin
da quando si era svegliato quella mattina, Roxas aveva capito che
quella sarebbe stata una giornata no.
Prima
c'era stato uno di quei sogni che l'aveva sconvolto di più
delle
altre volte, a questo si era aggiunta poco dopo la notizia di suo
padre. Il biondo era convinto che magari ritornando a scuola il suo
umore si sarebbe alleggerito un po' ma si sbagliava - ovviamente se
nella sua vita una cosa andava storta tutto il resto sarebbe andato
in frantumi di conseguenza.
Una
volta arrivato davanti scuola, c'era Vaan ad aspettarlo con
un'espressione gioviale; il ragazzo lo aveva aiutato a scendere dalla
macchina, si era offerto di portargli la bombola e aveva salutato suo
padre con un gesto della mano. I due ragazzi stavano per andare
spediti in aula per il laboratorio di teatro ma Roxas rimase impalato
al centro del giardino perché aveva intercettato Axel che si
era
appena incontrato con gli amici - il rosso però gli sembrava
troppo
vivace per essere depresso come glielo aveva descritto Demyx il
giorno prima. Grazie alla conversazione avuta con Mullet-man, il
biondo aveva capito che non aveva senso continuare a indugiare e
lasciare che un malinteso potesse rovinare quello che loro avevano
costruito con tanta fatica, però il vedere Axel sorridere e
chiacchierare con tanta noncuranza assieme ad altri ragazzi gli aveva
oscurato ancora di più l'umore. Probabilmente al rosso non
dispiaceva poi così tanto essersi liberato di lui.
Roxas
aggrottò le sopracciglia e con un cenno disse all'amico di
incamminarsi, magari distraendosi non ci avrebbe pensato nonostante
il motivo per cui fosse andato a scuola era proprio il rosso in
questione. Poi a questo si era aggiunto anche l'inaspettato incontro
con Xemnas che a quanto pare aveva voglia di attaccar briga.
Decisamente la giornata non era delle migliori, si disse il biondo
mentre si abbottonava nervosamente una larga camicia bianca.
“Senti,
proprio stamattina ho altri problemi per la testa, di Xemnas non mi
importa niente. È ora che impari qual è il suo
posto” borbottò
in risposta alla raffica di lamentele con cui lo aveva travolto
l'altro biondo nell'esatto momento in cui erano entrati nell'aula di
teatro adibita a camerino. Non faceva altro che ripetere che aveva
esagerato a rispondere così e che ci si poteva aspettare di
tutto da
uno come Xemnas. Roxas sospirò pesantemente e
roteò gli occhi, come
se quelle cose non le sapesse da sé.
“Problemi
del tipo.... Axel-problemi?” replicò Vaan con una
risata mentre
indossava una lunga giacca marrone.
Roxas
lo guardò trovo “Dovrei risponderti?”
“Certo
che voi due siete diventati davvero popolari”
“Essere
sulla bocca di tutti perché il tuo ragazzo ti ha mollato
sotto la
pioggia non è essere popolari”
“È
romantico però...” l'altro lo fulminò e
così Vaan si affrettò a
continuare “Cioè beh, non in quel senso
però la pioggia rende
l'atmosfera più... mmm unica? Drammatica?
Indimenticabile?”
Il
biondo nel frattempo aveva indossato una casacca ed era intento a
legarsi una fascia bianca in vita, si bloccò però
per ripensare
alle parole dell'amico. Abbassò il volto ed emise un sospiro
malinconico “Credimi, se voleva rendere il tutto
indimenticabile
allora ci è riuscito alla grande”
mormorò andando verso lo
specchio per dargli le spalle.
Romantico
e indimenticabile come il nostro primo bacio, anche quello sotto la
pioggia. Pare che si scelga le occasioni,
rifletté tra sé e il solo ripensarci gli faceva
salire il
nervosismo. Afferrò la pochette con i trucchi di scena dal
piano lì
accanto e contrasse il volto “Dio, quanto lo odio....quelle
palle
da basket vorrei lanciargliele in testa a ripetizione!”
Vaan
ridacchiò e si legò in testa una bandana dalla
quale uscivano le
sue ciocche bionde, Roxas era davvero perso per Axel ma si vide bene
dal dirglielo perché non aveva intenzione di rigirare il
coltello
nella piaga e poi l'altro avrebbe potuto davvero lanciargli qualcosa
addosso se l'avesse irritato più di quanto non fosse. Poi
lanciò
un’occhiata agli altri ragazzi che già vestiti con
gli abiti di
scena stavano iniziando ad avviarsi in teatro per cominciare le
prove, e li salutò con un cenno della mano.
“Meglio
sbrigarci” annunciò seguendo con lo sguardo Roxas
che era andato a
frugare in uno scatolone contenente accessori vari, l'altro gli
rivolse un fugace assenso ma non sembrava prestargli particolare
attenzione.
“Ehi
che stai combinando con trucco e parrucca?”
ridacchiò
raggiungendolo e si ritrovò ad esclamare in preda alla
sorpresa
quando lo vide in faccia “Fantastico, sei identico a Jack
Sparrow!”
disse divertito, gli prese il volto tra le mani e lo
analizzò
attentamente. Roxas aveva indossato una parrucca con un qualcosa di
simile a dei rasta e ornamenti di perline e in fronte aveva indossato
un'ampia bandana rossa che gli ricadeva quasi sugli occhi blu,
appesantiti da della matita nera “Saranno pur finti, ma con
baffi e
pizzetto sei inquietante. Non ti riconosco quasi”
Dopo
un'ultima sistematina veloce, Roxas indossò la cannula che
si era
tolto momentaneamente per riempirsi il viso di schifezze e la nascose
sotto la camicia per non rovinarsi troppo il travestimento.
“Bene,
questo è il mio intento. Voglio camminare per i corridoi ed
essere
irriconoscibile” brontolò storcendo il naso. Con
un colpo di reni
si rimise di nuovo in piedi e si scrutò un'ultima volta
nello
specchio – Vaan aveva ragione, con quel vestito faceva un po'
impressione però tutto sommato gli piaceva...
perché scegliere un
pirata normale quando poteva essere il Capitano
Jack Sparrow?
“Perché
ho la vaga impressione di sapere da chi non vuoi farti
riconoscere?”
lo redarguì l'altro e a quella battuta le gote di Roxas si
tinsero
di rosa.
Il
ragazzo gli rivolse un'occhiataccia e si voltò altrove per
non far
scorgere l'evidente rossore in volto. A volte Vaan sapeva essere
più
fastidioso di quel folle di Demyx, probabilmente avrebbe dovuto
cominciare a frequentare altre compagnie.
“Tutta
colpa di quell'idiota di Demyx!” sbottò di
malumore ed esortò
Vaan a sbrigarsi per raggiungere gli altri “Porta tu la
bombola”
Vaan
sospirò e prese il carrellino, senza trattenere
però un sorrisetto.
Prima
di raggiungere il teatro, i due fecero un salto davanti la palestra
dove si tenevano gli allenamenti mattutini di basket, o meglio Roxas
non ebbe neanche bisogno di dire all'amico del piccolo dirottamento
che questi scrollò le spalle e lo accompagnò fino
all'entrata senza
dir nulla. La palestra era grande e la eco delle scarpe che
strusciavano sul parquet e le urla dei giocatori riecheggiavano fin
dalla parte opposta del corridoio.
Roxas
si appoggiò appena alla porta accostata e sbirciò
dalla fessura,
gli ci volle qualche istante prima di individuare l'oggetto del suo
costante interesse ma alla fine lo intercettò. Axel era
lì assieme
ai suoi compagni, intento a fare qualche palleggio e chiacchierare
animatamente con alcune cheerleaders che si pavoneggiavano a bordo
campo con i ragazzi.
Il
ragazzo vestito da pirata si ritrasse di scatto dalla porta come se
ne fosse rimasto ustionato e abbassò il volto; non solo
quella
mattina nel cortile della scuola Axel non gli aveva rivolto neanche
un cenno ma anche ora non si poneva troppi problemi nel fare il
cascamorto con quelle ragazze. Quello stronzo di Demyx lo aveva fatto
sentire in colpa il giorno prima quando gli aveva detto che il rosso
stava passando le sue giornate a deprimersi e ora che aveva raccolto
tutto il coraggio del mondo per affrontarlo e cercare di risolvere le
cose, lo trovava a fare lo scemo con le ragazze. Certo era
rattristato, ma quella visione non faceva altro che indisporlo ancora
di più nei confronti del mondo.
Fanculo
Axel.
Fanculo
tutti.
Fanculo
pure Namine e Sora che lo avevano costretto a rifarsi una nuova vita.
Faceva bene prima a stare sempre per conto suo, ormai lo aveva capito
a sue spese che se si fosse avvicinato troppo a qualcuno alla fine ne
sarebbe rimasto inevitabilmente bruciato.
“Tutto
bene?” fu la domanda che gli rivolse Vaan, ma Roxas non gli
diede
ascolto. Girò sui tacchi e riprese a camminare nel corridoio.
“Andiamo”
gli intimò, continuando ad affondare nei suoi pensieri.
Era
ovvio che il rosso lo avesse già dimenticato, dopotutto cosa
aveva
Roxas di più di un bel gruppetto di cheerleaders splendenti?
Assolutamente nulla. Ah si, una cosa c'era: i problemi. La loro
storia era stata troppo bella per essere vera e, sebbene il biondo
avesse lottato contro tutti coloro che non credevano in loro, alla
fine tutti i suoi sforzi non erano valsi a nulla. Forse Sora aveva
davvero ragione, quando all'inizio gli aveva gridato in testa che
Axel era un tipo da cui stare alla larga.
Il
biondo lanciò uno sguardo alla sua sinistra. Camminando per
il
corridoio affollato, si era unita a lui e Vaan una ragazza vestita da
coccodrillo – si chiamava Penelo o qualcosa del genere - e al
momento era intenta a raccontare qualche aneddoto apparentemente
molto interessante perché l'amico pendeva dalle sue labbra,
Roxas
invece la stava ignorando bellamente perché troppo occupato
con il
suo rimuginio mentale. Alla fine però scosse il capo,
rassegnato, e
realizzò che ormai non aveva più senso cercare di
risolvere tra lui
ed Axel, tanto ormai era tutto finito. E con quei pensieri in testa
non si accorse di aver urtato di nuovo qualcuno e aveva fatto cadere
a terra i libri di quel qualcuno. Egli si voltò subito,
seguito a
ruota da Vaan, pronto per scusarsi ma si irrigidì con la
bocca a
mezz'aria quando riconobbe di nuovo la persona in questione.
“Strife
questa volta hai oltrepassato il limite”
Xemnas
torreggiava su di loro, affacciato dal suo armadietto, con
un'espressione deformata che faceva intendere del tutto che era
davvero incazzato per un motivo o per un altro “Non posso
più
tollerare il tuo comportamento”
Roxas
lanciò una silenziosa occhiata a Vaan di non badarci troppo.
Quel
giorno non era proprio dell'umore e non aveva assolutamente
intenzione di subire pure le angherie di Xemnas, anzi forse sfogarsi
su di lui come aveva più volte fatto in passato avrebbe
potuto
aiutarlo a sbollire la sua arrabbiatura. E così la sua bocca
si
mosse senza neanche bisogno di pensarci “Menomale, pensavo di
essere l'unico a non sopportare il tuo”
Il
suo cuore accelerò improvvisamente, l'adrenalina
entrò in circolo
nel suo essere e le mani gli pizzicavano nel desiderio di prendere a
pugni il suo oltraggiatore. La sentiva, quella sensazione liberatoria
di quando attaccava briga con qualcuno che non gli andava a genio lo
aveva fatto subito sentire meglio.
“Rox
piantala!” sibilò Vaan nell'orecchio dandogli uno
strattone al
braccio e poi posò di nuovo lo sguardo su Xemnas che, per
uno strano
motivo si ostinava a guardare lui piuttosto che Roxas.
“Io
ho cercato di metterti in guardia ma tu non sembri affatto
interessato. La tua esistenza mi è d'intralcio!”
Vaan
boccheggiò più volte ma non seppe cosa dire, non
riusciva a capire
se l'argenteo stava parlando con lui o Roxas ma a quanto pare al suo
amico non importava più di tanto perché diede
loro le spalle e
commentò uno sdegnato “Vai all'inferno, Mansex”
prima di afferrare Vaan sotto braccio e riprendere ad avvicendarsi
tra i corridoi affollati.
Ma
questa volta le cose andarono diversamente.
A
quella frecciatina non seguì un'altra risposta pungente o
un'offesa.
Questa volta Xemnas con uno scatto fulmineo chiuse l'armadietto,
estrasse una revolver argentata e premette il grilletto.
“Questa
volta non la passerai liscia. Tu verrai all'inferno con me!”
E
caos fu.
here
and now
Quando
Axel uscì dagli spogliatoi della palestra ed
entrò nell'edificio
principale, fu avvolto da un silenzio tombale. Sembrava essere stato
improvvisamente catapultato su un campo di battaglia: ovunque c'erano
armadietti aperti, borse abbandonate, libri e astucci riversi a
terra.
E
poi intercettò delle macchie di sangue sul
pavimento.
Quando
alzò lo sguardo, scorse la figura riversa al
suolo a cui apparteneva la chiazza di sangue che si era dilagata sul
pavimento.
Tutto
il suo essere si pietrificò.
Il
respiro gli
si bloccò nel petto e il suo cuore perse un battito.
“Vaan!
Vaan mi senti? Ti prego svegliati” si ritrovò a
gridare
inginocchiandosi accanto al corpo supino e prese a scuoterlo e
chiamarlo più volte, ma l'altro ragazzo rimaneva freddo e
immobile
come se fosse fatto di ceramica. Il rosso esitò e si
sentì un
groppo in gola quando notò un minuscolo particolare: sulla
sua
schiena, all'altezza del cuore, era aperto un piccolo forellino che
probabilmente doveva averlo trapassato da una parte all'altra del
petto.
“Vaan”
ripeté con voce strozzata, sentendo le lacrime che gli
offuscavano
la vista, e senza indugiare appoggiò due dita sul collo,
sperando
con tutto se stesso che non fosse quello che il suo raziocinio gli
urlava disperatamente. I suoi dubbi furono però presto
confermati
dall'assenza di battito e inconsciamente si allontanò di
scatto,
sentendosi improvvisamente invaso da un dolore fortissimo, come se il
proiettile si fosse automaticamente conficcato nelle sue carni nel
momento in cui aveva sfiorato l'amico.
Non
poteva crederci.
Fino
a poco prima Vaan era vivo, lo aveva visto in cortile in compagnia di
Roxas e stava benissimo – perché era morto
così facilmente? Era
davvero bastato così poco per porre fine a un'esistenza?
Con
gesto meccanico, si asciugò le lacrime con l'avambraccio
nonostante
quelle continuassero a scendere copiose e lasciò lo sguardo
vagare
attorno a sé. C'erano altre macchie di sangue sul pavimento
e la
vetrata della porta che dava su un altro corridoio era in frantumi,
qualcun altro doveva essere stato ferito, o almeno sperava che fosse
così.
Dei
leggeri lamenti lo distrassero dai suoi pensieri e finalmente si
ricordò il motivo per cui era lì, così
si alzò subito anche se
con qualche leggero tremolio e corse nella direzione da cui essi
provenivano. Aveva imboccato un corridoio adiacente identico al
precedente, apparentemente vuoto se non fosse per quei singhiozzi che
erano diventati più distinti.
Continuò
a camminare attento ad ogni minimo movimento attorno a sé e
il cuore
che gli batteva a mille, doveva rimanere sempre attento
nell'eventualità incappasse in qualche pazzo armato. E poi
individuò
una figura schiacciata in un minuscolo spazietto tra gli armadietti e
il muro. Essa era raggomitolata come un riccio e sebbene fosse
vestita in maniera strana e il volto era nascosto, riconobbe subito
che era il biondo che stava cercando.
“Ro-Rox?”
Axel si avvicinò preoccupato ma cauto per non farlo
trasalire,
quella era già una situazione critica per lui e altri
spaventi lo
avrebbero solo aggravato “Roxas stai bene?”
Il
biondo a quel punto alzò il viso contratto dal dolore e
rigato dalle
lacrime, i suoi occhi erano rossi e la matita era tutta sciolta sulle
sue guance ma lo stupore fu troppo per permettergli di articolare
qualsiasi risposta.
“Ax”
pigolò guardandolo come se avesse davanti a sé un
fantasma.
“Sei
ferito?” il rosso si inginocchiò davanti a lui e
lo scrutò con
apprensione, gli prese le mani nelle sue e solo in quel momento si
accorse che entrambi stavano tremando “C'è
qualcosa che ti fa
male?
Roxas
temporeggiò e abbassò il capo, tutte le sequenze
di avvenimenti che
aveva vissuto poco prima si ripeterono davanti ai suoi occhi con gran
velocità.
C'era
stato un rumore assordante e da quel momento Roxas non capì
più
cosa stava succedendo. Vaan si era accasciato al
suolo e perdeva sangue, aveva provato a farlo rialzare ma non ci era
riuscito; ci furono degli spintoni e qualcuno l'aveva afferrato di
peso per un braccio, e poi si era ritrovato a correre in una
direzione a caso, però il suo corpo non era riuscito a
sostenere
quello sforzo e si era piegato sotto il suo peso.
Il
biondo chiuse di scatto gli occhi e scosse il capo per non far
preoccupare l'altro.
“Vaan-”
“Lo
so Rox, lo so” Axel gli portò una mano dietro alla
nuca e poggiò
la fronte contro quella dell'altro, le lacrime minacciavano di
scendere di nuovo ma a lui non interessava, l'importante era sapere
che Roxas era salvo “Non hai idea di quanto sono felice di
vederti
ancora vivo”
Roxas
cercò di asciugarsi invano le lacrime con la manica della
felpa e
con l'altra mano strinse quella del più grande
“Anche... anche io,
però perché sei venuto qui?”
Axel
si prese un ultimo secondo per ammirare quegli occhi blu che tanto
amava e passò un'ultima volta la mano nei morbidi capelli
dorati
prima di rimettersi in piedi e porgere una mano all'altro
“Adesso
non c'è tempo, dobbiamo andare a nasconderci... ho paura che
ci sia
ancora qualcuno qui dentro”
Roxas
guardò la mano che l'altro gli aveva teso e contrasse la
fronte.
Il
suo corpo era improvvisamente diventato troppo pesante anche solo per
muovere un dito, l'aria diventava sempre più rarefatta e le
vertigini gli impedivano anche di muovere un solo passo. Conosceva
così bene quella sensazione da poter sperare solo che il suo
cuore
non scegliesse quel tempismo perfetto per fare qualche scherzo.
Roxas
sapeva che non poteva rimanere lì e dal momento che non
riusciva ad
alzarsi per rifugiarsi in un'aula, si fece un po' di forza e si
rintanò in un minuscolo spazietto tra gli armadietti e il
muro.
Lasciò cadere parrucca e ornamenti finti, si mise la bombola
tra le
gambe, poggiò le braccia sulle ginocchia e nascose il viso
tra di
esse. Tutto quello che doveva fare ora era diventare invisibile,
svuotare la mente e placare i singhiozzi, così forse le
palpitazioni
gli avrebbero dato un po' di tregua.
“Ax
vai senza di me, io mi fermo qui” mormorò infine,
scuotendo
debolmente il capo e accennò un sorriso malinconico
“Non ce la
faccio ad alzarmi. Mettiti in salvo”
Axel
rimase stupito da quell'affermazione che era suonata così
innaturale
una volta uscita dalle labbra del biondo davanti a lui. Roxas era
stato sempre così fiero, audace e combattivo. Lo aveva
sempre
invidiato per quella forza che mostrava in tutti i momenti di maggior
difficoltà e adesso non riusciva a comprendere cosa gli
stesse
passando per la testa. Aveva lottato tanto per poi arrendersi e farsi
ammazzare da qualche povero pazzo? No, Axel proprio non riusciva ad
accettarlo, certe cose lo facevano incazzare.
“Stai
scherzando per caso? Sono venuto a cercarti per assicurarmi che
stessi bene, non credere che ti lascerò qui!”
protestò ostinato
ma anche l'altro non demorse.
“Le
mie gambe non vogliono muoversi”
“Allora
sarò io le tue gambe!”
Senza
perdere altro tempo il più alto si mise la bombola a
tracollo, prese
il biondo in braccio e iniziò a camminare svelto, ignorando
le
proteste dell'altro che si divincolava nella sua presa –
allora un
po' di forza ce l'aveva, pensò.
“Che
cavolo Axel- mettimi giù non voglio essere un
peso!”
Axel
non rispose ma strinse i denti dalla rabbia, e con un po’ di
fatica
si chiuse nella prima porta che trovò. Era uno sgabuzzino
stretto e
senza finestre, ma era sempre meglio di nulla. Forse lì
sarebbero
stati al sicuro per tutto il tempo necessario, finché
qualcuno non
sarebbe arrivato a tirarli fuori.
Una
volta accesa la luce, adagiò Roxas a terra e lo
guardò irato
“Ritira subito quello che hai detto!”
L'altro
si appoggiò con la schiena alla parete e si strinse nelle
spalle
“No”
“Sei
uno stupido!” lo accusò Axel stringendo i pugni ai
lati, non si
era neanche accorto di aver gridato a causa del nervosismo
“Te l'ho
già detto un sacco di volte che tu per me non sei un peso.
Non lo
sarai mai, neanche quando ti rifiuti di collaborare. Pensi forse che
io possa lasciarti da solo? Non credere che io sia tanto egoista da
pensare solo a me stesso in un momento simile, appena ho saputo cosa
era successo il mio primo pensiero sei stato tu. Dovevo accertarmi
che stessi bene perché nonostante tutto io ci tengo sempre a
te, e
se a te non sta bene dovrò allora essere egoista e portarti
fuori di
qui di peso perché l'ultima cosa che voglio è
saperti morto”
Roxas
era rimasto in silenzio durante quella sviolinata, con la fronte
aggrottata e labbra serrate. Dentro di lui le sue emozioni
turbinavano vorticosamente e si scontravano ferocemente, in una
sanguinosa guerra che lo stava corrodendo. Si stropicciò gli
occhi e
cedette alla forza delle lacrime che scesero come dei fiumi in piena.
Ogni tanto la sua schiena veniva scossa da qualche singulto ma a
parte quello non fuoriuscì altro suono dalla sua bocca.
Solo
a
quel punto Axel comprese ciò che aveva appena fatto e si
sedette di
nuovo: appoggiò anch'egli la schiena al muro,
incrociò le gambe e
nel silenzio di quel momento si accorse che l'altro respirava
pesantemente.
“Scusa
non volevo alzare la voce”
Roxas
però non rispose, aveva ancora lo sguardo basso e si era
richiuso in
se stesso. Axel non sapeva cosa fare in una situazione del genere in
cui la tensione era palpabile, l'unica cosa che voleva era vedere
Roxas parlargli di nuovo.
Nel
frattempo
non molto lontano da quello sgabuzzino, un gruppetto di ragazzi aveva
trovato rifugio in un’aula poco lontano.
Tutti
erano seduti a terra, appiattiti contro il muro e i cuori che
martellavano incessanti.
Nessuno aveva osato aprire bocca da quando la porta era stata chiusa
e l’allarme era stato lanciato. Nessuno, finché la
prima
mezz’ora non passò nel più totale
silenzio, dentro e fuori quelle
quattro mura.
“Dobbiamo
uscire da qui” esordì
Xaldin lanciando uno sguardo agli altri.
Riku
era seduto accanto a lui e gli lanciò un’occhiata
apprensiva da
sopra le spalle ma invece di interloquire, ritornò a
stringere tra
le sue braccia Kairi. La ragazza per proteggersi
durante la sparatoria si era gettata a terra, ma la porta di vetro
che collegava le due aree della scuola era andata in frantumi e una
miriade di schegge le erano cadute addosso, conficcandosi poi in una
gamba. Quando Riku la aveva adocchiata, l’aveva subito
caricata
sulle spalle e si era gettato nella prima classe più vicina,
dove
Marluxia da lontano gli faceva cenno di sbrigarsi ad entrare.
“No,
dobbiamo aspettare qui che qualcuno venga a prenderci” rispose
Zexion con tono neutrale, il ragazzo aveva portato le gambe al petto
e si torturava nervosamente le mani. Sperava che Demyx stesse bene e
che fosse riuscito a mettersi in salvo.
“Se
quello è ancora dentro la scuola potrebbe piombare qui
all'improvviso” prese parola Marluxia, aveva piegato le
ginocchia
davanti a sé e aveva appoggiato le braccia su di esse. Il
suo
sguardo era serio e distaccato, e si disse che stava gestendo davvero
bene la sua preoccupazione “Dovremmo uscire dalla
finestra”
propose poi.
“È
bloccata, se la sfondassimo ci sentirebbe”
Il
tono pratico e da so-tutto-io
di Zexion gli fece pulsare una tempia ma scelse di non controbattere.
A quel punto si levò un debole gemito e tutti puntarono lo
sguardo
sulla cheerleader dai capelli rossi.
“Kairi
è ferita, non può rimanere
qua dentro a lungo!” pronunciò a quel punto Riku,
sapeva che
quella era una pessima idea perché così
l’avrebbe messa in
pericolo ma non avrebbe potuto fare altrimenti, la ragazza stava
perdendo molto sangue.
Zexion
gattonò verso di loro, esaminò velocemente la
ferita e cacciò un
sospiro.
“È
troppo pericoloso, non possiamo rischiare”
mormorò, dalla tasca
sfilò un fazzoletto di stoffa e prese a tamponare
delicatamente.
Kairi
strinse i denti e ingoiò i gemiti di dolore, con una mano
strinse il
braccio dell’albino e lo guardò con occhi intrisi
di lacrime. Non
si trattenne dal piangere silenziosamente, la paura era tanta ma non
voleva gravare sugli altri e mettere la loro sicurezza ulteriormente
a rischio.
“La
gamba fa male… ma io sto bene”
singhiozzò nel tentativo di
mantenere un tono e mostrarsi forte, ma la sua voce era scossa da
fremiti “Fa’ come dicono gli altri per
piacere”
Riku
si
morse un labbro e diede un pugno al muro per reprimere il senso di
frustrazione che si stava facendo largo in lui. La sua attenzione fu
però distolta da un movimento alla sua destra e
notò Xaldin che
intanto si era alzato e si era avvicinato alla finestra per scrutarla
per bene.
“Che
diavolo stai facendo?”
Una
voce che non si era ancora manifestata fino ad allora proruppe
dall’angolo più remoto della classe e Xemnas fece
un passo avanti.
Durante il caos a seguito del suo gesto, il ragazzo era stato
assalito da un improvviso senso di terrore e senza rifletterci
ulteriormente si era dato alla fuga ed era finito bloccato in
quell’aula assieme agli altri ignari.
Xaldin
lo guardò
accigliato da quella domanda “Secondo te? Provo a trovare una
via
di uscita da qui, vuoi che quello svitato ci trovi?”
“Perché
lo chiami svitato?”
“Una
persona che si mette a sparare in una scuola non mi sembra tanto
normale, ti pare?”
Il
ragazzo abbozzò una risata impertinente e quello
bastò a far
scoccare la scintilla.
“Ripetilo
di nuovo”
abbaiò Xemnas cacciando la pistola dalla tasca della felpa e
puntandogliela contro, Xaldin immediatamente indietreggiò e
alzò le
mani in segno di difesa. Immediatamente seguirono razioni di puro
sgomento e paura.
“Xemnas?”
fecero tutti attoniti dalla rivelazione e si appiattirono al muro.
Marluxia fu l’unico a mantenere il sangue freddo e lo
scrutò
attentamente senza dir nulla.
“Sì,
complimenti mi avete scoperto. Adesso allontanatevi tutti dalla
porta, che nessuno si muova” esclamò il ragazzo
agitando la
pistola verso tutti e prese a girare nevroticamente per
l’aula.
“Perché
stai facendo tutto questo, Xemnas?” fece Xaldin con le mani
ancora
sulla difensiva e un rivoletto di sudore che gli scendeva dalla
tempia “Ti stai rovinando con le tue mani”
“E'
un po’ tardi per fare la paternale”
“Ti
sbagli, se metti giù la pistola e ti arrendi vedrai che non
succederà nulla”
“No,
non è così” lo bloccò prima
che potesse continuare “Ormai
è troppo tardi per tutto… non si può
tornare più indietro”
Xemnas si muoveva freneticamente su e giù per la classe in
preda
all’agitazione, ma poi si bloccò di scatto;
assunse il suo solito
atteggiamento, proprio come se fossero due persone separate e si
rivolse a Marluxia con sguardo di fuoco “Cosa stai
facendo?”
“Niente”
rispose
il ragazzo dai capelli rosa forse troppo velocemente, nascondendo
velocemente qualcosa, e questo non fece che urtare ancora
maggiormente l’altro.
“Ho
detto che cazzo stai facendo, cos’hai dietro la schiena?”
Marluxia
a questo punto fu costretto a cacciare il cellulare che stava
nascondendo e Xemnas con un gesto della mano libera gli
intimò di
passarglielo alla svelta.
“Cercavi
di metterti in comunicazione con qualcuno, Torn?” fece
quest’ultimo
una volta che l’altro glielo ebbe lanciato e andò
alla ricerca del
registro chiamate, fu però lo stesso Marluxia a
chiarificargli il
piano che aveva in mente.
“Lo
ammetto,
volevo chiamare il 911” ammise il rosa con aria colpevole
alzando
le mani al petto “Ma le linee sono intasate”
“Sei
furbo” pronunciò Xemnas e poi si
guardò attorno inferocito “Consegnatemi tutti i
vostri cellulari,
datevi una mossa!”
Marluxia
assistette alla scena in silenzio e represse un sorrisetto
vittorioso, Xemnas era all’oscuro del fatto che nella tasca
della
sua giacca aveva in realtà un secondo cellulare con il quale
era in
atto una chiamata d’emergenza e tutti stavano ascoltando cosa
stava
accadendo all’interno
dell’aula.
Il
silenzio era palpabile nello sgabuzzino in cui Axel e Roxas erano
rintanati e nessuno sembrava avere il coraggio di aprire bocca,
in realtà il rosso voleva eccome ma non sapeva cosa dire
così
decise di impiegare il tempo occupandosi del biondo, che lui volesse
o meno. Di punto in bianco, prese dei fazzolettini imbevuti dallo
zaino della bombola e gli prese il viso tra le mani per iniziare a
pulirglielo dal trucco sciolto. Roxas trasalì a quel gesto
ma non
disse nulla, lasciò l'altro fare tutto ciò che
voleva, voleva
mostrarsi fermo e impassibile ma le sue lacrime lo tradirono.
“Hai
paura?” sussurrò Axel concentrato nel suo lavoro,
manteneva lo
sguardo fisso sulla pelle che stava strofinando con gesti dolci e
leggeri per non metterlo ulteriormente a disagio.
Roxas
annuì senza staccare gli occhi dal pavimento.
“Anche
io” ammise il rosso con sincerità e gli diede un
buffetto sul naso
quando finì di struccarlo “Però non
piangere, ci sono io con te e
non lascerò che ti accada qualcosa”
Quello
fu il culmine. Roxas non riuscì a trattenersi ulteriormente
e si
portò i dorsi delle mani agli occhi e fu scosso da un
singulto.
Temeva che Axel si comportasse così solo per
pietà nei suoi
confronti o per rimorso... o forse perché ricordava la
promessa che
gli sarebbe rimasto sempre vicino, qualsiasi cosa fosse successa.
Però per quanto volesse ignorare le attenzioni dell'altro
proprio
non riusciva a voltargli le spalle, ogni tocco sulla sua pelle gli
provocava brividi ed emozioni che lo facevano uscire fuori di testa.
Una cosa che non era successa con nessuno prima d'ora. Anche se poco
prima lo aveva odiato con tutto se stesso nel vederlo ridere e
scherzare con altri, si ritrovò a mettere da parte tutto
l'astio e
lasciò trasparire tutte le sue debolezze.
“Scusami,
non volevo... perdonami”
Axel
gli passò una mano tra i capelli morbidi “Non dire
così”
“Tu
sei sempre così buono e gentile con me, anche adesso, mentre
io
invece...”
“Sei
tu che dovresti perdonarmi, mi sono comportato da vero immaturo. Le
cose non si affrontano scappando”
“Tu...tu
avevi ragione” Roxas scosse il capo e continuò con
la voce
incrinata dai singhiozzi “Avrei dovuto dirti tutto prima
però
avevo paura. Tutte quelle cose che ho fatto....non sono poi la
persona modello che tutti pensano che io sia. Ho sempre avuto paura
che non fossi abbastanza per te e che avresti potuto stufarti di me
per tutti i miei problemi, o che scoprendo il mio passato avresti
potuto vedermi con occhi diversi. Lo so che è egoistico da
parte mia
però...però io volevo solo stare con te”
Axel
rimase stupito da quelle parole, Roxas aveva frainteso tutto e si
diede mentalmente dello stupido “Scemo, non ti avrei
lasciato! Non
devi assolutamente pensare queste cose. È vero, il tuo
passato non è
stato proprio rose e fiori e mi sono stupito non poco, però
avrei
capito”
Il
biondo fece per protestare ma il rosso lo bloccò con un
gesto della
mano.
“Non
dire niente Rox. Devi sapere che non mi sono arrabbiato con te
perché
bevevi o fumavi non so neanche cosa, anzi sono rimasto a bocca
aperta...almeno non mi sentirò in colpa la prossima volta
che berrò
una birra sapendo che non sei contrario” accennò
una leggera
risata e con un dito iniziò a tracciare dei motivetti sul
dorso
della mano dell'altro “È stato però il
modo in cui l'ho scoperto
che mi ha fatto incazzare. Speravo che mi dicessi tu tutto
quanto”
Roxas
si oscurò in volto e ritrasse le mani al petto
“Avevo paura che
non mi avresti accettato”
“Se
due persone stanno insieme e si amano, si prendono cura l’uno
dell’altro… accettano tutto, pregi e
difetti...e…e poi ho
accettato la tua malattia, tutto il resto è niente a
confronto- più
o meno”
“Il
passato e la malattia sono due cose diverse”
“Infatti...la
malattia è mille volte peggio perché non sai come
sarà in futuro”
a quel punto Axel si avvicinò pericolosamente al volto
dell'altro
“Vogliamo mettere una pietra sopra a questa cosa?”
Roxas
inizialmente sembrava riluttante ma alla fine si arrese e
annuì
debolmente, non aveva più voglia di discutere o combattere,
voleva
ritornare ai tempi in cui tra loro andava tutto bene.
Axel
sorrise e gli posò un bacio sulla guancia.
“Ohi
sono un agente dell'FBI, che significa che non posso andare oltre?
Mio figlio è la dentro!”
“Così
come anche tanti altri ragazzi, adesso si calmi per piacere e lasci
fare a chi è in servizio”
Reno
ringhiò in risposta all'agente che si era messo davanti a
lui e lo
aveva fatto indietreggiare, non aveva senso tutta quella storia, lui
aveva tutto il diritto di entrare in quella dannata scuola e andare a
cercare Axel. L'uomo in divisa allora, vedendo che il rosso non
demordeva, con un cenno del capo gli indicò un uomo che
stava
parlando nervosamente al telefono.
“Quello
è lo sceriffo Torn, anche suo figlio è
lì dentro. Signore, non
metto in dubbio la sua preoccupazione ma la sicurezza degli studenti
è la prima cosa a cui pensare”
Quello
non lo tranquillizzò molto ma quel tanto bastò a
spingerlo ad
abbandonare quei suoi pensieri irrazionali di piombare nell'edificio
senza alcun piano. Con un pesante sospiro dal naso, Reno
girò sui
tacchi e raggiunse l'altro lato del giardino dove scorse il preside
Ansem
e Leon che stavano parlando insieme, una voce femminile proveniente
dalle sue spalle però lo fece sussultare e quando si
girò vide una
donna dai lunghi capelli color cioccolato avvicinarsi di corsa verso
di lui.
“Aerith”
“Reno,
cos'è successo? Sono appena arrivata e tutti quegli uomini
non
vogliono dirmi nulla!”
“Dov'è
Cloud?”
“Sta
arrivando” rispose la donna una volta approcciato il rosso,
evidente era il terrore nei suoi occhi così cercò
di infonderle un
po' di sicurezza dicendole che la polizia aveva tutto sotto
controllo, purtroppo però le sue parole non la aiutarono
molto.
“Le
linee sono intasate, neanche io riesco a mettermi in
comunicazione”
stava spiegando ma il loro discorso fu interrotto.
“Lei
è il signor Turks?”
Un
altro agente si avvicinò ben presto ai due che si erano
appostati
vicino alla macchina del rosso, quest’ultimo si
corrucciò in viso,
preda dell’ansia che lo stava assalendo, e annuì
timoroso.
“Sì”
“Mi
segua, ci è stata pervenuta l’identità
dell’aggressore
e hanno detto di informarla immediatamente”
Reno
sentì la mascella irrigidirsi e uno strano senso di
inquietudine lo
pervase.
Dei
rumori fuori la scuola catturarono l’attenzione degli
studenti
rinchiusi nell’aula studio,
ora sotto il controllo di Xemnas armato di pistola. Si udiva
chiaramente il suono delle sirene della polizia e qualcuno parlava
col megafono, ma da quella distanza non si riuscivano a distinguere
le parole, e c’erano persino gli elicotteri che perlustravano
la
zona.
“Sono
arrivati i rinforzi” constatò Zexion sollevato del
fatto.
“Merda”
sibilò Xemnas appiattito al muro accanto alla finestra e
diede una
sbirciata fuori, era fottuto, quella situazione era diventata
più
grande di lui.
“Xemnas,
per piacere posa quell’arma e arrenditi. Facci uscire da qui
e
vedrai che non succederà nulla”
“Taci!”
urlò in preda al panico puntando la pistola su Riku e
minacciò di
togliere la sicura, ma questo fu più ostinato di lui e non
distolse
lo sguardo.
“Se
non vuoi farlo per noi o per te stesso, fallo almeno per
Kairi”
indicò la ragazza
che aveva tra le braccia che aveva perso i sensi a causa della
perdita di sangue “Se è in questo stato
è per colpa tua”
Xemnas
sgranò gli occhi e il respiro gli si bloccò in
gola. Non sapeva più
che fare o a cosa pensare, tutta quella situazione era diventata
ingestibile. Aveva fatto una stronzata. Tutto questo era successo
solo perché voleva aiutare una persona ma quella persona lo
aveva
fatto imbestialire. Senza dare spiegazioni girò sui tacchi e
raggiunse la porta “Non azzardatevi a muovervi da qui se non
volete
fare una brutta fine” intimò ai ragazzi prima di
uscire.
Non
appena si chiuse la porta alle spalle, Xemnas prese a correre
forsennatamente nei corridoi, neanche lui sapeva bene quello che
stava facendo o quello che avrebbe fatto ma in quel momento
l’agitazione aveva preso il sopravvento sulla sua
razionalità. La
sua corsa fu presto bloccata quando si sentì afferrare da
dietro e
qualcuno gli mise una mano sulla bocca per evitare che potesse urlare
e attirare l’attenzione.
“Che
stai facendo?”
Nell’udire
quella voce familiare, Xemnas riuscì a riguadagnare tutte le
sue
facoltà mentali e si tranquillizzò in parte. Era
Saix.
“Quello
Strife” biascicò febbrile una volta che
l’altro lo aveva
lasciato andare “Mi ha fatto saltare i nervi...io...io
davvero non
ho realizzato il mio gesto prima di averlo ucciso”
Saix
piegò di lato il capo e inarcò un sopracciglio
“Quello
a terra non è lui...hai sparato a un'altra persona”
“Co....Cosa?”
“È
un amico di Roxas, non so come si chiami”
Per
poco le gambe non cedettero sotto al suo peso dalla tanta
incredulità
che colpì Xemnas in quel momento, la sua fronte era
imperlata di
sudore e la sua mascella si muoveva meccanicamente, alla ricerca di
parole che faticavano ad uscire.
“E...e
adesso cosa faccio. Saix che faccio? Ho ucciso un ragazzo
innocente!”
Un
innocente, una persona che non aveva niente a che vedere con lui.
Si
era macchiato di una colpa abissale, lui che era sempre stato contro
tutti i principi della sua famiglia alla fine aveva ceduto al suo
istinto barbaro e selvaggio di vendetta.
“Xemnas
mi meraviglio di te” enfatizzò Saix con un
sorrisetto beffardo e
posò il suo sguardo famelico sull’arma che
l’altro continuava a
stringere. Aveva un piano in mente. “Tu non dovresti porti
questi
problemi, ormai hai ereditato una posizione di prestigio; il capo
sarebbe felice di sapere che sei riuscito a compiere una cosa del
genere a sangue freddo, è per questo che ti ha lasciato
quella
pistola oggi? Era una prova di coraggio per dimostrargli la tua
fedeltà?”
Xemnas
abbassò lo sguardo, l’espressione stravolta da un
dolore pulsante.
Prova
di coraggio, eh?
Pensò tra sé e sé, sarebbe stato bello
ma in realtà quel regalo
gli era stato fatto solo per insegnargli la sua punizione. I
traditori in quanto tali andavano castigati, certo, però
come ultima
rivendicazione prima della sua condanna, Xemnas aveva pensato di fare
quello che gli aveva sempre detto la sua coscienza. In questo modo
forse sarebbe riuscito a rimischiare le carte in tavola
perché
sapeva che non ci si poteva fidare degli adulti, anche se gli avevano
assicurato più volte che erano dalla sua parte. Lui ci aveva
provato
ma la sua ira aveva prevalso su tutto, non poteva farci niente. Era
stata colpa di Roxas e della sua lingua biforcuta. In quel momento
l'unica cosa che aveva desiderato era vederlo morto, anche se mai
avrebbe voluto arrivare a compiere quel casino.
Questo
non faceva altro che confermare il fatto che lui fosse un completo
fallimento.
“La
polizia è qui...” si limitò a
commentare gettando uno sguardo
alle vetrate del corridoio.
“Lo
so”
“Che
faccio?”
Un
bagliore sinistro illuminò gli occhi dorati del ragazzo con
la
cicatrice in fronte “Porta
a compimento quello che hai iniziato, non rendere vana la morte di
quel ragazzo”
Xemnas
si portò un braccio alla fronte e si asciugò un
rivoletto di sudore
che gli stava rigando la tempia. Non poteva, non voleva
continuare tutto quello. Forse avrebbe dovuto arrendersi e
costituirsi.
“Saix,
non mi sembra una scelta saggia”
Il
ragazzo dai capelli blu, si avvicinò cautamente e lo prese
per le
spalle, i suoi occhi si specchiarono nelle pozze dorate
dell’altro
“Xemnas”
lo scosse per farlo ritornare in sé “Mostrati il
degno successore
di Sephiroth. Ricorda che se non fosse per gli Strife, tu adesso
avresti una famiglia, saresti felice, e invece che ti sei ritrovato?
Niente, sei solo. Questa è solo colpa loro. Quel Roxas
è un tipo
pericoloso, così ribelle e diabolico, si è sempre
frapposto tra noi
e per questo dev'essere tolto di mezzo alla svelta”
“Come...
come è cominciato tutto questo?”
“Non
ti so dire l'ora, il
luogo, lo sguardo, o le parole che hanno posto le basi... è
stato
troppo tempo fa. Mi ci sono trovato in mezzo prima di accorgermi che
fosse cominciato”
Roxas
socchiuse gli occhi mentre continuava a
respirare profondamente, la testa ormai aveva preso a girargli
vorticosamente “All'inizio avevi resistito alla mia bellezza,
e per
quanto riguarda i miei modi...” fece una breve pausa e per un
momento perse quasi la concentrazione, se avesse perso i sensi
sarebbe stata la fine così si costrinse a riaprire gli occhi
“Il
mio comportamento con te era a dir poco sempre al limite della
scortesia. Ora sii sincero, mi ammiravi per la mia
impertinenza?”
“Rox,
non hai un bel colorito...”
“...taci
e rispondi alla battuta”
In
quei momenti in cui non si sentiva particolarmente bene, sua madre
gli aveva suggerito che per non pensarci poteva ripercorrere la
storia di un libro che aveva letto così si sarebbe aiutato a
tenere
la mente occupata. Roxas l’aveva ritenuta sempre
un’idea stupida
ma in quel momento sembrava l’unica cosa da fare per tenersi
sveglio e concentrato.
“Recitare
Orgoglio e Pregiudizio assieme a te è divertente, credimi,
ma in
questo frangente sono un po' preoccupato per altro”
mormorò Axel
“Il cellulare non prende e siamo chiusi da un'ora qua dentro
con
qualcuno armato che probabilmente si aggira ancora per i corridoi, e
non mi sembra che tu stia troppo bene”
“Le
medicine le ho prese, non c’è altro che si possa
fare”
“Perché
non mi hai detto prima che avevi dolori al petto? Anzi no non
dirmelo, non è il momento per discutere” Axel si
portò una mano
alla fronte e si stropicciò gli occhi, con un sospiro
posò il libro
di Orgoglio e Pregiudizio su uno scaffale e si dedicò di
nuovo al
suo biondo.
“È
stato Xemnas” disse
di punto in bianco Roxas.
“A
fare che?”
“È
stato lui a sparare a Vaan. Anche se penso
che il vero obiettivo fossi io”
“P-perché?
E da dove è uscito Xemnas? Non lo vedo da mesi a
scuola” esclamò
perplesso.
Il
biondo esitò impacciato “…diciamo che
l'ho istigato”
“Rox
ma che diavolo, adesso ti ci metti pure tu? L'ho sempre detto che
quello non sta bene con la testa ma da qui a portare una pistola a
scuola…”
Roxas
però lasciò cadere lì
la conversazione. Con un gesto meccanico si portò le mani
alla
fronte, si accompagnò i capelli all'indietro e
respirò
profondamente, l'apporto di ossigeno ormai stava quasi terminando,
avrebbe dovuto andare a prendere un'altra bombola in infermeria.
Axel
lo guardò apprensivo e prese a massaggiargli la schiena con
una
mano. Ormai il tempo stava stringendo, sperava solo che qualcuno
sarebbe arrivato presto ad aiutarli.
Era evidente che Roxas avrebbe ceduto da un momento all’altro.
“Perché
sei venuto a scuola?” mormorò cambiando discorso
per farlo
distrarre.
Il
biondo tentennò prima di rispondere ma non esitò
a dirgli la
verità.
“Per
vedere te”
Le
gote del rosso assunsero una tonalità molto simile a quella
dei suoi
capelli e ringraziò il fatto che il biondo non lo stesse
guardando
altrimenti sentiva che sarebbe sprofondato a causa
dell’imbarazzo.
Però era felice di sapere che nonostante tutto, Roxas era
comunque
venuto a cercarlo.
“Anche
io” ammise accennando un debole sorriso anche se
l’altro non lo
vedeva “Per qualche giorno ho deciso di starmene da solo come
un
miserabile ma poi ho pensato che non serviva a niente, sono venuto a
scuola per incontrarti e se non fossi venuto sarei passato a casa
tua”
“Chi
erano quelle ragazze con cui parlavi?” lo
interrogò repentino il
biondo alzando di scatto il volto e sfoggiando tutto il suo
scetticismo.
“Roxy
non dirmi che sei geloso?”
“Io?
Ma ti pare. Cosa avrei da invidiare a un gruppetto di cheerleader
senza cervello?”
“Ben
detto, tu sei molto meglio” Axel gli diede una pacca sulla
spalla e
poi si morse il labbro prima di continuare in preda
all’imbarazzo
più totale, in quei momenti si sentiva proprio una ragazzina
“Ehi
Rox, mi….mi concederesti un appuntamento?”
“Un
appuntamento?” gli fece eco l’altro.
Axel
annuì “A parte quella gita a New York, tutti gli
altri non sono
stati propriamente appuntamenti”
Roxas
alzò lo guardò stupito e il rosso si
lasciò prendere
dall’agitazione “Sai- sai… ti offro la
cena, facciamo una
passeggiata e poi ti riaccompagno a casa… cose
così però se non
vuoi non fa niente, possiamo fare quello che facciamo sempre”
Roxas
gli posò una mano sul braccio e lo zittì con un
bacio a fior di
labbra. Ormai erano stati insieme per mesi ma questo non aveva
privato il rosso di quel buffo imbarazzo che lo pervadeva in quei
momenti. Era tremendamente carino.
“Ne
sarei davvero felice”
Axel
sorrise maldestro e lo strinse forte a sé, lasciò
la sua mente
vagare prima di dar voce ai suoi pensieri.
“Sei
freddo”
Il
biondo abbassò lo sguardo e non disse niente,
pregò solo di
riuscire a resistere fino alla fine di tutto.
“Rox,
la bombola è quasi del tutto finita”
“Resisterò”
Axel
storse in naso “No
io non mi fido, non ce la faccio a rimanermene qua con le mani in
mano mentre tu stai in questo stato. Faccio un salto in infermeria a
prenderne una nuova e torno”
“No
Ax che stai dicendo, è pericoloso!”
“Tranquillo,
fuori è tutto silenzioso… probabilmente
l’avranno già preso
oppure non è neanche in quest’ala della scuola.
Quando sono
arrivato non c’era nessuno nei paraggi”
“Axel
per piacere, non andare”
“Tornerò
presto, tu aspettami”
Axel
si mise in piedi e apri la porta, si affacciò di poco e
constatato
che fuori non c’era nessuno, uscì e fece per
richiuderla ma Roxas
era già dietro di lui.
“Rox,
torna dentro”
gli intimò sospirando ma l’altro si era ormai
incaponito.
“Se
tu vai io ti seguo”
“Non
se ne parla, torna dentro”
“Stiamo
perdendo tempo, o andiamo o resti”
Axel
sbuffò pesantemente, cacciò la mano e strinse
quella del biondo “Se
succede qualcosa ti ucciderò con le mie mani”
Roxas
gli sorrise “Se succede qualcosa voglio essere con
te”
I
due ragazzi mentre camminavano però commisero il fatale
errore di
abbassare quasi del tutto le loro difese, vicini
all’infermeria e
senza alcun rumore nelle vicinanze ipotizzarono di essere ormai fuori
pericolo. Ma proprio appena svoltarono in un corridoio laterale i due
furono accolti dalla voce di Saix che esclamava qualcosa e ad essa
seguì un altro sparo.
“Roxas!
La
vista di Roxas
si oscurò per una frazione di secondo, tutto
diventò nero e sordo
attorno a lui; il tempo aveva cessato di scorrere e, quando la sua
schiena toccò terra, si accorse che qualcosa stava accadendo
e
comprese di essere stato scaraventato a terra e un peso gli gravava
sullo sterno.
“Stai-
stai bene?”
La
voce di Axel lo riportò alla realtà. Quella
però non era la solita
voce allegra e piena di sé, no, quella voce era rotta dal
dolore,
era sofferente e anche… sollevata?
Quando
aprì gli occhi si ritrovò il viso di Axel a pochi
millimetri dal
suo, ansimava e aveva lo sguardo velato dalla sofferenza, e una spia
di allarme si accese nel suo cervello quando si accorse che sulla sua
mano c’era qualcosa di liquido e caldo. Non ebbe bisogno di
guardare per comprendere.
“Ax-“
“Scappa”
soffiò il rosso prendendolo per un braccio e spintonandolo
affinché
si alzasse velocemente “Vai!”
La
mente del biondo in quel momento era completamente vuota, una volta
che riuscì a registrare l’ambiente circostante
nella sua visuale
entrarono due figure in lontananza. Affilò lo sguardo e
trattenne a
stento un’esclamazione di timore, quelli erano chiaramente
Saix e
Xemnas. Quest’ultimo sembrava essere diventato una statua di
marmo,
la pistola era ancora puntata su di loro e l’espressione era
stravolta; Saix invece era in subbuglio, non capiva se fosse furioso
o se la sua anima stesse ululando di dolore. Lo aveva visto gettarsi
addosso al ragazzo armato e gridare disperato
“Perché Axel?”.
Quello
bastò al biondo per
riguadagnare la forza necessaria a mettersi il piedi, senza pensarci
ulteriormente si sfilò la cannula e si liberò del
peso ingombrante
della bombola, si passò un braccio del suo ragazzo sulle
spalle e
cercò di ripercorrere al contrario la strada che stavano
facendo
prima.
“Stupido,
lasciami” ansimò il più grande ma Roxas
non lo ascoltò, nella
sua mente c’era solo l’urgenza di trovare alla
svelta una via di
uscita da lì. Lo sguardo era fisso avanti a sé,
non si azzardava a
guardare nient’altro, neanche Axel. Non sapeva quanto era
grave la
sua ferita e se aveva colpito qualche organo vitale, non voleva
sapere nulla. Il petto gli faceva male, il cuore batteva
incontrollato, i suoi polmoni bramavano ossigeno, le sue gambe
bruciavano a causa dello sforzo e le lacrime incontrollate gli
offuscavano la vista. Ma neanche quello gli interessava:
tirò su col
naso e con uno scatto iniziò a correre, almeno per quello
che
poteva. Poteva anche morire lì ma l’unica cosa che
contava era
salvare Axel.
“Se
due persone stanno insieme e si amano, si prendono cura l’uno
dell’altro”
Si
dice che esiste una forza superiore a qualsiasi altra - quella
meccanica, nucleare o elettrica sono niente a confronto. La forza di
volontà,
unita a quella della disperazione, permette di compiere sforzi che in
normali circostanze sarebbero impossibili da concepire, come prendere
in spalla una persona più grande di te o iniziare a correre
nonostante il tuo corpo ti chieda pietà. Eppure se una
minuscola
componente viene meno a quel vacillante equilibrio, la torre
inevitabilmente crolla su se stessa.
E
così Roxas si era ritrovato di nuovo a terra, schiacciato da
quel
corpo che tanto amava. Gli era bastato solo una frazione di secondo
di deconcentrazione e le sue gambe avevano ceduto. Con gesti
frastornati e incurante del suo critico stato di salute, si
alzò sui
gomiti e si mise a sedere.
“Axel…
Axel, tesoro apri gli occhi” singhiozzò
accarezzandolo con una
mano e con l’altra vagava nevroticamente sul suo corpo alla
ricerca
della ferita. Quando la trovò lanciò una fugace
occhiata ma
dissimulò il tutto in maniera quasi perfetta:
c’era una lesione
abbastanza profonda nella parte destra dell’addome e il
proiettile
era ancora dentro ma non sembrava aver colpito organi vitali, il
problema principale era l’enorme quantità di
sangue che stava
perdendo. Roxas cercò di mantenere un tono e
ignorò le lacrime e i
tremolii mentre tentava di mantenere l’altro sveglio.
“Ro-Rox?”
l’altro aprì gli occhi e anche se il dolore
lancinante, da una
parte fu sollevato di vedere Roxas ancora accanto a lui.
“Sì,
sono io” il biondo sorrise e portò una mano
dell’altro alla sua
guancia “Va tutto bene, ci penso io a te”
“Dov’è
la tua bombola?”
Roxas
rimase basito da quella domanda, non pensava che in un certo momento,
l’altro potesse notare pure i particolari.
“Non…
non è necessaria adesso”
“Rox,
salvati tu che puoi... non
perdere altro tempo, io non sono messo tanto bene, no?”
Axel
lo guardava con sofferenza ma nei suoi occhi verdi non c’era
alcun
bagliore di dolore o rimpianto, sembrava felicità. Il biondo
socchiuse gli occhi e fu scosso da un singulto.
“Allora
cosa faresti se io dovessi morire?”
“Ti
seguirei” il rosso
rispose senza neanche pensarci.
“Così
è sbagliato” gli occhi
grandi azzurri si piantarono di nuovo sul corpo accanto al suo, il
suo tono sembrava quasi dispiaciuto “Così andremo
via tutti e
due”
“Io
non posso sopportare di perdere altre persone
care...non posso perdere anche te” al silenzio dell'altro,
Axel si
prese la libertà di continuare "E tu cosa faresti se fossi
io a
morire prima di te?"
Roxas
era sempre stato convinto che sarebbe morto prematuramente, ma non
aveva messo in preventivo l'idea che avrebbe potuto essere Axel ad
andarsene per sempre prima di lui.
“Te
l’ho detto prima” dichiarò con voce
rotta dalle troppe emozioni
“Noi usciremo insieme da qui…”
Il
rosso addolcì l’espressione e con un dito
andò ad asciugare una
lacrima sulla guancia dell’amato “Mi
sento proprio un perdente in questo momento...tu passi le giornate
con il terrore di poter incontrare la morte in qualsiasi momento ma
non lo dai a vedere… sei… sei sempre il ragazzino
un po' stronzo
che vuole dimostrare di essere più forte di tutti. Mentre
ora che…
invece mi ritrovo io in questa situazione me la sto facendo sotto
dalla paura"
Il
più piccolo tirò su col naso e represse un
singhiozzo "Io-io non ho paura della morte, Axel"
"Vedi?
Anche in questo momento vuoi dimostrarti forte”
Axel
gli sorrise debolmente e gli diede un buffetto sul naso ma Roxas
scosse il capo.
“Il
punto non è avere paura della morte”
sussurrò stringendosi
all’altro e prese a passargli una mano nei capelli
“Per me la
morte è come quando dormiamo la notte e abbiamo
l'impressione di non
sognare nulla… noi non siamo coscienti del fatto che stiamo
dormendo no? Oppure... se ci pensi prima di essere nati noi non
eravamo vivi. Il problema non è la morte in sé ma
la paura dello
sconosciuto…” si fermò un attimo e si
asciugò le lacrime con la
manica della camicia “Noi tutti siamo terrorizzati da
ciò di cui
non abbiamo certezze. Penso che quello che debba far più
paura è
l'essere dimenticato da tutti, rimanere solo, non avere più
nessuno
vicino… Finché una persona che muore è
ricordata vivrà per
sempre, ma una persona sola rimarrà nell'oblio e quello
sì che è
spaventoso” terminò abbozzando poi un sorrisetto
tirato.
“Tu
mi ricorderesti se io dovessi morire?”
La
domanda dell’altro lo spiazzò, aveva chiuso gli
occhi e pensava
che ormai non lo stesse più ascoltando.
“Tu
non morirai, usciremo entrambi da questo posto.
Insieme… vivi o morti non avrà importanza,
dovremo stare sempre
insieme… sempre e comunque” gli disse con voce
strozzata.
“Roxy?”
lo chiamò l’altro, dischiudendo finalmente gli
occhi “C-come…
com’è la morte secondo te?”
“La
morte….” mormorò
Roxas ripensandoci su “La morte non è
brutta… è come un lungo
tappeto rosso che percorre un corridoio, ai due lati ci sono tutte le
persone che conosci e che ti hanno voluto bene… e mentre lo
attraversi senti We Are The Champions in sottofondo”
“I
Queen eh? Sei troppo prevedibile” Axel ridacchiò e
represse un
gemito di dolore, alzò gli occhi al cielo
e riprese di nuovo “Non è una marcia troppo
altisonante per un
morto?”
Roxas
scosse il capo “Non importa se tu sia vivo o morto, i veri
vincitori sono quelli che hanno lottato con tutte le loro
forze”
“Che
cazzo hai fatto!” esclamò Saix in preda ad un
impeto di furore, si
portò le mani tremanti al volto e cercò di
mantenere un barlume di
lucidità “Perché Axel…
perché proprio lui? Eh? L’hai fatto
apposta vero? Io lo so che non lo sopporti
proprio come stronzetto biondo!” gridò nella
direzione dell’altro
che aveva ancora la pistola tra le mani ma la presa questa volta era
meno salda, il suo volto era dilaniato da sentimenti che non riusciva
a comprendere.
Aveva
sempre odiato quel lato debole di Xemnas e aveva sempre cercato di
sfruttarlo a suo favore, il ragazzo era stato sempre così
facilmente
manipolabile, però quel giorno l’aveva combinata
davvero grossa.
“Dovevi
uccidere Strife! Cos’è che non ti è
chiaro in questa
semplicissima frase?” sbraitò ancora una volta
stizzito e questa
volta l’altro lo guardò.
“Si
è messo davanti a lui… io non potevo
immaginare… io non volevo
colpirlo” farneticò e gettò
un’occhiata alla pistola che aveva
in mano, le sirene e il caos che veniva da fuori era ormai
dimenticato “Io non volevo ucciderlo!”
“Fino
ad ora non hai fatto altro che creare casini su casini. Che cazzo ti
sta prendendo oggi Xemnas? Sei sempre stato il capo assoluto della
scuola, ti sei occupato dei lavori che necessitavano esser fatti e
sei sempre stato il più impeccabile tra i tuoi fratelli
e adesso a stento ti riconosco”
“Il
capo mi odia”
“Ci
credo che ti odierà, dopotutto quello che hai fatto
oggi!”
“Ho
tradito la sua fiducia”
“Dovevi
solo levare di mezzo una persona e non sei riuscito neanche a fare
quello. Ora posso comprendere perché possa avercela con te.
Sei un
buono a nulla, sei la vergogna della famiglia… persino
l’avarizia
di Yazoo era niente a confronto della tua debolezza”
“Taci,
tu non hai il diritto di intrometterti in questi affari”
Saix
inarcò le sopracciglia e rimase per un momento stupito ma
poi
scoppiò a ridere, una risata sarcastica e velenosa
“Xemnas, tu
mi hai sempre coinvolto nelle tue questioni private, sarebbe da
ipocrita ripudiarmi proprio adesso… io ti ho parato il culo
un’infinità di volte” ringhiò
poi alla fine e lo guardò con
occhi ricolmi d’ira “E tu invece cosa fai? Te la
fai sotto quando
uno ti mette in mano una pistola. Fai l’uomo, hai
già fatto fuori
due persone a causa delle tue insulse debolezze, se riprovi magari al
terzo tentativo fai centro! Sei un codardo”
Xemnas
digrignò i denti e strinse i pugni ai lati.
“Chiamami
debole. Chiamami buono a nulla. Chiamami come ti pare”
scandì con
estrema lentezza “Ma non osare mai più darmi del
codardo” e
detto questo iniziò ad avanzare nel corridoio. I suoi passi
riecheggiavano in quel silenzio abissale che si contrapponeva al caos
che c’era in giardino, il suo sguardo era alto e fiero e si
muoveva
nella direzione in cui aveva visto Axel e Roxas precedentemente
fuggire.
Quella
situazione non poteva andare ancora per le lunghe, a breve gli sbirri
avrebbero fatto irruzione nella scuola, quindi doveva sbrigarsi,
ormai tanto valeva regolare i conti.
Svoltato
l’angolo alla sua destra, ritrovò i due ragazzi
riversi a terra,
Roxas che stringeva tra le braccia un apparentemente dormiente Axel,
dall’addome di quest’ultimo si era estesa
un’ampia chiazza
color cremisi. Quella visione gli provocò una fitta
all’altezza
dello stomaco, come se esso fosse stretto da un filo spinato. Quando
il biondo alzò lo sguardo e notò la sua presenza,
i suoi occhi
erano ancora densi di lacrime ma ormai non ne scendevano
più. Non
c’era né ira, ne agitazione, né
tantomeno paura, solo pura
rassegnazione. Che avesse smesso di lottare?
Roxas
strinse il corpo del rosso al petto e contrasse l’espressione
“Perché?” domandò in un
flebile sussurro. La sua carnagione, a
causa del progredire del malessere, era diventata bianca come quella
di un coccio d’avorio.
Xemnas
si avvicinò e abbassò lo sguardo al suolo.
“Perché
hai fatto tutto questo?” domandò di nuovo tra gli
ansimi pesanti.
“Io…”
provò ad articolare ma di tutto quel subbuglio di pensieri
che
aveva in testa, Xemnas non riuscì a produrre
nient’altro.
“Axel
mi sta lasciando” pronunciò il biondo guardando
con tenerezza il
proprio ragazzo “Ma io andrò con lui, altrimenti
si sentirebbe
solo”
Il
ragazzo dai capelli argentei non rispose subito, rimase chiuso nei
suoi pensieri ma quando udì i passi di Saix avvicinarsi alle
sue
spalle, alzò di nuovo il volto e posò lo sguardo
sul biondo.
“Tu
e Sephiroth siete uguali” affermò “Quel
bagliore di follia e
irrazionalità che illumina i vostri sguardi… tu
saresti capace
persino di uccidere pur di vendicare la morte di qualcuno a te caro,
non è così Strife? Non ho dimenticato la tua
amica, so delle
intenzioni che avevi”
Roxas
sussultò a quelle parole ma non ebbe il tempo di ribattere
perché
l’altro continuò.
“Eppure
adesso sei diverso. Adesso saresti disposto anche a morire pur di non
separarti da Axel”
“Quando
ami una persona faresti di tutto per rimanere con essa”
“Non
ha senso quello che stai dicendo” intervenne Saix, rimanendo
però
sempre in disparte “Ma stai tranquillo perché lo
raggiungerai
molto presto. Xemnas sarà tanto misericordioso da farvi
ricongiungere nell’aldilà”
Saix
non transigeva sul fatto che Xemnas avesse colpito Axel
perché anche
se non nutrisse sentimenti per il ragazzo lo vedeva come un
giocattolo di sua possessione che era stato rotto. Axel era suo
e non sopportava l’idea che si fosse ribellato a lui e che
avesse
trovato un’altra persona con cui era felice.
Quasi
quasi avrebbe lasciato in vita Roxas solo per il gusto di vederlo
soffrire per la perdita, ma era evidente che presto o tardi anche lui
avrebbe fatto una brutta fine, quindi tanto valeva chiudere quella
questione alla svelta. Roxas ormai sapeva troppe cose, lui era un
tipo sveglio e fin troppo perspicace per i suoi gusti.
“Accetto
il mio destino” annunciò il biondo con fierezza,
senza la più
piccola traccia di timore “Però prima di
ciò vorrei sapere una
cosa da te, Xemnas. Perché in tutti questi anni ti sei
comportato
così? Che senso ha distruggersi l’esistenza in
questo modo”
Xemnas
lo scrutò a fondo, e si morse un labbro per evitare che
questo
prendesse a tremare.
“Credi
che sia bello ricoprire il ruolo del cattivo?”
disse sottovoce ma questa volta non si sforzò di reprimere
tutti i
suoi sentimenti “Credi che io mi diverta? Vedila invece sotto
quest’altro punto di vista: tu con la tua bella famigliola
felice,
e io da solo e senza nessuno, in cerca di un po’ di affetto
da
qualcuno. Secondo te chi è il cattivo adesso, io o chi ha
sterminato
la mia famiglia? Eh, Strife?”
Xemnas
fece una breve pausa giusto per far assimilare le parole
all’altro
“Tuo padre è una brava persona…
però è stato ingiusto con
Sephiroth, l’ha abbandonato nel momento del bisogno. Il
genere
umano è ingiusto. L’umanità fa schifo.
Per questo quella parte
marcia dovrebbe essere cancellata dalla faccia della terra”
“Credi
che il comportamento della società sia giusto? Gli uomini
distruggono tutto ciò che toccano, compiono delle
atrocità
inaudite. L'uomo è l'essere più meschino che
esista ed è capace di
fare qualsiasi cosa, qualsiasi
cosa,
pur di portare avanti i propri studi, per estendere la propria
conoscenza, per essere più forte, per essere avvantaggiato
sugli
altri eserciti e paesi... perché dopotutto l'uomo ha paura
dello
sconosciuto e degli imprevisti. I potenti vogliono padroneggiare
sugli altri in modo da non avere più problemi e rivali.
Tutto ciò
ti pare giusto? È ora che la parte lesa si prenda la propria
rivincita... cosa sarà qualche migliaio di persone
sacrificate in
confronto alle miliardi di vite spezzate per cause ignobili?”
“Avanti
Xemnas, non
perdere più tempo e sii uomo” intervenne Saix
affiancandolo a quel
punto, il suo sguardo si spostò dai ragazzi davanti a loro
alla
pistola nella mano dell’altro.
“Non
lo ascoltare!” esclamò di nuovo Roxas
“Xemnas, tu non hai niente
da dimostrare a nessuno. Tu sei tu, non lasciare che altri manovrino
la tua esistenza. Io lo so che molte cose le hai fatte solo
perché
dovevi eseguire degli ordini… io l’ho notato il
tuo sguardo
intriso di malinconia quella volta di più di tre anni fa
quando ho
incontrato per la prima volta i tuoi fratelli. Però non
capisco
perché ricopri la parte del ‘cattivo’,
ti diverte vedere gli
altri che ti temono? Non sai come gestire i rapporti sociali e quindi
sottometti chiunque?... e soprattutto, il tuo odio per me era
così
forte che volevi vedermi morto al costo di fare una strage?”
Xemnas
esitò ma non si fece prendere in contropiede.
“Vuoi
che ti parli di me, Strife? Non ho niente da dirti, e anche se
l'avessi non dovresti fidarti. Mai credere a quello che dicono gli
altri, procedi sempre dritto sulla tua strada, seguendo le tue
credenze e fai solo quello che pensi sia giusto da fare. Fin
da quando ero piccolo mi hanno insegnato a combattere perché
vince
solo il più forte. Sempre. In qualsiasi occasione. E io ci
ho
creduto, questa era la mia filosofia di vita”
affermò battendo una
mano sul suo petto, all’altezza del cuore e calde perle di
disperazione presero a scendere dai suoi occhi “Ma ora mentre
cado
a terra, mentre ogni parte del mio corpo urla di dolore, mentre la
mia anima implora pietà… mi chiedo solo cosa ho
ottenuto da tutto
ciò? Mai nessuna ricompensa, mai nessuna vittoria”
Xemnas alzò
gli occhi al cielo e l'espressione si ammorbidì, come se si
stesse
rivolgendo a qualcuno in particolare, qualcuno che non era in quel
corridoio di disperazione assieme a loro “Io ormai non cerco
più
niente, ho investito ogni briciola del mio onore per perseguire i
miei ideali e sebbene io sappia di non essere altro che un misero
traditore, desidero solo raggiungerti, in quel luogo lontano dove non
posso seguirti... se non quando le mie palpebre si abbasseranno, i
miei respiri si faranno sempre più lievi e il mio cuore
cesserà di
battere”
“Xemnas...
co-cosa stai dicendo?”
fece il biondo assumendo una maschera di preoccupazione, la vista gli
si stava offuscando, sintomo che presto sarebbe crollato anche lui,
ma si impose di resistere ancora un po’.
“Ormai
è arrivata l'ora, non posso più perdere
tempo”
Un
pesante rumore di passi improvvisamente
squarciò il silenzio e tutti i presenti si voltarono verso
la
direzione dell’uscita.
“Gli
sbirri stanno arrivando” si intromise Saix con urgenza e con
un
veloce scatto afferrò la spalla dell’amico
“Xemnas!”
Con
estrema lentezza Xemnas alzò
la pistola, la sua anima bruciava e si dimenava.
“La
verità è che io ho cercato di salvarti, Roxas. Il
tuo carattere mi
ha sempre fatto andare fuori di testa e ho commesso tanti
errori…
sono umano dopotutto… non volevo arrivare a questo,
però ho
tentato in tutti i modi di salvarti”
Queste
furono le sue ultime parole, ma ormai fu troppo tardi.
La
visione di Roxas ormai sfocata divenne tutta nera e i suoni ovattati,
il suo corpo lo aveva abbandonato e si ritrovò a collassare
al
suolo, accanto al suo amato. Prima
di lasciarsi andare però l'ultima cosa che riuscì
a vedere fu la
donna bionda che correva disperata verso di lui, ma ella non fu in
grado di raggiungerlo in tempo.
Nello
stesso momento ci fu uno sparo.
Un
forte dolore si irradiò per tutto il suo corpo, seguito poi
da una
strana sensazione di calore.
E
poi fu il buio.
Mi
avevi detto che non si può evitare il proprio destino, che
lo avrei
incontrato sulla mia strada.
Certo
che tu mi conosci proprio bene, forse è un po' tardi
chiederti
perché hai fatto tutto ciò ma non importa,
perché dopotutto
nell'esatto momento in cui sono venuto al mondo, ho promesso alla
Morte che sarei stato suo.
I've
taken my bows
And
my curtain calls
You
brought me fame and
fortune
and
everything that goes with it
I
thank you all
But
it's been no bed of roses
No
pleasure cruise
I
consider it a
challenge before the whole human race
And
I ain't gonna lose
We
are the champions - my friends
And
we'll keep on fighting - till
the end
{Queen
- We are the Champions}
***
Roxas
si ritrovò ai piedi di una grande chiesa, la
città tutta attorno a
sé era distrutta e desolata. C’era un parco
abbandonato poco
lontano e i fantasmi di bambini giocavano indisturbati, lasciando che
le loro gioiose risate si mescolassero nell’aria appesantita
da
quel senso di morte.
Con
esitazione poggiò
entrambe le mani sulla superficie legnosa del portone e le spinse in
avanti le due porte, sembravano molto pesanti ma il suo corpo non
percepì alcuno sforzo; e nel momento in cui entrò
nella chiesa fu
completamente avvolto da una grande luce.
“Ehi
prep... avevo paura che ti fossi dimenticato di me”
At
birth, I promised Death I would die
{End
of the Act 3}
•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•
La
canzone citata è We are
the Champions - Queen
Ringrazio
anche Kyarameru
per lo splendido e fluffosissimo disegn di Roxas tratto dal capitolo 2
(quando si incontra con Axel e bevono entrambi una cherry coke per
intenderci).
|
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Capitolo 21 *** Who will survive and what will be left of them ***
Viva la
Vida
Act. 4
Veridis Quo: No Heroes Allowed
#21. Who
will survive and what will be left of them
Roxas aveva sempre
pensato che i ricordi rimanessero intatti, passando dal tedio
all’estasi, dall’illusione all’amarezza.
Li amava e li disprezzava allo stesso modo, come amava e disprezzava se
stesso, e senza neanche accorgersene egli aveva costruito casa tra le
reliquie delle sue reminescenze, tra le luci e le ombre del suo
giardino interiore. Spesso pensava a Xion. Ai suoi occhi, ai suoi
capelli e al suo incarnato. Senza saperlo l'abbelliva nei suoi ricordi,
faceva di lei una principessa, irraggiungibile come una femme fatale,
una poesia triste e commovente. La custodiva come un tesoro prezioso e
inaccessibile, a cui nessuno era concesso venirne a conoscenza.
E Xion era sempre stata con lui, anche dopo la morte, come un ricordo
ostinato, l'ombra di una vita insolente. Era una presenza reale al suo
fianco.
"Prep?"
Xion non era affatto cambiata, con grazia lei indossava i suoi eterni
14 anni mentre gli rivolgeva uno sguardo carico di affetto.
"Sono felice che sei ritornato da me, prep" sussurrò
avvicinandosi e appoggiò la fronte sulla spalla di lui "Per
lungo tempo non mi hai cercato"
Roxas racchiuse la ragazza tra le braccia e appoggiò il
mento sul suo capo, senza dire niente, perché era questo che
faceva quando era con lei. In quel momento non c'erano emozioni o
sentimenti, passato o futuro, Roxas era un guscio vuoto e la sua
esistenza era finalizzata in funzione di quel preciso attimo. Era
normale che Xion fosse tra le sue braccia, era normale che si
trovassero in una cattedrale. Non aveva bisogno di alzare lo sguardo
per ammirare il soffitto altissimo e ricco di affreschi o la navata
centrale costeggiata da colonne di marmo decorate con motivi dorati o
ancora le enormi vetrate in stile gotico che emanavano fasci di luce
colorati. Non era mai stato lì ma sapeva di conoscere
già quella chiesa. Tutto per lui era cosi normale e scontato.
"L'ho fatto" rispose Roxas dopo un lungo silenzio "Tu sei sempre stata
con me. Anche quando volevo dimenticarti ti vedevo ovunque, ma quando
ti parlavo tutti pensavano che fossi pazzo. Ero stanco, ho tentato di
raggiungerti ma non ce l'ho fatta. Io ho dovuto smettere di cercare il
tuo nome per far felici loro" immerso com'era non si era accorto che a
un certo punto aveva iniziato a parlare con maggior foga e si era
allontanato dalla ragazza, le aveva preso i polsi e la scrutava con
sguardo bisognoso di certezze "Xion, secondo te cercare una persona
importante significa essere pazzi?"
"No prep, è da pazzi frapporsi, ma anche quello che hai
tentato di fare è imperdonabile. Non puoi porre fine alla
tua vita con tanta leggerezza"
Ma Roxas la guardò con gli occhi di chi aveva vissuto
troppo, di chi aveva detto basta, di chi era stanco di giustificarsi o
dare spiegazioni. Non voleva sentire Xion pronunciarsi su quello. Se
lui era arrivato sul punto di abracciare la Morte come la
più cara delle sue amiche nessuno aveva il diritto di
immischiarsi o decidere al posto suo. Non era stato un incidente come
tutti credevano, quel giorno era lucido, era nel pieno possesso delle
sue facoltà e se lo aveva fatto era perché lo
voleva. Neanche Naminé, che era l'unica con cui era sempre
stato sincero e si era confidato, era a conoscenza delle sue intenzioni.
Xion però non si crucciò del suo silenzio e gli
passò una mano sulla guancia, ne tracciava il profilo mentre
amava ogni luccichio nelle pozze celesti dell'altro "Ma questo
è stato tanto tempo fa..." sussurrò come se
volesse convincere di più se stessa "Adesso sei cresciuto,
te lo si legge negli occhi"
"Tu invece non sei cambiata di una virgola"
Xion gli sorrise malinconica ma Roxas le allontanò la mano
dal suo viso. Non sopportava la strada che stava prendendo la
conversazione, quando loro erano insieme finivano sempre per cadere
nella stessa trappola di odio e amore. Inspirò
profondamente, lasciando che la sua mente si svuotasse, più
di quanto non fosse, e poi parlò di nuovo "Xion dimmi la
verità, io sono morto?"
Ci fu un momento di silenzio tra i due ma quella non fu una domanda
inattesa, dopotutto era il motivo per cui si tovavano lì. La
ragazza dai capelli corvini si umettò le labbra secche ma
non si scompose, il suo sguardo non fu mai cosi austero.
"Il tuo cuore ha cessato di battere un paio di minuti fa" questa fu la
sua unica risposta e Roxas pronunciò una flebile
esclamazione di stupore ma non si sbilanciò più
di tanto, era come se in un certo senso se lo aspettasse e che si fosse
gia preparato mentalmente.
Era come guardare un condannato a morte che aveva passato i suoi ultimi
giorni a pregare per la sua anima e che ora aveva appena ricevuto la
sua condanna. Xion si strinse nelle spalle al costante ricordo di come
avesse rovinato la vita del biondo e di tutte le volte che lo aveva
coinvolto e così, come a voler scappare da tutti i suoi
rimorsi, gli rivolse un'ultima volta la parola con voce leggermente
tremante “Vieni con me, non c'è tempo"
Roxas la scrutò attentamente mentre lo superava ma non si
fece prendere alla sprovvista: iniziò a correre nella sua
direzione, veloce, sempre più veloce, e più
pensava di avvicinarsi a lei e più la distanza tra loro
aumentava. Xion era sparita e con lei anche la chiesa. Senza sapere
come, si ritrovò in un corridoio bianco di cui non riusciva
a intravedere la fine e udì delle voci confuse e vorticanti
ma non era capace di tracciarne la provenienza. Le luci, prima deboli e
sfocate, adesso lo abbagliarono e per pochi secondi fu costretto a
chiudere gli occhi per non rimanerne accecato.
"Valori in diminuzione"
"Preparate le sacche per le trasfusioni"
"La sala operatoria è pronta"
Roxas sussultò quando si accorse che quelle voci si
avvicinavano a gran velocità e si girò giusto in
tempo per adocchiare un gruppo di infermieri che trasportavano delle
barelle. Era in un ospedale. La situazione doveva essere critica, si
disse, a giudicare dalla foga con cui tutti correvano. Cercò
di raggiungerli e gettò un'occhiata giusto per
curiosità. Sulla prima barella c'era Axel, la sua divisa di
basket era coperta di sangue e un infermiere stava cercando di fermare
l'emorragia con scarso successo mentre gli altri lo trasportavano, non
sembrava che se la stesse passando tanto bene. Subito dietro di lui
adocchiò Kairi, lei era sveglia e si teneva la gamba destra
insanguinata tra le mani. Adocchiò anche un'altra ragazza
che non conosceva ma spostò poi lo sguardo su un'altra
barella che stava arrivando di gran corsa, aggrottò la
fronte quando si accorse che il ragazzo su quel materassino era lui
stesso vestito da pirata.
"Arresto cardiaco" Xion lo affiancò e gli prese una mano, la
strinse forte e incrociò le dita con quelle del biondo.
"Non ho una bella cera"
"Direi proprio di no" sussurrò e con dolcezza lo
portò davanti la finestra che dava dentro una stanza. C'era
una gran foga all'interno, i medici stavano cercando di riportarlo in
vita col defibrillatore. Ormai lo avevano usato così tante
volte su di lui che gli erano rimaste anche delle piccole cicatrici sul
petto. Per qualche strano motivo le mani gli pizzicavano alla vista di
sé stesso lentamente cedere davanti alla morte, non riusciva
a capire neanche lui cosa provava in realtà.
"Xion?"
"Uh?" la ragazza si strinse a lui ma non spostò lo sguardo
dalla scena.
"Fa male morire?"
"No prep" sussurrò con voce flebile "Non si sente niente,
è quello che c'è prima che fa male"
"Perché mi stai facendo vedere tutto questo?"
Roxas fu perforato dallo sguardo penetrante di Xion ma non ricevette
mai risposta alla sua domanda. Così entrò nella
stanza e si avvicinò al letto dove giaceva il suo corpo
privo di vita. Era così pallido e i suoi capelli avevano
perso la loro solita brillantezza; forse era una cosa stupida da dire
ma gli piacevano i suoi capelli, anche se erano sempre ribelli e non
riusciva mai a sistemarli a dovere. Ogni mattina lui e Sora facevano
delle vere e proprie battaglie per cercare di assumere un aspetto di
minima decenza, ma alla fine a scuola sembrava sempre che si fossero
svegliati pochi minuti prima. Sora era sempre quello più in
difficoltà a causa dei suoi capelli selvaggi e
così Roxas finiva per doversene occupare. Gli
scappò una leggera risata a quel pensiero, poi
però si rabbuiò perché sapeva che
adesso non avrebbe potuto più vivere quei momenti felici con
suo fratello.
"Sai Xion" mormorò ad un certo punto, continuando
però a fissare con commozione il suo corpo terreno "Mi sono
sempre chiesto come sarebbero state le cose una volta che me ne fossi
andato"
La ragazza si era seduta sul bordo del letto ed era intenta ad
accarezzare un braccio del Roxas defunto, il biondo si sentì
strano ad assistere a una scena del genere - dopotutto non era da tutti
i giorni vedere la protagonista del tuo interesse platonico morta da
anni, accarezzare il tuo corpo mentre tu ti trovi dall'altro lato della
stanza e non in quel letto.
Xion non alzò il volto, neanche per rispondere
“Perché ti poni queste domande invece di smaniare
il ritorno tra i vivi?"
Il biondo inarcò un sopracciglio e si lasciò
scappare una risata sarcastica, come poteva lei tra tutti fare una
domanda cosi ovvia?
"Mi stai prendendo in giro? Guardami! Guarda il mio corpo rinsecchito
sotto tutti quei tubi e fili, circondato da quei monitor e quelle
attrezzature, in quel letto fin troppo grande" anche se non poteva
sentirla davvero, si sentì quasi assalire da una sensazione
di panico e angoscia e si portò le mani strette al petto
"Ormai con la mia malattia contavo i giorni in cui il mio corpo
continuava a trascinarsi avanti per inerzia. Non ce la facevo
più, Xion. Ogni volta che venivo ricoverato d'urgenza o
quando leggevo gli sguardi avviliti dei medici o dei miei genitori mi
dicevo sempre "spero che questa sia la mia volta, spero che
questa sia la mia volta", ma poi puntualmente venivo
rimandato a casa, sempre con qualche diagnosi negativa in
più e qualche accessorio ad ornarmi il corpo... Secondo te
questa può chiamarsi vita? Biasimi ancora le mie scelte?"
Se Xion avesse sostenuto il suo sguardo sapeva che presto avrebbe
ceduto alle lacrime. Ma non era quello il posto, non era quello il
momento, adesso era lì per un altro motivo "E tutte le
persone che ti vogliono bene allora? Non pensi a loro?"
"Ho causato già fin troppi problemi. Io sapevo che non
dovevo lasciarmi coinvolgere più di tanto... come uno
stupido ho usufruito della loro compagnia perché avevo
paura... adesso senza di me tutti potranno continuare le loro vite"
"Tu credi che lasciandoli così vivranno meglio?"
"Sì"
Xion esitò alla fermezza della risposta dell'altro ma si
ricompose immediatamente.
"Allora seguimi, forza"
L'ultimo luogo in cui Roxas si sarebbe immaginato di ritrovarsi era il
giardino di casa sua, più precisamente davanti le due
altalene solitarie che pendevano da un grosso albero.
"Scendi da lì" quello del biondo risultò come un
atono richiamo ma in realtà era una vera e propria
ammonizione "Quello è il posto di Sora"
"Pensavo che io godessi di un trattamento di favore" Xion rise e
continuava dondolarsi, senza prestare attenzione alle occhiate
fulminanti dell'altro. Da parte sua, Roxas stringeva i genti per non
risultare scortese, perché su quelle altalene non poteva
sedersi nessuno oltre a lui e Sora, era una legge che aveva imposto
quest'ultimo quando erano piccoli - anche se un paio di volte il
castano aveva trasgredito la regola e aveva fatto salire Riku sulla sua
altalena... a Kairi invece non l'aveva mai permesso.
"Su queste altalene non sono ammesse concessioni o trattamenti di
favore" liquidò Roxas affondando le mani nelle tasche dei
pantaloni e si voltò per fronteggiare la sua casa che
sorgeva imponente in mezzo a una distesa di verde, l'erba era tagliata
e curata meticolosamente cosi come tutti i cespugli fioriti che
contornavano il perimetro dell'edificio, il cielo invece era plumbeo.
"Certo che sei molto geloso delle cose di tuo fratello"
cinguettò la moretta scendendo con un agile salto, Roxas la
ignorò e continuò a lasciarsi cullare dalla
nostalgia che l'aveva assalito.
"Cosa facciamo qui?"
"Siamo in attesa"
Proprio nel momento in cui Roxas stava per chiedere cosa stessero
aspettando udì una voce fin troppo familiare che lo chiamava
e si girò di scatto. Sora correva verso di lui a gran
velocità e in viso indossava un sorriso luminoso, sotto
braccio aveva un piccolo cesto con un guantone e delle palle da
baseball. Istintivamente il biondo abbozzò un sorriso di
rimando, felice di rivederlo.
"Ti va di fare qualche tiro?" chiese il castano preso da una febbrile
eccitazione.
Roxas annuì e si mise in posizione, divaricò le
gambe in attesa che l'altro gli lanciasse la palla, ma il tiro non
andò a buon fine perché la palla finì
incastrata sull'albero.
"Tiro lungo" esclamò Sora, stupito come se fosse la prima
volta che gli capitava "Scusa, errore mio, adesso te la rilancio!".
Sora si chinò nella cesta a prendere un'altra palla e si
preparò al lancio. Il secondo tiro fu molto più
rettilineo e deciso del secondo e Roxas era certo che l'avrebbe presa,
ma proprio quando allungò la mano davanti a sé la
palla sfuggì dalla sua presa e trapassò il suo
busto da una parte all'altra.
"Cosa?" fece sbigottito il biondo guardando la pallina che adesso
rotolava a terra come se l'avesse bruciato.
"Che ti prende, prep?" lo richiamò Xion da poco dietro.
"La palla" tentennò ancora scioccato da quello che era
appena successo "La palla mi ha trapassato"
La ragazza inarcò un sopracciglio "E cosa ti aspettavi? Che
rallentasse e ti aggirasse?" ironizzò con una risatina.
Il biondo sentì una strana sensazione all'altezza dello
stomaco e udì andora una volta la voce di Sora.
"Dai Rox, questa era facile. Se manchi anche questa però non
sarò io l'unica schiappa!"
Un'altra palla passò attraverso il ragazzo, che si
spostò subito di lato per non essere 'colpito' ancora dai
prossimi tiri. Era senza parole. Sora era davanti a lui, gli parlava e
giocava con lui eppure la palla lo aveva oltrepassato e lui non aveva
battuto ciglio - a dirla tutta la cosa aveva stupito più
Roxas che Sora - anzi ora che ci faceva caso il castano stava ancora
parlando e lanciando palle. Sembrava che giocasse... da solo?
"Xion, che diavolo sta succedendo qui?" chiese allarmato mentre si
avvicinava all'amica che aveva assistito agli eventi sotto l'albero
delle altalene.
"Non capisco perché ti sorprendi tanto, prep. Sei un
fantasma, la gente non può vederti o sentirti"
"M-ma prima Sora...io..."
Roxas lasciò morire la frase a mezz'aria e
continuò a guardare suo fratello che continuava a giocare e
a parlare tranquillamente da solo, poi lo vide interrompersi di colpo e
scoppiare a piangere e singhiozzare senza sosta. Non era possibile,
cosa diavolo stava succedendo?
Poco più in là, seduto sulle scale del portico,
adocchiò Riku che guardava con scarno interesse la scena.
Sul suo volto si leggevano solo noia e disinteresse, come se fosse
stufo di tutto ciò. Roxas si sentì il sangue
ribollire nelle vene, o almeno metaforicamente parlando, e senza
pensarci due volte percorse il giardino a grandi falcate e si
piantò davanti al ragazzo dai capelli argentei.
"Che cavolo stai facendo?" sibilò a denti stretti "Vai da
Sora! Perché te ne stai qui senza far niente?"
Riku però non sembrò vederlo o sentirlo, si
limitò a passarsi una mano tra i capelli per ravvivarli e
trasse un pesante sospiro. Seguì Sora con lo sguardo per un
paio di minuti, sembrava quasi indeciso se raggiungerlo o no ma poi
alla fine si alzo e si diresse verso la sua macchina. Roxas
poté giurare di averlo sentito mormorare sottovoce un addio
con un velo di nostalgia.
"Riku aspetta, dove stai andando? Sora ha bisogno di te... il tuo
ragazzo ha bisogno di te" senza accorgersene si era
ritrovato a rincorrerlo e ad alzare la voce ma l'argenteo non si era
mai fermato, in men che non si dica era sparito dalla sua vista "Riku
perché fai cosi?" l'ultima frase fu un mero sussurro.
"Loro ormai non stanno più insieme" Xion lo
affiancò con flemma e alzò lo sguardo al cielo
nuvoloso, presto la pioggia avrebbe lavato via le lacrime dei due
ragazzi e non ne avrebbe lasciato più traccia.
"Perché... perché è finita
così? Loro erano anche più uniti di me e Axel...
perché Riku-"
"Riku ha fatto di tutto pur di salvare la relazione, Sora invece non si
è preoccupato più di tanto. Ha iniziato a
trascurare Riku sempre di più, da quel giorno ha perso ogni
interesse...il desiderio di quello che non c'è
più l'ha portato a perdere qualcosa di molto importante"
Roxas sentì l'aria bloccarsi in gola, i pugni stretti ai
suoi fianchi avevano preso a tremare. Era la stessa cosa che stava
accadendo con Axel. Avrebbe voluto dire tanto ma neanche un suono
uscì dalle sue labbra, c'erano solo tanta delusione e
tristezza per la sorte di suo fratello e del più stretto dei
suoi amici.
"Avanti Rox" annunciò Xion circondandolo con un braccio
"Andiamo dentro"
Roxas ne aveva già abbastanza ma non oppose resistenza e si
lasciò guidare attraverso il giardino e la porta di
ingresso, ancora con quella sgradevole sensazione che gli attanagliava
l'animo, scrutava ogni più piccolo dettaglio come se fossero
delle antiche reliquie: le fotografie che ritraevano quattro facce
sorridenti con il mare o le montagne alle spalle, il salone
completamente bianco che dava un senso di pace ultraterrena, il
pavimento di marmo sempre perfettamente lucido e i gigli nei vasi
sembravano appena colti, le tende erano appena tirate e sul tavolo di
cristallo era poggiato quello che Roxas aveva riconosciuto essere un
suo vecchio album di disegni. Anche se non era bravo come
Naminé, gli piaceva provare a ritrarre le persone o i
paesaggi.
La sua attenzione però fu ben presto catturata dalla voce
incrinata di suo fratello che proveniva dalla cucina.
"Che stai dicendo? Ti ricordo che sto all'ultimo anno, i reclutatori
quest'anno inizieranno ad esaminarmi. Il coach ha detto che la
settimana prossima verrà uno da Providence apposta per me,
non posso perdere quest'occasione!"
Ci fu un breve silenzio e Roxas immaginò che dovesse essere
a telefono oppure qualcuno aveva semplicemente risposto a voce molto
bassa, cosi senza perder tempo si affacciò nell'altro
ambiente e vide Sora seduto all'isola della cucina e di fronte a lui
c'erano suo padre a braccia conserte e sua madre che tentava di tenersi
occupata con un bonsai.
"No. Mi rifiuto categoricamente di assecondare la tua richiesta!"
parlò di nuovo il castano rivolto verso Cloud, c'era
dell'astio nel suo tono e nel suo sguardo, qualcosa che non gli aveva
mai visto in dosso, ma l'altro lo sosteneva con
impassibilità.
"Ci sono tante altre attività più sicure che
potresti praticare-"
"Io non abbandonerò il calcio solo perché ora sei
fissato che io possa avere qualcosa"
"Il qt è molto difficile da individuare, potrebbe
presentarsi in qualsiasi momento, dovresti saperlo, e i soggetti
più a rischio sono proprio gli sportivi. Quanti giovani sono
morti in campo perché non sapevano di averlo... io non
voglio che a te possa capitare qualcosa"
Roxas sgranò gli occhi e si avvicinò con
titubanza agli altri una volta ricevuto un cenno da Xion. La sua
famiglia non poteva vederlo ma questo non toglieva che lui non potesse
vederli o sentirli e l'ultima cosa che avrebbe voluto era vederli
discutere di queste cose, ora che lui era morto che motivo avevano di
parlarne ancora? Perché non erano felici invece?
"Questo non è il mio caso" ribatté Sora indurendo
il tono "Mi avete fatto fare mille test in condizioni sempre diverse e
non è mai uscito niente perché sto bene!"
"Questi test individuano il problema solo quando si presentano certe
condizioni, bisogna riprovarli nelle occasioni più
disparate-"
"È da quando avevamo 15 anni che abbiamo iniziato a fare
esami su esami e io sono sempre risultato negativo. Mamma diglielo
anche tu! Non può farmi lasciare la squadra per capriccio,
lo sapete benissimo che sono sano"
Aerith per la prima volta alzò il naso dalla sua piantina e
rivelò la sua espressione afflitta, non si era intromessa
apposta "Sora a dire il vero anche io sono un po' preoccupata-"
"Cosa-" se il ragazzo fino a quel momento era sembrato stanco e
angosciato piuttosto che realmente arrabbiato, adesso il suo sguardo
era diventato infuocato e sul suo volto apparve una smorfia di sarcasmo
"Ah, ma certo, che stupido che sono... dovevo immaginarlo che foste
alleati"
"Sora, tesoro, aspetta" disse alzandosi dallo sgabello e si
avvicinò pericolosamente a Roxas, anche se non poteva
vederlo. Adesso Sora era diventato molto più alto rispetto a
prima, il biondo gli arrivava appena alla spalla, e per un momento si
chiese se sarebbe mai cresciuto come lui se non fosse morto.
"Non ti avvicinare!"
L'ammonizione di Sora lo fece trasalire dal suo fiume di pensieri e lo
vide scansarsi da sua madre che cercava di andargli incontro.
"Noi lo stiamo dicendo per il tuo bene"
"Il mio bene? Vi rendete conto che la vostra è
un'ossessione? Siete convinti che debba sempre succedere qualcosa di
spiacevole. Sempre. Sempre. Sempre! E ora volete
segregarmi in casa proprio come facevate con lui. Ma io non sono lui e
non lascerò che facciate della mia vita quello che volete
voi"
"Adesso basta" questa volta fu Cloud a intervenire e Roxas lo vide
erigersi in piedi, lui rimaneva sempre più alto rispetto a
Sora "Abbiamo provato a dirtelo in tutti i modi con le buone,
vorrà dire che adesso parlerò io col coach e-"
incominciò a parlare con voce che non ammetteva repliche, ma
fu prontamente interrotto dallo stesso Sora.
"Papà ti rendi conto di quello che dici? Sei convinto che
tutti debbano fare come dici tu, ma solo perché hai qualche
gruppo di sottoposti che pende dalle tue labbra non significa che tu
debba decidere la vita degli altri. Il mondo non ruota attorno a te. Io
ora ho 18 anni sono grande abbastanza da prendere da solo le mie
decisioni!"
"Bada a come parli, Sora, se non vuoi finire in punizione. Tu adesso
non sei nessuno, siamo io e tua madre a decidere per te. Tu lascerai
quel dannato club di calcio oggi stesso!"
"È così che reagisci quando ti senti minacciato,
vero? Ora capisco perché Roxas vi odiava ed è
scappato di casa!"
A quel nome tutti ammutolirono e impallidirono, compreso Sora. Nessuno
nominava mai il nome di Roxas, da quel giorno lui era come un taboo,
come una cosa che non era mai esistita. E Roxas si era accorto di come
abilmente sviavano sempre il suo nome.
Sora era in preda al panico e guardando i volti stravolti dei suoi
genitori si sentiva ancora più colpevole per quello che
aveva detto, ma ormai il loro rapporto era incrinato da troppo tempo
"Non aspettatemi" sussurrò prima di prendere le chiavi della
macchina e chiudersi la porta d'ingresso alle spalle.
Roxas afferrò nelle mani il petto che minacciava di
esplodere da un momento all'altro, e le gambe fallivano a reggerlo.
Non ce la faceva ad assistere a scene del genere.
Non capiva... quella non era la sua famiglia, non poteva esserlo. Sora
adorava i loro genitori, non avevano mai litigato, e non si sarebbe mai
immaginato di alzare la voce.
"Sora non è più tornato" Xion lo prese per mano
per sorreggerlo e si specchiò nel cielo infinito delle iridi
del biondo "L'unica colpa di tuo padre è stata la paura. La
troppa paura di perdere anche Sora gliel'ha fatto perdere comunque"
Tutte quelle cose che Xion gli aveva fatto vedere, a Roxas sembrava di
ripercorrere gli errori che aveva commesso lui stesso. Il troppo
attaccamento a Xion lo aveva allontanato da Axel e il loro rapporto ne
era uscito minato da tutta quella situazione.
"Dai andiamo" mormorò dolcemente conducendolo attraverso il
salone. Quando però Xion aprì la porta di vetro
fuori non c'era il cortile di casa, non c'erano più la serra
di Aerith o il lago. I due ragazzi si ritrovarono a passeggiare in un
giardino apparentemente deserto; l'erba era curatissima, c'era qualche
albero qua e là e in lontananza si sentiva il mare
infrangersi contro gli scogli. Roxas però non
domandò dove si trovassero perché sapeva che
presto l'avrebbe scoperto, e infatti non passò molto tempo
che intravide in lontananza sua madre in piedi in religioso silenzio
davanti quella che sembrava una lapide di marmo bianco. Si trovavano in
un cimitero e lì doveva essere dove giaceva lui.
Xion gli diede una pacca dietro la schiena per esortarlo ad
avvicinarsi, ma lui era timoroso di sapere. I suoi passi erano lenti,
sempre più lenti e rimase a distanza di sicurezza, come se
avesse paura di rimanere ferito, e scorse Leon accanto a lei. I due
stavano parlando a voce bassissima e Roxas non riusciva a capire cosa
dicessero, così prese coraggio e li affiancò,
andando a posizionarsi sulla sua lapide.
"Non si sistemerà nulla. Ho provato a contattarlo
più volte, ma quel suo amico Tidus ha detto che non vuole
sentirmi"
"È giovane, lascialo sfogare. Vedrai che prima o poi
tornerà"
"Dimmi, Leon, che cosa ho sbagliato? Ho dato tutta me stessa per loro,
cercavo di incoraggiarli a seguire i loro sogni, a essere buoni e
giusti col prossimo. Io sono umana, ho fatto anche tanti sbagli, ma
come potevo fare? Nessuno ti insegna a essere una madre"
Roxas era sempre rimasto con il volto fisso su quella lastra di marmo
bianco sulla quale erano incisi il suo nome e la data di nascita e di
morte, non ce la faceva a sostenere lo sguardo di sua madre poco dietro
di lui, ma quando lei interruppe bruscamente il suo monologo Roxas si
voltò di scatto e la vide piangere. Erano rare le volte che
si lasciava andare così davanti agli altri, solitamente
preferiva farlo di sera tardi quando tutti andavano a dormire e lei si
rinchiudeva in bagno. Roxas lo sapeva perché quelle notti
rimaneva sveglio, seduto dietro la porta della sua stanza in attesa che
sua madre decidesse di andare a letto. Lei era stata quella che aveva
sofferto di più della situazione di Roxas, e ora con Sora
doveva essere lo stesso.
"Quando Sora e Roxas sono nati erano così piccoli e fragili
che avevo quasi paura di romperli quando li tenevo in braccio...
All'epoca avevo 25 anni, ero una stilista emergente e i miei maggiori
problemi all'ordine del giorno erano scegliere tra una festa o una cena
di beneficenza. Anche Cloud non era messo meglio, lui era un SOLDIER,
cosa vuoi che ne sapesse di bambini? Lui con Tifa e io con le mie
questioni irrisolte con Zack... non eravamo pronti per fare i
genitori... però... però quando guardavamo le
loro faccine sorridenti..." Aerith si fermò un attimo e fu
scossa da un singhiozzo, prima di riprendere mormorò una
flebile scusa "Sora e Roxas erano la cosa più preziosa che
avessimo mai potuto avere"
"Lo so, lo so" Leon le passò una mano tra i capelli ma lei
scosse il capo "Non puoi saperlo... tu non puoi capire" Aerith si
asciugò invano le lacrime con una mano e alzò lo
sguardo sull'uomo "Se ti muore una madre, sei un'orfana. Se ti muore un
marito, sei una vedova. Ma se ti muore un figlio... se ti muore un
figlio cosa sei? Non sei nulla"
Nessuno parlò più. Leon l'aveva presa tra le sue
braccia e le carezzava dolcemente la schiena mentre Roxas invece si era
girato di nuovo verso la sua tomba e non accennava ad alzare lo sguardo
dal terreno sotto i suoi piedi, pesanti lacrime solcavano le sue guance
e niente le avrebbe più fermate. Ormai aveva capito, non
c'era più felicità nelle vite dei suoi cari,
sapeva che c'era sempre qualcosa di peggio che Xion gli avrebbe presto
mostrato. E con estrema puntualità, lei gli si era
avvicinato e aveva racchiuso la sua mano tra le sue.
"Cloud è sempre assente. Da quando sei morto è
stato sopraffatto dai sensi di colpa perché non è
riuscito a salvarti e ha scaricato la sua apprensione su Sora.
Quest'ultimo è andato via e ora non vuole vederli, ma
proprio come i genitori anche lui è tremendamente infelice"
spiegò sfregando dolcemente la mano dell'altro "E Aerith...
lei è rimasta sola e distrutta dalla perdita di entrambi i
figli e ha cercato conforto tra le braccia di un altro" Xion si
fermò e attese giusto qualche istante per permettere
all'altro di assimilare tutte le informazioni "Anche Leon dopo quel
giorno non è più riuscito ad andare avanti, ha
lasciato il suo lavoro e la sua ragazza Rinoa"
"Basta così" la interruppe Roxas, non ce la faceva
più a sentire e venire a conoscenza di quel circolo vizioso
di disperazione però c'era solo un'ultima cosa che gli
premeva di sapere. Ormai non aveva grandi aspettative, però
non facendo parte della sua famiglia sperava che almeno a lui le cose
andassero meglio "Dimmi solo di Axel... non voglio sapere nient'altro"
Xion sospirò e, dopo aver scrutato a fondo l'espressione
stravolta di Roxas, con un dito indicò un punto dietro di
lui. Il biondo si girò e aguzzò la vista. Quello
che vedeva erano lande desolate e macerie, doveva essere quello che
rimaneva di un piccolo edificio e di una camionetta ma Roxas non capiva
cosa significasse.
"Dopo quel giorno Axel non è più tornato a
scuola" chiarificò Xion con voce piatta e distaccata "Ha
lasciato il basket e si è arruolato"
Un improvviso bagliore di realizzazione illuminò lo sguardo
di Roxas, che si girò di scatto verso la ragazza e la
afferrò per le spalle "Dimmi che non è quello che
sto pensando. Ti prego Xion, dimmi che non è così"
Ma la moretta aveva il volto basso e sperava che quello bastasse per
capire.
"Un'autobomba è scoppiata nella base proprio il giorno prima
in cui lui avrebbe terminato la sua missione e sarebbe potuto tornare a
casa. Non ci sono stati sopravvissuti"
Quello fu troppo. Roxas cade sulle ginocchia, la gola era secca e non
gli permetteva di articolare alcun suono. Lui credeva che una volta
morto tutti sarebbero stati più liberi, più
felici perché non avevano più un peso sulle
spalle, e allora perché? Perché il mondo doveva
fare così schifo? E perché tutte le persone buone
dovevano soffrire?
Proprio come se lo avesse letto nel pensiero, Xion si
accovacciò davanti a lui "Questo è il mondo,
prep. Credi che sia migliore?" chiese non staccando mai un secondo lo
sguardo dal viso in lacrime del biondo, sapeva che non le avrebbe mai
risposto per questo riprese quasi subito a parlare, con una mano gli
alzò il mento per assicurarsi di avere la sua attenzione
"Ricordi come sei morto?"
Roxas scosse il capo in un cenno di diniego, ora che ci pensava non
aveva idea di come mai si trovasse li. Senza che potesse accorgersene,
erano di nuovo in quella grande cattedrale che aveva visto prima.
"E sai dirmi perché sei morto?"
riprovò di nuovo, mantenendo sempre lo sguardo fisso su di
lui.
Roxas fu scosso da un fremito e ci mise un po' per riprendersi, ma alla
fine rispose un flebile "Arresto cardiaco... me l'hai detto tu"
"Ti sbagli" sussurrò con una leggera scossa del capo "Roxas
tu sei morto perché hai smesso di lottare. Un sacco di volte
ti sei trovato in questa situazione, l'unica differenza è
che questa volta ti sei lasciato andare... tu volevi morire ma non hai
pensato agli altri" il suo tono era dolce ma risultava quasi come un
rimprovero, e alla mancata risposta dell'altro, lo chiamò di
nuovo "Roxas?
"Che egoista..." vociò con voce rotta e si
appoggiò con la fronte sulla spalla dell'amica, in un gesto
confidenziale come faceva quando era più piccolo, quando era
impaurito e voleva delle rassicurazioni "In tutto questo tempo non ho
fatto altro che pensare a me stesso. Io li ho fatti soffrire ma ho
continuato a pensare solo a me... mentivo ai miei genitori quando
dicevo loro che andava tutto bene è che stavo bene, li
illudevo mentre dentro di me attendevo la morte...e mi sono
approfittato di Axel, gli ho mentito e tenuto nascosto tutto il nostro
passato solo per non essere lasciato. Se solo potessi fare qualcosa per
loro..."
"Errare è umano, nessuno è perfetto"
"Ma perseverare è diabolico"
"Sapevo che avresti risposto così" Xion sorrise e
allontanò il volto dell'altro, con un braccio gli
asciugò le lacrime e gli rivolse un sorriso di conforto
"Roxas, tu sei ancora in tempo per evitare tutto questo"
Il biondo batté più volte gli occhi e scosse il
capo, nel timore di aver capito male quasi balbettò "C-cosa?
Posso...posso scegliere di tornare?"
"Se vuoi sì" confermò Xion mettendosi in piedi
"Ma devi volerlo. Devi desiderare di vivere... non avrai più
opportunità del genere"
L'altro la seguì a ruota, si alzò subito e
l'afferrò per le spalle, ora animato da una
vitalità che quasi gli era estranea.
"Devo tornare assolutamente" esclamò il biondo "Io- io devo
mettere tutto a posto, non posso lasciare che anche loro rovinino
così le loro esistenze"
Xion ciondolò la testa di lato.
"E te stesso allora? Sei sicuro di voler tornare e affrontare la tua
vita?" e quello che ricevette fu un'occhiata carica di decisione.
"Il mio dolore fisico non è nulla in confronto a quello dei
loro animi. Tutti loro tenevano così tanto a me da lasciare
che le loro vite andassero in prezzi. Non posso accettarlo. Loro hanno
bisogno di me"
A quel punto un sorriso luminoso increspò le labbra di Xion.
Roxas non l'aveva mai vista così lieta e beata, sembrava
quasi contagiosa e pure lui si ritrovò a sorridere. Aveva
dimenticato quella sensazione di pace interiore che riusciva a
trasmettergli la ragazza.
Poi si accorse di un piccolo dettaglio.
"Xion... chi sono loro?"
La ragazza lanciò un'occhiata dietro le sue spalle e
indietreggiò di qualche passo. Dietro di lei in quella
cattedrale c'erano decine, centinaia di persone, adulti e bambini di
tutte le età. E tra loro c'era la donna vestita di bianco
che sorrideva affabile.
"Noi, Roxas, siamo tutti quegli spiriti che si sono dimenticati di
morire. Per qualche motivo siamo incapaci di lasciare il mondo dei vivi
e riposare in pace nell'aldilà"
"Dimmi tutto allora. Farò qualsiasi cosa pur di farvi
raggiungere il nirvana"
"Roxas" Xion gli passò accanto e si fermò giusto
un momento prima di procedere "Ti prego, sorridi sempre anche quando
sembra che ti sta uccidendo. Non dargli la soddisfazione di sapere che
ti ha ferito così. Vivi e non rendere vana la nostra morte"
"Di chi stai parlando, Xion?" Roxas si girò verso di lei ma
la ragazza era davanti al portone, e quando lui la raggiunse fu
investito da una luce accecante.
Quando Roxas riaprì gli occhi era steso a terra e la prima
cosa di cui ebbe coscienza fu un soffitto bianco, non era quel bianco
nauseante a cui era abituato ma anche questo gli era molto familiare.
Il silenzio che lo accolse era quasi assordante e quando si mise in
piedi riconobbe i corridoi deserti della scuola.
"C'è nessuno?" fece perplesso mentre si guardava attorno.
C'erano zaini e libri sparsi a terra, armadietti spalancati, pezzi di
vetro e tracce di sangue. E immediatamente il panico gli invase il
petto come un pesante fardello, con timore gettò un'occhiata
ai suoi vestiti e notò che indossava ancora il costume da
pirata ma non c'era traccia della sua bombola. Il mondo
cominciò a girare vorticosamente e assieme ad esso anche i
ricordi tornarono come un fulmine che lo investì in pieno.
Vaan, le prove dello spettacolo, il litigio con Axel e poi quel colpo
di pistola che gli aveva perforato i timpani. Come aveva potuto
dimenticare? Come aveva potuto lasciarsi andare così
facilmente?
Per qualche strano motivo, anche se non aveva il supporto della
respirazione artificiale, Roxas si sentiva perfettamente in grado di
muoversi senza problemi, e così, con il cuore in gola,
iniziò a fuggire. Corse a perdifiato come non aveva mai
fatto, per paura che potesse esserci ancora qualcuno armato a scuola.
Ma poi si bloccò di colpo quando sentì delle voci
e si appiattì al muro per non essere visto.
"Cerca di calmarti. Vedrai che si sistemerà tutto
però metti giù quella pistola"
Era una voce femminile e anche fin troppo familiare ma non
riuscì a darle un volto. Quello che comprese però
è che era quasi finito nella tana del lupo, c'era qualcuno
con una pistola lì a pochi metri da lui. Roxas rimase a
boccheggiare per qualche altro secondo ma si sforzò di
riguadagnare un po' di coraggio e si affacciò nel corridoio
adiacente per dare una sbirciatina. Larxene aveva bloccato Xemnas al
muro, lei ansimava e le mani che aveva affondato nel colletto
dell'altro erano scosse da violenti tremolii. Aveva paura. Quella non
era la Larxene fredda e calcolatrice di sempre. Quella Larxene era
terrorizzata... e pure Xemnas non era più lui. Sembravano
due persone completamente diverse.
Ecco a chi apparteneva la voce che Roxas aveva sentito... ecco che
finalmente ricordò anche chi aveva sparato quella mattina.
Tutti i pezzi stavano tornando al loro posto.
"Non c'è più niente da fare, ogni speranza
è perduta" farfugliò l'argenteo scuotendo il
capo, i suoi occhi erano languidi e trasfigurati da una commozione che
male si addiceva alla sua persona sempre così distaccata.
Xemnas afferrò i polsi della ragazza e con estrema
gentilezza glieli allontanò "Affido tutto a te... sarai tu a
doverti occupare di Strife. Posso fidarmi, vero?"
Roxas era senza parole così come Larxene, solo che dagli
occhi spalancati di quest'ultima pesanti lacrime avevano preso a
rigarle il volto "N-no... tu non puoi davvero... Xemnas riflettici
meglio-"
"Ho tergiversato fin troppo, adesso scappa"
"Ma capo, io-"
"Ho detto scappa!" Xemnas alzò la pistola verso la ragazza e
aprì il fuoco. La pallottola si era conficcata nel muro,
volutamente a pochi centimetri da lei "Mettiti in salvo
finché sei in tempo" sussurrò lasciando cadere le
braccia ai fianchi.
Larxene era rimasta immobile come una statua, la bocca e le mani
fremevano violentemente in cerca di rassicurazioni a cui appigliarsi,
ma non c'era assolutamente nulla. Senza lasciargli un ultimo sguardo, a
testa alta camminò nella direzione opposta. Si
fermò giusto un momento, incerta se girarsi e tornare da
lui, ma non lo fece, prese invece a correre il più veloce
che poteva finché non sparì dalla visuale di
Xemnas e di Roxas che continuava a guardarli.
"Ho sempre detto a Larxene che i capelli lunghi le donavano di
più, ma lei non voleva ascoltarmi"
Un'improvvisa voce alle sue spalle fece voltare Roxas di soprassalto e
per poco non sentì il cuore uscire dal petto. Xion era
accanto a lui e sembrava essersi goduta l'intera scena.
"Che ti prende, prep? Hai l'aria di chi ha appena visto un fantasma"
Roxas fu sbalordito di vederla ancora lì ma quello non era
il tempo per le chiacchiere "Cos...cos'era quello?"
Xion lo guardò con aria trasognata e piegò la
testa di lato.
"Quello?"
"Quello che abbiamo appena visto!"
"Oh... penso che fosse l'ultimo saluto tra Larxene e Xemnas, prima che
la strada di quest'ultimo si incrociasse con quella tua e di Axel"
Roxas si sentì quasi preso per i fondelli, sembrava che Xion
godesse a fargli vedere tutte quelle cose senza che gliel'avesse
chiesto. Quella vita era così dolorosa, perché
allora rigirare il coltello nella piaga? Lui era stato male per il gran
casino che aveva combinato con Axel e anche Axel aveva sofferto molto
per quello che era successo, quest'ultimo aveva messo in pericolo la
sua vita pur di salvare quella di Roxas, che a sua volta non aveva
fatto altro che piangersi addosso per la morte di Xion. E poi c'era
Xemnas che-
"Adesso ti ricordi tutto?" domandò Xion in fondo al
corridoio, il biondo non si era neanche accorto che si fosse
allontanata così tanto "Tu sai quello che è
successo veramente"
Roxas iniziò a correre per raggiungerla ma lei era sempre
più lontana. Non riusciva a capire, cosa significava quello
che gli aveva detto? Lui sapeva che era stato Xemnas ad aver alzato la
pistola su Vaan e poi su Axel, perché gli chiedeva quelle
cose, perché...
Roxas si bloccò di colpo quando arrivò in un
altro corridoio, il sudore scendeva a fiotti dalla fronte e i polmoni
minacciavano di esplodergli in petto, ma gli bastò
un'occhiata rapida da costringersi ad alzare il viso verso il soffitto
per non vedere ancora.
"Che significa, Xion?" esclamò quasi urlando, ma non gli
importava perché in quel momento a terra davanti a lui
c'erano il suo corpo, quello di Axel e Xemnas, tutti riversi in
un'estesa pozza cremisi "Perché mi stai facendo vedere tutto
questo?" le lacrime gli velavano nuovamente gli occhi "Ti prego,
lasciami in pace... non voglio più stare qui"
"Roxas, tu sai la verità. Tu sai come sono andate le cose.
Devi solo ricordare"
"Io non lo so quello che stai dicendo"
Xion prese il volto dell'altro tra le sue mani e lo guardò
dritto negli occhi "Non puoi salvare delle vite innocenti ma puoi
impedire che il passato si ripeta. Fidati di chi non ti fidavi prima,
Roxas, solo così potrai vendicare la nostra morte"
"Ion non so come fare...è troppo difficile"
"È molto semplice invece" Xion sorrise e avvicinò
pericolosamente il volto a quello dell'altro "Devi solo aprire gli
occhi" sussurrò prima di poggiare le sue labbra su quelle di
Roxas. Fu un bacio casto e tenero, che sapeva di lacrime e sofferenza.
Quello fu l'ultimo saluto di Xion prima che diventasse di nuovo tutto
nero "Apri gli occhi"
"Apri gli occhi"
C'era un dolore nauseante dietro la nuca e una fitta luce bussava sulle
sue palpebre. Roxas non voleva svegliarsi di nuovo, ne aveva abbastanza
ormai. Ogni volta che apriva gli occhi, il mondo faceva sempre
più schifo. Ma questa volta c'era una voce persistente nella
sua testa che gli diceva di farlo. Se non fosse stato per il caldo che
lo stava facendo sudare e quell'insistenza assidua, lui avrebbe
continuato a crogiolarsi nel suo riposo eterno; evidentemente avrebbe
dovuto rimandare i suoi piani, perché lentamente dischiuse
gli occhi azzurri e la prima cosa che mise a fuoco fu il rosso cielo
del tramonto, macchiato da mille sfumature di rosa e arancione, e
davanti a sé c'era il mare che correva fino all'orizzonte, e
il sole rosso che era in balia di quelle onde, e un altra ombra rossa
che pareva volesse fare invidia al sole.
"Axel?" domandò perplesso mettendosi a sedere, insicuro se
fosse davvero lui o se fosse qualche allucinazione. La figura al suo
fianco di tutta risposta si girò e rivelò il
volto del suo ragazzo.
"Ah sei sveglio" mormorò l'altro inarcando le sopracciglia
"Mi chiedevo quando avresti aperto gli occhi"
"Dove...dove ci troviamo?" chiese spaesato il biondo, Axel si
appoggiò all'indietro sui gomiti e gli rivolse un sorrisetto
malizioso.
"Su una spiaggia paradisiaca. Solo io e te" all'occhiataccia che
ricevette dal più piccolo però fu costretto a
ricomporsi e alzò le mani in segno di arresa "Okay, la
smetto" ridacchiò e si passò una mano dietro la
nuca come faceva sempre quando pensava o era imbarazzato "Credo che qui
è dove finiscono le anime delle persone vicine alla morte"
"Cavolo, me ne ero dimenticato!" disse Roxas che gli si
buttò addosso e lasciò freneticamente vagare le
sue mani sul suo petto "Cosa ti è successo? Come stai?"
"Roxy... non che non apprezzi, però preferirei che adottassi
un approccio cosi...fisico...quando
siamo...uhm...un po' più vivi"
A quel punto Roxas si bloccò, le mani che trafficavano
ancora con la stoffa della divisa dell'altro e aggrottò la
fronte.
"Siamo morti?"
"No, ma questa è come un'ultima spiaggia"
"Non ricordavo che fossi così squallido" solo Axel aveva la
capacità di distruggere quei loro rari attimi di
serietà e far infuriare Roxas con un semplice sorrisetto.
"E io non ricordavo che tu fossi così sexy- oddio che
dolore!" questa volta il rosso si era guadagnato un pugno sulla spalla
e a niente valsero i suoi sguardi languidi e bisognosi, Roxas avrebbe
continuato a guardarlo torvo finché non avrebbe ricevuto
risposta e così si decise ad accontentarlo "Hai capito
quello che intendevo, no? Bisogna risolvere tutto quello che
è rimasto irrisolto se vuoi tornare indietro"
Roxas rimase ad ascoltare in silenzio, col capo chino e poi socchiuse
gli occhi prima di appoggiare la fronte sul petto del rosso "Ax"
sussurrò con sospiro pesante "Sono consapevole che questo
è successo per colpa mia... e volevo dirti che mi dispiace
per tutto, cominciando dalla faccenda di Xion, finendo poi con quello
che ti è capitato..." si fermò un attimo nel
tentativo di riordinare i pensieri ma con il caos che si ritrovava in
mente non sembrava quasi possibile, così strinse tra le mani
i lembi della divisa di basket dell'altro e si avvicinò di
più "Io ero spaventato, avevo paura che non mi avresti
più guardato nello stesso modo dopo aver saputo di lei...
non volevo mentirti...te lo giuro. Il mio unico desiderio è
sempre stato solo stare con te"
Axel gli carezzava la schiena mentre lo ascoltava ma poi lo
allontanò giusto per guardarlo, meglio negli occhi
“Hai ragione Rox, forse avresti dovuto parlarmi prima di
tutto" disse passandogli il dorso della mano su una guancia "Ma guarda,
il fatto è questo... quando ci si innamora di una persona,
ci sono un sacco di cose che ancora non si sanno. Quando ti innamori
non sai se l’altro preferisce il mare o la montagna, il
ketchup o la maionese, l’alba o il tramonto, se vede il
bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Non sai se guarda film romantici o
di azione, se segue il basket o il football, se tifa per la tua squadra
o quella avversaria, se mangia cioccolato fondente o se magari
è un amante del cioccolato bianco... Non puoi sapere se
è uno di quelli che la domenica mattina si alza alle sei per
andare a correre, o se invece dorme fino a mezzogiorno. Non sai se
russa, se spreme il tubetto di dentifricio a metà, se
è un maniaco dell’ordine o se lascia il suo letto
sfatto... Tutte queste cose si scoprono con il tempo, Rox."
"Ma io-"
"Mentire è un conto ma non
rivelare è un altro. Tu non mi hai mai mentito
sui sentimenti, e questo è quello che conta. Se ho scelto te
è perché ne sono davvero convinto. Per me
l’amore è tutto questo. E’ una
scommessa. E’ come dire “So ancora poco
di te, ma voglio stare con te, anche se dovessi scoprire che hai paura
dei temporali". Se tu vorrai, avremo una vita intera per
conoscerci completamente"
Roxas lo guardò con la bocca spalancata. Axel si era sempre
lamentato che non era bravo con le parole o con le romanticherie, ma
questa era la cosa più bella che qualcuno potesse mai
dirgli. Era così pieno di tutto che
non sapeva neanche da dove iniziare. Neanche un misero 'ti amo' poteva
eguagliare tutto quello. Cosi alzò il mignolo della mano
sinistra e lo guardò con decisione. Allo sguardo
interrogativo del rosso, gli prese la mano destra e legò le
due dita.
"Sempre" disse spostando lo sguardo dalle loro mani agli occhi verdi
dell'altro "Qualsiasi cosa, sempre. Hai capito?"
"Sempre?"
"Sempre!"
"Sempre" ridacchiò alla fine Axel con accondiscendenza.
"E comunque sei tu che hai paura dei temporali"
"Non è vero!" si affrettò a ribadire arrossendo
violentemente.
Il silenzio cadde ben presto su di loro, Roxas aveva il viso rivolto
verso il cielo ma gli occhi erano chiusi e si beava di quella dolce
brezza che spirava mentre in sottofondo le onde del mare si
infrangevano sulla bianca riva.
"Ormai sai tutto, Axel" cominciò Roxas dopo una lunga quiete
"Manca solo una cosa. Appena starò meglio te ne
parlerò solo se mi prometterai di Non pensare che io sia
pazzo e di non farne parola con nessuno. I miei genitori, Leon, Sora,
Riku, Naminé. Nessuno. Ma non devi
rispondere ora, avrai del tempo per decidere"
Axel sospirò prima di dare un cenno di assenso.
"Vorrei solo un'ultima cosa da te, Ax" vociò il biondo in un
quasi inudibile sussurro prima di distogliere lo sguardo dal cielo blu,
ormai stava scendendo la sera "Abbiamo studiato tante volte insieme,
vorrei che mi citassi Shakespeare... un passo a caso"
Il volto del rosso si corrugò ma non mancò di
lasciar spazio a un tragico, malinconico sorriso, splendente
però come il primo sole di primavera. Non ebbe bisogno di
pensare alla risposta perché le sue labbra si mossero di
loro spontanea volontà.
"Vivi per essere la meraviglia e l'ammirazione del tuo tempo"
"Macbeth, eh? Una tragedia... la cosa non mi stupisce, dopotutto non si
allontana molto dalla realtà"
"Io sono l'unico che può ucciderti, proprio come Macduff
è l'unico a poter uccidere Macbeth. Non lasciarti vincere da
altre circostanze"
Roxas stirò le labbra in un lieve sorriso, iniziava a
sentirsi stanco e capì che il loro tempo a disposizione si
stava esaurendo.
"Allora il nostro tempo è arrivato?" mormorò
specchiandosi negli smeraldi del più grande.
"Pare di sì" il rosso gli sorrise teneramente mentre gli
accarezzava la schiena ma l'alto sembrava inquieto.
"Ax?"
"Sì?"
"Ci rivedremo, vero?"
"Puoi scommetterci!" Axel sorrise radioso e prese a guardare il mare
sconfinato davanti a loro, era consapevole dello sguardo di
preoccupazione del biondo e rispose alle sue domande proprio come se lo
avesse letto nel pensiero "Mi hanno operato d'urgenza. Il proiettile mi
ha perforato l'addome ma non è rimasto dentro. Per pochi
centimetri non ha lacerato punti vitali, però ho perso molto
sangue...me la caverò, stai tranquillo" fece dandogli un
buffetto sul naso "Adesso vai"
Roxas accennò un lieve sorriso e si alzò in piedi
"Tu non vieni?"
"Inizia ad andare, adesso ti raggiungo"
Axel lo guardò finché il biondo non
sparì verso il mare e si mise in piedi, poi si
girò verso una donna dai capelli biondi corti e gli occhi
color cioccolato che se ne stava poco più dietro. Gli
sorrideva e alzò una mano per salutarlo.
Il rosso stirò le labbra in un sorriso e mimò una
tacito sussurro, prima di riprendere il passo e seguire Roxas.
"Grazie, mamma"
•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•
Originariamente il capitolo 21 era pronto da marzo dello
scorso anno e doveva terminare la coppia di capitoli sul passato di
Roxas e Xion. Perché allora ho scritto tutto ciò?
Questo capitolo voglio dedicarlo a tutte quelle persone che non hanno
retto alla vita e hanno deciso di farla finita, a tutte quelle persone
che piangono di notte perché vorrebbero rivedere le persone
scomparse, a quelle famiglie che si sono sfasciate dopo una morte
violenta...e a me stessa che, a causa di qualche rimpianto, la notte
vengo perseguitata nei sogni da persone che non ci sono più.
Ho deciso di scrivere questo perché ho passato gli ultimi
mesi a consolare una mia amica,di giorno e di notte, e ho avuto modo di
riflettere sia sulle mie vicende personali che su quelle di molte
persone a me vicine. La vita va avanti e le persone reagiscono in modi
diversi, ma a volte si susseguono anche una serie di reazioni a catena
inaspettate.
Spero che il capitolo non vi abbia annoiati.
|
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Capitolo 22 *** The Torment Of Existence Weighed Against The Horror Of Nonbeing ***
Viva
la Vida
Nei capitoli precedenti
"Oggi ti avevo
convocato qui per fare quattro chiacchiere sui nostri traffici; i miei
vanno davvero a gonfie vele, ho stretto amicizia con qualche
società e famiglia influente e ho iniziato a fare
investimenti vari... sai ho qualche contatto anche in Cina e in
Giappone”
“È per questo che hai suggerito a Loz di
rifugiarsi lì, vero?”
“Esatto... è stato davvero doloroso venire a
sapere che nonostante i nostri sforzi lo abbiano trovato”
Xemnas strinse i pugni e aggrottò le sopracciglia, si morse
la lingua per non elargire ad alta voce il suo sospetto che in
realtà era stato proprio Yazoo a tradirlo per estendere i
propri domini.
"Ho avuto il cancro, Moore. Non lo sapevi?"
"No che non lo sapevo... non me l'hai mai detto!" fece alzandosi e
andando verso di Larxene "Stai bene?"
"A parte la sterilità sto benissimo adesso... ma non
è di me che devi preoccuparti" si voltò verso
Roxas.
Xemnas si portò un braccio alla fronte e si
asciugò un rivoletto di sudore che gli stava rigando la
tempia. Non poteva, non voleva continuare tutto quello. Forse avrebbe
dovuto arrendersi e costituirsi.
“Saix, non mi sembra una scelta saggia”
Il ragazzo dai capelli blu, si avvicinò cautamente e lo
prese per le spalle, i suoi occhi si specchiarono nelle pozze dorate
dell’altro “Xemnas” lo scosse per farlo
ritornare in sé “Mostrati il degno successore di
Sephiroth. Ricorda che se non fosse per gli Strife, tu adesso avresti
una famiglia, saresti felice, e invece che ti sei ritrovato? Niente,
sei solo. Questa è solo colpa loro. Quel Roxas è
un tipo pericoloso, così ribelle e diabolico, si
è sempre frapposto tra noi e per questo dev'essere tolto di
mezzo alla svelta”
“Da quando tua madre è morta sono entrato
nell’FBI per occuparmi del caso Sephiroth e metter fine a
questa storia”
“La verità è che io ho cercato di
salvarti, Roxas. Il tuo carattere mi ha sempre fatto andare fuori di
testa e ho commesso tanti errori… sono umano
dopotutto… non volevo arrivare a questo, però ho
tentato in tutti i modi di salvarti" |
#22.
The Torment Of Existence Weighed Against The Horror Of Nonbeing
Non
è vero che ci si rende conto del colpo, non è
vero che si piange.
Io non mi accorsi di niente.
Non
versai una lacrima eppure il
dolore era lancinante, sembrava non voler cessare.
Fu
improvviso
come un fulmine in una giornata di sole,
ma
poi la sensazione di
benessere che seguì lavò via tutta la sofferenza.
Accolsi
a
braccia aperte quella beatitudine che mi avvolse e dimenticai tutti i
miei rimpianti.
Mai,
neanche per un secondo rimasi stupito
dal tradimento di Saix.
Ero
consapevole che prima o poi mi
avrebbe trafitto con la sua lancia di Longino.
Secondo
le comuni definizioni, il silenzio è «l'assenza di
rumori, di suoni
e di voci, come condizione che si verifica in un ambiente o
caratterizza una determinata situazione». Niente di
più falso,
perché, come paradossale possa sembrare, il silenzio non
è
silenzio. Il silenzio è il regno del frastuono e del caos.
È il
regno in cui la coscienza non è mai sola, ci lascia in
compagnia di
noi stessi e di tutto quello che odiamo di più. Si dice che
il
silenzio uccide, perché è il compagno di Satana,
perché non
possiamo chiudere le orecchie con la stessa facilità con cui
chiudiamo i nostri occhi.
“All'uomo
disse: poiché hai
ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell'albero di cui ti
avevo comandato "Non devi mangiarne", maledetto il
suolo per causa tua!”
Tutte
le luci nel corridoio erano state
spente e il cigolio delle scarpe della ronda che battevano
ritmicamente contro il pavimento veniva pian piano divorato dal
silenzio, assieme a tutte le voci sommesse degli altri presenti sul
piano.
La
notte era la parte della giornata che più odiava
perché
era solo assieme al silenzio che sembrava non volerlo mai
più
abbandonare, per questo si rannicchiava vicino la finestra, dove la
luce della luna filtrava di più e cominciava a leggere per
non udire
le voci della sua coscienza.
“Con
dolore ne trarrai il cibo per
tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te
e
mangerai l'erba dei campi. Con il sudore del tuo volto mangerai il
pane, finché non ritornerai alla terra”
Le
sue colpe maggiori
erano state la lealtà, la fiducia. Tutti i valori che nella
sua
famiglia erano rispettati come una religione. La famiglia per loro
era religione, ma ora che non c'era più la famiglia non
c'era
neanche più la religione.
Loro
erano nel torto, lo sapeva, ma si
stavano solo vendicando nello stesso modo citato nelle scritture
«Se
uno farà una lesione al suo prossimo, si farà a
lui come egli ha
fatto all'altro: frattura per frattura, occhio per occhio, dente per
dente; gli si farà la stessa lesione che egli ha fatta
all'altro¹».
Cosa mai avrebbe potuto fare un figlio a cui hanno portato via la
madre? I veri colpevoli non erano loro ma gli altri, quelli che li
avevano raggirati e li avevano presi in giro, erano quelli che invece
di essere stati puniti ora li stavano punendo.
Aveva
peccato di
ingenuità, non avrebbe dovuto recarsi in Cina sotto
consiglio di
Yazoo per nascondersi, avrebbe dovuto rimanere e proteggerli tutti.
Ma ora che Yazoo e Xemnas non c'erano più quale
utilità poteva
avere ancora su questo mondo? Tutto quello che avevano fatto era per
la loro famiglia, ma ora che non c'era più una famiglia a
che scopo
combattere ancora?
I
veri colpevoli non pagheranno mai: questo è
il mondo.
Suo
fratello se la sarebbe cavata senza di lui.
Con
la Bibbia ancora tra le mani si eresse in tutta la sua altezza e si
avvicinò silenziosamente alla sua brandina, che
scrutò con i suoi
occhi felini.
“Perché
da essa sei stato tratto”
Kadaj
lo
avrebbe odiato, ma si era stancato. Non era quella la vita che
voleva, il suo desiderio era ricongiungersi con la sua famiglia. E
poi era sicuro che non avrebbe retto ancora a lungo con gli
interrogatori, prima o poi si sarebbe lasciato sfuggire qualcosa sui
piani di Kadaj. Quel tipo, Tseng, era troppo scaltro.
Prese
un
profondo respiro e alzò gli occhi al soffitto.
“Polvere
tu sei
e polvere ritornerai²" concluse la sua recita chiudendo il
libro.
Chi
era lui?
Il
detenuto numero 24601.
***
“Nell'ultimo
anno di università presi l'abitudine di andare a studiare
nella
biblioteca di Radcliffe³.
Il
campus all'epoca era diviso e
Radcliffe era l'universo del gentil sesso."Scelta astuta",
mi dicevano i compagni del dormitorio perché a volte sparivo
per
giornate intere e mi ritiravo dopo il coprifuoco. La verità
era che
mio padre aveva scoperto la mia carriera tutt'altro che rosea e
quindi dovevo rimettermi al passo. A tal proposito, la biblioteca di
Radcliffe era un posto tranquillo e i testi di consultazione erano
poco richiesti, ma, lo ammetto, lustrarmi gli occhi mi piaceva.
Era
il giorno prima di un esame e io non ero ancora riuscito ad aprire
libro, niente di inconsueto per uno studente di Harvard. Ad ogni modo
al bancone c'erano due ragazze: una alta, con la corporatura di una
che gioca a lacrosse e con i capelli legati in una coda alta. L'altra
era bassina e aveva i codini, sembrava fresca fresca di scuola.
Mi
rivolsi alla matricola inesperta.
“Avete
Storia della politica europea?”
Lei
mi lanciò un'occhiata disinteressata e chiuse il libro che
stava
leggendo “Non hai la tua biblioteca?”
“Quelli
di Harvard
hanno il diritto di consultare la biblioteca di Radcliffe”
"Non
è un discorso legale ma etico, mio caro. La vostra
è molto più
grande, perché venire a importunare noi donne?”
Rimasi
basito
da quella sua uscita e mi appoggiai al bancone “Stai a
sentire, ho
davvero bisogno di quel libro e se non mi permetterai di consultarlo
domani potresti avere qualcuno sulla coscienza”
“Ne
sei
sicuro?” lei si sporse verso di me e mi studiò con
rinnovato
interesse, sorrise divertita “Sono indecisa tra basket e
hockey.
Quale delle due famiglie frequenti?”
"Basket...
ehi no
aspetta, come fai ad essere sicura che pratico sport?”
"Perché
hai l'aria stupida e ricca. Al college gli stupidi che trascurano lo
studio sono gli sportivi... solo che quelli che sono qui con una
borsa di studio devono impegnarsi anche con gli esami, tu invece
avrai chi provvede per il tuo soggiorno dal momento che sei qui,
ora”
Mi
guardava negli occhi. I suoi erano castani,
leggermente celati dalla frangia bionda. Okay, forse avevo l'aria del
ricco – dandy suonava meglio –
ma non avrei permesso ad
una matricola qualsiasi di darmi del cretino, neanche se aveva un bel
paio di occhi.
“A
giudicare dal modo in cui parli vorresti farmi
sottintendere che tu sei quella povera e intelligente?”
"No,
assolutamente. Io sono il binomio ricca e intelligente”
Stavo
iniziando a spazientirmi, era evidente che quella ragazzina si stava
prendendo gioco di me.
“Cosa
ti fa pensare di essere più in
gamba di me?”
"Il
fatto che tengo alla mia reputazione e
quindi non mi lascerei abbindolare da un ragazzo come te”
"Guarda
che io non ti sto mica chiedendo di uscire”
"Ecco
perché
ho detto che sei stupido”
Alla
fine la invitai sul serio a
prendere un caffè, solo per avere il mio libro,
e siccome lei
non poteva uscire fino alla fine del suo turno, rimasi col capo chino
nel manuale polveroso con la speranza di assimilare qualche
informazione pregnante per l'esame, e anche per cercare di
monopolizzare qualche conversazione futura con lei e non fare ancora
la figura del cretino.
“Mi
chiamo Elena Moore” disse con la
massima semplicità e compostezza davanti alla sua fetta di
red velvet
“Studio scienze politiche”
"Io
invece sono Reno
Turks”
"Ah”
soggiunse e inclinò la testa di lato “Come
il politico canadese”
Esultai
dentro di me perché lei fu una
dei pochi a non fare un'uscita del tipo “Turks come
quello della
biblioteca?”, la verità dietro questa
triste faccenda è che
mio padre era stato così generoso da offrire un edificio
più grande
e nuovo per la biblioteca del college, non so ancora bene se l'abbia
fatto per assicurarsi che non mi cacciassero di lì o per
ingigantire
ancora di più la sua gloriosa reputazione. Esami e
biblioteche a
parte, fatto sta che sapevo che quella sarebbe stata una gran serata.
Alla fine presi 28 all'esame, lo stesso voto che diedi alle gambe di
Elena la prima volta che era uscita dal bancone per andare a prendere
il mio libro.
Bei
tempi gli anni '80, tutto quello che invece ora
è rimasto sono ricordi. Oggi non c'è
più Radcliffe e neanche
Elena”
Il
cielo era scuro, tetro, sembrava che la sera fosse
arrivata, eppure erano appena le nove del mattino e la colazione era
stata servita più di un'ora prima. La giornata cominciava
presto al
Memorial Hospital ma la consueta relazione padre-figlio sembrava
essersi già conclusa.
Axel
odiava la pioggia, per lui era come
portatrice di sventura e per quanto ne sapeva, era da tre lunghi
giorni che pioveva ininterrottamente.
Quel
giorno invece
era uscito il sole. Che cosa bizzarra.
Dopo
la sparatoria tutti
erano stati trasferiti d'urgenza in ospedale, anche gli illesi. Axel
aveva appreso che anche altri erano rimasti feriti a causa di
incidenti sopraggiunti durante la fuga dalla scuola, Kairi era tra
questi, le si erano conficcate delle schegge di vetro nella gamba ma
non era particolarmente grave, il suo pegno era consistito in una
quindicina di punti e una notte in osservazione. Axel non era stato
così fortunato: intervento d'urgenza, qualche trasfusione e
un paio
di giorni in terapia intensiva; anche se ammaccato, tutto sommato se
l'era cavata ma per qualche tempo avrebbe dovuto dimenticarsi del
basket. Di Roxas invece non aveva notizie. Grazie a un'infermiera
pettegola sapeva solo che quando erano in terapia intensiva Cloud
aveva fatto in modo che lui e il biondo potessero stare in stanze
vicine perché “era quello che avrebbe voluto
Roxas”, ma erano
tre giorni che ormai si era svegliato e non era riuscito ancora ad
avere informazioni sul suo ragazzo. Quel mistero, quei silenzi, tutto
quello non gli piaceva, sperava solo che Roxas se la fosse
cavata.
"Perché
mi hai raccontato tutto questo?" chiese
di punto in bianco Axel mantenendo lo sguardo basso sulle sue
ginocchia. Ripensandoci quello dei suoi genitori assomigliava tanto
al rapporto tra lui e Roxas.
"Perché
mi andava"
Reno
non staccò gli occhi dal parco che si vedeva dalla finestra
della
stanza di Axel. Da quando era entrato li, quello era l'unica cosa che
guardava, non vedeva nient'altro, neanche suo figlio. Gli ospedali
erano legati a delle ferite ancora non del tutto rimarginate, e Axel
non gliene faceva una colpa, conosceva suo padre e gli bastava sapere
che c'era sempre. Quest'ultimo infatti si limitava a sedersi sulla
poltrona tra il letto e la finestra, lo sguardo era perso fuori ma
una mano era appoggiata sempre su una gamba dell'altro per mantenere
un contatto, seppur minimo.
“Papà?”
tentò il più giovane
con casualità, celando il suo disagio mentre si torturava
una ciocca
di capelli tra le dita “Partirai presto?”
"Non
lo so”
E
scese il silenzio.
Ormai
era chiaro, quello era il giorno 'no' di
Reno Turks. Già il fatto che avesse interrotto il loro
confortevole
silenzio con un racconto su sua madre avrebbe dovuto essere un chiaro
segnale. Ora tanto valeva farlo parlare.
“Papà?”
"Mh?”
"Tutto
quello che è successo ha a che fare con il caso
Sephiroth?”
altrimenti non poteva spiegarsi il perché di quell'interesse
quasi
morboso verso quello che era successo. Negli ultimi giorni la polizia
aveva interrogato tutti i ragazzi della scuola in cerca di
informazioni su Xemnas e sulla dinamica, pure Axel non era stato
risparmiato, e suo padre aveva passato quasi la totalità del
loro
tempo insieme a leggere montagne di carte e sfoggiare un'espressione
afflitta.
L'uomo
finalmente si voltò verso il ragazzo e lo studiò
per qualche istante “A volte sei così sveglio che
mi chiedo se tu
possa davvero leggermi nel pensiero" mormorò abbozzando un
lieve sorriso di scherno "Ancora non riesco ad abituarmi
all'idea di vederti crescere, ma eccoti qui: Axel Moore, 17 anni e
capitano della squadra di basket, salva un amico durante una
sparatoria. La stampa ti adora”
“Smettila
di dire queste cose”
biascicò Axel lanciando una veloce occhiata alle riviste che
aveva
accantonato sul comodino, gentile pensiero di Demyx
quando era
andato a trovarlo il pomeriggio prima. In realtà non li
aveva
neanche letti.
“Mi
dirai la verità e solo la verità?”
riprese Reno guardandolo intensamente, finalmente sembrava essersi
deciso ad uscire dal suo stato di torpore.
"Ti
dirò solo
quello che so ma non ti assicuro niente. La dinamica ormai la
sapete”
"Tu
conoscevi Xemnas, no? Dimmi quello che
sai”
Axel
boccheggiò “La verità è che
non so nulla. Tutto
quello che credevo è andato a puttane. Xemnas era un tipo
refrattario, stava sempre per gli affari suoi, ci lasciava divertire
a scuola. Quando è arrivato si è preso Saix tutto
per sé e per
questo non l'ho mai visto di buon occhio ma la realtà
è che non mi
è mai importato nulla di lui, finché non mi dava
fastidio stava
bene dove stava. Però non lo so... quel giorno a scuola...
sembrava
così vulnerabile... così umano... Non sembrava
sul punto di poter
uccidere qualcuno, eppure l'ha fatto”
“Cosa
diceva?”
"Delirava
per lo più, ma non so altro”
Era
la verità. Axel aveva
riferito tutta la verità come aveva promesso, ma non aveva
rivelato
il dettaglio che era a conoscenza del fatto che Xemnas era legato ai
Silver Haired Man, così come non aveva rivelato che Roxas
sembrasse
conoscerli. Ora che aveva scoperto il passato suo e di Xion, sapeva
che il biondo non avrebbe mai più riaperto quel libro ma
aveva
ancora alcuni dubbi al riguardo come ad esempio il mistero dietro la
morte della ragazza.
Reno,
dal canto suo, era rimasto ad
ascoltarlo per tutto il tempo senza batter ciglio ma c'era del
disinteresse nei suoi modi di fare. Avevano ascoltato le
testimonianze di tutti con la speranza di trovare qualche parola
differente da quelle che sapessero già ma nessuno era stato
di loro
aiuto, Axel compreso... l'unica persona rimasta che poteva aiutarli
soffriva di amnesia selettiva.
Mugugnò
un assenso e si alzò
dalla poltrona, pronto per fuggire da quella realtà e
immergersi
totalmente nel suo lavoro, ma Axel lo afferrò prontamente
per un
braccio.
"Aspetta”
esclamò di scatto e contrasse
l'espressione a causa di una fitta all'addome che lo costrinse ad
appoggiarsi al cuscino “Aspetta”
sussurrò ancora, questa volta a
voce più bassa mentre con una mano si reggeva la parte
dolente
“Adesso vorrei chiederti io una cosa, ne parlammo
già un paio di
settimane fa e ti ho sentito che ne hai parlato con il signor Strife,
però per piacere, rispondimi almeno adesso...
cos'è davvero il
geostigma?"
Axel
non aveva guardato suo padre mentre poneva
la domanda, il suo sguardo era fisso sulla mano che gli aveva
afferrato e che ora stringeva, ma era sicuro che aveva sgranato i
suoi occhi blu e che magari ora erano intrisi di orrore. Sapeva che
era una domanda che non avrebbe dovuto fare, ma doveva sapere, doveva
essere preparato. Si era stancato di essere sempre lasciato
all'oscuro di tutto.
Ci
fu un pesante silenzio tra i due,
interminabili istanti in cui Axel si stava arrendendo all'idea che
non sarebbe mai arrivata una risposta, che suo padre l'avrebbe
piantato su due piedi in una stanza d'ospedale, ma poi alla fine
udì
la sua voce. Fu un flebile sussurro ma arrivò alle orecchie
del
destinatario.
"Non
vorresti saperlo, fidati"
"Non
è vero, papà! Ti prego, dimmelo, io voglio
aiutare Roxas ma non so
come fare... ogni giorno che passa lo vedo sempre più
spento, sempre
più vuoto, non ce la faccio a sapere che soffre. Il signor
Strife ha
detto che io posso riuscirci, e lo dicono anche Sora e Riku... tutti
la pensano così, ma io davvero mi sento impotente accanto a
lui"
il rosso trasse un profondo respiro nel tentativo di regolarizzare il
battito del cuore che sembrava essere impazzato nel suo petto.
Quell'ansia lo stava uccidendo, se lo sentiva. Suo padre
però non
sembrò tanto misericordioso, c'era un tremore nella sua voce
e
quando Axel alzò lo sguardo intravide anche delle lacrime
agli
angoli degli occhi. Non avrebbe dovuto parlare, si
rimproverò
mentalmente per aver dato aria a certi pensieri e ripensò
alle
parole che gli disse il biondo vari mesi prima.
“Come
mi
accorgo che il turbamento è contagioso. Perché i
miei occhi, al
vedere le perle di dolore che brillano nei tuoi, prendono ad
inumidirsi”
Che
strana cosa l'empatia, un sentimento che non
aveva mai compreso fino all'arrivo di Roxas nella sua vita.
Reno
strinse un ultima volta la mano del figlio prima di liberarsi dalla
sua presa e gli rivolse una fugace occhiata "L'unica cosa che
puoi fare è stargli vicino e sperare nel meglio"
Questa
volta Axel non protestò quando suo padre andò
via, ma rimase a
fissare la porta a lungo, con quella sgradevole sensazione di
pesantezza che gli gravava sullo stomaco. Dal momento in cui aveva
aperto gli occhi, qualche giorno fa, il suo pensiero era stato solo
Roxas. Come stava? Era tutto okay? Come aveva preso la notizia del
suicidio di Xemnas?
Da
quando si era svegliato c'era una parte
della sua coscienza che gli ripeteva costantemente che le cose erano
cambiate per tutti, non erano più gli stessi di quando
avevano
iniziato l'anno con quella festa clandestina nella palestra della
scuola; in cui lui aveva ballato ubriaco attorno al fuoco e si era
guadagnato il soprannome di flurry of the dancing flames;
di
cui Roxas aveva poi fatto la spia e aveva fatto sospendere tutti
dalle attività. Non erano più gli stessi di
quando andava a letto
con Larxene e Saix, o di quando Marluxia aveva preso a pugni Roxas
perché a causa sua era stato sospeso dalla squadra di
pallanuoto e
non poteva più ammirare i fisici dei compagni; non erano
più gli
stessi neanche di quando Roxas aveva fatto incazzare Xemnas e avevano
dato il via a una vera e propria guerra nella mensa della scuola, o
di quando passava le giornate a spiare Roxas che chiacchierava con
Zexion e Vaan.
Vaan
e Xemnas. Xemnas e Vaan.
Nessuno
era più
lo stesso, c'erano delle verità nascoste che avrebbero
potuto
rimanere latenti ma che alla fine avevano lasciato dietro di
sé solo
macerie.
Ci
sono delle storie, degli eventi che non hanno
spiegazione. Tu puoi trovare tutte le colpe del mondo, puoi affermare
che il peccato sia di talune persone mentre altre sono innocenti,
eppure questo non è altro che un punto di vista... Ci sono
quelle
storie in cui gli intrecci sono solo colpa di un gioco fatale del
destino, nessuno è nel giusto o nello sbagliato e spesso si
commettono passi falsi per errore, cerchi di fare una cosa per bene e
invece fallisci miseramente e magari vieni accusato per questo.
Roxas
aveva già previsto tutto, aveva sempre fatto il possibile
pur di
tenerlo lontano e aveva cercato di dirglielo in un modo ma Axel non
era riuscito a comprendere. Chissà se le cose ora sarebbero
state
diverse se l'avesse capito in tempo, ma questo non avrebbe comunque
impedito alla realtà di cambiare radicalmente ogni cosa.
E
all'improvviso si rese conto di essere ancora vivo.
Vivo.
Lui
era vivo.
Aveva
riso e scherzato con Demyx e Zexion quando
erano andati a trovarlo ma non si era reso conto di quanto fosse
stato fortunato in realtà. Era una sensazione strana,
credeva che
sarebbe morto in quel corridoio, proprio come era successo con Vaan,
eppure ora era lì: vivo e vegeto in un letto d'ospedale e
quella
ferita sull'addome che ancora non gli permetteva di camminare bene
divenne un regalo. Ora comprese quello che doveva provare ogni volta
Roxas quando riprendeva conoscenza dopo qualcuno dei suoi attacchi,
Axel non era così forte come lui ma fu grato alla vita di
avergli
dato un'altra possibilità.
Sentì
un pizzicore ai lati degli
occhi e si portò le gambe al petto per nascondere il viso e
dare
aria al suo sfogo.
Era
ancora vivo.
Axel
aveva fatto un
sogno qualche giorno addietro, c'era sua madre con lui, gli era stata
vicino e gli aveva ripetuto infinite volte di quanto fosse fiera del
suo bambino. Per tutto il tempo aveva l'impressione di essere morto
ma non era così perché era consapevole del suo
cuore che batteva,
dei medici che si affrettavano a stabilizzarlo e della ferita che
pulsava dolorosamente. La presenza di sua madre però era
stata così
vicina che gli era sembrata quasi reale... così reale che
quando si
era svegliato non sapeva a cosa credere, non distingueva più
la
realtà dalla finzione. Era tutto indefinito.
Da
quando aveva
ripreso coscienza aveva in mente una frase che gli aveva detto Roxas
in uno di quei suoi momenti di stranezze.
Ti
è mai capitato di
pensare che tutto quello che credi sia reale non è altro che
una
menzogna... di svegliarti un giorno e scoprire cose di te che non
sapevi, o meglio, di scoprire che non sei la persona che hai sempre
creduto di essere?
A
volte la vita può essere strana,
serafica come un sogno o pericolosa come un incubo, e l'unico modo
per svegliarsi è quello di affrontare tutte le bugie che ti
si sono
edificate attorno, anche se a fin di bene.
Due
piani più
sopra, Roxas fissava il soffitto in stato ancora leggermente
confusionale. I rumori delle varie attrezzature arrivavano alle sue
orecchie come suoni smorzati e le luci sembravano accecanti. Il suo
corpo era paralizzato nel letto, come sempre, ma nella sua mente
c'erano immagini che si alternavano in maniera sconnessa. Aveva
l'impressione di aver sognato qualcosa di bello, non ricordava cosa
ma aveva questo un vago retrogusto di serenità di quando si
è in
pace con il mondo. Di una cosa però era certo, doveva avere
tanta di
quella morfina in corpo che si sentiva leggero come lo zucchero
filato e la cosa stranamente lo metteva di buon umore.
Chissà
come se la passava Axel.
“Buongiorno
Rox”
La
sua attenzione
fu catturata da una voce alla sua destra che riconobbe appartenere ad
Aqua, l'infermiera che si occupava sempre di lui quando era
ricoverato. La donna era in piedi vicino al suo letto, intenta a
cambiare una flebo e indossava quell'espressione di dolcezza che
riusciva sempre a rincuorarlo.
“Sono
felice di vederti di
nuovo qui tra noi”
Il
biondo ci mise qualche istante più del
necessario a registrare quello che gli aveva appena
detto. Riconobbe
la stanza della terapia intensiva perché lì i
genitori non erano
ammessi e si chiese perché fosse di nuovo lì
“Ti offendi se dico
che io non lo sono?” mormorò con voce bassa e
roca, complice anche
la gola secca per il non aver bevuto per chissà quanto tempo.
“Data
la situazione no, non mi offendo” Aqua gli rivolse un ampio
sorriso
ma notando l'espressione disorientata del biondo, gli passò
una mano
tra i capelli e gli sistemò i ciuffi ribelli
“Tranquillo, non hai
avuto un infarto mentre eri in bagno” scherzò
gentile per
alleggerire l'atmosfera e l'altro ridacchiò.
"Menomale”
"Sono
stati giorni intensi ma adesso va tutto bene. Pensa a riposare, tra
non molto ti porteremo in una vera stanza”
Roxas
non ebbe
bisogno di farselo ripetere, socchiuse gli occhi ancora con un
leggero sorriso a increspargli labbra, non ne capiva molto ma era
sollevato di lasciare già la terapia intensiva,
chissà dov'era Axel
“Per quanto sono stato qui?”
Aqua
si girò verso di lui per
rispondere ma non fece in tempo che si era già
riaddormentato.
***
“Marluxia
Torn. Il ragazzo che ha dato l'allarme e, per una fortuita
coincidenza, anche il figlio dello sceriffo. Tuo padre ti ha
insegnato proprio bene”
“Più
che altro direi che la mia è
stata solo astuzia e molta fortuna”
“E
anche modesto direi”
Il
ticchettio dell'orologio da parete e la fitta pioggia che batteva
incessante contro le finestre erano gli unici suoni percepiti nei
momenti in cui la conversazione veniva sospesa. Rude Garcia
accavallò
le gambe, comodo sul divano sul quale era seduto, e si sfilò
per un
momento i suoi onnipresenti occhiali da sole per studiare
più
approfonditamente il ragazzo accomodato sul divano di fronte. Tra di
loro vi era un piccolo tavolino sul quale erano poggiate due tazze di
caffè.
Marluxia
sedeva compostamente: le mani intrecciate in
grembo, schiena dritta, espressione rilassata e sguardo privo di
qualsiasi emozione. Contrariamente a tutti gli altri ragazzi che
avevano interrogato fino a quel momento, lui non dava alcun cenno di
ansia o preoccupazione. Anche se Rude cercava di rendere tutto il
più
informale possibile, nella stanza con loro c'era anche un ufficiale
di polizia a fare da guardia e testimone, il suo compito era starsene
fermo vicino alla porta con le mani dietro la schiena ma la maggior
parte degli altri adolescenti davano di matto alla sola vista; e il
fatto che il ragazzo dai capelli rosa fosse così pacato lo
colpì
non poco.
"Allora”
riprese “Che ne dici di ripercorrere
insieme gli avvenimenti in modo da ricostruire per bene la
dinamica?”
“Come
ho già detto, io ero tenuto in ostaggio
assieme agli altri nella classe di scienze quindi non so proprio
tutto” rispose con praticità Marluxia, chinandosi
in avanti per
prendere la sua tazza.
“Certo,
ma sappi che ogni dettaglio per
noi è fondamentale” Rude aprì un
quadernetto sul quale aveva
scribacchiato delle note e ricapitolò la situazione
“Allora, nella
dinamica Xemnas era agli armadietti quando ha sparato accidentalmente
a un ragazzo, turbato da tale gesto si è dato alla fuga ed
è finito
nella classe un cui vi eravate rifugiati tu, Riku, Kairi, Zexion e
Xaldin, prendendovi così in ostaggio. Il tutto non
è durato molto
perché poi si è accorto dell'arrivo della
polizia, e, preso
dall'ansia, è uscito in cerca di un'altra via di fuga"
alzò lo
guado dal suo taccuino e chiese conferma a Marluxia, che
annuì mesto
"Bene, a questo punto so che tu conoscevi Xemnas quindi potresti
aiutarci a fare chiarezza su questa storia. Era tuo amico?”
“Non
direi "amico". Eravamo conoscenti più che altro, facevamo
parte dello stesso gruppo di amici ma il nostro rapporto era ridotto
al semplice saluto e nulla di più”
“E
cosa facevate in questo
gruppo?”
Il
ragazzo scrollò le spalle e si specchiò nel
liquido nero nella sua tazza “Mantenevamo l'ordine nella
scuola.
Quando nessuno si fa rispettare ognuno fa quello che vuole... Xemnas
invece era considerato una sottospecie di re, tutti lo temevano,
probabilmente a causa del suo sguardo glaciale, fatto sta che nessuno
osava contraddirlo, e per estensione rispettavano anche noi”
“Quindi
per questo era tenuto di mira dai professori e dal
preside?”
"Esatto”
Rude
rimase un momento in silenzio
e poi si piegò, poggiò gli avambracci sulle
ginocchia, e scrutò
Marluxia mentre si mordicchiava il labbro inferiore “Ed era
violento?” chiese alla fine.
“Di
certo non era pacifico ma non
l'ho mai visto 'entrare in azione', solitamente stava per gli affari
suoi ad assicurarsi che fosse tutto ok”
“E
se non era tutto
ok?”
“Diceva
a noi di sistemare tutto a modo nostro”
“A
modo vostro?” l'uomo inarcò un sopracciglio ma
Marluxia sottolineò
quanto appena detto.
“A
modo nostro”
“Quindi
non gli hai
mai visto fare qualcosa di strano?”
“Non
mi pare”
Dopo
quella risposta Rude si ammutolì per qualche altro minuto
con
espressione meditativa, ogni tanto lanciava qualche occhiata al suo
quadernetto e annotava o cancellava qualcosa. Marluxia lo guardava
con disinvoltura, accortosi che era cambiato qualcosa nel
comportamento dell'uomo.
“E
dimmi un po'” riprese
l'adulto fissando di nuovo il suo sguardo sull'altro “Lui
aveva
nemici oppure qualcuno che non sopportava?”
“Non
saprei”
“E
riguardo i tre ragazzi - Axel Moore, Roxas Strife e Vaan Ratsbane - sai
dirmi qualcosa?”
Marluxia
poggiò un braccio sul bracciolo del
divano e affondò la guancia sinistro nel palmo della mano,
si
concesse giusto un momento per rimuginare “Axel faceva parte
del
gruppo ma è un tipo che preferisce farsi gli affari suoi,
Vaan non
so chi sia e Roxas... lui ha cominciato a frequentare Axel da qualche
mese. Poco dopo che i due hanno cominciato a studiare insieme Xemnas
è scomparso dalla circolazione... per poi apparire l'altro
giorno”
aggiunse quest'ultima parte con tono grave.
"Mh”
Rude annuì
e si grattò la nuca mentre leggeva qualche altro appunto
“In
precedenza hai detto che quella mattina non avevi attività
extracurricolari”
“Proprio
così. Ero andato a scuola di prima
mattina perché volevo iniziare a fare i preparativi per la
lezione
di botanica” Marluxia accennò un leggero sorriso
ma l'uomo non
sembrava sulla stessa linea d'onda.
“Come
mai allora quando è
scattato l'allarme non eri nella serra ma nella classe di scienze,
ben lontana dal luogo di svolgimento della lezione?”
“Ero
entrato per prendere i libri dall'armadietto e perché volevo
salutare un'amica”
Rude
annuì ancora alle sue parole, non
sembrava particolarmente convinto ma decise di sorvolare per il
momento “Ti faccio un'ultima domanda e poi ti lascio libero.
Sapevi
che Xemnas sarebbe tornato a scuola?”
Questa
volta fu Marluxia a
lasciar cadere il silenzio tra loro, fu breve ma intenso, durante il
quale mantenne il contatto visivo a lungo prima di rispondere con un
secco e velatamente istigante “No”
A
quel punto, con un
leggero sospiro, Rude fece cenno all'agente di poter andare e si
alzò
anch'egli per congedarsi ma Marluxia lo fermò repentinamente
mentre
era intento a raccogliere la sua giacca.
“Posso
farle io una
domanda?”
Rude
si girò verso il ragazzo ancora seduto e
rispose con accondiscendenza. Marluxia lo guardò negli occhi
ed
esitò appena prima di parlare ma poi indossò un
sorrisetto di
circostanza.
"Quello
che è successo nella nostra scuola è
stata una cosa gravissima, ma non crede che il fatto che sia
addirittura coinvolta l'FBI in un semplice caso di omicidio-suicidio
potrebbe dare da pensare? Ovviamente, signor Rude Garcia, attualmente
proprietario della NY Real Estate, con la precedente domanda non sto
facendo insinuazioni su un suo possibile coinvolgimento con il
settore di controspionaggio della polizia federale, ma solo che la
situazione potrebbe destare dei sospetti come il
poter
supporre che Xemnas avrebbe potuto essere collegato con altri
ricercati come, che ne so... i Silver Haired Man?”
Rude
sentì
il sangue raggelarsi nelle vene e si bloccò dalla sua
attività.
Quel ragazzo... come faceva quel ragazzo ad essere in possesso di
tutte quelle informazioni? Stava per caso facendo il doppio gioco
oppure lo stava solo prendendo in giro?
“Signor
Marluxia Torn”
disse cauto, sfilandosi gli occhiali e infilandoli nel taschino della
giacca “Lei chi è veramente?”
Ma
il ragazzo dai capelli rosa
sorrise gentilmente e fece una scrollata di spalle “Oh, io
sono un
semplice studente dell'ultimo anno di liceo affascinato dalla
botanica”
Rude
però non si lasciò convincere e lo
osservò
attentamente. Il ragazzo era scaltro al punto da mandargli un segnale
che diceva chiaramente “Io so tutto di quello che state
facendo”...
oppure, ipotesi forse più probabile, Axel doveva avergli
spifferato
tutto dopo che quell'idiota di Reno gli aveva detto la
verità su di
loro. Comunque non poteva abbassare le difese “Non so cosa sa
e a
che gioco sta giocando ma mi auguro per lei che mi abbia fornito
tutte le notizie a sua disposizione affinché possano
favorire il
corretto svolgimento delle indagini”
Marluxia
si alzò a sua
volta dal divano e si sistemò il pantalone e la camicia con
una
disinvoltura tale che qualcuno non avrebbe mai immaginato la
serietà
dell'argomento in atto “Se la verità è
davvero quella, mi auguro
che abbiate sotto controllo questo Loz...in tv non si parla altro che
di Xemnas” e detto questo afferrò la sua borsa e
fece un cenno di
saluto mentre guardava Rude uscire dalla stanza visibilmente
pensieroso. Si appoggiò allo stipite della porta e sorrise
malizioso.
“Lei
ha il cuore troppo tenero, signor Garcia. Non
dovrebbe essere così indulgente, neanche con i
ragazzi” mormorò
tra sé e sé. Era da tempo che non si divertiva
così tanto e ora
che si era trovato coinvolto personalmente in questo caso aveva
deciso di giocare. Chissà chi avrebbe scoperto prima la
verità, lui
o l'FBI?
A
tal riguardo si appuntò mentalmente che non aveva
ancora avuto modo di ingraziarsi per bene Roxas.
“Ehi
Marly!”
Il
ragazzo, ancora appoggiato al muro, notò con sommo stupore
un Demyx
oltremodo raggiante accompagnato dalla sua imperturbabile dolce
metà:
Zexion, il topo di biblioteca probabilmente emo. Rivolse loro un
cenno col capo e andò loro incontro.
“Che
ci fai qui?”
continuò il biondo con la sua solita esuberanza.
“Ero
passato a
salutare Larxene, voi?” rispose invitandoli a seguirlo
finché non
arrivarono agli ascensori e pigiò i bottoni di prenotazione.
Demyx
sorrise smagliante.
“Axel”
Giusto,
lui aveva paura di
Larxene. Era troppo rigida per i suoi gusti.
“Salutatemelo,
e
ditegli che appena si riprenderà andremo a farci una birra
da soli”
disse entrando di fretta nell'ascensore una volta arrivato.
“Non
ti unisci a noi?”
“Purtroppo
oggi vado di fretta. Alla
prossima!”
Demix
e Zexion si scambiarono un'occhiata
spaesata appena il loro amico sparì dietro le porte
dell'ascensore.
Marluxia era un tipo fin troppo strano ma oggi lo era stato ancora di
più e Zexion si chiese a cosa fosse dovuta tutta
quell'impellenza,
ma il biondo non mostrò un particoolare interesse o stupore
a
riguardo, e lo afferrò per un braccio per trascinarlo nella
stanza
di Axel. Aprì la porta di malagrazia e si fece largo
all'interno
come se quella fosse casa sua.
“Axeeeeeeel!
Indovina chi ti è
venuto a trovare? Ma sì, il tuo grandissimo migliore amico
Demyx, e
il suo bellissimo e supersexy principe azzurro Zexion!”
esclamò
con il suo tono caotico facendo una gran corsa fino al letto, dove si
buttò sopra come un sacco di patate. Axel da parte sua non
aveva
registrato in tempo l'arrivo del suo amico pazzo e si lasciò
scappare un grido di terrore tutt'altro che mascolino.
“Cazzo
Dem per poco non mi hai fatto venire un infarto. Siamo in un
ospedale, porca miseria, vuoi stare zitto?”
sbraitò una volta
riacquistato fiato, portandosi una mano al petto mentre col piede
cercava di farlo cadere giù. A Zexion invece
riservò un saluto più
sobrio.
“Tanto
meglio" rispose il biondo con una fragorosa
risata e si girò sulla schiena. Demyx si era steso sulla
parte
terminale del letto, in modo che i piedi penzolassero fuori, e
allargò comodamente le braccia "Se l'avessi avuto non
avresti
dovuto scomodarti di venire fin qui”
Axel
sospirò, non valeva
la pena avere applicarsi con quel caso perso “Se continui
così
molto presto avrai un'ordinanza di restrizione da appendere in camera
come mio ultimo ricordo”
“Sei
sempre così dispotico con me”
mormorò lamentoso Demyx girandosi di nuovo sullo stomaco per
guardare il rosso con faccia afflitta.
“Secondo
me invece ti ha
trattato con i guanti...” intervenne per la prima volta
Zexion,
rivolgeva al suo ragazzo lo stesso sguardo di afflizione che si usa
con i bambini quando fanno i capricci.
“Non
importa” borbottò
Demyx e afferrò il telecomando per spegnere la tv
che Axel
probabilmente stava vedendo prima del loro arrivo “Basta
guardare
sempre il telegiornale, non voglio sentire altro su quello che
è
successo!”
Axel
roteò gli occhi e lanciò uno sguardo di
compassione al povero Zexion che nel frattempo si era andato a sedere
sulla poltrona occupata prima da suo padre “Dem, cosa sei
venuto a
fare anche oggi? Non ti è bastato il casino che hai fatto
ieri?”
Mullet-man
si mise a sedere, faccia a faccia con il rosso
e incrociò le gambe come lui “Sono venuto
a reclamare le cure
che ultimamente non mi hai rivolto”
“Ancora
a elemosinare
attenzioni?" Axel rimase interdetto e spostò lo
sguardo da
Demyx a Zexion e poi di nuovo a Demyx "Qui il malato sarei io,
non tu... e comunque hai Zexion”
“Zexion
provvede già
ampiamente”
Axel
fece una faccia schifata e preferì non
indagare ulteriormente sul come Zexion provvedesse
e cercò di
cambiare argomento rivolgendosi proprio a quest'ultimo, dato che Dem
era così ottuso che non riusciva a reggere una conversazione
seria
per più di 10 secondi “Avete notizie di
Roxas?” chiese
speranzoso ma l'altro chinò il capo e fece un cenno di
diniego.
“Ancora
prognosi riservata, mi dispiace”
Il
rosso
sbuffò e incrociò le braccia al petto
“Che cavolo, lo stronzetto
ha pure il cellulare spento”
“Dai
Ax non ti agitare altrimenti
ti verranno le rughe in fronte" intervenne di nuovo Demyx. Ormai
lo aveva cronometrato, 10 secondi di silenzio e doveva ripartire con
la sua raffica di stronzate "Comunque ti saluta Marly e ti
invita per una birretta tête-à-tête... e
se ve ne andate in qualche
locale a Chelsea⁴ voglio venire anche io!"
Ad
Axel per poco
non venne un altro colpo.
***
Rude
camminava a passo spedito tra i corridoi dell'ospedale, le sue scarpe
lucide cozzavano pesantemente sul pavimento azzurro e il suo sguardo
era fisso davanti a sé per non percepire la tristezza e il
dolore
dei bambini e i ragazzi in pigiama e vestaglia che camminavano nel
reparto. Aveva sempre avuto un debole per queste cose e sapeva che
quello non era un momento per mettersi a fare i sentimentali. Quando
arrivò davanti alla sala delle conferenze si
fermò e rimase a
fissare la superficie della porta in legno, aveva uno strano
presentimento e aveva a che fare con quello che aveva detto quel
ragazzo che aveva appena interrogato.
"Mi
auguro che
abbiate sotto controllo questo Loz"
Ovvio
che ce
l'avevano sotto controllo. Il giorno prima si era recato persino in
prima persona assieme al suo capo, Tseng, per presiedere ad un altro
interrogatorio, un buco nell'acqua come sempre perché non
parlava
mai, era sicuro che godeva di buona salute anche se a volte faceva
degli strani scatti.
Con
estrema riluttanza poggiò la mano sul
pomello e lo abbassò.
"In
tv non si parla altro che di
Xemnas"
Andava
tutto bene.
"Reno"
sussurrò
con voce incrinata mentre entrava e il fiato gli si bloccò
in gola
non appena percepì la tensione opprimente che regnava in
quella
stanza che avevano occupato momentaneamente per poter svolgere
ricerche. Reno era in piedi appoggiato con una spalla alla parete e
lo sguardo fisso su qualcosa di indefinito fuori la finestra accanto
a sé. Assieme a lui c'erano Cloud seduto sul divano
con la
testa tra le mani e accanto a lui Leon con entrambe le braccia
distese sullo schienale gambe accavallate.
"Reno-"
"Ho
sentito Tseng" tagliò a corto il rosso con un tono
più serio
del solito, senza muoversi di un millimetro dalla sua posizione
"Questa notte l'hanno convocato d'urgenza a Great Meadow⁵"
Rude
rimase in attesa, timoroso di sentire quello che l'altro immaginava
avrebbe detto.
"Anche
Loz l'ha fatta finita. Adesso non
abbiamo più nessuna pista, Rude. Siamo di nuovo al punto di
partenza”
***
Axel
non amava gli ospedali, essere ricoverato ancora meno, ma quella
routine che si stava creando non gli dispiaceva affatto: si
svegliava, mangiava, oziava, andava in esplorazione, faceva il
galletto con le infermiere e di nuovo oziava. E ora era uno di quei
non rari momenti in cui stava perdendo tempo senza sentirsi
minimamente in colpa ma un costante brusio di sottofondo distolse la
sua attenzione dalla preziosa lettura...di un tabloid.
"Che
cavolo è tutto sto casino?" borbottò con tono
scocciato a
nessuno in particolare.
"Penso
che stiano trasferendo
qualcuno nella stanza affianco" spiegò Zexion con tono
pratico,
lui però non alzò lo sguardo dal suo libro, non
lo faceva mai se
non ce n'era veramente bisogno "Prima mentre venivamo abbiamo
visto che stavano facendo i preparativi"
Axel
parve
rifletterci giusto un secondo ma poi fece spallucce, sicuramente non
era affar suo, e appoggiò la rivista che gli aveva lasciato
Kairi
sul materasso "Sai una cosa Dem? Per una volta Yuffie aveva
ragione dicendo che la casa di Ariana Grande non è
male"
"Davvero?"
"Purtroppo
devo darle
conto, adoro l'accostamento bianco e azzurro fiordaliso...e il
soffitto a cassettoni è davvero interessante"
"Fa
un
po' vedere" il biondo risalì sul letto e prese la rivista
che
cominciò a studiare con gran passione.
Se
solo studiasse così
anche per la scuola anche lui a quest'ora sarebbe in procinto di
diplomarsi, pensò un affranto Zexion senza però
pronunciare quelle
parole a voce alta. Non era quello il momento per esporre i loro
problemi di coppia, e per questo si rivolse al rosso "Axel non
ti offendere ma sembri una donna quando parli così"
Axel
di
tutta risposta si impettì e sorrise con fierezza "Scommetto
che
sei geloso della mia classe invece"
"Non
l'ho neanche
mai sentito questo azzurro fiordaliso!" protestò Zexion con
un
leggero rossore che gli imporporava le gote e il biondo
iniziò a
ridere di gusto alla scena.
"Axe
ha molto buon gusto invece,
mi ha promesso che sarà lui a progettare la nostra casa
quando ci
sposeremo!"
Zexion
sospirò sconsolato e ignorò i due
ragazzi per il suo benessere mentale.
"Già
vi ci vedo: in un
loft di Soho, perché Sitar-man ha bisogno della sua dose di
eccentricità assieme agli altri artisti del vicinato" Axel
fece
un occhiolino in direzione di Demyx "Il soggiorno dev'essere
ampio, con le pareti bianche e solo quella centrale celeste con un
camino di mattoni incassato, se c'è il bow window tanto
meglio..."
"OKAY,
basta così" tagliò a corto il
ragazzo dai capelli color acciaio chiudendo il suo tomo con un sonoro
tonfo. Quelle discussioni lo mettevano stranamente a disagio, come
tutta la pressione dei prossimi anni si riversasse in batter d'occhio
sulle sue spalle e lui si sentiva oppresso da tutto e tutti.
I
ragazzi non poterono protestare ulteriormente, sebbene stessero
ridacchiando sotto i baffi in maniera piuttosto malcelata,
perché
poco dopo qualcuno bussò alla porta e quando Axel diede il
permesso
di entrare rimase piacevolmente sorpreso di vedere niente di meno che
Aerith "Signora Strife!"
"Aerith"
"Giusto,
Aerith" si corresse imbarazzato.
La
donna dai capelli castani
entrò con estremo garbo nella stanza e salutò
cordialmente tutti i
presenti, poi si diresse verso il comodino dove poggiò un
piccolo
vaso trasbordante di fiorellini di campo.
"Speravo
di fare
due chiacchiere con te, Axel" cominciò a dire ma fu bloccata
quasi all'inizio dalla voce di Demyx che scattò
immediatamente in
piedi e assunse un'espressione solenne.
"Ma
certo, fate pure!
Noi stavamo giusto andando, vero Zex? Ci trovate in caffetteria"
esclamò così velocemente che nessuno
riuscì a capire veramente
cosa gli fosse preso. A quel punto afferrò Zexion per un
braccio e
lo trascinò fuori come una furia, senza dargli neanche
l'opportunità
di riprendere il suo libro che aveva lasciato sulla poltrona, e
chiuse con un tonfo sordo la porta alle loro spalle. Una volta nel
corridoio, Zexion gli lanciò un'occhiataccia e
iniziò ad
incamminarsi verso la caffetteria, perché era lì
che pensava
fossero diretti, ma vedendo che il suo ragazzo non lo seguiva
ritornò
sui suoi passi e lo vide incollato alla porta.
"Che
cavolo
stai facendo?"
"Mi
pare ovvio, sto cercando di
origliare. Ora fa silenzio"
"Dem"
"Zex"
"Signori?"
li interruppe un infermiere che passava di lì "Avete bisogno
di
qualcosa? Sulla destra c'è una sala comune con tv e divani"
"Stiamo
bene così, grazie mille!" fu la risposta solare di
Demyx.
Zexion
in quel momento si sentì così in imbarazzo che
avrebbe voluto annegare nella cascata di pioggia che c'era
fuori.
Aerith
rimase quasi tramortita dal comportamento del
ragazzo biondo che non seppe cosa dire per una buona manciata di
secondi, fu Axel a rassicurarla che era una cosa del tutto normale e
che Demyx a volte poteva comportarsi come un pazzo.
"Oh...
okay" mugugnò la donna, sedendosi sulla poltrona
precedentemente occupata da Zexion "Volevo sapere come ti
sentissi oggi, però mi dispiace aver interrotto qualcosa, se
vuoi
posso andare a chiamarli"
"Tranquilla
non hai interrotto
niente!" la fermò subito il rosso, gli faceva sempre piacere
vederla perché riusciva sempre a metterlo di buon umore con
i suoi
modi di fare "Quanto a me... sto meglio, credo. La ferita fa un
po' male ma non è nulla che mi impedisca di vivere, giusto?"
fece retoricamente "Piuttosto...uhm... mi hanno detto che prima
io e Roxas stavamo in stanze vicine..."
Aerith
sorrise e
annuì "Sì, è così, sono
stata io a richiederlo... anche se
ammetto di essere stata un pochino insistente con Cloud"
ridacchiò bonariamente "Il fatto è che
tuo padre era così
preoccupato, non voleva mai allontanarsi da te anche se non gli era
permesso entrare nella stanza, sarebbe stato lì
anche se il
lavoro lo chiamava, così ho detto che mi sarei pesa cura io
di te"
Axel arrossì visibilmente e spostò lo sguardo di
lato ma lei non ci
prestò attenzione "E poi l'ho fatto perché
immaginavo che
potesse farvi piacere stare l'uno vicino all'altro, anche se non ne
eravate consapevoli"
"I...in
che senso?"
"Axel...
capisco più cose di quante tu possa immaginare, sono pur
sempre una
mamma" replicò con naturalezza, come se fosse la cosa
più
ovvia del mondo. Quelle parole però non fecero altro che
aggravare
la situazione e Axel arrivò ad assumere una
tonalità di rosso
ancora più scura dei suoi stessi capelli, sapeva che sarebbe
morto
di crepacuore se la donna avesse continuato. Stava per caso
sottintendendo che aveva capito tutto di lui e Roxas? Certo, non era
scema e loro erano piuttosto morbosi a volte ma avevano fatto
attenzione a non divulgare la cosa troppo platealmente.
"Se...
se volevi farci stare vicini perché allora non ci hai fatto
mettere
nella stessa stanza?"
Aerith
sospirò "Avete bisogno di
riposo, entrambi. Poi tu hai perso molto sangue"
"E
allora?"
"Se
ti avesse visto in quello stato sarebbe
andato fuori di testa... e noi non vogliamo che succeda. Allo stesso
tempo non penso che tu te ne saresti stato buono"
"Ma
ora sto bene! A maggior ragione posso vedere Roxas e assicurargli che
va tutto bene"
"Dovresti
continuare a riposare"
"Io
non ho bisogno proprio di niente! È di lui che sono
preoccupato.
Nessuno mi ha detto nulla sulle sue condizioni, ora come ora potrebbe
essere anche morto per quello che ne so... prima di perdere i sensi a
scuola, Roxas era vicino a me ma glielo leggevo in faccia che non
stava bene... si era disfatto della sua dose di ossigeno per portarmi
in salvo. Penso che sia un mio diritto sapere come sta, Aerith. Tu
hai detto che capisci
e allora perché mi avete tenuto lontano
da lui per tutto questo tempo?" spiegò Axel con rinnovato
vigore, tutti erano stati preoccupati per le sue condizioni ma
nessuno poteva immaginare davvero cosa fosse successo davvero in
quella scuola. Il sangue, i corpi a terra, l'ansia, la paura di non
uscirne vivi. La sua non era preoccupazione solo per la salute fisica
di Roxas, lui aveva bisogno di Roxas. Aveva bisogno
della sua
vicinanza, del suo calore, della sua voce. Aveva bisogno solo di
Roxas perché erano stati loro a trovarsi da soli in
quell'inferno e
solo loro potevano capirsi. Solo così poteva
guarire.
Aerith
lo scrutò a fondo, come se stesse sondando la sua anima, e
alla fine
lasciò cadere lo sguardo sulle sue mani strette in grembo
"Roxas...
non è grave come immaginavamo anche se non nego che
all'inizio
abbiamo temuto il peggio"
Axel
le prese una mano tra le sue e
la esortò a continuare.
"Aveva
del liquido nel polmone
sinistro che gli impediva di respirare, ecco perché negli
ultimi
tempi era così affaticato, e poi hanno proceduto con tutti
gli esami
e controlli. Il cuore lo sta indebolendo ma lui è
sempre forte
e combattivo"
"Aerith
posso chiederti una cosa?"
"Dimmi
pure"
"Sei
sicura che Roxas soffra del qt
lungo?"
"Certo,
non potrei essere più sicura"
affermò con un cenno del capo "Il padre di mio marito
è morto
proprio a causa di questo... Cloud era ancora troppo giovane per
capire di cosa si trattasse però pare che i problemi di
cuore girano
nella sua famiglia e, dato che lui è sano e Roxas
è colpito, siamo
preoccupati per Sora... sai, potrebbe essere anche un gene recessivo
ma sono pur sempre gemelli, con queste cose bisogna prendere la
massima precauzione"
Axel
aggrottò la fronte. Era scontato,
come poteva averne dubitato? Se ne parlava sempre del qt ma allora
che c'entrava quel fantomatico geostigma? Era davvero il caso dirle
la verità in quel momento? Lei non sapeva niente e una
notizia del
genere così su due piedi l'avrebbe distrutta, senza contare
che lui
così si sarebbe cacciato seriamente nei guai. Roxas in quel
momento
aveva bisogno del sostegno di tutti loro e non di altri problemi.
"Come
sta ora? Si è svegliato?" chiese alla fine, ignorando il suo
desiderio di vederci chiaro.
"Si
è svegliato due o tre volte
ma la maggior parte del tempo era sotto sedativi quindi non era
proprio partecipe... con i trattamenti vari non era l'ideale tenerlo
sveglio"
"E
quando potrò vederlo?"
"Appena
starete meglio" sorrise dandogli una pacca sulla spalla "Anzi,
adesso ti lascio riposare. Prima ti riprendi, prima potrai vedere
Roxas"
Una
volta solo, Axel rimase con lo sguardo fisso sulle
sue gambe incrociate, domandandosi per quanto tempo ancora gli adulti
avrebbero continuato a mentire spudoratamente. Nel suo animo
dominavano sentimenti contrastanti, da una parte era sollevato
perché
non sarebbe mai riuscito a vivere serenamente con la consapevolezza
di quello che aveva realmente Roxas senza che quest'ultimo potesse
saperlo davvero, d'altra parte si sentiva così inutile non
poterlo
aiutare. L'unica cosa di cui era felice era che il biondo stesse bene
e, chissà, forse presto sarebbero tornati a casa insieme
proprio
come i vecchi tempi. Per il momento tutto quello che poteva fare era
rimanere di buon umore e raggiungere Demyx e Zexion in caffetteria,
magari avrebbe trovato persino il dessert.
Si
infilò velocemente
una felpa e le sue converse e si avventurò per i corridoi.
Ormai
quell'ospedale lo conosceva abbastanza bene perché era
andato spesso
a trovare Roxas in passato ma mai avrebbe immaginato che sarebbe
rimasto lui stesso lì.
Prima
di raggiungere l'ascensore decise di
fare un salto da Larxene per chiederle se le andava di unirsi a loro
o se voleva semplicemente qualcosa. Sapeva che anche lei era
ricoverata, però solo per degli accertamenti dal momento che
non era
rimasta ferita nella sparatoria. A quanto aveva capito i medici
avevano preferito fare qualche controllo perché era da tempo
che li
saltava (sicuramente volontariamente).
Quando
arrivò in
prossimità della sua stanza notò la porta
socchiusa e si affacciò
cautamente, non voleva disturbarla se aveva da fare o magari stava
dormendo, ma ben presto si ravvide. Larxene gli dava le
spalle.
Era a torso nudo davanti allo specchio e una lacrima solitaria le
rigava silenziosamente il volto.
Axel
però non seppe dire se
lo turbò di più il fatto che stesse piangendo o
quello che vide su
di lei: il suo corpo era ricoperto da ampie porzioni di pelle
annerita, molto simili a quella che aveva Roxas sul petto e che non
guariva mai.
Il
ragazzo si sentì le gambe quasi tremare sotto il
suo peso e si poggiò con la schiena al muro per sorreggersi,
non
riusciva a credere a quello che aveva appena visto. Il cuore
iniziò
a ad accelerare sempre di più nel suo petto e il respiro si
faceva
sempre più rarefatto. Si portò una mano alla
ferita fasciata che
aveva deciso di dolergli proprio in quel momento e poggiò la
nuca
alla parete. Gli occhi erano serrati mentre si ripeteva mentalmente
che non era possibile. Non era possibile che quella fosse la
realtà.
"Dolore
immenso, allucinazioni, macchie su
tutto il corpo. Cosa dirai quando inizieranno ad apparire tutti quei
segnali?"
"Mamma
quando tornerai a
casa?"
Cloud
non aveva risposto alla domanda
posta con tono grave, suo padre non era mai stato così serio
come in
quel momento. Anche sua madre non aveva risposto alla sua domanda,
Elena preferiva tacere piuttosto che mentire al suo unico figlio.
In
un primo momento Axel decise di andare via ma qualcosa lo trattenne.
Inviò un veloce messaggio a Dem e attese qualche
minuto fuori
la stanza, incollato alla parete, prima di entrare. Non poteva
scappare. Se voleva di essere di qualche aiuto doveva smettere di
scappare.
Prese
un profondo respiro e bussò lievemente.
"Posso?"
mormorò a voce bassa ma non seguì alcuna
risposta, così si
affacciò nella stanza e vide che Larxene si era rivestita e
aveva
poggiato delle borse sul letto "Te ne vai di già?"
"Sì
mia madre sta venendo a prendermi, non ce la facevo più a
stare qui
dentro" rispose lei senza guardarlo, troppo indaffarata a
preparare le valigie.
"Ci
sei stata davvero poco"
osservò il rosso sedendosi sul letto.
"Mi
hanno trattenuta
per dei controlli, tre giorni vanno più che bene per me"
"Ed
è andato tutto bene?"
"Va
tutto bene, mi hanno fatto
solo qualche esame di routine" rispose alla svelta ma ad Axel
non bastava, la guardò con apprensione e Larxene, sentendo
il peso
del suo sguardo perforante, ridacchiò e si voltò
completamente
verso di lui, interrompendo la sua attività "Non fare quella
faccia, mi è bastata una firmetta e ora sono fuori... se
stavo così
male non credo che mi avrebbero permesso di uscire tanto facilmente
no?"
Il
rosso sospirò e scrollò le spalle "Sì
lo so,
è che-"
Larxene
gli posò un dito sulle labbra e gli impedì
di continuare oltre, si sedette sul letto e si specchiò nei
suoi
occhi verdi "Ormai ho 18 anni, sono maggiorenne e posso fare
quello che voglio. Non devi stare in pensiero per me"
affermò
con tono stranamente morbido, poi le sue labbra si piegarono in un
mezzo sorriso "E poi hai già un cagnolino che
reclama le
tue attenzioni"
A
quel pensiero, Axel lasciò cadere il
discorso così. Gli passò invece una mano tra i
capelli, aveva
cambiato pettinatura tutto d'un tratto, ora i fili dorati le cadevano
sul viso e le conferivano un aspetto decisamente più maturo
assieme
alla matita nera sugli occhi e il rossetto rosso. Era strano vedere
Larxene così e il ricordo di quello che aveva visto solo
pochi
minuti prima lo gettò in uno stato di profonda angoscia e
nostalgia.
"Sei
bella, lo sai?" sussurrò giocando con
una ciocca dei suoi capelli, non riusciva a staccare gli occhi da
quei fili illuminati dalla luce del sole che filtrava dalla finestra.
Erano più chiari di quelli di Roxas e profumavano di
vaniglia, ma
erano ugualmente morbidi. Lei certamente doveva averne più
cura
anche se non dava l'impressione di essere una tipa del genere.
"A
cosa devo questo complimento da uno come te?" disse con una
punta di ironia nella voce "Se non ti conoscessi potrei
fraintendere"
"Scema,
non è la prima volta che te lo
dico!"
Sul
volto della bionda apparve il fantasma di un
sorriso e portò il dorso della sua mano sul volto dell'altro
per
carezzarlo. Larxene aveva capito che il rosso era così
riguardoso
perché c'era qualcosa che lo turbava, la cosa la
allietava e
allo stesso tempo gli era grata che non avesse approfondito con altre
domande troppo personali. Ormai si conoscevano da anni, erano intimi
e per questo Axel riusciva a comprendere le sfumature dei suoi
sguardi e dei suoi silenzi, ma lei lo aveva sempre tenuto fuori dalle
questioni del suo passato. Erano cose che non gli appartenevano e non
voleva condividere il suo dolore con altri.
"Tra
qualche mese
ci sarà il ballo di fine anno" Axel spezzò di
nuovo il
silenzio parecchi minuti dopo, quei momenti di quiete tra di loro
erano sempre confortevoli anche in momenti del genere. Si distese con
la schiena sul materasso e portò l'amica giù con
se, con lo sguardo
rivolto verso il soffitto "Voglio vederti in gran forma per quel
giorno"
"Non
ho interesse per queste cose, l'anno
scorso ho passato la serata nel retro della palestra a vomitare tutto
l'alcol che avevo buttato giù" Larxene ricordò
quella giornata
con una celata malinconia e una punta di divertimento. Non era stata
esattamente la serata che tutte le ragazze del liceo sognano e magari
pianificano da anni. In realtà invece di un vestito da sera
aveva
indossato un lungo soprabito di pelle nera e un costumino a due pezzi
e aveva scorrazzato sul pick-up di Xigbar.
"Quest'anno
invece
sarà speciale" annuì Axel con convinzione, era
come se con
tutti quei piani volesse auto convincersi che sarebbe andato tutto
bene nei prossimi mesi, che Larxene si fosse tenuta fuori da tutti i
guai "Tu sei all'ultimo anno, devi portare con te dei bei
ricordi per la fine della scuola"
"Certo..
come se ce ne
fossero"
"Permettimi
di regalarti il vestito"
"Che
diavolo ti salta in mente?" la bionda rise di cuore alla battuta
fatta dall'altro ma quando si specchiò nello sguardo
dell'altro vide
una faccia seria e determinata.
"Voglio
che tu sia la più
bella lì" dichiarò "Io non so neanche se ci
sarò, sai
dipende tutto da Rox... però voglio che almeno tu passi una
bella
serata prima della fine dell'anno!"
Larxene
studiò a fondo
l'espressione dell'altro e si impresse nella mente quegli zaffiri che
sembravano risplendere di luce propria. Alla fine sbuffò e
con un
certo divertimento tornò a fissare il soffitto.
"Moore,
a
volte ti preoccupi troppo per gli altri piuttosto che di te stesso"
"A
me basta vedere tutti felici" fu la nota di chiusura
del rosso.
Quella
volta ci teneva ad essere lui a mettere il
punto fine alla loro conversazione.
***
"Io
ho cercato di salvarti, Roxas... non volevo arrivare a questo
però
ho tentato in tutti i modi di salvarti"
Xemnas
si girò
un'ultima volta verso la finestra che dava sul giardino,
all'orizzonte si intravedevano le volanti della polizia appostate sul
ciglio della strada e gli elicotteri che volavano sulla scuola.
Sorrise impercettibilmente e poi ci fu uno sparo improvviso.
Roxas
spalancò gli occhi e scattò a sedere in preda a
un irrefrenabile
desiderio di scappare il più lontano possibile, come se non
riuscisse a distinguere il confine tra la realtà e il sogno.
Il
sudore scendeva lungo la sua tempia e gli aveva attaccato qualche
ciuffo alla fronte, e il respiro era irregolare da risultare
così
doloroso che provò persino a tapparsi naso e bocca. La gola,
i
polmoni e il torace gli andavano a fuoco, cercò di ignorare
il
dolore pulsante della ferita che gli avevano fatto poco dietro la
schiena ma questo non bastava a placare le fitte che gli scuotevano
il corpo.
Si
portò le gambe strette al busto e si raggomitolò
su
sé stesso, e con una mano si strinse il petto che batteva
così
forte da fargli male.
"Calma" sussurrò
a sé
stesso con voce strozzata, sentendo le vertigini che lo stavano
assalendo "Hai... hai fatto solo... un brutto sogno... proprio
come oggi " continuò con il fiatone, alternando le parole a
qualche colpo di tosse secca. Appoggiò la fronte sudata
sulle
ginocchia e fece un enorme sforzo per rimanere concentrato su se
stesso. Doveva rimanere buono e tranquillo e non lasciarsi
trasportare dai ricordi, dopotutto proprio quel pomeriggio aveva
rischiato seriamente di avere qualche altra crisi.
Poche
ore prima
infatti si era svegliato con le sue grida irrefrenabili che lo
assordavano, cercavano un barlume di sollievo da tutte le scene che
si ripetevano all'infinito nella sua mente. Le immagini erano
così
vivide che sembrava di trovarsi ancora sul pavimento della scuola, il
sangue di Axel, lo sguardo vacuo di Vaan e l'espressione sconfitta di
Xemnas che lo perseguitava. Le lacrime scendevano incontrollate dai
suoi occhi, il respiro era corto e il cuore aveva perso il controllo.
Si prese la testa tra le mani e si raggomitolò in posizione
fetale,
sembrava quasi un attacco di panico ma sapeva che presto sarebbe
successo altro. Tutto faceva male, sia la testa che il fisico, ma
quello che faceva più male era sapere che non era riuscito a
fare
niente per evitare che tutto quello accadesse. La colpa era stata sua
perché aveva istigato Xemnas, l'aveva fatto arrabbiare di
proposito
perché voleva rovinargli la giornata come pensava che
gliel'avesse
rovinata la vista di Axel ridere e scherzare con un gruppetto di
cheerleader. Sua madre e un'altra infermiera erano subito accorse non
appena avevano sentito il monitor impazzire a causa sua, e presto si
sentì avvolto dal calore delle braccia di sua madre che
intanto gli
ripeteva che era tutto finito e che andava bene ora. Ma in
realtà
non andava niente bene perché due persone erano morte per
colpa sua
mentre lui era ancora lì.
"Axel?"
chiese senza
ascoltare nient'altro, Aerith gli assicurò che stava bene ma
al
ragazzo non bastava "Dov'è Axel?" ripeté di nuovo
con
voce leggermente più calma, iniziava a sentirsi intorpidito,
non
sentiva neanche più le braccia di sua madre che lo
stringevano al
suo petto.
"Stai
tranquillo, è nella stanza accanto alla
tua" sussurrò massaggiandogli gentilmente la schiena.
"Voglio
Axel"
"Appena
starai meglio potrai vederlo" Aerith
gli sorrise e lo fece stendere di nuovo adagio, e lo coprì
con le
coperte "Però devi riposare adesso"
"Non
volevo
che succedesse tutto quello..."
"Lo
so, tesoro. Non è
colpa tua"
Sì
che era colpa sua. E contro la sua volontà
si ritrovò di nuovo avvolto dall'oscurità,
spazzato via dalla
stanza in cui si trovava.
Roxas
era esausto, per lunghe ore aveva
oscillato avanti e indietro, attraverso la linea che separava il
sonno e la veglia, lo avevano riempito di tranquillanti
perché
qualsiasi dolore era scomparso, anche quello della sua anima, ma ora
l'effetto degli antidolorifici era scomparso.
Con
la testa ancora
appoggiata sulle ginocchia voltò il viso alla sua sinistra
dove
c'era un'ampia finestra. Era scesa la notte. Le luci della
città
apparivano come stelle luminose là fuori e la pioggia
continuava a
scendere.
Sua
madre era appollaiata su una poltrona lì vicino,
con una coperta addosso, e non si era svegliata neanche con il rumore
irregolare che emetteva il monitor multiparametrico a causa del suo
risveglio così brusco. Respirò profondamente
prima di sporgersi
verso quell'affare e lo spense per non disturbare ancora sua madre.
L'unica fortuna era che ormai dopo tutti questi anni riusciva ad
usare quei marchingegni anche ad occhi chiusi.
Doveva
vedere
Axel. Era vicino, appena oltre il muro che li separava, stando alle
parole che gli aveva detto sua madre. Non poteva aspettare ancora,
doveva assicurarsi che stesse davvero bene.
Senza
rifletterci oltre, si disfò di tutte quelle cose che gli
avevano
attaccato addosso per tenerlo monitorato e lentamente scese dal
letto. Appena toccarono il suolo le sue gambe vacillarono a causa del
lungo disuso e il biondo fu costretto a tenersi appoggiato a qualcosa
per reggersi. Roxas era stanco, le energie erano ancora poche ma era
riuscito a passare accanto a sua madre senza svegliarla e arrivare
alla porta con successo.
All'improvviso
la donna si mosse di
scatto e immediatamente Roxas si appiattì al muro, rimase
immobile
in quella posizione per un paio di minuti, con il cuore in gola. Sua
madre non si mosse più, dormiva ancora, e a quel punto il
ragazzo si
lasciò scappare un sospiro di sollievo prima di riprendere
il suo
tragitto. Appoggiò l'orecchio alla porta e francamente
pregò che
non soggiungesse nessun altro a rovinare tutto il suo duro lavoro.
A
parte il respiro regolare di sua madre non si udiva niente, i
corridoi erano silenziosi e non sembrava esserci nessuno nei paraggi.
Non poteva permettersi di indugiare ancora, così, senza fare
rumore,
aprì la porta alla cieca e sperò nel meglio.
Roxas
esitò per un istante, incerto sulla direzione che doveva
prendere,
perché sua madre non gli aveva specificato in quale "stanza
accanto" stava Axel. Rimase appoggiato al muro giusto per
qualche secondo in più e si concentrò a prendere
fiato, senza la
bombola aveva qualche difficoltà ma per il momento ce
l'avrebbe
fatta. Axel era vicino e solo questo contava.
Raggiunse
la prima
porta che vide e indugiò ancora, chiedendosi questa volta se
forse
fosse stato meglio rimanere a letto e attendere di sentirsi meglio
prima di vedere il rosso, dopotutto non gli avrebbero permesso di
rimanere lì a lungo, lo avrebbero riportato nella sua stanza
non
appena sua madre o qualche infermiera se ne fosse accorta.
Però
doveva vedere Axel, non riusciva a cancellarsi la
memoria il
corpo del suo ragazzo intriso di un rosso più scuro del
colore dei
suoi capelli e gli occhi velati dal dolore. Di quello che era
successo poi aveva così pochi ricordi che niente poteva
dirgli che
Axel stesse davvero bene.
Aprì
la porta ed entrò nella
penombra.
Era
la stanza giusta. Non c'era nessun altro con quella
capigliatura così selvaggia. I suoi capelli erano sparsi sul
cuscino
alla rinfusa perché gli dava fastidio tenerli legati quando
dormiva,
sul ripiano vicino al letto erano esposte una serie di cartacce di
tutte le barrette di cioccolata che doveva aver consumato la sera
prima e in volto aveva un'espressione rilassata, dormiva
profondamente, con le labbra appena dischiuse. Quello era il suo
Axel, stava bene proprio come gli aveva detto sua madre.
Mosse
qualche passo per avvicinarsi al letto e accennò un leggero
sorriso
mentre si sedeva accanto a lui, un sorriso malinconico. Come aveva
potuto lasciare che accadesse qualcosa del genere ad Axel?
Perché
Axel e non lui? Axel era una persona così buona e gentile.
Roxas
si sedette sul materasso e lo guardò a lungo.
Perché
non
potevano essere felici?
Perché
tutte le persone a lui care
soffrivano?
Perché
la vita faceva così male?
"Ax"
sussurrò impercettibilmente alzando la gamba sul materasso e
appoggiò il braccio destro sul ginocchio. Avrebbe voluto
avvicinarsi
di più a lui e abbracciarlo, raggomitolarsi tra le tue
braccia, ma
non lo fece. Axel aveva bisogno di riposare e non voleva disturbalo.
Al contrario, optò per parlargli, perché ogni
volta che lo faceva,
anche al telefono, si sentiva sempre meglio. Axel era sempre una
soluzione per lui, anche se il rosso non aveva soluzioni.
Parlò
piano, come faceva spesso quando stavano insieme e alla fine Axel si
addormentava durante il film che non aveva scelto. Roxas si
portò un
braccio al volto e si sfregò gli occhi "Ax, secondo te
perché
viviamo? A cosa serve affannarci ogni giorno nei doveri quotidiani?
Chi siamo noi per decidere cosa è giusto o sbagliato?... ma
soprattutto, siamo noi a decidere della nostra vita o è
già
scritta? Ogni mattina ci svegliamo senza sapere cosa potrebbe
accadere: un bel voto a scuola, essere ammessi al college che avevi
scelto, ottenere il lavoro dei propri sogni, incontrare l'anima
gemella, dover dire addio a una persona cara... oppure non
risvegliarsi più. Ti sei mai chiesto se siamo noi a creare
certi
momenti oppure se sono le opportunità, gli imprevisti a
creare noi e
le nostre scelte?" Roxas si stese a testa in giù sul letto,
vicino al suo ragazzo ma attento a non farlo svegliare e
fissò lo
sguardo sul soffitto "Axel, secondo te quanto ci vuole a
cambiarci davvero la vita? Gli anni della scuola?
L'università?
Il matrimonio? Io credo che la vita può cambiare da un
momento
all'altro... anche con un semplice sguardo"
“Il
mio nome è Axel. L'hai memorizzato?
Spero
di rivederti
presto...e se non è tanto presto ricordati del mio nome, un
giorno
potrai vedermi in tv all'NBA”
"Ho
bisogno di un tutor"
"Lo
so. Attendi, ti riempio il modulo"
"Non
dovrei
farlo io?"
Roxas
socchiuse gli occhi e si portò una mano sulla guancia per
lavare via
una lacrima solitaria che era scesa contro la sua volontà
"Un
semplice sguardo può cambiare una vita"
"Quello
è il mio fermaglio!
Sei
stato davvero gentile, per me è
molto importante.
Roxas...è
così che ti chiami vero?
"La
vita cambia. Noi cambiamo" riaprì gli
occhi e tornò a
fissare il soffitto, si sentiva sempre più debole, la
stanchezza si
stava pian piano impossessando di lui "Ax, credi che sia
possibile tornare a quando eravamo felici? Posso tornare indietro nel
tempo e mettere a posto tutti i miei errori?"
Roxas
non
ricevette alcuna risposta ai suoi dubbi.
Il
fatto è che le
storie non finiscono sempre come quelle favole che si raccontano ai
bambini, a volte rimane l'amaro in bocca. Alcuni si perdono sul
cammino e altri dimenticano il motivo per cui combattevano. Ma se
c'è
ancora qualcuno per cui vale la pena vivere, qualcuno per cui vale la
pena lottare e superare tutte le sfide che il destino che pone sulla
strada, allora bisogna stringere i denti e proseguire fino allo
stremo delle forze. Perché se c'è qualcuno che
tiene ancora a te
allora qualsiasi crepa può essere riparata.
Finché c'è qualcuno
che si ricorda di te non è ancora detta l'ultima parola.
Senza
accorgersene, Roxas si lasciò andare al conforto della sua
incoscienza, dove niente e nessuno avrebbe potuto disturbarlo,
cullato dai respiri di Axel come se fossero la sua ninnananna.
***
Marluxia
sedeva sulla punta del letto, con le gambe accavallate e lo sguardo
rivolto sulla figura di Larxene che gli dava le spalle. Da quando era
entrato in quella stanza la ragazza non gli aveva neanche rivolto la
parola, solo una fugace occhiata per indicare che sapeva della sua
presenza e poi si era rifugiata di nuovo nel suo mondo interiore.
Aveva lo sguardo basso Larxene, non c'era nessun desiderio, nessun
barlume di quella fierezza che contraddistingueva il suo sguardo,
neanche un briciolo di furore scuoteva le sue carni. Aveva le braccia
conserte e guardava la finestra, l'unica cosa che staccava dalla
monotonia delle pareti bianche. Era così fragile in quel
momento che
sembrava una fogliolina ingiallita in procinto di cadere dal suo
ramo.
"Larxene,
per piacere"
"Non
ho niente da dire"
"Eppure
il tuo silenzio è
così rumoroso..."
"Hai
scelto il giorno
sbagliato per venire, tra non molto mi dimettono"
"È
così allora? Hai deciso di fuggire?"
"Non
ho
deciso di fuggire" Larxene esitò prima di continuare "Questa
è la mia vita, questo è il mio corpo, se
è destino preferisco
pagare per i miei errori piuttosto che ridurmi a un cadavere che
cammina come Roxas"
"Sei
molto dura con te stessa
e con Roxas"
Dopo
quella constatazione scese tra di
loro un pesante silenzio, Marluxia rimase pazientemente in attesa
senza mai scollare lo sguardo dalla sua amica. Quella situazione
stava degenerando sempre di più e non c'era molto che si
potesse
fare a riguardo, Larxene si strinse nelle spalle e sembrò
ancora più
minuta di quanto non fosse già.
"Non
fraintendere, mi
ci sono affezionata" riprese dopo qualche lungo minuto di
tormento interiore, anche se le sentiva quelle parole erano difficili
da pronunciare "Ormai lui è tutto quello che mi resta del
passato, assieme a questo" si portò una mano all'altezza
dell'addome "Roxas mi ricorda le cose belle del passato mentre
il mio corpo tutte le stronzate che ho fatto"
"Che
piani hai adesso?" domandò Marluxia appoggiando le braccia
sul
materasso e reggendosi su di esse.
"Piani?"
Larxene si voltò all'improvviso verso il suo interlocutore,
con gli
occhi sgranati "Che piani posso mai avere secondo te? Ho il
geostigma, questa notizia mi è bastata...anche se
stranamente non mi
ha colpito quanto quella volta che mi hai trovato dopo l'overdose e
mi hai portato qui. La prima volta fa male ma la seconda no
perché
ti sei già preparato alla morte. Ho sempre nutrito forti
dubbi sulla
mia malattia ma ero troppo distrutta per interrogarmene. E quando
pochi giorni fa mi hanno rivelato che io non avevo il cancro allora
ho avuto la conferma che c'era davvero qualcosa sotto, proprio come
dicevi tu. Mi hanno spiegato che il governo ha impedito la
divulgazione di qualsiasi informazione riguardo il geostigma, mia
madre sapeva tutto ma ora che sono maggiorenne era mio diritto
sapere. Il geostigma è come un virus che si propaga in tutto
il
corpo, non puoi sconfiggerlo rimuovendo solo la parte marcia...
è
come il cancro, devi fare la chemio per sbarazzartene davvero"
Marluxia
però non rimase sconfitto dal tono
accusatorio dell'altra, rimase fermo nella sua sfacciata
testardaggine.
"Perché
non ti sottoponi alle
cure?"
"Te
l'ho detto, non voglio ridurmi come
Roxas"
"Ma
tu non sei messa come lui"
La
bionda ridacchiò amaramente e scosse la testa in senso di
diniego,
per quanto potesse essere inquietante la situazione la divertiva
quasi.
"Ti
sbagli, io sono messa peggio di lui"
ammise portandosi vicino allo specchio dentro l'armadietto dove aveva
riposto tutti i suoi beni e afferrò la pochette del trucco
"I
medici non facevano altro che dire che io sono a uno stadio molto
più
avanzato perché non seguo le cure, ormai ho il corpo
ricoperto di
macchie nere..." fece una lunga pausa durante la quale si
passò
con cura quasi maniacale del rossetto sulle sue labbra appena rosate.
Era rosso sangue, proprio come quello che scorreva nelle sue vene;
proprio come quello che macchiava i corpi esanimi di alcuni dei suoi
vecchi amici, che avevano scelto di porre fine alle loro squallide
vite con qualche dose vinta prendendosi a coltellate. Cremisi che
contrastava sulla neve ai bordi delle strade. La sua pelle era
bianchissima "Roxas invece ne ha solo una e anche piuttosto
piccola, me l'ha rivelato non molto tempo fa... ma sono sicura che
non sappia in realtà cosa sia. Ad ogni modo so che ha
già preso
parte a due o tre sedute di cura e, nonostante ciò, non lo
vedo
molto migliorato"
"Lo
stanno usando come cavia
da laboratorio perché lui è l'ultimo rimasto"
replicò
Marluxia scrutando dallo specchio Larxene intenta ad adornarsi il
volto e a quel punto si alzò e la raggiunse da dietro. Prese
una
spazzola dalla mensola dell'armadietto e cominciò a
pettinarle i
capelli, questa volta però non glieli lasciò
all'indietro come era
solita fare lei, li portò in avanti in modo che le
incorniciassero
il viso. Sembrava una donna. "Però credo che stia traendo
qualche vantaggio. Già il fatto che la malattia sia rimasta
confinata in un punto è una cosa buona. Lui soffriva di
cuore già
da prima di ammalarsi ed è questo che l'ha penalizzato"
"Io
rimango ferma nella mia idea" replicò lei alzando lo sguardo
sul ragazzo, un nuovo fuoco vibrò nei suoi occhi verdi
"Tutto
quello che farò sarà ricambiare il mio favore a
Roxas perché lui è
stato l'unico a prendersi cura di me, Xion e Vani senza mai chiedere
niente. Farò in modo che continui a vivere, fosse l'ultima
cosa che
faccio"
•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•·.·´¯`·.·•
¹ Levitico 24, 19-20
² Genesi 3: 17-19
³ Radcliffe era un college femminile privato a Cambridge, nel
Massachusetts (ogni volta sbaglio sempre a scriverlo quindi perdonate
eventuali errori), e si potrebbe definire come la controparte di
Harvard che invece era maschile. Nel 1999 le due università
si
sono fuse e nel campus di Harvard è nato il Radcliffe
Institute
for Advanced Study
⁴ Chelsea
a New York è un quartiere
culturale
multietnico molto frequentato dalle comunità gay
⁵ Great Meadow
Correctional Facility è un carcere di alta sicurezza nello
stato di New York
THE END.
Piaciuto il finale?
No, sto scherzando, la storia non è conclusa... ma ci
avevate sperato, ammettetelo!
Avevo detto che avrei aggiornato
ad Ottobre e ho mantenuto la mia parola \(çwç)/. Questo capitolo è
stato un vero pain in
the ass,
giusto per essere fini. Non voleva uscire, non voleva
svilupparsi, niente di niente. Il problema è che scrivo solo
quando devo studiare, e ora ho proprio tanto da studiare.
Mi ha fatto molto piacere sapere che il capitolo scorso vi sia
piaciuto, molti di voi mi hanno contattato in privato e se l'hanno
fatto rispetto la vostra scelta di privacy per non far sapere al mondo
intero dei vostri problemi e/o pensieri.
Dato che non posso parlare di voi, spenderò giusto due
parole su di me. Come ho detto
a qualcuno sono felicissima di sapere che la mia storia abbia aiutato
concretamente - a
pensarla in un modo, a vedere le cose in un altro,
mettetela come volete - qualcun altro mi ha anche detto che do degli
insegnamenti morali. La verità è che io scrivo
per non
essere sola con me stessa e non pensare. Ho avuto e ho tuttora
qualche... disagio
(?) - buttiamoci sul ridere anche se non lo è affatto - e
questa fic è il risultato della mia vita, del mio andare
avanti, del mio cercare di uscirne.
Questo è il mio modo di vedere il mondo e affrontarlo.
Questa storia quindi diciamo che è un "scrivi che la
scrittura
ti aiuta". E' un percorso di formazione e di
ripresa, e il sapere che aiuta anche altri non fa che rendermi
ancora
più motivata a continuare - e non parlo solo della storia.
Sappiate solo che non è oro quel che luccica, ognuno
può
avere i suoi problemi, nessuno è perfetto, ma non lasciatevi
scoraggiare perché qualsiasi cosa
si può risolvere. Prendetevi cura di voi stessi <3
Piccola nota riguardo il
capitolo:
nella frase iniziale in corsivo e nell'ultima in corsivo del
capitolo 20 è Xemnas a parlare. Non so se si capiva ahahah.
Nota n.2: mi rendo conto che non tutti sono ben addentrati in final
fantasy da cui traggo molti personaggi, quindi giusto per farvi un'idea
Elena in questo capitolo è più giovane e ha
questo
aspetto [x]
Nota n.3: vi è piaciuto tutto l'angst? Sì? No? Fa
niente,
dal prossimo alleggeriremo un poco il tono altrimenti qui davvero si
suicida qualcuno. Non so quando aggiornerò (sicuro non prima
di natale) quindi vi darò
qualche breve antipasto: si
festeggerà il compleanno di
qualcuno, ci sarà una coppia in crisi, il ballo di fine anno e arriverà
un nuovo
personaggio creare confusione e far nascere gelosie.
Appuntamento ai prossimi capitoli di Viva la Vida 2 - la sitcom.
Okay, vi sto trollando di nuovo ma ci saranno davvero quegli
sviluppi... e l'angst non mancherà, se ci sono io
c'è
pure l'angst.
Dato che qualcuno mi ha anche chiesto di fare una playlist con tutte le
canzoni che includo nella storia ecco anche questa {link}
Ringrazio a tutti quelli che
leggono, che mettono la storia tra le
preferite, chi suggerisce la fic e la scopre tramite passaparola, chi
mi ha messo tra gli autori preferiti, ma soprattutto tutti quelli che
donano l'1% del loro tempo per farmi felice con le loro recensioni e un
grazie particolare anche al mio beta Kronohunter25
Vi auguro uno splendido autunno con tante suggestive foglie gialle e
arancioni e buona fortuna con tutti i vostri impegni. See ya!
Faith
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