Al Centro del Cielo

di Evilcassy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima Stella: Alnitak ***
Capitolo 2: *** Seconda Stella: Alnilam ***
Capitolo 3: *** Terza Stella: Mintaka ***



Capitolo 1
*** Prima Stella: Alnitak ***


Al Centro del Cielo

 

 

Prima Stella: Alnitak

 

Il volto di Borr aveva il colore delle lenzuola sotto la sua testa, lo scarlatto delle piaghe tra le labbra livide risaltava come un fiore sulla neve.

Il Re di Asgard non era che la vittima più illustre dell’infezione abbattutasi sul Regno.

Re Borr aveva fatto chiudere il Bifrost e le porte alla città per limitare il propagarsi del Morbo, ma in tutta la città infuriava e mieteva vittime di ora in ora: i più vecchi e i più giovani non avevano scampo, uomini forti e robusti venivano prosciugati da ogni energia in pochi giorni. Ogni sera il cielo veniva percorso dai dardi infuocati, il fiume si accendeva dalle barche funebri e sulle rive si innalzavano i pianti e i canti mesti del lutto.

Rinchiuso nel Palazzo, il Re inizialmente non si era mostrato preoccupato dalla pestilenza: “I guaritori sono concordi che si tratti di un evento ciclico. Muoiono i deboli, ma i sopravvissuti sono ancora più robusti di prima. Questo Morbo causerà molti lutti, ma la razza di Asgard ne uscirà rafforzata.”

E poi il suo pugno aveva iniziato ad indebolirsi.

, il suo figlio minore, era stato ucciso dal morbo in una notte sola. Vili, il maggiore ed erede al trono, in poco più di una settimana. Solo Odino era stato abbastanza forte da fronteggiare la malattia e sopravvivere: Borr era restato accanto all’unico figlio rimasto giorno e notte.

“Dovete riposare, padre.” Odino aveva muscoli gonfi dallo sforzo e la mascella contratta:era un guerriero, il migliore di Asgard, Borr era stato a lungo indeciso su chi nominare suo Erede tra lui e Vili. Poi il diritto di primogenitura aveva preso il sopravvento sulla forza del secondogenito.

Ma ora non aveva più alcuna importanza.

“Le guaritrici dicono che la tua convalescenza non è lontana, figlio mio. Non incontrerai i tuoi fratelli e tua madre nel Valhalla, non ora.”

“Non è mia intenzione, padre. Né deve essere la vostra. Riposatevi.”

Il Re non gli aveva dato ascolto.

 

Odino si reggeva a malapena in piedi, quando due guaritrici erano andate ad avvertirlo dell’imminente morte del Re. Era accorso al suo capezzale: emaciato e livido, i capillari del collo esposti e la barba rasata, era l’immagine identica degli ultimi istanti di vita di Vili.

Una guaritrice gli aveva passato una pezzuola umida tra le labbra secche, aveva deglutito forzatamente e poi aveva fatto cenno ad Odino di inginocchiarsi: “Io, Borr Re di Asgard, nomino mio figlio Odino successore: A lui la mia spada, la mia lancia ed il mio trono. Benedico il tuo regno, che sia lungo e prosperoso, e che forza e saggezza non debbano mai mancarti. Benedico la tua discendenza, che nasca e cresca riempiendoti d’orgoglio, come lo è stata la mia.”

“Giuro di governare Asgard secondo i tuoi insegnamenti, di proteggerla e di farla prosperare nuovamente sulle rovine di questo orrore. Ti ringrazio, padre.”

“Mi spiace doverti incoronare ai piedi di un letto che puzza di morte.” Borr tossì sangue e trattenne un gemito: “Sto per incontrare di nuovo tua madre, nel Valhalla. La mia sposa mi è mancata, figlio mio.”

“Come a me manca mia madre.”

“Quando è morta, tanti nobili mi hanno presentato le loro figlie nubili con la speranza che decidessi di prendere di nuovo moglie. Non ho mai avuto l’intenzione di farle un simile torto: ho avuto la fortuna di avere accanto una regina fedele e devota, che mi ha donato figli che mi hanno reso orgoglioso. Dovrai scegliere la tua sposa, Odino: sii saggio. Ti auguro di avere la stessa fortuna che ho avuto io.” Gli occhi di Borr restano fissi in punto imprecisato della stanza. “Già rivedo i suoi capelli color del fuoco…

Il petto smise di alzarsi e le labbra di muoversi.

Odino restò ancora qualche istante piegato sul corpo del padre.

Quando si alzò, le guaritrici presenti si inchinarono davanti al nuovo Re.

 

Sul fiume la barca del Re ha galleggiato da sola. Come da tradizione, è stato Odino a scagliare la freccia che ha dato fuoco alla pira: è il segno del nuovo Regno, l’ultimo saluto del Nuovo al Vecchio Re.

Da quel giorno il corso fiume venne solcato da sempre meno barche incendiate.

Giorno dopo giorno, il Morbo smise di mietere vittime.

Ci fu una nevicata abbondante, i guaritori sostennero fosse catartica.

Al quindicesimo giorno senza Morbo, Odino fece riaprire i cancelli di Asgard.

 

 

Con il periodo del lutto finito, ad Asgard era venuto il tempo di rallegrarsi per la fine della pestilenza e festeggiare il nuovo sovrano. Con la città imbellita e le locande riaperte, con le armature dei soldati tirati a lucido e le botteghe che esponevano la mercanzia, la primavera era tornata ad infiorare il regno ed il sole ad inondarlo di oro.

Sul trono, Odino aveva accolto i nobili che erano venuti a rendergli omaggio e a partecipare al banchetto in suo onore. Presentavano i doni e le proprie figlie nubili come se facessero parte della mercanzia, in alcuni casi fanciulle acerbe talmente cariche di gioielli da risultare grottesche.

Un paio di loro tuttavia avevano destato l’attenzione del Sovrano, e il Guardiano del Bifrost accanto a lui nel trono non aveva potuto che tessere le lodi dei loro padri e riferire le loro peculiarità.

Dolcezza, obbedienza, bontà d’animo; una era abile nella cavalcata, l’altra si diceva avesse la voce di un usignolo.

Odino spese qualche parola di circostanza e li face passare di lato.

 

Quando venne presentata Frigga di Fjörgynn, tra i presenti si alzò un mormorio. Accompagnata da un piccolo corteo di servitori, avanzò decisa avvolta in un mantello porpora trapunto di piccoli ricami floreali, i capelli color del miele acconciati in morbide trecce ed il portamento elegante e fiero di una nobile donna, non di una fanciulla intimorita.

Chinò il capo dolcemente per poi alzare gli occhi azzurri, delineati dalle folte ciglia, per incontrare quelli del Re solo dopo un suo cenno: “Mio Re e Signore, sono giunta con la speranza possiate gradire i doni che Fjörgynn vi offre.”

“Giungete sola da una provincia lontana, milady. Vostro padre non ha reputato opportuno accompagnarvi alla mia corte? Un gesto poco assennato, da parte di un membro della nobiltà.”

“Mio Signore, purtroppo il lutto della pestilenza ha colpito la mia famiglia come la vostra.”

Qualcuno tra gli astanti espresse ad alta voce lo sdegno di sentire paragonata la famiglia reale ad una di rango inferiore. Odino lo zittì con uno sguardo.

“Quante persone vi sono venute a mancare?”

“Entrambi i miei genitori e mio fratello.”

“Siete dunque venuta qui a chiedere per Fjörgynn un nuovo governatore?”

Frigga scosse la testa sorpresa, le sopracciglia aggrottate in un’espressione sorpresa: “Assolutamente, mio Signore. Mio padre, in punto di morte, ha affidato a me la responsabilità delle nostre terre.” Il mormorio tra la folla si fece più insistente.

“E voi avrete la capacità di farlo?”

“Maestà, nessuno mi ha mai conosciuto meglio di mio padre. Ed egli mi ha giudicato abbastanza assennata per mantenere il controllo del Fjörgynn. E sono qui come rappresentante, per omaggiarvi con i doni delle mie terre: gli orafi del mio paese sono abili cesellatori, ma anziché chiedere di forgiare gioielli o armi ornamentali, ho commissionato loro questo” Lady Frigga fece cenno a due servitori di avanzare e di aprire lo scrigno che reggevano.

Al suo interno brillava un elmo.

Ad un cenno del Re i due servitori avanzarono sulla gradinata del trono, uno di loro prese l’elmo per porgerglielo con un ginocchio a terra.

Odino lo studiò.

Era elegante e maestoso, con le corna tipiche degli elmi asgardiani ed ampie ali che si alzavano dai lati. Il colore lucido del metallo di un oro molto cupo, quasi ottone, gli conferiva un aspetto solenne e maestoso.

“La fattura è molto pregevole.” Si complimentò il Re. “Che agli orafi del Fjörgynn venga commissionata anche il resto dell’armatura. Se dimostreranno una tale abilità, sarà mia premura onorarli quanto meritano.”

Le labbra carnose di Lady Frigga si incurvarono in un piccolo sorriso compiaciuto, mentre si inchinava nuovamente: “Sono onorata dalle vostre parole, Maestà.”

Quando passò di lato, seguita dagli sguardi del resto della corte, Odino si voltò verso il Guardiano: “Di primo acchito posso notare che quest’elmo sembra fatto a mia misura; Non mi meraviglierei se mi calzasse alla perfezione. Che hai da dirmi su Lady Frigga?”

“Vi erano trattative in corso per un matrimonio con vostro fratello Vili, mio signore. Lady Frigga era una delle candidate, anche se vostro padre non si espresse favorevolmente nei suoi confronti.”

“Il motivo?”

“La sua famiglia non è mai stata molto numerosa e vi sono stati casi di morti di lattanti e di puerpere. Re Borr temeva che non fossero in grado di garantire una giusta progenie.”

“Aveva un fratello, perché non ho mai sentito parlare di lui?”

“Una caduta da cavallo lo rese invalido da bambino, mio signore. E circolano voci riguardo a Lady Frigga; pare sia stata addestrata al combattimento”

“Non è invalidante per una femmina. In molti sostengono che le favorisca a generare figli forti.”

“E che abbia acquisito un carattere molto volitivo. Ed inoltre non sembra che siano solo queste le sue qualità. Pare che veda lontano, mio signore. Più lontano di me.”

“Una maestra di magia?”

“La madre lo era. Sono solite passare le proprie conoscenze.”

 

 

L’alba seguente si presentò umida di pioggia e profumata di fiori. Odino aveva dato disposizione di sellare il suo cavallo e di preparare le armi e si era lanciato al galoppo per la riserva di caccia con un piccolo seguito di nobili, in parte suoi vecchi compagni d’arme. Risalendo la china di una collina avevano seguito le tracce di una mandria di cinghiali.

La pioggia li aveva sorpresi ed aveva cancellato le orme e confuso i cani.

Odino aveva seguito un’ombra tra le fronde e si era staccato dal gruppo, cavalcando lungo il crinale.

Quando la vegetazione si era fatta troppo fitta per il cavallo l’aveva legato ad un tronco ed era sceso, lancia in mano, per addentrarsi a piedi tra le fronde.

Il grugnito di un cinghiale: Odino sollevò la lancia.

Ma l’ombra alla sua destra aveva un arco.

Una figura incappucciata e fradicia di pioggia, che puntava una freccia all’animale.

La lancia del Re fu più veloce: sibilò tra i rami e trapassò il collo del cinghiale.

La figura si volta di scatto verso di lui, lo sguardo sdegnato che lasciò posto ad uno sorpreso e poi imbarazzato: sotto al cappuccio scuro, i ricci di Lady Frigga grondavano d’acqua. Abbassò il capo domandando perdono.

“E di cosa? I nobili miei ospiti posso usufruire della mia tenuta di caccia quando più gli aggrada. Ciò che mi sorprende è che non vi siate unita al seguito che è partito con me stamattina. Vi siete improvvisamente intimidita?”

“Affatto, Maestà.” Frigga recuperò contegno alzando le spalle, una scintilla quasi ilare negli occhi azzurri: “Ma dalle mie parti, quando una donna si fa invitare da un uomo ad una battuta di caccia, lo fa tornare con il carniere vuoto. Se mi fossi aggregata a voi, questa mattina, stasera avremmo avuto un ben parco banchetto.”

Odino lasciò che la sua risata si liberasse senza neppure tentare di arginarla. Quella di Lady Frigga fu più contenuta, un sorriso trattenuto a stento tradito dai suoi occhi luminosi.

Il Re indicò il cinghiale accasciato a terra: "Ma ora il mio carniere non è più vuoto."

"Uno splendido esemplare, maestà. Me ne sarei vantata molto."

Odino recuperò l'animale afferrandolo per le grosse zanne per trascinarlo nella boscaglia: "Più che per il trofeo, se foste stata capace di portarlo da sola a palazzo avreste dovuto vantarvi per la vostra forza."

"Vi prego, Maestà, di non scambiarmi per una sciocca: avrei trovato il modo di sollevarlo da sola; non sarebbe stata la prima volta."

"Dunque siete solita cacciare sola."

Lo sguardo della donna si era incupito, il sorriso smorzato in una leggera curva malinconica: "In verità ero solita accompagnare mio fratello, per prestargli assistenza. Egli non-"

"Conosco la sua storia, mi dolgo che una simile disgrazia abbia colpito la vostra famiglia."

Lei scrollò le spalle: "Fu un incidente; la vera disgrazia è stato il Morbo che l'ha tolto al mio affetto. L'invalidità non aveva intaccato la sua bellezza e la sua vivacità: eravamo molto legati e talmente vicini d'età da essere scambiati sovente per gemelli; sebbene fossi io la maggiore, non ho ricordi di una vita senza di lui. A parte ora."

"Comprendo." Raggiunto il cavallo, Odino vi aveva issato il cinghiale ed era salito a sua volta. Si era girato verso Lady Frigga per domandarle dove fosse la sua cavalcatura, ma non aveva fatto in tempo ad aprire bocca che un morbido rumore di zoccoli sulle foglie umide aveva annunciato l'arrivo della sua giumenta rossa. Frigga l'aveva salutata accarezzandole il muso ed era montata in sella per seguirlo.

 

La pioggia aveva cessato di cadere, le nuvole ancora basse si sfilacciavano tra le punte degli alberi della vallata, tra lo scrosciare di ruscelli gonfi d'acqua.

Il Re le aveva posto domande sui profitti delle sue terre, su quanto la popolazione era stata colpita dal Morbo e su chi l'aveva vinto: "Unica sopravvissuta della vostra famiglia, dovete avere una fibra ben più robusta di quanto lasciate intendere, per essere guarita a tale infezione."

"A dire il vero, Maestà, la malattia non mi ha colpito."

"Prodigioso."

"Lo devo a mia madre. Ella... vedeva più lontano degli occhi di tutti. Una notte si precipitò nelle mie stanze e mi svegliò trafelata, impartendomi l'ordine di vestirmi, adunare poche ancelle e partire al galoppo subito per una nostra residenza di campagna, immersa nei boschi e molto isolata. Mi disse di non tornare sino a suo permesso, e di vivere nel più totale isolamento. Le chiesi spiegazioni che si rifiutò di darmi e quando volli almeno salutare mio fratello lo sentì delirare in preda alla febbre e tossire già fuori dalla stanza. Nei giorni successivi mia madre venne trovarmi ad ogni calar del sole..."

"Utilizzando la magia."

Frigga annuì: "Scorreva in lei come l'acqua piovana in un ruscello. La sera che non comparì capii, e tornai a casa. Vi trovai solo uno sparuto gruppo di servi affamati: non mio padre, non mio fratello. Le braci della pira funebre di mia madre erano ancora accese."

"Alla sua magia dovete la vita, avete ereditato quelle doti?" Di nuovo, Lady Frigga annuì. "E cosa vedete, ora?"

Con un movimento fluido, la donna incoccò una freccia nell'arco, puntò verso la vallata e la scoccò. Seguì con lo sguardo la parabola del dardo già dalla collina, perdendosi nel bosco.

 

Trovarono la freccia dopo parecchi minuti.

Era conficcata nel cranio di un cervo maschio, uno splendido esemplare con un maestoso palco di corna, e gli aveva perforato l'occhio destro, probabilmente per ucciderlo all'istante.

Mentre Odino si complimentava con lei per la preda, il bel volto di Frigga era diventato cupo e aveva ringraziato distrattamente.

Non parlò più sino al ritorno a palazzo.

 

 

 

Il Consiglio non era che una formalità, un pugno di Lord che per l'antichità della loro dinastia o per i servigi che avevano prestato al sovrano si erano guadagnati un posto d'onore alla presenza delle decisioni del Re. Non tanto per consigliarle od influenzarle, quanto per venirne a conoscenza prima degli altri.

Re Borr paragonava i membri del Consiglio ad un nugolo di lavandaie pettegole: "Se non altro, le lavandaie almeno sono utili" aveva sbuffato un giorno, causando un moto ilare in Vili e la domanda di sul perché non lo sciogliesse.

"È tradizione, figlio mio."

"E la tradizione vale più dell'utilità, padre?"

"La tradizione è l'unico vezzo, a parte l'armatura, che un guerriero può permettersi di vestire senza vergogna."

non era che un ragazzino curioso: aveva piegato la testa di lato e rivolto lo sguardo sulle volte fregiate della loggia: "Anche i decori del palazzo sono un vezzo."

"Sì, ma è appannaggio delle Regine. A loro si chiede di essere fedeli ed obbedienti, di generare figli forti che proseguano la stirpe e di attendere il nostro ritorno da trionfatori - o di piangere sulle nostre pire. Come ringraziamento, oltre all'onore di essere al nostro fianco e al governo in nostra assenza, è loro concesso di tutelare il decoro e la bellezza di queste mura. Vostra madre aveva a cuore ogni angolo del giardino: Il profumo intenso dei suoi fiori si sente in ogni parte del palazzo, e ce la ricorda."

 

In quel momento, Odino non poteva che domandarsi se avesse ragione in merito allo sciogliere il Consiglio e rimandare ai loro bagordi quella dozzina di parassiti.

Soprattutto quando avevano accolto la sua decisione con aria perplessa, scambiandosi di tanto in quanto uno sguardo perplesso e un sospiro rammaricato.

Il più anziano di loro aveva, infine, dato voce alle sue rimostranze: "I Lord di Fjörgynn non erano che una famiglia modesta nobiltà, mio sire, con limitati possedimenti e poco inclini a seguire la nostra vita di corte: inoltre, l'assenza di parenti in vita non garantisce l'effettività della dote che Lady Frigga porterà con sé."

Un altro nobile si era fatto avanti: "Non vi hanno neppure potuto prestare i loro servigi militari."

"E come avrebbero potuto, con il loro figlio maschio paralizzato?"

"Appunto, mio sire. Invalidato da una semplice caduta da cavallo: non di certo indice di robustezza. Un tale sangue debole, mio Signore, non sarebbe degno di mescolarsi al vostro."

"Avete finalmente compreso la vostra natura di sanguisuga, per essere così esperto di sangue?"

Un altro Lord si era fatto avanti: "Maestà, la madre di Lady Frigga possedeva il dono della magia, e si dice che anche lei ne sia provvista. Non sarebbe saggio..."

"Osate definire una mai decisione non saggia?"

Il Lord si era raggelato e aveva balbettato le sue scuse: "Intendevo dire... è una donna che governa i suoi possedimenti da sola... è molto caparbia, sicuramente poco incline all'obbedienza necessaria che vi si deve."

"Quanti anni ha vostra figlia, quella che mi avete presentato come 'in età da marito'?" Abbassando la testa, l'uomo aveva mormorato un'età ridicolmente bassa. "Deve essere proprio una bambina obbediente." Il Re si era alzato e aveva sciolto la seduta con un cenno della mano: "Che siano raccolte sete e gioielli preziosi. Entro due giorni i miei messaggeri più veloci raggiungeranno Fjörgynn e presenteranno i doni a Lady Frigga. Tra due lune diventerà Regina di Asgard."

 

 

Al calare del terzo giorno Odino aveva girato l'angolo del corridoio che conduceva agli appartamenti Reali e l'aveva trovato percorso da una lunga striscia di broccato azzurro, come se un qualche sarto disattento avesse srotolato una lunghissima pezza di stoffa sul marmo lucido del corridoio.

Inizialmente ne fu infastidito.

Poi lo fissò meglio, prendendone un bordo tra le dita callose: seta morbida e decorata, un tessuto per vesti muliebri. Ne fu incuriosito: percorse il corridoio camminandoci di fianco, a volte scostandolo con un piede. La pezza svoltava un altro angolo e scendeva una piccola gradinata a chiocciola.

Ed in fondo alla gradinata, Odino trovò Lady Frigga, il volto impassibile tra le trecce bionde e la seta che l’avvolgeva come se fosse stata lo strascico del suo vestito.

"Maestà" salutò con un inchino.

Ad Odino servì un attimo per dissimulare lo stupore: "Sono molto sorpreso di trovarvi già a palazzo, e lieto che abbiate accettato la mia offerta ed i miei doni."

"Avete dimostrato un tale buon gusto... Sono stati scelti da voi in persona, corretto?"

"Ma certo."

"Quindi avrete riconosciuto la stoffa che vesto."

"Assolutamente."

Frigga aveva piegato la testa di lato: "Peccato che l'abbia presa dalla collezione di mia madre e non dai vostri forzieri."

Il Re domandò piccato se fosse venuta per prendersi gioco di lui: "Sappiate, Lady Frigga, che la vostra posizione non ve lo permetterebbe comunque."

"Non era mia intenzione, Maestà, desideravo solamente parlarvi; esprimere la mia gratitudine ma anche il mio più vivo sconcerto."

"E, di grazia, posso sapere per cosa?"

"Mi avete coperta di doni preziosissimi che recavano il vostro nome, ma non la vostra attenzione. I vostri alfieri mi hanno annunciato la vostra solenne decisione vergata su una lunga pergamena con il vostro sigillo; eppure non vi era scritta neppure una frase di vostro pugno. Perdonate la schiettezza, ma ammetto di essere piuttosto confusa: mi chiedete in moglie e non desiderate comunicarmelo direttamente o chiedere il mio parere?"

"A che servirebbe? Quale donna volterebbe la testa dinanzi al trono di Asgard?"

"Forse una donna che ha cuore un dono diverso da quelli che arrivano in forzieri d'oro."

"E sarebbe? Sentiamo."

"Il rispetto e l'affetto dell'uomo con cui dovrei passare la mia intera esistenza, mio Signore. A voi dovrò fedeltà, obbedienza - spesso cieca - eredi forti e sani e la mia vita stessa: se ci pensate, quello che vi chiedo in cambio è ben poca cosa rispetto alla mia vita che terrete tra le vostre mani."

Odino la guardò, bella e fiera con i suoi zigomi alti e lo sguardo deciso. Avrebbe dovuto prendere le sue parole come un affronto intollerabile, ma non poté far altro che reputarlo un battibecco, una piccola sfida con una giovane donna cocciuta: "Con il vostro comportamento mi rendete piuttosto dubbioso circa la vostra obbedienza. E ad ogni modo, le vostre rimostranze sono completamente futili, visto che comunque siete arrivata ad Asgard."

Un piccolo sorriso piegò le labbra della donna. Allungò una mano verso il braccio del Re, ne accarezzò il bracciale cesellato, e scomparve in un barlume verde.

 

Le porte della Sala del Trono si aprirono sbattendo con tale violenza da creare piccole crepe sul marmo, facendo cadere a terra una manciata di polvere sottile ed un paio di calcinacci. La furia di Odino si abbatté poi su un braciere, che venne rovesciato a terra con un calcio schivando per un soffio una guardia che riuscì a scansarsi solo all'ultimo minuto.

Lo seguivano due soldati, a debita distanza e con la fronte imperlata di sudore.

"La voglio QUI. In ceppi o meno, ma entro il sorgere del sole quella strega deve essere al mio cospetto!"

Un soldato prese il coraggio a due mani e fece un passo avanti: la punta della picca che reggeva in mano tremava appena: "Quanti uomini saranno necessari?"

"Cinque, dieci, mille! Sellate il mio cavallo e sigillate la stanza del trono. Che nessuno provi ad entrare qui dentro sino al mio ritorno. Se deve pendere da una forca, che almeno ce la metta io stesso!"

"Maestà, vi è qualcosa che dobbiamo riferire al Consiglio? Che state andando a catturare personalmente… qualcuno?"

Odino restò un attimo immobile, quasi sorpreso e sospeso nei suoi pensieri. Poi ringhiò che stava andando solo a prendersi la sua armatura.

 

 

I cancelli della dimora di Fjörgynn erano aperti ed i servi schierati nelle loro livree linde.

Sotto l'arcata di marmo bianco dell'entrata, Frigga lo stava attendendo nella veste azzurra della sua apparizione, i ricci sciolti morbidamente sulle spalle coperte da un mantello di pelliccia grigia.

Quando il crocchio reale si fermò ai piedi della scalinata si inginocchiò profondamente: "Vostra Maestà onora questi luoghi con la sua presenza, la vostra visita è un dono prezioso e caro al mio cuore."

La lunga cavalcata aveva placato la furia di Odino e smorzato le sue intenzioni. Tuttavia restava a cavallo, salutando freddamente la donna piegando appena il capo: "Non perdete tempo ad adularmi. Piuttosto indicatemi i boschi brulicanti di cacciagione di cui avete tanto parlato: se sono qui è per aggiungere trofei al mio palazzo."

"Se permettete, Maestà, sarà un piacere farvi strada io stessa." Ad un cenno affermativo Frigga si voltò verso un'ancella e le ordinò di far sellare la sua giumenta. La trattenne un istante in più: "E fai uccidere e preparare quattro oche." Aggiunse.

"Ma, mia signora... state andando a caccia non serviran-"

"Fa' quel che ti ho detto." Si rivolse poi al Re: "I fabbri ed i cesellatori hanno ultimato giusto questa mattina la vostra armatura. Ero impaziente di vedervela indossare."

 

 

L’abito nuziale di Frigga era trapunto di minuscole stelle splendenti che disegnavano arabeschi lungo la gonna e lo strascico, stretto e modellato sul petto da una piccola armatura finemente intarsiata, a stringerle la vita così sottile che Odino l’avrebbe potuta circondare con una sola mano.

Si passò una mano sul capo e liberò la chioma dal grosso fermaglio d'argento, lasciando che i boccoli si sciogliessero ornandole le spalle. Attraverso il riflesso dello specchio Odino la osservò togliersi anche la torque dal collo e massaggiarselo come se fosse stata un fardello troppo pesante.

Ogni movimento dei suoi polsi nervosi, ogni onda delle ciocche e piega ribelle del vestito lo facevano fremere di impazienza. Si domandò se in futuro avrebbe potuto trovare quei gesti talmente famigliari da non subirne più il fascino o trovarli banali: lo reputò quasi impossibile e si impose di mantenere il controllo, abbandonando il pesante mantello su una sedia e allontanandosi dalla specchiera.

Quando anche gli orecchini ed i bracciali della nuova Regina avevano trovato posto nel suo portagioie di madreperla lei si alzò e lo raggiunse al tavolino ambrato che reggeva una piccola brocca di vino e due calici d'argento.

 

Il suo sorriso sembrava quasi impaziente, mentre Odino riempiva entrambi i calici. Accettò ringraziando quello che il suo sposo le porgeva e lo alzò insieme a lui a brindare alla loro unione. Ne beve un paio di piccoli sorsi, ed Odino notò che sembrava trattenere a stento una risata.

“Il vino ti ha già fatto effetto?”

“Forse.” Frigga ne aveva preso un altro sorso. “Un pochino.” Ammise. “Forse è meglio che smetta.”

Odino le accarezzò la guancia morbida e lei voltò appena il viso per baciargli il palmo: “Frigga di Fjörgynn. Frigga, la mia sposa. Frigga, Regina di Asgard.” Mormorò piano Odino, come se quei titoli li stesse assaporando, trovandoli finalmente tangibili: “Frigga,la stella più splendente al centro del cielo.” Poi abbandonò il calice sul tavolino e appoggiò la bocca sulla sua.

Interruppe il bacio solo quando sentì la mano calda di Frigga sulla sua, scivolare lungo l’avambraccio e liberarlo dal bracciale e poi fare lo stesso con l’altro e poi con l’armatura. La fermò mentre stava per soffiare su una candela e lei gli rivolse uno sguardo sorpreso, poi aprì la fibbia del corpetto cesellato e lo lasciò cadere a terra.

Si scostò i capelli di lato e lasciò che fosse Odino a slacciare la chiusura sulla schiena e a scostarle la veste, facendola scivolare lungo le spalle e cadere a terra.

Poi lo prese per mano, ed insieme oltrepassarono le cortine del talamo.

 

 

Ed ecco che finalmente (o forse no), dopo lungo arrovellarmi su cosa scrivere dopo la visione di Thor: The Dark World mi sono decisa e ho scritto questa FRODINO, così ho soprannominato questo pairing. (Con tutta la follia che il nome ha comportato tra le mie amykette  :P). Per omaggiare quella GRAN DONNA che è Frigga, principalmente. Ha dimostrato più carattere lei in poche scene che tutti i personaggi nel resto del film. Mi è sempre piaciuta (Le mie precedenti storie possono testimoniarlo), ma qui l’ho adorata.

C’è poco da dire, mi pare molto lontana da quello che scrivo di solito, spero che piaccia comunque.

Il nome del titolo è una delle Stelle della Costellazione della Cintura di Orione, che un tempo era conosciuta come il Filatoio di Frigga.

Bene, ora sapete anche in quante parti sarà suddivisa la storia.

Come sempre commenti e critiche costruttive sono ben accetti.

Vi ringrazio intanto per aver letto sino a qui.

Alla prossima!

EC

 

 

 

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Capitolo 2
*** Seconda Stella: Alnilam ***


Al Centro del Cielo

 

 

Al Centro del Cielo

 

 

Seconda Stella : Alnilam

 

 

La vecchia Eir aveva il capo ed il collo perennemente avvolti da una stola grigia che le lasciava scoperto solo il viso arcigno e rugoso e camminava, incessantemente, curva sotto il peso dei suoi anni e dei suoi brontolii in un perpetuo e nervoso movimento.

Quando la Regina aveva manifestato i primi segni della gravidanza se l’era ritrovata tra il suo seguito su ordine di Odino: “È una levatrice esperta, ha visto nascere mio padre, me e i miei fratelli. Ti affido a mani esperte e sicure.”

Le mani erano esperte e sicure – bastava che le tastasse il ventre rigonfio per capire la posizione del bambino e la sua crescita – quanto il suo carattere severo e bisbetico: battibeccava in continuazione con le ancelle accusandole di essere delle contadinotte provinciali e teneva la Regina sotto stretto controllo. Le aveva proibito di cavalcare e stare troppo tempo in piedi, se a corte si teneva un banchetto insisteva perché si ritirasse presto senza partecipare alle danze e continuava a studiarle la pancia con occhio critico: il ‘troppo piccola’ degli inizi si era trasformato in breve tempo in ‘troppo grande’.

Aveva addirittura avuto da ridire sull’assidua frequentazione del talamo da parte di Odino: “Il lavoro è già stato fatto, a che serve che visiti continuamente le vostre stanze?” brontolava al mattino, quando entrava per svegliarla dopo che Odino se ne era già andato. L’unica spiegazione per una tale affermazione era che fosse ancora nubile. “Sono stata sposata per ben QUATTRO volte. L’ultimo marito l’ho seppellito con la pestilenza.” Aveva berciato in risposta. “Quando il lavoro è fatto è fatto!” Continuò a blaterare, mentre l’ancella che si stava occupando dell’acconciatura della Regina si era morsa le labbra per non ridere. Tra il serio e il faceto Frigga l’aveva sfidata a convincere Odino a starle lontano. “Oh non credete! L’ho fatto con suo padre, lo farò con lui. Ci andrò proprio ora: il Re mi darà immediata udienza, se la chiedo per la vostra salute.”

Era tornata dopo poco con lo sguardo più torvo del solito.

Quella notte ne avevano riso: “Le ho detto che se mi fossi azzardato a disertare il tuo letto saresti piombata come una furia nel mio.”

Si era accarezzata la pancia nuda e gonfia: “Una furia pingue.”

“Non meno pericolosa, a mio avviso.”

 

 

“Questa pancia è troppo grossa e bassa per non aver ancora raggiunto il termine.” Eir l’aveva tastata a lungo e poi aveva brontolato arrabbiata il suo responso.

Frigga si era rialzata da letto vincendo l’ormai usuale fitta alla schiena per risponderle piccata che la sua condizione tale era e tale rimaneva: “Se il bambino è grosso è un buon segno. Mezza corte prevedeva – o forse sperava – che non avrei dato eredi degni di questo nome ad Odino, ed invece suo figlio sarà sano e forte.”

“Essere grosso non significa questo. E non sarete così lieta delle sue dimensioni quando lo darete alla luce. Se ha ereditato le spalle del Re si incastrerà e dovrò saltarvi sulla pancia per farlo uscire. Urlerete e piangerete e sanguinerete come un agnello sgozzato.”

“BASTA!” urlò Frigga. “Non hai alcun diritto di parlarmi in questo modo. Modera il tono o ti faccio sbattere nelle segrete!”

La vecchia assunse un’espressione sdegnata che le fece addensare la ragnatela di rughe sulla faccia: “Vi sto solo mettendo in guardia per quello che passerete. Ora siete accecata dall’amore per la creatura che avete in grembo e dall’onore di ammantarvi del vostro titolo, ma Vostra Maestà deve tener bene in mente che non vi sarà nulla di poetico. Sangue e dolore: già quando li si mette al mondo, i figli di Asgard fanno capire alla madre cosa dovrà patire per tutta la vita. Preferivate che vi accarezzassi, che vi facessi i miei complimenti e vi vezzeggiassi con parole dolci? Oh no, io non sono quel tipo di levatrice: io preparo. Quando mi vedrete con un forcipe in mano e un bisturi nell’altra, tutto l’amore del mondo non potrà aiutarvi in quel momento: sarà solo la vostra forza e la vostra preparazione a portare a tarmine il compito. Avete ancora dei fianchi stretti, il bambino sarà grosso, resterà incastrato e non sarà immediato farlo uscire. Se al dolore assocerete la paura di perderlo per voi sarà la fine.”

Frigga si era lasciata cadere sulla sedia, le mani entrambe appoggiate al ventre e lo sguardo duro dritto in quello di Eir: “Non è spaventandomi, che mi aiuterai.”

“Oh, non vi dico che la verità, mia Signora. E il parto non è la fine, ma solo l’inizio. Un giorno mi ringrazierete.”

 

Odino l’aveva raggiunta nei giardini che circondavano il palazzo nel tardo pomeriggio; vedendolo arrivare le ancelle si inchinarono, per poi allontanarsi velocemente. Frigga, invece, a malapena aveva alzato gli occhi dal suo ricamo.

“Altro litigio con la vecchia Eir?”

La Regina aveva alzato appena il viso per rivolgergli un’occhiata in tralice: “Tale è l’evidenza?”

“Ha servito mia madre e la madre di mio padre. Non sarà una persona malleabile, ma la sua esperienza è tale da renderla indispensabile.”

“Ne sei spaventato? Della nascita, intendo. Forse ti sei lasciato influenzare dai tuoi Consiglieri, che…”

“Voglio solo che la mia Regina sia in mani sicure.”

“Se mi vuoi in mani sicure, dovresti restare al mio fianco, invece di preparati a scendere su Midgard per affrontare gli Jotun. Quando tuo figlio nascerà sarai lontano e chissà quando tornerai per conoscerlo.”

“Sono il Sovrano di Asgard, Frigga!” Alzò la voce: “E anche se qui restassi? Sono un Re, un guerriero, non un cerusico! Quelli sono affari da donne, ti ho affiancato Eir apposta. Che tu lo voglia o no, la sopporterai finché mio figlio non sarà nato.”

Nostro figlio.” Frigga aveva interrotto il ricamo – un filo tirato tra le dita nervose – per fulminarlo con lo sguardo: “Sino ad ora, hai condiviso con me solo la parte divertente: troppo poco per considerarlo solo tuo.”

“Donna cocciuta!"

La Regina aveva ripreso il suo ricamo: “Molto bene, allora seguirò l'ordine di Eir. Non provare a cercare conforto tra le mie braccia: da qui in poi troverai la mia porta chiusa.”

 

 

Il Bifrost era un lungo serpente brulicante di soldati. Le picche alte e le armature brillanti sotto le stelle, marciavano alla volta di Midgard in una notte di tardo inverno.

Frigga aveva taciuto il suo cuore e lasciato parlare il rigore dell'etichetta: salutò Odino di fronte alla corte con frasi sul suo coraggio, porgendogli l’elmo prima della partenza come voleva la tradizione.

Odino aveva lasciato i suoi occhi azzurri su di lei un istante più del necessario, abbastanza da far vacillare l’orgoglio con cui l’aveva tenuto lontano da sé. Avrebbe voluto dirgli quanto lo amava, che avrebbe vegliato ogni notte dalla loggia della Sala del Trono sperando nel suo ritorno e che nonostante la stesse lasciando sola con il suo ventre scalpitante era orgogliosa del suo Re e del suo sposo. “La tua Regina governerà in tua vece.” Poté solamente affermare.

“Lascio fiducioso il trono nelle tue mani.” Le rispose, e dallo sguardo che rivolse al ventre capì che non sarebbe tornato solo per quello.

 

Eir non si addolcì, anzi, le vietò la magia quando aveva notato che la fronte le si imperlava di sudore ogni volta che ne faceva uso. “Coloro che vi hanno preceduta non avevano il vostro dono, eppure sono sopravvissute lo stesso. Avrete notizie del Re quando le potrete avere. Finitela di torturarvi e di sfiancarvi, o non avrete energie per mettere al mondo il bambino. Sentite quanto scalcia: che sia maschio o femmina vi darà parecchio da fare.”

 

Se durante il giorno la Regina riusciva a mantenere saldo il controllo e ferma la voce, la veglia notturna la piegava. La pioggia gelida rigava le vetrati come il reticolato delle sbarre di una prigione e nel sonno Frigga non conosceva sollievo: sognava di cavalcare di fianco a suo fratello, di raggiungere la sua dimora nel Fjörgynn dove la attendevano i suoi genitori. Sognava un passato perfetto in cui non c’era Odino e nessuno a lei caro era morto o in grave pericolo. Eppure anche nei suoi sogni il suo ventre era ampio e scalpitante. Il legame con suo figlio era già così inossidabile, in ogni sua fibra era già madre prima ancora di poterlo stringere tra le sue braccia.

Una notte si svegliò in preda al terrore più puro, immersa nel buio della camera, ed il bambino nella pancia le rispose con un calcio ed una pressione sulle costole che per un attimo le smorzò il respiro.

Fuori infuriava la tempesta, chicchi di grandine colpivano il palazzo e la città, illuminata da fulmini e scossa da tuoni. La mareggiata spingeva le onde contro la scoglieva con violenza ed il rombo attraversava i muri ed echeggiava tra i corridoi bui.

Si appoggiò ad una colonna e chiuse gli occhi. Fece affiorare l’energia dentro di sé e la lasciò diffondere nel suo corpo, poi cercò Odino in quella terra lontana e quando lo trovò si spinse sino a lui.

 

Il Re era immerso sino alle ginocchia nella neve gelida e si muoveva a fatica, muovendo fendenti con Gugnir per disperdere i nemici che lo circondavano. Attorno a lui, tra il vento gelido e la neve che turbinava, Jotun e Asgardiani combattevano e perivano, cadendo gli uni sopra gli altri mescolando il proprio sangue.

Sembrava che Asgard fosse in netto svantaggio, tanto che uno dei fanti si era portato alle labbra il corno della ritirata, fermato all'ultimo istante dal ringhio del Re: “ASGARD NON CEDE IL PASSO!”

Era stato distratto e la cuspide ghiacciata di uno Jotun gli aveva sfiorato l’armatura e aperto una riga scarlatta sul petto. Un secondo gigante aveva invece decapitato il soldato.

Gugnir li aveva abbattuti entrambi, ma alle sue spalle un altro Jotun aveva preso la rincorsa per colpirlo. La magia che ribolliva nelle vene di Frigga esplose: non aveva fatto null’altro che diventare visibile agli occhi del gigante, ritta a difesa della schiena del Re: una semplice distrazione che aveva tardato il calare della lama per l'istante necessario perchè Odino si voltasse e lo incenerisse con la sua lancia.

 

Con lampo, Frigga si ritrovò nella sua stanza piegata in due dal dolore.

Le ancelle erano accorse al suo grido ed Eir con loro, impartendo precise istruzioni: “Sul letto, le gambe vicino al bordo, che riesca a raggiungerla e ad operare comodamente. Mettetele dei cuscini dietro alla schiena.” Aveva guardato infine per terra: “Si sono già rotte le acque, l’ora è giunta; vedremo se tutta la vostra antipatia nei miei confronti darà i suoi frutti. E voi, contadinelle, che fate lì impalate? Acqua bollente, pezzuole, muovetevi!”

“È ancora presto…” Gemette la Regina.

“Non troppo: mancano tre settimane al termine, il bambino si è già formato e ha decisamente fretta.” Le aprì le gambe e gliele fece piegare, arrotolando la camicia da notte sulle ginocchia ed ordinando ad una delle ancelle di aumentare la luce: “Se sentite il bisogno di urlare… beh, fatelo: Non vi risparmiate che non ce ne è bisogno.” Frigga aveva urlato forte per l’arrivo della prima, forte contrazione. “Sì, esattamente così.”

 

Il Bifrost si era aperto ed aveva inondato di luce fragorosa il suolo gelato.

Il messaggero era comparso in mezzo al campo di battaglia ormai vuoto, con i primi roghi dei morti che si confondevano con quelli con cui cercavano di scaldarsi i vivi.

Cercò la tenda del Re e vi entrò domandando perdono e prostrandosi: “Maestà, porto notizie da Asgard.”

Seduto in compagnia di due generali dall’aria stravolta, Odino era una maschera di fango e sangue, il petto fasciato ed una curatrice a lui vicina piegata su un braccio: “Parla.”

“La Regina, mio Signore, ha dato alla luce il vostro erede. Un maschio.”

Il Re si era abbandonato allo schienale della seggiola con un sospiro sollevato. I generali si erano scambiati uno sguardo d’approvazione e anche la curatrice ne aveva sorriso: “È un bambino sano, maestà, forte e…”

“E la Regina?”

Il messaggero aveva iniziato a balbettare: “Beh, ecco… il bambino è molto grande e…”

Il Re si alzò in piedi improvvisamente, senza curarsi di aver rovesciato le ampolle ed i bendaggi della curatrice. “PARLA!”

“Ha faticato molto, Maestà. È viva, ma Lady Eir dice che… dice che è molto debole e… e la febbre…”

 

Era entrato a palazzo come una furia, incurante di indossare ancora l’armatura sporca e lacera. Un’ancella aveva gridato spaventata quando l’aveva visto arrivare, un’altra aveva lasciato cadere una cesta di panni sporchi di sangue.

Infine aveva fatto irruzione negli appartamenti della Regina, accolto da Eir che teneva un fagotto azzurro tra le braccia: “Mio Signore, è con gaudio che vi presento…”

“DOV’E’?”

Lady Eir aveva sospirato ed indicato la porta oltre il salotto: “È davvero impossibile tenervi fuori dalla sua camera da letto.”

 

“È un maschio” Erano state le prime parole con cui Frigga l'aveva accolto, gli occhi socchiusi e pallida come un cencio, adagiata sui cuscini del letto:  “L’ho sentito piangere …!”

“È forte e vigoroso, ed io te ne sono grato. Cosa ti ho fatto subire…!”

“Niente di diverso da quello che accade ad ogni donna.” Frigga respirò profondamente: “Solo che tuo figlio aveva fretta di nascere e spalle troppo larghe. Dovevo rischiare la vita allora, per vederti tornare?”

“Donna cocciuta.” Le accarezzò la guancia trovandola caldissima. La guardò meglio e si accorse solo in quel momento che i suoi capelli lunghi e ricci avevano lasciato il posto ad una corta zazzera scomposta.

“Glieli ho dovuti tagliare per alleggerirla ed aiutarla a sfebbrarsi.” Spiegò brevemente Eir, entrando con il bambino ancora in spalla.

Frigga riaprì gli occhi al vagito del fagotto ed allungò la mano verso la donna, che glielo appoggiò tra le braccia reticente: “Se inizia a girarvi la testa…”

Ma Frigga aveva già iniziato a sciogliere il nodo della scollatura, quasi rianimata da nuova energia: “Ti chiamerò, promesso.” Il bambino si era attaccato subito al seno, avido. “È bellissimo, Odino. È un bambino bellissimo.”

Il Re lo fissava annuendo: “Thor.”

“Thor?”

“Il suo nome, Thor. L’ideale, per chi è nato in una notte di battaglia e di tempesta.”

“Se è per questo, neppure in questa stanza si stava molto tranquilli.” Frigga sorrise dolcemente e catturò una manina stretta in un pugnetto. “Thor.” Sussurrava assaporando il suono secco del suo nome. “Se non diventi forte almeno la metà del dolore di metterti al mondo, subirai tutta la mia collera.”

 

 

 

Odino aprì gli occhi di scatto e trasalì sulla brandina. Gli era sembrato che qualcuno gli sfiorasse il viso, una carezza calda e morbida dolcemente famigliare: “Frigga…” si lasciò sfuggire, e lo sguardo vagò tra i suppellettili della tenda immersa nel buio.

Una candela, una minuscola fiammella si accese in un angolo vicino al suo giaciglio. Si riflesse nei grandi occhi chiari di Frigga illuminandone il sorrisetto compiaciuto: “Mesi di lontananza non hanno cancellato dalla tua memoria il mio tocco, me ne rallegro!”

Il Re si alzò a sedere: “Se ti sfiorassi scivoleresti via dalla mia vista. Deduco che tu abbia deciso di apparirmi solo per prenderti gioco di me e tormentare i miei sensi.” Frigga appoggiò la candela su uno sgabello vicino alla branda e gli passò le mani sulle tempie e lungo il viso: “Quindi sei qui davvero?” Lei annuì. “Sei impazzita, donna?” Odino scattò in piedi costringendola a fare un passo indietro: Frigga non abbassò lo sguardo né mostrò segni di pentimento e lo continuò a fissare spavalda. “Che diavolo ti salta in testa di aprire il Bifrost e raggiungermi in un campo di guerra? Questo è un luogo di battaglia, di sangue e morte, non un’alcova per mogli trascurate!”

“Vuoi farmi credere che mi cacceresti davvero via? Potrei pensare che plachi i tuoi sensi con qualcuna delle prostitute che seguono l’esercito!”

“Mi avevi giurato che avresti governato in mia assenza! È questa la tua obbedienza?"

“E lo faccio, siedo sul tuo trono attendendo il tuo ritorno, governo e cresco nostro figlio. E attendo missive dalla guerra ed ogni volta che vedo il Bifrost illuminarsi mi divido tra la speranza di vederti attraversare il ponte ed il terrore di sapere della tua morte. Questa notte avevo pensato di farti visita, di portarti notizie di Thor e di Asgard. E, sì, di dividere quella branda con te.”

“Torna ai tuoi doveri, donna cocciuta.”

“Volentieri!” Oltraggiata, Frigga raccolse le vesti e si gettò verso l’uscita. Odino l’afferrò per il polso solo un istante prima che oltrepassasse il lembo chiuso della tenda. Lei si voltò per impossessarsi della sua bocca e stringerlo tra le sue braccia. Le sciolse freneticamente i nodi del mantello, la sollevò e lei gli circondò la vita con le sue gambe. Odino staccò per un istante la sua bocca dal collo e la fissò: “Non osare mai più disobbedirmi.”

“Se la punizione è questa, pronuncerei uno spergiuro.”

 

Oziò ancora per qualche minuto tra le pellicce della branda e si stirò pigramente appoggiando la testa sul suo petto. Odino passava una mano tra i suoi capelli – erano cresciuti, le sfioravano le spalle e gli solleticavano il mento – per poi lasciarla scivolare lungo la pelle della schiena. “Dunque, quelle notizie?”

“Thor si regge sulle sue gambe e ha iniziato a balbettare le prime parole.” Condivisero un sorriso. “È ogni giorno più bello. E più irruento, una vera peste. Urla e strepita e sgambetta ovunque.”

“L’indole della mia famiglia.”

“Ah, sicuro! Mia madre diceva che io e mio fratello eravamo quasi troppo calmi!”

“Non l’avrei mai detto.”

Frigga ridacchiò, colpendolo con un buffetto sul viso. “Ha i tuoi occhi. Gli sto insegnando il tuo nome, voglio che sia la prima cosa che dice in tua presenza.” Lo bacia e circonda il petto con le braccia, stringendolo forte. "È meglio che vada, ora.” Si alzò e si rivestì in silenzio, gettandogli uno sguardo divertito quando trovò il laccio del mantello strappato e se lo riparò facendolo passare tra le dita: “C’era un’altra cosa che mi ha spinto a venir qui stanotte. Era… uno strano presentimento.”

“Tu vedi più lontano di chiunque altro. Se hai visto qualcosa su questa guerra, è il caso che tu mi renda partecipe di ciò che conosci.”

“Non ho visto nulla che possa essere legato a questa campagna, tuttavia mi ha turbato." Frigga si sedette sulla brandina, accanto a lui: "Rammenti quando abbiamo cacciato insieme la prima volta?”

“Colpisti un cervo maschio scagliando una freccia dalla collina. Dritto nell’occhio. Un'impresa ammirevole, ma non te ne vantasti e non volesti neppure portare quel trofeo a Fjörgynn; ne sembravi quasi disgustata.”

“Ho sognato quel cervo, Odino. Trafitto nell’occhio dalla mia freccia ma ancora vivo e dritto sulle sue zampe. Perdeva sangue e sembrava soffrirne, ma non si lamentava e restava con il capo alto, le corna ancora più grandi di quanto ricordassi. Ma la cosa strana era un cerbiatto appena nato, ancora sporco di sangue, che si reggeva a malapena in piedi. Piccolo e indifeso, piangeva con la voce di un neonato tra le zampe del cervo adulto. Mi sono destata di soprassalto con la certezza che avrei dovuto raccontartelo immediatamente. Così sono partita subito.”

“Quale sarà il suo significato?”

“Non ne ho idea.”

Le aveva accarezzato la gota arrossata, per poi baciarle le dita della mano intrecciate alle sue: “Forse che questa unione inaspettata sfocerà in un secondo erede?”

Lei sorrise: “Potrebbe essere un'interpretazione molto plausibile. Tuttavia mi domando: perché il cervo trafitto all’occhio?”

“Ebbene? Era vivo, no? E allora è inutile che ti angusti troppo.”

 

 

Odino rientrò all’accampamento reso invisibile dal caos di gemiti e sangue dei feriti. Alla luce di un falò una curatrice stava praticando l’amputazione di un piede ad un soldato urlante, trattenuto a stento da due suoi commilitoni, altre due stavano ricomponendo pietosamente alcuni cadaveri insanguinati in un angolo buio.

Passò velocemente oltre, trattenendo il mantello davanti al petto e tenendo il capo chino per nascondere la ferita al volto: Frigga l’aveva prevista e l’aveva messo in guardia, eppure non era stato in grado di ripararsi in tempo; altra pena per la sua Regina, dover fissare un volto deturpato sino alla fine dei suoi giorni.

Con le truppe di Asgard decimate e le curatrici impegnate con i sopravvissuti, per lui fu quasi facile raggiungere la sua tenda. Chiuse velocemente il lembo di tela dietro di sé e solo quando si voltò l'unico occhio rimasto catturò la figura di un giovane vestito della piccola armatura dei messaggeri di palazzo.

“Chi ti ha dato ordine di entrare?” Il ragazzo lo fissò con aria afflitta, poi chinò il capo e la sua figura si sciolse in una sfumatura color smeraldo. “Frigga!”

“Perdonami, non potevo attendere oltre.”

Odino si sfilò l’elmo di Fjörgynn e lo lasciò cadere a terra: “Perdonami tu, piuttosto. Per questo” Gli occhi della Regina si riempirono di lacrime quando trovarono l'orbita vuota e sanguinante. Il Re scostò il mantello “…e per questo.”

Nell’incavo del suo braccio piegato c’era un neonato nudo che si muoveva lentamente, la testina glabra che cadeva di lato come se non avesse forze per sostenerla, gli occhi ridotti a due fessure ed il pianto ridotto ad un gemito sommesso.

“Egli è…?”

“Il cerbiatto del tuo sogno.”

Frigga si avvicinò  incerta e lo prese tra le braccia tremanti, e il Re si concesse di accasciarsi su una seggiola di legno che scricchiolò sotto il suo peso. “Abbiamo messo a ferro e fuoco la Rocca. Uno dei miei generali sosteneva di aver sterminato la famiglia reale, che solo Laufey si era salvato. Non era così. Quel bambino…”

“Non può essere uno Jotun! La sua pelle, i suoi occhi, le sue dimensioni stesse! È più piccolo di Thor alla nascita…”

“I suoi colori sono cambiati, quando l’ho preso in braccio. E si è salvato, per puro caso, perché qualcun altro ne aveva già deciso la morte. Lasciato sulla pietra del tempio, in balia della tempesta e della fame.”

“Abbandonato? Perché?”

“Un bastardo, forse. Un vergogna, di sicuro. Un mezzogigante, un aborto un…” Frigga si era scostata il mantello dal petto ed aveva abbassato la veste a scoprire un seno candido. L’avvicinò alla bocca del bambino e lui lo prese debolmente tra le labbra. “Non sei obbligata a farlo.” Chiarì Odino “Son certo che a palazzo avrai balie a tue disposizione per…”

“Non ho balie, non le ho mai usate. Thor è cresciuto con il mio seno finché non ha reclamato un nutrimento più sostanzioso. Ed ora non ne ha più bisogno – ne sono così desiderosa di darglielo, mordace com'è - mentre lui è talmente stremato da non poter attendere oltre.” Sospirò accarezzando la testina: poppata dopo poppata, il piccolo sembrava acquisire un poco di vigore. “Posso credere che Laufey sia talmente crudele da condannare suo figlio, ma sua madre? Quale donna ha potuto accettare che il frutto del suo ventre venisse esposto ad una simile, atroce morte?”

“Forse a noi è un gesto incomprensibile: abbiamo avuto un figlio sano e forte che-“

Lei lo fulminò con uno sguardo: “Amerei nostro figlio anche se avesse cento teste e nessuna di esse funzionante. E ad ogni modo, non è di certo colpa sua.” Gli accarezzò una piccola gota pallida con l’indice. Il bambino ebbe un piccolo sussulto e spalancò gli occhi. Si staccò dal seno e le sorrise, un rivolo bianchiccio che spuntava tra le labbra bianche. Frigga rispose al sorriso con un’altra piccola carezza e lo alzò appoggiandoselo su una spalla per battergli delicatamente la schiena. “Quali sono le tue intenzioni? Vuoi tenerlo come ostaggio?”

“O come figlio?”

“Sarà diverso da Thor.”

“Come tu lo eri da tuo fratello. Sveleremo le sue origini quando sarà il momento, in modo che possa reclamare il trono di Jotunheim ed instaurare una monarchia a noi alleata. È la soluzione migliore. Nel frattempo, potrai essere per lui come una madre?”

“Non puoi pensare che possa essere come madre, e solo per una parte della sua esistenza. O si è madri o non lo si è, e quando lo si diventa lo si è per tutta la vita. Dal momento che lo senti scalciare dentro di te o lo partorisci con dolore e lo nutri con te stessa.” Lasciò che il neonato le catturasse l’indice con una manina e sorrise di nuovo: “È un legame impossibile da spezzare. Tu vedi un futuro alleato, io un bambino salvato dal cuore di un padre.” Il sorriso di Frigga è ora per suo marito: “Tornerò ad Asgard in incognito, come l’ho lasciata, ed opererò in modo che chiunque crederà che sia il nostro secondogenito. E quando ti presenterai a Palazzo io sarò lì ad accoglierti per curare la tua ferita e presentarti nostro figlio.”

“Così facendo sacrificherai la tua sincerità in favore della mia, mi impedirai di mentire quando dirò che venisti a trovarmi sul campo di battaglia.”

“Ed il Guardiano, che tutto può vedere, non potrà che confermare. Parlerò ad Eir. E modificherò i ricordi delle mie ancelle. Diremo che questa gravidanza è stata nascosta per non distogliere l’attenzione dalla guerra, né per diffondere notizie che potevano essere pericolose in caso di mancata vittoria.”

Odino annuì: “Lascio tutto nelle mani della mia Regina. Ed il bambino…”

“Gli darò un nome e lo presenterò a suo fratello. Cresceranno insieme, legati indissolubilmente come solo i fratelli possono essere.”

Il Re annuì, e quando la Regina si avvicinò quasi le sfiorò il volto in una carezza, rinunciandovi solo all'ultimo istante per non toccarla con la mano sporca di fango e sangue. Fu Frigga, invece, a raccoglierla nella sua ed avvicinarsi il palmo alla guancia. Odino sospirò: "Povera moglie mia, a trovarsi un simile scempio davanti agli occhi per tutto il resto della sua esistenza."

"Ebbene? Sei vivo, no? E allora è inutile che ti angusti troppo."

 

 

Il messaggero tornò ad Asgard insieme ad i primi feriti. Attraversò il Bifrost spronando la cavalcatura al galoppo ed entrò a palazzo precipitosamente.

Salutò le guardie e riferì della battaglia appena finita, chiedendo di avere importantio informazioni da dare immediatamente la Regina e fu lasciato passare senza essere ulteriormente trattenuto.

Quando le porte degli appartamenti reali furono chiuse, Frigga riprese le sue forme e si tolse il mantello che le copriva le spalle ed il bambino fasciato contro il suo petto.

Lo trovò addormentato, una manina premuta contro le labbra, finalmente intiepidito dal calore del suo corpo e rasserenato dal suo odore. Lo accarezzò e gli sorrise, adagiandolo sul letto e assicurandolo tra i cuscini.

Un'ancella arrivò solerte al suo richiamo: "Maestà si è svegliata per le buone notizie da Jotunheim?"

Frigga le prese il volto tra le mani e la guardò fissa negli occhi, condividendone un bagliore irreale: "No, la tua Regina si è svegliata per le doglie. Corri a chiamare Eir. La gravidanza segreta di Frigga è giunta a termine."

L'ancella restò qualche secondo immobile, lo sguardo confuso finché il bagliore fu assorbito dalle sue iridi. Annuì assente e poi scattò come se avesse ripreso immediatamente lucidità verso la porta.

 

"Non provate a confondermi le idee con i vostri trucchetti, Maestà. Se c'è una cosa che odio è l'ebbrezza, non tocco neppure vino per questo." Eir era comparsa nelle sue stanze con una velocità impensabile per la sua età, sorprendendola ad attaccarsi al seno il bambino che si era svegliato richidendo le sue attenzioni.

"Il Re vuole..."

La vecchia aveva alzato gli occhi al cielo: "Mi importa della volontà del Re quanto i Corvi dell'Yggrasil quando devono defecare: nulla."

"Eir!"

"Io guardo voi. E dico che il vostro parto è stato decisamente più facile del precedente." Disse infine: "Non c'è da meravigliarsene, quel bambino è grosso la metà del vostro primogenito. So solo che speravate in cuor vostro che fosse femmina, ma così non è e non potete far altro che felicitarvi che sia sano, e siete lieta di aver donato a Thor un fratellino con cui giocare. Sempre che riusciate a farlo diventare abbastanza grosso da sopportare la sua irruenza."

Frigga la fissò stupita, poi non potè far altro che ringraziarla. "Non c'è di che, Maestà. Ho seguito tante donne nella mia lunga vita. Difficilmente trovo qualcosa che possa stupirmi e so già come comportarmi in qualsiasi occasione."

"Quindi non vuoi sapere come..."

"Che le Norne me ne scampino! Io vedo solo un bambino attaccato al petto di sua madre, per il resto son fatti vostri e di Odino. Voi mi domandate solo di mentire su questa nascita e così farò. Solo vi consiglio, per reggere il gioco, di tenerlo lontano dal vostro letto nei prossimi giorni."

Alla Regina scappò un sorriso: "Prima o poi dovrai spiegarmi la tua avversione a tali frequentazioni."

La vecchia era già sulla soglia della porta: "Difficilmente avrete tempo di ascoltare i miei pettegolezzi con due figli a cui badare. Come vi dicevo, ne ho viste di cose."

 

 

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Nella mitologia norrena, Eir era la divinità a cui erano consacrate le arti mediche. Amica di Frigga, faceva parte del suo seguito di dodici damigelle (Probabilmente tutte insieme formavano la nazionale di Hockey Femminile su Ghiaccio Asgardiana)

Non so voi, ma io sono molto soddisfatta di lei. Credo che sia il mio OC preferito.

Fjörgynn, invece, pare essere il nome di suo padre. Nel dubbio, io l'ho preso in prestito per dare un nome al suo luogo di nascita.

Questo non lo so in seguito ad approfonditi studi sui miti nordici, ma grazie a Wikipedia. Ammetto la pochezza della mia cultura.

Per quanto riguarda la presenza di Frigga sul campo di battaglia, l'ispirazione mi è venuta durante Thor: TDW, dove Frigga risponde ad Odino: "è sempre stata la mia preoccupazione a farti tornare'. L'ho vista come un: 'Sei vivo perché ti ho sempre parato le spalle, vecchio caprone.' Oddio, forse non con queste parole ma il succo era quello.

Grazie ancora per la vostra lettura, i vostro commenti, ed il vostro tempo passato su queste pagine.

Alla prossima, se vorrete.

EC

 

 

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Capitolo 3
*** Terza Stella: Mintaka ***


Al Centro del Cielo

 

 

Al Centro del Cielo

 

Terza Stella: Mintaka

 

 

 

Loki era stato per Frigga il figlio che l'aveva completata. Più bisognoso di presenza ed attenzioni del suo irruento fratello, più delicato nei modi e nelle espressioni. Ciò che Thor pretendeva con urla e capricci lui chiedeva con un braccino teso e gli occhioni verdi imploranti. Quello che il primo rompeva nella sua furia ludica, il secondo raccoglieva goffamente. Thor si addormentava di schianto, paonazzo per le corse e le risate mentre Loki si beava del silenzio e della tranquillità delle carezze materne.

E quando Thor aveva iniziato a vantarsi della sua forza ed aveva cominciato a palesare l'arroganza degna di un guerriero asgardiano, Frigga aveva preso la mano di Loki e l'aveva condotto tra le mura sicure della biblioteca. "Perché siamo qui, madre?"

"Per addestrarti ad essere il migliore."

Lui scrollò la testa infastidito: "L'avete già il figlio migliore, perché perdere tempo con me?"

"Non fingere di essere lo sciocco che non sei. Tuo fratello ha ereditato da tuo padre la forza e la..."

"Stupidità?"

"LOKI! Come osi...!"

Piegando la testa di lato, si era esibito in uno dei suoi sguardi furbescamente pentiti: "Non era mia intenzione mancare di rispetto a padre." Si era affrettato a pigolare: "Tuttavia non posso capacitarmi che Thor abbia ereditato da te questa sua prerogativa."

Rifilandogli un buffetto sulla guancia Frigga lo avvisò di non ripetere mai più una cosa simile: "Tuo fratello non è stupido. Avete due caratteri, due corpi, due grandi doni diversi: eppure avrete lo stesso, identico destino da compiere."

"E il mio grande dono, quale sarebbe? Perdonami madre, ma non riesco proprio a comprendere." Frigga si era seduta su un seggio e aveva fatto cenno a Loki di prendere posto in quello di fronte al suo. Poi aveva alzato la mano e l'aveva aperta: sul palmo candido, una piccola sfera di luce verdognola prese forma, allungandosi e schiacciandosi, sino a formare un piccolo serpentello che guizzava tra le sue dita. Loki lo fissava rapito: "Ciò che scorre nelle mie vene è anche nelle tue. Ed è un dono prezioso, forse molto di più della forza bruta, ma non tutti avranno la fortuna di comprenderlo."

Loki allungò la mano sfiorando il serpente luminescente. L'apparizione si avvolse lentamente tra le sue dita sottili, risalì il dorso e poi il polso, sotto il suo sguardo incantato  e quello compiaciuto di Frigga. "Se lo vorrai, ti insegnerò tutto il mio sapere. Che, ti posso assicurare, non si limita semplicemente ad evocare figure evanescenti. Vuoi?"

Loki aveva guardato l’apparizione, poi sua madre, poi di nuovo il piccolo serpente. Ed infine aveva sorriso.

 

Quando entrò nelle sue stanze Frigga gli restituì lo sguardo attraverso il riflesso della specchiera, fermandosi un attimo dallo spazzolarsi i capelli e rivolgendogli un breve sorriso: "Il mio Re sembra stanco e provato."

"Lo è." Odino si sedette su una poltrona vicina alla loggia aperta e la guardò sciogliersi l'ultima treccia, domandandosi da quando aveva iniziato a trovare i suoi movimenti talmente famigliari da non subirne più il fascino. Un tempo bastava intravedere la spalla di Frigga attraverso le trasparenze dei suoi abiti da camera per cadere preda della frenesia. Ora, lei che si scioglieva i capelli davanti allo specchio era semplicemente l'emblema della tranquillità della sera, l'arrivo di un sonno ristoratore troppo breve per essere davvero tale. Era tempo di riposarsi davvero, di chiudere gli occhi e non essere più l'onnipresente e onnipotente Odino.

"Ho scelto." Annunciò improvvisamente, e la mano di Frigga fremette e si abbassò per appoggiare la spazzola sul ripiano di marmo. Poi la Regina si voltò lentamente e restò in attesa che Odino proseguisse: "È tempo che Thor sia Re."

"Quindi hai scelto lui per prendere il tuo posto alla guida di Asgard: ne sono felice."

"Non mi sembri sorpresa, e ti conosco abbastanza per capire che non ne sei completamente d'accordo."

"Sapevo che questa sarebbe stata la tua decisione finale. Siete fatti della stessa stoffa e comprendi meglio le sue azioni ed i suoi pensieri. Ne sono felice, davvero; lo sarei stata in ogni caso. Ed in ogni caso ne sarei stata spaventata. Se tu avessi scelto Loki, Thor avrebbe incenerito mezza Asgard per il disappunto. Lo scorno di Loki sarà meno palese, ma più radicato, temo."

"Se ne farà una ragione. Thor è il maggiore e il più forte, il popolo lo ama."

"Son certa che tu non l'abbia scelto solo perché grande avventore di locande. Tuttavia è anche impulsivo, impaziente, sovente iracondo. Avrà bisogno di suo fratello, che lo aiuti a riflettere e ne mitighi le intemperanze."

"I pregi ed i difetti di uno compensano quelli dell'altro. Nessuno dei due potrebbe governare da solo." Concorda Odino. "Quanto a noi..."

"Finalmente potrai cadere nel tuo sonno senza temere per il tuo risveglio." La Regina sorrise, raggiunse Odino e si sedette al suo fianco posando la mano sulla sua ed intrecciandone le dita. "Il tuo spirito si rinfrancherà e troverai nuova forza e nuovo vigore."

"Lo spero. Dovrò passare ancora del tempo accanto alla mia energica Regina, non voglio attardare il suo veloce passo." Si scambiarono un sorriso, e rivolsero i loro sguardi al di là della balaustra dorata della loggia.

"Mi mancherà questa vista. Dopo tutto questo tempo, trovo la notte di Agard è una vista che mi meraviglia." Sospirò Frigga. "Hai già pensato a dove dimoreremo?"

"Questo è compito tuo. Pensavo volessi tornare a Fjörgynn, ti è sempre mancata la tua terra!"

"Passare il tramonto della mia vita nel luogo che ne ha visto l'alba? Sarebbe dolce, non lo nego. Ma a quel posto mi riporta alla memoria anche ricordi tristi. Meritiamo una dimora che ci rassereni, non che ci incupisca. Fensalir, che te ne pare? È tranquillo e vicino comunque alla Capitale. Nel caso ai nostri figli occorra aiuto..."

Ad Odino scappò uno sbuffo quasi ilare: "Pensi già ai nipoti, nevvero? Non hai tutti i torti, con Lady Sif sempre più vicina a Thor."

Lei scrollò le spalle: "Sono eccessivamente amici, non credo che Thor possa volerla in sposa. Ne apprezza la spada e la lealtà, ma non vedo altro nel suo sguardo. Quanto a Loki, invece, non sembra reputare nessuna fanciulla alla sua altezza; me ne rammarico, ma sono sicura che presto o tardi cambierà idea."

"Fensalir." Mormorò Odino. "Approvo questa scelta. Mi hai seguito attraverso guerre e difficoltà nelle mie stagioni migliori, ed io ti seguirò in un tranquillo autunno."

Ma gli occhi di Frigga erano persi altrove, nell'angolo di cielo buio alla vista di Odino.

 

 

Il figlio che aveva avuto senza il dolore del parto si era rivelato quello che più le aveva inflitto sofferenza.

Composta, senza più la sfumatura di un sorriso né il barlume irriverente negli occhi celesti, Frigga era diventata l'ombra della Regina energica e vivace che era sempre stata. Presenziava ai banchetti solo per onore all'etichetta, ma restandone sempre in disparte, dileguandosi presto e senza mai attendere Odino.

E passava molto tempo in solitudine, persa tra il dedalo di corridoi e stanze del Palazzo, segretamente concentrata a scandagliare ostinatamente l'Universo con la sua magia.

"Sì, cerco lui." Aveva ammesso, una notte senza luna in cui Odino l'aveva sorpresa. "Lo cerco per dare a mio figlio almeno un funerale."

Odino non aveva aggiunto nulla. Le aveva sfiorato la guancia, trovandola umida, in una ruvida carezza e se ne era andato quando lei gliel'aveva chiesto.

 

 

Era stata la prima ad essere avvisata, quando Loki era tornato in ceppi e catene. E per la prima volta in tutta la sua vita, Frigga era corsa da Odino per implorarlo.

"Ti rendi conto della gravità dei suoi crimini, vero?"

"Non li nego. ti chiedo di non punirlo. Solo, se la vita che hai condiviso con me è valsa qualcosa, ti chiedo di non ucciderlo."

"Frigga...!"

"Non puoi uccidere nostro figlio."

Odino aveva scosso la testa: "Non è nostro figlio, non le è mai stato."

"Un tempo ti dissi che si è madre o non lo si è, e che quando si è madre lo si resta per tutta la vita. Sono stata la madre di Loki, e nonostante tutto il suo astio e la sua rabbia, nonostante le sue colpe ed il suo tradimento, lo sono ancora. Lo sarò sempre. Non uccidere mio figlio, Odino."

Il volto accigliato del Re si era infine disteso in un'espressione stanca. Aveva posato Gugnir e le aveva stretto le mani tra le sue: "Tra le mie colpe più grandi c'è quella di averti caricato la mia Regina di un fardello troppo grande. Possiedi spalle forti, ma il peso è stato troppo logorante, ed ora temo che se seguissi ciò che la logica e la legge mi indicano di fare, questo peso le sfonderebbe e schiaccerebbe il tuo cuore. Non condannerò a morte Loki."

"Ti ringrazio."

"Ma non posso permettere che tu gli faccia ancora da madre. Devi liberarti da questo peso, Frigga, e concentrarti sul figlio che ci ha reso orgogliosi. Thor è un uomo, ormai, ed è pronto al Trono. Ha bisogno anch'egli di sua madre, e più meritevole delle sue attenzioni. Non voglio che tu scendera nelle prigioni a fare visita a Loki, ma ti permetterò ancora una volta di incrociare il suo sguardo: capirai così chi è egli veramente, e potrai allontanarlo dal tuo cuore."

"Chi sono io per andare contro al volere di Odino?" Frigga aveva distolto gli occhi e, senza aggiungere altro, aveva lasciato la stanza.

 

 

 

Aveva dato ordine che Frigga indossasse i suoi abiti nuziali, ed aveva vegliato tutta notte la salma composta nella perfezione del suo sonno, accanto a Thor. Erano stati a lungo in silenzio, ed infine il Re aveva domandato al figlio se provasse più rabbia o rammarico.

Thor aveva stretto i pugni e contratto la mascella, ed infine aveva sussurrato: "Dolore, padre. Ora sento solo quello."

"Comprendo. La rabbia arriverà." Si avvicinò alla barca argentata in cui era adagiata la Regina. Le accarezzò la guancia gelida ed aggiustò una ciocca di capelli color miele sul cuscino. Fu colpito improvvisamente dalla consapevolezza che non sarebbero più stati spazzolati al termine di una giornata, che non le avrebbe più parlato guardando il suo riflesso nello specchio della sua camera né che avrebbero dimorato mai a Fensalir.

Che quello che avevano vissuto insieme era stata una lunghissima, burrascosa estate che non sarebbe mai terminata in un mite autunno.

Quelle labbra serrate non si sarebbero più increspate in una smorfia di disappunto né stese in un sorriso. Ed i suoi occhi celesti non avrebbero più scorto nulla al di là del buio assoluto.

Frigga sarebbe stata ricordata come una sposa fedele, una madre tenera, una Regina energica, eppure prima di tutto era una donna che tesseva la magia e la trapuntava di segreti. Ne aveva avuti, anche per lui, e li lasciava trapelare nelle parole o in una sfumatura dello sguardo celeste.

A volte Odino era stato tentato di interrogarla, di chiederle cosa si celasse dietro a quelle mezze frasi o alle sue espressioni accorte.

Ma aveva sempre rimandato. Accecato dalla sua consueta presenza la dava per scontata e certa. Eterna. Frigga ci sarebbe sempre stata, tra le colline verdi del Fensalir, a vegliarlo nel suo sonno e ad accogliere il suo risveglio con le guance colorate dall'emozione.

Odino lasciò scivolare le dita lungo la stoffa trapuntata delle vesti, aggiustò la spada che le era stata posata in grembo e raccolse il sottile velo ancora piegato ai suoi piedi, per stenderlo e ricoprila. Fuori dalla vetrata le prime luci dell'alba irroravano la stanza di una fioca luce rosata. "La rabbia arriverà" ripetè a Thor, sentendola già contaminare il suo cuore e renderlo ancora più pesante. "Tienila cara. Ti occorrerà tutta, se vorrai vendicare tua madre."

 

 

Sotto lo sguardo di una città in lutto, di famiglie spezzate e rovine ancora fumanti, la barca argentata di Frigga era scivolata per prima lungo i canali cittadini. Aveva accolto le onde del fiume seguendone il moto dolcemente, ed era stata seguita da un corteo di altre piccole barche, meno ricche e meno decorate, ma accompagnate sempre dai medesimi canti atoni e dalle stesse lacrime.

Gugnir era stata per Odino improvvisamente pesante da tenere dritta, e ancora di più da sollevare e battere a terra, per il segnale agli arcieri.

E dopo la prima freccia scoccata, che aveva acceso la barca Reale, il cielo di Asgard era stato solcato da altre centinaia, migliaia di strali infuocati.

La vecchia Eir pensò che non ne vedeva così tante morti tutte insieme dai tempi del Morbo. Alzò la mano lasciò che le dita torte dall'artrite lasciassero andare la sua sfera opalescente, il suo omaggio ai caduti, ed il nuovo rammarico di un altro lutto a cui essere sopravvissuta andò a fare compagnia agli altri che l'avevano preceduto.

La barca della Regina oltrepassò il limite del Bifrost e restò per un istante sospesa nel vuoto, prima che la vampa si cristallizzasse improvvisamente librandosi verso il centro del Cielo in una scia azzurra di nuove, splendide stelle.

 

 

Il Re ha dato ordine che la ricostruzione proceda velocemente, eppure non sopporta il rumore dei lavori. Tiene le porte della Sala del Trono sbarrate e le finestre coperte da pesanti tendaggi che a malapena lasciano filtrare la luce del giorno.

Ora è suo il tempo dell'attesa, e seduto sul Trono riesce finalmente a capire quanto possa essere stato angosciante per Frigga.

Anche lei faceva tacere ogni rumore? Anche lei soffriva la luce del sole?

No, il cuore di Frigga non era mai contaminato dalla rabbia sorda e folle né dal dolore di un lutto. Ma doveva comunque essere stata ancora più forte di quanto già non pensasse, per non essersi consumata come una candela.

Una guardia aprì appena il portone di ingresso alla Sala e si prostrò davanti ai gradini del trono: "Giungo ora da Svartalfheim, Sire. Porto notizie."

"Parla."

"Abbiamo trovato un corpo."

Odino chiude l'unico occhio per non vedere la guardia annuire: "Loki." Si alza e muove i passi stanchi attorno al trono, dando le spalle alla Guardia. "I tuoi servigi saranno ricompensati. Vai ora."

Non sente la guardia rispondere né muoversi. Odino ne apprezza il rispetto del suo bisogno di silenzio.

Quando però si volta nuovamente la trova in piedi, ancora al suo posto, con la lancia appoggiata a terra e l'elmo in mano.

"Ho detto che puoi andare, o vi è altro?"

La guardia ha un sorriso affilato e gli occhi verdi.

Odino ci impiega un secondo in più del dovuto a riconoscerli.

 

 

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E come direbbe Loki: Ta-daaaan! È finita, finalmente, e ho lasciato il finale il sospeso per il semplice fatto che ognuno si può fare tranquillamente il proprio 'film' mentale su dove sia finito il Vecchio Orbo. Personalmente, credo sia stato infilato insieme all'Aether dentro alla 'scatolina' che Sif porta dal Collezionista. Tipo Kinder Sorpresa.

Grazie a chi ha letto e partecipato a questa storia.

Commenti e critiche (Purché costruttive) sono sempre accettatissime.

Grazie ancora e sia sempre Lode ad Odino. No, non il Disperso. L'altro. ;)

EC.

 

E dimenticavo, come sempre, di segnalarvi il mio ask, nel caso qualcuno avesse domande, curiosità o semplicemente volesse fare due chiacchiere: http://ask.fm/EvilCassyBuenacidos

 

 

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