Fidanzato in prova

di gaccia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dai un'occhiata a Lily ***
Capitolo 2: *** prove di facchinaggio ***
Capitolo 3: *** eccomi fidanzato in prova ***
Capitolo 4: *** una giornata particolare ***
Capitolo 5: *** primo appuntamento ***
Capitolo 6: *** una serata da ricordare ***



Capitolo 1
*** Dai un'occhiata a Lily ***


Ciao a tutti!
Sono tornata con una nuova storia che si riallaccia a “AAA OFFRESI DICIOTTENNE VERGINELLO – NO TARDONE”.
Qui ritroveremo Mattia e Lily, Jake e Consuelo, il pazzo Gian e altri nuovi ragazzi e donzelle, studenti universitari.
Rispetto alla storia precedente ci troviamo in una città più grande, tre anni dopo.
I nostri amici sono cresciuti ma non più di tanto.
Questa storia sarà vissuta dal nostro affascinante Lele faccia d'angelo Mancini, seduttore incallito che dovrà barcamenarsi con nuove situazioni inedite.
Tutti devono crescere e lasciarsi alle spalle i loro fantasmi ed è ora anche per lui.
 
Ringrazio subito Teresa (Elenri) per i banner confezionati che vi proporrò nei primi capitoli per farvi scegliere il migliore (ovviamente voterò anche io...).
 
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Adesso, senza altri indugi, vi auguro BUONA LETTURA!
 
---ooOoo---
 
«Questa morte della prozia non ci voleva proprio. È quasi Natale ed io avevo voglia di starmene tranquillo con la mia donna» si lamentò Mattia, finendo di riempire il borsone.
Eravamo nella sua camera, nell'alloggio che dividevamo con i gemelli Giancarlo e Giacomo Fassi.
«Non credo che lei sia molto contenta di aver tirato le cuoia, anche se aveva novantotto anni» replicai io serafico.
«Pensavo volesse arrivare centenaria… invece. Poi, manco la conoscevo, credo di averla vista tre volte in vita mia» protestò ancora, avviandosi alla porta.
Che si lamentava, poi? Questa zia aveva deciso di lasciare la sua tenuta alla famiglia Roccato, escludendo gli zii religiosi, protestando il fatto che non aveva fatto tanti sacrifici in vita sua per poi vedersi tutto mangiato dalla Chiesa. E dire che era una che partecipava alla messa due volte al giorno.
Ma questi erano problemi di Mattia, non miei.
 
Io, Emanuele Mancini, detto Lele, nonché il bellissimo del gruppo  e Mattia Roncato, detto anche Rocca, eravamo amici per la pelle dalla prima elementare.
Timido e simpatico lui, scostante e ironico io, eravamo riusciti a trovare un’alchimia quasi perfetta.
A noi si era unita la biondissima Liliana Sini, Lily per gli amici, vicina di casa e ombra di Mattia.
Ero talmente abituato a vederli in simbiosi che quando si misero insieme all’epoca della quinta itis, ero indeciso se gridare al miracolo perché si erano svegliati o sentirmi irritato per essere diventato di fatto il terzo incomodo.
No, il reggi moccolo non l’avrei fatto, anche perché al gruppo, alle medie, si erano aggiunti i fratelli gemelli Giancarlo (Gian) e Giacomo (Jake) Fassi i burloni, jolly della situazione.
Per ultima, in prima superiore, era arrivata una ex di Gian, la spagnola, peperina, Consuelo Montoya a cui tutti noi avevamo fatto il filo, tranne Jake, che, dopo anni di litigi titanici, l’aveva sedotta e impalmata.
Liberi e assolutamente disponibili a soddisfare tutte le voglie delle altre eventuali ragazze, rimanevamo io, faccia d’angelo Mancini e Gian, a volte detto il porco.
 
Mattia cominciò a scendere per le scale del condominio dove avevamo affittato l’appartamento noi quattro.
Era uno di quei palazzi vecchi, scrostati ma con quella presunzione architettonica di essere ritenuti d’epoca e per questo senza comfort.
L’ascensore, probabilmente, era stato inventato dopo la costruzione e raggiungere il sesto piano con i libri a spalla o la cassa delle birre, era un’impresa olimpionica.
Potevamo solo ringraziare che ci fossero i servizi igienici e la cucina andasse a luce e non a carbone.
«Quasi mi pento di non aver fatto domanda per la casa dello studente come Lily» borbottò dopo tre rampe di scale, mentre io trotterellavo con le sue borse aggiuntive.
Gli amici si vedono nel momento del bisogno, anche quando ti aiutano a toglierti dai piedi per avere a disposizione la camera da letto più grande dove potersi rotolare con le prossime conquiste.
Interessato io? Nah.
 
«Ti ricordo che volevamo essere indipendenti da orari e quant’altro e lo abbiamo deciso tutti e quattro» gli dissi.
Alla fine dell’estate dopo il diploma, ci eravamo trovati tutti nella grande città per frequentare l’università.
Io avevo deciso di buttarmi su giurisprudenza. Mattia, Jake e Consuelo in informatica, Gian in meccanica e Lily in lettere.
Le ragazze avevano ottenuto una stanza alla casa dello studente, anche se spesso Jake si tratteneva là mentre Lily veniva in trasferta dal Rocca.
Quei quattro sembravano dei conigli!
Era stato quasi un miracolo riuscire a convincere le coppie a fare una uscita a settimana solo uomini. Normalmente il giovedì.
Io e Gian ci eravamo subiti le minacce da parte delle donzelle, ma avevamo ottenuto l’assegnazione dei cellulari e il divieto assoluto di messaggi e telefonate di controllo da parte di entrambe. Forse anche loro avrebbero approfittato della serata libera per folleggiare.
 
«Lo so e ne sono contento… Solo che avrei preferito vivere accanto a Lily in questi tre anni, non solo sgattaiolare nel suo dormitorio. Io lo trovo stressante, ed ho una ragazza fissa, non so come tu faccia a non dare di matto dovendoti barcamenare con tutte le tue donne!».
«E’ un dono!» risposi allargando le braccia, per quanto fosse possibile con i due pesi che trasportavo.
«Inoltre mi sembra quasi impossibile che non ti sia mai piaciuta nessuna, tanto da fermarti…» disse ancora Mattia, come a dar voce ai suoi pensieri.
Lo so, lo pensavano tutti i miei amici: perché non avevo trovato ancora la ragazza giusta nonostante il mio enorme successo con le donne?
 
Me ne era piaciuta una. Era stata l’unica che avevo corteggiato, se si poteva usare questa parola a quindici anni. Peccato che lei si fosse dimostrata una vera puttana, andando con un ventenne una settimana dopo aver fatto l’amore con me.
Da allora niente cuore, niente sentimenti, niente corteggiamenti, solo sesso fine a se stesso. E aveva pure funzionato. Alla grande.
Mi ci ero messo d’impegno a fare il bastardo. Bastardo con stile si intende.
Dicevo chiaramente alle mie conquiste che non volevo coinvolgimenti o paranoie. Se non era chiaro alla prima occasione mi facevo beccare con un’altra e la bimba finalmente cresceva.
Ormai avevo anche sviluppato un sesto senso, inquadrando le ragazze dopo cinque minuti di conversazione in tre categorie: troie, disponibili e da fidanzato fisso.
Mentre le prime erano le mie preferite in quanto sulla mia stessa lunghezza d’onda (e normalmente dopo venti minuti ci stavamo già rotolando tra le lenzuola) le seconde le prendevo sempre con le molle e ci giravo attorno almeno tre o quattro giorni per far capire bene tutte le mie intenzioni. Una volta assimilato il concetto, però, non sorgevano altri problemi, in caso contrario, se mi accorgevo che non vi erano miglioramenti, le suddette donzelle erano declassate alla categoria inferiore e quindi dimenticate immediatamente.
Già, le donne da fidanzato fisso, quelle che sospiravano, ti lasciavano maree di messaggini, si appostavano al bar o in discoteca o in palestra per seguirti, facevano le tue stesse lezioni all’università, pur studiando arte, il tutto nella vana speranza di conquistarmi e diventare la fidanzata di Emanuele Mancini.
Mai più nella vita!
 
Era tanto bello divertirsi senza problemi. Io e Gian ne eravamo l’esempio lampante.
Per non parlare di quello che combinavamo il giovedì sera istigati dagli altri due. All'insaputa delle due leonesse, Jake e Mattia ci incitavano nell'abbordare nuove ragazze, probabilmente riversando su di noi i loro desideri inconsci.
 
«Lele, che ne dici di quella?» fece Jake una sera, indicando una ragazza con maglietta nera e pantaloni cargo mimetici.
«Sei sicuro che sia una ragazza?». La mia perplessità era ampiamente supportata dall’abbigliamento vagamente maschile e dall’impossibile color arcobaleno dei capelli.
Con che coraggio si potesse andare in giro con un cespuglio così colorato dovevano spiegarmelo.
Quella sera provai davvero a parlarle ma, a parte silenzi intervallati da grugniti molto femminili, non ricevetti altre risposte e quando tornai al tavolo fui accolto da varie risatine.
«Ah, ah, ah! Siete davvero comici ragazzi» berciai lievemente irritato.
Di sicuro non beccavo sempre ma non mi piaceva essere preso in giro.
Il colpo di grazia mi arrivò dieci minuti dopo, quando la ragazza arcobaleno passò accanto al nostro tavolo «Ciao, Mattia. Salve Jake» disse avviandosi verso l'uscita ma venne fermata dal successivo commento.
«Ciao, Glee. Riferisci a Consuelo che sto facendo il bravo, altrimenti mi spella vivo» rispose Jake.
«Allora non mandatemi più lo spazzino ufficiale dell'università» replicò la ragazza piccata.
«Ti riferisci a me? Sono uno studente, non uno che rovista immondizia» aplomb da nobile, ero orgoglioso di me stesso.
«Operatore ecologico se vuoi... oppure scopatore e pomiciatore, come preferisci. Ora scusatemi ma devo andare» e uscì raggiungendo un paio di ragazzi vestiti completamente di nero e borchie argentate.
 
Così capii quello che avevano fatto i miei cosiddetti amici «La conoscevate? Ma siete degli stronzi!» ridacchiai finendo la birra.
«Scusa, Lele, era una occasione troppo succulenta per non provarci» cercò di giustificarsi Mattia.
Doveva essere una soddisfazione per loro vedermi andare in bianco ma raramente accadeva e quella sera non fece eccezione, visto che beccai una biondona maggiorata venti minuti dopo appartenente alla prima categoria, al contrario dell'arcobaleno che sembrava della terza...
 
Tre giorni dopo quella sera avevo scoperto che la ragazza in mimetica era una matricola che stava nella stanza accanto a quella di Lily e Consuelo alla casa dello studente che io da quel momento cercai di evitare il più possibile. In fin dei conti avevo il mio orgoglio.
Chissà perché mi tornò in mente quella pazza proprio mentre caricavo in macchina le borse di Mattia.
«Allora ci vediamo tra quindici giorni» disse il mio amico salendo in macchina per poi aggiungere «Dai un'occhiata a Lily in questo periodo che non ci sono... non mi fido di quei marpioni della casa dello studente». Gelosissimo Mattia, mi venne quasi da ridere.
Quando mai Lily aveva guardato qualcuno che non fosse il mio amico?
Comunque non mi costava niente acconsentire e farlo partire tranquillo.
 
Quel 'stai tranquillo e fidati di me' scatenò un effetto domino talmente prorompente da ridurre la mia vita a uno stato larvale per poi cambiarla in direzioni che non mi sarei mai aspettato.
La mia vita stava per cambiare e, ancora una volta, era colpa delle donne!
 
---ooOoo---
Angolino mio:
questo è un capitolo cortino, proprio solo per iniziare.
Diciamo che metto le basi per la storia.
 
Non ci sono scene divertenti o altro, abbiamo a grandi linee la situazione dei nostri eroi, i loro studi, le loro sistemazioni. Abbiamo una ragazza strana più giovane di un paio di anni e un viaggio improvviso di Mattia che affida il suo fiorellino al migliore amico.
 
Come già annunciato in copertina, Lele prenderà un brutto scivolone per Lily, con tanto di paturnie mentali. Come si risolverà la faccenda? Riuscirà Lele a strappare Lily dalle braccia di Mattia? E chi sarà questa Glee e quale sarà il suo ruolo? E cosa faranno Jake, Gian e Consi in questo frangente?
 
Prossimo capitolo: bacio sì o bacio no tra Lele e Lily?
A voi la scelta...
 
Grazie per l'attenzione
alla prossima
baciotti
 
 

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Capitolo 2
*** prove di facchinaggio ***


 
Ciao a tutti!
Sono leggermente in ritardo, chiedo scusa ma gli impegni lavorativi e non mi hanno assorbita totalmente.
Comincio subito con ringraziare chi ha letto, inserito in una delle tre liste e recensito questa storia.
Nomi in grassetto testimoniano il mio apprezzamento a nick vecchi e nuovi.
 
Posto un altro banner della vulcanica Elenri alias Teresa e vi invito a scegliere quale è il preferito (magari aspettate il terzo capitolo)
 
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E adesso… BUONA LETTURA!
 
---ooOoo---
 
Guardai la macchina del mio amico partire verso la nostra città.
«Stai tranquillo e fidati di me, te la tengo d’occhio io la tua Lily» furono le ultime parole che pronunciai mentre chiudeva la portiera della sua panda gialla.
Era stata una fortuna che la madre gli avesse concesso l’auto, insieme alla mia erano i soli mezzi di locomozione autonoma che avevamo a disposizione nella città dove ci eravamo trasferiti.
“Chissà se adesso devo telefonare a Lily e iniziare a farle subito da babysitter?” pensai guardando il display del mio i-phone “oppure…” ghignai mentre scorrevano i nomi della mia rubrica e mi fermai al nome Nina.
Il suo telefono suonava a vuoto e riprovai con un altro nome.
Sì, decisamente sarebbe stata l’ideale per inaugurare la nuova disponibilità della stanza più grande della casa, prima che anche i gemelli Fassi arrivassero alla stessa conclusione.
“Perdonami, Mattia. Giuro che provvederò alle pulizie prima che torni” promisi solennemente mentre facevo partire la chiamata.
Valentina rispose giuliva nel sentire la mia voce dopo oltre un mese e senza recriminare (infatti apparteneva alla prima classificazione) mi raggiunse subito dopo cena, in modo da avere più tempo per la notte.
 
«Maledizione!» borbottò Gian quando ci riunimmo a colazione in cucina il mattino dopo.
«Mhm». Non ero di molte parole prima della mia tanica di caffè.
Ero un caro ragazzo molto disponibile ma avevo le mie esigenze sacre alle quali nessuno avrebbe dovuto accennare una negazione.
«Cos’hai, Gian?». Invece Jake sentiva di più il legame fraterno… oppure era più curioso di una perpetua. In ogni caso pensavo che questa era proprio la domanda che il Fassi voleva farsi fare.
In quel momento, Valentina in camicia e slip passò davanti a noi tre per appropriarsi del caffè che era appena fatto nella moka.
«Hai del latte, puma?» mi chiese con un sorrisino ammiccante.
Sì, anche questa.
Le piaceva darmi nomignoli ed io non glielo impedivo tra le lenzuola. Avrei preferito che evitasse davanti ai miei amici che in quel momento la stavano spogliando con gli occhi.
 
«Puma?» Jake fece il verso, soffocando poi le risate nella tazza della colazione.
«Geloso?» nicchiai tirandogli un biscotto che prese al volo e inzuppò.
«Figurati, Consi mi chiama trivel…».
«Ti prego risparmiaci!» sbraitò Gian «Dimmi te se devo sorbirmi le prodezze sessuali di mio fratello anche a colazione!».
«Tu lo fai sempre con me!» ribatté l’altro Fassi.
Intanto Valentina osservava noi ragazzi che ormai avevamo preso altri argomenti di discussione, ignorandola platealmente.
In effetti tra me, Gian e Jake, trovarsi con Consuelo, Lily o qualche altra ragazza semi nuda per la casa era quasi la norma e ormai, che fossero le nostre amiche o meno, non ci faceva più tanto effetto.
 
«Tornando a prima, a cosa ti riferivi, Gian?» chiese ancora Jake, pulendo la sua tazza nel lavandino.
«Al fatto che avrei voluto pensarci io a impossessarmi della stanza di Mattia!». Scoppiai a ridere.
Dovevo ammettere che ero stato un pochino egoista, visto che anche io avevo una cameretta singola (un pochino più piccola rispetto a quella di Mattia) ma ero piazzato decisamente meglio rispetto a Gian e Jake che condividevano quella che era la sala e che ora conteneva due letti e tutto quello che serviva ai gemelli.
Ecco perché quando il gemello si doveva incontrare con Consuelo, migrava verso la Casa dello Studente.
 
«Ancora con questa storia? Nessuno ha barato. Abbiamo estratto a sorte l’assegnazione dei posti letto e voi vi siete ritrovati nella stessa stanza, non è colpa mia!» protestai dopo aver inghiottito il mio boccone.
«Non dormivo con mio fratello neanche a casa, ho dovuto condividere all’università! È assurdo!». Niente da fare, Gian non riusciva proprio a farsene una ragione nonostante fossero già  passati tre anni.
 
«Ehm, sentite ragazzi… Lele?» ormai Valentina si sentiva un pochino ignorata ed in imbarazzo.
«Vale, micetta, è stata una notte fantastica ma adesso è ora di andare. Vuoi un passaggio a casa?». Bastardo ma con classe. Mica potevo farle attraversare mezza città sui bus.
«No, ti ringrazio. Devo passare da un mio amico per un libro che mi deve prestare e farò un salto in centro» si avvicinò cauta e mi diede un bacio lento e passionale «Chiamami» bisbigliò infine, prima di rifugiarsi in bagno e cambiarsi.
«Me ne ricorderò, tranquilla» rispose Gian al mio posto… o forse si propose.
«Diceva a me» ridacchiai. Mettere le cose in chiaro con lui era sempre opportuno.
«Io mi offro, sta a lei scegliere, no?». Obiezione accolta!
 
«Visto che tu ti sei trasferito, ti spiace se mi impossesso della tua camera? Con Lily al dormitorio ho bisogno di un posto per stare con Consuelo» mi disse Jake, non appena la porta del bagno si chiuse alle spalle di Valentina.
Accidenti! Più che universitari sembravamo dei assetati di sesso!
«Basta che me la rendi pulita». Patti chiari amicizia lunga.
Guardai l’orologio. Ormai era tardi anche per me e dovevo ancora passare dalle ragazze perché Consuelo aveva bisogno di un passaggio con l’auto per andare in qualche posto non identificato. Senza Jake. Anche questo era strano ma chi ero io per chiedere spiegazioni o mettere il naso in una relazione? Meglio ubbidire alla pazza spagnola e farmi gli affari miei, ci guadagnavo in salute.
 
«Grazie, Lele. Non avrei saputo come fare altrimenti» pigolò felice Consuelo.
Lei doveva essere felice, visto che mi aveva fatto fare talmente tante volte avanti e indietro per tutte le strade possibili di questa città che se avessi messo assieme tutti i chilometri e il tempo impiegato avrei coperto la distanza tra la Terra e Marte, con buona pace della Nasa.
«Si può sapere cosa hai messo dentro quegli scatoloni che mi hai costretto a portare avanti e indietro?» chiesi piccato.
Poteva fare la sorridente quanto voleva ma chi era esaurito per doversi immettere in questo traffico mostruoso ero io!
Avevo appena subito un paio di corna da un altro automobilista e in risposta avevo mostrato il mio portachiavi (ognuno mostra quel che ha!).
Ma questo era stato il meno, avevo subito un mini tamponamento che mi aveva graffiato il parafanghi.
IL MIO PARAURTI, PER TRE ANNI INTONSO!... e non solo…
Mentre cercavo di raggiungere il semaforo che era verde, mi ero dovuto fermare per consentire il passaggio dei pedoni. Pedoni normali? Per carità: due vecchiette con il deambulatore che passavano cinque minuti a parlare e un passetto in avanti, sempre in questo ordine e con questa alternanza. In sostanza trentasette minuti e quaranta secondi per fare dieci metri sino al benedetto semaforo, che ovviamente era rosso.
 
«Allora? Mi vuoi dire qualcosa?» incalzai mentre parcheggiavo davanti alla casa dello studente per la sesta volta.
«Ho preso alcuni componenti per il mio computer e ho fatto qualche commissione per Gloria» mi rispose Consuelo tutta allegra e per nulla impaurita dalla mia irritazione latente.
«Gloria chi?». Oddio! E chi era questa?
«Glee! Quella che occupa la stanza accanto alla nostra alla casa dello studente» rispose la spagnola come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
«Quella sociopatica stronza che si veste come una barbona della stazione centrale e che mi odia in modo plateale? Quella Glee?» ripetei per essere più sicuro.
«E’ simpatica vero? Io la trovo fantastica, sempre allegra e molto disponibile nell’aiutare gli altri. Credo che i tuoi preconcetti siano solo perché non ha ceduto subito al tuo fascino. Ti rode!».
«Sei pazza? Quella è capace di castrarmi se mi avvicino a meno di quattro metri da lei, oltre al fatto che dubito di riuscire a trovare qualcosa di vagamente femminile sotto quegli stracci. Quella si veste come una cipolla!» protestai.
«Infatti è così che bisogna vestirsi: più strati da togliere e mettere a seconda della temperatura» mi corresse saccente.
«Allora è per questo che le ragazze in mia compagnia tendono a togliersi i vestiti! Solo caliente come il sole!».
Cominciai a ridere della mia battuta e anche Consuelo ridacchiò divertita dopo avermi dato un amichevole buffetto alla spalla.
 
«Questa scatola dove la metto?».
Ero stato promosso, da autista a facchino per traslochi.
Va bene aiutare una amica ma non poteva chiedere al suo ragazzo? O a suo cognato?
«Oh, lasciala lì, in quell’angolo… non ci capisco più niente con tutti questi scatoloni!» si lamentò Consuelo.
«Ti trasferisci o qualcuno viene ad abitare qui?».
«No. Niente di questo. Una parte sono miei e di Jake e una parte sono di Glee, ma lei non c’è questa sera e mi ha chiesto di tenerglieli fino a domani» rispose distrattamente aprendo uno scatolone e togliendo delle schede verdi tipiche dei componenti.
Aiuto! Voleva costruire un super computer? Avevo davanti l’hacker del nuovo millennio?
«E in quelle scatole?» indicai i cubi bucherellati, accatastati vicino alla porta.
«Sono quelli di Glee… te l’ho già detto» rispose distratta mentre armeggiava con un piccolo cacciavite.
«Ultime due domande poi tolgo il disturbo» annunciai.
«Spara».
«Primo: perché non hai chiamato Jake? Potevo prestargli la macchina».
Mi sarei evitato lo stress da traffico e il mal di schiena da facchinaggio.
«Progetto mio, lavoro mio… e poi il mio amore non sta tanto bene e non volevo affaticarlo». Che cara ragazza.
«Guarda che Fassi stava benissimo questa mattina… me lo diceva anche Valentina che l’ha trovato in gran forma…» mi lasciai scappare.
 
In quello stesso istante desiderai avere la macchina del tempo e tornare indietro di almeno tre minuti, prima della mia uscita infelice e di vedere la spagnola trasformarsi in un moderno Hulk verde pisello in gonnella.
«VALENTINA? CON JAKE?» sbraitò lasciando cadere le due schede alle quali stava lavorando.
Iniziai ad agitarle le mani davanti per poi accorgermi che sembrava quasi le sventolassi un drappo davanti al naso come a un toro. E le sue origini spagnole non erano esattamente rassicuranti in quel momento… se si sentiva cornuta…
«Era con me questa Valentina… Jake l’ha incontrata a colazione… calmati…» balbettai.
Consuelo in gestione gelosia era terrificante, oltre ad essere la chiara dimostrazione del perché non volevo ragazze fisse.
«E perché questa Valentina ha detto che Jake era in forma? Che ne sa delle forme di Jake?» socchiuse gli occhi e predispose il suo cipiglio da inquisizione… spagnola ovviamente.
«Si sono conosciuti a casa qualche tempo fa e si salutano quando mi viene a trovare… soddisfatta?» e pregai di sì con tutto il cuore o il Fassi non me l’avrebbe perdonata.
(Oltre al fatto che un Fassi depresso per amore fa venire voglia di suicidarsi infilando due dita nella presa di corrente, talmente sono piaghe… ebbene sì, avevamo sperimentato Jake in un periodo di litigio furibondo con la tappetta qui davanti e non lo auguravo neanche al mio peggior nemico, un compagno di alloggio in quello stato).
 
In quel momento la porta si aprì ed entrò Lily con un gran sorriso stampato in faccia.
«Ciao, ragazzi! Mattia è appena arrivato alla casa della prozia in Francia, se vi interessa». Mamma! Era partito da poche ore e probabilmente si erano già sentiti otto volte! Ansiogeni!
«E qui? Cosa sono questi scatoloni?» chiese senza aspettare risposte o commenti sulla sua entrata.
Si avvicinò velocemente alle scatole e ne aprì due delle sei accatastate, estraendo dalla seconda un foglio che iniziò a leggere ad alta voce.
«Cara Gloria,
come promesso ti spedisco i nuovi ibridi che ho creato nel laboratorio.
Spero che saranno utili nelle tue ricerche. Come ti avevo già spiegato si tratta di una variante meno aggressiva della psilocybe cubensis, adatta ai nostri climi.
Spero di sentirti presto, con affetto
Teresa Elenri
Oh, guarda! Viene dalla nostra città… chissà chi è questa?» borbottò Lily sbirciando dentro gli scatoloni.
«Bleah! Funghi!».
 
La mia attenzione si era fermata alla firma di questa qui… elenri… elenri… perché io questo cognome l’avevo già sentito?
Era qualcosa accaduto tanto tempo fa ma ero certo che non era la prima volta che mi capitava di averci a che fare.
«Sono mangerecci?» chiesi curioso sporgendomi a sbirciare.
«Io non mi fiderei conoscendo Glee… li prende domani?» chiese infine Lily a Consuelo che per un attimo non avevo più seguito.
In effetti, quando mi voltai verso la spagnola, la vidi rimettersi il giaccone e riprendere la borsa. «Vado da  Jake… voglio proprio vedere se stava così male!».
Io invece pensavo in quale paese poter svernare in attesa che le acque si fossero calmate.
«Dio, no! Ti prego! Non farli litigare o davvero lo affogo nella tazza del water» implorai con gli occhi al cielo.
Lily accanto a me rideva, avendo già intuito a cosa ci si riferiva.
In quel mentre, senza altre spiegazioni, Consuelo aprì e successivamente sbatté feroce la porta alle sue spalle, facendo sollevare un gran polverone alle due scatole aperte con i funghi dentro.
 
«Ugh! Mamma che nebbia!» si lamentò Lily starnutendo più volte, accompagnata dal sottoscritto.
«Meno male che non mi ha chiesto le chiavi della Mito. Non mi sarei fidato a farla guidare con il nervoso che si ritrova ora…» ma come volevasi dimostrare non tutto poteva andare come speravo e quella giornata nefasta non era ancora giunta alla fine.
Consuelo era tornata e mi stava tendendo la mano «Mi presti la macchina?».
Avevo due scelte: o negargliela facendo di me la prossima vittima dello squartamento oppure implorare che stesse attenta e votarmi a San Cristoforo protettore degli automobilisti.
Per amore della mia pellaccia optai per la seconda opzione e sbuffano consegnai le chiavi alla tappetta che, felice, si fiondò fuori la stanza, facendo nuovamente sollevare un bel po’ di polvere dalle scatole.
«Qui ci vorrebbe una bombola di ossigeno!» borbottai.
«Accomodati, ho preso qualcosa per cena alla rosticceria cinese all’angolo, mi fai compagnia visto che Consuelo non tornerà tanto presto». Lily era sempre molto gentile e anche se non impazzivo per il cibo orientale, le avrei fatto compagnia volentieri, assolvendo così l’impegno che Mattia mi aveva affibbiato.
 
In effetti non mi pentii minimamente di essermi fermato. I ravioli non erano male e il pollo all’ananas era caramellato come piaceva a me, il riso alla cantonese non era una delizia ma in mancanza d’altro…
«Allora, Lele. Qualche conquista nuova ultimamente?» iniziò Lily sorseggiando la birra leggera che accompagnava sempre questi pasti.
«Niente di nuovo sotto il sole» risposi filosofico.
«E sotto le lenzuola? Dai, non farti pregare! Mi diverto sempre con le tue performances».
«Curiosona e voyerista! Non ti facevo così… spregiudicata» esclamai ghignando.
«Guarda… un chicco di riso!». Ridendo prese tra pollice e indice e mi mostrò quella che era parte integrante della nostra cena «La stessa dimensione del tuo amichetto lì sotto».
Uhu! Attentato alla mia virilità!
«Piccola… tu non hai idea di quello che dici!» la blandii sogghignando malizioso.
«Mattia mi ha detto qualcosa» agitò la mano facendo la vaga e spiaccicandomi il chicco di riso in un occhio.
«Ahi! Così mi accechi!» anche se non era proprio quello che mi creava tutte quelle ombre e quelle luci davanti alle pupille.
Mi sembrava di essere in una discoteca, vedevo flash accecanti di Lily intervallati da buio totale. Chissà come mai? Mi chiesi sfregando gli occhi.
 
«Ah! Sai che ho trovato i biglietti che aveva ricevuto Mattia quando era apparso l’annuncio?» disse ridendo Lily, poi si alzò traballando e andò ad aprire un cassetto da dove estrasse una cartellina tutta rosa e glitterata con sopra un disegno della Barbie che ammiccava.
«Sei proprio una bambina» risi sguaiatamente indicandola e mi sdraiai sul tappeto che era posizionato davanti al divano, lasciando il tavolo apparecchiato con i resti della nostra cena.
«Guarda qui… Mattia non lo sa ma io volevo scoprire chi erano queste… queste… str…» balbettava e rideva mentre mi mostrava una caterva di lettere e biglietti colorati.
«Non li aveva buttati?» la interruppi.
Ero sempre stato convinto che il mio amico si fosse disfatto di quelle carte tanto tempo fa.
«Le ho prese io… volevo scoprire chi erano queste tro…» ancora una volta si impappinò. Sembrava quasi che fosse troppo educata per dire cose volgari.
«Troie?» suggerii «Stronze?» riferendomi anche al tentativo precedente.
Lei rise e mi batté sulla spalla «Tu si che mi capisci!».
 
«Quindi? Dimmi cosa hai scoperto!» rilanciai con tono cospiratore.
Cominciavo a sentire un leggero dolore alla testa, dovuto ai flash che mi si presentavano davanti agli occhi. Le mie mani da due erano passate a quattro e la lingua mi sembrava più grossa del normale.
«Ho scoperto…» si avvicinò e mise la fronte attaccata alla mia «che questa HeartSoul97… no, Darkviolet92… o è l’altra? Beh, insomma, una delle due… in realtà era quella MandyCri della palestra» sussurrò.
Io aggrottai le sopracciglia cercando di collegare il nome a una persona.
Mandy… Mandy… Oh! Mandy! Certo! La lesbica della palestra, quella che Mattia aveva cercato di abbordare il primo giorno. Anzi, no. I primi minuti da quando era entrato.
Perché mai una lesbica ci voleva provare con un uomo?
Domande senza risposte… più o meno come chiedersi il perché nascono i buchi neri nell’universo ammesso che nascessero.
Le immagini davanti ai miei occhi iniziarono a vacillare.
Chissà se anche Lily era nelle mie stesse condizioni? Da come ridacchiava avrei giurato di sì.
 
Mandy… HeartSoul97… DarkViolet92… chissà come le era venuta questa idea… elenri…
«Elenri! Certo!» mi sbattei il palmo aperto sulla fronte e crollai steso sul tappeto, scatenando le risate sguaiate di Lily. Ormai la birra aveva fatto le sue vittime, eravamo ubriachi persi.
«Quella Teresa?».
«Ti ricordi il primo biglietto che ha ricevuto Mattia? In classe, quando si diceva di andare in bagno e che poi ci abbiamo trovato…» e lei mi interruppe come a ricordare tutto.
«Il Guappa! C’era il Guappa là!» esultò come se avesse vinto le Olimpiadi.
«Dici che è sua parente?» chiesi immaginandomi una zia baffuta con la dentiera e le vene varicose. Praticamente l’immagine del Guappa al femminile.
«Ti immagini se è sua madre? Che sfiga un figlio così!» rincarò la dose.
«Io lo avrei dato in adozione. È una palla quel ragazzo!».
«Sai cosa fa adesso?».
«Visto che la sua occupazione era rubare i soldi ai primini e rompere i coglioni a tutti gli altri… galera?» proposi.
«Magari invece ha messo la testa a posto» sempre crocerossina la nostra Lily, anche da ubriaca.
«Allora carabiniere» la seconda alternativa. O guardie o ladri.
 
Ridemmo per un bel pezzo, continuando a parlare e a farci battute di cui non capivamo neanche il senso, sino a quando Lily si trascinò sul divano e si addormentò di botto.
Quando mi accorsi che non mi rispondeva più mi voltai e la vidi sdraiata supina. Cominciai a ridere e mi alzai per bere un altro bicchiere di birra, ma il tappeto era veramente agitato perché mi trovai crollato sulla sua faccia e le mie labbra sulle sue.
Stavo baciando Lily? Nah! Impossibile! Però dovevo ammettere che era qualcosa di inquietante e simile.
«Aurora! Bella addormentata nel bosco! Adesso che ti ho baciato devi svegliarti» dissi a voce alta scuotendole leggermente il braccio.
 
In quel momento entrò qualcuno che non riconobbi.
Vedevo solo un maglione lunghissimo giallo sole e qualcosa sulla testa che sembrava un cappello arancione e che gli arrivava sino alle orecchie.
«Chi sei?» biascicai sempre semi steso su Aurora/Lily supina sul divano.
«Glee! E tu, scopatore universale, togliti subito da Lily, altrimenti lo dico a Mattia e… COSA AVETE FATTO?» sbraitò indicando gli scatoloni accanto alla porta.
«Ci sono funghi lì dentro… ma non mangiarli, sono per Glee e lei non è tutta a posto» sussurrai complice, facendo il gesto dell’indice che gira accanto alla tempia.
L’essere arancione sbuffò come se fosse esasperata «Sono io Glee! Avete respirato le spore?» chiese come se illuminata da una improvvisa idea.
«Era polvere dentro gli scatoloni… fastidiosa, prude il naso ancora adesso» e crollai seduto.
 
Mi sentii leggermente tirare per il colletto della camicia «IDIOTA! Quelle sono spore allucinogene! Vieni con me!» ordinò trascinandomi verso il bagno.
Che aveva in mente quella cosa gialla? Pungermi con il suo pungiglione? Era una enorme ape maia?
In qualche modo arrivai al bagno e venni spinto nella vasca a viva forza e poi…
«E’ gelata! Sei pazza?» urlai.
In quel momento la mia mente si liberò totalmente dal velo che la avvolgeva, lasciandomi libero di pensare e vedere chiaramente.
«E’ il modo più veloce per toglierti il residuo di spore dalla testa» rispose comodamente appoggiata al lavandino e guardandomi sarcastica.
«Ma tu sei fuori di testa! Mi metti ammollo tutto vestito con il rischio di beccarmi una polmonite e tutto perché tu spacci allucinogeni sotto forma di funghi? Ti denuncio!» sbraitai sempre più incazzato.
Roba da pazzi! Mi prendeva in giro ed era tutto per colpa sua!
«Hai ragione, per il tuo cervello bacato non c’è più nulla da fare. Sorry» mi rispose lasciandomi a mollo nell’acqua che arrivava direttamente dal polo nord.
 
Faticosamente riuscii a togliermi gli abiti e mi riparai in un morbido, piccolo accappatoio color rosa confetto. Presi anche un ulteriori asciugamano, sempre rosa, che misi davanti al torace che rimaneva scoperto.
«Qualche altro colore? Non credevo che Consuelo fosse così… pacchiana» borbottai uscendo dal bagno.
«Credo che sia Lily» rispose Glee trascinando fuori dalla porta il quarto scatolone.
Meno male che stava togliendo di torno quelle cose potenzialmente distruttive dei neuroni umani.
«Hai intenzione di aprire uno spaccio alternativo all’LSD?» chiesi.
«Non ti preoccupare, scopatore universale, il tuo neurone si era già bruciato parecchio tempo fa… a proposito, porco, cosa stavi facendo a Lily quando sono entrata?». Ops… avevo la sensazione di dover ricordare qualcosa di importante ma i miei ricordi si interrompevano alla cena e ritornavano sotto la doccia.
A cosa si riferiva quel carciofo?
«Non stavo facendo niente».
«Come no? Eri praticamente sdraiato su di lei!». Mattia mi ammazza!
«Assolutamente no! Ero inciampato».
«Sul neurone che era appena defunto… comunque non sono affari miei» e così dicendo si caricò in mano l’ultimo pacco e uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
 
Cosa caspita era successo quella sera?
Picchiai la fronte un paio di volte contro il muro, prima di rendermi conto di essere ancora un confettino rappezzato ambulante.
Sperando che le ragazze avessero dei vestiti di ricambio per i loro boys, mi misi a cercare nei cassetti e nell’armadio.
«Mutande con le winx? E la fragolina? Ma dai!». Consuelo o Liliana?
Dovevo scoprirlo e prenderla in giro a vita!
Trovai anche un paio di slip e una maglietta bianca a mezze maniche ma era troppo poco per poter sopravvivere al gelo invernale.
«E adesso?» forse avrei potuto chiedere a qualche vicino di stanza… magari proprio a Glee. Da come si vestiva un paio di pantaloni extra large e un maglione sformato potevo pure rimediarlo.
 
Uscii di soppiatto e solo quando mi trovai nel corridoio e incontrai due ragazze che, guardandomi, scoppiarono a ridere, mi accorsi di essere ancora in accappatoio… rosa!
«Ehi! Pantera rosa! Che ci fai ramingo alla mia porta? Io non amo gli animali, preferisco le piante». L’accoglienza di Glee fu in linea con le mie aspettative.
«Hai ragione, tra animali ci si capisce poco ma prestami qualcosa per vestirmi visto che mi hai ridotto in questo stato con la doccia e i tuoi funghi malefici».
Si mise a ridere e tornò all’interno della stanza, lasciando uno spiraglio aperto, dove io potevo vedere alcune piante posizionate sotto alcune lampade colorate.
«Ecco, questa dovrebbe andare» disse mettendo nelle mie mani una enorme tuta da ginnastica color vinaccia.
«Tua?» chiesi sollevando un lembo con due dita.
«No, del mio coreografo… sai, noi ballerine di lap dance dobbiamo essere pronte a ogni evenienza» rispose chiudendomi la porta sul naso.
Rimasi qualche minuto attonito davanti all’uscio chiuso.
Quella ragazza era una incognita impazzita.
Tornai in camera di Lily e Consuelo e mi sbrigai a indossare quello che avevo recuperato. Non era il massimo, i pantaloni erano un pochino corti e così anche le maniche della giacca, ma nel complesso la notte sotto le coperte la si poteva passare, nella speranza che i miei vestiti asciugassero.
Drappeggiai una coperta su Lily e mi coricai nel letto continuando a fissarla.
 
Avevo una sensazione strana. Un fastidio che mi stringeva la bocca dello stomaco.
Cosa era successo quella sera?
 
---ooOoo---
Angolino mio:
capitolo spinoso che mi porta alla rivoluzione copernicana del prossimo capitolo, quindi abbiate pazienza ancora un pochino prima di scagliarvi come delle fionde sulla carotide del nostro faccia d’angelo.
 
Mi spiace per chi aveva votato bacio no, ma il pezzo era partito alle prime recensioni e ho abbracciato l’idea del bacio non voluto. I funghi citati sono davvero allucinogeni e sono originari del Messico. Per tutto il resto prendetelo come licenza poetica.
 
Nel prossimo capitolo troveremo gli strascichi mentali del povero Lele e…
Provate a suggerire qualche cosa…
 
Riguardo ai nick spiacente per i vari 1982, P e R182 ma non mi venivano molto bene quindi accontentatevi dei nomi propri!
 
Ci rileggiamo tra una quindicina di giorni!
Grazie per l’attenzione
Alla prossima
Baciotti
 

 
 

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Capitolo 3
*** eccomi fidanzato in prova ***


 

Ciao a tutti!

Scusate il ritardo ma questo capitolo non voleva uscire, poi trovata in un cassetto della mente l’ispirazione ho scritto in due giorni.

 

Prima di tutto ringraziamenti a piene mani per chi mi ha messo nei preferiti, ricordati e seguiti questa storiella. Per chi recensisce, ringraziamento direttamente nella storia… questa volta sono stata bravissima: ho citato tutti quelli che mi hanno commentato, non manca nessuno! Spero vi divertiate.

 

Riguardo al banner, terzo esempio! (se avete notato cerco anche vagamente di ricordare il banner nel capitolo) grazie Teresa detta Elenri per le tue fatiche. Fatemi sapere il preferito (ne ho ancora uno… salvo altri che vogliano cimentarsi)

 

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Eravamo arrivati al bacio dato per sbaglio da Lele a Lily lei addormentata e lui allucinato dalle spore dei funghi di Glee. Adesso respirate profondamente e non agitatevi per il nuovo capitolo, leggete sino in fondo prima di lanciare i pomodori! (quelli costano e sprecare il cibo non va bene).

A parte gli scherzi, vi lascio a questa pagina… BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

«Ti voglio, Lele» un sussurro al mio orecchio e una carezza sul mio petto nudo.

Uhu! Donzella a ore nove.

Aprii un occhio rivolto al viso che si era posizionato a circa dieci centimetri dalla mia faccia. Il letto non era mio e neanche la ragazza a quanto pareva.

Spalancai gli occhi scioccato. Lily si stava avvicinando sempre più al mio viso ed io mi stavo schiacciando contro il cuscino.

Non potevo fare questo a Mattia! Era... era orribile... era mostruoso... era sbagliato...

Le sue labbra si appoggiarono sulle mie dolcemente, poi iniziarono a mordicchiarmi, a forzarmi ad aprire la bocca sino ad invadermi con la lingua.

Oddio! Lily mi stava baciando! E lo stava facendo alla grande!

Non avevo mai provato queste sensazioni... era delizioso... era sublime... era sensuale... era erotico.

Mattia! Non posso!

«Mattia...» mormorai tra un bacio e l'altro.

«Lui non c'è ed io ti desidero tanto e da tanto tempo» sospirò lei scivolando sul mio corpo e accarezzando il torace.

Il mio respiro divenne sempre più affannato. Che mi stava succedendo? Era Lily, era mia amica, era la ragazza del mio migliore amico e non potevo farle una cosa simile.

Peccato che il mio corpo non era assolutamente d'accordo con il mio cervello e quando mi sentii togliere i pantaloni e slip rimanendo totalmente nudo, in balia delle sue mani e della sua bocca, azzerai i pensieri e mi concentrai sulle sensazioni.

 

«Sei troppo vestita» e strattonai la sua maglietta sino a toglierla per poi levarle calzoncini, mutande e reggiseno. Se ero nudo io doveva esserlo anche lei!

Era semplicemente stupenda la bionda Lily, con il suo seno superbo e i suoi fianchi pronunciati, adatti per ancorarsi con le mani e far forza per spingere dentro di lei.

Cominciò a baciarmi lentamente, scivolando sempre più in basso sino ad arrivare al mio grande fratello.

Trattenni il fiato al solo pensiero di quello che poteva farmi con quelle labbra peccaminose e quasi venni nella sua bocca quando si calò su di me per accogliermi.

Su e giù, su e giù godendone, mugugnando come se gustasse la cosa più buona del mondo... mi stava facendo il più bel pompino di tutta la mia vita.

«Adesso basta... voglio venire dentro di te» sussurrai ribaltando le posizioni e allargandole le gambe posizionandomi in mezzo.

«Allora sbrigati, non vedo l'ora» rispose lei allacciando le braccia al mio collo.

I suoi occhi brillavano di gioia e desiderio che non mi feci pregare a soddisfare, entrando in lei con una unica spinta e iniziando incalzante a danzare la musica più antica del mondo.

 

I suoi sospiri, i suoi gemiti mi stavano mandando fuori di testa.

Stava godendo, era abbandonata tra le mie braccia, plastilina tra le mie dita e solo sentire le sue reazioni facevano scatenare ancora di più la mia voglia per un effetto domino continuo ed esponenziale, sino ad arrivare all'estasi dell'orgasmo che ci colse con un grido liberatorio.

 

Rimanemmo così per diverso tempo, abbracciati, cercando di recuperare il fiato e ristabilire il battito normale del cuore.

«Perché?... Perché l'hai fatto?» iniziai timidamente senza guardarla negli occhi e continuando ad accarezzarla sulla testa che teneva appoggiata sul mio petto.

«Perché lo volevo... da tanto» rispose lei senza esitazione.

«Ma... Mattia?» ecco che il mio peccato si faceva sentire ed il mio cuore mancò un battito mentre il mio stomaco si stringeva.

«E' te che amo... io ti amo... Lele... Lele» la sua voce divenne sempre più indistinta mentre la mia spalla si agitava sempre più.

Lily mi stava trasformando la clavicola in un frullato! Ma che stava succedendo?

 

«Lele... Lele... bastardo scopatore universale, idiota depravato... e mollami la mano deficiente!» le sue soavi parole stavano diventando sempre più antipatiche, esattamente come la sua “deliziosa” vicina di camera dal commercio illegale di funghi all'LSD.

Secondo me aveva anche una piantagione di marijuana, quella che portava un casco arancione anche di notte.

 

Aprii stancamente gli occhi e mi trovai il naso pallido e lentigginoso di Glee a un palmo di distanza dal mio.

«Ah!» urlai alzandomi di scatto a sedere e regalandomi una sonora testata con la psicopatica della porta accanto.

Cominciai a vedere tutto a macchie mentre mi tenevo la fronte con due mani a sincerarmi che la mia capoccia fosse ancora al suo posto.

«Ma che cazzo fai! Dio! Che male» mi sentii dire ma ero troppo preoccupato per i miei lividi per pensare anche a quelli della stronza rompicoglioni spacciatrice di spore.

«Glee, cazzo vuoi dalla mia vita? Non ti basta avermi drogato? Devi pure scassarmi il cranio e i maroni?» sbottai.

«Io non volevo sfondarti il cranio né farmelo sfondare da te!» replicò lei massaggiando la fronte «Né volevo toccarti i 'maroni' in alcun modo! Volevo solo la smettessi di grufolare come un porco! Sono ancora le cinque porco cazzo! E io voglio dormire e con te che gemi, sbuffi e spingi il letto come se stessi facendo una maratona di sesso non riesco a chiudere occhio» ribatté indicando la parete dove era appoggiato il materasso che stavo occupando.

 

«Secondo me dovresti fare sesso anche tu, saresti più rilassata e dormiresti meglio senza spiare i tuoi vicini» sorrisi incrociando le braccia sul petto e appoggiandomi alla testiera.

«Non ti stavo spiando. Avevo solo paura che stessi violentando Lily mentre lei dormiva. Da te mi aspetto qualunque cosa... tranne forse questa» rispose indicandomi con un sorriso che sapeva tanto di scherno.

«Cosa vuoi dire?».

«Beh, indubbiamente stavi facendo sesso ma in realtà lo stavi sognando visto che eri solo qui...» poi scoppiò a ridere fragorosamente agitando il caschetto di capelli che solo in quel momento mi accorsi essere assurdamente arancioni «E sei anche venuto nelle mutande! Ma quanti anni hai? Dodici?» e si alzò asciugandosi le lacrime e avviandosi alla porta.

«Non sono venuto nelle mutande!» esplosi irato. Per precauzione controllai abbassando lo sguardo sui calzoni e... cazzo! Ero venuto nelle mutande per un sogno!

«Fottiti!» gridai alla porta chiusa che si riaprì immediatamente.

«E tu sogna!» e che poi venne subito richiusa.

 

Cazzo, cazzo, merda, merda, cazzo, cazzo!

Che figura del menga! Ero venuto solo a sognare, ma quel che è peggio avevo sognato di far sesso con Lily, l'unica ragazza intoccabile di tutto l'universo conosciuto e non.

La donna del mio migliore amico. Quella che mi era stata affidata per controllarla.

Più controllata di così dovevo solo scoparmela dal vivo.

Che cavolo pensavo?

Qui mi ci voleva uno psicologo e uno bravo direi!

 

«Era Glee quella?» disse una vocina intervallata da uno sbadiglio.

Sobbalzai come se mi avessero beccato i miei genitori a fare sesso nel loro letto e di istinto mi tirai su il lenzuolo a coprire il petto già avvolto dalla maglietta della salute.

Mi voltai verso la figuretta che si stava alzando e avvicinando al letto dove ero adagiato.

«Sì… sì… ma… ma che stai facendo?» chiesi quasi terrorizzato quando la vidi stendersi accanto a me. Ci mancava solo che iniziassi a frignare come una verginella e avrebbe capito tutto.

Ma porco bufalo! Proprio adesso doveva venirmi così vicino? Ero ancora scosso e dovevo elaborare quello che avevo sognato. Un attimo di pace, please!

«Il divano mi stava uccidendo la schiena dal momento che mi hai svegliata con i tuoi sbuffi».

Era buio vero? Perché ero pressoché sicuro che le mie guancie erano di calore e colore di brace. Cristo! Eppure io ero una persona discreta nelle mie esternazioni!

«Devo avere un pochino di sinusite» risposi con voce roca.

 

«Allora devi chiedere a Glee qualche rimedio. Lei ha degli intrugli fantastici per far passare tutti i malanni di stagione» rispose Lily appropriandosi della metà del letto e mostrandomi le spalle.

«Stupefacenti direi» borbottai sottovoce voltandomi dalla parte opposta e stando attento a non sfiorare neanche un centimetro di pelle di Lily.

«Hai detto qualcosa?» sbadigliò lei.

«Buonanotte, bionda» risposi sorridendo.

«Buonanotte, faccia d’angelo… poi domani mi devi raccontare cosa è successo ieri sera, mi sento come se avessi bevuto una cisterna di birra». La sua voce andò via via morendo e io mi rilassai leggermente quando mi accorsi che si era riaddormentata.

Cercando di fare minor rumore possibile, scivolai fuori dal letto e mi sedetti sul divano, avvolgendomi con il plaid che Lily aveva lasciato lì.

 

Poggiai i gomiti sulle ginocchia e il mento sulle mani aperte, fissando insistentemente l’ombra stesa.

Mi sentivo sull’orlo di una crisi isterica come solo una ragazzina alla prima mestruazione poteva avere.

Avevo sognato di fare sesso con Lily.

Avevo sognato di baciare Lily… no. Quello era successo davvero.

E adesso che dovevo fare?

«Mattia mi ammazza» sospirai.

Conoscevo bene il mio amico. Anche solo sospettare che qualcuno avesse pensieri a luci rosse sulla sua ragazza lo faceva andare fuori di testa.

Più di una volta avevo dovuto allontanarlo da un ragazzo perché secondo lui aveva fissato Lily un secondo di troppo.

Eppure era sempre stato attento a non essere asfissiante con lei, a lasciarle i suoi spazi e a mostrarsi fiducioso, per poi seguirla da lontano.

Se non altro faceva in modo di essere l’unico ad avere i tarli della gelosia e i dolori che questa si portava dietro.

Come potevo, proprio io, causargli altri problemi?

 

«E poi lei mica mi vuole» sbottai e questa frase mi fece più male di tutto il resto.

Il solo fatto di dirlo ad alta voce significava che avevo preso in considerazione il fatto di desiderare di stare con lei.

No! Non potevo! Non volevo! Non la desideravo!

Il bacio era stato solo un inciampo sul tappeto, una allucinazione da fungo, non un sentimento di amore, per non parlare del sogno!

Desideri inconsci? Macché! Avrei potuto sognare anche quella Glee dai colori di zucca se avessi aspirato quelle stramaledette spore in sua compagnia.

Ecco! Era tutto colpa di quei funghi e di quella pazza psicolabile schizzata vestita da barbabietola.

 

Sospirai e mi passai stancamente le mani tra i capelli, tirandone alcune ciocche disperato.

A chi volevo darla a bere? Sapevo perfettamente che se il bacio poteva essere stato un errore insignificante, il sogno era qualcosa che non si poteva controllare.

L’espressione di desideri profondi e inespressi.

Mi era già capitato di sognare di far sesso con qualcuna ma erano tutte donne che mi scatenavano dei sentimenti, dall’odio per la professoressa di matematica che avrei volentieri sodomizzato con violenza, alla graziosa compagna di corso con cui prendevo sempre il caffè al mattino e che, con sommo dispiacere, avevo scoperto essere lesbica e quindi per niente interessata al mio grande afflitto fratello.

Non che tutte le mie fantasie dovessero realizzarsi ma, considerando che la mia vita era piuttosto soddisfacente in quel campo, non avevo bisogno dell’antro onirico per gioire dei piaceri della carne.

Alla luce di tutto questo, ero davvero preoccupato.

Mancavano ancora dodici giorni al ritorno di Mattia ed io ero sull’orlo di una crisi di nervi.

Mai mi sarei immaginato di desiderare così la presenza di un ragazzo nella mia vita.

«Mattia, mi manchi» sospirai e iniziai a sghignazzare per la stessa assurdità della mia affermazione. Neanche fosse stato il mio ragazzo.

 

Ora la cosa più impellente era stare alla larga da quella bambola bionda che mi stava facendo venire i complessi di colpa. Non credevo che avere una coscienza fosse una cosa tanto pesante.

Normalmente mi comportavo talmente con leggerezza da non sentirne minimamente il peso.

Oramai erano quasi le sette e decisi di tornare a casa per cambiarmi e respirare qualche cosa di più sicuro che profumo di Lily e spore di fungo. Quello era un mix micidiale.

 

Ci misi quasi un’ora tra bus e camminata per arrivare a casa e senza indugio mi fiondai sotto la doccia e poi in camera di Mattia per raccogliere qualche cosa di più pulito e meno imbarazzante di una tuta macchiata di sperma.

Dovevo ricordarmi di lavarla per restituirla alla legittima proprietaria. Ero grato a quella pazza per l’unico gesto gentile che aveva compiuto… per tutto il resto poteva anche andare a farsi friggere.

 

«Ciao, Lele. Come è andata ieri?» mi salutò Gian seduto a fare colazione al bancone in cucina, accanto ai due piccioncini Consuelo e Jake.

Meno male che non c’erano nubi scure all’orizzonte di quei due perché non avrei retto altro oltre ai miei pensieri.

«Chiedilo alla schiavista» borbottai indicando la spagnola e servendomi la colazione.

«Hai un aspetto orribile! Cosa è successo da Lily?» buttò innocentemente Consuelo ma io sbiancai.

Cosa sapevano? Si vedeva? L’avevo scritto in faccia? Fingere!

Parola d’ordine fingere!

Anzi meglio ancora, dire la verità… dei funghi, tutto il resto… fingere!

«Siamo stati intossicati dai funghi di Glee, sembravamo due strafatti…» sbottai addentando un bombolone ancora caldo.

 

«Quella ragazza porta sfiga! L’ho sempre detto, sin dalla prima volta che l’ho vista» dichiarò convintissimo Gian.

«Perché? Io la trovo simpatica» rispose Jake carezzando un braccio della sua amata.

«Pensa che l’ho incontrata una mattina che avevo uno scritto. Quando sono entrato nell’aula non riuscivo neanche a leggere le domande alla lavagna e non riconoscevo nessuno dei miei compagni di corso… è stato devastante» concluse con enfasi il Fassi per poi ingollare il tazzone di caffelatte.

«Oh! Me la ricordo quella volta!» intervenne Consuelo e alla mia faccia interrogativa spiegò «La sera prima aveva bevuto e fatto tardi e si è trovato nella sezione delle lingue orientali, precisamente durante una lezione di giapponese».

Tutti scoppiammo a ridere di gusto.

«Ovvio che non capissi e non conoscessi nessuno» singhiozzai asciugando le lacrime.

«Dici così solo perché ti sembra divertente ma sono sicuro che è stata Glee a confondermi le idee e farmi andare nell’aula sbagliata» rispose piccato.

Lo fissammo cercando di trattenere una risata che, finalmente, sbottò anche sulla sua faccia.

«Okay… ero ‘ombre’ quella mattina» ammise continuando a ridere.

 

«Lily come sta adesso? Si è ripresa o è nelle tue condizioni?» chiese ancora Consuelo preoccupata della sua amica.

«Quando sono uscito stava ancora dormendo e l’ho lasciata stare. Ti assicuro che quelle spore sono abbastanza difficili da sostenere. Glee mi ha sbattuto sotto la doccia fredda e mi sono leggermente ripreso ma lei si era già addormentata, quindi penso che questa mattina si alzerà con un bel mal di testa… più o meno come me» risposi appoggiando la testa sul tavolo e chiudendo gli occhi.

«Forza, faccia d’angelo. Dobbiamo andare» esortò Consuelo scendendo dallo sgabello e precedendo gli altri alla porta di ingresso.

«Andiamo, così vedi che non ho distrutto la tua mito» e mi lanciò le chiavi della quattro ruote con un enorme sorriso orgoglioso.

Annuii e presi i libri che servivano per la mattina per poi uscire con gli altri al seguito per la solita camionata verso l’università.

Studio, uguale niente pensieri. Forse questa era la soluzione.

 

La mattinata passò veloce e ci trovammo tutti a pranzo alla tavola calda accanto all’ateneo compresa Lily, in compagnia di Consuelo, Jake, Gian, una ragazza con gli occhi marcatamente a mandorla che non avevo mai visto e… Glee.

Non sapevo se era più imbarazzante trovarmi davanti la bionda o la zucca… no, un attimo.

Non aveva più i capelli arancioni, ora erano un po’ più lunghi e con strane tonalità che andavano dal blu al rosa carico.

Oltre a una spacciatrice di stupefacenti aveva un parrucchiere portatile in stanza?

 

«Ciao, Lele» mi salutò Lily non appena appoggiai il vassoio accanto alla ragazza che non conoscevo. Avevo deciso che era meglio stare alla larga prima di fare gesti che sarebbero stati subito fraintesi.

«Lei è Sara, una mia compagna di corso» la presentò Glee senza alcuna inflessione di voce.

«Piacere, Sara Wooh» sorrise tendendomi la mano «E prima che tu lo chieda sono italiana, mio nonno era cinese ma io non so neanche una parola né ci sono mai stata… in Cina intendo» e terminò con un gran sorriso.

Rimasi abbastanza perplesso. Non le avevo chiesto nulla e onestamente neanche mi interessava…

«Okay, Sara Wooh, italiana ma nipote di un cinese che non sa nulla delle origini… Emanuele Mancini detto Lele, italiano senza altre discendenze strane» sorrisi di rimando e strinsi la mano.

«Noi lo chiamiamo anche faccia d’angelo visto che è carino» sorrise indulgente Lily.

«Io lo chiamo scopatore universale e lascio a te immaginare perché… ma anche idiota gli calza a pennello» intervenne Glee irritandomi ma facendo ridere gli altri.

«Dai, Gloria, non essere la solita acida» la blandì la nuova.

 

In effetti, per avere solo il nonno cinese ne mostrava tutti i tratti somatici. Il naso non era tanto a patata ma gli occhi erano molto allungati, i capelli erano neri, lisci e lucidi e il viso tondo come una moneta.

Una bella bocca carnosa ne elevava la figura a carina. Beh, poteva anche andare per una botta.

«Allora anche tu hai la sensazione che sia perennemente acida e antipatica» replicai mantenendo una parvenza di strafottenza e menefreghismo e condendo tutto con un sorriso accattivante.

«No… è solo un pochino dura ma è molto simpatica» rispose lei sorridendo alla testa dai colori impazziti.

«Sono simpatica solo perché ti lascio copiare i risultati dei miei esperimenti» replicò Glee sbuffando contrariata.

«Per quello e per i libri strani che mi presti sempre» concluse Sara con un buffetto sul braccio della compagna alla quale, per un attimo, mi parve scappare un piccolo sorriso allegro, prima di tornare seria e torva.

 

Il cibo non era da quattro stelle in quel locale, ma si faceva mangiare senza proteste.

«Sentite, questa sera c’è una serata al butterfly76. giri di birra locali e italiane. Il capo mi ha detto che ci sarà anche la nostra rossa preferita!» annunciò Jake mentre si parlava di organizzare per la serata.

«Oh! Ci sarà La pam8842 o Nicole? Che poi non era la nostra rossa preferita, era solo la tua, Lele» intervenne Gian con i suoi pensieri a ruota libera (che facevano più danno che altro)

«E ti pareva, lo scopatore non si smentisce mai» borbottò Glee prima di finire la sua coca.

«Credo che Jake si riferisse alla prima, la birra, e ti ricordo che Nicole convive con Giascali ed era la preferita di Mattia, scusa, Lily, non la mia!» perché mai sentissi il dovere di giustificarmi era un mistero anche per me.

«Non preoccuparti, so tutto della cotta del mio uomo per la francesina» rispose tranquilla Lily facendo spallucce.

In fin dei conti Lily aveva ragione: Mattia era andato in bianco con Nicole, la francese era andata in bianco con me, Giascali era andato in bianco con Giulia 2 e alla fine ‘sti due sbiancati si erano trovati a far coppia, a leccarsi e ferite per poi scoprirsi immensamente innamorati.

I casi della vita!

«Sapete che fine ha fatto Giascali?» chiesi. Era da tanto che non lo sentivo, praticamente dalla fine della scuola. Non che fossimo molto amici.

«Tranquillo, il tuo concorrente in fatto di donne, dopo essersi accasato con la Richard è andato a lavorare con suo zio e fa il meccanico» rispose Jake.

«Te lo immagini, Lily? Con i suoi bicipiti scolpiti, coperti di grasso e quelle mani callose…» fece Consuelo con un sorrisino isterico al quale la bionda rispose immediatamente annuendo con vigore.

«Oh sì! E le canotte sbrindellate che lasciano vedere i pettorali, e lui piegato sul cofano aperto di un’auto…» e fece anche il verso.

«Ma la piantate voi due? Cos’è mi amor? Non ti soddisfo abbastanza?» interruppe piccato il povero Giacomo.

Come volevasi dimostrare era solo una presa in giro visto le risate sguaiate che esplosero dalle due ragazze.

«Peccato che manca Mattia, mi sarebbe piaciuto sentire la sua reazione» commentò Glee ridacchiando.

 

«Qualcuno mi dovrebbe spiegare questa mania di fare battute stupide per ingelosire il proprio ragazzo. Non vi basta averlo ai vostri piedi? Dovete anche calpestarlo fino a rimanere senza dignità?» chiese Gian piuttosto scuro in volto.

Probabilmente non apprezzava molto il modo di Consuelo di trattare il suo gemello.

«Era solo uno scherzo» rispose Sara sorridendo dolcemente al Fassi «Se  ci fosse qualche cosa di vero non ne parlerebbero così apertamente».

«Quindi bisogna stare attenti se la ragazza non fa apprezzamenti?» sembrava quasi che Giancarlo prendesse appunti. Possibile che aveva ancora bisogno di questi giochetti per capirci qualcosa?

«In un certo senso sì. Per esempio, se mi sperticassi in lodi per Lele, pur essendo qui davanti a lui, tutti capirebbero che non sono interessata» continuò la cinese.

«Grazie» intervenni io abbattuto.

«Più che altro potrei portarti direttamente in una casa di cura per malattie mentali. Sarei preoccupata a morte per te e le tue idee malsane» intervenne Glee regalando Sara uno spintone cameratesco che fece scivolare la ragazza verso di me.

 

Prontamente la afferrai riposandola sulla sedia e mi rivolsi alla spacciatrice «O potresti essere gelosa e vorresti provare tu» rimbeccai io.

«Certo, sono gelosa… del tappeto forse?». Ahi! Colpo basso! Mi zittii di colpo.

«Cosa centra il tappeto?» chiese proprio Lily.

«Niente… una cosa nostra» biascicò Glee per poi alzarsi «E’ ora di andare, Sara» ordinò.

«Venite anche voi questa sera?» chiese Gian ammirando il sedere della cinese. Beh, decisamente un lato B gradevole. Approvavo anche io.

«Io sì… tu Gloria?».

«Non credo. Aspetto un amico che devo accompagnare in un posto» rispose evasiva poi salutò tutti e se ne andò seguita dalla sua compagna di corso.

«Che ragazza strana» mormorai pensando a Glee.

«Che ragazza interessante» esclamò Gian pensando a Sara (sicuramente).

 

Quella sera ci divertimmo davvero tanto.

Forse fu la birra che bevevamo sempre nella nostra città che ci fece sentire a casa ma fu come tornare indietro nel tempo. Ci sentivamo il solito gruppo di ragazzini che facevano battutacce e ridevano della grossa.

Stranamente, quello più contenuto fu proprio Gian, forse per la presenza di Sara. Se la ragazza gli faceva questo effetto avremmo dovuto invitarla più spesso, trattenere quella mina impazzita di Fassi non era proprio una impresa facile.

Nonostante tutto quella sera fissai spesso Lily e non riuscii a staccarmi dal pensiero di stare imboccando una via da evitare assolutamente.

Lei non era per me. Il mio cervello lo sapeva, ora non restava che convincere tutto il resto.

 

§§§

 

Il fatto è che il resto non riusciva a farsene una ragione e la cosa mi causava gravi problemi.

Nelle settimane successive, Sini, sentì Mattia tantissime volte, tanto che il cellulare divenne quasi una prolunga del suo braccio, ma continuava ad aver bisogno della mia assistenza: un passaggio, delle commissioni, un favore, una passeggiata o semplicemente guardare la televisione in compagnia perché Consuelo era con Jake.

Per me stava diventando sempre più difficile. Avrei voluto essere come quel comico e battermi una bottiglia di plastica sulle palle, a ripetizione.

Oltretutto iniziavo ad avere allucinazioni visive, visto che mi sembrava di scorgere la sua chioma bionda a ogni angolo di strada che percorrevo.

C’era quando era presente e c’era quando non era lì.

L’anticamera della pazzia… o del tentativo di farsi uccidere dal suo gelosissimo ragazzo.

 

Fortunatamente non ci eravamo più avvicinati come la sera dei funghi e quindi niente baci, niente abbracci e niente palpate.

Sogni? Quelli purtroppo sì e anche frequenti.

Ma la cosa più preoccupante era che non ero più stato con nessuna altra.

Perché appena la baciavo pensavo a Lily? Perché appena la toccavo pensavo a lei?

Macché! Stavamo mica parlando di romanzetti rosa!

Mi era venuto l’herpes labiale dallo stress e nessuna ragazza si era più avvicinata al sottoscritto.

E pensare che credevo di poter essere meglio di una minaccia di labbro spaccato e di valere il rischio.

Evidentemente ero troppo sicuro di me e Glee non faceva altro che ripeterlo ogni qual volta incrociava il mio cammino.

«Vedi a baciare chiunque cosa capita? Dovresti stare un po’ in ritiro, magari hai l’illuminazione spirituale e ti rinchiudi in un convento finché scampi» sempre tenera e dolce quell’arcobaleno di ragazza.

«Non rinuncerei mai ai tuoi funghi. I viaggetti che mi hanno fatto fare sono stati indimenticabili».

«Questo è un peccato capitale, fratello. Si chiama gola e rischi di andare all’inferno, oltre alla lussuria a cui sei già abbonato. Pentiti figliolo, prima che sia tardi».

«Oppure potresti venire con me e farmi compagnia» replicai.

«No, grazie. Io sono già tra gli irosi quindi se non vuoi subire i miei scatti di umore nero è meglio che mi eviti» e terminò lo scambio di battute allontanandosi verso un ragazzo vestito tutto di nero e pieno di piercing in faccia.

 

Una decina di giorni dopo stavo tornando a casa, quando Lily mi raggiunse al cellulare e mi chiese se potevo andare a farle la spesa.

Non che le ragazze avessero bisogno di cibo vero, per quello c'era la cucina comune della casa dello studente, più che altro era bisogno di snack e spazzatura varia, tutto quello che era lontano da una alimentazione salutista.

E Liliana Sini sapeva che quegli acquisti erano la mia specialità.

Per l'ennesima volta mi sottoposi al servizio, augurandomi ardentemente che Mattia ritornasse il prima possibile ed io potessi tornare alle mie vecchie abitudini dimenticando questo periodo infernale.

 

Dopo mezz'ora ero carico di due borsoni di patatine e cioccolato dalle forme più strane e salivo le due rampe di scale per arrivare alla stanza di Lily e Consuelo che stranamente trovai aperta.

«Ehi, bionda! Ho portato i viveri di prima necessità» annunciai dando una spallata all'uscio per poter entrare.

Stranamente, né Consuelo né Lily erano presenti. Chissà perché avevano lasciato la porta aperta.

Dopo essermi assicurato che non ci fosse qualcuno nascosto in bagno, cominciai a ritirare la spesa nell'armadio che fungeva da dispensa.

 

«Lily, senti, ti ho portato quel libro che mi avevi chiesto, Nando me l'ha recapitato... oh! Ciao scopatore universale con l'herpes». Era entrata Glee con uno spesso libro stretto al petto.

«Ciao...» biascicai voltandomi a fissarla e, senza che riuscissi a, fermarmi le chiesi «Ma non sei stufa di nominarmi in quel modo? Uno scherzo è bello quando dura poco» le feci notare.

«Tu sei uno scopatore universale, perché dovrei cambiare? Che stai facendo qui? Stai tendendo un altro tranello alla povera Lily? Se Mattia lo venisse a scoprire saresti un uomo morto» rispose avvicinandosi.

«Cosa intendi per tranello? Io non sto facendo niente» protestai ma iniziavo a sentire i sudori freddi sulla schiena.

«Certo... come non sospiri appena lei si allontana, come non la guardi sempre, come se non la volessi spogliare... devo continuare?». Sgamato?

«Io non faccio niente del genere!».

«Prima che partisse Mattia, no. Cosa è successo esattamente la sera che siete stati intossicati dalle spore?» e qui mi ricordavo che in realtà era tutta colpa sua.

 

«Niente... abbiamo mangiato, riso e poi lei si è addormentata sul divano... io sono inciampato su quel maledetto tappeto e...» chiusi gli occhi come a rifiutare il ricordo successivo «L'ho baciata».

«E?» fece ancora lei.

«Cosa e? Ti ho detto che l'ho baciata non è abbastanza?» sbraitai.

«Per uno come te non dovrebbe essere un problema, ne avrai baciate tante di labbra da averne perso il conto... e scommetto che dopo l'hai anche sognata. Era lei vero?» il sorriso che spuntava sadico sulla bocca di Glee mi fece andare il sangue alla testa. Si permetteva di ridere della mia disgrazia?

«Se sai già tutto cosa altro vuoi?» sibilai con astio.

«Mi interessa di più sapere cosa pensi e quali sono le tue intenzioni» si sedette sul divano posando il libro vicino a lei.

 

Provai a cambiare argomento «EhiHalfBlood scritto da qwertylove, ma che razza di letture fai?» chiesi prendendo in mano quella specie di tomo e sedendomi accanto a lei.

«Non leggo queste cose. Me lo sono fatto spedire perché sapevo che loro due ci tenevano» rispose indicando il portafoto con i ritratti delle mie due amiche sorridenti all'obiettivo. Mi ricordavo di quella foto: eravamo a Gardaland ed eravamo appena stati su una giostra fantastica. Gli occhi di Lily brillavano felici verso la fotocamera. Ricordavo che dietro la macchina c'era un adorante Mattia che si godeva le risate allegre della sua ragazza.

Anche allora io non centravo nulla.

«Sono quelle letture assurde su vampiri e maghi mischiati con quelle storie harmony che legge mia nonna. Una cosa da carie che piace tanto a Lily e tu non cambiare argomento» concluse Glee facendomi tornare alla discussione principale

 

«Non so cosa sia successo... è come se fossi stato colpito da un martello e mi sono trovato invischiato in questa storia» iniziai a confessare.

«Che mi sembra esista solo nella tua fantasia» mi contraddisse.

«Meno male!» risposi agitato guardando la foto «Distruggerei Mattia, Lily e tutta la compagnia, oltre a sentirmi un verme».

«Credo che verme ti si addica... ma andiamo, Lele! Non hai fatto nulla se non pensarla. Non appena arriverà Mattia tutto tornerà normale, altrimenti potresti sempre confessarti. Tanto non riusciresti più a stare insieme a loro come amico in quel caso». La faceva facile lei! Avrei distrutto anni di vita in amicizia! Una cosa fondamentale della mia esistenza.

 

Ci pensai qualche minuto... no, non era fattibile, assolutamente.

«Sei pazza?» sbraitai.

«Qualche volta me l'hanno detto» rispose serafica.

«E cosa risponderesti se, nonostante che tu avessi un ragazzo che so che ami e che ti ama, io venissi a dirti… a proposito perché ti fai chiamare Glee? » mi distrassi all’ultimo momento dal mio discorso.

«Perché Gloria non mi piace più di tanto… continua su, io ti risponderei a cosa?» sembrava divertita e rilassata.

«se io venissi a dirti ’Gloria, mi piaci tantissimo, lascia gli altri e mettiamoci insieme'» sbottai prendendo le sue mani tra le mie e fissandole gli occhi... verdi. Aveva dei bellissimi occhi verde scuro, grandi ed espressivi... non li avevo mai notati.

Rimanemmo a fissarci alcuni secondi senza neanche sbattere le ciglia.

«Beh… pensavo che la tua dichiarazione sarebbe stata più romantica» ruppe il silenzio che stava diventando imbarazzante e quasi mi stavo mettendo a ridere della sua battuta quando una voce alle mie spalle mi fece gelare sul posto.

 

«Oddio! E’ la prima volta che ti sento fare una dichiarazione in grande stile a una ragazza! Come sono contenta… devo subito avvisare gli altri che il nostro Lele Mancini si è innamorato!» esplose Lily con un applauso.

Mollai le mani di Glee di scatto e lei saltò in piedi inorridita.

«No… non è come pensi…» provai a dire ma ormai la bionda era partita per la tangente e stava già parlando al cellulare.

«Sì… ho appena beccato Lele che si stava dichiarando a Glee… sono d’accordo, dobbiamo procurarci anche dei canotti e viveri… secondo me l’arca di Noè non è sufficiente per tutta l’acqua che cadrà… terremoto? Addirittura?...».

Anche io mi alzai e incrociai le braccia al petto irritato.

Possibile che non mi credessero capace di sentimenti e amore? Mica ero stato sempre così refrattario!

«Adesso ti saluto perché mi stanno guardando male… ciao, amore, ci sentiamo più tardi».

 

«Non mi stavo dichiarando… non è quello che hai sentito» provai ancora a spiegare.

«Cos’era allora?» chiese Lily curiosa.

«Mi stava facendo una dichiarazione ipotetica» sbottò Glee «Ma non credo fosse destinata a me».

Mi voltai di scatto e sgranai gli occhi inorridito. Voleva farmi vuotare il sacco e confessare il mio segreto? Voleva la mia morte?

«Allora a chi era indirizzata? Io ho sentito riferirsi a Gloria e quella sei tu». Lily era sempre più confusa e alternava lo sguardo da me a Glee e ritorno cercando di capire l’inconfessabile.

Sospirai sconfitto. A questo punto avevo due possibilità: o dire a Lily che mi piaceva come ragazza e non solo come amica, oppure appoggiare l’equivoco e far credere a tutti di essere cotto di Glee.

In ballo c’erano anni di amicizia, per contro una ragazza che quasi certamente mi avrebbe rifiutato e non mi avrebbe più rivolto la parola. Mi sarei trovato con un pugno di mosche. La decisione non andava neanche ponderata, in realtà era una sola.

 

«Ma certo che era rivolta a Gloria. Solo che l’ho presa un po’ alla larga» dichiarai guardando fisso una Glee boccheggiante.

Sperai ardentemente che il suo cervellino lavorasse svelto così come quando doveva trovare nuovi insulti da appiopparmi.

Almeno in questa preghiera fui esaudito.

«Oh, mio Dio!» squittì in un tono leggermente acuto e falso «Allora dicevi sul serio… ma io… non so…» iniziò a balbettare mentre le sue guance si coloravano di un tenue rossore imbarazzato.

Come faceva a recitare così bene?

«Non sono ancora innamorata di te… ma possono esserci delle buone possibilità che una nostra storia funzioni…». Che diavolo aveva in mente? Avevo l’impressione di stare cadendo dalla padella alla brace.

Continuai a fissare il suo viso, pendendo dalle sue labbra.

«Va bene!» disse dopo alcuni secondi di suspance «Sarai il mio ‘Fidanzato in prova’… potrai dimostrarmi tutto il tuo amore e la tua fedeltà».

Una incudine sull’alluce avrebbe fatto molto meno male.

 

«Dai, Lele! Non ti ha detto di no! Dovresti sorridere ed essere contento… baciala su! Io vi lascio soli e corro da Consi… non vedo l’ora di raccontarle le novità!» e Lily uscì di corsa lasciando me a bocca aperta e la mia nuova fidanzata in prova con un sorrisino malefico stampato in faccia.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

spero che questo capitolo vi sia piaciuto. È venuto fuori proprio come volevo io e ne sono soddisfatta.

La prima pagina mi faceva piegare dalle risate al solo pensiero di quante si sarebbero scatenate: Lily che fa sesso con Lele e fa le corna a Mattia?

Diciamo che è stato un inizio con botto.

 

La parte finale era una scena che avevo in mente ancora prima di iniziare la storia: la dichiarazione che scatenava il fraintendimento e, naturalmente, Glee se ne approfitterà facendo diventare pazzo il povero Mancini, preoccupato che il suo segreto non venga fuori.

 

Adesso trovatemi la prima pretesa che Glee farà al nostro Lele.

Evitate l’acquisto di assorbenti interni e non e anche il recupero della sua mito con tanto di multa ipersalata da pagare e la fiancata da riverniciare perché l’ho già pensata io.

Mi raccomando, impegnatevi perché voglio ridere!

 

Adesso ringrazio per l’attenzione e vi rimando tra quindici giorni.

Baciotti

 

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Capitolo 4
*** una giornata particolare ***


 

Ciao a tutti, lettori affezionati!

Con precisione quasi chirurgica sono tornata ad aggiornare a 15 giorni come promesso.

Incredibile ma vero, sto portando avanti quattro storie in contemporanea! Pat, pat! Mi batto sulla spalla da sola per i complimenti.

 

Come al solito ringrazio chi legge e inserisce questa storiella comica nelle liste speciali, chi recensisce con il suo nick all’interno della storia (cosa che succederà anche questa volta).

 

E soprattutto grazie a Elenri per i banner (uno nuovo! Ma quante foto ha fatto Alex Pettifer? Ma c’è uno scatto andato a male?... no, l’obbiettivo lo ama…

E grazie a ValeR198 per la sua idea… no, la leggerete.

 

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BUONA LETTURA!

---ooOoo---

 

Non appena la porta si richiuse mi accasciai sul divano.

Cosa cavolo era successo in quei dieci secondi?

Mi sentivo come se mi mancasse l'aria e la testa cominciava a pulsare.

«Lele, respira piano o ti verrà un attacco di panico» disse sorridente la principale fonte dei miei guai.

«Che intenzioni hai?» riuscii a chiedere dopo essermi calmato.

«Io nessuna! Sei tu che mi hai chiesto di essere la tua ragazza» rispose guardandosi le unghie tinte di blu.

«Mi volevi far scoprire da lei!» sbottai «Stava facendo una dichiarazione ma non credo fosse destinata a me» scimmiottai agitando la testa.

«In effetti è quello che era! Non è colpa mia se non hai avuto le palle per parlare» mi rispose alzando ancora di più la voce.

«Ma sei cretina? Non potevo dirle niente! Avrei mandato a puttane anni di amicizia per niente, lei non avrebbe mai lasciato Mattia per me. Mi sarei semplicemente trovato solo!». Ero di nuovo in piedi e la stavo fronteggiando a pochi centimetri dal suo naso.

Non dovevo abbassarmi neanche tanto, una decina di centimetri al massimo. Non era poi tanto nana questa pazza.

«Non credo che il tuo problema sia rimanere solo. Con il tuo bel faccino, una scema che ti venga a far compagnia la trovi di sicuro» ribatté lei schiacciando una mia guancia tra pollice e indice.

 

Inutile spiegare qualcosa a quella schlerata.

«Cosa dovremmo fare adesso?» provai a chiedere. Nel giro di mezza giornata tutti avrebbero saputo che mi ero messo insieme a Glee e non sapevo proprio che pesci pigliare: negare? Acconsentire?

«Direi che per ora dovrai farmi una corte spietata e soddisfare ogni mia richiesta, come dovrebbe fare ogni ragazzo innamorato di una donna».

Non sapevo se ero più inorridito dal fatto di essere definito innamorato di qualcuno o dalle ciglia di Glee che sbattevano tra loro alla velocità di un ventilatore.

«Smettila, mi fai venire il mal di mare» e le diedi una piccola spinta.

«Piantala di prendertela con me! Hai fatto tutto da solo» e mi restituì la spinta.

«Sei tu che hai accettato, potevi dire di no!» e la spinsi un'altra volta.

«Così poi mi avresti dato la colpa per non averti coperto. L'idea è stata tua» e mi restituì nuovamente la spinta.

 

Cominciammo a spintonarci sempre più forte ripetendoci “E' colpa tua” finché non ruzzolammo sul tappeto per fermarci avvinghiati io sopra di lei.

I nostri nasi si stavano sfiorando e se non fosse stato per i nostri sguardi di puro astio, sarebbe stata una situazione davvero romantica da approfittarne senza indugio.

 

In quel momento sentii aprirsi la porta e un paio di mani che si agganciavano al colletto della mia camicia e mi spingevano la testa verso il basso, facendo scontrare la mia bocca con un paio di labbra morbide.

Il mio corpo reagì automaticamente, del resto era in allenamento da anni in questo campo.

Iniziai a muovere delicatamente le labbra mentre, con il braccio che non mi sosteneva, andai a carezzare il fianco della ragazza che stava sotto di me.

Il bacio si stava facendo più pressante. Non riuscivo a pensare ad altro se non che volevo di più.

La mia mano strinse possessivamente la carne facendo gemere la sua padrona, ma non era un suono di dolore, era di piacere, di voglia, che accese ancora di più la mia frenesia.

Inavvertitamente spinsi il bacino verso il suo, volendo sollievo al mio grande fratello che si stava risvegliando.

Sentii una gamba che si sollevava avvolgendo la mia e facendo combaciare perfettamente i nostri corpi.

Era il preludio del sesso, era il segnale che tutto sarebbe stato passione e fuochi d'artificio.

Era partecipazione da ambo le parti, combattenti ad armi pari per una resa che avrebbe soddisfatto tutti e due, senza dubbio.

 

«Mancini, non ti azzardare a fare sesso con Glee sul mio tappeto!». Questa era Consuelo, senza ombra di dubbio!

«Avete una stanza qui accanto, boia d'un mondo!» esclamò ancora sbattendo la porta ed entrando come se fosse la padrona (beh, in effetti lo era).

 

Alzai la testa senza fretta, staccandomi da quelle labbra che avevano annullato tutto il resto del mondo in quella manciata di secondi.

Cosa era successo? Pensai per l’ennesima volta.

Avevo baciato Glee… ed era stato… bello.

Non c’era niente altro per definire quello che era successo, solo quella parola: bello.

Probabilmente la mia faccia aveva una espressione perplessa e stupita proprio come la sua.

Nonostante l’interruzione non avevo ancora staccato gli occhi dalla ragazza come lei fissava i miei. Molto probabilmente stava pensando le stesse cose, stupendosi per il fatto di non aver avuto quella naturale repulsione che normalmente ci prendeva quando iniziavamo a parlare.

 

«Allora? Volete degnarvi di ascoltare e alzarvi o vi devo passare sopra con i tacchi a spillo?» chiese sarcastica la spagnola, rompendo definitivamente il piccolo momento incantato che stavo vivendo.

«Tirati su, ippopotamo che non sei altro! E tieni a posto le mani, porco!» esclamò Glee colpendomi il petto con un pugno decisamente forte.

«Ahi! Ma sei scema? Mi hai fatto male!» protestai come un bambino.

«Mai quanto te ne farò se non ti muovi subito» intimò nuovamente.

Secondo me faceva boxe o qualcosa del genere perché sentivo pulsare all’altezza dello sterno ed ero sicuro che, da lì a qualche ora, mi sarebbe spuntato un bel livido.

Meglio evitare ulteriori rischi, quindi mi alzai in fretta e le tesi la mano che lei prontamente rifiutò.

 

«Allora? Cosa sta succedendo qui? Vi lascio che state litigando e vi ritrovo avvinghiati come polipi... mi sono persa qualcosa?» certo che la perplessità di Consuelo era giustificabile ma come avrei potuto chiarire la situazione?

«Ci siamo messi insieme... cioè lui si è dichiarato ed io l'ho accettato come fidanzato in prova. Vedremo se mi saprà conquistare» ed ecco Glee che chiarì il tutto e mi fece sembrare un bambolotto.

«Oh! Questo mi fa tornare indietro di parecchi anni!» sospirò la spagnola aprendosi a un sorrisino malizioso ed io mi gelai. Jake!

«In che senso?» chiese la mia ragazza sotto esame.

«Jake è stato il fidanzato in prova di Consuelo prima di mettersi insieme. Povero Fassi, l'ha fatto impazzire prima di dirgli di sì» spiegai con un pizzico di imbarazzo. Mica vorrà fare come quella schizzata di spagnola? Io una così non la reggerei neanche cinque minuti!

«Interessante! Tenerlo sulla corda? Farlo girare come un criceto nella sua ruota» esclamò entusiasticamente sadica. I sudori freddi dovevano essere una diretta conseguenza.

«Piuttosto farlo faticare come un criceto che fa trekking in montagna! Con lo zainetto e senza scarponcini!».

«Che immagine poetica!». Consuelo scoppiò a ridere e Glee la accompagnò.

«Ragazze! Guardate che io sono presente».

«Sì, certo. Ciao, Consi, noi andiamo, devo parlare con il mio... ehm, lui». Beh, almeno anche lei aveva dei problemi a definirmi in questo rapporto surreale.

 

Seguii la ragazza arcobaleno nella sua stanza. Avevo anche un pochino di timore nello scoprire cosa si celava dietro la porta. Con l'esperienza dei funghi mi aspettavo qualsiasi cosa.

«Accomodati» mi invitò scostandosi dall'uscio per farmi spazio.

«Senti, Gloria, non è il caso che fai la gentile, cerchiamo di far finta per qualche giorno e poi torniamo alle nostre vite come se non fosse successo nulla, ognuno per la sua strada» proposi non appena fui entrato.

«Tu per quella dell'inferno, girone dei traditori. Mancini, non lo faccio per te, mettitelo in testa. Lily è mia amica e non voglio che abbia la vita sconvolta da un idiota come te. Tranquillo sarò una fidanzata perfetta e tu sarai un innamorato impeccabile, che non mi farà mancare niente, che mi coprirà di coccole facendomi vivere l'amore più romantico di tutte le principesse disney messe insieme».

A parte un leggero mancamento d'aria nei polmoni alla voce innamorato, coccole e amore romantico che non mi sembravano per niente adatti a quella detestabile barbona colorata, ero praticamente d'accordo con il suo piano.

«Dove l'hai letta questa cosa? Nei cioccolatini dei baci perugina?». Le principesse disney? Se io avevo dodici anni per aver avuto una eiaculazione precoce durante un sogno, lei ne aveva cinque! E forse usava ancora il ciuccio!

 

«Senti, non ho tempo per queste cose ora, devo terminare di annotare i risultati dei test che sto eseguendo sulle spore che ti piacciono tanto e devo anche andare a fare una commissione». Solo allora mi accorsi che un angolo della camera sembrava un laboratorio di analisi con tanto di microscopio, alambicco e fornelletto a fiamma.

Accanto erano aperte un paio di scatole che riconobbi subito come i contenitori di quelle cose infernali che avevano causato tanti danni. Misi subito la mano davanti a naso e bocca.

«Tu sei un pericolo pubblico!» esclamai puntando il dito contro di lei.

Sospirò come se stesse cercando un briciolo di pazienza nel suo corpo.

«Facciamo così. Io continuo qui e tu vai allo Smemmy, sai quel negozio di intimo sul viale della Vittoria. Lì dovrai ritirare un pacco a mio nome. Ho già pagato. Chiedi di HP, lui sa già tutto».

Ero sbalordito. Quando ero diventato il suo fattorino? Da quando ero stato declassato da fidanzato in prova a tirapiedi tuttofare?

Uffa! Glee mi sfruttava, Lily mi sfruttava, Consuelo non era diversa. Un monastero buddista senza donne? Certo, non ero proprio il massimo pelato, ma almeno non mi sarei sentito usato in questo modo.

HP? Chissà chi era? Magari uno coperto di borchie come quelli che avevo visto in sua compagnia.

«Okay, vado. Poi dovremo organizzarci e avere un piano» ammonii. Era fondamentale chiarire il tutto, così saremmo risultati credibili ed io mi sarei tolto dai guai.

Mi rispose solo con un mugugno, voltata verso il suo tavolo da lavoro e intenta a leggere qualcosa in una cartelletta. Perfetto ero appena stato congedato senza neanche un bacino. Che fidanzata arida!

Ma che stavo pensando? Ero troppo stressato da questa storia, ci voleva qualcosa per tirarmi su... guardai la rubrica del telefono. Magari qualcuna per questa sera la rimediavo, ormai l'herpes labiale era guarito ed io avevo davvero bisogno di sfogarmi.

 

Trovare parcheggio in viale della Vittoria era come affrontare una sanguinosa guerra e sperare di rimanere vivo. Ci si metteva almeno tre quarti d'ora per avere la classica botta di culo. Io ci misi un'ora e venti e metà serbatoio di gasolio.

Quando finalmente entrai nel negozio ero così irritato che se una vipera mi avesse morso sarebbe morta lei.

«Desidera?». La voce suadente di una bionda platinata, arroccata su un paio di trampoli da jet set e fasciata in un abitino rosso corto e aderente con tanto di targhetta con nome “BunnyDelena”, mi venne incontro ancheggiando e lanciandomi uno sguardo per la serie “facciamolo qui, adesso”.

Niente mi avrebbe fatto più felice di questo, visto anche il nome Bunny che da solo ispirava sesso, ma avevo la macchina che ostruiva un passo carraio per mezzo metro ed era meglio sbrigarsi prima che qualche vigile urbano pensasse bene di farmi una multa. Prossima macchina per girare in città: la smart. Così potevo anche evitare di scarrozzare gli altri con la scusa della mancanza di spazio.

«Sto cercando HP» risposi con il mio sorriso collaudato strappa mutande.

Stranamente lei divenne fredda all'istante e mi indicò un ragazzo abbastanza alto dai capelli lunghi legati con un elastico in una coda bassa, vestito con un completo pantaloni in tessuto rosso come il suo.

Chissà perché la tipa si era raffreddata? Poco male, dopo aver ritirato la merce di Glee sarei tornato alla carica.

 

Mi avvicinai al ragazzo. Sam_HP recitava la targhetta appuntata sul risvolto della giacca. Decidi di approcciarmi per nome e sbrigarmi in fretta. Se alla bionda platinata calava ancora un po' la temperatura non ci avrei combinato più niente.

«Sam? Scusa, mi manda Gloria per un pacco» dissi telegrafico attirando la sua attenzione e... il suo sguardo allupato per la serie “facciamolo qui, adesso”.

Sorriso strappa mutande da parte mia? Ma che siamo scemi? Etero sino alla fine dei miei giorni e anche oltre!

«Il mio pacco è a tua completa disposizione tesoro... per il pacco di questa Gloria non so cosa dirti. Hai altri dati? Cognome forse?». Okay, questa Glee me l'avrebbe pagata.

Questo qui era più gay di Batman e Robin (perché io mica ci credevo a tutta quella manfrina delle donne. Per me era depistaggio della Marvel Comics).

 

«Il cognome non lo so... si fa chiamare Glee, ha i capelli colorati e gli occhi verdi. È alta più o meno così...» cominciai a descriverla mimando anche l'altezza più o meno alla mio naso.

«Ah! Glee! Potevi dirlo subito... cara ragazza! Lo dico sempre che ha un occhio di riguardo per tutti. È la dolcezza fatta persona» cominciò a borbottare mentre andava verso dei cestoni di vimini pieni di mutande e reggipetti.

Eh? dolcezza fatta persona? E dove lo teneva tutto questo zucchero? Sotto una muta chiodata?

«Se lo dici tu» replicai a chiunque mi ascoltasse, visto che ero rimasto solo in mezzo al negozio.

 

Guardandomi intorno mi accorsi del paradiso che mi ospitava. Mutandine di pizzo, culottes, push up, reggiseno in san gallo, tanga neri, rossi, bianchi, lilla, azzurri, babydoll, tulle... solo vedere quelle cose e immaginarle addosso a una ragazza... mi faceva venire una erezione paurosa nei jeans. Ed io ero in un periodo particolarmente sensibile.

«Chi è per te la nostra Glee?» chiese leggero Sam, mentre piegava ordinato in una scatola, grossa come quella delle scarpe, delle semplici enormi mutandone bianche di cotone e dei reggiseni, che avrebbero sostenuto una latteria ambulante, altrettanto anonimi.

«E' la prima volta che mi manda un bel ragazzo per ritirare le sue cose».

Distrattamente pensai che non sembravano cose della sua misura. Non che sapessi la sua taglia e neanche la potevo immaginare visto come vestiva. Ma quando l'avevo palpata circa tre ore prima, non mi era sembrata così in carne.

 

Perso nei miei pensieri non mi accorsi neanche di rispondergli.

«La mia ragazza».

Silenzio.

Non volava una mosca, anche perché sarebbe entrata nella bocca aperta di Sam o della bionda platinata che si era avvicinata al bancone.

Silenzio e shock.

Silenzio, shock e panico da parte mia che solo in quel momento realizzai cosa avevo detto così naturalmente.

Avevo definito Glee la mia ragazza? Beh, tecnicamente lo era, ma per finta o in prova come diceva lei... oddio!

 

«E tu fai vestire la tua ragazza con delle cose simili?» sbraitò Sam sventolandomi una bandiera davanti al naso, che poi si rivelò un paio di slip modello donna cannone.

«Non... non credo siano suoi» balbettai cercando di difendermi.

«Glee compra solo modelli simili!» urlò la bionda platinata.

Allora la conoscevano tutti qui dentro? Però, non la facevo ragazza da lingerie... e in effetti non lo era.

«Se lei si trova bene...» mi sentivo sempre più un piccolo pulcino mentre rispondevo ai falchi a cui stavano spuntando le zanne. Questi due mi volevano far nero!

 

«Dobbiamo rimediare!» gridò Sam.

«Senza alcun dubbio!» fece l’eco Bunny.

Lanciandosi uno sguardo di intesa si diressero a grandi passi verso i lati opposti del negozio lasciandomi lì al centro a chiedermi se i pazzi, negli ultimi tempi, li incontravo soltanto io.

Dopo pochi istanti tornarono con le braccia cariche di completini di svariate forme e colori.

«Questo, raso e pizzo» mi mostrò Sam depositando sul bancone un completo slip reggiseno in pizzo nero con inserti di raso rosa. Davvero carino.

«Questo, seta» fu la volta di Bunny e di un completo bordeaux.

«Questo qui è delizioso». Sam e stoffa a pois bianchi su sfondo nero.

«Questo è fantastico». Bunny e le farfalline.

«Eccitante». Leopardato.

«Intrigante». Pizzo nero.

«Passionale». Raso rosso.

In pochi minuti riempirono il bancone di articoli e l’aria di aggettivi, metà dei quali non sapevo neanche che esistessero.

 

«Ragazzi… ehi! Io devo solo portare via il pacco che Glee mi ha mandato a ritirare» cercai di intervenire in quella specie di carnevale che stava diventando il negozio in quel momento.

«Bimbo, non puoi essere il ragazzo di Glee e non desiderare di vederla con uno di questi addosso, per poterglielo togliere…» mi corresse Bunny alzando un perizoma di pizzo chiaro e un reggiseno riccamente lavorato. Quello sì che era un completino fantastico… e erotico… Lo fissai imbambolato per un attimo immaginando Gloria con quello addosso.

Sì. Decisamente avrebbe fatto risorgere un morto.

«Non so che taglia porta» provai a giustificarmi.

«Tesoro! Noi abbiamo occhio per queste cose! Glee porta una dignitosa terza… non te ne sei accorto?».

Ecco. Questa era una affermazione che era meglio evitare visto che presupponeva una risposta che poteva essere di due tipi:

primo: non l’avevo mai vista nuda né palpata a dovere e quindi non potevo saperlo, secondo: ero gay e quindi non mi interessava.

In tutti e due i casi avrei fatto la figura dell’idiota per essermi definito il suo ragazzo. E non ero gay.

 

A quel punto Sam mi guardò con l’occhio brilluccicoso «Sei gay?». Appunto.

«No!». Secco e deciso. Macho.

«Allora non hai mai toccato con mano». Bunny e il mimare strizzata alle tette. Una vera signora.

«Ci siamo appena messi insieme». Troppo sdolcinata come risposta?

«Oh, che teneri». Infatti.

«Ti tiene a stecchetto eh?». Adesso pure la gomitata e la strizzata d’occhio maliziosa da parte di Sam. Era davvero troppo.

«Con questo te la darà di sicuro! In caso contrario mi candido io». E qui Bunny chiuse in bellezza mostrandomi un completo in raso con inserti di pizzo di colore chiaro, quasi virginale, ma davvero grazioso e immaginandoglielo addosso… eccitante e di classe!

«Se invece decidi per me, non ti far problemi sono a tua disposizione, attivo o passivo come preferisci». E Sam disse la sua.

 

Ero esaurito, ma quel completo… non ci avrei più dormito se lo avessi lasciato lì.

«Siete sicuri che è la sua taglia?». Probabilmente stavo per cacciarmi nei guai ma non riuscivo a farne a meno.

«Garantito. Ha comperato un paio di cosette bruttissime di quella taglia un paio di mesi fa» rispose Sam convincente.

«Okay, lo compro» mi arresi e tirai fuori la carta di credito. Fortuna che non esageravo mai con le spese e i miei genitori erano più che felici di rimpinguare il mio conto.

Strabuzzai gli occhi quando vidi la cifra e controllai bene che in quei micro pezzetti di stoffa non ci fossero anche dei diamanti o fili d’oro intessuti.

«E’ di Chantelle, è francese!» mi spiegò subito Bunny intuendo i miei pensieri.

Probabilmente tutti i ragazzi pensavano queste cose quando acquistavano a queste cifre! E pensare che il mio massimo era stato sessanta euro per un paio di boxer, e mi era sembrato un furto! Qui si trattava di rapina a mano armata di mitra!

Ritirai il mio acquisto piegato in un miserevole sacchettino (per quella cifra mi sarei aspettato uno scatolone con velina e fiocco!) e la scatola di scarpe per la quale ero venuto a far visita in questo girone infernale.

 

Uscito dal negozio mi avventurai verso la mia adorata Mito.

Come avrei regalato quel pacchettino a Glee? Forse era un po’ troppo azzardato come pensierino di riconoscenza per avermi salvato il culo dalle ire di Mattia. Magari avrebbe pensato che volevo qualcosa in cambio. Accidenti! Non sarebbe andata bene una delle sue magliette XXXL dove per trovare un pezzo di pelle dovevi diventare esperto speleologo? Mi sarebbe costata anche meno!

Però… però non sarebbe… Cristo! Mi passai una mano sulla faccia. Immaginarla con quello addosso… meglio non pensarci e aspettare il momento propizio per farle questo regalino specificando l’esclusione di qualsiasi significato sottointeso o richiesta sconcia.

 

Il tratto di strada era abbastanza lungo e ormai faceva buio presto. I lampioni erano già accesi.

A circa una quindicina di metri scorsi la figura sinistra di un vigile urbano con il classico taccuino a far multe a destra e a manca. Porco zuffolo!

Iniziai a correre leggermente disperato mentre i miei pacchi ballonzolavano tra le mani.

“Signore, fa che non mi abbia lasciato quell’antipatico fogliettino rosa!”

In effetti, quando arrivai dove era posteggiata l’auto, il fogliettino rosa non era presente… ma non c’era neanche la Mito!

Oh no! Oh mio Dio no! Oh signore Dio Santissimo! Mi avevano rubato la macchina!

 

Corsi indietro dove avevo incrociato il vigile urbano, magari lui poteva essermi utile per recuperare il mio mezzo, magari l’aveva visto…

«Scusi… non trovo più la mia auto. Era posteggiata là in fondo, lei ha mica visto qualcosa?» chiesi cortesemente, cercando di trattenere la preoccupazione.

Il mio gioiellino perso, ramingo in questo mondo crudele.

Già me lo immaginavo rigato, preso a sassate e a mazzate da bastardi punk che volevano divertirsi a rompere qualche bell’oggettino.

«La Mito Alfa Romeo intende? Sì, era parcheggiata in divieto di sosta davanti a un passo carraio e ci hanno chiamato per la rimozione forzata. L’hanno portata venti minuti fa, al garage di Via Roma» rispose il vigile per poi continuare il suo giro di controllo.

 

Rimasi fermo per qualche minuto.

Rimozione forzata? Ma sporgeva solo per mezzo metro!

Questo era un abuso di potere!

Iniziò a montarmi in petto un’onda di collera che fu un miracolo se non mi avventai sul povero vigile che mi aveva risposto. Se beccavo quel coglione che aveva avvisato e preteso la rimozione dell’auto…

La mia auto! La mia buccichina! La mia tenerissima mito!

Trascinata contro la sua volontà, sollevata a forza e gettata su un pianale del camion senza il minimo garbo. No! Non si doveva fare! La mia macchina era una signora! Mica una volgare sottospecie di lattina schiacciata!

 

Era tardi ma magari riuscivo ancora a trovare qualcuno al garage di Via Roma.

«Pronto? Sì, mi scusi… sto cercando una Mito Alfa Rom… esatto… sì, è stata rimossa in Corso della Vittoria… mezz’ora fa» il cuore mi batteva in gola.

“Ecco. Non è ancora arrivata. Comunque prima deve andare al comando dei vigili e pagare la multa per il divieto di sosta e poi venire qui a saldare il conto per la depositeria, il diritto di chiamata e i chilometri percorsi… poi deve tornare dai vigili e prendere la liberatoria e poi tornare qui e potrà ritirare la macchina” andare anche a fare un giro a Monza? Tanto per girare un altro po’?

Possibile che non si poteva andare lì e fare tutto nello stesso momento?

«In sostanza quanto mi costa il tutto?» chiesi. Prima di tutto il problema economico.

“L’ultima volta il tizio ha pagato 180 euro ma lei dovrebbe essere qualcosa meno” mi gracchiò la voce della segretaria nell’orecchio.

180 euro? Questa volta sì che andavo pericolosamente vicino allo zero sul conto corrente.

«Quando siete aperti?» chiesi rassegnato. Inutile litigare con loro, con i vigili, con il comune, con il Signore.

Tutto stava andando storto quel giorno e c’era una sola spiegazione! Glee!

 

Provai a passare alla sede dei vigili urbani per cominciare a fare i primi passi che servivano a liberare dalle manette la mia adorata. Lei è senz'altro meglio di tutte le ragazze che mi possono girare attorno: la mia Mito non mi tradirà mai!

Cominciai a camminare con passo sostenuto. L'ufficio era vicino, molto di più rispetto al garage di Via Roma. Forse sarei riuscito a pagare la prima parte del dovuto, o almeno a prendere i bollettini.

«Permesso? Sono venuto per la mia auto, rimozione forzata in Corso della Vittoria, oggi» cominciai a dire a dire, appoggiando i miei pacchi sul bancone.

L'impiegato era abbastanza distratto e annoiato.

«E' troppo presto per avere i dati. Dovrà tornare domani». Continuò a ruminare la sua gomma senza rivolgermi uno sguardo, per poi farsi distrarre da qualcosa che malauguratamente era fuoriuscito dal mio sacchettino.

 

«Ehi, e questo cos'è?» chiese retorico allungando la mano ed estraendo il reggiseno che mi aveva tanto colpito.

«No... scusi, me lo renda...» ero leggermente imbarazzato. Chissà cosa avrebbe potuto pensare.

«Non mi dire che lo metti tu, ragazzo?». Appunto.

«Ma non scherziamo!» risposi. Uscì anche lo scontrino dal sacchetto. Ma non me l'avevano dato in mano? Oddio!

«E hai speso questa cifra per un coso così?». Che fosse incredibile ne ero consapevole anche io.

«Confessa... non te la dà, vero?». Ed ecco che ci eravamo arrivati.

«E' solo una amica» provai a giustificarmi.

«Per una amica spendi questa cifra e ti fai portare via la macchina mentre te la immagini dentro quello? Ragazzo, devi rivedere le tue priorità». La sua gomma continuò a essere stuprata dai denti con il suono ruminante fastidioso.

«Lasciamo perdere. Torno domani per la macchina» ritirai la stoffa nel sacchettino e lo scontrino in tasca «Grazie» cercai di inserire tutto il sarcasmo possibile nella sola parola e uscii.

 

Questa giornata era stata davvero campale. Mi ero trovato una fidanzata che mi teneva in prova, mi avevano sequestrato la macchina e infine ero pure stato preso per il culo da un vigile urbano. Poteva andare meglio di così?

Non avevo proprio voglia di prendere un mezzo per arrivare prima, cominciai a camminare con i miei pacchi tra le mani e i miei pensieri tetri in testa. Era pazzesco. Non potevo credere di essere arrivato a questo punto.

Cosa avevo fatto di male? Avevo solo chiuso gli occhi e immaginato di avere una storia con Lily. Un pensiero che non sarebbe mai stato realtà e da quel momento è andato tutto a catafascio, era arrivata Glee con i suoi scatoloni venuti direttamente dall'inferno per tormentarmi e adesso mi trovavo a piedi, con pacchi pieni di mutandoni, senza macchina e con il conto corrente agonizzante.

Meno male che c'era la salute avrebbe detto mia nonna buonanima.

 

Infatti si mise a piovere.

 

Percorsi gli ultimi quattro isolati sotto un diluvio torrenziale, che non era niente confronto agli improperi che stavano uscendo dalla mia boccuccia di rosa.

«Maledizione di quel porco Zeus e Thor della vacca strabica! Non potevano farmi arrivare a casa prima?» non che qualcuno mi rispondesse, neanche lo speravo.

Nel mio nuovo stato di pulcino bisognoso di un bagno caldo e vestiti asciutti, bussai alla porta di Glee e mi trovai una specie di riunione e comitato di benvenuto per il sottoscritto da parte di tutta la compagnia.

 

«Lele! Amico mio! Non potevo non correre qui e farti le mie congratulazioni!». Un Mattia sorridente ed evidentemente appena arrivato, mi stava abbracciando ed assorbendo metà dei miei liquidi in eccesso.

Dietro di lui ridevano e si sbracciavano Gian e Jake. Consuelo chiacchierava con Glee e Sara mentre Lily era accanto a Mattia che aspettava saltellante il suo turno di abbracci.

«Mattia, ben tornato» risposi al mio amico cercando di respirare a fondo.

«Lele, sei in uno stato pietoso! Vieni, ti presto qualcosa e fatti una doccia calda!» intervenne Consuelo sbrigativa trascinandomi nella sua stanza e ficcando tra le mie braccia una tuta e biancheria di Jake.

Mai una doccia fu così benvenuta.

 

Seduti a coppie mi trovai Lily alla mia destra e Glee alla sinistra, accomodati su vari cuscini sparsi sul tappeto. «Raccontaci come è nato questo grande amore? Per aver fatto capitolare il nostro Emanuele faccia d'angelo, Glee deve essere super speciale!» esordì Jake attirando Consuelo sulle sue ginocchia.

Guardai la mia finta ragazza e le presi una mano. Avevo bisogno di coraggio!

«Un fulmine... come se fossi stato drogato!» risposi. Forse era una delle poche risposte serie e vere che avevo dato.

«E tu Glee?» chiese Lily.

«Si può fare. Per ora deve lavorare parecchio sul suo carattere, poi vedremo». Sul mio carattere? Ma se ero perfetto! Nessuno poteva dire che non ero simpatico, affascinante, gentile e un pochino stronzo... ma solo un pochino.

Anche i miei difetti erano perfetti!

 

Feci finta di non cogliere altre allusioni ma non potei far nulla quando un curiosissimo Gian aprì il sacchettino con dentro il completo intimo che avevo preso per Glee.

«No! Lele Mancini che fa un regalo di questo tipo a una ragazza? Non te l'ha ancora data!» gran signore, niente da dire.

«Gian, piantala, li metti in imbarazzo!» lo riprese Sara, ma a quel punto tutti ridevano, tranne Glee. Anzi, lei mi guardava come un alano che sta pensando di spolpare un osso particolarmente duro e ostico. Insomma, voleva farmi male!

«Gloria, non gli credere, non è per questo...» biascicai, ma Mattia intervenne prima degli altri. «Gente, andiamo e lasciamoli soli che devono parlare. Ci vediamo a casa, mi presti la macchina che non riusciamo a starci tutti sulla mia?».

«Non posso, me l'hanno sequestrata» risposi mesto e il silenzio scese sulla stanza. Tutti sapevano quanto tenessi alla mia quattro ruote.

«Credo che questa sia una bella storia da sentire, ce la racconti domani mattina. Buona notte» Jake si mise a ridere e, presa Consuelo per la mano, uscì dalla stanza, seguito da tutti gli altri.

«Torno più tardi» fece Sara che era la compagna di stanza di Glee.

 

«Adesso mi vuoi spiegare che cosa vuol dire questo?» mi aggredì dopo cinque minuti di silenzio passati ad esaminare il contenuto del sacchettino incriminato.

«Niente, mi è piaciuto e mi sono lasciato convincere dai tuoi amici a prenderlo» confessai.

«Per me?» era quasi commossa e compiaciuta, più che arrabbiata, forse mi sarei salvato da qualche attacco di materiale batteriologico. Con lei non si poteva mai sapere.

«Per te» annuii «Ma non vuol dire chissà cosa. Non ho intenzione di chiederti di farmi vedere come ti sta oppure di strappartelo di dosso per venire a letto con te» spiegai precipitosamente. Non volevo si facesse una brutta impressione.

«Okay» e fece spallucce.

«Okay? Dici solo okay?» chiesi per sicurezza.

«Sì. Tu mi hai detto che non mi vuoi saltare addosso e io ti credo. Non sono il tuo tipo, scopatore universale... adesso siediti che ti preparo una tisana per il raffreddore che ti sta arrivando» mi fece sedere sul suo letto ed andò ad armeggiare al fornelletto vicino alla finestra.

 

Mi coricai aspettando con calma che arrivasse la medicina. Che giornata! Ero davvero esausto e avrei sfidato chiunque a reggere.

«E' pronto, vieni in bagno, su» disse Glee prendendomi la mano e tirando leggermente.

Una cosa mi sfuggiva proprio, come mai dovevamo andare in bagno? Per bere una tisana? Glee mi spinse davanti al lavandino e mi porse una tazza di brodaglia calda.

Il naso era già un po' chiuso quindi mi limitai a soffiare e a ingollare una lunga sorsata della medicina e...

spruzzai quasi tutto sul vetro.

«E' troppo caldo?» chiese Glee preoccupata.

Troppo caldo? Non era mica quello il problema!

 

«Tu... Tu sei Satana in persona! Sei venuta sulla terra per rendere la mia vita impossibile! Poi, cosa mi hai dato? È amaro come la morte! Per colpa tua mi ritrovo te come ragazza! Il tuo amico gay mi vuole stuprare! La mia macchina è stata sequestrata! Ho una multa da guinness da pagare! Tu sei direttamente un’arma di distruzione di massa! Tu non porti sfiga! TU SEI UNA SFIGA!» e con quello bevvi un'altra sorsata di quella cosa e non sputai ma tornai nella camera e mi gettai sul letto a peso morto sotto il suo sguardo perplesso.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

Allora? Piaciuto il pezzo del negozio di intimo? Grazie a ValeR198 e la sua idea.

Mia quella della macchina, invece. E anche della tisana…

Credo che a questo Lele verrà un attacco alle coronarie per sopportare una giornata simile, neanche Lupo Alberto e Calimero messi assieme riuscivano ad avere tanta sfortuna.

 

Ho esagerato? Nah! Non ci muore mica! E le vie le avete riconosciute? mai sentito Monopoly?

 

Se, leggendo vi ispirasse qualche altro dramma da far subire al nostro eroe, ben volentieri! Intanto devo analizzare e applicare quelli che mi avete già dato.

 

Per ora ringrazio per l’attenzione e rinvio al prossimo capitolo tra quindici giorni.

Baciotti

Ora un pochino di pubblicità, concedetemela, è tanto che non la faccio.

in questi tre anni ho scritto molto e nell’ultimo mi sono pure diversificata.

Ecco le mie altre storie:

 

La punizione di Scorpius Malfoy (Harry Potter) il giovane Malfoy alle prese con una maledizione che lo trasforma in una donna. In corso. fa parte di una serie di storie indipendenti (I trasformisti) dove troverete altre storie sezione Twilight. Storie comiche con lo scambio dei ruoli o dei corpi, uomo-donna. Tutti umani. Concluse.

 

7mi Hunger Games della Pace (Hunger Games) trentadue anni dopo, i giochi ritornano ma sono pacifici, o almeno così sembra. Ora è il turno della figlia dei Mellark. In corso.

 

Fidanzato in prova (Romantico) storia di Emanuele Mancini e le sue peripezie in amore. In corso. Sequel di AAA Offresi Diciottenne Verginello – No Tardone (Romantico) Conclusa. Storia di Mattia Roccato, adolescente, la sua compagnia e la ricerca della donna da amare.

 

Si dice – In Vino Veritas (Twilight) guerra di potere tra Bella e Edward per una tenuta vinicola. In corso.

 

AAA Affittasi Moglie (Twilight) cosa può spingere un giovane sano e affascinante, ad affittare una moglie? In corso.

 

Twiligh delle caverne (Twilight) parodia della storia nella preistoria. Mini fic. in corso.

 

Dottore dei tubi (Twilight) commedia su sei amici al bar e un racconto su cosa è successo quando si è allagato il bagno. Conclusa.

 

Mini fic Twilight, Concluse. Come Andromeda e Acqua che cade entrambe storie fantasy (senza vampiri).

 

Sakura – Fiore di ciliegio (Twilight) Long, Storia storica di Bella e Edward che copre dal 1894 al 1906 partendo da Irlanda, poi Cina, Giappone e infine USA. Tutti umani. Conclusa

 

Fu la prima volta che… e Déjà vu, il sogno diventa realtà (Twilight) due shot rosse. Umani.

Prima di essere un pensiero, Un colpo sul retro, Smettere di fumare (Twilight) tre shot leggere. Umani.

 

Dovessi chiedervi di leggerle tutte sarei davvero crudele perché la mole è notevole. Ovvio che sono affezionata a tutte e ognuna ha la sua peculiarità e il motivo di avermi entusiasmata (forse le rosse le eviterei, ho provato ma sono davvero una piaga in quelle descrizioni)

Comunque potete accedere direttamente cliccando sul titolo scritto in colore.

Fatemi sapere se e cosa ne pensate.

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Capitolo 5
*** primo appuntamento ***


 

Ciao a tutti!

Questo capitolo è stato un po' difficile da scrivere, sopratutto la prima parte che sembra non abbia senso. Fidatevi, ne ha nell'ottica cambiamento Lele.

 

Ringrazio chi ha inserito questa storia nelle liste particolari e chi ha recensito. Come al solito ringraziamento pubblico con nick in grassetto ai nuovi recensori.

 

Grazie a Elenri per i banner che sforna a un ritmo impressionante oltre che sempre di alto livello. Grazie!

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Vi lascio al capitolo... BUONA LETTURA!

 

---ooOoo---

 

«Tu... Tu sei Satana in persona! Sei venuta sulla terra per rendere la mia vita impossibile! Poi, cosa mi hai dato? È amaro come la morte! Per colpa tua mi ritrovo te come ragazza! Il tuo amico gay mi vuole stuprare! La mia macchina è stata sequestrata! Ho una multa da guinness da pagare! Tu sei direttamente un’arma di distruzione di massa! Tu non porti sfiga! TU SEI UNA SFIGA!» e con quello bevvi un'altra sorsata di quella cosa e non sputai ma tornai nella camera e mi gettai sul letto a peso morto sotto il suo sguardo perplesso.

 

Glee tornò in camera e annusò la tazza che teneva in mano e poi ne bevve un piccolissimo sorso (anche perché berne di più si rischiavano conati di vomito).

«No, è corretto… pensavo di aver sbagliato le dosi e di averti avvelenato» disse posando la tazza sul tavolino.

«Perché? Mi hai dato della cicuta?» chiesi sarcastico.

«No. Del veleno del ragno crociato…» scattai immediatamente a sedere e la fissai sconvolto.

«Ma pochissimo… non ti fa male…» scattai in piedi e la agguantai per i polsi.

«Tu sei una pazza» scandii chiaramente mentre mi avvicinavo.

Lei continuava ad arretrare ed io ad avanzare ma quella stanza non era immensa e in un attimo Glee si ritrovò con le spalle al muro. Letteralmente.

«Lele, calmati. Non è niente di grave… non ti avrei mai avvelenato… ho provato parecchie volte quell’infuso e l’ho già dato anche a Consuelo. Fa bene, davvero…» ormai balbettava.

La mia pazienza, che quel giorno era stata messa a dura prova, era completamente andata via nello scarico con il resto della medicina che rimaneva ancora da bere.

Mai più fidarsi di una scellerata come quella!

«Oggi ho avuto una giornata che dire pessima è un eufemismo e tu vuoi uccidermi? Giuro che prima ti tiro il collo come a una gallinaccia spellata» probabilmente avevo anche qualche vaso sanguigno rotto nei bulbi oculari perché vedevo Glee davvero spaventata adesso.

 

«Ti prego, scusami» pigolò.

«Dovrai fare meglio di così per farti perdonare» la mia faccia era a un centimetro dal suo naso. Lei ci pensò un attimo e poi propose una cosa scioccante.

«Senti… se mi prometti di tenere le mani a posto, mi metto il completino che mi hai comprato e ti faccio vedere come mi sta… ma tu mi perdoni di tutto». Questa era una bomba! Una deflagrazione senza precedenti che lasciava sul campo tutti i miei neuroni ancora sani. Il mio essere animale sbavante dietro a una figa, cominciò a ululare alla luna.

Finsi di pensarci, poi annuii.

«Andata. Cambiati e fammi vedere come ti sta» dissi lasciando i suoi polsi leggermente arrossati dalla stretta delle mie mani.

Mi vendevo per poco, ne ero consapevole, ma avevo speso un capitale e me l’ero immaginata in ogni dettaglio, adesso volevo constatare se i miei pensieri erano corretti o meno. Era tutto per una indagine scientifica.

 

«Lo immaginavo... Scopatore universale, vai a sederti sul divano» mi indicò il cuscino con un gesto di stizza e, raccolto il sacchettino, andò direttamente in bagno sbattendo la porta. Ops, forse si era arrabbiata.

Era molto arrabbiata, sentivo sbattere le ante dei mobiletti e lei che borbottava cose incomprensibili con astio. Onestamente la cosa mi faceva davvero sorridere.

Dopo più di cinque minuti di attesa, iniziavo a pensare che avesse cambiato idea. Che codarda! Che sarà mai farsi vedere in reggiseno e mutandine?

«Sei pronto?» chiese. Vidi distintamente abbassarsi la maniglia e deglutii rumorosamente.

Avevo le mani sudate e la gola secca. Cosa poteva esserci di così sconvolgente? Ne avevo viste di ragazze e certo che Glee non poteva essere tanto diversa dalle altre!

Tette, culo, gambe saranno tutte nella stessa posizione e, visto la taglia che avevo acquistato, il personalino della pazza avvelenatrice non era per niente da buttare.

«Vieni pure... sono pronto!» quasi mi stravaccai sul divano e mi stampai un sorriso vittorioso sulle labbra.

 

«Puoi... spegnere le luci e accendere solo le due lampade? Vorrei un pochino di atmosfera». Scoppiai a ridere e obbedii subito.

La maniglia era completamente abbassata e la porta del bagno si aprì lentamente. Un braccio uscì dall'apertura e poi seguito da una spalla, una gamba, il busto, la testa e tutto il resto. 

«Vuoi anche la musica? Vuoi farmi uno spogliarello stile nove settimane e mezzo?» chiesi sarcastico mentre la osservavo che avanzava lenta verso di me... coperta da un accappatoio azzurrino.

Lei sbuffò e arrossì leggermente mentre mi consegnava il cellulare «In realtà volevo mostrarti questo».

Sul display campeggiava la foto presa allo specchio del bagno che mostrava dal collo in giù un corpicino slanciato, senza difetti e tutto curve, coperto dal famoso completino da mutuo.

 

«Hai detto che se non ti toccavo potevo guardarti dal vivo! Così non vale!» dentro di me si ammosciò tutto, dalla mia euforia al mio grande fratello.

«No. Io ti ho detto che mi mettevo il tuo completino e ti facevo vedere come mi stava. È quello che ho fatto! Quello è il completino e quella è la foto che ti fa vedere come mi sta» disse vittoriosa piazzando il dito sull’immagine.

Velocemente mi alzai e andai sotto una lampada facendo finta di vedere meglio, nel frattempo mi inviai un messaggio, questa qui era talmente stronza che non appena si fosse rimpossessata del cellulare l’avrebbe subito cancellata.

«Allora? Sei soddisfatto?» chiese quasi ansiosa.

«Chi mi dice che sei tu lì sotto?» le domandai. Insomma, il fisico che c’era su questo display era da resurrezione, probabilmente neanche Megan Fox aveva un corpo così perfetto e la signorina dalle venti maglie sovrapposte non faceva vedere neanche un centimetro di pelle a sbagliarsi.

Ero certo di non aver mai visto le sue gambe. Metteva sempre quei pantaloni mimetici oppure i cargo, talmente larghi che ero convinto contenessero anche la sua gemella invisibile.

 

«Non posso dare una sbirciatina?» occhioni da cucciolo a manetta e sorriso da strappa mutande iper collaudato al seguito.

«No» disse in modo secco e deciso riprendendosi il cellulare e smanettando velocemente per cancellare la foto. Lo sapevo che l’avrebbe fatto.

Sorrisi sornione al lampo di genio che mi aveva appena illuminato.

«E poi non sei stata ai patti! Io non ho visto come ti sta di dietro dal vivo… hai presente? Schiena…» era all’angolo.

Non le avrei permesso di andare ancora in bagno a gabbarmi come prima. Doveva togliersi quel cavolo di accappatoio tanto enorme da poter coprire anche Hulk, e farmi dare un’occhiata.

«Stai scherzando?» stava ansimando. Adesso cominciava a capire come ci si sentiva a essere presi in giro?

«Sedere...» si stava arrabbiando?

«Non oserai chiedere...». Oh sì, invece. Avevo proprio un sorriso soddisfatto in faccia.

«Scapole... hai notato che sul retro ci sono tante cose che iniziano per esse?». Stavo divagando ma è così soddisfacente.

«Anche stronzo inizia per esse, ma quello si riferisce a te» ribatte irritata.

«Allora? Sto perdendo la pazienza» incrociai le braccia e alzai un sopracciglio. Lei sbuffò.

 

«Se ti dicessi di no?» provò ancora.

«Allora saresti una che non sta ai patti e ricominceremmo la guerra di prima. Credevo che fossi una persona di parola con una dirittura morale» stavo scherzando. Poteva anche mandarmi a quel paese e non avrei potuto rinfacciarle niente se non prenderla in giro per l'eternità.

Si vedeva che era determinata a non darmi soddisfazione e nello stesso tempo era combattuta dall'orgoglio di rispettare la parola data.

Dopo alcuni minuti, che a me parvero ore, si decise ad acconsentire.

«Va bene. Però devi stare ai patti: niente mani» intimò con il dito minaccioso.

«Parola di scout» alzai la mano e feci il giuramento immaginario incrociando le dita dell'altra mano.

«Scommetto che neanche l'hai fatto lo scout» ribatté mentre si voltava e scioglieva il nodo della cintura.

«Chissà... magari un giorno te lo dico» risposi a voce bassa mentre seguivo ogni singolo movimento della ragazza davanti a me.

 

Un grosso sospiro accompagnò lo scivolare dell'accappatoio oltre le spalle, giù per le braccia. A poco a poco si scoprì le clavicole delicate, le scapole sensuali, la colonna vertebrale flessibile tagliata a metà dal gancio del reggiseno. Poi l'accappatoio scese oltre, sull'incavo dei reni, sulle fossette proprio sopra le natiche e poi più giù ancora a scoprire le mutandine che avevano la forma rotonda del suo sedere.

Spostò l'accappatoio sul davanti appoggiandolo al torace e lasciando il retro del suo corpo alla mia vista.

Le gambe snelle e sode che, con le loro curve leggere e armoniose arrivavano alle caviglie sottili. Il retro accennato del ginocchio, la curva delle natiche, i fianchi... era tutto perfetto. Una figura così eterea e perfetta da sembrare finta. Eppure era lì, palpitante davanti a me.

 

Fu impossibile impedire alle mie gambe di muoversi. Strinsi i pugni per non fare cose delle quali mi sarei pentito e avanzai verso di lei.

Aveva tirato i capelli sul davanti, quel colore blu con le ciocche rosa che, incredibile, era così intonato con il candore della pelle. Avrei voluto sfiorarla per vedere se la grana era davvero fine come appariva, se era davvero serica quanto splendente.

Glee non respirava, stava immobile davanti a me e non diceva nulla fissando un punto indefinito sulla parete. Non riuscii a fermarmi prima, volevo sentirla e poggiai il mio petto alla sua schiena. Subito si irrigidì dalla sorpresa.

«Non dovevi toccarmi, non era nei patti» disse con voce bassa e roca. Allora non ero solo io completamente rapito da questa situazione.

«Non... non sto usando le mani» balbettai sottovoce. Che scusa stupida, sarebbe stato più onesto risponderle che non ero riuscito a evitarlo perché mi serviva questo contatto per non impazzire. Sentii il suo respiro agitato mentre mi rispondeva.

«Adesso basta, Emanuele». Sorrisi, più che un divieto sembrava un invito a continuare,

abbassai la testa e sfiorai il suo collo con il naso. Che profumo.

 

Il silenzio era rotto solo dal nostro respiro eccitato e... dallo squillo insistente del cellulare di Glee appoggiato sul tavolino.

Fu come se si fosse rotto un vaso di cristallo, mandando i suoi pezzi da tutte le parti possibili. Glee nel momento in cui sentì la prima nota fece un salto e da lì a rinfilarsi l'accappatoio fu un istante. Quando rispose aveva il fiatone.

«Pr... pronto» ma non era ancora padrona di tutto il suo corpo, esattamente come me che barcollai indietro sino a sedermi sul divano.

“Glee, sono Sara. Posso tornare? Avete sistemato voi due?”.

«Certo, vieni pure, Lele stava per uscire» rispose lei atona.

Alzai di scatto la testa a sentire quelle parole. No, non volevo andare via, dovevamo parlare.

“Se è ancora lì aspetto che esca, chiamami quando è libero”. Sentii distintamente che Sara ci concedeva ancora alcuni minuti e avrei dovuto farmeli bastare.

 

«Sei bellissima» sussurrai non appena appoggiò il cellulare. Le tremavano le mani e sembrava spaurita come un gattino. A sentire quelle parole alzò uno sguardo duro.

«Non dire cazzate» ordinò e fece per andare di nuovo a chiudersi in bagno perciò la afferrai per un braccio.

«No. Adesso mi stai a sentire. Sei la persona più allucinante che conosca, sei testarda, sei isterica, hai meno gusto nel vestire di una foca monaca da circo, ma sei davvero bellissima. Ti giuro che non ho mai visto qualcuno più bello di te». A sentirmi dire certe cose... avevo paura che le mie orecchie disertassero la testa recidendosi con un taglio netto e fuggendo disperate. Dubitavo di aver mai detto una cosa del genere in tono tanto appassionato come in quel momento.

«Come se ne fossi convinto... lascia stare, è stato già parecchio umiliante, non infierire». Il suo tono di voce era triste e rassegnato, come se non credesse minimamente a quello che le avevo detto.

 

Sospirai frustrato. Un'altra insicura. Perché mai le ragazze si devono fare tanti film mentali sul fatto di non piacere. È l'uomo che sa cosa gli piace e se non gli piaci te lo fa capire, non siamo così raffinati da fare complimenti a vuoto. «Gloria... Gloria, guardami» i suoi occhi si spostarono dal pavimento al mio viso «Non nego di aver visto tante ragazze meno vestite di te, ma ti prego... credimi quando ti dico che tu le superi tutte. Hai un corpo perfetto, e sei bella in molti sensi... anzi, in tutti i sensi che mi interessano. Fidati, io sono un esperto» sorrisi e le strizzai l'occhio cercando di alleggerire l'atmosfera.

«Già, sei lo scopatore universale» commentò facendo comparire un rapido sorriso sulle sue labbra. Quelle labbra...

 

Senza che me ne accorgessi mi abbassati per baciarla e lei fece un salto indietro e mi diede un bel cazzotto diretto allo sterno. Okay, adesso sì che mi era venuto il livido.

«Ahio! Ma che ti prende!» sbottai. L'incanto era definitivamente rotto, quella era solo una pazza scatenata. Ci voleva la camicia di forza, altro che carezze.

«Mi stavi per saltare addosso... oh, lo so come fate voi ragazzi! “sei bellissima, sei la cosa più bella che abbia mai visto, sei meravigliosa... sei la mia vita, non posso vivere senza di te” e poi vi troviamo dietro l'angolo con la troietta di turno a dirle “sei la mia vita, non posso vivere senza di te”. Perché è così, vero? Non potete vivere senza un harem che vi gratifichi. L'uomo sapiens non è programmato per essere monogamo e tu ne sei l'esempio lampante» e detto questo, si rifugiò in bagno lasciandomi lì allibito a cercare di capire quando mai le avessi detto che lei era la mia vita.

 

«Gloria, esci» ormai erano dieci minuti che imploravo di aprire la porta. Poteva essere anche caduta nel water per quanto ne sapevo. Al momento ero indeciso se aiutarla o tirare lo sciacquone.

«Esci dalla mia stanza, così chiamo Sara» mi rispose lei ostinata.

«Esci subito o faccio saltare la serratura e ti tocca pagare la riparazione». Passai alle minacce.

«Osa fare una cosa simile e io...». Di cosa poteva minacciarmi? Di farmi andare in bianco? Già ci andavo con lei!

«Senti, sei la mia ragazza, non farmi stare in pena per te, per qualcosa che ho fatto. Esci dai. Per favore, poi ti prometto che me ne vado» giurai dietro la porta. Chissà come, ero riuscito a convincerla e la porta si aprì.

«Non sono la tua ragazza! È solo una recita, mettitelo in testa» sbraitò agitando le mani davanti alla mia faccia. Era davvero fuori di sé.

«Vuoi dire che adesso non mi dai un bacino? Uno piccolo piccolo?». Adoravo prenderla in giro. Diventava ancora più isterica se possibile e le sue guance si coloravano di un adorabile rosa.

«No. Quando siamo da soli non è il caso di fare smancerie» rispose spingendomi con il chiaro intento di sbattermi fuori.

 

Appena aperta la porta ci trovammo appoggiati al muro di fronte, Sara e Gian che stavano chiacchierando e ridendo.

«Oh, noi... ehm, stavo aspettando di rientrare e lui mi faceva compagnia» si giustificò la cinese, indicando il Fassi che stava sogghignando.

«Sei stato veloce» bisbigliò al mio indirizzo ma feci finta di non aver sentito. C'era una cosa di cui dovevo assolutamente approfittare prima.

Eravamo in compagnia e quindi ero autorizzato alle smancerie, che a Glee piacesse oppure no. Agganciai il maglione chilometrico che portava e senza darle il tempo di pensare mi chinai su di lei e le diedi un bacio.

Non mi arrischiai ad approfondire, non era il caso di rimanere con un pezzo di lingua in meno, però la presi tra le braccia e la strinsi forte.

 

«Uau! Lele, che passione!» rimarcò Gian «Sara, ci vediamo. Dai, Romeo, andiamo a casa prima che ti metti a copulare direttamente in corridoio».

Mi staccai da Glee mettendomi a ridere «Guarda che sei tu quello che si è scopato quella rossa direttamente nel corridoio di facoltà».

Per sicurezza scrutai Glee prima di trovarmi un palo di ferro schiantato direttamente sul coppino. Infatti non sembrava molto felice

«Ti ho detto di non baciarmi» sibilò Glee aggrappandosi al colletto della maglia.

«No, tu hai detto di non fare “smancerie” in privato, ma adesso abbiamo un pubblico» feci un cenno verso il Fassi e la sua amica e in tutta risposta quella angelica della mia finta ragazza mi diede un altro pugno sullo sterno.

«Ahi! Giuro che se lo fai ancora te lo rendo con gli interessi!» strinsi il suo polso minaccioso ma lei sostenne il mio sguardo con lo stesso cipiglio scuro.

 

«Uh uh. Quanto amore sento nell'aria» scherzò Gian che mi aspettava impaziente. Feci per allontanarmi, salutando le ragazze quando Glee mi richiamò con un tono di voce stranamente dolce. Il campanellino della mia sopravvivenza integra squillò insistente per proteggermi.

«Dimmi, Gloria» risposi tranquillo, cercando di trattenere la curiosità. Perché mi aveva richiamato? Cosa aveva in mente?

«Tra due giorni è sabato. Mi accompagneresti in un posto? Sarebbe sabato sera. Ho promesso a una persona di andarci ma preferirei avere compagnia» mi pregò con l'espressione più tenera che mi avesse mai rivolto.

«E' una festa?» chiesi e avrei fatto altre domande se Gian non fosse tornato alla carica con la sua fretta. «Perché fai domande? È la tua ragazza, no? Ti ha chiesto un favore e tu farai il bravo e la accompagnerai... queste scene da Lele innamorato non me le voglio proprio perdere. Posso seguirvi?». Ecco questo era qualcosa da evitare, se no avrebbe visto tutte le botte che dava lei quando mi avvicinavo troppo.

 

«Gian, sei il solito! Lasciali in pace e vieni con noi. C'è un mio amico che fa un concerto al House In...» intervenne Sara. Che cara ragazza.

«Allora? Lele, mi accompagni?» chiese ancora Glee.

«Tutto quello che vuoi, amore» le risposi. Era divertente vedere le facce buffe che metteva su quando tiravo fuori questa storia. Questa volta invece si limitò a fare una smorfia seguita da un sorriso finto e tirato. Cosa aveva escogitato?

Con questa domanda esistenziale mi diressi verso l'uscita, facendo compagnia a Gian per tutto il tragitto del ritorno al nostro appartamento.

Quella era stata davvero una giornata campale, mi era successo praticamente di tutto. E ora mi ritrovavo con una ragazza... non sapevo cosa pensare di Glee. Mi sembrava una tipa tutta da scoprire in tutti i sensi. Un caratterino multiforme da prendere con le molle era stimolante, un corpo dove non c'erano abbastanza aggettivi superlativi per descriverlo era eccitante. Ci sarebbe stato da divertirsi. In un angolo del mio cervello, una vocina mi suggerì anche che poteva esserci un altro rischio per la mia persona, ma passai oltre senza soffermarmi troppo.

 

«Allora, adesso raccontami tutto. Parti dallo spiegarmi perché Glee». Gian camminava al mio fianco. Non avevamo la macchina ed eravamo costretti a tornare a casa a piedi o con i mezzi pubblici, ma quella sera avevamo voglia di fare quattro passi.

Mani in tasca avanzavamo lenti.

«E' particolare, è simpatica e molto carina» risposi stando abbastanza vago.

«Più della metà della tua rubrica telefonica corrisponde a quella descrizione. Intendo dire la tua descrizione. Per te particolare vuol dire scema, simpatica vuol dire che la da a tutti e carina che si può guardare. Devo applicare questa logica anche alla tua nuova ragazza?».

Ma ero così superficiale? Ci pensai un attimo e risi del profondo ragionamento del Fassi. Era quasi un miracolo quando usava il cervello.

 

«No. Lei è davvero un tipo particolare, simpatico e carino. Senza sottintesi» gli chiarii.

«Come fai a dire che è carina? Certo, di viso non è male ma ci sono altre decisamente meglio. Per il resto potrebbe essere anche una taglia cinquantaquattro che non me ne accorgerei».

«Prova a immaginare un fisico bellissimo. Il più bello di tutti. Quello perfetto» suggerii.

«La Barbie» sospirò e io sgranai gli occhi e rimasi interdetto.

«Sì, va beh. Diciamo più morbido» cercai di portarlo verso il pensiero giusto.

«La Barbie bambola gonfiabile» sospirò più forte.

«Non ci sei ancora. Più carne che plastica» adesso ci sarebbe arrivato.

«Un ciborg stile fumetto manga! Non sapevo che Glee fosse giapponese».

Mi misi le mani sulla testa e scossi i miei riccioli ribelli. Niente da fare, Gian era sempre il solito, quando sembrava che avesse un barlume di intelligenza, questa affogava negli altri residui di scorie.

«Ha un corpo da favola. Non hai mai visto niente di così perfetto. Hai presente Valentina? Cento volte meglio» sbottai. Forse così avrebbe capito.

«Quando dici cento volte meglio ti riferisci a una singola parte o a tutto l'insieme? Perché a me mica piaceva tanto lo stacco di cosce...». Niente da fare. Quando non voleva capire, non c'era nessuno peggio di Gian per riuscirci.

 

La strada verso casa al freddo ebbe la capacità di schiarirmi le idee.

Quella giornata era stata tremenda. Mi ero svegliato con l'impegno di aiutare Lily per la spesa, mi ero ritrovato scoperto da Glee, mi ero dichiarato per scherzo, mi avevano affibbiato una ragazza che aveva cominciato subito a sfruttarmi, ero andato a fare una commissione e mi ero trovato assalito da commessi arrapati ad acquistare completini intimi da stupro. Mi avevano requisito la macchina, mi ero preso la pioggia ed ero quasi stato avvelenato da quella pazza psicopatica.

Però, l'ultima parte della giornata non era stata niente male. Appena chiudevo gli occhi vedevo la schiena di Glee, i glutei, le gambe e poi le labbra, il bacio sul tappeto e ancora sulla porta.

Era la mia ragazza per finta ma, ad essere sincero, non mi dispiaceva per niente. Magari se fosse rimasta zitta sarebbe stata perfetta, visto il fisico che si ritrovava. Non si poteva avere tutto dalla vita, ma quella ragazza era senz'altro un buon inizio.

Forse essere fidanzato poteva essere una bella esperienza, in fin dei conti non mi era mai capitato.

 

Quando arrivai a casa, Mattia e Jake erano in cucina ad aspettare il nostro ritorno.

«Niente uscita con le vostre ragazze?» chiesi ironico mentre mi accomodavo al tavolo e annusavo i manicaretti che quei due stavano preparando.

Per essere dei ragazzi non ce la cavavamo male. Ormai la pasta e le bottiglie di sugo non avevano più segreti, e dopo aver capito che la piastra non mangiava la carne ma la cuoceva, andavamo verso la civilizzazione dei fornelli.

«Starò con Lily domani e sabato e credo che Jake riesca a stare una sera senza la dolce Consuelo... oggi è giovedì, giusto? Serata tra di noi. Poi, Lele, tu hai qualche cosa da dirci, giusto?». Mattia sembrava tornato apposta per sapere tutto di questa storia, perciò mi armai di pazienza e cominciai a raccontare la storia molto romanzata e senza riferimenti a una notissima bionda.

 

«Beh, è stato davvero imprevisto. Non so neanche io come sia successo ma mi sono accorto che mi piace» e forse era anche vero.

«Ma lei? Ti è caduta tra le braccia così?» chiese scettico Jake. Conoscendo Glee, sarei stato scettico anche io.

«A dire il vero, proprio per niente. Mi ha detto che forse avrebbe potuto funzionare ma che per ora ero in prova. Secondo lei dovrei corteggiarla, farla innamorare e regalarle il sogno dell'amore stile Disney» ero appoggiato sul tavolo con il gomito e scrutavo la faccia sconvolta degli altri tre.

 

«Stai dicendo che ti vedremo sospirare, comprare fiori e cioccolatini e correre da lei appena schiocca le dita?». Gian era decisamente incredulo.

«Il fatto di correre lo sto già facendo per tutti voi, quale sarebbe la differenza?» obiettai.

«Per una ragazza che non sia una tua cara amica? Mai» confermò Mattia.

Forse aveva ragione, non mi ero mai sbattuto per qualcun altro che non fossero i miei amici, gli unici ai quali riuscivo ad appoggiarmi e di cui mi fidavo.

«Fammi capire. Lei ti piace talmente tanto che le farai da zerbino? Ti ricordi come si è ridotto Jake quando si è messo con Consuelo?». Gian non aveva mai digerito l'atteggiamento servile dei primi tempi di suo fratello.

Solo con il tempo e osservando con attenzione, avevamo capito che quella incapace di dire di no era la spagnola.

 

«Non ero uno zerbino» protestò il Fassi «In ogni caso ho avuto il premio... come me lo sia guadagnato non ha importanza». Una rivelazione!

«Vuoi dire che non importa cosa potrà accadere, devo agire per arrivare all'obbiettivo finale?». Mi sentivo come una spia del controspionaggio.

«Esattamente! Questa è una guerra. Tu sei l'armata che circonda il castello, lo assedia e lo deve espugnare. Devi avere un piano, studiare le difese e demolirle a una a una e poi contrattaccare sino ad arrivare alla vittoria» spiegò esultante Jake.

«Più prosaicamente, entrare nel suo letto e poi nella sua vagina» chiarì Gian con il suo solito modo signorile di descrivere qualcosa, rigorosamente a luci rosse.

«Credo che Jake intendesse 'entrare nel suo cuore e farla innamorare di te'» intervenne il dolce Mattia. Solo lui poteva essere così svenevole e romantico e trombare selvaggiamente con la sua ragazza almeno due volte al giorno.

«Comunque, se già non le piacessi, non ti avrebbe mai dato una possibilità» commentò Jake incoraggiante.

 

Peccato che la possibilità non solo non me l'aveva data, ma neanche esisteva. Era tutta una recita per pararmi il culo. Che situazione di merda.

Beh, io me l'ero cercata e io avrei dovuto tirarmene fuori.

 

«Allora? Sabato? Dove vai con la donzella?» chiese Gian, ricordandosi dell'appuntamento che Glee mi aveva strappato davanti alla sua porta.

«Non ne ho la più pallida idea, ma può essere una buona occasione per iniziare l'attacco alla fortezza» strizzai l'occhio a Jake che mi alzò il pollice in segno di approvazione.

«E tu? Niente per sabato?» chiese Mattia, portando i piatti di pasta in tavola.

Gian arrossì «Sara mi ha invitato a una serata di musica di un suo amico». Sembrava imbarazzato. Perché non infierire? Lui lo faceva sempre.

«Che intenzioni hai con Sara? Ti comporti quasi da umano con lei» commentai leggero guardando il piatto, mentre lo osservavo sottecchi.

Lui sbuffò infastidito «Cosa vuoi che ti dica? Anche io devo pur farmi qualcuna e se devo lavorarci sopra un pochino... Mica ce le ho tutte disponibili come con te».

Ecco che ricominciava, ma cosa centravo io se le ragazze erano così vuote da voler scopare con uno al quale non interessava nulla di loro.

 

«Non trattarla male, lo sai che è la piccolina della casa dello studente, se Lily o Consuelo intuiscono qualche cosa di marcio nel tuo modo di fare, castrano te e noi due facendoci lo sconto comitiva!» lo avvisò Mattia lievemente preoccupato.

«Parlate come se fosse una minorenne. Mica ha quindici anni» protestò il gemello.

«Vero, ma non è neanche una che la dà per sport. Fidati, riconosco i tipi e quella è decisamente blindata» intervenni io.

«Okay, farò il bravo... poi comunque Sara è simpatica, non sarà tanto male». Sembrava che Gian fosse sulla via della redenzione e che avesse deciso di arrendersi.

 

«A proposito delle altre, come la metti con le ragazze che ti cercano e alle quali tu non disdegni attenzioni?» mi chiese Mattia mentre finiva di mettere i piatti sporchi nel lavello.

«Cosa intendi?».

«Che tu hai una rubrica piena di numeri di ragazze, più che disposte a concedersi a te, come farai a rinunciare a tutte per una? È un cambiamento davvero epocale per te».

Mattia aveva ragione. Sarei riuscito a cambiare così la mia vita?

«Mi ha chiesto di esserle fedele» sussurrai. Quasi volevo scavarmi un buco e seppellirmici dentro. Io fedele? Mica ero un cagnolino! Non ero un lupo o un'aquila reale, io ero una tigre, un poligamo conclamato ed irrecuperabile.

«Uhmm. Sembra che sei proprio in prova, ed io con Glee ci starei attento con queste regole. Una volta l'ho vista alle prese con un tizio, giuro che l'ha fatto piangere». Questa cosa non suonava tanto bene.

«Allora adesso vado a dormirci sopra, così ci penso e vedo se continuare questa cosa o lasciare perdere» dissi alzandomi.

 

Passai il venerdì in stato quasi vegetativo. Avevo solo una lezione in facoltà ma non ero abbastanza concentrato per provarci anche soltanto ad uscire di casa, pertanto andai a ritirare l'auto al deposito e pagai la multa per poi tornarmene a dormicchiare.

Sembrava fosse passata un'eternità da quando sospiravo per Lily e adesso il suo pensiero non mi aveva neanche sfiorato.

Da quando Glee mi era entrata così dentro? Dalla sera dei funghi? Dalla dichiarazione finta? Dal bacio sul tappeto? Dallo spogliarello che mi aveva regalato la sera prima?

Continuavo a guardare il suo corpo sul display del cellulare. Quella figuretta da pin up anni cinquanta da far sognare chiunque.

Eppure non era solo il suo corpo, era la sua testa che mi intrigava. Il suo essere fuori dagli schemi, il suo carattere forte eppure così dolce e disponibile. Voleva proteggere Lily e  aveva incastrato me. Chissà se davvero era così o magari un pochino le piacevo?

Perché se ero sincero con me stesso, lei mi piaceva parecchio.

 

Non era una delle solite disponibili che mi scopavo a tempo perso, lei era vera, era viva e mi sconvolgeva l'esistenza.

Certo, se il resto dei miei giorni fosse stato come ieri, mi sarei suicidato, anche perché l'alternativa sarebbe stata una lunghissima terapia psicologica. Però avevo la speranza che, se ci fossimo davvero messi insieme, le cose sarebbero andate meglio.

Dovevo provarci sul serio con lei? Dovevo provare ad innamorarmi ancora una volta?

Era questa la domanda più difficile.

Se davvero lei non provava niente per me ed era solo per coprire Lily, allora se mi buttavo in questa avventura senza salvagente, avrei rischiato di rompermi ancora e questa volta niente e nessuno sarebbe riuscito a rimettere insieme i miei pezzi.

«Un passo per volta, Lele» mi dissi.

 

Potevo cominciare a frequentarla e conoscerla, poi se ci fossimo trovati bene insieme, avremmo potuto creare qualcosa di più profondo e nostro. Sì. L'esperimento potevo rischiarlo. Decisi di provarci ed affrontai il sabato più fiducioso.

Sulla mia segreteria c'erano nove messaggi di ragazze varie e neanche uno di Glee.

 

«Sei pronto per questa sera?» mi chiese Mattia la mattina del sabato.

Avevo dormito tutta la notte senza sognare nulla. Ero riposato e arzillo, pronto per qualsiasi cosa che Glee avesse avuto in mente.

«Credo di sì. Ho dormito, ho fatto colazione e adesso mi godo questa giornata di assoluto riposo in vista della serata». Quello era il mio programma per il giorno.

«Che fine aveva fatto la tua auto?».

Il mio cuore si strinse in una morsa. Quello che avevo sborsato per la mia piccolina era quasi stato un furto.

«Sosta vietata davanti a un passo carraio, rimossa dai vigili e portata al deposito. Praticamente uno scherzetto da 157 euro» risposi con scoramento.

«Un affarone. E perché eri davanti a un passo carraio se mi è lecito chiedere?». Bella domanda...

«Stavo facendo una commissione per Glee» risposi. In quel momento mi accorsi che Mattia era decisamente perplesso.

«Fammi capire. Hai abbandonato la tua adorata auto al rischio rimozione e/o multa e/o sfregio, per Glee? Chi sei tu? Cosa ne hai fatto del mio amico affezionato barra ossessionato dalla sua macchina? Se non fosse che mi sembra assurdo, direi che sei cotto a puntino di questa ragazza». Mattia era decisamente fuori di testa per dire una cosa simile.

Io perso per Glee? In quale film? Ai confini della realtà? Figuriamoci.

Carina sì, senza dubbio. Innamorato? Nah! Assolutamente!

Non risposi e con la mano lo mandai direttamente a quel paese e lui si mise a ridere.

Il nostro discorso finì lì ed io mi dedicai a pensare alla serata che mi attendeva.

 

Chissà come mi sarei dovuto vestire? Magari si andava in discoteca o in un pub, oppure a una festa privata. Meglio saperlo prima.

Presi il cellulare e risalii al numero di telefono di Glee tramite la foto che mi ero autospedito. Era troppo azzardato metterla come sfondo? Tanto non si vedeva il viso, lo sapevo solo io.

Il cellulare iniziò a squillare. Una volta. Due volte. Tre volte. Quattro volte. Cinque volte. Sei volte. Stavo per perdere la pazienza. Sette volte. Ma dove era andata? Otto volte. Davvero ha seppellito il telefono da qualche parte? Nove volte. Ancora una e avrei messo giù. Dieci volte. Giuro che avrei riattaccato se non mi rispondeva subito. Undici volte. Ma non va in segreteria? Dodic...

“Pronto?” una voce affannata come per una corsa, rispose al cellulare.

«Gloria? Sei tu?» chiesi perplesso. Sembrava una voce delle caverne con l'asma.

“Pronto? Sì, sono Gloria. Chi parla?”. Tristezza! Non mi aveva riconosciuto.

«Ciao, sono Lele» risposi tronfio.

“Lele, chi?”. Ma che bastarda!

«Emanuele Mancini, amore».

“Chi?”. Era ancora lunga questa storia?

«Lo scopatore universale» sospirai e lei si mise a ridere allegra. Bastarda. Era lì che voleva arrivare.

“Oh! Lele, certo. Dimmi cosa posso fare per te? A parte venire a letto?”. Simpatica.

«Lo saprei ben io... volevo chiederti come dovevo mettermi questa sera, giacca, giubbotto, cravatta, nudo... dimmi tu». Sinceramente sperai che scegliesse l'ultima opzione. Speranza vana.

“Carino ma informale. Camicia e giubbotto andranno benissimo... davvero vieni con me?”. Sembrava incredula.

«Certo. Mi hai invitato e io sono un ragazzo che segue sempre la sua dama». Mi parve di vederla sorridere alla mia battuta.

“Perfetto, allora ci vediamo alle otto all'hotel GreenRose93 in centro. Puoi anche non mangiare, ci sarà un rinfresco alla fine. Passo a prenderti io o preferisci...”. Poteva un ragazzo galante come me permettere che una ragazza facesse da taxi? Giammai.

«Passo a prenderti io. Sette e mezza così avremo tutto il tempo per arrivare a destinazione in orario».

“Perfetto, ci vediamo questa sera. e... grazie” e chiuse la comunicazione.

 

Continuai a guardare il cellulare per alcuni minuti con uno sguardo leggermente ebete, poi mi decisi. Era perfetto come sfondo. Il corpo che tutti mi avrebbero invidiato pur non sapendo a chi apparteneva. Caricai la foto e salvai, poi riposi il tutto decisamente soddisfatto.

 

«Secondo te dove vuole portarti Glee?» chiese curioso Gian mentre si stava sistemando allo specchio. Il dramma di essere quattro ragazzi e un  bagno solo il sabato sera. Chi non ha mai provato non sa le lotte che bisogna fare per conquistare un pezzo di specchio o un minuto di doccia!

«Io, fossi in te, mi concentrerei dove vuole portarmi Sara. Pensiamo ognuno alla propria ragazza, okay?» risposi piccato. Ero un pochino nervoso e non avevo neanche idea del perché. Era solo Glee, la mia finta ragazza. Dovevo solo passarci una serata insieme e divertirmi senza aspettarmi niente di più.

«Lily e Mattia vengono con noi. Almeno non mi sentirò troppo solo, anche se sembrerà una uscita a quattro... avrei preferito ci fossero anche Jake e Consuelo. Maledizione a quando l'ha convinto a fare kung fu. Fa pure male se ti avvicini troppo!» commentò Gian.

Vero. Jake e Consi erano tornati nella nostra città per una manifestazione delle arti marziali che si sarebbe svolta la domenica mattina.

«Beh, buon divertimento a tutti!» augurai chiudendo la porta alle mie spalle.

 

«Uau! Sei puntualissimo!» esclamò Glee salendo sulla mia Mito. Naturalmente non era molto diversa dal solito. I pantaloni erano meno gonfi e più morbidi, la parte sopra era coperta da un giaccone trapuntato blu notte che la faceva sembrare la moglie dell'omino Michelin, i capelli erano grigi con ciocche azzurre. Chissà se sotto si era vestita meglio?

«Hai ripreso la tua auto senza un graffio o l'hanno ridotta a un catorcio?» chiese poi sogghignando mentre mi immettevo nella strada verso la nostra destinazione.

«Sei simpatica come un carciofo infilato nel cu...» sbottai ma venni immediatamente stoppato.

«Lele! Dai, non voglio litigare. Era solo una battuta... Allora? Sei pronto a passare questa serata con me?» chiese con un sorriso splendente.

«Assolutamente. Ci sarà una festa?» chiesi quasi impaziente. Cominciavo a rilassarmi e la cosa mi piaceva.

«Qualcosa del genere» rispose lei sul vago.

 

Il traffico era scorrevole e in men che non si dica ci ritrovammo all'hotel. Girai attorno allo stabile e parcheggiai la mia beneamata, poi tornammo sulla strada ed entrammo nella hall.

Glee mi sorrise e mi prese per mano, conducendomi verso una sala che si apriva sulla destra.

Sulla porta c'era un treppiedi con un cartellone.

Era un convegno. Mi aveva portato a un convegno.

Non sarebbe stato drammatico, se non fosse stato per il titolo dell'argomento trattato:

Il rapporto tra le muffe della Patagonia sud occidentale e i licheni geneticamente modificati trovati nello stomaco delle renne della Lapponia.

Si prospettava una serata davvero divertente.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

prima di tutto, grazie a Elenri per le sue idee a cui ho attinto a piene mani: giustificare l'interesse di Lele per Glee e il convegno...

 

Ho ancora parecchie delle vostre idee da estrapolare e questa serata non è ancora finita. Il rinfresco... il dopo convegno... la serata di Gian...

credo che ci sarà da ridere... ancora.

 

Comunque la  scena più divertente è il dialogo tra Lele e Gian. Il Fassi è proprio fissato con il sesso. Chissà se Sara riuscirà ad addomesticarlo?

 

Per ora vi ringrazio per l'attenzione e ci leggiamo tra quindici giorni.

Alla prossima

baciotti

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Capitolo 6
*** una serata da ricordare ***


 

Ciao a tutti!

Eccomi qui, tornata con questo altro capitolo di “fidanzato in prova”.

La volta scorsa abbiamo lasciato Lele a una conferenza dal titolo impossibile. Adesso ci gusteremo quello che gli è successo.

 

Ringraziamenti a chi recensisce. Nick nuovi sono presenti nella storia. Grazie a chi ha inserito questa storiella nelle preferite, ricordate, seguite e chi ha letto.

Grazie, infine, a Elenri per i banner che alternativamente posto. Alla fine dovrete votare quello che vi piace di più tra i quattro postati.

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E ora... BUONA LETTURA!

---ooOoo---

 

Era un convegno. Mi aveva portato a un convegno.

Non sarebbe stato drammatico, se non fosse stato per il titolo dell'argomento trattato:

Il rapporto tra le muffe della Patagonia sud occidentale e i licheni geneticamente modificati trovati nello stomaco delle renne della Lapponia.

Si prospettava una serata davvero divertente.

 

Andammo al guardaroba a lasciare i nostri piumini.

In effetti, per una volta non era vestita malissimo: i pantaloni neri scendevano morbidi lungo le gambe e una maglia dolcevita azzurro pallido accarezzava dolcemente il busto evidenziando la curva generosa dei seni e la vita stretta.

La osservai stupito e lei se ne accorse perché mi rispose piccata «Beh? Ormai hai visto come sono, posso anche vestirmi così, ti pare?».

Ridacchiai «Che onore!».

 

Mi riprese la mano e mi tirò verso la sala del convegno.

«Gloria, non è divertente» dissi indicando il cartellone, lasciando così la sua mano.

Lei mi guardò stupita, poi si voltò e si diresse verso un tipo bassino, pelato, con un completo giallo ocra a righe verticali completato da una cravatta rossa con teste di renne ricamate sopra. Il naso rubicondo completava questa figura ridicola.

Avrei scommesso la ruota di scorta della mia Mito che quel tipo assurdo era l'amico che aveva invitato Glee, oltre che essere il relatore di questo convegno dall'argomento tanto interessante.

 

«Ciao, Michel» disse lei abbassandosi per baciare le guancie del bassotto rubicondo. Michel! Stz! Francese, che cazzo di nome da gay! Ma tutti lei li conosceva?

«Oh! Glorya, ma cher! Come va? Sei riuscita a venire questa sera! Vuoi fare un intervento anche tu? Sono ansioso di leggere i nuovi dati sui funghi che stai studiando» pigolò con accento tipico transalpino.

Quali sarebbero stati i risultati dei suoi studi sui funghi, già li sapevo! Facevano sballare e baciare ragazze impegnate, riempiendo la mente di seghe e problemi.

«Mi dispiace, Michel, ma sono venuta con un amico e ho solo intenzione di sentire te. Sono sicura che i tuoi studi saranno illuminanti» risponde solare.

Illuminante? Lo studio delle muffe e dei licheni? E che ci devono fare? L'insalatona?

«Grazie, cherie, adesso andate ad accomodarvi, ci vediamo dopo al rinfresco» disse il bassotto prima di allontanarsi tutto soddisfatto.

 

Glee si avvicinò alla prima fila di sedie e si sedette proprio davanti al relatore. Ma non poteva trovare un posto più nascosto? Io non riuscivo a stare sveglio se l'argomento era noioso e per questo convegno ci mettevo la mano sul fuoco che mi sarei addormentato in un paio di minuti. A me dei licheni geneticamente modificati dalle muffe della Patagonia non interessava proprio niente.

«Michel è proprio contento questa sera. Non si aspettava tutta questa affluenza» disse Glee gioiosa. Mi voltai e guardai la sala. Del centinaio di sedie a disposizione, ne erano occupate si e no una decina. Decisamente una folla!

Mi sentivo come il coglione di turno e tutti quelli che erano in giro per divertirsi erano molto più furbi di me. Guardai Glee tutta felice e soddisfatta e sperai che la serata migliorasse una volta finita questa specie di scherzo.

 

«... Per questo è assolutamente certo che la composizione del DNA delle muffe presenti su...» tentai di tenere gli occhi aperti, ma era un'impresa decisamente titanica. In più, se il bassotto sembrava un entusiasta quando eravamo arrivati, adesso parlava con un tono da encefalogramma di un morto, ossia piatto. L'unica cosa positiva di questo momento erano le poltroncine, decisamente comode. Mi sistemai meglio e incrociai le braccia, cercando di concentrarmi per ascoltare.

«... pertanto ci troviamo di fronte alla domanda del secolo: come possono i licheni geneticamente modificati avere la stessa struttura molecolare delle muffe presenti negli intestini...». Dio santo! Ma come si poteva ascoltare delle cose simili? Domanda del secolo? Gliela facevo io la domanda del secolo? Ma questo qui non aveva niente di meglio da fare che rotolarsi tra muffe e licheni?

 

Il tempo stava passando e la mia testa era sempre più pesante. Glee osservava ed ascoltava attentissima. Quasi sembrava voler prendere appunti...

Che schienale morbido sotto la mia guancia, sembrava quasi un cuscino...

Caddi nell'incoscienza, probabilmente addormentato, come temevo sin da quando avevo letto il titolo di quel cartellone nefasto.

Sobbalzai quando una potente gomitata mi fece perdere il respiro e mi tirai seduto sbattendo gli occhi. Davanti al mio naso c'era un florido decolté di una donna matura che si era seduta accanto a noi e, visto come era stropicciata la stoffa che le conteneva il seno, mi ci ero addormentato sopra.

«Ragazzo, era da tanto che un giovane come te non mi avvicinava in questo modo!» sorrise ammiccando la donna.

 

Mi voltai preoccupato verso il lato dal quale era arrivata la gomitata al costato. Glee mi guardava furente.

«Cosa credevi di fare sbavando sulle tette della madre di Michel? Sei il solito porco!» sibilò arrabbiatissima. I suoi occhi mandavano lampi e promesse di ore di inferno per la mia persona. Cominciai a sudare freddo e a maledire il momento in cui avevo accettato di passare questa serata con lei.

«Scusami... è che non è un argomento... ti prego, non volevo...» balbettai cercando di imbastire una qualche storia plausibile. La verità ti renderà libero, diceva un detto, perciò tentai quella carta. «Gloria, l'argomento di questo convegno è pessimo e io mi sono addormentato. Neanche mi sono accorto che fosse arrivato qualcuno e si fosse seduto accanto a noi».

«Vorresti dire che i miei interessi non sono degni di nota per il grande Emanuele Mancini?». Ecco perché mio padre diceva di non contraddire mai una donna. Riuscivano a rigirare il discorso come se fosse stata una frittata. Chi mai aveva detto che i suoi interessi erano noiosi? Io mi riferivo solo a Michel! Probabilmente se fosse stata lei a parlare delle muffe mi sarei messo ad ascoltarla rapito dalla sua conoscenza.

 

«Glee, conosci questo bel giovanotto?» chiese la signora sporgendosi per guardarla.

«In realtà sono il suo ragazzo» intervenni prima che Glee mi smentisse e mi relegasse al ruolo di semplice tassista portaborse.

«Oh!» la signora spalancò gli occhi sorpresa... eh, lo so, un tipo così affascinante come me... «Che peccato, speravo che tra te e il mio Michel potesse nascere qualcosa. Sei così bella, ragazza mia. Invece ti sei accontentata di questo qui. Non capirò mai i gusti di voi giovani». E qui la vignetta più giusta sarebbe stata io con una incudine che mi cadeva in testa, e facevo la fine di un limone spiaccicato. Più o meno come la mia autostima.

Che avevo che non andava? Che Glee fosse una bella ragazza era assodato, ma io ero uno dei ragazzi più ambiti dell'intera università, avevo file di ragazze che avrebbero fatto di tutto per una serata con me (o per farmi fare un sonnellino sulle loro tette) e questa diceva che ero peggio di quella specie di bassotto pelato e rubizzo del suo figliolo?

È proprio vero che il figlio di ogni madre è il più bello di tutti, con buona pace della realtà.

 

«Signora, è stato un amore fulminante... sono talmente frastornata da questo sentimento che è come se ci fossimo messi insieme da pochissimi giorni» rispose ironica Glee.

«Ma tu, amore, hai rapito il mio cuore» rincarai la dose rivolgendole uno sguardo adorante che ebbe l'effetto di farla leggermente arrossire, poi le presi la mano e le baciai leggero l'incavo del polso dopo aver spostato le maglie di un braccialetto. Glee trattenne il fiato prima di togliere repentina la mano dalle mie.

Si era imbarazzata, una vittoria se vogliamo dirla tutta.

Non rispose più a nessuno e riprese a stare attenta e a bersi tutte le castronate che diceva il bassotto pelato, monocorde mentre spiegava i mutamenti dei licheni. C'era da esserne così convinti?

 

La nenia del relatore, stava di nuovo facendo effetto e Glee mi prese per mano ed iniziò a pizzicarmi il palmo senza togliere lo sguardo dal bassotto. Così presi a carezzarle una falange con il pollice. A un occhio esterno potevamo sembrare due fidanzatini che si scambiavano coccole senza voler farsi notare.

«... E' per questo che possiamo dire che questa straordinaria scoperta potrà essere fondamentale per i prossimi studi». Concluse? Aveva finito?

Passò un minuto circa prima che Glee staccasse la mano dalla mia ed iniziasse un timido applauso, seguito poi dalla giunonica madre del bassotto e da quelli che, stoicamente, avevano resistito a questa palla stratosferica.

«E adesso vogliate accomodarvi al rinfresco in fondo alla sala» invitò Michel ed io mi alzai di getto, subito seguito da Glee.

 

«Lele, ti spiace se ti lascio un attimo solo? Devo parlare con Michel... tu intanto vai avanti» le sue parole erano dolci e gentili. Sembrava quasi strano che non mi urlasse contro, non ci ero abituato.

Acconsentii subito, non avevo alcuna voglia di ascoltare ulteriormente il bassotto pelato, e cominciai a camminare verso il fondo della sala.

Una tavola da otto posti dove, su un lato, erano posizionati due piatti in vetro con delle tartine strane sopra, verdi.

Ero il primo ad essere arrivato al tavolo e avevo decisamente fame, perciò mi avventai sul primo piatto e presi quella specie di kracker scuro con della salsa verde sopra. Oltre a essere scuro era pure bruciato, visto che sapeva di legno, più di tappo.

Di sicuro non era il massimo di un rinfresco e mi ripromisi di fermarmi alla prima pizzeria per una quattro stagioni.

 

In quel momento arrivò un cameriere e posò due piatti di pizzette e panini e posizionò un cartellino davanti a ognuno dei primi due piatti che coprì con dei coperchi di vetro.

Quando lessi i biglietti mi venne un conato di vomito. “CORTECCE DI PINO CON MUSCHIO E MUFFA. PATAGONIA” in uno, “LICHENI NATURALI E GENETICAMENTE MODIFICATI” nell'altro.

«Lele, eccomi...» annunciò allegra Glee, poi mi guardò più attentamente «Stai male? Sei verde come un pisello».

«Lasciami stare... ho lo stomaco sotto sopra a sentire parlare di muffe».

Lei si guardò intorno poi mi fissò inarcando il sopracciglio e incrociando le braccia scettica. Forse aveva intuito quello che era successo? Feci buon viso a cattivo gioco, dopo essermi scolato due bottigliette di acqua che erano arrivate nel frattempo e anche un bicchiere di intruglio alcoolico non meglio identificato. Se non altro avevo disinfettato lo stomaco.

 

Nella sala eravamo rimasti in sei, contando anche il bassotto pelato e la sua mammina.

«Glee, sono davvero felice che tu sia venuta ed abbia portato il tuo amico. Studia con te?» Michel si era riavvicinato. Per carità, era alto un metro e un tappo, ma non mi piaceva lo stesso. Era una sensazione a pelle... o a muffa.

«No, lui fa legge... lui è il mio, ehm, ragazzo». Dalla faccia che stava facendo la mia ragazza mentre mi presentava, sembrava le stessero strappando un dente senza anestesia, ma alla fine mi aveva definito correttamente.

«Oh» rispose solo il bassotto, stupito più o meno come sua madre.

 

«Comunque, Michel, i tuoi risultati sono estremamente interessanti e aprono nuove prospettive all'evoluzione e alla deriva dei continenti. Sono ansiosa di leggere qualcosa altro in merito. Adesso però dobbiamo andare, ci stanno aspettando dall'altra parte della città» disse Glee, prendendomi per un braccio e tirandomi verso l'uscita con mia grande gioia.

 

«Mamma mia, non ce la facevo più. È un argomento di una noia mortale... è come andare a cercare il granello di polvere quando hai davanti un masso da studiare. È semplicemente assurdo» borbottò irritata mentre prendevamo i piumini. Ma come? Era lei che voleva sentire questa conferenza e adesso veniva fuori che non gli interessava?

«Mi prendi in giro? Perché mi hai portato qui se non ti interessava?» adesso la cosa iniziava a farmi arrabbiare.

«Beh» sembrava indecisa poi prese coraggio «In realtà volevo sentire Michel ma non volevo andarci da sola e nessuno mi avrebbe accompagnata a una cosa simile... poi te l'ho chiesto e tu hai detto di sì».

«Non mi avevi detto di cosa si trattava» le feci notare. Nel frattempo eravamo usciti dall'hotel.

«Ops... avevo paura che non mi avresti accompagnato... però, anche tu! Addormentarsi sul seno di un'altra! Potrei essere gelosa» e si mise a ridere allegra.

«Di una così non potresti mai essere gelosa» risposi prendendola per mano.

 

In quel momento sentii scivolare una catenella e cadere qualcosa.

«Il mio bracciale!» gridò Glee mentre iniziava a guardarsi attorno. Eravamo ai bordi del giardinetto dell'hotel e stavamo andando a recuperare la macchina.

«Ti prego, Lele, aiutami a cercarlo. Era di mia nonna e ci tengo davvero tanto» disse con voce accorata. Subito iniziammo a guardare ma era buio e non si vedeva a un palmo dal naso. Oltretutto era piovuto e la terra era scura come la notte.

«Vado a prendere una torcia». La mia ossessione per l'auto mi aveva fatto mettere tutti gli oggetti che potevano servire in caso di necessità nel bagagliaio, compresa la luce di emergenza.

 

Tornai dopo pochi istanti e iniziammo a scandagliare l'aiuola vicino al sentiero che avevamo appena percorso. Piccole pozze d'acqua stagnante intervallavano la terra molle. Per essere inverno, non era ancora ghiacciato e quindi il bracciale poteva essere stato sommerso.

«Eccolo!» esclamò Glee dopo poco tempo. Era finito dentro a una pozzanghera limacciosa, come volevasi dimostrare.

«Dammi la torcia, te la reggo mentre me lo recuperi» ordinò lei tendendo la mano.

«Perché devo essere io a mettere le dita nel fango?» chiesi polemico.

«Perché altrimenti racconterò di come ti sei mangiato un pezzo di legno ammuffito» sorrise sorniona. Allora mi aveva visto!

«Ricattatrice! Come lo hai capito?».

«Erano disposti in modo simmetrico, e si vedeva che ne mancava uno, poi tu eri l'unico lì vicino ed eri sul punto di vomitare l'anima, quindi ho pensato che l'avessi mangiato... per errore, si intende» e iniziò a ridacchiare.

 

«Occhio che adesso ti bacio e poi ti accarezzo con le mani infangate» minacciai sorridendo. Che figura da imbecille che avevo fatto. Eppure non mi spiaceva se a riderne era lei.

«Non oserai» fece un passo indietro, divertita mentre io recuperavo il braccialetto e mi ripulivo la mano con un fazzoletto.

«Certo che oso... così saprai com'è la fragranza di legno ammuffito e fango fresco di stagione» e mi slanciai ad abbracciarla mentre lei si voltava e correva per sfuggirmi.

Dopo un paio di scatti e finte, riuscii ad imprigionarla contro un pino... ironia della sorte, e mi avventai sulle labbra che mi stavano piacendo così tanto.

Per la prima volta, non si ritrasse, nonostante fossimo completamente soli ed io mi sentii autorizzato a chiedere di più stringendola più forte e invitandola ad aprire la bocca.

 

«Ah, siete voi... mi sembrava di aver sentito qualcuno» una voce arrivò al mio orecchio.

Ecco il nostro pubblico, dunque, e il motivo per cui non si era ribellata alla mia intrusione ma mi aveva messo le braccia al collo e le dita tra i capelli.

«Oh... ehm. Ciao, Michel. Stavamo andando a prendere l'auto» balbettò Glee dopo avermi spinto via per poter rispondere. Il bassotto fece un gesto come aver capito e si allontanò velocemente.

 

«Possiamo andare» dissi seccato. Mi rompeva il fatto che fosse sempre e comunque per recita. Okay, d'accordo. Questi erano i patti ma se davvero era così, perché quando ci baciavamo lei partecipava? La sentivo e non era una statua passiva.

Questa cosa era irritante.

«Cosa succede adesso?» mi chiese Glee notando il mio cambiamento di umore.

«Niente. Mi ero scordato che potevo avvicinarmi a te solo con qualcuno presente. Scusami, non accadrà più» risposi secco stringendo i denti ed entrai in macchina.

Se Glee fosse rimasta perplessa per la mia risposta non lo diede a vedere, dopo pochi istanti si sistemò sul sedile del passeggero ed io avviai l’automobile.

 

Rimanemmo in silenzio per diversi minuti, poi mi costrinsi a parlare. Era ancora presto, appena le dieci di sera e si poteva ancora andare da qualche altra parte per passare degnamente il sabato sera.

«Dove andiamo adesso?» chiesi.

«Se non vuoi passare altro tempo con me, portami pure a casa» rispose lei secca. Ecco che si prospettava un'altra discussione dai toni poco pacati.

«Non ho detto questo, anche perché altrimenti non ti avrei accompagnato o quanto meno sarei scappato urlando non appena avessi letto il tema trattato» le feci notare mentre attendevo che il semaforo diventasse verde.

«Okay, allora che ne dici di andare da Sara e gli altri? Così stiamo tutti insieme» propose lei e io ghignai prendendo la palla al balzo.

«Così avremo del pubblico e potrò coccolarti».

«Non ti allargare, Lele. Per questa sera mi hai coccolato abbastanza» rispose lei incrociando le braccia sul petto.

 

Voltai a destra e mi diressi verso il locale dove sapevo che i miei amici si erano ritrovati.

Era una specie di sala da the, dove, in una stanza apposita attigua, si tenevano dei concerti per piccole band e solisti.

Una volta c'ero andato per sentire una ragazza che voleva mettersi a cantare. Non era molto brava, se non altro era intonata, ma a letto era davvero grandiosa.

«Sai quale sarà il genere?» chiesi.

«Sara non mi ha detto niente, anche perché non pensava che andassimo da loro e onestamente io non ho chiesto» rispose lei rilassandosi leggermente.

Non parlammo sino a quando non parcheggiai a più da un isolato di distanza dall'House In. Non andai ad aprirle la porta, non ero dell'umore giusto e lei non mi chiese niente e neanche aspettò.

Arrivammo al locale camminando fianco a fianco, attenti a non sfiorarci. Sembravamo arrabbiati tutti e due, io per essermi sentito usato e preso in giro, lei... non avrei saputo dire.

 

Quando entrammo, ci dirigemmo subito alla sala della musica, ordinando prima una birra, l’unica cosa alcoolica decente che servivano in quel locale tutto verde e fiorellini.

Non appena aprii la porta scoppiai a ridere e moltissime persone si voltarono e mi fecero segno di stare zitto, arrabbiati.

Anche Glee sorrise. Beh, almeno coglieva il senso ironico della situazione: era musica da camera. Avrei scommesso su Mozart oppure Brahms, quello che mia zia adorava e della quale rifiutavo sempre gli inviti per non sorbirmene opere intere.

Nella penombra cercai le figure dei miei amici e li trovai seduti attorno a un tavolo accanto alla parete e non distante dall’esecutore seduto al pianoforte.

Un posto ottimale dall’acustica perfetta.

 

Non potei esimermi dal continuare a ridacchiare mentre precedevo Glee attraverso quei tavolini.

Mentre Sara era assorta e attentissima ai virtuosismi del suo amico, Gian era accasciato sul tavolo e continuava a sbattere la fronte sul piano, Mattia picchiettava la sua spalla per consolarlo con una faccia contrita e Lily guardava i due ragazzi con una mano sulla bocca per cercare di non ridere.

Era l’immagine dell’allegria. Bellissima.

 

Arrivammo al tavolino e spostammo due sedie per accomodarci.

«Oh, Lele, come sono felice che sei arrivato anche tu!» esclamò Gian con più enfasi del dovuto. Poi fece un gesto come a spararsi in bocca, nascondendo subito la mano sotto il tavolo ed esibendo un enorme splendente sorriso, quando Sara si voltò a salutare.

«Avete già finito? Doveva essere una festa noiosa» commentò Mattia, felice di avere una distrazione più consistente di un Fassi in agonia da classica.

«A essere sinceri, non era una festa» risposi a denti stretti, mostrando un sorriso tirato.

A questo punto Glee fu costretta ad intervenire «Era un convegno tenuto da uno studioso: Michel Poulet» cercò di darsi un tono, ma a questo punto fu Sara a mettersi a ridere.

«Il Pollo? Hai portato Lele a sentire il Pollo? E di cosa ha parlato questa volta? Delle amebe dell’artico o del muschio sulle rive del Mar Giallo?».

«Muffe della Patagonia e Licheni geneticamente modificati» mormorò Glee, facendo letteralmente scoppiare la cinesina ed attirando gli improperi di mezza sala per il nostro schiamazzo.

 

«Glee, ma perché lo odi tanto?» chiese tenendosi la pancia e indicando... me?

Tutti guardammo la mia ragazza finta. Mi odiava? Ma cosa le avevo fatto di così terribile?

Lei era arrossita e balbettò: «Non... non lo odio... non ho motivo per odiarlo».

«Portarlo da Pollo è una punizione che non affibbierei neanche al mio peggior nemico! È come l'anticamera del purgatorio». Okay, avevamo capito che il bassotto pelato era il peggio che mi poteva capitare di ascoltare (tranne forse il docente di diritto privato alla facoltà di giurisprudenza).

 

«Però è stato divertente! Pensa che si è addormentato sul seno della madre di Michel!» riferì impietosa e scoppiò a ridere scatenando di nuovo le ire degli spettatori del concertino.

«No! Giura!» rise Sara, quasi dimentica di essere in una sala dove stavano suonando.

«Abbi pazienza ma quella conferenza, con il bassotto che parlava come uno zombie... mi sono addormentato!» mi giustificai ridendo.

«Argomento? Muffe? Farebbe addormentare anche uno che ha bevuto tre ettolitri di caffè» disse Lily ed io le regalai un gran sorriso riconoscente.

«Io sono più interessato al cuscino dove ti sei addormentato» intervenne Mattia e Gian annuì energicamente.

 

«Beh, sono crollato e non mi sono reso conto di dove mi sono appoggiato».

«Eh?» incitò Gian ed io sorrisi malizioso.

«Direi una sesta, soda se si considera l'età» e qui ricevetti una sberla sul braccio da Glee.

«Gloria! Ahi! Che vuoi che ti dica? Erano due mel...» provai a dire mimando una strizzatina all'aria con entrambe le mani ma fui bloccato da una occhiataccia della mia finta ragazza.

«Stai parlando di una signora matura».

«Che, se ben ricordi, è rimasta molto delusa quando le ho detto che ero il tuo ragazzo, perché, probabilmente, voleva impalmarmi». Rabbrividii.

«Lele, non sapevo che avessi alzato le tue mire comprendendo anche le mature!» esclamò Mattia.

«Sei il mio idolo! Un grande!» ridacchiò Gian guadagnandosi un'occhiata scura di Sara.

«Se un vecchio si interessa di un minorenne si chiama pedofilo, se un giovane si interessa di una vecchia come si dice?» chiese Glee.

«Beh, se si parla di una bona si dice che è un figo, se è una incartapecorita che serve solo per i soldi, allora è uno schifo» rispose Gian mostrando la sua enorme saggezza.

Onore alla profondità di pensiero!

 

La musica incalzava e le birre erano arrivate. Rimanemmo finalmente in silenzio ad ascoltare la nenia che si levava lamentosa dal pianoforte. Dopo una conferenza sulle muffe e licheni di una vivacità stile funerale, questa fine serata era quanto di meglio potevo aspettarmi.

Quando finì il pezzo un applauso affettato scaturì dal pubblico e noi ci adeguammo battendo le mani (Gian battendo il tavolo come un bongo).

Il ragazzo si alzò e si inchinò per ringraziare, poi fece il suo annuncio: «Qualche anno fa era in classifica nelle vendite della Corea del Sud, questa canzone... io l'ho adattata in questa nuova versione per piano... si intitola hinata_in_love» e si accomodò alzando il naso all'aria e chiudendo gli occhi in un atteggiamento ispirato (e leggermente ridicolo).

 

«Il titolo mi ispira poco» mormorò Mattia.

La musica iniziò sfornando una cacofonia di suoni vagamente orientali mischiati con virtuosismi degni di Chopin... insomma, il classico insieme dei cavoli a merenda.

«Grandioso hip pop!» borbottò Gian, sull'orlo di una crisi di nervi.

«Da quanto siete qui?». Una cosa che mi era sfuggita.

«Due ore». La voce del Fassi sembrava uscire da una tomba vecchia di secoli. Era davvero distrutto!

«Che ne dite di andare da un'altra parte finita questa... straordinaria opera?». Non volevo offendere la cinese, ma era davvero terribile! Quasi al pari del bassotto pelato detto Pollo.

 

«Prima devo salutare Claire e poi possiamo andare» rispose Sara alla nostra proposta.

«Dove è seduta? Puoi cominciare a salutarla adesso» rispose impaziente Gian, pregustando la fuga da quel concerto di musica giurassica.

«Veramente Claire è quello che suona» rispose lei.

Ci voltammo tutti a guardare meglio il ragazzo che stava suonando agitando la chioma sparata come in ogni cartone animato che si rispetti.

«Eh? E' una ragazza?» in quel momento il Fassi era il più stupito di tutti, se per sorpresa poteva esserci una classifica.

«E' un po' più complicato di così, ma non sono cose di cui posso parlare» rispose tranquilla la cinesina.

 

Continuai ad osservare il pianista senza far caso alla musica. Era un ragazzo con i lineamenti delicati, effeminati quasi... possibile?

«E' un ragazzo» disse convinta Lily.

«Come fai a dirlo?» chiesi. Magari lei era più sensibile e riusciva a capire cose che a me sfuggivano.

«E' deciso, spavaldo, ha le braccia forti e il tocco deciso. Anche se si sente una donna è cresciuto come un uomo. Se si chiama Claire vuol dire che si sente donna ma per ora è un ragazzo» concluse.

«Accidenti, amore, sei decisamente una osservatrice acuta» si complimentò Mattia stampandole un bacio sulle labbra.

«Con quello che ci hai messo per metterti con lui che in realtà era cotto di te, osservatrice sto cazzo... scusa il termine» sbottò Gian, facendo sghignazzare tutti gli altri, tranne Sara che era abbastanza scandalizzata. Probabilmente dal suo linguaggio così signorile.

Anche Lily stava ridendo, per niente offesa dall'osservazione. Era leggera e coinvolgente.

 

Mi persi a guardarla per alcuni secondi pensando a quando ci eravamo trovati nella sua stanza, strafatti di funghi... era stato davvero comico, un racconto da narrare ai nipoti.

In quel momento mi arrivò una potente gomitata nel costato che mi fece mancare il fiato. Ma se era per trovarmi una finta ragazza, non potevo trovarmela più dolce?

«Dimmi, amore» sibilai a denti stretti. Quella ragazza era peggio di un battipanni e il tappeto sembrava che fossi io.

«Che ne dici di andare? Vorrei passare al pub, devo incontrare una persona» mi disse a bassa voce. Chi doveva trovare? Assottigliai gli occhi a meditare. Magari era il bassotto pelato che voleva parlare con lei delle sue altisonanti scoperte.

«Va bene» acconsentii alzandomi subito.

 

«Andate già via?» chiese Gian preoccupato. Che caro ragazzo! Non sopportava più gli strimpelli della Claire non meglio identificata ed era così partecipe con noi.

«Gloria deve andare al pub perché deve incontrare una persona» risposi io indicando la ragazza al mio fianco.

«Veniamo con te» asserì Sara alzandosi e tendendo la mano a Gian che sembrava adorante come se avesse visto Padre Pio e la Madonna nello stesso momento.

«Io ti amo!» disse attirandola verso di sé e baciandola di getto lasciandoci tutti basiti e shoccati.

Pochi istanti dopo si staccò e come se niente fosse, prese le giacche ed aiutò la cinesina ad infilarla, poi si sbracciò a salutare il pianista e si diresse deciso verso l'uscita.

 

Se voleva lasciare tutti a bocca aperta e in assoluto silenzio, aveva fatto le scelte giuste, perché nessuno di noi riuscì a spiccicare una parola o fare un gesto per qualche minuto.

«Era Giancarlo Fassi quello?» chiese Mattia indicando con l'indice la schiena del gemello dal comportamento anomalo.

«Direi che se non è lui gli somiglia davvero molto» risposi io.

«Di sicuro non è Jake anche perché Consuelo lo avrebbe ucciso se lo vedeva baciare così qualcuno che non fosse lei» specificò Lily.

«Quindi? Io sono più preoccupata per Sara. Pensavo avesse più buon senso!» borbottò Glee infilandosi il piumino e incamminandosi verso l'uscita.

«Non è che tu abbia avuto molto più fiuto, visto che ti sei messa con lui... perdonami, Lele, sai quanto ti voglio bene, ma come fidanzato non hai un bel curriculum» rispose Lily.

Era così, dunque? Mi pensava come uno vuoto, uno che non era capace ad avere dei sentimenti?

«Guarda che io non mi sono messa con lui. Lele è in prova e io lo sto valutando» rispose leggermente piccata Glee.

«Grazie» borbottai. Io ero presente!

«E fino ad ora, devo dire che si sta comportando molto bene» aggiunse poi.

«Oh!». Questo sì che mi spiazzava. Ero un bravo ragazzo? Ero un bravo fidanzato? Non mi aspettavo una dichiarazione del genere. Ero piacevolmente sorpreso.

 

«Basta adesso, andiamo tutti a tirarci su!» incoraggiò Mattia, prendendo per mano la sua ragazza e trascinandola fuori dal locale.

Lily però era imbarazzata e si fermò appena fuori dalla porta «Glee, non ti arrabbiare, sono felice per voi se state bene e vi auguro il meglio» cercò di spiegare.

«Non preoccuparti, ho capito... in fin dei conti io lo chiamo “scopatore universale”» e scoppiò a ridere, subito seguita dalla bionda. Ecco che tornavo a essere il dileggio di turno.

 

Appena fuori, io e Glee ci dirigemmo alla macchina mentre gli altri prendevano il pandino giallo di Mattia che era parcheggiato davvero vicino.

«Grazie per avermi difeso prima» dissi mentre salivo in auto.

«Lascia stare. Piuttosto, smettila di fissare Lily sbavando come una lumaca in calore. Se faccio finta di stare con te è per pararti il culo ma se continui a farmi sembrare una cornuta non sarà valso a niente! Perciò piantala di fare il cascamorto». Sembrava arrabbiata e mi domandai se per un ipotetico caso non fosse un pochino gelosa del sottoscritto.

Meglio non indagare con domande esplicite o rischiavo l'amputazione di qualche arto di fondamentale importanza.

 

Sembrava che andassimo a mendicare una serata: non eravamo ancora riusciti a trovare qualcosa di vagamente passabile o lievemente divertente.

Il pub ci accolse con il suo tepore, scaldandoci dopo i pochi passi fatti sotto zero per la strada. Quella sera era davvero pieno e mi domandai perché Glee avesse proprio bisogno di incontrare questa fantomatica persona il sabato sera, quando poteva passare un'altra serata decisamente più tranquilla.

Appena arrivati ci mettemmo in un angolo, aspettando che un tavolo sufficientemente grande per tutti si liberasse e potessimo sederci e ordinare.

 

«Ragazzi, cosa vi porto?» chiese il cameriere una volta che trovammo il posto.

Ognuno di noi ordinò il suo beverone preferito (coca cola per me... incredibile ma vero... no, è che dovevo guidare e i vigili erano impestati in quel periodo...).

«Un sunburn1985 per me» disse Gian.

Ci guardammo tutti perplessi, chissà cosa aveva ordinato il gemello.

Fummo ancora più stupiti quando il cameriere arrivò con una bottiglia di vino rosato dall'aria raffinata e costosa.

Stappò la bottiglia, annusò il tappo, versò un goccio di vino nel calice flùte, fece girare un pochino il vino nel bicchiere, annusò e poi, finalmente assaggiò un piccolo sorso.

Muoveva anche le guance, quindi stava facendo girare il liquido in bocca e infine, dopo tutta questa serie di passaggi, lo inghiottì.

«Pensavo volessi farti i gargarismi» sbottai ridacchiando.

«No. Per te che sei un ignorante... è così che si assaggia un buon vino. Ci vuole fiuto, gusto e occhio! Per esempio, questo vinello aveva un gusto fruttato, con sottobosco di more e bacche di vaniglia, una nota di mirto e miele con nocciola». Gian stava declamando.

«Ti sei messo a guardare l'enciclopedia dei vegetali?» chiese Mattia tentando in tutti i modi di trattenere la risata che stava montando.

«Siete dei barbari! Io ho fatto un corso da sommellier!» rispose Gian.

«Per corrispondenza?» chiese Glee non riuscendo a trattenere oltre la risata.

Ormai era una presa in giro unica. Era troppo divertente vedere il Fassi in veste seria, non ci riusciva neanche impegnandosi a sembrare veritiero.

«Dai, Gian. Non puoi parlare in questo modo e pretendere che restiamo seri... in fin dei conti sei tu che stai parlando!» spiegai.

 

«Non prendetelo in giro. È stato molto bravo, invece. Anche mio padre è sommellier, lavora in un grande ristorante al centro di Roma e posso dire che il suo lavoro è davvero difficile» lo difese Sara.

Guardammo tutti la ragazza e poi Fassi.

Vuoi vedere che Gian si era messo a studiare qualcosa per fare colpo sulla cinesina? Alla faccia di chi deve fare qualcosa per farsi notare. Qui era un attacco alla “fortezza” in piena regola!

Io, Mattia, Glee e Lily ci guardammo pensando tutti la stessa cosa: il gemello si stava impelagando in un sentiero minato! Da cuoricini e sospiri d'amore...

 

«Dai, lasciamo stare. Piuttosto, chi dovevi incontrare qui, Glee?» chiese Mattia bevendo la sua birra alla spina.

«Un amico mi doveva portare della roba» rispose lei sul vago.

«Uhu! Della roba!» gracchiò a voce alta Gian, ancora su di giri per essere stato difeso dalla cinesina.

«Piantala, Gian. Tanto se anche fosse di quella “roba” lei non te ne darebbe» intervenni.

«Ma è “roba” buona?» chiese ancora a voce più alta per farsi sentire al di là del tavolo.

Glee scoppiò a ridere. «Se proprio vuoi te ne do un pochino, tanto per non farti andare in crisi di astinenza. Non ti lamentare se poi trovi che sia stata tagliata in modo diverso da come ti piace di solito» rispose.

 

Ci stavamo divertendo, ecco perché non  mi accorsi del movimento che cominciò dietro le spalle di Gian.

Il pub era caotico di voci e suoni come solo un locale di sabato sera, pieno di ragazzi e di vita, poteva essere.

Gian ci mostrò di nuovo come gustare un bicchiere di vino e anche Sara fece la sua parte con altre spiegazioni. Provammo anche noi ma fu più il vino che ci spruzzammo in faccia con gli sbuffi per trattenere una risata, rispetto a quello che riuscimmo ad ingerire.

Dopo mezz'ora puzzavamo di vino stantio come un barbone ubriacone che non si fa il bagno da tre mesi.

«Lunedì tutti in lavanderia! Ci faranno lo sconto comitiva!» annunciò Lily ridendo e indicando le maglie di Mattia e Glee.

All'improvviso vidi una persona che faceva capolino dalla porta di ingresso e si sbracciava verso la mia finta ragazza.

«Oh! Push è arrivato. Aspettatemi qui, torno subito» fece alzandosi.

«Ma no, veniamo anche noi. Ho proprio bisogno di un pochino d'aria» fece Mattia e corse al bancone per pagare le nostre consumazioni. Ormai era passata mezzanotte e il giorno dopo eravamo d'accordo di andare a vedere la manifestazione di Kung Fu nella nostra città, dove avrebbero partecipato Consuelo e Jake, quindi dovevamo andare a dormire.

Era stata una serata impegnativa quella e non vedevo l'ora di stendermi al calduccio tra le lenzuola e mettermi a sognare.

 

---ooOoo---

Angolino mio:

eccoci qui alla fine del capitolo, ma non alla fine della serata. Aspettatevi altro.

 

Riguardo questo pezzo, grazie a Elenri per il titolo del convegno e l'idea in sé, e a ValeR198 per la scena dei crostini (proprio come l'aveva descritta lei, era troppo bella) e per il recupero del bracciale nel fango.

 

Per Claire24 abbi pazienza ma il numero non ci stava bene, il nome sì. È inquietante leggere di un ragazzo che si fa chiamare Claire… beh, mi è uscita così, senza offesa eh?!

 

Prossimo capitolo? Vediamo se indovinate cosa succede (visto che ho già scritto metà pezzo io lo so già), magari mi fate cambiare qualcosa!

 

Per ora ringrazio per l'attenzione

alla prossima

baciotti

 

 

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