Fidanzato in prova di gaccia (/viewuser.php?uid=122907)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dai un'occhiata a Lily ***
Capitolo 2: *** prove di facchinaggio ***
Capitolo 3: *** eccomi fidanzato in prova ***
Capitolo 4: *** una giornata particolare ***
Capitolo 5: *** primo appuntamento ***
Capitolo 6: *** una serata da ricordare ***
Capitolo 1 *** Dai un'occhiata a Lily ***
Ciao a tutti!
Sono tornata con una nuova storia che si riallaccia a “AAA OFFRESI DICIOTTENNE VERGINELLO – NO TARDONE”.
Qui ritroveremo Mattia e Lily, Jake e Consuelo, il pazzo Gian e altri nuovi ragazzi e donzelle, studenti universitari.
Rispetto alla storia precedente ci troviamo in una città più grande, tre anni dopo.
I nostri amici sono cresciuti ma non più di tanto.
Questa storia sarà vissuta dal nostro affascinante Lele faccia d'angelo Mancini, seduttore incallito che dovrà barcamenarsi con nuove situazioni inedite.
Tutti devono crescere e lasciarsi alle spalle i loro fantasmi ed è ora anche per lui.
Ringrazio subito Teresa (Elenri) per i banner confezionati che vi proporrò nei primi capitoli per farvi scegliere il migliore (ovviamente voterò anche io...).
Adesso, senza altri indugi, vi auguro BUONA LETTURA!
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«Questa morte della prozia non ci voleva proprio. È quasi Natale ed io avevo voglia di starmene tranquillo con la mia donna» si lamentò Mattia, finendo di riempire il borsone.
Eravamo nella sua camera, nell'alloggio che dividevamo con i gemelli Giancarlo e Giacomo Fassi.
«Non credo che lei sia molto contenta di aver tirato le cuoia, anche se aveva novantotto anni» replicai io serafico.
«Pensavo volesse arrivare centenaria… invece. Poi, manco la conoscevo, credo di averla vista tre volte in vita mia» protestò ancora, avviandosi alla porta.
Che si lamentava, poi? Questa zia aveva deciso di lasciare la sua tenuta alla famiglia Roccato, escludendo gli zii religiosi, protestando il fatto che non aveva fatto tanti sacrifici in vita sua per poi vedersi tutto mangiato dalla Chiesa. E dire che era una che partecipava alla messa due volte al giorno.
Ma questi erano problemi di Mattia, non miei.
Io, Emanuele Mancini, detto Lele, nonché il bellissimo del gruppo e Mattia Roncato, detto anche Rocca, eravamo amici per la pelle dalla prima elementare.
Timido e simpatico lui, scostante e ironico io, eravamo riusciti a trovare un’alchimia quasi perfetta.
A noi si era unita la biondissima Liliana Sini, Lily per gli amici, vicina di casa e ombra di Mattia.
Ero talmente abituato a vederli in simbiosi che quando si misero insieme all’epoca della quinta itis, ero indeciso se gridare al miracolo perché si erano svegliati o sentirmi irritato per essere diventato di fatto il terzo incomodo.
No, il reggi moccolo non l’avrei fatto, anche perché al gruppo, alle medie, si erano aggiunti i fratelli gemelli Giancarlo (Gian) e Giacomo (Jake) Fassi i burloni, jolly della situazione.
Per ultima, in prima superiore, era arrivata una ex di Gian, la spagnola, peperina, Consuelo Montoya a cui tutti noi avevamo fatto il filo, tranne Jake, che, dopo anni di litigi titanici, l’aveva sedotta e impalmata.
Liberi e assolutamente disponibili a soddisfare tutte le voglie delle altre eventuali ragazze, rimanevamo io, faccia d’angelo Mancini e Gian, a volte detto il porco.
Mattia cominciò a scendere per le scale del condominio dove avevamo affittato l’appartamento noi quattro.
Era uno di quei palazzi vecchi, scrostati ma con quella presunzione architettonica di essere ritenuti d’epoca e per questo senza comfort.
L’ascensore, probabilmente, era stato inventato dopo la costruzione e raggiungere il sesto piano con i libri a spalla o la cassa delle birre, era un’impresa olimpionica.
Potevamo solo ringraziare che ci fossero i servizi igienici e la cucina andasse a luce e non a carbone.
«Quasi mi pento di non aver fatto domanda per la casa dello studente come Lily» borbottò dopo tre rampe di scale, mentre io trotterellavo con le sue borse aggiuntive.
Gli amici si vedono nel momento del bisogno, anche quando ti aiutano a toglierti dai piedi per avere a disposizione la camera da letto più grande dove potersi rotolare con le prossime conquiste.
Interessato io? Nah.
«Ti ricordo che volevamo essere indipendenti da orari e quant’altro e lo abbiamo deciso tutti e quattro» gli dissi.
Alla fine dell’estate dopo il diploma, ci eravamo trovati tutti nella grande città per frequentare l’università.
Io avevo deciso di buttarmi su giurisprudenza. Mattia, Jake e Consuelo in informatica, Gian in meccanica e Lily in lettere.
Le ragazze avevano ottenuto una stanza alla casa dello studente, anche se spesso Jake si tratteneva là mentre Lily veniva in trasferta dal Rocca.
Quei quattro sembravano dei conigli!
Era stato quasi un miracolo riuscire a convincere le coppie a fare una uscita a settimana solo uomini. Normalmente il giovedì.
Io e Gian ci eravamo subiti le minacce da parte delle donzelle, ma avevamo ottenuto l’assegnazione dei cellulari e il divieto assoluto di messaggi e telefonate di controllo da parte di entrambe. Forse anche loro avrebbero approfittato della serata libera per folleggiare.
«Lo so e ne sono contento… Solo che avrei preferito vivere accanto a Lily in questi tre anni, non solo sgattaiolare nel suo dormitorio. Io lo trovo stressante, ed ho una ragazza fissa, non so come tu faccia a non dare di matto dovendoti barcamenare con tutte le tue donne!».
«E’ un dono!» risposi allargando le braccia, per quanto fosse possibile con i due pesi che trasportavo.
«Inoltre mi sembra quasi impossibile che non ti sia mai piaciuta nessuna, tanto da fermarti…» disse ancora Mattia, come a dar voce ai suoi pensieri.
Lo so, lo pensavano tutti i miei amici: perché non avevo trovato ancora la ragazza giusta nonostante il mio enorme successo con le donne?
Me ne era piaciuta una. Era stata l’unica che avevo corteggiato, se si poteva usare questa parola a quindici anni. Peccato che lei si fosse dimostrata una vera puttana, andando con un ventenne una settimana dopo aver fatto l’amore con me.
Da allora niente cuore, niente sentimenti, niente corteggiamenti, solo sesso fine a se stesso. E aveva pure funzionato. Alla grande.
Mi ci ero messo d’impegno a fare il bastardo. Bastardo con stile si intende.
Dicevo chiaramente alle mie conquiste che non volevo coinvolgimenti o paranoie. Se non era chiaro alla prima occasione mi facevo beccare con un’altra e la bimba finalmente cresceva.
Ormai avevo anche sviluppato un sesto senso, inquadrando le ragazze dopo cinque minuti di conversazione in tre categorie: troie, disponibili e da fidanzato fisso.
Mentre le prime erano le mie preferite in quanto sulla mia stessa lunghezza d’onda (e normalmente dopo venti minuti ci stavamo già rotolando tra le lenzuola) le seconde le prendevo sempre con le molle e ci giravo attorno almeno tre o quattro giorni per far capire bene tutte le mie intenzioni. Una volta assimilato il concetto, però, non sorgevano altri problemi, in caso contrario, se mi accorgevo che non vi erano miglioramenti, le suddette donzelle erano declassate alla categoria inferiore e quindi dimenticate immediatamente.
Già, le donne da fidanzato fisso, quelle che sospiravano, ti lasciavano maree di messaggini, si appostavano al bar o in discoteca o in palestra per seguirti, facevano le tue stesse lezioni all’università, pur studiando arte, il tutto nella vana speranza di conquistarmi e diventare la fidanzata di Emanuele Mancini.
Mai più nella vita!
Era tanto bello divertirsi senza problemi. Io e Gian ne eravamo l’esempio lampante.
Per non parlare di quello che combinavamo il giovedì sera istigati dagli altri due. All'insaputa delle due leonesse, Jake e Mattia ci incitavano nell'abbordare nuove ragazze, probabilmente riversando su di noi i loro desideri inconsci.
«Lele, che ne dici di quella?» fece Jake una sera, indicando una ragazza con maglietta nera e pantaloni cargo mimetici.
«Sei sicuro che sia una ragazza?». La mia perplessità era ampiamente supportata dall’abbigliamento vagamente maschile e dall’impossibile color arcobaleno dei capelli.
Con che coraggio si potesse andare in giro con un cespuglio così colorato dovevano spiegarmelo.
Quella sera provai davvero a parlarle ma, a parte silenzi intervallati da grugniti molto femminili, non ricevetti altre risposte e quando tornai al tavolo fui accolto da varie risatine.
«Ah, ah, ah! Siete davvero comici ragazzi» berciai lievemente irritato.
Di sicuro non beccavo sempre ma non mi piaceva essere preso in giro.
Il colpo di grazia mi arrivò dieci minuti dopo, quando la ragazza arcobaleno passò accanto al nostro tavolo «Ciao, Mattia. Salve Jake» disse avviandosi verso l'uscita ma venne fermata dal successivo commento.
«Ciao, Glee. Riferisci a Consuelo che sto facendo il bravo, altrimenti mi spella vivo» rispose Jake.
«Allora non mandatemi più lo spazzino ufficiale dell'università» replicò la ragazza piccata.
«Ti riferisci a me? Sono uno studente, non uno che rovista immondizia» aplomb da nobile, ero orgoglioso di me stesso.
«Operatore ecologico se vuoi... oppure scopatore e pomiciatore, come preferisci. Ora scusatemi ma devo andare» e uscì raggiungendo un paio di ragazzi vestiti completamente di nero e borchie argentate.
Così capii quello che avevano fatto i miei cosiddetti amici «La conoscevate? Ma siete degli stronzi!» ridacchiai finendo la birra.
«Scusa, Lele, era una occasione troppo succulenta per non provarci» cercò di giustificarsi Mattia.
Doveva essere una soddisfazione per loro vedermi andare in bianco ma raramente accadeva e quella sera non fece eccezione, visto che beccai una biondona maggiorata venti minuti dopo appartenente alla prima categoria, al contrario dell'arcobaleno che sembrava della terza...
Tre giorni dopo quella sera avevo scoperto che la ragazza in mimetica era una matricola che stava nella stanza accanto a quella di Lily e Consuelo alla casa dello studente che io da quel momento cercai di evitare il più possibile. In fin dei conti avevo il mio orgoglio.
Chissà perché mi tornò in mente quella pazza proprio mentre caricavo in macchina le borse di Mattia.
«Allora ci vediamo tra quindici giorni» disse il mio amico salendo in macchina per poi aggiungere «Dai un'occhiata a Lily in questo periodo che non ci sono... non mi fido di quei marpioni della casa dello studente». Gelosissimo Mattia, mi venne quasi da ridere.
Quando mai Lily aveva guardato qualcuno che non fosse il mio amico?
Comunque non mi costava niente acconsentire e farlo partire tranquillo.
Quel 'stai tranquillo e fidati di me' scatenò un effetto domino talmente prorompente da ridurre la mia vita a uno stato larvale per poi cambiarla in direzioni che non mi sarei mai aspettato.
La mia vita stava per cambiare e, ancora una volta, era colpa delle donne!
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Angolino mio:
questo è un capitolo cortino, proprio solo per iniziare.
Diciamo che metto le basi per la storia.
Non ci sono scene divertenti o altro, abbiamo a grandi linee la situazione dei nostri eroi, i loro studi, le loro sistemazioni. Abbiamo una ragazza strana più giovane di un paio di anni e un viaggio improvviso di Mattia che affida il suo fiorellino al migliore amico.
Come già annunciato in copertina, Lele prenderà un brutto scivolone per Lily, con tanto di paturnie mentali. Come si risolverà la faccenda? Riuscirà Lele a strappare Lily dalle braccia di Mattia? E chi sarà questa Glee e quale sarà il suo ruolo? E cosa faranno Jake, Gian e Consi in questo frangente?
Prossimo capitolo: bacio sì o bacio no tra Lele e Lily?
A voi la scelta...
Grazie per l'attenzione
alla prossima
baciotti
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Capitolo 2 *** prove di facchinaggio ***
Ciao a tutti!
Sono leggermente in ritardo, chiedo scusa ma gli impegni lavorativi e non mi hanno assorbita totalmente.
Comincio subito con ringraziare chi ha letto, inserito in una delle tre liste e recensito questa storia.
Nomi in grassetto testimoniano il mio apprezzamento a nick vecchi e nuovi.
Posto un altro banner della vulcanica Elenri alias Teresa e vi invito a scegliere quale è il preferito (magari aspettate il terzo capitolo)
E adesso… BUONA LETTURA!
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Guardai la macchina del mio amico partire verso la nostra città.
«Stai tranquillo e fidati di me, te la tengo d’occhio io la tua Lily» furono le ultime parole che pronunciai mentre chiudeva la portiera della sua panda gialla.
Era stata una fortuna che la madre gli avesse concesso l’auto, insieme alla mia erano i soli mezzi di locomozione autonoma che avevamo a disposizione nella città dove ci eravamo trasferiti.
“Chissà se adesso devo telefonare a Lily e iniziare a farle subito da babysitter?” pensai guardando il display del mio i-phone “oppure…” ghignai mentre scorrevano i nomi della mia rubrica e mi fermai al nome Nina.
Il suo telefono suonava a vuoto e riprovai con un altro nome.
Sì, decisamente sarebbe stata l’ideale per inaugurare la nuova disponibilità della stanza più grande della casa, prima che anche i gemelli Fassi arrivassero alla stessa conclusione.
“Perdonami, Mattia. Giuro che provvederò alle pulizie prima che torni” promisi solennemente mentre facevo partire la chiamata.
Valentina rispose giuliva nel sentire la mia voce dopo oltre un mese e senza recriminare (infatti apparteneva alla prima classificazione) mi raggiunse subito dopo cena, in modo da avere più tempo per la notte.
«Maledizione!» borbottò Gian quando ci riunimmo a colazione in cucina il mattino dopo.
«Mhm». Non ero di molte parole prima della mia tanica di caffè.
Ero un caro ragazzo molto disponibile ma avevo le mie esigenze sacre alle quali nessuno avrebbe dovuto accennare una negazione.
«Cos’hai, Gian?». Invece Jake sentiva di più il legame fraterno… oppure era più curioso di una perpetua. In ogni caso pensavo che questa era proprio la domanda che il Fassi voleva farsi fare.
In quel momento, Valentina in camicia e slip passò davanti a noi tre per appropriarsi del caffè che era appena fatto nella moka.
«Hai del latte, puma?» mi chiese con un sorrisino ammiccante.
Sì, anche questa.
Le piaceva darmi nomignoli ed io non glielo impedivo tra le lenzuola. Avrei preferito che evitasse davanti ai miei amici che in quel momento la stavano spogliando con gli occhi.
«Puma?» Jake fece il verso, soffocando poi le risate nella tazza della colazione.
«Geloso?» nicchiai tirandogli un biscotto che prese al volo e inzuppò.
«Figurati, Consi mi chiama trivel…».
«Ti prego risparmiaci!» sbraitò Gian «Dimmi te se devo sorbirmi le prodezze sessuali di mio fratello anche a colazione!».
«Tu lo fai sempre con me!» ribatté l’altro Fassi.
Intanto Valentina osservava noi ragazzi che ormai avevamo preso altri argomenti di discussione, ignorandola platealmente.
In effetti tra me, Gian e Jake, trovarsi con Consuelo, Lily o qualche altra ragazza semi nuda per la casa era quasi la norma e ormai, che fossero le nostre amiche o meno, non ci faceva più tanto effetto.
«Tornando a prima, a cosa ti riferivi, Gian?» chiese ancora Jake, pulendo la sua tazza nel lavandino.
«Al fatto che avrei voluto pensarci io a impossessarmi della stanza di Mattia!». Scoppiai a ridere.
Dovevo ammettere che ero stato un pochino egoista, visto che anche io avevo una cameretta singola (un pochino più piccola rispetto a quella di Mattia) ma ero piazzato decisamente meglio rispetto a Gian e Jake che condividevano quella che era la sala e che ora conteneva due letti e tutto quello che serviva ai gemelli.
Ecco perché quando il gemello si doveva incontrare con Consuelo, migrava verso la Casa dello Studente.
«Ancora con questa storia? Nessuno ha barato. Abbiamo estratto a sorte l’assegnazione dei posti letto e voi vi siete ritrovati nella stessa stanza, non è colpa mia!» protestai dopo aver inghiottito il mio boccone.
«Non dormivo con mio fratello neanche a casa, ho dovuto condividere all’università! È assurdo!». Niente da fare, Gian non riusciva proprio a farsene una ragione nonostante fossero già passati tre anni.
«Ehm, sentite ragazzi… Lele?» ormai Valentina si sentiva un pochino ignorata ed in imbarazzo.
«Vale, micetta, è stata una notte fantastica ma adesso è ora di andare. Vuoi un passaggio a casa?». Bastardo ma con classe. Mica potevo farle attraversare mezza città sui bus.
«No, ti ringrazio. Devo passare da un mio amico per un libro che mi deve prestare e farò un salto in centro» si avvicinò cauta e mi diede un bacio lento e passionale «Chiamami» bisbigliò infine, prima di rifugiarsi in bagno e cambiarsi.
«Me ne ricorderò, tranquilla» rispose Gian al mio posto… o forse si propose.
«Diceva a me» ridacchiai. Mettere le cose in chiaro con lui era sempre opportuno.
«Io mi offro, sta a lei scegliere, no?». Obiezione accolta!
«Visto che tu ti sei trasferito, ti spiace se mi impossesso della tua camera? Con Lily al dormitorio ho bisogno di un posto per stare con Consuelo» mi disse Jake, non appena la porta del bagno si chiuse alle spalle di Valentina.
Accidenti! Più che universitari sembravamo dei assetati di sesso!
«Basta che me la rendi pulita». Patti chiari amicizia lunga.
Guardai l’orologio. Ormai era tardi anche per me e dovevo ancora passare dalle ragazze perché Consuelo aveva bisogno di un passaggio con l’auto per andare in qualche posto non identificato. Senza Jake. Anche questo era strano ma chi ero io per chiedere spiegazioni o mettere il naso in una relazione? Meglio ubbidire alla pazza spagnola e farmi gli affari miei, ci guadagnavo in salute.
«Grazie, Lele. Non avrei saputo come fare altrimenti» pigolò felice Consuelo.
Lei doveva essere felice, visto che mi aveva fatto fare talmente tante volte avanti e indietro per tutte le strade possibili di questa città che se avessi messo assieme tutti i chilometri e il tempo impiegato avrei coperto la distanza tra la Terra e Marte, con buona pace della Nasa.
«Si può sapere cosa hai messo dentro quegli scatoloni che mi hai costretto a portare avanti e indietro?» chiesi piccato.
Poteva fare la sorridente quanto voleva ma chi era esaurito per doversi immettere in questo traffico mostruoso ero io!
Avevo appena subito un paio di corna da un altro automobilista e in risposta avevo mostrato il mio portachiavi (ognuno mostra quel che ha!).
Ma questo era stato il meno, avevo subito un mini tamponamento che mi aveva graffiato il parafanghi.
IL MIO PARAURTI, PER TRE ANNI INTONSO!... e non solo…
Mentre cercavo di raggiungere il semaforo che era verde, mi ero dovuto fermare per consentire il passaggio dei pedoni. Pedoni normali? Per carità: due vecchiette con il deambulatore che passavano cinque minuti a parlare e un passetto in avanti, sempre in questo ordine e con questa alternanza. In sostanza trentasette minuti e quaranta secondi per fare dieci metri sino al benedetto semaforo, che ovviamente era rosso.
«Allora? Mi vuoi dire qualcosa?» incalzai mentre parcheggiavo davanti alla casa dello studente per la sesta volta.
«Ho preso alcuni componenti per il mio computer e ho fatto qualche commissione per Gloria» mi rispose Consuelo tutta allegra e per nulla impaurita dalla mia irritazione latente.
«Gloria chi?». Oddio! E chi era questa?
«Glee! Quella che occupa la stanza accanto alla nostra alla casa dello studente» rispose la spagnola come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
«Quella sociopatica stronza che si veste come una barbona della stazione centrale e che mi odia in modo plateale? Quella Glee?» ripetei per essere più sicuro.
«E’ simpatica vero? Io la trovo fantastica, sempre allegra e molto disponibile nell’aiutare gli altri. Credo che i tuoi preconcetti siano solo perché non ha ceduto subito al tuo fascino. Ti rode!».
«Sei pazza? Quella è capace di castrarmi se mi avvicino a meno di quattro metri da lei, oltre al fatto che dubito di riuscire a trovare qualcosa di vagamente femminile sotto quegli stracci. Quella si veste come una cipolla!» protestai.
«Infatti è così che bisogna vestirsi: più strati da togliere e mettere a seconda della temperatura» mi corresse saccente.
«Allora è per questo che le ragazze in mia compagnia tendono a togliersi i vestiti! Solo caliente come il sole!».
Cominciai a ridere della mia battuta e anche Consuelo ridacchiò divertita dopo avermi dato un amichevole buffetto alla spalla.
«Questa scatola dove la metto?».
Ero stato promosso, da autista a facchino per traslochi.
Va bene aiutare una amica ma non poteva chiedere al suo ragazzo? O a suo cognato?
«Oh, lasciala lì, in quell’angolo… non ci capisco più niente con tutti questi scatoloni!» si lamentò Consuelo.
«Ti trasferisci o qualcuno viene ad abitare qui?».
«No. Niente di questo. Una parte sono miei e di Jake e una parte sono di Glee, ma lei non c’è questa sera e mi ha chiesto di tenerglieli fino a domani» rispose distrattamente aprendo uno scatolone e togliendo delle schede verdi tipiche dei componenti.
Aiuto! Voleva costruire un super computer? Avevo davanti l’hacker del nuovo millennio?
«E in quelle scatole?» indicai i cubi bucherellati, accatastati vicino alla porta.
«Sono quelli di Glee… te l’ho già detto» rispose distratta mentre armeggiava con un piccolo cacciavite.
«Ultime due domande poi tolgo il disturbo» annunciai.
«Spara».
«Primo: perché non hai chiamato Jake? Potevo prestargli la macchina».
Mi sarei evitato lo stress da traffico e il mal di schiena da facchinaggio.
«Progetto mio, lavoro mio… e poi il mio amore non sta tanto bene e non volevo affaticarlo». Che cara ragazza.
«Guarda che Fassi stava benissimo questa mattina… me lo diceva anche Valentina che l’ha trovato in gran forma…» mi lasciai scappare.
In quello stesso istante desiderai avere la macchina del tempo e tornare indietro di almeno tre minuti, prima della mia uscita infelice e di vedere la spagnola trasformarsi in un moderno Hulk verde pisello in gonnella.
«VALENTINA? CON JAKE?» sbraitò lasciando cadere le due schede alle quali stava lavorando.
Iniziai ad agitarle le mani davanti per poi accorgermi che sembrava quasi le sventolassi un drappo davanti al naso come a un toro. E le sue origini spagnole non erano esattamente rassicuranti in quel momento… se si sentiva cornuta…
«Era con me questa Valentina… Jake l’ha incontrata a colazione… calmati…» balbettai.
Consuelo in gestione gelosia era terrificante, oltre ad essere la chiara dimostrazione del perché non volevo ragazze fisse.
«E perché questa Valentina ha detto che Jake era in forma? Che ne sa delle forme di Jake?» socchiuse gli occhi e predispose il suo cipiglio da inquisizione… spagnola ovviamente.
«Si sono conosciuti a casa qualche tempo fa e si salutano quando mi viene a trovare… soddisfatta?» e pregai di sì con tutto il cuore o il Fassi non me l’avrebbe perdonata.
(Oltre al fatto che un Fassi depresso per amore fa venire voglia di suicidarsi infilando due dita nella presa di corrente, talmente sono piaghe… ebbene sì, avevamo sperimentato Jake in un periodo di litigio furibondo con la tappetta qui davanti e non lo auguravo neanche al mio peggior nemico, un compagno di alloggio in quello stato).
In quel momento la porta si aprì ed entrò Lily con un gran sorriso stampato in faccia.
«Ciao, ragazzi! Mattia è appena arrivato alla casa della prozia in Francia, se vi interessa». Mamma! Era partito da poche ore e probabilmente si erano già sentiti otto volte! Ansiogeni!
«E qui? Cosa sono questi scatoloni?» chiese senza aspettare risposte o commenti sulla sua entrata.
Si avvicinò velocemente alle scatole e ne aprì due delle sei accatastate, estraendo dalla seconda un foglio che iniziò a leggere ad alta voce.
«Cara Gloria,
come promesso ti spedisco i nuovi ibridi che ho creato nel laboratorio.
Spero che saranno utili nelle tue ricerche. Come ti avevo già spiegato si tratta di una variante meno aggressiva della psilocybe cubensis, adatta ai nostri climi.
Spero di sentirti presto, con affetto
Teresa Elenri…
Oh, guarda! Viene dalla nostra città… chissà chi è questa?» borbottò Lily sbirciando dentro gli scatoloni.
«Bleah! Funghi!».
La mia attenzione si era fermata alla firma di questa qui… elenri… elenri… perché io questo cognome l’avevo già sentito?
Era qualcosa accaduto tanto tempo fa ma ero certo che non era la prima volta che mi capitava di averci a che fare.
«Sono mangerecci?» chiesi curioso sporgendomi a sbirciare.
«Io non mi fiderei conoscendo Glee… li prende domani?» chiese infine Lily a Consuelo che per un attimo non avevo più seguito.
In effetti, quando mi voltai verso la spagnola, la vidi rimettersi il giaccone e riprendere la borsa. «Vado da Jake… voglio proprio vedere se stava così male!».
Io invece pensavo in quale paese poter svernare in attesa che le acque si fossero calmate.
«Dio, no! Ti prego! Non farli litigare o davvero lo affogo nella tazza del water» implorai con gli occhi al cielo.
Lily accanto a me rideva, avendo già intuito a cosa ci si riferiva.
In quel mentre, senza altre spiegazioni, Consuelo aprì e successivamente sbatté feroce la porta alle sue spalle, facendo sollevare un gran polverone alle due scatole aperte con i funghi dentro.
«Ugh! Mamma che nebbia!» si lamentò Lily starnutendo più volte, accompagnata dal sottoscritto.
«Meno male che non mi ha chiesto le chiavi della Mito. Non mi sarei fidato a farla guidare con il nervoso che si ritrova ora…» ma come volevasi dimostrare non tutto poteva andare come speravo e quella giornata nefasta non era ancora giunta alla fine.
Consuelo era tornata e mi stava tendendo la mano «Mi presti la macchina?».
Avevo due scelte: o negargliela facendo di me la prossima vittima dello squartamento oppure implorare che stesse attenta e votarmi a San Cristoforo protettore degli automobilisti.
Per amore della mia pellaccia optai per la seconda opzione e sbuffano consegnai le chiavi alla tappetta che, felice, si fiondò fuori la stanza, facendo nuovamente sollevare un bel po’ di polvere dalle scatole.
«Qui ci vorrebbe una bombola di ossigeno!» borbottai.
«Accomodati, ho preso qualcosa per cena alla rosticceria cinese all’angolo, mi fai compagnia visto che Consuelo non tornerà tanto presto». Lily era sempre molto gentile e anche se non impazzivo per il cibo orientale, le avrei fatto compagnia volentieri, assolvendo così l’impegno che Mattia mi aveva affibbiato.
In effetti non mi pentii minimamente di essermi fermato. I ravioli non erano male e il pollo all’ananas era caramellato come piaceva a me, il riso alla cantonese non era una delizia ma in mancanza d’altro…
«Allora, Lele. Qualche conquista nuova ultimamente?» iniziò Lily sorseggiando la birra leggera che accompagnava sempre questi pasti.
«Niente di nuovo sotto il sole» risposi filosofico.
«E sotto le lenzuola? Dai, non farti pregare! Mi diverto sempre con le tue performances».
«Curiosona e voyerista! Non ti facevo così… spregiudicata» esclamai ghignando.
«Guarda… un chicco di riso!». Ridendo prese tra pollice e indice e mi mostrò quella che era parte integrante della nostra cena «La stessa dimensione del tuo amichetto lì sotto».
Uhu! Attentato alla mia virilità!
«Piccola… tu non hai idea di quello che dici!» la blandii sogghignando malizioso.
«Mattia mi ha detto qualcosa» agitò la mano facendo la vaga e spiaccicandomi il chicco di riso in un occhio.
«Ahi! Così mi accechi!» anche se non era proprio quello che mi creava tutte quelle ombre e quelle luci davanti alle pupille.
Mi sembrava di essere in una discoteca, vedevo flash accecanti di Lily intervallati da buio totale. Chissà come mai? Mi chiesi sfregando gli occhi.
«Ah! Sai che ho trovato i biglietti che aveva ricevuto Mattia quando era apparso l’annuncio?» disse ridendo Lily, poi si alzò traballando e andò ad aprire un cassetto da dove estrasse una cartellina tutta rosa e glitterata con sopra un disegno della Barbie che ammiccava.
«Sei proprio una bambina» risi sguaiatamente indicandola e mi sdraiai sul tappeto che era posizionato davanti al divano, lasciando il tavolo apparecchiato con i resti della nostra cena.
«Guarda qui… Mattia non lo sa ma io volevo scoprire chi erano queste… queste… str…» balbettava e rideva mentre mi mostrava una caterva di lettere e biglietti colorati.
«Non li aveva buttati?» la interruppi.
Ero sempre stato convinto che il mio amico si fosse disfatto di quelle carte tanto tempo fa.
«Le ho prese io… volevo scoprire chi erano queste tro…» ancora una volta si impappinò. Sembrava quasi che fosse troppo educata per dire cose volgari.
«Troie?» suggerii «Stronze?» riferendomi anche al tentativo precedente.
Lei rise e mi batté sulla spalla «Tu si che mi capisci!».
«Quindi? Dimmi cosa hai scoperto!» rilanciai con tono cospiratore.
Cominciavo a sentire un leggero dolore alla testa, dovuto ai flash che mi si presentavano davanti agli occhi. Le mie mani da due erano passate a quattro e la lingua mi sembrava più grossa del normale.
«Ho scoperto…» si avvicinò e mise la fronte attaccata alla mia «che questa HeartSoul97… no, Darkviolet92… o è l’altra? Beh, insomma, una delle due… in realtà era quella MandyCri della palestra» sussurrò.
Io aggrottai le sopracciglia cercando di collegare il nome a una persona.
Mandy… Mandy… Oh! Mandy! Certo! La lesbica della palestra, quella che Mattia aveva cercato di abbordare il primo giorno. Anzi, no. I primi minuti da quando era entrato.
Perché mai una lesbica ci voleva provare con un uomo?
Domande senza risposte… più o meno come chiedersi il perché nascono i buchi neri nell’universo ammesso che nascessero.
Le immagini davanti ai miei occhi iniziarono a vacillare.
Chissà se anche Lily era nelle mie stesse condizioni? Da come ridacchiava avrei giurato di sì.
Mandy… HeartSoul97… DarkViolet92… chissà come le era venuta questa idea… elenri…
«Elenri! Certo!» mi sbattei il palmo aperto sulla fronte e crollai steso sul tappeto, scatenando le risate sguaiate di Lily. Ormai la birra aveva fatto le sue vittime, eravamo ubriachi persi.
«Quella Teresa?».
«Ti ricordi il primo biglietto che ha ricevuto Mattia? In classe, quando si diceva di andare in bagno e che poi ci abbiamo trovato…» e lei mi interruppe come a ricordare tutto.
«Il Guappa! C’era il Guappa là!» esultò come se avesse vinto le Olimpiadi.
«Dici che è sua parente?» chiesi immaginandomi una zia baffuta con la dentiera e le vene varicose. Praticamente l’immagine del Guappa al femminile.
«Ti immagini se è sua madre? Che sfiga un figlio così!» rincarò la dose.
«Io lo avrei dato in adozione. È una palla quel ragazzo!».
«Sai cosa fa adesso?».
«Visto che la sua occupazione era rubare i soldi ai primini e rompere i coglioni a tutti gli altri… galera?» proposi.
«Magari invece ha messo la testa a posto» sempre crocerossina la nostra Lily, anche da ubriaca.
«Allora carabiniere» la seconda alternativa. O guardie o ladri.
Ridemmo per un bel pezzo, continuando a parlare e a farci battute di cui non capivamo neanche il senso, sino a quando Lily si trascinò sul divano e si addormentò di botto.
Quando mi accorsi che non mi rispondeva più mi voltai e la vidi sdraiata supina. Cominciai a ridere e mi alzai per bere un altro bicchiere di birra, ma il tappeto era veramente agitato perché mi trovai crollato sulla sua faccia e le mie labbra sulle sue.
Stavo baciando Lily? Nah! Impossibile! Però dovevo ammettere che era qualcosa di inquietante e simile.
«Aurora! Bella addormentata nel bosco! Adesso che ti ho baciato devi svegliarti» dissi a voce alta scuotendole leggermente il braccio.
In quel momento entrò qualcuno che non riconobbi.
Vedevo solo un maglione lunghissimo giallo sole e qualcosa sulla testa che sembrava un cappello arancione e che gli arrivava sino alle orecchie.
«Chi sei?» biascicai sempre semi steso su Aurora/Lily supina sul divano.
«Glee! E tu, scopatore universale, togliti subito da Lily, altrimenti lo dico a Mattia e… COSA AVETE FATTO?» sbraitò indicando gli scatoloni accanto alla porta.
«Ci sono funghi lì dentro… ma non mangiarli, sono per Glee e lei non è tutta a posto» sussurrai complice, facendo il gesto dell’indice che gira accanto alla tempia.
L’essere arancione sbuffò come se fosse esasperata «Sono io Glee! Avete respirato le spore?» chiese come se illuminata da una improvvisa idea.
«Era polvere dentro gli scatoloni… fastidiosa, prude il naso ancora adesso» e crollai seduto.
Mi sentii leggermente tirare per il colletto della camicia «IDIOTA! Quelle sono spore allucinogene! Vieni con me!» ordinò trascinandomi verso il bagno.
Che aveva in mente quella cosa gialla? Pungermi con il suo pungiglione? Era una enorme ape maia?
In qualche modo arrivai al bagno e venni spinto nella vasca a viva forza e poi…
«E’ gelata! Sei pazza?» urlai.
In quel momento la mia mente si liberò totalmente dal velo che la avvolgeva, lasciandomi libero di pensare e vedere chiaramente.
«E’ il modo più veloce per toglierti il residuo di spore dalla testa» rispose comodamente appoggiata al lavandino e guardandomi sarcastica.
«Ma tu sei fuori di testa! Mi metti ammollo tutto vestito con il rischio di beccarmi una polmonite e tutto perché tu spacci allucinogeni sotto forma di funghi? Ti denuncio!» sbraitai sempre più incazzato.
Roba da pazzi! Mi prendeva in giro ed era tutto per colpa sua!
«Hai ragione, per il tuo cervello bacato non c’è più nulla da fare. Sorry» mi rispose lasciandomi a mollo nell’acqua che arrivava direttamente dal polo nord.
Faticosamente riuscii a togliermi gli abiti e mi riparai in un morbido, piccolo accappatoio color rosa confetto. Presi anche un ulteriori asciugamano, sempre rosa, che misi davanti al torace che rimaneva scoperto.
«Qualche altro colore? Non credevo che Consuelo fosse così… pacchiana» borbottai uscendo dal bagno.
«Credo che sia Lily» rispose Glee trascinando fuori dalla porta il quarto scatolone.
Meno male che stava togliendo di torno quelle cose potenzialmente distruttive dei neuroni umani.
«Hai intenzione di aprire uno spaccio alternativo all’LSD?» chiesi.
«Non ti preoccupare, scopatore universale, il tuo neurone si era già bruciato parecchio tempo fa… a proposito, porco, cosa stavi facendo a Lily quando sono entrata?». Ops… avevo la sensazione di dover ricordare qualcosa di importante ma i miei ricordi si interrompevano alla cena e ritornavano sotto la doccia.
A cosa si riferiva quel carciofo?
«Non stavo facendo niente».
«Come no? Eri praticamente sdraiato su di lei!». Mattia mi ammazza!
«Assolutamente no! Ero inciampato».
«Sul neurone che era appena defunto… comunque non sono affari miei» e così dicendo si caricò in mano l’ultimo pacco e uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
Cosa caspita era successo quella sera?
Picchiai la fronte un paio di volte contro il muro, prima di rendermi conto di essere ancora un confettino rappezzato ambulante.
Sperando che le ragazze avessero dei vestiti di ricambio per i loro boys, mi misi a cercare nei cassetti e nell’armadio.
«Mutande con le winx? E la fragolina? Ma dai!». Consuelo o Liliana?
Dovevo scoprirlo e prenderla in giro a vita!
Trovai anche un paio di slip e una maglietta bianca a mezze maniche ma era troppo poco per poter sopravvivere al gelo invernale.
«E adesso?» forse avrei potuto chiedere a qualche vicino di stanza… magari proprio a Glee. Da come si vestiva un paio di pantaloni extra large e un maglione sformato potevo pure rimediarlo.
Uscii di soppiatto e solo quando mi trovai nel corridoio e incontrai due ragazze che, guardandomi, scoppiarono a ridere, mi accorsi di essere ancora in accappatoio… rosa!
«Ehi! Pantera rosa! Che ci fai ramingo alla mia porta? Io non amo gli animali, preferisco le piante». L’accoglienza di Glee fu in linea con le mie aspettative.
«Hai ragione, tra animali ci si capisce poco ma prestami qualcosa per vestirmi visto che mi hai ridotto in questo stato con la doccia e i tuoi funghi malefici».
Si mise a ridere e tornò all’interno della stanza, lasciando uno spiraglio aperto, dove io potevo vedere alcune piante posizionate sotto alcune lampade colorate.
«Ecco, questa dovrebbe andare» disse mettendo nelle mie mani una enorme tuta da ginnastica color vinaccia.
«Tua?» chiesi sollevando un lembo con due dita.
«No, del mio coreografo… sai, noi ballerine di lap dance dobbiamo essere pronte a ogni evenienza» rispose chiudendomi la porta sul naso.
Rimasi qualche minuto attonito davanti all’uscio chiuso.
Quella ragazza era una incognita impazzita.
Tornai in camera di Lily e Consuelo e mi sbrigai a indossare quello che avevo recuperato. Non era il massimo, i pantaloni erano un pochino corti e così anche le maniche della giacca, ma nel complesso la notte sotto le coperte la si poteva passare, nella speranza che i miei vestiti asciugassero.
Drappeggiai una coperta su Lily e mi coricai nel letto continuando a fissarla.
Avevo una sensazione strana. Un fastidio che mi stringeva la bocca dello stomaco.
Cosa era successo quella sera?
---ooOoo---
Angolino mio:
capitolo spinoso che mi porta alla rivoluzione copernicana del prossimo capitolo, quindi abbiate pazienza ancora un pochino prima di scagliarvi come delle fionde sulla carotide del nostro faccia d’angelo.
Mi spiace per chi aveva votato bacio no, ma il pezzo era partito alle prime recensioni e ho abbracciato l’idea del bacio non voluto. I funghi citati sono davvero allucinogeni e sono originari del Messico. Per tutto il resto prendetelo come licenza poetica.
Nel prossimo capitolo troveremo gli strascichi mentali del povero Lele e…
Provate a suggerire qualche cosa…
Riguardo ai nick spiacente per i vari 1982, P e R182 ma non mi venivano molto bene quindi accontentatevi dei nomi propri!
Ci rileggiamo tra una quindicina di giorni!
Grazie per l’attenzione
Alla prossima
Baciotti
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Capitolo 3 *** eccomi fidanzato in prova ***
Ciao
a tutti!
Scusate
il ritardo ma questo capitolo non voleva uscire, poi trovata in un
cassetto
della mente l’ispirazione ho scritto in due giorni.
Prima
di tutto ringraziamenti a piene mani per chi mi ha messo nei preferiti,
ricordati e seguiti questa storiella. Per chi recensisce,
ringraziamento
direttamente nella storia… questa volta sono stata
bravissima: ho citato tutti
quelli che mi hanno commentato, non manca nessuno! Spero vi divertiate.
Riguardo
al banner, terzo esempio! (se avete notato cerco anche vagamente di
ricordare
il banner nel capitolo) grazie Teresa detta Elenri per le tue fatiche.
Fatemi
sapere il preferito (ne ho ancora uno… salvo altri che
vogliano cimentarsi)
Eravamo
arrivati al bacio dato per sbaglio da Lele a Lily lei addormentata e
lui
allucinato dalle spore dei funghi di Glee. Adesso respirate
profondamente e non
agitatevi per il nuovo capitolo, leggete sino in fondo prima di
lanciare i
pomodori! (quelli costano e sprecare il cibo non va bene).
A
parte gli scherzi, vi lascio a questa pagina… BUONA LETTURA!
---ooOoo---
«Ti
voglio,
Lele» un sussurro al mio orecchio e una carezza sul mio petto
nudo.
Uhu!
Donzella a ore nove.
Aprii un
occhio rivolto al viso che si era posizionato a circa dieci centimetri
dalla
mia faccia. Il letto non era mio e neanche la ragazza a quanto pareva.
Spalancai
gli occhi scioccato. Lily si stava avvicinando sempre più al
mio viso ed io mi
stavo schiacciando contro il cuscino.
Non potevo
fare questo a Mattia! Era... era orribile... era mostruoso... era
sbagliato...
Le sue
labbra si appoggiarono sulle mie dolcemente, poi iniziarono a
mordicchiarmi, a
forzarmi ad aprire la bocca sino ad invadermi con la lingua.
Oddio! Lily
mi stava baciando! E lo stava facendo alla grande!
Non avevo
mai provato queste sensazioni... era delizioso... era sublime... era
sensuale... era erotico.
Mattia! Non
posso!
«Mattia...»
mormorai tra un bacio e l'altro.
«Lui
non
c'è ed io ti desidero tanto e da tanto tempo»
sospirò lei scivolando sul mio
corpo e accarezzando il torace.
Il mio
respiro divenne sempre più affannato. Che mi stava
succedendo? Era Lily, era
mia amica, era la ragazza del mio migliore amico e non potevo farle una
cosa
simile.
Peccato che
il mio corpo non era assolutamente d'accordo con il mio cervello e
quando mi
sentii togliere i pantaloni e slip rimanendo totalmente nudo, in balia
delle
sue mani e della sua bocca, azzerai i pensieri e mi concentrai sulle
sensazioni.
«Sei
troppo
vestita» e strattonai la sua maglietta sino a toglierla per
poi levarle
calzoncini, mutande e reggiseno. Se ero nudo io doveva esserlo anche
lei!
Era
semplicemente stupenda la bionda Lily, con il suo seno superbo e i suoi
fianchi
pronunciati, adatti per ancorarsi con le mani e far forza per spingere
dentro
di lei.
Cominciò
a
baciarmi lentamente, scivolando sempre più in basso sino ad
arrivare al mio
grande fratello.
Trattenni
il fiato al solo pensiero di quello che poteva farmi con quelle labbra
peccaminose e quasi venni nella sua bocca quando si calò su
di me per
accogliermi.
Su e
giù,
su e giù godendone, mugugnando come se gustasse la cosa
più buona del mondo...
mi stava facendo il più bel pompino di tutta la mia vita.
«Adesso
basta... voglio venire dentro di te» sussurrai ribaltando le
posizioni e
allargandole le gambe posizionandomi in mezzo.
«Allora
sbrigati, non vedo l'ora» rispose lei allacciando le braccia
al mio collo.
I suoi
occhi brillavano di gioia e desiderio che non mi feci pregare a
soddisfare,
entrando in lei con una unica spinta e iniziando incalzante a danzare
la musica
più antica del mondo.
I suoi
sospiri, i suoi gemiti mi stavano mandando fuori di testa.
Stava
godendo, era abbandonata tra le mie braccia, plastilina tra le mie dita
e solo
sentire le sue reazioni facevano scatenare ancora di più la
mia voglia per un
effetto domino continuo ed esponenziale, sino ad arrivare all'estasi
dell'orgasmo che ci colse con un grido liberatorio.
Rimanemmo
così per diverso tempo, abbracciati, cercando di recuperare
il fiato e
ristabilire il battito normale del cuore.
«Perché?...
Perché l'hai fatto?» iniziai timidamente senza
guardarla negli occhi e
continuando ad accarezzarla sulla testa che teneva appoggiata sul mio
petto.
«Perché
lo
volevo... da tanto» rispose lei senza esitazione.
«Ma...
Mattia?» ecco che il mio peccato si faceva sentire ed il mio
cuore mancò un
battito mentre il mio stomaco si stringeva.
«E'
te che
amo... io ti amo... Lele... Lele» la sua voce divenne sempre
più indistinta
mentre la mia spalla si agitava sempre più.
Lily mi
stava trasformando la clavicola in un frullato! Ma che stava succedendo?
«Lele...
Lele... bastardo scopatore universale, idiota depravato... e mollami la
mano
deficiente!» le sue soavi parole stavano diventando sempre
più antipatiche,
esattamente come la sua “deliziosa” vicina di
camera dal commercio illegale di
funghi all'LSD.
Secondo me
aveva anche una piantagione di marijuana, quella che portava un casco
arancione
anche di notte.
Aprii
stancamente gli occhi e mi trovai il naso pallido e lentigginoso di
Glee a un
palmo di distanza dal mio.
«Ah!»
urlai
alzandomi di scatto a sedere e regalandomi una sonora testata con la
psicopatica della porta accanto.
Cominciai a
vedere tutto a macchie mentre mi tenevo la fronte con due mani a
sincerarmi che
la mia capoccia fosse ancora al suo posto.
«Ma
che
cazzo fai! Dio! Che male» mi sentii dire ma ero troppo
preoccupato per i miei
lividi per pensare anche a quelli della stronza rompicoglioni
spacciatrice di
spore.
«Glee,
cazzo vuoi dalla mia vita? Non ti basta avermi drogato? Devi pure
scassarmi il
cranio e i maroni?» sbottai.
«Io
non
volevo sfondarti il cranio né farmelo sfondare da
te!» replicò lei massaggiando
la fronte «Né volevo toccarti i 'maroni' in alcun
modo! Volevo solo la
smettessi di grufolare come un porco! Sono ancora le cinque porco
cazzo! E io
voglio dormire e con te che gemi, sbuffi e spingi il letto come se
stessi
facendo una maratona di sesso non riesco a chiudere occhio»
ribatté indicando
la parete dove era appoggiato il materasso che stavo occupando.
«Secondo
me
dovresti fare sesso anche tu, saresti più rilassata e
dormiresti meglio senza
spiare i tuoi vicini» sorrisi incrociando le braccia sul
petto e appoggiandomi
alla testiera.
«Non
ti
stavo spiando. Avevo solo paura che stessi violentando Lily mentre lei
dormiva.
Da te mi aspetto qualunque cosa... tranne forse questa»
rispose indicandomi con
un sorriso che sapeva tanto di scherno.
«Cosa
vuoi
dire?».
«Beh,
indubbiamente stavi facendo sesso ma in realtà lo stavi
sognando visto che eri
solo qui...» poi scoppiò a ridere fragorosamente
agitando il caschetto di
capelli che solo in quel momento mi accorsi essere assurdamente
arancioni «E
sei anche venuto nelle mutande! Ma quanti anni hai? Dodici?»
e si alzò
asciugandosi le lacrime e avviandosi alla porta.
«Non
sono
venuto nelle mutande!» esplosi irato. Per precauzione
controllai abbassando lo
sguardo sui calzoni e... cazzo! Ero venuto nelle mutande per un sogno!
«Fottiti!»
gridai alla porta chiusa che si riaprì immediatamente.
«E tu
sogna!» e che poi venne subito richiusa.
Cazzo,
cazzo, merda, merda, cazzo, cazzo!
Che figura
del menga! Ero venuto solo a sognare, ma quel che è peggio
avevo sognato di far
sesso con Lily, l'unica ragazza intoccabile di tutto l'universo
conosciuto e
non.
La donna del
mio migliore amico. Quella che mi era stata affidata per controllarla.
Più
controllata di così dovevo solo scoparmela dal vivo.
Che cavolo
pensavo?
Qui mi ci
voleva uno psicologo e uno bravo direi!
«Era
Glee
quella?» disse una vocina intervallata da uno sbadiglio.
Sobbalzai
come se mi avessero beccato i miei genitori a fare sesso nel loro letto
e di
istinto mi tirai su il lenzuolo a coprire il petto già
avvolto dalla maglietta
della salute.
Mi voltai
verso la figuretta che si stava alzando e avvicinando al letto dove ero
adagiato.
«Sì…
sì…
ma… ma che stai facendo?» chiesi quasi
terrorizzato quando la vidi stendersi
accanto a me. Ci mancava solo che iniziassi a frignare come una
verginella e
avrebbe capito tutto.
Ma porco
bufalo! Proprio adesso doveva venirmi così vicino? Ero
ancora scosso e dovevo
elaborare quello che avevo sognato. Un attimo di pace, please!
«Il
divano
mi stava uccidendo la schiena dal momento che mi hai svegliata con i
tuoi
sbuffi».
Era buio
vero? Perché ero pressoché sicuro che le mie
guancie erano di calore e colore
di brace. Cristo! Eppure io ero una persona discreta nelle mie
esternazioni!
«Devo
avere
un pochino di sinusite» risposi con voce roca.
«Allora
devi chiedere a Glee qualche rimedio. Lei ha degli intrugli fantastici
per far
passare tutti i malanni di stagione» rispose Lily
appropriandosi della metà del
letto e mostrandomi le spalle.
«Stupefacenti
direi» borbottai sottovoce voltandomi dalla parte opposta e
stando attento a
non sfiorare neanche un centimetro di pelle di Lily.
«Hai
detto
qualcosa?» sbadigliò lei.
«Buonanotte,
bionda» risposi sorridendo.
«Buonanotte,
faccia d’angelo… poi domani mi devi raccontare
cosa è successo ieri sera, mi
sento come se avessi bevuto una cisterna di birra». La sua
voce andò via via
morendo e io mi rilassai leggermente quando mi accorsi che si era
riaddormentata.
Cercando di
fare minor rumore possibile, scivolai fuori dal letto e mi sedetti sul
divano,
avvolgendomi con il plaid che Lily aveva lasciato lì.
Poggiai i
gomiti sulle ginocchia e il mento sulle mani aperte, fissando
insistentemente
l’ombra stesa.
Mi sentivo
sull’orlo di una crisi isterica come solo una ragazzina alla
prima mestruazione
poteva avere.
Avevo
sognato di fare sesso con Lily.
Avevo
sognato di baciare Lily… no. Quello era successo davvero.
E adesso
che dovevo fare?
«Mattia
mi
ammazza» sospirai.
Conoscevo
bene il mio amico. Anche solo sospettare che qualcuno avesse pensieri a
luci
rosse sulla sua ragazza lo faceva andare fuori di testa.
Più
di una
volta avevo dovuto allontanarlo da un ragazzo perché secondo
lui aveva fissato
Lily un secondo di troppo.
Eppure era
sempre stato attento a non essere asfissiante con lei, a lasciarle i
suoi spazi
e a mostrarsi fiducioso, per poi seguirla da lontano.
Se non
altro faceva in modo di essere l’unico ad avere i tarli della
gelosia e i
dolori che questa si portava dietro.
Come
potevo, proprio io, causargli altri problemi?
«E
poi lei
mica mi vuole» sbottai e questa frase mi fece più
male di tutto il resto.
Il solo
fatto di dirlo ad alta voce significava che avevo preso in
considerazione il
fatto di desiderare di stare con lei.
No! Non
potevo! Non volevo! Non la desideravo!
Il bacio
era stato solo un inciampo sul tappeto, una allucinazione da fungo, non
un
sentimento di amore, per non parlare del sogno!
Desideri
inconsci? Macché! Avrei potuto sognare anche quella Glee dai
colori di zucca se
avessi aspirato quelle stramaledette spore in sua compagnia.
Ecco! Era
tutto colpa di quei funghi e di quella pazza psicolabile schizzata
vestita da
barbabietola.
Sospirai e
mi passai stancamente le mani tra i capelli, tirandone alcune ciocche
disperato.
A chi
volevo darla a bere? Sapevo perfettamente che se il bacio poteva essere
stato
un errore insignificante, il sogno era qualcosa che non si poteva
controllare.
L’espressione
di desideri profondi e inespressi.
Mi era
già
capitato di sognare di far sesso con qualcuna ma erano tutte donne che
mi
scatenavano dei sentimenti, dall’odio per la professoressa di
matematica che
avrei volentieri sodomizzato con violenza, alla graziosa compagna di
corso con
cui prendevo sempre il caffè al mattino e che, con sommo
dispiacere, avevo
scoperto essere lesbica e quindi per niente interessata al mio grande
afflitto
fratello.
Non che
tutte le mie fantasie dovessero realizzarsi ma, considerando che la mia
vita
era piuttosto soddisfacente in quel campo, non avevo bisogno
dell’antro onirico
per gioire dei piaceri della carne.
Alla luce
di tutto questo, ero davvero preoccupato.
Mancavano
ancora dodici giorni al ritorno di Mattia ed io ero sull’orlo
di una crisi di
nervi.
Mai mi
sarei immaginato di desiderare così la presenza di un
ragazzo nella mia vita.
«Mattia,
mi
manchi» sospirai e iniziai a sghignazzare per la stessa
assurdità della mia
affermazione. Neanche fosse stato il mio ragazzo.
Ora la cosa
più impellente era stare alla larga da quella bambola bionda
che mi stava
facendo venire i complessi di colpa. Non credevo che avere una
coscienza fosse
una cosa tanto pesante.
Normalmente
mi comportavo talmente con leggerezza da non sentirne minimamente il
peso.
Oramai
erano quasi le sette e decisi di tornare a casa per cambiarmi e
respirare
qualche cosa di più sicuro che profumo di Lily e spore di
fungo. Quello era un
mix micidiale.
Ci misi
quasi un’ora tra bus e camminata per arrivare a casa e senza
indugio mi fiondai
sotto la doccia e poi in camera di Mattia per raccogliere qualche cosa
di più
pulito e meno imbarazzante di una tuta macchiata di sperma.
Dovevo
ricordarmi di lavarla per restituirla alla legittima proprietaria. Ero
grato a
quella pazza per l’unico gesto gentile che aveva
compiuto… per tutto il resto
poteva anche andare a farsi friggere.
«Ciao,
Lele. Come è andata ieri?» mi salutò
Gian seduto a fare colazione al bancone in
cucina, accanto ai due piccioncini Consuelo e Jake.
Meno male
che non c’erano nubi scure all’orizzonte di quei
due perché non avrei retto
altro oltre ai miei pensieri.
«Chiedilo
alla schiavista» borbottai indicando la spagnola e servendomi
la colazione.
«Hai
un
aspetto orribile! Cosa è successo da Lily?»
buttò innocentemente Consuelo ma io
sbiancai.
Cosa
sapevano? Si vedeva? L’avevo scritto in faccia? Fingere!
Parola
d’ordine fingere!
Anzi meglio
ancora, dire la verità… dei funghi, tutto il
resto… fingere!
«Siamo
stati intossicati dai funghi di Glee, sembravamo due
strafatti…» sbottai
addentando un bombolone ancora caldo.
«Quella
ragazza porta sfiga! L’ho sempre detto, sin dalla prima volta
che l’ho vista»
dichiarò convintissimo Gian.
«Perché?
Io
la trovo simpatica» rispose Jake carezzando un braccio della
sua amata.
«Pensa
che
l’ho incontrata una mattina che avevo uno scritto. Quando
sono entrato
nell’aula non riuscivo neanche a leggere le domande alla
lavagna e non
riconoscevo nessuno dei miei compagni di corso… è
stato devastante» concluse
con enfasi il Fassi per poi ingollare il tazzone di caffelatte.
«Oh!
Me la
ricordo quella volta!» intervenne Consuelo e alla mia faccia
interrogativa
spiegò «La sera prima aveva bevuto e fatto tardi e
si è trovato nella sezione
delle lingue orientali, precisamente durante una lezione di
giapponese».
Tutti
scoppiammo a ridere di gusto.
«Ovvio
che
non capissi e non conoscessi nessuno» singhiozzai asciugando
le lacrime.
«Dici
così
solo perché ti sembra divertente ma sono sicuro che
è stata Glee a confondermi
le idee e farmi andare nell’aula sbagliata» rispose
piccato.
Lo fissammo
cercando di trattenere una risata che, finalmente, sbottò
anche sulla sua
faccia.
«Okay…
ero
‘ombre’ quella mattina» ammise
continuando a ridere.
«Lily
come
sta adesso? Si è ripresa o è nelle tue
condizioni?» chiese ancora Consuelo
preoccupata della sua amica.
«Quando
sono uscito stava ancora dormendo e l’ho lasciata stare. Ti
assicuro che quelle
spore sono abbastanza difficili da sostenere. Glee mi ha sbattuto sotto
la
doccia fredda e mi sono leggermente ripreso ma lei si era
già addormentata,
quindi penso che questa mattina si alzerà con un bel mal di
testa… più o meno
come me» risposi appoggiando la testa sul tavolo e chiudendo
gli occhi.
«Forza,
faccia d’angelo. Dobbiamo andare» esortò
Consuelo scendendo dallo sgabello e
precedendo gli altri alla porta di ingresso.
«Andiamo,
così vedi che non ho distrutto la tua mito» e mi
lanciò le chiavi della quattro
ruote con un enorme sorriso orgoglioso.
Annuii e
presi i libri che servivano per la mattina per poi uscire con gli altri
al
seguito per la solita camionata verso l’università.
Studio,
uguale niente pensieri. Forse questa era la soluzione.
La
mattinata passò veloce e ci trovammo tutti a pranzo alla
tavola calda accanto
all’ateneo compresa Lily, in compagnia di Consuelo, Jake,
Gian, una ragazza con
gli occhi marcatamente a mandorla che non avevo mai visto e…
Glee.
Non sapevo
se era più imbarazzante trovarmi davanti la bionda o la
zucca… no, un attimo.
Non aveva
più i capelli arancioni, ora erano un po’
più lunghi e con strane tonalità che
andavano dal blu al rosa carico.
Oltre a una
spacciatrice di stupefacenti aveva un parrucchiere portatile in stanza?
«Ciao,
Lele» mi salutò Lily non appena appoggiai il
vassoio accanto alla ragazza che
non conoscevo. Avevo deciso che era meglio stare alla larga prima di
fare gesti
che sarebbero stati subito fraintesi.
«Lei
è
Sara, una mia compagna di corso» la presentò Glee
senza alcuna inflessione di
voce.
«Piacere,
Sara Wooh» sorrise
tendendomi la mano
«E prima che tu lo chieda sono italiana, mio nonno era cinese
ma io non so
neanche una parola né ci sono mai stata… in Cina
intendo» e terminò con un gran
sorriso.
Rimasi
abbastanza perplesso. Non le avevo chiesto nulla e onestamente neanche
mi
interessava…
«Okay,
Sara
Wooh, italiana ma nipote di un cinese che non sa nulla delle
origini… Emanuele
Mancini detto Lele, italiano senza altre discendenze strane»
sorrisi di rimando
e strinsi la mano.
«Noi
lo
chiamiamo anche faccia d’angelo visto che è
carino» sorrise indulgente Lily.
«Io
lo
chiamo scopatore universale e lascio a te immaginare
perché… ma anche idiota
gli calza a pennello» intervenne Glee irritandomi ma facendo
ridere gli altri.
«Dai,
Gloria, non essere la solita acida» la blandì la
nuova.
In effetti,
per avere solo il nonno cinese ne mostrava tutti i tratti somatici. Il
naso non
era tanto a patata ma gli occhi erano molto allungati, i capelli erano
neri,
lisci e lucidi e il viso tondo come una moneta.
Una bella
bocca carnosa ne elevava la figura a carina. Beh, poteva anche andare
per una
botta.
«Allora
anche tu hai la sensazione che sia perennemente acida e
antipatica» replicai
mantenendo una parvenza di strafottenza e menefreghismo e condendo
tutto con un
sorriso accattivante.
«No…
è solo
un pochino dura ma è molto simpatica» rispose lei
sorridendo alla testa dai
colori impazziti.
«Sono
simpatica solo perché ti lascio copiare i risultati dei miei
esperimenti»
replicò Glee sbuffando contrariata.
«Per
quello
e per i libri strani che mi presti sempre» concluse Sara con
un buffetto sul
braccio della compagna alla quale, per un attimo, mi parve scappare un
piccolo
sorriso allegro, prima di tornare seria e torva.
Il cibo non
era da quattro stelle in quel locale, ma si faceva mangiare senza
proteste.
«Sentite,
questa sera c’è una serata al butterfly76.
giri di birra locali e italiane. Il capo mi ha detto che ci
sarà anche la
nostra rossa preferita!» annunciò Jake mentre si
parlava di organizzare per la
serata.
«Oh!
Ci
sarà La pam8842 o
Nicole? Che poi
non era la nostra rossa preferita, era solo la tua, Lele»
intervenne Gian con i
suoi pensieri a ruota libera (che facevano più danno che
altro)
«E ti
pareva, lo scopatore non si smentisce mai»
borbottò Glee prima di finire la sua
coca.
«Credo
che
Jake si riferisse alla prima, la birra, e ti ricordo che Nicole convive
con
Giascali ed era la preferita di Mattia, scusa, Lily, non la
mia!» perché mai
sentissi il dovere di giustificarmi era un mistero anche per me.
«Non
preoccuparti, so tutto della cotta del mio uomo per la
francesina» rispose
tranquilla Lily facendo spallucce.
In fin dei
conti Lily aveva ragione: Mattia era andato in bianco con Nicole, la
francese
era andata in bianco con me, Giascali era andato in bianco con Giulia 2
e alla
fine ‘sti due sbiancati si erano trovati a far coppia, a
leccarsi e ferite per
poi scoprirsi immensamente innamorati.
I casi
della vita!
«Sapete
che
fine ha fatto Giascali?» chiesi. Era da tanto che non lo
sentivo, praticamente
dalla fine della scuola. Non che fossimo molto amici.
«Tranquillo,
il tuo concorrente in fatto di donne, dopo essersi accasato con la
Richard è
andato a lavorare con suo zio e fa il meccanico» rispose Jake.
«Te
lo
immagini, Lily? Con i suoi bicipiti scolpiti, coperti di grasso e
quelle mani
callose…» fece Consuelo con un sorrisino isterico
al quale la bionda rispose
immediatamente annuendo con vigore.
«Oh
sì! E
le canotte sbrindellate che lasciano vedere i pettorali, e lui piegato
sul
cofano aperto di un’auto…» e fece anche
il verso.
«Ma
la
piantate voi due? Cos’è mi amor? Non ti soddisfo
abbastanza?» interruppe
piccato il povero Giacomo.
Come
volevasi dimostrare era solo una presa in giro visto le risate sguaiate
che
esplosero dalle due ragazze.
«Peccato
che manca Mattia, mi sarebbe piaciuto sentire la sua
reazione» commentò Glee
ridacchiando.
«Qualcuno
mi dovrebbe spiegare questa mania di fare battute stupide per
ingelosire il
proprio ragazzo. Non vi basta averlo ai vostri piedi? Dovete anche
calpestarlo
fino a rimanere senza dignità?» chiese Gian
piuttosto scuro in volto.
Probabilmente
non apprezzava molto il modo di Consuelo di trattare il suo gemello.
«Era
solo
uno scherzo» rispose Sara sorridendo dolcemente al Fassi
«Se ci
fosse qualche cosa di vero non ne
parlerebbero così apertamente».
«Quindi
bisogna stare attenti se la ragazza non fa apprezzamenti?»
sembrava quasi che
Giancarlo prendesse appunti. Possibile che aveva ancora bisogno di
questi
giochetti per capirci qualcosa?
«In
un
certo senso sì. Per esempio, se mi sperticassi in lodi per
Lele, pur essendo
qui davanti a lui, tutti capirebbero che non sono
interessata» continuò la
cinese.
«Grazie»
intervenni io abbattuto.
«Più
che
altro potrei portarti direttamente in una casa di cura per malattie
mentali.
Sarei preoccupata a morte per te e le tue idee malsane»
intervenne Glee
regalando Sara uno spintone cameratesco che fece scivolare la ragazza
verso di
me.
Prontamente
la afferrai riposandola sulla sedia e mi rivolsi alla spacciatrice
«O potresti
essere gelosa e vorresti provare tu» rimbeccai io.
«Certo,
sono
gelosa… del tappeto forse?». Ahi! Colpo basso! Mi
zittii di colpo.
«Cosa
centra il tappeto?» chiese proprio Lily.
«Niente…
una cosa nostra» biascicò Glee per poi alzarsi
«E’ ora di andare, Sara»
ordinò.
«Venite
anche voi questa sera?» chiese Gian ammirando il sedere della
cinese. Beh,
decisamente un lato B gradevole. Approvavo anche io.
«Io
sì… tu
Gloria?».
«Non
credo.
Aspetto un amico che devo accompagnare in un posto» rispose
evasiva poi salutò
tutti e se ne andò seguita dalla sua compagna di corso.
«Che
ragazza strana» mormorai pensando a Glee.
«Che
ragazza interessante» esclamò Gian pensando a Sara
(sicuramente).
Quella sera
ci divertimmo davvero tanto.
Forse fu la
birra che bevevamo sempre nella nostra città che ci fece
sentire a casa ma fu
come tornare indietro nel tempo. Ci sentivamo il solito gruppo di
ragazzini che
facevano battutacce e ridevano della grossa.
Stranamente,
quello più contenuto fu proprio Gian, forse per la presenza
di Sara. Se la
ragazza gli faceva questo effetto avremmo dovuto invitarla
più spesso,
trattenere quella mina impazzita di Fassi non era proprio una impresa
facile.
Nonostante
tutto quella sera fissai spesso Lily e non riuscii a staccarmi dal
pensiero di
stare imboccando una via da evitare assolutamente.
Lei non era
per me. Il mio cervello lo sapeva, ora non restava che convincere tutto
il
resto.
§§§
Il fatto
è
che il resto non riusciva a farsene una ragione e la cosa mi causava
gravi
problemi.
Nelle
settimane successive, Sini, sentì Mattia tantissime volte,
tanto che il
cellulare divenne quasi una prolunga del suo braccio, ma continuava ad
aver
bisogno della mia assistenza: un passaggio, delle commissioni, un
favore, una
passeggiata o semplicemente guardare la televisione in compagnia
perché
Consuelo era con Jake.
Per me
stava diventando sempre più difficile. Avrei voluto essere
come quel comico e
battermi una bottiglia di plastica sulle palle, a ripetizione.
Oltretutto
iniziavo ad avere allucinazioni visive, visto che mi sembrava di
scorgere la
sua chioma bionda a ogni angolo di strada che percorrevo.
C’era
quando era presente e c’era quando non era lì.
L’anticamera
della pazzia… o del tentativo di farsi uccidere dal suo
gelosissimo ragazzo.
Fortunatamente
non ci eravamo più avvicinati come la sera dei funghi e
quindi niente baci,
niente abbracci e niente palpate.
Sogni?
Quelli purtroppo sì e anche frequenti.
Ma la cosa
più preoccupante era che non ero più stato con
nessuna altra.
Perché
appena la baciavo pensavo a Lily? Perché appena la toccavo
pensavo a lei?
Macché!
Stavamo
mica parlando di romanzetti rosa!
Mi era
venuto l’herpes labiale dallo stress e nessuna ragazza si era
più avvicinata al
sottoscritto.
E pensare
che credevo di poter essere meglio di una minaccia di labbro spaccato e
di
valere il rischio.
Evidentemente
ero troppo sicuro di me e Glee non faceva altro che ripeterlo ogni qual
volta
incrociava il mio cammino.
«Vedi
a
baciare chiunque cosa capita? Dovresti stare un po’ in
ritiro, magari hai
l’illuminazione spirituale e ti rinchiudi in un convento
finché scampi» sempre
tenera e dolce quell’arcobaleno di ragazza.
«Non
rinuncerei mai ai tuoi funghi. I viaggetti che mi hanno fatto fare sono
stati
indimenticabili».
«Questo
è
un peccato capitale, fratello. Si chiama gola e rischi di andare
all’inferno,
oltre alla lussuria a cui sei già abbonato. Pentiti
figliolo, prima che sia
tardi».
«Oppure
potresti venire con me e farmi compagnia» replicai.
«No,
grazie. Io sono già tra gli irosi quindi se non vuoi subire
i miei scatti di
umore nero è meglio che mi eviti» e
terminò lo scambio di battute
allontanandosi verso un ragazzo vestito tutto di nero e pieno di
piercing in
faccia.
Una decina
di giorni dopo stavo tornando a casa, quando Lily mi raggiunse al
cellulare e
mi chiese se potevo andare a farle la spesa.
Non che le
ragazze avessero bisogno di cibo vero, per quello c'era la cucina
comune della
casa dello studente, più che altro era bisogno di snack e
spazzatura varia,
tutto quello che era lontano da una alimentazione salutista.
E Liliana
Sini sapeva che quegli acquisti erano la mia specialità.
Per
l'ennesima volta mi sottoposi al servizio, augurandomi ardentemente che
Mattia
ritornasse il prima possibile ed io potessi tornare alle mie vecchie
abitudini
dimenticando questo periodo infernale.
Dopo
mezz'ora ero carico di due borsoni di patatine e cioccolato dalle forme
più
strane e salivo le due rampe di scale per arrivare alla stanza di Lily
e
Consuelo che stranamente trovai aperta.
«Ehi,
bionda! Ho portato i viveri di prima necessità»
annunciai dando una spallata
all'uscio per poter entrare.
Stranamente,
né Consuelo né Lily erano presenti.
Chissà perché avevano lasciato la porta
aperta.
Dopo
essermi assicurato che non ci fosse qualcuno nascosto in bagno,
cominciai a
ritirare la spesa nell'armadio che fungeva da dispensa.
«Lily,
senti, ti ho portato quel libro che mi avevi chiesto, Nando me l'ha
recapitato... oh! Ciao scopatore universale con l'herpes».
Era entrata Glee con
uno spesso libro stretto al petto.
«Ciao...»
biascicai voltandomi a fissarla e, senza che riuscissi a, fermarmi le
chiesi
«Ma non sei stufa di nominarmi in quel modo? Uno scherzo
è bello quando dura
poco» le feci notare.
«Tu
sei uno
scopatore universale, perché dovrei cambiare? Che stai
facendo qui? Stai
tendendo un altro tranello alla povera Lily? Se Mattia lo venisse a
scoprire
saresti un uomo morto» rispose avvicinandosi.
«Cosa
intendi per tranello? Io non sto facendo niente» protestai ma
iniziavo a
sentire i sudori freddi sulla schiena.
«Certo...
come non sospiri appena lei si allontana, come non la guardi sempre,
come se
non la volessi spogliare... devo continuare?». Sgamato?
«Io
non
faccio niente del genere!».
«Prima
che
partisse Mattia, no. Cosa è successo esattamente la sera che
siete stati
intossicati dalle spore?» e qui mi ricordavo che in
realtà era tutta colpa sua.
«Niente...
abbiamo mangiato, riso e poi lei si è addormentata sul
divano... io sono
inciampato su quel maledetto tappeto e...» chiusi gli occhi
come a rifiutare il
ricordo successivo «L'ho baciata».
«E?»
fece
ancora lei.
«Cosa
e? Ti
ho detto che l'ho baciata non è abbastanza?»
sbraitai.
«Per
uno
come te non dovrebbe essere un problema, ne avrai baciate tante di
labbra da
averne perso il conto... e scommetto che dopo l'hai anche sognata. Era
lei
vero?» il sorriso che spuntava sadico sulla bocca di Glee mi
fece andare il
sangue alla testa. Si permetteva di ridere della mia disgrazia?
«Se
sai già
tutto cosa altro vuoi?» sibilai con astio.
«Mi
interessa di più sapere cosa pensi e quali sono le tue
intenzioni» si sedette
sul divano posando il libro vicino a lei.
Provai a
cambiare argomento «EhiHalfBlood scritto
da qwertylove, ma che
razza di letture fai?» chiesi prendendo
in mano quella specie di tomo e
sedendomi accanto a lei.
«Non
leggo
queste cose. Me lo sono fatto spedire perché sapevo che loro
due ci tenevano»
rispose indicando il portafoto con i ritratti delle mie due amiche
sorridenti
all'obiettivo. Mi ricordavo di quella foto: eravamo a Gardaland ed
eravamo
appena stati su una giostra fantastica. Gli occhi di Lily brillavano
felici
verso la fotocamera. Ricordavo che dietro la macchina c'era un adorante
Mattia
che si godeva le risate allegre della sua ragazza.
Anche
allora io non centravo nulla.
«Sono
quelle letture assurde su vampiri e maghi mischiati con quelle storie
harmony
che legge mia nonna. Una cosa da carie che piace tanto a Lily e tu non
cambiare
argomento» concluse Glee facendomi tornare alla discussione
principale
«Non
so
cosa sia successo... è come se fossi stato colpito da un
martello e mi sono
trovato invischiato in questa storia» iniziai a confessare.
«Che
mi
sembra esista solo nella tua fantasia» mi contraddisse.
«Meno
male!» risposi agitato guardando la foto
«Distruggerei Mattia, Lily e tutta la
compagnia, oltre a sentirmi un verme».
«Credo
che
verme ti si addica... ma andiamo, Lele! Non hai fatto nulla se non
pensarla.
Non appena arriverà Mattia tutto tornerà normale,
altrimenti potresti sempre
confessarti. Tanto non riusciresti più a stare insieme a
loro come amico in
quel caso». La faceva facile lei! Avrei distrutto anni di
vita in amicizia! Una
cosa fondamentale della mia esistenza.
Ci pensai
qualche minuto... no, non era fattibile, assolutamente.
«Sei
pazza?» sbraitai.
«Qualche
volta me l'hanno detto» rispose serafica.
«E
cosa
risponderesti se, nonostante che tu avessi un ragazzo che so che ami e
che ti
ama, io venissi a dirti… a proposito perché ti
fai chiamare Glee? » mi
distrassi all’ultimo momento dal mio discorso.
«Perché
Gloria
non mi piace più di tanto… continua su, io ti
risponderei a cosa?» sembrava divertita
e rilassata.
«se
io
venissi a dirti ’Gloria, mi piaci tantissimo, lascia gli
altri e mettiamoci
insieme'» sbottai prendendo le sue mani tra le mie e
fissandole gli occhi...
verdi. Aveva dei bellissimi occhi verde scuro, grandi ed espressivi...
non li
avevo mai notati.
Rimanemmo a
fissarci alcuni secondi senza neanche sbattere le ciglia.
«Beh…
pensavo che la tua dichiarazione sarebbe stata più
romantica» ruppe il silenzio
che stava diventando imbarazzante e quasi mi stavo mettendo a ridere
della sua
battuta quando una voce alle mie spalle mi fece gelare sul posto.
«Oddio!
E’
la prima volta che ti sento fare una dichiarazione in grande stile a
una
ragazza! Come sono contenta… devo subito avvisare gli altri
che il nostro Lele
Mancini si è innamorato!» esplose Lily con un
applauso.
Mollai le
mani di Glee di scatto e lei saltò in piedi inorridita.
«No…
non è
come pensi…» provai a dire ma ormai la bionda era
partita per la tangente e
stava già parlando al cellulare.
«Sì…
ho
appena beccato Lele che si stava dichiarando a Glee… sono
d’accordo, dobbiamo
procurarci anche dei canotti e viveri… secondo me
l’arca di Noè non è
sufficiente per tutta l’acqua che
cadrà… terremoto? Addirittura?...».
Anche io mi
alzai e incrociai le braccia al petto irritato.
Possibile
che non mi credessero capace di sentimenti e amore? Mica ero stato
sempre così
refrattario!
«Adesso
ti
saluto perché mi stanno guardando male… ciao,
amore, ci sentiamo più tardi».
«Non
mi
stavo dichiarando… non è quello che hai
sentito» provai ancora a spiegare.
«Cos’era
allora?» chiese Lily curiosa.
«Mi
stava
facendo una dichiarazione ipotetica» sbottò Glee
«Ma non credo fosse destinata
a me».
Mi voltai
di scatto e sgranai gli occhi inorridito. Voleva farmi vuotare il sacco
e
confessare il mio segreto? Voleva la mia morte?
«Allora
a
chi era indirizzata? Io ho sentito riferirsi a Gloria e quella sei
tu». Lily
era sempre più confusa e alternava lo sguardo da me a Glee e
ritorno cercando
di capire l’inconfessabile.
Sospirai
sconfitto. A questo punto avevo due possibilità: o dire a
Lily che mi piaceva
come ragazza e non solo come amica, oppure appoggiare
l’equivoco e far credere
a tutti di essere cotto di Glee.
In ballo
c’erano anni di amicizia, per contro una ragazza che quasi
certamente mi
avrebbe rifiutato e non mi avrebbe più rivolto la parola. Mi
sarei trovato con
un pugno di mosche. La decisione non andava neanche ponderata, in
realtà era
una sola.
«Ma
certo
che era rivolta a Gloria. Solo che l’ho presa un
po’ alla larga» dichiarai
guardando fisso una Glee boccheggiante.
Sperai
ardentemente che il suo cervellino lavorasse svelto così
come quando doveva
trovare nuovi insulti da appiopparmi.
Almeno in
questa preghiera fui esaudito.
«Oh,
mio
Dio!» squittì in un tono leggermente acuto e falso
«Allora dicevi sul serio… ma
io… non so…» iniziò a
balbettare mentre le sue guance si coloravano di un tenue
rossore imbarazzato.
Come faceva
a recitare così bene?
«Non
sono
ancora innamorata di te… ma possono esserci delle buone
possibilità che una
nostra storia funzioni…». Che diavolo aveva in
mente? Avevo l’impressione di
stare cadendo dalla padella alla brace.
Continuai a
fissare il suo viso, pendendo dalle sue labbra.
«Va
bene!»
disse dopo alcuni secondi di suspance «Sarai il mio
‘Fidanzato in prova’…
potrai dimostrarmi tutto il tuo amore e la tua
fedeltà».
Una
incudine sull’alluce avrebbe fatto molto meno male.
«Dai,
Lele!
Non ti ha detto di no! Dovresti sorridere ed essere
contento… baciala su! Io vi
lascio soli e corro da Consi… non vedo l’ora di
raccontarle le novità!» e Lily
uscì di corsa lasciando me a bocca aperta e la mia nuova
fidanzata in prova con
un sorrisino malefico stampato in faccia.
---ooOoo---
Angolino
mio:
spero
che questo capitolo vi sia piaciuto. È venuto fuori proprio
come volevo io e ne
sono soddisfatta.
La
prima pagina mi faceva piegare dalle risate al solo pensiero di quante
si
sarebbero scatenate: Lily che fa sesso con Lele e fa le corna a Mattia?
Diciamo
che è stato un inizio con botto.
La
parte finale era una scena che avevo in mente ancora prima di iniziare
la
storia: la dichiarazione che scatenava il fraintendimento e,
naturalmente, Glee
se ne approfitterà facendo diventare pazzo il povero
Mancini, preoccupato che
il suo segreto non venga fuori.
Adesso
trovatemi la prima pretesa che Glee farà al nostro Lele.
Evitate
l’acquisto di assorbenti interni e non e anche il recupero
della sua mito con
tanto di multa ipersalata da pagare e la fiancata da riverniciare
perché l’ho
già pensata io.
Mi
raccomando, impegnatevi perché voglio ridere!
Adesso
ringrazio per l’attenzione e vi rimando tra quindici giorni.
Baciotti
|
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Capitolo 4 *** una giornata particolare ***
Ciao
a tutti, lettori affezionati!
Con
precisione quasi chirurgica sono tornata ad aggiornare a 15 giorni come
promesso.
Incredibile
ma vero, sto portando avanti quattro storie in contemporanea! Pat, pat!
Mi
batto sulla spalla da sola per i complimenti.
Come
al solito ringrazio chi legge e inserisce questa storiella comica nelle
liste
speciali, chi recensisce con il suo nick all’interno della
storia (cosa che
succederà anche questa volta).
E
soprattutto grazie a Elenri per i banner (uno nuovo! Ma quante foto ha
fatto
Alex Pettifer? Ma c’è uno scatto andato a male?...
no, l’obbiettivo lo ama…
E
grazie a ValeR198 per la sua idea… no, la leggerete.
BUONA
LETTURA!
---ooOoo---
Non appena
la porta si richiuse mi accasciai sul divano.
Cosa cavolo
era successo in quei dieci secondi?
Mi sentivo
come se mi mancasse l'aria e la testa cominciava a pulsare.
«Lele,
respira piano o ti verrà un attacco di panico»
disse sorridente la principale
fonte dei miei guai.
«Che
intenzioni hai?» riuscii a chiedere dopo essermi calmato.
«Io
nessuna! Sei tu che mi hai chiesto di essere la tua ragazza»
rispose
guardandosi le unghie tinte di blu.
«Mi
volevi
far scoprire da lei!» sbottai «Stava
facendo una dichiarazione ma non credo
fosse destinata a me» scimmiottai agitando la testa.
«In
effetti
è quello che era! Non è colpa mia se non hai
avuto le palle per parlare» mi
rispose alzando ancora di più la voce.
«Ma
sei
cretina? Non potevo dirle niente! Avrei mandato a puttane anni di
amicizia per
niente, lei non avrebbe mai lasciato Mattia per me. Mi sarei
semplicemente
trovato solo!». Ero di nuovo in piedi e la stavo
fronteggiando a pochi
centimetri dal suo naso.
Non dovevo
abbassarmi neanche tanto, una decina di centimetri al massimo. Non era
poi
tanto nana questa pazza.
«Non
credo
che il tuo problema sia rimanere solo. Con il tuo bel faccino, una
scema che ti
venga a far compagnia la trovi di sicuro» ribatté
lei schiacciando una mia
guancia tra pollice e indice.
Inutile
spiegare qualcosa a quella schlerata.
«Cosa
dovremmo fare adesso?» provai a chiedere. Nel giro di mezza
giornata tutti
avrebbero saputo che mi ero messo insieme a Glee e non sapevo proprio
che pesci
pigliare: negare? Acconsentire?
«Direi
che
per ora dovrai farmi una corte spietata e soddisfare ogni mia
richiesta, come
dovrebbe fare ogni ragazzo innamorato di una donna».
Non sapevo
se ero più inorridito dal fatto di essere definito
innamorato di qualcuno o
dalle ciglia di Glee che sbattevano tra loro alla velocità
di un ventilatore.
«Smettila,
mi fai venire il mal di mare» e le diedi una piccola spinta.
«Piantala
di prendertela con me! Hai fatto tutto da solo» e mi
restituì la spinta.
«Sei
tu che
hai accettato, potevi dire di no!» e la spinsi un'altra volta.
«Così
poi
mi avresti dato la colpa per non averti coperto. L'idea è
stata tua» e mi
restituì nuovamente la spinta.
Cominciammo
a spintonarci sempre più forte ripetendoci “E'
colpa tua” finché non ruzzolammo
sul tappeto per fermarci avvinghiati io sopra di lei.
I nostri
nasi si stavano sfiorando e se non fosse stato per i nostri sguardi di
puro
astio, sarebbe stata una situazione davvero romantica da approfittarne
senza
indugio.
In quel
momento sentii aprirsi la porta e un paio di mani che si agganciavano
al
colletto della mia camicia e mi spingevano la testa verso il basso,
facendo
scontrare la mia bocca con un paio di labbra morbide.
Il mio
corpo reagì automaticamente, del resto era in allenamento da
anni in questo
campo.
Iniziai a
muovere delicatamente le labbra mentre, con il braccio che non mi
sosteneva,
andai a carezzare il fianco della ragazza che stava sotto di me.
Il bacio si
stava facendo più pressante. Non riuscivo a pensare ad altro
se non che volevo
di più.
La mia mano
strinse possessivamente la carne facendo gemere la sua padrona, ma non
era un
suono di dolore, era di piacere, di voglia, che accese ancora di
più la mia
frenesia.
Inavvertitamente
spinsi il bacino verso il suo, volendo sollievo al mio grande fratello
che si
stava risvegliando.
Sentii una
gamba che si sollevava avvolgendo la mia e facendo combaciare
perfettamente i
nostri corpi.
Era il
preludio del sesso, era il segnale che tutto sarebbe stato passione e
fuochi
d'artificio.
Era
partecipazione da ambo le parti, combattenti ad armi pari per una resa
che
avrebbe soddisfatto tutti e due, senza dubbio.
«Mancini,
non ti azzardare a fare sesso con Glee sul mio tappeto!».
Questa era Consuelo,
senza ombra di dubbio!
«Avete
una
stanza qui accanto, boia d'un mondo!» esclamò
ancora sbattendo la porta ed
entrando come se fosse la padrona (beh, in effetti lo era).
Alzai la
testa senza fretta, staccandomi da quelle labbra che avevano annullato
tutto il
resto del mondo in quella manciata di secondi.
Cosa era
successo? Pensai per l’ennesima volta.
Avevo
baciato Glee… ed era stato… bello.
Non
c’era
niente altro per definire quello che era successo, solo quella parola:
bello.
Probabilmente
la mia faccia aveva una espressione perplessa e stupita proprio come la
sua.
Nonostante
l’interruzione non avevo ancora staccato gli occhi dalla
ragazza come lei
fissava i miei. Molto probabilmente stava pensando le stesse cose,
stupendosi
per il fatto di non aver avuto quella naturale repulsione che
normalmente ci
prendeva quando iniziavamo a parlare.
«Allora?
Volete degnarvi di ascoltare e alzarvi o vi devo passare sopra con i
tacchi a
spillo?» chiese sarcastica la spagnola, rompendo
definitivamente il piccolo
momento incantato che stavo vivendo.
«Tirati
su,
ippopotamo che non sei altro! E tieni a posto le mani,
porco!» esclamò Glee
colpendomi il petto con un pugno decisamente forte.
«Ahi!
Ma
sei scema? Mi hai fatto male!» protestai come un bambino.
«Mai
quanto
te ne farò se non ti muovi subito»
intimò nuovamente.
Secondo me
faceva boxe o qualcosa del genere perché sentivo pulsare
all’altezza dello
sterno ed ero sicuro che, da lì a qualche ora, mi sarebbe
spuntato un bel
livido.
Meglio
evitare ulteriori rischi, quindi mi alzai in fretta e le tesi la mano
che lei
prontamente rifiutò.
«Allora?
Cosa sta succedendo qui? Vi lascio che state litigando e vi ritrovo
avvinghiati
come polipi... mi sono persa qualcosa?» certo che la
perplessità di Consuelo
era giustificabile ma come avrei potuto chiarire la situazione?
«Ci
siamo
messi insieme... cioè lui si è dichiarato ed io
l'ho accettato come fidanzato
in prova. Vedremo se mi saprà conquistare» ed ecco
Glee che chiarì il tutto e
mi fece sembrare un bambolotto.
«Oh!
Questo
mi fa tornare indietro di parecchi anni!» sospirò
la spagnola aprendosi a un
sorrisino malizioso ed io mi gelai. Jake!
«In
che
senso?» chiese la mia ragazza sotto esame.
«Jake
è
stato il fidanzato in prova di Consuelo prima di mettersi insieme.
Povero
Fassi, l'ha fatto impazzire prima di dirgli di sì»
spiegai con un pizzico di
imbarazzo. Mica vorrà fare come quella schizzata di
spagnola? Io una così non
la reggerei neanche cinque minuti!
«Interessante!
Tenerlo sulla corda? Farlo girare come un criceto nella sua
ruota» esclamò
entusiasticamente sadica. I sudori freddi dovevano essere una diretta
conseguenza.
«Piuttosto
farlo faticare come un criceto che fa trekking in montagna! Con lo
zainetto e
senza scarponcini!».
«Che
immagine poetica!». Consuelo scoppiò a ridere e
Glee la accompagnò.
«Ragazze!
Guardate che io sono presente».
«Sì,
certo.
Ciao, Consi, noi andiamo, devo parlare con il mio... ehm,
lui». Beh, almeno
anche lei aveva dei problemi a definirmi in questo rapporto surreale.
Seguii la
ragazza arcobaleno nella sua stanza. Avevo anche un pochino di timore
nello
scoprire cosa si celava dietro la porta. Con l'esperienza dei funghi mi
aspettavo qualsiasi cosa.
«Accomodati»
mi invitò scostandosi dall'uscio per farmi spazio.
«Senti,
Gloria, non è il caso che fai la gentile, cerchiamo di far
finta per qualche
giorno e poi torniamo alle nostre vite come se non fosse successo
nulla, ognuno
per la sua strada» proposi non appena fui entrato.
«Tu
per
quella dell'inferno, girone dei traditori. Mancini, non lo faccio per
te,
mettitelo in testa. Lily è mia amica e non voglio che abbia
la vita sconvolta
da un idiota come te. Tranquillo sarò una fidanzata perfetta
e tu sarai un
innamorato impeccabile, che non mi farà mancare niente, che
mi coprirà di
coccole facendomi vivere l'amore più romantico di tutte le
principesse disney
messe insieme».
A parte un
leggero mancamento d'aria nei polmoni alla voce innamorato, coccole e
amore
romantico che non mi sembravano per niente adatti a quella detestabile
barbona
colorata, ero praticamente d'accordo con il suo piano.
«Dove
l'hai
letta questa cosa? Nei cioccolatini dei baci perugina?». Le
principesse disney?
Se io avevo dodici anni per aver avuto una eiaculazione precoce durante
un
sogno, lei ne aveva cinque! E forse usava ancora il ciuccio!
«Senti,
non
ho tempo per queste cose ora, devo terminare di annotare i risultati
dei test
che sto eseguendo sulle spore che ti piacciono tanto e devo anche
andare a fare
una commissione». Solo allora mi accorsi che un angolo della
camera sembrava un
laboratorio di analisi con tanto di microscopio, alambicco e
fornelletto a
fiamma.
Accanto
erano aperte un paio di scatole che riconobbi subito come i contenitori
di
quelle cose infernali che avevano causato tanti danni. Misi subito la
mano
davanti a naso e bocca.
«Tu
sei un
pericolo pubblico!» esclamai puntando il dito contro di lei.
Sospirò
come se stesse cercando un briciolo di pazienza nel suo corpo.
«Facciamo
così. Io continuo qui e tu vai allo Smemmy,
sai quel negozio di intimo
sul viale della Vittoria. Lì dovrai ritirare un pacco a mio
nome. Ho già
pagato. Chiedi di HP, lui sa già tutto».
Ero
sbalordito. Quando ero diventato il suo fattorino? Da quando ero stato
declassato da fidanzato in prova a tirapiedi tuttofare?
Uffa! Glee
mi sfruttava, Lily mi sfruttava, Consuelo non era diversa. Un monastero
buddista senza donne? Certo, non ero proprio il massimo pelato, ma
almeno non
mi sarei sentito usato in questo modo.
HP?
Chissà
chi era? Magari uno coperto di borchie come quelli che avevo visto in
sua
compagnia.
«Okay,
vado.
Poi dovremo organizzarci e avere un piano» ammonii. Era
fondamentale chiarire
il tutto, così saremmo risultati credibili ed io mi sarei
tolto dai guai.
Mi rispose
solo con un mugugno, voltata verso il suo tavolo da lavoro e intenta a
leggere
qualcosa in una cartelletta. Perfetto ero appena stato congedato senza
neanche
un bacino. Che fidanzata arida!
Ma che
stavo pensando? Ero troppo stressato da questa storia, ci voleva
qualcosa per
tirarmi su... guardai la rubrica del telefono. Magari qualcuna per
questa sera
la rimediavo, ormai l'herpes labiale era guarito ed io avevo davvero
bisogno di
sfogarmi.
Trovare
parcheggio in viale della Vittoria era come affrontare una sanguinosa
guerra e
sperare di rimanere vivo. Ci si metteva almeno tre quarti d'ora per
avere la
classica botta di culo. Io ci misi un'ora e venti e metà
serbatoio di gasolio.
Quando
finalmente entrai nel negozio ero così irritato che se una
vipera mi avesse
morso sarebbe morta lei.
«Desidera?».
La voce suadente di una bionda platinata, arroccata su un paio di
trampoli da
jet set e fasciata in un abitino rosso corto e aderente con tanto di
targhetta
con nome “BunnyDelena”,
mi venne
incontro ancheggiando e lanciandomi uno sguardo per la serie
“facciamolo qui,
adesso”.
Niente mi
avrebbe fatto più felice di questo, visto anche il nome
Bunny che da solo
ispirava sesso, ma avevo la macchina che ostruiva un passo carraio per
mezzo
metro ed era meglio sbrigarsi prima che qualche vigile urbano pensasse
bene di
farmi una multa. Prossima macchina per girare in città: la
smart. Così potevo
anche evitare di scarrozzare gli altri con la scusa della mancanza di
spazio.
«Sto
cercando HP» risposi con il mio sorriso collaudato strappa
mutande.
Stranamente
lei divenne fredda all'istante e mi indicò un ragazzo
abbastanza alto dai
capelli lunghi legati con un elastico in una coda bassa, vestito con un
completo pantaloni in tessuto rosso come il suo.
Chissà
perché la tipa si era raffreddata? Poco male, dopo aver
ritirato la merce di
Glee sarei tornato alla carica.
Mi avvicinai
al ragazzo. Sam_HP recitava la targhetta appuntata
sul risvolto della
giacca. Decidi di approcciarmi per nome e sbrigarmi in fretta. Se alla
bionda
platinata calava ancora un po' la temperatura non ci avrei combinato
più
niente.
«Sam?
Scusa, mi manda Gloria per un pacco» dissi telegrafico
attirando la sua
attenzione e... il suo sguardo allupato per la serie
“facciamolo qui, adesso”.
Sorriso
strappa mutande da parte mia? Ma che siamo scemi? Etero sino alla fine
dei miei
giorni e anche oltre!
«Il
mio
pacco è a tua completa disposizione tesoro... per il pacco
di questa Gloria non
so cosa dirti. Hai altri dati? Cognome forse?». Okay, questa
Glee me l'avrebbe
pagata.
Questo qui
era più gay di Batman e Robin (perché io mica ci
credevo a tutta quella manfrina
delle donne. Per me era depistaggio della Marvel Comics).
«Il
cognome
non lo so... si fa chiamare Glee, ha i capelli colorati e gli occhi
verdi. È
alta più o meno così...» cominciai a
descriverla mimando anche l'altezza più o
meno alla mio naso.
«Ah!
Glee!
Potevi dirlo subito... cara ragazza! Lo dico sempre che ha un occhio di
riguardo per tutti. È la dolcezza fatta persona»
cominciò a borbottare mentre
andava verso dei cestoni di vimini pieni di mutande e reggipetti.
Eh?
dolcezza fatta persona? E dove lo teneva tutto questo zucchero? Sotto
una muta
chiodata?
«Se
lo dici
tu» replicai a chiunque mi ascoltasse, visto che ero rimasto
solo in mezzo al
negozio.
Guardandomi
intorno mi accorsi del paradiso che mi ospitava. Mutandine di pizzo,
culottes,
push up, reggiseno in san gallo, tanga neri, rossi, bianchi, lilla,
azzurri,
babydoll, tulle... solo vedere quelle cose e immaginarle addosso a una
ragazza... mi faceva venire una erezione paurosa nei jeans. Ed io ero
in un
periodo particolarmente sensibile.
«Chi
è per
te la nostra Glee?» chiese leggero Sam, mentre piegava
ordinato in una scatola,
grossa come quella delle scarpe, delle semplici enormi mutandone
bianche di
cotone e dei reggiseni, che avrebbero sostenuto una latteria ambulante,
altrettanto anonimi.
«E'
la
prima volta che mi manda un bel ragazzo per ritirare le sue
cose».
Distrattamente
pensai che non sembravano cose della sua misura. Non che sapessi la sua
taglia
e neanche la potevo immaginare visto come vestiva. Ma quando l'avevo
palpata
circa tre ore prima, non mi era sembrata così in carne.
Perso nei
miei pensieri non mi accorsi neanche di rispondergli.
«La
mia
ragazza».
Silenzio.
Non volava
una mosca, anche perché sarebbe entrata nella bocca aperta
di Sam o della
bionda platinata che si era avvicinata al bancone.
Silenzio e
shock.
Silenzio,
shock e panico da parte mia che solo in quel momento realizzai cosa
avevo detto
così naturalmente.
Avevo
definito Glee la mia ragazza? Beh, tecnicamente lo era, ma per finta o
in prova
come diceva lei... oddio!
«E tu
fai
vestire la tua ragazza con delle cose simili?»
sbraitò Sam sventolandomi una
bandiera davanti al naso, che poi si rivelò un paio di slip
modello donna
cannone.
«Non...
non
credo siano suoi» balbettai cercando di difendermi.
«Glee
compra solo modelli simili!» urlò la bionda
platinata.
Allora la
conoscevano tutti qui dentro? Però, non la facevo ragazza da
lingerie... e in
effetti non lo era.
«Se
lei si
trova bene...» mi sentivo sempre più un piccolo
pulcino mentre rispondevo ai
falchi a cui stavano spuntando le zanne. Questi due mi volevano far
nero!
«Dobbiamo
rimediare!» gridò Sam.
«Senza
alcun dubbio!» fece l’eco Bunny.
Lanciandosi
uno sguardo di intesa si diressero a grandi passi verso i lati opposti
del
negozio lasciandomi lì al centro a chiedermi se i pazzi,
negli ultimi tempi, li
incontravo soltanto io.
Dopo pochi
istanti tornarono con le braccia cariche di completini di svariate
forme e
colori.
«Questo,
raso e pizzo» mi mostrò Sam depositando sul
bancone un completo slip reggiseno
in pizzo nero con inserti di raso rosa. Davvero carino.
«Questo,
seta» fu la volta di Bunny e di un completo bordeaux.
«Questo
qui
è delizioso». Sam e stoffa a pois bianchi su
sfondo nero.
«Questo
è
fantastico». Bunny e le farfalline.
«Eccitante».
Leopardato.
«Intrigante».
Pizzo nero.
«Passionale».
Raso rosso.
In pochi
minuti riempirono il bancone di articoli e l’aria di
aggettivi, metà dei quali
non sapevo neanche che esistessero.
«Ragazzi…
ehi! Io devo solo portare via il pacco che Glee mi ha mandato a
ritirare»
cercai di intervenire in quella specie di carnevale che stava
diventando il
negozio in quel momento.
«Bimbo,
non
puoi essere il ragazzo di Glee e non desiderare di vederla con uno di
questi
addosso, per poterglielo togliere…» mi corresse
Bunny alzando un perizoma di
pizzo chiaro e un reggiseno riccamente lavorato. Quello sì
che era un
completino fantastico… e erotico… Lo fissai
imbambolato per un attimo
immaginando Gloria con quello addosso.
Sì.
Decisamente avrebbe fatto risorgere un morto.
«Non
so che
taglia porta» provai a giustificarmi.
«Tesoro!
Noi abbiamo occhio per queste cose! Glee porta una dignitosa
terza… non te ne
sei accorto?».
Ecco.
Questa era una affermazione che era meglio evitare visto che
presupponeva una
risposta che poteva essere di due tipi:
primo: non
l’avevo mai vista nuda né palpata a dovere e
quindi non potevo saperlo,
secondo: ero gay e quindi non mi interessava.
In tutti e
due i casi avrei fatto la figura dell’idiota per essermi
definito il suo
ragazzo. E non ero gay.
A quel punto
Sam mi guardò con l’occhio brilluccicoso
«Sei gay?». Appunto.
«No!».
Secco e deciso. Macho.
«Allora
non
hai mai toccato con mano». Bunny e il mimare strizzata alle
tette. Una vera
signora.
«Ci
siamo
appena messi insieme». Troppo sdolcinata come risposta?
«Oh,
che
teneri». Infatti.
«Ti
tiene a
stecchetto eh?». Adesso pure la gomitata e la strizzata
d’occhio maliziosa da
parte di Sam. Era davvero troppo.
«Con
questo
te la darà di sicuro! In caso contrario mi candido
io». E qui Bunny chiuse in
bellezza mostrandomi un completo in raso con inserti di pizzo di colore
chiaro,
quasi virginale, ma davvero grazioso e immaginandoglielo
addosso… eccitante e
di classe!
«Se
invece
decidi per me, non ti far problemi sono a tua disposizione, attivo o
passivo
come preferisci». E Sam disse la sua.
Ero
esaurito, ma quel completo… non ci avrei più
dormito se lo avessi lasciato lì.
«Siete
sicuri che è la sua taglia?». Probabilmente stavo
per cacciarmi nei guai ma non
riuscivo a farne a meno.
«Garantito.
Ha comperato un paio di cosette bruttissime di quella taglia un paio di
mesi
fa» rispose Sam convincente.
«Okay,
lo
compro» mi arresi e tirai fuori la carta di credito. Fortuna
che non esageravo
mai con le spese e i miei genitori erano più che felici di
rimpinguare il mio conto.
Strabuzzai
gli occhi quando vidi la cifra e controllai bene che in quei micro
pezzetti di
stoffa non ci fossero anche dei diamanti o fili d’oro
intessuti.
«E’
di
Chantelle, è francese!» mi spiegò
subito Bunny intuendo i miei pensieri.
Probabilmente
tutti i ragazzi pensavano queste cose quando acquistavano a queste
cifre! E
pensare che il mio massimo era stato sessanta euro per un paio di
boxer, e mi
era sembrato un furto! Qui si trattava di rapina a mano armata di mitra!
Ritirai il
mio acquisto piegato in un miserevole sacchettino (per quella cifra mi
sarei
aspettato uno scatolone con velina e fiocco!) e la scatola di scarpe
per la
quale ero venuto a far visita in questo girone infernale.
Uscito dal
negozio mi avventurai verso la mia adorata Mito.
Come avrei
regalato quel pacchettino a Glee? Forse era un po’ troppo
azzardato come
pensierino di riconoscenza per avermi salvato il culo dalle ire di
Mattia.
Magari avrebbe pensato che volevo qualcosa in cambio. Accidenti! Non
sarebbe
andata bene una delle sue magliette XXXL dove per trovare un pezzo di
pelle
dovevi diventare esperto speleologo? Mi sarebbe costata anche meno!
Però…
però
non sarebbe… Cristo! Mi passai una mano sulla faccia.
Immaginarla con quello
addosso… meglio non pensarci e aspettare il momento propizio
per farle questo
regalino specificando l’esclusione di qualsiasi significato
sottointeso o
richiesta sconcia.
Il tratto
di strada era abbastanza lungo e ormai faceva buio presto. I lampioni
erano già
accesi.
A circa una
quindicina di metri scorsi la figura sinistra di un vigile urbano con
il
classico taccuino a far multe a destra e a manca. Porco zuffolo!
Iniziai a
correre leggermente disperato mentre i miei pacchi ballonzolavano tra
le mani.
“Signore,
fa che non mi abbia lasciato quell’antipatico fogliettino
rosa!”
In effetti,
quando arrivai dove era posteggiata l’auto, il fogliettino
rosa non era
presente… ma non c’era neanche la Mito!
Oh no! Oh
mio Dio no! Oh signore Dio Santissimo! Mi avevano rubato la macchina!
Corsi
indietro dove avevo incrociato il vigile urbano, magari lui poteva
essermi
utile per recuperare il mio mezzo, magari l’aveva
visto…
«Scusi…
non
trovo più la mia auto. Era posteggiata là in
fondo, lei ha mica visto
qualcosa?» chiesi cortesemente, cercando di trattenere la
preoccupazione.
Il mio
gioiellino perso, ramingo in questo mondo crudele.
Già
me lo
immaginavo rigato, preso a sassate e a mazzate da bastardi punk che
volevano
divertirsi a rompere qualche bell’oggettino.
«La
Mito
Alfa Romeo intende? Sì, era parcheggiata in divieto di sosta
davanti a un passo
carraio e ci hanno chiamato per la rimozione forzata. L’hanno
portata venti
minuti fa, al garage di Via Roma» rispose il vigile per poi
continuare il suo
giro di controllo.
Rimasi
fermo per qualche minuto.
Rimozione
forzata? Ma sporgeva solo per mezzo metro!
Questo era
un abuso di potere!
Iniziò
a
montarmi in petto un’onda di collera che fu un miracolo se
non mi avventai sul
povero vigile che mi aveva risposto. Se beccavo quel coglione che aveva
avvisato e preteso la rimozione dell’auto…
La mia
auto! La mia buccichina! La mia tenerissima mito!
Trascinata
contro la sua volontà, sollevata a forza e gettata su un
pianale del camion
senza il minimo garbo. No! Non si doveva fare! La mia macchina era una
signora!
Mica una volgare sottospecie di lattina schiacciata!
Era tardi
ma magari riuscivo ancora a trovare qualcuno al garage di Via Roma.
«Pronto?
Sì, mi scusi… sto cercando una Mito Alfa
Rom… esatto… sì, è stata
rimossa in
Corso della Vittoria… mezz’ora fa» il
cuore mi batteva in gola.
“Ecco.
Non
è ancora arrivata. Comunque prima deve andare al comando dei
vigili e pagare la
multa per il divieto di sosta e poi venire qui a saldare il conto per
la
depositeria, il diritto di chiamata e i chilometri percorsi…
poi deve tornare
dai vigili e prendere la liberatoria e poi tornare qui e
potrà ritirare la
macchina” andare anche a fare un giro a Monza? Tanto per
girare un altro po’?
Possibile
che non si poteva andare lì e fare tutto nello stesso
momento?
«In
sostanza quanto mi costa il tutto?» chiesi. Prima di tutto il
problema
economico.
“L’ultima
volta il tizio ha pagato 180 euro ma lei dovrebbe essere qualcosa
meno” mi
gracchiò la voce della segretaria nell’orecchio.
180 euro?
Questa volta sì che andavo pericolosamente vicino allo zero
sul conto corrente.
«Quando
siete aperti?» chiesi rassegnato. Inutile litigare con loro,
con i vigili, con
il comune, con il Signore.
Tutto stava
andando storto quel giorno e c’era una sola spiegazione! Glee!
Provai a
passare alla sede dei vigili urbani per cominciare a fare i primi passi
che
servivano a liberare dalle manette la mia adorata. Lei è
senz'altro meglio di
tutte le ragazze che mi possono girare attorno: la mia Mito non mi
tradirà mai!
Cominciai a
camminare con passo sostenuto. L'ufficio era vicino, molto di
più rispetto al
garage di Via Roma. Forse sarei riuscito a pagare la prima parte del
dovuto, o
almeno a prendere i bollettini.
«Permesso?
Sono venuto per la mia auto, rimozione forzata in Corso della Vittoria,
oggi»
cominciai a dire a dire, appoggiando i miei pacchi sul bancone.
L'impiegato
era abbastanza distratto e annoiato.
«E'
troppo
presto per avere i dati. Dovrà tornare domani».
Continuò a ruminare la sua
gomma senza rivolgermi uno sguardo, per poi farsi distrarre da qualcosa
che
malauguratamente era fuoriuscito dal mio sacchettino.
«Ehi,
e
questo cos'è?» chiese retorico allungando la mano
ed estraendo il reggiseno che
mi aveva tanto colpito.
«No...
scusi, me lo renda...» ero leggermente imbarazzato.
Chissà cosa avrebbe potuto
pensare.
«Non
mi
dire che lo metti tu, ragazzo?». Appunto.
«Ma
non
scherziamo!» risposi. Uscì anche lo scontrino dal
sacchetto. Ma non me
l'avevano dato in mano? Oddio!
«E
hai
speso questa cifra per un coso così?». Che fosse
incredibile ne ero consapevole
anche io.
«Confessa...
non te la dà, vero?». Ed ecco che ci eravamo
arrivati.
«E'
solo
una amica» provai a giustificarmi.
«Per
una
amica spendi questa cifra e ti fai portare via la macchina mentre te la
immagini dentro quello? Ragazzo, devi rivedere le tue
priorità». La sua gomma
continuò a essere stuprata dai denti con il suono ruminante
fastidioso.
«Lasciamo
perdere. Torno domani per la macchina» ritirai la stoffa nel
sacchettino e lo
scontrino in tasca «Grazie» cercai di inserire
tutto il sarcasmo possibile
nella sola parola e uscii.
Questa
giornata era stata davvero campale. Mi ero trovato una fidanzata che mi
teneva
in prova, mi avevano sequestrato la macchina e infine ero pure stato
preso per
il culo da un vigile urbano. Poteva andare meglio di così?
Non avevo
proprio voglia di prendere un mezzo per arrivare prima, cominciai a
camminare
con i miei pacchi tra le mani e i miei pensieri tetri in testa. Era
pazzesco.
Non potevo credere di essere arrivato a questo punto.
Cosa avevo
fatto di male? Avevo solo chiuso gli occhi e immaginato di avere una
storia con
Lily. Un pensiero che non sarebbe mai stato realtà e da quel
momento è andato
tutto a catafascio, era arrivata Glee con i suoi scatoloni venuti
direttamente
dall'inferno per tormentarmi e adesso mi trovavo a piedi, con pacchi
pieni di
mutandoni, senza macchina e con il conto corrente agonizzante.
Meno male
che c'era la salute avrebbe detto mia nonna buonanima.
Infatti si
mise a piovere.
Percorsi
gli ultimi quattro isolati sotto un diluvio torrenziale, che non era
niente
confronto agli improperi che stavano uscendo dalla mia boccuccia di
rosa.
«Maledizione
di quel porco Zeus e Thor della vacca strabica! Non potevano farmi
arrivare a
casa prima?» non che qualcuno mi rispondesse, neanche lo
speravo.
Nel mio
nuovo stato di pulcino bisognoso di un bagno caldo e vestiti asciutti,
bussai
alla porta di Glee e mi trovai una specie di riunione e comitato di
benvenuto
per il sottoscritto da parte di tutta la compagnia.
«Lele!
Amico mio! Non potevo non correre qui e farti le mie
congratulazioni!». Un
Mattia sorridente ed evidentemente appena arrivato, mi stava
abbracciando ed
assorbendo metà dei miei liquidi in eccesso.
Dietro di
lui ridevano e si sbracciavano Gian e Jake. Consuelo chiacchierava con
Glee e
Sara mentre Lily era accanto a Mattia che aspettava saltellante il suo
turno di
abbracci.
«Mattia,
ben tornato» risposi al mio amico cercando di respirare a
fondo.
«Lele,
sei
in uno stato pietoso! Vieni, ti presto qualcosa e fatti una doccia
calda!»
intervenne Consuelo sbrigativa trascinandomi nella sua stanza e
ficcando tra le
mie braccia una tuta e biancheria di Jake.
Mai una
doccia fu così benvenuta.
Seduti a
coppie mi trovai Lily alla mia destra e Glee alla sinistra, accomodati
su vari
cuscini sparsi sul tappeto. «Raccontaci come è
nato questo grande amore? Per
aver fatto capitolare il nostro Emanuele faccia d'angelo, Glee deve
essere
super speciale!» esordì Jake attirando Consuelo
sulle sue ginocchia.
Guardai la
mia finta ragazza e le presi una mano. Avevo bisogno di coraggio!
«Un
fulmine... come se fossi stato drogato!» risposi. Forse era
una delle poche
risposte serie e vere che avevo dato.
«E tu
Glee?» chiese Lily.
«Si
può
fare. Per ora deve lavorare parecchio sul suo carattere, poi
vedremo». Sul mio
carattere? Ma se ero perfetto! Nessuno poteva dire che non ero
simpatico,
affascinante, gentile e un pochino stronzo... ma solo un pochino.
Anche i
miei difetti erano perfetti!
Feci finta
di non cogliere altre allusioni ma non potei far nulla quando un
curiosissimo
Gian aprì il sacchettino con dentro il completo intimo che
avevo preso per
Glee.
«No!
Lele
Mancini che fa un regalo di questo tipo a una ragazza? Non te l'ha
ancora
data!» gran signore, niente da dire.
«Gian,
piantala, li metti in imbarazzo!» lo riprese Sara, ma a quel
punto tutti
ridevano, tranne Glee. Anzi, lei mi guardava come un alano che sta
pensando di
spolpare un osso particolarmente duro e ostico. Insomma, voleva farmi
male!
«Gloria,
non gli credere, non è per questo...» biascicai,
ma Mattia intervenne prima
degli altri. «Gente, andiamo e lasciamoli soli che devono
parlare. Ci vediamo a
casa, mi presti la macchina che non riusciamo a starci tutti sulla
mia?».
«Non
posso,
me l'hanno sequestrata» risposi mesto e il silenzio scese
sulla stanza. Tutti
sapevano quanto tenessi alla mia quattro ruote.
«Credo
che
questa sia una bella storia da sentire, ce la racconti domani mattina.
Buona
notte» Jake si mise a ridere e, presa Consuelo per la mano,
uscì dalla stanza,
seguito da tutti gli altri.
«Torno
più
tardi» fece Sara che era la compagna di stanza di Glee.
«Adesso
mi
vuoi spiegare che cosa vuol dire questo?» mi
aggredì dopo cinque minuti di
silenzio passati ad esaminare il contenuto del sacchettino incriminato.
«Niente,
mi
è piaciuto e mi sono lasciato convincere dai tuoi amici a
prenderlo» confessai.
«Per
me?»
era quasi commossa e compiaciuta, più che arrabbiata, forse
mi sarei salvato da
qualche attacco di materiale batteriologico. Con lei non si poteva mai
sapere.
«Per
te»
annuii «Ma non vuol dire chissà cosa. Non ho
intenzione di chiederti di farmi
vedere come ti sta oppure di strappartelo di dosso per venire a letto
con te»
spiegai precipitosamente. Non volevo si facesse una brutta impressione.
«Okay»
e
fece spallucce.
«Okay?
Dici
solo okay?» chiesi per sicurezza.
«Sì.
Tu mi
hai detto che non mi vuoi saltare addosso e io ti credo. Non sono il
tuo tipo,
scopatore universale... adesso siediti che ti preparo una tisana per il
raffreddore che ti sta arrivando» mi fece sedere sul suo
letto ed andò ad armeggiare
al fornelletto vicino alla finestra.
Mi coricai
aspettando con calma che arrivasse la medicina. Che giornata! Ero
davvero
esausto e avrei sfidato chiunque a reggere.
«E'
pronto,
vieni in bagno, su» disse Glee prendendomi la mano e tirando
leggermente.
Una cosa mi
sfuggiva proprio, come mai dovevamo andare in bagno? Per bere una
tisana? Glee
mi spinse davanti al lavandino e mi porse una tazza di brodaglia calda.
Il naso era
già un po' chiuso quindi mi limitai a soffiare e a ingollare
una lunga sorsata
della medicina e...
spruzzai
quasi tutto sul vetro.
«E'
troppo
caldo?» chiese Glee preoccupata.
Troppo
caldo? Non era mica quello il problema!
«Tu...
Tu
sei Satana in persona! Sei venuta sulla terra per rendere la mia vita
impossibile! Poi, cosa mi hai dato? È amaro come la morte!
Per colpa tua mi
ritrovo te come ragazza! Il tuo amico gay mi vuole stuprare! La mia
macchina è
stata sequestrata! Ho una multa da guinness da pagare! Tu sei
direttamente
un’arma di distruzione di massa! Tu non porti sfiga! TU SEI
UNA SFIGA!» e con
quello bevvi un'altra sorsata di quella cosa e non sputai ma tornai
nella
camera e mi gettai sul letto a peso morto sotto il suo sguardo
perplesso.
---ooOoo---
Angolino
mio:
Allora?
Piaciuto il pezzo del negozio di intimo? Grazie a ValeR198 e la sua
idea.
Mia
quella della macchina, invece. E anche della tisana…
Credo
che a questo Lele verrà un attacco alle coronarie per
sopportare una giornata
simile, neanche Lupo Alberto e Calimero messi assieme riuscivano ad
avere tanta
sfortuna.
Ho
esagerato? Nah! Non ci muore mica! E le vie le avete riconosciute? mai sentito Monopoly?
Se,
leggendo vi ispirasse qualche altro dramma da far subire al nostro
eroe, ben
volentieri! Intanto devo analizzare e applicare quelli che mi avete
già dato.
Per
ora ringrazio per l’attenzione e rinvio al prossimo capitolo
tra quindici
giorni.
Ora un
pochino di pubblicità, concedetemela, è tanto che
non la faccio.
in questi
tre anni ho scritto molto e nell’ultimo mi sono pure
diversificata.
Ecco le
mie altre storie:
La
punizione di Scorpius Malfoy (Harry Potter) il giovane
Malfoy alle prese con una maledizione che lo
trasforma in una donna. In corso.
fa
parte di una serie di storie indipendenti (I
trasformisti) dove troverete altre
storie
sezione Twilight. Storie comiche con lo scambio dei ruoli o dei corpi,
uomo-donna.
Tutti umani. Concluse.
7mi
Hunger Games della Pace (Hunger Games) trentadue anni
dopo, i giochi
ritornano ma sono pacifici, o almeno così sembra. Ora
è il turno della figlia
dei Mellark. In corso.
Fidanzato
in prova (Romantico)
storia di Emanuele Mancini e le sue peripezie in amore. In
corso. Sequel di AAA Offresi
Diciottenne Verginello – No Tardone (Romantico) Conclusa.
Storia di Mattia Roccato, adolescente, la sua compagnia e la ricerca
della
donna da amare.
Si
dice – In Vino Veritas (Twilight) guerra di potere
tra Bella e Edward per una tenuta
vinicola. In corso.
AAA
Affittasi Moglie (Twilight)
cosa può spingere un giovane sano e affascinante, ad
affittare una moglie? In corso.
Twiligh delle
caverne (Twilight)
parodia della storia nella preistoria. Mini fic. in
corso.
Dottore dei
tubi (Twilight) commedia su sei
amici al bar e un racconto su cosa è
successo quando si è allagato il bagno. Conclusa.
Mini
fic Twilight, Concluse. Come
Andromeda
e Acqua
che cade entrambe
storie fantasy (senza vampiri).
Sakura
– Fiore di ciliegio (Twilight)
Long, Storia storica di Bella e Edward che copre dal 1894 al 1906
partendo da
Irlanda, poi Cina, Giappone e infine USA. Tutti umani. Conclusa
Fu la
prima volta che… e Déjà
vu, il sogno diventa realtà (Twilight) due shot
rosse. Umani.
Prima
di essere un pensiero, Un colpo sul retro, Smettere
di fumare (Twilight) tre shot
leggere. Umani.
Dovessi
chiedervi di leggerle tutte sarei davvero crudele perché la
mole è notevole. Ovvio
che sono affezionata a tutte e ognuna ha la sua peculiarità
e il motivo di
avermi entusiasmata (forse le rosse le eviterei, ho provato ma sono
davvero una
piaga in quelle descrizioni)
Comunque
potete accedere direttamente cliccando sul titolo scritto in colore.
Fatemi sapere
se e cosa ne pensate.
|
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Capitolo 5 *** primo appuntamento ***
Ciao
a tutti!
Questo
capitolo è stato un po' difficile da scrivere, sopratutto la
prima parte che
sembra non abbia senso. Fidatevi, ne ha nell'ottica cambiamento Lele.
Ringrazio
chi ha inserito questa storia nelle liste particolari e chi ha
recensito. Come
al solito ringraziamento pubblico con nick in grassetto ai nuovi
recensori.
Grazie
a Elenri per i banner che sforna a un ritmo impressionante oltre che
sempre di
alto livello. Grazie!
Vi
lascio al capitolo... BUONA LETTURA!
---ooOoo---
«Tu...
Tu sei Satana in persona! Sei
venuta sulla terra per rendere la mia vita impossibile! Poi, cosa mi
hai dato?
È amaro come la morte! Per colpa tua mi ritrovo te come
ragazza! Il tuo amico
gay mi vuole stuprare! La mia macchina è stata sequestrata!
Ho una multa da
guinness da pagare! Tu sei direttamente un’arma di
distruzione di massa! Tu non
porti sfiga! TU SEI UNA SFIGA!» e con quello bevvi un'altra
sorsata di quella
cosa e non sputai ma tornai nella camera e mi gettai sul letto a peso
morto
sotto il suo sguardo perplesso.
Glee
tornò
in camera e annusò la tazza che teneva in mano e poi ne
bevve un piccolissimo
sorso (anche perché berne di più si rischiavano
conati di vomito).
«No,
è
corretto… pensavo di aver sbagliato le dosi e di averti
avvelenato» disse
posando la tazza sul tavolino.
«Perché?
Mi
hai dato della cicuta?» chiesi sarcastico.
«No.
Del
veleno del ragno crociato…» scattai immediatamente
a sedere e la fissai
sconvolto.
«Ma
pochissimo… non ti fa male…» scattai in
piedi e la agguantai per i polsi.
«Tu
sei una
pazza» scandii chiaramente mentre mi avvicinavo.
Lei
continuava ad arretrare ed io ad avanzare ma quella stanza non era
immensa e in
un attimo Glee si ritrovò con le spalle al muro.
Letteralmente.
«Lele,
calmati. Non è niente di grave… non ti avrei mai
avvelenato… ho provato
parecchie volte quell’infuso e l’ho già
dato anche a Consuelo. Fa bene,
davvero…» ormai balbettava.
La mia
pazienza, che quel giorno era stata messa a dura prova, era
completamente
andata via nello scarico con il resto della medicina che rimaneva
ancora da
bere.
Mai
più
fidarsi di una scellerata come quella!
«Oggi
ho
avuto una giornata che dire pessima è un eufemismo e tu vuoi
uccidermi? Giuro
che prima ti tiro il collo come a una gallinaccia spellata»
probabilmente avevo
anche qualche vaso sanguigno rotto nei bulbi oculari perché
vedevo Glee davvero
spaventata adesso.
«Ti
prego,
scusami» pigolò.
«Dovrai
fare meglio di così per farti perdonare» la mia
faccia era a un centimetro dal
suo naso. Lei ci pensò un attimo e poi propose una cosa
scioccante.
«Senti…
se
mi prometti di tenere le mani a posto, mi metto il completino che mi
hai
comprato e ti faccio vedere come mi sta… ma tu mi perdoni di
tutto». Questa era
una bomba! Una deflagrazione senza precedenti che lasciava sul campo
tutti i
miei neuroni ancora sani. Il mio essere animale sbavante dietro a una
figa,
cominciò a ululare alla luna.
Finsi di
pensarci, poi annuii.
«Andata.
Cambiati e fammi vedere come ti sta» dissi lasciando i suoi
polsi leggermente
arrossati dalla stretta delle mie mani.
Mi vendevo
per poco, ne ero consapevole, ma avevo speso un capitale e me
l’ero immaginata
in ogni dettaglio, adesso volevo constatare se i miei pensieri erano
corretti o
meno. Era tutto per una indagine scientifica.
«Lo
immaginavo... Scopatore universale, vai a sederti sul divano»
mi indicò il
cuscino con un gesto di stizza e, raccolto il sacchettino,
andò direttamente in
bagno sbattendo la porta. Ops, forse si era arrabbiata.
Era molto
arrabbiata, sentivo sbattere le ante dei mobiletti e lei che borbottava
cose
incomprensibili con astio. Onestamente la cosa mi faceva davvero
sorridere.
Dopo
più di
cinque minuti di attesa, iniziavo a pensare che avesse cambiato idea.
Che
codarda! Che sarà mai farsi vedere in reggiseno e mutandine?
«Sei
pronto?» chiese. Vidi distintamente abbassarsi la maniglia e
deglutii
rumorosamente.
Avevo le
mani sudate e la gola secca. Cosa poteva esserci di così
sconvolgente? Ne avevo
viste di ragazze e certo che Glee non poteva essere tanto diversa dalle
altre!
Tette,
culo, gambe saranno tutte nella stessa posizione e, visto la taglia che
avevo
acquistato, il personalino della pazza avvelenatrice non era per niente
da
buttare.
«Vieni
pure... sono pronto!» quasi mi stravaccai sul divano e mi
stampai un sorriso
vittorioso sulle labbra.
«Puoi...
spegnere le luci e accendere solo le due lampade? Vorrei un pochino di
atmosfera». Scoppiai a ridere e obbedii subito.
La maniglia
era completamente abbassata e la porta del bagno si aprì
lentamente. Un braccio
uscì dall'apertura e poi seguito da una spalla, una gamba,
il busto, la testa e
tutto il resto.
«Vuoi
anche
la musica? Vuoi farmi uno spogliarello stile nove settimane e
mezzo?» chiesi
sarcastico mentre la osservavo che avanzava lenta verso di me...
coperta da un
accappatoio azzurrino.
Lei
sbuffò
e arrossì leggermente mentre mi consegnava il cellulare
«In realtà volevo
mostrarti questo».
Sul display
campeggiava la foto presa allo specchio del bagno che mostrava dal
collo in giù
un corpicino slanciato, senza difetti e tutto curve, coperto dal famoso
completino da mutuo.
«Hai
detto
che se non ti toccavo potevo guardarti dal vivo! Così non
vale!» dentro di me
si ammosciò tutto, dalla mia euforia al mio grande fratello.
«No.
Io ti
ho detto che mi mettevo il tuo completino e ti facevo vedere come mi
stava. È
quello che ho fatto! Quello è il completino e quella
è la foto che ti fa vedere
come mi sta» disse vittoriosa piazzando il dito
sull’immagine.
Velocemente
mi alzai e andai sotto una lampada facendo finta di vedere meglio, nel
frattempo mi inviai un messaggio, questa qui era talmente stronza che
non
appena si fosse rimpossessata del cellulare l’avrebbe subito
cancellata.
«Allora?
Sei soddisfatto?» chiese quasi ansiosa.
«Chi
mi
dice che sei tu lì sotto?» le domandai. Insomma,
il fisico che c’era su questo
display era da resurrezione, probabilmente neanche Megan Fox aveva un
corpo
così perfetto e la signorina dalle venti maglie sovrapposte
non faceva vedere
neanche un centimetro di pelle a sbagliarsi.
Ero certo
di non aver mai visto le sue gambe. Metteva sempre quei pantaloni
mimetici
oppure i cargo, talmente larghi che ero convinto contenessero anche la
sua
gemella invisibile.
«Non
posso
dare una sbirciatina?» occhioni da cucciolo a manetta e
sorriso da strappa
mutande iper collaudato al seguito.
«No»
disse
in modo secco e deciso riprendendosi il cellulare e smanettando
velocemente per
cancellare la foto. Lo sapevo che l’avrebbe fatto.
Sorrisi
sornione al lampo di genio che mi aveva appena illuminato.
«E
poi non
sei stata ai patti! Io non ho visto come ti sta di dietro dal
vivo… hai
presente? Schiena…» era all’angolo.
Non le
avrei permesso di andare ancora in bagno a gabbarmi come prima. Doveva
togliersi quel cavolo di accappatoio tanto enorme da poter coprire
anche Hulk,
e farmi dare un’occhiata.
«Stai
scherzando?» stava ansimando. Adesso cominciava a capire come
ci si sentiva a
essere presi in giro?
«Sedere...»
si stava arrabbiando?
«Non
oserai
chiedere...». Oh sì, invece. Avevo proprio un
sorriso soddisfatto in faccia.
«Scapole...
hai notato che sul retro ci sono tante cose che iniziano per
esse?». Stavo
divagando ma è così soddisfacente.
«Anche
stronzo inizia per esse, ma quello si riferisce a te» ribatte
irritata.
«Allora?
Sto perdendo la pazienza» incrociai le braccia e alzai un
sopracciglio. Lei
sbuffò.
«Se
ti
dicessi di no?» provò ancora.
«Allora
saresti una che non sta ai patti e ricominceremmo la guerra di prima.
Credevo
che fossi una persona di parola con una dirittura morale»
stavo scherzando.
Poteva anche mandarmi a quel paese e non avrei potuto rinfacciarle
niente se
non prenderla in giro per l'eternità.
Si vedeva
che era determinata a non darmi soddisfazione e nello stesso tempo era
combattuta dall'orgoglio di rispettare la parola data.
Dopo alcuni
minuti, che a me parvero ore, si decise ad acconsentire.
«Va
bene.
Però devi stare ai patti: niente mani»
intimò con il dito minaccioso.
«Parola
di
scout» alzai la mano e feci il giuramento immaginario
incrociando le dita
dell'altra mano.
«Scommetto
che neanche l'hai fatto lo scout» ribatté mentre
si voltava e scioglieva il
nodo della cintura.
«Chissà...
magari un giorno te lo dico» risposi a voce bassa mentre
seguivo ogni singolo
movimento della ragazza davanti a me.
Un grosso
sospiro accompagnò lo scivolare dell'accappatoio oltre le
spalle, giù per le
braccia. A poco a poco si scoprì le clavicole delicate, le
scapole sensuali, la
colonna vertebrale flessibile tagliata a metà dal gancio del
reggiseno. Poi
l'accappatoio scese oltre, sull'incavo dei reni, sulle fossette proprio
sopra
le natiche e poi più giù ancora a scoprire le
mutandine che avevano la forma
rotonda del suo sedere.
Spostò
l'accappatoio sul davanti appoggiandolo al torace e lasciando il retro
del suo
corpo alla mia vista.
Le gambe
snelle e sode che, con le loro curve leggere e armoniose arrivavano
alle
caviglie sottili. Il retro accennato del ginocchio, la curva delle
natiche, i
fianchi... era tutto perfetto. Una figura così eterea e
perfetta da sembrare
finta. Eppure era lì, palpitante davanti a me.
Fu
impossibile impedire alle mie gambe di muoversi. Strinsi i pugni per
non fare
cose delle quali mi sarei pentito e avanzai verso di lei.
Aveva
tirato i capelli sul davanti, quel colore blu con le ciocche rosa che,
incredibile, era così intonato con il candore della pelle.
Avrei voluto
sfiorarla per vedere se la grana era davvero fine come appariva, se era
davvero
serica quanto splendente.
Glee non
respirava, stava immobile davanti a me e non diceva nulla fissando un
punto
indefinito sulla parete. Non riuscii a fermarmi prima, volevo sentirla
e
poggiai il mio petto alla sua schiena. Subito si irrigidì
dalla sorpresa.
«Non
dovevi
toccarmi, non era nei patti» disse con voce bassa e roca.
Allora non ero solo
io completamente rapito da questa situazione.
«Non...
non
sto usando le mani» balbettai sottovoce. Che scusa stupida,
sarebbe stato più
onesto risponderle che non ero riuscito a evitarlo perché mi
serviva questo
contatto per non impazzire. Sentii il suo respiro agitato mentre mi
rispondeva.
«Adesso
basta, Emanuele». Sorrisi, più che un divieto
sembrava un invito a continuare,
abbassai la
testa e sfiorai il suo collo con il naso. Che profumo.
Il silenzio
era rotto solo dal nostro respiro eccitato e... dallo squillo
insistente del
cellulare di Glee appoggiato sul tavolino.
Fu come se
si fosse rotto un vaso di cristallo, mandando i suoi pezzi da tutte le
parti
possibili. Glee nel momento in cui sentì la prima nota fece
un salto e da lì a
rinfilarsi l'accappatoio fu un istante. Quando rispose aveva il fiatone.
«Pr...
pronto» ma non era ancora padrona di tutto il suo corpo,
esattamente come me
che barcollai indietro sino a sedermi sul divano.
“Glee,
sono
Sara. Posso tornare? Avete sistemato voi due?”.
«Certo,
vieni pure, Lele stava per uscire» rispose lei atona.
Alzai di
scatto la testa a sentire quelle parole. No, non volevo andare via,
dovevamo
parlare.
“Se
è
ancora lì aspetto che esca, chiamami quando è
libero”. Sentii distintamente che
Sara ci concedeva ancora alcuni minuti e avrei dovuto farmeli bastare.
«Sei
bellissima» sussurrai non appena appoggiò il
cellulare. Le tremavano le mani e
sembrava spaurita come un gattino. A sentire quelle parole
alzò uno sguardo
duro.
«Non
dire
cazzate» ordinò e fece per andare di nuovo a
chiudersi in bagno perciò la
afferrai per un braccio.
«No.
Adesso
mi stai a sentire. Sei la persona più allucinante che
conosca, sei testarda,
sei isterica, hai meno gusto nel vestire di una foca monaca da circo,
ma sei
davvero bellissima. Ti giuro che non ho mai visto qualcuno
più bello di te». A
sentirmi dire certe cose... avevo paura che le mie orecchie
disertassero la
testa recidendosi con un taglio netto e fuggendo disperate. Dubitavo di
aver
mai detto una cosa del genere in tono tanto appassionato come in quel
momento.
«Come
se ne
fossi convinto... lascia stare, è stato già
parecchio umiliante, non
infierire». Il suo tono di voce era triste e rassegnato, come
se non credesse
minimamente a quello che le avevo detto.
Sospirai
frustrato. Un'altra insicura. Perché mai le ragazze si
devono fare tanti film
mentali sul fatto di non piacere. È l'uomo che sa cosa gli
piace e se non gli
piaci te lo fa capire, non siamo così raffinati da fare
complimenti a vuoto.
«Gloria... Gloria, guardami» i suoi occhi si
spostarono dal pavimento al mio
viso «Non nego di aver visto tante ragazze meno vestite di
te, ma ti prego...
credimi quando ti dico che tu le superi tutte. Hai un corpo perfetto, e
sei
bella in molti sensi... anzi, in tutti i sensi che mi interessano.
Fidati, io
sono un esperto» sorrisi e le strizzai l'occhio cercando di
alleggerire
l'atmosfera.
«Già,
sei
lo scopatore universale» commentò facendo
comparire un rapido sorriso sulle sue
labbra. Quelle labbra...
Senza che
me ne accorgessi mi abbassati per baciarla e lei fece un salto indietro
e mi
diede un bel cazzotto diretto allo sterno. Okay, adesso sì
che mi era venuto il
livido.
«Ahio!
Ma
che ti prende!» sbottai. L'incanto era definitivamente rotto,
quella era solo
una pazza scatenata. Ci voleva la camicia di forza, altro che carezze.
«Mi
stavi
per saltare addosso... oh, lo so come fate voi ragazzi! “sei
bellissima, sei la
cosa più bella che abbia mai visto, sei meravigliosa... sei
la mia vita, non
posso vivere senza di te” e poi vi troviamo dietro l'angolo
con la troietta di
turno a dirle “sei la mia vita, non posso vivere senza di
te”. Perché è così,
vero? Non potete vivere senza un harem che vi gratifichi. L'uomo
sapiens non è
programmato per essere monogamo e tu ne sei l'esempio
lampante» e detto questo,
si rifugiò in bagno lasciandomi lì allibito a
cercare di capire quando mai le
avessi detto che lei era la mia vita.
«Gloria,
esci» ormai erano dieci minuti che imploravo di aprire la
porta. Poteva essere
anche caduta nel water per quanto ne sapevo. Al momento ero indeciso se
aiutarla
o tirare lo sciacquone.
«Esci
dalla
mia stanza, così chiamo Sara» mi rispose lei
ostinata.
«Esci
subito o faccio saltare la serratura e ti tocca pagare la
riparazione». Passai
alle minacce.
«Osa
fare
una cosa simile e io...». Di cosa poteva minacciarmi? Di
farmi andare in
bianco? Già ci andavo con lei!
«Senti,
sei
la mia ragazza, non farmi stare in pena per te, per qualcosa che ho
fatto. Esci
dai. Per favore, poi ti prometto che me ne vado» giurai
dietro la porta. Chissà
come, ero riuscito a convincerla e la porta si aprì.
«Non
sono
la tua ragazza! È solo una recita, mettitelo in
testa» sbraitò agitando le mani
davanti alla mia faccia. Era davvero fuori di sé.
«Vuoi
dire
che adesso non mi dai un bacino? Uno piccolo piccolo?».
Adoravo prenderla in
giro. Diventava ancora più isterica se possibile e le sue
guance si coloravano
di un adorabile rosa.
«No.
Quando
siamo da soli non è il caso di fare smancerie»
rispose spingendomi con il
chiaro intento di sbattermi fuori.
Appena
aperta la porta ci trovammo appoggiati al muro di fronte, Sara e Gian
che
stavano chiacchierando e ridendo.
«Oh,
noi...
ehm, stavo aspettando di rientrare e lui mi faceva compagnia»
si giustificò la
cinese, indicando il Fassi che stava sogghignando.
«Sei
stato
veloce» bisbigliò al mio indirizzo ma feci finta
di non aver sentito. C'era una
cosa di cui dovevo assolutamente approfittare prima.
Eravamo in
compagnia e quindi ero autorizzato alle smancerie, che a Glee piacesse
oppure
no. Agganciai il maglione chilometrico che portava e senza darle il
tempo di
pensare mi chinai su di lei e le diedi un bacio.
Non mi
arrischiai ad approfondire, non era il caso di rimanere con un pezzo di
lingua
in meno, però la presi tra le braccia e la strinsi forte.
«Uau!
Lele,
che passione!» rimarcò Gian «Sara, ci
vediamo. Dai, Romeo, andiamo a casa prima
che ti metti a copulare direttamente in corridoio».
Mi staccai
da Glee mettendomi a ridere «Guarda che sei tu quello che si
è scopato quella
rossa direttamente nel corridoio di facoltà».
Per
sicurezza scrutai Glee prima di trovarmi un palo di ferro schiantato
direttamente sul coppino. Infatti non sembrava molto felice
«Ti
ho
detto di non baciarmi» sibilò Glee aggrappandosi
al colletto della maglia.
«No,
tu hai
detto di non fare “smancerie” in privato, ma adesso
abbiamo un pubblico» feci
un cenno verso il Fassi e la sua amica e in tutta risposta quella
angelica
della mia finta ragazza mi diede un altro pugno sullo sterno.
«Ahi!
Giuro
che se lo fai ancora te lo rendo con gli interessi!» strinsi
il suo polso minaccioso
ma lei sostenne il mio sguardo con lo stesso cipiglio scuro.
«Uh
uh.
Quanto amore sento nell'aria» scherzò Gian che mi
aspettava impaziente. Feci
per allontanarmi, salutando le ragazze quando Glee mi
richiamò con un tono di
voce stranamente dolce. Il campanellino della mia sopravvivenza integra
squillò
insistente per proteggermi.
«Dimmi,
Gloria» risposi tranquillo, cercando di trattenere la
curiosità. Perché mi
aveva richiamato? Cosa aveva in mente?
«Tra
due
giorni è sabato. Mi accompagneresti in un posto? Sarebbe
sabato sera. Ho
promesso a una persona di andarci ma preferirei avere
compagnia» mi pregò con
l'espressione più tenera che mi avesse mai rivolto.
«E'
una
festa?» chiesi e avrei fatto altre domande se Gian non fosse
tornato alla
carica con la sua fretta. «Perché fai domande?
È la tua ragazza, no? Ti ha
chiesto un favore e tu farai il bravo e la accompagnerai... queste
scene da
Lele innamorato non me le voglio proprio perdere. Posso
seguirvi?». Ecco questo
era qualcosa da evitare, se no avrebbe visto tutte le botte che dava
lei quando
mi avvicinavo troppo.
«Gian,
sei
il solito! Lasciali in pace e vieni con noi. C'è un mio
amico che fa un
concerto al House In...» intervenne Sara. Che cara ragazza.
«Allora?
Lele, mi accompagni?» chiese ancora Glee.
«Tutto
quello che vuoi, amore» le risposi. Era divertente vedere le
facce buffe che
metteva su quando tiravo fuori questa storia. Questa volta invece si
limitò a
fare una smorfia seguita da un sorriso finto e tirato. Cosa aveva
escogitato?
Con questa
domanda esistenziale mi diressi verso l'uscita, facendo compagnia a
Gian per
tutto il tragitto del ritorno al nostro appartamento.
Quella era
stata davvero una giornata campale, mi era successo praticamente di
tutto. E
ora mi ritrovavo con una ragazza... non sapevo cosa pensare di Glee. Mi
sembrava una tipa tutta da scoprire in tutti i sensi. Un caratterino
multiforme
da prendere con le molle era stimolante, un corpo dove non c'erano
abbastanza
aggettivi superlativi per descriverlo era eccitante. Ci sarebbe stato
da
divertirsi. In un angolo del mio cervello, una vocina mi
suggerì anche che
poteva esserci un altro rischio per la mia persona, ma passai oltre
senza
soffermarmi troppo.
«Allora,
adesso raccontami tutto. Parti dallo spiegarmi perché
Glee». Gian camminava al
mio fianco. Non avevamo la macchina ed eravamo costretti a tornare a
casa a
piedi o con i mezzi pubblici, ma quella sera avevamo voglia di fare
quattro
passi.
Mani in
tasca avanzavamo lenti.
«E'
particolare, è simpatica e molto carina» risposi
stando abbastanza vago.
«Più
della
metà della tua rubrica telefonica corrisponde a quella
descrizione. Intendo
dire la tua descrizione. Per te particolare vuol dire scema, simpatica
vuol
dire che la da a tutti e carina che si può guardare. Devo
applicare questa
logica anche alla tua nuova ragazza?».
Ma ero
così
superficiale? Ci pensai un attimo e risi del profondo ragionamento del
Fassi.
Era quasi un miracolo quando usava il cervello.
«No.
Lei è
davvero un tipo particolare, simpatico e carino. Senza
sottintesi» gli chiarii.
«Come
fai a
dire che è carina? Certo, di viso non è male ma
ci sono altre decisamente
meglio. Per il resto potrebbe essere anche una taglia cinquantaquattro
che non
me ne accorgerei».
«Prova
a
immaginare un fisico bellissimo. Il più bello di tutti.
Quello perfetto»
suggerii.
«La Barbie»
sospirò e io
sgranai gli occhi e rimasi interdetto.
«Sì,
va
beh. Diciamo più morbido» cercai di portarlo verso
il pensiero giusto.
«La Barbie
bambola gonfiabile»
sospirò più forte.
«Non
ci sei
ancora. Più carne che plastica» adesso ci sarebbe
arrivato.
«Un
ciborg
stile fumetto manga! Non sapevo che Glee fosse giapponese».
Mi misi le
mani sulla testa e scossi i miei riccioli ribelli. Niente da fare, Gian
era
sempre il solito, quando sembrava che avesse un barlume di
intelligenza, questa
affogava negli altri residui di scorie.
«Ha
un
corpo da favola. Non hai mai visto niente di così perfetto.
Hai presente
Valentina? Cento volte meglio» sbottai. Forse così
avrebbe capito.
«Quando
dici cento volte meglio ti riferisci a una singola parte o a tutto
l'insieme?
Perché a me mica piaceva tanto lo stacco di
cosce...». Niente da fare. Quando
non voleva capire, non c'era nessuno peggio di Gian per riuscirci.
La strada
verso casa al freddo ebbe la capacità di schiarirmi le idee.
Quella
giornata era stata tremenda. Mi ero svegliato con l'impegno di aiutare
Lily per
la spesa, mi ero ritrovato scoperto da Glee, mi ero dichiarato per
scherzo, mi
avevano affibbiato una ragazza che aveva cominciato subito a
sfruttarmi, ero andato
a fare una commissione e mi ero trovato assalito da commessi arrapati
ad
acquistare completini intimi da stupro. Mi avevano requisito la
macchina, mi
ero preso la pioggia ed ero quasi stato avvelenato da quella pazza
psicopatica.
Però,
l'ultima parte della giornata non era stata niente male. Appena
chiudevo gli
occhi vedevo la schiena di Glee, i glutei, le gambe e poi le labbra, il
bacio
sul tappeto e ancora sulla porta.
Era la mia
ragazza per finta ma, ad essere sincero, non mi dispiaceva per niente.
Magari
se fosse rimasta zitta sarebbe stata perfetta, visto il fisico che si
ritrovava. Non si poteva avere tutto dalla vita, ma quella ragazza era
senz'altro un buon inizio.
Forse
essere fidanzato poteva essere una bella esperienza, in fin dei conti
non mi
era mai capitato.
Quando
arrivai a casa, Mattia e Jake erano in cucina ad aspettare il nostro
ritorno.
«Niente
uscita con le vostre ragazze?» chiesi ironico mentre mi
accomodavo al tavolo e
annusavo i manicaretti che quei due stavano preparando.
Per essere
dei ragazzi non ce la cavavamo male. Ormai la pasta e le bottiglie di
sugo non
avevano più segreti, e dopo aver capito che la piastra non
mangiava la carne ma
la cuoceva, andavamo verso la civilizzazione dei fornelli.
«Starò
con
Lily domani e sabato e credo che Jake riesca a stare una sera senza la
dolce
Consuelo... oggi è giovedì, giusto? Serata tra di
noi. Poi, Lele, tu hai
qualche cosa da dirci, giusto?». Mattia sembrava tornato
apposta per sapere
tutto di questa storia, perciò mi armai di pazienza e
cominciai a raccontare la
storia molto romanzata e senza riferimenti a una notissima bionda.
«Beh,
è
stato davvero imprevisto. Non so neanche io come sia successo ma mi
sono
accorto che mi piace» e forse era anche vero.
«Ma
lei? Ti
è caduta tra le braccia così?» chiese
scettico Jake. Conoscendo Glee, sarei
stato scettico anche io.
«A
dire il
vero, proprio per niente. Mi ha detto che forse avrebbe potuto
funzionare ma
che per ora ero in prova. Secondo lei dovrei corteggiarla, farla
innamorare e
regalarle il sogno dell'amore stile Disney» ero appoggiato
sul tavolo con il
gomito e scrutavo la faccia sconvolta degli altri tre.
«Stai
dicendo che ti vedremo sospirare, comprare fiori e cioccolatini e
correre da
lei appena schiocca le dita?». Gian era decisamente incredulo.
«Il
fatto
di correre lo sto già facendo per tutti voi, quale sarebbe
la differenza?»
obiettai.
«Per
una
ragazza che non sia una tua cara amica? Mai»
confermò Mattia.
Forse aveva
ragione, non mi ero mai sbattuto per qualcun altro che non fossero i
miei
amici, gli unici ai quali riuscivo ad appoggiarmi e di cui mi fidavo.
«Fammi
capire. Lei ti piace talmente tanto che le farai da zerbino? Ti ricordi
come si
è ridotto Jake quando si è messo con
Consuelo?». Gian non aveva mai digerito
l'atteggiamento servile dei primi tempi di suo fratello.
Solo con il
tempo e osservando con attenzione, avevamo capito che quella incapace
di dire
di no era la spagnola.
«Non
ero
uno zerbino» protestò il Fassi «In ogni
caso ho avuto il premio... come me lo
sia guadagnato non ha importanza». Una rivelazione!
«Vuoi
dire
che non importa cosa potrà accadere, devo agire per arrivare
all'obbiettivo
finale?». Mi sentivo come una spia del controspionaggio.
«Esattamente!
Questa è una guerra. Tu sei l'armata che circonda il
castello, lo assedia e lo
deve espugnare. Devi avere un piano, studiare le difese e demolirle a
una a una
e poi contrattaccare sino ad arrivare alla vittoria»
spiegò esultante Jake.
«Più
prosaicamente, entrare nel suo letto e poi nella sua vagina»
chiarì Gian con il
suo solito modo signorile di descrivere qualcosa, rigorosamente a luci
rosse.
«Credo
che
Jake intendesse 'entrare nel suo cuore e farla innamorare di
te'» intervenne il
dolce Mattia. Solo lui poteva essere così svenevole e
romantico e trombare selvaggiamente
con la sua ragazza almeno due volte al giorno.
«Comunque,
se già non le piacessi, non ti avrebbe mai dato una
possibilità» commentò Jake
incoraggiante.
Peccato che
la possibilità non solo non me l'aveva data, ma neanche
esisteva. Era tutta una
recita per pararmi il culo. Che situazione di merda.
Beh, io me
l'ero cercata e io avrei dovuto tirarmene fuori.
«Allora?
Sabato? Dove vai con la donzella?» chiese Gian, ricordandosi
dell'appuntamento
che Glee mi aveva strappato davanti alla sua porta.
«Non
ne ho
la più pallida idea, ma può essere una buona
occasione per iniziare l'attacco
alla fortezza» strizzai l'occhio a Jake che mi
alzò il pollice in segno di
approvazione.
«E
tu?
Niente per sabato?» chiese Mattia, portando i piatti di pasta
in tavola.
Gian
arrossì «Sara mi ha invitato a una serata di
musica di un suo amico». Sembrava
imbarazzato. Perché non infierire? Lui lo faceva sempre.
«Che
intenzioni hai con Sara? Ti comporti quasi da umano con lei»
commentai leggero
guardando il piatto, mentre lo osservavo sottecchi.
Lui
sbuffò
infastidito «Cosa vuoi che ti dica? Anche io devo pur farmi
qualcuna e se devo
lavorarci sopra un pochino... Mica ce le ho tutte disponibili come con
te».
Ecco che
ricominciava, ma cosa centravo io se le ragazze erano così
vuote da voler
scopare con uno al quale non interessava nulla di loro.
«Non
trattarla male, lo sai che è la piccolina della casa dello
studente, se Lily o
Consuelo intuiscono qualche cosa di marcio nel tuo modo di fare,
castrano te e
noi due facendoci lo sconto comitiva!» lo avvisò
Mattia lievemente preoccupato.
«Parlate
come se fosse una minorenne. Mica ha quindici anni»
protestò il gemello.
«Vero,
ma
non è neanche una che la dà per sport. Fidati,
riconosco i tipi e quella è
decisamente blindata» intervenni io.
«Okay,
farò
il bravo... poi comunque Sara è simpatica, non
sarà tanto male». Sembrava che
Gian fosse sulla via della redenzione e che avesse deciso di arrendersi.
«A
proposito delle altre, come la metti con le ragazze che ti cercano e
alle quali
tu non disdegni attenzioni?» mi chiese Mattia mentre finiva
di mettere i piatti
sporchi nel lavello.
«Cosa
intendi?».
«Che
tu hai
una rubrica piena di numeri di ragazze, più che disposte a
concedersi a te,
come farai a rinunciare a tutte per una? È un cambiamento
davvero epocale per
te».
Mattia
aveva ragione. Sarei riuscito a cambiare così la mia vita?
«Mi
ha
chiesto di esserle fedele» sussurrai. Quasi volevo scavarmi
un buco e
seppellirmici dentro. Io fedele? Mica ero un cagnolino! Non ero un lupo
o
un'aquila reale, io ero una tigre, un poligamo conclamato ed
irrecuperabile.
«Uhmm. Sembra che sei proprio in prova, ed io con Glee ci starei
attento
con queste regole. Una volta l'ho vista alle prese con un tizio, giuro
che l'ha
fatto piangere». Questa cosa non suonava tanto bene.
«Allora
adesso vado a dormirci sopra, così ci penso e vedo se
continuare questa cosa o
lasciare perdere» dissi alzandomi.
Passai il
venerdì in stato quasi vegetativo. Avevo solo una lezione in
facoltà ma non ero
abbastanza concentrato per provarci anche soltanto ad uscire di casa,
pertanto
andai a ritirare l'auto al deposito e pagai la multa per poi tornarmene
a
dormicchiare.
Sembrava
fosse passata un'eternità da quando sospiravo per Lily e
adesso il suo pensiero
non mi aveva neanche sfiorato.
Da quando
Glee mi era entrata così dentro? Dalla sera dei funghi?
Dalla dichiarazione
finta? Dal bacio sul tappeto? Dallo spogliarello che mi aveva regalato
la sera
prima?
Continuavo
a guardare il suo corpo sul display del cellulare. Quella figuretta da
pin up
anni cinquanta da far sognare chiunque.
Eppure non
era solo il suo corpo, era la sua testa che mi intrigava. Il suo essere
fuori
dagli schemi, il suo carattere forte eppure così dolce e
disponibile. Voleva
proteggere Lily e aveva
incastrato me.
Chissà se davvero era così o magari un pochino le
piacevo?
Perché
se
ero sincero con me stesso, lei mi piaceva parecchio.
Non era una
delle solite disponibili che mi scopavo a tempo perso, lei era vera,
era viva e
mi sconvolgeva l'esistenza.
Certo, se
il resto dei miei giorni fosse stato come ieri, mi sarei suicidato,
anche
perché l'alternativa sarebbe stata una lunghissima terapia
psicologica. Però
avevo la speranza che, se ci fossimo davvero messi insieme, le cose
sarebbero
andate meglio.
Dovevo
provarci sul serio con lei? Dovevo provare ad innamorarmi ancora una
volta?
Era questa
la domanda più difficile.
Se davvero
lei non provava niente per me ed era solo per coprire Lily, allora se
mi
buttavo in questa avventura senza salvagente, avrei rischiato di
rompermi
ancora e questa volta niente e nessuno sarebbe riuscito a rimettere
insieme i
miei pezzi.
«Un
passo
per volta, Lele» mi dissi.
Potevo
cominciare a frequentarla e conoscerla, poi se ci fossimo trovati bene
insieme,
avremmo potuto creare qualcosa di più profondo e nostro.
Sì. L'esperimento
potevo rischiarlo. Decisi di provarci ed affrontai il sabato
più fiducioso.
Sulla mia
segreteria c'erano nove messaggi di ragazze varie e neanche uno di Glee.
«Sei
pronto
per questa sera?» mi chiese Mattia la mattina del sabato.
Avevo
dormito tutta la notte senza sognare nulla. Ero riposato e arzillo,
pronto per
qualsiasi cosa che Glee avesse avuto in mente.
«Credo
di
sì. Ho dormito, ho fatto colazione e adesso mi godo questa
giornata di assoluto
riposo in vista della serata». Quello era il mio programma
per il giorno.
«Che
fine
aveva fatto la tua auto?».
Il mio
cuore si strinse in una morsa. Quello che avevo sborsato per la mia
piccolina
era quasi stato un furto.
«Sosta
vietata davanti a un passo carraio, rimossa dai vigili e portata al
deposito.
Praticamente uno scherzetto da 157 euro» risposi con
scoramento.
«Un
affarone. E perché eri davanti a un passo carraio se mi
è lecito chiedere?».
Bella domanda...
«Stavo
facendo una commissione per Glee» risposi. In quel momento mi
accorsi che
Mattia era decisamente perplesso.
«Fammi
capire. Hai abbandonato la tua adorata auto al rischio rimozione e/o
multa e/o
sfregio, per Glee? Chi sei tu? Cosa ne hai fatto del mio amico
affezionato
barra ossessionato dalla sua macchina? Se non fosse che mi sembra
assurdo,
direi che sei cotto a puntino di questa ragazza». Mattia era
decisamente fuori
di testa per dire una cosa simile.
Io perso
per Glee? In quale film? Ai confini della realtà?
Figuriamoci.
Carina
sì,
senza dubbio. Innamorato? Nah! Assolutamente!
Non risposi
e con la mano lo mandai direttamente a quel paese e lui si mise a
ridere.
Il nostro
discorso finì lì ed io mi dedicai a pensare alla
serata che mi attendeva.
Chissà
come
mi sarei dovuto vestire? Magari si andava in discoteca o in un pub,
oppure a
una festa privata. Meglio saperlo prima.
Presi il
cellulare e risalii al numero di telefono di Glee tramite la foto che
mi ero
autospedito. Era troppo azzardato metterla come sfondo? Tanto non si
vedeva il
viso, lo sapevo solo io.
Il
cellulare iniziò a squillare. Una volta. Due volte. Tre
volte. Quattro volte.
Cinque volte. Sei volte. Stavo per perdere la pazienza. Sette volte. Ma
dove
era andata? Otto volte. Davvero ha seppellito il telefono da qualche
parte?
Nove volte. Ancora una e avrei messo giù. Dieci volte. Giuro
che avrei
riattaccato se non mi rispondeva subito. Undici volte. Ma non va in
segreteria?
Dodic...
“Pronto?”
una voce affannata come per una corsa, rispose al cellulare.
«Gloria?
Sei tu?» chiesi perplesso. Sembrava una voce delle caverne
con l'asma.
“Pronto?
Sì, sono Gloria. Chi parla?”. Tristezza! Non mi
aveva riconosciuto.
«Ciao,
sono
Lele» risposi tronfio.
“Lele,
chi?”. Ma che bastarda!
«Emanuele
Mancini, amore».
“Chi?”.
Era
ancora lunga questa storia?
«Lo
scopatore universale» sospirai e lei si mise a ridere
allegra. Bastarda. Era lì
che voleva arrivare.
“Oh!
Lele,
certo. Dimmi cosa posso fare per te? A parte venire a
letto?”. Simpatica.
«Lo
saprei
ben io... volevo chiederti come dovevo mettermi questa sera, giacca,
giubbotto,
cravatta, nudo... dimmi tu». Sinceramente sperai che
scegliesse l'ultima
opzione. Speranza vana.
“Carino
ma
informale. Camicia e giubbotto andranno benissimo... davvero vieni con
me?”.
Sembrava incredula.
«Certo.
Mi
hai invitato e io sono un ragazzo che segue sempre la sua
dama». Mi parve di
vederla sorridere alla mia battuta.
“Perfetto,
allora ci vediamo alle otto all'hotel GreenRose93
in centro. Puoi anche non mangiare, ci sarà un rinfresco
alla fine. Passo a
prenderti io o preferisci...”. Poteva un ragazzo galante come
me permettere che
una ragazza facesse da taxi? Giammai.
«Passo
a
prenderti io. Sette e mezza così avremo tutto il tempo per
arrivare a
destinazione in orario».
“Perfetto,
ci vediamo questa sera. e... grazie” e chiuse la
comunicazione.
Continuai a
guardare il cellulare per alcuni minuti con uno sguardo leggermente
ebete, poi
mi decisi. Era perfetto come sfondo. Il corpo che tutti mi avrebbero
invidiato
pur non sapendo a chi apparteneva. Caricai la foto e salvai, poi riposi
il
tutto decisamente soddisfatto.
«Secondo
te
dove vuole portarti Glee?» chiese curioso Gian mentre si
stava sistemando allo
specchio. Il dramma di essere quattro ragazzi e un
bagno solo il sabato sera. Chi non ha mai
provato non sa le lotte che bisogna fare per conquistare un pezzo di
specchio o
un minuto di doccia!
«Io,
fossi
in te, mi concentrerei dove vuole portarmi Sara. Pensiamo ognuno alla
propria
ragazza, okay?» risposi piccato. Ero un pochino nervoso e non
avevo neanche
idea del perché. Era solo Glee, la mia finta ragazza. Dovevo
solo passarci una
serata insieme e divertirmi senza aspettarmi niente di più.
«Lily
e
Mattia vengono con noi. Almeno non mi sentirò troppo solo,
anche se sembrerà
una uscita a quattro... avrei preferito ci fossero anche Jake e
Consuelo.
Maledizione a quando l'ha convinto a fare kung fu. Fa pure male se ti
avvicini
troppo!» commentò Gian.
Vero. Jake
e Consi erano tornati nella nostra città per una
manifestazione delle arti
marziali che si sarebbe svolta la domenica mattina.
«Beh,
buon
divertimento a tutti!» augurai chiudendo la porta alle mie
spalle.
«Uau!
Sei
puntualissimo!» esclamò Glee salendo sulla mia
Mito. Naturalmente non era molto
diversa dal solito. I pantaloni erano meno gonfi e più
morbidi, la parte sopra
era coperta da un giaccone trapuntato blu notte che la faceva sembrare
la
moglie dell'omino Michelin, i capelli erano grigi con ciocche azzurre.
Chissà
se sotto si era vestita meglio?
«Hai
ripreso la tua auto senza un graffio o l'hanno ridotta a un
catorcio?»
chiese poi sogghignando mentre mi immettevo nella strada verso la
nostra
destinazione.
«Sei
simpatica come un carciofo infilato nel cu...» sbottai ma
venni immediatamente
stoppato.
«Lele!
Dai,
non voglio litigare. Era solo una battuta... Allora? Sei pronto a
passare
questa serata con me?» chiese con un sorriso splendente.
«Assolutamente.
Ci sarà una festa?» chiesi quasi impaziente.
Cominciavo a rilassarmi e la cosa
mi piaceva.
«Qualcosa
del genere» rispose lei sul vago.
Il traffico
era scorrevole e in men che non si dica ci ritrovammo all'hotel. Girai
attorno
allo stabile e parcheggiai la mia beneamata, poi tornammo sulla strada
ed
entrammo nella hall.
Glee mi
sorrise e mi prese per mano, conducendomi verso una sala che si apriva
sulla
destra.
Sulla porta
c'era un treppiedi con un cartellone.
Era un
convegno. Mi aveva portato a un convegno.
Non sarebbe
stato drammatico, se non fosse stato per il titolo dell'argomento
trattato:
Il
rapporto tra le muffe della Patagonia sud occidentale e i licheni
geneticamente
modificati trovati nello stomaco delle renne della Lapponia.
Si prospettava
una serata davvero divertente.
---ooOoo---
Angolino
mio:
prima
di tutto, grazie a Elenri per le sue idee a cui ho attinto a piene
mani:
giustificare l'interesse di Lele per Glee e il convegno...
Ho
ancora parecchie delle vostre idee da estrapolare e questa serata non
è ancora
finita. Il rinfresco... il dopo convegno... la serata di Gian...
credo
che ci sarà da ridere... ancora.
Comunque
la scena
più divertente è il dialogo tra
Lele e Gian. Il Fassi è proprio fissato con il sesso.
Chissà se Sara riuscirà
ad addomesticarlo?
Per
ora vi ringrazio per l'attenzione e ci leggiamo tra quindici giorni.
Alla
prossima
|
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Capitolo 6 *** una serata da ricordare ***
Ciao
a tutti!
Eccomi
qui, tornata con questo altro capitolo di “fidanzato in
prova”.
La
volta scorsa abbiamo lasciato Lele a una conferenza dal titolo
impossibile.
Adesso ci gusteremo quello che gli è successo.
Ringraziamenti
a chi recensisce. Nick nuovi sono presenti nella storia. Grazie a chi
ha inserito
questa storiella nelle preferite, ricordate, seguite e chi ha letto.
Grazie,
infine, a Elenri per i banner che alternativamente posto. Alla fine
dovrete
votare quello che vi piace di più tra i quattro postati.
E
ora... BUONA LETTURA!
---ooOoo---
Era un
convegno. Mi aveva portato a un convegno.
Non
sarebbe stato drammatico, se non fosse stato per il titolo
dell'argomento
trattato:
Il
rapporto tra le muffe della Patagonia sud occidentale e i licheni
geneticamente
modificati trovati nello stomaco delle renne della Lapponia.
Si
prospettava una serata davvero divertente.
Andammo al
guardaroba a lasciare i nostri piumini.
In effetti,
per una volta non era vestita malissimo: i pantaloni neri scendevano
morbidi
lungo le gambe e una maglia dolcevita azzurro pallido accarezzava
dolcemente il
busto evidenziando la curva generosa dei seni e la vita stretta.
La osservai
stupito e lei se ne accorse perché mi rispose piccata
«Beh? Ormai hai visto
come sono, posso anche vestirmi così, ti pare?».
Ridacchiai
«Che onore!».
Mi riprese
la mano e mi tirò verso la sala del convegno.
«Gloria,
non è divertente» dissi indicando il cartellone,
lasciando così la sua mano.
Lei mi
guardò stupita, poi si voltò e si diresse verso
un tipo bassino, pelato, con un
completo giallo ocra a righe verticali completato da una cravatta rossa
con
teste di renne ricamate sopra. Il naso rubicondo completava questa
figura
ridicola.
Avrei
scommesso la ruota di scorta della mia Mito che quel tipo assurdo era
l'amico
che aveva invitato Glee, oltre che essere il relatore di questo
convegno
dall'argomento tanto interessante.
«Ciao,
Michel» disse lei abbassandosi per baciare le guancie del
bassotto rubicondo.
Michel! Stz! Francese, che cazzo di nome da gay! Ma tutti lei li
conosceva?
«Oh!
Glorya, ma cher! Come va? Sei riuscita a venire questa sera! Vuoi fare
un
intervento anche tu? Sono ansioso di leggere i nuovi dati sui funghi
che stai
studiando» pigolò con accento tipico transalpino.
Quali
sarebbero stati i risultati dei suoi studi sui funghi, già
li sapevo! Facevano
sballare e baciare ragazze impegnate, riempiendo la mente di seghe e
problemi.
«Mi
dispiace, Michel, ma sono venuta con un amico e ho solo intenzione di
sentire
te. Sono sicura che i tuoi studi saranno illuminanti»
risponde solare.
Illuminante?
Lo studio delle muffe e dei licheni? E che ci devono fare? L'insalatona?
«Grazie,
cherie, adesso andate ad accomodarvi, ci vediamo dopo al
rinfresco» disse il
bassotto prima di allontanarsi tutto soddisfatto.
Glee si
avvicinò alla prima fila di sedie e si sedette proprio
davanti al relatore. Ma
non poteva trovare un posto più nascosto? Io non riuscivo a
stare sveglio se
l'argomento era noioso e per questo convegno ci mettevo la mano sul
fuoco che
mi sarei addormentato in un paio di minuti. A me dei licheni
geneticamente
modificati dalle muffe della Patagonia non interessava proprio niente.
«Michel
è
proprio contento questa sera. Non si aspettava tutta questa
affluenza» disse
Glee gioiosa. Mi voltai e guardai la sala. Del centinaio di sedie a
disposizione,
ne erano occupate si e no una decina. Decisamente una folla!
Mi sentivo
come il coglione di turno e tutti quelli che erano in giro per
divertirsi erano
molto più furbi di me. Guardai Glee tutta felice e
soddisfatta e sperai che la
serata migliorasse una volta finita questa specie di scherzo.
«...
Per
questo è assolutamente certo che la composizione del DNA
delle muffe presenti
su...» tentai di tenere gli occhi aperti, ma era un'impresa
decisamente
titanica. In più, se il bassotto sembrava un entusiasta
quando eravamo
arrivati, adesso parlava con un tono da encefalogramma di un morto,
ossia
piatto. L'unica cosa positiva di questo momento erano le poltroncine,
decisamente comode. Mi sistemai meglio e incrociai le braccia, cercando
di
concentrarmi per ascoltare.
«...
pertanto ci troviamo di fronte alla domanda del secolo: come possono i
licheni
geneticamente modificati avere la stessa struttura molecolare delle
muffe
presenti negli intestini...». Dio santo! Ma come si poteva
ascoltare delle cose
simili? Domanda del secolo? Gliela facevo io la domanda del secolo? Ma
questo
qui non aveva niente di meglio da fare che rotolarsi tra muffe e
licheni?
Il tempo
stava passando e la mia testa era sempre più pesante. Glee
osservava ed
ascoltava attentissima. Quasi sembrava voler prendere appunti...
Che
schienale morbido sotto la mia guancia, sembrava quasi un cuscino...
Caddi
nell'incoscienza, probabilmente addormentato, come temevo sin da quando
avevo
letto il titolo di quel cartellone nefasto.
Sobbalzai
quando una potente gomitata mi fece perdere il respiro e mi tirai
seduto
sbattendo gli occhi. Davanti al mio naso c'era un florido
decolté di una donna
matura che si era seduta accanto a noi e, visto come era stropicciata
la stoffa
che le conteneva il seno, mi ci ero addormentato sopra.
«Ragazzo,
era da tanto che un giovane come te non mi avvicinava in questo
modo!» sorrise
ammiccando la donna.
Mi voltai
preoccupato verso il lato dal quale era arrivata la gomitata al
costato. Glee
mi guardava furente.
«Cosa
credevi
di fare sbavando sulle tette della madre di Michel? Sei il solito
porco!»
sibilò arrabbiatissima. I suoi occhi mandavano lampi e
promesse di ore di
inferno per la mia persona. Cominciai a sudare freddo e a maledire il
momento
in cui avevo accettato di passare questa serata con lei.
«Scusami...
è che non è un argomento... ti prego, non
volevo...» balbettai cercando di
imbastire una qualche storia plausibile. La verità ti
renderà libero, diceva un
detto, perciò tentai quella carta. «Gloria,
l'argomento di questo convegno è
pessimo e io mi sono addormentato. Neanche mi sono accorto che fosse
arrivato
qualcuno e si fosse seduto accanto a noi».
«Vorresti
dire che i miei interessi non sono degni di nota per il grande Emanuele
Mancini?». Ecco perché mio padre diceva di non
contraddire mai una donna.
Riuscivano a rigirare il discorso come se fosse stata una frittata. Chi
mai
aveva detto che i suoi interessi erano noiosi? Io mi riferivo solo a
Michel!
Probabilmente se fosse stata lei a parlare delle muffe mi sarei messo
ad
ascoltarla rapito dalla sua conoscenza.
«Glee,
conosci questo bel giovanotto?» chiese la signora sporgendosi
per guardarla.
«In
realtà
sono il suo ragazzo» intervenni prima che Glee mi smentisse e
mi relegasse al
ruolo di semplice tassista portaborse.
«Oh!»
la
signora spalancò gli occhi sorpresa... eh, lo so, un tipo
così affascinante
come me... «Che peccato, speravo che tra te e il mio Michel
potesse nascere
qualcosa. Sei così bella, ragazza mia. Invece ti sei
accontentata di questo
qui. Non capirò mai i gusti di voi giovani». E qui
la vignetta più giusta
sarebbe stata io con una incudine che mi cadeva in testa, e facevo la
fine di
un limone spiaccicato. Più o meno come la mia autostima.
Che avevo
che non andava? Che Glee fosse una bella ragazza era assodato, ma io
ero uno
dei ragazzi più ambiti dell'intera università,
avevo file di ragazze che
avrebbero fatto di tutto per una serata con me (o per farmi fare un
sonnellino
sulle loro tette) e questa diceva che ero peggio di quella specie di
bassotto
pelato e rubizzo del suo figliolo?
È
proprio
vero che il figlio di ogni madre è il più bello
di tutti, con buona pace della
realtà.
«Signora,
è
stato un amore fulminante... sono talmente frastornata da questo
sentimento che
è come se ci fossimo messi insieme da pochissimi
giorni» rispose ironica Glee.
«Ma
tu,
amore, hai rapito il mio cuore» rincarai la dose rivolgendole
uno sguardo
adorante che ebbe l'effetto di farla leggermente arrossire, poi le
presi la
mano e le baciai leggero l'incavo del polso dopo aver spostato le
maglie di un
braccialetto. Glee trattenne il fiato prima di togliere repentina la
mano dalle
mie.
Si era
imbarazzata, una vittoria se vogliamo dirla tutta.
Non rispose
più a nessuno e riprese a stare attenta e a bersi tutte le
castronate che
diceva il bassotto pelato, monocorde mentre spiegava i mutamenti dei
licheni.
C'era da esserne così convinti?
La nenia
del relatore, stava di nuovo facendo effetto e Glee mi prese per mano
ed iniziò
a pizzicarmi il palmo senza togliere lo sguardo dal bassotto.
Così presi a
carezzarle una falange con il pollice. A un occhio esterno potevamo
sembrare
due fidanzatini che si scambiavano coccole senza voler farsi notare.
«...
E' per
questo che possiamo dire che questa straordinaria scoperta
potrà essere fondamentale
per i prossimi studi». Concluse? Aveva finito?
Passò
un
minuto circa prima che Glee staccasse la mano dalla mia ed iniziasse un
timido
applauso, seguito poi dalla giunonica madre del bassotto e da quelli
che,
stoicamente, avevano resistito a questa palla stratosferica.
«E
adesso
vogliate accomodarvi al rinfresco in fondo alla sala»
invitò Michel ed io mi
alzai di getto, subito seguito da Glee.
«Lele,
ti
spiace se ti lascio un attimo solo? Devo parlare con Michel... tu
intanto vai
avanti» le sue parole erano dolci e gentili. Sembrava quasi
strano che non mi
urlasse contro, non ci ero abituato.
Acconsentii
subito, non avevo alcuna voglia di ascoltare ulteriormente il bassotto
pelato,
e cominciai a camminare verso il fondo della sala.
Una tavola
da otto posti dove, su un lato, erano posizionati due piatti in vetro
con delle
tartine strane sopra, verdi.
Ero il
primo ad essere arrivato al tavolo e avevo decisamente fame,
perciò mi avventai
sul primo piatto e presi quella specie di kracker scuro con della salsa
verde
sopra. Oltre a essere scuro era pure bruciato, visto che sapeva di
legno, più
di tappo.
Di sicuro
non era il massimo di un rinfresco e mi ripromisi di fermarmi alla
prima
pizzeria per una quattro stagioni.
In quel
momento arrivò un cameriere e posò due piatti di
pizzette e panini e posizionò
un cartellino davanti a ognuno dei primi due piatti che
coprì con dei coperchi
di vetro.
Quando
lessi i biglietti mi venne un conato di vomito. “CORTECCE DI
PINO CON MUSCHIO E
MUFFA. PATAGONIA” in uno, “LICHENI NATURALI E
GENETICAMENTE MODIFICATI”
nell'altro.
«Lele,
eccomi...» annunciò allegra Glee, poi mi
guardò più attentamente «Stai male?
Sei verde come un pisello».
«Lasciami
stare... ho lo stomaco sotto sopra a sentire parlare di
muffe».
Lei si
guardò
intorno poi mi fissò inarcando il sopracciglio e incrociando
le braccia
scettica. Forse aveva intuito quello che era successo? Feci buon viso a
cattivo
gioco, dopo essermi scolato due bottigliette di acqua che erano
arrivate nel
frattempo e anche un bicchiere di intruglio alcoolico non meglio
identificato.
Se non altro avevo disinfettato lo stomaco.
Nella sala
eravamo rimasti in sei, contando anche il bassotto pelato e la sua
mammina.
«Glee,
sono
davvero felice che tu sia venuta ed abbia portato il tuo amico. Studia
con te?»
Michel si era riavvicinato. Per carità, era alto un metro e
un tappo, ma non mi
piaceva lo stesso. Era una sensazione a pelle... o a muffa.
«No,
lui fa
legge... lui è il mio, ehm, ragazzo». Dalla faccia
che stava facendo la mia ragazza
mentre mi presentava, sembrava le stessero strappando un dente senza
anestesia,
ma alla fine mi aveva definito correttamente.
«Oh»
rispose solo il bassotto, stupito più o meno come sua madre.
«Comunque,
Michel, i tuoi risultati sono estremamente interessanti e aprono nuove
prospettive all'evoluzione e alla deriva dei continenti. Sono ansiosa
di
leggere qualcosa altro in merito. Adesso però dobbiamo
andare, ci stanno
aspettando dall'altra parte della città» disse
Glee, prendendomi per un braccio
e tirandomi verso l'uscita con mia grande gioia.
«Mamma
mia,
non ce la facevo più. È un argomento di una noia
mortale... è come andare a
cercare il granello di polvere quando hai davanti un masso da studiare.
È
semplicemente assurdo» borbottò irritata mentre
prendevamo i piumini. Ma come?
Era lei che voleva sentire questa conferenza e adesso veniva fuori che
non gli
interessava?
«Mi
prendi
in giro? Perché mi hai portato qui se non ti
interessava?» adesso la cosa
iniziava a farmi arrabbiare.
«Beh»
sembrava indecisa poi prese coraggio «In realtà
volevo sentire Michel ma non
volevo andarci da sola e nessuno mi avrebbe accompagnata a una cosa
simile...
poi te l'ho chiesto e tu hai detto di sì».
«Non
mi
avevi detto di cosa si trattava» le feci notare. Nel
frattempo eravamo usciti
dall'hotel.
«Ops...
avevo paura che non mi avresti accompagnato... però, anche
tu! Addormentarsi
sul seno di un'altra! Potrei essere gelosa» e si mise a
ridere allegra.
«Di
una
così non potresti mai essere gelosa» risposi
prendendola per mano.
In quel
momento sentii scivolare una catenella e cadere qualcosa.
«Il
mio
bracciale!» gridò Glee mentre iniziava a guardarsi
attorno. Eravamo ai bordi
del giardinetto dell'hotel e stavamo andando a recuperare la macchina.
«Ti
prego,
Lele, aiutami a cercarlo. Era di mia nonna e ci tengo davvero
tanto» disse con
voce accorata. Subito iniziammo a guardare ma era buio e non si vedeva
a un
palmo dal naso. Oltretutto era piovuto e la terra era scura come la
notte.
«Vado
a
prendere una torcia». La mia ossessione per l'auto mi aveva
fatto mettere tutti
gli oggetti che potevano servire in caso di necessità nel
bagagliaio, compresa
la luce di emergenza.
Tornai dopo
pochi istanti e iniziammo a scandagliare l'aiuola vicino al sentiero
che
avevamo appena percorso. Piccole pozze d'acqua stagnante intervallavano
la
terra molle. Per essere inverno, non era ancora ghiacciato e quindi il
bracciale poteva essere stato sommerso.
«Eccolo!»
esclamò Glee dopo poco tempo. Era finito dentro a una
pozzanghera limacciosa,
come volevasi dimostrare.
«Dammi
la
torcia, te la reggo mentre me lo recuperi» ordinò
lei tendendo la mano.
«Perché
devo essere io a mettere le dita nel fango?» chiesi polemico.
«Perché
altrimenti racconterò di come ti sei mangiato un pezzo di
legno ammuffito» sorrise
sorniona. Allora mi aveva visto!
«Ricattatrice!
Come lo hai capito?».
«Erano
disposti in modo simmetrico, e si vedeva che ne mancava uno, poi tu eri
l'unico
lì vicino ed eri sul punto di vomitare l'anima, quindi ho
pensato che l'avessi
mangiato... per errore, si intende» e iniziò a
ridacchiare.
«Occhio
che
adesso ti bacio e poi ti accarezzo con le mani infangate»
minacciai sorridendo.
Che figura da imbecille che avevo fatto. Eppure non mi spiaceva se a
riderne
era lei.
«Non
oserai» fece un passo indietro, divertita mentre io
recuperavo il braccialetto
e mi ripulivo la mano con un fazzoletto.
«Certo
che
oso... così saprai com'è la fragranza di legno
ammuffito e fango fresco di
stagione» e mi slanciai ad abbracciarla mentre lei si voltava
e correva per
sfuggirmi.
Dopo un
paio di scatti e finte, riuscii ad imprigionarla contro un pino...
ironia della
sorte, e mi avventai sulle labbra che mi stavano piacendo
così tanto.
Per la
prima volta, non si ritrasse, nonostante fossimo completamente soli ed
io mi sentii
autorizzato a chiedere di più stringendola più
forte e invitandola ad aprire la
bocca.
«Ah,
siete
voi... mi sembrava di aver sentito qualcuno» una voce
arrivò al mio orecchio.
Ecco il
nostro pubblico, dunque, e il motivo per cui non si era ribellata alla
mia
intrusione ma mi aveva messo le braccia al collo e le dita tra i
capelli.
«Oh...
ehm.
Ciao, Michel. Stavamo andando a prendere l'auto»
balbettò Glee dopo avermi
spinto via per poter rispondere. Il bassotto fece un gesto come aver
capito e
si allontanò velocemente.
«Possiamo
andare» dissi seccato. Mi rompeva il fatto che fosse sempre e
comunque per
recita. Okay, d'accordo. Questi erano i patti ma se davvero era
così, perché
quando ci baciavamo lei partecipava? La sentivo e non era una statua
passiva.
Questa cosa
era irritante.
«Cosa
succede adesso?» mi chiese Glee notando il mio cambiamento di
umore.
«Niente.
Mi
ero scordato che potevo avvicinarmi a te solo con qualcuno presente.
Scusami,
non accadrà più» risposi secco
stringendo i denti ed entrai in macchina.
Se Glee
fosse rimasta perplessa per la mia risposta non lo diede a vedere, dopo
pochi
istanti si sistemò sul sedile del passeggero ed io avviai
l’automobile.
Rimanemmo
in silenzio per diversi minuti, poi mi costrinsi a parlare. Era ancora
presto,
appena le dieci di sera e si poteva ancora andare da qualche altra
parte per
passare degnamente il sabato sera.
«Dove
andiamo adesso?» chiesi.
«Se
non
vuoi passare altro tempo con me, portami pure a casa» rispose
lei secca. Ecco
che si prospettava un'altra discussione dai toni poco pacati.
«Non
ho
detto questo, anche perché altrimenti non ti avrei
accompagnato o quanto meno
sarei scappato urlando non appena avessi letto il tema
trattato» le feci notare
mentre attendevo che il semaforo diventasse verde.
«Okay,
allora che ne dici di andare da Sara e gli altri? Così
stiamo tutti insieme»
propose lei e io ghignai prendendo la palla al balzo.
«Così
avremo del pubblico e potrò coccolarti».
«Non
ti
allargare, Lele. Per questa sera mi hai coccolato abbastanza»
rispose lei
incrociando le braccia sul petto.
Voltai a
destra e mi diressi verso il locale dove sapevo che i miei amici si
erano
ritrovati.
Era una
specie di sala da the, dove, in una stanza apposita attigua, si
tenevano dei
concerti per piccole band e solisti.
Una volta
c'ero andato per sentire una ragazza che voleva mettersi a cantare. Non
era
molto brava, se non altro era intonata, ma a letto era davvero
grandiosa.
«Sai
quale
sarà il genere?» chiesi.
«Sara
non
mi ha detto niente, anche perché non pensava che andassimo
da loro e
onestamente io non ho chiesto» rispose lei rilassandosi
leggermente.
Non
parlammo sino a quando non parcheggiai a più da un isolato
di distanza
dall'House In. Non andai ad aprirle la porta, non ero dell'umore giusto
e lei
non mi chiese niente e neanche aspettò.
Arrivammo
al locale camminando fianco a fianco, attenti a non sfiorarci.
Sembravamo
arrabbiati tutti e due, io per essermi sentito usato e preso in giro,
lei...
non avrei saputo dire.
Quando
entrammo, ci dirigemmo subito alla sala della musica, ordinando prima
una
birra, l’unica cosa alcoolica decente che servivano in quel
locale tutto verde
e fiorellini.
Non appena
aprii la porta scoppiai a ridere e moltissime persone si voltarono e mi
fecero
segno di stare zitto, arrabbiati.
Anche Glee
sorrise. Beh, almeno coglieva il senso ironico della situazione: era
musica da
camera. Avrei scommesso su Mozart oppure Brahms, quello che mia zia
adorava e
della quale rifiutavo sempre gli inviti per non sorbirmene opere intere.
Nella penombra
cercai le figure dei miei amici e li trovai seduti attorno a un tavolo
accanto
alla parete e non distante dall’esecutore seduto al
pianoforte.
Un posto
ottimale dall’acustica perfetta.
Non potei
esimermi dal continuare a ridacchiare mentre precedevo Glee attraverso
quei
tavolini.
Mentre Sara
era assorta e attentissima ai virtuosismi del suo amico, Gian era
accasciato
sul tavolo e continuava a sbattere la fronte sul piano, Mattia
picchiettava la
sua spalla per consolarlo con una faccia contrita e Lily guardava i due
ragazzi
con una mano sulla bocca per cercare di non ridere.
Era
l’immagine dell’allegria. Bellissima.
Arrivammo
al tavolino e spostammo due sedie per accomodarci.
«Oh,
Lele,
come sono felice che sei arrivato anche tu!»
esclamò Gian con più enfasi del
dovuto. Poi fece un gesto come a spararsi in bocca, nascondendo subito
la mano
sotto il tavolo ed esibendo un enorme splendente sorriso, quando Sara
si voltò
a salutare.
«Avete
già
finito? Doveva essere una festa noiosa» commentò
Mattia, felice di avere una
distrazione più consistente di un Fassi in agonia da
classica.
«A
essere
sinceri, non era una festa» risposi a denti stretti,
mostrando un sorriso
tirato.
A questo
punto Glee fu costretta ad intervenire «Era un convegno
tenuto da uno studioso:
Michel Poulet» cercò di darsi un tono, ma a questo
punto fu Sara a mettersi a
ridere.
«Il
Pollo?
Hai portato Lele a sentire il Pollo? E di cosa ha parlato questa volta?
Delle
amebe dell’artico o del muschio sulle rive del Mar
Giallo?».
«Muffe
della Patagonia e Licheni geneticamente modificati»
mormorò Glee, facendo
letteralmente scoppiare la cinesina ed attirando gli improperi di mezza
sala
per il nostro schiamazzo.
«Glee,
ma
perché lo odi tanto?» chiese tenendosi la pancia e
indicando... me?
Tutti guardammo
la mia ragazza finta. Mi odiava? Ma cosa le avevo fatto di
così terribile?
Lei era
arrossita e balbettò: «Non... non lo odio... non
ho motivo per odiarlo».
«Portarlo
da Pollo è una punizione che non affibbierei neanche al mio
peggior nemico! È
come l'anticamera del purgatorio». Okay, avevamo capito che
il bassotto pelato
era il peggio che mi poteva capitare di ascoltare (tranne forse il
docente di
diritto privato alla facoltà di giurisprudenza).
«Però
è
stato divertente! Pensa che si è addormentato sul seno della
madre di Michel!»
riferì impietosa e scoppiò a ridere scatenando di
nuovo le ire degli spettatori
del concertino.
«No!
Giura!» rise Sara, quasi dimentica di essere in una sala dove
stavano suonando.
«Abbi
pazienza ma quella conferenza, con il bassotto che parlava come uno
zombie...
mi sono addormentato!» mi giustificai ridendo.
«Argomento?
Muffe? Farebbe addormentare anche uno che ha bevuto tre ettolitri di
caffè»
disse Lily ed io le regalai un gran sorriso riconoscente.
«Io
sono
più interessato al cuscino dove ti sei
addormentato» intervenne Mattia e Gian
annuì energicamente.
«Beh,
sono
crollato e non mi sono reso conto di dove mi sono appoggiato».
«Eh?»
incitò Gian ed io sorrisi malizioso.
«Direi
una
sesta, soda se si considera l'età» e qui ricevetti
una sberla sul braccio da
Glee.
«Gloria!
Ahi! Che vuoi che ti dica? Erano due mel...» provai a dire
mimando una
strizzatina all'aria con entrambe le mani ma fui bloccato da una
occhiataccia
della mia finta ragazza.
«Stai
parlando di una signora matura».
«Che,
se
ben ricordi, è rimasta molto delusa quando le ho detto che
ero il tuo ragazzo,
perché, probabilmente, voleva impalmarmi».
Rabbrividii.
«Lele,
non
sapevo che avessi alzato le tue mire comprendendo anche le
mature!» esclamò
Mattia.
«Sei
il mio
idolo! Un grande!» ridacchiò Gian guadagnandosi
un'occhiata scura di Sara.
«Se
un
vecchio si interessa di un minorenne si chiama pedofilo, se un giovane
si
interessa di una vecchia come si dice?» chiese Glee.
«Beh,
se si
parla di una bona si dice che è un figo, se è una
incartapecorita che serve
solo per i soldi, allora è uno schifo» rispose
Gian mostrando la sua enorme
saggezza.
Onore alla
profondità di pensiero!
La musica
incalzava e le birre erano arrivate. Rimanemmo finalmente in silenzio
ad ascoltare
la nenia che si levava lamentosa dal pianoforte. Dopo una conferenza
sulle
muffe e licheni di una vivacità stile funerale, questa fine
serata era quanto
di meglio potevo aspettarmi.
Quando
finì
il pezzo un applauso affettato scaturì dal pubblico e noi ci
adeguammo battendo
le mani (Gian battendo il tavolo come un bongo).
Il ragazzo
si alzò e si inchinò per ringraziare, poi fece il
suo annuncio: «Qualche anno
fa era in classifica nelle vendite della Corea del Sud, questa
canzone... io
l'ho adattata in questa nuova versione per piano... si intitola hinata_in_love»
e si accomodò alzando il naso all'aria e chiudendo gli occhi
in un
atteggiamento ispirato (e leggermente ridicolo).
«Il
titolo
mi ispira poco» mormorò Mattia.
La musica
iniziò sfornando una cacofonia di suoni vagamente orientali
mischiati con
virtuosismi degni di Chopin... insomma, il classico insieme dei cavoli
a
merenda.
«Grandioso
hip pop!» borbottò Gian, sull'orlo di una crisi di
nervi.
«Da
quanto
siete qui?». Una cosa che mi era sfuggita.
«Due
ore».
La voce del Fassi sembrava uscire da una tomba vecchia di secoli. Era
davvero
distrutto!
«Che
ne
dite di andare da un'altra parte finita questa... straordinaria
opera?». Non
volevo offendere la cinese, ma era davvero terribile! Quasi al pari del
bassotto pelato detto Pollo.
«Prima
devo
salutare Claire e poi possiamo andare»
rispose Sara alla nostra
proposta.
«Dove
è
seduta? Puoi cominciare a salutarla adesso» rispose
impaziente Gian,
pregustando la fuga da quel concerto di musica giurassica.
«Veramente
Claire è quello che suona» rispose lei.
Ci voltammo
tutti a guardare meglio il ragazzo che stava suonando agitando la
chioma
sparata come in ogni cartone animato che si rispetti.
«Eh?
E' una
ragazza?» in quel momento il Fassi era il più
stupito di tutti, se per sorpresa
poteva esserci una classifica.
«E'
un po'
più complicato di così, ma non sono cose di cui
posso parlare» rispose
tranquilla la cinesina.
Continuai
ad osservare il pianista senza far caso alla musica. Era un ragazzo con
i
lineamenti delicati, effeminati quasi... possibile?
«E'
un
ragazzo» disse convinta Lily.
«Come
fai a
dirlo?» chiesi. Magari lei era più sensibile e
riusciva a capire cose che a me
sfuggivano.
«E'
deciso,
spavaldo, ha le braccia forti e il tocco deciso. Anche se si sente una
donna è
cresciuto come un uomo. Se si chiama Claire vuol dire che si sente
donna ma per
ora è un ragazzo» concluse.
«Accidenti,
amore, sei decisamente una osservatrice acuta» si
complimentò Mattia
stampandole un bacio sulle labbra.
«Con
quello
che ci hai messo per metterti con lui che in realtà era
cotto di te,
osservatrice sto cazzo... scusa il termine» sbottò
Gian, facendo sghignazzare
tutti gli altri, tranne Sara che era abbastanza scandalizzata.
Probabilmente
dal suo linguaggio così signorile.
Anche Lily
stava ridendo, per niente offesa dall'osservazione. Era leggera e
coinvolgente.
Mi persi a
guardarla per alcuni secondi pensando a quando ci eravamo trovati nella
sua
stanza, strafatti di funghi... era stato davvero comico, un racconto da
narrare
ai nipoti.
In quel
momento mi arrivò una potente gomitata nel costato che mi
fece mancare il
fiato. Ma se era per trovarmi una finta ragazza, non potevo trovarmela
più
dolce?
«Dimmi,
amore» sibilai a denti stretti. Quella ragazza era peggio di
un battipanni e il
tappeto sembrava che fossi io.
«Che
ne
dici di andare? Vorrei passare al pub, devo incontrare una
persona» mi disse a
bassa voce. Chi doveva trovare? Assottigliai gli occhi a meditare.
Magari era
il bassotto pelato che voleva parlare con lei delle sue altisonanti
scoperte.
«Va
bene»
acconsentii alzandomi subito.
«Andate
già
via?» chiese Gian preoccupato. Che caro ragazzo! Non
sopportava più gli
strimpelli della Claire non meglio identificata ed era così
partecipe con noi.
«Gloria
deve andare al pub perché deve incontrare una
persona» risposi io indicando la
ragazza al mio fianco.
«Veniamo
con te» asserì Sara alzandosi e tendendo la mano a
Gian che sembrava adorante
come se avesse visto Padre Pio e la Madonna nello stesso momento.
«Io
ti amo!»
disse attirandola verso di sé e baciandola di getto
lasciandoci tutti basiti e
shoccati.
Pochi
istanti dopo si staccò e come se niente fosse, prese le
giacche ed aiutò la
cinesina ad infilarla, poi si sbracciò a salutare il
pianista e si diresse
deciso verso l'uscita.
Se voleva
lasciare tutti a bocca aperta e in assoluto silenzio, aveva fatto le
scelte
giuste, perché nessuno di noi riuscì a spiccicare
una parola o fare un gesto
per qualche minuto.
«Era
Giancarlo Fassi quello?» chiese Mattia indicando con l'indice
la schiena del
gemello dal comportamento anomalo.
«Direi
che
se non è lui gli somiglia davvero molto» risposi
io.
«Di
sicuro
non è Jake anche perché Consuelo lo avrebbe
ucciso se lo vedeva baciare così
qualcuno che non fosse lei» specificò Lily.
«Quindi?
Io
sono più preoccupata per Sara. Pensavo avesse più
buon senso!» borbottò Glee
infilandosi il piumino e incamminandosi verso l'uscita.
«Non
è che
tu abbia avuto molto più fiuto, visto che ti sei messa con
lui... perdonami,
Lele, sai quanto ti voglio bene, ma come fidanzato non hai un bel
curriculum»
rispose Lily.
Era
così,
dunque? Mi pensava come uno vuoto, uno che non era capace ad avere dei
sentimenti?
«Guarda
che
io non mi sono messa con lui. Lele è in prova e io lo sto
valutando» rispose
leggermente piccata Glee.
«Grazie»
borbottai. Io ero presente!
«E
fino ad
ora, devo dire che si sta comportando molto bene» aggiunse
poi.
«Oh!».
Questo sì che mi spiazzava. Ero un bravo ragazzo? Ero un
bravo fidanzato? Non
mi aspettavo una dichiarazione del genere. Ero piacevolmente sorpreso.
«Basta
adesso, andiamo tutti a tirarci su!» incoraggiò
Mattia, prendendo per mano la
sua ragazza e trascinandola fuori dal locale.
Lily
però
era imbarazzata e si fermò appena fuori dalla porta
«Glee, non ti arrabbiare, sono
felice per voi se state bene e vi auguro il meglio»
cercò di spiegare.
«Non
preoccuparti, ho capito... in fin dei conti io lo chiamo
“scopatore
universale”» e scoppiò a ridere, subito
seguita dalla bionda. Ecco che tornavo
a essere il dileggio di turno.
Appena
fuori, io e Glee ci dirigemmo alla macchina mentre gli altri prendevano
il
pandino giallo di Mattia che era parcheggiato davvero vicino.
«Grazie
per
avermi difeso prima» dissi mentre salivo in auto.
«Lascia
stare. Piuttosto, smettila di fissare Lily sbavando come una lumaca in
calore.
Se faccio finta di stare con te è per pararti il culo ma se
continui a farmi
sembrare una cornuta non sarà valso a niente!
Perciò piantala di fare il
cascamorto». Sembrava arrabbiata e mi domandai se per un
ipotetico caso non
fosse un pochino gelosa del sottoscritto.
Meglio non
indagare con domande esplicite o rischiavo l'amputazione di qualche
arto di
fondamentale importanza.
Sembrava
che andassimo a mendicare una serata: non eravamo ancora riusciti a
trovare
qualcosa di vagamente passabile o lievemente divertente.
Il pub ci
accolse con il suo tepore, scaldandoci dopo i pochi passi fatti sotto
zero per
la strada. Quella sera era davvero pieno e mi domandai
perché Glee avesse
proprio bisogno di incontrare questa fantomatica persona il sabato
sera, quando
poteva passare un'altra serata decisamente più tranquilla.
Appena
arrivati ci mettemmo in un angolo, aspettando che un tavolo
sufficientemente
grande per tutti si liberasse e potessimo sederci e ordinare.
«Ragazzi,
cosa
vi porto?» chiese il cameriere una volta che trovammo il
posto.
Ognuno di
noi ordinò il suo beverone preferito (coca cola per me...
incredibile ma
vero... no, è che dovevo guidare e i vigili erano impestati
in quel
periodo...).
«Un sunburn1985
per me» disse Gian.
Ci
guardammo tutti perplessi, chissà cosa aveva ordinato il
gemello.
Fummo
ancora più stupiti quando il cameriere arrivò con
una bottiglia di vino rosato
dall'aria raffinata e costosa.
Stappò
la
bottiglia, annusò il tappo, versò un goccio di
vino nel calice flùte, fece
girare un pochino il vino nel bicchiere, annusò e poi,
finalmente assaggiò un
piccolo sorso.
Muoveva
anche le guance, quindi stava facendo girare il liquido in bocca e
infine, dopo
tutta questa serie di passaggi, lo inghiottì.
«Pensavo
volessi farti i gargarismi» sbottai ridacchiando.
«No.
Per te
che sei un ignorante... è così che si assaggia un
buon vino. Ci vuole fiuto,
gusto e occhio! Per esempio, questo vinello aveva un gusto fruttato,
con
sottobosco di more e bacche di vaniglia, una nota di mirto e miele con
nocciola». Gian stava declamando.
«Ti
sei
messo a guardare l'enciclopedia dei vegetali?» chiese Mattia
tentando in tutti
i modi di trattenere la risata che stava montando.
«Siete
dei
barbari! Io ho fatto un corso da sommellier!» rispose Gian.
«Per
corrispondenza?» chiese Glee non riuscendo a trattenere oltre
la risata.
Ormai era
una presa in giro unica. Era troppo divertente vedere il Fassi in veste
seria,
non ci riusciva neanche impegnandosi a sembrare veritiero.
«Dai,
Gian.
Non puoi parlare in questo modo e pretendere che restiamo seri... in
fin dei
conti sei tu che stai parlando!» spiegai.
«Non
prendetelo in giro. È stato molto bravo, invece. Anche mio
padre è sommellier,
lavora in un grande ristorante al centro di Roma e posso dire che il
suo lavoro
è davvero difficile» lo difese Sara.
Guardammo
tutti la ragazza e poi Fassi.
Vuoi vedere
che Gian si era messo a studiare qualcosa per fare colpo sulla
cinesina? Alla
faccia di chi deve fare qualcosa per farsi notare. Qui era un attacco
alla
“fortezza” in piena regola!
Io, Mattia,
Glee e Lily ci guardammo pensando tutti la stessa cosa: il gemello si
stava
impelagando in un sentiero minato! Da cuoricini e sospiri d'amore...
«Dai,
lasciamo stare. Piuttosto, chi dovevi incontrare qui, Glee?»
chiese Mattia
bevendo la sua birra alla spina.
«Un
amico
mi doveva portare della roba» rispose lei sul vago.
«Uhu!
Della
roba!» gracchiò a voce alta Gian, ancora su di
giri per essere stato difeso
dalla cinesina.
«Piantala,
Gian. Tanto se anche fosse di quella “roba” lei non
te ne darebbe» intervenni.
«Ma
è
“roba” buona?» chiese ancora a voce
più alta per farsi sentire al di là del
tavolo.
Glee
scoppiò a ridere. «Se proprio vuoi te ne do un
pochino, tanto per non farti
andare in crisi di astinenza. Non ti lamentare se poi trovi che sia
stata
tagliata in modo diverso da come ti piace di solito» rispose.
Ci stavamo
divertendo, ecco perché non
mi accorsi
del movimento che cominciò dietro le spalle di Gian.
Il pub era
caotico di voci e suoni come solo un locale di sabato sera, pieno di
ragazzi e
di vita, poteva essere.
Gian ci
mostrò di nuovo come gustare un bicchiere di vino e anche
Sara fece la sua
parte con altre spiegazioni. Provammo anche noi ma fu più il
vino che ci
spruzzammo in faccia con gli sbuffi per trattenere una risata, rispetto
a
quello che riuscimmo ad ingerire.
Dopo
mezz'ora puzzavamo di vino stantio come un barbone ubriacone che non si
fa il
bagno da tre mesi.
«Lunedì
tutti in lavanderia! Ci faranno lo sconto comitiva!»
annunciò Lily ridendo e
indicando le maglie di Mattia e Glee.
All'improvviso
vidi una persona che faceva capolino dalla porta di ingresso e si
sbracciava
verso la mia finta ragazza.
«Oh!
Push è
arrivato. Aspettatemi qui, torno subito» fece alzandosi.
«Ma
no,
veniamo anche noi. Ho proprio bisogno di un pochino d'aria»
fece Mattia e corse
al bancone per pagare le nostre consumazioni. Ormai era passata
mezzanotte e il
giorno dopo eravamo d'accordo di andare a vedere la manifestazione di
Kung Fu
nella nostra città, dove avrebbero partecipato Consuelo e
Jake, quindi dovevamo
andare a dormire.
Era stata
una serata impegnativa quella e non vedevo l'ora di stendermi al
calduccio tra
le lenzuola e mettermi a sognare.
---ooOoo---
Angolino
mio:
eccoci
qui alla fine del capitolo, ma non alla fine della serata. Aspettatevi
altro.
Riguardo
questo pezzo, grazie a Elenri per il titolo del convegno e l'idea in
sé, e a
ValeR198 per la scena dei crostini (proprio come l'aveva descritta lei,
era
troppo bella) e per il recupero del bracciale nel fango.
Per
Claire24 abbi pazienza ma il numero non ci stava bene, il nome
sì. È inquietante
leggere di un ragazzo che si fa chiamare Claire… beh, mi
è uscita così, senza
offesa eh?!
Prossimo
capitolo? Vediamo se indovinate cosa succede (visto che ho
già scritto metà
pezzo io lo so già), magari mi fate cambiare qualcosa!
Per
ora ringrazio per l'attenzione
alla
prossima
baciotti
|
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