La Genesi dell'Eredità

di Light_e_Xamia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


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PROLOGO
 
 
 
Affreschi di sanguinose battaglie decoravano le vaste pareti dello sfarzoso salone ovale, una scintillante armatura risplendeva vicino all’enorme finestra d’oro, spade e scudi di ogni epoca circondavano la stanza su antichi sostegni di bronzo. Tuttavia, niente di tutto ciò era importante ai suoi occhi come le tre grandi sfere luminose che si libravano in aria. Stava così, seduto sul suo imponente scranno, con la mano destra protettivamente adagiata sulla superficie liscia del Catalizzatore, che come sempre teneva gelosamente accanto a sé.
La sua attenzione era del tutto assorbita dalle immagini cruente e meravigliose che si susseguivano convulsamente in ognuna delle tre sfere. Un’enorme soddisfazione scintillava nei suoi occhi gialli, aumentando di intensità a ognuno dei colpi che il suo esercito abbatteva su un Regno nemico. L’euforia si insinuava in lui, in un crescendo turbinante, mano a mano che ognuno degli esiti delle tre battaglie si faceva più certo.
Infine, accadde: nelle tre sfere vide l’immagine dei suoi comandanti esultare per la vittoria schiacciante su dei nemici ormai piegati e completamente asserviti.
La sua risata roboante risuonò per il salone, mentre volgeva lo sguardo verso il Catalizzatore per assicurarsi che le sue fatiche erano state ripagate.
Invece non fu così.
Solo in quell’istante ebbe l’assoluta certezza dei suoi sospetti. Non si stupì né si adirò, perciò, quando ravvisò che la polvere turbinante all’interno del Catalizzatore non era diventata completamente rossa, come avrebbe dovuto dopo che i suoi ultimi tre obiettivi erano caduti.
Seppur fiochi e deboli, infatti, piccoli sbuffi blu e bianchi ancora si mescolavano al vortice scarlatto.
Questa era la conferma che loro erano sfuggiti alla cattura e al suo dominio. Loro, i quali lui aveva definito i Prescelti.
Sebbene tale certezza comportasse un impedimento alla sua sete di potere assoluto, uno scintillio di perversa soddisfazione brillò nel suo sguardo. Non avrebbe neppure dovuto cercarli, poiché era certo che si fossero rifugiati nell’unico luogo dove lui non poteva arrivare. Sapeva esattamente cosa andava fatto, e decise che se ne sarebbe occupato di persona.
Con un ultimo sguardo alle sfere, che ancora mostravano immagini della sua ultima conquista, prese l’inseparabile Catalizzatore stringendolo bramosamente a sé e, avvolgendosi nel mantello nero, si apprestò a lasciare la sua dimora. 



 
 
CAPITOLO 1
 
Wing distolse lo sguardo dalle fiamme nel caminetto e fissò il centro del salone.
Lì, Teral stava camminando nervosamente e una collera luciferina gli brillava negli occhi mentre li puntava ai piani superiori, da dove sentiva giungere una furente lite tra alcuni dei loro cosiddetti salvatori. Il ragazzo rimase in ascolto per qualche secondo, poi spostò il suo sguardo irato al di là della finestra da cui non si vedeva altro che una pioggia scrosciante bagnare il vetro.
-Odio questo posto, odio questa situazione! Io sono il re di Valians, dovrei essere al fianco della mia gente invece di perdere il mio tempo con le follie di questi pazzi!-.
Wing sospirò, amareggiata nell’udire quelle parole. Osservò i tratti tesi di lui, gli occhi verdi scintillare d’ira malcelata risaltare ancora di più sulla sua pelle colore dell’ebano. In quel momento, nonostante l’aspetto scombussolato e il disordine nei suoi corti capelli scuri, vide in lui il deciso cipiglio regale che gli apparteneva. Gli si avvicinò poggiandogli dolcemente una mano sulla spalla.
-Capisco che tu sia in pensiero, lo sono anche io. Ma dobbiamo cercare di collaborare con loro, non di contrastarli. Forse dovremmo fidarci…-.
-Fidarci? Wing, la catastrofe è imminente! Cosa credi che potrebbero mai fare? Se solo avessimo trovato Parsas… Dannazione!-.
Con quelle parole, soffiate a denti serrati, Teral concluse l’argomento riportando il suo sguardo addolorato verso l’esterno della casa. Era arrivato in quella dimora circa venti giorni prima, ferito e delirante per il dolore e l’umiliazione della fuga dalla sua terra, Valians, il regno della Foresta che era stato devastato dalla battaglia contro le Iene, il nemico. Ciò che sembrava lacerarlo nel profondo dell’animo non erano le ferite ma la consapevolezza di aver dovuto abbandonare il suo popolo a causa di quel compito che solo lui poteva svolgere.
Tuttavia una flebile speranza continuava ad animarlo e quando si era ripreso, se pur con sospetto, aveva sperato di essere in presenza di colui che sapeva dai racconti degli avi essere il solo a poter liberare il suo regno.
Invece ben presto aveva inquadrato la reale situazione e gli era sembrato di essere piombato in un incubo, facendo infrangere contro un muro granitico tutte le sue illusioni. I suoi soccorritori non erano altro che ragazzi senza esperienza i quali, seppur dotati di grandi poteri, non sapevano controllarli del tutto e, di conseguenza, neppure utilizzarli al meglio. Si era sentito scoppiare, temendo di non rivedere mai più la sua gente in libertà. Come se non bastasse, ogni nuova scossa di terremoto gli rammentava che il tempo per intervenire era agli sgoccioli.
Wing sospirò di nuovo e, dopo aver raccolto i suoi lunghi e folti capelli azzurri in una coda che celò nel cappuccio della giacca, uscì in cortile dove l’oscurità era totale e il temporale scrosciava furioso.
Si ritrovò a condividere le emozioni e le perplessità di Teral.
Frustrazione, rabbia, paura e incertezza. Le sembrava essere passata un’eternità da quando i segnali d’allarme avevano risuonato per tutto Nimbias, regno dell’Aria, e dei giganteschi Falchi li avevano attaccati. Pensò con rimpianto al fatto che né la sua agilità nel movimento e nel volo, né tanto meno il potere dei suoi fulmini fossero bastati a proteggere il suo popolo: alla fine era stata costretta alla decisione più dolorosa, ovvero abbandonare il regno.
Ora, mentre la loro terra era sottomessa e gli equilibri ormai incerti, l’unica cosa che a cui avrebbe voluto aggrapparsi era colui che era venuta a cercare in quel luogo. Tuttavia la situazione era stata evidente da subito, e quello era stato il motivo per cui le loro speranze si erano miseramente infrante contro la realtà ineluttabile.
Si tolse la strana maschera che tutti chiamavano “occhiali da sole” che era obbligata a portare sulla Terra per nascondere i suoi luminosi occhi bianchi. Erano anomali laggiù, ma anche nelle tenebre più profonde le permettevano di vedere nitidamente, come in quel momento in cui la pioggia torrenziale e il vento scuotevano tutto il paesaggio circostante. Abbassò lo sguardo, pensando che Teral aveva ragione: la catastrofe era cominciata e loro erano soli. 
Improvvisamente i suoi pensieri furono interrotti da un singhiozzo sordo proveniente dall’ampia vasca situata sul lato est della casa. Sapeva già quale spettacolo si sarebbe mostrato ai suoi occhi se avesse mosso qualche passo in più. Non volle farlo e preferì rientrare, reputando di non poter sopportare la vista di altro dolore.
Ignara delle tensioni che aleggiavano all’interno delle mura, Icelyng passava l’ennesima serata nel cortile, immersa nella vasca d’acqua salata che i suoi salvatori avevano destinato a lei. Ciò le dava la possibilità di riprendere le sue sembianze da sirena, ma soprattutto di ottenere quella solitudine che le permettesse di rifugiarsi nei ricordi del suo regno e della sua famiglia. Specialmente di suo figlio Tryan, che era stata costretta ad abbandonare lasciandolo alla mercé dei loro aguzzini.
La sofferenza la straziava e il senso di fallimento le opprimeva l’anima. Non solo aveva mancato al suo ruolo di regina di Alyas, non essendo stata in grado di difendere la sua terra dagli Squali che l’avevano attaccata e poi ridotta in schiavitù, ma soprattutto non aveva saputo proteggere il suo piccolino. Si sentiva vicina a Wing e Teral, ma per lei il senso di sconfitta era molto più forte, perché in gioco c’era non solo la libertà del suo popolo e il ripristino della stabilità terrestre, ma anche la cosa che per lei aveva più valore: la vita di suo figlio.
Guizzando violentemente fuori dal pelo dell’acqua con il suo corpo filiforme e flessuoso, si lasciò scrosciare la pioggia addosso, sui lisci capelli dorati e sugli occhi blu, facendo si che le sue lacrime si confondessero tra le gocce gelide. Poi, gridò il suo canto malinconico rivolgendosi alla speranza, affinché non l’abbandonasse.
 
Qualche tempo più tardi, mentre la furiosa lite continuava a tumultuare all’interno delle mura, Fayr comparve sul pianerottolo del primo piano, con occhi incandescenti e le mani tra i capelli. Aveva cercato di concentrarsi sul tomo che stava consultando da qualche tempo ma tutto quel frastuono non faceva altro che distrarla.
Salì un'altra rampa di scale a due a due e spalancò rabbiosamente la porta della soffitta: senza curarsi del fatto che la stanza somigliasse a un campo di battaglia fissò con ira le due persone che da oltre un’ora stavano urlando a perdifiato.
-Adesso basta! Lo acete capito o no che è arrivato il momento di fare sul serio e cooperare?! Finitela di stuzzicarvi e pensate alle cose serie!- intimò.
Un silenzio imbarazzato calò nella stanza, poi Ket rispose quasi con aria mortificata.
-Non ci posso fare niente se questo dannato demone continua a infastidirmi mentre preparo i filtri rigeneranti! Ne ho abbastanza!-
All’altro capo della camera, Kain era rimasto immobile e quasi indifferente alla stilettata della ragazza. Continuando a squadrarla con sufficienza, sibilò con sottile acidità -Non usarmi come capro espiatorio per i tuoi esperimenti fallimentari, fattucchiera da quattro soldi. Piuttosto torna a giocare con le tue ricette di pozioni, magari un giorno riuscirai ad azzeccarne una!-.
La ragazza stava per rispondergli a tono quando la voce di Fayr la bloccò.
-La situazione è già sufficientemente tesa senza che vi ci mettiate anche voi. Cercate di maturare, perché tutti noi abbiamo bisogno di concentrazione!-.
Li fissò un’ultima volta e uscì, sbattendo la porta.
Ket alzò lo sguardo sul ragazzo e sentì un vuoto allo stomaco. Non sapeva perché ogni sera ripetevano quella sceneggiata, perché continuassero a stuzzicarsi con parole pesanti e offensive. Avrebbero potuto smetterla e dare voce, invece, a ciò che li animava veramente. Purtroppo sapeva che non sarebbe mai accaduto perché ormai avevano imparto a recitare quel ruolo e fingevano col mondo intero e con loro stessi, così tornò vicino al davanzale e riprese tra le mani il tomo degli incantesimi che stava studiando.
Kain, dal canto suo, la osservò ancora per qualche secondo cercando di celare dietro uno sguardo aggressivo quello che provava veramente. Poi divenne invisibile e se ne andò, desiderando allontanarsi per qualche attimo da lei e da quell’atmosfera.
Fayr, che era rimasta in attesa fuori dall’uscio, emise un sospiro seccato e preoccupato ma sentendo che le urla si erano arrestate ritornò sui suoi passi al piano inferiore. Si fermò mentre scendeva le scale fissando irosamente un quadro appeso alla parete e, sollevando la mano destra, gli scagliò contro una palla di fuoco.
-Prima di far esplodere ogni oggetto di questa casa, ti dispiacerebbe consultarci?! Forse si poteva sistemare meglio il chiodo, senza disintegrarlo… -.
La voce di Mynd risuonò secca e autoritaria da dentro una stanza poco distante. La ragazza lo raggiunse e lo fissò con tanto d’occhi, riprendendo il suo posto su un grande cuscino e continuando a sfogliare il tomo.
Mynd capì che era inutile discutere con lei in quel momento, tanto più che il motivo della sua stizza era palesemente lontano da quello dichiarato. Lui sapeva e comprendeva, così tacque e tornò a fissare lo schermo del computer.
La situazione tra quelle mura stava prendendo una pessima piega a causa della fastidiosa tensione che logorava i nervi e i rapporti tra loro. Non era stato semplice per i suoi compagni e per lui accettare la verità sulla natura dei tre ragazzi che avevano salvato. Quando essi erano arrivati nella loro casa, malmessi e sotto shock, l’unica cosa che avevano notato era stata il loro abbigliamento assurdo. Come se non bastasse, nei suoi compagni era sorto il dubbio che Wing, Icelyng e Teral non si fidassero di loro. Per lui, invece, quella era una certezza e non poteva biasimarli: in fondo, pensava, lui si sarebbe sentito allo stesso modo nella loro situazione e ad aggravare tale stato di diffidenza nei loro confronti v’era il fatto che non fossero stati capaci di trovare nemmeno la più piccola traccia, né in rete né tantomeno sugli strani e variegati volumi che avevano in casa, di questo Parsas che i sovrani cercavano.
Tornò a concentrarsi sul sito Internet di breacking news che stava consultando. Le notizie erano sconcertanti e peggioravano esponenzialmente con il passare del tempo: terremoti, maremoti e uragani stavano colpendo inspiegabilmente varie parti del mondo e tutto ciò era iniziato, in un crescendo progressivo, poco dopo il salvataggio dei tre. Non c’era dubbio sul fatto che tutto fosse collegato. 
Fayr, dal suo angolo, sbuffò. Continuava a pensare che tutto quel documentarsi fosse inutile e che avrebbero dovuto fare qualcosa, qualsiasi cosa, ma non continuare a esitare. Sollevò lo sguardo e trovò che Mynd la stava fissando.
-Ti capisco, ma prima di passare all’azione, Fayr, dobbiamo avere conoscenza dei fatti! Il sapere è potere, ricordatelo!-.
La ragazza sospirò seccata e tornò a fissare il libro. In alcuni momenti la infastidiva il potere di lui, il fatto che leggesse nella mente. Soprassedette solo perché la maggior parte delle volte, invece, era felice che qualcuno potesse sentire le sue emozioni senza bisogno di parole, alleggerendole un carico spesso troppo gravoso. Mynd era un punto fermo per lei e gli altri, lo vedevano darsi da fare e stare vicino a ognuno di loro sempre e per qualsiasi cosa, seppur in modo discreto e non invadente.
Una vera mente.
Un vero leader.
Improvvisamente i suoi pensieri vennero interrotti dal fatto che dal nulla si materializzò Switch al centro della stanza con una tazza di caffè in mano che rapidamente le porse.
-Grazie, ma come lo sapevi che ne avevo voglia?- chiese lei basita.
Switch storse il naso e fece un gesto con la testa rivolto a Mynd che, nonostante tutto, non distolse lo sguardo dallo schermo.
-Comunque vorrei farvi notare che teleporta non è sinonimo di cameriere!- esclamò poi il nuovo arrivato, sdraiandosi sul divano.
Lei sorrise tra sé. Switch era fatto così, il suo modo di essere strampalato e buffo non permetteva di prenderlo sul serio neanche quando era contrariato come in quel momento. Le piaceva stare in sua compagnia perché riusciva sempre a metterla di buon umore in ogni situazione. Era stato così sin dalla prima volta che si erano incontrati sei mesi prima, quando si era materializzato in camera sua in piena notte in compagnia di Cronos, il suo gemello.
-Va bene, servizio in camera a parte… Che fine ha fatto quel tizio che mi assomiglia vagamente?- domandò il ragazzo, notando che nessuno aveva ribattuto alla sua precedente frase.
Mynd si tolse gli occhiali e si massaggiò le tempie. -Simpatico come un’eruzione cutanea come tuo solito, eh?! Anche se ti sembrerà strano non saprei dov’è, ma immagino che se ti sforzassi il minimo sindacale magari ci arriveresti da solo..-.
 
Cronos era nell’ala est, seduto sul divano dell’anticamera mentre consultava un grosso e polveroso libro dall’aspetto antico che aveva trovato la sera precedente in soffitta.
Di fronte a lui, appoggiata al muro, sedeva Cristal. Aveva sparso sul pavimento una serie di fogli cercando di dare un senso ai racconti che Teral, Wing e Icelyng avevano fatto sull’attacco ai loro regni, ma era lì da un paio d’ore e ancora non era arrivata a nulla. Sbuffò, poi strinse le ginocchia al petto e vi nascose la faccia sopra. Era stanca e demoralizzata come non lo era da parecchio.
In quei lunghi mesi passati sotto quel tetto si era quasi persuasa che il loro destino fosse quello di vivere separati dal mondo, in quanto diversi. Qualche visita fugace al paese vicino, tanto per non perdere il contatto con la realtà ma nulla di più. Adesso, invece, stava realizzando che proprio quella diversità li aveva assegnati a un destino che probabilmente non avevano nemmeno immaginato.
Non aveva vissuto una vita piena di scossoni e già il fatto che a dieci anni al capezzale della nonna defunta ne avesse assunto improvvisamente le sembianze l’aveva traumatizzata. Era così che aveva scoperto di essere una mutaforma, e solo negli anni aveva in qualche modo imparato a gestire quel potere o, per lo meno, a capirne la portata. Di fatti, aveva scoperto che poteva assumere le sembianze di qualcun altro solo se quella persona era morta o priva di sensi. Ma ora anche quella coscienza sembrava essere inutile perché si stava profilando davanti a loro l’eventualità di essere parte di qualcosa di terribile. Cercò di rassicurarsi pensando che, in fondo, non sarebbe stata sola.
Sollevò lo sguardo e incontrò quello di Cronos che, avendo notato i suoi occhi velati di inquietudine, lentamente si era alzato dal divano e le si era avvicinato, sollevandole il mento e baciandola.
E stava per staccare la spina almeno per qualche secondo tra le sue braccia, ma in quel momento entrarono nella stanza Switch, Fayr e Mynd.
-Ho vinto! Lo sapevo che “Lingualunga” stava dandosi da fare: sgancia, sorella!- disse Switch voltandosi verso Fayr, che lo fulminò con un’occhiataccia.
Cronos si staccò dalle labbra di Cristal e guardò in malo modo il gemello.
-Se non fossimo uguali, dubiterei che fossi sangue del mio sangue!-.
Cristal si alzò e, invece di irritarsi, sorrise alla vista di Fayr e Mynd. Loro erano altri due buoni motivi per non smettere di lottare, per non arrendersi nonostante l’incertezza della loro situazione. Era strano dirlo, soprattutto per una come lei che difficilmente comunicava le sue sensazioni, ma con loro due si sentiva al sicuro. Senza dubbio erano i migliori amici che avesse mai avuto.
Mynd era una roccia, un punto fermo che, leggendole nella mente, le permetteva di sfogarsi senza dover parlare. Le stava sempre vicino, le dava quello di cui aveva bisogno, si prendeva cura di lei.
Fayr era Fayr. Insostituibile, inimitabile. Se fosse stata in pericolo, sapeva che l’amica avrebbe affrontato ogni difficoltà per aiutarla. La capiva con uno sguardo e lei faceva altrettanto.
 Loro, così diversi eppure così simili. Loro, ciò che per lei era diventata la più astrusa e bizzarra delle famiglie...



 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


LEGENDA


WING, regina di Nimbias, regno dell'Aria. Può volare, possiede velocità e destrezza. Può vedere di notte grazie ai suoi occhi bianchi.




TERAL, re di Valians, mondo della Foresta. Può trasfiguare il suo corpo in qualsiasi animale, reale o fantastico.




ICELYNG, regina di Alyas, mondo del Mare. E' una sirena con la capacità di trasformarsi in essere umano. Domina l'acqua e il ghiaccio.




FAYR, può dominare il fuoco a suo piacimento.




KET (diminutivo di Ketreen), è una strega.




KAIN, è un demone.Può diventare invisibile, intangibile e può respingere i colpi dell'avversario.




MYND, è un telepate.




CRONOS E SWITCH, sono due gemelli. Il primo può manovrare il tempo e bloccare il suo scorrimento per uno o più esseri viventi, il secondo è un teleporta.




CRISTAL, è una mutaforme medium: può assumere le sembianze e i poteri di altre persone solo se sono morte o svenute.






CAPITOLO DUE


-E su questo siamo d’accordo, Icelyng! Quello che vorrei capire è: possibile che abbiate ricevuto l’attacco senza motivazione? Possibile che non sappiate chi è il vostro nemico e perché siate stati invasi?-.
La sirena guardò Fayr con cipiglio regale, rispondendole in tono quasi stizzito.
-Per l’ennesima volta, ti dico che non so assolutamente nulla!-.
Fayr sospirò, spazientita, perché sembrava impossibile venire fuori da quella situazione di stallo senza informazioni utili. Aveva la strana sensazione che sapessero molto di più di quanto effettivamente le avessero detto. Tuttavia non aveva intenzione di fare indagini, almeno per il momento.
Teral, Wing e Icelyng non riuscivano a nascondere le inevitabili tensioni dovute all’inerzia e per gli altri risultava sempre più difficile fargli capire che avrebbero dovuto fidarsi di loro e che, essendo a un punto morto, dovevano attendere istruzioni.
Fayr decise di riprovare a partire dagli elementi che aveva. Si sedette al fianco di Cristal e aprì nuovamente il libro di Storia delle Mitologie alla pagina a cui si era interrotta prima di intraprendere l’ennesimo confronto con Icelyng.
Intorno al tavolo ferventi dibattiti animavano la sala, in special modo quello tra Cronos e Teral. Il sovrano stava per l’ennesima volta premendo affinché il gemello utilizzasse una parte del suo potere e mandasse indietro il tempo fino a poco prima delle invasioni, in modo da avvertirli e prevenire così la catastrofe. Tuttavia, sembrava non voler capire ciò che Cronos gli obiettava, ovvero che, sebbene l’avesse potuto fare, le conseguenze di un simile atto sarebbero state incontrollate e avrebbero potuto scatenare eventi imprevedibili.
Improvvisamente una voce familiare, proveniente dalla superficie del tavolo, interruppe le diatribe dei due.
-Buonasera-.
-Ci sono novità, Air?- chiese Mynd, sapendo che lo spirito non compariva mai per caso.
La bocca apparsa sul tavolo si curvò in una smorfia. -Forse…-.
-Forse?! E che sei venuto a fare, allora, se non hai notizie?- si indispettì Teral.
-Portate pazienza miei cari… Non è facendoci prendere dall’ira che verremo a capo di tutto questo- aggiunse mentre i suoi occhi guardavano intorno per l’intero salone.
-E ti pareva… altre chiacchiere inutili!- sibilò Kain, simulando un atteggiamento distaccato.
Nessuno si sorprese per questa frase, gettata lì con malcelato fastidio. D’altro canto era normale: tra tutti loro, Kain era quello che conosceva meglio Air, per quanto esso si lasciasse conoscere. Il demone non parlava spesso del suo passato, ma da quello che i ragazzi erano riusciti a carpire, tra una battuta tagliente e una rispostaccia acida, era che Kain era cresciuto in quella casa con la sola compagnia di Air. L’unica volta in cui si era lasciato uscire qualche dettaglio in più fu a seguito di una furente lite con Ket. Era da poco che vivevano sotto lo stesso tetto, sette persone completamente sconosciute tra loro con le sole consapevolezze di essere speciali e di dover cominciare da zero una vita del tutto nuova. La giovane strega, nonostante all’inizio avesse ostentato fermezza, di botto aveva ceduto allo sconforto più totale chiedendo ripetutamente della sua famiglia. Alla fine, all’ostinato silenzio di Air si era sovrapposta l’impazienza di Kain.
-Smettila di frignare, stupida ragazzina! Facci la grazia di un po’ di silenzio!-.
Di lì i toni si erano riscaldati in un’ascesa di tensione finché Ket, esasperata, aveva lanciato una bordata tagliente. -Cosa ne vuoi sapere tu, demone senza cuore, di cosa voglia dire perdere la propria famiglia?!- gli aveva urlato, tra le lacrime.
Nessuno si era aspettato la reazione che era scaturita da quelle parole. Gli occhi di Kain erano diventati rossi come le braci, e la sua voce si era incrinata fino ad assomigliare a un sordo ringhio. Con rabbia, aveva preso la ragazza per il collo e l’aveva sbattuta contro la parete. -Cosa vuoi saperne tu, ragazzina senza cervello, di cosa vuol dire essere un bambino e assistere al massacro della propria famiglia e della propria razza senza poter far niente! Cosa vuoi saperne tu di cosa vuol dire crescere da solo, sapendo di essere l’ultimo della propria stirpe?!-.
Se non fosse intervenuto Mynd a calmare le acque, probabilmente quell’episodio sarebbe finito in tragedia. Quando incrociò di nuovo lo sguardo con quello di lei, atterrita e tremante, le parole di Kain furono gelide. -Ho tre notizie per te, fattucchiera da due soldi: la prima è che se non smetti di infastidirmi con i tuoi piagnistei, la prossima volta andrò fino in fondo. La seconda è che qui dentro non sei l’unica in questa situazione, quindi prima lo accetti e meglio sarà per il nostro udito. La terza è che devi ritenerti fortunata, perché almeno la tua famiglia è viva… Le vostre famiglie sono vive!- concluse, posando i suoi occhi, di nuovo neri, su di loro.
Quell’episodio fu vissuto da tutti come una sorta di esorcismo della vita come la conoscevano. Nessuno pianse più, e con l’andare del tempo la parola “famiglia” divenne quasi un tabù. Ma non per questo l’accettazione divenne totale rassegnazione da parte loro. Ci furono volte in cui, esasperati dal continuo silenzio di Air, avevano provato a scappare e tornare alla loro vita. Tuttavia, a loro spese, avevano scoperto di non averne più una. Era come se il mondo si fosse dimenticato della loro presenza: nessuno li riconosceva. Erano come se fossero spariti dalla memoria di ogni persona che avessero mai conosciuto in vita loro ed era stata quella consapevolezza a farli tornare e farli rimanere definitivamente in quelle mura: ormai era il solo luogo in cui potevano abitare. Eppure, con il tempo, non era stato poi così difficile accettare il fatto di ritrovarsi improvvisamente catapultati in quella nuova realtà. Per tutta la vita, ognuno di loro si era reputato un essere unico e solo al mondo. Aveva finto, aveva nascosto la sua vera natura per paura di essere emarginato o, ancora peggio, essere analizzato come fosse un mostro.
Per la prima volta in vita loro si erano sentiti se stessi, liberi di esprimere le loro identità senza essere giudicati. Per la prima volta erano dentro, e non ai margini.
Eppure, a dispetto di ciò, non era possibile cancellare i ricordi di una vita intera come nulla fosse e rassegnarsi lo era ancor meno, soprattutto perché non avevano avuto altra motivazione a quel salto nel vuoto se non l’essere dotati di poteri. Di fatti in quei mesi di vita comune mai una volta era stata data loro una spiegazione, un reale perché alla loro presenza in quel posto.
Solo di due cose erano certi: di non essere più unici e soli, e di come era cominciata.



Kain era stato il primo ad abitare in quella casa. Aveva solo quattro anni quando Air era riuscito a farlo giungere a sé, salvandolo dalla strage, e la sua sopravvivenza era stata data soltanto dalla sua natura demoniaca. Air non aveva potuto fare altro che lasciarlo fare finché non avesse raggiunto l’età della ragione. Da quel momento lo spirito era diventato la sua guida e il suo maestro, istruendolo, addestrandolo e insegnandogli a contenere il suo essere demoniaco. Di fatti, solo con gli anni Kain aveva appreso tutte le sue potenzialità, una per volta. All’inizio aveva scoperto l’invisibilità e qualche giorno dopo anche l’intangibilità. Solo con l’arrivo degli altri nella casa era venuto a conoscenza di un altro suo potere, ovvero il fatto che potesse respingere i colpi, come uno specchio riflettente. Air lo aveva allenato a utilizzare al meglio tutti questi poteri e lo aveva sempre spronato a identificarli tutti.
Ciò nonostante la convivenza tra i due era stata difficile e burrascosa. Indubbiamente Air era stato un maestro esigente e severo con il giovane demone e, pur non possedendo una forma materiale, era riuscito sempre e comunque a ottenere la sua obbedienza. Kain, durante tutta la sua infanzia e adolescenza, aveva appreso sulla sua pelle come non bisognasse sottovalutare il potere di Air nonostante si trattasse solo di un’entità senza corpo. Di fatti ogni suo momento di indisciplina, ogni suo moto di disubbidienza o ribellione era stato sistematicamente prima redarguito e poi punito dallo spirito. Ed era in quel modo che Kain aveva scoperto quali fossero le facoltà della sua guida. Aveva realizzato come Air fosse un tutt’uno con la casa in cui vivevano, e come potesse darle vita a suo piacimento, a esempio bloccando porte e finestre per sigillarlo all’interno o non creando e non concedendogli scorte di cibo per nutrirsi.
La consapevolezza più sconcertante, però, Kain l’aveva raggiunta con l’arrivo della pubertà. Dopo gli anni dell’infanzia nascosto al resto del mondo, Air aveva improvvisamente insistito affinché lui lasciasse la casa per conoscere la vita come era vissuta fuori dalle loro quattro mura e imparasse a inserirsi. Lo spirito sosteneva che non era destinato a rimanere per sempre relegato con lui, e che l’approccio con la “razza umana” e con il loro stile di vita sarebbe stato parte integrante della sua preparazione. Una sola regola Air aveva posto, ovvero che non rivelasse mai a nessuno la sua natura, né tanto meno l’ubicazione della sua dimora. Ovviamente, quando il giovane demone gli aveva domandato il perché, lo spirito era scomparso.
Era stato così che, all’età di circa quindici anni, Kain aveva cominciato a esplorare il mondo. Solo in età più avanzata le sue mète erano divenute più distanti, ma inizialmente si era limitato alla zona circostante la casa, dove aveva scoperto un paese. Aveva iniziato a frequentare di tanto in tanto la piccola comunità, rispondendo a mezza bocca a chi gli chiedesse chi fosse e da dove venisse di essere figlio di una coppia di speleologi che stavano conducendo le loro ricerche su quelle montagne. Proprio lì aveva avuto i suoi primi approcci con gli esseri umani, arrivando a individuare un'altra caratteristica sua e della sua razza, ovvero la bellezza irresistibile. Ogni ragazzina, ragazza o donna, anche matura, del posto non poteva fare a meno di cadere sistematicamente ai suoi piedi, cosa che in principio lo aveva irritato ma che poi aveva imparato a sfruttare con sommo diletto.
Molte furono quelle che nel corso degli anni gli si erano concesse, eppure Kain ricordava tra tutte solo una, la prima. Era stata la figlia del sindaco, una ragazza intraprendente soffocata dal geloso e anziano padre. Eppure lui non rammentava la sua persona in quanto fosse stata la sua prima amante, ma perché grazie a lei era venuto a conoscenza di una caratteristica della sua casa che fino a quel momento gli era sconosciuta. Infatti, in un pomeriggio d’estate la ragazza lo aveva condotto nel folto del bosco, lontani dal controllo del padre e dell’intero paese, con il chiaro intento di sedurlo.
Malgrado ciò, l’euforia del momento si era spenta quasi subito in lui quando si era accorto che lei lo stava conducendo pericolosamente verso la radura dove sorgeva la sua abitazione. Preoccupato di contravvenire alla regola posta da Air, aveva tentato di dissuaderla, ma non aveva trovato scuse plausibili per quel suo repentino cambio d’idea.
Infine, inevitabilmente, erano giunti nello spiazzo erboso. Kain si era preparato all’esclamazione di sorpresa di lei alla vista della casa. Aveva atteso invano, perché la ragazza gli si era semplicemente gettata tra le braccia, mormorando carinerie. Perplesso, aveva cercato di suggerire un altro posto dicendole che qualcuno dall’interno avrebbe potuto vederli. Era stato lì, quando lei gli aveva chiesto “dall’interno di dove”, che aveva capito che non vedeva nessuna abitazione.
Quando era rientrato, con manifesta irritazione, si era scagliato contro Air informandolo della scoperta che quel giorno aveva fatto e pretendendo una spiegazione riguardo al suo silenzio su un dettaglio così importante. Tuttavia la risposta dello spirito era stata -Prima non lo sapevi, ora lo sai- sparendo subito dopo aver pronunciato quelle parole.
Questo era stato uno degli episodi che avevano portato il giovane ad avere tale rapporto bivalente di dipendenza e scontro con lo spirito. Infatti, il problema principale consisteva nel fatto che Air non avesse mai risposto alle innumerevoli e motivate domande che il ragazzo gli aveva ripetutamente fatto, soprattutto circa la morte della sua famiglia e sul modo in cui era riuscito a trarlo in salvo. D’altro canto, tutto ciò che Kain conosceva sulla sua storia o sulla misteriosa natura di Air lo aveva appreso per deduzione. E comunque si trattava di minuscoli dettagli che non servivano certo a estinguere la bramosia di sapere che avvampava nel ragazzo.
Poi un giorno, improvvisamente, la situazione era cambiata. Per la prima volta dopo quasi venti anni, Kain aveva percepito che il suo spirito guida era turbato. Subito dopo aveva ricevuto l’inconsulto ordine di rintracciare e condurre alla casa una giovane di nome Ketreen.
Si era opposto cruentamente, ma nessuna delle sue obiezioni era servita a far recedere Air dal proposito. Aveva persino obbiettato che, ammesso che l’avesse portata, lei non avrebbe potuto vedere la casa, ma lo spirito gli aveva risposto di non preoccuparsi di questo. Quando, infine, gli aveva ruggito di arrangiarsi e di andarsela a prendere da solo, come aveva fatto anni addietro con lui, la voce dello spirito s’era fatta granitica nell’ordinargli -Taci, Kain. E ora vai-.
Digrignando i denti per la rabbia il ragazzo si era apprestato a lasciare la stanza, ma si era fermato quando Air gli aveva parlato di nuovo. -A proposito. È una strega-. E con quelle parole, lo spirito era svanito, lasciandolo interdetto e, stranamente, sorpreso.
C’era voluto tantissimo tempo prima che riuscisse a rintracciarla. Tra le nozioni apprese da Air stesso negli anni addietro, ricordava come le streghe fossero la nemesi naturale dei demoni e di come anche esse si fossero quasi del tutto estinte secoli addietro. In quanto opposte, le due razze in lotta avevano sviluppato un legame che permetteva loro di percepirsi. Per questo motivo si era adoperato nella ricerca nell’unico modo che gli era venuto in mente: l’istinto predatorio demoniaco. Aveva liberato la sua natura diabolica, alla ricerca di una traccia di lei. Aveva seguito anche delle piste erronee, che l’avevano condotto quasi sempre a donne anziane o di mezz’età.
Alla fine ce l’aveva fatta. L’aveva individuata in una biblioteca di un piccolo centro abitato. Per qualche istante si era persino chiesto se potesse essere effettivamente la ragazza giusta. L’aura che sprigionava da quella figuretta anonima, ricurva su un libro, era inconfondibile per lui, eppure non sembrava poter essere una minaccia.
Se ne stava lì, totalmente presa dalla lettura e indifferente al resto della sala. Minuta, con i capelli chiari che le ricadevano sul viso e un abbigliamento modesto, tutto sembrava fuorché una strega. Così, pensando che sarebbe stato più facile del previsto, si era avvicinato. Non ci era voluto molto prima che lei si accorgesse della sua presenza. L’aveva vista irrigidirsi, per poi alzare i suoi grandi occhi su di lui. Sorrise obliquamente, pronto a ricevere il consueto sguardo ammaliato che ogni donna era solita riservargli.
Tuttavia, e con sua enorme irritazione, tale reazione non era giunta da parte della ragazzina. Lo aveva fissato seria, come se lo stesse studiando. Anche lei aveva percepito in qualche modo la sua aura, ne era certo, perciò decise prudentemente di sfruttare uno dei suoi poteri.
Di botto, lei si era alzata in piedi e anche così gli arrivava a malapena alla spalla.
L’aveva osservata fare un passo indietro, mentre la sua aura aumentava di intensità. Era spaventata. -La tua ombra è scomparsa… Che cosa sei, tu?!- lo aveva apostrofato in un sussurro intimorito.
Ghignando di soddisfazione di fronte a quell’inattesa fragilità, con un passo l’aveva raggiunta. -Si chiama intangibilità, strega, e noi demoni siamo piuttosto bravi a usarla. Vuoi vedere?-. Non le aveva dato modo di replicare. Con una mano l'era passato attraverso il collo, riprendendo quel tanto di tangibilità che bastava a toglierle il respiro e farle perdere i sensi.
Ketreen si era risvegliata nella casa. Per alcuni giorni tra i due era stata guerra aperta: dal terrore, si era passati prima allo stupore, poi alla rabbia per concludere con il furore.
Solo l’intervento di Air era riuscito a riportare la calma nella casa, che sembrava essere stata devastata da un ciclone. C’era voluto un po’ prima che Ketreen, che preferiva farsi chiamare semplicemente Ket, metabolizzasse la realtà dei fatti: Kain, quell’insopportabile ragazzo che l’aveva rapita, era un demone. L’aveva portata in una casa situata in un luogo sconosciuto, abitato da lui e da un’entità invisibile che prendeva vita negli oggetti e rispondeva al nome di Air.
Non aveva avuto risposte a nessuna delle sue domande, lo spirito non sembrava dare spiegazioni. Una sola cosa aveva capito con certezza: dopo una vita a chiedersi cosa fossero quelle strane capacità che solo lei aveva, che la rendevano diversa dagli altri, ora finalmente sapeva di cosa si trattasse. Era una strega.
Era stata questa nuova consapevolezza a impedirle di scappare. Finalmente non si sarebbe limitata ad avere delle incontrollate visioni di passato e futuro, o a percepire una forza dentro di sé che premeva per uscire. Air le aveva promesso di istruirla nell’arte della magia e, cosa più importante, le aveva affidato un compito immediato.
-Bambina, so che sei confusa, ma le cose si sistemeranno. Ora, però, è di vitale importanza che tu faccia una cosa per me: cerca la forza dentro di te e segui le mie istruzioni. Dovrai fare un incantesimo di individuazione-.
Era un incantesimo difficile ed elaborato, che aveva richiesto parecchio tempo per essere appreso, preparato e formulato. Molte prove erano fallite, nonostante la sua buona volontà e l’appoggio di Air. Più volte, stanca e demotivata, era stata sul punto di mollare.
Dopo l’ennesima disfatta, tra le lacrime, aveva persino aggredito Kain. -Che hai da startene lì a sghignazzare? Perché non te li vai a cercare tu come hai fatto con me, dato che sei solo capace di criticare e prendermi in giro, stupido demone?!-.
Lui aveva sbadigliato con indifferenza, poi aveva risposto -Se potessi fare a meno di te, l’avrei già fatto. Il problema è che se ti ho trovato è solo perché i demoni come me e la tua sudicia stirpe sono unite da quell’idiota legame ancestrale… Se sono arrivato da te, fattucchiera incapace, è solo a causa del tuo fetore magico, cosa che chi stiamo cercando non ha-.
Il libro non l’aveva colpito solo perché si era reso intangibile un secondo prima che lei glielo lanciasse. Fatto sta che, dopo quella lite, Ket non si era più lamentata. E, pochi giorni dopo, il demone aveva saputo il luogo esatto dove cercare.
Non si era fatto prendere dall’entusiasmo per il fatto di avere una mèta sicura, bensì si era sentito pervaso da una fastidiosa sensazione d’incertezza. Il non sapere chi si sarebbe trovato di fronte una volta giunto nel luogo indicatogli dalla strega lo aveva messo in condizione di prendere precauzioni. Anche perché c’era un dettaglio che lo aveva lasciato dubbioso: per quale motivo Ket gli aveva indicato una sola destinazione anche se loro stavano cercando due persone. Tutti quei dubbi richiedevano cautela, così Kain aveva optato per una strategia analitica. Una volta raggiunto l’obiettivo, si era reso invisibile e aveva atteso.
Non aveva dovuto aspettare molto per ottenere risposte alle sue domande. Camminavano lungo il viale che portava alla casa che il demone controllava, scherzando e ridendo. Stessa altezza, stessi occhi verdi, stesso sorriso allegro e stessi capelli biondi diversi solo per il taglio.
-Dannati, siete due stupidissimi gemelli!- mugugnò Kain, tra sé.
Non avrebbe potuto palesarsi, non avrebbe neanche potuto provare un approccio diretto. Non sapeva niente di loro, se non che all’apparenza sembravano più due bambocci idioti che due minacce per lui. Si era imposto di osservarli per analizzare le loro capacità e valutare il modo di portarli con sé.
La scena a cui aveva assistito poco dopo lo avrebbe lasciato sconcertato se la sua sensibilità glielo avesse permesso, e l’unica cosa che aveva focalizzato era stata che i due non erano altro che due stupidi. Avevano iniziato a picchiarsi giocosamente finché quello con i capelli più corti era improvvisamente scomparso nel nulla per riapparire un istante dopo dietro il fratello. Gli aveva assestato una manata in testa ed era scomparso di nuovo, ricomparendogli davanti e in ginocchio, pizzicandogli l’addome. Lo aveva fatto ancora, e ancora, e ancora.
-Basta, cretino!- aveva gridato quello dei due che stava subendo l’estenuante attacco.
-Ti piacerebbe, eh? Subisci!- aveva risposto l’altro, continuando a scomparire e riapparire a profusione. Poi, senza preavviso, all’ennesima apparizione quello con i capelli più lunghi aveva fatto un cenno con la mano e il fratello si era bloccato, immobile come una statua di sale. Subito aveva preso una bottiglietta d’acqua dallo zaino e gliel’aveva completamente rovesciata in testa. Infine aveva schioccato le dita e il gemello aveva ripreso a muoversi.
-Così non vale!- aveva sbraitato l’altro, completamente zuppo.
Kain aveva sogghignato, non tanto per la scena in sé ma quanto perché aveva intuito quali fossero le capacità dei due gemelli. Con quella consapevolezza aveva deciso quale strategia usare per prenderli. Era stato tutto rapido: rimanendo invisibile, li aveva raggiunti poco prima che rientrassero in casa e li aveva storditi con lo stesso metodo che aveva usato con Ket.
Si erano svegliati parecchio tempo dopo che li aveva portati nella casa di Air. Quando entrambi avevano ripreso i sensi, superate la sorpresa e la paura iniziale, avevano fatto caso alla ragazza minuta che li fissava dal fondo della stanza in cui si trovavano.
Ket era stata istruita a dovere. Kain le aveva spiegato, seppur a mezza bocca, quali fossero i poteri di cui i due disponevano, pertanto si richiedeva un intervento conciliante per evitare che fuggissero sfruttando le loro capacità.
La ragazza era stata convincente e accomodante, aveva spiegato loro quale fosse la situazione e li aveva aiutati a metabolizzare quello che stava succedendo. Solo quando i gemelli sembrarono aver compreso quale fosse lo stato delle cose, aveva proceduto a presentare loro prima Kain, nonostante temesse proprio a quel punto una loro fuga, e infine Air.
Le reazioni dei ragazzi alla vista dello spirito e alla presa di coscienza dell’esistenza di streghe e demoni era stata inaspettata. Switch aveva improvvisato una sorta di coreografia strampalata rivolgendosi al fratello. -Sgancia, cocco! Pensavi di essere il più splendido e il più ganzo, eh? Te l’avevo detto che non eravamo gli unici!-.
Cronos lo aveva fissato con un angolo della bocca tremante per l’evidente irritazione.
-Finiscila, debosciato!- aveva ringhiato tra i denti, senza tuttavia ottenere l’effetto di fermare l’altro, preso da un’euforia totale.
-Spettro, ti avverto che sto per riportarli dove li ho presi!- aveva abbaiato Kain, rivolgendosi al quadro nel quale Air aveva preso vita.
Solo dopo qualche giorno l’atmosfera si era normalizzata di nuovo. I gemelli, dopo l’entusiasmo iniziale avevano inquadrato l’assurdità della situazione ed erano fuggiti, ma dopo poche ore erano rientrati scoprendo come nessuno al di fuori di quelle mura, sapessero chi fossero primi fra tutti la loro famiglia. Non ottenendo delle spiegazioni concrete per la loro scoperta, si chiusero in un ostinato silenzio per un giorno intero ma alla fine cedettero e si convinsero a collaborare. Solo allora, avevano spiegato dettagliatamente agli altri quali fossero i loro poteri: Switch poteva teletrasportarsi, mentre Cronos poteva manipolare il tempo a suo piacimento, mandandolo avanti o indietro, oppure semplicemente bloccandolo per una o più persone.
Quando tutto fu chiaro, Air aveva parlato di nuovo a loro con estrema serietà. -Non abbiamo ancora finito, ragazzi miei. Ora possiamo muoverci più rapidamente. Ket, piccina, dovrai operare un altro incantesimo di ricerca. E voi, gemelli, il vostro compito sarà quello di portare qui le persone che lei vi indicherà-.
Chiaramente la cosa non era stata accettata subito con serenità. Era ricominciata la sfilza di domande, ancora una volta abilmente eluse da Air. Alla fine, sfiniti e rassegnati, avevano ceduto.
Ket, per localizzare il prossimo, ci aveva messo solo due giorni, durante i quali Air aveva aiutato i gemelli a esercitarsi con i loro poteri quel tanto che bastava perché potessero assolvere il loro compito. Kain, dal canto suo, si era mostrato solo per criticare, denigrare o litigare con chiunque gli capitasse a tiro.
Con l’aiuto di una cartina geografica, Cronos e Switch avevano raggiunto la mèta in un battito di ciglia. Si erano ritrovati nell’ingresso di una grande casa silenziosa.
La strategia la conoscevano già: avvicinarsi, bloccare, teletrasportare. Nonostante ciò erano terrorizzati, mentre si aggiravano furtivamente per le stanze alla ricerca del loro obiettivo.
Improvvisamente, una voce alle loro spalle li aveva fatti trasalire. -D’accordo, verrò con voi-.
Si erano voltati di scatto e l’avevano visto. Sembrava essere il tipico “secchione del primo banco”: alto e magro, capelli lisci e castani a incorniciare il viso pallido e serio, occhi grigi e svegli brillavano dietro le lenti degli occhiali.
-No, state tranquilli! Non vi farò del male… Non potrei…- aveva continuato quello.
I gemelli, con occhi sgranati, erano entrati nel panico.
-Non ho idea di chi siano Ket, Kain e Air, ma se siete venuti per portarmi da loro e non volete farmi la pelle, perché non dovrei seguirvi?- aveva aggiunto il ragazzo, cominciando ad avanzare verso di loro.
-Perdonatemi, sono un incivile… Io sono Mynd. Cronos e Switch, vero?- aveva chiesto ancora l’altro.
I due ragazzi stavano oscillando tra lo sconvolto e il terrorizzato.
-Bloccarmi?-.
Le parole erano uscite dalla bocca di Mynd un secondo prima che il suo corpo smettesse di muoversi. I gemelli si erano fissati. -Non smetteva di parlare, che altro avrei dovuto fare?!- aveva chiesto Cronos, alla muta domanda del fratello.
Switch gli aveva dato una gomitata. -E ho capito, ma se avesse voluto aggredirci, l’avrebbe fatto subito, no?!-.
Si erano avvicinati. -Certo, che strano tipo… Non avevo mai pensato che potesse esistere come potere “la chiacchiera assassina”!- aveva confessato Switch, perplesso.
Gli occhi del gemello lo incenerirono.
-Deficiente! Possibile che non abbia capito un cavolo? Pensi che parlasse a vanvera? Ma non ti sei accorto che rispondeva alle nostre domande senza che noi le facessimo?-.
-E con ciò?-.
-No, così non va… Io ci rinuncio! Andiamo dagli altri, su…- aveva tagliato corto Cronos.
La situazione era stata molto più chiara per Switch dopo aver assistito al colloquio tra il nuovo arrivato, che rispondeva al nome di Mynd, e Air.
Era stato semplice capire il motivo per cui il ragazzo, a differenza loro e di Ket, non avesse fatto troppe storie, non si lamentasse e non chiedesse spiegazioni: leggeva nella mente. Il suo potere lo aveva aiutato ad acquisire un grado d’accettazione della situazione maggiore rispetto a tutti loro, ma nonostante ciò, anche lui aveva decine di domande. Ad alcune aveva trovato risposta nei pensieri dei ragazzi, ma delle più importanti non era riuscito a venirne a capo. Non che vi fossero ostruzioni: le risposte non vi erano affatto e questo perché Air non le aveva mai date loro.
Tuttavia, Mynd non era abituato a non sapere. Da quando i suoi poteri si erano manifestati, era sempre stato invaso dai pensieri di ogni persona che lo avesse circondato. E questa cosa lo aveva assuefatto a una condizione di semi onniscienza. Così, era giunto alla conclusione che l’unica azione possibile da compiere per sapere la verità era leggere la mente dello spirito. Ciò nonostante, quando aveva provato a subentrate nella mente di Air, era crollato a terra come un peso morto perdendo i sensi. Aveva impiegato tre giorni per rimettersi in piedi e altrettanti per riacquistare le piene capacità del suo potere. Quest’effetto devastante lo aveva portato a capire che la mente dello spirito guida era invalicabile e che tentare nuovamente la sorte gli sarebbe costato ben più che uno svenimento.  
Era ancora a letto, in stato di ripresa, quando udì un boato provenire dal salone al piano di sotto. Pochi secondi dopo, Switch gli era comparso di fronte, pallido come un cadavere.
-Non ti prendo in giro se ti dico che l’atmosfera si è surriscaldata! Cronos non può bloccarla all’infinito…Credo sia meglio che ci venga a parlare tu!-.
Intanto nel salone la situazione sembrava davvero critica.
-Se non fosse che stiamo rimanendo dei senza tetto, direi che mi sento quasi a casa… Questa pazza ha ricreato l’Inferno!- aveva sogghignato Kain, neanche lontanamente scalfito dal caos che regnava intorno a lui.
-Che faccio la sblocco?- aveva domandato con aria titubante Cronos, passando lo sguardo da Kain a Ket.
-Problema vostro, fotocopia…- lo aveva schernito il demone, fingendo noncuranza.
La strega, con la maglia leggermente bruciacchiata, si era fatta avanti. -Va bene, prova… Spero che stavolta mi stia a sentire!-.
Con un gesto della mano Cronos aveva sbloccato la nuova arrivata, per poi lanciarsi dietro a un divano seguito immediatamente dopo da Ket. L’unico che era rimasto immobile, incurante di ciò che sarebbe potuto accadere, era stato Kain.
La ragazza aveva ripreso a muoversi, fissando la stanza con grandi occhi scuri che al momento stavano ardendo di collera. I capelli rosso fuoco le sfioravano le spalle e in quel momento erano tutti scomposti a ricoprirle il volto dalla pelle chiara. Era alta e longilinea, ma il suo aspetto non tradiva fragilità, bensì forza.
La sua mossa non attese ad arrivare. Guardandosi furentemente intorno aveva scagliato palle infuocate alla cieca, distruggendo ogni cosa le capitasse a tiro.
-Vigliacchi, venite fuori! Chi diavolo siete? Perché mi avete rapito?- continuava a domandare senza smettere di combattere.
Ket aveva fatto capolino dal divano, non senza preoccupazione, e aveva fissato con stizza Kain che se ne stava appoggiato alla parete con un fastidioso ghigno sulle labbra.
-Vuoi fare qualcosa, stupido demone? Trapassala… O, che ne so… Fai le tue cose da Satana!-.
Kain si era voltato a guardare la strega solo per il gusto di vedere i suoi occhi terrorizzati.
-Perché dovrei? Finalmente dopo quasi vent’anni questa casa è diventata luminosa e vivace!- ammise, per poi eludere una palla di fuoco che gli era stata lanciata contro.
-Se fossi in te non lo rifarei, fiammifero!- aveva ringhiato subito dopo.
Ma la ragazza sembrava incontrollabile. -Cosa mi avete fatto? Perché sono qui? Cosa volte da me?- aveva domandato ancora, scagliando altri dardi questa volta contro il divano.
Poi, dal nulla, erano apparsi nel centro della sala Switch e Mynd. -Auguri, cervellone!- aveva mormorato il teleporta, sparendo.
-Chi sei?- aveva urlato la nuova arrivata, scagliando una lingua infuocata contro il ragazzo. Mynd si era abbassato e il colpo era andato a vuoto. Poi era caduto un silenzio teso. I due se ne stavano uno di fronte all’altro senza muoversi, senza parlare, eppure continuavano a fissarsi. Intorno a loro, gli altri erano rimasti ad assistere alla scena per un tempo indefinibile. Non avevano capito cosa stesse succedendo, finché la ragazza non aveva parlato.
-Va bene Mynd, ma voglio vedere Air… e lo voglio vedere subito-.
Mynd non le aveva risposto. Il suo viso era pallido e alcune gocce di sudore gli scendevano dalla fronte. Si era accostato a una sedia e si era lasciato cadere.
-Si può sapere che diavolo è successo?- aveva domandato Cronos con sgomento.
-Ti serve un disegnino, clone? Hanno comunicato telepaticamente!- lo apostrofò il demone.
La nuova arrivata era sul punto di perdere nuovamente il controllo -Ho detto che voglio vedere Air!- aveva urlato con le mani pronte a scagliare altri colpi.
Poi, una voce alle sue spalle l’aveva sorpresa -Ciao, Fayr. Ben arrivata…-.
L’integrazione di Fayr fu molto più complicata rispetto a quella di tutti gli altri. Era diffidente, lunatica, arrogante e impaziente. Tuttavia sembrava essersi rassegnata a un destino nuovo, incerto e fatto di persone come lei, che prima di allora non sapeva esistessero.
Qualche sera dopo, mentre stavano cenando in silenzio, Air era comparso all’improvviso. La bottiglia dell’acqua aveva cominciato a parlare in tono serio.
-La missione di ricerca non è ancora terminata. Un’ultima persona deve essere accolta in questa casa, e lo deve essere al più presto…- aveva dichiarato lo spirito in tono asciutto.
-Un’altra? Ma dico… Siamo matti?! Questa casa sta diventando un circo!- aveva ruggito Kain piuttosto contrariato dalla notizia.
Ma Air non gli aveva neanche badato. Fissando i suoi occhi su Ket e sui gemelli aveva solo aggiunto -Si chiama Cristal-.
Era ormai sera quando i due ragazzi erano giunti alla destinazione indicatagli dalla strega. Cautamente si erano avvicinati alla staccionata che dava su un piccolo giardino nel retro di una villetta, e avevano guardato all’interno.
-È sola! Procediamo come sempre? Tu blocchi, io trasporto?- aveva detto Switch senza distogliere lo sguardo dal loro obiettivo.
Silenzio.
Quando aveva capito che non avrebbe ricevuto risposta, si era voltato verso il fratello.
-Oh cacchio, si è bloccato da solo! Non pensavo che potesse farlo! E adesso? …Cronos? Cronos? Oh Dio! Entro da solo? Cronos? Cronos? Gemellino?-.
E quella era stata la sua ultima parola. Cronos si era voltato verso di lui e l’aveva bloccato. Poi era tornato a fissare la ragazza.
Mai in vita sua gli era capitato di sentirsi in quel modo di fronte a una donna. Se ne stava sul dondolo a leggere una rivista, sdraiata in una posizione elegantemente casuale, ed era tanto unica da fargli venire voglia di stringerla a sé. Lunghissimi capelli corvini le sfioravano il corpo, sinuoso e longilineo, e incorniciavano il suo volto illuminato da due grandi occhi neri. Cronos non era riuscito a fare a meno di notare come tutta l’atmosfera circostante rilucesse del suo inconsapevole fascino. La sua mente era come svuotata, e l’unica consapevolezza era lei. Dimenticando qualsiasi altra cosa, anche la prudenza, aveva scavalcato la staccionata e si era avvicinato al dondolo.
I passi sull’erba avevano attirato l’attenzione di Cristal che, girando di poco il volto, era stata richiamata dalla figura di Cronos in piedi a pochi metri da lei.
Per i primi istanti era rimasta immobile presa dalla perplessità di trovarsi davanti uno sconosciuto, poi le era subentrato immediatamente il panico. Si era alzata di scatto dal dondolo, non sapendo esattamente cosa fare, e infine si era trovata a doverlo fronteggiare. Fu lì, nel preciso istante in cui aveva specchiato i propri occhi in quelli di lui, che aveva compreso come la sua vita non sarebbe mai più stata la stessa. Era stato, forse, per come la guardava, in un modo diretto, avvolgente, caldo: si era sentita come se il resto del mondo avesse cessato di esistere per lasciare posto solo a loro due.
Quello che era avvenuto dopo aveva avuto dell’incredibile. Avevano parlato per un tempo indefinito, durante il quale non solo Cristal non si era affatto domandata il perché della presenza di lui, ma soprattutto Cronos aveva completamente dimenticato la sua missione.
-È per questo che ti dico che, anche se non baratterei mai la mia libertà, non mi sarebbe affatto dispiaciuto non essere figlia unica…- aveva concluso Cristal, dopo l’ennesimo lungo discorso.
Cronos l’aveva omaggiata di uno dei suoi solari sorrisi. -Non diresti così se come me avessi un fr…-. Ma non aveva finito la frase. Improvvisamente s’era fatto pallido e il suo volto si era distorto in un’espressione tesa.
-Che succede, Cronos?- aveva chiesto lei, mentre lo fissava alzarsi di botto.
Lui s’era fatto prendere da una crisi di panico. Aveva completamente perso la cognizione del tempo e, cosa peggiore, non aveva idea di come affrontare la cosa con lei alla luce di quello che era appena successo. Le aveva dato le spalle e aveva ragionato più velocemente possibile.
-Cristal senti, devo dirti una cosa ma prima devo chiederti di avere fiducia in me senza fare domande…- aveva asserito, voltandosi a guardarla negli occhi e stringendole le mani.
La ragazza non sembrava aver chiara la situazione, tuttavia aveva acconsentito. Poi lo aveva osservato fare un gesto verso la staccionata. -Sono qui, Switch-.
In quel momento Cristal aveva creduto di essere impazzita: un altro Cronos era apparso di fronte a lei dal nulla.
-Ma che cavolo…? Mi spieghi che stai combinando? E meno male che, dei due, l’idiota sarei io!- aveva esordito Switch, spintonando il gemello.
Cronos non aveva risposto. Si era limitato a cingere le spalle di Cristal con un braccio e dire al fratello -Non ora, Switch. Portaci a casa-.
Quando si erano rimaterializzati nel salone, avevano trovato gli altri addormentati davanti al camino acceso. L’unico a non dormire era Kain. Nascosto nel lato della stanza non illuminato dalle fiamme, li aveva colti di sorpresa facendoli trasalire.
-Oh, siete vivi… Peccato!-. E con quelle parole si era reso invisibile.
Cristal si era avvicinata alla nuova realtà con evidente titubanza. Air era stato bersagliato in ogni modo e momento possibile dalle sue domande, senza comunque risponderle mai.
Perciò anche lei, come tutti gli altri, si era dovuta rassegnare a quel nuovo inizio. Ciò che le aveva reso più semplice l’accettazione era stato il legame speciale con Cronos, che nel giro di pochissimo tempo era divenuto una realtà ufficiale.
Ormai erano sei mesi che coabitavano sotto lo stesso tetto e i primi erano stati lunghi e difficili per tutti. Nonostante ciò, erano riusciti a trovare la motivazione per resistere nell’addestramento. Di fatti molti di loro avevano preso reale coscienza dei propri poteri con l’andare del tempo e grazie all’estenuante esercizio, e la cosa sembrava sopperire momentaneamente alla mancanza di un obiettivo. Tuttavia, almeno per i primi tempi, c’era stata una domanda retorica che tutti avevano continuato a porre ad Air, ovvero quale fosse la ragione della loro presenza in quella casa.
Ma lo spirito aveva messo tutti a tacere dopo neanche un mese, con una frase lapidaria.
-Non avrete risposte da me. Sappiate solo che arriverà un momento in cui accadrà qualcosa di eccezionale. E allora capirete…-.
Ed effettivamente avevano capito, quando erano arrivati Teral, Wing e Icelyng due settimane prima. Così, improvvisamente, si erano trovati faccia a faccia con il loro “perché”.




NOTE DELLE AUTRICI:
Con questo capitolo vi abbiamo voluto portare nel passato dei nostri personaggi, farvi capire come sono arrivati ad abitare tutti insieme e come hanno dovuto superare lo shock iniziale. Abbiamo cercato di mostare la loro confusione, il disagio di non sapere nulla ma l'incredibile capacità di andare avanti. Inoltre vi abbiamo presentato AIR, il loro Spirito Guida, un'entità che vive nelle pareti della casa e la comanda.

Al prossimo capitolo.

I Prescelti

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Nota: quest'opera è coperta da copyright - ©2010 Tutti i diritti sono riservati


LEGENDA

KAIN, è un demone.Può diventare invisibile, intangibile e può respingere i colpi dell'avversario.



FAYR, può dominare il fuoco a suo piacimento.



CRISTAL, è una mutaforme medium: può assumere le sembianze e i poteri di altre persone solo se sono morte o svenute.



CRONOS E SWITCH, sono due gemelli. Il primo può manovrare il tempo e bloccare il suo scorrimento per uno o più esseri viventi, il secondo è un teleporta.



ICELYNG, regina di Alyas, mondo del Mare. E' una sirena con la capacità di trasformarsi in essere umano. Domina l'acqua e il ghiaccio.



MYND, è un telepate.



KET (diminutivo di Ketreen), è una strega.



TERAL, re di Valians, mondo della Foresta. Può trasfiguare il suo corpo in qualsiasi animale, reale o fantastico.



WING, regina di Nimbias, regno dell'Aria. Può volare, possiede velocità e destrezza. Può vedere di notte grazie ai suoi occhi bianchi.





CAPITOLO TRE


Air lasciò correre la battuta acida di Kain.
-In verità sono qui per dirvi una cosa importante e voglio che prestiate la massima attenzione…- dichiarò, ricercando tutti gli sguardi dei ragazzi.
Ci fu silenzio immediato.
-Purtroppo ho notato che non avete imparato a sfruttare al meglio i vostri poteri, il vostro spirito non è pronto e di certo non potrete mai combattere al meglio se continuate a litigare tra voi, se pensate alle vostre storie d’amore o a fare i buffoni. Dovete essere uniti, compatti e decisi a perseguire lo stesso obiettivo!-.
Si guardarono di sottecchi, senza sapere bene cosa pensare o dire, finché Fayr aprì bocca per interrompere quel momento di stallo.
-È per questo che ci hai convocato invece di dirci qual è il nostro obiettivo? Io sono veramente stufa, Air! Sono mesi che siamo rinchiusi in questa casa aspettando tue risposte, adesso è arrivato il momento di parlare!-.
Tutti sembravano solidali con le parole della ragazza, eppure Air non pareva essersi né turbato né impietosito.
-È inutile che vi aspettiate delle risposte da me su questa situazione, perché non ve le darò. Non sono io a dovervi dire cosa fare, come farla o quando. Dovete imparare a cavarvela da soli a partire da adesso. Quindi non vi resta che pensare a tutto quello che è accaduto nelle ultime settimane e trarre le giuste conclusioni. Non è così difficile, se usate il cervello- concluse, sparendo di colpo.
Nessuno parlò, mentre i loro sguardi vagavano smarriti per la stanza.
Alcuni erano in preda alla sorpresa, altri alla collera, ma tutti cercavano di mettere a fuoco le parole dello spirito.
La voce riflessiva di Mynd ruppe il silenzio. -L’unica cosa a cui riesco a pensare è alle terribili catastrofi che si stanno riversando sul mondo da quando i regni sono stati resi schiavi…-.
D’improvviso Wing, Teral e Icelyng si guardarono furtivamente e il fatto non sfuggì all’occhio vigile di Fayr. -Ok, ragazzi, ora basta!… C’è qualcosa che dovete dirci?-.
Teral, rabbuiandosi, assunse un cipiglio regale e disse con tono seccato.
-Non più di quanto non sappiate già…-.
Tuttavia l’altera decisione che dimostrava si estinse quando incrociò il suo sguardo con quello di Mynd, il quale si alzò per guardare eloquentemente anche Icelyng e Wing.
Lui sapeva.
Fu proprio la regina dell’Aria a parlare per prima, sapendo che ormai non poteva più nascondere loro la verità.
-Teral, non ha più senso tenere per noi lo stato attuale delle cose. Siamo andati troppo oltre…-.
Sospirò, e riprese rivolta agli altri. -In realtà la situazione è un po’ più grave di quanto vi abbiamo detto…-.
-Dovete sapere che i nostri tre regni non si trovano realmente sulla Terra e, sebbene ne facciano parte, si trovano su piani dimensionali diversi. Questo perché sin dai tempi più remoti sono stati i depositari delle energie elementari che regolano la stabilità del Pianeta. Noi sovrani siamo i celebranti e i guardiani di tali forze, che gestiamo e controlliamo affinché la Terra sopravviva e prosperi. Ora, immaginate cosa possa essere accaduto nel momento in cui i regni sono stati invasi e noi scalzati dalla nostra funzione…-.
Un silenzio angosciato e teso calò, rotto infine dalla voce di Mynd. -Senza i loro custodi a governarle, le energie elementari si sono liberate sconvolgendo la realtà naturale della Terra, che ora è in preda al caos-.
-Ed è quello che sta accadendo, vero? I terremoti, i maremoti e gli uragani non sono altro che la conseguenza di tutto questo…- intervenne Ket, annichilita.
Teral sbuffò, poi decise di fare la sua parte. -Questo è solo l’inizio. Se non ristabiliamo l’ordine nelle nostre terre, le piogge aumenteranno, come i terremoti e i maremoti. Finché il mondo non verrà distrutto…-.
La rivelazione cadde su di loro come un macigno di immani proporzioni, lasciandoli sbigottiti e confusi.
-E non è tutto. Il reale problema gira completamente intorno a ciò che il nostro incarico comporta: qualora il nemico riuscisse a catturarci ci userebbe per incanalare le energie elementari verso di sé e utilizzarle a suo piacimento. È per questo che siamo dovuti fuggire… Paradossalmente per noi sarebbe meglio morire che finire nelle mani dei nostri aguzzini…- informò Wing con sguardo tra il malinconico e l’irato.
-Già… ed è anche per questo che non hanno ucciso i nostri familiari, ma che li tengono prigionieri. Se noi dovessimo morire, allora uno di loro diverrebbe il nuovo sovrano e l’erede naturale della funzione- confessò Teral.  
I ragazzi erano sconvolti e ammutoliti.
Un silenzio teso cadde su di loro e per lungo tempo si guardarono senza riuscire a dire nulla. Solo dopo molto, gli animi si riscossero.
-Niente panico e ricominciamo da zero. Dato per assunto tutto ciò, dobbiamo solo capire cosa possiamo fare…- ragionò Fayr, spostando il suo sguardo sul resto del gruppo.
-Andare nei regni-.
La semplice e cruda asserzione di Cristal li travolse inaspettatamente, tanto che nove sguardi increduli si posarono su di lei che, con la massima naturalezza, fece spallucce.
-Ecco qui, pagina duecentosei delle cronache dei “Fenomeni di Air”: i sette compagni e i tre sovrani se ne andarono allegramente al massacro! Ma che sei matta?!- esplose poi Switch, tra l’ironico e l’irato.
Fayr intervenne a sostegno della tesi dell’amica. -Non è poi così assurdo. In realtà è l’unica soluzione logica e pratica se vogliamo scoprire chi c’è dietro tutto questo-.
-Avete già in mente come agire?- domandò Wing.
Mynd scrollò le spalle, poi guardò i sovrani e rispose -Dopo quello che avete detto è ovvio che nessuno di voi tre deve mettere piede nel proprio regno!-.
Immediatamente venne interrotto da una manata sonora che si abbatté sulla superficie del tavolo, che nell’arco di pochissimi secondi si congelò.
Tutti gli sguardi si posarono su una Icelyng furente. -Cosa stai cercando di comunicarci, che noi tre dovremmo rimanere qui a guardare? Questa è un’assurdità!- sibilò.
Fayr le si avvicinò rapidamente sbattendo a sua volta la mano sul tavolo e facendo sciogliere la lastra di ghiaccio. I suoi occhi erano incandescenti
-Ora basta Icelyng! Forse noi non possiamo capire la tua preoccupazione… Anzi, la vostra preoccupazione ma Mynd ha ragione: è troppo rischioso. Non è questo il momento di azzardare, ma… Forse c’è un altro modo…-.
-A cosa stai pensando?- si informò Cronos con espressione concentrata, osservandola passeggiare per la stanza.
Lei lo fissò a sua volta ma senza vederlo realmente, assorta in pensieri di chiaro peso.
-Dovremmo dividerci…- spiegò brevemente.
-Dividerci? Tu sei pazza… Siete tutti dei pazzi!- esclamò Switch, ridendole in faccia. Ma, evidentemente, quel suo pessimismo non fu condiviso da gli altri.
-Invece, paradossalmente, non lo è. Se arrivassimo in blocco non passeremmo inosservati e inoltre impiegheremmo più tempo per coordinarci e spostarci. Ma se ci dividessimo sarebbe più semplice infiltrarci e carpire informazioni utili…- spiegò Cristal con convinzione, dopo averci pensato su qualche istante.
Wing, dopo un rapido ragionamento, intervenne con fermezza. -E noi potremmo andare negli altri regni, senza recarci nel nostro! Sarebbe comunque rischioso, è vero, ma non potete chiederci di stare qui a guardare! Questa è la nostra battaglia, e in un modo o nell’altro dobbiamo combatterla-.
Nessuno si sentì di contraddirla.
In fondo era plausibile che non volessero rimanere fuori dai giochi quando la posta era così alta da comprendere, probabilmente, le sorti dell’intero pianeta.
Con uno sguardo collettivo sembrarono trovarsi finalmente tutti d’accordo.
-Non abbiamo altro tempo da perdere, allora. Come pensiamo di dividerci?- domandò Ket osservando severamente l’intero gruppo e sentendo, ormai chiaramente, che erano pronti ad agire.
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICI:
 
Siamo giunti al terzo capitolo della saga.
Tra queste righe si rivela il motivo che ha costretto i tre Regnati ha fuggire dalle loro Terre e che li porta ad avere un costante stato d’ansia e preoccupazione. Essi sono i celebranti e i guardiani delle energie che regolano la stabilità del Pianeta Terra. Più tempo passano lontano dai loro mondi, più sulla Terra avverranno disastri che la porterà alla distruzione.
Inoltre, sulla spinta di Air, i ragazzi decidono di mettere in atto la loro prima mossa: andare nei Regni in esplorazione.
Ci diamo appuntamento al prossimo capitolo, per vedere quale sarà la sorte dei nostri protagonisti.
 
I Prescelti
 
 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Nota: quest'opera è coperta da copyright - ©2010 Tutti i diritti sono riservati


LEGENDA


ICELYNG, regina di Alyas, mondo del Mare. E' una sirena con la capacità di trasformarsi in essere umano. Domina l'acqua e il ghiaccio.



FAYR, può dominare il fuoco a suo piacimento.



KET (diminutivo di Ketreen), è una strega.



TERAL, re di Valians, mondo della Foresta. Può trasfiguare il suo corpo in qualsiasi animale, reale o fantastico.



CRISTAL, è una mutaforme medium: può assumere le sembianze e i poteri di altre persone solo se sono morte o svenute.



CRONOS E SWITCH, sono due gemelli. Il primo può manovrare il tempo e bloccare il suo scorrimento per uno o più esseri viventi, il secondo è un teleporta.



WING, regina di Nimbias, regno dell'Aria. Può volare, possiede velocità e destrezza. Può vedere di notte grazie ai suoi occhi bianchi.



KAIN, è un demone.Può diventare invisibile, intangibile e può respingere i colpi dell'avversario.



MYND, è un telepate.




CAPITOLO QUATTRO



Quando Teral, Cristal e Switch aprirono gli occhi si guardarono intorno e si sentirono subito spaesati. Erano in mare aperto, teletrasportati nelle profondità antistanti le scogliere bianche di cui Icelyng aveva narrato loro. Le acque erano scure e profonde, ma stranamente non avevano difficoltà a vedere in quegli abissi, il fondo era a pochi metri sotto di loro, coperto di ogni sorta di roccia e pianta, e mille specie di animali marini nuotavano placidamente.
Switch si toccò il collo. Si sentiva strano e aveva difficoltà ad adattarsi alla nuova forma che l’incantesimo di Ket gli aveva dato. In realtà il fatto di avere le branchie lo affascinava parecchio, eppure il poter respirare sott’acqua non allontanava il suo disagio per avere ancora sembianze antropomorfe. Inoltre era ben conscio degli enormi limiti e rischi che ciò comportava, soprattutto alla luce delle sorprendenti trasformazioni operate dai suoi compagni di viaggio.
Cristal aveva assunto le sembianze della sirena Zeryn, trisavola di Icelyng, dopo che Mynd le aveva passato l’immagine nella mente. Teral, invece, non appena teleportati negli abissi, aveva preso la forma di un delfino. Tuttavia la mutaforme non sembrava convinta della scelta del sovrano: riteneva, infatti, che il mammifero avrebbe dato troppo nell’occhio e che questo dettaglio avrebbe potuto creare degli inconvenienti alla loro missione, che richiedeva discrezione e velocità. Eppure dovette arrendersi alla testardaggine dell’altro, che argomentò la scelta con la necessità di aiutare Switch negli spostamenti subacquei tramite la pinna.
Passato il momento di smarrimento per l’impatto con quel mondo del tutto nuovo, provarono a orientarsi seguendo le informazioni che Icelyng aveva dato loro per raggiungere il regno di Alyas.
 
Mynd era nella sua camera, fiocamente illuminata, e cercava la giusta concentrazione.
Prima che i suoi amici partissero per i regni, aveva comunicato quale sarebbe stata la sua parte perché, a differenza degli altri, lui sarebbe rimasto all’interno delle mura di casa. Sarebbe stato il filo che li avrebbe tenuti uniti sebbene si trovassero in luoghi diametralmente opposti. Non avrebbe partecipato concretamente alla missione, ma qualora i suoi compagni si fossero trovati in pericolo o avessero avuto bisogno di comunicare con gli altri gruppi, lui avrebbe potuto aiutarli.
Per loro avrebbe tentato qualcosa che non aveva mai fatto prima in vita sua e che non sapeva quali effetti avrebbe avuto su di lui. Quello che stava facendo era rischioso, difficile e richiedeva un enorme dispendio di energia Si stupì nel rendersi conto che stavolta, anche se intimorito, una sorta di determinazione cieca guidava le sue azioni. Sorrise tra sé e tornò a concentrarsi sugli altri, così chiuse gli occhi e lentamente cominciò a vedere l’immagine di Cristal, Switch e Teral che nuotavano nel mare.
Il sudore gli imperlava la fronte, mentre con le mani stringeva i braccioli della poltrona sulla quale aveva preso posto per mantenersi concentrato. Sentì la voce di Cristal rimbombargli nella mente e inconsciamente una smorfia di dolore prese forma sul suo viso.
 
-Quella è la nave... - disse la ragazza fermandosi di botto e indicando un relitto in fondo al mare, incagliato sulla parete di un’enorme barriera corallina.
Era un piccolo mercantile completamente distrutto. Sulla prua spiccava una statua raffigurante una donna e un bambino, ma i tratti erano stati rovinati dal sale e ormai si distingueva a mala pena la posa originaria.
Eppure, nonostante tutto, dalla vecchia nave sentivano dipanarsi strane vibrazioni a cui, tuttavia, non riuscivano a dare un’origine.
Si avvicinarono per dare un’occhiata più accurata, sperando di trovare il disegno di una conchiglia, che sapevano essere il varco d’accesso. Iniziarono a costeggiare la chiglia, scandagliando a mani nude e come meglio potevano ciò che rimaneva della superficie.
La ricerca fu estenuante e faticosa: il tempo scorreva ma non si vedeva alcun miglioramento da quando erano arrivati di fronte a quel vascello.
-È tutto tempo perso, dannazione! Basta, farò a modo mio!- si alterò Switch all’improvviso.
Fu così che tentò di teletrasportarsi direttamente all’interno di Alyas. Tuttavia accadde qualcosa che mai nella vita gli era capitata: una forza misteriosa annullò il suo tentativo e lo respinse, spazzandolo via.
Teral scosse la testa. -È inutile… I regni, Switch, non possono essere raggiunti con il teletrasporto o per mezzo di incantesimi. È l’effetto di una delle Magie Arcane che li separa dalla dimensione della Terra. Non abbiamo scelta, dovremo trovare l’entrata con le nostre forze-.
Così ripresero a esaminare la nave, benché ora l’ansia trapelasse nei loro sguardi. Sembrava quasi impossibile scovare il disegno sopra una superficie così vasta, eppure dopo un tempo che a loro parve infinito, la voce di Cristal giunse entusiasta dalla tre quarti di tribordo. -Ragazzi, credo di aver trovato qualcosa-.
Si avvicinarono rapidamente.
-È lei…- confermò Teral, osservando l’immagine sbiadita e semi-nascosta dalle alghe, che si rivelò essere non più grande del palmo di una mano.
Cristal annuì e pose la sua mano sopra il disegno senza alcuna esitazione, sapendo dalle parole di Icelyng che solo il tocco di una sirena avrebbe spalancato il passaggio. Attesero un tempo indicibile ma nulla sembrava accadere. Si guardarono perplessi tra loro, domandandosi tacitamente cosa avessero sbagliato, dal momento che il rituale era stato seguito alla lettera.
La ragazza provò di nuovo, nel caso la sua concentrazione non fosse stata sufficiente, ma anche il secondo tentativo fallì. Un senso di frustrazione li colse, mentre cercavano di raccogliere le idee per decidere sul da farsi, ora che brancolavano nel buio.
-Non ci posso credere… È assurdo! Se non si può entrare con il teletrasporto né tramite l’ingresso, cosa dovremmo pensare? Non possono aver barricato l’entrata al regno!- proferì Switch, al colmo dello sdegno.
Teral sospirò con aria pensosa.
-E se invece fosse proprio così? Avrei dovuto pensarci subito… È ovvio! Una volta invasi i reami, è inconcepibile che possano aver lasciato invariato il sistema d’entrata! Quello che dobbiamo fare è cercare il nuovo ingresso-.
Non diede agli altri due il tempo di riflettere, di fatti iniziò lui per primo la ricerca. Switch e Cristal non poterono far altro che fidarsi del suo intuito, se non altro perché di strategie difensive ne sapeva certo più di loro.
Ripresero a scandagliare minuziosamente tutta l’area circostante, dedicando a ogni dettaglio tempo e attenzione. Eppure erano ben consci che non avere alcun indizio riguardo a ciò che stessero cercando riduceva le loro speranze di successo ai minimi termini.
Continuarono a sondare ogni centimetro dello spazio limitrofo il relitto, mossi più dal terrore del fallimento che dalla volontà di riuscita. Cristal, mentre i suoi compagni insistevano nell’analizzare la parete della barriera corallina, decise di concentrare i suoi sforzi all’interno della nave. Si aggirò lungo ciò che rimaneva del ponte, imboccando poi lo stretto e rovinoso passaggio che conduceva sotto coperta. Nuotava lentamente, inibita dai numerosi ostacoli rappresentati dai detriti, scivolando lungo gli stretti passaggi che portavano prima nelle cabine dell’equipaggio e infine nella stiva. E fu lì che, finalmente, trovò qualcosa. Sotto un ammasso di assi marce e casse frantumate, intravide un baluginio che attirò la sua attenzione. Spostò a fatica tutto ciò che le ingombrava la visuale sulla sua nuova scoperta, e infine si ritrovò davanti a una pozza gorgogliante. A una prima occhiata sembrava si trattasse di sabbie mobili, eppure c’era qualcosa di insolito. Di nuovo uno scintillio proveniente dalla superficie lattiginosa carpì la sua attenzione. Sembrava come se, per qualche istante, tra i flutti nebulosi prendesse forma un simbolo arcano. Non se la sentì di prendere iniziative, così tornò indietro e richiamò gli altri due, conducendoli poi di fronte all’anomalo fenomeno che aveva scoperto.
Teral analizzò la pozza, osservandola minuziosamente. Infine alzò i suoi occhi su di loro. -Siamo a un bivio. Potrebbe effettivamente trattarsi del passaggio che stavamo cercando, oppure potrebbe essere una trappola…-.
Cristal allungò una mano per toccare la superficie, ma subito fu colpita da una scossa di proporzioni abnormi che la costrinse a una pronta ritirata.
-Non è un buon segno…- mormorò Teral. Sfortunatamente credeva di aver capito cosa rappresentasse tutto ciò: il meccanismo d’entrata doveva trovarsi all’interno della polla, ma era ovvio che solo il nemico potesse accedervi incolume. Alla luce di quella supposizione, comprese che esisteva solo una soluzione possibile che gli avrebbe permesso di procedere.
Senza aggiungere altro, il sovrano dette inizio alla sua mutazione sotto gli occhi attoniti dei suoi compagni e in breve si tramutò in una Iena, l’unico invasore dei regni nel quale si era imbattuto con suo sommo dispiacere. Più rapidamente che poté si avvicinò al gorgoglio delle sabbie mobili e, non senza ansia, vi si immerse.
I suoi movimenti erano estremamente lenti, sia per la resistenza posta dalle sabbie, sia a causa della sua nuova forma, così Cristal e Switch, sotto suggerimento telepatico di Mynd, decisero di aiutarlo sapendo che non avrebbe resistito a lungo in apnea.
Con sommo sforzo Teral tentava di divincolarsi tra la densità della sabbia, cercando disperatamente di trovare il modo di aprire il passaggio. Sentiva dietro di lui i suoi compagni che lo sostenevano, cercando di agevolargli i movimenti, eppure si scopriva sempre più oppresso. Era quasi allo stremo, la mancanza d’aria gli stava lacerando i polmoni e logorando la mente, quando finalmente raggiunse una superficie dura. Percepì al tatto qualcosa che sporgeva in rilievo, così non perse altro tempo: con un movimento rapido, vi passò la zampa sopra.
In quell’istante sentì che la sua autonomia era terminata, e con disperazione si lasciò andare pensando che ormai la sua fine fosse giunta.
 
 
 
 
Albeggiava quando Wing, Cronos e Kain si erano nascosti dietro a un folto gruppo di querce ai margini del lungo sentiero di terra che si snodava entro Valians. Non erano potuti andare oltre visto che l’intero percorso era battuto senza sosta dalle Iene, le bestie che avevano posto l’egida su quel regno. Un solo passo falso e per loro sarebbe stata la fine, pertanto dovevano agire prudentemente.
Si erano messi in marcia da casa di buon mattino, e ben presto si erano accorti che la natura si infittiva, la poca luce che filtrava dalle nubi temporalesche si faceva ancora più rada e un silenzio assordante li stava inghiottendo.
Farsi strada tra la boscaglia era stato difficile e i rami non avevano fatto altro che procurargli piccole e fastidiose escoriazioni su gambe e braccia. Avevano camminato a lungo attraverso la macchia fitta di rovi finché, quando ormai era notte inoltrata, erano giunti all’ennesima minuscola radura dove si erano ritrovati di fronte l’alta Quercia che Teral gli aveva descritto. Sembrava un albero comune, eppure ebbero la strana percezione che li stesse osservando e studiando. Non era stato facile varcare l’ingresso magico di Valians, poiché per aprirlo si necessitava di una chiave magica che si rivelava solo a coloro che, davanti alla porta, non mostravano cattive intenzioni. Ben presto capirono che il nemico doveva aver modificato il meccanismo di apertura perché la chiave, al loro cospetto, non comparve. Dopo diverse prove fallite e ore ad arrovellarsi la mente cercando qualsiasi tipo di indizio, tuttavia, avevano avuto la giusta intuizione: Kain aveva liberato la sua essenza demoniaca e la chiave aveva risposto al richiamo dell’oscurità permettendo al gruppo di entrare.
In quel momento erano appiattiti dietro a degli arbusti, mentre scrutavano la zona cercando di capire quale sarebbe stata la loro prossima mossa e, soprattutto, come avrebbero fatto a passare inosservati vista la moltitudine delle Iene.
Ricordarono le parole di Teral che aveva spiegato loro l’intera fisionomia del regno in modo che potessero muoversi più agevolmente.
Era diviso in quattro regioni e la prima, dove si trovavano in quel momento, era la Foresta di foglie, zona boscosa dove vivevano i Folletti, piccole creature pacifiche che si occupavano del mantenimento in salute degli alberi, dei fiori e delle piante.
La seconda regione era la Foresta di fuoco. Era abitata sia dai Nani, che si prendevano cura della salute della terra e le cui abitazioni si snodavano nel sottosuolo, che dagli Elfi, custodi della fauna che vivevano in ampie costruzioni lignee costruite in soleggiati spazi erbosi.
La terza regione era chiamata Foresta del lago, dove risiedevano gli Unicorni, che si occupavano della salvaguardia degli ambienti acquatici delle foreste e che vivevano intorno al grande specchio d’acqua cristallina che dava il nome alla zona, il Blue Hole.
La quarta regione era la Foresta del Re, la più lontana dall’entrata. Al suo interno si ergevano le abitazioni dei nobili e il castello, una mastodontica costruzione in marmo bianco circondata da alte mura e semi nascosta da lunghe liane argentate. Alle spalle di esso sorgeva il quartier generale dei Centauri, l’esercito del regno.
Wing sentì un rumore alle loro spalle. Si voltò di scatto, convinta di cogliere anche un minuscolo movimento, ma non vide nulla. Eppure continuava a udire dei fruscii. Con la coda dell’occhio scrutò tra gli alberi per cercare di intravedere se qualcuno li stesse spiando, ma non scorse nessuno. Pensò che fosse una sensazione solo sua, visto che i suoi due compagni non sembravano essersi accorti di nulla. Tuttavia, si fidava del suo istinto e per questo continuò a guardarsi intorno vigile.
Con un guizzo dei suoi occhi speciali, finalmente la ragazza scorse una piccola figura nascondersi dietro a una quercia. Le era sembrata minuscola ma non aveva avuto il tempo necessario per focalizzarla meglio.
Senza dare troppo nell’occhio, si voltò verso gli altri due e lì informò della scoperta. Kain stava per muoversi ma Cronos lo bloccò, poi fissando la ragazza le sussurrò a mezza bocca -Dov’è?-.
Lei gli fece un cenno del capo appena percettibile per indicargli il punto dove aveva visto il movimento poco prima. Cronos, non potendo bloccare il tempo nel suo scorrere globale ma solo relativamente agli esseri viventi, indirizzò il suo potere dove la compagna gli aveva suggerito. Subito si avvicinarono e scovarono un piccolo uomo: non superava i venti centimetri e portava una tuta di una tonalità di verde un po’ più scura rispetto a quella della sua pelle. Tra le mani teneva un piccone. Con molta probabilità doveva trattarsi di un Folletto.
Cronos alzò le mani e lo sbloccò.
-Perché ci stai seguendo?- chiese subito Wing con tono deciso ma gentile.
L’omino sussultò terrorizzato al suono della sua voce e fece un balzo all’indietro cercando riparo tra gli alberi. Kain, tuttavia, fu più svelto di lui e l’afferrò per la tuta.
-Non così in fretta, tappo!- ringhiò, sollevandolo da terra.
L’esserino era sconvolto, il suo corpicino aveva preso a tremare e il suo colorito era divenuto violaceo, eppure sul suo volto perseverava un’espressione fiera e orgogliosa. Wing se ne accorse e pregò Kain di lasciarlo andare.
Il demone si limitò a sogghignare freddamente e a lasciar andare il piccolo uomo aspettandosi che fuggisse di filato. Ma quello non si mosse, rimase di fronte a loro guardandoli con meraviglia.
-Cosa ti prende adesso? Perché non scappi?- lo apostrofò Kain, sollevando un sopracciglio.
Wing si chinò e gli rivolse un dolce sorriso. -Io mi chiamo Wing e sono la regina di Nimbias, regno dell’Aria- disse, pronunciando quelle parole con il massimo della solennità.
Ottenne l’effetto sperato, perché l’omino parve sollevato. -Vi manda Sua Maestà Teral?- chiese, pronunciando le sue prime parole con una voce che sfiorò le orecchie dei tre come un alito di vento.
-Più o meno!- mugugnò Cronos.
-Ero certo che prima o poi qualcuno sarebbe arrivato! Venite con me! Svelti e fate piano, che quelle bestiacce hanno udito, vista e odorato finissimi!- esclamò, iniziando a camminare senza dare loro altre spiegazioni.
I tre, incerti sul da farsi, si guardarono perplessi, poi lo seguirono senza più indugio. Strisciarono a terra, nascondendosi tra cespugli e alberi. Faticarono non poco a stare dietro al piccolo uomo e spesso le lamentele soffiate di Kain interrompevano il silenzio assoluto del bosco. Tuttavia il Folletto sembrava conoscere delle strade sicure perché mai una volta si imbatterono frontalmente nelle Iene. Lo seguirono per un lungo tratto all’interno della foresta fino ad arrivare nei pressi di una grotta nascosta da due grandi arbusti.
Raggiunto il fondo l’omino toccò alcuni punti apparentemente casuali della parete e una porta apparve di fronte a loro. Scesero delle scale e si ritrovarono in una sala grande e fredda priva di qualsiasi comodità, fatta eccezione per un camino nel lato destro della sala, in cui scoppiettava un modesto fuoco appena sufficiente per fare luce, e un grande tavolo al centro. Sedute intorno vi erano tre figure che, soprattutto Cronos e Kain, squadrarono stupefatti.
L’Elfo, che si presentò a loro come Nubil, aveva lunghi e lisci capelli bianchi, i suoi occhi erano grigi e la sua figura, alta e magra, culminava con delle orecchie a punta. Il Nano, che disse di chiamarsi Ludek, era alto all’incirca un metro, aveva un corpo tozzo e nerboruto, e la folta barba scura che circondava il suo viso lasciava intravedere solo due piccoli occhi scuri.
Infine, accosciato presso il lato lungo del tavolo, v’era l’Unicorno bianco ed etereo, che si presentò con il nome di Hersay.
-Loro sono i leader degli Elfi, dei Nani e degli Unicorni. Io sono Druin, il leader dei Folletti, e tutti noi siamo i quattro consiglieri del re- spiegò il piccolo uomo salendo sopra il tavolo per farsi vedere meglio.
I tre fecero un inchino ai ragazzi, ma non pronunciarono alcuna parola.
-Che siamo venuti a fare in questo… buco?- sbottò Kain spazientito.
-É l’unico posto sicuro perché quelle bestie non ne conoscono l’esistenza e quindi possiamo parlare tranquillamente. Piuttosto diteci di voi! Avete già in mente un piano?- domandò il Folletto con occhi speranzosi.
-Nessuno. Non siamo qui per combattere, ma solo per avere informazioni su chi ci sia dietro a quest’invasione- rispose Wing.
La voce del Nano risuonò irata tra quelle mura. -E a cosa pensate di arrivare una volta che avrete scoperto l’identità del nostro nemico? Noi vogliamo sapere se avete intenzione di aiutarci e come ritenete di farlo!-.
L’Elfo soppesò i tre ragazzi con sguardo glaciale, poi parlò. -La situazione peggiora di giorno in giorno, i Centauri sono stati imprigionati, così come i fratelli del re. Noi quattro, con i pochi ancora liberi, non resisteremo ancora a lungo per opporci alla sottomissione totale e per mantenere la stabilità della Terra…-.
Nella stanza cadde un silenzio teso. Il Nano si voltò verso gli altri tre consiglieri e parlò con voce dura -Forse dovremmo chiedere aiuto a Hole…-.
L’Unicorno lo soppesò con lo sguardo -Sai che non possiamo, lui risponde solo al nostro re… -.
Una cappa di tensione calò sugli astanti, che si guardavano tra loro incerti sul da farsi. Poi Wing prese la parola e con decisione affermò -Ascoltate, non sappiamo ancora cosa comporterà sapere chi sia il nemico, ma una cosa è certa: non ci fermeremo finché i regni non saranno liberi!- sottolineò Wing con determinazione.
Di nuovo cadde un silenzio straziante e il Folletto decise di intervenire mettendo un punto a quella situazione. -Vi accompagnerò io per un tratto attraverso dei passaggi sotterranei, poi dovrete procedere da soli… - disse fissando i tre stranieri.
 

 
Mynd non riuscì più a resistere e cadde dalla poltrona riversandosi sul pavimento. Disteso a terra respirava affannosamente senza riuscire a sollevarsi, né a riprendere il contatto con gli altri. Aveva bisogno di tempo per riacquistare le forze ma era proprio il tempo che gli mancava, perciò avvicinò la mano sinistra a una gamba della poltrona e cercò di farsi forza. Purtroppo scivolò e di nuovo si trovò disteso con la faccia al suolo.
-Chiudi gli occhi Mynd... -.
La voce calda e rasserenante provenne dal lampadario sopra di lui.
-Devi saper articolare meglio i contatti, solo così potrai farcela. Il tuo potere è molto più forte di quello che pensi, ma può anche essere letale se non impari a gestirlo…- gli spiegò Air.
Mynd strinse i denti e aprì gli occhi, si sollevò lentamente da terra e tornò a sedersi sulla poltrona. La vista era completamente sfocata e il dolore alla testa gli martellava le tempie. Facendosi coraggio collegò la sua mente con Fayr, Icelyng e Ket, le quali avevano raggiunto Nimbias in volo tramite delle ali artificiali ottenute grazie a un incantesimo della strega.
 

 
Anche per loro tre, come per gli altri, riuscire a varcare l’ingresso del regno dell’Aria era stata un’impresa complessa e rischiosa. Avevano rinvenuto con estrema difficoltà la nuvola entro cui si apriva il passaggio dimensionale ma l’avevano trovata avvolta da una robusta rete che emanava un bagliore rosso, messa lì di certo dal nemico. La conoscenza di Ket, degli incantesimi e di diverse formule, si era rivelata utile per indebolire le difese magiche del nemico, ma non abbastanza. Di fatti, il tocco finale lo avevano dato Icelyng e Fayr, combinando i loro poteri contrastanti e facendo saltare la rete.
Si erano poi addentrate in un buio tunnel su cui si apriva l’ingresso e, muovendosi con prudenza per paura di incontrare qualche nemico richiamato dal frastuono dell’esplosione, alla fine erano giunte a Nimbias.
Il regno risuonava dei versi agghiaccianti dei feroci rapaci che l’avevano invaso, e le tre ragazze si erano dovute muovere con circospezione nascondendosi tra le case-nuvole che si ergevano un po’ ovunque.
In quel momento erano accucciate al di sotto di una tettoia fatta di nuvole e vapore quando, improvvisamente, udirono uno stridio vicinissimo, e l’ennesimo Falco volò sopra di loro a distanza ravvicinata. Lo lasciarono passare poi, leste come dei furetti, tentarono di raggiungere un nuovo nascondiglio. Sfortunatamente, quando erano appena a metà strada per la mèta che si erano prefissate di raggiungere, un altro Falco le scorse e subito puntò in picchiata contro di loro.
Icelyng non si fece trovare impreparata e scagliò due lingue ghiacciate. I colpi erano di una potenza inaudita, eppure non arrestarono la bestia che pareva avere una forza fuori dal comune.
Un attimo dopo altri due rapaci comparvero a fiancheggiare il loro aguzzino: Ket a quella vista sentì il sangue gelarsi nelle vene, pensando che fosse la fine.
Fayr osservò le bestie sopraggiungere minacciose: per quanto lo volesse nascondere, il terrore che incutevano con le ali nere, che in apertura dovevano misurare più di tre metri, era raggelante. Si riscosse e attaccò, lanciandogli contro una serie di gittate di fuoco.
Una delle belve le schivò e si scaraventò ferocemente contro la ragazza, senza dargli il tempo di riattaccare. Fayr provò a difendersi lanciando altri colpi, ma l’enorme ala nera della bestia la centrò violentemente sulle sue, mandandole in frantumi.
E fu allora che Fayr, senza più il sostegno magico delle ali artificiali che le aveva permesso di restare in volo, iniziò a precipitare.
Ket e Icelyng osservarono la scena con annichilita paura ma, per quanto avessero voluto fare qualcosa, le tre bestie ancora le circondavano.
Anche Mynd, dall’oscurità della sua camera, stava precipitando con lei o almeno la sensazione era quella.
Cercò subito aiuto nelle parole di Air, ma lo spirito non tradì se stesso e gli rispose con una frase lapidaria che congelò il telepate -Non morirà, deve solo capire come salvarsi-.
Mynd, al suono di quelle parole, lo maledisse per perseverare nel suo silenzio anche in una situazione tragica come quella. Tuttavia, non si arrese, convinto di poter aiutare l’amica anche senza l’apporto di Air.
Sebbene l’ennesima fitta lancinante gli avesse aggredito la mente con ferocia, si collegò con la ragazza in caduta libera. Sentiva la sua paura e la sua rassegnazione, convinta che ormai nulla potesse metterla in salvo e fu così che, quando entrò nei suoi pensieri, un’espressione decisa prese forma sulle sue labbra.
-Puoi salvarti, Fayr!- le esclamò il telepate.
-E come? Mynd…io non posso volare!-.
Mynd non sapeva come poteva salvarsi ma era certo che esisteva un modo, una qualsiasi soluzione che fosse sotto ai loro occhi ma che ancora non avevano colto. Non voleva neanche pensare che per l’amica non ci fosse più speranza, così scandagliò velocemente e minuziosamente tutte le idee che gli passarono nella mente. Poi, un’idea sembrò fulminarlo e le sue speranze si riaccesero come un faro nella notte.
Fu così che parlò rapidamente: era vero, lei non poteva volare ma, se voleva, poteva fare molto di più.
Le parole che le disse un secondo dopo, lasciarono la ragazza sorpresa e confusa. Una sorta di speranza invase lo spirito battagliero della ragazza, che subito si apprestò ad agire.
Se Mynd aveva visto giusto, il suo potere era decisamente più forte di quello che aveva sempre creduto dalla nascita. Il legame profondo che aveva con il fuoco le fece presagire che esso non fosse generato da lei, ma che era lei stessa. Si concentrò richiamando a sé tutto il suo potere e attuò uno sforzo che pensò essere oltre le sue possibilità, dato che non aveva mai sfruttato una quantità di fuoco così elevata. Sentì immediatamente un intenso calore nascergli dal ventre, come se un vulcano avesse appena eruttato nel suo stomaco, invadendola con una voracità spaventosa.
E poi esplose.
Giocandosi il tutto per tutto, con un ultimo atto di volontà tornò a concentrarsi e richiamò l’energia intorno a sé. Improvvisamente qualcosa sembrò mutare, come se una forza invisibile l’avesse avvolta e, quando riaprì gli occhi, si rese conto di essersi fermata. Era sospesa in aria e aveva preso le sembianze di una fiamma umana.
Stava volando.
Sentendo che Mynd lasciava la sua mente, tornò verso l’alto dove aveva lasciato le sue compagne a combattere contro quei dannati Falchi. Quando arrivò in prossimità della nuvola, vide Icelyng che tentava di difendere Ket dall’accerchiamento delle tre bestie. Si disse che non ce l’avrebbe fatta a lungo, così aumentò la velocità e accorse in loro aiuto.
Scatenò subito un inferno di fuoco, sorprendendo alle spalle lo stesso Falco che prima l’aveva ghermita. Non riuscì a reagire e venne subitaneamente incendiato.
Ket e la regina osservarono la scena con eccitazione, constatando che la loro compagna non fosse morta. Non sapevano come avesse fatto, ma le sembianze che ora mostrava erano di certo una spiegazione. 
Mentre Icelyng scagliava nuovamente due dardi ghiacciati, Fayr notò che altri Falchi stavano giungendo in aiuto ai loro compagni. 
-Non ce la faremo… dobbiamo rientrare!- urlò rivolta alle due ragazze.  
-No, Fayr! Non possiamo arrenderci- le gridò Icelyng continuando a lanciare colpi verso le bestie nemiche.
Fayr non riuscì a rispondere perché un Falco tentò di attaccarla dal fianco destro. Si mosse con velocità e schivò il colpo d’ala, poi gli lanciò una serie di palle infuocate: alcune andarono a vuoto, ma un paio lo ferirono sul torso ispido. Eppure, quello non si arrese né abbandonò la sua espressione omicida. 
-Sono troppo forti per noi, lo vuoi capire?- strepitò nuovamente alla volta della sirena.
Ket udiva le urla delle ragazze senza sentirle veramente. Da qualche attimo si era estraniata pensando a una possibile soluzione e sfogliando mentalmente il tomo degli incantesimi che aveva riposto in soffitta. Era certa che vi fosse un espediente che le avrebbe potute salvare, doveva solo ricordarsi quale.
Improvvisamente ebbe un sussulto. Senza indugiare, cominciò a cantare una strana litania in una lingua arcaica e, poco dopo, i colpi dei Falchi si arrestarono.
Le bestie si guardavano intorno con affanno, come se non sapessero più dove attaccare, cercando ansiosamente le loro prede scomparse.
-Siamo coperte per un po’… Ci ho reso invisibili, ma abbiamo un massimo di dieci minuti. Dobbiamo sbrigarci!- disse la strega.
Così ripresero a volare rapidamente.
Notarono subito che il regno di Nimbias aveva la forma di un cerchio al centro del quale spiccava il castello, un’immensa costruzione con le fattezze di un arcobaleno e fabbricato interamente in pietre preziose di ogni genere. Le case intorno al castello erano abitate dagli autoctoni di Nimbias, gli Angel, ed erano semplici nuvole colorate per le quali ogni colore corrispondeva allo status sociale della famiglia che le occupava. Il bianco simboleggiava il livello più alto ed erano gli Angel Brayns, i membri della nobiltà.
Il verde era il secondo livello e indicava gli Angel Claymore, i membri dell’esercito. L’azzurro era il colore del terzo livello sociale, composto dagli Angel Dicuns, ovvero i sapienti. L’ultimo livello era contrassegnato con il rosso e lo occupavano gli Angel Nimbias, la popolazione.
Da quello che potevano immaginare, i reali erano rinchiusi nella prigione e il popolo sottomesso, mentre a occupare il castello e l’intero regno vi erano i Falchi.
Volarono verso il palazzo reale e, giunte davanti all’immenso portone di smeraldi, rimasero perplesse sul da farsi. Aprire i battenti con le loro forze era fuori discussione, dato che sarebbero servite sicuramente una decina di persone per spalancarlo.
Improvvisamente, un cigolio le fece trasalire. Icelyng e Fayr fecero istintivamente per fuggire, ma Ket le fermò prendendole per un polso e ricordando loro l’invisibilità che ancora le avvolgeva. In silenzio assistettero alla scena: nel centro del maestoso portone si aprì una porticina dalla quale fuoriuscirono due Falchi che sorreggevano con le zampe una persona legata da una robusta corda.
Gli passarono accanto senza vederle e richiudendosi immediatamente la porta alle spalle, diretti probabilmente verso la prigione.
Fayr sospirò. -Dobbiamo affrettarci… Sbrighiamoci ad aprire questa porticina!-.
Ket allungò candidamente una mano verso di essa per saggiarne la chiusura ma, appena l’ebbe sfiorata, una forte scossa le permeò il corpo.
-È stregata: magia nera…- esclamò stordita, massaggiandosi la mano offesa.
Fayr si avvicinò e studiò l’uscio: era levigato, di una tonalità diversa rispetto alla grande porta e nel centro del battente brillava un minuscolo foro.
-Ho trovato la serratura…- informò poi, voltandosi verso Icelyng.
L’altra annuì con un gesto secco capendo cosa la compagna volesse dirle e, con un abile colpo di mano, congelò il meccanismo che teneva il battente chiuso. Fayr, rapida come una saetta, emanò un fascio di fuoco ardente che fece fondere la serratura ghiacciata.
Entrarono di soppiatto, cercando di non far rumore e aprire il battente il meno possibile. A quanto parve nessuno si accorse di loro, così scivolarono all’interno.
Si trovarono all’imbocco di un lungo corridoio e immediatamente constatarono che l’intero ambiente, come tutto il regno, pullulava di Falchi. Lungo le pareti si aprivano numerose porte, delle quali fu l’ultima ad attirare la loro attenzione poiché era l’unica a essere ricoperta di rubini, a differenza delle altre che erano semplicemente scolpite nell’onice.
Rimisero furtivamente piede a terra, trattenendo il respiro e muovendosi nel modo più rapido che la necessità di non far rumore permettesse loro, e si incamminarono lungo il corridoio. Procedettero in fila indiana con Fayr, che aveva ripreso le sue normali sembianze, in testa e Icelyng in coda.
Erano proprio nel bel mezzo della traversata, quando Ket percepì una piccola sensazione che riconobbe subito: l’incantesimo stava per svanire, mancavano una manciata di secondi. Con sguardo atterrito si osservò convulsamente intorno. Se non avessero trovato immediatamente un rifugio, sarebbero tornate visibili proprio nel mezzo dei loro nemici.
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICI:
 
Eccoci, al quarto capitolo della saga.
Finalmente i nostri protagonisti sono passati all’azione, sebbene divisi in tre squadre e con Mynd a fargli da collegamento grazie al suo potere.
Per ogni gruppo le missioni risultano più difficili del previsto. Ad Alyas, i tre si trovano costretti a rivedere il loro piano per varcare le porte del Regno e Teral è obbligato a mutare il suo aspetto in quello di una Iena, ritrovandosi imprigionato nel gorgoglio delle sabbie mobili. A Valians, il gruppo ha fatto la conoscenza dei consiglieri del Re che gli prospettano una situazione grave e pericolosa. A Nimbias, le tre ragazze hanno dovuto ingaggiare una dura lotta contro i Falchi che per poco non ha ucciso Fayr. Sebbene ne siano uscite illese, si ritrovano una nuova minaccia alle porte.
La missione per i tre gruppi è solo all’inizio.
 
I Prescelti

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Nota: quest'opera è coperta da copyright - ©2010 Tutti i diritti sono riservati


LEGENDA


WING, regina di Nimbias, regno dell'Aria. Può volare, possiede velocità e destrezza. Può vedere di notte grazie ai suoi occhi bianchi.



KAIN, è un demone.Può diventare invisibile, intangibile e può respingere i colpi dell'avversario.



CRONOS E SWITCH, sono due gemelli. Il primo può manovrare il tempo e bloccare il suo scorrimento per uno o più esseri viventi, il secondo è un teleporta.



TERAL, re di Valians, mondo della Foresta. Può trasfiguare il suo corpo in qualsiasi animale, reale o fantastico.



CRISTAL, è una mutaforme medium: può assumere le sembianze e i poteri di altre persone solo se sono morte o svenute.



MYND, è un telepate.



ICELYNG, regina di Alyas, mondo del Mare. E' una sirena con la capacità di trasformarsi in essere umano. Domina l'acqua e il ghiaccio.



FAYR, può dominare il fuoco a suo piacimento e sa trasformarsi in una fiamma umana.



KET (diminutivo di Ketreen), è una strega.





CAPITOLO CINQUE


Mynd percepì una fitta lancinante spaccargli la mente e cominciò a respirare affannosamente. Cercò di pensare alle parole di Air, che per quanto inutili, comunque gli davano speranza. Sapeva che il suo potere era molto più forte, ma doveva solo capire come avrebbe potuto estendere quella forza.
Quando pensò che oramai stava per svenire, ebbe un’illuminazione. Capì che il modo di utilizzare il suo potere al meglio fosse quello di “essere” la persona a cui leggeva la mente. Lui, invece, tendeva sempre a rimanere distaccato, non introducendosi mai completamente. Ed era quello che doveva fare, una cosa talmente semplice che non ci aveva mai pensato.
Non appena mise in atto ciò, si sentì improvvisamente liberare, e quando entrò nella mente di Teral, Switch e Cristal gli sembrò essere parte di loro non solo nella mente, ma anche in tutto il corpo. Quindi le voci gli arrivarono nitide e chiare, non più ovattate e distanti come era sempre stato in passato.


Quando la speranza di sopravvivere si era ormai dissolta, la pozza scomparve lasciandolo libero. Con l’ultimo briciolo di forza rimastagli, Teral si tramutò di nuovo in delfino e respirò. Subito Cristal e Switch gli furono a fianco, aiutandolo a riprendersi. Tuttavia non fecero in tempo a fare altro perché, con un abbacinante bagliore, la vecchia nave si trasformò in un bellissimo arco di pietra bianca. Cristal restò immobile a lungo finché la luce svanì e la voce regale di Teral risuonò perentoriamente, seppur a fatica.
- È fatta. Ora dobbiamo oltrepassarlo, muoviamoci!-.
Nuotarono per un tunnel che sembrava essere interminabile.
Avevano temuto per qualche istante di aver sbagliato qualcosa finché non avevano intravisto una luce che li aveva spinti ad affrettarsi. Fu così che, improvvisamente, un bagliore accecante li aveva investiti e subito dopo si erano ritrovati immersi in Alyas, il regno del Mare.
Una grande statua di Tritone, il primo re, sovrastava l’intero territorio dall’alto di uno scoglio dorato e i suoi occhi incandescenti si rivolgevano all’immenso palazzo reale ai suoi piedi e alla cittadina. Le case sorgevano sui fianchi di un’immensa montagna di sabbia bianca, ai piedi della quale erano situate le abitazioni più povere fino ad arrivare alle più ricche che si ergevano in cima. Tutte erano costruite completamente in cristallo opaco e ognuna riportava uno stemma sulla parte frontale. Esistevano tre tipi di tali simboli, il tritone che richiamava l’appartenenza alla nobiltà, la lancia che indicava un membro dell’esercito e infine lo stemma della stella marina, che rappresentava il popolo.
Sulla vetta della collina troneggiava il castello, al quale si poteva accedere attraverso un ponte levatoio di pietra e alghe che si apriva entro il perimetro delle immense mura protettive di cristallo indistruttibile. Era difficile trovarlo abbassato, se non in occasione dell’entrata o l’uscita dell’esercito, ovvero dei Tritoni.
I tre ragazzi si erano nascosti dietro a uno scoglio situato alla fine del tunnel e rimasero lì per ore a monitorare la situazione. Come Icelyng aveva raccontato loro, l’intera terra era soggiogata dagli Squali, creature enormi e dall’aspetto terrificante che nulla avevano a che vedere con gli animali omonimi che da sempre conoscevano. Osservavano il movimento che c’era nel regno, constatando come la paura e la disperazione si leggesse sui volti degli abitanti di Alyas, mentre con movenze lente e timorose obbedivano agli ordini delle bestie dittatrici che sembravano essere ovunque.
Sapevano che sarebbe stato difficile, ai limiti dell’immaginabile in realtà, ma quella si stava iniziando a profilare come una missione suicida. Eppure era la loro unica chance.
-Pensate che sappiano che siamo qui? C’è parecchio fermento…- chiese Switch dopo un lungo silenzio, continuando a tenere gli occhi ben aperti e guardandosi intorno con apprensione.
-Non ne ho idea… Comunque, a buon bisogno, dovremmo evitare di dare troppo nell’occhio. Teral, trasformati in qualcos’altro- ordinò Cristal guardando il delfino di fronte a sé.
Il sovrano, seppur a malincuore, si rese conto che aveva ragione e si trasformò in un minuscolo cavalluccio marino.
-E ora credo sia proprio il caso di darci una mossa…- propose Cristal, esponendo subito dopo una bozza di piano.
Switch provò a dissentire, ma lei lo bloccò prima che le parole gli uscissero dalla bocca
-Smettila di lamentarti! Abbiamo tanto da fare e poco tempo a disposizione, visto che non resisterò a lungo nel corpo di una sirena… - spiegò con una smorfia, sapendo che il suo potere non sarebbe durato in eterno.
Grazie agli studi di Ket, infatti, aveva scoperto che poteva rimanere nelle sembianze di un altro essere solo per sessanta ore al massimo, poi avrebbe cominciato a sentire dei fastidi che sarebbero divenuti ben presto degli spasmi atroci, finché, a seguito di una dolorosa autocombustione, di lei non sarebbe rimasta che carbonella.
-E va bene… - mormorò il teleporta vagamente seccato.

Teral poté da subito constatare che gli Squali non permettevano a nessun essere di passare inosservato senza che loro se ne accorgessero. Per sua enorme fortuna, lui era riuscito ad arrivare davanti al ponte levatoio senza intoppi data la sua piccola stazza. Poco prima, tuttavia, passando di fronte a due Squali, il suo atteggiamento troppo deciso lo aveva quasi tradito, così per un po’ si era dovuto nascondere in mezzo a delle alghe aspettando che l’attenzione delle due bestie fosse catturata da qualcos’altro. Approfittò di quella pausa per studiarli meglio. Erano giganteschi e completamente neri, con due grandi occhi gialli che scintillavano malvagi sui lati dei musi spigolosi. Sulla pinna spiccava un’incisione, come fosse un marchio a fuoco, che purtroppo non era riuscito a identificare alla perfezione.
Lasciò passare un lasso di tempo ragionevole e, una volta che reputò l’atmosfera meno tesa, nuotò fino al ponte levatoio. Notò che fra quello e il muro c’era una piccola fessura e decise di entrare da lì. Si ritrovò nel cortile interno, dove un convulso via vai di Squali lo fece sentire smarrito e preso dal panico: non era certo che una di quelle orrende bestie non l’avrebbe notato prima o poi e comprese che l’unico modo che aveva per proseguire era effettuare una trasformazione più sicura.
Rifletté un istante poi, con cautela, si avvicinò all’entrata della torre centrale. Passò rapidamente sotto i battenti del gigantesco e pesante portone, al di là del quale si aprì un salone che pullulava di Squali.
Dopo essersi osservato un po’ intorno, decise di recarsi verso una porticina non presidiata. Quando sgattaiolò di nuovo sotto l’uscio, realizzò che si trattava di un normale stambugio e decise che era il momento di effettuare la trasformazione: si concentrò e si tramutò in uno Squalo. Con ritrovato ottimismo, uscì e notò che nessuno badava a lui così, con disinvoltura, iniziò a perlustrare il castello.
Non si sentiva comunque sicuro in quelle vesti, aveva come l’impressione di muoversi, atteggiarsi, addirittura respirare in modo visibilmente falso, e la cosa lo stava esasperando.
Prudentemente ispezionò un numero notevole di stanze e corridoi, senza trovare nulla che potesse interessargli. Dopo un tempo interminabile, infine, si ritrovò nell’ennesimo corridoio, costeggiato da una lunga vetrata da cui si poteva vedere l’intero regno. Passò sotto a un arco e si addentrò all’interno di una sala dall’aspetto austero: un lungo tavolo di cristallo finemente decorato faceva bella mostra di sé mentre di fronte a esso spiccava una sontuosa coppia di troni di perle. Al di fuori di ciò, la stanza era vuota e non sembrava contenere nulla di interessante. Neppure quella.
Cominciò a considerare l’idea che a palazzo non ci fosse nessun indizio importante quando, provenienti dalle sue spalle, sentì delle voci avvicinarsi. Si immobilizzò e attese finché, dal fondo del corridoio comparvero sulla porta tre Squali. Cercò di mascherare il disagio e la sorpresa, avviandosi con aria il più possibile naturale verso la porta. Eppure quando stava per uscire dalla stanza, uno dei tre Squali lo bloccò.
-Com’è andato il trattamento?- gli domandò.
Teral si costrinse a non entrare nel panico. Era stato colto alla sprovvista e non sapeva né cosa fare né cosa rispondere. Improvvisò.
-Non l’ho ancora fatto. Pensavo di ritornare dopo, ma forse è meglio togliersi subito il pensiero…-.
Parlava senza cognizione di causa e non sapeva se quello che stava dicendo avesse un senso oppure no. Però, quando i tre Squali non gli risposero e solo uno lo invitò a seguirlo, comprese che forse andare in fondo a quella storia avrebbe potuto rivelarsi di un certo interesse per la missione. Al ché, strinse i denti e silenziosamente li seguì, cercando di mantenere un contegno naturale.  
Si avvicinarono all’estremità della sala e i due davanti cominciarono a grattare la pinna dorsale contro un muro. Lentamente iniziarono a formarsi delle crepe luminescenti sulla parete fin quando si aprì un piccolo passaggio che i tre Squali imboccarono senza esitazione, con Teral alle calcagna.

La situazione per Cristal e Switch, invece, si stava dimostrando decisamente più complicata. Dopo circa un’ora che si erano separati da Teral, avevano percorso non più di cento metri. C’erano talmente tanti Squali a guardia del territorio che quasi a ogni passo si trovavano costretti a nascondersi tra le alghe, dietro a delle rocce o in qualsiasi rifugio riuscissero a trovare.
-Di questo passo non ce la faremo mai! Rischiamo di essere scoperti- esclamò stizzito Switch.
Cristal non poté dargli torto. Avrebbero dovuto costeggiare il castello e salire fino alla cima della montagna di sabbia per arrivare sino alla statua di Tritone, e con quell’andatura avrebbero impiegato un tempo che lei non poteva permettersi.
Da lontano videro sopraggiungere una pattuglia di Squali e si nascosero con più attenzione in un cespuglio di alghe rosse aspettando che passassero.
-Dobbiamo teletrasportarci- bisbigliò Cristal.
Se fino a quel momento non si erano serviti del potere del gemello era stato solo perché temevano che, in un luogo sconosciuto e particolare come quello, avrebbe potuto funzionare in modo erroneo e metterli nei guai. Così avevano deciso di usarlo solo in caso di emergenza, e nulla come quel frangente ne aveva più i tratti.
Switch annuì e prendendo per mano la ragazza si teleportò. Quando riapparvero erano ai piedi della statua, alle spalle di un nutrito drappello di Squali. Immediatamente, presi dal panico, si gettarono dietro a un grosso masso sperando che non si fossero accorti di loro. Ma dopo un tempo che parve loro infinito, il gruppo si spostò.
-C’è mancato davvero poco!- sibilò il ragazzo, che sentiva il cuore pulsargli nella gola.
Intanto Cristal, prudentemente, fece capolino dal nascondiglio e osservò l’ambiente circostante. A circa una decina di passi da dov’erano scorse dietro a un’alta pianta di alghe marroni una povera costruzione su cui spiccava un simbolo raffigurante un occhio. Tutto lasciava presagire che dovesse essere la casa che stavano cercando.
-Avvicinarsi nuotando è da escludere, perciò dobbiamo incrociare le dita e ricorrere nuovamente al teletrasporto- ordinò in un sussurro, indicando la struttura all’altro.
Switch strinse le braccia della ragazza e si materializzò direttamente all’interno dell’abitazione, comparendo davanti l’uscio chiuso. Si ritrovarono in una stanza misera rivestita di alghe bianche, le cui pareti riportavano strane incisioni in un idioma a loro sconosciuto. Al centro v’era un tavolo spoglio e sguarnito, circondato da consunti sgabelli di conchiglia.
I due continuarono a guardarsi attorno con cauta curiosità finché una voce non li raggiunse alle loro spalle.



Kain e Wing si erano accucciati dietro a un cespuglio di rose, osservando prudentemente la strada che si dipanava di fronte a loro. Le Iene pattugliavano la zona con fare agguerrito e sembrava che nulla potesse sfuggire ai loro occhi vigili.
Cronos aveva deciso di rimanere nella grotta insieme ai consiglieri. Non disponendo delle stesse facoltà dei compagni, la sua presenza avrebbe rallentato una missione che, invece, richiedeva rapidità e segretezza. Ma, nonostante tutto, aveva passato ai ragazzi i tre cristalli di rocca che Ket gli aveva dato. Non sapeva come la missione sarebbe andata ma, il fatto che li avessero, lo faceva stare più tranquillo.
-Che ne dici se ci diamo una mossa? Comincio seriamente a seccarmi!- sibilò Kain, mentre il suo corpo diveniva invisibile.
Wing non poté trattenere una smorfia di fastidio. Tuttavia, in quell’istante, un pensiero sfiorò la sua mente e la spinse a riflettere. Avrebbe potuto usare uno dei suoi poteri: non il volo, che l’avrebbe lasciata esposta alla vista dei nemici, ma la destrezza e agilità. Guardò la cima degli alberi e capì che se non poteva passare dal basso lungo la strada né dall’alto, poteva farlo nel piano intermedio saltando di ramo in ramo.  
Di lì a breve erano in marcia, Kain in avanscoperta pronto a segnalarle eventuali pericoli con un fischio prestabilito, e lei dietro vigile e sinuosa. Costeggiarono tutta la riva del lago pieno zeppo di guardie arrivando, come aveva detto il Folletto, in un altro sentiero battuto anch’esso da una moltitudine inferocita di Iene. Lo percorsero tutto, fino a ritrovarsi davanti all’entrata del castello.
La regina era appollaiata sulla cima dell’ultimo albero. Non le ci volle molto a constatare la considerevole distanza che intercorreva tra il limitare della foresta, dove loro si trovavano, e le mura di cinta. Il problema non consisteva tanto nel colmarla, date la sua velocità, agilità e il saper volare, bensì nel farlo senza che le Iene la vedessero. Il ché sembrava essere un’eventualità altamente improbabile.
Senti il ramo su cui era appollaiata scuotersi, poi udì una voce al suo fianco. -Io oltrepasso il muro…-.
-Fermati Kain! Io non ce la farò mai senza essere avvistata, e tu non puoi entrare da solo…- bisbigliò amaramente la ragazza.
Ci fu un lungo silenzio, durante il quale Wing temette che Kain se ne fosse andato. Invece, poco dopo, la voce dura del demone risuonò di nuovo, suggerendole la papabile soluzione. Wing restò perplessa, non tanto per il piano quanto perché Kain aveva per la prima volta collaborato con lei, mostrando anche un briciolo di premura. Strinse i denti e assentì, spiccando il volo.
Non volò in orizzontale ma puntò alla massima velocità verso lo zenit, tanto che per un secondo ebbe l’impressione di tornare nel suo regno. Poi, quando fu sicura che neanche l’occhio più vigile l’avrebbe captata, si lanciò in picchiata alle spalle del castello, dove si erigeva il quartier generale dei Centauri, ora occupato dai nemici.  
Kain nel frattempo superò le erte mura di cinta, coperte di liane argentate, sfruttando invisibilità e intangibilità combinatamente. Camminava spedito, non badando alle innumerevoli Iene che oltrepassava anche a distanza ravvicinata. Solo per un istante si trovò a ragionare sul fatto che avessero tutte lo sguardo assassino e sembrassero pronte al combattimento all’ultimo sangue, ma accantonò subito tali constatazioni dicendosi che lui era decisamente più pericoloso. Si leccò le labbra e si accorse che una parte di sé, quella più bassa e oscura, bramava lo scontro, se non altro per il puro gusto di affrontare finalmente un nemico vero e potente.
Sorpassati i giardini, arrivò davanti al fortino. Scandagliò la zona minuziosamente scorgendo subito due guardie a presiedere l’uscio. Poi, accucciata dietro una siepe vide Wing.
Le si avvicinò di soppiatto, emettendo il loro fischio di riconoscimento affinché non si spaventasse. -Sono qui, muoviamoci- le disse accostandosi.
Per Kain era tutto molto semplice ma Wing doveva muoversi con estrema prudenza e cautela. Le Iene sentinelle sbucavano da ogni parte e lei dovette spesso nascondersi dietro qualsiasi cosa trovasse come possibile riparo, volare sugli alberi o appiattirsi dietro i cespugli. Il demone l’aiutava precedendola, ma difficilmente potevano controllare gli spostamenti delle Iene sparse in ogni dove all’interno dell’area.
Sempre più cauti giunsero a pochi passi dalla porta della struttura. Mentre Wing rimaneva nascosta su un ramo di una quercia, Kain si diresse spedito verso le due sentinelle. Veloce come una saetta, rese le braccia intangibili e tolse i sensi ai piantoni nello stesso modo che tempo prima aveva usato con Ket e i gemelli. Passò attraverso i battenti sbarrati ed esaminò lo spazio interno, che si rivelò libero da qualsiasi altra presenza che non fosse la sua. Dischiuse leggermente la porta ed emise il consueto fischio. Pochi secondi dopo, Wing era entrata. Così, Kain richiuse la porta e si rese nuovamente visibile.
Si guardarono intorno.
Erano in una grande sala spartana, al centro della quale spiccava un tavolo rotondo pieno di carte, che entrambi si affrettarono a esaminare. Scovarono lettere, piani di attacco ma un incartamento in particolare catturò la loro attenzione: si trattava di un papiro dal quale si innalzava un’immagine tridimensionale della Terra comprensiva dei tre regni.
-Guarda c’è riportato tutto. Nimbias è rappresentato meglio di quanto avrei potuto fare io!- esclamò Wing puntando il dito sulla parte alta della cartina. Era annichilita, non riusciva a capacitarsi di ciò che stava vedendo.
-È incredibile, hanno segnato ogni cosa: i passaggi segreti del castello, le aperture magiche che si trovano tra una nuvola e l’altra... Tutto!-.
D’improvviso udirono un rumore. Wing si guardò compulsivamente intorno cercando un riparo e, non trovandolo, decise che l’unica alternativa era quella di spiccare il volo fino a toccare il soffitto. Kain non la reputò una mossa saggia, ma non poté dire nulla perché un secondo dopo che si era reso invisibile di nuovo, le due Iene sentinelle erano entrate. Si erano riprese e, sorprese dell’accaduto, avevano deciso di controllare se tutto fosse in ordine. I loro occhi freddi e ferini ispezionarono ogni centimetro della sala in cerca di qualche dettaglio fuori misura. Wing era annichilita dal panico, temendo che una di quelle bestie potesse sollevare lo sguardo e scoprirla. Kain dal canto suo, era rimasto in piedi di fronte al tavolo in attesa che le guardie se ne andassero. Nel mentre proseguì ad analizzare la cartina: buona parte del Pianeta era colorata in rosso e ovunque era appuntata la dicitura “Nostro Signore”, sicuramente per segnalare i territori occupati o, quanto meno, sotto l’egida della forza che aveva invaso anche Valians.
Poi, improvvisamente, il suo sguardo cadde sulla parte in basso a destra dov’era una minuscola zona cerchiata, l’unica ancora non colorata e non recante la scritta.
Un rumore distolse la sua attenzione dalla mappa e, quando sollevò lo sguardo, notò che le Iene erano uscite richiudendo la porta. Pochi istanti dopo, Wing atterrò accanto al tavolo, muovendosi con la massima cautela. Era pallida e l’espressione del bel volto tradiva uno stato d’ansia acuto.
-Ci sei?- bisbigliò lei, non vedendolo.
Sbuffò seccato, tentato di non risponderle, ma ci ripensò subito non vedendone l’utilità. -Sono dove mi avevi lasciato…- sibilò.
Kain era dubbioso e quella nuova scoperta aveva dato inizio a una lunga catena di collegamenti. Nella sua mente stava prendendo forma un’idea, ma il solo pensare che potesse essere vera lo lasciava sbigottito.
Un altro rumore improvviso li distolse dal ragionamento.
-Non possiamo più rimanere qua, dobbiamo ritornare- esclamò Wing, guardandosi rapidamente intorno, e puntando una finestra. -Faremo prima se io passo da qui. Incontriamoci fuori delle mura, ai margini della foresta!-.
Non attese la risposta del demone, ma spiccò il volo verso l’alto a una velocità tale che fu quasi impossibile vederla. Kain, invece, prese la cartina tra le mani, la ripiegò e se la infilò dentro la tasca dei pantaloni poi attraversò di nuovo la porta, digrignando silenziosamente i denti alle due bestie di guardia. Rapido come un felino attraversò prima il portone d’entrata del castello e poi le mura. Giunto al punto del rendez-vous, attese l’altra e le segnalò la sua presenza con il fischio.
-Andiamo a riprendere Cronos- comandò la ragazza con una nuova determinazione, addentrandosi tra gli alberi.
Kain non rispose e la seguì. Tuttavia non passò molto prima che percepisse qualcosa di strano nell’aria, una sensazione sgradevole che cresceva come una vibrazione dissonante.  Mise una mano sul braccio di Wing e le fece segno di ascoltare. Udirono, lievi ma reali, passi dietro di loro. Si voltarono di scatto nella direzione indicata dal rumore e, quasi subitaneamente, il loro sguardo si incrociò con quello di una Iena. Il suo mantello era giallo con innumerevoli chiazze nere a macularlo, i suoi occhi erano neri con grandi pupille gialle che scintillavano maligne, gli artigli erano bene in vista e pronti ad attaccare. I muscoli potenti erano tesi sotto la pelliccia erta, e ora la bestia mostrava le zanne, emettendo un ringhio sommesso. Avanzò di qualche metro, e fu in quel momento che un dettaglio saltò agli occhi dei due: su una delle zampe si intravedeva un marchio rotondo, al cui interno appariva una croce, o una cosa simile. Doveva essere un segno di riconoscimento, forse uno stemma di appartenenza.
Ci furono secondi di assoluta tensione, dove nessuna delle due parti fece una sola mossa, troppo intenta a studiare l’altra. Poi, improvvisamente, la Iena diede il via alla sua corsa.



Ket cercò di ragionare il più velocemente possibile, e agì d’istinto: trascinò le altre due davanti al battente di una porta alla loro destra e tirò il laccio che teneva una tenda raccolta al lato, lasciandola cadere. Percepì subito i movimenti dei Falchi, che accorrevano per controllare cosa fosse accaduto ma non indugiò. Aprì la serratura della porta con un incantesimo, spingendo dentro le sue compagne e richiudendosi l’uscio alle spalle. Sigillò di nuovo la serratura giusto un secondo prima che i Falchi spalancassero la tenda e si trovassero davanti la porta esattamente come l’avevano lasciata. Dall’interno dello spazio buio dove erano finite, le tre ragazze ascoltavano in un immobile silenzio i rumori e gli stridii animaleschi che provenivano da fuori. Terrorizzate, quasi non osando respirare, sentirono armeggiare con la porta che, tuttavia, non si aprì. Lentamente, percepirono il trambusto affievolirsi, finché tutto fu di nuovo calmo. I Falchi dovevano aver dedotto che si fosse semplicemente slacciato il fiocco facendo cadere il tendaggio, ed erano tornati alla loro sorveglianza dell’area.
Le ragazze tirarono un sospiro di sollievo e Fayr, prudentemente, accese una fiammella sul dito indice per fare luce. Rassicuratesi di essere tutte intere, si osservarono intorno e dedussero di essere in un ripostiglio di servizio, una stanzetta angusta stipata di mobili in disuso, oggetti antichi e vecchie cianfrusaglie. Non v’era nemmeno una finestra o una presa d’aria, e l’unico affaccio sull’esterno era la porta da cui erano entrate.
-Bene, siamo in trappola!- disse stizzita Icelyng.
Mentre Fayr stazionava al centro per illuminare la visuale, Ket si muoveva freneticamente per la sala, senza mostrare alcun segno di insofferenza o panico. Altresì, sembrava stesse cercando qualcosa sulle pareti.
-Ket, ti dispiacerebbe spiegarci cosa stai facendo? Se non altro, almeno, potremmo capire e aiutarti!- bisbigliò la sirena, che tra le tre sembrava essere la più nervosa.
L’altra non rispose, troppo presa da ciò che stava facendo. Ispezionò la stanza millimetro per millimetro finché non trovò sulla parte bassa della parete frontale una piccola levetta, mimetizzata con il colore della stanza. Senza indugio, la sollevò e subito dopo una parte di muro si aprì rivelando alle sue spalle un angusto e buio cunicolo.
Fayr aumentò l’intensità della fiamma a un globo di fuoco e si avviò per prima all’interno, seguita dalle altre due. Il corridoio era tanto basso e stretto che da un certo punto in poi dovettero procedere a gattoni. Avanzarono, constatando che le pareti erano intervallate da piccole grate, alcune delle quali si affacciavano sulle stanze o nei corridoi, e intuendo che la galleria si snodava entro le mura del castello.
Strisciarono per un tempo incalcolabile, con le ginocchia indolenzite e la tensione a livelli inenarrabili. Quando poi il sospetto che il passaggio non avesse fine si stava per insinuare in loro, udirono un brusio provenire da una feritoia a pochi metri. Celermente la raggiunsero e si affacciarono, tendendo le orecchie e cercando di carpire ciò che veniva detto.
Sotto di loro si apriva una sala completamente rivestita di diamanti. Intorno a un grande tavolo rettangolare, al centro dell’ambiente, era appollaiato un nutrito gruppo di Falchi.
Quello più grande tra tutti doveva essere il comandante visto che un grosso medaglione d’oro, che gli altri non possedevano, risplendeva intorno al suo collo.
-Parlano!- bisbigliò Fayr, lasciando le altre a bocca aperta.
Un Falco prese parola, catturando la loro attenzione.
-Ormai non possiamo più negarlo: l’autonomia del nostro potere si sta esaurendo. Siamo costretti a entrare in quella macchina infernale ogni giorno e la cosa ci sta stancando…- sentenziò minacciosamente, provocando le grida di approvazione degli altri.
Improvvisamente il comandante alzò un'ala e la sbatté sul tavolo. Il gelo cadde tra i seguaci, che lo fissarono con un misto tra il meravigliato e il torvo.
-Stolti! Credete forse che non sappia anche io quale sia lo stato attuale delle cose?! Ma sapete bene che questo posto non ci permette di assumere le nostre vere sembianze: la magia che lo protegge non permette ai comuni esseri umani di entrare e di sopravvivere. Lo sapevate sin dall’inizio, quindi smettete di lamentarvi come donnicciole! Non possiamo fare niente se non aspettare che il Nostro Signore metta fine a questa situazione…-.
Intorno al tavolo si alzò di nuovo un brusio lieve, che non permetteva di comprendere le singole parole dette. Tuttavia il dissenso era palpabile, come era evidente che il leader dei rapaci stava avendo difficoltà a mantenere la calma nelle file dei suoi.
Di nuovo, quello calamitò l’attenzione di tutti gli astanti su di sé, emettendo uno stridio secco che riportò un silenzio teso nella sala.
-La situazione cambierà velocemente! Il Nostro Signore è forte e possiede il Catalizzatore. Se non ci lasceremo andare proprio sul più bello, tutte le promesse verranno mantenute. Allora… Superate il dolore dovuto alla prigionia in questi corpi, e sappiate che quelli che il Nostro Signore chiama i Prescelti sono stati individuati e per noi a breve sarà il tripudio! -.
Un’ovazione esplose. I Falchi, dopo l’arringa del loro comandante, sembravano aver acquistato di nuovo fiducia, vigore e coraggio. La tensione che aleggiava fino a poco prima si era evidentemente sciolta, e l’espressione del Falco con il medaglione era palesemente soddisfatta.
In mezzo al fragore che la ritrovata forza dei rapaci aveva causato, dal loro nascondiglio le tre ragazze si guardavano con occhi smarriti, alla flebile luce della fiammella che Fayr teneva viva.
Ket bisbigliò, annichilita -“Prescelti”? “Catalizzatore”? “Prigionia in questi corpi”? Ragazze, io non capisco…-.
Fayr serrò i denti, e con tono secco mormorò. -Non so cosa pensare neanche io, ma credo che non siano questi il posto e il momento per discuterne. Sono troppo sovraeccitati, direi di togliere le tende da qui prima che ci scoprano nuovamente!- concluse, facendo segno con la testa di andare.
Facendo leva su gambe e braccia iniziarono a spostarsi, per cercare una celere via di fuga dal palazzo. Tuttavia, non avevano percorso che qualche metro quando Icelyng si trovò con tutto il suo peso su una grata, la quale prima scricchiolò pericolosamente e un secondo dopo crollò, portando la sirena con sé.
Fayr e Ket si volsero di scatto al fragore e sbarrarono gli occhi di fronte a ciò che stava accadendo.
Successe tutto in pochi istanti. Non stettero a rifletterci e, senza valutare le conseguenze di quello che stavano per fare, saltarono giù anche loro ritrovandosi nella sala.
Icelyng era già in piedi e non attese la reazione dei nemici alla loro sorprendente comparsa. Attaccò repentinamente un gruppetto di Falchi che si trovava alla sua destra, lanciando un fascio di aria gelida dalla mano sinistra e schegge di ghiaccio dalla destra. Non passò che un istante da che percepì la schiena di Fayr accostarsi alla sua e sentirla iniziare una furiosa battaglia con i rapaci che, invece, occupavano la sponda opposta della sala.
Nel mentre Ket, che era a pochi passi dalle altre due, vide una delle enormi bestie gettarlesi contro. Rimase paralizzata dal terrore e l’unica cosa che riuscì a fare fu serrare gli occhi attendendo il colpo mortale che, invece, non arrivò. Sentì un boato e spalancò di nuovo gli occhi in tempo per vedere un colpo infuocato colpire una seconda volta la terrificante ala del nemico, il quale emise un raggelante stridio di dolore. Tuttavia l’animale non si ritirò, bensì si voltò verso il suo aggressore, incontrando gli occhi decisi di Fayr che lo sfidavano a farsi avanti.
Ket inspirò con forza, ricacciando nel suo profondo tutta la paura che la attanagliava, e decise finalmente di agire. Iniziò a recitare un incantesimo.
Icelyng schivò un colpo d’ala e lanciò immediatamente uno strale ghiacciato che colpì l’animale con cui stava combattendo sul muso. Quello vacillò un attimo ma si riprese subito e si gettò nuovamente contro la sirena, che tentò di contrastarlo con poderosi fasci di aria gelida.
Fayr, contemporaneamente, scagliava raffiche infuocate contro due Falchi che la stavano accerchiando. Ormai aveva capito che i suoi poteri erano di gran lunga inferiori a quelli delle bestie, tuttavia la sua indole battagliera non le permise di arrendersi e così continuò a combattere, sperando in un miracolo.
Improvvisamente, quando ormai le forze delle due ragazze stavano già venendo meno e la loro disfatta sembrava essere imminente, una voce familiare, proveniente dalla porta della sala, le riscosse.
-Sbrigatevi! Dobbiamo andare, l’incantesimo di invisibilità non durerà ancora per molto!- asserì la strega facendo loro segno di affrettarsi.
Fayr e Icelyng non persero tempo a valutare gli effetti dell’incanto ma seguirono la ragazza. Corsero all’impazzata per i corridoi del castello, approfittando del caos che si era creato a causa del fatto che le avessero scoperte. La loro unica preoccupazione, in quel momento, non era neppure il venir avvistate di nuovo, bensì spiccare il volo verso casa il più velocemente possibile.
Si destreggiarono tra nugoli di Falchi agitati e collerici e, quando riuscirono finalmente a uscire dal castello, superarono in un volo folle le case a forma di nuvole fino ad arrivare all’imbocco del tunnel dal quale erano arrivate.



NOTE DELL’AUTRICI:


Il viaggio nei Regni prosegue e sta portando alla luce nuove informazioni che i nostri protagonisti devono ancora metabolizzare.
Ad Alyas, al momento, tutto continua a tacere ma sia Teral che gli altri due compagni sembrano avere tra le loro mani degli incontri promettenti.
Negli altri due Regni le situazioni si presentano in maniera differente.
Kain e Wing hanno rinvenuto una strana mappa tridimensionale e si stanno per preparare a un duello con una Iena mentre, a Nimbias, le tre ragazze hanno udito un discorso illuminante che potrebbe chiarificare alcune delle loro questioni in sospeso.

Al prossimo capitolo,

Light & Xamia.
 

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