Living in Manchester

di Amy Dickinson
(/viewuser.php?uid=81391)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Vita nuova ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: Un folletto e un damerino ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: Tutti insieme appassionatamente - atto I ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: La mostra d'arte ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: Festa di compleanno ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: Malintesi ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: Natale senza Jasper ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8: Birmingham ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: Verità nascoste ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10: Amori e litigi ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11: Come clandestini ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12: Imprevisti ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13: Rabbia ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14: Ritrovarsi ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15: Tutti insieme appassionatamente - atto II ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16: Inatteso ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17: Tensioni e piccoli momenti ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18: Le basi per il futuro ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19: Matrimonio con sorpresa! ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20: Non è un sogno, questa è la realtà (Tutti insieme appassionatamente - atto III) - Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: Vita nuova ***


 Living in Manchester


 

Vita nuova 


“Accidenti, sono in ritardo!” esclamò dando un’occhiata al suo orologio da polso. Abbottonato il cappotto di panno nero e presa in mano la borsa, aprì la porta di casa per uscire.
 

“Ehi, aspetta! Dimenticavi questo” l’amica le corse incontro con in mano un basco nero, anch’esso di panno, e glielo calcò sulla testa. “Mettitelo, fa molto freddo stamattina!” 

“Sì. Grazie, Bella”

“Corri adesso o farai tardi!”

“Okay, buona giornata allora”

“Anche a te, Alice”

Con un rapido cenno della mano le due ragazze si salutarono, una prese a correre giù per le scalette, l’altra rientrò in casa.

Alice Cullen, vent’anni, piccola ma slanciata. Due grandi occhi castani e un disordinato caschetto color cioccolato sotto il cappellino. Un carattere tutto particolare, l’aria sbarazzina e la testa fra le nuvole. Una specie di cucciolo.

Nativa di Londra, aveva preferito trasferirsi in un’altra città, dove poteva frequentare l’università e vivere assieme alla sua migliore amica, Bella Swan, ventitré anni, anche lei studentessa.

Tre anni prima era stata in visita nella città di Manchester assieme ai suoi genitori, l’oggetto del viaggio era stato far visita ai suoi fratelli maggiori che ormai vivevano lì. Emmett, il primogenito ventiseienne, era impiegato in un’importante azienda locale mentre Edward, ventitreenne, studiava presso la facoltà di Medicina e per mantenersi lavorava part-time in un piccolo supermercato in periferia. 

Durante quell’occasione Alice aveva fatto la conoscenza di Bella che era stata presentata ufficialmente come amica di Edward, ma era palese che i due stessero insieme. 

Le due ragazze avevano legato subito e Alice, andandola a trovare sempre più spesso, si era decisa a trasferirsi lì da Londra, non solo perché voleva trascorrere più tempo con Bella e i suoi fratelli, ma anche perché quella città le piaceva, era stanca di vivere in un luogo caotico e in costante fermento, aveva bisogno di tranquillità; e poi non ce la faceva più a dipendere dai suoi genitori, voleva dimostrare loro che non era da meno dei suoi fratelli e che anche lei poteva farcela da sola. Così, finite le superiori, si era trasferita a Manchester, precisamente a casa di Bella, che aveva un appartamentino indipendente a due piani, non molto grande ma confortevole per due persone. Si era trasferita lì verso metà estate, subito dopo gli esami e si era messa a studiare per i test d’ammissione. Ormai da qualche mese frequentava la facoltà di Storia dell’Arte, spinta dal suo interesse per le arti figurative e soprattutto dalla sua bravura nel disegno e nella pittura, scegliendo Manchester anziché Liverpool, sebbene più rinomata, perché altrimenti si sarebbe ritrovata completamente sola. 

Per non essere un peso aiutava nelle faccende di casa e, grazie al lavoretto in un pub, pagava la sua parte di bollette – avrebbe desiderato pagare anche l’affitto ma Bella glielo aveva impedito perché altrimenti sarebbe rimasta al verde, infondo non la pagavano così tanto. Anche Bella frequentava la medesima università studiando, però, Drammaturgia e lavorava presso il  negozio di animali di una sua zia. 

Alice correva a perdifiato, con un pizzico di fortuna sarebbe riuscita a prendere l’autobus che l’avrebbe portata in Oxford Road, da dove sarebbe stato facile raggiungere l’università, situata vicino ai Mandela Buildings. L’autobus quella mattina era pieno zeppo di turisti e le toccò stare in piedi per tutto il viaggio. 

Una mezz’oretta dopo saltò giù dal mezzo pubblico e muovendo pochi passi sul marciapiede entrò da Philip’s, dove ordinò un succo d’arancia in lattina ed un toast che avrebbe mangiato strada facendo. Diede un morso al quadratino di pane tostato e guardò l’orologio da polso.

‘Sono in orario’ pensò, riassestandosi la borsa sulla spalla e stringendosi nel cappotto.

Faceva un gran freddo, era ottobre e Alice non poteva credere che il clima fosse già così rigido, non pensava che Manchester fosse così fredda già in autunno.  

Dopo poco meno di cinque minuti si ritrovò presso un edificio la cui facciata era composta da un muro di mattoncini, la cui insegna recava scritto: Manchester Metropolitan University. Varcò la soglia e diede un’occhiata all’orario che aveva appuntato su un foglietto. Mentre lo studiava una mano le batté su una spalla e quando si voltò, una ragazza dai folti capelli biondi le stava davanti.

“Buongiorno!” 

“Buongiorno a te, Pat. Dov’è Julia?”

“Laggiù, oggi l’ha accompagnata Davies” rispose indicando una coppietta che indugiava fuori dall’entrata.

Patience Gallagher e Julia O’Sullivan erano compagne di corso di Alice e sue amiche. Coetanee, Pat era bionda e aveva i boccoli, Julia era rossa e riccia. Pat non era stata molto fortunata in amore, di solito i ragazzi volevano solo divertirsi con lei, Julia invece, stava insieme al suo ragazzo sin dai tempi del liceo.

“Eccola che arriva” osservò Pat mentre la rossa si avvicinava nella loro direzione.

“Buongiorno”

“Ciao, Julia”

“Un giorno o l’altro finirai per sposarlo!” la stuzzicò Pat.

“Sbaglio o questi non sono fatti tuoi?”

“Ah ah ah, già vi vedo…” e così dicendo simulò la marcia nuziale con una cantilena.

“Ripeto, non sono cose che ti riguardano, Patience…”

A quelle parole Pat s’innervosì, odiava il suo nome pronunciato per intero e, a dispetto di ciò, era una ragazza tutt’altro che calma e paziente, così aprì bocca per ribattere ma Alice si mise in mezzo alle due e le riprese.

“Smettetela adesso, abbiamo lezione, lo avete dimenticato? Su, al secondo piano”

Le spinse su per la rampa di scale e in pochi minuti si ritrovarono sedute in aula. Il docente iniziò la sua spiegazione ma le tre studentesse parlavano per conto loro.

“Ehi, Alice!” bisbigliò Pat, dandole una gomitata nelle costole.

“Che c’è? Sto cercando di seguire…”

“Oh, andiamo, che te ne importa?”

“Forse le spiegazioni del professor Webster sono necessarie per il prossimo esame” rispose sarcastica.

“Ma dici davvero?”

“Certo, Alice non è mica svogliata come te” la rimproverò Julia.

“Su, per una volta lascia perdere gli appunti e guarda là!” e così dicendo indicò un ragazzo seduto dall’altra parte dell’aula. “Sai, si chiama Mike Newton, non è uno schianto?”

“Sinceramente non mi interessa”

“Cosa? Ma non lo stai guardando nemmeno!”

“Te l’ho detto, non lo guardo perché non mi interessa”

“Ma hai i prosciutti davanti agli occhi? O gli ormoni congelati?!”

“Pat, ascolta, l’unico motivo per cui passo qui parte delle mie giornate non è per guardare i ragazzi carini ma semplicemente per studiare” 

“Okay, ma non c’è niente di male a unire l’utile al dilettevole…”

“Ma non hai ancora capito che a Alice importa solo laurearsi al più presto? Dovresti prendere esempio da lei visto che sei indietro, invece pensi solo a distrarti” le fece notare Julia.

“Per te è facile parlare, ce l’hai già il ragazzo!” sbottò. 

“Miss Gallagher, c’è qualche problema?” la richiamò il professore.

“Come? Oh, no, nessun problema”

“Se la lezione non le interessa non è tenuta a seguire ma cerchi almeno di non disturbare col brusio della sua voce, mi creda è molto fastidioso”

“Mi scusi, non si ripeterà”

“Bene. Dunque, come stavo dicendo, la pittura rinascimentale italiana…”

“Oh, accidenti!” mormorò Pat.

“Ah ah ah, ‘molto fastidioso’, che spasso!” sghignazzò Julia, imitando il docente sottovoce.

“Non è divertente!”

“Sì che lo è! Non è vero, Alice?”

“Sì lo è, adesso però mi fate seguire in pace?”

“Ma che noia!” dissero all’unisono le due ragazze.

Alice Cullen era sbarazzina e fantasiosa ma anche una ragazza matura e responsabile, dedita allo studio e al lavoro, eppure qualcosa mancava nella sua vita, qualcosa di molto importante: l’amore. 

A seguito di un rifiuto ai tempi del liceo si era ripromessa che non si sarebbe mai più innamorata, ma di certo non era qualcosa che si potesse stabilire prima, non sapeva sapere in anticipo che il destino aveva in serbo qualcosa di diverso per lei...


_____________________________

L’angolo di Amy

Ciao gente,

sono nuova circa le storie su Twilight... Comunque che ve ne pare come inizio? Come vedete ci sono anche dei nuovi personaggi e, come potrete credo intuire da voi, la storia non tratta l'argomento "vampiri", i personaggi sono tutti dei comuni esseri umani, spero la cosa non dispiaccia.
Spero che leggerete e mi lascerete vostre recensioni, lo gradirei molto. 

Grazie dell’attenzione, a presto.
Amy 


Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2: Un folletto e un damerino ***




Un folletto e un damerino


Era pomeriggio inoltrato e Alice se ne stava sdraiata sul divano del soggiorno davanti alla televisione con una tazza di tè fumante in mano, visibilmente annoiata.

Fuori era quella che per il periodo si poteva definire una bella giornata, il cielo era sereno, poche nuvole qua e là con tanto di qualche pallido raggio di sole, cosa alquanto insolita a Manchester di quei tempi. E lei se ne stava lì in casa, senza nulla da fare, niente università e al pub ci avrebbe lavorato l’indomani.

“Che fanno in tivù?” domandò Bella sporgendosi dalla cucina.

“Assolutamente niente, facevo zapping ma non ho trovato nulla di interessante”

“Capisco, stai su, fra poco arriverà tuo fratello”

“Eddie?”

“Certo”

“Non aveva da fare al lavoro?” chiese, stiracchiandosi.

“Già, ma fortunatamente si è liberato”

Alice andò in cucina e mise la sua tazza nel lavandino.

“Che c’è stasera per cena?”

“Stasera rincaserò tardi, quindi ordineremo qualcosa da Marini’s” spiegò Bella mentre sistemava i piatti nella lavastoviglie. 

“Ah, d’accordo. Che hai di bello da fare? Appuntamento galante con un altro?” la stuzzicò.

“Dai, non scherzare! Stasera esco con Rosalie, finalmente abbiamo il tempo di fare un’uscita decente visto che siamo sempre così occupate”

“Sono contenta per te e poi anch’io potrò salutarla, in effetti è un po’ che non la vedo”

“Ma che dici, Alice? Tu non ci sarai quando verrà a prendermi”

“E perché no?”

“Ma come, te ne sei dimenticata?”

“Non ti seguo, Bella…” disse grattandosi la testa. 

“Stasera tu e i tuoi fratelli andrete a Old Trafford, no?”

Alice spalancò la bocca e sgranò gli occhi: dovevano andare allo stadio a vedere lo United, Emmett aveva ottenuto i biglietti diverse settimane prima, come aveva fatto a dimenticarlo?

“A giudicare dalla tua faccia te ne eri scordata, eh?”

“Già… Mi era proprio uscito di mente! Beh, allora vado a prepararmi”

“Fa’ presto, Edward sarà qui a momenti”

“Okay!”

Corsa in camera, Alice si cambiò d’abito, indossando un golfino a scacchi, un paio di pantaloni di vellutino e gli stivaletti di camoscio neri. Dopodiché andò in bagno e terminò di prepararsi, ravviando i capelli e truccando leggermente occhi e labbra.

Pochi minuti dopo scese la rampa di scale e andò in soggiorno. Suo fratello Edward era seduto sul divano accanto a Bella e i due si stavano scambiando qualche effusione, finché Alice si schiarì sonoramente la voce e allora si staccarono l’un dall’altra.

“Attenti o rischiate di consumarvi le labbra, piccioncini!” disse in tono dispettoso.

“Ciao, anch’io sono felice di vederti, sorellina pestifera” rispose causticamente Edward.

“Non ti avevamo sentita, sai?”

“Lo avevo immaginato, Bella. Allora, che si fa? Andiamo?”

“Certo” fece suo fratello alzandosi dal divano e andando alla porta.

Alice intanto si infilò il cappotto di panno e il basco e sistemò la borsetta sulla spalla mentre Edward salutava affettuosamente la sua ragazza.

“Ci vediamo più tardi” fece Alice uscendo dalla porta principale.

“A stasera Bella, divertiti”

“Anche tu, tesoro” e dopo un altro bacio Edward si decise a seguire sua sorella che già stava scendendo le scalette di casa.

“Emmett ti ha detto dove ci incontriamo?”

“Ci aspetta in Gilbert Way, c’è un po’ di traffico dalle nostre parti”

Pochi istanti dopo erano seduti nella Volvo di Edward e allacciavano le cinture.

“Chi affrontiamo oggi?”

“Il Tottenham” rispose mettendo in moto.

“E pensare che me ne stavo dimenticando”

“Del match? Accidenti a te, Alice, ma dove hai la testa?”

“A breve ho un esame importante e sono concentrata sugli argomenti, mi sembra comprensibile che dimentichi qualcosa”

“Ma hai fatto il diavolo a quattro per venire con me ed Emmett! A proposito di lui, viene anche un suo amico che ci teneva tanto a venire con noi, sei contenta?”

“Mah, sinceramente non mi interessa se saremo tre oppure quattro…Perché dovrei, comunque?”

“Perché a quanto mi risulta non hai ancora un ragazzo…”

“Ed, te l’ho detto un mucchio di volte, non sono fatti tuoi, chiaro?”

“Shane non è malaccio, vedrai che ti piacerà”

“Ma hai sentito quel che ti ho detto? Non mi interessa!”

“Okay, non innervosirti adesso. Aspetta prima di vederlo”

Alice sbuffò e voltò la testa verso il finestrino.

“Mi trattate sempre come una bambina eppure ormai ho vent’anni”

“Non sono poi tanti” rispose suo fratello.

Possibile che nessuno potesse fare a meno di ficcare il naso nella sua vita? 

Non molto tempo dopo arrivarono a destinazione dove Emmett e Shane li stavano aspettando nella Ford del maggiore dei Cullen. Cercarono un parcheggio non troppo lontano dallo stadio e quando l’ebbero trovato scesero dalle auto e si salutarono.

Emmett e il suo amico, così come Edward, indossavano maglie e cappelli dello United e spille verde e oro.

“Ehi, Alice!” il fratello corse a salutarla. “Nervosa, eh? Ci aspetta una bella partita” e, così dicendo, Emmett tirò fuori da una busta una sciarpa verde e oro e un cappellino rosso e li porse entrambi a sua sorella “Questi sono per te, mettili”

“Oh, grazie, fratellone!”

“Ciao, io sono Shane” si presentò l’amico di Emmett poco dopo. Era un ragazzo alto e smilzo, con i capelli biondo-rossicci e le lentiggini che gli coprivano parte del viso.

“Piacere di conoscerti, sono Alice” gli rispose educatamente, stringendogli la mano.

“Siamo in perfetto orario. Direi che possiamo cominciare a muoverci”

“Okay, Mett”

Si incamminarono verso l’Old Trafford e parecchi minuti più tardi presero posto in tribuna.

“Wow, da qui si vede benissimo!” si complimentò Alice.

“Lo so, è stata una vera fortuna che un mio collega me li abbia venduti” fece Emmett guardandosi attorno con espressione compiaciuta.

“Ehi, io vado a prendere da mangiare, cosa vi porto?” chiese Edward.

Tornò poco prima che si diffondesse dagli altoparlanti l’inno della squadra, il Glory Glory Manchester United. Dopo qualche minuto le squadre entrarono in campo e dopo il fischio dell’arbitro la partita incominciò.

 

 

Durante l’intervallo Alice si alzò per andare in bagno. Uscita dalla porta della toilette però, nella piccola folla che faceva la fila, andò a sbattere contro qualcuno. Quando alzò gli occhi per scusarsi rimase a bocca aperta. Il ragazzo che le stava davanti era talmente carino da mozzarle il fiato coi suoi capelli biondo scuro e due penetranti occhi nocciola che la fissavano intensamente. Avrebbe voluto chiedere scusa ma dalle labbra non le uscì nemmeno un suono.

“Ehi, fa’ attenzione! Cosa sei, una sottospecie di folletto?” le domandò con voce limpida, un sorrisetto divertito dipinto sulle labbra. Questo fece riprendere Alice che, indignata, chiese: “Scusa?”

“Dico, sei svampita e hai la testa fra le nuvole, sarai mica un folletto dei boschi?”

La cosa punse Alice nell’orgoglio – ma come si permetteva quello sconosciuto di prenderla in giro? Non volle replicare però, decisa a non dargli alcuna soddisfazione, d’altronde era soltanto uno sconosciuto, si disse. Sistemò la sciarpa attorno al collo e risistemò il colletto della giacca con un colpo della mano, quindi con aria di superiorità se ne ritornò in tribuna.

“…speriamo solo di rimontare, questi tre punti ci farebbero proprio comodo”

“Vedrai che entra Chicharito e sistema tutto”

“Sicuro, adesso passiamo in vantaggio. Sta’ a guardare che combina Wazza!”

I ragazzi stavano parlando tra loro della partita quando Alice riprese il suo posto.

“Alice, ti abbiamo ordinato una cola light”

“Grazie mille, Mett, è quello che mi ci vuole”

“Ma che hai sorellina? Successo qualcosa?”

“Sta’ tranquillo, Edds” e così dicendo bevve un sorso della sua bibita.

I tre accompagnatori ripresero a parlare del match e lei sbollì il nervosismo a poco a poco e, una volta dato il via al secondo tempo, decise che quel ragazzo, carino sì, ma impertinente, non gli avrebbe di certo rovinato la partita, così prese in mano la fotocamera e iniziò ad immortalare varie sequenze del match in corso.

 

 

“Cosa ti dicevo? Ah ah ah!”

“Gli Spurs adesso sì che devono mangiarsi le mani!”

“Fletcher è stato grandioso!”

“Un ottimo risultato, davvero” si aggregò anche Alice. “Rooney, Giggs e Carrick prodigiosi!”

“Ben detto, sorellina!” disse Emmett battendole affettuosamente un colpetto sulla spalla.

“Adesso aspettaci qui, andiamo a prendere le auto e torniamo subito”

“Okay”

“Shane, ti spiacerebbe far compagnia a Alice nel mentre?”

“So badare a me stessa”

“Lo so” fece Edward “Ma è bene stare attenti, c’è troppa gente”

“Per me non c’è problema” rispose Shane, rivolgendo un ampio sorriso alla ragazza.

“Non fare quella faccia, ci metteremo poco” le sussurrò Emmett in un orecchio.

“Dì un po’ Alice, quanti anni hai?” le domandò il ragazzo poco dopo, tanto per fare conversazione.

“Venti, e tu?”

“Ventitré”

Alice annuì semplicemente.

“Da quanto segui lo United?”

“Praticamente da sempre, Emmett e Edward mi facevano guardare le partite in tivù quando eravamo bambini ed abitavamo a Londra”

“Anche per me è andata così, mio padre lo ha sempre adorato e mi ha trasmesso la sua stessa passione”

Shane era simpatico, un tipo alla mano. Curioso, ma alla mano, si capiva subito. Parlarono finché Alice si sentì battere un colpetto sulla spalla, si voltò di scatto e vide il ragazzo che l’aveva presa in giro fuori dai bagni sorpassarla.

“Mi fa piacere rivederti, piccolo folletto” disse. “Spero che non sia l’ultima volta, alla prossima”

“Non ci sarà una prossima volta, razza di… Razza di damerino!”

Stavolta era stato più forte di lei, aveva messo da parte le buone maniere e gli aveva urlato contro, contro uno sconosciuto, in mezzo ad una strada inverosimilmente affollata. Il biondino sorrise divertito e si allontanò insieme ad un altro paio di ragazzi che erano con lui, salutandola con un rapido cenno della mano.

“Alice, calmati” le disse poco dopo Shane prendendola per una spalla.

“Sono calmissima!” rispose, divincolandosi dalla presa del ragazzo.

Dieci silenziosi minuti più tardi la folla si era esaurita quasi del tutto e le auto di Emmett e Edward raggiunsero la strada.

“Ce ne hai messo di tempo” si lamentò la ragazza salutando Emmett e Shane e montando sulla Volvo. “Sta anche iniziando a piovere!”

“C’era traffico” si giustificò suo fratello, piccato.

Una mezz’oretta dopo Alice rientrò a casa e la trovò buia, visto che Bella era uscita con la sua amica Rosalie, la ragazza storica di Emmett.

Lesse il biglietto che Bella le aveva lasciato in cucina in cui le diceva che avrebbe cenato fuori e che poteva ordinarsi la cena al ristorante italiano considerando che in frigo non c’era molto. 

‘Devo ricordarmi di fare la spesa’ pensò, aprendo il portafogli. Ma si rese subito conto che lo stipendio scarseggiava, perciò in quell’occasione non poteva permettersi di spendere più di una dozzina di pounds. Si concesse un bagno caldo, poi ordinò la cena e si mise a guardare la tivù. In realtà però stava ripensando a quel ragazzo e le montava su la rabbia ogni volta che si ricordava del modo semplice e sfacciato con cui l’aveva derisa. Non l’aveva insultata, d’accordo, ma era pur sempre uno sconosciuto che l’aveva presa in giro pubblicamente. 

‘Che rabbia!’ pensò mentre lavava i piatti.

Bella rincasò verso le undici e volle sapere com’era andata la partita, così Alice la raccontò il pomeriggio trascorso coi fratelli.

“Oh, andiamo, te la sei presa per così poco?” commentò alla fine la Swan.

“Non è per quel che mi ha detto, ma il suo tono mi ha davvero infastidita!” spiegò. 

“Su, ora calmati, tanto non lo rivedrai più” la rassicurò Bella accarezzandole una spalla.

“Me lo auguro!”

“Stai tranquilla”

“Ah! Guarda: ti ho comprato la tazza di Van Persie al megastore dello United. E poi dici che non penso mai a te quando faccio shopping!”

“Wow, ma è bellissima! Grazie Alice, sai che lo adoro!” disse, abbracciandola.

“Figurati, Bella” rispose. “Tu che mi racconti, invece?”

 

_____________________________

L’angolo di Amy 

Ciao gente,

ma chi sarà mai questo sfacciato ragazzo? Qualcosa mi dice che voi lo sapete già… Ma come la prenderà Alice quando saprà che, contrariamente a quanto ha detto Bella, è destinata a rivederlo? 

Prima di salutarvi ci tenevo a ringraziare chi sta seguendo la storia, grazie mille! ^^

Vi aspetto nel prossimo capitolo, 

Amy 


Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3: Tutti insieme appassionatamente - atto I ***


 

Tutti insieme appassionatamente - Atto I


“D'accordo, avrà fatto pure il galletto” disse Patience con la forchetta in mano. “Ma la cosa che conta è che è carino e ti ha notata”

“Sciocchezze, la bellezza non è fondamentale e poi non mi importa di lui”

“Ma insomma Alice, se nemmeno questo sconosciuto è riuscito a far colpo su di te, non è che non ti piacciono più i ragazzi?”

Julia spruzzò via la cola che aveva in bocca non riuscendo a trattenere una risata, Alice era esterrefatta.

“Pat, ma come ti vengono in mente certe cose? Ah ah ah ah ah!”

“Io non ci trovo niente da ridere, Julia, è plausibile che la pensi così dopo i suoi commenti”

“Ti assicuro che i ragazzi mi piacciono ma ora mi interessa solo studiare e vivere la mia vita, non ho interesse verso nessuno” le rispose Alice. “Tu, invece, ci pensi un po’ troppo, Pat!”

“Non è vero, sto solo cercando quello giusto per me…”

“E cosa ci sai dire di questo ragazzo giusto per te?” chiese Julia.

“Beh deve essere bello, alto, muscoloso, deve avere begli occhi, belle mani, un bel fondo schiena, un sorriso affascinante…”

“Prego, signorina, la stanza sogni impossibili è per di qua…”

“Oh, non prendetemi in giro!”

“Pat, sii ragionevole, tu vorresti un Mr. Universo come ragazzo, non ti sembra di chiedere troppo?” domandò Alice, finendo l’insalata.

“No, Miss Non-mi-importa-di-quel-ragazzo, io me lo merito un belloccio!”“Nessuno dice che non te lo meriti ma non penso che si possa incontrare un tipo così dall’oggi al domani, e poi penso che tu ti concentri troppo sulla bellezza”

“Ha ragione, non pensi che oltre ai muscoli abbia bisogno di una personalità e, soprattutto, di un cervello?” si aggregò Julia.

“A cosa gli serve un cervello quando sta con me? Un secchione mi ammorberebbe con le sue chiacchiere e la cosa mi toglierebbe ogni entusiasmo”

“Ci stai dicendo che saresti davvero disposta a prenderti un emerito idiota purché sia bello?”

Patience annuì semplicemente lasciando le amiche di sasso.

“Visto che nessuno mi prende sul serio non vedo perché dovrei farlo io. Beh, ora vi saluto, devo scappare, ho un appuntamento con Cassie. Ci vediamo mercoledì, ciao” scambiò i saluti e si allontanò a piedi.

“Chi è Cassie?” domandò Alice poco dopo.

“La sua parrucchiera” rispose Julia distrattamente.

“Chissà perché si pone in maniera così superficiale. Okay, è sfortunata in amore, ma non vedo perché…”

“Alice” fece Julia. “Pat potrebbe essere molto fortunata e avere un sacco di bei ragazzi ma sai bene che non è quel genere di ragazza, e non è fatta nemmeno nel modo in cui si pone, la conosco da tempo ormai e posso dirti che prima non era così, insomma non era come la conosci tu”

“E com’era?”

“Beh, per alcune cose non è cambiata ma il modo di porsi non è più quello di una volta, ora vuole apparire estroversa e sicura di sé e vuol dare l’impressione di essere felice così, ma dentro soffre tantissimo e può nasconderlo a tutti ma non a me, e soprattutto non a se stessa”

“Vuoi dire che Pat non cerca l’uomo che ha descritto poco fa?”

“Senz’altro vuole un bel ragazzo ma, dopotutto, chi mai vorrebbe il contrario? Lei non cerca veramente un tipo superficiale, se così fosse si sarebbe messa con qualcuno già da tempo, non ti pare? Patience vuole una persona seria accanto a sé, una persona che sappia apprezzarla ed amarla per ciò che è davvero e non per ciò che appare. Ma  le delusioni avute finora l’hanno tirata giù di morale, ecco perché fa così”

“Non l’avevo mai vista in questa prospettiva… Già, sta soffrendo”

“Puoi dirlo. Credo che ti abbia anche un po’ invidiata oggi”

“Me? E perché?”

“Perché quel ragazzo ti ha notata e per attirare la tua attenzione ha fatto una battuta senza doppi sensi”

Alice stava per ribattere ma poi comprese quello che voleva dire e le dispiacque per la sua amica visto che gli unici complimenti che riceveva erano sull’aspetto fisico.

“Comunque secondo me anche tu avresti bisogno di aprirti di più all’amore, insomma dovresti cercare anche tu la tua anima gemella”

“Finché si tratta di Pat okay, ma io sinceramente non ne ho bisogno, non mi serve proprio, guarda, sarebbe solo un impedimento”

“Io non credo, perché non abbandoni quest’eccessiva serietà e ti dai una possibilità?”

“Mah, non penso sia una buona idea. Devo pensare a studiare e…”

“Lo studio è importante ma ricordati che devi prima di tutto vivere la tua vita”

“E infatti lo sto facendo…”

“Sì, ma non sei soddisfatta, lo so per certo. Non lo sei davvero, te lo leggo in faccia che ti manca qualcosa”

Alice si stava innervosendo ma si trattenne dal risponderle. Non era così, che ne sapeva lei? Che cosa poteva saperne Julia di come aveva sofferto solo pochi anni prima proprio per colpa dell’amore? 

Nel frattempo l’amica si era infilata il giubbotto pesante e aveva impugnato l’ombrello, pronta ad uscire.

“Ora devo proprio scappare, il mio tesoro è arrivato”

“D’accordo, salutalo”

“Senz’altro. Ad ogni modo, guardati attorno” disse alzandosi dalla sedia e strizzandole l’occhiolino. “Ci vediamo”

“Ciao”

Julia si diresse alla cassa, pagò il conto e se ne andò. 

‘Sciocchezze’ pensò Alice. ‘Non ho bisogno di niente, non ho bisogno di nessuno, sto benissimo così!’

Terminò il toast e la cola e si mise il cappotto sulle spalle, prese la borsa ed imbracciò l’ombrello. Pagò il suo paio di pounds quotidiani e uscì anche lei da Philip’s.

Pioveva. Fortuna che aveva seguito il consiglio di Bella e si era portata l’ombrellino a motivo scozzese così poteva comodamente tenerlo in borsa quando non serviva. Lo aprì, appoggiò la borsa sulla spalla e si lanciò sotto il diluvio. 

Quando rientrò a casa mise l’ombrello fradicio nel portaombrelli e si tolse di dosso il cappotto e gli stivali lasciandoli nell’ingresso ad asciugare.    

“Alice?” chiamò Bella dal salotto.

“Sì, sono io” rispose, raggiungendo l’amica.

“Che tempo fa fuori?”

“Piove a dirotto e tira un ventaccio...” fece, sistemandosi davanti al fuoco. Era la prima volta da quando abitava in quella casa che Bella lo aveva acceso, era evidente che il freddo più rigido stava arrivando. 

“Perché me lo chiedi?”

“Fra poco esco, devo fare la spesa e devo sbrigare alcune commissioni”

“Perché non lo hai chiesto a me?”

“Sapevo che eri con le tue amiche, non volevo disturbarti”

“Non ci sarebbe stato alcun problema. Vuoi che ti accompagni?”

“No, meglio di no, sei appena tornata. Ad ogni modo, hai impegni per stasera?”

“Sì, devo lavorare, perché?”

“Hai presente la cena con Rosalie di cui ti avevo parlato?”

“Sì, è per sabato prossimo, giusto?”

“Beh, lo era. Ma ha pensato di farla questa sera visto che suo fratello è venuto a trovarla da Birmingham e domani riparte. Sai, vorrebbe presentarcelo, quale occasione migliore se non questa?”

“E’ per questo che vai a fare la spesa adesso?”

“No, ci vado perché domani ho da fare e so che tu devi studiare. Gli avevo proposto di farla qui ma visto che l’ha anticipata ci ha invitato a casa sua”

“Non sapevo che avesse un fratello, comunque”

“Mi sembrava lo sapessi” disse Bella sorpresa. Ma quando Alice scosse il capo fece spallucce e continuò: “Ha un anno più di te”

“E a che ora dobbiamo andare?” tagliò corto la piccola Cullen, evitando accuratamente di replicare sull’argomento.

“Ma se tu non puoi venire è meglio che la chiami e rimandiamo ad un’altra volta”

“Tranquilla, dacché ho iniziato a lavorare non mi sono mai assentata quando ero di turno al pub, mi spetta qualche giorno, diciamo, di permesso. Chiamo subito Bernie, lavorerà Cindy al posto mio”

“Ne sei sicura?”

“Certo! A che ora andiamo?”

“Non c’è fretta, Edward verrà a prenderci verso le otto”

“Allora posso riposare un po’, ho avuto una giornata pesante all’università”

“E’ successo qualcosa?”

“No, niente di che, ho avuto una discussione con un docente sull’argomento ma per fortuna è durata poco”

“Accidenti, fai attenzione”

“Tranquilla, è stata una discussione civile e poi abbiamo risolto subito”

Bella ne fu sollevata.

“Meglio che vada ora, di questi tempi comincia a far buio presto”

“Copriti bene”

“Grazie, sorellina!”

Già, quelle due erano proprio come sorelle, si volevano un gran bene e si preoccupavano l’una dell’altra. 

Alice chiamò il pub ed il suo capo le concesse il permesso che le spettava, quindi si rilassò sul divano ed accese la tivù. Come al solito non c’era nulla di interessante da vedere, sempre e solo i soliti, stupidi, programmi trash. Allora si fece una cioccolata calda, lasciandone un po’ per Bella, quindi prese i suoi libri e si mise a studiare sulla poltroncina davanti al caminetto – in camera sua faceva un po’ freddo e lì si stava troppo bene. 

Un paio d’ore più tardi si fece la doccia nel piccolo bagno del piano di sotto, poi andò in quello di sopra dove terminò di prepararsi. Infine, in camera sua, scelse gli abiti che avrebbe indossato. Dopo un’attenta riflessione optò per un golfino lilla con i bordi rifiniti in tulle ed una spilla in tessuto a forma di fiore sul davanti, un paio di skinny jeans e le sue Chuck Taylor nere. In quel momento sentì bussare alla porta.

“Posso entrare?”

“Certo, Bella”

“Cavolo, stai benissimo!”

“Dici? Grazie”

“Eppure non mi sembri entusiasta…”

“No, è solo una tua impressione”

Diede un ultimo sguardo alla sua mise e prese la borsetta comprata da Burberry, regalo dei suoi genitori per il diploma, quindi cominciò a infilarvi oggetti vari dentro.

“Grazie della cioccolata, comunque, era deliziosa! Ora è meglio che mi sbrighi altrimenti faremo tardi”

“Come mai ci hai messo tanto?”

“Lascia stare… Il supermercato era affollatissimo, cosa insolita oggi, poi la signora Graham mi ha raccontato per la milionesima volta com’è morto il suo Chester e allora…”

“Eh? Ancora? Non posso crederci!” disse prima che le scappasse una risata.

“Già… Beh, a fra poco. Nel frattempo, saresti così gentile da lavare il bricco e le tazze quando hai finito?”

“Okay”

Bella allora chiuse la porta e se ne andò. 

‘Chissà che tipo è il fratello di Rosalie’ pensò Alice, cercando i chewing gum in un cassetto. ‘Speriamo che sia simpatico’

Poco dopo, cercando il cellulare sulla scrivania, l’occhio le cadde su una cornice contenente una sua foto con Julia e Patience. Come le dispiaceva per Pat, voleva che fosse felice e che trovasse qualcuno che le volesse bene davvero, ma d’altra parte non c’era nulla che lei potesse fare per aiutarla. Pensò al discorso che avevano fatto quel pomeriggio quando erano a pranzo da Philip’s, a come aveva giudicato superficiale Pat e a come poi si era ricreduta una volta che era rimasta con Julia. Se solo l’opinione maschile nei suoi confronti fosse stata diversa, Pat non sarebbe stata tanto infelice e chissà che a quell’ora lei non stesse insieme a qualcuno. 

Ripose le tazze ed il bricco puliti nella credenza della piccola cucina, poi andò a sedersi in salotto e fece un rapido giro dei canali televisivi mandando messaggi alle sue amiche contemporaneamente per ammazzare il tempo nell’attesa che Bella avesse terminato. Un quarto d’ora più tardi Edward suonò il campanello e quasi la travolse quando gli aprì.

“Ma non potevi portarti l’ombrello, intelligentone?”

“Ho fatto tardi e me ne sono dimenticato”

“Come fai a dimenticarti l’ombrello quando fuori diluvia?”

“Lo sai che, essendo proprietario della macchina, potrei lasciarti a piedi?”

“Non fare tanto lo spavaldo solo perché la macchina di Bella è temporaneamente fuori uso e tu sei l’unico che può accompagnarci. E poi, se mi lasci qui posso sempre chiamare Emmett!”

“Oh, il suo fratello preferito!” esclamò, alquanto divertito. “Proprio come quando eri piccola. Mett, quello sgorbio di Edward mi ha nascosto la bambola! Mett, Edds mi prende in giro! Mett, Mett, Mett! Ah ah ah!”

“Avevo le mie ragioni! Emmett è molto maturo a differenza di certi altri fratelli di mia conoscenza…”

“Su, basta punzecchiarvi, voi due”

La voce di Bella riecheggiò per il salotto quando la ragazza fece capolino dalle scale.    

“Wow!” esclamò Edward.

“Andiamo?” chiese Alice indossando un giubbotto di pelle nera, al posto del solito cappotto di panno. Bella annuì mentre baciava il ragazzo. In un minuto furono fuori e saltarono in macchina prima di bagnarsi da capo a piedi com’era successo a Edward. 

 

 

“Ciao ragazzi, che bello avervi qui! Entrate, entrate!” esclamò Rosalie, accogliendoli in casa sua con un sorriso raggiante. Sembrava molto felice di avere ospiti anche se, probabilmente, da brava cuoca quale era, era stata tutto il pomeriggio davanti ai fornelli. Aveva legato i capelli dorati in una treccia che aveva poi modellato in un’ elegante acconciatura e indossava un grazioso abito stampato. Per l’occasione aveva apparecchiato la tavola nell’ampio, elegante salone, avente finestre panoramiche che davano su uno splendido spiazzo di giardino inglese che contornava la preziosa villa, – insomma, un ambiente caldo e romantico anche nei mesi freddi, l’ideale per fare una cena con gli amici. 

“Fra pochi minuti sarà tutto pronto, intanto servitevi, ci sono degli aperitivi” disse Rosalie, spingendo gli ospiti verso un tavolino a pochi metri da lei. “Emmett sarà qui a momenti. Come sono contenta che ci siate tutti!” 

Alice alutò la padrona di casa, sfilò il giubbotto e poco dopo prese una tartina al tonno e si allontanò dal salotto, uscendo sul piccolo portico di villa Hale da dove si vedeva il cortile anteriore alla casa, il cancello color legno, i muretti di mattoncini e le strade esterne alla proprietà. Quella zona della città le era sempre piaciuta molto sebbene ci fosse passata solo di rado. E poi Alice adorava Rosalie e la sua casa era un vero incanto. Quella era senz’altro una bella occasione di vedersi, visti gli impegni che avevano un po’ tutti non era mai facile mettersi d’accordo per organizzare una cena senza che qualcuno avesse problemi nel venire, ma dato che Rosalie ci teneva tanto a trascorrere un paio d’ore tutti insieme, nessuno se l’era sentita di rifiutare ed avevano accettato l’invito di buon grado, ed Alice stessa non voleva che la cena venisse rimandata proprio a causa sua. Dopotutto la buona condotta sul lavoro, finalmente, era servita a qualcosa in più oltre che a farle avere lo stipendio. 

Rosalie, la maggiore della famiglia Hale, aveva ventisei anni, viveva quasi sempre sola nella villa di famiglia poiché figlia di un manager e di un’importante avvocatessa, entrambi ormai residenti all’estero perché sempre in giro per l’Europa, e sorella di uno studente che aveva scelto di vivere a Birmingham. Bionda, alta e slanciata, lavorava presso un liceo di Manchester come docente di Letteratura ed era la ragazza di Emmett ormai da diversi anni. 

“Alice?” chiamò, uscendo sul portico a sua volta. 

“Sì?”

“Non stare lì così, ti prenderai un malanno!”

“Ma no, sta’ tranquilla, la struttura del tuo bel portico mi protegge”

“Sono proprio contenta che sia venuta anche tu” ribadì, prendendole le mani.

“Anch’io, grazie dell’invito”

“Oh, non ringraziarmi! Ah, guarda, è arrivato Emmett!” a quelle parole aveva lasciato Alice sul portico, aveva aperto un ombrello ed era scesa giù per i gradini, andando incontro al ragazzo che stava parcheggiando la macchina nel garage di villa Hale, accanto alla Volvo di Edward e alla sua Mercedes. Era incredibile come quei due dimostrassero l’affetto che nutrivano l’uno per l’altra con la stessa spontanea felicità di due adolescenti, notò Alice, eppure non era da poco che stavano insieme. La cosa stupiva ma non si poteva fare a meno di sorridere serenamente vedendo una scena simile.

Dopo i saluti, Rosalie salì al piano di sopra e ridiscese poco dopo accompagnata da un ragazzo. Lo presentò a tutti i suoi ospiti poi, quando venne il turno di Alice, la ragazza ammutolì tutt’a un tratto. 

“Alice, questo è mio fratello”

“Jasper. E’ un piacere conoscerti” disse lui tendendogli la mano e abbozzando un sorrisetto compiaciuto. L’aveva riconosciuta subito.

“Ehm… Alice” balbettò lei dopo alcuni istanti di esitazione, stringendogli la mano.

“Ragazzi, accomodatevi a tavola, io arrivo subito” disse allora Rosalie dirigendosi in cucina per preparare i piatti.

“Aspetta, veniamo a darti una mano”

“No, Alice, siete mie ospiti, quindi sedetevi perché al resto ci penso io” 

Alice allora si diresse nel salone quando Jasper, rivolgendole un altro sorriso, le sussurrò: “Ci siamo visti ancora, proprio come avevo sperato”

“E’ stato solo per puro caso e comunque non sperarci ancora perché la cosa non si ripeterà”

“Beh, adesso che so che mia sorella ha amiche così carine avrò la scusa pronta per venire a trovarla più spesso, così potrò rivederti, mio caro folletto”

“Non sperare di trovarmi qui ad aspettarti, damerino!”

Alice e Jasper presero posto insieme agli altri ma la ragazza si assicurò di essere a debita distanza da lui, prese posto fra Bella e Emmett trovandoselo, però, di fronte. Rosalie arrivò subito dopo, cominciando a servire le prime portate. Gli Hale erano di origini italiane per parte di madre e Rosalie doveva agli insegnamenti di sua nonna la sua bravura in cucina. Il primo piatto era costituito da fumanti e squisite lasagne, accompagnato da acqua minerale effervescente e del buon vino italiano, sia bianco che rosso. “Buon appetito!” disse Rose un attimo prima che gli ospiti impugnassero le forchette.

“Dì un po’, Jasper” domandò Edward alcuni minuti più tardi. “Così vivi a Birmingham, eh?”

“Già, ho un appartamento lì e studio alla Univeristy of Birmingham

“Ah, sei uno studente anche tu. E cos’hai scelto?”

“Archeologia, sono al secondo anno”

“Interessante” fece Bella, bevendo un sorso d’acqua.

“Sapete, mio fratello non ama vantarsi, ma è già molto avanti con gli esami, se continua così l’anno prossimo si laureerà” dichiarò Rosalie mettendo un braccio attorno alle spalle del fratello, piena d’orgoglio.

“Complimenti!” disse Edward insieme a Bella. “Hai la passione per l’arte antica, dunque”

“In realtà amo l’arte nel suo generale ma quella antica ha un fascino magnetico e ho un’ insaziabile sete di sapere in materia.Anche se, oggi come oggi, dubito che farò davvero l’archeologo”

“Scusa se te lo chiedo, ma come mai hai scelto Birmingham?” domandò Bella.

“Alle superiori, l’ultimo anno, mi ero messo con una ragazza che aveva intenzione di trasferirsi là con la sua famiglia così, per non allontanarmi da lei, ci sono andato anch’io. All’inizio funzionava ma dopo qualche mese, di comune accordo, ci siamo lasciati. Nonostante tutto ho deciso di terminare gli studi lì perché ho molti amici e mi ci trovo molto bene” spiegò Jasper, senza il minimo imbarazzo.

“Anche Alice studia Arte, non è così?”

Ad Alice andò quasi di traverso il boccone di sfoglia al sugo che aveva in bocca e, nonostante fosse sua ospite, se avesse potuto avrebbe strozzato Rosalie per averla chiamata in causa così all’improvviso.

“Ehm… Sì, certo, l’arte è una delle mie passioni”

“Frequenta Storia dell’Arte qui a Manchester e abita con me” spiegò Bella dato che Alice non diceva più del dovuto.

“Capisco, una bella facoltà, complimenti” disse Jasper con un tono di aristocratica cordialità.

“Oh, grazie… Anche la tua lo è” gli rispose per non essere da meno, anche se un po’ imbarazzata. 

“Finalmente hai trovato qualcuno con cui fare discussioni artistiche!”

“Edward, ho già dei colleghi, e poi…”

“Perché no? Ne sarei felice” si sovrappose Jasper, con quel sorriso smagliante sempre dipinto sulla bocca quando guardava nella direzione della piccola Cullen.

“Beh, anche volendo, se studi a Birmingham non sarebbe comunque una cosa semplice…” 

“C’è pur sempre il telefono o Internet, li hanno inventati, sai?” disse il fratello, sarcastico.

“Sì, Ed, ma avremmo comunque da fare…”

“Il problema non si porrebbe, in realtà. Verrò qui spesso, oltre a Rosalie ho i miei vecchi amici e ho prenotato i biglietti per parecchi match, per cui penso mi vedrete spesso in giro”

“Sapete, ragazzi, Jasper è un grande tifoso dello United” disse Emmett mentre aiutava la sua ragazza a disporre il secondo piatto a tavola. Pollo e patate al forno, salsicce, arancini di riso, caprese ed insalata mista.

“Wow, anche noi!”

“Lo so, Edward, mia sorella me ne ha parlato”

“Pensa che proprio sabato siamo andati a Old Trafford”

“Ma pensa un po’, c’ero anch’io”

“Davvero?” chiese Alice sarcastica.

“Sì, sono venuto giovedì scorso proprio per vedere il match. Penso che sia stata davvero una bella partita…”

La discussione si incentrò sull’argomento Premier League ed Alice poté tirare un sospiro di sollievo, non fu più chiamata in causa e poté gustarsi in santa pace la fantastica cenetta che Rosalie aveva preparato. Per il dessert si offrì di andare in cucina ad aiutare Rosalie al posto di Bella.

“Era tutto ottimo, Rose, grazie”

“Oh, figurati, adoro cucinare, soprattutto se gli ospiti siete voi!”

“Ehi, ha un aspetto delizioso ma… Che cos’è?” domandò, guardando il dessert che a prima vista assomigliava a budino bianco con cioccolato fuso sopra.

“In Italia si chiama panna cotta. Te la sentiresti di assaggiarla prima di portarla di là? Nel caso non fosse buona ho preso una torta gelato, sai, è la prima volta che la preparo da sola e non so se sia buona o meno… Mi faresti questo favore?”

“Non c’è problema” rispose Alice prendendo una coppetta, cucchiaino alla mano. Ne prese un po’ e l’assaggiò. “Ma è fantastico questo panno cotti!”

“Panna cotta… Grazie mille, comunque, sono contenta che sia venuta bene!”

“Aspetta che porto il vassoio”

“Sì, per favore, io preparo il caffè nel frattempo”

Alice tornò subito dopo e, nonostante l’avversione di Rosalie, l’aiutò a sistemare la cucina superficialmente, era chiaro che bisognava ancora spazzare e lavare i piatti ma almeno gli ingredienti avanzati sarebbero stati riposti nelle credenze e non ammucchiati sul bordo del lavandino o sul piano da lavoro.

“Che ne pensi di Jasper?” le chiese Rosalie poco dopo.

“In che senso?” la domanda l’aveva colta alla sprovvista.

“Non hai parlato molto stasera”

“Ma lui non c’entra… Ero concentrata sulla cena, cucini benissimo!” 

“Ah, in questo caso mi fa piacere” fece, con un ampio sorriso. “Sai, Jazz è un ragazzo con tante qualità, e non lo dico perché è mio fratello… Ma dopo quella ragazza ha avuto pochissime amiche, anche se in realtà sono più che altro colleghe o spasimanti, e anche se non lo da’ a vedere ho paura che abbia bisogno di un’amicizia femminile e così ho pensato a te”

“A me?!”

“Beh, sì, hai praticamente la sua età, tifi la sua stessa squadra e sei studentessa in una specialità connessa alla sua. Insomma, avete parecchie cose in comune”

“Già” 

“Conoscendolo, devi avergli fatto un’ottima impressione”

“Tu dici?”

“Ne sono più che certa”

“Ti aiuto con il vassoio?”

“Ah, sì, grazie”

La serata si concluse tranquillamente e il momento dei saluti arrivò prima di quanto Alice pensasse.

“Grazie della splendida serata”

“Oh, no, sono io che devo ringraziavi per essere venuti, Bella” rispose abbracciando l’amica.

“Era tutto fantastico, soprattutto le lasagne e quella pa-non-so-cosa

“Panna cotta, Alice, panna cotta!” la rimproverò affettuosamente Rose e tutti risero con lei.

“E’ stato un vero piacere conoscerti, Alice, ci vediamo” sussurrò Jasper con voce vellutata mentre le stringeva la mano.

“Buon viaggio” si limitò a dire Alice, sbrigativa, sperando in cuor suo di non doverlo vedere più. Un attimo dopo era sul sedile posteriore della Volvo di suo fratello e aspettava che lui e Bella vi entrassero dentro per poter tornare a casa.

“Accidenti, questa pioggia!” brontolò Edward, inserendo le chiavi nel quadro.

“Che ore sono?” domandò Bella una volta usciti dal cancello di villa Hale.

“Quasi mezzanotte” rispose il ragazzo mentre controllava l’orologio.

“Mezzanotte?! Oh, no, domattina devo andare all’università…” si lamentò Bella mettendosi le mani nei capelli.

“Eh, io ho il turno alle otto al supermercato e se non ci vado la signora Jenkins stavolta mi licenzia per davvero” s’aggregò il secondogenito dei Cullen.  

Alice la mattina seguente non aveva lezione, sarebbe rimasta a casa e ne avrebbe approfittato per fare le pulizie e per studiare un po’, senza contare poi che la sera seguente avrebbe dovuto lavorare. 

“Simpatico Jasper, non trovi?”

“Sì, Bella, mi è parso davvero un bravo ragazzo”

“Non lo dici solo perché tifa il Man. United, vero?”

“Può darsi…” scherzò Edward. 

Arrivate a casa, Alice lasciò la doccia a Bella che aveva fretta di coricarsi e si preparò un bagno rilassante con le candele ed una buona tazza di camomilla – quelle due cose sì che le avrebbero conciliato il sonno.

‘Figurarsi se quel damerino è simpatico…’ si ritrovò a pensare. ‘Ha quell’aria di superiorità, come se lui fosse tutto e tu niente…Ma come fanno gli altri a sopportarlo? Non ho alcuna intenzione di diventare amica di un tipo simile, possibile che non sappia farsi delle amicizie a Birmingham? Perché devono infastidire proprio me con la sua presenza? Con tutte le ragazze che ci sono al mondo… Possibile che uno così carino non abbia amiche?’ scosse la testa. ‘Ma che vai a pensare, Alice Cullen? La cosa primaria è il carattere non l’aspetto di una persona, il carattere! E lui di bello ha solo l’aspetto… Quello non posso negarlo, è carino, che mi piaccia oppure no…’ altra negazione col capo. ‘Ad ogni modo lui non mi interessa, che si mettesse in cerca di amiche se ne vuole, ma io non sono disponibile’

Alice era stata in qualche modo sconvolta dall’incontro di quella sera, di certo rivedere il ragazzo di Old Trafford era l’ultimo dei suoi desideri e trovarselo davanti così, senza via d’uscita poi, era giusto dire che si era trovata con le spalle al muro. Ma a lei la situazione non piaceva affatto e per tutto il tempo che trascorse a mollo nell’acqua calda pensò accuratamente alla faccenda e l’analizzò, non trovando, però, alcun vantaggio per se stessa. Come avrebbe fatto a diventare amica di quel Jasper se non le andava poi così a genio? Si convinse che ci avrebbe pensato su. Si coricò nel letto, sistemò le coperte e spense la luce sul suo comodino, piombando nel sonno a distanza di pochi minuti.  

 

 

––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––

L’angolo di Amy

Ciao gente.
scusate se mi faccio viva solo ora, dunque Alice si è trovata faccia a faccia proprio con quel “damerino” che non voleva assolutamente rivedere… Ciononostante, non vi sembra che Jasper, infondo, sia tutt’altro che odioso? La nostra protagonista però ormai la pensa così e sarà difficile farle cambiare idea…Voi che ne dite, che succederà nel prossimo capitolo? 

Grazie mille a voi che mi seguite, vi abbraccio. 

Amy 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4: La mostra d'arte ***


La mostra d’arte


Era passata più di una settimana dalla cena a villa Hale e Alice aveva ripreso la sua abituale routine archiviando l’argomento Jasper come off limits. Si trovava all’università insieme alle sue amiche e, mentre dava una letta agli appunti appena presi, Patience stava dando qualche consiglio a Julia. 

“Mettiti il vestito rosso che hai comprato la settimana scorsa, ti dico!”

“Ho paura che mi ingrassi!”

“Ma che stai dicendo? Sei magra come un chiodo e poi ti sta bene, è perfetto per l’ennesimo anniversario!”

“Ma non so, io non sono molto formosa e poi non ho neanche le scarpe adatte… Se faccio una brutta figura?”

“Durante questi anni ci sei uscita in tutte le salse con Davies, anche se sbagliassi abbinamenti non ci farebbe nemmeno caso, a lui importa solo passare la serata con te quindi fatti bella senza crearti inutili complessi!” fece, categorica. 

“Vestito rosso, quindi?”

“Decisamente! Tu che ne dici, Alice?”

“Dico che hai ragione, Pat, il vestito rosso sarebbe perfetto per l’anniversario”

“Visto?”

“Come del resto sarebbe perfetto se mi faceste capire qualcosa di quello che sto leggendo!” protestò.

“Stai sempre su libri e appunti, ma non ti stanchi?”

“Beh, voglio ottenere la laurea il prima possibile per potermi finalmente sistemare come si deve. È forse un reato, Pat?”

“Sagge parole” commentò Julia mentre Patience non trovò un modo per ribattere. 

“Che farete nel weekend, ragazze?” domandò la piccola Cullen poco dopo, arresasi all’idea di non potersi concentrare. 

“Davies mi porterà a cena venerdì sera e per il fine settimana andremo a Blackpool, ci pensate? Avremo la possibilità di starcene per conto nostro, finalmente!” rispose con il massimo dell’entusiasmo. 

“Un paio di amici mi hanno invitato in discoteca sabato, per domenica ancora non so”

“Beate voi, io non ho idea di cosa fare” si lamentò Alice, mettendo nella borsa i suoi appunti.

“A proposito, me ne stavo dimenticando!” fece Julia estraendo un giornale dalla sua borsa e passandolo ad Alice. “E’ l’articolo in alto a sinistra, leggilo”  

“La Art Gallery di Manchester promuove una mostra sulla pittura? Fantastico, è quello che aspettavo!”

“Mi sarebbe piaciuto andarci ma dato che sono impegnata ho pensato a te”

“Grazie mille”

“Figurati. Perché non ci vai anche tu, Pat?”

“Perché? Già devo sorbirmi noiosissimi libri a riguardo, dovrei anche sprecarci il weekend? No, grazie!” 

“Abbiamo opinioni diverse sull’argomento” osservò Alice con un sorriso mentre si alzavano tutte insieme per spostarsi in un’altra aula.

 

 

“A giudicare dall’articolo sembra un evento interessante” osservò Bella leggendo il giornale. 

“È da un pezzo che aspetto che quei quadri vengano esposti qui in città, non posso proprio perdere quest’occasione!” rispose Alice, mentre le sue dita correvano veloci sulla tastiera del portatile dell’amica.

“Già, ora che ci penso è un po’ che se ne sente parlare di queste tele”

“Sì, sono di autori, stili ed epoche diversi ma la maggior parte delle opere è di grandissima importanza e fama internazionale, insieme ad un piccolo numero di esordienti scelti, e dato che hanno fatto il giro dell’Europa e resteranno qui solo per pochi giorni è proprio il caso di andarci! Che cosa? Oh, no!”

“Che succede?”  

Alice perse tutto il suo entusiasmo e si accasciò con la testa sul tavolo.

“Leggi tu stessa”

Bella si avvicinò e fissò lo schermo del computer. “Capisco, hanno esaurito tutti i biglietti”

“Già, e questo solo per colpa mia che sono una stupida: dovevo informarmi tempo fa e invece non l’ho fatto! Ora mi perderò la mostra più importante dell’anno, accidenti!”

“Mi spiace” fece Bella porgendole una tazzina di caffè. 

“C’è posta per me?” domandò poco dopo, sorseggiando il liquido caldo.

“Niente, a parte un paio di opuscoli informativi e una cartolina da Boston da parte dei tuoi genitori. Ah, stamani Rosalie è passata dal negozio, ti manda i suoi saluti e mi ha lasciato questa per te”

Detto ciò Bella si tolse dalla tasca una busta da lettera bianca e la mise sul tavolo di fronte ad Alice. 

“Che cos’è?”

“Non ne ho idea, ha solo detto di dartela”

La piccola Cullen aprì la busta e all’interno trovò un foglietto che a prima vista non le disse nulla. Dopo un paio di secondi però si rese conto di ciò che teneva in mano ed esclamò: “Un… Un biglietto per la mostra all’Art Gallery!”

“Davvero? Wow!” commentò Bella, sorpresa almeno quanto l’amica. 

“Cavoli, devo assolutamente ringraziarla, averne uno a un giorno dalla mostra è praticamente impossibile!” esclamò prendendo il telefono. 

 
Il giorno fatidico arrivò in men che non si dica e Alice si svegliò in anticipo per avere il tempo di prepararsi con cura: a quel genere di eventi di solito ci andava un certo tipo di gente, elegante e raffinata, e lei non voleva essere da meno. Salutò Bella, uscì di casa e prese i mezzi pubblici. Arrivata in anticipo, fece colazione in un locale poco lontano e andò a curiosare in una libreria e qualche altro negozio nei dintorni.
Alle dieci in punto le porte della Manchester Art Gallery furono aperte e Alice fu una delle prime persone ad entrare. Solo un’area della galleria era riservata alla mostra, una grande sala che era stata svuotata delle sue opere abituali e dove invece erano stati inseriti numerosi quadri, alcuni famosi e altri quasi sconosciuti, ma tutti – osservò Alice – di estremo fascino. Dopo le dettagliate spiegazioni della guida di turno, la giovane si mise a riguardare i quadri che le erano piaciuti di più. Uno in particolare aveva attirato la sua attenzione da subito, così si incantò a guardarlo. Raffigurava una foresta semi buia invasa da un fascio di luce che sbucava fra gli alberi ricolmi di fiori, attorno ai quali volteggiavano dei piccolissimi uccellini, in un angolo si distingueva in maniera poco nitida un cervo che si abbeverava in una pozza d’acqua cristallina, mentre nella parte più alta si scorgeva un piccolo spicchio di cielo azzurro.
Alice rimase stregata dal gioco di colori, luci ed ombre e le sembrò di venire catapultata in un mondo bellissimo ed irreale. Lesse il cartellino al disotto dell’opera, la tela prendeva il nome de Il fascino misterioso delle foreste in primavera. Non aveva mia avuto l’opportunità di vedere l’opera né di sentir parlare di lei o del suo autore, il cui nome era comunque abbreviato in ‘J.H.’. Eppure per Alice quel quadro aveva molto più significato di tante opere ben più famose ed acclamate. 

“Sai, un folletto grazioso come te starebbe benissimo in questo quadro”

Alice si voltò per vedere chi avesse parlato alle sue spalle. E si ritrovò davanti Jasper!

Sorpresa, si si ricompose subito e gli rispose: “Guarda che non è divertente, signor damerino!”

Era effettivamente vestito di tutto punto quel giorno e sembrava quasi una guida. Una guida molto affascinante – fu costretta ad ammettere fra sé e sé. 

“Ma dai, non dirmi che ti manca il senso dell’umorismo?”

“No di certo, ma le tue battute non mi fanno ridere affatto. Piuttosto, perché sei qui?”

Jasper si guardò attorno teatralmente, poi rispose: “Mi sembra ovvio: per vedere la mostra”

“E tu ti sei scomodato a venire fin qui da Birmingham solo per vedere una mostra?” 

“Beh, sì, è la mostra più importante in questo periodo dell’anno e, dato che sono un appassionato, non potevo perdermela. Inoltre ero sicuro che ci saresti venuta anche tu” spiegò semplicemente. 

Alice scosse la testa senza ribattere. Rimasero a fissare il quadro in silenzio ancora per diversi minuti. 

“Di’ un po’, come facevi a sapere che sarei venuta anch’io qui?”

“Perché anche a te piace l’arte, no?”

“Non avrai mica dato tu il biglietto a Rosalie?”

“No, ma scusa che c’entra lei ora?”

“Rose mi ha dato il suo biglietto altrimenti non sarei mai riuscita a trovarne uno. Quando l’ho chiamata per ringraziarla mi ha detto che le era stato regalato ma che lei comunque non poteva venirci”

“Capisco, ma non sono stato io a regalarglielo, a dirla tutta non sapevo neanche che Rose fosse interessata – o fosse stata invitata a quest’evento. Io ho acquistato il mio biglietto in prevendita molti mesi fa” spiegò il ragazzo. 

Alice allora lo squadrò un momento. Sembrava sincero. 

Parlarono di molte opere che osservarono e Alice scoprì quanto i loro gusti in materia si somigliassero e si stupì non solo di non star discutendo con lui, ma anche di quanto Jasper fosse colto. E il tempo passò incredibilmente in fretta. 

“Bella mostra, vero?” chiese Jasper all’uscita. 

“Sì, molto interessante” aggiunse Alice. 

“Manca ancora un po’ all’ora di pranzo, ti va se andiamo a prenderci un caffè?”

“Non sono interessata, di certo non mi comprerai così” rifiutò, diventando improvvisamente brusca.  

“Comprarti?! Ma, Alice, io non…” tentò di spiegare, ma la ragazza si stava già allontanando a grandi passi, lasciandolo lì da solo.
Il ragazzo rimane deluso da quella reazione. Possibile che Alice potesse cambiare umore tanto in fretta? Dentro la galleria si era dimostrata essere un’ottima interlocutrice ma, appena lui aveva provato ad essere gentile, lei era tornata a fare l’antipatica. Sì, a fare l’antipatica, perché lei in realtà non lo era, poteva esserne sicuro, ci avrebbe messo la mano sul fuoco. Però continuava a comportarsi a quel modo. Si chiese soltanto perché gli avesse quella risposta, anziché usare un semplice ‘no, grazie’. 

 

 

Verso sera Alice andò al pub dove l’aspettava il suo turno da fare. Il posto era piccolo e non proprio confortevole, era più che altro un covo di hooligans. Se si condivideva la loro fede calcistica era perfetto, altrimenti poteva non andare tutto liscio. Quel posto non era un luogo di ritrovo storico ma era piuttosto frequentato. Si chiamava AberBeer e la scritta rossa dell’insegna era in bella vista anche sulla maglietta della divisa. Il posto era gestito da un tale di origini scozzesi, Bernie, e lei era affiancata da Cindy - bella, bionda e formosa, ma di scarso intelletto - e da Simon - un ragazzo abbastanza simpatico dall’aria nerd

“Birra, patatine e panini per tutti” disse consegnando un paio di vassoi stracolmi al solito tavolo. “Com’è andata la partita, Clive?” chiese poco dopo ad uno dei ragazzi con la maglia della Red Army, dato che lei non aveva potuto vedere il match né allo stadio né in televisione. 

“Abbiamo vinto 3-1! Vero che dobbiamo festeggiare per aver stracciato i Gunners, ragazzi?”

I suoi compagni gli risposero con una sonora esultanza e alzando i boccali trangugiarono talmente tanta birra che Alice non capì come riuscissero a restare lucidi - fortuna che il conto lo teneva Bernie!

Poco dopo si accorse che, tra i clienti entrati nel pub, vi era anche un altro ragazzo: Jasper. Lui aveva un’aria pensierosa e sembrava non averla vista, così la ragazza tentò in tutti i modi di evitare di servirlo.

“Ma perché dovrei andarci io?” protestò Simon un attimo dopo.

“Perché lo conosco ed è meglio che ci vada tu, io consegno quelle patatine al tavolo 4 per te in cambio, okay?”

“Non credo proprio! Non so che problemi hai, Cullen, ma ti conviene portare il culo fino al tavolo 7 se non vuoi restare al verde alla fine del mese!” dietro di lei era sbucato il capo che, come al solito, sapeva essere molto convincente. Alice sbuffò ma obbedì.

“Ciao” si limitò a dire al posto del più formale ‘buonasera’. Jasper fu incredibilmente sorpreso di vederla lì e non poté non rivolgerle un sorriso. “Ciao, ma che ci fai tu qui?”

“Ho un’ uniforme, no?”

“Ci lavori, dunque”

“Complimenti per la perspicacia!”

“Non lo sapevo”

“Beh, non sei tenuto a sapere tutti i fatti miei”

“Non volevo dire questo…”

“Senti, non sono qui per fare conversazione con te, ho del lavoro da fare. Hai scelto quello che vuoi?”

“Una birra, media. Anzi due, se ti fermi un attimo con me”

“Spiacente, non bevo in servizio”

“D’accordo, allora scegli tu qualcosa di analcolico, offro io”

“Senti, non posso e non voglio” fece, sperando di essere tagliente. Il sorriso di Jasper si affievolì tutto insieme e il ragazzo ordinò senza aggiungere altro. 

“Alice?” chiamò in seguito.

“Che c’è?” chiese, andando nella sua direzione. 

“Il conto”

“Sono tre sterline e cinquanta"

“Ecco, tieni il resto come mancia. Scusa tanto se ti ho disturbata, buon lavoro”

Alice lo salutò sbrigativamente ma lui non sembrò prestarle attenzione. Si mise il cappotto e se ne andò via subito. Aveva un’ espressione delusa dipinta sul viso.  Intanto lei, portato il boccale in cucina, guardò nel vassoio e restò a bocca aperta. Le aveva lasciato una mancia di quasi venti pounds! Si sentì in debito con lui e si rese conto di averlo trattato male e senza che lui lo meritasse. Così uscì un attimo fuori dal locale e lo chiamò mentre si stava allontanando su per il marciapiede. “Ehi, tu, fermati!”

Il ragazzo si voltò verso di lei. “Dici a me?”

Annuì con la testa. “Puoi venire un momento?”

Lui assentì a sua volta e si avviò nella sua direzione.

“Senti... Scusa se ti ho risposto in quel modo, so che ci sono altri modi per rifiutare un invito. E poi… Riprenditi la mancia, non ce n’è bisogno”

“Non dire sciocchezze, è tua e non voglio riprenderla"

“Ma ne sei sicuro? È troppo...”

“È quello che ti spetta, quindi accettala”

“Beh, allora... Grazie"

“Figurati”

“E poi volevo dirti che finisco il mio turno alle dieci” non continuò, sperando che lui capisse. 

“E’ forse un invito, il tuo?” fece, sarcastico, ritrovando il sorriso. 

“Beh, se vuoi metterla così…”

“Per me va bene, ci sarò” rispose prima di andarsene. 

 


“Sei puntuale”

“Perché ti stupisci? Sono un ragazzo di parola. Dove vorresti andare?”

“Mi andrebbe una crêpe dolce e bollente” propose, stringendosi nel cappotto di panno.

“Buona idea, fa freddissimo oggi” concordò.

Entrarono in un grazioso locale, si sedettero e ordinarono. All’inizio la loro conversazione fu quasi nulla ma, non appena Jasper incominciò a parlare della mostra, si trasformò in un dialogo fitto e chi li avrebbe visti dall’esterno lì avrebbe di sicuro scambiati per una coppia come tante. 

“Non era necessario accompagnarmi fino a casa” disse un’ora dopo. 

“Beh, con i tempi che corrono è più prudente”

“Se lo dici tu”

“Ti lascio andare, di sicuro sarai stanca”

“Beh, per forza! Mi sono alzata presto e…”

Si era interrotta perché lui si era avvicinato a lei e le aveva baciato una guancia. 

“Ho passato una giornata piacevole con te, grazie. Buonanotte, dormi bene, Alice” 

“N-non posso dire lo stesso!” fece stizzita salendo le scalette di casa, le guance in fiamme. Jasper sorrise vedendola correre via in preda all’imbarazzo. 

Alice vide tutto spento e non fece rumore, forse Bella stava dormendo o magari doveva ancora rientrare. Lei, comunque, andò a letto e ripensò al tempo che aveva trascorso con Jasper quella sera –  anche se non avrebbe voluto. Rimase sorpresa di come si era trovata bene a parlare con lui. Era la prima volta che poteva parlare con un ragazzo dei suoi interessi senza che lui si annoiasse e, anzi, Jasper le aveva risposto anche in maniera pertinente e forbita. Forse si sbagliava su di lui, forse non era affatto un damerino, uno sbruffone, come lei lo aveva definito. Era una persona interessante ed era stato gentile ad accompagnarla a casa. Poi, però, le venne in mente il bacio che aveva depositato sulla sua guancia e, di nuovo, arrossì all’istante. 

‘Accidenti a lui!’ pensò, tirandosi le coperte fin sopra la testa. 

 

 _______________________________

L’angolo di Amy 

Ciao gente,
Alice ha capito che Jasper non è proprio come lei pensa che sia... Che stia cominciando a cambiare idea sul suo conto? Lasciatemi un commentino, please :)

Amy 


Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5: Festa di compleanno ***


Festa di compleanno


Ormai era novembre inoltrato ed il tempo aveva portato con sé il freddo pungente che annunciava un rigido inverno nella città di Manchester.  

Quella mattina, come di consueto, Alice era stata all’università e si trovava in pausa pranzo con le amiche da Philip’s.

“Quindi Bella non ha organizzato nessuna festa per il tuo compleanno?” chiese Patience, incredula fin quasi a sembrare scioccata. 

“E’ stata molto occupata ultimamente, sì è scusata decine di volte”

“Che peccato, se solo lo avessimo saputo per tempo…”

“Tranquilla, Julia, non sono affatto triste né arrabbiata per questo. Fra non molto avremo un esame, ricordate? Ed è meglio concentrarsi sullo studio, altrimenti non ci arriveremo mai preparate”

“Ecco che ricomincia a parlare di esami…”

“Stavolta Pat ha ragione, secondo me sei un po’ stressata”

“È che ho paura di non farcela a superarlo”

“Sei una studentessa davvero diligente, lo supererai senza alcun problema!” le dissero quasi in coro. 

“Però oggi facci un favore: dimenticati dell’università, okay? Prometti!” aggiunse Julia. 

“Promesso”

“E stasera tieniti libera” fece poi Pat, usando un tono autoritario.

“Ma non so se…”

“Guarda che non te lo stiamo chiedendo!”

“D’accordo, ragazze…” annuì, guardando i volti minacciosi delle due amiche. A quel punto Julia e Patience le rivolsero un sorriso e la salutarono dicendo di avere molta fretta. 

Alice scosse la testa, preoccupata per ciò che le sue amiche potevano combinare. Pagò il conto e se ne andò a casa. Pensò di studiare ma aveva promesso che non lo avrebbe fatto, quindi decise di ascoltare un po’ di musica mentre metteva in ordine il caos che regnava nella sua stanza. Verso le sette ricevette un messaggio da Julia in cui c’era scritto:

 

Fatti trovare pronta per le nove. Da parte di Pat: fatti bella!

Alice sorrise, posò il cellulare su un bracciolo del divano e poco dopo si addormentò davanti al fuoco mentre guardava la televisione.

“Alice! Alice!” 

La ragazza mugugnò prima di aprire gli occhi e trovarsi davanti a Bella. 

“Dormivi profondamente, eh? È da un po’ che provo a svegliarti”

“Ciao, Bella, scusa è che stavo guardando un programma noiosissimo... Quando sei tornata?” chiese, stirandosi. 

“Poco fa”

“Che ore sono?”

“Quasi le otto, è ora che ti prepari”

“Eh? Come sai che devo uscire?”

“Perché devo venire con te!”

“Julia e Pat ti hanno chiamata?”

“Già. A proposito, ti chiedo ancora scusa per essermene dimenticata”

“Sta’ tranquilla, ho detto che non c’è problema”

“Hai avvisato al pub?” 

“Non ce n’è bisogno: Bernie è andato a Glasgow e terrà chiuso il locale per qualche giorno”

“Meglio così”

“Infatti. Beh, vado a farmi una doccia, a dopo”

 

 

Alice quella sera era davvero splendida. Il caschetto semi disordinato era stato tramutato in piccoli e morbidi boccoli che le incorniciavano il viso algido e ben truccato. Indossava un grazioso abito cipria con delle ruches che esaltava la sua figura, abilmente slanciata da un paio di scarpe con i tacchi alti. 

“Ridatemi la vera Alice, questa qui non è mia sorella!” scherzò Edward, non appena entrò in casa e la vide così elegante. 

“È il suo modo di complimentarsi” precisò Bella con un sorriso.

“Grazie, fratello. E anche tu stai bene, Bella”

“Per una volta concordo con lei” fece il ragazzo, traendo Bella a sé e baciandola con trasporto. 

“Ehm… Scusate tanto, ragazzi, non sarebbe ora di andare?” 

“Direi di sì, non possiamo arrivare tardi”

“Allora io vado a prendere la macchina, voi mettetevi i cappotti intanto, che fuori ci si gela”

Un paio di minuti dopo salirono a bordo della Volvo e, correndo un po’, arrivarono in tempo al luogo prestabilito. Alice rimase di stucco. Una discoteca! Le sue amiche avevano scelto una discoteca per festeggiare il suo compleanno! 

“Wow, Alice!” 

Julia e Pat l’avevano già vista e le erano corse incontro aiutandola a sistemare le sue cose. 

“Sei arrivata proprio al momento giusto!”

“Grazie per essere venuti e per averla portata voi, ragazzi. Divertitevi!”

“Grazie” risposero Edward e Bella, allontanandosi dal trio. 

“Accidenti quanta gente!” osservò Alice. 

“Purtroppo non siamo riuscite a privatizzare il posto in così breve tempo, ma almeno possiamo festeggiarti!”

“Benvenuta, Alice! Scaldati con questo” le disse un compagno di corso non appena la vide arrivare, porgendole un cocktail

“Grazie, ma io non bevo…” tentò di replicare. 

“Alza la voce, non ti sento!” disse lui, preparando altri drink.

“Ha detto che ti ringrazia” tagliò corto Pat, prendendola per il braccio e  trascinandola via, in direzione della pista. 

“Stasera puoi concederti un goccio!”

“Ma, ragazze…”

“Niente ‘ma’. La nostra missione è quella di farti divertire!” fece Julia.

“Dimenticare gli esami e anche quel Jasper!” aggiunse poi Pat.

Jasper… Per un attimo le venne in mente e si chiese che cosa stesse facendo in quel momento. Poi, però, si disse che, in fondo, non gliene importava e così impugnò il bicchiere che teneva in mano e mandò giù d’un fiato il suo contenuto. Un fuoco le invase la gola e andò giù come fosse stato un boccone pesante. Tossicchiò un po’ , spaesata, prima di esclamare: “Ma è alcol puro, questo!”

“Beh, ti aspettavi acqua colorata, forse?”

“Non era proprio puro: c’erano la frutta, il ghiaccio e lo zucchero” 

“Non ti è piaciuto?”

“Ma no, è solo che era un po’ troppo forte per i miei gusti e mi gira già la testa”

“Va bene, ti prendo qualcosa di più leggero e anche da mangiare”

“Ma non voglio niente!”

“Su, su, poche storie e siediti qui, è un tavolo riservato” disse Julia, indicandole un tavolo mentre salivano una scala entrando in una delle gallerie rialzate. 

Stava lì da meno di dieci minuti eppure non sopportava già più il frastuono di quella strana musica, le luci e l’elevato numero di persone che popolavano la discoteca. La serata proseguì a ritmi alti e alla fine dovette ammettere che, pur non essendo decisamente il suo ambiente, stare con i suoi amici era comunque divertente. Bevuto qualche altro cocktail fu trascinata in pista prima di potersene rendere conto e, sempre più brilla, si lasciò andare, muovendosi in perfetta sincronia con gli altri come se non fosse la prima volta che metteva piede in un posto simile. Vedere Julia scatenarsi assieme al suo Davies e Patience mentre accettava di ballare insieme a Mike Newton le lasciava un minimo di cognizione del posto in cui si trovava mentre abbandonava le tensioni che le avevano occupato la mente negli ultimi tempi. 

Non molto tempo dopo il dj di turno – di cui Alice non riusciva a ricordare il nome -, supportato da Patience, annunciò alla fine di un pezzo: “Ragazzi, stasera mi state piacendo! Prima di continuare a divertirci, vorrei chiamare qui con me Alice. Se ci sei, fatti vedere!”

Julia le si avvicinò e la sospinse accanto al palchetto dove un fascio di luce la illuminò all’istante. 

“Allora, facci un saluto, Alice!”

Lei, imbarazzata, si limitò a salutare con la mano.

“Timida, la ragazza! Dovete sapere che oggi è il suo compleanno. Su, facciamole tanti auguri!” 

Un boato investì il locale e Alice si sentì lusingata dagli applausi e dall’attenzione che stava ricevendo nonostante vi fossero procaci cubiste che stavano ballando a poche decine di metri da lei.

“E ora festeggia con uno shot di tequila, offro io! Avanti, tutto d’un fiato!”

Alice si ritrovò davanti il bicchierino prima di quanto immaginasse e, incitata da tutti, lo mandò giù. Ne seguì un urlò esaltato da parte del pubblico. Julia l’aiutò a scendere e la portò oltre la pista, dove era stata portata la torta. Alice spense le candele e ringraziò tutti per i regali, esortandoli a mangiarne un pezzo e a tornare a divertirsi. Pensò di ballare ancora un po’ ma sentiva la testa scoppiarle e le gambe le si facevano davvero pesanti, un po’ per i drink, un po’ per i tacchi alti. Entrò in uno dei bagni e senza rendersene conto si chinò sul water, vomitando la torta al liquore e praticamente tutto quello che aveva mandato giù prima. Non ci era affatto abituata, normale che il fisico avesse reagito così. Fu una liberazione ma ancora non era del tutto conscia e si sentiva piuttosto male. Tornò in pista sperando le passasse e riprese a ballare. Un tale le si avvicinò e con un gesto eloquente le chiese di ballare con lui.  Non era affatto il tipo di Alice ma lei, che era una ragazza di buon umore, accettò l’invito. Qualche minuto dopo, quando il dj stava proponendo un nuovo pezzo, Alice si andò a sedere e l’uomo la seguì. 

“Già stanca?” le chiese. 

“Un po’, a dire la verità” gli rispose, massaggiandosi le tempie. 

“Ti va se ti offro un drink?” propose. 

“D’accordo, ma niente di forte” acconsentì, evitando di dire che aveva dato di stomaco poco prima. Nel vederlo allontanarsi i suoi occhi si fissavano sulla sciarpa del Chelsea che l’uomo aveva attorno al collo. Quando bevve il cocktail Alice pensò che fosse peggiore dei precedenti – troppe spezie e, soprattutto, troppo alcol. All’improvviso l’ambiente e le persone che le erano attorno persero di definizione, la testa prese a farle malissimo, ebbe l’impressione che tutto le stesse girando attorno e il ritmo incessante della musica rimbombava insopportabile dentro il suo stomaco. 

“Mi sento così strana” boccheggiò in cerca d’aria. 

“Allora non stiamocene qui, andiamo via” incalzò l’uomo.

In un primo momento non capì quello che le aveva detto, si alzò e lasciò che lui la portasse in un angolo appartato della discoteca, sperando che fosse l’uscita.

“Perché mi hai portata qui?” chiese poi, disorientata.

“Almeno potremo starcene tranquilli, nessuno ci disturberà”

“Non capisco, che cosa intendi?”

Dal modo in cui l’uomo la guardò Alice comprese e si sentì come in trappola. Prima che potesse rispondere l’uomo l’aveva già messa con le spalle al muro e tentava di baciarla con la bocca che puzzava di alcol mentre tentava di raggiungere la scollatura dell’abito con le mani. 

‘Oh, no! Non voglio che accada. Non voglio, non voglio!’

“Non fare tanto la difficile con me, sta’ ferma, ragazzina!” intimò, cambiando tono di voce e bloccandola contro la parete con il peso del proprio corpo.

‘Qualcuno mi aiuti...’ pensò, in lacrime. ‘Ti prego... Jasper!’

In quel momento accadde quello che Alice non si sarebbe mai aspettata. L’uomo venne preso e scaraventato a terra da uno sconosciuto in ombra, il suo volto ricevette due sonori pugni che gli provocarono l’uscita di sangue dalla bocca e dal naso. La stessa persona poi prese lei per mano e la portò di corsa fuori dalla discoteca. Il suo tocco era determinato ma gentile. Pensò che un angelo fosse arrivato appositamente per salvarla dalle grinfie dell’ubriacone. 

Dopo una breve corsa si andarono a sedere su una panchina. 

“Chi sei, un angelo?” domandò Alice, ancora stordita, senza riuscire a vederlo in faccia. Era appoggiata con la testa alla sua spalla, aveva gli occhi chiusi e si sentiva  piuttosto male, l’ubriachezza non se n’era ancora andata.

“No, non sono un angelo. Solo Jasper”

“Jasper?”

Lei alzò la testa e lo guardò. Sebbene le stesse sorridendo dolcemente, Jasper aveva uno sguardo minaccioso e fremeva di rabbia.

“Non puoi neanche immaginare quanto stessi aspettando il tuo arrivo! Io ti ho chiamato, mi hai sentito?”

“Mi hai chiamato? No, non ti ho sentito” l’assecondò, capendo che aveva bevuto. 

“Ti chiamavo perché avevo paura, quell’uomo…”

“Ti prego di non dire più niente, Alice. Mi sto trattenendo dal tornare indietro”

“E perché?” chiese ingenuamente. 

“Perché, se ho di nuovo quel bastardo sotto tiro, lo faccio fuori. Ti ha fatto qualcosa di male?”

“No, sto bene. Sei arrivato in tempo” rispose, scandendo le parole e asciugandosi gli occhi lucidi. 

“Hai freddo? Stai tremando”

“Sì”

Jasper si tolse il cappotto e lo mise sulle spalle di Alice che erano state lasciate scoperte dall’uomo.

“Grazie”

“Del cappotto? Figurati”

“Non solo, grazie di essere venuto ad aiutarmi”

“Dovevo farlo. Non permetterò mai a nessuno di farti del male!” 

“Quindi avevo ragione io: tu sei il mio angelo” fece lei con un filo di voce, appoggiando nuovamente la testa sulla sua spalla. 

A Jasper si scaldò il cuore, dimenticò quello che provava fino a pochi istanti prima, sorrise e le accarezzò delicatamente i boccoli con una mano, felice di poterle stare vicino, anche solo per un po’. 

“Lo sai che oggi è il mio compleanno? Le mie amiche mi hanno organizzato questa festa”

“Davvero? Oh, non lo sapevo” fece, deluso. 

“Quindi non sei venuto per il mio compleanno?” domandò lei, a sua volta delusa di vederlo scuotere la testa. 

“Perché sei qui, allora?”

“Ci lavora un mio ex compagno di liceo e, visto che sono passato in città, ero venuto a salutarlo. Non immaginavo di trovarti proprio qui”

“Sono venuta perché è la mia festa” ripeté. 

“Sei bellissima” le sussurrò, facendola sorridere. 

“Jasper?”

“Dimmi”

“Sono stanca, voglio andare a casa e mettermi a dormire”

“D’accordo, ma non puoi andartene così”

“Aspetta, chiamo Bella” 

Si portò le mani sui fianchi e cercò le tasche. Jasper capì immediatamente che stava cercando un cellulare che al momento non aveva addosso, dato che indossava un vestito, così lui estrasse il suo e glielo porse. Con i numeri che le si incrociavano davanti agli occhi, la ragazza faticò non poco a comporre il numero dell’amica, ma alla fine riuscì a chiamarla. 

“Ciao, Bella. Sì, lo so che mi state cercando, ma io sono uscita. A fare una passeggiata. Ora me ne torno a casa. Non mi sento bene. Stai tranquilla per me mi accompagna Jasper, il fratello di Rose. Sì, era anche lui qui. Va bene, grazie. Ciao”

Alice biascicò per tutta la telefonata, rispondendo brevemente alle domande dell’interlocutrice. 

“Ce la fai a camminare?” le chiese, aiutandola ad alzarsi. 

“Le scarpe mi fanno male” si lamentò. 

“Ascolta, riesci a fare solo qualche metro?”

“Sì”

“Bene, allora prendimi la mano e andiamo”

Alice inserì la sua piccola mano in quella di Jasper e lasciò che lui guidasse i suoi passi fino al marciapiede più vicino. Il ragazzo chiamò un taxi che arrivò non molto tempo dopo, fermandosi non appena lui fece segno con la mano. Alice salì e si addormentò, sonnecchiando durante tutto il viaggio, appoggiandosi ancora alla spalla di lui, con la guancia posata sul suo braccio. Era così graziosa che a Jasper dispiacque svegliarla quando arrivarono a destinazione. Scesa dal taxi, non ce la faceva davvero più a reggersi in piedi, al punto che prese una storta e cadde goffamente sull’asfalto mentre il ragazzo pagava la corsa. Subito dopo Jasper l’aiutò a tirarsi su.

“Siamo arrivati?”

“Sì. Non ce la fai più, Alice?”

Per tutta risposta lei scosse la testa. Jasper allora le disse di reggersi al suo collo, quindi piegò le ginocchia e le cinse la vita, prendendola fra le braccia come avrebbe fatto un vero cavaliere.

“Hai la chiave?” le chiese.

“No. Però ce n’è una copia di riserva sotto il vaso”

“E come faccio ad aprire il cancello?”

“C’è una piccola molla in basso a sinistra” ricordò. “Falla scattare con il piede e poi spingi forte”

Jasper fece come le aveva detto e il cancello si aprì. Lo chiuse dietro di sé e salì le scalette. Con qualche difficoltà trovò la chiave e aprì la porta di casa. Accese la luce nell’ingresso e si fece strada da solo. Non era mai entrato lì. Si guardò attorno mentre aveva ancora Alice in braccio. 

“Vuoi sederti?” chiese, notando il divano. 

“Portami in bagno” rispose. 

“Dov’è?”

“Al piano di sopra, fai presto”

Capendo che non stava bene, Jasper salì le scale in tutta fretta e aprì le porte che si trovava davanti, cercando il bagno. Quando lo trovò, lasciò andare Alice che fece scivolare via il cappotto dalle sue spalle e si chinò sul water per dare di stomaco ancora una volta. Jasper soccorse la ragazza, tirandole indietro i capelli con una mano e tenendole la fronte con l’altra. Poco dopo Alice si alzò e raggiunse a fatica il lavandino. Jasper uscì dal bagno per lasciarle i suoi spazi ma le disse comunque di chiamarlo se ce ne fosse stato bisogno.

Lei uscì dopo diversi minuti e, barcollando, gli chiese di accompagnarla nella sua stanza. Jasper la prese sottobraccio e l’aiutò a camminare. Alice raggiunse il letto e, aiutata da lui, si tolse le scarpe e si coricò così com’era vestita, troppo stordita per capire che doveva cambiarsi. Il ragazzo la lasciò fare – nello stato in cui era non poteva aiutarla a togliersi i vestiti. Nell’appoggiare la testa sul cuscino le labbra di Alice sfiorarono casualmente quelle di Jasper che le stava rimboccando le coperte, ed entrambi ebbero un sussulto. 

“Come ti senti?” domandò lui, tentando di assumere un tono normale ed evitando di guardarla negli occhi.

“Un po’ meglio di prima, ma muoio di sonno” rispose. 

“Allora forse è meglio che ti lasci riposare” fece, provando ad allontanarsi.

“Ti prego, non mi lasciare sola, ho paura che quello ritorni. Rimani finché non mi addormento” supplicò, prendendogli la mano. 

Jasper, sempre più intenerito da quella ragazza, così dolce e indifesa in quello stato, prese la sedia dalla scrivania e si sedette accanto al letto. “Rimango, se ti fa piacere. Ma non devi avere paura, fin quando ci sono io con te nessuno oserà farti del male”

“Vuol dire che mi proteggerai?”

“Sempre” 

Alice sorrise di quelle parole e lui non poté non ricambiare mentre la sua mano arrivò ad accarezzarle il visetto. 

“A cosa pensi?” gli domandò poco dopo. 

“Sicura di volerlo sapere?”

“Sì”

“Penso a te. A quanto tu sia bella, Alice”

“Anche tu sei un bel ragazzo” sussurrò, sbadigliando. 

“Oh, grazie” rispose, sorpreso di sentirsi dire quelle parole proprio da lei. 

Alice non tardò a scivolare nel mondo dei sogni, il suo respiro lento e rilassato ne era la prova lampante. Jasper allora recuperò il suo cappotto e ne estrasse un piccolo ombrello che si mise sotto il braccio, quindi diede un'ultima sistemata alle coperte, sperando che la tenessero al caldo durante la notte. Si chinò su di lei e le sussurrò in un orecchio: “Scusami se non sapevo del tuo compleanno, spero di poter rimediare presto, intanto ti faccio i miei più sinceri auguri. E scusami anche per questo”

Appoggiò delicatamente le sue labbra sulla bocca socchiusa di Alice, depositandovi un piccolo bacio. “Dormi bene e fa’ dolci sogni, mio piccolo folletto”

Spense le luci e uscì di casa. Indossò il cappotto, aprì l’ombrello e fece una corsa sotto la pioggia che da un po’ aveva cominciato a cader giù. Si sentiva un ladro per averla baciata così fugacemente eppure era ancora emozionato per averla tenuta fra le braccia e per aver sentito, anche se per un istante, il sapore di quelle morbide labbra sulle sue. 

Non c’erano dubbi: Jasper era ormai sicuro di ciò che provava per lei. 

Ma cosa ne pensava Alice?     

         

        

 _______________________________

L’angolo di Amy 

Ciao gente, 

qualcosa sta cambiando, piano piano, ma si intravede qualcosina all’orizzonte… Che succederà nel prossimo capitolo? Lasciatemi le vostre recensioni, please! Intanto grazie a chi mi sta seguendo :)

Un abbraccio,

Amy 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6: Malintesi ***


Malintesi


Dio, che mal di testa!” si lamentò Alice mentre preparava la colazione. 

Bella era uscita presto quella mattina perché aveva delle commissioni da sbrigare, lei, invece, aveva dormito fino a tardi. Era una domenica cupa, pioveva incessantemente e ciò non aiutava la povera Alice che si sentiva stordita e nauseata. Ricordava ben poco della sera precedente e questo la infastidiva notevolmente. Lei non beveva mai eppure quella volta si era lasciata convincere e… Puff, amnesia totale.   

Accese il cellulare quasi completamente scarico e le arrivarono parecchi messaggi da parte delle sue amiche che l’avevano chiamata. Messo in carica l’apparecchio, chiamò da casa. Patience non rispose, così provò con Julia. 

“Alice! Ti abbiamo chiamata un sacco di volte ieri sera, ma tu non rispondevi! Eravamo preoccupate, è successo qualcosa?”

“Ma no, non credo…”

“Come sarebbe a dire? O è sì, o è no”

“Lo so, ma… Con tutto quello che ho bevuto le idee cominciano a confondermisi da quando il dj mi ha chiamata e non ricordo nulla dopo aver mangiato la torta e bevuto uno strano drink” spiegò, premendo il palmo della mano contro la testa.

“Pensavamo che la festa non ti fosse piaciuta o che ti fosse successo qualcosa. Ma ora come stai?”

“Beh, insomma… Mi scoppia la testa e ho senso di nausea. Sospetto di aver dato di stomaco ieri notte, ma non mi ricordo bene”

“Capisco, allora, forse, è meglio se ti riposi oggi”

“Sì, farò così. Tanto non ho nulla da fare, meno male che c’è la partita in televisione. Tu che programmi hai, invece?”

“Nel pomeriggio facciamo un giro con degli amici”

“Divertitevi allora. Grazie ancora per la festa, è stata bella, finché ricordo. Ci vediamo” salutò, intuendo che stesse parlando al plurale poiché aveva incluso anche il suo ragazzo. 

“E di cosa? Buona domenica” rispose Julia prima di attaccare.

 

 

“Sicura di stare meglio?” chiese Bella la mattina dopo.

“Sì, oggi sto benissimo. Prima di andare in facoltà però devo approfittare di questo spiraglio di sole e farmi una passeggiata, dicono che a breve arriverà altro maltempo” rispose Alice, stirandosi e infilandosi il cappotto, per poi uscire di casa.

Rispetto al giorno prima, il tempo era migliore, faceva ancora freddo e tirava un po’ di vento, ma il poco sole bastava ad infondere energia positiva alla ragazza. Con tutta calma prese l’autobus e poi proseguì a piedi fino a Fletcher Moss Park. Era un po’ che non andava in quel posto. Non era una accanita fan delle piante ma quel luogo le trasmetteva un qual certo buonumore. Non c’era quasi nessuno, così poté godersi la tranquillità dell’atmosfera, comodamente seduta su una panchina. Una coppia di canarini cinguettava allegramente sul ramo di un albero e stava rinforzando la struttura del nido che avrebbe contenuto delle future uova. Il collaborare di quelle piccole creature rese Alice lievemente malinconica. 

‘Non faccio altro che vedere coppie intorno a me. Tutti hanno il proprio compagno e la propria compagna, possibile che io sia destinata a rimanere sola? Il rifiuto di Jake mi ha segnata, ormai non sono più in grado di innamorarmi. Perciò resterò sola. Perciò non avrò qualcuno accanto che mi aiuti a costruire il mio nido’ pensò.

Una folata di vento la fece rabbrividire. 

‘Ma cosa pensi, sciocca? Non sei venuta qui per fare la melodrammatica bensì per startene un po’ in pace e, se fai la pensierosa, come pensi di riuscirci?’ l’ammonì la sua coscienza. Lasciò allora che il sole baciasse timidamente il suo viso mentre leggeva a mente alcuni appunti che aveva in borsa. Reprimere la tristezza non era facile per lei ma lo studio le dava senz’altro una mano ad ingannare il tempo. Ed il proprio cuore. 

Qualche ora dopo andò a mangiare un boccone in un locale poco lontano e quindi riprese l’autobus per andare all’università. 

“Alice?”

“Ciao, Jasper”

Camminando in direzioni opposte si erano appena notati. 

“Tutti bene?” chiese lui.

“Sì” rispose, sorpresa dalla domanda.

“Che ci fai da queste parti?”

“Vado in facoltà, fra non molto ho lezione. Tu, piuttosto?”

“Stavo andando a prendere un paio di cose a casa di Rose, fra un’ora ho il treno”

“Capisco”

“Hai tempo per un caffè?” il suo tono sembrava quasi implorante. 

“Beh… Sì, okay” accettò, stupendosi che la cosa non le desse fastidio.

Con un sorriso raggiante sulle labbra le fece strada, camminando con lei fianco a fianco. 

“Come mai sei ancora qui? Non hai lezione il lunedì?” gli chiese poco dopo aver ordinato, non rendendosi conto di stare usando un tono scortese.

“Non oggi. Ne ho approfittato per girare per la città senza avere rotture di scatole, per una volta parto senza fretta. Tu che fai?”

“Oggi ne ho per un po’ e poi devo riprendere a studiare che a breve ho un esame” fece, quindi gli spiegò con maggiore esattezza di cosa si trattasse. 

“Io l’ho affrontato l’anno scorso, non è semplice ma senza dubbio riuscirai a superarlo, ne sono sicuro”

“Lo spero, è da un sacco che mi sto preparando… Mi sarei portata avanti nel weekend se solo non fosse stato il mio compleanno” 

‘Ma perché glielo sto dicendo, poi?’

“Eh, già, la discoteca poi può spossare se non si è abituati”

“E’ vero. Ehi, aspetta un secondo… Come diavolo fai a sapere che sono stata in discoteca?!”

“Ma come? Non ricordi che ci siamo incontrati lì?”

“Assolutamente no, ti stai sbagliando”

“Ma, Alice, non ricordi che ti ho riaccompagnata a casa?”

“Tu cosa?”

“Eri ubriaca e ho pensato che non fosse sicuro lasciarti sola, non ce la facevi nemmeno a continuare”

“Ma come ti permetti di decidere per me?” gridò, alzandosi di scatto dalla sedia e rischiando di far cadere in terra la tazzina ormai vuota. 

“Perché ti arrabbi? Mi hai anche detto di restare” spiegò, evitando però di dirle che l’aveva allontanata da un uomo che voleva farle del male – vista la reazione non gli avrebbe creduto comunque – ed evitò anche di dirle che l’aveva baciata.

“Non voglio più vederti, non voglio avere niente a che fare con uno che infastidisce le ragazze impegnate!” tuonò, girando sui tacchi e andandosene. 

“Infastidire? Ragazze impegnate?!”

Il ragazzo attonito provò ad andarle dietro ma un cameriere lo bloccò per la spalla credendo che volesse svignarsela senza pagare il conto. Quando, un attimo dopo, uscì, Alice non c’era già più. 

‘Ma, Alice… Perché sei sempre così prevenuta quando si tratta di me?’ pensò. deluso. 

 

 

“Cioè, capite? Non lo perdonerò mai per avermi rovinato la festa!”

“Se devo essere sincera mi sembravi piuttosto brilla al taglio della torta”

“Pat ha ragione, inoltre ricordo di averti vista prendere da bere con un tale. Che fosse  Jasper?”

“Un tale? Ma che dite? Io non ricordo nulla…”

“Per forza, eri ubriaca persa” scandì Patience. 

“Non sembrava uno studente però, gli avrei dato almeno trent’anni” osservò Julia.

“Vero, e poi me lo immaginavo più attraente, quella massa di capelli neri unticci non mi convinceva e poi tutti lo guardavano male perché aveva quella sciarpa del Chelsea annodata al collo come una cravatta. Bah, quel tipo non ha stile”

“E poi è anche incappato in una rissa con un altro ragazzo un po’ di tempo dopo, dopodiché è stato buttato fuori. Hai ragione a essere in collera con lui”

“Ma Jasper non corrisponde alla descrizione che mi avete fornito”

“Come sarebbe?”

“No, vi dico. I suoi capelli sono chiari e li tiene sempre con cura, è nostro coetaneo e non metterebbe mai una sciarpa del Chelsea perché tifiamo la stessa squadra” spiegò.

“Ma se non si trattava di Jasper, allora quello chi era?”

“Non so di chi stiate parlando, non ricordo nulla, mi sembra assurdo tutto quello che mi state dicendo!”

“Accidenti, che confusione…”

“Io, invece, penso di aver capito com’è andata, ragazze” fece Patience un attimo dopo.

“Ovvero?”

“Puoi farmi una descrizione più dettagliata di Jasper?”

Alice ci pensò su e le rispose, poi le chiese il perché di quella domanda.

“Sono quasi sicura che il tipo con la sciarpa ti avesse invitata a ballare e forse Jasper, che evidentemente era lì, si deve essere ingelosito e ci si è messo a litigare”

“Ma perché avrebbe dovuto, Pat? Era la sua festa e lei aveva diritto a ballare con chiunque avesse voluto”

“Certo, Julia, ma sono sicura che lui non lo sapesse”

“Le vostre sono supposizioni e comunque basta parlarne, okay? La pausa è finita da un pezzo, stiamo facendo tardi”

Julia e Patience la pensavano diversamente a riguardo, ma su richiesta dell’amica non ne parlarono più. 

 

 

Il sabato seguente Alice andò a vedere lo United allo stadio tutta sola poiché i suoi fratelli avevano un impegno e non potevano più andarci. Un po’ delusa di trovarsi tutta sola, prese posto e si gustò il match. A fine partita, canticchiando l’inno della sua squadra mentre la sua voce si disperdeva nel coro di tifosi, venne urtata per sbaglio ad una spalla. “Ahi!” protestò. 

“Scusa! Ah, ciao, Alice!” fece un ragazzo voltandosi nella sua direzione. 

“Ciao, ehm…”

“Shane”

“Ah, sì,  sì, ma certo!”

Shane le era stato presentato dai suoi fratelli diverse settimane prima in occasione della partita contro il Tottenham che poi avevano visto tutti insieme. 

“Bella performance, vero?”

“Puoi giurarci!”

“Ti va una birra?”

“Io veramente preferirei non bere alcolici…”

“Brutte esperienze?”

“Diciamo”

“Un caffè andrà bene lo stesso”

“Mah, non so, sono quasi le sette, è già buio”

“Dai, solo pochi minuti”

“Va bene”

Si fermarono presso un piccolo fast food poco distante e si presero da bere. Parlarono un po’ della partita e Alice non si sentì più tesa, ma non appena lui cominciò a farle domande confidenziali, lei si alzò dicendogli che si stava facendo tardi e che doveva rientrare a casa. Una volta fuori del locale, Shane la salutò e ognuno prese la sua direzione. 

Da lontano Jasper aveva casualmente visto la scena. Il caschetto e il visetto di Alice erano per lui inconfondibili. Vedendo che era con un altro ragazzo si era trattenuto dall’andarle incontro. Quando si erano salutati, dalla sua angolazione, Jasper avrebbe giurato che si fossero baciati sulle labbra anziché sulle guance. In quel momento, allora, si era ricordato ciò che Alice gli aveva detto all’incirca una settimana prima. 

Non voglio avere niente a che fare con uno che infastidisce le ragazze impegnate! 

Se aveva detto così doveva essere davvero impegnata con un altro. E dire che aveva intenzione di andare a trovarla – le aveva comprato un bel mazzo di fiori. Amareggiato, lo buttò nel primo cassonetto che incontrò. ‘Che stupido!’ pensò.

 

 

“Bella?” chiamò, scendendo al piano di sotto dopo essersi vestita.

“Sì?” rispose. 

“Posso chiederti una cosa?” 

“Certo, che razza di domande!” esclamò, sistemandole la colazione sul tavolo. 

“Mi racconti com’è andata la mia festa di compleanno?”

“Non capisco” rispose lei, alzando un sopracciglio con aria sorpresa.

“Sì, insomma… Com’è andata?”

“Io continuo a non capire… Non eri lì con noi?” la prese in giro.

“È che ho bevuto parecchio e, anche se ci penso e ci ripenso da giorni, non mi ricordo un granché…”

“Capisco. Cosa vuoi sapere esattamente?”

“Dopo la torta non ricordo quasi più nulla, che è successo?”

“Non saprei, dopo mi sembra di averti visto parlare con un ragazzo, o era un uomo, forse?” si grattò la testa. “Anch’io ho bevuto e ho le idee un po’ confuse a riguardo”

“Ricordi se ci ho ballato, se ci ho preso un drink?”

“Mi sembra proprio di sì, poi però non ti ho più vista e mi stavo preoccupando, avevo paura ti fossi sentita male. E dopo un po’ però mi hai chiamata al cellulare”

“Ah, sì? E cosa ti ho detto?”

“Aspetta, il telefono dovrebbe averla registrata in automatico. Questa strana funzione che tanto non sopporto magari ci torna utile una volta tanto. Non ho ricevuto né effettuato molte chiamate, dovrebbe esserci ancora” e così dicendo si mise a trafficare col suo telefono. 

“Ecco! Premi il tasto verde e ascolta” fece poco dopo, porgendole l’apparecchio.

Alice lo fece e le risuonò la sua stessa voce nell’orecchio. Non sembrava proprio ubriaca, un tono di voce lieve e un po’ insonnolito e poi quelle parole. Stai tranquilla per me, mi accompagna Jasper, il fratello di Rose.  

“Allora, hai trovato quel che cercavi?”

“Bella, dimmi, come ti sono sembrata?”

“Stanca”

“E avevo la voce tremula”

“Sì, ma penso che fosse per il freddo perché avevi lasciato lì dentro il cappotto. Perché tutte queste domande, me lo vuoi dire?”

“E cos’hai pensato quando ti ho detto che andavo a casa con Jasper?” chiese, ignorando la domanda.

“Che era una fortuna ti accompagnasse, non c’è gente rassicurante in giro ed è meglio se una ragazza non se ne va in giro da sola di notte”

“È ora che vada a prepararmi. Grazie!”

“No, aspetta. Vuoi spiegarmi che succede?” fece, prendendole il braccio. 

“Niente, vorrei solo capire perché Jasper mi ha accompagnata, che cosa c’era che non andava? Sembravo quasi turbata quando ti ho telefonato”

“Ora che mi ci fai pensare c’è stata una rissa quella sera, forse ti preoccupava l’ambiente?”

“Non credo. Comunque anche Pat e Julia hanno detto la stessa cosa, anzi loro dicono che Jasper potrebbe aver preso a pugni quell’uomo di cui parlavi”

“Davvero? Jasper?”

“Sì, loro dicono che lo abbia fatto per gelosia ma io ne dubito. Insomma, non è il mio fidanzato, non sarebbe stato un buon motivo…”

“No, ma se, invece, lo avesse fatto perché quell’uomo ti stava dando fastidio?” ipotizzò, arricciando le labbra.

“Non lo so”

“Nemmeno io ne ho sicurezza però è la spiegazione più logica. Jasper mi sembra un ragazzo che fa le cose solo se c’è un motivo. Rose mi ha sempre parlato molto di suo fratello, quindi è un po’ come se lo conoscessi”

“Uffa, non ne verrò mai a capo!”

“Forse sì. Mi è venuta un’altra idea: guardiamo le foto della festa e vediamo se ti viene in mente qualcosa”

Dopo qualche minuto il portatile di Bella era acceso e in un attimo aveva trovato le foto che le amiche della piccola Cullen avevano messo online. Così Alice le si sedette accanto e si misero a guardarle con attenzione. Quando stavano ormai perdendo la speranza, lei si bloccò su uno scatto che la ritraeva vicino a un uomo con una sciarpa blu al collo. Non ricordava nulla a riguardo ma il suo istinto le disse che era l’uomo che stava cercando. Il suo sguardo e la sua postura non avevano nulla di rassicurante. 

Alice allora capì al volo: Bella aveva ragione.

“Grazie, Bella. Sei un genio, come al solito! Ora però devo proprio andare” disse e così le stampò un bacio sulla guancia e corse fuori di casa.

 

 

“Grazie per essere venuto” fece, un po’ tesa, non appena Jasper le arrivò davanti. 

“Rose ha detto di sbrigarmi, sembrava urgente” rispose lui, anche se con un po’ di diffidenza.

“Sì, lo è”

“Spara”

“Per quanto riguarda la mia festa…”

“Non c’è bisogno che tu dica nulla”

“Eh?”

“So che non avrei dovuto riaccompagnarti a casa, che secondo te non era giusto eccetera... Ma la verità è che eri ubriaca e spaventata, c’era un uomo che ti stava infastidendo e io quando l’ho visto non ho capito più nulla e l’ho colpito. C’eravamo solo io, te e lui in quel momento. Poi ti ho portato fuori e lì sei stata tu a ringraziarmi per averti ‘salvato’ e a dirmi che volevi andare a casa. In quel momento mi hai detto che era la tua festa ma che comunque non volevi più stare lì”

“Allora è così: tu mi hai... Difesa?” domandò, desiderosa di avere una conferma.

“Esatto. Ormai però so per certo che ogni cosa che faccio per te è sbagliata quindi sappi che non pretendo niente, non l’ho mai fatto. Speravo solo di poterti essere… amico. Scusami se ho insistito e se non ho capito da subito la situazione. Volevo solo avere l’occasione di salutarti e darti questo”

“Ma cos’è?” chiese Alice prendendo il pacco che lui gli tendeva.

“Aprilo quando sei a casa, non chiedermi nulla adesso. E’ il mio regalo d’addio”

Alice ebbe un sussulto senza accorgersene.

“D’addio?”

“Sì, ho capito che non sempre ci si può far guidare dalle emozioni. Ci ho provato, ma ho fallito. Ti chiedo ancora scusa se ti ho dato problemi in questi mesi, ti prometto che non ti cercherò più e che non sarò più fonte di disturbo né per te né per il tuo ragazzo. Sappi solo che non stavo giocando, ci tenevo veramente a starti vicino. Evidentemente non era così che doveva andare. Stammi bene, Alice, ciao” detto ciò diede un delicato colpetto con le dita sotto il mento della ragazza e con un’espressione amarissima dipinta sul viso se ne andò via quasi correndo. 

Alice rimase lì immobile, era successo tutto in un attimo e ancora doveva realizzare. Tornò a casa con la borsa dei libri in una mano e con il pacco nell’altra. Prima di salire le scalette, però, si sentì assalire da una collera immotivata, guardò il pacco e, piccata dalle circostanze, lo scaraventò nel cassonetto. 

In quella fredda serata di fine novembre Alice ancora non sapeva che di lì a poco si sarebbe pentita di quel gesto. 

 

 

 

_______________________________

L’angolo di Amy 

Ciao gente, 

si mette male, ma può darsi che... No, non ve lo dico! :p Mamma mia, ma non poteva essere tutto un po’ più semplice? E lo dico io che sono l’autrice! Impressioni sul capitolo? :)

Grazie mille a chi ha recensito, inserito la storia nelle proprie preferite, seguite e ricordate ^^

Un abbraccio,

Amy 

 

 

          

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7: Natale senza Jasper ***


Natale senza Jasper


Erano trascorse poche settimane dall’ultima volta che Alice aveva visto Jasper. Un periodo che aveva vissuto normalmente o, almeno, tentava di convincersi che così fosse. Un periodo come tanti altri, pensava, eppure insolitamente lungo e nervoso. Avrebbe tanto voluto chiedere a quel bellimbusto perché si fosse comportato in quel modo così all’improvviso. E poi, a chi si riferiva quando aveva nominato il suo “ragazzo”? Che si fosse davvero bevuto la balla del “sono impegnata, non importunarmi”? Strano, però, che si fosse arreso così, le era sembrato un ragazzo diverso, più tenace e disposto a tutto pur di ottenere ciò che voleva. Beh, non aveva combattuto, era stato un codardo. 

‘Sì, codardo!’ pensò ‘Beh, peggio per lui, si troverà male nella vita facendo così. E a me, comunque, non importa un accidente!’

Ma era davvero così?

A lungo aveva pensato a cosa avesse potuto contenere quel pacco che lui le aveva lasciato ma a quel punto non lo avrebbe mai saputo. 

Il tempo trascorreva ma lei perdeva la cognizione degli orari e delle giornate, era sempre più assente e il fatto che la data d’esame fosse imminente non la preoccupava quasi più. Lei che era molto seria e puntuale riguardo allo studio. Le sue amiche erano in apprensione a vederla in quello stato, non era da lei comportarsi così. Avevano tentato di farle sputar fuori il rospo ma non c’era stato verso, si ostinava a dire che tutto andava benissimo e che non c’era nulla di strano in lei. Persino le battutine di Edward non servivano a farla reagire. Solo Bella la trattò normalmente e non perché fosse cieca, bensì perché aspettava il momento in cui Alice si sarebbe sentita pronta ad uscire da dietro il muro impenetrabile che divideva il suo cuore. 

E un dì, a pochi giorni dalla vigilia, si poté intravedere uno spiraglio, piccolo ma forte, che arrivò senza preavviso.

In una serata piovosa Bella, rientrando, trovò Alice chinata accanto al cassonetto dell’immondizia, con un’espressione dolorosa sul viso. 

“Alice! Ma che ci fai qui? Non vedi che sei zuppa e stai tremando?” fece, riparandola col suo ombrello.

“Non importa, Bella”

“Dai, su, andiamo dentro e mi racconti tutto”

La ragazza si fece convincere e, una volta in casa, si sedettero sul divano davanti al fuoco con una tazza di cioccolato fumante in mano. 

“Ormai sono giorni e giorni che ti vedo giù, ho perso il conto di quanti. Cos’è che ti preoccupa?” chiese Bella adagiandole una coperta calda sulla testa bagnata e sulle spalle. 

“E’ una questione lunga…”

“Beh, c’è tutto il tempo. Questa volta non puoi sfuggirmi, mi hai liquidata in passato, oggi non si ripeterà. Dimmi, forse non ti fidi più di me?”

“Ma no, tu sei una delle persone che contano di più nella mia vita”

“E allora perché hai smesso di aprirti con me?”

“Non lo so, io…” titubò, stringendosi nella coperta. 

“Prima calmati, respira. Con me puoi parlare di qualunque cosa, lo sai, non è vero?” 

“Sì”

“Soffia e bevi un sorso di cioccolata”

Alice obbedì e poco dopo si sentì leggermente meglio, alzò appena lo sguardo pur senza riuscire a guardare l’amica negli occhi. 

“Sai quando arrivi ad un punto nella vita in cui ti accorgi di aver commesso uno sbaglio e di aver perso anni inutilmente rinchiusa in una condizione che tu stessa ti sei creata?” domandò, tentando di regolare la respirazione, senza reale successo.

“Può capitare… Mi sorprende quest’affermazione da parte tua, però”

“Mi sento come… Logorata” 

 “Spiegati meglio” l’esortò Bella.

“Beh, ricordi la storia di Jacob Black?”

“Vagamente, si può dire che tu me l’abbia accennata appena”

“Capisco. Non spiegherò nei dettagli ora, non ho né la voglia né la forza per farlo, ti prego di capire. Sappi solo che sono stata innamorata di Jake per molto tempo. Non mi esponevo mai del tutto ma chiunque si sarebbe accorto che provavo qualcosa per lui. Mi mandò a lungo segnali positivi, come a volermi far capire di sentire qualcosa di simile per me. Allora io, incoraggiata dal suo comportamento, un giorno lo presi in disparte e gli confessai i miei sentimenti” fece una pausa e poi riprese. “E lui mi respinse”

Bella per tutta risposta le accarezzò la fronte spostando un ciuffetto che le ricadeva sugli occhi.

“E dopo quell’esperienza mi sono buttata su altro, facendo tutto il possibile per non pensare ai ragazzi… Per non pensare all’amore. Credevo che, così facendo, non avrei più pensato a Jake e al dolore che mi aveva arrecato. E cosa ho ottenuto? Il contrario. Infatti mi sento molto peggio rispetto ad allora. Sai il perché?”

“No” ammise.

“Perché ho capito che in fatto di sentimenti non siamo noi a decidere, non pienamente, almeno. Ma io questo, all’epoca, non lo sapevo. Ho capito che quello che provavo per Jake era solo una cotta stratosferica, ma nulla di più. Non era amore. Non poteva essere definito amore. Amore siete tu e Edward, Emmett e Rosalie, i miei genitori, la mia amica Julia e Davies. E questo l’ho capito solo ora che l’ho dimenticato e che per lui non sento più nulla. Ho capito che l’amore, a differenza di una cotta, non ti delude e basta ma ti prende e ti ferisce a morte, spezzandoti le ali e impedendoti di volare…” 

Alice si portò la tazza alla bocca per bere ancora un po’ della bevanda calda, sperando che la sua dolcezza potesse cancellare il l’amaro che aveva in bocca.

“Cos’è che ti ha portato a queste convinzioni?” domandò Bella, attizzando il fuoco nel caminetto.

“Negli ultimi anni ho vissuto una vita forzata e a tratti poco spontanea, come se avessi costantemente dei canoni da rispettare, incapace di vivere liberamente. E tutto solo per aver paura di amare qualcuno ed essere poi rifiutata. Per questo mi sono fasciata la testa prima di cadere e ho trattato male chi non lo meritava con l’unico, ovvio, risultato di farlo scappare via…” posò la tazza e si portò le mani al volto come a nascondersi per la vergogna.

“Mi dispiace vederti così, credo di poter capire la situazione”

“Oh, no, Bella, no. Credimi, non puoi. Non sai cos’ho fatto, né a chi” 

“E se invece sapessi a chi ti riferisci?”

“Come?” domandò Alice, abbassando le mani e trovando finalmente il coraggio di guardare la ragazza negli occhi.

“Si tratta di Jasper Hale, non è così?”

Alice rimase sbalordita dalla risposta. “E tu come lo sai?”

“Hai sempre detto che siamo come sorelle, no? Quando conosci qualcuno, certe cose si sanno e basta”

“Se non altro mi hai tolto l’imbarazzo di dirtelo… Sì, è lui” ammise, dopo qualche istante di titubanza. 

“E che avresti fatto di tanto terribile da farlo scappare?”

“Pur di rispettare la mia vecchia scelta l’ho sempre trattato male, comportandomi in modo sconsiderato nei suoi confronti, sono stata meschina e maleducata. Come si fa? Me lo domando anch’io. E’ il ragazzo più…” sospirà. “Più dolce, gentile, bello, affascinante… Colto, educato, premuroso che esista” concluse la frase parlando quasi più a sé stessa che a Bella. Gli occhi sognanti rivolti al fuoco però si spensero rapidamente. “Si è stancato di me, del mio atteggiamento, non mi vuole più vedere e non tornerà. Come biasimarlo, in fondo?” a quelle parole scoppiò in un pianto violento e convulso.

Bella le si fece accanto e la strinse in un abbraccio protettivo accarezzandole i capelli. 

“Non lo vedrò più, capisci?” singhiozzò, seppellendo il viso paonazzo e bagnato nell’incavo della spalla dell’amica, aggrappandosi al suo maglione e continuando a  piangere e a sussultare come un cucciolo ferito. “Io ormai…” fece. “Amo Jasper”

Per un lungo tempo nella casa regnò il silenzio, nessuna delle due parlò più, l’unico rumore era prodotto dalla pioggia fuori e dai singulti di Alice che si fecero vi via più deboli finché la ragazza non si calmò. 

“Eppure deve esserci una causa precisa per aver scatenato il pianto e il resto. Come hai realizzato di provare questi sentimenti?” domandò poi Bella.

“Beh, effettivamente, il pianto mi è venuto su perché stavo pensando a una cosa in particolare… Prima di salutarmi, Jasper mi ha dato una busta e mi ha detto di aprirla una volta arrivata qui. Io, però, ero così arrabbiata con lui che, senza pensarci, l’ho buttata nella spazzatura. Quanto sono stata stupida, vorrei non averlo mai fatto!” 

Stava per piangere di nuovo ma Bella non glielo permise. “E se conoscessi il modo per strapparti un sorriso?”

“Impossibile”

“Forse non avrei dovuto fare questa cosa perché non mi riguarda, ma sentivo di doverlo fare e ora so di aver fatto bene”

“Di che parli?”

“Dammi un attimo” e così dicendo andò di sopra un momento e ridiscese poco dopo. 

“Chiudi gli occhi” disse tenendo qualcosa dietro la schiena con un’espressione serafica dipinta sul viso. 

“Bella, dai…” 

“Chiudili!” intimò. 

“Niente scherzi, eh?”

“Okay, ora aprili”

Alice obbedì. E non appena lo fece il suo viso s’illuminò lasciando spazio ad un sorriso così ampio da ricordare quasi il buffo stregatto di Lewis Carrol. Bella teneva fra le mani quella stessa busta che Jasper aveva dato a lei tempo prima. 

“Come… Come fai ad averla? Io l’avevo gettata, non capisco”

“Beh, ho sentito di doverla prendere prima che fosse passato il camion dei rifiuti, sapevo che ti saresti pentita e così è stato. Strano, però, di solito la sensitiva sei tu”

“Posso… Prenderla?”

“Che domande, è per te!”

Tese la busta verso Alice che, con trepidazione, la prese fra le mani e l’esaminò con cura. 

“Oh, Bella! Sei fantastica, grazie infinite!” esclamò, abbracciandola con trasporto.

“Non c’è alcun bisogno di ringraziarmi. Ora vado a studiare, ti lascio alla tua busta. Fra un’oretta ceniamo”

“Comunque, grazie… Per tutto”

Bella le strizzò l’occhiolino e se ne andò. Alice allora si alzò dal divano e andò a sedersi sul gradino del caminetto e per un minuto buono contemplò la busta come fosse un prezioso tesoro. Era azzurra, piuttosto spessa e dalla superficie levigata. Era grande e anche un po’ pesante. Recava il logo di un qualche negozio che non conosceva e il disegno di alcuni palloncini colorati, oltre a un simpatico fiocco celeste annodato sulla sommità. In un primo momento Alice non volle aprire la busta, temendo di rovinarla. Poi, però, la curiosità la vinse e sciolse il fiocco e tolse i sigilli adesivi. Come una bambina, chiuse gli occhi e affondò le mani all’interno. Incontrò qualcosa e lo tirò fuori. Era un libro di medie dimensioni. Apertolo, notò la firma Jasper Hale e, poco più in basso, poche righe scritte a matita in una grafia chiara ed ordinata, che recitavano: 

 

Questo è mio ma, dal momento che il mio esame a riguardo è passato, lo cedo più che volentieri a te. Sono certo che ti sarà utile, ci sono anche un sacco di miei appunti, vedrai che non ti deluderà! In bocca al lupo allora, spero di esserci quando supererai l’esame. 

 

“Oh…” riuscì a sussurrare appena, sorpresa dal gesto. Mise via il libro con cura e tornò a curiosare nella busta. Tirò fuori un pacchettino che si dimostrò contenere una scatola di cioccolatini. Aperta la confezione, venne investita dal dolce profumo delle praline colorate, erano così belle e diverse che chiunque avrebbe trovato il suo cioccolatino preferito. Lesse mentalmente il bigliettino allegato al coperchio che riportava: 

 

Questi cioccolatini non sono per farti ingrassare ma per risollevarti il morale quando sei giù. Prendine uno e gustalo, sono come la vita: non sai mai quello che ti capita! Aiutano perché fanno pensare a quanto c’è di bello per ognuno di noi… Chissà a cosa penserai tu! Ah, hai già sfogliato il libro? C’è una sorpresa a metà : )

 

Alice chiuse la scatolina e riprese il libro. Sfogliandolo, rimase ammirata dalla cura e dall’assiduità di Jasper nello scrivere appunti qua e là. Verso la metà incontrò un segnalibro di cartoncino rosso con su un adesivo dello United e un piccolo pendente a forma di stellina. 

 

Questo è il mio portafortuna per il tuo esame. So di non essere tra le persone a te care ma io ci tengo a te quindi, se non è chiedere troppo, porta il pendente sempre con te, così potrò sentirti più vicina quando sarò lontano.

 

‘Oh, Jasper. Non mi separerò mai da questo pendente, lo giuro!’ pensò, assicurando la piccola stella a uno dei suoi orecchini. 

Prese poi l’ultimo pacco, quello più grande, e notò che era ricoperto con della plastica protettiva. Prima di rimuoverla lesse a mente anche l’ultimo biglietto: 

 

Spero che vedendo questo tu possa finalmente capire una cosa… E mi auguro che riceverlo ti faccia piacere perché, sai, ci ho messo tutta la cura e l’impegno possibili. L’altro, purtroppo, non ho avuto modo di riaverlo indietro, così ho fatto questo apposta per te. Tranquilla, di damerini come me non ce n’è l’ombra, comunque riesci a trovare il folletto?

Te lo mando con tutto il mio affetto, anche se ormai è tardi, per tutto. 

Ti auguro ogni bene. Buone feste, Alice.

 Jasper

Assalita dalla tensione, strappò l’involucro plastificato ed estrasse il contenuto, restando quasi pietrificata. Un quadro. Non un quadro qualsiasi, però. Il loro quadro.  Quello che avevano visto tempo prima alla mostra presso la galleria d’arte della città. Era dunque Jasper il suo misterioso autore, che Alice aveva tanto desiderato poter incontrare? 

‘J.H.’ pensò. ‘Avrei dovuto immaginarlo, che sciocca’ 

Era quasi identico all’originale. Quasi perché era ancora più vivo, ancora più perfetto dell’originale, se possibile. I colori erano brillanti, la foresta e gli animali sembravano avere vita propria, il sole che si intravedeva in mezzo al verde quasi abbagliava e il vento sembrava muovere realmente le fronde degli alberi e l’erbetta. Ma ciò che toccò il cuore di Alice fu la visione di un piccolo, tenero folletto, assente nell’originale, vestito di verde che se ne stava acciambellato sul ramo di un albero con il flauto di Pan in mano mentre poche foglioline adornavano il suo capo. Il piccolo viso, le mani, gli occhi, i capelli e la carnagione così chiara e delicata. Era identico a lei. A lungo contemplò l’opera senza smettere di piangere silenziosamente. 

‘Cos’ho fatto? Se si fosse rovinato o perso… Se Bella non lo avesse recuperato, io…’ si coprì la bocca con le mani. ‘Se non avessi mai trattato Jasper in quel modo…Jasper… Come vorrei che fosse qui, adesso’

Raccolse tutti gli oggetti e li rimise nella busta, quindi la portò in camera sua e la sistemò in un angolo sicuro. ‘Manca ancora una settimana abbondante a Natale, se mi metto di impegno riuscirò a essere pronta per l’esame. Con quel libro mi sento invincibile. Se riuscirò a passare l’esame… Solo in quel caso avrò il coraggio di ammettere i miei sentimenti davanti a lui!’ pensò, scommettendo con se stessa,  aprendo il libro e iniziando a studiare di buona lena. 

 

 

Arrivò il giorno della vigilia. Rosalie pensò di organizzare la serata a casa sua con tutti loro ed alcuni amici comuni di vecchia data. Ad Alice la cosa spiacque perché sapeva già in partenza che la persona che le interessava non si sarebbe presentata. Comunque, su insistenza di Bella, alla fine decise di andarci – di sicuro sarebbe stato meno penoso che stare a casa da sola a mangiare una triste coscia di pollo davanti all’albero di Natale. 

“Bella, allora andiamo?” chiese un Edward alquanto annoiato che se ne stava stravaccato sul divano a guardare una replica di tennis. 

“Ancora un momento, sto reperendo tutti i regali” rispose la ragazza dal piano superiore. 

“Almeno mia sorella è pronta?”

“Aspetta che la chiamo”

Entrò nella stanza della ragazza e rimase sbalordita nel vederla pronta ma di nuovo presa dallo studio. “Alice, ma ti sembra il momento? E’ la vigilia, basta studiare!”

“Come? Cosa?” sussultò, non avendola sentita arrivare. 

“Si sta facendo tardi, se Edward non corre faremo una figuraccia”

“Metto il cappotto e arrivo” assicurò, mettendo via la matita e chiudendo il libro con dolcezza.

“Okay, intanto carichiamo i regali in macchina” 

Infilò il soprabito bordeaux, spruzzò due gocce di profumo sul collo e sistemò una ciocca ribelle. Nel farlo, il pendente a forma di stellina si mosse con un dling che le fece sfuggire un sorriso triste.

“Possiamo andare? Non so se potrò correre dato che sta piovendo a dirotto” si lamentò Edward.  

“Lo so, fa’ quel che puoi” rispose la sua ragazza con aria comprensiva. 

“Rosalie non ci farà a fettine se ritardiamo un pochino”commentò Alice.

“Le basterà vedere la borsa che le ho regalato per perdonarmi” fece poi Bella, compiacendosi di conoscere i gusti dell’amica. 

“Che le abbiamo regalato, vorrai dire” l’apostrofò Edward. 

“Esatto, ti ricordo che abbiamo partecipato anche noi”

“L’idea è stata mia, però, cari!”

 

 

“Ragazzi, finalmente!” esclamò Rosalie, aprendo la porta. 

“Buonasera, scusaci per il ritardo…”

“Non c’è problema, manca ancora qualcuno all’appello. Accomodatevi”

Quella sera villa Hale era ancora più bella e raffinata del solito. Tutto era stato decorato nei minimi dettagli: un’infinita fila di luci adornava il perimetro esterno della grande casa; grandi renne, babbi natale, abeti e pupazzi di neve luminosi di tante diverse dimensioni erano stati sistemati in giardino; una magnifica ghirlanda era stata appesa fuori dalla porta principale e tanti enormi candy canes finti scendevano a mo’ di tendina sul portico. 

 

 

E l’interno della villa non era da me – perfino le solite tende erano state sostituite da preziosa seta rossa abbellita con fiocchi di pizzo bianco e palline di candido cotone. Vivendo in un posto così, il Natale era davvero una festa magica. 

In salotto la tavola era già apparecchiata con l’argenteria e ai margini della stanza c’era un grosso albero alto fino al soffitto e pieno di luci e palline colorate e, al di sotto di esso, i regali erano giù numerosi. 

Tutto era splendido, anche Rosalie e Emmett erano vestiti elegantemente, tanto da sembrare divi del cinema. 

Gli invitati presenti erano impegnati in conversazioni di vario genere e se ne stavano comodamente seduti su poltrone e divani, alzandosi di quando in quando per salutare i nuovi arrivati. Poco dopo un quartetto di gemelli, vestiti da angioletti, intonò qualche canzoncina natalizia e poi se ne andò. 

“Non sono adorabili?” fece Rose salutando la loro madre, sua cugina, che li portò via.

“Ragazzi, venite, la cena è in tavola” disse poco dopo Angela, un’amica di Bella e Rosalie. Nessuno se lo fece ripetere due volte e il tavolo fu presto riempito poiché tutti aspettavano con ansia di gustare i manicaretti preparati dalla padrona di casa.

“Buon appetito e auguri!” fu l’esclamazione generale, prima di partire all’attacco.

“Dì un po’, Alice, ce l’hai il ragazzo?” domandò Eric, il fidanzato di Angela, che amava sempre scherzare.

“Ma cosa dici? Non vedi che la metti in imbarazzo? Alice, scusalo, per favore” intervenne Angela.

“Eh eh eh… Sono un rubacuori, io”

“Direi più un pagliaccio, tesoro”

La battuta strappò una risatina ad Alice che cominciò a godersi la serata con il cuore più leggero. Erano tutti molto simpatici e le risate si sprecarono, anche quando, finita la cena, presero a giocare a poker, a scacchi, a scarabeo. 

“Alice, aspetta, il bagno è occupato. Se hai urgenza di lavarti le mani vai pure di sopra” le suggerì Rosalie.

“Okay” rispose, salendo le scale. 

Quand’era il momento di tornare di sotto, però, la sua attenzione fu attirata dalla targa di legno su una porta dov’era inciso il nome Jasper. Senza fermarsi a pensare che fosse una cosa sbagliata, abbassò la maniglia e con sollievo vide che la porta si apriva senza problemi, allora s’intrufolò nella stanza senza pensarci. Cercò l’interruttore della luce e, quando l’ebbe trovato, si guardò attorno. Era dunque quello il regno di Jasper? 

Una grande stanza a pianta quadrata, dai muri sommersi di poster e locandine di varie dimensioni. Una scrivania ricolma di oggetti, soprattutto libri, un armadio in legno massello, un mobile provvisto di televisore al plasma. Di fronte un’altra libreria, un cesto di vimini, un comodino ed un letto. Ad Alice scappò un: “Wow!”

Era totalmente strano per lei trovarsi lì, per di più in quel frangente. Si sentiva quasi una ladra che violava uno spazio non suo. Ma, allo stesso tempo, si sentiva attratta da quella stanza, poiché lì poteva conoscere un po’ di lui. Si lasciò sfuggire un sorriso notando che, nonostante tutto, qualche oggetto si trovava disordinatamente qua e là. ‘Nemmeno lui è Mr. Ordine, allora!’ pensò, sorridendo.

Si sedette sul letto e continuò a guardarsi intorno, totalmente presa. Si accorse poi di una sciarpa accanto al cuscino. Senza esitazione la prese fra le mani e accarezzò la morbida stoffa dal motivo scozzese con i polpastrelli e, meccanicamente, l’avvicinò al viso per poterne annusare il profumo. L’odore di Jasper le invase le narici e lei chiuse gli occhi, estasiata dalla fragranza maschile. Fosse dipeso da lei sarebbe rimasta a dormire lì ma era evidente che la sua assenza venisse notata al piano di sotto. Infatti...

“Alice?” chiamò Bella giù per le scale. La ragazza tornò in sé con un improvviso sobbalzo. Raggomitolò la sciarpa e la infilò alla meglio nella tasca della sua giacchetta, quindi scese in fretta.

“Ma che fine avevi fatto?”

“Ehm… Non riuscivo a trovare la porta” rispose incespicando sui gradini e rischiando di cadere.

“Vieni, è quasi mezzanotte” fece poi Rosalie, sbucando dalla cucina con due vassoi in mano.

“Arrivo subito” rispose Alice, dileguandosi un momento all’ingresso. Qui infilò la sciarpa del ragazzo dentro la sua borsa, quindi tornò in salotto. 

“Ti vedo un po’ strana” osservò Bella a voce bassa.

“Ti dirò, invece è una bella serata” rispose, prima di aggiungersi ad un gruppo che giocava animatamente in mezzo al quale spiccavano anche gli altri due Cullen.

“Per favore, prima di aprire i regali ascoltatemi un momento, Emmett e io dobbiamo fare un annuncio. Prendete un bicchiere ciascuno” disse Rose sollevando la flûte che aveva in mano. Emmett distribuì un paio di bottiglie di champagne agli ospiti, raggiungendo poi la sua amata.

“Di che si tratta?” chiese Edward.

“Come sapete, noi due siamo insieme da anni ormai…”

“Da secoli” scherzò qualcuno, forse Eric, che quanto ad umorismo se l’intendeva con Edward.

“...e siamo ormai adulti e indipendenti. Abbiamo quindi pensato che fosse il momento di dare una svolta alla nostra vita e, quella svolta, è arrivata”

“Infatti, anche se per il momento non abbiamo stabilito alcuna data, Rose ha accettato di diventare mia moglie in estate” concluse Emmett prendendo la mano di lei. 

Un grido di gioia collettiva riecheggiò per la sala. 

“Brindiamo insieme, amici”

“Ai futuri signori Cullen-Hale!” dissero insieme, sollevando i calici.

Dopo il brindisi, Alice si sedette su una poltrona e attese che il trambusto per i regali fosse terminato. Era molto felice per suo fratello e per Rosalie, ma non riusciva a gioirne come gli altri. Forse perché era rassegnata all’idea che per lei e la persona amata non potesse esserci un simile futuro? Si diede dell’egoista ma la sua tristezza non passò.

“Questo è da parte mia e di Bella” sopraggiunse Edward poco dopo, mettendole sulle ginocchia un pacco e riportandola così alla realtà.

“Che bello, da quanto volevo leggere questo romanzo! Grazie, Bella”

“Di nulla”

“Ehi, ehi, è anche da parte mia!” si lamentò il povero Edward. 

“Grazie, Edds”

Il regalo di Emmett e Rosalie si rivelò essere un bellissimo abito di raso color bluette. 

“E’ splendido, non avreste dovuto”

“Perché no? Quando l’ho visto ho subito pensato a te, e sono sempre più convinta che ti starà magnificamente” ripose Rosalie.

“Grazie mille, ragazzi”

“Ma figurati. Ah, colgo l’occasione per chiederti una cosa”

“Dimmi”

“Jasper ha voluto che buttassi via un po’ delle sue vecchie cose, tra cui il blocco da disegno del liceo. Le altre cose erano cianfrusaglie, ma il blocco secondo me sarebbe un peccato gettarlo nell’immondizia. Dato che studi arte, che ne pensi di dargli un’occhiata?”

“Certamente” fece Alice, la cui attenzione si era bloccata sulla parola ‘Jasper’. La ragazza allora tirò fuori un grosso e pesante blocco dalla copertina scura e anonima e lo tese verso Alice che non esitò a prenderlo e sfogliarlo. “Perché mai vorrebbe buttarlo? Questi disegni sono stupendi”

“Lo penso anch’io ma gli artisti sanno essere volubili e lunatici, a volte. Se ti piace puoi tenerlo”

“Dici sul serio?” chiese con gli occhi che brillavano.

“Sicuro”

“Oh, grazie!”

“Non andate via, ragazzi, la festa inizia ora” disse poco dopo Emmett.

“Che intendi dire?” chiesero alcuni.

“Scendete in garage e lo saprete”

Poco dopo erano tutti riuniti nell’ampio garage e attendevano una risposta.

“Eric prendi posto” l’esortò Emmett e il ragazzo, d’ accordo con lui, si mise al lavoro e in poco tempo partì della musica – faceva il dj nel tempo libero.

“Chi ha voglia di ballare?” domandò Rosalie che venne seguita a ruota da molti amici ed amiche.

“Bella, mi sono divertita ma ora sono stanca di sorridere ad ogni sguardo, vorrei andare a casa. Puoi persuadere Eddie a prestarmi la macchina?”

“Vedrò cosa posso fare”

Alice sapeva però che con Bella giocava in casa, quindi ottenne presto quel che voleva. “Emmett ha detto che ci accompagnerà lui. Edward, invece, ha detto di non graffiargli la carrozzeria e io aggiungo: guida con prudenza” fece, dandole le chiavi.

Alice salutò e ringraziò per la serata, quindi si sistemò nella Volvo e partì poco dopo. 

Arrivata a casa scartò i regali delle sue amiche. Julia le aveva regalato un profumo che Alice adorava e Patience, invece, una gonna molto graziosa allegandoci un biglietto: 

 

Sai che le fantasie scozzesi non mi fanno impazzire ma, dato che a te piacciono molto, farò un’eccezione. Mettila e farai colpo, eh eh eh! 

Auguri da Pat ;D

 

‘Sono così carine… Di certo però non avrò nessuno su cui fare colpo’ pensò, salendo le scale e andando in camera sua.

Preparatasi per andare a letto, sistemò sulla scrivania il blocco da disegno e gli altri regali, quindi si infilò a letto. Trasse la sciarpa di Jasper dalla borsa che aveva posato sul comodino, la sistemò sul cuscino e rimboccò le coperte. Abbracciò la striscia di tessuto e pensò: ‘Che stia sbagliando tutto, di nuovo? Non sarei dovuta entrare nella stanza, toccare le sue cose e prendere la sua sciarpa… rubare la sua sciarpa, ad essere precisi. Però così posso sentire il suo profumo e poter sentire sulla mia pelle un oggetto che ha toccato la sua…’ una calda lacrima le rigò una guancia. ‘Buon Natale, Jasper. Chissà cosa stai facendo in questo momento… Chissà se sono nei tuoi pensieri almeno un po’…’

Mentre il cucciolo di casa Cullen chiudeva gli occhi, pronta a lasciarsi andare al sonno, in un appartamento di Birmingham un ragazzo si faceva le sue stesse domande, ugualmente solo, malinconico e privato della speranza di poter rivedere la persona amata. 

 

 _______________________________


L’angolo di Amy 

Ciao gente, 

questo capitolo è abbastanza malinconico, specie perché sentirsi soli a Natale, secondo me, è decisamente peggio che stare da soli per il resto dell’anno. Alice finalmente ha capito i suoi sentimenti e ha ammesso di amare Jasper, tanto che ne sente tantissimo la mancanza. Voi che ne dite, riuscirà mai ad avere il coraggio di affrontarlo e dirglielo?

Adesso passo a rispondere alle recensioni dello scorso capitolo ;)

Lorelaine86: Cara, sono felicissima che il mio modesto lavoro ti piaccia, dimmi cosa ne pensi di questo ^^ Indovina a chi mi sono ispirata per il personaggio di Bella! :D


Linn86: Ciao, è vero, Jasper è un tesoro e Alice mi sa che ha finalmente capito… E grazie a Bella, sei riuscita a sapere cosa conteneva il famigerato pacco! Cosa ne pensi di questo capitolo? Fammi sapere ^^ 

Grazie del supporto, a presto!

Amy

 

 

 

 

 

 

 

   


 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8: Birmingham ***




Birmingham


Passati la vigilia ed il Natale, Alice aveva ancora due giorni di tempo prima dell’esame. Lo studio la inghiottiva completamente, solo rapidi pasti e qualche ora di sonno riuscivano a staccarla dal libro di Jasper. Sebbene fosse stata sempre molto diligente non si era mai dedicata allo studio a quel modo, stavolta aveva un motivo in più per mettercela tutta e sentiva di dovercela fare, ovviamente non solo perché l’esame era molto importante, ma anche e, soprattutto, per poter avere la possibilità – e il coraggio – di dare una svolta decisiva alla propria vita. 

“Alice, si può?” domandò Bella, bussando alla porta della sua stanza.

“Sì, certo” rispose distrattamente.

La ragazza entrò con in mano un vassoio. “Ho pensato che volessi fare una pausa. È da stamattina presto che sei china sui libri a studiare senza sosta, che ne dici di fermarti qualche minuto?”

“Ma che ore sono? Già le sei?! Come vola il tempo… Beh, direi proprio che mi ci vuole!” esclamò, guardando la sveglia sul comodino e stiracchiandosi un po’. 

Si sedettero sul letto e appoggiarono il vassoio fra di loro, iniziando a sgranocchiare qualcosa. 

“Quanto ti manca?” chiese l’amica.

“Ancora pochi capitoli e avrò finito” decretò l’altra.

“Sono sicura che quest’esame non sarà un problema per te”

“Lo spero, lo vedi anche tu come sto studiando per recuperare i giorni persi, no?”

“Certo e posso dire che, secondo me, non sono stati giorni persi, perché ti hanno aiutata a capire cosa vuoi”

“Già” fece, sorridendo.

“Devo dire che da quando ti sei aperta con me sull’argomento sembri, non so, più distesa e anche più propensa allo studio”

“Puoi giurarci”

“Qual è il tuo segreto?” scherzò Bella.

“Questo” rispose Alice, passandole il libro di Jasper.

Bella l’esaminò con cura, cercando di capire cos’avesse di tanto speciale, poi, quando lesse a chi apparteneva e le poche righe scritte, capì.

“Che ne dici di prestarmelo per il mio prossimo esame? Se è così magico…”

“Ehi, ehi, non allargarti!”

“Ah ah ah, scherzo! Ti ricordo che non studio Arte!”

Bella sorrise nel vedere che le sue battute funzionavano. Era ancora più convinta di aver fatto bene a conservarle il pacco, era servito a risollevare il morale di Alice e contava più di tutto. 

“Era nella busta?”

“Sì, ma non solo, ci sono altre cose. Scusa se non te le ho mostrare prima”

Prese la busta e appoggiò anche quella sul letto e tirò fuori prima il segnalibro e la scatola di cioccolatini.

“Com’è dolce, ma come hai fatto a dire di non sopportarlo?”

“Ti prego, non mettere il dito nella piaga…”

“Hai ragione, scusa”

“Piuttosto… Ti va un cioccolatino?”

“Ma no, dai, sono tuoi, non posso”

“Appunto, sono miei. Questo vuol dire che posso offrirli a chi voglio, soprattutto a te. Scegli quello che ti piace di più, è il minimo”

“D’accordo, anche se è difficile: qui c’è l’imbarazzo della scelta”

“Al mio segnale mangiamoli insieme. Via!”

Morsero contemporaneamente le praline e rimasero stupite di quanto fossero buone, oltre che belle da vedere e dolcemente profumate. 

“È proprio vero, ti fanno venire in mente le cose migliori”

“Alludi a Edward?”

“No, a quella borsa che ho visto l’altro giorno in centro…”

“Starai scherzando…”

“Certo, sciocchina. Ovvio che mi sia venuto in mente tuo fratello. E a te?”

“Beh, ecco… Dovresti intuirlo…” fece, diventando rossa in viso e abbassando lo sguardo.

“Non ne dubitavo” ripose con un sorrisetto beffardo. “Comunque quel pendente è davvero carino, quanto vorrei che anche Edward mi regalasse una cosa simile…”

“Ma voi vi vedete quasi tutti i giorni, non sarebbe proprio lo stesso”

“Lo so, si perderebbe la magia, forse, ma mi piace il concetto. Jasper ha voluto cercare di stabilire, anche se solo fantasticando, un contatto con te, in modo da poter essere presente sotto forma di oggetto. Parrà pure infantile, ma è qualcosa di molto romantico”

“Lo penso anch’io, per questo non me ne separo mai” e così dicendo sfiorò la stellina con le dita.

“Ma, a quanto vedo, non abbiamo ancora finito”

“Effettivamente non ti ho ancora fatto vedere il mio oggetto preferito”

Sfilò il quadro dalla busta con grande cura, prima però fece leggere il biglietto a Bella. 

“Ricordi la mostra alla galleria d’arte, quando Rosalie mi regalò il suo biglietto? Beh, lì lo incontrai. Ci fermammo molto a guardare uno splendido quadro e commentammo insieme, parlando ognuno delle proprie impressioni a riguardo. Mi colpì il modo in cui sapeva padroneggiare gli argomenti come e meglio di un critico. Quella volta riuscii a parlare con lui normalmente, ero come rapita dal suo modo di fare, le sue parole riempivano le mie orecchie come perle di saggezza”

Così l’esortò a guardarlo. Bella sgranò gli occhi per lo stupore e la sua bocca aperta formò un cerchio. “È bellissimo! Ma è una riproduzione dell’opera in questione?”

“Sì e no. Si tratta di una specie di copia, almeno in parte. Dopotutto, due capolavori non possono mai venire uguali, non credi?”

“Sì, ma cosa vuoi dire? Non ti seguo”

“Guarda cosa c’è su quell’albero”

“Sembrerebbe un folletto. E molto carino, anche”

“Beh… Guarda meglio”

Bella lo fissò per un minuto buono, poi aprì nuovamente la bocca per lo stupore e spostò gli occhi da Alice alla tela e viceversa per varie volte. 

“Oh, wow… Sei tu, Alice”

“Sì, sono io”

“Ma questo vorrebbe dire che…?”

“È lui l’autore del quadro Bella, sia di questo che di quello della mostra. Solo che, come hai letto, questo è unico, non c’è il folletto nell’originale”

“Perché lo ha fatto per te” concluse la ragazza che, a stento, riuscì a non commuoversi. Passò il quadro ad Alice che gli diede un ultimo sguardo e lo rimise poi nella busta insieme al resto, sospirando.

“Perché non parli più, Bella?”

“Perché non ci sono parole per descrivere quel che ha fatto per te”

“Già…”

Il viso di Alice si spense in un’espressione malinconica, così Bella lasciò che la testolina dell’amica si appoggiasse alla sua spalla. Restarono in silenzio per un po’.

“Bella, che cosa si prova ad essere amati?”

La domanda sorprese a tal punto la giovane Swan che non rispose.

“Scusami, so che è una domanda stupida”

“No, non lo è, solo che non capisco perché tu me la ponga: dovresti saperlo”

“E come potrei?”

“Non hai letto i biglietti di Jasper e guardato i suoi regali abbastanza da capire? Non hai esaminato le sue parole?”

Alice alzò la testa e la guardò in silenzio.“Dici che lui…?”

“Bingo!”

 A Bella sembrava tutto così ovvio. Anche Alice, in fondo, lo sapeva ma non poteva crederci davvero. “Scusa, Bella, ma per me non è evidente… Dopo Jacob io ho maturato la convinzione che nessuno si possa innamorare di me…” 

“Alice, hai detto anche tu che era uno sbaglio vivere ancora nelle convinzioni che ti eri fatta anni fa. E ora che fai, ti ci ributti a capofitto?”

“Credi seriamente che lui abbia fatto tutto questo per… Amore?”

“Di sicuro queste cose le fanno i ragazzi innamorati. Non ci vuole niente a comprare un regalo in un negozio ma, metterci cura e dedizione, fantasia e sentimento, questo è diverso. Lui ha pensato alla tua vita scolastica, alla tua passione per l’arte, alla tua golosità e a comunicarti i suoi sentimenti. Tutto insieme, con gesti che partono dal cuore. E poi, fidati di me: chi potrebbe non amarti? Jasper Hale no di certo”

“Oh, Bella…” disse, non potendo fare a meno di abbracciarla.

“Aiuto, mi stai stritolando…”

“Comunque ho fatto una promessa a me stessa. Ho deciso che, se l’esame andrà bene, prenderò coraggio e gli dirò ogni cosa”

“Brava, ti voglio determinata!”

“Con il pendente e la sua sciarpa come portafortuna, di sicuro andrà alla grande”

“La sua sciarpa?”

Alice si tappò la bocca con le mani. Ormai però l’aveva detto. “Ehm, sì, la sciarpa”

“Perché sei così nervosa, all’improvviso?”

“Beh, ecco… Effettivamente, può darsi che alla vigilia di Natale mi sia introdotta, per caso, in camera di Jasper e…”

“… e, sempre per caso, tu abbia preso una sua sciarpa, vero?”

“Sì…”

“Alice, ascolta, capisco la situazione ma non avevi il diritto di entrare in camera sua e prendere le sue cose”

“Lo so, Bella, però… Volevo conoscere un po’ più di lui. E poi, pur avendo i suoi regali, non c’è nulla che abbia il suo profumo…”

Quest’affermazione intenerì ulteriormente Bella che, appoggiandole una mano sulla spalla, le disse: “Scusa, so che non sei una ladra né una maleducata, non intendevo accusarti. Se dovesse capitare di nuovo però non farlo più, non è da te”

“Posso chiederti di farmi un favore?”

“Dimmi”

“Se domani vai da Rose, potresti cerare di scoprire quando tornerà Jasper?”

“E come faccio?”

“Troverai un modo, ne sono sicura. Dai, sai quanto ci tengo…”

“Vedrò quel che posso fare, ma non ti prometto nulla” fece, alzandosi dal letto e andando verso la porta.

“Grazie” disse infine Alice. 

 

 

Il giorno dell’esame arrivò. 

Alice, su obbligo di Bella, era andata a dormire presto la sera prima, e le era grata, infatti quel giorno si sentiva attiva e riposata, pronta ad affrontare l’esame, seppure con un po’ di nervosismo. 

Il cielo anche quella mattina era scuro e nuvoloso e anche se non pioveva, minacciava di farlo.

Quando, in seguito, uscì dall’università, lesse il messaggio di Patience che l’avvertiva che sia lei che Julia erano uscite prima e quindi non avrebbero pranzato insieme quel giorno. Andò comunque da Philip’s a mangiare un boccone da sola. Presa la sua insalata di pollo e la sua cola light si sedette al tavolino e guardò la televisione che era collocata in alto, sulla parete opposta del locale. Il telegiornale stava chiudendo l’edizione con le ultime notizie sportive, che lei seguì con scarso interesse. 

‘Mi chiedo come sia andato l’esame, l’esito è davvero troppo importante. Non oso pensare all’idea che possa essere andato male’ si disse, addentando una forchettata d’insalata.

“… sì, è stata una scena troppo bella! Avevi ragione, Jasper!”

Jasper?!

Voltò di scatto la testa verso il tavolo alla sua sinistra, rischiando di prendere un brutto strappo ai muscoli del collo, e scrutò chi vi era seduto. Inutile dire quanto fu enorme la sua delusione quando si rese conto che quello non era il Jasper che popolava i suoi pensieri. La ragazza che era con lui le gettò un’occhiataccia e lei si girò immediatamente dall’altra parte, tornando a concentrarsi sul suo pranzo.   

‘Che stupida, è ovvio che non esiste solo lui con quel nome…’ pensò, sentendosi una sciocca. ‘Jasper, dove sei e cosa fai ora? Pensi mai a me?’ 

Dopo essere uscita dal locale si diresse a casa, sperando di potersi rilassare per un po’ facendosi un bagno caldo. 

“Allora, com’è andata?” chiese Bella, aprendole la porta.

“Non ne è ho idea” fece spallucce. 

“Come sarebbe? Non ti hanno dato i risultati?”

“L’insegnate era indaffarata, mi ha detto che mi scriverà una e-mail in questi giorni”

“Capisco. Vuoi mangiare qualcosa?”

“Già fatto, grazie. Ho solo bisogno di un bagno e di un po’ di riposo. A te com’è andata?”

“Mah, stamani ho dovuto lavorare da sola, la zia è a letto con l’influenza. Fra un’oretta devo tornarci” fece stancamente.

“Ti capisco, anch’io più tardi devo lavorare”

“Consoliamoci all’idea che quest’anno è quasi finito, è stata proprio dura”

“Hai ragione”

Salì in camera sua e diede una sistemata, pulendo e mettendo in ordine le cose fuori posto. Mise gli abiti puliti nel suo armadio, impilò molti libri sugli scaffali e rimise in ordine il cassetto della scrivania. Ciò la distese mentalmente. Si preparò poi la vasca e in men che non si dica si immerse fino alle spalle nella schiuma profumata.

‘In fondo però ci sono buone possibilità che sia andato bene. In quel caso non potrei sottrarmi alla promessa. Se non fosse andato bene, invece, con che faccia potrei mostrarmi a lui e dirgli che non ho superato l’esame nonostante abbia studiato sul suo libro? No, impensabile’ commentò nella sua testa, ripensando all’esame sostenuto.

Il suo desiderio di mettere fine a quella triste condizione l’aveva spinta a studiare in maniera intensa e quasi ossessiva, era stanca di mentire, stanca di far finta che tutto andasse come lei voleva, stanca che la situazione andasse in quel modo. Voleva che cambiasse in meglio. E, più di tutto, voleva vedere Jasper. 

Si era sempre detta di non poter far nulla per cambiare la sua vita, solo in quei giorni però, a distanza di tempo, aveva compreso quanto il suo modo di pensare fosse sciocco e infantile nonché errato. Come si può pensare di non poter amare nessuno solo perché le cose ci sono andate male una volta? La vita va avanti e ci riserva sempre qualcosa di nuovo, di inaspettato. Nel suo caso, ciò che era piombato nella sua vita senza che lei se ne rendesse conto, era Jasper. Il suo errore era stato non accorgersi prima che quella era la sua occasione per smettere di condurre quella vita restrittiva e poter finalmente essere felice, accanto ad una persona che l’amasse e la rispettasse. Aveva ormai compreso dove avesse sbagliato e sapeva di dover rimediare a tutti i costi, qualunque fosse stata la risposta che avrebbe ricevuto. 

Terminato in bagno, Alice tornò in camera sua, si sdraiò sul letto e si mise a sfogliare con attenzione il blocco da disegno di Jasper che le era stato regalato da Rosalie. Il suo stile era piuttosto vario e mutava a seconda delle date accanto alle firme, ma la sua, evidentemente, era una capacità innata perché nel tempo aveva dimostrato di essere dotato di eccellenti doti artistiche. Ritratti, paesaggi, nature morte, piante, animali, fantasy, fumettistici, progetti architettonici e di arredamento e molto altro. Era tutto bellissimo e Alice non poté fare a meno di sorridere, almeno finché qualcosa   intaccò il suo sorriso. Il ritratto di una ragazza. Comprese subito che quello non era un ritratto qualsiasi perché nell’albo ce n’erano degli altri, ma nessuno era rifinito con così tanta cura. Lei aveva lunghi capelli lisci e castani, una pelle olivastra e labbra piene. Una grande lacrima sfuggì al suo controllo e scivolò via, bagnandole la manica del maglione. Quella ragazza emanava fascino da tutti i pori, era un soggetto perfetto da ritrarre, come dargli torto, in fondo? Erano sottigliezze quelle, che solo gli artisti potevano comprendere, e Alice era più che sicura che fosse lei la ragazza per cui Jasper si era trasferito a Birmingham – lo diceva il suo sesto senso, anzi, lo urlava dentro di lei. Nonostante la cosa l’avesse ferita, chiuse il blocco e si costrinse a non pensarci. Chiuse gli occhi e cercò di dormire, nonostante qualche lacrima continuasse a sgorgare da sotto le ciglia, finché si addormentò.

 

 

Quando si svegliò si mise a svolgere qualche faccenda, dato che Bella era andata al lavoro. Lavò i piatti, passò la scopa al piano di sotto, spolverò tutti i mobili,  pulì il caminetto dalla fuliggine, accese il fuoco. Quindi si diede una rapida mano di trucco, sistemò i capelli scompigliati ed uscì per recarsi al pub.

Ad AberBeer trovò un bel po’ di gente seduta ai tavoli, d’altronde erano giorni di festa ed erano molte le famiglie che passeggiavano e si fermavano a bere e mangiare qualcosa da quelle parti.

“Allora, Alice, com’è andato l’esame?”

“Non so, Simon, spero bene”

“Sicuramente, sei proprio un asso tu”

“Grazie, Cindy, a te com’è andato il casting per Marie Claire?”

“Ancora non mi hanno richiamata...”

“Ehi, volete smettere di fare salotto, voi tre? Non vi pago per ciarlare! Harper, porta questo al tavolo 5. Johnson, tu vai a prendere le ordinazioni al tavolo 4 e, Cullen, tu va’ dritta al tavolo 1, subito!” il tono di Bernie mise Alice e gli altri subito sull’attenti. 

In genere si lavorava così estenuantemente il sabato e la domenica, ma era appena inizio settimana. Fortunatamente il turno passò abbastanza in fretta e verso mezzanotte il locale era vuoto e i tre, sfiniti, si misero a pulire. 

Simon se ne andò via prima poiché quel giorno aveva fatto il doppio turno e non si reggeva in piedi mentre Cindy si sbrigò perché aveva appuntamento con un ragazzo. Alice rimase presto l’unica china a pulire le macchie d’olio sotto i tavoli. 

“Cullen, basta pulire, va’ a cambiarti” disse il capo, che se ne stava seduto al bancone a contare i soldi in cassa. Lei si alzò e obbedì.

“Senti, Cullen, hai urgenza di tornare a casa?” chiese l’uomo poco dopo.

“Sarei stanca” rispose. 

“Non ne dubito, però resta ancora qualche minuto. Ti va una birra?”

“Il mese scorso mi sono ubriacata in discoteca e preferirei non ripetere l’esperienza”

“Non si è mai ubriacato nessuno con una lager, andiamo. Offre la casa”

“D’accordo” fece lei, sedendosi su uno sgabello di fronte al bancone, un po’ sviata dalla gentilezza del capo. 

“Senti, non mi piace impicciarmi dei fatti altrui, però è anche vero che non mi piace vedere le persone che mi stanno intorno affliggersi, m’impensierisce, e poi non si lavora bene. Quindi sputa il rospo ” mise in chiaro, posando un piccolo boccale di spumosa birra davanti a lei. “È evidente che qualcosa non va”

“Scusami se ti ho dato quest’impressione”

“Quanti anni hai?” 

“Ventuno”

“Bene, io ho quindici anni in più. Credi di fregarmi? Non sono nato ieri”

“Non era mia intenzione”

“Direi di sì, invece. Potete anche dire che sono un stronzo, un bastardo sfruttatore, tu e gli altri, ma di sicuro mi sta a cuore che possiate lavorare sereni”

Quella frase sorprese Alice che decise allora di rispondere: “Non ho mai pensato né detto questo di te, tu mi dai lavoro e, anche se sei una persona dura, non mi sembrerebbe giusto insultarti”

“Sai, ci tengo molto a te - come dipendente, beninteso – e dato che molti clienti vengono qui per bere qualcosa e fare due chiacchiere con te, oltre al fatto che sei una ragazza seria e volenterosa, non voglio vederti giù. Voglio sapere di che si tratta ma senza entrare nella tua vita privata”

Alice assaporò la birra lentamente, scoprendo che non le dispiaceva. “Non c’è bisogno di preoccuparsi, Bern. Davvero, è una sciocchezza…”

“Qualcosa mi dice che c’entra un ragazzo”

“Come fai a saperlo?” sussultò.

“Non è sempre così quando voi ragazze avete quell’aria?”

“Può darsi…”

“Mia figlia è poco più piccola di te, ha le tue stesse espressioni facciali, siete molto simili”

“Non sapevo tu avessi una figlia, di solito non parli mai di te”

“Nemmeno tu. E se è per questo ho anche due gemelli”

“Comunque hai indovinato… Sì, è per un ragazzo”

“Avete litigato?”

“Sì, e lui se n’è andato via. E’ stata colpa mia”

“E ora sei pentita”

“Già”

“Beh, a questo punto, la domanda più logica è: ci tieni a lui?”

“Certamente”

“Perché allora non gli parli e ti scusi?”

“Non so se lui tornerà”

“Sicura che non sia per orgoglio?”

“Sì”

“Beh, lascia che ti racconti una cosa: ai tempi del liceo conobbi una ragazza. Lei era molto simpatica ed onesta, ma non proprio il mio tipo in fatto di bellezza. In quegli anni ero solito ubriacarmi spesso, una sera feci lo stesso a una festa. Il giorno dopo quella ragazza cominciò a starmi sempre appiccicata e continuò per un po’ finché io, stanco, le dissi chiaro e tondo che lei non mi interessava affatto. Per lunghi mesi non mi parlò più e io, all’inizio, ero contento di essermi liberato di lei. Poi però, dopo qualche settimana, iniziai a sentire la sua mancanza e così feci il possibile per parlarle e scusarmi ma lei non ne volle sapere. Dopo molta insistenza mi spiegò che non voleva più avermi intorno perché io l’avevo usata e poi buttata via. Io naturalmente non capii. Lei, molto arrabbiata, mi disse che eravamo andati a letto insieme la sera della festa, solo che non lo ricordavo perché ero ubriaco. E mi disse anche che dopo quella sera era stata poco bene e aveva poi scoperto di essere incinta. Disse anche che non me l’aveva detto perché era sicura che io avrei negato tutto o che, comunque, l’avrei mandata a farsi benedire, visto il modo in cui l’avevo trattata”

“E poi, com’è andata?”

“Ho capito che l’amavo. Così ho messo la testa e posto e mi sono preso cura di lei. Mi sono preso le mie responsabilità cominciando a lavorare e, quando ho raggiunto la stabilità economica, l’ho sposata. Con il tempo ho imparato ad apprezzarla sempre di più, non solo per tutte le sue qualità interiori ma anche perché, crescendo, è diventata molto bella. Se non avessi fatto il primo passo, a quest’ora avrei perso la possibilità di vivere assieme a lei ed i miei figli, e chissà dove sarei a quest’ora”

Il racconto di Bernie toccò Alice. “Hai fatto la scelta giusta” commentò, finendo la  sua birra.

“Ne sono convinto anch’io. Ora tocca a te, così va il mondo”

“Quindi anche secondo te è giusto che gli dica quello che sento?”

“Sicuro”

“Il problema è che è da molto che non ho sue notizie”

“Prova a rintracciarlo”

“Non ho il suo numero”

“Queste sono solo scuse. Se vuoi che le cose si aggiustino sta a te muoverti e stai perdendo solo tempo”

“No, sto solo aspettando che torni”

“E se non tornasse?”

Quella domanda le fece raggelare il sangue nelle vene. Sapeva benissimo che quella poteva essere una possibilità, ma non voleva pensarci nemmeno. “Grazie della birra. Ora è meglio che vada” affermò, alzandosi di scatto e muovendosi verso l’entrata. 

“Alice, devi muoverti se ci tieni. Pensaci. Perché aspettare?” riuscì a dire l’uomo mentre lei se ne andava.

 

 

“Sono tornata” disse, mettendo piede in casa e vedendo delle luci provenire dal salotto.

Bella e Edward erano distesi sul divano, abbracciati l’uno all’altra, nudi e avvolti in una coperta. Lei dormiva, lui invece guardava un po’ di televisione. Classica scena da film. “Buonasera” fece lui, col solito sorriso sghembo, senza il minimo ritegno.

“Accidenti, non davanti a me!” sobbalzò, vedendoli in quello stato. 

“Non ti scandalizzerai mica, eh, sorellina?” la sfotté. 

Non ho visto niente, non ho visto niente! Buonanotte!” ribatté, parandosi la faccia con la borsa e correndo al piano di sopra, diretta in bagno. ‘Accipicchia, che stanchezza!’ pensò, lavandosi il viso. 

Perché aspettare? 

Quelle parole le rimbombavano nella testa da quando era uscita dal pub e non le lasciavano la facoltà di pensare ad altro. Improvvisamente però le balenò in mente un altro, spiacevole pensiero: il ritratto di quella ragazza. Ricordava che Jasper, durante la cena a villa Hale, aveva raccontato di essersi trasferito a Birmingham per amore di una ragazza. Che fosse davvero la stessa persona? Che Jasper si fosse dimenticato di lei, consolandosi nelle braccia della sua ex? Al solo pensiero le salirono le lacrime agli occhi. Decise comunque di essere forte, ricacciò in gola la sua sofferenza e se ne andò a letto. 

 

 

La mattina dopo si alzò presto poiché brutti sogni le avevano impedito di dormire tranquillamente. Sembrava che Bella non sapesse del fatto che li avesse visti, così Alice fece finta di nulla ed evitò l’argomento. Piuttosto le raccontò di Bernie mentre lavavano la cucina insieme.

“Avevo visto la fede, ma non sapevo avesse figli” 

“Nemmeno io”

“Comunque ha avuto il coraggio di prendersi le sue responsabilità”

“Lui sì, molti scappano davanti al fatto compiuto”

“Anche tu, in un certo senso, sei scappata davanti alle attenzioni di tu sai chi

“Come negare…”

“L’importante è che tu abbia fatto chiarezza, è già un passo avanti”

Alice annuì sedendosi su una sedia e accendendo il portatile di Bella per controllare la posta elettronica. 

“A proposito, ieri Rosalie è passata dal negozio con un’amica che voleva un cagnolino e così, mentre lei sceglieva, io e Rose abbiamo fatto quattro chiacchiere”

“Davvero? Cosa ti ha detto?” chiese, sobbalzando sulla sedia. 

“Calma, calma, adesso te lo dico”

“Scusami, è che sono tesa come una corda di violino!”

“Beh, abbiamo parlato del più e del meno e mi ha detto che è molto preoccupata per Jasper…”

“Preoccupata? Come preoccupata?”

“Alice, accidenti, ti vuoi calmare?!”

Alice era scossa, Bella le mise una mano sulla spalla e la strinse per cercare di allentare in lei la tensione. “Mi ha detto di essere preoccupata perché è un mese che Jasper non torna a Manchester. Io le ho detto di non preoccuparsi, che magari è solo un caso, ma lei dice che non è normale e che si comporta in maniera schiva e distaccata rispetto al solito”

“È vero, dacché lo conosco è sempre ritornato a casa di Rosalie. È evidente che è per colpa mia”

“Non trarre conclusioni affrettate, non sai come se la passa in questo periodo”

“Forse” si voltò e si mise a trafficare con il portatile.

“Allora, l’esito?” domandò, vedendo che il viso dell’amica non cambiava espressione una volta aperta la mail che le interessava.

“Trenta” rispose con voce neutra.

“Bene! Ma non sei contenta?”

“Sì, è che in questo momento sto pensando ad altro”

Alice, devi muoverti se ci tieni. Pensaci. Perché aspettare?

“Bernie mi ha detto che è sciocco aspettare che lui torni se lo sbaglio è stato mio. Anche se tornasse, potrebbe anche scegliere di non volermi vedere. Questo accadrebbe in ogni caso, forse, però… Ha ragione il mio capo: perché aspettare, dopotutto?”

“Che vuoi dire?”

“L’esame l’ho superato, ora devo solo essere coraggiosa e fare ciò che è giusto. Devo tener fede alla promessa che ho fatto a me stessa. Se lui non vuole più saperne di me lo accetterò, ma prima devo tirare fuori quello che ho dentro. Se non torna, andrò io da lui. Ho preso la mia decisione: andrò a Birmingham”

Bella rimase a guardarla in silenzio. Ultimamente l’aveva vista depressa e sconfortata, ora, invece, sembrava determinata e combattiva. Sembrava la fierezza fatta persona, lì in piedi davanti a lei. 

“Non ho mai avuto il coraggio di fare una scelta, è arrivato il momento di farmi avanti e di lottare per quello che voglio. Ti prego di non impedirmelo, Bella”

“Non sarò io ad impedirti di vivere la tua vita, anzi, io voglio che tu sia felice. Se hai fatto questa scelta, io ti incoraggerò”

Sul viso di Alice si dipinse un sorriso che contagiò presto Bella. 

“Non so come andrà però… Avrò comunque te?”

“Certo, stupidina!”

Bella poi le si sedette accanto e prese il portatile. “Anche oggi devo lavorare nel pomeriggio ma ho ancora un po’ di tempo, che ne dici se cominciamo a vedere?”

“Sì, vorrei partire domattina, se possibile”

“Domattina? Ma Alice… È l’ultimo dell’anno, non credo che…”

“Per favore, Bella”

Bella alzò gli occhi al cielo quasi a dire: Come se dipendesse da me. Comunque si mise alla ricerca delle informazioni che Alice voleva. 

“Di solito, che io sappia, Jasper veniva con il treno, ma è abbastanza lungo il viaggio”

“Allora prenderò l’aereo” 

“E per il ritorno? Non ci sono voli né per domani sera, né per il giorno dopo”

“Poi ci penserò, so badare a me stessa”

Bella scosse la testa, Alice era un’incosciente. Ma, se così non fosse stato, non si sarebbe trattato di lei. 

 

 

Con la fortuna sfacciata che si ritrovava, Alice riuscì a prenotare un biglietto d’andata e Bella l’accompagnò all’aeroporto con la macchina appena ritirata dal meccanico. La notte prima c’era stato un calo delle temperature e quella mattina, oltre a fare freddo, tirava vento e c’era una sottile patina di neve sulla strada.

“Beh, anche se è un po’ presto vado a fare il check-in, poi faccio un giro”

“D’accordo, allora io vado, il negozio non si apre da solo”

“Bella, grazie ancora. Di tutto”

“Non ricominciare coi ringraziamenti ora” 

Si scambiarono un abbraccio, poi Alice cominciò ad avviarsi nella direzione opposta rispetto a quella dell’amica. “Fallo secco, tigre!” esclamò Bella, modificando una citazione cinematografica.

Alice si voltò, sorrise, mimò un altro ‘grazie’ con le labbra e poi riprese a camminare. 

Mancava ancora un po’ al volo così si mise a fare un giro all’interno dell’aeroporto. Erano diversi mesi che non ci andava, l’ultima volta c’era stata quando si era definitivamente trasferita da Londra a Manchester. C’erano molti negozi, così diede un’occhiata alle vetrine. Entrata in uno store, fissò per un attimo la sua immagine riflessa in uno specchio posto sopra una colonnina. I capelli erano sistemati sotto il suo basco nero, portava il cappotto di panno e un’ampia borsa a tracolla. Si intravedevano i leggins neri portati con degli stivaletti. Aveva messo su un golfino e la gonna che le aveva regalato Patience, sperando sinceramente che le avesse portato fortuna. 

Attenzione: è in partenza il volo H3BL9 per Birmingham. Preghiamo i passeggeri di raggiungere l’uscita A10

‘È ora che vada’ pensò, prendendo una scala mobile. Poco tempo dopo prese posto sull’aereo e allacciò la cintura di sicurezza. La temperatura era abbastanza fredda, così prese un tè per riscaldarsi. ‘Stando a quello che Bella è riuscita a sapere da Rose, non dovrebbe essere difficile trovare la zona di Jasper’ si disse, spiegando un foglietto dove si era scritta tutte le indicazioni. 

Perché aspettare?

‘Non so ancora quanto ci vorrà a trovarlo, spero almeno che avrà voglia di ascoltarmi. Mi chiedo se sto facendo davvero la cosa giusta, se ho fatto bene ad agire d’istinto’

Scesa dall’aereo, Alice passò la giornata a chiedere indicazioni per arrivare nella zona di Jasper. Cercò anche su un elenco ma il suo nome non risultava da nessuna parte. Perse il numero delle volte che mostrò il foglietto in giro. Purtroppo le informazioni non si rivelavano sempre attendibili, tanto che era spesso costretta a tornare indietro o a chiedere di nuovo poiché si perdeva a causa del suo scarso senso dell’orientamento, soprattutto in quella città a lei estranea. 

Fece appena in tempo a comprare il pranzo, poiché i negozi chiusero prima. Nel pomeriggio poi iniziò a piovere forte. La povera Alice non aveva l’ombrello con sé e non poteva neanche comprarlo, data l’ora. Si mise a correre a destra e a manca per poter chiedere a quei pochi passanti rimasti in strada, ma con scarso successo. Mentre correva prese una botta e le scivolò di mano il foglio, che volò via, portato da una folata di vento. ‘E adesso?’ pensò, scoraggiata. 

Trovò riparo presso la pensilina di un autobus. Si strinse nel cappotto bagnato, colta da brividi di freddo. 

‘Riuscirò mai a trovarlo? Forse non è stata una buona idea…’ 

Mentre pensava ciò e quasi meditava di rinunciare all’impresa, notò un anziano signore che stava uscendo dall’ufficio postale sul marciapiede opposto. Un ufficio postale, non lo aveva notato! L’ometto stava tirando fuori un mazzo di chiavi dalla tasca, Alice pensò che fosse allora il caso di sbrigarsi. Si tuffò sotto la pioggia e lo raggiunse correndo.

“La prego, aspetti!” gridò al suo indirizzo. L’uomo sobbalzò e si voltò nella sua direzione. “Mi scusi signore, avrei bisogno di un’indicazione, è molto importante” ansimò.

“Mi dica, signorina, dov’è diretta?”

“Gas Street, non lontano da Broad Street Bridge, credo. Purtroppo, però, non sono di qui e non so in che zona si trova, o meglio, non so come arrivarci”

L’uomo si grattò la testa quasi completamente calva, poi fece segno alla ragazza di entrare nell’ufficio, Alice lo seguì. Su una parete era attaccata una piantina della città. 

“Zona interessante. Però, vede, noi siamo qui, in Brunswick Street, dovrà fare un certo giro per arrivarci” le spiegò allora la strada da percorrere, indicando una serie di punti sulla carta con le sue dita nodose. Alice prese carta e penna dalla sua borsa e mise il tutto per iscritto. 

“Posso darle un consiglio?”

“Mi dica”

“Non so quali siano i suoi affari, ma non è saggio starsene in giro con questo tempo, potrebbe prendersi un malanno, benedetta ragazza”

“Lo so, ma è importante, mi creda”

“Allora le consiglio di far presto, dicono che prima di sera potrebbe anche grandinare”

Ringraziò l’ometto per la sua gentilezza e sgattaiolò via, di nuovo sotto la pioggia scrosciante. Correva come una gazzella, si fermava di tanto in tanto per riprender fiato e studiare le tappe che era riuscita a segnarsi. ‘Ce la farò, devo farcela!’

Dopo due lunghe ore, quando ormai si era fatto buio e la grandine cominciava a cader giù, Alice raggiunse finalmente il Gas Street Basin e lo attraversò. Nonostante il temporale in corso rimase incantata dalle luci del posto e dall’acqua che scivolava via. La vista era suggestiva.


Da lì fu poi facile muoversi. Si trovava vicina, molto vicina.  

Raggiunse il palazzo dove abitava Jasper qualche minuto dopo. Chieste informazioni in portineria, salì alcuni piani e raggiunse il pianerottolo che cercava. Tuttavia si arrestò quasi sulla scala quando vide che una ragazza se ne stava ferma davanti ad una delle due porte. Non si era accorta della tua presenza. Era girata di spalle rispetto ad Alice, la quale scorse soltanto una figura longilinea dai lunghi capelli castani che indossava abiti firmati. Lesse mentalmente il nome sul primo campanello. Cole. Poi il secondo. Hale. Prese ad agitarsi notando che era ferma proprio davanti alla porta di Jasper. Chi era dunque quella ragazza? Cosa voleva da lui?

Non fece in tempo a porsi delle domande che la porta si aprì. E Jasper fece capolino.

“Oh, no. Ancora tu!” si lamentò alla vista della ragazza.

“Sono mesi che non rispondi alle mie chiamate e che mi eviti. Non credi sia il momento di parlarne?”

“Non ho nulla da dirti”

“Ma io sì! Andiamo, è…”

Alice?”

Jasper scansò la ragazza che gli stava davanti con un gesto della mano, come se avesse scacciato via una mosca, e si fece avanti. Alice, a sua volta, mosse qualche passo verso di lui con aria titubante. 

“Cia-ciao, Jasper” balbettò timidamente. 

“Ciao…” rispose. La guardò con occhi increduli e pensò che fosse impossibile, non poteva davvero trattarsi di lei.

“Jasper, è una questione importante!” si lamentò la ragazza con i capelli lunghi, stizzita dall’essere stata palesemente ignorata. 

“Entrare” disse poi lui, con volto serio. 

La ragazza entrò per prima, seguì Alice, poi Jasper chiuse la porta. Nonostante l’espressione, era evidentemente sorpreso, non sapeva come comportarsi. Alice continuò a guardarlo restando in silenzio, sperando che lui dicesse qualcosa ma prese parola l’altra ragazza, che gli intimò: “Dobbiamo parlare” 

Lui sbuffò alzando gli occhi al cielo in un gesto esasperato, poi aprì la porta di una stanza e vi entrò. Lei lo seguì lanciando un’occhiata sprezzante alla povera Alice. 

“Accomodati” disse poi il ragazzo alla piccola Cullen prima di chiudersi la porta alle spalle. 

Alice mosse pochi passi sul parquet e si sedette su un bel divano di pelle chiara. Le gambe era molli per la stanchezza, lo stomaco era duro come un sasso, era tesissima. Era bagnata di pioggia dalla testa ai piedi e le ci volle un po’ di tempo per scaldarsi.  Regolarizzò il respiro e attese, sperando di poter udire qualcosa. Trascorsero appena pochi minuti ma le sembrarono ore.

“Perché mi fai questo?” fece all’improvviso la ragazza dai capelli lunghi piangendo a voce molto alta.

“No, sono io che lo chiedo a te! Ci siamo lasciati un anno e mezzo fa ed eri d’accordo. Perché ora insisti?” rispose Jasper, piuttosto alterato.

“E’ stato un errore, io ti rivoglio”

“E’ questo il punto, Lauren! Io, io, io! È anche per questo che ti ho lasciato, credevo fossi un tipo di persona ma quando ho scoperto chi sei realmente non ho voluto più saperne di te!”

“Sono cambiata! Ti prego, dammi un’altra possibilità”

“No, perché io non ti voglio”

“È per quella lì, vero?”

“Lauren, con che diritto vieni qui a darmi fastidio? Ci siamo lasciati e, che tu lo voglia o no, io mi sono rifatto una vita e sto benissimo così, proprio perché tu non ci sei”

“Ma, Jasper, io posso darti di più, molto più di lei, è solo una troietta” sottolineò, tentando di sedurlo con un gesto inequivocabile.

Alice ebbe un sussulto. Troietta. Lei?

Il sonoro rumore di un ceffone risuonò nella casa.

“Come hai potuto…?”

“Apri bene le orecchie Lauren perché queste sono le ultime parole che sentirai da me. Ti ho lasciato perché sei opportunista, falsa e bugiarda. Non permetterti mai più di offendere la ragazza che è di là perché non sei degna di baciare la strada dove cammina. Adesso basta venire qui, Lauren Mallory, basta provarci con me, basta cazzate! Sparisci e non permetterti a tornare, non voglio vederti mai più!”

Così urlando Jasper aprì la porta della stanza e spinse fuori la ragazza che, nonostante tutto, era ancora restia ad andarsene. Alice in quel momento la vide bene in viso ed ebbe un sussulto. Ma certo, era la ragazza del ritratto, non c’era alcun dubbio!

“Tu non puoi trattarmi così!” protestò istericamente, pestando i piedi per terra. 

FUORI!” l’urlo fu così potente e disumano che la ragazza scappò a gambe levate, incespicando nei tacchi e, non curandosi di riabbottonare la camicetta, si sbatté la porta alle spalle.

La reazione di Jasper aveva spaventato a tal punto la povera Alice che si era voltata dall’altra parte, impaurita. ‘È il mio turno adesso? Ne avrà anche per me?’

Lui le si avvicinò e cercò di appoggiarle una mano sulla spalla, ma lei si ritrasse. Jasper aveva ancora un’espressione dura dipinta sul volto. 

‘E…’ deglutì. ‘E ora?’

 

_______________________________

L’angolo di Amy 

Ciao gente, 

allora… Alice è arrivata a destinazione e con difficoltà ha trovato Jasper però… Mamma mia che situazione, come ne usciremo? 

Che ne pensate di questo capitolo? Fatemi sapere, non siate timide!

LadyRhoswen: Ciao, mi fa molto piacere che la storia ti piaccia! ^^ comunque, fidati, il capitolo scorso non era corto, magari ti è semplicemente piaciuto ed è finito prima che te ne rendessi conto… Di questo che mi dici? :)

alicecullen19: Ciao, mi fa piacere, grazie! Spero che anche questo ti piaccia ^^

Lorelaine86: Ciao tesoro, allora come vedi questo capitolo risponde giusto giusto alla prima domanda…Jasper ovviamente ha una vita da condurre in questa città. Quanto al blocco da disegno… No, Rosalie ha voluto regalarlo ad Alice di sua spontanea volontà, Jazz non ne sa nulla. Oooh, grazie, che adulatrice, non lo merito ^^ 

Grazie mille per le recensioni, ragazze, spero che aumentino perché ho bisogno di più opinioni possibile ^^ Thanks!

Alla prossima,

Amy

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9: Verità nascoste ***


Verità nascoste


Un silenzio imbarazzante calò nella casa. Il rumore della grandine batteva violento sui vetri e non faceva altro che acuire le paure di Alice. Non lo aveva mai visto così arrabbiato, nemmeno credeva che lui, il ragazzo d’oro, sempre così gentile ed accomodante, potesse avere reazioni simili. 

Poi, improvvisamente, Alice starnutì. Forte ed in maniera ripetuta. Jasper allora andò in un’altra stanza e tornò pochi istanti dopo con un candido asciugamano fra le mani.

Si inginocchiò davanti alla piccola Cullen che se ne stava seduta sul divano, rannicchiata nelle ginocchia con lo sguardo rivolto al pavimento, ed aprì l’asciugamano. Le tolse il berretto e le sbottonò il cappotto. Lei rimase immobile, timorosa di subire una simile reazione anche lei, lasciò che lui le togliesse il soprabito e sfilasse gli stivaletti fradici. Poi, con gesto delicato, le adagiò l’asciugamano sulla testa e iniziò a tamponare via l’acqua in eccesso dai suoi capelli. Lei era ancora incapace di guardarlo.

“Scusami se ti ho fatto assistere ad una scena simile, credimi, non avrei mai voluto. Purtroppo quella ragazza mi fa letteralmente uscire dai gangheri”

Il tono che usò per rivolgersi a lei era ora posato e dolce, pari al suo gesto.

Alice starnutì ancora. Jasper allora andò a prendere un plaid e l’avvolse intorno a lei. Era meravigliosamente caldo, perché lui ne era stato avvolto poco tempo prima. 

“Come mai sei qui?” chiese, senza però ricevere risposta. “Come hai fatto a trovarmi?”

Lei rimase ancora in silenzio, incapace di parlare. Ora che era lì, sentiva che tutta la determinazione del giorno prima era scomparsa. 

‘Altro che lui. Qui la codarda sono io!’

Jasper rimase ancora inginocchiato davanti a lei, intento ad asciugarle i capelli come poteva e aspettando pazientemente che lei rispondesse. “Ti va un caffè, per riscaldarti?” chiese. 

Lei si limitò a scuotere la testa. “Scusa se sono venuta senza preavviso” disse poi con un filo di voce.

“Non preoccuparti. Ma come mai sei venuta qui? Credevo non mi volessi più vedere”

A quelle parole Alice si alzò in piedi e, lasciando cadere la coperta dietro di sé, fece per correre verso la porta. Jasper però balzò prontamente in piedi e l’afferrò per il polso, impedendole di muoversi.

“Ti prego, lasciami andare…”

“No, non posso”   

“Così complichi le cose…”

“Non ti lascerei mai tornare là fuori con questo tempaccio”

Alice abbassò la testa, in segno di resa, ma rimase girata di spalle ancora per un po’.

“L’unica cosa che non capisco è perché non vuoi parlare”

“Sono qui grazie a Bella. L’ho pregata di chiedere il tuo indirizzo a Rosalie. Forse è stato un errore” disse poi, tremando.

“Perché?”

“Per favore, lasciami il polso”

“Lo farò, ma solo se mi garantisci che non cercherai di andartene”

Lei non rispose.

“Alice?”

“D’accordo”

Jasper mollò la presa e, toccandole leggermente la sua spalla, l’aiutò a volgersi di nuovo dalla sua parte. Facendolo vide che stava piangendo. “Alice, cosa ti è successo?” domandò con preoccupazione. Le mise un braccio intorno alle spalle e l’aiutò a sedersi sul divano. “Sfogati pure, non aver paura”

Le asciugò pian piano gli occhi con un fazzoletto e poi glielo porse in modo che potesse soffiarsi il naso. I gesti di lui le diedero un briciolo di coraggio, così, con voce flebile, cominciò a dire qualcosa: “Ci tengo a scusarmi con te per tutte le volte che ti ho trattato male… Non lo meritavi, mi dispiace di averlo fatto”

“È dunque per questo che sei qui?”

“Anche. Scusami, se puoi”

“Non c’era alcun bisogno di scomodarti, non ce l’ho con te”

“Sono qui anche perché devo dirti delle cose. Ti prego di lasciarmi parlare anche se, forse, magari all’inizio non capirai”

“Certo, ti ascolto”

“Prima di trasferirmi a casa di Bella io vivevo a Londra con i miei genitori. Qualche anno fa un ragazzo aveva attirato la mia attenzione e così feci di tutto per entrare nel suo ristretto gruppo di amici. Nonostante i miei sforzi non ci riuscii, però lui sembrò apprezzare la cosa e di tanto in tanto si fermava qualche minuto a parlare con me o mi gettava uno sguardo d’intesa. Un giorno arrivò a chiedermi se mi sarebbe piaciuto uscire insieme a lui. Io ero entusiasta della cosa, quindi accettai. Purtroppo però non sapevo che m’avrebbe dato buca, anzi non sapevo che si stava letteralmente prendendo gioco di me. Questo l’ho capito solo dopo avergli detto che mi piaceva. Lui mi respinse, rifiutandomi rudemente. Penso che sia capitato a tutti di non essere ricambiati almeno una volta, la cosa però si dimentica e si va avanti. Nel mio caso, invece, quell’esperienza mi segnò profondamente. Decisi allora di mantenere una promessa fatta a me stessa: non avrei mai amato nessun ragazzo. Questo perché non volevo più correre il rischio di essere rifiutata da qualcuno a cui ero interessata. Dato che è sempre un’incognita, pensai di evitare il problema. Sbagliando” fece una pausa.

“Una volta, da bambina, chiesi a mia madre che cosa fosse l’amore e lei mi rispose che l’amore è un sentimento che si prova verso le persone che contano di più per ciascuno, per le quali si è disposti a fare di tutto. Ma poi, vedendo che insistevo sull’argomento perché volevo informazioni più dettagliate, mi liquidò dicendomi che l’amore non può essere spiegato a parole e che avrei capito ogni cosa a tempo debito, quando mi sarei innamorata. Lì per lì non compresi le sue parole e la situazione non migliorò dopo che venni respinta. Ma crescendo si imparano molte cose e dagli errori del passato si capisce come evitare di sbagliare ancora in futuro. Io ci ho messo un po’ a capirlo, forse perché la prima volta non ci ho sbattuto la testa”

Jasper la guardava fisso e ascoltava con attenzione cos’avesse da dire, cercando di capire il perché stesse dicendo quelle cose proprio a lui. 

“Oltre a non dovermi interessare a nessun ragazzo, lo scopo della promessa era anche dimostrare come si potesse vivere bene senza legami d’amore. Per anni ho allontanato da me chiunque tentasse di entrare in confidenza o di invadere i miei spazi, sorvolato sull’argomento, vissuto una vita piatta e noiosa cercando di convincere tutti che stavo a meraviglia – me stessa inclusa. Ma non era vero. Perché io non amavo quel ragazzo, ero solo attratta dal suo aspetto fisico e dal successo che riscuoteva, niente di più. Quello non è certo amore. Solo di recente ho capito davvero cosa volesse dire mia madre: ‘Non puoi sapere cos’è l’amore prima di provarlo sulla tua pelle, prima di sperare, soffrire, gioire per qualcuno’. Non si ama perché la persona in questione è bella o perché è brava in qualcosa. La si ama semplicemente perché è…”

“… Se stessa” 

Completarono la frase insieme. 

“Quella ragazza di prima, Lauren, è stato per lei che mi sono trasferito qui. All’inizio mi trovavo bene in sua compagnia, sembrava brillante, spiritosa e tanto altro, invece non era così. Anche se a lei poi non è andato giù, ci siamo lasciati – o forse è più corretto dire che io l’ho lasciata – perché avevo capito di non amarla affatto. L’unica cosa che amavo era l’idea che mi ero fatto di lei, ma non lei, perché è completamente diversa da come me l’ero immaginata. L’opposto di quello che cerco. Ti capisco, quindi” confessò a sua volta. 

“Sai, quella dannata promessa mi ha condizionato la vita, alla fine le ho permesso di controllarmi e la cosa è degenerata. Tutti i limiti che mi sono imposta e le rinunce che ho fatto, anche a livello di amicizie, erano dettate da qualcosa di così stupido… Certo, essere respinti fa male, ma non per questo bisogna smettere di vivere o porsi dei limiti sciocchi e inutili. Non so come ho fatto a seguire un pensiero da ragazzina come quello fino a farne una regola di vita. Che stupida, che stupida!” 

“Dai, ora basta insultarti, non te lo permetto. Ti sbagli, di errori se ne fanno tanti nella vita e tutti ne commettono, tutti

“Non Bella, non tu…”

“Se ne parlassi con lei dubito che sarebbe d’accordo con te, avrà avuto anche lei qualcosa che andava storto e che non ha saputo gestire. È del tutto normale. E poi, davvero, io non sono la persona più indicata da interpellare. Vivo qui perché sono stato anch’io condizionato dall’euforia di seguire la mia ex ragazza, e ora non sai quanto vorrei non averlo fatto”

“Però Birmingham è un bel posto e comunque ti ci trovi bene a quanto ho capito. E poi non ti sei imposto sciocche limitazioni, al contrario di me”

“Sbagli anche in questo. Mi ero ripromesso che non mi sarei più lasciato incantare a primo colpo da una ragazza”

“E hai rispettato quello che ti eri promesso?” azzardò. 

“Ovviamente no” rispose, deluso dal fatto che lei non avesse intuito le sue parole. 

“Io, invece, l’ho portata troppo per le lunghe. È per questo che ti ho trattato male, che ti ho allontanato in tutti i modi possibili. È sciocco dirlo ma avevo… Paura della tua gentilezza”

“Paura? Ho fatto qualcosa che ti ha turbata?”

“No no, non paura in quel senso… Temevo che potessi nutrire un interesse per me e speravo che in quel modo mi avresti reso le cose più facili smettendola. Poi però ho capito che il problema non eri tu o il tuo comportamento, ero io. Io e le mie regole. Incontro dopo incontro in me nasceva qualcosa che io cercavo di soffocare, qualcosa che mi spaventava e che non volevo venisse fuori. La prova che le mie convinzioni erano sbagliate. E tu, con la tua dolcezza, non mi aiutavi”

“Mi dispiace che tu non abbia apprezzato”

“Non è così, non alludevo a ciò, sto solo cercando di spiegarti. Spero solo che tu possa perdonarmi per essere stata sgarbata, non lo meritavi. Spero che tu non mi stia odiando per questo” pronunciando le ultime parole le sfuggì un’altra lacrima. 

Odiarti? Oh, no, non potrei mai, mai odiarti. Non capisco come tu possa averlo solo pensato…”

“Ma chiunque mi odierebbe…”

“Non credo. O, almeno, non io”

“Oh, Jasper, come fai ad essere sempre così buono con me? Io ti tratto male e tu mi fai dei doni, io vengo qui e tu mi consoli…”

“Doni? Hai aperto la busta allora?” domandò, incredulo e insieme speranzoso. 

“Sì”

“È già un sollievo, credevo che l’avessi buttata via senza nemmeno aprirla”

“Purtroppo è andata così e me ne vergogno tantissimo” ammise, nascondendosi nell’incavo della coperta che lui le aveva rimesso sulle spalle. “Ma per fortuna Bella l’ha recuperata in tempo e quando mi sono pentita del mio gesto lei l’ha tirata fuori, come per magia”

“E dimmi… Ti sono piaciuti i miei regali?”

“Oh, sì! Sai, con il tuo libro ho superato l’esame, ho preso trenta…”

“Non avevo dubbi!” 

“Anche i cioccolatini erano buonissimi e devo dire che è vero: ti fanno pensare a qualcosa di bello e ti fanno sorridere”

“Beh, di sicuro avrai pensato al tuo ragazzo in quel momento…”

“Il mio ragazzo?” cadde dalle nuvole. 

“Sì, non è forse vero che sei impegnata?”

“No, non è così Jasper, io… Io ho mentito sull’argomento” ammise, arrossendo un po’. 

“Come sarebbe a dire? Io vi ho visti”

L’espressione di Alice si fece inverosimilmente sbigottita. “Ti sarai sbagliato”

“Davvero, Alice, io ti ho vista baciare un ragazzo” 

“No, è impossibile ti dico”

“Ti assicuro che non ho le traveggole”

“Ma dove avresti visto una cosa del genere, scusa?”

“Il mese scorso, una sera, ti ho visto uscire da un locale insieme a un ragazzo che avevo visto già una volta in tua compagnia. Vi siete salutati con un bacio” insisté. 

“Ma no, non è possibil… Ah! Alludi a Shane, di sicuro”

“Vedi allora che non mi sbaglio?”

“Oh, no, Shane non è assolutamente il mio ragazzo, l’ho incontrato due volte in vita mia!”

“E allora perché lo hai baciato?”

“Ma non l’ho baciato, è stato lui a baciare me!”

“E tu ti fai baciare dal primo che capita?” 

La discussione si stava trasformando in un litigio, Alice allora dovette chiarire al più presto, temeva che Jasper si sarebbe nuovamente adirato. 

“Credo che tu non abbia visto bene la scena. Non l’ho baciato e soprattutto lui mi ha baciato le guance in segno di saluto, non altro”

“Può anche darsi che dalla mia angolazione non si vedesse bene ma tu mi avevi detto di essere impegnata, chiunque avrebbe tratto quelle conclusioni”

“Lo so, ho detto una bugia perché volevo allontanarti, a me quel ragazzo non interessa affatto!”

“Come faccio a crederti?”

“Perché questa è la verità!”

Per la prima volta Alice ebbe il coraggio di guardarlo dritto negli occhi. 

“D’accordo, ti credo” disse lui una manciata di secondi più tardi. 

“Ho fatto un errore dopo l’altro senza accorgermi di quello che stavo combinando, senza considerare le conseguenze”

“Che mi dici delle altre cose, invece? Ti sono piaciute?”

“Certo, è soprattutto per le altre cose che sono qui…”

Si volse a guardarlo di nuovo. Aveva un’espressione tesa, forse perché era ansioso di sapere cos’altro aveva da dirgli. I capelli scompigliati incorniciavano il suo viso che appariva ancora più pallido e magro del solito. Una piccola ruga d’espressione gli attraversava la fronte, gli occhi fissi su di lei. Aspettava solo che lei parlasse ancora. 

“In uno dei tuoi biglietti mi hai scritto: ‘Così potrò sentirmi vicino a te quando sarò lontano’, ricordi?”

Annuì. 

“Forse sarà sciocco da dire ma, a volte, mi sembrava di sentire davvero la tua vicinanza”

“Come se lo avessi indossato almeno una volta…” bofonchiò. 

Alice allora prese una mano di Jasper e l’avvicinò al suo orecchio in modo che lo scoprisse dai capelli. Sfiorò qualcosa di piccolo che, al tocco, liberò un leggero tintinnio. Vedendolo, Jasper non poté crederci. 

“Il pendente. Ma allora…”

“Sì, lo porto sempre”

Questo sorprese piacevolmente il ragazzo che rimase per un po’ a bocca aperta. 

“Il quadro però è stata la cosa più bella che qualcuno potesse regalarmi. Quel piccolo, grazioso folletto mi ha commossa. Non credevo che le tue attenzioni si sarebbero spinte così oltre... Non ce l’ho fatta più”

Jasper fraintese le sue ultime parole e il suo volto si rattristò. 

“Perché quell’espressione?” chiese lei, accorgendosene. 

“Vorrei non aver mai sbagliato con te”

“Ma tu non hai commesso nessun errore, è da un po’ che cerco di dirtelo: sono io ad aver sbagliato tutto con te”

“Quindi ti è piaciuto?”

“Tantissimo, nessuno aveva mai fatto una cosa simile per me”

“L’avevo fatto poco dopo la mostra, però dopo averti visto con quel ragazzo io…”

“Sei stato forse geloso?”

A quelle parole, lui arrossì leggermente e si voltò dall’altra parte. Alice si maledì per averglielo chiesto. 

“Certo, Alice, ma io sono stato geloso anche dopo essermene andato, sono geloso anche adesso…”

“Adesso?”

“Sì, sono addirittura geloso della mia coperta”

Alice guardò il plaid che aveva indosso. “E perché mai?”

“Perché vorrei essere al suo posto”

In tutto quel tempo la grandine non aveva accennato a diminuire, batteva ancora addosso alla parete esterna del palazzo e ai vetri oltre le tapparelle, abbassate per un terzo. 

Nessuno dei due seppe trovare le parole giuste per proseguire, poi Alice decise di raccontargli ancora una cosa. “Sai, la vigilia di Natale Rose ha dato una festa a casa vostra… Posso sapere perché tu non c’eri?”

“Perché ero certo che tu non mi volessi, sei stata chiara”

‘Un altro colpo’ pensò Alice, ma non demorse e continuò coraggiosamente: “Un altro mio errore. Dopo cena sono salita al piano di sopra e, quando ho visto la porta della tua stanza, non ho resistito all’idea di entrarci. Volevo vederla. Ci sono rimasta un po’ a quanto pare perché Bella a un certo punto s’è messa a cercarmi. Prima di scendere però ho preso una cosa. So che non avrei dovuto farlo, ma è stato più forte di me…” si chinò e si mise a trafficare nella borsetta ai suoi piedi e trasse fuori la sciarpa di Jasper. 

“Ecco dov’era” riuscì solo a dire.

“Scusami, ho pensato di riportartela”

“Con un simile freddo avresti dovuto metterla, non tenerla nella borsa”

“Credevo che la cosa ti avrebbe infastidito… Comunque ti consiglio di lavarla, ci dormo insieme ogni notte per poter respirare il tuo profumo…” dicendo ciò prese a piangere. Le sue antiche paure la riassalirono e non poté trattenersi. 

Lui allontanò le sue mani dal viso e con dolcezza asciugò le lacrime con le dita calde. 

“Come potrebbe darmi fastidio quello che mi hai appena detto?” fece, con il viso raggiante. 

“Io, ho paura…”

“Alice, non siamo tutti uguali, non sempre chi ha la fortuna dalla sua riesce a vederlo. Se ci fossi stato io al posto di quel ragazzo, non mi sarei nemmeno sognato di respingerti”

Qualche lacrima sgorgava ancora dagli occhi della giovane Cullen che erano ormai brillanti come le stelle. “Jasper, io… Voglio mostrarti una cosa…”

Così dicendo infilò nuovamente le mani nella borsa e in pochi attimi tirò fuori una bustina che porse ad un incredulo ragazzo.

“Per me?”

Alice annuì timidamente, allora Jasper la prese e, dopo una leggera esitazione, l’aprì. Al suo interno c’era una quadretto. Entro la piccola cornice di legno lucido adornata con farfalle dorate c’era un disegno, un ritratto ad essere precisi. Un bellissimo ritratto. 

“Ehi ma… Questo sono io! Lo hai fatto tu?”

“Ehm, sì… Non avevo alcun riferimento e così mi sono affidata alla mia immaginazione e l’ho fatto. È stato ieri notte, non riuscivo a prender sonno, così mi è venuta l’idea”

“È la prima volta che fai qualcosa per me… Non so cosa dire, è venuto benissimo, grazie”

“Sai, Rosalie mi regalò un tuo blocco da disegno e l’idea del ritratto mi venne da lì…”

“Cosa? Rose non solo non ha buttato il blocco come le avevo detto, ma si è anche permessa di regalarlo a te?” sbottò, esterrefatto. 

“Ma perché avrebbe dovuto? Ci sono disegni stupendi”

“Dimmi che non l’hai sfogliato”

“Beh, io…”

“Avrai visto il ritratto di Lauren, suppongo…” 

“Sì…”

“Volevo gettarlo via per quella ragione, con Lauren non voglio più avere nulla a che fare”

“No, Jasper, in ogni caso non sarebbe gusto, hai speso molto tempo su quel blocco e anche se c’è un disegno che non ti piace più non vale la pena disfarsi del frutto delle tue fatiche”

“Lauren è stato il mio più grosso errore”

“Secondo me il tuo unico errore è stato quello di darmi retta e di andartene…” dicendo ciò gli si avvicinò di qualche centimetro e lo abbracciò timidamente. Jasper ricambiò l’abbraccio con incredulità. Lei non aveva mai fatto una cosa simile nei suoi confronti.

‘Sto abbracciando Alice. Non può essere’ pensò. 

“Mi sei mancato così tanto…” gli sussurrò. 

“Non immagini quanto tu sia mancata a me…” disse. “Può anche darsi che abbia commesso un errore a mettere in pratica quello che mi hai detto di fare, ma sono felice di averlo fatto” 

“Ma così abbiamo sofferto entrambi…”

“Però non saresti mai venuta qui e ora non saremmo abbracciati” rispose accarezzandole le punte dei capelli. “E poi io farei qualsiasi cosa se fossi tu a dirmelo. Prima sostenevi che dovrei odiarti ma, credimi, non è così. Io non ti odierei nemmeno se mi puntassi una pistola alla tempia e premessi il grilletto con il semplice desiderio di vedermi sparire”

“No, ti prego, perché dici queste cose orribili?” chiese staccandosi da lui e guardandolo in faccia. 

“Perché ti amo Alice”

Quelle parole sembrarono rimbombare nella casa e addirittura sovrastare i rumori del temporale che stava giungendo al termine, sebbene fossero state poco più che sussurrate. Ad Alice vennero in mente alcune parole che aveva scambiato con Bella. 

Bella, che cosa si prova ad essere amati?

Dovresti saperlo.

Dopo Jacob ho maturato la convinzione che nessuno si possa innamorare di me…

Fidati di me: chi potrebbe non amarti? Jasper Hale no di certo.

‘Era vero allora…’ si disse fra sé e sé. 

Aveva abbassato la testa, la fronte posava sul mento di lui che le teneva le spalle. Il calore che si diffondeva dal suo petto scaldò il cuore di Alice. 

Se ci tieni a lui perché aspettare? E se non tornasse? aveva detto Bernie.

“Jasper, io…”

“Non aver paura, dimmi ciò che senti, di qualsiasi cosa si tratti” 

“A lungo ho mentito agli altri e soprattutto a me stessa, riparandomi dietro a un muro e rifuggendo la verità. Da quando ti ho conosciuto ho capito che era tutta una bugia, una bugia in cui io stessa volevo credere, fino all’ultimo. Ma così facevo del male a me e anche a te. Sai perché ho deciso di mettere fine a tutta quell’ipocrisia?”

Lui scosse lievemente la testa, trattenendo il respiro. 

“Perché per la prima volta in vita mia mi sono innamorata”

Raccolse tutto il suo coraggio, alzò il capo verso di lui e lo guardò negli occhi, immergendosi nella loro profondità. “Mi sono innamorata di te” riuscì a dire. 

La rumorosa grandine aveva lasciato spazio al lento scorrere dell’ultima pioggerella dell’anno. 

“Ti amo” ripeté, meravigliandosi di come pronunciare quelle parole la facesse sentire bene. Jasper sulle prime rimase impassibile poi, rendendosi conto di cosa gli aveva detto, sorrise e si lasciò scappare un sospiro. La strinse in un abbraccio e lei si accoccolò con la testa su una sua spalla. Qualcosa di leggero e bagnato colpì la sua mano. “Jasper, cosa c’è?” domandò vedendo che stavolta era lui ad avere gli occhi lucidi. 

“Niente”

“Stai piangendo. Forse non avrei dovuto dirlo?”

“Non piango, è solo una lacrima di felicità. Non sai quanto ho desiderato che me lo dicessi”

“Scusami se ho capito solo ora di amarti”

“Non importa, ciò che conta è che sei qui e che finalmente ci siamo aperti l’una all’altro”

“Ti confesso che ho avuto paura quando ho visto Lauren, credevo che foste tornati insieme…”

“Impossibile. Da quando ti ho incontrata per me esisti solo tu”

“Davvero?”

“Da quando ho incrociato il tuo sguardo nessun altro pensiero occupa la mia mente”

“Anche per me è così, adesso”

Alice starnutì di nuovo. 

“Accidenti, questo raffreddore non mi piace” fece Jasper facendola alzare in piedi. Le sistemò la copertina sulle spalle e l’accompagnò presso un’altra stanza. 

“Di là ho solo il camino, qui invece ci sono i termoconvettori, dammi il tempo di accenderli e vedrai che non sentirai più freddo”

“Ma no, non è necessario…”

“Mi spiace non averlo fatto prima”

Quella era la sua camera da letto. Era più piccola di quella di villa Hale ma non meno carina. Il letto però era più grande. Alice si sorprese quasi subito per aver fatto un paragone simile. 

“Fra poco dovrebbe andare meglio” disse un minuto dopo Jasper.

“Grazie” rispose.

“Ma scherzi? Siediti, se vuoi” 

Nonostante fosse stata seduta fino a quel momento Alice accettò ben volentieri, era troppo stanca per starsene in piedi. Su indicazione del ragazzo si accomodò sul letto, vicino a lui. Tuttavia calò un silenzio imbarazzante. Per Alice. Jasper si mise a giocherellare con i suoi capelli e di tanto in tanto le sfiorava il viso con i pollici, per nulla a disagio. Sembrava un bambino al colmo della felicità che non ha più nulla da chiedere ai suoi genitori.

“Mi è mancato il tuo profumo, è dalla sera del tuo compleanno che non siamo così vicini” sussurrò, sfiorandole il collo con la punta del naso. 

“Vuoi dire che quella volta ti ho permesso di abbracciarmi senza dare in escandescenze?”

“A dire il vero, sei tu che ti sei appoggiata a me”

“E non ti ho maltrattato?”

“Assolutamente no, sei stata così dolce, ti comportavi come se avessi bisogno di me”

“Forse quella allora è stata l’unica occasione in cui mi sono mostrata sincera. È vero che ho bisogno di te”

“E io di te”

“A proposito, scusami anche per averti accusato ingiustamente, non ricordavo niente e così sono saltata alle conclusioni sbagliate...”

“Dopo quel che mi hai detto poco fa è acqua passata, quindi basta scusarti. Quello che non posso dimenticare è la tua richiesta di restarti accanto quando ti sei coricata nel tuo letto. Una volta addormentata non ho potuto fare a meno di guardarti e rubarti un bacio…”

Ecco un’altra parola magica. Alice sentì improvvisamente caldo e si tolse la coperta di dosso. Era forse colpa dei riscaldamenti? Oppure dello sguardo del ragazzo?

“Quella sera eri un incanto ma anche adesso…”

I suoi occhi corsero sulle piccole e morbide curve messe in evidenza dal golfino, la piega sensuale della gonna scozzese che lasciava in vista le sue belle gambe oltre che il suo visino, la cui dolcezza accendeva un fuoco dentro di lui. Alice si sentì imbarazzata, tanto che arrossì violentemente. Qualcosa le diceva che il ragazzo voleva ripetere l’esperienza. E andare oltre. 

Jasper avvicinò il suo viso a pochissimi centimetri da quello di Alice e si godé il rossore delle sue guance. Lo sguardo, però, presto rimase fisso sulle sue labbra, come ne fosse ipnotizzato. Il suo caldo respiro la investì. Si avvicinò a sua volta e lasciò che le loro labbra si sfiorassero. Quel soave contatto durò poco meno di un secondo ma bastò a generare in loro la voglia di ripeterlo. Alice stavolta chiuse gli occhi, Jasper appoggiò la mano dietro la sua nuca e l’avvicinò a sé, quindi abbassò le palpebre mentre Alice reclinò la testa all’indietro. Il tocco stavolta fu reale e durò più a lungo. Le labbra si schiusero e le loro lingue poterono finalmente conoscersi. Non riuscirono più a staccarsi l’uno dall’altra – non che ne avessero voglia, naturalmente. La castità dei primi baci lasciò sempre più spazio ad una foga passionale. 

Alice, improvvisamente, sentì forte in lei il desiderio di togliere il maglione a Jasper. Lui glielo permise, piacevolmente sorpreso. Si tirò più avanti con l’intenzione di abbracciarla, con occhi da cacciatore, lei indietreggiò fino a ricadere indietro, sul cuscino. Jasper fu subito su di lei, riprese a baciarla con passione e pian piano le sfilò il golfino. Alice però si volse dall’altra parte, coprendosi con le braccia. 

“Ti prego, spegni la luce…”

“Ma perché? Sei così bella…”

“Per favore, fa’ come ti dico”

Il ragazzo si alzò dal letto e di malavoglia spense la luce. Avrebbe desiderato vederla in quel frangente ma non poteva ignorare la sua richiesta. Si sdraiò dietro di lei e le accarezzò le spalle con la punta delle dita, scese fino al reggiseno e con pochi gesti glielo tolse. Jasper scansò i capelli dalla sommità del suo collo e lo cosparse di piccoli baci, mentre le posava una mano sul bacino per abbracciarla da dietro. Alice fu investita da brividi improvvisi e la sua passione ebbe la meglio sul suo autocontrollo. Si voltò e lasciò che le braccia del ragazzo l’accogliessero con calore, tornò a nutrirsi dei suoi baci, di quelle labbra bollenti e voluttuose. Finalmente anche lei iniziò a dedicarsi a lui dandogli piccoli morsi o facendo scorrere la bocca sulla sua pelle. Jasper le accarezzò i morbidi seni e lasciò scorrere le mani lungo i fianchi, quindi le abbassò la gonna. 

Alice inizialmente esitò ma poi, rassicurata delle sue carezze, lasciò che lui la denudasse completamente e continuasse ad esplorarla. Lei poi, incoraggiata, decise di fare lo stesso con lui. Jasper allora la sollevò con entrambe le braccia e la sistemò sopra di lui. La bramosia di Jasper era palese davanti alla splendida visione che gli si parava davanti agli occhi nella penombra, una voglia travolgente, ma attese che anche Alice si sentisse pronta ad unirsi a lui. 

I prorompenti rumori esterni non disturbarono il loro amore e i bagliori intermittenti dei fuochi d’artificio non fecero altro che accrescere la magia di quella notte. 

 

 

Il mattino arrivò meschino ad interrompere i dolci sogni dei due ragazzi. Jasper si svegliò per primo e la prima cosa che fece fu sfoderare un sorriso sornione non appena vide Alice che dormiva accanto a sé. Posò la testa su una mano, piantando il gomito sul cuscino e guardandola fisso. Alice gli stava di fronte, il lenzuolo le lasciava scoperta una spalla. L’espressione che aveva dipinta in viso era così serena che si trattenne a stento dal sommergerla di baci. Avvicinò la testa alla sua e le appoggiò una mano sul fianco come a volerla abbracciare. Non trascorse molto che anche Alice aprì gli occhi. Ad accoglierla con dolci parole ed un caldo sorriso trovò un bellissimo angelo.

“Buongiorno”

“Buongiorno… Cosa fai?”

“Guardo la cosa più bella che esista al mondo” 

Lei per tutta risposta si protrasse in avanti e lo baciò. 

“Buon anno nuovo, mio dolce folletto”

“Buon anno nuovo?!”

“Certo, oggi è il primo gennaio”

L’aveva completamente dimenticato!

“Abbiamo passato un capodanno un po’ diverso”

“Già, ma senza dubbio piacevole”

“Sì”

“Un capodanno… Col botto!”

“Ehi!”

Jasper scoppiò a ridere mentre Alice arrossiva e si armava di cuscino per colpirlo ripetutamente sulla testa. Poi però lui le sfilò il cuscino di mano e la stese sul letto, bloccandole i movimenti col proprio corpo. 

“Come la mettiamo ora?” chiese malizioso.

“Hai vinto” rispose lasciandosi coccolare dalle sue labbra che premevano sul collo e poi si spostavano su una spalla.

“Fame?”

“Oh, sì, è da ieri a pranzo che non mangio”

“Ieri sera non abbiamo neanche cenato”

“Avevo lo stomaco chiuso, non ce l’avrei fatta comunque e poi avevamo di meglio da fare…”

“Mi deludono certe oscenità da parte sua, signorina Cullen…”

“Se è per questo, lei passa direttamente ai fatti, signor Hale”

Con lui era piacevole anche scherzare.

“Vado a preparare la colazione, tu fa’ pure con calma” fece poi baciandola sulla fronte. Alice lo seguì con lo sguardo mentre si alzava dal letto. Indossava solo un paio di slip scuri. Le balenò in testa il pensiero della notte precedente e non poté fare a meno di sorridere. Avrebbe desiderato starsene a letto insieme a lui ancora un po’ ma il suo stomaco brontolava così sonoramente da non poter essere ignorato. Si alzò anche lei e, ricordandosi di essere nuda, raccattò i suoi vestiti e uscì dalla stanza, coprendosi alla meglio con il plaid. 

“Il bagno è laggiù, in uno dei cassetti ci dovrebbe essere uno spazzolino nuovo” indicò Jasper, vedendola un po’ in difficoltà. 

Non molto tempo dopo Alice raggiunse il ragazzo che aveva preparato la colazione. 

“Purtroppo è tutto chiuso, non ho di meglio da offrirti, scusa”

“Non preoccuparti, non era prevista la mia visita e poi va benissimo”

“È stata una piacevole sorpresa, il più bel regalo” 

Certo che era difficile stare con lui ora. Ogni volta che le posava gli occhi addosso Alice aveva l’impressione che le lanciasse sguardi focosi. Come restare normale? 

Terminato il pasto, Jasper lavò diligentemente i piatti e si dileguò in bagno a sua volta.

Il cellulare di Alice intanto squillò. 

“Pronto?” rispose.

Finalmente!”

“Bella!”

Ma che fine hai fatto? Ti avrò mandato almeno cinque messaggi e chiamata una dozzina di volte, perché non hai risposto?

“Scusa, non volevo farti preoccupare. Sono stata, diciamo… Impegnata

Impegnata? Dove sei ora? Hai trovato una sistemazione?

“In un certo senso..”

Sarebbe a dire?

“Sono a casa di Jasper”

“Quindi ci hai parlato?”

“Sei riuscita a dire quello che dovevi dirgli?”

“Direi proprio di sì. È tutto risolto”

Lui come ha reagito?

“Ne è stato felice”        

Mi fa piacere. Ma hai dormito lì?!

“Già…”

Ma avete…?” 

“Ehm…”

Oooh! Mi sa che avrai qualcosa da raccontarmi appena saremo a quattr’occhi...

“Non mettermi in imbarazzo!”

 La ragazza rise divertita, poi si fece più seria e le chiese: “A proposito, quando pensi di tornare? Sento già la tua mancanza

“Anch’io, Bella. Beh, vedrò di cercare qualcosa domani”

Comunque sta andando bene?”

“Alla grande”

Mi fa molto piacere. A domani, allora, e auguri per l’anno nuovo

“Grazie mille. Auguri anche a te!” disse e poi riattaccò. 

Bella le era sembrata agitata, forse era stata in ansia per lei, pensò. Era rimasta sbigottita ma anche sollevata dalle sue risposte. 

Nell’attesa aprì la finestra del salotto e vi si affacciò. Erano le nove del mattino e un pallido sole faceva capolino da dietro alcune nuvole. L’aria era fresca e Gas Street Basin era silenziosa e semi deserta. L’acqua del canale era mossa solo da qualche folata di vento che creava leggere increspature sulla superficie. Birmingham vista da lì aveva tutto un altro aspetto, Alice non sapeva se fosse per la vicinanza di Jasper o perché gli avesse rivelato i suoi sentimenti, comunque si sentiva leggera come una piuma e avrebbe desiderato restare in quella casa per sempre. 

 

_______________________________

L’angolo di Amy 

Ciao gente, 

Alice e Jasper hanno finalmente chiarito… Eccome, se hanno chiarito! ;) Però qualcosa mi dice che ci sarà ancora qualche nuvoletta all’orizzonte… Staremo a vedere. Intanto fatemi sapere che ne pensate di questo capitolo, sono contenta che abbiate apprezzato quello precedente, grazie delle recensioni mie care ^^

LadyRhoswen: Ciao, ti capisco benissimo, anche io adoro leggere molto però sai scriverlo è un altro conto, specie quando si è impegnati… Volevi il seguito? Eccoti accontentata! (sperando continui a piacerti) ^^

Lorelaine86: Ciao, allora… sì, Alice non era molto determinata, ma poi s’è ripresa, per fortuna! La scena con Edward ha fatto morire anche me… Cioè me la sono proprio immaginata prima di scriverla! Serviva proprio qualcosa di comico ;) Per Bella e la borsa… Sì, sei tu! ^^  Come al solito grazie del calore tesoro, anch’io ti voglio bene

Alice Joy: Ciao, ma no, figurati, se si tratta di esami di maturità siamo sulla stessa barca… Posso capire benissimo! Sono contenta che la storia continui a piacerti e che si legga scorrevolmente, io ce la metto tutta, spero sia lo stesso per questo capitolo ^^

alicecullen19: Ciao, grazie… Guarda sinceramente lo spero anch’io perché insieme sono troppo carini! Fammi sapere cosa pensi di questo capitolo se ti va ^^ 

Grazie ancora ragazze, se voleste consigliare la mia storia ve ne sarei grata dal profondo del cuore ^_^ 

Un abbraccio,

Amy


Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10: Amori e litigi ***


Amori e litigi


Mentre Alice se ne stava affacciata alla finestra un paio di calde braccia avvolsero le sue spalle. Jasper posò una guancia contro una sua tempia e giocò con le punte dei suoi capelli. “Che cosa vorrebbe fare oggi questa dolce principessa?” chiese.

“Da qui sembra tutto chiuso, non ne ho idea. Tu che cosa proponi?”

“Lo è ma potremmo uscire e fare comunque un giretto, la città è piena di scorci interessanti, sai? Vale la pena di vederli”

“Mi piacerebbe molto. Peccato non abbia pensato a portare un blocco da disegno”

“Tranquilla, ne ho giusto uno nuovo, potremmo disegnarci su insieme”

“Ma come fanno a venirti in mente sempre le idee migliori, eh?”

“Perché ho vicino chi mi ispira...”

Trascorsero una giornata piena e piacevolissima insieme, Alice era felice e sembrava amare tutto ciò che vedeva e a Jasper bastava rubare i suoi sorrisi con gli occhi per sentirsi al settimo cielo. Quella era la loro prima vera e propria uscita insieme e il ragazzo ancora non riusciva a credere al fatto che Alice fosse finalmente sua. L’aveva sognata e desiderata tanto, troppo e si era arreso al rifiuto, ora, invece, girava per le strade della città tenendola per mano, abbracciandola e baciandola di tanto in tanto. E Alice si sentiva amata e protetta proprio come una principessa. L’espressione potrà parere infantile ma, esattamente come le principesse nei libri di fiabe che le leggeva sua madre da piccola,  era esattamente così che si sentiva: innamorata. 

“Mamma mia, che espressione hai qui, è troppo buffa!” commentò Alice dopo aver visto l’ennesima foto che si erano fatti durante il giorno, sdraiata sul divano.

“Ti diverti a ridere di me, eh? Vediamo se ti fa ridere anche questo!” rispose Jasper dopo aver acceso il fuoco nel caminetto, fiondandosi verso il divano, bloccandola sotto di sé e iniziando a solleticarla su viso e collo con dolci baci. Alice non riuscì a smettere di ridere e Jasper mollò la presa solo quando le vennero le lacrime agli occhi.

“Odioso” commentò, rimettendosi seduta e cercando di riprender fiato.

“Ti amo anch’io” rispose lui con una risatina, abbracciandola. “Com’è stata questa giornata con me?”

“Bellissima. È da non so quanto tempo che non sto così bene, non so come ho fatto a non adorarti dal primo incontro” sussurrò in seguito, ricambiando l’abbraccio.

“È stata dura aspettarti, lo ammetto, ma ora che sei qui con me sembra che tutto il resto non conti più nulla, ti terrei fra le mie braccia per sempre”

Rimasero teneramente abbracciati l’uno all’altra per parecchio tempo e senza più dire una parola, come se nessuna frase, nemmeno la più notevole, potesse esprimere quello che ciascuno dei due provava.

“Tremi, hai freddo?”

“Sì, un pochino”

“Allora siediti sul tappeto, io torno subito”

La ragazza allora si alzò dal divano e si accomodò sul tappeto, proprio davanti al fuoco, ammirando la luminosità delle fiamme che bruciavano il legno e lasciandosi avvolgere dal calore che veniva sprigionato. Jasper tornò subito dopo ma, non vedendo un cavo - poiché Alice aveva voluto accendere le candele sul caminetto anziché la luce - inciampò e cadde sul pavimento con un capitombolo. La scena era talmente comica che la ragazza scoppiò a ridere irrefrenabilmente e andò avanti per una lunga manciata di secondi. Finché Jasper si mise su a sedere e la guardò torvo. 

“Scusa ma è stato troppo divertente, ti sei fatto male?” gli chiese, pur continuando a  sghignazzare. 

“Ma no, sono solo caduto di testa per baciare il pavimento” ribatté sarcastico.

“Avrei dovuto filmarti!”

Jasper le prese il viso fra le mani e continuò guardarla torvo.

“Dai, ti sei offeso?” 

L’espressione si addolcì e divenne un sorriso.“Adoro vederti ridere Alice, anche se lo fai a mie spese”

Alice, che d’un tratto s’era fatta seria, gli rivolse un tenero sorriso.  

“Ho preso una coperta” le fece poi notare.

Insieme, sistemarono prima i cuscini del divano sul tappeto, uno accanto all’altro e poi Jasper le adagiò la coperta sulle spalle e l’abbracciò. Le candele, il fuoco, il tepore… la stanza trasudava romanticismo. E desiderio. Jasper, dopo quanto era accaduto la sera prima, sembrava non avere più freni e, nonostante cercasse di contenersi dalla mattina, la sua voglia di lei andava aumentando e sentiva di non poter più resisterle. All’improvviso la baciò con labbra affamate d’amore. Alice sussultò per la sorpresa ma non si tirò indietro, in fondo voleva la stessa cosa anche se non con la stessa frenesia. Pian piano però il suo cuore si scaldò e ricambiò i suoi baci con la stessa passione, sentendosi meno timida e più intraprendente della sera precedente, merito delle attenzioni di lui che le avevano trasmesso sicurezza. 

I vestiti volarono sul divano piuttosto in fretta, la coperta ricadde sulle loro spalle stringendoli in un morbido abbraccio e da lì si susseguirono innumerevoli effusioni che durarono per ore. Jasper, nel suo impeto, riusciva comunque a conservare la sua dolcezza e a farla rabbrividire con il solo tocco delle dita e mentre le cospargeva il candido seno di baci, la teneva appoggiata alle sue gambe e la spingeva verso di sé. 

Alice aveva imparato molto da lui in una sola notte insieme perché era stato in grado di insegnarle che il sesso non è solo un’unione fisica, se ci sono di mezzo i sentimenti diventa qualcosa di più. È fondersi con una persona indispensabile e farle capire, attraverso quelle tante e differenti coccole, che nessuno potrebbe mai sostituirla. Perché Jasper non avrebbe mai sostituito Alice e lo stesso valeva per lei. In loro era sbocciato un sentimento molto profondo e anche l’attrazione non sembrava essere da meno.

Dopo un periodo non quantificabile passato a fare l’amore davanti al fuoco, stanchi ma felici, si sdraiarono sul tappeto e si strinsero sotto la coperta. 

“È proprio necessario tornare a Manchester così presto?”

“Sì, Jazz, non solo perché devo riprendere a studiare e lavorare ma soprattutto perché voglio farlo sapere agli altri”

“Sicura sia una buona idea metterli al corrente del fatto che stiamo insieme? Bella e Edward non sono un problema ma non sappiamo come potrebbero reagire Rose e Emmett”

“È passato il periodo in cui avere un ragazzo poteva essere un problema, ho superato i venti ormai, sono praticamente libera e indipendente”

“Va bene, l’unica cosa che mi infastidisce è andarci di già. Avrei voluto passare qualche altra giornata come questa…”

“Credimi lo vorrei anch’io ma non vuoi gridare al mondo la felicità di quando hai realizzato qualcosa d’importante nella tua vita?”

“Certo”

“Appunto, non sto più nella pelle! E poi, una volta che lo sapranno, non dovrò per forza venire qui per passare del tempo con te, potremmo stare insieme senza problemi, sarà tutto molto più facile. Capisci?” fece, accarezzandogli il torace nudo.

“D’accordo, tesoro”

Si scambiarono un bacio per darsi la buonanotte e, poco dopo, si addormentarono. 

 

 

“Buon anno, ragazzi!” li accolse Rosalie, aprendo loro la porta di casa. 

Edward e Bella erano andati a prenderli all’aeroporto e si erano poi diretti a villa Hale, dove li aspettava Rosalie.

“Emmett sarà qui a breve. Allora, cos’era questa fretta di organizzare un pranzo insieme? Dobbiamo preoccuparci?” azzardò la ragazza che in quel periodo era euforica per via dei preparativi del matrimonio. 

“No, tutt’altro” la rassicurò Alice. 

“Bene, accomodatevi, nel frattempo comincio a preparare i piatti”

Qualche minuto dopo suonarono alla porta, Bella andò ad aprire ed Emmett entrò. “Giusto in tempo” commentò.

Il pranzo fu gustoso e la conversazione piacevole come sempre ma, alla vista di Jasper e Alice che si alzarono in piedi nello stesso istante, Emmett ebbe come uno strano presentimento. 

“Ho voluto che ci foste tutti perché io e Jasper vorremmo dirvi una cosa…”

“Di che si tratta?” domandò subito il maggiore dei Cullen.

“Stiamo insieme” rispose Jasper senza mezzi termini, vedendo che Alice non continuò la frase.

A quell’ultima affermazione nessuno replicò. Edward e Bella sorrisero e, dopo qualche istante di sorpresa, fece lo stesso anche Rosalie. Emmett, invece, assunse un’espressione torva e Alice sapeva che, se suo fratello aveva reagito così, doveva preoccuparsi. 

“Beh... È un’ottima notizia ragazzi, quando è successo?” chiese Rose.

“Da pochissimo, a dire il vero, ma volevamo che lo sapeste”

“Io direi, piuttosto: come è successo?” chiese Emmett. “Mi pareva che tra di voi non corresse buon sangue”

“Ma no, cosa dici? Hanno molto in comune, mi sembra ovvio che si siano avvicinati” fece Rosalie.

“Non eravate nemmeno amici, che cosa hai fatto a mia sorella per farla arrivare a questo?” l’ignorò, rivolgendosi a Jasper.

“Nulla, non farei mai del male a Alice, né la costringerei a fare qualcosa che non vuole” rispose semplicemente.

“Oh, certo, parole sagge! Ma a chi credi di darla a bere, eh?”

“Emmett, perché reagisci così? Vuoi calmarti?”

“E come posso calmarmi? Alice non ha mai sopportato Jasper e ora, di punto in bianco, dice di stare con lui. Qualcosa non quadra”

“A me non sembra che avessero delle divergenze, Jasper ha sempre parlato bene di Alice”

“Ma Alice non ha mai parlato bene di Jasper!”

Rosalie si voltò in direzione della ragazza con aria confusa.

“Sì, ammetto che all’inizio non mi sono comportata bene con Jasper ma poi, rendendomene conto, mi sono scusata e ho capito di provare qualcosa per lui” spiegò Alice.

“La cosa è sospetta”

“Mett, le persone maturano e…”

“Risparmiami la morale, Rose!”

“Emmett, che cosa c’è che non va in loro?” chiese Edward, stanco di assistere a quello che pareva un litigio che degenerava ogni momento di più.

“Vorresti dirmi che tu sei d’accordo?”

“Sì e anche Bella lo è”

“E tu, Rosalie?” 

“Certamente, se si vogliono bene sono felice per loro e francamente non capisco perché tu ti stia comportando in questo modo”

“Rosalie, quando i miei fratelli si sono trasferiti qui io sono diventato responsabile per loro, mi sono stati affidati e quindi sta a me assicurarmi che vada tutto bene. Edward è un conto ma Alice è una ragazza e, anche se maggiorenne, il discorso cambia. Se le accadesse qualcosa la colpa sarebbe mia, lo capisci, vero?”

“Certo che lo capisco ma non sta insieme a uno sconosciuto, si tratta di Jasper”

“E allora? È pur sempre un ragazzo!”

“E questo cosa vorrebbe dire? Mio fratello è un ragazzo a posto, è serio, maturo e di buon senso, non è un delinquente!” fece, cominciando a perdere la calma.

“Non lo so più a questo punto”

“Come? Emmett, ma ti rendi conto che è un po’ tardi per essere geloso di tua sorella? E poi è giusto che si faccia una vita, non puoi pretendere che sia sola in eterno, no? Ha tutto il diritto di essere felice”

“Sì, ma non è questo il momento per fidanzarsi, specie con lui”

“Perché dici queste cose?” fece Alice.

“Perché vuole avere tutto sotto controllo” le diede una risposta Jasper.

“Tu non parlare o sarà peggio per te”

“Eh, no, adesso basta, smettila!”

“Sì, Rose ha ragione, dacci un taglio” lo rimbeccò anche Edward.

“Vedi, Alice, io ho capito subito che lui era interessato a te ma ho voluto sperare che fosse solo una mia impressione, e invece no!”

“Ma perché la cosa ti infastidisce tanto, cos’ha che non va?” domandò la ragazza, sempre più irritata dal comportamento del fratello.

“Non è per lui in sé, solo…”

Solo cosa? Solo, non posso avere nessuno al mio fianco? Non è giusto che mi innamori, che abbia un ragazzo? È dunque questo il problema?”

Emmett si limitò a fissare i piatti e le posate sul tavolo.

“Così avresti fatto lo stesso se non si fosse trattato di un altro? Mi chiedo solo perché tu continui a trattarmi come una ragazzina!”

“Ora non rigirare la frittata in modo che vada a tuo favore”

“Non sto rigirando proprio un bel niente, Emmett, è così e basta! Non vuoi che io sia felice. Mi dispiace se sono una ragazza e se i nostri genitori hanno dovuto affidarmi a te, so di essere una responsabilità ma… Ma non ho scelto io di nascere così. Quello che volevo era solo avere una vita mia, non ne potevo più di stare a Londra, mi sentivo soffocare, desideravo andarmene e poter dimostrare che so come cavarmela, che posso avere una vita mia senza essere per forza soggetta agli altri. E i nostri genitori, che non sono mai stati opprimenti, al contrario di te, hanno accolto la mia decisione e mi hanno lasciata fare. E non solo perché c’eravate già sia tu che Edward, ma anche perché accanto a me ci sarebbe stata Bella. Ovviamente, stando a contatto con tutti voi, è normale che abbia conosciuto prima Rosalie e poi Jasper. Insomma, il nostro incontro sarebbe stato inevitabile, perché in realtà, quando Rose ha voluto presentarci Jasper, era la seconda volta che ci incontravamo, evidentemente era destino. E ora tu non puoi farmi questo soltanto perché hai paura che possa succedermi qualcosa, sono adulta ormai, che tu lo voglia o no. Ho un lavoretto, do il mio contributo per il pagamento delle spese e negli studi sto andando piuttosto bene. Emmett, sarò anche tua sorella minore, ma non sono più una bambina!”

“Lo so che non sei più una bambina, Alice, lo so. Ed è proprio questo che mi preoccupa! Sarebbe tutto molto più facile se fossi una bambina, invece stai crescendo, sei una donna ormai. Perciò non voglio tu stia insieme al primo ragazzo che ti capita a tiro solo perché ti senti indipendente e credi di poter fare quello che ti pare”

“Come? Mio fratello non è il primo che capita e vuole davvero bene ad Alice” intervenne prontamente Rosalie.

“Capisco, ma non può andare. Mi va bene che stiano insieme ma non acconsento che questo accada ora che Alice è sotto la mia responsabilità quindi, ragazzi, ripensateci e rimandate la cosa a quando vi sarete laureati entrambi, ma adesso sciogliete questa corda. Ultimamente ho troppe cose a cui pensare, problemi sul lavoro e poi i preparativi del matrimonio… Sono troppo stressato, non posso sopportare anche questo”

“Ah, allora è così. Tutto questo non è solo per tua sorella ma anche perché ci sposiamo. Credevo che fossi contento del fatto che ti renda partecipe di ogni cosa che organizzo e di parlarne nel caso in cui tu non sia d’accordo. Devo forse dedurne che non vuoi più sposarti con me?” fece Rosalie.

“Andiamo, Rose, sai bene anche tu che non è così”

“Sì, invece. A me è proprio questo il messaggio che arriva. Eppure mi hai chiesto tu di sposarti. Se non eri del tutto motivato perché lo hai fatto? Credevo volessi davvero costruire una vita insieme a me, concretizzare il nostro rapporto. Mi hai proprio delusa”

“Certo che volevo sposarti e lo voglio tuttora”

“E allora perché hai tirato in ballo i preparativi se praticamente me ne occupo solo io?”

“Ho sbagliato, non mi sono espresso come avrei voluto…”

“Oh, no, ti sei espresso benissimo, invece. Proprio bene. Ho capito, nulla ti va più bene ultimamente. Io, il matrimonio, Jasper… A questo punto direi che è opportuno lasciare tutto in sospeso”

“Suvvia, non farne un dramma ora”

“Se le cose non cambiano non ci sarà nessun matrimonio” fu la sua risposta lapidaria.

“Non dirai sul serio?”

“Sì, invece!”

“Rosalie, per favore…”

“No, Emmett Cullen, non faccio favori a nessuno. E poi, ci tengo a farti sapere che sono dalla parte di Alice e Jasper”

“Non dovresti approvare questa relazione, dovresti essere d’accordo con me”

“L’ho sempre fatto ma ora non hai ragione. Stai andando contro mio fratello pur sapendo che tipo di ragazzo è, e contro tua sorella, e questo lo fai solo perché sei un egoista e vuoi vivere senza problemi, senza responsabilità, minando la felicità altrui. Anch’io ho dovuto accollarmi un ruolo di responsabilità per permettere a Jasper di fare ciò che voleva, non è stato facile all’inizio ma non per questo gli ho posto alcun impedimento, doveva fare le sue esperienze, solo così avrebbe davvero iniziato a vivere. Tu, al contrario, vuoi privare Alice di vivere la sua vita a modo suo, vuoi che viva sempre secondo regole che le vengono imposte da altri. Così non le insegni nulla, le togli ogni possibilità di fare esperienza, così non fai il suo bene. Ma non mi sorprende, non conosci affatto tua sorella”

“Perché tu la conosci bene, vero?”

“Non come Bella, ma la capisco. Tu non lo sai ma in passato ha avuto problemi di cuore che le hanno impedito di innamorarsi liberamente, cosa non normale, specie alla sua età quando, invece, si hanno molte storie. Alice merita di amare e di essere amata, e per una volta che le cose vanno bene come puoi metterle i bastoni fra le ruote? Trovare la persona giusta, quella che ti ami così come sei, che ti stimi e ti rispetti, quella con cui costruire il proprio futuro, non è forse questo lo scopo della vita? Me lo hai detto tu quando mi hai proposto di essere tua moglie, lo hai già dimenticato?”

“No, credo ancora in quel che ti ho detto. Ma quello di Alice è un altro paio di maniche, non posso tollerare questa situazione”

“L’avevo detto io che non era una buona idea. Ora fa così solo perché vuole il controllo della situazione così tutti fanno quello che vuole, come in un bel teatrino” commentò Jasper.

“Jasper…”

“Riguarda anche me, Rosalie”

“Sì, ma non è il caso di alimentare questa situazione. Emmett, per favore, va’ via”

Come?”

“Hai capito bene, sei stato tu a causare questo trambusto, quindi sei pregato di andartene”

“No, Rose, me ne vado io” fece Jasper.

“No, perché?” sussultò Alice.

“È meglio così, piccola. Ti chiamo più tardi, okay?”

La ragazza annuì suo malgrado. Jasper le accarezzò una guancia, poi andò a prendere il cappotto e se ne andò. Alice allora tornò a sedersi con aria sconsolata.

“Tuo fratello è bravo a fare le sceneggiate”

“No, sei tu il migliore, Emmett!” commentò Rosalie in tono asciutto.

“Certo, certo. Quanto a voi due” fece, rivolgendosi a Edward e Alice. “Mi avete molto deluso. Siete mie fratelli, non vi ho mai negato nulla, credevo capiste il mio punto di vista. Evidentemente mi sbagliavo”

“Frena la lingua prima di dire qualcosa di cui potresti pentirti, fratello”

“Tu non dovresti proprio aprir bocca, Edward. È comodo essere il fratello di mezzo, non è vero? Molto meglio che essere il maggiore che deve preoccuparsi di tutto, perché, nella tua posizione, le uniche preoccupazioni sono strettamente legate alla tua vita, non devi certo essere responsabile per gli altri tuoi fratelli. Infatti, sono io che devo assicurarmi che a Alice vada tutto bene”

“Non essere ingiusto, anch’io mi preoccupo che stia bene e ci sono sempre quando ha bisogno di qualcosa”

“Naturalmente, ma tu le fai fare quello che vuole in tutta libertà e questo mi fa capire che non posso fidarmi di te. Tu te ne lavi le mani, non le dai alcuna regola, alcuna disciplina”

“Fino a prova contraria noi siamo suoi fratelli, non suoi genitori. Fortunatamente abbiamo un padre e una madre che ci hanno educato, insegnandoci anche l’importanza di alcuni valori e libertà, che sono le priorità dell’Uomo. Se tu soffochi Alice con la tua autorità e non la lasci un po’ in pace come pretendi che possa fare le sue constatazioni e imparare qualcosa?”

“Scusate se mi permetto, ma è opportuno dire che tra quei valori sono certa rientrasse anche l’amore. E, Emmett, se il tuo amore per Rosalie è reale tanto quanto quello di Edward per me, allora perché con Jasper dovrebbe essere diverso? È poco più che un ragazzo, ma è molto maturo per la sua età e io trovo che sia sincero, e tu…” tentò di dire Bella.

“Insomma, proprio non volete capire, eh?” l’interruppe.

“Mett, per l’ultima volta…”

“Sì, Rose, come vuoi, adesso tolgo le tende ma lascia che prima ti dica un’ultima cosa: è vero che abbiamo la stessa responsabilità ma, fidati, è molto più gravoso avere una sorella a cui badare piuttosto che un fratello. Sei più fortunata di me. E con questo ho concluso, ciao” fece Emmett andandosene via come aveva fatto Jasper poco prima.

Al suono della porta d’ingresso che sbatté, Rosalienon riuscì più a trattenere le lacrime e scoppiò in un pianto nervoso. Era la prima volta che accadeva davanti a Edward e Alice. 

“Mi dispiace, è tutta colpa mia” si scusò mestamente la piccola Cullen.

“No, non scusarti” le rispose subito la bionda, lasciandosi abbracciare da Bella.

“Non è colpa di nessuno. Emmett è così, potrà sembrare perfetto ma poi a volte, come tutti, mostra i suoi lati peggiori. Comunque ora non abbatterti, Rose, ci tiene a te e non vede l’ora di sposarti, lo sai, quindi vedrai che si scuserà presto” l’incoraggiò Edward. 

“Lo spero, perché non voglio rinunciare a lui”

“Non accadrà, vedrai” le disse anche Bella.

“Per me si sta facendo un po’ tardi, dovrei proprio scappare. Se volete stare tutte insieme però vengo a prendervi più tardi” fece poi il secondo dei fratelli Cullen, adocchiando un orologio da parete.

“Vieni domattina, dormiranno qui questa notte, almeno non mi sentirò sola” disse Rosalie.

“Perfetto, allora. Godetevi la serata tra amiche, a domani” e detto ciò se ne andò.

“Grazie per la vostra vicinanza. E tu cusami, Alice, dovresti essere tu quella da consolare”

“Non preoccuparti, tu sei più urgente ora”

“Sai, sono felice che mio fratello abbia scelto te, sei perfetta per lui”

“Tu credi?”

“Oh, sì”

“Diciamo che hanno avuto buon fiuto tutti e tre” commentò Bella facendo l’occhiolino ad entrambe. 

“Direi di sì. Comunque vi adoro”

“Anche noi, Rose”

Trascorsero assieme il pomeriggio e la piacevole serata: prima prepararono una bella torta, poi passarono il tempo restante sdraiate sul divano a guardare una vagonata di film e a mangiare il dolce e alcuni snack salati. Alla fine, le ragazze crollarono prima di riuscire ad arrivare alla fine del quinto film. Più tardi Alice fu svegliata dalla musica dei titoli di coda e fu costretta ad alzarsi per spegnere il televisore dato che il telecomando si trovava dalla parte opposta del divano. Si stiracchiò leggermente e poi andò in bagno. Poco dopo controllò l’ora sul suo cellulare: quasi l’una e mezza e Jasper non l’aveva né chiamata né le aveva mandato messaggi. Istintivamente salì le scale ed entrò nella camera del ragazzo. Si affacciò alla finestra e guardò fuori per qualche minuto. Quindi tornò a fissare il suo telefono e si decise a scrivergli un messaggio. 

 

Jasper, sei tornato a casa? Avevi detto che ti saresti fatto sentire ma non l’hai fatto. Spero solo che sia andato tutto bene. Scrivimi appena leggi questo messaggio, buonanotte.

 

Si sedette sul letto e fissò l’apparecchio in attesa di una qualche risposta. Dopo qualche minuto ricevette una chiamata. “Pronto?” rispose all’istante.

Ehi…

“Jasper, finalmente!”

Scusa, avrei dovuto chiamarti ma la verità è che non me la sentivo di parlare

“Capisco, nemmeno io ho detto molto in tutta la serata. Sei a casa tua?”

Sì, sono arrivato intorno alle sette. Ho studiato per parecchio tempo, ho finito poco fa, controllavo la casella di posta. Tu cosa fai in piedi a quest’ora?

“Bella e io siamo rimaste a casa di Rose, le teniamo compagnia dopo quanto è successo. Sta male a causa del comportamento di Emmett. E non è la sola. Mi dispiace per quello che ti ha detto, sono sconvolta, non credevo che ci sarebbero stati problemi, avrei dovuto ascoltarti”

Detesto usare questa frase ma direi che ormai è inutile piangere sul latte versato, Emmett è contrario e, a quanto ho capito, per ora non sembra propenso a cambiare idea

“Già, è proprio testardo!”

Comunque direi che è il caso di andare a dormire, ci siamo alzati presto stamattina

“Sì, beh, io dormivo fino a poco fa ma poi mi sono svegliata e sei stato il mio primo pensiero, perciò ti ho scritto”

Sei sempre molto dolce, Alice

“Ascolta Jazz, so che te ne sei appena andato ma… Quando ci rivedremo?”

Non lo so, penso però che sia il caso di non vederci per qualche tempo

“Eh?! Ma perché?” sussultò.

Non mi fa piacere che tuo fratello si rivolga a te in quel modo, così è meglio se stiamo lontani

“Non puoi farmi questo…” disse, ormai in lacrime.

Non piangere, ti prego, per me è altrettanto doloroso ma lo sto facendo per noi e se piangi mi farai sentire colpevole quando questa è solo una conseguenza

“E tu vuoi lasciarmi soltanto perché non hai l’approvazione di mio fratello?”

Hai frainteso tutto, non ho la minima intenzione di lasciarti

“E allora perché mi stai facendo questo?”

Perché, se non mi vedrà attorno a te, se gli farai credere che non stiamo insieme, fra voi tornerà il sereno, capisci?

“Certo, ma io voglio che tutto si risolva senza dover rinunciare a vederti!”

Anch’io lo vorrei, ma lui non è d’accordo e non trovo giusto che per colpa mia debbano crearsi scompiglio nella tua famiglia e problemi per mia sorella

“Questo ti fa onore, davvero, ma non è andando avanti a pensare solo al bene degli altri che farai il tuo. Se è vero che mi ami, e io sono certa sia così, non puoi considerare che accetti di non vederti”

Ma sarebbe solo per un po’…

“Io non ci sto, punto e basta”

Purtroppo, al momento, è l’unica soluzione valida. Perdonami, se puoi

“Jazz, non possiamo rovinare in un attimo quel poco che abbiamo costruito dopo mesi, te ne rendi conto?”

Alice, o faccio così o torno a Manchester e prendo a pugni tuo fratello. È l’unica alternativa, pensi possa andare?

“No ma, comunque, voglio pensare a noi prima di tutto”

So che può sembrarti assurdo ma tutto questo lo sto facendo anche per noi

“Quello che voglio dire è che possiamo vederci di nascosto, abbiamo l’aiuto di tutti, non sarà un grosso problema”

Ma non possiamo coinvolgere gli altri nei nostri affari, non è giusto

“Beh, dammi pure dell’egoista, se vuoi, ma io a te non rinuncio, quindi scegli: o domani torni qui o verrò io lì da te”

Ma, Alice, me ne sono appena andato…

“Jasper, ti prego, non voglio più stare male perché non ci sei tu…Mi manchi già così tanto...”

Quelle parole fecero sospirare di dolore il povero Jasper. “D’accordo, tornerò

“Domani. E quando sarai qui ci rifletteremo su e troveremo una soluzione, insieme. Non vedo l’ora!”

Va bene, faremo a modo tuo. E, comunque, anche tu manchi a me

“Ti dispiace se dormo nel tuo letto, stanotte?”

Naturalmente no, anzi, vorrei essere lì e stringerti a me. Buonanotte, piccola, dormi bene

“Buonanotte anche a te, a domani”

Era stata una telefonata piuttosto difficile per entrambi ma quello che più contava era che avessero almeno trovato un accordo. Alice era provata mentalmente, quella era proprio una giornata da dimenticare, così si tolse i vestiti e si infilò sotto le coperte, addormentandosi, per la prima volta, nella stanza del suo amore. 

 

_______________________________

L’angolo di Amy 

Ciao gente, 

sì, lo so, dopo che vi ho fatto aspettare tutto questo tempo non vorrete più vedermi, immagino, specie dopo questo capitolo... Se qualcuna di voi, comunque, sarà così gentile da leggere e recensire ancora questa mia storia un po' improvvisata, lo considererò un bel regalino per Natale e un incentivo per continuare a scrivere, gliene sarei davvero grata ^^

Per alice cullenhales nlgdr: Mi fa molto piacere che lo scorso capitolo ti sia piaciuto, come vedi però le nuvolette cui alludevo si stanno già facendo prepotenti e vogliono minare la felicità dei nostri eroi... Che ne sarà di loro? 

Per Lorelaine86: Ma dai, così mi fai arrossire tesoro ^////^ non esageriamo, anche tu scrivi belle cose e lo sai perché te lo dico sempre ;) 

Per LadyRhoswen: Sono felice che il capitolo scorso ti sia piaciuto, sì, la mia Alice è diversa da quella originale, è timida e insicura ma con Jasper è finalmente felice o, almeno, in quei momenti che riescono a ritagliarsi per stare insieme, specie dopo questo capitolo...


Grazie a chi ha inserito la storia nei seguiti, nei preferiti e nei ricordati, l'ho apprezzato molto ^^

E grazie mille per le recensioni e per l'attenzione che avete dedicato a questa mia storia, spero davvero che possa ancora incuriosirvi. Un abbraccio e buone feste,

Amy


Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 11: Come clandestini ***


Come clandestini 


Mancava ancora un po’ all’alba ma Jasper era già in piedi e camminava per la stanza con aria stanca e tesa. A dire il vero non era riuscito a chiudere occhio quella notte. Era nervoso, arrabbiato e infelice. Era come se l’episodio con Emmett lui lo avesse già previsto, ecco perché voleva aspettare a rivelare a tutti della loro relazione. Alice, però, sembrava molto felice all’idea di farlo sapere a tutti, così lui non aveva dato retta al suo presentimento e l’aveva lasciata fare, ottenendo un simile risultato. Ma non ce l’aveva con lei. Come avrebbe potuto? Alice, da quando l’aveva conosciuta, era diventata tutto per lui e nient’altro aveva più significato se paragonato a lei. 

No, lui piuttosto, ce l’aveva con Emmett. Il fratello che vuole proteggere la sorella minore? Poteva comprenderne la posizione ma non l’atteggiamento esagerato. Non era giusto che fosse ancora geloso della sorella ventunenne e che le impedisse di frequentare chi voleva. Emmett lo aveva davvero deluso perché Jasper lo aveva ritenuto una persona affabile e ragionevole e non avevano mai avuto a che ridire l’uno dell’altro. Ora, invece, sembrava un’altra persona. Jasper aveva fatto il possibile per non darlo a vedere ma era ovvio che le parole di Emmett lo avessero non soltanto deluso ma anche offeso. Lui, che era un ragazzo adorabile e talmente perfetto da sembrare irreale. Eppure era andata proprio così. Ma non solo, Jasper era arrabbiato anche con se stesso. Perché, anche se aveva evitato il litigio diretto con Emmett mostrandosi superiore, la cosa non gli era costata poco, anzi, non aveva ancora smaltito la collera. Una parte di lui avrebbe voluto tornare a Manchester in quello stesso momento e mettere in atto il desiderio di regolare i conti con Emmett ‘da uomo a uomo’, ma il buon senso riusciva ancora a frenarlo. Infondo, anche se in cuor suo ammetteva che la cosa gli avrebbe dato soddisfazione, a cosa sarebbe servito farlo? Era passato molto tempo dacché faceva a botte e l’unica volta in cui aveva sferrato un pugno negli ultimi anni era stato in occasione del compleanno di Alice, ma lo aveva fatto solo per una giusta causa: doveva difendere il suo amato folletto. La paura di Jasper era che, non reagendo mai, sarebbe passato per un debole cosa che, invece, non era. Nonostante non avesse un fisico imponente era dotato di una certa forza che, in passato, gli aveva fatto guadagnare il rispetto di molti, quindi, nonostante la mole di Emmett, non avrebbe certo avuto problemi. Ma non era più un ragazzino, riconosceva da sé che quella non poteva più essere considerata una soluzione. La sua vera forza era di natura interiore, era quella che lo faceva sembrare quasi calmo e rilassato agli occhi altrui e che gli impediva di reagire – la forza della sua maturità.

Aveva una pessima cera e necessitava di riposo ma stava in piedi senza problemi. Mandò giù l’equivalente di un’intera caffettiera, poi si fece una doccia. Prenotò un biglietto per partire quello stesso pomeriggio poi diede una rassettata alla casa e navigò in rete per passare il tempo. 

 

 

Alice si era alzata intorno alle sette e trenta e si era affrettata a vestirsi e a rifare il letto. Il pensiero di aver dormito in quella stanza le fece spuntare un tenero sorriso

sulle labbra ma la riportò anche alla realtà dei fatti. Sospirò e scese al piano inferiore. 

“Buongiorno” disse entrando in cucina ma non ricevette risposta. Bella e Rosalie infatti erano ancora nel mondo dei sogni sul divano. Pensò allora che non fosse il caso di svegliarle, così lasciò un biglietto in cui scriveva loro che era uscita. Nel portafogli aveva abbastanza soldi per andare a fare colazione e prendere i mezzi pubblici fino a casa di Bella. 

Una volta lì si concesse un bagno e, mentre provava a rilassarsi nell’acqua calda della vasca, si rese conto che erano giorni che non frequentava l’università e che avrebbe dovuto ricominciare a farlo, tuttavia non ne aveva la minima voglia, voleva prima risolvere i suoi problemi personali. Appena se la sarebbe sentita avrebbe chiamato Julia e Patience per uscire insieme, magari le avrebbero sollevato il morale. Era da un po’ che non le sentiva, forse ce l’avevano con lei e la cosa sarebbe stata plausibile, le avrebbe capite. 

Verso le nove ricevette una chiamata da Edward. “Pronto?” rispose. 

Alice, Bella mi ha detto che te ne sei andata, dove sei ora?

“A casa”

Okay, io ho accompagnato Bella a fare un po’ di spesa, fra poco siamo lì

“Fra qualche minuto esco, ho da fare con le mie amiche e non resto per pranzo” mentì. 

Va bene, ciao

“Ciao”

Edward era sempre permissivo con Alice, in questo Emmett aveva ragione, ma, data la sua età, era pur giusto che potesse iniziare a muoversi senza dar troppo conto agli altri. Non era vero che doveva uscire con le amiche ma Alice voleva stare sola. Infilò scarpe e cappotto e uscì di nuovo. Passò il resto della mattinata a visitare la galleria d’arte dove era stata tempo prima con Jasper, ovviamente le opere della mostra non erano più esposte ma lei girò comunque per tutte le stanze ed i corridoi dell’edificio e si fermò a contemplare ogni singola opera presente, solo così riuscì a distrarsi e a non pensare a niente. 

A un certo punto si diresse alla stazione dove attese l’arrivo di Jasper. Il ragazzo scese dal treno e si affrettò a raggiungerla. 

“C’è stato un po’ di ritardo, è molto che aspetti?” le chiese, trafelato. 

“Non preoccuparti, l’importante è che adesso sei qui” disse, abbracciandolo forte. Jasper ricambiò la dolce stretta e affondò il viso nei suoi capelli. Non si vedevano da meno di un giorno eppure a entrambi sembrava passata un’infinità di tempo. “Hai fame?” le chiese dopo un po’. 

“Non molta”

“Neanch’io a dire il vero, ma è meglio mettere qualcosa sotto i denti”

Alice annuì, lo prese per mano e iniziarono a camminare fianco a fianco per le strade della città che erano ancora lievemente bordate di neve ghiacciata. 

Dopo pranzo fecero una lunga passeggiata che li portò fino ad AberBeer. Bernie fu sorpreso ma anche felice di vedere che Alice stava bene ed ebbe anche l’occasione di fare la conoscenza di Jasper. 

“Quando avresti intenzione di tornare a lavorare?” le chiese poi. 

“Non saprei dirti, che ne pensi della prossima settimana?” propose. 

“Cindy e Simon dovranno cavarsela ancora un po’ di giorni senza di te ma saranno contenti del tuo ritorno, questa pausa era necessaria. Vieni martedì, al solito orario. E non fare tardi”

“No di certo. Grazie per aver capito, Bern”

“Era giusto così. Ah, no, ragazzo, le birre oggi le offre la casa”

“Beh, grazie” fece allora Jasper mettendo via i soldi. 

 

 

“È quasi mezzanotte, hai poi risposto al messaggio di Bella?” 

“Sì, le ho detto che avrei passato la notte a casa di Julia”

“Non sarebbe stato meglio se ti avessi riaccompagnata a casa? Edward e Bella non sono contrari, così siamo costretti a mentire anche a loro”

“Sì, ma non voglio che nessuno sappia che sei qui, così stiamo insieme e allo stesso tempo loro non vengono coinvolti” 

“Capisco. Cosa vogliamo fare adesso?” 

“Decidi tu”

“Non ti conviene far scegliere a me oggi, tesoro. Sono stanco, ieri non ho chiuso occhio”

“Allora andiamo a dormire”

“Sicura che non ti dispiace?”

“Ma no, Jazz, siamo stati in giro tutto il tempo. Non mancheranno le occasioni”

“Okay. C’è solo un problema: Bella sa che dormi fuori ma dove andiamo? L’unica soluzione, a parte casa di Rose, è un hotel, può andare?”

“Per me va benissimo”

“D’accordo. Se non sbaglio, non lontano da qui ce ne deve essere uno decente” 

Si alzarono dalla panchina dove si erano seduti e ripresero a camminare. Arrivarono in albergo diversi minuti dopo e affittarono una stanza senza problemi. La camera era piccola ma molto confortevole e munita di bagno privato. 

“Peccato che i riscaldamenti non funzionino proprio oggi che ci siamo noi”

“E a cosa ti servirei io se funzionassero?”

“Ma tu sei molto più che il mio termosifone personale, tu sei il mio amore, Jazz”

“E tu il mio”

Si scambiarono un tenero bacio sulle labbra. Passarono un’oretta a guadare la televisione sdraiati sul letto poi, quando gli sbadigli di Jasper si fecero più sonori e frequenti, decisero di mettersi sotto le coperte. Il ragazzo si tolse il maglione e i jeans senza vergogna, Alice, invece, si fece qualche problema. Si disse che era una sciocca, in fondo l’aveva già vista senza vestiti ma proprio non riusciva a non rimpiangere il suo pigiama. Le calde mani di Jasper l’avvolsero con dolcezza, lei però rimase un po’ rigida. “Perché non ti togli questi vestiti? Vorrei accarezzare la morbidezza della tua pelle…” le sussurrò all’orecchio, in tono malizioso. Vedendo che Alice continuava a stare ferma, Jasper pensò bene di aiutarla: con cautela le sfilò prima il maglione, poi le slacciò la cinta e le sbottonò i pantaloni. Lei, come libera da un peso, si voltò verso di lui e iniziò a baciarlo di sua iniziativa, facendolo sdraiare sul letto e salendogli sulle gambe con piacevole sorpresa del ragazzo. In un susseguirsi di carezze si strinsero in un abbraccio e si lasciarono andare al sonno. 

 

 

“Buongiorno, dormiglione!” disse, posandogli un bacio sulla guancia. 

“Buongiorno… Ma perché dormiglione? Che ore sono?” chiese Jasper, sbadigliando. 

“Le dieci passate” rispose Alice. “Dobbiamo alzarci e liberare la stanza, la donna delle pulizie è passata mezz’ora fa…”

“Davvero? Non ho sentito niente”

“Per forza: ronfavi come un ghiro in letargo!”

“Ah, i folletti sono spiritosi oggi, eh? Ora ti faccio vedere io!”

Si tuffò su di lei con una finta aria di sfida dipinta sul volto, le cinse le spalle e la immobilizzò sul cuscino con un lungo bacio. Si guardarono negli occhi pronti a baciarsi ancora ma, con loro dispiacere, bussarono alla porta. Jasper si affrettò a infilarsi i vestiti e andò ad aprire. “Sì?”

“Finalmente! Alla reception si stavano preoccupando” esordì una donna bassa e paffuta con la fronte madida di sudore. 

“Buongiorno, ci scusi tanto, non ci siamo resi conto dell’orario” le rispose. 

I suoi modi cordiali ed aristocratici fecero cambiare l’espressione sul viso della donna che, da scontrosa, divenne serena e lasciò spazio ad un ampio sorriso. “Oh, beh, non importa. Ho quasi finito il mio turno, ho solo altre due camere da rassettare oltre alla vostra. Fate pure con calma mentre finisco le altre ma, per favore, sgomberate la stanza prima delle dodici”

“Non si preoccupi, saremo fuori molto prima”

“Bene, allora buona giornata, ragazzi”

“Grazie, anche a lei” concluse, chiudendo la porta. 

Alice guardò Jasper con espressione basita. Come ci era riuscito? Il ragazzo se ne accorse e ridacchiò compiaciuto. “Ma che effetto faccio alle donne, eh?”

Sentirlo assumere un tono narcisista e vederlo fare quel sorriso sghembo alla Edward le fece scappare una risatina. “Già, non per niente sei un damerino!”

Jasper si finse offeso ma poi rise a sua volta. 

Dopo una ventina di minuti erano già fuori dall’hotel, decisi a fare colazione altrove. Dato che erano di strada entrarono da Philip’s. 

Bella mi ha mandato il buongiorno circa tre ore fa” disse, mostrandogli il cellulare. 

“Non sarebbe il caso di raccontarle la verità? Capisco tu non voglia coinvolgere altre persone ma sono tutti dalla nostra parte, se teniamo tutto nascosto anche a loro è come se stessimo rifiutando il loro aiuto, come se gli stessimo dicendo che di loro non ci fidiamo”

“Forse hai ragione” sospirò tra un sorso del suo cappuccino e l’altro. 

“Ascolta, Alice, ci sarebbe una cosa di cui volevo parlarti già da ieri ma non volevo rovinare la giornata e…” fece poco dopo. 

“Di che si tratta?” scattò. 

“No, tranquilla, non c’è bisogno di agitarsi. È che…” titubò. 

“Se non è niente di allarmante parla o comincerò a preoccuparmi veramente, ti avviso”

“È che fra non molto ho un esame e dovrei rimettermi al passo con gli studi. Sai che tu sei al primo posto nella mia vita ma, purtroppo, ho comunque altre priorità che devo necessariamente portare avanti e…”

“È un esame molto importante?” 

“Direi proprio di sì, è l’ultimo esame prima della tesi e se voglio laurearmi quest’anno non posso permettermi di rimandare”

“Quindi mi stai dicendo che devi andartene di nuovo?”

Jasper annuì. Alice abbassò lo sguardo, fissandosi le ginocchia. Le labbra corrucciate come una bambina che stava per piangere. Il ragazzo se ne accorse, lasciò andare la tazzina di caffè e le si fece più vicino, circondandole le spalle con un braccio nel tentativo di consolarla. 

“Scusami, lo so che non è un buon periodo e che dovrei starti accanto ma ho fatto davvero molti sacrifici per arrivare a questo punto e…”

“No, sei tu che devi scusare me. Negli ultimi tempi ho deciso tutto io per te, ho pensato solamente a me stessa e a cosa volevo io, non ho pensato a te e alla tua vita, sono proprio un'egoista, una grandissima egoista! Sono mortificata..." l'interruppe mentre gli occhi le si facevano lucidi. 

“Oh, piccola. Ti prego, non fare così, non ce l'ho con te, tu non c'entri nulla. Ho lasciato fare tutto a te perché era proprio quello che desideravo anch'io, lo sai, non sei affatto un'egoista e non devi rimproverarti proprio niente. Non sapevo come dirtelo perché desidero stare sempre in tua compagnia, ma a malincuore devo andare”

“Non devi preoccuparti di questo, è giusto che torni a casa per rimetterti a studiare, dovrei farlo anch’io. Voglio solo avere la sicurezza che ti rivedrò appena possibile”

“Certo, tesoro. Adesso però asciugati gli occhi, non posso vederti piangere”

Alice si cacciò di tasca un fazzoletto e se lo passò sugli occhi per rimuovere le lacrime che le stavano rigando le guance. “Quando hai l'esame?" gli chiese poco dopo, con un tono di voce leggermente roco. 

“Di preciso non saprei dirtelo ora, dovrei ricontrollare tra i miei appunti. E, a proposito, dovrei fare un salto da Rose per prendere un paio di cose”

“E pensi che sia prudente andarci? Insomma, l'altro ieri era scossa da quanto è successo, non vorrei che rivederci insieme la turbasse”

“Alice, conosco mia sorella, credimi se ti dico che ci appoggia ed è dalla nostra parte, l'unica cosa che può sconvolgerla in questo periodo si chiama Emmett Cullen”

“La sua reazione è stata imperdonabile”

“Già. Ma ora non pensare a lui, piuttosto andiamo da Rose. Ci vorrà un po' di tempo e, prima andiamo, prima finisco”

Alice si convinse, impiegò qualche minuto per terminare la colazione e poi si alzò e uscì dal locale mentre Jasper la prendeva per mano. Ci volle una mezz’ora abbondante per raggiungere con i mezzi pubblici il quartiere in cui abitava Rosalie. Villa Hale era facilmente riconoscibile, riusciva comunque a spiccare in mezzo a tutte quelle case grandi e costose. Jasper tirò fuori le chiavi ed aprì il cancello facendo entrare Alice per prima. La ragazza si guardò intorno con circospezione, il garage era chiuso e le tende erano tirate, forse Rosalie non era in casa. 

“Non ci vorrà molto, se non sbaglio dovrei aver lasciato tutto sulla scrivania o sulla libreria” la rassicurò una volta entrati mentre si apprestavano a salire le scale che portavano al piano di sopra. 

“Tranquillo, Jazz, anzi se vuoi una mano...”

Lui per tutta risposta si voltò, le prese la mano destra e se la portò alle labbra in un gesto cavalleresco. Come riusciva, alla sua età, ad essere galante come un uomo d’altri tempi? Alice se lo chiedeva da un po’ ma non riusciva a darsi una risposta, sapeva solo di amarlo proprio perché era fatto così, perché era diverso da tutti gli altri. 

La stanza del ragazzo era come l’aveva lasciata lei la mattina precedente, solo che con lui presente le sembrava molto più calda ed accogliente. Jasper si mise a cercare un libro fotografico tra le miriadi di volumi presenti sugli scaffali mentre ad Alice spettava il compito di spulciare i blocchi notes sparsi sulla scrivania alla ricerca dell’unico che contenesse appunti delle lezioni. 

“Ragazzi, ma voi che ci fate qui?”

Quella frase inaspettata li fece sobbalzare. Si voltarono contemporaneamente e videro Rosalie appoggiata allo stipite della porta che li osservava sorpresa. 

“Sono venuto a prendere delle cose che mi servono per l’università” spiegò Jasper tranquillizzandosi e tornando a leggere i titoli sulla libreria. 

“Ciao, Rose” salutò Alice.

“Credevo fossi tornato a casa tua, Jazz” si rivolse al fratello mentre salutò l’amica con un cenno della mano. 

“Effettivamente ci sono andato ma poi sono dovuto tornare qui”

“A dire il vero è colpa mia, sono io che ho insistito come una bambina perché tornasse…”

“Sta’ tranquilla, Alice, il tuo è un comportamento comprensibile. L’altro ieri è stata proprio una pessima giornata e Jasper se n’è andato via bruscamente, ovvio che tu ci sia rimasta male. Se solo mi aveste avvertita vi avrei preparato qualcosa”

“Non è il caso, prendo le mie cose e poi ce ne andiamo”

“Perché tanta fretta?”

“A breve ho un esame importante e devo rimettermi seriamente a studiare se voglio superarlo, sai quanta fretta e voglia ho di potermi dedicare alla tesi”

“Certo, anch’io ero smaniosa di laurearmi. La mia perplessità è un’altra: perché siete piombati qui senza dirmi nulla? Perché non siete venuti a salutarmi?”

“Pensavamo che fosse il caso di non coinvolgere più nessuno nella nostra storia, visti i precedenti. E poi eravamo convinti che non fossi in casa, in genere a quest’ora sei al lavoro”

“A dire il vero ieri ho chiamato e mi sono messa in malattia, so che non è una cosa corretta ma non sono proprio dell’umore adatto per lavorare. Comunque non c’è motivo di agire in questo modo, non siete più adolescenti che devono nascondere le bravate a mamma e papà, ormai sapete badare a voi stessi e, proprio perché sono dalla vostra parte, non dovreste comportarvi così”

“Hai ragione, sono stata stupida, scusami, Rose. La verità è che Jasper mi ha detto la stessa cosa ma ancora non mi ero del tutto convinta”

“Non preoccuparti. A questo punto immagino che nemmeno Bella e Edward sappiano nulla, o sbaglio?”

“No, in effetti”

“Secondo me è giusto che tu glielo dica Alice, sai, per una questione di correttezza”

“Sì, hai ragione anche in questo”

“Poco fa l’ho sentita per messaggio, è in pausa pranzo. Perché non la chiami? Dille anche che ti fermi da me stasera”

“Eh? Ma...”

“Rose, io dovrei tornare a Birmingham”

“Sì, Jazz, lo so, ma mi piacerebbe che mi faceste un po’ di compagnia, tutti e due. C’è sempre tempo per patire”

“D’accordo” fece allora Jasper, in tono rassegnato. 

“Bene, vado a preparare il pranzo”

“Lascia stare, abbiamo fatto colazione non molto tempo fa e siamo ancora sazi”

“Come colazione? A quest’ora? Beh, mi sa che dovrete raccontarmi qualcosa, mi sono persa un pezzo”

“Ne parleremo stasera a cena. Ora lasciami cercare quel libro, è troppo importante, devo ritrovarlo assolutamente”

“D’accordo, d’accordo. Io scendo di sotto, Alice, per qualsiasi cosa chiamami”

“Grazie mille”

“Di niente” e così dicendo se ne andò, chiudendo la porta. 

“Pensi anche tu che dovrei chiamare Bella?” domandò un attimo dopo al ragazzo. 

“Sì” rispose.

Alice allora si cacciò di tasca il cellulare e, seppure con un po’ di vergogna per non essersi decisa a farlo prima, cercò il numero dell’amica nella rubrica ed avviò la chiamata. 

 

 

La cena fu squisita e i ragazzi si leccarono i baffi, Rosalie era proprio formidabile in cucina. Chiacchierarono per tutta la durata del pasto e la cosa rasserenò un po’ la maggiore di casa Hale. Arrivati al momento del dessert Jasper si alzò da tavola e andò a sdraiarsi sul divano, accendendo il televisore e sintonizzandosi sui canali sportivi. 

“Mi stavo quasi dimenticando la partita, oggi c’è la Premier!” esclamò, alzando il volume. 

“Potresti almeno darci una mano”

“Non preoccuparti, Alice, faccio io. E poi non considerarlo nemmeno, è un ragazzo d’oro ma quando c’è lo United si trasforma e diventa un poltrone”

“Guarda che ti sento”

“Infatti, voglio che tu mi senta!” scherzò, andando in cucina. “Ma dai, non c’era bisogno, Alice” fece un attimo dopo, vedendola con i piatti vuoti in mano.

“Tranquilla, lo faccio volentieri”

La piccola Cullen sgomberò il tavolo dalle stoviglie, lasciando solo bottiglie, bicchieri e tovaglioli, intanto Rosalie preparò le coppette con il pudding alla vaniglia. 

“Sul budino vuoi cioccolato o crème caramel?”

“Cioccolato, grazie”

“Senti, hai poi chiamato Bella?”

“Sì”

“E cosa ti ha detto?”

“C’è rimasta male. Mi ha dato l’impressione di essere arrabbiata. È stata sbrigativa. Dopo un po’ mi è arrivato un messaggio da Edward. Dice che domani mattina passerà a prendermi, ha detto che è il caso parli con Bella di persona”

“Potevo riaccompagnarti io”

“Non ti preoccupare, ha detto che comunque deve passare perché ha da sbrigare una commissione qui vicino”

Jasper esultò sonoramente nell’altra stanza. 

“Se conosco Bella come credo, più che arrabbiata si sentirà delusa”

“Sì. Mio fratello è un tipo che rimane perplesso davanti a queste cose ma il più delle volte è in grado di passarci sopra, Bella è diversa. Mi devo scusare con lei”

“Comunque non fare quella faccia, Bella apprezza la sincerità e ti vuole un bene infinito, sono sicura che ti perdonerà se le darai delle spiegazioni”

“Lo spero davvero”

“Allora, arriva o non arriva questo dessert?” chiese Jasper dal salotto. 

“Eccolo” rispose Alice uscendo dalla cucina con due coppette in mano. 

“Grazie, piccola” fece, prendendo il dolce dalle mani della ragazza e ringraziandola con un bacio sulla guancia. “Siediti, dai. Guarda l’assist che ha fatto Giggs, e poi…”

Rosalie scosse la testa con un sorriso vedendo come il fratello rimbambiva Alice con commenti sulla partita. Si sorprese del modo in cui lei interagiva, non era un’esperta ma sapeva come rispondere. Guardandoli, la biondina non poté fare a meno di sorridere. Erano davvero teneri insieme, chiunque l’avrebbe riconosciuto. Chiunque eccetto Emmett. Al pensiero di lui la ragazza si rattristò ma non lo diede a vedere. 

Finita la partita, Rosalie andò a prendere uno dei suoi pigiami per darlo ad Alice dicendole di usare il bagno al piano di sopra dove aveva predisposto uno spazzolino  nuovo e degli asciugamani puliti per lei. Preparatasi per la notte Alice ridiscese e trovò gli Hale intenti a preparare il divano letto. 

“Grazie”

“Perché ci ringrazi?”

“Che domande, per la cena ed il letto”

“Non devi, questo è per Jasper”

“Come sarebbe a dire?”

“Certo, tu dormirai nel mio letto”

“Ma no, dormirò benissimo qui sul divano”

“No, non se ne parla”

“Ma non è giusto. È il tuo letto, non il mio”

“Appunto, quindi posso scegliere io se dormirci o meno. E stasera non ci dormo”

“No, dai!”

“Alice, basta”

“Oh, su questo siamo uguali, noi Hale: non accettiamo una risposta negativa” fece Rosalie. 

“Okay, mi arrendo. Anche se continuo a pensare che non sia affatto giusto”

“Non preoccuparti per Jazz, starà bene. Beh, io vado, buonanotte”

“Buonanotte” le augurarono all’unisono mentre si avviava verso le scale. 

Dopo qualche minuto anche loro andarono al piano di sopra, entrando nella stanza di Jasper. “Dai, mettiti a letto che ti rimbocco le coperte” la esortò.

“Perché non resti qui con me?” gli domandò lei. 

“Lo vorrei tanto, ma non c’è posto per tutti e due”

“Nemmeno se mi faccio piccola piccola?”

Il ragazzo sorrise a quella tenera battuta e le accarezzò la testa. “Ma tu sei già piccola piccola, amore mio”

“Uffa...”

“Dai, è solo per stanotte” le scansò la frangia davanti agli occhi e le diede un bacio sulla fronte. 

“Va bene...”

“Buonanotte”

“Buonanotte, sogni d’oro” disse. “Ah, Jasper?”

“Sì?”

“Sei un tesoro, lo sai, vero? Ti amo”

“Ti amo anch’io, folletto mio”

Quando la porta si chiuse emisero un dolce sospiro nello stesso istante, con quell’aria da inguaribili innamorati. 

 

 

La mattina dopo Rosalie si alzò per prima e preparò la colazione per tutti. Alice si svegliò poco dopo e il suo primo pensiero fu quello di svegliare Jasper così, tranquillamente, scese le scale in pigiama e si avvicinò al divano. Il ragazzo sonnecchiava beatamente, disteso supino, con la coperta che gli arrivava all’addome, lasciando scoperto il petto. La tentazione di coricarsi accanto a lui e di abbracciarlo la colse con forza ma lei riuscì a resistere e gli baciò piano una guancia. 

“Buongiorno, Alice” esordì la bionda, entrando in salotto con un vassoio tra le mani. 

Alice, colta in flagrante nell’accarezzargli il viso, si allontanò dal divano di pochi passi, arrossendo vistosamente. “Buo-buongiorno…” articolò. 

“Scusami, non volevo spaventarti”

“Oh, no no, non mi hai spaventata…”

“È carino quando dorme, vero?”

“Sì, molto”

Avrebbe voluto dire che Jasper per lei era bello sempre ma si trattenne perché, anche se Rosalie approvava la loro relazione, non le sembrava opportuno spingersi troppo oltre. 

“La colazione è pronta, ho dimenticato solo zucchero e biscotti. Potresti svegliarlo mentre vado a prenderli?”

Alice annuì e appena la bionda se ne fu andata si avvicinò all’adone addormentato e lo baciò sulle labbra. Jasper sorrise e la tirò a sé, portandosela addosso. Lei cercò di divincolarsi dalla presa per paura che Rosalie potesse tornare da un momento all’altro ma lui non la mollò. Le prese la testa fra le mani e se la portò alle labbra, cospargendole la bocca di baci. 

“Jasper… Per favore… Rose… Ci vedrà…” riuscì a scandire tra un bacio e l’altro. 

A quelle parole lui aprì gli occhi e la lasciò andare. “Buongiorno” le disse con un sorriso. 

“Buongiorno anche a te, bello addormentato” rispose, alzandosi in piedi. 

Rosalie, notando che il fratello si era ormai svegliato, rientrò nella stanza con il resto della colazione in mano. Salutata la sorella, Jasper infilò i jeans, si alzò dal divano e si sedette a tavola per fare colazione. 

“Jasper, sai, stavo pensando a una cosa…” esordì sua sorella poco dopo. 

“Di che si tratta?”

“Del fatto che devi studiare per l’esame. Pensavo, perché devi per forza tornare a Birmingham? Volendo potresti studiare qui e andarci soltanto quando hai l’esame”

Jasper la guardò sorpreso, sinceramente non ci aveva pensato. “È una buona idea ma non posso, qui ho solo pochi libri, gli altri li ho lasciati a casa”

“Ma, se non ricordo male, non avevi un amico che si è laureato l’anno scorso proprio alla tua stessa facoltà?”

“Sì, Jared, ma non so se...”

“Mi pareva un tipo studioso, di sicuro ha conservato libri e appunti”

“Ma è un sacco di tempo che non ci vediamo, non mi pare bello andarlo a disturbare”

“Eravate molto amici ed essendo più grande ti ha sempre aiutato quando avevi qualche dubbio, non credo che si tirerebbe indietro, anche se vi siete un po’ persi di vista” insisté. 

“Non lo so, Rose”

“Scusate se mi intrometto, secondo me è una buona idea e vale la pena di fare un tentativo” fece Alice. 

“Per voi è facile, certo. Numero uno, siete di parte perché volete che stia qui con voi e poi, numero due, non siete voi che rischiate di fare la figura dell’opportunista con un amico”

“Hai ragione, siamo di parte, ma cosa possiamo farci se ti vogliamo bene?” affermarono, facendogli gli occhi dolci, speranzose.

“Va bene, ci proverò” si arrese. Le ragazze esultarono. “Ora mi vesto e vado a casa sua, sperando che ci sia. Ma state certe che troverà una scusa per non prestarmeli”

 

 

“Allora, com’è andata?” gli chiesero in coro quando fu rientrato. 

“È stato contento di vedermi”

“E?”

“… E ha accettato subito di prestarmi il suo materiale”

“Sì!”

“Visto? Beh, era in debito con te per via di quella ragazza, no?” 

“In debito?”

“Sì, Alice, questo mio amico era cotto di Kim, una compagna di scuola delle superiori ma, essendo un tipo timido, non sapeva come rompere il ghiaccio. Così, tramite il mio giro di amicizie, sono riuscito a parlare con lei e a metterci una buona parola. Si sono frequentati per qualche tempo e poi si sono messi insieme e la storia continua ancora oggi, a quanto pare” spiegò brevemente, appoggiando la busta con i libri sul divano.

“Ho capito. Beh, adesso non hai più scuse per non restare qui” lo punzecchiò. 

“Lo dici come se non vedessi l’ora di andarmene”

“Così pare”

“Ma no, sciocchina, che dici?” le diede un buffetto sulla guancia. 

“Io vado a rassettare il piano di sopra” fece Rosalie, lasciandoli soli di proposito. 

“Non ti dispiace se mi metto a studiare, vero?”

“Affatto”

“Devo prima chiamare un collega dell’università però, ci sono un paio di cose che devo chiedergli”

Alice stava per andare ad aiutare Rosalie ma lui la trattenne per un braccio e la fece sedere accanto a lui, allungandole una pesante rivista di moda della sorella in modo che potesse passare il tempo ma standogli vicina. 

Un’oretta dopo suonarono alla porta. Era Edward. “Ciao” salutò. 

“Ciao, Eddie, prendi una tazzina di caffè?”

“Grazie, sono un po’ di fretta oggi, magari la prossima volta”

“Okay”

“Ma Jasper dov’è?”

“Di là a studiare”

“No, ci sono” disse, facendo capolino. 

“Ehi, ragazzo! Bella vittoria ieri, eh?”

“Direi di sì. Anche se il risultato non ci ha reso giustizia, doveva finire almeno sei a zero...”

“Vero. Senti, hai pres qualche biglietto?”

“Sì, coppa di lega a Birmingham, a febbraio”

“Magari potessi andarci”

“Forse riesco a rimediare un altro biglietto, ma non garantisco”

“Beh, grazie”

“Ehi, non dimenticatevi di me!”

“Piantala, Alice, lo United non è roba da mocciosette come te” scherzò il fratello. 

“Come, prego?” lo guardò storto. 

“Vedrò per due, allora” disse Jasper in tono conciliante.

“Direi che si sta facendo tardi, ho da fare. Andiamo, mostriciattolo?”

“Non sono un mostriciattolo!” protestò. “Ciao, ragazzi. E grazie di tutto, Rose”

“Figurati, a presto. Salutate Bella”

“Certo, ciao”

Edward uscì di casa per primo, intanto Alice uscì sul portico insieme a Jasper. “Sai, non mi sembra vero averti qui a Manchester e poterti vedere quando voglio, o quasi”

“Lo stesso vale per me. Più tardi faccio una pausa e ti chiamo, okay?”

“Ci conto”

Si scambiarono un rapido bacio e poi lei raggiunse il fratello, salii sulla Volvo e se ne andarono. Jasper seguì la macchina con lo sguardo finché fu visibile, dopodiché rientrò in casa, chiuse il cancello con un pulsante e tornò a studiare. 

 

 

“Bella?” chiamò Edward, entrando in casa per primo. 

“Ciao, tesoro” rispose, andando ad abbracciarlo. “Ciao, Alice”

“Ehi” 

Era preoccupata, non sapeva cosa pensare. Bella era sicuramente arrabbiata e lei doveva assolutamente scusarsi. 

“Stasera passo a prenderti alle otto e un quarto, va bene?”

“D’accordo, Ed”

“Scappo, a più tardi” le schioccò un bacio sulle labbra e se ne andò, lasciandole sole in casa. 

Alice si sentì un po’ tesa ma cercò di non darlo troppo a vedere. “Bella, io… Volevo scusarmi con te” fece. “Scusa se non ho detto nulla né a te, né a Edward, né a Rosalie. È solo che speravo di non coinvolgere nessun altro in questa faccenda, non è giusto che per colpa mia non possiate più avere un rapporto con Emmett. Quindi ho pensato che tenendovi all’oscuro avrei potuto escludervi. Sono stata infantile. E anche stupida e…”

“Alice, non ce l’ho con te, basta così”

“Come? Non sei arrabbiata?”

“Beh, se devo essere sincera mi sono sentita delusa dal tuo comportamento, diciamo che non me lo aspettavo. Però poi stamattina ho parlato con Rosalie e ci ho pensato su, così mi sono calmata”

“Accetta comunque le mie scuse, per favore”

“Certo, a una condizione però”

“Quale?”

“Siamo amiche, no?”

“Sì”

“E ci fidiamo l’una dell’altra, giusto?”

“Sì”

“Okay, allora massima sincerità e niente più segreti d’ora in poi. Intese?”

“Intese”

“A proposito, stasera esco con tuo fratello, come avrai capito. Andiamo a fare un giro in un locale che hanno aperto da poco, ti va di venire con noi?”

“No, grazie. Preferisco stare a casa, devo rimettermi al pari con gli studi. E poi i piccioncini devono stare soli qualche volta” le fece l’occhiolino. 

“Questo vuol dire che ti rinchiuderai nella tua camera per tutto il giorno come facevi quando hai iniziato l’università?”

“Niente affatto. Hai tempo, adesso?”

“Certo. Ieri ho fatto il doppio turno al negozio, oggi mi sono presa la giornata libera. Perché me lo chiedi?”

“Perché devi preparare due tazze di cioccolata bollente, ho un bel po’ di cose da raccontarti”

“Succulente?”

“Beh...”

 

_______________________________

L’angolo di Amy 

Ciao gente, 

lo so che è un bel po’ che non aggiorno ma mi ero persa, ero a un punto morto e non avevo la più pallida idea di come proseguire, di sicuro capirete -.- Quindi non fucilatemi per favore, non adesso che Madama Ispirazione mi ha fatto la grazia ed è tornata ad illuminarmi ^_^ 

Allora… come vi sembra che stia volgendo la storia? Ammetto che questo capitolo non sia super interessante ma spero che non vi siate annoiate! Nel prossimo capitolo entrerà in scena un personaggio che faceva parte della vita di Alice quando era a Londra. Non vi dico altro anche se ovviamente avrete già capito… 

Prima di salutarvi colgo l’occasione per ringraziare chi puntualmente ha recensito il capitolo scorso, ovvero Lorelaine86, Lady Rhoswen, alice cullenhales nlgdr e Alice Joy. Grazie mille ^^

Alla prossima! ^^

Un abbraccio,

Amy

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 12: Imprevisti ***


Imprevisti



Passarono i giorni. Alice e Jasper erano al settimo cielo perché potevano vedersi quotidianamente e, anche se non passavano ogni istante insieme a causa dei rispettivi impegni, non potevano non gioire della possibilità ch’era stata concessa loro. Tornare a casa di Bella la sera e addormentarsi con la consapevolezza di poter riabbracciare Jasper il giorno successivo, anche se solo per un paio d’ore, era rassicurante per Alice. E lo stesso valeva per lui: poteva studiare, stare con la sua ragazza e non essere afflitto dal dover prendere il treno in continuazione. Sì, la sua ragazza

“Jazz,secondo te possiamo considerarci fidanzati?” gli aveva chiesto una volta la piccola Cullen. 

“Beh, tu mi ami, no?” le aveva risposto con una domanda. 

“Ovvio”

“E io amo te. Fai due più due”

Quindi è un sì?

“Direi!” esclamò. “Ho cominciato a considerarti la mia ragazza dalla notte di capodanno”

“Vuoi dire da quando abbiamo...” arrossì. 

“... Fatto l’amore per la prima volta? Già, proprio da quel giorno” aveva confermato sfoderando un sorriso malizioso, facendola diventare ancora più rossa ma rendendola anche molto felice. 

Da quando il ragazzo aveva accettato di fermarsi a casa di Rosalie, Jasper e Alice  riuscirono a frequentarsi quasi come una coppia vera e il loro rapporto ne stava giovando sempre di più poiché potevano stare insieme senza tralasciare lo studio e il lavoro. Quasi perché dovevano comunque stare attenti ad Emmett. Era stata la sua reazione a distruggere le aspettative di Alice prima e a compromettere il rapporto con Rosalie poi. Così, per evitare problemi, erano tutti costretti a tenere la cosa segreta, un po’ come se Alice e Jasper fossero una coppia di clandestini o di amanti che si nascondono dai rispettivi coniugi. Eppure loro non facevano nulla di male, si amavano davvero e senza scheletri nell’armadio. 

Questo cambio di abitudini incrementò anche la qualità dell’amicizia che legava Alice e Rosalie che impararono a conoscersi meglio ed apprezzare vicendevolmente le rispettive qualità. Rosalie comprese in maniera finalmente effettiva il perché suo fratello avesse scelto quella ragazza e non poté fare altrimenti che congratularsi con lui per la scelta fatta. A detta di Jasper, Alice era una persona buona e gentile, altruista e premurosa, intelligente e brillante oltre che bella. E sua sorella constatò che era davvero così. Alice, d’altra parte, stando spessissimo a contato con Rosalie comprese che l’educazione impeccabile, l’essere naturalmente portato per gli studi e alcuni pregi che Jasper aveva erano in parte frutto dell’influenza della sorella che lo aveva cresciuto sostituendosi ai loro genitori, sempre troppo impegnati nel lavoro e spesso lontani da casa. 

Rosalie era contenta per entrambi, pensava che, viste le storie fallimentari della loro adolescenza, si meritassero reciprocamente. Però riusciva a stento a nascondere il fatto che Alice le ricordasse costantemente Emmett. Avevano gli stessi attraenti tratti somatici, gli occhi caldi e profondi, lo stesso modo di guardare la persona amata, quasi lo stesso ampio e radioso sorriso. Forse era anche per quel motivo che Alice le era risultata subito simpatica quando l’aveva conosciuta, perché assomigliava moltissimo a lui, molto più che a Edward. 

La bionda Hale era arrabbiata con lui, non avrebbe dovuto comportarsi così. Non se lo sarebbe mai aspettato, l’uomo che lei conosceva, che credeva di conoscere non avrebbe mai reagito in quella maniera. A volte si chiedeva se non fosse quello, in realtà, il vero volto di Emmett. Un uomo egoista, austero, incapace di provare gioia davanti alla felicità altrui. Ma subito dopo si malediceva per averlo pensato. L’aveva delusa davvero tanto ma Rosalie lo amava. Anche se aveva insultato suo fratello. Anche se aveva cominciato a parlar male del loro matrimonio prima che fosse celebrato. Anche se soffriva, l’amava. 

Stava pensando a lui un pomeriggio mentre era in cucina a sorseggiare del tè alla frutta in compagnia di Alice che aspettava pazientemente che Jasper finisse di studiare. 

“Rose?”

“Sì?” 

“Posso farti una domanda?”

“Certo”

“Stai pensando a mio fratello?”

Rosalie continuò a guardare fuori dalla finestra della cucina, lo sguardo fisso in un punto indistinto, le labbra serrate in un silenzio teso. La sua aria triste non era passata inosservata agli occhi della ragazza. 

“Non sei obbligata a rispondermi, se non vuoi. Anzi, scusa, fa’ finta che non ti abbia chiesto nulla” si affrettò a dire Alice, dandosi dell’indelicata per aver anche solo pensato di rivolgerle quella stupida domanda. 

“Sì, pensavo a lui” rispose dopo un lungo minuto di silenzio, in tono distaccato.

Finì il suo tè e mise via la tazza, sedendosi di fronte ad Alice, parlò ancora ma non trovò il coraggio di guardarla negli occhi. “Sai, da quel giorno non ci siamo più visti né sentiti, io l’ho ignorato e lui ha fatto lo stesso. Non so cosa pensare. Ma, nonostante tutto, non riesco a scacciarlo dalla mia mente, non so…”

Storse le labbra in una smorfia mentre calde lacrime cominciarono a solcarle il viso. 

“Rose, mi dispiace” disse Alice, alzandosi dalla sua sedia e avvicinandosi all’amica. “È colpa mia se è successo tutto questo, solo colpa mia. Avrei dovuto ascoltare Jasper. Se solo non avessi avuto quella stupida idea e non gli avessi detto niente adesso non sareste arrivati a questo punto”

“No, non colpevolizzarti. È lui che ha sbagliato. Non c’è nulla di male ad amarsi. E poi, te l’ho detto, al cuore non si comanda, se ti sei innamorata di Jasper non puoi farci niente. Innamorarsi non è una cosa che si decide, accade e basta. È il nostro cuore a scegliere. È accaduto a me e a lui, a Bella e a Edward, a te e a Jasper. E lui deve farsene una ragione e accettarlo”

Alice le porse un fazzoletto perché potesse soffiarsi il naso. 

“Comunque non devi preoccuparti per me, le mie sono solo lacrime di rabbia perché, credimi, io ho investito tutto nel nostro amore e lui sembra voler fare di tutto pur di distruggerlo, come se fosse solo il mio sogno e non il nostro. Mi sento profondamente delusa…”

“Eppure ti ama davvero, ne sono certa. Se lo conosco bene come credo anche lui starà nelle tue stesse condizioni, anche lui vorrà fare la pace, risistemare le cose. Perché ci tiene a te ma è orgoglioso, è solo per questo che non lo fa. Probabilmente teme che tu non voglia lo stesso”

“Ma certo che voglio lo stesso”

“Sì, io lo so, ma lui no” le accarezzò un ginocchio. “Comunque cerca di resistere, vedrai che lui ci rifletterà su e che dopo vorrà parlare con te”

“Sai, a volte penso che dovrei fare io il primo passo ma poi, quando sto per chiamarlo, cambio idea. Mi fermo a pensare che, se anche lo facessi e tra noi tornasse il sereno, accadrebbe solo per salvare la nostra storia, non perché lui si sia reso conto dell’errore commesso. Se così accadesse, potrebbe rivoltarsi di nuovo contro di te e mio fratello, e io non voglio che si ripeta. Se dobbiamo fare pace vuol dire che lui capisce il mio punto di vista e lo condivide, altrimenti è una cosa inutile”

“Penso tu abbia ragione, perciò ti dico di aspettare e vedere come evolve la situazione. Mi rendo conto che sia molto doloroso ma sono sicura che presto capirà, ti ama e non può stare troppo a lungo senza di te, soprattutto in una situazione come questa. Anche se l’ultima volta si è dimostrato insensibile, ti assicuro che non lo è. Nemmeno lui vuole buttare gli anni che avete trascorso insieme”

“Sì, pazienterò. Ma dovrà farsi avanti prima o poi, insomma, non pretenderà mica che lo aspetti per sempre? Lo amo anch’io ma non posso restare troppo a lungo così, sulle spine”

“Certo, certo”

Il sole tramontava dorato, la stanza era ormai in penombra. 

“Io non posso sapere cosa sia giusto fare, si tratta della vostra storia. Sei tu che devi scegliere cos’è opportuno o meno. Però sono sicura che si risolverà tutto, non può e non deve andare diversamente, non riuscirei mai a vedere mio fratello solo o con una donna che non sia tu”

Quell’ultima affermazione toccò il cuore di Rosalie, facendole uscire nuove lacrime dagli occhi. “Grazie, piccola. Mi auguro che riusciremo a risolvere tutto e che nessuna coppia debba essere costretta a separarsi” deglutì e fece una pausa. “Se Emmett mi rivuole indietro deve prima capire che non può pretendere di separare due persone che si amano solo per un capriccio personale. Anche se è geloso di te non è il tuo padrone, è tuo fratello e non può decidere per te e per la tua vita”

“Grazie a te, Rose. Grazie per tutto l’appoggio che ci dai pur mettendo a rischio la tua felicità”

“Non è soltanto per te e Jasper, Alice. È una questione di principio, io dovrei sposare un uomo del genere? Uno che non ha rispetto nemmeno per i propri cari? No, no… Lui non può essere davvero così, mi rifiuto di crederlo. Deve capire da sé il proprio errore, da solo perché, se glielo dicessi io, rischierei di scatenare un nuovo litigio, lui non capirebbe nulla, si chiuderebbe ancor più in se stesso e si allontanerebbe ulteriormente da me”

“No, infatti, è giusto che lo capisca da solo”

“Ehi, c’è voluto più tempo del previsto ma ho finalmente finito” disse Jasper, facendo improvvisamente il suo ingresso nella cucina. “Ma che succede? Rose, perché stai piangendo?”

“Niente, Jazz” s’affrettò a rispondere la sorella, asciugandosi gli occhi e le guance con il fazzoletto stropicciato. 

“Rosalie...”

“Non ho voglia di parlarne ora. Comunque puoi stare tranquillo, è stato un momento e ora è tutto passato. Piuttosto, Alice è più di un’ora che ti aspetta, non ti sembra il caso di passare un po’ di tempo con lei?”

“Già, è vero. Mi spiace, piccola” fece, rivolgendosi ad Alice. 

“Non c’è problema, tesoro. Comunque comincia a prepararti, io ti raggiungo” l’esortò.

“Okay, faccio in un lampo” disse, uscendo dalla cucina. 

“Sicura di sentirti meglio?”  

“Sì. Ora è meglio che lavi le tazze e prepari il dolce per la mia collega, ha insistito così tanto che non ho saputo dirle di no” si alzò e si diresse al lavandino, si sforzò di dire quella frase con un mezzo sorriso. 

Alice si avviò alla porta ma Rosalie la richiamò un istante dopo. “Ti ammiro, sai? Riesci a parlar bene di tuo fratello anche se vorrebbe decidere della tua vita. Io non so se ci riuscirei”

“Sono molto arrabbiata con lui per quello che ha detto, questo è innegabile, però ho sempre avuto un legame speciale con Mett e, nonostante tutto, non riesco a non volergli bene. Spero davvero che facciate la pace perché faccio il tifo per voi. Il suo orgoglio prima o poi cadrà. Lui ha bisogno di te, credimi, lo so”

Rosalie lasciò andare la spugna nel lavandino e coprì la distanza di pochi metri che le divideva e abbracciò Alice. “Andrà tutto bene” le sussurrò la giovane Cullen in un orecchio.

“Lo spero” rispose la biondina. 

Si staccarono, Rosalie le diede una pacca sulla spalla e tornò al lavandino, invece Alice, dopo averle gettato un’occhiata speranzosa, andò in salotto. 

“Eccomi, vogliamo andare?” le chiese poco dopo Jasper, porgendole il cappotto e la borsa. 

“Certo”

“Rose, allora noi usciamo”

“Non dimenticarti le chiavi, se osi suonare ancora il campanello alle due di notte giuro che questa volta ti faccio dormire sul marciapiede!”

“Va bene, mammina, ci vediamo più tardi” scherzò, aprendo la porta. 

“Buona serata”

“Grazie, anche a te. Ti voglio bene” rispose Alice.

“Anch’io”

Fece un ultimo cenno con la mano e se ne andò, chiudendosi la porta d’ingresso alle spalle. Jasper la stava aspettando fuori dal cancello, quando lei lo raggiunse si presero per mano e si avviarono alla fermata dell’autobus. 

“Allora, cosa ti piacerebbe mangiare?” le domandò, sedendosi su una panchina. 

“Che te ne pare di una bella pizza?” propose. 

“Pizza? Ma sei sicura? Non è che poi ti fa male?” chiese, fingendosi preoccupato. 

“Farmi male?” chiese, sbigottita. “Perché mai dovrebbe farmi male?”

“Beh, sincerante non ho mai sentito di folletti che mangiano pizza e non vorrei che…”

“Sempre il solito… E io che ti do retta!” esclamò, dandogli scherzosamente un colpetto sul mento. 

“Ammettilo, è anche per questo che mi ami”

“Oh, affatto, sei insopportabile!”

“Però non vedi l’ora di starmi vicino…”

“Lo ammetto, non posso farne a meno”

Si guardarono, sorrisero l’uno all’altra e si scambiarono un bacio.

“Scherzi a parte, abbiamo deciso per la pizza, ma sai già dove vuoi andare?”

“Non saprei, in genere l’ho sempre presa ai fast food o da Bernie, quindi non sono un’esperta in materia di ristoranti. Scegli tu”

“Con questo vuoi dire che non hai mai mangiato una vera pizza?”

“A dire il vero no, i ristoranti sono un po’ troppo cari per le mie tasche” ammise. 

“Beh, c’è sempre una prima volta, no?”

“Sì, mi piacerebbe assaggiarla”

“Allora è deciso, ti porto al Rustica”

L’ho sentito nominare, ma dove si trova di preciso?”

“A Deansgate”

“Cosa, vuoi portarmi in centro?”

“Sì, perché?”

“Jazz, no, andiamo in un posto più economico, non devi spendere una fortuna per me”

Sapeva già che non le avrebbe permesso di sborsare un solo centesimo e, quindi, sperava che andare dove i prezzi fossero modici le avrebbe permesso di fargli spendere meno. Ma Jasper fu irremovibile. “Non spenderò una fortuna e poi non preoccuparti dei soldi. Io farei qualsiasi cosa per te”

La frase le scaldò il cuore così, sebbene si vergognasse un po’ per la sua scarsa opposizione in merito, si arrese e accettò. Una ventina di minuti dopo si ritrovarono nel centro della città. Per arrivare al ristorante che aveva nominato Jasper era necessario percorrere un tratto di strada a piedi ma la cosa non pesò ad Alice che, anzi, si dilettò a guardare le vetrine che illuminavano i marciapiedi con le loro luci, ancora decorate con grandi fiocchi di neve di polistirolo e con la scritta Sales riportata a caratteri cubitali e in vari colori. Le pareva tutto bellissimo, quei cappotti dai prezzi astronomici erano così eleganti da fare concorrenza al guardaroba delle Loro Altezze in persona, quelle scarpe con il tacco alto e tempestate di cristalli erano favolose, quella giacca di seta con le rouches... Alice adorava fare shopping ma le sue possibilità non le permettevano di farlo molto spesso. Tutto quel lusso non la lasciava indifferente anzi, se avesse potuto, avrebbe svuotato un quarto dei negozi presenti. 

Tutto ciò non sfuggì al ragazzo che le era accanto. Osservò attentamente le espressioni sul viso di Alice e non poté fare a meno di sorridere, era dolce come un cucciolo. 

“Vuoi entrare a dare un’occhiata?” le chiese dopo un po’, vedendola fremere davanti all’ennesima vetrina. 

“Davvero posso? Non è che poi non troviamo posto?”

“Non preoccuparti, se arriviamo un po’ più tardi non succede niente” le assicurò con un sorriso.

La ragazza allora gli lasciò la mano ed entrò nel negozio con assoluto entusiasmo. Jasper preferì aspettarla fuori e, nell’attesa, si mise a guardare una vetrina dedicata alla moda uomo. Da lì comunque poteva anche ‘spiare’ la ragazza, catturando con lo sguardo ogni singolo scintillio dei suoi occhi davanti a quei costosi articoli. Toccò con mano gran parte dei capi d’abbigliamento e degli accessori presenti finché una borsetta di vernice nera catturò la sua attenzione. Sotto i faretti del negozio riluceva come un disco in vinile e le finiture argentee la impreziosivano, rendendola un elemento essenziale e indispensabile negli outfit eleganti. Il cartellino mostrava una cifra che, seppur ampiamente scontata, era per lei comunque troppo alta. Il sorriso si spense, lasciando spazio alla delusione, e lo sguardo sprezzante di un’altezzosa commessa che le si era avvicinata non fece che accentuare l’espressione su quel bel viso. Poco dopo uscì velocemente dal negozio e cercò Jasper con lo sguardo. “Andiamo?” gli chiese. 

“Hai già finito?”

“Sì, quelle cose sono per i ricchi e poi sono troppo eleganti per me”

“Tu sei bellissima comunque, non hai bisogno di fronzoli”

“Sei sempre così dolce”

Per tutta risposta lui le mise un braccio intorno alle spalle, attirandola a sé. 

Il ristorante si dimostrò essere grande e dai prezzi un po’ alti ma comunque caldo e ospitale. Superata l’entrata, fatta di archi composti da mattoncini, si fecero largo fra i clienti. Jasper parlò con un cameriere che, in un primo momento, affermò che non c’erano tavoli disponibili ma che poi, dopo aver parlato con il responsabile, saltarono fuori come per magia. Si accomodarono vicino a una delle vetrate e attesero che gli portassero i menù. 

“Come ci sei riuscito?”

“Mio padre è amico del proprietario”

“Davvero? La tua è una famiglia fortunata, conoscete un sacco di gente”

“Già” disse, aprendo una delle liste dei piatti che era stata portata loro. “Sai già cosa scegliere?”

“No, ma sembra tutto buonissimo”

“Per forza, è un ristorante italiano”

“Tu cosa prendi?”

“Ancora non lo so”

Qualche minuto dopo arrivò un cameriere per prendere le ordinazioni. “Ci sarà da aspettare un po’ di tempo, sono spiacente” avvisò. 

“Non si preoccupi” fece Jasper, un attimo prima che se ne fosse andato. 

“È comprensibile, guarda quanta gente”

“Qui è sempre così, si mangia bene e l’ambiente, anche se affollato, è tranquillo”

“Meno male che Rose mi ha offerto tè e pasticcini, altrimenti avrei una fame da lupi ora”

“A proposito di mia sorella, che cosa aveva prima?”

“Non so se sia il caso di palarne…”

Avrebbe dovuto dirgli che c’entrava Emmett e la cosa non l’entusiasmava perché sapeva che Jasper non lo vedeva più di buon occhio. 

“Non voglio impicciarmi dei fatti suoi, solo che è da giorni ormai che è strana e vederla con gli occhi arrossati non mi ha fatto un grande effetto. Sono preoccupato per lei”

“Certo, lo capisco”

“Non puoi almeno dirmi di cosa si tratta? Cos’è che la fa stare tanto male?”

“Sei intelligente e la conosci bene, quindi credo che tu sappia già la risposta”

“È per via di tuo fratello, no?”

La ragazza annuì.

“Dovevo aspettarmelo. Lui si comporta così e quella che ci rimane male è lei… Da non crederci!”

“Rosalie è una ragazza forte ma questo non vuol dire che manchi di sensibilità. Emmett l’ha ferita agendo in quel modo, questo è indubbio, ma lei lo ama”

Jasper bevve un’ampia sorsata dal boccale di birra che gli avevano appena portato. “Lui si è fatto vivo?”

“No, è anche per questo motivo che è giù di morale. Vorrebbe che lui si rendesse conto della situazione e che la chiamasse per scusarsi”

“Sì, aspetta e spera…”

“Jasper!”

“Mi spiace che sia tuo fratello ma non riesco a scusare la sua reazione, si è comportato male con noi – e con lei, soprattutto. Anzi, mi sorprende che tu continui ancora a sperare in un suo passo avanti”

“È soltanto per lei che lo spero, sta male e non voglio vederla così”

“Nemmeno io, ma Emmett non si farà avanti, e anche se lo facesse manterrebbe la sua opinione, ne sono sicuro”

“Io invece spero in un suo cambiamento, spero che il tempo lo faccia ritornare sui suoi passi. C’è qualcosa di sbagliato in questo?”

“No, Alice. Però, francamente, penso che sia tempo sprecato”

Non rispose. Si stavano impelagando in una conversazione che stava stretta ad entrambi, così non ribatté e si versò dell’acqua nel bicchiere. Riuscirono a restituire un po’ di tranquillità all’atmosfera solo cambiando discorso e lasciandosi deliziare dall’antipasto a base di bruschette al pomodoro. 

La serata, tutto sommato, andò bene. Dopo la pizza si concessero un dessert in una gelateria poco lontano e poi, dopo una lunga passeggiata, Jasper l’accompagnò a casa di Bella. 

“Ci vediamo domani pomeriggio?” le domandò, sulla porta. 

“Sì, verso le cinque però. Prima devo vedermi con le ragazze”

“Okay. Quand’è che ci presenterai? Non so nemmeno che faccia abbiano”

“Appena possibile”

“A domani”

La baciò dolcemente e a lungo. Alla fine si guardarono maliziosamente e ripresero a baciarsi con più foga. La cosa sarebbe degenerata se Edward in quel momento non avesse aperto la porta d’ingresso. 

“Ma ciao, carini!” salutò con voce vagamente effeminata, sbattendo le ciglia con fare civettuolo. 

Alice, colta sul fatto, arrossì e non disse una parola. Jasper, invece, scoppiò in una fragorosa risata davanti alla faccia del rosso. 

“Ciao, ragazzi, passato una bella serata?” fece capolino anche Bella. 

“Ciao, sì. E voi?”

“Anche noi”

“Jazz, allora per quel biglietto?”

“Scusa, Edds, non riesco a rintracciare quel mio amico ma ci riproverò”

“Ho capito, grazie”

“Beh, ma non state sulla porta! Entra pure, Jasper” l’invitò la giovane Swan. 

“Grazie, ma è meglio che vada, si sta facendo un po’ tardi e domani mi aspetta un’altra lunga giornata di studio”

“Complimenti per la costanza!”

“È l’ultimo esame prima della tesi, devo superarlo per forza”

“Sì, Alice me l’ha detto. Se non ci dovessimo vedere, in bocca al lupo!”

“Crepi!”

“Andrai alla grande, amico”

“Grazie. Alice, noi ci vediamo domani allora” si rivolse a lei accarezzandole un braccio.

“Certo, buonanotte” riuscì ad articolare, ancora rossa in viso. 

Jasper rivolse loro un ultimo sorriso, poi se ne andò. 

Certo, buonanotte” la imitò Edward subito dopo aver chiuso la porta. 

“Molto divertente, Eddie”

Molto divertente, Eddie”

“Ehi!” lo colpì ad una spalla. 

“Dai, non si può più nemmeno scherzare?”

“Certo, ma non quando sono imbarazzata”

“E quando non lo sei?”

“Come mai stasera sei così di buon umore da prendermi in giro?”

“Beh, mi sembra ovvio”

Il sorrisetto malizioso che gli comparve sulle labbra fece ricordare alla ragazza la scenetta in cui, tempo prima, aveva visto lui e Bella appartati sul divano. “Bella, sapessi, sono stata in centro!” cambiò discorso improvvisamente, decidendo di ignorare il fratello e rivolgersi all’amica. “Le vetrine erano piene di cose meravigliose… Oh, e c’era una borsetta, ma vedessi che borsetta!”

Edward nel frattempo si infilò il giubbotto e, ascoltando il discorso della sorella, scosse la testa in segno di disapprovazione, chiedendosi come le donne potessero agitarsi tanto per una borsa, un gioiello o un paio di occhiali da sole. Baciò Bella, diede un buffetto sulla testa di Alice e se ne andò. 

 

 

“Ne avrò ancora per un po’, abbi pazienza” le aveva detto un paio di giorni dopo Jasper. “Nel frattempo aprì la busta che ti ho lasciato in cucina”

Alice moriva dalla curiosità di sapere cosa contenesse ma si costrinse ad aspettare che lui avesse finito di studiare, voleva aprirla davanti ai suoi occhi. “No, non ci credo!” esclamò entusiasta, spalancando la bocca. 

“È lei?”

“Sì, è proprio lei! Ma come facevi a sapere…?”

“Ho notato come la guardavi e così ho pensato di fare un salto e andartela a prendere”

“Non avresti dovuto, costa un patrimonio!”

“E allora? Il sorriso che hai adesso sulle labbra vale molto di più, credimi”

“Grazie, grazie, grazie!” lo abbracciò e gli schioccò un sonoro bacio sulle labbra. 

“Di niente. Sai, avresti dovuto esserci: non sai la faccia che ha fatto quell’antipatica della commessa quando ho pagato in contanti. Così impara, non avrebbe dovuto metterti a disagio”

“Sapevi anche della commessa?”

“Ovvio, sei un libro aperto per me”

“Voglio provarla subito”

Uscirono dalla cucina e andarono nell’ingresso dove c’era un bel mobile bianco munito di specchiera. Alice indossò la borsa e si squadrò per qualche istante, il sorriso continuava ad illuminarle il volto. 

“Ti dona, sai?” si complimentò Rosalie, facendo capolino dalle scale. 

“Grazie, Rose” rispose.

In quel momento suonarono alla porta. “State, vado io. Ma chi sarà?”

La bionda si diresse alla porta e l’aprì. S’irrigidì improvvisamente e ammutolì. Alice e Jasper si voltarono ed ebbero all’incirca la stessa reazione. Emmett se ne stava in piedi sull’uscio della porta, lo sguardo, che si spostava da Rosalie ai ragazzi e viceversa, furente. 

“Ma bene! Cos’abbiamo qui? Io vengo per avere un chiarimento con te e trovo lui avvinghiato a mia sorella!” esordì, trattenendo a stendo la rabbia che trapelava dai suoi occhi. 

“Non hai avvisato che saresti venuto” 

“E da quando devo avvisare per andare a casa della mia ragazza?” 

“Da quando hai affermato che il nostro matrimonio ti stressa quando, invece, chi se ne occupa è solo ed esclusivamente la sottoscritta

“Prima di parlare di noi voglio sapere che cosa ci fa qui Alice”

“L’ho invitata io”

“E scommetto che lo hai fatto proprio perché c’è lui”

“Se anche fosse? La cosa non ti riguarda”

“Certo che mi riguarda, è di mia sorella che stiamo parlando!” sbottò, ormai incollerito. 

“Non gridare a quel modo, se hai qualcosa da dire entra e parla in maniera civile”

Emmett non riusciva a controllare i propri istinti, Rosalie invece riusciva a mantenersi apparentemente calma e il suo tono di voce si era fatto sprezzante. 

“Senti non mi importa se il vicinato si mette a spettegolare!”

“Beh, io non voglio dare spettacolo. O entri o te ne vai” precisò, fredda come il ghiaccio. 

“Io non entro e ora tu mi ascolti!”

“Bene, hai scelto di andartene”

“Rosalie, non ti permettere!”

“Senti, forse è il caso che cambi aria. Quando ti sarai calmato abbi il coraggio di farmi una telefonata e allora ne riparleremo” e senza aspettare una risposta chiuse la porta davanti alla faccia incredula del maggiore dei Cullen. 

“Avrei dovuto chiudere il cancello” fece un attimo dopo. 

“Sono mortificata, Rose”

“Alice, no. Non dire niente. Scusate, vado di sopra”

‘Mi spiace, Emmett, ma prima devi imparare a controllarti’ pensò, iniziando a salire le scale.

Alice appoggiò la borsetta sul bordo della specchiera. Nel riflesso Jasper non notò più il sorriso raggiante di poco prima, al suo posto un’espressione tesa e dispiaciuta. Le appoggiò le mani sulle spalle e l’accarezzò per farle sentire la propria vicinanza. “Vieni, andiamoci a sedere in cucina” le propose poco dopo. La ragazza annuì col capo, lo seguì e prese posto su una sedia. Per un tempo che parve davvero lungo l’unico suono percettibile nella cucina fu il bollire soffuso della caffettiera.

“Non può andare avanti così” sibilò il ragazzo, rivolto più a se stesso che a Alice. 

Lei appoggiò i gomiti sul tavolo e immerse le mani nei propri capelli, chinando la testa e fissando gli intrecci floreali sul centrino ricamato. Respirò piano ma presto si lasciò scappare un singhiozzo. 

Jasper preparò tre tazze e vi versò dentro il caffè, miscelando lo zucchero con un cucchiaino. Ne prese due e le appoggiò sul tavolo, sedendosi di fronte a lei. Bevve la bevanda scura e fumante in un paio di ampie sorsate, guardandosi attorno con aria stanca. Alice non alzò la testa, il fumo del caffè si levava alto sopra la massa dei suoi capelli. Solo quando le si avvicinò si accorse che stava piangendo. “Non fare così, ti prego” le sussurrò, come a non voler rompere quel silenzio grave. L’abbracciò, accarezzandole piano la testa e sfiorandole una spalla coi polpastrelli. 

“Ogni volta che penso di stare bene, di essere felice… Ogni volta succede qualcosa che mi ributta giù. E stavolta non si tratta solo di me ma anche di te e Rosalie, ed è soltanto colpa mia” singhiozzò. 

“Ne abbiamo già parlato, tu non c’entri, non è colpa tua”

“E di chi, sennò?”

“Alice, ti prego” implorò, tirandole su la testa e quasi costringendola a guardarlo negli occhi. 

In quel momento lo sguardo di Jasper valeva più di mille parole. Era arrabbiato, frustrato ma, soprattutto, distrutto. Non lo esternava ma anche lui soffriva enormemente per quella situazione e, forse, anche più di lei. Avrebbe voluto porvi fine, cercava di trattenersi dallo sfogare le proprie sensazioni ma sapeva che i suoi nervi prima o poi avrebbero ceduto. 

Lei sospirò, si asciugò le lacrime con la manica della maglietta. Non doveva piangere, doveva essere forte, non era più una bambina. Non doveva piangere soprattutto perché in quel momento non era lei quella che stava peggio. Si alzò in piedi e bevve il suo caffè. Poi lo sguardo si posò sulla tazza che si trovava sul ripiano del lavandino. “Quella è per Rosalie, vero?” chiese. 

“Sì, avevo intenzione di portargliela” rispose un attimo dopo, ponendola su un vassoio. 

“Vengo con te” disse, prendendo il vassoio dalle mani del ragazzo. Jasper la guardò e accennò un sorriso, era davvero carina. “Okay”

Salirono insieme la rampa di scale e si avvicinarono a una delle porte al piano di sopra. Jasper bussò piano e ripetutamente ma non ottenne risposta. Comunque non si arrese, afferrò la maniglia, l’abbassò ed entrò nella stanza seguito da Alice. La camera era immersa nella penombra e la ragazza riuscì a vedere ben poco. Jasper si avvicinò al letto, si sedette sul bordo e accarezzò il braccio di Rosalie, voltata dalla parte opposta. “Rose, ti abbiamo portato il caffè” disse. 

“Grazie, lasciatelo sul comodino” rispose lei con distacco, sforzandosi di parlare. 

“Bevilo finché è caldo”

“Adesso non ne ho voglia”

“Come vuoi”

Fece cenno ad Alice di appoggiare il vassoio sul comodino accanto al letto e lei obbedì. L’invitò anche a sedersi vicino a lui ma preferì restare in piedi.

“Ascolta, Rose, so che in questo momento non hai la minima voglia di parlare e non vuoi vedere nessuno ma devo dirti una cosa e vorrei che mi ascoltassi. Ci vorrà solo un minuto”

La bionda non si mosse ma parve comunque vigile e in ascolto. 

“Questa situazione non piace davvero a nessuno, stiamo soffrendo e vorremmo poterne uscire al più presto. Certo, non sarà facile, prima o poi è una cosa che andrà affrontata come si deve ma, a quanto pare, non è ancora il momento. Però ci sarebbe una soluzione che potremmo adottare temporaneamente”

“Vai al punto” incalzò lei. 

“Bene, sarò diretto: se c’è posto sul treno, domani tornerò a Birmingham”

“Cosa?” sobbalzò. 

“No!” esclamò Alice contemporaneamente. 

“Emmett non ci vuole insieme, giusto? Se me ne vado le cose potranno finalmente sistemarsi e fra voi tornerà il sereno” 

“Non puoi parlare sul serio…”

“Temo di sì, Alice”

“Sono d’accordo con lei, questa non è una soluzione”

“Ma non capite? In questo modo farete pace con lui”

“Non voglio farlo se è questo il prezzo che devo pagare!” Alice, di nuovo in lacrime, corse fuori dalla stanza. 

“Va’ da lei ora, io e te potremo parlare dopo” gli suggerì subito sua sorella. 

Jasper allora seguì Alice e la prese per un braccio proprio mentre stava per afferrare il cappotto. “Lasciami, voglio andarmene!” gridò il folletto. 

“Non ti tratterrò contro la tua volontà ma prima voglio che mi ascolti” fece. 

“Non voglio, quello che dici mi fa stare male!”

“Alice, lo so che è doloroso da accettare, ma lo sto facendo anche per te e per Rose”

“Non è questa la soluzione, ti dico!”

“Ma pensi che io non soffra? Non è difficile solo per te, lo è anche per me. Lo sto facendo per voi, perché possiate ricostruire i vostri rapporti con lui, mi sto sacrificando e nemmeno va bene!” esclamò, gridandole contro per la prima volta. 

A quelle parole Alice smise di divincolarsi dalla presa, abbassò la testa e si lasciò cadere sul pavimento. “Non potrà mai risolversi, è una soluzione inutile” ribadì poco dopo, la voce rotta dal pianto. 

“Invece sì…”

“No! Preferisco rinunciare a lui piuttosto che perdere te!”

Jasper si chinò su di lei e le accarezzò le guance. “Tu non mi perderai”

“Ah, no? Ma per favore!”

Lo allontanò colpendolo sulle mani, era troppo delusa per credergli. 

“Alice, questo non è un addio, non comportarti come se lo fosse. Ascolta quello che ho da dire e capirai, forse”

Non ne aveva voglia, le sembrava tutto così assurdo.

“Ti prego, ti sto solo chiedendo di ascoltare”

Le porse la mano, lei titubò un istante ma poi la prese e venne aiutata ad alzarsi. 

“Andiamoci a sedere, vuoi?”

“Tanto non cambia niente”

Un attimo dopo furono in cucina e presero nuovamente posto sulle sedie. 

“Parla pure ma fa’ in fretta, vorrei andarmene a casa”

“D’accordo, ti chiedo solo di lasciarmi parlare senza interrompermi”

Alice annuì semplicemente e Jasper allora inspirò a fondo prima di iniziare. “Come tu ben sai, se supererò il prossimo esame potrò dedicarmi esclusivamente alla mia tesi e, se tutto andrà per il verso giusto, fra qualche tempo prenderò la laurea. Sfortunatamente, questo è un periodo difficile per il mio campo e, anche se sono fresco di studi, sarebbe molto improbabile riuscire ad ottenere un impiego. Tuttavia, qualche mese fa, un amico di famiglia che è titolare di un’importante azienda, mi ha chiamato per chiedermi quanto mi mancasse alla laurea e che progetti avessi per il mio futuro. Io lì per lì mi sono trovato un po’ impreparato ma gli ho comunque parlato di ciò che mi sarebbe piaciuto fare nella vita, elencandogli le varie possibilità che mi sono prefissato. Mi è parso interessato e così ha chiesto se mi sarebbe piaciuto lavorare per lui e, naturalmente, ho risposto di sì. Durante uno dei miei brevi soggiorni qui l’ho incontrato, ho parlato con lui di persona e mi ha detto che sarebbe entusiasta se entrassi a far parte del suo team lavorativo. Naturalmente devo prima terminare gli studi e poi dovrei affrontare un regolare colloquio ma, se venissi assunto, potrei iniziare a lavorare. Sai cosa significa questo? Significa che non dovrei più vivere a Birmingham, potrei tornare qui a Manchester in maniera definitiva, dovendo lavorare qui potrei acquistare una casa per conto mio senza dover più dipendere da nessuno. Potremmo incontrarci senza che Rose, Edward o Bella vengano coinvolti. E, nel frattempo, mi auguro che tu e mia sorella riusciate a far pace con Emmett e a fargli comprendere la nostra posizione una volta per tutte. Che ne pensi?”

Lo aveva ascoltato in silenzio, la bocca serrata in modo inespressivo, non accennò ad aprirsi nemmeno dopo quella domanda diretta. 

“Lo so, forse sono troppo ottimista, la mia magari è una semplice e disperata utopia ma voglio crederci, Alice. Per tutti, soprattutto per noi due”

La ragazza alzò la testa e lo guardò, schiuse la labbra e tossicchiò prima di riuscire a rispondere. “È davvero per questo motivo che vuoi tornartene a Birmingham? Solo per questo?”

“Sì” confermò.“Mi dedicherò allo studio e nel frattempo tu e Rose cercherete di sistemare le cose con tuo fratello, d’accordo? Magari, se va tutto secondo il previsto, mi vedrà sotto una nuova luce. Non voglio illudermi ma ti amo e quindi non posso non sperarci”

La piccola Cullen si alzò dal proprio posto e lo andò ad abbracciare, si appoggiò al suo petto seppellendo la testa nella lana del suo maglione. 

“Adesso hai capito le mie intenzioni?”

“Sì” rispose tra i singhiozzi. “Mi chiedo solo perché siamo destinati ad allontanarci ogni qual volta riusciamo finalmente ad avvicinarci” 

“Non sarà così per sempre”

“Non parlare come se potessi garantirmelo”

“Non posso farlo ma ti giuro che farò tutto il possibile per poter stare ancora insieme a te”

“Mi mancherai”

“Lo so, anche tu mancherai a me, moltissimo”

La strinse forte a sé quasi come se ne avvertisse già la mancanza. 

“Fra poco Edward sarà qui, non voglio che mi veda così”

“No, certo. Va’ pure”

Si staccarono e lei si diresse nel bagno degli ospiti per potersi lavare il viso umido e lenire con dell’acqua fresca gli occhi arrossati. Quando ebbe terminato, diversi minuti dopo, entrò in cucina e vide che Edward era già arrivato. 

“... E così ha detto che dovrebbe rimediarne un altro o che, al massimo, ti cederà il suo se proprio non gli concederanno il permesso” disse Jasper, concludendo un discorso. 

“Bene, grazie per essertene occupato”

“Figurati”

“Ah, eccoti, Alice” fece Edward, notandola. 

“Ciao”

“Andiamo?”

“Sì”

“Ti aspetto fuori, allora. Jazz, buon viaggio e in bocca al lupo per l’esame!” lo salutò, sferrandogli un pugno amichevole sulla spalla. 

“Crepi, ci vediamo”

Edward sorrise ed uscì di casa. 

“Gli hai già raccontato come stanno le cose?”

“Sommariamente. È giusto che sappiano cos’è successo”

“Fammi sapere a che ora parti, voglio esserci anch’io”

“È probabile che parta domattina presto, è meglio lasciar stare, stasera devi lavorare e di sicuro finirai tardi”

“Non importa, non posso non venire”

“Okay, allora ti chiamo più tardi così ti faccio sapere”

“D’accordo”

Jasper le si avvicinò e la baciò a lungo. 

“A domani”

“Sì, a domani” salutò, dirigendosi all’ingresso. Infilò il cappotto, prese la borsetta di vernice che aveva lasciato sulla specchiera e si chiuse la porta principale alle spalle. 

“Non ho nemmeno fatto in tempo a salutarli” commentò Rosalie poco dopo, entrando in cucina. 

Jasper era seduto e se ne stava a fissare il pavimento in silenzio. “Mi dispiace per quello che è successo”

“Mi auguro che le cose potranno risolversi, non possiamo stare tutti così male”

“È soprattutto per questo che me ne sto andando, per il bene tuo e di Alice. Non so nemmeno come ho potuto pensare che sarebbe stato sicuro rimanere qui, che idiota!”

“Non incolpare te stesso, questa è anche casa tua e nessuno poteva immaginare che sarebbe andata così”

“E dire che tutto quello che desidero è semplicemente poter stare con Alice”

Per la prima volta, dopo anni, a Rosalie parve di rivedere il Jasper bambino, quello che pareva spesso in agonia, quello chiuso in se stesso e che a molti pareva strano e incomprensibile. Ma non a lei che quasi lo aveva cresciuto. Gli si avvicinò e lo abbracciò, lui ricambiò la gentile stretta mentre il silenzio perpetuava nella stanza. 

 

 

“Non c’era alcun bisogno di scomodarsi, sarei potuta venire con i mezzi” disse Alice. 

“Scherzi? Nessun disturbo” le assicurò Rosalie dal sedile anteriore della propria auto. 

La bionda sapeva destreggiarsi bene alla guida e conosceva una serie di scorciatoie che li fecero arrivare in stazione appena in tempo. Scesero e si diressero verso i binari con passo accelerato. 

“Il treno sarà qui a momenti” fece Rosalie guardando prima un cartello e poi l’orologio che aveva al posto. 

“Già, meglio che ci salutiamo” convenne Jasper. Abbracciò per prima sua sorella che gli sussurrò qualcosa all’orecchio. 

“Io vado. Alice, ti aspetto in macchina”

“Okay”

Si incamminò verso l’uscita, lasciandoli da soli. 

“E così te ne vai un’atra volta…”

“Credimi, vorrei tanto poter restare”

“Lo so, ma non per questo fa meno male”

Il ragazzo le cinse la vita con un braccio e le baciò una guancia. 

“Tornerai subito dopo l’esame, vero?”

“Alice, io non so se…”

“Voglio che tu me lo prometta!”

L’espressione decisa che si leggeva nei suoi occhi fece capire al ragazzo che non avrebbe accettato scuse da parte sua. “Posso prometterlo. Ma la situazione non cambierebbe”

“Ti lascerò preparare la tesi in pace e farò in modo di non farmi trovare in tua compagnia davanti a Emmett. Questa volta siamo stati impreparati, la prossima non succederà, però devi tornare dopo l’esame, hai capito?”

“Se sei così determinata va bene, te lo prometto”

“Perfetto. Fidati di me ancora una volta, ti garantisco che questa sarà quella buona”

“Me lo garantisci? E come?”

“Non so, me lo sento”

Il treno arrivò proprio in quell’istante e si fermò sul binario annunciato dallo speaker. 

“Vai”

“Sì, ci sentiamo quando arrivo”

Si scambiarono un rapido bacio e poi Jasper si aggiunse alla fila di passeggeri che si apprestavano a salire. Qualche minuto dopo il treno ripartì veloce e Alice riuscì a malapena a scorgere la figura di lui, seduto in uno scompartimento, e a salutarlo con la mano. Prima di avviarsi all’uscita trasse fuori dalla tasca dei pantaloni il cellulare che stava vibrando. Era un messaggio. 

 

Tornerò presto. Ti amo, piccola.

L’impulso di piangere si fece acuto ma riuscì a reprimerlo. 

‘Ti amo anch’io’ pensò, guardando il treno che si allontanava sempre di più. Si rimise il telefono in tasca e si affrettò a raggiungere Rosalie. 

“È ripartito?” le chiese. 

Alice annuì. 

“Devi andare in facoltà?”

“Sì, ho lezione”

“Ti accompagno, vado anch’io nella stessa direzione”

“Grazie mille”

Rosalie inserì la chiave nel quadro e mise in moto la macchina. Il tragitto fu abbastanza breve, quando arrivarono era ancora un po’ presto così presero un caffè da Philip’s e poi si avviarono presso il grande edificio di mattoncini. 

“Grazie ancora per il passaggio”

“Non ringraziarmi, l’ho fatto volentieri. Comunque...”

“Ehi, Alice!” 

“Oh, ciao, Julia. Arrivo subito”

Rosalie sorrise e le disse rapidamente: “Stai su col morale, vedrai che tornerà prima di quanto immagini”

“Lo spero”

“Vieni a trovarmi quando vuoi”

“Grazie, però se passassi tu da noi penso che faresti felice anche Bella”

“Lo farò al più presto. Buona giornata”

“Anche a te” rispose, poi scese dall’auto e corse in direzione dell’amica. 

 

 

Nonostante le lezioni e le chiacchiere delle sue amiche, la ragazza non poté fare a meno di pensare costantemente a Jasper. Ormai si era abituata a vederlo tutti i giorni e il pensiero di dovergli stare lontano così, di punto in bianco, non le piaceva affatto. Comunque pensò bene di seguire l’esempio del ragazzo e di approfittare della lontananza per concentrarsi sui libri al cento per cento. Quello stesso pomeriggio incontrò Julia e Patience in biblioteca per potersi rimettere in carreggiata. Restarono per circa un paio d’ore, poi Julia se ne andò via perché aveva un impegno e Patience ammise che aveva un appuntamento con “un tipo ben più interessante di Mike Newton” – non le era andato giù il fatto che le fosse stata preferita “quella smorfiosa di Jessica Stanley”. 

Così la piccola Cullen rimase sola. Studiò autonomamente ancora per una buona mezz’ora dopodiché decise che sarebbe stato meglio tornare a casa dato che si stava facendo buio e in strada faceva piuttosto freddo. Uscita dalla biblioteca, calcò bene il basco sulla testa e si avviò per il lungo marciapiede. Un passante, distratto, la urtò e le fece cadere in terra la borsa. 

“Ahi!” si lamentò la ragazza subito dopo aver ricevuto la botta. 

“Oh, mi spiace” si limitò a rispondere il passante che, nonostante la corporatura massiccia, si dimostrò essere un ragazzo. Si chinò, raccolse la borsa e gliela porse. Alice la prese e per un attimo i suoi occhi si incrociarono con quelli di lui. Ebbe un sussulto. 

Jacob!”

 

_______________________________

L’angolo di Amy 

Ciao gente, 

come va? Lo so, avevo promesso l'aggiornamento entro una settimana e invece ne sono passate non so più quante, chiedo venia ma vi assicuro che stavolta non è stata colpa dell'autrice bensì del f*****o maltempo... Se potete, scusatemi. Ad ogni modo, mi auguro vivamente che il capitolo vi piaccia anche se le cose si stanno incasinando sempre di più... 

Se non altro il fatto di non poter postare mi ha comunque permesso di fare un capitolo bello voluminoso, finora mi sa che è il più lungo di tutta la storia, spero che la cosa possa farvi piacere ^^ 

Un super ringraziamento va, come di consueto, a chi ha la pazienza di recensire questa mia opera, ovvero Alice Joy, Lorelaine86 e Lady Rhoswen. Spero che recensirete anche questo capitolo e se qualcun altro vuole farsi avanti mi farebbe felice, anche perché non mordo, giuro ^.^ 

Questa volta per scaramanzia non dico quando potrei postare il prossimo capitolo, mi auguro solo di poterlo fare al più presto sempre che non ci si mettano altri imprevisti (mai titolo fu più azzeccato XD) di mezzo.  

Vi auguro una buona serata e un buon fine settimana, 

un abbraccio a tutte,

Amy

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 13: Rabbia ***


Rabbia 


Alice rimase impietrita. Mai si sarebbe aspettata di rivederlo, soprattutto non in una città che non fosse Londra. 

“Ci conosciamo?” domandò lui, guardandola con aria perplessa.

Incredibile. Aveva fatto una fatica immane per seppellire il dolore provocato dal suo rifiuto e lui nemmeno si ricordava di lei. ‘Fantastico’ pensò.

“Direi proprio di sì, sono Alice ” rispose. “Alice Cullen”

A quel nome le sue labbra si piegarono in un sorriso di sorpresa e la squadrò da capo a piedi, gli occhi spalancati in un’espressione sbalordita. “Alice Cullen? Non ti avrei mai riconosciuta se non me l’avessi detto! Sei cambiata moltissimo dall’ultima volta che ci siamo visti! Sei diventata ancora più bella” constatò, ammiccando.

“Non esageriamo… Comunque, grazie” disse lei, non senza un visibile imbarazzo che le imporporò le guance. 

“Certo che ne è passato di tempo… Ma perché ce ne stiamo qui per strada? Vieni, ti offro un caffè”

“Grazie, ma è un po’ tardi e dovrei tornare a casa”

“Dai, non dirmi di no. Non mi sarei mai aspettato di incontrarti qui e, ora che è successo, mi farebbe molto piacere fare quattro chiacchiere con te. Giusto cinque minuti, non ti ruberò molto tempo se hai da fare”

Alice non era una ragazza che amava l’insistenza ma i modi insolitamente posati del ragazzo la convinsero che, forse, qualcosa in lui era cambiato, forse era maturato davvero. L’espressione ansiosa del ragazzo si sciolse in un sorriso solare non appena lei accettò.

Camminarono lungo tutto il marciapiede e superarono un incrocio prima di arrivare presso un piccolo locale dall’insegna etnica. Le luci erano soffuse, c’era una leggera musica afro di sottofondo, i tavoli e le sedie erano rivestiti con stoffe dai colori sgargianti. Sebbene ci passasse spesso davanti, la ragazza non vi era mai entrata.

“Io prendo un espresso” disse Jacob al cameriere.

“Anch’io” si affrettò a rispondere Alice che non era una grande esperta di drink e non sapeva destreggiarsi fra tutti quei nomi dal sapore esotico. 

“Sono ancora molto sorpreso di averti incontrata, sapevo che ti eri trasferita in un’altra città ma non immaginavo fosse Manchester”

“Sì, beh, avevo voglia di cambiare aria e, dato che i miei fratelli vivono qui, mi sono trasferita anch’io. E tu come ti trovi da queste parti?”

“Io sono solo di passaggio, fra qualche giorno tornerò a Londra”

“Ma stai studiando?”

“No, lo sai che lo studio non fa per me. Ho trovato lavoro”

“Cosa fai?”

“L’estate scorsa mi hanno offerto un posto da personal trainer in un centro dimagrante”

“Deve darti molte soddisfazioni aiutare le persone in difficoltà”

“Beh, più che altro diciamo che pagano bene e posso fare esercizio gratis. Tu cosa fai, invece? Scommetto che studi”

“Sì, hai indovinato: Arte”

“C’era da aspettarselo, i tuoi quadretti nell’atrio del liceo e nell’ufficio del preside non passavano mai inosservati”

“Grazie, c’è da dire che c’è chi è molto più bravo di me”

“Non fare la modesta come al solito, sei davvero brava”

“Ci provo”

Non sapeva il perché ma i suoi modi affabili la portavano a parlargli degli affari propri in tutta tranquillità, ad aprirsi alla conversazione e a fargli domande quasi come se il tempo non fosse andato avanti e le cose non fossero cambiate. Ma in realtà il tempo era trascorso e lei non pensava più a lui ormai, soprattutto da quando Jasper era entrato nella sua vita. 

Jasper! Tutt’a un tratto si ricordò che doveva chiamarlo. Così aprì la borsa e frugò all’interno alla ricerca del portafogli. “Ti ringrazio per l’invito Jake, ma ora devo proprio andare”

“Di già? Peccato, mi sarebbe piaciuto continuare a parlare”

“Mi spiace ma è tardi” 

Si alzarono entrambi ma lui la bloccò con un gesto della mano. “Ti ho invitata io, pago io”

“Ma non ce n’è bisogno…”

“Davvero, ci penso io”

“Okay, ti ringrazio”

“Non mi ringraziare, spero di rivederti presto. È stato un piacere, buona serata”

“Grazie, anche a te”

E così infilò il cappotto, si mise la borsa in spalla ed uscì dal locale. Aspettò un paio di minuti che arrivasse l’autobus e, un po’ di tempo dopo, giunse a casa. “Bella, sono tornata” chiamò. 

Non ricevendo risposta andò in cucina ed osservò la lavagnetta. La ragazza le aveva lasciato un messaggio:

 

Alice, ho finito il credito, te lo scrivo qui: fra poco viene Eddie, stasera usciamo. Se vai al lavoro ricorda di congelare il pane. Ciao, Bella  

Alice si affrettò a fare quanto le aveva scritto l’amica, poi gettò un’occhiata all’orologio e cercò sulla rubrica del proprio cellulare il numero di Jasper. La chiamata fu piuttosto breve perché il ragazzo, nonostante l’orario, era ancora alle prese coi libri e voleva finirne uno prima di cena. Le dispiacque sentire che era ancora immerso nello studio, temeva che la cosa gli avrebbe causato troppo stress, ma sapeva che studiare era l’unico modo che il ragazzo aveva per non pensare che erano lontani. Era proprio uno studente modello, non poteva che essere orgogliosa di lui.  

Quando gli chiese come mai avesse ritardato, lei, molto ingenuamente, gli raccontò di Jacob. A quel nome Jasper si rabbuiò ma cercò di mantenere le proprie risposte neutre, non voleva risultare troppo geloso agli occhi di Alice però aveva uno strano presentimento. 

Terminata la rapida chiamata, Alice si concesse una doccia e un po’ di relax sul divano leggendo una rivista, poi si preparò per andare a lavorare al pub. 

 

 

“Cosa, hai incontrato la tua vecchia fiamma?!” la domanda di Patience risuonò nel locale e tutti si voltarono a guardare nella loro direzione, con enorme imbarazzo di Alice e Julia.

“Vuoi abbassare la voce, per cortesia?” la riprese Alice.

“Già, sei sempre la solita” si aggregò Julia. 

“Beh, scusate se la cosa mi ha stupito! A quanto ricordi, dalla descrizione che ci hai fatto mesi fa, questo Jacob dev’essere un autentico figo! Insomma, come al solito ti capitano tutte le fortune mentre io rimango con un pugno di mosche…”

“Di’ un po’ Pat, non sarai mica invidiosa di Alice? Di certo non è colpa sua se gli uomini le cadono addosso”

“Ma non è vero! È solo una persona che conosco e che ho incontrato per caso, abbiamo preso un caffè insieme e stop, è finita lì. Se fosse stato interessato a me di certo lo avrei capito”

“Non ti ha chiesto il numero?”

“No, Pat”

“Beh, se un bel ragazzo mi offrisse un caffè sarei io a fare il primo passo e a lasciargli il mio numero”

“Infatti, questa è la tattica che usi da sempre per rimorchiare e si vede dove ti ha portato”

“Che vuoi dire, Julia? Non dovrei continuare così?”

“Certo che no, se fai così vieni considerata una facile

“Ma almeno vengo considerata!”

Povera Patience, Alice non poteva che provare una qual certa tenerezza nei suoi riguardi. Era una ragazza molto carina ma il suo scarso intelletto e l’aria da seduttrice, inspiegabilmente, metteva in fuga gli eventuali spasimanti facendoli desistere dal proposito di impegnarsi con lei. 

“Mike Newton ormai è perso di quella Stanley che gli sbava dietro da settembre…” si lamentò masticando una forchettata di insalata. “Tu hai un ragazzo che, per come lo descrivi, sembra la perfezione in persona e in più rivedi anche il palestrato che ti piaceva al liceo, dimmi tu se non è fortuna questa…”

“A dirla tutta mi sento fortunata a stare insieme a Jasper ma avere incontrato Jake non mi ha fatto né caldo né freddo”

“A proposito di Jasper, devi ancora fare le presentazioni”

“Lo so, Julia, appena finirà l’esame ha promesso di tornare e allora lo conoscerete”

“Come vorrei che mi presentassi Jacob…”

“Lo farei, Pat, ma non ho il suo numero. E, ripensandoci, non è il tipo giusto, avrà anche un bel fisico ma non c’è niente nella sua testa e poi ti ricordo che si prende gioco delle ragazze che gli stanno intorno, io ne so qualcosa”

“Beh, non sarebbe comunque il primo…”

“Patty, ascolta, sei stata molto sfortunata finora ma questo non sarà per sempre. E poi non devi accontentarti e farti trattare a quel modo dai ragazzi che frequenti. Tu vali molto più di quanto credi, non devi sottovalutarti e non devi permettere che gli altri ti condizionino la vita!”

“Lo credi davvero?”

“Certo e anche Julia, vero?”

“Naturale, sei nostra amica e ti vogliamo bene”

“Anch’io e sapete che vi dico? I vostri ragazzi sono fortunati ad avere al fianco due persone come voi”

Intenerite dalle espressioni d’affetto, si abbracciarono collettivamente. 

 

 

‘Oggi Jasper ha l’esame’ pensò Alice svegliandosi di soprassalto e aprendo gli occhi. Staccò il cellulare dal carica batterie e lo accese. Una manciata di secondi dopo le arrivò un messaggio. 

 

Non riesco a dormire, sono agitato. 

Le era stato inviato alle 3,45 di mattina. Dette uno sguardo alla sveglia sul suo comodino, segnava quasi le sette. Non seppe se fosse o meno il caso di chiamarlo ma sperava che sentire la sua voce potesse aiutarlo a calmarsi un po’. 

Pronto?” rispose il ragazzo.

“Buongiorno, amore mio. Ti ho svegliato?” chiese.

Sì, ma hai fatto benissimo, altrimenti avrei dormito tutta la mattina

“Scusa, è che ho ricevuto il tuo messaggio e mi sono un po’ preoccupata, come stai?”

Vuoi la verità? Uno straccio, tesoro. Ma penso che, comunque vada, mi basterà dare quell’esame per stare già meglio

“Sono sicura che andrà benissimo”

Lo spero. Ho una voglia matta di vederti

“Anch’io, Jazz, mi manchi così tanto”

Oggi vai all’università?

“Sì”

Io dovrei finire intorno a mezzogiorno, ti mando un messaggio così non ti disturbo

“Okay, ti chiamo io allora”

Adesso devo andarmi a preparare, altrimenti si fa tardi. Scusami, piccola

“Non scusarti, è una giornata importante e non puoi fare tardi. Ci sentiamo dopo”

Certo, grazie per avermi chiamato, la tua voce al mattino è la più dolce delle sveglie

“Grazie, anche la tua non è male. Vai ora, sbrigati a dare l’esame e corri da me”

Eh, mi piacerebbe saltare direttamente alla parte in cui ci vediamo…

“Jazz, vai ora, non voglio essere la causa del tuo ritardo!”

D’accordo, a più tardi

“In bocca al lupo!”

Crepi il lupastro, amore. Ciao” e riattaccò. 

Nonostante il tono scherzoso, Alice non poté fare a meno di essere preoccupata, le era parso incredibilmente stanco e temeva che non riuscisse a concentrarsi. Si affrettò comunque a scacciar via quel pensiero dalla mente, Jasper era preparatissimo e ce l’avrebbe fatta. Ne era certa. Si alzò e rifece il letto velocemente, quindi scese di sotto. 

“Buongiorno” disse, entrando in cucina. 

“Buongiorno, stavo per venire a chiamarti, la colazione è pronta” rispose Bella. 

“Grazie” fece, prendendo posto sulla sedia e afferrando una fetta di pane tostato. 

“Che programmi hai per oggi?” domandò la bruna poco dopo, porgendole una tazza e sedendosi a sua volta.

“Stamani ho l’università e nel pomeriggio, a parte qualche ora di studio, proprio niente. Perché me lo chiedi?”

“Ieri ho sentito Rosalie, è ancora piuttosto giù. Dato che non devo lavorare le ho proposto di andare a fare shopping in centro, magari si distrae un po’. Vuoi unirti a noi?”

“Con piacere, verso che ora avete appuntamento?”

“Per le cinque, ci incontriamo all’imbocco di Mancunian Way”

“Okay”

“Mi sembri un po’ tesa, qualcosa non va?”

“Oggi Jasper ha l’ultimo esame, spero che vada tutto bene”

“Di sicuro, sta’ tranquilla. Quel ragazzo ha grandi capacità, non per nulla è il vanto di Rose”

“L’ho sentito molto provato dalla mole di cose da studiare”

“Beh, è naturale. Ma non preoccuparti, andrà a meraviglia, vedrai”

“Me lo auguro”

“Direi che è ora di prepararci, sono quasi le sette e venti”

“Di già? Se devi arrivare prima in facoltà vai, io intanto lavo le tazze e do una sistemata qui”

“Okay, se poi fai in tempo ti do uno strappo”

“Grazie”

 

 

“Hai fatto benissimo a comprare quella camicetta, sembra fatta apposta per te” le disse Bella. 

“Tu dici?” chiese Rosalie con una vena di scetticismo nella voce. 

“Certo, sei praticamente una modella e ti sta bene tutto ciò che indossi. Non è vero, Alice?”

“Naturalmente” 

“E se lo dice lei che ha un gusto sopraffino, allora devi crederci”

“Dai, Bella, non esagerare…”

“Ma no, ha ragione: il tuo senso dello stile è davvero spiccato, la camicia è bellissima e non solo quella, anche tutto quello che mi hai consigliato è fantastico” 

“Beh, grazie”

“No, se c’è una persona che deve dire ‘grazie’ sono io e devo dirlo a voi, ragazze. Grazie del pomeriggio insieme, quando passo del tempo in vostra compagnia sto benissimo e per un po’ dimentico i miei problemi”

Un’ombra scura calò improvvisamente sul suo bel viso. 

“Ne siamo felici. Ora che ci siamo rilassate un po’ propongo di andare a dare un’occhiata a un altro paio di negozi, che ne dite?” fece Bella, sperando così di scacciare quell’espressione dal volto dell’amica. 

“Mi spiace, si sta facendo tardi e ho un impegno, devo proprio andare” si scusò prontamente la bionda, dispiaciuta.

“Peccato” commentò Alice. 

“Avremmo sicuramente altre occasioni” disse Bella. 

“Senz’altro, ragazze, senz’altro. Ci sentiamo allora, ciao”

“Ciao”

La videro alzarsi dalla panca del locale in cui si trovavano e andarsene. 

“Dici che siamo davvero riuscite a non farla pensare a mio fratello?” chiese la piccola Cullen. 

“Non so dirlo con certezza ma mi è sembrata più serena” rispose l’amica. 

“Anche a me, sai? Magari solo un po’, ma è già qualcosa”

“Sì. Speriamo solo che Emmett prima o poi si renda conto della situazione e riesca a ridimensionare la sua posizione, deve assolutamente fare la pace con lei”

“Già, lo spero anch’io” sospirò e guardò l’orologio.

“Che dici, finiamo il giro o torniamo a casa?”

“Sincerante mi sono stancata, preferirei tornare a casa, farmi una doccia e sperare che Jasper mi chiami”

“Non ti ha ancora fatto sapere nulla?”

“Mi ha mandato un messaggio intorno alle nove, dice che hanno spostato l’orario dell’esame nel pomeriggio. A quest’ora dovrebbe aver finito ma ancora non mi ha né chiamato né scritto. Non voglio disturbarlo ma non ti nascondo che sto sulle spine”

“È comprensibile. Tra poco si farà vivo” 

“Lo spero proprio. Uffa, stasera devo anche andare al pub, non sono proprio nel mood per il lavoro” sbuffò. 

“Allora andiamo, anch’io avrei un po’ da fare”

“Okay”

 

 

Appena uscita dalla doccia il cellulare vibrò, risuonando a contatto con il legno laccato del mobiletto sul quale era stato appoggiato. Alice asciugò la mano sull’accappatoio e prese l’apparecchio, c’era un nuovo messaggio.

Ehi, piccola. Scusa se mi faccio sentire solo adesso ma mi si era scaricata la batteria e ho dovuto fare un po’ di giri. Sono appena tornato a casa. 

 

Senza pensarci su lo chiamò. 

Pronto?” rispose Jasper all’altro capo del telefono.

“Finalmente!” esclamò la ragazza.  

Scusami…

“Non importa, voglio sapere com’è andata”

Di che parli?”

“Dell’esame, mi sembra ovvio”

Sicura di volerlo sapere?”

“Certo!”

Beh, ho preso… Ho preso…

“Jazz, tacci un taglio e dimmelo!” 

D’accordo, non arrabbiarti… Ho preso trenta

 “Wow, bravo, lo sapevo! Evviva!” esultò in un grido liberatorio.

Alice, mi hai distrutto i timpani…” 

“Ero nervosa ma per fortuna sei andato alla grande!”

A quanto pare…

“Per una volta puoi anche vantarti, Jazz! Te lo meriti”

Preferisco rimandare a quando mi sarò laureato

“Beh, allora non dovrai aspettare molto”

Ce la metterò tutta per finire entro l’anno

“Sono certa che ci riuscir…” stava per finire la frase ma uno starnuto glielo impedì.

Hai preso il raffreddore?”

“No, solo che ho appena fatto la doccia e sono ancora in accappatoio…”

Perché non me l’hai detto subito? Avrei anche potuto aspettare

“Perché volevo sapere com’era andata, ero in pensiero”

Come al solito sei un tesoro. Appena finiamo di parlare vado a fare la valigia

“Cosa? Sai già quando verrai?” 

La sola parola ‘valigia’ aveva acceso in lei un irrefrenabile entusiasmo.

Sì, ho prenotato un biglietto. Domani pomeriggio sarò a Manchester” 

“A che ora?”

Verso le diciotto, più o meno

“Ci sarò”

D’accordo, ma stai attenta ad andare in giro da sola, okay?

“Va bene. Quanto sono contenta, non lo puoi nemmeno immaginare!”

Certo che posso, invece: anch’io mi sento così

“Non vedo l’ora!”

Già. Ora però vestiti o ti ammalerai davvero

“Hai ragione, dopo devo anche lavorare…”

Su, sii paziente, domani ti farò le coccole

“Oh, suona bene... Ti amo” 

Anch’io. A dopo, piccola

 

 

“…hamburger e patatine fritte. E non dimenticare le bionde, bambolina” ordinò Clive che, come al solito, era già ubriaco. A volte chiamava Alice con simili appellativi ma non era mai andato oltre, beveva come una spugna ma non era un cattivo ragazzo. 

“Arrivano” rispose semplicemente. Andò in cucina e consegnò il foglietto delle ordinazioni, poi tornò ai tavoli. 

“Buonasera” salutò.

“Ciao, Alice, che coincidenza!” esclamò il ragazzo al tavolo.

“Ah! Ciao, Jacob” 

“Così lavori qui, eh?”

“Già”

“Vediamo… Una birra e un panino con la cotoletta”

“Come vuoi la birra?”

“Grande, alla spina”

“Okay, torno subito”

Gli portò ciò che aveva ordinato dopo appena un paio di minuti. 

“Sei stata velocissima. È da molto che lavori in questo posto?”

“All’incirca sei mesi”

“Perché non chiedi al tuo capo se puoi fare una pausa? Così parliamo con calma”

“Temo non sia possibile, c’è molto lavoro da sbrigare”

“Dai, siediti qui un attimo, fammi compagnia”

“Jake, non posso” rimarcò. 

“Ehi, Alice, altra birra!” gridò Clive. 

“Subito” rispose, cogliendo al volo l’occasione che aspettava per allontanarsi dal tavolo di Jacob. Tutta quell’insistenza non le piaceva affatto. Non era vero che era cambiato, era sempre lo stesso opportunista. 

Jacob rimase seduto al tavolo per tutta la serata, ordinando da bere di tanto in tanto – Alice chiese agli altri due camerieri di fare a turno per servire al suo tavolo, spiegando loro che si conoscevano e che non si sentiva molto tranquilla a parlargli perché troppo insistente.

Alla fine, quando il locale era ormai vuoto ed era stata data una ripulita, Bernie, con enorme sorpresa di Alice,  le offrì un passaggio. “Ma sei sicuro?” gli domandò. “Sono sempre tornata a casa da sola”

“Lo so, ma quel tipo non mi piace affatto” spiegò, indicando un Jacob che se ne stava appoggiato alla parete esterna del pub con la stessa aria di un corvo che tende ad appoggiarsi ai cavi dell’alta tensione.

“E perché solo me?”

“Perché tu sei quella che abita più lontano. Ha alzato il gomito e non mi piace lo sguardo che ha, non mi prendo questa responsabilità”

“Ma, Bern…”

“Senti, fila a cambiarti e andiamocene, si sta facendo tardi, basta chiacchiere”

Il tono che usò non ammetteva repliche così Alice fece come le aveva detto ed in breve tempo fu pronta. 

“Hai finito il turno?” le chiese prontamente Jacob non appena uscì dal pub.

“Sì” rispose. 

“Che ne dici di andare da qualche parte? Dato che non potevi fermarti neanche un attimo ho pensato di aspettarti”

“Mi spiace ma sono molto stanca, preferisco andare a casa” 

“D’accordo, ti capisco. Allora andiamo, ti accompagno volentieri, non si sa mai chi potresti incontrare” 

“Beh, ecco, veramente…”

“Spiacente amico, la porto io”

“E tu chi saresti?”

“Il suo capo”

Jacob rimase interdetto, di certo non si aspettava l’intromissione di qualcuno, credeva che Alice rimanesse sola. 

La ragazza si affrettò a salutarlo con un rapido cenno della mano, quindi seguì il suo datore, camminandogli al fianco. Poco dopo raggiunsero l’automobile e se ne andarono. 

 

 

“Ciao, Bella, io vado” disse Alice il giorno dopo, aprendo la porta di casa per uscire. 

“Va bene, ci vediamo dopo” rispose l’altra sperando che, nella fretta di sgattaiolare fuori, l’amica l’avesse sentita.

Arrivò alla stazione con largo anticipo così pensò bene di farsi un giretto nei dintorni. Si sentiva davvero felice. Marzo era ormai arrivato e ciò voleva dire che Jasper – che non vedeva da diverse settimane – l’avrebbe nuovamente tenuta fra le sue braccia. La sola idea di incrociare ancora il suo sguardo le sciolse il cuore. Nella sua mente di artista e sognatrice già si prospettava una romantica serata in compagnia del ragazzo ma, purtroppo, il destino aveva in serbo qualcos’altro per loro.    

‘Mancano circa cinque minuti’ pensò, dando una rapida occhiata all’orologio. Nell’attesa si sedette su una delle panchine di marmo della stazione e, per ingannare il tempo, osservò la gente passare. In realtà non ce n’era poi molta in giro. Una panchina più in là un signore sulla quarantina con una valigetta in mano attendeva l’arrivo di un treno, nella direzione opposta una signora anziana portava a spasso il suo cane di razza Yorkshire. Presto solo uno snervante silenzio e un cielo nuvoloso rimasero a farle compagnia. 

“Ciao”

Ma quella solitudine non era destinata a durare a lungo. 

Volse la testa e si costrinse a salutare.

“Ciao, Jacob”

“Ci incontriamo spesso ultimamente, vero?”

“Già”

Il ragazzo si sedette accanto a lei sulla panchina, Alice avvertì una fitta allo stomaco mentre un certo nervosismo si impadroniva di lei, ma non comprese il perché. Cercò comunque di ignorarlo e mostrarsi tranquilla come se la sua vicinanza non la infastidisse affatto.

“Come mai da queste parti?” si sforzò di fare conversazione. 

“Facevo due passi e ti ho visto da laggiù” rispose, indicando l’imbocco di una strada che combaciava con l’entrata della stazione. “E ho pensato di fare un salto e venirti a salutare”

“Capisco, che occhio”

“E tu, invece? Non sei in partenza, vero? Non hai nessun bagaglio”

“No, infatti”

“Aspetti qualcuno?”

“Esattamente”

“Chi?”

Le sue domande cominciavano davvero a darle sui nervi, come poteva essere così invadente? Non si rendeva conto da sé che risultava piuttosto fastidioso? Cercò di trattenersi dall’allontanarsi con una scusa, innanzitutto non era una ragazza maleducata e poi Jasper sarebbe arrivato a momenti, quella conversazione sarebbe durata ancora per poco. Eppure perché era così preoccupata? 

“Allora?” insisté lui. 

“Il mio ragazzo” rispose, sbuffando. 

“Hai un ragazzo?” sembrò esterrefatto. 

“A quanto pare…” ribatté, sentendosi offesa da tanto stupore. 

“Beh, non poteva essere altrimenti: prima eri carina ma adesso sei diventata davvero una bella ragazza”

Il sasso nel suo stomaco, inspiegabilmente, divenne una pietra. Jacob si era avvicinato a lei, il suo grosso braccio le sfiorava una spalla. Alice deglutì, le mani che reggevano la borsetta cominciarono a sudarle. Cercava di convincersi che doveva restare calma, che Jacob era solo uno che parlava e che non agiva, che non c’era nulla da temere. Ma più pensava che sarebbe andato tutto bene più, paradossalmente, si agitava. Adocchiò furtivamente l’orologio. Le sei e sette minuti. Il treno stava ritardando. Prese allora il cellulare, decisa a chiamare Jasper per tenersi occupata ma, non appena cercò di sbloccare la tastiera, si rese conto che la batteria era completamente scarica. 

“Cosa c’è?” le chiese Jacob dopo un minuto abbondante di silenzio. “Ti vedo preoccupata”

“No, ti sbagli. Va tutto bene” si affrettò a dire. 

“Forse il treno è in ritardo?”

“Può darsi, ma arriverà a momenti” 

“Da quanto stai con questo ragazzo?”

“Perché me lo chiedi?”

“Semplice curiosità”

Alice pensò che sarebbe stato meglio rispondergli, parlargli finché non fosse arrivato Jasper. Era l’unica soluzione per tenerlo occupato così, forse, il suo stomaco avrebbe smesso di fare così male. “Poco più di due mesi” rispose. 

“Ma allora non è da molto”

“Beh, si dovrà pur cominciare”

“Sì, giusto. E di dov’è?”

“Di qua”

“Ma allora perché viene con il treno?”

“Perché al momento studia in un’altra città”

Cominciava ad essere stanca della sua invadenza, la pazienza iniziava a scarseggiare e prima o poi sarebbe scoppiata.

“E sei felice con questo ragazzo?”

Alice strinse i pugni. Ma cosa gliene importava? 

“Sì, sono la ragazza più felice al mondo. Lui è una persona meravigliosa: è bello, intelligente, brillante, di buona famiglia, ha charme ed è di una bontà infinita”

Jacob sembrò storcere il naso a quella descrizione e Alice si augurò che a quel punto si alzasse e se ne andasse via. Ma non lo fece. “Oh, sembrerebbe perfetto”

“Non lo sembra, lo é”  

“Spero che almeno sia soddisfacente”

Alice ignorò quella frase e si mise a fischiettare un qualsiasi motivetto per fingere indifferenza. Sfiorava il ridicolo ma non ce la faceva più. 

“Dai, non fare la finta tonta o altrimenti penserò che non ti soddisfi abbastanza”

“Senti, Jacob, finora sono stata educata ma adesso basta, sono cose personali e tu non puoi impicciarti sempre di tutto!” riuscì a dirgli, trattenendo a stento il tremolio nervoso che pervadeva la sua voce. 

“Non scaldarti, dai” le disse, toccandole un braccio. “Lo sai che quando ti arrabbi mi piaci ancora di più?”

“Non toccarmi!” gridò, sottraendosi alla sua presa con un rapido scatto.

“Alice, perché fai la difficile?” 

“Senti, non so cosa tu voglia da me ma… Stammi lontano”

“Dai, perché reagisci così ora? Se non ricordo male fino a poco tempo fa eri cotta di me”

“È successo più di un anno e mezzo fa, ormai fa parte del passato”

“Secondo me adesso stai con questo ragazzo perché vuoi dimenticarmi ma finora non ci sei riuscita”

“Sei totalmente fuori strada. Non credevo fossi così megalomane!”

“Sicura?”

Sebbene indietreggiasse, lui continuava ad avvicinarsi e l’espressione nei suoi occhi non la rassicurava affatto. 

“Perché scappi? Di cosa hai paura?”

“Non ho paura!” mentì. 

“Direi il contrario, invece”

“Senti, mi stai dando fastidio, okay? Voglio che mi lasci in pace”

“Fastidio, addirittura?”

Ormai era di nuovo vicinissimo. Con un ghigno le afferrò i polsi e le bloccò le mani che lei aveva chiuso a pugno, pronta a difendersi. 

“Lasciami andare!” gridò. 

“Siamo soli, è inutile che gridi” le ricordò, facendola rabbrividire. 

“Lasciami, lasciami!” insisté. 

Ma Jacob non mollò la presa. “Smettila di agitarti, voglio solo divertirmi un po’ con te”

“Ti ho detto… Di lasciarmi!”

Raccolse tutta l’energia che aveva e gli assestò un forte calcio all’addome, facendolo piegare su se stesso per il dolore. Nel fare ciò, Jacob lasciò andare i polsi della ragazza e Alice ne approfittò per scappare dalla parte opposta. “Aiuto!” gridò un paio di volte. 

Ma il ragazzo aveva la preparazione fisica di un atleta così non ci mise molto a recuperare la distanza che li separava. Raggiunta Alice, la prese e la fece sdraiare su una panchina di marmo contro la sua volontà, bloccandole prima le gambe e poi le braccia. Con la mano libera le aprì i bottoni del cappotto e insinuò la mano sotto la sua maglietta. Alice continuò ad agitarsi e a gridare furiosamente, sperando che, prima o poi, passasse qualcuno e le prestasse soccorso.

“Risparmia il fiato per dopo” le disse, alzandole la maglia. 

Aveva la gola in fiamme e aveva una nausea tremenda, nonostante tutto continuò a dimenarsi con una forza che non aveva mai avuto. Era disperata, le lacrime le appannavano la vista e le rigavano le guance, venendo fuori accompagnate da convulsioni così violente da mozzarle il fiato. ‘Amore mio, dove sei?’ pensò, disperata.

Jacob era riuscito a toglierle il cappotto ma non riusciva a fare lo stesso con gli altri indumenti perché Alice continuava ad agitarsi senza sosta, impedendoglielo come poteva. “Vuoi stare ferma, piccola puttana?” le gridò contro, spazientito, schiaffeggiandola forte sul viso. 

‘‘Jasper’’ sussurrò.  

“Non agitarti, tra poco ti piacerà” 

Nessuno dei due si era accorto dell’arrivo di un treno. 

Jasper!” gridò fermandosi e chiudendo gli occhi e arrendendosi al destino, ormai priva di forze. Jacob rise alla sua arrendevolezza, ormai era convinto di avere campo libero con lei. 

Ma non aveva fatto i conti con uno dei passeggeri del treno. 

Jasper, riconosciuta l’inconfondibile voce della sua Alice, si affrettò fuori dal treno e si gettò su di lui con uno scatto felino, senza complimenti, cogliendolo di sorpresa. Con un colpo violento lo spinse via da lei e lo fece cadere sul pavimento della stazione. Alice, non sentendo più il peso di quel corpo addosso, aprì gli occhi e si guardò attorno, spaesata.

“E tu chi cazzo sei?” domandò Jacob rialzandosi, sorpreso e arrabbiato al tempo stesso.

“Sono quello che ti aprirà il culo!” gli rispose, usando un linguaggio che Alice non avrebbe mai accostato a lui. 

“Ah, ho capito” rise l’altro. “Che peccato che tu ci abbia interrotti, io e la tua ragazza stavamo per divertirci, sai? Come urla, la stronzetta! E dire che non le avevo ancora fatto niente…”

Jasper non resse proprio quelle parole, si scagliò contro di lui e gli assestò un violento calcio allo stomaco, facendogli sputare sangue. Subito dopo lo colpì ripetutamente in volto, rompendogli il setto nasale. Era forte e veloce ma Jacob lo sovrastava col suo fisico massiccio e passò al contrattacco. Lo colpì più volte al petto con una serie di poderosi pugni, mozzandogli il respiro. Poi sulla bocca, facendogli uscire sangue dalle labbra. Jasper se lo asciugò su una manica e lo guardò furioso. L’avversario stava per assestargli un calcio in direzione degli stinchi ma Jasper riuscì a parare il colpo e a restituirglielo, virando a sua volta un calcio, riuscendo a colpire Jacob prima alla bocca dello stomaco e poi, con un secondo, dove lo aveva preso non molto tempo prima Alice, strappandogli un lamento simile a un grugnito e provocando una nuova fuoriuscita di sangue. 

La lotta tra i due continuò per alcuni, lunghissimi minuti, facendosi sempre più accesa. Si era ormai formato un capannello di persone, tutte preoccupate dalla situazione, ma nessuno ebbe il coraggio di farsi avanti e dividere i due ragazzi che se le davano di santa ragione.   

“Come ti senti, cara?” chiese improvvisamente una signora, rivolta a Alice.

“Sto bene” si affrettò a rispondere mentre si rimetteva il cappotto, senza riuscire a staccare gli occhi dai due litiganti. La donna, comunque, non perse tempo, si allontanò di qualche metro e chiamò la polizia, spiegando agli agenti che dovevano fare in fretta perché la situazione poteva degenerare da un momento all’altro.

Jacob spinse Jasper facendolo cadere, si mise sopra di lui e iniziò a prenderlo a pugni in pieno viso.

“Jacob, basta!” gridò Alice.

Ma il londinese non si fermò. Jasper però, con un impressionante colpo di reni, riuscì a scrollarselo di dosso e si rimise subito in piedi, prendendolo per il bavero del maglione e costringendolo a tirarsi su con una forza che ai presenti parve sovrumana per un ragazzo dal fisico come il suo. Era rabbia pura. Lo bloccò contro una parete e prese di nuovo a colpirlo con calci e pugni. Jacob riuscì a non subire buona parte dei colpi ma non era in grado di darne a sua volta, Jasper era piuttosto rapido nei movimenti. Tuttavia, Jacob non aveva alcuna intenzione di arrendersi, un lampo di follia gli illuminò gli occhi e solo Alice parve scorgerlo tirar fuori qualcosa dalla tasca dei pantaloni. Non riuscì a vedere di cosa si trattasse ma un brivido le attraversò la schiena e la convinse che poteva mettersi davvero male per Jasper. Così si alzò dalla panchina e corse in direzione dei due ragazzi. “No, non farlo!” le gridò qualcuno ma lei non ascoltava. Era di Jasper che si trattava, tutto il resto non le importava affatto. Li raggiunse in un istante e, mentre Jacob approfittava di un momento in cui il suo avversario aveva i fianchi scoperti, Alice si parò davanti a Jasper e venne colpita in pieno al fianco destro. 

Accadde tutto in un istante. Una coltellata netta, precisa, sferrata con rabbia. La stessa rabbia che Jasper aveva riservato a Jacob fino a quel momento.  

“Alice?” riuscì a malapena a dire Jasper non appena vide la ferita, la voce smorzata in un sussurro sommesso. 

La ragazza aveva trattenuto a stento un grido ma, guardando negli occhi il ragazzo che amava, sorrise. “Meglio io… Che tu…” scandì, dolorante.

“Cosa… Cosa ho fatto?” fece Jacob in un momento di lucidità, guardando il coltellino insanguinato che aveva in mano, incredulo. 

Jasper per un attimo dimenticò tutto, prese Alice fra le braccia per sorreggerla e la guardò, spaventato come non mai. “Alice…” 

“Non… Preoccuparti p-per me…”

Jacob lasciò cadere l’arma in terra e la fissò con orrore, cominciando a sudare. Nessuno osava parlare, l’unico rumore che si udiva era quello delle sirene della polizia che stavano ormai arrivando. “Che succede qui?”domandò poco dopo uno dei due agenti che raggiunsero la piccola folla. 

“Sono stata io a chiamarvi” spiegò subito la signora che si era avvicinata ad Alice solo qualche minuto prima.

“Cos’ha la ragazza?” chiese l’altro agente, rivolgendosi a Jasper. 

“L’ha accoltellata…” articolò, sotto shock. 

“Lascia che ti aiuti” gli disse, sorreggendo Alice a sua volta. “Sta perdendo conoscenza. Adesso chiamo un’ambulanza” 

“Tu” intervenne l’altro, avvicinandosi a Jacob. “Vieni con me”

Il ragazzo non reagì, era consapevole delle proprie azioni, così lasciò che il poliziotto lo conducesse alla macchina, fuori dalla stazione.

Proprio in quel momento Alice – che stava ancora perdendo sangue – svenne, ricadendo a peso morto tra le braccia di Jasper. 

No!  Alice…”     

 

 

________________________________

L’angolo di Amy

Ciao gente, 

come ve la passate? Spero bene. 

E adesso? :O Lo so, lo so, sono pazza a scrivere certe cose, me ne rendo conto da sola. Vorrei scusarmi con le fans di Jake, non ce l’ho con lui solo che era da un po’ che avevo quest’idea in testa…  Scusate anche se ci metto un’eternità ad aggiornare ma l’ispirazione non è sempre dalla mia e anche il tempo è mio nemico  ç___ç 

E dopo questa pietosa lagna, ringrazio infinitamente chi ha recensito lo scorso capitolo: Orsacchiotta Potta Potta, alice cullenhales nlgdr e Lorelaine86 . Cosa mi dite di quest’altra follia? ^_^

Al prossimo capitolo, 

un abbraccio,

Amy  


Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 14: Ritrovarsi ***


Ritrovarsi 


“Porca miseria!” commentò Bella portandosi le mani alla bocca, non appena Jasper ebbe finito di raccontarle per filo e per segno quel che era accaduto. 

“Scusate se non vi ho avvertiti prima ma sono stato interrogato dalla polizia e non mi hanno dato modo e tempo di fare nulla, sono tornato meno di mezz’ora fa” spiegò, provato. 

“Non preoccuparti di questo. Piuttosto, i medici ti hanno fatto sapere qualcosa?”

“No. Ancora non mi hanno permesso di vederla”

“Accidenti…”

Jasper camminava su e giù per il corridoio dell’ospedale, non riusciva a stare fermo né a darsi pace. “Se solo quel maledetto treno fosse arrivato in orario…” sibilò, angosciato. 

“Jasper, adesso smettila di tormentarti, okay?” intervenne subito dopo Edward, seduto accanto a Bella. “Siamo tutti in pena per lei. Purtroppo è successo quel che è successo e nessuno può farci niente. È inutile fare congetture, ormai”

Il giovane Hale si limitò a sospirare. Era vero, erano tutti preoccupati per Alice eppure cercavano di mantenere la calma e i nervi saldi. Ma lui non ci riusciva, anche se non era affatto colpa sua, si sentiva responsabile. 

“Ragazzi! Ho fatto prima che ho potuto. Che cos’è successo a Alice?” sopraggiunse qualche minuto dopo Emmett. 

“È una situazione delicata, Emmett. Siediti” lo invitò il fratello. 

“E lui che ci fa qui?” domandò il maggiore dei Cullen non appena ebbe notato Jasper.

“Senti, adesso non ricominciare. Metti da parte il risentimento e ascolta quello che ha da dire” intervenne prontamente il rosso. “Devi farlo, perché è l’unico che era presente”

“D’accordo” sbuffò. “Ma sii chiaro e conciso”

Emmett ascoltò in silenzio il racconto di Jasper, non lo interruppe né gli si rivoltò contro quando seppe che sua sorella era stata accoltellata per essersi messa in mezzo – cosa che, invece, era temuta sia da Bella che da Edward. 

“Se solo avessi quel bastardo qui, davanti a me, non so cosa non gli farei!” esclamò furibondo, stringendo i pugni.

“Ti capisco perfettamente, se non fosse arrivata la polizia e avessi continuato a colpirlo, non credo che sarei riuscito a fermarmi” commentò Jasper con amarezza, tutt’altro che orgoglioso di sé.

“Avete parlato con i dottori?” domandò subito dopo Emmett, rivolgendosi al fratello minore. 

“No” rispose Edward. 

“Ma non avete chiesto nemmeno alle infermiere?” 

“Ci ho provato ma mi hanno detto di aspettare” gli disse Jasper. 

Emmett sbuffò ancora, terribilmente in ansia. “Dovremmo dirlo a mamma e papà”  

“A dire il vero l’ho già fatto” spiegò Edward. “Li ho chiamati subito dopo averti avvisato”

“E l’hai fatto senza sapere nulla sulle sue condizioni?”

“Senti, ero in preda al panico appena ho saputo che Alice era stata portata d’urgenza qui in ospedale, non sapevo cosa fare e ho pensato che sarebbe stato giusto così”

“Sarebbe stato meglio se mi avessi interpellato prima”

“E da quando non sono padrone di parlare con i miei genitori e metterli al corrente di quanto succede?”

“Ehi, calmatevi! Non è proprio né il momento né il luogo per discutere. Emmett, secondo me Edward ha fatto benissimo ad avvertire i vostri genitori, non vedo per quale motivo avrebbe dovuto aspettare, data la gravità dell’accaduto. Edward, cerca di capire tuo fratello, è anche lui molto preoccupato per Alice” intervenne prontamente Bella, cercando di calmare gli animi. 

Nessuno dei due rispose, si limitarono a tacere e a guardare altrove.

Jasper se ne stava in piedi, appoggiato alla parete opposta. Aveva qualche cerotto qua e là e gli era stato somministrato un antidolorifico da una delle infermiere di turno. Si sentiva a pezzi ma non gliene importava niente, era troppo in ansia per la sua Alice per preoccuparsi anche minimamente di se stesso.

“Signorina, non corra in ospedale!”

“Chiedo scusa”

Anche Rosalie fece la sua comparsa.

“Ho preso un permesso, scusate se sono arrivata solo ora. Come sta Alice?” chiese subito, avvicinandosi al fratello e scrutando i cerotti con aria preoccupata.

“Ancora non sappiamo nulla” ripose Bella, scalando di una sedia per darle modo di sedersi.

Per un attimo lo sguardo di Rosalie incrociò quello di Emmett, solo un istante, poi ognuno lo spostò altrove.   

“Ma cosa è successo esattamente?” chiese poi, rivolgendosi a Jasper. Dopo che le ebbe dato spiegazioni, nel corridoio calò un silenzio intriso di tensione che si protrasse per una buona mezz’ora, finché sopraggiunse un’ infermiera. “Siete parenti di Alice Cullen?” chiese, squadrandoli uno ad uno. 

“Sono il fratello” si affrettò a rispondere Emmett. 

“Anch’io” fece eco Edward. 

“Noi siamo i genitori” si aggregò una voce maschile un po’ trafelata. I presenti si voltarono nella direzione da cui proveniva. All’inizio del corridoio erano appena apparsi un uomo e una donna, Carlisle ed Esme Cullen. 

“Seguitemi, prego” disse loro l’infermiera, facendo strada. 

“Ragazzi, aspettate qui. Torneremo presto” fece Carlisle, fermando con un gesto della mano i figli che si erano appena alzati in piedi con l’intento di seguirli. 

“Loro sono il signore e la signora Cullen?” domandò Jasper.

“Esattamente” rispose Bella. 

Diverso tempo dopo Esme e Carlisle tornarono in corridoio. 

“Scusate, non vi abbiamo nemmeno salutati” disse la signora Cullen. 

“Non preoccuparti, Esme, data la situazione è l’ultimo dei problemi” la rassicurò subito Rosalie che, ormai, aveva raggiunto un certo grado di confidenza con la donna. 

“Buonasera” salutò Bella.

“Ciao, cara” le risposero i coniugi. 

“Ah, questo è mio fratello Jasper” fece Rosalie, presentandolo.

“Signor Cullen, signora Cullen” disse rispettosamente, stringendo loro la mano ma riuscendo a guardarli negli occhi solo per un momento. 

“Allora, che cosa ha detto il medico?” domandò Emmett, infastidito da tutti quei convenevoli.  

“Il dottor Laurent ci ha detto cosa è successo ad Alice” spiegò Carlisle. “La coltellata ha provocato una ferita piuttosto profonda ma, fortunatamente, dalle analisi fatte risulta che nessun organo vitale è stato toccato. A quanto pare non è stato facile fermare l’emorragia, ha perso molto sangue e quindi il suo fisico è debilitato. Hanno dovuto farle subito una trasfusione e iniettarle adrenalina per aumentarle perfusione e pressione e…”

“In parole povere è debole, ha bisogno di riposo, ma è fuori pericolo” disse la moglie, semplificando la sua spiegazione da medico.

“Conosco Laurent, abbiamo frequentato un paio di corsi insieme mentre studiavamo a Cambridge, è un bravo medico e mi fido di lui”

“Se lo dici tu lo sarà senz’altro, caro” 

La notizia rasserenò i presenti, tanto che poterono tirare un sospiro di sollievo.

“Ma adesso come sta? Non ci hanno permesso di entrare” fece Edward. 

“Sappiamo solo che non ha ancora ripreso conoscenza” rispose Carlisle.

“L’orario di visita è terminato” intervenne l’infermiera che, chiaramente, aveva ascoltato l’ultima parte del discorso. “Tuttavia il dottore mi ha chiesto di fare un’eccezione concedendo cinque minuti ai signori Cullen”

“Lo ringrazi da parte nostra” si affrettò a dire Carlisle. 

“Cosa? Ma…” stava per dire Jasper ma Rosalie gli appoggiò una mano sulla spalla. Lui non proseguì ma mise il broncio. 

Esme e Carlisle entrarono nella stanza accompagnati dall’infermiera che aveva in mano una sacca per la fleboclisi. La donna comunque uscì quasi subito, lasciandoli soli con la loro figlia. 

Trascorse qualche minuto e Carlisle tornò in corridoio. 

“Allora?” chiese Emmett.

“È ancora priva di sensi” rispose. 

“Quando credi che si riprenderà?” domandò Edward. 

“Onestamente non so fare una previsione”

Bella accarezzò il braccio a Edward per fargli sentire la propria vicinanza, Rosalie tenne lo sguardo fisso su Emmett ma lui, intento a guardare il pavimento con aria pensierosa, non se ne accorse.

“Ragazzi” fece poco dopo Carlisle, richiamando l’attenzione dei presenti. “Ora che Esme e io siamo qui non c’è alcun bisogno che rimaniate, ci occuperemo noi di Alice”

“Io rimango” sentenziò il figlio maggiore, quasi interrompendolo. 

“Non è il caso, vi stanchereste soltanto”

“Papà, non capisci che siamo preoccupati?” intervenne anche l’altro. 

“Certo che lo capisco, so quanto le volete bene. Tuttavia, sia io che la mamma crediamo che sarebbe meglio se restassimo solo io e lei”

“Ma papà, siamo adulti ormai, credi davvero che non riusciamo a reggere una notte in bianco?”

“Non si tratta di questo”

“E di cosa allora?”

“Semplicemente, pensa un po’ a te stesso: so bene quanto tu sia in ansia per le condizioni di tua sorella ma, innanzitutto, ci è già stato assicurato che non corre alcun pericolo, poi non credi che sarebbe meglio se mangiassi un boccone e andassi a riposare? Devi essere in forze per affrontare i tuoi impegni”

“Cosa vuoi che me ne importi adesso?”

“Dovrebbe importarti, invece. Non hai motivo di preoccuparti, Alice si riprenderà, è solo questione di tempo. Non puoi stare qui, ci siamo già noi, e non dovresti perdere tempo e saltare le lezioni, è fondamentale che tu sia sempre presente e che studi sodo se vuoi diventare un bravo medico. E non dimenticarti che, per vivere, devi anche andare a lavorare. E la cosa, naturalmente, vale per tutti” 

Il ragazzo stava per ribattere ma Bella lo anticipò. “Edward, quello che tuo padre sta cercando di dirci è che è del tutto inutile stare qui, non c’è niente che possiamo fare, non saremmo d’aiuto ma solo di intralcio” spiegò. 

“Vedi? Bella ha capito cosa intendevo dire”

“Inoltre solo adesso siamo in cinque e stiamo occupando molti posti qui in corridoio, dovremmo lasciarli liberi nel caso in cui arrivasse un paziente in condizioni più gravi accompagnato dai propri parenti. Ci sono loro, chi meglio dei genitori può prendersi cura di una figlia? A maggior ragione se Carlisle è un medico”

“Non potrebbe essere in mani migliori” aggiunse Rosalie, rafforzando le parole dell’amica. 

Edward sbuffò. “D’accordo” convenne. 

“Non vi sto cacciando ma, davvero, non serve stare qui” 

“Allora andiamo” disse Bella, alzandosi in piedi e stringendo la mano a Carlisle. Edward la seguì, poi fu il turno di Emmett. “Papà” fece quest’ultimo. “Per qualsiasi cosa – e intendo qualsiasi – non esitare a chiamarmi, a prescindere dall’orario”

Carlisle gli sorrise, appoggiandogli entrambe le mani sulle poderose spalle. “Non dubitarne, figlio mio”

Infine toccò a Rosalie salutare il dottor Cullen. 

“Non era necessario che ti disturbassi ma grazie per essere venuta anche tu” disse l’uomo, stringendole le mani con fare paterno.

“Non dirlo nemmeno per scherzo, Alice è tra le persone a me più care, non poteva essere altrimenti” rispose.

“Sei sempre molto cara. Emmett è davvero fortunato ad avere una donna come te al suo fianco”

Rosalie sorrise, mal celando però un po’ di nervosismo. Né i suoi genitori né i Cullen sapevano del suo recente litigio con Emmett ed era solo grazie alla preoccupazione per Alice che i futuri suoceri non si erano accorti della freddezza che regnava tra loro.

“E lo stesso vale per Edward. Bella è una ragazza sveglia e giudiziosa, non mi sorprende che sia riuscita a conquistarlo” 

“È vero” convenne anche lei, felice che avesse spostato il discorso su un altro argomento.

“A proposito, dov’è tuo fratello?”

“Credo sia sceso al piano di sotto” 

“Allora portagli i nostri saluti, buonanotte”

“Non mancherò, buonanotte”

 

 

“È stato meglio così, caro” disse Esme poco dopo. 

“Già” rispose il marito. 

Alice era sdraiata supina, dalle coperte usciva solo un braccio dove era stata attaccata la flebo. Esme sedeva su una sedia posta accanto al letto e accarezzava piano il braccio della figlia. Carlisle se ne stava in piedi, una mano sulla spalla dell’adorata moglie. “Povera piccola” disse l’uomo, con un’espressione tesa in volto. 

A lungo rimasero in silenzio, fissando la ragazza, sperando che potesse riprendersi da un momento all’atro. Ma non accadde nulla. Poi qualcuno aprì la porta.

“Scusate, mi sembra che siano passati più di cinque minuti” disse l’infermiera di poco prima, entrando e dirigendosi vicino al letto per controllare la velocità di discesa del liquido nel braccio di Alice. “Capisco che siate preoccupati ma devo chiedervi di uscire”

“Certo, certo. Ci scusi” si affrettò a dire Carlisle, prendendo la mano di Esme affinché liberasse la sedia. Uscirono dalla stanza e presero posto in corridoio dove, ormai, non c’era più nessuno. 

“Sono le nove passate. Vado a prendere qualcosa da mangiare?” chiese Carlisle, fissando l’orologio che aveva al polso. 

“Va bene” rispose la moglie.

“Cosa ti porto, cara?”

“A dire la verità non ho molta fame, mi si è chiuso lo stomaco”

“Neanch’io ho un grande appetito ma, dovendo stare qui, è meglio che ci sforziamo di mangiare o non avremmo forze sufficienti per assistere Alice”

“Pensandoci bene, hai ragione” 

“Faccio io?”

“Sì, caro, qualsiasi cosa andrà bene”

“D’accordo, torno presto” 

Le diede un rapido bacio sulla fronte, si infilò il cappotto e si avviò all’inizio del corridoio, svoltò e scese le scale. Non molto lontano dall’uscita c’era un distributore automatico e un ragazzo sostava davanti ad esso. Alla sua vista, Carlisle cambiò direzione e, anziché uscire dall’ospedale, gli si avvicinò. 

“Jasper?” 

Il ragazzo, sentendosi chiamare, si voltò. Non appena riconobbe il padre di Alice sussultò impercettibilmente. “Ah, è lei, signore” riuscì a rispondere. 

“Avevi sete?”

“Sì, ho la gola secca”  disse e mostrò una bottiglietta d’acqua. 

“Rosalie non ti ha detto che andavano tutti a casa?”

“Sì, ma non me la sentivo di seguirli”

“Avresti dovuto”

“Probabilmente ha ragione, so bene di non poter fare nulla ma le assicuro che non arrecherò alcun fastidio. Sono certo che lei e sua moglie resterete qui per la notte, mi permetta di restare con voi, la prego”

Il suo sguardo diceva molte cose: dolore, stanchezza, angoscia, impazienza, frustrazione… 

“Sto andando a comprare qualcosa da mangiare” spiegò Carlisle. “Cosa posso prendere per te?”

Jasper sorrise a quella domanda, francamente si aspettava più un no che un sì ma, evidentemente, il padre di Alice aveva capito come si sentiva e aveva scelto di non negargli la possibilità di restare a vegliarla, anche se ancora non sapeva il perché di tanta premura. 

“La ringrazio, è molto gentile da parte sua. Temo, però, di dover rifiutare: non ho appetito”

“Ma dovrai pur mangiare qualcosa”

“Davvero, mi conosco, non ci riuscirei. Prenderò un caffè più tardi”

“Sei sicuro? Mi auguro tu non stia facendo complimenti”

“Nossignore, sono a posto così. La ringrazio comunque”

“D’accordo, come vuoi. Allora vado”

Carlisle proseguì verso l’uscita, Jasper, invece, salì le scale e tornò al piano di sopra.

Esme era seduta fuori dalla stanza dove avevano ricoverato Alice, aveva la testa china e si fissava la punta delle scarpe con aria assente. Non si aspettava di veder arrivare nessuno così, non appena incrociò lo sguardo di Jasper, si mostrò sorpresa. “Credevo foste andati via tutti” osservò. 

“Sapevo che lei e il signor Cullen sareste rimasti qui ma non me la sentivo di andarmene” rispose, non senza un lieve imbarazzo. 

“Comunque non stare in piedi, siediti pure”

Jasper acconsentì, prendendo posto su una sedia lungo la parete opposta. Si schiarì la gola, bevve un sorso d’acqua. Per un po’ nel corridoio deserto risuonarono soltanto i rumori provenienti dagli altri piani. Poi però Esme prese nuovamente la parola. “È molto carino da parte tua restare qui” disse. “Però credo che non sia necessario, ti stancherai”

“Oh, non si preoccupi per quello, sono abituato a dormire poco. Voglio rimanere qui, tanto non riuscirei a riposare a casa”

“Tu e Alice dovete essere molto amici se ti preoccupi così per lei”

“Beh, sì… Più o meno”

La donna lo guardò di sottecchi ma lui non aggiunse altro.

“Comunque, immagino saprai dirmi meglio che cosa è successo. Edward mi ha detto che sei stato tu a informarlo dell’accaduto”

“Sì. Temo che non ci sia persona che possa dare spiegazioni meglio di me a riguardo, dato che ero presente” 

Esme si raddrizzò e sembrò concentrarsi.

“Le racconto dal principio” inspirò a fondo. “Vede, io vivo e studio a Birmingham ed avevo detto a Alice che sarei tornato qui non appena avessi dato un importante esame universitario, è per questo che mi trovo a Manchester. L’arrivo del mio treno era previsto per le sei di oggi pomeriggio, così Alice è venuta ad aspettarmi alla stazione. Il treno, però, ha ritardato di un quarto d’ora e, quando sono sceso…”

Fece una pausa che durò per alcuni, lunghi secondi. 

“Quando sono sceso ho sentito qualcuno gridare il mio nome. Era Alice. Così sono corso nella direzione da cui proveniva la voce e ho visto un ragazzo… Era stesa su una panchina e lui le stava sopra, trattenendola con la forza contro la sua volontà. L’ho spinto via immediatamente, mi sono gettato su di lui e abbiamo fatto a botte. So che non avrei dovuto farlo, è da irresponsabili, da ragazzini… Ma ero fuori di me, lui… Quel bastardovoleva stuprarla!” sibilò. Dirlo non fu affatto facile, fremeva per la rabbia, gli tremavano forte le mani. “Mentre ci picchiavamo non sono riuscito a vederlo estrarre un coltello dalla tasca. Il colpo era destinato a me, era me che voleva ferire. Ma Alice si è messa in mezzo all’ultimo secondo e, per proteggermi, si è fatta colpire al posto mio…”

“Oh, mio Dio” riuscì a malapena a dire Esme, sconvolta.  

“Poi è arrivata la polizia e ha chiamato un’ambulanza. Io e quell’altro siamo stati portati in centrale dagli agenti insieme ad alcuni passeggeri del treno che hanno testimoniato in mio favore” continuò, il tono della voce sempre più basso e roco. “Mi sento così in colpa… A quanto pare era una cosa inevitabile dato che lui è un tossico dipendete e un tipo pericoloso già noto alle forze dell’ordine” deglutì. “Ma dovevo essere accoltellato io. Non Alice, capisce? Io! Dovevo essere io a proteggerla e a finire in ospedale, non lei!” 

A quelle parole le lacrime iniziarono a rigargli copiosamente le guance. Esme non sapeva cosa dire. Il ragazzo che le stava davanti, che fino a poco tempo prima nemmeno conosceva, aveva appena asserito che avrebbe preferito essere al posto di sua figlia come a dire che, se Alice avesse rischiato la vita, avrebbe preferito rischiare lui al posto suo. E l’aveva detto sfogandosi in un pianto disperato. Si alzò dal suo posto e corse ad abbracciarlo, infischiandosene del fatto che era poco più che uno sconosciuto per lei. Jasper s’irrigidì improvvisamente, non se lo aspettava. “Non dire così, non è colpa tua. Anzi, hai cercato di salvarla. Sono certa che hai fatto tutto ciò che potevi” gli sussurrò. “Non essere imbarazzato, sfogati pure, so che ne hai bisogno”

Jasper non poté resistere a quel gesto così materno – considerando, soprattutto, che sua madre era sempre assente – e abbandonò la testa sulla spalla della donna, singhiozzando. 

“Ma dimmi, perché Alice era venuta proprio lì alla stazione? Non potevate incontrarvi in seguito?” gli chiese qualche minuto dopo, non appena tornò calmo. 

“Ha ragione, se solo l’avessimo saputo… Ma come potevamo prevedere accadesse una cosa del genere?”

“Anche questo è vero. La cosa che non capisco, però, è perché Alice sia andata da sola, non poteva farsi accompagnare da qualcuno?”

“Purtroppo la situazione è un po’ complicata”

“Che vuoi dire?”

“Nessuno, a parte sua figlia, sapeva che oggi sarei tornato”

“Neanche tua sorella?”

“No, nemmeno lei ne era a conoscenza” 

“E perché non glielo hai detto?”

“Per non mettere in mezzo né lei né gli altri”

Esme, seduta accanto a lui, per quanto si sforzasse, non riusciva proprio a capire.

“Spiegati meglio”

“Non so se sono la persona più adatta per dirglielo ma non vedo altra soluzione” tossicchiò, nervoso. “Tempo fa c’è stato un litigio con Emmett”

“Non ne sapevo niente. Per quale motivo?”

“Perché Alice e io stiamo insieme e suo figlio non è affatto d’accordo”

La donna reagì con meraviglia ma non replicò, così Jasper proseguì. 

“Lui voleva che ci lasciassimo ma non ne avevamo la minima intenzione, così si è messo contro di noi, litigando anche con Rosalie che ha deciso di sospendere il loro matrimonio. Così, pur di stare insieme, ci siamo visti in segreto, senza che lui lo sapesse. Di certo non potevamo coinvolgere ulteriormente chi ci ha appoggiato, per questo Alice è venuta da sola”

“Insomma, mi stai dicendo che tutto questo sarebbe stato causato dalla gelosia di Emmett?”

“Beh, non do a lui tutta la colpa, naturalmente, ma almeno in parte sì. Mi spiace doverlo dire”

Esme si prese la testa fra le mani, non poteva crederci. Sapeva che sia Emmett che Edward tenevano a Alice ma non credeva che uno di loro fosse arrivato a tanto. Emmett, il più maturo o, almeno, quello che considerava tale fino a poco prima. Quella non era una reazione da Emmett, ne era più che certa, suo figlio non si sarebbe mai comportato così, doveva esserci dell’altro. E, non appena lo avrebbe visto, gli avrebbe sicuramente parlato. 

In quel momento tornò Carlisle. “Ti ho preso un panino, non c’era una grande scelta” disse, porgendo una busta a sua moglie. 

“Grazie” rispose, cercando di non mostrarsi scossa – non era il momento migliore per parlargliele, avrebbe aspettato di trovarsi sola con lui. 

“Jasper, sei sicuro di non voler niente?”

“Certo, signor Cullen”

“Comunque ho preso un panino in più, se dovesse venirti fame non esitare a prenderlo”

“La ringrazio” 

I Cullen uscirono per prendere un po’ d’aria e per non sporcare il corridoio, Jasper, invece, rimase seduto al proprio posto. “Hai bisogno di qualcosa, ragazzo?” gli domandò la solita infermiera, facendo capolino da una stanza lì vicino. 

“Beh, forse potrebbe fare qualcosa per me”

“Dimmi”

“Mi permetta di entrare a vedere Alice Cullen”

“Spiacente, è necessario rispettare l’orario di visita e io ho già fatto uno strappo alla regola”

“Voglio soltanto vederla, sia gentile”

“Niente da fare”

“Soltanto un momento, è la mia ragazza e è da quando è stata portata qui che non la vedo. So che le sue condizioni non sono gravi ma voglio vederla, la prego, me lo permetta!”

La donna lo guardò un momento e scosse il capo con esasperazione. “Un minuto, non di più” 

“Grazie!”

Si alzò in piedi con uno scatto, ignorando il dolore diffuso pressoché in tutto il corpo, e si diresse alla porta. L’aprì ed entrò nella stanza, illuminata dalle lampade al neon. Vederla priva di sensi, in quel letto d’ospedale, fu per lui terribile. Si sedette sulla sedia lasciata lì da Esme e le prese la mano. Era quasi fredda, notò, stringendola delicatamente fra le sue pur di scaldarla. “Mi dispiace, amore mio” sussurrò. “Non doveva succedere, no, non a te. Vorrei solo averlo potuto evitare, perdonami se non ci sono riuscito”

La fissò per un momento, Alice rimase immobile. “Ti prego, riprenditi. Voglio ancora vedere il tuo sorriso, il tuo dolce sorriso da folletto” implorò. A quelle parole le labbra della ragazza si piegarono all’insù, rivelando un debole sorriso. Jasper se ne accorse e si alzò in piedi, facendosi più vicino. “Alice?” chiamò. Ma non ottenne risposta e il sorriso, durato solo per un istante, si affievolì. Le accarezzò la testa, rimboccò le coperte e le depositò un leggero bacio sulle labbra. Un po’ come aveva fatto qualche mese prima, la sera della festa di compleanno. Quell’episodio gli sembrò così lontano, quasi come se non gli appartenesse, come se facesse parte di un’altra vita. 

“Allora?” fu l’eloquente domanda dell’infermiera che aveva appena aperto la porta.

“Stavo per uscire” rispose lui, allontanandosi dal letto. 

“Oh, certo…” replicò, sarcastica.

“Grazie di nuovo” si sforzò di dire.

Tornò a sedersi in corridoio mentre la donna entrò e si chiuse la porta alle spalle. Sbuffò all’idea che delle sciocche regole, apparentemente senza senso, lo costringessero a starsene lì impalato anziché al capezzale della sua ragazza. Quella situazione lo inquietava, rendendolo anche molto nervoso e rischiando di far uscire dalle sue labbra espressioni di una maleducazione che non gli apparteneva. Fortunatamente, la donna uscì dalla stanza e se ne andò subito dopo. Quasi in contemporanea tornarono i Cullen. 

“Sei sicura, cara? Ti vedo molto stanca” 

“Sì, non ho intenzione di andare in albergo”

Furono le ultime battute di un discorso cui Jasper era estraneo, perciò preferì non impicciarsi. Li osservò sedersi di fronte a lui senza dire una parola. 

La conversazione con Esme era stata utile, aveva infatti avuto modo di spiegarsi e, nel contempo, di confidarsi con qualcuno e anche di potersi sfogare un po’. Quando le aveva stretto la mano, la donna gli era sembrata subito buona e gentile, ma era stato quando lo aveva abbracciato senza remore, in modo così dolce e comprensivo, come una vera madre, che si era reso conto di quanto fosse sensibile e umana. Era bastato così poco perché tra loro cadesse l’imbarazzo, aveva vuotato il sacco, aveva pianto davanti a lei, cosa che non aveva mai fatto con nessuno prima. Aveva capito di poter parlare liberamente con lei, un po’ come se fosse stata una sorta di Alice del futuro. Non gli aveva detto molto ma sentiva che la donna lo comprendeva e, soprattutto, non lo considerava colpevole per quanto era accaduto alla figlia, anzi, in quell’abbraccio aveva captato un impercettibile senso di gratitudine perché, anche se non aveva potuto evitare che Alice finisse in ospedale, l’aveva salvata dalle grinfie di Jacob, scongiurando il pericolo della violenza. Non sapeva come un abbraccio fosse in grado di comunicare tanto ma, quella volta, era stato così, lo aveva sentito chiaramente nelle sue deboli parole di madre in apprensione e nel suo tocco forte e insieme amorevole. Era la madre della ragazza che amava, non poteva essere altrimenti e, anche se non malignamente, la invidiò un pochino per avere una genitrice così presente. 

Ciò che lo preoccupava, invece, era Carlisle. Non conosceva bene Esme ma almeno aveva capito che tipo di persona fosse, il marito, invece, non era ancora riuscito a inquadrarlo. Appariva molto posato e cordiale, con lui era stato comprensivo e solidale, ma era davvero così? In vita sua aveva conosciuto diverse persone che sembravano in un modo ma che poi, nel tempo, si dimostravano essere differenti. Un chiaro esempio era stato Emmett che si era trasformato da una creatura ibrida a metà tra il perfetto cognato e il migliore amico a una versione del tutto inedita di Otello. Ed essendo Emmett suo figlio, temeva che potesse trattarsi di un ereditario cambio di personalità e che, se avesse saputo del suo legame con Alice, avrebbe reagito anche lui a quel modo. Ma poi si diede dello sciocco anche solo per averlo pensato: non era da lui generalizzare così le persone, forse Carlisle Cullen era diverso e i suoi sospetti del tutto infondati. Attribuì la colpa di certe considerazioni alla sua stanchezza mentale e fisica dovuta, non solo alle emozioni della terribile giornata trascorsa, ma anche a tutto il periodo precedente all’esame. Erano più di due giorni che non dormiva abbastanza ed era del tutto normale che la sua mente fosse poco lucida, sapeva di dover dormire e di non poter pretendere l’impossibile da se stesso – come, invece, stava facendo – ma non riusciva a pensare di dormire mentre Alice era lì in ospedale, l’amore per lei era l’unica cosa che riusciva a tenere a bada la stanchezza. 

Il tempo passò ma con una lentezza quasi irreale. A tarda ora Esme si era appoggiata un momento su una spalla di Carlisle e aveva finito con l’addormentarsi, nel frattempo l’uomo stava sfogliando il Daily Mirror e Jasper si era alzato in piedi e guardava un punto indistinto fuori da una finestra. Il silenzio rimase intatto fino alle quattro passate, quando Carlisle, messo via il giornale, inaspettatamente, prese la parola. “Com’è il tempo là fuori?” chiese.

“Poco fa ha incominciato a piovigginare ma tra un po’ ci sarà un temporale” rispose, senza però voltarsi. 

“Anche il tempo è dispiaciuto per questa situazione” commentò. 

“Già” convenne Jasper, non avendo di meglio da dire. 

“Sai, mia moglie mi ha detto che avete parlato”

‘Come temevo…’ pensò. 

“Immagino le avrà raccontato tutto”

“Esattamente” affermò. “Ma vorrei comunque scambiare due parole con te, se non ti spiace”

“D’accordo”

Jasper si voltò lentamente e tornò a sedersi di fronte a lui, aspettando in silenzio e preparandosi al peggio. Come aveva previsto la pioggia si fece più fitta ed il suo ticchettare sui vetri delle finestre accentuò la preoccupazione del ragazzo. 

“Esme ha detto che Alice ti stava aspettando in stazione” 

“Sì”

“E il treno è arrivato in ritardo, dico bene?”

“Sì, ma perché me lo domanda? Dubita di sua moglie?”

L’uomo alzò un sopracciglio, alquanto perplesso. “Affatto”

“Allora, dubita delle mie parole”

“Ma no, perché dovrei? Volevo soltanto delle conferme”

Jasper si dispiacque subito di aver avanzato certe supposizioni, Carlisle non sembrava avere intenzione di volerlo incolpare. 

“Se non te la senti potremmo parlarne in un altro momento”

“No, no, va bene. Anzi, mi scusi per quello che ho detto, capirà che sono provato”

“Certamente”

“Cos’altro vuol sapere?”

“Mi ha detto che hai picchiato quel ragazzo perché stava importunando Alice”

“Temo proprio che ‘importunando’ non sia il termine più appropriato. Quel… Ragazzo” si sforzò di dire. “Beh, ecco, avrebbe usato violenza a sua figlia se non l’avessi spinto via”

“Mia moglie ha preferito non soffermarsi sull’argomento, evidentemente non voleva farmi inquietare più del dovuto. Comunque ero sicuro che avessi un motivo più che valido per scatenare una rissa, sei un ragazzo giudizioso, si capisce”

“L’incolumità di sua figlia è più di una motivazione per me. Io l’amo, signor Cullen”

Si meravigliò della facilità con cui quelle parole gli fossero uscite di bocca. Chiare, decise, come se il fatto di aver rivelato i propri sentimenti davanti al padre di lei non gli provocasse imbarazzo.  

Carlisle non rispose subito, si limitò a guardarlo e a sorridere. “Sì, lo immaginavo” fece poi. “Sai, Esme è molto intuitiva, le basta uno sguardo e qualche frase per capire al volo chi le sta davanti ed è difficile che sbagli. Dice che non è facile conoscere persone come te, soprattutto tra i tuoi coetanei, e dice anche che Alice è una ragazza fortunata”

Jasper sorrise a sua volta. “Oh, lo sono anch’io, molto di più”

“La proteggerai?” gli domandò a bruciapelo poco dopo. 

“Sempre”

“Benissimo, era proprio quello che volevo sentirti dire” 

“Quindi lei non si oppone a…?”

“Al fatto che vi volete bene? Non ne vedo il motivo. Mi fido ciecamente del giudizio di mia moglie e mi trovo d’accordo con lei”

“Signore, io…”

“Ti chiedo solo di farla felice, di non mancarle mai di rispetto e di non farla soffrire. Puoi garantirmi queste cose? So bene che siete molto giovani ma vorrei che la trattassi come merita”

“Non c’è pericolo, farei qualunque cosa per lei”

“Ne hai dato prova. Non capisco ancora perché mio figlio ce l’abbia con te ma sappi che a me ed Esme piaci, hai il nostro appoggio”

“Grazie, mi fa davvero piacere, non ci avrei sperato”

“Beh, se c’è qualcuno che deve dire grazie, quello sono io” disse. “Grazie per essere corso in aiuto di Alice”

“Non deve ringraziarmi, purtroppo non sono riuscito a impedire che finisse qui”

“Le sue condizioni non sono gravi, si riprenderà e la ferita si cicatrizzerà ma, se quel ragazzo fosse riuscito nel suo intento, le sarebbe rimasta una ferita impossibile da curare e difficile da rimarginare. Perciò non sentirti in colpa, solo una persona innamorata si sarebbe battuta a quel modo, questo la dice lunga su di te” 

“Non so cosa dire”

“Non devi dire niente. Grazie, Jasper, davvero”

Il ragazzo sorrise, ancora un po’ imbarazzato ma comunque notevolmente sollevato. Si era sbagliato sul conto di Carlisle, era davvero la persona che sembrava.  

“Ma dimmi” interruppe il flusso dei suoi pensieri. “Che cosa ne è stato dell’altro?”

“Non lo so. Siamo stati portati in centrale ma poi ci hanno interrogati separatamente e alla fine mi hanno riportato in ospedale dopo che li ho pregati insistentemente di farmi vedere Alice”

“Meglio così, da una parte”

“Sì, mi auguro di non rivedere più quella sua faccia di…” si interruppe appena in tempo. 

“Puoi dirlo, non farti problemi, dopotutto sarebbe il minimo”

“Già” convenne, ma non proseguì. Detto ciò gli scappò uno sbadiglio. 

“Hai sonno, eh?”

“Non così tanto, è gestibile” mentì, rimettendosi in piedi. “Vado a prendere un caffè. Cosa le porto, signor Cullen?”

“Prenderei volentieri un caffè anch’io”

“Okay” 

“Ah, Jasper”

“Sì?”

“Basta con questo ‘signor Cullen’, sei molto educato ma per te sono solo Carlisle”

“Ma signore, non credo di…”

Carlisle” ribadì. 

Il ragazzo si arrese, sorrise e annuì con la testa, quindi scese al piano inferiore. Quando fece ritorno notò che Esme dormiva ancora abbracciata a suo marito e che Carlisle era tornato a sfogliare il suo quotidiano. Insisté affinché l’uomo non pagasse il caffè, sostenendo che glielo stava offrendo lui, ma Carlisle non volle sentire ragioni e lo costrinse a riprendersi i soldi. Passarono almeno un paio d’ore a chiacchierare, trattando diversi argomenti, tra i più disparati, passando dallo studio al lavoro, dalla vita di tutti i giorni agli interessi personali, dalla politica alle statistiche e altro ancora. E così Carlisle scoprì come quel ragazzo avesse fatto breccia nel cuore di sua figlia: era un tipo interessante, intelligente, brillante, maturo ma anche molto simpatico e spontaneo – tutte qualità che sia lui che la sua amata moglie apprezzavano.   

Alle sette e trenta Emmett raggiunse i genitori in corridoio e fu alquanto sorpreso di trovare lì anche Jasper. Dall’aria che aveva doveva aver passato la nottata in ospedale insieme a loro. “Papà, mamma” salutò, avvicinandosi a gran passi.

“Buongiorno, caro” fece sua madre di rimando. 

“Ciao, Emmett” salutò Carlisle, subito imitato da Jasper.

“Allora, ci sono novità?” chiese. 

Carlisle scosse il capo. 

“Speravo si fosse svegliata”

“Ogni caso è a sé e quindi non è prevedibile in quanto tempo un paziente potrebbe riprendere i sensi, dipende dalla gravità delle sue condizioni. Il dottor Laurent dice che potrebbero volerci ore, nel migliore dei casi, oppure giorni” 

Emmett annuì, si tolse il giubbotto e prese posto accanto ai genitori.

“Oggi non devi lavorare?” chiese Esme poi. 

“Sì. Non sono riuscito ad ottenere un giorno di permesso ma un collega mi ha fatto il favore di scambiarci i turni, così oggi pomeriggio andrò a lavorare al suo posto mentre lui attaccherà tra una mezz’oretta” rispose. 

“Carlisle, credevo di averti rassicurato sulle condizioni di tua figlia” sopraggiunse un medico di colore. 

“Laurent!” esclamò.

“L’infermiera mi ha riferito che siete rimasti qui in corridoio per tutta la notte. Capisco la preoccupazione, ma non occorreva, Alice è tenuta sotto controllo e se ci fossero state novità ti avrei fatto chiamare immediatamente”

“Non dubito certo di te, amico mio, ma sono un medico anch’io e capisci che odio starmene con le mani in mano. Non potendo fare nulla, perché ci siete già tu e la tua equipe che ve ne occupate egregiamente, restare qui era il minimo che potessi fare”

“Capisco, capisco. Vi andrebbe di prendere un caffè?”

“Perché no?”

“Viene anche lei, signora Cullen?”

“Grazie, volentieri”

“E voi, ragazzi?”

“Sì” fece Emmett, alzandosi in piedi. 

“No, grazie” disse Jasper. 

Il quartetto si allontanò mentre i due dottori seguitarono a chiacchierare amabilmente, il ragazzo preferì restare solo, invece. Era davvero molto stanco e assonnato ma sapeva che prendere un altro caffè non gli avrebbe fatto bene, quindi – benché ne sentisse il bisogno – preferì rinunciare. Chiuse gli occhi e si passò le mani fra i capelli, scompigliandoli un po’ e facendosi un massaggio alle tempie con i polpastrelli. ‘Resisti, devi esserci quando si riprenderà, e potrebbe farlo in qualsiasi momento. Devi restare sveglio’ cominciò a ripetersi mentalmente, come un mantra. Sapeva che tutto ciò non era salutare bensì un’autentica tortura ma sentiva di doverlo fare per Alice, non gli era andato proprio giù il fatto che quella coltellata, destinata a lui, l’avesse subita lei, credeva fosse il minimo che potesse fare.  

“Jazz, sei già qui?” giunse Edward, ponendogli quella domanda senza nemmeno salutarlo.

“Ehi” sussultò, rendendosi conto della sua presenza solo quando gli rivolse la parola. “Beh, veramente…”

“Non ti sei mosso da qui, vero?” terminò la frase Bella.

“Ciao. Sì, è così” rispose.

“Perché non sei andato a dormire da Rose?” domandò Edward.

“Sapevo già che non ci sarei riuscito”

“Avresti dovuto. Scusa ma devo proprio dirtelo, hai un aspetto orribile”

“No problem, lo so già, amico”    

“Ma dove sono Esme e Carlisle?”

“Al piano di sotto, Bella. Poco fa è arrivato Emmett e il dottor Laurent ha voluto prendere un caffè con loro. Sono scesi pochi minuti fa”

“Allora li raggiungiamo, tu non vieni?”

“No, passo” 

Trascorsero dieci minuti prima che tornassero al piano superiore e, notò Jasper, tra loro c’era anche Rosalie. “Come stai?” domandò, sedendosi accanto al fratello. 

“Bene” rispose subito, anche se poco convinto. 

“Jasper hai gli occhi arrossati…”

“Ho detto che sto bene, non devi preoccuparti, mammina” 

Rosalie scosse la testa e incrociò le braccia al petto, contrariata, ma non disse altro.

“Il mio esimio collega ci ha concesso – nonostante sia contrario al regolamento dell’ospedale – di poter entrare a vedere Alice, a patto che lo facciamo a turno” spiegò un momento dopo Carlisle. “Io aspetterò che torni Esme, quindi se volete entrare, andate prima voi”

Jasper non se ne era accorto prima ma effettivamente mancavano sia Esme che Emmett. Cercando di non chiedersi il perché della loro mancanza, consentì a Edward e Bella di andare per primi dato che lui era già entrato una volta. Poco dopo toccò a Rosalie e in seguito a Esme e Carlisle. 

Quando uscì dalla stanza, Rosalie incrociò lo sguardo di Emmett, attese che lui lo distogliesse come aveva fatto la sera precedente ma ciò non avvenne. Tenne gli occhi fissi nei suoi per un lungo istante, poi le si avvicinò e le disse qualcosa che Jasper, concentrato sulla questione calcistica che Edward gli stava esponendo, non riuscì a sentire. Riuscì solo a vederli allontanarsi insieme e la cosa lo meravigliò non poco. 

 

 

Emmett e Rosalie uscirono insieme in cortile. Aveva da poco smesso di piovere, le nuvole si stavano diradando rapidamente per lasciare spazio al sole e l’aria era limpida e fresca. Distanti pochi passi l’uno dall’altra, rimasero in silenzio per un minuto buono. Si avvertiva un certo imbarazzo da parte di entrambi – ma anche una certa impazienza. Rosalie fissò la sua schiena, stringendosi nella giacca color avorio per ripararsi dall’umidità. Emmett le voltava le spalle, le dita tamburellavano nervosamente sulle tasche dei jeans. “Si può sapere perché hai voluto che scendessimo?” sbottò improvvisamente la ragazza. “Se non hai niente da dire è inutile stare qui al freddo” 

A quelle parole Emmett si voltò nella sua direzione e la guardò negli occhi. Inspirò profondamente e le si avvicinò, arrestandosi a meno di un passo da lei. Il coraggio sembrò mancargli, soprattutto alla vista di quel bellissimo volto inquieto. 

“Ebbene?” incalzò lei.

“Ho commesso un grave errore” riuscì a dire lui.

Rosalie alzò un sopracciglio. “Ma non mi dire” fu il suo commento sarcastico.

Emmett chiuse gli occhi per un istante, cercando di convincersi, una volta per tutte, a dirle quello che gli passava per la testa. Se non ci fosse riuscito, molto probabilmente, l’avrebbe persa. E non se lo sarebbe mai perdonato. Riaprì gli occhi di scatto mentre una nuova determinazione si faceva strada in lui. “Sì, ho sbagliato su tutta la linea. Jasper è un bravo ragazzo, l’ho sempre pensato. Eppure, quando ho saputo che era interessato a mia sorella, la gelosia si è come impossessata di me, anche se, in realtà, non era davvero gelosia, bensì preoccupazione. L’ho usato come scusa per non ammettere il peso delle mie responsabilità di fratello maggiore, mi ha fatto comodo paragonarlo a uno qualsiasi dei bastardi che si incontrano per strada, quelli che voglio solo divertirsi con le ragazze, che le mettono incinte e poi le scaricano. Sapevo che Jasper non era davvero così ma speravo che quel litigio potesse bastare a separarli, così non avrei dovuto preoccuparmi anche dell’incolumità di Alice” si schiarì la gola. “Ma sono stato un vero idiota. Ho messo i miei interessi davanti a quelli di mia sorella, non vedendo quanto tenesse a Jasper e quanto lui tenesse a lei. Non poteva impedire che finisse in ospedale, certo, ma l’ha difesa, se non si fosse messa in mezzo lei, se la sarebbe beccata lui quella coltellata. Avrebbe rischiato la propria vita pur di proteggerla. Questo significa che l’ama. Ma lo stress del periodo mi ha reso praticamente cieco, così tanto da farmi concentrare solo su di me, impedendomi di vedere quello che stavo facendo a tutti. Ho litigato con entrambi i miei fratelli, ho offeso Jasper e… Ho rovinato tutto con te”

Rosalie aveva ascoltato in silenzio, senza interrompere. Quando sentì pronunciargli quell’ultima frase sussultò impercettibilmente ma si trattenne dal rispondere, dandogli la possibilità di continuare. 

“Tu ti sei impegnata al massimo perché tutto fosse perfetto per il giorno del nostro matrimonio, tu hai pensato a ogni cosa, ti ho dato carta bianca perché io sarei stato solo un buono a nulla, non è il mio ramo, dopotutto. Ti ci sei dedicata anima e corpo, nonostante i tuoi impegni, pensando a tutto e curando ogni minimo particolare con una maestria da pochi. Eri così felice ogni volta che mi parlavi dei progressi che il nostro progetto stava compiendo, e vederti così serena rendeva felice anche me. Ma all’improvviso, un giorno, sono diventato così egoista da pensare soltanto a me stesso, vedevo tutto nero e non avevo interesse a guardarmi intorno, c’eravamo solo io e il mio lavoro. Sai, non te l’avevo ancora detto, ma il mio capo aveva annunciato che l’azienda sarebbe stata costretta a fare degli importanti tagli sul personale ed io ero davvero preoccupato a riguardo. Ogni dipendente, proporzionalmente al proprio impiego, avrebbe dovuto superare una prova piuttosto impegnativa e, se l’esito fosse stato negativo, sarebbe stato licenziamento in tronco. Il mio era un compito lungo e difficile e la sola idea di non farcela è stata un’incredibile fonte di stress, ha condizionato ogni aspetto della mia vita e io non me ne sono neanche reso conto”

La ragazza lo guardò con la bocca aperta per lo stupore. “Rischiavi di essere licenziato?” chiese. 

“Sì, se non ce l’ avessi fatta” rispose.

“Com’è andata?”

“Sono riuscito a mantenere il posto” 

“E perché non me l’hai detto subito quando ne hai avuto la possibilità?”

“Eri già totalmente presa dai preparativi del matrimonio e, credimi, mi bastava guardarti per capire quanto potesse essere stressante, non volevo darti altri pensieri” si giustificò. “Soprattutto, non volevo sminuire la tua dedizione né, tanto meno, mandare tutto a rotoli. La situazione mi è sfuggita di mano e ogni volta che tentavo di riparare ai miei errori ci ricascavo, inesorabilmente, accorgendomene solo davanti al fatto compiuto. In questi giorni il mio capo si è complimentato per il lavoro svolto e, inoltre, si è detto così orgoglioso di me da avermi premiato con una promozione e un aumento. Questo ha segnato la fine del mio periodo buio, ho ritrovato la calma e ho pensato a tutto quello che ho combinato e, credimi, sono davvero dispiaciuto”

“Sono passati due mesi, Emmett, non due giorni o due settimane. Due mesi” rimarcò freddamente. “Te ne rendi conto, vero?”

“Lo so, infatti non pretendo nulla da te ma credo che scusarmi sia davvero il minimo che possa fare”

“Ovviamente sì”

“E mi scuserò anche con Jasper”

“Conoscendolo so che ti perdonerà, potrai anche non crederci ma ti vuole bene, nonostante tutto quello che hai detto sul suo conto”

“Mi dispiace, Rose, per te e per lui, dico sul serio e sono pronto a scusarmi anche cento volte, se necessario” 

Rosalie non disse nulla, si morse il labbro e si limitò a guardarlo. Emmett sospirò, il senso di colpa era ormai palese sul suo volto. In un istante coprì la brevissima distanza che li separava, e l’abbracciò. La bionda reagì a quel gesto inaspettato irrigidendosi. 

“Ti amo, Rosalie” sussurrò sui suoi capelli. “So di non meritarti ma sei la donna della mia vita e non potrei sopportare di perderti”

“Emmett…”

“So bene che due mesi non sono pochi e capisco che tu possa averci pensato su e cambiato idea, ma ci tenevo comunque a dirti che i miei sentimenti non sono affatto cambiati”

Tirò indietro la testa per guardarla ancora negli occhi e le accarezzò piano una guancia mentre con l’altra mano le cingeva la vita. “Mi sei mancata come nient’altro in vita mia” continuò. “Sono mortificato per il mio comportamento, sono stato imperdonabile. Ma quello che voglio è stare con te, non solo adesso, ma sempre, fino alla fine. Voglio vivere insieme a te in una casa nostra, essere tuo marito e avere dei bambini. Voglio ancora sposarti, Rosalie, voglio te”  

La disperazione era chiaramente leggibile nei suoi occhi, lucidi come specchi, mentre era difficile capire cosa stesse pensando lei, l’espressione seria, imperscrutabile. Poi chinò il capo, fissando lo sguardo sull’asfalto. “Capisco, non la pensi come me. Okay, rispetto la tua scelta” commentò, lasciandola andare. Nel farlo, tuttavia, avvertì un leggero tremito da parte sua. “Stai bene?” le chiese, prendendole il volto tra le mani e tirandolo su con delicatezza. Rosalie stava piangendo. Istintivamente la strinse ancora una volta tra le sue braccia e le accarezzò i capelli, addolorato dalla cosa. 

“Hai idea di quanto abbia sofferto?” gli chiese, scossa dai singhiozzi. “Sai quanto tu sia mancato a me?”

“Io… Cosa? Davvero?” fece, incredulo. 

“Sì” si allontanò leggermente per poterlo guardare. “Sono stata malissimo senza di te e non voglio ripetere un’esperienza simile, mai più”

“Stai dicendo che…”

“Sto dicendo che ti amo e che anch’io voglio sposarti”

Il sorriso che spuntò su quelle labbra perfette lo fece sentire la persona più fortunata al mondo. Non potendo più aspettare, le prese il volto tra le mani, l’attirò a sé e la baciò. Un bacio appassionato in cui i due futuri sposi riversarono tutti i loro sentimenti: dolore, tristezza, solitudine, risentimento. E amore, soprattutto. 

“Guarda, c’è l’arcobaleno” affermò Emmett poco dopo, ancora abbracciato a lei. 

“Che bello” commentò. “Ma oggi non c’è nulla che mi renda più felice di riaverti con me”

“Già, lo stesso vale per me. La donna che amo è di nuovo tra le mie braccia” annuì, incredulo. “Ora però credo sia meglio rientrare, devo fare una cosa”

Si baciarono di nuovo e poi entrarono nuovamente in ospedale. Il loro ingresso nel corridoio sorprese tutti: Emmett e Rosalie, che fino a poco prima neanche osavano guardarsi in faccia, stavano camminando mano nella mano, sorridenti e radiosi di felicità. 

“Dov’è Jasper?” domandò Rosalie a Bella. 

“Dentro” si limitò a rispondere, guardandola di sottecchi. 

Emmett lasciò la mano della bionda ed entrò nella stanza senza dire una parola. Jasper era seduto sulla sedia vicino al letto e teneva la mano di Alice fra le sue. “Disturbo?” gli domandò.

“No, entra” rispose educatamente Jasper, subito dopo essersi voltato ed averlo notato. 

Riuscì a stento a nascondere la sorpresa. Emmett si chiuse la porta alle spalle e si avvicinò al letto. Guardò sua sorella per pochi istanti, poi si rivolse al futuro cognato. 

“Non si è ancora ripresa, vero?”

“Purtroppo no” 

“Mi sai dire il nome di quel bastardo?”

Jasper alzò gli occhi su di lui e sembrò pensarci su prima di replicare. “Perché vuoi saperlo? A cosa stai pensando? Se ne sta già occupando la polizia” 

“Non ne dubito ma credo tu mi abbia frainteso. Volevo soltanto sapere di chi si tratta, negli anni ho conosciuto molta gentaglia”

“Non è di queste parti, è di Londra” 

“Forse dimentichi che prima di trasferirmi qui vivevo lì”

“Si chiama Jacob Black” disse, disgustato al solo ripensare a lui. 

A quel nome Emmett si adombrò e strinse forte i pugni. 

“Lo conosci?” chiese l’altro, notando la sua reazione. 

“Di vista. Per un anno ha frequentato la stessa classe di Edward e ricordo che mio fratello lo odiava a pelle. A quanto ne so, sparlavano l’uno dell’altro” 

“E perché?”

“Edward odia quelli che per farsi notare prendono in giro le ragazze, non sopportava che avesse fatto lo stesso con due sue amiche dell’epoca”

“E con Alice”

“Già, Edward l’ha scoperto per caso. Credevo che si sarebbe limitato a fare la parte dello stronzo ma, crescendo, è diventato molto peggio. Cercare di approfittare di Alice, soprattutto dopo averla fatta soffrire per mesi…” 

“Non dirlo a me, vorrei solo che il mio treno fosse arrivato in orario. Non sarebbe successo tutto questo, Alice starebbe bene ora e non in ospedale”

“Non tormentarti, la colpa è soltanto mia”

“Come può essere colpa tua? Tu non c’eri nemmeno”

“Se solo non fossi stato così stupido da impuntarmi contro di voi non sareste stati costretti a vedervi in segreto. Alice sarebbe stata accompagnata da qualcuno e quel verme non si sarebbe neanche avvicinato” disse. “Ho affrontato un periodo infelice e ho preferito pensare solo a me stesso, infischiandomene degli altri, non capendo cosa stavo facendo. Mi dispiace per la mia reazione, così insulsa ed esagerata, non meritavate di essere trattati così, nessuno di voi. Scusami, Jasper”

“Prima di scusarti con me, credo che dovresti parlare con mia sorella”

“L’ho appena fatto”

“E cosa ti ha detto?”

“Mi ha perdonato. Il matrimonio ci sarà”

“Siete tornati insieme, quindi?”

“Sì”

Jasper, lasciato da parte lo stupore, si alzò in piedi e sorrise. “Mi fa davvero piacere. In questo caso non posso che accettare le tue scuse”

“Grazie, cognato” fece, abbracciandolo.

“Bentornato” ricambiò, dandogli una pacca sulla spalla.  

Era bello aver ritrovato un caro amico e la donna amata in una sola volta, una vera fortuna. Emmett si sentì molto felice, non ci aveva sperato abbastanza per illudersi che potesse essere perdonato e che le cose potessero tornare al loro posto, invece, era proprio ciò che gli era capitato.

“Voi due abbracciati? Ditemi che non sto sognando” 





I due si volsero contemporaneamente nella stessa direzione. Alice aveva aperto gli occhi e li fissava a bocca aperta, sbattendo ripetutamente le palpebre.

Alice!” esclamarono all’unisono, precipitandosi accanto a lei. 

 

 

__________________________

 

L’angolo di Amy

Ciao gente, 

finalmente ho avuto modo di terminare e postare questo capitolo, che ve ne pare? Siete contente? Io sì, non lo nascondo ^^ Anche se ci ho messo un po’ ad aggiornare spero che il capitolo vi piaccia e spero anche di non metterci un’eternità a postare il prossimo… 

Grazie infinite a Lorelaine86, Orsacchiotta Potta Potta, Alice Joy, alice cullenhales nlgdr per aver recensito e anche a chi ha inserito la storia tra le preferite, le seguite e le ricordate.   

Prima di salutarvi vi segnalo Good Intent una frizzante e nuova ficcy sempre Alice x Jasper scritta dalla mia Lory, leggete e non ve ne pentirete ^^

Un abbraccio e al prossimo capitolo,

Amy  


Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 15: Tutti insieme appassionatamente - atto II ***


Tutti insieme appassionatamente - atto II


“Come stai?” domandò Jasper, accarezzandole una guancia. 

“Dolorante” rispose Alice, la voce debole e roca. “Ma a vedervi vicini mi sento già meglio” 

Emmett e Jasper si guardarono e sorrisero. 

“Cosa mi sono persa?” chiese, non riuscendo a smettere di guardarli con gli occhi sgranati. 

“Giusto un paio di cose” assicurò Emmett. 

“Vado ad avvertire gli altri” fece Jasper, baciandole il dorso di una mano e uscendo fuori dalla stanza pur di lasciare i fratelli da soli per un momento. 

“Da quando tu e Jasper andate così d’accordo?”

“Da quando abbiamo fatto pace”

“E quando avreste fatto pace?”

“Un attimo prima che ti riprendessi ma, se vuoi, possiamo litigare di nuovo” scherzò. 

“No, no, va benissimo così!” si affrettò a dire. “Solo che mi fa un po’ strano dopo tutto quello che è successo…”

Emmett si sedette sul letto, accanto a lei. “Ho avuto paura per te e sono corso in ospedale appena Edward mi ha telefonato”

“Mi davi già per spacciata, eh?” 

“Già, mi è andata male…”

“Ritenta e sarai più fortunato”

Risero a vicenda delle reciproche battute. 

“Sono felice che tu sia fuori pericolo, altrimenti non me lo sarei mai perdonato…”

“Adesso non tormentarti, piuttosto dimmi, come hai fatto a far pace con Jasper? Credevo non approvassi la nostra relazione…”

“In effetti sì, ma ho parlato con mamma e…”

“Mamma? Cosa le hai detto?”

“A dire la verità è stato Jasper a parlare con lei”

“Jasper? Non capisco, come può averle parlato? E, soprattutto, perché avrebbe dovuto?”

“Perché voleva spiegarmi il motivo per cui sei in ospedale e così ha dovuto raccontarmi tutto quanto” disse Esme entrando nella stanza, seguita da Carlisle, Jasper e gli altri. 

“Mamma! Papà!” esclamò la ragazza.

“Ciao, tesoro” disse Carlisle. 

“Ma ci siete tutti!” osservò, notando anche Bella, Edward e Rosalie. 

“E come potevamo non esserci?” domandò la ragazza Swan con un ampio sorriso. 

“Mi sembra un sogno vedervi qui, tutti insieme” commentò, guardandoli uno ad uno, quasi commossa. “Se solo l’avessi saputo prima mi sarei accoltellata da sola”

Ma quella battuta non piacque a nessuno e si ritrovò davanti sette facce la cui espressione non prometteva nulla di buono. “Calma, stavo solo scherzando…” si difese. 

“Beh, non farlo più, ci hai fatto davvero preoccupare” la riprese suo padre, in un raro momento di severità. Poi però sorrise e aggiunse: “Ma ci fa piacere vedere che sei avvezza alle battute, denota che stai bene”

“Il fianco mi fa male ma per il resto va tutto bene” confermò. “Sono solo un po’ affamata, non è che potrei mettere qualcosa sotto i denti?”

“Vado io” dissero all’unisono i fratelli Cullen. 

“No, scendo io” fece loro eco Jasper. 

“No, ci pensiamo noi” ribatterono insieme, come se di colpo avessero ritrovato la fratellanza perduta.   

“D’accordo, non insisto” fece Jasper, ridendo davanti alla loro finta aria minacciosa. 

 

 

Trascorse qualche giorno ed Alice migliorava a vista d’occhio, tanto che il dottor Laurent aveva assicurato che presto sarebbe potuta tornare a casa. Dopo la prima notte tutti ripresero a dormire e, anziché andarla a trovare tutti insieme, facevano dei turni in base agli impegni lavorativi individuali. 

Alice era felice di tutte le attenzioni che riceveva dalla famiglia finalmente riunita ma, soprattutto, era felice di poter stare con Jasper senza più ostacoli. Lui andava a trovarla ogni volta che poteva e la ricopriva di coccole e regali, facendola sentire incredibilmente importante. Aveva rischiato di perderla ed era intenzionato a dimostrarle la propria felicità in tutti i modi possibili.

“Scusa” una voce affannata attirò l’attenzione di Jasper che, seduto in corridoio,  aspettava pazientemente che arrivasse l’orario di visita.

“Sì?” rispose, notando che si trattava di due ragazze. 

“Per caso sai se su questo piano è ricoverata Alice Cullen?” domandò Julia.

“Sì, anch’io sono venuto a trovarla. Siete sue amiche?”

“Già, e tu?”

“Il suo ragazzo”

Julia spalancò la bocca, Patience arrossì vistosamente. “Allora devi essere Jasper” commentò quest’ultima. 

“Esatto” rispose, mostrando loro un sorriso che rischiò di provocare un infarto a Patience. 

“Alice ci parla sempre di te” spiegò Julia, sorreggendo l’amica per un braccio. 

“Voi allora dovete essere… Julia e Patience, dico bene?” fece, indicandole a turno. 

“Giusto” confermò Julia. 

“Sa il mio nome…” esalò l’altra, assumendo sempre più l’atteggiamento di un’ameba. 

“Tutto bene?” chiese il ragazzo. 

“Certo, tutto a posto” si affrettò a rispondere Julia, aiutando l’altra a sedersi. 

“Comunque siete arrivate appena in tempo per l’orario di visita, aspettate qui, ci metterò un attimo e dopo sarà tutta per voi” assicurò, alzandosi ed entrando nella stanza.

“Ma sei impazzita?” fece Julia un momento dopo. “Che diavolo ti prende?”

“È così carino…” mormorò Patience, riprendendosi un po’. 

“Beh, non lo nego, ma rimane pur sempre il ragazzo di Alice, non puoi fare così”

“Lo so, ma sono troppo sensibile al fascino maschile...”

“Non è una giustificazione, se continui così comincerò a pensare che sei malata”

“Malata io? Oh, no, certo che no. Ho buon gusto per gli uomini attraenti, certo, ma non fino a quel punto” la rassicurò. 

“Ah, bene”

Non molto tempo dopo Jasper tornò in corridoio e si avvicinò alle ragazze. “Venite” disse e, aprendo la porta della stanza, fece: “Indovina un po’ chi è venuto a trovarti?” 

“Chi?” domandò Alice. 

Il ragazzo fece spazio e le lasciò entrare.

“Ragazze!” esclamò, in preda alla gioia. “Cosa ci fate qui?”

Jasper sorrise e chiuse la porta per lasciarle un po’ sole.

“Dato che non sei venuta all’università e non hai risposto al cellulare per giorni ci siamo preoccupate. Abbiamo chiamato Bella e ci ha raccontato tutto”

“Scusate, sono giorni che non carico il cellulare…”

“Non preoccuparti, piuttosto dicci, come stai?”

“Meglio, grazie”

“Ti abbiamo portato una stecca di cioccolato al latte, ti tirerà su”

“Oh, grazie mille”

“Comunque sai già quando potrai uscire dall’ospedale?”

“Non esattamente, ma il dottore dice che potrei tornare a casa anche tra qualche giorno”

“Un’ottima notizia”

“Già, anche se immagino che non avrò più molto tempo per dare l’esame”

“No, ma c’è il prossimo appello. Se il mio va come spero ti passo i miei appunti”

“Grazie, Julia”

“Non contare su di me, il mio esame andrà sicuramente malissimo”

“Non dire così, Pat, se ti impegni puoi farcela”

“Julia è troppo severa e si spazientisce subito, non riuscirò mai a farcela con lei”

“Per forza, anziché concentrati su Canova ti giri a guardare ogni bel ragazzo che passa!”

“Ho buon gusto, io” commentò. “E anche tu, Alice. Quell’adone in corridoio mi ha stregata al primo sguardo, semmai le cose non dovessero andare tra voi, ti spiacerebbe se…”

“Questa poi! Jasper è il ragazzo di Alice, gira al largo!” l’ammonì Julia, dandole un colpetto sulla testa.

“Ahi! Beh, non voglio che vi lasciate, ovvio, però concedimi di farti i miei complimenti”

“Grazie” rispose Alice, lusingata e per nulla gelosa, ridendo delle scenette che quelle due stavano facendo, tanto quel giorno come ogni volta che erano insieme. Non sarebbero mai cambiate e lei le adorava proprio per quel motivo. 

 

 

Una settimana dopo Alice uscì dall’ospedale e tornò a casa di Bella. Il dottor Laurent, davanti alla richiesta della ragazza di poter tornare a studiare e lavorare, aveva acconsentito ma si era raccomandato di prendere qualche piccolo accorgimento e di ricominciare a lavorare con ritmi molto lenti. Così Bella, Edward, Emmett e Rosalie si misero d’accordo, in base ai rispettivi impegni, su chi avrebbe accompagnato Alice all’università o al pub. La ragazza inizialmente protestò, dicendo loro che non serviva, che avrebbe potuto prendere l’autobus, ma nessuno l’ascoltò, certi che fosse più prudente accompagnarla con l’automobile piuttosto che farle prendere i mezzi pubblici. 

Il giorno dopo il rientro a casa di Alice, Rosalie fece un paio di telefonate, annunciando che, vista la rara presenza di tutti, le avrebbe fatto immensamente piacere organizzare una cena a casa sua per quella sera stessa. Inutile dire che tutti accettarono, ansiosi di gustare gli squisiti manicaretti che la giovane Hale era in grado di preparare. 

“Ben arrivati!” li accolse con calore. “Vi stavamo aspettando”

“Buonasera” fece eco Jasper, dietro di lei.

Carlisle ed Esme entrarono per primi seguiti da Bella e poi da Edward e da Emmett che tenevano sottobraccio Alice, presto affidata alle cure di Jasper. Il maggiore dei Cullen abbracciò la fidanzata e la salutò con un bacio.         

“Venite, in salotto ci sono gli aperitivi” disse Rosalie, accompagnando le parole con un ampio gesto della mano. “La cena sarà pronta fra poco”

Detto ciò si dileguò in cucina e ci rimase per un po’ mentre gli ospiti cominciarono a servirsi da soli e ad accomodarsi. Alice prese posto sul divano accanto a Bella ed Esme, impegnate in una fitta conversazione incentrata sugli studi universitari. Jasper, rimasto in piedi di fronte a lei, le porse subito un piatto ricolmo di tartine ed un mojito, poi servì anche il resto degli invitati, dimostrandosi impeccabile anche nel ruolo di cameriere – ‘C’è qualcosa che non sappia fare?’ non poté fare a meno di chiedersi Alice. 

“… Però è un vero peccato, tutto sommato questa stagione si sta rivelando fallimentare” stava dicendo Edward al fratello maggiore. 

“Dobbiamo sperare fino all’ultimo, anche se la vedo difficile” rispose Emmett. 

“Già, povero United…”

“Allora, la cena è pronta” annunciò improvvisamente Rosalie. “Immagino abbiate fame, ma vi chiedo ancora un attimo di pazienza”

“Non c’è problema, cara” rispose Carlisle. 

“Ti do una mano” fece Alice, alzandosi contemporaneamente a Bella.

“No, ragazze, non ce n’è bisogno…” provò a dire la bionda.

“No, no, c’è bisogno eccome” si affrettò a rispondere Bella, superandola e andando in cucina. 

“Oh, no, Esme. Tu siediti, sei mia ospite quindi non alzare un dito”

“Ma, Rose…”

“Non se ne parla” scosse la testa con un sorriso. “Ma grazie”

Alice, aiutata da Jasper, liberò il tavolo dagli aperitivi e dalla tovaglia fiorata che Rosalie usava quando ospitava un evento informale in casa. In men che non si dica venne adagiata un’elegante tovaglia bordata di raso ed apparecchiato per otto persone. 

“Accomodatevi” li esortò Rosalie, appoggiando un paio di bottiglie d’acqua ai lati opposti del tavolo. 

Un attimo dopo lei e Bella cominciarono a servire la prima portata, quindi presero posto anche loro e dopo un collettivo “Buon appetito” gli ospiti attaccarono le pietanze con l’acquolina in bocca. 

“Complimenti, cara, sei una cuoca eccezionale” si complimentò Esme subito dopo aver gustato la prima forchettata. 

“Oh, grazie” rispose, lusingata. “Anche tu cucini benissimo”

“Una vera bontà” concordò anche Carlisle. 

“Visto, mamma? Con lei al mio fianco non rischio certo di morire di fame” fece Emmett, accarezzando affettuosamente la schiena di Rosalie. 

“Oh, beh, su questo si scherzava prima che ce la presentassi, non la conoscevamo e quindi non avevamo idea che fosse così brava ai fornelli”

“Finora l’unico che rischia di morire di fame sono io” si lamentò Edward, fingendo un’espressione miserabile. “Vivere da solo è una vera tristezza”

“Ma cosa dici? Se usciamo insieme almeno una volta alla settimana e non perdi mai occasione per abbuffarti!” lo canzonò Bella. 

“Ma non è vero, guardami sono pelle e ossa…”

“Costituzione, Eddie, non dipende da quello che – dici – di non mettere nello stomaco” lo punzecchiò Emmett. 

“Tu non dovresti parlare, da quando stai con Rosalie sei ingrassato!” rispose il rosso. 

“Non direi, se mi vedi più gonfio è solo merito della palestra” 

“O della parmigiana di melanzane…”

“Senti chi parla… Di chi è quella pancetta alcolica sotto la camicia, eh?”

Una risatina generale pervase il salotto quando Edward tamburellò con le dita sulla pancia con fare comico. 

Rosalie intanto ritirò i piatti vuoti e tornò con il secondo e i contorni. 

“Dimmi, Jasper” fece Carlisle poco dopo. “Hai qualche progetto per il futuro?”

“Intendi dopo la laurea?” 

“Sì”

“A dire il vero, niente di preciso. È già un anno che mi tengo informato ma sembra che il mio settore risenta del periodo di crisi più di altri e, quindi, penso che dovrò comunque occuparmi di altro”

“Capisco, è un periodo difficile”

“Abbastanza, ma comunque sono già in accordo con un amico di famiglia, occupa un’alta carica presso un’azienda che ha sede qui in città, mi farà fare un colloquio subito dopo la laurea e, se il suo capo mi riterrà un soggetto potenzialmente idoneo…”

“… Potresti ottenere un impiego presso di loro”

“Sì, esatto. Ovviamente non c’è nulla di certo, spero di conseguire il titolo di studio, innanzitutto, dopodiché potrò pensare a lavorare”

“Certo, una cosa per volta”

“Sono sicura che ce la farai, hai già dato l’ultimo esame, sei stato molto costante nello studio per ottenere così velocemente simili risultati” disse Esme. 

“Oh, grazie, Esme. Mi impegno sempre al massimo per ottenere gli obiettivi prefissati, sai, ho avuto l’esempio di mia sorella: anche lei quando studiava si concentrava al cento per cento e ne usciva sempre vittoriosa” le rispose.

“Grazie, fratello” si intromise Rosalie, felice dell’opinione che avesse di lei.

“Sei un ragazzo modello” si complimentò Carlisle. “Oggigiorno è raro trovare giovani così maturi e responsabili, bravo”

“Sono pienamente d’accordo” concordò la moglie. 

“Ehi, ehi, non esagerate” fece Edward. “Se continuate così finirà per montarsi la testa”

“Di’ un po’, non sarai mica geloso, eh?” lo schernì Emmett. 

“Quello geloso in realtà sei tu, soprattutto da quando in città è arrivato il Cullen più bello…”

“Grazie, non c’è bisogno di farmi i complimenti…”

“Ragazzi, dai!” protestò Alice, un po’ imbarazzata. 

“Tu zitta, cocca di papà!” si voltarono e la presero in giro in coro. 

“Eh?” la piccola Cullen rimase interdetta. 

“C’è ancora un po’ di posto per il dolce?” domandò Rosalie poco dopo, non appena il chiassoso chiacchiericcio si fu calmato.   

“Farò uno sforzo” commentò Edward con un sorrisetto furbo. 

“Bene allora, data la bella serata, che ne direste se andassimo in giardino?” propose la padrona di casa.

“Oh, sì, c’è un magnifico vento primaverile oggi” fece Alice, alzandosi in piedi.

Era vero: erano diversi giorni che non pioveva e le giornate si stavano facendo già un pochino più calde, la sera tirava solo un po’ di vento ma in definitiva si stava bene. Sul retro della casa, Rosalie curava un bel giardino con tante pianticelle e fiori, e possedeva anche un piccolo gazebo sotto cui troneggiava un tavolo in ferro battuto  dipinto di bianco con sedie coordinate. 

“Tesoro, ti occupi tu della luce mentre vado a prendere i dessert?” chiese a Emmett con il suo tono di voce vellutato. 

“Qualsiasi cosa per te, amore” rispose lui, altrettanto dolcemente. 

“Questi due mi faranno venire il diabete…” commentò Edward a mezza voce, ricevendo una gomitata nello stomaco da Bella in risposta.

Emmett, ignorando il fratello, si procurò un accendino e accese sei lanterne che appese sul soffitto del gazebo mentre gli altri si sedevano. L’atmosfera si fece subito più calda. 

“Hai un giardino molto grazioso” disse poco dopo Esme. 

“Ti ringrazio, non è proprio un hobby ma è piacevole occuparsene” rispose Rosalie. 

“E mi piace anche l’idea che hai avuto per il gazebo”

“Sai com’è, non c’è molto spazio ma, anziché occupare questa zona con altra vegetazione, ho pensato di riempire il centro in questo modo”

“È sobrio ed accogliente”

“Grazie ancora, Esme” fece, poi si rivolse agli altri. “Prego, ho preparato una millefoglie con spuma di frutta e il brownie per la mia coppia di golosi” fece l’occhiolino a Alice e Jasper. “Ma, se preferite, c’è anche della crostata alla marmellata di more”

“L’imbarazzo della scelta, sembra tutto buonissimo” commentò Carlisle.

“Lo è, papà” si affrettò a correggerlo Emmett, mentre gli riempiva un bicchierino con del liquore.  

Un minuto dopo tutti avevano la bocca piena e stavano gustando almeno uno dei fantastici dolci preparati dalla giovane Hale. 

“Questa torta è la fine del mondo, adoro i dessert a base di frutta, ti spiacerebbe darmi la ricetta?” chiese Esme, seduta accanto a Rosalie.   

“Nient’affatto” rispose. “Te la scriverò volentieri, ma ti avverto: gli ingredienti devono essere freschissimi e devi seguirla alla lettera. È una delle mie preferite, l’ho rubata direttamente dal ricettario di mia nonna”

“I dolci della nonna sono un’autentica meraviglia, addirittura migliori di quelli di Rose. Se capitiamo dalle sue parti mi piacerebbe presentartela” disse Jasper a Alice. 

“D’accordo, farò del mio meglio” assicurò Esme con un sorriso. “Domani farò la spesa – dato che manchiamo da parecchi giorni ce ne sarà bisogno – e ci proverò senz’altro”

“Andate già via?” chiese la bionda, sorpresa.

“Sì, vorremmo trattenerci ancora ma il lavoro chiama e siamo stati via già abbastanza” spiegò Carlisle.

“E quando partirete?” 

“Abbiamo prenotato due posti sull’aereo di domattina alle dieci”

“Peccato”

“Ci saranno sicuramente altre occasioni, magari potreste venire voi la prossima volta”

“Vedremo, se le circostanze lo permetteranno” 

“Ma non saremo in troppi?”

“Oh, non preoccuparti per questo, Bella: abbiamo una casetta vicino a South Kensington, è spaziosa e c’è posto per tutti”

“Chiamala casetta...” commentò Rosalie. “Una villa di cinquecentoventi metri quadri fra tre piani, garage e giardini”

“Però!” fece Jasper. 

“È enorme!” disse anche Bella. 

“E non avete visto come l’ha arredata Esme, ha un vero talento per queste cose”

“Grazie, Rose. L’arredamento è la mia più grande passione, sarà per questo che sono molto soddisfatta del mio lavoro” 

La conversazione si spostò poi su altri argomenti e andò avanti per un bel po’, finché si fece tardi e i coniugi Cullen decisero di congedarsi. Bella disse che si sentiva molto stanca poiché aveva affrontato un esame proprio quella mattina così si alzò anche Edward che l’avrebbe riaccompagnata a casa e, quindi, anche Alice si decise ad andare con loro. 

“Grazie dell’invito e della cena, sei stata fantastica” si complimentò ancora Esme, mettendo in borsa un foglio ripiegato che conteneva la ricetta della torta millefoglie. 

“Grazie a voi per essere venuti e per la vostra compagnia. Sono felice che abbiate gradito la cena” rispose la padrona di casa. 

“Buonanotte e a domani” salutò Jasper, dopo aver dato un rapido bacio sulla guancia a Alice – sebbene ormai nessuno fosse più contrario alla loro relazione, si sentiva un po’ in imbarazzo a baciarla così, davanti a tutti, specie sotto il naso dei suoi genitori. 

“Non è necessario che veniate tutti, non disturbatevi”

“Ma cosa dici, Esme? Certo che verremo a salutarvi!”

“Non c’è problema, tranquilli”

“Grazie, siete adorabili. A domani allora, riposate bene, buonanotte”

Quando i saluti furono ultimati il gruppetto salì sulla macchina di Edward e ripartì. Emmett restò a casa di Rosalie e, insieme a Jasper, ripulì e rimise in ordine sia il salotto che il giardino mentre la ragazza si occupava di mettere tutto in lavastoviglie e far tornare la propria cucina linda e pinta. “Grazie dell’aiuto” disse Rosalie una mezz’ora più tardi, porgendo al suo uomo un bicchiere d’acqua tonica. 

“Figurati” rispose lui, bevendo un sorso e poi abbracciandola. 

“Che ne diresti di restare?”      

“Mi piacerebbe ma sono un po’ stanco e non sarei di compagnia, scusami”

“Non preoccuparti, sarà per un’altra sera”

“Magari quando Jazz è fuori”

“Sì, meglio ancora”

Si scambiarono qualche bacio poi Emmett andò a prendere la sua auto e se ne tornò a casa propria. 

 

 

“Mi spiace che siate riusciti a venire solo in questa circostanza” disse Alice. “Spero che ci rivedremo presto”

“Siamo stati piuttosto impegnati ma almeno io dovrei rallentare il ritmo per un po’ tra qualche mese” rispose Esme, accarezzandole il viso. “Le occasioni non mancheranno, vedrai. E poi non dimenticare il matrimonio di tuo fratello”

“Sperando che stavolta sia celebrato veramente…” intervenne Edward, stuzzicando il maggiore, come al solito. 

“Certo che ci sarà” si affrettò a rispondere, cingendo la vita di Rosalie con le braccia. 

“Mi mancherete” sussurrò la piccola Cullen, abbracciando prima la madre e poi il padre, trattenendo le lacrime. 

“Anche tu, tesoro” assicurò Carlisle, accarezzandole la testa. 

“Ciao, Jasper, è stato un piacere conoscerti”

“Grazie, lo è stato anche per me”

“Bella, grazie ancora per ciò che fai per nostra figlia”

“Scherzate? Lo faccio con piacere, non ringraziatemi”

“Rosalie, fatti valere e, se Emmett avrà un altro colpo di testa, non esitare a chiamarmi”

“Non temere, Esme, non credo ce ne saranno più, giusto, amore?”

“Giusto. Errori del genere non possono essere commessi due volte, me ne sono già troppo pentito, non sono così folle. Il periodo nero è passato e adesso mi sento diverso, siamo una coppia più unita e più forte che mai”

“Sono felice di sentirtelo dire, Emmett”

Infine toccò a Edward. “Sei molto spiritoso ma ogni tanto fai la persona seria, d’accordo?”

“Mamma ha ragione, altrimenti anziché fare il medico ti ritroverai a cercare lavoro come clown

“Adesso ti ci metti anche tu, papà?” rise, per niente offeso, ma fingendo di esserlo. “In ogni caso, però, lavorerei in ospedale. Comunque non vi prometto nulla ma ci proverò”

Uno speaker annunciò che era in arrivo l’aereo per Londra, allora i Cullen salutarono il gruppetto, presero il loro piccolo bagaglio e si affrettarono a correre verso l’uscita indicata dalla voce dell’addetto. I ragazzi attesero qualche minuto, finché venne annunciata la partenza dell’aereo, allora si salutarono e si divisero. Emmett e Rosalie andarono al lavoro con le rispettive automobili, Edward diede uno strappo a Jasper a villa Hale, poi accompagnò Alice e Bella a casa e infine andò all’università.

“Tutto bene, Bella?” chiese Alice, vedendo l’amica buttarsi sul divano. 

“Sì” rispose. “Mi sento solo un po’ stanca e debole”

“Come mai?” 

“È stato un momento un po’ difficile. Sai, le tue condizioni e poi l’esame di ieri, mi hanno messo a dura prova”  

“Oh, mi spiace”

“Non è colpa tua, non preoccuparti”

“In effetti sono giorni che ti vedo sfinita, hai fatto bene a non andare oggi”

“In genere non salto mai le lezioni, ma non sono in grado di concentrarmi né di studiare, anche se dovrei, visto che tra meno di un mese ho già un altro esame e sono appena all’inizio”

“Se c’è qualcosa che posso fare per te, dimmi pure”

“Non serve, è solo stress, appena mi sentirò meglio mi rimetterò a lavoro. Ho solo bisogno di qualche giorno di stop”

“Certo, è comprensibile. Vuoi che ti prepari qualcosa? Un caffè?”

“No, niente caffè, ne ho bevuto a litri ultimamente e penso che dovrei disintossicarmene. Magari, una camomilla, se non ti spiace”

“D’accordo” si alzò dal divano e aiuto Bella a sdraiarsi. “Hai freddo?” 

“Un po’. Passami quella coperta” 

Alice prese dalla poltrona ciò che le indicava e la coprì dai piedi fino alle spalle, sistemandole il cuscino sotto la testa. 

Profonde occhiaie le solcavano la zona sotto oculare, il viso appariva smunto e più magro del solito. In effetti, nonostante la prelibata cena della sera precedente, Alice si era accorta che Bella non aveva mangiato un granché e non aveva partecipato chissà quanto alle conversazioni. Dopo aver bevuto la camomilla a piccoli sorsi, Bella chiuse gli occhi, reclinò la testa e si addormentò entro pochi minuti. Alice le restò seduta accanto per un po’, fissandola con aria molto preoccupata. Da quando la conosceva, l’aveva sempre vista stressata, a volte di più, altre di meno, e sapeva riconoscere quando stava molto male. Ma non l’aveva mai vista così prima d’allora. Sembrava molto spossata, aveva giorni di sonno arretrato sulle spalle, non aveva molto appetito ed era piuttosto giù di corda. Si chiese se Edward o gli altri avessero notato questo improvviso cambiamento in lei o se fosse l’unica ad essersene accorta. Di sicuro non poteva stare così, forse sarebbe stato meglio se ne avesse parlato con un dottore, se le cose non fossero migliorate di lì a poco tempo, glielo avrebbe proposto.  

‘Bella, cosa ti succede?’ pensò, rivolta più a se stessa che alla ragazza, spostandole una ciocca di capelli dal viso. 

 

 

____________________

 

L’angolo di Amy

Ciao gente, 

ormai è tutto sistemato, le nostre coppiette sono tutte nuovamente felici e il sole è tornato a splendere nelle loro vite  preannunciando l’arrivo della primavera… Ma cos’avrà Bella così all’improvviso? La nostra Alice non capisce e comincia a preoccuparsi per l’amica. Che ne dite? 

Mille grazie a chi ha recensito il capitolo scorso, vale a dire le puntualissime Lorelaine86 e Orsacchiotta Potta Potta ^__^ 

Grazie anche alle 8 persone che hanno inserito la storia tra le preferite e le 16 che l’hanno messa tra le seguite, mi fa molto piacere. 

Grazie per il supporto e se la storia vi piace recensite, please!

Un abbraccio e al prossimo capitolo,

Amy  

  

 

            

  

 

 

         



Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 16: Inatteso ***


 

Inatteso


Nei giorni seguenti le condizioni di Bella non migliorarono ed Alice cominciò a preoccuparsi sul serio vedendo che continuava a mangiare poco e a sentirsi sempre stanca. Dopo due giorni a casa aveva ripreso a studiare e a lavorare ma stava diventando taciturna e si rifiutava di uscire, usando sempre la scusa dello studio. Studiava in continuazione, dalla mattina che usciva di casa per andare all’università, alla sera, arrivando addirittura a far tardi la notte, con l’unica conseguenza che, il giorno dopo, era così stanca da non riuscire ad affrontare gli impegni quotidiani. Anche lei, come Jasper, era arrivata alle battute finali del suo percorso di studio ma, a differenza sua, il ragazzo la stava prendendo con molta più filosofia, ogni giorno dedicava qualche ora alla tesi di laurea ma non arrivava mai al punto di sfinirsi mentalmente e fisicamente, come stava invece facendo lei. 

Tentava spesso di parlarle, proponendole qualcosa da fare insieme, ma Bella puntualmente declinava ogni invito, chiudendosi nella sua stanza, luogo che stava diventando sempre più metafora della sua chiusura in se stessa. “Bella, dovresti andare da un dottore” le aveva detto più di una volta, risoluta. 

“Non ne ho bisogno, so già che si tratta di stress e appena avrò concluso qualcosa con lo studio starò subito meglio. Non c’è nulla di cui preoccuparsi” aveva prontamente risposto, cercando di rassicurarla e di suonare convincente. Inutile dire che Alice non la bevve e si sentì ancora più impotente poiché, se Bella non aveva intenzione di parlarle, non poteva sapere cosa la stesse affliggendo e, di conseguenza, non poteva aiutarla. 

Non tardò a parlare della questione sia con Edward che con Rosalie ma le cose non cambiarono. Bella era nervosa e non sopportava tutte quelle premure improvvise, diceva a tutti che non stava poi tanto male, che Alice era apprensiva e ingigantiva tutto, che non dovevano temere per la sua salute perché si sarebbe ripresa molto presto, e chiedeva loro di lasciarla in pace, avvisandoli che non era dell’umore per uscire o essere di compagnia. 

Una sera Jasper, preoccupato, oltre che dalla situazione di Bella, dagli effetti che la cosa sortiva sulla sua amata, decise di lasciar stare la tesi e di portare Alice fuori a cena, scegliendo di combinare un’uscita con Julia e Patience, sperando che la cosa le avrebbe fatto piacere. Inizialmente la piccola Cullen non aveva molta voglia di uscire ma Jasper riuscì a convincerla. “È un’occasione per distrarti un po’, ultimamente sei stata sempre in casa con Bella. Non dico che non sia giusto preoccuparsi per lei, anzi, ma non devi dimenticarti che hai una vita anche tu. Non stai facendo nulla di male, non ti odierà se per una volta pensi a te, non la stai piantando in asso” disse. “E poi ho chiamato Edward e mi ha detto che passerà la serata a casa e che la chiamerà per sentire se tutto va bene, quindi non hai motivo di preoccuparti”    

Alice sospirò, sentiva di non star facendo la cosa giusta, Bella non poteva essere lasciata sola in un momento così difficile ed ambiguo. La situazione l’aveva messa in forte agitazione, da diversi giorni ormai non riusciva più a concentrarsi, proprio perché costantemente in ansia per l’amica. Forse Jasper aveva ragione, forse non avrebbe fatto nulla di male uscendo una sera insieme a lui anziché stare sveglia fino a tardi, in attesa di segnali di ripresa o almeno di apertura da parte della giovane Swan.   

“Non sarebbe egoista da parte mia?” chiese. Quando faceva così sembrava una bambina confusa, un’adorabile bambina confusa. E agli occhi di Jasper non esisteva nulla di più tenero e grazioso. Le prese il viso fra le mani e le accarezzò le guance. “No, piccola” rispose. 

“D’accordo allora”

“Non devi andare al pub stasera, vero?”

“No, il capo è fuori città per qualche giorno, finché non torna ho le serate libere”

“Okay, ti vengo a prendere intorno alle otto, va bene?”

“Va bene”

“Vedrai, passeremo una bella serata, e poi ci saranno anche le tue amiche”

“Le mie amiche?”

“Julia e Pat, ovviamente”

“Le hai invitate?”

“Sì, ho fatto male?”

“No, no, sono contenta, ma un po’ sorpresa. Come hai fatto?”

“Ieri hai dimenticato il cellulare a casa, ricordi? Quando l’ho visto mi è venuta l’idea e così le ho chiamate”

“Come sono sbadata ultimamente… Comunque, lo ammetto, hai avuto una bella idea”

“Mi fa piacere sentirlo. Ora vado, Rose mi reclama per una commissione, a stasera”

“A stasera”

 

 

Jasper arrivò puntuale e Alice non si fece attendere. Prima di uscire però pensò bene di avvertire l’amica. Salì le scale e raggiunse la porta della stanza di fronte alla sua e bussò. “Bella, Jasper è arrivato. Ce ne stiamo andando” disse. Dalla stanza non proveniva il minimo rumore e Alice stava per bussare di nuovo quando giunse un tardivo e distratto: “Okay, ciao”

“Possiamo andare?” chiese Jasper non appena fu tornata in salotto. 

“Sì” rispose, mettendo una giacca leggera e afferrando la sua borsa. 

Jasper aveva la patente ma non l’automobile. Era stata una sua decisone poiché gli pesava il fatto di non lavorare e non voleva che i suoi genitori – oltre lui – mantenessero anche quella, preferiva aspettare e, una volta trovato un impiego, comprarne una ed affrontare da solo le spese che avrebbe comportato. Per l’occasione aveva chiesto a sua sorella di prestargli la sua auto e Rosalie, benché stupita dall’insolita richiesta, aveva acconsentito. Alice si stupì a sua volta alla vista della macchina, non se l’aspettava, comunque fu contenta di non dover prendere i mezzi pubblici e ci salì di buon grado. 

‘È così carina’ pensò poco dopo Jasper, osservandola con la coda dell’occhio mentre si sistemava una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Effettivamente la camicetta fantasia, la gonna di denim e i tronchetti le donavano particolarmente. Tuttavia l’espressione tesa sul suo viso non era l’abbinamento ideale. La sentì sospirare, nonostante ci fosse della musica in sottofondo. “Alice?” la richiamò all’attenzione. 

“Che c’è?” rispose, sobbalzando appena. 

“Non pensarci, stasera devi distrarti” 

“Lo so, ma Bella…”

“Tesoro, ascolta, capisco la tua preoccupazione ma non c’è bisogno di stare così in pena. Te l’ho detto: Edward mi ha assicurato che se ne occuperà lui, la chiamerà e, se ce ne sarà bisogno, sarà subito da lei. È nelle mani del suo ragazzo, direi che è al sicuro”

Sospirò ancora. “Hai ragione, sto esagerando e non dovrei. D’accordo, la smetto e mi godo la serata con te e con le mie amiche”

“Brava, questo è lo spirito giusto. E sorridi, quel muso lungo non ti sta affatto bene, soprattutto adesso”

“Perché soprattutto adesso?”

“Perché mi piaci così tanto che rischio di iniziare a baciarti”

“Beh, non sarebbe mica un male” 

“Sì, invece. Primo, perché sto guidando e secondo, perché se inizio poi non mi fermo”

All’affermazione Alice sorrise genuinamente, le guance leggermente imporporate, e Jasper ricambiò, felice di essere riuscito nel suo intento. 

Quando ebbero parcheggiato, scesero dalla macchina e si guardarono intorno in cerca delle ragazze. “Non le vedo da nessuna parte. Saremmo arrivati in anticipo?” domandò Alice.

“No, siamo in perfetto orario” rispose Jasper. 

“Che siano già entrate?”

“Non so, andiamo a vedere”

Si avviarono verso l’entrata e proprio lì vennero avvicinati da Julia. “Eccovi!” disse con un sorriso, salutando prima una e poi l’altro. “Amore, ti ricordi di Alice, vero? È un bel po’ che non vi incontrate”

“Certo, come va?” rispose il ragazzo che stava accanto a Julia, spegnendo una sigaretta ormai finita nel posacenere e stringendole la mano.

“Ciao, tutto bene” 

“E lui è il suo ragazzo” 

“Sono Jasper”

“Davies” 

“Che ne dite di entrare? Pat e Seth si sono già accomodati” propose Julia.

“Okay” risposero i ragazzi, precedendole. 

“Pat e Seth?” chiese Alice a Julia, parlando sottovoce. “Seth Clearwater, per caso?”

“Esatto. Nemmeno io ci credevo quando me l’ha detto” rispose. 

“Ma non è piccolo per lei?”

“Sì, di un paio d’anni, ma da come ne parla sembra entusiasta di averlo conosciuto”

“Entusiasta, dici? Credevo che odiasse sua sorella, non è stata proprio lei a soprannominarla Leah l’arpia?”

“Se è per questo è odio reciproco, ma dice che lui è l’esatto opposto e che si trova bene in sua compagnia”

“Allora, buon per lei, se son rose…”

“Ehi, voi due, che avete da parlottare tanto, eh?” sopraggiunse Patience. 

“Noi? Proprio niente” si affrettò a dire Julia, colta di sorpresa, senza tuttavia scomporsi e perdere il suo tipico aplomb

“Ciao, Patty” salutò Alice.

“Vieni, voglio presentarti una persona…” e così dicendo la prese per un braccio e la trascinò fino al tavolo, dove Jasper stava già facendo conoscenza con il suo accompagnatore. “Alice, Seth. Seth, Alice”

“Piacere di conoscerti” affermò, educato.

“Piacere mio” rispose, stringendogli la mano. 

Fatto ciò ognuno prese posto e si continuò a parlare, si interruppero solo quando giunse il cameriere a prendere le ordinazioni, poi ripresero. 

“Ah, vai al liceo?” chiese Jasper a Seth.

“Sì, frequento l’ultimo anno” rispose il ragazzo. 

“Sai già cosa farai dopo?” chiese anche Davies.

“Sì, lavorerò nell’azienda di mio padre” 

“Che tipo di azienda?”

Mentre i tre parlavano delle rispettive vite per conoscersi un po’, Julia tempestava Patience di domande ed Alice ascoltava interessata. “Quando avete iniziato a frequentarvi?” domandò, sottovoce.

“Circa un paio di settimane fa, si è avvicinato per chiedermi un’informazione e non so come ci siamo messi a parlare. Buffo, non credevo che un parente dell’arpia potesse essere così diverso da lei”

“Ma sei stata tu a chiedergli di uscire? O è stato lui?”

“Anche se mi è sembrato molto insicuro, si è fatto avanti lui per primo”

“Ma quando siete usciti la prima volta?”

“Il giorno dopo aver fatto conoscenza”

“Aspetta, ma… Non avevi detto che avevi da fare con tua madre per quella sera?”

“Beh…”

“Perché non ce l’hai detto subito? Siamo le tue migliori amiche, di cosa avevi paura?”

“Non lo so. Non ho mai segreti per voi ma stavolta non mi sentivo pronta, temevo che mi avreste…”

“Cosa?”

“Giudicata, ecco”

“Perché avremmo dovuto?” chiese Alice. 

“Mi sembra ovvio: perché lui è più piccolo di me”

“Okay, all’inizio ci è parso un po’ strano… E allora?”

“Beh, di solito mi oriento su persone almeno un paio d’anni più grandi e con caratteristiche fisiche che in lui non sono evidenti…”

“Pat, per noi puoi uscire con chi vuoi, vogliamo solo che sia un bravo ragazzo e che tu sia felice” 

“Sì, non vogliamo certo giudicarti. Stavamo solo dicendo che avresti potuto dircelo prima”

“Volevo aspettare che mi ci trovassi bene insieme, che fosse un tipo divertente oltre che carino, prima di presentarvelo”

“Beh, da come parla con i ragazzi, direi che lo sembra”

“Oh, lo è. Non voglio farmi illusioni, ma mi piace davvero. Per una volta credo che più che la bellezza mi abbia colpito la sua personalità. Guardatelo: non sarà una statua di marmo come Jasper, né un ammasso di muscoli come Davies, ma è così tenero con me, e le sue battute sono forti. Non so perché, ma mi ricorda un lupo, è carino e adorabile ma è quasi sempre solo, a quanto ne so non ha molti amici” 

“Ma adesso ha te”

“Oh, Alice, sto così bene con lui, il tempo passa così in fretta quando siamo insieme...”

“Non dico nulla, per ora, ma sembra che tu abbia trovato l’unica persona che sia in grado di estendere le tue vedute sugli uomini”

“Forse hai ragione, Julia”

“E dimmi, vi siete baciati?”

“Ancora no, Alice, non so, forse non vuole…”

“Ma che dici? Fidati, da come ti guarda si direbbe tutto il contrario, è cotto di te. Probabilmente è solo timido”

“Lo credo anch’io, aspetta il momento giusto”

“Se così fosse spero che questo ‘momento giusto’ arrivi presto”

“Senz’altro, ma non dargli fretta”

“No, no” assicurò, smettendo di arrossire per un momento ma riacquistando colorito subito dopo essere tornata a guardarlo. 

La divisione tra ragazzi e ragazze non durò a lungo, presto si scambiarono di posto per poter partecipare ai diversi discorsi che nascevano. 

“Finalmente si balla!” esclamò ad un tratto Patience notando che veniva fatto spazio nella sala accanto, preparando così una pista da ballo. “Andiamo?”

“Ehm, io non…” balbettò Seth, cercando di trovare un modo carino per rifiutare. 

“Oh, avanti, non usare la vecchia scusa del ‘non so ballare’, non me la bevo”

“Ma non è una scusa, veramente non so ballare e…” 

“Andiamo, dai, sarà divertente!”

Il poveretto non ebbe modo di finire la frase o ribattere che già lo aveva preso per mano e trascinato via. Patience era a tratti insicura ma, quando c’era qualcosa che voleva fare, era come un vulcano in eruzione: niente la fermava.  

“Ti va di ballare?” chiese subito dopo Jasper.

“Mi piacerebbe” rispose Alice con un sorriso. Offertale la mano, l’aiutò ad alzarsi e si trasferirono anche loro nella vicina sala dove la musica stava partendo. 

“Stavo pensando…” cominciò poi Julia.

“Ah, non guardare me. Sai che detesto ballare e, soprattutto, odio questa musica” fece, sottolineando la parola con aria disgustata. 

“Sì, so che preferiresti di gran lunga andare a un concerto trash metal, ma per una volta potresti accontentarmi” 

“Dai, Jules, non insistere” 

La ragazza sbuffò. “D’accordo, ma non pensare che me ne starò qui impalata a guardarti scolare l’ennesima tre quarti. Voglio ballare ed è ciò che intendo fare, anche senza di te” quindi si alzò e seguì le altre due coppie. “Ma Davies non viene neanche stavolta?” le chiese Patience, vedendola arrivare da sola. 

“No, è il solito egoista. Ma so io come stuzzicarlo…”

E la vide allontanarsi. 

“Qualche problema?” chiese Seth. 

“No, tutto a posto. Hai visto che non è così difficile? Non lo trovi divertente?” gli chiese. 

“Sì, sì. Molto…” fece il possibile affinché le sue parole suonassero convincenti – in realtà si sentiva in imbarazzo e non si stava divertendo affatto, ma lei gli sembrava così graziosa che non osava deluderla. 

“Te l’avevo detto che ti sarebbe piaciuto!” esclamò, stringendolo ancora un po’ a sé. 

Poco più in là… 

“Peccato che alla mia festa non abbiamo ballato insieme, mi sarebbe piaciuto” sussurrò Alice all’orecchio di Jasper. 

“Anche a me, sai? Ma ci stiamo rifacendo adesso. Stai benissimo stasera anche se devo ammettere che quella volta eri irresistibile” rispose. “Chiunque avrebbe approfittato del tuo stato di ubriachezza”

“Ma non tu” precisò. “Tu sei diverso”

“Non dimenticare che ti ho baciato”

“Sì, ma è finita lì. E poi mi hai accompagnata a casa e hai aspettato che mi addormentassi. Quanti si sarebbero comportati così?”

“Essendo un uomo, non molti, direi”

“Già. È anche per questo che ti amo” 

“Oh, piccola, anch’io ti amo” sorrise. “Sai, ripensando a quella sera non avrei mai sperato che saresti stata mia un giorno”

“Io men che meno, lo sai bene, ma non si sa mai cosa può riservare il destino. Quando mi sono trasferita qui a Manchester ero ancora attaccata a delle sciocche convinzioni ma poi, quando ti ho conosciuto, mi sei entrato dentro al cuore e sei riuscito a cambiarmi, a farmi sentire davvero amata”

“Ne sono felice, posso solo aggiungere che hai dato un senso alla mia vita”

Quelle parole le fecero spuntare un sorriso che la illuminò tutta, lo abbracciò e lo baciò con passione, ignorando il fatto che ci fossero decine di persone intorno a loro. 

Intanto, nella sala accanto…

‘Prendersela tanto per una simile stron…’ pensò Davies, ancora intento a bere. ‘Ehi, ma che accidenti fa quello?’

Il suo sguardo si era spostato su un ragazzo che ballava avvinghiato a una ragazza molto carina che riconobbe subito come Julia. Mollò istantaneamente la birra vuota sul tavolo e si avviò in quella direzione a passi rapidi. “Ehi, tu” fece, una volta arrivato, attirando l’attenzione del ragazzo, ergendosi in tutta la sua stazza e guardandolo minacciosamente, serrando i pugni semi coperti da guanti borchiati. “Tocca a me ballare con la mia ragazza, se non ti spiace” 

Inutile dire che l’ultima frase era sarcastica e che i suoi occhi dicevano: Se non le togli subito le mani di dosso ti farai una viaggetto di sola andata in ospedale

“Ah, è la tua ragazza? Non lo sapevo, scusa tanto, amico” fece quello, cercando di non lasciar trasparire la giustificata preoccupazione alla vista delle sue robuste braccia e dei pettorali che aderivano sotto la maglia nera, capendo che avrebbe fatto una brutta fine se solo si fosse opposto a quel bestione. 

“Saggia decisione, amico” fu la sua sprezzante affermazione mentre prendeva le mani di Julia, e subito dopo si rivolse a lei. “Accidenti a te, come puoi ballare col primo che capita? Sotto i miei occhi, poi!”

“Scusami, tesoro, ma tu non vuoi mai ballare e non puoi certo pretendere che rinunci a quattro salti in pista. Non sarai mica geloso, eh?” domandò, con aria di finta ingenuità. 

“Sai benissimo che lo sono, questo giochetto ormai non funziona più”

“Non direi, dato che sei qui. Sei arrivato prima del previsto, complimenti, hai battuto il tuo stesso record” scherzò. 

“Odio vederti tra le braccia di un altro, non farlo più” continuò, serio ma non più arrabbiato.

“E allora sforzati di ballare. Sono la tua ragazza, sai che mi renderebbe felice, non puoi farlo per me?”

“Anche gli occhi dolci, adesso… Okay, mi sforzerò, ma solo perché non voglio che ti guardino in quel modo né tanto meno che ti tocchino, dovrei spaccare troppe facce. Odio quelle teste di ca…”

“So che ci tieni a me, provo lo stesso per te” lo abbracciò e lo baciò, impedendogli di continuare e guidando i suoi movimenti in modo tale che potesse accennare un ballo. 

“Sei mia, Jules”

“Certo. E tu sei mio, Dave” 

Si lasciarono andare ad un bacio infuocato che contagiò presto altre coppie. 

 

 

“È stato divertente uscire tutti insieme, abbiamo trascorso una bella serata. Grazie” disse Alice, mostrandosi un po’ stanca ma comunque entusiasta. 

“Di niente, tesoro, questo ed altro per te” rispose Jasper, baciandola. 

“Ci vediamo domani?”

“Certo, vengo a prenderti al solito orario. Buonanotte”

“Buonanotte, amore”

E dopo essersi baciati ancora una volta, si salutarono. 

Alice aprì la porta di casa e si tolse prima la giacca e poi le scarpe, facendo riposare i piedi stanchi. Notando le luci accese, capì che Bella era ancora sveglia. “Sono a casa” disse. Non udendo risposta fece spallucce e salì al piano superiore. Una volta superate le scale notò Edward fuori dalla porta del bagno. “Ehi, che ci fai qui?” gli chiese. “È successo qualcosa?”

“Non lo so” rispose, l’aria stanca e preoccupata.

“Come non lo sai? Bella dov’è?”

“Sì è chiusa dentro e non vuole saperne di farmi entrare” indicò la porta del bagno. “Ci siamo sentiti al telefono poco fa, mi ha detto di stare bene, di avere solo un po’ di nausea ma l’ho sentita così strana che ho preferito venire a vedere come stesse realmente”

“Spostati un attimo” fece, avvicinandosi alla porta. “Bella, che succede? Perché ti sei chiusa dentro?”

Nessuna risposta. 

“Bella, per l’amor del cielo, dimmi almeno che non sei svenuta”

“No” si sentì appena. 

“Per favore, apri la porta, non hai idea di quanto sia preoccupato” disse Edward.

“Mi spiace, ma non serviva che venissi, va tutto bene”

“No, Bella, è evidente che non va tutto bene!” e dicendo ciò sferrò un pugno contro il muro, colmo di frustrazione. 

Alice, con l’orecchio incollato alla porta, sentì Bella singhiozzare e così fece segno a suo fratello di avere pazienza ed aspettare di sotto. Edward sbuffò ma obbedì e scese le scale. 

“Edward è di sotto, adesso ci sono solo io, apri la porta”

“No, Alice…”

“Bella, apri subito! Sono tua amica, condividiamo tutto in questa casa, sappiamo tutto l’una dell’altra, perché ti comporti così proprio ora che hai bisogno di aiuto?”

Bella restò in silenzio per qualche istante, poi decise di aprire la porta e lasciarla entrare. Era seduta sul pavimento, un fazzoletto sgualcito tra le mani, le guance rigate dalle lacrime. Alice le si sedette accanto e le mise le mani sulle spalle. “Che cos’hai? Ti prego, basta mentire, dimmi la verità” implorò. 

La ragazza esitò, soffiò forte il naso e deglutì un paio di volte. “Edward è ancora di sotto?” chiese. 

“Sì, ed è molto preoccupato”

“Va bene” e detto ciò le porse qualcosa che teneva nell’altra mano. “Adesso capirai”

“Che cos’è?” chiese inizialmente prendendo l’oggetto, poi spalancò la bocca. “Ma questo è…? Allora tu… Sei incinta” 

“Sì…”

“Ma… Ne sei del tutto sicura? Non è detto che sia proprio così, insomma dovresti ripetere…”

“Alice, è sicuro” l’interruppe. “È il terzo test che faccio stasera, ed è il terzo risultato positivo. Non c’è nessun errore”

Cercò di asciugare le lacrime con il fazzoletto zuppo, controllando a stento la voce rotta dal pianto. Alice posò il test di gravidanza sul pavimento e, spostando la testa, notò che dietro a Bella ce n’erano altri due ed entrambi avevano lo stesso colore del primo. 

“Credevo che fosse stress ma non mi sono mai sentita così strana. E, data la nausea, ho voluto fare un tentativo, anche perché è da molto che ho un ritardo nel ciclo. Non volevo nemmeno pensarci, invece…”

“Bella…” le mise un braccio attorno alle spalle. “Capisco che sia una sorpresa, uno shock perché sei giovane ma… Perché sei così disperata?”

La ragazza la guardò negli occhi, erano irritati dalle troppe lacrime e dallo sforzo conseguente ai conati di vomito. 

“Forse tu… Non vuoi tenere il bambino? È per questo?”

Bella esplose in una nuova crisi di pianto. “No, tutto il contrario!” gemette, la voce roca. “Sono davvero felice però…”

“Però?”

“Non mi sento pronta e… Non so come lo cresceremo. Edward e io siamo ancora studenti e a malapena riusciamo a tirare avanti con i nostri piccoli lavori, non gli daremo mai il futuro che merita… Mi sento così in colpa”

Alice l’abbracciò forte, sospirando. Capiva perfettamente come stava Bella, anche lei in quella situazione si sarebbe sentita persa e disperata, perché anche lei stava ancora studiando ed avere un lavoro assai modesto che non le avrebbe mai permesso di avere un bambino con Jasper. Anche se in quella famiglia era la più piccola sapeva che sarebbe toccato a lei aiutare Bella, sapeva che avrebbe dovuto starle accanto e farle coraggio. “Ascolta, adesso cerca di calmarti, okay? Su, soffia il naso e poi fa’ un respiro profondo” disse, porgendole un fazzoletto nuovo e togliendole dalle mani quello utilizzato. 

“Cosa farò, Alice?” chiese Bella, sfinita. 

“Non lo so, ma non devi abbatterti così. Innanzitutto devi smettere di piangere e farti forza. Vieni, alziamoci da terra” le prese la mano e l’aiutò a mettersi in piedi. “Rinfresca il viso con l’acqua”

Bella seguì il consiglio, lavò prima il viso, poi spazzolò velocemente i denti per togliersi il sapore amarognolo dalla bocca e ravviò i capelli all’indietro con le dita. Si sentiva uno schifo, aveva un aspetto orribile, il solo vedere il proprio riflesso nello specchio le faceva venire voglia di ricominciare a piangere.  

“Adesso credo che dovremmo fare un passo per volta. Innanzitutto abbiamo scoperto qual era il problema, siamo già un passo avanti verso la giusta soluzione. Non credi anche tu?”

Bella si sforzò di annuire, assolutamente poco convinta da quelle parole. 

“A questo punto direi che devi dirlo a Edward”

Bella si trattenne a stento dal piangere, iniziando a scuotere la testa come una forsennata. “No, no, no, no. Non posso dirglielo!” gracchiò, la gola in fiamme. 

“Devi farlo, Bella” l’incoraggiò, cercando di tenere i nervi saldi e nel contempo di suonare rassicurante.

“Non voglio. Alice, ti prego, io…” 

“Bella!” la costrinse a guardarla negli occhi. “Non puoi non dirglielo, è una cosa troppo importante. Ricorda che i bambini si fanno in due, non puoi escluderlo da qualcosa che lo riguarda almeno quanto te” 

Gli occhi della ragazza divennero lucidi, tirò su col naso ma non pianse. Sospirò, ancora incredula ed afflitta da quanto era accaduto, attese un istante prima di parlare. “Hai ragione, il bambino non è solo mio ma anche suo. Devo dirglielo, prima o poi”

“No, Bella. Adesso”

“Ma…”

“È di sotto che muore di preoccupazione, ha tutto il diritto di sapere, e subito anche” aprì la porta del bagno e la spinse fuori con dolcezza, sebbene il suo tono di voce e l’espressione sul suo viso rappresentavano piena risolutezza. “Coraggio”

Bella sospirò per l’ennesima volta, uscì e iniziò a scendere le scale, reggendosi al corrimano per paura di cadere, dato un lieve senso di vertigine. Alice scese subito dopo di lei. Edward attendeva seduto sul divano con le braccia conserte, i muscoli del volto in tensione, sbuffava di tanto in tanto pur di contenere l’impazienza che lo tormentava. Scattò in piedi non appena avvertì dei passi provenire dalle scale. “Bella!” esclamò frustrato, guardandola. “Si può sapere cos’ hai?”

“Edward, ascolta, Bella deve dirti una cosa molto importante” incalzò Alice, notando l’incertezza sul volto dell’amica, sperando così di poterla spronare.Il ragazzo serrò le labbra e la guardò fisso, Bella mantenne lo sguardo basso, incapace di incrociare il suo, le mani tremanti. 

“Se sono il problema, se vuoi lasciarmi… Dillo e basta!” sbottò il giovane Cullen, dopo un lungo minuto di silenzio. 

“No, non voglio lasciarti!” scattò su come una molla, guardandolo finalmente negli occhi. “Come puoi anche solo pensarlo?”

“Non lo so, ultimamente sei così strana che non so più niente. Cerco di starti vicino, di parlarti, di offrirti tutto il mio supporto, ma mi allontani costantemente, ti isoli e mi tratti freddamente. Chiunque, al mio posto, la penserebbe come me” 

La preoccupazione era evidente sia nello sguardo che nella voce del ragazzo. 

“Mi dispiace, io… Ti amo. Ti amo così tanto” disse, il tono di voce sempre più basso. 

“E allora, se non è questo, di che si tratta? Parla, dimmi come stanno le cose, una buona volta!” sbraitò. 

Alice alzò un braccio in direzione del fratello, facendogli segno di calmarsi e di non esagerare, poi mise le mani sulle spalle di Bella e con una carezza le fece sentire il proprio appoggio, sperando che il semplice gesto le desse un po’ di coraggio. “Edward…” cominciò, gli occhi le si riempirono di lacrime ma non riuscì a frenarle. Lui si morse il labbro inferiore, attendendo che continuasse. 

“Aspetto un bambino. Da te” 

 

 

_____________________________

 

L’angolo di Amy

Ciao gente,

come ve la passate?

Il mistero è stato risolto ma voi lo sapevate già, vero? ;) Povera Bella, si sente inadeguata a diventare mamma. E povero Eddie, gli è preso un colpo! XD 

Mi scuso per il capitolo, mi rendo conto che a tratti risulti un po’ strano, l’ho scritto in gran parte la notte dato che ultimamente non riesco a dormire e, quindi, non so se sia venuto fuori qualcosa di decente… Ditemi voi! ^^ 

Lasciatemi una recensioncina, mi raccomando, ci terrei moltissimo! E poi non credo che vorreste subire le ire di Leah l’arpia, giusto? XD 

A proposito, grazie mille a Lorelaine86, Orsacchiotta Potta Potta e alice cullenhalesnlgdr per aver recensito lo scorso capitolo ^^

Un abbraccio a tutte e spero a presto,

Amy  


Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 17: Tensioni e piccoli momenti ***


 


Tensioni e piccoli momenti 


“Come?” 

Edward credé di non aver capito o, forse, volle non capire. Bella singhiozzò forte e parlò di nuovo, sorretta da Alice. “Sono incinta, Edward” ribadì, roca. 

A quella conferma il ragazzo sbiancò, scioccato. Non credeva alle proprie orecchie. 

“Incinta… Tu?” 

Bella annuì, continuando a piangere. Il ragazzo le si avvicinò e la strinse forte fra le braccia, restò in silenzio, era evidente che la notizia lo aveva davvero spiazzato, non sapeva cosa dire. Lui e Bella avrebbero avuto un bambino, lui stava per diventare padre. Padre. Come suonava strana quella parola e di colpo sembrava non avere davvero senso, eppure iniziava a rimbombargli forte nella testa, quasi fino a stordirlo. Tanto che dovette costringersi a parlare pur di far scomparire quell’eco. “Quindi era per questo…” articolò, lasciando la frase a metà.

“Sì” biascicò lei in risposta. “Credevo che fosse solo un forte stress, invece è… Una gravidanza” 

Edward guardò Alice, se ne stava in piedi vicino al divano, le braccia conserte, lo sguardo incatenato al suo, sembrava tesa, come se volesse dire molte cose ma non avesse il coraggio di parlare, consapevole che la cosa, in fin dei conti, non la riguardasse direttamente. Era del loro futuro come coppia che si trattava, il suo non sarebbe cambiato, quindi non avrebbe messo bocca sulle decisioni che avrebbero preso – anche se sperava con tutto il cuore che lui la pensasse come Bella e che avrebbero tenuto il bambino, non poteva pensare ad una soluzione diversa da quella; sarebbe stato terribile se lui avesse chiesto a Bella di abortire, si rifiutò anche solo di ammettere una simile possibilità.     

“Puoi lasciarci soli?” le chiese suo fratello. 

“Certo, buonanotte” rispose, voltandosi e andando nella sua stanza al piano di sopra, cercando di non far trasparire tutta la preoccupazione che l’affliggeva. Presto l’unico rumore udibile fu il ritmico singhiozzare di Bella, avvolta nelle calde braccia di Edward, alla ricerca di protezione e conforto.  

“Ne sei del tutto sicura?”

“Sì, Edward”

“Perciò ti eri chiusa in bagno?”

Annuì semplicemente. 

“Hai fatto uno di quei test che si fanno in questi casi?”

“Tre” precisò. “Ed il responso è stato sempre lo stesso” 

Il ragazzo si irrigidì ma continuò ad abbracciarla con lo stesso calore. 

“Non so cosa fare. Ho paura che non saremmo in grado di essere genitori, siamo ancora ragazzi e non ci sono le condizioni più favorevoli… Eppure, adesso che so che una vita sta per formarsi dentro di me… Io voglio che nasca, Edward, voglio crescerlo!” e detto ciò trovò il coraggio di alzare la testa verso di lui e guardarlo. Aveva gli occhi gonfi e arrossati ma l’espressione sul suo viso si era fatta di colpo decisa, il dubbio era svanito. Lui la guardò perplesso, capendo lo sfogo ma non il perché di quell’espressione. 

“Voglio tenere il bambino e, se ti venisse anche solo in mente di chiedermi di abortire, sappi che io non…” ma non poté finire la frase perché Edward le coprì la bocca con un bacio, soffocando alcune parole. “Che razza di uomo sarei se ti chiedessi di farlo? È una vita. Anzi, no, è la nostra vita, è parte di noi” disse in tono fermo, guardandola negli occhi a sua volta. “Voglio questo bambino, desidero crescerlo insieme a te. Dio, è la notizia più sconvolgente e meravigliosa che potessi darmi!”

“Allora, noi…”

“Sono pronto a fare qualsiasi cosa, non m’importa quanto sarà difficile o impegnativo e quanti sacrifici comporterà. Voglio stare con te, Bella. Saremo tu, io e nostro figlio. Per sempre”

“Per sempre” ripeté lei, come se quelle parole fossero magiche e potessero dar vita a uno splendido incantesimo. Si strinsero di nuovo in un abbraccio, felici, nonostante conoscessero già le difficoltà cui sarebbero dovuti andare incontro. 

“Adesso, per prima cosa, dovremmo dirlo agli altri e poi alle nostre famiglie. Di sicuro a mio padre e mia madre farà immensamente piacere, nonostante la nostra età. Tua madre non la conosco, ed è perciò un’incognita, chi mi preoccupa però è tuo padre. Da quel che ricordi non gli vado molto a genio, vero?”

“Beh, ecco, diciamo che non ha una particolare simpatia per te… Ma è un padre, io sono la sua unica figlia, è normale che sia geloso. Vuole solo proteggermi”

“Certo e di sicuro la prenderà male, mi vede come il vampiro pronto a succhiare il sangue dal collo della sua bambina per portarla nel suo angusto castello e renderla un mostro…”

Bella non poté trattenersi dallo scoppiare in una fragorosa risata e Edward sorrise, felice di vederla più rilassata. “Per fortuna che ci sei tu, sai sempre come farmi ridere. Ma come fai a sapere che ti soprannomina il vampiro?”

“L’ho sentito una volta mentre ci parlavi al telefono, parlava così forte che anche un sordo avrebbe capito che si riferiva a me. Lo trovo divertente, anche se non capisco l’attinenza”

“Lascia stare… Comunque non preoccuparti di lui. So per certo che ha stima per Carlisle ed Esme e poi parlerò con mia madre, quando si tratta di me è disposta a farsi in quattro. Se le chiedessi di venire, lei lo farebbe senz’altro e, credimi, anche se hanno divorziato, papà si fida ancora di lei e del suo giudizio. Se piaci a mamma, è fatta. In questo lui non differisce molto da Carlisle”

“Beh, lo spero, non voglio perderti per nessuna ragione al mondo” 

“Non accadrà. Non sono più sotto il suo stesso tetto, ormai sono un’adulta e so quello che voglio” 

“Quindi sei pronta ad affrontare tutto questo?”

“Certo”

“Mi spiace averti creato problemi, è stata solo per colpa mia. Quella sera ho voluto rischiare, credendo che una possibilità su un milione non capitasse proprio a noi e…”

“Ma no, che dici? Ero d’accordo, tu desideravi me ed io te, quindi è successo. Certo, è vero che la contraccezione è fondamentale, anche se non credevo che per una volta sarebbe finita così. Quindi non è colpa tua, siamo responsabili entrambi per quanto è successo. Non tormentarti, non è successa una disgrazia, da un nostro errore nascerà qualcosa di bellissimo”

“Il mio miglior errore”

“Il nostro miglior errore”

Le accarezzò dolcemente le guance. 

“Sono felice, Edward”

“Anch’io, Bella. Ti amo”

Si scambiarono un bacio, poi, data la visibile stanchezza della ragazza, si accoccolarono sul divano e si tennero stretti l’uno all’altra, sconvolti ma, allo stesso tempo, molto felici. Edward rimase lì quella notte e dormì sul divano con Bella, abbracciandola teneramente, assumendo una posizione protettiva e rassicurante che faceva sembrare la giovane Swan un fiore riparato dalle intemperie. 

 

 

La mattina dopo Alice, su richiesta di Bella, telefonò a Emmett e Rosalie per informarli che era stata scoperta la causa del malessere della ragazza ma che era una cosa importante e andava detta di persona. La coppia non tardò ad arrivare insieme a Jasper.  

“Buongiorno, scusate se vi ho buttato giù dal letto presto stamattina, ma è importante” li salutò la piccola Cullen, chiudendo la porta d’ingresso una volta che furono entrati.

“Non preoccuparti. Di cosa di tratta?” chiese subito Rosalie, allarmata. 

“Accomodatevi in salotto mentre appendo i cappotti, ve lo dirà Bella stessa” assicurò, intenta a sistemare gli indumenti sull’attaccapanni posto nell’ingresso. 

“Aspetta, ti aiuto, tre in una volta sono troppi” disse Jasper, prendendo il grosso cappotto di Emmett e la costosa giacca di Rosalie e sistemandoli sugli appositi pomelli di legno.  

“Grazie, tesoro” sorrise lei. Per tutta risposta lui la cinse da dietro e le circondò la vita sottile con le braccia, attirandola a sé e insinuando le labbra nell’incavo tra collo e spalla e baciandola, suscitando in lei piccoli brividi che, seppur a malincuore, si liberò dalla gentile presa. “Non è il momento, né il luogo adatto” lo rimproverò, rossa in viso. “Andiamo di là”

Jasper sorrise divertito e la seguì in salotto. Bella appariva un po’ tesa ma aveva l’aria più riposata rispetto alla sera prima, sedeva sul divano costantemente abbracciata a Edward che si rifiutava di separarsi da lei. Non appena tutti si furono accomodati, la ragazza sospirò e si decise a parlare. “Grazie per essere qui, ragazzi. Vedete, si tratta di una cosa molto importante e volevo che ci foste tutti” 

“È successo qualcosa di grave?” chiese allora Rosalie, constatando che non proseguiva. 

“Beh, non lo definirei così, però…”

“Lascia che lo dica io” fece Edward, accarezzandole un braccio. “Ragazzi, Bella è incinta”

Il silenzio pervase la stanza per un istante, quindi Emmett azzardò una battuta. “È un po’ presto per il pesce d’aprile, questo non vale mica, sai?”

“Emmett non è affatto uno scherzo” rispose, serio. 

“È vero, Bella?” chiese Rosalie.

“Sì” rispose, stringendosi contro il suo ragazzo. 

Il maggiore dei Cullen rimase a bocca aperta, si sarebbe aspettato di tutto da suo fratello ma quella volta riuscì davvero a spiazzarlo. 

“Ma è una bellissima notizia!” esclamò di colpo Rosalie, alzandosi e andando ad abbracciare l’amica. “Incredibile, stai per diventare mamma!”

Quella parola piacque davvero a Bella, aveva un suono caldo e dolce, sorrise e ricambiò l’abbraccio. 

Emmett era ancora incredulo e Jasper aveva un’espressione simile alla sua. Quando Alice incrociò il suo sguardo il ragazzo arrossì e si volse dalla parte opposta. Evidentemente aveva immaginato una situazione simile ma con loro come protagonisti ed incrociare lo sguardo di lei lo aveva messo in imbarazzo. 

“Sono felice per voi”

“Grazie, Rose”

“Che sorpresa” disse Emmett, avvicinandosi al fratello. “Edward lo scapestrato che diventa papà, mi sembra impossibile. Dovrai appendere l’apribottiglie al chiodo, lo sai, no?”

“Sì ma, se non altro, sarà per una buona causa. Dovrò smettere con le bevute serie ma un paio di pinte non mi faranno uscire di senno…” 

“Eh, qualcosa mi diceva che Bella sarebbe stata la ragazza che ti avrebbe fatto mettere la testa a posto” 

“Certo, perché nessuna è come lei” disse, guardandola mentre era ancora abbracciata a Rosalie. 

“Sono contento di diventare zio, sarà un bravo red devil, lo porterò allo stadio e gli insegnerò tutti i cori e i nomi dei nostri giocatori” 

“Ehi, come corri, e se fosse una bambina?” s’intromise Rosalie. 

“Sarebbe lo stesso, la vestirei da football fairy e sarebbe l’orgoglio di zio Emmett”  

“Che bello! È in momenti come questo che sono orgoglioso di averti come fratello”

“Oh, cielo, quei due sono senza speranza” commentò la bionda, alzando gli occhi al soffitto. Bella sorrise, non le importava che le idee dei due fratelli fossero assurde, sapeva che quello era il modo di Emmett per dire che potevano contare su di lui. E lo stesso valeva per Rosalie e anche per Jasper che, sebbene se ne stesse zitto, sorrideva. 

“Grazie, ragazzi, grazie di cuore” disse, mentre una lacrima scivolò su una sua guancia. 

“Non piangere, siamo contenti” 

“Lo so, ma a volte la felicità fa commuovere” 

“Ma chi altro ne è a conoscenza a parte noi?” domandò poi Emmett. 

“Nessuno” rispose Edward. 

“Quindi mamma e papà ancora non lo sanno” dedusse. “Ma quando lo avete scoperto?”

“Ieri sera. Bella si era chiusa in bagno, poi però è uscita e mi ha detto come stavano le cose”

“Sarà stato un colpo, inizialmente”

“Beh, sì, lo ammetto. Ma subito dopo la notizia m’ha reso felice”

“Anch’io lo sarei stato” 

“Comunque abbiamo intenzione di dirlo prima a mamma e papà, poi Bella parlerà con sua madre”

“Ne saranno entusiasti, vedrai, è da quando le ho presentato Rose che mamma fa battute sul tempo che passa e su quanto le mancano i versi dei bambini in giro per casa…”

“Oh, beh, loro non credo che saranno un problema. Più che altro il padre di Bella…”

“Comunque vadano le cose, non perdere di vista la cosa più importante”

“No, no. Da oggi inizierò a risparmiare il più possibile e metterò da parte tutto ciò che posso, al momento quel lavoretto è l’unico che mi permette anche di studiare, forse ci vorrà parecchio ma non farò mancare mai nulla a Bella”

“Di questo ne sono sicuro. Comunque sono certo che i nostri genitori non esiteranno un attimo a darti una mano, e poi non dimenticarti di tuo fratello”

“Grazie, Mett”

“Scherzi?” gli batté un’amichevole pacca sulla spalla. 

 

 

Un paio di giorni dopo Edward e Bella partirono alla volta di Leeds, città in cui viveva Charlie, il padre di lei, e dove li avrebbero poi raggiunti i Cullen e Renée, la madre. 

Alice rimase sola e ne approfittò per scaricare un po’ le tensioni dell’ultimo periodo pulendo la casa da cima a fondo e mettendo in ordine dove serviva. A un certo punto dovette abbassare il volume dello stereo per assicurarsi che il telefono stesse davvero squillando, ed effettivamente era così. Allarmata, si affrettò a rispondere, credendo che Bella la stesse chiamando, sperando che non si trattasse di cattive notizie.

“Pronto?” alzò la cornetta. 

“Ehi, sorellina” disse una voce familiare all’altro capo del telefono. 

“Mett, sei tu!” sospirò, rincuorata.

“E chi altri? Sir Alex Ferguson? Sua Altezza?”

“Sei in vena di scherzare, eh? Non vorrai mica prendere il posto di Edds, vero?”

“No, no, il ruolo del giullare spetta a lui di diritto, ma va ricordato che io gli ho insegnato tutto”

“Già, ma poi ci ha messo del suo ed è peggiorato…” 

“In effetti… Però sono certo che suo figlio apprezzerà questa sua qualità”

“Lo credo anch’io, se è un fratello spassoso, sarà un padre fantastico”

“Dovrei dirglielo che lo stimi a tal punto, lui dice che sono io il tuo preferito”

“Siete allo stesso livello per me, voglio bene ad entrambi, ma in modi diversi. Comunque no, è assolutamente vietato dirglielo!”

“Oh, e perché?”

“Non vorrai mica un Edward di zucchero, vero?”

“No, no, lo lascio volentieri a Bella… Meglio il buffone scapestrato!”

“Già, altrimenti non sarebbe più lui”

“Comunque ti ho chiamata per sapere come va, se hai bisogno di qualcosa”

“Va tutto bene, grazie”

“Sicura? Rose pensa che potresti sentirti sola ora che Bella non c’è”

“Sei da lei?”

“Sì, mi si è scaricata la batteria del cellulare, ti sto chiamando dal fisso di casa sua. Si è offerta di ospitarti, che ne dici?”

“Davvero? Dopo passamela, ci terrei a ringraziarla del pensiero, però no, grazie. Sono a posto così”

“Si sta preparando per uscire, comunque glielo dirò. Vuoi restare lì, quindi?”

“Sì, non devi preoccuparti per me, non sono più una bambina”

“Lo so. D’accordo allora, ma per qualsiasi cosa avvertimi, okay?”

“Grazie, lo farò, esci pure tranquillo. Buona serata, fratellone”

“Anche a te” salutò, prima che Alice riattaccasse. 

La ragazza allora si stiracchiò e si accoccolò sul divano a fare un rapido giro dei canali televisivi. ‘Uffa, come al solito quando accendo io la tivù non c’è mai niente d’interessante da guardare’ pensò, sbuffando. ‘Quasi quasi vado a fare un bagno, almeno mi rilasso’ 

Spense il televisore e si diresse in bagno. Una volta entrata versò un po’ del suo bagnoschiuma fruttato nella vasca, regolò l’acqua e lasciò che scorresse, iniziando a formare una ricca e profumata schiuma. Nel frattempo andò in camera sua, prese alcuni indumenti dal proprio armadio e li sistemò sul letto, quindi tornò in bagno e controllò il livello dell’acqua. ‘Ci vorrà ancora un po’ perché sia piena’ constatò. 

Ne approfittò allora per scegliere qualche trattamento dall’armadietto, allestendo un vero e proprio angolo di bellezza su uno dei mobili della stanza. A quel punto si tolse i vestiti e pregustò già l’effetto del bagno, ma non fece in tempo ad infilare un piede nell’acqua che suonarono alla porta. ‘Chi sarà?’ si domandò. ‘Certo che la gente potrebbe evitare di scocciare a quest’ora… Però potrebbero essere Bella e Edward’

Bussarono di nuovo. ‘Okay, ho capito, devo andare per forza’

Indossò l’accappatoio e le pantofole e di malavoglia si affrettò a raggiungere l’ingresso. Si assicurò di essere ben coperta, quindi ravviò i capelli all’indietro e sbirciò dallo spioncino sulla porta ma non riuscì a vedere nulla. La cosa la irritò, non poteva trattarsi dell’amica perché, ovviamente, aveva le chiavi. “Chi è?” domandò, non riuscendo a nascondere il tono seccato.

“La disturbo forse, signorina?” chiese una voce maschile da fuori. 

Alice aprì la porta per assicurarsi di aver sentito bene. “Jazz!” esclamò, vedendolo. 

“Sorpresa! Non te l’aspettavi, eh?” 

“Direi di no, in effetti”

“Ma se vuoi che vada…”

“E perché dovrei volerlo?”

Il ragazzo la baciò e sorrise malizioso, notando che indossava l’accappatoio. “Pensavo di venirti a prendere e di uscire ma stavi facendo il bagno, vero?”

“Sì, oggi ho pulito a fondo la casa e sono un po’ stanca, pensavo di rilassarmi”

“Capisco, comunque davvero, se vuoi che vada…” non terminò la frase, sapeva che non l’avrebbe lasciato andare per nessun motivo. 

“Jazz, piantala ed entra! Ehi, che bei fiori”

“Ti piacciono? Sono per te, naturalmente” e così dicendo le porse un mazzetto di ortensie. “A proposito, scusa se è un po’ improvvisato ma l’unico fioraio accessibile era chiuso, così sono tornato indietro e ne ho preso qualcuno dal giardino di Rose”

“Cosa? Vuoi dire che il mazzo lo hai preparato tu?”

“Beh, sì”

“Ma Rose non sarà arrabbiata?”

“Non preoccuparti, le ho chiesto il permesso prima”

“Oh, Jasper, sei un tesoro!” e così dicendo lo abbracciò. Il ragazzo ricambiò l’abbraccio ma sentì l’eccitazione salire non appena le sue mani toccarono la spugna dell’accappatoio, ricordando che Alice stava per fare il bagno. Non si trattenne dal baciarla, all’inizio dolcemente, poi con più fuga, fino a farla arrossire. 

“Jasper, così all’improvviso…” boccheggiò lei, riprendendo fiato. 

“Scusami, piccola” le sussurrò in un orecchio, la voce improvvisamente bassa e sensuale. “È solo che ultimamente non abbiamo avuto molto tempo per noi e in accappatoio sei una tentazione troppo forte. Ti desidero”

Alice sorrise timidamente a quelle parole e si lasciò andare alla dolce insistenza dei suoi baci che si facevano sempre più impertinenti.

“Oh, no!” esclamò all’improvviso.

“Che succede?” chiese Jasper. 

“Aspetta, vado a chiudere l’acqua o rischio di allagare il bagno!”

Corse nella stanza e strinse i rubinetti, impedendo così all’acqua di fuoriuscire, si voltò per tornare in salotto ma notò che il ragazzo l’aveva seguita. Inaspettatamente la prese fra le braccia e la fece sedere sulla lavatrice, attirandola a sé e riprendendo a baciarla. Lambì la sua bocca con labbra affamate, spostandosi prima sulla mandibola, poi sul collo, facendo pressione sulla pelle con la lingua, regalandole leggeri brividi in tutto il corpo. Liberò le spalle ed il seno dall’accappatoio ed iniziò a cospargere le zone di baci, accarezzandole la schiena, denudandola a poco a poco. A sua volta Alice lo aiutò a togliersi i vestiti e presto sentì la nuda virilità premerle contro il bacino. Jasper le prese le mani e la condusse fino alla vasca, dove si sistemarono, abbracciandosi stretti per sfruttare al meglio il piccolo spazio. Il profumo del bagnoschiuma, il calore avvolgente dell’acqua e il contatto dei loro corpi diede vita ad un mix esplosivo che accentuò ulteriormente la passione che li aveva già investiti. 

 

 

“Fortuna che hanno fatto presto, altrimenti saremmo rimasti all’asciutto!” esclamò Jasper, posando un paio di cartoni con la scritta Pizza Boys sul tavolo della cucina.

“Già” rispose Alice, dandogli un bacio che pretendeva qualcosa in più. 

“Tregua amore, ti prego, sto morendo di fame!”

“D’accordo, ma te la concedo solo per mangiare, dopo sarai di nuovo mio”

“Okay, ci sto” 

Si sedettero a tavola e iniziarono a tagliare le pizze. 

“Ti hanno chiamata?”

“No, ho mandato un messaggio a Bella ma ancora non mi ha risposto”

“Hai provato a chiamare tu?”

“No, preferisco aspettare che lo facciano loro, non so in che situazione si trovino perciò vorrei evitare di intromettermi, è una cosa che riguarda loro soltanto” 

“Mi sembra giusto. Sai quanto si tratterranno almeno?”

“A dire il vero no, Bella ha messo in conto un paio di giorni, come minimo” 

“E ti spiace essere sola?”

“Mi dispiace non averla qui intorno, però sono felice che ci sia tu adesso. È bello essere soli con la persona amata, quando possibile”

“Concordo” commentò lui, un’espressione maliziosa sulle labbra.

“Non dicevo solo per quel motivo… È che così abbiamo un assaggio di cosa vuol dire convivere con chi ami”

Jasper sorrise e le prese una mano, se la portò alle labbra e le stampò un piccolo bacio sul dorso. “Sono felice di sentirtelo dire” 

“Su, sbrighiamoci a finire, mi devi la rivincita!”

“Comincia a tremare, perderai di nuovo!”

“Cosa? Non fare lo spaccone, non è detto!”

Una decina di minuti dopo erano già seduti sul divano intenti a baciarsi con la stessa intensità di chi non tocca un corpo da mesi, pronti a ripetere l’esperienza vissuta non molto tempo prima. 

“No, aspetta”

“Che c’è, piccola? Ti arrendi già?”

“Non contarci”

“Allora?”

“Andiamo di sopra”

“Perché?”

“Ehm… Preferisco di sopra” puntualizzò, ricordando lo spiacevole episodio di mesi prima in cui aveva notato il fratello sdraiato su quello stesso divano accanto a Bella, completamente nudo. “Va bene” acconsentì, prendendola in spalla e portandola in camera da letto. L’adagiò sul letto con fermezza e si tolse nuovamente la maglietta, salendo a cavalcioni su di lei e, combinando il movimento di mani e labbra, prese a stuzzicarla piacevolmente. Alice si lasciò andare ma poi, con un colpo di reni, riuscì a ribaltare la situazione e a posizionarsi sopra di lui, bloccandogli i polsi con le mani. Jasper sorrise compiaciuto e non si impegnò neanche un po’ per scrollarsela di dosso, anzi, si abbandonò al calore che quel piccolo corpo armonioso gli infondeva, voleva farla vincere. Alice si abbassò gradualmente e si lasciò cadere su di lui, stimolando contemporaneamente i sensi di entrambi, e iniziando a muovere ritmicamente il bacino. Il ragazzo godé della vista di quelle piccole curve rotonde che ondeggiavano a ogni movimento, delle goccioline di sudore che le imperlavano la fronte e le scendevano sulle guance e sulle spalle, del flebile ansimare, del suo viso contratto in un’espressione estasiata. Esisteva qualcosa di più eccitante e allo stesso tempo puro del fare l’amore con lei? No, non per Jasper. 

Al culmine del piacere la strinse a sé in un abbraccio rovente e lei soffocò acuti gemiti premendo la bocca contro il suo braccio, in tensione per le forti contrazioni. Poi si lasciò andare sul letto, rimanendo comunque abbracciata a Jasper. “Allora?” chiese a un tratto. 

“Hai… Vinto” boccheggiò lui, in cerca di ossigeno. Lei sorrise e gli solleticò il petto con le unghie, senza fargli male. “Jazz?”

“Uhm?”

“Sei felice con me?”

“Certo che sì, che domande fai?”

“Ma lo sei davvero?”

Lui si girò su un fianco e la guardò amorevolmente, accarezzandole i capelli scompigliati. “Beh, posso dirti che non sono mai stato più felice di così in vita mia. Ed il merito è tutto tuo”

Lei sorrise. 

“Ma perché me lo chiedi?”

“Pensavo a Edward e Bella e anche a Emmett e Rosalie. Loro si amano e presto inizieranno la loro vita insieme, come genitori o come novelli sposi. E tutto ciò perché sono felici insieme” 

“E?”

“E volevo assicurarmi che tu fossi felice con me” 

“Certo! E poi, vedrai, un giorno anche io e te avremo una nostra vita” 

“Dici davvero?” 

“Naturalmente. Ma diamo tempo al tempo, no?”

“Sì, hai ragione” 

“Ti amo”

“Anch’io ti amo”

Dopo essersi scambiati qualche altro bacio, Alice chiuse gli occhi e sprofondò nel mondo dei sogni. 

“Staremo sempre insieme, te lo giuro, folletto” sussurrò, baciandole la fronte e chiudendo gli occhi a sua volta.

 

 

______________________________

 

L’angolo di Amy

Ciao gente,

mancano pochi capitoli alla fine, dovrete sopportarmi ancora per un po’, mi spiace per voi, care XD 

Che ne dite di questo capitolo, vi è piaciuto? Effettivamente ho trascurato un po’ i nostri protagonisti, spero di aver rimediato ^^ 

Mille grazie a chi preferisce, ricorda e segue la storia, ma soprattutto a chi recensisce: Lorelaine86, Orsacchiotta Potta Potta e alice cullenhalesnlgdr ^_ ^

Al prossimo chappy, un abbraccio,

Amy  


Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 18: Le basi per il futuro ***


Le basi per il futuro

 

La luce del sole penetrò dalla finestra della stanza e colpì Alice in pieno viso, svegliandola. Grugnì e aprì gli occhi lentamente. Si stiracchiò e notò di avere indosso solo un lenzuolo, non ricordando momentaneamente il perché. Poi sorrise mentre la sua mente iniziò a riempirsi di immagini che raffiguravano lei, Jasper e gli avvenimenti degli ultimi due giorni. Erano stati incollati l’uno all’altra per quasi tutto il tempo, stava benissimo ma la testa le girava un po’, tanto era ubriaca di piacere. 

Pigramente, si alzò dal letto e indossò gli indumenti intimi ed il pigiama, poi si decise a scendere di sotto, sperando di trovarvi il suo ragazzo. 

Jasper l’aspettava in cucina, la radio era accesa e la colazione quasi pronta. La visione di lui ai fornelli le strappò un sorriso mentre Whatever you want risuonava nella piccola stanza, si appoggiò allo stipite della porta e si gustò la scena di lui che fischiettava, ancheggiando appena. Cercò di non ridere ma non riuscì a trattenersi a lungo, le ricordava troppo Edward. Sentendo la risatina, Jasper si voltò nella sua direzione e la guardò con finta aria offesa. 

“Ah, mi spii! Per punizione non dovrei farti mangiare!” esclamò, abbassando di poco il volume della radio. 

“Ma sei troppo buono e non mi faresti mai morire di fame” commentò lei, avvicinandosi e ancheggiando a sua volta ma con fare più sensuale.

“Mi conosci bene eh, piccola?” le cinse la vita con le braccia e la baciò sulle labbra.

“Ovviamente sì”

“Buongiorno, comunque”

“Buongiorno. Cos’hai preparato?”

“Caffè, frittelle alla crema e muffin con banane e cioccolato”

“Però, l’imbarazzo della scelta!”

“Questo ed altro per il mio dolce folletto”

Alice prese posto a tavola e zuccherò una tazzina di caffè, guardando Jasper come se volesse mangiarlo. Gustò con calma la colazione e si lasciò coccolare dalle mani del ragazzo che si prodigò per massaggiarle le spalle. 

“Che ore sono, amore?” chiese poco dopo. 

“Le dieci e dieci” le rispose, adocchiando l’orario sul proprio telefono. “A proposito, poco fa ha chiamato Bella”

“Cosa? Che ha detto? Perché non mi hai svegliata?”

“Calma, piccola, calma. Va tutto bene, non mi ha detto nulla ma l’ho sentita tranquilla. Dice che partiranno tra circa un’ora”

“Ah. Beh, speriamo che sia andato tutto per il meglio”

“Sicuramente, te l’ho detto: dalla voce sembrava sollevata. Dai, non preoccuparti” le accarezzò una guancia. “Piuttosto, togliamo di mezzo queste cose, così quando Bella tornerà troverà la cucina immacolata” 

“Già, in due faremo prima”

“Eh sì, poi dovrò tornare da Rose”

“Perché? Non ti piace stare con me?”

“Sai benissimo quanto mi piaccia stare con te, non fingere di non saperlo. Solo che devo tornare a concentrarmi sulla mia tesi”

“D’accordo, anch’io dovrei rimettermi a studiare come si deve, ultimamente non ho combinato nulla”

“Ci vediamo stasera?”

“Purtroppo no, lavoro”

“Okay, allora vengo a prenderti quando finisci, va bene?”

“Perfetto, amore, grazie!”

 

 

Quando Bella e Edward rincasarono Jasper se ne era andato già da diverse ore, trovarono Alice seduta sul divano, immersa nello studio, seminascosta dietro una pila di volumi. 

“Bella!” esclamò, saltando in piedi e correndole accanto. “Come ti senti?”

“Un po’ stanca per il viaggio, a dire il vero” rispose.

“Siediti, su, vieni. Aspetta, ti prendo dell’acqua”

“No, Alice, non ce n’è bisogno, non ho sete”

“Sei sicura?”

“Sì, siediti anche tu e non preoccuparti”

“D’accordo. Com’è andata? L’hanno presa bene?”

“Sì e no” sopraggiunse Edward, facendo il suo ingresso. 

“Che vuol dire?”

“Mia madre è stata davvero sorpresa dalla notizia ma l’ha accettata di buon grado, sai, adora i bambini. Mio padre, invece, credo sia tuttora shockato, ho cercato di parlargli, di aprirmi di più, ma è evidente che ha bisogno di tempo”

“Il povero Charlie non se lo aspettava proprio, la sua è una reazione anche normale, se vogliamo, ma alla fine dovrà pur accettare la situazione”

Bella aveva l’aria stanca ma sembrava stare bene tutto sommato, quello con l’aria provata tra i due era più che altro Edward.    

“Perché non vai un po’ a riposare, tesoro?” chiese il ragazzo. “Dalla tua faccia dubito che il senso di nausea sia passato”

“No, infatti. Credo che andrò di sopra, mi scusate?”

“Scherzi? Va’ pure, anzi se ti serve qualcosa sappi che sono a disposizione”

“Grazie, Alice”

“Tra poco dovrò andare” disse Edward, rivolgendosi alla sua ragazza.

“Sì, lo so”

“Ti chiamo più tardi, okay?” le diede un bacio e la osservò salire i gradini che portavano al piano superiore, quindi prese posto sul divano accanto ad Alice.

“Vuoi un caffè? Hai l’aria di chi ha lavorato ventiquattr’ore di seguito”

“L’avrei preferito…” 

“Davvero? Il padre di Bella è tanto terribile?”

“No, non lo definirei proprio terribile, piuttosto come una persona che sfiora l’impossibile. Non mi ha guardato in faccia per tutto il tempo e non voleva che gli rivolgessi la parola”

“Wow, che tipetto…" 

“Comunque sì, un caffè non mi dispiacerebbe, ho ancora una lunga giornata davanti” 

“Vieni in cucina, così continui a raccontare”

“Beh, non c’è molto da dire. Charlie era praticamente sotto shock, come se avessi fatto qualcosa di orribile alla sua bambina. Renée, invece, si è mostrata molto solare e disponibile, ha detto che può capitare quando due persone hanno un rapporto stabile, non ci reputa irresponsabili”

“Davvero? Praticamente pensa tutto il contrario del suo ex marito”

“A quanto pare sì”

“Mamma e papà, invece, cos’ hanno detto?”

“Hanno iniziato a parlare per primi, spiegando la situazione e facendo loro sapere cosa ne pensano. Sono favorevoli al fatto che Bella e io vogliamo tenere il bambino e credo che lo sia anche Renée, o, almeno, lo suppongo” 

“Il padre di Bella, invece…”

“Mi spiace per lui, capisco che sia stato un gran colpo, ma nemmeno noi immaginavamo che una cosa del genere sarebbe potuta accadere, soprattutto non per una singola distrazione, però è successo. E deve farsene una ragione, Bella ed io formeremo una famiglia e spero che prima o poi lo accetti perché non abbiamo fatto nulla di male, in fin dei conti. Invece si comporta come se avessi commesso un abominio, come se Bella non fosse stata consenziente e…”

“Ha detto questo?” chiese Alice, interrompendolo. 

“Beh no, non proprio, però a volte non servono parole per capire lo stato d’animo di una persona” 

“Mi spiace Edward, capisco non sia facile per te. Comunque vedrai che le cose si aggiusteranno, Charlie si ammorbidirà, si tratta pur sempre di sua figlia e, anche se non ti adora, ti accetterà come compagno di Bella e padre di suo nipote”

“Lo spero”

La ragazza gli porse una tazzina di caffè già zuccherata e lui bevve in un paio di ampi sorsi. 

“A giorni andremo in ospedale, è meglio che Bella venga visitata” esordì dopo un lungo minuto di silenzio. “Sai, per vedere da quanto tempo è incinta e se è tutto nella norma”

“Certo, mi sembra giusto”

“Sono un po’ preoccupato. Mamma e papà dicono che è normale in molti casi avvertire nausee ricorrenti, eppure non sono del tutto tranquillo. Se dovesse sentirsi ancora male mi telefonerai subito, vero?”

“E’ naturale!”

“Bene” sospirò. “Adesso è proprio il caso che vada, devo fare ancora un sacco di cose e ti confesso che non vedo l’ora di farmi una doccia e andare a dormire”

“Ci credo, hai l’aria piuttosto stanca”

“E già. Grazie, sorellina”

“Del caffè?” azzardò lei con un sorriso.

“Anche, mi ci voleva. Ma mi riferivo a tutto il resto, è bello poter contare su di te” 

“Non ringraziarmi, Bella è mia amica e tu sei mio fratello, c’è altro da dire?”

Edward sorrise e le stampò un bacio sulla guancia, aprì la porta e si congedò con un gesto della mano.

 

 

“Gradite un altro dolcetto?” domandò Rosalie. 

“No, grazie” risposero all’unisono Alice e Bella. 

La giovane Hale le aveva invitate a casa sua in un pomeriggio di inizio aprile per discutere di una questione molto importante: i preparativi per il suo matrimonio. Ormai le cose tra lei ed Emmett andavano a meraviglia e la ragazza non voleva più aspettare per riprendere ad organizzare il proprio matrimonio e, per l’occasione, volle chiedere aiuto alle sue amiche, sperando che le avrebbero dato una mano, visto che ne aveva bisogno e persino Emmett non si era tirato indietro. 

“Scusate se l’ho chiesto a voi ma mia madre è perennemente impegnata e…” tentò di dire.

“Non dirlo neanche per scherzo!” esclamò prontamente Bella. 

“Saremmo felici di aiutarti” concordò anche Alice. 

“Non si tratterà di nulla di pesante, ve l’assicuro, solo che ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a gestire tutto perché, credetemi, è stressante farlo da sola”

“Tranquilla, a cosa servono gli amici sennò?”

“Grazie, davvero. Anche Emmett ha promesso che non mi lascerà sola questa volta”

“Bene, più siamo e meglio è”

“Cercherò di coinvolgere anche Edward, quando possibile” 

“Fa’ quello che puoi, ma non serve impegnare anche lui”

“Io invece, studio e lavoro a parte, sono libera”

“Lo so, Jasper è molto preso dalla tesi e ti sta un po’ trascurando, ma tieni duro, ormai non gli manca molto”

“Certo, capisco la situazione e non gliene faccio una colpa, è solo un periodo e passerà”

“Tornando al discorso matrimonio, quali saranno i nostri compiti?”

“Ve lo faccio sapere domattina, prima di decidere volevo sentire le vostre opinioni. Piuttosto, Bella, com’è andata ieri?”

“Bene, direi. Ho fatto la prima ecografia”

“Davvero? Hai anche la foto con te?”

“Sì, aspetta” frugò nella borsa e tirò fuori una busta che poi porse alla bionda. 

“Vediamo… oh, Dio, è così piccolo!” 

“Vero? Ancora non si distingue nulla”

“Gli voglio già bene o… le voglio. Quando si saprà se è maschio o femmina?”

“Non saprei con certezza. Stando a quanto dice il medico ci vuole ancora un po’ di tempo” 

“Qualunque sesso sia sono sicura che sarà adorabile”

“Riceverà mille attenzioni da tutti noi”

“Non ne dubito, siete speciali”

 

 

Il tempo iniziò a scorrere più in fretta – o almeno così parse ai ragazzi – e l’arrivo della bella stagione mise la combriccola di buon umore. I preparativi per il matrimonio di Emmett e Rosalie ripresero ma sembrava chiaro che, seppur lavorando tutti insieme, non sarebbe stato possibile rispettare la data che era stata decisa all’inizio e perciò la cerimonia avrebbe avuto luogo in autunno. Inoltre anche gli Hale dichiararono che altri impegni li trattenevano e che non sarebbero potuti venire prima di metà ottobre. Rosalie non parve molto entusiasta della cosa, aveva immaginato le sue nozze in un miglior periodo dell'anno e con i suoi genitori liberi dall’estenuante lavoro per almeno un paio di giorni, ma non si scoraggiò: non sarebbe stato proprio tutto perfetto ma avrebbe avuto accanto le persone a lei più care e sarebbe diventata la moglie di Emmett, l’uomo che aveva fatto breccia nel suo cuore, quindi ciò che contava davvero non sarebbe mancato. 

Emmett lavorò molto intensamente a causa di un’importante progetto che gli era stato affidato, tuttavia riuscì lo stesso ad adempiere alla promessa che aveva fatto a Rosalie, non tirandosi mai indietro quando gli chiedeva un favore, soprattutto se riguardava il loro matrimonio. Alla sera era sempre spossato ma anche molto felice della piega che avrebbe preso la sua vita entro qualche mese. 

Edward riuscì a trovare un secondo lavoro, come il primo non era un granché, ma gli consentiva di guadagnare di più e, più guadagnava, più riusciva a mettere da parte. Avrebbe potuto chiedere aiuto ai suoi genitori o a suo fratello dato che vivevano in una condizione economicamente più agiata della sua, ma si rifiutò poiché desideroso di cavarsela da solo. A causa dei turni di lavoro si vide costretto ad abbandonare temporaneamente l’università e il suo sogno di diventare medico con grande dispiacere di Bella che cercò più volte di dissuaderlo. Non sentì ragioni, spiegandole che avrebbe ripreso a studiare appena possibile e che non doveva preoccuparsi per lui, in quanto farlo non gli pesava affatto perché lo faceva per una buona causa. La ragazza non era poi molto convinta però non disse più nulla a riguardo, sperando così di non mettere il dito nella piaga, continuando ancora a sentirsi responsabile però, poiché Edward appariva sempre stanco e assonnato. 

Bella continuò a studiare e, per quanto possibile, a frequentare i corsi, ma presto dovette lasciare il suo piccolo impiego su espressa richiesta del medico poiché man mano che il bambino cresceva dentro di lei, la ragazza avrebbe dovuto fare meno sforzi possibile e, anche se il suo lavoro non era molto faticoso, le era stato sconsigliato di proseguire. Le dispiaceva lasciare quella piccola sicurezza economica ma il bene del suo piccolo era indubbiamente più importante. Inoltre sua madre – che le scriveva via mail quasi tutti i giorni – le aveva comunicato che aveva concordato con Charlie un importo che avrebbero messo insieme e che le avrebbero inviato ogni mese, dato che aveva lasciato il lavoro. Fu immensamente grata ad entrambi perché, almeno quando si trattava di lei, erano uniti. Sperò che la notizia facesse desistere Edward dall’improvviso stacanovismo che lo aveva colpito ma il ragazzo continuò a fare di testa propria, sorridendole sempre con assoluta dolcezza tra uno sbadiglio e l’altro.       

Jasper, desideroso di finire gli studi quanto prima per poter così iniziare a cercare lavoro, si dedicò anima e corpo alla sua tesi di laurea, trascurando la sua vita sociale e persino il suo adorato folletto. Lo aveva premesso sin dall’inizio che avrebbe avuto bisogno della massima concentrazione e si era anche scusato perché già sapeva che ciò avrebbe comportato vedersi per poco tempo e non proprio spessissimo. Anche se Alice si era dimostrata comprensiva e paziente, il ragazzo sapeva che la cosa non la entusiasmava, d’altronde come avrebbe potuto? Quale ragazza sarebbe stata felice di non poter passare tempo con il proprio ragazzo? Se ne dispiaceva molto, perciò si impegnò notevolmente, soprattutto per lei. 

Alice fece il possibile per nascondere tutta la sua impazienza, sforzandosi anche di essergli di supporto ogni volta che il ragazzo n’ebbe bisogno. Sperava però che quel momento finisse presto e che Jasper conseguisse l’agognato titolo per poi tornare a frequentarsi stabilmente, poiché gli mancava non poterlo vedere ogni volta che avrebbe voluto. Approfittando del tempo libero a disposizione studiò sodo, sia da sola che con le amiche, e ben presto si rivelò insostituibile sia per Bella, che veniva accontentata in ogni minimo bisogno o capriccio di donna incinta, sia per Rosalie, che arricchì la già alta opinione che aveva per la piccola Cullen con sempre maggior considerazione. Alice era felice di rendersi utile, le sue giornate erano via via più impegnative ma le affrontava con un sorriso. Nonostante i numerosi compiti svolti si mostrava sempre fresca ed attiva sia in aula che al pub e faceva risplendere la casa, trasformandosi così da semplice studentessa a tuttofare con un’esagerata vena altruistica. 

“Alice, stai facendo un ottimo lavoro, davvero, sei indispensabile ma… non ti sembra di esagerare un po’?” le aveva chiesto Bella una domenica mattina.

“Esagerare? No, non mi pare” aveva risposto Alice, intenta a spolverare i mobili in salotto. 

“Io, invece, credo di sì”

“Non capisco, perché lo dici?”

“Mi sembra ovvio: studi, lavori, rassetti la casa, mi stai sempre dietro e fai anche le commissioni per Rose. Stai facendo tutto troppo all’improvviso, non è un bene”

Alice alzò le spalle. 

“Ti dirò, la sera sono stanca ma, allo stesso tempo, rendermi utile mi regala energia per il giorno successivo”

“E questo mi fa piacere ma, secondo me, dovresti rallentare un po’ i ritmi, pensare più a te stessa”  

“Mi fa piacere che ti preoccupi per me, Bella, ma non ce n’è bisogno, mi riposo spesso e non risento particolarmente di tutto quel che faccio” 

“Ti stai comportando come tuo fratello, voi non fate altro che lavorare mentre io me ne sto qui. Mi sento inutile a non potervi dare una mano”

“Ascolta, tu aspetti un bambino, non conduci una vita sedentaria perché ti piace ma perché la tua condizione te lo impone, quindi non devi sentirti così, perché non sei affatto inutile. Edward e io siamo felici di poter essere di aiuto, stiamo bene, non devi stare in pensiero per noi”

Bella sbuffò, capendo che non avrebbe convinto a desistere né Alice né Edward dai loro propositi – a volte quei Cullen erano dei gran testoni!    

 

 

“Tesoro, sei sicuro di voler uscire?” gli domandò per l’ennesima volta. 

“Fino a quando dovrò ripeterti che non hai di che preoccuparti, Alice?” fece Jasper, in tono vagamente esasperato. “Sono settimane che non metto piede fuori di casa, avevo davvero bisogno di una boccata d’aria. Ma, soprattutto, avevo bisogno di vederti, non ce la facevo più a sentirti solo per telefono o per messaggio”

“Nemmeno io” ammise la ragazza, stringendosi attorno al suo braccio.

“Ci sto mettendo tutto me stesso in questa tesi, sto facendo dei grossi sacrifici ma un’uscita di tanto in tanto non è un problema”

Stavano camminando da circa un quarto d’ora ma non stavano percorrendo la solita strada, difatti erano ancora nel quartiere dove viveva Rosalie, a confermarlo c’erano numerosi cancelli che circondavano sontuose ville. Se ne accorse solo diversi minuti dopo essere usciti di casa insieme e ne rimase perplessa – anche perché il ragazzo non le aveva chiesto dove desiderasse andare, cosa che, invece, faceva sempre. Vedendo che dopo venti minuti non accennava a dirle nulla prese coraggio e gli domandò:

“Jazz, ma dov’è che stiamo andando?”

“Sapevo che me lo avresti chiesto, prima o poi. Non serve che te lo dica, è una sorpresa”

“Una sorpresa?”

“Esatto e no, non guardarmi con quegli occhi da cucciolo, dalle mie labbra non uscirà una parola a riguardo”

“Sei sicuro?”

“Sicurissimo e, te lo dico, non funziona nemmeno la malizia”

Alice sbuffò, impaziente com’era. Incominciò a farsi delle domande, magari poteva arrivarci. Ma si arrese in fretta, causa buio totale. Nel frattempo il ragazzo si era fermato bruscamente davanti a una delle tante ville e stava scoprendo il polso per controllare l’orario. 

“Beh, perché ci siamo fermati?” chiese lei.

“Siamo arrivati, ora non ci resta che aspettarlo” rispose in tono vago e la piccola Cullen gli avrebbe certamente chiesto di chi si trattasse se un anziano e distinto signore non si fosse avvicinato loro alzando una mano con fare amichevole. 

“Buonasera, zio” salutò Jasper.

“Mio caro ragazzo!” esclamò l’uomo, tradendo un vago accento italiano nella voce. “Sono felice di rivederti, l’ultima volta eri ancora un bambino ma adesso sei un uomo di bella presenza, di sicuro non ti mancano le ragazze, eh?” 

“Ehm… la ragazza, zio” fece, non senza un po’ di imbarazzo, indicando Alice. “Eccola qui” 

“La tua ragazza? Lei? Oh, ma quanta grazia!” esclamò, come abbagliato, porgendole la mano. “Vedo con piacere che il buongusto è ancora una qualità della nostra famiglia”

“Piacere di conoscerla, signore, sono Alice Cullen” disse educatamente, stringendogli la mano.

“Quale onore! Aro Hale Volturi, al tuo servizio”

Alice sorrise, a sua volta imbarazzata, adocchiando Jasper con sguardo interrogativo. 

“Dunque, zio, Marcus mi diceva che non è interessato ma che potrebbe proporre l’affare ad un suo amico. Sei sicuro di volertene disfare? Non vorrei che prendessi una decisione affrettata e te ne pentissi quando sarebbe troppo tardi…” 

“Benedetto ragazzo, avrò anche ottantasette anni ma non sono ancora rimbambito! Se ti dico che ho deciso devi fidarti. Ecco perché ti ho chiamato per esaminare tutto, riponendo in te la mia piena fiducia”

“Ti ringrazio”

“Sono io a doverti ringraziare. Ma perché non entriamo? Sono ansioso di conoscere il parere tuo e, se vuole, di questa deliziosa signorina” e detto ciò tirò fuori un mazzetto di chiavi, quindi Jasper lo aiutò ad aprire e a spingere il pesante cancello dell’abitazione alle loro spalle. 

“Jasper, io continuo a non capire” bisbigliò Alice. 

“Fra poco capirai tutto” le assicurò. 

“Seguitemi, ragazzi” disse l’uomo, andando avanti per primo.

Entrarono nella proprietà ed attraversarono un giardino grande quanto quello di Rosalie, anche se piuttosto trascurato, e sorpassarono l’entrata della splendida villa che, contrariamente a quella moderna della bionda, era ammobiliata in stile vittoriano. La giovane rimase costernata non solo dalla raffinatezza degli interni ma, soprattutto, da quanto il tempo non ne avesse intaccato la bellezza. 

“Sei rimasta a bocca aperta, eh?” fece all’improvviso il signor Hale. “Ti capisco, anch’io ero meravigliato quando l’ho ereditata. Sai, apparteneva a mio padre, un lord decadente che si trasferì in Italia e, qualche tempo dopo, si sposò. Diceva che le inglesi non facevano per lui. Buffo pensare che suo figlio maggiore ne ha sposata una!”

“Quindi lei è in parte italiano?”

“Sì, e ci ho vissuto fino ai vent’anni, poi ho conosciuto una turista e ho scelto di venire a vivere qui con lei, mettendo su famiglia. Povera cara, non avrebbe dovuto lasciarmi lei per prima, ma purtroppo così è stato”

“Oh, mi spiace”

“Sei gentile, ma sai com’è, quando si diventa vecchi si è più fragili. Per molti decenni abbiamo vissuto felici in questa casa ma, da quando lei è venuta a mancare, ho chiuso tutto e sono tornato al mio Bel Paese. Erano anni che non venivo qui”

“Marcus me l’aveva accennato” s’intromise Jasper. “Capisco la tua scelta”

“Ho vissuto bene, ragazzo mio, ma adesso non ho più bisogno di tutto questo, di una casa piena di ricordi e troppo grande per me. E, dato che non ho avuto la fortuna di avere figli, sono felice di venderla ad altri che, di certo, sapranno darle nuovo lustro”

“Di sicuro, zio. Vedi, il motivo per cui ho portato Alice con me è che anche lei è studentessa nello stesso campo, due pareri saranno meglio di uno, non credi?”

“Certo ma, a giudicare dall’espressione che ha ancora sul viso, non credo ci siano dubbi sul fatto che questa casa le piaccia, o sbaglio?”

“Nossignore, è magnifica!” rispose la ragazza. “Chi l’acquisterà sarà di certo molto fortunato, è piena d’arte ed è conservato tutto in maniera impeccabile”

“Visto? A questo punto allora credo non ci siano più dubbi su chi debba essere ad ereditarla”

“Non capisco, Marcus aveva detto che avevi bisogno di un intenditore che ti aiutasse a fare delle valutazioni, cosa c’entra la questione dell’eredità ora?”

“In effetti, Jasper, inizialmente era ciò che volevo ma poi, vedendo che sei il tipo sveglio ed intelligente che pensavo e dato che sei già impegnato, ho cambiato idea. Questa casa sarà una perfetta dimora per te ed Alice”

“Ma zio…”

“Non accetterò repliche. Ad Alice piace e a me basta come motivazione per affidarti questo posto”

“Zio, è molto gentile da parte tua ma non posso davvero permettermela”

“Nessuno ha parlato di soldi, è un regalo. Sai bene che non sono mai stato un tipo troppo generoso, voglio riscattarmi così”

“E cosa diranno gli altri?”

“Ho già sistemato tutto, ognuno avrà quello che gli spetta. Tu non hai di che preoccuparti”

“Io non… non so che dire, mi hai spiazzato”

“Era quello che volevo. Vediamo, potresti incominciare con un ‘Grazie, zio’!

“Hai ragione, sai? Mi sembra un po’ una follia ma… grazie infinitamente”

“Di nulla, mio caro. Sei forse l’unico che saprà trattare questa casa con il rispetto che merita”

Per tutto il tempo Alice era rimasta ad ascoltarli, muta ed attonita. Quel signore stava davvero offrendo a Jasper – e a lei – quella casa da sogno? Non lo credeva possibile.   

“Naturalmente, una volta che sarete i nuovi proprietari potrete fare le dovute ristrutturazioni e cambiare tutto quello che volete. Non fatevi problemi, non mi importa, davvero. Ho già individuato quelle poche cose che vorrei portar via con me, del resto non mi interessa”

“Ti ringrazio, non mi aspettavo nulla di tutto ciò”

“Mi hai già ringraziato, una volta è sufficiente. Adesso venite con me, vi mostro il resto della casa, di sicuro nemmeno tu la ricordi bene”

“In effetti, non molto”

“Vieni anche tu, cara?”

“Ehm… sì”

“Verranno a prendermi fra più di mezz’ora, c’è tutto il tempo e poi il vostro giudizio mi serve ancora. Ci sarebbero delle cosette di cui non conosco l’effettivo valore, ad esempio, quelle tele ispirate alle ballerine di Degas…”

 

 

Un’ora dopo Alice e Jasper erano seduti sul divano a casa di Rosalie con la radio in sottofondo. La ragazza era ancora immersa nei suoi pensieri quando lui la riportò alla realtà carezzandole un braccio. 

“Qualcosa non va? Sei stata silenziosa per tutto il tempo” le disse.

“Tuo zio mi ha lasciata senza parole”

“Già, non dirlo a me, non mi sarei mai aspettato nulla del genere, specie da lui”

“Beh, ti ha fatto un bel regalo, direi, sottolineo. Anzi, un bellissimo regalo”

“Indubbiamente” inspirò. “Ma cos’hai? Se credi che con questo voglia metterti fretta, ti sbagli. Nemmeno io ero a conoscenza dei piani di mio zio e infatti ne sono ancora sorpreso, ma non cambierà le cose tra noi”

“Ma no, Jasper, cosa hai capito? E’ che non mi sembra possibile poter vivere in un posto del genere, con te, un giorno. Lo sogno da mesi e in futuro sarà un progetto realizzabile. Ancora non ci credo!”

“Oh, bene, per un momento ho temuto di aver sbagliato qualcosa”

“Il punto è questo: tu non sbagli mai. No, non sono parole dolci le mie, dico sul serio. Da quando sei entrato nella mia vita tutto va esattamente come desidero, stiamo insieme da mesi eppure sembri conoscermi alla perfezione da sempre e sei una specie di attira fortuna, come ci riesci?”

“Non lo so. Forse perché mi sembra di non aver mai nemmeno conosciuto la parola ‘amore’ prima di incontrati. Forse la fortuna vuole un po’ della mia felicità quando ti sto accanto e, in cambio, mi bacia, donandomi un pizzico di buona sorte”

Alice gli sorrise e poi si tuffò su di lui, baciandolo appassionatamente finché non fu lui a bloccarla un momento per riprendere fiato.

“Sei sicura che per te va bene, quindi?”

“Vivere con te? Certo! A patto che prima ci sposiamo, come avevamo concordato tempo fa, ricordi?”

“Sì e mi sembra ragionevole. Come me sei cresciuta in una famiglia tradizionalista, persino Emmett, che sta con Rose da non so più quanto tempo ormai, non ha mai convissuto con mia sorella, rispettandone la scelta”

“Infatti, così come fa Edward con Bella”

“Per me è affermativo, non mi perderei per nulla al mondo lo spettacolo di te con l’abito bianco”

“Né io di vederti con uno smoking”

“Vedrai, piccola, non appena sarà tutto sistemato inizieremo la nostra vita insieme”

“Ci vorrà del tempo ma non vedo l’ora, Jazz”

“E lo dici a me?” sorrise. “Certo, dobbiamo ancora laurearci, ma comunque ci vorrà un po’ prima che la casa risulti di mia proprietà, inoltre ci sono vari aspetti che vanno sistemati e mentre tu ti dedicherai allo studio me ne occuperò io, così non perderemo tempo, anche se non c’è fretta”

“A proposito, hai poi trovato l’appartamento in affitto?”

“Ne ho visti un paio ma erano indecenti. Appena ho un momento proseguo con la ricerca, in fondo Rose e Emmett convoleranno a nozze fra pochi mesi, è il caso che me ne vada via al più presto, non voglio rimanere intrappolato nei fili del nido d’amore”

L’espressione che aveva in volto ed il tono che aveva usato fecero ridere Alice, le sembrò di avere davanti un bambino inorridito. 

“Beh, non credi anche tu che sia giusto che ognuno abbia i propri spazi? La casa è grande, okay, ma le nostre stanze sono vicine, sai com’è… e poi non voglio rischiare di scendere in cucina e trovare tuo fratello vestito con nient’altro che il grembiule… Di certo non mi farebbe un’impressione positiva, anzi, mi farebbe impressione… E basta”

Alice scoppiò in una fragorosa risata, immaginandosi la scena e la faccia di Jasper. 

“Stare con Edward ti fa male, ti contagia con le sue battute…” boccheggiò. “Comunque, scherzi a parte, mi sembra più che giusto, approvo la tua scelta”

“Mi fa piacere saperlo”

“Oh, cavolo!”

“Che c’è?”

“Ma è tardissimo! Devo essere al pub tra venti minuti e Bernie mi caccia se arrivo in ritardo”

“Non disperare, Rose sarà qui a momenti”

“E allora? Non posso approfittare di lei”

“Chiedere un favore non vuol dire approfittarsi di una persona, è poi è mia sorella, vai tranquilla”

“Ma…” stava per ribattere ma il ragazzo la tirò verso di sé e la baciò, impedendole di dire altro. 

 

 

Quella sera, di ritorno dal lavoro, Alice si occupò di smistare la posta ed aprì l’unica missiva destinata a lei. Dalla grafia con cui era stato scritto l’indirizzo comprese che le era stata spedita dall’avvocatessa che si era occupata di difenderla in tribunale nei mesi precedenti circa il caso Jacob. Il ragazzo era stato riconosciuto colpevole non solo del tentativo di violenza ed omicidio ma anche di altri casi di delinquenza che, seppur più piccoli, contribuivano a sporcare la sua fedina penale. Tempo prima era stato condannato a numerosi anni di reclusione, con sollievo di tutti perché la giustizia aveva trionfato. 

La ragazza era riuscita a togliersi dalla testa l’episodio e l’esperienza in ospedale ma vedere quella lettera la lasciò un po’ turbata. Comunque si decise a tirar fuori il foglio. La sua legale la informava che, dopo molte insistenze da parte del mittente, le allegava la lettera che Billy Black, il padre dell’imputato, aveva scritto di suo pugno, destinandola a lei. La donna aveva anche specificato che, in caso non avesse voluto leggerla, l’avrebbe potuta rispedire indietro, così se ne sarebbe occupata lei, agendo per vie legali. Alice prese la lettera e decise che l’avrebbe almeno letta. La dispiegò e lesse mentalmente. 

 

Gentilissima Miss Cullen,

le scrivo questa lettera perché ne sento il bisogno e la prego almeno di leggerla. Come ricorderà, il mio nome è Billy Black e sono il padre di Jacob. So che leggere questo cognome non le farà piacere ma la prego di capire il mio punto di vista. 

Quando sono stato chiamato dalla polizia e messo al corrente di quanto era accaduto, le confesso, mi è crollato il mondo addosso. Non avrei mai immaginato che mio figlio fosse capace di compiere simili azioni, eppure è ciò che è successo. All’inizio ero shockato ma poi ho cominciato a stare male per lei e la sua famiglia. Ho pensato molto a voi e perciò non sono stato in grado di perdonare mio figlio né lo sono oggi. E non scrivo perché voglio giustificarlo, anzi, disapprovo nella maniera più assoluta ciò che ha fatto e, trattandosi di mio figlio, la cosa mi addolora profondamente. Mi sento davvero in colpa. Non ha mai dato segni di squilibrio in tutta la vita e, anche se non potevo sapere che avrebbe fatto qualcosa di così sbagliato ed immorale, sento che, in qualche modo, la colpa è mia perché la coscienza mi dice che avrei dovuto pensare a questa possibilità quando era ancora bambino. Vorrei solo scusarmi, con lei e con tutta la sua famiglia, nella maniera più umile e sincera possibile, per gli errori miei e di Jacob. Volevo metterla al corrente di quello che ho dentro, anche se non le importa. E volevo dirle che quel gesto che ho fatto, quel giorno, in tribunale, era proprio un segno di rispetto verso di lei. Un padre difende suo figlio ma un padre davvero giusto sa anche quando suo figlio ha torto e merita di pagare le conseguenze delle proprie azioni. Per questo ho scelto di non difenderlo anche se ero il suo unico alleato. Mi sono attirato addosso il suo odio, ma non me ne pento, era giusto così. Ecco come ho scelto di dimostrarle il mio dispiacere, sappia, però, che non pretendo nulla in cambio. Se ha accettato di leggere questa lettera, per me già è sufficiente. Non sa che vergogna ho provato e che provo ancora oggi e le chiedo scusa, di nuovo, per tutto. Le garantisco che non ci saranno altre lettere e che nessun altro Black le arrecherà fastidio alcuno. 

Sinceramente,

Billy Black          

“Alice? Quando sei tornata?”

La ragazza sussultò, immersa com’era nella lettura. Nascose la lettera.

“Ti ho spaventata?”

“No, tutto a posto, Ed. Sono tornata pochi minuti fa, tu eri con Bella?”

“Sì, le ho preparato la cena e poi le ho fatto compagnia per tutta la sera, dato che si sentiva stanca, adesso si è addormentata”

“Aspetta… tu che cucini?”

“E allora?”    

“Non credevo sapessi cucinare, pensavo mangiassi solo cibi in scatola”

“Sei rimasta molto indietro, cara mia” fece, prendendo le chiavi delle macchina dal tavolo. “Adesso vado, devo ancora dare una sistemata al mio appartamento, tra un po’ non ci si vive più…”

“E quando mai è stato così?”

“Come siamo spiritose!”

“Pensavi di essere il solo?”

“No, no. Comunque stasera ti concedo la vittoria ma solo perché sono scarico, al prossimo round

“Quando vuoi. Buonanotte, fratellone”

“Anche a te, sorellina”

Non appena Edward se ne fu andato, Alice si lasciò andare a un profondo sospiro. Aveva cercato di apparire normale, non voleva che vedesse la lettera e le chiedesse qualcosa a riguardo. La lesse ancora una volta e si disse che, in fondo, apprezzava il coraggio di quell’uomo che si era deciso a scriverle, ad addossarsi parte della colpa e a chiederle perdono. Inoltre era vero che era andato contro suo figlio per senso del dovere, chi altro l’avrebbe mai fatto? Pensò di rispondergli, così preparò un foglio e una penna e scrisse una breve lettera che avrebbe inviato il giorno successivo al suo avvocato. Disse all’uomo che apprezzava il gesto leale e rispettoso ma che la ferita era ancora aperta e che, anche se il peggio era stato evitato, il ricordo di quegli attimi di panico non l’avrebbe lasciata tanto facilmente. Perciò non riusciva a perdonare Jacob. Dopodiché salì al piano superiore, controllò che Bella stesse riposando, scrisse un messaggio a Jasper e poi andò a dormire anche lei. 

   

 

Qualche settimana dopo Jasper tornò temporaneamente a Birmingham per discutere la tesi e ci rimase per una decina di giorni. Quindi tornò a Manchester trionfante – laureato con lode – e si rese subito disponibile per andare a lavorare con James Knightly, un amico di Emmett, con cui aveva già parlato in precedenza. 

Insomma, le cose si prospettavano benissimo un po’ per tutti. E se fossero andate ancora in meglio? 

 

 

 

 

_____________________________

 

L’angolo di Amy

Ciao gente,

lo so, è tipo un’eternità che non aggiorno, ma le parole non volevano saperne di essere scritte, colpa del caldo estivo che mi ha rubato l’ispirazione e la voglia di scrivere e ha voluto ridarmele solo ora… cooomunque, spero che questa storia continui ad interessarvi almeno un po’, specie ora che mancano solo due capitoli alla fine. Qui non è successo molto ma vorrei comunque conoscere le vostre impressioni, please! 

Spero di aggiornare presto, un abbraccio a tutte e… Buon 2013!

Amy  

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo 19: Matrimonio con sorpresa! ***


 


Matrimonio con sorpresa!

 

Erano trascorsi alcuni mesi dagli ultimi avvenimenti narrati, l’estate si era rivelata tranquilla e a giorni sorprendentemente calda, poi aveva lasciato il posto all’autunno, agli alberi che si spogliavano delle foglie e alla pioggia che sempre più spesso prendeva il posto del sole. 

Rosalie, che in genere amava la bella stagione, in quell’occasione non aspettava altro che il tepore estivo lasciasse spazio al fresco di fine settembre, desiderando più di ogni altra cosa che giungesse il giorno delle sue nozze con Emmett, l’uomo che amava ormai da tanti anni. 

Seduta sul divano della lussuosa limousine bianco perla affittata per l’occasione, la sposa attendeva silenziosa di arrivare in chiesa. Accanto a lei, avvolti in un’allure di raffinatezza, c’erano i suoi genitori che da tempo avevano disdetto i numerosi impegni di lavoro per prender parte al gran giorno della loro amata figlia. 

“Cara, non essere tesa” le disse d’un tratto sua madre accarezzandole il dorso di una mano. “Andrà tutto a meraviglia, come hai sempre desiderato”

“Non ne dubito, mamma” rispose con un sorriso. “Quando si tratta di organizzare qualcosa riesco a diventare davvero ossessiva, non mi arrendo finché non sono certa che proceda tutto secondo i miei piani”       

“Questa caratteristica l’hai ereditata da me” si compiacque la donna. 

“Rosie, tesoro, ci hai pensato bene?” fece poi il padre, ignorando il sorriso d’orgoglio della moglie. “Perché se hai anche il minimo dubbio possiamo annullare tutto e...”

“Sempre lì a preoccuparti per me, vero? Non serve, te l’ho già detto tante volte: ho fatto la mia scelta e ne sono molto felice”

“Ma starai bene?”

“Certo, papà”

“E tornerai da me se non dovesse trattarti come si deve, se non ti facesse sentire amata come meriti?”

“Una cosa simile non accadrà mai ma, se serve a tranquillizzarti, allora sì, te lo prometto”

“Suvvia, caro. Emmett è un’ottima persona, e poi Rose sta andando a sposarsi, non al patibolo” lo rimbeccò la consorte. 

“E c’è differenza tra le due cose?”

Rosalie si lasciò andare a una risatina, non tanto per la battuta tragicomica del padre bensì per l’occhiataccia che la moglie gli rivolse. A causa dei rispettivi impegni non li vedeva quasi mai ma quando gli capitava di passare del tempo in loro compagnia le sembrava quasi di tornare bambina, soprattutto se con loro c’era anche Jasper. Ma il fratello minore al momento non era a bordo della vettura, infatti l’aspettava a destinazione insieme a tutti gli altri.  

Una ventina di minuti più tardi la marcia nuziale suonò in chiesa e tutti si voltarono verso l’entrata per vedere arrivare la sposa. Rosalie avanzò sottobraccio al padre con passo lento e teatrale, lasciandosi ammirare dai numerosi invitati. Il corpo longilineo era fasciato in un lungo abito firmato, impreziosito da pizzo, merletti e inserti gioiello; un modello appariscente ma non per questo eccessivo, anzi, esaltava la naturale eleganza della ragazza. I capelli biondi erano stati raccolti in uno stretto chignon adornato da perle che, con il suo rigore, sembrava bilanciare il contrasto con l’abito sfarzoso e i tacchi perla. 

All’altare Emmett la guardava avvicinarsi emozionato e attendeva che le loro mani si toccassero e che si desse inizio alla cerimonia. Edward e Alice, testimoni dello sposo, si trovavano alla sua sinistra mentre Jasper e Bella, essendo i testimoni di Rosalie, occupavano il banco a destra. 

La cerimonia sembrò commuovere sin dall’inizio la signora Hale che si passava continuamente il fazzoletto sotto gli occhi mentre il marito aveva stampata in volto una mesta espressione rassegnata. I Cullen, invece, si tenevano per mano come una coppia di novelli fidanzati, i volti radiosi di felicità per il loro primogenito. 

Andò tutto come la madre di Rosalie aveva predetto o, almeno, fino ad un certo punto. Improvvisamente Bella si sedette e si portò entrambe le mani sulla pancia, si sforzò di non lamentarsi ma dalla smorfia che aveva in viso era facile intuire che qualcosa non andava. Jasper le si sedette vicino e le domandò qualcosa bisbigliandole nell’orecchio, lei scosse la testa, poi alzò gli occhi verso Edward e lo guardò con inquietudine. Il ragazzo lasciò subito il suo posto accanto ad Alice e raggiunse Bella in silenzio. L’aiutò ad alzarsi e parlò sottovoce con Emmett, quindi si allontanò con la giovane. Alice, Jasper e gli sposi si lanciarono occhiate preoccupate ma non si mossero dai loro posti. Edward infatti aveva fatto loro segno di mantenere la calma e continuare con la cerimonia. 

L’anziano celebrante sembrò non accorgersi di nulla poiché impegnato nella lettura di un passo del vangelo che stava interpretando completamente assorto, poi staccò gli occhi dal libro e iniziò la sua omelia, farcita di belle parole ma tanto lunga che i genitori degli sposi dovettero più volte sollecitarlo ad andare avanti, giungendo così al momento tanto atteso. 

“Vuoi tu, Emmett Cullen, prendere come tua legittima sposa Rosalie Hale?” chiese finalmente.

“Sì, lo voglio” rispose, netto e senza esitazione.

“E vuoi tu, Rosalie Hale, prendere come tuo legittimo sposo Emmett Cullen?”

“Sì, lo voglio” disse lei, la voce lievemente tremula ma con un gioioso sorriso sulle labbra.

“Con i poteri che mi sono stati conferiti, vi dichiaro marito e moglie” enunciò solenne. “Puoi baciare la sposa”

Il maggiore dei Cullen si chinò su Rosalie e la baciò con trasporto. Sapeva che quel bacio racchiudeva tutto quello che avevano passato insieme, sia le gioie che i dolori, e che da quel momento potevano davvero dire di essere uniti l’uno all’altra. 

Fuori dalla chiesa, vista la bella giornata, i neo coniugi si intrattennero per diversi minuti con gli invitati, ricevendo auguri e benedizioni e dispensando ringraziamenti a destra e a manca. Ma, nonostante il momento di gioia, non si erano dimenticati dei loro amici, nonché testimoni, ed erano molto in pensiero per la giovane Swan. 

“Cos’è successo a Bella?” ebbe modo di chiedere Rosalie diverso tempo dopo rivolgendosi a Jasper. “Perché lei e Edward sono andati via così?”

“Ha sentito delle contrazioni molto forti” spiegò il fratello. “Dice che è normale averle di frequente quando si è all’ultimo mese”

“Edward mi ha detto che intendeva portarla in ospedale” aggiunse Emmett. 

“Sì, Bella mi aveva spiegato che il ginecologo che la segue si era raccomandato di fare attenzione alla frequenza e alla regolarità delle contrazioni e, in caso, di andare da lui in ospedale” ricordò allora la bionda. “Ma ormai è più di mezz’ora che se ne sono andati, non ci hanno fatto sapere nulla. Forse dovremmo andare da loro”

“Non credo sia il caso, Rose, ricordati che oggi è il tuo matrimonio” le fece notare Alice. “Tu e Emmett non potete certo andarvene, non passereste inosservati, direi

“Ma Bella potrebbe avere bisogno di aiuto, io sono sua amica e...”

“C’è già Edward con lei e adesso io e Alice li raggiungeremo, quindi non c’è alcun bisogno che veniate anche voi” fece Jasper.

“I ragazzi hanno ragione, tesoro. Lasciamoli andare e non allarmiamoci troppo, il dottore sta seguendo Bella e poi c’è pur sempre il telefono, no? Qualsiasi cosa e in un attimo saremo collegati”

“Certo, vi chiameremo appena sapremo qualcosa”

“Bene. Comunque ecco le chiavi della mia auto, non correte, okay?”

“Tranquillo”

“Ah, Jasper?”

“Sì?”

“Guida tu, mi raccomando, non Alice”

“Perché stai specificando?” domandò sua sorella.

“Perché so che lui non me la riporterà indietro graffiata o, peggio, incidentata

“Ma nemmeno io ho mai fatto nulla alla macchina di Edward, a tutt’oggi è in condizioni ottime!”

“Fidarsi è bene...”

“Ah, sì? Questa me la paghi!” esclamò, facendogli una linguaccia e fingendosi offesa mentre si allontanava con Jasper. 

 

I ragazzi non impiegarono molto tempo a raggiungere il St. Mary e a chiedere di Bella ma dovettero aspettare a lungo seduti in corridoio senza sapere nulla. Jasper strinse una spalla alla sua Alice per infonderle un po’ di forza, cercando di farle capire che, sebbene fossero preoccupati, non dovevano pensare al peggio. 

“Vedrai che non è nulla di grave, sono certa che stanno bene” stava dicendo da quando erano arrivati, sperando di rassicurarla. 

La ragazza attendeva in silenzio, guardando insistentemente l’orario sul display del proprio cellulare ogni cinque minuti e girandosi a guardare in fondo al corridoio ogni due. Non aveva sensazioni strane, il che era già un buon segno, ma aveva comunque paura che qualcosa stesse andando storto, altrimenti, si disse, avrebbero detto loro in quale stanza si trovasse l’amica e li avrebbero lasciati entrare per poterle parlare. Il tempo trascorreva lento e la tensione saliva ad ogni mezz’ora passata lì. Verso le tre del pomeriggio Jasper andò a comprare qualcosa da mangiare e dovette pregare Alice di finire il panino che aveva a malapena assaggiato, non riusciva a vederla così. 

“Ragazzi!” esclamò molto tempo dopo Edward, spuntando dal fondo del corridoio e raggiungendoli quasi correndo, sembrava alquanto provato. “Un’infermiera mi ha detto che mi stavano cercando. Non siete andati al ristorante con gli altri?”

“Certo che no!” rispose Alice, reagendo come se suo fratello avesse appena detto un’assurdità.  

“Non potevamo lasciarvi soli” spiegò Jasper, più calmo, accarezzando la mano al suo folletto. “Sarebbero venuti anche Rose e Emmett ma abbiamo ricordato loro che non potevano assentarsi proprio oggi. Ad ogni modo, come sta Bella?”

“Già, e poi dov’è adesso?”

“Non lo so”

“Come sarebbe a dire che non lo sai?”

“Quando siamo arrivati abbiamo chiesto di poter vedere il ginecologo e lui l’ha fatta entrare subito visto che, mentre eravamo in macchina, lo avevo avvertito del nostro arrivo per telefono. Stavo aspettando che la visitasse seduto fuori dalla stanza e dopo nemmeno cinque minuti li ho visti uscire di corsa. Li ho seguiti ma a un certo punto sono entrati in una stanza e mi hanno detto di aspettare fuori. Sono passate quasi quattro ore e tutto quello che mi è stato detto è che siamo arrivati appena in tempo”

“Per cosa?” 

“Le si sono rotte le acque. Proprio mentre parlava con il medico” rispose, celando a malapena un lieve shock dato, più che altro, dall’espressione utilizzata.

“Ma credevo che il bambino dovesse nascere più in là” osservò sua sorella, confusa. 

“Sì, è quello che ci avevano detto ma non so cosa dirvi. A quanto pare, Bella aveva le contrazioni da stamane e non le aveva bene identificate, pensando che fossero dolori normali nel suo stato e perciò ha sopportato il dolore e non se ne è preoccupata più di tanto”

“Capisco, quindi era già in fase di travaglio”

“Esatto”

“Hai chiesto quanto dura di solito?” domandò Jasper. 

“Dicono che varia da persona a persona e che potrebbe durare dodici o anche ventiquattro ore essendo la prima gravidanza...”

“Così tanto?”

“Pare di sì, Jazz”

“Quello che mi sembra strano, però, è che non ti abbiano fatto entrare”

“Per quanto ne so io volevano fare degli accertamenti nel frattempo. Ma non mi hanno ancora chiamato, non so cosa pensare”

“Sta’ calmo, avranno i loro motivi per farti aspettare”

“Vorrei che mi facessero vedere Bella, ho paura che sia successo qualcosa...” ammise. 

“Ne avrei anch’io, ma di sicuro stanno bene” fece Jasper. “Abbi fiducia, ti chiameranno presto”

“Lo spero, sono troppo nervoso, non so per quanto altro potrei aspettare senza dare di matto...”

Un’ora dopo Carlisle, Esme, Emmett e Rosalie - che si erano ovviamente cambiati - li raggiunsero e Edward diede loro spiegazioni. Carlisle si dileguò in fretta e andò a cercare il ginecologo per saperne di più. Nel frattempo fecero tutti il possibile per essere di supporto a un sempre più teso futuro padre.

“Il feto nascerà prematuramente ma sembra essere tutto nella norma, non ci dovrebbero comunque essere complicazioni anche se aspettano il momento del parto per dare una risposta definitiva” spiegò in seguito il signor Cullen, permettendo agli altri di poter trarre un sospiro di sollievo. 

“E Bella l’hai vista?” chiese Rosalie.

“No, ma mi hanno rassicurato: è insieme all’ostetrica. Non ha riscontrato nulla di anomalo, è solo un po’ affaticata ma procede tutto come dovrebbe”

“Grazie al cielo!” mormorò Esme, seduta tra Edward e Alice.

“Adesso bisogna solo aspettare” aggiunse Carlisle. “Il travaglio è in genere abbastanza lungo quindi la nostra Bella non partorirà adesso. Visto che ci siamo qui tua madre e io potresti andare a riposarti, Edward, non hai una bella cera”

“Sì, lo penso anch’io. Non dimenticare che domani è lunedì e devi andare a lavorare” concordò Esme. 

“Ma che dite? Non posso andarmene!” sbottò il rosso. “Come faccio a lasciare qui Bella e a pensare ad altro, me lo dite?”

“Ragiona un attimo, okay? I lavori che hai trovato sono precari ma al momento sono l’unica sicurezza economica che hai e, dato che non hai voluto accettare il nostro aiuto, se li perdi ti ritroverai nei guai. Non hai diritto a giorni di permesso e mi pare che te ne abbiano comunque concesso qualcuno per accompagnare Bella ai controlli,   visto che sei stato avvertito, direi che non è il caso di tirare ancora la corda, non credi?”

Edward guardò suo padre mentre gli ricordava quale fosse la dura realtà. Non era ancora un medico, anzi aveva anche sospeso gli studi, era solo un lavoratore part-time e presto avrebbe avuto un figlio a carico. Naturalmente era felice dell’evento ormai sempre più prossimo ma si sentiva inadeguato, aveva desiderato poter offrire di più a Bella e al loro piccolo, e non un misero salario con cui a stento riuscivano a mantenersi in due. Suo padre aveva ragione, era legittimo stare in pensiero per Bella,  ma doveva preoccuparsi anche del lavoro.  

“Staremo noi qui in ospedale e ti chiameremo appena sapremo qualcosa, non ti devi preoccupare” gli disse sua madre con quel dolce tono di voce che la caratterizzava. “E poi i genitori di Bella arriveranno tra un paio d’ore con il prossimo volo, quindi non corre il rischio di essere lasciata sola”   

“Sarebbe meglio se andaste tutti. Come vedete stanno arrivando i parenti delle altre puerpere, siamo troppi tutti insieme, occupiamo quasi tutti i posti disponibili” fece poi notare il marito. 

“D’accordo, fateci sapere” sospirò Rosalie, alzandosi in piedi per prima.

“Certamente” assicurò Esme. “Oh, ancora congratulazioni, ragazzi”

“Grazie, mamma” fece Emmett. “Ci sentiamo più tardi”

Subito dopo anche Edward si decise a salutare e accompagnò in macchina Alice e Jasper all’appartamento del giovane Hale, così sua sorella non sarebbe stata sola in casa, quindi se ne tornò a casa propria, con l’intenzione di farsi una doccia al volo e poi sdraiarsi sul divano ed aspettare una chiamata dai suoi genitori. 

 

“Doveva essere davvero stanco, non sembra anche a te?” chiese Alice sfogliando distrattamente una rivista di arredamento. 

“Mettiti nei suoi panni, sa che Bella potrebbe partorire in un momento qualsiasi, è ovvio che sia così preoccupato” disse Jasper stringendole dolcemente le braccia attorno ai fianchi mentre la teneva sulle sue ginocchia.  

“Saresti preoccupato anche tu se si trattasse di me?”

“Che domande fai? Naturalmente!”

“Sai, un po’ li invidio. Mett e Rose si sono appena sposati e poi Bella e quello scapestrato di Ed stanno per diventare genitori, hanno dato una svolta decisiva alla loro vita”

“Beh, ma io se aspetto lo faccio per te, perché penso sia presto. Se fosse per me, ti sposerei adesso”

“Adesso? Tu a torso nudo e io con indosso il tuo pigiama?”

“E allora? Sei sempre bellissima, non sfigureresti nemmeno così”

“Tu mi guardi con gli occhi dell’amore...”

“Che ti amo è vero, ma sono gli occhi della realtà, i miei” ridacchiò, baciandole il collo. Lei si voltò e lo baciò sulle labbra. Non sapeva come riuscisse ad essere così speciale ma sapeva che nessun altro avrebbe mai eguagliato le attenzioni che aveva per lei, né sarebbe riuscito a donarle le stesse emozioni standole vicino, sfiorandola o anche semplicemente guardandola come faceva lui. Era unico, quanto di meglio esistesse per lei e Alice ne era ormai certissima.

“Jasper?” chiamò più tardi, quasi sussurrando, mentre erano sdraiati sul divano letto. 

“Uhm?” fece lui, mugugnando nel dormiveglia. 

“Anch’io ti sposerei adesso” mormorò dolcemente. “Ti amo tanto”

Il ragazzo si volse dalla sua parte e l’abbracciò, continuando però a sonnecchiare. Alice sorrise e ricambiò l’abbraccio coprendosi con il plaid e accoccolandosi sul suo petto caldo e accogliente.

Qualche ora dopo però si svegliò di soprassalto, con un unico pensiero in testa. Ci siamo. 

 

Erano da poco passate le quattro del mattino quando, poco dopo che Alice aveva avvertito quella sensazione di calore nel petto, squillò il cellulare sul tavolo in casa di Edward e il rosso, alzandosi di scatto dal divano, cadde sul pavimento inciampando in una maglietta sporca. 

“Ma porca miser... Pronto?” gracchiò, ancora mezzo addormentato. 

“Tesoro, sono io” rispose la voce di Esme all’altro capo.

“Mamma!” sobbalzò, ritornando bruscamente alla realtà. “Che c’è? Cos’è successo?”

“Vieni in ospedale, qualcuno vuole conoscerti” affermò con voce calma. 

“Vuoi dire che...?”

“Sì, Edward. È nata

Un istante di silenzio.

“Eddie? Ci sei?”

“Sì, mamma. Arrivo subito!”

Interruppe la chiamata e corse a vestirsi veloce come un fulmine, incapace di pensare a qualsiasi altra cosa che non fosse inerente a Bella e alla loro figlia. Chiuse a chiave la porta e un minuto dopo era già in macchina, diretto in ospedale. Quando arrivò aveva l’aspetto di un folle: occhi gonfi e segnati, i capelli arruffati e il maglione al contrario con l’etichetta ben visibile. Ma se ne infischiò altamente e, quasi senza salutare né i genitori di Bella né i suoi, seguì un’infermiera in una delle stanze lungo il corridoio dichiarando con un moto d’orgoglio e insieme d’emozione di essere il padre, quindi attese un istante sulla soglia. Aveva il fiato corto fino a un attimo prima ma poi, alla vista che gli si era parata davanti agli occhi, il fiato gli era improvvisamente mancato del tutto. Bella era sdraiata sul letto e teneva in braccio qualcosa di minuscolo avvolto in una copertina, una creatura che sembrava assorbire tutte le sue attenzioni. L’infermiera se ne andò quasi subito e Bella, alzando lo sguardo per un momento, si accorse finalmente di lui. Edward le si avvicinò e le rivolse un sorriso stanco.

 

 

“Ehi... Come stai?” le chiese.

“Ciao. Non sono mai stata meglio, davvero” ammise, distrutta ma felice.

Gli occhi del ragazzo si spostarono poi da lei alla piccola creatura che teneva in braccio e le labbra si piegarono naturalmente in un sorriso ampio e commosso. 

“Eccola qui, la nostra piccola Renesmee” sussurrò lei alla bimba che aveva gli occhi chiusi. “Saluta il tuo papà”

“Bella, è così...”

“Piccola, vero?”

“Sì” fece. “Sei stupenda, piccola mia. Proprio come la tua mamma”

La ragazza scoppiò in un pianto di gioia e anche a Edward scappò una lacrima mentre si chinava per baciare una delle manine della bimba che, all’improvviso, aprì gli occhi e per un lungo istante li fissò in quelli del ragazzo.

 

 

“Oh, Bella, è un amore!” esclamò tempo dopo Rosalie seduta vicino al letto mentre teneva in braccio Renesmee.    

“È un batuffolo di capelli, ne ha tantissimi. E guarda come ronfa” commentò Emmett, dando affettuose gomitate al fratello minore. “Così piccola ed è già tutta suo padre”

“Oggi puoi dire quello che vuoi, non ho voglia di fare battute, la piccola è molto più interessante di te” fece Edward con un sorriso beffardo. “Piuttosto, perché non ti metti al lavoro anche tu?”

“L’esperto sta attentamente valutando il progetto prima di metterlo in cantiere” fu la sua pronta risposta.

“Beh, digli di muoversi, sono curioso di vederti alle prese con un marmocchio!”

“Tuo padre è un tipo pazzerello, eh? Di sicuro sarai molto più saggia di lui” disse Rosalie, passando la neonata a Bella. 

“Vuoi tenerla un po’ anche tu, zio Emmett?”

“Onoratissimo”

“Attento a non stritolarla o stritolerò te, fratello”

“Ma scherzi? Di certo non voglio distruggere la parte migliore di te”

“Sai com’è, non conosco a fondo le abitudini degli scimmioni...”

Renesmee sbadigliò ed emise un piccolo verso.

“Lo vedi? Con la tua stupidità annoi la bimba. E poi non dovevi evitare di fare battute, papà?”

“Lascia stare, è una causa persa, sai che è nel suo DNA” rise Bella. 

“Ma tu non dovresti essere mia alleata invece di fare comunella con tuo cognato?”

“Su, amore, lascia che Emmett si goda la sua nipotina in pace. E adesso torna al lavoro che la pausa è finita”

“Vuoi cacciarmi, eh? Okay, okay” fece, sbuffando, quindi baciò le sue donne, salutò tutti e se ne andò via fischiettando un qualche motivetto.

“Sono felice per lui” disse Alice qualche minuto dopo. “Guardatelo: è semplicemente raggiante. E anche tu, Bella, non sei mai stata così radiosa. Questo piccolo tesoro ci voleva proprio”

“Grazie”

“Caspita, si sta facendo tardi anche per noi” disse poi Rosalie. 

“Peccato, volevo tenerla ancora” guaì suo marito. “Torneremo in serata, se non ti spiace”

“Quando volete, tanto noi di qui non ci muoviamo”

Renesmee passò allora nelle braccia di zia Alice. La piccola sonnecchiò al caldo appoggiata alla ragazza che la cullò dolcemente per un po’ finché non entrò l’infermiera che le chiese di uscire e lasciare che Bella allattasse la neonata in tranquillità.

 

“Hai visto quant’è dolce?” domandò Alice per l’ennesima volta. “Verrebbe voglia di mangiarla, è così... Oh, non lo so! L’ adoro!”

Jasper non immaginava che l’arrivo di un bebè avrebbe trasformato Bella, sua sorella e la sua ragazza in creature incapaci di articolare frasi complesse e, soprattutto, con la propria voce naturale senza fare sciocchi versetti. Insomma, anche lui, Edward e Emmett erano felici per il lieto evento ma riuscivano a mantenere la propria identità nonostante tutto. Perché le donne dovevano essere creature così strane e complicate? 

“Jazz, mi stai ascoltando?”

“Certo, amore, ma se continui così tra poco mi si carieranno i denti”

“Eh?”

“Troppa dolcezza, non credi?”

“Vuoi dire che a te la piccola non fa questo effetto?”

“Beh, è adorabile e suo questo non ci piove ma almeno le parlo normalmente...”

“Ma anch’io lo faccio”

“Non proprio...”

“Ah, sì? Ne riparleremo quando avremo figli, allora” lo disse con un’aria di sfida che Jasper colse al volo. 

“Accetto volentieri” rispose prima di baciarla con intensità dal sedile anteriore. 

“Ragazzi, vi prego, ho appena mangiato” sopraggiunse Edward, salendo in macchina. 

Alice e Jasper risero sotto i baffi come due bambini appena scoperti con le mani nel barattolo della marmellata. 

La ragazza guardò il cielo serale per tutto il tragitto e ripensò al passato, perdendosi nei suoi primi ricordi di vita e, contemporaneamente, in quelli che la legavano a Jasper e non poté fare a meno di sorridere pensando a quanto sarebbe stato bello condividere il proprio avvenire con un ragazzo come lui al suo fianco. 

A chi non la conosceva minimamente Alice sarebbe apparsa come una ragazza invidiosa ma, ovviamente, non era davvero così. Era immensamente felice per i suoi fratelli e le sue amiche, augurava loro tutto il bene possibile, specialmente in quel periodo che le aveva portato una deliziosa nipotina da coccolare. Forse sì, invidiava il fatto che non poteva semplicemente schioccare le dita e ritrovarsi sposata con Jasper né avere figli da lui - non che agli altri fosse accaduto così però il fatto di irritarsi all’idea di dover sempre aspettare per tutto quello che la vita le offriva stava diventando un po’ una sua prerogativa e si era falsamente illusa che fosse la sola a dover pazientare mentre gli altri, sempre secondo lei, potevano prendere delle scorciatoie - ma la sua era in realtà semplice impazienza, niente di più. D’altronde, come poteva essere altrimenti? Era una cara ragazza ed il suo amore per Jasper era forte e sincero, all’inizio ci aveva messo un po’ a capirlo, ma importava il risultato.  

Non sapeva, immersa com’era nei suoi pensieri, che Jasper, sebbene in quel momento stesse chiacchierando con Edward delle solite statistiche di calcio, in cuor suo pensava le stesse identiche cose, altrettanto impaziente all’idea di legarsi a lei, di mostrare al mondo quanto l’amasse.  

_____________________________

L’angolo di Amy

Ciao gente,

eccomi qui dopo una lunga assenza di cui mi scuso ma l’ispirazione è imprevedibile, specialmente la mia che una volta c’è e dieci no... Comunque grazie mille a chi ha letto e recensito il capitolo scorso cioè Lorelaine86 e alice cullenhalesnlgdr, come sempre l’ho apprezzato moltissimo :) 

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, appena possibile posterò anche il prossimo che sarà l’epilogo di questa ficcy, ce l’abbiamo quasi fatta ad arrivare alla fine, non mi sembra vero! ^____^ Spero di essere puntuale e di non farvi aspettare troppo ;) 

Se poi, nel frattempo, voleste leggere qualcos’altro di attinente all’universo di questa storia, ho postato ben tre OS: 

Living in Manchester - Special Act (incentrato su Jasper);

Living in Manchester - Prequel Act I (incentrato sulla coppia Bella/Edward);

Living in Manchester - Prequel Act II (incentrato sulla coppia Rosalie/Emmett). 

Attendo le vostre impressioni, come sempre ^^

Un abbraccio e a presto,

Amy 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo 20: Non è un sogno, questa è la realtà (Tutti insieme appassionatamente - atto III) - Epilogo ***




Non è un sogno, questa è la realtà 

(Tutti insieme appassionatamente - Atto III)

 

“... e scommetto che hai ancora Black in testa” 

“Sì...” ridacchiò. “E allora?”

“Okay, ma ha un sacco di ragazze che gli ronzano attorno e, se non ti decidi a fare il primo passo, è meglio che ci metti una pietra sopra!”

“Se dici questo, è evidente che non la conosci abbastanza”

Era un bel pomeriggio di sole, la scuola stava finendo e l’estate stava arrivando. Alice sedeva sul prato insieme alla sua migliore amica dell’epoca, Tanya, e alla sorella della ragazza, Irina, a godersi un po’ di caldo, uno spuntino e riviste di moda e gossip. 

Peccato però che quel giorno Irina, che di pettegolezzi era patita, aveva designato lei come vittima. “Non difenderla sempre, Tanya” fece. “Alice, quando hai intenzione di dirgli cosa senti per lui?”

“Non lo so. Ci penso ogni minuto ma poi, quando finalmente mi decido, mi sembra sempre troppo presto” spiegò la piccola Cullen. 

“La solita fifona” ribatté Irina con sufficienza. “Se ti piace come dici devi darti una mossa! Si dice: ‘Chi ha tempo, non perda tempo’, e io sono perfettamente d’accordo”

“Non trovi che ognuno abbia i suoi, di tempi?”

“Certo, ma non hai l’eternità davanti a te... A meno che tu non voglia rischiare di fartelo scappare, e non è ciò che vuoi, dico bene?”

“Dici benissimo. Ma è inutile, sono troppo timida”

“Ma perché? Non penso sia così difficile dirgli che ti piace”

“Beh, nemmeno facile”

“Devi trovare il modo di parlarci, metterti davanti a lui, guardarlo negli occhi e dirgli tutto”

“Più facile a dirsi che a farsi...”

“E io ti dico di no, devi solo trovare il coraggio”

“Ma pensaci su per un attimo: anche se ci riuscissi, come dovrei comportarmi se a lui io non piacessi?”

“Impossibile” fece Tanya. “Sei così carina”

Alice sorrise e ringraziò l’amica ma non era troppo convinta. Sapeva di avere il suo perché, quello sì, ma temeva che a Jacob non sarebbe comunque piaciuta. 

Un centinaio di metri più avanti un gruppo di ragazzi stava giocando a calcio con un vecchio pallone. Quello che stava effettuando il tiro era girato di spalle, era a torso nudo ed aveva una corporatura robusta, le parve di conoscerlo. Quando si voltò per rincorrere un avversario, lo vide: era proprio Jacob. 

“Hai intenzione di andare a parlargli?” insisté Irina.

“No” rispose, d’un tratto confusa. “Io non... ”

“Che cosa, non gli dirai che ti piace?”

“No, io non sono più... Non sono più interessata a lui”

“E perché?”

“C’è un’altra persona nella mia vita ora e io l’amo” sbatté le palpebre, chiedendosi perché non lo avesse ricordato prima. 

Avvertì un lieve tocco sulla spalla e si voltò. Si trovava ancora sul prato ma Tanya e Irina erano sparite e al loro posto, seduto accanto a lei, c’era un ragazzo, il suo Jasper che le sorrideva. Lei fece altrettanto e si tuffò fra le sue braccia, lasciandosi accogliere dal calore del suo corpo. Poco dopo il ragazzo si scostò, si mise in piedi e le offrì la propria mano. Alice si appoggiò a lui per alzarsi a sua volta e si lasciò trascinare sul prato in una corsa frenetica e spensierata in tutto quel verde, nell’oro del sole e nel vento fresco di quella giornata. Solo loro due e più nessun altro. 

A un certo punto, sfiniti dal tanto correre, si lasciarono cadere sull’erba, rossi in volto per il troppo ridere. “Ti amo” gli sussurrò in un orecchio, prima che lui la baciasse, prima sulla fronte e poi sulle labbra. Si strinsero in un nuovo abbraccio, godendosi il fresco che veniva offerto loro da un tratto d’ombra. 

Tutt’attorno a loro li avvolgevano i suoni della natura ma anche un suono sommesso che, a poco a poco, divenne sempre più acuto e persistente. Il pianto di un neonato. Alice cercò di ignorarlo, abbracciò Jasper più stretto, chiuse gli occhi...

 

... e poi li riaprì. Si trovava nella sua stanza a casa di Bella, nel proprio letto. 

‘Era un sogno’ realizzò. Eppure il pianto c’era ancora. ‘Ma certo: Renesmee!’

Qualche minuto dopo uscì dalla sua stanza e si diresse verso la scala per scendere giù in cucina. Era ancora un po’ assonnata e per poco non andò a sbattere contro suo fratello. “Sciatto” gli disse con aria di sufficienza, trattenendo a stento una risata alla vista di Edward in mutande, i capelli arruffati e gli occhi da pesce lesso.

“Idem” fu la risposta che le rifilò, prima di sbadigliare sonoramente e farsi strada in corridoio. 

Alice si strinse nelle spalle e scese al piano sottostante. Bella era seduta al tavolo della cucina, aveva l’aria stanca ma sorrideva tenendo in braccio la sua bambina. 

“Buongiorno, zia” disse, sfoderando quel tono di voce dolce e rassicurante che adottava sempre quando parlava con sua figlia. 

“Oh, buongiorno” rispose Alice, avvicinandosi a fare un sorriso alla piccola. “Come sta oggi la mia adorata nipotina?”

“Sta benone, è solo molto affamata” spiegò Bella che, come ogni mattina, implorò silenziosamente perdono con lo sguardo per tutti i pianti notturni di Renesmee. 

La giovane Cullen scosse la testa impercettibilmente ed accarezzò con delicatezza il ciuffetto di capelli che copriva la piccola nuca mentre la sua proprietaria si faceva allattare in tutta tranquillità. “In un mese è cresciuta tantissimo”

“Già” annuì. “Peccato che non lasci dormire molto la sua mamma e il suo papà”

“Si abituerà, prima o poi”

“Lo spero. Edward è sempre così provato...” sospirò. “Per fortuna oggi è il suo giorno libero e potrà riposarsi”

“Anche tu sei stanca però, no?”

“Un po’ sì, anche se non sto sveglia ventiquattro ore su ventiquattro come prima. Solo una ventina...”

Alice rise bonariamente e poi, quando Bella ebbe terminato, si offrì di tenerle la bambina e darle il tempo di farsi una doccia e rilassarsi per un po’. “Vuoi stare con la zia, Nessie? Adesso ti racconto una bella storia, vuoi sentirla? Dunque, c’era una volta...”

Cullata e accompagnata dalla voce della ragazza, la piccola non ci mise molto a scivolare nel mondo dei sogni, giungendo le manine e accoccolandosi di lato, sul seno di Alice. 

‘Mi chiedo come sia avere un figlio. A guardarli così sono bellissimi, ispirano tanta dolcezza e voglia di accudirli e proteggerli. Ma è difficile, sono delicati e comportano mille responsabilità... Bella e Edward se la stanno cavando davvero bene, ma come sarà per me e Jasper, saremmo all’altezza di un simile compito?’ si chiese. Poi pensò al sogno e sorrise. ‘Jasper sarebbe perfetto come padre. È così buono, paziente, gentile. Spero solo che, quando arriverà il momento, mi sentirò più pronta di adesso ad una simile eventualità. Perché un giorno desidero essere mamma, okay, ma una brava mamma’

 

 

Renesmee portò una ventata d’allegria in quella piccola, grande famiglia che erano tutti loro. Bella fu molto felice di non doversi accollare anche la spesa di una tata perché a turno tutti le erano di grande aiuto e ciascuno di loro contribuì alla crescita della piccola – Rosalie ed Emmett la portavano a fare delle lunghe passeggiate in mezzo alla natura e così imparò rapidamente a camminare, correre, saltare; giocando con l’argilla insieme a Jasper sviluppò un’ottima manualità e grazie alle favole di Alice iniziò a parlare molto più in fretta di altri bambini. 

Aveva raggiunto il quinto anno d’età quando i suoi genitori poterono finalmente sposarsi e metter su casa, lasciando l’altra ad Alice finché non si fosse sistemata anche lei.

“Fortuna che non sei incinta, Rose” scherzò Edward, ricordando cosa accadde il giorno del matrimonio di suo fratello. “Perché non sei incinta, vero?”

“Con questi diavoletti? No, direi che mi danno già abbastanza da fare!” rispose, spettinando i capelli ai suoi bambini, un maschio e una femmina di quattro anni, nati un anno dopo Renesmee. 

“Ma se sono bravissimi, questi angioletti!” fece Bella. 

“Oh, sì, bravissimi e soprattutto angioletti...” si lamentò Jasper.

“Ehi, cos’avete da dire sui miei figli?” sopraggiunse Emmett. 

“Niente, niente...” si difese suo cognato. 

“I prossimi siete voi, ragazzi” sentenziò la bionda con un sorriso, facendo arrossire Alice. 

“A meno che Bella e Edward non facciano il bis...” aggiunse il maggiore dei Cullen. 

“... oppure tris tu e Rosalie” lo punzecchiò il fratello. 

“Sono a posto, per ora” rispose la cognata. 

“Ragazzi?” li chiamò Esme. “Dai, basta chiacchierare, stanno portando gli antipasti!”

 

 

Alice si laureò quello stesso anno, un paio di mesi dopo il matrimonio di suo fratello.  Per celebrare il traguardo che aveva raggiunto, Jasper le organizzò una festa ma, visti i precedenti, boicottò la discoteca e propose un posto più tranquillo. Pur di non fargli spendere cifre esorbitanti la ragazza cercò di convincerlo ad affittare il pub di Bernie ma lui non volle sentire ragioni. “Si farà dove dico io. E poi non devi preoccuparti di niente, dovrai solo rilassarti e divertirti, al resto pensa il sottoscritto” 

Jasper affittò il Rustica, una pizzeria del centro, per tutta la serata. L’atmosfera era calda ed accogliente, c’era della musica in sottofondo e i tavoli erano imbanditi di antipasti e bevande di ogni genere. Gli invitati era tutti presenti quando Alice arrivò, ritardando di parecchi minuti. “Scusate, c’era un traffico...” esordì con un sorriso imbarazzato.  “Buonasera a tutti, comunque”

“Alla buonora!” commentò Edward, scolandosi una birra. “Mentre aspettavamo i tuoi comodi abbiamo finito tutto, non c’è più niente per te, spiacente”

“Pazienza” rispose. “Almeno avete bevuto alla mia salute?”

“Oh, ma che peccato! Con tutto questo bere c’è proprio sfuggito di mente...” ridacchiò, abbracciandola teneramente e facendole i complimenti. 

Uno alla volta tutti gli invitati le si avvicinarono e si congratularono con lei per i risultati ottenuti, stando bene attenti a sottolineare ogni suo pregio. La ragazza si sentì un po’ imbarazzata ma anche felice, sebbene pensasse di non meritarsi tutta quella gentilezza – “Mi sono laureata, non ho mica salvato il mondo!” diceva a tutti, sentendosi rispondere puntualmente: “Troppo modesta!”. 

“Sei stata bravissima. Sono orgoglioso di te” le sussurrò Emmett, stringendola a sé in modo ancora più caloroso di Edward. 

“Grazie, Mett” rispose, trattenendo una lacrima. 

“Su, tesori miei, congratulatevi con vostra zia” disse Rosalie, rivolgendosi a Sean e Charlotte, i suoi figli, e a Renesmee.

“Papà mi ha spiegato quello che hai fatto e ha detto che non è una passeggiata. Brava, zia Alice!” fece la sua prima nipote, facendola chinare per darle un bacio sulla guancia. 

“Grazie mille, Nessie. Sono sicura che sarai molto più brava tu, quando arriverà il momento” rispose, tirandosi su. 

Nello stesso attimo, però, Sean strappò dalle mani di sua sorella la bambola che teneva in mano e corse via, urtando Alice e facendola sbilanciare. Charlotte, indispettita, lanciò un grido acuto che assordò parte dei presenti e gli corse dietro come una furia, dando un’altra botta involontaria alla povera zia che cadde in avanti. 

Bambini!” gridò Rosalie, affrettando il passo per raggiungerli.

“Ciao, bellezza” disse Jasper, afferrando la sua ragazza prima che toccasse terra. Lo disse con un tale tono di voce che le fece correre un piacevole brivido lungo la schiena. Lei sorrise e lo baciò. “L’arancione ti dona, sei bellissima”

Una volta che Alice ebbe finito con i saluti, Jasper si schiarì forte la voce e disse: “Scusate se l’aperitivo è durato così a lungo, direi che adesso possiamo cominciare” 

Poco dopo tutti gli invitati erano seduti alla tavolata e la cena venne servita. “Che buono!” si sentiva commentare a destra e a sinistra quasi di continuo e Jasper ne sembrava entusiasta, soprattutto perché Alice appariva rilassata e felice. 

Terminato il secondo e il contorno, i camerieri sgomberarono il centro della sala e lo adibirono a pista da ballo. Con l’arrivo della musica, quasi tutti si alzarono per ballare, i primi furono i bambini. 

“Vuoi ballare, tesoro?” le chiese Jasper. 

“Avrà tutto il tempo di ballare con te” l’apostrofò Edward. “Ma il suo primo ballo dev’essere con il fratello più bello”

“Dovresti essere escluso a priori, allora” fece Emmett, prendendo la mano di Alice e portandola via. “Sono il maggiore e mi riservo questo diritto”

“Va bene, va bene. Ehi gente, tocca a me dopo lo scimmione!” gridò Edward, un po’ brillo, facendo ridere gli altri invitati mentre imitava un gorilla. 

“Non ricordavo che ballassi così bene” si complimentò Alice. 

“Se fossi stata al mio matrimonio lo avresti visto” rispose Emmett. 

“Mi sarebbe piaciuto davvero ma qualcuno doveva pur rimanere con Bella”

“Lo so, stai tranquilla. Magari verrò io al tuo...” fece l’occhiolino. “Sempre se mi vuoi, ovviamente...”

“Ma scherzi? Sono così felice che tu lo abbia detto!”

“Sono stato un idiota a malgiudicare Jasper, ancora me ne pento”

“Ormai è acqua passata, non dartene pena, per lui è come se non fosse mai accaduto”

“Bene. Allora, quando vi sposerete?”

“Beh, ecco, veramente...”

“Non vuoi più sposarlo?”

“Sì, naturalmente! Però...”

“Però non te lo ha ancora proposto, eh?”

“Già”

“Dagli tempo, lo farà presto. Noi maschi siamo un po’ lenti in queste cose, bisogna ammetterlo, ma sappiamo anche come sorprendervi”

“Lo penso anch’io. È che ultimamente è un po’ impegnato con il lavoro. Forse sta solo aspettando l’occasione più propizia”

“Sicuro” fece. “Non lascerà scappare via un tesoro di ragazza com te”

“Ti voglio bene, Mett, sappilo”

“Anch’io, sorellina

“Smetterete mai, tu e Edds, di chiamarmi così?”

“Assolutamente no, è una delle pochissime cose in cui andiamo d’accordo!”

“Perché sarò sempre la vostra sorellina?”

“Sempre”

Finita la canzone, toccò all’altro fratello. 

“Ehi, mocciosetta” esordì. “Sei pronta per un tocco di classe?”

Tu?” ridacchiò. “Non credo che la parola ‘classe’ ti si addica”

“Ma sentitela, adesso parla come suo fratello primate!”

“Il primate è anche tuo fratello...”

“... e non risponderà delle sue azioni se continui e ti ritroverai con qualche costola rotta a fine serata” fece Emmett passando loro vicino mentre ballava con sua moglie, il tono fintamente minaccioso. 

“Chi, quello? Gli assomigli decisamente più tu, solo che, per tua fortuna, tu sei meno pelosa”

“Dovrei perderlo come un complimento?”

“Lo è”

Alice rise. A Edward piaceva molto scherzare, era sempre stato simpatico e alla mano e dei tre Cullen era quello più spiritoso. Buffo come il fatto di diventare padre lo avesse reso più attento ai bisogni di Bella e della piccola ma non meno esuberante e burlone. 

“Dunque, dunque... Quand’è che tu e Jazz vi deciderete ad allargare un po’ la famiglia?”

“Non dire sciocchezze, non siamo nemmeno sposati... ”

“E allora? Oggi sono tante le coppie che convivono”

“Parli proprio tu che ti sei sposato da poco?”

“Sì, ma ho avuto prima Renesmee. Voi potreste fare lo stesso, non ti pare?”

“Non lo so, sono tradizionalista...”

“... come il resto della famiglia Cullen” sopraggiunse Rosalie. 

“Ehi, dico, la piantate di interromperci?” fece Edward, trascinando sua sorella più in là. “Quindi, dicevamo, vorresti prima sposarti?”

“Sì, è così”

Stavolta toccò a lui sorridere, ma non era uno dei soliti sorrisetti furbi, sembrava sincero. “Sono contento. Vedrai che con quel ragazzo ti troverai bene, io personalmente non ti sopporterei ma lui sembra fatto apposta per te”

“Lo penso anch’io” rispose, voltandosi a vederlo ballare insieme a Bella. 

Quando finalmente fu il turno di Jasper, Alice cominciava ad aver male ai piedi ma non avrebbe rinunciato per nulla al mondo a ballare con lui. 

“Era ora!” commentò il ragazzo. “Mi sei mancata”

“Anche tu” gli sorrise. “Sai, questa festa è tanto semplice quanto riuscita. L’atmosfera è amichevole, c’è della bella musica, sono circondata dalle persone a cui voglio bene, ma soprattutto... ” lo guardò dritto negli occhi. “... ci sei tu”

Jasper non resistette all’impulso di prenderle il mento fra due dita e baciarla. Poi si strinsero teneramente e continuarono a ballare. 

Quando non riuscì più a tenersi in piedi si andò a sedere su una delle panche, vicino alle sue amiche Julia e Patience. Davies, il ragazzo della prima, aveva fatto una gara di bevute con Edward ed era ubriaco come una spugna, la testa reclinata all’indietro e una mano appoggiata sul fianco di Julia. Patience e Seth erano vicinissimi e di tanto in tanto si scambiavano qualche effusione senza vergognarsi degli altri perché erano ormai una vera coppia. “Ehi, festeggiata” la salutò, staccandosi dal suo ragazzo. “Ti sei ricordata di noi?”

“Scusate, è che stavo ballando con Jasper e...” tentò di spiegare.

“Tranquilla, sei scusata” la rassicurò Julia. “State davvero bene insieme, sai?” 

“Oh, grazie”

“Adesso siamo in due, manchi solo tu Pat”

“E chi lo sa se riuscirò mai a laurearmi anch’io?”

“Sono certa che ce la farai”

“Alice ha ragione, devi solo metterci un po’ più di impegno”

“Facile per voi cervellone

“Non siamo cervellone, semplicemente sappiamo quando è il momento di studiare”

“E questo non lo è” precisò la ragazza, voltandosi verso Alice. “Ora che farai?”

“Ho preso contatti con degli amici di famiglia, non c’è nulla di sicuro ma farò comunque un tentativo. Di questi tempi bisogna accontentarsi” 

“Già, ormai il lavoro non si trova più così facilm...”

“Scusate un momento”

 Alice si alzò e andò dall’altra parte della sala perché Bella doveva essersi sentita male. “Tutto a posto?” le domandò. 

“Deve aver mangiato qualcosa che le ha fatto male” spiegò Edward. “Continuate pure, non badate a noi”

“Oh, mi spiace”

“Non ti preoccupare, Alice. Saremmo comunque andati via, Renesmee si è addormentata da un pezzo” 

La bambina infatti dormiva con la testa sulla gonna di Rosalie mentre Emmett teneva d’occhio i gemelli che seguitavano a rincorrersi instancabilmente da un tavolo all’altro. 

“D’accordo, grazie mille per essere venuti” li salutò rapidamente e fece loro spazio affinché potessero passare. 

“Secondo me, però, è di nuovo incinta” fece Jasper poco dopo.

Alice lo guardò con gli occhi sgranati. “E tu come fai a dirlo?”

“Non lo so, chiamalo intuito maschile”

“Ma non esiste un intuito maschile!”

“Certo che esiste! Solo che il 99% di noi non sa ancora di averlo”

“Vediamo se intuisci cosa sto pensando, allora”

“Stai pensando che...” la osservò un attimo. “Che vorresti andare a casa, farti una doccia e metterti a letto”

“Hai indovinato, ma forse era troppo facile. Proviamo con... Patience”

“Da come bacia Seth puoi capirlo anche tu”

“Okay, allora, Emmett?”

“Dalla sua faccia si direbbe che vorrebbe dare una bella sculacciata a quelle due piccole pesti, ma è evidente che si limiterà a prenderli in braccio e a sgridarli prima che lo faccia Rose”

“E Rosalie?”

“Si augura che sia Emmett a fare la voce grossa, così i bambini si calmeranno prima”

“Mi arrendo, sei bravo, lo devo ammettere” sorrise. “Chissà, magari hai ragione su Bella”

“Forse”

“Sarà maschio o femmina, questa volta?”

“Perché non gemelli?”

“Non credo”

“Non è da escludere, su mia sorella ho indovinato”

“Ti concedo anche questo, ma penso sia un’altra femminuccia”

“Maschietto”

“Tu vorresti un maschio?”

“Cosa c’entro io, adesso?”

“Nulla, è solo una curiosità”

“Beh, sì, mi piacerebbe ma se fosse una bambina sarebbe lo stesso. Non m’importa affatto di queste cose”

“Lo so. Vedo che non fai favoritismi tra Nessie, Sean e Charlie” 

“E perché dovrei? Sono tutti e tre miei nipoti, ognuno è speciale a modo suo”

“Mi trovi perfettamente d’accordo”

“Quindi nemmeno tu hai qualche preferenza in merito?”

“No, quando sarà il momento sarò felice indipendentemente dal sesso del bimbo”

“Anch’io” le disse con un sorriso, accarezzandole una guancia. 

 

 

‘Con una giornata bella come questa fare un picnic è proprio l’idea migliore’ pensò Alice scrutando il cielo mentre si incamminava verso l’appartamento di Jasper, un modesto alloggio che il ragazzo aveva temporaneamente preso in affitto. 

In bella mostra vicino al marciapiede c’era una Bugatti tirata a lucido. Alla sua vista la ragazza rimase a bocca aperta e l’ammirò per un lungo minuto, poi si decise ad entrare nel portone aperto. Salì le poche rampe di scale che portavano al secondo piano, si fermò davanti alla prima porta e suonò il campanello. Jasper aprì dopo alcuni secondi.

“Ciao, tesoro” salutò, dandole un bacio e facendola entrare. 

“Ciao, Jazz” rispose lei. “Possiamo andare?”

“Tra poco. Appoggia il cestino su quel tavolino e vieni di là in cucina”

La ragazza lo guardò per un istante con aria perplessa ma fece come le aveva detto. Non appena entrarono nella piccola cucina Alice sentì lo stomaco indurirsi per la tensione. Lauren, la ex ragazza di Jasper, la stessa persona che aveva incontrato anni prima a Birmingham, era seduta su una sedia ed appariva in splendida forma. Alla vista di Alice si alzò in piedi e le si avvicinò, tendendole la mano. 

“Ciao. Quando ci siamo incontrate la prima volta ero talmente fuori di me che ho dimenticato le buone maniere, sono Lauren”

“Alice” rispose, stringendole la mano. 

“È un piacere conoscerti”

La piccola Cullen avrebbe voluto dire che per lei era lo stesso ma sarebbe stata una bugia e perciò le parole di rito le morirono in gola. 

“Tesoro, siediti. Il caffè è pronto, ne gradite una tazza?”

“Sì, grazie” risposero all’unisono. 

Lauren osservò Alice mentre la ragazza faceva finta di niente e teneva lo sguardo fisso sulla schiena di Jasper. “So cosa stai pensando” fece improvvisamente. “Che diavolo ci fa qui questa? Cosa vuole ancora da Jasper?

“Oh, no, no...” cercò di negare, ma l’altra aveva indovinato il suo pensiero e non poté fare a meno di arrossire per l’imbarazzo.  

“Non preoccuparti, anch’io al posto tuo mi sarei preoccupata. Ma non hai nulla da temere, sono qui solo per un saluto”

“Un saluto?” non era ancora molto convinta. 

“Sì, e anche per ringraziare te, Alice”

“Ringraziare me?” chiese, mandando giù una sorsata bollente. 

“Esatto” confermò. 

“Scusa ma mi sfugge il perché dovresti ringraziarmi”

“Molto semplice: se oggi sono una donna felice lo devo anche a te”

Alice era sempre più confusa e anche Jasper, che aveva un ottimo intuito, sembrava  non aver compreso cosa volesse intendere Lauren. 

“Di certo ti ricorderai dell’ultima volta che ci siamo incontrate, e di come fossi disperata all’idea di aver perso Jasper, no?”

“Sì”

“Bene, quando Jazz mi mandò via andai a consolarmi in un pub e lì finii per ubriacarmi” spiegò con fare tranquillo. “Tra i clienti del locale c’era anche un mio amico di infanzia, solo che in quel momento non lo riconobbi, perché ci eravamo persi di vista ed era molto cambiato negli anni. Lui però si ricordò di me, mi offrì un’altro giro e poi mi riaccompagnò a casa – non ero affatto in condizioni di guidare. Adesso penserete che voleva solo approfittarsene, e invece no” bevve. “Abbiamo parlato per tutta la notte e lui non ha fatto altro che consolarmi. È andato avanti per settimane e poi mesi, dicendomi che dai miei errori potevo imparare e diventare una donna fantastica, la donna per lui” si interruppe di nuovo, gli occhi visibilmente lucidi. “Tu sei stato davvero importante per me, Jazz, questo lo sai. Ma neppure tu mi hai mai fatta sentire così bene. Quindi grazie, a tutti e due, perché senza di voi probabilmente non lo avrei mai rincontrato e oggi non starei per diventare madre”

Sia Alice che Jasper spalancarono la bocca per lo stupore, osservando per la prima volta la sua pancia leggermente rigonfia sotto la giacca. “Madre?!”

“Non è strano? Io che credevo non mi sarei più ripresa da una delusione d’amore e adesso sto per mettere su famiglia. E lo devo a voi, grazie!” si alzò in piedi e andò ad abbracciarli, cingendo entrambi con le braccia. 

“Siamo felici per te ma non credo sia il caso di ringraziarci” disse Jasper poco dopo. 

“Ma certo che lo è!” assicurò. “Tuttavia non ero venuta solo per questo... Alice?”

“Sì?”

“Jasper è un ragazzo davvero speciale e, se ti ha scelto, non dubito che lo sia anche tu. Ti auguro tanta felicità e spero che tu possa perdonarmi se non sono stata gentile con te, ma ero ferita, spero tu capisca”

“Grazie, Lauren, apprezzo molto le tue parole” mormorò, sollevata. “E per il resto non ti preoccupare, il passato è passato”

“Te ne sono grata. E tu, Jazz...”

“Dimmi”

“Non avrei mai pensato di dirtelo ma...” tossicchiò. “Hai fatto la scelta giusta e questa volta non resterai deluso. Non conosco Alice ma so che è perfetta per te, ti rende migliore di prima. Sento che è già molto felice e ti consiglio di non smettere di farla stare bene perché, se la farai soffrire come hai fatto con me, giuro che tornerò dalla Florida solo per picchiarti!”

“Stai tranquilla, non ce ne sarà bisogno”

“Me lo auguro per te!”

“Vai in Florida?”

“Sì, Alice, il mio ragazzo ha ereditato una casa lì perciò ci trasferiremo la prossima settimana e tra un mese esatto ci sposeremo”

“Oh, le mie felicitazioni”

“Grazie mille” sorrise. “E voi, quando convolerete?”

“Ehm, beh, ecco...” Jasper sembrò in difficoltà e le guance di Alice tornarono ad imporporarsi.  

“Devo aver toccato il tasto sbagliato, eh? Su, non preoccupatevi, non c’è alcuna fretta. Solo, poi mandatemi una foto, okay?”

“Puoi contarci”

“Bene. Adesso direi che posso anche togliere le tende”

“Di già? Ma il caffè lo hai appena assaggiato”

“Lo so, ma purtroppo ho la nausea di tutto, ultimamente”

“Capisco”

“Toglimi una curiosità: l’automobile qui sotto è tua?”

“La Bugatti, dci? No, Alice, è del mio Felix, me l’ha solo prestata”

“Ha una Bugatti?!”

“Sì, Jazz, se ti affacci la vedi”

“Guida con prudenza e, se dovessi aver bisogno, chiamaci” si raccomandò Alice, mentre Jasper correva alla finestra.

“Grazie” le diede un bacio sulla guancia. “Ciao e buona fortuna”

“Anche a te, ciao”

E dopo aver dato un rapido bacio di cortesia anche a Jasper, Lauren uscì dall’appartamento e dalle loro vite definitivamente. 

“Sai, non me l’immaginavo così”

“Lo so, Lauren è tutto un programma e sa anche essere simpatica, se vuole. Ma ha un grande difetto”

“Quale?”

“Non è Alice Cullen”

 

 

“... se solo non si fossero fatti sfuggire la palla all’ultimo minuto!” stava protestando Jasper, scolandosi l’ultimo sorso di birra prima di gettare la bottiglia nell’immondizia. 

“Non si può vincere sempre. E, comunque, meglio un pareggio che una sconfitta, no?” constatò Alice, attaccata al suo braccio. “La prossima volta andrà senz’altro meglio”

“Lo spero proprio, dato che sarà una patita importante”

Lo stadio si stava svuotando lentamente dei tanti tifosi che erano andati a dare sostegno alla propria squadra. Il cielo era plumbeo e faceva freddo, così tutti si affrettavano verso i locali interni alla imponente struttura per bere qualcosa di caldo o verso le proprie vetture. Anche i ragazzi si stavano dirigendo verso l’uscita per prendere la macchina di Jasper, una Maserati nera regalatagli da Rosalie e dai suoi genitori un paio di mesi prima per il suo compleanno, e concludere la serata in uno dei ristoranti più rinomati dell’intera contea.  

Alice però lo pregò di aspettare perché doveva necessariamente fare sosta alla toilette. Quando raggiunsero i servizi la ragazza si bloccò di colpo, proprio davanti al piccolo bivio che si snodava in due corridoi opposti. 

“Che succede?” le chiese Jasper con aria perplessa. 

“È proprio qui” rispose. 

“Che cosa è proprio qui, piccola? Non ti seguo”

“È davvero strano non averci più pensato per tanto tempo ma è stato qui che ci siamo incontrati la prima volta, esattamente in questo punto”

Scontrati, vorrai dire”

“Hai ragione, ricordo tutto come se fosse ieri”

“Anch’io”

“Ma ci pensi? Se non mi fossi venuto addosso quel giorno, probabilmente non ci saremmo mai conosciuti”

“Io? Ti sbagli, tu mi sei venuta a sbattere contro”

“Bugiardo”

“No, no, ricordo benissimo com’è andata!”

“Doppiamente bugiardo, allora!”

Risero insieme, incuranti dei passanti che entravano e uscivano dai bagni e li guardavano con aria stralunata. 

“Comunque è stata una circostanza felice”

“Già” concordò lui. “Ma penso che ci saremmo incontrati comunque, in un modo o nell’altro”  

“Da come lo dici ne sembri sicuro”

“Infatti è così. Me lo sento, ti avrei incontrata lo stesso. Magari da qualche altra parte, in una circostanza decisamente più romantica, ma saresti entrata nella mia vita, Alice, lo so”

La ragazza s’illuminò e gli sorrise. “Beh, una volta ho sentito dire che le anime gemelle sono destinate a incontrarsi”

“E ci credi?”

“Forse sì”

“Hai qualche dubbio a riguardo?”

Scosse la testa. “Non si tratta di questo. Vedi, Jazz, per anni ho sognato il mio futuro proprio come una bambina sogna di vivere in un castello da fiaba insieme al suo principe azzurro, facendo tanti progetti e immaginando cose che, da qualche parte nella mia mente, ero sicura non si sarebbero mai realizzate, soprattutto dopo essere stata respinta da Jacob” nel pronunciare quel nome si portò istintivamente la mano sul fianco ma durò solo un istante. “Quando si parla di anime gemelle, di destino si sogna ad occhi aperti, si parla di un concetto astratto di cui, diciamocelo, nessuno sa nulla”

Lui rimase a guardarla in silenzio, cercando di capire dove volesse arrivare. 

“Sai perché non so se credere o meno a questa teoria?” continuò. “Perché conoscerti, aver passato tanti momenti insieme a te... Non si tratta di un sogno, è la realtà. Questa felicità ha superato tutte le mie fantasie, perché non la posso solo immaginare, è qui ed è reale, Jazz. Reale

Jasper non poté trattenere l’impulso di attirarla a sé e stringerla forte tra le sue braccia fin quasi a farle male. Alice ricambiò l’abbraccio, affondando il viso nella morbida sciarpa del ragazzo.

“Adesso vai” le disse poco dopo. “Non avevi detto che era urgente?” 

“Accidenti, sì!” esclamò, ricordando improvvisamente il perché si trovava davanti alle porte dei servizi. 

“Non dirmi che te ne eri dimenticata!” fece lui, prima di scoppiare a ridere. “Ma come si fa a dimenticarsene, folletto?”

La piccola Cullen mise su il broncio, gli fece una linguaccia e poi sgattaiolò verso uno dei corridoi. 

Un’ora dopo erano passati presso le rispettive case, si erano cambiati d’abito e in quel momento sedevano al tavolo che Jasper aveva prenotato settimane prima. Era un posto delizioso, di classe – calde luci soffuse, candele profumate ovunque, un pianista di colore che suonava su una pedana rialzata al centro dell’ampia sala. 

“Che te ne pare?” domandò Jasper poco dopo. 

“Sono senza parole” commentò lei, accarezzando i petali di un fiore sintetico che faceva da base d’appoggio ad un porta candela. 

“Quindi ti piace?”

“Da impazzire, potrei addirittura sposarmi qui dentro”

Uno strano scintillio attraversò gli occhi del giovane Hale e la ragazza se ne accorse. “Ho detto qualcosa di strano?”

“Assolutamente no” 

“Uhm, eppure c’è qualcosa che non mi convince...”

“Una tua impressione, tesoro mio”

“Può darsi ma, se devi parlarmi, fallo pure. Sembra quasi che tu abbia qualcosa da nascondere”

“Oh, ma guarda, l’antipasto è già in arrivo”

“Non deviare il discors...”

“Vogliate scusarci per l’attesa, signori” si intromise il cameriere, posando prima un paio di piatti sul tavolo e poi riempiendo i loro calici con un costoso vino rosso. 

“Assaggialo, sono sicuro che ti piacerà” disse il ragazzo strizzando l’occhiolino. 

“D’accordo, voglio fidarmi” rispose Alice, prendendo il bicchiere dallo stelo e portandoselo alle labbra. Assaporò il vino lentamente e alla fine della breve sorsata lo guardò stupita. “È la cosa migliore che abbia mai bevuto!”

“Mi fa piacere aver indovinato i tuoi gusti”

Ne bevve avidamente un altro po’, poi si concentrò sulla pietanza che aveva davanti  a sé. 

La serata trascorse in modo piacevolissimo per la giovane coppia, tra chiacchiere circa gli argomenti più disparati, cibi raffinati e vino pregiato. Alice aveva il viso disteso, le guance leggermente arrossate e sembrava perfettamente a suo agio e Jasper non poté esserne più grato. Quando lei si alzò per assentarsi un momento, lui parlò con uno dei camerieri per un minuto buono, quindi lasciò il tavolo a sua volta. 

“Permette una parola, signorina Cullen?” domandò il cameriere quando la vide tornare al tavolo e guardarsi attorno con aria spaesata non vedendo più Jasper.

“Certamente”

“Il signor Hale ha detto di riferirle che si è dovuto assentare un attimo ma tornerà presto”

“Cosa significa? È successo qualcosa?”

“Oh, nient’affatto, non si allarmi”

“Ma ha detto dove andava?”

“No, mi spiace”

Corrucciò le labbra inconsapevolmente, quindi si sedette sulla sedia e mandò giù con aria preoccupata il vino che le era rimasto nel bicchiere. Era tutto perfetto, perché ora lui era sparito così all’improvviso, senza dirle nulla? Alice sperava davvero che quella sarebbe stata la serata, ci aveva creduto davvero, tutto l’aveva convinta che Jasper le avrebbe finalmente fatto quella benedetta domanda che le sembrava di aspettare da una vita. 

Il cameriere fece ritorno poco dopo con il dessert e l’esortò a incominciare così come gli aveva “detto il signor Hale’’. 

I minuti passarono ma non accadde nulla, così prese il cellulare dalla propria pochette e telefonò. Ma non ottenne altro che una serie di squilli a vuoto. Mandò giù una cucchiaiata di dolce tanto per ingannare il tempo ma non lo gustò, la sua mente era altrove. 

In sottofondo il pianista terminò il pezzo e poco dopo attaccò con un altro che, a differenza dei precedenti, non era di repertorio classico, bensì una cover strumentale. Benché fosse distratta, Alice si accorse del cambio di genere e si ritrovò subito a mugugnare piano la melodia mentre nella sua testa risuonavano le parole della prima strofa.  

 

 

It’s hard for me to say the things I want to say sometimes.

There’s no one here but you and me and that broken old street light.

Lock the doors, leave the world outside. 

All I’ve got to give to you are these five words when I...

 

Come se una forza misteriosa l’avesse chiamata a sé, Alice si voltò verso la pedana. E lo vide. 

 

Thank you for loving me

 

Jasper sedeva al posto del pianista e suonava come se fosse la cosa più naturale del mondo. Alzato il viso verso di lei, la guardò negli occhi e mimò il testo con le labbra. 

 

For being my eyes when I couldn’t see

For parting my lips when I couldn’t breathe

Thank you for loving me

 

Alice avvertì una sensazione di calore al petto, come se il cuore le si potesse sciogliere da un momento all’altro. Angioletti invisibili cantavano nella sua testa con voci acute e melodiose. 

 

I never new I had a dream until that dream was you

 

Jasper continuava a suonare, a mimare le parole in silenzio, senza mai smettere di guardarla. L’atmosfera era così bella da far sembrare tutto una meravigliosa illusione.  

Ma lui era lì, di fronte a lei, le stava dicendo a suo modo quanto l’amava e la stava ringraziando per il suo amore. 

Quando la canzone giunse al termine Alice scattò su in piedi ed iniziò ad applaudire  così forte che per un paio di secondi non si sentì altro suono nella sala. Poi tutti i clienti presero ad applaudire a loro volta. Jasper fece qualche inchino per ringraziare teatralmente i presenti e strinse la mano al pianista, seduto a un tavolo vicino, che si complimentò con lui. 

 

 

Quindi prese una rosa dal piano, lasciò la pedana e si avviò verso il suo tavolo con passo sicuro. Alice lo attese ancora in piedi, il cuore in gola. Si arrestò ad un solo passo da lei e le diede la rosa. Lei la prese, ne sfiorò i petali con due dita, ne respirò il profumo e poi la appoggiò sul tavolo. Jasper allora si mise una mano nella tasca dello smoking scuro, tirando fuori una scatolina nera di velluto e satin. Si schiarì forte la voce e la passò alla ragazza che la prese con mani tremanti e l’aprì lentamente. Un grande anello fece immediatamente capolino. Era un complesso intreccio barocco in oro bianco e giallo con un piccolo diamante di forma ovale al centro.    

La ragazza avrebbe voluto dirgli quanto le piacesse ma non riuscì a spiccicare parola e, comunque, prima che potesse farlo Jasper si inginocchiò davanti a lei in un gesto teatrale e romantico, prendendole una mano fra le sue sotto gli occhi di tutti. “Mary Alice Cullen” incominciò, la voce tremante per l’emozione. “Vuoi rendermi la persona più felice al mondo diventando mia moglie?”

La gioia le esplose nel petto, tutto intorno a lei venne offuscato da un fiotto di calde lacrime di felicità, una mano che copriva la bocca spalancata. “Tu sei pazzo!” bisbigliò poi sorrise e gridò, incurante di dove si trovava, la sua risposta. “Sì, sì, sì! Dio solo sa quanto lo voglio!” 

Jasper sorrise con gli occhi lucidi, si rimise in piedi e le infilò l’anello al dito, poi le cinse la vita con le mani e la baciò a lungo sulle labbra. Subito dopo l’abbracciò e la lasciò libera di sfogare le lacrime di felicità sulla sua spalla mentre tutt’attorno i clienti del ristorante applaudivano e si congratulavano. 

 

 

Non aveva dormito molto quella notte, era rigida come un pezzo di legno, lo stomaco così duro da dolerle e un vago senso di nausea in bocca. Quello doveva essere il giorno più bello della vita di Alice Cullen e la sua felicità avrebbe dovuto essere alle stelle ma a guardarla nessuno ci avrebbe scommesso un penny. Felice lo era, certo, ma si sentiva anche tanto nervosa. I dubbi l’avevano assalita per tutta la notte e tenerli a bada era stato davvero difficile. Si era chiesta se stesse sbagliando a sposarsi, per quanto lo volesse quella avrebbe potuto rivelarsi una scelta troppo affrettata. O magari no. Magari erano solo normali interrogativi che qualunque aspirante sposa si poneva il giorno delle sue nozze in preda ad un panico ingiustificato, perdendo temporaneamente ogni sicurezza avuta prima. 

“Guardami, Alice” intimò Rosalie la mattina dopo, prendendole il viso fra le mani. “Ami mio fratello?”

“Certo!” rispose prontamente. 

“Sei stata felice quanto ti ha chiesto di sposarlo?”

“Sì, è stato tutto perfetto, proprio come lo desideravo”

“Come ti immagini tra una decina d’anni?”

“A parte più vecchia di una decade?”

“A parte più vecchia di una decade, sì”

“Con Jasper e i nostri figli”

“E allora non hai di che preoccuparti, è tutto a posto!”

“Ma, infatti, non era su queste cose che nutrivo dubbi!”

La bionda la guardò interrogativa, in attesa di una risposta. Bella, che la sera prima era rimasta a dormire da Alice insieme a Rosalie, rientrò nella stanza e si andò a sedere sul letto vicino alla sposa. “Hai paura di non essere all’altezza, vero?” le chiese. 

“Già...” ammise. 

“Non devi. Se qui c’è una persona più matura e responsabile della sua età, sei proprio tu, Alice. E non lo dico perché siamo amiche”

“Sono d’accordo. Non credo che esista una ragazza più adatta per mio fratello. Piaci a tutta la mia famiglia, mio padre dice che sei un fiore appena sbocciato e anche  quell’osso duro di mia madre non è riuscita a trovarti un difetto – e lei è un’esperta in materia”

“Ma se ne sono piena!”

“Tutti abbiamo almeno un difetto, si sa. Ma tu riesci ad incantare gli altri, è una specie di dono”

“Pensate davvero a quello che mi state dicendo?”

“Certo!” risposero all’unisono, i loro volti privi di esitazione. 

“Grazie, ragazze. Siete due angeli”

“Non iniziare a piangere già da ora, la giornata è lunga!”

Sorrise alla battuta di Rosalie e si alzò in piedi, pronta per farsi una doccia rivitalizzante che sperava le avrebbe tolto la stanchezza dal viso e sciolto le sue tensioni. 

Funzionò, si sentì molto meglio. Solo la nausea non accennava a passarle ma si disse che era tutta una questione di nervosismo e che, appena fosse riuscita a calmarsi, quel fastidio se ne sarebbe andato. Respirò a fondo mentre indossava una sottoveste di raso bianco con i bordi a costine. Poco dopo Bella e Rosalie l’aiutarono a prepararsi, presto raggiunte da Esme, Julia e Patience. 

“Complimenti, avete fatto un gran lavoro” commentò in seguito, rimirandosi allo specchio. 

“La base era già ottima” fece Esme, che in quel momento era sola con sua figlia. 

“Voi madri non siete mai obiettive” 

“Ognuna vede il riflesso di sé nella propria figlia, la parte migliore. Ma non lo dico solo per questo. Sei splendida, Alice”

“Credi che piacerò a Jasper? Ovviamente non ha visto l’abito e quindi non ho idea di cosa potrebbe pensare”

“L’abito ti sta benissimo, sembra cucito su di te. Quanto a Jasper, beh, dubito che si concentrerà sull’abito, impegnato come sarà a guardare chi ci sta dentro” 

La ragazza sorrise ed arrossì. Fissò ancora la propria immagine allo specchio. Esme non mentiva: sembrava una dea. L’abito era bianco, in seta e pizzo, aveva una linea semplice ed attillata che la rendeva, se possibile, ancora più graziosa del solito. I capelli erano stati acconciati in un superbo intreccio adornato da perle e pietre preziose. Fece una giravolta e si sentì soddisfatta di non trovare difetti nella sua “tenuta nuziale” come la chiamavano le sue amiche. 

“Mamma?” chiese poi.

“Dimmi, tesoro”

“Ti sei mai pentita di aver sposato papà?”

“No”

“Neppure una volta?”

“Beh, come ogni coppia sposata, negli anni abbiamo affrontato delle difficoltà”

“E le avete sempre superate, dico bene?”

“Ti dirò la verità: non sempre è facile, si tende spesso a litigare, ma se il sentimento c’è ed è forte si rinasce a vita nuova. Non è un processo automatico, ci vuole tempo e impegno da ambo le parti, ma tutto si può risolvere”

“Capisco”

“Ti ho messo su ansia?”

“Non sei tu, è che oggi ho tutti i dubbi di questo mondo”

“Anch’io ho provato la stessa cosa. Succede a tutte, probabilmente. Ma non dar loro peso adesso, capirai se hai fatto la cosa giusta solo dopo esserti sposata” 

“Io so solo che lo amo e che quando mi ha fatto la proposta mi sono sentiva talmente felice che non volevo nient’altro dalla vita” 

“È cambiato qualcosa da allora?”

“No”

“Allora non farti toccare da certi dubbi, vai avanti per la tua strada” disse, massaggiandole le spalle ancora un po’ tese. “E rilassati”

La sposa inspirò profondamente, trattenne per pochi secondi e poi rilasciò l’aria. Sì, doveva rilassarsi o il nervosismo non avrebbe smesso di attanagliarle lo stomaco e di farle sudare le mani. 

Bussarono alla porta. “A che punto siete?” domandò Rosalie da fuori. 

“Sono quasi pronta” rispose Alice dopo aver scambiato una rapida occhiata con sua madre. 

Esme allora le pose il velo sul capo e le porse il bouquet, una magnifica composizione di fiori bianchi – orchidee, boccioli di rosa, calle, magnolie e biancospini. “Adoro questo bouquet” commentò, accarezzando un petalo con la punta dei polpastrelli. 

Quando si voltò non poté fare a meno di notare che Esme si stava rapidamente passando un fazzoletto sotto gli occhi. “Va tutto bene?”

La donna annuì in risposta e deglutì. “Emmett e Edward hanno già una famiglia. Adesso anche la mia bambina va a sposarsi, sono commossa...”

“Mamma...” disse, non trattenendosi dall’impulso di abbracciarla. “Questo è l’inizio della mia nuova vita ma non tutto cambierà. Sarò sempre tua figlia, la tua bambina”

“Lo so” ricambiò l’abbraccio, un sorriso materno sulle labbra. “Perdona questo piccolo sfogo, questo è il tuo giorno, anzi, il vostro. E le uniche lacrime che voglio vedere sono di felicità, sono stata chiara?”

“Sissignora” scherzò, portandosi la mano sulla fronte mimando un gesto militare. 

Esme uscì dalla stanza e poco dopo entrò Rosalie, seguita da sua madre. 

“Scusa il ritardo” esordì la donna. “Fatti guardare, cara”

Le girò attorno con aria concentrata per un minuto buono, osservando ogni particolare a lungo. Alice trattenne il fiato per tutto il tempo, timorosa di ricevere un giudizio negativo da colei che di lì a un’ora sarebbe diventata sua suocera. Rosalie le sorrise, strizzando l’occhiolino come a dirle di stare tranquilla. 

“Sei perfetta” disse infine la donna, sorridendole apertamente. “Non dubito che sarai la sposa ideale per il mio Jasper”

Alice, stupita ed insieme felicissima, abbracciò la donna con trasporto per la prima volta. Quando se ne rese conto si staccò da lei immediatamente e provò a farfugliare qualcosa a mo’ di scusa ma la futura suocera le accarezzò una guancia con fare amorevole e le disse: “Mio figlio ti ama profondamente, saprà renderti felice”

“Lo fa già” rispose con prontezza  “E anch’io lo amo”

“Ne sono certa, per questo volevo darti...” si interruppe teatralmente, porgendole una rosa blu. “... il benvenuto nella famiglia Hale”

“Grazie!” esclamò, infilandola nel mezzo del bouquet, trattenendo a stento le lacrime. 

“Figurati, cara” fece. “Adesso devo lasciarvi, sono passata solo per ammirare la sposa ma tra poco dovrò essere in chiesa. Ci vediamo dopo”

“Sì”

Fece per andarsene ma poi indugiò un momento sulla soglia. “Alice?”

“Mi dica”

“Non essere troppo puntuale. Ricorda che una sposa si fa sempre attendere”

“Certamente” 

“A dopo” salutò Rosalie, uscendo con sua madre e subito seguita da Bella che le disse: “Andrà alla grande, vedrai”  

Entro pochi minuti arrivò Carlisle che strinse forte sua figlia, sussurrandole all’orecchio quanto fosse bella e quanto le volesse bene. 

“Anch’io” piagnucolò lei.  

“Non rovinarti il trucco!” protestò Patience, entrando nella stanza. 

“Scusatela, a volte è priva di tatto” fece Julia, trascinandola via. 

La breve scenetta restituì il sorriso alla sposa che sospirò, stanca di aspettare. Quello sarebbe stato il suo ultimo giorno da Alice Cullen. E il primo come Alice Hale Cullen. Si lasciò cullare dalle calde braccia di suo padre senza fretta, sapendo che presto sarebbero state sostituite da quelle di suo marito.

 

 

La chiesa era gremita di parenti, amici e colleghi stretti. Il vociare era basso ma l’eco ne aumentava l’intensità. Chi aveva già preso il suo posto presso le prime file di banchi leggeva il programma della cerimonia o discuteva con i vicini questo e quell’altro dettaglio circa le decorazioni ed il ristorante scelto. I quattro testimoni – Emmett e Edward per Jasper, Rosalie e Bella per Alice – erano al loro posto e cercavano di non ridere troppo forte delle battute ironiche di Edward. Renesmee sedeva vicino a una zia di Alice, seria e composta come una piccola adulta, mentre Charles Edward, il fratellino nato qualche mese prima, dormiva in braccio alla donna.  I gemelli pestiferi Sean e Charlotte, invece, sedevano dal lato degli Hale ed erano intenti a tirare i baffi al nonno. 

Jasper, in completo nero di lucida seta, cravatta, camicia bianca e stringate in vernice, attendeva la sua sposa all’altare. Suo padre si era raccomandato di essere composto ma non rigido, eppure il ragazzo proprio non riusciva a rilassarsi. Il gran giorno era arrivato e lui temeva di compiere qualche passo falso o, peggio, che Alice ci avesse ripensato e non avesse più intenzione di sposarlo. “Suvvia, una cosa simile è impossibile!” gli aveva detto sua madre quella mattina, intenta a sistemargli una rosa bianca nel taschino della giacca. “Quell’adorabile ragazza ti ama, non ti abbandonerebbe mai all’altare!”

‘Forse mamma ha ragione: mi faccio solo problemi inutili’ pensò. ‘Il giorno in cui le ho fatto la proposta era commossa e sembrava che non desiderasse sentirsi dire altro, quindi non credo che voglia fare marcia indietro. O almeno lo spero...’

“Non essere troppo pensieroso” sopraggiunse Rosalie, toccandogli il braccio. “Sarà tutto perfetto”

“Sì, ne sono certo” annuì, sfiorando affettuosamente il rigonfiamento che iniziava a formarsi sulla pancia di sua sorella. “Come sta il piccolo? Si sta facendo sentire?”

“Non ancora, è presto perché scalci” rispose con un sorriso. “Secondo te sarà maschietto o femminuccia?”

“Secondo me? Sarà una femminuccia”

Rosalie stava per dire qualcosa ma venne interrotta da Emmett che fece cenno a tutti di tornare ai propri posti. “La sposa è in arrivo” mimò con le labbra all’indirizzo dei fratelli Hale. La bionda sorrise di nuovo ed accarezzò una guancia a Jasper prima di tornare vicino a Bella. 

Dopo un mezzo minuto di silenzio ed attesa l’organista diede il via alle prime note di una melodia che faceva da sottofondo all’entrata delle due damigelle d’onore, Julia e Patience, fasciate in graziosi abiti identici nel modello ma diversi nel colore – turchese per Julia, lilla per Patience – , che presero a spargere petali di fiori lungo la navata, muovendosi leggere come fate. Presto la melodia soffusa lasciò il posto alla ben più nota ed intensa marcia nuziale di Mendelssohn che annunciava l’entrata in scena della sposa. Gli invitati, già incantati dalla bellezza delle testimoni e delle damigelle, rimasero a bocca aperta nel vedere arrivare Alice sottobraccio a Carlisle. La ragazza era elegante e radiosa e suo padre, uomo affascinante e distinto, sorrideva a trentadue denti mentre l’accompagnava all’altare. Sentirsi addosso gli sguardi di tutti le fece provare un po’ d’imbarazzo ma la sua felicità era troppo grande per essere offuscata da altro, così sollevò lo sguardo dai propri piedi e guardò dritto davanti a sé.  Jasper attendeva all’altare, attendeva lei, e lei lo stava raggiungendo. Quando lo vide si rese conto di non averlo mai visto così bello e seducente. 

Poco dopo Carlisle si arrestò a due passi dallo sposo e guardò Alice negli occhi, abbassando leggermente il mento come a chiederle una muta conferma. La ragazza ricambiò lo sguardo ed annuì in silenzio, sorridendo insieme a suo padre e lasciandosi posare un tenero bacio sulla fronte. Quindi l’uomo guardò Jasper e gli disse: “Ti affido ciò che mi è più prezioso: mia figlia. Abbine cura, rendila felice, proteggila, rispettala e amala sempre”

“Più di ogni altra cosa al mondo” rispose, non un’esitazione nella voce.

Carlisle sorrise ancora e, prese le loro mani nelle sue, le avvicinò e le unì in un gesto rituale dal sapore antico. Poi il signor Cullen si fece da parte, raggiunse Esme e la cerimonia ebbe finalmente inizio.

Si susseguirono una serie di canti, letture, preghiere e l’omelia, quindi si arrivò all’ultima parte, quella più significativa ed attesa.

 

 

“Io, Jasper, accolgo te, Alice, come mia legittima sposa. E prometto di esserti fedele sempre, nella buona e nella cattiva sorte, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà. E prometto di amarti ed onorarti tutti i giorni della mia vita” enunciò lo sposo, in tono forte e chiaro, sorridendo della lacrima di commozione che faceva capolino dalle ciglia inferiori della ragazza. 

“Io, Alice, accolgo te, Jasper, come mio legittimo sposo. E prometto di esserti fedele sempre, nella buona e nella cattiva sorte, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà. E prometto di amarti ed onorarti tutti i giorni della mia vita” disse anche la sposa, mettendo da parte la timidezza e mostrando non meno sicurezza del ragazzo, lasciando parlare liberamente il proprio cuore. 

“Con questo anello io ti sposo” annunciarono a turno, scambiandosi le fedi nuziali. 

Il sacerdote li guardò benevolo e annuì con la testa la sua benedizione, quindi disse: “Con il potere conferitomi, io vi dichiaro marito e moglie. L’uomo non osi separare ciò che Dio ha unito”

Non attesero il “può baciare la sposa”, si abbracciarono e le loro labbra si toccarono, suggellando così il loro patto d’amore eterno.   

Le ore che trascorsero in seguito furono estremamente piacevoli, piene di musica, buon cibo, chiacchiere e risate. Il ristorante era un posto elegante e tranquillo e gli invitati si complimentarono con gli sposi per l’ottima scelta. il momento più emozionante fu quello del primo ballo. L’orchestra suonò una versione riarrangiata della canzone originale ed il cantante rese il testo in modo altrettanto romantico ma meno struggente. 

 

I could stay awake just to hear you breathing.

Watch you smile while you are spleeping, while you’re far away and dreaming.

I could spend my life in this sweet surrender. 

I could stay lost in this moment, forever. 

Every moment spent with you is a moment I treasure...

 

 

Alle prime note Alice e Jasper si alzarono in piedi e si diressero al centro della sala tenendosi per mano, presero posizione ed iniziarono a ballare lentamente. Non avevano una loro canzone ma quella poteva diventarlo – anche se non era originale,  anche se non parlava esattamente di due amanti, anche se non l’avevano scelta loro, contava solamente che parlasse di loro. 

Gli invitati applaudirono mentre loro danzavano in perfetta sintonia e si guardavano negli occhi senza mai distogliere lo sguardo, catturati l’uno dall’altra, come se al mondo non esistesse più nessun altro.  

 

Don’t wanna close my eyes.

I don’t wanna fall asleep ‘cause I’d miss you, babe. 

And I don’t wanna miss a thing.  

‘Cause even when I dream of you, the sweetest dream will never do, I’d still miss you, babe. 

And I don’t wanna miss a thing. 

 

“Nemmeno io voglio perdermi nulla di tutto questo” le sussurrò. “Voglio godermi ogni nostro momento e stare con te per tutta la vita”

“Anch’io, Jasper. Anch’io” rispose lei, stringendosi ancora di più a lui e continuando a ballare mentre molti invitati cantavano la canzone in coro, caricando l’atmosfera ancora di più.

 

Lying close to you, feeling your heart beating. 

And I’m wondering what you’re dreaming, wondering if it’s me you’re seeing.

Then I kiss your eyes and thank God we’re together. 

I just wanna stay with you in this moment forever, forever and ever... 

 

Alice si strinse a lui, appoggiandogli la testa sulla spalla ed abbandonandosi alla canzone e al calore avvolgente di quelle braccia mentre continuavano a ballare stretti stretti. “Sta accadendo davvero tutto questo? Oppure sto solo sognando?” gli domandò.

“No,  Alice, non è un sogno. È la realtà” le rispose, baciandola sulle labbra e facendo esplodere uno scroscio di applausi ed un fischio da quel burlone che era Edward. 

 

And I don’t wanna miss one smile and I don’t wanna miss one kiss. 

I just wanna be with you, right here with you just like this. 

I just wanna hold you close, I feel your heart so close to mine. 

And just stay here in this moment for the rest of time. 

 

Altre coppie si erano unite alle danze e tutto intorno a loro era un volteggiare di abiti vaporosi e colorati e di sorrisi sinceri. Ogni cosa era al suo posto e nulla poteva spezzare la magia di quel giorno. Finita la canzone ne seguirono molte altre e Alice continuò a ballare con suo marito finché non sentì il bisogno di riposarsi un attimo. Mentre Jasper ballava con sua nipote Charlotte – che si proclamava sua fidanzata nonostante volesse molto bene a sua zia Alice – la sposa ne approfittò per andare alla toilette, chiedendo a Esme di accompagnarla.  

“Stai bene, tesoro? Mi sembri un po’ pallida” le chiese la donna non appena la ragazza aprì il rubinetto per lavarsi le mani. 

“Ho la nausea” rispose Alice. 

“Forse ti ha fatto male il caviale? O qualcos’altro?”

“Penso che non sia stato il cibo, mamma”

“E allora cos’è stato?”

“Non lo so, ma di certo dubito che riuscirò a mandar giù anche solo un cucchiaino di torta visto che ho quasi rimesso l’intero pranzo...”

“Mi spiace, tesoro. Ce la fai a camminare?”

“Sì, ma mi gira la testa”

“Appoggiati a me. Vuoi uscire a prendere un po’ d’aria?”

“Sì, meglio”

Il ristorante aveva una balconata che dava su un piccolo lago, un delizioso angolo panoramico arieggiato che fece stare leggermente meglio la ragazza.

“È successo all’improvviso?”

“Anche stamattina mi sentivo così. Credevo fosse un malore passeggero, magari solo un po’ d’ansia, ma adesso non so”

“Hai detto che non pensi sia per qualcosa che hai mangiato... Hai preso qualche medicina in questi giorni?”

“Non ne ho avuto bisogno”

“Okay. E dimmi, hai avuto un ritardo nel ciclo questo mese?”

“Ma cosa vai a pensare, mamma! Sono solo pochi giorni di ritardo, è colpa dello stress”

“Prova a contarli comunque”

“Come vuoi. Dunque, uno, due, tre... Una settimana...” prese a contare mentalmente, bloccandosi all’improvviso. “Con oggi fanno diciotto giorni. E poi, ora che ci penso, ieri mattina ho avuto una piccola perdita ma, non vedendone più, me ne sono dimenticata. Dio mio, non sarà davvero che...”

“Non ne sono certa ma ci sono tutti i presupposti perché tu sia incinta, piccola mia”

Alice sgranò gli occhi. “Tu dici?”

“Può darsi, non lo escluderei affatto”

“Se non altro spiegherebbe il perché mi sento così... Wow, non ero pronta ad una simile eventualità” respirò a fondo. “Vorrei poter sapere subito se è davvero così”

“Portarti all’ospedale metterebbe in agitazione gli invitati ma, forse, se qualcuno andasse a comprare dei test di gravidanza...”

“E chi ci andrebbe?”

“Potrei farlo io” fece Carlisle, sbucando alle spalle di sua moglie. 

“Papà! Hai sentito tutto?”

“Sì, ma non devi vergognarti, sono pur sempre tuo padre. Ed un medico, non dimenticarlo. È da un po’ che ti osservavo ed avevo notato che qualcosa non andava  – anche se non nascondo di essere rimasto sorpreso anch’io”

“Quindi ci andresti tu, caro?” chiese Esme. 

“Sì, Alice è la sposa ed è bene che non si assenti a lungo” spiegò. “Ascolta, adesso torna dentro o rischi di prendere un colpo d’aria e di stare peggio. Siediti al tavolo, evita di mangiare e bevi un po’ d’acqua di tanto in tanto, ma solo quando hai davvero sete e sempre a piccoli sorsi. Io farò in fretta, promesso”

“Okay, papà. Grazie”

“Non ringraziarmi, tesoro mio”

In quella manciata di minuti né Jasper né gli altri invitati si erano resi conto di quello che stava accadendo alla ragazza. Lo sposo era un po’ alticcio per via del vino ma continuava ad essere cordiale e disponibile ad ogni richiesta di ballo delle invitate e di bevuta da parte degli uomini. Quando Alice si sedette lui corse da lei e la baciò su una guancia. “Ehi, dov’eri sparita?”

“Scusami, ero in bagno”

“Qualcosa non va?”

“Mal di testa” 

“Hai preso qualcosa per far passare il dolore?”

“Sto aspettando mio padre, è andato a prenderla”

“Va’ pure, Jazz, e non preoccuparti. Qui ci penso io”

“Sicura, Esme?”

La donna annuì.

“Va bene, ma in caso si senta peggio me lo farai sapere subito, vero?”

“Stai tranquillo. Oggi è il vostro giorno, continua a divertirti, Alice ti raggiungerà non appena starà meglio”

“Sì, vai” incalzò anche la sposa, sforzandosi di sorridere. 

Jasper non sembrò molto convinto ma lasciò comunque il tavolo degli sposi per tornare dai suoi amici che lo reclamavano a gran voce dal loro tavolo. 

“Mamma, se fossi davvero incinta come credi che la prenderà Jasper?”

“Conoscendolo penso che ne sarà davvero felice. Hai visto come si comporta con i bambini? Sembra nato per essere padre”

“Lo penso anch’io, ha una bravura innata con i nostri nipoti. Ma se non fosse pronto per avere un figlio suo, nostro? Non è proprio la stessa cosa che badare ai nipoti...”

“Tutti ci sentiamo insicuri quando scopriamo che diventeremo genitori. Io, per esempio, mi sono sentita inadeguata”

“Tu?! Ma se sei la madre migliore che si possa avere!”

“Sei un tesoro, grazie. Però sì, mi è successo. Eppure ho avuto tre magnifici figli e tuo padre è stato colui che mi ha fatto sentire un’ottima madre, grazie al suo amore e al continuo sostegno. Mentre io ero assalita da dubbi e preoccupazioni, lui saltava di gioia e mi ha aiutato moltissimo con tutti voi. Con te sarà lo stesso, me lo sento” 

Alice sorrise e, senza rendersene conto, fece una rapida carezza sulla sua pancia piatta. La possibilità di poter diventare madre le piaceva ogni minuto di più.

Carlisle tornò poco dopo e consegnò una bustina ad Esme con fare furtivo. Alice seguì la donna in bagno e lasciò il padre a guardia della toilette femminile – voleva essere sicura prima che altri potessero fare supposizioni che potevano rivelarsi errate. Suo padre non aveva badato a spese ed aveva acquistato parecchi test di gravidanza così la ragazza poté fare tutte le prove del caso. 

“Allora?” chiese a sua madre diversi minuto dopo.

“Danno tutti lo stesso responso”

“Che sarebbe?”

“Aspetti un bambino, amore”

“Cosa? Ne sei sicura?”

“Controlla tu stessa”

Alice credeva a Esme ma voleva vedere il risultato con i propri occhi. E, stando a quel che dicevano i test, era chiaro. 

“Congratulazioni!” esclamò la signora Cullen, abbracciandola. 

“Non posso crederci...” fece la sposa, ancora frastornata. 

Devi crederci, è una notizia meravigliosa”

“Hai ragione, mamma”

“Posso dirlo a tuo padre?”

“Certo! Non vuole darlo a vedere ma è così in ansia”

“Te ne sei accorta?”

“Sono sua figlia, no? Usciamo, dai”

Il signor Cullen camminava su e giù all’esterno della toilette con aria pensosa. Ripensava a quando era nata sua figlia e a quanto si fosse legato a lei, forse anche più profondamente che ai ragazzi. E la sua creatura non solo si era sposata ma era anche probabile che stesse per diventare madre. Ripensava al numero di anni che erano trascorsi, non riuscendo a capacitarsi del fatto che fossero trascorsi così in fretta, quasi senza che lui e la sua Esme se ne rendessero conto, ed i loro tre figli erano ormai adulti, due uomini e una donna. Una bellissima giovane donna che, forse, li avrebbe resi nonni ancora una volta. 

“Papà?”

Si voltò di scatto e la vide in piedi davanti a sé, l’aria ancora un po’ debole ma felice. “Sì, cara?” le chiese, prendendole la mano. “Qual è il risultato dei test?”

“È positivo, papà” rispose, la voce tremante. 

L’uomo sorrise e la tirò a sé, trattenendola in un caldo abbraccio. “È fantastico. Sei una sposa splendida, sarai una mamma splendida”

“E potrò sempre contare su di voi?”

“Che domande fai, sciocca?”

“Papà ed io ti staremo accanto”

“Non cambierà niente, sarai sempre la nostra piccola Alice”

“Oh, mamma, papà!” 

“Adesso però non credi che Jasper dovrebbe saperlo? È talmente bello che dovresti dirglielo. Te la senti?”

“Sì!” esclamò. “Solo, potreste accompagnarmi voi? Ho ancora la nausea”

“Certamente, vieni”

Esme attese con la figlia che Carlisle tornasse insieme a Jasper, quindi li lasciarono da soli. 

“Alice, si può sapere che succede? Devo preoccuparmi?” le chiese.

“Beh, dipende da come potresti prendere la notizia...”

“Che vuoi dire? Di che notizia parli?”

“Vedi, Jazz, c’è una cosa che dovresti sapere...”

Il ragazzo sbuffò, l’alcol doveva aver abbassato di molto la soglia della sua pazienza perché sembrava irrequieto e odiava essere tenuto sulle spine a quel modo. Dal canto suo però la sposa si sentiva un po’ titubante, tanto che temporeggiava per trovare le parole giuste da usare in quella circostanza. In quel frangente le venne in mente quando, anni prima, Bella aveva scoperto di essere incinta ed era stata lei a darle coraggio e a convincerla a dire tutto a Edward. Come desiderava avere l’energia e la determinazione che aveva avuto quel giorno, ma adesso si trattava di lei, non di un’altra ragazza, e doveva farsi forza da sola. 

“Insomma, che cavolo sta...”

Aspettounbambino

Lo disse tutto d’un fiato, tanto che Jasper la guardò disorientato. “Eh?”

“Aspetto...” respirò. “Aspetto un bambino, Jasper. Dentro di me c’è nostro figlio”

Il giovane restò a guardarla con espressione neutra per qualche secondo e poi, di colpo, fu come se il suo organismo avesse smaltito l’alcol in un istante e qualcuno avesse acceso il tasto ‘on’ nella sua testa. Spalancò la bocca e rimase senza parole. 

“Ti prego, non guardarmi così. Dimmi qualcosa” fece lei.

“Quando lo hai saputo?” chiese, incapace di pronunciare le parole se non scandendole lentamente. 

“Poco fa. Non stavo bene e ho chiesto a mia madre di accompagnarmi alla toilette e così, parlando, ha ipotizzato che potessi essere incinta. Papà ci ha sentite parlare e così si è offerto di andarmi a comprare i test di gravidanza”

“E...?”

“Ed è risultato che mamma aveva ragione” gli mostrò uno dei test. “Come vedi è positivo, anche gli altri hanno dato lo stesso responso. Non hai nulla da dirmi?” 

“Io e te avremo un bambino” guardò il test per un lungo momento, come ipnotizzato. “Un bambino...”

“So che è strano, voglio dire, è successo tutto così in fretta – il matrimonio e ora un bambino – , nemmeno io riesco ancora a crederci. È una notizia...”

“È una notizia meravigliosa!” esclamò improvvisamente, cingendole la vita ed abbracciandola. 

“Ne sei felice, allora?”

“Che razza di domande, certo che lo sono! Ci siamo sposati solo oggi ed avremo una famiglia! Io sarò padre, tu sarai madre! Avremo un figlio tutto nostro! Non potevi darmi notizia migliore! Io sarò padre, io!”

Sperava tanto in una risposta positiva da parte di Jasper, ma non immaginava certo che sarebbe stato così euforico. Pochi secondi dopo si calmò e si limitò a sorriderle e ad accarezzarle il viso. “È bellissimo, amore mio, davvero. Grazie”

“Lo abbiamo fatto in due, perché mi ringrazi?”

“Perché da quando stiamo insieme non fai che rendermi felice e poi, ogni volta, non fai che sorprendermi ancora e ancora. Sei la donna della mia vita, Alice. Ti chiederei di sposarmi, se non l’avessi appena fatto!”

“E io ti direi di sì altre mille volte, Jazz!” sorrise. “Anch’io non avrei potuto trovare persona migliore per stare al mio fianco. Non so perché ma per un momento, un solo momento, ho creduto che non saresti stato felice all’idea di diventare padre”

“Come avrei potuto non esserlo? Sei la donna che amo dal profondo del cuore, colei che ho sposato e con la quale desidero passare il resto della vita. Secondo te avrei potuto non essere contento di sapere che avremo un figlio nostro?”

“Oh, hai ragione, sono stata una stupida a preoccuparmi di una cosa del genere”

“Non dire così, un po’ di timore penso sia anche normale in certi casi. Ma è tutto a posto, questo è l’importante”

“Che cosa pensi di fare ora?”

“La nostra casa è pronta ad accoglierci, stanotte festeggeremo le nozze e il bambino. E adesso, beh, non ci resta che dirlo a tutti”

“Così, subito?”

“Perché aspettare?”

Alice sorrise ed annuì. Dopotutto aveva ragione lui, non c’era alcun motivo di aspettare, né qualcosa da temere. Lei e Jasper erano marito e moglie e presto non sarebbero stati più solo una coppia ma una famiglia, in tre nella loro splendida casa, ereditata dal ragazzo tempo prima. Lì avrebbero costruito il loro nido d’amore e il loro rifugio unico e speciale. Ormai più nulla e nessuna poteva mettere loro i bastoni tra le ruote, erano insieme, si amavano, ed erano più forti ed uniti che mai. Insieme avrebbero superato ogni difficoltà ed insieme avrebbero gioito delle cose belle come quella appena appresa.  

“Concedimi prima un ballo però, okay?”

“La mia mogliettina comanda, io obbedisco” 

 

 

“Non vedo l’ora che siano tutti qui, è così tanto tempo che non ceniamo tutti insieme” disse Alice, parlando con suo marito mentre cambiava il pannolino a Sally, la bimba nata circa un anno prima. 

“Hai fatto bene ad invitarli, fa piacere anche a me” rispose Jasper, intento ad accendere le candele che aveva disposto sulla lunga tavolata poco prima insieme a David, il loro primogenito. “Anche i bambini sono contenti”

“Già. A proposito di bambini... Johnny, cosa ti ho detto sul giocare vicino all’albero?”

“Che non si fa...” rispose il loro secondogenito, allontanandosi dall’abete addobbato per le feste. 

“Se non fai il bravo Santa Claus non ti porterà la pista per automobili che volevi tanto...” 

“Ma io la voglio!”

“Allora obbedisci, su”

“Okay... Posso giocare con i robot sulle scale?”

“Sì, ma stai attento a non cadere”

Il bambino prese in mano i suoi giocattoli e si spostò vicino alla rampa. 

Dei tre figli John era il più vivace e andava molto d’accordo con Edward, il suo zio preferito, al quale somigliava anche un po' nell'aspetto fisico. David, invece, somigliava ad Alice nell'aspetto esteriore e a Jasper in quello interiore – era infatti tranquillo, riflessivo ed aveva un’intelligenza precoce. Sally somigliava ad entrambi ma era ancora piccola ed era presto per poter dire che carattere avrebbe avuto una volta cresciuta, comunque aveva già sviluppato un enorme interesse nel disegno.

“Mamma?” 

“Cosa c’è, piccola mia?”

Quetto è pe te

“Un disegno per me? Oh, grazie, è bellissimo! Ma che cos’è?”

Tei tu

“Davvero? Vestita di verde?”

Tì, mamma. Tu come olletto

“Che cos’è un olletto?”

Olletto! Olletto che tta ne bòcco

Alice ci pensò su un momento e poi spalancò la bocca. “Un folletto nel bosco! È questo che hai disegnato, amore?”

!”

“È bellissimo, Sally, grazie mille”

La bambina sorrise e si mise a colorare un altro foglio.

“Glielo hai insegnato tu, vero, Jazz?” domandò la giovane dopo essersi alzata ed aver spiegato a Jasper quello che era appena successo. 

“No” assicurò lui, incredulo.

“Sì, invece, confessa” continuò la moglie.

“Ti giuro di no!” insisté lui. “Sally ha buon occhio, si è accorta da sé che sua madre è un folletto”

Alice si volse verso il divano dove la sua figlioletta era ancora intenta a disegnare e a canticchiare a labbra chiuse la sigla di un qualche cartone animato. 

“Non è un amore? È così concentrata” 

“Papà, io ho finito di scrivere i nomi sui segnaposto e... Mamma, ma perché piangi?” chiese David, tornando dalla cucina con un mucchio di cartoncini colorati tra le mani. 

Jasper guardò Alice e le accarezzò il viso. “Ehi, che succede?”

“Non è niente” si affrettò a rispondere, asciugandosi gli occhi con la manica del maglione. “Sei stato bravo, Dave. Adesso disponili a tavola e poi puoi tornare a leggere i fumetti”

“Sì, mamma” rispose, prima di correre via.

“Alice, non mi hai ancora risposto”

“Piango perché a volte dimentico quello che ci è stato concesso, Jasper” sorrise, voltandosi nella sua direzione. “È tutto perfetto. Tutto. E non potrei essere più felice di così!”

Si abbracciarono forte. 

“Ehi, sono arrivati i nonni!” gridò John, precipitandosi in salotto in preda all’euforia. 

“Vado ad aprire, allora” fece David. 

“Li ho visti dalla finestra, vado prima io!” protestò il fratellino. 

“Certo, se arrivi prima di me!”

“Aspettamiiii!”

 

 

*^*^* Fine *^*^*

 

 

 

_____________________________

L’angolo di Amy

Ciao gente,

anche questa volta non sono riuscita a pubblicare in tempo per la data che mi ero prefissata, però spero che questo epilogo sia di vostro gusto ^.^

Le canzoni usate in questo capitolo per le parti songfic sono:

Thank you for loving me - Bon Jovi;

I don't wanna miss a thing - Aerosmith


Non mi sembra vero che sia finita, se ci penso mi viene il magone, sono molto affezionata a questa storia e mi spiace che la conclusione sia ormai arrivata ç____ç 

Se dispiace anche a voi potreste leggere le one shot che ho scritto circa gli altri personaggi, se vi fa piacere ^^ Eccole:

Living in Manchester - Special Act (incentrato su Jasper);

Living in Manchester - Prequel Act I (incentrato sulla coppia Bella/Edward);

Living in Manchester - Prequel Act II (incentrato sulla coppia Rosalie/Emmett)

Inoltre voglio cogliere l’occasione per ringraziare chiunque ha letto questa storia ^__^ In particolare:

  • Chi l’ha messa nelle storie preferite:

alice cullenhales nlgdr;

Alice Joy;

alice95cullen: 

Asja Brandom Hale;

celly chelly;

dany60;

emanuelapezzella;

fratrilli;

Javaneh_97;

Kikka Horan Stylinson; 

lilla_try;

Lunastorta97;

sophia90. 

  • Chi nelle storie ricordate:

His Infernal Majesty;

LadyGlam;

Loony Evans. 

  • Chi nelle storie seguite:

1717;

adelina blabla;

ale630;

Alya93;

annie77;

bellinaC;

celentana;

chachot;

Chiaretta93;

Claire_coeur;

dolcemary;

Donnie forever in love; 

Doux_Ange;

Erinda;

Flaminia_Kennedy;

Frego;

glam12;

green eyes;

L490;

LadyRhoswen;

LadyTsuky;

lilla_try;

lizzie 94 1 7;

Loony Evans;

Miyakochan_89;

Mumma;

Orsacchiotta Potta Potta;

Sherazade Angels;

stana94;

titty27;

Tolls_:

YunaCullen85;

_Alice_Mione_. 

  • Chi ha recensito, anche solo una volta: 

alice cullenhales nlgdr;

Alice Joy;

dolcemary;

Donnie forever in love;

FedeVampire;

LadyRhoswen;

linn86;

Lorelaine86;

Orsacchiotta Potta Potta. 

A tutte voi un sincero GRAZIE

Attendo le vostre impressioni, come sempre ^^

Un abbraccio e buone feste!

Amy 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=490653