Heaven's boys

di JoJo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Benvenuti ad Heaven ***
Capitolo 2: *** La tavola calda di Mary ***
Capitolo 3: *** Chiacchiere e cioccolata ***
Capitolo 4: *** È qui la festa? ***
Capitolo 5: *** Il sogno di Gabriel ***
Capitolo 6: *** Il festival di fine estate ***
Capitolo 7: *** Love test ***
Capitolo 8: *** I love you, do you love me? ***
Capitolo 9: *** Amici come prima...o quasi ***
Capitolo 10: *** Due cuori e una crostata (o due, o tre...) ***
Capitolo 11: *** All you need is love ***



Capitolo 1
*** Benvenuti ad Heaven ***


1. Heaven

Heaven era il paradiso.
Non contava più di un migliaio di abitanti ed era un puntino così minuscolo sulla cartina che erano in pochi quelli che erano a conoscenza della sua esistenza. 
Tuttavia, tutti quegli automobilisti che, leggendo il nome della cittadina su un cartello verde ad un’ uscita della strada statale poco distante, avevano preso la decisione di fermarsi proprio in quel luogo sconosciuto, si erano immediatamente resi conto della fortuna di quella scelta dettata dal caso e dalla curiosità.
Heaven era il paradiso.
D’inverno, ricoperta di neve ed illuminata dalle luci natalizie, sembrava una succursale della fabbrica di giocattoli di Babbo Natale.
D’estate, contornata da campi di girasole e dai carretti dei gelati pronti a diffondere nell’aria musiche allegre, non faceva per niente rimpiangere di non essersi potuti permettere una vacanza su delle esotiche spiagge su sperdute isole del Pacifico.
In autunno, con le foglie secche scricchiolanti sotto i piedi dei passanti, l’odore di caldarroste nell’aria e gli ombrelli colorati degli abitanti, sembrava il set di una commedia romantica.
In primavera, con i prati verdi pieni di margherite e le famiglie sedute su tovaglie a quadretti rossi per i tranquilli picnic della domenica, aveva un aspetto così idilliaco che nessuno si sarebbe domandato il perché del nome che le era stato dato.
Heaven era il paradiso.
E, in una città tanto piccola, non era inusuale che gli abitanti si conoscessero tutti per nome e che vivessero le loro vite secondo un copione preciso di incontri e relazioni.
Per esempio, tutti sapevano che Pamela Barnes, l’ex ballerina che ora dirigeva l’unica scuola di danza e recitazione della città, in seguito alla sua decisione di rimanere single dopo aver lasciato il suo ultimo marito, Jesse, aveva l’hobby di flirtare scherzosamente con qualsiasi essere maschile fra i diciassette e i sessant’anni che si imbattesse sulla sua strada.
Tutti, inoltre, sapevano che se volevano conoscere gli ultimi avvenimenti della città avrebbero semplicemente dovuto recarsi a casa di Becky Ronsen per un tè, certo, solo se si fosse stati disposti anche a venire in contatto con i suoi dieci gatti e il suo irrefrenabile bisogno di chiacchierare di personaggi immaginari appartenenti a libri, film o serie televisive e alle storie alternative da lei inventate su di essi.
O, ancora, che il signor Zacharia Adler, direttore del consiglio cittadino e proprietario dell’unico supermercato della città, amava l’ordine e le regole in modo quasi ossessivo.
O che, se proprio si riteneva necessario fare affari con il signor Fergus Crowley, era sempre bene fare attenzione anche alle più piccole clausole dei suoi contratti. Comprese quelle scritte con inchiostro simpatico fatto in casa.
Ad Heaven, insomma, tutti conoscevano tutti. Quindi non era del tutto innaturale che, il giorno in cui i Winchester fecero il loro ingresso in città, non fu per niente il sommesso ritorno in terra natia che i tre si aspettavano quanto più, loro malgrado, una parata con tanto di fanfara che fece girare la testa a qualsiasi persona che si fosse imbattuta in quel vecchio pick-up color ruggine, l’aggressiva Chevrolet Impala del ’67 e il piccolo camion di traslochi prima dell’arrivo alla loro meta designata: il vecchio locale dei Campbell.
I tre Winchester, tuttavia, non badarono alle decine di paia d’occhi puntati, non affatto discretamente, su di loro. Una volta scesi dalle loro auto cariche di tutti i loro beni materiali, si fermarono sul marciapiede di fronte a quella che, diversi anni prima, era stata una tavola calda a conduzione familiare e che in quel momento non era altro che un vecchio locale abbandonato con i vetri delle vetrine oscurati dalla polvere.
“Quindi è questo?” domandò Sam, il più giovane dei due ragazzi, mentre strizzava gli occhi per riuscire a scorgere qualcosa all’interno.
Alla problematica età di quindici anni, il giovane non era affatto entusiasta dell’improvviso trasloco da Lawrance, Kansas, ovvero dall’unica casa che avesse mai riconosciuto come tale. Sam Winchester era arrabbiato per aver dovuto abbandonare la scuola che frequentava, e gli amici della sua classe, in pieno anno scolastico, ma non si poteva dire che non comprendesse appieno e condividesse le motivazioni che avevano portato suo padre a prendere una decisione di tale entità.
John annuì con quella gravità che lo perseguitava da diverse settimane “Già. L’appartamento è sopra il locale.- li informò- Anche se non sembra molto grande, è più che sufficiente per noi tre.”
Al suo fianco, Dean si sistemò meglio la propria sacca sulla spalla muscolosa “Sei sicuro che riusciremo a gestire una tavola calda?”
Sam si voltò verso il genitore “Non sei molto ferrato su come gestire un locale, papà. Era la ma-”
“Ce la caveremo.- lo interruppe con tono risoluto John- Dean mi aiuterà, non è vero?
 Il maggiore dei due fratelli annuì “Certo, papà.”
“Papà, dici che ci piacerà vivere qui?” domandò di nuovo il quindicenne, una luce incerta nello sguardo.
Suo padre gli rivolse un sorriso incoraggiante “Ne sono sicuro.- gli assicurò, prima di pronunciare in modo sommesso e malinconico la frase successiva- Mary adorava questa città.”

 

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Capitolo 2
*** La tavola calda di Mary ***


2. La tavola calda di Mary

Gabriel Novak stava camminando in centro, tra le mani una grossa e deliziosa ciambella al cioccolato, quando si accorse del radicale cambiamento.
Il vecchio locale dei Campbell, una tavola calda che da quando aveva memoria era sempre stata chiusa, aveva dei fogli di giornale a coprire le ampie vetrate e, a giudicare dai rumori provenienti dall’interno, sembrava proprio che qualcuno stesse facendo dei lavori di ristrutturazione.
Non fu difficile per lui collegare questo evento al camion dei traslochi che aveva visto sfrecciare davanti al proprio posto di lavoro il giorno precedente. Ciò che avrebbe dovuto fare, ora, era solo trovare qualcuno in città disposto a spifferargli succosi pettegolezzi su chi fossero i nuovi arrivati e quali fossero le loro intenzioni.
Gli bastò recarsi alla Roadhouse, il pub-ristorante che gestiva insieme alla proprietaria, Ellen Harvelle, per incontrare la persona giusta a cui porre le proprie domande.
“Buongiorno, Becky!” trillò, riconoscendo immediatamente la sua giovane vicina di casa seduta a uno dei grandi tavoli in legno del locale. Se c’era una cosa che tutti sapevano in città, era che Becky Rosen era a conoscenza di tutto ciò che accadeva all’interno dei suoi confini, a partire dal nuovo taglio di capelli della giovane e problematica Ruby, fino all’ennesimo cambio della trama del nuovo libro su cui stava lavorando Chuck Shurley, il solitario e timido scrittore che abitava da solo in un appartamento sopra il piccolo cinema cittadino.
La ragazza si aprì in un grande sorriso, voltandosi dalla vetrata che si apriva sulla piazza, e dalla quale si poteva scorgere chiaramente il locale dei Campbell, su cui aveva avuto il naso incollato fino a poco prima “Oh, ciao Gabriel.”
Gabriel fece un cenno del capo in quella stessa direzione “Chi sono gli stranieri?”
“La famiglia di Mary Campbell.” Spiegò immediatamente la giovane, come se lui potesse capire tutto solo dall’udire quel nome.
Il ragazzo si passo una mano sotto il mento “Chi è Mary Campbell?”
“Oh, tu e Castiel non potete saperlo.- sembrò ricordarsi immediatamente Becky- Mary abitava qui prima del vostro arrivo. Se ne è andata quando si è sposata con John Winchester.”
Si accostò di più a Gabriel prima di continuare a spifferare le informazioni in proprio possesso “A quanto pare si è voluta fare seppellire qui, vicino ai suoi genitori, e John ha deciso di acquistare il vecchio locale dei Campbell.”
“Non l’ha acquistato.- li informò una voce alle loro spalle- È sempre stato della famiglia di Mary, John lo ha avuto in eredità da lei.”
I due si voltarono per guardare Ellen, che si trovava in piedi a pochi passi da loro, le braccia incrociate al petto e sul volto la tipica espressione di una madre che ha appena colto sul fatto i propri figli mentre compiono una marachella.
Gabriel, che aveva ormai acquistato parecchia confidenza con la propria datrice di lavoro, le rivolse un sorriso a metà fra lo spavaldo e il colpevole, mentre la ragazza, decisamente meno sprezzante, si ritrasse inconsciamente “Beh, fatto sta che adesso è suo.- dichiarò, voltandosi di nuovo verso il proprio interlocutore- Dite che lo trasformerà in qualcos’altro o cercherà di far ritornare al vecchio splendore la tavola calda?”
“Non ne ho idea, ma non credo che John voglia cambiare del tutto il locale.- ammise Ellen con una scrollata di spalle- Spero solo che, se lo farà, le sue crostate di mele siano buone almeno la metà di quelle che faceva Deanna Campbell. Quella donna sì che sapeva cucinare.”
Gabriel la fissò sorpreso “Tu conosci il nuovo arrivato?”
“Non molto.- ammise la donna- John era un amico di mio marito. So che lui e Mary hanno avuto due figli, però. Il maggiore, Dean, dovrebbe avere diciannove anni e il più piccolo, Sam, è di quattro anni più giovane.”
“Oh, quasi l’età di Cassie!” trillò Gabriel contento.
Ellen si aprì in un sorriso “Vuoi ancora forzarlo a fare amicizia con i suoi coetanei?”
Il giovane scrollò le spalle “Non è che Castiel non abbia amici. Ci sono Samandriel e Inias, e quella spaventosa Meg. Credo soltanto che debba provare ad allargare un po’ la propria cerchia, tutto qui.”
La ristoratrice scosse piano la testa, sulle labbra un sorriso soave “Castiel è un ragazzo dolcissimo e sta più che bene così com’è. È un angelo, e in città tutti gli vogliamo bene.”
“Sta per compiere diciassette anni, Ellen.- continuò a spiegare il ragazzo- È il periodo in cui dovrebbe crogiolarsi nell’instabilità emotiva, frequentare gente discutibile e farmi domandare perché mai io abbia deciso di prenderlo a vivere con me.”
“Lo hai fatto perché adori quel ragazzo sopra ogni cosa.- gli ricordò la donna con un sorriso indulgente sulle labbra- Forse anche più dei dolci.”
Gli occhi nocciola di Gabriel si addolcirono per un attimo, prima che sul suo volto si dipingesse di nuovo la sua caratteristica espressione sprezzante “Nah, impossibile.”

 

Nonostante le parole di Ellen, Gabriel non aveva abbandonato l’idea che fare conoscenza con i nuovi arrivati potesse essere un’ottima occasione per il suo fratellino di conoscere gente nuova, cosa che, all’interno di una città piccola come Heaven, risultava spesso difficile.
Fu per questo che, una settimana più tardi, nel giorno dell’inaugurazione della tavola calda, battezzata Mary’s dai nuovi proprietari, Gabriel aveva deciso di mandare suo fratello in perlustrazione del locale, dichiarando di dovere assolutamente provare il loro frappuccino al caramello. Quando Castiel gli aveva domandato perché non potesse andarselo a prendere da solo, lui aveva addotto una scusa inverosimile sull’inventario della dispensa della Roadhouse, che Ellen gli avrebbe chiesto di completare al più presto.
Castiel non aveva creduto alle parole del fratello, ma se c’era una cosa che aveva imparato in tutti quegli anni che avevano passato insieme, era che quando Gabriel si metteva in testa una cosa era praticamente impossibile convincerlo a fare altrimenti.
Ed era per quel motivo, quindi, che un venerdì mattina si era ritrovato in coda in una tavola calda affollata, spintonato a destra e a manca dai suoi concittadini curiosi di fare conoscenza con i nuovi arrivati. Durante la sua lunga attesa Castiel ebbe modo di osservare i tre Winchester in tranquillità.
Il padre, John, era un uomo alto, dalle spalle larghe e l’aria di essere in grado di fare ogni tipo di lavoro pesante senza il minimo sforzo, aveva il volto provato di qualcuno che era stato costretto ad affrontare in una sola volta tutte le sofferenze della vita, gli occhi verdi in qualche modo spenti, anche se da essi trapelava una certa determinazione e passione. Era un uomo stanco, aveva deciso Castiel, e non lo aveva capito solo dai cerchi scuri sotto i suoi occhi ed il velo di barba sfatta spruzzato sulle sue guance. Il ragazzo sapeva che quell’uomo aveva perso la propria moglie ed era stato costretto a cambiare repentinamente casa, tutti in città erano a conoscenza di quel fatto, e anche se lui stesso non aveva mai dovuto provare dei dolori così grandi nella vita, di certo aveva abbastanza compassione per essere triste per lui.
“Permesso!” gli domandò con tono urgente un ragazzo alto e allampanato, prima di sfrecciargli accanto con un vassoio rosso carico di piatti dal profumo invitante.
Castiel aveva già visto Sam Winchester quando aveva iniziato a frequentare la Heaven High School. Anche se era di due anni più giovane di lui, era impossibile non notare quel giovane così alto e dai capelli lunghi e scompigliati. Non aveva avuto ancora occasione di parlargli, ma aveva intuito che il più giovane Winchester doveva amare la scuola, a differenza di molti suoi coetanei, e si aggirava spesso tra i corridoi dell’istituto con braccia e zaino carichi di libri, quaderni e fogli volanti.
Proprio mentre stava per cercare con lo sguardo l’ultimo membro della famiglia che non aveva ancora avuto occasione di studiare, una voce profonda attirò la sua attenzione.
“Il prossimo!”
Castiel alzò gli occhi verso il proprio interlocutore e si ritrovò improvvisamente faccia a faccia con Dean Winchester.
Il giovane gli sorrise da dietro il bancone “Che cosa ti porto, amico?”
“Un frappuccino al caramello, possibilmente con doppio caramello e una spruzzata di panna ed un caffè con latte di soia alla vaniglia. Da portar via, per favore.” ordinò quasi meccanicamente, mentre i suoi occhi attenti scrutavano il ragazzo che gli si trovava di fronte con la curiosità di uno scienziato di fronte ad una nuova specie.
Dean annuì “Sono subito da te.”
Il maggiore dei fratelli Winchester era alto e, come si poteva notare da ciò che trapelava dalla consumata maglietta dei Led Zeppelin che indossava, muscoloso. Aveva un volto dai tratti regolari e insolitamente armoniosi, il naso e le guance spruzzate di lentiggini e i capelli castano chiaro sapientemente sistemati con del gel. Ma ciò che più di tutto attirava l’attenzione su quel volto indubbiamente bello, erano gli occhi. Gli occhi di Dean erano verdi, come quelli degli altri Winchester, del resto, ma erano in qualche modo unici. Se quelli di John erano cupi come la parte più segreta di un bosco, e quelli di Sam erano spruzzati di pagliuzze dorate, quelli di Dean erano chiari, brillanti e facevano pensare alle passeggiate a piedi nudi sui prati pieni di rugiada durante una fresca domenica estiva e Castiel ne era talmente calamitato che non riusciva a distogliere lo sguardo.
“Ecco fatto.” dichiarò Dean, interrompendo bruscamente i suoi pensieri e facendolo sobbalzare, mentre posava davanti a lui un vassoio di cartone con le sue ordinazioni.
Castiel si riscosse, offrendogli un sorriso timido a fior di labbra “Grazie. Potresti portarmi anche del dolcificante?”
Il giovane annuì, prendendogli dalle mani la banconota che gli era stata offerta, prima di voltarsi per recuperare ciò che gli era stato chiesto. Ed in quel momento, Castiel, che pur essendo un ragazzo immensamente timido e di poche parole, si ritrovò pervaso dall’irresistibile desiderio di parlare, di farsi notare da quel ragazzo così bello e dagli occhi così sinceri.
“Ti piace lavorare con le macchine?”
Le parole gli uscirono dalle labbra a velocità elevata e, una volta resosi conto di ciò che aveva appena detto, il minore dei fratelli Novak si ritrovò ad arrossire vistosamente.
Dean si voltò di nuovo verso di lui, le sopracciglia aggrottate “E tu come lo sai?”
“Hai i pantaloni sporchi di grasso.- gli fece quindi notare Castiel, per poi inclinare la testa come per osservarlo meglio- E hai le gambe ad arco.”
“Sei un acuto osservatore, Sherlock.” borbottò il giovane, scuotendo piano la testa. Non era il primo degli abitanti di quella ridicola cittadina ad offrirgli un commento del tutto assurdo ed inaspettato, eppure non poteva fare altro che rimanere stupito ogni volta. Oppure era a causa del blu così brillante degli occhi del suo nuovo interlocutore.
“Dovresti chiedere a Bobby Singer di farti vedere le sue auto.- gli suggerì quindi il giovane, lo sguardo basso e le guance color ciliegia- È scorbutico ma di sicuro apprezzerà qualcuno che possa amare le macchine come lui, non sono molti a farlo, qui in città.”
Dean aggrottò la fronte, mentre sistemava nuovamente l’ordinazione “Grazie per questo consiglio che non ti avevo assolutamente chiesto.”
“Mi dispiace per tua madre.” mormorò quindi Castiel.
Questa volta l’altro alzò gli occhi, fumante di rabbia “Cosa?”
Castiel sbatté le palpebre più volte “Ho detto che…”
“Ho sentito quello che hai detto.- sbottò Dean- Tu non mi conosci e nemmeno conoscevi lei quindi evita di parlarne.”
“Volevo solo porgerti le mie condoglianze, non volevo farti arrabbiare.- si scusò il ragazzo, senza però abbassare di nuovo lo sguardo- Mi dispiace.”
Dean sbuffò “Senti, lo vuoi questi caffè o no?”
“Sì, grazie.- disse, per poi allontanarsi di qualche passo. Prima di essere troppo lontano, però, si voltò verso il giovane, rivolgendogli un sorriso disarmante- Spero che ti troverai bene qui ad Heaven. Benvenuto a casa, Dean.”
Il giovane dietro al bancone si ritrovò a fissare la schiena di quello strano individuo mentre usciva dal locale, ed era talmente preso da quell’azione che nemmeno si accorse di suo padre, che gli si era avvicinato e gli aveva posato una mano sulla spalla.
“Chi era quello?” domandò John, facendo un cenno in direzione della porta da cui era uscito Castiel.
Dean si riscosse “Uno dei pazzi abitanti di questa città.”
Suo padre sghignazzò sottovoce “Già, gli abitanti di Heaven possono risultare…pittoreschi.”
“Papà, non c’è bisogno che cerchi di indorare la pillola con me.- gli ricordò il maggiore dei suoi figli, voltandosi verso di lui e rivolgendogli un mezzo sorriso- Non sono Sammy.”
“Non ti sto indorando un bel niente, Dean.- disse John, scuotendo la testa- Tua madre adorava questo posto, non comportarti come se vi avessi trascinato all’inferno. Ci pensa già tuo fratello a ricordarmi costantemente quanto detesti essere qui.”
Dean sospirò, stringendosi nelle spalle “Lo so, papà. È solo che stavamo bene a Lawrence.”
“Beh, laggiù non c’era più niente per noi.”
Ed era vero. La loro casa era stata rasa al suolo da un incendio, lo stesso che aveva ucciso Mary Winchester. E anche se avevano amici e conoscenti, rimanere in quella città sarebbe stato troppo per ciò che restava della loro piccola famiglia, il vuoto lasciato da Mary troppo grande, e le macerie della loro vita precedente troppo disastrate per poter essere rimesse a posto. Così John Winchester aveva fatto ciò Mary avrebbe voluto. Aveva raccolto ciò gli era rimasto, aveva fatto fare i bagagli ai ragazzi e si era trasferito a Heaven, dove sapeva Mary avrebbe desiderato tornare.
Ora stava soltanto a loro dare un’occasione a questa nuova vita.

 

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Capitolo 3
*** Chiacchiere e cioccolata ***


 

3. Chiaccheire e cioccolata calda

La vita a Heaven era monotona.
O, perlomeno, questa era l’impressione che aveva avuto Dean Winchester nel corso delle sue prime settimane in quella piccola città.
Quando si trovava ancora a Lawrence, ovvero quando la propria vita procedeva, se non idillicamente, quantomeno senza drammi o tragedie e, tutto sommato, perfettamente serena, Dean non era mai stato il tipo di ragazzo che se ne andava in giro ad attaccar brighe o che stava fuori tutta notte in posti poco raccomandabili. Era da sempre stato vivace, certo, ma a parte qualche compagnia sbagliata e la naturale predisposizione all’attirare guai, il maggiore dei fratelli Winchester non poteva certo essere definito come un “cattivo ragazzo”.
Ad Heaven, tuttavia, quella era proprio l’etichetta che gli era stata affibbiata a pochi giorni dal suo arrivo.
Ripensandoci, Dean poteva ammettere di essere stato poco scaltro: in una città così piccola, pensare di poter acquistare della birra, a meno di ventun anni ed utilizzando un documento falso per giunta, era effettivamente inverosimile. Ellen Harevelle, che gestiva l’unico pub della città, gli aveva immediatamente sequestrato il documento, consigliandogli di non provare mai più a compiere un gesto del genere, e aveva addirittura minacciato, sotto lo sguardo sghignazzante di sua figlia Jo, di informare suo padre se avesse fatto un altro passo falso. Il giovane era rimasto esterrefatto, e anche un po’ spaventato da quella donna inflessibile, e aveva deciso che da quel momento in poi avrebbe passato le proprie serate fuori città. E, probabilmente, era per quello che non era visto esattamente di buon occhio dagli abitanti di Heaven.
Ma delle voci che giravano in città a Bobby Singer importava poco. L’unico meccanico di Heaven era un uomo burbero e solitario, pur non raggiungendo mai gli standard da eremita che sfiorava spesso Chuck Shurley durante i suoi periodi di scrittura intensiva. Abitava ai margini della cittadina dove, accanto alla propria abitazione, aveva in gestione un’ampia autorimessa. Viveva solo, con l’unica compagnia di un cane, una meticcia di più di dieci anni che amava più di qualsiasi altra cosa, anche della sua immensa collezione di libri antichi sul soprannaturale.
Quando Dean Winchester arrivò a fargli visita, chiassoso al volante della sua Impala del ’67 dalla quale si diffondevano nell’aria le assordanti note di una qualche canzone dei Metallica, Bobby non avrebbe mai immaginato che quel ragazzo potesse risultargli simpatico.
Poche ore più tardi, invece, dopo averlo visto lavorare con cura e passione sul motore martoriato di un vecchio pick up arrugginito, aveva offerto al giovane un lavoro part time per quando la sua presenza non era richiesta alla tavola calda e, anche se in quel momento Bobby non ne era ancora a conoscenza, le solide fondamenta per un’amicizia. Dal canto suo, Dean, era soddisfatto di avere finalmente un lavoro legato alla sua grande passione per le auto. E se fosse stato meno permaloso, probabilmente, avrebbe ringraziato quel ragazzino eccentrico tutto occhi. Peccato, però, che la suscettibilità facesse parte del DNA dei Winchester.

 
La domenica era il giorno preferito della settimana di Castiel Novak.
Non era affatto perché era festa. Il ragazzo adorava la scuola, fin troppo se si fosse voluto ascoltare l’opinione dei suoi coetanei, ed effettivamente, per lui, la domenica era un giorno impegnativo come qualsiasi degli altri sei della settimana.
Ciò che Castiel adorava della domenica era che fosse il giorno libero di suo fratello Gabriel. Alla mattina, dopo che il giovane presenziava alla funzione delle nove, Gabriel si recava in centro per raggiungere il fratello, ogni volta lamentandosi che per colpa sua dovesse sprecare una mattinata completa di ozio, per poi andare  insieme a pranzare alla Roadhouse dove, immancabilmente, Ellen li avrebbe rimpinzati di cibo delizioso sostenendo che nella loro vita mancava di certo il tocco di una donna. Dopo di che, sazi e felici, i due fratelli si sarebbero recati in centro per una passeggiata, prima che Castiel fosse di nuovo risucchiato via per una delle sue numerose attività extrascolastiche.
“Pamela mi ha fatto di nuovo i complimenti sulla mia postura.” disse il fratello minore, proprio durante una delle loro passeggiate domenicali.
Gabriel scrollò le spalle, prima di sfilarsi dalla bocca il leccalecca che stava mangiando prima di rispondere “E’ un’insegnante di danza, è ovvio che noti certe cose.”
“Sì, ma quando lo fa mi squadra completamente.- specificò di nuovo Castiel, abbassando la voce prima di pronunciare la frase seguente- Credo che mi guardi perfino i glutei.”
Il maggiore dei Novak proruppe in una risata argentina “Si dice culo, Cassie.”
Castiel storse il naso “Dire così è volgare. E quello che fa Pamela è imbarazzante.”
“E’ imbarazzante che tu abbia deciso di fare danza classica dopo che hai visto Billy Elliot.” specificò Gabriel lanciandogli un sorriso smaliziato.
“Io non volevo fare danza classica.- gli ricordò il ragazzo dagli occhi blu- L’hai deciso tu per me dopo aver visto quel film e lo hai fatto soprattutto pensando di poter conoscere delle donne.”
Il maggiore dei Novak aggrottò la fronte “Oh, hai ragione. Me ne ero dimenticato.”
“Mi avevi anche preso un tutù.- continuò a raccontare Castiel con un piccolo broncio- È stato estremamente imbarazzante.”
“Non è colpa mia!- si difese immediatamente Gabriel, brandendo il proprio leccalecca come se fosse stata un’arma impropria- Non sapevo niente sull’abbigliamento dei ballerini di danza classica, credevo lo indossassero anche loro.”
“Il tutù è una gonna, Gabriel. E i maschi non indossano le gonne.” sbuffò il giovane, incrociando le braccia al petto.
L’altro gli rivolse un ampio sorriso “Dimentichi il kilt.”
“E tu dimentichi che-”
Castiel si interruppe all’improvviso, prima di puntare lo sguardo sulle proprie scarpe.
Gabriel lo osservò, confuso “Che c’è?”
“Niente.” rispose il fratello minore, senza smettere di camminare con lo sguardo basso.
“Quello non è niente.- lo corresse immediatamente Gabriel, il suo tono di colpo passato da gioviale e spensierato a serio e protettivo- Dimmi che c’è.”
Castiel si strinse nelle spalle “Niente è solo…Il figlio di John Winchester.”
“Quale, il gigante che sembra un alce?” domandò quindi l’altro, guardandosi intorno alla ricerca del compagno di scuola di suo fratello.
Il minore dei Novak scosse la testa “No, il maggiore. Dean.”
Gabriel si fermò di botto e, con una mano ben salda sul braccio del fratello, lo costrinse a fare altrettanto “Che ha fatto?”
“Niente.- sospirò pesantemente Castiel- Ma mi odia.”
Gabriel fece roteare gli occhi “Nessuno ti odia, Cassie.”
“Lui sì.” gli assicurò di nuovo il ragazzo, con una scrollata di spalle.
Il giovane gli posò le mani sulle spalle “Cassie. Piccolo e dolce Cassie. Non c’è nessuno in questa città che abbia mai detto qualcosa di male su di te, e sai perché? Perché sarebbe impossibile trovare qualcosa di brutto su di te. Sei un angelo, aiuti in chiesa, a scuola e agli eventi cittadini. Sei sempre gentile con tutti, anche con Zacharia e nessuno riesce mai ad essere gentile con Zacharia. Ed è per questo che nessuno potrebbe mai odiarti.”
“I Winchester non mi conoscono.- mormorò Castiel, gli occhi di nuovo bassi- E credo di avere detto a Dean una cosa che possa aver fargli fatto avere una brutta opinione su di me.”
Gabriel alzò un sopracciglio “Che cosa potresti avergli mai detto?”
“Io gli ho fatto le condoglianze per la morte di sua madre.- gli spiegò il fratello con un sospiro- È così che si fa in queste occasioni, giusto?”
Il maggiore dei Novak scosse la testa, sulle labbra un sorriso indulgente “Oh, Castiel. Ecco il problema.”
Castiel alzò lo sguardo per fissarlo in quello del fratello “Ovvero?”
“Quando muore una persona cara la gente diventa più suscettibile.- spiegò Gabriel con un tono serio che poco gli si addiceva- Quando è morta nostra madre anche io lo ero. Avevo solo sedici anni e pensavo che fosse stata tutta colpa tua.”
Castiel smise quasi di respirare “Oh.”
“Ma non lo è stata, fratellino.- gli assicurò l’altro, sfiorandogli la guancia con le dita- E anche se mi sono rifiutato di vederti per tre settimane, quando alla fine mi sono avvicinato alla tua culla l’ho capito.”
Il ragazzo rimase in silenzio per qualche secondo prima di parlare di nuovo “Capisco. Forse dovrei scusarmi, allora.”
“Credo di sì.- confermò Gabriel aprendosi in uno dei suoi sorrisi spensierati- Oh, e quando lo farai potresti invitarlo al tuo compleanno. Chi può dirlo, potresti farti un nuovo amico.”

 
Erano le nove di sera e Dean stava lavorando da solo al locale, ormai deserto, quando rivide di nuovo il bizzarro ragazzo con gli occhi blu.
Il giovane gli si presentò davanti, sul bel volto un sorriso timido ma sincero.
“Ciao!- lo salutò, la sua voce inaspettatamente roca come la prima volta che si erano parlati- Vorrei un caffè e venti cioccolate calde. Con un po’ di panna.”
“Venti?- Dean si ritrovò ad alzare un sopracciglio- Hai una squadra di folletti da sfamare?”
“No, solo un gruppo di bambini.” gli sorrise Castiel, voltandosi per indicare un gruppo di ragazzini che stavano piano piano invadendo la tavola calda.
Il maggiore dei fratelli Winchester spalancò gli occhi, sorpreso “So che me ne pentirò, ma perché hai venti bambini che ti seguono?”
“Sono il loro insegnante di canto.- gli spiegò quindi il ragazzo, una luce brillante negli occhi blu- Sai, per il coro.”
“Il coro?” ripeté Dean, confuso.
Castiel annuì “Già. Sono già due anni che aiuto il reverendo Murphy a gestire il coro della chiesa.”
Quando vide il giovane dietro al bancone scoppiare in una sonora risata, però, aggrottò la fronte “Perché ridi?”
“Oh, niente, solo che…- Dean prese un profondo respiro per calmarsi- Tu hai una voce così profonda…Immaginavo il contrasto che deve esserci con quelle dei bambini quando cantate, tutto qui. Deve essere buffo.”
“Io non canto, Dean, sono solo il direttore del coro.” specificò quindi l’altro, stringendosi nelle spalle.
“Già.- il giovane iniziò a preparare l’ordine, pur senza smettere di chiacchierare- A proposito, tu conosci il mio nome e io non so ancora il tuo.”
Castiel annuì con aria seria “E’ vero.”
Dean non poté fare a meno di rivolgergli un sorriso obliquo “Era un modo indiretto per chiederti come ti chiami, sai?”
“Oh, certo.- l’altro spalancò gli occhi- Chiedo scusa, le mie capacità di interazione spesso sono inadeguate. Mi chiamo Castiel. Castiel Novak.”
In quel momento una ragazzina bionda gli si avvicinò, tirandogli piano una manica della giacca per attirare la sua attenzione “Castiel, avremo presto le cioccolato che ci avevi promesso?”
“Certo, Clare.- le sorrise il ragazzo- Ci penserà Dean, vai pure a sederti, intanto. Sono sicuro che avrete la cioccolata prima che passino i vostri genitori per portarvi a casa.”
Anche Dean si ritrovò a rivolgere alla bambina un ampio sorriso “Certo, vai pure piccola. Sarò subito da voi, con una dose extra di panna montata.”
La ragazzina spalancò gli occhi, incantata “Davvero? Wow!” sussurrò, prima di tornare a sedersi ad un tavolo con un gruppo dei suoi amici.
Il maggiore dei Winchester continuò a versare la cioccolata nelle tazze “Quindi il tuo nome è davvero Castiel, uh?”
Castiel puntò su di lui i suoi grandi occhi blu “Perché, che cos’ha che non va?”
“Sei il primo che incontro con un nome del genere.” spiegò quindi Dean, cercando con tutte le sue forze di distogliere lo sguardo da quello ipnotico del ragazzo che si trovava di fronte.
L’altro non sembrò avvedersi dello stato in cui si trovava il proprio interlocutore “Mia madre era molto credente e ha dato a me e a mio fratello il nome di angeli. Lui si chiama Gabriel.”
Dean si fermò con il tubo della panna a mezz’aria sopra una tazza “Era?”
“Sì. Mia madre è morta.- spiegò quindi Castiel stringendosi nelle spalle- Complicanze del parto alla mia nascita.”
Il giovane dietro al bancone si ritrovò a sbattere le palpebre più volte “Oh. Non lo sapevo.”
“E’ ovvio che non lo sapessi, Dean, ci siamo appena conosciuti.” disse l’altro, inclinando la testa di lato.
“Già.- ribatté Dean dopo aver scosso la testa come per rischiarire i propri pensieri- Beh, scusa se sono stato troppo brusco con te l’altro giorno.”
Castiel gli rivolse un grande sorriso “Non fa niente. Mio fratello mi ha fatto notare che, anche se avevo le migliori intenzioni, ciò che ho detto poteva toccare un nervo scoperto. Come ti dicevo, tendo ad essere socialmente inetto.”
Abbassando lo sguardo sulle tazze e continuando a riempirle di panna il giovane borbottò“Beh, sei sempre migliore di molte persone che ho conosciuto.”
“Grazie.” si ritrovò ad arrossire il più piccolo dei Novak.
Dean gli rivolse un sorriso insolitamente timido prima di additare il vassoio che stava per portare ai tavoli “Ok. Uhm, le cioccolate sono pronte, quindi…”
“Ragazzi?- annunciò con voce più alta- Le vostre cioccolate!”
I ragazzini urlarono di gioia non appena diede loro da bere e Dean si ritrovò a ridere di quell’entusiasmo genuino.
Quando tornò al bancone, Castiel stringeva fra le dita la propria tazza di caffè “Il caffè qui è delizioso. E anche il cibo, a quanto mi hanno detto.”
Dean gli rivolse un sorriso accattivante “Prima o poi dovresti venire a provarlo.”
“Lo farò di certo.- annuì il ragazzo. Alle loro spalle i genitori stavano iniziando ad arrivare per portare i loro bambini a casa- Quanto ti devo?”
Il maggiore dei Winchester scosse la testa, senza riuscire a smettere di sorridere “Sai una cosa? Per stasera offre la casa.”
Castiel spalancò gli occhi “No, Dean, non posso accettare.”
“Un vero peccato, perché non cambierò idea.- ribatté l’altro incrociando le braccia e appoggiandosi al bancone- Prendilo come un modo per partecipare alla vita cittadina.”
Il sorriso di Castiel era pieno di gratitudine “Grazie.”
“Di nulla, Cas.” gli sorrise di rimando l’altro giovane.
Il ragazzo dagli occhi blu aggrottò la fronte “Cas?”
“Castiel è un nome troppo lungo per i miei gusti.- spiegò quindi Dean- O forse, preferisci qualche altro soprannome?”
Castiel scosse la testa “Di solito mio fratello mi chiama Cassie, ma credo che Cas sia meglio.”
“Allora continuerò a chiamarti Cas.” gli assicurò Dean con un sorriso.
Rimasero in silenzio per diversi minuti, anche se non c’era nulla di forzato mentre se ne stavano uno di fronte all’altro, ognuno immerso nei propri pensieri. All’interno del locale, ormai, i bambini non c’erano più, tutti riaccompagnati a casa dai propri genitori, anche se sui tavoli restavano come ricordo della loro presenza tazze vuote e tovaglioli di carta sporchi di cioccolato.
“Posso chiederti una cosa, Dean?” domandò quindi Castiel.
“Certo.”
Il ragazzo iniziò a giocherellare col proprio tovagliolo, improvvisamente imbarazzato “Settimana prossima è il mio compleanno e mio fratello sta organizzando una festa a casa nostra. Mi piacerebbe se tu e tuo fratello partecipaste.”
Dean sbatté le palpebre più volte “Davvero?”
“Voi siete nuovi in città, potrebbe essere una buona occasione per conoscere un po’ di gente.- continuò a parlare tutto d’un fiato il giovane- Non che io sia molto popolare tra i miei coetanei, ma di solito alle feste che organizza Gabriel partecipa un sacco di gente e…è divertente. Alla festa per i miei dieci anni hanno chiamato la polizia.”
“E io che pensavo che Heaven fosse un posto noioso.” rise divertito il nuovo arrivato in città.
“Non lo è.- scosse la testa Castiel- È solo…diverso. Credo.”
Dean fece roteare gli occhi “Già, direi che è un modo per descriverlo.”
Improvvisamente qualcuno bussò alla porta del locale e Castiel si riscosse immediatamente, riconoscendo subito il ragazzo che ora stava in piedi sul marciapiede “Oh. Si è fatto tardi, devo andare.”
“Quel tizio sta aspettando te?” domandò il ragazzo, alzandosi immediatamente dopo al proprio ospite.
Castiel annuì “Sì, per accompagnarmi a casa. Grazie di tutto, Dean. È stato bello parlare con te.”
“Chi è lo spaventapasseri con lo scollo a v?” domandò Dean, facendo un cenno del capo verso il ragazzo che aspettava pazientemente fuori dalla vetrina del locale.
Castiel gli rivolse un sorriso timido “Oh, lui è Balthazar. Il mio ragazzo.”
E anche se Dean non lo avrebbe mai ammesso a nessuno, il cuore un po’ gli si spezzò nel sentire quella frase.

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Capitolo 4
*** È qui la festa? ***


 

4. È qui la festa?

 
La scuola pubblica di Heaven non era grande nemmeno la metà di quella che Sam Winchester frequentava a Lawrence, e contava ancora meno studenti. Tuttavia, il giovane non poteva che iniziare ad apprezzare il nuovo ambiente: i professori erano competenti e i compagni di classe socievoli, nonostante lui fosse ancora troppo intimidito per potersi considerare davvero amico di qualcuno dei suoi coetanei. Nonostante ciò, all’Heaven High School era impossibile annoiarsi. Vi erano attività scolastiche di ogni tipo, corsi in preparazione al college, club degli scacchi, della matematica, della musica, del cinema e perfino uno dedicato alle serie televisive britanniche. C’era la banda della scuola, le squadre di baseball, di basket e di football, e un cospicuo gruppo di cheerleader. In effetti, Sam era rimasto stupefatto di come la scuola di una città tanto piccola potesse brulicare di così tanta vita.
Ciò che a Sam non piaceva della nuova scuola, tuttavia, era l’ufficio del preside, o, ad essere precisi, il preside in persona. Il signor Uriel Wisdom era un personaggio terrificante, a partire dalla sua stazza fino al suo sguardo minaccioso e la smorfia schifata sempre presente sulle sue labbra. Il più giovane dei Winchester aveva sentito storie riguardo l’odio smisurato che l’uomo provava per gli studenti, tanto che fra i corridoi della scuola giravano voci che giuravano che Uriel si riferisse ad essi con i termini ‘scimmie spelacchiate’.
Mentre sfilava mogio dalla postazione della signorina Rosen, l’iperattiva segretaria tutto fare della scuola, Sam non poté che ripercorrere frase dopo frase l’intera conversazione che aveva appena avuto con quell’uomo supponente.
I suoi voti non erano all’altezza.
I suoi voti non erano all’altezza!
Quando aveva sentito quelle parole per poco il minore dei fratelli Winchester si sentì mancare. A Lawrence aveva la media più alta del suo anno, pur seguendo tutti corsi avanzati, e da quando frequentava le superiori non aveva mai preso un voto inferiore ad A.
Secondo quanto gli aveva appena comunicato Uriel, invece, i test preliminari che avevano seguito la sua iscrizione alla Heaven High School si erano rivelati deludenti rispetto alle aspettative. Il preside gli aveva spiegato che non era del tutto sorprendente, considerato che il giovane si era iscritto ad anno scolastico già iniziato, e che sarebbe stato meglio per lui cercarsi un tutor in grado di indirizzarlo finché non sarebbe stato in grado di trovare un nuovo metodo di studio che coincidesse con quello di insegnamento dei nuovi docenti.
Una volta in corridoio Sam si passò le mani fra i capelli mentre si lasciava scivolare su una panchina. Che cosa avrebbe detto suo padre? E che cosa avrebbe significato questo incidente di percorso per la sua, fino ad allora perfetta, scalata verso l’iscrizione a Standford?
Era talmente immerso nei propri pensieri che non si era nemmeno accorto che anche la panchina di fronte alla propria era occupata e che l’altro studente, prima immerso nella lettura di un tomo voluminoso, aveva smesso di leggere per osservarlo con sguardo incuriosito.
“Va tutto bene?”
Sam si ritrovò a sobbalzare suo malgrado. Alzò lo sguardo, incrociando quello di due grandi occhi blu puntati su di lui.
“Cosa?- domandò, prima di scuotere la testa e provare a formulare una frase di senso compiuto- Certo, sì tutto bene.”
Castiel annuì, poco convinto “Ne sei sicuro? Sei appena uscito dall’ufficio di Uriel e so per esperienza che parlare con lui può essere piuttosto impegnativo.”
“Già.” sospirò il ragazzo più giovane, per poi scoppiare in una piccola risata impregnata di imbarazzo.
“Posso assicurarti- continuò a parlare l’altro, facendo un segno al libro che stringeva ancora fra le mani e mettendolo da parte- che di qualsiasi cosa ti abbia parlato non si tratta di niente di irrisolvibile. Uriel tende a drammatizzare molto.”
Sam sbuffò sonoramente “Me ne sono accorto. Secondo lui non sono all’altezza degli insegnamenti che ho scelto, ma ho preso solo un paio di B!”
Castiel si aprì in un sorriso “Oh. È solo questo? Ma tu sei nuovo, giusto?”
“Sì.- disse il quindicenne, per poi ricordarsi di non essersi ancora presentato- Mi chiamo Sam. Sam Winchester.”
“Lo so. Come tutti in città, del resto. Sono stato anche io alla tavola calda di tuo padre- scherzò Castiel- Io mi chiamo Castiel Novak e posso assicurarti che la situazione in cui ti trovi non è affatto così grave come sembra.”
“Davvero?” ribatté con poca convinzione Sam.
Il giovane dagli occhi blu annuì “Certo. Ti basterà trovare un tutor e un compagno di classe che ti aiuti a studiare in base alle richieste degli insegnanti. Non ci vorrà molto prima che la tua situazione migliori.”
Sam si strinse nelle spalle. Stranamente parlare con quel ragazzo era già bastato a tranquillizzarlo e a mettere tutto in una prospettiva migliore.
“Non è che potresti darmi il nome di qualcuno che sarebbe disposto a farmi da tutor?” domandò quindi, alzando uno sguardo speranzoso sul proprio interlocutore.
Castiel si morse il labbro inferiore e aggrottò le sopracciglia, pensieroso “Beh, non so se può esserti di aiuto, ma lo scorso anno ho fatto da tutor a Kevin Tran. Anche lui si era appena trasferito e aveva un problema simile al tuo e…”
“Tu sei un tutor?” domandò Sam, il volto completamente illuminato.
“Non mi definirei propriamente come tale, ma ho già ricoperto questo ruolo un paio di volte, sì.” ammise il giovane, annuendo piano.
Il minore dei fratelli Winchester si alzò “Ma è meraviglioso! Castiel, ti prego, potresti farmi da tutor? Sei la mia unica speranza!”
Castiel scoppiò a ridere, divertito dal tono melodrammatico usato dallo studente più giovane “Credo che prima dovresti chiedere delle referenze a Kevin.”
“Siamo al liceo, Castiel, non abbiamo bisogno di referenze.” disse il ragazzo, facendo roteare gli occhi.
Il giovane dagli occhi blu sorrise indulgente “Ma sarebbe più efficiente da parte tua richiederle. Se vuoi, avrei anche il nome di una studentessa del tuo stesso anno con cui potresti formare un gruppo di studio, credo che ti potrebbe essere altrettanto utile.”
“Di chi si tratta?” si informò Sam, incuriosito.
“Jessica Moore.- rispose quindi Castiel- La conosci?”
“Sì.- ammise l’altro- Seguiamo un paio di corsi insieme.”
Per la seconda volta quella mattina, Sam Winchester si lasciò cadere sulla stessa panchina, ma se la prima volta lo aveva fatto in preda all’ansia e alla disperazione, in quel momento era decisamente sollevato.
“E’ stata una fortuna trovarti qui, Castiel. A proposito, come mai non sei in classe?”
L’altro si strinse nelle spalle “La seconda ora è la mia ora buca. Sono l’unico del mio anno ad avere scelto di non frequentare educazione fisica."
Sam si ritrovò a sghignazzare “Non sei il primo che conosco a fare una scelta del genere.”
Il volto di Castiel si fece pensieroso “I tuoi amici a Lawrence, immagino. Ti deve mancare molto.”
Il quindicenne si strinse nelle spalle, restio a dare una vera risposta.
 “Com’è il Kansas?” domandò quindi l’altro studente.
“Bello.- si ritrovò immediatamente a dire Sam- Voglio dire, non è niente di speciale, solo che era…casa.”
Castiel annuì piano “Deve essere dura per voi ritrovarvi qui, ora.”
“Non è poi così male.- ammise quindi il ragazzo, ripensando alle ultime settimane passate in città- Heaven sembra un bel posto, sono certo che mi piacerà.”
“Heaven è un ottimo posto dove vivere.” confermò quindi il giovane dagli occhi blu, sulle labbra un sorriso lieve.
“Tu hai sempre abitato qui?” chiese Sam, incuriosito.
L’altro scosse la testa “No. Ho vissuto a Pontiac, Illinois, poi io e Gabriel, mio fratello, ci siamo trasferiti qui.”
Sam spalancò gli occhi, incuriosito da quella storia “Solo voi due?”
“Già.- gli sorrise di rimando Castiel- Avevo poco meno di tre anni, lui diciotto.”
“Ti ha cresciuto lui, quindi.” riepilogò il minore dei fratelli Winchester che, fedele al proprio nome, non era propriamente pieno di tatto.
L’altro ragazzo, tuttavia, sembrò non farci caso “Sì, siamo sempre stati solo io Gabriel. Anche se lui fa chiasso quanto una squadra di football dopo aver vinto una partita.”
“Oh.- Sam intravide in quella frase l’occasione per riportare la conversazione su territori più neutri- Sei appassionato di football?”
“No, in realtà non sono molto bravo negli sport.- ammise Castiel aggrottando la fronte- Ma una volta la squadra di football della città ha vinto una partita dopo trent’anni sfortunati e abbiamo tutti fatto festa per cinque giorni.”
Sam si ritrovò a ridere di cuore al sentire quella frase. In fondo, Heaven non era quel posto terribile che gli era sembrato al momento del trasferimento. E se l’aiuto di Castiel si fosse davvero rivelato prezioso e in grado di far ritornare la propria carriera scolastica agli splendori originali, di sicuro la vita per lui non avrebbe fatto che migliorare. In fondo, era certo che quello sarebbe stato un ottimo inizio per la sua prima vera amicizia ad Heaven.

 
Lavorare sulle macchine era più che una passione per Dean Winchester.
In effetti, da quando suo padre gli aveva fatto dono dell’Impala al suo sedicesimo compleanno, il ragazzo aveva spesso fantasticato sul poter diventare un meccanico, in un futuro, ed aprire finalmente un’autofficina tutta sua. Non erano passati che tre anni da quel giorno, eppure a Dean, dopo la morte di sua madre, sembrava di essere invecchiato di una decina in più.
Aveva quasi del tutto smesso di pensare al proprio sogno da ragazzino, ma da quando aveva incominciato a lavorare con Bobby Singer quell’idea aveva iniziato a frullargli di nuovo per la testa.
Ovviamente, avendo già un lavoro full time da Mary’s, Dean non poteva permettersi di passare moltissimo tempo all’officina di Singer. Ciò non voleva dire, tuttavia, che il giovane non provasse a passarci ogni minuto che aveva a disposizione.
Durante il suo giorno libero, in particolare, aveva preso l’abitudine di prepararsi un semplice pranzo al sacco e poi recarsi da Singer per passare l’intera giornata con la testa infilata sotto il cofano di una macchina bisognosa di attenzione.
Era proprio durante uno di quei giorni che l’auto rimorchio arrugginito di Rufus Turner, migliore amico e socio di Bobby, fece il suo rumoroso ingresso dal polveroso cortile dell’autorimessa, trascinandosi dietro un bizzarro maggiolino giallo.
L’uomo scese dall’auto borbottando, prima di strillare il nome del suo amico per attirarne l’attenzione.
“Rufus! Che diavolo hai da strillare?- sbottò Bobby, per poi cambiare immediatamente tono quando riconobbe il giovane che era appena sceso dal sedile del passeggero dell’auto rimorchio- Oh, Castiel. Sono tre settimane che non passi, credevo che tu e Gabriel aveste finalmente deciso di cambiare auto.”
Il ragazzo gli rivolse un sorriso imbarazzato “Non possiamo proprio permettercelo al momento, Bobby, lo sai.”
Il vecchio si grattò la testa, pur senza togliersi il suo inseparabile e malconcio berretto da baseball “Scommetto che comprare una nuova macchina vi costerebbe meno che portare da me quel rottame tre volte al mese.”
“Tu ci fai sempre enormi sconti.” gli ricordò quindi Castiel, sorridendogli grato.
“E tu mi fai trovare sulla veranda biscotti appena fatti ogni domenica mattina.” borbottò il meccanico, facendo un ampio gesto del braccio come se volesse scacciare da sé e dal suo interlocutore l’idea che lui potesse essere estremamente generoso.
Il ragazzo scosse la testa “Non puoi sapere che sono io.”
“Certo, Castiel.- Bobby fece roteare gli occhi, prima di puntare lo sguardo sulla macchina gialla- Allora, che cos’ha questa volta?”
“Non parte.” dichiarò quindi il giovane, stringendosi nelle spalle. Non sarebbe stato in grado di dire di più, considerando che ne lui ne il fratello erano propriamente ferrati sull’argomento.
Il meccanico, tuttavia, annuì, come se quella risposta fosse più che sufficiente “Ok, solo un attimo. Dean!”
Il maggiore dei fratelli Winchester al sentire chiamato il proprio nome sgusciò immediatamente fuori dall’auto su cui stava lavorando, una meravigliosa Mustang rossa appartenente all’inquietante signor War.
“Che c’è?” domandò, fingendo così di non avere affatto origliato fino a quel momento la conversazione fra il suo datore di lavoro e il compagno di scuola di suo fratello.
“Occupati dell’auto di Castiel.” gli ordinò quindi Bobby, prima di girare i tacchi per ritornare in ufficio.
Dean annuì immediatamente, e si rivolse al nuovo arrivato mentre si puliva il grasso che aveva sulle mani con un piccolo telo sdrucito “Ok. Allora, qual è il problema?”
“Speravo potessi dirmelo tu.- ribatté Castiel, seguendolo passo passo mentre sganciava il maggiolino dall’auto rimorchio per poterlo quindi analizzare- Bobby dice che Herbie sta cercando in ogni modo di ricorrere all’eutanasia.”
“Herbie?” il meccanico alzò un sopracciglio, mentre apriva il cofano per osservare le condizioni del motore.
“Gli ho dato questo nome quando avevo quattro anni.- spiegò quindi Castiel, non senza arrossire leggermente- Gabriel mi ha incoraggiato.”
Dean annuì distrattamente, ma ormai la sua attenzione era completamente catalizzata dal compito che gli era stato assegnato. Osservando il motore del vecchio maggiolino giallo era palese che quell’automobile fosse più vecchia che d’epoca. I problemi di quella macchina, ad un occhio esperto come il suo, erano più che evidenti. Tuttavia, si limitò a focalizzarsi sul motivo per cui l’auto avesse deciso di non mettersi in moto più.
“Uhm.” borbottò a mezza voce, gli occhi verdi ancora ben puntati sul motore che gli si trovava di fronte.
“Che c’è?- domandò immediatamente l’altro giovane, decisamente preoccipato- Qualcosa di grave  che non va?”
Dean sospirò, alzandosi per guardare il proprio interlocutore negli occhi “Direi di sì. Credo che per sistemartela dovrò tenerla qui per qualche giorno.”
“Oh, solo questo.- sorrise Castiel, visibilmente sollevato- Pensavo che Herbie ci avesse lasciato per sempre.”
“Per tua fortuna sono molto bravo in quello che faccio.- ribatté spavaldo l’altro- Ti serve un passaggio per tornare in città?”
Il ragazzo dagli occhi blu scosse piano la testa “No, grazie, credo che farò una passeggiata. Bobby ha il nostro numero, quindi può chiamare a casa quando la macchina sarà pronta.”
“Ok.- acconsentì Dean, prima di voltarsi verso l’ufficio dell’officina e urlare- Bobby?”
L’uomo uscì dall’edificio borbottando contrariato “Che diavolo vuoi, ragazzo?”
“Castiel se ne sta andando.- lo informò quindi il giovane meccanico- La sua auto deve rimanere qui per qualche giorno.”
Bobby scosse la testa “Pff, è già tanto che quel ferro vecchio non abbia tirato le cuoia.”
“Herbie ce la farà anche questa volta.” gli assicurò Dean con un sorriso da sbruffone.
Castiel sorrise a quello scambio di battute, prima di rivolgersi al burbero uomo a sua volta “Bobby, ti ricordi della festa di sabato, vero?”
“Io odio le feste, Castiel.- gli ricordò Singer con tono scontroso- Non verrò.”
“Lo hai detto anche lo scorso anno e sei arrivato prima di chiunque altro.” gli ricordò il giovane Novak, con tono serafico.
“Volevo solo portarti il tuo regalo e svignarmerla.- borbottò Bobby contrariato- Non è colpa mia se quel pazzo di tuo fratello mi ha praticamente incatenato al divano.”
Il ragazzo scoppiò in una risata leggera “E poi ti sei divertito. Quest’anno invece lascia perdere il regalo e presentati puntuale. Ti prometto che la torta ne varrà la pena: la farà Gabe!”
Bobby si voltò di lato, intenzionato a non cedere “Io non vengo alla tua festa, e questo è quanto.”
“Verrai.- gli assicurò Castiel, per poi voltarsi verso il meccanico più giovane- Non dargli retta, Dean, lui verrà. E ci sarai anche tu, non è vero?”
Dean gli rivolse un sorriso brillante “Ti ho detto che ci sarei stato, giusto?”
“Perfetto! Ci vediamo sabato, allora.”
E, dopo aver sventolato con leggiadria la mano in segno di saluto, il giovane si incamminò velocemente lungo la strada che lo avrebbe ricondotto a casa.
Quasi senza accorgersene, Dean era rimasto in piedi nel cortile, lo sguardo fisso sul punto da cui Castiel era appena sparito.
“Scordatelo, ragazzo.”
La voce di Bobby, alle sue spalle, lo fece sobbalzare.
“Cosa?- sbottò, ricomponendosi e ritornando al proprio lavoro- Di cosa stai parlando?”
L’uomo non si fece ingannare dal suo tono disinteressato “Non fare il finto tonto con me. Ho riconosciuto lo sguardo con cui fissavi Castiel Novak.”
“Non avevo nessuno sguardo.- borbottò Dean, puntando lo sguardo sul motore del maggiolino per non dover fissare quello del proprio datore di lavoro- E, soprattutto, non lo fissavo.”
“Ci mancava poco che i tuoi occhi non saltassero fuori dalle orbite e diventassero a forma di cuore.” aggiunse quindi Bobby, con un tono che era quasi divertito.
Dean scosse la testa “Sta zitto, vecchio.”
“Dico solo che sarebbe meglio per te lasciar stare quel ragazzo.- ritentò di spiegare il meccanico più vecchio, la sua voce paterna- Ha già un fidanzato ed è piuttosto innamorato. Non voglio che ti si spezzi il cuore appena arrivato in città.”
“Non succederà.- gli assicurò Dean- Ora scusa, ma è meglio che mi metta subito al lavoro sulla macchina dei Novak.”
Bobby lo osservò mentre si gettava nel lavoro con determinato cipiglio. Sapeva che quel Winchester era un bravo ragazzo, certo. Ma, anche se lo conosceva da poco, era già riuscito a farsi un’idea di quanto cocciuto potesse essere.
Il meccanico sospirò pesantemente.
Come se Heaven avesse davvero bisogno di un melodramma sentimentale, si ritrovò a pensare.

 

 

Casa Novak non era niente di speciale.
Una semplice villetta a due piani, con una veranda con un divanetto di vimini, un giardino incolto e poco curato attraversato da un vialetto di ghiaia e una cassetta delle lettere blu.
Per Gabriel e Castiel, però, quello non era soltanto un edificio.
Era una casa, nel vero senso della parola. Un rifugio con un forte valore affettivo, comprato con notevoli sacrifici economici e fisicamente portatore di innumerevoli ricordi della loro vita insieme.
Come la scoloritura indelebile sul pavimento della cucina, frutto del primo fallimentare tentativo di Gabriel di prendersi cura della nuova casa con una giornata di pulizie generali.
O come le tacche incise nello stipite della porta della camera di Castiel, ognuna etichettata con l’età e l’altezza del ragazzo, che il fratello maggiore aveva iniziato a registrare con pazienza certosina dal giorno del loro trasferimento.
In quella casa i due fratelli avevano vissuto momenti spensierati e altri più malinconici. Gabriel aveva trascorso nottate intere sul divano, troppo stanco dai mille lavori che doveva fare per riuscire a pagare il mutuo per riuscire a salire le scale e infilarsi nel proprio letto. Castiel aveva spostato da solo i mobili della propria cameretta per fare spazio alla sua collezione di libri, le pile ordinate addossate alle pareti destinate ad aumentare ogni volta che il ragazzo passava dal mercatino delle pulci. Insieme i due avevano fatto maratone di film, abbarbicati sul divano a mangiare pizza all’ananas, cucinato dolci cercando di intuire a quale temperatura dover regolare il loro vecchio e malconcio forno, erano stati costretti a vivere per un intero mese al piano terra quando Castiel si era rotto una gamba a dieci anni, e anche litigato quando le loro personalità troppo diverse avevano iniziato a scontrarsi troppo, ma solo per fare pace poche ore dopo.
Nonostante il loro attaccamento a quella casa e i mille ricordi che essa conservava, tuttavia, i Novak non avevano sempre vissuto lì.
Quando il padre dei due ragazzi aveva deciso di sparire per sempre senza lasciare traccia in seguito alla morte della consorte, Gabriel, appena diciottenne, era stato costretto a lasciare la loro vecchia casa portando con sé solo un paio di valige e il piccolo Castiel stretto fra le braccia. Avevano vissuto in tristi e luridi motel, quando non poteva permettersi niente di meglio, e poi per un po’ gli stipendi del maggiore dei fratelli gli avevano permesso di cercare una sistemazione più stabile nella stanza subaffittata da un’ottantenne con problemi di udito.  Infine, finalmente, erano riusciti a raggiungere l’indipendenza e ad affittare un monolocale solo per loro due, proprio nel centro di Heaven. Gabriel si era innamorato immediatamente della città e i suoi abitanti non potevano certo non affezionarsi a quel giovane determinato e al suo fratellino con gli immensi occhioni color cielo. E così, quando il ragazzo aveva avuto l’occasione di poter comprare una casa vera, era palese che i due fratelli non sarebbero andati lontani.
A quindici minuti dal centro della città, proprio di fianco alla villetta tinteggiata di lilla di Becky Rosen, casa Novak non era propriamente il fulcro della vita mondana cittadina, ma lo diventava di certo ogniqualvolta Gabriel decideva di dare una festa. E, considerando la natura esuberante del ragazzo, delle occasioni del genere si presentavano almeno cinque volte all’anno.
Per le feste di compleanno, e quindi anche in occasione dei diciassette anni di Castiel, Gabriel decorava tutta la veranda appendendo lanterne colorate e all’interno della casa piazzava palloncini e festoni personalizzati in ogni stanza, focalizzandosi con particolare attenzione sul salotto, che diventava il punto focale dell’intera festa. I due divani e le due poltrone rimanevano costantemente occupati, il tavolino da caffè veniva riempito con tutti i doni portati dagli invitati e all’interno della casa la musica, seppur altissima, riusciva a malapena a sovrastare il costante ed allegro chiacchiericcio.
A festeggiare Castiel c’erano proprio tutti. Pamela Barnes, della scuola di ballo, non si perdeva certo un occasione del genere per fare festa. Anche Becky Rosen si era presentata, così come Bobby Singer, Rufus Turner, Ellen con sua figlia Jo, e una trentina di altre persone. Perfino Crowley aveva deciso di fare un salto, anche se tutti pensavano che lo aveva fatto solo per verificare la possibilità di dare avvio a qualche altro affare, e, ancora più sorprendente, Chuck Shurley era uscito dal suo appartamento dopo un intero mese per partecipare all’evento.
In tutto quel brulicare di persone, però, Castiel si aggirava nelle stanze del piano terra con al seguito i suoi due migliori amici.
“Si può sapere chi stai cercando, Castiel?- domandò quindi Inias, dopo l’ennesimo trasferimento dal salotto alla cucina- Sembri inquieto.”
Il festeggiato scandagliò la stanza con occhi attenti “Dean Winchester.”
“Dean Winchester?- gli fece quindi eco il suo coetaneo- E che cosa dovrebbe venire a fare qui?”
Castiel si voltò verso l’amico, incuriosito dal suo tono sorpreso “Oh, l’ho invitato alla festa. E anche suo fratello.”
Inias sbatté le palpebre più volte “Davvero?”
“Perché non avrei dovuto?” ribatté quindi il minore dei Novak.
Samandriel intervenne immediatamente, attirando su di sé l’attenzione dei due amici “Jo Harevelle ci ha raccontato che ha provato a comprare della birra con un documento falso.”
La cosa, tuttavia, non parve turbare Castiel “E con questo?”
“Credevo che alla festa di quest’anno non volessi problemi.” gli ricordò quindi Inias, che aveva sentito l’amico preoccuparsi più volte che il fratello maggiore potesse rendere il suo compleanno un evento nazionale.
“E non ce ne saranno.- gli assicurò quindi il neo diciassettenne- Dean è una brava persona.”
L’altro aggrottò la fronte “Come puoi dirlo? Lo conosci da poco.”
“Lascialo in pace, Inias.- si intromise di nuovo Samandriel, sul volto da ragazzino molto più giovane della sua reale età un’espressione fiduciosa-  Lo sai che Castiel ha un grande cuore.”
“Fin troppo.- ammise Inias ridendo- Che mi dici di Balthazar?”
Castiel si strinse nelle spalle “Arriverà. Me lo ha promesso.”
In effetti, il suo ragazzo gli aveva telefonato poche ore prima, riferendogli che sarebbe dovuto rimanere a scuola per diverse ore dopo la fine delle lezioni per colpa di un progetto di gruppo. A differenza di tutti loro, infatti, Balthazar Roché era stato iscritto dai genitori ad una prestigiosa scuola privata di matrice britannica, situata a diversi chilometri da Heaven.
“Cassie? Che cosa ci fai rintanato qui?- la voce allegra di Gabriel, così come la sua mano che si avvolse con presa sicura intorno al suo braccio, lo riscossero immediatamente dai suoi pensieri- E’ la tua festa devi essere il centro dell’attenzione.”
“Sai che non mi piace essere al centro dell’attenzione.” cercò di protestare il giovane, mentre veniva trascinato via dal fratello sotto lo sguardo divertito dei due amici.
Gabriel gli rivolse un sorriso tutto denti “Beh, poco male, perché è arrivato il momento degli aneddoti!”
 “Gabriel, ti prego…” lo supplicò Castiel, proprio mentre veniva spinto a sedere al centro del divano, proprio fra Pamela e Ellen.
Il fratello maggiore gli sventolò il dito indice sotto il naso “No, Cassie, la gente vuole sentire la storia.”
Castiel fece roteare gli occhi platealmente “La racconti ogni anno, dubito che qualcuno voglia ancora sentirla.”
“Certo che vogliamo sentirla.- lo contraddì immediatamente Pam, prima di strizzare l’occhio in direzione di Gabriel- Su, dolcezza, lascia parlare il tuo fratellone.”
Felice di avere di nuovo tutti gli occhi puntati su di sé, Gabriel riprese a parlare, stando ben attento di essere più melodrammatico del necessario “Dicevo, una compagna di classe regalò a Cassie uno di quei braccialetti coi campanelli, quelli che si diceva richiamassero gli angeli. E lui, che non ha ancora imparato a non prendere tutto alla lettera, credeva fermamente che potesse riuscire a catturare un angelo grazie a quell’aggeggio.”
“Avevo sette anni.” aggiunse Castiel a mezza voce.
“Già, ed eri adorabile.- annuì Gabriel, sorridendo beato prima di continuare il proprio racconto- Dunque, Cassie appende quel bracciale su uno dei rami bassi dell’albero in giardino, e poi si arrampica in alto, per poter balzare sull’angelo quando poi si sarebbe presentato. Dopo un po’ che non si faceva sentire io ho iniziato a preoccuparmi e a chiamarlo e dal giardino mi arriva flebile la sua vocina. E quando esco di casa cosa vedo? Il mio piccolo fratellino incastrato sull’albero come un gattino in difficoltà. Ho dovuto chiamare i pompieri per riuscire a recuperarlo.”
Castiel arrossì vistosamente e tutti i suoi amici non poterono fare a meno di ridere divertiti dal suo imbarazzo. Tuttavia, questo non li fermò dal raccontare a loro volta degli aneddoti riguardanti il festeggiato. Il giovane ascoltò i racconti dei presenti finché Gabriel non si alzò, gettandogli un braccio intorno alle spalle e conducendolo davanti ad un grande pacchetto decorato da un enorme fiocco blu.
“Ok, bando alle ciance.- disse il padrone di casa, indicando la confezione sapientemente incartata-Adesso devi aprire il mio regalo.”
Jo Harevelle fece un fischio ammirato “Wow, Castiel, guarda come è grande!”
“Gabe!- protestò il ragazzo, gli occhi spalancati- Ti avevo detto che non volevo niente quest’anno.”
“E io non ti ho ascoltato come al solito, fratellino.” sbuffò il maggiore dei due fratelli, sventolando una mano con non curanza.
Castiel sospirò, scuotendo piano la testa, prima di mettersi d’impegno ad aprire quel grande pacchetto. All’interno del salotto tutti i presenti sembravano trattenere il fiato, incuriositi da quella sorpresa, e non appena il diciassettenne riuscì ad intravedere il contenuto si voltò di scatto verso il fratello che lo guardava sorridendo sornione.
“Gabriel!- esclamò il giovane, gli occhi brillanti- E’ il computer portatile che volevo! Sei impazzito? Costa una fortuna!”
“Lo so, l’ho detto anche al commesso del negozio, ma uno scrittore ha bisogno di un notebook, che cos’altro potevo fare?- rispose Gabriel con un sorrisetto divertito sulla faccia, prima di assumere un tono più dolce mentre pronunciava la frase successiva- Allora, ti piace?”
Castiel annuì con convinzione “Lo adoro. Grazie.” disse, prima di stringere il proprio fratello in un abbraccio schiaccia ossa, uno dei gesti che, nella sua timidezza, solitamente era restio a compiere.
“E’ stato un piacere.- sorrise nell’abbraccio il fratello maggiore, prima di rivolgersi agli astanti con una luce scherzosa negli occhi- Ma sai cosa lo sarà ancora di più? Mangiarti la faccia!”
“Cosa?” domandò Castiel, aggrottando la fronte.
“Ti ho fatto una torta personalizzata!” trillò entusiasta Gabriel, correndo in cucina e ritornando trascinando un carrellino su cui era adagiata un’enorme torta alla panna decorata con una perfetta riproduzione del volto del giovane festeggiato.
“Santo cielo, Gabriel, è meravigliosa.” dichiarò Becky, mentre ammirava l’ottimo lavoro fatto dal proprio vicino di casa.
Bobby annuì concorde “Davvero, perché non molli Ellen e apri una pasticceria tutta tua?”
“Hey, come dovrei fare senza il mio secondo in comando e pasticcere talentuoso alla Roadhouse?” protestò immediatamente Ellen, incrociando le braccia.
Gabriel rise “Non preoccuparti, Ellen, non ti abbandonerò così all’improvviso.”
Nel frattempo, Pam aveva acceso tutte e diciassette le candeline “Pronto per il tuo desiderio, tesoro?”
“Non ho bisogno di desideri, ho già tutto quello che mi serve.” disse Castiel, rivolgendo un dolce sorriso a tutti i presenti.
“Wow, quello era davvero melenso, Cassie.”
Castiel si voltò di scatto al sentire quella voce “Balth? Ce l’hai fatta!” gridò felice, abbracciando il proprio ragazzo.
“Già.- annuì l’altro, posandogli un dolce bacio sulla fronte- Giuro che se dovrò partecipare ad un altro progetto di gruppo con quelle scimmie ammaestrate dei miei compagni di corso potrei fare una strage.”
“Beh, per ora non importa.- rise il giovane festeggiato, felice- Sei qui!”
Balthazar annuì di nuovo, prima di dargli un altro bacio “Te l’avevo detto che non mi sarei mai perso la tua festa. E, ora che mi viene in mente, ecco il tuo regalo.”
Castiel gli rivolse un sorriso radioso prima di prendere il pacchetto dalle sue mani. Al suo interno, vi era un morbidissimo set invernale con berretto, sciarpa e guanti, tutti di angora blu.
 “Grazie, Balth, sono bellissimi.” sussurrò, sulle guance un leggero rossore.
Il ragazzo di un anno più vecchio ridacchiò, ignorando il tubare di Becky in loro direzione “E si intonano al colore dei tuoi occhi.”
“Chi è melenso ora, uh?” ribatté quindi Castiel, dandogli un colpo affettuoso sul torace.
Un leggero tossire alle loro spalle li costrinse a voltarsi.
“Oh, salve Samandriel.” lo salutò gentilmente Balthazar.
Il ragazzo gli rivolse un sorriso prima di voltarsi verso il proprio amico “Castiel, puoi venire con me un attimo?”
“Ti dispiace?” domandò quindi Castiel al proprio ragazzo.
Balthazar scosse piano la testa “Non c’è problema. Nel frattempo proverò a convincere Gabriel a darmi un'altra fetta di torta.”
“Buona fortuna.” gli augurò con tono scettico il festeggiato, ben consapevole che quella del suo fidanzato era una battaglia persa in partenza.
Quando lui ed il suo amico si ritrovarono all’aperto, sulla veranda, il giovane si voltò incuriosito verso Samandriel “Allora, che c’è di così importante?”
“Dean Winchester è fuori in giardino.- gli sussurrò quindi l’altro con tono concitato- Ti aspetta dietro il vecchio albero.”
Castiel si voltò verso il punto indicato dall’amico “Davvero? Perché non entra?”
“Non lo so.- disse Samandriel, scuotendo il capo- Ma se vuoi parlargli ti conviene andare ora. Aveva l’aria di qualcuno pronto a fuggire da un momento all’altro.”
Il ragazzo dagli occhi blu annuì e si avviò con passi sicuri verso la propria meta, finché fu abbastanza vicino da sfiorare il braccio di Dean Winchester per attirarne l’attenzione.
“Sei venuto!” esclamò, rivolgendo all’altro giovane un sorriso radioso.
Dean scrollò le spalle “Beh, mi hai invitato.”
“Pensavo che non venissi.- gli rivelò quindi Castiel, lo sguardo fisso sulla punte delle proprie scarpe- Prima ho visto Sam, ma era solo.”
“E invece eccomi qua. Tieni.” disse il giovane meccanico, infilandogli tra le mani un grezzo pacchetto fatto di stoffa.
Il festeggiato se lo girò fra le dita, gli occhi pieni di curiosità “Che cos’è?”
Dean gli rivolse un sorriso sfrontato “E’ il tuo compleanno, no?”
“Non dovevi farmi un regalo, Dean.” gli ricordò Castiel.
“Non è niente di speciale, non ti montare la testa.” sbuffò l’altro, voltandosi di lato come se ciò dimostrasse che non gli importava affatto che il suo regalo venisse apprezzato.
Castiel gli rivolse un sorriso divertito, prima di aprire con cura il pacchetto di pezza che conteneva il regalo. Quando riuscì ad intravedere il suo contenuto, il giovane spalancò gli occhi, esterrefatto: da un braccialetto di cuoio intrecciato pendeva un bellissimo ciondolo di metallo intagliato.
“Sono ali!” esclamò, puntando i propri occhi su Dean.
Questi scrollò le spalle “Perché mi avevi detto che il tuo nome è quello di un angelo. Ho pensato che regalarti una cosa del genere potesse essere calzante.”
“E’ bellissimo.” gli assicurò l’altro, gli occhi puntati su quel bel dono.
Dean si passò una mano sul collo, leggermente imbarazzato “Uh, non è niente di che. Non una di quelle cose raffinate che si comprano nei negozi. L’ho fatto io, ho comprato solo il cuoio e Bobby mi ha dato un vecchio pezzo di metallo e…”
“Voglio metterlo.- lo interruppe Castiel- Aiutami ad indossarlo.”
Il meccanico scosse la testa “Cas non sei obbligato a metterlo, davvero…”
“Non hai sentito quello che ti ho chiesto?- lo interruppe di nuovo il diciassettenne- La regola è che bisogna esaudire i desideri del festeggiato.”
Dean alzò le mani in segno di resa “D’accordo. Sei prepotente, lo sai?”
“Non è vero.- lo contraddisse immediatamente Castiel, prima di vedere l’effetto che faceva avere quel braccialetto al polso- Non vuoi entrare a mangiare qualcosa?”
“No. In realtà, sono venuto solo a darti questo.- disse Dean, cercando con tutte le proprie forze di mantenere un tono distaccato- Devo andare ora, ho un appuntamento.”
Il sorriso sul volto di Castiel si spense velocemente “Oh, capisco.”
“Mi dispiace, Cas.” si scusò quindi l’altro, sentendosi improvvisamente in colpa.
“Non fa niente.- gli assicurò quindi il piccolo Novak, sventolando una mano con noncuranza e piantandosi sul volto uno dei suoi sorrisi cortesi- Io credo che forse è meglio che io rientri. Si staranno domandando che fine ho fatto.”
Dean annuì piano, seguendolo con lo sguardo “Già. È stato bello vederti. Passa alla tavola calda, qualche volta.”
“Certo.- annuì mesto il giovane, prima di ritornare sui propri passi e ritornare verso la festa- Ci si vede in giro, Dean.”
Dean lo osservò allontanarsi ed entrare in casa. Dalle finestre aperte del salotto, riusciva ancora ad intravedere la sagoma di Balthazar avvolgersi intorno alla sua in un abbraccio.
Scosse la testa per scacciare quella immagine e iniziò ad allontanarsi dalla proprietà dei Novak.
In fondo, che cosa poteva importagli di chi abbracciava o meno Castiel?
Lui aveva un appuntamento, quella sera.
Di chi il neo diciassettenne decidesse di frequentare, non gli importava affatto.
Affatto.

 

 

* * * * *

NdA: Salve a tutti! Innanzitutto, grazie mille se state leggendo la mia storia. Vorrei anche ringraziare tutti quelli che hanno deciso di aggiungerla tra le preferite, le seguite e quelle da ricordare, e anche a tutte quelle deliziose persone che mi hanno lasciato un commento. Grazie mille davvero!
Ed ora, sotto con le cattive notizie. Niente di tragico, lo giuro. Il fatto è che sto scrivendo la tesi. Una tesi pesantissima e in inglese. Gennaio costituirà probabilmente il mese più duro prima della laurea e quindi non so con precisione quanto riuscirò ad aggiornare la storia. Attenzione, questo non vuol dire che non aggiornerò affatto per tutto questo mese (spero), ma solo che gli aggiornamenti saranno meno frequenti rispetto a come lo sono stati fino ad ora. Abbiate pietà di me, quindi, e sopportatemi anche se sarò un po’ più lenta nello scrivere.  Per non farvi stare troppo male ho deciso di pubblicare oggi un capitolo parecchio lungo :)
Ah, un’ultima cosa, vorrei sottolineare che questa storia è una Destiel quindi…Non preoccupatevi troppo della coppia Balthazar/Castiel ;)
Di nuovo, grazie mille a tutti voi, adorabili lettori.
Un bacio, JoJo

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Capitolo 5
*** Il sogno di Gabriel ***


 

5. Il sogno di Gabriel

 
Il giorno dopo alla festa di compleanno di Castiel, Heaven era già tornata alla sua quotidiana tranquillità e quello successivo, il lunedì, la monotonia era ritornata a farla da padrone.
Come tutti i lunedì, quindi, alla Heaven High School il tempo che mancava all’inizio delle lezioni veniva sfruttato da tutti gli studenti per recuperare i propri libri dagli armadietti e condividere nel frattempo i racconti di ciò che avevano fatto nel weekend.
Lisa Breaden, capo delle cheerleader, stava chiacchierando circondata da un gruppo delle sue chiassose amiche, ma si voltò lo stesso quando Castiel le passò accanto per raggiungere il proprio armadietto “Buongiorno, Castiel. Ho sentito che la tua festa di compleanno è stata un successo.”
Il ragazzo ricambiò il sorriso che gli era stato rivolto “Abbastanza. È stato un peccato che tu non sia riuscita a venire.”
La cheerleader si scostò dal volto una liscia ciocca di capelli corvini “Nessuno può sfuggire a mia nonna quando è in città.”
Castiel le rivolse un sorriso di commiato, prima di camminare via velocemente sotto lo sguardo divertito del suo gruppo di amiche.
A Castiel Lisa stava simpatica. Era educata, generosa e comprensiva, totalmente l’opposto del cliché di solito riservato alle ragazze con il suo status sociale. Le persone che frequentava, tuttavia, vi rientravano in pieno e lui, con la sua personalità riservata e l’incredibile sensibilità, si era da sempre sentito a disagio in loro presenza.
“Buongiorno Clarence.”
Meg Masters se ne stava appoggiata al suo armadietto, sul volto un sorriso obliquo e negli occhi la solita luce maliziosa.
Se qualcuno, quando era alle medie, gli avesse raccontato che Meg sarebbe diventata la sua migliore amica, Castiel lo avrebbe di sicuro fatto ricoverare in un ospedale psichiatrico. All’epoca la ragazza era la sua maggiore tormentatrice e, in quel periodo delicato sia emotivamente che a livello fisico, era stata in grado di rendere la vita del giovane Novak quasi impossibile. Tuttavia, quando era stata lei ad essere in difficoltà, maltrattata da Alastair, uno studente delle superiori di cui lei era, incomprensibilmente, follemente innamorata, Castiel era stato l’unico a prendere le sue difese, guadagnandosi un occhio nero ed un labbro spaccato. Fortunatamente, dopo quel disastroso incidente, i genitori di quel bullo avevano deciso di trasferirsi, e di conseguenza alla scuola di Heaven non si erano più presentati problemi del genere. Meg, tuttavia, non si era dimenticata di ciò che era stato fatto per lei. L’avvicinamento a Castiel fu lento ma inesorabile, come quello di un gatto randagio che inizia ad accettare il cibo che gli viene offerto e che alla fine si ritrova a passare tutto il suo tempo ad oziare sul divano del proprio benefattore. Con le sue battute al vetriolo, un’indole tendenzialmente egoista e la sorprendente abilità nel prendere decisioni pericolose, Meg Master non aveva niente a che fare, caratterialmente, con Castiel Novak. Eppure, da qualche anno, i due erano diventati amici inseparabili, tanto quanto il ragazzo lo era con Inias e Samandriel.
“Salve, Meg.- la salutò il ragazzo, invitandola con un gesto della mano a scostarsi di modo da poter recuperare i propri libri dall’armadietto- Non sei venuta alla mia festa.”
Meg gli rivolse un sorriso da squalo “Fortunatamente. Tuo fratello mi odia, lo sai.”
“Gabriel non ti odia.” ribatté meccanicamente Castiel.
“Crede solo che io sia un demone malvagio deciso a trascinarti sulla strada della perdizione.” aggiunse quindi la mora, rigirandosi fra le dita una ciocca di capelli ondulati.
L’altro si ritrovò a far roteare gli occhi al sentire il tono melodrammatico dell’amica “Meg…”
“E’ la verità.” gli ricordò di nuovo Meg, con una scrollata di spalle. In effetti, Gabriel non era l’unico, in città, a considerarla una compagnia sbagliata per il giovane Castiel. Non che il giudizio altrui potesse fare qualcosa per separarli, però: il giovane Novak, nonostante l’indole docile, sapeva diventare più testardo di un mulo quando qualcosa gli interessava davvero. E la sua amicizia con Meg, senza dubbio, ricadeva proprio in quella categoria di cose.
Castiel rivolse all’amica un sorriso tirato “Non avrebbe fatto storie, era la mia festa e lui sa che siamo amici.”
“Me lo ricorderò per la prossima volta.- promise la ragazza, anche se sapevano tutti e due avrebbe continuato ad evitare con caparbietà il fratello maggiore del suo migliore amico- Anche se non credo di essermi persa niente di che, probabilmente avrai passato tutta la serata a scambiarti smancerie con quello spaventapasseri del tuo ragazzo.”
“Preferirei che non ti riferissi a Balthazar in quel modo.” sbuffò Castiel, sporgendosi per chiudere la porta metallica del proprio armadietto con una spinta.
“Preferisci sbruffone pieno di sé?” propose la ragazza con un sorriso divertito sulle labbra truccate di cremisi.
“Meg!”
“Sono solo le otto di mattina, Meg, non tormentare Castiel.” la rimproverò una voce gioviale alle loro spalle.
I due si voltarono trovandosi così, come ogni mattina, faccia a faccia con Inias e Samandriel.
La ragazza fece roteare gli occhi, rivolgendosi al più giovane dei due “E da quando tu sei diventato il suo paladino, Scricciolo?”
“Ti ricordo che ho solo un anno in meno di tutti voi.” sbuffò Samandriel che, a causa della sua aria innocente e ancora un po’ infantile, riceveva spesso un trattamento del genere.
Meg rise “E’ vero, ma il tuo volto è il più adorabile.”
“Mi fa piacere notare che perlomeno il principe azzurro ha deciso di optare per un regalo meno impersonale di quelli che ti fa di solito.” continuò quindi a parlare la giovane, additando il braccialetto che faceva bella mostra di sé al polso del suo migliore amico.
“I regali che mi fa Balthazar non sono impersonali!- protestò immediatamente Castiel, sfiorando con delicatezza il ciondolo a forma di ali- Sa che mi piacciono le cose semplici, tutto qui. Comunque questo non è il suo regalo. Me lo ha dato Dean Winchester.”
“Dean Winchester, uh?- ripeté interessata Meg, passandosi una mano sotto il mento- Ho sentito dire che ha conosciuto Ronda Hurley.
“Bene.- sospirò Castiel, sollevato che la discussione avesse preso una nuova direzione- Sono contento che faccia nuove amicizie, dato che è in città da poco è meglio che conosca il maggior numero di persone possibile per ambientarsi meglio.”
La ragazza scosse la testa, prima di avvicinarsi a lui e sussurrare “Intendevo  in senso biblico.”
“Oh.” esalò l’altro, gli occhi blu spalancati.
“E pare che lei lo abbia convinto a provare le sue mutandine rosa.- aggiunse Meg sghignazzando, sotto lo sguardo confuso di Inias e Samandriel- Questo Dean mi sembra un tipetto interessante, alla fine.”
“Non puoi provarci con lui, Meg.- le ricordò Castiel, scandalizzato- Sta con Ronda.”
“Oh, Clarence.- scosse la testa la giovane, mettendogli un braccio intorno alle spalle- Loro non stanno insieme. Sono stati insieme, certo, ma è stata una cosa di una notte. Ronda non cerca una relazione stabile, te lo garantisco.”
Castiel aggrottò la fronte, voltandosi per cercare chiarificazioni nei volti degli altri suoi due migliori amici “Davvero? Povero Dean, deve esserci rimasto male.”
“Sei così puro ed innocente.- rise di nuovo Meg- Sei come un unicorno.”
“Perché?- domandò mentre anche Inias e Samandriel si erano ritrovati a sghignazzare- Non capisco.”
“Nemmeno Dean era alla ricerca del grande amore, te lo posso garantire.” spiegò quindi la ragazza con un sorriso malizioso sulle labbra.
“Non puoi saperlo.” ribatté Castiel, cocciuto nel difendere il suo nuovo amico.
Meg scosse la testa “Clarence sei adorabile.”
“Non ci pensare, Castiel.- lo rincuorò Inias posandogli una mano sulla spalla- Meg vuole solo stuzzicarti.”
Il giovane Novak fece roteare gli occhi “Me ne domando il perché.”
“Perché è più divertente rispetto a prendere in giro Cucciolo e Brontolo, qui.” spiegò immediatamente la ragazza con tono divertito.
Inias alzò un sopracciglio “Io sarei Brontolo?”
“Beh, di certo non sei Eolo e nemmeno Mammolo.” ribatté Meg incrociando le braccia al petto.
“Sei esilarante, Meg.” ribatté il ragazzo, facendo roteare gli occhi platealmente.
Samandriel scosse la testa, ormai abituato a quei battibecchi “Piuttosto, avete saputo la novità?”
“Cosa?” domandò immediatamente la giovane, sempre interessata ai pettegolezzi della città.
“Gli Stark vendono la loro pasticceria.” annunciò quindi il più giovane dei quattro amici.
Castiel aggrottò la fronte, stupito “Che cosa?”
“Ho sentito dire che Maggie ha scoperto che Don l’ha tradita.” spiegò quindi Samandriel, riportando ciò che aveva sentito dire dai propri genitori
“Ma non è possibile.- protestò di nuovo il minore dei Novak- Quei due sono una coppia da…beh, da sempre!”
“Lo so!- ribatté Samandriel- A quanto pare quando Don è stato fuori città per lavoro lui e una sua collega si sono divertiti un po’.”
Meg spalancò gli occhi “No!”
Il giovane annuì “Sì. E quando Maggie lo ha scoperto…Beh, conoscete tutti Maggie.”
“Già. Sono stupito che quella donna sia ancora tutta intera.” mormorò Inias passandosi una mano sotto il mento.
Samandriel lo ignorò, decidendo di continuare a raccontare la propria storia “Don l’ha implorata di perdonarlo, e anche se all’inizio lei non ne voleva sapere ha deciso che non vuole buttare al vento tutti gli anni che hanno passato insieme.”
“E perché hanno venduto la pasticceria?” chiese quindi Meg.
“Idea di Maggie.- ribatté l’altro con una scrollata di spalle- Ha trovato una specie di campo per coppie con problemi di relazione e ha iscritto lei e il marito per un anno. Hanno tenuto la casa, quindi suppongo che intendono tornare in città se tutto andrà bene, ma ha deciso che sarebbe stato meglio per loro vendere il negozio.”
Castiel storse la bocca, meditabondo “Immagino che Crowley si sia buttato a pesce su questo nuovo affare.”
“Una nuova casella per la sua personale versione di Monopoly?- li interruppe la sua migliore amica- Ci puoi giurare.”
“Mi domando chi comprerà il negozio.” disse quindi Inias, mentre in cuor suo diceva addio per sempre alla perfetta red velvet che da sempre i suoi genitori compravano alla pasticceria Stark ogni domenica.
“Anche io.- ribatté Meg con un sospiro- Spero che resti una pasticceria, anche se dubito che qualcuno riuscirà a fare quei meravigliosi cioccolatini a forma di moneta che faceva Maggie.”
Gli occhi chiari di Samandriel si illuminarono “Oh, quelli erano deliziosi!”
I quattro amici sarebbero volentieri andati avanti a chiacchierare fra loro per ore, ma proprio in quel momento la campanella suonò, ricordando a tutti loro che li aspettava una lunga giornata di lezioni. Recuperano i propri libri e si diedero appuntamento per la pausa pranzo alla mensa della scuola, prima di salutarsi velocemente e scappare di corsa ognuno alla proprie aule.
 

 

Tutti hanno un sogno.
Zachariah Adler, per esempio, desiderava ardentemente che ad Heaven regnasse la pace. O, più precisamente, quella che lui considerava tale, ovvero il perfetto rispetto dalle rigide regole di coabitazione da lui stesso imposte e, soprattutto, che gli fosse riconosciuto il rispetto che riteneva di meritare.
Chuck Shurley, invece, si immaginava spesso a firmare autografi comodamente seduto dietro un tavolo in una qualche grande libreria di New York, mentre nel negozio e all’esterno di esso si formava una fila di fan ansiosi di incontrare il proprio scrittore preferito.
Becky Rosen adorava fantasticare su come il protagonista della sua serie fantasy preferita potesse essere in realtà vero e come, una volta incontrato, si potesse prendere una cotta per lei.
Come tutti, quindi, anche Gabriel Novak aveva un sogno.
Il giovane lo coltivava da quando era un bambino e, ogni domenica mattina, sua madre si legava un grembiule intorno alla vita ed iniziava a mescolare farina, zucchero e uova. Per Gabriel osservarla era quasi un’esperienza mistica. Lui, solitamente un bambino talmente vivace da trovare del tutto impossibile starsene fermo per più di cinque minuti, si arrampicava su uno degli alti sgabelli addossati al bancone della cucina ed osservava la donna creare quasi dal nulla delle torte sofficissime, biscotti dal profumo divino e cupcake dalla glassa coloratissima. Quando fu grande abbastanza da poter dare una mano senza combinare troppi disastri, il piccolo Gabriel iniziò a mescolare impasti mentre ascoltava attentamente ed assorbiva con interesse qualsiasi consiglio sua madre fosse in grado di dargli fino a che, un bel giorno, i suoi dolci diventarono talmente buoni che perfino suo padre non riusciva a smettere di fargli complimenti.
Dopo la nascita di Castiel, e la conseguente morte della figura più importante nella sua vita, tutto ovviamente cambiò. Ma non l’amore di Gabriel per la pasticceria.
Sfornare dolci deliziosi, per il giovane, diventava il metodo migliore per onorare la memoria di sua madre e quindi, quando si trovò a pensare al proprio futuro, non poteva fare a meno che sognare di diventare un pasticcere talmente bravo da attirare al proprio negozio clienti da ogni parte degli Stati Uniti.
La vita, purtroppo, tende a intromettersi senza pietà fra una persona e i propri sogni, e così fu anche per Gabriel. Con un bambino di meno di tre anni a carico e la necessità di trovare una stabilità per la loro nuova e minuscola famiglia, al giovane Novak risultò facile accantonare il proprio sogno e rinchiuderlo in un cassetto.
Ciò non voleva dire, però, che lui non tornasse a sbirciarci di tanto in tanto.
Quindi, non era per niente strano che Gabriel Novak si fosse accorto immediatamente del cartello ‘vendesi’ appeso alla vetrina di quella che era stata, fino a pochi giorni prima, la pasticceria di Maggie Stark. Stava tornando a casa dal proprio turno alla Roadhouse, deciso ad allungare la strada per passare dal centro in modo da passare dai Winchester per uno dei loro deliziosi e iperzuccherati caffè al caramello quando, il suo sguardo venne catturato dalle vetrine vuote della pasticceria e dal grosso cartello rosso che ne annunciava la vendita.
Quasi senza volerlo, il giovane si ritrovò fermo a fissare il numero di telefono da chiamare se si fosse stati interessati all’acquisto. Stava proprio per estrarre dalla tasca dei propri pantaloni il cellulare per salvare quel contatto quando, alle proprie spalle, una voce divertita lo fece sobbalzare.
“Gabriel Novak.”
Fergus Crowley lo fissava come una madre che scopre il proprio bambino con la mano nel vasetto di marmellata, sul volto un sorriso obliquo e, come al solito, il solito impeccabile completo di sartoria.
“Il re delle trattative.- ricambiò il saluto Gabriel, rivolgendogli a sua volta un ghigno- Interessato al negozio?”
Il sorriso sul volto di Crowley si allargò ancora di più, facendolo sembrare quasi un lupo famelico “No, perché dovrei essere interessato a qualcosa che è già mio?”
“Maggie l’ha venduto a te?” domandò incredulo il maggiore dei Novak.
L’uomo d’affari scrollò le spalle “Voleva che la vendita fosse una cosa veloce.”
“Capisco.” annuì piano il giovane, lo sguardo di nuovo rivolto verso le vetrine spoglie.
Crowley lo osservò per qualche secondo prima di alzare un sopracciglio “Deluso?”
“E perché dovrei?” ribatté Gabriel con tono fiero, il mento alzato in una posa di sfida.
“Ti conosco, Novak.- disse Crowley voltandosi a sua volta verso il negozio vuoto- Ogni volta che passi da questo negozio hai l’aria nostalgica di chi vuole con tutto il cuore qualcosa ma non sa come ottenerla. Solo che non stiamo parlando dei dolci.”
Il giovane non abbandonò la propria risolutezza “E anche se fosse?”
“Dico solo che, una pasticceria non rientra propriamente nel mio business.- spiegò quindi l’altro con aria pratica- Non mi dispiacerebbe rivenderla.”
Gabriel spalancò i grandi occhi nocciola “Oh.”
Crowly gli rivolse un altro sorriso incoraggiante “Allora, Novak, saresti interessato ad una chiacchierata informale nel mio ufficio?”

 

“Sono a casa!”
Gabriel Novak annunciò come ogni sera il proprio rientro con un urlo gioviale.
“Ho portato la pizza!- urlò di nuovo, mentre disponeva i due involucri roventi sul tavolo della cucina. Quando non ottenne nuovamente risposta si ritrovò a far roteare gli occhi, prima di andare a bussare con insistenza alla porta della camera di suo fratello- Se non vieni subito si fredderà, smettila di fare il secchione: i compiti per la prossima settimana li puoi fare come tutti i tuoi coetanei una volta arrivato in classe.”
Castiel aprì immediatamente la porta e quando si ritrovò faccia a faccia con Gabriel inclinò leggermente la testa di lato, sul volto un’espressione interrogativa “Perché si chiamerebbero compiti a casa, allora, se non devo farli a casa?”
“Il tuo problema è che prendi tutto troppo alla lettera.” ribatté immediatamente il maggiore dei Novak, lasciandosi cadere con poca grazia al proprio posto a tavola e iniziando ad esaminare la propria pizza.
L’altro si ritrovò a sorridere, mentre imitava i gesti compiuti dal fratello “E il tuo problema è che vuoi dare un’interpretazione personale a tutto.”
“Sta zitto e mangia la tua pizza, fratellino.” gli intimò bonariamente Gabriel, prima di addentarne la fetta che teneva fra le mani.
“Potevo cucinare io, sai.- gli ricordò Castiel- Qualcosa di un po’ più sano.”
Il maggiore dei due spalancò gli occhi, sul volto un’espressione quasi esterrefatta “Non essere sciocco, non c’è niente di più sano della pizza.”
“In realtà sono certo che ci sarebbero parecchi nutrizionisti pronti a giurare il contrario.” gli assicurò il ragazzo dagli occhi blu, prima di addentare un piccolo boccone del proprio pasto.
Gabriel scosse leggermente la testa “Io sento ancora il piccolo Castiel parlare, ma non può essere mio fratello, lui sta mangiando la sua pizza.”
Castiel ridacchiò fra sé e sé, ma obbedì all’implicito suggerimento senza dire altro. Riuscì a mangiare con gusto tre fette strabordanti di condimento prima di alzare di nuovo lo sguardo sul fratello maggiore e decidere di chiedergli ciò voleva domandargli da quando aveva fatto ritorno da scuola quel pomeriggio.
“Samandriel mi ha raccontato che Maggie Stark ha venduto la sua pasticceria.” disse, gli occhi blu puntati con interesse sul ragazzo seduto di fronte a sé.
Gabriel alzò un sopracciglio in sua direzione “Come puoi pensare che non lo sappia? In questa città niente rimane un segreto per più di mezza giornata, e ti ricordo che io lavoro alla Roadhouse, i pettegolezzi arrivano lì prima di tutto!”
“Quindi sai che ora la pasticceria è di nuovo in vendita.” continuò a parlare Castiel con tono interessato.
Il maggiore dei Novak annuì “Lo so. Ho incontrato Crowley quando sono uscito dal lavoro.”
“E?” incalzò l’altro, ormai quasi incapace di stare fermo sulla propria sedia per la curiosità.
“E lui mi ha detto che sarebbe disposto a vendermi la pasticceria.” capitolò il fratello maggiore, lo sguardo cocciutamente fisso sull’ultima fetta della propria pizza ormai abbandonata.
Gli occhi di Castiel si illuminarono immediatamente di gioia “Gabe, è meraviglioso!”
Gabriel alzò lo sguardo sul ragazzo, sul volto un sorriso rassegnato “Cassie, io non comprerò quel negozio.”
“Cosa?- domandò Castiel, confuso- Perché?”
“Perché non ce lo possiamo permettere!- sbottò quindi l’altro, incapace di trattenere oltre la propria frustrazione- Non posso accendere un nuovo mutuo per aprire una stupida pasticceria!”
“Non è una stupida pasticceria, è il tuo sogno.” protestò immediatamente Castiel.
“Beh, il mio sogno dovrà aspettare.- sbuffò di nuovo Gabriel- Ho altro a cui pensare al momento.”
“Tipo cosa?”
Il giovane si alzò, iniziando a camminare con passo nervoso per la cucina “Castiel l’anno prossimo avrai finito la scuola e dovrai andare al college. E so che sei abbastanza bravo da poter ottenere una borsa di studio per qualsiasi università vorrai scegliere, ma una borsa di studio non copre tutte le spese della vita fuori casa. E se aprissi davvero la pasticceria ora, l’anno prossimo sarei ancora nella fase in cui i guadagni servirebbero solo a coprire le spese fatte.”
Castiel lo fissò con occhi spalancati per diversi secondi prima di parlare con tono sommesso “Non voglio che rinunci al tuo sogno per me.”
“Castiel, non abbiamo scelta.- gli ricordò l’altro, voltandosi verso di lui- La tua educazione è più importante.”
“Ma non è vero!- protestò con foga il diciassettenne, le mani strette a pugni- Anche tu sei importante, Gabe, non devi passare tutta la tua vita a prenderti cura di me, ho diciassette anni, sono grande abbastanza per farlo da solo!”
Gabriel fece roteare gli occhi “Sei un ragazzino, Castiel, non puoi pensare di pagarti il college da solo.”
“Beh, io nemmeno ci voglio andare al college il prossimo anno.” si ritrovò a dire il giovane, incrociando le braccia al petto.
Al sentire quelle parole il fratello maggiore si pietrificò sul posto. “Che cosa hai detto?”
Castiel prese un grosso respiro prima di iniziare a parlare animatamente “Gabriel, te ne avrei parlato al più presto, ma non avevo ancora avuto occasione. Io ho pensato che potrei prendermi un anno sabbatico prima di cominciare il college, magari trovarmi un lavoro e seguire qualche corso singolo sulla scrittura creativa e provare a fare solo quello. Sai, scrivere. Solo per un po’.”
Gabriel quasi non lo lasciò nemmeno finire di parlare “Non se ne parla neanche! Ti è dato di volte il cervello? Tu non rinuncerai al college, Castiel.”
“E non lo voglio fare.- gli assicurò il ragazzo, alzandosi e sventolando le mani di fronte a sé- Lo metterò solo in pausa per un po’.”
“No.- disse Gabriel con tono fermo- Tu andrai al college il prossimo anno. Fine della discussione.”
Castiel spalancò gli occhi, incredulo che il proprio fratello, di solito così aperto alle discussioni e con cui aveva sempre avuto un buon dialogo, non avesse nemmeno ascoltato quanto gli era staato detto “Cosa? Gabriel, tu non hai nemmeno preso in considerazione le mie ragioni e…”
Gli occhi ambrati di Gabriel quasi si fecero di ghiaccio mentre ripeteva, lentamente “Ho detto: fine della discussione.”
Castiel lo fissò per diversi secondi, incapace di parlare. Quando vide che l’altro non sembrava disposto ad aggiungere altro, si voltò e, senza nemmeno infilarsi la giacca, uscì di corsa dalla porta che dalla cucina dava sul retro della casa.

 

Castiel era scioccato.
Non gli capitava mai di litigare con Gabriel. Soprattutto, non gli capitava mai di litigare così pesantemente su argomenti così importanti senza che il fratello maggiore volesse nemmeno ascoltare quanto aveva da dire.
Con le braccia strette intorno alla propria felpa leggera, Castiel si era ritrovato a vagare senza meta per Heaven, cercando di cercare un po’ di pace e tranquillità in quella cittadina che tanto amava, ma senza successo.
Probabilmente, se avesse avuto con sé il suo cellulare, avrebbe chiamato Balthazar e gli avrebbe chiesto di accompagnarlo al laghetto appena fuori città, luogo che da sempre aveva il potere di calmarlo. Se solo i suoi genitori non fossero stati così rigidi, sarebbe potuto andare a casa sua e chiederglielo direttamente, ma visto l’orario e il fatto che si trattava di una serata infrasettimanale la questione era decisamente fuori discussione.
Stava contemplando se recarsi da solo ed a piedi al laghetto fosse una scelta saggia quando notò la luce ancora accesa da Mary’s e, che si destreggiava fra un tavolo e l’altro, intento a fare le pulizie prima della chiusura, Dean Winchester che sembrava muovere la testa a ritmo di musica.
Come attratto da una calamita invisibile, il giovane Novak si ritrovò a varcare le porte del locale, che annunciarono il suo arrivo con un allegro tintinnio.
Dean alzò la testa di scatto, rivolgendogli un grande sorriso mentre si sfilava dalle orecchie un paio di auricolari “Hey, Cas! Ti piace proprio passare di qui all’orario di chiusura, eh? Lo fai per farmi lavorare di più o…”
Le parole gli morirono in gola quando notò gli occhi dell’amico, di solito così brillanti e limpidi, oscurati da una luce cupa “Cas? Castiel, cosa c’è che non va?”
Il giovane scosse piano la testa, prima di farsi scivolare su una delle poche sedie che ancora non erano state ribaltate sopra i tavoli in vista delle pulizie serali “Niente. Potrei avere un tè caldo, per favore?”
Dean lo fissò, incapace di staccare gli occhi dalla sua figura rannicchiate e dalle sue mani rosse a causa della fredda aria della sera.
Sentendo quello sguardo intenso su di sé Castiel alzò velocemente lo sguardo, per poi abbassarlo altrettanto in fretta prima di mormorare “Io ho…litigato con Gabriel.”
“Oh.- fu tutto quello che riuscì a dire Dean, prima di domandare- Ne vuoi parlare?”
“Non lo so.” ammise quindi il ragazzo più giovane, iniziando a rigirarsi fra le mani una stringa del cappuccio della propria felpa.
Dean annuì comprensivo, prima di voltarsi per andare a scaldare l’acqua per il tè dietro al bancone “Ok, non c’è problema. Ti lascio pensare un po’, d’accordo?”
Per la prima volta quella sera lo sguardo cupo di Castiel si schiarì leggermente “Grazie, Dean.”
Quello che calò fra di loro non fu propriamente un silenzio imbarazzante. Tuttavia era palese che ci fosse qualcosa di anomalo nel modo in cui Castiel non osasse nemmeno alzare lo sguardo e di come, dal canto suo, Dean tenesse d’occhio l’amico come se fosse quasi una bomba pronta ad esplodere da un momento all’altro.
Il giovane meccanico riempì la tazza di acqua calda e lasciò in ammollò la bustina di tè per il tempo necessario prima di portarla al tavolo accompagnata da un po’ di latte, del miele e dello zucchero.
Castiel sussurrò dei ringraziamenti educati e lo osservò mentre si sedeva di fronte a lui, gli occhi verdi vigili e intensi più che mai.
Sorseggiò il suo tè con calma e, quando ebbe finito di berne almeno metà tazza decise di provare ad avviare una conversazione, troppo stranito dall’insistenza dello sguardo di Dean su di sé per poter rimanere ancora zitto “Ho sentito che il tuo appuntamento con Ronda Hurley è andato bene.”
Il ragazzo sobbalzò sul posto, preso alla sprovvista “Cosa? E tu come…”
“Dean, ora non sei più in Kansas.- gli ricordò Castiel con un sorriso- Qui ad Heaven avere una vita privata è quasi impossibile.”
Dean fece roteare gli occhi “Ok. Lo terrò a mente.”
“Ti ci abituerai.- gli assicurò il diciassettenne- La gente qui non è cattiva, ma tutti sanno tutto di tutti. È come funzionano le cose qui.”
Il giovane meccanico annuì distrattamente, lo sguardo fisso sulle dita affusolate di Castiel che sembravano non voler smettere di torturare il tovagliolo di carta che stringeva fra le mani. La tensione che il ragazzo dagli occhi blu stava cercando in ogni modo di tenere per sé diventava sempre più palpabile nella tavola calda, tanto che Dean stava cercando un modo gentile per poter chiedergli che cosa fosse successo. 
“Ho litigato con Gabriel.” ripeté Castiel, lo sguardo ancorato sulle proprie mani.
Dean si raddrizzò sulla propria sedia, come per mettere il proprio corpo sull’attenti e pronto ad ascoltare meglio la storia che gli sarebbe stata raccontata “Perché?”
“Gli ho detto che non voglio andare al college il prossimo anno e che deve smetterla a rinunciare a fare le sue scelte per me.”
“Oh.- esalò il meccanico- Quel tipo di litigata.”
Il suo tono sembrò attirare l’attenzione del suo interlocutore, tanto che questi puntò su di lui i suoi penetranti occhi blu “Tu ne sai qualcosa?”
Dean abbozzò un sorriso “Sono un fratello maggiore anche io, ricordi? E Sam può essere decisamente testardo quando si impunta su una cosa.”
“Quindi tu…- Castiel si interruppe a metà frase per deglutire- Tu credi che lui abbia ragione?”
“Non dico che Gabriel abbia ragione.- specificò quindi il maggiore dei Winchester- Solo che posso capire il suo punto di vista. Se Sam mi dicesse che non vuole andare al college impazzirei.”
“Ma il mio non è un capriccio.- protestò immediatamente il diciassettenne-  Ho dei progetti!”
Dean alzò un sopracciglio “Che tipo di progetti? Fare un anno sabbatico girando gli Stati Uniti in autostop? Oppure viaggiare in Europa con lo zaino in spalla?”
“No.- mormorò Castiel- Voglio trovarmi un lavoro e mettere da parte dei soldi per pagarmi gli studi e nel frattempo cercare di capire a quale facoltà voglio veramente iscrivermi. E magari provare a scrivere.”
“Scrivere?” ripeté l’altro, stupito.
Il minore dei Novak annuì, serio “Vorrei diventare uno scrittore.”
“Wow, Cas, tu non voli certo basso, eh?- disse Dean, scuotendo piano la testa- Sai quanta gente sogna quella carriera?”
Castiel inclinò leggermente la testa di lato “Non credi che potrei farcela?”
“Non è questo. Solo che non sarà una passeggiata.- gli ricordò quindi il giovane meccanico- Lo sai, vero?”
“A me non importa.- dichiarò quindi il ragazzo dagli occhi blu, stringendosi nelle spalle esili- È quello che voglio fare, ne sono sicuro.”
Dean sorrise nel sentire la determinazione nella sua voce “Hai le idee abbastanza chiare per uno studente delle superiori.”
Castiel abbozzò un sorriso “Mi piace pensarlo. Tu che cosa vuoi fare?”
“Che cosa intendi?” domandò l’altro, aggrottando la fronte.
Il più giovane dei due ragazzi fece roteare gli occhi “Non credo tu rimarrai ad aiutare tuo padre al locale per sempre.”
“Perché no?” borbottò quindi Dean, scrollando le spalle con noncuranza.
“Perché tu sei troppo brillante per poter fare solo questo.” spiegò semplicemente Castiel.
Dean si ritrovò ad arrossire a quel complimento “In effetti, lavorare con Bobby mi fa pensare che forse un giorno potrei aprire un’autofficina tutta mia.”
“Sono certo che ce la farai.- sorrise il minore dei Novak- Dopo che l’hai sistemata, mi sembra che Herbie sia più in forma che mai.”
“Grazie.”
Dean osservò per qualche secondo l’amico sorseggiare ciò che rimaneva del suo tè e, dopo essere rimasto in silenzio per un po’ di tempo, decise di porgli una domanda che gli girava per la testa da quando aveva capito che l’altro era venuto a cercare proprio lui per parlare di un suo problema personale “Castiel, perché sei venuto qui e non sei andato da uno dei tuoi amici? O dal tuo ragazzo?”
Castiel lo fissò coi suoi grandi occhi innocenti “Credevo che anche noi fossimo amici.”
“Sì, certo, solo che…- Dean si passò una mano dietro il collo- Sai, pensavo che per un problema del genere forse saresti potuto andare da qualcuno che ti conosce da più tempo.”
“Loro sarebbero stati di sicuro dalla mia parte. Io volevo sentire che cosa ne pensavi tu. Tu sei una persona schietta, Dean.” 
“Già, è un modo come un altro per descrivermi. Mio padre direbbe che manco totalmente di tatto e che non so quando tenere la bocca chiusa.”
Castiel si ritrovò a sghignazzare a sentire quella descrizione “Come si trova lui qui? So che ora che Sam sta imparando ad integrarsi si trova un po’ meglio, e tu…”
“Qui gli piace.- lo interruppe Dean- Credo che si senta più vicino a mia madre stando qui.”
Il minore dei Novak annuì piano “Sono contento per lui. È una brava persona.”
“Ma se gli avrai parlato sì e no cinque volte, e solo per ordinare il caffè?” ribatté con tono scettico il giovane meccanico.
Castiel non si fece scomporre da quella osservazione “Beh, io sono un ottimo giudicatore di caratteri.”
“Ah, sì?- disse Dean, mettendo i gomiti sul tavolino e sporgendosi di più verso di lui- E di me che mi dici?”
L’altro ragazzo socchiuse i grandi occhi blu, contemplando quella domanda “Non mi sembra giusto dirtelo.”
“Perché?”
Castiel gli rivolse un sorriso divertito “Credo che sarebbe più che dovuto per te passare almeno una settimana a scervellarti riguardo la mia opinione su di te.”
“Quindi non sei davvero l’angioletto che decantano gli abitanti di questa città!” esclamò Dean, puntandogli contro un dito.
Riuscirono a rimanere seri solo per un paio di secondi prima di scoppiare a ridere sonoramente e Dean si ritrovò a pensare che vedere Castiel così spensierato e felice e qualcosa a cui poteva decisamente abituarsi.
Alle loro spalle un trillo leggero li avvisò che era entrato un altro cliente, ma il giovane non era ancora pronto a farsi lasciare sfuggire dalle dita quel momento così si voltò, pronto a intimare a chiunque fosse di ritornare il giorno dopo, perché in quel momento la tavola calda era chiusa.
Invece si ritrovò faccia a faccia con Gabriel Novak.
Il nuovo arrivato non sembrò fare molto caso a lui, tuttavia, lo sguardo fisso sul fratello minore.
“Cassie.- mormorò- Ti va di parlare?”
Castiel sbatté le palpebre un paio di volte prima di rispondere “Ok.”
Trovandosi in mezzo in un momento tanto intimo, Dean si alzò di scatto, tossicchiando imbarazzato “Io, uhm…Vi lascio soli per un po’, ok?”
Non aspettò una risposta prima di sparire nel retrobottega, ma fece in tempo a vedere Gabriel sedersi nel posto che lui aveva appena lasciato vuoto.
Una volta lasciati soli, i due fratelli si ritrovarono in silenzio l’uno di fronte all’altro. Castiel teneva lo sguardo abbassato sulle proprie mani, aspettandosi da un momento all’altro una ramanzina sul suo comportamento infantile e su come fosse stato sciocco ad andarsene di corsa da casa senza nemmeno portare con sé la propria giacca e il cellulare.
Tuttavia, quando parlò il tono di Gabriel era sommesso “Mi dispiace per come è andata questa discussione.- Castiel aveva alzato gli occhi su di lui, incrociando così il suo sguardo limpido e sincero- Ma tu lo capisci, vero? Che io voglio solo il meglio per te.”
Il fratello minore si ritrovò ad annuire piano “Lo so, Gabriel.”
“Tu sei un ragazzo così brillante, Cassie.- continuò così a parlare l’altro- Non puoi rinunciare al college.”
Castiel si morse leggermente l’interno della guancia “Tu non ci sei mai andato e sei una persona di successo lo stesso.”
“Io, di successo?- Gabriel sbuffò una risata, scuotendo la testa incredulo- Certo, come no. Con lavoro da dipendente in pub, una casa ordinata solo perché il mio fratellino fa le pulizie al posto mio e l’incapacità di avere una relazione stabile nonostante abbia più di trent’anni.”
“Se Ellen ti sentisse dire che ti definisci solo un suo dipendente ti picchierebbe, lo sai?” lo rimbeccò il fratello, alzando un sopracciglio. 
Il maggiore dei Novak scoppiò a ridere “Certo. Ma solo perché quella donna è spaventosa.”
“Tu sei una persona di successo, Gabe.- ripeté quindi Castiel, quando il fratello tornò a guardarlo con occhi concentrati- Altrimenti, come saresti riuscito a crescermi come hai fatto contando solo sulle tue forze?”
Gabriel lo osservò per qualche secondo, sulle labbra un sorriso insolitamente dolce e nello sguardo tanto affetto “Sai una cosa? A volte le persone che mi dicono che sei un dolce angioletto mi fanno ridere, poi dici cose come questa e mi viene il dubbio che forse sia vero.”
Il giovane si sporse in avanti, mettendo una mano in testa al diciassettenne e iniziando a scompigliargli i capelli divertito.
“Gabe!- strillò l’altro contrariato- Gabriel smettila immediatamente, ti prego.”
Gabriel rise, ritraendosi “D’accordo, d’accordo. Ma, Castiel, io non voglio che tu non vada al college solo perché nemmeno io ci sono andato.”
“E io non voglio non andarci per quel motivo.- ribatté Castiel determinato- Voglio prendere del tempo per riflettere e per scrivere. Non voglio passare quattro anno sui libri a studiare letteratura per poi scoprire che non era davvero quello che volevo fare. Voglio avere del tempo per prendere la giusta decisione, trovarmi un lavoro e mettere da parte abbastanza per riuscire a pagarmi gli studi da solo.”
“Non devi farlo.” gli ricordò Gabriel, serio.
“Lo so.- gli assicurò quindi Castiel, sperando che il fratello potesse intuire dalla luce nel suo sguardo la propria risolutezza- Ma voglio. Gabe, non posso vivere sotto la tua ala per tutta la vita.”
Il maggiore dei due fratelli rifletté per qualche secondo su quanto gli era appena stato detto “Non lo stai dicendo solo perché vuoi che io compra quel negozio per aprire la pasticceria, vero?”
Il diciassettenne scosse la testa “No. Te lo sto dicendo perché è quello che penso. E penso anche che dovresti aprire la pasticceria perché è quello che vuoi, perché te lo meriti, e perché sarà di sicuro un successo.”
Gabriel appoggiò i gomiti sul tavolo ed iniziò a massaggiarsi le tempie. Voleva che Castiel andasse al college, più di ogni altra cosa. Suo fratello era brillante, con una memoria formidabile e una dedizione allo studio quasi sconcertante per la sua età, quindi era ovvio che lui desiderasse per lui il meglio, anche se avesse dovuto fare dei sacrifici per garantirgli il tipo di istruzione che meritava. Era anche vero, tuttavia, che lui gli aveva da sempre insegnato a fare le proprie scelte e a battersi per le proprie idee. Che razza di fratello sarebbe stato, quindi, se avesse ignorato completamente la propria opinione obbligandolo a fare una cosa che non desiderava fare?
E poi, ovviamente, c’era la pasticceria.
Dio, anche quella era una tentazione a cui era difficile resistere. Soprattutto quando la persona più importante nella sua vita sembrava volerlo spingere in quella direzione a tutti i costi.
Gabriel alzò lo sguardo e si ritrovò ad incrociare due grandi e limpide orbite blu.
Scosse piano la testa e lasciò che un sorriso gli si allargasse sulle labbra.
“E va bene.- capitolò, ben curandosi di dare un tono teatrale alle proprie parole- Pare proprio che i Novak apriranno una pasticceria!”

 

*****

Salve a tutti! Come vi avevo già anticipato questo capitolo si è fatto aspettare e, devo a malincuore annunciarvi, che anche il prossimo subirà un iter simile. Sono una donna ormai formata al 50% da occhiaie e per l’altro 50% da stress, abbiate pietà. Se tutto va come deve andare, però, dovrei ritrovare un certo equilibrio psicofisico da marzo e, di conseguenza, aggiornare con una parvenza di regolarità.
Ah, sappiate che ho letto tutte le deliziose (oddio, sembro una zia pazza quando dico ‘deliziose’) recensioni che mi avete scritto: ho risposto ad alcune, ma ad altre no…Mi dispiace un sacco, prometto che mi metterò a rispondere appena avrò qualche minuto (ok, diversi minuti…) liberi. Sappiate però, che mi ha fatto tanto piacere leggere quanto mi avete scritto. J
Ringrazio anche tutti quelli che hanno messo la storia fra preferite/seguite/da ricordare. J
Detto ciò, ancora grazie mille a tutti voi, vi adoro cari lettori. Davvero!
Un bacio, JoJo

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Capitolo 6
*** Il festival di fine estate ***


5. Il festival di fine estate

 
 

Dean Winchester aveva intuito subito, fin dal primo momento in cui John gli aveva annunciato che si sarebbero trasferiti, che la vita ad Heaven sarebbe stata totalmente diversa rispetto a quella a cui lui e la sua famiglia erano abituati a vivere in Kansas. Lawrence non era certo una metropoli tentacolare ma, in confronto alla piccola cittadina, dove tutti gli abitanti si conoscevano fra loro, poteva decisamente sembrarla. Tuttavia, quello che non si aspettava era che suo padre decidesse, con stoica determinazione, di prendere parte attivamente alla vita della minuscola cittadina in cui aveva deciso di trasferirsi. Certo, Dean sapeva bene quanto suo padre potesse essere cocciuto, e se John aveva deciso che il modo migliore di sentire ancora vicina Mary era di lasciarsi coinvolgere in tutte quelle folli attività che avevano luogo ad Heaven, e che la donna ricordava nei suoi racconti mentre gli occhi le si riempivano di nostalgia, allora i due giovani Winchester non potevano che piegarsi al volere del padre.
Questo, ovviamente, non impediva loro di protestare rispetto a quelle che, a loro avviso, erano scelte più che discutibili.
“Io non posso credere che stiamo davvero andando al consiglio cittadino.” ripeté per l’ennesima volta il maggiore dei due fratelli Winchester, le braccia incrociate al petto e la postura scomposta di uno studente annoiato a quella che ritiene la lezione più noiosa della sua vita.
In realtà i tre Winchester si trovavano nella sala da ballo di Pamela Barnes, che ogni settimana veniva riadattata a sala di consiglio, e, effettivamente, considerando la stazza dei tre nuovi cittadini di Heaven, sembravano altrettanto scomode da poter sembrare quelle di una affollata aula scolastica.
Ad occupare le altre sedie, realizzarono i tre nuovi arrivati in città, vi erano proprio tutti gli altri abitanti, nessuno escluso.
Perfino Chuck, l’eremitico scrittore che gestiva nel suo salotto le proiezioni settimanali dell’improvvisato cinema cittadino, era presente.
“Ormai abitiamo qui, Dean.- ribatté John, prima di alzare il mento per rispondere al saluto di Bobby Singer, che era appena entrato nella scuola di ballo e si era seduto a qualche fila di distanza da loro- È il caso che iniziamo a prendere parte attivamente alla vita di Heaven.”
“Ma…è un consiglio cittadino!- ribadì Dean, sbuffando sonoramente- Dove un gruppo di provinciali litigano per due ore su quali fiori è meglio mettere nelle aiuole fuori dalla chiesa. Non puoi dirmi che ti interessa davvero!”
John tornò a voltarsi verso il maggiore dei suoi figli “Non importa di cosa si parlerà, Dean. Tutti gli abitanti con un esercizio commerciale devono presentarsi al consiglio. Inoltre, noi siamo i nuovi arrivati, dobbiamo farci vedere per far capire che ci interessa la vita qui.”
Il ragazzo scosse la testa, accasciandosi sulla sedia in un gesto teatrale “Io continuo a trovarlo stupido.”
“Jess mi ha detto che in realtà i consigli cittadini qui sono molto divertenti.- intervenne quindi Sam, che fino a quel momento non aveva fatto altro che guardarsi intorno, alla ricerca del volto familiare della sua amica- In pratica, è una gara a chi riesce per primo a far saltare i nervi a Zachariah.”
“Zachariah Adler?- ripeté suo padre incuriosito- Non è il capo del consiglio?”
“Già.” annuì il quindicenne senza troppo entusiasmo.
Dean rivolse al fratello minore un sorriso obliquo “Jess, uh?”
Sam fece roteare gli occhi, tuttavia non poté impedire alle proprie guance di arrossire “Sta zitto, Dean.”
Il ragazzo sghignazzò in modo per niente velato alla faccia stizzita del quindicenne, ma la sua breve vittoria venne interrotta da un fischio acuto e metallico proveniente dal vecchio microfono che Zachariah Adler stringeva fra le mani.
Immediatamente il chiacchiericcio costante che aveva animato la sala si dissipò, mentre lo sguardo di tutti i presenti si puntò sul piccolo soppalco dove sedevano i sei rappresentanti del consiglio.
“Va bene, concittadini, diamo pure avvio a questa nuova riunione dell’assemblea cittadina.- iniziò a parlare Adler, sul volto un sorriso eccessivamente stucchevole e decisamente falso- Se nessuno ha delle dichiarazioni iniziali da fare procederei con il primo punto del nostro ordine del giorno.”
Dalla seconda fila arrivò un borbottio annoiato “Per carità, prima partiamo, prima possiamo tornarcene a casa.”
“Rufus, nessuno ti obbliga a venire alle assemblee.” gli ricordò con tono gelido Naomi, una dei rappresentanti seduti sul piccolo soppalco.
Una risata si alzò immediatamente dall’assemblea, mentre Missouri Mosely commentava con tono divertito “E’ vero, lo fai solo per ficcare il naso negli affari degli altri.”
“Sei solo un vecchio brontolone che ama il gossip cittadino, Rufus!” le diede manforte Jo, la frizzante figlia di Ellen, mentre si sporgeva dal suo posto per dare al misantropo uomo di colore un’amichevole pacca sulla spalla.
I tre Winchester assistettero alla scena con occhi sgranati.
“Ora capisco come mai vostra madre amava queste assemblee.” mormorò John, mentre il suo sguardo saettava da uno all’altro dei suoi nuovi concittadini.
Dean si voltò verso di lui “Ovvero il fatto che i cittadini di questa città sembrano bambini col deficit di attenzione?”
“Guardate!- richiamò la loro attenzione Sam, la voce un mix improbabile fra incredulità e divertimento-  Adler ha già la faccia completamente viola!”
“Signori!- tuonò il capo dei rappresentanti del consiglio cittadino, decisamente a un passo da un crollo nervoso- Possiamo continuare con la nostra assemblea? Muriel, per favore, vieni a dire ciò che devi.”
Evidentemente, gli abitanti di Heaven avevano una spiccata capacità nel capire quando fosse il caso di frenare la propria esuberanza prima che a Zachariah potesse venire un vero e proprio infarto. Nel ritrovato silenzio, la piccola ranger con lunghi capelli biondi e il cappello della sua divisa stretto fra le dita affusolate era riuscita a salire sul palco e aveva iniziato a parlare del proprio problema “Mi dispiace dovervi parlare di nuovo di questa cosa ma, come sapete, non è la prima volta che sono state trovate trappole contro i procioni in una specifica zona della città. Non voglio accusare nessuno, ma…”
“Oh, certo.- berciò una voce aspra dall’assemble- E allora perché stai guardando proprio me?”
Muriel sbatté più volte i suoi grandi occhi chiari “Io-Io non ti stavo guardando, Lilith. Mi stavo solo rivolgendo a tutta l’assemblea e…”
Lilith si era alzata nel frattempo, le braccia conserte e lo sguardo carico di rabbia “Quelle odiosissime creature stanno chiaramente sabotando la mia tranquilla esistenza.”
“Sono solo procioni, Lilith.” le ricordò con tono annoiato Pamela, dal suo posto tra i rappresentanti del consiglio.
“Io li trovo carini.” le diede man forte Garth, un giovane eccessivamente magro e dai comportamenti eccentrici, che si destreggiava fra numerosi lavoretti bizzarri all’interno della cittadina.
“Anche a me piacciono, e poi rovistano solo fra la spazzatura.- cercò di razionalizzare Cain, un uomo alto, barbuto e solitario, che si allontanava dalla propria fattoria appena fuori città solo per partecipare alle assemblee cittadine insieme alla moglie Colette- Non è che facciano niente di male.”
“Li odio.- sibilò di nuovo Lilith, stringendo gli occhi dalla forma felina- E poi sono sporchi, trasmettono malattie. Io ho una figlia, ricordate? Se quelle bestie la mordessero?” sbottò, indicando con un ampio gesto della mano Ruby, che era seduta sulla sedia di fianco a quella della madre e si arrotolava con aria annoiata una ciocca di lunghi capelli corvini intorno a un dito affusolato, apparentemente disinteressata a quanto le stava accadendo introno.
“Se un procione dovesse mordere mai Ruby sarebbe lui a morire avvelenato, te lo posso garantire.” ribatté immediatamente una voce dal fondo della sala.
Lilith si voltò di scatto, gli occhi che sembravano lanciare saette “Ritira immediatamente ciò che hai detto, Crowley.”
L’uomo d’affari le rivolse un sorriso serafico, ma quella facciata da sbruffone svanì immediatamente quando la donna si lanciò con rabbia verso di lui. Fortunatamente, il preside Uriel fu abbastanza svelto da frapporsi fra i due.
Zachariah spalancò gli occhi “Jody, non potresti fare qualcosa?”
“Perché?- ribatté lo sceriffo cittadino- Non sono in servizio, adesso.”
In effetti, il suo intervento non fu necessario, in quanto Uriel, probabilmente grazie alla sua stazza da giocatore di football e i suoi sguardi minacciosi, era riuscito abbastanza in fretta a convincere Lilith a ritornare a sedersi.
“Ok, possiamo al punto?” richiamò tutti all’ordine Naomi.
“Sì, vi prego.- sospirò Adler con voce esasperata- Muriel, qual è la tua richiesta?”
La giovane ranger annuì prima di continuare a parlare “Di nuovo, vorrei che le trappole sparissero dato che sono più pericolose, anche per gli altri cittadini, che efficaci. E se Lilith ritiene davvero  che la popolazioni di procioni della zona sia davvero così problematica, allora la invito a venire da me per cercare insieme una soluzione.”
La donna spalancò gli occhi, stizzita “Non posso rinunciare a quelle trappole!”
“Chi è a favore alla proposta di Muriel?” domandò quindi Zachariah, ignorando volutamente le proteste della bionda.
“Contrari?” chiese di nuovo, dopo che Pamela ebbe contato tutti i voti.
Prima che potesse dare un’occhiata ai risultati, il capo del consiglio notò in fondo alla sala una mano alzata. Una mano che fino a cinque minuti prima non era presente.
“Gabriel!- sbottò infastidito- Come puoi votare se non sai nemmeno di che cosa stiamo parlando? Tu e Castiel siete in ritardo. Di nuovo.”
Tutta l’assemblea, e i Winchester insieme a loro, si voltarono per seguire con attenzione l’ingresso dei due Novak. Gabriel, come al solito, non sembrava per niente scalfito dall’essere sotto lo sguardo di tutti, mentre le guance di Castiel si colorarono immediatamente di cremisi.
“Certo che so di cosa stiamo parlando.- ribatté immediatamente Gabriel, sul volto un sorriso largo- Parliamo, come al solito, di un argomento che pone in discussione la presenza o meno di una minaccia intrinseca od estrinseca o addirittura totalmente inesistente per una pacifica e armonica vita cittadina e che potrebbe, o non potrebbe, essere debellata grazie e soprattutto alla mia innata abilità di alzare un braccio per dichiarare al mondo apertamente la mia opinione.”
L’assemblea sghignazzò, mentre il volto di Adler ritornò ad una tonalità purpurea per l’irritazione “Cosa stai blaterando? Fa niente, non rispondere. Sono popcorn quelli che hai in quel sacchetto?”
Il maggiore dei due Novak spalancò gli occhi nocciola “Certo che no. Mi stai forse accusando di introdurre del cibo qui dentro quando sono anni che mi ricordi che c’è una regola che lo vieta? Tu sai bene l’immenso rispetto che provo verso le regole, in particolar modo quelle da te inventate e che possono essere così facilmente aggirate, cosa che per altro io non farei mai, e mi spezza davvero il cuore che tu possa pensare che io possa fare una cosa del genere, Zach. Davvero, mi ferisci.”
Zachariah decise, come accadeva ad ogni assemblea cittadina, di ignorare il giovane “Per favore, trovate dei posti e sedetevi, così possiamo tornare all’ordine del giorno.”
“Ok.- annuì divertito Gabriel, prima di rivolgersi ad un uomo seduto nella fila vicino a quella dei Winchester- Alzati, Virgil.”
“Sedetevi in posti che non siano già occupati.” sbottò nuovamente Adler, decisamente al limite della sua pazienza.
Gabriel si finse stupito da quella affermazione “Oh, intendevi questo. Zach, dovresti essere più specifico quando parli, nessuno capisce mai quello che intendi dire.”
“Questo è vero!” gli diede man forte Pamela, annuendo.
“Ma non è rilevante rispetto a quello di cui stavamo parlando!” ringhiò Adler, esasperato.
“E di che cosa stavamo parlando, Zach?- domandò quindi Missouri- Se non perdessi sempre il filo del discorso a quest’ora potremmo già essere tutti a casa.”
“Anche questo è vero.” borbottò Rufus.
Zachariah prese un grosso respiro “Andate semplicemente a sedervi, vi prego!”
“Qui, Castiel!- chiamò Inias, agitando una mano proprio dalla fila di fronte a quella dove erano seduti i Winchester- Vi ho tenuto due posti.”
“Come stavo cercando di dire prima che i Novak decidessero di degnarci della loro presenza, questa sera Frank Devereaux ha chiesto di poter parlare.”
“Di nuovo.” aggiunse Naomi con fare annoiato.
I Winchester aggrottarono la fronte, non del tutto certi del perché gli abitanti di Heaven borbottassero fra loro mentre quell’uomo dall’aria ansiosa saliva sul piccolo palchetto di fortuna dove sedevano i membri del consiglio.
Castiel si girò verso di loro, offrendogli una spiegazione “Frank è leggermente paranoico riguardo la sorveglianza informatica sotto cui siamo tenuti dalle  agenzie segrete internazionali.”
“Per leggermente Cassie intende a livello talmente elevato dal rasentare il patologico.” aggiunse quindi Gabriel con un ghigno.
John aggrottò la fronte, perplesso “E fa così ad ogni assemblea cittadina?”
“Più o meno.” rispose il diciassettenne con una scrollata di spalle.
Anche Inias si voltò “L’importante è che votiate contro alla sua mozione.”
“Io voterò a favore.” disse invece Castiel, stringendosi nelle spalle.
“Castiel!- lo ammonì Gabriel. Se gli darai man forte non abbandonerà mai queste sue idee folli.”
Il ragazzo puntò i suoi grandi occhi blu sul fratello maggiore “Ma quando votiamo tutti contro di lui è così triste.”
Il maggiore dei Novak scosse la testa piano, fingendo indignazione “Davvero, io non so che cosa tu abbia capito dei miei insegnamenti se la pensi davvero così.”
Nel frattempo, Zachariah aveva ripreso la parola “Ok, quindi chi è a favore della mozione di Frank?”
Come promesso, Castiel alzò la mano.
“Contrari?”
Dopo aver raccolto le votazioni, l’uomo continuò a parlare “Perfetto, andiamo avanti. Ci terrei a ricordare che nel weekend la città ospiterà come ogni anno il festival di fine estate. Come sempre, chiunque desideri partecipare e vuole avere uno spazio adeguato per un banco dovrà lasciare il proprio nominativo a Pamela prima di giovedì. E no, Becky, quest’anno non potrai avere un tuo stand dove vendere copie delle tue storie, uhm, di dubbio gusto.”
“Ma Zachariah!” protestò la ragazza che anche in quel momento stringeva fra le mani un grosso fascicolo su cui stava scribacchiano chissà cosa fino all’attimo prima di venire interpellata.
“Niente ma.- confermò Adler- Questo era l’ultimo punto dell’ordine del giorno ed è già un miracolo che siamo arrivati sani e salvi fino a qui. Direi che possiamo tornare a casa. Ci rivediamo alla prossima assemblea.”
Prima che il chiacchiericcio potesse ritornare fra gli abitanti di Heaven, Gabriel Novak si alzò, attirando di nuovo su di sé l’attenzione di tutti i presenti “Uhm, Zachariah?”
“E ora che c’è, Gabriel?” sospirò stancamente l’uomo.
Inaspettatamente, il giovane Novak sembrava addirittura timido nel porre la propria domanda “Non ti stai dimenticando una cosa?”
“Ovvero?”
“Oggi avrei dovuto fare la presentazione su i miei progetti per la pasticceria. Sai che se non ottengo l’appoggio degli altri commercianti non potrò iniziare i lavori…” gli ricordò quindi Gabriel, che effettivamente stringeva fra le mani un taccuino che sembrava essere stato letto e riletto svariate volte, a giudicare dalle pieghe evidenti presenti sulla copertina.
Adler alzò un sopracciglio, per niente colpito “Oh, quello.”
“Posso fare la mia presentazione, quindi?” chiese speranzoso Gabriel.
“Gabriel, ti rendi conto che si è fatto già molto tardi, vero?- gli ricordò quindi Naomi- Se dovessi fare una presentazione dettagliata ora questa assemblea diventerebbe insopportabilmente lunga.”
Il più grande dei due Novak scosse piano la testa “Ma la mia presentazione non è poi così lunga e…”
“Ma non vorrei mai che tralasciassi dei punti importanti, Gabriel.- continuò quindi Zachariah con un sorriso mellifluo sulle labbra sottili- La cosa migliore è rimandare tutto alla prossima assemblea. Anzi, ti segno immediatamente come primo ordine del giorno. Non credi anche tu che in quel modo sarebbe tutto più semplice per tutti?”
Gabriel sembrò quasi rimpicciolirsi sotto il peso di quelle parole “Forse hai ragione.”
“Certo che ce l’ho.” replicò di nuovo Adler, sul volto un sorriso vittorioso è l’aria soddisfatta per averla spuntata così facilmente.
L’uomo stava per voltarsi quando una voce attirò di nuovo la sua attenzione “No.”
Anche Castiel si era alzato e, nonostante tutti gli sguardi fossero puntati su di lui, il suo sguardo era determinato come non mai.
“Come dici, Castiel?” domandò Zachariah, voltandosi verso di lui con un sopracciglio alzato e ispezionandolo come se fosse stato un insetto fastidioso.
“Devi lasciarlo parlare.” precisò quindi il ragazzo, alzando il mento quando ebbe finito di pronunciare quella frase come se in quel modo potesse far trapelare ancora di più la propria convinzione.
Il capo del consiglio fece roteare gli occhi “L’assemblea sta per finire, non credo che nessuno voglia sentire tuo fratello blaterare per mezz’ora. Lo farà la prossima settimana, come dicevo, l’ho già inserito nell’ordine del giorno.”
“No, parlerà oggi.- ripeté quindi Castiel- Tu gliel’avevi promesso!”
“Castiel…” ricominciò a parlare Adler, con una nota di avvertimento nella voce.
Gabriel posò una mano sul braccio del fratello “Cassie…”
“No. – disse di nuovo il diciassettenne- Tu sei una bravissima persona e lo sanno tutti in questa città. E abbiamo appena acceso un mutuo per acquistare quella proprietà da Crowley e Adler aveva detto che prima di aprire il negozio avresti dovuto preparare un progetto da esporre all’assemblea, e ti l’hai fatto. Sei stato in piedi tutta la notte e hai preparato un progetto fantastico e Zachariah ora non te lo vuole fare presentare e non è giusto.”
“Casitel.” sibilò nuovamente Adler, il volto paonazzo sia per la rabbia che per l’imbarazzo di essere stato esposto in quel modo.
Castiel lo fissò con ostinazione “Non è giusto.”
“Fai esporre a Gabriel il suo progetto, Zach.” disse quindi Pamela, prima che qualcuno potesse aggiungere qualcos’altro, rivolgendo al ragazzino un sorriso incoraggiante.
L’uomo spalancò gli occhi, esterrefatto “Ma…”
“Noi ascolteremo.” le diede man forte Bobby.
“Già, Zachariah, fai parlare il ragazzo. Di certo non può essere più noioso di quanto lo sia stato tu fino adesso.” rincarò la dose Ellen.
Sul volto di Castiel si aprì un sorriso radioso e Gabriel sembrò acquistare immediatamente la propria sicurezza mentre saliva sul palco e ringraziava tutti i presenti per l’occasione che gli avevano fornito.
Dean Winchester ritrovò il giovane Novak fuori dalla sala da ballo di Pamela alla fine dell’assemblea. Il consiglio cittadino si era sciolto da poco e dall’edificio scemavano ancora lentamente diverse persone. Castiel, evidentemente in attesa del fratello che stava spiegando con entusiasmo ad Ellen e ad un altro gruppo di amici i propri progetti per la nuova pasticceria, era seduto su una panchina con il naso puntato verso il cielo ormai stellato.
“Bello spettacolo là dentro.”
La voce di Dean lo riscosse dai suoi pensieri e il giovane si ritrovò ad arrossire “Io di solito non faccio così. Non parlo mai davanti a così tanta gente.”
“Ma stasera l’hai fatto.- gli ricordò il maggiore dei fratelli Winchester con un sorriso orgoglioso sul bel volto- Per tuo fratello.”
Anche Castiel sorrise “Già. Ha lavorato tanto per aprire quel negozio.”
“Una pasticceria.” disse Dean, contemplando quel tipo di attività.
L’altro ragazzo annuì “I dolci sono la cosa che Gabriel preferisce al mondo. Sono certo che se ci fosse un incendio in casa nostra e dovesse decidere se salvare me oppure la sua collezione di barrette di cioccolato salverebbe loro.”
“Beh, tu hai le gambe.” ribatté l’apprendista meccanico con un ghigno.
“Interessante il nome che ha scelto.- continuò poi a parlare, dopo che ebbe avuto nuovamente di indossare il volto di Castiel aprirsi in una risata divertita- Loki’d. Sbaglio o Loki è un dio nordico del caos?”
Il diciassettenne annuì “Già, qualcosa del genere. Gabriel ci si immedesima molto.”
“Ci lavorerai?” chiese quindi Dean.
Castiel sbatté le palpebre “Come?”
“Al negozio di Gabriel.” precisò quindi il giovane Winchester.
“Sì, certo.- annuì quindi l’altro- Non possiamo assumere personale, per ora.”
Dean gli rivolse un sorriso raggiante “Beh, allora passerò a trovarti di tanto in tanto. Se tuo fratello è in grado di fare una buona crostata di mele, sarò di sicuro uno de clienti più affezionati.”

 

Ad Heaven tutti gli abitanti erano più che curiosi di scoprire come stavano andando i lavori all’interno della nuova pasticceria dei Novak. Tuttavia, Gabriel era più che determinato a mantenere le modifiche che intendeva apportare nel negozio il più possibile segrete. Non aveva assunto degli operai, decidendo di lavorare da solo con una qualche consulenza esterna offerta da Bobby Singer, e, per far sì che la natura del rinnovo potesse rimanere una sorpresa per l’inaugurazione, le uniche persone ammesse all’interno della nuova pasticceria erano Gabriel stesso e, ovviamente, Castiel.
Anche se, in realtà, un’eccezione c’era.
“Ciao, vicino!”
Al sentire quella voce Gabriel si alzò di scatto da dietro il bancone, dove stava lavorando alla verniciatura degli scaffali che ricoprivano l’intera parete opposta alla vetrina.
“Ciao, Kali.” trillò, rivolgendo alla bella donna indiana un ampio sorriso.
Kali viveva ad Heaven da tutta la vita e, da quando i suoi genitori avevano deciso di andare in pensione anticipata e di ritirarsi in Florida, aveva preso in gestione il ristorante di famiglia, il migliore, e unico, ristorante indiano della città, di cui i due Novak erano assidui clienti, anche se Castiel poteva giurare che ci fosse qualcosa di più, oltre all’amore per la cucina indiana, ad attrarre Gabriel in quel posto almeno una volta a settimana.
“Sono passata a dare un’occhiata.- disse quindi la donna, il rumore dei suoi tacchi che rimbombava nell’ambiente ancora quasi totalmente vuoto- Non vorrei che i cambiamenti al locale avessero un impatto negativo su tutta la strada.”
Gabriel le risolse un sorriso “Certo che no.”
“Già. Dopotutto, il mio ristorante è proprio dall’altra parte della strada.” gli ricordò Kali, cercando di apparire totalmente disinteressata.
Dal bancone, dove aveva sparpagliato i suoi libri, Castiel fece roteare gli occhi platealmente. Nell’ultima settimana, il ragazzo si era ritrovato ad assistere spesso a scene del genere e, in un certo senso, si era un po’ stufato di come Gabriel non si fosse ancora deciso a chiedere alla donna di uscire e anche di come lei, nonostante fosse più che chiaro il contrario, cercasse in tutti i modi di spiegare il proprio interesse nella pasticceria solo dal lato professionale.
“Che cos’hai lì?” domandò quindi il diciassettenne, additando il pacchetto di carta bianca che le donna stringeva fra mani affusolate e perfettamente curate.
“Vi ho portato il pranzo.- spiegò quindi Kali, rivolgendogli un sorriso obliquo- Davvero, Castiel, non riesco a pensare che Gabriel sia riuscito davvero ad allevarti da solo quando si dimentica perfino di prepararsi il pranzo al sacco.”
Castiel sbatté le palpebre “Ma…”
“Oh, no, non è certo colpa sua.- lo interruppe immediatamente l’indiana- È solo che è un uomo. Ci vorrebbe sempre un tocco femminile, a mio parere.”
“Ed è per questo che continui a passare per darci consigli sulle giuste tonalità da usare per le pareti?” domandò Gabriel con un sorriso divertito sulle labbra.
“Può darsi.- tagliò corto la donna, prima di strizzare l’occhio in sua direzione- Ci vediamo presto, ragazzi.”
Castiel osservò divertito come il fratello era rimasto a guardare Kali allontanarsi, sul volto un’espressione beata. Ben presto, però, Gabriel si accorse di quello sguardo insistente.
“Che c’è?” domandò, sulla difensiva.
Il giovane scosse la testa “Oh, niente. Solo che…sei arrossito.”
“Non un’altra parola, Castiel.” borbottò Gabriel, mentre posava il pranzo sul bancone e cercava, invano di tornare al proprio lavoro.
“La inviterai a cena?- gli domandò quindi Castiel con tono petulante, seguendolo con un sorriso sornione sulle labbra- Sarà a lume di candela? Oh, mangerete da un solo piatto degli spaghetti e tu le cederai la tua polpetta?”
Il maggiore dei due fratelli si fermò di colpo, voltandosi verso di lui “Ti ricordo che ho ancora quella foto della tua prima lezione di danza classica. Quella in cui indossi il tutù.”
Il diciassettenne impallidì “Andiamo, scherzavo. Ma la inviterai a cena, vero?”
“Potrei farci un poster e appenderlo all’inaugurazione, che ne dici?” continuò a dire Gabriel, facendo roteare gli occhi.
“Sei scorretto.” lo informò quindi il ragazzo, incrociando le braccia al petto in modo quasi infantile.
L’altro gli fece una linguaccia “E tu un petulante ragazzino.”
Castiel, tuttavia, non si fece scoraggiare “Dico solo che è da un po’ che non esci con nessuno.”
“Castiel.”
“Ho capito, ho capito.- borbottò il minore dei due Novak- Non ne parliamo più.”
Gabriel scosse piano la testa, anche se sul suo viso era tornata un’espressione bonaria “Visto che a volte dimostri davvero di essere così intelligente come dicono? Andiamo, dobbiamo mangiare prima che si raffreddi. Non so come faccia, ma sono certo che se ti facessi mangiare del cibo freddo quella donna lo verrebbe a sapere nel giro di un attimo.”
I due fratelli scartarono i pacchetti che Kali aveva preparato con minuzia, scoprendo così i propri piatti preferiti, delle posate di plastica e dei tovaglioli di carta. Svuotarono il bancone e apparecchiarono in modo rudimentale, prima di lanciarsi a divorare quel cibo dal profumo invitante.
“Hey, Gabe?” domandò dopo qualche minuto Castiel, la forchetta lasciata a mezz’aria.
Gabriel rispose con la bocca piena, causando una smorfia di disgusto sulla faccia del fratello “Che c’è?”
“Sono contento per te e Kali.- disse quindi Castiel con un sorriso lieve sulle labbra- Lei è ok. Anche se a volte mi fa un po’ paura.”
Il volto del maggiore dei Novak si illuminò “La persona adatta alla nostra famiglia, no?”
Il diciassettenne rise “Sì. Sei felice, vero?”
“Lo sarei di più se il mio fratellino la smettesse di leggere la posta del cuore.”
Dopotutto, il tovagliolo accartocciato che colpì Gabriel in testa, se lo era decisamente meritato.

 

Il festival di fine estate di Heaven sembrava uscito da una di quelle riviste di viaggio che Mary Winchester amava collezionare e che, nella vecchia casa di Lawrence, restavano ammucchiati da anni contro la parete dietro al divano del salotto.
Se avesse dovuto essere sincero, Dean non avrebbe mai potuto dire che non vi era un qualcosa di pittoresco nelle decine di bancarelle allestite dai commercianti locali, dai fili di luci che connettevano il perimetro della piazza e dall’odore di fritto e di dolciumi che si diffondeva nell’aria.
Quello che Dean Winchester non sopportava, del festival di fine estate di Heaven, era che anche suo padre aveva deciso che anche i Winchester avrebbero dovuto aprire una bancarella dove potevano servire caffè caldo da portar via, proprio come al locale, e anche altri tipi di cibo adatti a chi si ritrovasse a passeggiare al festival, come patatine, hotdog e cheeseburger.
In effetti, l’idea di John poteva risultare vincente, a livello di marketing.
Tuttavia, ciò che infastidiva Dean era che era lui ad essere incastrato per tutti i tre giorni del festival alla bancarella dei Winchester.
Se solo non si fosse giocato i propri turni a sasso-carta-forbici con Sam, in quel momento non si sarebbe ritrovato lì!
L’unica cosa positiva di quel tipo di lavoro, oltre alle occasionali chiacchiere con gli avventori senza tutta la fretta che spesso si viveva al locale con i numerosi ordini, era che nell’attesa dei nuovi clienti il giovane poteva rilassarsi, in un certo senso, e cercare di rimettersi in pari con le proprie letture.
Stava proprio leggendo, la mente completamente immersa in quel mondo di parole che stringeva fra le dita, quando una voce lo riscosse improvvisamente dai suoi pensieri, facendolo sobbalzare.
“Ciao, Dean. Che cosa leggi?”
Dean si voltò di scatto, scoprendo il proprio amico in piedi dietro la bancarella di fianco alla sua “Cas! Mi hai fatto venire un infarto!”
“Scusa.” disse il giovane, anche se un lieve sorriso sulle sue labbra un po’ screpolate lasciava capire come in realtà di fosse divertito.
“Dovresti indossare una campanella per avvertire del tuo arrivo.” Dean scosse la testa, voltandosi totalmente verso l’amico e scoprendo che, mentre lui si trovava in una sorta di trance mistica da lettura, l’altra bancarella era stata riempita di torte, pasticcini, cupcakes e cioccolatini.
“Non mi sembra molto pratico.- ribatté Castiel, prima di inclinare la testa- Cosa stai leggendo?”
Quando l’apprendista meccanico gli ebbe mostrato la copertina de Il Trono di Spade il ragazzo spalancò gli occhi blu “Oh. Gabriel guarda lo show televisivo che hanno tratto da quella serie di libri. L’ho aggiunta alla mia lista di lettura.”
“Hai una lista di lettura?” domandò incredulo Dean, alzando un sopracciglio.
Castiel annuì solenne “Certo. Dato che voglio diventare uno scrittore, mi piace avere sempre qualcosa da leggere che possa darmi ispirazione ed aiutarmi nel perseguire questa carriera. Inoltre, adoro leggere, è il mio passatempo preferito.”
Il maggiore dei fratelli Winchester sghignazzò “Ti posso capire. So che potrebbe non sembrarlo, ma anche a me ogni tanto piace rilassarmi leggendo un buon libro.”
Castiel si avvicinò a lui, incuriosito “E quale definiresti un buon libro, secondo la tua opinione?”
“Vonnegut.- rispose semplicemente l’altro- Adoro tutti i suoi libri, ma in particolare Mattatoio numero 5.”
“Non male come scelta, Winchester.” annuì soddisfatto il più giovane dei Novak.
“Ora tocca a te dirmi cosa stai leggendo.- continuò quindi a parlare Dean- Mi sembra più che doveroso dopo che ho condiviso con te le mie letture.”
Il diciassettenne si precipitò a prendere la propria tracolla, per poi mostrarne il contenuto all’amico “Al momento mi sto leggendo l’autobiografia di Mandela, una raccolta di poesie di Neruda e Notre Dame de Paris di Hugo.”
L’altro ragazzo si ritrovò a sbattere le palpebre, impressionato “Wow. Adesso mi sento stupido.”
Castiel aggrottò la fronte, disturbato da quella affermazione “Tu non sei stupido, Dean. Sei un ragazzo molto brillante, sei un mago con le auto e sai un sacco di cose di svariati argomenti. E, inoltre, il tuo caffè è il più buono che io abbia mai bevuto. Non dirlo a Gabriel, però, si arrabbierebbe.”
“Ok, Cas.- rise Dean, scuotendo la testa divertito-  A proposito, dov’è tuo fratello?”
“In negozio. I lavori di rinnovo del locale sono impegnativi, ma siamo a buon punto. La bancarella è una buona occasione per farci un po’ di pubblicità prima dell’inaugurazione, ma visto che Gabe non può occuparsene mi sono offerto di farlo io.”
Il giovane Winchester si strinse nelle spalle “Io ho perso a sasso-carta-forbici con Sammy, altrimenti non mi troverei qui, non di mia spontanea volontà, comunque.”
“Non è così male.” gli assicurò il ragazzo più giovane.
“Dimmelo quando Pam sarà passata per l’undicesima volta e mi avrà guardato di nuovo come se volesse mangiarmi.”
Castiel rise “Beh, Pamela è…Pamela.”
 “In ogni caso, siamo sulla stessa barca, allora. Fortuna che siamo vicini, uh?”
Dean lanciò di nuovo lo sguardo sulla bancarella vicina e si domandò come aveva fatto a non notare prima una cosa fondamentale.
“Che cos’è quella?” domandò, anche se sapeva bene la risposta a quella domanda.
Castiel seguì la direzione del suo sguardo “Una crostata di mele. Ne vuoi?”
“Scherzi? E’ la mia preferita!” ribatté contento, allungando le mani per accettare un piatto di carta sul quale era posata una grossa fetta di torta, il cui ripieno e succo strabordava pian piano dai lati, e una forchettina di plastica.
Il verso di apprezzamento che uscì dalle sue labbra quando assaggiò la prima forchettata poteva quasi essere considerato pornografico “Cas, non fargli mai sapere che l’ho detto, ma tuo fratello è un genio.”
“Lo so.” disse il diciassettenne, per niente stupito da quell’affermazione.
Dean alzò i suoi occhi verdi su di lui “Intendevo dire che questa è una delle crostate di mele migliori che io abbia mai mangiato!”
“Oh, grazie.” Castiel arrossì.
“Grazie? L’hai fatta tu?”
Il giovane annuì piano “Sì. Gabriel mi ha trasmesso la sua passione nel preparare dolci, anche se io non sono mai molto creativo e prediligo le ricette più semplici.”
Dean prese un’altra forchettata “Cas, ti amo!”
Castiel sbatté le palpebre, gli occhi grandi come quelli di un cerbiatto colto di sorpresa dagli abbaglianti di una macchina in mezzo alla strada “Cosa?”
L’apprendista meccanico si ritrovò a sghignazzare per quella reazione “Scusami, ma se cucini torte di questo genere è una dichiarazione più che dovuta.”
“In realtà mi sembra un po’ eccessiva.” borbottò il minore dei Novak, le guance arrossate.
“Cas, devi rifarmi questa torta al più presto.- dichiarò quindi Dean quando ebbe finito la sua fetta- Una intera e solo per me, ovviamente.”
Castiel si ritrovò a sorridere “Ai tuoi ordini.”
“Hai appena citato Una storia fantastica?” domandò sconcertato Dean.
“Può darsi.- sorrise serafico il diciassettenne- La vera domanda qui è: tu sai riconoscere una citazione de La storia fantastica?”
Il maggiore dei due fratelli Winchester spalancò gli occhi “Ti prego, non dirlo a Sam.”
“Porterò questo segreto con me nella tomba.- rise Castiel- Ma, davvero, non dovresti vergognarti di aver visto quel film, io e Gabriel lo adoriamo.”
Dean alzò un sopracciglio “Tu e Gabriel?”
“Sì, una sera a settimana guardiamo film insieme mentre ci ingozziamo di cibo spazzatura.” spiegò con entusiasmo l’altro ragazzo.
“Che genere di film?” domandò scettico il giovane Winchester.
“Qualsiasi.- rispose Castiel con una scrollata di spalle- In realtà alcuni sono davvero imbarazzanti. Abbiamo visto Sharknado la scorsa settimana.”
Dean scoppiò in una risata “Amico, quel film è spettacolare!”
“Quel film è abominevole e totalmente insensato.” disse il minore dei Novak con tono piatto.
L’apprendista meccanico scosse la testa, per niente turbato da quel commento negativo “Quel film diventerà un classico proprio come i film di Steven Segal.”
Castiel spalancò gli occhi, incredulo “Non puoi averlo detto.”
“Quei film sono fenomenali.” si difese Dean, anche se sapeva che l’altro giovane lo stava solo stuzzicando.
“Ok, credo che questa conversazione stia degenerando troppo in fretta.”
Una voce di bambino attirò l’attenzione del giovane Novak, interrompendo quella spensierata chiacchierata “Castiel?”
“Ciao, Jesse.- salutò il giovane con un ampio sorriso sulle labbra- Sei qui da solo?”
Jesse annuì “Mamma e papà mi hanno detto che potevo passare dalle bancarelle prima di tornare a casa della nonna.”
“Mi fa piacere che tu sia passato a salutarmi.- sorrise di nuovo Castiel, per poi osservarlo mentre ammirava i dolci che aveva di fronte- Vuoi qualcosa?”
Il bambino scosse la testa con veemenza “U-uh.”
“Sei sicuro?- incalzò il diciassettenne- Perché volevo provare ad allenarmi a fare lo zucchero filato, ma non vorrei andasse sprecato. Ti va se ne faccio uno per te? Potresti dirmi se va bene.”
“Solo per me?” domandò Jesse, sospettoso.
“Facciamo così, ne farò anche uno per il mio amico Dean e voi mi direte se sono buoni oppure no.”
Dean spalancò gli occhi “Cas, grazie però…”
“Insisto.” Tagliò corto il ragazzo, prima di prendere due lunghe stecche di legno ed avvicinarsi alla macchina dello zucchero filato. In poco tempo sia Dean che Jesse si ritrovarono fra le mani due enormi e soffici nuvole di zucchero bianco.
“Allora?” domandò Castiel, che si aspettava davvero un giudizio dagli altri due.
“Uh, è- buono!- disse immediatamente Dean, prima di succhiarsi le dita appiccicose- Molto buono, Cas.”
Jesse sembrava molto più felice del giovane per quell’inaspettato dono “Sei bravo a fare lo zucchero filato, Castiel, dovresti farlo tutti i giorni!”
“Grazie, Jesse.- rise il ragazzo- Ora è meglio se torni da tua nonna, non credi?”
“Ok. Ciao!”
I due giovani osservarono il bambino allontanarsi felice e Dean non poté fare a meno di notare “Ci sai fare coi bambini.”
“Molto di più che non con gli adulti, a dire il vero.” ammise Castiel con un sorriso imbarazzato.
“Non farai mai affari se regalerai zucchero filato ad ogni marmocchietto coi lucciconi agli occhi che passa davanti alla tua bancarella, Cassie caro.”
La voce arrivò da dietro le spalle di Castiel e il giovane sobbalzò solo per un secondo prima di sciogliersi in quell’abbraccio. Tutto il buon umore che aveva raccolto Dean fino a quel momento parve scomparire in quel medesimo istante.
“Regalarne uno ogni tanto non ci manderà in fallimento, Balth.” disse quindi il giovane, prima di voltarsi verso il proprio ragazzo.
Balthazar sorrise, prima di posare un bacio a stampo sulle labbra di Castiel “Samandriel ha ragione: hai il cuore troppo grande.”
Dean si ritrovò a tossicchiare per ricordare della propria presenza e Castiel si voltò immediatamente verso di lui, il volto paonazzo “Balth, lui è Dean Winchester.”
Il ragazzo annuì “Oh, sì certo.”
“La mia fama mi precede?” scherzò il giovane Winchester, con un sorriso ammaliatore sulle labbra.
Balthazar ridacchiò “Già. Cassie ti ha già incluso a pieno titolo nella sua cerchia di amici e, credimi, lui non è il tipo da regalare la sua amicizia a cuore leggero. In ogni caso, questo vuol dire anche che mi ha parlato di te piuttosto spesso.”
“Beh, io e Cas siamo diventati amici quasi immediatamente, direi.” ci tenne a fargli sapere Dean, posando una mano sulla spalla dell’amico e rivolgendo al nuovo arrivato un sorriso di sfida.
Castiel aggrottò la fronte, ricordando il loro primo incontro “Non proprio immediatamente…”
“Cas?” ripeté Balthazar, confuso.
Dean annuì “Sì. È il mio soprannome per lui.”
“Hai addirittura un soprannome personale?- ribatté il giovane, un sopracciglio arcuato- Dovrei essere geloso, Winchester?”
Castiel gli posò una mano sul petto “Balth…”
“Ovviamente no. Balth.” l’apprendista meccanico pronunciò quel soprannome con un filo di ironia.
“Balth, potresti farmi un favore?- richiamò l’attenzione del suo ragazzo Castiel, prima che questi potesse rispondere in malo modo all’altro giovane- Mi servirebbero dei rifornimenti: i cupcakes di Gabriel stanno andando a ruba. Ti dispiacerebbe andare in negozio e portarmene un paio di vassoi?”
Balthazar gli sorrise e gli lasciò un altro bacio a fior di labbra “Ma certo, tesoro. Arrivo subito. Winchester, forse ti converrebbe concentrarti meno sul tuo amico Cas e di più sul tuo stand: i clienti ti aspettano.”
Castiel osservò con la fronte aggrottata mentre Balthazar si allontanava e Dean tornava a servire cibo agli avventori del suo stand.
“Strano.” mormorò fra sé e sé, ripensando allo scambio di battute a cui aveva appena assistito.

 

 

*****

Salve! Come vi avevo promesso, questo capitolo è arrivato con un cospicuo ritardo, anche se non per i motivi che pensavo. In effetti, sì, mi sono laureata (finalmente portò annoverarmi fra la schiera di neolaureati choosy e disoccupati che popolano questo Paese -.-), ma il ritardo non è dovuto a questo, ma piuttosto a dei gravi problemi di famiglia che  hanno spinto la mia attenzione in altra direzione. Fortunatamente adesso tutto sta migliorando, quindi al più presto spero di ritornare a ritmi di pubblicazione meno imbarazzanti. Inoltre, mi scuso anche se non avessi risposto a delle recensioni in questo periodo, sempre per gli stessi motivi, giuro che mi impegnerò per mettermi al più presto al lavoro per rispondere anche a quelle che ho lasciato in sospeso.
Tornando a noi: spero che questo capitolo (che ammetto possa risultare una sorta di filler, in un certo senso) possa esservi piaciuto. Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate, mi piace molto leggere il vostro parere!
Alla prossima, quindi, un bacio
JoJo

 

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Capitolo 7
*** Love test ***


 

7. Love test

 

 
Ci volle circa un mese, ai Novak, per rinnovare completamente la pasticceria, ma il giorno della tanto attesa inaugurazione di Loki’d il locale era finalmente perfetto: l’interno, con grandi tavoli da esposizione color panna; un angolo bar pronto a servire cioccolate, tisane, frappè e quant’altro; i colori pastello che avvolgevano chiunque entrasse e conferivano all’intero ambiente l’aria soffice di un delizioso cupcake; e l’esterno che si affacciava sull’ampia vetrina che sembrava una finestra su una succursale della fabbrica di Willy Wonka; i tavolini di ferro battuto che ricordavano delle romantiche foto di café sulla riva della Senna. Il Loki’d era tutto e anche più di quanto i due fratelli si sarebbero aspettati dalla loro tanto agognata pasticceria.
Gabriel aveva scelto di aprire il proprio locale ai primi clienti un sabato mattina di fine ottobre di modo che Castiel fosse a casa da scuola e potesse quindi essere presente tutto il giorno per aiutarlo e, fortunatamente, la sua scelta si rivelò più che azzeccata.
Quella mattina, fin dalle prime luci dell’alba, ad Heaven si poteva sentire, quasi in ogni dove, il dolce ed invitante profumo di tutte quelle torte, biscotti e pasticcini appena sfornati che avrebbero presto dato buona mostra di sé sui grandi tavoli da esposizione della nuova pasticceria. I Novak non erano certo gli unici ad aspettare con ansia l’apertura del locale, e non solo grazie all’attenta opera di marketing che Gabriel metteva inconsapevolmente in atto ogni volta che parlava con uno dei suoi concittadini dei progetti che aveva per la pasticceria. L’intera città vedeva nel giorno dell’inaugurazione la perfetta occasione di chiacchierare con i propri amici in un clima sereno e festoso, e il fatto che Gabriel avesse deciso di offrire il primo dolce ordinato, così come le bevande calde, era un incentivo in più per partecipare all’evento. E se la pasticceria offriva solo una decina di posti a sedere all’interno del locale ed altrettanti fuori, beh, voleva dire che, ancora una volta, gli abitanti di Heaven potevano cogliere l’occasione di mettere all’opera la loro proverbiale creatività.
Quando le porte di Loki’d si spalancarono, diversi avventori gironzolavano nella via, pronti ad accaparrarsi un posto in prima fila, e ben presto, quando Castiel ebbe finito di sistemare i tavolini esterni, molti altri arrivarono, portandosi da casa sedie e tavolini pieghevoli da pic-nic, trasformando così l’intera strada in una succursale non autorizzata della pasticceria. Nonostante la fresca aria autunnale, gli abitanti di Heaven non sembravano disturbati dallo stare all’aria aperta, non con il pallido sole di fine ottobre che filtrava placido dai tetti ai lati della strada, e nemmeno con le calde bevande che Castiel serviva con solerzia, volteggiando fra i tavoli e prendendo ordinazioni con professionalità.
Ellen Harevelle osservava dal suo tavolo, uno di quelli ufficiali del Loki’d che era riuscita ad accaparrarsi grazie alla sua amicizia con entrambi i Novak, come il diciassettenne eseguisse i propri compiti con quieta determinazione pur senza perdere la propria gentilezza anche con quei clienti che sembravano volergli fare perdere tempo, “Pare che io abbia assunto il fratello sbagliato.” commentò, anche se dalla sua espressione era chiaro il proprio affetto per Gabriel, nonostante la sua esuberanza a volte fuori luogo.
“Perché?- domandò quindi Bobby Singer che, seduto di fianco a lei, infilzava la propria forchetta in una fetta di torta che grondava crema al cioccolato fondente- Mi sembra che Jo se la cavi più che bene alla Roadhouse.”
Ellen gli rivolse una smorfia “Già. Quando non è in una delle sue fasi di ribellione in cui mi contraddice ogni dieci minuti. Ora che non c’è più Gabriel con me a gestire i suoi capricci, a volte mi sembra ancora più stressante del solito.”
“Ti abituerai.- ribatté l’uomo con una scrollata di spalle- E poi, quella ragazza è un fuoco d’artificio, proprio come eri tu alla sua età. Avere a che fare con lei ti manterrà per sempre giovane.”
“Cosa vorresti dire, Bobby Singer?” domandò la donna, sul volto un’espressione tutt’altro che docile.
Bobby fece roteare gli occhi “Non leggere di più di quanto dico nelle mie affermazioni, donna.”
Ellen si passò una mano fra i lunghi capelli castani, sbuffando una risata, prima di emulare il suo commensale e addentare anch’ella il dolce che aveva nel piatto, una deliziosa meringa al limone.
“Ellen! Bobby!- la voce vivace di Pamela Barnes fece alzare la testa ai due amici dai loro dessert- Guardate chi sono riuscita a stanare?”
E, infatti, a seguirla con passi sicuri ma con l’aria di qualcuno che avrebbe preferito trovarsi da qualche altra parte, c’era John Winchester.
“John!- lo salutò Ellen con un sorriso, mentre Bobby preferì rivolgergli un cenno del capo- Siediti qui con noi.”
John si avvicinò alla sedia che gli era stata offerta, ma non vi si sedette “Veramente credo che dovrei tornare al locale.”
“Oh, figurati.- Pamela fece roteare gli occhi- Sai benissimo anche tu che l’inaugurazione di oggi sta calamitando tutti i tuoi soliti clienti. Direi che qualche ora di pausa te la puoi pure prendere, no?”
L’uomo rifletté per qualche secondo prima di annuire seccamente “Ok, resterò. Per un po’.”
“Bene.- gli sorrise di nuovo Ellen, cordiale, ben consapevole come il solo essere lì, senza Mary, per John potesse essere dura- Ti conviene ordinare qualcosa, John. Questi dolci sono deliziosi. Sono certa che quando Gabriel metterà la testa a posto farà una donna decisamente felice.”
Pamela proruppe in una risatina divertita “Ma Gabriel ha già messo la testa a posto.”
“Come?” domandò quindi Bobby, un sopracciglio alzato a malapena visibile sotto il suo vecchio berretto da baseball.
“Oh, non lo sapete?- commentò l’ex ballerina con tono vivace- Gabriel ora esce con Kali. Da più di un mese e la cosa sta decisamente diventando molto seria. Sento profumo di fiori d’arancio, nell’aria.”
“Scherzi?” esclamarono all’unisono Ellen e Bobby, spalancando gli occhi, increduli, mentre John non sembrò trovare quella scoperta altrettanto inverosimile.
Pamela sorrise raggiante, soddisfatta di essere come al solito la fonte dei più succulenti pettegolezzi cittadini “No, ho fonti molto sicure.”
“Si può sapere come fai a sapere sempre tutto di tutti?” chiese Bobby, incredulo.
“Prova a gestire tu una scuola di danza.- rispose la donna strizzandogli l’occhio- Con tutte le persone che la frequentano io ricevo notizie sul gossip locale per ogni fascia d’età, dall’asilo alla pensione.”
“Beh, spero solo che tu non abbia scoperto troppo su quello che combina Dean.- sospirò il patriarca Winchester scuotendo la testa ma con un abbozzo di sorriso sulle labbra- Quel ragazzo ha l’argento vivo addosso, te lo assicuro.”
Pamela e Bobby ridacchiarono, mentre Ellen gli posò una mano sulla spalla “I tuoi ragazzi si trovano bene qui, John.”
L’uomo annuì “Sì, infatti. Mi piace rinfacciargli come si sono lamentati quando hanno saputo che ci saremmo trasferiti qui ogni volta che mi parlano dei loro nuovi amici.”
“Sono ragazzi, è normale che ti tengano sempre un po’ sulle spine.” gli ricordò il burbero meccanico che, pur non avendo figli, conosceva abbastanza adolescenti per poter fare una tale affermazione senza dubbio alcuno.
“Già.- confermò Pamela con una roteata di occhi- E poi, almeno non hanno fatto amicizia con le persone sbagliate. Ruby ha la stessa età di Sam, giusto?”
Ellen spalancò gli occhi, per la prima volta conscia di quel fatto “Già. E Alaistar di Dean. È meglio che si tengano lontani da quei due, portano solo guai.”
“Beh, di sicuro Sam non è interessato a Ruby.- trillò divertita la proprietaria della scuola di danza- Dopotutto, ha Jessica…”
“Jessica?- ripeté John aggrottando la fronte- La compagna di studio di Sam?”
Ellen gli rivolse il sorriso di qualcuno che la sa lunga “Non solo compagna di studio, direi.”
L’uomo era sempre più confuso “Cosa?”
“John, so che sei un uomo e che quindi tu queste cose non le capisci al volo come noi donne, ma ormai è più che evidente che Sam e Jess fanno coppia fissa.” Spiegò quindi Pamela con tono paziente, scandendo bene le parole come se si stesse rivolgendo a un bambino piccolo e un po’ duro di comprendonio.
“Sammy ha la ragazza?- ripeté con tono sbalordito il proprietario della tavola calda- Credevo che la sua fosse solo una cotta.”
Ellen ridacchiò “Da come si stringono la mano e si guardano con occhi a cuoricino direi che quei due hanno superato la fase della cotta da un po’.”
“Oh. A Mary sarebbe piaciuto molto vedere Sam con la sua prima ragazza.” Mormorò quindi John, abbassando lo sguardo sulle proprie mani, sulla cui sinistra svettava ancora lucente e brillante la fede d’oro.
Bobby non era solito perdersi in discorsi sentimentali, ma sapeva bene cosa significava perdere la propria moglie, quindi diede all’amico una solidale pacca sulla spalla, borbottando “Sono certo che dovunque sia adesso lei riesce lo stesso a vederlo, John. E anche te e Dean.”
John sbuffò una risata impregnata da malinconia “Beh, spero che non si concentri troppo su come Dean cambia ragazza ogni settimana, allora.”

 

Qualche metro più in là, seduti ad un tavolo da esterni che Jo Harevelle aveva convinto a ricevere in prestito dalla Roadhouse, dopo diversi ammonimenti da parte di sua madre, un gruppo di ragazzi sembrava voler ottenere il titolo di comitiva più chiassosa.
Sam Winchester, seduto qualche tavolo più in là con la sua ragazza, e i suoi nuovi amici Kevin e Garth, ogni tanto lanciava delle occhiate esasperate al fratello e ai suoi amici, ma in fondo era altrettanto felice che entrambi loro fossero riusciti ad ottenere un posto per sé in quella che era diventata, inaspettatamente velocemente, la loro nuova casa.
Dal canto suo, Dean non era affatto immerso in pensieri troppo profondi, troppo impegnato a seguire le inverosimili discussioni fra Ash e Charlie, i due migliori amici di Jo.
In realtà, all’apprendista meccanico non è che interessassero troppo i loro discorsi, troppo impegnato a gustare con reverenza, quasi si trattasse di un’esperienza mistica, la deliziosa crostata alle noci pecan che giaceva, quasi completamente divorata, sul suo piatto di plastica.
Infatti, quando l’attenzione di tutti fu di nuovo su di lui si ritrovò ad osservare i propri interlocutori con aria perplessa.
“Quindi, amico, raccontaci com’è questa storia!” gli aveva appena chiesto Ash, negli occhi una luce divertita di cui Dean stava iniziando ad avere un po’ paura.
“Quale storia?- ripeté quindi, prima di scimmiottare il suo coetaneo- Amico?”
Charlie Bradbury fece roteare i grandi occhi verdi “Tra te e Mister Dreamy, ovvio!”
“Castiel?” domandò incerto il maggiore dei due Winchester, seguendo la direzione dello sguardo della ragazza dai capelli rossi.
“Ovvio!- esclamò quindi Charlie- Gioco per l’altra squadra ma gli occhi li ho anche io, sai?”
Dean sbuffò, tornando a concentrarsi con cocciuta determinazione su ciò che rimaneva della propria fetta di torta “Beh, fra me e Cas non c’è assolutamente niente. Siamo amici, punto.”
Jo sbuffò una risata “Certo, come no.”
“E’ vero!” ribatté il ragazzo con petulanza infantile.
La bionda scosse piano la testa, prima di posargli una mano sul braccio per parlargli con tono fintamente paziente  “Dean, tu sei nostro amico e noi ti vogliamo bene, ma sappi che non è passato inosservato a nessuno il fatto che tu guardi Castiel come se fosse la più buona crostata di mele sulla faccia della terra.”
Dean scrollò via la sua mano e fece roteare gli occhi “Vi siete presi un granchio. Tutti quanti. Non avete notato come, da quando sono qui, sono già uscito con diverse ragazze?”
“Difficile non notarlo.- ribatté Charlie con una smorfia- Ma né con Rhonda, né con Cassie e nemmeno con Lydia avevi l’aria trasognata che hai ogni volta che guardi il nostro dolce angelo.”
“Fatela finita, vi prego!” sbottò il giovane, affondando le mani nei propri lucenti capelli castani.
“Già, non stuzzicatelo troppo.- intervenne Benny Lafitte, un ragazzo dall’aria minacciosa che contrastava con la sua indole pressoché bonaria. Nonostante le sue parole sembrassero difendere Dean, nella sua voce era più che evidente una nota divertita- Non sapete che adesso il nostro Dean sta uscendo con Lisa?”
“Lisa Braeden?- ripeté Ash stupito- Wow, Dean, quella ragazza è la più popolare della scuola. E una delle più carine.”
“Siamo usciti solo una volta, per adesso.- spiegò quindi il ragazzo, tornando ad appoggiarsi allo schienale della propria sedia- Lisa è…ok. Mi piace molto.”
“Ok? – ripeté Charlie alzando un sopracciglio- Non mi sembra che tu sia poi così coinvolto.”
Dean sbuffò sonoramente “Ok, per prima cosa: non sono fatti vostri. E poi: non sono fatti vostri! E se proprio vogliamo dirla tutta: non son-”
Una voce profonda lo interruppe prima che potesse ripetere ulteriormente il concetto.
“Posso portarvi altro?”
Tutto il gruppo di ragazzi si voltò verso Castiel, fra le mani un vassoio vuoto e sul bel volto un sorriso accogliente.
“Sì, ti prego Castiel!- lo pregò con tono melodrammatico Charlie- Puoi iniettarmi questa cioccolata direttamente in vena? È deliziosa!”
Il giovane Novak aggrottò la fronte “Uhm, non credo che sarebbe una pratica ottimale per la tua salute.”
Jo si ritrovò a ridere nel vedere la sua espressione sinceramente preoccupata “Ok, allora portaci solo dell’altra cioccolata servita in banali tazze.”
“Non servite del caffè?” domandò quindi Benny, che non era proprio un fan dei dolci.
“Oh, no.- scosse immediatamente il capo l’altro- Non sarebbe giusto, visto che siamo così vicini alla tavola calda.”
Dean non poté fare a meno di far roteare gli occhi “Cas, noi Winchester non abbiamo il monopolio del caffè.”
“Lo so, ma Gabriel ha preferito fare così.- spiegò quindi, rivolgendogli un sorriso, prima di voltarsi di nuovo verso Benny- Facciamo dei cappuccini, però.”
“Allora, a noi che non vogliamo rischiare il coma diabetico, porta pure dei cappuccini.” chiese quindi il giovane.
“Sarò subito da voi!” assicurò loro Castiel, sorridendogli gentile.
Il giovane riuscì ad allontanarsi di qualche passo prima che Charlie esclamasse “Sembra uno dei principi delle favole che leggevo da bambina.- affermò, sventolandosi il volto con la mano, per poi aggiungere- Certo, poi sono cresciuta e ho iniziato ad apprezzare molto di più le principesse, ma ciò non toglie il fatto, caro Dean, che quel ragazzo sembra un sogno. Davvero, cosa aspetti a farti avanti?”
Dean fece roteare gli occhi platealmente “Ancora con questa storia? Se anche fossi interessato a Cas, vi voglio ricordare che ha un ragazzo.”
Jo gli rivolse un sorriso obliquo “Come se questo potesse fermarti.”
“Oh, lupus in fabula, amigos.- attirò la loro attenzione Ash- C’è Balthazar.”
Non curandosi affatto di essere discreti, l’intero gruppo di voltò nella direzione indicata dall’eccentrico ragazzo e, infatti, riuscirono a vedere il giovane muoversi velocemente verso il proprio fidanzato, la sciarpa di tessuto pregiato ed il cappotto scuro che a malapena nascondevano la sua caratteristica maglietta dallo scollo a V.
Benny diede a Dean un colpetto sul braccio “Fratello, stai diventando verde, lo sai?”
“E’ solo che non sopporto quel tipo.- borbottò il giovane apprendista meccanico- È arrogante, mette delle magliette ridicole e sembra uno spaventapasseri.”
Ash non tolse lo sguardo da ciò che stava guardando, però gli ricordò “E sta con il ragazzo che ti piace.”
“Io e Castiel siamo solo amici.” ripeté per l’ennesima volta Dean, aspettandosi l’ennesima battuta da parte delle ragazze.
Al contrario da ogni aspettativa, invece, Jo disse “Balthazar è arrabbiato.”
Solo allora il ragazzo tornò a prestare attenzione a quanto si erano voltati ad osservare. In effetti, Castiel e Blathazar erano uno di fronte all’altro, e quest’ultimo sembrava essere decisamente scocciato.
“Con Cas?- domandò quindi, preoccupato- Perché?”
“Dice che a causa della pasticceria, del tutorato a Sam e di tutte le altre cose che fa Castiel passano sempre meno tempo insieme.” spiegò quindi la ragazza bionda, le sopracciglia aggrottate mentre cercava di capire meglio.
Benny la osservò con diffidenza “Come fai a sentire queste cose? Hai un udito bionico?”
“Riesco a leggere il labiale, è la mia abilità segreta. Credo che un giorno mi ingaggeranno quelli della CIA.” dichiarò quindi Jo, rivolgendogli un sorriso smagliante.
“Oh, andiamo, smettila di ciarlare e continua a dirci che succede!- sbottò Charlie, prima di voltarsi verso Benny- Per colpa tua abbiamo perso quello che ha detto Castiel!”
Jo tornò a girarsi di scatto verso i due fidanzati “Ok. Uhm, Balthazar dice che vuole vederlo questa sera e lui gli ha detto che forse farà tardi per aiutare Gabriel a sistemare il locale dopo la chiusura.”
“Ahi-ahi.” commentò Ash, scuotendo piano il capo.
Dean fece roteare gli occhi “A volte mi domando perché vi frequento.”
“Shh.” lo ammonì immediatamente Charlie.
“Io tutti i giorni.” confessò quindi Benny.
Per tutta risposta, alle proteste della rossa di unì anche Ash “Shh!”
I due giovani fecero roteare gli occhi quasi in sincrono, ma rimasero in silenzio. Non serviva tuttavia l’innata abilità a leggere le labbra di Jo per capire che la conversazione tra i due fidanzati non stava andando bene. Ben presto, infatti, il biondo scosse la testa, girò sui tacchi e se ne andò.
“Povero Cas.- mormorò Charlie- Sembra un cucciolo abbandonato.”
Dean osservò Balthazar andarsene con passo veloce e vide Castiel arrossire quando, guardandosi intorno, si accorse che numerosi paia d’occhi erano puntati su di lui.
In un attimo, si ritrovò in piedi.
“Vado da lui.” annunciò al suo gruppo di amici, allontanandosi con ampie falcate.
“Non mi sarei aspettata altro.” sentì Jo ribattere con voce frizzante e poi uno scoppiare di risa, ma non vi badò. Raggiunse il suo amico e gli posò piano una mano sul braccio, trattenendolo esercitando una leggera pressione all’altezza del gomito.
“Cas?”
Il ragazzo si voltò verso di lui, sul viso un sorriso cortese ma una sorta di isteria nella sua voce “Cioccolata, tè, tisana o cappuccino?”
Dean spalancò gli occhi, spiazzato da quella reazione “Woah, Cas, esci un attimo dalla modalità cameriere tuttofare, ok?”
Il giovane lo fissò e, dopo aver preso un grosso respiro, esalò un flebile “Ok.”
“Va tutto bene?” domandò quindi il maggiore dei fratelli Winchester, la fronte aggrottata e sul volto una chiara espressione di preoccupazione.
Castiel abbassò lo sguardo, imbarazzato “Sì, perché?”
“Non ci sono problemi in paradiso?” incalzò quindi l’altro, alzando un sopracciglio.
Il ragazzo dagli occhi blu inclinò la testa di lato “Come?”
“Balthazar sembrava un po’ stizzito.” chiarificò quindi Dean.
Cas sgranò gli occhi e scosse piano la testa “Oh, no, è solo che di solito io e lui passiamo il sabato insieme, ma è evidente che ora che dovrò lavorare qui alla pasticceria dovremo organizzarci in un altro modo.”
“Quindi solo una piccola scaramuccia tra fidanzati?- indagò nuovamente l’amico- Niente di irreparabile?”
“Ma no, Dean, certo che no.- Castiel abbozzò un sorriso a fior di labbra- Abbiamo solo dovuto rivedere i nostri programmi, tutto qui.”
Dean si cacciò le mani nelle tasche dei jeans consumati, per niente soddisfatto da ciò che aveva appena sentito “Poteva evitare di farti una scenata in pubblico, però.”
“Oh, lui non voleva.- lo difese immediatamente l’altro, con l’incredibile candore che lo contraddistingueva- Balthazar è solo molto veemente quando qualcosa gli sta a cuore, non si è nemmeno accorto di aver alzato la voce. Non lo fa apposta.”
“Beh, secondo me potrebbe evitare d trattarti così, soprattutto di fronte a tutta questa gente.” rincarò la dose il giovane dagli occhi verdi.
“Ma lui…” Castiel aprì bocca per ribattere, ma Dean fu più veloce.
“Ok, Cas, ho capito. È il tuo ragazzo e lo difenderai sempre a spada tratta. Questo non lo rende meno stronzo, però.”
Castiel lo vide voltarsi e tornare da dove era venuto, non sedendosi più tra i suoi amici, però, ma continuando a camminare finché non era più visibile fra il labirinto di tavoli degli avventori del Loki’d. E lui rimase di nuovo lì, da solo e confuso, a domandarsi che cosa avesse detto di sbagliato nelle sue ultime due conversazioni.

 

Lisa Breaden era perfetta.
Nonostante fosse il capitano della squadra di cheerleader della Heaven High School, Lisa ribaltava totalmente qualsiasi cliché presente in tutte quelle pellicole adolescenziali in cui le cheerleader incarnavano l’ideale del male assoluto. La giovane, oltre essere bellissima ed amata da tutti, aveva infatti un animo semplice e un carattere affabile, oltre che un buon senso dell’umorismo.
Per Dean, tutte quelle erano caratteristiche che la rendevano un’ottima compagnia, per cui era più che contento di essere uscito con lei per la quarta volta in due settimane. E poi, si ricordò in quel momento, mentre attraversava la piazza di Heaven per tornare a casa, le cheerleader erano note per essere molto flessibili. E lui aveva scoperto giusto quella sera quanto potesse esserlo Lisa…
Stava ancora sorridendo sornione quando un movimento inaspettato attirò la sua attenzione proprio mentre stava passando davanti al piccolo gazebo bianco al centro della piazza. Si fermò, allungando il collo per guardare quello che doveva essere probabilmente un gatto randagio che passeggiava sulla panchina protetta dal piccolo chiosco, invece si ritrovò improvvisamente faccia a faccia con una massa disordinata di capelli scuri e un paio di occhi blu grandi e innocenti che lo stavano fissando con curiosità.
“Castiel?” domandò stupito, sbattendo le palpebre più volte per assicurarsi di trovarsi di fronte proprio l’amico.
Aveva assicurato ai suoi amici, dopo il suo impulsivo comportamento con Cas durante l’inaugurazione della pasticceria, che loro due non avevano affatto litigato, eppure quella era la prima volta che Dean aveva rivisto il giovane dopo quel giorno. Beh, escludendo le sue visite quotidiane da Mary’s.
Il diciassettenne gli sorrise, abbassando il grosso tomo che stringeva fra le dita lunghe e affusolate “Ciao, Dean.”
“Cas, che cosa ci fai qui a leggere?- domandò quindi il giovane apprendista meccanico, guardandosi intorno e notando che, a quell’ora, erano i soli presenti in piazza- Fa freddo ed è tardi, dovresti essere a casa.”
Castiel si strinse nelle spalle “Sto solo aspettando che Pam finisca la lezione di pilates e che si svuoti la sala prove.”
“E perché mai vorresti aspettare che si liberi la sala prove?” chiese di nuovo Dean, la fronte aggrottata mentre cercava di trovare da solo un motivo per cui il suo amico dovesse aspettare per un motivo del genere.
“Mi serve un posto dove stare questa notte.” ammise quindi l’altro ragazzo, abbassando lo sguardo sulle proprie mani.
Il maggiore dei Winchester spalancò gli occhi “Cosa? Perché? E’ successo qualcosa fra te e Gabriel? Avete litigato?”
Castiel scosse la testa “Oh, no, niente di tutto questo.”
“E perché mai vorresti passare la notte nella scuola di ballo di Pamela, allora?” chiese di nuovo Dean, incuriosito.
L’altro si afflosciò su se stesso, abbassando di nuovo lo sguardo “Voglio che Gabriel abbia la casa libera, questa sera.”
Dean corrugò la fronte “Ti dispiacerebbe elaborare un po’?”
“Gabriel e Kali stanno uscendo da un po’ e mi sembrava giusto che lui potesse invitarla a casa. Andare sempre da lei potrebbe farle credere che lui non è così preso dalla loro storia, cosa che in realtà è, e quindi ho pensato di dormire fuori, questa sera.” spiegò quindi Castiel, un po’ imbarazzato nel dovere spiegare una cosa del genere.
“E hai pensato di stare alla scuola di ballo?- domandò incredulo il giovane dagli occhi verdi- Non hai degli amici, tipo quell’Alfie? O Inias?”
“Per prima cosa, si chiama Samandriel,- specificò Castiel- e poi loro non hanno abbastanza spazio per ospitarmi.”
“E che mi dici di Balthazar?” domandò quindi Dean, ancora poco convinto.
Il diciassettenne a quel punto diventò talmente rosso che Dean era sicuro che potesse essere individuato dallo spazio “Oh, noi…Noi non abbiamo ancora raggiunto quella, uhm, fase della nostra storia.”
L’altro spalancò gli occhi “Nel senso che non avete ancora fatto sesso?”
 “Sì.” confessò quindi Castiel, ancora rosso in volto.
“Oh.- fu tutto quello che riuscì a dire Dean, prima di riprendere le redini di quella conversazione- Beh potresti comunque andare da lui, sai? Voglio dire, nessuno vi obbliga a fare niente, potete semplicemente…dormire.”
“Non posso imporre un peso del genere a Balthazar, Dean.- spiegò quindi il ragazzo con un sospiro- Sono io quello non ancora pronto a portare la nostra relazione ad un livello successivo, a lui non dispiacerebbe diventare più intimi. E passare la notte insieme a lui sarebbe inutilmente crudele se non posso dargli quello che desidera.”
Dean lo fissò incredulo: ogni volta che sembrava convinto di avere capito alla perfezione l’amico lui faceva o diceva qualcosa che riusciva a spiazzarlo.
“La lezione è finita.- annunciò quindi il giovane, additando il piccolo gruppo di donne che usciva dalla sala di danza con i volti arrossati e il borsone sulle spalle- Appena Pam tornerà a casa potrò entrare, non c’è bisogno che tu aspetti con me.”
Dean spalancò gli occhi “Non ti farò passare la notta sul parquet di una scuola di ballo, Cas!”
“E che cosa suggerisci, allora?” chiese quindi Castiel, inclinando il capo di lato.
“Vieni a casa con me.” borbottò quindi il ragazzo, le mani ben affondate nelle tasche e lo sguardo lontano da quello dell’amico.
“Come?”
“Abbiamo spazio.- gli assicurò quindi Dean- Puoi dormire sul divano, a mio padre non dispiacerà.”
Il ragazzo iniziò ad avviarsi verso casa, lasciando dietro di sé un Castiel stupefatto. Capendo però di non essere seguito si voltò di nuovo e fece un cenno del capo all’amico e solo in quel momento l’altro scattò come una molla, raggiungendolo con una piccola corsa.
Entrarono a casa Winchester dal locale e a Castiel sembrò quasi di invadere uno spazio sacro quando fu costretto a passare da dietro il bancone per raggiungere la porta che portava alle scale che conducevano all’appartamento sovrastante.
“Andiamo.- lo incitò Dean varcando la soglia della propria nuova casa e lanciando con noncuranza la propria giacca di pelle sullo schienale di una delle poltrone che decoravano l’area giorno di casa Winchester.
L’appartamento dei nuovi abitanti di Heaven era abbastanza ampio perché tre persone potessero viverci comodamente senza che venissero assaliti dal desiderio di saltarsi alla gola a vicenda. Aveva un ampio soggiorno, con annesso angolo cucina, pieno di finestre che probabilmente doveva essere estremamente luminoso quando esposto alla luce del sole. Dalla soglia si poteva vedere tutto ciò che quella casa decisamente vissuta ed amata aveva da offrire, dal lavello ancora tristemente sommerso da stoviglie da lavare, al tavolo della cucina su cui svettava un cesto di frutta mezzo pieno e tre tovagliette di plastica in colori diversi, dal divano dal caldo colore ramato, alla tv attorniata da decine di custodie di dvd malamente ammucchiate sul tappeto sottostante, fino al tavolino da caffè coperto di libri, tazze di caffè vuote e cianfrusaglie di altro genere. Castiel osservava ciò che aveva di fronte, per niente scandalizzato dal leggero disordine, in fondo, vivendo con Gabriel, spesso era stato abituato a molto peggio. Tuttavia non poté non notare la mancanza di qualcosa, un tocco familiare che desse a quell’appartamento l’autentico aspetto di una casa, nel vero senso della parola. Aveva già avuto una sensazione del genere, quando era stato invitato a casa di Inias durante la settimana in cui sua madre era dovuta andare fuori città per assistere il proprio padre che si era rotto una gamba. Il giovane si ritrovò a pensare a quanto dovesse essere difficile, per i tre Winchester, trovarsi così all’improvviso a vivere senza una figura importante come quella di una madre. Lui stesso non poteva dire cosa potesse significare trovarsi una situazione del genere, non avendo avuto mai la possibilità di conoscere la propria, di madre, tuttavia non poté che sentirsi dispiaciuto per i suoi nuovi amici.
Non si era nemmeno accorto che, durante la sua riflessione, Dean era sparito dietro una delle quattro porte che si affacciavano sul salotto e ne era appena ritornato appoggiando una pila di indumenti e di coperte.
“Ok, Cas. Ti ho portato dei miei vecchi pantaloni della tuta e una maglietta che puoi usare come pigiama, se vuoi, e delle coperte. Il bagno è da quella parte e gli asciugamani puliti sono nell’armadietto sotto il lavandino, mentre camera mia è quella, se ti servisse qualcosa.” disse il giovane, additando la porta da cui era appena uscito.
Castiel gli sorrise, stupito dalla tenera premura che Dean aveva avuto nell’occuparsi di lui quella sera “Grazie, Dean.”
Inaspettatamente, il maggiore dei fratelli Winchester arrossì “Sì, certo.- borbottò, distogliendo lo sguardo- Dunque, probabilmente domani mattina sarà mio padre il primo ad alzarsi. Non preoccuparti, è abbastanza reattivo, alla mattina, quindi dovrebbe riconoscerti subito e tartassare di domande me e Sam una volta che te ne sarai andato. Se così non fosse, ti consiglio di comportarti come se ti trovassi di fronte a un grizzly.”
Il diciassettenne inclinò la testa di lato “Ovvero?”
“Movimenti lenti e, possibilmente, fingi di essere morto. Funzionerà.- gli assicurò Dean, strizzandogli l’occhio, prima di guardarsi di nuovo intorno- Sei sicuro che non ti serva nient’altro? Sai, non sono molto ferrato in tema di pigiama party.”
“Sono a posto così, grazie.” sorrise Castiel, sedendosi sul divano che presto sarebbe diventato il suo giaciglio per la notte.
L’apprendista meccanico annuì, muovendosi goffamente verso la propria stanza “Ok. Allora ci vediamo domani mattina. Buonanotte, Cas.”
“Dean?” lo chiamò l’altro dal salotto, illuminato tenuamente dalla sola lampada accesa di fianco al divano, prima che potesse chiudersi la porta alle spalle.
“Sì?”
“Grazie per avere deciso di ospitarmi.- disse quindi Castiel, le guance arrossate ben visibili nonostante la penombra- Sei davvero un buon amico.”
Dean si ritrovò ad arrossire a sua volta, suo malgrado “Uhm, sì, certo…Beh, adesso dormi, eh?”
“Buonanotte, Dean.” lo salutò quindi con voce morbida.
Il giovane sorrise “Buonanotte, Cas.”

 

Risvegliarsi a casa Winchester non era stato poi così traumatico come Dean gli aveva prospettato. John era rimasto alquanto stupito nel ritrovarsi un adolescente addormentato sul divano, ma non appena ebbe riconosciuto l’amico dei suoi due figli, non si fece troppe domande, aspettando soltanto una spiegazione da Dean o Sam una volta che si fossero alzati. Invece, fu proprio il suo inatteso ospite ad alzarsi per primo e a spiegargli il perché della sua presenza. Nonostante le proteste del padrone di casa, Castiel aveva deciso di lavare i piatti sporchi che aveva notato la sera precedente, per sdebitarsi dell’ospitalità ricevuta, mentre John era sceso ad aprire il locale e preparare la colazione per tutti. Dean si era svegliato poco dopo, giusto in tempo per offrire un passaggio all’amico prima che dovesse tornare a casa per recuperare il proprio zaino prima dell’inizio delle lezioni.
Anche se sia a Castiel che a Dean era sembrato che tutto fosse filato liscio come l’olio, nessuno dei due si era accorto di una loro concittadina che li aveva osservati con sguardo attento mentre interagivano con un’alchimia quasi perfetta.
Castiel, tuttavia, se ne accorse quello stesso pomeriggio quando, attraversando la città per raggiungere Gabriel in pasticceria, aveva notato uno strano chiosco proprio nella piazza cittadina.
In realtà, il chiosco in questione, altro non era che un tavolo da picnic con sopra una tovaglia color rosa shocking, con sopra due grandi ciotole piene di spillette e un grosso cartello che recitava: Tu chi scegli?
Castiel si era avvicinato, guardingo, ed era impallidito non appena riuscì a capire di che cosa riguardava quell’iniziativa.
“Becky!- chiamò, con voce quasi rotta, la ragazza che stava seduta dietro quel tavolo- Che cosa sono questi?”
La ragazza arrossì vistosamente, cercando in tutti i modi di distogliere l’attenzione del ragazzo dalla propria iniziativa “Oh, questi…Niente, davvero Castiel, niente di…”
“C’è la mia foto, qui.” sbottò quindi il giovane, indicando il proprio volto ritratto sul cartellone in questione.
Becky annuì, apparentemente pentita “Lo so.”
“Su queste c’è li nome di Dean in un cuore.- continuò quindi incredulo Castiel prendendo una delle spillette in una mano, per poi fare lo stesso con una del diverso tipo- E in queste quello di Balthazar.”
La ragazza si morse un labbro “Io sto solo…facendo un sondaggio.”
“Un sondaggio?” ripeté, alzando un sopracciglio, il diciassettenne.
“Su chi è il ragazzo ideale per te!”  trillò quindi Becky, di nuovo totalmente presa dall’entusiasmo per la propria iniziativa.
Castiel prese un grosso respiro, cercando di non arrabbiarsi troppo “Io ho già un ragazzo. Balthazar.”
“Lo so, lo so.- continuò di nuovo l’eccentrica giovane- Solo che tu e Dean sembrate così affiatati quando siete insieme. E quel gioco di sguardi fra di voi.”
“Io sto con Balthazar.” ripeté di nuovo il ragazzo, come se ribadire quel concetto potesse farla rinsavire.
“E’ solo un sondaggio.- gli assicurò Becky, con il suo tono di voce eccessivamente esaltato- Tutta la città sta partecipando e…”
“Fai sparire questa roba.- la interruppe bruscamente Castiel- Subito.”
“Ma, Castiel…” cercò di protestare la ragazza, con il tono quasi petulante di una bambina.
“Subito.” ribadì di nuovo il diciassettenne, incrociando le braccia al petto.
Becky sbatté un piede a terra “Tu non capisci, Castiel! Tu e Dean siete il mio OTP!”
Spiazzato, Castiel sbatté le palpebre più volte “Il tuo cosa?”
“OTP!- ripeté la giovane- One True Pairing. Vuol dire che per me voi due siete la coppia perfetta: dovete stare insieme!”
Castiel si intimò nuovamente di non arrabbiarsi “Ho detto: falli sparire.” le ordinò, prima di voltarsi e allontanarsi a passi veloci.
Quando arrivò al Loki’d, Gabriel lo salutò con un sorriso ampio “Oy, fratellino!”
“Hai visto cosa stava facendo Becky Rosen?” domandò subito lui, facendosi scivolare su una sedia davanti al bancone.
“Io ho votato per Dean.- sorrise raggiante il maggiore dei Novak- Sai, giusto per fare un po’ arrabbiare il tuo ragazzo.”

 

Dopo non avere ottenuto la minima compassione da parte di Gabriel, Castiel aveva passato il pomeriggio in attesa di un occasione per confrontarsi con chi, ne era certo, doveva aver preso altrettanto male l’iniziativa di Becky Rosen.
“Bel completo.” disse Dean, indicando con un cenno del capo il suo sciupato completo nero corredato da cravatta blu,  non appena si presentò al bancone del Mary’s. In mano, già aveva pronta la solita ordinazione per l’amico.
“Grazie.” rispose con tono candido Castiel, evidentemente incapace di individuare l’ironia nelle parole che gli venivano dette.
Dean scosse piano la testa “Come mai il completo da commercialista arruffato?”
“Sto per andare in chiesa.- spiegò quindi il diciassettenne- Insegno catechismo.”
“Davvero?” il maggiore dei Winchester fece una smorfia.
Castiel annuì, sorridendo “Davvero.”
“Quindi tu insegni catechismo.- ricapitolò il giovane meccanico- E lavori in pasticceria, e sei un tutor scolastico, e fai volontariato in biblioteca e nel coro. A scuola ci vai mai?”
Il diciassettenne sbatté le palpebre “Certo, non ho mai perso un giorno.”
“Non ne dubitavo.- Dean sbuffò una risata- E nel tempo libero che fai? Leggi le favole ai bambini sordi?”
Castiel non parve turbato dal suo tono “No. Leggo. Esco con…”
“Con Balthazar.” concluse per lui l’altro.
“Già.”
Dean fece scivolare un piatto con delle patatine di fronte ad un altro cliente “Non sembra il ragazzo adatto a te.”
Il ragazzo dagli occhi blu spalancò gli occhi, confuso da quel suo atteggiamento. Non era stupido, sapeva che Balthazar e Dean non si sopportavano, eppure sperava che l’amico lo appoggiasse, soprattutto in una cosa a cui teneva tanto. “No? E com’è il ragazzo adatto a me?”
Dean gli rivolse un sorriso tirato “Non lo so. Ma non lui.”
“Dean…”
“Non voglio farti arrabbiare, Cas.- gli assicurò quindi l’amico- È solo la mia opinione.”
Castiel annuì piano, sorseggiando il proprio caffè “Ok.”
Dean si abbassò per incrociare il suo sguardo “Hey, non è che adesso smetti di passare a trovarmi oppure non mi tieni da parte la crostata di mele, vero?”
“No, Dean.- il ragazzo scosse la testa, prima di domandargli ciò che desiderava da quel pomeriggio- Hai visto che cosa ha fatto Becky Rosen?”
Inaspettatamente, il suo interlocutore rise “Sì. Quella ragazza è pazza. O forse sono più pazzi gli abitanti di questa città ad averla assecondata.”
“Non ti sei arrabbiato?” chiese, stupito, il più piccolo dei Novak.
“No.- gli assicurò quindi Dean- Voglio dire, ho dovuto spiegare a Lisa che io non c’entravo niente con tutto quello e, in effetti, sto ancora pensando a un modo per vendicarmi del fatto che Sammy per farmi un dispetto ha deciso di indossare quella spilletta per tutto il giorno.”
“Oh.” fu tutto quello che riuscì ad esalare Castiel, sul bel volto un’espressione incredula.
Dean continuò a parlare “Ma va tutto bene. Lisa è comprensiva, alla fine ci ha riso su.”
“Quindi fra voi due va tutto bene?” indagò l’altro, sinceramente curioso.
Sul viso del giovane meccanico si aprì un sorriso “Certo. Lis è…Lei è davvero fantastica. Tu la conosci, vero?”
“Sì, certo.- concordò il diciassettenne, lo sguardo basso- Lisa Braeden è davvero perfetta.”
Castiel sorrise incoraggiante a Dean dopo aver pronunciato quella frase, eppure dentro di lui si sentiva inquieto e confuso. Se Dean stava davvero così bene con lei, perché criticava la sua relazione con Balthazar? E poi, perché a lui stesso importava così tanto dell’opinione dell’amico?

 

 

*****

Salve! Lo so, sembro un disco rotto, ma ogni volta che pubblico un nuovo capitolo di questa storia, irrimediabilmente con tempi geologici, mi ritrovo a dovervi dire la stessa cosa: scusate per il ritardo! Sono pessima, me ne rendo conto, ma il fatto che ogni volta ho una scusa nuova può giustificarmi?
No, eh?
Vabbè, ci ho provato! Eheheh.
A parte gli scherzi, ero convinta di potere pubblicare questo capitolo una settimana dopo al precedente, eppure… Eppure non riuscivo mai a venirne a capo. Guardavo queste pagine quasi completamente scritte e non ero affatto convinta di quanto scrivevo, leggevo e rileggevo per la milionesima volta. Il mio problema, suppongo, è che nella mia testa la storia è già tutta formata, ma a trascriverla…Un bel problema! Più che altro, quando scrivo penso anche a voi, lo ammetto, e spesso mi ritrovo a pensare che voi vi meritate un po’ di più che aspettare una vita per un nuovo capitolo e poi ritrovarvi con un “filler”. In effetti è un po’ per questo che ci metto molto: cerco tutte le volte di aggiungere una scena, anche minuscola, che possa essere considerata importante ai fini della storia in ogni capitoli. E, immancabilmente, mi ritrovo a impiegare settimane per un misero capitoletto…Poi, ovviamente, c’è anche la mia vita off-line che richiede una notevole attenzione.
So che mi perdo ad ogni capitolo con queste chiacchiere finali che probabilmente troverete un po’ noiosette se non inutili, ma mi piace spiegarvi perché procediamo a passo di lumaca e farvi un po’ capire cosa mi passa per la testa e le mie motivazioni. Spero di non annoiarvi troppo ;)
Tornando a noi…Cosa ne pensate di questo capitolo? Dite che i nostri beniamini stiano per procedere nella direzione in cui speriamo tutti noi?
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va.
Kisses, JoJo

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Capitolo 8
*** I love you, do you love me? ***


 

8. I love you, do you love me?

 

 

Dean stava temporeggiando.
Ovviamente, non l’avrebbe mai ammesso con nessuno, ed era estremamente grato che a quell’ora la strada fosse deserta e lui non avesse un pubblico ad assistere al suo comportamento da verginella alla prima cotta. Tuttavia, ciò non cambiava il fatto che lui stesse temporeggiando.
Aspettava sul portico disordinato dei Novak, lo sguardo fisso su una poltrona di vimini consumata con un libro aperto appoggiato sul bracciolo, in mano un grosso sacchetto con la fumante ordinazione che doveva consegnare al più presto.
Non era come se lui e Cas avessero litigato. Affatto.
Solo che nell’ultimo periodo erano stati entrambi piuttosto impegnati. Dean non era mai da Mary’s quando Cas passava a prendere il caffè e, fra i turni al garage di Bobby e le uscite con Lisa, riusciva a malapena a incrociarlo in giro per la città e, quando accadeva, avevano a stento il tempo di scambiarsi un breve saluto prima che Castiel dovesse scappare alla pasticceria per il suo turno, o in chiesa ad aiutare il reverendo Murphy con il coro o il catechismo, o da Balthazar o a casa a studiare. E, con il peso di quanto si erano detti l’ultima volta che avevano avuto l’occasione di parlare per un po’, ovvero il fatidico giorno in cui Becky Rosen aveva deciso che lui e Castiel erano la coppia ideale…beh, quell’ assenza di incontri degni di questo nome sembrava piuttosto sospetta.
Dean non era stupido, per quanto a volte si ritrovasse a interpretare suo malgrado quella parte. Sapeva benissimo che aver spifferato senza remora alcuna ciò che pensava del rapporto dell’amico con Balthazar poteva essere stato decisivo per la riluttanza nel vedersi nell’ultimo periodo. E poi, ovviamente, c’era stato il discorso su Lisa. Ora, quello lo aveva lasciato decisamente di stucco. Castiel aveva parlato della sua ragazza con gentilezza, ma Dean non aveva potuto fare a meno di notare come lo sguardo dell’amico fosse insolitamente privo di intensità mentre parlava della sua vita sentimentale.
Dean si riscosse, impedendosi di crogiolarsi nell’insolita soddisfazione che gli dava il pensiero che Castiel potesse essere geloso di lui. Il ragazzo scosse la testa di nuovo, cercando di farsi uscire dalla testa quei pensieri che lo facevano assomigliare sempre più a uno di quei melensi protagonisti delle ridicole commedie sentimentali che Lisa amava tanto, e, finalmente, suonò il campanello.
“Finalmente, cibo!” trillò una voce, che Dean immediatamente riconobbe essere quella di Gabriel, dall’interno della casa.
Il fattorino di Mary’s si ritrovò a far roteare gli occhi, mentre sentiva rumore di passi che si avvicinavano “Non cambiare discorso, Gabe.”
 Dall’altra parte della porta, il maggiore dei Novak sospirò teatralmente “Noi non riguarderemo The day after tomorrow, Cassie. L’ultima volta ti sei convinto che fosse in arrivo un’apocalisse atmosferica e hai seguito ossessivamente la situazione meteo mondiale per tre settimane.”
La porta si aprì, e la voce di Castiel investì Dean come una brezza “Vorrei solo rivedere certi particolari. L’ultima volta non mi sono concentrato molto sulla storia dei vari personaggi e vorrei solo…Dean!”
Di fronte a quei familiari occhi blu spalancati per lo stupore, Dean sorrise “Hey, Cas.”
“La nostra cena, finalmente!- esclamò felice Gabriel, rivolgendo un sorriso smagliante al maggiore dei fratelli Winchester- Ringrazia tuo padre per averci fatto arrivare tutto anche se abbiamo ordinato così tardi.”
“Non c’è problema.- gli assicurò il giovane- Siete la mia ultima consegna, questa sera.”
Castiel gli rivolse un sorriso timido “Hai un appuntamento con Lisa?”
Dean scrollò le spalle, sapientemente avvolte dalla sua caratteristica giacca di pelle “No, Lis mi ha dato buca.”
“Oh, povero Romeo.” Lo schernì Gabriel, mentre gli strappava di mano il grosso sacchetto contenente l’ordinazione.
“Quindi cosa farai nella tua serata libera?- domandò il maggiore dei due fratelli, facendogli cenno col capo di seguirlo all’interno della casa- Baldoria con Benny e gli altri tuoi amici?”
“In effetti, non ci ho ancora pensato.- ammise il giovane, per poi allungare il collo per sbirciare nel salotto alla ricerca di qualcosa- Voi avete ospiti a cena?”
Castiel seguì la direzione del suo sguardo e gli puntò contro un’occhiata interrogativa “No, perché?”
Dean si girò verso di lui, gli occhi verdi spalancati “Non mangerete davvero tutta quella roba?”
“Certo che no.- sbuffò Gabriel facendo roteare gli occhi- I pancakes li facciamo scaldare per la colazione di domani.”
“Wow.- esalò il maggiore dei Winchester, scuotendo il capo divertito- E io che pensavo che io e Sammy fossimo pozzi senza fondo.”
“E’ solo questione di allenamento.- gli assicurò Gabriel sventolando una mano- E poi noi smaltiamo tutto velocemente.”
Dean gli rivolse un ghigno, prima di strizzare l’occhio in direzione di Castiel “Beh, forse Cas un po’ più velocemente.”
Il giovane dai capelli color miele lo fulminò con lo sguardo “Era dell’ironia sul mio fisico quella che ho appena sentito? Ricorda che ho ancora fra le mani la tua mancia.”
L’apprendista meccanico alzò le mani in segno di resa “Non ho fiatato.”
“Se non hai ancora cenato potresti rimanere qui e farlo con noi.” Intervenne subito dopo una voce fievole.
Gabriel e Dean si voltarono di scatto verso Castiel, che si fissava i piedi, nudi sul parquet, come se questi potessero celare la risposta alle più grandi domande della vita, sulle sue guance, una vistosa sfumatura cremisi.
“Davvero?” domandò Dean, elettrizzato dall’idea di recuperare il tempo perduto e di passare un po’ di tempo con l’amico.
“Davvero?!” gli fece eco Gabriel, le sopracciglia alzate dallo stupore.
Il diciassettenne dagli occhi blu si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore “Ritorneremo al nostro programma originale dopo aver mangiato. Di cibo ce n’è più che a sufficienza.”
Dean capì immediatamente che doveva esserci qualcosa di più dietro quell’invito, soprattutto dal modo in cui il maggiore dei Novak scrutava il fratello minore, cercando sul suo volto chissà quale risposta. Lui, dal canto suo, si limitò ad accettare quell’invito, seguendo i due padroni di casa fino al salotto dove, incredibilmente, c’era già del cibo cinese ad aspettarli sul tavolino da caffè, al fianco del quale vennero prontamente messi anche i sacchetti del Mary’s.
“Siete davvero sicuri di non aver esagerato?” chiese il ragazzo, inarcando il sopracciglio, ma la sua domanda venne prontamente ignorata quando Gabriel si voltò verso di lui, l’espressione del viso illeggibile.
“Che cosa pensi della saga di Die Hard?” domandò, con una serietà tale da far pensare che dalla risposta potesse dipendere il destino del pianeta.
Dean sbatté le palpebre un paio di volte prima di dire “Quei film sono dei capolavori cinematografici.”
Gabriel annuì, serio “Ok, allora.”
Castiel spalancò gli occhi “Davvero, Gabe?”
“Davvero cosa?” chiese Dean, che non capì il perché di tutto quell’entusiasmo riguardo le sue preferenze in fatto di film.
L’amico diciassettenne si voltò verso di lui con un sorriso radioso stampato sul volto “Pensa che tu puoi partecipare alla nostra serata cinema!”
“E’ un grande onore, Winchester, sappilo.- lo informò quindi il maggiore dei Novak- Nessuno prima d’ora è riuscito ad ottenere un invito alla serata cinema dei Novak. Anche Kalì ha partecipato solo una volta, perdendosi il diritto di partecipare ad altre serate fino a nuovo ordine.”
L’apprendista meccanico alzò un sopracciglio, scettico “Ha perso il diritto di vedere un film con voi?”
“Non è semplicemente guardare un film.- sbottò quasi esasperato il padrone di casa- È vivere un film. È una cosa estremamente seria, Winchester, e nessuno dovrebbe ritenersi in diritto di giudicare le mie scelte cinematografiche.”
Castiel si avvicinò all’amico per sussurrargli all’orecchio “Kalì non voleva vedere La Rivincita delle Bionde.”
“Avete guardato quel film?” domandò incredulo Dean.
“Hey!- lo richiamò immediatamente Gabriel- Cosa ho appena detto riguardo il giudicare le mie scelte?”
Il giovane alzò le mani in segno di resa “Non ho detto niente.”
Il maggiore dei due Novak lo scrutò, poco convinto, prima di passargli una confezione di cibo cinese e gettarsi seduto sul divano, fra le mani uno degli hamburger fumanti provenienti da Mary’s “Ok, visto che sei dei nostri devi partecipare alla scelta del film.” Decretò, prima di dare un morso alla prima portata della propria cena.
Castiel si sedette a gambe incrociate sulla poltrona e, dopo aver mandato giù l’enorme boccone di hamburger che aveva addentato poco prima, aggiunse “E Gabriel aveva già bocciato la mia idea di guardare The day after tomorrow.
Gabriel ignorò il suo tono contrariato “Vorremmo provare a fare una maratona, visto che domani Cassie non ha scuola e io aprirò la pasticceria nel primo pomeriggio.”
Il Signore degli Anelli!” propose immediatamente, e con estremo entusiasmo, Castiel.
Il novello pasticcere scosse la testa, frenando immediatamente il fratello minore “Troppo lunga.”
Star wars!” trillò subito dopo Dean, sventolando le bacchette e facendo così ricadere nel cartoncino il grosso boccone che era riuscito ad afferrare.
“Hai sentito cosa ho appena detto?” ribatté quindi Gabriel, alzando un sopracciglio.
Il maggiore dei fratelli Winchester sbuffò, ma non si perse d’animo “Rocky?”
“Mi rifiuto di fare una maratona di Rocky.- dichiarò con fermezza il padrone di casa- Ho amato i primi, apprezzato l’ultimo, ma odio con tutto me stesso il quarto.”
“E allora saltiamolo.” Propose il giovane ospite con una scrollata di spalle.
Gabriel fece roteare gli occhi platealmente “Dean, non si può fare una maratona saltando un film, è contro le regole.”
“Gabe, non ti sei accorto che non esiste una corte suprema che giudica come passi le tue serate cinematografiche, vero?” domandò quindi il ragazzo, prima di chiudere le labbra intorno ad un altro abbondante boccone della propria cena.
Il padrone di casa gli puntò contro con fare minaccioso una manciata di patatine grondanti maionese “Winchester, te l’ho detto, mia la casa, mie le regole, mia l’ultima parola su tutto.”
“Questo è molto anti-diplomatico da parte tua.” Sbuffò l’apprendista meccanico.
Gabriel gli rivolse un ghigno soddisfatto “Non ti avevo informato che qui siamo in un ferreo regime totalitario con me al vertice?”
“D’accordo.- li interruppe quindi Castiel, un po’ scocciato dal loro battibeccare- Che ne dite di Indiana Jones?”
Suo fratello finse di rabbrividire “Devo ancora riprendermi dall’ultimo capitolo della saga.”
“Accidenti, me ne ero completamente dimenticato.- ammise Dean, facendo una smorfia- Mi ero quasi convinto che non esistesse.”
“Come tutti, Winchester.- lo consolò scherzosamente Gabriel, dandogli un’amichevole pacca sulla spalla- Che ne dite dei Pirati dei Caraibi?”
Il maggiore dei fratelli Winchester scosse la testa con veemenza “Io odio con tutto il cuore Olando Bloom. Potremmo guardare Fast and Furious, invece: chi non ama le corse clandestine?”
“No.” Tagliò corto il diciassettenne dagli occhi blu, lo sguardo triste e le labbra piegare all’ingiù.
Il fratello maggiore si avvicinò a Dean per spiegargli “Castiel è molto sensibile: non guardiamo più quei film da quando è morto Paul Walker, lui lo adorava.”
X-men?” propose quindi il giovane, che ormai stava iniziando a pensare che quella sera non sarebbero riusciti a vedere nemmeno un film.
“Hugh Jackman e il suo fallito tentativo di mantenersi una buona manicure?- commentò annoiato Gabriel- No, grazie.”
Dopo l’ennesima proposta bocciata la nuova idea di Castiel arrivò come manna dal cielo “Perché non guardiamo Ritorno al Futuro, invece? Non ho mai conosciuto nessuno a cui non piaccia ritorno al futuro.”
“Cassie, tu e la tua anima da mediatore.- sorrise il maggiore dei Novak arruffandogli i capelli affettuosamente- Ma, sorprendentemente, hai avuto una buona idea: io sono sempre nell’umore giusto per le avventure di Marty e Doc.”
Dean, invece, gli sorrise “Sai una cosa, Cas? Io adoro quei film. Facciamo partire questa maratona.”
Anche Castiel si aprì in sorriso radioso “Perfetto! Allora metto il primo film.”
Quando il giovane si sedette nuovamente di fianco a lui, il maggiore dei fratelli Winchester si sporse verso di lui “Balthazar non verrà?”
“Oh, quello spaventapasseri guarda solo noiosi film d’autore europei.” Commentò annoiato Gabriel, prima di addentare una barretta al cioccolato della sua scorta personaledi dolci.
“Non sono noiosi.- protestò Castiel- A me piacciono.”
L’altro sventolò con noncuranza la carta ormai vuota del dolce “Beh, a te piace anche stare seduto in biblioteca per quattro ore di fila senza muovere un solo muscolo, Cassie.”
“Ed ora, religioso silenzio.” Aggiunse, prima di schiacciare il tasto play sul telecomando.

 

Quando il secondo film stava ormai per finire Dean si rese finalmente conto che si era fatto piuttosto tardi. Non che lui non fosse abituato a tirare l’alba assieme ai suoi amici, di solito, però, lo faceva quando non aveva un turno al garage l’indomani mattina. Il ragazzo si ritrovò a fare una smorfia, immaginandosi i borbottii contrariati di Bobby quando lo avrebbe trovato mezzo addormentato sul lavoro e i suoi commenti allusivi quando gli avrebbe spiegato perché e con chi aveva fatto così tardi.
Una piccola voce dentro di lui gli ricordò che, effettivamente, avrebbe potuto benissimo scusarsi alla fine del film che stavano vedendo e di certo i due Novak non se la sarebbero presa con lui se se ne andava nel bel mezzo della loro maratona cinematografica, non quando sapevano che aveva un turno di lavoro la mattina seguente.
Dean decise immediatamente di ignorare quella voce.
Come avrebbe potuto andarsene e perdersi le risate spensierate di Castiel nelle scene più divertenti del film, o le occhiate che gli lanciava durante le sue scene preferite, come se avesse dovuto assicurarsi che anche l’amico le apprezzava quanto lui?
L’apprendista meccanico stava ancora sorridendo fra sé  e sé a quel pensiero quando Gabriel si alzò di scatto, l’espressione del volto allarmata, proprio nel momento in cui i titoli di coda stavano iniziando a scorrere sullo schermo.
“Ragazzi, mi sono totalmente dimenticato di chiamare Kalì!- piagnucolò il giovane, passandosi una mano fra i capelli chiari- Le avevo promesso che lo avrei fatto una volta arrivato a casa.”
“Qualcuno è nei guai.” Canticchiò in modo petulante Castiel, rivolgendo al fratello maggiore un ghigno divertito.
“Zitto, Cassie.- lo ammonì Gabriel agitandogli l’indice davanti al volto- Aspettatemi prima di mettere l’ultimo film.”
Il padrone di casa si alzò, afferrando il cordless e avviandosi verso le scale che portavano al piano di sopra e il fratello minore si alzò a sua volta “Posso fare vedere a Dean i miei libri? Ce ne sono un paio che vorrei prestargli.”
Gabriel lanciò uno sguardo sospettoso prima all’ospite e poi alla camera di Castiel “Ok, ma tenete la porta aperta.”
“Gabe!” sbottò il diciassettenne, diventando paonazzo per l’imbarazzo.
“Hey, non è per te.- gli assicurò il maggiore dei Novak- So che tu sei tutto preso da quello spaventapasseri del tuo fidanzato. È di Casanova qui, che non mi fido.”
Dean fece roteare gli occhi: ormai stava diventando veramente seccato di come tutti fraintendessero il rapporto fra lui e Castiel “Io sto con Lisa! E poi, io e Cas siamo solo amici.”
“E così deve rimanere.- assentì solenne Gabriel- Claro, Winchester?”
Il giovane sorrise soddisfatto dopo che l’apprendista meccanico ebbe annuito controvoglia e poi sparì su per le scale, le dita che scorrevano a memoria per comporre il numero della propria ragazza.
Castiel, dal canto suo, rivolse all’amico un sorriso prima di fargli cenno di seguirlo “Ci vorrà più di un’ora prima che Gabe riesca a calmare Kalì. Odia quando non mantiene le sue promesse.”
Nel giro di qualche passo, Dean si ritrovò per la prima volta nella camera del ragazzo dagli occhi blu. In un certo senso, l’ambiente era come se lo sarebbe immaginato, se solo avesse dedicato più di qualche secondo a un pensiero del genere. Nella camera di Castiel, l’ordine regnava sovrano, con il letto a una piazza e mezza rifatto in modo quasi militare, la scrivania minuziosamente organizzata con computer, penne, libri di scuola e altri soprammobili disposti in modo quasi simmetrico, gli abiti che avrebbe indossato il giorno seguente già appoggiati, perfettamente piegati, sullo schienale della sedia appena adiacente alle porte chiuse dell’armadio a muro. In tutto ciò su cui Dean posava lo sguardo c’era qualcosa che gridava Castiel in un modo tale da togliergli quasi il respiro. Come le tende blu notte, dal tessuto leggero, che però non coprivano per niente la finestra che si affacciava sul giardino, o come la grande cassapanca di legno scuro, sopra cui erano organizzati decine di libri in ordine di grandezza, o come la grande bacheca di sughero di fianco alla testata del letto, sopra cui erano attaccate con puntine colorate foto di posti esotici così come frasi di scrittori famosi. 
Il ragazzo era ancora intento ad analizzare quella camera, ancora fermamente deciso a scoprirne i segreti più nascosti, che momenti sobbalzò quando Castiel gli parlò di nuovo.
“Ecco qui, tieni.” Disse, porgendogli cinque libri dalla copertina consunta.
Dean si ritrovò a sfogliare il primo quasi con reverenza “Libri di Vonnegut?”
“Sì.- gli sorrise l’amico- Sam mi ha detto che tu non hai più le tue copie…sai, dopo l’inc-”
Il maggiore dei fratelli Winchester lo interruppe, come se evitare di pronunciare quella parola potesse cancellare l’incendio e tutto quello che di negativo aveva portato “E allora mi vuoi regalare dei tuoi libri? Cas, non posso accettarli.”
Il diciassettenne scrollò le spalle “Sono solo le mie copie da viaggio.”
“Le tue copie da viaggio?” ripeté scettico Dean, alzando un sopracciglio.
Castiel annuì sorridendo “Di alcuni libri ho diverse copie: con copertina rigida, il formato pocket e Charlie Bradbury mi sta aiutando a rimpolpare la mia collezione di e-book. Inias, Samandriel e Meg me ne hanno regalato uno per il mio compleanno, ma io continuo a preferire il formato cartaceo, anche se non posso negare la comodità di quello elettronico.”
“Conosci bene Charlie?” chiese quindi l’apprendista meccanico, continuando a sfogliare i libri che gli erano stati regalati per scoprire se Castiel fosse una di quelle persone che prendono appunti ai margini delle pagine. Non lo era.
L’altro scrollò le spalle “E’ la mia vicina di banco nelle lezioni di informatica.”
Dean gli rivolse un ghigno, immaginandosi come potesse essere per il timido e dolce Castiel avere come compagna di corso un tornado come la rossa “Oh, ecco allora perché lei ti conosce così bene.”
“Sì, beh, Charlie ha l’abilità di estrapolare informazioni con una certa insistenza.- spiegò il ragazzo- Ma immagino tu lo sappia più di me, è nel tuo gruppo di amici, giusto?”
Il maggiore dei fratelli Winchester annuì “Sì. E ti dico una cosa: lei e Jo insieme sono terrificanti.”
Dean ritornò a girare per la stanza, guardandosi intorno con aria incuriosita, tanto che Castiel si ritrovò a domandargli “Che stai facendo?”
“Cerco i tuoi libri.- ammise quindi il giovane dagli occhi verdi- Non mi avevi detto di essere un aspirante scrittore che legge qualsiasi cosa gli capiti a tiro? Dove sono questi fantomatici libri? Sammy ne ha molti di più di te.”
Il minore dei due Novak sbuffò “Per prima cosa, frequento la biblioteca.”
“Oh, giusto.” Mormorò il ragazzo, ricordandosi solo in quel momento che l’amico faceva del volontariato lì un paio di giorni a settimana.
L’altro, tuttavia, parve ignorare la sua risposta “E, in secondo luogo, solo perché non hai voluto scavare un po’ più a fondo non vuol dire che non ci sia quello che stavi cercando.”
Castiel invitò l’amico a controllare sotto il letto, dove decine e decine di libri erano ordinati in file perfette, poi sollevò delle assi cigolanti del parquet, rivelando ulteriori tomi ed infine aprì i cassetti della cassapanca vicino alla finestra che, inaspettatamente, invece di contenere biancheria ordinata cromaticamente come Dean si aspettava, nascondeva altri volumi.
“Ok, ritiro tutto quello che ho detto fino ad- Hey!- cominciò a parlare l’ospite, interrompersi con occhi spalancati- Non mi avevi detto che avevi un animale.”
Il diciassettenne seguì la direzione del suo sguardo e si ritrovò ad osservare la grande gabbia addossata all’angolo della parete e nascosta quasi completamente dal letto “Oh, quello è Steve, il mio porcellino d’India.”
“Steve…McQueen?” indagò Dean con un sorriso divertito.
“Steve Irwin.- ammise invece Castiel- Quando avevo dieci anni non facevo che guardare i suoi documentari.”
L’aspirante meccanico rivolse all’amico un sorriso divertito “Avrei dovuto aspettarmelo.”
“Sai, questa camera è molto…te.- parlò di nuovo dopo qualche secondo, abbracciando con lo sguardo l’intera stanza- Mancano un bel po’ di evergreen sempre presenti nella camera di un adolescente, però.”
Castiel inclinò il capo in quel suo modo estremamente peculiare “Ovvero?”
“Poster di ragazze in bikini, per esempio.- gli spiegò l’altro con un ghigno- Anche se, immagino che a te non interessino.”
Il ragazzo dagli occhi blu si strinse nelle spalle “Io sono del tutto indifferente all’orientamento sessuale.”
“Oh, ok.- ribatté Dean, stupito- Comunque, mancano anche i tipici riferimenti allo sport. Anche Sammy, nerd com’è, ha la maglia e il poster della sua squadra di hockey preferita.”
“Io non seguo nessuno sport e non ne ho mai praticati.” Gli rivelò quindi il diciassettenne, storcendo la bocca come se la sola idea di fare attività fisica potesse lasciargli un gusto amaro in bocca.
Il maggiore dei fratelli Winchester alzò un sopracciglio, incredulo “Davvero non hai mai fatto sport?”
Castiel strizzò gli occhi, concentrato e poi ricordò di un pomeriggio di fine estate passato con suo fratello “Una volta ho tirato una palla.”
“Hai tirato una palla?” ripeté il giovane dagli occhi verdi, sbattendo le palpebre.
“Sì.- l’altro annuì, sorridendo nel ripensare a quel giorno- A Gabriel qualcuno ha detto che i bambini devono fare sport e il baseball è lo sport americano per eccellenza. Così, un giorno, mi ha portato in giardino e abbiamo giocato.”
Dean sorrise, immaginandosi un piccolo Castiel con le ginocchia sbucciate, uno spazio vuoto fra i denti, degli occhi blu ancora più enormi e un guantone da baseball in mano “E come è andata?”
“Ho scoperto quel giorno di non essere affatto portato per gli sport e di odiarli tutti.- gli confidò quindi il diciassettenne, stringendosi nelle spalle- Credo che sia una caratteristica ereditata geneticamente: anche Gabriel li odia. Oh, e quella palla dovrebbe essere ancora da qualche parte, sul tetto.”
L’apprendista meccanico scoppiò in una risata spensierata, prima di tornare a rivolgersi all’amico “Ok, niente sport quindi, ma non puoi non avere dei gusti musicali. Fammi vedere i tuoi cd, ma sappi che ti giudicherò in base alle tue scelte.”
Castiel annuì, prima di far scivolare verso di lui una grossa scatola piena di cd che aveva tirato fuori da sotto la cassapanca. Dean iniziò immediatamente ad analizzare i dischi, fermandosi ogni tanto per fare smorfie disgustate oppure strani mugugni con una parvenza di approvazione. Presto, però, si ritrovò a sventolare un cd, sul volto un’aria di disapprovazione “Che cos’è questo?”
“Un cd.”
“Un cd degli Air Supply.- specificò il ragazzo dagli occhi verdi facendo una smofia- Cas, se sei messo così male da tenerti un cd del genere, mi sento in dovere di farti sentire al più presto della vera musica.”
“Vera musica?- ripeté il padrone di casa- Tipo?”
Dean scrollò le spalle “Led Zeppeling. AC/DC. Tu lascia fare a me.”
Castiel gli rivolse un sorriso obliquo “Non so, All out of love mi sembra una buona canzone.”
“Io Sammy lo uccido.” Sibilò l’altro, maledicendo il fatto che Sam e Cas fossero buoni amici e che il suo fratellino avesse spifferato particolari imbarazzanti della sua vita.
Il diciassettenne scoppiò a ridere in modo tanto spensierato che Dean non poté fare altro che imitarlo dopo aver finto per qualche istante di essere arrabbiato. E proprio mentre rovesciava la testa all’indietro in una risata liberatoria, notò nell’angolo della stanza, poco lontano dalla grossa gabbia di Steve, una cosa a cui non aveva fatto caso fino a quel momento.
“Suoni?” domandò il ragazzo, avvicinandosi alla chitarra supportata precariamente dalla parete e portandosela al petto per analizzarla. Era scordata, un po’ impolverata e tappezzata di adesivi di varia natura.
“Oh, no.- ammise Castiel scuotendo piano la testa- Ho preso qualche lezione, ma in realtà non ho imparato molto.”
Dean si ritrovò quasi inconsciamente ad accordarla, le dita esperte che scorrevano sulle corde “Peccato.”
Il giovane dagli occhi blu sbatté le palpebre stupito mentre lo osservava “Oh. Tu sai suonare?”
“Strimpellare, sarebbe la definizione corretta.” Ribatté l’apprendista meccanico, le guance leggermente imporporate come sempre accadeva quando qualcuno veniva a conoscenza di una delle sue doti nascoste.
Castiel gli rivolse un sorriso ampio e picchiettò lo spazio del letto di fianco a cui era seduto “Vuoi strimpellarmi qualcosa, allora?”
Dean non riuscì a non sorridergli di rimando, mentre si sedeva vicino a lui “Potrei. Hai qualche richiesta?”
All out of love.” Rispose serio l’altro, per poi scoppiare a ridere non appena sul volto dell’amico si dipinse un’espressione oltraggiata.
“Cas!”
“Ok, scusa.- il diciassettenne alzò le mani in segno di resa- Scherzavo.”
“Traditore.- sbuffò Dean, scuotendo il capo- Allora, questa richiesta?”
Castiel arricciò un po’ il naso mentre pensava e, alla fine, trovò una canzone che avrebbe adorato sentire suonata, e magari anche canticchiata, da Dean “Hey Jude.”
Invece della reazione che si aspettava, però, il ragazzo si ritrovò ad osservare il volto del maggiore dei fratelli Winchester rabbuiarsi, i suoi grandi occhi verdi indurirsi e la bocca stringersi in una linea sottile “No!”
Quasi inconsciamente, il ragazzo si allontanò da lui, scostandosi verso il bordo del letto, e abbassò lo sguardo sulle proprie mani “Ok, scusa.” Mormorò contrito, anche se non sapeva esattamente cosa aveva fatto di male per ottenere una reazione del genere.
Non appena sentì quella voce flebile, Dean si riscosse, voltandosi verso l’amico per vederlo col capo chino, intento a mordersi nervosamente il labbro inferiore “No, Cas, scusami io…- il giovane si allungò verso di lui fino a quasi accarezzargli il braccio in un gesto consolatorio, per poi ritrarsi di nuovo e passarsi una mano nei capelli, esasperato da se stesso- Non avrei dovuto parlarti così solo che quella-quella era la canzone preferita di mia madre. La cantava sempre.”
Castiel alzò il voltò immediatamente, girandosi di nuovo verso l’amico “Oh. Scusami, non lo sapevo.”
L’altro gli rivolse un mezzo sorriso “Non fa niente.”
Se c’era una cosa che Dean Winchester non era in grado di fare era capovolgere la situazione quando accadeva una cosa del genere. Sam lo avrebbe definito emotivamente costipato, ma Dean era del tutto convinto che la propria inabilità ad uscire da determinati episodi caratterizzati da un exploit di sentimenti era causata dalla propria cocciutaggine che gli impediva di ammettere apertamente di avere sbagliato a causa dell’eccessivo trasporto con cui certe emozioni lo spingevano, a volte, a ferire gli altri. Ciò che rendeva la situazione anche peggiore, quella volta, era che si era verificata con Castiel, che sembrava sempre così intento a preoccuparsi degli altri, che non riusciva a rendersi conto che il suo cattivo umore non poteva di certo essere colpa sua.
Così, Dean, da sempre non molto propenso a lasciarsi andare a discorsi troppo personali, decide di fare ciò che sapeva fare meglio. Agire. Fu così che si ritrovò a chiudere gli occhi, passare le dita sulle corde della chitarra e suonare Blowing in the wind di Bob Dylan, le note accompagnate dalla sua voce sommessa.
La musica si era già dissolta da qualche minuto quando Castiel parlò di nuovo “Sei molto bravo.”
Dean gli rivolse un sorriso tenue, di quelli che rivolgeva a poche persone e totalmente diverso dal suo solito ghigno da sbruffone  “Grazie. A Lawrence suonavo spesso. Avevo una chitarra che mi regalò papà per il mio tredicesimo compleanno. È bruciata. Insieme a tutto il resto.”
Il ragazzo sapeva che dopo aver detto qualcosa del genere la reazione che avrebbe ricevuto sarebbe stata la solita compassione, che lui odiava con tutto se stesso. Invece Castiel sorrise semplicemente “Dovresti tenerla.”
L’apprendista meccanico spalancò gli occhi, sorpreso “Cosa? No, Cas, è la tua chitarra!”
“Io non la uso mai, e tu invece sei così bravo.” Spiegò quindi il ragazzo dagli occhi blu, sul volto un sorriso timido.
Dean lo guardò, scettico “E se decidessi che vuoi provare di nuovo ad imparare?”
“Vorrà dire che me la presterai.” Tagliò corto Castiel.
Il maggiore dei fratelli Winchester accarezzò quasi con reverenza lo strumento musicale “Sei davvero sicuro?”
“Al cento per cento.”
“Grazie, Cas.”
“Di nulla.- sorrise Castiel- Mi piace vederti felice.”
“Wow, Cas.- Dean sbuffò una risata- Non puoi uscirtene con una frase così!”
“Perché no?” domandò il ragazzo, tutto innocenza con la sua testa leggermente inclinata da un lato.
Dean si ritrovò ad osservarlo e a domandarsi che cosa quel giovane dolce, serio e dannatamente perfetto potesse vedere in lui. Sentiva il cuore battergli all’impazzata nel petto e si ritrovò a domandarsi perché mai prima di allora gli fosse capitata una cosa simile, perché non gli capitasse mai quando Lisa lo guardava. Prese un respiro profondo e si avvicinò ancora di più a Castiel, che lo osservava, gli occhi così enormi e blu da fargli mancare il fiato.
Dean non pensò a Lisa in quel momento, né a Balthazar. Lui e Castiel erano lì, separati solo da un respiro, e l’idea che gli sarebbe bastato sporgersi solo un po’ per scoprire il sapore di quelle labbra rosa gli faceva girare la testa. Anche Castiel lo voleva, ne era certo. C’era poco che quegli occhi del colore dell’oceano riuscivano a nascondere.
“Ragazzi!” la voce di Gabriel riecheggiò in tutto il piano inferiore della casa e i due ragazzi si ritrovarono a sobbalzare.
Quando il maggiore dei Novak si affacciò in camera di Castiel, Dean era ormai in piedi, a qualche passo di distanza dal diciassettenne ma con ancora in mano la chitarra che gli era stata regalata. Tuttavia, Gabriel sembrò non trovare niente di strano nel loro atteggiamento e nemmeno nei loro volti ancora stravolti da quanto sarebbe potuto accadere se lui non li avesse interrotti.
“Kalì ha detto che continuerà domani a lamentarsi della mia immaturità, possiamo vedere il terzo Ritorno al futuro, adesso!” trillò il padrone di casa, rivolgendo ad entrambi un sorriso luminoso prima di correre di nuovo in salotto, pronto a continuare la sua amata maratona cinematografica.
I due ragazzi si fissarono imbarazzati per qualche secondo, ma prima che Dean potesse dire qualcosa Castiel si era già alzato per seguire il fratello e, subito dopo, rassegnato, anche lui si ritrovò a fare altrettanto.

 

 

Balthazar stava temporeggiando.
Ovviamente, non lo avrebbe mai ammesso con nessuno. Non che ci fosse qualcuno per giudicarlo, comunque. Gabriel, quella sera, non era in casa. Castiel glielo aveva comunicato quella mattina, quando insieme erano andati, come al solito, a prendersi un caffè prima di dover andare a scuola. Balthazar aveva accompagnato come sempre il proprio ragazzo all’uscio dell’edificio e poi, come al solito, aveva dovuto sfidare il limite di velocità per potere arrivare in tempo alla propria scuola privata, a qualche chilometro da Heaven.
In ogni caso, si ritrovò a riflettere il giovane, era un bene che Gabriel non fosse in casa. Erano giorni che Balthazar si stava preparando a quel momento ed era certo che non sarebbe stato in grado a concludere niente, non con l’irriverente presenza del fratello maggiore di Castiel pronto ad interromperlo in qualsiasi momento e, senza dubbio, con il solito chiaro obiettivo di stuzzicarlo sugli argomenti più disparati sotto le occhiate rassegnate del fratello minore. 
Balthazar prese un grosso respiro, suonò il campanello e si piantò sul volto il suo solito sorriso al limite dell’arroganza, e, ben presto si ritrovò le braccia piene di Castiel.
“Balth! Sei in ritardo.” Lo rimproverò bonariamente il giovane, prima di allungarsi verso di lui e piazzargli un dolce bacio sulle labbra.
Il giovane rispose a quel bacio delicato prima di parlare “Lo so. Avevo paura che Gabriel potesse essere ancora qui.”
“Kalì lo ha costretto a portarla a un ristorante francese e poi a teatro.- spiegò quindi Castiel, rivolgendogli un lieve sorriso- Te l’avevo detto stamattina, non ricordi?”
“Beh, tuo fratello è notoriamente un ritardatario.” Si giustificò quindi Balthazar, senza sciogliere il caldo abbraccio in cui i due ragazzi erano avvolti.
Il diciassettenne annuì piano “Anche questo è vero. Entriamo? Potremmo ordinare una pizza…”
“Perché non restiamo qui fuori?- lo interruppe l’altro, additando il divanetto di vimini sulla veranda- È una bella serata.”
“Ok.- acconsentì Castiel, sedendosi vicino a lui e lasciando che il suo ragazzo gli avvolgesse la coperta di lana precedentemente appoggiata attorno allo schienale di vimini intorno alle spalle-   Mi sembri strano, questa sera. Va tutto bene?”
Balthazar sospirò pesantemente: era difficile che qualcosa potesse sfuggire a lungo alla quieta attenzione del giovane “In realtà, Cassie, volevo parlarti.”
Castiel annuì piano, ad un tratto preoccupato, e si voltò per guardare in faccia il proprio ragazzo “Ok. Di cosa?”
“Di noi.” Spiegò quindi l’altro con un nuovo sospiro rassegnato.
“Di noi?- il diciassettenne aggrottò la fronte- Questo non è il genere di discorso che ti piace fare, Balth. Cosa c’è sotto?”
Balthazar era voltato verso di lui, ma sembrava fortemente deciso a non guardarlo negli occhi mentre gli parlava “C’è che io e te stiamo andando in direzioni diverse.”
“Cosa?” la voce di Castiel uscì debole come un soffio e le sue palpebre sbatterono per lo stupore.
“Ultimamente le cose fra noi non vanno bene, non negarlo.” Continuò quindi a parlare il giovane, stringendosi nelle spalle ben coperte dal cappotto pesante.
Il ragazzo dagli occhi blu scosse la testa, impedendo alla propria voce di tremare mentre ribatteva con convinzione “No, Balth… E’ solo un periodo un po’ pieno, tutto qui. Lo sai che devo aiutare Gabe alla pasticceria, ma andrà sempre meglio, vedrai. Non devo più nemmeno fare da tutor a Sam, ora, se la cava più che bene da solo e col suo gruppo di studio e…”
Balthazar gli posò una mano sul ginocchio per interromperlo “Non è solo questo. Che mi dici di Dean?”
“Dean?- ripeté il minore dei Novak sgranando gli occhi- Che c’entra Dean?”
“Ti hanno visto tutti, Cassie.- incalzò l’altro, sul volto stampata la solita espressione infastidita quando parlava dell’apprendista meccanico- Hai passato la notte da lui la scorsa settimana, ammettilo.”
Castiel protestò immediatamente “Sul suo divano!”
“E il giorno dopo ha dovuto proprio riaccompagnarti a casa, vero?” domandò di nuovo Balthazar, inarcando un sopracciglio.
Le spalle del diciassettenne si incurvarono nel sentire quel tono d’accusa, le braccia immediatamente avvolte attorno alla propria vita in un gesto quasi di autodifesa da quelle accuse “Balthazar, ora sei ingiusto. Io e Dean siamo amici e tu lo sai, ha voluto fare una cosa gentile per me.”
“Sai una cosa?- continuò quindi il giovane di origini inglesi, improvvisamente incapace di guardare ancora il volto triste e devastato del proprio ragazzo- Credo che dovremmo frequentare gente diversa, prenderci una bella pausa e riflettere se questo è davvero il tipo di relazione che vogliamo.”
“Non lo pensi davvero.”
La voce di Castiel era rotta e i suoi occhi annacquati e Balthazar non poté continuare oltre. Odiava quello che stava succedendo in quel momento: lui adorava Castiel, con tutto il cuore, e non poteva di certo continuare a convincerlo che lasciarsi in quel modo fosse la cosa migliore. Non quando lui stesso pensava al contrario.
“No, in realtà no.- ammise quindi con un sorriso triste- Sto per partire.”
“Partire?” ripeté Castiel con un filo di voce.
Balthazar annuì piano, lo sguardo basso e un atteggiamento docile così poco caratteristico “Ti ricordi di quando ti ho parlato dei miei parenti? Quelli che abitano in Inghilterra?”
Il ragazzo dagli occhi blu annuì, attento e preoccupato “Sì, ma cosa c’entra con noi?”
“Mio nonno è morto.- spiegò quindi l’altro senza giri di parole- Non lo conoscevo, ma il mio vecchio è rimasto sconvolto. Ci ha lasciato dei soldi. Parecchi soldi, e la sua casa, una specie di reggia poco lontano da Londra. I miei hanno passato un paio di sere a litigare e alla fine hanno deciso. Hanno già venduto la nostra casa qui e fra due settimane partiremo per l’Inghilterra. Non tornerò più, Cassie.”
Castiel scosse la testa, improvvisamente incapace di formulare una frase di senso compiuto “Cosa? Io non capisco…Perché-Perché non mi hai raccontato niente di tutto questo?”
“Dovevo assimilare la cosa, credo.- Balthazar gli rivolse un sorriso mesto- Capisci, ora? Credo che il nostro tempo sia finito, Cassie.”
Il diciassettenne si sporse verso di lui, travolgendolo in un abbraccio disperato “Balth… Non puoi lasciarmi, Balth, io ti amo.”
“E’ meglio così per tutti e due, credimi.” Anche la voce del giovane inglese tremava, mentre passava le lunghe dita tra i capelli scuri del dolce carico che stringeva tra le braccia.
“Allora è così?- Castiel quasi ringhiò, incredulo per come il proprio ragazzo fosse disposto ad abbandonarlo senza pensarci due volte- Se davvero non conto nulla per te perché non mi hai lasciato prima?”
Balthazar lo strinse ancora di più, come se non volesse farselo scivolare della dita “Tu sai che tu per me sei importante. Mi dispiace, Cassie, davvero, ma non credo possiamo fare altrimenti.”
Il minore dei Novak tirò su col naso, ma si impedì con tutto se stesso di piangere “Possiamo…Possiamo sentirci via Skype. Mandarci messaggi, e-mail…Con tutta questa tecnologia credi davvero che non potremmo portare avanti una relazione a distanza?”
“Credi davvero che funzionerebbe?- ribatté l’altro senza convinzione- Io non credo di farcela a vederti solo tramite uno schermo sapendo che tu non potresti mai venire a trovarmi e che io continuerei ad essere intrappolato alla stupida scuola per ricconi a cui i miei mi hanno già iscritto.”
“Ma non è…Non è giusto!” sbottò Castiel, le braccia una morsa ferrea intorno al torace del giovane.
Balthazar lo attirò ancora di più a sé e gli baciò i capelli con dolcezza “Lo so, Cassie, lo so.”
Rimasero così per un po’, seduti sullo sghembo divanetto sulla veranda dei Novak, lo sguardo dei due ragazzi fisso davanti a loro, ma le loro menti indaffarate fra mille pensieri.
“Quando parti?” domandò infine Castiel, il volto affondato nel petto di quello che sarebbe diventato presto, appena si fossero separati, il suo ex-ragazzo.
Balthazar gli posò un altro bacio fra i capelli “Tra due settimane.”
“Mi mancherai.” Sussurrò il ragazzo, senza staccare gli occhi dalla staccionata a qualche metro di fronte a loro.
L’altro sospirò “Mi mancherai anche tu, Cassie.”

 

 

Gabriel osservava il fratello minore con sguardo preoccupato. Quella mattina gli aveva raccontato con entusiasmo del ristorante francese dove lui e Kalì avevano mangiato la sera precedente e di come lo spettacolo teatrale non fosse poi così soporifero come se l’era prospettato. Castiel, da sempre tranquillo e spesso taciturno, non aveva parlato molto però, limitandosi ad annuire nei momenti opportuni e fare un mugugno di tanto in tanto per fare capire che stava seguendo il discorso. Gabriel aveva capito immediatamente che doveva esserci qualcosa che non andava. Dopotutto, aveva cresciuto lui stesso il ragazzo e se ne era occupato, con l’affetto più di un padre che di un fratello, da quando aveva capito che non ci sarebbe stato nessun altro a farlo. Così, perfettamente conscio che affrontare di petto una conversazione a cuore aperto in quel momento poteva risultare controproducente, decise di portare il ragazzo da Mary’s, conscio del fatto che c’erano poche cose al mondo che riuscivano a metterlo di buon umore come i deliziosi e soffici pancakes al cioccolato di John Winchester.
Tuttavia, invece di divorare la propria colazione con entusiasmo, Castiel si stava limitando a punzecchiarli svogliatamente con la propria forchetta.
“Che c’è, non ti vanno più i pancakes?” domandò infine Gabriel, ormai troppo esasperato da quel comportamento per poter aspettare oltre.
Due enormi occhi blu si puntarono immediatamente su di lui “No, i pancakes vanno bene.- il giovane esitò, prima di continuare a parlare di nuovo- Volevo comunicarti una cosa.”
Gabriel si raddrizzò sulla sedia, attento “Uh-oh, quando usi quel tono è sempre preoccupante.”
Il minore dei due fratelli prese un grosso respiro prima di parlare di nuovo “Io e Balthazar non stiamo più insieme.”
“Cosa?” il giovane si ritrovò a sbattere le palpebre un paio di volte, certo di avere capito male.
“Ci siamo lasciati.” Ripeté invece Castiel, confermando quanto aveva detto precedentemente.
Gabriel strinse gli occhi, studiando attentamente il volto del fratello “Lo hai lasciato tu? Perché posso capirlo, davvero…”
“Uhm, lui ha lasciato me.- spiegò quindi con voce flebile il diciassettenne- Lui…Lui si trasferirà in Inghilterra e pensa che sarebbe meglio per tutti e due non provare a portare avanti una storia a distanza.”
Il maggiore dei Novak si mosse sulla sedia, l’irritazione in grado di renderlo ancora più iperattivo del solito “Quel brutto…”
“Gabriel.” Sussurrò Castiel, che un po’ si era immaginato una reazione del genere da parte del fratello maggiore.
Dal canto suo, Gabriel, lo ignorò completamente “Io lo ammazzo, quello spaventapasseri…”
“Gabriel!” lo chiamò di nuovo il ragazzo dagli occhi blu, la voce più alta per attirare la sua attenzione.
Il giovane puntò gli occhi nocciola sul proprio fratello minore, la rabbia ancora evidente nello sguardo “Che c’è?”
Castiel iniziò a torturare il proprio tovagliolo di carta con le dita “Io…Io rispetto la sua decisione.”
“Potresti anche rispettare la mia di andare da lui e spaccargli il naso, allora.” Suggerì quindi il maggiore dei Novak, incrociando le braccia al petto.
“Gabe, no.” Ribadì il diciassettenne, gli occhi imploranti.
Gabriel studiò la sua espressione per qualche secondo, prima di far roteare gli occhi platealmente e capitolare “Ok. Sappi però che non lo faccio solo perché me lo hai chiesto tu. Oh, e dovresti convincere anche Kalì a non avvelenare quel damerino da strapazzi, se proprio sei convinto di questa decisione.”
Castiel gli rivolse un sorriso tenue “Grazie, Gabe.”
“Sì, sì, certo.- il maggiore dei due fratelli fece sventolare una mano con non curanza- Ora che ne abbiamo parlato, perché non vai a farti scaldare quei pancakes e ti fai una colazione come si deve?”
Il ragazzo dagli occhi blu annuì, prima di alzarsi e recarsi col proprio piatto ben stretto fra le mani al bancone.
Dean lo raggiunse immediatamente, subito dopo aver servito un’abbondante tazza di caffè fumante a Pamela Barnes, seduta qualche sgabello più in là.
“Hey, Cas.- lo salutò gioviale, un sorriso ad illuminargli il bel volto- Cosa ti serve?”
Castiel gli sorrise timidamente di rimando “Uhm, potresti scaldarmi questi pancakes? Mi sono distratto parlando con Gabe e si sono raffreddati.”
Dean guardò scettico prima il piatto che gli era stato porto e poi l’amico “Hai fatto raffreddare i pancackes? Di solito mio padre fa appena in tempo a servirteli prima che tu te li divori in pochi secondi. Sei sicuro di stare bene?”
Il ragazzo si ritrovò ad arrossire sotto lo sguardo dell’apprendista meccanico “Uh, io e Balth ci siamo lasciati.”
Inaspettatamente, però, la notizia non parve sorprendere troppo il maggiore dei fratelli Winchester “Oh. Quindi è vero quello che si dice in giro.”
Castiel si ritrovò a spalancare gli occhi, il battito improvvisamente accelerato “Lo sanno già tutti?”
“Quasi.- ammise Dean, prima di voltarsi e infilare il piatto nel piccolo forno elettrico dall’altra parte del bancone- Credo che Chuck Shurley non ne sia ancora a conoscenza, ma solo perché oggi non è ancora uscito di casa.”
“Lo sanno già tutti.” Esalò di nuovo il diciassettenne, il respiro affannato.
L’altro giovane si accorse in quel momento del piccolo attacco di panico che stava assalendo l’amico e si precipitò al suo fianco, posandogli le mani sulle spalle e invitandolo a sedersi su uno degli alti sgabelli poco distanti “Hey, va tutto bene, Cas. Questa è una città di impiccioni, ma non sono affari loro. Non pensarci.”
“Lo sanno già tutti.- ripeté di nuovo Castiel, in un soffio- Io e Balth ci siamo lasciati ieri sera e ora lo sanno già tutti.”
“Cas, guardami.- lo esortò Dean facendo un po’ di pressione sulle sue spalle fino a che l’amico si decise a guardarlo negli occhi- Tu sai che prima o poi sarebbe successo, giusto? Ok, è accaduto un po’ prima di quanto ti saresti immaginato, ma tu sei perfettamente in grado di affrontare questa situazione. Te lo dico io, che sono il nuovo arrivato in città: essere il protagonista dei pettegolezzi cittadini non è una cosa così disastrosa come può sembrare.”
Il diciassettenne lo fissò con la fronte aggrottata, per poi annuire piano “Hai ragione.”
“Certo che ce l’ho!- ribatté con entusiasmo il ragazzo dagli occhi verdi, sul volto un sorriso radioso- Ed ora vedi di mangiare quei pancakes, se no mio padre inizierà a pensare che sta perdendo il suo tocco magico. Voglio dire, già è un problema la sua crisi di mezza età.”
“Ti ho sentito, sai?” disse John, guardando il figlio con un’aria troppo divertita perché fosse davvero arrabbiato.
Sul volto di Dean si dipinse immediatamente un’espressione quasi contrita, come quella di un bambino scoperto a rubare dall’armadietto dei dolciumi ma che è perfettamente consapevole che non avrebbe ricevuto alcuna punizione. Tuttavia, il viso del ragazzo cambiò in fretta non appena il suo sguardo individuò una figura familiare in procinto di entrare nel locale.
In un attimo, raggiunse l’entrata, la rabbia chiara tanto nel suo tono di voce come nei suoi occhi fiammeggianti “Hey, tu! Che cosa credi di fare?”
Balthazar, dal canto suo, sembrava del tutto serafico “Mi sembra ovvio, Winchester, entro a prendere un caffè.”
“Non puoi.” sibilò Dean, bloccando col proprio corpo l’entrata del locale.
Il giovane di origine britanniche sbuffò una risata “Cosa?”
Il maggiore dei Winchester non si lasciò condizionare dal suo atteggiamento strafottente “Ho detto che non puoi, vai a prenderlo da un’altra parte.”
“Stai scherzando, vero?” l’espressione di Balthazar cambiò subito, non appena si rese conto che il giovane che aveva di fronte era perfettamente serio.
Dean incrociò le braccia al petto “Sto forse ridendo?”
“Senti, voglio solo prendermi un caffè, niente di trascendentale.” Spiegò quindi l’altro, passandosi stancamente una mano sul volto.
“Tu non entri lì dentro.” Ribadì nuovamente l’apprendista meccanico.
Balthazar aprì la bocca per ribattere, ma in quel momento il suo sguardo si posò su qualcuno alle spalle di Dean “Oh. Ora capisco. Stai giocando al cavaliere senza macchia e senza paura per il dolce Cassie?”
“Vattene via, Balthazar.”
Castiel, fino a quel momento paralizzato dallo stupore per ciò che si stava svolgendo di fronte ai suoi occhi, fece uno scatto in avanti, frapponendosi fra i due e posando una mano sul braccio dell’amico in un vano tentativo di calmarlo “Dean, davvero, non c’è bisogno che tu faccia questo. Balthazar può…”
“No, Cas.- lo interruppe Dean- Balthazar è uno stronzo e noi qui dentro non serviamo gente del genere.”
“Gioca pure al salvatore quanto vuoi.- disse l’ex-ragazzo di Castiel squadrandolo- Non diventerai magicamente degno di Cassie, questo lo sai, vero?”
Fu a quel punto che la rabbia sopraffò Dean completamente. Scostò Castiel in un secondo e in quello successivo il suo pugno aveva già colpito con forza la mascella di Balthazar.
“O mio Dio!- esclamò il diciassettenne, esterrefatto e un po’ spaventato, mentre si avvicinava al proprio ex per sorreggerlo dopo quel duro colpo- Signor Winchester!”
John uscì di corsa dal locale, immediatamente seguito da Gabriel e qualche altro avventore “Dean? Dean!”
“Dean, che diavolo ti prende?” domandò quindi l’uomo, afferrando il figlio per le spalle e allontanandolo dal suo avversario.
Di fronte a loro, Balthazar cercava di liberarsi dalla presa che aveva su di lui Castiel “Lasciami!”
“Sì, Cas, lascialo andare, così forse riesco a rompergli il naso!” ringhiò Dean, mentre tentava di scrollarsi di dosso il proprio padre.
“Va bene, Cassie.- capitolò infine Balthazar- Me ne vado. Ma la prossima volta dovresti mettergli un guinzaglio prima di portarlo in giro.”
Il giovane non attese risposta e se ne andò con passo svelto e, velocemente come era iniziato, tutto finì. John Winchester lasciò andare il proprio figlio, ricordandogli che avrebbero parlato di quanto era successo quella sera e intimandogli di tranquillizzarsi un po’ prima di ritornare al lavoro, e tutti gli avventori del Mary’s, Gabriel compreso, decisero di ritornare all’interno del locale e riconcentrarsi sulle proprie colazioni. Ben presto, sul marciapiede di fronte alla tavola calda rimasero solo Castiel e Dean, il primo con gli occhi bassi e le labbra strette in una linea dura, il secondo con le mani che scorrevano fra i corti capelli nel tentativo di calmarsi.
“Cas, che hai?” si ritrovò infine a domandare l’apprendista meccanico, non appena fu certo di avere stemperato la tensione che si era impossessata di lui fino a quel momento.
L’altro emise un sospiro “Sono deluso, Dean.”
Dean annuì comprensivo “Senti, non pensavo che Balthazar si potesse comportare così, però…”
“Sto parlando di te e di quello che hai fatto.- lo interruppe Castiel, una certa rabbia nella voce- Pensavo fossi diverso.”
Il maggiore dei Winchester spalancò gli occhi, incredulo “Cosa? Io l’ho fatto per difendere te!”
“Ma io non ho bisogno di essere difeso!- sbottò il diciassettenne- Tutti in questa città pensano che io sia un angelo caduto dal cielo, dolce, innocente e totalmente indifeso. Ma non è vero! Io sono una persona e sono in grado di affrontare le cose in quanto tale. Avevo fatto una scelta, Dean, e tu l’hai completamente ignorata. Credevo che tu fossi dalla mia parte…”
“E lo sono, Cas, non lo capisci?” ribatté immediatamente l’apprendista meccanico.
“Ti sei comportato esattamente come tutti loro.- ribadì Castiel- Hai pensato che io non fossi in grado di affrontare una cosa e allora l’hai fatto tu per me. Ma non è vero, Dean, e lo sai anche tu.”
“Sai una cosa?- proruppe Dean agitando le mani- Io volevo aiutarti e basta. Vuoi essere autonomo e non dipendere più da chi ti sta intorno? Perfetto, visto che i miei sforzi non sono apprezzati mi tolgo dai piedi. Cavatela da solo, d’ora in poi!”
Castiel lo osservò voltarsi di scatto e rientrare con passo svelto alla tavola calda, per poi sparire in fretta su per le scale che portavano all’appartamento dei Winchester. E una volta rimasto lì, sul ciglio della strada, con le braccia strette attorno alla propria vita e la consapevolezza che forse quella volta lui e Dean non sarebbero riusciti a risolvere i loro problemi, si sentì solo come mai prima in vita sua.

 

 

*****

Lo so, lo so. Sono una pessima persona. Sono lenta come una fila alle poste nel giorno della consegna delle pensioni. Ma io sono consapevole di avere un problema e sto cercando di migliorare, lo giuro. Se ci fossero dei gruppi di supporto per procrastinatori mi ci iscriverei all’istante, davvero. Purtroppo per voi, questa mia nuova consapevolezza spirituale sulla mia natura non vi ha fatto avere un nuovo capitolo in tempi più brevi del solito, ma quantomeno sono riuscita a sfornarvi qualcosa di una lunghezza accettabile per farmi perdonare l’attesa. Credo. Spero.
Comunque, a parte il mio immenso ritardo (più che altro causato da un totale ammutinamento da parte del mio pc, fermamente intenzionato a non fare funzionare NESSUNO dei miei programmi di scrittura, non vi dico il mio panico) vorrei subito scusarmi per le note dolceamare di questo capitolo. Probabilmente mi odierete, ma credo che ciò che succede in questa fase della storia sia importante per l’evoluzione del rapporto fra Dean e Castiel. Oltretutto, ho deciso di riscrivere in toto la parte in cui Balthazar lascia il dolce Cassie perché, visto il mio immenso amore per il buon Balth, non sono proprio riuscita a descriverlo come totalmente insensibile e capace di lasciare il proprio ragazzo per un mero capriccio. Spero che la mia scelta possa soddisfarvi, dal canto mio non riesco proprio a non immaginare Balthazar e Castiel come una di quelle mitologiche coppie in grado di mantenere l’amicizia alla fine di un amore. E per quanto riguarda il quasi-bacio…Quanto volete uccidermi da uno a dieci? Per il resto, io ce lo vedo molto un Dean impulsivo deciso a difendere a spada tratta e anche un po’ inopportunamente i propri amici. Soprattutto se quegli amici sono un qualcosa di più…
Ok, ora la finisco di ciarlare. Di nuovo, grazie a chiunque legge questa mia storiella, a chi recensisce, a chi l’ha messa nelle preferite/seguite/da ricordare. Ne approfitto per scusarmi anche con chi recensisce, ho tempi geologici anche per rispondere alle recensioni. Pessima, ve l’ho detto. Sono pessima.

 
Per voi che avete avuto la pazienza di arrivare fin qui, un bacio e alla prossima
JoJo

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Capitolo 9
*** Amici come prima...o quasi ***


 

9. Amici come prima…o quasi

 

Castiel odiava i conflitti.
Uno dei motivi per cui la maggior parte degli abitanti di Heaven sosteneva che il giovane avesse una natura angelica era proprio dovuto al fatto che il minore dei due Novak, oltre ad avere un carattere docile e tranquillo, detestava con tutto il cuore litigare, anche quando si trovava dal lato della ragione. Fin dagli anni dell’asilo, il piccolo Castiel preferiva cedere un gioco con cui stava giocando piuttosto che dover litigare con un altro bambino per ottenere il diritto di tenerselo e, da quel momento, le cose non erano poi cambiate molto.
Un altro motivo per cui Castiel odiava i conflitti , oltre che per via della propria indole, era anche legato al fatto che ad Heaven era impossibile litigare con qualcuno e poi riuscire a non vederlo più fino a quando fosse arrivato il momento della pacificazione. Heaven era una città troppo piccola per concedere un lusso del genere e, infatti, da quando il ragazzo aveva litigato con Dean Winchester, ovviamente, non faceva altro che avvistarlo ovunque: in strada, al supermercato, una volta perfino a scuola, quando il giovane dagli occhi verdi era passato con la sua amata Impala a prendere suo fratello Sam alla fine delle lezioni. Castiel vedeva Dean ridere e scherzare con i suoi amici nei tavoli esterni della Roadhouse, lo sentiva battibeccare bonariamente con Sam a qualche scaffale di distanza dal suo quando andava a fare la spesa nel mini-market del signor Adler e, soprattutto, lo avvistava amoreggiare con Lisa Braeden in ogni angolo della città.
Era quest’ultima, forse, la cosa che più indisponeva Castiel.
Era invidioso.
Balthazar era partito ormai da tre settimane e la mancanza di un abbraccio caldo e amorevole in cui rifugiarsi quando ne aveva bisogno, e nell’ultimo periodo ciò sembrava essere un’eventualità piuttosto probabile, si faceva sentire dal diciassettenne sempre di più.
Oltre a quella di odiare i conflitti, un’altra caratteristica del giovane Novak era la cocciutaggine. Certo, si era confidato sia con suo fratello che con i suoi amici riguardo a quanto la separazione con Balthazar prima e la lite con Dean poi lo avessero turbato, ma Castiel non era certo il tipo da crogiolarsi nell’autocommiserazione: aveva rifiutato immediatamente la proposta di Gabriel di “abbrutirsi”, una bizzarra tecnica di rigenerazione emotiva che prevedeva di passare una giornata intera in pigiama, nell’ozio più totale, mangiando cibo spazzatura e guardando film strappalacrime nel tentativo di cercare conforto rispetto la propria condizione.
Ciò che aveva fatto, invece, era stato il raddoppiare i propri turni di volontariato in biblioteca, accettare di fare da tutor ad altri due studenti e convincere il maggiore dei Novak a lasciare a lui il compito di aprire la pasticceria alla mattina, prima di andare a scuola, sempre senza trascurare il proprio compito di catechista e direttore del coro dei bambini. E poi, ovviamente, aveva continuato ad occuparsi della propria attività scolastica e della lista di letture sempre crescente.
Nelle tre settimane trascorse sia dalla lite che dalla separazione con il proprio ragazzo Castiel si era abituato ad alzarsi all’alba e a tornare a casa per cena, giusto in tempo per buttare giù qualche boccone e dedicarsi poi ai propri compiti e alle letture serali. Gabriel non poté che preoccuparsi per il ritmo frenetico che aveva preso la vita del fratellino, ma il diciassettenne gli aveva assicurato di stare bene, tralasciando il fatto che in quel modo, almeno, non aveva per niente il tempo di fermarsi a pensare ne a Balthazar, ormai ben inserito nella sua nuova vita ad un oceano di distanza, ne a Dean e alla litigata che avevano avuto l’ultima volta in cui si erano parlati.
“Devi davvero portartelo dappertutto?” Inias additò al sacco di farina bianca che Castiel teneva stretto al petto e aumentò il passo cercando di stare a quello dell’amico mentre lo accompagnava in chiesa per le prove del coro dei bambini. Di solito, a quell’ora, Inias preferiva stare a casa ed esercitarsi con il violino, sua grande passione, ma in quel periodo risultava talmente raro riuscire ad incrociare il ragazzo dagli occhi blu e, tantomeno, passare del tempo con lui, che aveva di buon grado messo da parte il proprio passatempo per cercare di chiacchierare con l’amico e, soprattutto, per provare a capire come stesse realmente.
Di fianco a lui, Castiel annuì “Il professore di educazione sessuale è stato molto chiaro a riguardo: per una settimana questo sacchetto di farina dovrà essere trattato come un figlio. Devo portarlo con me ovunque e stare attento che non si rovini.”
“E non hai una partner per tutti questi compiti?- indagò quindi il giovane, portandosi una ciocca di capelli scuri e ribelli dietro l’orecchio- Meg è stata messa in coppia con Brady, lei è una casalinga e lui un avvocato per una multinazionale. Lo odia e mi ha detto che vuole scrivere al preside Uriel per protestare contro il sessismo che il professore ha dimostrato nell’assegnazione dei ruoli.”
Sul volto dell’amico si abbozzò un sorriso divertito prima di rispondere “Io non ho una partner. In classe siamo un numero dispari e io sono stato l’ultimo estratto: sono un ragazzo padre che lavora al computer da casa.”
Inias proruppe in una risatina per lo scenario che era stato assegnato all’amico, ma il sorriso gli si spense quasi subito dalle labbra non appena si ritrovò a svoltare l’angolo che dava sulla piazza di Heaven. Proprio al centro dell’aiuola centrale, seduti su una delle panchine bianche sotto al gazebo di legno, Dean e Lisa stavano baciandosi con tanta intensità che sembrava volessero scoprire quanto due corpi dovessero stare vicini prima di fondersi completamente.
Il giovane notò immediatamente come il passo dell’amico sembrò incespicarsi per un breve istante, prima di ritornare fermo e sicuro nel giro di qualche secondo.
“Sicuro che non ti dia fastidio?” domandò quindi Inias, alzando un sopracciglio.
“Cosa?” dal modo in cui contrasse la mascella, era del tutto evidente di come Castiel sapesse benissimo a che cosa l’amico si stava riferendo.
L’altro sospirò “Il modo in cui Dean Winchester sta giocando all’hockey delle tonsille con Lisa Braeden.”
Il minore dei Novak scosse la testa, stando ben attento che nel fare ciò riuscisse a non lanciare nemmeno uno sguardo alla coppia di innamorati “No, perché dovrebbe?”
“C’era qualcosa tra te e Dean, e non provare a negarlo.”
Castiel decise che il cortile di fronte alla chiesa fosse ad una distanza abbastanza sicura, perciò di fermò sotto uno degli alberi di ciliegio, spogli a causa dell’inverno, e si voltò verso l’amico “Forse.- ammise, non senza una certa riluttanza- Ma sono settimane che non parliamo e non ci siamo propriamente salutati in modo amichevole.”
Inias non poté che essere d’accordo con quell’ultima affermazione “Lui sembrava molto preso da te. Sai, anche prima che tu e Balthazar vi lasciaste.”
“Non credo.” sbuffò l’interessato, stringendosi le braccia intorno alla vita.
L’altro ragazzo continuò a parlare, indefesso “Se ne sono accorti tutti in città.”
“E avete tutti preso un granchio.- il diciassettenne fece roteare i grandi occhi blu- Io a Dean non interesso. Non quanto Lisa, perlomeno.”
“Sai, puoi anche non fingere con me.- gli ricordò Inias con un sorriso paziente sulle labbra- Ti conosco, Castiel, siamo amici da quando andavamo all’asilo.”
Il giovane si ritrovò ad arrossire e distolse immediatamente lo sguardo, concentrandosi invece su una pietra poco distante dalla propria scarpa “Non so di che cosa tu stia parlando.”
Inias si sporse verso di lui, stringendolo in un veloce e consolatore abbraccio “Ok, ne parleremo un’altra volta. Hai più sentito Balthazar?”
Castiel parve apprezzare, almeno in parte, il cambio di argomento “Mi ha chiamato quando sono arrivati. Dice che la città è piccola quasi quanto Heaven, ma che Londra è abbastanza vicina perché la cosa non lo faccia impazzire. Abbiamo deciso di mandarci delle e-mail, d’ora in poi, e ridurre le chiamate via Skype ad un evento sporadico.”
“Per via del vostro piano di separazione graduale?” chiese scettico l’amico, alzando un sopracciglio.
Il minore dei Novak sospirò pesantemente “Già.”
Inias osservò con attenzione il volto dell’amico: aveva l’aria stanca, con evidenti occhiaie scure sotto gli occhi e l’incarnato insolitamente pallido “Sei sicuro di stare bene?”
“Certo.- annuì Castiel, alzando il capo di scatto- Perché?”
“Hai l’aria stanca.- dichiarò quindi l’amico, senza mezzi termini- Lo so che la situazione con Balthazar e quella con Dean ti stanno stressando molto e ti conosco: tu tendi a gettarti a capofitto in mille imprese per cercare di distrarti quando c’è qualcosa che ti turba.”
Il ragazzo dagli occhi blu si passò stancamente una mano sugli occhi “Inias…”
“Voglio solo essere sicuro che tu non ti stia stressando troppo.” ammise quindi Inias, posandogli una mano sulla palla.
Castiel gli rivolse un sorriso sincero “Tu ti preoccupi troppo.”
“Castiel.” lo ammonì quindi l’altro, fermo nell’intento di ottenere una risposta.
“Sto bene, davvero.- lo rassicurò quindi il diciassettenne- Quando voglio rilassarmi un po’ vado nel terreno del signor Knight a guardare le api.”
“Cain Knight?- domandò Inias incredulo- Credevo detestasse chiunque provi a minare la sua quiete, è un misantropo. Come mai non ti caccia via?”
“Oh, io non lo disturbo.- scrollò le spalle Castiel- E poi, credo che apprezzi il fatto che ci sia qualcuno che condivida la sua passione per le api.”
“Beh, sono contento che tu possa fare qualcosa che ti piace.- ammise quindi l’altro- Anche se, devo ammettere, preferivo quando frequentavi qualcun altro rispetto che l’eremita della città.”
Castiel inclinò la testa di lato “Cain non è un eremita, ha una moglie. E poi, credevo che Chuck Shurley fosse l’eremita della città.”
“Chuck Shurley è l’eremita bizzarro.- specificò quindi l’amico- Cain Knight è l’eremita scorbutico che fa un po’ paura. E lo è anche se è sposato.”
Castiel scoppiò in una risata e Inias si ritrovò a pensare che era valsa la pena saltare una delle sue quotidiane esercitazioni di violino.

 

Se c’era una cosa che Dean Winchester detestava con tutto se stesso era parlare dei propri sentimenti.
Sam lo sapeva, ovviamente, avendo passato i suoi quindici anni di vita ad idolatrare il proprio fratello maggiore e a sentirlo dichiarare con convinzione che lui non avrebbe mai ceduto ad aprire le porte del proprio cuore e lanciarsi in assurdi discorsi sentimentali come se fosse il protagonista frustrato di un qualche filmetto d’amore di serie D.
Lui lo sapeva e, pertanto, sapeva anche perfettamente che riuscire a convincere il fratello a parlare con lui di quanto era successo con Castiel, ormai diverse settimane prima, e del conseguente periodo passato nel totale diniego che il fatto che non parlare più con quello che era uno dei suoi migliori amici lo stava turbando, sarebbe stato difficile.
Tuttavia Sam Winchester era testardo. Molto testardo.
John aveva spesso dichiarato che il minore dei suoi figli era riuscito ad ereditare l’incredibile combinazione di cocciutaggine sia paterna che materna, riuscendo così a portare all’esasperazione una delle più snervanti caratteristiche dei coniugi Winchester.
Il ragazzo si trovava con le mani immerse nell’acqua del lavandino della cucina, intento a sfregare con energia la pentola in cui avevano cucinato la pasta, la cena di quella sera. Suo padre si trovava ancora al piano di sotto, intento a preparare il locale per l’indomani mattina e fare le solite pulizie quotidiane, lasciando lui e suo fratello da soli nell’appartamento al piano superiore, e il quindicenne decise che non poteva trovare momento migliore di quello per agire.
Di fianco a lui, Dean, canovaccio alla mano, asciugava ciò che gli veniva porto, canticchiando fra sé e sé una delle sue canzoni preferite dei Led Zeppelin, totalmente ignaro di ciò che il fratello minore aveva in mente.  
Sam si schiarì la voce, gesto che gli fece guadagnare un’occhiata perplessa da parte dell’altro Winchester.
“Quando pensi che finirà?” chiese quindi, decidendo che evitare ogni preambolo gli avrebbe fatto di sicuro fatto guadagnare del tempo prezioso per l’imminente ed emotivamente drenante discussione.
Il maggiore dei due fratelli alzò un sopracciglio “Cosa?”
Sam sbuffò “Questa specie di guerra fredda fra te e Castiel.”
“Non so di che cosa tu stia parlando.” ribatté immediatamente Dean, distogliendo lo sguardo troppo in fretta perché l’argomento non gli stesse a cuore.
“Invece lo sai benissimo!- sbottò il quindicenne, abbandonando di scatto la pentola che cadde con un tonfo nell’acqua, schizzando sia lui che l’altro giovane - Sono passate settimane, Dean, e non ti sei ancora deciso a chiedere scusa a Cas.”
Dean spalancò gli occhi, incredulo “Chiedergli scusa? E perché mai dovrei farlo?”
“Oh, forse per la scenata che gli hai fatto davanti a tutti l’ultima volta che vi siete parlati?” gli ricordò Sam con tono di sfida.
Il maggiore dei sue fratelli lanciò con stizza il canovaccio umido sul bancone della cucina, prima di sbuffare sonoramente mentre si passava una mano fra i capelli “Ok, forse quella volta ho esagerato. Ma è stata chiaramente colpa di Balthazar.”
Sam alzò un sopracciglio “Davvero, Dean? Vuoi davvero dare la colpa a qualcun altro e fingere di essere stato solo trascinato dagli eventi? Tu hai esagerato. L’hanno visto tutti.”
“E va bene, e va bene.- sbuffò l’apprendista meccanico, incrociando le braccia al petto- E allora? Che cosa credi che dovrei fare? Andare a bussare alla sua porta come se niente fosse dopo settimane e chiedergli scusa? Non abbiamo dieci anni, Sam.”
Il quindicenne fece una smorfia “Beh, vi state entrambi comportando come se li aveste.”
Dean fece roteare gli occhi “Può darsi, ma ciò non cambia il fatto che siamo ad una situazione di stallo.”
“Non necessariamente.” dissentì il fratello minore.
L’apprendista meccanico lo fissò cauto, la fronte aggrottata “Che vuoi dire?”
Sam, i grandi occhi nocciola carichi di aspettativa, gli rivolse un sorriso incoraggiante “Tu tieni a Cas, giusto?”
L’altro giovane non poté fare a meno che sbattere le palpebre, spiazzato da una domanda così diretta “Cosa?”
“Avanti, non devi per forza essere emotivamente costipato.- sbuffò il fratello minore- Ammetti semplicemente di tenere a Castiel.”
Dean si voltò, le gote arrossate suo malgrado “E va bene. Io, sì, ecco, uhm… Insomma, hai capito, no?”
“Accetterò questa risposta e ignorerò il fatto che parli come una dodicenne alla prima cotta.” ghignò Sam, divertito dal modo in cui il fratello aveva balbettato nel fornire la propria risposta.
“Il tuo punto sarebbe?- sbottò Dean, irritato per essere stato schernito- Me lo hai fatto ammettere solo per farti una risata?”
Sam scosse la testa “No, l’ho fatto solo per farti capire che tieni talmente a lui da potere anche andare per un po’ contro al tuo orgoglio e fare il primo passo per ristabilire il vostro rapporto.”
Il maggiore dei due Winchester sospirò “Sì, credo che tu abbia ragione.”
“E che cosa mi dici di Lisa?” incalzò quindi il quindicenne.
Dean alzò un sopracciglio “Che cosa intendi dire?”
“La vostra è davvero una cosa seria?- elaborò quindi il ragazzo- Quando farai pace con Castiel-”
Se farò pace con Castiel.” lo corresse il fratello con uno sbuffo.
Sam lo ignorò completamente “Quando farai pace con Castiel, che ne sarà della tua relazione con Lisa?”
Dean aggrottò le sopracciglia “Non capisco che cosa c’entri il mio rapporto con Lisa con il fatto che io potrei ritornare a frequentare Cas. Io e lui siamo solo amici.”
“Dean, io so che quando lo dici tu sembri davvero convinto di credere a quello di cui stai parlando, ma credo che in fondo lo sappia bene anche tu che i tuoi sentimenti per Castiel sono tutt’altro che platonici.- spiegò quindi il minore dei due fratelli, cercando di essere il più diplomatico possibile- Tutta la città se ne è resa conto, perfino Chuck Shurley e lui non si è nemmeno accorto di quando hanno recapitato per sbaglio davanti a casa sua quel castello gonfiabile e tutti i bambini della città hanno iniziato a riunirsi nel suo cortile a giocare.”
L’apprendista meccanico abbassò lo sguardo, estremamente cocciuto nel negare ciò che ormai era evidente a tutti.
“È per via di papà?” indagò quindi Sam, preoccupato che Dean non desse davvero ascolto ai propri sentimenti per paura di cosa potesse pensare John.
L’altro spalancò gli occhi “Cosa? No!”
Dean sapeva benissimo a cosa si riferiva Sam. Il maggiore dei due Winchester aveva iniziato ad esplorare la propria sessualità quando aveva poco più di quattordici anni e, se all’inizio il suo interesse era rivolto principalmente alle ragazze, nel giro di qualche anno aveva scoperto di essere attratto anche dai ragazzi. All’inizio aveva cercato di ignorare la cosa, ovviamente. John, ex-militare dalla testardaggine leggendaria e con un incredibile attaccamento ai valori tradizionali, non avrebbe mai accettato un figlio che non fosse perfettamente eterosessuale. Eppure, Dean aveva iniziato a comprendere che non poteva di certo nascondere se stesso per sempre, quindi aveva fatto ciò che credeva fosse più giusto: aveva parlato con sua madre. Mary era stata estremamente comprensiva, lo aveva abbracciato e gli aveva detto che non avrebbe dovuto mai nascondere niente a nessuno perché lui era perfetto esattamente così com’era e chiunque gli avesse voluto davvero bene non lo avrebbe mai giudicato per le sue preferenze sessuali più di quanto lo facesse per il colore dei calzini che portava. Quando John lo venne a scoprire, tuttavia, nulla andò per il verso giusto.
Ci fu una litigata. Un’enorme litigata.
John litigò con Dean perché non accettava la sua sessualità a suo parere deviata.
Mary litigò con John perché odiava il fatto che suo marito potesse comportarsi in quel modo con suo figlio.
L’atmosfera in casa Winchester era diventata pesante e dovettero passare mesi prima che tutto tornasse alla normalità. L’argomento non venne più toccato, non fino a dopo l’incendio. Perdere Mary e la propria casa sembrò costringere John a rivalutare le proprie convinzioni. Una sera parlò con Dean, si scusò con lui profusamente, e gli garantì che per lui non avrebbe fatto alcuna differenza chi decidesse di amare in quanto lui era suo figlio e lo amava, e ciò era quello che era veramente importante.
“No, papà non c’entra nulla.” ribadì di nuovo Dean.
“E allora che cosa c’è a fermarti?- incalzò Sam, scrutandolo attentamente- Lisa?”
Il fratello maggiore si umettò le labbra, ripetendo una frase che aveva detto spesso “Lisa è perfetta, però…”
“Forse non è la perfezione ciò di cui hai bisogno.- concluse per lui il quindicenne- Forse hai bisogno di qualcuno con cui tu possa stare anche senza dovere fare niente di straordinario, qualcuno che non abbia paura di dirti senza mezzi termini quando ti stai comportando da idiota, qualcuno che ti dia la sua opinione e i suoi consigli ma che alla fine ti faccia fare le tue scelte e non te le rinfacci.”
Dean alzò un sopracciglio “E questo qualcuno sarebbe Cas?”
“Sì.- annuì prontamente Sam- So che non sta a me a dirlo, ma sono tuo fratello e ti conosco, Dean. Ti stai facendo scappare un’ottima occasione per essere veramente felice.”
L’apprendista meccanico fissò il fratello per qualche secondo e poi si ritrovò a scuotere la testa, vinto da quella accorata dichiarazione “Wow. Da quando hai iniziato a leggere la posta del cuore?”
Sam si ritirò quando Dean tentò di arruffargli i capelli “Fesso.”
“Puttana.” ribatté prontamente l’altro, un sorriso divertito sulle labbra piene.
“Allora farai il primo passo per riappacificarti con Castiel?” si informò immediatamente il quindicenne.
“Sam, io davvero non ho idea di cosa fare per fargli capire che mi dispiace.- scosse la testa Dean- Se fosse una ragazza gli porterei dei fiori, ma a lui?”
Sam rise “Potresti portargli una piantina. Cas adora quel genere di cose. È un po’ strano.”
Dean riprese in mano il canovaccio “E tu dici che un piccolo cactus o che so io potrebbe dire Hey, scusa se mi sono comportato come un idiota e ho rotto il naso al tuo ex. Torniamo amici? Oppure qualcosa di più? Nessuna pressione, eh.
“Non so, ma di certo sarebbe un gran passo avanti rispetto a questa ridicola guerra del silenzio che avete iniziato.” disse il fratello minore rivolgendogli un sorriso.
L’altro sbuffò “Hey, guarda che io e Cas ci parliamo quando ci incrociamo in città.”
“Dei mugugni monosillabici che dovrebbero essere dei saluti non contano.” dichiarò Sam, recuperando a sua volta la pentola che era rimasta dimenticata nel lavandino fino a quel momento.
“E va bene, e va bene.- capitolò Dean- Andrò a parlare a Castiel domani.”
“Non andare a casa sua, vai alla pasticceria.” gli suggerì immediatamente il quindicenne.
Il fratello maggiore lo fissò perplesso “Ma tu mi hai appena detto…”
“Lo so. Ma andare a casa sua sarebbe come invadere i suoi spazi senza essere invitato.- spiegò quindi Sam- Per la vostra riappacificazione dovete scegliere dei luoghi neutrali dove nessuno di voi due possa avere dei vantaggi emotivi.”
Dean scosse la testa, sbuffando una risata “Ok, tu leggi troppo.”
“Lo so che lo fai anche tu, di nascosto, per mantenere la tua aria di macho rude e- Dean!” strillò Sam, quando il fratello gli lanciò in faccia il canovaccio bagnato, un dispetto ovviamente mirato a farlo stare zitto.
“Te la sei cercata!” rise il maggiore dei due fratelli, mentre faceva uno scatto per sfuggire alla vendetta del giovane.
“Torna qui, ti faccio vedere io!”
John sospirò pesantemente mentre si richiudeva la porta dell’appartamento alle spalle e i suoi figli gli sfrecciarono di fronte, inseguendosi spensierati ed incuranti del caos che si lasciavano alle spalle “In momenti come questi mi sarebbe piaciuto avere delle figlie femmine.” mormorò scuotendo piano il capo.

 

 

Castiel era un bravo ragazzo, non c’era nessuno in città che potesse affermare il contrario.
Era il genere di giovane che cedeva il posto sull’autobus con un sorriso sulle labbra, che si fermava ad aiutare le vecchine con la spesa troppo pesante e che alla mensa scolastica divideva il proprio pranzo con chi si era dimenticato di portarsi qualcosa da casa.
Non era perfetto, certo, ma nessuno poteva dubitare sulla grandezza del suo cuore.
Nonostante questa sua indole, tuttavia, il destino sembrava divertirsi a giocargli dei brutti scherzi. Era per questo, probabilmente, che quando Gabriel lo mandò al minimarket del signor Adler, invece di trovare alla cassa Zachariah in persona, il completo austero e sul volto l’espressione infuriata di chi ha appena investito i propri soldi in un nuovo sistema informatico che non riesce ancora ad utilizzare nonostante gli sforzi erculei, Castiel si ritrovò faccia a faccia con il sorriso abbagliante di Lisa.
Lì per lì il diciassettenne rimase impietrito.
Non l’aveva ancora ammesso con nessuno, ma in quelle due settimane aveva studiato perfettamente gli orari di Dean e Lisa. Sapeva quando lui aveva i turni al locale e da Bobby e quando lei aveva l’allenamento delle cheerleader e quando faceva da babysitter a Jessie Turner. Era diventato ossessivo, quasi maniacale, nel proprio obiettivo di non incrociare ne l’uno ne l’altro, soprattutto non quando i due innamorati si trovavano insieme.
All’inizio, Castiel aveva pensato che questa sua nuova repulsione nell’incontrarli fosse dovuta alla sua litigata con Dean e alla sua improvvisa separazione da Balthazar.
Eppure, anche lui aveva dovuto ammettere con se stesso che c’era qualcosa di più dietro il suo comportamento.
Poi, una sera, mentre cercava con tutte le sue forze di non pensare, gli occhi inchiodati sulle pagine dell’ultimo libro di George R. R. Martin (un libro che Dean stesso gli aveva consigliato, gli ricordò la sua mente, malignamente), ma che in realtà non riuscivano a decifrare nessuna delle parole che avevano davanti, Castiel capì.
Gli abitanti di Heaven avevano ragione: c’era qualcosa fra lui e Dean, un legame profondo, che li legava a dispetto del buon senso e dei loro stessi desideri. Era come avere ritrovato all’improvviso la chiave ad uno scrigno che nemmeno si sarebbe voluto aprire, ma che finalmente era lì e quindi non faceva altro che invogliare a dare una sbirciatina a quello che di mirabolante poteva contenere.
Scoprire di provare dei sentimenti per Dean era stato traumatico per il giovane. La sua mente non faceva altro che ricordargli che lui amava Lisa e che insieme erano felici.
Inoltre, sibilava con cattiveria una vocina nella sua testa, era davvero così arido sentimentalmente da buttare da parte tutto quello che aveva costruito con Balthazar come se si trattasse di un giocattolo vecchio e passato di moda?
Castiel scosse la testa, imponendosi di non indugiare oltre nei propri pensieri. Afferrò meccanicamente uno dei vecchi cestini di metallo e lanciò a Lisa, seduta alla cassa a chiacchierare con un’amica, tra le mani affusolate e dalle unghie perfettamente laccate una rivista patinata, un sorriso di saluto. Si congratulò con se stesso per essersi comportato normalmente e iniziò ad aggirarsi senza fretta negli stretti corridoi del mini-market, in una mano la lista della spesa che gli aveva consegnato Gabriel poco prima e il suo piccolo sacco di farina, il suo seccante compito di educazione sessuale, ben al sicuro sulle solide maglie ricoperte di vernice blu del cestino della spesa.
“Non è bellissimo?” sentì domandare Lisa, mentre il diciassettenne confrontava senza vero interesse le percentuali di cacao contenute nelle barrette richieste da suo fratello.
La sua amica si affrettò a rispondere con voce carica di giubilo “Oh, Lis, quanto ti invidio! Se avessi un fisico come il tuo anche io vorrei mettermi un vestito del genere per il ballo.”
“Sarah, tu sei bellissima, puoi metterti tutto ciò che vuoi esattamente come me.- la rincuorò immediatamente la bella ragazza dai capelli corvini- Comunque, sono ancora indecisa se comprare anche delle scarpe oppure dei sandali. Non voglio esagerare, però, non è certo il ballo di fine anno, questo, solo quello invernale. Tu che ne dici?”
Castiel lasciò scivolare nel proprio cestino una confezione delle merendine preferite di Gabriel e si spostò al corridoio attiguo “Io comprerei delle scarpe, così le metti anche all’ultimo dell’anno.- sentì dire da Sarah- Tu e Dean verrete alla festa a casa di Ruby, vero? Dicono che sarà epica.”
Il ragazzo sentì lo sbuffò della giovane anche se si trovava a due corridoi di distanza dalla cassa “Dean ha detto che ci deve pensare. Credo che voglia passare il Capodanno anche con i suoi amici, una cosa intima e tranquilla alla Roadhouse.”
“No!- protestò immediatamente l’altra, forse con un po’ troppa veemenza- Lisa, devi venire a quella festa, sarà l’evento dell’anno!”
Lisa rise, la sua risata frizzante e cristallina “Oh, non ti preoccupare, Dean alla fine me la darà vinta. Succede sempre.”
Castiel si sentì in imbarazzo ad origliare quella conversazione. In realtà, non stava propriamente origliando. Lisa e la sua amica di certo non stavano mantenendo un tono di voce basso e lui era abbastanza certo che Meg avrebbe definito il loro starnazzare solo di poco inferiore, in termini di decibel, al rumore prodotto da un jet in fase di atterraggio.
“Oh, sei così fortunata da avere Dean.- sospirò l’altra ragazza con tono sognante- È terribilmente sexy.”
Lisa sospirò a sua volta “Hai ragione. Ma c’è molto di più dietro a quella sua aria da bello e tenebroso, sai? Dean è così premuroso e dolce e so che ha avuto un po’ di ragazze prima di me, ma ormai stiamo insieme da più di un mese.”
Sarah ridacchiò “Probabilmente stava solamente cercando la persona giusta.” canticchiò con tono petulante.
Il minore dei due fratelli Novak si fermò suo malgrado, la mano talmente stretta sulla maniglia dei frigorifero delle bevande che le sue nocche erano diventate di un bianco abbagliante. Ovviamente lui sapeva che c’era molto di più di Dean rispetto a quanto lui voleva fare vedere agli altri. Eppure, l’idea che anche Lisa ne fosse pienamente consapevole, e che magari potesse essere a conoscenza di qualche sua incredibile caratteristica di cui lui probabilmente era ancora all’oscuro gli aveva fatto crescere un nodo allo stomaco. Mentre sentiva il sangue pulsargli nelle orecchie, una vocina irritante all’interno della sua testa lo informava che era geloso, cosa che trovò immediatamente irrazionale dato che Dean non era il suo ragazzo, anzi, in quel momento non era nemmeno certo se potesse ancora rientrare nella categoria degli amici.
“Castiel, va tutto bene?”
La voce di Lisa lo fece sobbalzare e il diciassettenne si ritrovò a voltarsi, trovandosi faccia a faccia con le due ragazze, che lo osservavano con la fronte aggrottata dal bancone della casa, proprio in fondo al corridoio in cui si trovava.
Castiel deglutì a vuoto e quando parlò lo fece con voce flebile, cercando di ignorare il fastidioso pulsare della propria testa “Come?”
“Ti ho chiesto se va tutto bene.” ripeté la ragazza con una nota preoccupata nella voce.
“Oh. Sì, certo.- si affrettò a confermare il giovane, piazzandosi sul volto un sorriso troppo tirato per essere convincente- Tutto a posto.”
“Sei sicuro?- indagò di nuovo Lisa, inclinando la testa leggermente per scrutarlo meglio- Sei molto pallido, non sembri molto in forma.”
Castiel si sforzò di sorridere in modo più rassicurante “Sono solo stanco, Lisa, non ti preoccupare.”
La ragazza annuì piano “Ok. Chiama pure se ti serve aiuto con quello che stai cercando.”
“Ma certo.” la rincuorò il giovane, prima di muoversi di qualche passo ed aprire di nuovo lo sportello del banco frigo per prendere le pizze surgelate tanto adorate da Gabriel.
Castiel si accorse che qualcosa non andava quando aveva ancora fra le mani la scatola fredda e umida. Sentiva uno strano ronzio nelle orecchie e davanti ai suoi occhi danzavano delle luci bianche.
Ciò che riuscì a sentire prima che la forza di gravità avesse la meglio su di lui fu una voce concitata che gridava il suo nome.
“Cas!”

 

Castiel si stava già risvegliando, ma questo non fece certo dissipare la preoccupazione del giovane che lo stava fissando con la fronte aggrottata.
Il diciassettenne si portò una mano alla testa ancora prima di aprire gli occhi e dalle labbra gli sfuggì un gemito soffocato.
“D-Dean?- chiamò, gli occhi subito attratti dall’unica persona presente in quella stanza piccola e dall’arredamento scarso e malridotto- Dove…Dove sono? Cosa ci fai tu qui?”
Dean si alzò dalla traballante sedia pieghevole dove era seduto e la trascinò rumorosamente fino al vecchio e scomodo divanetto dove poco prima aveva adagiato Castiel  “Siamo nel retrobottega del negozio, nella saletta degli impiegati.- spiegò, additando il primitivo distributore di caffè, il tavolo rotondo in mezzo alla stanza e gli armadietti di metallo, corredati di targhetta con nome, addossati alle pareti- Lisa mi ha detto che sei svenuto nel reparto surgelati.”
Castiel sbatté le palpebre più volte, cercando di rievocare quanto era appena accaduto senza peggiorare il tremendo mal di testa che lo attanagliava “Oh. E tu…”
“Io stavo entrando in quel momento per comprare delle cose,- continuò a spiegare Dean, i cui brillanti occhi verdi non avevano smesso per un attimo di scrutarlo con attenzione e apprensione- ho sentito Lisa e la sua amica gridare e quando mi hanno spiegato cosa era successo ti ho portato qua dietro.”
“Grazie.- sussurrò Castiel, puntellandosi con le mani sulla scivolosa superficie di finta pelle marrone del divano per aiutarsi ad alzarsi- Ma ora mi sento molto meglio. Credo proprio che…”
Il maggiore dei fratelli Winchester fece uno scatto verso di lui, posandogli le mani sulle spalle e rispigendolo a sdraiarsi “No, Cas. Sei appena svenuto e hai anche sbattuto la testa.”
“Ow.” si lamentò il giovane, sfiorandosi la nuca con le lunghe dita affusolate.
“Visto?- disse Dean con un sorriso incoraggiante sulle labbra- È meglio che tu aspetti qui. Hanno già chiamato Gabriel, ti porterà da un dottore per un controllo.”
Castiel si lasciò guidare dalle mani di Dean e tornò a sdraiarsi e non poté impedire ad un brivido di scorrergli lungo la schiena quando l’altro giovane, nello scostarsi da lui, fece scivolare le proprie mani calde lungo il suo braccio.
Il diciassettenne lo fissò con intensità, come se stesse cercando di assorbire ogni piccolo particolare del suo volto prima che potesse sparire, quasi fosse un ologramma destinato a dissolversi, e Dean, inaspettatamente, non sembrava per niente imbarazzato dal modo insistente in cui il suo sguardo indugiava su di lui. Invece, con altrettanta attenzione, i suoi occhi non si scostavano a sua volta dai suoi.
I minuti si trascinavano lentamente uno dietro l’altro e nessuno dei due ragazzi parlò, eppure il silenzio che si era creato fra loro non era affatto pesante o carico di imbarazzo. Erano semplicemente lì, gli occhi dell’uno fissi in quelli dell’altro, completamente inconsapevoli del trascorrere del tempo.
Proprio nel momento in cui Dean decise di schiudere le labbra e dire qualcosa, la porta si spalancò violentemente e Gabriel entrò nella stanza a passo di marcia, il volto pallido e con un’espressione tesa e preoccupata che raramente era associata a lui. Alle sue spalle, calmo e controllato come al solito, lo seguiva Joshua Bustani, l’unico medico di base che esercitava ad Heaven. Dean non aveva mai parlato di persona con lui, ma Sam gli aveva rivelato, una volta che era tornato a casa dal suo studio dove si era recato per farsi prescrivere degli antibiotici per un’influenza, che, se l’abitazione del dottore poteva essere considerata minuscola, tanto non si poteva dire del suo giardino, ampio e rigoglioso, al fianco del quale vi era anche una gigantesca serra dove l’uomo coltivava ogni genere di piante, fiori ed erbe, una delle sue grandi passioni.
“Cassie!- chiamò il maggiore dei Novak con fare concitato, mentre posava entrambe le mani sulle guance del fratello per esaminarlo meglio- Che cosa è successo?”
“Cas è svenuto mentre faceva la spesa.- spiegò Dean in modo pratico e conciso- Io ero appena entrato in negozio e l’ho portato qui. Si è ripreso quasi subito.”
Castiel annuì, lanciando al fratello un sorriso che sperava essere incoraggiante “Sto bene ora, Gabriel. Davvero.”
Gabriel scosse la testa “Questo lo faremo decidere a Joshua.”
Richiamato da quella frase, il medico di colore si avvicinò al divano ed iniziò a contare pulsazioni, misurare la pressione e parlare di come più tardi avrebbe fatto al giovane un piccolo prelievo. Nel frattempo, il maggiore dei due fratelli Novak si voltò verso Dean e gli posò una mano sulla spalla.
“Ti ringrazio di esserti occupato di lui fino adesso.” disse, sul volto un sorriso sincero.
Il giovane apprendista meccanico annuì “Non c’è di che.- ribatté, un po’ in imbarazzo- Cas è un mio amico.”
Gabriel si limitò ad alzare un sopracciglio e il suo sorriso, da gentile, era diventato il ghigno di qualcuno che era a conoscenza di molte più cose rispetto al proprio interlocutore.
Dean si ritrovò a distogliere lo sguardo, le gote leggermente arrossate da quanto quello sguardo poteva implicare “Sì, beh- si ritrovò a balbettare, prima di schiarirsi la voce e riformulare la frase- Io ora devo proprio tornare al locale. Fammi, uhm…Fammi sapere come sta Cas, ok? Ok. A dopo!”
Anche Castiel e Joshua si erano interrotti per voltarsi a guardare quei saluti concitati e quando il ragazzo si fu richiuso la porta alle spalle, il medico si girò nuovamente verso il proprio paziente con un sorriso bonario sulle labbra carnose.
“Quel ragazzo è proprio cotto.” dichiarò, appoggiandosi di nuovo lo stetoscopio attorno al collo.
Castiel abbassò lo sguardo, le gote cremisi “Oh, no. Io e Dean siamo solo amici.”
Joshua sorrise, indulgente “Ma certo, Castiel. Come dici tu.”
“Allora, Doc, che cos’ha il mio fratellino?” domandò quindi Gabriel, avvicinandosi di nuovo ai due ed appoggiando i palmi sulle spalle del fratello minore.
“La pressione è molto bassa e il battito leggermente accelerato.- spiegò quindi il dottore, prima di rivolgersi al diciassettenne- Dimmi, Castiel, per caso in questo ultimo periodo sei soggetto a mal di testa più del solito?”
Il giovane abbassò lo sguardo, come se stesse ammettendo una colpa terribile “A volte.”
“E per caso, a volte soffri anche di mal di stomaco o di mancanza di appetito? Magari spossatezza?”
Castiel giocherellò con i passanti dei propri jeans, le guance arrossate “Sono state delle settimane un po’ piene, per me.- ammise- Forse mi sono dimenticato di pranzare qualche volta.”
“Castiel.” sospirò Gabriel scuotendo il capo, ma la preoccupazione trapelava palesemente dal suo tono.
Joshua posò la sua grande mano sulla spalla del ragazzo “La mia prima diagnosi è che tu sei fortemente stressato, Castiel. Questo svenimento è il modo del tuo corpo per dirti che forse è il momento di rallentare un po’ il ritmo e di prenderti un po’ di tempo per te stesso senza pensare troppo al resto.”
“Stress? Solo un po’ di stress può fare questo?- domandò con insistenza Gabriel- Cassie non è mai stato ammalato prima, ha avuto solo il morbillo quando era all’asilo e poi è sempre stato sano come un pesce.”
Il medico si voltò verso l’apprensivo fratello maggiore del suo paziente “Gabriel, ti posso assicurare che non dovrebbe esserci niente di più che quanto vi ho già detto. Ci sarà solo da tenere un po’ sotto controllo la botta alla testa, ma non è nulla di grave, consiglio solo qualche giorno di riposo. Ho fatto a Castiel un piccolo prelievo, inoltre, così potrò fare qualche analisi e vedere se c’è qualcosa di più preoccupante che possa avere causato lo svenimento, ma ne dubito. So quanto può essere difficile ma, te ne prego, non preoccuparti eccessivamente in attesa dei risultati.”
Il volto del maggiore dei Novak si distese un po’ “Sarà un po’ difficile, Doc.- dichiarò, arruffando i capelli di Castiel- Lui è il mio fratellino.”
Il diciassettenne scacciò la mano del fratello con finta irritazione, per poi spalancare gli occhi ed esalare un “Oh.” Flebile.
“Che c’è?- Gabriel si girò di nuovo di scatto verso di lui, la preoccupazione di nuovo dipinta a chiare lettere sul suo volto- Non stai bene di nuovo? Ti senti svenire?”
Castiel si affrettò a scuotere la testa “No, solo che…prenderò un’insufficienza in educazione sessuale: ho fatto cadere il mio sacco di farina.”
Il maggiore dei due fratelli si mise a ridere e gli scompigliò affettuosamente i capelli “Parlerò io con il tuo professore.”

 

Castiel era affetto da una carenza di ferro, ma il dottore aveva assicurato che una giusta alimentazione e una breve terapia con integratori avrebbe risolto in poco tempo questa mancanza.
Ovviamente, senza Joshua a contenere la sua preoccupazione, Gabriel era letteralmente impazzito.
Mentre tornavano a casa, Castiel accucciato stancamente nel sedile del passeggero, il maggiore dei Novak aveva sgridato il fratello per essere stato tanto sconsiderato da trascurare la propria salute e, una volta arrivati, il giovane gli aveva intimato che nei prossimi due giorni non avrebbe dovuto vederlo affaticarsi e che, quindi, sarebbe stato agli arresti domiciliari. Più specificatamente, degli arresti domiciliari che gli avrebbero consentito di muoversi solo dal suo letto alle sedie in cucina e da quelle al divano del salotto. Gabriel, in un attacco di magnanimità, aveva concesso al diciassettenne di avventurarsi fino alle poltrone della veranda, a patto che si portasse con sé una coperta abbastanza pesante.
Castiel, ovviamente, l’aveva assecondato in tutto ed era per quel motivo che la mattina successiva, invece di andare alla pasticceria insieme al fratello, si trovava seduto sulla veranda, una morbida coperta di pile sulle gambe, una tazza fumante di tè alla menta piperita tra le mani e un libro pronto ad essere letto scrupolosamente. Il ragazzo sapeva cosa si sarebbe dovuto aspettare da quella pigra domenica mattina, una delle rare domeniche in cui era costretto a saltare la funzione delle nove, e non vi sarebbe stato niente di interessante fino al ritorno di Gabriel per il pranzo, che non era autorizzato a preparare lui stesso perché avrebbe violato le sue condizioni per rispettare il riposo totale.
Ciò che non si aspettava, invece, era di vedere Dean avvicinarsi a passo marziale alla porta di casa sua, sul volto un’espressione determinata e talmente concentrato da non accorgersi che Castiel era effettivamente fuori casa e non dentro.
“Dean!- chiamò il ragazzo, proprio mentre l’altro giovane aveva appoggiato la punta dell’indice sul campanello- Cosa ci fai qui?”
Dean si voltò di scatto, preso alla sprovvista “Ero passato in negozio per vedere come stavi, ma Gabriel mi ha detto che sei rimasto a casa.”
Castiel fece una smorfia “Sì, Joshua mi ha consigliato di riposarmi per un paio di giorni.”
“Non hai niente di grave, vero?” domandò quindi l’apprendista meccanico, la preoccupazione che per un attimo sembrava averlo liberato dallo stato di inspiegabile agitazione in cui si trovava.
“Sono solo un po’ anemico.- lo rassicurò il diciassettenne con un sorriso- Il riposo è soprattutto per la botta in testa che ho preso nella caduta.”
Dean spalancò gli occhi “Accidenti, nemmeno ci avevo pensato, a quello.”
“È ovvio, tu non sei un medico, Dean.” gli ricordò il ragazzo dagli occhi blu, fissandolo attentamente.
C’era qualcosa di strano in Dean, ma Castiel non era ancora riuscito a capire che cosa fosse. Probabilmente era quel suo atteggiamento stranamente nervoso, cosa che era decisamente strana per un tipo come il maggiore dei due fratelli Winchester, che solitamente amava mantenere un atteggiamento distaccato ed apparire come un duro al mondo intero.
Castiel inclinò leggermente la testa di lato e guardò l’amico distogliere lo sguardo e borbottare a bassa voce “Giusto.”
Dopodiché, Dean sembrò intenzionato a mantenere il silenzio.
“Uhm, vuoi…entrare a bere qualcosa?” propose il diciassettenne, quando vide che l’altro ragazzo sembrava ben contento solo a rimanersene lì, in piedi sulla sua veranda, impacciato con le mani affondate nelle tasche dei jeans.
Dean gli rivolse un sorriso tirato “No, grazie.”
“Ok.” sospirò Castiel, incerto sul cosa fare dopo quel rifiuto.
Non dovette aspettare troppo a lungo, tuttavia, dato che l’apprendista meccanico, dopo essersi osservato per svariati secondi la punta degli stivali neri come se lì si trovasse la risposta al più grande interrogativo dell’umanità, alzò improvvisamente lo sguardo, puntando i suoi grandi occhi verdi in quelli dell’amico “Cas, mi dispiace.”
Castiel sbatté le palpebre, spiazzato da quella dichiarazione “Ti ho già detto che….”
“Per quello che è successo dopo la rissa con Balthazar.- specificò quindi Dean- Non avrei mai dovuto dirti quelle cose e tu avevi ragione.”
Le labbra del ragazzo dagli occhi blu si schiusero in una ‘o’ silenziosa “Non fa niente.” aggiunse poco dopo.
“Cas…” iniziò di nuovo a parlare Dean, facendosi spazio sull’angolo della poltrona di vimini su cui era seduto l’amico.
Il diciassettenne lo fissò con la fronte aggrottata e la testa inclinata, aspettando che dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, purché gli facesse smettere di pensare al fatto che si trovavano così vicini eppure lui non avrebbe mai potuto averlo, non come lo desiderava.
Dean, invece, non parlò.
Appoggiò una mano sulla sua coscia e si avvicinò lentamente, così tanto che se Castiel avesse voluto si sarebbe potuto ritrarsi. Ma non lo fece. Ovviamente non lo fece.
Quando si congiunsero con le sue, le labbra di Dean erano calde ed accoglienti, ancora più morbide di quanto avesse immaginato e, mentre una mano era rimasta sulla sua coscia, l’altra gli incorniciava la guancia, accarezzandogli l’angolo della bocca con un pollice grezzo.
Quello era tutto quello che Castiel desiderava e, proprio mentre pensava che non potesse esserci niente di più bello al mondo, il peso della realtà gli crollò improvvisamente addosso come un macigno.
“Dean!- quasi gridò, ritirandosi da lui di scatto, le mani che tremavano mentre si sfiorava con la punta delle dita le labbra- Tu…Tu stai con Lisa!”
Anche Dean sembrò rinsavire al sentire menzionare la propria ragazza. Si alzò velocemente e mosse qualche passo all’indietro per mettere un po’ di distanza fra di loro “Giusto, giusto.- borbottò, scuotendo la testa. Sembrava pronto alla fuga da un momento all’altro- Scusa, io non so proprio cosa mi sia preso…”
Castiel prese qualche grosso respiro e abbassò lo sguardo sulla coperta che gli era scivolata dalle gambe “Forse è meglio che tu vada ora.”
Il maggiore dei fratelli Winchester annuì “Hai ragione.- disse, scendendo in fretta i due gradini della veranda e voltandosi indietro solo allora- Ci vediamo, Cas.”
Il tè alla menta piperita si era raffreddato e sarebbe rimasto lì, dimenticato, assieme al libro che Castiel progettava di leggere, per il resto della mattinata.

 

Più tardi, all’ora di pranzo, Gabriel rientrò in casa carico di buste della spesa e seguito a ruota da Kalì, decisa più che mai nel preparare una pasto sostanzioso e ipernutriente per il fratello del suo ragazzo, cosa che non era affatto certa che lui stesso fosse in grado di fare.
Gabriel la lasciò fare, scappando dalla cucina come se fosse il punto designato per lo sgancio di una bomba per recarsi nella camera del fratello minore, dove si divertì a lamentarsi scherzosamente di quanto la donna indiana fosse terrificante quando si metteva in testa una cosa e lo fece abbastanza ad alta voce per stuzzicare l’interessata e far scoppiare un battibecco più ricreativo che astioso.
Tuttavia, quando Kalì chiamò il maggiore dei fratelli Novak per farsi aiutare a sbucciare delle patate, il giovane si alzò, dimostrando un’obbedienza che poco si sposava con il suo carattere, ma si fermò proprio sull’uscio della stanza.
“Oh, sai la novità, Cassie?- disse, voltandosi verso il fratello- Lisa Braeden e Dean Winchester si sono lasciati.”

 

 

 

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A costo di sembrare un disco rotto, mi ripeto anche questa volta: scusatemi. Mi dispiace per tutti voi che seguite questa storia e che la commentate, illuminandomi ogni volta la giornata. Purtroppo, questa volta, non è stata la mia pigrizia ad impedirmi di aggiornare ma il fatto che il mio computer ha deciso di suicidarsi proprio mentre ero fuori città, e quindi quando mi era irreperibile qualsiasi tecnico di fiducia. Il mio laptop ora è ritornato in vita, è vero, ma ahimè non è più lo stesso, ma un catorcio inabile a fare la maggior parte delle cose, che tuttavia sarà in grado di sopravvivere (spero) senza ulteriori problemi fino a quando racimolerò abbastanza soldini per un nuovo acquisto. Manco a dirlo, ovviamente tutti i miei file sono stati cancellati e io non sono potuta rientrare in possesso della mia ancora di salvezza, la sacra memoria esterna, per un altro mese. In sostanza, quando vi racconto di essere sfigata non mi sto facendo commiserare, ma racconto i fatti come stanno.
Finalmente sono riuscita a rimettere in piedi ciò su cui stavo lavorando prima del fattaccio, anche grazie agli appunti che prendevo sullo smartphone nei momenti di ispirazione, e sono abbastanza soddisfatta del risultato, bieco escamotage dello svenimento a parte.
Voi che ne pensate? I momenti ufficialmente Destiel si avvicinano, finalmente, proprio come avevo promesso millemila capitoli fa! ;D
Come sempre, fatemi sapere che ne pensate del capitolo, mi fa molto piacere leggere le vostre opinioni.

 

A prestissimo (spero davvero, questa volta!)
Kisses, JoJo

 

P.S. Per chiunque abbia commentato e a cui io non sia riuscita ancora rispondere: scusatemi tanto. Giuro che appena trovo un po’ di tempo per mettermi a scrivervi in modo consono, e non con un semplice ‘grazie’, lo farò. Sappiate però che ho letto tutto e che vi ringrazio per avere perso del tempo per avermi fatto sapere che cosa ne pensate di questa mia storia.

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Capitolo 10
*** Due cuori e una crostata (o due, o tre...) ***


 

 

10. Due cuori e una crostata (o due, o tre…)

 

 

Castiel si strinse meglio il nodo della sciarpa che gli avvolgeva il collo, il corpo scosso da un leggero tremito mentre una raffica di vento gli scompigliava i capelli e gli stringeva il viso in una morsa gelida. Sfilò una mano dalla tasca in cui era rifugiata e controllò l’ora sull’orologio che teneva al polso per l’ennesima volta.
Rufus era in ritardo.
Il ragazzo sbuffò, e il suo respirò lasciò le sue labbra in una piccola nuvoletta bianca.
Per essere solo Novembre, quell’anno, faceva eccezionalmente freddo. Anche Herbie sembrava pensarla così, dato che il malandato maggiolino giallo aveva deciso, proprio mentre il diciassettenne si stava dirigendo fuori città con una lunga lista della spesa infilata nella tasca del caldo cappotto di lana cotta, che un viaggio fino al centro commerciale situato a tre quarti d’ora di distanza da Heaven sarebbe stato troppo e così, senza alcun preavviso, aveva smesso di funzionare proprio nel mezzo della deserta strada statale alle porte della cittadina.
Castiel, ovviamente, non si era scomposto. Ormai la macchina dei Novak si fermava di punto in bianco così frequentemente che raramente i due fratelli restavano sorpresi da ciò. Riuscivano con abilità ormai sopraffina ad accostare prima che Herbie esalasse il proprio ultimo respiro della giornata, e poi procedevano a chiamare Bobby, il cui numero era il primo sulla lista delle chiamate rapide, subito prima di quello della pizzeria d’asporto cittadina.
Il ragazzo sbuffò di nuovo, questa volta con il preciso intento di osservare il proprio respiro condensarsi non appena ebbe lasciato le sue labbra. Fu in quel momento che notò la grossa auto nera avvicinarsi e accostare solo qualche metro più in là del maggiolino giallo. Era inconfondibile, e il suo cuore iniziò a battere all’impazzata suo malgrado ancora prima che la portiera si aprisse e il giovane conducente potesse posare i piedi sull’asfalto umido.
Dean Winchester gli si avvicinò con un sorriso spavaldo sulle labbra carnose e si fermò a pochi passi da lui.
“Bobby dice che tu e Gabriel dovete decidervi a disfarvi di quel ferro vecchio.” disse a mo’ di saluto.
Castiel sbatté le palpebre un paio di volte prima di ribattere “Dean? Credevo che venisse Rufus a prendere la macchina.”
Il giovane scrollò le spalle, ben coperte da una giacca di pelle dall’aspetto vissuto “Lo credevo anche io, prima che iniziasse a battibeccare con Bobby. Ti giuro, quei due litigano come se fossero sposati da cinquant’anni.”
“E dov’è l’auto-rimorchio?” domandò di nuovo Castiel, allungando il collo verso la strada come se il vecchio camioncino di Bobby Singer potesse spuntare all’orizzonte da un momento all’altro.
“Non verrà subito, c’è stata una specie di emergenza.- spiegò quindi Dean scuotendo la testa, ancora incredulo di come ogni giorno ad Heaven accadessero le cose più bizzarre- Garth si è schiantato con il trattore contro una balla di fieno. Fortunatamente non si è fatto niente, solo che il vecchio trattore di suo padre ha perso tutte le ruote. Sì, tutte e quattro, non chiedermi come è potuto succedere. Bobby e Rufus sono andati a dare una mano per cercare di tirare fuori dal campo quello che è rimasto del mezzo e portarlo poi all’officina per le riparazioni. Mi sono offerto di darti un passaggio fino a casa.”
Il minore dei Novak spalancò gli occhi blu “Oh. Veramente, sarei dovuto andare a fare la spesa per casa e la pasticceria…”
L’altro ragazzo sventolò una mano con noncuranza “Ho finito il mio turno, se ti va posso accompagnarti io.”
Castiel abbassò lo sguardo, fissando con insistenza la punta dei propri scarponcini. Quella sarebbe stata la prima interazione ufficiale fra lui e Dean dopo l’inaspettato bacio e dopo la rottura con Lisa: il ragazzo non era certo di essere pronto ad affrontare una cosa simile, anche se un  comportamento del genere era così irrazionale da non essere per niente tipico di lui “Non è necessario, Dean,- lo rassicurò con un sorriso timido- puoi riportarmi ad Heaven e poi da lì posso prendere l'autobus.”
Dean alzò un sopracciglio “Cas, vuoi davvero portare su un autobus affollato sacchi di farina e altri generi alimentari? Andiamo, ti accompagno io. Non mi pesa, davvero.”
Il diciassettenne provò a rifiutare nuovamente, ma gli occhi del giovane erano così brillanti e il suo sorriso così luminoso e invitante che non poté fare altro che sussurrare “Ok. Grazie, Dean.”

 
L’interno dell’Impala, in confronto all’umida e gelida aria novembrina, sembrava il paradiso. Castiel non poté fare a meno di lasciarsi affondare nel morbido sedile di pelle e di respirare a pieni polmoni l’odore di cuoio, olio di motore e qualcosa che era così essenzialmente Dean da non poter essere identificato altrimenti. Il ragazzo era talmente preso da quelle sensazioni e dall’incredibile senso di sicurezza e appartenenza che gli dava il solo essere in quella macchina che non si rese conto subito di essere osservato tuttavia, appena si voltò verso il posto del guidatore, Dean era lì ad osservarlo con un sorriso enigmatico sulle labbra.

“Che cosa c’è?- domandò preoccupato, portandosi automaticamente le mani alla faccia- Ho i pomelli di Heidi e il naso di Mastro Ciliegia, vero? Mi succede sempre, Gabriel non fa altro che prendermi in giro, ma non è colpa mia se soffro il freddo…”
Il maggiore dei fratelli Winchester scoppiò a ridere “Stavo solo guardandoti, Cas, niente di trascendentale.”
Ancora sghignazzando, e trovando adorabile il modo in cui le guance di Castiel si erano imporporate ulteriormente, il ragazzo avviò il motore dell’Impala e si immise nuovamente in carreggiata e l’autoradio ripartì automaticamente diffondendo nell’abitacolo Bob Seger a tutto volume.
Castiel allungò automaticamente la mano verso la manopola del volume, ma Dean la intercettò immediatamente “Hey! Che stai facendo?”
Il diciassettenne sbatté le palpebre “Volevo solo abbassare un po’.”
“Ok.- concesse il guidatore, prima di spiegare con tono eccessivamente serio- Ricorda, però, regola numero uno di questa macchina: chi guida sceglie la musica, il passeggero tiene chiusa la bocca.”
Il giovane dagli occhi blu annuì piano, ma sul suo volto era ben visibile il divertimento causato da quella dichiarazione “Ma certo, Dean.”
L’apprendista meccanico tornò a fissare la strada davanti a sé ma, nonostante l’Impala fosse invasa dalle note del suo genere di musica preferito, gli sembrava che l’assenza di conversazione fosse insopportabile. Lanciò uno sguardo fugace all’amico da poco ritrovato e lo osservò mentre, con le mani appoggiate sul grembo, e gli occhi puntati fuori dal finestrino sembrava assorto dai propri pensieri.
“Come va la tua testa?” si ritrovò a domandare, dopo altri interminabili attimi di silenzio.
Castiel si voltò di scatto, preso alla sprovvista dall’inaspettata domanda “Come? Oh, intendi per la caduta dell’altro giorno! Bene, grazie. Era solo un brutto bernoccolo.”
Dean aggrottò la fronte, voltandosi per un secondo per scrutarlo con attenzione, come se in quel modo potesse appurare la veridicità di quell’affermazione “Quindi ora stai meglio, giusto?”
“Sto seguendo una dieta rinvigorente grazie a Kalì.- spiegò quindi il diciassettenne con voce concitata- E Becky, e Missouri, e Ellen… In effetti, a casa abbiamo talmente tanto cibo che nemmeno Gabriel riesce a finire tutto. Non che riesca ad avvicinarsi a quello che portano appositamente per me, Kalì non glielo permette ed è davvero terrificante quando si mette in testa una cosa. Credo che sia per questo motivo che lui la ama così tanto e…Scusa, sto parlando a mitraglietta, non so perché lo sto facendo, non lo faccio mai. Scusa.”
Il maggiore dei fratelli Winchester si lasciò scappare una risata, per poi decidersi a tranquillizzare l’amico dopo essersi reso conto che era imbarazzato da quella reazione, le guance decorate da un acceso color ciliegia.
“Tranquillo, Cas, anche a me capita di straparlare, a volte.- lo tranquillizzò quindi, strizzandogli l’occhio- Anzi, se lo chiedessi a Sam potrebbe raccontarti diversi episodi imbarazzanti in cui non sono riuscito a controllare la lingua. Ma non chiedergli niente, però. Per favore.”
Castiel ridacchiò e sembrò subito a proprio agio, prima di puntare i suoi intensi occhi blu sull’amico “Mi dispiace per te e Lisa.” dichiarò, con una sincerità tale da lasciare Dean un po’ spiazzato.
Il ragazzo scrollò le spalle, rivolgendogli un sorriso imbarazzato al pensiero del vero motivo per cui aveva dovuto lasciare la ragazza. Un motivo molto concreto, molto umano, con due grandi occhi innocenti e che in quel momento si trovava così vicino a lui che sarebbe riuscito a sfiorarlo solo allungando una mano.
“Mi dimentico sempre che in questa città le notizie volano veloci.” si ritrovò a borbottare invece, sperando che nessuno dei suoi pensieri potesse essere colto.
“Mi dispiace.” ripeté il ragazzo, come se la colpa del gossip cittadino fosse sua.
“Non è colpa tua.- lo rincuorò Dean- E per quanto riguarda me e Lisa… Evidentemente non eravamo poi così adatti l’uno all’altra.”
“Sono certo che troverai presto qualcuno.” dichiarò con una sincerità disarmante il diciassettenne.
“Forse non dovrò nemmeno cercare così tanto.” si ritrovò a dire l’apprendista meccanico, non potendo fare a meno di fissare intensamente l’amico mentre pronunciava quelle parole.
Castiel arrossì vistosamente, cosa che non poteva sfuggire al suo interlocutore, nemmeno se aveva provato a nascondere quel fatto voltandosi rapidamente verso il finestrino.
Dal canto suo, Dean non poteva che gioire per quella reazione, tuttavia decise di fare finta di non essersene accorto e cambiò argomento di conversazione “Senti ancora Balthazar?”
“Sì.- ammise il giovane dagli occhi blu- In fondo, siamo stati amici per molto tempo prima che diventasse il mio ragazzo, mi sembrava stupido interrompere ogni tipo di rapporto fra noi solo perché la nostra relazione non ha funzionato.”
Il guidatore alzò un sopracciglio “Uh.”
“Ha una ragazza.” rivelò quindi Castiel con tono neutro.
“Quel figlio di puttana!- sbottò Dean, non riuscendo a trattenere la propria mano dal collidersi con il volante in un gesto di stizza- Prima ti lascia in quel modo e poi…”
Il diciassettenne gli posò una mano sul braccio, un tocco leggero pensato per calmare l’amico, ma che in realtà riuscì a stupire entrambi, essendo il primo contatto fisico dopo l’innominabile bacio che si erano scambiati l’ultima volta che si erano visti “In realtà, credo che Balthazar sia davvero innamorato di Atropos e io sono contento che lui sia felice.”
Dean fece roteare gli occhi “Ma certo che lo sei, tu sei una specie di angelo.”
“Non è vero, Dean.” borbottò Castiel aggrottando la fronte.
L’altro giovane si limitò a ridere della sua espressione imbronciata, prima di tornare a fissare la strada davanti a sé. Quella breve conversazione era bastata per ristabilire un buon clima fra di loro e Dean non poteva che esserne estremamente felice: ricostruire un rapporto con Castiel era così naturale che si domandava come avessero fatto a non averne uno per le settimane passate.
“Dean!- la voce del minore dei Novak strappò di colpo il ragazzo dai propri pensieri- Hai superato il supermercato!”
Dean seguì la direzione indicata dal dito affusolato dell’amico giusto in tempo per vedere il mastodontico e luminoso edificio che ospitava la loro destinazione designata sparire alle loro spalle “Lo so, Cas. Pensavo: perché non andiamo a prenderci un gelato?”
Castiel inclinò la testa di lato, spiazzato da quella proposta “Un gelato? Ma è quasi inverno…”
“E allora?- ribatté il giovane meccanico scrollando le spalle- Siamo ancora giovani, Cas, possiamo permetterci di mangiare gelato anche in mezzo a una tempesta di neve.”
“E la spesa?” indagò quindi il diciassettenne, non del tutto certo di poter rimandare la commissione che gli era stata affidata dal fratello maggiore.
Dean gli rivolse un sorriso abbagliante  “Il supermercato non scapperà, te lo assicuro.”
“Tu vuoi davvero portarmi a prendere un gelato?” domandò di nuovo il ragazzo dagli occhi blu, un sopracciglio inarcato.
“Sì, perché no?- il maggiore dei Winchester scrollò le spalle, come se quel gesto potesse dare alla sua proposta un maggiore senso di noncuranza- In fondo, è da tanto che non parliamo più, io e te, così magari possiamo recuperare un po’, no?”
Un sorriso si allargò sul volto di Castiel “Ok. Però con questo clima preferirei una tazza di caffè caldo. Magari con una fetta di crostata di mele.”
Al sentire quelle parole Dean non poté impedire ad un sorriso radioso di aprirsi sul volto a sua volta mentre svoltava a destra per uscire dalla statale e cercare un posto dove potere parlare con tranquillità.
Alla fine, il posto ideale risultò essere una piccola caffetteria che si affacciava sulla strada dietro ad un ampio parcheggio semi-deserto. Il guidatore parcheggiò di fronte all’ampia vetrina dalla quale si intravedeva il luminoso interno del locale, con piccoli tavoli rotondi che sembravano essere usciti da una sitcom degli anni Cinquanta, così come la paffuta cameriera che si aggirava fra i tavoli per servire caffè caldo alla manciata di avventori e il bancone in formica dietro al quale era ben in mostra una macchina per i milkshake, che mescolava ininterrottamente un cremoso liquido rosa confetto.
Quando i due ragazzi entrarono nel locale, tuttavia, lo trovarono caldo ed accogliente e la cameriera, che si presentò al loro tavolo con una caraffa di caffè fumante che versò prontamente nelle due grandi e colorate tazze che aveva portato per loro, prese le loro ordinazioni con un sorriso amichevole sulle labbra tinte di rosso brillante.
“Non è male, questo posto.- commentò Dean con un sorriso divertito- Se fosse più vicino alla città, al Mary’s dovremmo aver paura per la sua concorrenza.”
Castiel abbozzò un sorriso, ma non ribatté. La cameriera tornò in fretta con le loro ordinazioni, portandogli due enormi fette di crostata di mele accompagnate da due palline di gelato alla vaniglia.
Il giovane meccanico non aspettò molto prima di affondare la forchetta nel dolce e assaporarne un grosso boccone, mentre il ragazzo più giovane si limitò ad osservarlo per qualche secondo prima raccogliere un po’ di gelato sulla punta della propria posata e portarla alle labbra.
“Dean, che cosa stiamo facendo veramente?” domandò, spostando di nuovo l’attenzione dal proprio dolce all’amico.
Il maggiore dei Winchester deglutì un altro generoso boccone prima di rispondere “Beviamo un caffè e mangiamo un’ottima crostata di mele.”
“Dean…” sospirò il diciassettenne, non molto propenso a prendere il discorso alla lontana.
“Ok.- capitolò quindi il giovane, posando la propria forchetta sul piatto e fissando con intensità il ragazzo dagli occhi blu- Cas, sarò sincero con te. Non siamo qui solo perché io voglio recuperare il tempo perduto.”
Castiel aggrottò la fronte, spiazzato da quella dichiarazione “No?”
“Cas, io tengo alla nostra amicizia, davvero, e se per te fra noi potrà esserci solo questo va bene, lo capisco e lo accetto, però… - Dean si interruppe, prima di esalare e fare scrollare il capo per poi alzare lo sguardo e puntare i propri occhi verdi in quelli sgranati dell’amico- Noi due saremmo davvero incredibili insieme, lo sai, vero?”
Il ragazzo non rispose, ma a giudicare dal color porpora che gli decorava le guance il giovane meccanico si rese conto di aver fatto centro.  Tornò a divorare il proprio dolce, dando il tempo al suo interlocutore di raccogliere i propri pensieri, ma non poté impedirsi di osservarlo con la coda dell’occhio per esaminare le sue reazioni. Lo vide riprendere in mano la propria forchetta e portarsela alla bocca dopo aver raccolto un pezzo di torta e un po’ di gelato. Quegli attimi gli sembrarono interminabili, ma quando parlò, Castiel lo fece con voce dolce e sommessa.
“Lo penso anche io.” sussurrò, lo sguardo fisso sul proprio piatto e le guance ancora più rosse.
Le labbra di Dean si aprirono in un sorriso radioso, ma decise di non forzare oltre quell’argomento. Se davvero fra loro sarebbe dovuta nascere una storia, voleva che tutto accadesse naturalmente, secondo i giusti tempi, e se questo voleva dire dover aspettare che Castiel fosse davvero pronto…Beh, lui era disposto ad aspettare per quanto necessario.
“Allora…- iniziò a parlare, cambiando argomento- Raccontami della festa di Halloween del tuo liceo. Sammy mi ha detto che gli è piaciuta molto e che tu hai usato quel tuo orrendo trench per travestirti da John Constantine.”
“Il mio trench non è orrendo!” sbottò il diciassettenne, ma il suo viso era di certo più rilassato ora che erano passati ad argomenti più leggeri.
Dean si ritrovò a ridere e presto anche Castiel fece altrettanto e tutto sembrò ritornare ad essere facile e perfetto fra i due amici.

 

Dean non era il tipo da adottare mezze misure. Per lui tutto era o bianco o nero, senza alcuna gradazione intermedia e, seguendo questa filosofia di vita, ogni sua azione si basava su questa convinzione. Per questo motivo, alla prima sera libera dal lavoro al locale aveva deciso di recarsi a casa dei Novak con l’intento di invitare Castiel al cinema cittadino, anche se non era certo di potersi fidare ciecamente di cosa avrebbe scelto di trasmettere Chuck Shurley nella sala cinematografica improvvisata nel suo salotto. Vi era stato parecchie volte con Lisa e, se spesso era stato abbastanza fortunato da imbattersi in una sala semivuota dove il democratico sistema di votazione per alzata di mano scelto dal padrone di casa aveva condotto alla scelta di pellicole classiche e dalla sempre piacevole visione, a volte vi era capitato in serate piene di gente, a suo giudizio, con orridi gusti riguardo i film, tanto che aveva dovuto sorbirsi spesso l’ennesima ed improbabile commedia romantica con protagoniste attrici rigettate da serie televisive e smaniose di darsi al grande cinema, oppure film più conosciuti per l’esorbitante budget utilizzato per la loro realizzazione che per la loro vera e propria trama.
Mentre alzava il pugno per bussare alla porta di casa Novak, quindi, il giovane Winchester sperava con tutto il cuore che quella sera tutto sarebbe potuto andare per il verso giusto, permettendo a lui e a Castiel di ristabilire e rafforzare quel forte legame che si era instaurato fra di loro fin dal primo momento in cui si erano presentati.
Era talmente preso dai propri pensieri che non si rese conto per diversi minuti che il suo bussare si era rivelato infruttuoso. Decise quindi di ripiegare sul campanello che immediatamente produsse una musichetta sgraziata e fastidiosa, ma anche quel richiamo non provocò alcuna reazione all’interno della casa.
Il ragazzo stava per andarsene, infastidito che il suo programma di passare una tranquilla serata con Castiel fosse andato in fumo, quando si accorse dell’insolito chiacchiericcio proveniente dalla casa accanto a quella dei Novak. Solitamente, Dean non era solito mettere il becco negli affari altrui, ma non si poteva nemmeno dire che il ragazzo non fosse curioso, quindi era più che normale che il giovane decidesse di restarsene lì, immobile appena fuori dal cancello dei Novak, con lo sguardo fisso sulla casa illuminata di Becky Rosen nella speranza di potere captare in qualche modo cosa stesse succedendo al suo interno.
Fu solo l’improvviso aprirsi della porta di ingresso, il cui legno era stato recentemente riverniciato di una stucchevole tonalità blu, a farlo sobbalzare, distraendolo dalla propria indagine. E, incredibilmente, a raggiungere il bordo della strada, ritrovandosi in una posizione esattamente speculare a quella in cui si trovava lui in quel momento, fu proprio la sola persona che desiderava vedere quella sera.
“Dean.- gli occhi blu di Castiel sembravano ancora più grandi, spalancati com’erano dallo stupore per quell’inaspettato incontro- Che cosa ci fai qui?”
Il giovane meccanico indicò col pollice dietro alla propria spalla, verso la casa dell’amico, mentre muoveva qualche passo per raggiungerlo “In effetti stavo cercando te. Come mai sei a casa di Becky Rosen? E come mai c’è tutta questa gente?”
Il diciassettenne lasciò cadere il grosso sacco nero della spazzatura che stringeva in una mano di fianco ad un bidone ormai troppo pieno “C’è una veglia funebre.”
“Oh, non lo sapevo.- Dean aggrottò la fronte, notando solo in quel momento il cardigan nero indossato dall’amico sopra a dei pantaloni dello stesso colore- Chi è morto? Qualche parente di Becky?”
“Mr Fluffy.” rispose Castiel, con espressione grave ed estremamente seria.
Il maggiore dei fratelli Winchester sbatté le palpebre più volte “Mr Fluffy?”
“Il suo gatto.” specificò quindi l’altro giovane, come se Dean avesse avuto bisogno di quella chiarificazione.
“Oh.- esalò quindi il ragazzo dagli occhi verdi- Non sapevo che uno dei gatti di Becky fosse morto.”
Castiel si strinse nelle spalle “Sì. Mr Fluffy non è più tra noi da tre anni, ormai.”
“Come?” Dean si ritrovò di nuovo a scuotere la testa, incredulo.
“Ho detto che…” 
Il giovane meccanico lo bloccò immediatamente “No, ho sentito cosa hai detto. La mia era più un’esclamazione piena di incredulità.”
“E perché mai?” domandò quindi il diciassettenne, inclinando la testa di lato come un piccolo passerotto curioso.
Dean scrollò le spalle “Beh, non solo questa è una veglia per un gatto morto, ma è anche una veglia per un gatto morto anni fa. La cosa è del tutto surreale.”
“Perché?” chiese di nuovo l’altro ragazzo, sinceramente stupito dallo sconcerto dell’amico.
Il maggiore dei due fratelli Winchester non poté che aprirsi in un sorriso bonario nel notare l’espressione del proprio interlocutore “Diciamo che sono certo che è uno di quegli eventi che accadono solo a Heaven.”
“Oh.- esalò Castiel, sbattendo le palpebre in rapida successione- Ed è una cosa positiva o negativa?”
Dean storse le belle labbra carnose in una smorfia, mentre fingeva di pensare ad una risposta adeguata “Sai, devo ancora pensarci bene, ma non credo che sia negativa.”
Il volto del giovane Novak si aprì in un sorriso che lasciava intravedere anche delle perfette gengive rosate “Ne sono felice.- dichiarò, prima di aggiungere timidamente- Vorresti… Vorresti entrare? Sono certo che Becky sarebbe felice di vedere anche te in quest’occasione, non importa il fatto che non hai conosciuto Mr Fluffy.”
L’apprendista meccanico non era esattamente certo che imbucarsi ad una veglia funebre in memoria di un gatto fosse in cima alla sua lista dei desideri riguardo a come passare una piacevole serata, ma Castiel si trovava proprio di fronte a lui e lo aveva invitato fissandolo con quei suoi grandi e limpidi occhi color cielo, e come diavolo avrebbe potuto dirgli di no, allora?
“Ma certo.” sorrise il ragazzo, seguendo immediatamente l’amico fino all’interno della casa di Becky.
Il piano terreno dell’abitazione brulicava di vita. Dean dovette restare attento per non perdere di vista l’amico in quel mare di persone che si muoveva lentamente da un punto all’altro della casa, partendo dalla piccola cucina, che gli ricordava come da piccolo aveva immaginato la casetta dei sette nani e di Biancaneve, fino ad arrivare alla grande sala da pranzo con annesso salotto, caratterizzata da un arredamento iper-femminile e con parecchi elementi che definire kitsch sarebbe stato fin troppo clemente. Una volta raggiunto il grande tavolo da pranzo rettangolare, per l’occasione strabordante di cibo e bevande e spostato lungo una parete tappezzata di quadri dalle cornici ingombranti, Castiel si voltò verso il maggiore dei Winchester e gli consegnò un bicchiere di punch analcolico che era riuscito a servirsi nonostante l’incredibile affluenza intorno all’area buffet.
“Questo punch è rosa.” dichiarò il ragazzo, osservando con sospetto il drink che stringeva fra le mani.
Il giovane Novak scrollò le spalle “Becky sostiene che è una ricetta di famiglia tramandata da generazioni.”
“Ugh. Sa di rosa!” Dean fece una smorfia dopo avere deglutito quel liquido, sperando che quel gusto eccessivamente zuccherino e innaturale potesse lasciare così più in fretta le sue papille gustative.

Di fianco a lui, Castiel scoppiò in una risata cristallina “Non posso credere che tu l’abbia bevuto veramente!”
L’apprendista meccanico incrociò le braccia al petto “Beh, io non posso credere che tu mi abbia offerto un drink imbevibile solo per prenderti gioco di me.”
Il diciassettenne gli rivolse un sorriso brillante “E’ una sorta di iniziazione. Non puoi essere un vero abitante di Heaven se non sei stato beffato da questo trucchetto almeno una volta: tutti in città hanno bevuto questo drink e quasi nessuno lo ha mai apprezzato.”
Dean alzò un sopracciglio “Fammi indovinare: tuo fratello è uno di quelli che si sono voluti far dare la ricetta.”
“Purtroppo sì.- ammise l’altro giovane con un sospiro- Il suo amore per gli zuccheri varca confini che pochi umani sarebbero in grado di superare.”
Il maggiore dei fratelli Winchester sorrise: la serata non stava certo andando come se l’era immaginata, ma doveva ammettere che per quanto fosse assurdo trovarsi alla veglia funebre di un gatto (il cui ritratto, corredato da volant e fiocchetti color pastello, svettava in modo inquietante sopra al caminetto)  la sola compagnia di Castiel rendeva tutto molto più che sopportabile. Il ragazzo accettò di buon grado un nuovo bicchiere offertogli dall’amico, questa volta apparentemente pieno di semplice cola, e ben presto i due furono raggiunti dalla padrona di casa in persona.
Becky indossava un vestito nero e l’aria affranta di chi era appena venuta a conoscenza della morte di un parente. Dean, dal canto suo, trovava quell’intera situazione assurda ma, dopotutto, l’unico animale domestico che avesse mai posseduto, nonostante le continue suppliche di Sam ai suoi genitori per avere un cane, era stato Zep, un pesce rosso che aveva vinto ad un gioco al luna park quando aveva sei anni e che, come aveva scoperto anni dopo, sua madre sostituiva ogniqualvolta il piccolo animale dipartiva prematuramente per non fare affrontare al suo bambino la sua prima morte.
“Oh, Dean.- disse la ragazza, afferrandogli la mano con il trasporto dell’eroina di un romanzo rosa- Grazie di essere venuto. Sono certa che Mr Fluffy avrebbe shippato il Destiel come faccio io.”
Il giovane non fece in tempo a chiedere spiegazioni che Becky era di nuovo sparita, andata chissà dove a raccogliere altre condoglianze “Cosa?- domandò voltandosi verso Castiel- Di che diavolo stava parlando?”
Il diciassettenne sbatté più volte le palpebre, altrettanto confuso “Non ne ho assolutamente idea.”

 

Il trillo acuto del campanello della porta del Mary’s gli sembrò quasi un suono alieno, tanto era il tempo in cui non aveva più messo piede in quello che un tempo era il suo locale preferito.
Castiel seguì a ruota Meg, Inias e Samandriel, che si affrettarono ad occupare uno dei loro tavoli preferiti, nell’angolo in fondo al locale, proprio di fianco al grande scaffale blu che ospitava la cospicua collezione di tazze da caffè e di fronte alla grande vetrina che si affacciava sulla strada principale di Heaven, e gli parve quasi di essere tornato a casa dopo un viaggio fin troppo lungo.
“Dio, come mi è mancato questo posto!” esclamò Meg, scollandosi dalle spalle la sua adorata giacca di pelle e appoggiando poi pesantemente la schiena contro lo schienale della sedia.
Castiel aggrottò la fronte mentre la osservava afferrare il menù ed esaminarlo come se fosse stato un preziosissimo manufatto “Da quant’è che non vieni? Hai sempre fatto colazione qui tutti i giorni.”
La ragazza alzò un sopracciglio in sua direzione “Ma questo era prima, Castiel.”
“Prima?” ripeté confuso il giovane, inclinando leggermente la testa di lato.
“Se il tuo migliore amico litiga con qualcuno, tu hai il sacrosanto dovere di boicottarlo in qualsiasi modo.- spiegò quindi Meg con tono condiscendente- È una regola sociale piuttosto conosciuta, Clarence, e tu lo sapresti se non fossi così socialmente inetto.”
Il minore dei fratelli Novak sbatté le palpebre, stupito “Ma tu adori il caffè che fanno qui.”
“E questo la dice lunga su quanto io sia un’amica perfetta.- ribadì la sua migliore amica con un sorriso furbo sulle labbra dipinte di cremisi- Ricordatene quando dovrai comprarmi il regalo di Natale. E quello di compleanno. Anzi, credo che dovresti inventarti delle nuove occasioni in cui dimostrare la tua gratitudine attraverso un pegno materiale.”
“Ci sembrava un po’ strano frequentare questo posto senza di te, così per un po’ abbiamo evitato di venire qui.” aggiunse quindi Inias, alzando leggermente le spalle.
Samandriel annuì, concorde “Oltretutto, incontrare Dean sarebbe stato ancora più strano. Voglio dire, dopo che tu e lui…”
Il più giovane dei quattro amici si interruppe di colpo nel momento in cui John Winchester si avvicinò al loro tavolo e depositò un piatto su cui torreggiava la più alta pila di pancake ai mirtilli mai vista.
“Ecco qua, Castiel.” disse, e anche se non gli stava sorridendo apertamente, il solo fatto che avesse fatto quel gesto per lui fece sciogliere un po’ il cuore del diciassettenne.
“Ma io non ho ancora ordinato.” quella di Castiel non era proprio una protesta: il profumo che proveniva da quel piatto decisamente troppo delizioso per potersene lamentare in alcun modo.
John fece roteare gli occhi “Vuoi davvero farmi credere che tu non avresti ordinato i tuoi pancakes ai mirtilli preferiti?”
“In effetti, volevo ordinare proprio questi, signor Winchester.- ammise quindi il ragazzo con un sorriso aperto sulle labbra- Grazie mille.”
“Io non mi spiego come tu possa essere così educato quando so per certo che sei stato allevato da Gabriel.” dichiarò il proprietario della tavola calda, scuotendo appena la testa.
Meg si sentì in dovere di intervenire, un ghigno divertito sul bel volto “Credo che Clarence cerchi di compensare in ciò che manca proprio a suo fratello.”
“O ad alcuni dei suoi amici.” aggiunse quindi prima di andarsene con i loro ordini.
Il gruppo di amici osservò l’uomo sparire dietro il bancone, ma la giovano non riuscì a trattenersi dal canticchiare con tono beffardo “Guarda, guarda, guarda: hai già l’approvazione del suocero.”
“Meg!” sbottò Castiel, le guance color porpora.
Samandriel gli rivolse un sorriso divertito “Beh, di certo non ha portato la colazione di sua spontanea volontà a uno di noi…”
“L’ha fatto perché io sono amico dei suoi figli.- cercò di giustificarsi il diciassettenne, lo sguardo basso e ben inchiodato ai propri
pancakes- E sottolineo amico. E poi, ho anche aiutato Sam con la scuola per diverso tempo.”
I tre amici si lanciarono un’occhiata complice “Uh-uh.” assentirono, con un notevole sarcasmo, in coro.
Castiel
sbuffò sonoramente, prima di afferrare la propria forchetta e assaggiare un primo e celestiale boccone dei famosi pancakes di John Winchester.
Ma non fu il padrone della tavola calda ad avvicinarsi di nuovo a loro con le loro ordinazioni. Quando il ragazzo alzò lo sguardo per ringraziare per l’ottima colazione che gli era stata offerta si trovò di fronte proprio la fonte dei propri turbamenti.
Dean gli rivolse il suo patentato sorriso da seduttore “Hey, Cas.”
“Salve Dean.” si ritrovò a rispondere il diciassettenne, in quell botta e risposta tanto familiare di cui aveva sentito terribilmente la mancanza.
Era quasi ridicolo, e Meg glielo avrebbe detto, più tardi. Sembrava quasi che ci fosse una calamita a tenerli fermi lì, l’uno impercettibilmente sporto verso l’altro, ognuno dei due incapace di distogliere lo sguardo per primo.
Inias si schiarì la gola nel tentativo di attirare l’attenzione di uno qualsiasi dei due ragazzi, ma il suo sforzo fu tristemente fallimentare.
Fu l’intervento di John a liberare il gruppetto da quell’impasse.
“Dean!- l’uomo chiamò da dietro il bancone-
Farai tardi per il tuo turno da Bobby.”
Il giovane meccanico si riscosse, pur senza perdere il proprio atteggiamento spavaldo “Sì, certo, stavo andando.” disse, rivolgendo a Castiel l’ennesimo sorriso.
Il diciassettenne rifletté la sua espressione serafica “Buon lavoro, Dean.”
“Grazie.- rispose Dean, questa volta un po’ spiazzato dallo sguardo limpido e aperto dell’amico- Uh, ci vediamo in giro, Cas.”
Il maggiore dei due fratelli Winchester non fece in tempo a recuperare la sua giacca di pelle, infilarsela, e uscire dalla porta del locale per salire a bordo della propria macchina per andare al lavoro, che i tre amici di Castiel si erano voltati verso di lui per fissarlo insistentemente, tutti con una luce divertita nello sguardo.
“Che c’è?” borbottò il ragazzo, le gote arrossate nonostante tentasse di non far trapelare il proprio imbarazzo.
“Ci vediamo in giro, Cas.” trillarono quindi in coro Meg, Inias e Samandriel, scimmiottando il commiato che gli aveva dato Dean.
Castiel si lasciò sfuggire un lamento dalle labbra e gli altri tre scoppiarono in una risata fragorosa.

 

 

“Muoviti, siamo in ritardo!”
Sam piantò una mano in mezzo alle scapole del fratello, sperando così di spingerlo fisicamente verso la scuola di ballo di Pamela Barnes, dove la mensile assemblea cittadina doveva essere cominciata già da qualche minuto, dato che a parole non era stato in grado di esortarlo a dovere. Dean, dal canto suo, essendo un fratello maggiore, e per questo motivo con la vocazione naturale di trovare i modi più immaturi per far perdere la pazienza al proprio fratellino, piantò i piedi a terra e fece ancora più resistenza ad affrettare il passo.
“Semplicemente non capisco perché dobbiamo andare entrambi.- si lamentò per l’ennesima volta il giovane- Voglio dire, potevo stare a casa anche io ad aiutare papà con gli ordini.”
Dean riuscì ad immaginare dal tono della voce del fratello come stesse facendo roteare gli occhi in quel momento “Dobbiamo andare entrambi a questa assemblea cittadina perché Zachariah ha raccomandato tutti quanti di presentarsi data l’importanza dei temi che verranno trattati, e dato che non siamo ancora pronti ad affrontare uno di questi eventi comunitari da soli…”
“Perché alla maggior parte degli abitanti di questa città manca qualche venerdì...” si sentì in dovere di sottolineare l’apprendista meccanico.
“…dobbiamo per forza essere presenti entrambi.- concluse Sam, ignorando quanto detto dal fratello- Inoltre, vorrei ricordarti che questa sera saranno presenti proprio tutti. Hai idea di che cosa voglia dire?”

Dean alzò un sopracciglio “Che la sala da ballo sarà molto affollata?”
“Che Castiel sarà lì!” sbottò quindi il quindicenne, scostandosi un ciuffo di soffici capelli castani dagli occhi.
Il maggiore dei due Winchester lo fissò guardingo “E…?”
“E quindi potresti comportarti da uomo e deciderti a chiedergli di uscire.- spiegò semplicemente il liceale, rivolgendogli un ghigno divertito- Non come hai fatto l’ultima volta.”
“Eravamo a una veglia commemorativa!” protestò immediatamente Dean.
Sam gli rivolse un’occhiata scettica “Di un gatto.”
“Non era il luogo adatto.” ribadì il maggiore dei due ragazzi incrociando le braccia al petto.
“E quale sarebbe il luogo adatto?- incalzò quindi Sam- Ti stai preparando a individuare la situazione perfetta guardando delle commedie romantiche?”
Dean spalancò gli occhi, oltraggiato, ma riacquistò immediatamente la propria parlantina “Quando sarà il momento adatto lo saprò, Sammy. Perché non pensi alla tua Jessica, invece di intrometterti nella mia vita sentimentale?”
“Io e Jessica stiamo benissimo insieme, lo sai anche tu.” borbottò quindi il quindicenne, lo sguardo rivolto alla punta delle proprie scarpe, ancora imbarazzato sia di avere una ragazza tanto bella, che dal fatto che tutta la città ne fosse a conoscenza..
L’apprendista meccanico sorrise, soddisfatto di aver finalmente spostato l’attenzione del fratello “Beh, vista l’insistenza con cui ti diverti a giocare a fare il cupido e il modo in cui ti interessi alle mie relazioni come una pettegola di paese potrei avere qualche dubbio a riguardo.”
Sam non lo degnò nemmeno di una risposta. Lo fulminò con lo sguardo e, quando ebbe constatato che le porte della scuola di ballo erano già chiuse ad indicare che l’assemblea cittadina aveva già avuto inizio, si ritrovò a scuotere la testa, scocciato per il loro ritardo e per il fatto che era stato proprio Dean a causarlo.
“Siamo in ritardo!” sibilò, mentre scivolavano all’interno della grande sala cercando di essere più silenzioso possibile.
“E allora?- protestò Dean, imbronciato- Ci siamo persi solo i battibecchi iniziali su quale doveva essere il primo argomento da discutere.”
“Muoviti!” intimò di nuovo Sam, prima di chiudere la porta alle spalle del fratello.
La sala era piena e, fortunatamente, gli abitanti di Heaven erano talmente immersi in un’animata discussione su quanto fosse legale o meno che il liceo bloccasse il traffico cittadino senza richiedere alcun permesso per la tradizionale annuale sfilata della banda musicale, da non accorgersi del loro arrivo.
“Oh, fantastico.- borbottò il maggiore dei due fratelli Winchester, guardandosi intorno- Nessun posto a sedere.”
Sam gli strattonò leggermente il braccio, indicando poi un punto poco lontano da loro “Guarda, c’è posto vicino a Castiel.”
Dean seguì il dito del fratello prima di aggrottare le sopracciglia “Possiamo sempre restarcene in piedi qui in fondo senza dover disturbare nessuno.”
“Hai presente quanto parla Zachariah?- domandò quindi il quindicenne alzando un sopracciglio- Io non sto in piedi per tutto questo tempo solo perché tu sei emotivamente costipato.”
“Andiamo, Sam, che cosa ti costerebb- Sam!” il giovane non riuscì a finire la frase dato che il fratello minore aveva deciso di ignorarlo totalmente per andare ad affiancarsi a Castiel.
“Hey, Cas.- sorrise Sam- Ti dispiace se io e Dean ci sediamo qui con te?”
Il diciassettenne rivolse ad entrambi i Winchester un sorriso radioso “Ma certo.”
Sam non si fece ripetere l’invito due volte. Si sedette in fretta, lasciando volontariamente libero il posto di fianco all’amico di modo che fosse proprio Dean a sedersi vicino a lui.
L’apprendista meccanico non si fece di certo sfuggire questo piccolo sotterfugio e si affrettò a lanciare all’altro uno sguardo scocciato che tuttavia gli svanì immediatamente dal volto non appena Castiel si sporse verso di lui per sussurrargli “Ciao, Dean.”
Le labbra carnose del giovane si aprirono subito in un sorriso “Hey, Cas.”
Castiel gli sorrise di rimando, prima di tornare a concentrarsi sulla discussione in corso. Ora che si trovava lì con lui, però, Dean non riusciva a farsi scappare l’occasione di parlare un po’ con lui, anche di qualche argomento banale.
“Gabriel non c’è?” domandò, quindi, sporgendosi leggermente verso l’amico.
Il minore dei Novak scrollò le spalle “Inventario.”
“Mio padre ha usato la scusa degli ordini.” rivelò quindi Dean, facendo roteare gli occhi.
“Oh, la sua non è una scusa, credimi.- lo informò quindi Castiel- Kalì l’ha praticamente obbligato a rimanere in pasticceria a farlo: lui odia fare l’inventario, e adora invece queste assemblee.”
Dean si ritrovò a ridacchiare immaginandosi la donna indiana comandare a bacchetta il solitamente indomabile Gabriel “Beh, io farei volentieri a cambio con lui.”
“A me le assemblee cittadine piacciono, invece.- confessò invece Castiel con un sorriso timido- A volte, anche se questa città è molto piccola e tutti sanno tutto di tutti, è difficile trovare l’occasione per vedersi con certe persone con cui non si è molto amici. Invece così possiamo mantenere sempre un buon rapporto.”
L’apprendista meccanico sbatté le palpebre, sorpreso da quel modo di pensare. Certo, Lawrence non era certo una metropoli tentacolare e quando vi aveva vissuto la città gli era sembrata piccola e provinciale, tuttavia, ora che si trovava davvero in un puntino di America talmente minuscolo da non essere nemmeno segnato sulle cartine stradali, un modo di pensare del genere lo stupiva e gli provocava un’incredibile tenerezza “Sì, immagino sia una buona cosa. Non sono ancora del tutto abituato a vivere in un paese così piccolo.”
Castiel inclinò leggermente la testa mentre lo scrutava, come se in quel modo potesse intuire le risposte alle proprie domande prima ancora di formularle “Ma stare qui ti piace, giusto?”
“Stranamente…sì.” ammise quindi l’altro giovane con un sorriso radioso sulle labbra, e non poté che essere soddisfatto non appena notò che, nel voltarsi, l’amico stava sorridendo a sua volta.
Dean continuò ad osservarlo con la coda dell’occhio, quindi non fu del tutto stupito quando il diciassettenne allungò verso di lui un contenitore di plastica da cui proveniva un profumo celestiale.
“Vuoi un muffin?” gli domandò Castiel con un sorriso timido. Nell’altra mano teneva a sua volta un piccolo dolcetto coperto da zuccherini colorati.
Il maggiore dei due Winchester sbatté le palpebre, comunque confuso da quell’offerta , decisamente bizzarra considerando dove si trovavano in quel momento “Come?”
“Gabriel sta sperimentando nuove ricette, ultimamente, e visto che non ho ancora cenato mi ha dato qualche campione da assaggiare.- spiegò quindi il ragazzo- Poi ne porterò un po’ a casa di Inias: Gabriel non ha mezze misure e se mangiassi tutti questi muffin mi verrebbe una crisi iperglicemica.”
Dean allungò una mano ed afferrò il primo muffin che gli capitò a tiro: non era certo da lui rifiutare del cibo, soprattutto quando era gratis e sapeva per certo che era ottimo.
Dopo il primo morso, infatti, si ritrovò a mugolare, estasiato “Ommiodio! Sa di crostata di mele! Questa ricetta la deve assolutamente tenere.”
Castiel scoppiò in una risatina sommessa nel vedere il suo entusiasmo “Ok, glielo dirò. Ne vuoi assaggiare ancora?”
“Sai una cosa?- disse quindi l’apprendista meccanico, leccandosi la punta delle dita sporche di zucchero prima di afferrare un altro dolce- Queste assemblee cittadine fatte in stile Novak non sono affatto male.”
I giovani, le bocche piene dei deliziosi muffin di Gabriel, tornarono a rivolgersi verso Zachariah, che stava ancora parlando “E vi volevo ricordare dell’asta benefica dei cestini che si terrà in favore del centro geriatrico diurno. E, vi prego, non usate questo evento come un’occasione per svuotare casa dei cibi avariati. Capito, Lilith? Non credo che la città sarebbe in grado di sopportare un’altra intossicazione alimentare.”
Dean aggrottò la fronte, voltandosi verso il fratello che, a quanto ne sapeva, considerando la sua natura di secchione, doveva di sicuro essere rimasto attento per tutta l’assemblea cittadina “Che cos’è quest’asta dei cestini?”
“Oh, è un’iniziativa benefica che si fa ad Heaven da decenni.- spiegò quindi Sam, con una sicurezza tale da far credere che avesse vissuto per tutta la vita in quella piccola città- Una tradizione. Se fossi stato un po’ più attento, invece di flirtare con Castiel tutto il tempo, sapresti di che cosa si tratta.”
“Non stavo flirtando!- sbottò quindi il maggiore dei due fratelli- Stavamo assaggiando muffin, te ne abbiamo anche passati un paio, o sbaglio? In che cosa consisterebbe quest’asta, comunque?”
Il quindicenne gli rivolse un’occhiata scettica, prima di rispondere comunque alla sua domanda “Beh, a quanto mi ha detto Jess inizialmente le donne di Heaven preparavano dei cestini da picnic e poi gli uomini potevano fare un’offerta, anche se non sapevano di chi fosse il cestino, e chi se lo aggiudicava andava con chi l’aveva preparato a mangiare al parco. Ultimamente è stato ritenuto sessista che solo le donne potessero preparare i cestini, così ora chiunque può decidere di partecipare all’asta preparando i cestini.”
Dean rifletté su quella bizzarra usanza per un po’ prima di rivolgere un ghigno al fratello minore “E tu hai già rotto il salvadanaio per aggiudicarti il cestino di Jess, vero?”
“Sta zitto!- protestò immediatamente Sam, rosso in volto- Piuttosto, mi ha detto che Castiel ormai partecipa da anni.”
Quella rivelazione fece spalancare gli occhi al giovane dagli occhi verdi “Uh?”
“Direi che dovrai chiedere a Bobby un anticipo sullo stipendio.” ridacchiò un po’ petulantemente il minore dei due fratelli.

 

Il giorno dell’asta dei cestini il sole splendeva sorprendentemente sopra Heaven.
Dean era stato decisamente scettico quando gli avevano spiegato che, nonostante l’evento si svolgesse all’inizio dell’inverno, non c’era mai stato un anno in cui la tradizionale asta dei cestini si fosse dovuta rimandare a causa di avversità atmosferiche. Eppure, per quanto fosse folle organizzare dei picnic in quel periodo dell’anno, il giovane doveva ammettere che quella era una giornata più che perfetta per godersi un pasto all’aria aperta, magari con una coperta appoggiata sulle gambe.
Ciò che lo aveva stupito ancora di più, comunque, era l’enorme partecipazione della cittadina ad un evento simile. Perfino Bobby, il suo burbero datore di lavoro, aveva deciso di chiudere l’auto-officina e recarsi in piazza per fare la propria offerta. Quando lui e Rufus l’avevano stuzzicato riguardo la sua speranza di riuscire ad individuare il cestino di Ellen Harevelle, tuttavia, l’uomo aveva borbottato che dovevano smetterla di comportarsi come vecchie pettegole e ringraziarlo per la giornata di ferie pagate che gli concedeva in via del tutto straordinarie.
Le strade di Heaven erano state decorate con festoni colorati, gentilmente offerti dal minimarket cittadino, come si era premurato di sottolineare Zachariah Adler, e risalenti probabilmente ad un epoca antidiluviana, come invece aveva informato tutti, ridacchiando, Pamela Barnes. Il gazebo al centro della piazza, invece, era letteralmente sommerso da cestini da picnic di varie dimensioni e fatture. Missouri Mosely, una ridente donna di colore, membro da anni del consiglio cittadino e che si vociferava fosse una sensitiva a causa della sua abilità di conoscere molte più cose sulla città e sui suoi abitanti rispetto a chiunque altro, era indaffarata a condurre l’asta, valutando le varie offerte e distribuendo i cestini aggiudicati, con un piglio quasi professionale, ma nonostante ciò Dean non poteva che trovare l’intera situazione totalmente surreale.
Ciò, ovviamente, non gli aveva impedito di avere davvero chiesto a Bobby un anticipo sul suo stipendio mensile. E forse, ok, pensava davvero che riuscire ad aggiudicarsi il cestino preparato da Castiel e passare con lui un po’ di tempo pranzando in un angolo appartato del parco cittadino potesse essere l’occasione perfetta per cambiare un po’ la situazione di stallo che si era creata fra di loro.
Quello a cui non aveva pensato, purtroppo, era come avrebbe riconosciuto il cestino preparato dal ragazzo dagli occhi blu.
L’apprendista meccanico osservò con apprensione mentre Missouri consegnava ad un soddisfatto Gordon Walker un gigantesco cestino di vimini. E se fosse stato quello il cestino di Castiel? Non sopportava l’idea che il diciassettenne dovesse passare del tempo con quel tizio arrogante e strafottente, né tantomeno che il cibo da lui preparato finisse proprio a lui. I suoi pensieri, tuttavia, si dissiparono non appena un desolatissimo Samandriel raggiunse Gordon ai piedi del gazebo. Dean non poté trattenere una smorfia: nemmeno Samandriel, in fondo, aveva meritato un simile castigo del destino.
Missouri alzò un altro cestino, meno capiente di quello precedente, ma dall’aria semplice e senza alcuna caratteristica che potesse anche solo suggerire chi era stato a prepararlo. Il giovane si passò una mano sulle labbra: Castiel non era certo un tipo stravagante, per quanto riguardava l’apparenza esteriore, quindi avrebbe anche potuto trattarsi di qualcosa preparato da lui, ma come poteva esserne sicuro? C’erano decine di altri cestini altrettanto semplici nel mucchio che doveva ancora essere messo all’asta, e il cestino di Castiel poteva benissimo essere anche uno di quelli.
Il giovane iniziò a guardarsi intorno alla ricerca del volto dell’amico nella folla, sperando magari di trovare qualcosa nel suo limpido sguardo color cielo che potesse suggerirgli se doveva alzare la mano per fare una contro offerta rispetto a quella appena proposta da Garth, oppure no.
“Fossi in te farei un’offerta ora.” gli suggerì una voce alla sua destra.
Dean si voltò di scatto, stupendosi nel vedere di fianco a sé Meg Master, una dei migliori amici di Castiel “Come dici?”
“Se non fai una buona offerta adesso qualcun altro si aggiudicherà questo cestino e, credimi, tu non vuoi proprio che questo avvenga.” continuò a parlare la ragazza, facendo roteare gli occhi con aria di sufficienza. 
L’apprendista meccanico inarcò un sopracciglio “E perché mai?”
Meg mimò la sua espressione, facendolo sentire un po’ stupido in verità “Perché quello è il cestino di Clearance, e anche se mi diverto un mondo a vedervi lanciare l’uno all’altro occhiate languide e sospirare come se foste i protagonisti di un romanzo di Jane Austen, credo davvero che uno di voi due dovrebbe muovere qualche passo concreto per portare questo vostro bizzarro rapporto ad un livello successivo.”
Il maggiore dei due fratelli Winchester incrociò le braccia al petto “Sai, non credo che questi siano proprio affari tuoi.”
“Al contrario, invece.- si affrettò a contraddirlo la ragazza- In quanto migliore amica di Clearance io ho il sacrosanto dovere di intromettermi in qualsiasi aspetto della sua vita in nome del mio desiderio che lui sia sempre felice.”
“Ciò non ti giustifica dall’essere impicciona, sai?” la informò Dean scuotendo la testa.
Meg sbuffò “Lo dici come se mi importasse qualcosa del giudizio altrui su di me. Comunque, se continui a chiacchierare e non farai subito un’offerta il tuo dolce innamorato con gli occhi blu si ritroverà ad avere un romantico picnic in compagnia di Garth.”
Il solo pensiero gli fece alzare il braccio di scatto “Offro centocinquanta dollari!”
Meg spalancò gli occhi, stupita da quell’offerta più che generosa per un semplice cestino e suo fratello, che già stringeva fra le braccia il cestino decorato con fiori di Jess, gli rivolse un ghigno divertito.
Missouri dal canto suo, emise un lungo fischio “Direi che quest’offerta potrebbe essere quella vincente. C’è qualcun altro che vuole offrire di più? Posso assicurarvi che questo cestino ne vale la pena.”
Dean non lasciò che la donna continuasse oltre “Potremmo andare avanti?”
“Il battitore di quest’asta sono io, Dean Winchester, e lo sono da anni.- lo rimproverò Missouri- Non essere troppo impaziente e lascia che faccia il mio dovere.”
Il giovane sbuffò, ma si cacciò le mani nelle tasche dei jeans e aspettò i tre colpi di martello che dichiaravano che lui aveva finalmente ottenuto quel che voleva.
“Allora, ragazzo, eri così impaziente…- la donna di colore ammiccò verso di lui, sventolando leggermente il cestino che stringeva fra le mani- Vieni pure a ritirare il tuo premio.”
Dean la fissò guardingo. Non gli piaceva come la signora Mosley sembrasse sempre di sapere molto di più di quello che stava succedendo rispetto a chiunque altro. Che si fosse sbagliato? Che Meg avesse voluto tirargli un tiro mancino di qualche tipo e gli avesse fatto acquistare il cestino di Becky Rosen?
“Congratulazioni, ragazzo.” gli mormorò la donna mentre gli passava il suo premio, prima di fargli l’occhiolino e di fare un cenno col capo verso la sua destra.
E, finalmente e incredibilmente, Castiel era lì, con un sorriso timido disegnato sulle labbra e le guance arrossate per un motivo che, Dean ne era certo, non era per niente correlabile alla fresca aria degli ultimi giorni di autunno.
“Quello è il mio cestino.” disse quindi il diciassettenne, anche se ormai era più che evidente.
Dean gli rivolse un ghigno quasi strafottente “Proprio quello che speravo.- ammise- Che ne dici, andiamo?”
Il diciassettenne annuì e insieme si avviarono verso il parco cittadino. Non era bello come durante la primavera o addirittura d’estate, ma con ancora le foglie secche a dare colore all’intero ambiente e tutti gli abitanti della città pronti a godersi un buon pranzo al sacco all’aperto, il posto sembrava allegro e pieno di vita. Dean indicò qualche punto che gli sembrava pittoresco ed adatto al loro picnic, ma ogni volta Castiel scuoteva la testa, assicurandogli che più avanti avrebbero trovato il posto perfetto. Ed, in effetti, aveva ragione.
Il piccolo molo che si affacciava sul laghetto artificiale al centro del parco era abbastanza isolato per dargli un po’ di intimità, senza essere nascosto da qualche parte dove non sarebbero riusciti a godersi l’atmosfera generale.
Castiel gli prese dalle mani il cestino e ne estrasse una pesante coperta di flanella che stese, ripiegandola un paio di volte, sul legno umido del molo, dopodiché si sedette lasciando che le proprie gambe dondolassero sopra il filo dell’acqua.
Dean gli si sedette accanto “Allora, che cosa mi hai preparato di buono?”
Il minore dei due fratelli Novak arrossì vistosamente, spingendo verso di lui il cestino di vimini “Perché non controlli tu stesso?”
L’apprendista meccanico alzò un sopracciglio ma fece come gli era stato detto, incuriosito dal fatto che l’altro giovane fosse così imbarazzato.
Non appena sollevò il coperchio del cestino un’ondata di profumi di vario tipo lo investì, facendogli venire immediatamente l’acquolina in bocca. Davanti ai suoi occhi erano schierati diversi contenitori, tutti con la stessa forma rotonda e Dean immaginò subito che cosa potessero contenere, ma non disse niente se non prima di sbirciare all’interno di uno di essi e trovarsi davanti una delle più perfette crostate di ciliegie che avesse mai visto.
“Qui ci sono solo crostate, Cas.” disse, dopo aver alzato lo sguardo per incrociare quello blu dell’altro giovane.
Il rossore sulle guance di Castiel non sembrava volerlo abbandonare “Speravo che prendessi tu il mio cestino.”
“Davvero?” mormorò Dean, avvicinandosi piano a lui.
“Già.- ammise il diciassettenne, osservando attentamente ogni suo movimento- So che chiunque avrebbe potuto scegliere il mio cestino, ma in un certo senso speravo che tu…”
L’altro giovane gli posò una mano sulla guancia, interrompendo in quel modo il suo parlare “Cas, so che ti avevo detto che avrei aspettato tutto il tempo necessario, ma credo di non potere resistere oltre.”
Castiel notò immediatamente come Dean gli stesse guardando le labbra con insistenza e, inconsciamente, lui non poté fare altro che imitarlo, il suo sguardo immediatamente calamitato da quelle labbra carnose e apparentemente morbide.
“Ok.” sussurrò, tornando poi a fissare quegli occhi verdi che tanto adorava.
Dean si lasciò sfuggire un sospiro e, in un attimo, le loro labbra si incontrarono in un bacio quasi disperato da quanto era stato atteso da entrambi. Castiel sentì qualcosa dentro di lui sciogliersi, quasi la stessa sensazione che aveva da piccolo quando infilava l’ultimo tassello all’interno di un puzzle e riusciva finalmente a vedere la figura nella sua totalità, e lasciò scivolare una mano lungo il collo del diciannovenne, lasciando che le dita solleticassero un po’ i suoi soffici capelli biondicci. Dean, dal canto suo, lo attirò ancora di più a sé, quasi incredulo del fatto che poteva finalmente stringerlo fra le braccia.
Di fianco a loro, le crostate rimasero dimenticate nel cestino.
Solo per un po’, però.

 

Era con passo molto più leggero che i due ragazzi fecero ritorno in città e, soprattutto, con le mani intrecciate l’uno in quella dell’altro.  Quasi inconsciamente, Dean si guardava intorno, curioso di vedere la reazione degli altri abitanti di Heaven a quello sviluppo nel suo rapporto con Castiel, tuttavia nessuno sembrò fare loro troppo caso. Il giovane tirò un sospiro di sollievo, dicendosi che forse aveva giudicato i propri nuovi concittadini con troppa leggerezza.
Quando stavano per uscire dal parco, però, Becky Rosen, che stava chiacchierando amabilmente con Chuck Shurley con cui aveva evidentemente finito da poco di pranzare ad uno dei tavoli da picnic, si alzò di scatto e si portò le mani al petto, estasiata, prima di emettere un suono che era talmente acuto da poter essere riconducibile solo agli pterodattili.
“Ommiodio!- strillò, saltellando sul posto come un coniglietto sotto anfetamine- Il Destiel è finalmente canon!”
Castiel si voltò di scatto, uscendo solo in quel momento da uno strano stato di trance da felicità “Che cosa ha detto?”
Dean scosse la testa, passandogli un braccio intorno alle spalle ed attirandolo a sé  per lasciargli un bacio sulla tempia “Credo sia molto meglio non saperlo.”

 

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Immagino che ormai non speravate più in un aggiornamento, e mi dispiace davvero che abbiate dovuto aspettare così tanto per avere un nuovo misero capitolo di questa storia che, a quanto vedo dai commenti che ho ricevuto, vi stava appassionando. Sappiate che sono davvero desolata per questo orribile ritardo, ma ho passato davvero dei brutti momenti, ultimamente, e la voglia di scrivere, soprattutto una commedia, mi era proprio scivolata dalle dita. Non volevo rovinare questa storia, in particolare considerando che a molte di voi piace, magari scrivendo proprio mentre il mio umore era sotto ai tacchi delle scarpe, quindi ho preferito aspettare per evitare di rovinare qualcosa che tutto sommato stava andando abbastanza bene.
Detto ciò, ci tengo a precisare che ultimamente sto cercando di rimettere piano piano insieme i cocci della mia vita e (lo so, sembro melodrammatica a parlare così, ma giuro che è stato un periodaccio!) nei miei progetti c’è anche quello di riprendere a scrivere con regolarità, quindi voglio davvero sperare di poter pubblicare il prossimo capitolo entro Aprile. Incrociate le dita!
Ah, quasi dimenticavo: io adoro le vostre recensioni, le leggo tutte e a volte, lo ammetto, mi piace rileggere mentre scrivo un nuovo capitolo perché mi trasmettono tanta positività e voglia di scrivere qualcosa di bello soprattutto per voi. Quindi volevo solo dirvi che mi dispiace un sacco se non ho risposto ai vostri commenti negli ultimi due capitoli. La colpa è sempre del buco nero che mi ha risucchiato, ma giuro che d’ora in poi cercherò di rimettermi in pari anche su questo e di rispondere a tutte.
 

A prestissimo, spero, e grazie mille per la vostra pazienza.

Kisses
JoJo

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Capitolo 11
*** All you need is love ***


11. All you need is love

Heaven era quel genere di cittadina con la capacità di rimanere sempre uguale a se stessa.
Non importava che cosa potesse accadere al suo interno, o al suo esterno: non vi era un solo evento in grado di stravolgere in alcun modo il quieto vivere dei bizzarri abitanti di quel paesino di provincia.
Dean era stato un po’ ingenuo a pensare che qualcosa sarebbe cambiato all’indomani dell’asta dei cestini.
Certo, in quel giorno, quando lui e Castiel erano tornati dal loro pic-nic con la mano dell’uno stretta in quella dell’altro, le dita intrecciate e restie a lasciare la presa, ogni persona che avevano incontrato aveva voluto dargli la propria opinione riguardo quella nuova relazione appena sbocciata. Ciò voleva dire, ovviamente, che il maggiore dei fratelli Winchester si era dovuto sorbire diverse raccomandazioni su quale fosse il modo più consono di trattare Castiel che, apparentemente, nonostante avesse già diciassette anni e una notevole indipendenza, era ancora tenuto stretto sotto l’ala protettrice di ogni singolo abitante di Heaven, ognuno dei quali aveva a modo suo adottato entrambi i fratelli Novak da quando avevano fatto la loro comparsa nella cittadina diversi anni addietro. A parte qualche pacca sulla spalla, i diversi “Io lo sapevo che c’era qualcosa fra di voi” di rito e vari sguardi divertiti che gli erano stati rivolti, tuttavia, la vita di Heaven non aveva cambiato improvvisamente corso.
Ok, forse era stato un po’ presuntuoso ed egocentrico, da parte di Dean, pensare che quello che per lui era stato di certo un enorme cambiamento avesse potuto avere delle ripercussioni anche sulla quotidianità della sua nuova città, ma dopo aver vissuto i mesi precedenti assediato da una miriade di consigli non richiesti sulla propria vita sentimentale, il ragazzo si era immaginato che quando avesse finalmente deciso di seguire i suddetti, i suoi solerti concittadini avrebbero fatto qualche commento in più riguardo alla sua rinnovata vita di coppia rispetto che concentrarsi solamente sull’improvvisa e scontatissima svendita dei cestini di vimini nel minimarket del signor Adler. Eppure…
Eppure ovunque andasse i città gli sembrava di avere gli occhi di tutti puntati addosso.
L’aspirante meccanico si ritrovò a scuotere la testa: quella città lo aveva ufficialmente risucchiato nel suo vortice di follia se si ritrovava improvvisamente ad avere pensieri del genere, soprattutto in un momento come quello, mentre passeggiava stringendo a sé il minore dei Novak, che camminava calmo al suo fianco totalmente ignaro dei suoi bizzarri pensieri. Certo, nelle ultime settimane era diventata una vera e propria routine quella di accompagnare Castiel a scuola, non prima di avergli servito una tazza fumante di tè caldo da Mary’s ed essersi sorbito le battute al vetriolo di Meg Master, ma non per questo voleva dire che non doveva godersi al massimo quel momento, soprattutto dopo le mille vicissitudini a cui si era sottoposto per renderlo possibile.
Dean strinse ancora di più a sé Castiel, il suo braccio appoggiato alle sue spalle con naturalezza e il diciassettenne reagì a quella breve ed ulteriore stretta alzando lo sguardo verso di lui, sul volto un sorriso radioso. La sua espressione, però, cambiò immediatamente non appena scorse quella dell’altro giovane.
“Che c’è?” domandò infatti, le sopracciglia aggrottate e i grandi occhi blu attenti e vigili.
Il maggiore dei fratelli Winchester fece roteare gli occhi “Mi stanno fissando tutti.” confessò, le labbra imbronciate come quelle di un bambino a cui era stato negato un giocattolo.
Castiel sbuffò “Non è vero.”
“Invece sì.- protestò immediatamente Dean- Prima Pamela mi ha anche fatto l’occhiolino.”
“Pamela ti fa sempre l’occhiolino.” puntualizzò quindi il diciassettenne, che ormai non poteva trattenere il tono divertito che impregnava le sue parole.

L’altro ragazzo scosse la testa, per niente confortato da quelle parole “Questo era un occhiolino diverso, non del tipo sei un bel ragazzo e vorrei darti una palpatina al sedere, ma più del tipo so di te e Castiel, bella scelta fustacchione.”
“Bella scelta fustacchione?” ripeté incredulo il giovane Novak, prima di fallire miseramente nel trattenere una risata.
“E’ la traduzione letterale di quel tipo di occhiolino.” borbottò quindi Dean, colpito nell’orgoglio da quella totale mancanza di empatia.
Castiel si fermò, trattenendolo per un braccio e gli posò delicatamente una mano sulla guancia, prima di posarvi un bacio casto e delicato “Io dico che sei leggermente paranoico.”
“Perché ci stanno fissando tutti!” sbottò quindi l’apprendista meccanico, anche se era evidente che quel piccolo gesto gli aveva già fatto dimenticare ogni possibile preoccupazione.

Il diciassettenne gli rivolse un altro sorriso incoraggiante, entrambe le mani appoggiate sul suo petto e sopra quella giacca di pelle che l’altro aveva ereditato dal padre e che tanto adorava “Gli passerà. Il bello di vivere in una piccola città è che ogni cosa fa notizia: si stancheranno presto di noi due e inizieranno a concentrare la loro attenzione su qualcos’altro. Devi solo avere un po’ di pazienza, okay?”
Dean sbuffò, ma sulle labbra era già rispuntato il sorriso “Okay.” ribatté, prima di piegarsi per lasciare un veloce bacio sulla morbida bocca dell’altro ragazzo.
Castiel arrossì, come faceva sempre quando Dean lo baciava, e il più grande dei due giovani non poté sopprimere la punta d’orgoglio che provava ogni volta che provocava quella reazione. “Quindi…- domandò, ogni problema apparentemente messo da parte- Che programmi hai per la serata?”
Il ragazzo dagli occhi blu si strinse nelle spalle “In effetti, io e Gabriel pensavamo di guardare un film.”
“Oh. Immagino che dovremo vederci un altro giorno, allora.” constatò quindi il giovane meccanico, decisamente indispettito dal fatto che non avrebbero potuto passare la serata insieme.
Castiel scosse la testa, sul volto un’espressione timida ed incerta “Gabe mi ha chiesto di invitarti.”
Dean si ritrovò a spalancare gli occhi, sorpreso da quella proposta “Davvero?”
“Già.- confermò l’altro- Credo che tu gli stia simpatico.”
Il maggiore dei due fratelli Winchester fece roteare platealmente gli occhi “E io invece credo che lui voglia fami il discorso.”

“Che discorso?” domandò confuso Castiel, inclinando leggermente la testa di lato.
“Quello che tutti i fratelli maggiori fanno a chiunque tenti di insidiare i loro fratellini.” spiegò quindi il giovane meccanico, affondando le mani nelle tasche dei suoi vecchi jeans.
Il minore dei due Novak alzò un sopracciglio “E tu mi staresti insidiando?”
Dean si ritrovò a distogliere lo sguardo, non ancora pronto ad affrontare apertamente quel discorso, e borbottò cupamente “Di sicuro Gabriel la vede così.”
“Io penso che abbia semplicemente voluto essere gentile.” lo rassicurò quindi Castiel, con la solita ingenuità.
“Tuo fratello?- domandò l’altro con tono sarcastico- Gentile?”
Il diciassettenne scrollò le spalle “Sa che io tengo a te e allora ha pensato che vuole conoscerti meglio.”
“Tuo fratello?- ripeté di nuovo a pappagallo Dean- Gentile?”
“Sai, non ti meriti il dolce che di sicuro avrà preparato per la serata.” sbuffò quindi il più giovane dei due ragazzi, anche se non poteva impedire ad un sorriso divertito di sbocciargli sulle labbra.
Al sentire nominare la possibilità di avere un dolce l’apprendista meccanico cambiò immediatamente tiro “Chi ha detto qualcosa su tuo fratello? Io no di certo.”
Castiel scoppiò in una risata, scuotendo la testa “Ruffiano.”
“Nah, io penso di essere adorabile.” ribatté prontamente Dean, sorridendo radioso.
L’altro sembrò non prendere quell’affermazione scherzosamente come il maggiore dei Winchester si era aspettato però,  infatti lo scrutò per diversi secondi prima di passargli teneramente una mano fra i capelli e sentenziare, con incredibile trasparenza, “Sì, lo sei.”
Dean arrossì, come poteva fare altrimenti?, e Castiel scoppiò a ridere per quella sua reazione così lontana dalla immagine di bad boy a cui tanto sembrava tenere. Quel suono sembrò riscuotere immediatamente l’apprendista meccanico che, ritornato padrone di se stesso gli rivolse un ghigno per poi passargli le braccia intorno alla vita con un gesto fulmineo, le mani possessivamente aggrappate ai fianchi snelli di Castiel mentre si sporgeva verso di lui con tale impeto da spingerlo contro il muretto di fianco al quale si erano fermati a parlare. Prima che l’altro potesse anche solo pensare, poi, di emettere un’esclamazione di stupore, Dean si impossessò con foga delle sue labbra, godendo di come l’altro si sciolse immediatamente sotto il suo tocco, e dell’entusiasmo con cui rispose subito al suo bacio appassionato.
Sfortunatamente, però, dopo qualche momento in cui la passione sembrava aver avuto la meglio su di lui, il diciassettenne ritornò in sé, poggiando il palmo sul muscoloso petto del giovane meccanico per indurlo a scostarsi quel tanto dal permettergli di parlare l’uno all’altro guardandosi negli occhi.
“Dean!- protestò il minore dei Novak con poca convinzione- Ci guardano tutti!”
L’altro gli rivolse un sorriso trionfante “Visto? E tu che dicevi che ero io ad essere paranoico.”

 

 

Gabriel mandò giù l’ultimo morso di una barretta al cioccolato e caramello e lanciò l’incarto nella vaga direzione del cestino dell’immondizia prima di raggiungere il fratello e strappargli di mano le grucce con appese ben cinque delle sue adorate camice con motivi hawaiiani. Ormai erano ore che ripetevano quel bizzarro siparietto, l’unica differenza ad ogni ripetizione era soltanto il gusto della barretta di cioccolato scelta dal maggiore dei due Novak e la varietà dei vestiti che il più piccolo dei due ragazzi sventolava con la chiara intenzione di sbarazzarsene.
Ogni anno la raccolta di abiti usati per i senzatetto dello stato diventava sempre più minacciosa per l’eccentrico e variegato guardaroba di Gabriel e il giovane era certo che Castiel avesse iniziato ad accorgersi che sgattaiolava furtivamente fuori casa per recuperare i propri abiti giusto poche ore dopo che erano stati ordinatamente impilati insieme alle altre donazioni nella sacrestia della piccola chiesa cittadina. Quell’anno, comunque, esattamente come era accaduto quello precedente, il diciassettenne sembrava più che determinato a sbarazzarsi di qualsiasi indumento che non fosse mai stato indossato nell’arco degli ultimi tre anni, cosa che metteva in pericolo la maggior parte dei possedimenti di Gabriel.
“Queste sono le mie camice preferite.” sottolineò il giovane pasticcere, cercando di strappare dalle mani del fratello le grucce e maledicendo la genetica per il fatto che Castiel, a diciassette anni, fosse già qualche centimetro più alto di lui.
Il ragazzo alzò un sopracciglio “I bambini piangono quando ti vedono con questa roba addosso.”
“Hey, è il mio stile.” protestò di nuovo Gabriel, riuscendo finalmente a riappropriarsi dei propri indumenti e stringendoli al petto con fare protettivo.
“No, questo è lo stile di un pagliaccio daltonico convinto di vivere ancora negli anni Ottanta.” lo corresse quindi il minore dei due fratelli, scuotendo la testa con rassegnazione.
Gabriel decise di ignorare quell’affermazione e si affrettò a riporre le camice nel proprio strabordante armadio a muro “Senti, ancora non capisco perché non doni i tuoi di vestiti. Se proprio vuoi fare il buon samaritano e aiutare padre Murphy in questa raccolta di abiti usati, puoi farlo senza coinvolgermi. Io sono egoista, fa parte del mio charme.”
Castiel sbuffò, prima di iniziare a frugare di nuovo nell’armadio del fratello per trovare qualche nuovo abito adatto ad essere regalato ai senzatetto “Per prima cosa io ho già donato gran parte dei miei vestiti, e considerando il fatto che non conservo magliette di dieci anni fa solo perché spero che tornino di moda l’intera operazione mi è sembrata molto meno difficile di quanto la fai sembrare tu.”
Il maggiore dei due Novak alzò il mento oltraggiato, le braccia incrociate sul petto “Peggio per te, il vintage non tramonta mai.”
Il diciassettenne lo ignorò, alzando invece un secondo dito affusolato per indicare che intendeva continuare il proprio discorso “Secondo, il tuo armadio è talmente pieno di cianfrusaglie che mi domando come abbia fatto a non esplodere fino ad adesso. Fare una cernita di quello che c’è lì dentro non potrà che essere una buona cosa. E, terzo, dobbiamo dare il buon esempio così che anche gli altri donino qualcosa.”
“Perché dobbiamo essere noi a dare il buon esempio?- sbuffò sonoramente Gabriel- Perché non possiamo essere come tutti gli altri, dei mediocri cittadini che lasciano giusto scivolare qualche banconota nella cassetta delle offerte per mettersi in pace la coscienza quando si verifica qualche tragedia a livello mondiale?”
Castiel ignorò il soliloquio del fratello per riprendere la propria ricerca e in pochi secondi riemerse dalla cabina armadio del fratello stringendo fra le mani quella che sarebbe stata la sua prossima vittima.
“Questa lo buttiamo.” sentenziò, sventolando di fronte a sé una vecchia giacca di tessuto morbido e di un improbabile bordeaux decorato da piccoli pois blu.
“Cosa?!- Gabriel fu lesto come una faina nel sottrargli dalle mani quell’indumento- Non se ne parla neanche: quello è un mio marchio di fabbrica.”
Castiel alzò un sopracciglio, per niente impressionato da quella reazione teatrale “
È una giacca da camera.”
“E allora?” il maggiore dei Novak aveva messo il broncio, mentre si stringeva al petto quello che in quel momento riteneva il suo più prezioso possedimento.
È una giacca da camera.” ripeté il diciassettenne, scandendo bene le parole come se in quel modo potesse far rinsavire il fratello.
Gabriel ammiccò muovendo le sopracciglia con tanta enfasi da farlo sembrare il personaggio di una sit-com “Anche Hugh Hefner ne ha una e nessuno gli ha mai detto di liberarsene.”
“Ignorerò questa tua argomentazione e metterò questa giacca nello scatolone delle donazioni.” tagliò corto il ragazzo dagli occhi blu, allungando le mani per riprendere la giacca e smistarla nel posto più consono.
“Oh, quindi per me avere una giacca da camera non va bene, ma per qualche barbone sì?- protestò immediatamente Gabriel, stringendosi l’indumento al petto con fare protettivo- Loro nemmeno ce l’hanno una camera!”
Castiel spalancò i grandi occhi blu, scioccato da quella frase politicamente scorretta “Gabriel!”
Il pasticcere scrollò le spalle “Cosa?
È vero!”
“Vai in camera tua e pensa a quello che hai appena detto.” lo riprese con il tono di un genitore severo Castiel, indicando con un dito la porta della stanza da cui erano usciti da poco.
Il fratello maggiore fece roteare gli occhi platealmente “Ci andrei, ma non ho l’abbigliamento adatto per starmene comodamente in camera da letto.”
Il diciassettenne sospirò teatralmente “Ok, facciamo così: puoi tenere la tua giacca da camera se al suo posto doni otto capi che non indossi più da almeno due anni.”
“Tre.” ribatté prontamente Gabriel, cercando di contrattare a proprio favore.
“Sei.- concesse dopo una breve riflessione Casitel- Ma solo se me li porti nel giro di dieci minuti.”
Il volto del giovane pasticcere si aprì in un sorriso radioso prima di correre nella propria camera “Andata! Grazie fratellino!”
Il ragazzo dagli occhi blu si ritrovò a scuotere la testa divertito da quella reazione, prima di impilare ordinatamente una serie di t-shirt nello scatolone degli abiti destinati alla donazione. Aveva appena finito di sigillare la suddetta scatola ormai piena quando il campanello di casa suonò brevemente per due volte. Sul volto del giovane si allargò automaticamente un grande sorriso al pensiero di chi fosse l’ospite, ormai tanto atteso, ed infatti Dean, alla porta, lo trovò così, con le gote arrossate e le labbra carnose schiuse per scoprire i denti bianchi.
“Ciao, Dean.”
“Hey, Cas.- rispose il ragazzo più vecchio, sporgendosi verso di lui per salutarlo anche con un bacio oltre che con le parole e quando fu soddisfatto si scostò, sventolando un grosso sacchetto per alimenti- Ho pensato di portare qualcosa da mangiare: fra me e tuo fratello è probabile che non avanzerà quasi niente.”
Castiel gli strappò il sacchetto dalle mani, invitandolo poi a seguirlo all’interno della casa con un cenno del capo “Sottovaluti il mio amore per gli hamburger che prepara tuo padre se pensi che non contribuirò ad evitare che restino degli avanzi.”
Il salotto dei Novak era già perfettamente pronto per la serata: il tavolino da caffè, di solito sotterrato da libri di scuola e romanzi (di Castiel) e grossi ricettari di vario tipo (di Gabriel) era stato sgomberato completamente per fare posto a ben due grosse ciotole colme di pop-corn, talmente profumati che era ovvio che fossero stati preparati da poco, e altre tre piene di altrettanti tipi di patatine. Le bottiglie di bibite erano state sistemate sul piccolo tavolino di fianco al divano, vicino alla bizzarra lampada a forma di fenicottero rosa, insieme ad una scatola piena di tutte le caramelle e i lecca-lecca preferiti da Gabriel. Il mobile dal quale troneggiava sul salotto la televisione dei due fratelli, un apparecchio tanto vecchio quanto totalmente deciso a non voler smettere di funzionare nell’immediato futuro, aveva le ante aperte e le decine di dvd e cassette contenuti al suo interno erano pronti ad essere analizzati attentamente prima della decisione finale su quale sarebbe stato il film protagonista della serata. Dean osservò il diciassettenne sistemare la cena che lui aveva portato sul tavolino già stracolmo di snacks e non poté impedirsi di sorridere sornione all’incredibile domesticità di quella scena. Non ci vollero che pochi istanti, però, prima che il suonare insistente del campanello interrompesse quel momento, seguito poco dopo da un uragano, che però fu in grado di identificare immediatamente come Gabriel che scendeva le scale di corsa per andare a rispondere alla porta.
Quando il maggiore dei due Novak fece ingresso nel proprio salotto aveva due sacchetti con sopra stampato il logo del ristorante cinese della città “Bambini, la cena è pronta!”
Castiel fece roteare gli occhi platealmente “Gabe, sapevi che Dean avrebbe portato da mangiare.”
Il giovane pasticcere annuì “Già, ma a quanto mi risulta John non fa i biscotti della fortuna e grazie al cielo! Non mi pare proprio il tipo in grado di scrivere frasi motivazionali. Non è vero, Dean?”
Invece di rispondere il ragazzo lo fissò scioccato “Che cosa stai indossando?” 
Gabriel abbassò lo sguardo per osservare il proprio abbigliamento e poi alzò di nuovo il volto, questa volta illuminato da un sorriso radioso “La mia giacca da camera.”
 “Hai una giacca da camera?- Dean sbatté le palpebre- Come Hugh Hefner?”
Castiel si limitò ad alzare un sopracciglio in direzione del proprio fratello maggiore, soddisfatto che anche Dean avesse centrato in pieno il punto della situazione.
“Hey, un uomo ha il sacrosanto diritto di possedere una giacca da camera e non dovrebbe essere preso in giro né dal suo fratellino e nemmeno dal suo fidanzatino con la bocca che puzza ancora di latte.”
“Hey!” sbottarono in coro i due ragazzi più giovani, indignati da quel discorso.
Gabriel ghignò, soddisfatto di quella reazione, prima di estrarre dalla propria raccolta di film una cassetta e un dvd “Oh, piantatela di fare i bambini. Piuttosto, mentre voi stavate tubando come colombelle innamorate io ho pensato ad un tema perfetto per la nostra serata.- dichiarò, sventolando i due oggetti- Che ne dite di una piccola maratona?”
Dean gli prese dalle mani i due film proposti “La fabbrica di cioccolato?”
 “A dirla tutta i veri titoli sarebbero Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato e Charlie e la fabbrica di cioccolato.” specificò il pasticciere, prima di scartare un lecca-lecca e ficcarselo in bocca.

“Gabriel adora quei film, e anche il libro.- rivelo quindi Castiel- Credo che possa recitarli tutti a memoria.”
“Entrambi i film?- domandò scettico il giovane meccanico- Non sei un purista che odia Tim Burton per il remake?”
“Dean, sono film su delle grandiose fabbriche di dolci.- spiegò Gabriel- Non si può amarne uno meno dell’altro, sarebbe ingiusto.”
Castiel sorrise al proprio ragazzo “Una volta si è sognato di essere il re degli Umpa-Lumpa.”
“Era un sogno fantastico.- ammise trasognato il maggiore dei due Novak- Ero alla guida di una rivolta per prendere il controllo della fabbrica.”
“Vada per questa maratona, allora.- capitolò Dean, prendendo posto sul divano- Ma che nessuno si metta a cantare, d’accordo?”

 

Castiel reclinò il capo all’indietro, appoggiando la nuca alle ginocchia di Dean per riuscire a fissarlo negli occhi. Aveva ceduto il proprio posto sul divano al giovane meccanico, ed ora se ne stava seduto sul tappeto, di fronte a lui, con la schiena appoggiata alle sue gambe e una grossa ciotola di pop-corn fra le mani.
“Ti ho sentito.” lo informò, con un luccichio divertito negli occhi blu.
Dean abbassò lo sguardo verso di lui, l’espressione del suo viso confusa “Cosa?”
Il diciassettenne sorrise trionfante “Stavi canticchiando.”
“No, non è vero.” ribatté, oltraggiato da quell’accusa, il maggiore dei fratelli Winchester.
Castiel scoppiò a ridere “Sì che è vero!”
“Io non canticchio.” borbottò imbronciato Dean, anche se era ben consapevole che era una grande bugia.
Gabriel gli tirò una manciata di pop-corn “Oh, ammettilo Winchester, siamo solo noi qui e la tua reputazione sarà intatta anche se ammetterai di sapere a memoria le canzoni di film per bambini.”
È che sono così dannatamente orecchiabili!” ammise finalmente il ragazzo, stando ben attento a far roteare platealmente gli occhi per dimostrare ancora di più quanto fosse contrariato dall’intera faccenda.
Castiel gli accarezzò il ginocchio con la punta delle dita “Canti bene.”
“Cas!” protestò il giovane meccanico, arrossendo fino alla punta delle orecchie e scatenando l’ilarità di Gabriel.
“Cosa?- ribatté il diciassettenne con tono innocente prima di alzarsi-
È vero. Qualcuno vuole dell’altro gelato?”
Il padrone di casa scosse la testa “Cassie, ti stai dando ancora alle domande retoriche?”
“Per te prendo quello al cioccolato, Dean.” annunciò quindi il ragazzo prima di scomparire lungo il piccolo corridoio che portava alla cucina della casa.
Dean tornò a puntare lo sguardo verso lo schermo, dove il film continuava imperturbato a trasmettere immagini fantastiche e dai colori iridescenti,  ma dovette rinunciare quasi subito a cercare di capire che cosa si era perso della storia, perché Gabriel lo stava fissando tanto intensamente che temeva avrebbe potuto fargli un paio di buchi nel cranio.
“Che c’è?” sbottò quindi, voltandosi verso il padrone di casa.
Il giovane pasticcere scrollò le spalle, ma qualcosa nella sua espressione gli fece intuire che era decisamente meno spensierato di come voleva apparire “Io? Niente.”
“So che vuoi dire qualcosa.” lo accusò Dean, facendo roteare gli occhi.
Gabriel gli rivolse il suo ghigno da volpe “Non devo dirti assolutamente niente, Dean-o.”
“Stai per farmi il discorso da fratello maggiore, vero?- incalzò quindi l’apprendista meccanico- Quello del tipo spezzagli il cuore e io ti spezzerò le ossa, giusto?”

Il maggiore dei Novak, però, scosse la testa piano, serafico “No.”
Dean alzò un sopracciglio, sospetto “No?”
“No.” Confermò quindi il giovane, allungando una mano per afferrare un lecca-lecca alla ciliegia che si apprestò a scartare con movimenti agili.
Il diciannovenne dagli occhi verdi rimase piuttosto perplesso da quella insolita calma “Quindi non mi dirai nemmeno che mi terrai d’occhio?”
Gabriel succhiò con gusto il proprio lecca-lecca, un’azione talmente collaudata che sembrava più naturale su di lui che compiuta da un bambino delle elementari, i più abituati a mangiare simili dolcetti, “Io non ho bisogno di tenerti d’occhio, Dean: l’intera città lo farà per me. Cassie è come il cucciolo che tutti amano coccolare, qui ad Heaven, direi che non sarò solo io il Grande Fratello della situazione.”

“Ovviamente.- il ragazzo sbuffò. Gli capitava spesso di dimenticare di vivere in una città talmente piccola che chiunque tendeva a sapere tutto degli altri abitanti- Beh, la città può osservare quanto vuole.”
Il padrone di casa strinse gli occhi, scrutando con intensità il proprio interlocutore “Ti dico solo questo, Dean: Castiel è il mio fratellino, e immagino tu sappia come un fratello maggiore possa diventare protettivo. In fondo, anche tu hai Sam, giusto? Ammetto che al momento mi sembri altrettanto preso da Cassie di quanto lui lo è da te, ma non prenderlo in giro, chiaro? Se quello che vuoi è divertirti un po’ là fuori ci sono altri ragazzi, e altre ragazze, disposti a farlo. Cassie non è così però. Lui è già al cento per cento preso quindi se tu hai qualche intenzione strana dovresti farti da parte adesso.”
Dean si raddrizzò, e fissò il maggiore dei due Novak con occhi colmi di determinazione “Non intendo farmi da parte.”
“Ah, no?” incalzò Gabriel, alzando un sopracciglio e continuando a osservarlo, scettico.
“No.” confermò quindi l’apprendista meccanico, convinto come non mai di quanto aveva appena dichiarato.
“Mmm, ok.- concesse dopo qualche istante di pesante silenzio il giovane padrone di casa, prima di tornare a sorridere e assumere di nuovo la sua tipica espressione scanzonata- Dunque, che ne dici di vedere delle foto di Cassie quando non era ancora in grado di vedere sopra a un tavolo?”
Castiel accorse immediatamente, come richiamato dalla proposta appena fatta dal fratello, in mano una scodella mezza piena di gelato e un cucchiaio dal manico di plastica verde lime “Gabe! Ti ho sentito! Allontanati lentamente da quell’album di fotografie e nessuno si farà male.”
Il maggiore dei due fratelli sbuffò una risata “Pff, parli come se tu avessi qualche tipo di supremazia fisica su di me.”
Dean, dal canto suo, aveva già afferrato l’album che gli era stato offerto e lo sfogliava con un sorriso ampio e divertito sul bel volto “Ma guardati, Cas, eri tutto occhi!”
“Dean!” sbottò il diciassettenne, il volto imporporato da un rossore diffuso.
“Che c’è?- rise il ragazzo- Eri adorabile.”
Il giovane si coprì il viso con le mani affusolate “Dean.”
Il maggiore dei Winchester gli sorrise dolcemente - “Lo sei ancora.”
“E non hai ancora visto quelle in cui fa il bagnetto nella piscina gonfiabile.- lo informò quindi Gabriel con un ampio sorriso sul volto- Oh, e quella di quell’anno in cui ad Halloween  si è voluto vestire da ape!”
Il giovane pasticcere tolse dalle mani del ragazzo più giovane l’intero album, deciso a trovare i momenti più imbarazzanti e adorabili del fratello minore, ma nel farlo un paio di fotografie scivolarono fuori da una delle tasche interne nel retro di copertina.
Dean si affrettò immediatamente a raccoglierle e, inaspettatamente, si ritrovò fra le mani un paio di foto di famiglia. Un uomo ben vestito, con i capelli dello stesso color miele di Gabriel, e una donna dai grandi occhi blu quasi identici a quelli di Castiel, sorridevano all’obiettivo nonostante la loro posa fosse leggermente innaturale. In ogni caso, erano entrambi bellissimi, probabilmente ritratti nel giorno del loro matrimonio, considerando l’eleganza di entrambi e l’immacolato abito bianco della donna. L’altra foto aveva decisamente un aspetto più amatoriale. Un gruppo di ragazzini era ritratto in un prato verde, tutti seduti su una coperta su cui rimanevano ancora dei rimasugli di un pic-nic probabilmente terminato da poco. Gabriel era l’unico che il giovane riuscì a riconoscere in quel gruppetto: aveva già allora, nonostante dovesse avere al massimo dieci anni, la stessa espressione furba e lo sguardo pieno di divertimento.
“E questi chi sono?” domandò Dean, rigirandosi la foto appena raccolta fra le dita.
“Nessuno di importante.- tagliò corto Gabriel, il suo tono di voce inaspettatamente gelido così come il suo sguardo- Volete i biscotti per il gelato?”
Non aveva ancora finito di formulare la domanda che era già sparito in cucina, i suoi movimenti mentre apriva e chiudeva le ante della dispensa innaturalmente rumorosi nella casa improvvisamente silenziosa.
“Ho detto qualcosa di sbagliato?” domandò quindi Dean, voltandosi verso Castiel e trovandolo con lo sguardo abbassato.
Il diciassettenne sospirò “No, solo che questi sono i nostri fratelli. A Gabriel non piace parlare di loro.”
Il maggiore dei due fratelli Winchester scrutò la foto con più attenzione al sentire quel commento. Aveva immediatamente riconosciuto Gabriel, decisamente più giovane, con le guance ancora riempite da rimasugli di grasso infantile, e con un sorriso ancora più cospiratore di quello attuale, un buco nel sorriso dettato dalla provvisoria assenza di un incisivo centrale. Di fianco a lui, una ragazzina di qualche anno più grande, di una bellezza sconvolgente con i suoi lunghi capelli color fuoco e i grandi ed espressivi occhi scuri, si sporgeva leggermente verso un giovane dall’aspetto severo, con gli stessi capelli scuri di Castiel, sebbene molto più disciplinati, e gli occhi blu, anche se non altrettanto profondi ed espressivi.
“Oh.- esalò quindi l’apprendista meccanico, improvvisamente consapevole di quei particolari che ad una prima osservazione aveva ignorato- E a te?”
Castiel scrollò le spalle “Non me li ricordo, in realtà. Per me sono solo degli estranei.”
Dean allungò la mano, intrecciando le proprie dita in quelle del ragazzo dagli occhi blu “Mi dispiace.”
“Non fa niente, solo…- il giovane si interruppe, scrollando il capo piano- Mi dispiace tanto per Gabriel.”
Il maggiore dei due ragazzi sollevò la propria mano, portandosi con quel gesto quella dell’altro davanti alla bocca per lasciare un tenero bacio sulle sue nocche “Ti capisco, Cas.”
Quel momento di tenerezza venne interrotto immediatamente dalla squillante voce di Gabriel, che sembrava tentare in ogni modo di sembrare il solito se stesso, esuberante e divertente “Ecco i biscotti.- trillò, depositando sul tavolino da caffè ancora occupato da ciò che restava della loro cena un grosso e variopinto vassoio pieno di diversi tipi di biscotti tutti indubbiamente fatti in casa- Non ve li meritereste, perché avete insultato la mia giacca da camera, ma sto sperimentando delle nuove ricette per fare dei sandwich gelato questa estate e mi serve il vostro parere.”
Castiel rivolse al fratello un sorriso comprensivo, indicando una pagina dell’album che in quel momento teneva sulle ginocchia “Gabe, Dean ha trovato la mia foto nella cuccia del cane di Crowley, e vuole sapere di quando Growley voleva tenermi come suo cucciolo.”
Dean non riuscì nemmeno a deglutire il primo enorme boccone di biscotto con le gocce di cioccolato che aveva subito afferrato dal vassoio appena arrivato “Scommetto che c’è dietro una storia interessante.”
Gabriel sorrise radioso e, finalmente, sembrò davvero essere ritornato se stesso “Beh, amico,- dichiarò, con quell’intonazione di voce che gli piaceva avere quando cominciava a raccontare una storia rocambolesca e strategicamente abbellita- vinceresti la scommessa.”

 

Sam Winchester si stava esibendo in una delle sue facce scocciate più riuscite quando Dean fece il suo ingresso da Mary’s, ad annunciare il suo arrivo l’allegro scampanellio della porta del locale.
“Dean, avevi detto che ci avresti messo meno di mezz’ora!” sbottò l’adolescente, slacciandosi il grembiule dai fianchi e lanciandolo con rabbia contro il fratello maggiore.
L’apprendista meccanico scrollò le spalle, per niente turbato da quella reazione “Mi sono dovuto trattenere più del necessario.”
“Per fare cosa?- lo rimbeccò Sam, facendo roteare gli occhi- Sbaciucchiare Castiel dietro lo scaffale delle enciclopedie mediche?”
“Per prima cosa, nessuno della tua età dovrebbe ancora dire ‘sbacciucchiare’- lo informò alzando un dito- E poi, eravamo dietro la sezione di storia antica.”
Il minore dei due fratelli chiuse gli occhi di scatto, strizzandoli forte come se in quel modo potesse scacciare dal proprio cervello quell’immagine “Ew, Dean!”
Dean ridacchiò di quella reazione “Come se tu non facessi lo stesso con Jess.”
“Sta zitto!” sbottò di nuovo il quindicenne, arrossendo fino alla punta delle orecchie.
L’apprendista meccanico scosse la testa, divertito, prima di consegnare al fratello una pila di libri che aveva ritirato dalla biblioteca durante la sua visita a Castiel “Comunque ti ho anche preso in prestito quei libri che cercavi, quindi alla fine sei tu che devi un favore a me e non il contrario.”
“Domani ho un compito in classe, Dean.- gli ricordò quindi Sam, anche se il sorriso appena accennato che gli increspava le labbra faceva capire che ormai lo aveva già perdonato per il suo ritardo- Direi che il fatto che ti abbia sostituito ci rende pari.”
“Secchione.” lo schernì il maggiore dei due Winchester, scompigliandogli i capelli con energia.
Sam sventolò le mani all’impazzata, riuscendo nel tentativo di scacciare quelle dispettose del fratello “Fesso.”
“Puttana.” ribatté prontamente Dean, secondo la consolidata routine che da sempre caratterizzava molti degli scambi di battute dei due Winchester.
“Ragazzi!” li ammonì John, facendo capolino dalla porta che dava alla cucina del locale.
I due ragazzi gli rivolsero un sorriso per niente dispiaciuto e esclamarono in coro “Scusa, papà!”
L’uomo si ritrovò a scuotere piano la testa, rassegnato, prima di ritirarsi di nuovo in cucina a finire di preparare le ultime ordinazioni che erano arrivate. Sam, dal canto suo, approfittò di quel momento per infilare di corsa le scale che portavano all’appartamento al piano superiore, lasciando così che fosse Dean a occuparsi dei clienti presenti del locale. Clienti fra i quali, indubbiamente, spiccava un piccolo ma chiassoso gruppetto che si era impadronito del grosso tavolo che si specchiava nell’ampia vetrina che si affacciava sulla strada.
“Qualcuno ha ordinato una merenda leggera?” domandò il ragazzo gioviale, distribuendo le ordinazioni che erano appena uscite dalla cucina e che comprendevano enormi piatti di patatine fritte con salsa al formaggio, un paio di doppi cheeseburger e dei grandi bicchieri colmi di densi milkshake al cioccolato.  
Benny attirò a sé uno dei piatti con i cheeseburger “Ormai stavamo perdendo qualsiasi speranza di vederti, fratello.”
Il giovane scrollò le spalle, trascinando una sedia dal tavolo vuoto accanto e sedendovisi a cavallo, gli avambracci appoggiati allo schienale “Beh, ero fuori.”
“Oh, Sam ce lo ha detto.” lo rimbeccò con un sorriso furbo Jo.
Charlie annuì “Eri andato a portare un tè caldo al povero Castiel perché ha il suo turno in biblioteca e sono due giorni che lì il riscaldamento è rotto, giusto?”
La ragazza bionda sghignazzò prima di mettersi ad imitare la voce profonda dell’amico, parlando con tono basso “Ciao, Castiel. Ho pensato di portarti questo tè caldo, perché sei adorabile.”
L’altra giovane si affrettò a darle man forte “Stavo guardando il cielo e ho pensato a te, perché i tuoi occhi sono blu, il blu più blu che sia mai esistito.”
“Ah. Ah. E di nuovo ah.- ribatté con tono piatto Dean, mentre l’intero tavolo scoppiava in una fragorosa risata- Siete spassosissime, il duo comico del secolo.”
“E tu sei schifosamente cotto.- ribatté prontamente Jo, puntandogli contro un dito la cui ultima falange era avvolta da un cerotto colorato, probabilmente a causa di un incidente con uno degli affilatissimi coltelli della sua collezione- Davvero, vedere te e Castiel insieme mi fa venire voglia di chiamare il mio dentista perché sento fisicamente le carie formarsi.”
L’apprendista meccanico scosse la testa “Voglio proprio vedere quando un povero ragazzo proverà a fare breccia nel tuo freddo freddo cuore, cara Joanna Beth. Quel poveretto non ha assolutamente idea del guaio in cui andrà a cacciarsi.”
La bionda incrociò le braccia al petto “Beh, se proprio vuoi saperlo Ash si è finalmente deciso a chiedermi di uscire e ho intenzione di dirgli di sì.”
“Non gli hai ancora risposto?” domandò interessata Charile.
Jo scrollò le spalle “Voglio tenerlo un po’ sulle spine, così che capisca con chi ha a che fare.”
“Sei una donna crudele, Joanna Beth.” rincarò la dose Benny, anche se era evidentemente divertito dal comportamento dell’amica.
La ragazza gli rivolse un sorriso radioso “Sì, e ne sono decisamente orgogliosa.”
Benny, Charlie e Dean fecero roteare gli occhi quasi all’unisono, ma non potevano negare che da Jo si aspettavano una risposta del genere.
“Quindi, tutto procede bene in paradiso, giusto?” domandò l’amico all’apprendista meccanico, prima di afferrare l’ultima manciata di patatine rimaste nel suo piatto.
“Per prima cosa, se quello è un riferimento al nome di Cas, dovresti vergognarti della pessima battuta.- rispose Dean, alzando un sopracciglio- E poi, io non parlo della mia vita sentimentale con voi.”
“Ma sentitelo: vita sentimentale.- lo stuzzicò Charlie con una luce divertita negli occhi- Sembri appena uscito da un telefilm adolescenziale di fine anni Novanta.”
Il maggiore dei fratelli Winchester sbuffò sonoramente “Io mi domando perché mi prendo tanto disturbo a passare il mio tempo con voi.”
“Perché siamo il gruppo di persone più figo di questa città, ovviamente!” trillò Jo, sul bel volto un sorriso smagliante.
Benny si ritrovò a scuotere la testa “La cosa è discutibile.”
“Piuttosto, fra un po’ comincerà l’assemblea cittadina, voi ci andate?” domandò Dean, iniziando a ritirare i piatti ormai vuoti sparpagliati sul tavolo.
Charlie lo seguì con lo sguardo mentre riponeva dietro al bancone il vassoio colmo delle stoviglie da lavare “Io passo. – borbottò sconsolata- Devo ancora finire di scrivere una tesina per la classe di chimica, e per quanto io sappia fare magie con il computer, l’insegnante mi ha già beccato la scorsa volta quando gli ho rifilato qualcosa che non era esattamente farina del mio sacco.”
“Oh, cavolo!- esclamò Jo, sgranando i grandi occhi color nocciola e impallidendo vistosamente- Noi siamo nella stessa classe a chimica! Quella tesina non l’ho nemmeno iniziata!”
La bionda non disse altro, afferrò in fretta e furia la propria giacca e la propria sciarpa e schizzò fuori dalla porta ad una velocità talmente elevata che gli altri ragazzi non fecero in tempo nemmeno a salutarla. Charlie fece roteare gli occhi, alzandosi con più calma e preparandosi ad uscire e raggiungere l’amica.
“Non preoccupatevi, l’aiuterò io.- assicurò quindi agli altri due, prima di sbandierare il suo usuale saluto vulcaniano- Ci vediamo, stronzetti!”
Dean sghignazzò di quell’uscita, prima di rivolgersi all’altro ragazzo che, a sua volta, stava rivestendosi per affrontare quella fredda serata invernale “Tu Benny?”
“Penso che andrò da solo all’assemblea.- disse quindi il giovane- Qualcosa mi dice che accompagnerai Castiel e non sono certo di volere fare il terzo incomodo.”
“Oh, andiamo Benny.- lo stuzzicò l’apprendista meccanico- Non sarai geloso?”
Il suo migliore amico fece roteare i suoi occhi azzurri “Nei tuoi sogni, fratello.”
Non passò molto tempo prima che i pochi clienti ancora nel locale decidessero di andarsene, probabilmente anche loro decisi a non perdersi l’irrinunciabile assemblea cittadina di Heaven. Il maggiore dei fratelli Winchester rimase presto da solo a pulire i tavoli e mettere in ordine il locale, mentre suo padre si occupava della quotidiana pulizia della cucina e di controllare lo stato della dispensa. Dean stava riponendo l’ultima sedia ribaltata sopra un tavolo quando l’allegro scampanellio della porta annunciò l’arrivo di Castiel, in testa un cappello di lana azzurra, le gote arrossate dal freddo e i grandi occhi blu brillanti e pieni di gioia.
“Nevica!” annunciò, lanciandosi fra le braccia dell’apprendista meccanico e avvolgendolo in un abbraccio gelido.
Dean non poté fare a meno di ridere “Buonasera anche a te, Cas.”
“Io adoro la neve.” spiegò quindi il diciassettenne, le guance ancora più rosse mentre sorrideva felice.
Il maggiore dei due fratelli Winchester annuì mentre si infilava sopra alla camicia di flanella rossa la sua adorata giacca di pelle, preparandosi per uscire fra quei fiocchi di neve leggeri che avevano da poco iniziato a cadere silenziosamente dal cielo “Non l’avevo notato, sai?”
“A te non piace?” indagò quindi Castiel, seguendolo in strada dopo aver salutato John, che aveva fatto capolino dalla cucina per controllare che cosa avesse causato quel leggero trambusto.
Dean scrollò le spalle muscolose “Non particolarmente: le strade diventano uno schifo, è umida e fredda e mio padre mi farà di sicuro spalare la strada davanti al negozio perché Sam si giocherà la carta dello studio per non farlo.”
Quella spiegazione pragmatica non sembrò smorzare l’entusiasmo del ragazzo dagli occhi blu “Ti aiuterò io a spalare.”
“Davvero?- chiese scettico il giovane meccanico, alzando un sopracciglio- Sono sicuro che dovrai spalare anche davanti alla pasticceria e il tuo vialetto di casa, Gabriel non mi sembra affatto il tipo da fare certe attività.”
Castiel continuò a camminare spensierato “Beh, a me non pesa farlo perché adoro la neve.”
“Ok, allora.- concordò Dean, proprio mentre facevano il loro ingresso nella sala da ballo di Pam, ormai quasi completamente piena- A proposito, come mai Gabriel non è con noi, stasera?
“Non ne sono sicuro..- ammise il diciassettenne, prima di indicare la direzione in cui aveva avvistato un paio di sedie libere e una accanto all’altra- Gabe mi ha detto che aveva qualcosa di cui discutere con Zachariah. Spero che non ci siano dei problemi con la pasticceria, per ora va tutto alla grande, ma abbiamo iniziato l’attività da poco. Dovrà passare ancora un po’ di tempo prima che possiamo rientrare delle spese fatte per aprire il locale.”
Dean gli strinse la spalla in un gesto di conforto “Sono sicuro che non è niente di importante. Zachariah probabilmente avrà avuto da ridire su qualcosa di stupido e totalmente inutile che ha notato solo lui, tipo in che ordine disponete i biscotti o il fatto che le sedie all’interno del locale non sono mai perfettamente allineate, e come al solito battibeccheranno un po’ finché Missouri e Pam non gli ricorderanno che in città non vige la dittatura.”
Castiel sospirò “Lo spero. In questi giorni l’ho visto un po’ stressato. Ho pensato che fosse per via della foto, anche se fa finta di niente so che per lui è sempre difficile ricordare di essere stato costretto a lasciare la nostra famiglia.”
L’apprendista meccanico guardò il ragazzo che aveva seduto a fianco con apprensione. Lui non era molto bravo con le parole e, soprattutto, non era affatto bravo a discutere di argomenti emotivamente carichi, ma anche se non sapeva come affrontare certi argomenti la sua mano scivolò piano sul ginocchio di Castiel e lì rimase, un appoggio morale piccolo e silenzioso, nascosta agli occhi di tutti, per tutta la durata dell’assemblea cittadina. E lo stesso si poteva dire del lieve e grato sorriso comparso sul minore dei due fratelli Novak.

 
“Dico solo, che avere una rete wifi cittadina potrebbe essere utile a tutti noi, non sto affatto parlando solo per profitto personale!” concluse Ash, alzando una mano come per accettare acclamazioni di tripudio.
“Sicuramente.- interloquì Zachariah con disgusto malcelato- Prenderemo in considerazione la tua proposta e ci aggiorneremo alla prossima assemblea.”
“Abbiamo altri punti all’ordine del giorno?” domandò quindi Missouri, guardandosi intorno e lasciando che il proprio sguardo cadesse su una persona seduta in prima fila.
Gabriel si alzò di scatto e Castiel spalancò gli occhi stupito del fatto che il fratello si trovasse lì e non avesse notato prima la sua presenza.
“Sì.- stava intanto rispondendo il pasticcere, spostandosi dal proprio posto fino al palco su cui sedevano i rappresentanti cittadini- Avrei due o tre parole da dire e una cosa che vorrei condividere con voi, cari concittadini.”
“E allora sii veloce, Gabriel.- sbuffò il signor Adler, lasciandosi cadere sulla propria sedia- Non tutti amiamo così tanto il suono della tua voce da voler prolungare oltre questa seduta.”
“Sarò conciso.- assicurò il giovane, voltandosi poi verso i suoi concittadini- Come tutti già sapete io e Kalì stiamo insieme da un po’.”
“Non così tanto, a dire il vero.” puntualizzò Pamela, alzando un sopracciglio perfettamente arcuato.
Gabriel sventolò una mano con noncuranza “Pignola. Quello che volevo dire è che è più che evidente a tutti di quanto noi due siamo fatti l’uno per l’altra. Voglio dire, lei è perfetta, e un po’ spaventosa a volte, lo ammetto, e anche riservata. Io non lo sono così tanto ed è per questo che ho pensato di coinvolgervi tutti in un momento molto importante per la nostra relazione.”
“Gabriel…” sibilò la donna indiana, fissandolo con una certa preoccupazione dal proprio posto fra gli altri abitanti di Heaven presenti all’assemblea.
“No, aspetta pasticcino, - la interruppe immediatamente il maggiore dei Novak, usando peraltro uno di quei vezzeggiativi che lui adorava tanto e che lei fingeva di detestare- lasciami finire. Kalì, sono serio quando dico che tu sei l’unica donna su questa terra perfetta per me, l’ho capito da subito, e quindi perché aspettare? Perché passare ancora mesi o anni a frequentarci e basta quando potremmo decidere di stare insieme per sempre?”
Dalla sala si alzò una corale esclamazione di stupore. Kalì aveva spalancato i felini occhi scuri e Dean sentì il ragazzo seduto di fianco a sé irrigidirsi, segno che non aveva assolutamente idea di quello che il fratello aveva intenzione di fare quella sera.
Tutti si aspettavano che Gabriel da un momento all’altro decidesse di formulare ufficialmente la fatidica domanda, ma si ritrovarono invece ad aggrottare la fronte quando un ragazzo, che Castiel riconobbe come uno dei membri della banda della scuola, si alzò di scatto, brandendo la propria tromba con orgoglio e iniziando a suonare nel silenzio colmo di stupore che si era creato. Dopo di lui si alzò Inias, seduto dal lato opposto della sala, e quando iniziò a suonare il proprio violino con maestria tutti riconobbero senza dubbio alcuno le note di All you need is love. Presto ai due ragazzi si unirono altri suonatori, tutti sparpagliati a caso fra il pubblico dell’assemblea cittadina, e Gabriel, dall’alto della sua posizione e con ancora il microfono in mano, non toglieva gli occhi da Kalì, sulle labbra un sorriso aperto ed estremamente soddisfatto della propria idea. La donna, dal canto suo osservò tutto con un sopracciglio alzato, il suo sguardo profondo fisso sul volto scanzonato dell’esuberante pasticcere senza che niente potesse tradire che cosa stava realmente pensando.

Quando la musica finì, nello stupore generale, Kalì si alzò lentamente, nella sala da ballo risuonava solo il ticchettio provocato dai suoi tacchi a spillo sul pavimento di legno mentre raggiungeva il proprio ragazzo sul palco.
“Ho visto anche io Love Actually, Gabriel.- lo informò, anche se un sorriso increspava le sue labbra tinte di cremisi- Non sei stato così originale.”
Il pasticcere sorrise sornione “Ma spaventosamente romantico sì, vero?”
“E anche irrispettoso del mio desiderio di riservatezza.” lo rimbeccò la donna, decisa a non darglila vinta.
Gabriel fece roteare gli occhi “E la tua risposta alla mia domanda sarebbe?”
“Non gliel’hai ancora fatta, quella domanda, ragazzo!” sbuffò Bobby Singer, seduto sulla sua sedia di fianco a Rufus, le braccia incrociate per dimostrare quanto fosse impaziente di andarsene.
“Oh, giusto.- si riscosse il giovane Novak, prima di ritornare a rivolgersi alla propria amata- Kalì, vorresti farmi l’incredibile onore di permettermi di passare il resto della mia vita a dimostrarti che ti amo più di ogni altra cosa al mondo?”
Kalì lo fissò con intensità, come era tipico di lei, e dopo attimi che sembrarono ore, sospirò esalando un conciso “Sì.”
Nella sala si alzò un coro di urla gioiose e di congratulazioni sincere, con sommo dispetto da parte di Zachariah che trovava tutto ciò che era successo nell’ultima mezzora decisamente fuori luogo per una assemblea cittadina.
Gabriel, tuttavia, ignorò i propri concittadini per sfilarsi dalla tasca dei pantaloni una piccola scatoletta di velluto verde “Allora sarà il caso che tu inizi ad indossare questo.”
Kalì accettò la scatola e l’aprì lentamente, spalancando poi gli occhi quando vide l’anello che conteneva “
È un rubino.”
“Già.- sorrise il pasticcere, affrettandosi ad infilare l’anello di fidanzamento sull’affusolato anulare della donna- Lo so che di solito sono i diamanti le pietre adatte ad un anello di fidanzamento, ma tu non sei una donna ordinaria Kalì, e credo che questo anello ti rappresenti più di ogni altro banale e comune solitario.”
Missouri iniziò a battere le mani seguita a ruota dagli altri abitanti di Heaven “Beh, Gabriel, di sicuro con questa proposta di matrimonio hai reso difficile la vita sentimentale degli altri uomini di questa città, se vorranno davvero fare qualcosa che non sfiguri a confronto.”
Gabriel rise e strinse nella sua la mano di Kalì “Siete tutti invitati in pasticceria per festeggiare il mio fidanzamento! Offro cupcakes a tutti quanti!”
“Cosa?- sbottò il signor Adler alzandosi di scatto- No! L’assemblea non è ancora terminata, dobbiamo dichiarare la conclusione e seguire tutte le procedure e…”
“Non ci interessa, Zachariah,- lo interruppe in malo modo Ellen- noi ce ne andiamo da Gabriel festeggiare.”
La sala da ballo si svuotò velocemente, gli abitanti di Heaven decisi a prendersi i posti migliori per i festeggiamenti al locale, ma Dean si ritrovò ad indugiare, ancorato sul posto dalla mano di Castiel stretta alla sua in una morsa di ferro.
“Non sapevi che Gabriel aveva intenzione di fare una cosa del genere, vero?” gli domandò, accarezzandogli piano la mano con il pollice.
Il diciassettenne scosse la testa, ancora visibilmente stupito da quanto era appena accaduto “U-uh.”
Era evidente che il ragazzo fosse rimasto piuttosto scioccato dall’improvvisa e importante decisione presa dal fratello maggiore e Dean non sapeva bene che cosa fare per tranquillizzarlo, soprattutto, si rendeva conto che probabilmente non era con lui che Castiel voleva parlare. Doveva essersene reso conto anche Gabriel stesso, comunque, infatti il pasticcere stava rientrando proprio in quel momento nella sala da ballo per andare loro incontro.
“Uhm, congratulazioni per il fidanzamento, immagino.- esordì Dean, indicando con il pollice sopra la propria spalla la sala alle loro spalle come se in quel modo potesse indicare la scena a cui aveva appena assistito- Anche se era tutto un po’ troppo in stile commedia romantica, per i miei gusti.”
Gabriel gli rivolse un sorriso orgoglioso “Beh, una proposta di matrimonio con tema Die Hard sarebbe stata un po’ meno credibile.”
“Immagino di sì.” concordò l’apprendista meccanico con una scollata di spalle.
Il maggiore dei due Novak continuava a scrutare il volto del fratello, pur senza smettere di rivolgersi all’altro ragazzo “Senti, Dean, che ne dici di precederci alla pasticceria? Ho dato a Kalì le chiavi e il compito di lasciare che ognuno possa prendere i cupcakes che ho lasciato sul bancone, ma non sono certa che non provi davvero a uccidere qualcuno se si dimostra troppo insistente nel porgerle le congratulazioni.”
“Certo, non c’è problema.- Dean annuì, dando un’ultima stretta alla mano del diciassettenne prima di lasciarla scivolare via dalla propria- A dopo allora.”
I due fratelli rimasero in silenzio fino a che non furono completamente soli e dopodiché Gabriel non poté trattenersi oltre da fare quelle domande di cui un po’ temeva la risposta “Allora, che hai da dire?”
“Che sono senza parole!- ammise quindi Castiel, riuscendo finalmente a parlare- So che ami Kalì, ma non mi sarei mai aspettato una cosa del genere.”
Gabriel gli mise una mano sulla spalla “Ma sei d’accordo, vero? So che forse prima avrei dovuto sentire la tua opinione, ma ho visto l’anello e tutto il resto mi è venuto così naturalmente che-”
Il fratello minore lo interruppe, fissandolo con serietà “Gabe, io voglio solo che tu sia felice.”
“E lo sono.” ammise quindi il pasticcere, sorridendo per la felicità di sapere finalmente di avere il suo appoggio.
Castiel lo abbracciò di slancio, gesto che spiazzò un po’ Gabriel considerando l’usuale riservatezza del diciassettenne “Allora sono felice anche io.”
“Bene.- rise il pasticcere, continuando a stringere a sé il fratello minore con un braccio mentre uscivano dalla sala da ballo- Sai che questo vuol dire che oltre a me presto avrai anche Kalì a comandarti a bacchetta, vero?”
Il minore dei fratelli Novak fece roteare gli occhi, anche se la sua espressione tradiva il fatto che non fosse realmente infastidito “Come se non lo facesse già.”
Gabriel annuì concorde. Sapeva già che Castiel e Kalì andavano perfettamente d’accordo, ma averne avuto una ulteriore conferma non faceva che renderlo ancora più felice: il loro futuro sembrava essere sempre più radioso e non vedeva l’ora di unirsi a tutti i loro amici per festeggiare come meglio potevano quel momento di soddisfazione.

 

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Vi è mai capitato di sapere di dovere fare una cosa, avere in effetti voglia di farla, ma quando siete lì, pronti all’azione, tutta questa forza di volontà sparisce all’improvviso, costringendovi ad inventare scuse su scuse per giustificare a voi stessi il fatto che non avete fatto quello che dovevate? Di nuovo? Ecco, gli ultimi mesi sono stati così per me.
Come al solito, quindi, vi porgo le mie più sentite scuse, ma non avevo davvero la forza mentale di andare avanti, nonostante la voglia di scrivere mi facesse il solletico sulla punte delle dita per provare a spingermi a farlo, e nonostante io ami questa mia piccola storiella e l’abbia già tutta delineata sia nella mia testolina che sul pc (ebbene sì, vi anticipo che tutte le scene chiave sono state già scritte, aspettano solo che l’intera cornice dei capitoli in cui sono inserite venga definita e un piccolo e necessario lavoro di revisione) per varie vicissitudini nella mia vita mi sono dovuta arenare. So che questa storia ha un po’ di affezionati lettori e questa mia lentezza cronica nel pubblicare vi deve sembrare odiosa, quindi me ne dispiaccio soprattutto per voi, e per chi ha commentato e non ha ancora ricevuto risposta, ahimé per gli stessi motivi che hanno bloccato la mia voglia di scrivere. Vi dico solo che ho letto tutti i vostri commenti, li ho adorati, apprezzo moltissimo i feedback che mi date, le vostre opinioni, e tengo in considerazione tutto quello che mi dite, davvero, e vi sono immensamente grata per le vostre parole.
Detto questo, torniamo alla nostra storia, che credo sia il motivo principale per cui avete la pazienza di leggere questo tremendo mattone di parole random. La storia procede, come vedete, e tento sempre di non fare capitoli prettamente filler ma di aggiungere sempre qualcosa di nuovo che non renda completamente inutile la lettura e in questo caso si è trattato del fidanzamento di Gabriel! Ve lo aspettavate? Io personalmente adoro la coppia Gabriel/Kalì, trovo l’accostamento di caratteri e di personaggi fantastico e quindi non potevo che andare in una direzione del genere riguardo alla loro love story. E ad influenzarmi potrebbero anche essere state tutte le commedie romantiche che mi sono sorbita nel corso della mia vita e la totale inflazione di programmi incentrati sul matrimonio proposti da Real Time and co. Che dire poi di Dean e Castiel, finalmente insieme? Che ve lo dico a fare, io adoro il Destiel, vederli insieme mi riempie di gioia, ma vi anticipo che c’è ancora un bel po’ da raccontare riguardo a questa coppia.
Nel prossimo capitolo, che spero di avere pronto per settembre, ci sarà la comparsa di un nuovo personaggio (se volete potete provare ad indovinare, mi piacerebbe sapere chi vorreste vedere in questa storia!) e un salto di qualità nel rapporto Dean/Cas.
Ora non vi anticipo più niente, se no va a finire che mi spoilero l’intera storia da sola!
Grazie mille a tutti quelli che hanno commentato e a chi segue questa storia, di nuovo scusa per la mia tremenda lentezza nell’aggiornare.
Un bacio a tutti e buone vacanze!
JoJo

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