Heaven's boys di JoJo (/viewuser.php?uid=4512)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Benvenuti ad Heaven ***
Capitolo 2: *** La tavola calda di Mary ***
Capitolo 3: *** Chiacchiere e cioccolata ***
Capitolo 4: *** È qui la festa? ***
Capitolo 5: *** Il sogno di Gabriel ***
Capitolo 6: *** Il festival di fine estate ***
Capitolo 7: *** Love test ***
Capitolo 8: *** I love you, do you love me? ***
Capitolo 9: *** Amici come prima...o quasi ***
Capitolo 10: *** Due cuori e una crostata (o due, o tre...) ***
Capitolo 11: *** All you need is love ***
Capitolo 1 *** Benvenuti ad Heaven ***
1.
Heaven
Heaven
era il paradiso.
Non
contava più di un migliaio di abitanti ed era un puntino
così minuscolo sulla
cartina che erano in pochi quelli che erano a conoscenza della sua
esistenza.
Tuttavia,
tutti quegli automobilisti che, leggendo il nome della cittadina su un
cartello
verde ad un’ uscita della strada statale poco distante,
avevano preso la decisione
di fermarsi proprio in quel luogo sconosciuto, si erano immediatamente
resi
conto della fortuna di quella scelta dettata dal caso e dalla
curiosità.
Heaven
era il paradiso.
D’inverno,
ricoperta di neve ed illuminata dalle luci natalizie, sembrava una
succursale
della fabbrica di giocattoli di Babbo Natale.
D’estate,
contornata da campi di girasole e dai carretti dei gelati pronti a
diffondere
nell’aria musiche allegre, non faceva per niente rimpiangere
di non essersi
potuti permettere una vacanza su delle esotiche spiagge su sperdute
isole del
Pacifico.
In
autunno, con le foglie secche scricchiolanti sotto i piedi dei
passanti,
l’odore di caldarroste nell’aria e gli ombrelli
colorati degli abitanti,
sembrava il set di una commedia romantica.
In
primavera, con i prati verdi pieni di margherite e le famiglie sedute
su
tovaglie a quadretti rossi per i tranquilli picnic della domenica,
aveva un
aspetto così idilliaco che nessuno si sarebbe domandato il
perché del nome che
le era stato dato.
Heaven
era il paradiso.
E, in
una città tanto piccola, non era inusuale che gli abitanti
si conoscessero
tutti per nome e che vivessero le loro vite secondo un copione preciso
di
incontri e relazioni.
Per
esempio, tutti sapevano che Pamela Barnes, l’ex ballerina che
ora dirigeva
l’unica scuola di danza e recitazione della città,
in seguito alla sua
decisione di rimanere single dopo aver lasciato il suo ultimo marito,
Jesse,
aveva l’hobby di flirtare scherzosamente con qualsiasi essere
maschile fra i
diciassette e i sessant’anni che si imbattesse sulla sua
strada.
Tutti,
inoltre, sapevano che se volevano conoscere gli ultimi avvenimenti
della città
avrebbero semplicemente dovuto recarsi a casa di Becky Ronsen per un
tè, certo,
solo se si fosse stati disposti anche a venire in contatto con i suoi
dieci
gatti e il suo irrefrenabile bisogno di chiacchierare di personaggi
immaginari
appartenenti a libri, film o serie televisive e alle storie alternative
da lei
inventate su di essi.
O,
ancora, che il signor Zacharia Adler, direttore del consiglio cittadino
e
proprietario dell’unico supermercato della città,
amava l’ordine e le regole in
modo quasi ossessivo.
O che,
se proprio si riteneva necessario fare affari con il signor Fergus
Crowley, era
sempre bene fare attenzione anche alle più piccole clausole
dei suoi contratti.
Comprese quelle scritte con inchiostro simpatico fatto in casa.
Ad
Heaven, insomma, tutti conoscevano tutti. Quindi non era del tutto
innaturale
che, il giorno in cui i Winchester fecero il loro ingresso in
città, non fu per
niente il sommesso ritorno in terra natia che i tre si aspettavano
quanto più,
loro malgrado, una parata con tanto di fanfara che fece girare la testa
a
qualsiasi persona che si fosse imbattuta in quel vecchio pick-up color
ruggine,
l’aggressiva Chevrolet Impala del ’67 e il piccolo
camion di traslochi prima
dell’arrivo alla loro meta designata: il vecchio locale dei
Campbell.
I tre
Winchester, tuttavia, non badarono alle decine di paia
d’occhi puntati, non
affatto discretamente, su di loro. Una volta scesi dalle loro auto
cariche di
tutti i loro beni materiali, si fermarono sul marciapiede di fronte a
quella
che, diversi anni prima, era stata una tavola calda a conduzione
familiare e
che in quel momento non era altro che un vecchio locale abbandonato con
i vetri
delle vetrine oscurati dalla polvere.
“Quindi
è questo?” domandò Sam, il
più giovane dei due ragazzi, mentre strizzava gli
occhi per riuscire a scorgere qualcosa all’interno.
Alla
problematica età di quindici anni, il giovane non era
affatto entusiasta
dell’improvviso trasloco da Lawrance, Kansas, ovvero
dall’unica casa che avesse
mai riconosciuto come tale. Sam Winchester era arrabbiato per aver
dovuto
abbandonare la scuola che frequentava, e gli amici della sua classe, in
pieno anno
scolastico, ma non si poteva dire che non comprendesse appieno e
condividesse
le motivazioni che avevano portato suo padre a prendere una decisione
di tale
entità.
John
annuì con quella gravità che lo perseguitava da
diverse settimane “Già.
L’appartamento è sopra il locale.- li
informò- Anche se non sembra molto
grande, è più che sufficiente per noi
tre.”
Al suo
fianco, Dean si sistemò meglio la propria sacca sulla spalla
muscolosa “Sei
sicuro che riusciremo a gestire una tavola calda?”
Sam si
voltò verso il genitore “Non sei molto ferrato su
come gestire un locale, papà.
Era la ma-”
“Ce la
caveremo.- lo interruppe con tono risoluto John- Dean mi
aiuterà, non è vero?
Il maggiore dei due
fratelli annuì “Certo,
papà.”
“Papà,
dici che ci piacerà vivere qui?”
domandò di nuovo il quindicenne, una luce
incerta nello sguardo.
Suo
padre gli rivolse un sorriso incoraggiante “Ne sono sicuro.-
gli assicurò,
prima di pronunciare in modo sommesso e malinconico la frase
successiva- Mary
adorava questa città.”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** La tavola calda di Mary ***
2.
La tavola calda di Mary
Gabriel
Novak stava camminando in centro, tra le mani una grossa e deliziosa
ciambella
al cioccolato, quando si accorse del radicale cambiamento.
Il
vecchio locale dei Campbell, una tavola calda che da quando aveva
memoria era
sempre stata chiusa, aveva dei fogli di giornale a coprire le ampie
vetrate e,
a giudicare dai rumori provenienti dall’interno, sembrava
proprio che qualcuno
stesse facendo dei lavori di ristrutturazione.
Non fu
difficile per lui collegare questo evento al camion dei traslochi che
aveva
visto sfrecciare davanti al proprio posto di lavoro il giorno
precedente. Ciò
che avrebbe dovuto fare, ora, era solo trovare qualcuno in
città disposto a
spifferargli succosi pettegolezzi su chi fossero i nuovi arrivati e
quali fossero
le loro intenzioni.
Gli
bastò recarsi alla Roadhouse, il pub-ristorante che gestiva
insieme alla
proprietaria, Ellen Harvelle, per incontrare la persona giusta a cui
porre le
proprie domande.
“Buongiorno,
Becky!” trillò, riconoscendo immediatamente la sua
giovane vicina di casa
seduta a uno dei grandi tavoli in legno del locale. Se c’era
una cosa che tutti
sapevano in città, era che Becky Rosen era a conoscenza di
tutto ciò che
accadeva all’interno dei suoi confini, a partire dal nuovo
taglio di capelli
della giovane e problematica Ruby, fino all’ennesimo cambio
della trama del
nuovo libro su cui stava lavorando Chuck Shurley, il solitario e timido
scrittore che abitava da solo in un appartamento sopra il piccolo
cinema
cittadino.
La
ragazza si aprì in un grande sorriso, voltandosi dalla
vetrata che si apriva
sulla piazza, e dalla quale si poteva scorgere chiaramente il locale
dei
Campbell, su cui aveva avuto il naso incollato fino a poco prima
“Oh, ciao
Gabriel.”
Gabriel
fece un cenno del capo in quella stessa direzione “Chi sono
gli stranieri?”
“La
famiglia di Mary Campbell.” Spiegò immediatamente
la giovane, come se lui
potesse capire tutto solo dall’udire quel nome.
Il
ragazzo si passo una mano sotto il mento “Chi è
Mary Campbell?”
“Oh, tu
e Castiel non potete saperlo.- sembrò ricordarsi
immediatamente Becky- Mary
abitava qui prima del vostro arrivo. Se ne è andata quando
si è sposata con
John Winchester.”
Si
accostò di più a Gabriel prima di continuare a
spifferare le informazioni in
proprio possesso “A quanto pare si è voluta fare
seppellire qui, vicino ai suoi
genitori, e John ha deciso di acquistare il vecchio locale dei
Campbell.”
“Non
l’ha acquistato.- li informò una voce alle loro
spalle- È sempre stato della
famiglia di Mary, John lo ha avuto in eredità da
lei.”
I due
si voltarono per guardare Ellen, che si trovava in piedi a pochi passi
da loro,
le braccia incrociate al petto e sul volto la tipica espressione di una
madre
che ha appena colto sul fatto i propri figli mentre compiono una
marachella.
Gabriel,
che aveva ormai acquistato parecchia confidenza con la propria datrice
di
lavoro, le rivolse un sorriso a metà fra lo spavaldo e il
colpevole, mentre la
ragazza, decisamente meno sprezzante, si ritrasse inconsciamente
“Beh, fatto
sta che adesso è suo.- dichiarò, voltandosi di
nuovo verso il proprio
interlocutore- Dite che lo trasformerà in
qualcos’altro o cercherà di far
ritornare al vecchio splendore la tavola calda?”
“Non ne
ho idea, ma non credo che John voglia cambiare del tutto il locale.-
ammise
Ellen con una scrollata di spalle- Spero solo che, se lo
farà, le sue crostate
di mele siano buone almeno la metà di quelle che faceva
Deanna Campbell. Quella
donna sì che sapeva cucinare.”
Gabriel
la fissò sorpreso “Tu conosci il nuovo
arrivato?”
“Non
molto.- ammise la donna- John era un amico di mio marito. So che lui e
Mary
hanno avuto due figli, però. Il maggiore, Dean, dovrebbe
avere diciannove anni
e il più piccolo, Sam, è di quattro anni
più giovane.”
“Oh,
quasi l’età di Cassie!”
trillò Gabriel contento.
Ellen
si aprì in un sorriso “Vuoi ancora forzarlo a fare
amicizia con i suoi
coetanei?”
Il
giovane scrollò le spalle “Non è che
Castiel non abbia amici. Ci sono
Samandriel e Inias, e quella spaventosa Meg. Credo soltanto che debba
provare
ad allargare un po’ la propria cerchia, tutto qui.”
La
ristoratrice scosse piano la testa, sulle labbra un sorriso soave
“Castiel è un
ragazzo dolcissimo e sta più che bene così
com’è. È un angelo, e in
città tutti
gli vogliamo bene.”
“Sta
per compiere diciassette anni, Ellen.- continuò a spiegare
il ragazzo- È il
periodo in cui dovrebbe crogiolarsi
nell’instabilità emotiva, frequentare gente
discutibile e farmi domandare perché mai io abbia deciso di
prenderlo a vivere
con me.”
“Lo hai
fatto perché adori quel ragazzo sopra ogni cosa.- gli
ricordò la donna con un
sorriso indulgente sulle labbra- Forse anche più dei
dolci.”
Gli
occhi nocciola di Gabriel si addolcirono per un attimo, prima che sul
suo volto
si dipingesse di nuovo la sua caratteristica espressione sprezzante
“Nah,
impossibile.”
Nonostante
le parole di Ellen, Gabriel non aveva abbandonato l’idea che
fare conoscenza
con i nuovi arrivati potesse essere un’ottima occasione per
il suo fratellino di
conoscere gente nuova, cosa che, all’interno di una
città piccola come Heaven,
risultava spesso difficile.
Fu per
questo che, una settimana più tardi, nel giorno
dell’inaugurazione della tavola
calda, battezzata Mary’s
dai nuovi
proprietari, Gabriel aveva deciso di mandare suo fratello in
perlustrazione del
locale, dichiarando di dovere assolutamente provare il loro frappuccino
al
caramello. Quando Castiel gli aveva domandato perché non
potesse andarselo a
prendere da solo, lui aveva addotto una scusa inverosimile
sull’inventario
della dispensa della Roadhouse, che Ellen gli avrebbe chiesto di
completare al
più presto.
Castiel
non aveva creduto alle parole del fratello, ma se c’era una
cosa che aveva
imparato in tutti quegli anni che avevano passato insieme, era che
quando
Gabriel si metteva in testa una cosa era praticamente impossibile
convincerlo a
fare altrimenti.
Ed era
per quel motivo, quindi, che un venerdì mattina si era
ritrovato in coda in una
tavola calda affollata, spintonato a destra e a manca dai suoi
concittadini
curiosi di fare conoscenza con i nuovi arrivati. Durante la sua lunga
attesa
Castiel ebbe modo di osservare i tre Winchester in
tranquillità.
Il
padre, John, era un uomo alto, dalle spalle larghe e l’aria
di essere in grado
di fare ogni tipo di lavoro pesante senza il minimo sforzo, aveva il
volto
provato di qualcuno che era stato costretto ad affrontare in una sola
volta
tutte le sofferenze della vita, gli occhi verdi in qualche modo spenti,
anche
se da essi trapelava una certa determinazione e passione. Era un uomo
stanco,
aveva deciso Castiel, e non lo aveva capito solo dai cerchi scuri sotto
i suoi
occhi ed il velo di barba sfatta spruzzato sulle sue guance. Il ragazzo
sapeva
che quell’uomo aveva perso la propria moglie ed era stato
costretto a cambiare
repentinamente casa, tutti in città erano a conoscenza di
quel fatto, e anche
se lui stesso non aveva mai dovuto provare dei dolori così
grandi nella vita,
di certo aveva abbastanza compassione per essere triste per lui.
“Permesso!”
gli domandò con tono urgente un ragazzo alto e allampanato,
prima di
sfrecciargli accanto con un vassoio rosso carico di piatti dal profumo
invitante.
Castiel
aveva già visto Sam Winchester quando aveva iniziato a
frequentare la Heaven
High School. Anche se era di due anni più giovane di lui,
era impossibile non
notare quel giovane così alto e dai capelli lunghi e
scompigliati. Non aveva
avuto ancora occasione di parlargli, ma aveva intuito che il
più giovane
Winchester doveva amare la scuola, a differenza di molti suoi coetanei,
e si
aggirava spesso tra i corridoi dell’istituto con braccia e
zaino carichi di
libri, quaderni e fogli volanti.
Proprio
mentre stava per cercare con lo sguardo l’ultimo membro della
famiglia che non
aveva ancora avuto occasione di studiare, una voce profonda
attirò la sua
attenzione.
“Il
prossimo!”
Castiel
alzò gli occhi verso il proprio interlocutore e si
ritrovò improvvisamente
faccia a faccia con Dean Winchester.
Il
giovane gli sorrise da dietro il bancone “Che cosa ti porto,
amico?”
“Un
frappuccino al caramello, possibilmente con doppio caramello e una
spruzzata di
panna ed un caffè con latte di soia alla vaniglia. Da portar
via, per favore.” ordinò
quasi meccanicamente, mentre i suoi occhi attenti scrutavano il ragazzo
che gli
si trovava di fronte con la curiosità di uno scienziato di
fronte ad una nuova
specie.
Dean
annuì “Sono subito da te.”
Il maggiore
dei fratelli Winchester era alto e, come si poteva notare da
ciò che trapelava
dalla consumata maglietta dei Led Zeppelin che indossava, muscoloso.
Aveva un
volto dai tratti regolari e insolitamente armoniosi, il naso e le
guance
spruzzate di lentiggini e i capelli castano chiaro sapientemente
sistemati con
del gel. Ma ciò che più di tutto attirava
l’attenzione su quel volto
indubbiamente bello, erano gli occhi. Gli occhi di Dean erano verdi,
come
quelli degli altri Winchester, del resto, ma erano in qualche modo
unici. Se
quelli di John erano cupi come la parte più segreta di un
bosco, e quelli di
Sam erano spruzzati di pagliuzze dorate, quelli di Dean erano chiari,
brillanti
e facevano pensare alle passeggiate a piedi nudi sui prati pieni di
rugiada
durante una fresca domenica estiva e Castiel ne era talmente calamitato
che non
riusciva a distogliere lo sguardo.
“Ecco
fatto.” dichiarò Dean, interrompendo bruscamente i
suoi pensieri e facendolo
sobbalzare, mentre posava davanti a lui un vassoio di cartone con le
sue
ordinazioni.
Castiel
si riscosse, offrendogli un sorriso timido a fior di labbra
“Grazie. Potresti portarmi
anche del dolcificante?”
Il
giovane annuì, prendendogli dalle mani la banconota che gli
era stata offerta,
prima di voltarsi per recuperare ciò che gli era stato
chiesto. Ed in quel
momento, Castiel, che pur essendo un ragazzo immensamente timido e di
poche
parole, si ritrovò pervaso dall’irresistibile
desiderio di parlare, di farsi
notare da quel ragazzo così bello e dagli occhi
così sinceri.
“Ti
piace lavorare con le macchine?”
Le
parole gli uscirono dalle labbra a velocità elevata e, una
volta resosi conto
di ciò che aveva appena detto, il minore dei fratelli Novak
si ritrovò ad
arrossire vistosamente.
Dean si
voltò di nuovo verso di lui, le sopracciglia aggrottate
“E tu come lo sai?”
“Hai i
pantaloni sporchi di grasso.- gli fece quindi notare Castiel, per poi
inclinare
la testa come per osservarlo meglio- E hai le gambe ad arco.”
“Sei un
acuto osservatore, Sherlock.” borbottò il giovane,
scuotendo piano la testa. Non
era il primo degli abitanti di quella ridicola cittadina ad offrirgli
un commento
del tutto assurdo ed inaspettato, eppure non poteva fare altro che
rimanere
stupito ogni volta. Oppure era a causa del blu così
brillante degli occhi del
suo nuovo interlocutore.
“Dovresti
chiedere a Bobby Singer di farti vedere le sue auto.- gli
suggerì quindi il
giovane, lo sguardo basso e le guance color ciliegia- È
scorbutico ma di sicuro
apprezzerà qualcuno che possa amare le macchine come lui,
non sono molti a
farlo, qui in città.”
Dean
aggrottò la fronte, mentre sistemava nuovamente
l’ordinazione “Grazie per
questo consiglio che non ti avevo assolutamente chiesto.”
“Mi
dispiace per tua madre.” mormorò quindi Castiel.
Questa
volta l’altro alzò gli occhi, fumante di rabbia
“Cosa?”
Castiel
sbatté le palpebre più volte “Ho detto
che…”
“Ho
sentito quello che hai detto.- sbottò Dean- Tu non mi
conosci e nemmeno
conoscevi lei quindi evita di parlarne.”
“Volevo
solo porgerti le mie condoglianze, non volevo farti arrabbiare.- si
scusò il
ragazzo, senza però abbassare di nuovo lo sguardo- Mi
dispiace.”
Dean
sbuffò “Senti, lo vuoi questi caffè o
no?”
“Sì,
grazie.- disse, per poi allontanarsi di qualche passo. Prima di essere
troppo
lontano, però, si voltò verso il giovane,
rivolgendogli un sorriso disarmante-
Spero che ti troverai bene qui ad Heaven. Benvenuto a casa,
Dean.”
Il
giovane dietro al bancone si ritrovò a fissare la schiena di
quello strano
individuo mentre usciva dal locale, ed era talmente preso da
quell’azione che
nemmeno si accorse di suo padre, che gli si era avvicinato e gli aveva
posato
una mano sulla spalla.
“Chi
era quello?” domandò John, facendo un cenno in
direzione della porta da cui era
uscito Castiel.
Dean si
riscosse “Uno dei pazzi abitanti di questa
città.”
Suo
padre sghignazzò sottovoce “Già, gli
abitanti di Heaven possono
risultare…pittoreschi.”
“Papà,
non c’è bisogno che cerchi di indorare la pillola
con me.- gli ricordò il
maggiore dei suoi figli, voltandosi verso di lui e rivolgendogli un
mezzo
sorriso- Non sono Sammy.”
“Non ti
sto indorando un bel niente, Dean.- disse John, scuotendo la testa- Tua
madre
adorava questo posto, non comportarti come se vi avessi trascinato
all’inferno.
Ci pensa già tuo fratello a ricordarmi costantemente quanto
detesti essere
qui.”
Dean
sospirò, stringendosi nelle spalle “Lo so,
papà. È solo che stavamo bene a
Lawrence.”
“Beh,
laggiù non c’era più niente per
noi.”
Ed era
vero. La loro casa era stata rasa al suolo da un incendio, lo stesso
che aveva
ucciso Mary Winchester. E anche se avevano amici e conoscenti, rimanere
in
quella città sarebbe stato troppo per ciò che
restava della loro piccola
famiglia, il vuoto lasciato da Mary troppo grande, e le macerie della
loro vita
precedente troppo disastrate per poter essere rimesse a posto.
Così John Winchester
aveva fatto ciò Mary avrebbe voluto. Aveva raccolto
ciò gli era rimasto, aveva
fatto fare i bagagli ai ragazzi e si era trasferito a Heaven, dove
sapeva Mary
avrebbe desiderato tornare.
Ora
stava soltanto a loro dare un’occasione a questa nuova vita.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Chiacchiere e cioccolata ***
3.
Chiaccheire e cioccolata calda
La vita
a Heaven era monotona.
O,
perlomeno, questa era l’impressione che aveva avuto Dean
Winchester nel corso
delle sue prime settimane in quella piccola città.
Quando
si trovava ancora a Lawrence, ovvero quando la propria vita procedeva,
se non
idillicamente, quantomeno senza drammi o tragedie e, tutto sommato,
perfettamente serena, Dean non era mai stato il tipo di ragazzo che se
ne
andava in giro ad attaccar brighe o che stava fuori tutta notte in
posti poco
raccomandabili. Era da sempre stato vivace, certo, ma a parte qualche
compagnia
sbagliata e la naturale predisposizione all’attirare guai, il
maggiore dei
fratelli Winchester non poteva certo essere definito come un
“cattivo ragazzo”.
Ad
Heaven, tuttavia, quella era proprio l’etichetta che gli era
stata affibbiata a
pochi giorni dal suo arrivo.
Ripensandoci,
Dean poteva ammettere di essere stato poco scaltro: in una
città così piccola,
pensare di poter acquistare della birra, a meno di ventun anni ed
utilizzando
un documento falso per giunta, era effettivamente inverosimile. Ellen
Harevelle, che gestiva l’unico pub della città,
gli aveva immediatamente
sequestrato il documento, consigliandogli di non provare mai
più a compiere un
gesto del genere, e aveva addirittura minacciato, sotto lo sguardo
sghignazzante di sua figlia Jo, di informare suo padre se avesse fatto
un altro
passo falso. Il giovane era rimasto esterrefatto, e anche un
po’ spaventato da
quella donna inflessibile, e aveva deciso che da quel momento in poi
avrebbe
passato le proprie serate fuori città. E, probabilmente, era
per quello che non
era visto esattamente di buon occhio dagli abitanti di Heaven.
Ma
delle voci che giravano in città a Bobby Singer importava
poco. L’unico
meccanico di Heaven era un uomo burbero e solitario, pur non
raggiungendo mai
gli standard da eremita che sfiorava spesso Chuck Shurley durante i
suoi
periodi di scrittura intensiva. Abitava ai margini della cittadina
dove,
accanto alla propria abitazione, aveva in gestione un’ampia
autorimessa. Viveva
solo, con l’unica compagnia di un cane, una meticcia di
più di dieci anni che
amava più di qualsiasi altra cosa, anche della sua immensa
collezione di libri
antichi sul soprannaturale.
Quando
Dean Winchester arrivò a fargli visita, chiassoso al volante
della sua Impala
del ’67 dalla quale si diffondevano nell’aria le
assordanti note di una qualche
canzone dei Metallica, Bobby non avrebbe mai immaginato che quel
ragazzo
potesse risultargli simpatico.
Poche
ore più tardi, invece, dopo averlo visto lavorare con cura e
passione sul
motore martoriato di un vecchio pick up arrugginito, aveva offerto al
giovane
un lavoro part time per quando la sua presenza non era richiesta alla
tavola
calda e, anche se in quel momento Bobby non ne era ancora a conoscenza,
le
solide fondamenta per un’amicizia. Dal
canto suo, Dean, era soddisfatto di avere finalmente un lavoro legato
alla sua
grande passione per le auto. E se fosse stato meno permaloso,
probabilmente,
avrebbe ringraziato quel ragazzino eccentrico tutto occhi. Peccato,
però, che
la suscettibilità facesse parte del DNA dei Winchester.
La
domenica era il giorno preferito della settimana di Castiel Novak.
Non era
affatto perché era festa. Il ragazzo adorava la scuola, fin
troppo se si fosse
voluto ascoltare l’opinione dei suoi coetanei, ed
effettivamente, per lui, la
domenica era un giorno impegnativo come qualsiasi degli altri sei della
settimana.
Ciò che
Castiel adorava della domenica era che fosse il giorno libero di suo
fratello
Gabriel. Alla mattina, dopo che il giovane presenziava alla funzione
delle
nove, Gabriel si recava in centro per raggiungere il fratello, ogni
volta
lamentandosi che per colpa sua dovesse sprecare una mattinata completa
di ozio,
per poi andare insieme
a pranzare alla
Roadhouse dove, immancabilmente, Ellen li avrebbe rimpinzati di cibo
delizioso
sostenendo che nella loro vita mancava di certo il tocco di una donna.
Dopo di
che, sazi e felici, i due fratelli si sarebbero recati in centro per
una
passeggiata, prima che Castiel fosse di nuovo risucchiato via per una
delle sue
numerose attività extrascolastiche.
“Pamela
mi ha fatto di nuovo i complimenti sulla mia postura.” disse
il fratello
minore, proprio durante una delle loro passeggiate domenicali.
Gabriel
scrollò le spalle, prima di sfilarsi dalla bocca il
leccalecca che stava
mangiando prima di rispondere “E’
un’insegnante di danza, è ovvio che noti
certe cose.”
“Sì, ma
quando lo fa mi squadra completamente.- specificò di nuovo
Castiel, abbassando
la voce prima di pronunciare la frase seguente- Credo che mi guardi
perfino i
glutei.”
Il
maggiore dei Novak proruppe in una risata argentina “Si dice
culo, Cassie.”
Castiel
storse il naso “Dire così è volgare. E
quello che fa Pamela è imbarazzante.”
“E’
imbarazzante che tu abbia deciso di fare danza classica dopo che hai
visto
Billy Elliot.” specificò Gabriel lanciandogli un
sorriso smaliziato.
“Io non
volevo fare danza classica.- gli ricordò il ragazzo dagli
occhi blu- L’hai
deciso tu per me dopo aver visto quel film e lo hai fatto soprattutto
pensando
di poter conoscere delle donne.”
Il
maggiore dei Novak aggrottò la fronte “Oh, hai
ragione. Me ne ero dimenticato.”
“Mi avevi
anche preso un tutù.- continuò a raccontare
Castiel con un piccolo broncio- È
stato estremamente imbarazzante.”
“Non è
colpa mia!- si difese immediatamente Gabriel, brandendo il proprio
leccalecca
come se fosse stata un’arma impropria- Non sapevo niente
sull’abbigliamento dei
ballerini di danza classica, credevo lo indossassero anche
loro.”
“Il
tutù è una gonna, Gabriel. E i maschi non
indossano le gonne.” sbuffò il
giovane, incrociando le braccia al petto.
L’altro
gli rivolse un ampio sorriso “Dimentichi il kilt.”
“E tu
dimentichi che-”
Castiel
si interruppe all’improvviso, prima di puntare lo sguardo
sulle proprie scarpe.
Gabriel
lo osservò, confuso “Che
c’è?”
“Niente.”
rispose il fratello minore, senza smettere di camminare con lo sguardo
basso.
“Quello
non è niente.- lo corresse immediatamente Gabriel, il suo
tono di colpo passato
da gioviale e spensierato a serio e protettivo- Dimmi che
c’è.”
Castiel
si strinse nelle spalle “Niente è
solo…Il figlio di John Winchester.”
“Quale,
il gigante che sembra un alce?” domandò quindi
l’altro, guardandosi intorno
alla ricerca del compagno di scuola di suo fratello.
Il
minore dei Novak scosse la testa “No, il maggiore.
Dean.”
Gabriel
si fermò di botto e, con una mano ben salda sul braccio del
fratello, lo costrinse
a fare altrettanto “Che ha fatto?”
“Niente.-
sospirò pesantemente Castiel- Ma mi odia.”
Gabriel
fece roteare gli occhi “Nessuno ti odia, Cassie.”
“Lui
sì.” gli assicurò di nuovo il ragazzo,
con una scrollata di spalle.
Il
giovane gli posò le mani sulle spalle “Cassie.
Piccolo e dolce Cassie. Non c’è
nessuno in questa città che abbia mai detto qualcosa di male
su di te, e sai
perché? Perché sarebbe impossibile trovare
qualcosa di brutto su di te. Sei un
angelo, aiuti in chiesa, a scuola e agli eventi cittadini. Sei sempre
gentile
con tutti, anche con Zacharia e nessuno riesce mai ad essere gentile
con
Zacharia. Ed è per questo che nessuno potrebbe mai
odiarti.”
“I
Winchester non mi conoscono.- mormorò Castiel, gli occhi di
nuovo bassi- E
credo di avere detto a Dean una cosa che possa aver fargli fatto avere
una
brutta opinione su di me.”
Gabriel
alzò un sopracciglio “Che cosa potresti avergli
mai detto?”
“Io gli
ho fatto le condoglianze per la morte di sua madre.- gli
spiegò il fratello con
un sospiro- È così che si fa in queste occasioni,
giusto?”
Il
maggiore dei Novak scosse la testa, sulle labbra un sorriso indulgente
“Oh,
Castiel. Ecco il problema.”
Castiel
alzò lo sguardo per fissarlo in quello del fratello
“Ovvero?”
“Quando
muore una persona cara la gente diventa più suscettibile.-
spiegò Gabriel con
un tono serio che poco gli si addiceva- Quando è morta
nostra madre anche io lo
ero. Avevo solo sedici anni e pensavo che fosse stata tutta colpa
tua.”
Castiel
smise quasi di respirare “Oh.”
“Ma non
lo è stata, fratellino.- gli assicurò
l’altro, sfiorandogli la guancia con le
dita- E anche se mi sono rifiutato di vederti per tre settimane, quando
alla
fine mi sono avvicinato alla tua culla l’ho capito.”
Il
ragazzo rimase in silenzio per qualche secondo prima di parlare di
nuovo
“Capisco. Forse dovrei scusarmi, allora.”
“Credo
di sì.- confermò Gabriel aprendosi in uno dei
suoi sorrisi spensierati- Oh, e
quando lo farai potresti invitarlo al tuo compleanno. Chi
può dirlo, potresti
farti un nuovo amico.”
Erano
le nove di sera e Dean stava lavorando da solo al locale, ormai
deserto, quando
rivide di nuovo il bizzarro ragazzo con gli occhi blu.
Il
giovane gli si presentò davanti, sul bel volto un sorriso
timido ma sincero.
“Ciao!-
lo salutò, la sua voce inaspettatamente roca come la prima
volta che si erano
parlati- Vorrei un caffè e venti cioccolate calde. Con un
po’ di panna.”
“Venti?-
Dean si ritrovò ad alzare un sopracciglio- Hai una squadra
di folletti da
sfamare?”
“No,
solo un gruppo di bambini.” gli sorrise Castiel, voltandosi
per indicare un
gruppo di ragazzini che stavano piano piano invadendo la tavola calda.
Il
maggiore dei fratelli Winchester spalancò gli occhi,
sorpreso “So che me ne
pentirò, ma perché hai venti bambini che ti
seguono?”
“Sono
il loro insegnante di canto.- gli spiegò quindi il ragazzo,
una luce brillante
negli occhi blu- Sai, per il coro.”
“Il
coro?” ripeté Dean, confuso.
Castiel
annuì “Già. Sono già due
anni che aiuto il reverendo Murphy a gestire il coro
della chiesa.”
Quando
vide il giovane dietro al bancone scoppiare in una sonora risata,
però,
aggrottò la fronte “Perché
ridi?”
“Oh,
niente, solo che…- Dean prese un profondo respiro per
calmarsi- Tu hai una voce
così profonda…Immaginavo il contrasto che deve
esserci con quelle dei bambini
quando cantate, tutto qui. Deve essere buffo.”
“Io non
canto, Dean, sono solo il direttore del coro.”
specificò quindi l’altro,
stringendosi nelle spalle.
“Già.-
il giovane iniziò a preparare l’ordine, pur senza
smettere di chiacchierare- A
proposito, tu conosci il mio nome e io non so ancora il tuo.”
Castiel
annuì con aria seria “E’ vero.”
Dean
non poté fare a meno di rivolgergli un sorriso obliquo
“Era un modo indiretto
per chiederti come ti chiami, sai?”
“Oh,
certo.- l’altro spalancò gli occhi- Chiedo scusa,
le mie capacità di
interazione spesso sono inadeguate. Mi chiamo Castiel. Castiel
Novak.”
In quel
momento una ragazzina bionda gli si avvicinò, tirandogli
piano una manica della
giacca per attirare la sua attenzione “Castiel, avremo presto
le cioccolato che
ci avevi promesso?”
“Certo,
Clare.- le sorrise il ragazzo- Ci penserà Dean, vai pure a
sederti, intanto.
Sono sicuro che avrete la cioccolata prima che passino i vostri
genitori per
portarvi a casa.”
Anche
Dean si ritrovò a rivolgere alla bambina un ampio sorriso
“Certo, vai pure
piccola. Sarò subito da voi, con una dose extra di panna
montata.”
La
ragazzina spalancò gli occhi, incantata “Davvero?
Wow!” sussurrò, prima di
tornare a sedersi ad un tavolo con un gruppo dei suoi amici.
Il
maggiore dei Winchester continuò a versare la cioccolata
nelle tazze “Quindi il
tuo nome è davvero Castiel, uh?”
Castiel
puntò su di lui i suoi grandi occhi blu
“Perché, che cos’ha che non
va?”
“Sei il
primo che incontro con un nome del genere.” spiegò
quindi Dean, cercando con
tutte le sue forze di distogliere lo sguardo da quello ipnotico del
ragazzo che
si trovava di fronte.
L’altro
non sembrò avvedersi dello stato in cui si trovava il
proprio interlocutore “Mia
madre era molto credente e ha dato a me e a mio fratello il nome di
angeli. Lui
si chiama Gabriel.”
Dean si
fermò con il tubo della panna a mezz’aria sopra
una tazza “Era?”
“Sì.
Mia madre è morta.- spiegò quindi Castiel
stringendosi nelle spalle-
Complicanze del parto alla mia nascita.”
Il
giovane dietro al bancone si ritrovò a sbattere le palpebre
più volte “Oh. Non
lo sapevo.”
“E’
ovvio che non lo sapessi, Dean, ci siamo appena conosciuti.”
disse l’altro,
inclinando la testa di lato.
“Già.-
ribatté Dean dopo aver scosso la testa come per rischiarire
i propri pensieri-
Beh, scusa se sono stato troppo brusco con te l’altro
giorno.”
Castiel
gli rivolse un grande sorriso “Non fa niente. Mio fratello mi
ha fatto notare
che, anche se avevo le migliori intenzioni, ciò che ho detto
poteva toccare un
nervo scoperto. Come ti dicevo, tendo ad essere socialmente
inetto.”
Abbassando
lo sguardo sulle tazze e continuando a riempirle di panna il giovane
borbottò“Beh,
sei sempre migliore di molte persone che ho conosciuto.”
“Grazie.”
si ritrovò ad arrossire il più piccolo dei Novak.
Dean
gli rivolse un sorriso insolitamente timido prima di additare il
vassoio che
stava per portare ai tavoli “Ok. Uhm, le cioccolate sono
pronte, quindi…”
“Ragazzi?-
annunciò con voce più alta- Le vostre
cioccolate!”
I
ragazzini urlarono di gioia non appena diede loro da bere e Dean si
ritrovò a
ridere di quell’entusiasmo genuino.
Quando
tornò al bancone, Castiel stringeva fra le dita la propria
tazza di caffè “Il
caffè qui è delizioso. E anche il cibo, a quanto
mi hanno detto.”
Dean
gli rivolse un sorriso accattivante “Prima o poi dovresti
venire a provarlo.”
“Lo
farò di certo.- annuì il ragazzo. Alle loro
spalle i genitori stavano iniziando
ad arrivare per portare i loro bambini a casa- Quanto ti
devo?”
Il
maggiore dei Winchester scosse la testa, senza riuscire a smettere di
sorridere
“Sai una cosa? Per stasera offre la casa.”
Castiel
spalancò gli occhi “No, Dean, non posso
accettare.”
“Un
vero peccato, perché non cambierò idea.-
ribatté l’altro incrociando le braccia
e appoggiandosi al bancone- Prendilo come un modo per partecipare alla
vita
cittadina.”
Il
sorriso di Castiel era pieno di gratitudine
“Grazie.”
“Di
nulla, Cas.” gli sorrise di rimando l’altro
giovane.
Il
ragazzo dagli occhi blu aggrottò la fronte
“Cas?”
“Castiel
è un nome troppo lungo per i miei gusti.- spiegò
quindi Dean- O forse,
preferisci qualche altro soprannome?”
Castiel
scosse la testa “Di solito mio fratello mi chiama Cassie, ma
credo che Cas sia
meglio.”
“Allora
continuerò a chiamarti Cas.” gli
assicurò Dean con un sorriso.
Rimasero
in silenzio per diversi minuti, anche se non c’era nulla di
forzato mentre se
ne stavano uno di fronte all’altro, ognuno immerso nei propri
pensieri. All’interno
del locale, ormai, i bambini non c’erano più,
tutti riaccompagnati a casa dai
propri genitori, anche se sui tavoli restavano come ricordo della loro
presenza
tazze vuote e tovaglioli di carta sporchi di cioccolato.
“Posso
chiederti una cosa, Dean?” domandò quindi Castiel.
“Certo.”
Il
ragazzo iniziò a giocherellare col proprio tovagliolo,
improvvisamente
imbarazzato “Settimana prossima è il mio
compleanno e mio fratello sta
organizzando una festa a casa nostra. Mi piacerebbe se tu e tuo
fratello
partecipaste.”
Dean
sbatté le palpebre più volte
“Davvero?”
“Voi
siete nuovi in città, potrebbe essere una buona occasione
per conoscere un po’
di gente.- continuò a parlare tutto d’un fiato il
giovane- Non che io sia molto
popolare tra i miei coetanei, ma di solito alle feste che organizza
Gabriel
partecipa un sacco di gente e…è divertente. Alla
festa per i miei dieci anni
hanno chiamato la polizia.”
“E io
che pensavo che Heaven fosse un posto noioso.” rise divertito
il nuovo arrivato
in città.
“Non lo
è.- scosse la testa Castiel- È
solo…diverso. Credo.”
Dean
fece roteare gli occhi “Già, direi che
è un modo per descriverlo.”
Improvvisamente
qualcuno bussò alla porta del locale e Castiel si riscosse
immediatamente,
riconoscendo subito il ragazzo che ora stava in piedi sul marciapiede
“Oh. Si è
fatto tardi, devo andare.”
“Quel
tizio sta aspettando te?” domandò il ragazzo,
alzandosi immediatamente dopo al
proprio ospite.
Castiel
annuì “Sì, per accompagnarmi a casa.
Grazie di tutto, Dean. È stato bello
parlare con te.”
“Chi è
lo spaventapasseri con lo scollo a v?” domandò
Dean, facendo un cenno del capo
verso il ragazzo che aspettava pazientemente fuori dalla vetrina del
locale.
Castiel
gli rivolse un sorriso timido “Oh, lui è
Balthazar. Il mio ragazzo.”
E anche
se Dean non lo avrebbe mai ammesso a nessuno, il cuore un po’
gli si spezzò nel
sentire quella frase.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** È qui la festa? ***
4.
È qui la festa?
La
scuola pubblica di Heaven non era grande nemmeno la metà di
quella che Sam
Winchester frequentava a Lawrence, e contava ancora meno studenti.
Tuttavia, il
giovane non poteva che iniziare ad apprezzare il nuovo ambiente: i
professori erano
competenti e i compagni di classe socievoli, nonostante lui fosse
ancora troppo
intimidito per potersi considerare davvero amico di qualcuno dei suoi
coetanei.
Nonostante ciò, all’Heaven High School era
impossibile annoiarsi. Vi erano
attività scolastiche di ogni tipo, corsi in preparazione al
college, club degli
scacchi, della matematica, della musica, del cinema e perfino uno
dedicato alle
serie televisive britanniche. C’era la banda della scuola, le
squadre di
baseball, di basket e di football, e un cospicuo gruppo di cheerleader.
In
effetti, Sam era rimasto stupefatto di come la scuola di una
città tanto
piccola potesse brulicare di così tanta vita.
Ciò che
a Sam non piaceva della nuova scuola, tuttavia, era l’ufficio
del preside, o,
ad essere precisi, il preside in persona. Il signor Uriel Wisdom era un
personaggio terrificante, a partire dalla sua stazza fino al suo
sguardo
minaccioso e la smorfia schifata sempre presente sulle sue labbra. Il
più giovane
dei Winchester aveva sentito storie riguardo l’odio smisurato
che l’uomo
provava per gli studenti, tanto che fra i corridoi della scuola
giravano voci
che giuravano che Uriel si riferisse ad essi con i termini
‘scimmie
spelacchiate’.
Mentre
sfilava mogio dalla postazione della signorina Rosen,
l’iperattiva segretaria
tutto fare della scuola, Sam non poté che ripercorrere frase
dopo frase
l’intera conversazione che aveva appena avuto con
quell’uomo supponente.
I suoi
voti non erano all’altezza.
I suoi
voti non erano all’altezza!
Quando
aveva sentito quelle parole per poco il minore dei fratelli Winchester
si sentì
mancare. A Lawrence aveva la media più alta del suo anno,
pur seguendo tutti
corsi avanzati, e da quando frequentava le superiori non aveva mai
preso
un voto inferiore ad A.
Secondo
quanto gli aveva appena comunicato Uriel, invece, i test preliminari
che
avevano seguito la sua iscrizione alla Heaven High School si erano
rivelati
deludenti rispetto alle aspettative. Il preside gli aveva spiegato che
non era
del tutto sorprendente, considerato che il giovane si era iscritto ad
anno
scolastico già iniziato, e che sarebbe stato meglio per lui
cercarsi un tutor
in grado di indirizzarlo finché non sarebbe stato in grado
di trovare un nuovo
metodo di studio che coincidesse con quello di insegnamento dei nuovi
docenti.
Una
volta in corridoio Sam si passò le mani fra i capelli mentre
si lasciava
scivolare su una panchina. Che cosa avrebbe detto suo padre? E che cosa
avrebbe
significato questo incidente di percorso per la sua, fino ad allora
perfetta,
scalata verso l’iscrizione a Standford?
Era
talmente immerso nei propri pensieri che non si era nemmeno accorto che
anche
la panchina di fronte alla propria era occupata e che l’altro
studente, prima
immerso nella lettura di un tomo voluminoso, aveva smesso di leggere
per
osservarlo con sguardo incuriosito.
“Va
tutto bene?”
Sam si
ritrovò a sobbalzare suo malgrado. Alzò lo
sguardo, incrociando quello di due
grandi occhi blu puntati su di lui.
“Cosa?-
domandò, prima di scuotere la testa e provare a formulare
una frase di senso
compiuto- Certo, sì tutto bene.”
Castiel
annuì, poco convinto “Ne sei sicuro? Sei appena
uscito dall’ufficio di Uriel e
so per esperienza che parlare con lui può essere piuttosto
impegnativo.”
“Già.”
sospirò il ragazzo più giovane, per poi scoppiare
in una piccola risata
impregnata di imbarazzo.
“Posso
assicurarti- continuò a parlare l’altro, facendo
un segno al libro che
stringeva ancora fra le mani e mettendolo da parte- che di qualsiasi
cosa ti
abbia parlato non si tratta di niente di irrisolvibile. Uriel tende a
drammatizzare molto.”
Sam
sbuffò sonoramente “Me ne sono accorto. Secondo
lui non sono all’altezza degli
insegnamenti che ho scelto, ma ho preso solo un paio di B!”
Castiel
si aprì in un sorriso “Oh. È solo
questo? Ma tu sei nuovo, giusto?”
“Sì.-
disse il quindicenne, per poi ricordarsi di non essersi ancora
presentato- Mi
chiamo Sam. Sam Winchester.”
“Lo so.
Come tutti in città, del resto. Sono stato anche io alla
tavola calda di tuo
padre- scherzò Castiel- Io mi chiamo Castiel Novak e posso
assicurarti che la
situazione in cui ti trovi non è affatto così
grave come sembra.”
“Davvero?”
ribatté con poca convinzione Sam.
Il
giovane dagli occhi blu annuì “Certo. Ti
basterà trovare un tutor e un compagno
di classe che ti aiuti a studiare in base alle richieste degli
insegnanti. Non
ci vorrà molto prima che la tua situazione
migliori.”
Sam si
strinse nelle spalle. Stranamente parlare con quel ragazzo era
già bastato a
tranquillizzarlo e a mettere tutto in una prospettiva migliore.
“Non è
che potresti darmi il nome di qualcuno che sarebbe disposto a farmi da
tutor?”
domandò quindi, alzando uno sguardo speranzoso sul proprio
interlocutore.
Castiel
si morse il labbro inferiore e aggrottò le sopracciglia,
pensieroso “Beh, non
so se può esserti di aiuto, ma lo scorso anno ho fatto da
tutor a Kevin Tran.
Anche lui si era appena trasferito e aveva un problema simile al tuo
e…”
“Tu sei
un tutor?” domandò Sam, il volto completamente
illuminato.
“Non mi
definirei propriamente come tale, ma ho già ricoperto questo
ruolo un paio di
volte, sì.” ammise il giovane, annuendo piano.
Il
minore dei fratelli Winchester si alzò “Ma
è meraviglioso! Castiel, ti prego,
potresti farmi da tutor? Sei la mia unica speranza!”
Castiel
scoppiò a ridere, divertito dal tono melodrammatico usato
dallo studente più
giovane “Credo che prima dovresti chiedere delle referenze a
Kevin.”
“Siamo
al liceo, Castiel, non abbiamo bisogno di referenze.” disse
il ragazzo, facendo
roteare gli occhi.
Il
giovane dagli occhi blu sorrise indulgente “Ma sarebbe
più efficiente da parte
tua richiederle. Se vuoi, avrei anche il nome di una studentessa del
tuo stesso
anno con cui potresti formare un gruppo di studio, credo che ti
potrebbe essere
altrettanto utile.”
“Di chi
si tratta?” si informò Sam, incuriosito.
“Jessica
Moore.- rispose quindi Castiel- La conosci?”
“Sì.-
ammise l’altro- Seguiamo un paio di corsi insieme.”
Per la
seconda volta quella mattina, Sam Winchester si lasciò
cadere sulla stessa
panchina, ma se la prima volta lo aveva fatto in preda
all’ansia e alla
disperazione, in quel momento era decisamente sollevato.
“E’
stata una fortuna trovarti qui, Castiel. A proposito, come mai non sei
in
classe?”
L’altro
si strinse nelle spalle “La seconda ora è la mia
ora buca. Sono l’unico del mio
anno ad avere scelto di non frequentare educazione fisica."
Sam si
ritrovò a sghignazzare “Non sei il primo che
conosco a fare una scelta del
genere.”
Il
volto di Castiel si fece pensieroso “I tuoi amici a Lawrence,
immagino. Ti deve
mancare molto.”
Il
quindicenne si strinse nelle spalle, restio a dare una vera risposta.
“Com’è
il Kansas?” domandò quindi l’altro
studente.
“Bello.-
si ritrovò immediatamente a dire Sam- Voglio dire, non
è niente di speciale,
solo che era…casa.”
Castiel
annuì piano “Deve essere dura per voi ritrovarvi
qui, ora.”
“Non è
poi così male.- ammise quindi il ragazzo, ripensando alle
ultime settimane
passate in città- Heaven sembra un bel posto, sono certo che
mi piacerà.”
“Heaven
è un ottimo posto dove vivere.”
confermò quindi il giovane dagli occhi blu,
sulle labbra un sorriso lieve.
“Tu hai
sempre abitato qui?” chiese Sam, incuriosito.
L’altro
scosse la testa “No. Ho vissuto a Pontiac, Illinois, poi io e
Gabriel, mio
fratello, ci siamo trasferiti qui.”
Sam
spalancò gli occhi, incuriosito da quella storia
“Solo voi due?”
“Già.-
gli sorrise di rimando Castiel- Avevo poco meno di tre anni, lui
diciotto.”
“Ti ha
cresciuto lui, quindi.” riepilogò il minore dei
fratelli Winchester che, fedele
al proprio nome, non era propriamente pieno di tatto.
L’altro
ragazzo, tuttavia, sembrò non farci caso
“Sì, siamo sempre stati solo io
Gabriel. Anche se lui fa chiasso quanto una squadra di football dopo
aver vinto
una partita.”
“Oh.-
Sam intravide in quella frase l’occasione per riportare la
conversazione su
territori più neutri- Sei appassionato di
football?”
“No, in
realtà non sono molto bravo negli sport.- ammise Castiel
aggrottando la fronte-
Ma una volta la squadra di football della città ha vinto una
partita dopo
trent’anni sfortunati e abbiamo tutti fatto festa per cinque
giorni.”
Sam si
ritrovò a ridere di cuore al sentire quella frase. In fondo,
Heaven non era
quel posto terribile che gli era sembrato al momento del trasferimento.
E se
l’aiuto di Castiel si fosse davvero rivelato prezioso e in
grado di far
ritornare la propria carriera scolastica agli splendori originali, di
sicuro la
vita per lui non avrebbe fatto che migliorare. In fondo, era certo che
quello
sarebbe stato un ottimo inizio per la sua prima vera amicizia ad
Heaven.
Lavorare
sulle macchine era più che una passione per Dean Winchester.
In
effetti, da quando suo padre gli aveva fatto dono dell’Impala
al suo sedicesimo
compleanno, il ragazzo aveva spesso fantasticato sul poter diventare un
meccanico, in un futuro, ed aprire finalmente un’autofficina
tutta sua. Non
erano passati che tre anni da quel giorno, eppure a Dean, dopo la morte
di sua
madre, sembrava di essere invecchiato di una decina in più.
Aveva
quasi del tutto smesso di pensare al proprio sogno da ragazzino, ma da
quando
aveva incominciato a lavorare con Bobby Singer quell’idea
aveva iniziato a
frullargli di nuovo per la testa.
Ovviamente,
avendo già un lavoro full time da Mary’s, Dean non
poteva permettersi di
passare moltissimo tempo all’officina di Singer.
Ciò non voleva dire, tuttavia,
che il giovane non provasse a passarci ogni minuto che aveva a
disposizione.
Durante
il suo giorno libero, in particolare, aveva preso l’abitudine
di prepararsi un
semplice pranzo al sacco e poi recarsi da Singer per passare
l’intera giornata
con la testa infilata sotto il cofano di una macchina bisognosa di
attenzione.
Era
proprio durante uno di quei giorni che l’auto rimorchio
arrugginito di Rufus
Turner, migliore amico e socio di Bobby, fece il suo rumoroso ingresso
dal
polveroso cortile dell’autorimessa, trascinandosi dietro un
bizzarro maggiolino
giallo.
L’uomo
scese dall’auto borbottando, prima di strillare il nome del
suo amico per
attirarne l’attenzione.
“Rufus!
Che diavolo hai da strillare?- sbottò Bobby, per poi
cambiare immediatamente
tono quando riconobbe il giovane che era appena sceso dal sedile del
passeggero
dell’auto rimorchio- Oh, Castiel. Sono tre settimane che non
passi, credevo che
tu e Gabriel aveste finalmente deciso di cambiare auto.”
Il ragazzo
gli rivolse un sorriso imbarazzato “Non possiamo proprio
permettercelo al
momento, Bobby, lo sai.”
Il
vecchio si grattò la testa, pur senza togliersi il suo
inseparabile e malconcio
berretto da baseball “Scommetto che comprare una nuova
macchina vi costerebbe
meno che portare da me quel rottame tre volte al mese.”
“Tu ci
fai sempre enormi sconti.” gli ricordò quindi
Castiel, sorridendogli grato.
“E tu
mi fai trovare sulla veranda biscotti appena fatti ogni domenica
mattina.”
borbottò il meccanico, facendo un ampio gesto del braccio
come se volesse
scacciare da sé e dal suo interlocutore l’idea che
lui potesse essere
estremamente generoso.
Il
ragazzo scosse la testa “Non puoi sapere che sono
io.”
“Certo,
Castiel.- Bobby fece roteare gli occhi, prima di puntare lo sguardo
sulla
macchina gialla- Allora, che cos’ha questa volta?”
“Non
parte.” dichiarò quindi il giovane, stringendosi
nelle spalle. Non sarebbe
stato in grado di dire di più, considerando che ne lui ne il
fratello erano
propriamente ferrati sull’argomento.
Il
meccanico, tuttavia, annuì, come se quella risposta fosse
più che sufficiente
“Ok, solo un attimo. Dean!”
Il
maggiore dei fratelli Winchester al sentire chiamato il proprio nome
sgusciò
immediatamente fuori dall’auto su cui stava lavorando, una
meravigliosa Mustang
rossa appartenente all’inquietante signor War.
“Che
c’è?” domandò, fingendo
così di non avere affatto origliato fino a quel momento
la conversazione fra il suo datore di lavoro e il compagno di scuola di
suo
fratello.
“Occupati
dell’auto di Castiel.” gli ordinò quindi
Bobby, prima di girare i tacchi per
ritornare in ufficio.
Dean
annuì immediatamente, e si rivolse al nuovo arrivato mentre
si puliva il grasso
che aveva sulle mani con un piccolo telo sdrucito “Ok.
Allora, qual è il
problema?”
“Speravo
potessi dirmelo tu.- ribatté Castiel, seguendolo passo passo
mentre sganciava
il maggiolino dall’auto rimorchio per poterlo quindi
analizzare- Bobby dice che
Herbie sta cercando in ogni modo di ricorrere
all’eutanasia.”
“Herbie?”
il meccanico alzò un sopracciglio, mentre apriva il cofano
per osservare le
condizioni del motore.
“Gli ho
dato questo nome quando avevo quattro anni.- spiegò quindi
Castiel, non senza
arrossire leggermente- Gabriel mi ha incoraggiato.”
Dean
annuì distrattamente, ma ormai la sua attenzione era
completamente catalizzata
dal compito che gli era stato assegnato. Osservando il motore del
vecchio
maggiolino giallo era palese che quell’automobile fosse
più vecchia che
d’epoca. I problemi di quella macchina, ad un occhio esperto
come il suo, erano
più che evidenti. Tuttavia, si limitò a
focalizzarsi sul motivo per cui l’auto
avesse deciso di non mettersi in moto più.
“Uhm.” borbottò
a mezza voce, gli occhi verdi ancora ben puntati sul motore che gli si
trovava
di fronte.
“Che
c’è?- domandò immediatamente
l’altro giovane, decisamente preoccipato- Qualcosa
di grave che non
va?”
Dean
sospirò, alzandosi per guardare il proprio interlocutore
negli occhi “Direi di
sì. Credo che per sistemartela dovrò tenerla qui
per qualche giorno.”
“Oh,
solo questo.- sorrise Castiel, visibilmente sollevato- Pensavo che
Herbie ci
avesse lasciato per sempre.”
“Per
tua fortuna sono molto bravo in quello che faccio.- ribatté
spavaldo l’altro-
Ti serve un passaggio per tornare in città?”
Il
ragazzo dagli occhi blu scosse piano la testa “No, grazie,
credo che farò una
passeggiata. Bobby ha il nostro numero, quindi può chiamare
a casa quando la macchina
sarà pronta.”
“Ok.-
acconsentì Dean, prima di voltarsi verso l’ufficio
dell’officina e urlare-
Bobby?”
L’uomo
uscì dall’edificio borbottando contrariato
“Che diavolo vuoi, ragazzo?”
“Castiel
se ne sta andando.- lo informò quindi il giovane meccanico-
La sua auto deve
rimanere qui per qualche giorno.”
Bobby
scosse la testa “Pff, è già tanto che
quel ferro vecchio non abbia tirato le
cuoia.”
“Herbie
ce la farà anche questa volta.” gli
assicurò Dean con un sorriso da sbruffone.
Castiel
sorrise a quello scambio di battute, prima di rivolgersi al burbero
uomo a sua
volta “Bobby, ti ricordi della festa di sabato,
vero?”
“Io
odio le feste, Castiel.- gli ricordò Singer con tono
scontroso- Non verrò.”
“Lo hai
detto anche lo scorso anno e sei arrivato prima di chiunque
altro.” gli ricordò
il giovane Novak, con tono serafico.
“Volevo
solo portarti il tuo regalo e svignarmerla.- borbottò Bobby
contrariato- Non è
colpa mia se quel pazzo di tuo fratello mi ha praticamente incatenato
al
divano.”
Il
ragazzo scoppiò in una risata leggera “E poi ti
sei divertito. Quest’anno
invece lascia perdere il regalo e presentati puntuale. Ti prometto che
la torta
ne varrà la pena: la farà Gabe!”
Bobby
si voltò di lato, intenzionato a non cedere “Io
non vengo alla tua festa, e
questo è quanto.”
“Verrai.-
gli assicurò Castiel, per poi voltarsi verso il meccanico
più giovane- Non dargli
retta, Dean, lui verrà. E ci sarai anche tu, non
è vero?”
Dean
gli rivolse un sorriso brillante “Ti ho detto che ci sarei
stato, giusto?”
“Perfetto!
Ci vediamo sabato, allora.”
E, dopo
aver sventolato con leggiadria la mano in segno di saluto, il giovane
si
incamminò velocemente lungo la strada che lo avrebbe
ricondotto a casa.
Quasi
senza accorgersene, Dean era rimasto in piedi nel cortile, lo sguardo
fisso sul
punto da cui Castiel era appena sparito.
“Scordatelo,
ragazzo.”
La voce
di Bobby, alle sue spalle, lo fece sobbalzare.
“Cosa?-
sbottò, ricomponendosi e ritornando al proprio lavoro- Di
cosa stai parlando?”
L’uomo
non si fece ingannare dal suo tono disinteressato “Non fare
il finto tonto con
me. Ho riconosciuto lo sguardo con cui fissavi Castiel Novak.”
“Non
avevo nessuno sguardo.- borbottò Dean, puntando lo sguardo
sul motore del
maggiolino per non dover fissare quello del proprio datore di lavoro-
E,
soprattutto, non lo fissavo.”
“Ci
mancava poco che i tuoi occhi non saltassero fuori dalle orbite e
diventassero
a forma di cuore.” aggiunse quindi Bobby, con un tono che era
quasi divertito.
Dean
scosse la testa “Sta zitto, vecchio.”
“Dico
solo che sarebbe meglio per te lasciar stare quel ragazzo.-
ritentò di spiegare
il meccanico più vecchio, la sua voce paterna- Ha
già un fidanzato ed è
piuttosto innamorato. Non voglio che ti si spezzi il cuore appena
arrivato in
città.”
“Non
succederà.- gli assicurò Dean- Ora scusa, ma
è meglio che mi metta subito al
lavoro sulla macchina dei Novak.”
Bobby
lo osservò mentre si gettava nel lavoro con determinato
cipiglio. Sapeva che
quel Winchester era un bravo ragazzo, certo. Ma, anche se lo conosceva
da poco,
era già riuscito a farsi un’idea di quanto
cocciuto potesse essere.
Il
meccanico sospirò pesantemente.
Come se
Heaven avesse davvero bisogno di un melodramma sentimentale, si
ritrovò a
pensare.
Casa
Novak non era niente di speciale.
Una
semplice villetta a due piani, con una veranda con un divanetto di
vimini, un
giardino incolto e poco curato attraversato da un vialetto di ghiaia e
una
cassetta delle lettere blu.
Per
Gabriel e Castiel, però, quello non era soltanto un edificio.
Era una
casa, nel vero senso della parola. Un rifugio con un forte valore
affettivo,
comprato con notevoli sacrifici economici e fisicamente portatore di
innumerevoli ricordi della loro vita insieme.
Come la
scoloritura indelebile sul pavimento della cucina, frutto del primo
fallimentare tentativo di Gabriel di prendersi cura della nuova casa
con una
giornata di pulizie generali.
O come
le tacche incise nello stipite della porta della camera di Castiel,
ognuna
etichettata con l’età e l’altezza del
ragazzo, che il fratello maggiore aveva
iniziato a registrare con pazienza certosina dal giorno del loro
trasferimento.
In
quella casa i due fratelli avevano vissuto momenti spensierati e altri
più malinconici.
Gabriel aveva trascorso nottate intere sul divano, troppo stanco dai
mille
lavori che doveva fare per riuscire a pagare il mutuo per riuscire a
salire le
scale e infilarsi nel proprio letto. Castiel aveva spostato da solo i
mobili
della propria cameretta per fare spazio alla sua collezione di libri,
le pile
ordinate addossate alle pareti destinate ad aumentare ogni volta che il
ragazzo
passava dal mercatino delle pulci. Insieme i due avevano fatto maratone
di
film, abbarbicati sul divano a mangiare pizza all’ananas,
cucinato dolci cercando
di intuire a quale temperatura dover regolare il loro vecchio e
malconcio
forno, erano stati costretti a vivere per un intero mese al piano terra
quando
Castiel si era rotto una gamba a dieci anni, e anche litigato quando le
loro
personalità troppo diverse avevano iniziato a scontrarsi
troppo, ma solo per
fare pace poche ore dopo.
Nonostante
il loro attaccamento a quella casa e i mille ricordi che essa
conservava,
tuttavia, i Novak non avevano sempre vissuto lì.
Quando
il padre dei due ragazzi aveva deciso di sparire per sempre senza
lasciare
traccia in seguito alla morte della consorte, Gabriel, appena
diciottenne, era
stato costretto a lasciare la loro vecchia casa portando con
sé solo un paio di
valige e il piccolo Castiel stretto fra le braccia. Avevano vissuto in
tristi e
luridi motel, quando non poteva permettersi niente di meglio, e poi per
un po’
gli stipendi del maggiore dei fratelli gli avevano permesso di cercare
una
sistemazione più stabile nella stanza subaffittata da
un’ottantenne con
problemi di udito. Infine,
finalmente, erano
riusciti a raggiungere l’indipendenza e ad affittare un
monolocale solo per
loro due, proprio nel centro di Heaven. Gabriel si era innamorato
immediatamente della città e i suoi abitanti non potevano
certo non
affezionarsi a quel giovane determinato e al suo fratellino con gli
immensi
occhioni color cielo. E così, quando il ragazzo aveva avuto
l’occasione di
poter comprare una casa vera, era palese che i due fratelli non
sarebbero
andati lontani.
A
quindici minuti dal centro della città, proprio di fianco
alla villetta
tinteggiata di lilla di Becky Rosen, casa Novak non era propriamente il
fulcro
della vita mondana cittadina, ma lo diventava di certo ogniqualvolta
Gabriel
decideva di dare una festa. E, considerando la natura esuberante del
ragazzo, delle
occasioni del genere si presentavano almeno cinque volte
all’anno.
Per le
feste di compleanno, e quindi anche in occasione dei diciassette anni
di
Castiel, Gabriel decorava tutta la veranda appendendo lanterne colorate
e
all’interno della casa piazzava palloncini e festoni
personalizzati in ogni
stanza, focalizzandosi con particolare attenzione sul salotto, che
diventava il
punto focale dell’intera festa. I due divani e le due
poltrone rimanevano
costantemente occupati, il tavolino da caffè veniva riempito
con tutti i doni
portati dagli invitati e all’interno della casa la musica,
seppur altissima, riusciva a malapena
a sovrastare il costante ed allegro chiacchiericcio.
A
festeggiare Castiel c’erano proprio tutti. Pamela
Barnes, della scuola di ballo, non si perdeva certo un occasione del
genere per
fare festa. Anche Becky Rosen si era presentata, così come
Bobby Singer, Rufus
Turner, Ellen con sua figlia Jo, e una trentina di altre persone.
Perfino Crowley
aveva deciso di fare un salto, anche se tutti pensavano che lo aveva
fatto solo
per verificare la possibilità di dare avvio a qualche altro
affare, e, ancora
più sorprendente, Chuck Shurley era uscito dal suo
appartamento dopo un intero
mese per partecipare all’evento.
In
tutto quel brulicare di persone, però, Castiel si aggirava
nelle stanze del
piano terra con al seguito i suoi due migliori amici.
“Si può
sapere chi stai cercando, Castiel?- domandò quindi Inias,
dopo l’ennesimo
trasferimento dal salotto alla cucina- Sembri inquieto.”
Il
festeggiato scandagliò la stanza con occhi attenti
“Dean Winchester.”
“Dean
Winchester?- gli fece quindi eco il suo coetaneo- E che cosa dovrebbe
venire a
fare qui?”
Castiel
si voltò verso l’amico, incuriosito dal suo tono
sorpreso “Oh, l’ho invitato
alla festa. E anche suo fratello.”
Inias
sbatté le palpebre più volte
“Davvero?”
“Perché
non avrei dovuto?” ribatté quindi il minore dei
Novak.
Samandriel
intervenne immediatamente, attirando su di sé
l’attenzione dei due amici “Jo
Harevelle ci ha raccontato che ha provato a comprare della birra con un
documento falso.”
La
cosa, tuttavia, non parve turbare Castiel “E con
questo?”
“Credevo
che alla festa di quest’anno non volessi problemi.”
gli ricordò quindi Inias, che
aveva sentito l’amico preoccuparsi più volte che
il fratello maggiore potesse
rendere il suo compleanno un evento nazionale.
“E non
ce ne saranno.- gli assicurò quindi il neo diciassettenne-
Dean è una brava
persona.”
L’altro
aggrottò la fronte “Come puoi dirlo? Lo conosci da
poco.”
“Lascialo
in pace, Inias.- si intromise di nuovo Samandriel, sul volto da
ragazzino molto
più giovane della sua reale età
un’espressione fiduciosa- Lo
sai che Castiel ha un grande cuore.”
“Fin
troppo.- ammise Inias ridendo- Che mi dici di Balthazar?”
Castiel
si strinse nelle spalle “Arriverà. Me lo ha
promesso.”
In
effetti, il suo ragazzo gli aveva telefonato poche ore prima,
riferendogli che
sarebbe dovuto rimanere a scuola per diverse ore dopo la fine delle
lezioni per
colpa di un progetto di gruppo. A differenza di tutti loro, infatti,
Balthazar
Roché era stato iscritto dai genitori ad una prestigiosa
scuola privata di
matrice britannica, situata a diversi chilometri da Heaven.
“Cassie?
Che cosa ci fai rintanato qui?- la voce allegra di Gabriel,
così come la sua
mano che si avvolse con presa sicura intorno al suo braccio, lo
riscossero
immediatamente dai suoi pensieri- E’ la tua festa devi essere
il centro dell’attenzione.”
“Sai
che non mi piace essere al centro dell’attenzione.”
cercò di protestare il
giovane, mentre veniva trascinato via dal fratello sotto lo sguardo
divertito
dei due amici.
Gabriel
gli rivolse un sorriso tutto denti “Beh, poco male,
perché è arrivato il
momento degli aneddoti!”
“Gabriel,
ti prego…” lo supplicò Castiel,
proprio mentre veniva spinto a sedere al centro del divano, proprio fra
Pamela
e Ellen.
Il
fratello maggiore gli sventolò il dito indice sotto il naso
“No, Cassie, la
gente vuole sentire la storia.”
Castiel
fece roteare gli occhi platealmente “La racconti ogni anno,
dubito che qualcuno
voglia ancora sentirla.”
“Certo
che vogliamo sentirla.- lo contraddì immediatamente Pam,
prima di strizzare l’occhio
in direzione di Gabriel- Su, dolcezza, lascia parlare il tuo
fratellone.”
Felice
di avere di nuovo tutti gli occhi puntati su di sé, Gabriel
riprese a parlare,
stando ben attento di essere più melodrammatico del
necessario “Dicevo, una
compagna di classe regalò a Cassie uno di quei braccialetti
coi campanelli,
quelli che si diceva richiamassero gli angeli. E lui, che non ha ancora
imparato a non prendere tutto alla lettera, credeva fermamente che
potesse
riuscire a catturare un angelo grazie a
quell’aggeggio.”
“Avevo
sette anni.” aggiunse Castiel a mezza voce.
“Già,
ed eri adorabile.- annuì Gabriel, sorridendo beato prima di
continuare il
proprio racconto- Dunque, Cassie appende quel bracciale su uno dei rami
bassi
dell’albero in giardino, e poi si arrampica in alto, per
poter balzare
sull’angelo quando poi si sarebbe presentato. Dopo un
po’ che non si faceva
sentire io ho iniziato a preoccuparmi e a chiamarlo e dal giardino mi
arriva
flebile la sua vocina. E quando esco di casa cosa vedo? Il mio piccolo
fratellino incastrato sull’albero come un gattino in
difficoltà. Ho dovuto
chiamare i pompieri per riuscire a recuperarlo.”
Castiel
arrossì vistosamente e tutti i suoi amici non poterono fare
a meno di ridere
divertiti dal suo imbarazzo. Tuttavia, questo non li fermò
dal raccontare a
loro volta degli aneddoti riguardanti il festeggiato. Il giovane
ascoltò i
racconti dei presenti finché Gabriel non si alzò,
gettandogli un braccio
intorno alle spalle e conducendolo davanti ad un grande pacchetto
decorato da
un enorme fiocco blu.
“Ok, bando
alle ciance.- disse il padrone di casa, indicando la confezione
sapientemente
incartata-Adesso devi aprire il mio regalo.”
Jo
Harevelle fece un fischio ammirato “Wow, Castiel, guarda come
è grande!”
“Gabe!-
protestò il ragazzo, gli occhi spalancati- Ti avevo detto
che non volevo niente
quest’anno.”
“E io
non ti ho ascoltato come al solito, fratellino.”
sbuffò il maggiore dei due
fratelli, sventolando una mano con non curanza.
Castiel
sospirò, scuotendo piano la testa, prima di mettersi
d’impegno ad aprire quel
grande pacchetto. All’interno del salotto tutti i presenti
sembravano
trattenere il fiato, incuriositi da quella sorpresa, e non appena il
diciassettenne riuscì ad intravedere il contenuto si
voltò di scatto verso il
fratello che lo guardava sorridendo sornione.
“Gabriel!-
esclamò il giovane, gli occhi brillanti- E’ il
computer portatile che volevo!
Sei impazzito? Costa una fortuna!”
“Lo so,
l’ho detto anche al commesso del negozio, ma uno scrittore ha
bisogno di un
notebook, che cos’altro potevo fare?- rispose Gabriel con un
sorrisetto
divertito sulla faccia, prima di assumere un tono più dolce
mentre pronunciava
la frase successiva- Allora, ti piace?”
Castiel
annuì con convinzione “Lo adoro.
Grazie.” disse, prima di stringere il proprio
fratello in un abbraccio schiaccia ossa, uno dei gesti che, nella sua
timidezza, solitamente era restio a compiere.
“E’
stato un piacere.- sorrise nell’abbraccio il fratello
maggiore, prima di
rivolgersi agli astanti con una luce scherzosa negli occhi- Ma sai cosa
lo sarà
ancora di più? Mangiarti la faccia!”
“Cosa?”
domandò Castiel, aggrottando la fronte.
“Ti ho
fatto una torta personalizzata!” trillò entusiasta
Gabriel, correndo in cucina
e ritornando trascinando un carrellino su cui era adagiata
un’enorme torta alla
panna decorata con una perfetta riproduzione del volto del giovane
festeggiato.
“Santo
cielo, Gabriel, è meravigliosa.”
dichiarò Becky, mentre ammirava l’ottimo
lavoro fatto dal proprio vicino di casa.
Bobby
annuì concorde “Davvero, perché non
molli Ellen e apri una pasticceria tutta
tua?”
“Hey,
come dovrei fare senza il mio secondo in comando e pasticcere
talentuoso alla
Roadhouse?” protestò immediatamente Ellen,
incrociando le braccia.
Gabriel
rise “Non preoccuparti, Ellen, non ti abbandonerò
così all’improvviso.”
Nel
frattempo, Pam aveva acceso tutte e diciassette le candeline
“Pronto per il tuo
desiderio, tesoro?”
“Non ho
bisogno di desideri, ho già tutto quello che mi
serve.” disse Castiel,
rivolgendo un dolce sorriso a tutti i presenti.
“Wow,
quello era davvero melenso, Cassie.”
Castiel
si voltò di scatto al sentire quella voce “Balth?
Ce l’hai fatta!” gridò
felice, abbracciando il proprio ragazzo.
“Già.-
annuì l’altro, posandogli un dolce bacio sulla
fronte- Giuro che se dovrò
partecipare ad un altro progetto di gruppo con quelle scimmie
ammaestrate dei
miei compagni di corso potrei fare una strage.”
“Beh,
per ora non importa.- rise il giovane festeggiato, felice- Sei
qui!”
Balthazar
annuì di nuovo, prima di dargli un altro bacio “Te
l’avevo detto che non mi
sarei mai perso la tua festa. E, ora che mi viene in mente, ecco il tuo
regalo.”
Castiel
gli rivolse un sorriso radioso prima di prendere il pacchetto dalle sue
mani.
Al suo interno, vi era un morbidissimo set invernale con berretto,
sciarpa e
guanti, tutti di angora blu.
“Grazie,
Balth, sono bellissimi.” sussurrò,
sulle guance un leggero rossore.
Il
ragazzo di un anno più vecchio ridacchiò,
ignorando il tubare di Becky in loro
direzione “E si intonano al colore dei tuoi occhi.”
“Chi è
melenso ora, uh?” ribatté quindi Castiel, dandogli
un colpo affettuoso sul
torace.
Un
leggero tossire alle loro spalle li costrinse a voltarsi.
“Oh,
salve Samandriel.” lo salutò gentilmente
Balthazar.
Il
ragazzo gli rivolse un sorriso prima di voltarsi verso il proprio amico
“Castiel,
puoi venire con me un attimo?”
“Ti
dispiace?” domandò quindi Castiel al proprio
ragazzo.
Balthazar
scosse piano la testa “Non c’è problema.
Nel frattempo proverò a convincere
Gabriel a darmi un'altra fetta di torta.”
“Buona
fortuna.” gli augurò con tono scettico il
festeggiato, ben consapevole che
quella del suo fidanzato era una battaglia persa in partenza.
Quando
lui ed il suo amico si ritrovarono all’aperto, sulla veranda,
il giovane si
voltò incuriosito verso Samandriel “Allora, che
c’è di così importante?”
“Dean
Winchester è fuori in giardino.- gli sussurrò
quindi l’altro con tono
concitato- Ti aspetta dietro il vecchio albero.”
Castiel
si voltò verso il punto indicato dall’amico
“Davvero? Perché non entra?”
“Non lo
so.- disse Samandriel, scuotendo il capo- Ma se vuoi parlargli ti
conviene
andare ora. Aveva l’aria di qualcuno pronto a fuggire da un
momento all’altro.”
Il
ragazzo dagli occhi blu annuì e si avviò con
passi sicuri verso la propria
meta, finché fu abbastanza vicino da sfiorare il braccio di
Dean Winchester per
attirarne l’attenzione.
“Sei
venuto!” esclamò, rivolgendo all’altro
giovane un sorriso radioso.
Dean
scrollò le spalle “Beh, mi hai invitato.”
“Pensavo
che non venissi.- gli rivelò quindi Castiel, lo sguardo
fisso sulla punte delle
proprie scarpe- Prima ho visto Sam, ma era solo.”
“E
invece eccomi qua. Tieni.” disse il giovane meccanico,
infilandogli tra le mani
un grezzo pacchetto fatto di stoffa.
Il
festeggiato se lo girò fra le dita, gli occhi pieni di
curiosità “Che
cos’è?”
Dean
gli rivolse un sorriso sfrontato “E’ il tuo
compleanno, no?”
“Non
dovevi farmi un regalo, Dean.” gli ricordò Castiel.
“Non è
niente di speciale, non ti montare la testa.”
sbuffò l’altro, voltandosi di
lato come se ciò dimostrasse che non gli importava affatto
che il suo regalo
venisse apprezzato.
Castiel
gli rivolse un sorriso divertito, prima di aprire con cura il pacchetto
di
pezza che conteneva il regalo. Quando riuscì ad intravedere
il suo contenuto,
il giovane spalancò gli occhi, esterrefatto: da un
braccialetto di cuoio
intrecciato pendeva un bellissimo ciondolo di metallo intagliato.
“Sono
ali!” esclamò, puntando i propri occhi su Dean.
Questi
scrollò le spalle “Perché mi avevi
detto che il tuo nome è quello di un angelo.
Ho pensato che regalarti una cosa del genere potesse essere
calzante.”
“E’
bellissimo.” gli assicurò l’altro, gli
occhi puntati su quel bel dono.
Dean si
passò una mano sul collo, leggermente imbarazzato
“Uh, non è niente di che. Non
una di quelle cose raffinate che si comprano nei negozi. L’ho
fatto io, ho
comprato solo il cuoio e Bobby mi ha dato un vecchio pezzo di metallo
e…”
“Voglio
metterlo.- lo interruppe Castiel- Aiutami ad indossarlo.”
Il
meccanico scosse la testa “Cas non sei obbligato a metterlo,
davvero…”
“Non hai
sentito quello che ti ho chiesto?- lo interruppe di nuovo il
diciassettenne- La
regola è che bisogna esaudire i desideri del
festeggiato.”
Dean
alzò le mani in segno di resa
“D’accordo. Sei prepotente, lo sai?”
“Non è
vero.- lo contraddisse immediatamente Castiel, prima di vedere
l’effetto che
faceva avere quel braccialetto al polso- Non vuoi entrare a mangiare
qualcosa?”
“No. In
realtà, sono venuto solo a darti questo.- disse Dean,
cercando con tutte le
proprie forze di mantenere un tono distaccato- Devo andare ora, ho un
appuntamento.”
Il sorriso
sul volto di Castiel si spense velocemente “Oh,
capisco.”
“Mi
dispiace, Cas.” si scusò quindi l’altro,
sentendosi improvvisamente in colpa.
“Non fa
niente.- gli assicurò quindi il piccolo Novak, sventolando
una mano con
noncuranza e piantandosi sul volto uno dei suoi sorrisi cortesi- Io
credo che
forse è meglio che io rientri. Si staranno domandando che
fine ho fatto.”
Dean
annuì piano, seguendolo con lo sguardo
“Già. È stato bello vederti. Passa alla
tavola calda, qualche volta.”
“Certo.-
annuì mesto il giovane, prima di ritornare sui propri passi
e ritornare verso
la festa- Ci si vede in giro, Dean.”
Dean lo
osservò allontanarsi ed entrare in casa. Dalle finestre
aperte del salotto,
riusciva ancora ad intravedere la sagoma di Balthazar avvolgersi
intorno alla
sua in un abbraccio.
Scosse
la testa per scacciare quella immagine e iniziò ad
allontanarsi dalla proprietà
dei Novak.
In
fondo, che cosa poteva importagli di chi abbracciava o meno Castiel?
Lui
aveva un appuntamento, quella sera.
Di chi
il neo diciassettenne decidesse di frequentare, non gli importava
affatto.
Affatto.
* * * * *
NdA:
Salve a tutti! Innanzitutto, grazie mille se state leggendo la mia
storia.
Vorrei anche ringraziare tutti quelli che hanno deciso di aggiungerla
tra le
preferite, le seguite e quelle da ricordare, e anche a tutte quelle
deliziose
persone che mi hanno lasciato un commento. Grazie mille davvero!
Ed ora,
sotto con le cattive notizie. Niente di tragico, lo giuro. Il fatto
è che sto
scrivendo la tesi. Una tesi pesantissima e in inglese. Gennaio
costituirà probabilmente
il mese più duro prima della laurea e quindi non so con
precisione quanto
riuscirò ad aggiornare la storia. Attenzione, questo non
vuol dire che non
aggiornerò affatto per tutto questo mese (spero), ma solo
che gli aggiornamenti
saranno meno frequenti rispetto a come lo sono stati fino ad ora.
Abbiate pietà
di me, quindi, e sopportatemi anche se sarò un po’
più lenta nello scrivere. Per non farvi stare
troppo male ho deciso di pubblicare oggi un capitolo parecchio lungo :)
Ah, un’ultima
cosa, vorrei sottolineare che questa storia è una Destiel
quindi…Non
preoccupatevi troppo della coppia Balthazar/Castiel ;)
Di
nuovo, grazie mille a tutti voi, adorabili lettori.
Un bacio,
JoJo
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Il sogno di Gabriel ***
5.
Il sogno di Gabriel
Il
giorno dopo alla festa di compleanno di Castiel, Heaven era
già tornata alla
sua quotidiana tranquillità e quello successivo, il
lunedì, la monotonia era
ritornata a farla da padrone.
Come
tutti i lunedì, quindi, alla Heaven High School il tempo che
mancava all’inizio
delle lezioni veniva sfruttato da tutti gli studenti per recuperare i
propri
libri dagli armadietti e condividere nel frattempo i racconti di
ciò che
avevano fatto nel weekend.
Lisa
Breaden, capo delle cheerleader, stava chiacchierando circondata da un
gruppo
delle sue chiassose amiche, ma si voltò lo stesso quando
Castiel le passò
accanto per raggiungere il proprio armadietto “Buongiorno,
Castiel. Ho sentito
che la tua festa di compleanno è stata un
successo.”
Il
ragazzo ricambiò il sorriso che gli era stato rivolto
“Abbastanza. È stato un
peccato che tu non sia riuscita a venire.”
La
cheerleader si scostò dal volto una liscia ciocca di capelli
corvini “Nessuno
può sfuggire a mia nonna quando è in
città.”
Castiel
le rivolse un sorriso di commiato, prima di camminare via velocemente
sotto lo
sguardo divertito del suo gruppo di amiche.
A
Castiel Lisa stava simpatica. Era educata, generosa e comprensiva,
totalmente
l’opposto del cliché di solito riservato alle
ragazze con il suo status
sociale. Le persone che frequentava, tuttavia, vi rientravano in pieno
e lui,
con la sua personalità riservata e l’incredibile
sensibilità, si era da sempre
sentito a disagio in loro presenza.
“Buongiorno
Clarence.”
Meg
Masters se ne stava appoggiata al suo armadietto, sul volto un sorriso
obliquo
e negli occhi la solita luce maliziosa.
Se
qualcuno, quando era alle medie, gli avesse raccontato che Meg sarebbe
diventata la sua migliore amica, Castiel lo avrebbe di sicuro fatto
ricoverare
in un ospedale psichiatrico. All’epoca la ragazza era la sua
maggiore
tormentatrice e, in quel periodo delicato sia emotivamente che a
livello
fisico, era stata in grado di rendere la vita del giovane Novak quasi
impossibile. Tuttavia, quando era stata lei ad essere in
difficoltà,
maltrattata da Alastair, uno studente delle superiori di cui lei era,
incomprensibilmente, follemente innamorata, Castiel era stato
l’unico a
prendere le sue difese, guadagnandosi un occhio nero ed un labbro
spaccato.
Fortunatamente, dopo quel disastroso incidente, i genitori di quel
bullo avevano
deciso di trasferirsi, e di conseguenza alla scuola di Heaven non si
erano più
presentati problemi del genere. Meg, tuttavia, non si era dimenticata
di ciò
che era stato fatto per lei. L’avvicinamento a Castiel fu
lento ma inesorabile,
come quello di un gatto randagio che inizia ad accettare il cibo che
gli viene
offerto e che alla fine si ritrova a passare tutto il suo tempo ad
oziare sul
divano del proprio benefattore. Con le sue battute al vetriolo,
un’indole
tendenzialmente egoista e la sorprendente abilità nel
prendere decisioni
pericolose, Meg Master non aveva niente a che fare, caratterialmente,
con
Castiel Novak. Eppure, da qualche anno, i due erano diventati amici
inseparabili, tanto quanto il ragazzo lo era con Inias e Samandriel.
“Salve,
Meg.- la salutò il ragazzo, invitandola con un gesto della
mano a scostarsi di
modo da poter recuperare i propri libri dall’armadietto- Non
sei venuta alla
mia festa.”
Meg gli
rivolse un sorriso da squalo “Fortunatamente. Tuo fratello mi
odia, lo sai.”
“Gabriel
non ti odia.” ribatté meccanicamente Castiel.
“Crede
solo che io sia un demone malvagio deciso a trascinarti sulla strada
della
perdizione.” aggiunse quindi la mora, rigirandosi fra le dita
una ciocca di
capelli ondulati.
L’altro
si ritrovò a far roteare gli occhi al sentire il tono
melodrammatico dell’amica
“Meg…”
“E’ la
verità.” gli ricordò di nuovo Meg, con
una scrollata di spalle. In effetti,
Gabriel non era l’unico, in città, a considerarla
una compagnia sbagliata per
il giovane Castiel. Non che il giudizio altrui potesse fare qualcosa
per
separarli, però: il giovane Novak, nonostante
l’indole docile, sapeva diventare
più testardo di un mulo quando qualcosa gli interessava
davvero. E la sua
amicizia con Meg, senza dubbio, ricadeva proprio in quella categoria di
cose.
Castiel
rivolse all’amica un sorriso tirato “Non avrebbe
fatto storie, era la mia festa
e lui sa che siamo amici.”
“Me lo
ricorderò per la prossima volta.- promise la ragazza, anche
se sapevano tutti e
due avrebbe continuato ad evitare con caparbietà il fratello
maggiore del suo
migliore amico- Anche se non credo di essermi persa niente di che,
probabilmente avrai passato tutta la serata a scambiarti smancerie con
quello
spaventapasseri del tuo ragazzo.”
“Preferirei
che non ti riferissi a Balthazar in quel modo.”
sbuffò Castiel, sporgendosi per
chiudere la porta metallica del proprio armadietto con una spinta.
“Preferisci
sbruffone pieno di sé?” propose la ragazza con un
sorriso divertito sulle
labbra truccate di cremisi.
“Meg!”
“Sono
solo le otto di mattina, Meg, non tormentare Castiel.” la
rimproverò una voce
gioviale alle loro spalle.
I due
si voltarono trovandosi così, come ogni mattina, faccia a
faccia con Inias e
Samandriel.
La
ragazza fece roteare gli occhi, rivolgendosi al più giovane
dei due “E da
quando tu sei diventato il suo paladino, Scricciolo?”
“Ti
ricordo che ho solo un anno in meno di tutti voi.”
sbuffò Samandriel che, a
causa della sua aria innocente e ancora un po’ infantile,
riceveva spesso un
trattamento del genere.
Meg
rise “E’ vero, ma il tuo volto è il
più adorabile.”
“Mi fa
piacere notare che perlomeno il principe azzurro ha deciso di optare
per un
regalo meno impersonale di quelli che ti fa di solito.”
continuò quindi a
parlare la giovane, additando il braccialetto che faceva bella mostra
di sé al
polso del suo migliore amico.
“I
regali che mi fa Balthazar non sono impersonali!- protestò
immediatamente
Castiel, sfiorando con delicatezza il ciondolo a forma di ali- Sa che
mi
piacciono le cose semplici, tutto qui. Comunque questo non è
il suo regalo. Me
lo ha dato Dean Winchester.”
“Dean
Winchester, uh?- ripeté interessata Meg, passandosi una mano
sotto il mento- Ho
sentito dire che ha conosciuto Ronda Hurley.
“Bene.-
sospirò Castiel, sollevato che la discussione avesse preso
una nuova direzione-
Sono contento che faccia nuove amicizie, dato che è in
città da poco è meglio
che conosca il maggior numero di persone possibile per ambientarsi
meglio.”
La
ragazza scosse la testa, prima di avvicinarsi a lui e sussurrare
“Intendevo in
senso biblico.”
“Oh.”
esalò l’altro, gli occhi blu spalancati.
“E pare
che lei lo abbia convinto a provare le sue mutandine rosa.- aggiunse
Meg
sghignazzando, sotto lo sguardo confuso di Inias e Samandriel- Questo
Dean mi
sembra un tipetto interessante, alla fine.”
“Non
puoi provarci con lui, Meg.- le ricordò Castiel,
scandalizzato- Sta con Ronda.”
“Oh,
Clarence.- scosse la testa la giovane, mettendogli un braccio intorno
alle
spalle- Loro non stanno insieme. Sono stati insieme, certo, ma
è stata una cosa
di una notte. Ronda non cerca una relazione stabile, te lo
garantisco.”
Castiel
aggrottò la fronte, voltandosi per cercare chiarificazioni
nei volti degli
altri suoi due migliori amici “Davvero? Povero Dean, deve
esserci rimasto
male.”
“Sei
così puro ed innocente.- rise di nuovo Meg- Sei come un
unicorno.”
“Perché?-
domandò mentre anche Inias e Samandriel si erano ritrovati a
sghignazzare- Non
capisco.”
“Nemmeno
Dean era alla ricerca del grande amore, te lo posso
garantire.” spiegò quindi
la ragazza con un sorriso malizioso sulle labbra.
“Non
puoi saperlo.” ribatté Castiel, cocciuto nel
difendere il suo nuovo amico.
Meg
scosse la testa “Clarence sei adorabile.”
“Non ci
pensare, Castiel.- lo rincuorò Inias posandogli una mano
sulla spalla- Meg vuole
solo stuzzicarti.”
Il
giovane Novak fece roteare gli occhi “Me ne domando il
perché.”
“Perché
è più divertente rispetto a prendere in giro
Cucciolo e Brontolo, qui.” spiegò
immediatamente la ragazza con tono divertito.
Inias
alzò un sopracciglio “Io sarei Brontolo?”
“Beh,
di certo non sei Eolo e nemmeno Mammolo.” ribatté
Meg incrociando le braccia al
petto.
“Sei
esilarante, Meg.” ribatté il ragazzo, facendo
roteare gli occhi platealmente.
Samandriel
scosse la testa, ormai abituato a quei battibecchi
“Piuttosto, avete saputo la
novità?”
“Cosa?”
domandò immediatamente la giovane, sempre interessata ai
pettegolezzi della
città.
“Gli
Stark vendono la loro pasticceria.” annunciò
quindi il più giovane dei quattro
amici.
Castiel
aggrottò la fronte, stupito “Che cosa?”
“Ho
sentito dire che Maggie ha scoperto che Don l’ha
tradita.” spiegò quindi
Samandriel, riportando ciò che aveva sentito dire dai propri
genitori
“Ma non
è possibile.- protestò di nuovo il minore dei
Novak- Quei due sono una coppia
da…beh, da sempre!”
“Lo
so!- ribatté Samandriel- A quanto pare quando Don
è stato fuori città per
lavoro lui e una sua collega si sono divertiti un
po’.”
Meg
spalancò gli occhi “No!”
Il
giovane annuì “Sì. E quando Maggie lo
ha scoperto…Beh, conoscete tutti Maggie.”
“Già.
Sono stupito che quella donna sia ancora tutta intera.”
mormorò Inias
passandosi una mano sotto il mento.
Samandriel
lo ignorò, decidendo di continuare a raccontare la propria
storia “Don l’ha
implorata di perdonarlo, e anche se all’inizio lei non ne
voleva sapere ha
deciso che non vuole buttare al vento tutti gli anni che hanno passato
insieme.”
“E
perché hanno venduto la pasticceria?” chiese
quindi Meg.
“Idea
di Maggie.- ribatté l’altro con una scrollata di
spalle- Ha trovato una specie
di campo per coppie con problemi di relazione e ha iscritto lei e il
marito per
un anno. Hanno tenuto la casa, quindi suppongo che intendono tornare in
città
se tutto andrà bene, ma ha deciso che sarebbe stato meglio
per loro vendere il
negozio.”
Castiel
storse la bocca, meditabondo “Immagino che Crowley si sia
buttato a pesce su
questo nuovo affare.”
“Una
nuova casella per la sua personale versione di Monopoly?- li interruppe
la sua
migliore amica- Ci puoi giurare.”
“Mi
domando chi comprerà il negozio.” disse quindi
Inias, mentre in cuor suo diceva
addio per sempre alla perfetta red velvet che da sempre i suoi genitori
compravano alla pasticceria Stark ogni domenica.
“Anche
io.- ribatté Meg con un sospiro- Spero che resti una
pasticceria, anche se
dubito che qualcuno riuscirà a fare quei meravigliosi
cioccolatini a forma di
moneta che faceva Maggie.”
Gli
occhi chiari di Samandriel si illuminarono “Oh, quelli erano
deliziosi!”
I
quattro amici sarebbero volentieri andati avanti a chiacchierare fra
loro per
ore, ma proprio in quel momento la campanella suonò,
ricordando a tutti loro
che li aspettava una lunga giornata di lezioni. Recuperano i propri
libri e si
diedero appuntamento per la pausa pranzo alla mensa della scuola, prima
di
salutarsi velocemente e scappare di corsa ognuno alla proprie aule.
Tutti
hanno un sogno.
Zachariah
Adler, per esempio, desiderava ardentemente che ad Heaven regnasse la
pace. O,
più precisamente, quella che lui considerava tale, ovvero il
perfetto rispetto
dalle rigide regole di coabitazione da lui stesso imposte e,
soprattutto, che
gli fosse riconosciuto il rispetto che riteneva di meritare.
Chuck
Shurley, invece, si immaginava spesso a firmare autografi comodamente
seduto
dietro un tavolo in una qualche grande libreria di New York, mentre nel
negozio
e all’esterno di esso si formava una fila di fan ansiosi di
incontrare il
proprio scrittore preferito.
Becky
Rosen adorava fantasticare su come il protagonista della sua serie
fantasy
preferita potesse essere in realtà vero e come, una volta
incontrato, si
potesse prendere una cotta per lei.
Come
tutti, quindi, anche Gabriel Novak aveva un sogno.
Il
giovane lo coltivava da quando era un bambino e, ogni domenica mattina,
sua
madre si legava un grembiule intorno alla vita ed iniziava a mescolare
farina,
zucchero e uova. Per Gabriel osservarla era quasi
un’esperienza mistica. Lui,
solitamente un bambino talmente vivace da trovare del tutto impossibile
starsene fermo per più di cinque minuti, si arrampicava su
uno degli alti
sgabelli addossati al bancone della cucina ed osservava la donna creare
quasi
dal nulla delle torte sofficissime, biscotti dal profumo divino e
cupcake dalla
glassa coloratissima. Quando fu grande abbastanza da poter dare una
mano senza
combinare troppi disastri, il piccolo Gabriel iniziò a
mescolare impasti mentre
ascoltava attentamente ed assorbiva con interesse qualsiasi consiglio
sua madre
fosse in grado di dargli fino a che, un bel giorno, i suoi dolci
diventarono
talmente buoni che perfino suo padre non riusciva a smettere di fargli
complimenti.
Dopo la
nascita di Castiel, e la conseguente morte della figura più
importante nella
sua vita, tutto ovviamente cambiò. Ma non l’amore
di Gabriel per la
pasticceria.
Sfornare
dolci deliziosi, per il giovane, diventava il metodo migliore per
onorare la
memoria di sua madre e quindi, quando si trovò a pensare al
proprio futuro, non
poteva fare a meno che sognare di diventare un pasticcere talmente
bravo da
attirare al proprio negozio clienti da ogni parte degli Stati Uniti.
La vita,
purtroppo, tende a intromettersi senza pietà fra una persona
e i propri sogni,
e così fu anche per Gabriel. Con un bambino di meno di tre
anni a carico e la
necessità di trovare una stabilità per la loro
nuova e minuscola famiglia, al
giovane Novak risultò facile accantonare il proprio sogno e
rinchiuderlo in un
cassetto.
Ciò non
voleva dire, però, che lui non tornasse a sbirciarci di
tanto in tanto.
Quindi,
non era per niente strano che Gabriel Novak si fosse accorto
immediatamente del
cartello ‘vendesi’ appeso alla vetrina di quella
che era stata, fino a pochi
giorni prima, la pasticceria di Maggie Stark. Stava tornando a casa dal
proprio
turno alla Roadhouse, deciso ad allungare la strada per passare dal
centro in
modo da passare dai Winchester per uno dei loro deliziosi e
iperzuccherati
caffè al caramello quando, il suo sguardo venne catturato
dalle vetrine vuote
della pasticceria e dal grosso cartello rosso che ne annunciava la
vendita.
Quasi
senza volerlo, il giovane si ritrovò fermo a fissare il
numero di telefono da
chiamare se si fosse stati interessati all’acquisto. Stava
proprio per estrarre
dalla tasca dei propri pantaloni il cellulare per salvare quel contatto
quando,
alle proprie spalle, una voce divertita lo fece sobbalzare.
“Gabriel
Novak.”
Fergus
Crowley lo fissava come una madre che scopre il proprio bambino con la
mano nel
vasetto di marmellata, sul volto un sorriso obliquo e, come al solito,
il
solito impeccabile completo di sartoria.
“Il re
delle trattative.- ricambiò il saluto Gabriel, rivolgendogli
a sua volta un
ghigno- Interessato al negozio?”
Il
sorriso sul volto di Crowley si allargò ancora di
più, facendolo sembrare quasi
un lupo famelico “No, perché dovrei essere
interessato a qualcosa che è già
mio?”
“Maggie
l’ha venduto a te?” domandò incredulo il
maggiore dei Novak.
L’uomo
d’affari scrollò le spalle “Voleva che
la vendita fosse una cosa veloce.”
“Capisco.”
annuì piano il giovane, lo sguardo di nuovo rivolto verso le
vetrine spoglie.
Crowley
lo osservò per qualche secondo prima di alzare un
sopracciglio “Deluso?”
“E
perché dovrei?” ribatté Gabriel con
tono fiero, il mento alzato in una posa di
sfida.
“Ti
conosco, Novak.- disse Crowley voltandosi a sua volta verso il negozio
vuoto-
Ogni volta che passi da questo negozio hai l’aria nostalgica
di chi vuole con
tutto il cuore qualcosa ma non sa come ottenerla. Solo che non stiamo
parlando
dei dolci.”
Il
giovane non abbandonò la propria risolutezza “E
anche se fosse?”
“Dico
solo che, una pasticceria non rientra propriamente nel mio business.-
spiegò
quindi l’altro con aria pratica- Non mi dispiacerebbe
rivenderla.”
Gabriel
spalancò i grandi occhi nocciola “Oh.”
Crowly
gli rivolse un altro sorriso incoraggiante “Allora, Novak,
saresti interessato
ad una chiacchierata informale nel mio ufficio?”
“Sono a
casa!”
Gabriel
Novak annunciò come ogni sera il proprio rientro con un urlo
gioviale.
“Ho
portato la pizza!- urlò di nuovo, mentre disponeva i due
involucri roventi sul
tavolo della cucina. Quando non ottenne nuovamente risposta si
ritrovò a far
roteare gli occhi, prima di andare a bussare con insistenza alla porta
della
camera di suo fratello- Se non vieni subito si fredderà,
smettila di fare il
secchione: i compiti per la prossima settimana li puoi fare come tutti
i tuoi
coetanei una volta arrivato in classe.”
Castiel
aprì immediatamente la porta e quando si ritrovò
faccia a faccia con Gabriel
inclinò leggermente la testa di lato, sul volto
un’espressione interrogativa
“Perché si chiamerebbero compiti a casa, allora,
se non devo farli a casa?”
“Il tuo
problema è che prendi tutto troppo alla lettera.”
ribatté immediatamente il
maggiore dei Novak, lasciandosi cadere con poca grazia al proprio posto
a
tavola e iniziando ad esaminare la propria pizza.
L’altro
si ritrovò a sorridere, mentre imitava i gesti compiuti dal
fratello “E il tuo
problema è che vuoi dare un’interpretazione
personale a tutto.”
“Sta
zitto e mangia la tua pizza, fratellino.” gli
intimò bonariamente Gabriel,
prima di addentarne la fetta che teneva fra le mani.
“Potevo
cucinare io, sai.- gli ricordò Castiel- Qualcosa di un
po’ più sano.”
Il
maggiore dei due spalancò gli occhi, sul volto
un’espressione quasi
esterrefatta “Non essere sciocco, non
c’è niente di più sano della
pizza.”
“In
realtà sono certo che ci sarebbero parecchi nutrizionisti
pronti a giurare il
contrario.” gli assicurò il ragazzo dagli occhi
blu, prima di addentare un
piccolo boccone del proprio pasto.
Gabriel
scosse leggermente la testa “Io sento ancora il piccolo
Castiel parlare, ma non
può essere mio fratello, lui sta mangiando la sua
pizza.”
Castiel
ridacchiò fra sé e sé, ma
obbedì all’implicito suggerimento senza dire
altro.
Riuscì a mangiare con gusto tre fette strabordanti di
condimento prima di
alzare di nuovo lo sguardo sul fratello maggiore e decidere di
chiedergli ciò
voleva domandargli da quando aveva fatto ritorno da scuola quel
pomeriggio.
“Samandriel
mi ha raccontato che Maggie Stark ha venduto la sua
pasticceria.” disse, gli
occhi blu puntati con interesse sul ragazzo seduto di fronte a
sé.
Gabriel
alzò un sopracciglio in sua direzione “Come puoi
pensare che non lo sappia? In
questa città niente rimane un segreto per più di
mezza giornata, e ti ricordo
che io lavoro alla Roadhouse, i pettegolezzi arrivano lì
prima di tutto!”
“Quindi
sai che ora la pasticceria è di nuovo in vendita.”
continuò a parlare Castiel
con tono interessato.
Il
maggiore dei Novak annuì “Lo so. Ho incontrato
Crowley quando sono uscito dal
lavoro.”
“E?”
incalzò l’altro, ormai quasi incapace di stare
fermo sulla propria sedia per la
curiosità.
“E lui
mi ha detto che sarebbe disposto a vendermi la pasticceria.”
capitolò il
fratello maggiore, lo sguardo cocciutamente fisso sull’ultima
fetta della
propria pizza ormai abbandonata.
Gli
occhi di Castiel si illuminarono immediatamente di gioia
“Gabe, è
meraviglioso!”
Gabriel
alzò lo sguardo sul ragazzo, sul volto un sorriso rassegnato
“Cassie, io non
comprerò quel negozio.”
“Cosa?-
domandò Castiel, confuso- Perché?”
“Perché
non ce lo possiamo permettere!- sbottò quindi
l’altro, incapace di trattenere
oltre la propria frustrazione- Non posso accendere un nuovo mutuo per
aprire
una stupida pasticceria!”
“Non è
una stupida pasticceria, è il tuo sogno.”
protestò immediatamente Castiel.
“Beh,
il mio sogno dovrà aspettare.- sbuffò di nuovo
Gabriel- Ho altro a cui pensare
al momento.”
“Tipo
cosa?”
Il
giovane si alzò, iniziando a camminare con passo nervoso per
la cucina “Castiel
l’anno prossimo avrai finito la scuola e dovrai andare al
college. E so che sei
abbastanza bravo da poter ottenere una borsa di studio per qualsiasi
università
vorrai scegliere, ma una borsa di studio non copre tutte le spese della
vita
fuori casa. E se aprissi davvero la pasticceria ora, l’anno
prossimo sarei
ancora nella fase in cui i guadagni servirebbero solo a coprire le
spese
fatte.”
Castiel
lo fissò con occhi spalancati per diversi secondi prima di
parlare con tono
sommesso “Non voglio che rinunci al tuo sogno per
me.”
“Castiel,
non abbiamo scelta.- gli ricordò l’altro,
voltandosi verso di lui- La tua
educazione è più importante.”
“Ma non
è vero!- protestò con foga il diciassettenne, le
mani strette a pugni- Anche tu
sei importante, Gabe, non devi passare tutta la tua vita a prenderti
cura di
me, ho diciassette anni, sono grande abbastanza per farlo da
solo!”
Gabriel
fece roteare gli occhi “Sei un ragazzino, Castiel, non puoi
pensare di pagarti
il college da solo.”
“Beh,
io nemmeno ci voglio andare al college il prossimo anno.” si
ritrovò a dire il
giovane, incrociando le braccia al petto.
Al
sentire quelle parole il fratello maggiore si pietrificò sul
posto. “Che cosa
hai detto?”
Castiel
prese un grosso respiro prima di iniziare a parlare animatamente
“Gabriel, te
ne avrei parlato al più presto, ma non avevo ancora avuto
occasione. Io ho
pensato che potrei prendermi un anno sabbatico prima di cominciare il
college,
magari trovarmi un lavoro e seguire qualche corso singolo sulla
scrittura
creativa e provare a fare solo quello. Sai, scrivere. Solo per un
po’.”
Gabriel
quasi non lo lasciò nemmeno finire di parlare “Non
se ne parla neanche! Ti è
dato di volte il cervello? Tu non rinuncerai al college,
Castiel.”
“E non
lo voglio fare.- gli assicurò il ragazzo, alzandosi e
sventolando le mani di
fronte a sé- Lo metterò solo in pausa per un
po’.”
“No.-
disse Gabriel con tono fermo- Tu andrai al college il prossimo anno.
Fine della
discussione.”
Castiel
spalancò gli occhi, incredulo che il proprio fratello, di
solito così aperto
alle discussioni e con cui aveva sempre avuto un buon dialogo, non
avesse
nemmeno ascoltato quanto gli era staato detto “Cosa? Gabriel,
tu non hai
nemmeno preso in considerazione le mie ragioni e…”
Gli
occhi ambrati di Gabriel quasi si fecero di ghiaccio mentre ripeteva,
lentamente “Ho detto: fine della discussione.”
Castiel
lo fissò per diversi secondi, incapace di parlare. Quando
vide che l’altro non
sembrava disposto ad aggiungere altro, si voltò e, senza
nemmeno infilarsi la
giacca, uscì di corsa dalla porta che dalla cucina dava sul
retro della casa.
Castiel
era scioccato.
Non gli
capitava mai di litigare con Gabriel. Soprattutto, non gli capitava mai
di
litigare così pesantemente su argomenti così
importanti senza che il fratello
maggiore volesse nemmeno ascoltare quanto aveva da dire.
Con le
braccia strette intorno alla propria felpa leggera, Castiel si era
ritrovato a
vagare senza meta per Heaven, cercando di cercare un po’ di
pace e tranquillità
in quella cittadina che tanto amava, ma senza successo.
Probabilmente,
se avesse avuto con sé il suo cellulare, avrebbe chiamato
Balthazar e gli
avrebbe chiesto di accompagnarlo al laghetto appena fuori
città, luogo che da
sempre aveva il potere di calmarlo. Se solo i suoi genitori non fossero
stati
così rigidi, sarebbe potuto andare a casa sua e
chiederglielo direttamente, ma
visto l’orario e il fatto che si trattava di una serata
infrasettimanale la
questione era decisamente fuori discussione.
Stava
contemplando se recarsi da solo ed a piedi al laghetto fosse una scelta
saggia
quando notò la luce ancora accesa da Mary’s e, che
si destreggiava fra un tavolo
e l’altro, intento a fare le pulizie prima della chiusura,
Dean Winchester che
sembrava muovere la testa a ritmo di musica.
Come
attratto da una calamita invisibile, il giovane Novak si
ritrovò a varcare le
porte del locale, che annunciarono il suo arrivo con un allegro
tintinnio.
Dean
alzò la testa di scatto, rivolgendogli un grande sorriso
mentre si sfilava
dalle orecchie un paio di auricolari “Hey, Cas! Ti piace
proprio passare di qui
all’orario di chiusura, eh? Lo fai per farmi lavorare di
più o…”
Le
parole gli morirono in gola quando notò gli occhi
dell’amico, di solito così
brillanti e limpidi, oscurati da una luce cupa “Cas? Castiel,
cosa c’è che non
va?”
Il
giovane scosse piano la testa, prima di farsi scivolare su una delle
poche
sedie che ancora non erano state ribaltate sopra i tavoli in vista
delle
pulizie serali “Niente. Potrei avere un tè caldo,
per favore?”
Dean lo
fissò, incapace di staccare gli occhi dalla sua figura
rannicchiate e dalle sue
mani rosse a causa della fredda aria della sera.
Sentendo
quello sguardo intenso su di sé Castiel alzò
velocemente lo sguardo, per poi
abbassarlo altrettanto in fretta prima di mormorare “Io
ho…litigato con
Gabriel.”
“Oh.-
fu tutto quello che riuscì a dire Dean, prima di domandare-
Ne vuoi parlare?”
“Non lo
so.” ammise quindi il ragazzo più giovane,
iniziando a rigirarsi fra le mani
una stringa del cappuccio della propria felpa.
Dean
annuì comprensivo, prima di voltarsi per andare a scaldare
l’acqua per il tè
dietro al bancone “Ok, non c’è problema.
Ti lascio pensare un po’, d’accordo?”
Per la
prima volta quella sera lo sguardo cupo di Castiel si
schiarì leggermente
“Grazie, Dean.”
Quello
che calò fra di loro non fu propriamente un silenzio
imbarazzante. Tuttavia era
palese che ci fosse qualcosa di anomalo nel modo in cui Castiel non
osasse
nemmeno alzare lo sguardo e di come, dal canto suo, Dean tenesse
d’occhio
l’amico come se fosse quasi una bomba pronta ad esplodere da
un momento
all’altro.
Il
giovane meccanico riempì la tazza di acqua calda e
lasciò in ammollò la bustina
di tè per il tempo necessario prima di portarla al tavolo
accompagnata da un
po’ di latte, del miele e dello zucchero.
Castiel
sussurrò dei ringraziamenti educati e lo osservò
mentre si sedeva di fronte a
lui, gli occhi verdi vigili e intensi più che mai.
Sorseggiò
il suo tè con calma e, quando ebbe finito di berne almeno
metà tazza decise di
provare ad avviare una conversazione, troppo stranito
dall’insistenza dello
sguardo di Dean su di sé per poter rimanere ancora zitto
“Ho sentito che il tuo
appuntamento con Ronda Hurley è andato bene.”
Il
ragazzo sobbalzò sul posto, preso alla sprovvista
“Cosa? E tu come…”
“Dean,
ora non sei più in Kansas.- gli ricordò Castiel
con un sorriso- Qui ad Heaven
avere una vita privata è quasi impossibile.”
Dean
fece roteare gli occhi “Ok. Lo terrò a
mente.”
“Ti ci
abituerai.- gli assicurò il diciassettenne- La gente qui non
è cattiva, ma
tutti sanno tutto di tutti. È come funzionano le cose
qui.”
Il
giovane meccanico annuì distrattamente, lo sguardo fisso
sulle dita affusolate
di Castiel che sembravano non voler smettere di torturare il tovagliolo
di
carta che stringeva fra le mani. La tensione che il ragazzo dagli occhi
blu
stava cercando in ogni modo di tenere per sé diventava
sempre più palpabile nella
tavola calda, tanto che Dean stava cercando un modo gentile per poter
chiedergli che cosa fosse successo.
“Ho
litigato con Gabriel.” ripeté Castiel, lo sguardo
ancorato sulle proprie mani.
Dean si
raddrizzò sulla propria sedia, come per mettere il proprio
corpo sull’attenti e
pronto ad ascoltare meglio la storia che gli sarebbe stata raccontata
“Perché?”
“Gli ho
detto che non voglio andare al college il prossimo anno e che deve
smetterla a
rinunciare a fare le sue scelte per me.”
“Oh.-
esalò il meccanico- Quel tipo di litigata.”
Il suo
tono sembrò attirare l’attenzione del suo
interlocutore, tanto che questi puntò
su di lui i suoi penetranti occhi blu “Tu ne sai
qualcosa?”
Dean
abbozzò un sorriso “Sono un fratello maggiore
anche io, ricordi? E Sam può
essere decisamente testardo quando si impunta su una cosa.”
“Quindi
tu…- Castiel si interruppe a metà frase per
deglutire- Tu credi che lui abbia
ragione?”
“Non
dico che Gabriel abbia ragione.- specificò quindi il
maggiore dei Winchester-
Solo che posso capire il suo punto di vista. Se Sam mi dicesse che non
vuole
andare al college impazzirei.”
“Ma il
mio non è un capriccio.- protestò immediatamente
il diciassettenne- Ho
dei progetti!”
Dean
alzò un sopracciglio “Che tipo di progetti? Fare
un anno sabbatico girando gli
Stati Uniti in autostop? Oppure viaggiare in Europa con lo zaino in
spalla?”
“No.-
mormorò Castiel- Voglio trovarmi un lavoro e mettere da
parte dei soldi per
pagarmi gli studi e nel frattempo cercare di capire a quale
facoltà voglio
veramente iscrivermi. E magari provare a scrivere.”
“Scrivere?”
ripeté l’altro, stupito.
Il
minore dei Novak annuì, serio “Vorrei diventare
uno scrittore.”
“Wow,
Cas, tu non voli certo basso, eh?- disse Dean, scuotendo piano la
testa- Sai
quanta gente sogna quella carriera?”
Castiel
inclinò leggermente la testa di lato “Non credi
che potrei farcela?”
“Non è
questo. Solo che non sarà una passeggiata.- gli
ricordò quindi il giovane
meccanico- Lo sai, vero?”
“A me
non importa.- dichiarò quindi il ragazzo dagli occhi blu,
stringendosi nelle
spalle esili- È quello che voglio fare, ne sono
sicuro.”
Dean
sorrise nel sentire la determinazione nella sua voce “Hai le
idee abbastanza
chiare per uno studente delle superiori.”
Castiel
abbozzò un sorriso “Mi piace pensarlo. Tu che cosa
vuoi fare?”
“Che
cosa intendi?” domandò l’altro,
aggrottando la fronte.
Il più
giovane dei due ragazzi fece roteare gli occhi “Non credo tu
rimarrai ad
aiutare tuo padre al locale per sempre.”
“Perché
no?” borbottò quindi Dean, scrollando le spalle
con noncuranza.
“Perché
tu sei troppo brillante per poter fare solo questo.”
spiegò semplicemente
Castiel.
Dean si
ritrovò ad arrossire a quel complimento “In
effetti, lavorare con Bobby mi fa
pensare che forse un giorno potrei aprire un’autofficina
tutta mia.”
“Sono
certo che ce la farai.- sorrise il minore dei Novak- Dopo che
l’hai sistemata,
mi sembra che Herbie sia più in forma che mai.”
“Grazie.”
Dean
osservò per qualche secondo l’amico sorseggiare
ciò che rimaneva del suo tè e,
dopo essere rimasto in silenzio per un po’ di tempo, decise
di porgli una
domanda che gli girava per la testa da quando aveva capito che
l’altro era
venuto a cercare proprio lui per parlare di un suo problema personale
“Castiel,
perché sei venuto qui e non sei andato da uno dei tuoi
amici? O dal tuo
ragazzo?”
Castiel
lo fissò coi suoi grandi occhi innocenti “Credevo
che anche noi fossimo amici.”
“Sì,
certo, solo che…- Dean si passò una mano dietro
il collo- Sai, pensavo che per
un problema del genere forse saresti potuto andare da qualcuno che ti
conosce
da più tempo.”
“Loro
sarebbero stati di sicuro dalla mia parte. Io volevo sentire che cosa
ne
pensavi tu. Tu sei una persona schietta, Dean.”
“Già, è
un modo come un altro per descrivermi. Mio padre direbbe che manco
totalmente di
tatto e che non so quando tenere la bocca chiusa.”
Castiel
si ritrovò a sghignazzare a sentire quella descrizione
“Come si trova lui qui?
So che ora che Sam sta imparando ad integrarsi si trova un
po’ meglio, e tu…”
“Qui
gli piace.- lo interruppe Dean- Credo che si senta più
vicino a mia madre
stando qui.”
Il
minore dei Novak annuì piano “Sono contento per
lui. È una brava persona.”
“Ma se
gli avrai parlato sì e no cinque volte, e solo per ordinare
il caffè?” ribatté
con tono scettico il giovane meccanico.
Castiel
non si fece scomporre da quella osservazione “Beh, io sono un
ottimo
giudicatore di caratteri.”
“Ah,
sì?- disse Dean, mettendo i gomiti sul tavolino e
sporgendosi di più verso di
lui- E di me che mi dici?”
L’altro
ragazzo socchiuse i grandi occhi blu, contemplando quella domanda
“Non mi
sembra giusto dirtelo.”
“Perché?”
Castiel
gli rivolse un sorriso divertito “Credo che sarebbe
più che dovuto per te
passare almeno una settimana a scervellarti riguardo la mia opinione su
di te.”
“Quindi
non sei davvero l’angioletto che decantano gli abitanti di
questa città!”
esclamò Dean, puntandogli contro un dito.
Riuscirono
a rimanere seri solo per un paio di secondi prima di scoppiare a ridere
sonoramente e Dean si ritrovò a pensare che vedere Castiel
così spensierato e
felice e qualcosa a cui poteva decisamente abituarsi.
Alle
loro spalle un trillo leggero li avvisò che era entrato un
altro cliente, ma il
giovane non era ancora pronto a farsi lasciare sfuggire dalle dita quel
momento
così si voltò, pronto a intimare a chiunque fosse
di ritornare il giorno dopo,
perché in quel momento la tavola calda era chiusa.
Invece
si ritrovò faccia a faccia con Gabriel Novak.
Il
nuovo arrivato non sembrò fare molto caso a lui, tuttavia,
lo sguardo fisso sul
fratello minore.
“Cassie.-
mormorò- Ti va di parlare?”
Castiel
sbatté le palpebre un paio di volte prima di rispondere
“Ok.”
Trovandosi
in mezzo in un momento tanto intimo, Dean si alzò di scatto,
tossicchiando
imbarazzato “Io, uhm…Vi lascio soli per un
po’, ok?”
Non
aspettò una risposta prima di sparire nel retrobottega, ma
fece in tempo a
vedere Gabriel sedersi nel posto che lui aveva appena lasciato vuoto.
Una
volta lasciati soli, i due fratelli si ritrovarono in silenzio
l’uno di fronte
all’altro. Castiel teneva lo sguardo abbassato sulle proprie
mani, aspettandosi
da un momento all’altro una ramanzina sul suo comportamento
infantile e su come
fosse stato sciocco ad andarsene di corsa da casa senza nemmeno portare
con sé
la propria giacca e il cellulare.
Tuttavia,
quando parlò il tono di Gabriel era sommesso “Mi
dispiace per come è andata
questa discussione.- Castiel aveva alzato gli occhi su di lui,
incrociando così
il suo sguardo limpido e sincero- Ma tu lo capisci, vero? Che io voglio
solo il
meglio per te.”
Il
fratello minore si ritrovò ad annuire piano “Lo
so, Gabriel.”
“Tu sei
un ragazzo così brillante, Cassie.- continuò
così a parlare l’altro- Non puoi
rinunciare al college.”
Castiel
si morse leggermente l’interno della guancia “Tu
non ci sei mai andato e sei
una persona di successo lo stesso.”
“Io, di
successo?- Gabriel sbuffò una risata, scuotendo la testa
incredulo- Certo, come
no. Con lavoro da dipendente in pub, una casa ordinata solo
perché il mio
fratellino fa le pulizie al posto mio e
l’incapacità di avere una relazione
stabile nonostante abbia più di
trent’anni.”
“Se
Ellen ti sentisse dire che ti definisci solo un suo dipendente ti
picchierebbe,
lo sai?” lo rimbeccò il fratello, alzando un
sopracciglio.
Il maggiore dei Novak scoppiò a ridere “Certo. Ma
solo perché quella donna è
spaventosa.”
“Tu sei
una persona di successo, Gabe.- ripeté quindi Castiel,
quando il fratello tornò
a guardarlo con occhi concentrati- Altrimenti, come saresti riuscito a
crescermi come hai fatto contando solo sulle tue forze?”
Gabriel
lo osservò per qualche secondo, sulle labbra un sorriso
insolitamente dolce e
nello sguardo tanto affetto “Sai una cosa? A volte le persone
che mi dicono che
sei un dolce angioletto mi fanno ridere, poi dici cose come questa e mi
viene
il dubbio che forse sia vero.”
Il
giovane si sporse in avanti, mettendo una mano in testa al
diciassettenne e
iniziando a scompigliargli i capelli divertito.
“Gabe!-
strillò l’altro contrariato- Gabriel smettila
immediatamente, ti prego.”
Gabriel
rise, ritraendosi “D’accordo, d’accordo.
Ma, Castiel, io non voglio che tu non
vada al college solo perché nemmeno io ci sono
andato.”
“E io
non voglio non andarci per quel motivo.- ribatté Castiel
determinato- Voglio
prendere del tempo per riflettere e per scrivere. Non voglio passare
quattro
anno sui libri a studiare letteratura per poi scoprire che non era
davvero
quello che volevo fare. Voglio avere del tempo per prendere la giusta
decisione, trovarmi un lavoro e mettere da parte abbastanza per
riuscire a
pagarmi gli studi da solo.”
“Non
devi farlo.” gli ricordò Gabriel, serio.
“Lo so.-
gli assicurò quindi Castiel, sperando che il fratello
potesse intuire dalla
luce nel suo sguardo la propria risolutezza- Ma voglio. Gabe, non posso
vivere
sotto la tua ala per tutta la vita.”
Il
maggiore dei due fratelli rifletté per qualche secondo su
quanto gli era appena
stato detto “Non lo stai dicendo solo perché vuoi
che io compra quel negozio
per aprire la pasticceria, vero?”
Il
diciassettenne scosse la testa “No. Te lo sto dicendo
perché è quello che
penso. E penso anche che dovresti aprire la pasticceria
perché è quello che
vuoi, perché te lo meriti, e perché
sarà di sicuro un successo.”
Gabriel
appoggiò i gomiti sul tavolo ed iniziò a
massaggiarsi le tempie. Voleva che
Castiel andasse al college, più di ogni altra cosa. Suo
fratello era brillante,
con una memoria formidabile e una dedizione allo studio quasi
sconcertante per
la sua età, quindi era ovvio che lui desiderasse per lui il
meglio, anche se
avesse dovuto fare dei sacrifici per garantirgli il tipo di istruzione
che
meritava. Era anche vero, tuttavia, che lui gli aveva da sempre
insegnato a
fare le proprie scelte e a battersi per le proprie idee. Che razza di
fratello
sarebbe stato, quindi, se avesse ignorato completamente la propria
opinione
obbligandolo a fare una cosa che non desiderava fare?
E poi,
ovviamente, c’era la pasticceria.
Dio,
anche quella era una tentazione a cui era difficile resistere.
Soprattutto quando
la persona più importante nella sua vita sembrava volerlo
spingere in quella
direzione a tutti i costi.
Gabriel
alzò lo sguardo e si ritrovò ad incrociare due
grandi e limpide orbite blu.
Scosse
piano la testa e lasciò che un sorriso gli si allargasse
sulle labbra.
“E va
bene.- capitolò, ben curandosi di dare un tono teatrale alle
proprie parole-
Pare proprio che i Novak apriranno una pasticceria!”
*****
Salve a
tutti! Come vi avevo già anticipato questo capitolo si
è fatto aspettare e,
devo a malincuore annunciarvi, che anche il prossimo subirà
un iter simile.
Sono una donna ormai formata al 50% da occhiaie e per l’altro
50% da stress,
abbiate pietà. Se tutto va come deve andare,
però, dovrei ritrovare un certo
equilibrio psicofisico da marzo e, di conseguenza, aggiornare con una
parvenza
di regolarità.
Ah,
sappiate che ho letto tutte le deliziose (oddio, sembro una zia pazza
quando
dico ‘deliziose’) recensioni che mi avete scritto:
ho risposto ad alcune, ma ad
altre no…Mi dispiace un sacco, prometto che mi
metterò a rispondere appena avrò
qualche minuto (ok, diversi minuti…) liberi. Sappiate
però, che mi ha fatto
tanto piacere leggere quanto mi avete scritto. J
Ringrazio
anche tutti quelli che hanno messo la storia fra preferite/seguite/da
ricordare. J
Detto
ciò, ancora grazie mille a tutti voi, vi adoro cari lettori.
Davvero!
Un
bacio, JoJo
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Il festival di fine estate ***
5. Il festival di fine estate
Dean
Winchester aveva intuito
subito, fin dal primo momento in cui John gli aveva annunciato che si
sarebbero
trasferiti, che la vita ad Heaven sarebbe stata totalmente diversa
rispetto a
quella a cui lui e la sua famiglia erano abituati a vivere in Kansas.
Lawrence
non era certo una metropoli tentacolare ma, in confronto alla piccola
cittadina, dove tutti gli abitanti si conoscevano fra loro, poteva
decisamente
sembrarla. Tuttavia, quello che non si aspettava era che suo padre
decidesse,
con stoica determinazione, di prendere parte attivamente alla vita
della
minuscola cittadina in cui aveva deciso di trasferirsi. Certo, Dean
sapeva bene
quanto suo padre potesse essere cocciuto, e se John aveva deciso che il
modo
migliore di sentire ancora vicina Mary era di lasciarsi coinvolgere in
tutte quelle
folli attività che avevano luogo ad Heaven, e che la donna
ricordava nei suoi
racconti mentre gli occhi le si riempivano di nostalgia, allora i due
giovani
Winchester non potevano che piegarsi al volere del padre.
Questo, ovviamente, non impediva
loro di protestare rispetto a quelle che, a loro avviso, erano scelte
più che
discutibili.
“Io non posso credere che stiamo
davvero andando al consiglio cittadino.” ripeté
per l’ennesima volta il
maggiore dei due fratelli Winchester, le braccia incrociate al petto e
la
postura scomposta di uno studente annoiato a quella che ritiene la
lezione più
noiosa della sua vita.
In realtà i tre Winchester si
trovavano nella sala da ballo di Pamela Barnes, che ogni settimana
veniva
riadattata a sala di consiglio, e, effettivamente, considerando la
stazza dei
tre nuovi cittadini di Heaven, sembravano altrettanto scomode da poter
sembrare
quelle di una affollata aula scolastica.
Ad occupare le altre sedie,
realizzarono i tre nuovi arrivati in città, vi erano proprio
tutti gli altri
abitanti, nessuno escluso.
Perfino Chuck, l’eremitico
scrittore che gestiva nel suo salotto le proiezioni settimanali
dell’improvvisato cinema cittadino, era presente.
“Ormai abitiamo qui, Dean.-
ribatté John, prima di alzare il mento per rispondere al
saluto di Bobby
Singer, che era appena entrato nella scuola di ballo e si era seduto a
qualche
fila di distanza da loro- È il caso che iniziamo a prendere
parte attivamente
alla vita di Heaven.”
“Ma…è un consiglio cittadino!-
ribadì Dean, sbuffando sonoramente- Dove un gruppo di
provinciali litigano per
due ore su quali fiori è meglio mettere nelle aiuole fuori
dalla chiesa. Non
puoi dirmi che ti interessa davvero!”
John tornò a voltarsi verso il
maggiore dei suoi figli “Non importa di cosa si
parlerà, Dean. Tutti gli
abitanti con un esercizio commerciale devono presentarsi al consiglio.
Inoltre,
noi siamo i nuovi arrivati, dobbiamo farci vedere per far capire che ci
interessa la vita qui.”
Il ragazzo scosse la testa,
accasciandosi sulla sedia in un gesto teatrale “Io continuo a
trovarlo
stupido.”
“Jess mi ha detto che in realtà
i consigli cittadini qui sono molto divertenti.- intervenne quindi Sam,
che
fino a quel momento non aveva fatto altro che guardarsi intorno, alla
ricerca
del volto familiare della sua amica- In pratica, è una gara
a chi riesce per
primo a far saltare i nervi a Zachariah.”
“Zachariah Adler?- ripeté suo
padre incuriosito- Non è il capo del consiglio?”
“Già.” annuì il quindicenne
senza troppo entusiasmo.
Dean rivolse al fratello minore
un sorriso obliquo “Jess, uh?”
Sam fece roteare gli occhi,
tuttavia non poté impedire alle proprie guance di arrossire
“Sta zitto, Dean.”
Il ragazzo sghignazzò in modo
per niente velato alla faccia stizzita del quindicenne, ma la sua breve
vittoria venne interrotta da un fischio acuto e metallico proveniente
dal
vecchio microfono che Zachariah Adler stringeva fra le mani.
Immediatamente il
chiacchiericcio costante che aveva animato la sala si
dissipò, mentre lo
sguardo di tutti i presenti si puntò sul piccolo soppalco
dove sedevano i sei
rappresentanti del consiglio.
“Va bene, concittadini, diamo
pure avvio a questa nuova riunione dell’assemblea cittadina.-
iniziò a parlare
Adler, sul volto un sorriso eccessivamente stucchevole e decisamente
falso- Se nessuno
ha delle dichiarazioni iniziali da fare procederei con il primo punto
del
nostro ordine del giorno.”
Dalla seconda fila arrivò un
borbottio annoiato “Per carità, prima partiamo,
prima possiamo tornarcene a
casa.”
“Rufus, nessuno ti obbliga a
venire alle assemblee.” gli ricordò con tono
gelido Naomi, una dei
rappresentanti seduti sul piccolo soppalco.
Una risata si alzò
immediatamente dall’assemblea, mentre Missouri Mosely
commentava con tono
divertito “E’ vero, lo fai solo per ficcare il naso
negli affari degli altri.”
“Sei solo un vecchio brontolone
che ama il gossip cittadino, Rufus!” le diede manforte Jo, la
frizzante figlia
di Ellen, mentre si sporgeva dal suo posto per dare al misantropo uomo
di
colore un’amichevole pacca sulla spalla.
I tre Winchester assistettero
alla scena con occhi sgranati.
“Ora capisco come mai vostra
madre amava queste assemblee.” mormorò John,
mentre il suo sguardo saettava da
uno all’altro dei suoi nuovi concittadini.
Dean si voltò verso di lui
“Ovvero il fatto che i cittadini di questa città
sembrano bambini col deficit
di attenzione?”
“Guardate!- richiamò la loro
attenzione Sam, la voce un mix improbabile fra incredulità e
divertimento- Adler
ha già la faccia completamente viola!”
“Signori!- tuonò il capo dei
rappresentanti del consiglio cittadino, decisamente a un passo da un
crollo
nervoso- Possiamo continuare con la nostra assemblea? Muriel, per
favore, vieni
a dire ciò che devi.”
Evidentemente, gli abitanti di
Heaven avevano una spiccata capacità nel capire quando fosse
il caso di frenare
la propria esuberanza prima che a Zachariah potesse venire un vero e
proprio
infarto. Nel ritrovato silenzio, la piccola ranger con lunghi capelli
biondi e
il cappello della sua divisa stretto fra le dita affusolate era
riuscita a salire
sul palco e aveva iniziato a parlare del proprio problema “Mi
dispiace dovervi
parlare di nuovo di questa cosa ma, come sapete, non è la
prima volta che sono
state trovate trappole contro i procioni in una specifica zona della
città. Non
voglio accusare nessuno, ma…”
“Oh, certo.- berciò una voce
aspra dall’assemble- E allora perché stai
guardando proprio me?”
Muriel sbatté più volte i suoi
grandi occhi chiari “Io-Io non ti stavo guardando, Lilith. Mi
stavo solo
rivolgendo a tutta l’assemblea e…”
Lilith si era alzata nel
frattempo, le braccia conserte e lo sguardo carico di rabbia
“Quelle
odiosissime creature stanno chiaramente sabotando la mia tranquilla
esistenza.”
“Sono solo procioni, Lilith.” le
ricordò con tono annoiato Pamela, dal suo posto tra i
rappresentanti del
consiglio.
“Io li trovo carini.” le diede
man forte Garth, un giovane eccessivamente magro e dai comportamenti
eccentrici, che si destreggiava fra numerosi lavoretti bizzarri
all’interno
della cittadina.
“Anche a me piacciono, e poi rovistano
solo fra la spazzatura.- cercò di razionalizzare Cain, un
uomo alto, barbuto e
solitario, che si allontanava dalla propria fattoria appena fuori
città solo
per partecipare alle assemblee cittadine insieme alla moglie Colette-
Non è che
facciano niente di male.”
“Li odio.- sibilò di nuovo
Lilith, stringendo gli occhi dalla forma felina- E poi sono sporchi,
trasmettono malattie. Io ho una figlia, ricordate? Se quelle bestie la
mordessero?” sbottò, indicando con un ampio gesto
della mano Ruby, che era seduta
sulla sedia di fianco a quella della madre e si arrotolava con aria
annoiata
una ciocca di lunghi capelli corvini intorno a un dito affusolato,
apparentemente disinteressata a quanto le stava accadendo introno.
“Se un procione dovesse mordere
mai Ruby sarebbe lui a morire avvelenato, te lo posso
garantire.” ribatté
immediatamente una voce dal fondo della sala.
Lilith si voltò di scatto, gli
occhi che sembravano lanciare saette “Ritira immediatamente
ciò che hai detto,
Crowley.”
L’uomo d’affari le rivolse un
sorriso serafico, ma quella facciata da sbruffone svanì
immediatamente quando
la donna si lanciò con rabbia verso di lui. Fortunatamente,
il preside Uriel fu
abbastanza svelto da frapporsi fra i due.
Zachariah spalancò gli occhi
“Jody, non potresti fare qualcosa?”
“Perché?- ribatté lo sceriffo
cittadino- Non sono in servizio, adesso.”
In effetti, il suo intervento
non fu necessario, in quanto Uriel, probabilmente grazie alla sua
stazza da
giocatore di football e i suoi sguardi minacciosi, era riuscito
abbastanza in
fretta a convincere Lilith a ritornare a sedersi.
“Ok, possiamo al punto?”
richiamò tutti all’ordine Naomi.
“Sì, vi prego.- sospirò Adler
con voce esasperata- Muriel, qual è la tua
richiesta?”
La giovane ranger annuì prima di
continuare a parlare “Di nuovo, vorrei che le trappole
sparissero dato che sono
più pericolose, anche per gli altri cittadini, che efficaci.
E se Lilith
ritiene davvero che
la popolazioni di
procioni della zona sia davvero così problematica, allora la
invito a venire da
me per cercare insieme una soluzione.”
La donna spalancò gli occhi,
stizzita “Non posso rinunciare a quelle trappole!”
“Chi è a favore alla proposta di
Muriel?” domandò quindi Zachariah, ignorando
volutamente le proteste della
bionda.
“Contrari?” chiese di nuovo,
dopo che Pamela ebbe contato tutti i voti.
Prima che potesse dare
un’occhiata ai risultati, il capo del consiglio
notò in fondo alla sala una
mano alzata. Una mano che fino a cinque minuti prima non era presente.
“Gabriel!- sbottò infastidito- Come
puoi votare se non sai nemmeno di che cosa stiamo parlando? Tu e
Castiel siete
in ritardo. Di nuovo.”
Tutta l’assemblea, e i
Winchester insieme a loro, si voltarono per seguire con attenzione
l’ingresso
dei due Novak. Gabriel, come al solito, non sembrava per niente
scalfito
dall’essere sotto lo sguardo di tutti, mentre le guance di
Castiel si
colorarono immediatamente di cremisi.
“Certo che so di cosa stiamo
parlando.- ribatté immediatamente Gabriel, sul volto un
sorriso largo-
Parliamo, come al solito, di un argomento che pone in discussione la
presenza o
meno di una minaccia intrinseca od estrinseca o addirittura totalmente
inesistente per una pacifica e armonica vita cittadina e che potrebbe,
o non
potrebbe, essere debellata grazie e soprattutto alla mia innata
abilità di
alzare un braccio per dichiarare al mondo apertamente la mia
opinione.”
L’assemblea sghignazzò, mentre
il volto di Adler ritornò ad una tonalità
purpurea per l’irritazione “Cosa stai
blaterando? Fa niente, non rispondere. Sono popcorn quelli che hai in
quel
sacchetto?”
Il maggiore dei due Novak
spalancò gli occhi nocciola “Certo che no. Mi stai
forse accusando di
introdurre del cibo qui dentro quando sono anni che mi ricordi che
c’è una
regola che lo vieta? Tu sai bene l’immenso rispetto che provo
verso le regole,
in particolar modo quelle da te inventate e che possono essere
così facilmente
aggirate, cosa che per altro io non farei mai, e mi spezza davvero il
cuore che
tu possa pensare che io possa fare una cosa del genere, Zach. Davvero,
mi
ferisci.”
Zachariah decise, come accadeva
ad ogni assemblea cittadina, di ignorare il giovane “Per
favore, trovate dei
posti e sedetevi, così possiamo tornare all’ordine
del giorno.”
“Ok.- annuì divertito Gabriel,
prima di rivolgersi ad un uomo seduto nella fila vicino a quella dei
Winchester- Alzati, Virgil.”
“Sedetevi in posti che non siano
già occupati.” sbottò nuovamente Adler,
decisamente al limite della sua
pazienza.
Gabriel si finse stupito da
quella affermazione “Oh, intendevi questo. Zach, dovresti
essere più specifico
quando parli, nessuno capisce mai quello che intendi dire.”
“Questo è vero!” gli diede man
forte Pamela, annuendo.
“Ma non è rilevante rispetto a
quello di cui stavamo parlando!” ringhiò Adler,
esasperato.
“E di che cosa stavamo parlando,
Zach?- domandò quindi Missouri- Se non perdessi sempre il
filo del discorso a
quest’ora potremmo già essere tutti a
casa.”
“Anche questo è vero.”
borbottò
Rufus.
Zachariah prese un grosso
respiro “Andate semplicemente a sedervi, vi prego!”
“Qui, Castiel!- chiamò Inias,
agitando una mano proprio dalla fila di fronte a quella dove erano
seduti i
Winchester- Vi ho tenuto due posti.”
“Come stavo cercando di dire
prima che i Novak decidessero di degnarci della loro presenza, questa
sera
Frank Devereaux ha chiesto di poter parlare.”
“Di nuovo.” aggiunse Naomi con
fare annoiato.
I Winchester aggrottarono la
fronte, non del tutto certi del perché gli abitanti di
Heaven borbottassero fra
loro mentre quell’uomo dall’aria ansiosa saliva sul
piccolo palchetto di
fortuna dove sedevano i membri del consiglio.
Castiel si girò verso di loro,
offrendogli una spiegazione “Frank è leggermente
paranoico riguardo la
sorveglianza informatica sotto cui siamo tenuti dalle
agenzie segrete internazionali.”
“Per leggermente Cassie intende
a livello talmente elevato dal rasentare il patologico.”
aggiunse quindi
Gabriel con un ghigno.
John aggrottò la fronte,
perplesso “E fa così ad ogni assemblea
cittadina?”
“Più o meno.” rispose il
diciassettenne con una scrollata di spalle.
Anche Inias si voltò
“L’importante è che votiate contro alla
sua mozione.”
“Io voterò a favore.” disse
invece Castiel, stringendosi nelle spalle.
“Castiel!- lo ammonì Gabriel. Se
gli darai man forte non abbandonerà mai queste sue idee
folli.”
Il ragazzo puntò i suoi grandi
occhi blu sul fratello maggiore “Ma quando votiamo tutti
contro di lui è così
triste.”
Il maggiore dei Novak scosse la
testa piano, fingendo indignazione “Davvero, io non so che
cosa tu abbia capito
dei miei insegnamenti se la pensi davvero così.”
Nel frattempo, Zachariah aveva
ripreso la parola “Ok, quindi chi è a favore della
mozione di Frank?”
Come promesso, Castiel alzò la
mano.
“Contrari?”
Dopo aver raccolto le votazioni,
l’uomo continuò a parlare “Perfetto,
andiamo avanti. Ci terrei a ricordare che
nel weekend la città ospiterà come ogni anno il
festival di fine estate. Come
sempre, chiunque desideri partecipare e vuole avere uno spazio adeguato
per un
banco dovrà lasciare il proprio nominativo a Pamela prima di
giovedì. E no,
Becky, quest’anno non potrai avere un tuo stand dove vendere
copie delle tue
storie, uhm, di dubbio gusto.”
“Ma Zachariah!” protestò la
ragazza che anche in quel momento stringeva fra le mani un grosso
fascicolo su
cui stava scribacchiano chissà cosa fino
all’attimo prima di venire
interpellata.
“Niente ma.- confermò Adler-
Questo era l’ultimo punto dell’ordine del giorno ed
è già un miracolo che siamo
arrivati sani e salvi fino a qui. Direi che possiamo tornare a casa. Ci
rivediamo alla prossima assemblea.”
Prima che il chiacchiericcio
potesse ritornare fra gli abitanti di Heaven, Gabriel Novak si
alzò, attirando
di nuovo su di sé l’attenzione di tutti i presenti
“Uhm, Zachariah?”
“E ora che c’è, Gabriel?”
sospirò stancamente l’uomo.
Inaspettatamente, il giovane
Novak sembrava addirittura timido nel porre la propria domanda
“Non ti stai
dimenticando una cosa?”
“Ovvero?”
“Oggi avrei dovuto fare la
presentazione su i miei progetti per la pasticceria. Sai che se non
ottengo
l’appoggio degli altri commercianti non potrò
iniziare i lavori…” gli ricordò
quindi Gabriel, che effettivamente stringeva fra le mani un taccuino
che
sembrava essere stato letto e riletto svariate volte, a giudicare dalle
pieghe
evidenti presenti sulla copertina.
Adler alzò un sopracciglio, per
niente colpito “Oh, quello.”
“Posso fare la mia
presentazione, quindi?” chiese speranzoso Gabriel.
“Gabriel, ti rendi conto che si
è fatto già molto tardi, vero?- gli
ricordò quindi Naomi- Se dovessi fare una
presentazione dettagliata ora questa assemblea diventerebbe
insopportabilmente
lunga.”
Il più grande dei due Novak
scosse piano la testa “Ma la mia presentazione non
è poi così lunga e…”
“Ma non vorrei mai che
tralasciassi dei punti importanti, Gabriel.- continuò quindi
Zachariah con un
sorriso mellifluo sulle labbra sottili- La cosa migliore è
rimandare tutto alla
prossima assemblea. Anzi, ti segno immediatamente come primo ordine del
giorno.
Non credi anche tu che in quel modo sarebbe tutto più
semplice per tutti?”
Gabriel sembrò quasi rimpicciolirsi
sotto il peso di quelle parole “Forse hai ragione.”
“Certo che ce l’ho.” replicò
di
nuovo Adler, sul volto un sorriso vittorioso è
l’aria soddisfatta per averla
spuntata così facilmente.
L’uomo stava per voltarsi quando
una voce attirò di nuovo la sua attenzione
“No.”
Anche Castiel si era alzato e,
nonostante tutti gli sguardi fossero puntati su di lui, il suo sguardo
era
determinato come non mai.
“Come dici, Castiel?” domandò
Zachariah, voltandosi verso di lui con un sopracciglio alzato e
ispezionandolo
come se fosse stato un insetto fastidioso.
“Devi lasciarlo parlare.”
precisò quindi il ragazzo, alzando il mento quando ebbe
finito di pronunciare
quella frase come se in quel modo potesse far trapelare ancora di
più la
propria convinzione.
Il capo del consiglio fece
roteare gli occhi “L’assemblea sta per finire, non
credo che nessuno voglia
sentire tuo fratello blaterare per mezz’ora. Lo
farà la prossima settimana,
come dicevo, l’ho già inserito
nell’ordine del giorno.”
“No, parlerà oggi.- ripeté
quindi Castiel- Tu gliel’avevi promesso!”
“Castiel…” ricominciò a
parlare
Adler, con una nota di avvertimento nella voce.
Gabriel posò una mano sul
braccio del fratello “Cassie…”
“No. – disse di nuovo il
diciassettenne- Tu sei una bravissima persona e lo sanno tutti in
questa città.
E abbiamo appena acceso un mutuo per acquistare quella
proprietà da Crowley e
Adler aveva detto che prima di aprire il negozio avresti dovuto
preparare un
progetto da esporre all’assemblea, e ti l’hai
fatto. Sei stato in piedi tutta
la notte e hai preparato un progetto fantastico e Zachariah ora non te
lo vuole
fare presentare e non è giusto.”
“Casitel.” sibilò nuovamente
Adler, il volto paonazzo sia per la rabbia che per
l’imbarazzo di essere stato
esposto in quel modo.
Castiel lo fissò con ostinazione
“Non è giusto.”
“Fai esporre a Gabriel il suo
progetto, Zach.” disse quindi Pamela, prima che qualcuno
potesse aggiungere
qualcos’altro, rivolgendo al ragazzino un sorriso
incoraggiante.
L’uomo spalancò gli occhi,
esterrefatto “Ma…”
“Noi ascolteremo.” le diede man
forte Bobby.
“Già, Zachariah, fai parlare il
ragazzo. Di certo non può essere più noioso di
quanto lo sia stato tu fino
adesso.” rincarò la dose Ellen.
Sul volto di Castiel si aprì un
sorriso radioso e Gabriel sembrò acquistare immediatamente
la propria sicurezza
mentre saliva sul palco e ringraziava tutti i presenti per
l’occasione che gli
avevano fornito.
Dean Winchester ritrovò il
giovane Novak fuori dalla sala da ballo di Pamela alla fine
dell’assemblea. Il
consiglio cittadino si era sciolto da poco e dall’edificio
scemavano ancora
lentamente diverse persone. Castiel, evidentemente in attesa del
fratello che
stava spiegando con entusiasmo ad Ellen e ad un altro gruppo di amici i
propri
progetti per la nuova pasticceria, era seduto su una panchina con il
naso
puntato verso il cielo ormai stellato.
“Bello spettacolo là dentro.”
La voce di Dean lo riscosse dai
suoi pensieri e il giovane si ritrovò ad arrossire
“Io di solito non faccio
così. Non parlo mai davanti a così tanta
gente.”
“Ma stasera l’hai fatto.- gli
ricordò il maggiore dei fratelli Winchester con un sorriso
orgoglioso sul bel
volto- Per tuo fratello.”
Anche Castiel sorrise “Già. Ha
lavorato tanto per aprire quel negozio.”
“Una pasticceria.” disse Dean,
contemplando quel tipo di attività.
L’altro ragazzo annuì “I dolci
sono la cosa che Gabriel preferisce al mondo. Sono certo che se ci
fosse un
incendio in casa nostra e dovesse decidere se salvare me oppure la sua
collezione di barrette di cioccolato salverebbe loro.”
“Beh, tu hai le gambe.” ribatté
l’apprendista meccanico con un ghigno.
“Interessante il nome che ha
scelto.- continuò poi a parlare, dopo che ebbe avuto
nuovamente di indossare il
volto di Castiel aprirsi in una risata divertita- Loki’d.
Sbaglio o Loki è un
dio nordico del caos?”
Il diciassettenne annuì “Già,
qualcosa del genere. Gabriel ci si immedesima molto.”
“Ci lavorerai?” chiese quindi
Dean.
Castiel sbatté le palpebre
“Come?”
“Al negozio di Gabriel.” precisò
quindi il giovane Winchester.
“Sì, certo.- annuì quindi
l’altro- Non possiamo assumere personale, per ora.”
Dean gli rivolse un sorriso
raggiante “Beh, allora passerò a trovarti di tanto
in tanto. Se tuo fratello è
in grado di fare una buona crostata di mele, sarò di sicuro
uno de clienti più
affezionati.”
Ad
Heaven tutti gli abitanti
erano più che curiosi di scoprire come stavano andando i
lavori all’interno
della nuova pasticceria dei Novak. Tuttavia, Gabriel era più
che determinato a
mantenere le modifiche che intendeva apportare nel negozio il
più possibile
segrete. Non aveva assunto degli operai, decidendo di lavorare da solo
con una
qualche consulenza esterna offerta da Bobby Singer, e, per far
sì che la natura
del rinnovo potesse rimanere una sorpresa per
l’inaugurazione, le uniche persone
ammesse all’interno della nuova pasticceria erano Gabriel
stesso e, ovviamente,
Castiel.
Anche se, in realtà,
un’eccezione c’era.
“Ciao, vicino!”
Al sentire quella voce Gabriel
si alzò di scatto da dietro il bancone, dove stava lavorando
alla verniciatura
degli scaffali che ricoprivano l’intera parete opposta alla
vetrina.
“Ciao, Kali.” trillò, rivolgendo
alla bella donna indiana un ampio sorriso.
Kali viveva ad Heaven da tutta
la vita e, da quando i suoi genitori avevano deciso di andare in
pensione
anticipata e di ritirarsi in Florida, aveva preso in gestione il
ristorante di
famiglia, il migliore, e unico, ristorante indiano della
città, di cui i due
Novak erano assidui clienti, anche se Castiel poteva giurare che ci
fosse
qualcosa di più, oltre all’amore per la cucina
indiana, ad attrarre Gabriel in
quel posto almeno una volta a settimana.
“Sono passata a dare
un’occhiata.- disse quindi la donna, il rumore dei suoi
tacchi che rimbombava
nell’ambiente ancora quasi totalmente vuoto- Non vorrei che i
cambiamenti al
locale avessero un impatto negativo su tutta la strada.”
Gabriel le risolse un sorriso
“Certo che no.”
“Già. Dopotutto, il mio
ristorante è proprio dall’altra parte della
strada.” gli ricordò Kali, cercando
di apparire totalmente disinteressata.
Dal bancone, dove aveva
sparpagliato i suoi libri, Castiel fece roteare gli occhi platealmente.
Nell’ultima settimana, il ragazzo si era ritrovato ad
assistere spesso a scene
del genere e, in un certo senso, si era un po’ stufato di
come Gabriel non si
fosse ancora deciso a chiedere alla donna di uscire e anche di come
lei,
nonostante fosse più che chiaro il contrario, cercasse in
tutti i modi di
spiegare il proprio interesse nella pasticceria solo dal lato
professionale.
“Che cos’hai lì?”
domandò quindi
il diciassettenne, additando il pacchetto di carta bianca che le donna
stringeva fra mani affusolate e perfettamente curate.
“Vi ho portato il pranzo.-
spiegò quindi Kali, rivolgendogli un sorriso obliquo-
Davvero, Castiel, non
riesco a pensare che Gabriel sia riuscito davvero ad allevarti da solo
quando
si dimentica perfino di prepararsi il pranzo al sacco.”
Castiel sbatté le palpebre
“Ma…”
“Oh, no, non è certo colpa sua.-
lo interruppe immediatamente l’indiana- È solo che
è un uomo. Ci vorrebbe sempre
un tocco femminile, a mio parere.”
“Ed è per questo che continui a
passare per darci consigli sulle giuste tonalità da usare
per le pareti?”
domandò Gabriel con un sorriso divertito sulle labbra.
“Può darsi.- tagliò corto la
donna, prima di strizzare l’occhio in sua direzione- Ci
vediamo presto,
ragazzi.”
Castiel osservò divertito come
il fratello era rimasto a guardare Kali allontanarsi, sul volto
un’espressione
beata. Ben presto, però, Gabriel si accorse di quello
sguardo insistente.
“Che c’è?” domandò,
sulla
difensiva.
Il giovane scosse la testa “Oh,
niente. Solo che…sei arrossito.”
“Non un’altra parola, Castiel.”
borbottò Gabriel, mentre posava il pranzo sul bancone e
cercava, invano di
tornare al proprio lavoro.
“La inviterai a cena?- gli
domandò quindi Castiel con tono petulante, seguendolo con un
sorriso sornione
sulle labbra- Sarà a lume di candela? Oh, mangerete da un
solo piatto degli
spaghetti e tu le cederai la tua polpetta?”
Il maggiore dei due fratelli si
fermò di colpo, voltandosi verso di lui “Ti
ricordo che ho ancora quella foto
della tua prima lezione di danza classica. Quella in cui indossi il
tutù.”
Il diciassettenne impallidì
“Andiamo, scherzavo. Ma la inviterai a cena, vero?”
“Potrei farci un poster e
appenderlo all’inaugurazione, che ne dici?”
continuò a dire Gabriel, facendo
roteare gli occhi.
“Sei scorretto.” lo informò
quindi il ragazzo, incrociando le braccia al petto in modo quasi
infantile.
L’altro gli fece una linguaccia
“E tu un petulante ragazzino.”
Castiel, tuttavia, non si fece
scoraggiare “Dico solo che è da un po’
che non esci con nessuno.”
“Castiel.”
“Ho capito, ho capito.- borbottò
il minore dei due Novak- Non ne parliamo più.”
Gabriel scosse piano la testa,
anche se sul suo viso era tornata un’espressione bonaria
“Visto che a volte
dimostri davvero di essere così intelligente come dicono?
Andiamo, dobbiamo
mangiare prima che si raffreddi. Non so come faccia, ma sono certo che
se ti
facessi mangiare del cibo freddo quella donna lo verrebbe a sapere nel
giro di
un attimo.”
I due fratelli scartarono i
pacchetti che Kali aveva preparato con minuzia, scoprendo
così i propri piatti
preferiti, delle posate di plastica e dei tovaglioli di carta.
Svuotarono il
bancone e apparecchiarono in modo rudimentale, prima di lanciarsi a
divorare
quel cibo dal profumo invitante.
“Hey, Gabe?” domandò dopo
qualche minuto Castiel, la forchetta lasciata a mezz’aria.
Gabriel rispose con la bocca
piena, causando una smorfia di disgusto sulla faccia del fratello
“Che c’è?”
“Sono contento per te e Kali.-
disse quindi Castiel con un sorriso lieve sulle labbra- Lei
è ok. Anche se a
volte mi fa un po’ paura.”
Il volto del maggiore dei Novak
si illuminò “La persona adatta alla nostra
famiglia, no?”
Il diciassettenne rise “Sì. Sei
felice, vero?”
“Lo sarei di più se il mio
fratellino la smettesse di leggere la posta del cuore.”
Dopotutto, il tovagliolo
accartocciato che colpì Gabriel in testa, se lo era
decisamente meritato.
Il
festival di fine estate di
Heaven sembrava uscito da una di quelle riviste di viaggio che Mary
Winchester
amava collezionare e che, nella vecchia casa di Lawrence, restavano
ammucchiati
da anni contro la parete dietro al divano del salotto.
Se avesse dovuto essere sincero,
Dean non avrebbe mai potuto dire che non vi era un qualcosa di
pittoresco nelle
decine di bancarelle allestite dai commercianti locali, dai fili di
luci che
connettevano il perimetro della piazza e dall’odore di fritto
e di dolciumi che
si diffondeva nell’aria.
Quello che Dean Winchester non
sopportava, del festival di fine estate di Heaven, era che anche suo
padre
aveva deciso che anche i Winchester avrebbero dovuto aprire una
bancarella dove
potevano servire caffè caldo da portar via, proprio come al
locale, e anche
altri tipi di cibo adatti a chi si ritrovasse a passeggiare al
festival, come
patatine, hotdog e cheeseburger.
In effetti, l’idea di John
poteva risultare vincente, a livello di marketing.
Tuttavia, ciò che infastidiva
Dean era che era lui ad essere incastrato per tutti i tre giorni del
festival
alla bancarella dei Winchester.
Se solo non si fosse giocato i
propri turni a sasso-carta-forbici con Sam, in quel momento non si
sarebbe
ritrovato lì!
L’unica cosa positiva di quel
tipo di lavoro, oltre alle occasionali chiacchiere con gli avventori
senza
tutta la fretta che spesso si viveva al locale con i numerosi ordini,
era che
nell’attesa dei nuovi clienti il giovane poteva rilassarsi,
in un certo senso,
e cercare di rimettersi in pari con le proprie letture.
Stava proprio leggendo, la mente
completamente immersa in quel mondo di parole che stringeva fra le
dita, quando
una voce lo riscosse improvvisamente dai suoi pensieri, facendolo
sobbalzare.
“Ciao, Dean. Che cosa leggi?”
Dean si voltò di scatto,
scoprendo il proprio amico in piedi dietro la bancarella di fianco alla
sua
“Cas! Mi hai fatto venire un infarto!”
“Scusa.” disse il giovane, anche
se un lieve sorriso sulle sue labbra un po’ screpolate
lasciava capire come in
realtà di fosse divertito.
“Dovresti indossare una
campanella per avvertire del tuo arrivo.” Dean scosse la
testa, voltandosi
totalmente verso l’amico e scoprendo che, mentre lui si
trovava in una sorta di
trance mistica da lettura, l’altra bancarella era stata
riempita di torte,
pasticcini, cupcakes e cioccolatini.
“Non mi sembra molto pratico.-
ribatté Castiel, prima di inclinare la testa- Cosa stai
leggendo?”
Quando l’apprendista meccanico
gli ebbe mostrato la copertina de Il Trono di Spade il ragazzo
spalancò gli
occhi blu “Oh. Gabriel guarda lo show televisivo che hanno
tratto da quella
serie di libri. L’ho aggiunta alla mia lista di
lettura.”
“Hai una lista di lettura?”
domandò incredulo Dean, alzando un sopracciglio.
Castiel annuì solenne “Certo.
Dato che voglio diventare uno scrittore, mi piace avere sempre qualcosa
da
leggere che possa darmi ispirazione ed aiutarmi nel perseguire questa
carriera.
Inoltre, adoro leggere, è il mio passatempo
preferito.”
Il maggiore dei fratelli
Winchester sghignazzò “Ti posso capire. So che
potrebbe non sembrarlo, ma anche
a me ogni tanto piace rilassarmi leggendo un buon libro.”
Castiel si avvicinò a lui,
incuriosito “E quale definiresti un buon libro, secondo la
tua opinione?”
“Vonnegut.- rispose
semplicemente l’altro- Adoro tutti i suoi libri, ma in
particolare Mattatoio
numero 5.”
“Non male come scelta,
Winchester.” annuì soddisfatto il più
giovane dei Novak.
“Ora tocca a te dirmi cosa stai
leggendo.- continuò quindi a parlare Dean- Mi sembra
più che doveroso dopo che
ho condiviso con te le mie letture.”
Il diciassettenne si precipitò a
prendere la propria tracolla, per poi mostrarne il contenuto
all’amico “Al
momento mi sto leggendo l’autobiografia di Mandela, una
raccolta di poesie di
Neruda e Notre Dame de Paris di Hugo.”
L’altro ragazzo si ritrovò a
sbattere le palpebre, impressionato “Wow. Adesso mi sento
stupido.”
Castiel aggrottò la fronte,
disturbato da quella affermazione “Tu non sei stupido, Dean.
Sei un ragazzo
molto brillante, sei un mago con le auto e sai un sacco di cose di
svariati
argomenti. E, inoltre, il tuo caffè è il
più buono che io abbia mai bevuto. Non
dirlo a Gabriel, però, si arrabbierebbe.”
“Ok, Cas.- rise Dean, scuotendo
la testa divertito- A
proposito, dov’è
tuo fratello?”
“In negozio. I lavori di rinnovo
del locale sono impegnativi, ma siamo a buon punto. La bancarella
è una buona
occasione per farci un po’ di pubblicità prima
dell’inaugurazione, ma visto che
Gabe non può occuparsene mi sono offerto di farlo
io.”
Il giovane Winchester si strinse
nelle spalle “Io ho perso a sasso-carta-forbici con Sammy,
altrimenti non mi
troverei qui, non di mia spontanea volontà,
comunque.”
“Non è così male.” gli
assicurò
il ragazzo più giovane.
“Dimmelo quando Pam sarà passata
per l’undicesima volta e mi avrà guardato di nuovo
come se volesse mangiarmi.”
Castiel rise “Beh, Pamela
è…Pamela.”
“In ogni
caso, siamo sulla stessa barca,
allora. Fortuna che siamo vicini, uh?”
Dean lanciò di nuovo lo sguardo
sulla bancarella vicina e si domandò come aveva fatto a non
notare prima una
cosa fondamentale.
“Che cos’è quella?”
domandò,
anche se sapeva bene la risposta a quella domanda.
Castiel seguì la direzione del
suo sguardo “Una crostata di mele. Ne vuoi?”
“Scherzi? E’ la mia preferita!”
ribatté contento, allungando le mani per accettare un piatto
di carta sul quale
era posata una grossa fetta di torta, il cui ripieno e succo
strabordava pian
piano dai lati, e una forchettina di plastica.
Il verso di apprezzamento che
uscì dalle sue labbra quando assaggiò la prima
forchettata poteva quasi essere
considerato pornografico “Cas, non fargli mai sapere che
l’ho detto, ma tuo
fratello è un genio.”
“Lo so.” disse il
diciassettenne, per niente stupito da quell’affermazione.
Dean alzò i suoi occhi verdi su
di lui “Intendevo dire che questa è una delle
crostate di mele migliori che io
abbia mai mangiato!”
“Oh, grazie.” Castiel arrossì.
“Grazie? L’hai fatta tu?”
Il giovane annuì piano “Sì.
Gabriel mi ha trasmesso la sua passione nel preparare dolci, anche se
io non
sono mai molto creativo e prediligo le ricette più
semplici.”
Dean prese un’altra forchettata
“Cas, ti amo!”
Castiel sbatté le palpebre, gli
occhi grandi come quelli di un cerbiatto colto di sorpresa dagli
abbaglianti di
una macchina in mezzo alla strada “Cosa?”
L’apprendista meccanico si
ritrovò a sghignazzare per quella reazione
“Scusami, ma se cucini torte di
questo genere è una dichiarazione più che
dovuta.”
“In realtà mi sembra un po’
eccessiva.” borbottò il minore dei Novak, le
guance arrossate.
“Cas, devi rifarmi questa torta
al più presto.- dichiarò quindi Dean quando ebbe
finito la sua fetta- Una
intera e solo per me, ovviamente.”
Castiel si ritrovò a sorridere
“Ai tuoi ordini.”
“Hai appena citato Una storia
fantastica?” domandò
sconcertato Dean.
“Può darsi.- sorrise serafico il
diciassettenne- La vera domanda qui è: tu sai riconoscere
una citazione de La storia fantastica?”
Il maggiore dei due fratelli
Winchester spalancò gli occhi “Ti prego, non dirlo
a Sam.”
“Porterò questo segreto con me
nella tomba.- rise Castiel- Ma, davvero, non dovresti vergognarti di
aver visto
quel film, io e Gabriel lo adoriamo.”
Dean alzò un sopracciglio “Tu e
Gabriel?”
“Sì, una sera a settimana
guardiamo film insieme mentre ci ingozziamo di cibo
spazzatura.” spiegò con
entusiasmo l’altro ragazzo.
“Che genere di film?” domandò
scettico il giovane Winchester.
“Qualsiasi.- rispose Castiel con
una scrollata di spalle- In realtà alcuni sono davvero
imbarazzanti. Abbiamo
visto Sharknado la scorsa settimana.”
Dean scoppiò in una risata
“Amico, quel film è spettacolare!”
“Quel film è abominevole e
totalmente insensato.” disse il minore dei Novak con tono
piatto.
L’apprendista meccanico scosse
la testa, per niente turbato da quel commento negativo “Quel
film diventerà un
classico proprio come i film di Steven Segal.”
Castiel spalancò gli occhi,
incredulo “Non puoi averlo detto.”
“Quei film sono fenomenali.” si
difese Dean, anche se sapeva che l’altro giovane lo stava
solo stuzzicando.
“Ok, credo che questa
conversazione stia degenerando troppo in fretta.”
Una voce di bambino attirò
l’attenzione del giovane Novak, interrompendo quella
spensierata chiacchierata
“Castiel?”
“Ciao, Jesse.- salutò il giovane
con un ampio sorriso sulle labbra- Sei qui da solo?”
Jesse annuì “Mamma e papà mi
hanno detto che potevo passare dalle bancarelle prima di tornare a casa
della
nonna.”
“Mi fa piacere che tu sia
passato a salutarmi.- sorrise di nuovo Castiel, per poi osservarlo
mentre
ammirava i dolci che aveva di fronte- Vuoi qualcosa?”
Il bambino scosse la testa con
veemenza “U-uh.”
“Sei sicuro?- incalzò il
diciassettenne- Perché volevo provare ad allenarmi a fare lo
zucchero filato,
ma non vorrei andasse sprecato. Ti va se ne faccio uno per te? Potresti
dirmi
se va bene.”
“Solo per me?” domandò Jesse,
sospettoso.
“Facciamo così, ne farò anche
uno per il mio amico Dean e voi mi direte se sono buoni oppure
no.”
Dean spalancò gli occhi “Cas,
grazie però…”
“Insisto.” Tagliò corto il
ragazzo, prima di prendere due lunghe stecche di legno ed avvicinarsi
alla
macchina dello zucchero filato. In poco tempo sia Dean che Jesse si
ritrovarono
fra le mani due enormi e soffici nuvole di zucchero bianco.
“Allora?” domandò Castiel, che
si aspettava davvero un giudizio dagli altri due.
“Uh, è- buono!- disse
immediatamente Dean, prima di succhiarsi le dita appiccicose- Molto
buono,
Cas.”
Jesse sembrava molto più felice
del giovane per quell’inaspettato dono “Sei bravo a
fare lo zucchero filato,
Castiel, dovresti farlo tutti i giorni!”
“Grazie, Jesse.- rise il
ragazzo- Ora è meglio se torni da tua nonna, non
credi?”
“Ok. Ciao!”
I due giovani osservarono il bambino
allontanarsi felice e Dean non poté fare a meno di notare
“Ci sai fare coi
bambini.”
“Molto di più che non con gli
adulti, a dire il vero.” ammise Castiel con un sorriso
imbarazzato.
“Non farai mai affari se
regalerai zucchero filato ad ogni marmocchietto coi lucciconi agli
occhi che
passa davanti alla tua bancarella, Cassie caro.”
La voce arrivò da dietro le
spalle di Castiel e il giovane sobbalzò solo per un secondo
prima di
sciogliersi in quell’abbraccio. Tutto il buon umore che aveva
raccolto Dean
fino a quel momento parve scomparire in quel medesimo istante.
“Regalarne uno ogni tanto non ci
manderà in fallimento, Balth.” disse quindi il
giovane, prima di voltarsi verso
il proprio ragazzo.
Balthazar sorrise, prima di
posare un bacio a stampo sulle labbra di Castiel “Samandriel
ha ragione: hai il
cuore troppo grande.”
Dean si ritrovò a tossicchiare
per ricordare della propria presenza e Castiel si voltò
immediatamente verso di
lui, il volto paonazzo “Balth, lui è Dean
Winchester.”
Il ragazzo annuì “Oh, sì
certo.”
“La mia fama mi precede?”
scherzò il giovane Winchester, con un sorriso ammaliatore
sulle labbra.
Balthazar ridacchiò “Già. Cassie
ti ha già incluso a pieno titolo nella sua cerchia di amici
e, credimi, lui non
è il tipo da regalare la sua amicizia a cuore leggero. In
ogni caso, questo
vuol dire anche che mi ha parlato di te piuttosto spesso.”
“Beh, io e Cas siamo diventati
amici quasi immediatamente, direi.” ci tenne a fargli sapere
Dean, posando una
mano sulla spalla dell’amico e rivolgendo al nuovo arrivato
un sorriso di
sfida.
Castiel aggrottò la fronte,
ricordando il loro primo incontro “Non proprio
immediatamente…”
“Cas?” ripeté Balthazar,
confuso.
Dean annuì “Sì. È il mio
soprannome per lui.”
“Hai addirittura un soprannome
personale?- ribatté il giovane, un sopracciglio arcuato-
Dovrei essere geloso,
Winchester?”
Castiel gli posò una mano sul
petto “Balth…”
“Ovviamente no. Balth.”
l’apprendista meccanico pronunciò quel soprannome
con un filo di ironia.
“Balth, potresti farmi un favore?-
richiamò l’attenzione del suo ragazzo Castiel,
prima che questi potesse
rispondere in malo modo all’altro giovane- Mi servirebbero
dei rifornimenti: i
cupcakes di Gabriel stanno andando a ruba. Ti dispiacerebbe andare in
negozio e
portarmene un paio di vassoi?”
Balthazar gli sorrise e gli
lasciò un altro bacio a fior di labbra “Ma certo,
tesoro. Arrivo subito.
Winchester, forse ti converrebbe concentrarti meno sul tuo amico Cas e
di più
sul tuo stand: i clienti ti aspettano.”
Castiel osservò con la fronte
aggrottata mentre Balthazar si allontanava e Dean tornava a servire
cibo agli
avventori del suo stand.
“Strano.” mormorò fra sé e
sé,
ripensando allo scambio di battute a cui aveva appena assistito.
*****
Salve!
Come vi avevo promesso,
questo capitolo è arrivato con un cospicuo ritardo, anche se
non per i motivi
che pensavo. In effetti, sì, mi sono laureata (finalmente
portò annoverarmi fra
la schiera di neolaureati choosy
e disoccupati che popolano questo Paese -.-), ma il ritardo non
è dovuto a questo,
ma piuttosto a dei gravi problemi di famiglia che
hanno spinto la mia attenzione in altra
direzione. Fortunatamente adesso tutto sta migliorando, quindi al
più presto
spero di ritornare a ritmi di pubblicazione meno imbarazzanti. Inoltre,
mi
scuso anche se non avessi risposto a delle recensioni in questo
periodo, sempre
per gli stessi motivi, giuro che mi impegnerò per mettermi
al più presto al
lavoro per rispondere anche a quelle che ho lasciato in sospeso.
Tornando a noi: spero che questo
capitolo (che ammetto possa risultare una sorta di filler, in un certo
senso)
possa esservi piaciuto. Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate, mi
piace molto
leggere il vostro parere!
Alla prossima, quindi, un bacio
JoJo
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Love test ***
7. Love test
Ci
volle circa un mese, ai Novak, per rinnovare completamente la
pasticceria, ma
il giorno della tanto attesa inaugurazione di Loki’d il
locale era finalmente
perfetto: l’interno, con grandi tavoli da esposizione color
panna; un angolo
bar pronto a servire cioccolate, tisane, frappè e
quant’altro; i colori
pastello che avvolgevano chiunque entrasse e conferivano
all’intero ambiente
l’aria soffice di un delizioso cupcake; e l’esterno
che si affacciava
sull’ampia vetrina che sembrava una finestra su una
succursale della fabbrica
di Willy Wonka; i tavolini di ferro battuto che ricordavano delle
romantiche
foto di café sulla riva della Senna. Il Loki’d era
tutto e anche più di quanto
i due fratelli si sarebbero aspettati dalla loro tanto agognata
pasticceria.
Gabriel
aveva scelto di aprire il proprio locale ai primi clienti un sabato
mattina di
fine ottobre di modo che Castiel fosse a casa da scuola e potesse
quindi essere
presente tutto il giorno per aiutarlo e, fortunatamente, la sua scelta
si
rivelò più che azzeccata.
Quella
mattina, fin dalle prime luci dell’alba, ad Heaven si poteva
sentire, quasi in
ogni dove, il dolce ed invitante profumo di tutte quelle torte,
biscotti e
pasticcini appena sfornati che avrebbero presto dato buona mostra di
sé sui
grandi tavoli da esposizione della nuova pasticceria. I Novak non erano
certo
gli unici ad aspettare con ansia l’apertura del locale, e non
solo grazie
all’attenta opera di marketing che Gabriel metteva
inconsapevolmente in atto
ogni volta che parlava con uno dei suoi concittadini dei progetti che
aveva per
la pasticceria. L’intera città vedeva nel giorno
dell’inaugurazione la perfetta
occasione di chiacchierare con i propri amici in un clima sereno e
festoso, e
il fatto che Gabriel avesse deciso di offrire il primo dolce ordinato,
così
come le bevande calde, era un incentivo in più per
partecipare all’evento. E se
la pasticceria offriva solo una decina di posti a sedere
all’interno del locale
ed altrettanti fuori, beh, voleva dire che, ancora una volta, gli
abitanti di
Heaven potevano cogliere l’occasione di mettere
all’opera la loro proverbiale
creatività.
Quando
le porte di Loki’d si spalancarono, diversi avventori
gironzolavano nella via,
pronti ad accaparrarsi un posto in prima fila, e ben presto, quando
Castiel
ebbe finito di sistemare i tavolini esterni, molti altri arrivarono,
portandosi
da casa sedie e tavolini pieghevoli da pic-nic, trasformando
così l’intera
strada in una succursale non autorizzata della pasticceria. Nonostante
la
fresca aria autunnale, gli abitanti di Heaven non sembravano disturbati
dallo
stare all’aria aperta, non con il pallido sole di fine
ottobre che filtrava
placido dai tetti ai lati della strada, e nemmeno con le calde bevande
che
Castiel serviva con solerzia, volteggiando fra i tavoli e prendendo
ordinazioni
con professionalità.
Ellen
Harevelle osservava dal suo tavolo, uno di quelli ufficiali del
Loki’d che era
riuscita ad accaparrarsi grazie alla sua amicizia con entrambi i Novak,
come il
diciassettenne eseguisse i propri compiti con quieta determinazione pur
senza
perdere la propria gentilezza anche con quei clienti che sembravano
volergli
fare perdere tempo, “Pare che io abbia assunto il fratello
sbagliato.”
commentò, anche se dalla sua espressione era chiaro il
proprio affetto per
Gabriel, nonostante la sua esuberanza a volte fuori luogo.
“Perché?-
domandò quindi Bobby Singer che, seduto di fianco a lei,
infilzava la propria
forchetta in una fetta di torta che grondava crema al cioccolato
fondente- Mi
sembra che Jo se la cavi più che bene alla
Roadhouse.”
Ellen
gli rivolse una smorfia “Già. Quando non
è in una delle sue fasi di ribellione
in cui mi contraddice ogni dieci minuti. Ora che non
c’è più Gabriel con me a
gestire i suoi capricci, a volte mi sembra ancora più
stressante del solito.”
“Ti
abituerai.- ribatté l’uomo con una scrollata di
spalle- E poi, quella ragazza è
un fuoco d’artificio, proprio come eri tu alla sua
età. Avere a che fare con
lei ti manterrà per sempre giovane.”
“Cosa
vorresti dire, Bobby Singer?” domandò la donna,
sul volto un’espressione
tutt’altro che docile.
Bobby
fece roteare gli occhi “Non leggere di più di
quanto dico nelle mie
affermazioni, donna.”
Ellen
si passò una mano fra i lunghi capelli castani, sbuffando
una risata, prima di
emulare il suo commensale e addentare anch’ella il dolce che
aveva nel piatto,
una deliziosa meringa al limone.
“Ellen!
Bobby!- la voce vivace di Pamela Barnes fece alzare la testa ai due
amici dai
loro dessert- Guardate chi sono riuscita a stanare?”
E,
infatti, a seguirla con passi sicuri ma con l’aria di
qualcuno che avrebbe
preferito trovarsi da qualche altra parte, c’era John
Winchester.
“John!-
lo salutò Ellen con un sorriso, mentre Bobby
preferì rivolgergli un cenno del
capo- Siediti qui con noi.”
John si
avvicinò alla sedia che gli era stata offerta, ma non vi si
sedette “Veramente
credo che dovrei tornare al locale.”
“Oh,
figurati.- Pamela fece roteare gli occhi- Sai benissimo anche tu che
l’inaugurazione di oggi sta calamitando tutti i tuoi soliti
clienti. Direi che
qualche ora di pausa te la puoi pure prendere, no?”
L’uomo
rifletté per qualche secondo prima di annuire seccamente
“Ok, resterò. Per un
po’.”
“Bene.-
gli sorrise di nuovo Ellen, cordiale, ben consapevole come il solo
essere lì,
senza Mary, per John potesse essere dura- Ti conviene ordinare
qualcosa, John.
Questi dolci sono deliziosi. Sono certa che quando Gabriel
metterà la testa a
posto farà una donna decisamente felice.”
Pamela
proruppe in una risatina divertita “Ma Gabriel ha
già messo la testa a posto.”
“Come?”
domandò quindi Bobby, un sopracciglio alzato a malapena
visibile sotto il suo
vecchio berretto da baseball.
“Oh,
non lo sapete?- commentò l’ex ballerina con tono
vivace- Gabriel ora esce con
Kali. Da più di un mese e la cosa sta decisamente diventando
molto seria. Sento
profumo di fiori d’arancio, nell’aria.”
“Scherzi?”
esclamarono all’unisono Ellen e Bobby, spalancando gli occhi,
increduli, mentre
John non sembrò trovare quella scoperta altrettanto
inverosimile.
Pamela
sorrise raggiante, soddisfatta di essere come al solito la fonte dei
più
succulenti pettegolezzi cittadini “No, ho fonti molto
sicure.”
“Si può
sapere come fai a sapere sempre tutto di tutti?” chiese
Bobby, incredulo.
“Prova
a gestire tu una scuola di danza.- rispose la donna strizzandogli
l’occhio- Con
tutte le persone che la frequentano io ricevo notizie sul gossip locale
per
ogni fascia d’età, dall’asilo alla
pensione.”
“Beh,
spero solo che tu non abbia scoperto troppo su quello che combina
Dean.-
sospirò il patriarca Winchester scuotendo la testa ma con un
abbozzo di sorriso
sulle labbra- Quel ragazzo ha l’argento vivo addosso, te lo
assicuro.”
Pamela
e Bobby ridacchiarono, mentre Ellen gli posò una mano sulla
spalla “I tuoi
ragazzi si trovano bene qui, John.”
L’uomo
annuì “Sì, infatti. Mi piace
rinfacciargli come si sono lamentati quando hanno
saputo che ci saremmo trasferiti qui ogni volta che mi parlano dei loro
nuovi
amici.”
“Sono
ragazzi, è normale che ti tengano sempre un po’
sulle spine.” gli ricordò il
burbero meccanico che, pur non avendo figli, conosceva abbastanza
adolescenti
per poter fare una tale affermazione senza dubbio alcuno.
“Già.-
confermò Pamela con una roteata di occhi- E poi, almeno non
hanno fatto
amicizia con le persone sbagliate. Ruby ha la stessa età di
Sam, giusto?”
Ellen
spalancò gli occhi, per la prima volta conscia di quel fatto
“Già. E Alaistar
di Dean. È meglio che si tengano lontani da quei due,
portano solo guai.”
“Beh,
di sicuro Sam non è interessato a Ruby.- trillò
divertita la proprietaria della
scuola di danza- Dopotutto, ha Jessica…”
“Jessica?-
ripeté John aggrottando la fronte- La compagna di studio di
Sam?”
Ellen
gli rivolse il sorriso di qualcuno che la sa lunga “Non solo
compagna di
studio, direi.”
L’uomo
era sempre più confuso “Cosa?”
“John,
so che sei un uomo e che quindi tu queste cose non le capisci al volo
come noi
donne, ma ormai è più che evidente che Sam e Jess
fanno coppia fissa.” Spiegò
quindi Pamela con tono paziente, scandendo bene le parole come se si
stesse
rivolgendo a un bambino piccolo e un po’ duro di
comprendonio.
“Sammy
ha la ragazza?- ripeté con tono sbalordito il proprietario
della tavola calda-
Credevo che la sua fosse solo una cotta.”
Ellen
ridacchiò “Da come si stringono la mano e si
guardano con occhi a cuoricino
direi che quei due hanno superato la fase della cotta da un
po’.”
“Oh. A
Mary sarebbe piaciuto molto vedere Sam con la sua prima
ragazza.” Mormorò
quindi John, abbassando lo sguardo sulle proprie mani, sulla cui
sinistra
svettava ancora lucente e brillante la fede d’oro.
Bobby
non era solito perdersi in discorsi sentimentali, ma sapeva bene cosa
significava perdere la propria moglie, quindi diede all’amico
una solidale
pacca sulla spalla, borbottando “Sono certo che dovunque sia
adesso lei riesce
lo stesso a vederlo, John. E anche te e Dean.”
John
sbuffò una risata impregnata da malinconia “Beh,
spero che non si concentri
troppo su come Dean cambia ragazza ogni settimana, allora.”
Qualche
metro più in là, seduti ad un tavolo da esterni
che Jo Harevelle aveva convinto
a ricevere in prestito dalla Roadhouse, dopo diversi ammonimenti da
parte di
sua madre, un gruppo di ragazzi sembrava voler ottenere il titolo di
comitiva
più chiassosa.
Sam
Winchester, seduto qualche tavolo più in là con
la sua ragazza, e i suoi nuovi
amici Kevin e Garth, ogni tanto lanciava delle occhiate esasperate al
fratello
e ai suoi amici, ma in fondo era altrettanto felice che entrambi loro
fossero
riusciti ad ottenere un posto per sé in quella che era
diventata,
inaspettatamente velocemente, la loro nuova casa.
Dal
canto suo, Dean non era affatto immerso in pensieri troppo profondi,
troppo
impegnato a seguire le inverosimili discussioni fra Ash e Charlie, i
due
migliori amici di Jo.
In
realtà, all’apprendista meccanico non è
che interessassero troppo i loro
discorsi, troppo impegnato a gustare con reverenza, quasi si trattasse
di
un’esperienza mistica, la deliziosa crostata alle noci pecan
che giaceva, quasi
completamente divorata, sul suo piatto di plastica.
Infatti,
quando l’attenzione di tutti fu di nuovo su di lui si
ritrovò ad osservare i
propri interlocutori con aria perplessa.
“Quindi,
amico, raccontaci com’è questa storia!”
gli aveva appena chiesto Ash, negli
occhi una luce divertita di cui Dean stava iniziando ad avere un
po’ paura.
“Quale
storia?- ripeté quindi, prima di scimmiottare il suo
coetaneo- Amico?”
Charlie
Bradbury fece roteare i grandi occhi verdi “Tra te e Mister
Dreamy, ovvio!”
“Castiel?”
domandò incerto il maggiore dei due Winchester, seguendo la
direzione dello
sguardo della ragazza dai capelli rossi.
“Ovvio!-
esclamò quindi Charlie- Gioco per l’altra squadra
ma gli occhi li ho anche io,
sai?”
Dean
sbuffò, tornando a concentrarsi con cocciuta determinazione
su ciò che rimaneva
della propria fetta di torta “Beh, fra me e Cas non
c’è assolutamente niente.
Siamo amici, punto.”
Jo
sbuffò una risata “Certo, come no.”
“E’
vero!” ribatté il ragazzo con petulanza infantile.
La
bionda scosse piano la testa, prima di posargli una mano sul braccio
per
parlargli con tono fintamente paziente
“Dean, tu sei nostro amico e noi ti vogliamo
bene, ma sappi che non è
passato inosservato a nessuno il fatto che tu guardi Castiel come se
fosse la
più buona crostata di mele sulla faccia della
terra.”
Dean
scrollò via la sua mano e fece roteare gli occhi
“Vi siete presi un granchio.
Tutti quanti. Non avete notato come, da quando sono qui, sono
già uscito con
diverse ragazze?”
“Difficile
non notarlo.- ribatté Charlie con una smorfia- Ma
né con Rhonda, né con Cassie
e nemmeno con Lydia avevi l’aria trasognata che hai ogni
volta che guardi il
nostro dolce angelo.”
“Fatela
finita, vi prego!” sbottò il giovane, affondando
le mani nei propri lucenti
capelli castani.
“Già,
non stuzzicatelo troppo.- intervenne Benny Lafitte, un ragazzo
dall’aria
minacciosa che contrastava con la sua indole pressoché
bonaria. Nonostante le
sue parole sembrassero difendere Dean, nella sua voce era
più che evidente una
nota divertita- Non sapete che adesso il nostro Dean sta uscendo con
Lisa?”
“Lisa
Braeden?- ripeté Ash stupito- Wow, Dean, quella ragazza
è la più popolare della
scuola. E una delle più carine.”
“Siamo
usciti solo una volta, per adesso.- spiegò quindi il
ragazzo, tornando ad
appoggiarsi allo schienale della propria sedia- Lisa
è…ok. Mi piace molto.”
“Ok? –
ripeté Charlie alzando un sopracciglio- Non mi sembra che tu
sia poi così
coinvolto.”
Dean
sbuffò sonoramente “Ok, per prima cosa: non sono
fatti vostri. E poi: non sono
fatti vostri! E se proprio vogliamo dirla tutta: non son-”
Una
voce profonda lo interruppe prima che potesse ripetere ulteriormente il
concetto.
“Posso
portarvi altro?”
Tutto
il gruppo di ragazzi si voltò verso Castiel, fra le mani un
vassoio vuoto e sul
bel volto un sorriso accogliente.
“Sì, ti
prego Castiel!- lo pregò con tono melodrammatico Charlie-
Puoi iniettarmi
questa cioccolata direttamente in vena? È
deliziosa!”
Il
giovane Novak aggrottò la fronte “Uhm, non credo
che sarebbe una pratica
ottimale per la tua salute.”
Jo si
ritrovò a ridere nel vedere la sua espressione sinceramente
preoccupata “Ok,
allora portaci solo dell’altra cioccolata servita in banali
tazze.”
“Non
servite del caffè?” domandò quindi
Benny, che non era proprio un fan dei dolci.
“Oh,
no.- scosse immediatamente il capo l’altro- Non sarebbe
giusto, visto che siamo
così vicini alla tavola calda.”
Dean
non poté fare a meno di far roteare gli occhi
“Cas, noi Winchester non abbiamo
il monopolio del caffè.”
“Lo so,
ma Gabriel ha preferito fare così.- spiegò
quindi, rivolgendogli un sorriso,
prima di voltarsi di nuovo verso Benny- Facciamo dei cappuccini,
però.”
“Allora,
a noi che non vogliamo rischiare il coma diabetico, porta pure dei
cappuccini.”
chiese quindi il giovane.
“Sarò
subito da voi!” assicurò loro Castiel,
sorridendogli gentile.
Il
giovane riuscì ad allontanarsi di qualche passo prima che
Charlie esclamasse
“Sembra uno dei principi delle favole che leggevo da
bambina.- affermò,
sventolandosi il volto con la mano, per poi aggiungere- Certo, poi sono
cresciuta e ho iniziato ad apprezzare molto di più le
principesse, ma ciò non
toglie il fatto, caro Dean, che quel ragazzo sembra un sogno. Davvero,
cosa
aspetti a farti avanti?”
Dean
fece roteare gli occhi platealmente “Ancora con questa
storia? Se anche fossi
interessato a Cas, vi voglio ricordare che ha un ragazzo.”
Jo gli
rivolse un sorriso obliquo “Come se questo potesse
fermarti.”
“Oh,
lupus in fabula, amigos.- attirò la loro attenzione Ash-
C’è Balthazar.”
Non
curandosi affatto di essere discreti, l’intero gruppo di
voltò nella direzione
indicata dall’eccentrico ragazzo e, infatti, riuscirono a
vedere il giovane
muoversi velocemente verso il proprio fidanzato, la sciarpa di tessuto
pregiato
ed il cappotto scuro che a malapena nascondevano la sua caratteristica
maglietta dallo scollo a V.
Benny
diede a Dean un colpetto sul braccio “Fratello, stai
diventando verde, lo sai?”
“E’
solo che non sopporto quel tipo.- borbottò il giovane
apprendista meccanico- È
arrogante, mette delle magliette ridicole e sembra uno
spaventapasseri.”
Ash non
tolse lo sguardo da ciò che stava guardando, però
gli ricordò “E sta con il
ragazzo che ti piace.”
“Io e
Castiel siamo solo amici.” ripeté per
l’ennesima volta Dean, aspettandosi
l’ennesima battuta da parte delle ragazze.
Al
contrario da ogni aspettativa, invece, Jo disse “Balthazar
è arrabbiato.”
Solo
allora il ragazzo tornò a prestare attenzione a quanto si
erano voltati ad
osservare. In effetti, Castiel e Blathazar erano uno di fronte
all’altro, e
quest’ultimo sembrava essere decisamente scocciato.
“Con
Cas?- domandò quindi, preoccupato-
Perché?”
“Dice
che a causa della pasticceria, del tutorato a Sam e di tutte le altre
cose che
fa Castiel passano sempre meno tempo insieme.”
spiegò quindi la ragazza bionda,
le sopracciglia aggrottate mentre cercava di capire meglio.
Benny
la osservò con diffidenza “Come fai a sentire
queste cose? Hai un udito
bionico?”
“Riesco
a leggere il labiale, è la mia abilità segreta.
Credo che un giorno mi
ingaggeranno quelli della CIA.” dichiarò quindi
Jo, rivolgendogli un sorriso
smagliante.
“Oh,
andiamo, smettila di ciarlare e continua a dirci che succede!-
sbottò Charlie,
prima di voltarsi verso Benny- Per colpa tua abbiamo perso quello che
ha detto
Castiel!”
Jo
tornò a girarsi di scatto verso i due fidanzati
“Ok. Uhm, Balthazar dice che
vuole vederlo questa sera e lui gli ha detto che forse farà
tardi per aiutare
Gabriel a sistemare il locale dopo la chiusura.”
“Ahi-ahi.”
commentò Ash, scuotendo piano il capo.
Dean
fece roteare gli occhi “A volte mi domando perché
vi frequento.”
“Shh.”
lo ammonì immediatamente Charlie.
“Io
tutti i giorni.” confessò quindi Benny.
Per
tutta risposta, alle proteste della rossa di unì anche Ash
“Shh!”
I due
giovani fecero roteare gli occhi quasi in sincrono, ma rimasero in
silenzio.
Non serviva tuttavia l’innata abilità a leggere le
labbra di Jo per capire che
la conversazione tra i due fidanzati non stava andando bene. Ben
presto, infatti,
il biondo scosse la testa, girò sui tacchi e se ne
andò.
“Povero
Cas.- mormorò Charlie- Sembra un cucciolo
abbandonato.”
Dean
osservò Balthazar andarsene con passo veloce e vide Castiel
arrossire quando,
guardandosi intorno, si accorse che numerosi paia d’occhi
erano puntati su di
lui.
In un
attimo, si ritrovò in piedi.
“Vado
da lui.” annunciò al suo gruppo di amici,
allontanandosi con ampie falcate.
“Non mi
sarei aspettata altro.” sentì Jo ribattere con
voce frizzante e poi uno
scoppiare di risa, ma non vi badò. Raggiunse il suo amico e
gli posò piano una
mano sul braccio, trattenendolo esercitando una leggera pressione
all’altezza
del gomito.
“Cas?”
Il
ragazzo si voltò verso di lui, sul viso un sorriso cortese
ma una sorta di
isteria nella sua voce “Cioccolata, tè, tisana o
cappuccino?”
Dean
spalancò gli occhi, spiazzato da quella reazione
“Woah, Cas, esci un attimo
dalla modalità cameriere tuttofare, ok?”
Il
giovane lo fissò e, dopo aver preso un grosso respiro,
esalò un flebile “Ok.”
“Va
tutto bene?” domandò quindi il maggiore dei
fratelli Winchester, la fronte
aggrottata e sul volto una chiara espressione di preoccupazione.
Castiel
abbassò lo sguardo, imbarazzato “Sì,
perché?”
“Non ci
sono problemi in paradiso?” incalzò quindi
l’altro, alzando un sopracciglio.
Il
ragazzo dagli occhi blu inclinò la testa di lato
“Come?”
“Balthazar
sembrava un po’ stizzito.” chiarificò
quindi Dean.
Cas
sgranò gli occhi e scosse piano la testa “Oh, no,
è solo che di solito io e lui
passiamo il sabato insieme, ma è evidente che ora che
dovrò lavorare qui alla
pasticceria dovremo organizzarci in un altro modo.”
“Quindi
solo una piccola scaramuccia tra fidanzati?- indagò
nuovamente l’amico- Niente
di irreparabile?”
“Ma no,
Dean, certo che no.- Castiel abbozzò un sorriso a fior di
labbra- Abbiamo solo
dovuto rivedere i nostri programmi, tutto qui.”
Dean si
cacciò le mani nelle tasche dei jeans consumati, per niente
soddisfatto da ciò
che aveva appena sentito “Poteva evitare di farti una scenata
in pubblico,
però.”
“Oh,
lui non voleva.- lo difese immediatamente l’altro, con
l’incredibile candore
che lo contraddistingueva- Balthazar è solo molto veemente
quando qualcosa gli
sta a cuore, non si è nemmeno accorto di aver alzato la
voce. Non lo fa
apposta.”
“Beh,
secondo me potrebbe evitare d trattarti così, soprattutto di
fronte a tutta
questa gente.” rincarò la dose il giovane dagli
occhi verdi.
“Ma
lui…” Castiel aprì bocca per ribattere,
ma Dean fu più veloce.
“Ok,
Cas, ho capito. È il tuo ragazzo e lo difenderai sempre a
spada tratta. Questo
non lo rende meno stronzo, però.”
Castiel
lo vide voltarsi e tornare da dove era venuto, non sedendosi
più tra i suoi
amici, però, ma continuando a camminare finché
non era più visibile fra il
labirinto di tavoli degli avventori del Loki’d. E lui rimase
di nuovo lì, da
solo e confuso, a domandarsi che cosa avesse detto di sbagliato nelle
sue
ultime due conversazioni.
Lisa
Breaden era perfetta.
Nonostante
fosse il capitano della squadra di cheerleader della Heaven High
School, Lisa
ribaltava totalmente qualsiasi cliché presente in tutte
quelle pellicole
adolescenziali in cui le cheerleader incarnavano l’ideale del
male assoluto. La
giovane, oltre essere bellissima ed amata da tutti, aveva infatti un
animo
semplice e un carattere affabile, oltre che un buon senso
dell’umorismo.
Per
Dean, tutte quelle erano caratteristiche che la rendevano
un’ottima compagnia,
per cui era più che contento di essere uscito con lei per la
quarta volta in
due settimane. E poi, si ricordò in quel momento, mentre
attraversava la piazza
di Heaven per tornare a casa, le cheerleader erano note per essere
molto
flessibili. E lui aveva scoperto giusto quella sera quanto potesse
esserlo Lisa…
Stava
ancora sorridendo sornione quando un movimento inaspettato
attirò la sua
attenzione proprio mentre stava passando davanti al piccolo gazebo
bianco al
centro della piazza. Si fermò, allungando il collo per
guardare quello che
doveva essere probabilmente un gatto randagio che passeggiava sulla
panchina
protetta dal piccolo chiosco, invece si ritrovò
improvvisamente faccia a faccia
con una massa disordinata di capelli scuri e un paio di occhi blu
grandi e
innocenti che lo stavano fissando con curiosità.
“Castiel?”
domandò stupito, sbattendo le palpebre più volte
per assicurarsi di trovarsi di
fronte proprio l’amico.
Aveva
assicurato ai suoi amici, dopo il suo impulsivo comportamento con Cas
durante
l’inaugurazione della pasticceria, che loro due non avevano
affatto litigato,
eppure quella era la prima volta che Dean aveva rivisto il giovane dopo
quel
giorno. Beh, escludendo le sue visite quotidiane da Mary’s.
Il
diciassettenne gli sorrise, abbassando il grosso tomo che stringeva fra
le dita
lunghe e affusolate “Ciao, Dean.”
“Cas,
che cosa ci fai qui a leggere?- domandò quindi il giovane
apprendista
meccanico, guardandosi intorno e notando che, a quell’ora,
erano i soli
presenti in piazza- Fa freddo ed è tardi, dovresti essere a
casa.”
Castiel
si strinse nelle spalle “Sto solo aspettando che Pam finisca
la lezione di
pilates e che si svuoti la sala prove.”
“E
perché mai vorresti aspettare che si liberi la sala
prove?” chiese di nuovo
Dean, la fronte aggrottata mentre cercava di trovare da solo un motivo
per cui
il suo amico dovesse aspettare per un motivo del genere.
“Mi
serve un posto dove stare questa notte.” ammise quindi
l’altro ragazzo,
abbassando lo sguardo sulle proprie mani.
Il
maggiore dei Winchester spalancò gli occhi “Cosa?
Perché? E’ successo qualcosa
fra te e Gabriel? Avete litigato?”
Castiel
scosse la testa “Oh, no, niente di tutto questo.”
“E
perché mai vorresti passare la notte nella scuola di ballo
di Pamela, allora?”
chiese di nuovo Dean, incuriosito.
L’altro
si afflosciò su se stesso, abbassando di nuovo lo sguardo
“Voglio che Gabriel
abbia la casa libera, questa sera.”
Dean
corrugò la fronte “Ti dispiacerebbe elaborare un
po’?”
“Gabriel
e Kali stanno uscendo da un po’ e mi sembrava giusto che lui
potesse invitarla
a casa. Andare sempre da lei potrebbe farle credere che lui non
è così preso
dalla loro storia, cosa che in realtà è, e quindi
ho pensato di dormire fuori,
questa sera.” spiegò quindi Castiel, un
po’ imbarazzato nel dovere spiegare una
cosa del genere.
“E hai
pensato di stare alla scuola di ballo?- domandò incredulo il
giovane dagli
occhi verdi- Non hai degli amici, tipo quell’Alfie? O
Inias?”
“Per
prima cosa, si chiama Samandriel,- specificò Castiel- e poi
loro non hanno
abbastanza spazio per ospitarmi.”
“E che
mi dici di Balthazar?” domandò quindi Dean, ancora
poco convinto.
Il
diciassettenne a quel punto diventò talmente rosso che Dean
era sicuro che
potesse essere individuato dallo spazio “Oh,
noi…Noi non abbiamo ancora
raggiunto quella, uhm, fase della nostra storia.”
L’altro
spalancò gli occhi “Nel senso che non avete ancora
fatto sesso?”
“Sì.”
confessò quindi Castiel, ancora rosso in
volto.
“Oh.-
fu tutto quello che riuscì a dire Dean, prima di riprendere
le redini di quella
conversazione- Beh potresti comunque andare da lui, sai? Voglio dire,
nessuno
vi obbliga a fare niente, potete
semplicemente…dormire.”
“Non
posso imporre un peso del genere a Balthazar, Dean.- spiegò
quindi il ragazzo
con un sospiro- Sono io quello non ancora pronto a portare la nostra
relazione
ad un livello successivo, a lui non dispiacerebbe diventare
più intimi. E
passare la notte insieme a lui sarebbe inutilmente crudele se non posso
dargli
quello che desidera.”
Dean lo
fissò incredulo: ogni volta che sembrava convinto di avere
capito alla perfezione
l’amico lui faceva o diceva qualcosa che riusciva a
spiazzarlo.
“La
lezione è finita.- annunciò quindi il giovane,
additando il piccolo gruppo di
donne che usciva dalla sala di danza con i volti arrossati e il borsone
sulle
spalle- Appena Pam tornerà a casa potrò entrare,
non c’è bisogno che tu aspetti
con me.”
Dean
spalancò gli occhi “Non ti farò passare
la notta sul parquet di una scuola di
ballo, Cas!”
“E che
cosa suggerisci, allora?” chiese quindi Castiel, inclinando
il capo di lato.
“Vieni
a casa con me.” borbottò quindi il ragazzo, le
mani ben affondate nelle tasche
e lo sguardo lontano da quello dell’amico.
“Come?”
“Abbiamo
spazio.- gli assicurò quindi Dean- Puoi dormire sul divano,
a mio padre non
dispiacerà.”
Il
ragazzo iniziò ad avviarsi verso casa, lasciando dietro di
sé un Castiel
stupefatto. Capendo però di non essere seguito si
voltò di nuovo e fece un
cenno del capo all’amico e solo in quel momento
l’altro scattò come una molla,
raggiungendolo con una piccola corsa.
Entrarono
a casa Winchester dal locale e a Castiel sembrò quasi di
invadere uno spazio
sacro quando fu costretto a passare da dietro il bancone per
raggiungere la
porta che portava alle scale che conducevano all’appartamento
sovrastante.
“Andiamo.-
lo incitò Dean varcando la soglia della propria nuova casa e
lanciando con
noncuranza la propria giacca di pelle sullo schienale di una delle
poltrone che
decoravano l’area giorno di casa Winchester.
L’appartamento
dei nuovi abitanti di Heaven era abbastanza ampio perché tre
persone potessero
viverci comodamente senza che venissero assaliti dal desiderio di
saltarsi alla
gola a vicenda. Aveva un ampio soggiorno, con annesso angolo cucina,
pieno di
finestre che probabilmente doveva essere estremamente luminoso quando
esposto
alla luce del sole. Dalla soglia si poteva vedere tutto ciò
che quella casa
decisamente vissuta ed amata aveva da offrire, dal lavello ancora
tristemente
sommerso da stoviglie da lavare, al tavolo della cucina su cui svettava
un
cesto di frutta mezzo pieno e tre tovagliette di plastica in colori
diversi,
dal divano dal caldo colore ramato, alla tv attorniata da decine di
custodie di
dvd malamente ammucchiate sul tappeto sottostante, fino al tavolino da
caffè coperto
di libri, tazze di caffè vuote e cianfrusaglie di altro
genere. Castiel
osservava ciò che aveva di fronte, per niente scandalizzato
dal leggero
disordine, in fondo, vivendo con Gabriel, spesso era stato abituato a
molto
peggio. Tuttavia non poté non notare la mancanza di
qualcosa, un tocco
familiare che desse a quell’appartamento
l’autentico aspetto di una casa,
nel vero senso della parola. Aveva
già avuto una sensazione del genere, quando era stato
invitato a casa di Inias
durante la settimana in cui sua madre era dovuta andare fuori
città per assistere
il proprio padre che si era rotto una gamba. Il giovane si
ritrovò a pensare a
quanto dovesse essere difficile, per i tre Winchester, trovarsi
così all’improvviso
a vivere senza una figura importante come quella di una madre. Lui
stesso non
poteva dire cosa potesse significare trovarsi una situazione del
genere, non
avendo avuto mai la possibilità di conoscere la propria, di
madre, tuttavia non
poté che sentirsi dispiaciuto per i suoi nuovi amici.
Non si
era nemmeno accorto che, durante la sua riflessione, Dean era sparito
dietro
una delle quattro porte che si affacciavano sul salotto e ne era appena
ritornato appoggiando una pila di indumenti e di coperte.
“Ok,
Cas. Ti ho portato dei miei vecchi pantaloni della tuta e una maglietta
che
puoi usare come pigiama, se vuoi, e delle coperte. Il bagno
è da quella parte e
gli asciugamani puliti sono nell’armadietto sotto il
lavandino, mentre camera
mia è quella, se ti servisse qualcosa.” disse il
giovane, additando la porta da
cui era appena uscito.
Castiel
gli sorrise, stupito dalla tenera premura che Dean aveva avuto
nell’occuparsi
di lui quella sera “Grazie, Dean.”
Inaspettatamente,
il maggiore dei fratelli Winchester arrossì
“Sì, certo.- borbottò, distogliendo
lo sguardo- Dunque, probabilmente domani mattina sarà mio
padre il primo ad alzarsi.
Non preoccuparti, è abbastanza reattivo, alla mattina,
quindi dovrebbe
riconoscerti subito e tartassare di domande me e Sam una volta che te
ne sarai
andato. Se così non fosse, ti consiglio di comportarti come
se ti trovassi di
fronte a un grizzly.”
Il
diciassettenne inclinò la testa di lato
“Ovvero?”
“Movimenti
lenti e, possibilmente, fingi di essere morto. Funzionerà.-
gli assicurò Dean,
strizzandogli l’occhio, prima di guardarsi di nuovo intorno-
Sei sicuro che non
ti serva nient’altro? Sai, non sono molto ferrato in tema di
pigiama party.”
“Sono a
posto così, grazie.” sorrise Castiel, sedendosi
sul divano che presto sarebbe
diventato il suo giaciglio per la notte.
L’apprendista
meccanico annuì, muovendosi goffamente verso la propria
stanza “Ok. Allora ci
vediamo domani mattina. Buonanotte, Cas.”
“Dean?”
lo chiamò l’altro dal salotto, illuminato
tenuamente dalla sola lampada accesa
di fianco al divano, prima che potesse chiudersi la porta alle spalle.
“Sì?”
“Grazie
per avere deciso di ospitarmi.- disse quindi Castiel, le guance
arrossate ben
visibili nonostante la penombra- Sei davvero un buon amico.”
Dean si
ritrovò ad arrossire a sua volta, suo malgrado
“Uhm, sì, certo…Beh, adesso
dormi, eh?”
“Buonanotte,
Dean.” lo salutò quindi con voce morbida.
Il giovane
sorrise “Buonanotte, Cas.”
Risvegliarsi
a casa Winchester non era stato poi così traumatico come
Dean gli aveva
prospettato. John era rimasto alquanto stupito nel ritrovarsi un
adolescente
addormentato sul divano, ma non appena ebbe riconosciuto
l’amico dei suoi due
figli, non si fece troppe domande, aspettando soltanto una spiegazione
da Dean
o Sam una volta che si fossero alzati. Invece, fu proprio il suo
inatteso
ospite ad alzarsi per primo e a spiegargli il perché della
sua presenza.
Nonostante le proteste del padrone di casa, Castiel aveva deciso di
lavare i
piatti sporchi che aveva notato la sera precedente, per sdebitarsi
dell’ospitalità
ricevuta, mentre John era sceso ad aprire il locale e preparare la
colazione
per tutti. Dean si era svegliato poco dopo, giusto in tempo per offrire
un
passaggio all’amico prima che dovesse tornare a casa per
recuperare il proprio
zaino prima dell’inizio delle lezioni.
Anche
se sia a Castiel che a Dean era sembrato che tutto fosse filato liscio
come l’olio,
nessuno dei due si era accorto di una loro concittadina che li aveva
osservati
con sguardo attento mentre interagivano con un’alchimia quasi
perfetta.
Castiel,
tuttavia, se ne accorse quello stesso pomeriggio quando, attraversando
la città
per raggiungere Gabriel in pasticceria, aveva notato uno strano chiosco
proprio
nella piazza cittadina.
In
realtà, il chiosco in questione, altro non era che un tavolo
da picnic con sopra
una tovaglia color rosa shocking, con sopra due grandi ciotole piene di
spillette e un grosso cartello che recitava: Tu
chi scegli?
Castiel
si era avvicinato, guardingo, ed era impallidito non appena
riuscì a capire di
che cosa riguardava quell’iniziativa.
“Becky!-
chiamò, con voce quasi rotta, la ragazza che stava seduta
dietro quel tavolo-
Che cosa sono questi?”
La ragazza
arrossì vistosamente, cercando in tutti i modi di
distogliere l’attenzione del
ragazzo dalla propria iniziativa “Oh,
questi…Niente, davvero Castiel, niente
di…”
“C’è la
mia foto, qui.” sbottò quindi il giovane,
indicando il proprio volto ritratto
sul cartellone in questione.
Becky
annuì, apparentemente pentita “Lo so.”
“Su
queste c’è li nome di Dean in un cuore.-
continuò quindi incredulo Castiel
prendendo una delle spillette in una mano, per poi fare lo stesso con
una del
diverso tipo- E in queste quello di Balthazar.”
La ragazza
si morse un labbro “Io sto solo…facendo un
sondaggio.”
“Un
sondaggio?” ripeté, alzando un sopracciglio, il
diciassettenne.
“Su chi
è il ragazzo ideale per te!”
trillò
quindi Becky, di nuovo totalmente presa dall’entusiasmo per
la propria
iniziativa.
Castiel
prese un grosso respiro, cercando di non arrabbiarsi troppo
“Io ho già un
ragazzo. Balthazar.”
“Lo so,
lo so.- continuò di nuovo l’eccentrica giovane-
Solo che tu e Dean sembrate
così affiatati quando siete insieme. E quel gioco di sguardi
fra di voi.”
“Io sto
con Balthazar.” ripeté di nuovo il ragazzo, come
se ribadire quel concetto
potesse farla rinsavire.
“E’
solo un sondaggio.- gli assicurò Becky, con il suo tono di
voce eccessivamente
esaltato- Tutta la città sta partecipando
e…”
“Fai
sparire questa roba.- la interruppe bruscamente Castiel-
Subito.”
“Ma,
Castiel…” cercò di protestare la
ragazza, con il tono quasi petulante di una
bambina.
“Subito.”
ribadì di nuovo il diciassettenne, incrociando le braccia al
petto.
Becky
sbatté un piede a terra “Tu non capisci, Castiel!
Tu e Dean siete il mio OTP!”
Spiazzato,
Castiel sbatté le palpebre più volte
“Il tuo cosa?”
“OTP!-
ripeté la giovane- One True Pairing. Vuol dire che per me
voi due siete la
coppia perfetta: dovete stare insieme!”
Castiel
si intimò nuovamente di non arrabbiarsi “Ho detto:
falli sparire.” le ordinò,
prima di voltarsi e allontanarsi a passi veloci.
Quando
arrivò al Loki’d, Gabriel lo salutò con
un sorriso ampio “Oy, fratellino!”
“Hai
visto cosa stava facendo Becky Rosen?” domandò
subito lui, facendosi scivolare
su una sedia davanti al bancone.
“Io ho
votato per Dean.- sorrise raggiante il maggiore dei Novak- Sai, giusto
per fare
un po’ arrabbiare il tuo ragazzo.”
Dopo
non avere ottenuto la minima compassione da parte di Gabriel, Castiel
aveva
passato il pomeriggio in attesa di un occasione per confrontarsi con
chi, ne
era certo, doveva aver preso altrettanto male l’iniziativa di
Becky Rosen.
“Bel
completo.” disse Dean, indicando con un cenno del capo il suo
sciupato completo nero corredato da cravatta blu, non appena
si presentò al bancone del Mary’s. In mano,
già aveva pronta la solita ordinazione per
l’amico.
“Grazie.”
rispose con tono candido Castiel, evidentemente incapace di individuare
l’ironia nelle parole che gli venivano dette.
Dean
scosse piano la testa “Come mai il completo da commercialista
arruffato?”
“Sto
per andare in chiesa.- spiegò quindi il diciassettenne-
Insegno catechismo.”
“Davvero?”
il maggiore dei Winchester fece una smorfia.
Castiel
annuì, sorridendo “Davvero.”
“Quindi
tu insegni catechismo.- ricapitolò il giovane meccanico- E
lavori in
pasticceria, e sei un tutor scolastico, e fai volontariato in
biblioteca e nel
coro. A scuola ci vai mai?”
Il
diciassettenne sbatté le palpebre “Certo, non ho
mai perso un giorno.”
“Non ne
dubitavo.- Dean sbuffò una risata- E nel tempo libero che
fai? Leggi le favole
ai bambini sordi?”
Castiel
non parve turbato dal suo tono “No. Leggo. Esco
con…”
“Con
Balthazar.” concluse per lui l’altro.
“Già.”
Dean
fece scivolare un piatto con delle patatine di fronte ad un altro
cliente “Non
sembra il ragazzo adatto a te.”
Il ragazzo
dagli occhi blu spalancò gli occhi, confuso da quel suo
atteggiamento. Non era
stupido, sapeva che Balthazar e Dean non si sopportavano, eppure
sperava che l’amico
lo appoggiasse, soprattutto in una cosa a cui teneva tanto.
“No? E com’è il
ragazzo adatto a me?”
Dean
gli rivolse un sorriso tirato “Non lo so. Ma non
lui.”
“Dean…”
“Non
voglio farti arrabbiare, Cas.- gli assicurò quindi
l’amico- È solo la mia
opinione.”
Castiel
annuì piano, sorseggiando il proprio caffè
“Ok.”
Dean si
abbassò per incrociare il suo sguardo “Hey, non
è che adesso smetti di passare
a trovarmi oppure non mi tieni da parte la crostata di mele,
vero?”
“No,
Dean.- il ragazzo scosse la testa, prima di domandargli ciò
che desiderava da
quel pomeriggio- Hai visto che cosa ha fatto Becky Rosen?”
Inaspettatamente,
il suo interlocutore rise “Sì. Quella ragazza
è pazza. O forse sono più pazzi
gli abitanti di questa città ad averla
assecondata.”
“Non ti
sei arrabbiato?” chiese, stupito, il più piccolo
dei Novak.
“No.-
gli assicurò quindi Dean- Voglio dire, ho dovuto spiegare a
Lisa che io non
c’entravo niente con tutto quello e, in effetti, sto ancora
pensando a un modo
per vendicarmi del fatto che Sammy per farmi un dispetto ha deciso di
indossare
quella spilletta per tutto il giorno.”
“Oh.” fu
tutto quello che riuscì ad esalare Castiel, sul bel volto
un’espressione
incredula.
Dean
continuò a parlare “Ma va tutto bene. Lisa
è comprensiva, alla fine ci ha riso
su.”
“Quindi
fra voi due va tutto bene?” indagò
l’altro, sinceramente curioso.
Sul
viso del giovane meccanico si aprì un sorriso
“Certo. Lis è…Lei è davvero
fantastica. Tu la conosci, vero?”
“Sì,
certo.- concordò il diciassettenne, lo sguardo basso- Lisa
Braeden è davvero
perfetta.”
Castiel
sorrise incoraggiante a Dean dopo aver pronunciato quella frase, eppure
dentro
di lui si sentiva inquieto e confuso. Se Dean stava davvero
così bene con lei,
perché criticava la sua relazione con Balthazar? E poi,
perché a lui stesso
importava così tanto dell’opinione
dell’amico?
*****
Salve!
Lo so, sembro un disco rotto, ma ogni volta che pubblico un nuovo
capitolo di
questa storia, irrimediabilmente con tempi geologici, mi ritrovo a
dovervi dire
la stessa cosa: scusate per il ritardo! Sono pessima, me ne rendo
conto, ma il
fatto che ogni volta ho una scusa nuova può giustificarmi?
No, eh?
Vabbè,
ci ho provato! Eheheh.
A parte
gli scherzi, ero convinta di potere pubblicare questo capitolo una
settimana
dopo al precedente, eppure… Eppure non riuscivo mai a
venirne a capo. Guardavo queste
pagine quasi completamente scritte e non ero affatto convinta di quanto
scrivevo, leggevo e rileggevo per la milionesima volta. Il mio
problema,
suppongo, è che nella mia testa la storia è
già tutta formata, ma a
trascriverla…Un bel problema! Più che altro,
quando scrivo penso anche a voi,
lo ammetto, e spesso mi ritrovo a pensare che voi vi meritate un
po’ di più che
aspettare una vita per un nuovo capitolo e poi ritrovarvi con un
“filler”. In effetti
è un po’ per questo che ci metto molto: cerco
tutte le volte di aggiungere una
scena, anche minuscola, che possa essere considerata importante ai fini
della
storia in ogni capitoli. E, immancabilmente, mi ritrovo a impiegare
settimane
per un misero capitoletto…Poi, ovviamente,
c’è anche la mia vita off-line che
richiede una notevole attenzione.
So che
mi perdo ad ogni capitolo con queste chiacchiere finali che
probabilmente
troverete un po’ noiosette se non inutili, ma mi piace
spiegarvi perché procediamo
a passo di lumaca e farvi un po’ capire cosa mi passa per la
testa e le mie
motivazioni. Spero di non annoiarvi troppo ;)
Tornando
a noi…Cosa ne pensate di questo capitolo? Dite che i nostri
beniamini stiano
per procedere nella direzione in cui speriamo tutti noi?
Fatemi
sapere cosa ne pensate, se vi va.
Kisses,
JoJo
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** I love you, do you love me? ***
8. I love you, do you love me?
Dean
stava temporeggiando.
Ovviamente,
non l’avrebbe mai ammesso con nessuno, ed era estremamente
grato che a
quell’ora la strada fosse deserta e lui non avesse un
pubblico ad assistere al
suo comportamento da verginella alla prima cotta. Tuttavia,
ciò non cambiava il
fatto che lui stesse temporeggiando.
Aspettava
sul portico disordinato dei Novak, lo sguardo fisso su una poltrona di
vimini
consumata con un libro aperto appoggiato sul bracciolo, in mano un
grosso
sacchetto con la fumante ordinazione che doveva consegnare al
più presto.
Non era
come se lui e Cas avessero litigato. Affatto.
Solo
che nell’ultimo periodo erano stati entrambi piuttosto
impegnati. Dean non era
mai da Mary’s quando Cas passava a prendere il
caffè e, fra i turni al garage
di Bobby e le uscite con Lisa, riusciva a malapena a incrociarlo in
giro per la
città e, quando accadeva, avevano a stento il tempo di
scambiarsi un breve
saluto prima che Castiel dovesse scappare alla pasticceria per il suo
turno, o
in chiesa ad aiutare il reverendo Murphy con il coro o il catechismo, o
da
Balthazar o a casa a studiare. E, con il peso di quanto si erano detti
l’ultima
volta che avevano avuto l’occasione di parlare per un
po’, ovvero il fatidico
giorno in cui Becky Rosen aveva deciso che lui e Castiel erano la
coppia
ideale…beh, quell’ assenza di incontri degni di
questo nome sembrava piuttosto
sospetta.
Dean
non era stupido, per quanto a volte si ritrovasse a interpretare suo
malgrado
quella parte. Sapeva benissimo che aver spifferato senza remora alcuna
ciò che
pensava del rapporto dell’amico con Balthazar poteva essere
stato decisivo per
la riluttanza nel vedersi nell’ultimo periodo. E poi,
ovviamente, c’era stato
il discorso su Lisa. Ora, quello lo aveva lasciato decisamente di
stucco.
Castiel aveva parlato della sua ragazza con gentilezza, ma Dean non
aveva
potuto fare a meno di notare come lo sguardo dell’amico fosse
insolitamente
privo di intensità mentre parlava della sua vita
sentimentale.
Dean si
riscosse, impedendosi di crogiolarsi nell’insolita
soddisfazione che gli dava
il pensiero che Castiel potesse essere geloso di lui. Il ragazzo scosse
la
testa di nuovo, cercando di farsi uscire dalla testa quei pensieri che
lo
facevano assomigliare sempre più a uno di quei melensi
protagonisti delle
ridicole commedie sentimentali che Lisa amava tanto, e, finalmente,
suonò il
campanello.
“Finalmente,
cibo!” trillò una voce, che Dean immediatamente
riconobbe essere quella di
Gabriel, dall’interno della casa.
Il
fattorino di Mary’s si ritrovò a far roteare gli
occhi, mentre sentiva rumore
di passi che si avvicinavano “Non cambiare discorso,
Gabe.”
Dall’altra
parte della porta, il maggiore dei
Novak sospirò teatralmente “Noi non riguarderemo The day after tomorrow, Cassie.
L’ultima volta ti sei convinto che
fosse in arrivo un’apocalisse atmosferica e hai seguito
ossessivamente la
situazione meteo mondiale per tre settimane.”
La
porta si aprì, e la voce di Castiel investì Dean
come una brezza “Vorrei solo
rivedere certi particolari. L’ultima volta non mi sono
concentrato molto sulla
storia dei vari personaggi e vorrei solo…Dean!”
Di
fronte a quei familiari occhi blu spalancati per lo stupore, Dean
sorrise “Hey,
Cas.”
“La
nostra cena, finalmente!- esclamò felice Gabriel, rivolgendo
un sorriso
smagliante al maggiore dei fratelli Winchester- Ringrazia tuo padre per
averci
fatto arrivare tutto anche se abbiamo ordinato così
tardi.”
“Non
c’è problema.- gli assicurò il giovane-
Siete la mia ultima consegna, questa
sera.”
Castiel
gli rivolse un sorriso timido “Hai un appuntamento con
Lisa?”
Dean
scrollò le spalle, sapientemente avvolte dalla sua
caratteristica giacca di
pelle “No, Lis mi ha dato buca.”
“Oh,
povero Romeo.” Lo schernì Gabriel, mentre gli
strappava di mano il grosso
sacchetto contenente l’ordinazione.
“Quindi
cosa farai nella tua serata libera?- domandò il maggiore dei
due fratelli,
facendogli cenno col capo di seguirlo all’interno della casa-
Baldoria con
Benny e gli altri tuoi amici?”
“In
effetti, non ci ho ancora pensato.- ammise il giovane, per poi
allungare il
collo per sbirciare nel salotto alla ricerca di qualcosa- Voi avete
ospiti a
cena?”
Castiel
seguì la direzione del suo sguardo e gli puntò
contro un’occhiata interrogativa
“No, perché?”
Dean si
girò verso di lui, gli occhi verdi spalancati “Non
mangerete davvero tutta
quella roba?”
“Certo
che no.- sbuffò Gabriel facendo roteare gli occhi- I
pancakes li facciamo scaldare
per la colazione di domani.”
“Wow.-
esalò il maggiore dei Winchester, scuotendo il capo
divertito- E io che pensavo
che io e Sammy fossimo pozzi senza fondo.”
“E’
solo questione di allenamento.- gli assicurò Gabriel
sventolando una mano- E
poi noi smaltiamo tutto velocemente.”
Dean
gli rivolse un ghigno, prima di strizzare l’occhio in
direzione di Castiel
“Beh, forse Cas un po’ più
velocemente.”
Il
giovane dai capelli color miele lo fulminò con lo sguardo
“Era dell’ironia sul
mio fisico quella che ho appena sentito? Ricorda che ho ancora fra le
mani la
tua mancia.”
L’apprendista
meccanico alzò le mani in segno di resa “Non ho
fiatato.”
“Se non
hai ancora cenato potresti rimanere qui e farlo con noi.”
Intervenne subito
dopo una voce fievole.
Gabriel
e Dean si voltarono di scatto verso Castiel, che si fissava i piedi,
nudi sul
parquet, come se questi potessero celare la risposta alle
più grandi domande
della vita, sulle sue guance, una vistosa sfumatura cremisi.
“Davvero?”
domandò Dean, elettrizzato dall’idea di recuperare
il tempo perduto e di
passare un po’ di tempo con l’amico.
“Davvero?!”
gli fece eco Gabriel, le sopracciglia alzate dallo stupore.
Il
diciassettenne dagli occhi blu si mordicchiò nervosamente il
labbro inferiore
“Ritorneremo al nostro programma originale dopo aver
mangiato. Di cibo ce n’è
più che a sufficienza.”
Dean
capì immediatamente che doveva esserci qualcosa di
più dietro quell’invito,
soprattutto dal modo in cui il maggiore dei Novak scrutava il fratello
minore,
cercando sul suo volto chissà quale risposta. Lui, dal canto
suo, si limitò ad
accettare quell’invito, seguendo i due padroni di casa fino
al salotto dove,
incredibilmente, c’era già del cibo cinese ad
aspettarli sul tavolino da caffè,
al fianco del quale vennero prontamente messi anche i sacchetti del
Mary’s.
“Siete
davvero sicuri di non aver esagerato?” chiese il ragazzo,
inarcando il
sopracciglio, ma la sua domanda venne prontamente ignorata quando
Gabriel si
voltò verso di lui, l’espressione del viso
illeggibile.
“Che
cosa pensi della saga di Die Hard?” domandò, con
una serietà tale da far
pensare che dalla risposta potesse dipendere il destino del pianeta.
Dean
sbatté le palpebre un paio di volte prima di dire
“Quei film sono dei
capolavori cinematografici.”
Gabriel
annuì, serio “Ok, allora.”
Castiel
spalancò gli occhi “Davvero, Gabe?”
“Davvero
cosa?” chiese Dean, che non capì il
perché di tutto quell’entusiasmo riguardo
le sue preferenze in fatto di film.
L’amico
diciassettenne si voltò verso di lui con un sorriso radioso
stampato sul volto
“Pensa che tu puoi partecipare alla nostra serata
cinema!”
“E’ un
grande onore, Winchester, sappilo.- lo informò quindi il
maggiore dei Novak-
Nessuno prima d’ora è riuscito ad ottenere un
invito alla serata cinema dei
Novak. Anche Kalì ha partecipato solo una volta, perdendosi
il diritto di
partecipare ad altre serate fino a nuovo ordine.”
L’apprendista
meccanico alzò un sopracciglio, scettico “Ha perso
il diritto di vedere un film
con voi?”
“Non è
semplicemente guardare un film.- sbottò quasi esasperato il
padrone di casa- È vivere
un film. È una cosa estremamente
seria, Winchester, e nessuno dovrebbe ritenersi in diritto di giudicare
le mie
scelte cinematografiche.”
Castiel
si avvicinò all’amico per sussurrargli
all’orecchio “Kalì non voleva vedere La Rivincita delle Bionde.”
“Avete
guardato quel film?” domandò incredulo Dean.
“Hey!-
lo richiamò immediatamente Gabriel- Cosa ho appena detto
riguardo il giudicare
le mie scelte?”
Il
giovane alzò le mani in segno di resa “Non ho
detto niente.”
Il
maggiore dei due Novak lo scrutò, poco convinto, prima di
passargli una
confezione di cibo cinese e gettarsi seduto sul divano, fra le mani uno
degli
hamburger fumanti provenienti da Mary’s “Ok, visto
che sei dei nostri devi
partecipare alla scelta del film.” Decretò, prima
di dare un morso alla prima
portata della propria cena.
Castiel
si sedette a gambe incrociate sulla poltrona e, dopo aver mandato
giù l’enorme
boccone di hamburger che aveva addentato poco prima, aggiunse
“E Gabriel aveva
già bocciato la mia idea di guardare The
day after tomorrow.”
Gabriel
ignorò il suo tono contrariato “Vorremmo provare a
fare una maratona, visto che
domani Cassie non ha scuola e io aprirò la pasticceria nel
primo pomeriggio.”
“Il Signore degli Anelli!”
propose
immediatamente, e con estremo entusiasmo, Castiel.
Il
novello pasticcere scosse la testa, frenando immediatamente il fratello
minore
“Troppo lunga.”
“Star
wars!” trillò subito dopo Dean,
sventolando le bacchette e facendo così
ricadere nel cartoncino il grosso boccone che era riuscito ad
afferrare.
“Hai
sentito cosa ho appena detto?” ribatté quindi
Gabriel, alzando un sopracciglio.
Il
maggiore dei fratelli Winchester sbuffò, ma non si perse
d’animo “Rocky?”
“Mi
rifiuto di fare una maratona di Rocky.-
dichiarò con fermezza il padrone di casa- Ho amato i primi,
apprezzato
l’ultimo, ma odio con tutto me stesso il quarto.”
“E
allora saltiamolo.” Propose il giovane ospite con una
scrollata di spalle.
Gabriel
fece roteare gli occhi platealmente “Dean, non si
può fare una maratona
saltando un film, è contro le regole.”
“Gabe,
non ti sei accorto che non esiste una corte suprema che giudica come
passi le
tue serate cinematografiche, vero?” domandò quindi
il ragazzo, prima di
chiudere le labbra intorno ad un altro abbondante boccone della propria
cena.
Il
padrone di casa gli puntò contro con fare minaccioso una
manciata di patatine
grondanti maionese “Winchester, te l’ho detto, mia
la casa, mie le regole, mia
l’ultima parola su tutto.”
“Questo
è molto anti-diplomatico da parte tua.”
Sbuffò l’apprendista meccanico.
Gabriel
gli rivolse un ghigno soddisfatto “Non ti avevo informato che
qui siamo in un
ferreo regime totalitario con me al vertice?”
“D’accordo.-
li interruppe quindi Castiel, un po’ scocciato dal loro
battibeccare- Che ne
dite di Indiana Jones?”
Suo
fratello finse di rabbrividire “Devo ancora riprendermi
dall’ultimo capitolo
della saga.”
“Accidenti,
me ne ero completamente dimenticato.- ammise Dean, facendo una smorfia-
Mi ero
quasi convinto che non esistesse.”
“Come
tutti, Winchester.- lo consolò scherzosamente Gabriel,
dandogli un’amichevole
pacca sulla spalla- Che ne dite dei Pirati
dei Caraibi?”
Il
maggiore dei fratelli Winchester scosse la testa con veemenza
“Io odio con
tutto il cuore Olando Bloom. Potremmo guardare Fast
and Furious, invece: chi non ama le corse
clandestine?”
“No.”
Tagliò corto il diciassettenne dagli occhi blu, lo sguardo
triste e le labbra
piegare all’ingiù.
Il
fratello maggiore si avvicinò a Dean per spiegargli
“Castiel è molto sensibile:
non guardiamo più quei film da quando è morto
Paul Walker, lui lo adorava.”
“X-men?” propose
quindi il giovane, che
ormai stava iniziando a pensare che quella sera non sarebbero riusciti
a vedere
nemmeno un film.
“Hugh
Jackman e il suo fallito tentativo di mantenersi una buona manicure?-
commentò
annoiato Gabriel- No, grazie.”
Dopo
l’ennesima proposta bocciata la nuova idea di Castiel
arrivò come manna dal
cielo “Perché non guardiamo Ritorno
al
Futuro, invece? Non ho mai conosciuto nessuno a cui non
piaccia ritorno al
futuro.”
“Cassie,
tu e la tua anima da mediatore.- sorrise il maggiore dei Novak
arruffandogli i
capelli affettuosamente- Ma, sorprendentemente, hai avuto una buona
idea: io
sono sempre nell’umore giusto per le avventure di Marty e
Doc.”
Dean,
invece, gli sorrise “Sai una cosa, Cas? Io adoro quei film.
Facciamo partire
questa maratona.”
Anche
Castiel si aprì in sorriso radioso “Perfetto!
Allora metto il primo film.”
Quando
il giovane si sedette nuovamente di fianco a lui, il maggiore dei
fratelli
Winchester si sporse verso di lui “Balthazar non
verrà?”
“Oh,
quello spaventapasseri guarda solo noiosi film d’autore
europei.” Commentò
annoiato Gabriel, prima di addentare una barretta al cioccolato della
sua
scorta personaledi dolci.
“Non sono
noiosi.- protestò Castiel- A me piacciono.”
L’altro
sventolò con noncuranza la carta ormai vuota del dolce
“Beh, a te piace anche
stare seduto in biblioteca per quattro ore di fila senza muovere un
solo
muscolo, Cassie.”
“Ed
ora, religioso silenzio.” Aggiunse, prima di schiacciare il
tasto play sul
telecomando.
Quando
il secondo film stava ormai per finire Dean si rese finalmente conto
che si era
fatto piuttosto tardi. Non che lui non fosse abituato a tirare
l’alba assieme
ai suoi amici, di solito, però, lo faceva quando non aveva
un turno al garage
l’indomani mattina. Il ragazzo si ritrovò a fare
una smorfia, immaginandosi i
borbottii contrariati di Bobby quando lo avrebbe trovato mezzo
addormentato sul
lavoro e i suoi commenti allusivi quando gli avrebbe spiegato
perché e con chi
aveva fatto così tardi.
Una
piccola voce dentro di lui gli ricordò che, effettivamente,
avrebbe potuto
benissimo scusarsi alla fine del film che stavano vedendo e di certo i
due
Novak non se la sarebbero presa con lui se se ne andava nel bel mezzo
della
loro maratona cinematografica, non quando sapevano che aveva un turno
di lavoro
la mattina seguente.
Dean
decise immediatamente di ignorare quella voce.
Come
avrebbe potuto andarsene e perdersi le risate spensierate di Castiel
nelle
scene più divertenti del film, o le occhiate che gli
lanciava durante le sue
scene preferite, come se avesse dovuto assicurarsi che anche
l’amico le
apprezzava quanto lui?
L’apprendista
meccanico stava ancora sorridendo fra sé
e sé a quel pensiero quando Gabriel si
alzò di scatto, l’espressione del
volto allarmata, proprio nel momento in cui i titoli di coda stavano
iniziando
a scorrere sullo schermo.
“Ragazzi,
mi sono totalmente dimenticato di chiamare Kalì!-
piagnucolò il giovane,
passandosi una mano fra i capelli chiari- Le avevo promesso che lo
avrei fatto
una volta arrivato a casa.”
“Qualcuno
è nei guai.” Canticchiò in modo
petulante Castiel, rivolgendo al fratello
maggiore un ghigno divertito.
“Zitto,
Cassie.- lo ammonì Gabriel agitandogli l’indice
davanti al volto- Aspettatemi
prima di mettere l’ultimo film.”
Il
padrone di casa si alzò, afferrando il cordless e avviandosi
verso le scale che
portavano al piano di sopra e il fratello minore si alzò a
sua volta “Posso
fare vedere a Dean i miei libri? Ce ne sono un paio che vorrei
prestargli.”
Gabriel
lanciò uno sguardo sospettoso prima all’ospite e
poi alla camera di Castiel
“Ok, ma tenete la porta aperta.”
“Gabe!”
sbottò il diciassettenne, diventando paonazzo per
l’imbarazzo.
“Hey,
non è per te.- gli assicurò il maggiore dei
Novak- So che tu sei tutto preso da
quello spaventapasseri del tuo fidanzato. È di Casanova qui,
che non mi fido.”
Dean
fece roteare gli occhi: ormai stava diventando veramente seccato di
come tutti
fraintendessero il rapporto fra lui e Castiel “Io sto con
Lisa! E poi, io e Cas
siamo solo amici.”
“E così
deve rimanere.- assentì solenne Gabriel- Claro,
Winchester?”
Il
giovane sorrise soddisfatto dopo che l’apprendista meccanico
ebbe annuito
controvoglia e poi sparì su per le scale, le dita che
scorrevano a memoria per
comporre il numero della propria ragazza.
Castiel,
dal canto suo, rivolse all’amico un sorriso prima di fargli
cenno di seguirlo
“Ci vorrà più di un’ora prima
che Gabe riesca a calmare Kalì. Odia quando non
mantiene le sue promesse.”
Nel
giro di qualche passo, Dean si ritrovò per la prima volta
nella camera del
ragazzo dagli occhi blu. In un certo senso, l’ambiente era
come se lo sarebbe
immaginato, se solo avesse dedicato più di qualche secondo a
un pensiero del genere.
Nella camera di Castiel, l’ordine regnava sovrano, con il
letto a una piazza e
mezza rifatto in modo quasi militare, la scrivania minuziosamente
organizzata
con computer, penne, libri di scuola e altri soprammobili disposti in
modo
quasi simmetrico, gli abiti che avrebbe indossato il giorno seguente
già
appoggiati, perfettamente piegati, sullo schienale della sedia appena
adiacente
alle porte chiuse dell’armadio a muro. In tutto
ciò su cui Dean posava lo
sguardo c’era qualcosa che gridava Castiel
in un modo tale da togliergli quasi il respiro. Come le tende blu
notte, dal
tessuto leggero, che però non coprivano per niente la
finestra che si
affacciava sul giardino, o come la grande cassapanca di legno scuro,
sopra cui
erano organizzati decine di libri in ordine di grandezza, o come la
grande
bacheca di sughero di fianco alla testata del letto, sopra cui erano
attaccate
con puntine colorate foto di posti esotici così come frasi
di scrittori
famosi.
Il
ragazzo era ancora intento ad analizzare quella camera, ancora
fermamente
deciso a scoprirne i segreti più nascosti, che momenti
sobbalzò quando Castiel
gli parlò di nuovo.
“Ecco
qui, tieni.” Disse, porgendogli cinque libri dalla copertina
consunta.
Dean si
ritrovò a sfogliare il primo quasi con reverenza
“Libri di Vonnegut?”
“Sì.-
gli sorrise l’amico- Sam mi ha detto che tu non hai
più le tue copie…sai, dopo
l’inc-”
Il
maggiore dei fratelli Winchester lo interruppe, come se evitare di
pronunciare
quella parola potesse cancellare l’incendio e tutto quello
che di negativo
aveva portato “E allora mi vuoi regalare dei tuoi libri? Cas,
non posso
accettarli.”
Il
diciassettenne scrollò le spalle “Sono solo le mie
copie da viaggio.”
“Le tue
copie da viaggio?” ripeté scettico Dean, alzando
un sopracciglio.
Castiel
annuì sorridendo “Di alcuni libri ho diverse
copie: con copertina rigida, il
formato pocket e Charlie Bradbury mi sta aiutando a rimpolpare la mia
collezione di e-book. Inias, Samandriel e Meg me ne hanno regalato uno
per il
mio compleanno, ma io continuo a preferire il formato cartaceo, anche
se non
posso negare la comodità di quello elettronico.”
“Conosci
bene Charlie?” chiese quindi l’apprendista
meccanico, continuando a sfogliare i
libri che gli erano stati regalati per scoprire se Castiel fosse una di
quelle
persone che prendono appunti ai margini delle pagine. Non lo era.
L’altro
scrollò le spalle “E’ la mia vicina di
banco nelle lezioni di informatica.”
Dean
gli rivolse un ghigno, immaginandosi come potesse essere per il timido
e dolce
Castiel avere come compagna di corso un tornado come la rossa
“Oh, ecco allora
perché lei ti conosce
così bene.”
“Sì,
beh, Charlie ha l’abilità di estrapolare
informazioni con una certa
insistenza.- spiegò il ragazzo- Ma immagino tu lo sappia
più di me, è nel tuo
gruppo di amici, giusto?”
Il
maggiore dei fratelli Winchester annuì
“Sì. E ti dico una cosa: lei e Jo
insieme sono terrificanti.”
Dean
ritornò a girare per la stanza, guardandosi intorno con aria
incuriosita, tanto
che Castiel si ritrovò a domandargli “Che stai
facendo?”
“Cerco
i tuoi libri.- ammise quindi il giovane dagli occhi verdi- Non mi avevi
detto
di essere un aspirante scrittore che legge qualsiasi cosa gli capiti a
tiro?
Dove sono questi fantomatici libri? Sammy ne ha molti di più
di te.”
Il
minore dei due Novak sbuffò “Per prima cosa,
frequento la biblioteca.”
“Oh,
giusto.” Mormorò il ragazzo, ricordandosi solo in
quel momento che l’amico
faceva del volontariato lì un paio di giorni a settimana.
L’altro,
tuttavia, parve ignorare la sua risposta “E, in secondo
luogo, solo perché non
hai voluto scavare un po’ più a fondo non vuol
dire che non ci sia quello che
stavi cercando.”
Castiel
invitò l’amico a controllare sotto il letto, dove
decine e decine di libri
erano ordinati in file perfette, poi sollevò delle assi
cigolanti del parquet,
rivelando ulteriori tomi ed infine aprì i cassetti della
cassapanca vicino alla
finestra che, inaspettatamente, invece di contenere biancheria ordinata
cromaticamente come Dean si aspettava, nascondeva altri volumi.
“Ok, ritiro
tutto quello che ho detto fino ad- Hey!- cominciò a parlare
l’ospite,
interrompersi con occhi spalancati- Non mi avevi detto che avevi un
animale.”
Il
diciassettenne seguì la direzione del suo sguardo e si
ritrovò ad osservare la
grande gabbia addossata all’angolo della parete e nascosta
quasi completamente
dal letto “Oh, quello è Steve, il mio porcellino
d’India.”
“Steve…McQueen?”
indagò Dean con un sorriso divertito.
“Steve
Irwin.- ammise invece Castiel- Quando avevo dieci anni non facevo che
guardare
i suoi documentari.”
L’aspirante
meccanico rivolse all’amico un sorriso divertito
“Avrei dovuto aspettarmelo.”
“Sai,
questa camera è molto…te.- parlò di
nuovo dopo qualche secondo, abbracciando
con lo sguardo l’intera stanza- Mancano un bel po’
di evergreen sempre presenti
nella camera di un adolescente, però.”
Castiel
inclinò il capo in quel suo modo estremamente peculiare
“Ovvero?”
“Poster
di ragazze in bikini, per esempio.- gli spiegò
l’altro con un ghigno- Anche se,
immagino che a te non interessino.”
Il
ragazzo dagli occhi blu si strinse nelle spalle “Io sono del
tutto indifferente
all’orientamento sessuale.”
“Oh,
ok.- ribatté Dean, stupito- Comunque, mancano anche i tipici
riferimenti allo
sport. Anche Sammy, nerd com’è, ha la maglia e il
poster della sua squadra di
hockey preferita.”
“Io non
seguo nessuno sport e non ne ho mai praticati.” Gli
rivelò quindi il
diciassettenne, storcendo la bocca come se la sola idea di fare
attività fisica
potesse lasciargli un gusto amaro in bocca.
Il
maggiore dei fratelli Winchester alzò un sopracciglio,
incredulo “Davvero non
hai mai fatto sport?”
Castiel
strizzò gli occhi, concentrato e poi ricordò di
un pomeriggio di fine estate
passato con suo fratello “Una volta ho tirato una
palla.”
“Hai
tirato una palla?” ripeté il giovane dagli occhi
verdi, sbattendo le palpebre.
“Sì.-
l’altro annuì, sorridendo nel ripensare a quel
giorno- A Gabriel qualcuno ha
detto che i bambini devono fare sport e il baseball è lo
sport americano per
eccellenza. Così, un giorno, mi ha portato in giardino e
abbiamo giocato.”
Dean
sorrise, immaginandosi un piccolo Castiel con le ginocchia sbucciate,
uno
spazio vuoto fra i denti, degli occhi blu ancora più enormi
e un guantone da
baseball in mano “E come è andata?”
“Ho
scoperto quel giorno di non essere affatto portato per gli sport e di
odiarli
tutti.- gli confidò quindi il diciassettenne, stringendosi
nelle spalle- Credo
che sia una caratteristica ereditata geneticamente: anche Gabriel li
odia. Oh,
e quella palla dovrebbe essere ancora da qualche parte, sul
tetto.”
L’apprendista
meccanico scoppiò in una risata spensierata, prima di
tornare a rivolgersi
all’amico “Ok, niente sport quindi, ma non puoi non
avere dei gusti musicali.
Fammi vedere i tuoi cd, ma sappi che ti giudicherò in base
alle tue scelte.”
Castiel
annuì, prima di far scivolare verso di lui una grossa
scatola piena di cd che
aveva tirato fuori da sotto la cassapanca. Dean iniziò
immediatamente ad
analizzare i dischi, fermandosi ogni tanto per fare smorfie disgustate
oppure
strani mugugni con una parvenza di approvazione. Presto,
però, si ritrovò a
sventolare un cd, sul volto un’aria di disapprovazione
“Che cos’è questo?”
“Un
cd.”
“Un cd
degli Air Supply.- specificò il ragazzo dagli occhi verdi
facendo una smofia-
Cas, se sei messo così male da tenerti un cd del genere, mi
sento in dovere di
farti sentire al più presto della vera musica.”
“Vera
musica?- ripeté il padrone di casa- Tipo?”
Dean
scrollò le spalle “Led Zeppeling. AC/DC. Tu lascia
fare a me.”
Castiel
gli rivolse un sorriso obliquo “Non so, All
out of love mi sembra una buona canzone.”
“Io
Sammy lo uccido.” Sibilò l’altro,
maledicendo il fatto che Sam e Cas fossero
buoni amici e che il suo fratellino avesse spifferato particolari
imbarazzanti
della sua vita.
Il
diciassettenne scoppiò a ridere in modo tanto spensierato
che Dean non poté
fare altro che imitarlo dopo aver finto per qualche istante di essere
arrabbiato. E proprio mentre rovesciava la testa all’indietro
in una risata
liberatoria, notò nell’angolo della stanza, poco
lontano dalla grossa gabbia di
Steve, una cosa a cui non aveva fatto caso fino a quel momento.
“Suoni?”
domandò il ragazzo, avvicinandosi alla chitarra supportata
precariamente dalla
parete e portandosela al petto per analizzarla. Era scordata, un
po’
impolverata e tappezzata di adesivi di varia natura.
“Oh,
no.- ammise Castiel scuotendo piano la testa- Ho preso qualche lezione,
ma in
realtà non ho imparato molto.”
Dean si
ritrovò quasi inconsciamente ad accordarla, le dita esperte
che scorrevano sulle
corde “Peccato.”
Il
giovane dagli occhi blu sbatté le palpebre stupito mentre lo
osservava “Oh. Tu
sai suonare?”
“Strimpellare,
sarebbe la definizione corretta.” Ribatté
l’apprendista meccanico, le guance
leggermente imporporate come sempre accadeva quando qualcuno veniva a
conoscenza di una delle sue doti nascoste.
Castiel
gli rivolse un sorriso ampio e picchiettò lo spazio del
letto di fianco a cui
era seduto “Vuoi strimpellarmi qualcosa, allora?”
Dean
non riuscì a non sorridergli di rimando, mentre si sedeva
vicino a lui “Potrei.
Hai qualche richiesta?”
“All out of love.”
Rispose serio l’altro,
per poi scoppiare a ridere non appena sul volto dell’amico si
dipinse
un’espressione oltraggiata.
“Cas!”
“Ok,
scusa.- il diciassettenne alzò le mani in segno di resa-
Scherzavo.”
“Traditore.-
sbuffò Dean, scuotendo il capo- Allora, questa
richiesta?”
Castiel
arricciò un po’ il naso mentre pensava e, alla
fine, trovò una canzone che
avrebbe adorato sentire suonata, e magari anche canticchiata, da Dean
“Hey Jude.”
Invece
della reazione che si aspettava, però, il ragazzo si
ritrovò ad osservare il
volto del maggiore dei fratelli Winchester rabbuiarsi, i suoi grandi
occhi
verdi indurirsi e la bocca stringersi in una linea sottile
“No!”
Quasi
inconsciamente, il ragazzo si allontanò da lui, scostandosi
verso il bordo del
letto, e abbassò lo sguardo sulle proprie mani
“Ok, scusa.” Mormorò contrito,
anche se non sapeva esattamente cosa aveva fatto di male per ottenere
una
reazione del genere.
Non
appena sentì quella voce flebile, Dean si riscosse,
voltandosi verso l’amico
per vederlo col capo chino, intento a mordersi nervosamente il labbro
inferiore
“No, Cas, scusami io…- il giovane si
allungò verso di lui fino a quasi
accarezzargli il braccio in un gesto consolatorio, per poi ritrarsi di
nuovo e
passarsi una mano nei capelli, esasperato da se stesso- Non avrei
dovuto
parlarti così solo che quella-quella era la canzone
preferita di mia madre. La
cantava sempre.”
Castiel
alzò il voltò immediatamente, girandosi di nuovo
verso l’amico “Oh. Scusami,
non lo sapevo.”
L’altro
gli rivolse un mezzo sorriso “Non fa niente.”
Se
c’era una cosa che Dean Winchester non era in grado di fare
era capovolgere la
situazione quando accadeva una cosa del genere. Sam lo avrebbe definito
emotivamente
costipato, ma Dean era del tutto convinto che la propria
inabilità ad uscire da
determinati episodi caratterizzati da un exploit di sentimenti era
causata
dalla propria cocciutaggine che gli impediva di ammettere apertamente
di avere
sbagliato a causa dell’eccessivo trasporto con cui certe
emozioni lo
spingevano, a volte, a ferire gli altri. Ciò che rendeva la
situazione anche
peggiore, quella volta, era che si era verificata con Castiel, che
sembrava
sempre così intento a preoccuparsi degli altri, che non
riusciva a rendersi
conto che il suo cattivo umore non poteva di certo essere colpa sua.
Così,
Dean, da sempre non molto propenso a lasciarsi andare a discorsi troppo
personali, decide di fare ciò che sapeva fare meglio. Agire.
Fu così che si
ritrovò a chiudere gli occhi, passare le dita sulle corde
della chitarra e
suonare Blowing in the wind di Bob
Dylan, le note accompagnate dalla sua voce sommessa.
La
musica si era già dissolta da qualche minuto quando Castiel
parlò di nuovo “Sei
molto bravo.”
Dean
gli rivolse un sorriso tenue, di quelli che rivolgeva a poche persone e
totalmente diverso dal suo solito ghigno da sbruffone
“Grazie. A Lawrence suonavo spesso. Avevo una
chitarra che mi regalò papà per il mio
tredicesimo compleanno. È bruciata. Insieme
a tutto il resto.”
Il
ragazzo sapeva che dopo aver detto qualcosa del genere la reazione che
avrebbe
ricevuto sarebbe stata la solita compassione, che lui odiava con tutto
se
stesso. Invece Castiel sorrise semplicemente “Dovresti
tenerla.”
L’apprendista
meccanico spalancò gli occhi, sorpreso “Cosa? No,
Cas, è la tua chitarra!”
“Io non
la uso mai, e tu invece sei così bravo.”
Spiegò quindi il ragazzo dagli occhi
blu, sul volto un sorriso timido.
Dean lo
guardò, scettico “E se decidessi che vuoi provare
di nuovo ad imparare?”
“Vorrà
dire che me la presterai.” Tagliò corto Castiel.
Il
maggiore dei fratelli Winchester accarezzò quasi con
reverenza lo strumento
musicale “Sei davvero sicuro?”
“Al
cento per cento.”
“Grazie,
Cas.”
“Di
nulla.- sorrise Castiel- Mi piace vederti felice.”
“Wow,
Cas.- Dean sbuffò una risata- Non puoi uscirtene con una
frase così!”
“Perché
no?” domandò il ragazzo, tutto innocenza con la
sua testa leggermente inclinata
da un lato.
Dean si
ritrovò ad osservarlo e a domandarsi che cosa quel giovane
dolce, serio e
dannatamente perfetto potesse vedere in lui. Sentiva il cuore battergli
all’impazzata nel petto e si ritrovò a domandarsi
perché mai prima di allora
gli fosse capitata una cosa simile, perché non gli capitasse
mai quando Lisa lo
guardava. Prese un respiro profondo e si avvicinò ancora di
più a Castiel, che
lo osservava, gli occhi così enormi e blu da fargli mancare
il fiato.
Dean
non pensò a Lisa in quel momento, né a Balthazar.
Lui e Castiel erano lì,
separati solo da un respiro, e l’idea che gli sarebbe bastato
sporgersi solo un
po’ per scoprire il sapore di quelle labbra rosa gli faceva
girare la testa.
Anche Castiel lo voleva, ne era certo. C’era poco che quegli
occhi del colore
dell’oceano riuscivano a nascondere.
“Ragazzi!”
la voce di Gabriel riecheggiò in
tutto il piano inferiore della casa e i due ragazzi si ritrovarono a
sobbalzare.
Quando
il maggiore dei Novak si affacciò in camera di Castiel, Dean
era ormai in
piedi, a qualche passo di distanza dal diciassettenne ma con ancora in
mano la
chitarra che gli era stata regalata. Tuttavia, Gabriel
sembrò non trovare
niente di strano nel loro atteggiamento e nemmeno nei loro volti ancora
stravolti da quanto sarebbe potuto accadere se lui non li avesse
interrotti.
“Kalì
ha detto che continuerà domani a lamentarsi della mia
immaturità, possiamo
vedere il terzo Ritorno al futuro,
adesso!” trillò il padrone di casa, rivolgendo ad
entrambi un sorriso luminoso
prima di correre di nuovo in salotto, pronto a continuare la sua amata
maratona
cinematografica.
I due
ragazzi si fissarono imbarazzati per qualche secondo, ma prima che Dean
potesse
dire qualcosa Castiel si era già alzato per seguire il
fratello e, subito dopo,
rassegnato, anche lui si ritrovò a fare altrettanto.
Balthazar
stava temporeggiando.
Ovviamente,
non lo avrebbe mai ammesso con nessuno. Non che ci fosse qualcuno per
giudicarlo, comunque. Gabriel, quella sera, non era in casa. Castiel
glielo
aveva comunicato quella mattina, quando insieme erano andati, come al
solito, a
prendersi un caffè prima di dover andare a scuola. Balthazar
aveva accompagnato
come sempre il proprio ragazzo all’uscio
dell’edificio e poi, come al solito,
aveva dovuto sfidare il limite di velocità per potere
arrivare in tempo alla
propria scuola privata, a qualche chilometro da Heaven.
In ogni
caso, si ritrovò a riflettere il giovane, era un bene che
Gabriel non fosse in
casa. Erano giorni che Balthazar si stava preparando a quel momento ed
era
certo che non sarebbe stato in grado a concludere niente, non con
l’irriverente
presenza del fratello maggiore di Castiel pronto ad interromperlo in
qualsiasi
momento e, senza dubbio, con il solito chiaro obiettivo di stuzzicarlo
sugli
argomenti più disparati sotto le occhiate rassegnate del
fratello minore.
Balthazar
prese un grosso respiro, suonò il campanello e si
piantò sul volto il suo
solito sorriso al limite dell’arroganza, e, ben presto si
ritrovò le braccia
piene di Castiel.
“Balth!
Sei in ritardo.” Lo rimproverò bonariamente il
giovane, prima di allungarsi
verso di lui e piazzargli un dolce bacio sulle labbra.
Il
giovane rispose a quel bacio delicato prima di parlare “Lo
so. Avevo paura che
Gabriel potesse essere ancora qui.”
“Kalì
lo ha costretto a portarla a un ristorante francese e poi a teatro.-
spiegò
quindi Castiel, rivolgendogli un lieve sorriso- Te l’avevo
detto stamattina,
non ricordi?”
“Beh,
tuo fratello è notoriamente un ritardatario.” Si
giustificò quindi Balthazar,
senza sciogliere il caldo abbraccio in cui i due ragazzi erano avvolti.
Il
diciassettenne annuì piano “Anche questo
è vero. Entriamo? Potremmo ordinare
una pizza…”
“Perché
non restiamo qui fuori?- lo interruppe l’altro, additando il
divanetto di
vimini sulla veranda- È una bella serata.”
“Ok.-
acconsentì Castiel, sedendosi vicino a lui e lasciando che
il suo ragazzo gli
avvolgesse la coperta di lana precedentemente appoggiata attorno allo
schienale
di vimini intorno alle spalle-
Mi
sembri strano, questa sera. Va tutto bene?”
Balthazar
sospirò pesantemente: era difficile che qualcosa potesse
sfuggire a lungo alla
quieta attenzione del giovane “In realtà, Cassie,
volevo parlarti.”
Castiel
annuì piano, ad un tratto preoccupato, e si voltò
per guardare in faccia il
proprio ragazzo “Ok. Di cosa?”
“Di
noi.” Spiegò quindi l’altro con un nuovo
sospiro rassegnato.
“Di
noi?- il diciassettenne aggrottò la fronte- Questo non
è il genere di discorso
che ti piace fare, Balth. Cosa c’è
sotto?”
Balthazar
era voltato verso di lui, ma sembrava fortemente deciso a non guardarlo
negli
occhi mentre gli parlava “C’è che io e
te stiamo andando in direzioni diverse.”
“Cosa?”
la voce di Castiel uscì debole come un soffio e le sue
palpebre sbatterono per
lo stupore.
“Ultimamente
le cose fra noi non vanno bene, non negarlo.”
Continuò quindi a parlare il
giovane, stringendosi nelle spalle ben coperte dal cappotto pesante.
Il
ragazzo dagli occhi blu scosse la testa, impedendo alla propria voce di
tremare
mentre ribatteva con convinzione “No, Balth…
E’ solo un periodo un po’ pieno,
tutto qui. Lo sai che devo aiutare Gabe alla pasticceria, ma
andrà sempre
meglio, vedrai. Non devo più nemmeno fare da tutor a Sam,
ora, se la cava più
che bene da solo e col suo gruppo di studio e…”
Balthazar
gli posò una mano sul ginocchio per interromperlo
“Non è solo questo. Che mi
dici di Dean?”
“Dean?-
ripeté il minore dei Novak sgranando gli occhi- Che
c’entra Dean?”
“Ti
hanno visto tutti, Cassie.- incalzò l’altro, sul
volto stampata la solita
espressione infastidita quando parlava dell’apprendista
meccanico- Hai passato
la notte da lui la scorsa settimana, ammettilo.”
Castiel
protestò immediatamente “Sul suo divano!”
“E il
giorno dopo ha dovuto proprio riaccompagnarti a casa, vero?”
domandò di nuovo
Balthazar, inarcando un sopracciglio.
Le
spalle del diciassettenne si incurvarono nel sentire quel tono
d’accusa, le
braccia immediatamente avvolte attorno alla propria vita in un gesto
quasi di
autodifesa da quelle accuse “Balthazar, ora sei ingiusto. Io
e Dean siamo amici
e tu lo sai, ha voluto fare una cosa gentile per me.”
“Sai
una cosa?- continuò quindi il giovane di origini inglesi,
improvvisamente
incapace di guardare ancora il volto triste e devastato del proprio
ragazzo-
Credo che dovremmo frequentare gente diversa, prenderci una bella pausa
e
riflettere se questo è davvero il tipo di relazione che
vogliamo.”
“Non lo
pensi davvero.”
La voce
di Castiel era rotta e i suoi occhi annacquati e Balthazar non
poté continuare
oltre. Odiava quello che stava succedendo in quel momento: lui adorava
Castiel,
con tutto il cuore, e non poteva di certo continuare a convincerlo che
lasciarsi in quel modo fosse la cosa migliore. Non quando lui stesso
pensava al
contrario.
“No, in
realtà no.- ammise quindi con un sorriso triste- Sto per
partire.”
“Partire?”
ripeté Castiel con un filo di voce.
Balthazar
annuì piano, lo sguardo basso e un atteggiamento docile
così poco
caratteristico “Ti ricordi di quando ti ho parlato dei miei
parenti? Quelli che
abitano in Inghilterra?”
Il
ragazzo dagli occhi blu annuì, attento e preoccupato
“Sì, ma cosa c’entra con
noi?”
“Mio
nonno è morto.- spiegò quindi l’altro
senza giri di parole- Non lo conoscevo,
ma il mio vecchio è rimasto sconvolto. Ci ha lasciato dei
soldi. Parecchi
soldi, e la sua casa, una specie di reggia poco lontano da Londra. I
miei hanno
passato un paio di sere a litigare e alla fine hanno deciso. Hanno
già venduto
la nostra casa qui e fra due settimane partiremo per
l’Inghilterra. Non tornerò
più, Cassie.”
Castiel
scosse la testa, improvvisamente incapace di formulare una frase di
senso compiuto
“Cosa? Io non
capisco…Perché-Perché non mi hai
raccontato niente di tutto
questo?”
“Dovevo
assimilare la cosa, credo.- Balthazar gli rivolse un sorriso mesto-
Capisci,
ora? Credo che il nostro tempo sia finito, Cassie.”
Il
diciassettenne si sporse verso di lui, travolgendolo in un abbraccio
disperato
“Balth… Non puoi lasciarmi, Balth, io ti
amo.”
“E’
meglio così per tutti e due, credimi.” Anche la
voce del giovane inglese
tremava, mentre passava le lunghe dita tra i capelli scuri del dolce
carico che
stringeva tra le braccia.
“Allora
è così?- Castiel quasi ringhiò,
incredulo per come il proprio ragazzo fosse
disposto ad abbandonarlo senza pensarci due volte- Se davvero non conto
nulla
per te perché non mi hai lasciato prima?”
Balthazar
lo strinse ancora di più, come se non volesse farselo
scivolare della dita “Tu
sai che tu per me sei importante. Mi dispiace, Cassie, davvero, ma non
credo
possiamo fare altrimenti.”
Il
minore dei Novak tirò su col naso, ma si impedì
con tutto se stesso di piangere
“Possiamo…Possiamo sentirci via Skype. Mandarci
messaggi, e-mail…Con tutta
questa tecnologia credi davvero che non potremmo portare avanti una
relazione a
distanza?”
“Credi
davvero che funzionerebbe?- ribatté l’altro senza
convinzione- Io non credo di
farcela a vederti solo tramite uno schermo sapendo che tu non potresti
mai
venire a trovarmi e che io continuerei ad essere intrappolato alla
stupida
scuola per ricconi a cui i miei mi hanno già
iscritto.”
“Ma non
è…Non è giusto!”
sbottò Castiel, le braccia una morsa ferrea intorno al
torace
del giovane.
Balthazar
lo attirò ancora di più a sé e gli
baciò i capelli con dolcezza “Lo so, Cassie,
lo so.”
Rimasero
così per un po’, seduti sullo sghembo divanetto
sulla veranda dei Novak, lo
sguardo dei due ragazzi fisso davanti a loro, ma le loro menti
indaffarate fra
mille pensieri.
“Quando
parti?” domandò infine Castiel, il volto affondato
nel petto di quello che
sarebbe diventato presto, appena si fossero separati, il suo ex-ragazzo.
Balthazar
gli posò un altro bacio fra i capelli “Tra due
settimane.”
“Mi
mancherai.” Sussurrò il ragazzo, senza staccare
gli occhi dalla staccionata a
qualche metro di fronte a loro.
L’altro
sospirò “Mi mancherai anche tu, Cassie.”
Gabriel
osservava il fratello minore con sguardo preoccupato. Quella mattina
gli aveva
raccontato con entusiasmo del ristorante francese dove lui e
Kalì avevano
mangiato la sera precedente e di come lo spettacolo teatrale non fosse
poi così
soporifero come se l’era prospettato. Castiel, da sempre
tranquillo e spesso
taciturno, non aveva parlato molto però, limitandosi ad
annuire nei momenti
opportuni e fare un mugugno di tanto in tanto per fare capire che stava
seguendo il discorso. Gabriel aveva capito immediatamente che doveva
esserci
qualcosa che non andava. Dopotutto, aveva cresciuto lui stesso il
ragazzo e se
ne era occupato, con l’affetto più di un padre che
di un fratello, da quando
aveva capito che non ci sarebbe stato nessun altro a farlo.
Così, perfettamente
conscio che affrontare di petto una conversazione a cuore aperto in
quel
momento poteva risultare controproducente, decise di portare il ragazzo
da
Mary’s, conscio del fatto che c’erano poche cose al
mondo che riuscivano a
metterlo di buon umore come i deliziosi e soffici pancakes al
cioccolato di John
Winchester.
Tuttavia,
invece di divorare la propria colazione con entusiasmo, Castiel si
stava
limitando a punzecchiarli svogliatamente con la propria forchetta.
“Che
c’è, non ti vanno più i
pancakes?” domandò infine Gabriel, ormai troppo
esasperato da quel comportamento per poter aspettare oltre.
Due
enormi occhi blu si puntarono immediatamente su di lui “No, i
pancakes vanno
bene.- il giovane esitò, prima di continuare a parlare di
nuovo- Volevo
comunicarti una cosa.”
Gabriel
si raddrizzò sulla sedia, attento “Uh-oh, quando
usi quel tono è sempre
preoccupante.”
Il
minore dei due fratelli prese un grosso respiro prima di parlare di
nuovo “Io e
Balthazar non stiamo più insieme.”
“Cosa?”
il giovane si ritrovò a sbattere le palpebre un paio di
volte, certo di avere
capito male.
“Ci
siamo lasciati.” Ripeté invece Castiel,
confermando quanto aveva detto
precedentemente.
Gabriel
strinse gli occhi, studiando attentamente il volto del fratello
“Lo hai
lasciato tu? Perché posso capirlo,
davvero…”
“Uhm,
lui ha lasciato me.- spiegò quindi con voce flebile il
diciassettenne- Lui…Lui
si trasferirà in Inghilterra e pensa che sarebbe meglio per
tutti e due non
provare a portare avanti una storia a distanza.”
Il
maggiore dei Novak si mosse sulla sedia, l’irritazione in
grado di renderlo
ancora più iperattivo del solito “Quel
brutto…”
“Gabriel.”
Sussurrò Castiel, che un po’ si era immaginato una
reazione del genere da parte
del fratello maggiore.
Dal
canto suo, Gabriel, lo ignorò completamente “Io lo
ammazzo, quello spaventapasseri…”
“Gabriel!”
lo chiamò di nuovo il ragazzo dagli occhi blu, la voce
più alta per attirare la
sua attenzione.
Il
giovane puntò gli occhi nocciola sul proprio fratello
minore, la rabbia ancora
evidente nello sguardo “Che
c’è?”
Castiel
iniziò a torturare il proprio tovagliolo di carta con le
dita “Io…Io rispetto
la sua decisione.”
“Potresti
anche rispettare la mia di andare da lui e spaccargli il naso,
allora.” Suggerì
quindi il maggiore dei Novak, incrociando le braccia al petto.
“Gabe,
no.” Ribadì il diciassettenne, gli occhi
imploranti.
Gabriel
studiò la sua espressione per qualche secondo, prima di far
roteare gli occhi
platealmente e capitolare “Ok. Sappi però che non
lo faccio solo perché me lo
hai chiesto tu. Oh, e dovresti convincere anche Kalì a non
avvelenare quel
damerino da strapazzi, se proprio sei convinto di questa
decisione.”
Castiel
gli rivolse un sorriso tenue “Grazie, Gabe.”
“Sì,
sì, certo.- il maggiore dei due fratelli fece sventolare una
mano con non
curanza- Ora che ne abbiamo parlato, perché non vai a farti
scaldare quei
pancakes e ti fai una colazione come si deve?”
Il
ragazzo dagli occhi blu annuì, prima di alzarsi e recarsi
col proprio piatto
ben stretto fra le mani al bancone.
Dean lo
raggiunse immediatamente, subito dopo aver servito
un’abbondante tazza di caffè
fumante a Pamela Barnes, seduta qualche sgabello più in
là.
“Hey,
Cas.- lo salutò gioviale, un sorriso ad illuminargli il bel
volto- Cosa ti
serve?”
Castiel
gli sorrise timidamente di rimando “Uhm, potresti scaldarmi
questi pancakes? Mi
sono distratto parlando con Gabe e si sono raffreddati.”
Dean
guardò scettico prima il piatto che gli era stato porto e
poi l’amico “Hai
fatto raffreddare i pancackes? Di solito mio padre fa appena in tempo a
servirteli prima che tu te li divori in pochi secondi. Sei sicuro di
stare
bene?”
Il
ragazzo si ritrovò ad arrossire sotto lo sguardo
dell’apprendista meccanico
“Uh, io e Balth ci siamo lasciati.”
Inaspettatamente,
però, la notizia non parve sorprendere troppo il maggiore
dei fratelli
Winchester “Oh. Quindi è vero quello che si dice
in giro.”
Castiel
si ritrovò a spalancare gli occhi, il battito
improvvisamente accelerato “Lo
sanno già tutti?”
“Quasi.-
ammise Dean, prima di voltarsi e infilare il piatto nel piccolo forno
elettrico
dall’altra parte del bancone- Credo che Chuck Shurley non ne
sia ancora a
conoscenza, ma solo perché oggi non è ancora
uscito di casa.”
“Lo
sanno già tutti.” Esalò di nuovo il
diciassettenne, il respiro affannato.
L’altro
giovane si accorse in quel momento del piccolo attacco di panico che
stava
assalendo l’amico e si precipitò al suo fianco,
posandogli le mani sulle spalle
e invitandolo a sedersi su uno degli alti sgabelli poco distanti
“Hey, va tutto
bene, Cas. Questa è una città di impiccioni, ma
non sono affari loro. Non
pensarci.”
“Lo
sanno già tutti.- ripeté di nuovo Castiel, in un
soffio- Io e Balth ci siamo
lasciati ieri sera e ora lo sanno già tutti.”
“Cas,
guardami.- lo esortò Dean facendo un po’ di
pressione sulle sue spalle fino a
che l’amico si decise a guardarlo negli occhi- Tu sai che
prima o poi sarebbe
successo, giusto? Ok, è accaduto un po’ prima di
quanto ti saresti immaginato,
ma tu sei perfettamente in grado di affrontare questa situazione. Te lo
dico
io, che sono il nuovo arrivato in città: essere il
protagonista dei
pettegolezzi cittadini non è una cosa così
disastrosa come può sembrare.”
Il
diciassettenne lo fissò con la fronte aggrottata, per poi
annuire piano “Hai
ragione.”
“Certo
che ce l’ho!- ribatté con entusiasmo il ragazzo
dagli occhi verdi, sul volto un
sorriso radioso- Ed ora vedi di mangiare quei pancakes, se no mio padre
inizierà a pensare che sta perdendo il suo tocco magico.
Voglio dire, già è un
problema la sua crisi di mezza età.”
“Ti ho
sentito, sai?” disse John, guardando il figlio con
un’aria troppo divertita
perché fosse davvero arrabbiato.
Sul
volto di Dean si dipinse immediatamente un’espressione quasi
contrita, come
quella di un bambino scoperto a rubare dall’armadietto dei
dolciumi ma che è
perfettamente consapevole che non avrebbe ricevuto alcuna punizione.
Tuttavia,
il viso del ragazzo cambiò in fretta non appena il suo
sguardo individuò una
figura familiare in procinto di entrare nel locale.
In un
attimo, raggiunse l’entrata, la rabbia chiara tanto nel suo
tono di voce come
nei suoi occhi fiammeggianti “Hey, tu! Che cosa credi di
fare?”
Balthazar,
dal canto suo, sembrava del tutto serafico “Mi sembra ovvio,
Winchester, entro
a prendere un caffè.”
“Non
puoi.” sibilò Dean, bloccando col proprio corpo
l’entrata del locale.
Il
giovane di origine britanniche sbuffò una risata
“Cosa?”
Il
maggiore dei Winchester non si lasciò condizionare dal suo
atteggiamento
strafottente “Ho detto che non puoi, vai a prenderlo da
un’altra parte.”
“Stai
scherzando, vero?” l’espressione di Balthazar
cambiò subito, non appena si rese
conto che il giovane che aveva di fronte era perfettamente serio.
Dean
incrociò le braccia al petto “Sto forse
ridendo?”
“Senti,
voglio solo prendermi un caffè, niente di
trascendentale.” Spiegò quindi l’altro,
passandosi stancamente una mano sul volto.
“Tu non
entri lì dentro.” Ribadì nuovamente
l’apprendista meccanico.
Balthazar
aprì la bocca per ribattere, ma in quel momento il suo
sguardo si posò su
qualcuno alle spalle di Dean “Oh. Ora capisco. Stai giocando
al cavaliere senza
macchia e senza paura per il dolce Cassie?”
“Vattene
via, Balthazar.”
Castiel,
fino a quel momento paralizzato dallo stupore per ciò che si
stava svolgendo di
fronte ai suoi occhi, fece uno scatto in avanti, frapponendosi fra i
due e
posando una mano sul braccio dell’amico in un vano tentativo
di calmarlo “Dean,
davvero, non c’è bisogno che tu faccia questo.
Balthazar può…”
“No,
Cas.- lo interruppe Dean- Balthazar è uno stronzo e noi qui
dentro non serviamo
gente del genere.”
“Gioca
pure al salvatore quanto vuoi.- disse l’ex-ragazzo di Castiel
squadrandolo- Non
diventerai magicamente degno di Cassie, questo lo sai, vero?”
Fu a
quel punto che la rabbia sopraffò Dean completamente.
Scostò Castiel in un
secondo e in quello successivo il suo pugno aveva già
colpito con forza la
mascella di Balthazar.
“O mio
Dio!- esclamò il diciassettenne, esterrefatto e un
po’ spaventato, mentre si
avvicinava al proprio ex per sorreggerlo dopo quel duro colpo- Signor
Winchester!”
John
uscì di corsa dal locale, immediatamente seguito da Gabriel
e qualche altro
avventore “Dean? Dean!”
“Dean,
che diavolo ti prende?” domandò quindi
l’uomo, afferrando il figlio per le
spalle e allontanandolo dal suo avversario.
Di
fronte a loro, Balthazar cercava di liberarsi dalla presa che aveva su
di lui
Castiel “Lasciami!”
“Sì,
Cas, lascialo andare, così forse riesco a rompergli il
naso!” ringhiò Dean,
mentre tentava di scrollarsi di dosso il proprio padre.
“Va
bene, Cassie.- capitolò infine Balthazar- Me ne vado. Ma la
prossima volta
dovresti mettergli un guinzaglio prima di portarlo in giro.”
Il
giovane non attese risposta e se ne andò con passo svelto e,
velocemente come
era iniziato, tutto finì. John Winchester lasciò
andare il proprio figlio,
ricordandogli che avrebbero parlato di quanto era successo quella sera
e
intimandogli di tranquillizzarsi un po’ prima di ritornare al
lavoro, e tutti
gli avventori del Mary’s, Gabriel compreso, decisero di
ritornare all’interno
del locale e riconcentrarsi sulle proprie colazioni. Ben presto, sul
marciapiede di fronte alla tavola calda rimasero solo Castiel e Dean,
il primo con gli occhi bassi e le labbra strette in una linea dura, il
secondo con le
mani che scorrevano fra i corti capelli nel tentativo di calmarsi.
“Cas,
che hai?” si ritrovò infine a domandare
l’apprendista meccanico, non appena fu
certo di avere stemperato la tensione che si era impossessata di lui
fino a
quel momento.
L’altro
emise un sospiro “Sono deluso, Dean.”
Dean
annuì comprensivo “Senti, non pensavo che
Balthazar si potesse comportare così,
però…”
“Sto
parlando di te e di quello che hai fatto.- lo interruppe Castiel, una
certa
rabbia nella voce- Pensavo fossi diverso.”
Il
maggiore dei Winchester spalancò gli occhi, incredulo
“Cosa? Io l’ho fatto per
difendere te!”
“Ma io
non ho bisogno di essere difeso!- sbottò il diciassettenne-
Tutti in questa
città pensano che io sia un angelo caduto dal cielo, dolce,
innocente e
totalmente indifeso. Ma non è vero! Io sono una persona e
sono in grado di
affrontare le cose in quanto tale. Avevo fatto una scelta, Dean, e tu
l’hai
completamente ignorata. Credevo che tu fossi dalla mia
parte…”
“E lo
sono, Cas, non lo capisci?” ribatté immediatamente
l’apprendista meccanico.
“Ti sei
comportato esattamente come tutti loro.- ribadì Castiel- Hai
pensato che io non
fossi in grado di affrontare una cosa e allora l’hai fatto tu
per me. Ma non è
vero, Dean, e lo sai anche tu.”
“Sai
una cosa?- proruppe Dean agitando le mani- Io volevo aiutarti e basta.
Vuoi
essere autonomo e non dipendere più da chi ti sta intorno?
Perfetto, visto che
i miei sforzi non sono apprezzati mi tolgo dai piedi. Cavatela da solo,
d’ora
in poi!”
Castiel
lo osservò voltarsi di scatto e rientrare con passo svelto
alla tavola calda,
per poi sparire in fretta su per le scale che portavano
all’appartamento dei
Winchester. E una volta rimasto lì, sul ciglio della strada,
con le braccia
strette attorno alla propria vita e la consapevolezza che forse quella
volta
lui e Dean non sarebbero riusciti a risolvere i loro problemi, si
sentì solo
come mai prima in vita sua.
*****
Lo
so, lo so. Sono una pessima
persona. Sono lenta come una fila alle poste nel giorno della consegna
delle
pensioni. Ma io sono consapevole di avere un problema e sto cercando di
migliorare, lo giuro. Se ci fossero dei gruppi di supporto per
procrastinatori
mi ci iscriverei all’istante, davvero. Purtroppo per voi,
questa mia nuova
consapevolezza spirituale sulla mia natura non vi ha fatto avere un
nuovo
capitolo in tempi più brevi del solito, ma quantomeno sono
riuscita a sfornarvi
qualcosa di una lunghezza accettabile per farmi perdonare
l’attesa. Credo.
Spero.
Comunque, a parte il mio immenso
ritardo (più che altro causato da un totale ammutinamento da
parte del mio pc,
fermamente intenzionato a non fare funzionare NESSUNO dei miei
programmi di
scrittura, non vi dico il mio panico) vorrei subito scusarmi per le
note
dolceamare di questo capitolo. Probabilmente mi odierete, ma credo che
ciò che
succede in questa fase della storia sia importante per
l’evoluzione del
rapporto fra Dean e Castiel. Oltretutto, ho deciso di riscrivere in
toto la
parte in cui Balthazar lascia il dolce Cassie perché, visto
il mio immenso
amore per il buon Balth, non sono proprio riuscita a descriverlo come
totalmente insensibile e capace di lasciare il proprio ragazzo per un
mero
capriccio. Spero che la mia scelta possa soddisfarvi, dal canto mio non
riesco
proprio a non immaginare Balthazar e Castiel come una di quelle
mitologiche
coppie in grado di mantenere l’amicizia alla fine di un
amore. E per quanto
riguarda il quasi-bacio…Quanto volete uccidermi da uno a
dieci? Per il resto,
io ce lo vedo molto un Dean impulsivo deciso a difendere a spada tratta
e anche
un po’ inopportunamente i propri amici. Soprattutto se quegli
amici sono un
qualcosa di più…
Ok, ora la finisco di ciarlare.
Di nuovo, grazie a chiunque legge questa mia storiella, a chi
recensisce, a chi
l’ha messa nelle preferite/seguite/da ricordare. Ne
approfitto per scusarmi
anche con chi recensisce, ho tempi geologici anche per rispondere alle
recensioni. Pessima, ve l’ho detto. Sono pessima.
Per voi che avete avuto la
pazienza di arrivare fin qui, un bacio e alla prossima
JoJo
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Amici come prima...o quasi ***
9. Amici come prima…o quasi
Castiel
odiava i conflitti.
Uno dei
motivi per cui la maggior parte degli abitanti di Heaven sosteneva che
il
giovane avesse una natura angelica era proprio dovuto al fatto che il
minore
dei due Novak, oltre ad avere un carattere docile e tranquillo,
detestava con
tutto il cuore litigare, anche quando si trovava dal lato della
ragione. Fin
dagli anni dell’asilo, il piccolo Castiel preferiva cedere un
gioco con cui
stava giocando piuttosto che dover litigare con un altro bambino per
ottenere
il diritto di tenerselo e, da quel momento, le cose non erano poi
cambiate
molto.
Un
altro motivo per cui Castiel odiava i conflitti , oltre che per via
della
propria indole, era anche legato al fatto che ad Heaven era impossibile
litigare con qualcuno e poi riuscire a non vederlo più fino
a quando fosse
arrivato il momento della pacificazione. Heaven era una
città troppo piccola
per concedere un lusso del genere e, infatti, da quando il ragazzo
aveva
litigato con Dean Winchester, ovviamente, non faceva altro che
avvistarlo
ovunque: in strada, al supermercato, una volta perfino a scuola, quando
il
giovane dagli occhi verdi era passato con la sua amata Impala a
prendere suo
fratello Sam alla fine delle lezioni. Castiel vedeva Dean ridere e
scherzare
con i suoi amici nei tavoli esterni della Roadhouse, lo sentiva
battibeccare
bonariamente con Sam a qualche scaffale di distanza dal suo quando
andava a
fare la spesa nel mini-market del signor Adler e, soprattutto, lo
avvistava
amoreggiare con Lisa Braeden in ogni angolo della città.
Era
quest’ultima, forse, la cosa che più indisponeva
Castiel.
Era
invidioso.
Balthazar
era partito ormai da tre settimane e la mancanza di un abbraccio caldo
e
amorevole in cui rifugiarsi quando ne aveva bisogno, e
nell’ultimo periodo ciò
sembrava essere un’eventualità piuttosto
probabile, si faceva sentire dal
diciassettenne sempre di più.
Oltre a
quella di odiare i conflitti, un’altra caratteristica del
giovane Novak era la
cocciutaggine. Certo, si era confidato sia con suo fratello che con i
suoi
amici riguardo a quanto la separazione con Balthazar prima e la lite
con Dean
poi lo avessero turbato, ma Castiel non era certo il tipo da
crogiolarsi
nell’autocommiserazione: aveva rifiutato immediatamente la
proposta di Gabriel
di “abbrutirsi”, una bizzarra tecnica di
rigenerazione emotiva che prevedeva di
passare una giornata intera in pigiama, nell’ozio
più totale, mangiando cibo
spazzatura e guardando film strappalacrime nel tentativo di cercare
conforto
rispetto la propria condizione.
Ciò che
aveva fatto, invece, era stato il raddoppiare i propri turni di
volontariato in
biblioteca, accettare di fare da tutor ad altri due studenti e
convincere il
maggiore dei Novak a lasciare a lui il compito di aprire la pasticceria
alla
mattina, prima di andare a scuola, sempre senza trascurare il proprio
compito
di catechista e direttore del coro dei bambini. E poi, ovviamente,
aveva
continuato ad occuparsi della propria attività scolastica e
della lista di
letture sempre crescente.
Nelle
tre settimane trascorse sia dalla lite che dalla separazione con il
proprio
ragazzo Castiel si era abituato ad alzarsi all’alba e a
tornare a casa per
cena, giusto in tempo per buttare giù qualche boccone e
dedicarsi poi ai propri
compiti e alle letture serali. Gabriel non poté che
preoccuparsi per il ritmo
frenetico che aveva preso la vita del fratellino, ma il diciassettenne
gli
aveva assicurato di stare bene, tralasciando il fatto che in quel modo,
almeno,
non aveva per niente il tempo di fermarsi a pensare ne a Balthazar,
ormai ben
inserito nella sua nuova vita ad un oceano di distanza, ne a Dean e
alla
litigata che avevano avuto l’ultima volta in cui si erano
parlati.
“Devi
davvero portartelo dappertutto?” Inias additò al
sacco di farina bianca che
Castiel teneva stretto al petto e aumentò il passo cercando
di stare a quello
dell’amico mentre lo accompagnava in chiesa per le prove del
coro dei bambini.
Di solito, a quell’ora, Inias preferiva stare a casa ed
esercitarsi con il
violino, sua grande passione, ma in quel periodo risultava talmente
raro
riuscire ad incrociare il ragazzo dagli occhi blu e, tantomeno, passare
del
tempo con lui, che aveva di buon grado messo da parte il proprio
passatempo per
cercare di chiacchierare con l’amico e, soprattutto, per
provare a capire come
stesse realmente.
Di
fianco a lui, Castiel annuì “Il professore di
educazione sessuale è stato molto
chiaro a riguardo: per una settimana questo sacchetto di farina
dovrà essere
trattato come un figlio. Devo portarlo con me ovunque e stare attento
che non
si rovini.”
“E non
hai una partner per tutti questi compiti?- indagò quindi il
giovane, portandosi
una ciocca di capelli scuri e ribelli dietro l’orecchio- Meg
è stata messa in
coppia con Brady, lei è una casalinga e lui un avvocato per
una multinazionale.
Lo odia e mi ha detto che vuole scrivere al preside Uriel per
protestare contro
il sessismo che il professore ha dimostrato nell’assegnazione
dei ruoli.”
Sul
volto dell’amico si abbozzò un sorriso divertito
prima di rispondere “Io non ho
una partner. In classe siamo un numero dispari e io sono stato
l’ultimo
estratto: sono un ragazzo padre che lavora al computer da
casa.”
Inias
proruppe in una risatina per lo scenario che era stato assegnato
all’amico, ma
il sorriso gli si spense quasi subito dalle labbra non appena si
ritrovò a
svoltare l’angolo che dava sulla piazza di Heaven. Proprio al
centro
dell’aiuola centrale, seduti su una delle panchine bianche
sotto al gazebo di
legno, Dean e Lisa stavano baciandosi con tanta intensità
che sembrava
volessero scoprire quanto due corpi dovessero stare vicini prima di
fondersi
completamente.
Il
giovane notò immediatamente come il passo
dell’amico sembrò incespicarsi per un
breve istante, prima di ritornare fermo e sicuro nel giro di qualche
secondo.
“Sicuro
che non ti dia fastidio?” domandò quindi Inias,
alzando un sopracciglio.
“Cosa?”
dal modo in cui contrasse la mascella, era del tutto evidente di come
Castiel
sapesse benissimo a che cosa l’amico si stava riferendo.
L’altro
sospirò “Il modo in cui Dean Winchester sta
giocando all’hockey delle tonsille
con Lisa Braeden.”
Il
minore dei Novak scosse la testa, stando ben attento che nel fare
ciò riuscisse
a non lanciare nemmeno uno sguardo alla coppia di innamorati
“No, perché
dovrebbe?”
“C’era
qualcosa tra te e Dean, e non provare a negarlo.”
Castiel
decise che il cortile di fronte alla chiesa fosse ad una distanza
abbastanza
sicura, perciò di fermò sotto uno degli alberi di
ciliegio, spogli a causa
dell’inverno, e si voltò verso l’amico
“Forse.- ammise, non senza una certa
riluttanza- Ma sono settimane che non parliamo e non ci siamo
propriamente
salutati in modo amichevole.”
Inias
non poté che essere d’accordo con
quell’ultima affermazione “Lui sembrava molto
preso da te. Sai, anche prima che tu e Balthazar vi
lasciaste.”
“Non
credo.” sbuffò l’interessato,
stringendosi le braccia intorno alla vita.
L’altro
ragazzo continuò a parlare, indefesso “Se ne sono
accorti tutti in città.”
“E
avete tutti preso un granchio.- il diciassettenne fece roteare i grandi
occhi
blu- Io a Dean non interesso. Non quanto Lisa, perlomeno.”
“Sai,
puoi anche non fingere con me.- gli ricordò Inias con un
sorriso paziente sulle
labbra- Ti conosco, Castiel, siamo amici da quando andavamo
all’asilo.”
Il
giovane si ritrovò ad arrossire e distolse immediatamente lo
sguardo,
concentrandosi invece su una pietra poco distante dalla propria scarpa
“Non so
di che cosa tu stia parlando.”
Inias
si sporse verso di lui, stringendolo in un veloce e consolatore
abbraccio “Ok,
ne parleremo un’altra volta. Hai più sentito
Balthazar?”
Castiel
parve apprezzare, almeno in parte, il cambio di argomento “Mi
ha chiamato
quando sono arrivati. Dice che la città è piccola
quasi quanto Heaven, ma che
Londra è abbastanza vicina perché la cosa non lo
faccia impazzire. Abbiamo
deciso di mandarci delle e-mail, d’ora in poi, e ridurre le
chiamate via Skype
ad un evento sporadico.”
“Per
via del vostro piano di separazione graduale?” chiese
scettico l’amico, alzando
un sopracciglio.
Il
minore dei Novak sospirò pesantemente
“Già.”
Inias
osservò con attenzione il volto dell’amico: aveva
l’aria stanca, con evidenti
occhiaie scure sotto gli occhi e l’incarnato insolitamente
pallido “Sei sicuro
di stare bene?”
“Certo.-
annuì Castiel, alzando il capo di scatto-
Perché?”
“Hai
l’aria stanca.- dichiarò quindi l’amico,
senza mezzi termini- Lo so che la
situazione con Balthazar e quella con Dean ti stanno stressando molto e
ti
conosco: tu tendi a gettarti a capofitto in mille imprese per cercare
di
distrarti quando c’è qualcosa che ti
turba.”
Il
ragazzo dagli occhi blu si passò stancamente una mano sugli
occhi “Inias…”
“Voglio
solo essere sicuro che tu non ti stia stressando troppo.”
ammise quindi Inias,
posandogli una mano sulla palla.
Castiel
gli rivolse un sorriso sincero “Tu ti preoccupi
troppo.”
“Castiel.”
lo ammonì quindi l’altro, fermo
nell’intento di ottenere una risposta.
“Sto
bene, davvero.- lo rassicurò quindi il diciassettenne-
Quando voglio rilassarmi
un po’ vado nel terreno del signor Knight a guardare le
api.”
“Cain
Knight?- domandò Inias incredulo- Credevo detestasse
chiunque provi a minare la
sua quiete, è un misantropo. Come mai non ti caccia
via?”
“Oh, io
non lo disturbo.- scrollò le spalle Castiel- E poi, credo
che apprezzi il fatto
che ci sia qualcuno che condivida la sua passione per le api.”
“Beh,
sono contento che tu possa fare qualcosa che ti piace.- ammise quindi
l’altro-
Anche se, devo ammettere, preferivo quando frequentavi qualcun altro
rispetto
che l’eremita della città.”
Castiel
inclinò la testa di lato “Cain non è un
eremita, ha una moglie. E poi, credevo
che Chuck Shurley fosse l’eremita della
città.”
“Chuck
Shurley è l’eremita bizzarro.-
specificò quindi l’amico- Cain Knight è
l’eremita scorbutico che fa un po’ paura. E lo
è anche se è sposato.”
Castiel
scoppiò in una risata e Inias si ritrovò a
pensare che era valsa la pena
saltare una delle sue quotidiane esercitazioni di violino.
Se
c’era una cosa che Dean Winchester detestava con tutto se
stesso era parlare
dei propri sentimenti.
Sam lo
sapeva, ovviamente, avendo passato i suoi quindici anni di vita ad
idolatrare
il proprio fratello maggiore e a sentirlo dichiarare con convinzione
che lui
non avrebbe mai ceduto ad aprire le porte del proprio cuore e lanciarsi
in
assurdi discorsi sentimentali come se fosse il protagonista frustrato
di un
qualche filmetto d’amore di serie D.
Lui lo
sapeva e, pertanto, sapeva anche perfettamente che riuscire a
convincere il
fratello a parlare con lui di quanto era successo con Castiel, ormai
diverse
settimane prima, e del conseguente periodo passato nel totale diniego
che il
fatto che non parlare più con quello che era uno dei suoi
migliori amici lo
stava turbando, sarebbe stato difficile.
Tuttavia
Sam Winchester era testardo. Molto testardo.
John
aveva spesso dichiarato che il minore dei suoi figli era riuscito ad
ereditare
l’incredibile combinazione di cocciutaggine sia paterna che
materna, riuscendo
così a portare all’esasperazione una delle
più snervanti caratteristiche dei
coniugi Winchester.
Il
ragazzo si trovava con le mani immerse nell’acqua del
lavandino della cucina,
intento a sfregare con energia la pentola in cui avevano cucinato la
pasta, la
cena di quella sera. Suo padre si trovava ancora al piano di sotto,
intento a
preparare il locale per l’indomani mattina e fare le solite
pulizie quotidiane,
lasciando lui e suo fratello da soli nell’appartamento al
piano superiore, e il
quindicenne decise che non poteva trovare momento migliore di quello
per agire.
Di
fianco a lui, Dean, canovaccio alla mano, asciugava ciò che
gli veniva porto,
canticchiando fra sé e sé una delle sue canzoni
preferite dei Led Zeppelin,
totalmente ignaro di ciò che il fratello minore aveva in
mente.
Sam si
schiarì la voce, gesto che gli fece guadagnare
un’occhiata perplessa da parte
dell’altro Winchester.
“Quando
pensi che finirà?” chiese quindi, decidendo che
evitare ogni preambolo gli
avrebbe fatto di sicuro fatto guadagnare del tempo prezioso per
l’imminente ed
emotivamente drenante discussione.
Il
maggiore dei due fratelli alzò un sopracciglio
“Cosa?”
Sam
sbuffò “Questa specie di guerra fredda fra te e
Castiel.”
“Non so
di che cosa tu stia parlando.” ribatté
immediatamente Dean, distogliendo lo
sguardo troppo in fretta perché l’argomento non
gli stesse a cuore.
“Invece
lo sai benissimo!- sbottò il quindicenne, abbandonando di
scatto la pentola che
cadde con un tonfo nell’acqua, schizzando sia lui che
l’altro giovane - Sono
passate settimane, Dean, e non ti sei ancora deciso a chiedere scusa a
Cas.”
Dean
spalancò gli occhi, incredulo “Chiedergli scusa? E
perché mai dovrei farlo?”
“Oh,
forse per la scenata che gli hai fatto davanti a tutti
l’ultima volta che vi
siete parlati?” gli ricordò Sam con tono di sfida.
Il
maggiore dei sue fratelli lanciò con stizza il canovaccio
umido sul bancone
della cucina, prima di sbuffare sonoramente mentre si passava una mano
fra i
capelli “Ok, forse quella volta ho esagerato. Ma è
stata chiaramente colpa di
Balthazar.”
Sam
alzò un sopracciglio “Davvero, Dean? Vuoi davvero
dare la colpa a qualcun altro
e fingere di essere stato solo trascinato dagli eventi? Tu hai
esagerato.
L’hanno visto tutti.”
“E va
bene, e va bene.- sbuffò l’apprendista meccanico,
incrociando le braccia al
petto- E allora? Che cosa credi che dovrei fare? Andare a bussare alla
sua
porta come se niente fosse dopo settimane e chiedergli scusa? Non
abbiamo dieci
anni, Sam.”
Il
quindicenne fece una smorfia “Beh, vi state entrambi
comportando come se li
aveste.”
Dean
fece roteare gli occhi “Può darsi, ma
ciò non cambia il fatto che siamo ad una
situazione di stallo.”
“Non
necessariamente.” dissentì il fratello minore.
L’apprendista
meccanico lo fissò cauto, la fronte aggrottata
“Che vuoi dire?”
Sam, i
grandi occhi nocciola carichi di aspettativa, gli rivolse un sorriso
incoraggiante “Tu tieni a Cas, giusto?”
L’altro
giovane non poté fare a meno che sbattere le palpebre,
spiazzato da una domanda
così diretta “Cosa?”
“Avanti,
non devi per forza essere emotivamente costipato.- sbuffò il
fratello minore-
Ammetti semplicemente di tenere a Castiel.”
Dean si
voltò, le gote arrossate suo malgrado “E va bene.
Io, sì, ecco, uhm… Insomma,
hai capito, no?”
“Accetterò
questa risposta e ignorerò il fatto che parli come una
dodicenne alla prima
cotta.” ghignò Sam, divertito dal modo in cui il
fratello aveva balbettato nel
fornire la propria risposta.
“Il tuo
punto sarebbe?- sbottò Dean, irritato per essere stato
schernito- Me lo hai
fatto ammettere solo per farti una risata?”
Sam
scosse la testa “No, l’ho fatto solo per farti
capire che tieni talmente a lui
da potere anche andare per un po’ contro al tuo orgoglio e
fare il primo passo
per ristabilire il vostro rapporto.”
Il
maggiore dei due Winchester sospirò
“Sì, credo che tu abbia ragione.”
“E che
cosa mi dici di Lisa?” incalzò quindi il
quindicenne.
Dean
alzò un sopracciglio “Che cosa intendi
dire?”
“La
vostra è davvero una cosa seria?- elaborò quindi
il ragazzo- Quando farai pace
con Castiel-”
“Se farò pace
con Castiel.” lo corresse il
fratello con uno sbuffo.
Sam lo
ignorò completamente “Quando
farai
pace con Castiel, che ne sarà della tua relazione con
Lisa?”
Dean
aggrottò le sopracciglia “Non capisco che cosa
c’entri il mio rapporto con Lisa
con il fatto che io potrei ritornare a frequentare Cas. Io e lui siamo
solo
amici.”
“Dean,
io so che quando lo dici tu sembri davvero convinto di credere a quello
di cui
stai parlando, ma credo che in fondo lo sappia bene anche tu che i tuoi
sentimenti per Castiel sono tutt’altro che platonici.-
spiegò quindi il minore
dei due fratelli, cercando di essere il più diplomatico
possibile- Tutta la
città se ne è resa conto, perfino Chuck Shurley e
lui non si è nemmeno accorto
di quando hanno recapitato per sbaglio davanti a casa sua quel castello
gonfiabile e tutti i bambini della città hanno iniziato a
riunirsi nel suo
cortile a giocare.”
L’apprendista
meccanico abbassò lo sguardo, estremamente cocciuto nel
negare ciò che ormai
era evidente a tutti.
“È per
via di papà?” indagò quindi Sam,
preoccupato che Dean non desse davvero ascolto
ai propri sentimenti per paura di cosa potesse pensare John.
L’altro
spalancò gli occhi “Cosa? No!”
Dean
sapeva benissimo a cosa si riferiva Sam. Il maggiore dei due Winchester
aveva
iniziato ad esplorare la propria sessualità quando aveva
poco più di
quattordici anni e, se all’inizio il suo interesse era
rivolto principalmente
alle ragazze, nel giro di qualche anno aveva scoperto di essere
attratto anche
dai ragazzi. All’inizio aveva cercato di ignorare la cosa,
ovviamente. John,
ex-militare dalla testardaggine leggendaria e con un incredibile
attaccamento
ai valori tradizionali, non avrebbe mai accettato un figlio che non
fosse
perfettamente eterosessuale. Eppure, Dean aveva iniziato a comprendere
che non
poteva di certo nascondere se stesso per sempre, quindi aveva fatto
ciò che
credeva fosse più giusto: aveva parlato con sua madre. Mary
era stata
estremamente comprensiva, lo aveva abbracciato e gli aveva detto che
non
avrebbe dovuto mai nascondere niente a nessuno perché lui
era perfetto
esattamente così com’era e chiunque gli avesse
voluto davvero bene non lo
avrebbe mai giudicato per le sue preferenze sessuali più di
quanto lo facesse
per il colore dei calzini che portava. Quando John lo venne a scoprire,
tuttavia, nulla andò per il verso giusto.
Ci fu
una litigata. Un’enorme litigata.
John
litigò con Dean perché non accettava la sua
sessualità a suo parere deviata.
Mary
litigò con John perché odiava il fatto che suo
marito potesse comportarsi in
quel modo con suo figlio.
L’atmosfera
in casa Winchester era diventata pesante e dovettero passare mesi prima
che
tutto tornasse alla normalità. L’argomento non
venne più toccato, non fino a
dopo l’incendio. Perdere Mary e la propria casa
sembrò costringere John a
rivalutare le proprie convinzioni. Una sera parlò con Dean,
si scusò con lui
profusamente, e gli garantì che per lui non avrebbe fatto
alcuna differenza chi
decidesse di amare in quanto lui era suo figlio e lo amava, e
ciò era quello
che era veramente importante.
“No, papà
non c’entra nulla.” ribadì di nuovo Dean.
“E
allora che cosa c’è a fermarti?-
incalzò Sam, scrutandolo attentamente- Lisa?”
Il
fratello maggiore si umettò le labbra, ripetendo una frase
che aveva detto
spesso “Lisa è perfetta,
però…”
“Forse
non è la perfezione ciò di cui hai bisogno.-
concluse per lui il quindicenne-
Forse hai bisogno di qualcuno con cui tu possa stare anche senza dovere
fare
niente di straordinario, qualcuno che non abbia paura di dirti senza
mezzi
termini quando ti stai comportando da idiota, qualcuno che ti dia la
sua
opinione e i suoi consigli ma che alla fine ti faccia fare le tue
scelte e non
te le rinfacci.”
Dean
alzò un sopracciglio “E questo qualcuno sarebbe
Cas?”
“Sì.-
annuì prontamente Sam- So che non sta a me a dirlo, ma sono
tuo fratello e ti
conosco, Dean. Ti stai facendo scappare un’ottima occasione
per essere
veramente felice.”
L’apprendista
meccanico fissò il fratello per qualche secondo e poi si
ritrovò a scuotere la
testa, vinto da quella accorata dichiarazione “Wow. Da quando
hai iniziato a
leggere la posta del cuore?”
Sam si
ritirò quando Dean tentò di arruffargli i capelli
“Fesso.”
“Puttana.”
ribatté prontamente l’altro, un sorriso divertito
sulle labbra piene.
“Allora
farai il primo passo per riappacificarti con Castiel?” si
informò
immediatamente il quindicenne.
“Sam,
io davvero non ho idea di cosa fare per fargli capire che mi dispiace.-
scosse
la testa Dean- Se fosse una ragazza gli porterei dei fiori, ma a
lui?”
Sam
rise “Potresti portargli una piantina. Cas adora quel genere
di cose. È un po’
strano.”
Dean
riprese in mano il canovaccio “E tu dici che un piccolo
cactus o che so io
potrebbe dire Hey, scusa se mi sono
comportato come un idiota e ho rotto il naso al tuo ex. Torniamo amici?
Oppure
qualcosa di più? Nessuna pressione, eh.”
“Non
so, ma di certo sarebbe un gran passo avanti rispetto a questa ridicola
guerra
del silenzio che avete iniziato.” disse il fratello minore
rivolgendogli un
sorriso.
L’altro
sbuffò “Hey, guarda che io e Cas ci parliamo
quando ci incrociamo in città.”
“Dei
mugugni monosillabici che dovrebbero essere dei saluti non
contano.” dichiarò Sam,
recuperando a sua volta la pentola che era rimasta dimenticata nel
lavandino
fino a quel momento.
“E va
bene, e va bene.- capitolò Dean- Andrò a parlare
a Castiel domani.”
“Non
andare a casa sua, vai alla pasticceria.” gli
suggerì immediatamente il
quindicenne.
Il
fratello maggiore lo fissò perplesso “Ma tu mi hai
appena detto…”
“Lo so.
Ma andare a casa sua sarebbe come invadere i suoi spazi senza essere
invitato.-
spiegò quindi Sam- Per la vostra riappacificazione dovete
scegliere dei luoghi
neutrali dove nessuno di voi due possa avere dei vantaggi
emotivi.”
Dean
scosse la testa, sbuffando una risata “Ok, tu leggi
troppo.”
“Lo so
che lo fai anche tu, di nascosto, per mantenere la tua aria di macho
rude e-
Dean!” strillò Sam, quando il fratello gli
lanciò in faccia il canovaccio
bagnato, un dispetto ovviamente mirato a farlo stare zitto.
“Te la
sei cercata!” rise il maggiore dei due fratelli, mentre
faceva uno scatto per
sfuggire alla vendetta del giovane.
“Torna
qui, ti faccio vedere io!”
John
sospirò pesantemente mentre si richiudeva la porta
dell’appartamento alle
spalle e i suoi figli gli sfrecciarono di fronte, inseguendosi
spensierati ed
incuranti del caos che si lasciavano alle spalle “In momenti
come questi mi
sarebbe piaciuto avere delle figlie femmine.”
mormorò scuotendo piano il capo.
Castiel
era un bravo ragazzo, non c’era nessuno in città
che potesse affermare il
contrario.
Era il
genere di giovane che cedeva il posto sull’autobus con un
sorriso sulle labbra,
che si fermava ad aiutare le vecchine con la spesa troppo pesante e che
alla
mensa scolastica divideva il proprio pranzo con chi si era dimenticato
di
portarsi qualcosa da casa.
Non era
perfetto, certo, ma nessuno poteva dubitare sulla grandezza del suo
cuore.
Nonostante
questa sua indole, tuttavia, il destino sembrava divertirsi a giocargli
dei
brutti scherzi. Era per questo, probabilmente, che quando Gabriel lo
mandò al
minimarket del signor Adler, invece di trovare alla cassa Zachariah in
persona,
il completo austero e sul volto l’espressione infuriata di
chi ha appena
investito i propri soldi in un nuovo sistema informatico che non riesce
ancora
ad utilizzare nonostante gli sforzi erculei, Castiel si
ritrovò faccia a faccia
con il sorriso abbagliante di Lisa.
Lì per
lì il diciassettenne rimase impietrito.
Non
l’aveva ancora ammesso con nessuno, ma in quelle due
settimane aveva studiato
perfettamente gli orari di Dean e Lisa. Sapeva quando lui aveva i turni
al
locale e da Bobby e quando lei aveva l’allenamento delle
cheerleader e quando
faceva da babysitter a Jessie Turner. Era diventato ossessivo, quasi
maniacale,
nel proprio obiettivo di non incrociare ne l’uno ne
l’altro, soprattutto non
quando i due innamorati si trovavano insieme.
All’inizio,
Castiel aveva pensato che questa sua nuova repulsione
nell’incontrarli fosse
dovuta alla sua litigata con Dean e alla sua improvvisa separazione da
Balthazar.
Eppure,
anche lui aveva dovuto ammettere con se stesso che c’era
qualcosa di più dietro
il suo comportamento.
Poi,
una sera, mentre cercava con tutte le sue forze di non pensare, gli
occhi
inchiodati sulle pagine dell’ultimo libro di George R. R.
Martin (un libro che
Dean stesso gli aveva consigliato, gli ricordò la sua mente,
malignamente), ma
che in realtà non riuscivano a decifrare nessuna delle
parole che avevano
davanti, Castiel capì.
Gli
abitanti di Heaven avevano ragione: c’era qualcosa fra lui e
Dean, un legame
profondo, che li legava a dispetto del buon senso e dei loro stessi
desideri.
Era come avere ritrovato all’improvviso la chiave ad uno
scrigno che nemmeno si
sarebbe voluto aprire, ma che finalmente era lì e quindi non
faceva altro che
invogliare a dare una sbirciatina a quello che di mirabolante poteva
contenere.
Scoprire
di provare dei sentimenti per Dean era stato traumatico per il giovane.
La sua
mente non faceva altro che ricordargli che lui amava Lisa e che insieme
erano
felici.
Inoltre,
sibilava con cattiveria una vocina nella sua testa, era davvero
così arido
sentimentalmente da buttare da parte tutto quello che aveva costruito
con
Balthazar come se si trattasse di un giocattolo vecchio e passato di
moda?
Castiel
scosse la testa, imponendosi di non indugiare oltre nei propri
pensieri.
Afferrò meccanicamente uno dei vecchi cestini di metallo e
lanciò a Lisa,
seduta alla cassa a chiacchierare con un’amica, tra le mani
affusolate e dalle
unghie perfettamente laccate una rivista patinata, un sorriso di
saluto. Si
congratulò con se stesso per essersi comportato normalmente
e iniziò ad
aggirarsi senza fretta negli stretti corridoi del mini-market, in una
mano la
lista della spesa che gli aveva consegnato Gabriel poco prima e il suo
piccolo
sacco di farina, il suo seccante compito di educazione sessuale, ben al
sicuro
sulle solide maglie ricoperte di vernice blu del cestino della spesa.
“Non è
bellissimo?” sentì domandare Lisa, mentre il
diciassettenne confrontava senza
vero interesse le percentuali di cacao contenute nelle barrette
richieste da
suo fratello.
La sua
amica si affrettò a rispondere con voce carica di giubilo
“Oh, Lis, quanto ti
invidio! Se avessi un fisico come il tuo anche io vorrei mettermi un
vestito
del genere per il ballo.”
“Sarah,
tu sei bellissima, puoi metterti tutto ciò che vuoi
esattamente come me.- la
rincuorò immediatamente la bella ragazza dai capelli
corvini- Comunque, sono
ancora indecisa se comprare anche delle scarpe oppure dei sandali. Non
voglio
esagerare, però, non è certo il ballo di fine
anno, questo, solo quello
invernale. Tu che ne dici?”
Castiel
lasciò scivolare nel proprio cestino una confezione delle
merendine preferite
di Gabriel e si spostò al corridoio attiguo “Io
comprerei delle scarpe, così le
metti anche all’ultimo dell’anno.- sentì
dire da Sarah- Tu e Dean verrete alla
festa a casa di Ruby, vero? Dicono che sarà epica.”
Il
ragazzo sentì lo sbuffò della giovane anche se si
trovava a due corridoi di
distanza dalla cassa “Dean ha detto che ci deve pensare.
Credo che voglia
passare il Capodanno anche con i suoi amici, una cosa intima e
tranquilla alla
Roadhouse.”
“No!-
protestò immediatamente l’altra, forse con un
po’ troppa veemenza- Lisa, devi
venire a quella festa, sarà l’evento
dell’anno!”
Lisa
rise, la sua risata frizzante e cristallina “Oh, non ti
preoccupare, Dean alla
fine me la darà vinta. Succede sempre.”
Castiel
si sentì in imbarazzo ad origliare quella conversazione. In
realtà, non stava
propriamente origliando. Lisa e la sua amica di certo non stavano
mantenendo un
tono di voce basso e lui era abbastanza certo che Meg avrebbe definito
il loro
starnazzare solo di poco inferiore, in termini di decibel, al rumore
prodotto
da un jet in fase di atterraggio.
“Oh,
sei così fortunata da avere Dean.- sospirò
l’altra ragazza con tono sognante- È
terribilmente sexy.”
Lisa
sospirò a sua volta “Hai ragione. Ma
c’è molto di più dietro a quella sua
aria
da bello e tenebroso, sai? Dean è così premuroso
e dolce e so che ha avuto un
po’ di ragazze prima di me, ma ormai stiamo insieme da
più di un mese.”
Sarah
ridacchiò “Probabilmente stava solamente cercando
la persona giusta.”
canticchiò con tono petulante.
Il
minore dei due fratelli Novak si fermò suo malgrado, la mano
talmente stretta
sulla maniglia dei frigorifero delle bevande che le sue nocche erano
diventate
di un bianco abbagliante. Ovviamente lui sapeva che c’era
molto di più di Dean
rispetto a quanto lui voleva fare vedere agli altri. Eppure,
l’idea che anche
Lisa ne fosse pienamente consapevole, e che magari potesse essere a
conoscenza
di qualche sua incredibile caratteristica di cui lui probabilmente era
ancora
all’oscuro gli aveva fatto crescere un nodo allo stomaco.
Mentre sentiva il
sangue pulsargli nelle orecchie, una vocina irritante
all’interno della sua
testa lo informava che era geloso, cosa che trovò
immediatamente irrazionale
dato che Dean non era il suo ragazzo, anzi, in quel momento non era
nemmeno
certo se potesse ancora rientrare nella categoria degli amici.
“Castiel, va tutto
bene?”
La voce
di Lisa lo fece sobbalzare e il diciassettenne si ritrovò a
voltarsi,
trovandosi faccia a faccia con le due ragazze, che lo osservavano con
la fronte
aggrottata dal bancone della casa, proprio in fondo al corridoio in cui
si
trovava.
Castiel
deglutì a vuoto e quando parlò lo fece con voce
flebile, cercando di ignorare
il fastidioso pulsare della propria testa “Come?”
“Ti ho
chiesto se va tutto bene.” ripeté la ragazza con
una nota preoccupata nella
voce.
“Oh.
Sì, certo.- si affrettò a confermare il giovane,
piazzandosi sul volto un
sorriso troppo tirato per essere convincente- Tutto a posto.”
“Sei
sicuro?- indagò di nuovo Lisa, inclinando la testa
leggermente per scrutarlo
meglio- Sei molto pallido, non sembri molto in forma.”
Castiel
si sforzò di sorridere in modo più rassicurante
“Sono solo stanco, Lisa, non ti
preoccupare.”
La
ragazza annuì piano “Ok. Chiama pure se ti serve
aiuto con quello che stai
cercando.”
“Ma
certo.” la rincuorò il giovane, prima di muoversi
di qualche passo ed aprire di
nuovo lo sportello del banco frigo per prendere le pizze surgelate
tanto
adorate da Gabriel.
Castiel
si accorse che qualcosa non andava quando aveva ancora fra le mani la
scatola
fredda e umida. Sentiva uno strano ronzio nelle orecchie e davanti ai
suoi
occhi danzavano delle luci bianche.
Ciò che
riuscì a sentire prima che la forza di gravità
avesse la meglio su di lui fu
una voce concitata che gridava il suo nome.
“Cas!”
Castiel
si stava già risvegliando, ma questo non fece certo
dissipare la preoccupazione
del giovane che lo stava fissando con la fronte aggrottata.
Il
diciassettenne si portò una mano alla testa ancora prima di
aprire gli occhi e
dalle labbra gli sfuggì un gemito soffocato.
“D-Dean?-
chiamò, gli occhi subito attratti dall’unica
persona presente in quella stanza
piccola e dall’arredamento scarso e malridotto-
Dove…Dove sono? Cosa ci fai tu
qui?”
Dean si
alzò dalla traballante sedia pieghevole dove era seduto e la
trascinò
rumorosamente fino al vecchio e scomodo divanetto dove poco prima aveva
adagiato Castiel “Siamo
nel retrobottega
del negozio, nella saletta degli impiegati.- spiegò,
additando il primitivo
distributore di caffè, il tavolo rotondo in mezzo alla
stanza e gli armadietti
di metallo, corredati di targhetta con nome, addossati alle pareti-
Lisa mi ha
detto che sei svenuto nel reparto surgelati.”
Castiel
sbatté le palpebre più volte, cercando di
rievocare quanto era appena accaduto
senza peggiorare il tremendo mal di testa che lo attanagliava
“Oh. E tu…”
“Io
stavo entrando in quel momento per comprare delle cose,-
continuò a spiegare
Dean, i cui brillanti occhi verdi non avevano smesso per un attimo di
scrutarlo
con attenzione e apprensione- ho sentito Lisa e la sua amica gridare e
quando
mi hanno spiegato cosa era successo ti ho portato qua dietro.”
“Grazie.-
sussurrò Castiel, puntellandosi con le mani sulla scivolosa
superficie di finta
pelle marrone del divano per aiutarsi ad alzarsi- Ma ora mi sento molto
meglio.
Credo proprio che…”
Il
maggiore dei fratelli Winchester fece uno scatto verso di lui,
posandogli le
mani sulle spalle e rispigendolo a sdraiarsi “No, Cas. Sei
appena svenuto e hai
anche sbattuto la testa.”
“Ow.”
si lamentò il giovane, sfiorandosi la nuca con le lunghe
dita affusolate.
“Visto?-
disse Dean con un sorriso incoraggiante sulle labbra- È
meglio che tu aspetti
qui. Hanno già chiamato Gabriel, ti porterà da un
dottore per un controllo.”
Castiel
si lasciò guidare dalle mani di Dean e tornò a
sdraiarsi e non poté impedire ad
un brivido di scorrergli lungo la schiena quando l’altro
giovane, nello
scostarsi da lui, fece scivolare le proprie mani calde lungo il suo
braccio.
Il
diciassettenne lo fissò con intensità, come se
stesse cercando di assorbire
ogni piccolo particolare del suo volto prima che potesse sparire, quasi
fosse
un ologramma destinato a dissolversi, e Dean, inaspettatamente, non
sembrava
per niente imbarazzato dal modo insistente in cui il suo sguardo
indugiava su
di lui. Invece, con altrettanta attenzione, i suoi occhi non si
scostavano a
sua volta dai suoi.
I
minuti si trascinavano lentamente uno dietro l’altro e
nessuno dei due ragazzi
parlò, eppure il silenzio che si era creato fra loro non era
affatto pesante o
carico di imbarazzo. Erano semplicemente lì, gli occhi
dell’uno fissi in quelli
dell’altro, completamente inconsapevoli del trascorrere del
tempo.
Proprio
nel momento in cui Dean decise di schiudere le labbra e dire qualcosa,
la porta
si spalancò violentemente e Gabriel entrò nella
stanza a passo di marcia, il
volto pallido e con un’espressione tesa e preoccupata che
raramente era
associata a lui. Alle sue spalle, calmo e controllato come al solito,
lo
seguiva Joshua Bustani, l’unico medico di base che esercitava
ad Heaven. Dean
non aveva mai parlato di persona con lui, ma Sam gli aveva rivelato,
una volta
che era tornato a casa dal suo studio dove si era recato per farsi
prescrivere
degli antibiotici per un’influenza, che, se
l’abitazione del dottore poteva
essere considerata minuscola, tanto non si poteva dire del suo
giardino, ampio
e rigoglioso, al fianco del quale vi era anche una gigantesca serra
dove l’uomo
coltivava ogni genere di piante, fiori ed erbe, una delle sue grandi
passioni.
“Cassie!-
chiamò il maggiore dei Novak con fare concitato, mentre
posava entrambe le mani
sulle guance del fratello per esaminarlo meglio- Che cosa è
successo?”
“Cas è
svenuto mentre faceva la spesa.- spiegò Dean in modo pratico
e conciso- Io ero
appena entrato in negozio e l’ho portato qui. Si è
ripreso quasi subito.”
Castiel
annuì, lanciando al fratello un sorriso che sperava essere
incoraggiante “Sto
bene ora, Gabriel. Davvero.”
Gabriel
scosse la testa “Questo lo faremo decidere a
Joshua.”
Richiamato
da quella frase, il medico di colore si avvicinò al divano
ed iniziò a contare
pulsazioni, misurare la pressione e parlare di come più
tardi avrebbe fatto al
giovane un piccolo prelievo. Nel frattempo, il maggiore dei due
fratelli Novak
si voltò verso Dean e gli posò una mano sulla
spalla.
“Ti
ringrazio di esserti occupato di lui fino adesso.” disse, sul
volto un sorriso
sincero.
Il
giovane apprendista meccanico annuì “Non
c’è di che.- ribatté, un po’
in
imbarazzo- Cas è un mio amico.”
Gabriel
si limitò ad alzare un sopracciglio e il suo sorriso, da
gentile, era diventato
il ghigno di qualcuno che era a conoscenza di molte più cose
rispetto al
proprio interlocutore.
Dean si
ritrovò a distogliere lo sguardo, le gote leggermente
arrossate da quanto
quello sguardo poteva implicare “Sì, beh- si
ritrovò a balbettare, prima di
schiarirsi la voce e riformulare la frase- Io ora devo proprio tornare
al
locale. Fammi, uhm…Fammi sapere come sta Cas, ok? Ok. A
dopo!”
Anche
Castiel e Joshua si erano interrotti per voltarsi a guardare quei
saluti
concitati e quando il ragazzo si fu richiuso la porta alle spalle, il
medico si
girò nuovamente verso il proprio paziente con un sorriso
bonario sulle labbra
carnose.
“Quel
ragazzo è proprio cotto.” dichiarò,
appoggiandosi di nuovo lo stetoscopio
attorno al collo.
Castiel
abbassò lo sguardo, le gote cremisi “Oh, no. Io e
Dean siamo solo amici.”
Joshua
sorrise, indulgente “Ma certo, Castiel. Come dici
tu.”
“Allora,
Doc, che cos’ha il mio fratellino?”
domandò quindi Gabriel, avvicinandosi di
nuovo ai due ed appoggiando i palmi sulle spalle del fratello minore.
“La
pressione è molto bassa e il battito leggermente
accelerato.- spiegò quindi il
dottore, prima di rivolgersi al diciassettenne- Dimmi, Castiel, per
caso in
questo ultimo periodo sei soggetto a mal di testa più del
solito?”
Il
giovane abbassò lo sguardo, come se stesse ammettendo una
colpa terribile “A
volte.”
“E per
caso, a volte soffri anche di mal di stomaco o di mancanza di appetito?
Magari
spossatezza?”
Castiel
giocherellò con i passanti dei propri jeans, le guance
arrossate “Sono state
delle settimane un po’ piene, per me.- ammise- Forse mi sono
dimenticato di
pranzare qualche volta.”
“Castiel.”
sospirò Gabriel scuotendo il capo, ma la preoccupazione
trapelava palesemente
dal suo tono.
Joshua
posò la sua grande mano sulla spalla del ragazzo
“La mia prima diagnosi è che
tu sei fortemente stressato, Castiel. Questo svenimento è il
modo del tuo corpo
per dirti che forse è il momento di rallentare un
po’ il ritmo e di prenderti
un po’ di tempo per te stesso senza pensare troppo al
resto.”
“Stress?
Solo un po’ di stress può fare questo?-
domandò con insistenza Gabriel- Cassie
non è mai stato ammalato prima, ha avuto solo il morbillo
quando era all’asilo
e poi è sempre stato sano come un pesce.”
Il
medico si voltò verso l’apprensivo fratello
maggiore del suo paziente “Gabriel,
ti posso assicurare che non dovrebbe esserci niente di più
che quanto vi ho già
detto. Ci sarà solo da tenere un po’ sotto
controllo la botta alla testa, ma
non è nulla di grave, consiglio solo qualche giorno di
riposo. Ho fatto a
Castiel un piccolo prelievo, inoltre, così potrò
fare qualche analisi e vedere
se c’è qualcosa di più preoccupante che
possa avere causato lo svenimento, ma
ne dubito. So quanto può essere difficile ma, te ne prego,
non preoccuparti
eccessivamente in attesa dei risultati.”
Il
volto del maggiore dei Novak si distese un po’
“Sarà un po’ difficile, Doc.-
dichiarò, arruffando i capelli di Castiel- Lui è
il mio fratellino.”
Il
diciassettenne scacciò la mano del fratello con finta
irritazione, per poi
spalancare gli occhi ed esalare un “Oh.” Flebile.
“Che
c’è?- Gabriel si girò di nuovo di
scatto verso di lui, la preoccupazione di
nuovo dipinta a chiare lettere sul suo volto- Non stai bene di nuovo?
Ti senti
svenire?”
Castiel
si affrettò a scuotere la testa “No, solo
che…prenderò un’insufficienza in
educazione sessuale: ho fatto cadere il mio sacco di farina.”
Il
maggiore dei due fratelli si mise a ridere e gli scompigliò
affettuosamente i
capelli “Parlerò io con il tuo
professore.”
Castiel
era affetto da una carenza di ferro, ma il dottore aveva assicurato che
una
giusta alimentazione e una breve terapia con integratori avrebbe
risolto in
poco tempo questa mancanza.
Ovviamente,
senza Joshua a contenere la sua preoccupazione, Gabriel era
letteralmente
impazzito.
Mentre
tornavano a casa, Castiel accucciato stancamente nel sedile del
passeggero, il
maggiore dei Novak aveva sgridato il fratello per essere stato tanto
sconsiderato da trascurare la propria salute e, una volta arrivati, il
giovane
gli aveva intimato che nei prossimi due giorni non avrebbe dovuto
vederlo
affaticarsi e che, quindi, sarebbe stato agli arresti domiciliari.
Più
specificatamente, degli arresti domiciliari che gli avrebbero
consentito di
muoversi solo dal suo letto alle sedie in cucina e da quelle al divano
del
salotto. Gabriel, in un attacco di magnanimità, aveva
concesso al
diciassettenne di avventurarsi fino alle poltrone della veranda, a
patto che si
portasse con sé una coperta abbastanza pesante.
Castiel,
ovviamente, l’aveva assecondato in tutto ed era per quel
motivo che la mattina
successiva, invece di andare alla pasticceria insieme al fratello, si
trovava
seduto sulla veranda, una morbida coperta di pile sulle gambe, una
tazza
fumante di tè alla menta piperita tra le mani e un libro
pronto ad essere letto
scrupolosamente. Il ragazzo sapeva cosa si sarebbe dovuto aspettare da
quella
pigra domenica mattina, una delle rare domeniche in cui era costretto a
saltare
la funzione delle nove, e non vi sarebbe stato niente di interessante
fino al
ritorno di Gabriel per il pranzo, che non era autorizzato a preparare
lui
stesso perché avrebbe violato le sue condizioni per
rispettare il riposo
totale.
Ciò che
non si aspettava, invece, era di vedere Dean avvicinarsi a passo
marziale alla
porta di casa sua, sul volto un’espressione determinata e
talmente concentrato
da non accorgersi che Castiel era effettivamente fuori casa e non
dentro.
“Dean!-
chiamò il ragazzo, proprio mentre l’altro giovane
aveva appoggiato la punta
dell’indice sul campanello- Cosa ci fai qui?”
Dean si
voltò di scatto, preso alla sprovvista “Ero
passato in negozio per vedere come
stavi, ma Gabriel mi ha detto che sei rimasto a casa.”
Castiel
fece una smorfia “Sì, Joshua mi ha consigliato di
riposarmi per un paio di
giorni.”
“Non
hai niente di grave, vero?” domandò quindi
l’apprendista meccanico, la
preoccupazione che per un attimo sembrava averlo liberato dallo stato
di
inspiegabile agitazione in cui si trovava.
“Sono
solo un po’ anemico.- lo rassicurò il
diciassettenne con un sorriso- Il riposo
è soprattutto per la botta in testa che ho preso nella
caduta.”
Dean
spalancò gli occhi “Accidenti, nemmeno ci avevo
pensato, a quello.”
“È
ovvio, tu non sei un medico, Dean.” gli ricordò il
ragazzo dagli occhi blu,
fissandolo attentamente.
C’era
qualcosa di strano in Dean, ma Castiel non era ancora riuscito a capire
che
cosa fosse. Probabilmente era quel suo atteggiamento stranamente
nervoso, cosa
che era decisamente strana per un tipo come il maggiore dei due
fratelli
Winchester, che solitamente amava mantenere un atteggiamento distaccato
ed
apparire come un duro al mondo intero.
Castiel
inclinò leggermente la testa di lato e guardò
l’amico distogliere lo sguardo e
borbottare a bassa voce “Giusto.”
Dopodiché,
Dean sembrò intenzionato a mantenere il silenzio.
“Uhm,
vuoi…entrare a bere qualcosa?” propose il
diciassettenne, quando vide che
l’altro ragazzo sembrava ben contento solo a rimanersene
lì, in piedi sulla sua
veranda, impacciato con le mani affondate nelle tasche dei jeans.
Dean
gli rivolse un sorriso tirato “No, grazie.”
“Ok.”
sospirò Castiel, incerto sul cosa fare dopo quel rifiuto.
Non dovette aspettare troppo a lungo, tuttavia, dato che
l’apprendista
meccanico, dopo essersi osservato per svariati secondi la punta degli
stivali
neri come se lì si trovasse la risposta al più
grande interrogativo
dell’umanità, alzò improvvisamente lo
sguardo, puntando i suoi grandi occhi
verdi in quelli dell’amico “Cas, mi
dispiace.”
Castiel
sbatté le palpebre, spiazzato da quella dichiarazione
“Ti ho già detto che….”
“Per
quello che è successo dopo la rissa con Balthazar.-
specificò quindi Dean- Non
avrei mai dovuto dirti quelle cose e tu avevi ragione.”
Le
labbra del ragazzo dagli occhi blu si schiusero in una
‘o’ silenziosa “Non fa
niente.” aggiunse poco dopo.
“Cas…”
iniziò di nuovo a parlare Dean, facendosi spazio
sull’angolo della poltrona di
vimini su cui era seduto l’amico.
Il
diciassettenne lo fissò con la fronte aggrottata e la testa
inclinata,
aspettando che dicesse qualcosa, qualsiasi cosa, purché gli
facesse smettere di
pensare al fatto che si trovavano così vicini eppure lui non
avrebbe mai potuto
averlo, non come lo desiderava.
Dean,
invece, non parlò.
Appoggiò
una mano sulla sua coscia e si avvicinò lentamente,
così tanto che se Castiel
avesse voluto si sarebbe potuto ritrarsi. Ma non lo fece. Ovviamente
non lo
fece.
Quando
si congiunsero con le sue, le labbra di Dean erano calde ed
accoglienti, ancora
più morbide di quanto avesse immaginato e, mentre una mano
era rimasta sulla
sua coscia, l’altra gli incorniciava la guancia,
accarezzandogli l’angolo della
bocca con un pollice grezzo.
Quello
era tutto quello che Castiel desiderava e, proprio mentre pensava che
non
potesse esserci niente di più bello al mondo, il peso della
realtà gli crollò
improvvisamente addosso come un macigno.
“Dean!-
quasi gridò, ritirandosi da lui di scatto, le mani che
tremavano mentre si
sfiorava con la punta delle dita le labbra- Tu…Tu stai con
Lisa!”
Anche
Dean sembrò rinsavire al sentire menzionare la propria
ragazza. Si alzò
velocemente e mosse qualche passo all’indietro per mettere un
po’ di distanza
fra di loro “Giusto, giusto.- borbottò, scuotendo
la testa. Sembrava pronto
alla fuga da un momento all’altro- Scusa, io non so proprio
cosa mi sia preso…”
Castiel
prese qualche grosso respiro e abbassò lo sguardo sulla
coperta che gli era
scivolata dalle gambe “Forse è meglio che tu vada
ora.”
Il
maggiore dei fratelli Winchester annuì “Hai
ragione.- disse, scendendo in
fretta i due gradini della veranda e voltandosi indietro solo allora-
Ci
vediamo, Cas.”
Il tè
alla menta piperita si era raffreddato e sarebbe rimasto lì,
dimenticato,
assieme al libro che Castiel progettava di leggere, per il resto della
mattinata.
Più
tardi, all’ora di pranzo, Gabriel rientrò in casa
carico di buste della spesa e
seguito a ruota da Kalì, decisa più che mai nel
preparare una pasto sostanzioso
e ipernutriente per il fratello del suo ragazzo, cosa che non era
affatto certa
che lui stesso fosse in grado di fare.
Gabriel
la lasciò fare, scappando dalla cucina come se fosse il
punto designato per lo
sgancio di una bomba per recarsi nella camera del fratello minore, dove
si
divertì a lamentarsi scherzosamente di quanto la donna
indiana fosse
terrificante quando si metteva in testa una cosa e lo fece abbastanza
ad alta
voce per stuzzicare l’interessata e far scoppiare un
battibecco più ricreativo
che astioso.
Tuttavia,
quando Kalì chiamò il maggiore dei fratelli Novak
per farsi aiutare a sbucciare
delle patate, il giovane si alzò, dimostrando
un’obbedienza che poco si sposava
con il suo carattere, ma si fermò proprio
sull’uscio della stanza.
“Oh,
sai la novità, Cassie?- disse, voltandosi verso il fratello-
Lisa Braeden e
Dean Winchester si sono lasciati.”
___________________________________
A costo
di sembrare un disco rotto, mi ripeto anche questa volta: scusatemi. Mi
dispiace per tutti voi che seguite questa storia e che la commentate,
illuminandomi ogni volta la giornata. Purtroppo, questa volta, non
è stata la
mia pigrizia ad impedirmi di aggiornare ma il fatto che il mio computer
ha
deciso di suicidarsi proprio mentre ero fuori città, e
quindi quando mi era
irreperibile qualsiasi tecnico di fiducia. Il mio laptop ora
è ritornato in
vita, è vero, ma ahimè non è
più lo stesso, ma un catorcio inabile a fare la
maggior parte delle cose, che tuttavia sarà in grado di
sopravvivere (spero) senza
ulteriori problemi fino a quando racimolerò abbastanza
soldini per un nuovo
acquisto. Manco a dirlo, ovviamente tutti i miei file sono stati
cancellati e
io non sono potuta rientrare in possesso della mia ancora di salvezza,
la sacra
memoria esterna, per un altro mese. In sostanza, quando vi racconto di
essere
sfigata non mi sto facendo commiserare, ma racconto i fatti come stanno.
Finalmente
sono riuscita a rimettere in piedi ciò su cui stavo
lavorando prima del
fattaccio, anche grazie agli appunti che prendevo sullo smartphone nei
momenti
di ispirazione, e sono abbastanza soddisfatta del risultato, bieco
escamotage
dello svenimento a parte.
Voi che
ne pensate? I momenti ufficialmente Destiel si avvicinano, finalmente,
proprio
come avevo promesso millemila capitoli fa! ;D
Come sempre,
fatemi sapere che ne pensate del capitolo, mi fa molto piacere leggere
le
vostre opinioni.
A
prestissimo (spero davvero, questa volta!)
Kisses,
JoJo
P.S.
Per chiunque abbia commentato e a cui io non sia riuscita ancora
rispondere:
scusatemi tanto. Giuro che appena trovo un po’ di tempo per
mettermi a
scrivervi in modo consono, e non con un semplice
‘grazie’, lo farò. Sappiate
però che ho letto tutto e che vi ringrazio per avere perso
del tempo per avermi
fatto sapere che cosa ne pensate di questa mia storia.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Due cuori e una crostata (o due, o tre...) ***
10.
Due cuori e una crostata (o due, o tre…)
Castiel si strinse meglio il
nodo della sciarpa che gli avvolgeva il collo, il corpo scosso da un
leggero
tremito mentre una raffica di vento gli scompigliava i capelli e gli
stringeva
il viso in una morsa gelida. Sfilò una mano dalla tasca in
cui era rifugiata e
controllò l’ora sull’orologio che teneva
al polso per l’ennesima volta.
Rufus era in ritardo.
Il ragazzo sbuffò, e il suo
respirò lasciò le sue labbra in una piccola
nuvoletta bianca.
Per essere solo Novembre,
quell’anno, faceva eccezionalmente freddo. Anche Herbie
sembrava pensarla così,
dato che il malandato maggiolino giallo aveva deciso, proprio mentre il
diciassettenne si stava dirigendo fuori città con una lunga
lista della spesa
infilata nella tasca del caldo cappotto di lana cotta, che un viaggio
fino al
centro commerciale situato a tre quarti d’ora di distanza da
Heaven sarebbe
stato troppo e così, senza alcun preavviso, aveva smesso di
funzionare proprio
nel mezzo della deserta strada statale alle porte della cittadina.
Castiel, ovviamente, non si
era scomposto. Ormai la macchina dei Novak si fermava di punto in
bianco così
frequentemente che raramente i due fratelli restavano sorpresi da
ciò.
Riuscivano con abilità ormai sopraffina ad accostare prima
che Herbie esalasse
il proprio ultimo respiro della giornata, e poi procedevano a chiamare
Bobby,
il cui numero era il primo sulla lista delle chiamate rapide, subito
prima di
quello della pizzeria d’asporto cittadina.
Il ragazzo sbuffò di nuovo,
questa volta con il preciso intento di osservare il proprio respiro
condensarsi
non appena ebbe lasciato le sue labbra. Fu in quel momento che
notò la grossa
auto nera avvicinarsi e accostare solo qualche metro più in
là del maggiolino
giallo. Era inconfondibile, e il suo cuore iniziò a battere
all’impazzata suo
malgrado ancora prima che la portiera si aprisse e il giovane
conducente
potesse posare i piedi sull’asfalto umido.
Dean Winchester gli si
avvicinò con un sorriso spavaldo sulle labbra carnose e si
fermò a pochi passi
da lui.
“Bobby dice che tu e Gabriel
dovete decidervi a disfarvi di quel ferro vecchio.” disse a
mo’ di saluto.
Castiel sbatté le palpebre
un paio di volte prima di ribattere “Dean? Credevo che
venisse Rufus a prendere
la macchina.”
Il giovane scrollò le
spalle, ben coperte da una giacca di pelle dall’aspetto
vissuto “Lo credevo
anche io, prima che iniziasse a battibeccare con Bobby. Ti giuro, quei
due
litigano come se fossero sposati da cinquant’anni.”
“E dov’è
l’auto-rimorchio?”
domandò di nuovo Castiel, allungando il collo verso la
strada come se il
vecchio camioncino di Bobby Singer potesse spuntare
all’orizzonte da un momento
all’altro.
“Non verrà subito, c’è stata
una specie di emergenza.- spiegò quindi Dean scuotendo la
testa, ancora
incredulo di come ogni giorno ad Heaven accadessero le cose
più bizzarre- Garth
si è schiantato con il trattore contro una balla di fieno.
Fortunatamente non
si è fatto niente, solo che il vecchio trattore di suo padre
ha perso tutte le
ruote. Sì, tutte e quattro, non chiedermi come è
potuto succedere. Bobby e
Rufus sono andati a dare una mano per cercare di tirare fuori dal campo
quello
che è rimasto del mezzo e portarlo poi
all’officina per le riparazioni. Mi sono
offerto di darti un passaggio fino a casa.”
Il minore dei Novak spalancò
gli occhi blu “Oh. Veramente, sarei dovuto andare a fare la
spesa per casa e la
pasticceria…”
L’altro ragazzo sventolò una
mano con noncuranza “Ho finito il mio turno, se ti va posso
accompagnarti io.”
Castiel abbassò lo sguardo,
fissando con insistenza la punta dei propri scarponcini. Quella sarebbe
stata
la prima interazione ufficiale fra lui e Dean dopo
l’inaspettato bacio e dopo
la rottura con Lisa: il ragazzo non era certo di essere pronto ad
affrontare
una cosa simile, anche se un comportamento del genere era
così irrazionale da non
essere per niente tipico di lui “Non è necessario,
Dean,- lo rassicurò con un
sorriso timido- puoi riportarmi ad Heaven e poi da lì posso
prendere l'autobus.”
Dean alzò un sopracciglio
“Cas, vuoi davvero portare su un autobus affollato sacchi di
farina e altri
generi alimentari? Andiamo, ti accompagno io. Non mi pesa,
davvero.”
Il diciassettenne provò a
rifiutare nuovamente, ma gli occhi del giovane erano così
brillanti e il suo
sorriso così luminoso e invitante che non poté
fare altro che sussurrare “Ok.
Grazie, Dean.”
L’interno dell’Impala, in
confronto all’umida e gelida aria novembrina, sembrava il
paradiso. Castiel non
poté fare a meno di lasciarsi affondare nel morbido sedile
di pelle e di
respirare a pieni polmoni l’odore di cuoio, olio di motore e
qualcosa che era
così essenzialmente Dean
da non poter
essere identificato altrimenti. Il ragazzo era talmente preso da quelle
sensazioni e dall’incredibile senso di sicurezza e
appartenenza che gli dava il
solo essere in quella macchina che non si rese conto subito di essere
osservato
tuttavia, appena si voltò verso il posto del guidatore, Dean
era lì ad
osservarlo con un sorriso enigmatico sulle labbra.
“Che cosa
c’è?- domandò
preoccupato, portandosi automaticamente le mani alla faccia- Ho i
pomelli di
Heidi e il naso di Mastro Ciliegia, vero? Mi succede sempre, Gabriel
non fa
altro che prendermi in giro, ma non è colpa mia se soffro il
freddo…”
Il maggiore dei fratelli
Winchester scoppiò a ridere “Stavo solo
guardandoti, Cas, niente di
trascendentale.”
Ancora sghignazzando, e
trovando adorabile il modo in cui le guance di Castiel si erano
imporporate
ulteriormente, il ragazzo avviò il motore
dell’Impala e si immise nuovamente in
carreggiata e l’autoradio ripartì automaticamente
diffondendo nell’abitacolo
Bob Seger a tutto volume.
Castiel allungò
automaticamente la mano verso la manopola del volume, ma Dean la
intercettò
immediatamente “Hey! Che stai facendo?”
Il diciassettenne sbatté le
palpebre “Volevo solo abbassare un po’.”
“Ok.- concesse il guidatore,
prima di spiegare con tono eccessivamente serio- Ricorda,
però, regola numero
uno di questa macchina: chi guida sceglie la musica, il passeggero
tiene chiusa
la bocca.”
Il giovane dagli occhi blu
annuì piano, ma sul suo volto era ben visibile il
divertimento causato da
quella dichiarazione “Ma certo, Dean.”
L’apprendista meccanico
tornò a fissare la strada davanti a sé ma,
nonostante l’Impala fosse invasa
dalle note del suo genere di musica preferito, gli sembrava che
l’assenza di
conversazione fosse insopportabile. Lanciò uno sguardo
fugace all’amico da poco
ritrovato e lo osservò mentre, con le mani appoggiate sul
grembo, e gli occhi
puntati fuori dal finestrino sembrava assorto dai propri pensieri.
“Come va la tua testa?” si
ritrovò a domandare, dopo altri interminabili attimi di
silenzio.
Castiel si voltò di scatto,
preso alla sprovvista dall’inaspettata domanda
“Come? Oh, intendi per la caduta
dell’altro giorno! Bene, grazie. Era solo un brutto
bernoccolo.”
Dean aggrottò la fronte,
voltandosi per un secondo per scrutarlo con attenzione, come se in quel
modo potesse
appurare la veridicità di quell’affermazione
“Quindi ora stai meglio, giusto?”
“Sto seguendo una dieta
rinvigorente grazie a Kalì.- spiegò quindi il
diciassettenne con voce
concitata- E Becky, e Missouri, e Ellen… In effetti, a casa
abbiamo talmente
tanto cibo che nemmeno Gabriel riesce a finire tutto. Non che riesca ad
avvicinarsi a quello che portano appositamente per me, Kalì
non glielo permette
ed è davvero terrificante quando si mette in testa una cosa.
Credo che sia per
questo motivo che lui la ama così tanto e…Scusa,
sto parlando a mitraglietta,
non so perché lo sto facendo, non lo faccio mai.
Scusa.”
Il maggiore dei fratelli
Winchester si lasciò scappare una risata, per poi decidersi
a tranquillizzare
l’amico dopo essersi reso conto che era imbarazzato da quella
reazione, le
guance decorate da un acceso color ciliegia.
“Tranquillo, Cas, anche a me
capita di straparlare, a volte.- lo tranquillizzò quindi,
strizzandogli
l’occhio- Anzi, se lo chiedessi a Sam potrebbe raccontarti
diversi episodi imbarazzanti
in cui non sono riuscito a controllare la lingua. Ma non chiedergli
niente,
però. Per favore.”
Castiel ridacchiò e sembrò
subito a proprio agio, prima di puntare i suoi intensi occhi blu
sull’amico “Mi
dispiace per te e Lisa.” dichiarò, con una
sincerità tale da lasciare Dean un
po’ spiazzato.
Il ragazzo scrollò le
spalle, rivolgendogli un sorriso imbarazzato al pensiero del vero
motivo per
cui aveva dovuto lasciare la ragazza. Un motivo molto concreto, molto
umano,
con due grandi occhi innocenti e che in quel momento si trovava
così vicino a
lui che sarebbe riuscito a sfiorarlo solo allungando una mano.
“Mi dimentico sempre che in
questa città le notizie volano veloci.” si
ritrovò a borbottare invece,
sperando che nessuno dei suoi pensieri potesse essere colto.
“Mi dispiace.” ripeté il
ragazzo, come se la colpa del gossip cittadino fosse sua.
“Non è colpa tua.- lo
rincuorò Dean- E per quanto riguarda me e Lisa…
Evidentemente non eravamo poi
così adatti l’uno all’altra.”
“Sono certo che troverai
presto qualcuno.” dichiarò con una
sincerità disarmante il diciassettenne.
“Forse non dovrò nemmeno
cercare così tanto.” si ritrovò a dire
l’apprendista meccanico, non potendo
fare a meno di fissare intensamente l’amico mentre
pronunciava quelle parole.
Castiel arrossì
vistosamente, cosa che non poteva sfuggire al suo interlocutore,
nemmeno se
aveva provato a nascondere quel fatto voltandosi rapidamente verso il
finestrino.
Dal canto suo, Dean non
poteva che gioire per quella reazione, tuttavia decise di fare finta di
non
essersene accorto e cambiò argomento di conversazione
“Senti ancora Balthazar?”
“Sì.- ammise il giovane
dagli occhi blu- In fondo, siamo stati amici per molto tempo prima che
diventasse il mio ragazzo, mi sembrava stupido interrompere ogni tipo
di
rapporto fra noi solo perché la nostra relazione non ha
funzionato.”
Il guidatore alzò un
sopracciglio “Uh.”
“Ha una ragazza.” rivelò
quindi Castiel con tono neutro.
“Quel figlio di puttana!-
sbottò Dean, non riuscendo a trattenere la propria mano dal
collidersi con il
volante in un gesto di stizza- Prima ti lascia in quel modo e
poi…”
Il diciassettenne gli posò
una mano sul braccio, un tocco leggero pensato per calmare
l’amico, ma che in
realtà riuscì a stupire entrambi, essendo il
primo contatto fisico dopo
l’innominabile bacio che si erano scambiati
l’ultima volta che si erano visti
“In realtà, credo che Balthazar sia davvero
innamorato di Atropos e io sono
contento che lui sia felice.”
Dean fece roteare gli occhi
“Ma certo che lo sei, tu sei una specie di angelo.”
“Non è vero, Dean.” borbottò
Castiel aggrottando la fronte.
L’altro giovane si limitò a
ridere della sua espressione imbronciata, prima di tornare a fissare la
strada
davanti a sé. Quella breve conversazione era bastata per
ristabilire un buon
clima fra di loro e Dean non poteva che esserne estremamente felice:
ricostruire un rapporto con Castiel era così naturale che si
domandava come
avessero fatto a non averne uno per le settimane passate.
“Dean!- la voce del minore
dei Novak strappò di colpo il ragazzo dai propri pensieri-
Hai superato il
supermercato!”
Dean seguì la direzione
indicata dal dito affusolato dell’amico giusto in tempo per
vedere il
mastodontico e luminoso edificio che ospitava la loro destinazione
designata
sparire alle loro spalle “Lo so, Cas. Pensavo:
perché non andiamo a prenderci
un gelato?”
Castiel inclinò la testa di
lato, spiazzato da quella proposta “Un gelato? Ma
è quasi inverno…”
“E allora?- ribatté il
giovane meccanico scrollando le spalle- Siamo ancora giovani, Cas,
possiamo
permetterci di mangiare gelato anche in mezzo a una tempesta di
neve.”
“E la spesa?” indagò quindi
il diciassettenne, non del tutto certo di poter rimandare la
commissione che
gli era stata affidata dal fratello maggiore.
Dean gli rivolse un sorriso
abbagliante “Il
supermercato non
scapperà, te lo assicuro.”
“Tu vuoi davvero portarmi a
prendere un gelato?” domandò di nuovo il ragazzo
dagli occhi blu, un
sopracciglio inarcato.
“Sì, perché no?- il maggiore
dei Winchester scrollò le spalle, come se quel gesto potesse
dare alla sua
proposta un maggiore senso di noncuranza- In fondo, è da
tanto che non parliamo
più, io e te, così magari possiamo recuperare un
po’, no?”
Un sorriso si allargò sul
volto di Castiel “Ok. Però con questo clima
preferirei una tazza di caffè
caldo. Magari con una fetta di crostata di mele.”
Al sentire quelle parole
Dean non poté impedire ad un sorriso radioso di aprirsi sul
volto a sua volta
mentre svoltava a destra per uscire dalla statale e cercare un posto
dove potere
parlare con tranquillità.
Alla fine, il posto ideale
risultò essere una piccola caffetteria che si affacciava
sulla strada dietro ad
un ampio parcheggio semi-deserto. Il guidatore parcheggiò di
fronte all’ampia
vetrina dalla quale si intravedeva il luminoso interno del locale, con
piccoli
tavoli rotondi che sembravano essere usciti da una sitcom degli anni
Cinquanta,
così come la paffuta cameriera che si aggirava fra i tavoli
per servire caffè
caldo alla manciata di avventori e il bancone in formica dietro al
quale era
ben in mostra una macchina per i milkshake, che mescolava
ininterrottamente un
cremoso liquido rosa confetto.
Quando i due ragazzi
entrarono nel locale, tuttavia, lo trovarono caldo ed accogliente e la
cameriera, che si presentò al loro tavolo con una caraffa di
caffè fumante che
versò prontamente nelle due grandi e colorate tazze che
aveva portato per loro,
prese le loro ordinazioni con un sorriso amichevole sulle labbra tinte
di rosso
brillante.
“Non è male, questo posto.-
commentò Dean con un sorriso divertito- Se fosse
più vicino alla città, al
Mary’s dovremmo aver paura per la sua concorrenza.”
Castiel abbozzò un sorriso,
ma non ribatté. La cameriera tornò in fretta con
le loro ordinazioni,
portandogli due enormi fette di crostata di mele accompagnate da due
palline di
gelato alla vaniglia.
Il giovane meccanico non
aspettò molto prima di affondare la forchetta nel dolce e
assaporarne un grosso
boccone, mentre il ragazzo più giovane si limitò
ad osservarlo per qualche
secondo prima raccogliere un po’ di gelato sulla punta della
propria posata e
portarla alle labbra.
“Dean, che cosa stiamo
facendo veramente?” domandò, spostando di nuovo
l’attenzione dal proprio dolce
all’amico.
Il maggiore dei Winchester
deglutì un altro generoso boccone prima di rispondere
“Beviamo un caffè e
mangiamo un’ottima crostata di mele.”
“Dean…” sospirò il
diciassettenne, non molto propenso a prendere il discorso alla lontana.
“Ok.- capitolò quindi il
giovane, posando la propria forchetta sul piatto e fissando con
intensità il
ragazzo dagli occhi blu- Cas, sarò sincero con te. Non siamo
qui solo perché io
voglio recuperare il tempo perduto.”
Castiel aggrottò la fronte,
spiazzato da quella dichiarazione “No?”
“Cas, io tengo alla nostra
amicizia, davvero, e se per te fra noi potrà esserci solo
questo va bene, lo
capisco e lo accetto, però… - Dean si interruppe,
prima di esalare e fare
scrollare il capo per poi alzare lo sguardo e puntare i propri occhi
verdi in
quelli sgranati dell’amico- Noi due saremmo davvero
incredibili insieme, lo
sai, vero?”
Il ragazzo non rispose, ma a
giudicare dal color porpora che gli decorava le guance il giovane
meccanico si
rese conto di aver fatto centro. Tornò
a
divorare il proprio dolce, dando il tempo al suo interlocutore di
raccogliere i
propri pensieri, ma non poté impedirsi di osservarlo con la
coda dell’occhio
per esaminare le sue reazioni. Lo vide riprendere in mano la propria
forchetta
e portarsela alla bocca dopo aver raccolto un pezzo di torta e un
po’ di
gelato. Quegli attimi gli sembrarono interminabili, ma quando
parlò, Castiel lo
fece con voce dolce e sommessa.
“Lo penso anche io.”
sussurrò, lo sguardo fisso sul proprio piatto e le guance
ancora più rosse.
Le labbra di Dean si
aprirono in un sorriso radioso, ma decise di non forzare oltre
quell’argomento.
Se davvero fra loro sarebbe dovuta nascere una storia, voleva che tutto
accadesse naturalmente, secondo i giusti tempi, e se questo voleva dire
dover
aspettare che Castiel fosse davvero pronto…Beh, lui era
disposto ad aspettare
per quanto necessario.
“Allora…- iniziò a parlare,
cambiando argomento- Raccontami della festa di Halloween del tuo liceo.
Sammy
mi ha detto che gli è piaciuta molto e che tu hai usato quel
tuo orrendo trench
per travestirti da John Constantine.”
“Il mio trench non è
orrendo!” sbottò il diciassettenne, ma il suo viso
era di certo più rilassato
ora che erano passati ad argomenti più leggeri.
Dean si ritrovò a ridere e
presto anche Castiel fece altrettanto e tutto sembrò
ritornare ad essere facile
e perfetto fra i due amici.
Dean non era il tipo da
adottare mezze misure. Per lui tutto era o bianco o nero, senza alcuna
gradazione intermedia e, seguendo questa filosofia di vita, ogni sua
azione si
basava su questa convinzione. Per questo motivo, alla prima sera libera
dal
lavoro al locale aveva deciso di recarsi a casa dei Novak con
l’intento di
invitare Castiel al cinema cittadino, anche se non era certo di potersi
fidare
ciecamente di cosa avrebbe scelto di trasmettere Chuck Shurley nella
sala cinematografica
improvvisata nel suo salotto. Vi era stato parecchie volte con Lisa e,
se
spesso era stato abbastanza fortunato da imbattersi in una sala
semivuota dove
il democratico sistema di votazione per alzata di mano scelto dal
padrone di
casa aveva condotto alla scelta di pellicole classiche e dalla sempre
piacevole
visione, a volte vi era capitato in serate piene di gente, a suo
giudizio, con
orridi gusti riguardo i film, tanto che aveva dovuto sorbirsi spesso
l’ennesima
ed improbabile commedia romantica con protagoniste attrici rigettate da
serie
televisive e smaniose di darsi al grande cinema, oppure film
più conosciuti per
l’esorbitante budget utilizzato per la loro realizzazione che
per la loro vera
e propria trama.
Mentre alzava il pugno per
bussare alla porta di casa Novak, quindi, il giovane Winchester sperava
con
tutto il cuore che quella sera tutto sarebbe potuto andare per il verso
giusto,
permettendo a lui e a Castiel di ristabilire e rafforzare quel forte
legame che
si era instaurato fra di loro fin dal primo momento in cui si erano
presentati.
Era talmente preso dai
propri pensieri che non si rese conto per diversi minuti che il suo
bussare si
era rivelato infruttuoso. Decise quindi di ripiegare sul campanello che
immediatamente produsse una musichetta sgraziata e fastidiosa, ma anche
quel
richiamo non provocò alcuna reazione all’interno
della casa.
Il ragazzo stava per
andarsene, infastidito che il suo programma di passare una tranquilla
serata
con Castiel fosse andato in fumo, quando si accorse
dell’insolito
chiacchiericcio proveniente dalla casa accanto a quella dei Novak.
Solitamente,
Dean non era solito mettere il becco negli affari altrui, ma non si
poteva
nemmeno dire che il ragazzo non fosse curioso, quindi era
più che normale che il
giovane decidesse di restarsene lì, immobile appena fuori
dal cancello dei
Novak, con lo sguardo fisso sulla casa illuminata di Becky Rosen nella
speranza
di potere captare in qualche modo cosa stesse succedendo al suo
interno.
Fu solo l’improvviso aprirsi
della porta di ingresso, il cui legno era stato recentemente
riverniciato di
una stucchevole tonalità blu, a farlo sobbalzare,
distraendolo dalla propria
indagine. E, incredibilmente, a raggiungere il bordo della strada,
ritrovandosi
in una posizione esattamente speculare a quella in cui si trovava lui
in quel
momento, fu proprio la sola persona che desiderava vedere quella sera.
“Dean.- gli occhi blu di
Castiel sembravano ancora più grandi, spalancati
com’erano dallo stupore per
quell’inaspettato incontro- Che cosa ci fai qui?”
Il giovane meccanico indicò
col pollice dietro alla propria spalla, verso la casa
dell’amico, mentre
muoveva qualche passo per raggiungerlo “In effetti stavo
cercando te. Come mai
sei a casa di Becky Rosen? E come mai c’è tutta
questa gente?”
Il diciassettenne lasciò
cadere il grosso sacco nero della spazzatura che stringeva in una mano
di
fianco ad un bidone ormai troppo pieno
“C’è una veglia funebre.”
“Oh, non lo sapevo.- Dean
aggrottò la fronte, notando solo in quel momento il cardigan
nero indossato
dall’amico sopra a dei pantaloni dello stesso colore- Chi
è morto? Qualche
parente di Becky?”
“Mr Fluffy.” rispose
Castiel, con espressione grave ed estremamente seria.
Il maggiore dei fratelli
Winchester sbatté le palpebre più volte
“Mr Fluffy?”
“Il suo gatto.” specificò
quindi l’altro giovane, come se Dean avesse avuto bisogno di
quella
chiarificazione.
“Oh.- esalò quindi il
ragazzo dagli occhi verdi- Non sapevo che uno dei gatti di Becky fosse
morto.”
Castiel si strinse nelle spalle
“Sì. Mr Fluffy non è più tra
noi da tre anni, ormai.”
“Come?” Dean si ritrovò di
nuovo a scuotere la testa, incredulo.
“Ho detto che…”
Il giovane meccanico lo
bloccò immediatamente “No, ho sentito cosa hai
detto. La mia era più
un’esclamazione piena di incredulità.”
“E perché mai?” domandò
quindi il diciassettenne, inclinando la testa di lato come un piccolo
passerotto curioso.
Dean scrollò le spalle “Beh,
non solo questa è una veglia per un gatto morto, ma
è anche una veglia per un
gatto morto anni fa. La cosa è del tutto surreale.”
“Perché?” chiese di nuovo
l’altro ragazzo, sinceramente stupito dallo sconcerto
dell’amico.
Il maggiore dei due fratelli
Winchester non poté che aprirsi in un sorriso bonario nel
notare l’espressione
del proprio interlocutore “Diciamo che sono certo che
è uno di quegli eventi
che accadono solo a Heaven.”
“Oh.- esalò Castiel,
sbattendo le palpebre in rapida successione- Ed è una cosa
positiva o
negativa?”
Dean storse le belle labbra
carnose in una smorfia, mentre fingeva di pensare ad una risposta
adeguata
“Sai, devo ancora pensarci bene, ma non credo che sia
negativa.”
Il volto del giovane Novak
si aprì in un sorriso che lasciava intravedere anche delle
perfette gengive
rosate “Ne sono felice.- dichiarò, prima di
aggiungere timidamente- Vorresti…
Vorresti entrare? Sono certo che Becky sarebbe felice di vedere anche
te in
quest’occasione, non importa il fatto che non hai conosciuto
Mr Fluffy.”
L’apprendista meccanico non
era esattamente certo che imbucarsi ad una veglia funebre in memoria di
un
gatto fosse in cima alla sua lista dei desideri riguardo a come passare
una
piacevole serata, ma Castiel si trovava proprio di fronte a lui e lo
aveva
invitato fissandolo con quei suoi grandi e limpidi occhi color cielo, e
come
diavolo avrebbe potuto dirgli di no, allora?
“Ma certo.” sorrise il
ragazzo, seguendo immediatamente l’amico fino
all’interno della casa di Becky.
Il piano terreno
dell’abitazione brulicava di vita. Dean dovette restare
attento per non perdere
di vista l’amico in quel mare di persone che si muoveva
lentamente da un punto
all’altro della casa, partendo dalla piccola cucina, che gli
ricordava come da
piccolo aveva immaginato la casetta dei sette nani e di Biancaneve,
fino ad
arrivare alla grande sala da pranzo con annesso salotto, caratterizzata
da un
arredamento iper-femminile e con parecchi elementi che definire kitsch
sarebbe
stato fin troppo clemente. Una volta raggiunto il grande tavolo da
pranzo
rettangolare, per l’occasione strabordante di cibo e bevande
e spostato lungo
una parete tappezzata di quadri dalle cornici ingombranti, Castiel si
voltò
verso il maggiore dei Winchester e gli consegnò un bicchiere
di punch
analcolico che era riuscito a servirsi nonostante
l’incredibile affluenza
intorno all’area buffet.
“Questo punch è rosa.”
dichiarò il ragazzo, osservando con sospetto il drink che
stringeva fra le
mani.
Il giovane Novak scrollò le
spalle “Becky sostiene che è una ricetta di
famiglia tramandata da
generazioni.”
“Ugh. Sa di
rosa!” Dean fece una smorfia dopo avere deglutito quel
liquido, sperando che quel gusto eccessivamente zuccherino e innaturale
potesse
lasciare così più in fretta le sue papille
gustative.
Di fianco a lui, Castiel
scoppiò in una risata cristallina “Non posso
credere che tu l’abbia bevuto
veramente!”
L’apprendista meccanico
incrociò le braccia al petto “Beh, io non posso
credere che tu mi abbia offerto
un drink imbevibile solo per prenderti gioco di me.”
Il diciassettenne gli
rivolse un sorriso brillante “E’ una sorta di
iniziazione. Non puoi essere un
vero abitante di Heaven se non sei stato beffato da questo trucchetto
almeno
una volta: tutti in città hanno bevuto questo drink e quasi
nessuno lo ha mai
apprezzato.”
Dean alzò un sopracciglio
“Fammi indovinare: tuo fratello è uno di quelli
che si sono voluti far dare la
ricetta.”
“Purtroppo sì.- ammise
l’altro giovane con un sospiro- Il suo amore per gli zuccheri
varca confini che
pochi umani sarebbero in grado di superare.”
Il maggiore dei fratelli
Winchester sorrise: la serata non stava certo andando come se
l’era immaginata,
ma doveva ammettere che per quanto fosse assurdo trovarsi alla veglia
funebre
di un gatto (il cui ritratto, corredato da volant e fiocchetti color
pastello,
svettava in modo inquietante sopra al caminetto) la sola
compagnia di
Castiel rendeva tutto molto più che sopportabile. Il ragazzo
accettò di buon
grado un nuovo bicchiere offertogli dall’amico, questa volta
apparentemente
pieno di semplice cola, e ben presto i due furono raggiunti dalla
padrona di
casa in persona.
Becky indossava un vestito
nero e l’aria affranta di chi era appena venuta a conoscenza
della morte di un
parente. Dean, dal canto suo, trovava quell’intera situazione
assurda ma,
dopotutto, l’unico animale domestico che avesse mai
posseduto, nonostante le
continue suppliche di Sam ai suoi genitori per avere un cane, era stato
Zep, un
pesce rosso che aveva vinto ad un gioco al luna park quando aveva sei
anni e
che, come aveva scoperto anni dopo, sua madre sostituiva ogniqualvolta
il
piccolo animale dipartiva prematuramente per non fare affrontare al suo
bambino
la sua prima morte.
“Oh, Dean.- disse la
ragazza, afferrandogli la mano con il trasporto dell’eroina
di un romanzo rosa-
Grazie di essere venuto. Sono certa che Mr Fluffy avrebbe shippato il
Destiel
come faccio io.”
Il giovane non fece in tempo
a chiedere spiegazioni che Becky era di nuovo sparita, andata
chissà dove a
raccogliere altre condoglianze “Cosa?- domandò
voltandosi verso Castiel- Di che
diavolo stava parlando?”
Il diciassettenne sbatté più
volte le palpebre, altrettanto confuso “Non ne ho
assolutamente idea.”
Il trillo acuto del
campanello della porta del Mary’s gli sembrò quasi
un suono alieno, tanto era
il tempo in cui non aveva più messo piede in quello che un
tempo era il suo
locale preferito.
Castiel seguì a ruota Meg,
Inias e Samandriel, che si affrettarono ad occupare uno dei loro tavoli
preferiti, nell’angolo in fondo al locale, proprio di fianco
al grande scaffale
blu che ospitava la cospicua collezione di tazze da caffè e
di fronte alla
grande vetrina che si affacciava sulla strada principale di Heaven, e
gli parve
quasi di essere tornato a casa dopo un viaggio fin troppo lungo.
“Dio, come mi è mancato
questo posto!” esclamò Meg, scollandosi dalle
spalle la sua adorata giacca di
pelle e appoggiando poi pesantemente la schiena contro lo schienale
della
sedia.
Castiel aggrottò la fronte
mentre la osservava afferrare il menù ed esaminarlo come se
fosse stato un
preziosissimo manufatto “Da quant’è che
non vieni? Hai sempre fatto colazione
qui tutti i giorni.”
La ragazza alzò un
sopracciglio in sua direzione “Ma questo era prima,
Castiel.”
“Prima?” ripeté confuso il
giovane, inclinando leggermente la testa di lato.
“Se il tuo migliore amico
litiga con qualcuno, tu hai il sacrosanto dovere di boicottarlo in
qualsiasi
modo.- spiegò quindi Meg con tono condiscendente-
È una regola sociale
piuttosto conosciuta, Clarence, e tu lo sapresti se non fossi
così socialmente
inetto.”
Il minore dei fratelli Novak
sbatté le palpebre, stupito “Ma tu adori il
caffè che fanno qui.”
“E questo la dice lunga su
quanto io sia un’amica perfetta.- ribadì la sua
migliore amica con un sorriso
furbo sulle labbra dipinte di cremisi- Ricordatene quando dovrai
comprarmi il
regalo di Natale. E quello di compleanno. Anzi, credo che dovresti
inventarti
delle nuove occasioni in cui dimostrare la tua gratitudine attraverso
un pegno
materiale.”
“Ci sembrava un po’ strano
frequentare questo posto senza di te, così per un
po’ abbiamo evitato di venire
qui.” aggiunse quindi Inias, alzando leggermente le spalle.
Samandriel annuì, concorde
“Oltretutto, incontrare Dean sarebbe stato ancora
più strano. Voglio dire, dopo
che tu e lui…”
Il più giovane dei quattro
amici si interruppe di colpo nel momento in cui John Winchester si
avvicinò al
loro tavolo e depositò un piatto su cui torreggiava la
più alta pila di pancake
ai mirtilli mai vista.
“Ecco qua, Castiel.” disse,
e anche se non gli stava sorridendo apertamente, il solo fatto che
avesse fatto
quel gesto per lui fece sciogliere un po’ il cuore del
diciassettenne.
“Ma io non ho ancora
ordinato.” quella di Castiel non era proprio una protesta: il
profumo che
proveniva da quel piatto decisamente troppo delizioso per potersene
lamentare
in alcun modo.
John fece roteare gli occhi
“Vuoi davvero farmi credere che tu non avresti ordinato i
tuoi pancakes ai
mirtilli preferiti?”
“In effetti, volevo ordinare
proprio questi, signor Winchester.- ammise quindi il ragazzo con un
sorriso
aperto sulle labbra- Grazie mille.”
“Io non mi spiego come tu
possa essere così educato quando so per certo che sei stato
allevato da
Gabriel.” dichiarò il proprietario della tavola
calda, scuotendo appena la
testa.
Meg si sentì in dovere di
intervenire, un ghigno divertito sul bel volto “Credo che
Clarence cerchi di
compensare in ciò che manca proprio a suo
fratello.”
“O ad alcuni dei suoi
amici.” aggiunse quindi prima di andarsene con i loro ordini.
Il gruppo di amici osservò
l’uomo sparire dietro il bancone, ma la giovano non
riuscì a trattenersi dal canticchiare
con tono beffardo “Guarda, guarda, guarda: hai già
l’approvazione del suocero.”
“Meg!” sbottò Castiel, le
guance color porpora.
Samandriel gli rivolse un
sorriso divertito “Beh, di certo non ha portato la
colazione di sua spontanea
volontà a uno di noi…”
“L’ha fatto perché io sono
amico dei suoi figli.- cercò di giustificarsi il
diciassettenne, lo sguardo
basso e ben inchiodato ai propri pancakes- E sottolineo amico.
E poi, ho anche aiutato Sam con
la scuola per diverso tempo.”
I tre
amici si lanciarono
un’occhiata complice “Uh-uh.”
assentirono, con un notevole sarcasmo, in coro.
Castiel
sbuffò sonoramente, prima di afferrare la propria
forchetta
e assaggiare un primo e celestiale boccone dei famosi pancakes di John
Winchester.
Ma non
fu il padrone della tavola calda ad avvicinarsi di nuovo a loro
con le loro ordinazioni. Quando il ragazzo alzò lo sguardo
per ringraziare per
l’ottima colazione che gli era stata offerta si
trovò di fronte proprio la
fonte dei propri turbamenti.
Dean gli rivolse il suo patentato sorriso da seduttore “Hey,
Cas.”
“Salve Dean.” si ritrovò a rispondere il
diciassettenne, in quell botta
e risposta tanto familiare di cui aveva sentito terribilmente la
mancanza.
Era quasi ridicolo, e Meg glielo avrebbe detto, più tardi.
Sembrava
quasi che ci fosse una calamita a tenerli fermi lì,
l’uno impercettibilmente
sporto verso l’altro, ognuno dei due incapace di distogliere
lo sguardo per
primo.
Inias si schiarì la gola nel tentativo di attirare
l’attenzione di uno
qualsiasi dei due ragazzi, ma il suo sforzo fu tristemente
fallimentare.
Fu l’intervento di John a liberare il gruppetto da
quell’impasse.
“Dean!- l’uomo chiamò da dietro il
bancone- Farai
tardi per il tuo turno
da Bobby.”
Il giovane meccanico si
riscosse, pur senza perdere il proprio atteggiamento spavaldo
“Sì, certo, stavo
andando.” disse, rivolgendo a Castiel l’ennesimo
sorriso.
Il diciassettenne rifletté
la sua espressione serafica “Buon lavoro, Dean.”
“Grazie.- rispose Dean,
questa volta un po’ spiazzato dallo sguardo limpido e aperto
dell’amico- Uh, ci
vediamo in giro, Cas.”
Il maggiore dei due fratelli
Winchester non fece in tempo a recuperare la sua giacca di pelle,
infilarsela,
e uscire dalla porta del locale per salire a bordo della propria
macchina per
andare al lavoro, che i tre amici di Castiel si erano voltati verso di
lui per
fissarlo insistentemente, tutti con una luce divertita nello sguardo.
“Che c’è?” borbottò
il
ragazzo, le gote arrossate nonostante tentasse di non far trapelare il
proprio
imbarazzo.
“Ci vediamo in giro, Cas.”
trillarono quindi in coro Meg, Inias e Samandriel, scimmiottando il
commiato
che gli aveva dato Dean.
Castiel si lasciò sfuggire
un lamento dalle labbra e gli altri tre scoppiarono in una risata
fragorosa.
“Muoviti, siamo in
ritardo!”
Sam piantò una mano in mezzo
alle scapole del fratello, sperando così di spingerlo
fisicamente verso la
scuola di ballo di Pamela Barnes, dove la mensile assemblea cittadina
doveva
essere cominciata già da qualche minuto, dato che a parole
non era stato in
grado di esortarlo a dovere. Dean, dal canto suo, essendo un fratello
maggiore,
e per questo motivo con la vocazione naturale di trovare i modi
più immaturi
per far perdere la pazienza al proprio fratellino, piantò i
piedi a terra e
fece ancora più resistenza ad affrettare il passo.
“Semplicemente non capisco
perché dobbiamo andare entrambi.- si lamentò per
l’ennesima volta il giovane-
Voglio dire, potevo stare a casa anche io ad aiutare papà
con gli ordini.”
Dean riuscì ad immaginare
dal tono della voce del fratello come stesse facendo roteare gli occhi
in quel
momento “Dobbiamo andare entrambi a questa assemblea
cittadina perché Zachariah
ha raccomandato tutti quanti di presentarsi data l’importanza
dei temi che
verranno trattati, e dato che non siamo ancora pronti ad affrontare uno
di
questi eventi comunitari da soli…”
“Perché alla maggior parte
degli abitanti di questa città manca qualche
venerdì...” si sentì in dovere di
sottolineare l’apprendista meccanico.
“…dobbiamo per forza essere
presenti entrambi.- concluse Sam, ignorando quanto detto dal fratello-
Inoltre,
vorrei ricordarti che questa sera saranno presenti proprio tutti. Hai idea di che cosa voglia
dire?”
Dean alzò un
sopracciglio
“Che la sala da ballo sarà molto
affollata?”
“Che Castiel sarà lì!”
sbottò quindi il quindicenne, scostandosi un ciuffo di
soffici capelli castani
dagli occhi.
Il maggiore dei due
Winchester lo fissò guardingo
“E…?”
“E quindi potresti
comportarti da uomo e deciderti a chiedergli di uscire.-
spiegò semplicemente
il liceale, rivolgendogli un ghigno divertito- Non come hai fatto
l’ultima
volta.”
“Eravamo a una veglia
commemorativa!” protestò immediatamente Dean.
Sam gli rivolse un’occhiata
scettica “Di un gatto.”
“Non era il luogo adatto.”
ribadì il maggiore dei due ragazzi incrociando le braccia al
petto.
“E quale sarebbe il luogo
adatto?- incalzò quindi Sam- Ti stai preparando a
individuare la situazione
perfetta guardando delle commedie romantiche?”
Dean spalancò gli occhi,
oltraggiato, ma riacquistò immediatamente la propria
parlantina “Quando sarà il
momento adatto lo saprò, Sammy. Perché non pensi
alla tua Jessica, invece di
intrometterti nella mia vita sentimentale?”
“Io e Jessica stiamo
benissimo insieme, lo sai anche tu.” borbottò
quindi il quindicenne, lo sguardo
rivolto alla punta delle proprie scarpe, ancora imbarazzato sia di
avere una
ragazza tanto bella, che dal fatto che tutta la città ne
fosse a conoscenza..
L’apprendista meccanico
sorrise, soddisfatto di aver finalmente spostato l’attenzione
del fratello
“Beh, vista l’insistenza con cui ti diverti a
giocare a fare il cupido e il
modo in cui ti interessi alle mie relazioni come una pettegola di paese
potrei
avere qualche dubbio a riguardo.”
Sam non lo degnò nemmeno di
una risposta. Lo fulminò con lo sguardo e, quando ebbe
constatato che le porte
della scuola di ballo erano già chiuse ad indicare che
l’assemblea cittadina
aveva già avuto inizio, si ritrovò a scuotere la
testa, scocciato per il loro
ritardo e per il fatto che era stato proprio Dean a causarlo.
“Siamo in ritardo!” sibilò,
mentre scivolavano all’interno della grande sala cercando di
essere più
silenzioso possibile.
“E allora?- protestò Dean,
imbronciato- Ci siamo persi solo i battibecchi iniziali su quale doveva
essere
il primo argomento da discutere.”
“Muoviti!” intimò di nuovo
Sam, prima di chiudere la porta alle spalle del fratello.
La sala era piena e,
fortunatamente, gli abitanti di Heaven erano talmente immersi in
un’animata
discussione su quanto fosse legale o meno che il liceo bloccasse il
traffico
cittadino senza richiedere alcun permesso per la tradizionale annuale
sfilata
della banda musicale, da non accorgersi del loro arrivo.
“Oh, fantastico.- borbottò
il maggiore dei due fratelli Winchester, guardandosi intorno- Nessun
posto a
sedere.”
Sam gli strattonò leggermente
il braccio, indicando poi un punto poco lontano da loro
“Guarda, c’è posto
vicino a Castiel.”
Dean seguì il dito del
fratello prima di aggrottare le sopracciglia “Possiamo sempre
restarcene in
piedi qui in fondo senza dover disturbare nessuno.”
“Hai presente quanto parla
Zachariah?- domandò quindi il quindicenne alzando un
sopracciglio- Io non sto
in piedi per tutto questo tempo solo perché tu sei
emotivamente costipato.”
“Andiamo, Sam, che cosa ti
costerebb- Sam!” il giovane non riuscì a finire la
frase dato che il fratello
minore aveva deciso di ignorarlo totalmente per andare ad affiancarsi a
Castiel.
“Hey, Cas.- sorrise Sam- Ti
dispiace se io e Dean ci sediamo qui con te?”
Il diciassettenne rivolse ad
entrambi i Winchester un sorriso radioso “Ma certo.”
Sam non si fece ripetere
l’invito due volte. Si sedette in fretta, lasciando
volontariamente libero il
posto di fianco all’amico di modo che fosse proprio Dean a
sedersi vicino a
lui.
L’apprendista meccanico non
si fece di certo sfuggire questo piccolo sotterfugio e si
affrettò a lanciare
all’altro uno sguardo scocciato che tuttavia gli
svanì immediatamente dal volto
non appena Castiel si sporse verso di lui per sussurrargli
“Ciao, Dean.”
Le labbra carnose del
giovane si aprirono subito in un sorriso “Hey, Cas.”
Castiel gli sorrise di
rimando, prima di tornare a concentrarsi sulla discussione in corso.
Ora che si
trovava lì con lui, però, Dean non riusciva a
farsi scappare l’occasione di
parlare un po’ con lui, anche di qualche argomento banale.
“Gabriel non c’è?”
domandò,
quindi, sporgendosi leggermente verso l’amico.
Il minore dei Novak scrollò
le spalle “Inventario.”
“Mio padre ha usato la scusa
degli ordini.” rivelò quindi Dean, facendo roteare
gli occhi.
“Oh, la sua non è una scusa,
credimi.- lo informò quindi Castiel- Kalì
l’ha praticamente obbligato a
rimanere in pasticceria a farlo: lui odia fare l’inventario,
e adora invece
queste assemblee.”
Dean si ritrovò a
ridacchiare immaginandosi la donna indiana comandare a bacchetta il
solitamente
indomabile Gabriel “Beh, io farei volentieri a cambio con
lui.”
“A me le assemblee cittadine
piacciono, invece.- confessò invece Castiel con un sorriso
timido- A volte,
anche se questa città è molto piccola e tutti
sanno tutto di tutti, è difficile
trovare l’occasione per vedersi con certe persone con cui non
si è molto amici.
Invece così possiamo mantenere sempre un buon
rapporto.”
L’apprendista meccanico
sbatté le palpebre, sorpreso da quel modo di pensare. Certo,
Lawrence non era
certo una metropoli tentacolare e quando vi aveva vissuto la
città gli era
sembrata piccola e provinciale, tuttavia, ora che si trovava davvero in
un puntino
di America talmente minuscolo da non essere nemmeno segnato sulle
cartine
stradali, un modo di pensare del genere lo stupiva e gli provocava
un’incredibile tenerezza “Sì, immagino
sia una buona cosa. Non sono ancora del
tutto abituato a vivere in un paese così piccolo.”
Castiel inclinò leggermente
la testa mentre lo scrutava, come se in quel modo potesse intuire le
risposte alle
proprie domande prima ancora di formularle “Ma stare qui ti
piace, giusto?”
“Stranamente…sì.” ammise
quindi l’altro giovane con un sorriso radioso sulle labbra, e
non poté che
essere soddisfatto non appena notò che, nel voltarsi,
l’amico stava sorridendo
a sua volta.
Dean continuò ad osservarlo
con la coda dell’occhio, quindi non fu del tutto stupito
quando il
diciassettenne allungò verso di lui un contenitore di
plastica da cui proveniva
un profumo celestiale.
“Vuoi un muffin?” gli
domandò Castiel con un sorriso timido. Nell’altra
mano teneva a sua volta un
piccolo dolcetto coperto da zuccherini colorati.
Il maggiore dei due
Winchester sbatté le palpebre, comunque confuso da
quell’offerta , decisamente
bizzarra considerando dove si trovavano in quel momento
“Come?”
“Gabriel sta sperimentando
nuove ricette, ultimamente, e visto che non ho ancora cenato mi ha dato
qualche
campione da assaggiare.- spiegò quindi il ragazzo- Poi ne
porterò un po’ a casa
di Inias: Gabriel non ha mezze misure e se mangiassi tutti questi
muffin mi
verrebbe una crisi iperglicemica.”
Dean allungò una mano ed
afferrò il primo muffin che gli capitò a tiro:
non era certo da lui rifiutare
del cibo, soprattutto quando era gratis e sapeva per certo che era
ottimo.
Dopo il primo morso, infatti,
si ritrovò a mugolare, estasiato “Ommiodio! Sa di
crostata di mele! Questa
ricetta la deve assolutamente tenere.”
Castiel scoppiò in una
risatina sommessa nel vedere il suo entusiasmo “Ok, glielo
dirò. Ne vuoi
assaggiare ancora?”
“Sai una cosa?- disse quindi
l’apprendista meccanico, leccandosi la punta delle dita
sporche di zucchero
prima di afferrare un altro dolce- Queste assemblee cittadine fatte in
stile
Novak non sono affatto male.”
I giovani, le bocche piene
dei deliziosi muffin di Gabriel, tornarono a rivolgersi verso
Zachariah, che
stava ancora parlando “E vi volevo ricordare
dell’asta benefica dei cestini che
si terrà in favore del centro geriatrico diurno. E, vi
prego, non usate questo
evento come un’occasione per svuotare casa dei cibi avariati.
Capito, Lilith?
Non credo che la città sarebbe in grado di sopportare
un’altra intossicazione
alimentare.”
Dean aggrottò la fronte,
voltandosi verso il fratello che, a quanto ne sapeva, considerando la
sua
natura di secchione, doveva di sicuro essere rimasto attento per tutta
l’assemblea cittadina “Che
cos’è quest’asta dei cestini?”
“Oh, è un’iniziativa
benefica che si fa ad Heaven da decenni.- spiegò quindi Sam,
con una sicurezza
tale da far credere che avesse vissuto per tutta la vita in quella
piccola
città- Una tradizione. Se fossi stato un po’
più attento, invece di flirtare
con Castiel tutto il tempo, sapresti di che cosa si tratta.”
“Non stavo flirtando!-
sbottò quindi il maggiore dei due fratelli- Stavamo
assaggiando muffin, te ne
abbiamo anche passati un paio, o sbaglio? In che cosa consisterebbe
quest’asta,
comunque?”
Il quindicenne gli rivolse
un’occhiata scettica, prima di rispondere comunque alla sua
domanda “Beh, a
quanto mi ha detto Jess inizialmente le donne di Heaven preparavano dei
cestini
da picnic e poi gli uomini potevano fare un’offerta, anche se
non sapevano di
chi fosse il cestino, e chi se lo aggiudicava andava con chi
l’aveva preparato
a mangiare al parco. Ultimamente è stato ritenuto sessista
che solo le donne
potessero preparare i cestini, così ora chiunque
può decidere di partecipare
all’asta preparando i cestini.”
Dean rifletté su quella
bizzarra usanza per un po’ prima di rivolgere un ghigno al
fratello minore “E
tu hai già rotto il salvadanaio per aggiudicarti il cestino
di Jess, vero?”
“Sta zitto!- protestò
immediatamente Sam, rosso in volto- Piuttosto, mi ha detto che Castiel
ormai
partecipa da anni.”
Quella rivelazione fece
spalancare gli occhi al giovane dagli occhi verdi
“Uh?”
“Direi che dovrai chiedere a
Bobby un anticipo sullo stipendio.” ridacchiò un
po’ petulantemente il minore
dei due fratelli.
Il giorno dell’asta dei
cestini il sole splendeva sorprendentemente sopra Heaven.
Dean era stato decisamente
scettico quando gli avevano spiegato che, nonostante l’evento
si svolgesse
all’inizio dell’inverno, non c’era mai
stato un anno in cui la tradizionale
asta dei cestini si fosse dovuta rimandare a causa di
avversità atmosferiche.
Eppure, per quanto fosse folle organizzare dei picnic in quel periodo
dell’anno, il giovane doveva ammettere che quella era una
giornata più che
perfetta per godersi un pasto all’aria aperta, magari con una
coperta
appoggiata sulle gambe.
Ciò che lo aveva stupito
ancora di più, comunque, era l’enorme
partecipazione della cittadina ad un
evento simile. Perfino Bobby, il suo burbero datore di lavoro, aveva
deciso di
chiudere l’auto-officina e recarsi in piazza per fare la
propria offerta.
Quando lui e Rufus l’avevano stuzzicato riguardo la sua
speranza di riuscire ad
individuare il cestino di Ellen Harevelle, tuttavia, l’uomo
aveva borbottato
che dovevano smetterla di comportarsi come vecchie pettegole e
ringraziarlo per
la giornata di ferie pagate che gli concedeva in via del tutto
straordinarie.
Le strade di Heaven erano
state decorate con festoni colorati, gentilmente offerti dal minimarket
cittadino, come si era premurato di sottolineare Zachariah Adler, e
risalenti
probabilmente ad un epoca antidiluviana, come invece aveva informato
tutti,
ridacchiando, Pamela Barnes. Il gazebo al
centro della
piazza, invece, era letteralmente sommerso da cestini da picnic di
varie
dimensioni e fatture. Missouri Mosely, una ridente donna di colore,
membro da
anni del consiglio cittadino e che si vociferava fosse una sensitiva a
causa
della sua abilità di conoscere molte più cose
sulla città e sui suoi abitanti
rispetto a chiunque altro, era indaffarata a condurre l’asta,
valutando le
varie offerte e distribuendo i cestini aggiudicati, con un piglio quasi
professionale, ma nonostante ciò Dean non poteva che trovare
l’intera
situazione totalmente surreale.
Ciò, ovviamente, non gli
aveva impedito di avere davvero chiesto a Bobby un anticipo sul suo
stipendio
mensile. E forse, ok, pensava davvero che riuscire ad aggiudicarsi il
cestino
preparato da Castiel e passare con lui un po’ di tempo
pranzando in un angolo
appartato del parco cittadino potesse essere l’occasione
perfetta per cambiare
un po’ la situazione di stallo che si era creata fra di loro.
Quello a cui non aveva pensato,
purtroppo, era come avrebbe riconosciuto il cestino preparato dal
ragazzo dagli
occhi blu.
L’apprendista meccanico
osservò con apprensione mentre Missouri consegnava ad un
soddisfatto Gordon
Walker un gigantesco cestino di vimini. E se fosse stato quello il
cestino di
Castiel? Non sopportava l’idea che il diciassettenne dovesse
passare del tempo
con quel tizio arrogante e strafottente, né tantomeno che il
cibo da lui
preparato finisse proprio a lui. I suoi pensieri, tuttavia, si
dissiparono non
appena un desolatissimo Samandriel raggiunse Gordon ai piedi del
gazebo. Dean
non poté trattenere una smorfia: nemmeno Samandriel, in
fondo, aveva meritato
un simile castigo del destino.
Missouri alzò un altro
cestino, meno capiente di quello precedente, ma dall’aria
semplice e senza
alcuna caratteristica che potesse anche solo suggerire chi era stato a
prepararlo. Il giovane si passò una mano sulle labbra:
Castiel non era certo un
tipo stravagante, per quanto riguardava l’apparenza
esteriore, quindi avrebbe
anche potuto trattarsi di qualcosa preparato da lui, ma come poteva
esserne
sicuro? C’erano decine di altri cestini altrettanto semplici
nel mucchio che
doveva ancora essere messo all’asta, e il cestino di Castiel
poteva benissimo
essere anche uno di quelli.
Il giovane iniziò a
guardarsi intorno alla ricerca del volto dell’amico nella
folla, sperando
magari di trovare qualcosa nel suo limpido sguardo color cielo che
potesse
suggerirgli se doveva alzare la mano per fare una contro offerta
rispetto a
quella appena proposta da Garth, oppure no.
“Fossi in te farei
un’offerta ora.” gli suggerì una voce
alla sua destra.
Dean si voltò di scatto,
stupendosi nel vedere di fianco a sé Meg Master, una dei
migliori amici di
Castiel “Come dici?”
“Se non fai una buona
offerta adesso qualcun altro si aggiudicherà questo cestino
e, credimi, tu non
vuoi proprio che questo avvenga.” continuò a
parlare la ragazza, facendo
roteare gli occhi con aria di sufficienza.
L’apprendista meccanico inarcò
un sopracciglio “E perché mai?”
Meg mimò la sua espressione,
facendolo sentire un po’ stupido in verità
“Perché quello è il cestino di
Clearance, e anche se mi diverto un mondo a vedervi lanciare
l’uno all’altro
occhiate languide e sospirare come se foste i protagonisti di un
romanzo di
Jane Austen, credo davvero che uno di voi due dovrebbe muovere qualche
passo
concreto per portare questo vostro bizzarro rapporto ad un livello
successivo.”
Il maggiore dei due fratelli
Winchester incrociò le braccia al petto “Sai, non
credo che questi siano
proprio affari tuoi.”
“Al contrario, invece.- si
affrettò a contraddirlo la ragazza- In quanto migliore amica
di Clearance io ho
il sacrosanto dovere di intromettermi in qualsiasi aspetto della sua
vita in
nome del mio desiderio che lui sia sempre felice.”
“Ciò non ti giustifica
dall’essere impicciona, sai?” la informò
Dean scuotendo la testa.
Meg sbuffò “Lo dici come se
mi importasse qualcosa del giudizio altrui su di me. Comunque, se
continui a
chiacchierare e non farai subito un’offerta il tuo dolce
innamorato con gli
occhi blu si ritroverà ad avere un romantico picnic in
compagnia di Garth.”
Il solo pensiero gli fece
alzare il braccio di scatto “Offro centocinquanta
dollari!”
Meg spalancò gli occhi,
stupita da quell’offerta più che generosa per un
semplice cestino e suo
fratello, che già stringeva fra le braccia il cestino
decorato con fiori di
Jess, gli rivolse un ghigno divertito.
Missouri dal canto suo,
emise un lungo fischio “Direi che quest’offerta
potrebbe essere quella
vincente. C’è qualcun altro che vuole offrire di
più? Posso assicurarvi che
questo cestino ne vale la pena.”
Dean non lasciò che la donna
continuasse oltre “Potremmo andare avanti?”
“Il battitore di quest’asta
sono io, Dean Winchester, e lo sono da anni.- lo rimproverò
Missouri- Non
essere troppo impaziente e lascia che faccia il mio dovere.”
Il giovane sbuffò, ma si
cacciò le mani nelle tasche dei jeans e aspettò i
tre colpi di martello che
dichiaravano che lui aveva finalmente ottenuto quel che voleva.
“Allora, ragazzo, eri così
impaziente…- la donna di colore ammiccò verso di
lui, sventolando leggermente
il cestino che stringeva fra le mani- Vieni pure a ritirare il tuo
premio.”
Dean la fissò guardingo. Non
gli piaceva come la signora Mosley sembrasse sempre di sapere molto di
più di
quello che stava succedendo rispetto a chiunque altro. Che si fosse
sbagliato?
Che Meg avesse voluto tirargli un tiro mancino di qualche tipo e gli
avesse
fatto acquistare il cestino di Becky Rosen?
“Congratulazioni, ragazzo.”
gli mormorò la donna mentre gli passava il suo premio, prima
di fargli
l’occhiolino e di fare un cenno col capo verso la sua destra.
E, finalmente e
incredibilmente, Castiel era lì, con un sorriso timido
disegnato sulle labbra e
le guance arrossate per un motivo che, Dean ne era certo, non era per
niente
correlabile alla fresca aria degli ultimi giorni di autunno.
“Quello è il mio cestino.”
disse quindi il diciassettenne, anche se ormai era più che
evidente.
Dean gli rivolse un ghigno
quasi strafottente “Proprio quello che speravo.- ammise- Che
ne dici, andiamo?”
Il diciassettenne annuì e
insieme si avviarono verso il parco cittadino. Non era bello come
durante la
primavera o addirittura d’estate, ma con ancora le foglie
secche a dare colore
all’intero ambiente e tutti gli abitanti della
città pronti a godersi un buon pranzo
al sacco all’aperto, il posto sembrava allegro e pieno di
vita. Dean indicò
qualche punto che gli sembrava pittoresco ed adatto al loro picnic, ma
ogni
volta Castiel scuoteva la testa, assicurandogli che più
avanti avrebbero
trovato il posto perfetto. Ed, in effetti, aveva ragione.
Il piccolo molo che si
affacciava sul laghetto artificiale al centro del parco era abbastanza
isolato
per dargli un po’ di intimità, senza essere
nascosto da qualche parte dove non
sarebbero riusciti a godersi l’atmosfera generale.
Castiel gli prese dalle mani
il cestino e ne estrasse una pesante coperta di flanella che stese,
ripiegandola un paio di volte, sul legno umido del molo,
dopodiché si sedette
lasciando che le proprie gambe dondolassero sopra il filo
dell’acqua.
Dean gli si sedette accanto
“Allora, che cosa mi hai preparato di buono?”
Il minore dei due fratelli
Novak arrossì vistosamente, spingendo verso di lui il
cestino di vimini “Perché
non controlli tu stesso?”
L’apprendista meccanico alzò
un sopracciglio ma fece come gli era stato detto, incuriosito dal fatto
che
l’altro giovane fosse così imbarazzato.
Non appena sollevò il
coperchio del cestino un’ondata di profumi di vario tipo lo
investì, facendogli
venire immediatamente l’acquolina in bocca. Davanti ai suoi
occhi erano
schierati diversi contenitori, tutti con la stessa forma rotonda e Dean
immaginò subito che cosa potessero contenere, ma non disse
niente se non prima
di sbirciare all’interno di uno di essi e trovarsi davanti
una delle più
perfette crostate di ciliegie che avesse mai visto.
“Qui ci sono solo crostate,
Cas.” disse, dopo aver alzato lo sguardo per incrociare
quello blu dell’altro
giovane.
Il rossore sulle guance di
Castiel non sembrava volerlo abbandonare “Speravo che
prendessi tu il mio cestino.”
“Davvero?” mormorò Dean,
avvicinandosi piano a lui.
“Già.- ammise il
diciassettenne, osservando attentamente ogni suo movimento- So che
chiunque
avrebbe potuto scegliere il mio cestino, ma in un certo senso speravo
che tu…”
L’altro giovane gli posò una
mano sulla guancia, interrompendo in quel modo il suo parlare
“Cas, so che ti
avevo detto che avrei aspettato tutto il tempo necessario, ma credo di
non
potere resistere oltre.”
Castiel notò immediatamente
come Dean gli stesse guardando le labbra con insistenza e,
inconsciamente, lui
non poté fare altro che imitarlo, il suo sguardo
immediatamente calamitato da
quelle labbra carnose e apparentemente morbide.
“Ok.” sussurrò, tornando poi
a fissare quegli occhi verdi che tanto adorava.
Dean si lasciò sfuggire un
sospiro e, in un attimo, le loro labbra si incontrarono in un bacio
quasi
disperato da quanto era stato atteso da entrambi. Castiel
sentì qualcosa dentro
di lui sciogliersi, quasi la stessa sensazione che aveva da piccolo
quando
infilava l’ultimo tassello all’interno di un puzzle
e riusciva finalmente a
vedere la figura nella sua totalità, e lasciò
scivolare una mano lungo il collo
del diciannovenne, lasciando che le dita solleticassero un
po’ i suoi soffici
capelli biondicci. Dean, dal canto suo, lo attirò ancora di
più a sé, quasi
incredulo del fatto che poteva finalmente stringerlo fra le braccia.
Di fianco a loro, le
crostate rimasero dimenticate nel cestino.
Solo per un po’, però.
Era con passo molto più
leggero che i due ragazzi fecero ritorno in città e,
soprattutto, con le mani
intrecciate l’uno in quella dell’altro. Quasi
inconsciamente, Dean si guardava intorno, curioso di vedere la reazione
degli
altri abitanti di Heaven a quello sviluppo nel suo rapporto con
Castiel,
tuttavia nessuno sembrò fare loro troppo caso. Il giovane
tirò un sospiro di
sollievo, dicendosi che forse aveva giudicato i propri nuovi
concittadini con
troppa leggerezza.
Quando stavano per uscire
dal parco, però, Becky Rosen, che stava chiacchierando
amabilmente con Chuck
Shurley con cui aveva evidentemente finito da poco di pranzare ad uno
dei
tavoli da picnic, si alzò di scatto e si portò le
mani al petto, estasiata,
prima di emettere un suono che era talmente acuto da poter essere
riconducibile
solo agli pterodattili.
“Ommiodio!- strillò,
saltellando sul posto come un coniglietto sotto anfetamine- Il Destiel
è
finalmente canon!”
Castiel si voltò di scatto,
uscendo solo in quel momento da uno strano stato di trance da
felicità “Che
cosa ha detto?”
Dean scosse la testa,
passandogli un braccio intorno alle spalle ed attirandolo a
sé per lasciargli un bacio sulla tempia
“Credo sia molto
meglio non saperlo.”
______________________________________
Immagino che ormai non
speravate più in un aggiornamento, e mi dispiace davvero che
abbiate dovuto
aspettare così tanto per avere un nuovo misero capitolo di
questa storia che, a
quanto vedo dai commenti che ho ricevuto, vi stava appassionando.
Sappiate che
sono davvero desolata per questo orribile ritardo, ma ho passato
davvero dei
brutti momenti, ultimamente, e la voglia di scrivere, soprattutto una
commedia,
mi era proprio scivolata dalle dita. Non volevo rovinare questa storia,
in
particolare considerando che a molte di voi piace, magari scrivendo
proprio
mentre il mio umore era sotto ai tacchi delle scarpe, quindi ho
preferito
aspettare per evitare di rovinare qualcosa che tutto sommato stava
andando
abbastanza bene.
Detto ciò, ci tengo a
precisare che ultimamente sto cercando di rimettere piano piano insieme
i cocci
della mia vita e (lo so, sembro melodrammatica a parlare
così, ma giuro che è
stato un periodaccio!) nei miei progetti c’è anche
quello di riprendere a
scrivere con regolarità, quindi voglio davvero sperare di
poter pubblicare il
prossimo capitolo entro Aprile. Incrociate le dita!
Ah, quasi dimenticavo: io adoro
le vostre recensioni, le leggo tutte e a volte, lo ammetto, mi piace
rileggere
mentre scrivo un nuovo capitolo perché mi trasmettono tanta
positività e voglia
di scrivere qualcosa di bello soprattutto per voi. Quindi volevo solo
dirvi che
mi dispiace un sacco se non ho risposto ai vostri commenti negli ultimi
due
capitoli. La colpa è sempre del buco nero che mi ha
risucchiato, ma giuro che d’ora
in poi cercherò di rimettermi in pari anche su questo e di
rispondere a tutte.
A prestissimo, spero, e grazie
mille per la vostra pazienza.
Kisses
JoJo
|
Ritorna all'indice
Capitolo 11 *** All you need is love ***
11. All you need is love
Heaven era quel genere di
cittadina con la capacità di rimanere sempre uguale a se
stessa.
Non importava che cosa
potesse accadere al suo interno, o al suo esterno: non vi era un solo
evento in
grado di stravolgere in alcun modo il quieto vivere dei bizzarri
abitanti di
quel paesino di provincia.
Dean era stato un po’
ingenuo a pensare che qualcosa sarebbe cambiato all’indomani
dell’asta dei
cestini.
Certo, in quel giorno,
quando lui e Castiel erano tornati dal loro pic-nic con la mano
dell’uno
stretta in quella dell’altro, le dita intrecciate e restie a
lasciare la presa,
ogni persona che avevano incontrato aveva voluto dargli la propria
opinione
riguardo quella nuova relazione appena sbocciata. Ciò voleva
dire, ovviamente,
che il maggiore dei fratelli Winchester si era dovuto sorbire diverse
raccomandazioni
su quale fosse il modo più consono di trattare Castiel che,
apparentemente,
nonostante avesse già diciassette anni e una notevole
indipendenza, era ancora
tenuto stretto sotto l’ala protettrice di ogni singolo
abitante di Heaven,
ognuno dei quali aveva a modo suo adottato entrambi i fratelli Novak da
quando
avevano fatto la loro comparsa nella cittadina diversi anni addietro. A
parte
qualche pacca sulla spalla, i diversi “Io lo sapevo che
c’era qualcosa fra di
voi” di rito e vari sguardi divertiti che gli erano stati
rivolti, tuttavia, la vita di Heaven non aveva
cambiato improvvisamente corso.
Ok, forse era stato un po’
presuntuoso ed egocentrico, da parte di Dean, pensare che quello che
per lui
era stato di certo un enorme cambiamento avesse potuto avere delle
ripercussioni
anche sulla quotidianità della sua nuova città,
ma dopo aver vissuto i mesi
precedenti assediato da una miriade di consigli non richiesti sulla
propria
vita sentimentale, il ragazzo si era immaginato che quando avesse
finalmente
deciso di seguire i suddetti, i suoi solerti concittadini avrebbero
fatto
qualche commento in più riguardo alla sua rinnovata vita di
coppia rispetto che
concentrarsi solamente sull’improvvisa e scontatissima
svendita dei cestini di
vimini nel minimarket del signor Adler. Eppure…
Eppure ovunque andasse i
città gli sembrava di avere gli occhi di tutti puntati
addosso.
L’aspirante meccanico si
ritrovò a scuotere la testa: quella città lo
aveva ufficialmente risucchiato
nel suo vortice di follia se si ritrovava improvvisamente ad avere
pensieri del
genere, soprattutto in un momento come quello, mentre passeggiava
stringendo a
sé il minore dei Novak, che camminava calmo al suo fianco
totalmente ignaro dei suoi bizzarri pensieri. Certo,
nelle ultime settimane era diventata una vera e propria routine quella
di
accompagnare Castiel a scuola, non prima di avergli servito una tazza
fumante
di tè caldo da Mary’s ed essersi sorbito le
battute al vetriolo di Meg Master,
ma non per questo voleva dire che non doveva godersi al massimo quel
momento,
soprattutto dopo le mille vicissitudini a cui si era sottoposto per
renderlo
possibile.
Dean strinse ancora di più a
sé Castiel, il suo braccio appoggiato alle sue spalle con
naturalezza e il
diciassettenne reagì a quella breve ed ulteriore stretta
alzando lo sguardo
verso di lui, sul volto un sorriso radioso. La sua espressione,
però, cambiò
immediatamente non appena scorse quella dell’altro giovane.
“Che c’è?” domandò
infatti,
le sopracciglia aggrottate e i grandi occhi blu attenti e vigili.
Il maggiore dei fratelli
Winchester fece roteare gli occhi “Mi stanno fissando
tutti.” confessò, le
labbra imbronciate come quelle di un bambino a cui era stato negato un
giocattolo.
Castiel sbuffò “Non è vero.”
“Invece sì.- protestò
immediatamente Dean- Prima Pamela mi ha anche fatto
l’occhiolino.”
“Pamela ti fa sempre
l’occhiolino.” puntualizzò quindi
il diciassettenne, che ormai non poteva trattenere il tono divertito
che
impregnava le sue parole.
L’altro ragazzo
scosse la
testa, per niente confortato da quelle parole “Questo era un
occhiolino
diverso, non del tipo sei un bel ragazzo
e vorrei darti una palpatina al sedere, ma più del
tipo so di te e Castiel, bella scelta
fustacchione.”
“Bella scelta
fustacchione?”
ripeté incredulo il giovane Novak, prima di fallire
miseramente nel trattenere una
risata.
“E’ la traduzione letterale
di quel tipo di occhiolino.” borbottò quindi Dean,
colpito nell’orgoglio da
quella totale mancanza di empatia.
Castiel si fermò,
trattenendolo per un braccio e gli posò delicatamente una
mano sulla guancia,
prima di posarvi un bacio casto e delicato “Io dico che sei
leggermente
paranoico.”
“Perché ci stanno fissando tutti!”
sbottò quindi l’apprendista
meccanico, anche se era evidente che quel piccolo gesto gli aveva
già fatto
dimenticare ogni possibile preoccupazione.
Il diciassettenne gli
rivolse un altro sorriso incoraggiante, entrambe le mani appoggiate sul
suo
petto e sopra quella giacca di pelle che l’altro aveva
ereditato dal padre e
che tanto adorava “Gli passerà. Il bello di vivere
in una piccola città è che ogni
cosa fa notizia: si stancheranno presto di noi due e inizieranno a
concentrare
la loro attenzione su qualcos’altro. Devi solo avere un
po’ di pazienza, okay?”
Dean sbuffò, ma
sulle labbra
era già rispuntato il sorriso “Okay.”
ribatté, prima di piegarsi per lasciare
un veloce bacio sulla morbida bocca dell’altro ragazzo.
Castiel arrossì, come faceva
sempre quando Dean lo baciava, e il più grande dei due
giovani non poté
sopprimere la punta d’orgoglio che provava ogni volta che
provocava quella
reazione. “Quindi…- domandò, ogni
problema apparentemente messo da parte- Che
programmi hai per la serata?”
Il ragazzo dagli occhi blu
si strinse nelle spalle “In effetti, io e Gabriel pensavamo
di guardare un
film.”
“Oh. Immagino che dovremo
vederci un altro giorno, allora.” constatò quindi
il giovane meccanico,
decisamente indispettito dal fatto che non avrebbero potuto passare la
serata
insieme.
Castiel scosse la testa, sul
volto un’espressione timida ed incerta “Gabe mi ha
chiesto di invitarti.”
Dean si ritrovò a spalancare
gli occhi, sorpreso da quella proposta “Davvero?”
“Già.- confermò l’altro-
Credo che tu gli stia simpatico.”
Il maggiore dei due fratelli
Winchester fece roteare platealmente gli occhi “E io invece
credo che lui
voglia fami il discorso.”
“Che
discorso?” domandò
confuso Castiel, inclinando leggermente la testa di lato.
“Quello che tutti i fratelli
maggiori fanno a chiunque tenti di insidiare i loro
fratellini.” spiegò quindi
il giovane meccanico, affondando le mani nelle tasche dei suoi vecchi
jeans.
Il minore dei due Novak alzò
un sopracciglio “E tu mi staresti insidiando?”
Dean si ritrovò a
distogliere lo sguardo, non ancora pronto ad affrontare apertamente
quel
discorso, e borbottò cupamente “Di sicuro Gabriel
la vede così.”
“Io penso che abbia
semplicemente voluto essere gentile.” lo rassicurò
quindi Castiel, con la
solita ingenuità.
“Tuo fratello?- domandò
l’altro con tono sarcastico- Gentile?”
Il diciassettenne scrollò le
spalle “Sa che io tengo a te e allora ha pensato che vuole
conoscerti meglio.”
“Tuo fratello?- ripeté di
nuovo a pappagallo Dean- Gentile?”
“Sai, non ti meriti il dolce
che di sicuro avrà preparato per la serata.”
sbuffò quindi il più giovane dei
due ragazzi, anche se non poteva impedire ad un sorriso divertito di
sbocciargli
sulle labbra.
Al sentire nominare la
possibilità di avere un dolce l’apprendista
meccanico cambiò immediatamente
tiro “Chi ha detto qualcosa su tuo fratello? Io no di
certo.”
Castiel scoppiò in una
risata, scuotendo la testa “Ruffiano.”
“Nah, io penso di essere
adorabile.” ribatté prontamente Dean, sorridendo
radioso.
L’altro sembrò non prendere
quell’affermazione scherzosamente come il maggiore dei
Winchester si era
aspettato però, infatti
lo scrutò per
diversi secondi prima di passargli teneramente una mano fra i capelli e
sentenziare, con incredibile trasparenza, “Sì, lo
sei.”
Dean arrossì, come poteva
fare altrimenti?, e Castiel scoppiò a ridere per quella sua
reazione così
lontana dalla immagine di bad boy a cui tanto sembrava tenere. Quel
suono
sembrò riscuotere immediatamente l’apprendista
meccanico che, ritornato padrone
di se stesso gli rivolse un ghigno per poi passargli le braccia intorno
alla
vita con un gesto fulmineo, le mani possessivamente aggrappate ai
fianchi
snelli di Castiel mentre si sporgeva verso di lui con tale impeto da
spingerlo
contro il muretto di fianco al quale si erano fermati a parlare. Prima
che
l’altro potesse anche solo pensare, poi, di emettere
un’esclamazione di
stupore, Dean si impossessò con foga delle sue labbra,
godendo di come l’altro
si sciolse immediatamente sotto il suo tocco, e
dell’entusiasmo con cui rispose
subito al suo bacio appassionato.
Sfortunatamente, però, dopo
qualche momento in cui la passione sembrava aver avuto la meglio su di
lui, il
diciassettenne ritornò in sé, poggiando il palmo
sul muscoloso petto del
giovane meccanico per indurlo a scostarsi quel tanto dal permettergli
di
parlare l’uno all’altro guardandosi negli occhi.
“Dean!- protestò il minore
dei Novak con poca convinzione- Ci guardano tutti!”
L’altro gli rivolse un
sorriso trionfante “Visto? E tu che dicevi che ero io ad
essere paranoico.”
Gabriel mandò
giù l’ultimo
morso di una barretta al cioccolato e caramello e lanciò
l’incarto nella vaga
direzione del cestino dell’immondizia prima di raggiungere il
fratello e
strappargli di mano le grucce con appese ben cinque delle sue adorate
camice
con motivi hawaiiani. Ormai erano ore che ripetevano quel bizzarro
siparietto,
l’unica differenza ad ogni ripetizione era soltanto il gusto
della barretta di
cioccolato scelta dal maggiore dei due Novak e la varietà
dei vestiti che il
più piccolo dei due ragazzi sventolava con la chiara
intenzione di
sbarazzarsene.
Ogni anno la raccolta di
abiti usati per i senzatetto dello stato diventava sempre
più minacciosa per
l’eccentrico e variegato guardaroba di Gabriel e il giovane
era certo che
Castiel avesse iniziato ad accorgersi che sgattaiolava furtivamente
fuori casa
per recuperare i propri abiti giusto poche ore dopo che erano stati
ordinatamente
impilati insieme alle altre donazioni nella sacrestia della piccola
chiesa
cittadina. Quell’anno, comunque, esattamente come era
accaduto quello
precedente, il diciassettenne sembrava più che determinato a
sbarazzarsi di
qualsiasi indumento che non fosse mai stato indossato
nell’arco degli ultimi
tre anni, cosa che metteva in pericolo la maggior parte dei
possedimenti di
Gabriel.
“Queste sono le mie camice
preferite.” sottolineò il giovane pasticcere,
cercando di strappare dalle mani
del fratello le grucce e maledicendo la genetica per il fatto che
Castiel, a
diciassette anni, fosse già qualche centimetro
più alto di lui.
Il ragazzo alzò un
sopracciglio “I bambini piangono quando ti vedono con questa
roba addosso.”
“Hey, è il mio stile.”
protestò di nuovo Gabriel, riuscendo finalmente a
riappropriarsi dei propri
indumenti e stringendoli al petto con fare protettivo.
“No, questo è lo stile di un
pagliaccio daltonico convinto di vivere ancora negli anni
Ottanta.” lo corresse
quindi il minore dei due fratelli, scuotendo la testa con
rassegnazione.
Gabriel decise di ignorare
quell’affermazione e si affrettò a riporre le
camice nel proprio strabordante
armadio a muro “Senti, ancora non capisco perché
non doni i tuoi di vestiti. Se
proprio vuoi fare il buon samaritano e aiutare padre Murphy in questa
raccolta
di abiti usati, puoi farlo senza coinvolgermi. Io sono egoista, fa
parte del
mio charme.”
Castiel sbuffò, prima di
iniziare a frugare di nuovo nell’armadio del fratello per
trovare qualche nuovo
abito adatto ad essere regalato ai senzatetto “Per prima cosa
io ho già donato
gran parte dei miei vestiti, e considerando il fatto che non conservo
magliette
di dieci anni fa solo perché spero che tornino di moda
l’intera operazione mi è
sembrata molto meno difficile di quanto la fai sembrare tu.”
Il maggiore dei due Novak
alzò il mento oltraggiato, le braccia incrociate sul petto
“Peggio per te, il
vintage non tramonta mai.”
Il diciassettenne lo ignorò,
alzando invece un secondo dito affusolato per indicare che intendeva
continuare
il proprio discorso “Secondo, il tuo armadio è
talmente pieno di cianfrusaglie
che mi domando come abbia fatto a non esplodere fino ad adesso. Fare
una
cernita di quello che c’è lì dentro non
potrà che essere una buona cosa. E,
terzo, dobbiamo dare il buon esempio così che anche gli
altri donino qualcosa.”
“Perché dobbiamo essere noi
a dare il buon esempio?- sbuffò sonoramente Gabriel-
Perché non possiamo essere
come tutti gli altri, dei mediocri cittadini che lasciano giusto
scivolare qualche
banconota nella cassetta delle offerte per mettersi in pace la
coscienza quando
si verifica qualche tragedia a livello mondiale?”
Castiel ignorò il soliloquio
del fratello per riprendere la propria ricerca e in pochi secondi
riemerse
dalla cabina armadio del fratello stringendo fra le mani quella che
sarebbe
stata la sua prossima vittima.
“Questa lo buttiamo.”
sentenziò, sventolando di fronte a sé una vecchia
giacca di tessuto morbido e
di un improbabile bordeaux decorato da piccoli pois blu.
“Cosa?!- Gabriel fu lesto
come una faina nel sottrargli dalle mani quell’indumento- Non
se ne parla
neanche: quello è un mio marchio di fabbrica.”
Castiel alzò un
sopracciglio, per niente impressionato da quella reazione teatrale
“È una giacca da camera.”
“E
allora?” il maggiore dei
Novak aveva messo il broncio, mentre si stringeva al petto quello che
in quel
momento riteneva il suo più prezioso possedimento.
“È una giacca
da camera.” ripeté il diciassettenne,
scandendo bene le
parole come se in quel modo potesse far rinsavire il fratello.
Gabriel ammiccò
muovendo le
sopracciglia con tanta enfasi da farlo sembrare il personaggio di una
sit-com
“Anche Hugh Hefner ne ha una e nessuno gli ha mai detto di
liberarsene.”
“Ignorerò questa tua
argomentazione e metterò questa giacca nello scatolone delle
donazioni.” tagliò
corto il ragazzo dagli occhi blu, allungando le mani per riprendere la
giacca e
smistarla nel posto più consono.
“Oh, quindi per me avere una
giacca da camera non va bene, ma per qualche barbone sì?-
protestò
immediatamente Gabriel, stringendosi l’indumento al petto con
fare protettivo-
Loro nemmeno ce l’hanno una camera!”
Castiel spalancò i grandi
occhi blu, scioccato da quella frase politicamente scorretta
“Gabriel!”
Il pasticcere scrollò le
spalle “Cosa? È vero!”
“Vai in camera
tua e pensa a
quello che hai appena detto.” lo riprese con il tono di un
genitore severo
Castiel, indicando con un dito la porta della stanza da cui erano
usciti da
poco.
Il fratello maggiore fece
roteare gli occhi platealmente “Ci andrei, ma non ho
l’abbigliamento adatto per
starmene comodamente in camera da letto.”
Il diciassettenne sospirò
teatralmente “Ok, facciamo così: puoi tenere la
tua giacca da camera se al suo
posto doni otto capi che non indossi più da almeno due
anni.”
“Tre.” ribatté prontamente
Gabriel, cercando di contrattare a proprio favore.
“Sei.- concesse dopo una
breve riflessione Casitel- Ma solo se me li porti nel giro di dieci
minuti.”
Il volto del giovane
pasticcere si aprì in un sorriso radioso prima di correre
nella propria camera
“Andata! Grazie fratellino!”
Il ragazzo dagli occhi blu
si ritrovò a scuotere la testa divertito da quella reazione,
prima di impilare
ordinatamente una serie di t-shirt nello scatolone degli abiti
destinati alla
donazione. Aveva appena finito di sigillare la suddetta scatola ormai
piena
quando il campanello di casa suonò brevemente per due volte.
Sul volto del
giovane si allargò automaticamente un grande sorriso al
pensiero di chi fosse
l’ospite, ormai tanto atteso, ed infatti Dean, alla porta, lo
trovò così, con
le gote arrossate e le labbra carnose schiuse per scoprire i denti
bianchi.
“Ciao, Dean.”
“Hey, Cas.- rispose il
ragazzo più vecchio, sporgendosi verso di lui per salutarlo
anche con un bacio
oltre che con le parole e quando fu soddisfatto si scostò,
sventolando un
grosso sacchetto per alimenti- Ho pensato di portare qualcosa da
mangiare: fra
me e tuo fratello è probabile che non avanzerà
quasi niente.”
Castiel gli strappò il
sacchetto dalle mani, invitandolo poi a seguirlo all’interno
della casa con un
cenno del capo “Sottovaluti il mio amore per gli hamburger
che prepara tuo
padre se pensi che non contribuirò ad evitare che restino
degli avanzi.”
Il salotto dei Novak era già
perfettamente pronto per la serata: il tavolino da caffè, di
solito sotterrato
da libri di scuola e romanzi (di Castiel) e grossi ricettari di vario
tipo (di
Gabriel) era stato sgomberato completamente per fare posto a ben due
grosse
ciotole colme di pop-corn, talmente profumati che era ovvio che fossero
stati
preparati da poco, e altre tre piene di altrettanti tipi di patatine.
Le
bottiglie di bibite erano state sistemate sul piccolo tavolino di
fianco al
divano, vicino alla bizzarra lampada a forma di fenicottero rosa,
insieme ad
una scatola piena di tutte le caramelle e i lecca-lecca preferiti da
Gabriel.
Il mobile dal quale troneggiava sul salotto la televisione dei due
fratelli, un
apparecchio tanto vecchio quanto totalmente deciso a non voler smettere
di
funzionare nell’immediato futuro, aveva le ante aperte e le
decine di dvd e
cassette contenuti al suo interno erano pronti ad essere analizzati
attentamente prima della decisione finale su quale sarebbe stato il
film
protagonista della serata. Dean osservò il diciassettenne
sistemare la cena che
lui aveva portato sul tavolino già stracolmo di snacks e non
poté impedirsi di
sorridere sornione all’incredibile domesticità di
quella scena. Non ci vollero
che pochi istanti, però, prima che il suonare insistente del
campanello
interrompesse quel momento, seguito poco dopo da un uragano, che
però fu in
grado di identificare immediatamente come Gabriel che scendeva le
scale di corsa per andare a rispondere alla porta.
Quando il maggiore dei due
Novak fece ingresso nel proprio salotto aveva due sacchetti con sopra
stampato
il logo del ristorante cinese della città
“Bambini, la cena è pronta!”
Castiel fece roteare gli
occhi platealmente “Gabe, sapevi che Dean avrebbe portato da
mangiare.”
Il giovane pasticcere annuì
“Già, ma a quanto mi risulta John non fa i
biscotti della fortuna e grazie al
cielo! Non mi pare proprio il tipo in grado di scrivere frasi
motivazionali.
Non è vero, Dean?”
Invece di rispondere il
ragazzo lo fissò scioccato “Che cosa stai
indossando?”
Gabriel abbassò lo sguardo
per osservare il proprio abbigliamento e poi alzò di nuovo
il volto, questa
volta illuminato da un sorriso radioso “La mia giacca da
camera.”
“Hai una
giacca da camera?- Dean sbatté le
palpebre- Come Hugh Hefner?”
Castiel si limitò ad alzare
un sopracciglio in direzione del proprio fratello maggiore, soddisfatto
che
anche Dean avesse centrato in pieno il punto della situazione.
“Hey, un uomo ha il
sacrosanto diritto di possedere una giacca da camera e non dovrebbe
essere
preso in giro né dal suo fratellino e nemmeno dal suo
fidanzatino con la bocca
che puzza ancora di latte.”
“Hey!” sbottarono in coro i
due ragazzi più giovani, indignati da quel discorso.
Gabriel ghignò, soddisfatto
di quella reazione, prima di estrarre dalla propria raccolta di film
una
cassetta e un dvd “Oh, piantatela di fare i bambini.
Piuttosto, mentre voi
stavate tubando come colombelle innamorate io ho pensato ad un tema
perfetto
per la nostra serata.- dichiarò, sventolando i due oggetti-
Che ne dite di una
piccola maratona?”
Dean gli prese dalle mani i
due film proposti “La fabbrica di cioccolato?”
“A dirla
tutta i veri titoli sarebbero Willy Wonka e
la fabbrica di cioccolato
e Charlie e la fabbrica di cioccolato.”
specificò il pasticciere, prima di scartare un lecca-lecca e
ficcarselo in
bocca.
“Gabriel adora
quei film, e
anche il libro.- rivelo quindi Castiel- Credo che possa recitarli tutti
a
memoria.”
“Entrambi i film?- domandò
scettico il giovane meccanico- Non sei un purista che odia Tim Burton
per il
remake?”
“Dean, sono film su delle
grandiose fabbriche di dolci.- spiegò Gabriel- Non si
può amarne uno meno
dell’altro, sarebbe ingiusto.”
Castiel sorrise al proprio
ragazzo “Una volta si è sognato di essere il re
degli Umpa-Lumpa.”
“Era un sogno fantastico.-
ammise trasognato il maggiore dei due Novak- Ero alla guida di una
rivolta per
prendere il controllo della fabbrica.”
“Vada per questa maratona,
allora.- capitolò Dean, prendendo posto sul divano- Ma che
nessuno si metta a
cantare, d’accordo?”
Castiel reclinò il capo
all’indietro,
appoggiando la nuca alle ginocchia di Dean per riuscire a fissarlo
negli occhi.
Aveva ceduto il proprio posto sul divano al giovane meccanico, ed ora
se ne
stava seduto sul tappeto, di fronte a lui, con la schiena appoggiata
alle sue
gambe e una grossa ciotola di pop-corn fra le mani.
“Ti ho sentito.” lo informò,
con un luccichio divertito negli occhi blu.
Dean abbassò lo sguardo
verso di lui, l’espressione del suo viso confusa
“Cosa?”
Il diciassettenne sorrise
trionfante “Stavi canticchiando.”
“No, non è vero.” ribatté,
oltraggiato da quell’accusa, il maggiore dei fratelli
Winchester.
Castiel scoppiò a ridere “Sì
che è vero!”
“Io non canticchio.”
borbottò imbronciato Dean, anche se era ben consapevole che
era una grande
bugia.
Gabriel gli tirò una
manciata di pop-corn “Oh, ammettilo Winchester, siamo solo
noi qui e la tua
reputazione sarà intatta anche se ammetterai di sapere a
memoria le canzoni di
film per bambini.”
“È che sono così
dannatamente
orecchiabili!” ammise finalmente il ragazzo, stando ben
attento a far roteare
platealmente gli occhi per dimostrare ancora di più quanto
fosse contrariato
dall’intera faccenda.
Castiel gli
accarezzò il
ginocchio con la punta delle dita “Canti bene.”
“Cas!” protestò il giovane
meccanico, arrossendo fino alla punta delle orecchie e scatenando
l’ilarità di
Gabriel.
“Cosa?- ribatté il
diciassettenne con tono innocente prima di alzarsi- È vero. Qualcuno vuole
dell’altro gelato?”
Il padrone di casa scosse
la
testa “Cassie, ti stai dando ancora alle domande
retoriche?”
“Per te prendo quello al
cioccolato, Dean.” annunciò quindi il ragazzo
prima di scomparire lungo il
piccolo corridoio che portava alla cucina della casa.
Dean tornò a puntare lo
sguardo verso lo schermo, dove il film continuava imperturbato a
trasmettere
immagini fantastiche e dai colori iridescenti,
ma dovette rinunciare quasi subito a cercare di capire che
cosa si era
perso della storia, perché Gabriel lo stava fissando tanto
intensamente che
temeva avrebbe potuto fargli un paio di buchi nel cranio.
“Che c’è?” sbottò
quindi,
voltandosi verso il padrone di casa.
Il giovane pasticcere
scrollò le spalle, ma qualcosa nella sua espressione gli
fece intuire che era
decisamente meno spensierato di come voleva apparire “Io?
Niente.”
“So che vuoi dire qualcosa.”
lo accusò Dean, facendo roteare gli occhi.
Gabriel gli rivolse il suo
ghigno da volpe “Non devo dirti assolutamente niente,
Dean-o.”
“Stai per farmi il discorso
da fratello maggiore, vero?- incalzò quindi
l’apprendista meccanico- Quello del
tipo spezzagli il cuore e io ti
spezzerò
le ossa, giusto?”
Il maggiore dei Novak,
però,
scosse la testa piano, serafico “No.”
Dean alzò un sopracciglio,
sospetto “No?”
“No.” Confermò quindi il
giovane, allungando una mano per afferrare un lecca-lecca alla ciliegia
che si
apprestò a scartare con movimenti agili.
Il diciannovenne dagli occhi
verdi rimase piuttosto perplesso da quella insolita calma
“Quindi non mi dirai
nemmeno che mi terrai d’occhio?”
Gabriel succhiò con gusto il
proprio lecca-lecca, un’azione talmente collaudata che
sembrava più naturale su
di lui che compiuta da un bambino delle elementari, i più
abituati a mangiare
simili dolcetti, “Io non ho bisogno di tenerti
d’occhio, Dean: l’intera città
lo farà per me. Cassie è come il cucciolo che
tutti amano coccolare, qui ad
Heaven, direi che non sarò solo io il Grande
Fratello della situazione.”
“Ovviamente.- il
ragazzo
sbuffò. Gli capitava spesso di dimenticare di vivere in una
città talmente
piccola che chiunque tendeva a sapere tutto degli altri abitanti- Beh,
la città
può osservare quanto vuole.”
Il padrone di casa strinse
gli occhi, scrutando con intensità il proprio interlocutore
“Ti dico solo
questo, Dean: Castiel è il mio fratellino, e immagino tu
sappia come un
fratello maggiore possa diventare protettivo. In fondo, anche tu hai
Sam,
giusto? Ammetto che al momento mi sembri altrettanto preso da Cassie di
quanto
lui lo è da te, ma non prenderlo in giro, chiaro? Se quello
che vuoi è
divertirti un po’ là fuori ci sono altri ragazzi,
e altre ragazze, disposti a
farlo. Cassie non è così però. Lui
è già al cento per cento preso quindi se tu
hai qualche intenzione strana dovresti farti da parte adesso.”
Dean si raddrizzò, e fissò
il maggiore dei due Novak con occhi colmi di determinazione
“Non intendo farmi
da parte.”
“Ah, no?” incalzò Gabriel,
alzando un sopracciglio e continuando a osservarlo, scettico.
“No.” confermò quindi
l’apprendista meccanico, convinto come non mai di quanto
aveva appena
dichiarato.
“Mmm, ok.- concesse dopo
qualche istante di pesante silenzio il giovane padrone di casa, prima
di
tornare a sorridere e assumere di nuovo la sua tipica espressione
scanzonata-
Dunque, che ne dici di vedere delle foto di Cassie quando non era
ancora in
grado di vedere sopra a un tavolo?”
Castiel accorse immediatamente,
come richiamato dalla proposta appena fatta dal fratello, in mano una
scodella
mezza piena di gelato e un cucchiaio dal manico di plastica verde lime
“Gabe!
Ti ho sentito! Allontanati lentamente da quell’album di
fotografie e nessuno si
farà male.”
Il maggiore dei due fratelli
sbuffò una risata “Pff, parli come se tu avessi
qualche tipo di supremazia
fisica su di me.”
Dean, dal canto suo, aveva
già afferrato l’album che gli era stato offerto e
lo sfogliava con un sorriso
ampio e divertito sul bel volto “Ma guardati, Cas, eri tutto
occhi!”
“Dean!” sbottò il
diciassettenne, il volto imporporato da un rossore diffuso.
“Che c’è?- rise il ragazzo-
Eri adorabile.”
Il giovane si coprì il viso
con le mani affusolate “Dean.”
Il maggiore dei Winchester
gli sorrise dolcemente - “Lo sei ancora.”
“E non hai ancora visto
quelle in cui fa il bagnetto nella piscina gonfiabile.- lo
informò quindi
Gabriel con un ampio sorriso sul volto- Oh, e quella di
quell’anno in cui ad
Halloween si
è voluto vestire da ape!”
Il giovane pasticcere tolse
dalle mani del ragazzo più giovane l’intero album,
deciso a trovare i momenti
più imbarazzanti e adorabili del fratello minore, ma nel
farlo un paio di
fotografie scivolarono fuori da una delle tasche interne nel retro di
copertina.
Dean si affrettò
immediatamente a raccoglierle e, inaspettatamente, si
ritrovò fra le mani un
paio di foto di famiglia. Un uomo ben vestito, con i capelli dello
stesso color
miele di Gabriel, e una donna dai grandi occhi blu quasi identici a
quelli di Castiel,
sorridevano all’obiettivo nonostante la loro posa fosse
leggermente innaturale.
In ogni caso, erano entrambi bellissimi, probabilmente ritratti nel
giorno del
loro matrimonio, considerando l’eleganza di entrambi e
l’immacolato abito
bianco della donna. L’altra foto aveva decisamente un aspetto
più amatoriale.
Un gruppo di ragazzini era ritratto in un prato verde, tutti seduti su
una
coperta su cui rimanevano ancora dei rimasugli di un pic-nic
probabilmente
terminato da poco. Gabriel era l’unico che il giovane
riuscì a riconoscere in
quel gruppetto: aveva già allora, nonostante dovesse avere
al massimo dieci
anni, la stessa espressione furba e lo sguardo pieno di divertimento.
“E questi chi sono?” domandò
Dean, rigirandosi la foto appena raccolta fra le dita.
“Nessuno di importante.-
tagliò corto Gabriel, il suo tono di voce inaspettatamente
gelido così come il
suo sguardo- Volete i biscotti per il gelato?”
Non aveva ancora finito di
formulare la domanda che era già sparito in cucina, i suoi
movimenti mentre
apriva e chiudeva le ante della dispensa innaturalmente rumorosi nella
casa
improvvisamente silenziosa.
“Ho detto qualcosa di
sbagliato?” domandò quindi Dean, voltandosi verso
Castiel e trovandolo con lo
sguardo abbassato.
Il diciassettenne sospirò
“No, solo che questi sono i nostri fratelli. A Gabriel non
piace parlare di
loro.”
Il maggiore dei due fratelli
Winchester scrutò la foto con più attenzione al
sentire quel commento. Aveva
immediatamente riconosciuto Gabriel, decisamente più
giovane, con le guance
ancora riempite da rimasugli di grasso infantile, e con un sorriso
ancora più
cospiratore di quello attuale, un buco nel sorriso dettato dalla
provvisoria
assenza di un incisivo centrale. Di fianco a lui, una ragazzina di
qualche anno
più grande, di una bellezza sconvolgente con i suoi lunghi
capelli color fuoco
e i grandi ed espressivi occhi scuri, si sporgeva leggermente verso un
giovane
dall’aspetto severo, con gli stessi capelli scuri di Castiel,
sebbene molto più
disciplinati, e gli occhi blu, anche se non altrettanto profondi ed
espressivi.
“Oh.- esalò quindi
l’apprendista meccanico, improvvisamente consapevole di quei
particolari che ad
una prima osservazione aveva ignorato- E a te?”
Castiel scrollò le spalle
“Non me li ricordo, in realtà. Per me sono solo
degli estranei.”
Dean allungò la mano,
intrecciando le proprie dita in quelle del ragazzo dagli occhi blu
“Mi
dispiace.”
“Non fa niente, solo…- il
giovane si interruppe, scrollando il capo piano- Mi dispiace tanto per
Gabriel.”
Il maggiore dei due ragazzi
sollevò la propria mano, portandosi con quel gesto quella
dell’altro davanti
alla bocca per lasciare un tenero bacio sulle sue nocche “Ti
capisco, Cas.”
Quel momento di tenerezza
venne interrotto immediatamente dalla squillante voce di Gabriel, che
sembrava
tentare in ogni modo di sembrare il solito se stesso, esuberante e
divertente
“Ecco i biscotti.- trillò, depositando sul
tavolino da caffè ancora occupato da
ciò che restava della loro cena un grosso e variopinto
vassoio pieno di diversi
tipi di biscotti tutti indubbiamente fatti in casa- Non ve li
meritereste,
perché avete insultato la mia giacca da camera, ma sto
sperimentando delle
nuove ricette per fare dei sandwich gelato questa estate e mi serve il
vostro
parere.”
Castiel rivolse al fratello
un sorriso comprensivo, indicando una pagina dell’album che
in quel momento
teneva sulle ginocchia “Gabe, Dean ha trovato la mia foto
nella cuccia del cane
di Crowley, e vuole sapere di quando Growley voleva tenermi come suo
cucciolo.”
Dean non riuscì nemmeno a
deglutire il primo enorme boccone di biscotto con le gocce di
cioccolato che
aveva subito afferrato dal vassoio appena arrivato “Scommetto
che c’è dietro
una storia interessante.”
Gabriel sorrise radioso e,
finalmente, sembrò davvero essere ritornato se stesso
“Beh, amico,- dichiarò,
con quell’intonazione di voce che gli piaceva avere quando
cominciava a
raccontare una storia rocambolesca e strategicamente abbellita-
vinceresti la
scommessa.”
Sam Winchester si stava
esibendo in una delle sue facce scocciate più riuscite
quando Dean fece il suo
ingresso da Mary’s, ad annunciare il suo arrivo
l’allegro scampanellio della
porta del locale.
“Dean, avevi detto che ci
avresti messo meno di mezz’ora!” sbottò
l’adolescente, slacciandosi il grembiule
dai fianchi e lanciandolo con rabbia contro il fratello maggiore.
L’apprendista meccanico
scrollò le spalle, per niente turbato da quella reazione
“Mi sono dovuto
trattenere più del necessario.”
“Per fare cosa?- lo rimbeccò
Sam, facendo roteare gli occhi- Sbaciucchiare Castiel dietro lo
scaffale delle
enciclopedie mediche?”
“Per prima cosa, nessuno
della tua età dovrebbe ancora dire
‘sbacciucchiare’- lo informò alzando un
dito- E poi, eravamo dietro la sezione di storia antica.”
Il minore dei due fratelli
chiuse gli occhi di scatto, strizzandoli forte come se in quel modo
potesse
scacciare dal proprio cervello quell’immagine “Ew,
Dean!”
Dean ridacchiò di quella
reazione “Come se tu non facessi lo stesso con
Jess.”
“Sta zitto!” sbottò di nuovo
il quindicenne, arrossendo fino alla punta delle orecchie.
L’apprendista meccanico
scosse la testa, divertito, prima di consegnare al fratello una pila di
libri
che aveva ritirato dalla biblioteca durante la sua visita a Castiel
“Comunque
ti ho anche preso in prestito quei libri che cercavi, quindi alla fine
sei tu
che devi un favore a me e non il contrario.”
“Domani ho un compito in
classe, Dean.- gli ricordò quindi Sam, anche se il sorriso
appena accennato che
gli increspava le labbra faceva capire che ormai lo aveva
già perdonato per il
suo ritardo- Direi che il fatto che ti abbia sostituito ci rende
pari.”
“Secchione.” lo schernì il
maggiore dei due Winchester, scompigliandogli i capelli con energia.
Sam sventolò le mani
all’impazzata, riuscendo nel tentativo di scacciare quelle
dispettose del
fratello “Fesso.”
“Puttana.” ribatté
prontamente Dean, secondo la consolidata routine che da sempre
caratterizzava
molti degli scambi di battute dei due Winchester.
“Ragazzi!” li ammonì John,
facendo capolino dalla porta che dava alla cucina del locale.
I due ragazzi gli rivolsero
un sorriso per niente dispiaciuto e esclamarono in coro
“Scusa, papà!”
L’uomo si ritrovò a scuotere
piano la testa, rassegnato, prima di ritirarsi di nuovo in cucina a
finire di
preparare le ultime ordinazioni che erano arrivate. Sam, dal canto suo,
approfittò di quel momento per infilare di corsa le scale
che portavano
all’appartamento al piano superiore, lasciando
così che fosse Dean a occuparsi
dei clienti presenti del locale. Clienti fra i quali, indubbiamente,
spiccava
un piccolo ma chiassoso gruppetto che si era impadronito del grosso
tavolo che
si specchiava nell’ampia vetrina che si affacciava sulla
strada.
“Qualcuno ha ordinato una
merenda leggera?” domandò il ragazzo gioviale,
distribuendo le ordinazioni che
erano appena uscite dalla cucina e che comprendevano enormi piatti di
patatine
fritte con salsa al formaggio, un paio di doppi cheeseburger e dei
grandi
bicchieri colmi di densi milkshake al cioccolato.
Benny attirò a sé uno dei
piatti con i cheeseburger “Ormai stavamo perdendo qualsiasi
speranza di
vederti, fratello.”
Il giovane scrollò le
spalle, trascinando una sedia dal tavolo vuoto accanto e sedendovisi a
cavallo,
gli avambracci appoggiati allo schienale “Beh, ero
fuori.”
“Oh, Sam ce lo ha detto.” lo
rimbeccò con un sorriso furbo Jo.
Charlie annuì “Eri andato a
portare un tè caldo al povero Castiel perché ha
il suo turno in biblioteca e
sono due giorni che lì il riscaldamento è rotto,
giusto?”
La ragazza bionda sghignazzò
prima di mettersi ad imitare la voce profonda dell’amico,
parlando con tono
basso “Ciao, Castiel. Ho pensato di portarti questo
tè caldo, perché sei
adorabile.”
L’altra giovane si affrettò
a darle man forte “Stavo guardando il cielo e ho pensato a
te, perché i tuoi
occhi sono blu, il blu più blu che sia mai
esistito.”
“Ah. Ah. E di nuovo ah.-
ribatté con tono piatto Dean, mentre l’intero
tavolo scoppiava in una fragorosa
risata- Siete spassosissime, il duo comico del secolo.”
“E tu sei schifosamente
cotto.- ribatté prontamente Jo, puntandogli contro un dito
la cui ultima
falange era avvolta da un cerotto colorato, probabilmente a causa di un
incidente con uno degli affilatissimi coltelli della sua collezione-
Davvero,
vedere te e Castiel insieme mi fa venire voglia di chiamare il mio
dentista
perché sento fisicamente le carie formarsi.”
L’apprendista meccanico
scosse la testa “Voglio proprio vedere quando un povero
ragazzo proverà a fare
breccia nel tuo freddo freddo cuore, cara Joanna Beth. Quel poveretto
non ha
assolutamente idea del guaio in cui andrà a
cacciarsi.”
La bionda incrociò le
braccia al petto “Beh, se proprio vuoi saperlo Ash si
è finalmente deciso a
chiedermi di uscire e ho intenzione di dirgli di
sì.”
“Non gli hai ancora
risposto?” domandò interessata Charile.
Jo scrollò le spalle “Voglio
tenerlo un po’ sulle spine, così che capisca con
chi ha a che fare.”
“Sei una donna crudele,
Joanna Beth.” rincarò la dose Benny, anche se era
evidentemente divertito dal
comportamento dell’amica.
La ragazza gli rivolse un
sorriso radioso “Sì, e ne sono decisamente
orgogliosa.”
Benny, Charlie e Dean fecero
roteare gli occhi quasi all’unisono, ma non potevano negare
che da Jo si
aspettavano una risposta del genere.
“Quindi, tutto procede bene
in paradiso, giusto?” domandò l’amico
all’apprendista meccanico, prima di
afferrare l’ultima manciata di patatine rimaste nel suo
piatto.
“Per prima cosa, se quello è
un riferimento al nome di Cas, dovresti vergognarti della pessima
battuta.-
rispose Dean, alzando un sopracciglio- E poi, io non parlo della mia
vita
sentimentale con voi.”
“Ma sentitelo: vita
sentimentale.- lo stuzzicò Charlie con una luce divertita
negli occhi- Sembri
appena uscito da un telefilm adolescenziale di fine anni
Novanta.”
Il maggiore dei fratelli
Winchester sbuffò sonoramente “Io mi domando
perché mi prendo tanto disturbo a
passare il mio tempo con voi.”
“Perché siamo il gruppo di
persone più figo di questa città,
ovviamente!” trillò Jo, sul bel volto un
sorriso smagliante.
Benny si ritrovò a scuotere
la testa “La cosa è discutibile.”
“Piuttosto, fra un po’
comincerà l’assemblea cittadina, voi ci
andate?” domandò Dean, iniziando a
ritirare i piatti ormai vuoti sparpagliati sul tavolo.
Charlie lo seguì con lo
sguardo mentre riponeva dietro al bancone il vassoio colmo delle
stoviglie da
lavare “Io passo. – borbottò sconsolata-
Devo ancora finire di scrivere una
tesina per la classe di chimica, e per quanto io sappia fare magie con
il
computer, l’insegnante mi ha già beccato la scorsa
volta quando gli ho rifilato
qualcosa che non era esattamente farina del mio sacco.”
“Oh, cavolo!- esclamò Jo,
sgranando i grandi occhi color nocciola e impallidendo vistosamente-
Noi siamo nella stessa classe a
chimica! Quella tesina non l’ho nemmeno iniziata!”
La bionda non disse altro,
afferrò in fretta e furia la propria giacca e la propria
sciarpa e schizzò
fuori dalla porta ad una velocità talmente elevata che gli
altri ragazzi non
fecero in tempo nemmeno a salutarla. Charlie fece roteare gli occhi,
alzandosi
con più calma e preparandosi ad uscire e raggiungere
l’amica.
“Non preoccupatevi,
l’aiuterò io.- assicurò quindi agli
altri due, prima di sbandierare il suo
usuale saluto vulcaniano- Ci vediamo, stronzetti!”
Dean sghignazzò di
quell’uscita, prima di rivolgersi all’altro ragazzo
che, a sua volta, stava
rivestendosi per affrontare quella fredda serata invernale
“Tu Benny?”
“Penso che andrò da solo
all’assemblea.- disse quindi il giovane- Qualcosa mi dice che
accompagnerai
Castiel e non sono certo di volere fare il terzo incomodo.”
“Oh, andiamo Benny.- lo
stuzzicò l’apprendista meccanico- Non sarai
geloso?”
Il suo migliore amico fece
roteare i suoi occhi azzurri “Nei tuoi sogni,
fratello.”
Non passò molto tempo prima
che i pochi clienti ancora nel locale decidessero di andarsene,
probabilmente
anche loro decisi a non perdersi l’irrinunciabile assemblea
cittadina di
Heaven. Il maggiore dei fratelli Winchester rimase presto da solo a
pulire i
tavoli e mettere in ordine il locale, mentre suo padre si occupava
della
quotidiana pulizia della cucina e di controllare lo stato della
dispensa. Dean
stava riponendo l’ultima sedia ribaltata sopra un tavolo
quando l’allegro
scampanellio della porta annunciò l’arrivo di
Castiel, in testa un cappello di
lana azzurra, le gote arrossate dal freddo e i grandi occhi blu
brillanti e pieni
di gioia.
“Nevica!” annunciò,
lanciandosi fra le braccia dell’apprendista meccanico e
avvolgendolo in un
abbraccio gelido.
Dean non poté fare a meno di
ridere “Buonasera anche a te, Cas.”
“Io adoro la neve.” spiegò
quindi il diciassettenne, le guance ancora più rosse mentre
sorrideva felice.
Il maggiore dei due fratelli
Winchester annuì mentre si infilava sopra alla camicia di
flanella rossa la sua
adorata giacca di pelle, preparandosi per uscire fra quei fiocchi di
neve
leggeri che avevano da poco iniziato a cadere silenziosamente dal cielo
“Non
l’avevo notato, sai?”
“A te non piace?” indagò
quindi Castiel, seguendolo in strada dopo aver salutato John, che aveva
fatto
capolino dalla cucina per controllare che cosa avesse causato quel
leggero trambusto.
Dean scrollò le spalle
muscolose “Non particolarmente: le strade diventano uno
schifo, è umida e
fredda e mio padre mi farà di sicuro spalare la strada
davanti al negozio
perché Sam si giocherà la carta dello studio per
non farlo.”
Quella spiegazione
pragmatica non sembrò smorzare l’entusiasmo del
ragazzo dagli occhi blu “Ti
aiuterò io a spalare.”
“Davvero?- chiese scettico
il giovane meccanico, alzando un sopracciglio- Sono sicuro che dovrai
spalare
anche davanti alla pasticceria e il tuo vialetto di casa, Gabriel non
mi sembra
affatto il tipo da fare certe attività.”
Castiel continuò a camminare
spensierato “Beh, a me non pesa farlo perché adoro
la neve.”
“Ok, allora.- concordò Dean,
proprio mentre facevano il loro ingresso nella sala da ballo di Pam,
ormai
quasi completamente piena- A proposito, come mai Gabriel non
è con noi,
stasera?
“Non ne sono sicuro..-
ammise il diciassettenne, prima di indicare la direzione in cui aveva
avvistato
un paio di sedie libere e una accanto all’altra- Gabe mi ha
detto che aveva
qualcosa di cui discutere con Zachariah. Spero che non ci siano dei
problemi
con la pasticceria, per ora va tutto alla grande, ma abbiamo iniziato
l’attività da poco. Dovrà passare
ancora un po’ di tempo prima che possiamo
rientrare delle spese fatte per aprire il locale.”
Dean gli strinse la spalla
in un gesto di conforto “Sono sicuro che non è
niente di importante. Zachariah
probabilmente avrà avuto da ridire su qualcosa di stupido e
totalmente inutile
che ha notato solo lui, tipo in che ordine disponete i biscotti o il
fatto che
le sedie all’interno del locale non sono mai perfettamente
allineate, e come al
solito battibeccheranno un po’ finché Missouri e
Pam non gli ricorderanno che
in città non vige la dittatura.”
Castiel sospirò “Lo spero.
In questi giorni l’ho visto un po’ stressato. Ho
pensato che fosse per via
della foto, anche se fa finta di niente so che per lui è
sempre difficile
ricordare di essere stato costretto a lasciare la nostra
famiglia.”
L’apprendista meccanico
guardò il ragazzo che aveva seduto a fianco con apprensione.
Lui non era molto
bravo con le parole e, soprattutto, non era affatto bravo a discutere
di
argomenti emotivamente carichi, ma anche se non sapeva come affrontare
certi
argomenti la sua mano scivolò piano sul ginocchio di Castiel
e lì rimase, un
appoggio morale piccolo e silenzioso, nascosta agli occhi di tutti, per
tutta
la durata dell’assemblea cittadina. E lo stesso si poteva
dire del lieve e
grato sorriso comparso sul minore dei due fratelli Novak.
“Dico solo, che avere una
rete wifi cittadina potrebbe essere utile a tutti noi, non sto affatto
parlando
solo per profitto personale!” concluse Ash, alzando una mano
come per accettare
acclamazioni di tripudio.
“Sicuramente.- interloquì
Zachariah con disgusto malcelato- Prenderemo in considerazione la tua
proposta
e ci aggiorneremo alla prossima assemblea.”
“Abbiamo altri punti
all’ordine del giorno?” domandò quindi
Missouri, guardandosi intorno e
lasciando che il proprio sguardo cadesse su una persona seduta in prima
fila.
Gabriel si alzò di scatto e
Castiel spalancò gli occhi stupito del fatto che il fratello
si trovasse lì e
non avesse notato prima la sua presenza.
“Sì.- stava intanto
rispondendo il pasticcere, spostandosi dal proprio posto fino al palco
su cui
sedevano i rappresentanti cittadini- Avrei due o tre parole da dire e
una cosa
che vorrei condividere con voi, cari concittadini.”
“E allora sii veloce,
Gabriel.- sbuffò il signor Adler, lasciandosi cadere sulla
propria sedia- Non
tutti amiamo così tanto il suono della tua voce da voler
prolungare oltre
questa seduta.”
“Sarò conciso.- assicurò il
giovane, voltandosi poi verso i suoi concittadini- Come tutti
già sapete io e
Kalì stiamo insieme da un po’.”
“Non così tanto, a dire il
vero.” puntualizzò Pamela, alzando un sopracciglio
perfettamente arcuato.
Gabriel sventolò una mano
con noncuranza “Pignola. Quello che volevo dire è
che è più che evidente a
tutti di quanto noi due siamo fatti l’uno per
l’altra. Voglio dire, lei è
perfetta, e un po’ spaventosa a volte, lo ammetto, e anche
riservata. Io non lo
sono così tanto ed è per questo che ho pensato di
coinvolgervi tutti in un
momento molto importante per la nostra relazione.”
“Gabriel…” sibilò la donna
indiana, fissandolo con una certa preoccupazione dal proprio posto fra
gli
altri abitanti di Heaven presenti all’assemblea.
“No, aspetta pasticcino, -
la interruppe immediatamente il maggiore dei Novak, usando peraltro uno
di quei
vezzeggiativi che lui adorava tanto e che lei fingeva di detestare-
lasciami
finire. Kalì, sono serio quando dico che tu sei
l’unica donna su questa terra
perfetta per me, l’ho capito da subito, e quindi
perché aspettare? Perché
passare ancora mesi o anni a frequentarci e basta quando potremmo
decidere di
stare insieme per sempre?”
Dalla sala si alzò una
corale esclamazione di stupore. Kalì aveva spalancato i
felini occhi scuri e
Dean sentì il ragazzo seduto di fianco a sé
irrigidirsi, segno che non aveva
assolutamente idea di quello che il fratello aveva intenzione di fare
quella sera.
Tutti si aspettavano che
Gabriel da un momento all’altro decidesse di formulare
ufficialmente la
fatidica domanda, ma si ritrovarono invece ad aggrottare la fronte
quando un
ragazzo, che Castiel riconobbe come uno dei membri della banda della
scuola, si
alzò di scatto, brandendo la propria tromba con orgoglio e
iniziando a suonare
nel silenzio colmo di stupore che si era creato. Dopo di lui si
alzò Inias,
seduto dal lato opposto della sala, e quando iniziò a
suonare il proprio
violino con maestria tutti riconobbero senza dubbio alcuno le note di All you need is love. Presto ai due
ragazzi si unirono altri suonatori, tutti sparpagliati a caso fra il
pubblico
dell’assemblea cittadina, e Gabriel, dall’alto
della sua posizione e con ancora
il microfono in mano, non toglieva gli occhi da Kalì, sulle
labbra un sorriso
aperto ed estremamente soddisfatto della propria idea. La donna, dal
canto suo
osservò tutto con un sopracciglio alzato, il suo sguardo
profondo fisso sul
volto scanzonato dell’esuberante pasticcere senza che niente
potesse tradire
che cosa stava realmente pensando.
Quando la musica
finì, nello
stupore generale, Kalì si alzò lentamente, nella
sala da ballo risuonava solo
il ticchettio provocato dai suoi tacchi a spillo sul pavimento di legno
mentre
raggiungeva il proprio ragazzo sul palco.
“Ho visto anche io Love
Actually, Gabriel.- lo informò, anche se un sorriso
increspava le sue labbra
tinte di cremisi- Non sei stato così originale.”
Il pasticcere sorrise
sornione “Ma spaventosamente romantico sì,
vero?”
“E anche irrispettoso del
mio desiderio di riservatezza.” lo rimbeccò la
donna, decisa a non darglila
vinta.
Gabriel fece roteare gli
occhi “E la tua risposta alla mia domanda sarebbe?”
“Non gliel’hai ancora fatta,
quella domanda, ragazzo!” sbuffò Bobby Singer,
seduto sulla sua sedia di fianco
a Rufus, le braccia incrociate per dimostrare quanto fosse impaziente
di
andarsene.
“Oh, giusto.- si riscosse il
giovane Novak, prima di ritornare a rivolgersi alla propria amata-
Kalì,
vorresti farmi l’incredibile onore di permettermi di passare
il resto della mia
vita a dimostrarti che ti amo più di ogni altra cosa al
mondo?”
Kalì lo fissò con intensità,
come era tipico di lei, e dopo attimi che sembrarono ore,
sospirò esalando un
conciso “Sì.”
Nella sala si alzò un coro
di urla gioiose e di congratulazioni sincere, con sommo dispetto da
parte di
Zachariah che trovava tutto ciò che era successo
nell’ultima mezzora
decisamente fuori luogo per una assemblea cittadina.
Gabriel, tuttavia, ignorò i
propri concittadini per sfilarsi dalla tasca dei pantaloni una piccola
scatoletta di velluto verde “Allora sarà il caso
che tu inizi ad indossare
questo.”
Kalì accettò la scatola e
l’aprì lentamente, spalancando poi gli occhi
quando vide l’anello che conteneva
“È un rubino.”
“Già.-
sorrise il
pasticcere, affrettandosi ad infilare l’anello di
fidanzamento sull’affusolato
anulare della donna- Lo so che di solito sono i diamanti le pietre
adatte ad un
anello di fidanzamento, ma tu non sei una donna ordinaria
Kalì, e credo che
questo anello ti rappresenti più di ogni altro banale e
comune solitario.”
Missouri iniziò a battere le
mani seguita a ruota dagli altri abitanti di Heaven “Beh,
Gabriel, di sicuro
con questa proposta di matrimonio hai reso difficile la vita
sentimentale degli
altri uomini di questa città, se vorranno davvero fare
qualcosa che non sfiguri
a confronto.”
Gabriel rise e strinse nella
sua la mano di Kalì “Siete tutti invitati in
pasticceria per festeggiare il mio
fidanzamento! Offro cupcakes a tutti quanti!”
“Cosa?- sbottò il signor
Adler alzandosi di scatto- No! L’assemblea non è
ancora terminata, dobbiamo
dichiarare la conclusione e seguire tutte le procedure
e…”
“Non ci interessa,
Zachariah,- lo interruppe in malo modo Ellen- noi ce ne andiamo da
Gabriel
festeggiare.”
La sala da ballo si svuotò
velocemente, gli abitanti di Heaven decisi a prendersi i posti migliori
per i
festeggiamenti al locale, ma Dean si ritrovò ad indugiare,
ancorato sul posto
dalla mano di Castiel stretta alla sua in una morsa di ferro.
“Non sapevi che Gabriel
aveva intenzione di fare una cosa del genere, vero?” gli
domandò, accarezzandogli
piano la mano con il pollice.
Il diciassettenne scosse la
testa, ancora visibilmente stupito da quanto era appena accaduto
“U-uh.”
Era evidente che il ragazzo
fosse rimasto piuttosto scioccato dall’improvvisa e
importante decisione presa
dal fratello maggiore e Dean non sapeva bene che cosa fare per
tranquillizzarlo, soprattutto, si rendeva conto che probabilmente non
era con
lui che Castiel voleva parlare. Doveva essersene reso conto anche
Gabriel
stesso, comunque, infatti il pasticcere stava rientrando proprio in
quel
momento nella sala da ballo per andare loro incontro.
“Uhm, congratulazioni per il
fidanzamento, immagino.- esordì Dean, indicando con il
pollice sopra la propria
spalla la sala alle loro spalle come se in quel modo potesse indicare
la scena
a cui aveva appena assistito- Anche se era tutto un po’
troppo in stile
commedia romantica, per i miei gusti.”
Gabriel gli rivolse un
sorriso orgoglioso “Beh, una proposta di matrimonio con tema
Die Hard sarebbe
stata un po’ meno credibile.”
“Immagino di sì.” concordò
l’apprendista meccanico con una scollata di spalle.
Il maggiore dei due Novak
continuava a scrutare il volto del fratello, pur senza smettere di
rivolgersi
all’altro ragazzo “Senti, Dean, che ne dici di
precederci alla pasticceria? Ho
dato a Kalì le chiavi e il compito di lasciare che ognuno
possa prendere i
cupcakes che ho lasciato sul bancone, ma non sono certa che non provi
davvero a
uccidere qualcuno se si dimostra troppo insistente nel porgerle le
congratulazioni.”
“Certo, non c’è problema.-
Dean annuì, dando un’ultima stretta alla mano del
diciassettenne prima di
lasciarla scivolare via dalla propria- A dopo allora.”
I due fratelli rimasero in
silenzio fino a che non furono completamente soli e
dopodiché Gabriel non poté
trattenersi oltre da fare quelle domande di cui un po’ temeva
la risposta
“Allora, che hai da dire?”
“Che sono senza parole!-
ammise quindi Castiel, riuscendo finalmente a parlare- So che ami
Kalì, ma non
mi sarei mai aspettato una cosa del genere.”
Gabriel gli mise una mano
sulla spalla “Ma sei d’accordo, vero? So che forse
prima avrei dovuto sentire
la tua opinione, ma ho visto l’anello e tutto il resto mi
è venuto così
naturalmente che-”
Il fratello minore lo
interruppe, fissandolo con serietà “Gabe, io
voglio solo che tu sia felice.”
“E lo sono.” ammise quindi
il pasticcere, sorridendo per la felicità di sapere
finalmente di avere il suo
appoggio.
Castiel lo abbracciò di
slancio, gesto che spiazzò un po’ Gabriel
considerando l’usuale riservatezza
del diciassettenne “Allora sono felice anche io.”
“Bene.- rise il pasticcere,
continuando a stringere a sé il fratello minore con un
braccio mentre uscivano
dalla sala da ballo- Sai che questo vuol dire che oltre a me presto
avrai anche
Kalì a comandarti a bacchetta, vero?”
Il minore dei fratelli Novak
fece roteare gli occhi, anche se la sua espressione tradiva il fatto
che non
fosse realmente infastidito “Come se non lo facesse
già.”
Gabriel annuì concorde.
Sapeva già che Castiel e Kalì andavano
perfettamente d’accordo, ma averne avuto
una ulteriore conferma non faceva che renderlo ancora più
felice: il loro
futuro sembrava essere sempre più radioso e non vedeva
l’ora di unirsi a tutti
i loro amici per festeggiare come meglio potevano quel momento di
soddisfazione.
__________________________
Vi è mai capitato di
sapere
di dovere fare una cosa, avere in effetti voglia di farla, ma quando
siete lì,
pronti all’azione, tutta questa forza di volontà
sparisce all’improvviso,
costringendovi ad inventare scuse su scuse per giustificare a voi
stessi il
fatto che non avete fatto quello che dovevate? Di
nuovo? Ecco, gli ultimi mesi sono stati così per
me.
Come al solito, quindi, vi
porgo le mie più sentite scuse, ma non avevo davvero la
forza mentale di andare
avanti, nonostante la voglia di scrivere mi facesse il solletico sulla
punte
delle dita per provare a spingermi a farlo, e nonostante io ami questa
mia
piccola storiella e l’abbia già tutta delineata
sia nella mia testolina che sul
pc (ebbene sì, vi anticipo che tutte le scene chiave sono
state già scritte,
aspettano solo che l’intera cornice dei capitoli in cui sono
inserite venga
definita e un piccolo e necessario lavoro di revisione) per varie
vicissitudini
nella mia vita mi sono dovuta arenare. So che questa storia ha un
po’ di
affezionati lettori e questa mia lentezza cronica nel pubblicare vi
deve
sembrare odiosa, quindi me ne dispiaccio soprattutto per voi, e per chi
ha
commentato e non ha ancora ricevuto risposta, ahimé per gli
stessi motivi che
hanno bloccato la mia voglia di scrivere. Vi dico solo che ho letto
tutti i
vostri commenti, li ho adorati, apprezzo moltissimo i feedback che mi
date, le
vostre opinioni, e tengo in considerazione tutto quello che mi dite,
davvero, e
vi sono immensamente grata per le vostre parole.
Detto questo, torniamo alla
nostra storia, che credo sia il motivo principale per cui avete la
pazienza di
leggere questo tremendo mattone di parole random. La storia procede,
come
vedete, e tento sempre di non fare capitoli prettamente filler ma di
aggiungere
sempre qualcosa di nuovo che non renda completamente inutile la lettura
e in
questo caso si è trattato del fidanzamento di Gabriel! Ve lo
aspettavate? Io
personalmente adoro la coppia Gabriel/Kalì, trovo
l’accostamento di caratteri e
di personaggi fantastico e quindi non potevo che andare in una
direzione del
genere riguardo alla loro love story. E ad influenzarmi potrebbero
anche essere
state tutte le commedie romantiche che mi sono sorbita nel corso della
mia vita
e la totale inflazione di programmi incentrati sul matrimonio proposti
da Real
Time and co. Che dire poi di Dean e Castiel, finalmente insieme? Che ve
lo dico
a fare, io adoro il Destiel, vederli insieme mi riempie di gioia, ma vi
anticipo che c’è ancora un bel po’ da
raccontare riguardo a questa coppia.
Nel prossimo capitolo, che
spero di avere pronto per settembre, ci sarà la comparsa di
un nuovo
personaggio (se volete potete provare ad indovinare, mi piacerebbe
sapere chi
vorreste vedere in questa storia!) e un salto di qualità nel
rapporto Dean/Cas.
Ora non vi anticipo più
niente, se no va a finire che mi spoilero l’intera storia da
sola!
Grazie mille a tutti quelli
che hanno commentato e a chi segue questa storia, di nuovo scusa per la
mia
tremenda lentezza nell’aggiornare.
Un bacio a tutti e buone
vacanze!
JoJo
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=2348132
|