Primi passi

di Echadwen
(/viewuser.php?uid=107804)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Imparare insieme ***
Capitolo 2: *** Innocente ***
Capitolo 3: *** Incubi ***
Capitolo 4: *** Passeggiata ***
Capitolo 5: *** L'ora della nanna ***
Capitolo 6: *** Tiro con l'arco ***
Capitolo 7: *** Secret ***
Capitolo 8: *** Secret - Alla ricerca del papà ***
Capitolo 9: *** Attimi ***
Capitolo 10: *** Compiti e lezioni ***
Capitolo 11: *** Smile ***



Capitolo 1
*** Imparare insieme ***


Angolino autrice: L'autrice scrive per avvisarvi che nemmeno lei conosce il motivo per cui questa OS sia venuta fuori, forse sono ancora sotto l'influenza della Desolazione di Smaug...

Mi sono sempre chiesta come fosse Legolas da piccolo e, dopo l'annuncio di PJ di girare Lo Hobbit, sono partiti i miei filmini mentali sul rapporto padre e figlio quando quest'ultimo non era altro che un piccolo concentrato di pucciosità.

Ispirata anche da questa foto, sia ringraziato tumbrl, ecco a voi, la mia visione della famiglia reale di Bosco Atro.

 

§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§

 

Imparare insieme

 

 

 

Anche per quella giornata le udienze erano terminate ma non il suo lavoro. Quello non finiva mai ed a ricordarglielo, vi era quella imponente pila di documenti, che attendeva la sua approvazione, a torreggiare sulla scrivania del proprio studio.

Con grandi falcate si diresse verso quella stanza, impaziente e non lo era di certo per un mucchio di scartoffie.

Non appena varcò la soglia, il suo sguardo si posò sull'Elfa che si trovava dall'altra parte della stanza, china sul lettino, con un pupazzetto in mano che faceva ondeggiare a destra ed a sinistra ed un'assurda vocina. Sorrise, sicuramente non si era nemmeno accorta della sua presenza.

Lui faceva questo effetto.

Si schiarì la voce e la donna imbarazzata incrociò il suo sguardo. Un cenno del capo e li lasciò soli.

 

Con passi misurati coprì la distanza che li separava. Si sporse oltre le sbarre di legno che circondavano una nuvola di cuscini e, tra di essi, avvolto in un lenzuolo azzurro come i suoi occhi, vi era il principe ereditario, suo figlio Legolas.

Sorrise ed allungò la mano per potergli carezzare la guancia ma il suo piccolino era sveglio e furbo, con la velocità di un felino, chiuse l'intera manina attorno al mignolo del padre, sorridendo compiaciuto.

"Legolas..." pronunciò il suo nome con dolcezza. Nessuno vi avrebbe mai creduto.

Il principino, nel sentire quella voce famigliare, emise un grido acuto e con un gesto fulmineo si scoprì gettando la coperta di lato.

Si chinò e posò dolcemente le labbra sulla morbida fronte del figlio mentre quest'ultimo afferrava alcune ciocche della bionda cascata del padre. Un altro bacio più in basso, sul naso, seguito da un gridolino e da due piccole mani che andarono a posarsi sulle labbra di lui, allontanandolo.

Sorrise e baciò anche quelle.

"Lo dai un bacino a tuo padre?" chiese strofinando il naso contro al suo ma, ciò che ottenne, non fu il bacio tanto desiderato. La bocca di Legolas si schiuse ma, invece, di andare a posarsi su quella dell'altro Elfo, accolse il naso di quest'ultimo e lo succhiò.

Rise di cuore il sovrano mentre lo prendeva in braccio per poi posarlo a terra.

"Adesso ci sono cose che richiedono la mia attenzione ma questo non m'impedirà di tenerti d'occhio" disse con tono minaccioso, cosa che non sembrò spaventare il principino che era del tutto intenzionato a seguire a gattoni il padre che nel frattempo aveva appoggiato la corona sul basso tavolinetto e preso posto alla scrivania.

 

Uno schiocco. Due schiocchi. Al terzo alzò lo sguardo dal foglio.

"Cosa...?" il suo animo si placò subito non appena vide il piccolo seduto con la schiena contro il tavolinetto. Scosse la testa e sorrise. I rumori che aveva sentito altro non erano se non lo scoppio di bolle di saliva. Legolas fece un'altra bolla sotto lo sguardo attento del genitore e, quando scoppiò, batté le mani felice.

Sulle labbra dell'Elfo si delineò l'ennesimo sorriso.

 

Solo lui sapeva farlo sorridere in quel modo, solamente lui era in grado di riscaldare quel cuore e donare un po' di pace a quell'anima.

 

Tornò ai documenti. Non passò molto tempo che un tonfo riempì il silenzio della stanza.

Thranduil si alzò e notò subito la mancanza della corona sul tavolinetto, facendo due più due...

"Legolas!" il tono imperioso come quello che usava con i propri soldati.

Il piccolo abbassò contemporaneamente la testa e le spalle, si voltò lentamente rivelando il misfatto: la corona tra le sue gambe ed alcune delle foglie rosse che giacevano per terra.

"Non si fa!" un sonoro schiaffo violò la candida pelle, le mani si aprirono e le restanti foglie caddero con le altre. Aveva agito d'impulso. Il suo corpo si era mosso ancora prima che potesse focalizzare ciò che stava per fare.

Due occhi liquidi, le labbra tremolanti, i primi singulti...

Aveva fatto piangere il suo piccolino, gli aveva fatto del male. Una visione che mai avrebbe voluto vedere e che avrebbe fatto di tutto affinché non si ripetesse.

"No" lo strinse a sé "No, non piangere, tesoro mio" gli carezzò la testolina e baciò via quelle lacrime.
"Papà è uno sciocco. Non voleva farti male. Scusami" non smise di cullarlo finché non sentì il corpicino fra le sue braccia rilassarsi.

"Non volevo. Non volevo" gli ripeté mentre si sedeva sulla poltrona "Papà ti ama e vuole solo vederti felice" lo allontanò un poco.

Le piccole dita vagarono sul suo viso e lui le baciò una ad una facendo ridere il frugoletto.

Sorrise rincuorato.

"Vedi... Stiamo imparando insieme" gli scompigliò i capelli "Tu hai imparato che tuo padre è uno sciocco e che la sua corona non si tocca mentre io ho scoperto il modo per avere una corona nuova ogni volta che voglio e che sei un furbetto" ma Legolas non lo stava ascoltando. Era silenziosamente scivolato sulle ginocchia del padre portandosi un piedino alla bocca, cominciò a succhiarsi le dita.

"Credo di avere qualcosa di meglio per te anche se..." si chinò a mordergli delicatamente l'altro "devo dire che i tuoi piedini sono deliziosi"

Si allungò verso il tavolino ed afferrò il biberon che l'Elfa aveva preparato per il principino. Lo strinse a sé, avvicinò il biberon alla labbra del piccolo, quest'ultimo poggiò le manine sulle sue e schiuse le labbra ed iniziò a bere.

 

 

Un colpo alla porta attirò l'attenzione del sovrano.

"Mio signore, ho una lettera per voi"

"Vieni avanti" si alzò tenendo saldamente Legolas.

La guardia entrò e per un secondo restò basita di fronte a quella scena "Da parte di Sire Elrond" aggiunse porgendogli il foglio.

"Grazie" l'Elfo chinò il capo e si congedò.

 

"Vediamo cosa dice Elrond."

 

 

 

 

 

Rieccomi: Se siete arrivati fin qui allora vi ringrazio dal più profondo del cuore e spero che possiate perdonare la troppa puccettosità che ho voluto inserire...

L'idea sarebbe di cominciare una raccolta. Fatemi sapere che ne pensate.

Baci, Echadwen

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Innocente ***


Innocente

 

                                                                         



 

Mancavano poche ore alla sua partenza ed aveva deciso di passarle con lui.

Avrebbe voluto portarlo con sé tuttavia sapeva che non fosse una buona idea, era troppo piccolo per un viaggio del genere.

Solo alcuni giorni li avrebbero tenuti divisi ma, già sapeva, per il suo cuore sarebbero parsi un'eternità. Non voleva pensarci, desiderava solo godersi gli ultimi momenti con il suo piccolino.

 

 

Guardò gli occhi azzurri di Legolas e rimase incantato dalla purezza che ne traspariva. Solleticò il pancino del piccolo steso a pancia in su, rise.

Pochi mesi erano trascorsi da quando aveva visto la luce per la prima volta eppure, al sovrano, parve che avesse secoli di esperienza nel fare di tutto per sembrare adorabile.

No, lui lo era di natura.

Si abbassò e prese uno dei giocattoli del suo bambino: una farfalla appesa ad un filo da far roteare.

Poggiò il gomito sul tavolo e con l'altra mano cominciò a far girare il filo, la farfalla prese il volo talmente veloce che sembrava essercene più di una.

Legolas alzò le manine per tentare di afferrarla, Thranduil spostò il filo più in alto costringendolo a mettersi seduto.

Lo sguardo fisso, estasiato. Gli occhi brillavano come se avesse avuto davanti la più preziosa delle gemme ma non era il principe a trovarsi a contemplare un gioiello, bensì, l'Elfo biondo fermo a poca distanza da lui.

Si allungò per prenderla ma all'ultimo secondo il sovrano la spostò facendolo sbilanciare.

"Riprova" sorrise incoraggiandolo.

Il piccolo, tenace e testardo come lui, tentò nuovamente riuscendo questa volta nella sua impresa.

Cercò di farla roteare.

Il sovrano gli lesse nella mente.

 

 

 

"No. Non faceva così" la farfalla sobbalzava invece di girare

"Perchè lui... Grr" si stava concentrando ma la farfalla non voleva proprio saperne di collaborare.

"No, non faceva così! Ma come?" lo vide grattarsi la testolina.

L'aria assorta che aveva assunto, le sopracciglia leggermente aggrottate e le labbra serrate. Tutto, tutto di lui era adorabile e ai suoi occhi, in quell'istante, pareva esserlo ancora di più.

"Papà è magico... Aspetta, cos'è un papà?" Thranduil sorrise baciandogli la nuca.

 

 

"L'unica magia che scorre nelle vene del tuo papà è l'amore che prova per te" lo circondò con le braccia tirandolo a sé "E papà è solo la persona che ti vuole e ti vorrà più bene di tutti su Arda, fino alla fine del mondo"

Carezzò i sottili fili d'oro del figlio e lo fece scivolare in su fino a poggiare la fronte alla sua. Era giunto il momento di separasi.

Gli baciò le labbra.

"Papà deve andare ma tornerà presto" le dita passarono sulla morbida guancia "Niente. Niente e nessuno su questa Terra potrebbe tenermi lontano dal mio adorato bambino" un altro bacio "Questa è una promessa"

Legolas infilò le mani fra i suoi capelli e posò le labbra sulla guancia di lui.

Il primo bacio del principino ed era tutto per lui. Il suo modo di dire "Ti voglio bene".

 

 

Chiamò la balia e glielo mise in braccio, baciò i capelli del piccolo un'ultima volta. Si diresse verso la porta

"Aspetta!" aveva sentito la voce dell'erede nella propria mente; si voltò.

"Questo... per te" gli porse il filo con la farfalla "così tu... così... tu... No scorda me" sorrise mentre il padre prendeva il giocattolo dalle sue mani.

"Promesso. Tu sei sempre qui" gli aveva risposto portandosi la mano al cuore.

Lo guardò ancora per qualche istante prima di chiudere la porta alle proprie spalle.






Angolino autrice: Eccoci qui con la seconda OS. Ringrazio tutti quanti coloro che hanno dato un'occhiato alla prima e sono stati così gentili da lasciare una recensione.
Sappiate che mi avete resa immensamente felice e che questo è il mio regalo per voi.
Un bacio e tutti ed auguri di buon Natale e che il nuovo anno sia splendido per tutti quanti. Spammate ;-)
Echadwen

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Incubi ***


Incubi

 



 







La luce della luna illuminava la piccola culla posta nella stanza del sovrano come, a voler proteggere, la creaturina che beatamente vi dormiva.

A pochi passi di distanza, un altro Elfo riposava, in maniera differente, ristorava il proprio spirito mantenendo i sensi vigili. Attendo a qualsiasi cosa potesse anche solo disturbare il riposo del figlio.

C'era voluto così tanto per farlo addormentare.

 

 

La balia glielo diceva sempre. Diveniva intrattabile quando si avvicinava l'ora di andare a letto.

Si ostinava a voler restare sveglio nonostante sbadigliasse sempre più frequentemente e gli occhi rimanessero chiusi sempre più a lungo, sempre più pesanti a dispetto dei suoi tentativi di tenerli aperti strofinandoli con i pugnetti.

Alla fine, però, tutte le volte, la stanchezza aveva la meglio e lui crollava avvinto con qualche lacrima a ricordo dello scontro.

 

 

Un fruscio lo risvegliò. Legolas cominciò a piangere facendo alzare il sovrano ma, mentre quest'ultimo scostava le coperte di lato e raggiungeva la culla, la balia fece il suo ingresso dalla porta secondaria.

Thranduil prese in braccio il piccolo e cominciò a cullarlo dolcemente

"Torna pure a riposare" le disse senza distogliere lo sguardo da lui "Mi occupo io di Legolas" l'Elfa chinò il capo ed indietreggiò fino a raggiungere la porta

"Come desiderate, mio signore." la chiuse alle proprie spalle.

 

 

"Cosa c'è, piccolo?" chiese poggiando il principino contro al proprio petto "Shh..." non accennava a voler smettere di piangere "Legolas, che succede?" la preoccupazione nella voce.

Il bambino si strinse a lui, chiuse i pugnetti sulla lunga veste del padre

"Piccolo..." gli carezzò la bionda testolina, lo allontanò gentilmente da sé per poter osservare il suo viso.

Gli occhi lucidi e gonfi, le guance bagnate e rosse.

Forse aveva fame. Prese il biberon dalla culla e lo avvicinò alle sue labbra; Legolas indietreggiò e si coprì il volto con le manine.

 

 

"No!" urlò nella mente "No, non lo voglio!"

Posò il biberon sul mobile accanto al letto e si coricò tenendo il figlio stretto al petto

"Allora che succede?" domandò carezzandogli i capelli, la fronte imperlata di sudore ricevette un bacio "Chiudi gli occhi e cerca di dormire un pochino"

"No!" nascose il viso contro il petto del padre "No! Se chiudo gli occhi, lui torna a prendermi e mi mangia!" si strinse a lui.

Tremava.

"Chi ti vuole mangiare?"

"È grande... brutto e tutto verde. Mi voleva mangiare..." le lacrime cominciarono a rigare nuovamente le guance del biondo principe.

Un sorriso apparve per un secondo sul suo volto, il suo piccolino aveva avuto un incubo.

"Un mostro? Che io sia dannato se permetterò ad un mostro di fare del male al mio bambino. Ti proteggerò sempre, anche nei sogni"

"Promesso?" alzò la testolina e puntò gli occhi cristallini nei suoi

"Certo che sì" gli scompigliò i capelli

"E se poi il mostro si arrabbia e tenta di mangiare anche te?"

"Papà allora lo prenderà a calci nel sedere" Legolas si portò le mani alla bocca e rise.

Una risata contagiosa, talmente pura da scaldare il cuore.

"Sei più tranquillo, ora?"

"Sì!" rispose con enfasi posando le mani sulle guance dell'altro Elfo "Se ci sei tu io no paura" si gettò letteralmente su di lui.

"Bene perché il tuo papà non permetterà a nessuno di farti del male" lo coprì con il lenzuolo.

Non ottenne risposta. Il respiro regolare del piccolo gli suggerì che si fosse addormentato.

"Papà" come non detto

"Sì, figliolo?"

"Me la sono fatta addosso" confessò nascondendosi contro al suo collo, rosso di vergogna

"Oh" un'espressione stupefatta si delineò sul suo viso ma poi sorrise teneramente "Vorrà dire che prima di occuparci di quel mostro" si rimise in piedi tenendolo ben stretto "dovremmo pensare al tuo pannolino"

Ora, l'aiuto della balia, lo avrebbe tanto voluto.












Angolino autrice: E siamo alla terza one shot. Come sempre, spero di avervi strappato almeno un sorriso.
Un grosso bacio a quante (lasciatemi usare il femminile) hanno recensito ed inserito questa storia tra le preferite o nelle altre categorie, un bacio altrettanto grande va anche a chi abbia solamente letto.
State facendo felice un'autrice.
Colgo l'occasione per augurare a tutti un fantastico anno nuovo, dal momento che non so se ci risentiremo prima del 2014.
Grazie.
Echadwen

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Passeggiata ***


Passeggiata

 


 




 

Era una giornata splendida. Il sole splendeva in tutta la sua forza e baciava la Terra degli Elfi di Mirkwood.

Da tempo non si avevano notizie di attacchi da parte dei discendenti di Ungoliant, indeboliti e spaventati dalla sconfitta dell'Oscuro Signore.

I guardiani pattugliavano i confini.

Tutto era tranquillo.

 

 

Chiuse il libro e posò la piuma accanto ad esso.

Il canto degli uccelli attirò il sovrano verso la finestra del proprio studio.

Il panorama che gli si presentò davanti era a dir poco incantevole. Il cielo era talmente limpido da poter scorgere la Montagna Solitaria.

Quand'era uscito l'ultima volta? Riusciva a ricordarlo?

Quella corona non era ancora sul suo capo. L'accompagnava un'Elfa, una donna di una bellezza tale che mai si era vista su Arda. Aveva la pelle candida, la fragranza dell'Athelas l'avvolgeva, due meravigliosi smeraldi illuminavano la perfezione di quel viso incorniciato da fili morbidi come la seta, che avevano rubato i riflessi del sole.

La sua regina.

La madre del piccolo Legolas.

Un sorriso malinconico si dipinse sul suo volto.

Faceva ancora male e, forse, non avrebbe mai smesso di farlo.

 

 

"Ada!" la voce del suo piccolo angelo biondo lo riscosse da quei tristi pensieri.

Si voltò e lo vide camminare verso di lui di lui aggrappandosi al bracciolo della poltrona.

"Coraggio" si inginocchiò ed aprì le braccia. Legolas abbandonò la presa e si avventurò sulle proprie gambe verso di lui.

Un passo.

"Ce la posso fare" mise il piede sinistro davanti a quello destro.

"Eccomi... Arrivo eh... Un attimino" un piedino avanti all'altro finché non perse l'equilibrio.

"Ti ho preso" lo afferrò prontamente "È tutto a posto?" gli chiese bacinadogli la fronte. La testolina bionda dondolò.

"Sono stato bravo?" spalancò gli occhi in attesa di una risposta.

"Bravissimo" gli scompigliò i capelli e lo sguardo del piccino si illuminò.

Gli serviva solo un po' di pratica e c'era un posto migliore di quello in cui farla.

"Ti va di andare a fare una passeggiata?" il principino gli buttò le braccia attorno al collo, gioioso.

"Lo prendo per un sì" sorrise e con il figlio in braccio varcò la soglia diretto vero il bosco.

 

 

 

Il bosco assisteva in silenzio all'incedere del sovrano con in braccio l'erede al trono.

Era la prima volta che Legolas vedeva la foresta. La sua testa roteava di qua e di là, la bocca perennemente aperta in un'espressione di stupore.

"Questa è una parte del nostro regno. Regno che quando sarai grande toccherà a te guidare" gli disse mettendolo giù "Non è privo di pericoli quindi" lo prese per mano "stai vicino a tuo padre"

Legolas cominciò ad avanzare mentre Thranduil rimase fermo.

"Giovanotto, cosa ti ho appena detto?" il piccolo si arrestò bruscamente nell'udire il tono del padre ed aspettò che questi lo raggiungesse.

"Bravo"

Cominciarono a passeggiare lentamente. Un passo di Thranduil corrispondeva a tre del piccino.

"Cos'è questo? Cos'è? E quello? Guarda lì" Legolas aveva mille domande, ogni cosa attirava la sua attenzione e la sua fantasia cominciava a viaggiare.

Il sovrano sorrise, non era abituato a quella valanga di domande ma, da un bambino, non ci si poteva aspettare altro.

I bambini erano curiosi per natura e Legolas ne era il principe.

"E questo qui?" allungò l'altra mano per toccare un fungo blu

"No!" urlò, incontrò la sua espressione da "Che ho fatto?"

"Quello non si deve toccare. È pericoloso, provoca allucinazioni"

"Allu... che?" chiese il piccolo non capendo

"Le allucinazioni sono... sono quando" si passò la mano sul viso. Come poteva spiegare al suo piccolo principe una cosa così complicata? "quando compare il mostro verde"

"No!" d'istinto il piccolo avvolse le braccia attorno alla gamba del padre e vi affondò il viso "Il mostro verde, no!"

Forse era stato un po' brusco.

"Vieni qui" lo prese in braccio e velocemente uscì da quell'intrigo di alberi; una radura si aprì ai loro occhi.

"Giù!" lo fece scendere e, prendendo il mignolo del padre, cominciò ad incedere.

Un burrone si stagliava alla fine della valle ed il piccolo ci mise un piedino, fu prontamente fermato dal padre.

"Io ho visto..."

"Cosa, tesoro?"

"C'è qualcosa" si chinò verso il precipizio tenendo Legolas stretto a sé con l'altro braccio. Quando lo ritirò, stringeva tra le dita un piccolo fiore selvatico.

"È bello" il principe toccò delicatamente i petali

"Mai quanto te" gli sorrise.









Angolino autrice: Ecco a voi il mio regalino per augurarvi un meraviglioso anno nuovo.
Meglio tardi che mai.
Spero che vi sia piaciuto.
Un bacio a tutti coloro che mi stanno seguendo e grazie per le vostre belle parole.
Echadwen.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** L'ora della nanna ***


Angolino autrice: la suddetta autrice chiede umilmente perdono per lo spaventoso ritardo nella pubblicazione di questo capitolo.
 In una parola sola: lavoro. Non voglio tediarvi con inutili e tediose descrizioni di questo ultimo perdiodo di cacca. Tralasciamo.
Spero tanto di farmi perdonare.
Questo capitolo è dedicato a una persona speciale che mi sopporta, mi sta accanto e mi bacchetta quando deve.
Per te tessora, 
 Eurydice.
P.S. Pubblicata in fretta e furia. Con calma la rileggerò e correggerò eventuali errori. 



≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈​≈
                                         



L'ora della nanna

 

 





 

Ed anche quella giornata era giunta al termine.

A quell'ora, sicuramente, la balia stava lottando con suo figlio per farlo addormentare; così si ritirò nel proprio studio. Avrebbe sbrigato qualche documento e, più tardi, gli avrebbe fatto visita.

Quando la luna prese il proprio posto, al centro cielo, si decise a raggiungere le proprie stanze per cambiarsi d'abito per, poi, andare a controllare Legolas.

Una volta entrato, lasciò scorrere lungo le braccia, l'ampio mantello che, si raccolse a terra, con un fruscio.

Lo raccolse e, con cura, lo adagiò sulla poltrona vicino al letto.

Un piccolo movimento sotto la coperta attirò la sua attenzione, il lenzuolo si alzava formando un piccolo tunnel.

Sorrise.

Un piccolo intruso si era impossessato del suo letto.

Un intruso di cui conosceva bene l'identità.

Si avvicinò con passi misurati al proprio letto e, fingendo di non essersi accorto della sua presenza, appoggiò il braccio proprio nel punto in cui, la piccola talpa si stava dirigendo.

Un colpo secco. Probabilmente l'indomani avrebbe avuto un bel bernoccolo sulla fronte.

Si trattenne a stento dal ridere quando, da sotto le coperte, provenì un sonoro "Ahia!".

Non si perse d'animo, cambiò immediatamente percorso.

"Questo letto è strano" disse ed il movimento della seta cessò immediatamente "No" sorrise "è solamente una mia impressione"

Una piccola risata. Quel piccolo monello del principe, credeva di averla fatta franca.

"Sono sfinito" non appena quelle due parole lasciarono le sue labbra, si lasciò ricadere sul materasso, sfiorando, di striscio, il figlio.

"Ada!" una cascata di capelli biondi fece capolino da sotto le candide lenzuola

"Oh. Buonasera, ion nin" sorrise passandogli una mano sul viso, sistemando così la chioma selvaggia "Non sapevo che fossi qui"

"Secondo me, invece, te ne sei accorto" ribatte mentre, letteralmente, si arrampicava su di lui, trovandosi, faccia a faccia.

"Mi sono buttato sul letto. Se ti avessi visto, non ti avrei quasi travolto" gli carezzò la guancia mentre riceveva un'occhiata poco convinta

"Mhh..."

"Questa, però, non è la tua stanza e l'ora è tarda"

"Io..."

"Tu?" inarcò un sopracciglio

"Non avevo sonno e volevo stare con te, così sono venuto qui e ti ho aspettato. Mi ha fatto entrare Galion, non ti arrabbiare con lui" aveva il suo faccino. Quell'espressione che avrebbe fatto sciogliere, perfino il cuore di Sauron, se mai ne avesse posseduto uno.

"Potrei farlo appendere a testa in giù, su uno degli alberi al centro del bosco per, non averti riportato nelle tue stanze e a te, potrei togliere il dolce per una settimana" gli occhi del piccolo si aprirono pieni di orrore e paura ma poi, si sedette sul petto del genitore ed assunse l'aria di chi aveva la vittoria in pugno

"Che ne dici se appendi Galion per la lingua ed io mi tengo il mio dolce?" lo sguardo serio, con le sopracciglia leggermente aggrottate.

Thranduil scoppiò in una sonora risata e dolcemente gli carezzò la guancia.

"E tu lasceresti patire al quel povero Elfo una punizione più dura, solo, per avere il tuo dolce?" annuì con vigore.

"Tu non hai idea" si fronteggiarono, naso contro naso "di cosa sia capace di fare per la mia torta"

Aveva tutta l'aria di una minaccia.

Rise.

Il suo piccolo guerriero. La tenacia certo non gli mancava e col tempo, ne era sicuro, avrebbe cominciato a combattere per ciò a cui teneva e credeva.

Il dolce era solo l'inizio.

"Avrai la tua fetta di torta alla fine del pasto, come sempre" gli sorrise "Non vorrei mai incombere nell'ira del possente principe Legolas"

"Esatto. Non ti conviene ma sei pur sempre il mio papà; con te ci andrei piano" sorrise vittorioso.

"Ora, che non devo più temere per la mia incolumità, mi ricordo che i bravi bambini sono a letto già da un pezzo ormai mentre tu sei sveglio. Vuoi diventare un bimbo cattivo?"

Il piccolo scosse la testa "Io non sono cattivo, io sono un principe" ammise fiero

"Mi sfugge il nesso" forse era per via della tarda ora o perché suo figlio faceva migliaia di ragionamenti alla velocità della luce ma, di fatto, non capiva cosa centrasse il suo titolo

"Tu sei il Re ed io sono tu figlio, questo fa di me..."

"Legolas" si passò una mano sul viso "so come funzionano le casate"

"Io... Volevo dire che se tu che sei il Re puoi restare sveglio per governare il regno, posso farlo anche io che sono il principe"

Doveva ammetterlo. Non faceva una piega.

"Io ho millenni in più di te" lo prese e vincendo le sue proteste, lo mise sotto le coperte "Goditi le notti di sonno, verrà un giorno in cui le rimpiangerai"

"Ma io non ho sonno" lo fulminò con lo sguardo

"Peccato perché, domani all'alba, volevo andare alla cascata Lanthir e guarda caso sulla mia alce c'è posto anche per te ma" arrestò le parole notando l'aria sognante del figlio "non ti sveglierai mai in tempo se non chiudi gli occhi"

Dovette trattenere una risata quando vide gli occhi di Legolas serrarsi con forza.

"Vedi? Sono chiusi"

"Sì, lo vedo ma ora dormi" baciò entrambe le palpebre.

Sembrò davvero che avesse vinto, purtroppo, non era così.

Dopo pochi istanti sentì le mani del piccolo tirargli la tunica

"Ada?"

"Sì?"

"Mi canti una canzone? La balia canta sempre per me quando non riesco a dormire"

Una canzone. Quale mai avrebbe potuto cantargli? E poi lui non faceva queste cose, erano la madri a... Le madri...

Nella mente riaffiorò, vivido, il ricordo dell'amata china sulla culla e della sua melodiosa voce che trascinava loro figlio nel mondo dei sogni e così, quasi senza rendersene conto, le sue labbra si chiusero e le parole di lei uscirono dalla sua bocca.

 

 

"Lor, lora, neo linda hín
Lor nu núra elmenel
Cena manen i olorë cara son lia
Ar sino tinta yare i isil na per

Lilta com eleni or fanya ar hisië
Mí hwinyari ve uner is cena
Lilta com vendë ve mí i olorë le neta
Ar anta vandi ve uner is anta

Vanda ana anta rin rino i olorëon coa
Ar fallë or i falmar ninqui

"

Vanda rin ana i coi noruva ya már
Ar le rin mí i menel noruva tana

Vanda ana anta rin i isil mine aurë
Ar ana le noruva lala mí oio valin
Cena tennana rin quent ya axan
Yare rin ve mine már tári noruva heri

Ar yrae rin san anta lin mine laurea corma


Noruva lin coiva mí caima yo lin amil
Ar cena ana rin anta lin se anvane arin
Ar lin vanda noruva ya anwi

Ea, neo linda hín
Lin vanda noruva ya anwi "

 

Sonno, il sonno, mio bellissimo bambino

Dormi sotto volte stellate
Guarda i sogni che tessono la loro tela
E il suo scintillio quando la luna è la metà


Balla con le stelle sotto le nubi e la nebbia
In vortici che nessuno può vedere
Danza con la ragazza che puoi vincere nel tuo sogno
E fai promesse che nessuno può fare


Prometti di darle il castello dei tuoi sogni

E la schiuma delle onde del bianco

La promessa che la vita sarà un bene

E che disegnerai lei nel cielo

 

Giura di darle la luna uno giorno

E che si ride di gioia eterna

Assicurati che le sue parole saranno leggi

Quando si governa come una regina benevola

 

E quando lei ti dà un anello d'oro

Svegliati nella culla con la mamma

E vedi che lei ti dà la più bella tra albe

E le promesse si avvereranno

 

Sì, mio bellissimo bambino

Le promesse diventano realtà...

 

 

Come allora, si addormentò.

I sogni si avverano cantava la sua amata e, guardando Legolas dormire, sperò che lo facessero davvero.
Lo coprì con il lenzuolo e per tutta la notte restò a vegliare sul suo sonno.

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Tiro con l'arco ***


Tiro con l'arco



                        









 

Il tempo passava. Qualche anno era trascorso.

Anni di prosperità nonostante il male non dormisse mai. Dietro alle mura, il popolo di Thranduil sopravviveva a dispetto dell'Oscuro Signore.

Gli Elfi di Mirkwood diventavano più forti e crescevano, come cresceva, il principino.

Bellissimo e forte.

La perfetta unione dei suoi genitori.

 

 

 

"Ada! Ada!" un'affannata testolina bionda fece capolino nello studio.

"Cosa succede, figliolo?" aveva il fiatone, l'arco di traverso e la faretra messa al contrario.

Una scia di frecce segnava il percorso che Legolas aveva fatto dal campo di addestramento fino a lì.

Il sovrano sorrise.

"Vieni! Vieni!" lo affiancò e chiuse le mani sulla sua,cominciando a tirare.

Il sorriso sul volto dell'Elfo si allargò ulteriormente all'impazienza del figlio

"Shh..." se lo mise sulle ginocchia. "Adesso prendi un po' di fiato, altrimenti, non riuscirai a dirmi ciò per cui hai corso così tanto"

Legolas prese un bel respiro per poi, catapultarsi nuovamente con i piedi per terra.

"Devi... Devi venire a vedere. Dai!" lo tirò di nuovo.

All'immobilità del padre, sbatté i piedi per terra ed arricciò le labbra in un broncio.

Letteralmente adorabile.

"Cosa devi farmi vedere di così urgente?" si chinò su di lui

"Che io sono bravo. Ho imparato" strinse le manine sul piccolo arco

"Oh" si alzò "allora non c'è un minuto da perdere. Forza, su!" ad ampie falcate, il sovrano raggiunse la porta e l'aprì "Mio signore" s'inchinò mentre il piccolo varcava la soglia "forse, però, è meglio che prima le raccogliamo le frecce, se poi vorrai scoccarle. Che ne dici?" il piccolo annuì guardando i propri piedi e dondolandosi sulle punte.

Arrossì.

 

 

 

Si sedette sotto le fronde di un albero, al limitare del campo di addestramento e stette ad osservare.

Incoccò la freccia.

Lo sguardo concentrato, i lineamenti del viso tirati, i grandi occhi azzurri fissi sul bersaglio, le mani che leggermente tremavano per via della tensione dell'arco.

Un piccolo guerriero.

La freccia lasciò l'arco con un sibilo. Non fece molta strada.

Il bersaglio era intatto, lo stesso non si poteva del terreno a qualche metro dal centro.

"Uffa!" gettò con rabbia l'arco a terra "Prima c'ero riuscito. Te lo giuro!" si voltò verso il padre con gli occhi lucidi "L'avevo sfiorato."

Thranduil si alzò e raggiunse il figlio. La sua mano si posò sulla testolina bionda in una dolce ed affettuosa carezza. S'inginocchiò di fronte a lui.

Occhi pieni di orgoglio incontrarono quelli in lacrime di lui.

"Ne sono sicuro, Legolas" gli baciò teneramente la fronte "Sei stato molto bravo, figliolo. Sei solo troppo piccolo per allenarti con questi bersagli. La portata del tuo braccio..."

"Io sono grande!" non lo lasciò finire, riservandogli uno sguardo truce.

"Fammi finire" gli pizzicò il naso "Questi bersagli sono per i grandi, per gli Elfi grandi come il tuo papà o i suoi guardiani"

Legolas tirò su con il naso "Quindi, è colpa del bersaglio, se non ho fatto centro? Sono stato bravo comunque?" una risata sfuggì all'Elfo più grande.

Alzò gli occhi pieni di speranza, speranza di aver impressionato suo padre, di avere la sua stima e che lo guardasse ancora con quell'espressione.

"Il più bravo arciere di tutta la Terra di Mezzo" gli scompigliò i capelli

"Non è vero" le sue gote divennero color porpora

"Ti dico di sì"

"No" scosse la testa

"Che mi colpisse un fulmine se sto dicendo una bugia" Legola si spostò di qualche passo sorridendo malandrino.

"Tu, piccolo!" gli afferrò di scatto il polso per poi intrappolarlo tra le proprie braccia. Il biondo principe cadde preda del solletico del padre.

"No, padre!" cercava in tutti i modi di sottrarsi a quella tortura.

Chiuse le manine attorno ai suoi polsi.

"Non... Non respiro, papà" la voce sofferente ma Thranduil, invece di smettere, aumentò il ritmo dell'attacco.

"Non m'incanti, piccolo monello" le risate del suo tesoro riecheggiarono nel silenzio del campo di addestramento "Questo trucchetto lo usavo anche io, quasi settemila anni fa quand'ero, un piccolo principe come te" gli baciò il naso.

"Io... sono... sono grande! Basta!"

"Cesserò soltanto quando ammetterai di essere il miglior arciere di tutti"

"Va bene... Va bene. Lo sono!" si ritrovò libero e sgusciò via dalle sue grinfie con la lingua di fuori.

Con entusiasmo corse a raccogliere il proprio arco e, dopo qualche istante, gli si avvicinò gettandogli le braccia al collo.

"Padre, vuoi insegnarmi? Dammi una mano, così, diventerò davvero il più bravo."

 

 

Nuovamente fisso davanti al bersaglio. Una nuova freccia incoccata ma un'altra mano era posata sulla sua, quella di suo padre.













Angolino autrice: Di nuovo qui u.u
Come sempre, spero che anche questa OS vi sia piaciuta. 
Volevo solo avvisare che, essendo finite le ferie T.T, la pubblicazione non sarà rapida e regolare come nelle scorse settimane.
Non uccidetemi e vogliatemi bene perché, è del vostro amore che vivo.
Un bacio.                             

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Secret ***


Secret





 



"Per l'ottimo lavoro svolto, sarai ricompensato. Ciò che anela il tuo cuore, non è solamente brandire una spada, tu brami la sua conoscenza, l'arte del combattimento in tutte le sue forme e le strategie. Combatti con la mente prima che con la lama, ed, è per questo, che ho deciso di assegnati un nuovo incarico" come se il guerriero che aveva davanti, non fosse abbastanza agitato, il sovrano fece una pausa e si alzò dal trono andandogli incontro.

"Alzati" gli disse "nuovo responsabile dell'addestramento delle reclute"

L'Elfo dalla chioma ambrata rialzò lo sguardo stupefatto "Grazie, mio signore. Farò del mio meglio per essere degno della vostra fiducia"

"Ne sono certo" gli volse le spalle tornando a sedersi "Ora va a festeggiare la tua nuova nomina" lo vide portarsi una mano al cuore e chinare il capo.

Un cenno della mano e lo congedò.

"Chi è il prossimo?" chiese bisbigliando all'orecchio del fedele maggiordomo. Lo vide scorrere l'indice su una lunga lista di nomi, trattenne un sospiro.

Aveva la netta sensazione che le udienze si sarebbero protratte fino a tardi.

Nulla di nuovo, in fondo.

 

 

"Direi che possiamo ritirarci, mio signore" Galion poggiò la penna d'oca

"Non vi è più nessuno che debba espormi i propri dilemmi? Che richieda il mio consiglio o le mie orecchie per lamentarsi?" tamburellò con le dita sul bracciolo del trono.

Era sfinito ma non lo dava a vedere.

Alcune delle storie che aveva dovuto ascoltare, gli avevano fatto perdere le staffe per la loro banalità e tempo prezioso, secondo la sua opinione.

"No, sire. Avete ricevuto tutti coloro che avevano richiesto un'udienza con la vostra persona"

"Tutti?" inarcò un sopracciglio. Il capo del fedele Elfo si abbassò per poi rialzarsi in un cenno affermativo.

Stirò le labbra.

Si sarebbe potuto andare a cambiare d'abito e si sarebbe steso accanto al figlio per bearsi del suo riposo.

"Puoi andare" gli disse ed il maggiordomo si alzò chiudendo il libro sul quale aveva annotato tutte le richieste fatte al proprio sovrano.

Thranduil stava per seguire il suo esempio quando, all'improvviso, sentì una presenza.

Una presenza a lui nota.

Una presenza che amava.

La voce, che udì pochi istanti dopo, fece nascere sul suo volto il più radioso dei sorrisi.

"Ada" la piccola testolina bionda del figlio fece capolino da dietro una delle colonne che stavano ai piedi della scalinata. Sembrava ancora più piccolo ed indifeso con la lunga tunica che la balia gli faceva indossare per coricarsi.

Lo vide grattarsi un occhio con la mano chiusa a pugno.

Il suo piccolo doveva essere stanco. A giudicare dalla luce argentea che illuminava la sala del trono, doveva essere molto tardi.

"Tutti eh?" rivolse un sorriso bonario all'Elfo in piedi accanto a sè

"Coloro che erano sulla lista" ripeté lasciando che anche le sue labbra si distendessero in un sorriso alla replica del sovrano

"Lui non ha bisogno di essere nella tua lista" si alzò velocemente per andare in contro a quelle braccine sollevate in aria che altro non attendevano, se non, essere afferrate e chiudersi attorno alle sue spalle "perché è in cima alla mia"

"Ada" lo richiamò felice mentre, dopo aver sceso l'ultimo gradino, lo vide chinarsi ed allargare le braccia.

Non se lo fece ripetere.

Affondò il viso contro il petto del padre, quest'ultimo lo avvolse tra le braccia e lo tirò sù.

"Come mai sei sveglio, Legolas?"

"Io...Mi sono svegliato e tu non c'eri"

Thranduil sorrise. Anche a lui era mancato.

"È tardi ed ho pensato che potevo venirti a dare una mano, così finivi prima" gli prese una ciocca e gliela tirò leggermente "ma tu hai già finito!"

Il sovrano gli carezzò la testolina bionda ridendo.

"Scusami. La prossima volta protrarrò le udienze fino a che non ti vedrò venire a soccorrermi" baciò la fronte perlacea incontrando, poi, uno sguardo perplesso quasi, sull'orlo del pianto

"Vuoi dire che" le parole del piccolo erano appena udibili, al contrario, dei tremiti che cominciavano a scuoterne il corpo "preferisci stare qui a dare ordini piuttosto che con me?"

No! Aveva frainteso tutto.

Non aveva capito che le sue parole erano solamente uno scherzo.

"Mai!" lo strinse forte, cercando di rassicurarlo con il proprio calore "Mai, mai, mai dovrai pensare un'assurdità del genere. Io vivo per te, mia piccola foglia. Sei tu il motivo per cui faccio tutto questo" portò la mano sinistra sotto al suo mento per rialzarlo e costringerlo a guardarlo negli occhi "Tu sei la forza che scorre nelle mie vene. Quella stessa forza che permette al mio cuore di battere ancora"

Eppure, nonostante quelle parole venute dal cuore, il pianto del piccolo Legolas sembrava non voler cessare.

Thranduil sospirò ma, poi sorrise; in fondo non era sovrano solo per diritto di nascita.

"Vuoi conoscere un segreto?" gli bisbigliò all'orecchio.

Il piccolo alzò lo sguardo incontrando quello malandrino del padre "Che segreto?"

"Via quelle lacrime prima" e come se fosse stato un ordine le lacrime cessarono di scorrergli sul viso

"Dimmi! Dimmelo!"

"Avvicinati" l'Elfo avvicinò l'orecchio alle labbra del padre

"In realtà" cominciò lui "non mi piace fare il Re, preferisco stare nelle mie stanze a giocare con te oppure a tirare con l'arco insieme" il principe rise a quella confessione e di slancio abbracciò il genitore che non mancò di ammonirlo

"Ma ricorda, questo è il nostro piccolo segreto. Shh..." si portò il dito alle labbra, venne imitato dal figlio ed allora si sorrisero.

Entrambi complici, entrambi custodi di un segreto prezioso.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Secret - Alla ricerca del papà ***


Angolino autrice:  Lo so cosa state pensando u.u Che l'autrice sia a corto d'idee. Beh, non è così.
Semplicemente ho deciso di farvi vedere cos'è successo prima che, il piccolo Legolas, raggiungesse suo padre nella sala del trono.
Spero che vi piaccia.
Un bacio a tutti coloro che leggeranno.


 


 
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§

 

 



Secret

-Alla ricerca del papà-





 

In un angolino del letto del sovrano Legolas dormiva beatamente.

Immerso tra mille cuscini e la preziosa seta delle lenzuola del padre, il principe aveva provato per l'ennesima volta a resistere alla stanchezza e, anche questa volta, aveva avuto la peggio.

A nulla, erano valsi i suoi sforzi di aspettare sveglio, il ritorno del genitore.

"Il sonno è prezioso" gli diceva "Verranno giorni in cui rimpiangerai di non poterti infilare sotto le coperte e riposarti" ma lui non sembrava mai convinto.

Perché perdere tempo a dormire quando si potevano fare un mucchio di cose come giocare, andare cavallo fino alla cascata Lanthir, tirare con l'arco oppure stare con il padre in uno dei rari momenti in cui quest'ultimo, non era assilato dai suoi doveri di sovrano?

A Legolas dormire proprio non piaceva eppure, non riusciva mai a vincere la propria battaglia.

Quella notte, la luna era alta in cielo.

Il vento entrò dal balcone agitando le pesanti tende.

La luce dell'astro ivestì in pieno il viso del piccolo Elfo e niente poterono le sue manine, seguite dal cuscino, contro quell'invasione.

"Le tende" mormorò con la voce intrisa di sonno "Le tende..." disse ancora, convinto che, assieme a lui vi fosse il sovrano pronto ad assecondare la sua richiesta.

"Ada" allungò la manina sotto lo strato di coperte ma trovò solamente il vuoto.

Si mise a sedere di scatto lasciando cadere, di lato, il cuscino.

"Ada" lo chiamò ancora mentre si stroppicciava gli occhi per abituarsi alla luce della stanza.

Non ottenne risposta.

Scese con cautela dal letto, ancora troppo alto per le sue gambe di bambino, e si diresse verso la terrazza ma non era nemmeno li.

Molte volte aveva osservato Thranduil perdersi in chissà quali pensieri e ricordi, con lo sguardo fisso in un punto non ben precisato del loro regno. E lui se ne stava li, nascosto dietro le tende, a chiedersi il motivo della malinconia che velava gli occhi del suo papà.

"Troppo piccolo" si ripeteva quando quest'ultimo si accorgeva della sua presenza e gli si avvicinava con un sorriso rimproverandolo, dolcemente, per essere ancora sveglio.

Era troppo giovane per capire ma con il suo sorriso faceva già tanto per lenire il dolore che suo padre gli teneva nascosto.

Si grattò la testa e pensò a dove potesse essere. Gli venne in mente un solo posto: la sala del trono.

Raggiunse la porta della stanza ma, nemmeno mettendosi in punta di piedi, riuscì ad arrivare alla maniglia.

Un altro motivo per crescere in fretta.

"Guardia" chiamò il giovane principe e la porta si aprì un istante dopo.

"Mio principe" l'Elfo chinò il capo "vi serve aiuto?"

"Voglio vedere mio padre" disse senza tanti preamboli

"Vostro padre è impegnato con le udienze e mi ha ordinato di sorvegliarvi"

"Ed io desidero essere accompagnato da lui" lo guardò dritto negli occhi e il guardiano non poté far a meno di addolcire la propria espressione "ti prego. Se mi porterai da lui, mi terrai comunque d'occhio" Come se non bastasse il tono supplichevole che aveva usato, arrivarono in soccorso due grandi occhioni languidi che lo fissavano. Capitolò in meno di un secondo.

"Come comandate" il sorriso vittorioso di Legolas illuminò la stanza più della luce della luna.

 

Camminò veloce finché non si ritrovò davanti ad una lunga fila di gente, proprio davanti all'ingresso della sala del trono.

Quando lo videro, tutti s'inchinarono ed il piccolo Elfo biondo arrossì colto alla sprovvista.

"Io... non" balbettò "Non... non è necessario"

Una bellissima donna sorrise teneramente "Vi cedo il mio posto, principe. Passate pure avanti."

E Legolas fu tentato da quella proposta ma non l'accettò, memore delle parole del padre: "Figliolo, ricordati che mai dovrai usare il tuo titolo a sproposito. Un bravo sovrano non usa il potere che deriva dal proprio titolo per ottenere vantaggio sugli altri."

Scosse la testa "Grazie, mia signora. Siete gentile ma attenderò il mio turno" e non fu solo lei a sorridere per quella risposta.

 

 

 

Ci volle molto tempo, più di quanto avesse immaginato.

Con cautela sbirciò da dietro la colonna e prese coraggio "Ada"

Il suo richiamo fu un sussurro.

Quando incontrò gli occhi chiari della persona che stava cercando e lo vide andargli incontro, si sentì il bambino più felice della terra.

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Attimi ***


 
Angolino autrice: Peeeeeeeeeeeeeeerdono T.T
L'autrice striscia e chiede perdono a tutti coloro che stanno seguendo questa raccolta. Sono stata trattenuta dalla pubblicazione a causa di forza maggiore.
Non me ne vogliate, pretty please.
Spero tanto che questo capitolo possa farmi rientrare nelle vostre grazie.
Baci a tutti.










 

ATTIMI


 





 

Quel piccolo involucro di dolcezza e tenerezza l'aveva spuntata un'altra volta.

Era sommerso di documenti che richiedevano la sua firma, doveva approvare la spedizione dei nuovo barili verso Elsgaroth per rimpinguare le cantine ormai vuote ed un miliardo di altre questioni, eppure, nonostante questo, era bastati una richiesta di Legolas ed un battito delle sue lunghe ciglia per fargli abbandonare tutto ed andare in giardino a giocare con lui.

Così, il sovrano si ritrovò seduto sotto le fronde di un albero ad osservare le mille acrobazie ed i nuovi giochi del figlio. Sorrise.

Verdefoglia era il nome del principe nella lingua corrente ma, in casi come questo, pensava sempre che fosse più appropriato "Angelo tentatore".

"Ada!" il richiamo del giovane Elfo lo distolse dai propri pensieri "Guardami!"

Thranduil dovette fare appello a tutta la sua forza di volontà per non ridere di fronte ai tentativi dell'altro, di eseguire una capriola.

Testardo e caparbio non si arrendeva e dopo l'ennesima sconfitta era nuovamente a gambe all'aria a combattere contro la forza di gravità.

Prova dopo prova l'entusiasmo iniziale si spense ed il piccolo restò con il viso affondato nell'erba senza più voglia di mettersi in gioco, fu allora che il padre capì di dover intervenire.

"Legolas" un richiamo dolce mentre si inginocchiava ad un soffio dalla morbida cascata bionda che nascondeva il viso tanto amato, seguito da una dolce carezza.

Uno sbuffo più rassomigliante ad un grugnito emerse in risposta.

Non demorse.

"I maialini nascondo la testa nel fango. Sei uno di loro?"

Scosse la testa Legolas e roteò su sé stesso fino, a far ritrovare al viso, la luce del sole.

"Sono un incapace" incrociò le braccia al petto e strinse le labbra in un broncio.

"No, non lo sei" fu la pronta replica del sovrano "In questo momento, però, assomigli tanto ad un porcellino"

Non vi era ombra di rimprovero nella sue voce né nei suoi gesti infatti, con delicatezza prese a pulire il faccino imbronciato del figlio sacrificando la manica della tunica.

"Ecco di nuovo il mio ometto" una volta compiuta l'opera gli sorrise, sorriso che non venne ricambiato. Legolas continuava ad insistere nel proprio silenzio.

Altra tattica.

"Se non ti avessi visto appena venuto al mondo e non fossi così bello, giurerei di avere di fronte il più testardo fra i Nani" un piccolo sorriso si delineò sulle labbra rosee dell'altro.

"Non ci riesco..." sospirò coprendosi il viso con le mani.

"Col tempo" gli sorrise allontanando le mani "Il tempo rende più forti. Crescendo non ci sarà più nulla che ti sarà precluso"

Uno sbuffo.

"Odio essere piccolo" si sedette incrociando le braccia al petto.

Il broncio ricomparve.

La mano del padre affondò nei suoi capelli per una tenera carezza.

"Non dovrei dirlo ma, sei adorabile quando le tue labbra s'incurvano in questo modo" con disappunto si sottrasse a quel gesto

"Io non sono adorabile. I guerrieri non devono essere adorabili e belli ma forti ed indomiti"

"Saresti dovuto nascere orchetto allora" di scatto gli afferrò i fianchi per portarselo sulle ginocchia "Esistono molti combattenti il cui valore sul campo di battaglia è indiscusso, come lo è la loro bellezza. Un esempio è proprio davanti a te" gli fece l'occhiolino.

"Dove?" chiese Legolas arrampicandosi letteralmente su di lui "Dietro di te?" sorrise malandrino.

"Conto fino a tre e, quando ci arriverò, spero per il tuo bene che tu sia molto distante da qui. Uno..."

il principe non perse tempo e cominciò a correre verso l'albero sotto al quale, prima, vi era stato il genitore.

"Due, tre! Oh sei lento, bambino mio" con la velocità tipica della propria razza ed aiutato dal passo più lungo rispetto al figlio, partì all'inseguimento tra le grida divertite dell'altro.

Si nascose dietro al tronco e si fece piccolo piccolo contro di esso.

"Mio figlio dove sarà?" sentì la sua voce ed il leggero fruscio della veste sull'erba. Trattenne letteralmente il fiato quando vide la testa di Thranduil sbucare e sorridergli in quel modo che, non prometteva nulla di buono.

"Qui vedo solo un orchetto" si avvicinò con passi lenti e calcolati "Poco male. Spero tanto che mio figlio stia guardando, così vedrà che si può essere belli e allo stesso tempo formidabili guerrieri" si abbassò e protese le braccia nella sua direzione.

"No!" urlò "Non oserai" gli puntò il dito contro con fare minaccioso. Cosa che non sortì l'effetto desiderato.

"Ora vedrai cosa succede a mettersi contro al sovrano di Mirlwood" ed in men che non si dica, si ritrovò attanagliato ai fianchi dalle dita del padre che lo solleticavano senza pietà.

Risero, scherzarono e si presero in giro.

Quel pomeriggio, la responsabilità di un regno non sembrava essere così gravosa, né la vita così dura.

L'impassibile re ritrovò il sorriso e la gioia.

Quel piccolo Elfo in cui si rivedeva e che eppure era diverso, se non migliore, era capace capace di fargli vedere il buono del mondo.

Per Thranduil quel buono aveva un nome: Legolas.

Sovrapensiero si ritrovò a giocherellare con i morbidi fili biondi di quest'ultimo quando questi si voltò a pancia sotto

"Allora?"

"Cosa?" Legolas sorrise e lo rimproverò

"Ti ho chiesto quando" uno sbadiglio "diventerò un bravo guerriero e comandante come te?"

"Oh..." l'immagine di Legolas adulto e pronto a scagliare una freccia gli si parò davanti "Anche troppo presto per i miei gusti. Non sarei pronto a lasciarti nemmeno tra dieci Ere"

"Io non ti lascerò mai" una debole carezza gli sfiorò il viso mentre l'altra mano si chiudeva a pugno ed andava a sfregarsi contro l'occhio.

Il tempo di baciare quella mano e, quando posò nuovamente lo sguardo sul figlio, lo trovò addormentato.

L'ennesimo sorriso della giornata accompagnò l'abbraccio caldo con il quale avvolse il figlio. Con il suo tesoro, avvolto nel mantello, stretto al petto, si diresse verso il palazzo.

Di certo, quello appena trascorso, era stato un pomeriggio tutt'altro che perso. 



 



 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Compiti e lezioni ***


COMPITI e LEZIONI


 




 

 

Giorno dopo giorno, allenamento dopo allenamento, Legolas stava dimostrando a tutti di avere le carte in regola per per diventare uno dei migliori arcieri che la Terra di Mezzo avesse mai visto.

Pure con i pugnali se la cavava, anche se per il momento, il suo insegnante si limitava a impartirgli lezioni delle tecniche e sui movimenti fondamentali.

L'entusiasmo con cui affrontava ogni nuova sfida era encomiabile e la gioia che provava dopo averle superate era contagiosa.

Un principe, però, non doveva solo essere abile nell'uso delle armi. Ad un futuro sovrano era richiesta la conoscenza della storia di coloro che lo avevano preceduto per capire come governare un regno, per il senso di responsabilità verso di essi e per imparare e diventare più saggio.

Così arrivò il momento di affiancare i libri alle armi ed il precettore al maestro d'armi.

 

 

 

"Lui è Gildor, Legolas" disse Thranduil entrando nella stanza, seguito da un Elfo che non aveva mai visto prima di allora. "D'ora in poi, lui sarà il tuo insegnante. Con il suo aiuto imparerai a conoscere la storia del nostro popolo, quella delle altre razze, l'amicizia che ci lega agli Uomini e molto molto altro"

Vide il bambino scrutare minuziosamente il nuovo arrivato mentre questi s'inchinava davanti a lui.

"È per me un onore, essere stato scelto per occuparmi della vostra educazione, principe"

Solo ora comprendeva il motivo per cui, il padre avesse richiesto la sua presenza nella biblioteca e la cosa non gli piaceva affatto.

Lo sguardo ammonitore che ricevette, non gli lasciò scampo.

"Sono lieto di fare la vostra conoscenza, Gildor" lanciò un'occhiata al genitore che, con un movimento fluido, si era portato le braccia dietro alla schiena.

Il sopracciglio destro salì velocemente; segno che doveva essere più loquace.

"E ti ringrazio fin d'ora per la pazienza che porterai nei miei confronti" si grattò la testa nervosamente.

"Confido nel fatto che mio figlio si applicherà con passione e dedizione" parlò dando le spalle ad entrambi "Ora, se volete scusarmi, ci sono alcune questioni che richiedono la mia attenzione. Vi lascio conoscervi"

"Guarda che non morde, Legolas. Ho controllato"

Sul viso del principe si formò un piccolo sorriso.

 

 

 

Una pioggia di domande iniziarono a sommergere Re Thranduil dopo ogni lezione.

Non gli dispiaceva.

La sete di sapere del figlio lo sorprendeva ed allo stesso tempo lo rendeva estremamente orgoglioso.

 

 

 

 

"Ti credevo fuori ad allenarti o a giocare. È una così bella giornata" disse il sovrano entrando nella camera del figlio, trovandolo seduto alla scrivania.

Il piccolo gettò indietro la testa, poggiandola sull'ampio schienale, e si voltò verso il nuovo arrivato.

"Oh. Io lo vorrei tanto ma Gildor mi ha affidato un compito"

"Di cosa si tratta?" chiese avvicinandosi.

"Devo scrivere un tema sulla differenza fra il Bene ed il Male e sulle motivazioni che spingono alcuni a servire quest'ultimo"

"Non dovrebbe essere difficile" posò la mano sul bordo dorato della poltrona sulla quale il figlio sedeva "Credevo di averti spiegato in cosa differiscono e che tu avessi compreso"

"Lo so, infatti" alzò il capo per incontrare gli occhi del genitore "Solo che non capisco perché la gente scelga il Male pur sapendo cos'è e cosa comporti..."

Thranduil sorrise.

"Questo perché tu sei una creatura innocente, figlio mio. La luce del nostro popolo risplende così forte in te" gli baciò i capelli "L'Oscurità corromper il cuore con doni, con ciò che si è sempre bramato ma i giusti sanno resistere"

"Non so se ne sarei capace" ammise preoccupato

"Io ne sono sicuro" lo guardò con orgoglio

"Padre, tu riusciresti a resistere?"

"Certamente" rispose prontamente "Il mio cuore possiede già ciò che desidera"

Il giovane principe si mise in piedi sulla poltrona a quelle parole mentre il padre si chinò verso di lui "Io ho te" e Legolas strinse forte le braccia attorno al collo del genitore "Non ho bisogno di nulla se ci sei tu, piccolo mio"

"Credo di aver capito..." mugugnò contro il suo collo "Alcuni scelgono il Male perché" si allontanò leggermente per poterlo guardare negli occhi "non hanno ciò che abbiamo noi due"

Ed il sovrano lo strinse con forza a sé.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Smile ***


Angolino autrice: Lo so! Sono una persona orribile, vi ho lasciato mesi senza un aggiornamento.

Tiratemi pure tutti gli ortaggi che volete.

Devo fare una piccola precisazione per quanto riguarda l'asse temporale: all'inizio della storia il piccolo Legolas aveva solo pochi mesi ma, per esigenze creative, in questo capitolo ho dovuto spostare il tutto in avanti per farsì che Legolas potesse avere qualche ricordo di una persona a lui cara...

Non indugio oltre, ecco a voi il confronto che voi tutte stavate aspettando.











§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§




Smile





"Dov'è mamma, Ada?" aveva chiesto quando, dopo mesi di assenza, aveva fatto ritorno da solo.

Una volta, un'altra e una ancora.

Non aveva mai avuto parole dal padre che spiegassero la sua assenza. Lo vedeva semplicemente voltargli le spalle dirigendosi su quel balcone e puntare lo sguardo verso chissà quale luogo e, col tempo, aveva smesso di fare domande.





Non è più un bambino, Legolas.

I suoi occhi hanno osservato e compreso, la malinconia che ricopre come un velo il viso del genitore ha un nome ma non un volto: troppo presto gli è stato portato via. Nei suoi ricordi solo un sorriso radioso e una morbida chioma bruna.

La immagina Legolas, mentre osserva la propria immagine riflessa, studia i lineamenti androgeni del proprio volto e cerca di capire cosa abbia ereditato da lei. Ritrova molto del padre ma di lei, non saprebbe dire...

Desidera delle risposte.

La dolcezza del suo viso ed il sorriso direbbero in molti.




L'aria è fresca, la luna risplende in tutta la sua maestosità; ingannevole tanto da convincerti di poterla toccare stendendo il braccio. La debole brezza della sera carezza il volto della creatura eterna, il cui sguardo è perso nella miriade di stelle che illuminavano la volta celeste. Anche la mente ed il cuore del Signore di Bosco Atro, sono lontani: smarriti in una nebbia senza tempo di ricordi e sensazioni ed è in quel momento che, Legolas, infrange quell'invisibile barriera eretta a difesa di un cuore ferito e ancora sanguinante.

Pochi sono i passi che servono a raggiungere il genitore ma ciascuno di essi pesa come un macigno: tante sono le domande che vorrebbe porgli, una l'accusa da rivolgergli.

È il terrore a prevalere, infine. La paura viscerale di risposte ignote, quella d'infliggere dolore alla persona a lui più cara.

"Ti manca tanto madre, Ada?" escono spontanee quelle parole mentre gli posa la mano sulla spalla; parole di un ragazzo non ancora adulto ed è proprio quella spontaneità a scuotere il sovrano.

Non vi è biasimo o rabbia nella sua voce; nei suoi occhi solo il desiderio di sapere.

Gli sorride il suo piccolo e tanto basta per aprirgli i suoi ricordi.

Una dolce carezza sulla guancia colma il silenzio che regna tra i due. Chiude gli occhi il principe, pago del calore che il genitore sa trasmettergli e a quest'ultimo, per un'istante, vede sovrapporsi al sorriso dell'erede quello della moglie tanto amata e mai dimenticata.

È arrivato il momento che suo figlio, sappia la verità.


"Non vi è giorno in cui il mio pensiero non corra a lei e tu" lo inivita a sedersi sulle proprie gambe "me la ricordi, figlio mio" gli carezza il capo dolcemente.

"Davvero?" chiede conferma quest'ultimo, stupito dall'affermazione dell'altro

"Vi è molto di tua madre in te sebbene, siano più visibili i tratti che ti legano a me. Hai il suo stesso magnifico sorriso..." involontariamente, le labbra del principe si distendono illuminandogli il volto "come questo. Quando sorrideva, tutto acquisiva maggior bellezza e perfino questa corona diveniva meno pesante. Nel profondo, Legolas... Lei vive dentro di te" la mano gli si adagia sotto al mento per spronarlo al contatto visivo e trema, il figlio, per l'intensità di ciò che legge negli occhi del padre.

Amicizia, devozione, rispetto, amore e tanto, fin troppo, dolore.

"La stessa caparbietà anima il tuo spirito, la stessa curiosità, la stessa forza dei silvani" un sorriso pieno di dolcezza si delinea sul volto del sovrano "Era così diversa..."

Diversa...

Dimmi di più lo implorano quegli occhi azzurri.

"Oh, ion nin. Non ho mai visto nessuno maneggiare i pugnali con tale eleganza e maestria"

"Una guerriera?" una scintilla balugina nel suo sguardo.

"La migliore che abbia mai visto"

L'orgoglio prende a scorrere nelle vene del principe ma c'è una domanda che lo costringe a distogliere lo sguardo. Non gli dà pace ed è li, in fondo alla gola, che aspetta di essere pronunciata o di essere letta da occhi amorevoli.

Perché mi ha lasciato?

"Essere re o regina comporta degli obblighi che nemmeno il cuore e i sentimenti possono obliare" lo costringe a voltare il capo "Una guerra era alle porte e la sopravvivenza del nostro popolo dipendeva dai risvolti di quest'ultima. Come regina avrebbe dovuto restare qui, a regnare in mia vece ma né gli ordini del sovrano né le suppliche di uno sposo innamorato sono riusciti a domare quello spirito selvaggio."

Legolas spalanca gli occhi nell'udire quell'affermazione. Gli sembra impossibile poter contraddire la volontà del genitore

"L'unico, che è riuscito a farla vacillare, era avvolto in soffici lenzuola e dormiva beatamente nella propria culla. Riflessi d'oro adornavano quel viso piccolo e paffuto, l'azzurro del cielo a colorare due occhi vispi e curiosi... Dal momento in cui ti ha stretto tra le braccia la prima volta, tua madre non ha avuto occhi che per te e le si è spezzato il cuore quando ha indossato la sua armatura" la grande mano del sovrano si posa nuovamente sulla sua guancia "Non avrebbe mai voluto separarsi da te e, se l'ha fatto, è stato solo l'ardente desiderio di combattere per tenerti al sicuro che l'ha spinta a farlo"

Il silenzio cala fra le due creature eterne; nei loro animi un'accesa lotta fra sensazioni contrastanti.

Una lacrima solca la perlacea pelle di Thranduil e il suo bambino è pronto ad arrestarne il percorso asciugandola con il pollice

"Le sue ultime parole sono state per te" la perfetta maschera di austerità s'incrina e un bacio dolce piove sulla sua fronte. Il grande Re non riesce a rendersene conto che, le braccia del figlio, si allacciano dietro al suo collo.

Un balsamo per il suo spirito ferito.

Restano uniti in un momento d'infinito. Le parti si sono invertite, ora è il suo ometto a consolarlo.

E, quando lentamente allenta la stretta, lo vede sorridere e ritrova il sorriso della sua amata.

Posa la mano sul suo collo e con il pollice delinea il volto del suo tesoro più grande per, poi, stringerselo al petto.

"Grazie" sussurra il figlio e il padre scuote la testa.

Non è lui a dover ringraziare.

Non lui che ogni giorno, con il suo sorriso, gli fornisce la forza per continuare a vivere.




Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2348298