Let's see how far we've come!

di Rozen Kokoro
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 0.0 Prologo ***
Capitolo 2: *** 1.0 «Esco di casa in boxer» ***
Capitolo 3: *** 2.0 «Litigi e piatti volanti» ***
Capitolo 4: *** 3.0 «Il furto di un Diario Segreto» ***
Capitolo 5: *** 4.0 «Una ragazza un po' troppo focosa» ***



Capitolo 1
*** 0.0 Prologo ***


Ok, datemi un minuto. Io sono qui, a pubblicare questa long. Forse voi non vi rendete conto di quanta importanza abbia per me questo passo, perché SUL SERIO ho in testa questa storia da quattro mesi. Quattro. Loro, i miei bambini belli, sono stati i protagonisti di questa estate 2013. Li ho disegnati ovunque, mi ci sono fatta i peggiori filmini mentali. E ora ve li sto facendo conoscere. 
ODDIO PANICO. No ok, scherzi a parte, vorrei iniziare la presentazione di questa Long dicendovi che è uno dei lavori a cui sono più affezionata e sono sicura che l'apprezzerete, credo. La trama è frutto di un parto durato tre interminabili mesi, nei quali io ho dato il massimo per rendere i personaggi unici e la storia originale. Potrei non esserci riuscita, pazienza
Mi sento in dovere di ringraziare tante persone, in primis la mia Baka, colei che mi ha spronato alla pubblicazione, che mi ha dato l'idea, che mi ha abbozzato i primi personaggi e i loro nomi, che si è proposta di aiutarmi nella scrittura, che ha tentato più volte di uccidermi quando avevo dei ripensamenti sulla pubblicazione. Senza di lei, questa storia non starebbe qui. Senza di lei non esisterebbero loro. Grazie, Baka.
Ringrazio la mia Big Sis', una delle prime a cui ho presentato il progetto. La ringrazio per aver apprezzato il mio lavoro e per avermi aiutato a riordinare le idee. Grazie Sis'!
Ringrazio la mia Cognatuzza per avermi presentato degli OC a dir poco perfetti per questa storia, che hanno aggiunto una sfumatura più intrigante alla trama, per avermi dato un sacco di idee e per avermi sempre appoggiata. Grazie Amy!
E, dolcis in fundo, ringrazio la mia amata Lover, che ha sorbito tutti i miei scleri, che ha sclerato insieme a me, che mi ha ascoltata sempre, seppur molte volte rompevo in maniera eccessiva lo ammetto. Grazie Lover!
Beh, penso di aver finito. Dedico la storia a tutte loro, ma anche a voi. Perché vi voglio bene e perché sì ♥
Buona lettura!

P.S. Titolo della Long ispirato a questa canzone, nonché colonna sonora di questa storia.



 

 

Let's see how far we've come!

But I believe the world is burning to the ground 
Oh, well, I guess we're gonna find out.



 
0.0 Prologo

Il sole splendeva più che mai quella mattina, illuminando con i suoi raggi la cittadina di Rupepoli, sveglia e pronta per affrontare una nuova giornata all’insegna di lavoro e attività di ogni genere.
Fuori dalla palestra della città innumerevoli allenatori aspettavano impazienti di entrare e sfidare il Capopalestra, che in quel momento era più impegnato a fare altro. Molti cominciarono a reclamare, lamentandosi e coinvolgendo tutto il gruppo, tanto da richiamare il custode.
Questo si affacciò da una finestra, visibilmente a disagio. “Scusate, ma il Capopalestra è un attimino impegnato!” Così dicendo, la richiuse, accompagnato dai lamenti dei poveri allenatori.
Corse velocemente verso il retro dell'edificio, agitato per il disordine che si stava creando all’ingresso. Arrivato alla sua meta, vide finalmente l’uomo poco distante da lui, mentre conversava con una persona. Il custode sospirò rassegnato. “Paul!” Lo chiamò, vedendolo girarsi nella sua direzione.
Paul, visibilmente stizzito per essere stato interrotto, si accigliò, facendo segno a quello di andarsene. Tuttavia, l'altro non gli diede ascolto e si avvicinò ai due, trafelato per la corsa. “Paul! Diamine, sei il Capopalestra e devi assumerti le tue responsabilità!” Lo rimproverò, parandosi davanti a lui.
Paul sbuffò. “Senti oggi ho da fare. Anzi adesso ho da fare, non vedi?” Disse, indicando davanti a sé. Il custode si girò e vide di fronte all'uomo una ragazzina sui tredici anni. Ora capisco, pensò.
“Ok, ok, ma sbrigati!” Concluse, avviandosi verso l’interno della palestra.
Finalmente liberatosi di quello, Paul si ammorbidì, mentre vedeva Lucinda avvicinarsi verso i due. La donna si chinò sulla bambina, abbracciandola forte. “Tesoro, mi mancherai tanto. Mi ricordo quando sei partita per la prima volta, tre anni fa…!”
“Va bene mamma, mi mancherai anche tu. Starò attenta.” Sorrise la ragazzina, stringendosi più forte alla madre. Poi si rivolse verso il padre, abbozzando un sorriso.
“Ricordati tutto quello che ti ho insegnato. Vedrai che riuscirai a battere la Lega.” Disse Paul.
Lucinda si alzò. “Tra quanto devi partire?” Domandò, guardando l’orologio.
“Tra due ore.” Rispose la figlia.
“E’ tardissimo tesoro! Sbrigati altrimenti perderai la nave!” Esclamò la donna.
La ragazzina prese in fretta e furia le sue cose, salutando i due mentre si dirigeva verso l’uscita della palestra. Quando ad un tratto si fermò, come se si fosse dimenticata di qualcosa. Tornò indietro, poggiò le borse a terra e guardò Paul. Poi, con un gesto d’affetto che mai aveva avuto nei suoi confronti, si buttò su di lui, stringendolo in un abbraccio. Paul per la sorpresa arrossì.
“Vedrai che questa volta ti renderò fiero di me, papà.” Concluse, allontanandosi da lui e fuggendo fuori dalla palestra.

 

 

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Capitolo 2
*** 1.0 «Esco di casa in boxer» ***


1.0

«Esco di casa in boxer.»

 
Biancavilla è un paesino sperduto fra i campi della regione di Kanto. E’ conosciuta da tutti come patria della pace e come luogo perfetto per iniziare una nuova avventura. Molti allenatori erano passati per quel luogo, beandosi del profumo dei tulipani e della quiete che aleggiava fra i viali della cittadina.
Per Gary Junior, Biancavilla significava solo due cose: casa e noia. Aveva passato i suoi ultimi due anni rinchiuso dentro quel recinto di foresta e i propositi di ripartire erano andati a sotterrarsi definitivamente. Era troppo pigro, troppo stanco anche solo per pensare di rimettersi a viaggiare… Naturalmente i suoi –o sarebbe meglio dire sua madre – non erano minimamente d’accordo sulla decisione del giovane, ma insistere pareva inutile.
Si stiracchiò, grattandosi la nuca. Quel giorno faceva troppo caldo per i suoi gusti, il che non faceva che aumentare la sua voglia di non far niente.
Accese il televisore, sperando di trovare un programma decente a quell’ora e non le solite soap opera che vedeva sua madre. Iniziò a fare zapping da un canale ad un altro, quando sentì un rumore assordante provenire dall’ingresso. Alzò il volume della televisione al massimo, ma sembrava inutile.
“Mammaaaa!” Urlò, cercando di farsi udire. “Puoi spegnere questa dannatissima aspirapolvere, per favore?”
Da dietro lo stipite della porta apparve una donna dai capelli folti e color arancio. Indossava un grembiule a fantasia(con dei fiori e dei Pikachu, un regalo del marito) e teneva con la mano destra l’estremità dell’elettrodomestico. “Cosa?”
“Ho chiesto se puoi ripassare dopo, visto che voglio ascoltare la televisione e non sento niente.”
Misty rimase a guardarlo per qualche secondo, come se stesse valutando l’idea di lasciare a lui il compito di pulire. “Vabbè, vado a fare la tua camera. Ritorno subito, eh!” Concluse, dirigendosi al piano di sopra.
Il ragazzo sospirò sollevato: finalmente un po’ di pace. La sua attenzione si concentrò nuovamente al televisore, che in quel momento stava trasmettendo il TG. Gary inarcò le sopracciglia, sorpreso: di solito non trasmettevano il notiziario a quell’ora.
“Notizia dell’ultima ora! A quanto pare la Campionessa di Unima si trova sulla Navetta diretta ad Aranciopoli!” Urlò la giornalista davanti alla telecamera.
Il ragazzo alzò le spalle: sinceramente la notizia non l’aveva sconvolto più di tanto. Eppure cominciava a sentire che un briciolo di curiosità si stava man mano facendo spazio fra i suoi pensieri, costringendolo a non cambiare canale. Aveva lasciato la Lega di Sinnoh due anni prima, visto che la notorietà aveva cominciato ad annoiarlo, quindi non aveva ancora avuto l’onore di conoscere il nuovo Campione di Unima.
“Molti curiosi si stanno già radunando al porto, pronti ad accogliere la giovane allenatrice!” Continuò la giornalista, indicando una folla di fans alle proprie spalle.
“Aah, la celebrità, brutta bestia.” Commentò il ragazzo ad alta voce, scuotendo la testa. “All’inizio tutti ti amano, poi vedi come si dimenticano di te…”
“Ecco! Ecco!” Esclamò eccitata la donna in televisione. “La nave!” Si voltò per indicare l’orizzonte, dove si poteva scorgere una piccola macchia bianca. Anche Gary si sentiva leggermente nervoso, ma non ci fece caso.
La giornalista tutt’ad un tratto fu travolta da un’ondata di persone, che correvano verso il punto di attracco. Una di queste si fermò proprio davanti alla telecamera, iniziando ad urlare. “Non ci credo! Finalmente incontrerò la Campionessa!” A quella vista, le labbra di Gary si incresparono in un sorriso malinconico. Doveva ammettere che un po’ gli mancavano i suoi ammiratori. “Potrò vederla in carne ed ossa! Lei, Kokoro Sh-!” Fu come se un tifone si fosse improvvisamente fiondato nella sala.
Gary voltò lo sguardo, trovando davanti a sé la madre intenta a pulire con l’aspirapolvere. Preso dal panico, si voltò nuovamente per alzare il volume, ma sembrava completamente inutile. Si girò furibondo verso la madre. “Mamma, dannazione!”
Misty si accigliò. “Gary Junior Ketchum, ora basta. Stai sempre davanti alla tivù!” Si diresse verso la presa della corrente e la staccò. La televisione si spense.
“Invece di stare a fare la pianta grassa, alzati e aiutami a pulire! Lasci sempre tutto in giro! Aah, se non ci fossi io in questa casa…” Borbottò.
“Ma era importante!”Le urlò, additando lo schermo. Oh, eccome se era importante! L’arrivo della madre non gli aveva lasciato il tempo di ragionare, ma in quell’istante ripensò alle parole dell’uomo. La Campionessa Kokoro. Non aveva fatto in tempo a sentire il suo cognome, ma poteva scommetterci tutti i suoi Pokémon che era quella Kokoro.
“Per te è sempre import-… ehi! Dove stai andando?!” Ma Gary si era già fiondato su per le scale. Passando per il corridoio incrociò suo padre, che stava beatamente gustando un pezzo di torta.
“Oi! Dove vai così di fretta?” Domandò, sorridendo al figlio.
“A prepararmi!” Esclamò, prima sbattere la porta della sua camera. Osservò il suo Raichu rannicchiato fra le lenzuola del suo letto sfatto, probabilmente addormentato. Si chinò su di lui, svegliandolo con un po’ di impazienza.“Su, amico, che ce ne andiamo.”
Il Pokémon continuò a fissarlo stralunato, un po’ per il sonno, un po’ per la sorpresa di trovare Gary intento a sistemare i suoi vestiti dentro la sua vecchia borsa da viaggio. Era strano vedere il suo Allenatore così carico, così pieno di uno strano entusiasmo che era riuscito persino a farlo smuovere da quel dannato divano.
A quanto pare l’idea di poter rivedere la sua amica d’infanzia aveva riacceso in lui una voglia sfrenata di ripartire, di iniziare una nuova avventura. Gary aveva già intrapreso un viaggio, quando era ancora un bambino: la sua avventura per Sinnoh l’aveva completamente cambiato, gli aveva fatto scoprire un mondo del tutto nuovo. Inoltre, l'aveva vissuta in compagnia della sua migliore amica: insieme formavano un duo formidabile ed erano arrivati davvero lontano.
La ricordava sempre come una ragazzina allegra e vivace, con i suoi modi infantili e con il suo fidatissimo Piplup che teneva sempre in grembo. Il suo unico senso di colpa fu quello di vederla perdere, alla Lega di Sinnoh, mentre lui aveva raggiunto la vetta lasciandola indietro. Si era sempre chiesto se la partenza di Kokoro, a tredici anni, fosse stata a causa sua: quel pensiero lo struggeva da tempo.
Scacciò via quel senso di colpa, prese le sue Pokéball e uscì dalla stanza, seguito dal suo fidato Raichu.
Arrivato in sala trovò entrambi i genitori ad aspettarlo. Il padre sembrava abbastanza perplesso, la madre invece… “Cosa intendi fare tu?! Dove credi di andare così improvvisamente?”
“Vado ad Aranciopoli. Ora scusate ma faccio tardi. Tornerò presto. Bye bye!” Passando diede un Cinque!  al padre e un bacio sulla guancia di Misty.
“Ash, digli qualcosa!” Lo implorò la moglie.
“Ehm… buona fortuna, figliolo!” Salutò l’uomo, mentre lo vedeva allontanarsi.
Gary non si era mai sentito più eccitato in vita sua, camminava allegramente fra le strade del paesino, catturando gli sguardi di tutti. Era fiero, orgoglioso, si sentiva come il re del mondo.
Poi, tutt’ad un tratto, notò che molte ragazze lo fissavano, arrossendo e ridacchiando. Beh, di solito non faceva quell’effetto… Perché mi fissano così?, pensò.
Poi da in fondo alla strada sentì le urla della madre raggiungere le sue orecchie. Gary si fermò di colpo, già pregustando la ramanzina.
“STUPIDO! MA NON VEDI CHE SEI USCITO IN MUTANDE?!” Urlò la madre, fumando di rabbia.
“… Ops.” Concluse il ragazzo, prima di fuggire a casa per rivestirsi.
Iniziamo bene…
 
 
Quel giorno il Centro Pokémon di Smeraldopoli era più affollato del solito. A Daisy la cosa infastidiva parecchio, visto che il suo unico intento era quello di lasciare in estrema tranquillità i suoi Pokémon nelle cure dell’Infermiera Joy.
Sgomitò in mezzo alla folla per arrivare al bancone, mentre tutti la pressavano da una parte e dall’altra. A stento, riuscì ad arrivare alla sua meta, con le guance più rosse del solito e i capelli ribelli ancor più spettinati.
“Ma che cavolo! Ma che ha tutta questa gente?!” Esclamò, cominciando ad estrarre le Pokéball dalla sua tasca. Solo in un secondo momento notò che l’attenzione dell’Infermiera era rivolta verso lo schermo, così come per tutto il resto della folla.
Decise anche lei di osservare il telegiornale che stavano trasmettendo in quel momento.
“… Tutti si stanno affollando intorno alla Campionessa Kokoro Shinji…!” Urlò la giornalista.
Daisy trasalì. Aveva detto Kokoro Shinji? Non pensava che quella piccoletta fosse arrivata così lontano. Persino più lontano di lei!
Ormai si era quasi dimenticata dell’esistenza di Kokoro, quella bambina rompiscatole che ogni tanto la sfidava a combattere e che spesso perdeva.
Al pensiero dei vecchi tempi ghignò, rimettendo in tasca le sue Pokèball. “Bene, bene… e così la Mocciosetta si fa rivedere, eh?”
Sgomitò nuovamente per uscire dal Centro Pokémon. “Vedrai che ti supererò anche questa volta, stanne certa.” E si allontanò fra le stradine della città, mentre i suoi capelli danzavano come il fuoco mossi dal vento.
 
 
A Gary non piaceva viaggiare in groppa al suo Fearow. Prima di tutto rischiava di stancarlo, poi non amava le grandi altezze. Ma non aveva altra scelta, visto che doveva arrivare ad Aranciopoli nel minor tempo possibile.
Si aggrappò saldamente al suo Pokémon, continuando a ripetere nella sua testa Non guardare in basso, non guardare in basso…
Ma più ci pensava, più abbassava la testa per osservare sotto di lui.
Vuoto.
Impallidì, stringendo ancora di più le piume del suo Pokémon. Questo cominciava a dare segni di stanchezza nel frattempo.
“Fearow, fammi scendere! Adesso!” Urlò. Era nel più completo panico, tanto che anche il volatile cominciò a sbandare e a perdere il controllo.
L’atterraggio non fu dei migliori. Entrambi finirono in mezzo a dei rovi, uno esausto, l’altro pieno di graffi e con il volto che aveva assunto uno strano colorito verdognolo.
Cercò di reprimere i conati di vomito. “Fe-Fearow, ritorna-!” Si premette una mano sulla bocca.
Non appena la nausea gli fu passata, uscì dal cespuglio, guardandosi intorno. Per sua gioia era a pochi passi dalla città, così cominciò a correre verso il porto.
Non faceva neanche caso ai graffi che aveva sulle guance, o alla caviglia dolorante, e neppure ai capelli rossastri pieni di foglie e rami: non doveva permettersi di arrivare tardi.
E mentre svoltava verso una stradina secondaria – una piccola scorciatoia, scoperta da lui molti anni prima– andò ad urtare contro qualcuno, finendo violentemente a terra.
“Ahia!” Si massaggiò il fondoschiena. “Accidenti…-“ Alzò lo sguardo e vide una ragazza a terra a pochi passi da lui.
“Ah! Oddio, mi dispiace.” Scattò nella sua direzione, afferrandole la spalla. La ragazza non disse nulla, limitandosi a riprendere fiato. Il suo viso era coperto da due folte ciocche color viola.
Gary, un po’ amareggiato di non aver ricevuto risposta, l’aiutò a rialzarsi, ma la mano di lei lo allontanò. “Non ho bisogno del tuo aiuto, faccio da sola.” E alzò lo sguardo, inarcando le sue folte sopracciglia.
Gary trasalì. Aveva già visto quell’espressione accigliata e quegli occhi blu scuro. Si avvicinò lentamente al suo viso, iniziando a studiarla. La ragazza indietreggiò, assumendo un’espressione sorpresa e confusa.
“Gary… come…?”
Il sorriso di Gary fu più smagliante del sole. “E’ stato facile trovarti, alla fine, Kokoro!”
 




N.A: Azitutto vorrei specificare una cosa MOLTO importante: Kokoro non è un mio OC. E allora perché l'ho chiamata così? Ora vi racconto la nascita del mio nome(lo so che non ve ne frega niente, ma mi va): molto tempo fa lessi una FanFiction in inglese, in cui c'erano i miei tesori(?) insieme alla loro bambina, Kokoro. Quando sono venuta a iscrivermi qui, mi sono detta "E adesso come mi chiamo?", mi è ritornata in mente quella Fic ed eccomi qui, ormai questo nome è il mio marchio(un altro po' e anche i prof mi chiamano così).
Quindi, è una cosa mia. Giusto per ricordare i vecchi tempi, mi basta che sappiate che quella Kokoro non sono io u__u
Bene, anzitutto ringrazio la mia amatissima Amy per avermi aiutato nella correzione degli errori, come faccio senza di lei? <3
FINALMENTE VI HO PRESENTATO GARY. Gary Junior, sì. Prendetevela con Nico, ha scelto lei il nome. Beh, è tutto il padre, povera Misty. Ma io li amo perché sono così, né più né meno.
Pubblicherò a breve il secondo capitolo, sperando che la scuola me lo permetta. Ma chissene
Ringrazio ancora tutti quelli che hanno deciso di seguire questa storia :3
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** 2.0 «Litigi e piatti volanti» ***


2.0

«Litigi e piatti volanti.»



 
Gary si chiese come fossero finiti in quel Centro Pokémon sperduto in mezzo alla foresta. Ancora non aveva fatto mente locale degli ultimi avvenimenti, poiché stentava a credere di averla incontrata in quel modo.
Kokoro gli aveva spiegato che stava scappando dalla folla di ammiratori, visto che non amava molto trovarsi al centro dell’attenzione. La cosa era un po’ contraddittoria, visto che era appena diventata Campionessa, ma Gary decise di non ribattere.
Stringeva possessivamente il suo bicchiere ormai vuoto, giocherellando con la cannuccia. Era terribilmente a disagio, forse perché fino a quel momento nessuno dei due sembrava avere l’intenzione di iniziare un discorso. Lei si limitava a scrutarlo silenziosamente, assottigliando gli occhi e inarcando le sopracciglia, come se si stesse sforzando di ragionare su qualcosa.
Gary pensò che forse aveva ricevuto il titolo di Campionessa nel mettere in imbarazzo la gente piuttosto che Campionessa di Unima.
Ma non poteva restare in silenzio per tutto il tempo, così racimolò un po’ di coraggio e iniziò a parlare. “Mi fa piacere vedert-“
“Lo so che ti stai chiedendo perché me ne sono andata.” Lo interruppe la ragazza, poggiando i gomiti sul tavolino.
Gary alzò impercettibilmente le sopracciglia, sorpreso. “Beh… sì, in effetti. Non mi hai mai chiamato, in questi quattro anni.”
Kokoro sospirò, sorridendo debolmente. “Non è colpa tua, Gary. Sono dovuta partire, l’ho fatto per me.”
La ragazza assunse un’espressione amareggiata, come se quelle parole le stessero facendo del male. Gary rimase leggermente turbato di fronte a quel comportamento, del tutto al di fuori del carattere della vecchia Kokoro. Non se l’aspettava di certo così cresciuta, così cambiata; seppur gli aveva detto che lui non c’entrava nulla con la sua partenza, non si sentiva per nulla sollevato, anzi.
“Non pensavo fossi diventata così egoista.” Sibilò Gary, voltando lo sguardo.
Le sopracciglia di Kokoro si alzarono impercettibilmente, stupita dall’affermazione dell’amico. L’aveva colpita proprio nel suo punto debole, che lui conosceva fin troppo bene. “Vuoi forse accusarmi?” Ringhiò, cercando di reprimere la rabbia che stava scorrendo  nelle sue vene.
“Sì! Dove sei stata tutto questo tempo? Perché non mi hai chiamato?!” Gary scattò in piedi, sbattendo entrambe le mani sul tavolino. Questo vacillò leggermente.
Kokoro distolse lo sguardo verso il bancone, osservando l’Infermiera Joy leggermente preoccupata per il litigio dei due. Sospirò, poggiando il mento su entrambe le mani. “Ho viaggiato per Johto e Unima. L’ho fatto per diventare più forte, per rendere fieri i miei genitori.”
“Non hai pensato a noi? A Daisy, a Rick, a me?” La ragazza notò che il tono di Gary aveva assunto una vena leggermente malinconica e quasi se ne sentì in colpa.
Abbassò lo sguardo, colorando le sue guance di un leggero rosa. “Ho sempre pensato a voi. Mi avete fatto compagnia in questi quattro anni.” Poi incrociò gli occhi castani del ragazzo, sorridendo debolmente. “E continuerete a farmi compagnia anche durante questo viaggio per Kanto.”
“Vengo anche io con te.” Sentenziò il ragazzo, rimettendosi seduto.
“Eh? Gary, ti prego-“
“Ti prego un corno! Diamine, sono più di quattro anni che non ti vedo e voglio passare un po’ di tempo con te.” La interruppe.
Kokoro lo osservò in silenzio, come se stesse ragionando. “Sono qui per conquistare anche questa Lega, non per fare un giro turistico.”
Il ragazzo sobbalzò, leggermente sorpreso. “Cosa?! Hai già battuto una Lega, non pensi sia abbastanza?”
Kokoro ghignò, bevendo l’ultimo sorso di limonata. “Niente è mai abbastanza, Gary.”
L’amico rimase leggermente incerto sulla risposta che gli aveva dato, come se non avesse chiarito del tutto i suoi dubbi. Riflettendoci, neanche lui sapeva il perché della sua decisione di unirsi a lei. Forse la noia? “Beh, ciò non cambia il fatto che voglio ripartire con te, signorina niente-è-mai-abbastanza.” Ridacchiò.
“Per me non ci sono problemi, lo sai.” Disse la ragazza, poggiando un gomito sullo schienale della sedia. Gary si stava già alzando, pronto ad uscire di lì, quando Kokoro lo bloccò. “Però…”
Il ragazzo si girò di scatto, sorpreso. “Prima devo avvisare i miei.” Gli disse, buttando nel cestino il bicchiere ormai vuoto.
Gary inarcò le sopracciglia. “E perché?”
“E’ meglio, fidati.”
Gary capì che non era il caso di fare domande.
 
 
Nella casa di Kokoro non c’erano mai state pace e tranquillità. Ogni giorno era un rompere di piatti e un volare di arnesi da cucina.
I suoi discutevano otto giorni su sette, a tutte le ore del giorno. Beh, quasi tutte le ore. C’era quel lasso di tempo in cui facevano pace, ma non durava molto.
In quell’istante stavano appunto litigando, il motivo?
“Apparecchio sempre io! Per una volta che lo fai te!” Urlò Lucinda, lanciando un piatto dritto in faccia al marito. Questo si spostò appena in tempo, lasciando che il piatto si frantumasse sul muro.
“Ma non dire stupidaggini, lo faccio sempre io!”
“BUGIARDO!” Concluse, tirando una scodella e fuggendo verso la camera da letto.
Paul sospirò, passandosi la mano fra i capelli. Da un lato sua moglie aveva ragione, però… Con malavoglia, cominciò ad avvicinarsi alla camera da letto, sentendo i singhiozzi di Lucinda farsi sempre più forti. Bussò “Ehi… posso entrare?”
Non ricevette risposta, quindi aprì la porta. La scena ai suoi occhi apparve a dir poco patetica: sul loro letto sfatto e pieno di mutande e vestiti non ripiegati era stesa la moglie, che nascondeva il volto fra le lenzuola.
Paul si sedette sul bordo del letto, sospirando. Non era molto bravo a scusarsi, ma non riusciva a vedere Lucinda in quello stato. “Che seccatura… e va bene, hai ragione te. La prossima volta apparecchierò io.”
Lucinda continuava a singhiozzare, facendo finta di non averlo udito. Paul si innervosì. “Ho detto che mi dispiace! Che altro devo fare, regalarti tutta la collezione invernale di PokéFashion?”
La moglie alzò lentamente lo sguardo, mostrando il suo volto rigato dalle lacrime e dal trucco colato. Si soffiò il naso su un lembo di coperta – facendo arricciare il naso di Paul dal disgusto (quella era la sua parte di letto!) – e fissò gli occhi scuri del marito, cercando di mettergli un po’ di compassione.
Questo la guardava con un misto di dispiacere e rabbia, un po’ per il comportamento infantile della sua coniuge, un po’ per essere stato la causa di quel pianto disperato. “Ti ho detto che mi dispiace, ok?” Abbassò lo sguardo. “Ora smettila di piangere! I tuoi singhiozzi mi si mettono alla testa!”
Lucinda rimase perplessa per qualche secondo, poi sorrise dolcemente. “Va bene, sei perdonato.” Si chinò per baciargli la fronte. “Basta che smetti di fare lo scorfano brontolone e ammetti che ogni tanto ho ragione anche io.”
Il marito borbottò sottovoce, quando si illuminò lo schermo del computer della camera.
Chiamata dal Centro Pokémon di Aranciopoli.
“Chi sarà mai? Forse Ash?” Domandò Lucinda, cominciando a smanettare con il pc.
Spero di no, guarda, pregò Paul, alzandosi da letto per raggiungerla.
Sul desktop apparve la faccia di Kokoro, che osservava imbarazzata il volto della madre completamente sporco di trucco. “Mamma, hai di nuovo litigato con papà?”
Le labbra della donna si incresparono in un sorriso radioso, mostrando una fila di denti bianchi e lucenti. “Tesoro! Non ti fai sentire da tantissimo! Ci stavamo preoccupando, lo sai vero?”
Dall’altra parte dello schermo Kokoro si spostò una ciocca di capelli. “Ero molto impegnata…”
“Impegnata per i tuoi genitori?! Ti dovrei fare una bella lavata di capo…!” Il tono burbero della donna nascondeva l’eccitazione di aver rivisto dopo tanto tempo la figlia.
“Sì, ok mamma. Senti, sono a Kanto-“
“A Kanto? Ma è meraviglioso! Salutami Ash, Misty e Gary!” La interruppe la madre.
“Lasciami finire. A proposito di questo, sto per iniziare un nuovo viaggio qui…-“
“Cosa?! E neanche fai un salto qui a Sinnoh?! Kokoro Rosalia Shinji,” qui Kokoro avvampò “quando verrai qui a Rupepoli – cioè subito – io e te faremo un bel discorsetto!”
“N-non chiamarmi così! Comunque ti ho chiamato per dirti… ehm, cioè, dirvi… che ho deciso di iniziare un nuovo viaggio qui a Kanto. Mi farà compagnia Gary.” Indicò poco più dietro di sé un ragazzo dalla folta chioma rossastra, seduto beatamente fra i cuscini del divano.
A quelle parole, Paul scattò, spostando la moglie e impadronendosi di tutta l’inquadratura della webcam. “Cosa hai detto?” Sibilò, fissando il volto spaventato della figlia. “Ho sentito bene? Gary? Non starai parlando di quel ragazzino patetico figlio di quell’allenatore patetico, spero.”
Kokoro si accigliò, cercando in tutti i modi di racimolare un po’ di coraggio per affrontare il padre. “Sì, hai detto bene papà, Gary Junior Ketchum. Se non ti sta bene...”
“Ovvio che non mi sta bene! Non mi va che frequenti ancora quel genere di persone.” Fece una smorfia di disgusto.
“Mi dispiace papà, ma ora ho accettato. Non posso più rifiutare. Vi chiamerò non appena sarò arrivata al laboratorio del Professor Oak. Magari faccio pure un salto a Sinnoh, fra un mesetto o due.” Si affrettò a dire, giusto per non iniziare una discussione con suo padre.
Questa volta Lucinda tornò di fronte allo schermo, sorridendole dolcemente. “D’accordo tesoro. Mi raccomando, stai attenta. Ti vogliamo bene.”
“A-anche io. Ciao.” Rispose un po’ impacciata, prima di chiudere la videochiamata. Raggiunse il suo amico, che aveva sentito quasi tutta la conversazione, ma preferì non dire nulla.
Solo una cosa l’aveva lasciato sconvolto… “Kokoro ROSALIA? Pff, ma che razza di nome è?” Cercò in tutti i modi di non scoppiare a ridere, ma lo sguardo assassino della sua amica lo fermò appena in tempo.
“L’unica cosa che devi sapere, Gary, è che mio padre ha un pessimo gusto nel scegliere nomi.” Disse con tono inespressivo, camminando un po’ più avanti di lui.
“D’accordo, d’accordo… Rosalia.” Ridacchiò.
Dopo che Kokoro gli ebbe mollato un bel ceffone sulla spalla, entrambi uscirono dal Centro Pokémon, iniziando il loro viaggio diretti a Biancavilla.
 
 
Misty stava cercando disperatamente di pulire la camera del figlio, senza ottenere grandi risultati. Quella camera sembrava un campo di guerra, piena di vestiti e cartacce ovunque. Perché suo figlio aveva ripreso tutto dal padre?! A quel pensiero, sospirò amareggiata, tornando a ripiegare le maglie di Gary.
In quell'istante entrò Ash, visibilmente in imbarazzo - dopotutto, aveva appena finito di discutere con Misty, che l'aveva accusato di non aver cercato in qualche modo di fermare il figlio. Ma che poteva farci? Se Gary era felice di partire per una nuova avventura, chi era lui per fermarlo?
“Forse suo padre?” Aveva replicato la moglie pochi minuti prima, facendolo tacere del tutto.
Ma non amava molto discutere con lei, quindi per farsi perdonare era corso nella pasticceria più vicina per comprare una torta. Ma caso vuole che inciampò proprio mentre stava tornando a casa, finendo proprio sopra il dolce.
Quindi, entrò tenendo in mano la scatola deforme e sporca di terriccio, cercando di farla sembrare più bella e maestosa possibile.
Misty si voltò, guardandolo in cagnesco. Ma non appena vide l’espressione da cane bastonato di Ash e la scatola della pasticceria si ammorbidì, posando sul letto i jeans di Gary e avvicinandosi a lui. Erano più o meno della stessa altezza, quindi guardarlo negli occhi non era difficile per lei.
“S-senti… mi dispiace di non essere stato un buon padre e un buon marito e mi dispiace anche di non averti appoggiata quindi sono corso nella pasticceria più vicina per comprarti un dolce ma ero indeciso se preferivi cioccolata o vaniglia alla fine ho preso cioccolata perché non mi piace la vaniglia solo che sono inciampato sulla scatola e ora non so come fare e-“ La moglie interruppe il suo flusso di parole poggiandogli una mano sulla bocca.
“Ho capito, scuse accettate. “ Poi si chinò per dargli un bacio, cosa che facevano molto spesso – per disgusto di Gary. Ash lo ricambiò molto volentieri, poi si staccò da lei, mostrando la scatola.
“Allora, che ne dici se facciamo merenda?” Sorrise entusiasta.
Misty prese la scatola, rigirandosela fra le mani con un’espressione incerta. “Ehm, Ash… sei sicuro che sia commestibile?”
“Sicuro! Andiamo in cucina però, mangiarla qui è poco consigliabile…” Osservò la montagna di vestiti sopra il letto del figlio, poi prese la moglie per un braccio, conducendola al piano di sotto.
Non appena scesero le scale, sentirono dall’ingresso il campanello della porta.
“Chi sarà mai a quest’ora?” Domandò Misty, prima che il marito corresse ad aprire la porta.
Davanti a loro di presentò Gary Oak, con indosso il suo camice da Professore e con sguardo più preoccupato del solito.
“Ah, Gary. Come mai non sei al tuo Laboratorio?” Domandò Ash, un po’ sorpreso dall’entrata dell’amico.
Questo si guardò introno, come se stesse cercando qualcuno. Strano, di solito non si comporta così, pensò Ash.
“Mi serve tuo figlio, Ash.” Disse Gary, puntando il suo sguardo preoccupato negli occhi dell’ex rivale.
“Cosa? E perché?” Questa volta fu Misty ad intervenire.
“Ci sono problemi al Laboratorio. Problemi molto seri.” Deglutì. “Ho bisogno di più aiuto possibile. Sì, anche – e soprattutto – di quel bradipo di tuo figlio, Ketchum.”
 


N.A.   SONO VIVOOOOO (-Cit. necessaria) No ok smetto di fare la deficiente e torno ad essere seria. E' un po' che non ci si vede, eh? La scuola mi sta distruggendo dentro, è da una settimana che studio fino a sera tardi. Oggi avevo un po' di tempo libero (visto che greco mi ha interrogata e mi lascerà stare per un po' ho preso 7 MI SENTO POTENTEE) quindi mi sono detta "Massì, aggiorniamo."
Questo è uno dei tanti(no, è solo questo) motivi per cui non ho risposto ad alcune recensioni. Mi dispiace, vi ringrazio di aver commentato la mia storia, mi sento orribile a non aver risposto ;__;
Kokoro Shinji. Questa ragazza mi farà impazzire, già lo sento. Ha un carattere troppo istabile, è difficile da plasmare. Vedrò di dare il massimo per rendervela simpatica(sì, per me lei è Pol II). Lo ammetto, neanche io ho ancora capito com'è veramente questa ragazza. E' nata così, le ho dato questo carattere e mi sono accorta che neanche io riesco a controllarlo. BENE.
Ora vi lascio, grazie per aver letto il mio sclerocapitolo <33
Il vostro cespuglio patetico Koh <33

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Capitolo 4
*** 3.0 «Il furto di un Diario Segreto» ***


3.0

«Il furto di un Diario Segreto.»



 
Kokoro e Gary scesero dall’autobus ad una fermata all’ingresso di Biancavilla. Il sole stava cominciando a tramontare, mentre i suoi raggi si coloravano di un rosso acceso e illuminavano il paesaggio sottostante. Un leggero venticello mosse i lunghi capelli di Kokoro, che iniziarono a danzare sfiorandole le spalle. Amava quell’ora del giorno, doveva proprio ammetterlo.
Si voltò verso il suo amico, guardandolo dirigersi verso il Laboratorio. Aveva passato molto tempo ad osservarlo e aveva finalmente capito di non trovarsi più davanti al ragazzino pestifero che era solita vedere molti anni prima. Anche lui, come del resto tutti, era maturato ed era diventato un ragazzo a tutti gli effetti.
Un po’ le mancava quella spensieratezza, quegli scherzi che le faceva di continuo, seppur l’avevano infastidita innumerevoli volte. I suoi occhi azzurri divennero improvvisamente lucidi, per quanto quei ricordi le davano nostalgia.
“Ehi, Koh! Sbrigati, tra poco farà buio!” La voce di Gary la risvegliò dai suoi pensieri e lo raggiunse.
Camminavano spediti fra le strade di Biancavilla, pronti a poter dare inizio alla loro avventura. Era una sensazione meravigliosa poter di nuovo risentire quella carica di un tempo.
“Allora… sei davvero sicura di prendere uno Starter? Immagino tu abbia molti Pokémon dietro con te…” Gary rallentò il passo, voltandosi verso la sua amica.
Questa annuì. “Ho molti Pokémon, sì. Ma ciò non significa che devo smettere di catturarne. E poi ho sempre desiderato un Bulbasaur.”
Gary la fissò per qualche secondo, riflettendo sulla frase che aveva appena sentito. “Davvero vuoi un Bulbasaur? Secondo me Squirtle è decisamente meglio.” Replicò con tono sicuro.
“Lo penso anche io, sai che amo i Pokémon di tipo Acqua. Ma ne ho fin troppi, direi di provare anche il tipo Erba.”
Gary annuì, cominciando a valutare l’idea di prendere anche lui un nuovo Starter. In fondo gli era mancato allenare un Pokémon ancora inesperto.
Sorrise compiaciuto, mentre scorgeva il Laboratorio Pokémon a pochi metri da dove si trovavano loro. “Siamo arrivati! Finalmente!”
Entrambi accelerarono il passo, trovandosi in men che non si dica davanti alla porta del Laboratorio. Kokoro si guardò intorno, fino a quando non scorse un piccolo pulsante che dava tanto l’aria di essere il campanello.
Premuto il cerchio rosso, un piccolo schermo apparve sul muro e con voce robotica disse “Identificarsi, prego.”
Gary, che era già entrato parecchie volte lì dentro, si parò lì davanti al monitor. “Gary Junior Ketchum, figlio di Ash Ketchum e Misty Williams, Campione della Lega di Sinnoh.”
“Ok ragazzo, bastava solo il nome, non sei così importante.” Il computer si spense e la porta si aprì in uno scatto.
“Ma che computer maleducato!” Esclamò Gary, non facendo caso alle risatine di Kokoro alle sue spalle.
Entrambi entrarono dentro l’edificio, molto più tecnologico e all’avanguardia di quello ai tempi di Samuel Oak. Intorno a loro giravano uomini in camice, mentre trasportavano Pokéball o grosse pile di libri. Kokoro sembrava leggermente spaesata, mentre Gary sapeva perfettamente dove andare. “Zio*? ZIOO?” Cominciò a chiamare il Professor Oak, ma non ricevette risposta.
“Che strano… di solito a quest’ora è qui in Laboratorio…” Mormorò, guardandosi intorno. Kokoro intanto osservava un macchinario per gli Scambi Pokémon. La tecnologia l’aveva sempre affascinata, anche se non aveva mai avuto occasione di osservare uno scienziato al lavoro.
Alzò lo sguardo, incontrando gli occhi dubbiosi di Gary. Le sarebbe piaciuto aiutarlo, ma sfortunatamente non aveva incontrato molte volte Gary Oak e non era mai entrata nel suo Laboratorio, quindi in quel frangente era del tutto inutile.
Aprì la bocca per dire qualcosa al suo amico, quando qualcuno la interruppe. Si voltò e un uomo molto corpulento li guardò in cagnesco.  “Voi ragazzini che ci fate qui? Non è posto per voi! Fuori! Fuori!” Urlò, strattonando la ragazza.
Questa digrignò i denti, pronta ad allontanare l’uomo, quando Gary si parò davanti a lei e bloccò lo scienziato con un braccio. “Vediamo di stare calmi.” Sibilò, decisamente seccato da quel tipo. “E riveda le sue buone maniere.”
L’uomo lasciò la presa, spostandosi dal ragazzo. “Tsk-! Non voglio perdere altro tempo con voi. Uscite!” E si allontanò tra i corridoi di quell’edificio. Kokoro si tranquillizzò, prendendo un bel respiro, e poggiò la mano sulla spalla di Gary. “Forse non era il momento giusto per venire qui…”
“Ovvio che non lo era.” Una voce dietro di lei la costrinse a voltarsi. Gary, convinto che fosse tornato quel tipo, superò la sua amica, pronto ad affrontarlo nuovamente.
Ma, diversamente da quello che si aspettava, davanti a sé c’era un ragazzo poco più grande di loro, vestito con un camice da scienziato, che li osservava da dietro i suoi occhiali professionali.
Come faceva con tutti, Kokoro cominciò a studiarlo: si soffermò molto sui suoi occhi verde-acqua, così profondi che potevano nascondere tutti i misteri del mondo. Era uno sguardo penetrante, che li osservava con superiorità e quasi con rimprovero. Per la prima volta, dopo tanto tempo, la ragazza si sentì così a disagio che dovette abbassare lo sguardo.
Rimase dietro Gary, cercando di non pensare alla vergogna che man mano sentiva crescere dentro di sé; si stava quasi pentendo di trovarsi lì, come se quegli occhi la stessero accusando di tutte le colpe del mondo.
“Siamo venuti a ritirare i nostri Starter, non c’entriamo nulla con i vostri problemi.” La voce di Gary la risvegliò improvvisamente, costringendola ad osservare il volto accigliato del suo amico.
Il ragazzo rise. “Oh, tranquilli. Il Professor Oak sarà qui a momenti. E mi scuso per il Professor Simon, sapete… è un brutto periodo qui al Laboratorio.”
“Cosa succede?” Kokoro finalmente superò Gary, mostrandosi allo Scienziato.
“Ve lo spiegherà il professore.” Sorrise. “Comunque, non mi sono presentato. Piacere, Elwin. Sono nuovo qui al Laboratorio, ancora non riesco ad integrarmi.” Ridacchiò, allungando la mano verso Gary. Questo gliela strinse dubbioso. “In effetti è la prima volta che ti vedo qui.”
“Beh… è stato un bel traguardo, poter lavorare qui dentro. Ancora non ci credo, pensate.” Rispose, sistemandosi gli occhiali. Kokoro inarcò un sopracciglio, leggermente confusa. Era strano come il suo sguardo era cambiato così improvvisamente.
Il giovane scienziato spostò la sua attenzione verso la Campionessa, sorridendole allegramente. “Tu devi essere Kokoro Shinji! Ho sentito in televisione che hai battuto la Lega di Unima. I miei più sentiti complimenti!”
La ragazza si inchinò leggermente. “Grazie mille.”
“Bene, noi dovremmo andare adesso, se non ti dispiace…” Li interruppe Gary, visibilmente infastidito. Neanche lasciò il tempo al giovane di rispondere che prese il braccio della sua amica e l’allontanò da lì, conducendola verso l’uscita del Laboratorio.
“Che è successo adesso?” Domandò la ragazza.
“Niente, non mi piace. Non l’ho mai visto qui.”                                                        
“Bella scusa, non ci credo neanche per niente.” Replicò freddamente Kokoro, lasciando la presa dal compagno. Inarcò un sopracciglio, in attesa di una risposta. Gary si trovò leggermente in difficoltà, non credeva che la sua amica l’avesse capito così facilmente.
Per sua fortuna, con ottimo tempismo arrivò il Professore Gary Oak che, non appena vide i due, sospirò di sollievo. “Ehi, ciao Jey**. Cercavo proprio te.”
Il ragazzo alzò le sopracciglia, visibilmente sorpreso. “Me? Perché?”
Gary Senior abbassò lo sguardo, osservando Kokoro. “Venite, ne parleremo nel mio ufficio.”
 
 
Nell’ufficio di Gary Oak non era cambiato nulla dai tempi del nonno. I macchinari, i computer, persino gli appunti erano sempre gli stessi. Il Professore si sistemò  sulla sua sedia, poggiando i gomiti sulla scrivania disordinata.
I due ragazzi si sedettero, impazienti di sapere cosa aveva da dire l’uomo davanti a loro. Questo si passò la mano fra i folti capelli castani, sospirando amareggiato. “Sai, Jey… sono rimasto sorpreso quando tua madre mi ha detto che non eri in casa. Di solito ti trovo a vegetare sul divano…”
Gary Junior arrossì, osservando la sua amica che al contrario era rimasta impassibile.
“Ma non ti ho chiamato qui per questo.” Il suo tono tornò serio. “Ho bisogno del tuo aiuto.” Si voltò verso Kokoro. “Del vostro aiuto.”
I due si guardarono leggermente confusi, non sapendo di cosa stesse parlando il Professore. “Ehm… in che senso? Vuoi che andiamo a cercare un Pokémon per te? Ma per quello c’è già Daisy-“ Gary Junior fu interrotto.
“No, è qualcosa di decisamente più serio.” Poggiò il mento sul palmo della mano destra. Il suo volto si scurì improvvisamente quando con uno scatto aprì un cassetto alla sua destra. I due guardarono confusi il Professore, chinandosi per osservare il contenuto dello scompartimento.
Si sorpresero di trovarlo vuoto.
“Ehm… cosa significa? E’ vuoto.” Domandò Gary Junior, additando il luogo in questione.
“Prima questo cassetto conteneva una cosa molto importante, Jey. Una cosa di vitale importanza. Qualcosa che nessuno doveva leggere all’infuori di questo Laboratorio.” Si alzò dalla sedia, camminando per la stanza, quasi per sfogare il nervoso. Era strano vedere Gary Oak in quello stato, era sempre stato un uomo amichevole, che non dava importanza ai problemi, anzi invece di lamentarsene pensava subito ad un modo per risolverli.
Gary J non ricordava di averlo mai visto così preoccupato. Forse era davvero una cosa seria. Ma allora perché stava chiedendo aiuto a lui? Non era il classico ragazzo responsabile e maturo, capace di saper trovare una soluzione ad ogni problema, anzi.
“Di cosa di tratta Professore, se mi permette?” Domandò improvvisamente Kokoro, che sembrava essere l’unica ad aver mantenuto un po’ di calma.
Gary Oak si voltò, abbozzando un sorriso. “Ah, Kokoro Shinji… non abbiamo avuto molte occasioni per incontrarci, vero? Daisy mi parlava spesso di te.”
“Immaginavo… beh, in cosa possiamo aiutarla, noi?”
L’uomo deglutì. “C’è stata una rapina, questa notte, al Laboratorio.” Entrambi i ragazzi sobbalzarono, visibilmente sconcertati dalla notizia. Non si erano mai verificate rapine in quel posto, quindi la cosa li aveva lasciati parecchio sorpresi.
“Qualcuno ha manomesso il sistema di entrata… è una cosa impossibile, nessuno è mai riuscito a fare una cosa del genere. Abbiamo sperimentato il sistema di sicurezza con le migliori tecnologie, solo noi possiamo conoscere il modo per disattivarlo.”
“Cosa è stato rubato?” Domandò la ragazza, leggermente impaziente.
“Un Diario.” Il silenzio calò improvvisamente in quell’ufficio. Kokoro rimase a fissare il Professore, leggermente turbata da quella notizia. Naturalmente non la stava prendendo con leggerezza come l’amico al suo fianco.
“Un Diario? Zio, non sapevo avessi un Diario Segreto!” Il ragazzo ridacchiò nervosamente, cercando di allentare un po’ la tensione.
“Queste sono le idee che ti mette in testa tuo padre… secondo te posso avere un Diario Segreto?!” Sbottò l’uomo. “Sto parlando del Diario di mio nonno, il Professore Samuel Oak.”
Kokoro aveva sentito spesso parlare di quel Professore dai suoi genitori: uno dei Professori più meritevoli degli ultimi decenni, un uomo dal cuore grande e da una grande voglia di scoprire tutti i misteri del mondo. Da quel che sapeva, aveva anche completato il Pokedex, impresa assai complessa, visto il numero di Pokémon presenti in tutto il mondo.
“Questo diario conteneva degli appunti che mio nonno scrisse nei suoi ultimi anni di vita. Aveva approfondito gli studi su questo argomento e aveva scoperto cose che nessun altro doveva sapere, all’infuori di me e lui.”
“Cosa?” Domandò finalmente Gary, che non riusciva a capire di cosa stesse parlando l’uomo.
“Appunti riguardo la Clonazione Pokémon.” Rimase in silenzio per pochi secondi. “Questi appunti sono la testimonianza che è possibile Clonare un Pokémon, una scoperta assai importante per la scienza. Ma questi esperimenti hanno avuto delle ritorsioni, avete presente la storia di Mew e Mewtwo? Eventi del genere non devono più capitare.”
Quando finalmente Gary sembrava aver compreso il problema del Professore, Kokoro lo interruppe. “Ma non conteneva solo quegli appunti, non è così?”
“Esatto, vedo che sei sveglia.” Si rimise seduto. “Quel diario conteneva qualcosa di ancora più importante, qualcosa di ancor più inestimabile. Se qualcuno dovesse sfruttare quegli appunti per scopi propri, sarebbe la fine.”
La ragazza poggiò il mento su due dita, fissando il pavimento. “Quindi, mi faccia capire… il nostro compito è scoprire chi ha rubato il diario e riportarlo qui?”
Gary Junior la fissò, leggermente sconcertato. Ci era arrivata così subito? Stranamente – ma forse neanche tanto – quando si trovava vicino a lei si sentiva un completo idiota. Era decisamente cambiata.
“Esattamente. So di potermi fidare ciecamente di voi, siete dei ragazzi forti e sapete lavorare bene insieme. Raccogliete più informazioni possibili e trovate il colpevole di questo misfatto prima che sia troppo tardi.”
Gary Junior scattò in piedi. “Zio, come possiamo solo io e lei trovare un diario?! È praticamente impossibile, ragionaci! Abbiamo bisogno di un investigatore, di prove, di qualcuno che abbia esperienza!”
“Per questo non ci sono problemi, Jey. Quando arriverà il momento, avrete tutto ciò che vi serve.” Era una risposta molto vaga, tant’è che anche Kokoro rimase un po’ dubbiosa riguardo alla missione a cui erano stati assegnati. In fondo, erano ragazzi di appena diciassette anni, cercare un ladro in giro per un’intera regione era un’impresa quasi impensabile. Ma stranamente si fidava di quell’uomo, quindi decise di non ribattere.
“Bene!” Sospirò Gary Senior. “Ora che vi ho spiegato tutto, direi che possiamo passare alle cose concrete.” Fissò le Pokéball che erano attaccate alla cintura di Kokoro, sorridendo leggermente. “Immagino siate qui per prendere i vostri Starter.”
Gli occhi di entrambi i giovani si illuminarono improvvisamente. “E-esatto! Finalmente!” Esclamò eccitato il ragazzo.
“Elwin!” Chiamò il Professore. “Elwin! Potresti portare qui gli Starter, per piacere?”
Il volto di Gary Junior, da allegro ed eccitato qual’era, si incupì improvvisamente. Ancora quel tipo? Si voltò, puntando il suo sguardo accigliato negli occhi del giovane Scienziato, che era entrato con un’espressione leggermente mortificata.
“Professore, gli Starter sono stati consegnati stamattina a tre giovani Allenatori, non ricorda?” Disse, leggermente dispiaciuto.
“Ah! Sul serio? E’ un vero peccato...”
Kokoro abbassò lo sguardo, non lasciando vedere la sua espressione delusa agli altri. In fondo, sperava di poter allenare quel Pokémon. “Non si preoccupi, Professore.” Si riprese improvvisamente. “Ne troveremo degli altri, in giro per Kanto. Sono rari, ma non sarà difficile per noi.”
L’uomo si rassicurò leggermente, di fronte a tutta quella sicurezza. Sentiva, in cuor suo, che quei due sarebbero arrivati davvero lontano. Aveva perso ormai le speranze per il giovane Ketchum, ma il ritorno della sua amica aveva riacceso in lui quel fuoco che non vedeva da chissà quanto. Si sorprese di come quella ragazza influisse molto su di lui.
Elwin, senza farsi notare, uscì dall’Ufficio, tornando a studiare un esemplare di Pokémon raro che aveva trovato alcuni giorni prima. Gary Junior si alzò, pronto ad andarsene. “Sì, non ti preoccupare Zio! Anzi, sarà anche più divertente catturare un Pokémon selvatico.”
“Allora ragazzi, vi auguro che questo viaggio vi porti a grandi cose.” Si avvicinò ai due, poggiando entrambe le mani sulle loro spalle, guardandoli con fare paterno. “Incontrerete tanti Allenatori come voi, scoprir- Oh, questo è il discorso che faccio ai novellini.” Rise, per poi tornare serio. “Mi raccomando, per quella cosa… avvisatemi se vedete qualcosa di strano, qualsiasi cosa. Da lì, i vostri programmi cambieranno. Confido in voi.”
Kokoro fece un piccolo inchino, avvicinandosi alla porta. “Faremo del nostro meglio.”
Gary Junior alzò una mano per salutarlo. “Ti avviseremo il prima possibile se ci sarà il caso, ma tu mandaci qualche aiuto!”
“Non ti preoccupare, Jey.” Sorrise, per poi osservarli uscire da quella stanza.
Fece un grande sospiro, massaggiandosi la tempia. Era stanco, ma prima di tornare al suo lavoro doveva fare un’ultima cosa.
Si avvicinò alla scrivania, prese il suo PokéGear e compose un numero. Aspettò un po’ prima di ricevere una risposta. “Pronto?” Disse una voce dall’alta parte della cornetta.
“Sono Gary Oak.” Rispose il Professore. “Ho avvisato i ragazzi, puoi metterti da subito all’opera.”
“Professore, sono dei ragazzini. Cosa me ne faccio di due mocciosetti? Ho bisogno di qualcuno che sappia cosa significhi indagare.” Rispose con tono sarcastico.
“Fidati, sono ragazzi capaci e intelligenti. Ti aiuteranno tantissimo, quando cominceranno a spuntare questi Pokémon.”
“Siete sicuro che i ladri saranno capaci di decifrare gli appunti del Professore Samuel Oak?”
“Nessuno ruberebbe un quaderno pieno di appunti se non lo sapesse sfruttare.” Disse con amarezza.
Dall’altra parte della cornetta ci fu qualche secondo di silenzio. “ … D’accordo, mi metto all’opera. Se succede qualcosa, vado da loro e li avviso.”
“Grazie, sapevo di poter contare su di te.” Concluse Gary Oak, prima di riattaccare la cornetta.
 
 
Quando uscirono dal Laboratorio il sole era già tramontato e le stradine erano illuminate solo dalla luce dei lampioni. Gary prese un bel respiro, stiracchiandosi. “Dovremmo andare a dormire, ma dove?”
La ragazza si sedette su una panchina poco distante da loro, iniziando a giocherellare con la sua Scheda Allenatore. “Beh, tu vai a casa, io andrò al Centro Pok-“ Si interruppe quando il giovane le si parò davanti.
“Mi prendi in giro? Hai proprio perso lo spirito del viaggiare insieme.” Alzò un sopracciglio, puntando i pugni sui fianchi. Ok, la verità era che non voleva passare un secondo di più dentro quella casa di matti, ma ogni scusa era buona per non farlo capire alla sua amica.
Questa arrossì leggermente, facendo spazio al compagno che si sedette a fianco a lei. “Che ne so, magari volevi salutare i tuoi.”
“Non li voglio vedere per un po’, a dir la verità.” Gary incrociò le braccia dietro la testa, osservando il cielo stellato. Era parecchio che non si soffermava a vedere il cielo notturno, non si ricordava di quanto fosse immenso e pieno di costellazioni. “Voglio stare un po’ per conto mio.”
Kokoro, al contrario, avrebbe voluto passare un po’ di tempo con i suoi genitori. Non li vedeva da parecchio, sentiva la mancanza delle attenzioni della madre e anche – doveva ammetterlo – della poca loquacità del padre. Certo, il rapporto che aveva con Paul era decisamente complesso, ma era grata a suo padre per averle insegnato tutte le sue tecniche e averla allenata per ben due anni.
Poi adorava quei momenti che passava da sola con lui, quando restavano entrambi in silenzio e si guardavano, lanciandosi sorrisi d’intesa. Si capivano al volo, quei due.
Ma qualcosa si era rotto, sei anni prima. Kokoro si sentì sempre più sottopressione, forzata a dare il meglio di sé per colpa del padre. Aveva fallito, doveva ripagare i suoi errori.
“Koh… ora puoi essere sincera con me.” I suoi pensieri furono interrotti da Gary. Si voltò, osservando i suoi grandi occhi da cerbiatto. “Perché sei partita, quattro anni fa?”
La ragazza si morse il labbro, abbassando lo sguardo. Forse non doveva tenerlo nascosto a lui, in fondo era la persona a cui era più legata. Non riusciva a rimanere ferma e impassibile di fronte al suo migliore amico, in qualche modo lui distruggeva sempre quella fortezza di ghiaccio che si era costruita nel corso degli anni, lasciandola priva di qualsiasi protezione.
“Gary, io ho fallito, quando ho perso la Lega di Sinnoh. Ho dovuto rimediare ai miei sbagli.”
“Come puoi considerare uno sbaglio il fatto di essere stata sconfitta?” Le domandò, leggermente stupito.
La ragazza rise leggermente, alzando lo sguardo. “Ho deluso molte persone, era mio dovere.”
Gary si accigliò, irritato sempre dalle risposte vaghe della sua amica. Scattò, prendendole una spalla e costringendola a fissarlo. “Senti, devi fregartene degli altri. Perché adesso dai così importanza a ciò che la gente pensa di te? Devi fare le cose per il tuo conto, e non vivere sempre con questo peso.”
Kokoro alzò le sopracciglia, sorpresa e leggermente imbarazzata per il gesto del suo compagno. Quelle parole l’avevano colpita in un punto preciso del suo cuore, lasciandola sconvolta per qualche istante.
Si riprese improvvisamente, staccandosi da lui e alzandosi in piedi. “Per te è facile Gary, vorrei poter prenderla alla leggera come te.”
Dopo aver preso una bella boccata d’aria, si voltò, puntando il suo sguardo negli occhi del ragazzo. “Direi di andare a mettere qualcosa sotto i denti, sono le nove e mezza.”
La pancia di Gary brontolò leggermente. “Sì, sto morendo di fame.” Ridacchiò imbarazzato.
Kokoro sporse la mano verso il giovane per aiutarlo ad alzarsi. Questo la fissò per qualche istante, poi la strinse, raggiungendola. “Conosco un ristorante nei paraggi dove fanno un ramen…!” Disse sognante il ragazzo, già pregustando la cena.
“D’accordo, mi fido, visto che sei un buongustaio.”
“Fai bene, Koh, fai benissimo.” Le sorrise, prima di condurla al centro della cittadina.
Ora si poteva dire che il loro viaggio era ufficialmente iniziato.
 


 * Gary Oak non è ovviamente il vero zio di Gary Junior, ma avendo passato molto tempo con lui durante la sua infanzia lo considera parte della sua famiglia.
** Nomignolo che Gary Oak usa per Gary Junior. Mi scuso con la mia baka per aver usato il nomignolo del suo A.J., quindi i diritti vanno a lei. (scusami se non ti ho avvisata baka)
 



N.A. Sono stata abbastanza veloce ad aggiornare, ammettetelo. No, vabbè, avevo già scritto metà capitolo, quindi credo che per il quarto dovrete aspettare un pochino di più. Lo so, è poco chiara la questione del diario ma mica posso mettere tutto in un capitolo eh. In fondo è una long, vi tocca aspettare e basta u__u Comunque dal prossimo capitolo compariranno anche i Pokémon, visto che non li ho nominati per niente (poverini).
Ohohoh che bello comincio ad introdurre dei nuovi personaggi <33 No perché non so se avete fatto caso al "Copiosa(?) presenza di OC" BEH E' ASSAI COPIOSA. 
Okok basta spoiler.
Ci si vede, o con la raccolta, o con il prossimo capitolo! :3



 

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Capitolo 5
*** 4.0 «Una ragazza un po' troppo focosa» ***


4.0

«Una ragazza un po' troppo focosa.»



 
“Non capisco perché siamo partiti così tardi! Fa un caldo assurdo!”
“Questo perché te hai dormito fino alle undici.”
“… dettagli.”
Kokoro si voltò, guardandolo con un sopracciglio alzato. Aveva passato l’intera mattinata a cercare di svegliarlo, si era fatta anche aiutare dal Raichu del ragazzo, ma niente sembrava smuoverlo da quel letto.
Per entrare nella sua camera dovette sfondarla a calci, visto che si era rotta dopo ben due minuti che si era messa a bussare – la pazienza non era il suo forte, chiariamoci.
Alla fine riempì un secchio d’acqua e glielo buttò addosso, costretta a svegliarlo con le cattive.
 “Dannazione, ho ancora i capelli bagnati!” Borbottò Gary, passandosi una mano fra le folte ciocche rossastre. “Potevi essere più gentile.”
“Senti, è già tanto che non me ne sono andata lasciandoti al Centro Pokémon.” Protestò lei.
“Non ne avresti il coraggio.”
“Oh, sì che ce l’avrei.”
I due ragazzi camminavano spediti tra i campi di Biancavilla, diretti a Smeraldopoli. Era un caldo giorno di Luglio, il sole illuminava la stradina e scaldava ancor di più gli animi roventi dei due Allenatori. Il loro unico pensiero, in quel momento, era di arrivare il prima possibile in un Centro Pokémon e piazzarsi di fronte ad un condizionatore.
Kokoro sistemò sulle spalle la pesante borsa che portava. Al contrario di Gary, si era fornita di tutto ciò che poteva essere utile in un viaggio: tende, torce, sacchi a pelo e persino cibo – seppure non era mai stata una cima a cucinare.
Il suo compagno, al contrario, portava un peso relativamente leggero, visto che dentro la sua borsa v’erano solo vestiti e cambi vari. Lo guardò con la coda dell’occhio, assottigliando lo sguardo. Non era per niente un gentiluomo.
Oltre ad aver sballato completamente i suoi piani, neanche si offriva di aiutarla a portare quel peso in più! Era veramente troppo pigro.
“Ehi… che ne dici se ci fermassimo un attimo lì?” Gary indicò un albero poco distante da loro, abbastanza grande per poter dare ombra ad entrambi.
Anche se Kokoro non voleva ammetterlo, era molto stanca, quindi non se lo fece ripetere due volte. Buttò – letteralmente – la pesante borsa a terra e si accasciò sotto l’arbusto, facendo aderire la schiena alla corteccia rugosa.
Stessa cosa fece Gary, poggiandosi poi sulla spalla della ragazza. “Non credo di essere psicologicamente pronto a rimettermi in cammino.” Ammise il giovane.
Kokoro frugò nel suo zaino, tirando fuori una penna e un block notes dalla copertina completamente scarabocchiata. Sfogliò un po’ di pagine piene di appunti, poi iniziò a scrivere.
Gary la guardò con la coda dell’occhio. “Non ci credo, ancora scrivi sui block notes?”
Quella di appuntarsi qualsiasi cosa era una fissa della sua amica, fin da quando erano piccini: lei lo considerava una sorta di Diario di Viaggio, nel quale elencava tutti gli obiettivi che doveva raggiungere nel giorno. La sua camera era piena di questi piccoli quadernini.
“Certo, è per non dimenticarmi le cose.” Morse il cappuccio della penna. “Allora, obiettivi di oggi: arrivare a Smeraldopoli, comprare una pentola per cucinare, comprare un Antidoto, battere il Capopalestra, trovare il Diario del Professore.”
Gary la osservò per qualche secondo,  sorridendo. Si ricordava perfettamente della precisione della sua amica, che si appuntava sempre qualsiasi cosa e che faceva di tutto per raggiungere gli obiettivi del giorno. Ogni minuto che passava gli sembrava di ritornare a quando aveva dieci anni.
Kokoro poggiò la testa sul tronco dell’albero, chiudendo gli occhi. “Gary, forse abbiamo lasciato un po’ da parte la storia del Diario.” Disse dopo qualche minuto di silenzio. “Forse dovremmo cominciare a darci davvero da fare.”
Il ragazzo si mise più comodo,  facendo aderire quasi completamente la sua schiena al tronco. “Sì, lo so. Ma come facciamo? Forse non saremmo dovuti andarcene così subito da Biancavilla, avremmo dovuto cominciare ad indagare lì.”
“E dove, dove avemmo potuto iniziare a cercarlo?”
“Dentro il Laboratorio, per esempio.” Rispose Gary, lasciando per un istante la sua amica perplessa.
“Dentro il Laboratorio?! Tu credi che il ladro faccia parte del Team di Scienziati del Professore?” Domandò Kokoro, staccandosi dall’albero per guardarlo meglio.
Il giovane annuì. “Esatto, Zio ha detto che solo loro conoscevano il modo per disattivare il sistema di entrata.”
Kokoro lo guardò confusa, poi alzò un sopracciglio. “Mmh… secondo me cerchi una scusa per mettere nei guai quel tipo là.”
Gary voltò lo sguardo, nascondendo la sua espressione imbarazzata. “M-macchè ti viene in mente! Sai che me ne frega di quel tipo…”
Kokoro capì perfettamente che il ragazzo stava mentendo, ma rimase nel dubbio se insistere oppure lasciare perdere. In fondo era strano come Gary trovasse così antipatico un tizio con cui aveva parlato neanche per cinque minuti. Non era tipo da giudicare dalle apparenze, per questo trovava molto strano il suo comportamento.
Si accasciò di nuovo sul tronco, sospirando. Avevano percorso solo un paio di chilometri, eppure erano stanchi morti. Certo eh, aveva scelto proprio un bel periodo per iniziare un nuovo viaggio…
Chiuse gli occhi, beandosi per qualche istante di un venticello fresco che aleggiava vicino a loro. Si rilassò al tal punto che pensò quasi di addormentarsi, ma a un certo punto sentì dei passi avvicinarsi sempre più a loro.
In un primo momento non ci fece caso, poi una voce costrinse ad alzare lo sguardo.
“Bene bene… ma guarda un po’ chi si rivede!” Disse una figura di fronte a loro, puntando i suoi occhi rosso fuoco proprio su Kokoro.
 
 
Gary si svegliò di soprassalto, svegliato da questa voce non così tanto sconosciuta. Si voltò verso la sua amica, credendo in un primo momento che fosse stata lei a parlare. Ma si sorprese a trovarla fissare davanti a loro con un’espressione accigliata.
Si voltò e gli mancò un battito. Oh no.
“E’ così che ti fai rivedere Mocciosetta? Senza neanche un saluto! Non pensavo fossi diventata così maleducata.”
Kokoro assottigliò lo sguardo, storcendo la bocca. “Quanto tempo, Margaret.”
La ragazza di fronte a loro inarcò le sopracciglia, assumendo un’espressione di pura rabbia. “Dannazione, Shinji! Quante volte ti ho detto che non mi chiamo Margaret?! E’ Daisy, D-a-i-s-y!”
Daisy Oak, figlia del Professore Pokémon Gary Oak e sua assistente.  Ragazza dal carattere focoso e ribelle, ha sempre avuto una profonda rivalità con Kokoro fin da quando erano bambine. D’altro canto, la sua indole profondamente competitiva la portava a scontrarsi molte volte con la giovane, spesso avendo la meglio su di lei.
Kokoro si alzò. “Come ti pare. Cosa vuoi?”
La sua rivale ghignò, portandosi a pochi passi da loro e puntando i pugni sui fianchi. “Cosa voglio? Umiliarti nuovamente. Non credere che adesso che sei diventata Campionessa puoi montarti la testa, sai? Io sono sempre avanti a te.”
Gary, preoccupato che il loro scontro potesse diventare più serio, si mise in mezzo alle due, cercando di allentare la tensione. “Su Daisy, adesso ricominci? Pensavo ti fosse passata la smania di far vedere agli altri che sei migliore.”
“Mi è passata, ma con lei no.” Guardò oltre le spalle del giovane Kokoro. “Piuttosto, tu ancora frequenti questa Mocciosa? Mi meraviglio di te, Gary.”
Il ragazzo roteò gli occhi, sospirando. Conosceva Daisy come se fosse sua sorella, ormai sapeva perfettamente che competere con lei portava solo che guai.
“Margaret, noi avremmo da fare. Se non ti dispiace…” Kokoro fece per andarsene, ma la sua rivale la bloccò per una spalla, sibilandole a pochi centimetri dal suo viso “Mi dispiace carina, ma prima ti dovrai liberare di me.”
Kokoro le sorrise in modo beffardo, allontanandosela. “Non ho tempo da perdere con te.”
“Oh, sei diventata ribelle? Bene, la cosa si fa più interessante.”
La giovane non l’ascoltò, visibilmente seccata dall’arrivo di quella sua vecchia conoscenza. Sperava vivamente di non vederla mai più, ma a quanto pare il destino giocava a suo sfavore.  D’altro canto, era sempre stata abbastanza sfortunata, quindi la cosa non la sorprese più di tanto.
Non sopportava minimamente Daisy, il suo carattere altezzoso ed egocentrico andava continuamente a scontrarsi con quello pacato e mite di Kokoro. Erano troppo diverse per poter andare d’accordo.
Si chinò per prendere la sua borsa, quando sentì la risata della sua rivale. Oh, odiava davvero il modo in cui rideva.
“Aah, Shinji… vuoi scappare di nuovo, mh? Hai ancora paura che possa batterti come ho fatto quella volta alla Lega di Sinnoh?” A quanto pare Daisy parlò troppo, perché Kokoro mollò improvvisamente il suo zaino e puntò uno sguardo furente verso la sua rivale.
Gary cominciò a sudare freddo. I loro scontri erano epocali, chi non conosceva la leggendaria rivalità fra le due giovani? La loro storia era rinomata in tutta Sinnoh e persino in altre regioni.
Il giovane Ketchum aveva avuto l’onore di assistere a tutti i loro litigi e poteva dire, con estrema sincerità, che non era un bello spettacolo. Soprattutto in quel momento, visto che Daisy aveva avuto la brillante idea di provocare Kokoro con quella storia.
Dopo quello che le aveva detto la sua amica la sera prima, sapeva che ci era rimasta malissimo e che il solo pensare a quella sconfitta le provocava dolore. Non si sarebbe lasciata scivolare il commento della sua “amica” così facilmente.
La osservò fare un paio di passi verso di loro e poggiare una mano proprio sopra la cintura dove erano accuratamente posizionate le Pokéball. “Cosa hai intenzione di fare, allora?” Domandò, squadrando la sua rivale.
Questa incrociò le braccia dietro alla testa, ridacchiando. “Batterti, che domande. E’ da tanto che non sfido qualcuno.”
Kokoro ghignò, poi voltò lo sguardo verso Gary. “Cambio di programma. A quanto pare prima di andare a Smeraldopoli devo battere una certa persona.”
Il ragazzo rimase per qualche istante incerto, come se non sapesse cosa dovesse fare. “M-ma…”
“Faccio subito, ‘sta tranquillo.”
Gary decise di non ribattere. In fondo, sperava di poter vedere i progressi dell’amica e soprattutto i suoi Pokémon. Osservò come l’espressione di Daisy divenne improvvisamente beffarda, come per sottolineare l’ovvietà della sua vittoria. “E’ stato facile convincerti, Shinji.”
Kokoro non le rispose, si limitò a posizionarsi a debita distanza da lei, poggiando una mano su un fianco. “Gary, potresti farci da arbitro?” Domandò al suo amico, che acconsentì subito.
“Mi raccomando Jey, non favorire la tua amichetta.” Ammiccò Daisy, facendo avvampare il ragazzo.
“Finiscila Daisy, pensi sempre male.” Borbottò Gary, prima di estrarre una moneta dalla tasca. Se la rigirò bene fra le mani, come per controllare che ci fossero entrambe le facce, poi si voltò verso le due. “Allora, chi testa e chi croce?”
Le due rivali interruppero per qualche istante il loro contatto visivo, voltando lo sguardo verso il loro amico. “Io testa.” Disse Kokoro.
“Allora a me resta croce.” Replicò Daisy.
Gary aspettò qualche secondo prima di lanciare la moneta. Questa cominciò a ruotare, un giro, due giri, tre giri, e scese lentamente, fino a scontrarsi con il palmo di Gary. Osservò la sua mano, deglutendo. “Croce, prima mossa a Daisy.”
“Yeah! A quanto pare sono più fortunata di te, Shinji!” Esclamò, scuotendo la testa per spostarsi una ciocca ribelle che le era ricaduta davanti agli occhi. Passò con l’indice ogni singola Pokéball che era attaccata sulla cintura, poi ne staccò una. “Finalmente potrai un po’ stiracchiarti… vai Arcanine!” Lanciò la sfera in aria. Questa si aprì in uno scatto, facendo comparire al centro del campo di battaglia il Pokémon.
Era grande, davvero grande, aveva un aspetto quasi maestoso, mentre la sua folta chioma veniva mossa da un leggero venticello. Ringhiava in direzione di Kokoro, inarcando la schiena e preparandosi alla battaglia. La giovane rimase a guardarlo impassibile: aveva lottato parecchie volte contro quel Pokémon e sapeva che quella sua rabbia era tutto frutto della sua Allenatrice.
Gary osservò la sua amica. Indugiava a decidere quale Pokémon scegliere, si soffermava prima su una, poi su un’altra. Sembrava stesse analizzando ogni Pokémon che possedeva per scegliere il più adatto a quel tipo di lotta.
“Allora Shinji? Ti vuoi muovere?!” Scattò la sua rivale, visibilmente impazientita.
Kokoro non se lo fece ripetere due volte. La sua espressione fredda si trasformò in un ghigno beffardo, estrasse una Pokéball dalla sua cintura e la lanciò in aria. “Empoleon!”
La figura slanciata di Kokoro fu oscurata dal suo Pokémon, che levò un grido verso al cielo. Gary osservò con stupore l’Empoleon della ragazza: e quello sarebbe il Piplup tanto adorabile che Kokoro portava sempre in braccio?! pensò.
Il Pinguino guardò il Pokémon che aveva davanti a sé: si ricordava bene di lui e di quante volte era stato battuto e umiliato, ora aveva l’occasione per vendicarsi. Poi voltò lo sguardo verso la sua Allenatrice e si lanciarono un cenno d’intesa.
“Bene, non posso più aspettare.” La mani di Daisy fremevano, tanta era l’eccitazione. “Arcanine, usa Fulmidenti!”
Il Pokémon, non appena ricevuto l’ordine dalla sua Allenatrice, scattò in direzione del suo avversario, rilasciando una scarica elettrica dalle sue zanne. Era veloce, Daisy aveva lavorato molto sulla rapidità di Arcanine e sapeva come sfruttarla nel migliore dei modi.
L’Empoleon di Kokoro fremette, sapendo che quella mossa era molto efficace su di lui. La giovane però non poteva permettere che la mossa andasse a buon fine, così ordinò al suo Pokémon di schivare. Non appena questo si trovò fuori dalla portata del suo avversario, Kokoro ordinò “Geloraggio!”
Il Pokémon rilasciò un raggio dal suo becco, che andava dritto verso il suo avversario. Daisy ghignò. “Arcanine, bloccalo con Lanciafiamme!”
Una nuvola di vapore cominciò a spandersi per il campo di battaglia, oscurando leggermente la visuale delle due Allenatrici. Kokoro continuò ad ordinare al suo Pokémon di usare Geloraggio, che veniva puntualmente neutralizzato dal Lanciafiamme di Arcanine.
La nuvola di vapore ormai impediva quasi completamente la visuale del campo e, soprattutto, dei due Pokémon. Daisy imprecò. “Dannazione Shinji, non fare di questi giochetti! Arcanine! Dove sei?” Cominciò ad urlare.
L’espressione di Kokoro si trasformò in un ghigno di pura soddisfazione, che nessuno riuscì a vedere. Era proprio quello il suo intento e quella sciocca di Daisy ci era cascata come un’allocca.
“Empoleon! Hai trovato Arcanine?” Chiamò la giovane. Il risposta del suo Pokémon le fece capire la riuscita del suo piano.
“Che cosa?!” Scattò Daisy.
“Perfetto, usa Perforbecco!” Urlò Kokoro.
Ci furono alcuni secondi di puro silenzio, dove tutti avevano mantenuto il fiato sospeso. Poi un boato ruppe quella quiete e un ruggito si fece eco fra i viali del bosco. La nebbia man mano si dissolse, mostrando l’Arcanine di Daisy ferito ad una spalla.
“Merda!” Imprecò nuovamente Daisy, mentre osservava l’espressione soddisfatta di Kokoro. “Non crede di averci sconfitto con questa piccola mossa da principianti! Arcanine, di nuovo Fulmidenti!”
Il Pokémon scattò nuovamente, lamentandosi per il dolore lancinante alla spalla. Ma questa volta fu più veloce del suo avversario, che spostandosi inciampò e si ritrovò sovrastato dal suo rivale. Kokoro sbarrò gli occhi: il suo Empoleon ormai era alla mercé di Arcanine.
Urlò di allontanarsi di lì e di usare Ferrartigli per bloccare l’attacco, ma era troppo tardi. Ormai le zanne del suo avversario rilasciavo scariche elettriche per tutto il corpo di Empoleon.
Era una visione a dir poco spaventosa: il suo Pokémon stava letteralmente urlando di dolore, mentre sentiva i canini del suo rivale affondare sempre di più nella sua carne e le scosse percorrere ogni singolo centimetro del suo corpo.
Kokoro si portò la mano davanti alla bocca, letteralmente sconvolta: era gelata, le urla del suo Pokémon la terrorizzavano e le impedivano di dare alcun ordine. Vederlo in quello stato era una sensazione orribile, i sensi di colpa la sovrastavano del tutto, non avendo impedito la riuscita della mossa di Daisy.
“Empo…!” Deglutì, cercando di formulare qualche frase comprensibile al suo Pokémon. “Empoleon! Usa… usa SURF!”
Empoleon cercò in tutti i modi di racimolare un briciolo di forza per scansare il suo avversario, ma più cercava di liberarsi più provava dolore. Una piccola lacrima sgorgò dai suoi occhi.
Gary osservava con espressione terrorizzata il campo di battaglia: la cattiveria con cui Arcanine non lasciava andare il suo avversario lo sconvolgeva del tutto. Solo assistendo agli scontri tra Kokoro e Daisy poteva vedere cose del genere.
Kokoro alzò lo sguardo verso la sua avversaria, che si lasciò andare in una fragorosa risata. Era la stessa risata che aveva sentito non appena era stata battuta alla Lega di Sinnoh. Ricordava ancora tutti gli sguardi delusi che le puntavano addosso, la trapassavano come delle spade affilate e le provocavano fitte di dolore atroci.
E lo sguardo del padre l’aveva fatta sentire la persona più inutile di questo pianeta, aveva spezzato a metà il suo cuore e sarebbe stato difficile da risanare. Non poteva permettere che accadesse un’altra volta.
Si scrollò non appena incrociò lo sguardo preoccupato di Gary. Doveva fargli vedere che non era più quella ragazzina debole che gli chiedeva sempre aiuto, ora era diventata grande e poteva contare solo su se stessa.
Come d’altro canto le aveva insegnato il padre.
Alzò lo sguardo, puntando i suoi occhi furenti verso Daisy. Poteva, doveva farcela. “Empoleon! Usa Stridio!”
La sicurezza della sua Allenatrice risvegliò improvvisamente il suo Pokémon, che al posto di quelle urla strazianti rilasciò dal suo becco un frastuono assordante, tanto da far gemere Daisy per il fastidio. Arcanine cominciò a mollare la presa, con la testa ormai sul punto di esplodere: a quella distanza ravvicinata non poteva resistere un secondo di più.
Non appena si staccò da Empoleon, il suo avversario si acquietò, alzandosi faticosamente in piedi. Aveva ricevuto parecchi danni, ma per fortuna Kokoro si era sempre concentrata molto sulla resistenza del proprio Pokémon. Aveva studiato dettagliatamente tutte le statistiche del suo Starter e, notando la sua carenza di Velocità, aveva deciso di puntare tutto sulla Difesa. Ovviamente ogni allenamento variava di Pokémon in Pokémon.
“Tch-! Shinji, ormai il tuo Pokémon è sfinito, concludiamo qui e ammetti che sono meglio di te!” Urlò Daisy, riprendendosi dal dolore alla testa. Si tenne pronta a dare il prossimo attacco, quando vide il suo Pokémon venire colpito da un Lanciafiamme.
Rimase sbigottita a fissare il suo Arcanine a terra, poi voltò lo sguardo verso Gary e gli puntò un dito contro. “Ehi! Tu fai l’arbitro, tieni a bada il tuo Infernape e non intrometterti per aiutare la tua amichetta!”
Gary alzò le mani. “Non sono stato io! E poi il mio Infernape è dentro la mia borsa.” Si voltò verso Kokoro, sperando in una conferma dell’amica. Questa però, fissava un punto imprecisato alle sue spalle con gli occhi spalancati.
“Koh? Che fiss-…” Si voltò anche lui e rimase pietrificato alla vista di quella cosa.  No, non sapeva come definirla, non sapeva letteralmente cosa fosse. Un Pokémon? Uno scherzo della natura?
Era a chiazze azzurre e rosse e dal suo guscio spuntavano delle scintille e delle lingue infuocate, il suo muso sembrava deformato, con dei denti aguzzi e uno sguardo perso.
“Cosa… cosa diamine è quel robo?” Disse Daisy con disgusto, indietreggiando di qualche passo. Kokoro si morse un labbro, voltandosi verso la sua rivale. “Robo? La tua fantasia mi sorprende sempre di più, Margaret.”
Ignorò i vari insulti lanciati da Daisy e tornò a concentrare la sua attenzione verso quel mostriciattolo. “E’ un Pokémon, poco ma sicuro. Solo che non ne ho mai visto uno… così.” Disse, storcendo il naso.
Gary si avvicinò lentamente a lui, mettendo le mani davanti come difesa. “Mi ricorda uno Squirtle…” Disse, additando il suo guscio e la sua coda.
“Ma dai! A me sembra più un Charmender, poi ti pare che uno Squirtle possa usare una mossa di tipo fuoco, Baka?” Domandò Daisy con fare saccente.
E in quell’istante Kokoro ebbe un flash. Velocemente tirò fuori dalla tasca il suo Pokédex e lo puntò addosso al Pokémon. Un piccolo ologramma apparve proprio sopra la testa di quel mostriciattolo. La ragazza si aspettava che, come al solito, vicino al nome del Pokémon comparissero le dovute informazioni ordinatamente inserite all’interno di quell’aggeggio elettronico, ma vi trovò solo scritto “???”.
Rimase leggermente titubante, fissando prima Gary, poi la sua rivale. Questa le si avvicinò e le strappò letteralmente dalle mani il Pokédex. “Shinji, ma è vecchissimo questo coso! Aaah, sei inutile come al solito. Mio padre mi ha fornita di ogni accessorio e sono tutti aggiornatissimi, mph!” Disse altezzosa, lanciando con noncuranza il piccolo palmare alla ragazza. Poi prese il suo, smanettò un po’ con i tasti e lo puntò verso il Pokémon.
Ma al posto del nome compariva sempre “???”. “Ma che cavolo! Non funziona!” Disse, leggermente in imbarazzo.
Kokoro decise di non darle attenzione e si avvicinò a Gary, ma un Bollaraggio puntò dritto verso di lei, che fu costretta a buttarsi a terra.
“Koh! Tutto bene?” Disse il suo amico, chinandosi per soccorrerla. Il suo Empoleon, che era rimasto ad osservare passivamente la vicenda, si parò davanti a lei cercando di proteggerla.
“Sto bene, sto bene.” Rispose, pulendosi i pantaloncini. “Ma ora il problema è un altro…”
Un altro attaccò arrivò, parato prontamente da Empoleon. Arcanine, ripresosi dall’attacco precedente, si unì a dar man forte al suo compagno.
“Il problema…-!” Si interruppe non appena i due Pokémon pararono un altro Lanciafiamme. “Il problema è che un Pokémon non può usare mosse di tipo acqua insieme a mosse di tipo fuoco!”
I due ragazzi si fermarono a fissarla, compreso finalmente quello che voleva dire la sua amica.
Arrivò un altro attacco, ancora più forte e devastante di prima. Sembrava come se quel Pokémon agisse non per istinto, ma dettato da una rabbia interiore che si sfogava in tutto ciò che gli capitava dinnanzi.
L’Arcanine di Daisy cadde a terra, gravemente ferito, e si lasciò andare in un grido di dolore. Non sembrava ma l’attacco di Empoleon prima l’aveva indebolito parecchio.
Daisy si chinò su di lui, accarezzandogli la folta criniera con delicatezza, come se stesse cercando di calmarlo. Kokoro rimase a fissarla, letteralmente sconvolta: perché non vedeva lo stesso fuoco di prima negli occhi della sua rivale? Perché sembrava trattare bene solo i suoi amati Pokémon, invece che lei?
Non appena realizzò ciò che stava pensando, si morse la lingua e tornò a concentrarsi sul loro problema. Non le importava niente di quella lì, non le importava di come la trattava. Poteva anche insultarla in tutte le lingue del mondo, non le avrebbe mai dato fastidio.
“Arcanine, meglio che ti riposi un po’.” Sussurrò Daisy, prima di farlo ritornare nella Pokéball. I suoi occhi rossi si riaccessero improvvisamente di una folle rabbia e puntarono diritti verso il suo avversario. Gary e Kokoro indietreggiarono, leggermente spaventati.
“Tu, rifiuto della natura, mi hai rotto il cazzo.” Una frase semplice, ma che fece tremare di paura i due giovani dietro di lei. Come al solito Daisy diventava improvvisamente scurrile non appena qualcuno la faceva arrabbiare in modo pesante.
“ESCI, STARAPTOR!” Scagliò letteralmente la Pokéball per aria, facendo uscire il suo Pokémon che cominciò a volare proprio sopra la sua testa. Gary non sapeva proprio cosa aveva in mente di fare Daisy e si limitò ad osservarla alzarsi e ordinare al suo Pokémon di usare Zuffa.
Questo volò a picco sul suo avversario, cominciando a percuoterlo con una forza inaudita, tanto da procurargli diversi graffi e lividi. Kokoro rimase a fissare sconvolta il ghigno di pura soddisfazione di Daisy, fino a quando il Pokémon di fronte a loro non cadde sfinito a terra. Staraptor si allontanò, appollaiandosi su un albero per riprendere fiato. Non amava molto usare quella mossa, visto che gli provocava parecchi danni.
Daisy lanciò una Pokéball sul mostriciattolo a terra e lo catturò.
“Cosa fai idiota! Invece di arrivare a queste conclusioni affrettate, potevi consultarci! Devi sempre essere l’egoista di turno!” Le urlò in faccia Kokoro. La sua rivale rimase a fissarla, poi sistemò la Pokéball nella sua cintura.
“Sei tu l’idiota Shinji, questo Pokémon devo portarlo a mio padre perché deve studiarlo. Dio, ma non ti chiamavano “il piccolo genio”? Sei così stupida delle volte!” Replicò Daisy, cominciando ad allontanarsi dai due.
Ma Kokoro la fermò stringendole un braccio. “Dove credi di andare? Io e te abbiamo un conto in sospeso.”
La sua rivale non ne poteva più, ne aveva avuto abbastanza per quel giorno. Prese Kokoro per il colletto della sua dolcevita nera e la portò alla sua altezza, sibilandole a pochi centimetri dal volto “E’ rimandata. Ora il mio Arcanine è stanco e sarebbe una lotta impari, ti pare? Quindi taci e vedi di allenarti di più, che questa non è la preparazione di una Campionessa.” Concluse, lasciandola andare. L’altra ragazza deglutì, stringendo compulsivamente il pugno.
“Voglio vederti anche a questa Lega, Margaret.”
Daisy si bloccò, fissandola con un sopracciglio alzato e leggermente divertita. Amava la piccola innocenza della sua Mocciosetta, doveva ammetterlo. Voleva di nuovo essere battuta? Nessun problema , per lei.
“D’accordo, Shinji. Se proprio vuoi essere battuta di nuovo, per me non c’è problema.” Ghignò, incrociando le braccia dietro alla testa. L’altra si accigliò nuovamente.
“Beh, ci si vede in giro per Kanto allora. A quanto pare dovrò lasciare perdere il Laboratorio di mio padre e rimettermi a viaggiare.” Ammise Daisy, leggermente scocciata.
“Aspetta, Daisy.” Parlò finalmente Gary. “Ma quel Pokémon? C-cosa significa?”
“Beh, mio padre mi ha detto di fargli presente ogni cosa strana che notavo in giro per Kanto… questa è decisamente anomala per i gusti miei.” Disse, rigirandosi la Pokéball nella mano. “Vabbè, avrete notizie poi quando mio padre avrà concluso i suoi studi, come vi ha promesso. Per ora non ci pensate, che vi create solo problemi e basta.”
“Ma…!” Gary provò a chiedere altre spiegazioni ma Daisy gli tappò, letteralmente, la bocca.
“Sssh! Ho detto basta! Che questa cosa non esca da qui!” Lo rimproverò, prima di dirigersi nuovamente di fronte a Kokoro. Rimasero qualche secondo a fissarsi.
“Tu Mocciosetta datti da fare, la prossima volta non andrò così leggera con te. In questi sette anni non hai concluso niente.” Disse, prima di allontanarsi dai due e sparire tra i viali della foresta.
La giovane, colpita duramente da quelle parole, rimase a fissare il terreno in silenzio. Non mi importa niente.
Poi sentì la mano di Gary sulla sua spalla e si risvegliò improvvisamente, voltandosi per fissare la sua espressione preoccupata. “Sto bene, non ti preoccupare.”
Era una bugia?
“Sicura? Daisy a volte è troppo dura con te.”
A me non importa, dovresti saperlo.
“Non fa niente, non le do peso.” Disse freddamente la sua amica. Scrollò le spalle per allontanare il ragazzo, poi andò a prendere la sua borsa. Empoleon le venne incontro, fissandola con lo stesso sguardo che le aveva rivolto alcuni secondi prima Gary.
Non voleva la pietà altrui, era una cosa che le faceva veramente ribrezzo. Non dovevano preoccuparsi per lei, lo sapevano perfettamente che non aveva mai badato alle parole di Daisy! Quando parlava quella là, sentiva solo un ronzio di sottofondo. Non era altro che un fastidio, una presenza che la tormentava di continuo.
Si voltò verso il ragazzo, sorridendo debolmente. “Gary, andiamo a Smeraldopoli. Non pensiamoci più. Il Capopalestra mi aspetta.”
Il suo amico si tranquillizzò nel vedere il suo sorriso. Raccolse la sua borsa e la raggiunse, pronto e carico per ripartire. “Ok, andiamo!”
Kokoro scacciò finalmente tutte le sue preoccupazioni, dimenticandosi dell’esistenza di tutti i suoi problemi, di quel Pokémon e di Daisy stessa.
E così ripresero il viaggio verso Smeraldopoli, non sospettando minimamente che quello era solo l’inizio dei loro guai.


N.A: SCUSATE IL RITARDOOOOOOO ok, finalmente, sono riuscita a finire questo capitolo chilometrico. E ho amato scriverlo, sul serio. Perché Daisy è il mio personaggio preferito, la adoro, per me è tutto. Ho lavorato molto sul suo carattere e sulla sua storia, forse uno dei personaggi più importanti in questa long. E sono parecchi i personaggi, eh. Comunque adesso a molti risulterà antipatica... beh, era proprio quello il mio intento XD 
Ora vedrò di scrivere il prossimo capitolo in breve tempo... chissà, forse ci riuscirò, visto che è meno complesso di questo.
Che altro dire? Povero Gary, che ha parlato poco XD
Alla prossimaaaa <33

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