I wouldn't imagined my life without you

di Manu_Hikari
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter one ***
Capitolo 2: *** Chapter two ***
Capitolo 3: *** Chapter three ***
Capitolo 4: *** Chapter four ***
Capitolo 5: *** Chapter five ***
Capitolo 6: *** Chapter six ***
Capitolo 7: *** Chapter 7 ***
Capitolo 8: *** Chapter eight ***
Capitolo 9: *** Chapter nine ***
Capitolo 10: *** chapter ten ***
Capitolo 11: *** Chapter eleven ***
Capitolo 12: *** Chapter twelve ***
Capitolo 13: *** Chapter thirteen ***
Capitolo 14: *** Chapter fourteen ***
Capitolo 15: *** chapter fifteen ***
Capitolo 16: *** chapter sixteen ***
Capitolo 17: *** 17 ***



Capitolo 1
*** Chapter one ***


I wouldn’t imagined my life without you…

 

 

 

Ciao raga eccomi qui con una nuova fic! Questa volta è ispirata a Holly e Benji e vorrei precisare che è la prima che scrivo su questo anime quindi non so come sarà e il titolo non so precisamente cosa c’entri con tutto il resto ma a me sembrava così carino…

Cmq protagonista è Benji  e la storia è ambientata durante il primo campionato mondiale, quello in Francia. Volevo anche dirvi che, per motivi di copione, le età dei nostri beniamini varieranno lievemente da quelli nell’anime (Anche perché io non ho mai capito molto bene quanti anni hanno…) e che gli spoiler saranno veramente pochini perché io non ci so fare molto…^__^’’

Poi…ah, si. I personaggi di questa storia sono tutti del loro papi Yoichi Takahashi e solo Mie è inventata da me.

Penso che sia tutto, un bacione e buona lettura!

 

 

 

CHAPTER ONE

 

 

 

Non gli piaceva allenarsi sotto la pioggia, in un certo qual modo preferiva il sole cocente, ma da quando era entrato nella Grunvald aveva imparato ad abituarsi un po’ a tutti i tipi di condizioni atmosferiche, solo così era riuscito a diventare in tre anni il portiere titolare di quella squadra; c’erano voluti tre anni di estenuanti allenamenti, di continue umiliazioni, ma alla fine aveva raggiunto il suo scopo e ora era un elemento importantissimo.

La sua nuova vita era molto meglio di come se l’aspettava, aveva un sacco di amici, aveva una bella casa, molte ammiratrici eppure c’era un pezzo che mancava nel mosaico della felicità e, nonostante fossero passati tanti anni, ancora non era riuscito a spiegarsi il perché.

L’allenatore annunciò la pausa pranzo e lui ne approfittò per asciugarsi un po’ i capelli che si erano bagnati per la pioggia. Non pioveva molto forte, quindi non si era proprio inzuppato, ma certo non voleva rischiare di prendersi un malanno a un paio di settimane dall’arrivo dei suoi amici giapponesi in occasione dei mondiali under 19. Non vedeva l’ora di rivederli!

         Tornato nell’albergo dove si stava tenendo il ritiro, si fece una doccia calda e poi scese nella hall dove c’erano già tutti i suoi compagni di squadra.

«Ehi, Price! »

Benji si voltò e salutò con un cenno del capo un ragazzo alto dai capelli biondi.«Schneider, ciao! » Rispose.

«Allora, approfittiamo di  un po’ di pausa… come è andato il tuo viaggio in giappone? Hai incontrato i tuoi vecchi amici di cui mi parli sempre tanto? » Chiese il biondino mentre entravano in sala da pranzo e si sedevano ad un tavolo insieme ad  altri quattro.

«Si, tutto abbastanza bene, li ho incontrati tutti…eppure non è stata una visita tutta rose e fiori…» Aggiunse abbassando lo sguardo perché l’amico non lo vedesse rattristarsi.

«Oh, mi dispiace, come mai? » Indagò ancora Schneider, inconsapevole di toccare un tasto dolente.

«Perché? » Ripetè Benji con ironia. «Per causa sua…» Disse Benji indicando con un cenno del capo una rivista di moda che una signora seduta qualche tavolo più in là aveva fra le mani.

Schneider si voltò e guardò attentamente. Apparentemente nulla di strano.«…di quella signora? » Azzardò.

Benji scoppiò a ridere. «No! Scemo guarda quel giornale! »

Di nuovo il tedesco si voltò e guardò attentamente la copertina del giornale. Vi era raffigurata una ragazza con lunghi capelli che, lisci e neri, le ricadevano sulle spalle; gli occhi scuri, dal taglio orientale, davano subito l’impressione che fosse giapponese, lo sguardo dolce e allo stesso tempo intrigante. La pelle era chiara, con una leggera sfumatura color pesca sulle guance.

Schneider non credeva di aver mai visto nulla di così affascinante. «Allora? È solo la foto di una ragazza…probabilmente una fotomodella…» Osservò non capendo dove il suo amico volesse arrivare.

«Esatto…per essere precisi è una delle fotomodelle più famose di tutto il Giappone…e anche una delle più giovani, ha solo 16 anni…» Rispose Benji come se fosse la cosa più naturale del mondo.

«E…cioè, vorresti dire che la conosci? » Chiese il tedesco come se stesse dicendo qualcosa di assurdo.

«È la sorella minore del mio migliore amico. »

Schneider rimase di sasso. Se tutte le sorelle dei suoi amici fossero state così... «Wow! Che fortuna! » Benji sorrise, un sorriso senza allegria. Era un misto fra ironico e amareggiato, quasi autocommiserazione. «O forse no. » Si affrettò ad aggiungere l’altro ragazzo accorgendosi dell’amarezza che esprimeva l’espressione di Benji. «Scusami. Forse non avrei dovuto chiederti proprio nulla.

Benji scosse la testa. «No, non scusarti Schneider…io invece penso che sia ora di parlarne con qualcuno…se i problemi si tengono dentro per troppo tempo per cercare di evitarli, essi si moltiplicano senza dubbio…e a me farebbe proprio bene analizzare finalmente questa storia…»

«Allora inizia dal principio, dimmi come è iniziata. »

Benji lo guardò con gratitudine, solo un vero amico avrebbe potuto dargli tanta disponibilità, e lui era veramente felice di averlo trovato. Tirò un gran sospiro e iniziò il suo racconto.

«Nella città in cui vivevo, Fujisawa, c’erano due squadre di calcio, una era la Newppy, il club scolastico della scuola pubblica, nemmeno da menzionare allora dato che prendeva regolarmente 20 goal a partita dalla S. Francis, la squadra in cui giocavo io, che era il club scolastico della omonima scuola privata, una delle più prestigiose del paese. Ovviamente le due squadre erano in continuo conflitto per allenarsi sul campo e noi vincevamo sempre…questa situazione cambiò quando Holly arrivò nella nostra città. »

«Holly è il tuo amico, vero? Atton. » Chiese Schneider.

«Già…lui si iscrisse alla Newppy e mi sfidò. Mi lanciò una cannonata da una collina che stava vicino a casa mia e fece goal…io accolsi la sfida e persi in quell’occasione, ma non tardò l’occasione per regolare i conti; il torneo interscolastico. Fu allora che la incontrai per la prima volta. »

«Ma, Benji, mi stai parlando di molto tempo fa…»

«Si, facevo ancora le medie, avevo quindici anni…come vedi è passato molto tempo…»

«Ma fa ancora male, vero? Raccontami di lei…»

«So che può sembrare assurdo, uno a quindici anni manco ci pensa alle ragazze…eppure quando la vidi la prima volta provai delle sensazioni troppo strane…io…sono sicuro di essermene innamorato immediatamente ma…Mie era solo una bambina ai miei occhi, aveva due anni meno di me, faceva ancora il primo anno…»

«E così continuasti a guardarla da lontano continuando a chiederti cos’erano quei sentimenti che provavi quando la vedevi…» Benji annuì. quel ragazzo capiva al volo.

«Inutile dirti che le cose peggiorarono una volta finito il campionato interscolastico, quando, per i campionati nazionali juniores, furono selezionati i migliori giocatori delle squadre cittadine…io e Holly eravamo nella rosa. »

«E Mie? » Chiese un curiosissimo Schneider.

«Lei fu scelta insieme a Patty, la sua migliore amica, per fare da manager alla squadra; puoi ben immaginare cosa comportava questo... »

«Hanno dovuto seguirvi entrambe in ritiro. » Il tedesco tirò le conclusioni più ovvie.

«Dimmi, avendola vicina tutti i giorni, come non capire di amarla…

 

 

 

                                                                                                                    …To be continued

 

 

 

 

Allora che ve ne pare? Io non so esattamente che rapporto hanno Benji e Schneider, ma facciamo finta che sono amici per la pelle, ok?

Se questo inizio vi piace almeno un pochino commentate vi prego perché continuerò questa fic quando avrò finito l’altra, Un nuovo bacio, (cioè fra pochissimo) ma solo se piace. Perciò vi prego, commentate!!!!!!!!!

PS: se qualcuno sa il nome dell’allenatore personale di Benji mi farebbe un gran piacere a dirmelo. Vi ringrazio in anticipo. ^______< 

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Capitolo 2
*** Chapter two ***


I wouldn’t have imagined my life without you…

 

 

 

Ciao raga eccomi qui con una nuova fic! Questa volta è ispirata a Holly e Benji e vorrei precisare che è la prima che scrivo su questo anime quindi non so come sarà e il titolo non so precisamente cosa c’entri con tutto il resto ma a me sembrava così carino…

Cmq protagonista è Benji  e la storia è ambientata durante il primo campionato mondiale, quello in Francia. Volevo anche dirvi che, per motivi di copione, le età dei nostri beniamini varieranno lievemente da quelli nell’anime (Anche perché io non ho mai capito molto bene quanti anni hanno…) e che gli spoiler saranno veramente pochini perché io non ci so fare molto…^__^’’

Poi…ah, si. I personaggi di questa storia sono tutti del loro papi Yoichi Takahashi e solo Mie è inventata da me.

Penso che sia tutto, un bacione e buona lettura!

 

 

 

CHAPTER TWO

 

 

 

 

Benji continuò a raccontare la sua storia per tutto il pranzo, Schneider era molto attento, quella storia lo incuriosiva davvero molto.

«Ricordo che già prima del ritiro per le selezioni regionali c’erano dei segni che lasciavano intendere tutto; figurati che alcuni dei miei compagni maliziosi me lo chiedevano spesso se ci fosse qualcosa fra noi. Io  rispondevo che la loro era solo invidia, in effetti Mie piaceva a molti. E come poteva essere altrimenti? Da poco aveva cominciato a lavorare come modella, a quindici anni tutti si innamorano di qualche personaggio dello spettacolo…ma io sapevo che per me era diverso…a me piaceva già prima.

 Io non le staccavo mai gli occhi di dosso e, quando se ne accorgeva, lei arrossiva e mi sorrideva dolcemente. In quelle occasioni mi dicevo che dovevo fare qualcosa ma, per quanto mi sforzassi non mi veniva in mente niente e lasciavo correre.

Ma, come ti ho detto, in ritiro fu diverso, non riuscii a evitare i miei sentimenti…mi fu troppo evidente che provavo qualcosa per Mie e mi accorsi, con somma gioia, che anche lei mi ricambiava.

Purtroppo, essendo molto ma molto scemo, non mi veniva in mente niente per dichiararmi e, sinceramente, se fosse stato per me sarebbe andata avanti cosi per molto tempo; per fortuna l’occasione si presentò da sola.

La seconda sera del ritiro rimasi ad allenarmi oltre l’orario nel campetto dell’hotel. I miei compagni lo sapevano, ma Mie, non vedendomi nemmeno a cena, si preoccupò e venne a cercarmi. Se l’avessi vista Carl, bella come una dea, mentre entrava nel campo, illuminata dalla luce della luna… »

«Ehi, Benji, torna sulla terra! » Il nostro portiere si sarebbe sicuramente perso nei meandri dei suoi ricordi se il suo amico non l’avesse riportato alla realtà. «Continua, che ha fatto? »

«Bè, mi ha chiamato –allora aveva il vizio di chiamarmi capitano, anche se gli avevo detto di non farlo- “Ti stai ancora allenando?” mi chiese. “Non vuoi proprio perdere, eh?”

“Non ci tengo, Mie…” le risposi avvicinandomi a lei che era rimasta impalata fuori dall’area di rigore.

“Ma non ti stancherai? Bada che alla squadra servi in piena forma…perché non vai a riposarti?” Mi disse alzando la testa per guardarmi in faccia…in effetti dovette alzarla di parecchio, era davvero bassa.

“Se mi fai qualche tiro, mi alleno un po’ a parare e poi ti giuro che torno in albergo.” Le proposi cercando di sembrare più dolce possibile.

“Ma, capitano! Lo sai che non me la cavo molto bene come cannoniere!” Oh, si. Lo sapevo benissimo che lei era molto più brava come portiere, ma a me non importava; avevo la possibilità di stare solo con lei… »

«Una ragazza che gioca a calcio? » Ripetè Schneider sorpreso.

«Si…ti faccio presente che è la sorella di uno dei calciatori più forti del Giappone…e vedessi quanto è brava come portiere! » Rispose Benji orgoglioso.

«Però!…ma…dimmi, poi? Che è successo? »

«…Io ribadii che non volevo sentire scuse e lei, rassegnata, prese la palla e si preparò ad attaccare. Fece un paio di palleggi e poi tirò. Un tiro da poco, non era molto forte, ma dovevo essere veramente molto distratto quella sera, o molto stanco…. »

«No, non dirmelo…» Implorò Schneider.

«Va bene, se non vuoi non ti dirò che presi la palla dritta dritta in faccia…»

«No! L’ha detto! » Ironizzò Schneider fingendo di piangere.

«Bè, puoi dire quello che vuoi Carl, ma senza quella pallonata non sarebbe successo mai nulla fra noi…» Disse Benji con aria di superiorità.

«Vuoi dire che…»

«Voglio dire che, quando vide che mi ero portato le mani al viso, mi corse in contro e mi chiese se mi ero fatto molto male. Io volevo prenderla un po’ in giro, ti giuro, senza alcun doppio fine, ma le cose sono andate diversamente…

“Capitano…capitano, fammi vedere…Oh, mio Dio, che ti ho fatto?” Mi chiedeva agitata saltellando da una parte all’altra. Io non alzavo il viso e così, a mali estremi, estremi rimedi… lei mi ha tirato le mani via dal viso con forza…»

«E vi siete trovati vicini vicini! » Concluse eccitato Schneider.

« Non correre…in effetti ci siamo trovati faccia a faccia e lei si è imbarazzata tantissimo, è diventata rossa fino alla punta dei capelli.

“Ah…d-devo medicarti…t-ti si è arrossata la guancia…” Mi disse mentre si allontanava…ma almeno per una volta non mi comportai da scemo, la afferrai per un braccio e la guardai dritto negli occhi, lei ne sembrò sorpresa, ma non provò ad allontanarmi. Cercai di dirle cosa provavo per lei, ma balbettavo, non sapevo da dove iniziare, allora lei mi zittì accarezzandomi una guancia.

“…lo so, è così anche per me, Benji….” Quando mi chiamò per nome ebbi un sussulto, voleva dire che lei mi ricambiava, ora ne ero sicuro, non resistetti a lungo, provai a baciarla…»

«No! E…e lei? » Chiese il tedesco sulle spine.

«Lei mi fermò. » Benji lesse con divertimento la delusione sul volto del suo amico. «Mi disse che qualcuno avrebbe potuto vederci…»

«E tu? » Chiese Schneider sempre più teso e impaziente, sembrava che ci fosse lui nella storia.

«Io…mi ero fatto furbo tutto all’improvviso. Presi il mio berretto e coprii i nostri visi.

“ Così non ci vede nessuno” le sussurrai. Lei mi sorrise divertita allora seppi che potevo farlo, la baciai. Ora, a distanza di tanto tempo, so che era una sciocchezza, un bacio a fior di labbra, tenero e fugace ma in quel momento sembrava che il mio cuore volesse saltarmi via dalla cassa toracica…» Benji sorrise di nuovo con amarezza, mista a malinconia.

«Secondo me non è affatto una cosa sciocca…il primo bacio è pur sempre il primo bacio, conta che l’hai dato a una che ti piaceva così tanto…penso che anche lei abbia provato le stesse sensazioni…» disse Schneider.

«Grazie Carl. »

«Forza, ragazzi! Andate a riposarvi. Fra un’ora esatta riprende l’allenamento! » L’allenatore era appena sopraggiunto. I suoi ordini non si discutevano.

«Che palle! Io voglio sentire la storia di Benji! » Protestò Schneider.

«Eddai! Non pensavo che fosse così interessante! Comunque non preoccuparti, se ci tieni così tanto possiamo continuare stasera nel salotto dell’hotel, dopo cena…» Disse Benji scoppiando a ridere. Gli aveva fatto proprio bene confidarsi con qualcuno, anche se il peggio non era ancora arrivato.

«Uffi! Non puoi darmi qualche anticipazione? »

«…Ti dico solo che quello che ha detto che le cose belle non durano mai a lungo, dovrebbe ricevere il premio Nobel…»

 

 

 

 

…To be continued

 

 

 

 

 

Allora? Vi piace? Mi raccomando i commenti se no non continuo!

Cmq, volevo ringraziare Judi e Se7en per avermi passato l’info sull’allenatore di Benji, non so come ringraziarvi!

Il seguito spero di poterlo scrivere il più presto possibile, non so quanto ci vorrà visto che sono moooolto occupata con i compiti.

Un bacione e mi raccomando i commenti! ^_________^

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Capitolo 3
*** Chapter three ***


I wouldn’t have imagined my life without you…

 

 

 

Ciao raga eccomi qui con una nuova fic! Questa volta è ispirata a Holly e Benji e vorrei precisare che è la prima che scrivo su questo anime quindi non so come sarà e il titolo non so precisamente cosa c’entri con tutto il resto ma a me sembrava così carino…

Cmq protagonista è Benji  e la storia è ambientata durante il primo campionato mondiale, quello in Francia. Volevo anche dirvi che, per motivi di copione, le età dei nostri beniamini varieranno lievemente da quelli nell’anime (Anche perché io non ho mai capito molto bene quanti anni hanno…) e che gli spoiler saranno veramente pochini perché io non ci so fare molto…^__^’’

Poi…ah, si. I personaggi di questa storia sono tutti del loro papi Yoichi Takahashi e solo Mie è inventata da me.

Penso che sia tutto, un bacione e buona lettura!

 

 

 

CHAPTER THREE

 

 

 

 

 

 

Benji uscì dalla doccia e si infilò l’accappatoio. Anche quel pomeriggio l’allenamento era stato estenuante. Per fortuna a cena ci si distraeva un po’ fra una chiacchiera e una portata, la cucina tedesca era squisita anche se ci aveva messo un  po’ per abituarcisi. Al pensiero gli venne l’acquolina in bocca.

Ma di sotto non lo aspettava solo la cena, aveva un appuntamento più importante; Schneider era ansioso di conoscere la fine della sua storia…la sua storia?…in effetti era la loro storia. Faceva uno strano effetto rivangare il passato, pensava di averlo lasciato alle spalle, di aver dimenticato tutto il suo dolore e invece, parlandone con Schneider stava ritrovando tutta l’amarezza di allora. Non aveva mai dimenticato Mie.

Scosse la testa e si vestì. Avrebbe voluto scendere direttamente in sala da pranzo, tuffarsi nel quotidiano caos che si creava a quell’ora, quando tutti erano stanchi e desideravano  distrarsi, lasciare che questo lavasse via i suoi pensieri negativi, ma non ce la fece a resistere corse al suo cassetto, lo aprì e ne trasse una foto, l’unica che gli era rimasta di lui e Mie insieme. Ancora si domandò cosa avesse fatto, quale errore avesse commesso perché il suo raggio di sole gli fosse negato. Ma di nuovo non ebbe risposta se non un lancinante dolore al cuore. Quando guardò l’orologio si ricordò che era ora di cena; ripose la foto nel cassetto e si diresse in sala da pranzo.

Come sempre il corridoio e le scale erano pieni di ragazzi che chiacchieravano mentre scendevano al piano sottostante e c’era anche qualche gruppetto di turisti, ma di solito cenavano prima di loro.

Quando giunse in sala da pranzo i tavoli erano quasi tutti occupati dai suoi compagni, ma non riusciva a vedere Carl. D’un tratto si sentì chiamare da qualcuno, piuttosto concitatamente. Cercò con lo sguardo e riconobbe Schneider, si era seduto un po’ lontano dagli altri, ad un tavolo più piccolo.

«Come mai così lontano dagli altri? » Chiese Benji sedendosi di fronte al suo amico.

«Come sarebbe a dire?! » Esclamò l’altro. «Non ricordi che devi finire di raccontarmi la tua storia? Non voglio che nessuno ci disturbi! »

«Ma non ti avevo detto che dovevamo aspettare  dopo cena? »

«Credi che avrei pazientato tanto? » Rispose Schneider con finta aria shockata.

«Tu sei matto! »

«E perché? La tua è una storia interessante e per te dev’essere stata una cosa proprio importante per farti soffrire così tanto… perciò se sfogarti può esserti utile, meglio farlo con un amico. »

Benji sorrise. Non gli veniva in mente altro modo per ringraziarlo.

«Allora, » Disse Schneider. «mi hai anticipato che le cose belle non durano…le cose non sono andate come te le aspettavi, vero? »

«Non proprio…ma andiamo per gradi. Ti ho detto che il giorno in cui ci mettemmo insieme era il secondo del ritiro e devo dire che per un paio di giorni non fu facile. Eravamo sicuri che tutti sapessero, ci guardavano con troppo sospetto, ma questo non fu un problema tanto grosso come quello che si prospettò di lì a qualche giorno. In questi piccoli campionati regionali, è importante per tutti i giocatori farsi notare, vincere, in ogni dove potrebbero esserci talent scout e la possibilità di essere ingaggiati da qualche squadra prestigiosa non è bassa, quindi…se non puoi fare goal, stendi il portiere! »

«Ti hanno….sabotato! » Esclamò Schneider sconvolto.

«Mi hanno pestato di brutto! » Corresse Benji. «Era una sera come tante, io e Mie eravamo rimasti da soli nel campetto dell’hotel, come era già abitudine. In un angolino in ombra, nessuno avrebbe potuto vederci; ci piaceva stare lì a farci le coccole e a giocare…in un certo qual modo assomigliava a un bel nascondino.

“Mi faresti provare il tuo cappello, Benji?” mi chiese all’improvviso guardandomi come un cuccioletto smarrito.

“Facciamo così, ti sfido! Se riesci a togliermelo te lo regalo…ovviamente ti ostacolerò a modo mio…”

Lei mi guardò tutta sorridente poi mi disse: “Accetto la sfida!”

Ovviamente non si aspettava il modo in cui l’avrei ostacolata. Appena lei allungò la mano cominciai a farle il solletico. Sapevo che era il suo punto debole. Iniziò una lotta indiavolata, fra le risate e i sussulti di Mie…poi, improvvisamente, mi sentii rapito dal suo sguardo e ci baciammo…questa volta fui io a non capire che era una trappola, mi rubò il cappello con un movimento rapidissimo.

“ Evviva! L’ho preso!” Gridò saltellando da una parte all’altra.

“Imbrogliona! Hai usato l’arma della seduzione, non vale! Ridammelo!” Facevo io cercando di prenderlo.

“Eh, no!” Disse mettendolo in testa. “ Ci tengo troppo”

“ Ah, si? E perché?” Chiesi io curioso cingendole la vita con le braccia.

“ Non lo immagini….?” Certo che lo immaginavo…quello era il cappello dietro il quale ci eravamo baciati la prima volta. Ricambiai il suo sorriso malizioso e la baciai.

“ Dobbiamo tornare…” Dissi un po’ contro voglia guardando l’orologio. “ Ormai tutti lo sanno, ma torna prima tu, ti raggiungo fra qualche minuto.”

Così la guardai allontanarsi da me; poi, passati i cinque minuti di routine, mi accinsi a rientrare, ma non so come, ne da dove spuntarono quattro tizi con il volto coperto che con bastoni, calci, pugni e tutto ciò che potevano mi ridussero proprio male…quando i miei amici accorsero, attirati dalle mie urla, erano già scappati. »

«Ci sono state delle conseguenze? » Chiese preoccupato Schneider.

« A causa di una contusione alla gamba il dottore mi proibì di giocare fino alla finale…capisci? Non poter giocare significava che non avrei potuto seguire la squadra in ritiro…e quindi non vedere lei. »

«Ma qual è il problema? Non erano che poche settimane, e il telefono esiste per questo. » Osservò il tedesco.

«Infatti ci sentivamo tutti i giorni, mi teneva aggiornato sui risultati e sugli allenamenti, anche quando sono partiti per raggiungere il campo del campionato nazionale non passava un giorno che non ci sentissimo….sembrava tutto perfetto, sembravamo fatti l’uno per l’altra… » Il ragazzo sembrò esitare.

«Benji, cosa successe? » Incitò Carl.

«Penso che tutto sia iniziato quando il mio allenatore, il signor Marshall, mi propose di seguirlo in Germania, se la mia squadra avesse vinto il campionato. Come potevo non accettare, era un’occasione grandiosa…il problema, pensavo, era dirlo a Mie…ma, almeno stando a ciò che diceva lei, non lo era. »

«Cioè non le dava alcun fastidio che di lì a un paio di mesi tu saresti partito per una nazione dall’altra parte del mondo rispetto a lei? » Disse Schneider un po’ incredulo.

«Si, anch’io all’inizio stentavo a credere che l’avesse presa così bene, così un giorno, in preda al dubbio gliel’ho chiesto, a telefono.

“Mie, non è che ti dispiacerà se me ne andrò in Germania?” Le chiesi.

“Ma cosa dici Benji! È normale che mi dispiaccia…mi mancheresti tantissimo!”

“Allora perché…”

“Ho reagito come se fosse la cosa più normale del mondo? Semplice, so che per te sarebbe un’occasione grandiosa e se te ne privassi…sarei veramente egoista…”»

«Bè, in effetti doveva essere molto comprensiva…» Osservò Schneider.

«No, Carl, io lo capìì subito che non era comprensione, era l’amore. Lei voleva che i miei sogni si realizzassero e se la realizzazione dei miei sogni poteva farmi felice, poco importava che fosse la sua di felicità a farne le spese…lei la pensava così, quindi prestai  fede alle sue parole. “Non preoccuparti per me, o mi arrabbierò seriamente” mi disse. Però…»

«Però? » Incoraggiò nuovamente il tedesco.

«Però quando alla fine la New team vinse il titolo nazionale, lei mi corse incontro in lacrime e mi abbracciò; lei sorrideva, ma c’era qualcosa che non quadrava, sentivo che in lei c’erano sentimenti contrastanti, io speravo che fosse per la felicità della vittoria, ma con la tristezza della mia ormai imminente partenza… »

«E invece non era così? » Domandò Schneider sempre più preso. Sapeva che la risposta al dolore e al risentimento di Benji sarebbe presto arrivata.

«…Quella sera andò tutto bene, festeggiammo, ci divertimmo, ridemmo…fino a quando Mie non mi chiese di seguirla fuori, nel giardino. Ti è mai capitato di avere dei presentimenti? Bè quella sera ne ebbi di orribili mentre camminavo dietro di lei. Sentivo che era nervosa, tesa.

Ad un tratto si voltò e mi guardò fisso negli occhi. Sapeva ciò che doveva dirmi, ne sono certo, come un discorso preparato in anticipo, infatti le parole che mi disse e la freddezza con cui le pronunciò davano subito l’impressione di qualcosa di studiato.

“Che c’è?” Le chiesi non nascondendo un tremito nella voce.

“Devo dirti una cosa molto importante, Benji…i-io devo…cioè…dobbiamo finirla qui, Benji!” Disse riacquistando tutta la fermezza che per un attimo era sembrata persa.

Il mio mondo crollò, Carl. Tutte le mie certezze scomparvero, tutto ciò che avevo creduto vero si era rivelato falso. “Ma perché? Che ho fatto?” Le chiesi.

“NO!” Si affrettò a chiarire lei. “Non c’entri…sono io che…”

“Non sopporti l’idea che parta, vero? Non pensi di riuscire a sopportare una storia a distanza, vero?” Ormai ero quasi all’esasperazione…io non volevo che lei se ne andasse, che mi lasciasse.

“Non è affatto vero, e tu lo sai!” Ribattè lei. Ma io ero duro e, probabilmente, anche insensibile poiché, anche sapendo che l’avrei ferita, le diedi ugualmente della bugiarda…se ne andò davvero. Si girò e, con la stessa compostezza con cui aveva parlato, se ne andò e mi lasciò solo con il mio dolore…in lacrime. Non guardarmi così, Carl, piansi davvero anche se allora pensavo solo di amarla... »

«Come pensavi solo?…allora? » Chiese il tedesco sempre più confuso.

«Si, allora. » Confermò Benji. «Perché durante il mio ultimo viaggio in Giappone ho incontrato tutti i miei amici e anche lei e quando l’ho guardata, quando i nostri sguardi si sono incrociati di nuovo allora ho capito che non la dimenticherò mai… »

«Ma come puoi dire questo, dopo che ti ha trattato in quel modo? » Benji sapeva che il suo amico avrebbe reagito così, anche lui all’inizio aveva stentato a crederci; per più di due anni non aveva provato che rancore verso Mie, rancore che, col passare del tempo, era diventato indifferenza. Ma rivederla gli aveva provocato le stesse sensazioni che provava tre anni prima.

Il rancore era l’espressione della rabbia di nn poterla avere per se, l’indifferenza la maschera e la protezione più efficace per non soffrire.

«Non lo so, Schneider, non lo so…» Rispose scuotendo la testa rassegnato.

Il tedesco scosse la testa poi si ricordò che la domanda da cui era partito tutto non aveva ancora trovato risposta. «Benji, ma se rivederla ti ha fatto ritrovare i sentimenti di una volta, allora perché il tuo viaggio è stato tanto brutto? »

«Hai ragione, scusa non ti ho detto la cosa più importante, forse perché ho visto e udito cose che mi hanno confuso ancora di più le idee e poi… “Oltre al danno la beffa”, direi…»

 

 

 

 

 

 

 …To be continued

 

 

 

 

 

Bene! Che dite, era all’altezza delle vostre aspettative? Spero di si ma ne dubito fortemente, perché è nato praticamente in una sera e penso che ci sia una certa confusione…cmq non fa niente, sarà quel che sarà! (Chi vi ricorda?)

 

Cosa sarà successo secondo voi in Giappone per rendere il viaggio di Benji così orribile? Seguite il prossimo chap e lo saprete! (Wow sembro Kagome quando fa le anticipazioni delle puntate di Inu!)

Un bacione e mi raccomando, COMMENTATE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

 

 

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Capitolo 4
*** Chapter four ***


I wouldn’t have imagined my life without you…

 

 

 

Ciao raga eccomi qui con una nuova fic! Questa volta è ispirata a Holly e Benji e vorrei precisare che è la prima che scrivo su questo anime quindi non so come sarà e il titolo non so precisamente cosa c’entri con tutto il resto ma a me sembrava così carino…

Cmq protagonista è Benji  e la storia è ambientata durante il primo campionato mondiale, quello in Francia. Volevo anche dirvi che, per motivi di copione, le età dei nostri beniamini varieranno lievemente da quelli nell’anime (Anche perché io non ho mai capito molto bene quanti anni hanno…) e che gli spoiler saranno veramente pochini perché io non ci so fare molto…^__^’’

Poi…ah, si. I personaggi di questa storia sono tutti del loro papi Yoichi Takahashi e solo Mie è inventata da me.

Penso che sia tutto, un bacione e buona lettura!

 

 

 

CHAPTER FOUR

 

 

 

 

 

 

Il racconto di Benji si faceva sempre più interessante, ormai si era giunti al clou della storia e i due ragazzi si spostarono nel salotto.

«Dunque, sono arrivato in Giappone proprio alla finale del campionato Nazionale, New team contro Toho. Dopo aver salutato i miei amici, l’allenatore mi ha dato un posto d’onore in panchina per guardare la partita. Mi era stato detto che Holly era piuttosto malandato a causa di una contusione alla spalla ma nonostante questo restò in campo per tutta la partita, quel ragazzo aveva una forza di volontà straordinaria, ma, all’inizio del primo tempo supplementare, è svenuto subito dopo aver segnato e l’hanno portato fuori campo in barella. I suoi compagni si sono rifiutati di farlo sostituire e continuarono in dieci. »

«Ma scusa, Benji, Mie non è venuta ad assistere ad una partita tanto importante? » Chiese Schneider.

«Adesso ci arrivo, Carl. Insieme a Patty, l’altra manager della squadra, ho seguito Holly che nel frattempo era stato portato negli spogliatoi per essere visitato dal dottore e ci è stato chiesto di attendere fuori.

“Allora, Benji, che mi dici? Tutto ok in Germania?” Mi ha chiesto Patty, sembrava piuttosto contenta di vedermi.

“Si…tutto bene.” Le ho risposto. Io invece ero un po’ imbarazzato, Patty è la migliore amica di Mie. 

“Non essere imbarazzato, Benji,” Mi ha detto quasi leggendomi nella mente. “ Io so tutto di quella storia.” Ma certo, come avevo fatto a non pensarci, mi sono detto. Forse lei poteva darmi una mano a capirci qualcosa.

“Patty, allora forse puoi aiutarmi…”

“No.” Mi ha interrotto. “ Non so il perché, mi dispiace.” Ha risposto un po’ dispiaciuta. “Ma so che ora come ora non conviene che vi rivediate all’improvviso…sarebbe un colpo duro per entrambi; vedi, lei ora sta frequentando un’altra persona.”

Ti lascio immaginare lo shock che ho provato, Carl. Solo ora capisco che ero stato davvero uno stupido, mi ero illuso. Credevo davvero che in tutto questo tempo una come lei non si fosse messa con qualcun altro? » Benji piegò le sue labbra in una smorfia di auto commiserazione.

«E chi è lui? Patty non te l’ha detto? »

«No » Rispose Benji scuotendo la testa. «Ma proprio per questo capito che deve trattarsi di qualcuno che conosco e, in effetti, la conferma è arrivata subito; Mie è spuntata da un angolo all’improvviso, tutta ansimante ed è corsa da Patty, non si è accorta nemmeno della mia presenza.

“Come sta Holly? Ed mi ha detto che è si è sentito male in campo…C-ciao Benji…” Ha detto poi vedendomi.

Mi sono accorto subito che era arrossita e che la voce le tremava. “Ciao…” Le ho risposto cercando di mantenere la calma. Patty aveva ragione, vederla così, all’improvviso fu come un pugno nello stomaco, se tre anni fa era bella, adesso è dieci volte meglio…(che stupido, è normale, è cresciuta!) È bellissima Carl…l’hai vista, no, sulla copertina di quel giornale. Non sapevo che fare le mie mani hanno cominciato a sudare, le gambe a tremare ed ho sentito la gola stringersi in un nodo. Saremmo stati a guardarci un paio di secondi, ma se non ci avesse distratti Patty saremmo rimasti così molto di più…vederla dopo tre anni, capisci che ho provato? Ma il pugno nello stomaco, il sudore e la tremarella non erano dovuti solo a questo…ha detto “Ed mi ha detto…” »

«E allora, chi è Ed? » Chiese il tedesco un po’ confuso.

«Il portiere titolare della Toho, oltre  che della nazionale juniores. » Rispose Benji accigliato.

«Il portiere titolare della squadra avversaria? E che c’entra con Mie?”

«È quello che risono chiesto io in un primo momento…ma non sono tanto scemo. Dopo un po’ ci sono arrivato, la conoscevo troppo bene. Capisci? Ha detto Ed, non l’allenatore o Bruce o Alan… Ed! »

«È lui che frequenta Mie? » Chiese Schneider semi sconvolto. Benji annuì. 

«Una rivalità sul campo da calcio con lui per me era assolutamente normale, ma ritrovarmelo rivale in amore…era tutta un'altra cosa… »

«Comunque mi stavi dicendo? Patty vi ha interrotti…» Schneider cercò di cambiare argomento, si era accorto che il suo amico stava sempre più male.

«Si, chiese a Mie il motivo di tanto ritardo.

“ Ah, si, tutta colpa di quel cretino del fotografo.” Disse con aria scocciata. “ Dico io, vai al lavoro senza la macchina fotografica!?  Così è dovuto tornare indietro…io non potevo andarmene…era un lavoro molto importante, scusa Patty!”

Si dimenticarono completamente di me, cominciarono a chiacchierare, così mi spostai di qualche metro da loro, anche se non persi d’occhio Mie nemmeno per un attimo. »

«Ci credo! » Commentò il tedesco ripensando alla foto che aveva visto quel pomeriggio a pranzo. Benji sorrise divertito.

«Quelle due hanno smesso  di parlare solo quando Holly è uscito dallo spogliatoio bello, pronto e pimpante per ritornare in campo. Da quando siamo usciti dallo spogliatoio fino alla fine della partita, che si è conclusa in parità, non ho più visto Mie…è spuntata fuori solo alla fine, appunto. È corsa ad abbracciare il fratello e poi, subito dopo, Ed Warner.

Patty mi si è avvicinata vedendo la mia delusione. “ Te l’avevo detto che non ti conveniva vedere…” Mi ha detto.

“ Si, avevi ragione…” Sono ammutolito, avevo percepito la mia voce incrinarsi, non dovevo piangere. Ho strizzato gli occhi e quando li ho riaperti ho letto in quelli di Patty tanta tristezza per me e sembrava volesse dirmi qualcosa, ma si tratteneva.

“Scusa.” Mi disse in un sospiro. “Vado da Holly” Io ho annuito. Eppure chi se non lei poteva sapere, chi se non lei poteva aiutarmi? Ma poi è successo un altro fatto strano, incongruente con tutto quello che era successo fino a quel punto. »

«Ancora altri punti interrogativi? » Chiese Schneider con la faccia di che stava esaminando un caso degno di Sherlock Holmes.

«Si. » Rispose Benji annuendo. « Il giorno dopo Holly mi ha invitato a casa sua, era tanto tempo che non ci vedevamo e avevamo tante cose da dirci.

“Non preoccuparti, mia sorella non c’è…” Mi ha detto. »

«Anche Holly lo sapeva?! »

«Carl, ti ho detto che quando ci mettemmo insieme lo seppe tutta la squadra nel giro di mezza serata! E poi Holly e sua sorella avevano un rapporto bellissimo, si confidavano tutto…ma purtroppo nemmeno lui ha saputo darmi una risposta degna di tale nome.

Fatto sta che, arrivati a casa sua, c’era sua madre con una sua amica, quindi Holly ha suggerito di trasferirci in camera sua. “Precedimi,” ha detto “ Prendo qualcosina da mettere sotto i denti e ti raggiungo.”

Io ho annuito e ho salito le scale pur non ricordando quale fosse esattamente la sua stanza. In effetti quella che ho scelto a caso non era proprio la sua. Sono entrato in un mondo rosa e bianco, pupazzi sul letto e fotografie alle pareti e, sulla scrivania, ho visto quello che veramente mi ha lasciato senza fiato. Il cappello che le ho regalato tre anni fa  faceva bella mostra di se insieme a libri e quaderni vari. Mi sono avvicinato e lo preso fra le mani…»

«Cosa ci faceva il tuo cappello ancora in camera sua? » Lo interruppe Schneider.

«È  quello che mi sono chiesto io. Come minimo avrebbe dovuto conservarlo, se proprio non voleva buttarlo…ma ti immaginerai come sono rimasto quando su un quaderno ho visto una foto, io e Mie insieme. »

«Cosa?! Ma, Benji è assurdo! » Esclamò Schneider. « Trema quando ti vede, conserva il tuo berretto e la tua foto…non ha senso che ti abbia lasciato se poi prova tanta malinconia! »

«Lo so, lo so…» Rispose Benji strofinandosi il viso con le mani. La sua confusione era del tutto concepibile. «Quello che non so è perché ha deciso di mettere fine alla nostra storia, ma stai sicuro che lo scoprirò. Non manca molto al campionato mondiale e la squadra Giapponese deve disputare una serie di partite amichevoli prima, guardacaso una è proprio contro di noi. »

«E poi se non sbaglio, ti hanno proposto di far parte della nazionale Nipponica…» Aggiunse il tedesco.

«Si, ed è proprio durante il ritiro che ho intenzione di indagare il più possibile…dato che ancora una volta Mie seguirà suo fratello. » Disse Benji stringendo i pugni e alzandosi. « Facciamo due passi? » Propose al suo amico. L’altro annuì e lo seguì.

«Scusa, può farlo? »

«Si, dato che è stata scelta fra più di duecento fotomodelle come ragazza-immagine per la pubblicizzazione dell’Adidas (Wow, che fantasia che ho! Ma esisterà davvero una cosa simile?), che è lo sponsor della nazionale giapponese. Quindi, oltre a una vacanza in Francia completamente gratis e all’onore di posare con i giocatori più affascinanti dei mondiali, dovrà lavorare parecchio. »

Schneider sorrise. Il suo amico aveva ritrovato la voglia di scherzare. «Non guardarmi così Schneider, non ho le spie, l’ho letto su una rivista specializzata…» Aggiunse il Giapponese interpretando male lo sguardo del suo interlocutore.

«Credi che questa volta ce la farai?  » Fece Schneider un po’ perplesso. «Restare delusi una volta è doloroso, ma due…non penso che sia consigliabile. »

«Devo almeno provare, Carl, o rimarrò con questo dubbio per sempre…non mi illudo che possa tornare con me, ma sapere perché una cosa che sembrava tanto perfetta è finita forse mi darà un po’ di pace…»

 

 

 

 

 

 

 

…To be continued

 

 

Uff! Anche questo chap è finito. Che dite, ho fatto lei troppo stronzetta e lui troppo innamorato? Come sempre spero che commentiate anche se devo dire che a me questo capitolo non piace affatto, lo vedo un po’ troppo incasinato e non mi sembra di aver espresso i sentimenti di Benji come volevo…cmq fatemi sapere, please!

 

Ce la farà il nostro(MIO! ) amato portiere a scoprire la verità? E Mie ha detto davvero una bugia? Qualcuno saprà la verità? Questo e molto altro nei prossimi chap di questa ficcina!

COMMENTATEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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Capitolo 5
*** Chapter five ***


I wouldn’t have imagined my life without you…

 

 

 

Ciao raga eccomi qui con una nuova fic! Questa volta è ispirata a Holly e Benji e vorrei precisare che è la prima che scrivo su questo anime quindi non so come sarà e il titolo non so precisamente cosa c’entri con tutto il resto ma a me sembrava così carino…

Cmq protagonista è Benji  e la storia è ambientata durante il primo campionato mondiale, quello in Francia. Volevo anche dirvi che, per motivi di copione, le età dei nostri beniamini varieranno lievemente da quelli nell’anime (Anche perché io non ho mai capito molto bene quanti anni hanno…) e che gli spoiler saranno veramente pochini perché io non ci so fare molto…^__^’’

Poi…ah, si. I personaggi di questa storia sono tutti del loro papi Yoichi Takahashi e solo Mie è inventata da me.

Penso che sia tutto, un bacione e buona lettura!

 

 

 

CHAPTER FIVE

 

 

 

 

 

La luce del sole penetrò nella stanza  N° 57 tramite una fenditura nella tenda e, ferendo gli occhi di Benji, lo svegliò. Il ragazzo aprì gli occhi malvolentieri e guardò la sveglia. Le sei e mezzo; era presto, ma sapeva che non sarebbe riuscito a dormire un attimo di più. sul piccolo calendario che aveva sul comodino, quel giorno era cerchiato di rosso, era il giorno in cui sarebbe arrivata la squadra giapponese. E il giorno dopo si sarebbe disputata un’amichevole tra i giapponesi e i giocatori della Grunvald.

Il ragazzo sollevò le coperte e, sedendosi in mezzo al letto, si stiracchiò, liberando un sonoro sbadiglio. Si appoggiò con i gomiti sulle ginocchia e nascose il volto fra le mani. Mancavano poche ore e poi avrebbe dovuto assistere di nuovo allo spettacolo di Mie e Ed insieme…per una settimana, durante la quale la nazionale giapponese e la Grunvald sarebbero state ospitate dallo stesso albergo; eppure quella settimana gli sarebbe servita per capire la verità…poco tempo ma a lui sarebbe bastato, doveva bastare.

«Fra tre quarti d’ora servono la colazione, »  Si disse Benji guardando la sveglia. «non fa differenza se scendo un po’ prima. » E sbuffando si alzò, per poi recarsi in bagno. Compiere le azioni quotidiane sembrò ancora più monotono e il tempo sembrò non passare mai.

Quando scese in sala da pranzo per la colazione erano appena le sette e c’era solo qualcuno fra le scale e nel salotto. Allora decise di fare una passeggiata sulla grande terrazza, per respirare un po’ d’aria fresca, ma sentì qualcuno toccargli la spalla.

«Ehi, Benji, mattiniero anche tu? » Disse Schneider

«Capirai, un quarto d’ora d’anticipo!  » Rispose il giapponese ironico invitando il biondino ad uscire sulla terrazza. «Non riuscivo a stare chiuso nella mia stanza. »

«Oggi è il gran giorno… Il giorno in cui avrò finalmente l’onore di conoscere la dolce Mie! Chissà che non rimanga affascinata da me? » Disse il tedesco passandosi una mano fra i capelli.

«Ne dubito. »  Rispose Benji ridendo. « Non penso che tu sia il suo tipo, e ricordati che ora esce con Warner. »

«Già…che effetto ti farà vederli insieme tutto il giorno? »

«Non lo so, Carl, certo non mi farà alcun piacere, io penso che cercherò di evitarli quando sono insieme. » Disse Benji assumendo un’espressione preoccupata.

«Sei ancora deciso a scoprire la verità sulla ragione che ha spinto  Mie a lasciarti? »

«Si, non so ancora come ma ci devo riuscire.

«Scusa se mi permetto, Benji, » Azzardò Schneider un po’ imbarazzato «ma non credi che sarebbe ora di dimenticarla? Insomma, ti ha trattato come un fazzolettino, ti ha usato e ti ha buttato via, sapeva quanto tu ci tenessi a lei e pure si è comportata in questo modo…ora vieni a sapere che sta con un altro e ancora le vuoi bene e speri che torni da te nel caso scoprissi la verità?...se c’è un’altra verità… »

Benji guardò il suo amico con un sorriso amaro. «Non hai capito niente di noi, vero? » Disse

«Cosa c’è da capire? » Chiese il tedesco semi esasperato.

«Mie non è come l’hai descritta tu, non è affatto così. E io non vivo affatto nella speranza che lei torni da me…almeno da quando ho saputo che lei esce con Ed…voglio solo sapere cosa c’è sotto tutto questo, perché c’è qualcosa…lo sento, Mie non mi avrebbe mai lasciato per la lontananza. Lei era forte e altruista…so che può sembrare una specie di ossessione per me, ma…da quando lei mi ha lasciato non mi sono più innamorato, Carl… »

Detto questo il giapponese si voltò e rientrò in albergo.

 

La giornata passò con una lentezza esasperante, ogni minuto sembrava un eternità, tanto più che gli allenamenti del pomeriggio erano stati sospesi per dare il benvenuto alla squadra nipponica. Benji guardava l’orologio ogni due minuti e sembrava che questo non avesse alcuna intenzione di far camminare le sue lancette. Così cercò di ingannare il tempo partecipando a un mini torneo di carte organizzato sul momento dai suoi compagni e ad un certo punto sembrava che cominciasse a divertirsi quando, all’improvviso, arrivò il mister  ad annunciare che il pullman con la squadra giapponese aveva appena parcheggiato davanti all’hotel e tutti i componenti della Grunvald dovevano andare a ricevere i giocatori nipponici. Benji sentiva il cuore saltargli in gola mentre, insieme ai suoi compagni si dirigeva nel cortile dell’albergo e Schneider, che gli stava di fianco se n’era sicuramente accorto.

Giunti al pullman i ragazzi della Grunvald si ordinarono in due righe e quando i giocatori dell’altra squadra cominciarono a scendere dal bus li salutarono con calore. Benji fu molto felice di rivedere Holly, Bruce, Mark e tutti gli altri suoi vecchi compagni di squadra, molti giocatori della New team erano stati scelti per far parte della rosa della nazionale.

«Ehi, Benji chi delle due è Mie? » Chiese Schneder vedendo scendere dal pullman due ragazze.

«Quella a destra, con i capelli lunghi; l’altra è Patty la sua migliore amica (Si, nella mia ficcina lei è insieme alla squadra.). Non ti ricordi la foto? » Il ragazzo non nascose un lieve tremito nella voce; non è vero che il tempo cura tutte le ferite, pensò.

«Ammazza quant’è bella! » Esclamò il kaiser senza badare alle parole del suo amico. La ragazza, abbastanza alta e dalla figura slanciata per essere asiatica, scendeva dal pullman con grazia. I lunghi capelli neri erano legati in una coda liscia con dei boccoli all’estremità. Il pantajazz che indossava metteva in risalto le sue forme rotonde e armoniose, così come la maglietta. «E quello deve essere Ed Warner. » Aggiunse vedendo che un ragazzo toglieva dalle mani di Mie una borsa che sembrava piuttosto pesante e che lei lo ricambiava con un dolcissimo sorriso.

Benji annuì e aprì la bocca per parlare ma fu interrotto dal mister della Grunvald che spaccò i timpani a tutti urlando con il megafono a tutto volume.

«I giocatori Giapponesi hanno mezz’ora per portare le valigie nelle rispettive stanze, dopo di che, ci vediamo tutti in sala conferenza per vedere insieme come si svolgerà questa settimana. Avete capito? E ora forza! »

Tutti i ragazzi giapponesi ignorarono completamente quanto aveva detto l’allenatore e si strinsero attorno a Benji il quale salutò tutti con grande gioia. Poi presentò Schneider a Holly e Mark.

«Ehi, Benji! » Esclamò Ed battendogli la spalla.

Benji si voltò per salutare anche il portiere della nazionale nipponica ma nello stesso momento si trovò davanti anche Mie e si specchiò nei meravigliosi occhi scuri della ragazza. «Ciao Ed…salve, Mie…»

«C-ciao, Benji…» Balbettò di rimando la ragazzina stringendo la mano che questo gli porgeva. Le sue guance arrossirono e abbassò lo sguardo.

«Ahm…volevo presentarvi Carl Hainz Schneider, detto il Kaiser, è uno dei giocatori più in gamba della nazionale tedesca. »Disse Benji.

«Piacere!  » Fece il biondino stringendo la mano a entrambi i ragazzi giapponesi.

«Allora, va tutto bene…. » Iniziò Ed, ma si interrupe sentendo che una mano gli si posava sulla spalla. «Oh, salve signor Marshall! » Esclamò.

«Il nuovo portiere fenomeno del giappone! » Fece quello. «Ovviamente Benji rimane il migliore…Mie! Quanto tempo! Va tutto bene? Ho visto che sei anche sulle nostre riviste quin… »

«Si, certo signor Marshall, come vuole lei. » Lo interruppe Mie. «Ed andiamo, si è fatto tardi.»

«Scusaci, Benji, ci vediamo dopo. Dobbiamo sistemare ancora le nostre valigie. » Disse Ed e seguì a ruota la ragazzina.

«Che caratterino! » Commentò l’uomo andandosene anche lui.

«Accipicchia, Benji! » Esclamò Schneider. «Da vicino è ancora più bella che in foto! …Però hai visto che sorriso tirato a fatto quello là? »

Benji annuì, in effetti la tensione si sarebbe potuta tagliare con il coltello. Sicuramente Ed non era affatto felice di vederlo, anche se ora lui usciva con Mie sapeva  benissimo che Benji ne era innamorato cotto. Toccò la mano che Mie gli aveva stretto; in quel momento aveva sentito come una scarica elettrica attraversargli il corpo.

Era sempre stato sicuro di non rivolerla indietro, ma era davvero così? Forse, ora, iniziava a rendersi conto che non voleva altro che riaverla per se, forse ora capiva che non gli bastava più sapere solo la verità, voleva che quei sentimenti non restassero confinati in un cantuccio del suo cuore.

Un nuovo grido del suo allenatore lo riportò alla realtà; allora il ragazzo, notando un fiume di ragazzi che andavano tutti nella stessa direzione, si ricordò che era ora di recarsi in sala conferenza; si incamminò, seguito da Schneider, augurandosi che il programma per quella settimana non fosse stato troppo duro.

«Benji, » disse Shneider « In effetti il tuo ex allenatore, il signor Marshall, ha ragione, è un po’ nervosetta la ragazzina? »

«Ti giuro che non so perché ha fatto così. Di solito è gentile con tutti….anche se, ora che ni ci fai pensare, non è la prima volta che ignora il signor Marshall. » Constatò Benji. «Deve stargli proprio sulle pa…ehm volevo dire, antipatico. »

 

 

 

 

 

 

 

…To be continued

 

 

 

 

Allora? Lo so, fa schifo. Però commentate lo stesso? ^__________^ alla prossima!

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Capitolo 6
*** Chapter six ***


I wouldn’t have imagined my life without you…

 

 

 

Ciao raga eccomi qui con una nuova fic! Questa volta è ispirata a Holly e Benji e vorrei precisare che è la prima che scrivo su questo anime quindi non so come sarà e il titolo non so precisamente cosa c’entri con tutto il resto ma a me sembrava così carino…

Cmq protagonista è Benji  e la storia è ambientata durante il primo campionato mondiale, quello in Francia. Volevo anche dirvi che, per motivi di copione, le età dei nostri beniamini varieranno lievemente da quelli nell’anime (Anche perché io non ho mai capito molto bene quanti anni hanno…) e che gli spoiler saranno veramente pochini perché io non ci so fare molto…^__^’’

Poi…ah, si. I personaggi di questa storia sono tutti del loro papi Yoichi Takahashi e solo Mie è inventata da me.

NOTA: Da questo capitolo in poi si svolgono partite e allenamenti vari, per favore non mi picchiate se troverete (accadrà sicuramente) risultati di partite o avvenimenti vari che non coincidono con quelli della serie. Non mi ricordo niente! Perdonooooooooooooo!!!!!!!!!!  ç___ç

Penso che sia tutto, un bacione e buona lettura!

 

 

 

CHAPTER SIX

 

 

 

 

 

Benji entrò nella grande sala conferenze dell’albergo, rumorosa come non mai, occupata in quasi tutta la sua grandezza dagli eccitati giocatori della Grunvald e della nazionale giapponese. Automaticamente, quasi senza rendersene conto, Benji cercò Mie tra la folla guardandosi intorno con occhi scrutatori; Carl, al suo fianco se ne accorse e gliela indicò. Con gran sollievo Benji vide che era seduta vicino a Patty, con la quale parlava animatamente.

Dopo pochi minuti l’allenatore della Grunvald, che era seduto dietro una grande scrivania infondo alla stanza insieme all’allenatore della nazionale giapponese e al signor Marshall, si alzò in piedi; immediatamente tutti i ragazzi nella stanza zittirono, voltando lo sguardo attento verso di loro.

«Bene ragazzi, » Esordì l’allenatore tedesco rivolgendosi ai suoi giocatori. « Come sapete questa settimana ospiteremo i giocatori della nazionale giapponese per il ritiro; mi raccomando dunque un comportamento amichevole nei loro confronti….e ora diamo loro un caloroso benvenuto con un applauso. » La parte sinistra dell’assemblea obbedì. «A lei la parola. » Aggiunse poi con un cenno all’allenatore giapponese.

«La ringrazio. » Fece quello con un inchino. «E grazie per il caloroso benvenuto. Ovviamente anch’io raccomando un comportamento amichevole e sportivo nei confronti dei ragazzi tedeschi. E ora daremo un’ occhiata al programma di questa settimana, che sarà particolarmente impegnativa. »

Ad un cenno del coach, il signor Marshall si alzò e mostrò ai ragazzi una tabella con il programma della settimana. In effetti non era per niente rilassante.

 

MARTEDì:

 

Mattino:

 Allenamenti autonomi per entrambe le squadre.

Pomeriggio:

Partita amichevole fra la Grunvald e la nazionale giapponese.

 

 

MERCOLEDì:

 

Mattino:

Allenamenti autonomi per entrambe le squadre.

 

Pomeriggio:

Allenamenti per la Grunvald;

la nazionale giapponese si recherà presso lo stadio centrale per disputare una partita                      amichevole contro la nazionale italiana.

 

 

GIOVEDì:

 

Mattino:

Allenamento in collaborazione fra la Grunvald e la nazionale giapponese.

 

Pomeriggio*:

Riposo.

 

VENERDì:

 

Mattino:

Allenamenti autonomi per entrambe le squadre.

 

Pomeriggio*:

Allenamenti intensivi per la Grunvald;

i ragazzi giapponesi posano presso lo studio fotografico per le foto pubblicitarie dell’ Adidas.

 

 

SABATO:

 

Mattino *:

I ragazzi giapponesi posano per le foto esterne; allenamenti autonomi;

allenamenti autonomi per i ragazzi della Grunvald.

 

Pomeriggio:

Partita di allenamento fra la nazionale giapponese e la Grunvald.

 

 

« Domenica ovviamente, sarà di riposo per tutti. » Commentò il signor Marshall con un largo sorriso. Un lieto chiacchiericcio si sollevò nell’assemblea.

«Come vedete, » Continuò l’allenatore tedesco « giovedì e venerdi pomeriggio e sabato mattina, sono contrassegnati con un asterisco poiché sono giorni un po’ speciali. Giovedì pomeriggio è riposo generale, mentre venerdi pomeriggio e sabato mattina i nostri ospiti dovranno posare per delle foto pubblicitarie, a tale proposito vorrei presentarvi un ospite speciale. » Disse indicando qualcuno alla sua destra. Tutti si voltarono in quella direzione. «Alzati pure…ragazzi, vi presento Mie Atton, ragazza immagine per l’Adidas, sponsor della nazionale giapponese, non che sorella minore di Oliver Atton, il numero dieci della nazionale nipponica; credo la conosciat…»

Le parole seguenti furono coperte da applausi e mormorii d’assenso e ammirazione nei confronti della ragazza; Benji identificò il morso che avvertì allo stomaco come gelosia.

Mie tornò a sedersi al suo posto dopo aver rivolto un dolce sorriso ai giocatori della Grunvald.

«Bene. » Concluse il coach della Grunvald. «Credo che sia davvero tutto, ragazzi. Ora, se volete accomodarvi in sala da pranzo, fra qualche minuto vi serviranno la cena. Dopodichè potrete trattenervi nel salotto fino alle 11. Buona serata. »

Dall’assemblea si levò un concitato applauso e in men che non si dica, la sala conferenze fu sgomberata.

«Era necessario che Mie Atton seguisse la squadra in ritiro? » Commentò il signor Marshall avvicinandosi agli altri due allenatori.

«Oliver ha insistito tanto perché sua sorella non viaggiasse sola in aereo…e poi a noi non costa nulla…» Rispose il coach giapponese.

Il signor Marshall si voltò contrariato e uscì dalla stanza.

 

 

Dopo cena il salotto si riempì di gente in brevissimo tempo; Benji si appartò in quello che era il suo angolo preferito, in fondo alla stanza. Ogni volta che stava solo gli veniva in mente Mie, ora che era così vicina più che mai; eppure non riusciva a evitare quei pensieri, anche se avrebbe potuto aggirarli semplicemente, ma per farlo avrebbe dovuto dimenticare Mie, allontanarla per sempre dal suo cuore, questo non poteva farlo.

«Ehi, Benji! » La voce di Olly lo distrasse dai suoi pensieri. «Non abbiamo ancora avuto l’occasione di parlare un po’. »

«È vero. » Rispose Benji.

«Allora, che mi dici? Com’è la vita qui? »

«Te ne accorgerai presto. » Rispose Benji con fare misterioso. «Tu, invece? Voci di corridoio dicono che se va tutto bene alla fine di questo torneo mondiale ti trasferirai in Brasile con Roberto, è vero? »

«Bè lo spero…però, in effetti, si. È molto probabile…però io…io volevo chiederti…» Esitò il ragazzo, Benji lo incoraggiò con un cenno del capo. «Non hai notato niente di strano in mia sorella?…»

«Eh? » Il ragazzo sembrò sorpreso da quella domanda e arrossì. «Non saprei…purtroppo ci ho parlato solo per pochi minuti e oltre al fatto che è molto dimagrita non ho avuto la possibilità di notare nient’altro. » Rispose dispiaciuto. «Perché mi fai una domanda simile? è forse successo qualcosa? »

«No, niente, figurati. » Mormorò Olly.

Dopo qualche silenzioso minuto, Benji venne chiamato in disparte da un suo compagno di squadra; Patty, allora si avvicinò ad Olly rapidamente. «Allora? » Chiese sottovoce.

«Oltre al fatto che è dimagrita, il che sarebbe anche connesso con la questione…Sembra che non si sia accorto di niente… » Sospirò il ragazzo. «Purtroppo…»

«Già. » Aggiunse Patty con lo stesso tono sconfortato. «Noi non possiamo fare altro che indirizzarlo sulla buona strada, poi il resto deve capirlo lui. »

«Infatti…mia sorella è troppo testarda per capire che è inutile continuare a farsi del male…si è messa in testa di dimenticarlo, ormai…»

«Quindi tu pensi che non cambierà idea. » Fece Patty guardando Olly accigliata.

« Non ho detto questo…» Ribatté Olly con un sorrisino furbo sulle labbra. « Ma finchè continuerà a pensare, a torto, che quello che ha fatto era per il bene di Benji e non capirà che invece ha solo soddisfatto lo stupido egoismo di qualcun altro…bè, sarà così. »

 

 

 

 

…To be continued

 

 

 

 

 VIPREGOVIPREGOVIPREGOVIPREGOVIPREGOVIPREGO non mi colpite con quei pomodori che avete in mano, lo so che questo chap è un po’ noioso ma m’è venuta una specie di blocco dello scrittore, non sapevo che scrivere (Questo vale anche per il ritardo con cui ho postato il chap) !!!!!!! Cmq dal prossimo chap forse le cose si faranno più interessanti, dunque commentate numerosi e arrivederci al prossimo chap!!!!!!!!!!!!! ^______________<

 

 

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Capitolo 7
*** Chapter 7 ***


  I wouldn’t have imagined my life without you…

 

 

 

Ciao raga eccomi qui con una nuova fic! Questa volta è ispirata a Holly e Benji e vorrei precisare che è la prima che scrivo su questo anime quindi non so come sarà e il titolo non so precisamente cosa c’entri con tutto il resto ma a me sembrava così carino…

Cmq protagonista è Benji  e la storia è ambientata durante il primo campionato mondiale, quello in Francia. Volevo anche dirvi che, per motivi di copione, le età dei nostri beniamini varieranno lievemente da quelli nell’anime (Anche perché io non ho mai capito molto bene quanti anni hanno…) e che gli spoiler saranno veramente pochini perché io non ci so fare molto…^__^’’

Poi…ah, si. I personaggi di questa storia sono tutti del loro papi Yoichi Takahashi e solo Mie è inventata da me.

Penso che sia tutto, un bacione e buona lettura!

 

 

 

CHAPTER SEVEN

 

 

 

 

 

MARTEDI POMERIGGIO

 

«Ehi, Mie! » Patty rincorse l’amica lungo il corridoio degli spogliatoi portando delle bottigliette d’acqua.

«Patty, non correre così…» Fece l’altra tranquilla quando Patty le fu vicina, ansimante.

«Si può sapere come fai ad essere così calma e a mantenere il sangue freddo quando abbiamo appena perso una partita e Lenders si è infortunato? » Ribattè esasperato l’altra.

«Primo, era solo un’amichevole e non è poi la fine del mondo; secondo, Mark non  si è infortunato, ma ha solo avuto un contrasto troppo duro in campo dal quale è derivata una lieve  contusione….non farti venire una crisi di nervi solo per questo! » Rispose Mie con la stessa calma.

Patty notò che la sua amica era distratta, come preoccupata da tutt’altro.

«Anch’io sono rimasta sorpresa dal comportamento di Benji, sai? » Disse pensando di aver indovinato di cosa si trattasse.

«Come?» Fece Mie come appena tornata da un viaggio sulle nuvole. «Ah, si! Bè…che vuoi che sia se all’improvviso fa l’antipatico e sembra disprezzare i suoi stessi connazionali…» Disse con tono misto fra lo sprezzante e il sarcastico.

«Come è possibile secondo te? Tre anni bastano per cambiare tanto una persona? » Chiese Patty.

«Non lo so Patty. » Rispose l’altra. «Mi sarei aspettata tutto da lui, meno che questo…il “mio” Benji non lo avrebbe mai fatto…» Aggiunse in un soffio.

«Ti manca? » Chiese ancora Patty.

«Quasi sempre…» Rispose l’altra con un sorriso malinconico «Ma dato che so che è sbagliato, ogni volta che succede cerco di pensare ad altro…»

«Perché…perché ti ostini a pensare che amare qualcuno sia sbagliato? » Anche se aveva gridato il tono di Patty era compassionevole.

«Perché così, quando penso che l’ho lasciato, sento meno dolore al cuore… » Rispose Mie scoppiando in lacrime e appoggiando il viso sulla spalla della sua migliore amica che la strinse forte a se per cercare in quel modo di dimostrarle il suo sostegno.

 

Intanto Mark era seduto sul lettino dell’infermeria e stava prendendo l’antidolrifico che gli aveva dato il medico.

«Mark, mi raccomando, niente sforzi almeno fino a domani sera, ok? » Il giocatore annuì. «Ci vediamo. »

Il dottore era uscito da un paio di minuti quando la porta si aprì ed entrò Ed Warner.

«Ehilà! » Salutò il malato. «Complimenti, lei è il primo che mi fa visita, ed ha vinto…un bel niente. »

«Allegro, eh? » Disse Ed sarcastico stringendogli la mano. «Come stai? »

«Il dottore dice che non morirò…» Sospirò. Seguì una evidente smorfia di disgusto per la medicina che aveva appena ingerito; essendosi depositata in parte sul fondo, l’ultimo sorso fu particolarmente sgradevole.

«Lo spero…comunque sai che non mi riferivo a quello, Mark…»  Ribattè Ed assumendo un’aria alquanto seria. «Ci siamo rimasti male tutti …»

«Già…ma d’altronde, che ti aspettavi da uno così…e dire che io mi sono sempre fidato di    lui » Disse sprezzante. «Purtroppo so di non essere quello che ci è rimasto peggio di tutti… » si fermò, sapendo di aver toccato un tasto dolente. «Scusa…»

«Non preoccuparti, io so che Mie in questo momento sarà in lacrime tra le braccia di Patty.  »

«Cavolo, Ed mi dispiace, non avrei dovuto mettere in mezzo questa storia… » Disse Mark vedendo il volto del suo migliore amico sempre più triste. Quest’ultimo scosse la testa, fecendogli segno di non preoccuparsi. «È assurda tutta questa storia, secondo me…sai ti ammiro per la tua forza d’animo. »

«E invece non dovresti…ma hai visto come mi sono ridotto? » Si accigliò il portiere della nazionale nipponica. «Sono solo uno scacciachiodo, un modo per dimenticare più facilmente Benji, per dirla semplice, io riesco a far si che il suo dolore svanisca, distraendola dal pensiero di lui…e nonostante lei non voglia ferire nessuno con il suo comportamento, lo fa continuamente; la cosa peggiore è che non si accorge che quella a cui fa più male è proprio se stessa. »

«Ma tu non te la senti di fare qualcosa per rimediare. » Concluse Mark.

Ed annuì. «Come potrei allontanare da me colei che amo? »

«Solo mi chiedo come mai, se davvero sta cercando di dimenticare Benji diciamo…in modo forzato, allora perché non cerca di tornare con lui, invece di continuare a tormentarsi? » Chiese Mark quasi a se stesso. Era stato trascinato di peso in quella storia, essendo il migliore amico di Ed era inevitabile, ma non ci aveva capito molto.

«In effetti non so…è come se tutto fosse avvenuto contro la loro volontà; quando fra loro due è finita, mi sono avvicinato un po’ alla volta a Mie, sapevo che stava soffrendo e, forse approfittai del fatto che in quel momento fosse debole, ma giuro che fu senza alcun doppio scopo…lei ha accettato di essere mia amica e di uscire con me, ma è molto tempo che cerco, invano, di trasformare quest’amicizia in qualcosa di più… » Ammise Ed sconfortato.

«Sai, io non penso che lei ti consideri esattamente come uno scacciachiodo…probabilmente, ora come ora, non si metterebbe proprio con nessuno; quello di cui ha bisogno è solo un amico e, anche se forse per te sarà una magra consolazione, credimi, quello sai farlo benissimo…»

«Grazie…»

 

Carl entrò di corsa nella stanza N° 57 , quella di Benji, inseguendo il suo amico che, dalla fine della partita non aveva smesso un attimo di correre, nervoso e arrabbiato.

«Cerca di calmarti, Benji!  » Consigliò Schneider al ragazzo che aveva dato appena un pugno al muro.

«Calmarmi? » Ripetè Benji agitato e rosso in volto. «Ma tu le hai viste le facce dei miei amici? Non erano arrabbiati, non erano furiosi, erano letteralmente delusi! Capisci? Ho dato loro delle pappemolli, schiappe…cose che non ho mai pensato! Mi domando perché il signor Marshall ha…»

«Perché te lo ha chiesto? » Concluse Carl. «Vuole mostrare alla nazionale giapponese quanto sia duro il calcio internazionale, no? »

«Si, questo l’ho capito » Ribadì Benji «…ma forse si poteva trovare un altro modo…io…mi sento una carogna; hai visto la faccia di Mie? Sembrava sull’orlo delle lacrime…non mi perdoneranno mai…»

«Ah…» Fece Schneider «Allora è per Mie che ti senti così male…comunque vedrai che quando capiranno tutto non avranno più niente da ridire…»

Benji rimase pensieroso; nella sua testa il caos più totale. Ancora non era riuscito a parlare con Mie, né l’aveva incontrata, da quando era arrivata; l’aveva vista solo un paio di volte di sfuggita. Ormai erano due adulti, dovevano parlare e affrontare il problema direttamente, faccia a faccia, senza nascondersi dietro mezze frasi…si…però, intanto, il problema era suo, non di Mie, lei non aveva alcun problema; probabilmente lei l’aveva dimenticato da un pezzo e non avrebbe voluto nemmeno ascoltarlo.

«A proposito di Mie…» La voce di Schneider distrasse Benji dai suoi pensieri. « Non so se può importartene qualcosa, ma oggi, durante la partita, ho visto che Mie si allontanava con il tuo ex allenatore, il…signor Marshall…»

«Cosa!? » Esclamò di rimando Benji  «Ma…no…non è possibile…quella manco lo può vedere! »

«In effetti mi è sembrato un po’ strano…e lei tutt’altro che ben disposta nei suoi confronti…Benji, ho uno strano presentimento… » Disse Carl preoccupato.

«Il signor Marshall? » Fece il portiere alzando un sopracciglio. «Naaaa! »

«Se lo dici tu…» Rispose il biondino facendo spallucce. «Piuttosto…non hai fame? (Della serie camaleontino verde dei sofficini…)  Dovrebbe essere ora di cena; scendiamo? »

Benji annuì e insieme i due ragazzi si incamminarono verso la sala da pranzo.

 

«Signorina Atton? » Gridò l’allenatore della Grunvald entrando nel salotto e cercando, con la sua voce, di sovrastare il chiacchiericcio dei ragazzi che, dopo cena, vi si erano riuniti. Ottenuta l’attenzione della ragazzina le si avvicinò.

«Mi dica…» disse gentilmente Mie alzandosi in piedi e seguendo l’uomo fuori dalla stanza.

«È appena arrivata la signorina Bochèr, la sta aspettando nell’ufficio del direttore. »  Annunciò quello con solennità.

«Ehm…scusi la mia ignoranza, ma chi sarebbe? » Chiese Mie vergognandosi un po’; dal tono con cui le era stata data la notizia doveva essere una persona importante.

«Bè…presumo che sia normale che non la conosca…lei non è di queste parti…» Mie tirò un sospiro di sollievo, almeno la sua figuraccia aveva un attenuante…. «Vede, la signorina Bochèr è una delle modelle tedesche più famose e per di più è dipendente di una agenzia rinomatissima nel nostro paese. »

«Oh…» Fece Mie mostrando di aver capito. «E cosa potrebbe volere da me? »

«Non saprei….ma deve essere sicuramente qualcosa di importante. »

Intanto erano arrivati davanti all’ufficio e l’allenatore tedesco picchiò col pugno sulla porta. In risposta si sentì, proveniente dall’altra parte della porta, un allegro avanti.

«Buona sera…» disse timidamente Mie entrando nella stanza e guardandosi intorno; la ragazza di cui l’allenatore le aveva parlato era seduta davanti alla scrivania del direttore, accanto ad un omone grande e grosso, sicuramente il suo manager, e la guardava con uno sguardo curioso.

«Ciao! Tu devi essere Mie Atton, io sono Dyana Bocher, ma puoi chiamarmi Dyana, piacere! » Disse la ragazza scattando in piedi e tendendo la mano. Mie si limitò ad annuire, mentre ricambiava la stretta, quanta energia!

Era davvero bella, aveva grandi occhi azzurro chiaro e lunghi capelli biondi e ondulati, la superava di parecchio in altezza, osservò Mie, e il bello era che non portava tacchi molto alti!

«Ti starai sicuramente chiedendo il motivo che mi ha spinta a venire qui…»

«Già …» Rispose Mie.

«Vedi, un importante periodico indirizzato alla moda necessita di cinque modelle per un servizio fotografico da dedicare ad un famoso stilista; » Spiegò la biondina. «dunque, ricevuta la richiesta, la mia agenzia ne ha selezionata quattro, poiché il direttore, saputo del tuo soggiorno qui, ha sperato nell’onore di inserirti nella rosa. »

«Me? Bè…sarebbe davvero fantastico! » Esclamò Mie non trattenendo un saltellino di gioia.

«Perfetto. » Disse Dyana stringendole la mano. «Allora a giorni il diettore ti contatterà telefonicamente e ti comunicherà il giorno e l’ora. »

Improvvisamente si sentì bussare alla porta che si aprì subito dopo. Ne fece capolino un cameriere dell’albergo.

«Il signore dice che l’aspetta in salotto, signorina. » Disse quello con aria importante e sparì, chiudendo la porta.

Dyana guardò Mie alzando un sopracciglio; non le aveva dato nemmeno il tempo di aprire bocca. «Si, carino, ma io non so dov’è il salotto… » Disse con sarcasmo; «Mie, ti dispiacerebbe accompagnarmi? »

«Affatto » Rispose la giapponesina scuotendo la testa e, uscite dalla porta dopo aver salutato il direttore, si incamminarono lungo il corridoio.

Salita una rampa di scale le ragazzine svoltarono a sinistra e si ritrovarono nel salotto; al loro ingresso tutti i presenti nella sala, tutti ragazzi, si voltarono e le fissarono con occhi da pesci lessi; non capitava tutti i giorni di vedere due ragazze tanto belle insieme.

Ignorandoli, Mie si guardò intorno, curiosa di sapere chi fosse il ragazzo che aspettava Dyana. Il terrore le percorse gli occhi e si tradusse in una morsa nel suo stomaco quando vide che Benji, vista la biondina, si era alzato in piedi e si stava dirigendo verso di lei.

«Dyana…che bello rivederti dopo tanto tempo! » Esclamò Benji abbracciando la tedesca e salutandola con due baci sulle guance. «Qual buon vento? »

«Niente, ho solo approfittato del lavoro per vederti. Dovevo parlare con Mie di un servizio…la conosci, vero? È giapponese come te…»

Benji annuì distrattamente. «Senti, visto che non ci vediamo da tempo immane, ti va di cenere qui con me? così parliamo…»

«Ok. » Rispose Dyana pimpante. «Allora porto il tuo consenso al direttore, Mie. Ci vediamo… » Aggiunse salutando Mie con un cenno della mano.

«Ci vediamo…» Rispose Mie facendole il verso.

E mo questa chi è? E perché tanta confidenza? Pensò Mie prima di voltarsi stizzita e correre di sopra verso la sua stanza. Nel bel mezzo delle scale, però, cambiò idea e, dirigendosi nell’altra direzione a passo deciso, decise di andare a trovare Marck.

 

 

 

 

…To be continued

 

 

 

Allora? Vi piace?

A me nemmeno un po’! non so esattamente che parte avrà sta Dyana….

Però vi prego, commentate!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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Capitolo 8
*** Chapter eight ***


  I wouldn’t have imagined my life without you…

 

 

 

Ciao raga eccomi qui con una nuova fic! Questa volta è ispirata a Holly e Benji e vorrei precisare che è la prima che scrivo su questo anime quindi non so come sarà e il titolo non so precisamente cosa c’entri con tutto il resto ma a me sembrava così carino…

Cmq protagonista è Benji  e la storia è ambientata durante il primo campionato mondiale, quello in Francia. Volevo anche dirvi che, per motivi di copione, le età dei nostri beniamini varieranno lievemente da quelli nell’anime (Anche perché io non ho mai capito molto bene quanti anni hanno…) e che gli spoiler saranno veramente pochini perché io non ci so fare molto…^__^’’

Poi…ah, si. I personaggi di questa storia sono tutti del loro papi Yoichi Takahashi e solo Mie è inventata da me.

Penso che sia tutto, un bacione e buona lettura!

 

 

 

CHAPTER EIGHT

 

 

 

MERCOLEDì POMERIGIO

 

Mie guardò fuori dal finestrino dell’autobus il centro di Amburgo che le scorreva davanti agli occhi; negozi, vetrine e monumenti si avvicendavano sotto i suoi occhi annoiati. La scocciava infinitamente essere avvertita per un lavoro poche ore prima, primo perché non aveva il tempo di prepararsi decentemente, secondo perché quel pomeriggio avrebbe avuto ben altro da fare; Patty non era stata molto contenta di ricevere la notizia dell’assenza di Mie alla partita che si sarebbe disputata da lì a qualche ora.

«Una partita contro l’Italia, capisci? » Aveva sbraitato corrucciando le sopracciglia all’inverosimile. «Quando ricapita? Ti prego Mie, non puoi lasciarmi sola! »

Certo che capiva, non era una cosa da tutti i giorni giocare contro una delle squadre europee più forti, pertanto i ragazzi avevano bisogno di tifo, di sostegno, ma il lavoro era lavoro. Nemmeno a lei sarebbe ricapitato di ricevere una proposta da una delle agenzie più famose in Germania, forse era egoista a pensarla così, ma aveva promesso di diventare una modella famosa, era stata l’ultima promessa a Benji, doveva mantenerla ad ogni costo.

Una brusca frenata informò i passeggeri che l’autobus era fermo; Mie guardò rapidamente il foglio scribacchiato che teneva in mano; la sua fermata. Scese con fatica dall’affollato autobus numero13, spiaccicata fra una signora con un orribile cappotto di tweed nero e un vecchio signore scocciato quanto lei dalla situazione, poi si gettò nel caos di Amburgo centro.

Mentre cercava, fra i vari palazzi tutti enormi, quello dello studio fotografico di Johan Sten, le venne stranamente in mente il centro di Yokohama; ricco di negozi e sale da tè proprio come il luogo in cui Mie si trovava, quante volte ci era andata, conosceva a memoria tutte le vetrine, era entrata in tutti i negozi e si era seduta su tutte le panchine anche se quella che preferiva era quella di fronte alla gelateria dove lei e Benji comperavano sempre il gelato d’estate…Benji. Possibile che un semplice quartiere, un semplice luogo e, perché no, una semplice panchina acquistassero valore solo perché legati al ricordo del ragazzo?

“Mha…forse sono matta…” Pensò. “ Sicuro quel tipo laggiù che mi fissa deve pensarla così. ti credo, caro, una che ride da sola…rido di me stessa, perché se prendo una decisione,per quanto io sia determinata, poi non riesco mai a mantenerla…”

Alzò lo sguardo; Johan Sten Art. Era il luogo segnato sul suo foglio, spinse la porta come c’era scritto su un grazioso cartello ed entrò. Si ritrovò in quella che era sicuramente la reception, con un gran bancone, dietro al quale c’era una bella segretaria bionda_ classico_ e con tanti quadri appesi alle pareti; guardando da più vicino Mie si accorse che erano foto.

«Posso esserle utile, signorina? » Chiese la donna con una vocina sottile sottile.

«Ahm…sono stata convocata per un servizio fotografico per l’agenzia…bè, non so come si legge. » Disse arrossendo e mostrando alla signorina un biglietto da visita datole da Dyana.

«Oh, si. » Fece quella per tutta risposta. «Il suo nome? »

«Mie Atton…»

La segretaria, dopo aver dato uno sguardo su un foglio che le stava davanti, fece un cenno d’assenso e si alzò. «Venga con me, prego. »

Mie seguì la signorina per un lungo corridoio, ricchissimo di quadri e foto varie su per le pareti. Poi si fermarono in cima ad una rampa di scale, dove la segretaria spiegò a Mie che, una volta al piano inferiore, avrebbe dovuto seguire il corridoio alla sua destra, in fondo al quale avrebbe trovato i camerini; «Il suo è il numero 4. » Concluse.

La ragazzina obbedì e pochi minuti dopo era davanti alla porta del camerino numero 4. Bussò. Non ebbe alcuna risposta, possibile che le avessero riservato un camerino singolo? Ne dubitava, visto che dall’interno proveniva una musica a volume abbastanza alto. Entrò.

«Ciao! » Esclamò allegramente colei che occupava il camerino. «Non ti ho sentita, hai bussato per caso? »

«Dyana? » Esclamò Mie a sua volta riconoscendo i grandi occhi azzurri della ragazza. « dove mi metto? »

«Il tuo abito l’hanno messo là…» Rispose Dyana indicando un involucro nero poggiato su una sedia poco lontano dalla specchiera accanto alla quale si trovava lei.

Mie vi si avvicinò e aprì la sacca lentamente; non aveva mai visto un abito così bello. Di un rosa pallido, fatto di un materiale leggero e morbido che, una volta indossato, sembrava fondersi con la sua pelle. «Sembro la personificazione della primavera! » Esclamò la ragazzina guardandosi allo specchio e facendo una piroetta su se stessa.

«È quello che dovresti rappresentare! » Disse Dyana divertita.

Mie la guardò; era splendida nel suo abito bianco latte che probabilmente era la rappresentazione dell’inverno.  Altissima, con le curve al posto giusto e dolcissima per giunta; non aveva mai conosciuto nessuna così…perfetta.

Dopo qualche minuto le due ragazze salirono al piano superiore dove le aspettavano il trucco e l’acconciatura, ne risultò un effetto molto semplice, ma, pensò Mie, si vedeva che era stata preparata da dei professionisti; guardando Dyana, notò che era molto serena e rilassata, perfettamente a suo agio fra le abili mani del suo truccatore. Sapeva benissimo quando chiudere gli occhi, quando inclinare il capo in un senso o nell’altro; un livello di professionalità che a lei sarebbe piaciuto molto possedere.

Tuttavia quando il fotografo invitò le ragazze sul set e Mie sentì i flash scivolarle addosso, la sua tensione si annullò e si sentì finalmente a proprio agio, nonostante pochi metri lontano da lei ci fosse il direttore dell’agenzia che la fissava; si ritrovava nella parte della primavera, lei era fresca, allegra e perennemente sorridente e solare. Ma così era sul set, quando dimenticava tutto e tutti e ogni cosa ritornava com’era prima, prima che lasciasse Benji, quando era veramente felice, anche quando non posava.

«Complimenti! » Esclamò il signor Kranz, il direttore dell’agenzia di moda, quando Mie, finito il suo turno fu sostituita sul set dalle ragazze che rappresentavano l’estate. «Sei stata addirittura al di sopra delle mie aspettativa, si vede che hai del talento, continua così! »

«Grazie, signore! » Rispose Mie sorridendo; proprio le parole che sperava sentirsi dire. ringraziò ancora con un inchino, poi ritornò dai truccatori per un ultimo tocco prima della foto finale.

 

Accarezzò ancora una volta la vellutata stoffa rosa prima di chiudere l’involucro, poi gettò la sua roba nella borsa, chiudendola a stento per la troppa roba e sbuffò sonoramente  mettendosela sulla spalla.

«Che c’è? » Chiese Dyana mentre si preparava intuendo che la tranquilla e serena Mie di poco prima non era che un ricordo.

«No… niente…» Rispose Mie evasiva.

Dyana sorrise e caricandosi anche lei la borsa sulle spalle aprì la porta del camerino. «Ti va una cioccolata calda? » Chiese facendo l’occhiolino a Mie. «Conosco un posto dove la fanno buonissima! »  

 

Le due ragazze stavano chiacchierando da un bel pezzo come due vecchie amiche quando il cellulare di Mie squillò insistentemente.

«Scusa un attimo, Dyana! » Disse alla sua interlocutrice mentre era immersa nella ricerca del suo cellulare. «Pronto?...Ed! ciao…si, si tutto ok, e voi?...come si sono rifiutati?...va bè, mi racconti stasera, ok? ci vediamo, ciao! »

«È successo qualcosa? » Chiese Dyana preoccupata quando Mie ebbe riposto il suo cellulare nella borsa.

«No, era solo Ed, sai, il portiere della nazionale, voleva sapere solo come era andato il servizio fotografico…e poi mi ha detto qualcosa circa un rifiuto da parte dei giocatori italiani, ma non è che ci abbia capito molto! » disse ridendo.

«È il tuo ragazzo? » Chiese Dyana senza alcun indugio.

«N-non è che sia prorio il mio ragazzo…» rispose Mie riluttante.

«Non lo è proprio?...o lo è, o non lo è…»

«Bè…non è il mio ragazzo, semplicemente usciamo insieme qualche volta…. » Ammise Mie.

«Allora ti piace? »

A questa domanda Mie guardò stupita la sua amica; era una domanda che nemmeno lei si era posta e sulla quale non si era soffermata nemmeno una volta. «Bè…è molto caro, si preoccupa sempre per me e mi fa stare bene, ma…» Ma Mie era decisamente lontana dal provare amore nei suoi confronti; improvvisamente si rese con di quanto cattiva ed egoista fosse stata nei confronti di Ed, così presa dal tentare di dimenticare Benji che non aveva pensato ai sentimenti del ragazzo. «E tu? Sei innamorata Dyana? » Chiese poi all’altra ragazza scuotendo via quei pensieri.

«Oh…» Fece l’altra arrossendo. «A dire il vero…si »

«E di chi? » Indagò ancora più maliziosa Mie.

«Bè, immagino che sia inutile negare l’apparenza…infondo te ne sarai sicuramente accorta, inoltre lo sanno un po’ tutti… sono innamorata di Benji…»

Fortunatamente Dyana non lesse  lo stupore misto a delusione che si dipinse sul volto della sua nuova amica che non aveva sospettato nemmeno minimamente questo suo amore; il solo pensiero che un’altra ragazza potesse avvicinarsi a Benji non le era mai passato per la mente. Si diede della stupida nel momento stesso in cui si rese conto di aver considerato normale, per tutto quel tempo, che il ragazzo restasse in qualche modo legato a lei.

«Sai, dato che siamo in vena di confidenze,» Continuò poi Dyana con occhi sognanti « me ne sono innamorata dal primo istante in cui l’ho visto, durante una festa della squadra; ne organizzano spesso e io mi ritrovai lì quasi per caso; ebbi poi la possibilità di incontrarlo altre volte, di conoscerlo meglio… mi colpì subito il suo atteggiamento da duro, da menefreghista…ma io lo avevo capito che era tutta una finzione… » Dyana continuò a parlare dei lati della personalità di Benji che maggiormente l’avevano affascinata, Mie non rimase sorpresa dal constatare che erano gli stessi che avevano colpito lei; tuttavia non potè fare a meno di sorridere al pensiero di essere stata l’unica ragazza che era riuscita a fare in modo che Benji esternasse la sua vera indole, dolce e sensibile, di solito celata dietro la maschera di arroganza e di strafottenza.

«Un giorno, avendolo incontrato per puro caso nelle vie di Amburgo, » Continuò Dyana « gli offrii un caffè, poi proposi una passeggiata al parco e qui, seduti su una panchina nei pressi di un laghetto, gli confessai i miei sentimenti; »  

Mie si limitò a guardarla , cercando, in qualche modo, di non esternare la tensione che provava; «E cosa accadde? » Chiese poi.

«Mi guardò sorridendo, con infinita dolcezza, e mi disse che anche lui mi voleva molto bene, » Mie si sentì morire. «Ma…si scusò dicendomi che purtroppo lui amava un’altra; una ragazza che, a quanto pare, l’ha lasciato qualche anno fa e che non è mai riuscito a dimenticare. Un po’ la invidio, sai, Benji prova un amore così puro per lei…vorrei tanto sapere cosa l’ha spinta a lasciarlo…molto probabilmente era una di quelle ochette che non capiva il tesoro che aveva…»

«Io la conoscevo…» Disse Mie il cui cuore aveva iniziato a battere alle confessioni di Dyana, quasi fino a soffocarla; la tedesca era una ragazza così bella, perfetta e palesemente innamorata di Benji, possibile che lui le preferisse Mie?

«Davvero? »

«Si, l’ho vista qualche volta agli allenamenti, quando seguivo mio fratello…bè, mi sembrava  una tipa apposto…deve aver avuto le sue buone ragioni  per lasciarlo…e poi, non scoraggiarti, tu sei così buona e dolce che non appena avrà dimenticato quella ragazza e sarà pronto per innamorarsi di nuovo, tu sarai una delle candidate a possedere il suo cuore, vedrai! »

Dyana la ringraziò con un dolce sorriso.

«Ora devo proprio andare. » Disse Mie guardando l’orologio; «Ed mi starà aspettando, spero di rivederti presto! »

«Aspetta! » Esclamò Dyana fermando Mie che stava per uscire dalla porta del bar. «Grazie….grazie mille »

«Di nulla…»

 

 

 

 

 

…To be continued

 

 

 

Bè…scommetto che l’aveva capito il 99,9 % dei lettori che Dyana era innamorata di Benji; ho creato una antagonista un po’ diversa, non è cattiva e nemmeno smorfiosa, e credo che questo non sia l’ultimo capitolo in cui la incontriamo.

Vorrei ringraziare tutti quelli che hanno commentato finora e soprattutto Sonya per i suoi consigli. Inoltre vorrei informare gli eventuali lettori dell’altra mia fic “ Blue Eyes” che ho deciso di sospenderla momentaneamente perché non ne sono soddisfatta; riprenderò appena riuscirò a sistemarla e trovare un bel finale. Mi dispiace infinitamente, tenevo molto a quella fic.

Cmq, arrivederci al prossimo chap e mi raccomando, commentate!!!!!!!!!!!!!

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Capitolo 9
*** Chapter nine ***


I wouldn’t have imagined my life without you…

 

 

 

Ciao raga eccomi qui con una nuova fic! Questa volta è ispirata a Holly e Benji e vorrei precisare che è la prima che scrivo su questo anime quindi non so come sarà e il titolo non so precisamente cosa c’entri con tutto il resto ma a me sembrava così carino…

Cmq protagonista è Benji  e la storia è ambientata durante il primo campionato mondiale, quello in Francia. Volevo anche dirvi che, per motivi di copione, le età dei nostri beniamini varieranno lievemente da quelli nell’anime (Anche perché io non ho mai capito molto bene quanti anni hanno…) e che gli spoiler saranno veramente pochini perché io non ci so fare molto…^__^’’

Poi…ah, si. I personaggi di questa storia sono tutti del loro papi Yoichi Takahashi e solo Mie è inventata da me.

Penso che sia tutto, un bacione e buona lettura!

 

 

 

CHAPTER NINE

 

 

 

 

 

GIOVEDì MATTINO

 

 

La sveglia risuonò insistentemente per la quarta volta in camera di Mie; non era riuscita a dormire nemmeno due ore intere, le tornavano in mente ogni istante le parole di Dyana. La gola le faceva male, stretta in un nodo, gli occhi le pizzicavano, in mente un solo pensiero; se Benji avesse aperto il suo cuore tanto quanto bastava per far entrare Dyana, forse sarebbe riuscito a dimenticare Mie e allora anche lei se lo sarebbe tolto dalla testa, una volta per tutte…o forse stava solo dando vita, nella sua testa, a una serie di utopiche immagini tutte derivanti dalle sue stupide speranze di poter dimenticare qualcuno che proprio non se lo faceva passare nemmeno per l’anticamera del cervello di andarsene.

Proprio quando aveva pensato di esserci riuscita ecco che arriva quella maledetta proposta di lavoro per l’adidas in Germania; possibilità di incontro, praticamente il 100%; rinunciare? Impossibile, lei glielo aveva promesso; una promessa reciproca, un calciatore e una modella affermati, dicevano ridendo, un tipo di coppia che si vedeva spesso in tv…che dolci ricordi, che splendidi ricordi; erano poco più che dei ragazzini, ma entrambi sapevano, erano convinti, che quello che c’era fra loro non poteva essere solo una cotta. Per questo quello che era successo, la loro separazione era ancora più insopportabile. Entrambi avevano immaginato una storia meravigliosa da vivere con l’altro…e invece ora si trovavano costretti ad  immaginare un’intera vita senza.

Si alzò dal letto e accese lo stereo; quando si sentiva stanca, confusa o arrabbiata, la musica era il solo rimedio. Guardacaso la fortuna girava dalla sua parte, era una canzone che adorava così prese a canticchiare.

 

For all this time, I've been lovin' you girl, oh yes I have.
Every since the day you left me here alone,
I've been trying to find, oh the reason why.

So if I did something wrong please tell me, I wanna understand.
Cos I don't want this love to ever end.

I swear, If you come back in my life I'll be there till the end of time, Oh yeah.
And I swear, I'll keep you right by my side 'cos baby you're the one I want,
Oh yes you are.

I watched you go, takin' my heart with you, oh yes you did.
And every time I try to reach you on the phone,
Baby you're never there, girl you're never home.

 

Si alzò con uno scatto nervoso dal divano della hall  e spense la radio che si trovava accanto alla televisione; quella canzone lo faceva andare su tutte le furie, in ogni parola, in ogni nota tutto quello che provava per Mie.

Si allontanò verso l’uscita, intenzionato a dirigersi verso il campo dell’hotel per seguire la partita di allenamento combinato tra Grunvald e Giappone alla quale, essendo parte sia dell’una che dell’altra squadra, non poteva partecipare.

Ad un tratto, volgendo lo sguardo intorno scorse una locandina, fresca fresca, a quanto sembrava.

 

I GIOCATORI E LO STAFF

DELLA GRUNVALD

ANNUNCIANO

Grande festa danzante

In onore della

Squadra ospite giapponese

Che si terrà nel giardino grande

Domenica alle ore 21:00

 

“Tsk…ti pareva che non ne approfittavano per organizzare una festa! Bè…magari sarà divertente…” Pensò Benji sorridendo.

«Oh, Signor Price! Sia ringraziato il cielo! » Esclamò una ragazza alta e bionda dal retro del bancone della reception vedendo arrivare il portiere giapponese. «Mi scusi, ma devo chiederle un favore! »

«Dica pure…» Rispose Benji un po’ sconcertato.

«Due minuti fa, è passato un dipendente della Johan Sten Art per consegnare questa busta alla signorina Atton. » Disse porgendogli una busta gialla con sopra scritto il nome della ragazza. « Dovrebbe contenere i provini del suo servizio fotografico. »

«E…» Fece Benji che era ancora un po’ confuso.

«Bè, io ho l’ordine di non allontanarmi e le sarei davvero grata se fosse così gentile  da consegnarle al posto mio! »

Benji prese la busta fra le mani quasi senza pensarci e annuì. Forse dopo tanto tempo sarebbe riuscito a parlare con Mie. Mentre saliva le scale che portavano al terzo piano, diede una sbirciatina al contenuto della busta. Delle foto e i complimenti del direttore di un’agenzia di moda tedesca. A quanto sembrava Mie stava mantenendo la promessa che gli aveva fatto anni addietro, stava diventando tanto famosa da fargli provare una grande quanto stupida gelosia nei confronti dei suoi fans; eppure in quel momento avrebbe accettato anche di dividerla pur di averla!

In quegli anni, avendola costantemente lontana, si era illuso di essersela tolta dalla testa, poi quello stupido ritiro, ed ecco che si rincontravano…solo in quell’istante aveva compreso appieno quanto si fosse sentito perso e sconsolato senza la presenza di Mie. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di poterla stringere di nuovo fra le sue braccia, ma il pensiero che si fosse messa con Ed lo tormentava.

Deglutendo più volte a vuoto picchiò con le nocche sulla porta della stanza numero 61, ricevendo in risposta un apatico “Avanti”.

Espirò profondamente, poi aprì la porta ritrovandosi davanti agli occhi una scena che gli diede un senso di dolcezza e, contemporaneamente, una grande emozione. Mie stava seduta sul davanzale della finestra con indosso ancora il pigiama rosa e azzurro, le ginocchia al petto e i lunghi capelli neri, raccolti in una disordinata treccia che le lasciava alcune ciocche libere, che le ricadevano su una spalla e ascoltava le ultime note di “Love at first sight”.

Guardò esterrefatta Benji con i grandi occhi scuri, troppo sconvolta per dire qualcosa. Si alzò di scatto e spense la radio portatile, era la loro canzone.

«Scusa se arrivo qui all’improvviso, ma la ragazza della reception mi ha incaricato di portarti queste foto; sono i prov…»

«Appoggiali pure su quel tavolino. » Lo interruppe Mie poco garbata.

«Vedo che con gli anni sei rimasta il solito zucchero… » Osservò Benji con tono sarcastico mentre obbediva.

«Scusami, ma vado di fretta; » Ribattè Mie con lo stesso tono prendendo degli abiti a caso dal piccolo armadio e poggiandoli con poca delicatezza sul letto. «Devo vestirmi. »

«Anzi, vedo che sei diventata anche codarda…»

«Chi sarebbe coda…» Le parole le si bloccarono in gola; dopo aver chiuso l’anta dell’armadio si era voltata, stizzita per quello che le era stato detto; si ritrovò a fissare gli occhi freddi e severi di Benji che la fissava con le braccia conserte. Erano vicini, troppo vicini. Il suo cuore cominciò a battere all’impazzata, tanto che aveva paura che Benji lo potesse sentire. Quel nero più profondo della notte era, un tempo, la sua luce.

«Tu, Mie. » Disse Benji con una calma esasperante, che faceva paura. «Non hai nemmeno il coraggio di parlarmi, come normalmente farebbero due persone adulte. Non pensavo di dover subire anche quest’altra delusione. »

«Delusione? » Ripetè Mie assumendo l’espressione più indifferente che poté. «Io non devo dimostrare niente a nessuno, tantomeno a te!  E poi tutto quello che dovevamo dirci ce lo siamo già detti quella sera.  » Così dicendo fece per allontanarsi ma Benji la bloccò con le spalle all’armadio.

Il ragazzo vide negli occhi lucidi di Mie  la paura; le accarezzò una guancia, tentando di tranquillizzarla poi si chinò e le sfiorò la fronte con le labbra, poi scese sul naso e infine la baciò.

Dio quanto aveva desiderato quel momento! Riassaporare quella dolce morbidezza, rimasta intatta, come se non si fossero mai lasciati, sfiorare di nuovo quelle guance morbide, ora lievemente arrossate per chissà quale sentimento; emozione? Rabbia? Forse entrambi.

Mie non si oppose, ma Benji poteva sentire il sapore di sottili lacrime che correvano sulle gote della ragazza. Era così piccola e indifesa, abbandonata fra le sue braccia…

Dopo pochi secondi Mie sentì che il ragazzo cercava di approfondire quel bacio, sfiorandole le labbra con la lingua. Allora la volontà la abbandonò del tutto e rispose all’invito di Benji, schiudendo la bocca. Era la prima volta che la passione li travolgeva in modo così disperato, era quello il risultato della mancanza che avevano sentito reciprocamente per tre anni. Mentre Benji esplorava la sua bocca e le sue labbra, Mie sentì le forze abbandonarla e strinse le braccia attorno alla spalle di Benji, ovviamente dovette constatare che erano molto più forti e vigorose di quanto si ricordava. La sua mente era ormai avvolta in una fitta nebbia e solo quando le mani di Benji si insinuarono sotto la maglietta del pigiama queste si dissolsero, lasciandola ragionare.

«No!  » Esclamò allontanandosi improvvisamente da Benji che si sentì come se l’aria gli mancasse; non era la prima volta. «Noi non possiamo…io, io non devo! » Gridò fra le lacrime.

«Cosa…cosa non puoi? » Chiese Benji  cercando, invano, di avvicinarsi di nuovo a lei.

«Questo… questo è assurdo…Ti prego, Benji, vai via!  »

Il ragazzo rimase scosso da quelle parole dovette lottare con tutto se stesso per ricacciare indietro le lacrime che gli pizzicavano gli occhi. Colpì con violenza l’anta dell’armadio alle spalle di Mie, che sobbalzò, poi corse fuori dalla stanza sbattendo la porta con altrettanta violenza.

Mie si lasciò scivolare sul pavimento e prese a singhiozzare e a piangere; il cuore le faceva male da impazzire.  Le sue labbra avevano ancora il sapore di quelle di Benji. Era una stupida, sapeva che ora quel sapore non sarebbe più andato via.

 

 

 

 

 

…To be continued

 

 

 

 

Dunque, forse è successo tutto troppo in fretta, ma qui due poveretti non si vedevano da tre anni! Si sono lasciati un po’ andare…cmq spero che il chappy vi piaccia, aspetto commenti, e soprattutto commenti sulla scena del bacio, non so se mi vengono bene certi tipi di scene…

Allora i frammenti della prima canzone sono di “If you came back” dei blue, qui sotto la traduzione, mentre la seconda “ Love at first sight” è sempre dei blue e  penso che la ritroveremo più avanti.

Bene vi do appuntamento al prossimo capitolo, un megabacione  e mi raccomando, COMMENTATE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

“Se ritorni”

 

Per tutto questo tempo, ti ho amata, si l’ho fatto.

E sempre, dal giorno in cui mi hai lasciato qui, da solo

Sto cercando di trovare la ragione del perché

 

Così se ho fatto qualcosa di sbagliato, per favore, dimmelo

Perché non voglio che quest’amore abbia mai fine.

 

E giuro che se torni nella mia vita, io sarò lì, fino alla fine del tempo

E giuro che ti riavrò al mio fianco, perché tu sei l’unica che io voglio,

si, lo sei.

 

Ti ho guardata andare via portando il mio cuore con te, oh si l’hai fatto.

Ed ogni volta che provo a cercarti sul telefono

Non sei mai lì, non sei mai a casa.

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Capitolo 10
*** chapter ten ***


I wouldn’t have imagined my life without you…

 

 

 

Ciao raga eccomi qui con una nuova fic! Questa volta è ispirata a Holly e Benji e vorrei precisare che è la prima che scrivo su questo anime quindi non so come sarà e il titolo non so precisamente cosa c’entri con tutto il resto ma a me sembrava così carino…

Cmq protagonista è Benji  e la storia è ambientata durante il primo campionato mondiale, quello in Francia. Volevo anche dirvi che, per motivi di copione, le età dei nostri beniamini varieranno lievemente da quelli nell’anime (Anche perché io non ho mai capito molto bene quanti anni hanno…) e che gli spoiler saranno veramente pochini perché io non ci so fare molto…^__^’’

Poi…ah, si. I personaggi di questa storia sono tutti del loro papi Yoichi Takahashi e solo Mie è inventata da me.

Penso che sia tutto, un bacione e buona lettura!

 

 

 

CHAPTER TEN

 

 

 

 

 

GIOVEDì MATTINO, sul tardi

 

Con passo svelto e più gioioso di quanto non volesse mostrare, Holly stava percorrendo il corridoio del secondo piano dell’hotel con Patty al suo fianco, di ritorno dalla faticosa partita contro la Grunvald; faticosa, ma vittoriosa.

«Sai, non avrei mai pensato che avremmo vinto!  » Disse Holly raggiante. «C’è voluta una faticaccia, però! »

«Bè ne è valsa la pena! Sono così contenta!  » Aggiunse Patty saltellando dalla gioia. «Anche se piccolo, è comunque un passo verso la vittoria! »

«Esagerata! »

La ragazza rise di gusto. «E poi, hai visto che hanno organizzato una festa in nostro onore? Non vedo l’ora che sia domenica, farà bene anche a Mie distrarsi un po’, chissà che non la inviti un bel ragazzo tedesco! » disse eccitata.

«A-a proposito della festa…io volevo dirti qualcosa…ehmm » Cacchio, ma perché proprio in quel momento si doveva impappinare? Se non riusciva nemmeno ad invitare la ragazza che gli piaceva ad una festa, era davvero uno smidollato! Su, forza, doveva solo aprire quella bocca…

«Già, è vero! Mie! » Esclamò lei come se non l’avesse nemmeno sentito.

«Mie? » Ripetè lui.

«Si, Mie! Sicuramente starà morendo dalla voglia di sapere l’esito della partita, è chiusa in stanza da stamattina, poverina! »

Quello le piaceva di quella ragazza, l’altruismo; pensava sempre agli altri, fosse la sua migliore amica o il suo peggior nemico; e poi era proprio la ragazza fatta apposta per lui, vivace, allegra, solare, femminile quanto bastava, senza inutili fronzoli. Già, perfetta per lui, ma se non riusciva a dirglielo…era inutile essersene reso conto.

«Allora va da lei.  » Le disse sorridendo. «Non riuscite proprio a stare separate, voi due! »

Patty gli fece una linguaccia e corse via verso la stanza di Mie. «Ci vediamo a pranzo, allora!»

 

Picchiò più volte le nocche sulla porta della stanza N° 61, senza  ricevere, però, nessuna risposta; eppure aveva chiesto alla reception, nessuno l’aveva vista uscire e tanto meno le chiavi della sua stanza erano state riposte nella bacheca, Patty provò, allora a girare le maniglia della porta; era aperta.

«Mie, ci sei? » Chiese entrando timidamente. «Mie! Cos’è successo?! » Esclamò agitata precipitandosi al fianco della sua migliore amica. Patty era spaventata, Mie, ancora in pigiama, era seduta a terra con la schiena contro l’armadio e le gambe al petto; teneva il viso nascosto e singhiozzava sommessamente. «Cos’è successo? » Ripetè ancora più allarmata toccandole una spalla.

Mie sollevò lievemente il capo, fissando Patty con gli occhi lucidi e la faccia impiastricciata di lacrime. «Patty…lui…lui è venuto qui, io gli ho detto di andarsene, ma non ha voluto e poi…oh, Patty, io non ce l’ho fatta, non ne ho avuto la forza! » Gridò sconvolta prima di cercare riparo fra le braccia della ragazza.

«Oh, Mie, non capisco! » Disse accarezzandole la testa amorevolmente e, invitandola ad alzarsi, la fece appoggiare al letto. «Comincia dal principio; chi è “lui” che è successo? »

«…Benji…» Quell’unica parola fu sufficiente a provocare una serie di sentimenti contrastanti nell’animo di Patty; temeva quello era successo, pur non sapendo, eppure sentì un piccolo brivido di gioia percorrergli la schiena e una nuova speranza accendersi. «Benji è stato qui! »

«E cos’è successo? » Incitò Patty.

«Mi ha portato i provini delle foto… » Rispose Mie mentre riprendeva  a piangere. « io gli ho detto di andare via, che non volevo lui stesse qui…e lui mi ha dato della codarda, così io  mi sono arrabbiata e… »

«E…»

«Lui mi ha baciata…» Mie ruppe in un pianto disperato mentre Patty a stanto trattenne un gridolino di gioia. «Patty, è terribile! Io…io non volevo…non volevo…davvero…io non ce l’ho fatta…» Ripetè Mie balbettando.

Tutta la gioia che aveva animato l’animo di Patty fino a quel momento scomparve; la sua amica era davvero sconvolta e, probabilmente, molto confusa; Patty sapeva che Mie era combattuta fra due stati d’animo contrastanti, da un lato doveva aver toccato il cielo con un dito, il bacio di Benji, così temuto e desiderato allo stesso tempo, aveva risvegliato sentimenti ormai sopiti. Ma di certo tutta quella gioia, tutta quell’eccitazione era schiacciata da un maggiore senso di colpa, dalll’angoscia di non aver mantenuto i propri propositi.

«Non ce l’ho fatta! » Riprese Mie nascondendo il volto fra le mani «All’inizio ho cercato di oppormi, ma il mio corpo non ne voleva sapere di obbedire al mio cervello…così alla fine mi sono arresa, mi sono sentita completamente in suo potere e ho ricambiato il bacio…»

«N-non sapevo che Benji fosse così…impetuoso? » Disse Patty non sapendo cos’altro dire.sle! Io...terribi

«Era disperato » Disse Mie alzando lo sguardo su quello incredulo della sua migliore amica.

«Cos…? »

«Non mi ha mai baciata così. sembrava che io fossi la sua unica fonte di vita e l’aria che lui respirava provenisse dalle mie labbra » Mie chiuse gli occhi, riassaporando quei lunghi, intensi attimi, meravigliosi, seppur sofferti.

«E poi? Qualcosa mi dice che la cosa non si è risolta così “pacificamente” »

«Infatti, » confermò Mie «io non ci ho capito più niente, ero così felice in quel momento che avremmo potuto continuare a baciarci anche per delle ore…ma all’improvviso mi sono tornate in mente le parole di…”tu sai chi” e così l’ho allontanato, l’ho rifiutato e lui si è arrabbiato…è andato via sbattendo la porta…Oh, Patty, è stato come se mi mancasse l’aria! » Esclamò gettandosi fra le braccia della sua migliore amica e nascondendo il volto sulla sua spalla.

«Oh, Mie…»  Cercò di consolarla lei con delle dolci carezze sulla testolina mora. «Come vorrei che tutto si risolvesse! Forse se tu dicessi la verità a Benji…»

«No! Lui non lo deve sapere, non deve sapere niente! Il signor Marshall ha ragione…Vedrai,» Disse asciugandosi le copiose lacrime. «stavolta ci riuscirò; me lo devo togliere dalla testa!  »

 

Il Kaiser bussò un paio di volte alla porta della stanza numero 57, ricevendo in risposta un nervoso quanto apatico avanti. Gli fece quasi pena ciò che vide. Il portiere della nazionale giapponese stava seduto sul letto e teneva la testa fra le mani, travolto da una probabile disperazione; uno dei migliori giocatori d’Europa, uno che quando cammina per strada, o entra in un locale, gli basta schioccare le dita per avere intorno a se tante di quelle ragazza come le api attirate dal miele, ridotto in quello stato, ridotto alle lacrime, a causa di una ragazzina.

«Ehi, Price, che hai?  » Chiese il tedesco toccandogli la spalla.

«Sono impazzito. » Fu la risposta del portiere giapponese.

«Bè…che tu avessi qualche rotella fuori posto, lo sapevo…» fece l’altro sarcastico. Poi, scorgendo l’espressione scura sul volto di Benji, tornò serio. «C’entra Mie, vero? » Benji annuì. «Che è successo? »  Chiese allora il tedesco.

Benji tirò un gran sospiro e prese a raccontare, ancora tremante per chi sa quale sentimento.le sue parole sembravano venir fuori a stento, con quella voce così atona e ancora rotta dalle lacrime di prima.

«Tu hai fatto cosa? » Fu l’esclamazione sconvolta del tedesco alla fine del racconto. Non riusciva  a credere alle sue orecchie; si, Benji era decisamente impazzito.

«Lo so che non avrei dovuto, Karl (Grazie 1000 a Sonya per la correzione ^___^ ), ma è stato più forte di me,era così spaventata…»

«E tu hai pensato bene di consolarla….Ma lo sai che ora non hai più nemmeno la speranza che ti guardi in faccia?...Ma non dovevi limitarti a scoprire perché ti ha lasciato? »

«Karl, io la amo ancora, e me la riprenderò! »

 

PIU’ TARDI; ORA DI PRANZO.

 

«Ehi,Patty, dov’è Mie? » Chiese Olly notando che sua sorella non era scesa per il pranzo.

«È chiusa in camera sua, a piangere. » Fu la secca risposta della ragazza seduta di fronte a lui.

«Cosa?! Perché, che è successo? » Chiese l’attaccante giapponese agitato.

«Niente di che, lai e Benji si sono baciati…o meglio, lui l’ha baciata, Mie si è limitata a ricambiare il bacio; »

«Davvero? » Fece Olly  piacevolmente sorpreso.

«Aspetta. » Disse Patty frenando l’entusiasmo del ragazzo. «Dopo però, tornata in se, l’ha allontanato. »  

«Ah…»

«Olly,noi dobbiamo fare qualcosa. » Affermò Patty decisa.

«Qualcosa, che cosa? » Ribattè Olly confuso.

«Quei due si amano; dalla disperazione di Mie ho potuto ben capire che sta soffrendo moltissimo per questa storia e che vorrebbe stare con Benji…noi dobbiamo aiutare tua sorella, se continua così si ammalerà. Dobbiamo fare qualcosa, anche a costo di raccontare a Benji tutta la verità! »

«Non lo so Patty, certo, voglio che mia sorella sia felice…ma raccontare la verità a Benji significherebbe tradire la fiducia che ha riposto in noi…aspettiamo ancora un po’, ti va? » Propose Olly. Lui voleva che Mie tornasse a sorridere come quando stava con Benji, che la luce che illuminava i suoi occhi tornasse a splendere, ma aveva paura di fare il passo sbagliato, per questo preferiva attendere.

Patty annuì rattristandosi; Mie non meritava di soffrire così tanto.

 

 

 

 

…To be continued

 

 

 

 

SCUSATE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Chiedo immensamente scusa per il mostruoso ritardo nel postare questo orribile capitolo; purtroppo sono stata iper impegnata con la scuola, fra ultime interrogazioni e ultimi compiti in classe. Per fortuna ormai è tutto finito e credo che d’ora in poi posterò più frequentemente, anche perché la storia si avvia verso la conclusione, credo che si potrebbe concludere anche fra tre, al massimo quattro capitoli.

Bene, vorrei ringraziare Driger e Mary lu per i commenti (Continuate a commentare, vi prego!!!!!!!!!!!! ) e tutti quelli che lo faranno. Un bacio e al prossimo chap!

 

P.S: Sonya dove sei finita? Che ne pensi dello sviluppo di questa storia? Fammi sapere!

 

 

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Capitolo 11
*** Chapter eleven ***


I wouldn’t have imagined my life without you…

 

 

 

Ciao raga eccomi qui con una nuova fic! Questa volta è ispirata a Holly e Benji e vorrei precisare che è la prima che scrivo su questo anime quindi non so come sarà e il titolo non so precisamente cosa c’entri con tutto il resto ma a me sembrava così carino…

Cmq protagonista è Benji  e la storia è ambientata durante il primo campionato mondiale, quello in Francia. Volevo anche dirvi che, per motivi di copione, le età dei nostri beniamini varieranno lievemente da quelli nell’anime (Anche perché io non ho mai capito molto bene quanti anni hanno…) e che gli spoiler saranno veramente pochini perché io non ci so fare molto…^__^’’

Poi…ah, si. I personaggi di questa storia sono tutti del loro papi Yoichi Takahashi e solo Mie è inventata da me.

Penso che sia tutto, un bacione e buona lettura!

 

 

 

CHAPTER ELEVEN

 

 

 

 

 

GIOVEDì POMERIGGIO

 

 

 

 

 

Finalmente un bel pomeriggio libero! Dormire, dormire e ancora dormire! Questo il programma dell’ 85% dei ragazzi che alloggiavano nel Goldenes Kreuz. L’altro 15% aveva in progetto, invece, una bella uscita per le vie d’ Amburgo; come, ad esempio, il bel ragazzo che, lungo il corridoio del terzo piano, bussò alla stanza N° 61. Ad aprire, però, non trovò la ragazza che si aspettava.  «Ahm…ciao Patty…c’è Mie? » Chiese timidamente.

«Certo, ora te la chiamo. »

Due secondi dopo la bella giapponese era alla porta. «Dimmi pure, Ed. » Gli disse. Forse era solo un’impressione ma al ragazzo sembrò che lei avesse gli  occhi lucidi.

«Mi chiedevo, se non hai altri impegni, ti andrebbe di fare un giro oggi pomeriggio? »

«Certo, volentieri! » Rispose lei gentile. «Tanto sarei rimasta in hotel, dato che Patty deve uscire con mio fratello. »

«Perfetto! Ti aspetto alle cinque giù in sala! » Esclamò Ed scomparendo lungo il corridoio.

Mie chiuse la porta e vi si appoggiò con la schiena, tirando un lungo sospiro.

«Ehi, che hai? » Chiese la sua migliore amica, preoccupata.

«Non lo so, Patty, forse avrei dovuto rifiutare. » Mie sembrava piuttosto afflitta. «Non mi sembra giusto continuare a uscire con lui dopo la storia del bacio e tutti i dubbi che ne sono derivati…»

«Cerca solo di divertirti un po’, Mie. Ricordati che se resti chiusa in una stanza d’albergo ad ammuffire, non risolvi niente…ad esempio, potresti seguire il mio esempio e cercare qualcosa di carino da mettere alla festa di domenica… »

«Già…la festa…non so se ci andrò… » Disse Mie.

«Ma come? Tu devi venirci, ti obbligo, se non vuoi! » 

In quel mentre squillò il telefono della stanza e Mie si precipitò a rispondere. «   Pronto? Stanza 61. »

«La signorina Atton è attesa nella hall. Grazie. » E misero giù, dall’altra parte.

«Wow, come sono gentili in questo hotel! » Disse Mie sarcastica mettendo giù la cornetta. «Ti dicono, con un inglese da schifo pure, che sei attesa e mettono giù…che potresti volere di più dalla vita!? »

«E chi è che ti vuole? » Chiese Patty ridendo.

Mie fece spallucce. «Non lo so, vado all’avventura! »

Mentre scendeva gli ultimi gradini dell’imponente scalinata centrale, scorse, nei pressi della reception, una figura alta e snella, avvolta da un abitino rosa, con lunghi e biondi capelli che le ricoprivano l’intera schiena. «Dyana?! » Esclamò Mie quando questa si voltò. «Che ci fai qui? »

«Ti aspettavo. » Rispose quella scura in volto. «Ti andrebbe di fare due chiacchiere? » Mie annuì un po’ titubante. Qualunque cosa avesse Dyana da dirle, aveva degli strani presentimenti; molto, molto brutti.

«Dimmi. » Disse Mie quando si furono appartate in un angolo del giardino.

«Ecco…non saprei da dove cominciare…» Disse la tedesca imbarazzata, girando e rigirando la mani. «…Ti ricordi, no, che mi piace Benji? »

«S-si…» Ecco! Già il fatto che c’entrasse Benji era un cattivo segno….orribilissimo!

«Ti ho detto anche che gli ho confessato i miei sentimenti e che mi ha chiesto di rimanere amici…»  Mie annuì di nuovo, sempre più certa che si avvicinasse uno scatafascio, soprattutto perché, mentre parlava, la ragazza restava assolutamente fredda.. «Mi sa che lui l’ha presa troppo sul serio questa cosa degli amici…Si è confidato con me riguardo al suo ultimo incontro con la sua ex… »

«Lei è stata qui? » Chiese Mie fingendosi stupita il più possibile.

«NON FINGERE CON ME! » La aggredì Dyana scattando in piedi, il volto sconvolto dalla rabbia. «Lo so…io lo so che sei tu…»

Mie sgranò gli occhi, troppo sconvolta per proferire parola.

«Sei stupita, vero? Ti ho rovinato  i giochi, Mie?…»

«No…non è come credi tu…ma  come… »

«Ho trovato una tua foto nella sua stanza….sembravate così felici insieme…  » Dyana ricadde a sedere, mentre la rabbia svaniva e lasciava posto a frustrazione e copiose lacrime. « Io l’ho ascoltato, l’ho consolato, mentre mi parlava di quel bacio, di quel bacio che gli ha straziato il cuore…scusami, Mie…ma io…io gli sono stata vicina l’ho amato dal primo istante mentre tu…tu potresti averlo e invece…non aspetti altro che lui ti dimentichi….come puoi farlo?  »

«Io davvero…non lo so…non so cosa mi stia guidando, Dyana…so solo che giusto… »

«Ma tu lo ami…» Oppose la biondina.

«Si….lo amo, lo amo moltissimo…ma ti assicuro che non ho intenzione di…»

«Ti prego, lasciamelo! » Supplicò Dyana; sembrava davvero disperata, tanto che Mie non seppe più che dire.

 

 

Quelle labbra calde e morbide, quel tocco delicato ma passionale, il respiro lieve sul viso, i loro cuori in tumulto; non un solo istante la scena e le sensazioni provate durante quel bacio avevano lasciato la mente di Mie; come una stupida si era fatta trascinare dal suo istinto e, così come aveva previsto, sentiva ancora il sapore delle labbra di Benji sulle sue e, nonostante cercasse di toglierselo dalla testa, continuava a mordicchiarsele, quasi nel tentativo di riassaporare fino in fondo quelle stupende sensazioni. Si insinuava fra quelle dolci emozioni il pianto disperato e affranto di Dyana; come la capiva; non poter stare con la persona che si ama, quella che, solo con una parola provoca milioni di sensazioni diverse, anche se in te, qualche attimo prima non c’era niente. E se sai di potere averla ti senti sprofondare in un abisso, soprattutto nei momenti in cui ti senti triste o abbattuta, per un motivo qualsiasi, e non vuoi altro, solo che lui ti stringa forte.

«…ie…Mie? Ci sei? » La voce di Ed Warner la riportò alla realtà, cioè al centro di Amburgo. Non sapeva nemmeno lei perché avesse accettato di uscire con lui, quel pomeriggio, non aveva ascoltato una sola parola di ciò che aveva detto. Non poteva continuare così, quel ragazzo non si meritava un simile trattamento!

«Si…scusa, mi ero distratta; hai detto qualcosa, Ed? »

«Ti avevo chiesto se avevi voglia di mangiare qualcosa, un ragazzo tedesco mi ha suggerito un locale dove fanno una cioccolata calda davvero ottima! » Propose il ragazzo con entusiasmo.

«Si, va bene! » Rispose Mie sforzandosi di sorridere e sembrare allegra.

Il ragazzo la portò nello stesso locale in cui lei e Dyana erano andate qualche giorno prima, dopo il servizio fotografico. Quando si trovò davanti una bella tazza di cioccolato fumante le sue preoccupazioni svanirono, anche solo per un’istante.

«Sei proprio golosa, eh? » Disse Ed ridendo all’espressione beata sul volto di Mie nel momento in cui questa aveva portato alla bocca la tazza. Lei annuì. «A volte mi domando come faccia ad essere così magra! »

«Me lo dice sempre anche la mamma! » Rise lei. «che vuoi che ti dica? Sono moooolto fortunata! »

«A proposito, domani abbiamo il servizio fotografico per l’adidas, sono così nervoso! »

«E perché mai? »

«Bè, ho sentito dire che saranno selezionati solo alcuni dei giocatori giapponesi per le foto vere e proprie, poi ce ne sarà una con tutta la squadra. E se non mi scegliessero? »

«Si, è così che funziona, per questo il mese scorso sono stati richiesti dei provini. Comunque, se è la selezione che ti preoccupa, non ce n’è motivo; ti prenderanno sicuramente… » Affermò Mie con certezza.

«Come fai a dirlo? » Chiese lui di rimando.

«Bè, per la poca esperienza che ho nel campo, tu rispetti tutti i canoni stilistici; hai un bel corpo, gambe alte e muscoli ben tonificati, inoltre hai anche un bel viso…non dovrebbero avere dubbi a riguardo. » Disse Mie scrutando approfonditamente Ed. « Ma come mai ci tieni tanto ad essere scelto? Mio fratello, ad esempio, è un altro di quelli scelti di sicuro, così come Mark, ma ad entrambi non interessa affatto »

«Vedi, mi piacerebbe molto posare insieme a te per una volta…. »

 

«Ti va di fare una passeggiata? » Chiese Ed dopo che ebbe pagato il conto. Mie annuì.

Al tramonto le strade di Amburgo erano davvero suggestiva, ricche di panchine e di lampioni antichi, tutto illuminato nei colori dell’oro e del rosso. Mie era distratta, pensò Ed, ma forse era arrivato il momento di vincere ogni remora; poi sarebbe andata come sarebbe andata; meglio i rimorsi che i rimpianti.

«Mie? »

«Si, Ed? »

«Ecco… vedi…ormai sono parecchi mesi  che ci frequentiamo e usciamo insieme…occavoli…non sono molto bravo in questi discorsi!  » Esclamò mentre la ragazzina, al suo fianco, rideva di gusto. «Insomma lo sai  che mi piaci moltissimo, e che… si…vorrei che tu diventassi la mia ragazza! » Disse tutto d’un fiato evitando accuratamente di guardare Mie.

E fece bene. La ragazza si era irrigidita tutta all’improvviso e sembrava chiaramente in difficoltà. «Oh…Ed…» Balbettò senza sapere cosa dire. cosa provava lei veramente per Ed? in realtà non se l’era mai chiesto. Si, gli voleva molto bene, ma forse non era del tutto pronta a una storia con lui. Ma forse, tutto sommato, non era stato un male completo che Ed le avesse rivolto quella domanda; non doveva continuare a illuderlo, ma non sarebbe mai riuscita a chiudere con lui di propria iniziativa. « Ed…per me tu sei un amico prezioso, mi sei stato vicino in un momento terribile…ma…»

«Ma non te la senti di modificare questo sentimento e preferisci che il nostro rimanga puro amore fraterno, vero? » la anticipò lui fermandosi sotto un lampione, le mani nelle tasche.

«Oh, Ed, non sai quanto mi dispiace…»

«Non preoccuparti, Mie, ero già preparato a questo…quando ti ho posto la domanda conoscevo la risposta…In fondo penso che quello che c’è fra te e Benji sia indissolubile, malgrado tutto… » Disse sconfortato.

«Che c’entra Benji? »

«Non credere che io sia stupido, Mie. » La riprese lui. «Te lo si legge in faccia che è a causa sua che in questi giorni sei tanto giù di morale. »

«Non lo so, Ed… » Disse allora arrendendosi all’evidenza. «In effetti è come se mi fossi resa conto, d’un tratto che non smetterò mai di amarlo, anche se non posso tornare con lui.  »

«Già…» Fece il ragazzo sarcastico. «Questo è per il suo bene vero? » ù

«Sai benissimo cosa intendo! » Ribatté lei mentre piccole lacrime le bagnavano il volto.

Se c’era una cosa che Ed odiava, era vedere Mie, la ragazza che amava,  piangere. «Scusami, ti prego! » Implorò abbracciandola forte, la mani che compivano piccole e delicate carezza sul capo. «Ti prego, non piangere! Sono stato uno stupido…sono solo invidioso di Benji…ma…perché…perché ti ostini a tenerlo lontano da te?…Mie, tieni la felicità lontana da te quando ti basterebbe allungare una mano, per averla!  »

«Perché…per la mia felicità troppe persone perderebbero la propria… »

«Dovresti pensare alla tua… » Mie si irrigidì a questa frase…la sua felicità…troppo vicina per poter essere reale ed indolore. «Comunque…vuoi tornare in hotel? » Mie annuì e Ed, a malincuore sciolse l’abbraccio.

 

 

 

…To be continued

 

Ehi gente! Visto? Come promesso ho aggiornato prestissimo! La scuola è finita, che bello! Così posso dedicarmi a questa storia e ad altre che ho in cantiere e che spero leggerete una volta pubblicate( Pubblicità occulta….^____^ ).  Cmq volevo ringraziare Mary-lu per i commenti e dare il benvenuto a Rossy. Ma cero che mi fa piacere che tu commenti! Mi raccomando continua a farlo!

DRIGER dove sei finita? Torna ti prego!!!!!!!!!!!! Ç___Ç

Bene, vi invito ancora una volta a commentare e vi saluto, dandovi appuntamento al prossimo chap…vorrei fare una cosa carina, soprattutto in vista di questa famosa festa…chissà cos’accadrà?

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Capitolo 12
*** Chapter twelve ***


I wouldn’t have imagined my life without you…

 

 

 

Ciao raga eccomi qui con una nuova fic! Questa volta è ispirata a Holly e Benji e vorrei precisare che è la prima che scrivo su questo anime quindi non so come sarà e il titolo non so precisamente cosa c’entri con tutto il resto ma a me sembrava così carino…

Cmq protagonista è Benji  e la storia è ambientata durante il primo campionato mondiale, quello in Francia. Volevo anche dirvi che, per motivi di copione, le età dei nostri beniamini varieranno lievemente da quelli nell’anime (Anche perché io non ho mai capito molto bene quanti anni hanno…) e che gli spoiler saranno veramente pochini perché io non ci so fare molto…^__^’’

Poi…ah, si. I personaggi di questa storia sono tutti del loro papi Yoichi Takahashi e solo Mie è inventata da me.

Penso che sia tutto, un bacione e buona lettura!

 

 

 

CHAPTER TWELVE

 

 

 

 

 

VENERDì POMERIGGIO

 

 

 

 

 

Non si era mai visto tanto chiasso nei corridoi di quel’hotel, calciatori della Grunvald e della nazionale giapponese che andavano su e giù per le scale, gli allenatori che, gridando, cercavano di ristabilire l’ordine e gli altri ospiti che si lamentavano per tutta quella disorganizzazione. Tutto derivava dalla crescente agitazione per la nomina dei giocatori nipponici che avrebbero posato al fianco di Mie per le foto pubblicitarie.

«A che ora arriva il pullman? » Chiese Patty osservando, sulla porta della stanza, con aria di superiorità tutto quel trambusto mentre la sua amica preparava il suo borsone.

«A me hanno detto alle 5. ma si sa che in queste cose c’è sempre un bel ritardo… » rispose Mie guardando l’orologio un po’ abbattuta.

«Bene, fra mezz’ora quelli sono qui e non si è ancora saputo niente circa i giocatori che devono posare…» Disse Patty agitata.

«Patty, se non ti calmi rischi di farti venire una crisi di nervi!  »Esclamò Mie caricandosi il borsone, ormai pronto, sulle spalle. «A parte il fatto che questi tempi sono normalissimi, non sarà che ti stai agitando perché vuoi sapere, in realtà, se mio fratello sarà nella rosa? »

La sua migliore amica arrossì, allora Mie seppe di avere ragione. «Sei impossibile. »Le disse ridendo.

 Pochi minuti dopo, il manager della società pubblicitaria fece il suo ingresso in hotel tutto trafelato, annunciando che non c’era tempo da perdere e chiese che tutti giocatori giapponesi fossero riuniti in sala conferenza.

«Bene, ragazzi;» Cominciò l’uomo «Come sapete l’adidas vuole una cosa che faccia colpo, che attragga l’attenzione degli acquirenti e noi della società Aganima gliela daremo, per cui non ci sarà da prendersela da parte di coloro che non saranno scelti per posare al fianco di Mie Atton, per il catalogo,  intesi? » Premise. «E comunque non dimenticate la sessione fotografica di domani con tutta la squadra che serviranno per le riviste sportive! »

Nella sala si levò un mormorio d’assenso.

«Dunque, » Riprese l’agente pubblicitario «i ragazzi che ora elencherò si tengano pronti, non ci sarà bisogno di alcun effetto personale, ogni cosa utile sarà fornita dall’ agenzia; poserete indossando, ovviamente, capi originali adidas. Dunque, ovviamente ci sarà Mie Atton, ragazza immagine per l’Adidas, e poi, in seguito ad attente selezioni, i seguenti atleti; » L’attenzione dei ragazzi si moltiplicò improvvisamente. « Oliver Atton, » Mie sentì Patty al suo fianco saltellare di gioia « Mark Lenders, Ed Warner, Philip Callagan, Julian Ross e Benjamin Price. »

Mie sentì il terreno mancarle sotto i piedi, non ascoltò una sola altra parola dell’uomo; detestava ammetterlo, ma dubitava che la sua solarità trasparisse dalle foto se Benji era nei paragi.

 

Il pullman che i ragazzi avevano utilizzato per spostarsi, si fermò nei pressi di una imponente struttura sulla cui facciata era scritto “Studi fotografici Graendelrg” . Mie sobbalzò sul sedile alla vista di quella scritta.

«Cosa c’è signorina Atton…le viene per caso in mente qualcosa? » Chiese sarcastico l’agente pubblicitario dell’Anagima.

«Lei mi chie…è lui, Albert Graendelrg?  » Disse eccitata. « Uno dei più grandi fotografi del mondo! Fotograferà me?! Oh, mio dio, non ci credo! »

«Ci creda, ci creda…» Affermò l’uomo ridendo di gusto. «Forza ragazzi, in ordine e soprattutto, professionalità! » Disse poi rivolto ai sei giapponesi.

Entrati negli imponenti studi fotografici, Mie fu accompagnata da una deliziosa ragazza nel suo camerino, i sei giocatori in quelli riservati a loro.

Benji si sentiva lievemente a disagio, era la prima volta che doveva posare davanti ad una macchina fotografica, il solo pensiero che la sua immagine avrebbe fatto il giro del mondo, gli faceva venire i brividi; certo, era già successo, ma era apparso sul giornale, fotografato mentre giocava a calcio, non in foto pubblicitarie! In fondo questi erano un po’ i sentimenti di tutti e sei i ragazzi; ma lui aveva una ragione in più per essere agitato, sarebbe stata la prima volta in cui avrebbe visto Mie al lavoro.

 In breve tempo i ragazzi indossarono il primo capo e uscirono dai camerini, inconsapevolmente diretti in sala trucco, dove li aspettava Mie, già nelle sapienti mani del suo make up artist. Benji la osservò, incantato dalla sua professionalità, il modo in cui chiudeva gli occhi o voltava il capo rispondevano esattamente al tocco delicato delle abili mani truccatrici; stava diventando sempre più brava.

«No, scusate, noi dovremmo lasciarci mettere quella robaccia sul viso? » Fu l’obiezione shockata di Mark quando un ragazzo lo fece accomodare e preparò una base di fondotinta coprente. Ci volle non poco per convincere lui e gli altri a farsi “ritoccare” e correggere il colorito del viso, ma la pazienza e la virtù degli audaci e in un paio d’ore la questione giunse al termine.

Gli occhi di Benji corsero a scrutare Mie; era davvero bellissima. la truccatrice aveva fatto in modo che il risultato fosse naturale, ma che i suoi bellissimi occhi risaltassero, così la sue morbidissime labbra, i capelli erano lievemente mossi, raccolti su un lato del capo,e la linea femminile della nuova collezione primaverile dell’adidas, sembrava disegnata appositamente per lei, sul suo corpo.

«Oh…tu devi essere Mie Atton, vero? » Un uomo sulla trentina, con un simpatico pizzetto, si avvicinò a Mie stringendole la mano. «Io sono Albert Graendelrg, è un vero piacere fare la tua conoscenza: »

«Il piacere è tutto mio signor Graendelrg… » Rispose Mie agitata e rossa in viso.

«Andiamo! » Fece quello. «Così mi fai sentire vecchio, chiamami Albert! »

Il fotografo e i ragazzi si spostarono nella stanza adibita a studio fotografico, già attrezzata con luci, teli, scenografie varie e quant’altro poteva servire.

I sei ragazzi sembravano un po’ impacciati, mentre Graendelrg li disponeva a suo piacimento sulla scena, in modo diverso di volta in volta. Mie invece sembrava fosse a casa sua, talmente a suo agio che sembrava non recitare affatto, nei panni del maschiaccio, come Albert le aveva chiesto, e come richiedeva la piccola recita che si stava tenendo sul set.

Mie aveva abbandonato ogni paura, la presenza di Benji non le dava alcun fastidio, anzi, la spronava a dare il meglio di se; per quanto riguardava Ed, sembrava che fra loro non fosse successo assolutamente niente, regnava una complicità assolutamente unica. Anche il fotografo, già di suo abituato a fotografare l’anima delle persone, se ne era accorto. Ma aveva notato qualcos’altro, molto, molto più profondo.

«Bene, ragazzi! » Disse dopo circa tre ore. I ragazzi erano un po’ stanchi, ma si erano divertiti un mondo a interpretare i vari ruoli «Abbiamo finito, complimenti! » Aggiunse battendo le mani ai suoi modelli. «Ah, Mie, Price, voi due no, ho ancora un paio di foto per voi. » Fermò i due ragazzi mentre si stavano dirigendo verso la porta.

«Che cosa vuole fare? » Chiese il giovane assistente fotografo in un sussurro, leggermente divertito; sapeva che il suo datore di lavoro amava cambiare tutte le regole.

«Lo vedrai stasera…» Rispose l’altro misterioso. «Useremo il cambio facoltativo fornito dall’agenzia. »

         «Bene  » Sospirò Graendelrg quando Mie e Benji si furono cambiati. Lei indossava dei pantaloncini corti di jeans, con una maglietta azzurra che le lasciava scoperto l’ombelico, ai piedi delle bellissime scarpe bianche. Lui aveva una tuta sportiva piuttosto bella, senza maniche, metteva in mostra le belle spalle muscolose. «Mie, tu mettiti qui, » Disse Albert mostrandole il centro della scena. «Benji, tu abbracciala da dietro, » Il ragazzo obbedì imbarazzato «Forse è meglio se incrociate le dita…bravi così.  » Fece qualche passo indietro per osservare il complesso. «Perfetto! E ora, sorridete! »

 

Ancora tremante, Mie si sedette sul letto della stanza N° 62, quella di Patty; erano circa le dieci, la giovane modella era tornata da pochissimo dallo studio fotografico, il tempo di una rapidissima doccia ed era corsa dalla sua migliore amica.

«Che hai? » Le Chiese questa, impegnata con un’altissima montagna di vestiti gettati a casaccio sul letto «Questo ti piace? » Le mostrò un abitino color glicine che,probabilmente, aveva intenzione di indossare domenica, alla festa .

«In che senso…che ho? » Ripeté lei annuendo.

«Sei corsa qui come un lampo, tutta trafelata, sospiri da quando hai varcato quella soglia e mi chiedi in che senso?  »

In effetti Patty aveva ragione, aveva qualcosa. Le raccontò con minuzia di particolari  la lunga sessione fotografica, della sua eccitazione alla sola vista dell’insegna degli studi fotografici, la quale recava la scritta “Albert Graendelrg”; di come la sua amicizia con Ed sembrava non aver subito alcun danno, di come la loro complicità si era mostrata durante tutto il pomeriggio, mentre dominavano la scena e, soprattutto del megagalattico divertimento.

«Avrei tanto voluto essere con voi! » Aveva commentato sospirando Patty.

Poi era  giunto il momento di spiegare ciò che Mie “aveva”; le parlò dell’idea di Albert, delle foto supplementari.

«Hai posato da sola, con Benji!? » Esclamò Patty eccitata. «E allora? »

«Non c’è niente da essere allegri, Patty… » Ribatté Mie con occhi languidi, che esprimevano un profondo tormento interiore. «È stato così bello tornare fra le sue braccia…ho sentito di nuovo il suo profumo e mi stringeva così forte…mi è mancato il fiato, Patty…ma ero costretta a sorridere…» Aggiunse mentre delle lacrime birichine correvano sul suo viso. Patty corse ad abbracciare la sua migliore amica, la vedeva soffrire così da tre lunghi anni, ormai, dibattuta tra quella che era la sua volontà, ovvero quella del signor Marshall, e il suo struggente desiderio di stare con Benji, ma tutto questo doveva finire. Assolutamente! Non le importava più di quello che pensava Olly, a costo di sbagliare, a costo di perdere la sua migliore amica, lei avrebbe aiutato Mie.

 

«Allora, che te ne pare Rob?  »Chiese Graedelrg al suo giovane assistente mentre, con delle sottili pinze tirava fuori dall’acido e fissando con una mollettina le ultime foto che aveva scattato quel giorno che, alla debole luce della camera oscura si intravedevano appena.

Lui, un ragazzo sui vent’anni, dai capelli biondi e grandissimi occhi castani, si chinò, guardando molto da vicino la foto che gli veniva mostrata.

«Sono bellissime, Albert, ma…perché? » Chiese semplicemente il ragazzo fissando una foto che ritraeva la signorina Atton con Benjamin Price.

«Non noti nulla di particolare in quei due? » Odiava rispondere ad una domanda con una domanda, ma quella sorta di indovinello lo divertiva.

«Non saprei…si tengono per mano e si guardano… si guardano negli occhi…probabilmente perché lei oggi ha chiesto loro di fingersi innamorati… » Disse Rob.

«Ottima deduzione ragazzo…solo che, vedi, se li guardi più attentamente, » ed indicò una foto in cui, invece, i due erano abbracciati. «vedrai che non fingono affatto… »

 

 

…To be continued

 

 

 

 

Allora? lo so che qualcuno si aspettava la festa, ma quella ci sarà nel prossimo chap, e forse sveleremo anche questo segreto di Mie! Vi aspetto!

COMMENTATE!!!!!!!!

 

 

 

 

 

   

 

 

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Capitolo 13
*** Chapter thirteen ***


I wouldn’t have imagined my life without you…

 

 

 

Ciao raga eccomi qui con una nuova fic! Questa volta è ispirata a Holly e Benji e vorrei precisare che è la prima che scrivo su questo anime quindi non so come sarà e il titolo non so precisamente cosa c’entri con tutto il resto ma a me sembrava così carino…

Cmq protagonista è Benji  e la storia è ambientata durante il primo campionato mondiale, quello in Francia. Volevo anche dirvi che, per motivi di copione, le età dei nostri beniamini varieranno lievemente da quelli nell’anime (Anche perché io non ho mai capito molto bene quanti anni hanno…) e che gli spoiler saranno veramente pochini perché io non ci so fare molto…^__^’’

Poi…ah, si. I personaggi di questa storia sono tutti del loro papi Yoichi Takahashi e solo Mie è inventata da me.

Penso che sia tutto, un bacione e buona lettura!

 

 

 

CHAPTER THIRTEEN

 

 

 

 

 

DOMENICA MATTINA.

 

 

 

Aprì la finestra inspirando a pieni polmoni l’aria fresca del mattino; erano le 11 di una splendida domenica; finalmente, quella scomoda convivenza era cessata senza troppi incidenti. Solo un piccolo intoppo, una cosa da nulla, infondo, una cosina sciocca, un minuscolo bacio, un incontro senza conseguenze…se non un disperato desiderio di baciarlo di nuovo e di stringerlo, di accarezzare il suo corpo. Il dolore tornò sul viso di Mie che non riusciva a sorridere da un paio di giorni, ormai, troppo preoccupata dalla possibilità di non avere mai più la possibilità di rincontrare Benji, dopo la fine di quel campionato. Lo amava, ne era certa ma non sapeva assolutamente cosa fare. Da un lato avrebbe tanto voluto gettarsi fra le braccia di Benji, dall’altro avrebbe voluto trattarlo con una tale freddezza da non farlo più avvicinare a lei e da farlo pentire per quelle poche volte che l’aveva fatto da quando si erano lasciati. Chissà, magari un giorno si sarebbero rincontrati e allora nessuno avrebbe avuto più niente da ridire sul loro rapporto; e magari, con il tempo, tutto quello che era successo non le sarebbe sembrato più un errore madornale, ma una scelta fatta per il bene di Benji.

Un improvviso, ma insistente bussare la riportò alla realtà. Non avrebbe voluto vedere nessuno, in realtà, ma inspirò profondamente e diede una rapida occhiata allo specchio, accertandosi di avere almeno un aspetto decente; mica tanto! indossava il suo caro pigiama con i gattini, ai piedi le ciabattine coordinate e i capelli erano leggermente sconvolgenti, esattamente come possono esserli quelli di una che si è appena svegliata e, oltre tutto, aveva due occhiaie orribili sotto gli occhi scuri. Bussarono ancora, questa volta più a lungo. Un po’ scocciata aprì la porta, desiderando di richiuderla subito dopo a causa delle condizioni sciatte con cui si era presentata al suo ospite. Due occhi scuri, di un nero intensissimo la squadrarono da capo a piedi, lievemente shockati…la bocca tendente a spalancarsi si trattenne per puro rispetto. Mie si lisciò i capelli con le mani, portandoseli dietro le orecchie, poi sorrise, vagamente evasiva. «Ciao Ed… » Salutò. «Cosa posso fare per te? » Intanto lo invitò, con un gesto della mano, ad entrare.

«Volevo parlarti. » Rispose il ragazzo entrando e shockandosi ancora di più alla vista delle condizioni della stanza di Mie.

«Scusa il disordine, mi sono appena alzata. » Si scusò notando lo sguardo di Ed fissato sul letto sfatto e sui suoi vestiti in disordine. «Non mi sono sentita molto bene ieri… »

«Figurati…Dimmi, Mie  » Fece all’improvviso come se niente fosse. «Sai della festa di stasera, vero? »

Mie annuì. «Non penso che ci andrò.  » Disse.

«Ah…no…perché io, io pensavo di invitarti… come amico, s’intende…»

 

 

Patty percorreva decisa il corridoio del secondo piano, sotto gli occhi attoniti dei giocatori della Grunvald che erano usciti sul pianerottolo per chiacchierare. Aveva un groppo alla gola, paura di quello che stava per fare, ma aveva preso una decisione e ci aveva meditato per un giorno intero; era ora di porre fine a quel casino! Si fermò davanti alla porta della stanza numero 57 e bussò dapprima timidamente, poi sempre più insistentemente. Finché un ragazzo biondo non venne ad aprire.

«Si? » Fece questo alzando un sopracciglio al vedere una ragazza in quell’ala dell’albergo.

«Ahm…scusa. Devo aver sbagliato stanza, cercavo Benjamin Price… Ora vado a chiedere in reception…  »Fece per allontanarsi, ma il ragazzo la trattenne per un braccio.

«No…non hai sbagliato, Benji è dentro…vieni. » Disse.

«Chi è? » Una voce allegra giunse dall’interno.

«Una ragazzina che ti vuole.  » Rispose il tedesco.

«Dyana? » Chiese Benji ridendo mentre veniva alla porta.

Patty spalancò la bocca ne vedere il ragazzo mezzo nudo con solo l’asciugamano avvolto intorno alla vita; i capelli bagnati appiccicati alla fronte. «No, sono io Benji… » lo corresse «devo parlarti… » Prese un gran respiro ancora incerta se restare o fare una megafiguraccia e scappare via. «si tratta di “quella cosa” …» 

Benji sgranò gli occhi sentendo il cuore balzargli in gola. Poi annuì. «Karl, lasciaci soli per favore… » Disse senza distogliere i suoi occhi da quelli di Patty.

Quando il tedesco se ne fu andato Benji invitò la ragazza ad entrare e la fece accomodare sul letto, in mancanza di sedie. «Dammi cinque minuti, sono subito da te.  » Le disse chiudendosi in bagno. Gli tremavano le gambe, di lì a poco avrebbe saputo tutta la verità. Non sapeva perché Patty lo faceva, ma gliene era grato.

Quando Benji uscì dal bagno, stavolta completamente vestito, Patty strinse i pugni talmente forte che le nocche divennero bianche; alzò gli occhi e allora il ragazzo, con i caqpelli ancora bagnati, fece per parlare ma Patty lo precedette. «Premetto che ti dirò tutto solo per il bene di Mie, non per altro. » Disse alzandosi in piedi e guadagnando la finestra. «Sto rischiando molto per raccontartelo…ma lei è la mia migliore amica, il suo bene viene prima di tutto.  »

Benji annuì. «So cosa stai cercando di dire…ma questa sarà la mia ultima carta. »

Patty esitò, ma comprendeva le ragioni di Benji; per quanto amasse Mie non poteva continuare a soffrire così tanto. «Ti ricordi quando sei stato boicottato? Insomma, quando ti hanno aggredito? » Esordì. Il portiere giapponese annuì, il volto concentratissimo. « Mie passava dalla terribile depressione di non poterti vedere alla gioia che seguiva le tue telefonate. Quando poi tu le annunciasti il ritorno in squadra cominciò a sprizzare gioia da tutti i pori finché non accadde “qualcosa”. »

Benji deglutì più volte a vuoto, annuendo, «Io gli ho detto della proposta di Marshall, la storia della Germania. » Disse

Patty lo guardò attonita poi scoppiò in una fragorosa risata. Il ragazzo la guardò accigliato, chiedendosi cosa ci fosse da ridere così tanto. «Scusa… » Disse Patty con le lacrime agli occhi «Ma davvero tu hai pensato che Mie potesse lasciarti per una cosa tanto stupida ed essere così egoista? »

«Non credo di aver avuto molte altre alternative…»  le fece notare lui un  po’ acido.

«Hai ragione, scusa…  » Ripeté asciugandosi gli occhi e tornando seria. « Ma davvero, lei era al settimo cielo per quello che ti stava succedendo, e piena d’orgoglio, il suo ragazzo stava realizzando i suoi sogni più importanti…non poteva essere triste…sarebbe stato stupido…come se tu fossi stato geloso del fatto che tutti potevano vedere le sue foto… »

“Io ero geloso…e lo sono ancora.” Pensò senza avere, però il coraggio di confessarlo.

«È stato qualcos’altro…proprio la paura che tu non potessi realizzare questi sogni…la paura che tu rinunciassi alla Germania. »

«Ma che idee stupide! » Esclamò il ragazzo di rimando « Non la facevo così… »

«Così come?  » Sbraitò Patty.  « Ci credo che era un’idea stupida! Gliel’ha messa in testa il tuo allenatore! »

«Il signor Marshall… » Ripeté Benji. «Ma… »

«Si, il signor Marshall. » Disse di nuovo la ragazza. «E adesso scusami ma ho da fare, se proprio ci tieni a conoscere il resto della storia fattela raccontare da Mie! » Detto questo (tralasciamo il fatto che sembrava in preda ad una crisi di nervi ) uscì dalla stanza sotto gli occhi attoniti di una ventina di giocatori tedeschi, sbraitando frasi del tipo « Dio! Ma allora e vero che non si può sostenere nemmeno mezza conversazione con quel cretino! »

 

 

 

 

 

 

 

 

…To be continued

 

 

 

Bene…ho suscitato almeno un po’ di curiosità? So che molti già avevano capito chi era il responsabile di tutto sto casino e spero che non sembri tutto banale, adesso. Cmq…mi dispiace, non c’è la festa… ma almeno siamo arrivati a domenica…^___^ “

ringrazio Rossy damynex e Driger per aver commentato

Tanti auguri a Mary-lu che finalmente a finito la scuola! Ma davvero abiti  a Bruxelles? Che bello! Ma suppongo che tu sia di origini italiane, no?

 

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Capitolo 14
*** Chapter fourteen ***


I wouldn’t have imagined my life without you…

 

 

 

Ciao raga eccomi qui con una nuova fic! Questa volta è ispirata a Holly e Benji e vorrei precisare che è la prima che scrivo su questo anime quindi non so come sarà e il titolo non so precisamente cosa c’entri con tutto il resto ma a me sembrava così carino…

Cmq protagonista è Benji  e la storia è ambientata durante il primo campionato mondiale, quello in Francia. Volevo anche dirvi che, per motivi di copione, le età dei nostri beniamini varieranno lievemente da quelli nell’anime (Anche perché io non ho mai capito molto bene quanti anni hanno…) e che gli spoiler saranno veramente pochini perché io non ci so fare molto…^__^’’

Poi…ah, si. I personaggi di questa storia sono tutti del loro papi Yoichi Takahashi e solo Mie è inventata da me.

Penso che sia tutto, un bacione e buona lettura!

 

 

 

CHAPTER THIRTEEN

 

 

 

 

 

DOMENnICA MATTINA sul tardi.

 

 

Benji, semi shockato dalle parole di Patty, che in realtà non aveva capito del tutto, restò impalato di fronte alla porta spalancata della sua stanza, dalla quale fecero capolino due o tre ragazzi della Grunvald ancora più sconvolti di lui. Fu questioni di minuti perché anche Karl tornasse in camera, chiudendosi la porta alle spalle.

«Allora? » disse curiosissimo. «che ti ha detto? »

Solo in quell’istante il cervello del portiere giapponese riprese a funzionare e ripensò a quello che Patty gli aveva detto pochi minuti prima. Il signor Marshall le aveva messo in testa a Mie

strane idee…tipo che lui non sarebbe andato in Germania…ma che senso poteva avere, e, soprattutto, che cavolo c’entrava col fatto che lei lo aveva lasciato?

Queste domande necessitavano di una risposta, e anche subito; probabilmente c’era una sola persona che poteva aiutarlo.

«Non ora, Karl, ti spiegherò tutto più tardi, quando ci avrò capito qualcosa anch’io. » Rispose sbrigativamente al suo amico che lo fissò, sbigottito, mentre usciva dalla stanza.

 

 

Mie si era appena data una sistemata, dopo che Ed era uscito dalla sua stanza. Non ce l’aveva fatta a rifiutare, lui l’aveva guardata implorante, con occhi incredibilmente teneri, e così alla fine, dopo circa mezz’ora di tira  e molla, aveva concesso che il ragazzo la accompagnasse alla festa; aveva promesso che sarebbe stata ponta entro le nove e mezza.

Il fatto che non volesse andarci non dipendeva dal fatto che non le piacessero le feste, anzi, lei adorava le feste, ma, più che altro, dal fatto che ci sarebbe stato anche Benji. E non si dica mai nel mondo del calcio che Benjamin Price, uno dei portieri più talentuosi e famosi del mondo, vada ad una festa senza un’accompagnatrice degna di tale altisonante titolo!

Chi sarebbe stata?

Una bella, alta, aitante modella, dalle curve sinuose i capelli biondissimi e occhi da gatta, o magari una show girl, di quelle tutte tette che vedeva a volte nella tv satellitare? Si sarebbe presa a schiaffi mentre pensava queste cose cattive, guardandosi allo specchio, e, per di più, su persone con cui veniva in contatto ogni giorno! Si sentì maledettamente stupida per questo. quella gelosia, che non aveva nemmeno il diritto di provare, le stava rodendo l’anima. Lei ce l’aveva un vago sospetto di chi sarebbe stata l’accompagnatrice di Benji quella sera, e sapeva anche che quest’ultima avrebbe giocato tutte le sue carte, e, nel momento in cui il ragazzo avrebbe visto Mie con un altro, non avrebbe più opposto resistenza.

Strizzò gli occhi, non voleva piangere, non doveva farlo, ritornare sui propri passi avrebbe significato essere incoerente e immatura…ma forse, si disse, se fosse stata più matura, un anno prima non avrebbe agito tanto impulsivamente, senza alcuna certezza.

 

Benji corse lungo il corridoio del primo piano, quello occupato dai ragazzi della nazionale giapponese. Decine di occhi curiosi indugiarono su di lui quando si diresse, deciso e accigliato, verso la porta di Oliver Atton. Benji sapeva che lui era la sua ultima speranza di capirci qualcosa. Infondo Mie era sua sorella, vivevano nella stessa casa, chi altri poteva saperne qualcosa? Prese un gran respiro, stringendo i pugni fino a quando le nocche non divennero biancastre, poi bussò.

Non ci fu alcuna risposta.

Benji bussò ancora.

Di nuovo niente.

«È inutile insistere, Price,  »Lo ammonì un ragazzo che scoprì essere Bruce Arper. «Il capitano è andato a fare una passeggiata in giardino! »

«Grazie Bruce!  » esclamò Benji prima di correre via, lasciando sia Bruce che tutti gli altri ragazzi giapponesi, attoniti come tanti salami.    

Percorse al contrario il corridoio del primo piano e scese nella hall, sbirciando con la coda dell’occhio la locandina della festa di quella sera, poi corse fuori, in cortile, cercando, come un  disperato, il suo amico. E non se ne sarebbe andato finchè non avrebbe ottenuto delle risposte.

«Olly! » Chiamò scorgendo il suo amico nei pressi del campo grande, mormorava fra se qualcosa di incomprensibile, poi scoteva la testa. «Olly! » Ripetè quando fu vicino al ragazzo. questo smise di parlare e lo guardò lievemente sorpreso.

«Si, dimmi… » Rispose.

«Tutto ok, amico? Stavi parlando da solo!  »

«Niente stavo…riflettendo su una cosa… » Disse l’altro con un gesto vago. « Volevi qualcosa, vero? »

«Devo ‘parlarti….di quella cosa.  »Si affrettò ad aggiungere quando vide la cordiale accondiscendenza sul volto dell’amico.

Olly cambiò immediatamente espressione. «Benji, io…non posso, lo sai che lo farei, ma… » cercò di far ragionare il portiere.

«Senti, Patty mi ha già accennato qualcosa, ma, come sai io e lei siamo molto poco compatibili e così… »

«L’hai fatta arrabbiare…bella mossa, ma io non posso aggiungere niente a quanto già detto, anche se non so cos’è.  » Fu la risposta che non suonò tanto fredda quanto Olly avrebbe voluto.

«Ti prego devo sapere che cazzo c’entra Marshall con questa storia… »

Olly si voltò e sgranò gli occhi, la voce di Benji era rotta dalla commozione, gli occhi lucidi. Ci pensò su un attimo, poi annuì.

 

Benji sedeva sotto uno dei grandi gazebo del giardino inglese dell’hotel, su una panca, di fronte a Olly, che rigirava nervosamente i pollici. « Allora,  » Esordì il portiere incoraggiando il suo amico a parlare.

«Non ricordo esattamente il giorno …ma è stato poco prima che tu tornassi in squadra per i campionati nazionali…due, tre giorni al massimo.  » Iniziò Olly, tutta l’attenzione di Benji su di lui. «Il telefono di Mie squillò e lei si precipitò a rispondere, pensando che fossi tu…sai, a quel tempo passava la maggior parte della giornata aspettando le tue chiamata…a quel tempo era felice…poteva amarti senza rimorsi… »

«Ti prego, spiegami!  »

«Quel giorno non eri tu, comunque, dato che quando rispose, due attimi dopo Mie assunse un’espressione  profondamente preoccupata. Poi uscì, eludendo tutti i miei tentativi di capirci qualcosa e disse che  mi avrebbe spiegato tutto al suo ritorno… il che  avvenne  ventiquattro ore dopo. »

«Dove era andata? » Chiese Benji veramente teso.

«A Fujisawa.  »

«Cosa!? »

«Già…quando tornò, il giorno dopo, ero talmente spaventato che la sgridai…ma lei era in lacrime… Si chiuse in camera sua, testarda e decisa a non dirmi nulla. Ma anche fuori della sua stanza, l’ho sentita piangere distintamente, ho avvertito i suoi singhiozzi disperati…andò avanti per un bel po’. Mi lasciò entrare solo a notte fonda. Voleva dirmi qualcosa…e mi disse “quella cosa”. le ci volle un po’ per calmarsi completamente, poi, preso un gran respiro, si accoccolò sul letto, come quando eravamo bambini e cominciò a parlare e tu lo sai che quando inizia a parlare non la ferma nessuno…  » Aggiunse ridendo. Nonostante volesse restare serio, anche Benji non potè trattenersi. Ricordava che nei battibecchi che aveva con Mie, lei vinceva sempre. «In un primo momento, ancora parecchio incazzata, sbraitò contro il signor Marshall ogni tipo di epiteto offensivo, e alcuni devo ammettere che non si addicevano molto a quel visino angelico. » Benji sembrava davvero molto confuso. Se davvero il signor Marshall c’entrava qualcosa in quella storia, si chiedeva a che scopo? «senti, » fece all’improvviso Olly. «Glielo ha chiesto il tuo allenatore di lasciarti. Lei ti amava – e ti ama- troppo per farlo di propria iniziativa! »

«Questo l’avevo capito! » Fece notare Benji. «Come l’ha convinta? No, perché, se c’è una cosa che so di tua sorella, è che non è così facile convincerla a fare qualcosa, se non vuole! »

«Te l’ho detto ti amava e ti ama. Marshall ha giocato i jolly, Benji…ha messo in gioco te. »

«Sii più chiaro! » Inveì il portiere impaziente.

«Insomma era stato lui a chiamarla, le aveva chiesto di vedersi subito; le aveva detto che si trattava di te…ha fatto molta pressione sulla storia della Germania e, quando Mie gli ha fatto notare che lei ne aveva già parlato con te, lui, da parte sua, le ha detto che tu avresti potuto avere dei ripensamenti, se avresti avuto lei tra i piedi…»

«Ma è assurdo, lui lo sapeva che,… » 

«Poi,   » Continuò Olly come se non fosse stato interrotto «poi ha aggiunto “ Quanto credi che potrebbe durare, è una storia a distanza, siete giovani, lui ti tradirà, fallo per entrambi “ e cose così… »

«Bastardo » mormorava Benji da qualche secondo.

«Alla fine lei non ha retto alla pressione psicologica di tutto questo. »

Dunque, quella era la verità; Benji aveva sempre pensato che conoscendola si sarebbe sentito meglio…che avrebbe avuto un motivo per essere arrabbiato con Mie, e che così, una volta sbollita la rabbia, almeno avrebbe potuto mettersi l’animo in pace. Invece non sentiva nemmeno un po’ di rabbia; né per quella straordinaria ragazza che, in un modo alquanto singolare, aveva mostrato un altruismo e una sensibilità senza pari, né per quello stronzo del suo allenatore, che aveva èrovato, invece, a dimostrargli la sua stima. Gli restava solo tanta amarezza, tanta tristezza per aver perso inesorabilmente quelli che sarebbero potuti essere tre anni meravigliosi. E un gran dolore nel cuore; dolore per quei baci mancati, quegli abbracci sospirati, per tutto quello che avrebbe potuto essere e non era stato.

«Senti, » Disse all’improvviso a Olly mentre ritornavano nell’albergo. « Quante possibilità pensi ci siano che stasera io riesca a parlarle?  »

Olly lo guardò, ben sapendo che “parlarle” significava, per Benji, cercare di rimettersi con lei. «Molte! » Rispose con gli occhi illuminati da una nuova speranza. «Senti, a proposito di probabilità, riguardo a Patty, se le dicessi che mi piace… »

 

 

 

 

 

 …To be continued

 

 

 

MI DISPIACE!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!  Lo so che avevo promesso la festa, ma non ci sono riuscita, stanotte parto per la Calabria e potrò aggiornare solo fra quindici giorni, non volevo partire senza un nuovo capitolo! Quindi chiedo venia. Aspetto tanti commenti, e grazie 1000 a chi commenta le mie storie! Alla prossima.

 

 

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Capitolo 15
*** chapter fifteen ***


I wouldn’t have imagined my life without you…

 

 

 

Ciao raga eccomi qui con una nuova fic! Questa volta è ispirata a Holly e Benji e vorrei precisare che è la prima che scrivo su questo anime quindi non so come sarà e il titolo non so precisamente cosa c’entri con tutto il resto ma a me sembrava così carino…

Cmq protagonista è Benji  e la storia è ambientata durante il primo campionato mondiale, quello in Francia. Volevo anche dirvi che, per motivi di copione, le età dei nostri beniamini varieranno lievemente da quelli nell’anime (Anche perché io non ho mai capito molto bene quanti anni hanno…) e che gli spoiler saranno veramente pochini perché io non ci so fare molto…^__^’’

Poi…ah, si. I personaggi di questa storia sono tutti del loro papi Yoichi Takahashi e solo Mie è inventata da me.

Penso che sia tutto, un bacione e buona lettura!

 

 

 

CHAPTER FIFTEEN

 

 

 

 

 

DOMENICA SERA.

 

 

 

Mie sorrise con amarezza al suo riflesso nello specchio. Avrebbe dovuto essere allegra, stava per andare ad una festa, dopotutto. Eppure quel senso d’ansia non l’aveva abbandonata per tutto il giorno, non sapeva perché, ma quella serata si preannunciava non priva di colpi di scena. Sentiva che sarebbe successo qualcosa, lo sapeva.

Si guardò, inclinando leggermente il capo; ad un’ analisi superficiale, anche attenta, niente di storto. Aveva indossato un carinissimo abito azzurro dal modello coreano, scelto da Patty per il suo spacco vertiginoso; i liscissimi capelli scuri erano stati raccolti in due trecce che, invece di darle un tocco più soft, come voleva, avevano reso la sua figura ancora più provocante. Aveva messo i tacchi e si era leggermente truccata. Si sentiva decisamente come quando usciva dalle mani di uno stailyst; leggermente a disagio. Solo che, per sua sfortuna, non c’era un set su cui sfogarsi ad attenderla.
Mentre si metteva il gloss sulle labbra si sorprese a mordicchiarsele, come aveva fatto giorni prima quando era uscita con Ed e di nuovo, ossessivamente, quel maledetto pensiero si fece largo tra la sua mente, come un bull dozer avido di terra da scavare.  

Quelle mani, quelle grandi, calde mani avevano percorso il suo corpo, lasciando scie di fuoco che riaffioravano ora sulla sua pelle increspata da mille brividi. Le mani di Benji…le sentiva ancora lì e Mie ricordava esattamente, mentre li sfiorava, i punti esatti dove si erano posate, roventi, bramose, disperate. E di nuovo affiorò quel sapore, particolare, speziato, come di zenzero, si posò sulle sue labbra, ricordandole il tocco di quelle calde di Benji. ora poteva ammetterlo, si, perché non lasciarsi andare e distruggere, per qualche istante tutte le proprie inibizioni, perché non ammettere i propri desideri? Lei aveva continuato a desiderare, dal momento in cui Benji era uscito da quella porta, che tornasse indietro, se ne fregasse di quello che lei gli urlava contro e la baciasse ancora, che la facesse sentire viva, come non si sentiva ormai da tre anni…era una gioia intima e completa che solo stare con Benji poteva darle e lei non poteva avere. E non doveva desiderarla. Asciugò con un gesto veloce una lacrima birichina che le rigò una guancia, attenta a non sbavare il mascara; fu tutto inutile, quelle ritornarono.

 

 

Benji si guardò allo specchio, visibilmente perplesso. Sembrava quello che Dyana avrebbe definito un gran pezzo di figo, ma non era del tutto convinto dei suoi capelli. li teneva così spesso sotto un berretto che non era più abituato ad acconciarli. Ci passò le mani dentro più e più volte, ma con scarsi risultati, sembravano ignorarlo completamente.

“Prova con il berretto.” Disse una remota vocina nella sua testa. No. Pensò lui, non si addiceva ad una festa. “Prova.” Sentì ancora.

Prima che potesse rendersene conto la sua mano era corsa al cappellino gettato, poco prima, sul letto; lo indossò e fece qualche passo indietro per osservare l’insieme. Niente male, davvero niente male. Perché no, si disse e decise di lasciarlo lì dov’era. Anche se già si figurava  la faccia contrariata di Dyana, la sua accompagnatrice alla festa. Si sedette sul letto, mancavano ancora dieci minuti all’arrivo della ragazza.

Quella sera non si preannunciava affatto tranquilla, Dyana aveva insistito un po’ troppo che il ragazzo la invitasse, Benji era sicuro che avesse qualcosa in mente.e sapeva anche che, se voleva, sapeva essere molto persuasiva.

Ma ben presto le sue preoccupazioni si concentrarono su ben altro; il pensiero di quella sera gli portava ansia per ben altro motivo. Avrebbe parlato con Mie ad ogni costo, non avrebbe accettato nessun rifiuto, dovevano chiarire e avrebbero chiarito quella sera. L’avrebbe costretta fosse stato necessario, al diavolo le conseguenze. Nel peggiore dei casi sapeva che rischiava di non vederla mai più, e magari anche di prenderle da qualche fan imbufalito, ma meglio i rimorsi che i rimpianti; non voleva rischiare nemmeno di guardare indietro, in un futuro, e soffrire di non aver fatto nulla per non perderla.

Avevano perso già troppo di quelle carezze e di quei baci mai dati, di quelle parole non dette, di quei sentimenti non provati, uccisi sul nascere. Sapeva benissimo che in quel modo, giocando tutte le sue carte, rischiava di non provarli mai più, ma il rimorso di non aver tentato sarebbe stato un fantasma troppo duro da sopportare, in futuro.

Si stese completamente, allargando le braccia a croce, poi, lentamente, si portò le mani all’altezza del volto, fissandole intensamente; il suo cuore batteva ancora tanto forte da fargli male al solo pensiero che, qualche giorno prima, anche se per pochissimi istanti, l’aveva sentita di nuovo sua. Sentiva ancora il sangue andargli a fuoco, nelle vene. Ma riassaporò, oltre al sapore dolce e zuccherino delle sue labbra, il doloroso attimo in cui le labbra di Mie lo avevano rifiutato, lasciandolo senza respiro. Il cuore gli aveva fatto davvero male, come se una lancia l’avesse colpito.

Guardò l’orologio e si accorse, con uno sguardo orripilato, che le nove  e trenta erano passate da alcuni minuti; Dyana lo attendeva. Si alzò velocemente e si fiondò lungo le scale e i corridoi dell’albergo. Diretto verso la hall, non si accorse di aver sfiorato, al secondo piano, Ed che aveva un’aria alquanto nervosa.

 

Patty uscì dalla sua stanza e spiò il ballatoio del secondo piano, mentre si richiudeva la porta alle spalle; di Olly nemmeno l’ombra; erano le nove e trentacinque, quel benedetto ragazzo le avrebbe fatto venire un colpo, prima o poi, tutto quel nervosismo la uccideva. Accidenti a lui, perché diamine doveva portare così tanto ritardo? Anche per chiederle di mettersi insieme ci aveva messo sei anni! E ancora non si era deciso a baciarla! Persino Ed era arrivato, lo vedeva, davanti alla porta di Mie, poco più in là, bussare intimidito e nervoso. E lui, invece, lui, probabilmente, era il ragazzo più in ritardo in tutto l’ hotel, ben quindici minuti!

Passeggiando avanti e indietro sul ballatoio, finì col fermarsi davanti allo specchio; darsi un’ultima occhiatina, non avrebbe certo migliorato le cose, ma di sicuro non avrebbe fatto male. Non era bella come Mie, certo, ma con quella gonna nera e la maglia azzurra scollata, stava proprio bene, sembrava più grande e i tacchi alti la slanciavano. Si, andava tutto bene, sarebbe andato tutto bene quella sera, se lo sentiva. Poi non vide più nulla, sentiva solo due grandi mani premere sugli occhi e un intenso brivido correrle lungo la schiena. Rise divertita da quel gioco e sollevò le mani per sfiorare quelle del ragazzo alle sue spalle. «Olly! » disse dolcemente prima di voltarsi.

«Ti prego,  » Disse questi prima che la ragazza proferisse parola «perdonami, ci ho messo un po’ più del dovuto a prepararmi…lo sai, no? Sono un po’ narcisista! »

«Solo un po’? » ironizzò Patty ridendo « Su, forza, andiamo… gli altri sono già tutti di sotto… »  L’imbarazzo e il nervosismo erano solo un ricordo.

 

Mie entrò nella sala delle feste; era una stanza ampia e spaziosa di forma quadrata, circondata per due lati da un’ampia terrazzina alla quale si accedeva tramite grandi porte vetrate. La stanza era avvolta da una lieve musica e dalla semi oscurità, tagliata da grandi fasci di luce colorata, talmente luminosi che dovette strizzare gli occhi, perché irritati. In fondo, contro una parete, un lungo tavolo imbandito con un ricco buffet. Ma il suo stomaco ebbe una strana reazione, come se venisse strizzato quando, dall’altro lato della sala, scorse la figura di Benji, accanto al quale c’era Dyana. Indossava una maglietta azzurra su un paio di attillatissimi jeans che gli fasciavano i muscoli sodi. In testa il fidatissimo berretto. Era quello il segno che lo distingueva dagli altri, quello che le avrebbe permesso di distinguerlo da qualsiasi distanza. Non fu la bellezza estrema di quella sera a lasciarla lì, sull’entrata a fissarlo, ma la tremenda voglia di baciarlo ancora e di sentire il calore del suo abbraccio, ma nel contempo sapeva di dover sopire quei desideri tanto intensi  da provocarle un intenso dolore all’altezza della gola e farle pizzicare gli occhi. Prima che nuove lacrime le rigassero il volto, sciogliendole l’eye liner e il mascara, voltò lo sguardo e si allontanò, insieme a Ed, verso Mark, che li attendeva accanto al buffet.

 

 

Benji strinse il pungo della mano destra e si morse il labbro inferiore quando, alzando lo sguardo per l’ennesima volta verso l’entrata, vide finalmente Mie fare la sua entrata. Il cuore gli si fermò. Era bellissima quella sera, addirittura più bella che tutti gli altri giorni con quel look misto fra orientale e sexy. Trovò molto carine le trecce che le incorniciavano il viso. quel visino chiaro e dalle guance rosee che sembrava tanto triste quella sera, come se Mie fosse sul punto di piangere.

E provò un immenso desiderio di baciarla e cancellare quella tristezza dai suoi occhi scuri, la tristezza, si disse Benji, non le si addiceva. Gli ritornarono alla memoria i suoi sorrisi, illuminati da una luce magica, capace di irradiare tutt’intorno gioia e serenità; la sua risata argentina, che contagiava sempre tutti in poco tempo; e tutta la dolcezza in ogni suo sguardo, in ogni suo gesto, il serico candore della sua pelle, il sapore zuccherino delle sue labbra rosee. E non avrebbe voluto altro, solo riassaporarle ancora e sentirle sue davvero, senza veder svanire all’improvviso quella sensazione…

 

 

«Guardali… » Fece Patty a denti stretti dando un colpetto a Olly che le stringeva la mano. Quando ebbe l’attenzione del ragazzo gli indicò prima Mie, poi Benji. « Si stanno mangiando con gli occhi.  »

«Si amano, Patty, ormai è palese… ma tu conosci Mie forse anche meglio di me…l’aver visto il ruolo centrale che Benji ha assunto qui in Germania nella sua squadra, non aiuta di certo le cose. Ha avuto la prova che senza di lei Benji è arrivato qui, ha realizzato il suo sogno. »

«Non ci sono prove che Marshall avesse ragione; avrebbe potuto farcela anche restando insieme a Mie. » Ribatté cocciuta la ragazza.

«è vero. » Ammise Olly. « Ma Mie è irremovibile; pensa che sarebbe segno di immaturità non fare ciò che Marshall le disse allora. Ritornare con Benji significherebbe aver sofferto per nulla, in questi anni. Tuttavia… »

«Tuttavia? »

«…nel bene o nel male …Stasera si risolverà tutto, definitivamente. »

Patty si volse sorpresa in direzione del suo ragazzo «Come lo sai? »

Olly sorrise furbo, il volto tremendamente vicino a quello di Patty. « Me lo sento. Fidati di me…  » Non vi furono repliche. Un dolce bacio aveva unito le loro labbra.

 

 

 

 

 

 …To be continued

 

 

 

Come state raga! Finalmente ecco il nuovo cap! Lo so, vi sto facendo penare, ma c’è il 95% delle possibilità che il prossimo sia l’ultimo chap! Purtroppo sono impegnatissima con la scuola e non trovo mai un po’ di tempo! vi prometto che mi impegnerò moltissimo per postare la più presto. Intanto grazie a quelli che hanno commentato lo scorso capitolo e mi raccomando, continuate a farlo! ora vi lascio, Alla  prossima!

 

P.S: Sono super felicissima che EFP sia tornato, quando è scomparso per quei problemi stavo per rimanerci secca! Erika, se puoi sentirmi, sappi che ci tengo moltissimo al tuo sito, è bellissimo, da la possibilità a me, come a tanti altri, di esprimere i propri pensieri, grazie davvero!

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Capitolo 16
*** chapter sixteen ***


I wouldn’t have imagined my life without you…

 

 

 

Ehm…..si lo so che nn vi ricordate di me, ma ho avuto tanti casini cn internet che nn ve ne parlo. Quelli di ****** nn mi aggiustano un guasto da 5 mesi e così ho rinunciato all’adsl per la linea analogica; cmq ecco il 16 capitolo, e l’ultimo sarà pubblicato a breve è praticamente già finito. A me dispiacerà lasciarvi a voi un po’ meno; ma tornerò….MUHAHAHAHAHAHA!!!!!!!!!!!!!!!

 

 

 

 

CHAPTER SIXTEEN

 

 

 

 

 

DOMENICA SERA.

 

 

 

Patty guardò il suo ragazzo incerta se dover parlare o meno. L’aveva baciata; finalmente dopo anni di attesa -che definire stressante sarebbe stato riduttivo- aveva potuto veder realizzato uno dei suoi sogni. Aveva ricevuto il suo primo bacio dalla persona che amava in una serata perfetta, l’occasione era perfetta, l’atmosfera era perfetta, la luna, le stelle, anche il blu del cielo era di una tonalità perfetta, lei, improvvisamente, si sentiva perfetta, accanto a lui. Provava una gioia intensissima e non riusciva ad esprimerla, non riusciva a fare altro che stare lì davanti a Olly con un’espressione basita ed incredula.

«I- io…non so che mi sia successo, Patty…io…»

Ma Patty scosse la testa e gli sorrise con occhi lucidi. «Non è successo nulla. » Sussurrò. «È tutto a posto, adesso…forza. » Aggiunse asciugandosi i lucciconi che minacciavano di rigarle il viso. « Andiamo a ballare adesso! »

Lo trascinò in una mischia rumorosa e ballerina al ritmo di una vecchia canzone dance inglese.

 

 

La musica assordante le rimbombava nelle orecchie e chi occhi le bruciavano fino alle lacrime, irritati dalle accecanti luci a intermittenza, si sentiva soffocare dalla folla di ragazzi saltellanti che la circondava, ma continuava a ballare al ritmo di una musica dal martellante ritmo house music - genere che tra l’altro odiava- senza curarsi troppo nemmeno del dolore al tallone e alle dita dei piedi, provocato dai tacchi vertiginosi che indossava. Ballava quasi senza pensarci, come se il movimento del suo corpo non dipendesse dalla volontà della sua mente. Ballare così l’aiutava ad allontanare il pensiero che Benji fosse lì, con un'altra e che, forse, non ci sarebbe rimasto per molto; Dyana era troppo bella perché ancora una volta Benji le preferisse Mie. Avrebbe voluto avere il coraggio di andare lì e reclamare la sua priorità su di lui. Avrebbe voluto tanto farlo, ma sapeva anche che non aveva quel coraggio che tanto anelava e sapeva anche che Benji non era un oggetto e che, dunque, nessuno poteva avere priorità su di lui, men che meno lei. Lei non era altro che una codarda. Ora si rendeva conto che aveva fatto tutto per se stessa, non per Benji. non l’aveva mai sfiorata il pensiero che Benji potesse fallire, ma nel caso in cui fosse accaduto da quali rimorsi sarebbe stata tormentata? Quali sensi di colpa avrebbero perseguitato le sue notti?  Lei sarebbe stata troppo immatura per sopportare tutto questo. Ma quelle domande, quei dubbi, non riguardavano la sofferenza di Benji, ma se stessa. L’unica sua paura era che il ragazzo che amava un giorno avesse potuto rinfacciarle di essere la causa della sua rovina. In teoria, secondo quanto il signor Marshall le aveva detto e fatto notare poco dopo il suo arrivo in Germania, avrebbe dovuto sentirsi un eroina – guarda, le aveva detto, guarda cosa è diventato grazie a quello che hai fatto per lui, la Grunvald non potrà mai più fare a meno di lui – ma lei non si sentiva bene per niente. Era troppo egoista per essere felice per Benji. si odiava per questo. ormai il danno era fatto e a lei, unica rea, non restava che piangere in silenzio; seppur vivere così equivalesse a sentirsi vuota, a morire dentro, era tutto ciò che poteva fare, nient’altro.

Si guardò intorno, sperando di scorgere un berretto azzurro, ma i ragazzi tedeschi dovevano essere un po’ troppo alti per lei. Sentì gli occhi pizzicarle violentemente e il respiro mancarle, così, dopo aver fatto un segno a Ed, si allontanò verso il bordo della pista, appoggiandosi ad un tavolo vuoto. Non vedeva l’ora che quella serata finisse.

 

 

 

Benji si guardò intorno, in cerca di sottili occhi dalle iridi scure, ma il suo tentativo di avvistare Mie in quella calca, fallì miseramente. Non era certo una che si notava poco, tanto più che quella sera le ragazze dovevano essere davvero pochine; quasi la metà dei ragazzi, dato che solo alcuni dei ragazzi giapponesi erano riusciti a trovare un’accompagnatrice. Niente, era come cercare un ago in un pagliaio. Senza contare che la maggior parte dei presenti in sala superavano Mie in altezza di almeno quindici centimetri. Non riusciva a vederla. A che scopo, poi, cercarla. Una volta che l’avesse trovata, cosa avrebbe fatto? no, inutile pensarci, non le veniva nemmeno l’ombra di quella che poteva sembrare un’idea; un po’ difficilino concentrarsi più del normale con la musica assordante che gli rimbombava nelle orecchie e Dyana che gli si strusciava contro. Era bellissima, era vero, ma lei non era Mie; non era stata la ragazzina lentigginosa dai lunghissimi capelli neri che gli portava la merende agli allenamenti, suscitando l’invidia di tutti i suoi compagni; non era quella ragazzina che, timidamente rossa in viso, gioiva con lui di ogni vittoria; quella che gli sfiorava le labbra, per consolarlo ad ogni sconfitta…no, lei non era Mie. Non avrebbe mai potuto esserlo. Le fece un segno, voleva prendere una boccata d’aria fresca. Dyana sembrò volerlo seguire, ma lui le fece segno di no. Voleva stare solo. Si allontanò verso il bordo pista, e finalmente la vide. Avrebbe riconosciuto quelle spalle piccole e graziose ovunque, stava uscendo anche lei; il terrazzino era illuminato solo dalle fluorescenti luci della sala. Mie appoggiò le mani al parapetto di pietra, guardando i monti all’orizzonte, bagnati dalla luce dei lievi raggi lunari, gli occhi scuri tristi come non mai.

«Hai intenzione di stare lì a fissarmi ancora a lungo? » gli chiese voltandosi. Gli occhi di lui corsero lungo tutta la sua figura, bella come sempre, anche in quella sua inedita tristezza. Le si avvicinò, guardando oltre l’orizzonte.

«Non mi è permesso più nemmeno questo? » Chiese.

Mie non volse il suo sguardo verso di lui, ma provò a guardare la sala. «Non preoccuparti, » la tranquillizzò Benji. «Marshall non  viene… »

Finalmente quei grandi occhi scuri si volsero verso di lui, stupiti. «Tu come… »

«Non ne voglio parlare; » disse Benji passandole un braccio dietro la schiena «non ora.  »

Mie non sapeva che fare; da quando si erano baciati, l’altra sera, non aveva pensato che avrebbero potuto stare tanto vicino ancora una volta. Quel profumo forte e allo stesso tempo morbido e semplice le pervase le narici, suscitando ricordi lontani; giorni passati, ma forse, non ancora perduti del tutto. Esitante poggiò il capo sulla sua spalla, e solo in quell’istante capì perché Benji l’aveva stretta a se. 

 

I don’t mean to be rude
Cos this is normally not my stile
Can I take you out?
I feel if I don’t ask chance will pass
and I’ll never see your face again
I’ll never see your face again,no

You maybe thinking I am strange
Not every single day,no
Beauty comes my way,so


 

Le note della loro canzone si diffusero nell’aria. Poco più in là, in pista, cominciarono a formarsi decine di coppiette che, abbracciate, si muovevano morbide al ritmo di quel lento.

«È la nostra canzone, ricordi? » sussurrò Benji.

«Si…. »


I could be the man for you
I can make all your dreams come true
Maybe I’m a fool
For saying I’m in love with you

 

Say farewell,I say so long
Say goodbye,I’ll say you’re wrong
Cos here in my arms you belong

 

«Andiamo via, » Disse improvvisamente Benji mentre le note della canzone sfumavano sull’ultimo ritornello. «Andiamo via, io e te. via dagli altri, via da Marshall, l’ultima sera, solo io e te. »

Mie lo guardò, gli occhi quasi spalancati. Mille sentimenti contrastanti si agitarono nel suo cuore. La sua anima gridava si con tutte le sue forze, voleva scappare voleva sentirsi di nuovo sua, di nuovo viva, assaporare di nuovo il sapore speziato di quelle labbra morbide; ma la sua testa le diceva di no, che era bagliato; sarebbe stato difficile ricominciare tutto da capo. «Si…» eppure valeva la pena provare.

 

 

 

 

 

   …To be continued

 

 

Ecco la traduzione della canzone; sono solo alcune strofe. È  dei blue si intitola

Love at first side.

 

“Amore a prima vista.”

 

Non vorrei essere sgarbato
Perchè di solito questo non è il mio stile
Ti va di uscire con me?
Sento che se non ti chiedo una possibilità passerà
E non vedrò il tuo volto mai più
No, non lo vedrò mai più

Forse penserai che sono strano

Ma non tutti i giorni

Incontro la bellezza sulla mia strada

 

Potrei essere il ragazzo per te

Potrei realizzare tutti i tuoi sogni
Forse sono stupido
Per dire che sono innamorato di te

 


dimmi arrivederci, ti dirò che ti sbagli
perché tu appartieni alle mie braccia

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Capitolo 17
*** 17 ***


I wouldn’t have imagined my life without you…

 

 

 

Ciao raga eccomi qui con una nuova fic! Questa volta è ispirata a Holly e Benji e vorrei precisare che è la prima che scrivo su questo anime quindi non so come sarà e il titolo non so precisamente cosa c’entri con tutto il resto ma a me sembrava così carino…

Cmq protagonista è Benji  e la storia è ambientata durante il primo campionato mondiale, quello in Francia. Volevo anche dirvi che, per motivi di copione, le età dei nostri beniamini varieranno lievemente da quelli nell’anime (Anche perché io non ho mai capito molto bene quanti anni hanno…) e che gli spoiler saranno veramente pochini perché io non ci so fare molto…^__^’’

Poi…ah, si. I personaggi di questa storia sono tutti del loro papi Yoichi Takahashi e solo Mie è inventata da me.

Penso che sia tutto, un bacione e buona lettura!

 

 

 

CHAPTER SEVENTEEN

 

 

 

Una strada periferica di Amburgo, malamente asfaltata, scivolava sotto le ruote della moto scura di Benji; il vento era freddo e, nonostante Mie avesse un casco integrale, lo avvertiva chiaramente, sotto la visiera. Si stringeva forte alle spalle di Benji, grandi, forti, dietro le quali provava  ripararsi dal vento. Sentiva un qualcosa rigenerarsi dentro; si sentiva di nuovo felice, sapeva quello che stava per fare, lo sapeva e non se ne pentiva.

 

«Andiamo via, solo io e te, l’ultima sera. » Le aveva sussurrato sulle note della loro canzone, dolcemente, come temendo di rompere un precario incanto.

«Si » aveva risposto quasi senza pensarci.

Benji le aveva chiesto di cambiarsi; con quell’abito lungo e i tacchi sarebbe stato impossibile per lei salire in moto. E così, sotto lo sguardo incuriosito di Patty, Mie era salita in camera per cambiarsi ed aveva indossato un paio di comodi jeans, una maglietta e la giacca a vento. Si era precipitata di nuovo in sala, dove Patty aveva cercato di fermarla, di avere una qualche spiegazione per quel tanto concitato movimento. Ma quando Mie scosse la testa, chiedendo il silenzio, precipitandosi poi verso la scala principale, quella che portava all’uscita, Patty la seguì con lo sguardo. Le bastò un attimo solo, un sorriso troppo ampio, il rossore profuso sulle guance, per capire.

«che c’è? » chiese Olly avvicinandosi, «dove va Mie? »

Patty scosse la testa. Lo baciò dolcemente sulle labbra. «va dove le menzogne e il rancore  non la toccheranno più. Dove potrà essere felice, di nuovo. »

 

Mie si guardò intorno ancora un po’ spaesata mentre si toglieva la giacca e la poggiava sulla panca all’entrata.

L’appartamento di Benji era così accogliente, così caldo. Fece pochi passi alla penombra, lentamente. Chiuse gli occhi e assaporò il profumo di Benji, tutto, intorno a lei ne era intriso; dolci ricordi riaffiorarono alla mente; il primo bacio, la vittoria del campionato, tutti i momenti più importanti che avevano vissuto insieme e quel bacio, nella camera dell’albergo, la notte prima. Riassaporò quella sensazione, un misto di gioia, attesa, disperazione; sentiva tutto ancora sulla sua pelle, come se le stesse vivendo in quell’istante. Improvvisamente le sembrò di essere a casa. Nel luogo dove avrebbe sempre dovuto essere.

«è stato Olly. » la voce di Benji la riportò alla realtà. Stava di spalle, appoggiava le mani su di un grande tavolo in salotto, il capo chino. «Non avercela con lui, ero disperato; avrà avuto pena per me. » rise amaramente. « voglio che tu sappia  che Marshall aveva torto, non avrei mai abbandonato il mio sogno, e non ti ho mai tradita. Nessuna poteva sostituirti, nessuno avrebbe potuto essere più bella di te. Non potevo amare nessun’altra. »

«Benji… »

«So che, tecnicamente, non stavamo più insieme, ma, ogni volta che una ragazza mi sfiorava, capivo che non avrei mai più provato quel calore che solo tu sapevi darmi, nessuna mi avrebbe dato le stesse cose…nulla sarebbe stato più uguale. »

Il ragazzo si voltò lentamente, aveva lasciato rifluire le parole alla rinfusa. Aveva cercato di aprirle il suo cuore, di dirle ciò che in quegli anni gli era mancato di più.

Mie si teneva il volto tra le mani; con grande stupore di Benji, stava piangendo. «io ti amo, Benji, » singhizzò « non ho mai smesso di farlo, te lo giuro! Non potevo. Ci ho provato; lui, lui mi ha fatto credere che per te sarebbe stato meglio, che solo così avresti realizzato il tuo sogno…ma ogni giorno che passava, stavo sempre peggio, senza di te, non sarebbe mai stato lo stesso…Ed ha provato a farmi cambiare idea, ma non odiarlo…è stato buono con me, ha avuto pazienza, mi ha amata in modo dolce…ma io non sono mai stata in grado di ricambiarlo, io gli volevo bene, ma non lo amavo come lui desiderava. la mia testa mi diceva di ricambiarlo, che magari lui avrebbe potuto lenire le mie ferite. Ma stare con lui non faceva altro che ricordarmi quanto tu mi mancassi e, invece di cancellarle, non ha fatto altro che farmi soffrire ancora di più… e l’altro giorno quando mi hai baciata…»

In pochi passi Benji annullò la distanza fra loro due. «Lo so, » mormorò accarezzandole il viso, asciugando quelle lascrime che poco le si addicevano. «lo so… quando mi hai lasciato il mio mondo è finito. Perdonami se l’altro giorno ti ho mancato di rispetto…ma non ce la facevo più a starti lontano, io…»

Mie lo zittì, sfiorandogli le labbra con le dita. « è stato il momento più bello della mia vita,» mormorò « ritrovarti, toccarti di nuovo, non dimenticherò mai quell’istante… baciami…baciami Benji…»

Fu forse la forza della disperazione a tenere in piedi Mie. Quando Benji toccò le sue labbra, il mondo intorno a loro si annullò, il cuore batteva talmente veloce da sembrarle impazzito, le gambe tremavano, sotto il peso di un’emozione che non pensava di poter provare di nuovo.

Fece correre le sue mani sulle braccia forti di Benji e, passandogli una mano tra i capelli, lo attirò di più a se.

Non voleva perdersi nemmeno un’istante, voleva che il sapore di Benji, il suo odore, restassero impressi a fuoco nella sua mente e sul corpo. Questa volta, non oppose resistenza quando, dolcemente, Benji le sfiorò le labbra con la lingua, invitandola ad abbandonarsi a lui. Schiusa le labbra, lasciando che fosse lui a guidare il gioco più antico del mondo. Non immaginava che Benji sapesse essere tanto sensuale. Le sue mani, il suo respiro, il suo calore; tutto, voleva sentire tutto di lui.

Un brivido le percorse la schiena quando, con delicatezza, Benji abbandonò le sue labbra per dedicarsi al suo collo bianco; inizialmente si limitò a sfiorarlo con le labbra, poi, i  suoi baci si fecero più bramosi e intensi e le sue mani, grandi e vigorose, scesero lungo la schiena, esplorando le curve armoniose di lei.

Mie desiderava Benji più di ogni altra cosa. Aveva avuto la conferma che lui era solo suo, suo e di nessun’ altra, tutto di lui gli apparteneva. Ora, lei voleva ricambiarlo, voleva donargli tutto, il suo cuore, la sua anima, il suo corpo.

«Benji…» gli sussurrò con timidezza, financo con timore «fa l’amore con me…»

Benji si abbandonò con una sorta di incoscienza  a quella richiesta tanto dolce e, al contempo, disperata, tanto da sembrare una preghiera.

La delicatezza, la dolcezza dei baci di poco prima, lasciò spazio a una sete insaziabile delle labbra di lei, mentre le sue braccia la stringevano con vigore, contro quel corpo forte, ma ormai schiavo di lei. Nessuna, nessuna gli avrebbe mai fatto provare quelle sensazioni ancora una volta, nessuna gli avrebbe mai trasmesso quel calore; la desiderava, eppure aveva timore a toccare quel corpo esile e sottile che si stringeva al suo.

«non temere. » mormorò lei, «non puoi farmi del male, non puoi ferirmi, poiché il mio unico dolore, adesso, sarebbe lo strazio del mio cuore se ti allontanassi da me.» stavolta fu Mie a pretendere le labbra di Benji, a cercare la sua lingua, il suo palato. Si aggrappò a lui con tutta la passione e la disperazione di quegli anni passati a guardare una parete rimasta vuota, dopo che tutte le foto di Benji erano state riposte in soffitta; passati a piangere, sola in bagno, ogni volta che, distrattamente, lasciava che alcuni dei suoi ricordi, quelli più belli, i più intensi, fluissero nella sua mente; passati a sperare che un giorno, il senso di vuoto e di nulla che le albergava dentro si attenuasse. Non si aspettava che potesse essere colmato, ma che, almeno, smettesse di fare così male.

Quante notti aveva maledetto Marshall? Quante notti se stessa, per non essere in grado di essere quell’eroina che lui tanto aveva decantato?

Ma ora, tra le braccia di Benji, nulla aveva più importanza, era valsa la pena di aspettare, se la ricompensa era lui. « Ho pianto troppo, Benji; ora, fammi felice…»

 

****************************************************************

È passata mezzanotte…si disse guardando l’orologio. Una fitta pioggia cadeva fuori della finestra del soggiorno, incorniciata da una semplice tenda bianca. Lentamente, con le labbra, sfiorò l’incavo fra il collo e la spalla della ragazza che, beata, giaceva al suo fianco, abbandonata tra il sonno e la veglia; lei sorrise impercettibilmente. Il ragazzo  si allotanò con cautela, per ravvivare il fuoco del camino che, poco lontano da loro, era stato l’unico testimone del loro amarsi, del donarsi l’un l’altro, teneramente. Non aveva mai pensato a quanto struggente potesse essere ricevere l’amore altrui. C’era qualcosa di commovente nel modo in cui Mie si era data a lui. Totalmente, senza esitazione.

E lei se ne stava lì…sdraiata sul tappeto, ai piedi del divano, coperta fino ai fianchi  da un lenzuolo bianco, ignara di avergli regalato i momenti più intensi, i più belli della sua vita. Sentiva di poter anche piangere in quell’istante, tanto forte era la felicità che provava. In un attimo, mentre con lo sguardo percorreva la sua pelle bianca, gli sembrò che tutta la sofferenza che avevano dovuto affrontare fosse improvvisamente sparita, come se non ci fosse mai stata.

Mie si mosse; allungò il braccio, toccando il posto al suo finco, come se cercasse Benji. Non trovandolo si risolse ad aprire gli occhi e si sollevò puntellandosi su un gomito. «che fai lì? » gli chiese dolcemente. «stammi accanto ogni secondo stanotte, non allontanarti. »

Il ragazzo sorrise con tenerezza, si sdraiò di nuovo accanto a lei e, dopo averle baciato la fronte fresca, si adagiò sul suo petto, respirando il suo profumo.

Marshall era un ricordo lontano; quegli anni, erano un ricordo lontano. Ora c’erano solo loro due. E niente avrebbe mai cambiato le cose.

«Mie… » mormorò Benji con la voce già rapita dal sonno.

«mmm…»

«non avrei immaginato la mia vita senza te…»

Mie lo strinse più a sé e lo cullò dolcemente fin quando lui non si addormentò.

 

 

 

Se mi fosse data la possibilità di scegliere,

rifarei tutto da capo, esattamente come è stato.

Non sono mai stato perfetto,

ho fatto cose che vorrei non aver fatto.

Non ho avuto fiducia in lei, non ho fatto nulla per impedirle di lasciarmi.

Eppure, ora, con il senno di poi, so che

Se le cose fossero andate in modo diverso,

non sarei quello che sono.

E non potremmo vivere in modo così intenso i nostri sentimenti.

Ti amo Mie.

Ti amo.

E mentre le tue mani accarezzano la mia pelle,

so che provi la stessa cosa.

 

 

Fine.

 

 

Eccoci finalmente giunti alla fine.

Voglio prima di tutto chiedere scusa se questa storia, iniziata ben 6 anni fa, ha conosciuto il finale solo ora.

C’è stato un periodo in cui non mi andava più di scrivere. Ma vorrei ringraziare tutti quelli che mi hanno seguito e mi hanno fatto capire di amare questa storia

In particolare vorrei ringraziare benji79, che mi ha chiesto di continuare questa storia

È grazie a lui/lei se mi è tornata la voglia di scrivere, non solo questa storia ma anche le altre.

Quindi un grazie a tutti voi.

Vi mando un bacio. Mi raccomando, commentate, è una cosa che vi toglie poco tempo, ma rende felici, molto felici, noi scrittori.

Alla prossima.

 

 

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