Winter mail

di RedFeather1301
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Il riscatto ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Percorsi ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - L'origine del dolore ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Un passo nel baratro ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Un oggetto ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Troppe verità ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Il riscatto ***


copertinaWinter mail

I fiocchi cadono, cadono, cadono. Ricoprono tutto, anche il triste cuore di Lauren. Abbandonata ai suoi sogni viene accolta nelle gelide braccia della stagione più fredda, e come in un lungo letargo ricopre il suo cuore di neve costruendoci un pupazzo che finge un sorriso. Arriva imbrattando il suo amore, sotterrandolo sotto la neve. Scavando scavando, quanto può andare in fondo o tornare in superficie? Un fiocco di neve cadrà silenzioso sulle labbra sigillate della dea bendata.







Capitolo 1 fiocco
Il riscatto

Era buono, doveva ammetterlo, ma era amaro, o meglio sapeva di qualcosa di infinitamente amaro. Lauren si sentì invadere completamente da una tristezza cieca che faceva rabbuiare anche i suoi occhi oltre il dovuto, si ritrovò a pensare a come l'aveva lasciata, si sentiva male, voleva affogare, sparire da qualche parte...voleva morire. Una lacrima si fece strada negli occhi ormai umidi come laghi spenti, i cioccolatini ancora da un lato, ne aveva mangiato solo uno ma istintivamente ne mangiò un altro, ed ancora un altro, finché non arrivò a cinque. Era sbagliato mangiare tanti di quei dolcetti prelibati, ma si giustificò con il dolore che provava in petto, che aumentava ad ogni cioccolatino, alla fine cedette all'influsso della sua isteria.
Andò penzolante verso la cucina, voleva sparire e lo avrebbe fatto. Aprì il cassettino delle medicine all'interno di uno scaffale della cucina e ci frugò, prese un barattolino marrone trasparente pieno di pillole bianche, tempo addietro le era stata diagnosticata un'ansia cronica e le diedero questi ansiolitici per frenare gli attacchi di panico, lo stress di quei giorni era veramente troppo alto, lo ricordava ancora tutt'ora e quei farmaci l'avevano aiutata tantissimo. Ora era guarita...almeno fino ad adesso, sentiva l'ansia battere sul petto come un martello, si manteneva alla maglia con forza quasi strappandola. Prese un bicchiere d'acqua e iniziò a picchiettare sulla mano con il cilindro marroncino, finché non ne fu completamente svuotato, si sentiva tremare, un'agitazione frenetica che l'avrebbe portata al manicomio, sudava, i denti le battevano, non le era mai capitato e di colpo cadde a terra.

Girava le dita intorno al filo del telefono ancora con la cornetta all'orecchio, ne avrebbe dette quattro a quella ragazza! Sicuramente la stava facendo preoccupare per nulla, erano già sette volte che cercava di chiamarla; quella mattina era stata abbastanza brusca e la faceva incavolare quando si comportava così ma addirittura a non rispondere! No, non era da Lauren, non lo era affatto, prese una giacca e si equipaggiò veloce di una minigonna stretta e di una magliettina attillata, la calzamaglia nera le avrebbe protetto le gambe dal freddo. Uscì di casa in tutta fretta, lei era un'amica, questo era un suo dovere, quello di consolarla perché sapeva che ora era a piangere e mangiarsi tante patatine.
“Già, sempre uguale lei.”
Prese la macchina parcheggiata più in là e vi ci entrò ostinata, dopo qualche giro nella toppa della chiave il motore partì con un rombo e velocemente prese la curva per la casa dell'amica, ovviamente non immaginava cosa si sarebbe trovata davanti. Scese dalla macchina, salite le scale, bussò alla fine alla porta. Bussò più forte, poi spiò dallo spioncino, la calma di quel luogo era insolita eppure la luce era accesa.
«Laury apri dai!» bussò ancora più forte «Lauren!»
Questa volta usò un tono serio, si sentì preoccupata, così usò le chiavi di riserva che l'amica le aveva dato, entrando veloce, appena vide il suolo gridò.
«Lauren!!»

«Come diamine è potuto succedere?»
Sbottò Umberto, seduto a testa bassa con le mani strette l'una all'altra, cercando di ricomporre le idee, Federica avanti a lui, in un lungo cammino che comprendeva parte del corridoio di quel tetro ospedale. Avanti ed indietro, indietro ed avanti, sentiva di impazzire, voleva sapere come stava, era furiosa con lei ma più che altro con quello sconosciuto, e se l'aveva portata lui a fare quello che ha fatto? Sarebbe andata gentilmente da quello stronzo e gli avrebbe dato un pugno sul naso, ecco cosa!
«Sta bene vedrai...» continuava a camminare nervosamente «...DEVE stare bene.»
Quell'attesa era snervante anche per il calmo ragazzo, se avesse potuto lei avrebbe buttato qualche panca giù dalla finestra talmente era infuriata. La risposta fu data dal suono di uno dei dottori che uscì dalle porte dove Lauren era appena stata risucchiata, Umberto stava per girare la testa ma Federica lo precedette come un razzo.
«Dottore come sta?!»
«Ora è stabile...ma è ancora incosciente, non è grave per fortuna, l'abbiamo presa prima dell'azione del farmaco.»
«Possiamo vederla?»
«Ancora no, mi spiace.»
La ragazza fece un grosso sospiro di sollievo, e disse grazie a chi l'aveva protetta, perché qualcuno sicuramente c'era stato. Fece dietrofront e camminò velocemente verso l'uscita, il ragazzo la guardò in modo strano poi porse altre domande al dottore. Intanto lei arrivò all'automatic shop, prendendo uno snack che a quanto pare finì incastrato, si destò dai suoi pensieri guardando la macchinetta con ira, le piantò un calcio come se fosse destinato sia all'agglomerato di metallo sia a quell'indignato sconosciuto che avrebbe voluto picchiare come con nessun altro.
“Maledetto...che potesse andare all'inferno!”
Ancora un altro calcio mentre fu vista anche da alcuni passanti e lo snack, come per arrendersi, scivolò nel buco dove finalmente avrebbe potuto prenderlo. Lo agguantò aprendolo veloce e piazzandogli un morso enorme, Umberto le si avvicinò preoccupato dopo aver finito di scendere le scale:
«Fede calmati...»
«Calmarmi?! Io?!»
Batté un altro pugno sulla povera macchina.
«Come dovrei?! La nostra amica era un passo dalla morte!»
Umberto si sentì spiazzato e quindi abbassò lo sguardo, come un cagnolino, lei non dava cenno di calmarsi e dandogli una spallata lo sorpassò, lui si voltò.
«Che vuoi fare?»
«Cerco quello stronzo e gliene dico quattro ecco cosa!»
Aprì la porta vetrata e svanì poi, oltre il cancello.



Angolo dell'autrice

Buone feste prima di tutto!
E rieccoci su questa fic, il mio regalo per i fan di questa serie! Beh le cose si fanno interessanti no? E tutti volete linciarmi lo so, quindi mettetevi in fila per comprare il nuovo kit "lincia la scrittrice st***" a soli 9,90! Ok, finita la pubblicità possiamo andare avanti, dovevo portare avanti un altro progetto che volevo mettere prima di questo...ma mi sa che dovrà aspettare, ho avuto dei problemini per quanto riguarda alcune cosine con quella fic, oltre al blocco dello scrittore (già) ma ehi, eccomi qui! Spero ci risiate tutti...e soprattutto spero ci sia anche più gente ;) eheh.
Baci a voi tutti <3

RedFeather


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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Percorsi ***



Capitolo 2 fiocco
Percorsi

Non sapeva pienamente che fare dopo aver sorpassato le larghe porte dell'ospedale, sentiva solo una cieca rabbia montarle nel petto. Decise di andare verso la macchina come prima scelta e avviò per guidare verso casa di Lauren, avrebbe sicuramente trovato qualcosa lì oltre a delle pillole sparse a terra: un biglietto, un suggerimento magari anche un indirizzo se era fortunata! Doveva aver conservato qualcosa di quell'albino che a quanto pare si divertiva a far avere infarti alle povere ragazze! Ah, ma Lauren non si toccava, non se c'era lei vicino!
Entrò in casa con un fiume d'ira dietro ed iniziò a rovistare intorno, era in disordine in alcuni punti e molto ordinato in altri, forse per il passaggio di quella notte piena di lacrime. Si diresse nella camera da letto e guardò il computer ancora acceso, stava per spegnerlo quando notò le ultime frasi. Era la chat, la loro chat.


Dante: (Vergil) Non mi sembrava opportuno dirtelo.
Lauren: Me lo dovevi dire!
Dante: (Vergil) Per quale motivo? Non ci sentiremo per un po' ma forse tornerò in linea.
Lauren: Devo andare.
Dante: (Vergil) Cosa? Non dovevi stare più tempo?
Dante: (Vergil) Ci sei?
Dante: (Vergil) Mi dispiace di non avertelo detto prima, volevo evitare proprio questo...non sono stato educato a tenerti nascosta questa cosa, ma...
Dante: (Vergil) per favore
Dante: (Vergil) non piangere.

Lauren: Sono io, mi dispiace di essermi sconnessa così velocemente.
Lauren: Devo dirti la verità
Lauren: Io so dove abiti, vorrei incontrarti...se davvero devi trasferirti sarà l'ultima volta che ci potremmo vedere di persona.
Lauren: Voglio tu sappia una cosa che solo di persona ti potrei mai dire.
Lauren: Vediamoci sotto l'albero grande della piazza centrale, alle otto.


"Già, e chissà che ti avrà detto il signorino."
Infuriata anche da quella chat spense il monitor e il computer andando a frugare un po' tra gli oggetti, il letto sembrava completamente sotto sopra; di certo non era da Lauren una cosa del genere, infine notò un sacchettino di dolcetti, proprio nel caldo giaciglio, dov'era finito il solito gelato post-delusione?
Rovistò un po' tra le coperte anche, ma nulla saltava fuori, era frustrante vedere la casa vuota senza di lei, la sua amica e per giunta ormai considerata sorella, le vennero le lacrime agli occhi, sentimenti misti i suoi. Si asciugò col il braccio, quell'uomo l'avrebbe sentita, oh si che l'avrebbe fatto! Fece un passo indietro sbattendo il tallone contro il porta rifiuti al lato, non aveva ancora rovistato lì dentro giusto! Si chinò velocemente poggiandosi sulle ginocchia iniziando a rovistare tra le carte. Sembravano tutti scontrini e buste delle lettere di quelle delle bollette, altri erano post-it che davano un comando, sbadata com'era Lauren se li attaccava al frigo per ricordarsi le cose.
"Oh Lauren..."
Federica sorrise, con la malinconia nel cuore, riprendendo a cercare spasmodicamente qualcosa ed è lì che lo incontrò, un bigliettino che portava la scritta di un indirizzo, ma a quanto pare era a metà. Velocemente cercò il pezzo mancante ma non lo trovò, iniziò ad analizzare ciò che aveva con accuratezza, poteva essere anche un indirizzo qualsiasi dove lei sarebbe incappata e avrebbe fatto la classica figura da pesce lesso, ma qualcosa all'angolino del foglio la colpì. Avvicinò lo sguardo e notò la scritta di una industria ben nota tra quelle informatiche, le si accese la lampadina: quel foglio sicuramente era parte di quello che Friedrich le aveva dato, tutto combaciava!
Corse verso il portone richiudendolo dietro di sé, aveva una pista ora, intanto il piccolo carillon dentro la casa ricominciava a girare come se fosse stato azionato di lì a poco mentre una mano lo richiuse.

Finalmente i medici gli avevano dato il permesso di andare da lei, certo che quell'ascensore non arrivava mai! Guardò il piccolo monitor con le cifre rosse che incrementavano piano piano, doveva essere al secondo piano. Ricontrollò tutti i pacchetti, aveva preso dei dolcetti che a Lauren piaceva tanto abbinare con il thè che però questa volta era in lattina, una bottiglia d'acqua e dei fazzolettini, si c'era tutto! Con un sorriso riguardò il monitor, terzo piano, ancora...
Abbassò lo sguardo incupendosi, e quando avrebbe mangiato quelle cose? Era ancora incosciente e non dava cenno di risveglio, era felice certo che di lì a poco i medici avevano detto si sarebbe svegliata, però vederla in quell'aspetto non gli sarebbe piaciuto per nulla, così, a passo lento, Umberto scese al quarto piano. Con calma esasperante arrivò in reparto per poi affacciarsi ad una delle camere socchiuse, doveva essere lì, fece un passo e poi si fermò, un'ombra. Deglutì avvicinandosi di più, chi c'era nella stanza? Sbirciò dall'uscio semi-aperto e subito la sua espressione stupita colpì anche i pochi passanti in corridoio, chi era quel ragazzo?
Non si mosse, si limitò a vedere quello che faceva, era snello ma abbastanza robusto, non di quei palestrati tutti pompati, ma sicuramente quel corpo aveva l'aria di chi qualche addominale se lo faceva. Ad Umberto quei tipi lì non gli piacevano, era di spalle ma la cosa allampante erano i capelli, di quel chiarore bianco, ma non ingrigito, quello bianco pulito che gli fece pensare che fossero tinti, purtroppo il viso non si poteva vedere ma fu meglio così, l'avrebbe potuto notare.
Si appiattì al muro con la testa allungata come una giraffa nel vedere cosa faceva, Lauren giaceva bianca come un cencio sul lettino, mentre lo sconosciuto le si sedette vicino su una sedia adiacente, la ammirò per molto tempo poi le carezzò una mano con una delicatezza sorprendente, quasi a non volersi far sentire. Passarono innumerevoli minuti di silenzio, poi il ragazzo immobile mosse leggermente il capo in avanti, non si capiva cosa stesse facendo o almeno...
Aspetta. La baciava? Ma come? Cosa? Umberto era confuso da ciò che vedeva e subito si fece leggermente indietro, da quando Lauren aveva un ragazzo? E se fosse quello delle chat? Finito quello che sembrava un bacio si alzò, posò un pacchetto sul comodino ed uscì dalla stanza, Umberto finalmente poté vederlo ma avrebbe desiderato non averlo mai fatto. Quel ragazzo sembrava il sinonimo dell'inquietudine, i colori di ogni sua parte del corpo erano distorti ed incolore, gli unici che carpivano ed erano il centro della sua essenza erano gli occhi celesti tendenti al grigio, con quegli occhi di certo potevi andare ovunque e far piegare ogni sguardo che incrociavi, il timore che mettevano era pressoché opprimente, abbassò lo sguardo quando lo sconosciuto si voltò verso di lui per poi sistemarsi la sciarpa ed andare. Cosa diavolo era quel tipo?



Angolo dell'autrice

Beh, un po' di PoV diversi no? *arriva la folla coi forconi* ok ok! Tornerò sul PoV di Lauren presto ç_ç il tempo di farla riprendere! *si nasconde in uno sgabuzzino*
Cooomunque, sono felice di riuscire a continuare questa storia :3 e spero che anche a voi entusiasmi come stia entusiasmando me ora! Wooo-hooo!
Ok basta, ci sentiremo un'altra volta, ora mi deve passare la sbronza post-capitolo @.@ wiiii!
P.S. aggiornerò ogni due settimane di sabato o preferibilmente di domenica, so che non andrà al passo con l'inverno ma non ho molto tempo in questi mesi che verranno! Spero che l'nformazione sia stata utile!


RedFeather

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - L'origine del dolore ***


Capitolo 3 fiocco
L'origine del dolore

La testa le girava, non vedeva un palmo dal naso...o aveva ancora gli occhi chiusi? Provò a muovere una mano ma nulla, ma dov'era? Cos'era accaduto? Ricordava solo un cioccolatino, ne sentì la dolcezza in bocca, come se lo stesse mangiando in quel momento, ma aspetta, dov'era la bocca? Lentamente come quel cioccolatino si sentiva squagliare da labbra golose, non provava dolore, solo un'opprimente sensazione di paura, la paura di poter sparire.
Allora cercò di gridare, ma la bocca non rispose. Non emise un suono, è come se tutto nel suo corpo fosse cambiato. Non riusciva a vedere, a sentire, nemmeno a piangere, sembrava di essere intrappolata in una grossa statua di cera con le sue fattezze, anzi no, con le fattezze di qualcosa che non sapeva. Faceva male, non fuori, ma dentro, perché quella consapevolezza era accompagnata da un lamento senza fine, una malinconia primordiale.
“Non voglio sparire...”
Appena si accorse del suo pensiero, riaprì gli occhi, si alzò di fretta come in un brutto sogno e respirò, lo fece così velocemente che gli occhi le si chiusero inumidendosi; appena ripresa si guardò attorno, nulla, era nel mezzo del nulla. La prima sensazione si fece risentire ma con un'altra causa, le mancava l'aria, il respiro, come se quello spazio infinito si aprisse e richiudesse in lei come un eterno samsara. Gridò, Lauren gridò con tutta la forza che aveva in petto.
«Aiuto! Vi prego!»
Iniziò a correre diritto, no era indietro? Chi lo sapeva in quel posto fatto di sola ombra? Era quello che la faceva soffocare, l'ombra opprimente di quel posto, non riusciva a vedersi nemmeno lei ma sapeva che lì non esistevano pareti, muri, confini. Pianse nella corsa finché le gambe non le cedettero e cadde in ginocchio mentre le lacrime fiumavano dai suoi occhi, un ultimo sussurro:
«Aiutatemi...»
Quindi tutto divenne diverso, si spostò, si modificò con lentezza e solennità, come se fosse all'interno di qualcosa che non aveva limiti ma che in realtà poteva benissimo vedere. Era stupefatta, sbalordita quasi dal numero di giri che quel luogo, quella creatura, potesse fare, finché lo spazio intorno a sé divenne lugubre e membranoso, vivo per giunta. Ma dov'era? Dove diavolo si trovava?
Si asciugò le lacrime facendosi forza e iniziò a camminare nel labirinto di carne, il senso opprimente di quel luogo la faceva impazzire, voleva uscire il più presto possibile ed invece qualcuno fece capolino da un angolo alla sua sinistra. Ne fu sorpresa, era il venditore di quel piccolo negozietto di dolciumi, quello che le regalò i pregiati cioccolatini a forma di lacrima. Le si avvicinò, tozzo e bruttino come sempre, con un'aria inquietante e curiosa sul suo viso, come se la stesse prendendo in giro. Per un momento Lauren si sentì nuda davanti agli occhi di quel mostriciattolo, si esattamente, un mostriciattolo.
«Ti vedo alquanto confusa Lauren...»
Con espressione intontita e depressa lei lo guardò con ripudio, il piccoletto ne sembrava gioire.
«Chi sei...davvero?»
Non si mosse di un millimetro, ma come un abile ed astuto folletto malvagio la indicò, un gesto che fece sobbalzare la ragazza facendola arretrare.
«Ho avverato il tuo desiderio.»
Desiderio? Quale desiderio?
La ragazza continuava a fare passi indietro confusa, non riusciva a capire di cosa stesse parlando.
«Ti ho fatto una dom-»
«L'ho esaudito.»
Il ghigno si fece sempre più largo fino a non sembrare nemmeno umano, Lauren era impietrita dal terrore, un'ansia primordiale, peggiore di quella che necessitava le pillole. Cadde all'indietro, facendosi male al sedere, ma non le importava, ora i suoi occhi erano fissi su quelli dell'omuncolo.
“Cosa ha esaudito?”
«Il tuo desiderio.» ghignò nuovamente.
Lauren non ce la fece più.
Si alzò girandosi di colpo, scattando dal lato opposto, fuggendo più veloce che poteva, finché dopo un buon tratto non si girò e con gran sorpresa non lo vide più, fece per riprendere fiato ma peggiorò solo le cose. Risate, urla, umiliazione, tutto ciò che sentiva poteva essere descritto così e tra le pareti membranose comparvero occhi, miriadi di occhi che la fissavano, più si girava attorno più si accorgeva che quegli occhi ridevano, ridevano di lei. Urlò di nuovo finendo sulle ginocchia tappandosi le orecchie, ma le sentiva ancora, allora pianse come mai in vita sua, era opprimente, era frustrante e lei era impotente.
«Smettetela, smettetela!»

Sfogliava le pagine di quella rivista di gossip con noia, ma non avevano altre riviste decenti? Qualche cruciverba magari? Quell'ospedale era proprio sfornito. Chiuse il fascicoletto e posò tutto sul comodino, tornò a guardare Lauren rassegnato, non aveva ancora confidenza a vederla così, pallida ed immobile, quasi fosse esanime.
Gli occhi gli diventarono tristi ed Umberto d'istinto le prese la mano, stringendola con delicatezza, non era solo apparentemente morta, ma era fredda come il ghiaccio, perché i dottori si ostinavano a dirgli che stava bene? Non stava affatto bene! Bastava guardarla per capirlo, toccarla, sembrava morta.
«Lauren...»
Si asciugò una lacrima, ma prima che togliesse la mano sentì la ragazza fremere, una scintilla di speranza gli si accese nello sguardo. Piano sfiorò nuovamente la mano con la paura che le facesse male.
«Lauren?»
Nessuna risposta, solo un tremito più forte, sempre più forte, finché non iniziò a muoversi anche il letto, aveva delle convulsioni! Umberto suonò subito al campanello, mentre anche le infermiere avvertite dal piccolo allarme erano venute in soccorso, la mantennero per iniettarle qualcosa e poi tutto cessò.
Il ragazzo la guardava distante, anche più distante di quanto effettivamente era, con il viso sconvolto e la tristezza che faceva capolino.
“Lauren...”


Angolo dell'autrice

Beh, questo capitolo è più rivolto al paranormale ed alla condizione attuale di Lauren, la ragazza sta soffrendo e dentro alle sue descrizioni del mondo immaginario in cui si trova ci ho inserito abbastanza indizi per capire un po' la situazione. Congratulazioni a chi aveva capito che l'omuncolo mostriciattolo rientrava in qualcosa che andava oltre i cioccolatini! xD
Bene, come sempre vi lascio e vi invito a descrivere le vostre sensazioni e ciò che vi è piaciuto in una recensione. Spero possiate divulgare il verbo di Lauren e falla crescere come creatura! :D Mi ci sto affezionando molto, è la causa siete voi che mi avete fatto innamorare della mia stessa creazione :) prima ero abbastanza diffidente. Quindi grazie a tutti di cuore!
Al prossimo capitolo!


RedFeather

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Un passo nel baratro ***


Capitolo 4 fiocco
Un passo nel baratro

Gli occhi se ne erano andati, ora la mente si era riempita di un eco, un fischiettare lontano e dei passi, ma non facevano paura, la paura sembrava finalmente essere cessata e ciò provocava nel suo cuore un sollievo quasi palpabile tanto fosse grande. I passi si avvicinavano e lei si sentiva bloccata di nuovo nella sua stessa essenza, non era in grado di poter fare nuovamente nulla. Vide nel buio ancestrale una figura lontana, sembrava quasi una speranza, avrebbe voluto piangere dalla felicità.
"Ti prego portami via da qui, ti prego."
Con il volto teso si manifestò nella sua figura inquietante lui, la persona che le aveva preso il cuore e se l'era portato via con i pacchi del trasloco. Cercò di parlare ma non uscì nulla, quello che poteva fare era solo pensare, pensare che non stava guardando lei ma oltre.
"Vergil ti prego, liberami."
La sua espressione sarebbe stata sconvolgente se ne avrebbe avuta una: occhi sgranati, rossi e ringonfi di dolore, di paura e lacrime, la bocca invece mutata in una smorfia di assoluta sofferenza mentre si sentiva implodere da dentro; l'unica cosa che riusciva a farla sentire serena era la presenza di lui in quell'incubo così reale. Ma non la guardava, perchè guardava attraverso di lei? Ehi sono qui!
«Cosa vuoi Figlio di Sparda?»
Fu il tono dell'omuncolo che l'aveva importunata durante tutto quell'inferno a risuonarle nelle orecchie, tutto sembrava svolgersi in un'immensa caverna che lei non vedeva, la ragazza vedeva lui, lo vedeva come l'unica cosa che la riportava alla realtà che conosceva lei, senza il buio e il caos.
«Hai una cosa che mi appartiene.»
I suoi occhi si assottigliarono, chi incrociava il suo sguardo poteva sentire ogni fibra del suo corpo tremare dalla possenza di quella rabbia, anche l'omino lo fece, Lauren lo sentì, per questo il tono della sua voce si fece allarmato.
«No, io non ho nulla di vostro, come potrebbe un umile demone come me rubarvi qualcos-»
Il movimento fu così rapido e veloce che non si vide, il momento dopo una scintillante katana puntò inesorabilmente sul collo dell'omuncolo, lui per risposta alzò le mani con un ghigno poco sicuro. Non che lei riuscisse a vedere queste cose, riusciva solo a vedere Vergil, ma non l'omuncolo, quello lo percepiva.
«Non sono propenso a lasciarti in vita.»
«Ma senza di me non potete arrivare a lei...»
La voce del demone tremò, allora lui lo guardò con freddezza e colpì di netto la testa facendola rotolare sotto gli occhi di Lauren, quella la vide, la vide eccome, con gli occhi spalancati verso i suoi ancora con quel ghigno accattivante sul viso, gridò senza voce, gridò nella sua anima. Finito lo spavento guardò Vergil rinfoderare la lama, con una goccia di sangue sulla guancia candida, la toccò disgustato pulendosi con ripudio, poi se ne andò e lei cadde nuovamente in un sonno profondo, senza dolore.

Un colpo. Un battito. Occhi aperti.
Un respiro profondo.
Si rialzò mentre il beep beep veloce di una macchinetta le martellava il cervello, il cuore le era partito come un cavallo in corsa mentre, sollevata a sedersi di scatto, respirava aria pura, pulita, si sentiva viva.
«Lauren!»
La voce di Umberto la prese alla sprovvista, preoccupato la guardava con occhi da cucciolo mentre lei analizzava con lentezza attorno a sé, era tutto bianco, la macchina che suonava non era altro che qualcosa che misurava i battiti del suo cuore, girava gli occhi in quella stanza sconvolta, un ospedale, era in un ospedale. Si guardò le mani, poi si tastò la faccia e sorrise, rise addirittura, un sorriso isterico quasi, poi guardò Umberto che ricambiava lo sguardo ancora più preoccupato, un filo di voce:
«Lauren...»
Era sul punto di piangere, allora lei ricordò tutto, tutto prima della tortura, gli occhi si riemprono nuovamente di lacrime e il ragazzo l'abbracciò forte quanto poteva. Iniziò un lungo interminabile pianto, sfogando tutti i sentimenti che in quel limbo non potè esternare. Gli infermieri erano arrivati di corsa mentre lei continuava a piangere, nascosta nell'abbraccio dell'amico, quest'ultimo le carezzava i capelli e la dondolava:
«Non piangere Lauren.» diceva «Sei a casa.»



Angolo dell'autrice

Prima di iniziare ci tenevo a proclamare le mie enormi scuse per la settimana di ritardo nell'uscita del capitolo. Purtroppo n questa settimana ho avuto diverse questioni urgenti e non ho potuto proprio metterci tempo per pubblicare.
Detto questo e spero accettiate le me scuse, pubblicherò anche questo sabato/domenica in modo da rimettermi in carreggiata!
Ovviamente ringrazio chunque abbia avuto la pazienza di aspettare e a chi mi lascerà una recensione! Questo capitolo è piccolo ma è denso di vicende e soprattutto mette in chiaro il ruolo di Vergil.
Per il prossimo ci saranno altre spiegazioni ma soprattutto una succulente novità che servirà a mettere mistero nel personaggio dell'albino.
Ancora una volta alla prossima! ;)


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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Un oggetto ***


Capitolo 5 fiocco
Un oggetto

Era vero. Le ore nell'ospedale non passavano mai. La sera in cui si risvegliò la passò a piangere, a meditare su quegli strani sogni e cercare di convincere il primario che aveva sognato per davvero, cosa bizzarra, anzi, assurda per una persona in stato comatoso. Ma lei ricordava, lei aveva sognato ed aveva sognato cose bruttissime ed orrende, ma nonostante ciò aveva dormito come non mai, aveva dormito felice di essere nel proprio corpo mentre i sensi si perdevano e la mente si tranquillizzava. Così eccola di mattina, con gli infermieri che la vogliono far stare nel letto e lei che voleva alzarsi per prendere un thé al bar, la cosa che le dava più sui nervi era rimanere inferma in quel lettino da sola con Umberto che poverino andava ogni tanto a prendere qualcosa per lei. A detta loro doveva rimanere immobile fino agli esami di routine, ma lei, immobile, ci era stata già abbastanza nei suoi incubi.
Allora timidamente posò la punta del piede sul pavimento freddo senza trovare le scarpe, quindi dopo poco si arrese, provando solo l'ineguagliabile felicità di stare seduta. Dondolando le gambe in segno di noia e vedendo con la coda dell'occhio il corridoio ancora vuoto, mentre gli infermieri cambiavano turno, decise di rovistare un po' nel suo comodino, ciò che c'era all'interno non dava tanta soddisfazione: riviste, un cruciverba spiegazzato e dei tovaglioli. Sbuffò richiudendo il mobiletto, posando lo sguardo sul ripiano superiore che accoglieva degli iris, un regalo di Umberto forse. Riflettè su chi avrebbe potuto portarli quando notò una scatolina dietro il vaso; era piccola e sotto sembrava esserci una lettera, la prese curiosa iniziando ad analizzarla, pareva un piccolo regalo e la lettera piegata in due riportava una scritta su un lembo, in una scrittura molto elegante e ricercata: "For You..."
Non sapeva per quale motivo ma subito a Lauren sobbalzò il cuore e sorridendo decise di aprire il foglietto piegato in modo impeccabile.

 
"Mi dispiace.Credo che siano queste le parole per iniziare. Tendenzialmente non le ho mai usate, ma ci tengo a scusarmi per i tuoi guai ed informarti che se vuoi scrivermi ancora, non dovrai farlo più sul computer. Tenterò di risponderti appena posso e appena tu mi invierai una risposta al mio indirizzo dietro questa lettera. Ti ho regalato un oggetto da portare sempre con te, consideralo come un regalo di scuse, non è ingombrante e potrai tenerlo facilmente dove vuoi, promettimi solamente che lo porterai sempre con te. Non è una questione di noi, prendila come un biglietto per una vita tranquilla. Ancora tengo a mostrarti una parte di me che vorrei cancellare, ma che purtroppo hai fatto riemergere. Risponderò alle tue domande e aspetterò con pazienza la tua guarigione.
V,"

Lauren rimase interdetta per alcuni minuti. Come era arrivata la lettera lì? Cosa stava succedendo? Scuse? Forse le scuse potevano essere accettate se il motivo era un trasloco non riferito, ma accennava a cose più gravi, il suo tono era diverso in quella lettera, estremamente diverso, sembrava volerla avvertire di stare attenta, ma da cosa? Lui forse? Sospirando diventò triste mentre carezzava il bordo della carta, la scrittura che aveva era a dir poco inimmaginabile, sembrava di altri tempi, era perfetta, forse un po' troppo piccola ma nelle sue proporzioni richiamava l'antica calligrafia dei libri aristocratici. Affascinata da quel tratto Lauren non notò Umberto che entrò dalla porta incuriosito.
«Cosa dice?»
Subito la ragazza sobbalzò guardandolo mentre lui quasi rassegnato, poggiò il cappuccino sul mobiletto dove sostava il regalo poco prima.
«N-nulla di speciale...»
Umberto rise poi la osservò mentre lei aveva assunto la posa di una bambina che tentava di proteggere il suo diario segreto.
«Tranquilla...non voglio sapere nulla. Ero solo preoccupato.»
«Di cosa?»
«Quel tipo è strano Lauren....»
«Lo hai incontrato?!»
Quasi balzò giù dal letto arrivando a cinque centimetri dal suo volto, Umberto con un'espressione sorpresa deglutì.
«L'ho visto tempo fa...era venuto a trovarti.»
Lei tornò a sedersi con calma mentre prese il cappuccino fra le mani. Allora era venuto lì da lei, ma non doveva partire? Altri misteri che non giovavano a nulla. Cosa poteva significare quel biglietto e poi...la scatola! Se l'era dimenticata! Subito la prese aprendola per vedere il contenuto. Rimase di stucco analizzando ciò che conteneva: una collana. La prese dolcemente dal pendente carezzandone i contorni rotondi, era di metallo e poteva ricordare un orologio da tascino ma ciò che pareva era un portafoto, con accuratezza passò un dito nelle incisionin nel metallo che ricordavano una colomba. Decise di aprirla e ciò che vi trovò dentro la sorprese, era una pietra bianca, un'agata a quanto pare e nei pressi del suo attacco c'erano le colombe che con il muso la puntavano. Un regalo raffinato non c'è che dire...
Umberto la vide sorridendo:
«Bella...ma da quando state insieme?»
Avvampò violentemente Lauren nascondendo d'istinto la collana.
«Non stiamo assieme!!»
«Ma...sembrava...»
«Non sembrava nulla! Ok?!»
Appariva in preda ad un attacco isterico mentre Umberto la guardava stupefatto. Ci furono minuti di silenzio poi Lauren si calmò respirando a pieni polmoni. Era diventata matta?
«Scusami Umberto...è che sono ancora tanto tesa...»
«Tranquilla.»
L'amico le rispose con un sorriso e lei fece altrettanto, con lui era sempre facile tutto e far pace più di ogni altra cosa. Discusserò per del tempo, tralasciando il ragazzo albino e concentradosi più sulla loro amicizia, sul tempo che avevano portato via loro e subito ritrovò la serenità di una giornata come tutte le altre. Lauren però non si scordò di chi popolò i suoi sogni, nascondendo la lettera per bene tra le lenzuola sentendo che avrebbe risposto prima o poi.
«Lauren...»
I ragazzi si voltarono verso la porta e con grande stupore notarono Federica con la faccia di chi aveva visto un fantasma.
«Dobbiamo parlare.»


Angolo dell'autrice

Siccome avevo promesso di recuperare un sabato eccomi qui!
Eheh, cosa avrà da dire Fede a Lauren? Beh...non credo possiate immaginarlo ;)
Le cose s stanno mettendo male e l'inverno col suo gelo sarà capace di portare via le emozioni che Lauren ha tentato tanto di far sopravvivere? Lo scoprirete fra due settimane! y_y
Ta dan daaaaan


RedFeather

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Troppe verità ***


Capitolo 6 fiocco
Troppe verità

«Ciao Fede...»
Si sentì stralunata dall'espressione dell'amica; si sarebbe aspettata all'inizio una faccia spettrale, poi l'avrebbe chiamata per nome e cognome ed infine sul volto le si sarebbe disegnato un sorriso lunghissimo e raggiante. Tutto ciò non accadde. Rimaneva lì, sulla soglia immobile a guardarla con un paio di occhi che non sembravano nemmeno suoi.
Le si avvicinò con aria tenebrosa mentre Lauren alzò il capo quasi facendosi un po' più indietro con la schiena, come se ci fosse un'aura negativa e spaventosa intorno a lei.
«Quel tipo...della chat. Non devi più incontrarlo.»
Come una sberla, Lauren subì il colpo di ghiaccio che le aveva frustato il cuore. Non sapeva cosa intendesse l'amica ma una cosa era certa: l'aria fra loro due si era appesantita ed era diventata tesa. Con un moto al cuore la paziente diventò seria, come mai in vita sua, e fece l'ultima cosa che si poteva immaginare di fare. Difese Vergil, o meglio, lo sconosciuto che le aveva strappato il cuore come una vecchia lettera.
«E perchè mai?»
«Non devi farlo più e basta!» l'amica alzò di due toni la voce, facendo spaventare i presenti.
Lauren la guardò per interminabili attimi, sembrava irrequieta, era difficile vedere la sua amica spaventata in questo modo, come se fosse stata minacciata di morte o qualcosa del genere, poi notò una pallida preoccupazione nei suoi occhi, una preoccupazione apprensiva. Si dispiacque per un attimo ma subito partì in rimonta, da quel momento capì fino a che punto poteva tenerci a lui. Se ne vergognò come al momento stesso se ne sentiva orgogliosa.
«Insomma Fede! Cosa c'è che non va?!» ringhiò.
Stavolta l'espressione stupefatta fu quella dell'amica. Sicuramente si stava chiedendo fino a che punto sarebbe arrivata, avrebbero litigato? Ma Lauren non ne era capace...o forse si? Forse per proteggerlo si, ci riusciva. Riusciva a sbraitare contro un'amica che era buona, si, ma le aveva sempre fatto paura per il suo carettere deciso, cosa che non sembrava più avere. Umberto come pallido unico pubblico rimaneva a bocca aperta per entrambe le strane parole e toni che avevano. Quella che poco prima era bianca come un cencio sembrava aver riacquistato vigore e forza, anzi forse più di quanta ne aveva mai potuta mai avere. L'altra invece era sempre stata un vulcano, piena di energie e rabbia alle volte, ora giaceva fredda davanti ai suoi occhi come un vampiro alle prese con la solitudine dell'immortalità. Si sentì ferito a vedere Federica così, soprattutto perchè in fondo al suo cuore l'amava. Intuiva che qualcosa non andava.
«Quell'uomo è un mostro...»
Ringhiò sul suo viso nuovamente mentre le si avvicinò con rabbia, per la prima volta Lauren tremò ma non si mosse. Statica la guardava, decisa sulla sua pozione, sicura non l'avrebbe fatta crollare...
«Lui è un pazzo! Guarda! E' un ricercato!» sventolò un foglio di giornale «Ha ucciso sette donne! Ti sei innamorata di un maniaco!»
Il suo castello dalle fondamenta intangibili e dai muri spessi come marmo crollò su se stesso, come se fosse sospeso in aria, fatto di carte in una bufera. Cosa diceva? Cosa poteva...?
Sentì il suo cuore spezzarsi in un nuovo frammento, in quei giorni quell'organo poteva sembrare mangime per cani per quante botte stava ricevendo. Dolorosamente e con la sua espressione tipica piena di paura, senza più un castello ed una casa, la sua mente collassò.
«Cosa...significa?...»
Federica notò la sua espressione e ritornò serena mentre le si strinse il cuore, il dolore che le bruciava nel petto era come un falò di mille fuochi scoppiettanti. Prese con delle mani sottili ed insicure il foglio scritto leggendolo accuratamente. "Sette donne uccise e smembrate senza pietà", "scene orribili che in foto non possono essere mostrate" impallidì mentre una lacrima silenziosa prese strada sulla sua guancia. Questo colpo non lo riuscì a prendere, a metabolizzare in modo opportuno. Pianse, con gli occhi annebiati continuava a leggere di atroci torture e una foto, la foto di un uomo dai capelli chiari come la luna che spiccava fra le ragazze morte.
«Lauren...»
«Non ci credo...» prese il foglio sbattendolo il più lontano possibile «Poteva essere chiunque! Non l'hanno ripreso sul volto! Come credi sia possibile che sia lui?!»
Federica sembrava afflitta quando decise di guardarla. Aprì la bocca ma passò del tempo prima che pronunciò l'ultima stilettata in un cuore ormai morente.
«Era a casa sua...appeso al muro.»
In quel momento l'ultimo vetro si infranse. Con le lacrime che ormai facevano a gara decise di non parlare più. Questa volta non credeva ci sarebbe riuscita ad incassare il colpo, era veramente troppo forte. Si raggomitolò su se stessa iniziando una lenta discesa nel buio, non un buio che faceva paura, un buio necessario, ristoratore, che serviva a mantenere la sua integrità mentale. Lauren sapeva di non essere una ragazza forte, non era come Federica, o come Umberto. Semplicemente era lei, una ragazza sbadata che lavora come cameriera, viene pagata il necessario per vivere e soprattutto ha paura di tutto. Ovattata nel suo mondo abitudinario aveva paura di mettere anche solo il muso fuori, aveva paura di cambiare perchè il cambiamento portava con se emozioni ma allo stesso tempo portava con se anche ciò che voleva: una vita. Quindi decise di vivere, mettendo il suo cuore in gioco, cosa ne aveva ricavato? Ora era qui, in un ospedale dove poco fa era in coma per colpa di un ragazzo che non conosceva di cui si era innamorata, ora sapeva che era anche un maniaco.
"Non ho mai chiesto tutto questo..."
Mettendosi le mani sul volto iniziò ad innaffiare il cuscino non notando nemmeno le facce preoccupate degli amici. Con tristezza singhiozzò piano, non facendo rumore, solo un fremito leggero delle spalle.
«Vorrei stare un po' da sola...» sussurrò.
Così senza contestare uscirono dalla camera, mentre la ragazza tornò nel vuoto ristoratore che le riscostruiva lentamente l'anima.

Con lenta pigrizia sfogliava il magazine sospirando, un altro foglio poco più in là annunciava l'onnipresenza di Umberto che la vegliava come un falco. Dopo aver fatto i controlli di routine, due giorni fa, le è stata diagnosticata qualcosa derivante dall'ambito psicologico, ed ora prima che riesca ad uscire deve fare almeno tre sedute da questa psicologa che le deve ricostruire il suo "io" come lo chiama lei...
Sospirando sfogliò un'altra pagina, che noia stare lì, e i dottori non potevano nemmeno far muovere il ragazzo con lei perchè gli avevano detto che doveva stare sotto osservazione ventiquattro ore su ventiquattro, come se fosse una ragazza dal suicidio facile. Ma davvero credevano che le sarebbe venuta l'idea di lanciarsi giù dalla finestra? Se avrebbe fatto qualcosa doveva non essere tanto doloroso! Ci scherzò su e l'ombra di un sorriso comparve nelle labbra spente da tre giorni, da quell'ultima notizia che la fece sentire morire.
Già, da allora portava ancora quella collana, anche con quella notizia non se la tolse dal collo, segno di quanto le era entrato in profondità in così poco tempo. Si chiese se la cosa da analizzare non fossero le sue tendenze suicide ma le sue tendenze ad amare chi la uccideva, una sorta di sindrome di Stoccolma non appagata pienamente. Forse pazza lo era veramente.
Con un'occhiata guardò oltre la finestra, nel cielo buio della sera, era ancora così presto e l'inverno si sentiva forte sulla pelle. Già, tutte le stagioni avevano un fascino suggestivo, ognuna di esse i suoi colori e il suo motivo, e Lauren sentiva tanto che esse cambiavano come le sfumature del suo amore verso di lui.


Angolo dell'autrice

Questo capitolo mi piace veramente un sacco! Non scherzo! Sento di adorarlo! Diciamo che sono entrata un po' nel mio campo di scrittura qui, quindi mi sento soddisfatta del mio lavoro. :D
E voi? A voi è piaciuto analizzare con più cura la psicologia fragile di Lauren? Spero di si e fatemi sapere cosa volete sapere di più sui personaggi! :) Magari potrei approfondire...
Come sempre ringrazio tutti e vi dò appuntamento al prossimo capitolo.
Una cioccolata calda a tutti!


RedFeather

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