A centro campo di Pepsi (/viewuser.php?uid=43845)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap.1 ***
Capitolo 2: *** Una piccola sorpresa ***
Capitolo 1 *** Cap.1 ***
CAPITOLO 1- A CENTRO CAMPO
È il nostro primo giorno alle
superiori e siamo così agitati! Prendiamo l’autobus alle sette. Per tutto il
tragitto, cerchiamo di tranquillizzarci a vicenda. Elena è così tesa! Per
fortuna che anche quest’anno siamo in classe insieme, andiamo al liceo
scientifico tecnologico. L’autobus si ferma proprio davanti alla scuola e noi
scendiamo. Elena mi chiede se so dove bisogna andare e io le dico che secondo
me, in segreteria. Fortuna che ho ragione, così una donna sulla quarantina mi
chiede la mia classe, le dico prima C e mi porge veloce un foglietto. Sul
foglietto c’è il piano e il numero dell’aula della prima ora. Io ed Elena ci
affrettiamo ad entrare. Ci sono solo tre ragazze che già stanno confabulando,
obbligate ad un’amicizia di sfavore, di minoranza. Ci sono già quasi tutti i
ragazzi e io ho la tentazione di andarci a socializzare, ma mi trattengo. Come
posso lasciare da sola la mia migliore amica? Allora Elena ed io, ci sediamo in
ultimo banco e ci mettiamo a fare delle considerazioni sui nostri nuovi
compagni, sottovoce però, perchè non c’è molto casino per far passare indenne
una frase, magari sconveniente. Qualcuno ci ha notato e parlotta con il
compagno. Penso ci abbiano scambiato per una coppietta. Allora cerco di essere
un po’ più freddo, distaccato e lei fa lo stesso, eravamo d’accordo su questo
fatto. Niente malintesi con i compagni di classe.
Entra un professore e tutti si
affrettano ad occupare un posto. È il prof di lettere: basso, magrissimo, con
occhiali enormi da vista con la montatura in plastica tartarugata e i capelli
grigio-neri-brizzolati sparati. Già mi sembra di sentirlo parlare di Catullo,
Dante, Socrate, Kant, e che sono solo in prima! Elena pensa la stessa cosa,
credo, perchè anche lei pare un po’ delusa e pure annoiata. Forse si aspettava
un altro tipo di prof, magari più giovane, non lo so.
A ricreazione seguiamo la
mandria fuori dalle aule. Giù in cortile non c’è niente da vedere e niente da
fare, così ci mettiamo a chiacchierare. Elena è contenta della classe. Io un
po’ meno. Suona la campanella di nuovo e tutta la mandria si affretta a
rientrare nei recinti, detti anche classi. La classe come spazio fisico è da
buttare, i banchi piccoli e stretti, ma come gente è okay, ma speravo meglio.
Approfittando del momento in cui Elena ha cominciato a socializzare con le
ragazze ho scambiato qualche parola con i ragazzi. Dai, non sono malaccio,
penso, anzi sono piuttosto simpatici. Al ritorno a casa io ed Elena siamo
frizzanti. “Vieni da me oggi?” le propongo. Lei scherza “Ho dei compiti da
fare...” e si mette a ridere. “Alle due e mezzo al campo sportivo?” le chiedo e
lei annuisce. La prima cosa che adoro di Elena è la sua semplicità. Non è come
tutte le altre ragazze, complicate e plissettate, lei è semplice. E la seconda
è che è anche il miglior attaccante di tutta l’associazione calcio della nostra
città! Elena ed io facciamo parte di una squadra di calcio, giochiamo in un
girone misto, ma che comunque sono rare le squadre con delle ragazze. Elena è
davvero brava e ad ogni partita giochiamo sul fatto che sia una ragazza. Prima
deve fare la scema che non sa giocare bene e poi scatenarsi come è capacissima
di fare. Così la maggior parte delle partite le vinciamo noi: avversari
spiazzati! Io e lei facciamo gli allenamenti anche oltre il necessario, per
tenerci in piena forma. Sabato questo ci sarà una partita molto importante, la
finale del campionato estivo contro la Bistratti AC, preso un poco in ritardo
agli inizi di settembre, in effetti. E quel pomeriggio andavamo per allenarci.
Io sono il jolly della squadra. All’occorrenza faccio il portiere, il terzino
destro, il difensore: sono piuttosto bravo come portiere.
Arriviamo insieme e lei smonta
dalla bici.
Il bello di Elena è che non è
un maschiaccio come potresti immaginare, ma è piuttosto femminile, porta anche
le gonne! È fuori da ogni possibile stereotipo. È giusta sotto tutti i punti di
vista, i capelli castani, lunghi fino a metà schiena, tutti ricci, e spesso li
raccoglie in una coda di cavallo; ha un viso normale, forse il naso un po’
troppo “importante” rispetto al resto. Molti la trovano una ragazza strana. La
squadro un attimo sotto il sole cocente. Non è brutta, anzi, sarebbe quasi
carina soprattutto se non fosse tanto così di carattere e pensasse così tanto
al calcio, ma è la mia migliore amica, e il miglior attaccante eccetera, dunque
a me piace così. “Oh?” mi sventola una mano sotto al naso “Che si fa?”
Mi calcia la palla e cominciamo
subito. Lei è così: non perde tempo.
Dopo un po’ ci stanchiamo.
“Eli?” la chiamo. Lei sbuffa e mugugna, un qualcosa di simile ad un ‘si?’,
credo, colpa del fiatone. Si accascia a terra, ansima. Mi butto anch’io
sull’erba del campo.
“Se sabato vinciamo.... è
troppo stupendo!” dico. Lei mi guarda sorridendo come scherno “Ma va?!” mi prende
in giro. “No, davvero non scherzo: io non ci credo ancora che possiamo
farcela!” dico e lei annuisce. Già lo so che adesso cambia discorso. “Sai, ho
una notizia per te!” mi dice e gioca a fare la misteriosa. “Cosa? Che notizia?”
e sa già che mi ha in pugno. La torturo, penso riguardi il calcio. Poi si stufa
e andiamo a sederci nella panchina a bordo campo. “Sai la tipa che si chiama
Alice? Quella in classe nostra? Quella magra con i capelli neri lisci?” mi fa
alla fine, un po’ seccata perchè l’ho tormentata fino ad adesso. “Si, ho
presente” le rispondo, non capendo dove vuole arrivare. “Ecco, ha detto che sei
un gran figo e che vorrebbe uscire con te venerdì. Io ho provato a dirle che
razza di idiota... ma non m’ascoltava...” ha provato a dire e io le ho dato un
finto cazzotto al braccio. “Beh, dille che non posso...” le dico, dopo poco.
Lei mi guarda confusa “Cosa? E perchè no?”. Io scoppio a ridere, non ci credo
che non capisca il perchè. Poi mi faccio serio “Come perchè?! E la finale la
lasciamo vincere a quei stronzi della Bistratti AC, solo per uscire con una
tipa, sei scema tu! Ma per favore!” le ribatto. E allora succede una cosa che
capita raramente, per dire mai. Elena mi tira una sberla. E, cacchio se fanno
male le sue sberle! “Ma che t’è preso?” le urlo tenendomi la guancia in fiamme.
“Sei un tale idiota egoista quando pensi solo al calcio che t’ucciderei! Quella
povera ragazza in fin dei conti ti ha solo chiesto di uscire con lei, mica di
rinunciare alla partita!” mi urla lei in tutta risposta. “Senti chi parla! Sei
tu quella che come unico interesse ha il calcio. Sei una ragazza, cacchio,
dovresti pensare anche ad altro! Tipo ai ragazzi o per caso hai tendenze
strane?”le urlo addosso. Non mi accorgo di esagerare, lo giuro, se non quando
lei si gira di scatto e corre via. Le corro dietro con lo sguardo, incapace di
muovermi. Inforca la bici e si allontana veloce. Chino gli occhi sul pallone
che ho in mano. Veloce, lo lancio in aria e lo colpisco col piede destro più
forte che riesco, lo lancio lontano. Cazzo, mi dico, che stronzo che sono! Mi
risiedo nella panchina. Nella foga di parlare non mi sono nemmeno accorto di
essermi alzato di scatto. Appoggio i gomiti sulle ginocchia e prendo la testa
tra le mani. Cazzo, mille volte cazzo! Ma perchè ho detto così? Vorrei proprio
saperlo. Dopo cinque minuti mi alzo e torno a casa. Ma che le è preso?, mi
chiedo, e cosa m’è preso a me!, mi fisso nello specchio del bagno dopo avermi
fatto la doccia. Come posso chiederle scusa e non rovinare tutto? Vado a letto
presto, ma non dormo, rimugino su quella pietosa scena. Più ci penso, più
particolari saltano fuori dalle immagini che rivedo mille volte nella mia
testa. Mi è parso persino che i suoi occhi fossero lucidi quando è scappata
via. Ma è impossibile, non sarebbe da lei. L’avrò vista piangere solo due
volte: la prima a sei anni, quando con la squadra dei pulcini abbiamo perso il
nostro primo campionato, la seconda quando l’Italia ha vinto i mondiali,
quest’anno. E una volta per delusione, una volta per felicità. E sai cosa, mi
dico, sei uno stronzo! Cosa ti costa uscire con una tipa? È pure carina! Credo
di essermi addormentato a questo punto.
Questa mattina sono salito in
autobus. Elena è seduta al posto di ieri, guarda fuori dalla finestra. Mi vede
un secondo prima che mi sieda e mette la cartella sul posto “È occupato!”
sibila. Che colpo basso! La guardo incredulo. Il conducente mi richiama
“Siediti, giovanotto!” così raggiungo il primo posto libero che trovo. A scuola
lei si siede accanto a una compagna, Carla, credo si chiami.
Io mi siedo nel primo posto
libero che trovo. Alle lezioni non bado gran chè, mi volto a squadrare ad ogni
campanella la ragazza, Alice. All’ultima campana mi illumino: per far sì che le
cose tornino come prima devo chiedere alla ragazza di uscire. Così, esco per
primo e mi metto in un angolo ad aspettarla. È con un gruppetto di amiche.
Chissenefrega, penso, la chiamo lo stesso, sono disperato! “Alice?”. Lei si
volta e mi sorride. Saluta le amiche che ripartono da sole e si avvicina. “Che
c’è?” mi chiede limpida, imbarazzata anche lei. “Ah, ecco, ...”comincio ad
avere le orecchie di fuoco e le guance in fiamme, maledizione! “... volevo
chiederti se domenica verresti al cinema con me...” riesco a dire, tutto ad un
fiato come dopo aver fatto venti giri di corsa veloce intorno al campo da
calcio. Lei annuisce “Va bene. Dove ci troviamo? Al parcheggio o dentro al
multisala?”
“Parcheggio, vicino al
parchimetro, la panchina. Io sarò là.” Dico tipo robot. Poi lei mi saluta e
s’affretta a raggiungere le amiche, quelle che pensavo fossero andate via, ma
invece l’aspettano in fondo al cortile, al cancello e chiaccherano
ridacchiando. Bella figura di merda!
Mi avvio verso casa, non
pensarci, mi dico. Dopo i compiti, alle cinque, mi faccio un giro al campo.
Decido di raggiungere il mio posto preferito, lo conosciamo solo Elena e io. In
fondo al campo da calcio, al di là della porta da calcio c’è la recinzione
metallica, e una porta. Si esce per di lì e appena dietro c’è un piccolo
stradino con tanti alberi che corre parallelo alla recinzione chiuso tra questa
e un muro di pietra. L’albero proprio dietro alla porta ha una nicchia grande,
e anche se ormai non ci sto quasi più, ma a volte mi piace rimettermi lì a
pensare, come quando ero piccolo. Ma, appena arrivo lì, il cuore mi balza in
gola. Elena solleva lo sguardo, fa un cenno. “Ciao, come va?” mi dice. Non ha
l’aria allegra, ma nemmeno proprio triste, forse abbattuta. “Ciao, tutto okay,
credo, tu?” rispondo e mi siedo accanto a lei. “Mi dispiace per ieri che ho
insistito, non so perchè l’ho fatto, non ero arrabbiata con te.” Mi dice,
mordicchiandosi il labbro inferiore. “Anche a me dispiace. E non penso
seriamente quelle cose. Era solo perchè in quel momento volevo dirti qualcosa
di cattivo.” Le dico. Lo so che non sarebbe molto intelligente dire così ad una
qualsiasi ragazza, ma è veramente il motivo per cui le ho detto tutte quelle
cose. E poi lei è speciale, lei capisce. Infatti annuisce e mi fissa con i suoi
occhi verde-castano: “L’avevo capito. Comunque lo so che hai chiesto ad Alice
di uscire.” E mi fa un piccolo sorrisetto. Poi si fai seria e alza un
sopracciglio, guarda per terra. “Beh, sì, ma ho intenzione di uscirci
domenica.” La guardo. Lei mi sorride “ Ci esci, però dopo la partita!” e mi tira
un finto pugno. “Prima hai detto che non eri arrabbiata proprio con me. Ma
allora con chi?”, le chiedo. Lei si volta verso al campo “Arrabbiata con me,
ero. Ma adesso non importa.”, mi risponde. L’aiuto ad alzarsi, l’accompagno
fino a casa. Mi invita ad entrare. Saluto sua madre, appena entro in casa. Sua
madre ha un aspetto tipico da donna in carriera, non so se mi spiego. Ha sempre
i capelli raccolti e un completo elegante addosso, fa l’avvocato. “Ciao, Luca!”
mi saluta frettolosa. Rispondo educato. “Elena, io adesso devo uscire e non so
quando ritorno. Marco ha già preparato dei sandwich e un piatto di verdure così
mangiate (a proposito, Luca, ti vuoi fermare a cena?) Bene, adesso devo proprio
scappare. Credo che anche papà farà tardi. Non aspettateci alzati. Ciao.” E
scappa. Devo chiarirvi alcune cose. Il padre di Elena fa l’avvocato anche lui.
I suoi si sono conosciuti in tribunale: lei avvocato in accusa e lui in difesa.
Elena ha anche un fratello maggiore: Filippo.
Ha un anno più di noi (é in
seconda) e gioca a pallavvolo. È un playboy snobbatore, le ragazze gli muoiono
dietro, è alto come me e a volte scemo, ma ci andiamo d’accordo, Elena ed io.
Ci siediamo a tavola e azzanniamo i sandwich. Arriva lui e ci saluta “Ciao,
Liuc! Ciao, sorellina! Come vi va? State ancora lì lì per mettervi
insieme?”dice. Ah, avevo dimenticato, Filippo fa sempre battute di questo
genere. Ma il bello è che sembra pure preoccupato. E noi scoppiamo sempre a
ridere per il suo modo di dirlo. Ci racconta un po’ del campionato scolastico
di pallavvolo. Dice che dà crediti in più e di andare anche noi, tanto è
facile. Lui ha il ruolo in attacco. Lui la fa facile perchè fa pallavvolo
proprio come sport, io e Ele no, però.
Se ci fosse un campionato di
calcio, allora si che ci saremmo iscritti e poi se davano anche crediti in più,
meglio. Ma niente.
Filippo si è chiuso in camera
due minuti, poi è uscito con il borsone da pallavvolo e l’ha posato sul
pavimento della cucina accanto all’Eastpack azzurro, pronto per il giorno dopo.
“Che partita è?” gli ho chiesto sbocconcellando il mio sandwich. “Domani? La
prima del campionato scolastico, se la vinciamo è un miracolo. Ci sono quelli
di quinta, sega ossa da strapazzo, dicono. Voi sabato avete la finale, no?
Fategli un fondo schiena così, a quei stronzi! Nessuno può battere mia
sorella!”, urla sfottendo un filo, col pugno alzato in minaccia. Mi volto verso
Elena “Che faccio? Dico a tuo fratello di smetterla di fare il deficente e di
non portare sfiga come al solito?”, scherzo. “Proprio, bravo!” ride Elena, così
sghignazziamo tutti e tre. Poi con mezzo panino in bocca Filippo fa: “Raga, ci
sarò anch’io a fare il tifo! Semprechè ci siano un bel po’ di ragazze!”. Elena
gli tira una occhiataccia da incenerire anche una cosa non infiammabile. Dopo
aver finito di mangiare ci sediamo davanti alla tivù e ci guardiamo la partita.
“Esci stasera?” chiede Elena a Filippo, che annuisce. Si alza e va in cucina.
Apre il frigo e si apre una birra. “Che genere di programmi hai?” chiede Elena.
“Porto La Daisy a fare un giro e poi l’accompagno a casa.” Dice Filippo. La
Daisy in realtà è la sua fidanzata che si chiama Margherita, ma si fa chiamare
così, che poi è la stessa cosa, ma suona meglio in inglese.
Comunque nè io nè Elena ci
beviamo il fatto che si limita ad accompagnarla a casa. Secondo me l’accompagna
anche fino in camera sua eccetera, comunque non sono fatti miei. Ma sembra che
siano fatti di Elena, invece. Di solito gli chiede ogni volta se c’è andato cauto. Mica vuole essere zia,
gli dice. Lui ride ma non spiccica parola.
Comunque Filippo esce quasi
subito e decido che me ne vado alla fine del primo tempo. Elena mi si siede
vicino. “Se marcassero di più sul 18 magari bloccherebbero la loro azione e
farebbero quel maledetto pareggio!” mi dice. Guardo il campo ha ragione in
pieno. Sarebbe una Mister fantastica, lei. Ma allora non si dovrebbe chiamare
Mister, no? Finisce il primo tempo “Elena, devo andare” le dico. Lei si alza e
mi accompagna alla porta, guarda fuori, non è ancora buio. “ Ti accompagno” mi
dice. “Okay”, dico, e penso ‘tanto sono tre passi’.
Davanti a casa mia ci fermiamo.
“Vieni un attimo a salutare mia sorella?” le chiedo, e lei accetta. Mia sorella
si chiama Jessica, Jee, la chiamo di solito, ed ha un anno meno di me. È una
buona sorella. Andiamo d’accordo, tutto sommato. Ha gli occhi castano scuro, i
capelli lunghi, lisci e... biondi! La mamma le ha lasciato fare le meches ma il
parucchiere ha sbagliato a farle e adesso invece di avere i capelli castano
chiaro come i miei, ha una chioma bionda grano. Quando mamma l’ha riportata a
casa quella volta, che cacchio, ho riso come un deficente e lei che
singhiozzava. Il giorno dopo però è tornata da scuola con un sorriso smagliante
perchè i ragazzi le avevano detto che stava benissimo. E in quel momento ho
capito che già da tempo era a caccia di ragazzi. Ed io che pensavo fosse troppo
piccola. Scemo no?
Ah, lei gioca a pallavvolo, ma
le piace il calcio.
“Ciao, Jessica!” la saluta
Elena, Jee è in cucina con la sua amica, comesichiama, ...Linda, mi pare. “Sara
dorme qui, stanotte” mi comunica. Ah, ecco si chiama Sara e non Linda, vabbè.
“Mamma dov’è?” le chiedo. Lei fa spallucce “Mamma è uscita con papà, una
cenetta romantica e sdolcinata a lume di candela e seguito, cose per sfigati”
dichiara. Io annuisco, poi accompagno in soggiorno Elena e accendo la tivù. Sta
cominciando il secondo tempo. La tipa, Sara, si lamenta con Jee per il fatto di
guardare la partita e mia sorella le risponde “Se non vuoi guardare vai pure in
camera, ti raggiungo più tardi” e così la fa stare zitta. Sara è una delle
amiche più rompiballe che ha Jee. Si lamenta per tutto! Non capisco perchè
cacchio sono amiche. Boh, comunque non è sempre rompiballe, è anche
lontanamente accettabile a volte.
Stanno finendo la partita quando
suona il cellulare di Elena. Lei risponde: è Filippo, è già tornato, vuole che
lei torni subito a casa, e le dice anche per favore. Ele è talmente sorpresa
che si precipita a casa.
La partita finisce in pareggio.
Poi andiamo a letto. Stavo pacificamente dormendo quando sento un rumore forte
e minaccioso. Mi sveglio e esco in punta di piedi dalla mia camera. Di solito
in estate dormo con solo i pantaloncini e non la maglia. Faceva freddino in
corridoio perchè le due finestre erano aperte. Non c’era la luna e vedevo poco.
Ad un tratto BUM.
Sono finito addosso a qualcosa,
o meglio, qualcuno. Ha lanciato un piccolo grido strozzato. Mi ha puntato una
torcia contro. Coprendomi dalla luce ho visto che era Sara, l’amica di mia
sorella. Sono arrossito. Mi sono alzato e l’ho aiutata ad alzarsi. Per fortuna
sono riuscito a sfilarle dalle mani la torcia prima che si accorgesse che ero
diventato rosso. L’ho spenta. Che figura del cazzo. Che faccio adesso? Lei non
dice niente e io neppure. Dopo un minuto la prendo per mano e l’accompagno in
cucina. “Tutto bene?”le chiedo accendendo la luce della cucina. Allora mi
accorgo che è rossa in viso ed evita di guardarmi. “Dai siediti” le dico e le
indico gli sgabelli davanti al bancone della cucina. “Si, va tutto bene” mi risponde
e si siede. “Perchè te ne andavi in giro?” le sorrido. Sembra diversa dal
solito. Lei evita ancora di guardarmi. “Niente... non riuscivo a dormire...”mi
dice, mi lancia un piccolo sguardo e riprende a fissare il piano del tavolo. Le
offro un bicchiere di acqua fresca e mentre glielo porgo le chiedo “Stavi
cercando qualcuno?”e accidentalmente lei fa cadere un po’ dell’acqua del
bicchiere sul tavolo. “Scusa!”mi dice dispiaciuta. Io prendo lo straccio e
asciugo. “Ma si può sapere che ti prende?” le sorrido. Lei beve tutto di un
fiato, poi dice: “Niente. Buonanotte” e scappa dalla cucina. Io me ne torno a
letto e mi addormento subito. E sogno Elena che fa goal. E io che l’abbraccio.
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Capitolo 2 *** Una piccola sorpresa ***
Cap.2-A centro campo
“Caro diario,
ieri sera sono andata per il
secondo tempo della partita a casa di Luca. C’era anche sua sorella Jessica e
una sua amica. Quasi alla fine del secondo tempo, Fil mi ha chiamato,
implorandomi di tornare a casa. E così sono corsa a casa. L’ho trovato sul
divano con una faccia e due occhi gonfi e rossi! Dio santo, ho detto, che t’è
succeso e lui mi ha detto che La Daisy l’ha piantato. Mi veniva da ridergli in
faccia, ma cacchio, non sono col cuore di pietra, allora gli ho chiesto com’è
andata la faccenda e lui mi ha raccontato. È andato a prenderla, sono andati al
cinema, e poi lui l’ha riaccompagnata, lei sulla porta gli ha detto che lo
scarica e lui l’ha mandata a quel paese, fine della storia, sia quella che mi ha raccontato, sia quella tra
loro che era cominciata un mese fa. Gli ho chiesto se magari aveva fatto il
deficente con un’altra ma lui mi ha detto che ci teneva a La Daisy e che non ha
fatto niente di male.
Magari l’ha fatto lei qualcosa
di male, ho pensato, e così finisce anche per essere la falsa ‘vittima’ di mio
fratello, che, accidenti a lui, si va a scegliere di quelle stronze! L’avevo
già capito che non era una santarella, ‘sta tipa, ma non pensavo che non lo era
per niente. Allora ho ragionato e ho chiesto a Fil se c’era stato con lei. Lui
mi ha sorpreso, mi ha detto di no, con nessuna finora. Mi ha anche detto che
voleva ma lei gli aveva risposto picche. Allora lui c’è stato di schifo ma,
mentre lui se n’è fatto una ragione, io sospetto che lei se la faceva con
un’altro.
Oggi Fil sta meglio, non voleva
andare a scuola ma io gli ho detto che sennò ci perdeva la faccia. Metti che
lei lo abbia detto in giro, tu diventi lo scemo della scuola, gli ho detto,
devi comportarti con indifferenza, anzi non guardarla mai e flirta con una
ragazza se lei è in vista, e chiedi ad una carina di uscire, okay? Lui mi ha
annuito e stamattina ha fatto fiamme e fuoco. Mi ha detto che per tutto
l’orario scolastico gli è andata bene, e che solo all’uscita l’ha vista. Allora
ha aspettato la prima ragazza carina, molto carina, ha detto, solo che non si
ricorda il suo nome e le ha chiesto di uscire stasera. La ragazza gli ha detto
di sì, e così la Daisy è diventata viola e verde dalla rabbia. Avrei voluto
esserci. Troppo bella la vendetta! Soprattutto se porta la mia firma! :D”
All’uscita da scuola Elena non vuole dirmi perchè
Filippo l’ha costretta ad andare a casa subito. “Non è affar tuo” dice e
allunga l’occhio verso quelli di seconda. Mi accorgo subito “Chi stai cercando,
scusa?” faccio scocciato. “Ch’è, sei geloso?”, allora gli dico di no, che sto
solo chiedendo. Lei mi guarda, sospira, “Sto cercando Filippo”, si decide a
rivelare. “Ah, okay. Perchè?” la guardo, lei sta ancora cercando in mezzo alla
gente, si morde il labbro poi sospira di nuovo “Deve dirmi una cosa
importante”. “Ha a che fare con ieri sera?” chiedo allusivo, lei si volta “O la
smetti con le domande o ti picchio a sangue!” ruggisce. Allora me ne sto zitto
zitto. Lei guarda, scruta, finalmente trova suo fratello, e allora mi saluta e
va a casa con lui. Oggi tutti hanno qualcosa che non va. Vado a casa e trovo
mia sorella col broncio, in cucina. “Cos’è successo?” le chiedo. “Mamma non mi
lascia uscire con un ragazzo stasera” mi comunica. “Ragazzo?” dico con gli
occhi fuori dalle orbite. “Sì, un ragazzo mooolto carino,” mi guarda
trionfante, poi sospira “mi ha chiesto di uscire con lui stasera, solo che
mamma non mi lascia”. “Ma chi è?” le chiedo. Lei alza le spalle “Non mi ricordo
il suo nome! È quello il problema, probabile che se l’avessi ricordato e tu lo
conoscevi mamma mi avrebbe lasciato andare. Ti prego, aiutami” mi sussurra e un
secondo dopo entra mia madre in cucina. “Hai sentito la signorina? Pretende di
andare ad un appuntamento con uno sconosciuto!” mi fa. Jee mi lancia uno
sguardo, una richiesta di supplicante aiuto (palese, tocca al fratello fare da
mediatore!). Allora si accende una lampadina nel mio cervello “Se sono io ad
accompagnarla e vedo il tipo e magari lo conosco, la lasceresti andare?”chiedo.
Mamma mi guarda, sorpresa dalle mie parole, poi socchiude gli occhi. Sono
sicuro che sta pensando ‘mi vuole fregare!?’, ma alla fine acconsente. Jee mi
salta al collo e mi ringrazia infinite volte. La condizione imposta da mia
madre, l’unica, è che lei torni alle dieci massimo.
Jee è una pasqua. Mi trascina
in camera sua e mi chiede di aiutarla a scegliere i vestiti. Tira fuori un
completo nero e lo mette sopra il letto. “Questo?” io scuoto la testa. È
scollato da far paura, roba che se lo mette una ragazza di prima anche bruttina
ti fa venire le orecchie rosse. Dopo svariati “tira fuori e metti via”, trovo
un qualcosa che soddisfa le mie richieste. Quello jeans lungo e canotta rossa a
collo alto è il mio preferito.
Alle cinque esco e vado al
campo, mi porto il pallone e faccio qualche tiro in porta. “Così di punta
finirai per ammazzare qualche malcapitato portiere! O una innocente vecchietta
che passa in strada!” una voce sarcastica mi fa girare. Elena mi sta raggiungendo a centro campo. “Ciao, come mai
da queste parti?” chiede. Io sorrido e rispondo “Mi sto allenando”. Lei
annuisce “Pensieroso?” chiede. Annuisco. Facciamo proprio due tiri, poi lei se
ne va, ha da fare con suo fratello. Io rimango ancora un po’ seduto a pensare,
ai piedi dell’albero. Poi torno a casa. Entro. “Jee?!” dico sorpreso e
sconvolto quando mi si para davanti. Ha addosso il completo quello con la
canotta rossa a collo alto, ma è un po’ tanto aderente, il viso truccato, anche
se poco e i capelli raccolti in una bella maniera. Sembra più grande, e odio
ammetterlo. Ha messo delle scarpe con un po’ di tacco. È sempre più bassa di
me, ma non è tanto più bassa di me, non so se mi spiego (mi sento leggermente
minacciato della mia posizione di fratello maggiore!).
Vado a farmi una doccia e mi
metto una t-shirt blu e un paio di jeans. Lei mi chiede “Sto bene?” e io la
guardo come se fosse un’aliena, un’aliena carina, s’intende, ma sempre
un’aliena! “Certo” trovo di nuovo le parole.
Arriviamo all’incrocio davanti
al multisala insieme e io resto lì a guardarla mentre attraversa la strada e va
dentro. Dopo poco attraverso ed entro anch’io. E Dio Mio! Sta parlando (e
flirtando) con... Filippo! Allora mi avvicino, anche se io e lei c’eravamo
messi d’accordo di no. Fil mi vede e mi saluta. “Ciao, Liuc! Come va con mia
sorella, state di nuovo insieme?” mi chiede come al solito. “Ciao. Bene.”
Guardo la mia di sorella che mi guarda con gli occhi ridotti a due inquietanti
fessure. Filippo nota qualcosa di strano “Ma vi conoscete?” chiede. Per un
secondo nessuno dice niente “Ehm... lei è mia sorella Jessica” dico. Filippo ci
rimane secco. Jee ha una faccia che promette vendetta. “Non ci credo! Okay è un
secolo che non la vedo, cavolo, però che cambiamento!” fa lui. “No, questa è
una barzelletta! Mia sorella Elena...e tu. Io e... tua sorella!” fa e scoppia a
ridere. “Elena! Sua sorella?” Jee mi guarda e ha capito, diventa rossa, poi
ride anche lei e io con loro. Dio, che situazione! “Vabbè io vado!” dico e li
lascio a conoscersi.
Appena esco dal multisala una
mano mi afferra il braccio “E tu che ci fai qui? E Filippo con Jessica? Che
cavolo fai? Che hai in mente? E insomma..?” mi bombarda di domande. “Ciao,
anche a te, Elena!” rispondo sarcastico “E io che ne so? È stato lui a
chiederle di uscire, lei ha solo accettato” dico. Così ci raccontiamo il perchè
e lei mi dice che Filippo e La Daisy hanno rotto l’altro giorno e io scoppio a
ridere. Lei mi da un’occhiataccia.
“Che situazione, eh?” chiedo a
Elena. Lei sorride, rabbonita. “Già!”. “Vuoi venire al cinema con me, Elli?”
chiedo, neanche fosse un vero appuntamento. In un attimo mi pare strano, come
dolce. “Sì, okay” Elena mi risponde senza pensarci. Dai, che mi passa per la
testa, eh?
Dopo il film pediniamo Filippo
e Jee. Stanno per mano e adesso si fermano al caffè Due Mori. Si siedono e
prendono qualcosa. Mia sorella continua a sorridere e ridere, si vede che
stanno bene assieme. Stanno fermi lì circa mezzora. Ormai sono le dieci e
mezzo. Si avviano verso casa, Filippo sta portando a casa Jee. Oddio, questo
significa che la vuole portare fino in camera eccetera? Mi vengono i brividi,
solo a pensarci. Ad un certo punto si fermano su una panchina. Basterebbe
girare l’angolo e si vedrebbe casa mia. Elena mi sussurra “Adesso la bacia”. Io
innorridisco, faccio per balzare fuori per impedire questa grandissima
catastrofe, anche se di Filippo, insomma, posso fidarmi, però Jee è sempre la
mia sorellina! Elena mi blocca. “Non fare scemate, rovineresti solo la serata a
tua sorella e a mio fratello. Sta buono.” Allora aspetto che si baciano. Oddio,
sembra un vecchio film strappalacrime, il tipico film da ragazze sdolcinate. Si
baciano per infiniti attimi. Mi volto e guardo Elena. Lei sta guardando la
scena e ha un’espressione che non le ho mai visto addosso.
L’espressione che hanno tutte
le ragazze che vedono due che si baciano. Un misto di invidia e malinconia,
credo, cosa che mi ha allarmato, perchè Elena non ha mai quella faccia.
Si gira a guardarmi, mi
sorride. Devo dire che non sta male quell’espressione su di lei...
“Ehi? Guarda che hanno finito!”
mi avverte Elena. “Uh? Ah, okay” rispondo, catapultandomi giù di botto dalla
mia nuvoletta.
“Ti accompagno in camera, cioè,
no, a casa!” dico frastornato pensando ancora a Jee e Filippo. Elena mi guarda
stupita e subito non dice niente, poi sghignazza “Se mi chiedi di andare a
letto con te ti faccio un’occhio nero come risposta!” poi si rimette più o meno
seria. “Pensi che mio fratello vorrebbe portarsi a letto tua sorella?” mi
chiede. “Perchè non dovrebbe volerlo?, dico io. “Con La Daisy ci è stato, no?!”
faccio la faccia preoccupata. “No.” Mi dice sottovoce Elena e sospira a
malincuore per averselo lasciato scappare così. “No? Sul serio?” faccio con la
faccia di un pettegolo che scopre una notizia sensazionale. “Non dirlo ad anima
viva altrimenti mi vendicherò su di te e sarà l’unica cosa che farò perchè poi Filippo mi ucciderà! Così mi avrai sulla
coscienza” mi sussurra. “Per carità, ci tengo a vincere i campionati!” le dico
e lei mi tira un finto cazzotto. Ma ride.
L’accompagno fino alla porta.
Poi ci salutiamo e me ne torno a casa. Trovo mia sorella frizzante come uno
spumante shekerato. “Luca! Che te ne pare del mio nuovo ragazzo?” mi dice a mo’
di saluto Jee. “Almeno è un tipo a posto! Però lo sai che fama ha!” le dico, un
po’ anche per smontarla, ma anche per metterla in guardia. Lei mi fa la
linguaccia. “Domenica usciamo insieme. E sabato veniamo a vedere la tua partita
insieme” mi comunica entusiasta. Io sospiro. Mi viene in mente che fra due
giorni ho la partita e il giorno dopo l’appuntamento con Alice. Solo che a me
Alice non piace tanto e se lei considerasse la nostra uscita come un
“mettiamoci insieme” avrebbe frainteso le mie intenzioni. Già, ma come fare per
dirglielo? Ci avrei pensato domani, così crollo sul mio letto.
La mattina ho talmente la testa
che gira per i fatti suoi che non ne combino una di giusta. Appena entrato in
classe sono andato addosso ad Alice e le ho fatto cadere i libri che aveva in
mano. Ma proprio a quella tipa lì? Okay, mi sono rassegnato dopo la seconda
volta che ci sono andato a sbattere. Quella ragazza è sempre appresso! Le altre
ragazze sghignazzavano stamattina e ho paura che si venga a sapere che le ho
chiesto di uscire. Sarebbe una tragedia, sfottuto da tutti. Comunque all’uscita
ho visto Jee che sbaciucchiava Filippo. Scena oltremodo rivoltante. Sarà che
non ho mai baciato nessuna ragazza, e lo dico in via confidenziale, altrimenti
non avrei osato dire la triste verità. Dopo domani ho la partita. Mi pare che
questa settimana si è protratta per un tempo illimitato, ed è solo la prima!
Elena è più concentrata sul campo di gioco che sulla scuola e questo ai suoi
non va giù. Oggi l’hanno messa in punizione e deve fare i compiti per tutta la
settimana. Fortuna che sono pochi perchè siamo solo all’inizio. Comunque ha
detto che non ci possiamo vedere oggi al campo. E io che faccio tutto il
giorno? Mi viene un’idea strana: vado da mia sorella e ci mettiamo a parlare.
Lei mi espone le qualità di Filippo e io le smonto fino a farle diventare
difetti. Lei ride, ma quando le dico la faccenda Daisy non ride più tanto. Anzi
è preoccupata. La sorella della Daisy è in classe sua, magari mette voci in
giro, mi dice.
Io invece mi preoccuperei della
Daisy di per sè. Magari vuole giocarle un brutto scherzo per fargliela pagare.
Boh. Comunque sono stra sicuro che in qualche modo lo viene a sapere di tutta
la tresca e allora mia sorella saprà che uscire con un playboy non è per niente
simpatico. Poi si fa anche lei una pessima reputazione, senza meriti, però.
Elena mi ha telefonato e le ho
passato i compiti che mi aveva dato oggi Alessandro. Mi ha stra-ringraziato e
mi ha promesso che domani mattina saltiamo scuola. “Sei sicuro che non ci
beccano?” mi chiede dubbiosa. È la stessa cosa che volevo chiedere a lei, solo
che adesso non so la risposta. Faccio lo spaccone un po’, le dico che non penso
che ci beccheranno proprio nel posto dove andiamo. Speriamo.
Lei si fida. La mattina
perdiamo apposta l’autobus, e prendiamo invece quello per la provincia. In
cartella ho messo una coperta, un pallone da calcio e una bottiglia di
coca-cola, che ho saputo sgraffignare a regola d’arte da casa. Elena è ansiosa
di arrivare, perchè lì si è sicuri che non ti possono beccare. Siamo in aperta
campagna, con tanto di boschetti! Elena si è messa i panini nello zaino e
Filippo delle lattine di birra o qualcosa del genere, conoscendo il tipo. Jee
invece ha portato il kit sopravvivenza, neanche andassimo chissà dove!
Sì, anche Jee e Filippo sono
venuti con noi. E che palle! Hanno cominciato subito a baciarsi ed Elena ha
rimesso su quella faccia che aveva quella volta del loro primo bacio. Mi sta
preoccupando questa ragazza! Non è affatto da lei. Comunque ci siamo divertiti
e abbiamo fatto tanto casino. Ad un certo punto Jee ha sussurrato qualcosa a
Elli e lei ha preso il pallone e mi fa “Vieni a fare tre tiri...” solo per
lasciarli soli, son sicuro. L’ho seguita contrariato. Siamo andati giù per un
tratto di collina, finchè non li abbiamo più visti. Mi sono girato verso Elena
e lei mi ha lanciato il pallone. Erano le undici quando abbiamo smesso. Elena
mi ha chiesto se volevo andare con lei in un bel posto. Le ho detto okay, e lei
mi ha guidato verso un boschetto. Le stavo vicino, faceva fresco lì dentro. Le
ho dato la mia felpa. Ci siamo seduti sotto un albero e lei si è appoggiata a
me. Le ho passato un braccio sulle spalle e l’ho stretta a me. E così ci siamo
addormentati. Ci ha svegliato lo squillare incessante dei cellulari di
entrambi. Eravamo ancora abbracciati, ho risposto e Jee mi ha sbraitato: “È
mezzogiorno! Se perdiamo la corriera siamo fottuti! Dove cacchio siete?” e le
ho detto che tornavamo indietro. Ele mi ha guardato e mi ha sorriso. Un sorriso
strano, anche dolce, forse. Le ho sorriso altrettanto. “Devo chiederti una
cosa: Se esco con una ragazza ma non mi interessa poi tanto come faccio per non
farla star male, e senza star male io?” le chiedo. Il suo sorriso si eclissa:
“Stai parlando di Alice?
Lei te lo farà pagare se
necessario. Ma daltronde ormai sei fregato: l’ha detto a tutte le sue amiche
che le hai chiesto di uscire!” mi guarda dispiaciuta: “In fondo è solo colpa
mia... mi dispiace Luca!”, e io l’abbraccio. Vorrei non finisse più questo
abbraccio, ma dobbiamo tornare a casa.
Raggiungiamo i due piccioncini.
Mia sorella ci guarda di sottecchi sospettosa, e Filippo mi fa “Sei stato
attento?” e io gli faccio “A cosa?”, senza ricordarmi delle sue battutine. Lui
ha ridacchiato e Jee l’ha fulminato. Vabbè, siamo tornati a casa giusti e
nessuno ci ha fatto domande. Saltare scuola di Venerdì è una figata, ma portare
la giustificazione il Sabato è complicato. Ma per Ellie e me non tanto. Abbiamo
appena ricevuto un voto (io otto e lei nove, in test di ingresso di Scienze) e
dobbiamo firmarlo. Ho preso la carta carbone e l’ho messa fra la pagina del
libretto delle giustificazioni e quello dei voti, in modo che sia perfettamente
combaciante. Ha funzionato a meraviglia! Jee invece ha dovuto prendere la
velina e calcare la firma da me e poi ricopiarla con la carta inchiostrata. È
stata lunga ma è andata anche quella. Filippo invece non ha avuto problemi, è
abituato a falsificare le firme. È scemo in genere, ma una firma sa farla.
Stamattina sono andato a scuola
e avevo un mal di testa micidiale.
Elena era sottoterra,
praticamente. Alla prima ora ha preso quattro nel test di ingresso di storia.
Alla seconda un dieci nel test d’ingresso di matematica e alla quinta un cinque
e mezzo in quello di scienze. La media della giornata è stata tre voti e una
giustificazione in diritto. Una tragedia. Oggi abbiamo la famosa partita e lei
non è al massimo per giocarla. Per tirarla su prima della partita, dopo
l’uscita da scuola, scendiamo alla solita fermata del bus, e la porto al campo
da calcio. Abbiamo posato gli zaini dietro al nostro albero e ci siamo
appoggiati contro. C’è una brezza stupenda e l’ombra del muretto ci toglie dal
caldo cocente di questo primo pomeriggio. Tiro fuori il mio panino e lo divido
in due. Le do una metà e ce la pappiamo in due secondi. Lei è già più serena di
prima. Ma ha ancora le labbra tirate sottili, è preoccupata. Le metto il
braccio sulle spalle. Lei appoggia la testa contro il mio petto. Sospira forte:
“Luca, come faccio a dirlo ai miei?”, mi chiede. Io mi schiarisco la voce. “Non
lo so.” Ed è la verità. Lei lo sa, ma continua a chiedersi se io non possa
proprio aiutarla. Allora mi si accende una lampadina, devo darle un consiglio:
“Devi dire subito i voti ai tuoi, scaricare la tensione e poi dedicarti alla
partita. Sei importante e non devi mancare. Ci teniamo tutti che ci sia te.
Sennò non vinciamo!” dico per farla sorridere, e ci riesco, finalmente!
Mi da un bacio sulla guancia.
Resto interdetto, non l’aveva mai fatto prima, e il mio batito cardiaco è in
tilt. Si alza “Torniamo a casa che alle quattro dobbiamo tornare qui con gli
altri. E io devo mangiare al più presto.”, mi saluta e prende la bici.
Prendo la mia bici e me ne
torno a casa. Jee sta mangiando con Filippo e mamma gli fa il terzo grado. Jee
mi guarda con quello sguardo supplicante da ‘tirami fuori da questa
situazione’, così dico a mamma che devo assolutamente parlarle. Lei è incuriosita,
ma le dispiace perdere l’occasione per saperne di più su Filippo. Tuttavia, mi
segue in soggiorno borbottando. Le mostro i miei voti, sei in storia, sette in
scienze e otto in matematica. Lei è contenta ma ho l’impressione che voglia
sbrigare in fretta le mie faccende e ritornare all’attacco allora invento che
ho dei problemi in italiano e che non ho idee per il prossimo tema. Le invento
una cosa talmente credibile che solo un vero sensitivo potrebbe sapere che non
è affatto vero. Più ne parlo più me ne convinco io stesso. Alla fine Filippo se
ne va presto e io posso finalmente mangiare. Subito dopo però telefono a Elena
e le chiedo se avevamo un tema da fare per casa. Mi rassicura, dice di no.
Sospiro. Che scemo, lo so.
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