Percy/Luke: agitare bene prima dell'uso

di EmmaStarr
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ripetizioni ***
Capitolo 2: *** Temporale ***
Capitolo 3: *** Colpa ***
Capitolo 4: *** Pasticceria ***
Capitolo 5: *** Pulizie ***
Capitolo 6: *** Neve ***
Capitolo 7: *** Esitazioni ***
Capitolo 8: *** Incubo ***
Capitolo 9: *** Basket ***
Capitolo 10: *** Educazione fra pari ***
Capitolo 11: *** Spiaggia ***
Capitolo 12: *** Coming out ***
Capitolo 13: *** Corrispondenza ***
Capitolo 14: *** Festa ***
Capitolo 15: *** Per sempre ***



Capitolo 1
*** Ripetizioni ***


Salve a tutti!
No, non è che non sto bene, sul serio. È che sono secoli che continuo a pensare di fare una raccolta su questi due tipetti, perché è una coppia troppo poco considerata! ç.ç
Io sono qui per farvela amare. Punto. E no, non succederà perché io scrivo bene (pffff) bensì perché loro due sono... sono... ma sono troppo adorabili, su! Protagonista/antagonista è IL cliché per eccellenza, se non lo sapete voi! ù.ù
Ma vabbè. Intanto, qui non siamo esattamente nel mondo di zio Rick. Intanto è un'AU, nel senso niente semidei, niente satiri, niente dei, niente Crono (capito, Luke? Tranquillo, sei buono ù.ù). I nostri eroi sono persone normali, ok?
Poi. Età e parentele, così vi aggiornate. Percy e Annabeth hanno quindici anni, Luke e Talia diciassette. Annabeth di cognome fa Castellan è la sorella di Luke (e Incest è male) mentre Percy e Talia sono cugini (più IC di così si muore... credo). Ovviamente c'è un bel rapporto tra Annabeth e Talia, nonostante la differenza d'età.
Tutto chiaro? Percy e Annabeth sono migliori amici, e con loro c'è anche Grover. Luke è più uno solitario, ma Talia è sua amica. Circa. Quando non si pestano a sangue, immagino.
Ho detto tutto? Sì, ho detto tutto. Circa. Oh, pazienza. Godetevi la prima flash mi raccomando! ^^

 

Disclaimer: Percy & co appartengono a Rick Riordan.

Se mi appartenessero, Percy sarebbe un secchione. No, non mi importa se è dislessico, ma GUARDATELO! Ha la faccia da secchione, su! *Logan Lerman, sei tutti noi!* E invece no. Dislessico. Accidenti a lui.

 

 

RIPETIZIONI

 

 

Percy non avrebbe mai dovuto farlo.

Era risaputo che scommettere con Annabeth non era una buona idea, soprattutto quando la scommessa riguardava la cosa in cui la ragazza era più ferrata: lo studio.

Ne consegue che, quando Percy arrivò a casa di Luke dicendogli: – Ho scommesso con Annabeth che sarei andato meglio di lei nel compito di Latino di domani, ti prego, devi aiutarmi! –, Luke rimase indeciso se picchiarlo, scoppiare a ridere, o picchiarlo.

Oh sì, quel ragazzo aveva capito proprio male.

– Stai scherzando, spero! – L'ipotesi numero uno, picchiarlo, aveva ancora un suono molto allettante.

Percy non demordeva. – Per te dev'essere un gioco da ragazzi, no? Queste sono cose che hai fatto due anni fa! – e sfoderò la sua Arma Micidiale. Se Luke era abile con le occhiatacce minacciose, bé, Percy se la cavava niente male con quelle imploranti.

Accidenti a lui.

– E va bene, d'accordo. Hai qui i libri? – sospirò il ragazzo, passandosi una mano sulla faccia. Non che fosse mai stato una cima in qualcosa, bisognava ammetterlo: veniva sempre promosso per il rotto della cuffia, era dislessico e non riusciva a concentrarsi su qualcosa per più di dieci minuti di fila. Nessuno però lo capiva meglio di Percy, dal momento che gli stessi identici problemi colpivano anche lui.

Ripensandoci, perché avesse chiesto aiuto proprio a lui era un mistero.

– Senti, ma non potevi chiedere a Talia, che magari- – attaccò Luke, un disperato tentativo di salvezza, ma Percy lo guardò storto.

– Come sarebbe a dire, Luke? – inarcò un sopracciglio. – Dovresti aver capito, sai com'è...

E mentre i ricordi della settimana prima tornavano prepotenti nella testa di Luke, il ragazzo maledì tutti gli dei dell'eterosessualità per averlo così brutalmente abbandonato.

Sospirò, sconfitto. – E va bene, sei pronto?

Percy sfoderò un sorriso maledettamente bello, accidenti a lui, e fece per uscire. – In casa è ancora più noioso, andiamo al parco?

Luke sarebbe collassato. Ma quale maledettamente bello, quel ragazzo era una tortura!

– Ma è fuori. – disse, con un tono che sarebbe dovuto essere eloquente.

Percy annuì. – L'avevo intuito.

– All'aperto. – proseguì Luke, chiedendosi cos'aveva fatto di male per meritare una cosa del genere.

Percy sollevò il sopracciglio. – Credo di sapere com'è fatto un parco.

E la pazienza di Luke, tristemente nota per la sua cortezza, finì miseramente. – Oh, e va bene! Ma ricordati che in pubblico tu non mi devi toccare, intesi? – scattò, uscendo di casa come un treno.

Percy sorrise. Oh, sicuro, Luke. Neanche un po'.

* * *

Per quanto il Latino fosse una materia affascinante, non come il Greco, ma pur sempre affascinante, le speranze che Percy ci capisse qualcosa erano davvero vane.

– Allora... Sum, est... – cercò di ripetere Percy, concentrato.

Luke alzò gli occhi al cielo. – Sum, es, est. Il verbo essere, andiamo! Queste cose si fanno in terza media!

L'espressione colpevole di Percy non faceva pena a nessuno, decise Luke. Proprio a nessuno.

Il più giovane non faceva che lanciare sguardi disperati al campo da basket dietro di loro, al baracchino dei gelati alle loro spalle, alla fontana che zampillava poco lontano...

Alla mano di Luke praticamente appiccicata alla sua...

– Ah, no! Volevi studiare? Ora studi e basta, sono stato chiaro? – disse velocemente Luke, ritirando il braccio. Era una goduria farlo soffrire così, decisamente. Forse. Quasi. Oh, insomma...

– Luke, e se facessimo una pausa? – implorò Percy, le mani unite.

– Almeno ripassa la prima coniugazione. Al presente. Attivo. Dai, non è difficile. Amo... – attaccò Luke, consapevole che non avrebbe retto a lungo.

Percy masticò una penna, concentrato. – Amo, io amo... amas, tu ami... amamus, noi amiamo... – la sua voce si fece più bassa, confuso. – Mi ricordo solo questi.

Luke ghignò. – Questi bastano.

* * *

Talia ci mise qualcosa come dieci minuti a realizzarlo.

Insomma, non era psicologicamente pronta: quando era uscita per una passeggiata al parco non si aspettava certo di vedere Castellan che si baciava con suo cugino come se volessero staccarsi la faccia a vicenda, andiamo!













Ok, io sono qui e la cesta di pomodori è lì vicino all'ingresso.
Ma se voleste lasciarmi una mini-recensione, ve ne sarei davveeeero grata! ^^

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Capitolo 2
*** Temporale ***


Rieccomi!

No, non mi sono ancora seppellita dalla vergogna per la flash dell'ultima volta, quindi mi avete di nuovo tra voi. Quale somma gioia. Intanto, ringrazio di vero cuore quelle quattro anime sante che hanno osato recensire questa schifezzina. Sul serio, mi avete fatta davvero felice! Questo è tutto per voi!
Cambiando argomento, il capitolo di oggi sarà un po' diverso dal solito. Vediamo, ricordate tutte le età dello scorso capitolo? Percy e Annabeth 15, Luke e Talia 17... bene, toglieteci dieci anni ciascuno.
E ora si può iniziare a leggere.

 

Disclaimer: Percy Jackson & co appartengono solo ed esclusivamente a Rick Riordan.

Se mi appartenessero, io sarei riuscita ad infilare più flashback. Un flashback alza l'audience, è risaputo. Un po' come quando ha parlato del passato di Leo, quello era carino. Perché i personaggi da piccoli sono teneri il quadruplo, IL QUADRUPLO, RIORDAN!

 

 

 

TEMPORALE

 

Quel marmocchio era venuto a dormire da loro.

Luke cercava di non badare all'amichetto di sua sorella, perché, andiamo, non era certo un granché. Non sembrava particolarmente acuto o intelligente, anzi aveva un'aria un pelino imbecille. Lui e Annabeth si erano chiusi in camera per tutta la serata – camera che, ricordiamocelo, era anche di Luke – per giocare a chissà quale eroe potentissimo. Luke li aveva anche ascoltati, ma dopo il decimo “e adesso io sconfiggo un Minotauro” il povero bambino si era allontanato, disgustato: proprio con la testa fra le nuvole, quei due. Ma lui era più grande, aveva già sette anni e un quarto. E quando hai sette anni e un quarto, sei definitivamente superiore ad un moccioso di appena cinque anni.

Venne l'ora di andare a dormire, e sua madre piazzò una brandina di fianco al letto di Annabeth, appena cinque passi dal comodino di Luke. Il ragazzino trovava la cosa profondamente ingiusta, esigendo che l'intruso dormisse in salotto, ma non ci furono storie: una Annabeth arrabbiata poteva essere pericolosa, e Luke non ci teneva a sperimentarlo sulla sua pelle.

I due bambini iniziarono a chiacchierare sottovoce di mostri e altri stupidi giochi infantili, finché Luke non ritenne saggio far valere la sua autorità di fratello maggiore e comunque adulto della situazione, intimandogli di stare in silenzio.

– Non sei tu che comandi, Luke! – ribatté Annabeth, velenosa, e per qualche minuto il fratello tenne la bocca chiusa.

– Se non smettete di parlare lo dico alla mamma. – minacciò alla fine, alzandosi dal letto e facendo per avviarsi verso la porta.

L'intruso si mise a sedere. – Dai, non serve. Se vuoi, puoi giocare con noi. Vuoi fare l'eroe o il cattivo?

Gli occhi di Luke brillarono di malvagità. – Io sono il cattivo, è ovvio. E in quanto cattivo vi ordino di smettere immediatamente di parlare e di lasciarmi dormire in pace! – sibilò, ritornando verso il suo letto.

Annabeth lo fulminò con lo sguardo. – E da quando i buoni ascoltano i cattivi?

L'altro rise, battendole il cinque. – Esatto! Facciamo che allora noi andavamo su, su una montagna altissima, e il cattivissimo Luke stava lì con una spada che somigliava ad un serpente gigante.

Annabeth annuì, eccitata. – C'era anche tua cugina Talia, però lei era dei buoni.

– Ovvio. – asserì Percy. – Talia e Luke combattevano fortissimo, mentre io e te stavamo lottando contro un'orda di mostri incredibile.

– C'era anche un immenso Titano. – diede manforte Annabeth, gli occhi che luccicavano.

Luke sentiva di essere al limite della sopportazione. – Ora state zitti, altrimenti giuro che aspetto che vi addormentiate e poi vi rovescio un bicchiere d'acqua in testa. – minacciò, e fu così convincente che, dopo qualche minuto, nella stanza regnava il silenzio.

Luke gongolò soddisfatto, pronto per addormentarsi, quando la prima goccia cadde sul tetto. Ne seguì un'altra. E un'altra ancora. E poi fu un temporale in piena regola.

Luke non aveva mai adorato i temporali, ma si impose di non pensarci.

Dormì, forse per davvero o forse solo a metà, dormiva e si svegliava continuamente, finché un certo rumore lo fece sobbalzare. L'orologio fosforescente segnava l'una passata, e la voce di quell'irritante bambino lo fece gemere dalla disperazione. Ancora? Parlavano ancora?

– Annabeth? Ehi, Annabeth? – Luke godette nel sentire la nota di panico nella voce del bambino. Che avesse paura di... Un tuono scosse la finestra, e Luke si ritrovò a tremare violentemente. No, non è vero, lui non stava tremando, solo...

– Annabeth, dormi?

Luke mugugnò. – Smettila. Se la svegli a quest'ora, è capace di cavarti un occhio, quella là. – Bisognava proprio insegnargli tutto!

Il bambino parlò piano, la voce tremante. – Luke?

Luke affondò la faccia nel cuscino, sfinito. – Che c'è? Non avrai paura, spero. – Luke ignorò quella vocina che gli diceva che anche lui aveva paura, e si concentrò sulla risposta.

– No, non è che... Bé, i temporali non mi piacciono. Non tanto. E... – si alzò e zampettò fino al letto di Luke. – Posso... Posso venire qui?

Luke dovette aspettare circa dieci secondi prima che la sconsiderata frase del bambino penetrasse a dovere nel suo cervello. Cioè, lui doveva... Dormire con un bambino?

Un altro tuono squarciò l'aria, e istintivamente le mani di Luke trovarono quelle del moccioso e le strinsero con forza, aggrappandosi disperatamente all'unica cosa fissa di quel posto così pauroso. I due rimasero attaccati in quel modo finché gli ultimi echi del tuono non si spensero nell'aria.

– Allora... D'accordo, Pulce. Ma solo per stavolta. E non dire niente a nessuno. E appena ti svegli te ne vai, anzi, appena finisce il temporale, perché se Annabeth si sveglia e...

– Grazie! – squittì il piccolo, scivolando sotto le coperte del maggiore. – Grazie davvero, Luke!

Il più grande sbuffò, alzando gli occhi al cielo. – Di niente... Ehi, ma io non so nemmeno come ti chiami! – realizzò, sconcertato. A furia di insultarlo intimamente, non si era ancora posto il problema.

– Percy. – Rispose piano l'altro, già sul punto di addormentarsi. – Percy Jackson.

E mentre entrambi sprofondavano insieme in un sonno tranquillo, stretti in un rozzo abbraccio caldo e confortevole, Luke si sentì finalmente al sicuro.

Però... Oh, ma che razza di nome è Percy?

 








Come sempre, mi trovate qui. Se vi va, i pomodori sono nell'angolo, e se recensite avrete un biscotto :3

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Capitolo 3
*** Colpa ***


Sono di nuovo qui a rompere le scatole! ^^
Ecco, questo capitolo è un po' più corto degli altri, ed è ambientato in un luogo-non-imprecisato, mentre le età sono quelle normali (15/17, siamo tornati al primo capitolo)
Vorrei ringraziare di tutto cuore chi ha osato recensire gli scorsi capitoli: siete meravigliosi! Io non so come facciate, vi adoro... Man mano convertiremo il mondo alle Percy/Luke! ;D
Un bacione
Emma


Disclaimer: Percy & co appartengono tutti a Rick Riordan.

Se mi appartenessero, avrei fatto in modo che saltasse fuori che Luke è un patito di popcorn. Così. Perché oltre a spacciare coca-cola poteva benissimo spacciare popcorn, giusto? E poi, ha la faccia da patito di popcorn ù.ù

 

 

COLPA

 

 

Percy era preoccupato.

Non che lui avesse paura di qualcosa, figuriamoci. Sua cugina era un caso a parte, ma era raro che Talia se la prendesse con lui: di solito preferiva indirizzare la sua ira verso Luke, ecco.

No, Percy non aveva paura, era solo preoccupato.

E forse parte della sua preoccupazione era dovuta al fatto che Luke se ne stava zitto e imbronciato da tipo quando era arrivato, e non dava segno di volersi muovere.

– Luke? Dai... Non fare così, non è mica colpa mia se... Oh, adesso basta, guarda che nessuno mi obbliga a passare il tempo con te, sai?

L'occhiata alla allora-vattene-sarebbe-il-favore-migliore-che-potresti-farmi-non-ti-chiedo-altro-ma-se-non-vuoi-fare-una-brutta-fine-allora-vattene con Percy non prendeva, e Luke ormai avrebbe dovuto saperlo.

– E non guardarmi così! Ti ho già chiesto scusa, sai che non l'avrei mai fatto consapevolmente, non avevo idea che... Ma poi, scusa, anche tu, dovevi per forza non... Oh, andiamo, Luke! La tattica del silenzio funzionava quando avevamo cinque anni, è una cosa infantile! – sbuffò Percy, incrociando la braccia e ovviamente adottando anche lui la tattica del silenzio.

Cinque minuti dopo, quando Annabeth li raggiunse li trovò in quella esatta posizione, imbronciati e che guardavano in direzioni opposte.

Ritenne saggio preoccuparsi. – Ehm, ragazzi... Che succede? – domandò, cauta.

Essendo la migliore amica di uno e la sorella dell'altro, forse era l'unica persona al mondo in grado di sedare un litigio tra i due.

– Luke si rifiuta di parlarmi. – borbottò Percy, offeso.

Jackson – sibilò Luke, prendendo le distanze – ha fatto qualcosa di orribile, ieri.

Percy alzò gli occhi al cielo, pronto all'ennesima occhiata alla sentiti-in-colpa-te-lo-meriti-brutto-scarto-della-società che sarebbe di sicuro arrivata di lì a poco. E infatti...

– Luke, smettila! Cielo, quando fai così con gli occhi fai paura. Percy, cos'hai fatto di preciso? – chiese Annabeth, desiderosa di sedare quel litigio una volta per tutte.

– Ma niente, io ho solo-

Niente! L'hai sentito, niente! Niente! Ah, questa è buona! Sì, proprio buona! – la voce di Luke rasentava l'isteria. – L'idiota ieri ha... ha... non riesco a dirlo, è così orribile...

Percy gli batté dei colpetti comprensivi sulla spalla. – Coraggio, bello. Puoi farcela.

La gomitata che ricevette la ricordò per il resto della vita.

– Se non mi dite cos'ha fatto giuro che vi metto a tappeto tutti e due. – sibilò Annabeth, la pazienza agli sgoccioli. E siccome le doti combattive della ragazza erano tristemente note ad entrambi i ragazzi, ritennero più saggio finirla lì.

– Ieri al cinema ho finito tutti i popcorn. – rispose Percy in un fiato, preparandosi psicologicamente alla reazione di Luke nel ricordargli di quale immensa colpa aveva osato macchiarsi.

Annabeth aveva la bocca un po' aperta, e passava con lo sguardo da un ragazzo all'altro, incredula.

Alla fine riacquistò l'uso della parola. – E voi che ci facevate al cinema insieme?

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Pasticceria ***


Sono di nuovo qui! ^^
Sono tre giorni che non mangio niente perché sto soffrendo come un cane per il mal di stomaco, e sento tanto la mancanza di un bel dolcetto. Sì, ho fame ma non riesco a mangiare. Le sofferenze di una vita.
Detto ciò, se non posso mangiare io, che almeno se la godano i nostri amati eroi! xD
Questa volta quindi avevo voglia di parlare di pasticceria. Perché sono convinta che Luke con la divisa da cameriere sia asdfghjk <3 No, non ditemi che nelle pasticcerie non ci sono i camerieri. Questa è una pasticceria chic ù.ù
Ah, Grover è un compagno di classe di Annabeth e Percy, l'avevo già detto? Speriamo di no. Comunque, ora lo sapete. Vi lascio alla shot! Grazie a tutti quelli che hanno recensito, messo tra le seguite/preferite o letto soltanto! ^^



Percy Jackson & co appartengono a Rick Riordan

Se Percy Jackson mi appartenesse, avrei messo Luke più giovane. O Percy più vecchio. Ma non sette anni di differenza, su! Zio Rick, ma lo vedi che così mi costringi ad inventarmi degli AU proprio ingarbugliati per metterli insieme? Un po' di pietà!

 



 

PASTICCERIA

 

Quando gliel'avevano detto, Percy non ci aveva creduto subito.

Però dopo un po' di indecisione, alla fine si era deciso ad andare a controllare di persona.

E così quel pomeriggio, dopo la lezione di nuoto, Percy passò a prendere Grover e si diressero tranquillamente verso la pasticceria italiana più chic del quartiere, per controllare di persona se era vero, che Luke lavorava lì come cameriere. Luke, il ragazzo che meno di tutti si sarebbe visto con un grembiule, una divisa e un sorriso di repertorio.

Oh, sarebbe stato il massimo.

Entrarono nel locale con circospezione, quasi fosse sul punto di esplodere.

– Ma sei sicuro, Percy? – fece Grover, intimorito. – È questo, il posto?

Percy alzò le spalle. – Annabeth ha detto così, ma può darsi che mi stesse prendendo in giro. Intanto sediamoci ad un tavolo. Ti piacciono i bomboloni?

L'espressione speranzosa di Grover era qualcosa di incredibile, e i due si sedettero.

– Salve, desidera ord... Oh. – Il cameriere che si era avvicinato al loro tavolo ora sembrava voler semplicemente sprofondare a terra.

Il volto di Percy si aprì in un ghigno. – Oh, ma guarda chi si vede! Abbiamo fatto carriera, eh? Addirittura un cameriere in questa pasticceria così rinomata...

– Chiudi il becco, Jackson. – sibilò il cameriere, con tutta l'aria di uno che voleva solo staccargli la testa.

Grover inarcò un sopracciglio. – È così che si trattano i clienti?

Percy rise, battendogli il cinque, ma l'occhiata che Luke gli rifilò bastò a non fargli più aprire bocca per il resto della giornata.

– I signori desiderano ordinare? – sputò Luke, lottando per fare uscire ogni sillaba.

– Allora... Portami due bomboloni e una cioccolata calda, è Marzo ma sembra ancora Gennaio... Grover, anche tu? – Grover annuì. – Allora facciamo due.

Luke segnò tutto su un blocchetto. – È tutto? – sbottò, gli occhi di fuoco.

Percy sembrò pensarci su. – Aspetta, forse un bombolone non mi va... avete della torta?

– Niente bombolone. – sospirò Luke, cancellandolo dal blocchetto. – Che torta vuoi?

– No, anzi, meglio il bombolone. – rifletté Percy, concentrato.

– Allora riscriviamo il bombolone. – fece Luke, servizievole. Un momento: servizievole? Luke sentiva di non essere mai caduto così in basso.

Negli occhi di Percy passò qualcosa di simile alla pietà. – Va bene, Grover il bombolone e io un cannolo. Ce l'avete, il cannolo, vero?

Luke annuì, sospirando. – Cannolo... fatto. D'accordo. Posso andare, adesso, sir? – fece, lanciandogli un'occhiata truce.

– No, perché in realtà io volevo la tortina di fragole che sta in vetrina. Ho sentito che sarebbe stata mia appena siamo entrati.

Luke era sull'orlo di una crisi isterica. – Sei qui per sfottermi o per mangiare?

La risposta era così ovvia negli occhi di Percy, che Luke si sentì un idiota per averla posta. E tutto perché? Solo per quello scherzo innocente con le docce della piscina? Oh, andiamo: quando Percy diceva “Mi vendicherò”, di solito se ne dimenticava entro mezza giornata!

Ma in fondo, pensò scocciato, era stato lui a fornirgli un'occasione d'oro sul piatto d'argento: lui, vestito da cameriere, pronto a servirlo.

– Due cioccolate calde, un bombolone e la tortina di fragole. A posto così. – decise Luke, allontanandosi spedito.

Doveva resistere. Gli serviva un lavoro, e quello era l'unico disponibile nel raggio di chissà quanti chilometri!

Ma entro poche settimane avrebbe guadagnato abbastanza, e quei soldi aggiunti a quelli che già teneva da parte sarebbero serviti al loro scopo: avrebbe finalmente comprato un motorino.

Si ritrovò a fantasticare ad occhi aperti per quella che poteva essere la duecentesima volta solo quel giorno: una moto tutta sua, da quanto tempo ne voleva una!

E allora, quando avrebbe avuto la possibilità di guidarla, sarebbe stato tutto perfetto: avrebbe scarrozzato Percy dovunque avesse voluto.

Sarebbero andati in giro per la città, sarebbe stato fantastico! L'avrebbe portato in spiaggia, sapeva quanto Percy amasse il mare. L'avrebbe accompagnato tutte le settimane in piscina, così Percy non avrebbe più dovuto fare tutti quei cambi con la metro per arrivarci...

Avrebbero passato un sacco di tempo insieme e Percy sarebbe caduto nella più totale ammirazione verso di lui.

Sì, decise: poteva sopportare tutto quel casino ancora per un po', se il premio era quello.

– Cameriere! Ci ho ripensato, mi dici che torte avete? – gridò Percy dall'altro lato della sala.

In fondo era risaputo che, negli incidenti di motorino, quello che stava dietro aveva più possibilità di morire.

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Capitolo 5
*** Pulizie ***


Benebenebene, suppongo che ormai vi stiate abituando alle false età che ho assegnato ai nostri eroi...
Ora aggiungeteci dieci anni.
Luke 27, Percy 25. E cosa fanno i nostri eroi dall'alto della loro età? Convivono ^^”
Ma convivono vuol dire una casa insieme, solo loro. Niente mamma, niente nonna, niente sorella, niente donna delle pulizie. Quindi, ogni santo sabato, Percy tira fuori lo spazzolone e... Leggete xD
Nata durante un'orribile sezione di pulizie intensive... Mamma, la mia stanza va benissimo così com'è! Finché non muoio di asfisia io, significa che è vivibile! Umpf.

 

Disclaimer: Percy e tutti gli altri sono solo di zio Rick

Se fossero MIEI, oltre a vivere nel mio scantinato, sarebbero tutti straricchi. Così potrebbero finalmente permettersi una donna delle pulizie e la fanno finita.

 



PULIZIE

 

Luke era convinto di aver sbagliato tutto: era Percy il vero malvagio, tra di loro.

In fondo, chiedeva poi tanto? No, accidenti! Lui voleva una donna delle pulizie che venisse a giorni alterni a stirare, lavare i pavimenti e pulire i vetri, ma Percy no! I soldi sono preziosi di qua, non voglio estranei in casa mia di là... Era andata a finire che ogni sabato Luke si ritrovava ad odiare il suo compagno con tutte le sue forze.

– Sei malvagio. – borbottò, incrociando le braccia al petto. – Stavolta io non ti aiuto.

Percy non diede segno di averlo sentito, e gli passò un paio di guanti di lattice. – Vuoi cominciare dal bagno o dalla cucina?

Luke valutò velocemente le alternative che aveva – buttarsi dalla finestra, mettersi a strillare, baciarlo e spingerlo sul letto – ma temeva che niente, nemmeno l'ultima opzione, avrebbe mai fatto cambiare idea a quell'idiota del suo... Ugh, no, non riusciva nemmeno a pensarlo.

Lo odiava. E se lo odiava la parola amante era la meno adatta del mondo, punto.

– Tu e la tua mania del pulito. Ha a che fare con l'acqua, vero? Passi troppo tempo in piscina, tu! – lo accusò Luke, strappandogli di mano i guanti di lattice e dirigendosi verso la cucina. Tutto, ma il bagno no. – Fanatico!

Percy sogghignò. – Vedrai che un giorno mi ringrazierai. – commentò, dirigendosi verso il salotto. Se Luke sperava che si sarebbe occupato del bagno, si sbagliava di grosso.

Qualche istante dopo, Percy si sentì trapanare le orecchie dal genere di musica più orribile del repertorio di Luke. – Abbassa! – gridò, ma non essendo sicuro di essere stato sentito – neanche lui si era sentito – si avvicinò alla cucina e spense con un colpo secco il registratore.

– Oh, ma dai. – fece Luke, una vena di sadismo negli occhi. – Non posso neanche ascoltare un po' di musica?

Percy finse un colpo di tosse. – Musica? Quale musica? Ma io non l'ho sentita. Quello era solo rumore, della peggior specie. Senti, Luke, lo sai che non attacca, ti faccio fare le pulizie lo stesso. Se la prendi con serenità non è neanche così difficile. Daiii... – Percy lo sapeva, sapeva benissimo come distruggere psicologicamente quel gran duro di Luke Castellan.

E pensare che un venticinquenne patentato non avrebbe dovuto ricorrere a questi metodi infantili...

Ma niente, Percy non ascoltava. Percy non faceva quello che gli dicevi di fare, se non intendeva farlo. Percy non era nella norma.

E sotto sotto, in una remota regione del freddo cuore di Luke, una vocina diceva che Percy era perfetto così com'era.

Inutile dire che, con gli anni, Luke aveva imparato ad ignorare completamente quella stupida vocina inutile e petulante: lui era Luke Castellan, accidenti! Non si faceva mettere sotto da nessuno, nel puro senso del termine. Chi ha orecchie per intendere.

– Se fai tutto entro mezzogiorno poi volendo possiamo fare quella cosa... – buttò lì Percy, noncurante.

Luke drizzò le orecchie. – Quella... cosa? Quella?

– Sì, quella. Sai, su e giù, eccitazione... È un po' che non... capisci?– Percy non doveva fare quella faccia. Non doveva dire quelle cose. Chi era Luke, il primo che passava per strada? Non poteva mica cedere a futili ricatti come quello. Il fatto che si era messo a pulire con il doppio dell'energia non significava niente, ok?

– Lo faccio perché voglio pulire, intesi? – sbottò, non sopportando più il sorrisetto di vittoria sul volto di Percy. – Solo perché mi va. In fondo, una casa sporca è brutta...

– Ovvio. – lo assecondò Percy.

– E una donna delle pulizie costa...

– Sicuro.

Luke si sentiva molto preso in giro, quindi mandò via Percy (– Ma tu non devi pulire, scusa? –) e si limitò a fare il suo lavoro.

Finite le stanze, finito il salotto, pulita la cucina e passato lo straccio dappertutto, mancava solo una cosa.

Il bagno.

– Dopo di te. – fece Percy tranquillo, facendo per allontanarsi.

– Ehi, no, aspetta! – Luke era profondamente offeso. – Io ho già fatto la cucina, la stanza da letto e lo studio, tu solo il salotto e il balcone!

Percy sbuffò. – Sì, ma io ho anche passato lo straccio dappertutto, mentre tu hai spazzato solo in camera e nello studio.

– Tu sei più giovane, hai più energie!

– Chi è che ci ha vomitato giusto ieri sera, in questo bagno?

– Ero ubriaco! Non è stata colpa mia!

– Sì, ma poi ho pulito io, o sbaglio?

– Ma allora è già pulito, tutto a posto!

– Resta dove sei, furbastro: se non lo fai tu niente... Tu-sai-cosa.

Luke lo ritenne un colpo davvero basso. Percy non poteva fargli questo, non dopo tutto il lavoro che aveva fatto! – Ma avevi detto...

– Le cose cambiano. – fece Percy alzando le spalle. – Ma non importa. Dammi, pulisco io. E poi me ne vado a fare un giro. Non aspettarmi alzato.

Escludendo il fatto che erano le undici e mezza del mattino, e che quindi il suo “giro” non era esattamente la cosa più plausibile del mondo, Luke si sentiva vagamente nel panico.

– No, ehm, fa niente, faccio io... – Non che ci tenesse a fare quella cosa, figuriamoci. Solo, gli dispiaceva vedere uno più giovane di lui che lavorava, ecco. Perché Luke era una brava persona, nonostante tutto.

– No, no, pazienza. – Percy aveva l'aria rassegnata, ma Luke sapeva che dentro stata ghignando. Oh, se lo odiava.

– Dammi qua! – ruggì, strappandogli di mano lo spazzolone. – Ho detto che faccio io!

La sua espressione doveva avere un che di spaventoso, perché Percy non replicò e si avviò fuori dalla porta. – Oh ok. Bé, buon lavoro, allora!

E fu così che Luke comprese di essere stato orrendamente ingannato.

Venticinque minuti, un'immensa fatica e settantanove modi diversi di insultare Percy Jackson nuovi di zecca dopo, Luke aveva orgogliosamente finito tutto il lavoro.

– Ah, sì? – chiese Percy, mettendo via la rivista che stava leggendo stravaccato sul letto. Luke sentì di odiarlo.

– Sì. Ho finito. E non è ancora mezzogiorno. Quindi... – saltò sul letto. – È ora di quella cosa.

Percy appoggiò la rivista sul petto. – Quella... cosa? Quella?

Luke annuì. – Sai, su e giù, eccitazione... È un po' che non... capisci?– disse, ripetendo le esatte parole di Percy.

Il ragazzo sembrò aver avuto l'illuminazione. – Ah, quella cosa! Ho capito! – con un balzo scese dal letto e si mise le scarpe.

– Che fai? – gemette Luke, disperato.

– Come, non sei stato tu a proporlo? – domandò Percy, innocente. – Andiamo sulle montagne russe. Forza, che all'una chiude.

Quello che accadde dopo, non è adatto ad un pubblico troppo impressionabile.

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Capitolo 6
*** Neve ***


Ehilà!

Questo perché volevo vedere Percy e Luke che sciano.

Non so voi, io li troverei adorabili :3

Le età sono quelle, abbiate fede, ormai a meno che non mi venga in mente di fare uno speciale vecchietti (COME POSSO PENSARE COSE DEL GENERE) saranno sempre quindici/diciassette.

Grazie a tutti quelli che hanno recensito! ^^
Emma

 

Percy e company sono di zio Rick

Se mi appartenessero... verrebbero a sciare con me. E saprebbero distinguere la destra e la sinistra con più difficoltà ù.ù

 

 

NEVE

 

 

 

La colpa era tutta di Annabeth.

Perché sì, perché Percy e Luke non se ne sarebbero mai andati in gita in montagna a sciare di loro spontanea iniziativa.

Esatto: Percy, Luke, a sciare. La cosa si preannunciava molto dolorosa.

– Ma Annabeth, io non sono capace! – si era lamentato Percy.

– Imparerai. – fu la lapidaria risposta.

La ragazza aveva già pensato a tutto. Aveva addirittura prenotato uno squallido bungalow per una settimana, tre stanze da due: infatti i fortunati coinvolti nella gita erano Annabeth, Percy, Talia, Grover, Rachel e ovviamente Luke. Fu subito messo in chiaro che se Luke avesse preferito rimanere a casa non sarebbe certo stato un problema.

– Percy verrà. – aveva affermato Annabeth, autoritaria. – Verrà perché lo costringerò con la forza, perché sa come posso ricattarlo e perché nonostante tutto è mio amico. E anche Rachel ha già confermato la sua presenza. Ora, ovviamente tu sei liberissimo di non venire, credo che Rachel sarà più che felice di prendere il tuo posto nella stanza di...

E fu così che anche Luke si aggregò all'allegra combriccola.

Sul treno si sedette vicino a Percy e iniziò (ovviamente) a lamentarsi. – Tutto ciò è assurdo.

– Sante parole. – gli diede ragione l'altro, comprensivo.

– Io non ho mai messo degli sci in vita mia! – gemette Luke, già figurandosi il disastro.

– E se poi mi faccio male mentre cado? Come farò con i regionali di nuoto? – Il tono di Percy era vagamente melodrammatico, ma Luke decise di non farci troppo caso.

– Più che i regionali, pensa all'orgoglio. – commentò, funereo.

Rimasero in silenzio per un po', poi Percy parlò. – Forse però non sarà così male. Intendo, non scieremo sempre...

– Solo quattro ore al giorno, giusto.

– Il paesaggio sarà anche bello...

– Anch'io amo vedere tutto quel bianco intorno a me, è così originale.

– Saremo in stanza insieme...

A questo Luke ebbe la decenza di non ribattere. Percy sorrise soddisfatto.

 

* * *

 

Com'era logico aspettarsi, Luke con gli sci ai piedi era quanto di più ridicolo ci si potesse immaginare.

– Sembri l'incrocio tra un pinguino in calore e un San Bernardo. – commentò Talia, beffarda, incrociando le braccia. – E smettila di appoggiarti al muretto, tanto prima o poi dovrai staccarti!

Luke le rivolse l'occhiataccia più assassina del suo repertorio. – Chiudi quella bocca, o ti butto giù da un burrone.

– Ehi, ehi, non litigate. – fece Annabeth, il capogruppo. Luke sentiva di odiarla.

– Bisognerà prendere la seggiovia? – chiese Grover, traballante sui suoi sci di seconda mano.

Rachel li raggiunse, frenando elegantemente con una mossa da esperta sciatrice. – Direi di sì, se non vuoi fartela in salita con gli sci! – rise. – Percy arriva subito, ha detto di aspettarlo un attimo... Oh, eccolo lì.

Luke riteneva tutto quello che stava succedendo un'enorme ingiustizia.

Ricapitolando. Si trovava ai piedi di una montagna, vicino ad un'instabile seggiovia con ai piedi due arnesi infernali che rischiavano di ucciderlo da un momento all'altro. Aveva freddo, era arrabbiato e sentiva la sciarpa che gli pizzicava il collo in maniera insopportabile. In più Percy arrivava in ritardo e mandava avanti quella sua amica Rachel.

E tutto questo perché? Perché?
Perché si era fatto convincere da Annabeth, perché sarebbe stato in stanza con Percy, perché Talia aveva detto che non era abbastanza coraggioso da venire in montagna con loro, perché sarebbe stato in stanza con Percy, perché non aveva nient'altro da fare e perché sarebbe stato in stanza con...

Ok, d'accordo. Di motivi ce n'erano, ma non erano abbastanza per sopportare... quello che stava sopportando, ecco.

Allora perché, quando Percy li raggiunse traballando nei suoi sci nuovi di zecca e con la sua solita espressione da idiota stampata in faccia, il suo cuore perse un battito? Oh, il freddo. Doveva essere stato il freddo, probabilmente entro poco tempo si sarebbe congelato e sarebbe morto, ecco perché il cuore batteva così forte.

– Allora, ci muoviamo? – chiese, spingendo brutalmente Talia in avanti. – Non vorrei morire congelato, sai com'è.

Quella gli lanciò un malizioso sguardo di superiorità mista a compassione. – D'accordo, d'accordo. Non c'è bisogno di arrossir... cioè, di spingere. – commentò, angelica, scivolando in avanti.

Oh, no, Luke non era arrossito.

No.

Insomma, no.

Grover parlò da qualche parte dietro di lui. – Luke, vai o no? E santo cielo, devi avere davvero freddo, sei tutto rosso!

Borbottando un'imprecazione, Luke scivolò in avanti: doveva solo prendere la seggiovia e fare il conto alla rovescia dei secondi che mancavano alla fine della settimana, esatto. Sessanta per sessanta per sessanta per ventiquattro per sette...

– Luke, attento!

La seggiovia lo colpì tra le gambe.

E fece male.

 

* * *

 

– Bé, su, almeno siamo saliti.

Luke non rispose.

– Per essere la prima volta poteva andare anche peggio, sai.

Silenzio di tomba.

– E vedrai che adesso arriva la parte divertente, quella in cui si scende.

Ancora, Luke si rifiutava di aprire bocca.

– Oh, insomma, potresti anche parlare! Guarda che neppure io ho mai sciato in vita mia, eh!

Ma Luke era ancora arrabbiato.

– Mi dici un po' che cosa ti ho fatto?

Sì, come se Luke potesse effettivamente dirgli che era colpa della sua stupida espressione da stupido se era arrossito!

 

* * *

 

E poi arrivò la discesa.

Rachel scendeva elegante e flessuosa come se non avesse fatto altro nella vita.

Annabeth e Talia, dopo un paio di goffi tentativi, se la cavavano anche bene.

Grover annaspava un po', ma tutto sommato riusciva a scendere senza troppi problemi.

Il vero disastro era composto da Percy e Luke: non erano materialmente in grado di stare in piedi su quegli affari senza cadere rovinosamente a pancia in giù nella neve, possibilmente con gli sci incastrati e le gambe incrociate sotto la testa.

Rachel cercava di aiutarli come poteva, ma a parte il fatto che, come Luke notava con un certo fastidio, la giovane ragazza accorreva solo quando era Percy ad essere nei guai, sarebbe comunque stato impossibile cercare di insegnargli qualcosa.

– Sei una frana. – commentò Percy osservando Luke cadere rovinosamente a terra per la ventitreesima volta.

– Ha parlato l'impedito numero uno. – Luke era troppo stanco persino per gli insulti.

Percy cercò di aiutarlo, con il solo risultato di crollare nella neve sopra di lui.

– Ventidue. – contò Luke, la voce soffocata dalla neve.

– Una in meno di te. – puntualizzò Percy, facendo il possibile per rialzarsi.

– Non così! Fermo! – si lamentò Luke, spostandogli il gomito. – Mi butti la neve in faccia!

Percy imprecò a bassa voce e cercò di spostare la gamba con lo sci. – Ahi! Così non va. – gemette.

– Dici? – bofonchiò Luke da qualche parte sotto di lui.

– Se sposto la gamba mi uccido! Lo sci è troppo lungo!

– Intanto sposta il piede a sinistra.

– Così?

– L'altro piede!

– Va bene?

– L'altra sinistra!

– Quante sinistre credi che...

– Così. Ora gira la gamba.

– Ma fa male...

– Sii un uomo!

– Sposta tu quel braccio, se proprio devi!

– Ragazzi, tutto bene?

– Sicuro, stiamo una favola!

– No, non mettere lì quel braccio, fermo!

– Troppo tardi, è la fine!

– Ehi, che succede?

– Percy sta soffocando Luke.

– Non è vero!

– Per me l'hai soffocato.

– Luke? S-stai bene?

– No. Mi hai soffocato.

– Se fosse stato vero non avresti potuto parlare, sai?

– Ecco, Annabeth ha ragione! Ora, sposteresti la testa a sinistra?

– Quale sinistra?

– Che sta dicendo?

– Stava scherzando, cose nostre. Però spostala!

– Ehi, perché siete fermi?

– Percy e Luke si dilettano in atteggiamenti erotici.

– Talia!

– Bé, dovreste guardarvi, ragazzi. Siete avvinghiati in un modo che fa paura.

– Luke, la gamba mi serve quando nuoto. Ti prego, ti prego, lasciala attaccata al corpo.

– E ancora con 'sto nuoto!

– Ragazzi, per me vi state incastrando ancora di più.

– Qualcuno ci aiuti!

– Morirete qui.

– Pietà!

– Ragazzi! Ma siete tutti qui?

– Olè! Adesso tutti possono ammirare Luke e Percy che si umiliano!

– Talia, apri di nuovo la bocca e ti ammazzo.

– Sarà complicato, vista la tua situazione attuale.

– Vi prego, aiutateci! Non mi sento più il braccio!

– Per forza, c'è Luke sopra.

– Luke è sopra il mio braccio.

– Esatto.

– Non guardarmi così, Percy! Tu sei sopra la mia gamba!

– Come se lo stessi facendo apposta...

– Ora basta, adesso vi aiuto io.

– Annabeth, ti amo.

– Ehi!

– Scherzavo! … Luke, il braccio!

– Oh, era il tuo braccio! Scusa, non me n'ero accorto...

– Ah, Luke! Sposta il corpo, sposta il corpo!

– Il corpo?

– Guarda dov'è finita la mia mano! Il corpo, la vita, dalla vita in giù, basta che ti sposti!

– Luke, sei rosso di nuovo.

– Dov'è una telecamera, quando serve? Dove?

– Ecco. Percy, il tuo braccio è libero.

– Sorella degenere, ora è il mio braccio ad essere incastrato!

– Ma andate contro ogni legge della scienza e della fisica!

– Niente è impossibile per Percy Jackson e Luke Castellan.

– È buffo, sembra quasi che tu ti stia vantando.

– Ragazzi...

– No, Grover, aspetta. Io mi stavo vantando, e allora?

– Ehm, ragazzi...

– E allora? Luke, siete uno sopra l'altro in atteggiamenti poco consoni ad un luogo pubblico!

– Ma sentitela! Credi che lo faccia perché mi diverto?

– Ragazzi, e se...

– Talia, Luke, potete litigare quando sarò di nuovo in grado di sentirmi il braccio?

– Ma esiste ancora, il tuo braccio? Qui non si vede più.

– Annabeth, non spaventarmi!

– Talia, osa metterti a ridere e giuro che...

– RAGAZZI!

– …

– Grover, sai che hai una voce spacca timpani? Sul serio, dovresti urlare così un po' più spesso.

– Bé, cosa c'è?

– Ehm.. pensavo solo... se togliessero gli sci, poi non potrebbero semplicemente spostarsi?

– Togliere gli sci.

– Esatto.

– Senza sci, uno potrebbe rotolare da un lato e uno dall'altro.

– Io ho... io ho pensato questo.

– Grover, amico, sei un genio! Un mito! Un angelo!

– Percy, calma.

– Non dovrò amputarmi il braccio! Sia lodato il cielo!

– Sia lodato Grover, piuttosto.

– Ok, ora toglieteci gli sci e basta.

– Calmo, Luke. Se ti agiti, sai com'è...

– Siamo fermi.

– Fermissimi.

– Pronti? Uno... due... Tre!

 

Alla fine erano tornati all'albergo.

Luke aveva minacciato di fare i bagagli e tornarsene in città se per quel giorno non avessero smesso di sciare almeno per quel giorno, e la sua espressione era così spaventosa che nessuno aveva osato ribattere.

Annabeth aveva preparato cioccolata calda per tutti, e ora Percy e Luke stavano al calduccio sul divanetto della loro stanza. Luke non sembrava aver molta voglia di parlare, ma Percy ormai c'era abituato.

– Allora... – attaccò, guardando per aria. – Ti sei divertito?

L'occhiataccia che Luke gli rifilò avrebbe fatto impallidire un fantasma. – Oh, tantissimo. Un vero spasso.

Già il fatto che avesse risposto era più che sufficiente perché Percy continuasse a parlare. – Bene, perché anche io l'ho trovato divertente! Insomma, facevamo ridere, no?

Luke non rispose, e Percy gli si fece impercettibilmente più vicino. – Domani... domani ci riproviamo? A sciare come si deve, dico.

Passò qualche istante di silenzio, poi Luke sospirò. – Se proprio devo. Intanto vattene più a sinistra, che non ho spazio.

Percy sorrise malizioso, annullando la distanza tra i due. – Quale sinistra, scusa?

 

 

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Capitolo 7
*** Esitazioni ***


Salve a tutti!
Eccomi, sono tornata con un'altra incredibile avventura di- no, stiamo calmi. Diciamo che questo capitolo è un po' diverso dal solito... Di recente ho appena rivisto Percy Jackson I il film, non so sotto quale impulso malefico, e ora ho sclerato come una pazza insultando i registi, gli sceneggiatori, e tutto lo staff che EVIDENTEMENTE non ha letto UN EMERITO NIENTE di tutti i libri.
Vero che ci stai ascoltando, Chirs Columbus? Sai almeno com'è fatto, un libro?
No, sono calma.
Bé, vi lascio al capitolo, che con quanto detto sopra non c'entra assolutamente nulla! ^^
Ps: per le vostre stupenderrime recensioni: vi giuro sul mio onore che risponderò. Sul serio. Solo che sono vagamente impegnata (uccidere la scuola o Chirs Columbus, ardua scelta) ma vi assicuro che risponderò prestissimo, perché siete tutti fantastici!
Un bacione, vostra
Emma ^^

Percy, Luke e i loro puffosi amici non mi appartengono, sono tutti quanti di zio Rick. ALMENO LUKE, RIORDAN! CAPISCO CHE PERCY È TUO E OK, MA CEDIMI ALMENO LUKE!

SEEEEE mi appartenessero sul serio, Riordan, cedimene almeno un paio. Leo e Nico? Loro non sono protagonisti, quindi si può fare, no? allora avrei cortesemente ricordato al signor Chirs Columbus semplici espressioni come "capelli biondi", "12 anni", "Luke NON È MAI STATO FANATICO DEI VIDEOGIOCHI", "Nell'Ade dovrebbe rimanere la signorina Sally" e via dicendo (non credo di avere tutto il giorno, ma avete colto lìidea)

 

ESITAZIONI

 

 

– Luke, no, ci ho ripensato.

Percy non era mai stato così teso. Aveva una paura folle, era assolutamente terrorizzato.

– Oh, andiamo! – si lamentò Luke, scuotendo la testa. – Su, Percy, avevamo detto che eravamo pronti!

– No, no. Non mi sento ancora pronto, niente da fare. Magari, tra qualche anno... – tentò Percy, lo sguardo che saettava freneticamente da destra a sinistra, come alla disperata ricerca di una via di fuga.

Luke alzò gli occhi al cielo, sbuffando. – Ma dai, su, non puoi essere così rigido! Che c'è, credi che ti farai male? Pensi che possa succedere?

L'occhiata di Percy lasciava intendere che sì, pensava proprio che sarebbe potuto succedere. – No, aspetta, Luke, il fatto è che... – sudava, e parecchio. Era davvero nel panico più totale. – N-non sono pronto, ecco tutto. Tu sei più grande, probabilmente l'hai anche già fatto, ma io...

– È la prima volta anche per me. – disse velocemente Luke, infastidito.

Percy sgranò gli occhi. – D-davvero? E... non hai paura?

– No, testa vuota! Perché so che posso fidarmi. Insomma, dai, non sarà poi così male, no? Anzi, dicono che sia davvero divertente! – un ghigno spaventoso gli illuminò il viso.

– Sarà, ma io non ci tengo a provare. No, no, ci ho ripensato. Magari un'altra volta. – fece per alzarsi, ma Luke lo fermò.

– Eh no, adesso non puoi piantarmi in asso così! Prima o poi sarebbe dovuto succedere, ti pare? E allora tanto vale farlo ora e toglierci il pensiero! Non essere infantile, insomma! – si infervorò Luke. Anche quello faceva parte del loro essere una coppia, no? E allora perché, perché, perché Percy si comportava in maniera così infantile?

Il più giovane deglutì. Non aveva molto tempo, lo sentiva. – E... e se in cambio facessi... qualcos'altro?

Luke sollevò un sopracciglio. – Cos'altro potrei volere? Stupiscimi.

– Farò tutto quello che vuoi! – Percy ormai stava implorando senza alcun ritegno. – Ma... Oh, Luke, è troppo lungo! Mi fa paura, ecco, l'ho detto!

Luke si passò una mano sulla fronte. – Chissà come, l'avevo intuito. E hai ragione, è davvero lungo. Ma non è che sia un male, eh. – Un lampo di malizia gli passò sul viso.

Percy scosse la testa, teso. – N-non importa. Io non lo faccio. Sono t-troppo giovane.

– Troppo giovane? Hai quindici anni! C'è gente che lo fa a... – attaccò Luke, scandalizzato.

Percy lo interruppe. – Non dirlo! Non mi importa, te l'ho detto. Io non lo faccio.

– Senti, se vuoi stare sopra io...

– Non è questione di sopra o sotto, non lo faccio e basta! – la voce di Percy rasentava l'isteria.

Luke cominciava a non poterne più. Ne avevano parlato, ne avevano discusso. Dopo intere sedute di urla, implorazioni, opera di convincimento e tanta corruzione, alla fine lo aveva convinto, ce l'aveva fatta! E adesso, all'ultimissimo istante, quando erano già pronti...

Luke si era addirittura abbassato per chiedere a Rachel un passaggio, visto che così tanti soldi non ce li avevano, e questa era la cosa più umiliante che avrebbe mai potuto fare. E adesso Percy faceva marcia indietro? Eh no, questa non gliela perdonava.

– Adesso ascoltami. – sibilò, gli occhi di fuoco. – Non me ne frega niente se tu hai paura degli aerei: ormai siamo qui e quindi non scendi più, sono stato chiaro?

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Capitolo 8
*** Incubo ***


















Salve a tutti!
Questa volta la cosa è venuta fuori un po' contorta...
Nel senso che non importa se non ci capite una mazza, è premeditato. Circa. Forse. In ogni caso, tutto è partito perché mi sono fatta una domanda: ma alla fine del quinto... quando Luke muore... *si soffia il naso* non dice di voler rianscere? Cioè, un altro corpo, un'altra vita e compagnia?
Eh no! E poi Percy come fa? >.< Tutto il mio Headcanon si basa sul fatto che si rincontrano nell'Elisio quando muore anche Percy!
Quiiiindi, visto che a scuola sbiamo gli ultimi sprazzi dell'Eneide e di un certo sesto libro, è spuntato fuori questo. Ah, quando Luke si riferisce ad un certo "padre figlio di qualche eroe, forse Enea" parla di Anchise, ok? Solo, Luke non mi sembra esattamente il secchione di turno, quindi non se lo ricorda. Eh, sopprimiamolo.
Detto ciò... spero che il capitolo vi piaccia! Grazie a tutti quelli che recensiscono! ^^
Un bacione,
Emma

 

INCUBO








Luke Castellan è morto! Il suo corpo brucerà quando io assumerò la mia vera forma!

Percy non capiva, non capiva niente.

Era in una stanza enorme, dorata, non sapeva perché ma ispirava potere. Eppure lui non si sentiva affatto potente, solo spaventato. Quello che aveva davanti a sé era Luke, ma non era lui. Era diverso, gli faceva paura.

I suoi occhi. I suoi bellissimi occhi, che ne era stato di quel blu tanto profondo e penetrante? Che significava quello sguardo dorato e implacabile?

Il suo sguardo... Oh, il suo sguardo era qualcosa di terrificante. Tutto vorticava intorno a lui, le frasi si accavallavano, non avevano senso. Luke non era Luke e faceva paura, questa era l'unica cosa che contava.

Eppure... All'improvviso era diverso, era cambiato qualcosa. Luke lo guardava con urgenza, con terrore.

Sta cambiando. Aiuto. È... è quasi pronto. Non gli servirà più il mio corpo. Per favore...

Cosa stava dicendo? Perché gli stava parlando così, perché lo stava implorando così? Ma Percy lo conosceva troppo bene, capiva esattamente cosa stava provando. Aveva paura. Stava male. Stava morendo.

Il coltello, Percy... L'eroe... La lama maledetta...

C'era anche Annabeth? Percy non capiva proprio niente, ma non riusciva a parlare. Si sentiva come se stesse recitando una parte, un copione già deciso e che non poteva in alcun modo modificare. Però una cosa l'aveva capita. Luke stava morendo. E se gli avesse dato quel coltello... No, non poteva farlo! Luke non poteva morire!

Per favore, Percy... Per favore, non c'è più tempo...

Perché gli parlava così? Era tutto sbagliato, tutto sbagliato! E la cosa peggiore era... Gli faceva ancora paura. Colpa di quegli occhi, decisamente. Una parte di sé addirittura sembrava odiarlo. Doveva essere un incubo. Ma lui non poteva permettere...

Inutile, il suo corpo non rispondeva ai suoi comandi, e le sue mani consegnarono il coltello che aveva tra le mani ad un agonizzante Luke.

No. No. No. NO!

E invece sì.

C'era tantissimo sangue, Luke era a terra, e Percy pregò con tutte le sue forze che fosse un incubo, perché non era possibile, non poteva...

Ti sei meritato l'Elisio...

Cos'era l'Elisio? Se non ricordava male, una specie di Paradiso...

Percy avrebbe voluto fiondarsi sul corpo morente – morente! – di Luke, stringerlo, piangere, ma non ci riusciva. Non poteva, era bloccato: ancora quella sensazione, come di non avere il controllo del suo corpo, come di essere un attore che deve attenersi al suo copione.

Credo che proverò a rinascere... per meritarmi le isole dei Beati...

Se il pavimento si fosse aperto in quell'istante facendo precipitare Percy e tutta la sua sofferenza nell'Oblio più profondo, lui non avrebbe avuto parole per dimostrare la sua gratitudine. E questo, cosa significava? Si concentrò al massimo su tutto quello che ricordava dell'Antica Grecia, e non gli ci volle molto, dal momento che la risposta gli apparve in testa quasi fosse stata sempre lì.

Luke aveva detto “rinascere”, giusto? Questo significava che, una volta giunto nell'Elisio, avrebbe perso tutti i suoi ricordi e poi sarebbe nato di nuovo sotto altre spoglie, un'altra persona, un'altra vita.

Un altro amore.

No. No. No. Perché?

Era un incubo. Era di sicuro un incubo. Avrebbe voluto piangere, urlare, dimenarsi, ma perché non ci riusciva? Perché aveva una spada in mano? Perché c'erano quei troni così grandi intorno a lui? Perché...

 

Percy! Ehi, Percy!

 

Luke era morto? Era morto davvero? Non era possibile, non era possibile!

I suoi occhi erano appena tornati blu...

 

Brutto idiota, svegliati adesso!

 

Percy spalancò di colpo gli occhi.

Piano piano, i dettagli della stanza si focalizzarono. Il soffitto, la lampada, le tende. Era a casa, a letto. Aveva avuto un brutto sogno, tutto qua.

– Allora, hai finito? Stavo cercando di dormire! – la voce di Luke è arrabbiata, assonnata, e soprattutto viva. Percy vorrebbe scoppiare a ridere, come quel giorno che stava per dimenticare il cellulare sull'autobus: Luke l'aveva recuperato di nascosto e gli aveva fatto credere di non averlo visto, gettandolo nella disperazione più totale. Percy si era lamentato per un'ora buona, prima che Luke si stufasse e glielo restituisse.

Ecco, ora provava quello stesso senso di sollievo enorme e pieno di gratitudine, solo amplificato mille volte.

– Scusa se ti ho disturbato. – fece Percy, accennando un sorriso. – Un brutto sogno.

Luke sospirò, scoraggiato, trattenendo uno sbadiglio. – Alla tua età... Hai quindici anni, insomma!

– Lo so! Era così assurdo... – Percy cercò di concentrarsi, ma più ci pensava più i dettagli del sogno scivolavano via, come acqua tra le dita. – Niente, non mi ricordo un granché. C'eri anche tu. – ricordò, quasi parlando fra sé e sé.

– E allora era un bel sogno, scusa! – obiettò Luke, imbronciato. Percy ridacchiò.

– Sì, ma era... era diverso. E poi morivi. – rabbrividì al solo ricordo. C'era qualcos'altro... – Mentre morivi, dicevi qualcosa sulla Mitologia Greca, hai presente quelle anime che scelgono di rinascere dopo aver dimenticato tutto il loro passato? C'entrava il fiume Lete, o qualcosa del genere. Dicevi che ti saresti reincarnato.

Questa era un'immagine che lo terrorizzava a priori. Percy non sapeva cosa lo aspettava dopo la morte, ma sperare in un Paradiso era molto gratificante. Immaginare un posto in cui Luke non esisteva più, da nessuna parte... Era semplicemente troppo difficile da concepire.

Poi c'era un altro particolare, il fatto che per tutta la durata del sogno Luke gli avesse fatto paura, una paura matta. Ma questo non glielo diceva, figuriamoci.

– Hai studiato troppo. – fu il commento lapidario di Luke. – Oppure troppo poco! Ma non ti ricordi? Bisogna che passino mille anni dalla morte, prima di reincarnarsi. Lo diceva quell'idiota padre di non so più quale eroe sceso nell'Ade... Enea, forse. Bisogna aspettare questo tempo prima di rinascere. E figurati se in mille anni non mi avresti fatto cambiare idea!

Fu come se Percy si fosse appena liberato di un peso indescrivibile. Sorrise, radioso. – Già! – E poi l'Elisio, la rinascita dopo mille anni... queste cose non esistevano davvero, andiamo. Non aveva senso preoccuparsi.

– Su, ora dormi e basta, che è tardi e mi hai fatto già perdere abbastanza sonno. – sbadigliò Luke, tornando al suo letto e spegnendo la luce.

– Ok. – replicò Percy in un sussurro appena udibile.

Come sempre, con una frase burbera e una spiegazione veloce e buttata lì, Luke l'aveva subito fatto sentire bene.

– Luke.

– Mh?

Grazie.

 

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Capitolo 9
*** Basket ***


La faccenda era: se Percy gioca a nuoto, cosa facciamo fare a Luke? La parola basket rimbalzava tanto forte nella mia testa che alla fine ho deciso di dargliela vinta.
E basket sia.
Quindi niente, Luke gioca a basket. Wow. In più, cronologicamente parlando, questo capitolo si colloca prima degli altri, prima di un ipotetico primo bacio e prima di un'ipotetica prima dichiarazione (chi si sarà dichiarato, chi, chi? Prima o poi la scrivo, sul serio *.*). In soldoni, non stanno ancora insieme. E io cosa la scrivo a fare, mi cheiederete?
Oh, lo vedrete, lo vedrete... (e aggiungerei: Muhuhahaha)
A presto!
Emma


Percy e gli altri non mi appartengono, sono del signor Rick
SE E SOLO SE mi appartenessero, Rachel non avrebbe tirato una spazzola in testa a Luke. Non c'entra niente con il capitolo, ma cioè, non doveva succedere ç.ç Vi rendete conto di cos'avrà provato il povero Luke? Cioè, ce l'ha, un orgoglio. Anche se nelle mie fanficion non sembra.

 

BASKET



Luke Castellan giocava a basket.

E bene, anche.

Ecco, questo è il tipo di informazione che potrebbe lasciarti leggermente sconvolto, specie se il Luke Castellan che conosci tu passa tutte le sue giornate stravaccato davanti alla tv con una scatola di popcorn fra le mani.

Percy conosceva quel lato di Luke, quindi quando Annabeth gli propose di accompagnarla a vedere la finale – non una partita qualsiasi, la finale – di una partita di basket di suo fratello, Percy rischiò un attacco epilettico.

– M-ma stiamo parlando di Luke? Quel Luke? – balbettò, sconvolto.

Non aveva mai prestato particolare attenzione a quel ragazzo, prima d'allora. No, questa era una bugia. Insomma, era il fratello di Annabeth, e per forza doveva conoscerlo un po': dopotutto passava un considerevole lasso di tempo a casa loro. Poi c'era anche la questione di sua cugina Talia, che andava in classe con lui. E infatti aveva inquadrato perfettamente il personaggio: scontroso, burbero, maleducato, supponente, arrogante e spaccone. In una parola, interessante. Lo incuriosiva, non c'era niente da fare. Forse andare a vedere una sua partita non era poi una cattiva idea, dopotutto: avrebbe fatto un po' di luce su quel mistero che era Luke Castellan.

– E di' un po', da quant'è che tuo fratello gioca a basket? – si incuriosì mentre lui ed Annabeth passeggiavano verso la palestra.

Lei sembrò pensarci su. – Un bel po', in realtà. – ammise alla fine. – Saranno quasi dieci anni. Ti ricordi la prima volta che sei venuto a dormire da me? Bé, il giorno dopo ha deciso di iscriversi. Bofonchiava qualcosa come “essere in forma”, “stupide fobie”... Da allora ci va tutte le settimane. È anche bravo, sul serio non te ne ho mai parlato?

Percy scosse la testa, sorridendo sotto i baffi. L'espressione che aveva Annabeth mentre parlava di suo fratello era impagabile: da come lo descriveva lei, Luke sembrava sempre senza difetti. E ricordare quella sera era stato un altro punto a favore di Luke, perché avevano dormito insieme, anche se erano solo dei bambini.

Bé, Percy aveva anche visto Annabeth nuda all'asilo, se era per questo. Ora non c'era bisogno di leggere messaggi subliminali in ogni momento della sua infanzia. Però... Però era da allora che provava questo strano interesse per il maggiore dei Castellan: lo considerava alla stregua di un esperimento del quale non si conosce ancora l'esito. Percy era curioso di capire chi fosse davvero il fratello della sua migliore amica, era da tanto tempo che ci pensava.

Quale parte di Luke prevaleva, alla fine? Quella arrogante, spavalda, sempre pronta a battibeccare su tutto? Oppure quella un po' più misteriosa che ogni tanto lo lasciava confuso e senza risposte?

Il ragazzo si strinse nelle spalle: non serviva a niente perdersi in pensieri simili, decise. Andava a vedere una sua partita di basket, una finale. Magari avrebbe avuto un'illuminazione, chissà.

Arrivarono qualche minuto prima dell'inizio. – Sediamoci davanti! – affermò Annabeth, trascinando Percy verso gli spalti. Il ragazzo sorrise, rassegnato: c'era da dire una cosa sui componenti di quella famiglia: non si facevano mettere i piedi in testa da nessuno. E Annabeth, così come suo fratello, non faceva eccezione.

 

* * *

 

Luke era carico.

Era pronto.

Era assolutamente convinto di potercela fare, a vincere quella benedetta partita.

Quel giorno scese in campo con tutte le migliori intenzioni del mondo, ben deciso a stracciare quegli incapaci della squadra avversaria e di fargli rimpiangere il giorno in cui le loro strade si erano incontrate con quella di Luke Castellan, e ci sarebbe riuscito, accidenti, se non avesse visto tra gli spalti, esattamente di fianco a sua sorella, quell'idiota di Percy Jackson.

Tanto per cominciare, se voleva avere un appuntamento con Annabeth poteva farlo anche in un posto migliore di quello. Una partita di basket, andiamo! D'altra parte era meglio se facevano quel genere di cose sotto i suoi occhi vigili: doveva solo provare a sfiorarla... doveva solo...

Ma mentre Annabeth posava una mano sulla spalla di Percy per sporgersi e vedere meglio, lo stomaco di Luke ringhiò di protesta. Non. Dovevano. Toccarsi. E basta.

Le sue manie di possessione rasentavano il limite della decenza, Luke lo sapeva bene. Eppure gli dava fastidio che le cose non andassero esattamente come voleva lui.

Percy gli era stato antipatico dal primo giorno in cui si erano incontrati, e si chiedeva spesso perché, tra tanta gente, sua sorella avesse scelto proprio lui come migliore amico. Esatto, così si intestardiva a dire: migliore amico. E basta.

In fondo si sapeva, che a Annabeth piaceva quel gran fusto in Quarta D, e Percy non sembrava minimamente scosso dalla cosa, però secondo Luke non era normale che un semplice amico passasse tanto tempo a casa di sua sorella. Insomma, cioè, erano sempre lì.

Ed ogni volta che li sentiva entrare in casa insieme, qualcosa dentro di lui ruggiva e gli dava fastidio. Perché dovevano ridere così tanto? Un minimo di decenza no, eh? La presenza di Percy in casa sua gli dava uno strano senso d'inquietudine a cui non sapeva dare un nome; di conseguenza aveva deciso che stava meglio quando non lo vedeva. Oh, sì. E per non vederlo le pensava tutte, eh: lo prendeva in giro, lo insultava, lo sbeffeggiava, tutte arti in cui era maestro: così magari se ne stava a casa sua, ogni tanto...

Poi era arrivata Talia. La sua nuova compagna di banco al liceo. Inutile dire che era stato odio a prima vista, e questo anche prima di sapere che era la cugina di quel babbeo di Jackson. Ovviamente a quel punto Talia e Annabeth avevano legato, e prima che Luke potesse rendersene conto non facevano che andare in giro insieme, loro quattro, a trovarsi tutti a casa di Luke o a casa di Percy, come fossero vecchi amici.

E più passava il tempo con Jackson, più il suo umore precipitava in una fossa di depressione e occhiate torve.

Visto che era ormai destinato ad avere a che fare con quell'idiota almeno cinque giorni su sette, cercava almeno di tenersi la domenica libera. Ed invece eccolo lì, alla finale più importante del campionato, a fare l'idiota con sua sorella sugli spalti.

E Luke si deconcentrò.

A metà della partita la squadra era sotto di sedici punti, e persino il coach non sapeva dove sbattere la testa. Luke sfogò la sua frustrazione prendendo un asciugamano e allontanandosi dal gruppo dei suoi compagni.

– Ehi. Bella partita, sei davvero bravo.

Luke alzò la testa, infuriato, per accorgersi della presenza del giovane Jackson di fianco a lui, un sorriso smagliante stampato in faccia – falso, falso e sarcastico, si disse Luke con astio.

– Che fai, sfotti? – sputò, punendolo con la sua peggiore occhiataccia.

Percy spalancò leggermente gli occhi. – Chi, io? Ma figuriamoci. – Eppure rideva, l'infame. – Potete ancora recuperare, no?

– Sì, esatto.

– Allora... buona fortuna. Annabeth mi ha mandato qui a portarti questa. – disse Percy, porgendogli una bottiglietta d'acqua. – Sarebbe venuta anche lei, ma dice che i maschi dopo aver giocato puzzano come dei maiali. – arricciò il naso. – Bé, in effetti...

Luke gli strappò la bottiglia di mano facendolo quasi cadere all'indietro. – Oh, ma che gentile. Ora, saresti così gentile da tornartene al tuo posto?

Percy sembrava un po' abbattuto, oppure gli faceva solo male la gabbia toracica, ma in ogni caso Luke si sentiva in dovere di dire qualcosa. Annabeth era capace di ucciderlo, se Percy andava a lamentarsi. – Bé, senti un po'...

– Sì?

– Senti...

– L'hai già detto.

– Oh, mi stai a sentire o no? – sbottò Luke, prima di realizzare di avere effettivamente ripetuto il verbo “sentire” tre volte in dieci secondi.

Ah, la sua dignità. – Stavo dicendo... – ricominciò, facendo bene attenzione a non ripetere più quella parola. – Stasera facciamo una festa per festeggiare la vittoria.

– Se vincete. – si intromise Percy.

– Se vinciamo. – concesse Luke, infastidito. – Possiamo far venire qualcuno, ma Talia ha disdetto all'ultimo. Non che fosse la mia prima scelta, semplicemente lo ha scoperto. Io non volevo invitarla, cosa credi? – Percy annuì con fare eccessivamente accomodante, e Luke decise di stringere un po'. – Insomma, sei libero stasera?

Percy sembrò rifletterci su, e già Luke si stava dando dell'idiota per cos'aveva appena detto. Sei libero stasera? Sul serio? Cielo, sembrava una tredicenne in calore.

– Bé, si può fare. – rispose alla fine Percy, alzando le spalle.

– … Sul serio? – chiese Luke dopo un istante di confusione.

– Ma sì, sono libero. Una festa, insomma, wow. – si avvicinò un po' sorridendo. – Se vincete.

– Se vinciamo. – ripeté Luke, nervoso.

La partita riprese, e Luke portò la sua squadra alla vittoria con quindici punti di vantaggio.

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Capitolo 10
*** Educazione fra pari ***


Adesso non ridete e non ditemi che queste cose non succedono.
Non sgranate gli occhi e non pensiate che stiamo sforando i limiti della decenza.
L'educazione fra pari esiste eccome, nella mia scuola l'abbiamo fatta e ci hanno proposto gli stessi argomenti e le stesse attività che faranno i nostri eroi in questa storia.
Mentre la leggete, pensate a me e a cosa ho patito in questi giorni... Ovviamente, poi, se Percy e Luke si mettono in mezzo non c'è nulla di scontato!
Ah, per la cronaca Luke è in 4° C e Percy in 1° E.
Perché in 1° E c'ero io l'anno scorso e in 4° C c'era un tizio bello quasi quanto Luke. CHI HA ORECCHIE PER INTENDERE, BEL FUSTACCHIONE.

Percy e tutti gli altri sono dello zietto Rick, e se anche me ne regala uno non mi offendo. Dai, che a Natale manca poco.
SE MI APPARTENESSERO, accidenti ai "se" con cui non si fa la storia, obbiligherei Percy a pestare Clarisse per la figuraccia che gli ha fatto fare nel film, all'inizio. Che poi nel film le Percy/Clarisse sembrano più shippabili delle Percy/Annabeth e non fatemene parlare. VI PREGO, NON FATEMENE PARLARE. Percy/Clarisse... *vomita* Come se non mi facessero abbastanza concorrenza le Percabeth e le Percy/Nico.

Oh, amen, vi lascio alla storia. Grazie a chi leggerà e/o recensirà! ^^
Emma



 

EDUCAZIONE TRA PARI

 

Annabeth dovette ripeterglielo tre volte prima che Percy afferrasse seriamente il concetto.

– Cioè... Educazione tra pari?

– Esatto. Alunni delle classi più alte vengono nelle nostre classi e tengono lezioni su, non so, metodi contraccettivi, droghe, bullismo... Tutti argomenti che sarebbe imbarazzante trattare in presenza di un adulto.

Percy annuì, concentrato. Aveva capito. C'era soltanto un dettaglio che gli sfuggiva, un dettaglio nascosto nel sorrisetto che Annabeth cercava inutilmente di nascondergli. – Avanti, che altro c'è? – chiese, incrociando le braccia.

Annabeth tentò di negare, ma la forza persuasiva di Percy, ormai dovrebbe essere noto, era più forte di qualunque opposizione.

– E va bene, te lo dico. – sospirò alla fine, rassegnata. – Volevo tenerti la sorpresa, ma a quanto pare sei il solito impaziente. – Doveva sembrare scocciata, ma il suo tono tradiva un'ilarità che preannunciava qualcosa di grosso.

– Allora? – Percy non stava più nella pelle.

– I nostri educatori tra pari sono quelli della Quarta C. – rivelò la ragazza, un sorriso malizioso sul volto.

Percy iniziò a capire. E sulle labbra andò formandosi un ghigno largo come una casa.

– Un educatore è tua cugina Talia... – E Percy non aveva bisogno di sentirsi dire da Annabeth il nome dell'altro educatore.

Oh, Luke, questa sarà proprio da vedere.

 

* * *

 

– No, Talia, non esiste.

– Sai com'è, non è che abbiamo molta altra scelta.

La ragazza sbuffò forte, lasciandosi cadere sul divano di Luke, incurante del fatto che in quel modo lo occupava tutto e che quindi il povero ragazzo era costretto a sedersi su una sedia.

– Siccome abbiamo combinato quel casino nei bagni del primo piano, adesso gli educatori tra pari siamo noi. E vedi di fartelo andar bene. – sospirò, nascondendosi il volto con le mani.

– Ma non possiamo, non so, fare ricorso?

– Non scherzare...

– Ribellarci?

– Ma non farmi ridere!

– Scioperare?

– Rimanderebbero e basta.

Luke esplose. – Oh, e quindi secondo te dovrei rassegnarmi ad entrare nella classe di mia sorella e parlare di metodi contraccettivi, magari non so, insegnarle come si infila un preservativo e fare uno schemino dell'apparato riproduttivo maschile alla lavagna?

Talia sembrò pensarci su. – Hai scordato la parte sulla droga.

Luke gemette, affondando la testa in un cuscino. – E non è finita! Ci sarà anche Per... quel Jackson! – si corresse subito, felice del fatto che il cuscino che aveva sul viso nascondesse il rossore delle sue guance. Proprio per nome doveva chiamarlo.

Talia ghignò. – Ah, sì. Il tuo nuovo fidanzatino.

– Non rompere le scatole, tu. – mugugnò Luke. – Il mio orientamento sessuale non ti riguarda.

La ragazza si posizionò meglio sul divano, stendendo le gambe. – Ma io ti capisco, sai? Mio cugino è decisamente un bel bocconcino. Se non fosse una questione di incesto, io... Ah, anzi, lo sai che l'incesto tra cugini in certi paesi è consentito? Quasi dappertutto, ormai. Dovremo spiegare anche questo, ai ragazzi dell'educazione fra pari. Magari è meglio se mi documento un po'.

Luke alzò lo sguardo assassino dal cuscino verso di lei. – Me ne occupo io. – sibilò, velenoso.

Talia scoppiò in un accesso di risa. – Geloso? – riusci a chiedere tra una risata e l'altra.

Mentre Luke stava per ucciderla, però, alcuni rumori sospetti provenienti dalla porta salvarono Talia da una morte certa. Percy e Annabeth stavano entrando.

– Ehilà! Siamo in casa! – gridò la ragazza, raggiante.

– C'è mia cugina? – domandò Percy, e Luke sentì un moto di rabbia salirgli su per lo stomaco. Perché chiedeva proprio di lei?

Dopodiché realizzò che chiedere “c'è Luke?” in casa di Luke sarebbe stato alquanto stupido, e decise che a breve si sarebbe iscritto ad un corso di yoga. Doveva imparare a controllarsi, accidenti a lui.

– Sì, amato cugino, mi trovi da qualche parte nel divano. – rispose Talia sollevando una mano, come se fosse troppo stanca per alzarsi.

Nel divano. – ripeté Luke, scettico. – Effettivamente si è tipo persa al suo interno, già...

Percy e Annabeth li raggiunsero, e Talia si fece un po' più in là per farli sedere sul divano. Luke trovò la cosa profondamente ingiusta. – Ehi! Perché loro sì e io no?

– Che domande! – ribatté Talia, scandalizzata. – Lui è il mio amatissimo cuginetto dagli occhi di mare e dalla pelle di bronzo, il ragazzo che ogni ragazza sogna ma che invece, non si sa come e non si sa perché, è finito per cadere tra le braccia di quel cerebroleso là. – concluse, agitando con indifferenza la mano in direzione di Luke. Il quale sembrava ormai prossimo ad una crisi isterica.

– Ehi, non dire così. – cercò di intercedere Annabeth. Ah, benedette nei secoli dei secoli le sorelle minori. – Non è vero che tutte le ragazze sognano Percy.

… Luke sentiva di odiarla.

– Allora. – attaccò Percy, sfoderando un sorriso smagliante in direzione di Luke. – Sarai il nostro educatore tra pari?

Quello lo fissò con un'occhiataccia di puro odio. – Così pare.

– Sapete già di cosa si parlerà? – si incuriosì il ragazzo, sempre con quella sua aria innocente da santerellino.

Luke stava per rispondere che non erano assolutamente affari suoi, ma già Talia aveva iniziato a spiattellare tutto. – Inanzi tutto, metodi contraccettivi. Se ce la facciamo recuperiamo preservativi per tutti, visto che scommetto che la metà dei tuoi compagni non sa nemmeno come sono fatti, e glieli facciamo mettere. A dei cosi finti, per l'amor del cielo, Percy, non fare quella faccia! Che poi non esiste mica solo il profilattico, eh. Mai sentito parlare di pillola? E poi c'è l'anello, che...

– Sì, esatto, basta così, Talia. – commentò Luke, freddo come il ghiaccio. – Altrimenti, dove sta la sorpresa?

Percy annuì, alzandosi e andando in direzione dello zaino abbandonato davanti alla porta. – Hai ragione, non dite nulla. Voglio tenermi la sorpresa per domani!

Ci furono alcuni istanti di silenzio.

– Domani. – ripeté Luke, la voce atona.

Annabeth si accigliò. – Sì, domani. Il dodici. Così ci hanno detto.

Talia impallidì vistosamente, e Luke si voltò a fissarla con calma glaciale. – Senti senti. Il dodici. Non il ventuno. Proprio il dodici.

La ragazza sprofondò nel divano.

 

* * *

 

Il giorno successivo, Talia e Luke si presentarono a scuola con due occhiaie davvero spaventose.

Le prime ore passarono senza che quasi se ne accorgessero, e ben presto arrivò il momento della tanto temuta lezione di educazione fra pari.

Incoraggiato dalle risate dei suoi amici traditori, Luke uscì dall'aula in compagnia dell'amica e si diresse verso la Prima E. Appena entrarono, i risolini all'interno dell'aula si fecero più soffusi.

– Bene, ragazzi, ciao a tutti. – fece Talia, schietta. – Io sono Talia Grace e lui è Luke Castellan.

Alcuni ragazzi ridacchiarono nel sentire che il cognome di Luke era lo stesso di Annabeth, e le lanciarono occhiatine allusive che misero Luke in uno stato d'animo particolare.

– È con estremo piacere, – disse, guardandoli molto male – che siamo qui per farvi da educatori. Le presentazioni le abbiamo fatte, e di sapere i vostri nomi non mi importa.

Talia gli diede una gomitata. – Intendevo, facciamo un giro di presentazioni in cui ciascuno di voi dirà il suo nome e una cosa che gli piace fare. – si corresse Luke, imbronciato. – Ma dobbiamo proprio? Queste cose non gli interessano! – sbuffò poi, abbastanza forte da farsi sentire.

Udì chiara sopra le altre la risata di Percy, ma si impose di non guardare per nessun motivo nella sua direzione. Non adesso. Non ancora.

– Io sono Grover, e mi piace il cibo messicano. – belò il primo ragazzino.

Uno dopo l'altro tutti quanti si presentarono in quel modo che Luke riteneva da bambini delle elementari, anche se alcune affermazioni (“mi piace scopare!” “mi piace tua madre!” “mi piacciono le bambole sexy gonfiabili!”) non erano esattamente attribuibili a dei bambini, ecco.

Quando fu il suo turno, Percy si presentò dicendo il suo nome, e che gli piaceva nuotare. Luke sbuffò, alzando gli occhi al cielo: tipico. Ci avrebbe potuto scommettere cento dollari. Annabeth proclamò di amare l'architettura, e anche qua Luke ci avrebbe messo la mano sul fuoco. Alla fine quell'assurdità finì, e Luke tirò un sospiro di sollievo.

Salvo poi ricordarsi cosa succedeva dopo, e desiderò ardentemente di essere risucchiato dal pavimento. – Bene. Ora che quest'eccitante parte del programma è svolta... – sbuffò Luke. Qualcuno (Percy) rise. – E non prendete in giro il nostro programma! – scattò il ragazzo, offeso. – Ci siamo stati su fino alle due, stanotte! Portate rispetto per le persone più grandi di voi.

Talia mascherò una risata con un colpo di tosse. – Ottimo. Bravo, Luke, fatti rispettare. – fece, battendogli la mano sulla spalla. – Dicevamo... Oggi parleremo di sesso, contraccettivi, apparati genitali e servizi di aiuto per minori. Cominciamo da... – scorse il programma fino ad arrivare al punto giusto. – Ah, esatto. L'apparato riproduttivo maschile. Luke, a te la parola. Non è che avete un gesso? – chiese poi, avvicinandosi alla lavagna.

Qualcuno gli gridò di guardare nel cassetto degli insegnati, e Luke avrebbe preferito morire, ma si chinò, recuperò il piccolo e innocuo pezzetto di gesso che l'avrebbe portato alla morte e si avviò verso la lavagna.

Esitò un istante, poi notò Talia che gli faceva un cenno d'incoraggiamento con le mani e si sentì troppo preso in giro per non reagire.

Tracciò due grosse forme sferiche e in mezzo a loro una protuberanza dalla dubbia forma. Luke non era mai stato un Picasso.

Con voce annoiata (nessuno l'avrebbe sentito lamentarsi, questo mai) prese a descrivere come avvenivano cose imbarazzanti quali l'erezione o l'eiaculazione, e sapeva che i maschi quelle cose già le conoscevano, e le femmine forse le sapevano meglio di loro, ma doveva dirle lo stesso perché così prevedeva il programma, e lui e Talia l'avevano provato davvero troppe volte perché si potesse permettere di fare casino.

Ma era possibile che si parlasse di quelle cose, a scuola? Che fine avevano fatto le care, vecchie interrogazioni dal posto?

Appena ebbe terminato sputò un – Ci sono domande? – tanto esplicitamente contrario all'avanzamento del minimo dubbio che nessuno osò fiatare, e poté cedere il gesso a Talia, che prese a spiegare mestruazioni e cicli come se non avesse fatto altro in vita sua.

Luke si chiedeva cos'avesse fatto di male per meritare una fine del genere.

 

* * *

 

Avevano parlato dell'atto sessuale. Avevano spiegato perché era importante l'uso del contraccettivo. Avevano mostrato a quei bambini come si infilava un preservativo, e Luke aveva accuratamente evitato di guardare Percy mentre parlava perché sapeva che sarebbe morto, morto e morto se l'avesse guardato negli occhi.

Un preservativo. A scuola. E la gente ancora si chiedeva perché i ragazzi crescevano con quel genere di disturbi? D'accordo che certe cose è meglio saperle che non saperle, e che se non le imparano a scuola magari le imparano tardi, o non le imparano, che se ne rompono uno magari il ragazzo dice alla ragazza di farlo senza e poi lei rimane incinta, ma vedere sua sorella (sua sorella!) armeggiare con uno di quei cosi e riuscire ad infilarlo correttamente con quell'espressione di trionfo negli occhi fece desiderare a Luke una morte veloce ed indolore.

– Ok, ci siamo. Ne avanza uno, chi altri vuole provare? – chiese Talia, sventolando l'ultimo pacchetto.

Alla fine ne avevano recuperati quindici in tutto, quindi non tutti gli alunni dovevano provarlo per forza, e Percy non avreb-

– Viene Jackson!

– Sì, tocca a te, vai!

E in due secondi ecco Percy sorridere davanti a lui, con quell'espressione mezza confusa e mezza ingenua che faceva impazzire Luke. Nel senso che sarebbe diventato davvero un pazzo furioso, a forza di stargli vicino.

– Allora... – borbottò, concentrato.

Per Luke era una vera e propria tortura fisica, vedere Percy impegnarsi tanto per infilare un preservativo - e comunque era troppo imbranato! Di questo passo l'avrebbe rotto!

– Oh, dammi qua! – sbottò alla fine Luke, scocciato. – Così lo distruggi, testa vuota! Tienilo fermo, in questo modo. Ma pensa te... – e con un gesto deciso lo infilò al suo posto.

La classe esplose in un applauso che Luke fermò con una singola occhiata malefica.

– Grazie mille! – sorrise Percy prima di tornare al suo posto.

Luke giurò a se stesso che, se quella era la punizione per aver fatto esplodere il bagno del primo piano, bé, non si sarebbe più avvicinato ad un bagno in vita sua.

 

* * *

 

– Mancano undici minuti. Undici minuti dopo un'ora e quarantanove minuti non è praticamente niente, giusto? Possiamo farcela. Undici minuti, poi la campanella suonerà e saremo liberi. – continuava a ripetere Luke, come un mantra.

Talia si limitò ad alzare gli occhi al cielo. Aveva appena finito di parlare, e per quanto sfogliasse il programma non trovava altri argomenti - e sì che erano stati su fino alle due, la sera prima, per assicurarsi di avere abbastanza cose da fare!

Eppure non potevano lamentarsi: avevano fatto tantissime cose. Per quanto l'effettiva utilità di quel servizio potesse essere messa in discussione, i ragazzi si erano divertiti: parlare di quegli argomenti in qualche modo gli aveva fatto bene, Talia lo sentiva. E siccome mancavano appena undici minuti, che forse ormai erano diventati dieci e mezzo, la ragazza si limitò a chiudere il fascicolo con un colpo secco e a pronunciare la fatidica frase: – Ci sono domande?

Luke chiuse gli occhi, pronto al peggio. Possibile che la vena perversa di quei quattordicenni in calore non si esaurisse mai? Le battutacce. Le cavolate che tiravano fuori. Ma non avevano un minimo di dignità?

Dopo alcune domande seriamente imbarazzanti a cui lui e Talia si rifiutarono di rispondere e che non riportiamo qui per motivi di morale, una ragazza che se Luke non ricordava male si chiamava Clarisse alzò la mano e chiese: – Come la mettete con gli omosessuali?

La sua sarebbe anche stata una domanda come tante, ma quel sorrisetto che aveva sulle labbra era davvero irritante, pensò Luke.

– No, è nel programma della prossima volta, ragazzi, ormai mancano cinque minuti, non... – improvvisò Talia, ma la bomba era stata sganciata.

– Già, non ne abbiamo parlato! – le fece subito eco un'altra voce.

– Che educazione fra pari è, se non si parla di omosessuali?

– Come la pensate voi?

– Vero che sarebbe meglio se non si potessero sposare?

– Già che esistano, io... – commentò Clarisse lasciando la frase in sospeso, soddisfatta.

Talia annusò aria di tempesta e si passò una mano sul volto, sconsolata: era quasi fatta, quasi... – Già che esistano ti dà dei problemi, forse? – chiese Luke, gli occhi di fuoco.

Aveva detestato la ragazza dal primo istante in cui l'aveva vista, anzi, bé, da quando Percy gliene aveva parlato. Ed ora avrebbe soltanto voluto tirarle un bel pugno sul naso.

– Bé, sono... uno sbaglio. – ribatté lei, e Talia dovette pestare il piede al compagno perché non gli venisse in mente di saltarle addosso.

Ma mentre Luke faceva appello ad ogni fibra del suo corpo per resistere agli impulsi assassini che, guarda un po', volevano spingerlo ad assassinarla, Percy si voltò candidamente a guardare Clarisse. – Seriamente? Uno sbaglio? – ripeté, lo sguardo divertito. Ma Luke lo conosceva abbastanza bene per capire che dentro non era affatto tranquillo. E ghignò.

– È buffo che sia tu a dire una cosa del genere, Clarisse. Se non sbaglio è stato ieri, che tuo padre è venuto fuori da scuola apposta per gridarti addosso che-

Clarisse divenne più bianca di un fantasma e si affrettò ad interromperlo. – Chiudi il becco, Jackson! – sibilò, sconvolta. – E tu come fai a... comunque non ti azzardare a terminare la frase!

Luke avrebbe voluto sollevare un cartellone con su scritto “termina la frase”, ma sfortunatamente non ne aveva nessuno a disposizione, e tanto sapeva che Percy non poteva essere così crudele. Accidenti a lui.

– Allora, a proposito degli omosessuali... – fece Percy giocherellando con la felpa.

– Oh, pensala come ti pare.

– Sono uno sbaglio?

– No, va bé, io... Oh, ma a te che importa degli omosessuali, scusa? – sbottò Clarisse alla fine.

Percy si strinse nelle spalle. – Oh, niente. È che sono per l'amore universale, io.

 

* * *

 

Sono per l'amore universale, io. Facevi sul serio?

Luke è indeciso se prenderlo in giro o prenderlo a calci. La giornata è finita, sono a casa (ma guarda un po' che buffo, Percy è a casa di Luke) ed ancora Luke non ha smesso di pensare a quell'uscita infelice di Percy.

– Che c'è, tu non sei per l'amore universale? Guarda che anche Annabeth è per l'amore universale. E ho chiesto a Talia, e lei ha detto di essere per l'amore universale. Penso che anche Grover sia per l'amore universale, e se vado a domandarlo a Silena sono sicurissimo che mi dirà che anche lei è per l'amore uni...

Luke fece un gesto di fastidio con la mano. – Ho capito, ho capito! Sei per l'amore universale, non c'è bisogno di ripeterlo fino allo spasmo!

Percy sorrise, malizioso. – Che cosa, che sono per l'amo-

Ma siccome sapeva di non poter reggere uno scontro frontale con un Luke arrabbiato, desistette in fretta. – Scusa, è che Clarisse mi ha fatto davvero arrabbiare. Tu non ci dare peso, ok? Per me questo – e gli si fece più vicino – non è affatto uno sbaglio.

Erano entrambi seduti sul divano, magicamente lasciato libero da Talia, in camera con Annabeth a parlare di chissà cosa.

Luke sorrise appena, alzando gli occhi al cielo. – Io, dare peso a quello che dice quella là? Guarda che farei in ogni caso il contrario di quello che dice solo per ripicca. – si stiracchiò, e Percy ne approfittò per ficcarsi sotto il suo braccio. Peccato che quella non fosse un'avance di Luke: lui aveva solo sonno. Non aveva dormito.

– Mmmh... Davvero, fino alle due di notte, ieri sera? – chiese Percy.

Luke annuì, gravemente. – Alle due e dieci. – precisò.

– Talia ha dormito qui?

Luke annuì. – Sul divano. – si affrettò ad aggiungere.

Percy sembrò rimuginarci su. – Dovrei... – mugugnò – essere geloso?

Luke ghignò, poi si alzò dal divano facendo crollare Percy con la testa su un cuscino ed avviandosi verso la cucina.

Prima di entrare si voltò. – No, scemo. – rispose alla fine con tono quasi impercettibile. – Va bene che siamo per l'amore universale, ma questo è davvero troppo.

Dal divano si udì un grugnito soddisfatto.











E come sempre... i pomodori sono nell'angolino in basso a destraaa!

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Capitolo 11
*** Spiaggia ***


Io ho spregio di me stessa.
Lo so, lo so, LO SO: avrei dovuto pubblicare ieri. Mi spiace, è che abbiamo avuto ospiti e io contavo di pubblicare la sera MA NON DITEMI MAI NIENTE, MI RACCOMANDO, EH. Tanto che importa se Emma aveva progetti per la sera, nah.
Comunque. Questa volta il capitolo è un po' più breve, avevo voglia di un po' di sole e di allegria estiva, visto che abbiamo superato metà novembre ASPETTATEMI, VACANZE DI NATALE
Grazie a tutti quelli che leggono e recensiscono, vi adoro!
Un abbraccio
Emma

SPIAGGIA





Luke non avrebbe resistito ancora per molto, era un dato di fatto.

– Ehi, Luke! Vieni in acqua, è stupendo!

Percy si sbracciava dal bagnasciuga, la pelle ricoperta di goccioline d'acqua. Luke distolse in fretta lo sguardo, inviperito: stava leggendo, maledizione! Possibile che non si potesse stare tranquilli un attimo?

Ficcò il naso all'interno del libro che si era furbescamente portato da casa, sapendo benissimo che non sarebbe servito a nulla. Infatti, qualche istante dopo, avvertì un'ingombrante presenza aleggiargli sopra la testa.

– No. – disse, senza nemmeno alzare lo sguardo.

– Ma dai, Luke! – si lamentò il ragazzo, sgocciolando sulle pagine del suo preziosissimo libro. Luke lo spinse via, infastidito. – È un peccato starsene qua fuori! La giornata è splendida, e ti giuro che l'acqua non è tanto fredda! Vieni, forza, solo un minuto, ti preeeego...

Luke fece un profondo respiro. Valutò rapidamente le alternative che aveva – tra ignorarlo, urlargli addosso, ucciderlo e accontentarlo, non sapeva prorpio che cosa scegliere – e iniziò a parlare, sempre tenendo gli occhi puntati sul suo libro. – Adesso ascoltami bene, piccola peste. – attaccò, ignorando le accese proteste del minore. – È Maggio, questo significa che l'acqua è effettivamente fredda. Ti ho portato in spieggia perché mi facevi pena chiuso in casa, e tanto venivo qua lo stesso per motivi miei. 

Percy inarcò un sopracciglio, sorridendo sotto i baffi. – Del tipo? – chiese, scettico.

– Volevo usare la moto, ok? – si inalberò Luke. – Già che ce l'ho, visto che l'ho comprata e tutto, fammela usare, no? Stavo dicendo. Non ho intenzione di prendermi un raffreddore solo perché tu hai avuto la brillante idea di trascinarmi qua in spiaggia. Sto leggendo. – concluse, come se quello spiegasse tutto.

Percy saltellò sul posto, sorridendo e spargendo quelle maledette goccioline d'acqua un po' dappertutto. – Dai, se non volevi fare il bagno perché hai un costume?

– Per prendere il sole. – ribatté Luke, il naso ficcato nel libro.

– Sei all'ombra. – gli fece notare Percy.

Luke spostò la sdraio al sole senza parlare.

– Oh, ma dai! – Percy tentò di schizzarlo con la poca acqua che gli era rimasta sulle mani, ma considerato che non faceva tutto questo effetto – quanto tempo era che cercava di convincere Luke? Ormai era praticamente asciutto – decise di spalmargliela direttamente addosso, passando le sue mani umide e ghiacciate a contatto con la pelle calda e asciutta di Luke.

– Ehi! – gridò quello, saltando su come se avesse appena preso la scossa.

Percy sorrise radioso. – Sei bagnato, visto? Ora puoi venire a fare il bagno. – E lo fece alzare trascinandolo verso la risacca.

Luke trovò la forza di volontà necessaria per puntare i piedi. – Aspetta. – disse con tutta la convinzione che aveva racimolato.

Percy lo fissò, lo sguardo di un cucciolo, pensò Luke schifato. Lo sguardo di un idiota, si corresse subito dopo. – Aspetta. – ripeté, pensando freneticamente ad un modo per scamparla.

– Che... Che c'è? – chiese Percy, esitante. Stava recitando, dannazione, recitava la parte del cane abbandonato. Luke se n'era accorto subito. Eppure...

– Fammi almeno mettere via il libro. – sospirò, voltandosi e insultandosi mentalmente in tutte le lingue che conosceva.

Percy esultò, raggiante. – Così mi piaci! Dai, vedrai che ci divertiremo!

Luke nel frattempo considerava le probabilità di sopravvivenza che avrebbe avuto correndo e buttandosi in mezzo all'autostrada. Più di quelle che lo aspettavano in quel momento, capì sconsolato.

Posò il libro sulla sdraio e Percy era lì accanto a lui. – Le avventure di Aquila e Giaguaro, di Isabel Allende. – lesse guardando la copertina. – Ci stai su da tutto il mattino, dev'essere bello. Di cosa parla?

Luke aprì e chiuse la bocca per un paio di volte, confuso.

Oh, insomma: per tutto il mattino aveva fatto anche altro, oltre a leggere il libro. Percy era a petto nudo da quasi quattro ore.

– … andiamo a fare questo benedetto bagno e basta. – affermò Luke scuotendo la testa e avviandosi verso la costa.

Fortunatamente il cervello atrofizzato di Percy non registrò la cosa, visto che il ragazzo era troppo occupato a saltellare di felicità tre metri avanti a lui.

– Allora, Luke, vieni o no?

Sospirando, il ragazzo si avviò verso l'acqua ghiacciata di una giornata in spiaggia, solo loro, sotto il sole.

Forse non era stata poi così male, come idea.

* * *

Era già buio, quando erano tornati a casa. Percy era ancora da Luke, ma quello non sembrava tanto allegro.

– Io te l'avevo detto.

– Sarà mica colpa mia se...

– Sì, è colpa tua.

– Oh, avanti, Luke, come facevo a sapere che ti saresti preso un raffreddore?

Eppure nessuno dei due sembrava arrabbiato per davvero, anzi: il giorno della gita seguente era già cerchiato in rosso sul calendario.

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Capitolo 12
*** Coming out ***


Sono davvero in ritardo.
Chiedo scusa a tutti, sono una pessima persona, sìsìsì.
E questo capitolo non è nemmeno tanto lungo, e- mi sento in colpa >.<
A parte ciò... credo che in realtà sia Percy che Luke volessero fare coming out, però hanno un po' paura di quello che penserà la gente di lui. Perché lo slash è anche questo, sebbene di solito non ci pensi nessuno: bé, Luke è un po' più titubante di Percy, pperché possiede quella strana cosa nota come "dignità", che a Percy appare una cosa alquanto sconosciuta...
Bien, vi lascio alla storia!
Un bacione
Emma

 

COMING OUT





– Vuoi fare...? – Luke era semplicemente sconvolto.

– Sì, te l'ho detto due volte. Così non può continuare, facciamolo una volta per tutte! – rispose Percy, testardo.

Ma Luke sapeva essere irremovibile, quando voleva. – Io non lo faccio. Chiuso.

Percy alzò gli occhi al cielo, sbuffando. Quella conversazione era appena cominciata, e già sapeva che sarebbe stata una delle più estenuanti della sua vita. – Eddai...

– No! – esplose Luke, gli occhi fuori dalle orbite. – Percy, ne abbiamo già parlato milioni di volte e la risposta è e rimarrà sempre no! Io non farò coming out. Chiuso. – concluse, incrociando le braccia. – E non osare lamentarti!

Percy si lamentò. – Ma dai, cosa credi di fare, di andare avanti per sempre ad uscite senza toccarsi e ai “no, al momento sono libero!” che mi tocca dire tutte le volte che Rachel-

L'occhiata stralunata di Luke faceva ben sperare, in effetti. Percy continuò. – Annabeth lo sa già, Talia pure.

– Sì, ma Annabeth ci ha scoperti quella volta del cinema, e Talia ci ha visti al parco! Sono stati dei casi singoli. E poi, lo sanno solo loro. Sono due in tutto il mondo. – ribatté Luke, cocciuto.

Percy alzò gli occhi al cielo. – Sì, nel frattempo a scuola tutti pensano che io stia con Annabeth e che tu sia il ragazzo di Talia.

Luke quasi si strozzò, e in quel momento apparvero le due ragazze dalla porta. – Parlate di noi? – chiese Talia, inclinando la testa.

– Luke non vuole farlo. – sospirò Percy, sfinito. Poi si rese conto di cos'aveva appena detto.

– Che cosa? – chiese infatti Talia scaraventandosi sul letto di fianco a loro. – Che cosa Luke non vuole fare? – ripeté poi, maliziosa, ad un centimetro dalla sua faccia.

Luke se la levò di dosso, vagamente arrossito. – Coming out. – sputò, offeso. – Non ho voglia di sbandierare al mondo il mio orientamento sessuale. Finché siete solo in due a sapere che... – attaccò, pronto per lanciarsi in un altro attacco contro la necessità di sapere che hanno i giovani d'oggi e l'incapacità di Percy di tenersi qualcosa per sé, quando l'espressione di quello che per occulte ragioni era il suo ragazzo lo fermò. – Perché... sono solo loro due, dico bene?

Sebbene la sua espressione fosse delle più spaventose, Percy trovò il coraggio di alzare lo sguardo e di fissarlo negli occhi. Talia lo ammirò profondamente per questo. – Bé, ecco... – balbettò il ragazzo, confuso. – In teoria...

– In teoria cosa? Chi lo sa? Quanti sono? Da quanto lo sanno? Perché non mi hai... – attaccò Luke, infuriato.

– Stai calmo, è solo mia madre! – fece Percy allarmato, sollevando le braccia come a difendersi dall'ira funesta del suo estroverso e pimpante ragazzo.

Solo sua madre. Certo. Luke smise di urlare e sospirò pesantemente, lasciandosi cadere a peso morto sul letto. Aveva sempre invidiato il rapporto che c'era tra Percy e sua madre, in effetti: paragonato a quello che legava lui e la signora May, poi... Effettivamente se solo la casa di Percy fosse un po' più grande si sarebbero ritrovati sempre laggiù, più che a casa di Luke. Ma in quel metro quadrato che era casa Jackson era impossibile vivere in più di due persone per volta.

– E poi, l'ha scoperto da sola. – si difese Percy, riacquistando un po' di vigore. – Un giorno arriva e mi fa, Percy, tesoro, c'è qualcosa di cui vuoi parlarmi? Era il giorno dell'appuntamento al parco, sai, quella volta che ci ha visti anche Talia e-

– Non era un appuntamento. – borbottò Luke, corrucciato.

– … E non me la sono sentita di dire di no perché ero felice e lei aveva una faccia come se sapesse già tutto e prima che me rendessi conto le avevo già raccontato di noi. – proseguì Percy senza dar segno di averlo ascoltato.

Luke sospirò, massaggiandosi la tempia. – Talia, Annabeth, tua madre. Ma poi basta! Non voglio che la gente mi guardi e dica...

– Che cosa? – ribatté Percy, immusonito. – Guardate, c'è Luke Castellan, quello là sta con Percy Jackson! Aaaah, che schifo, allontaniamoci subito: è gay! Andiamo, fai sul serio?

Punto sul vivo, Luke si azzittì.

– Andiamo, secondo me Percy ha ragione. Non puoi mica nasconderti per sempre. – commentò Annabeth, serafica.

– Immagina: – attaccò Percy, animato. – Tu sessantasette anni e io sessantaquattro, seduti su una sedia a dondolo in una casa di riposo. Iio faccio per prenderti la mano e tu sputi “No! No, che poi l'infermiera Rosie ci vede! Aspetta che sia l'ora del riposino, poi quando alle otto andremo a letto se non c'è nessuno intorno possiamo sorriderci.” Non è raccapricciante? – concluse, incrociando le braccia.

Quando ebbe finito di vomitare (oh, quel giorno tentò di incolpare il gatto, ma lo sapevano tutti che era stato Luke), si ricompose ed assunse un'espressione di superiorità. Per quanto possa apparire superiore un ragazzo che aveva appena finito di vom... cioè, di assistere il gatto mentre vomitava. – S-se la metti così... – attaccò, incerto.

– Domani. All'ora di pranzo. Cortile. Io porto il megafono e i coriandoli, Annabeth preparerà lo striscione! Chiederò a Silena qualche consiglio sul buffet, magari sa qual è il cibo migliore in quest'occasione, tramezzini a forma di cuore forse è un po' eccessivo? Quante cose da fare! Ragazzi, io scappo! Congratulazioni! – esclamò Talia con allegria, schizzando fuori dalla stanza.

Percy non aveva mai sentito insulti come quelli, doveva ammetterlo: Luke lo stupiva sempre. – Bé, ormai non lo ferma più nessuno. – commentò il più giovane, assumendo un'espressione tranquilla.

Luke lo fulminò con lo sguardo. – Non infierire. La mia vita è rovinata! – esalò, accasciandosi sul letto. Poi realizzò quello che aveva detto, e sollevò lo sguardo colpevole su Percy, che appariva come se l'avessero appena schiaffeggiato.

Annabeth lo guardò malissimo, e Luke si sentì in dovere di parlare. – Ehm, non... non in quel senso, solo... Oh, e va bene, farò coming out.

Buffo come fosse facile far passare Percy da un polo all'altro della sua sfera emotiva, peraltro non tanto estesa. Ora, ad esempio, sorrideva come se gli si potesse spaccare la faccia da un momento all'altro.

 

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Capitolo 13
*** Corrispondenza ***


Mi faccio schifo e sono una persona orribile, non pubblico da dieci giorni e- ehi, questo capitolo è lungo nove pagine, mi perdonate? :3
Grazie di cuore a tutti quelli che leggono e recensiscono, lo sapete che è uscito in Italiano "Il figlio di Nettuno" e me lo sono riletto tutto? Luke, perché non ci sei.

Percy e gli altri appartengono al signor professor Richard Riordan (sempre che si chiami Richard e non proprio Rick, anche se chi mai battezzerebbe suo figlio Rick? È come chiarare un bambino iItaliano Matte o Tommi o Ste o Gio... sto divagando)
SE PERCY E COMPANY MI APPARTENESSERO, Luke apparirebbe neò "figlio di Nettuno". Cioè, i morti rinascono e nessuno pensa a far rinascere Luke? Ma torna su il mondo, torna Re Mida, torna Hazel e non torna Luke? Nessuno ci ha NEANCHE PENSATO? Ma io non lo so, Richard Riordan, (che poi suona malissimo, forse l'hanno chiamato davvero solo RIck), mi deludi nel profondo.









 

CORRISPONDENZA



From: Percy Jackson
To: Luke Castellan
Oggetto: Sei un idiota
Data: 12/11/2012

 

Caro Idiota,
non posso credere che tu sia davvero partito! Lo sapevo che te ne dovevi andare per questo stupidissimo scambio culturale, lo sapevo. Però non si poteva fare, non so, con la California?Holliwood? Las Vegas?
E invece no, il grande e temerario Luke Castellan se ne doveva andare in Cina. In Cina. Per quattro mesi. Anche se l'ho scritto ancora non ci credo. Ah, un'altra cosa... SALUTARE NO, EH?
E mi dispiace, dovevo scriverlo in maiuscolo. Avevi detto che saresti partito giovedì prossimo. Credevo di avere ancora del tempo, e stamattina Annabeth ha detto che sei partito. Bastardo. E adesso? Lo sai che giorno è oggi, eh? Venerdì, venerdì 12 di Novembre, ecco che giorno è. Tu ritorni il 15 di Marzo, e mancano quattro mesi! L'ho già detto? Sai com'è, mi hai vagamente traumatizzato. Vorrei vedere te svegliarti e scoprire che me ne sono andato senza salutarti e starò via per – quanto? Ah, già, quattro mesi.
Non osare non rispondermi, eh! Rispondimi subito. In Inglese, possibilmente.
Ti odio tantissimo, Luke.
E mi manchi da matti, anche se sei partito solo oggi.
Torna presto.
Percy

 

 

 

From: Luke Castellan
To: Percy Jackson
Oggetto: Ma quanto sei deficiente!
Data: 15/11/2012

 

Caro Deficiente,
avevo detto venerdì 12. Sono più che sicuro di aver detto venerdì 12. Se tu hai capito male io non...
Sai, ho come la sensazione che tu mi stia insultando in tutte le lingue che conosci, quindi la farò breve. È vero, avevo detto giovedì 18. Ma andiamo, su! Cosa avresti voluto fare, rincorrermi all'aeroporto? Fare una scenata alla film romantico di serie zeta? Conoscendoti, chissà cos'avresti potuto fare.
Sto rabbrividendo, sappilo.
Quindi niente, sono partito e sono arrivato sano e salvo, il volo è stato bello (grazie per averlo chiesto, eh). Il posto è strano e tutti parlano cinese, ma siccome io lo studio, perché faccio il linguistico ed era OVVIO che avrei dovuto fare una cosa del genere, e sai una cosa, tra tre anni o giù di lì la farai anche tu, io non faccio tante storie e resisto.
E comunque non mi manchi, non dopo tre giorni.
Luke

 


 

 

 

20/11/2012

Caro Luke,
Come vedi questa è una lettera. Una vera, eh, con tanto di francobollo intercontinentale che, per la cronaca, costa una fortuna. Non come le telefonate, però, eh, quelle costano UN PATRIMONIO. Se magari ogni tanto mi chiamassi anche tu non sarei costretto a mangiare pane e acqua due giorni su tre, ma pazienza, non parliamo di questo adesso. Perché ho fatto una lettera invece che una mail? La quale, tra parentesi, è gloriosamente gratuita? È perché volevo fare il disegno di quello che ti farò al tuo ritorno.
Lo trovi nel foglio a lato.
Mi chiederai perché non potevo scannerizzarlo. Bé, lo scanner a casa tua si è rotto, e io non l'ho mai avuto. Annabeth dice che arriverà il tecnico tra una settimana, ma io non mi fido e te la spedisco così. Amen.
Parlando del disegno, hai notato la tua espressione spiritata? Per fare quella parte mi ha aiutato Talia. Dice che non hai salutato neanche lei – sai che le tocca partire dopodomani, no? Se ne va in Canada, che tra parentesi è molto più vicino della Cina. Comunque sei stato davvero perfido a non salutarla.
Ecco perché c'è quel diavoletto che ti ficca il suo forcone nei pantaloni, in basso a destra nel disegno. Oh sì, non far finta che sia un sasso (Annabeth ha detto così, ma fidati, è un diavoletto).
È più di una settimana che sei partito, e mi manchi da morire.
Sai cos'ho ritrovato a casa mia, riordinando? Un bigliettino che ci siamo passati quel giorno che la mia classe è stata divisa perché la prof era assente e tu ti annoiavi! Te lo allego.

 

Ehi, come va?
Sto cercando di ascoltare, stupido. Lasciami stare.
Ma mi annoio! Queste cose non le capisco, Luke! Cosa sta dicendo quel pazzo di un prof? Odio la matematica.
Percy, se mi lanci ancora una pallina di carta nei capelli, può esserci scritto sopra qualunque cosa e non mi interessa, te la faccio ingoiare.
Come siamo delicati e comprensivi. No, a parte questo, hai un post-it sulla schiena. Per me è stata Talia.
Ecco. Sarai contento, adesso.
Oh, certo, ora è colpa mia se mentre la picchiavi il prof ti ha visto? Il post-it c'era davvero.
Me l'hai messo TU, razza di deficiente! E GUAI A TE se mi lanci un'altra volta quel biglietto tra i capelli!
Non ti arrabbiare, su. I tuoi capelli sono splendidi anche con una pallina di carta dentro.

 

Poi se non ricordo male il prof ti ha messo una nota perché hai cercato di farmi mangiare questo biglietto. Ma non era colpa mia se ti era finito nei capelli, sai che non ho mira! E poi mi sa che l'ultima frase non l'hai neanche letta. Pazienza, la leggi adesso.
Sono felice che il viaggio sia andato bene. Spero che ti piaccia la Cina.
Mi manchi da matti, Luke.
Ti amo.
Percy.

 

 

 

10/12/2012 (dal cellulare)

Percy: Luke! Perché non mi rispondi alla lettera?

Luke: Perché sono ancora sconvolto dal disegno, mi pare ovvio.

Percy: Oh, non fare così. Era stupendo.

Luke: Con quel sasso che mi punzecchiava i pantaloni, poi...

Percy: Ti ho detto che era un diavoletto! NON UN SASSO!

Luke: E poi sei troppo sdolcinato per i miei gusti.

Percy: Cioè?

Luke: Pensa un attimo a come hai concluso la lettera.

Percy: Ho messo il mio nome. Si fa così, di solito.

Luke: Prima, testa di legno! Prima!

Percy: Ah! Ho detto che ti amo. Perché, qualche problema?

Luke: io lo so che stai ammiccando. Proprio adesso, davanti allo schermo del cellulare.

Percy: sì, lo sto facendo.

Luke: Ti conosco troppo bene, ecco cos'è. La mia intera esistenza è tragicamente compromessa.

Percy: Luke, quando torni?

Luke: il 14 Marzo, genio.

Percy: No, dico per Natale.

Luke: Percy, non torno per Natale.

Percy: Molto divertente, Luke.

Luke: ma io...

DRINN! DRINN! DRINN!

 

 

 

From: Percy Jackson
To: Luke Castellan
Oggetto: grazie di tutto!
Data: 22/01/2013

 

Caro Luke,
Grazie mille per essere tornato, alla fine! Natale non sarebbe stato Natale, senza di te.
Certo, ho dovuto torchiarti per mezz'ora, quel giorno al telefono. Ho dovuto far intercedere Annabeth e Talia e tua madre, e ho pagato un quarto del biglietto ma ehi, l'importante è che abbiamo passato il Natale insieme!
È stato stupendo rivederti, Luke. Mi eri mancato da morire, sai? Ma sì che lo sai, te l'ho ripetuto allo sfinimento. E questa volta mi hai detto il giorno e l'ora in cui saresti ripartito per la Cina (per forza, visto che un po' del biglietto l'ho pagato io). Almeno ti ho salutato come si deve all'aeroporto – non sembrava la scena d'addio di un film romantico di serie zeta, no? Non con Talia che ti ha fatto passare il trolley sul piede e tu che la rincorrevi brandendo un ombrello che poi l'omino del check-in ti ha fatto lasciare giù perché “potenzialmente pericoloso”.
E quando ho cercato di baciarti tu ti sei voltato perché “c'era troppa gente”, quindi la scena dell'addio si è svolta in quello schifosissimo sgabuzzino e non è stato per niente romantico. Uffa.
Mi manchi, sai? C'era una canzone di non so più chi, sembra fatta apposta per noi! È “I miss everything about you”. Pensa che comincia dicendo I miss your blue eyes. Anche tu hai gli occhi blu! Ma non siamo noi? Cioè, dai, ascoltala. Poi dimmi.
Venerdì (tra quattro giorni) ho la competizione di nuoto, quella di cui ti parlavo, quindi per favore mi rispondi entro allora per augurarmi buona fortuna? Per favore, per favore, PER FAVORE! Non posso più fare telefonate extracontinentali, mamma dice che non abbiamo abbastanza soldi, e non posso spuntare fuori a casa tua da Annnabeth quando il fuso orario è giusto – da te sono le undici quando qui sono le sei di mattina, sbaglio? È un trauma apparire a casa di qualcuno a quell'ora.
Ti sto implorando senza ritegno, Luke. Voglio che mi auguri buona fortuna, se no perdo di sicuro tutta la competizione. È la nazionale, capisci? È importante, per me!
Ti amo. Voglio vedere se adesso mi dici che sono sdolcinato.
Un bacio!
Percy

 

 

 

26/01/2013 (dal cellulare)
Percy: Luke! Tra un po' inizia la gara! Mi auguri buona fortuna o no?

Percy: Luuuuuuuke!

Percy: Vengo in Cina e ti trascino qui per i capelli se non mi auguri buona fortuna ADESSO!

Percy: sai, ci sono relazioni che crollano dopo la prima settimana di lontananza. Io sono stato buono e bravo per due mesi, no?

Percy: Visto che ne mancano ancora quasi tre faresti bene a darti una mossa.

Percy: non chiedo tanto, no? Solo un “buona fortuna, Percy”.

Percy: Questa gara è importantissima, per me. Dai!

Percy: Rachel mi ha detto buona fortuna. Lei l'ha fatto.

Percy: No, scusa, questo è stato un colpo basso.

Percy: Ma dai, Luke, rispondimi!

Percy: Oh, ti odio. Non parlarmi mai più.

Percy: Non è vero, Luke! Dai, di' qualcosa!

Percy: sto usando il cellulare fuori dalla piscina, se mi vede un esaminatore mi urla addosso!

Percy: tre minuti e mezzo e poi tocca a me!

Percy: …

Percy: Luke?
 

Luke: Alza la testa, scemo.

 

 

 

 

 

From: Luke Castellan.
To: Percy Jackson
Oggetto: doverose spiegazioni
Data: 26/01/2013

 

Caro Percy,
Capisco che il mio non rispondere alla tua mail possa averti mandato nel panico. Circa. Insomma, adesso non fare la mammina preoccupata. Se non rispondevo era perché ero in una fase no. Essere in una fase no significa essere in una fase in cui ho implorato senza ritegno il professor Selby perché mi facesse tornare in America (anche se c'ero appena stato, eh, per Natale) perché c'era la tua stupida competizione. Siccome però vai alle Nazionali, ho pensato che forse c'era un minimo di probabilità che tu avessi bisogno di una qual sottospecie di supporto morale, e siccome il tuo incredibile Luke ha mille assi nella manica, dopo ore di un'estenuante opera di convincimento sono riuscito ad aggregarmi ad un gruppo di turisti della mia accademia che volevano visitare New York in questo periodo, ed eccomi qua.
No, non chiedermi come ho fatto. Sappi solo che i miei risparmi si sono drasticamente ridotti, e quello che dovrò fare in cambio del passaggio per i prossimi tre mesi è- ugh. Non riesco a dirlo.
Fatto sta che sono venuto. E subito Annabeth e Talia mi hanno preso in ostaggio. Ed è stata loro l'idea dello striscione con su scritto “Buona fortuna”, assolutamente non è stata mia. Tzk. Siccome oggi è venerdì posso rimanere fino a domenica mattina, poi riprendo l'aereo e me ne torno in Cina insieme a quella comitiva di pazzi scatenati – non è gente normale, fidati! Quante persone conosci che puzzano di capra? Oh, e dovresti sentire di cosa puzzano le loro capre. Ora sto scrivendo dal cellulare mentre aspetto che tu esca e ritiri la tua meritatissima medaglia d'oro – eri così veloce che hai staccato il secondo di quasi mezza vasca, ragazzo, facevi paura.
Siccome però mi annoio a vedere nuotare gli altri, sto scrivendo. Ma tanto queste cose poi te le dico a voce.
Ah, ancora una cosa. “I miss everything about you” è la canzone più brutta che abbia mai sentito. E indovina un po'? Non si intitola così. Capisco che questa è la strofa che quel drogato di un cantante continua a ripetere, cioè, non fa che dire che gli manca tutto della sua ragazza scomparsa, e che lagna, ma il titolo è “I never told you”. Ignorante.
Dovevo dirti qualcos'altro, che cos'era?
Ah, già. Buona fortuna, demente.
Luke

 

 

 

 

 

 

 

14/02/2013

Caro Luke,
Questa volta ti scrivo una lettera perché il mio computer è morto e temo che se andassi a casa tua Annabeth sbircerebbe la mail e la farebbe vedere a Talia e ARGH. Non deve succedere, capito? Quindi questa è una lettera, con tanto di francobollo intercontinentale (ma un viaggio studio da qualche parte in America non lo potevi fare?)
Dopo che quella volta sei venuto a vedere la mia competizione non ho più perso neanche una volta, sai?
Potrei lasciare la scuola e vivere di nuoto, ma sai che non lo farò, mi manchereste troppo. E questo mi porta al secondo punto della mia lettera, e cioè che tu mi manchi davvero tantissimo, tanto da far male.
E non mi importa del titolo della canzone, l'importante è il senso. Qual è stato il senso di questi – ormai quanti sono, novembre, dicembre, gennaio... tre mesi di lontananza? Ma manca un mese, un solo, trenta – no, febbraio ne ha ventotto, quindi ventotto giorni di solitudine prima del tuo ritorno. Ah, sto già facendo il conto alla rovescia.
Grazie per avermi telefonato tu, qualche volta. Mamma dice che posso chiamarti una volta a settimana, ed è già tanto, e non voglio farla lavorare troppo. Però lo vede che ci sto male, a non sentirti tanto, e così...
È bello sentire la tua voce, anche quando fai finta di avermi chiamato perché boh, non avevi nient'altro da fare alle undici e mezza di notte e quindi mi chiami, che da me sono le sei e mezza. Non esiste sveglia migliore di quel telefono che squilla e io so che dall'altra parte ci sei tu, è stupendo.
Sai di Beckendorf e Silena? Si sono gloriosamente messi insieme giusto l'altroieri. E non ci crederai mai, qualcuno ha sparso la voce che l'ha fatto perché ormai sapeva che tu l'avevi dimenticata e non pensavi più a lei. Ci credi, c'è ancora chi crede alla vostra storia immaginaria.
Perché è stata immaginaria, vero? Oh, che domande vado a fare, ovvio. In ogni caso dopo il giorno del coming out (che ricordi, Talia e il suo megafono e il suo buffet) quelle voci si sono finalmente spente, quindi secondo me in questa ripresa c'è lo zampino di Clarisse.
Beckendorf ha detto che se scopre chi è stato lo fa nero, e io ci spero così tanto. Ma probabilmente questo non ti interessa.
Domani io, Talia, Annabeth, Beckendorf e Silena andiamo al cinema per festeggiare. Lo so che in teoria se due persone si mettono insieme ci vanno da soli, al cinema, ma ci hanno invitati loro... E io scrocco un film gratis. Non mi posso lamentare, vedi? Ho già deciso che in tuo onore mangerò un'intera scatola di popcorn. Sono buoni quelli che fanno in Cina?
Rispondi presto, mi raccomando! E grazie per avermi chiamato.
Ti amo. (continuerò a scriverlo finché non lo farai anche tu, e anche dopo).
Percy

 

 

 

From: Luke Castellan
To: Percy Jackson
Oggetto: Ho un problema
Data: 04/03/2013

 

Il mio principale problema sei tu, certo, e nessuno ha intenzione di fregarti il titolo. Il problema che ho adesso è di relativa importanza e riguarda il telefono.
Nel senso che non va.
Ora, immagino che dovrei ringraziare il cielo perché è successo adesso che mancano dieci giorni e non tre mesi fa, però ormai dillo, che ti eri abituato a sentirci ogni sera (per te poi è mattina, ma fa niente).
Quindi per questi ultimi giorni rassegnati alle mail, il telefono è completamente deceduto e farlo aggiustare qui è un casino, quindi aspetto di tornare in patria.
Ci sentiamo.
Luke

 

 

From: Percy Jackson
To: Luke Castellan
Oggetto: Re: Ho un problema
Data: 04/03/2013

 

Come sarebbe che non va?
Hai provato a sbatterlo per terra? A spegnerlo e riaccenderlo? A metterlo in carica? A chiedere per favore? A recitare un incantesimo?
Dieci giorni senza sentirci per telefono, Luke!
Va bé che ormai non posso credere che manchino dieci giorni, ma a parte questo... come hai fatto a rompere quel benedetto cellulare?
L'hai fatto apposta. Confessa.
Mi manchi e ti amo, tuo
Percy

 

 

From: Luke Castellan
To: Percy Jackson
Oggetto: Re: Re: Ho un problema
Data: 04/03/2013

 

 

Te lo dico io come ho fatto, mister non-ci-credo-se-non-me-lo-sbatti-sotto-al-naso (ti prego, non leggerci niente di osceno, ti prego).
L'ho fatto cadere. Non ti dico dove.

 

From: Percy Jackson
To: Luke Castellan
Oggetto: Re: Re: Re: Ho un problema
Data: 04/03/2013

 

Ora me lo devi dire. Se no mi farò un sacco di filmini mentali di io che per crederci devo vedermelo sbattuto sotto al naso e CREDIMI, non sarà un bello spettacolo.
Con amore,
Percy

 

 

From: Luke Castellan
To: Percy Jackson
Oggetto: Re: Re: Re: Re: Ho un problema
Data: 04/03/2013

Fatti pure i filmini che ti pare, e che mi importa? Oh, e va bene, te lo dico solo perché sto per uscire e non ho voglia di passare tutta la sera al computer.
È caduto nel cesso, contento?

 

 

From: Percy Jackson
To: Luke Castellan
Oggetto: Re: Re: Re: Re: Re: Ho un problema
Data: 04/03/2013

Eri ubriaco, vero?
E adesso dove vai di bello? Non è che... esci? Con qualcuno? Guarda che se scopro che...
No, lascia stare.
Però non... no, cioè, so che tu non... Ma in ogni caso, se... Dove vai?

 

From: Luke Castellan
To: Percy Jackson
Oggetto: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Ho un problema
Data: 04/03/2013

 

No, non ero ubriaco. Grazie tante della fiducia. Ero semplicemente in bagno e mi ero scordato di avere il telefono in tasca.
Sto uscendo a cena con dei miei amici. SOLO AMICI, chiaro? Io non ti giudico perché esci con Grover. E siccome so che me lo chiederai, sono tutti rigidamente eterosessuali e hanno anche una donna.
Effettivamente, sarò l'unico senza accompagnatrice... Dove sei quando servi, Jackson?

 

 

From: Percy Jackson
To: Luke Castellan
Oggetto: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Re: Ho un problema
Data: 04/03/2013

 

… Hai detto che ti servo.
Ha detto che gli servo!
Santo cielo, lo devo stampare, adesso! Oh, Talia non ci crederà mai, Annabeth neanche! Oh, Luke, ti amo da impazzire! Vorrei essere lì per dimostrartelo come si deve.
Divertiti, stasera. Ti penso.
Oh, ha detto che gli servo, non sto sognando!
Un bacione, e che altro, ah, già: TI AMO.
Tuo
Percy.

 

 

 

 

 

 

05/03/2013 (dal cellulare)

Luke: Ehi, sveglia!

Percy: Luke, sono a scuola!

Luke: Bé, da me sono le quattro del mattino.

Percy: e che ci fai ancora in piedi?

Luke: Bé, capisco che tu sia a scuola e tutto, ma non hai realizzato che il cellulare è risorto?

Percy: Oh, è vero! Grande, Luke!

Luke: è stato un lavoraccio, ma alla fine ce l'ho fatta.

Percy: Come ci sei riuscito, grande maestro dell'elettronica Luke?

Luke: Ci sono stato su tutta la notte, quindi ringrazia.

Percy: Ma non dovevi uscire?

Percy: Non mi dirai che non sei andato pur di riparare il telefono!

Luke: Non farti strane idee, quella gente non mi piace.

Percy: Ti amo.

Luke: Ma se ho detto di non farti strane idee! Ora vado a letto, ci sentiamo stasera.

Percy: Che per me è domattina. Grazie, eh.

Luke: Fa' attenzione a scuola e basta, asino.

 

 

 

 

From: Luke Castellan
To: Percy Jackson
Oggetto: /
Data: 14/03/2013

 

Caro Percy, Sono sul volo di ritorno verso casa.
Per davvero, stavolta, nel senso che sto davvero tornando a casa e che ci rimarrò. La Cina non è brutta, te l'ho detto mille volte al telefono, era anche bella. Ma niente batte la cara vecchia New York, mi sa.
E poi sì, lo ammetto, mi sei mancato da paura.
Tanto non leggerai mai questa mail perché non la invierò mai e poi mai. Tanto ti vedrò tra qualche ora, ti vedrò sorridere all'arrivo, scenderò dall'aereo e ti bacerò e- ugh, troppo romanticismo. Però mi manca. Baciarti, intendo. E mi manchi anche tu, è la prima volta che te lo dico o sbaglio? E in più in una mail che non invierò e che quindi non leggerai. Boh, meglio tardi che mai.
Sai, laggiù ogni tanto è stata dura. Quando non capivo niente di quello che si diceva la gente, quando mi perdevo e non sapevo come chiedere indicazioni, quando le persone ridevano di me e di quello che dicevo, quando niente di quello che provavo a fare sembrava andar bene.
Poi però aprivo la casella di posta elettronica, o vedevo un nuovo messaggio sul cellulare, o ricevevo una tua lettera o ti telefonavo. E allora, uhm, come dire?
Bah, tanto lo sai già. E non ti darò la soddisfazione di sentirmi dire cose tipo “Grazie, Percy” o “Ti amo”.
Cioè, dai, questa non è nemmeno una lettera vera, mi sto solo annoiando e non so cosa fare, tutto qua.
E non sto scherzando. Quando dico queste cose tu alzi il sopracciglio e pensi “dice così, in realtà lo fa perché mi ama.” Bé, non è vero. Punto. Le cose le faccio perché ho voglia.
E quindi niente, sto scrivendo delle cose che non hanno senso e niente, meglio che la smetta qua.
… E va bene, scriviamolo.
Grazie, Percy. Per esserci stato in questi mesi.
Ti amo.

 

*Inviare mail senza oggetto?*

Aspetta, cosa?

*Mail inviata*

Oh, cazzo.











 

 

 

 

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Capitolo 14
*** Festa ***


Ok. Lo so. Mi faccio schifo.
Sono tredici giorni che non aggiorno, ma abbiate fede, non si ripeterà più. Infatti ho un piano.
Per la disperazione di alcuni e la gioia di molti, questa storia chiuderà i battenti al capitolo 15, ossia il prossimo. Lo so, è che non voglio tirarla troppo in lungo, mi capite?
Questa raccolta è una pioniera, ha aperto la strada a VOI, il futuro delle Percy/Luke! Volete voi aiutarmi a portare avanti la storia di questi due poveri sfigati ignorati dalla comunità?
Questo capitolo è il diretto seguito di quello della scorsa volta. Luke ha inviato quella benedettissima mail. E ADESSO?


Percy, Luke, Annabeth, Talia, e quanto devo scrivere prima che capiate che intendo TUTTI LORO appartengono a Rick Riordan, e non mi sognerei mai di rubarglieli. Circa. Forse. Ehi, insomma, non sono mica l'unica, no?
SE PERÒ mi appartenessero... avrei reso Piper meno perfetta, Jason meno fastidioso e Leo ancora più stupendo. Frank sarebbe stato ancora più inutile e Hazel ancora più strepitosa (scala di preferenza degli eroi dell'olimpo? Io? Ma quando mai?)


 

FESTA


No, stavolta Luke rischiava davvero di non sopravvivere.

Quella mail. Quella mail! Oh, si sarebbe strozzato con le sue mani per il madornale errore che aveva fatto. Come aveva potuto, come...

Era stato tutto un malinteso, un grosso malinteso, già. Probabilmente la mail non era nemmeno arrivata, ragionò Luke. In fondo si trovava su un aereo. Poteva essere che non ci fosse campo... Sbirciò speranzoso il cellulare, ma dovette mugolare dal dolore: campo pieno. In aereo? Scherziamo?

Un momento. Luke fu colto da un'idea geniale. Poteva telefonargli! Telefonargli e obbligarlo a non guardare il cellulare per... ma se rispondeva al telefono, significava che aveva visto la mail. O forse no, magari dal suo cellulare del pleistocene le mail non si vedevano. Sì, sì, gli avrebbe telefonato obbligandolo ad uscire di casa così da stare lontano dal computer, o in alternativa l'avrebbe tenuto incollato all'apparecchio per le quattro ore che lo separavano da New York. Sapeva già come fare.

Innanzi tutto avrebbe esordito con un “mi ami?” tanto veloce da non lasciargli il tempo di dire una parola. Quando, con quel tono un po' confuso e imbarazzato ma allo stesso tempo dannatamente onesto lui avrebbe risposto di sì (gli sembrava di sentirlo, maledizione), Luke gli avrebbe detto che se lo amava, allora avrebbe dovuto fargli un favore. Percy sarebbe stato obbligato a dire di sì, e Luke gli avrebbe chiesto di... boh, aspettarlo in metropolitana, dove il telefono non prende. Buttare il suo telefono dalla finestra in “modalità aereo” per vedere se volava (Percy era abbastanza scemo da provarci, Luke se lo sentiva), una cosa qualsiasi.

Aveva anche un asso nella manica, se tutti questi accorgimenti si fossero rivelati inefficaci. Avrebbe detto “ti amo”. Ma davvero, con forza e intensità. A quel punto Percy sarebbe svenuto, e tale sarebbe rimasto per le successive quattro ore. Dopodiché Luke avrebbe giurato che no, non aveva la minima idea di cosa stesse dicendo, improvvisamente era caduta la linea e assolutamente, Luke non aveva mai detto niente del genere. Oh, sì, avrebbe funzionato.

Leggermente rincuorato, Luke si apprestava a telefonare a Percy quando una hostess incredibilmente arrabbiata gli venne addosso, gridando (in cinese) che era vietato usare i cellulari sull'aereo, che andavano spenti o tenuti in modalità aereo (ecco a cosa serviva... Luke decise che avrebbe tenuto il segreto per sé), e gli spense il cellulare sotto il naso.

Visto che un quarto d'ora dopo quell'adorabile signorina era ancora lì a fissarlo ostile, Luke dovette rassegnarsi: la sua ipotetica telefonata era destinata a non avere luogo. Ma allora! Oh, Luke rischiava un attacco di cuore!

Percy aveva già letto la mail? Non l'aveva letta? Cosa pensava? L'aveva – orrore! – fatta vedere a qualcuno? Annabeth? … Talia? Piangendo al pensiero di quello che avrebbe fatto e detto Talia dopo aver letto quella mail, Luke si rassegnò a passare le successive tre ore e tre quarti in angosciosa attesa, riuscendo a vomitare l'anima in un sacchettino di carta che poi lanciò alla hostess di prima, non senza una certa dose di piacere personale.

Alla fine, dopo un tempo che parve interminabile, la tanto insultata voce registrata annunciò di allacciarsi le cinture e – guarda un po' l'ironia della sorte – di assicurarsi di tenere i cellulari ben spenti. Luke avrebbe volentieri sputato addosso a chiunque l'avesse registrata.

Le porte si aprirono, e il ragazzo tirò giù il bagaglio a mano infilandosi una sola spallina, pronto per dirigersi al posto in cui le sue valigie avrebbero fatto meglio a trovarsi. Era già abbastanza teso, grazie.

Fu tra gli ultimi ad uscire, e appena mise piede a terra si ritrovò sommerso da una specie di stretta animalesca, un turbinio di capelli biondi, e venne scaraventato a terra.

– Oh, fratellino, sono così felice di vederti!

Luke si ritrovò a massaggiarsi la schiena, boccheggiando dal dolore. – A-annabeth. – riuscì ad articolare. – Se non mi lasci andare in questo esatto istante ti giuro che riprendo l'aereo e me ne torno da dove sono venuto! – minacciò, cercando contemporaneamente di non morire soffocato.

La ragazza si tirò un po' indietro, leggermente imbarazzata. Era così sorridente e commossa e felice che un pochino, forse, da qualche parte dentro di sé, Luke sentì l'impellente bisogno di abbracciarla.

Respinse quel pensiero, guardandosi intorno. – Sei venuta da sola, o... – chiese, noncurante.

Annabeth sorrise, furba. – Ed ecco che spunta fuori il tuo lato romantico...

– Io non ho un lato romantico. – scattò subito Luke, facendo una smorfia.

– Ah, no?

Luke si voltò piano, giusto quel tanto che bastava perché il suo cervello si autoconvincesse che quello che aveva sentito non era assolutamente ciò che si era immaginato, quella voce non era la sua, e dietro di lui non c'era proprio nessuno. Ovviamente fu tutto invano, perché appena Luke ebbe compiuto quel giro di centottanta gradi si ritrovò faccia a faccia con un Percy più alto di com'era quando l'aveva lasciato l'ultima volta, più abbronzato, con gli occhi ancora più verdi – possibile? – e con un sorriso che andava da un orecchio all'altro.

– No. – bofonchiò Luke, rimanendo gloriosamente indifferente alla visione - vista, alla vista di quell'incredibile - passabile, passabile ragazzo che gli era mancato da mat- che non gli era affatto mancato, eh.

Lo stava baciando solo perché gli faceva pena, niente di più.

– Che scena adorabile, sono commossa. Vi amo tantissimo. Mi fate un autografo, dolce coppia di gay in astinenza? Facciamo anche una foto insieme?

Se le occhiate avessero potuto uccidere, Luke ne era certo, Talia sarebbe morta due volte. Perché anche l'occhiataccia di Percy non scherzava, eh. Ne aveva fatta di strada, il ragazzino.

– Talia, tu sai sempre come rovinare un bel momento. – sbuffò Annabeth, a metà tra il severo e il rassegnato.

Quella alzò le spalle, abbozzando un sorriso. – Grover, Rachel, Charlie e Silena stanno arrivando con i tuoi bagagli, Luke. Hanno detto che volevano lasciare un po' di intimità ai due piccioncini. Ora però sbrighiamoci, che sono quasi le sette e tra poco inizia la festa.

Luke inarcò il sopracciglio. – Festa?
– Sì, la tua festa di bentornato. – Percy lo fissava con tanta allegria e genuino entusiasmo, che Luke proprio non se la sentì di far uscire di bocca le fatidiche parole “sono stanco” che gli rimbalzavano nel cervello da circa tre ore.

– D'accordo, andiamo. – fece Luke, sospirando.

Percy rise. – Quanta allegria! Mando un messaggio a Grover dicendogli di venirci incontro. – ed estrasse il cellulare.

Luke fu colto da un moto di panico. La mail! Se n'era completamente scordato! Ma se Percy non aveva accennato a nulla, allora significava che non l'aveva letta. C'era ancora speranza. Ma se Percy stava tirando fuori il cellulare...

Fermo! – gridò, rasentando l'isteria. – Ehm, lascia stare, faccio io. – disse poi, cercando di darsi un contegno. Invano.

Percy inarcò un sopraccigli, confuso, ma poi alzò le spalle e borbottò un “se proprio ci tieni...”. Luke sospirò di sollievo. Ora però doveva elaborare un piano! Come poteva fare in modo che Percy non leggesse mai quella mail?
C'era una sola cosa da fare: aspettare un momento della festa in cui Percy non stesse prestando attenzione al telefono, per poi rubarglielo e cancellare la mail. Sempre che il suo cellulare ricevesse effettivamente le mail! In caso contrario, come avrebbe potuto fare? Oh, maledetto il giorno, e il mese, e l'anno* (no, alt, Luke studiava troppo) in cui aveva scritto tutta quella roba!

– Tanto per sapere, dov'è che andiamo per la festa? – chiese Luke per ingannare il tempo.

Percy lo guardò di sbieco. – A casa tua, no? Annabeth ha già preparato tutto. Viene la mia classe, la tua, i tuoi amici di basket e alcuni della classe di Chiarle e Silena, poi ho chiesto a quel Jason della A se voleva venire, sai, l'amico di Leo Valdez, e ha detto che ci sarà e porterà dietro la sua ragazza, mi pare che si chiami Piper. Lo so che tu nemmeno li conosci, quei tre, ma Leo è amico mio, e Jason e Piper si sono appena messi insieme e siccome non avevano niente da fare Leo mi ha chiesto se-

– Ho capito, ok, frena! – Luke non avrebbe mai permesso ad un sorriso divertito di affiorargli alle labbra, anche se ci mancava poco. Forse in fondo gli era mancato quel fiume di parole idiote che uscivano ventiquattro ore al giorno dalla bocca di Percy. – Va bene, puoi invitare chi vuoi. Per quel che mi importa.

 

* * *

 

Ovviamente quando Luke diceva “puoi invitare chi vuoi” non intendeva “lascia pure che l'intera scuola si riversi in casa mia”. Non è che fosse poi così grande, eh!

– Ma quanta gente... Io non conosco così tante persone! – gemette appena entrato.

Annabeth gli batté una mano sulla spalla. – Sono amici di amici di conoscenti di parenti stretti... Circa. Oh, Percy ha potuto invitare il suo amico Leo con tanto di compagnia cantante al seguito. Io ho le mie amiche di scherma e quelle del corso di architettura.

Mentre Luke considerava l'idea di sbattere ripetutamente la testa contro l'unica zona di muro ancora libera da vari spruzzi di cocacola, birra o quello che poteva somigliare a vomito ma che sicuramente non era vomito perché mai e poi mai Luke avrebbe ripulito il vomito dalle pareti di casa sua, che fosse chiaro, Percy lo tirò da parte.

– Ehi. Scusa se è finita così, noi abbiamo solo sparso la voce un pochino... Io ho cercato di dire basta, ma la gente continuava a dire che sarebbe venuta e cosa potevo dirgli, che non potevano? – lo fissò, dispiaciuto. – Sei arrabbiato con me?

Era ovvio che Luke era arrabbiato con lui, ma alla fine decise di mentire dicendogli di non preoccuparsi. Solo perché si sentiva buono.

– Tutti fermi! Ci penso io! – sentirono gridare dal salotto.

Luke, colto da un orribile presentimento, irruppe nella sala. Il computer nuovo di zecca di Luke era crollato rovinosamente a terra, mentre un ragazzone cinese dall'aria mortificata continuava a scusarsi con chiunque volesse ascoltarlo.

– Cos'è successo? – ringhiò Luke, sull'orlo di una crisi di nervi.

– Non è niente, non è niente! – fece allegramente un ragazzino dell'età di Percy dai capelli ricci e castani. Probabilmente latino americano, a giudicare dall'aspetto. – Io sono Leo, Percy ti ha parlato di me? – proseguì senza aspettare la risposta. – Sta' tranquillo, Frank è solo andato addosso al computer... – Luke ringhiò un “solo?” che il ragazzo ignorò con tutta tranquillità. – Non è danneggiato all'interno, penso di poterlo aggiustare, se nessuno lo tocca... – lanciò un'occhiataccia a Travis Stoll, un ragazzo della classe di Luke, che si stava già avvicinando per vedere se poteva recuperare dei pezzi ancora funzionanti.

– Sarà meglio per te... – borbottò Luke alzando gli occhi al cielo.

– Su, circolare, gente! Il grande Leo sta per mettere all'opera le sue indiscusse doti elettroniche! Vai pure, Hazel, tranquilla. Il ballo me lo concederai un'altra volta! – sorrise poi, strizzando l'occhio ad una ragazzina che si allontanò dispiaciuta mano nella mano con il bufalo sgraziato di prima, noto anche come Franck.

Luke si accasciò su una sedia, e Percy volò al suo fianco. – Non ce la posso fare. – si lamentò, melodrammatico.

– Dai, non fare così, Leo riuscirà sicuramente ad aggiustarlo. – fece Percy, incoraggiante.

Sì, ma nel frattempo Luke non sarebbe riuscito a cancellare la mail che aveva spedito a Percy (la password di quell'imbecille era salvata anche sul suo computer, infatti). Solo che questo non glielo poteva dire, grazie tante!

– Ti porto da bere?

Luke alzò le spalle, mugugnando un sì.

 

* * *

 

– Ho sonno.

– Sono le dieci e mezza.

– In Cina è più tardi.

– Qui siamo in America, Luke.

– Ho sonno lo stesso!

Luke si rotolava sul suo letto, mentre Percy cercava inutilmente di farlo alzare. – Eddai, è la tua festa!

Luke quella festa non l'aveva mai chiesta. Non che non gli piacessero le feste, per carità, però era stanco! Tutti che gli chiedevano com'era la Cina, ragazzine che ridendo gli chiedevano se era vero che era gay, ragazzi dalla stazza di un ippopotamo che gli distruggono i computer e nanetti latino americani che giurano di riaggiustarteli... Era tutto troppo complicato, basta, Luke non ce la faceva più.

– Dai, Luke, ti faccio vedere una cosa che abbiamo fatto io e Annabeth per te l'altro giorno. – disse Percy incoraggiante, estraendo dalla tasca - orrore! - il cellulare.

Luke si tirò su di scatto. – No! No, ehm, non serve.

Percy inarcò un sopracciglio. – Ma scusa, perché non-

– Mi serve il tuo telefono! – lo interruppe Luke molto velocemente.

Percy lo guardò confuso, senza capire. – O-ok, ma non puoi aspettare un attimo?

– No, il mio è scarico e devo fare questa telefonata molto importante. – sbottò Luke, strappandogli il cellulare di mano.

– E a chi? – La voce di Percy aveva un che di preoccupato, ma Luke era troppo teso per farci caso.

– Ad un mio amico. – rispose senza pensarci. – Gli avevo promesso che l'avrei chiamato appena arrivato in America, e starà morendo di preoccupazione. È un tipo molto apprensivo.

Negli occhi di Percy saetta qualcosa di molto di più della preoccupazione, ora. – C-come si chiama?

– Ren. – Luke spara il primo nome che gli viene in mente, quello di un ragazzo un po' ciccione del suo stesso corso che non faceva che mangiare patatine e parlare di film porno.

– Ma non puoi aspettare solo un attimo, ormai... – tenta di nuovo Percy, ma Luke lo interrompe.

– Dammi un po' di tregua, no? Ti sto chiedendo di telefonare ad un mio amico, mica chissà che cosa! Quanto sei pesante! – esplose, facendo per uscire dalla stanza.

Ma si bloccò, congelato sul posto. E lei chi l'aveva invitata?

– Senti senti. A quanto pare la coppietta felice di cui parlano tutti sta già avendo dei problemi. Lontano dagli occhi lontano dal cuore, in fondo... E Luke sembra avere proprio una bella intesa con questo Ren! Allora, come la mettiamo adesso?

Clarisse aveva negli occhi quel tipo di bagliore malizioso e malvagio di chi gode facendo sentire gli altri peggio di un escremento di maiale, Luke doveva riconoscerlo.

– È... è vero? – chiese Percy dopo un po', esitante. – Luke, è vero quello che ha detto?

Luke si trovava un po' in una situazione critica. Aveva già aperto la casella postale, pronto per cancellare la mail; ma se si metteva a trafficare col cellulare adesso, sarebbe stato peggio di una confessione in piena regola! D'altro canto, cosa poteva dire? Sarebbe bastato negare tutto senza nemmeno una prova? E poi, insomma, anche lui: come faceva Percy a credere a quello che diceva Clarisse?

Forse, lo colse un inaspettato pensiero, è perché non gli ho detto ti amo neanche una volta.

E doveva essere stato difficile, per Percy, aspettare tutto quel tempo. Sospirò forte, sconsolato: sapeva cosa doveva fare, certo.

Lanciò il cellulare fra le mani di un Percy incredulo e confuso con un secco “leggi”, oltrepassò una Clarisse ghignante ed evitò Talia e Annabeth prima di imbucare la porta e dirigersi fuori, fuori di lì.

Perfetto. Era rovinato.

Cosa gli era saltato in mente! Uscire così, senza una parola! Aveva la giacca, certo, ma mancava un dettaglio fondamentale: una casa in cui andare. Lui aveva sonno. E non aveva nemmeno preso il portafogli!

Camminò senza una meta precisa, fermandosi ben presto nel parco davanti a casa sua. Si sedette su una panchina, stanco: probabilmente Percy stava leggendo la sua mail in quel momento. Sentì l'impellente desiderio di nascondere la testa fra le mani e morire lì su due piedi: cos'avrebbe pensato? E l'avrebbe letta anche Clarisse? E Percy ci avrebbe creduto? Ed era arrabbiato? E...

– Luke!

Il ragazzo si voltò, sorpreso. Ma era... – Luke, aspetta!

Percy lo raggiunse baciandolo di slancio, facendolo quasi cadere a terra. Nascose il volto tra le sue braccia, il respiro affannato per la corsa. – Luke... Non... scappare mai più... in quel modo... – riuscì ad articolare. – Mi hai fatto prendere un colpo, idiota!

Luke non era sicuro di aver colto il senso di tutto. – Tu...

– Ho letto la mail! – lo interruppe Percy tutto d'un fiato. Luke gemette. – È la cosa più... più bella che abbia mai letto! Luke... Ho capito perché non volevi che usassi il telefono. – rise appena, fissandolo con qualcosa che somigliava molto all'adorazione.

– Ovvio. Non ero in me. Non volevo spedirla. – chiarì Luke, a scanso di equivoci.

– L'avevo intuito... Comunque grazie. Scusa se... sai, è che eri strano da tutta la serata, come se ci fosse qualcosa che dovevi dirmi e non sapevi come fare, e quando Clarisse ha iniziato a parlare io non-

Luke lo interruppe. Ne aveva abbastanza di sentirlo parlare a vanvera, quindi scelse una via di mezzo che gli permettesse di salvare le sue povere orecchie e contemporaneamente di non fare fatica.

In parole povere, lo baciò.

– Oh... ok, wow. Mi era mancato. – ammise Percy dopo un po'.

– Già. Pensa a come si sta sentendo Ren adesso. – commentò Luke, falsamente dispiaciuto.

Percy gli tirò una gomitata. – Eddai, smettila!

Rimasero per un po' in silenzio, uno di fianco all'altro, senza bisogno di dire una parola.

– E cos'è successo di preciso dopo che me ne sono andato? – chiese Luke dopo un po'.

Percy ci pensò su. – Leo ha gridato che aveva aggiustato il computer... – Luke amava quel ragazzo. – Talia e Annabeth sono entrate nella tua stanza spedendo via Clarisse, e io ho iniziato a leggere la tua mail ad alta voce...

Ad alta voce?

Oh, perfetto. Luke era rovinato. La sua reputazione? Andata. La sua dignità? Sotterrata. Talia non avrebbe mai smesso di prenderlo in giro, e che dire di Annabeth? Lui ci conviveva!

– Sto scherzando. – lo informò Percy, l'ombra di un sorriso sul volto.

A quel punto Luke ritenne necessario l'utilizzo di una giusta punizione.

Tornarono a casa che la festa era già finita.

 

 

 



*la vostra istruitissima EmmaStarr sa che esiste una poesia che dice tipo “benedetto 'l giorno, e 'l mese, e l'anno” e l'ha storpiata con “maledetto”. Però non sa di chi sia (eh, quanto pretendete? Già tanto se so che è una poesia). Insomma, Luke fa una storpiatura, prende in giro questa poesia (che è italiana, lo so, lo so. Luke è andato in Cina MA sapeva anche l'italiano. È un poliglotta)

 

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Capitolo 15
*** Per sempre ***


Ed eccoci qua. Al Gran Finale.
Oh, non devo piangere, non devo... Sono davvero felice che così tante persone abbiano seguito il mio piccolo sclero su questa coppia assurda e assai crack, quindi grazie davvero a tutti quanti. Spero che quest'ultimo capitolo non vi deluda! :D
I veri ringraziamenti alla fine, ora vi lascio alla storia.
Un bacione!


Percy e gli altri pazzi citati in questo capitolo sono di proprietà del signor Rick Riordan e non sono miei ma ci sto lavorando.
Se fossero miei avrei passato gli ultimi dieci anni a scrivere di loro, come il caro vecchio RIck ha fatto, e sarei una persona davvero felice. Invece io per quanto ho scritto di loro? quattro mesi? Oh, destino crudele.

 


PER SEMPRE

– No, no, dai...

– Oh, ditemi che non è vero.

– Luke, non iniziare ad arrabbiarti, che lo fai innervosire!

– Non è lui che si innervosisce, Talia, è la macchina!

– Ragazzi, abbiamo un problema.

– Non è vero, non ci credo, non è vero, non ci credo...

– Annabeth, continuare a borbottare quella frase come un incantesimo non servirà a renderla reale!

– Luke, smettila di darle fastidio!

Io do fastidio a lei?

– Non è vero, non ci credo, non è vero, non ci credo...

– È andata. Basta, non si muove più.

Percy smontò dall'auto con fare rassegnato reggendo una torcia, e aprì il cofano con scarsa convinzione. La macchina che li seguiva si fermò dietro di loro, evidentemente nelle stesse condizioni.

– Tutto bene? – gridò Beckendorf, sporgendo la testa dal finestrino.

Percy sollevò una mano, abbagliato dalla luce dei fari. – Sì, ma siamo a secco.

In quell'istante si fermò dietro di loro anche la terza macchina. – Niente benzina, qui! – gridò Leo, l'espressione dispiaciuta.

La quarta e ultima macchina fece brillare i suoi fari, e la testa riccioluta di Connor Stoll sbucò dal finestrino. – Ci restano al massimo dieci chilometri, poi siamo a secco!

Le portiere delle auto si aprirono, e ben presto tutto il gruppo si ritrovò in mezzo alla strada. – Anche a noi manca poco. – ammise Beckendorf, grattandosi la testa. – Siamo in riserva da quando abbiamo passato quelle rovine.

Luke gemette, la testa fra le mani. – Ma ti sei ascoltato? Lo capite che siamo finiti così lontano dalla civiltà che tutto quello che c'è qua intorno è ridotto in rovine?

Talia e Annabeth li raggiunsero, stringendo i cellulari con aria rassegnata. – Non c'è campo. – comunicarono. Ovviamente se l'aspettavano tutti: vagavano per la campagna da tempo immemorabile, ormai doveva essere quasi mezzanotte.

Iniziarono tutti a battere i denti per il freddo, illuminati solo dai fari delle macchine.

– Beh? Che facciamo, adesso? – chiese Hazel, sfregandosi le mani.

– E che possiamo fare? – sbuffò Clarisse, incrociando le braccia. – Domattina potremo andare a piedi fino alla casetta che abbiamo visto prima delle rovine. Probabilmente avranno un telefono, o della benzina, o qualcosa. Adesso è escluso. – tagliò corto.

Luke odiava doverle dare ragione, ma non se la sentiva nemmeno di contraddirla.

– E quindi dobbiamo dormire in macchina? Tutti e venti? – chiese Chris, scuotendo la testa.

Frank ci pensò su. – È un bel problema, ci sono nove femmine e undici maschi... E fa freddo. Come la mettiamo?

Annabeth lo fulminò con lo sguardo. –Dovremmo dormire in macchina? Cinque per macchina? Ma stai scherzando!

Luke pareva condividere il suo parere. Almeno così sembrava, a giudicare da come si era afflosciato sul cofano dell'auto.

– Cosa possiamo farci, scusate? Non è mica colpa nostra se ci siamo persi! – si lamentò Rachel, saltellando sul posto. – Io lo sapevo che dovevamo andare a sinistra...

– Ma il navigatore diceva di andare a destra... – cercò di scusarsi Piper, che si sentiva in colpa perché il navigatore era un regalo che aveva fatto lei a Jason.

Questo le passò un braccio intorno alle spalle, protettivo. – Il problema è stata quella strada chiusa che il navigatore ci indicava: se l'avessimo potuta prendere...

Juniper agitò una mano. – Sì, lasciamo stare quello che è successo. Ormai siamo qui, dobbiamo farcene una ragione.

Mentre tutti borbottavano sull'inaffidabilità dei navigatori e la brutta abitudine dei benzinai di non aprire autogrill nel mezzo del niente in cui si trovavano, Percy si avvicinò all'unica figura che se ne stava in disparte, gli occhi di fuoco. – Ehi, Luke... – Non udì risposta. – Senti, mi dispiace. Lo so che è Capodanno e volevi festeggiare come si deve, ma... Oh, avanti, non fare così!

Luke riteneva che avesse tutto il diritto di fare così, visto che si trovavano senza benzina nel mezzo del niente a mezzanotte del trentuno di Dicembre.

– Che palle. – sbuffò Nico, mettendosi le mani in tasca.

– Sì, ci tenevo tanto a vedere i fuochi d'artificio... – sospirò sua sorella Bianca, avvilita.

Percy fu colto da un'idea, e gli si avvicinò. – Scusate... Leo, ma noi non abbiamo i fuochi d'artificio nel tuo bagagliaio?

Gli occhi del ragazzo si illuminarono. – Certo, insieme a tutto l'occorrente. Stelle, botte, pioggia, botte con passaggio... Dovrei avere qualche materiale commerciabile di classe C, ma se vi dicessi dove li ho trovati, poi dovrei uccidervi. – concluse, strizzando l'occhio

Nico sbuffò. – Te li vendono i gemelli Stoll, vi ho visti. – lo accusò, ma Percy lo vedeva che in realtà stava sorridendo.

– Annabeth, – chiese, correndole incontro. – I tavoli li abbiamo noi, vero? Quelli pieghevoli di plastica, e anche qualche sedia. Sono lì dai tempi del pic-nic, giusto?

La ragazza annuì, confusa. –Sì, non li hai mai messi a posto, ma vuoi... – il suo sguardo volò da lui a Luke e poi di nuovo a Percy, quindi sorrise. – Certo. Li tiro fuori subito.

Anche gli altri avevano capito, e Grover si sbrigò ad estrarre tutte le riserve di patatine che aveva imboscato nel bagagliaio di Charlie, mentre Silena estraeva le decorazioni più carine che aveva trovato e Jason si occupava di tirare fuori quante più torce e lampade riusciva a recuperare.

Posizionarono le macchine in cerchio attorno a loro con i fari accesi e l'autoradio che andava, e di colpo la strada sterrata su cui ormai vagavano da ore aveva assunto l'aria allegra e frizzante che precede una festa.

Sbuffando e trattenendo un sorriso, Luke recuperò da qualche parte delle bottiglie di coca cola (Percy sospettava che si trovassero nella sua macchina da molto tempo, ma decise di lasciar perdere).

– Ragazzi, non è incredibile? – sorrise Travis, saltellando sul posto.

– Nessuno ha dello champagne, vero? – sospirò Luke, consapevole che la risposta sarebbe stata no.

– È già tanto se abbiamo tutta questa roba... ci aspettavano al campus! – gli ricordò Clarisse.

Leo nel frattempo stava armeggiando poco lontano con una torcia e tanta altra roba che nessuno si sentì di controllare.

Percy stava posizionando le ultime sedie, quando percepì al suo fianco una presenza molto familiare. – Allora, sei soddisfatto? – chiese allegramente, senza neanche guardarlo.

Luke sospirò. – Poteva andare peggio. – ammise, togliendogli le sedie dalle mani e trasportandole verso il centro della piazzetta da loro organizzata.

Percy gli prese la mano, e Luke non si ritrasse, anzi. – Vieni. – propose, trascinandolo poco lontano. L'altro si lasciò guidare, sorridente, e ben presto si ritrovarono abbastanza lontani dagli altri.

I grilli facevano sentire la loro voce, lì in quelle piante che gli arrivavano alle ginocchia. Grano? Percy non lo sapeva, ma sperò che fosse così quando inciampò e cadde a terra. Luke invece di sgridarlo rise, e si accovacciò insieme a lui.

– È stupendo, vero? – domandò Percy dopo un po'. Non c'era la luna, quella sera, e le stelle erano più luminose che mai. Lontani dall'inquinamento della città, i due ragazzi potevano quasi intravedere la scia luminosa della via Lattea in mezzo a quell'infinità di puntini luminosi, scintille iridescenti, piccoli frammenti di luce che vagavano per lo spazio.

Luke annuì, e solo in quel momento Percy realizzò che si tenevano ancora per mano. Si guardò bene dallo sciogliere quella stretta.

– Sai... è davvero un bel po' che stiamo insieme. – commentò, tranquillo.

– Più di due anni, sì. – rispose Luke in un soffio.

Percy sorrise. – La data non me la ricordo. – ammise, ed era più che preparato al “neanch'io” noncurante di Luke.

– Sono successe un sacco di cose, vero? La gita in montagna a sciare, la spiaggia, le mille ore al cinema...

– Quella volta che siamo andati al cinese e hai rovesciato la soia lungo tutto il tavolo... – si inserì Luke, trattenendo una risata al ricordo.

Percy si indignò. – Sei stato tu, me lo ricordo benissimo! Mi hai dato la colpa, quella volta, ma io so che l'avevi messa male apposta.

Lucke sorrise malizioso e proseguì nell'elenco. – Ho comprato un motorino e ti ho scarrozzato ovunque volevi...

– Anche in spiaggia. – puntualizzò Percy.

– Ho fatto il tuo Educatore tra Pari e ho finto di essere tuo fratello maggiore con quell'allenatore di nuoto che voleva parlare con un parente. – continuò Luke, lo sguardo rivolto verso l'alto.

– Sei stato via per un secolo in Cina, però ci siamo scritti un bel po'.

– E telefonati. Mi sei costato una fortuna.

Rimasero in silenzio per un po'.

– Non abbiamo litigato praticamente mai, vero? – osservò Percy dopo un po', sorridendo. – Sono stati... due anni stupendi, Luke.

Il maggiore sbuffò, ma sbuffava sorridendo, Percy lo vedeva. – Smettila di fare lo sdolcinato, ok?

– Io spero – proseguì Percy, ignorandolo, – che l'anno prossimo saremo ancora a guardare le stelle da qualche parte. E anche quello dopo, e quello dopo ancora. Sempre. – disse, convinto.

– Ok. – rispose semplicemente Luke.

– O-ok?

– Ok. Mi sta bene. – Luke si voltò a guardare Percy, e le stelle si riflettevano negli occhi di entrambi.

Percy pregò con tutte le sue forze che quello fosse grano e non qualcos'altro di urticante o velenoso, perché rotolandocisi sopra in quel modo rischiava di prendersi tutte le malattie del mondo. Ma non avrebbe mai interrotto il bacio per un motivo così futile.

– Ehi, piccioncini! Venite o no? I fuochi sono pronti! – gridò Talia, le mani a coppa sulla bocca e la voce divertita.

Di malavoglia, i due si staccarono e tornarono verso il gruppo. Molto lentamente, sia chiaro.

Leo si stava vantando delle sue creazioni davanti a Nico e Bianca, che lo osservavano rapiti. Hazel e Frank erano vicini ad osservare con orrore le date di scadenza delle patatine di Grover, mentre poco lontano Jason e Piper si stavano dando da fare in modi che Percy preferì evitare di guardare troppo a lungo. Juniper rideva per una battuta di Grover, che sembrava parecchio ringalluzzito. Charlie e Silena si erano nascosti dentro una macchina, mentre Annabeth e Talia ridevano insieme. Rachel stava parlando animatamente con i due gemelli Stoll, che parevano davvero interessati – o intimoriti, Percy non avrebbe saputo dirlo con certezza – mentre Clarisse e Chris stavano giocando a braccio di ferro su uno dei traballanti tavolini di Percy.

– Guarda. Non sembra un miracolo? – sorrise Percy, quasi incredulo. – E io che credevo che la serata sarebbe stata un fallimento.

Luke grugnì il suo assenso, e Leo li notò, sbracciandosi. – Oh, bene, sono arrivati! Ragazzi, si comincia!

Corse via, e subito dopo iniziò il migliore spettacolo pirotecnico che avessero mai visto.

– Devi ammetterlo: Leo è davvero incredibile. – disse Percy, lo sguardo rivolto verso l'alto.

Luke sospirò. – Hai ragione, hai ragione. Hai... abbiamo dei buoni amici.

I colori si riflettevano sui loro visi e Percy non credeva di essere mai stato più felice di così. – Ricordati la promessa di prima. – ribadì. – Ogni anno, per sempre, così.

Luke inarcò un sopracciglio. – Così, nel senso con venti persone che si perdono nel mezzo del niente?

– Così, nel senso di noi insieme, a guardare le stelle e ad essere felici. – lo corresse Percy con convinzione.

Luke ghignò, la faccia illuminata di rosso e verde. – In questo caso ci sto.

– Per sempre?

– Per sempre.
















Vaaa bene. Ho finito davvero, questa volta. *si asciuga gli occhi*
Ma siccome questa storia non sarebbe stata nulla senza di voi, miei cari lettori... è il momento dei ringraziamenti!

Grazie a Momo_chan, che prima si chiamava madda_chan. Grazie per aver recensito e per avermi sempre supportata, sei stata eccezionale! Grazie mille per tutto il tuo supporto, come avrei fatto senza di te?

Grazie a Charlie Winchester per le sue recensioni sempre stupende e piene di allegria. Sono davvero felice di averti potuto conoscere, ogni volta che leggevo il tuo nome in cima alla lista delle nuove recensioni ero tutta sorrisi e cuoricini per chiunque! :D

Grazie a SaraPallina, che è stata la prima a credere in questa storia: grazie per le mille sedute e per gli scleri che hanno preceduto questa raccolta tanto pazza e assurda, ti voglio bene! certo se non ti fossi fermata al capitolo 8, ehm ehm...

Grazie a Eat_Sleep_Swift per la sua allegria e vitalità: sei stata un vero angelo, mi riempivi sempre di recensioni stupende! Sono così felice di averti fatto piacere questa mia coppia tanto strana... Grazie mille per tutto, sei stata favolosa! Spero che quest'ultimo capitolo non ti abbia delusa! :D

Grazie a Hope Callaway per essere passata: spero che questa storia ti sia piaciuta, sono davvero felice che la coppia Percy/Luke ti abbia colpita! Grazie di aver speso parte del tuo tempo per recensirmi, sei stata eccezionale!

Grazie a Ma_AiLing: grazie mille per essere passata, sei incredibile! Non sai che bello vedere il tuo nome in cima alle recensioni ricevute, sei sempre favolosa! Come avrei fatto senza di te? Spero che quest'ultimo capitolo ti sia piaciuto! :D

Grazie a fenisio per le sue stupende recensioni! SOno davvero felice che la mia storia ti sia piaciuta, grazie di cuore per il supporto! Spero che anche l'ultimo capitolo non ti deluda!

Grazie a dracosapple: te l'ho mai detto che amo il tuo nick? Grazie per essere stata così gentile e coinvolta, mi spiace che questa storia sia dovuta finire, ma spero che tu te le faccia una ragione! XD Grazie di cuore per tutto!

Grazie a Sapientona, che non fa che mettere immagini del profilo una più bella dell'altra! xD Sei stata gentilissima, sono così felice di sapere che questa storia ti sia piaciuta tanto! Grazie per aver abbandonato la pigrizia e aver scelto di lasciare qualche recensione, sei un vero angelo! Alla prossima!

Grazie a Fred Halliwell: ci sei sempre stata, e ogni volta i tuoi commenti erano qualcosa di unico. Grazie per essere stata tanto costante, grazie mille per le tue recensioni così belle e piene di allegria, grazie per avermi fatta sciogliere tutte le volte. Sei davvero unica! Spero che l'ultimo capitolo non ti abbia delusa! ^^

Grazie a JoseiKawaii, sei stata gentilissima a recensire, grazie di cuore! Spero che quest'ultimo capitolo non ti abbia delusa! ^^

Grazie a Jackson 2000 per l'infinita pazienza e le bellissime recensioni: sei stato incredibile, grazie di cuore per avermi sopportata! Spero che l'ultimo capitolo ti sia piaciuto, un bacione!

Grazie a Ginevra Gwen White: grazie mille per aver recensito, mi hai fatto tantissimo piacere! Sei stata gentilissima, grazie di tutto! Spero davvero che anche l'ultimo capitolo non abbia deluso le tue aspettative!

Grazie a snowsroses: grazie per aver recensito, sono felicissima che questa storia ti sia piaciuta, dico davvero! Sei stata molto gentile, grazie di cuore per tutto!

Grazie a _SereFic_ per il suo discorso appassionato! xD Grazie mille per aver recensito, sei stata incredibile! Sono davvero felice che questa storia ti sia piaciuta, spero che l'ultimo capitolo sia stato all'altezza delle tue aspettative!

Grazie a pufffetta: ah, sì? Questa storia ti piaceva solo perché i capitoli erano corti, eh? Ma pensa te questa... grazie di cuore per aver recensito, sono felicissima che questa storia ti sia piaciuta! Se penso che hai addirittura aperto Efp per recensirmi mi commuovo xD Grazie di tutto!

Grazie a BeeMe: sono felicissima che questa storia ti sia piaciuta, sei stata davvero gentilissima! La tua recensione è stata unica, mi ha davvero mandato in brodo di giuggiole. Grazie di cuore per tutto, spero che l'ultimo capitolo ti sia piaciuto! ^^

Grazie a _percypotter_ per essere passata da queste parti e avermi lasciato una recensione! Sono felicissima che questa storia ti sia piaciuta, grazie di cuore! Spero che anche l'ultimo capitolo sia stato di tuo gradimento :)

Grazie a laughs per essere passata; sono felicissima di averti fatta sorridere con queste mie storie ^^ Grazie di cuore per tutto, mi ha fatto davvero piacere leggere la tua recensione!

Grazie a Jaqueline per la splendida recensione: mi hai fatta davvero impazzire, grazie mille per essere passata! Sono così felice che questa storia ti piaccia, tu non hai idea! Spero che l'ultimo capitolo ti sia piaciuto!

Grazie a SHADOWHUNTER_DAUNTLESS: a parte che dovresti essere fatta presidente per la tua immagine del profilo... Grazie di cuore per essere passata, sei stata davvero gentile! Sono felicissima che questa storia ti sia piaciuta, grazie di tutto!





Grazie anche a te, lettore silenzioso, e a tutti quelli che hanno messo la storia tra le seguite, preferite, ricordate. Seriamente, siete stati tutti magnifici! Spero di risentirvi prestissimo con un'altra storia qui sul fandom di Percy Jackson!
Un bacione a tutti, vostra
Emma ^^
 

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