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Una storia
che parla di hobbit, nani e un narratore invadente.
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Cari
venticinque lettori.
Devo
dire che sarei davvero felice di cominciare questa storia con una scena di
felice domesticità. Una di quelle scene che scaldano il cuore come un
piatto di brodo della nonna o una cioccolata calda durante un giorno
d’inverno, una di quelle scene che ci fanno sentire felici e un pochetto
miserabili.
Ora,
miei venticinque lettori, riuscite ad immaginarla questa scena? Potete vedere
la casa un po’ traballante, un fuoco un po’ restio ad accendersi,
un paiolo un po’ troppo piccolo ed un po’ troppo vuoto, due bambini
forse un po’ troppo magri che giocano seduti a terra, creando nuovi mondi
e nuovi regni con qualche pezzo di legno rovinato e l’immaginazione che
si perde col tempo come i capelli e la gioia vi vivere. Riuscite a vedere uno
zio con la barba troppo corta e troppo grigio nei capelli che si china verso di
loro e spiega sorridendo come costruire questo e quell’altro castello,
mentre la loro madre si occupa di scodellare il pasto della giornata, cercando
di dividere equamente il nulla?
Sì, certo che riuscite ad
immaginarlo. Perché io credo, mie cari lettori, che se qualcuno
può immaginare tanta dolcezza e affetto nella miseria e calore nel
freddo nell’inverno, questi siete voi. Ed è per questo che oggi
porto a voi questa storia, a voi e a nessun’altro.
Questa
storia ha invece inizio in una notte fredda di Uccellaio, una di quelle notti
in cui si sente l’alito crudele dell’inverno che sfiora la pelle
del viso e i capelli, annunciando il suo prossimo arrivo.
In
questa fredda notte una (relativamente) giovane hobbit se ne stava
tranquillamente seduta con le gambe coperte da una coperta patchwork di circa
cinque generazioni or sono e un libro tra le mani.
Suddetta
(relativamente) giovane hobbit era la proprietaria di Bag End, casa della
famiglia Baggins di Hobbiville nella Contea.
Ah, casa
Baggins! Un non esattamente piccolo sogno di casa, con la porta
d’ingresso verde, la cucina sempre in azione, la dispensa sempre piena e
libri ovunque. A giudicare da quanti libri c’erano a casa Baggins un
ospite incauto poteva pensare che suddetti libri dovevano essere quanto
quantomeno commestibili o utilizzati come mobili o soprammobili.
Come se
a casa Baggins mancassero soprammobili, inutilità o ninnoli vari. Casa
Baggins pullulava di inutilità dal fortissimo valore affettivo, il che
toglie queste inutilità dalla categoria “inutilità” e
le inserisce nella categoria “ma ci sono tanto affezionata!”.
Ma
smettiamola per un solo secondo di parlare delle cianfrusaglie a casa Baggins
(perché altrimenti avremmo di che parlare, ed annoiarvi, fino al
prossimo Primo di Lithe, miei cari lettori) e torniamo alla nostra hobbit.
Ebbene,
come immaginate che sia questa hobbit?
Che
aspetto può avere una creatura che vive sotto una dolce collina coperta
d’erba verde smeraldo, in una casa tutta tappezzata di legno, ricolma di
oggetti vari e perennemente profumata di torta di mele e pane dolce?
Ovviamente,
suddetta hobbit non era una silfide. Come molti hobbit vantava un viso rotondo,
piccole mani morbide e braccia non propriamente fatte per il lavoro pesante, un
seno florido, fianchi larghi, una consistente pancetta (più o meno
strizzata dal corsetto del giorno), gambe tornite e beh, i non esattamenteaggraziati piedi degli hobbit, due
palanche grosse come barche a vela e ricoperti di peli dalla caviglia in
giù.
Per
spezzare una lancia nei confronti dei piedi degli hobbit, posso dirvi che
suddetti piedi erano in grado di muoversi qua e là senza fare il minimo
rumore e che la coriacea pelle che li ricopriva rendeva futile l’acquisto
di qualunque genere di calzatura, con un conseguente risparmi non indifferente
per la famiglia hobbit media (suddetta famiglia contava, generalmente, dai tre
ai dodici piccoli hobbit, quindi, miei cari lettori, provate anche solo ad
immaginare cosa potrebbe voler dire comprare le scarpe per dodici paia di
piedi).
Oggi
vado quindi a presentarvi Billa Baggins, padrona di casa Baggins con annessi e
connessi, hobbit rispettabile, affamata di storie, gran divoratrice di libri
(quindi sì, quei libri erano da considerarsi commestibili) e del tutto
avversa ad avventure, novità e altre cose che rischiano di far sì
che un rispettabile hobbit arrivi tardi al suo the pomeridiano.
Ma, come
Billa Baggins presto scoprirà, questo mondo è fatto in modo
buffo. Quando non sei tu ad andare verso l’avventura, allora
l’avventura arriverà in casa tua.
Più
o meno.
A.Corner___
YUHUUUU!
Esco dal
buio con una fan fiction di Lo Hobbit, perché sono fantasiosa e vado
contro corrente io * annuisce convinta * quindi, ecco a voi il prologo di
quella che sarà una long fic che andrà
avanti finché non me ne stufo. Cosa che può succedere domani, tra
sei mesi, dieci anni… Chi può saperlo? ♥
Comunque,
vi adoro, cari lettori, andate e promulgate il verbo!
p.s: errori di battitura? Sgorbi grammaticali?
Scrivete. Ditemelo a voce. Trovatemi sull’elenco e chiamatemi. Bloccatemi
per strada. Mandatemi un piccione viaggiatore. Insomma, in qualche modo,
fatemelo sapere. Come molti genitori orgogliosi sono cieca ai difetti della mia
prole.
Mie cari venticinque lettori! Il vedervi ancora qui
mi rende felice come il cappone che non viene portato via per partecipare al
pranzo di Natale.
Ah, poveri capponi, bestie dalla vita così triste e
poco avventurosa. Ma, in realtà, conosco certe storie su certi capponi che vi
sembrerebbero assurde. Sapete, una volta, mio zio stava cercando di catturare
un cappone per il pranzo, quando un gruppo di galline si avvicinò minaccioso e…
Oh, perdonatemi, non volevo divagare.
Dov’eravamo arrivati nel precedente capitolo?
Perdonatemi miei cari, ma l’età avanza e la mia mente non è più lucida come
quando avevo dieci anni in meno di quanti ne ho adesso, ma è sicuramente più
lucida di come sarà quando avrò dieci anni in più.
Eravamo quindi rimasti alla nostra cara Billa
Baggins che legge nel suo studio con una coperta patchwork sulle gambe, giusto,
avete ragione.
Ora, quello che nessuno si sta sicuramente aspettando
è che una mano bussi poco graziosamente alla porta e che la (relativamente)
giovane Billa Baggins si alzasse mugugnando per aprire.
- Ma chi sarà mai- bofonchiò la hobbit cercando
invano di sistemarsi la folta chioma castana che, specie in giornate umide e
piovose come quella in cui si svolge la nostra storia, proprio non voleva
saperne di stare al suo posto, ma si muoveva nell’etere come se fosse dotata di
vita propria – a disturbare dopo cena? Cose da pazzi, assolutamente, neanche
gli orchi potrebbero essere così villani!
Ma, nonostante la sua indubbia irritazione, la
nostra Billa aprì la porta verde, ritrovandosi faccia a faccia con un telo
bianco. Indubbiamente doveva essere uno dei lenzuoli della signora Gamgee,
pensò Billa, osservando la ruvida stoffa bianca che ondeggiava sotto la
pioggia.
- Billa Baggins!- esclamò una voce tonate che
sembrava venire da poco sopra il lenzuolo (eliminando la supposizione che
quello fosse un lenzuolo perché, da che ne sapesse Billa, i lenzuoli non
parlavano) – Ti sembra cortese far stare fuori della porta un amico e il suo
compagno?
Billa trasalì, alzando lo sguardo. Proprio lì,
davanti alla porta, se ne stava dritto, alto e bagnato fino al midollo Gandalf
il Grigio, mago exrtraordinarie , amico della Contea
da tempi meno felici ma sicuramente più movimentati e grande creatore di fuochi
d’artificio.
E si stava inzuppando nel suo portico.
- Oh mio- balbettò Billa zampettando all’indietro –
entrate, entrate! Vado subito a prendervi degli asciugamani, degli abiti, magari
un lenzuolo, delle coperte, santo cielo, non vi aspettavo, oh, insomma- Gandalf
si chino sorridendole sotto la lunga barba più bianca che grigia – Non ti
disturbare amica mia, sono qui solo per poco tempo.
- Quanto poco? C’è tempo per un the, magari? Una
fetta di torta? Signor Gandalf, lei mi pare sempre così terribilmente denutrito…
C’è da dire che, in confronto ad un hobbit, anche un
re degli uomini poteva apparire terribilmente denutrito.
Gandalf rise – Sono più che in forma, mia cara-
tornò serio e la guardò – purtroppo, oggi non sono qui per il the, mia cara
Billa, ma per farti una richiesta.
Billa lo guardò perplessa per qualche secondo. Ma in
fondo quell’uomo era Gandalf, amico del Vecchio Took
e l’uomo che tante volte aveva aiutato la Contea. Chi era lei per negargli un
piccolo favore?
- Qualunque cosa sia, parli pure signor Gandalf e io
l’ascolterò.
L’uomo la sorrise – Allora lascia che ti presenti il
mio amico- disse spostandosi leggermente verso destra (e dando una testata al
candelabro dell’ingresso), mostrando a Billa una figura incappucciata che
sgocciolava acqua davanti alla porta e reggeva in mano quelli che a prima vista
erano due grossi mucchi di panni sporchi (ma chi andrebbe mai in giro
trascinandosi dietro dei mucchi di panni sporchi?) – questo, Billa, è Thorin
Scudo di Quercia ed assieme a lui ci sono i suoi due nipoti.
Billa sbiancò. Non perché c’era un tizio di nome
Thorin che le stava inzaccherano casa, ma per il fatto che quelli che lei aveva
scambiato per panni sporchi erano i suoi nipoti. Quindi dei bambini. Bambini
molto grossi, ma pur sempre bambini.
- Per l’amor di Aulё!- esclamò la hobbit,
avvicinandosi cautamente alla figura incappucciata – Lei ghiaccerà! I suoi
nipoti ghiacceranno! La prego, venga con me, li portiamo subito davanti al
fuoco- si voltò e guardò storto Gandalf, intimandogli silenziosamente di non
muoversi mentre indicava freneticamente la via per la fumeria al suo nuovo
ospite – tolga loro quegli abiti bagnati, nel frattempo io preparo un bagno
caldo e- si guardò attorno – avete dei vestiti asciutti con voi? Tuniche?
Mantelli? Qualcosa?
L’uomo si sedette sul tappetodavanti al camino, apprestandosi ad estrarre
gli infanti dai bozzoli di stoffa che li nascondevano. Comunque, secondo Billa
quelli non erano bambini, dovevano essere adulti molto piccoli. Non era
possibile che quelli fossero dei bambini, suvvia!
Ma Billa presto si accorgerà che il mondo ha la
preoccupante tendenza a sbugiardarla.
Il tal Thorin alzò il viso verso di lei e Billa poté
vedere la barba rada che ricopriva la mascella forte e appena un accenno di
naso, oltreché qualche ciocca di capelli neri – No. - disse questi molto
semplicemente, prima di tornare a preoccuparsi per i suoi nipoti.
Billa sospirò – Vedrò cosa posso procurarvi, allora.
Preparo il bagno.
Quando Billa riapparse all’ingresso trovò Gandalf
occupato a fumare come se non ci fosse alcun motivo d’angoscia al mondo, cosa
che la riempì di una rabbia molto poco raffinata e molto poco Baggins.
- Mago della malora- sibilò tirandolo per una manica
verso il bagno – potevate avvertirmi che c’erano dei bambini, no? Bambini! E io
non ho neanche nulla da fargli indossare!- lasciò Gandalf sulla porta del bagno
ed iniziò ad armeggiare con i rubinetti d’ottone, cercando di riempire la vasca
il più in fretta possibile – Erbe, mi servono delle erbe. Menta, sì, eucalipto,
questo bagno puzzerà di sicuro ma è per il loro bene.- mormorò fra se e se
Billa, cominciando a frugare fra gli oggetti che ingombravano gli armadietti e
le ceste sparse qua e là.
- Credo che ciò che cerchi sia nella cesta sotto la
finestra, amica mia- disse Gandalf lasciando che una farfalla di fumo
svolazzasse allegra e felice per la stanza – sono nel sacchetto rosa e in
quello verde.
- Rosa e verde, giusto.- annuì Billa, che ormai
conosceva abbastanza bene (per quanto qualcuno può conoscere abbastanza bene
Gandalf il Grigio) l’uomo da non sentirsi offesa dal fatto che lui conosceva la
sua casa meglio di lei. – Suppongo che tu voglia sapere perché ho portato qui
Thorin e i suoi nipoti.
- Come si chiamano?
- I bambini? Sono Fili e Kili. Non lasciarti
traviare dalle apparenze, amica mia, sono più giovani di quanto può sembrare. I
nani si sviluppano piuttosto in fretta, ma restano mentalmente giovani molto a
lungo.
- Nani!- esclamò Billa perdendo ogni singola
sfumatura di colore tutto d’un colpo e sembrando ancora più palliduccia del
solito nel suo vestito verde smeraldo – Avete portato dei nani a casa mia!
- Esattamente.
- Gandalf, odio dirlo, ma credete che sia una cosa
saggia? Io sono pur sempre una hobbit non maritata che vive sola e i nani, per
Nienna signora della pietà, i nani hanno davvero una pessima reputazione,
capite Gandalf? Pessima.
- Ti posso assicurare che questi nani sono onesti
così come me e te- Billa lo guardò leggermente storto e Gandalf rise – insomma,
per lo meno sono onesti quanto te, mia cara amica. Inoltre, confido in te e nel
potere della tua rabbia unita alla solidità delle tue ottime padelle.
La hobbit sbuffò, dedicandosi per qualche minuto al
bagno – Quindi, cosa volete che faccia, Gandalf?
- Dovresti, mia cara amica, ospitare Thorin e i suoi
nipoti per qualche tempo, mentre io svolgo alcune ricerche.
- Quanto tempo, Gandalf?
- Il tempo necessario per svolgere alcune ricerche,
amica mia. – ripeté pazientemente Gandalf.
- Tempo che può essere compreso fra pochi giorni e
molti anni, immagino.
- Immagini bene, amica mia.
Billa emise un verso affranto, mescolando le erbe
nell’acqua calda – Non posso dirti di no, non è vero?
- Certo che puoi dirmi di no, amica mia, se vuoi
avere sulla coscienza la vita di due bambini che difficilmente sopravvivranno
senza una casa e del cibo caldo.
La hobbit si voltò di scatto, guardandolo con pura
ira negli occhi (oh, miei lettori, quelli erano gli occhi di Billa Baggins,
occhi fantastici, in grado di essere dolci come miele e freddi come spade nel
tempo d’un battito di ciglia) – Non voglio avere altri bambini sulla coscienza
Gandalf, credo che voi lo sappiate meglio di tanti altri.
- Certo che lo so, amica mia, ed è per questo che
sono venuto da te per questa richiesta e non da altre persone. So che tratterai
questi nani con l’affetto e l’attenzione di cui hanno bisogno per guarire dalle
loro ferite, sia i bambini che il loro zio.
Billa uscì dal bagno pieno di vapore, avviandosi
lungo il corridoio, con Gandalf che le camminava dietro, piegato in due nel
tentativo (non sempre riuscito) di non prendere a testate tutti i candelieri di
casa Baggins – Non hanno nulla con loro. Come mai?
- Questo temo che lo dovrai chiedere a loro, Billa
cara.
- E la madre dei bambini? Lei dov’è?
- Anche questo, temo che dovrai chiederlo a loro.
Billa alzò gli occhi al cielo – Maghi e i loro
segreti. – entrò nella fumeria e sorrise – Il bagno è pronto.- disse osservando
il disastro di abiti bagnati e stivali coperti di fango che ricopriva suo
precedentemente pulitissimo tappeto – Potete andare a lavarvi, se volete.
Seduto a terra, in mezzo al disastro (che avrebbe
indubbiamente fatto svenire una o due generazioni di Baggins) stava quello che
era indubbiamente un nano. Un beh, sì, muscoloso nano. Billa aprì e chiuse la
bocca osservando con malcelata attenzione il tatuaggio sul petto del nano, i
lunghi capelli che gli ricadevano sulle spalle, le braccia muscolose, le mani
callose, le gambe robuste e…
Orrore. Ma che piedi piccoli. Ecco come distruggere
i sogni di una (relativamente) giovane hobbit. Bellissima creatura con piedi
minuscoli. Santi Maiar. Che piedi piccoli.
Piccolissimi.
Troppo piccoli. Ma come poteva camminare con quei
piedi minuscoli?
I bambini dormivano con la testa contro le sue
gambe. Erano contemporaneamente troppo grandi e troppo piccoli per essere dei
bambini e c’era qualcosa che il cervello di Billa non riusciva bene ad
afferrare della loro anatomia, ma i suoi piedi erano piccoli esattamente come
quelli dello zio (zio che aveva almeno qualche pelo sui piedi, cosa che li
rendeva meno strambi e rivoltanti).
Billa aprì che chiuse la bocca un paio di volte,
ritrovandosi comunque ammirata per il modo in cui la luce rossastra del fuoco
danzava sul corpo del nano, rendendolo ancora più esotico (ma che non faceva
nulla per coprire quei piedi piccolissimi) – Insomma, volevo dire, insomma, che
il bagno è, insomma, pronto.
L’uomo annuì, si caricò i nipoti addormentati in
spalla e si diresse fuori dalla fumeria, dando a Billa Baggins, rispettabile
hobbit di casa Baggins, una splendida visione panoramica del suo fondoschiena,
coperto solo da un capo di biancheria che sembrava rozzamente composto da un pezzo
di stoffa bianca piegato innumerevoli volte per contenere, diciamo, la virilità
del nano e coprire in minima parte le sue terga.
Billa Baggins pensò che, indipendentemente da quanto
tempo avrebbe dovuto passare con il nano, sarebbe stato comunque troppo.
Spero
che il nanico deretano del capitolo precedente non vi abbia spaventato troppo.
Sì, capisco, non è esattamente quello che qualcuno vorrebbe
vedere dopo cena, o dopo pranzo, o prima dei pasti, o in un qualunque momento
della propria giornata e della propria vita, ma è parte integrante della
storia e con ciò è stato necessario mostrarlo.
Passiamo
quindi alla parte interessante della nostra storia, miei lettori.
Che non
è il sedere di Thorin, anche se sono consapevole di quanto ciò
v’intristisca.
Billa si
sentì soddisfatta solo quando il terzo tacchino arrosto assunse una
perfetta doratura che nessuno a questo mondo avrebbe mai e poi mai potuto
criticare. Neanche Lobelia Sackville-Baggins. Soprattutto Lobelia
Sackville-Baggins. Oh, Valar nel Valinor, quanto odiava Lobelia
Sackville-Baggins.
Chiuse
gli occhi e prese un lungo respiro profondo, cercando di calmarsi. Non posso
dire che ci riuscì davvero, miei cari lettori, ma si buttò anima
e corpo nell’impasto per la torta al cioccolato, riuscendo a sfogare un
poco del nervosismo accumulato.
In quel
momento, un nano e i suoi due nipoti si stavano facendo il bagno nella sua
vasca.
Nel suo
bagno.
Nella
sua casa.
Aveva
contato tutti i pezzi dell’argenteria otto volte, (tanto per essere
sicura) prima di dedicarsi alla tavola, conscia che un nano e due bambini (che
probabilmente non vedevano un pasto completo da almeno un paio di giorni) non
poteva accontentarsi della zuppa leggera che si era fatta come spuntino. La
mise in tavola comunque, assieme al terzo tacchino, alla torta alla vaniglia, a
un chilo e mezzo di carni di vario tipo, quattro tortini di dimensioni e
ripieni variabili, della frutta, della verdura, delle altre zuppe e altre cose
che non mi perderò ad elencare, miei cari lettori, ma sappiate che tutti
noi pagheremmo per poterci sedere al desco di Billa Baggins almeno per un
giorno. O per un pasto. Un pasto sarebbe sufficiente.
Ora che
la sua tavola era apparecchiata con abbastanza cibo da sfamare
all’incirca due milioni di locuste e lasciarle stese per terra a ruttare,
Billa si accorse che mancava qualcosa.
Mancavano
precisamente tre nani e il pane di grano.
Sospirò
e si diresse verso la dispensa, sicura di averci sistemato una teglia di pane
di grano proprio quella mattina.
Si
fermò a osservare la sua dispensa, rallegrandosi per l’ennesima
volta di quanto questa fosse splendidamente fornita e ben organizzata.
Ovviamente, la teglia di pane al grano era esattamente dove si ricordava di
averla messa. Si avvicinò la teglia di viso e annusò leggermente,
deliziandosi dello splendido odore del pane di grano.
In quel
momento, Billa sentì una voce. Anzi, due voci.
- La
cucina è da questa parte. – disse una voce – Ho sentito la
voce della hobbit, prima.
- Cio-
disse una voce leggermente più acuta – non credo cia da quella
parte. Anche Cee concorda con me, cero, Cee?- momento di silenzio –
Cisto?
Grugnito
dalla prima voce. Venivano indubbiamente dal corridoio dietro la cantina. Billa
si sporse dalla porta, trovandosi davanti tre nani malamente strizzati negli
abiti più grandi che era riuscita a trovare – Mastro nano!-
esclamò la hobbit – Cosa ci fate qui? La cucina è da
tutt’altra parte!
-
Cisto?- disse il bambino biondo tirando la stoffa dei pantaloni di Thorin (che
comunque, in verde e blu non stava male per niente) che piansero amaramente
quando la piccola mano li tirò impietosamente – Era
dall’altra parte!
Il nano
grugnì di nuovo (probabilmente si esprimeva a grugniti) coprendo la mano
del bambino con la sua – Ci chiedevamo, signora hobbit, se non aveva per
caso qualcosa da mangiare, viaggiamo da svariati giorni e i miei nipoti-
entrambi i nipoti lo guardarono male, ma il nano li ignorò bellamente
– sono molto affamati.
Il viso
di Billa s’illuminò – Ma certamente, non temete, ho giusto
cucinato qualcosina per voi mentre vi facevate il bagno, venite, ve ne prego,
seguitemi!
I nani
rimasero immobili sull’uscio della sala da pranzo – Perdonatemi,
signora hobbit - disse il nano– per aver interrotto i vostri programmi.
Immagino che i vostri ospiti arriveranno a momenti. Il tal caso, noi possiamo
ritirarci in una stanza e attendere lì fino alla fine del vostro
incontro.
Billa si
voltò di scatto, osservandolo come se le avesse appena suggerito di
mettersi a sferruzzare calzini, lucidare delle scarpe o altre amenità
del genere – Ma cosa dite, mastro nano? Questo l’ho cucinato per
voi mentre facevate il bagno, ve l’ho detto, no?
- Per
noi.
-
Sì.
- Mentre
facevamo il bagno.
- Ovvio!
- Mentre
facevamo il bagno. – ripeté il nano muovendosi cautamente verso la
tavola, mentre i suoi nipoti stavano praticamente sbavando con gli occhi
inchiodati a un vassoio di meringhe alle fragole. Billa poggiò il pane
sul tavolo, avvertendo il viso farsi caldo – A mia discolpa posso dire
che avete fatto un bagno estremamente lungo. – disse rigirandosi un
nastro del grembiule fra le dita -Inoltre, ho pensato che vi poteste sentire
affamati e, ecco, insomma, volevo solo- abbassò il capo e
strusciò un piede a terra, improvvisamente insicura del suo gesto.
Magari offrire del cibo a dei nani era considerato offensivo.
Sotto il
suo sguardo angosciato Thorin sollevò i due bambini da terra e si mise
su due sedie, prima di sedersi a sua volta. Con estrema lentezza e cura, i tre
nani iniziarono a sbocconcellare degli scones con la marmellata. Billa si
sentì improvvisamente rincuorata – Oh, bene. Mangiate pure. Poi,
se volete, ho altro cibo pronto da cuocere.
Il nano
(che d’ora in poi avrò la premura di chiamare col suo nome,
giacché “il nano” mi sembra terribilmente impersonale)
alzò lo sguardo – Altro cibo?
- Certo.
Miei
cari lettori, ora, guardate Thorin. Questo nano forte e coraggioso, che aveva
portato in spalla i suoi nipoti verso il “porto sicuro” suggerito
da un mago (che poteva quindi essere la casa della hobbit o la grotta di un
troll di montagna, insomma, sapete come sono i maghi) a suo tempo si era
sentito fortunato se riusciva a mettere insieme un paio di pasti al giorno.
Presentare tre pasti diversi al desco familiare era motivo d’orgoglio.
E ora
quella hobbit gli presentava davanti tutto quel cibo, affermando di averne
anche altro. Potete capire perché il povero Thorin si sentì
più o meno come un grumo di sputo di troll contro un vetro.
Ma il
cibo è cibo. E Thorin aveva nello stomaco una mezza radice bollita da
qualcosa come due giorni.
Mentre
Thorin rimuginava Kili e Fili avevano già iniziato a mangiare col
candore tipico dei bambini, spazzolando via scones, meringhe, torte salate,
marmellata, salumi e tacchini a una velocità a dir poco allarmante.
Tutto questo accadeva sotto lo sguardo attento e vigile della padrona di casa,
che riforniva i piatti dei due bambini ogni qualvolta questi iniziavano a
vuotarsi.
Quindi
ogni due minuti circa.
Thorin si
sedette lentamente a tavola, osservano la hobbit che ripuliva una macchia di
panna dalla guancia destra di Kili – Mangiate più piano- disse
Billa sorridendo – il cibo non scappa. È tutto cotto a dovere.
Fili
ridacchiò a bocca piena e Kili, beato cucciolo innocente, si mise a
guardare il tacchino in maniera molto minacciosa, pronto a scattare alla sua
rincorsa.
Thorin
si servì, sempre molto lentamente, un piatto ben poco abbondante di
tacchino e lo pungolò con una forchetta per qualche secondo – Voi
non mangiate, signora hobbit?
Billa
alzò lo sguardo verso di lui, il mestolo colmo di minestra a
mezz’aria e Fili che attendeva con la scodella tra le mani – No,
mastro nano. Questa cena è per voi. Io mangerò qualcosa dopo aver
sparecchiato.
- Ha
preparato tutto questo e non l’assaggia neanche?- domandò Thorin
indicando la tavola con la forchetta – Si sieda e mangi con noi. I miei
nipoti sono abbastanza grandi da servirsi da soli.
- Mastro
nano- Billa versò attentamente la minestra nella ciotola – se
c’è una cosa importante per noi hobbit, questa è
l’ospitalità. Se mi sedessi ora potreste sentire le grida di
dolore dei miei antenati fino alla prossima alba. Quindi- buttò senza
troppi complimenti una coscia di tacchino nel piatto di Thorin – fate
silenzio e mangiate.
Thorin
fece esattamente quello che gli era stato detto.
Fili e
Kili dormivano davanti al fuoco nella fumeria, i panciotti aperti e le facce
soddisfatte. Thorin fumava vicino alla finestra della cucina. Billa
sospirò e si accinse a lavare la catasta di piatti che si era formata
sul tavolo.
Buttò
la prima bracciata di piatti nel tino e iniziò a lavare senza troppa
energia.
Dopo
qualche minuto pesanti passi l’avvisarono dell’arrivo di Thorin
che, per qualche magia, si materializzò al suo fianco in maniera
relativamente poco minacciosa.
Lo
guardò attentamente dall’angolo dell’occhio, osservando il
nano (anche lui col panciotto slacciato) che apriva i polsini della camicia e
ne arrotolava le maniche, scoprendo le braccia abbronzate.
Sospirò
– Che cosa intendete fare, mastro nano?
-
Aiutarvi a lavare i piatti, signora hobbit.
- Siete
consapevole del fatto che non sia necessario?
- Certo.
Ma credo sia giusto che voi sappiate che i nani non danno mai nulla per nulla e
non prendono mai nulla per nulla.
- Con
ciò intendete che…?
- Vi
laverò i piatti. Possiamo considerarla una ricompensa per la cena, no?
Oppure preferite qualcos’altro? Al momento attuale non ho molto, ma le
posso assicurare che, se preferisce gemme o metalli, appena avrò ripreso
il mio regno- Billa lo fermò con un cenno della mano.
- Oh,
abbiate pietà della mia povera anima- sbuffò alzando gli occhi al
cielo – la cena l’ho offerta per gentilezza, per educazione e per
buon senso. Non c’è bisogno che mi ricompensiate. Gli hobbit
raramente chiedono ricompensa per quello che fanno. Quindi smettetela di
blaterare e riposatevi.
Thorin,
a quelle parole, perse leggermente colore sul viso. Sembrava sinceramente
dispiaciuto e sconvolto. Billa sospirò– ma, se ci tenete
così tanto, potete aiutarmi a lavare i piatti.
-
Aiutarvi a lavare i piatti.
- Magari
potete anche asciugarli.
-
Asciugare i piatti è una ricompensa sufficiente per voi?
- Lo
sarà se asciugherete anche le
posate.
A.Corner___
Ogni
volta che aggiorno una fan fiction mi sento come un’elefantessa che
guarda la sua progenie.
Thorin Scudo di Quercia, Re dei Nani di Erebor,
erede della dinastia di Durin, grande combattente, fine artigiano e qualche
altro titolo pomposo ora viveva a casa di una hobbit.
Una hobbit.
Una. Hobbit.
Hobbit.
Ora, miei cari venticinque lettori (anche se spero
siate diventati almeno ventisei!) è giusto e sacrosanto che io vi
spieghi perché Thorin era così sconvolto all’idea di vivere
in casa di Billa Baggins o di un qualunque hobbit: hobbit e nani erano come
cavoli e caciotte. Uno poteva notare una certa somiglianza (l’altezza,
nel caso di hobbit e nani, la “c” e la “a” dei cavoli e
delle caciotte) ma tra i due correva una differenza abissale. Così come
una caciotta era un latticino lavorato, un nano era duro, robusto e laborioso.
Così come un cavolo era una pianta della famiglia delle Brassicacee, uno
hobbit era soffice, gentile e pigro. E proprio come i cavoli e le caciotte,
hobbit e nani non era destinati a unirsi.
O almeno, così credo. Avete mai cotto cavoli
e caciotte assieme?
Se sì, vi prego di condividere eventuali
ricette.
Chiudendo la parentesi alimentare, è giusto
che sappiate che Thorin non detestava così tanto la sua nuova vita nella
Contea. In pratica non faceva altro che mangiare, dormire e giocare con i suoi
nipoti.
Il che era terribilmente noioso.
Quindi dopo ben due giorni di nullafacenza, Thorin
Scudo di Quercia decise che era ora di fare qualcosa.
- Vorrei lavorare.
- Prego?- Bibla alzò lo sguardo dal proprio
futuro copriletto decorato a punto croce (al momento attuale era solo uno
scampolo di tessuto con sopra un grossolano disegno di fiorellini fatto col
gesso, ma Bibla era una a cui piaceva pensare in grande) – E cosa
vorreste fare, di grazia?
- Sono un buon armaiolo.- disse Thorin togliendo un
rocchetto di filo dalle mani di Kili e riponendolo nella cesta del cucito di
Bibla – Potrei lavorare in una fonderia.
- Capisco. Immagino che Gandalf vi abbia già
parlato; no, tesoro, quello non si mette in bocca- tolse gentilmente un
gomitolo di lana dalla bocca ancora mezza sdentata di Kili – dicevo,
immagino che Gandalf vi abbia già parlato del fiorente commercio
d’armi della contea. Immagino che il signor Gamgee abbia bisogno di una o
due spade, sapete, ultimamente le talpe si stanno facendo sempre più
audaci.
Fili, il piccolo traditore indegno del suo sangue,
rise. Thorin lo cancellò mentalmente dalla lista per il trono di Erebor
(suddetta lista ora contava di lui stesso, Kili e un vecchio compagno di bevute).
Thorin si gonfiò come un tacchino arrabbiato
– Ci sarà sicuramente qualcosa che posso fare.
- Potreste sistemare la porta della dispensa.
- La cosa?
- La porta della dispensa- Kili piagnucolò,
allungando le manine verso il gomitolo che Bibla aveva ancora in mano –
cigola da mesi ed io non ho ancora trovato qualcuno che la sistemi- mise da
parte il cucito e si caricò il piccolo nano sul ginocchio, piazzandogli
il gomitolo tra le mani – inoltre, c’è uno sportello della
credenza che non si chiude più bene, alcune serrature non funzionano
più, c’è da pulire la canna del camino e da sistemare i
divanetti della fumeria- Fili si arrampicò senza troppi complimenti in
braccio alla hobbit, squittendo di gioia quando questa iniziò a fargli
il solletico su un fianco – e questa sedia va rinforzata. Non credo che
sia fatta per sostenere così tante persone.
La sedia a dondolo di Bibla mandò un cigolio
simile a un grido di dolore. Thorin poggiò la pipa sulla mensola sopra
al caminetto e si preparò al suo tanto agognato lavoro.
In fondo non fare nulla non era tanto male.
Thorin arrivò a questa improvvisa
illuminazione al diciassettesimo cardine cigolante che incontrava.
A quanto pare casa Baggins non era stata visitata da
un fabbro da almeno vent’anni, visto che ogni singolo cardine era usurato
al limite del possibile, ogni lucchetto era arrugginito, ogni mensola pendeva
leggermente, ogni sportello non si chiudeva perfettamente e altre cose. A prima
vista tutto era perfetto, ma a uno sguardo più attento si notavano tutte
le minuscole imperfezioni. I nani non tolleravano (e non tollerano
tutt’ora) le imperfezioni. Un nano poteva mettersi a limare una gemma
fino a farle prendere la forma di una sedia a dondolo e farla sembrare una
sedia a dondolo perfetta.
Parlando di sedie a dondolo, forse era il caso di
mollare i maledetti cardini e darsi alla sedia a dondolo.
La notte Thorin sognava molte cose. Per la maggior
parte erano brutte cose oppure cose orribili. Quando non sognava cose brutte o
orribili, allora sognava cose tremende.
Non ricordava cosa accadeva in questi sogni e, al
risveglio, non riusciva neanche a capire il perché del suo terrore. Ma,
da molti anni, ogni singola notte il suo sonno finiva con una mano tesa verso
il nulla e il cuore che batteva troppo.
Quella notte in particolare (la quindicesima che
passava in casa della hobbit, non che contasse i giorni, eh) il suo risveglio
non fu causato solo dal sogno (del quale ricordava solo luce e calore) ma anche
da un suono fuori della sua porta.
Passi? Che la hobbit avesse sentito il bisogno di
uno spuntino notturno? Ma, in quel caso, avrebbe almeno sentito qualche rumore
dalla cucina. No, erano solo passi, alla quale si aggiunsero poi alcuni suoni
soffocati. Delle parole, forse.
Con chi stava parlando? Sentì una porta chiudersi
e poi il silenzio.
Si alzò e uscì dalla sua stanza il
più silenziosamente possibile, avviandosi verso la cucina. La cucina era
vuota. Si avviò verso la fumeria ed era vuota, così com’erano
vuoti il salotto, la sala di ricevimento, il bagno, la dispensa e la camera dei
suoi nipoti.
La camera dei suoi nipoti era vuota.
Orribili, orribili immagini, sensazioni, fantasie e
ricordi inondarono il cervello di Thorin così velocemente e
prepotentemente da lasciarlo immobile sulla porta per una ventina di secondi.
Ragionare. Doveva ragionare. Nessuno aveva aperto la
porta d’ingresso, se l’avessero fatto avrebbero fatto più
rumore di un cavallo nella sala dei cristalli. Nessuno poteva scappare dalle
finestre. Erano piccole per un nano, umano o un hobbit.
Ma erano abbastanza piccole da far passare due
piccoli nani, uno alla volta…
Impossibile, impossibile. Chi si sarebbe mai messo a
passare nani attraverso le finestre? Suvvia.
Ma c’era una stanza che non aveva ancora
controllato, ed era la stanza della padrona di casa.
Poggiò una mano sul manico e pregò
ogni antenato che i suoi nipoti fossero là dentro a mangiare la scorta
nascosta di biscotti di Billa (l’aveva scoperta il quinto giorno, mentre
sistemava le gambe del letto) o a giocare con le sue collane.
I suoi nipoti erano effettivamente nella camera di
Billa. Ma non stavano giocando, né mangiando.
Dormivano poggiati al petto della Hobbit, con Kili
nascosto fra i suoi capelli e Fili che stringeva la stoffa della sua camicia da
notte tra le mani. Dal canto suo, Billa li stringeva a se come se li dovesse
difendere da un branco di orchi.
Thorin sospirò e tornò nella sua
stanza.
Per la prima volta in tanto tempo, Thorin Scudo di
Quercia dormì senza incubi.
A.Corner___
Breve, allegro, insulso capitoletto sulla Nuova
Favolosa Vita del Rude Nano e dei Suoi Adorabili Nipotini ™.
A presto (si spera) con un nuovo capitolo! Che
conterrà anche della trama!