Slice of life in Arendelle

di StarFighter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1:Cambiamenti ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: Dubbi ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: Di incubi e richieste importanti ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: Proviamoci... ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: Ricordi ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: Preparativi ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: In viaggio ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8:Corona ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: Di incomprensioni, magie con i capelli e incredibili nozze ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10: Resta... ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11: Di sogni imbarazzanti, fantasie inconfessabili e scommesse sul futuro ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12: Incidenti di percorso! ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13: Vuoto... ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14: Ad ogni azione corrisponde una reazione ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15: Sono qui... ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16: Di segreti svelati, rabbia e magia troll ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17: Passi nel buio ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18: Compromessi ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1:Cambiamenti ***


CAPITOLO 1: CAMBIAMENTI

Tutto ad Arendelle era tornato alla normalità, o quasi. C’erano ovviamente delle novità dopo tutto quello che era accaduto negli ultimi tempi. Infatti, se negli anni precedenti le porte del castello erano rimaste sprangate ai problemi del popolo, ora non potevano essere più aperte di così: la regina Elsa concedeva udienze su udienze ai suoi sudditi, cercando di recuperare il tempo perso per instaurare un buon rapporto con la gente, che non l’aveva mai vista prima del giorno dell’incoronazione e che fino ad allora aveva congetturato che lei fosse tanto bella ed altera da non voler avere nessuno intorno a  sé… non potevano essere più lontani di così dalla realtà. Elsa, infatti, fin da quando si era rinchiusa nel suo isolamento autoimposto, non aveva voluto altro che essere circondata da persone che le volessero bene per quel che era: certo, aveva i suoi genitori, ma Anna e il resto del popolo non avrebbero potuto capire cosa le era successo, cosa c’era dietro a quel freddo distacco o ai suoi occhi tristi. Fortunatamente tutto si era risolto per il meglio, certo non c’era stato nessuno “e vissero felici e contenti”, continuava a litigare con Anna a volte e molto spesso si isolava dal resto del castello chiudendosi nel suo studio e facendo lunghe chiacchierate sui suoi dubbi con il ritratto del padre, ma per il momento, pensava Elsa, poteva bastare. Aveva il suo regno e aveva riallacciato i rapporti con la sorella; il suo popolo, che aveva scelto volutamente di dimenticare l’inverno perenne che aveva portato ad Arendelle, la osannava e cercava di non sembrare “gelida” nei rapporti umani, cosa che, aveva notato, le riusciva meglio di quanto avrebbe mai creduto.

Dal canto suo la principessa Anna era sempre più emozionata e smaniosa di conoscere quante più cose possibili di Arendelle e dei regni circostanti. Al castello era difficile incontrarla: infatti, usciva presto al mattino e rientrava tardi la sera, stanca ma contenta di tutte le cose che aveva fatto e visto durante la giornata. Si sedeva a cena con Elsa e le raccontava ogni minima sciocchezza che le era capitato di vedere lungo la strada, frastornando di chiacchiere la povera regina, lieta del fatto che Anna avesse il suo momento di felicità dopo tutto quello che aveva passato per colpa sua.

-“Fra qualche giorno il regno di Corona festeggerà le nozze della principessa Rapunzel e siamo state invitate a partecipare anche noi, ti interessa?”- Elsa sapeva che Anna sarebbe andata su di giri per la notizia e sorrise quando vide il volto della sorella illuminarsi di gioia.

-“E me lo chiedi!? Certo che mi interessa…anzi, non vedo l’ora.”- Anna fece accidentalmente  volare via la forchetta che aveva in mano, che si fermò ad un soffio dall’occhio di uno degli inservienti, che tirò un respiro di sollievo –“Ops, scusa. Non volevo.”- fece un piccolo gesto di scuse, portandosi una mano alla bocca. Elsa rideva di gusto in cuor suo: amava la spontaneità e l’allegria di Anna e si augurava che non cambiasse mai.

-“Ehm, allora quando si parte?”- chiese la principessa ricomponendosi per quel poco che poté, ma incapace di rimanere ferma sulla sedia nell’attesa di una risposta.

-“Le nozze sono tra una settimana, di domenica per la precisione. La nave salperà sabato e ti porterà a destinazione e alla fine dei festeggiamenti ti riporterà indietro. Corona è il regno della sorella di nostra madre, quindi sarai un’ospite di riguardo.”-

-“Wow, è fantastico. Non vedo l’ora di … aspetta un attimo, hai detto “ti” porterà, non “ci”. Come sarebbe? Tu non vieni?”-

-“Anna, devi capire che non posso abbandonare il regno alla mercé di chiunque. Ho appena imparato a fare la regina, non posso abbandonare Arendelle senza una guida. Tu sarai la mia inviata e farai le mie veci, sarà come se ci fossi anch’io.”- Elsa le rivolse un sorriso di incoraggiamento, poi rivolse lo sguardo verso il contenuto del piatto che aveva davanti: “Pensavo che Kristoff forse poteva venire con te.”

-“Mm, dovrò chiederglielo, non credo verrà.”- disse triste Anna, scrollando le spalle.

-“Tutto bene? C’è qualcosa che dovrei sapere?”- una sorte di inquietudine s’impadroniva del cuore della giovane regina quando si trattava della felicità della sorella.

-“Oh no.”- Anna si era fatta stranamente silenziosa.

-“Sicura? Ora che ci faccio caso è un po’ che Kristoff non si fa vedere al castello. Prima la sua presenza mi infastidiva quasi, ma ora credo mi manchi il fatto che non ti gironzoli più attorno.”- Elsa smise di occuparsi della cena ormai fredda e si concentrò sull’espressione turbata di Anna che piluccava pensierosa la sua.

-“Io non so cosa non vada con Kristoff. Da qualche giorno non lo vedo e l’ultima volta che siamo stati insieme era strano, aveva la testa da un’altra parte. Era così sovrappensiero che nemmeno le stupidaggini che dice Olaf l’hanno smosso. Domani credo che andrò a parlargli.”-

-“Ci tieni molto a lui,vero?”- Elsa conosceva già la risposta, Anna ce l’aveva scritta a caratteri cubitali in faccia.

-“Chi? Olaf? Oh certo gli voglio molto bene…”-

Elsa portò una mano alla fronte: non poteva essere così svampita!

-“No, Anna. Parlo di Kristoff. Mi era sembrato di capire che c’era un certo interesse da parte di entrambi.”-

- “Beh, lo pensavo anch’io, ma forse ci sbagliavamo entrambe.”- l’espressione di Anna divenne ancora più triste.

-“Oh Anna, mi dispiace. Ma credo che quella in errore sia tu: l’interesse genuino di Kristoff nei tuoi confronti si vede da un miglio di distanza.”- cercava di rincuorarla ma sembrava che le sue parole sortissero solo l’effetto contrario.

-“Lo so anch’io, ma credevo che dopo...”- Anna arrossì vistosamente abbassando la testa per nasconderlo ad Elsa- “dopo…beh io ho fatto il primo passo e mi aspettavo che lui poi ne facesse un altro, ma non è stato così.”-

-“Ascoltami Anna, sono sicura che domani riuscirai a chiarire questa situazione di stallo con lui.”-

-“Lo spero tanto.”- Anna si alzò dall’enorme tavolo che troneggiava all’interno della sala da pranzo e si diresse verso la porta.

-“Anch’io, altrimenti Kristoff diventerà una statua di ghiaccio da esporre in giardino.”- Elsa lo disse fra sé, ma Anna la sentì borbottare sottovoce.

-“Hai detto qualcosa?”- era ormai sull’uscio della porta.

-“No. Solo buonanotte!”- la regina sobbalzò sulla sedia, colta in flagrante.

-“Buonanotte Elsa.”- Anna le rivolse un sorriso tirato, chiuse la porta dietro di sé e salì in camera sua.

Ormai erano giorni che non vedeva “il mastro consegnatore del ghiaccio di Arendelle”. Kristoff, qualche giorno addietro, si era volatilizzato dicendo di dover svolgere un lavoro importante e che quindi per qualche giorno non si sarebbero incontrati. Ma Anna l’aveva scorto al mercato mentre passeggiava e lui l’aveva salutata a stento e poi era scappato via, come se non gradisse più la sua compagnia. La principessa aveva riflettuto a lungo sui comportamenti del suo “quasi-più-che-amico”, come lo chiamava Olaf, e non aveva trovato nessuna risposta alle infinite domande che le assillavano la mente. Il suo atteggiamento l’aveva offesa ed intristita oltre ogni dire, quasi quanto il comportamento degli ultimi quattordici anni di Elsa.

-“Domani gliene dirò quattro. Sentirà cos’ho da dire e poi se vorrà potrà anche cacciarmi via; Anna di Arendelle non si farà trattare così dal primo che passa! Kristoff puoi esserne certo.”- annuì all’immagine che le rimandava lo specchio, mentre si spazzolava energicamente i capelli, preparandosi per la notte.

-“Ouch”- un verso di disappunto le sfuggì di bocca quando la spazzola si fermò in un groviglio di capelli ramati. Prese l’oggetto in questione e lo lanciò dall’altro lato della stanza, mandando in frantumi un vaso colmo di fiori arancioni. Sospirò rassegnata dalla sua goffaggine.

Così, carica di aspettative per il giorno seguente, si mise a letto e pregò che la determinazione che l‘animava in quel momento non si sciogliesse come neve al sole alla presenza di Kristoff. E poi come ogni notte si addormentò sognando gli occhi scuri del “suo uomo del ghiaccio”.

 

 

AngolinoAutrice: piccola fanfiction senza pretese sulla coppia disney che shippo in questo momento. Anna e Kristoff mi sono entrati in testa e non sembra vogliano uscire molto presto, per cui do retta al mio cervello che mi dice di scrivere e lo faccio. Ho notato che poche fic parlano di questi due e si soffermano principalmente sul personaggio di Elsa, che per carità è uno dei meglio riusciti alla disney negli ultimi anni, ma credo che la coppia Kristanna abbia molti spunti narrativi da offrire, tanti quanti ne ha la regina di ghiaccio. Per questo motivo nasce questa fic che spero piaccia a qualcuno. Non so ancora bene come si svilupperà, ma credo che interesserà molto il futuro della coppietta XD

Ps: spero non ci siano errori di battitura o di grammatica, se così non dovesse essere vi prego di farmelo sapere. Al prossimo chap.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2: Dubbi ***


CAPITOLO 2: DUBBI

 

Nell’esatto momento in cui Anna si addormentava nella sua stanza, lontano dal castello c’era un'altra persona che si rigirava nel letto con mille dubbi in testa. Sulla montagna alle spalle di Arendelle, Kristoff stava steso a fissare le travi del soffitto della sua baita di legno. Quel posto era abbastanza fuori mano e solo chi lo conosceva poteva arrivarci. Questo era uno dei pregi di quel luogo isolato: quando voleva rimanere da solo con i suoi pensieri, Kristoff non aveva dubbi su dove andare. Lì non l’avrebbe infastidito nessuno. Forse Olaf, ma a quell’ora era certo che il pupazzo di neve stesse sonnecchiando nel giardino del castello. Sven dall’altra parte dell’unica stanza della baita, riposava già da un bel po’ accanto al caldo del camino.

Invece Kristoff non riusciva a chiudere occhio: troppi dubbi gli si agitavano dentro e se chiudeva gli occhi, sognava Anna, che era anche il centro dei suoi pensieri e quindi dei suoi problemi di insonnia. Erano giorni che rifletteva sul rapporto con lei e non aveva potuto non porsi alcune domande: si amavano davvero? O era solo un’infatuazione passeggera? E se si amavano, lui sarebbe stato mai alla sua altezza? Insomma, Anna era pur sempre una principessa! E se anche lei avesse sorvolato sul suo status sociale, cosa mai poteva offrirle lui, che era un semplice venditore di ghiaccio? Anche ora che la regina aveva inventato un’onorificenza ad hoc solo per lui, era comunque di un rango troppo inferiore ad Anna, per sperare in un per sempre felici e contenti accanto a lei. E se Elsa non avesse approvato la loro relazione e si fosse fatta prendere da un’altra delle sue “crisi agghiaccianti”? Alla fine si era reso tristemente conto che la vita reale aveva poco a che fare con le favole.

Quella sera però, lontano da distrazioni e contaminazioni altrui (che potevano essere gli occhi dolci di Anna o il suo sorriso, o anche le battutine di Olaf o le occhiatacce di Sven), si sentiva in vena di decisioni importanti e pensò che era il momento adatto per fare le cose nel modo giusto.

Doveva partire dalle cose difficili: l’indomani avrebbe chiesto udienza alla regina e le avrebbe chiesto il permesso di corteggiare la sorella. Sapeva che per la felicità di Anna Elsa avrebbe accettato, ma nel caso contrario Kristoff aveva un piano B: se Anna lo amava davvero, allora avrebbe fatto di tutto per averla, anche contro il volere della regina; ma se così non fosse stato, si sarebbe fatto da parte accettando le decisioni delle due sorelle.

Sperava tanto che le sue congetture fossero sbagliate e che Anna tenesse a lui tanto quanto lui teneva a lei.

Si alzò a sedere, ormai sicuro che la notte sarebbe passata in bianco: con uno sbuffo si passò le mani sul viso stanco e quel semplice verso, fece svegliare Sven.

La renna si girò a guardarlo con gli occhi appannati dal sonno e un’espressione interrogativa. Fece un verso per attirare l’attenzione di Kristoff su di sé.

-“Scusa se ti ho svegliato, Sven.”- il ragazzo gli sorrise dispiaciuto.

-“Cosa c’è che non va, amico?”- Kristoff diede voce ai pensieri di Sven come faceva di solito. Anna gli aveva ripetuto più di una volta che questa sua mania era terrificante, e lui le aveva riposto che non poteva farne a meno: per troppo tempo era rimasto solo con Sven, e quel piccolo escamotage l’aveva salvato dalla pazzia delle lunghe e fredde notti invernali. Le vecchie abitudini erano difficili da estirpare.

-“Niente. Solo pensavo che ci sono molte cose da chiarire e da sistemare e devo farlo al più presto, prima di rischiare di impazzire.”-

Sven gli lanciò un’occhiata scontata, per sottolineare la domanda che voleva porgli: “C’entra per caso Anna?”-

-“E chi sennò? Quella ragazza ha la capacità di scombussolarmi anche quando non è nei paraggi.”- scrollò le spalle esasperato da quella situazione.

Sven si voltò di nuovo verso la luce del camino e si sistemò al meglio per riaddormentarsi: “Discorso già fatto, sai già cosa ne penso. Ora torno a dormire. ‘Notte!”- e la renna lo lasciò di nuovo solo ad arrovellarsi il cervello.

-“Grazie mille Sven. Sei sempre d’aiuto!”- disse con tono ironico mentre si stendeva di nuovo a letto, cercando di riposare quel poco che la mente gli concedeva -“Spero solo di non fare la figura dell’idiota con Elsa… se non le andasse a genio la cosa, potrebbe anche decidere di congelarmi.”- rabbrividì al solo pensiero della donna.

Poi stanco si addormentò pian piano, cullato dal pensiero della risata cristallina di Anna.

 

 

 

AngoloAutrice: allora parto col dire che il capitolo è corto perché è di passaggio e poi mi serviva solo per far comprendere il comportamento di Kristoff. Il prossimo sarà più lungo.

Poi volevo ringraziare tutti quelli che hanno letto e recensito, e chi ha messo la storia tra le seguite (7 persone!) e le preferita: non ho mai avuto tanta gente che seguisse una mia fic…sono davvero commossa e superfelice. Spero tanto di non deludere le vostre aspettative su questa storia!

Al prossimo capitolo, che ispirazione permettendo, arriverà in serata. ;)

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Capitolo 3
*** Capitolo 3: Di incubi e richieste importanti ***


Capitolo 3: Di incubi e richieste importanti

 

Quella mattina Anna si svegliò di pessimo umore a causa di un incubo che nel bel mezzo della notte l’aveva fatta svegliare urlando. A questo suo stato di nervosismo iniziale, si aggiungeva anche il fatto che di lì a qualche ora, avrebbe dovuto affrontare una chiacchierata di notevoli dimensioni con Kristoff. Tutta l’ansia accumulata a causa di queste due cose, la faceva essere tesa come una corda di violino. Infatti sobbalzò quando sentì un forte rumore provenire dalla porta della sua stanza e un piccolo gridolino di paura le sfuggì dalle labbra quando una sagoma, sgusciò dentro, nell’ombra della camera. Anna si rintanò sotto le coperte, terrorizzata.

Con un violento gesto deciso, la figura misteriosa, tirò le pesanti tende che impedivano alla luce del Sole di filtrare nella stanza, rivelando la figura paffuta di una delle cameriere al servizio della famiglia reale.

Anna che continuava a tremare come una foglia nel suo nascondiglio di lenzuola e cuscini, cominciò ad urlare.

-“Oh mio Dio! Vostra Altezza …cosa succede?”- la donna fece un balzo indietro appena le urla della principessa si diffusero nella stanza.

Anna smise di urlare, sentendo la voce della donna: tirò pian piano la testa fuori dalle coperte e scorgendo Grace, la sua assistente personale, fece un respiro profondo, dandosi mentalmente della stupida.

-“Grace. Oh mio Dio, che spavento che ho preso!”- si portò una mano all’altezza del cuore, che sembrava volesse scapparle dal petto tanto batteva forte.

-“Vostra Altezza, chi pensavate che fossi?”- la donna non poté fare a meno di ridere, sommessamente ovviamente, quando vide le condizioni in cui versavano i capelli e la faccia della principessa: un pagliericcio rossiccio era la sua acconciatura, come se nella notte una rondine avesse deciso di fare il suo nido proprio sulla testa di Anna; mentre la sua faccia era a metà tra lo stravolto, il sonno e lo spavento…un mix esilarante secondo Grace.

-“Assolutamente nessuno, cioè io…ehm ecco vedi, stanotte ho fatto un sogno orribile e ora sono molto agitata.”- scese dal letto, sbadigliando e stiracchiandosi in posizioni assurde.

La donna intanto le stava preparando i vestiti della giornata: “Vuole raccontarmelo? Così forse riuscirà ad esorcizzare la paura che ha provato e forse il suo stato d’agitazione diminuirà.”

-“Oh no, Grace. Non credo sia il caso, era solo uno stupidissimo incubo. Sai che di solito ti racconto tutto, ma non volermene.”- Anna le rivolse un sorriso rassicurante.

-“D’accordo come vuole. Su forza l’aiuto a prepararsi per la giornata.”- Grace la condusse alla specchiera –“Vosta Altezza dov’è la spazzola?”

Anna indicò un punto all’altro lato della stanza senza dire niente, in evidente imbarazzo. Chissà cosa avrebbe pensato Grace del disastro che aveva combinato la sera precedente.

La donna raccolse la spazzola senza dire nulla e cominciò a spettinare l’enorme massa di capelli ingarbugliati della principessa.

-“Grazie Grace…”- Anna fissò il riflesso della donna nello specchio e le sorrise riconoscente: da anni la donna era al castello e non aveva mai fatto caso alle stravaganze della principessa o della regina: Anna gliene era molto grata.

Grace la fissò per un momento e poi ricambiò il sorriso: “Di nulla.”

 

A qualche stanza di distanza, al piano inferiore, Elsa era indaffarata a leggere e firmare infinite scartoffie, per assicurare ad Arendelle un flusso di scambi commerciali con gli altri regni.

Il suo lavoro venne improvvisamente interrotto da colpi secchi alla porta del suo studio.

-“Avanti!”- posò i fogli sulla scrivania ed attese.

Con sua grande sorpresa, dalla porta entrò la causa della tristezza di sua sorella. Kristoff si tolse il berretto che aveva in testa e fece un lieve inchino goffo.

-“Kristoff cosa ci fai qui?”- Elsa gli fece segno di accomodarsi su una delle due poltrone che stavano davanti alla sua scrivania.

-“Io…ehm io, mia regina, sono venuto a chiederle una cosa.”- il ragazzo, rimasto in piedi, si ostinava a fissare intensamente la punta dei suoi stivali, intimorito dalla regina.

Elsa lo guardò attentamente e alzò un sopracciglio chiaro, poi sospirò rassegnata: “Dimmi pure.”- fu laconica, glaciale, voleva che Kristoff la temesse, affinché non facesse soffrire Anna.

Il ragazzo la fissò di sottecchi, tremando alla vista dello sguardo freddo che gli stava riservando la regina: per tutta la vita, non aveva mai temuto il gelo, ma ora, al cospetto della “regina del ghiaccio”, come la chiamavano gli altri venditori di ghiaccio di Arendelle, non poteva fare a meno di tremare quasi.

Prese un respiro profondo prima di parlare e poi prendendo il coraggio a due mani disse tutto d’un fiato: “SonovenutoperchiederleilpermessodicorteggiareAnna.”- ce l’aveva fatta, glielo aveva detto, ci era riuscito.

-“Tu Anna, cosa?”- Elsa non aveva capito una sola parola di quello che aveva detto Kristoff.

Kristoff la guardò disperato. Chissà come aveva avuto il coraggio di dirlo una volta, figurarsi ripeterlo di nuovo.

-“Io, beh sono venuto per chiederle il permesso di…corteggiare Anna. Cioè volevo dire la principessa Anna.”- tornò a fissarsi le scarpe, nell’attesa che la regina si esprimesse, mentre arrossiva fin sulle orecchie.

Elsa rimase un secondo senza parole, poi scoppiò a ridere. Kristoff si voltò a guardarla: la sua risata ricordava molto il tintinnio dei cristalli di ghiaccio, che pendevano dagli alberi, quando il vento li sfiorava.

-“Mi stai chiedendo di corteggiare Anna? Ma io credevo tu lo stessi già facendo da tempo!”- Elsa si aspettava sicuramente una spiegazione.

-“Si, ma volevo avere il suo permesso. Dopo i recenti avvenimenti, e con recenti avvenimenti mi riferisco al tradimento del principe Hans, volevo che si fidasse di me, perché io…beh  io ho intensioni serie. Intendo con Anna. So di essere un semplice venditore di ghiaccio e che Anna potrebbe avere qualsiasi principe da qui ai confini del mondo se solo volesse ma…”- ora la fissava dritta negli occhi, non temeva più il suo sguardo, che al suono di quelle parole si era addolcito.

Elsa lo interruppe con un gesto della mano: “Kristoff, a differenza di quanto credano molti, e soprattutto Anna, sono molto elastica su certi argomenti. Non mi importa se sei un montanaro, per me potresti essere anche un pupazzo di neve. L’importante per me è che Anna sia felice.”- lo fissava seria, assolutamente convinta di quello che aveva detto.

-“Le tue parole mi rincuorano. Proprio ieri sera Anna mi ha riferito che i vostri rapporti si erano un po’ “raffreddati”, per usare un eufemismo, e mi è sembrato di capire che fosse molto triste per questo. Ma questa tua visita mi riempie di gioia. Sono felice che tu abbia preso così in considerazione il mio parere e per quanto mi riguarda sei libero di stare con Anna, se lei vorrà ancora, ovviamente.”- Elsa gli sorrise davvero felice.

Kristoff non poteva credere alle sue orecchie: la regina aveva accettato senza battere ciglio e gli aveva dato la sua benedizione.

-“Grazie mille.”- le rivolse un sorriso enorme e poi fece per andarsene.

-“Ah Kristoff. Sappi che se Anna dovesse soffrire in qualsiasi modo, ti riterrò direttamente responsabile. In tal caso dovrai tenerti pronto alla mia ira.”- lo fissò intensamente per un secondo e poi si placò: “Buona giornata.”

-“Certo.”- il ragazzo fece dietro front ed uscì chiudendosi la porta alle spalle.

Una volta fuori tirò un profondo sospiro di sollievo e poi si incamminò alla ricerca di Anna. Doveva parlarle, scusarsi per il suo comportamento e dirle ciò che aveva detto alla sorella.

Immaginava già la sua faccia: si sarebbe sciolta di sicuro, forse avrebbe persino pianto.

Ma la faccia di Anna, quando le andò a sbattere contro sovrappensiero, non era proprio come se la sarebbe immaginata.

-“Oh eccoti, stavo proprio venendo a cercarti.”- lo trascinò via per una mano, portandolo lontano dai corridoi del castello, lontano da orecchie indiscrete.

Lo portò nella sala dei quadri, dove richiuse la porta alle loro spalle e poi voltandosi verso di lui con un’espressione truce, lo fulminò con lo sguardo: “Noi due dobbiamo parlare!”

 

 

AngoloAutrice: bene bene, ecco il terzo capitolo. Wow due in un solo giorno, non posso credere di avercela fatta. Spero vi piaccia. Ah dimenticavo: non per fare pressioni di alcun genere, ma mi farebbe davvero un immenso piacere se le persone che hanno inserito la storia tra le seguite/preferite, lasciassero un loro commentino. Grazie per l’attenzione e grazie per essere arrivate a leggere fin qui. J

Ps: secondo voi i personaggi sono OOC?

Si ci legge al prossimo capitolo!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4: Proviamoci... ***


Nda:prima di cominciare a leggere, dovrei avvertirvi che in questo capitolo forse i personaggi sono molto OOC e me ne scuso, ma ho pensato che forse, dopo tutto quello che avevano passato, potevano essere cambiati un po’…vbb fate finta che non abbia detto niente XD Buona lettura!

 

CAPITOLO 4: PROVIAMOCI…

 

Anna lo fissava con sguardo truce, pronta a saltargli addosso da un momento all’altro. Aveva tante di quelle cose da dirgli e da domandargli che non sapeva da dove cominciare; il piede batteva convulsamente a terra, mentre aveva le mani poggiate sui fianchi.

Kristoff la fissava in ansia: non voleva parlare per primo, aveva paura che l’avrebbe fatta infuriare ulteriormente.

-“Ehm…allora, perché mi hai portato qui?”- ma alla fine dovette spezzare il silenzio opprimente di quella stanza: lo sguardo omicida di Anna e gli occhi di tutti quei dipinti puntati su di lui, lo agitavano.

-“Perché, mio caro Kristoff, nel caso mi scappasse di mano la situazione devo avere dei testimoni.”-

-“Ti rendi conto che sono quadri, vero?”- le chiese con fare interrogativo, alzando un sopracciglio e facendo un gesto per indicare tutti i dipinti attorno.

Anna si sentì punta sul vivo: quei quadri, come li chiamava lui, erano stati l’unico conforto che aveva avuto durante gli anni di isolamento nel castello. Quante ore aveva passato a raccontare a Giovanna D’Arco i suoi sogni per il futuro?

-“Stai peggiorando solo la tua già precaria situazione… “- gli puntò un dito contro –“Perché mi stai evitando?”- il suo tono di voce era diminuito di un’ottava, mentre gli angoli della bocca si piegavano all’ingiù.

-“Perché continui a nasconderti da me? È per qualcosa che ho fatto? Oh mio dio…ti ho detto qualcosa di spiacevole vero?”- si coprì la bocca con le mani.

Kristoff la guardò sorpreso: davvero credeva che fosse colpa sua?

-“Assolutamente no.”- le rispose.

Anna si riprese all’improvviso, tornando la furia scatenata di qualche minuto prima: “e allora cos c’è che non va? Mi eviti per giorni e poi vieni qui e non dici niente…ah a proposito, perché sei qui?! Anzi non dirmelo, non mi interessa!”- tremava, scossa da brividi di adrenalina: lo spinse via.

-“Beh, dovrebbe invece.”- la interruppe bruscamente prendendole la mano con cui continuava ad accusarlo e portandosela all’altezza del cuore.

-“Che significa?”- erano troppo vicini, doveva allontanarsi, altrimenti avrebbe perso la lucidità, non sarebbe più riuscita a spiccicare parola.

-“Che sono venuto qui per chiedere una cosa ad Elsa…una cosa che riguarda te!”-

Anna lo fissò per un secondo con fare interrogativo: “Cosa?”

-“Sono venuto per chiederle il permesso di stare con te…Vorrei cominciare con il piede giusto!”-la mano di Anna scivolò via dalla sua presa a quelle parole.

-“Cominciare?!”- disse con tono alterato –“Ma io credevo fossimo pronti per il grande passo, e con grande passo intendo un matrimonio, non certo un fidanzamento.”

Il ragazzo la fissò sconcertato: “Dici sul serio?”

Anna annuì con forza.

-“Ma allora non hai imparato niente! Ti ricorda niente un certo principe Hans delle isole del Sud? Sai, gli piacevano le tartine e forse, molto probabilmente, il suo migliore amico si chiamava John…”- Kristoff non era mai stato tanto ironico in vita sua.

-“Ma tu non sei Hans. Tu sei Kristoff. Kristoff…”- Anna si bloccò: qual era il cognome di Kristoff?

-“Vedi? Non sai nemmeno il mio cognome…siamo dei perfetti sconosciuti; come puoi dire che siamo pronti per sposarci, quando non ci conosciamo affatto? Per quanto ne puoi sapere potrei anche essere uno spietato assassino o un ladro!”- aveva alzato la voce senza volerlo.

La principessa sbuffò: “Non essere sciocco…e poi io so tante cose di te.”

-“Tipo?”- ecco la prova del nove. Il ragazzo era sicuro che dopo quello Anna avrebbe capito cosa intendeva.

-“Ti piacciono le renne”- tentò di ribattere sicura-“ il tuo migliore amico è Sven e sei stato cresciuto dai troll. Ah e non sei niente male a suonare.”- contava sulle dita tutte quelle informazioni sul conto di Kristoff.

Il ragazzo scosse il capo demoralizzato: Anna non voleva proprio capire!

-“Tutto qui?”-le chiese.

Anna cercò di dire qualcosa, ma non le venne in mente nient’altro. Prima di addormentarsi, la sera prima aveva preparato un discorso a prova di scemo, ed ora non riusciva a dire niente di più che sciocchezze.

-“Qual è il tuo cognome, allora?”-

-“Bjorgman…ma non serve saperlo ora!”- come doveva farglielo capire?

-“Oh ma invece sì! Ora so qualcosa in più su di te.- disse soddisfatta incrociando le braccia al petto e sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi.

Kristoff fece un verso disperato, continuando a guardarla sorridere, convinta di ogni parola che era uscita dalla sua bocca.

Poi gli venne in mente un’idea. Riprese coraggio, pronto per un ultimo tentativo.

-“D’accordo, fissa la data, qualunque giorno tu voglia. Anche oggi stesso.”- la fissava sicuro di sé.

-“Davvero?”- Anna si era illuminata.

-“Davvero.”- cominciava ad essere poco convinto di quello che stava facendo. E se Anna non avesse capitolato e avesse preso quella cosa sul serio? E se davvero si fossero sposati entro qualche ora? No, non era pronto. Forse non lo sarebbe mai stato.

-“Oh mio dio…corro a dirlo ad Elsa!”- si lanciò verso la porta, su di giri.

Kristoff la fermò, afferrandole una mano: “e se scoprissi di non sopportarmi? Se ti rendessi conto che in fin dei conti non mi ami davvero, ma che è stata solo l’euforia del momento?”

-“Ma cosa…?”- Anna non poteva credere alle proprie orecchie.

-“Ascolta. Sei rimasta chiusa in un castello per anni, circondata dal silenzio e dalla solitudine, ed è normale che tu voglia riversare i tuoi sentimenti repressi su qualcuno…ma guarda com’è andata a finire con Hans, se n’è approfittato. Insomma, con lui hai preso un abbaglio colossale…e se ti sbagliassi anche su di me? Se non fossi io il tuo ‘per sempre felici e contenti’?”- sapeva che le stava facendo male, ma voleva che si rendesse conto della verità di quelle parole.

-“Ma…ma io SO che tu sei il mio vero amore! Ne sono assolutamente convinta… perché mi dici tutto questo?”- una piccola lacrima le scivolò lungo la guancia.

Kristoff le si avvicinò prendendole le mani e asciugandole la piccola goccia, brillante come una gemma.

-“So che potrà sembrarti assurdo tutto quello che sto dicendo, soprattutto alla luce di quello che ho chiesto ad Elsa, ma credimi lo faccio solo per te. Hai appena recuperato la tua libertà, vuoi davvero legarti a me per sempre, con il rischio che un giorno potresti pentirtene?”-

-“Ma io-ti-amo!”- sillabò Anna al colmo dello sconforto-“ Come puoi dire che…”

Kristoff non poteva vederla in quelle condizioni, era una cosa contro natura. Si arrischiò a baciarla dolcemente a fior di labbra, per calmarla.

-“Anch’io ti amo…e proprio per questo devi promettermi che ci proveremo, intendo a conoscerci meglio.”- le sorrise rassicurante.

Anna si asciugò i residui delle lacrime con il dorso della mano e lo fissò sconfitta, ma allo stesso tempo felice: Kristoff le aveva appena dimostrato che teneva così tanto a lei, da posporre la propria felicità alla sua.

-“D’accordo, ci proveremo. Ma sono certa che sarà solo tempo sprecato!”- in un secondo tornò ad essere la Anna di sempre.

Kristoff le sorrise felice. Aveva avuto quello che voleva, era stato più forte della cocciutaggine di Anna, ed aveva vinto. Sapeva in cuor suo che sarebbe andato tutto per il meglio, e chissà, forse un giorno, non troppo presto sperò, si sarebbero sposati.

La principessa lo ridestò dai suoi pensieri: “Ascolta, fra una settimana partirò per partecipare alle nozze di una mia cugina, nel regno di Corona…ti andrebbe di accompagnarmi? Sai, Elsa non può venire, è impegnata con tutte le sue cose da regina e mi annoia andare da sola. Se non puoi, non fa nulla, chiederò ad Olaf o a Grace di accompagnarmi...allora?”- Anna aveva recuperato la parlantina in due secondi.

-“Sei sicura?”- chiese titubante.

-“Ma certo, mi sembra un ottimo modo per cominciare; non credi?”- gli fece l’occhiolino, porgendogli la mano.

-“Assolutamente.”

 

 

 

AngoloAutrice: salve ragazze! Come va? Vi ho fatto attendere un po’ per questo capitolo e spero vi piaccia, perché a me non convince molto…so che è una cosa che non dovrei dire, perché se non piace a me come può piacere a voi? Anyway, grazie a tutte voi per i complimenti, sono stati la carica per invogliarmi a scrivere ancora.

Anzi devo ringraziarvi una ad una. Quindi grazie a:

bioshock1988 
chiarotti2000 
gwinny
Kerolo

che hanno inserito la storia tra le preferite…troppo buone! ;)

Poi grazie anche a:

- AngelVidel14
- 
bioshock1988 
- ChrisAndreini 
- IreTomlinson 
- leti_pitch_perfect 
- luuuuchi_ 
- 
marta_uzumaki86 
- mintheart 
- misshorseslife 
- Niksss 
- 
Silver Loreley 
- 
_Lethe
-
_Spark_

Per averla inserita tra le seguite: credetemi, non avevo mai avuto tante persone che seguissero una mia fic. V^.^v

E last but not the least, grazie a Kaninchen per aver recensito.

 Ok, allora dopo tutti questi ringraziamenti mi congedo, sperando di non aver rovinato il pomeriggio a nessuno con qst chap! XD

Al prossimo aggiornamento…*baci*

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Capitolo 5
*** Capitolo 5: Ricordi ***


CAPITOLO 5: RICORDI

 

Elsa era ancora chiusa nel suo studio, seduta dietro ad una scrivania piena di fogli e libri contabili, quado il Sole tramontò dietro le montagne di Arendelle. Il tè che aveva chiesto ad una cameriera qualche ora prima, era rimasto ignorato su un angolo del tavolo, fino a diventare freddo. Aveva mangiato solo due biscotti alla vaniglia che accompagnavano il tè, ormai imbevibile.

Ormai stanca si stropicciò gli occhi con l’indice e il pollice, e cominciò a mettere un po’ d’ordine, prima di scendere a cena.

Un rumore ovattato di passi che si allontanavano, le giunse dalla porta. Si alzò curiosa di scoprire a chi appartenessero e fece giusto in tempo ad aprire la porta, che vide sparire dietro l’angolo del corridoio le trecce rosse di Anna.

Si chiuse la porta alle spalle e in silenzio seguì la sorella: per quel giorno aveva chiuso con gli affari di stato, era ora di dedicarsi alle cose davvero importanti.

 

 

Anna aveva passato un pomeriggio speciale con Kristoff, camminando sottobraccio tra le strade affollate di Arendelle, senza una destinazione precisa, felici solo di stare insieme, parlando di tutto e di niente; ed ora, dopo averlo salutato alle porte del palazzo, non voleva rintanarsi nella sua stanza o nella biblioteca, nel silenzio. Aveva così tanta voglia di muoversi, di saltare, correre e addirittura cantare, che non poteva stare ferma in un posto solo. Quell’uscita con Kristoff l’aveva caricata come un giocattolo a molla…sarebbe potuta andare avanti a camminare nei corridoi fino allo sfinimento, finché il sonno non l’avesse fermata.

Ma qualcosa, prima della stanchezza, le tolse il sorriso, costringendola a fermarsi.

 

Elsa osservò Anna gironzolare saltellando per il castello con un’aria trasognata sul volto, senza che si accorgesse di essere spiata. La principessa si muoveva quasi a passo di danza sui tappeti, che si estendevano apparentemente infiniti sul pavimento, mentre la gonna colorata le svolazzava attorno alle caviglie; giurò di averla sentita cantare e si beò di quel suono lieve e melodioso, mentre la sorella continuava a camminare spedita senza una meta apparente, inchinandosi ogni tanto ai dipinti che decoravano le pareti dei corridoi del castello e annusando i bouquet posti qui e li. La regina non poté fare a meno di trattenere una risata: Anna era davvero di buon umore, e sospettava che ci fosse lo zampino di un certo tagliatore di ghiaccio di sua conoscenza, e questo non poteva che riempirla di gioia.

Continuò a starle a qualche passo di distanza, finché lo stomaco non cominciò a reclamare e decise di saltare allo scoperto; ma qualcosa la trattenne: Anna si era fermata davanti ad una porta grande e di legno scuro, immobile, a fissare i pomelli d’ottone con uno sguardo strano.

Elsa non comprese cosa la sorella stesse facendo, fin quando non realizzò dove si trovavano. E allora tutto le fu chiaro.

 

Anna fissava la sua immagine distorta riflettersi nei pomelli lucidi, senza sapere cosa fare: qualcosa la bloccava.

Era da tanto che non passava lì, anzi, di solito evitava volutamente di avventurarsi in quella parte del castello. Ma quel giorno il suo fatale girovagare, l’aveva portata lì, come una sorta di crudele contrappasso per la felicità che provava in quel momento.

Quella porta dava su una parte del suo passato recente così dolorosa, da farle ancora sanguinare il cuore. Dietro quel legno scuro c’erano gli ultimi momenti di vita quotidiana dei suoi genitori, prima che il cupo mare del nord se li portasse via.

Avvicinò tremante la mano al pomello e girò piano, per aprire: una folata di profumo alla lavanda le pizzicò il naso e le riportò alla mente il ricordo di mille abbracci consolatori. La lavanda era l’essenza della madre, il profumo che la cullava quando era triste, era un odore che riusciva a calmarla.

 Dentro tutto era rimasto come l’ultima volta che i genitori avevano varcato la soglia di quella stanza: uno spaccato di intimità cristallizzato nel tempo.

Lo spiraglio che aveva aperto, lasciava entrare la fioca luce delle numerose candele che illuminavano il corridoio, facendo apparire la stanza come un luogo lontano dal tempo, sacro e quasi effimero.

Varcò titubante la soglia, muovendo pochi passi, avvicinandosi al letto a baldacchino che si ergeva al centro della camera: allungò una mano verso una delle colonnine di sostegno, dove si attorcigliava morbida una tenda damascata, e vi si aggrappò con tutte le sue forze, sopraffatta dai troppi ricordi.

Chiuse per un istante gli occhi e dietro le palpebre serrate cominciarono ad affollarsi i ricordi di notti di incubi e mattine festose passate in quella stanza, lì, dove ora incombeva solo la triste presenza dell’assenza.

Lì, in quello stesso luogo, li aveva abbracciati per l’ultima volta, con la speranza che li avrebbe rivisti presto. Invece non era andata così: si era ritrovata di nuovo sola con se stessa; la realtà della morte dei suoi genitori si era fatta prepotentemente strada tra i suoi sogni di ragazzina, distruggendoli inesorabilmente.

Riaprì di scatto gli occhi, riabituandosi alla poca luce e scorse con la coda dell’occhio il dipinto di famiglia.

Non era un’immagine ufficiale, come ad esempio il ritratto del padre in alta uniforme e con i sigilli reali, appeso nello studio di Elsa; no, era un ritratto vero, che più che rappresentare persone, ritraeva il forte legame che le univa, nonostante tutto.

Ricordava che la madre aveva tanto insistito per farlo, ed era stato in quell’occasione che aveva rivisto Elsa dopo tanto tempo, trovandola cambiata, scostante, altera, chiusa dentro i suoi freddi silenzi.

Li ritraeva insieme, stretti l’uno all’altra, come una famiglia normale, come se non ci fossero mai state porte chiuse o segreti inconfessabili: lei con una mano poggiata su quella della madre e Elsa aggrappata al braccio del padre, come se fosse l’unico elemento sicuro e stabile in quel mondo.

Si avvicinò al dipinto, con gli occhi puntati sulle figure regali dei suoi genitori. Rimase a guardarli per secondi, attimi infiniti che in quella stanza si dilatavano oltre il tempo e lo spazio. Oltre anche la morte. Fu come riaverli accanto: gli occhi luminosi del padre e il sorriso dolce della madre, così reali da sembrarle veri.

Allungò una mano verso l’immagine. Rimase ferma a mezz’aria per un istante prima di posarsi sulla tela ruvida, sull’intreccio di mani che univano le sue a quelle della madre. Un groppo in gola le impedì per un momento di respirare e non poté trattenere oltre le lacrime che le pungevano agli angoli degli occhi. Rivoli argentei le scivolarono silenziosi lungo le guance rosee, prima di lanciarsi nel vuoto e caderle sul vestito. Cominciò a singhiozzare sommessamente, quasi temendo di spezzare il silenzio immobile di quel luogo.

Poi diede voce ai suoi pensieri.

 

Elsa era rimasta immobile sulla soglia a fissarla, con il cuore che le si accartocciava pian piano nel petto. Non aveva mai visto quel lato di Anna, sempre allegra e solare, pronta a tutto. Si rese conto di come la sorella, quella bambina che era cresciuta a suon di no, sussurrati a denti stretti dal buco di una serratura, avesse imparato a nascondere dietro una facciata di finta sbadataggine le proprie emozioni.

Guardando a fondo dentro di sé, Elsa capì di essere stata non solo l’origine della tristezza di Anna, ma anche la causa del cambiamento della sorella. Faceva di tutto per nasconderlo dietro sorrisi luminosi e battute di spirito, ma in quel momento, nella quiete di quella stanza, pensando di essere sola, dava libero sfogo ai propri sentimenti.

Elsa sapeva che quella era la vera Anna, quella che aveva voluto proteggere da se stessa, ma che in realtà aveva solo distrutto. La facciata che la sorella si era costruita, era perfettamente uguale a quella della bambina spensierata e cocciuta che era stata un tempo. Ma in quell’involucro fragile che era il suo cuore, con la potenza di un’onda anomala, si davano battaglia spiriti opposti: da una parte c’era una principessina felice e dall’altra c’era la piccola Anna, costretta a crescere troppo in fretta, alla ricerca delle attenzioni di genitori troppo impegnati a salvare dalla follia l’altra figlia.

La regina era ormai sul punto di andarle incontro e stringerla a sé, quando sentì la sorella dire qualcosa.

-“ N-non voglio più rimanere da sola… non voglio più dire addio a nessuno.”- Anna stringeva il pugno sulla tela, mentre teneva il viso basso, affondato nel petto. I singhiozzi le scuotevano le spalle esili e sembrava che da un momento all’altro potesse andare in frantumi.

Elsa entrò nel cono di luce e la sua ombra si stagliò imponente nella stanza. Anna trasalì spaventata, senza voltarsi: si asciugò le lacrime e si girò a guardarla, con un sorriso stampato in volto.

-“Ciao Elsa, che ci fai da queste parti?”- l’ombra della sera nascondeva gli occhi rossi della principessa, ma niente poteva attenuare il tono malinconico della sua voce.

Elsa non le rispose e le corse incontro, abbracciandola.

-“Scusami Anna, scusa per tutto il male che ti ho fatto, per tutte le porte sbattute in faccia, per tutti i silenzi dietro i quali mi sono nascosta…scusa.”- Elsa aveva cominciato a piangere, mischiando le proprie lacrime con quelle di Anna, che era rimasta basita da quel contatto inatteso ma desiderato a lungo.

Dopo la faccenda dell’inverno perenne, Elsa non si era mai scusata per tutti gli anni di isolamento in cui aveva costretto anche Anna, e quando le saltava in mente di farlo, era sempre il momento sbagliato; ma quel luogo e quel preciso istante di debolezza, le diedero la forza di parlare.

-“ Non sarai mai più sola, Anna. Non sarai costretta a dire addio a nessuno, finché ci sarò io. Starò sempre con te, sarò la tua ombra se vorrai, ma ti prego, non piangere.”- Elsa la teneva per le spalle e la guardava pian piano calmarsi sotto il suo tocco freddo, senza lamentarsi.

Dopo interminabili minuti di silenzio, Anna le rivolse uno sguardo strano, a metà fra lo sconcertato e lo scherzo: “Non dirai mica sul serio, vero? Sarebbe da psicopatici, intendo il fatto di diventare la mia ombra. Io ho bisogno della mia intimità…”-

-“Oh Anna…”- Elsa rise di cuore –“Grazie!”

-“Per cosa?”-

-“Per essere te…”

Anna si allontanò di qualche passo, tendendole la mano: “Non preoccuparti, ci sarà il modo di ringraziarmi, prima o poi! Insomma hai da farti perdonare parecchie cose, non puoi certamente riparare tutto con un abbraccio e un’affermazione del genere.”

Elsa afferrò la mano tesa e la spintonò: “Farò qualunque cosa tu voglia, non dovrai far altro che chiedere.”

-“Oh beh, allora se la metti così avrei una richiesta: dopo tutto questo”- indicò lo spazio tra di loro -“avrei bisogno di una tonnellata di cioccolato per recuperare il buon umore di qualche ora fa. Per cominciare andrebbero bene quei cioccolatini che tieni sul comodino vicino al letto, quelli che ti fai arrivare dalla Francia e che non vuoi condividere con me…”

-“E tu come fai a …Aspetta, d’accordo, dopo cena ti aspetto in camera mia.”- Elsa chiuse la porta dietro di sé.

-“Ci conto, allora.”

 

 

NDA: No Comment! Capitolo inutile che non aggiunge nulla alla trama, ma che è uscito così di getto, prepotentemente dalla mia testa, e si è fissato sulla pagina di word.Sono rimasta un po' davanti al pc, indecisa se postarlo o meno, e alla fine l'ho fatto, tanto per rovinarmi. Capirò se qualcuno vorrà maledirmi per avervi fatto aspettare per un capitolo…così! Accetterò i pomodori e i vari ortaggi che vorrete virtualmente lanciarmi… Addio.

ps: Anna altamente ooc!

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6: Preparativi ***


CAPITOLO 6: PREPARATIVI

 

La sera precedente Anna era andata in camera di Elsa per recuperare la sua dolce ricompensa. Avevano trascorso il dopocena tra mille risate e chiacchiere innocue tra ragazze; dopo quello che era successo nel pomeriggio, Elsa si era “sciolta” un po’, lasciando intravedere un lato di sé che Anna non si sarebbe mai aspettata.

-“Oh ma allora sai ridere… pensavo avessi dimenticato come si fa!”- Anna l’aveva spinta giù con una cuscinata e poi si era lasciata cadere sul letto, mentre rideva a crepapelle per l’espressione disorientata di Elsa, tenendosi la pancia con le mani.

-“Dovresti essere un po’ più rispettosa nei confronti della tua regina.”- Elsa l’aveva guardata con uno sguardo serio e un’espressione distaccata.

-“Dici sul serio?”- Anna non poteva crederci, ma Elsa non diede l’impressione di voler cedere –“oh-oh, d’accordo.”- Anna era scesa dal letto e aveva abbassato il capo mortificata.

Elsa aveva osservato per alcuni secondi Anna, impassibile. Poi era scoppiata in una fragorosa risata. Anna aveva alzato la testa di scatto, presa alla sprovvista.

-“Dovresti vedere la tua faccia…ma davvero credi sarei capace di trattarti in questo modo?”-

-“Beh…”- Anna pensò che la sorella l’aveva fatto per più di un decennio, quindi si, credeva ancora che potesse farlo; ma non le sembrava il momento adatto per rinfacciarglielo quindi rispose-“ no!”

Poi, dopo aver parlato ancora per qualche ora, le due ragazze si erano addormentate, vinte dal sonno e dalle troppe emozioni, felici di quel momento di intimità tra sorella.

 

 

Quando Anna aprì gli occhi la mattina seguente, non riconobbe il posto dove si trovava: in fondo era solo la seconda volta che entrava in camera di Elsa, per lei era come entrare in un altro regno.

Si alzò a sedere sul letto e trovò la metà nella quale aveva dormito la sorella, perfettamente in ordine. ‘Tipico di Elsa’ pensò tra sé.

Nonostante non si trovasse nella sua stanza, Grace la venne a scovare anche lì: “Vostra Altezza, è ora di svegliarsi. Il Sole è alto nel cielo da un bel pezzo!”

Anna sbuffò contrariata: aveva pensato che per quel giorno avrebbe potuto dormire qualche minuto in più, invece Grace l’aveva tirata su alla solita ora.

-“Grace, non potremmo fare un’eccezione per oggi? Su, solo dieci minuti in più! Ti preeeegoooo!”- la principessa sbatté le lunghe ciglia, rivolta alla donna che si affaccendava nella stanza.

Ma Grace non mollò la presa; la guardò storto portandosi le mani sui fianchi, pronta per una delle sue ramanzine, aprì bocca, ma prima di poter dire anche una sola sillaba, Anna scese sconfitta dal letto.

-“Non c’è bisogno che tu aggiunga altro, ho capito!”- la principessa la sorpassò e uscì dalla stanza della regina, diretta nella sua.

Grace la seguì a ruota: “Su, su. Oggi dove cominciare a prepararsi per il viaggio verso Corona. Ha già deciso cosa porterà con sé e che abito indosserà alla cerimonia?”- la donna l’aiutò a togliersi i vestiti con cui si era addormentata, ormai tutti stropicciati, e poi la fece sedere come ogni mattina alla specchiera, per districare l’inestricabile matassa rossa che erano i suoi capelli.

-“Non ancora…”- sbadigliò ancora assonnata –“non ho la più pallida idea di cosa potrebbe servirmi: non sono mai stata ad un matrimonio ed inoltre non so che tempo faccia da quelle parti…oh e cosa davvero molto importante: non sono mai uscita da Arendelle!”

-“Una volta ho accompagnato sua madre nel regno della sorella, Corona per l’appunto. Mi sembra proprio in occasione della nascita della principessa Rapunzel, se non ricordo male.”- Grace si perse un attimo nei suoi pensieri, seguitando ad acconciare i capelli di Anna in una complicata pettinatura.

Anna si schiarì la voce e la donna sussultò: “Perdonatemi, ero persa nei ricordi. Comunque dicevo, Corona gode di un ottimo clima, anche ora che l’autunno è alle porte, sono quasi sicura che la temperatura sia gradevole, non rigida come da queste parti.”

-“Oh beh questo restringe le mie scelte…meno della metà del mio guardaroba contiene abiti adatti ad un tale clima. Dovrò mettere sotto pressione il sarto reale per farmi confezionare degli abiti adatti in quattro giorni.”-

-“Credo che dietro una ‘calda’ raccomandazione da parte della regina, il sarto sarà felice di accontentare ogni sua richiesta.”- Grace accompagnò quelle parole con un occhiolino. Anna ridacchiò, divertita da quella battuta.

-“A proposito, chi vi accompagnerà in questa avventura fuori dai confini del regno?”-

-“Beh, l’ho chiesto a Kristoff, ricordi? Il ‘mastro consegnatore del ghiaccio’.”- Anna arrossì impercettibilmente: anche solo nominare il suo nome le mandava lo stomaco sottosopra.

Grace annuì, sorridendo fra sé per l’innocenza quasi puerile della principessa.

-“Ha accettato volentieri di accompagnarmi. Spero vada tutto bene.”- sospirò.

-“Vostra altezza, non vorrei essere scortese, ma avrei da chiederle una cosa: il ragazzo del ghiaccio sarà a suo agio tra tutta quella gente, tra tutti quei nobili accorsi per festeggiare? Insomma, avrà capito cosa intendo.”- Grace finì l’acconciatura di Anna e si allontanò per osservarla, orgogliosa dell’ottimo lavoro che aveva fatto.

-“Oh…non ci avevo pensato. Anzi, ora che mi ci fai pensare, credo che nemmeno Kristoff abbia i vestiti giusti per venire ad un matrimonio. Credo che a parte i suoi abiti da lavoro non abbia molto altro nel suo armadio…sempre ammesso che ce l’abbia un armadio, conoscendolo. A quanto pare il sarto dovrà lavorare il doppio!”- ponderò su quell’ultima affermazione e poi rispose alla domanda della donna –“Comunque credo  starà bene, non lo lascerò certo solo…ci faremo coraggio a vicenda. Ricorda che nemmeno io sono abituata ad avere tanta gente attorno.”

Grace l’aiuto a vestirsi e poi augurandole buona giornata la lasciò alle sue faccende da sbrigare.

 

Dopo quella chiacchierata con Grace, Anna corse da Elsa per farle presente la faccenda degli abiti per il viaggio e la regina promise alla principessa che avrebbe parlato quella mattina stessa con il sarto.

Poi Anna uscì dal castello, alla ricerca di Kristoff. Arrivò nella piazza centrale di Arendelle, la piazza dove si teneva ogni giorno il mercato e cominciò a cercarlo con lo sguardo, tra la folla di avventori e commercianti.

I profumi dei fiori e della frutta esposta, le pizzicavano piacevolmente il naso, facendole venire un certo languorino: ora che ci pensava, non aveva nemmeno fatto colazione quella mattina, troppo presa dal resto.

Camminò ancora alcuni minuti tra i banchetti pieni di merci colorate, rapita dalla vitalità della folla: poche persone l’avevano riconosciuta e questo la rallegrò; le piaceva passare inosservata tra la gente senza essere fermata ogni due secondi per inchini e complimenti.

Infine, da lontano, nello spiraglio tra due tendoni di stoffe, intravide la chioma bionda che cercava. Gli corse incontro e prima che Kristoff potesse voltarsi, gli coprì gli occhi con le mani: “Chi sono?”- gli chiese con la voce camuffata ma inconfondibilmente acuta e divertita.

-“Di sicuro qualcuno che non conosco…”- il ragazzo la punzecchiò.

-“Su,su. Non è difficile! Sono A..”- Anna cominciava a spazientirsi.

-“Oh Annika, quanto tempo è passato!”- Kristoff era sicuro che l’avrebbe fatta infuriare.

-“Che cosa!? Chi sarebbe questa Annika? Pensavo di essere la tua prima ragazza…anzi il tuo primo contatto umano!”- Anna gli restituì la vista, infastidita da quell’affermazione, rilanciandogli la frecciatina.

Kristoff si voltò giusto in tempo per vedere la sua espressione contrariata: “Oh sei tu… come mai da queste parti?”- non riusciva a trattenersi, Anna aveva la faccia rossa e le labbra arricciate.

-“Spero tu stia scherzando!”- la principessa cominciò a battere il piede in terra, irritata.

Kristoff le sorrise complice, ma non le rispose. Invece si abbassò all’altezza di Anna e le disse in un orecchio: “Sai che quando ti arrabbi sei più carina? Dovrei farlo più spesso, intendo farti uscire dai gangheri.”

Anna lo fissò per un momento negli occhi scuri, con il fiato mozzato e il cuore lanciato al galoppo.

-“N-non osare…”- le uscì in un sussurro; non seppe dirgli null’altro, troppo presa dalla vicinanza tra loro.

Kristoff tornò al suo posto, tornando a spaccare i grossi blocchi di ghiaccio sulla slitta in pezzi più piccoli, lasciandola così immobile da sembrare anch’essa una statua di ghiaccio.

Sven le leccò una guancia per salutarla e la fece rinvenire dal suo stato catatonico: “Oh ciao Sven, non ti avevo notato.”

La renna le lanciò un’occhiata divertita: “Me n’ero accorto!”- Kristoff lesse nei pensieri dell’amico come al solito, facendo sobbalzare Anna che gli dava le spalle.

-“È da brivido questa cosa.”- la ragazza si voltò a guardarlo, mentre lui continuava ad essere divertito dalle sfumature cangianti della faccia della principessa.

-“Me l’hai già detto e io ti ho già ribadito che non posso farne a meno, è più forte di me! Allora perché sei qui?”-

- “Per parlarti del viaggio che ci apprestiamo a compiere ”- incrociò le braccia al petto-“ ma a quanto vedo, forse non è più il caso che tu venga con me…forse hai altro da fare con Annika!”- sottolineò con voce velenosa quel nome.

-“Cos’è quella nota negativa che sento nella tua voce? Sarà forse gelosia?”- era più forte di lui, non lo faceva apposta, lo divertiva vederla in quello stato di totale abbandono all’ira.

-“Mpf, io gelosa? Ma fammi il piacere. E poi, giusto per sapere, chi sarebbe questa altra ragazza con cui ti vedi?”-

-“Anna…dici sul serio? Non esiste nessuna Annika, ti sto prendendo in giro. Come mi hai fatto giustamente notare, tu sei la prima, nonché unica, per ora, ‘conoscenza umana’.”- dall’alto della su statura le pose una mano sul capo, picchiettando leggermente –“Ora puoi ammetterlo, sei un po’ gelosa del sottoscritto…ti si legge in faccia!”

- “Non essere sciocco!”- lo guardò con aria di sufficienza, sottraendosi al suo tocco - “Comunque, sei ancora interessato ad accompagnarmi?”

-“Certo che sì. Perché non dovrei esserlo?”- si voltò interrogativo verso Anna.

-“Ah non saprei.”- la principessa scrollò le spalle, ancora arrabbiata, però poi tornò seria –“Insomma, sarai a tuo agio tra tutta quella gente?”-

-“Credo di sì.”-

-“Bene, anzi benissimo. Hai ancora molto da fare qui?”- chiese tutto d’un tratto eccitatissima.

-“Non molto, perché?”- Kristoff temeva la scintilla che accendeva gli occhi di Anna.

Anna non rispose, ma lo prese per mano e cominciò a sgusciare tra la gente, trascinandosi dietro uno stupito Kristoff.

-“Ma Sven…”- tentò di ribattere il ragazzo.

-“Non preoccuparti, starà benone.”- Anna continuò a correre alla volta del palazzo. -“Dobbiamo prendere le misure per gli abiti, altrimenti il sarto reale non farà in tempo!”-

 

Arrivati al portone principale del castello, Kristoff si fermò trattenendola: “Il sarto? Gli abiti? Ma che vai blaterando?”

-“E sentiamo, come avresti intenzione di presentarti alle nozze? Con i tuoi vestiti da lavoro?”-

-“No, e chi ti dice che io non abbia altri abiti a parte questi?”- disse indicandosi da capo a piedi.

-“Ne hai altri?”- chiese scettica.

Kristoff tentennò per alcuni secondi, poi arrossendo aggiunse: “No.”

-“Beh allora dobbiamo sbrigarci…siamo nella stessa situazione. Ci servono al più presto questi abiti. Forza su!”

Anna lo condusse in una stanzetta al pian terreno del palazzo, accanto alla sala da pranzo e alla biblioteca: era una camera minuscola se confrontata con l’enorme sala da ballo o con la sala delle udienze, ma era arredata di tutto punto, con divanetti e poltrone. C’era persino un manichino con decine di spilline appuntate sulle spalle.

-“Questa è la sala dove io e Elsa prendiamo le misure per i nostri abiti. Il sarto starà arrivando a quest’ora.” la principessa lo fece accomodare- “Aspetta qui, vado a controllare, torno subito!”

Poi Anna si chiuse la porta alle spalle e lo lasciò da solo con i suoi pensieri: aveva fatto bene ad accettare di accompagnarla? E se le avesse fatto fare brutta figura? Oddio non c’era nemmeno Sven per parlarne con qualcuno! E se ne avesse parlato con la diretta interessata? No, era fuori discussione, avrebbe fatto solo la figura dell’idiota e poi…

Il suo flusso inesauribile di pensieri venne, per fortuna, interrotto dalla porta che si apriva e da Anna che ne entrava raggiante con un uomo mingherlino dietro.

-“Kristoff, questo è Fredrik, il nostro fidato sarto di corte. Ti lascio nelle sue mani esperte, sa già cosa deve fare…”- gli sorrise e poi uscì di nuovo, lasciandolo con quell’omuncolo sconosciuto.

Kristoff si tolse il berretto e lo salutò con un inchino appena accennato, mentre Fredrik cominciava a girargli attorno come un cacciatore fa con la preda, lisciandosi i sottili baffetti biondi.

-“Mmm”- si lamentò- “abbiamo parecchio lavoro da fare.”- si allontanò da Kristoff avvicinandosi ad una piccola pedana al centro della stanza, nella parte più illuminata.

-“Ragazzo non abbiamo tutta la giornata. Salga qui e si tolga la casacca.”- un ordine perentorio, al quale non avrebbe certo disobbedito.

Il ragazzo fece come ordinatogli e rimase immobile a fissare il sarto che lo analizzava con sguardo critico. Poi l’uomo tirò fuori da una tasca un metro e cominciò a misurargli braccia, gambe e spalle.

Kristoff si muoveva come una marionetta, rigido come un ciocco di legno, mentre l’uomo misurava e appuntava su una strisciolina di carta dei numeri.

Rimase chiuso in quella stanza per un tempo infinito, i minuti passavano come ore, prolungando il suo supplizio. Alla fine lo fece rivestire e fece entrare Anna.

-“Allora, ha qualche idea per i suoi abiti?”- chiese la principessa squadrando Kristoff e avvicinandosi al sarto.

-“Vostra Altezza, lasciate fare a me, non ve ne pentirete.”- le sorrise con rispetto.

Poi per un minuto buono nessuno disse niente, fin quando Anna non si schiarì la voce: “Ehm…Kristoff, sarebbe il mio turno. Potresti accomodarti fuori?”-

Kristoff annuì imbarazzato e uscì subito; una volta fuori si appoggiò alla porta chiusa, sbuffando: “Sono davvero un idiota…”- si voltò per andarsene, ma qualcosa lo fermò e gli fece accelerare i battiti del cuore.

-“Non è carino? Si non parla molto ma è così, così…perfetto!”- Anna lo disse con un tono così squillante che anche Kristoff che era chiuso fuori dalla porta la sentì.

 

 

 

AngoloAutrice: salve gente! Come va? So che vi ho fatto aspettare tanto per il nuovo aggiornamento, ma spero che l’attesa sia ben ripagata  Non ho nulla da ridire su qst chap, anzi dico solo che è un capitolo di passaggio… il prossimo, ispirazione permettendo, parlerà del viaggio verso Corona: come se la caveranno i nostri beniamini chiusi in uno spazio angusto in mezzo al mare?

Ok allora aspetto i vostri sempre graditi commenti e ringrazio come sempre tutti quelli che hanno inserito la storia tra le seguite o le preferite o le ricordate (siete così tanti che sarebbe troppo lungo dover scrivere tutti i vostri nomi!) e grazie anche a quelli che amo definire lettori silenziosi! ;) al prossimo aggiornamento***

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Capitolo 7
*** Capitolo 7: In viaggio ***


CAPITOLO 7: IN VIAGGIO

 

Con il poco preavviso che aveva ricevuto, il sarto di corte dovette mettere all’opera tutta la sua boutique per confezionare gli abiti della principessa e del suo accompagnatore, facendo lavorare le sue stiliste fino a notte fonda per disegnare i modelli dei vestiti; ma tutta l’ansia e tutto il duro lavoro, vennero ben ripagati il giorno prima del fatidico viaggio, quando portò gli abiti al castello. Anna lo accolse con un sorriso raggiante e un eccitato battere di mani, mentre Elsa, che era giunta in quel momento, gli rivolse un cenno del capo e un lieve sorriso, in segno di riconoscenza.

-“Vostra Altezza, gli abiti che mi aveva commissionato sono qui.”- mostrò ad Anna i fagotti che i paggi tenevano tra le braccia-“Spero che il mio lavoro vi soddisfi.”- le fece un lieve inchino.

-“Oh Fredrik, sono sicura che hai fatto un ottimo lavoro…posso vederli?”- Anna saltellava da un piede all’altro, impaziente di vedere i suoi nuovi abiti.

I paggi poggiarono i fagotti sulle poltrone di broccato, e li aprirono, lasciando intravedere delle stoffe colorate e preziose: Anna si illuminò mandando un gridolino di felicità.

Fredrik la osservò orgoglioso: la sua arte e la sua maestria, sarebbero state conosciute anche oltre i confini di Arendelle!

Prese uno degli abiti e lo mostrò alla principessa: “Questo è l’abito che mi avete chiesto per la cerimonia di nozze…è del colore che desideravate?”

Anna lo guardò, stupita da tanta bellezza: non aveva mai indossato un abito come quello. In realtà avrebbe potuto averlo se avesse voluto, ma per farne cosa poi?! Non aveva mai avuto occasioni adatte per indossare un tale capolavoro di sartoria!

Lo afferrò dalle mani del sarto e lo misurò ad occhio, volteggiando per la stanza, dimentica degli sguardi dei paggi e del sarto puntati su di lei; si fermò dinanzi allo specchio, osservando la sua figura: “Devo assolutamente misurarlo! Fredrik puoi chiamare Grace?”

Il sarto indicò l’uscita ai paggi e fece come Anna gli aveva chiesto, chiudendosi la porta alle spalle. Un minuto dopo Grace entrò nella stanza, trovando Anna che si guardava con occhi sognanti allo specchio: “Vostra Altezza, mi ha fatta chiamare?”

Anna si riprese dal suo stato di trance: “Oh Grace, si grazie. Potresti aiutarmi ad infilare questo?”

-“Ma certo.”- Grace le si avvicinò e l’aiuto a togliersi l’abito che aveva indosso e ad infilarsi quello nuovo.

Quando ebbe finito, Anna cominciò a piroettare per la stanza, e come qualche minuto prima, si fermò allo specchio: “Oddio sembro una principessa!”- un sorriso le si allargò pian piano sulla bocca.

-“Maestà, lei è una principessa…”- Grace non capiva.

-“Oh si, si. Ma io intendo una vera principessa!”- Anna tentò di spiegarsi meglio, ma confuse ancora di più la povera donna, che la guardava in modo strano.

-“Maestà credo di non capire.”-

-“Grace, intendo che ora ho l’aspetto di una principessa. Con questo indosso, è come se mi fossi infilata un pizzico di regalità in più. Di solito non porto abiti di questo genere, e lo sai…e poi non sono proprio il modello adatto di principessa: sono chiassosa e parlo di continuo e chissà cos’altro, ma grazie a questo vestito, tutte le mie pecche non saranno notate affatto. Sarò la degna principessa che Arendelle si merita!”-

-“Capisco…”- Grace le sorrise, pensando tra sé che la principessa era davvero un po’ strana.

-“Dobbiamo misurare anche gli altri!”-

Così Anna trascorse metà mattinata a provare vestiti, aiutata da Grace.

Quando la pendola nel corridoio scoccò mezzogiorno, Anna fece rientrare il sarto e si congratulò con lui per il magnifico lavoro svolto.

-“Vostra Altezza è sempre un onore. Ma ditemi, anche gli abiti del suo accompagnatore le sono graditi?”-

-“Oh-oh…me ne ero completamente dimenticata!”- il sarto la guardò sconsolato e lei cercò di rimediare-“ Ma sono certa che dato l’egregio…splendido, stupefacente lavoro che hai fatto per me, gli abiti di Kristoff saranno perfetti!”-

Il sarto sembrò contento di come le cose fossero andate a finire alla fin fine, e congedandosi dalla principessa si allontanò contento.

Poco dopo, nella stanza dove Anna aveva provato gli abiti, giunse Elsa: “Allora, sei soddisfatta?”

Anna, che era intenta a sbriciare tra i fagotti che contenevano gli abiti di Kristoff, le rivolse un sorriso splendente: “Soddisfatta è dir poco! Io adoro questi nuovi abiti.”

-“E Kristoff ha visto i suoi?”- Elsa non riusciva proprio ad immaginarsi il ragazzo ad un ricevimento con indosso abiti eleganti.

-“No.”- Anna non le prestava molta attenzione e non sembrava preoccupata per quella faccenda.

-“E se non gli piacessero?”- Elsa incrociò le braccia al petto.

-“È proprio per questo che non deve vederli! Li vedrà solo al nostro arrivo a Corona. Gli farò recapitare solo quelli per il viaggio, che non sono poi così diversi da quelli che usa di solito, così non si insospettirà.”-

-“Perché mai dovrebbe insospettirsi!?”- Elsa alzò un sopracciglio chiaro.

Anna le fece segno di avvicinarsi ad uno dei fagotti e aprì leggermente per mostrarne il contenuto.

La principessa ridacchiava in silenzio, scossa dalle troppe risate che tratteneva. Quando la regina vide il contenuto del pacco, non poté fare a meno di ridere a sua volta: si sarebbe persa un bello spettacolo a Corona.

 

All’alba del mattino seguente, la nave che avrebbe dovuto portare Anna e Kristoff a Corona, attraccò, pronta per il viaggio, al molo privato del castello.

Elsa e Anna aspettavano sulla banchina l’arrivo del ragazzo, nella bruma mattutina, strette nei loro mantelli.

-“Elsa potevi tranquillamente startene a letto. Non c’era affatto bisogno che venissi a salutarmi!”- Anna tremava nell’aria fredda delle prime luci dell’alba e spostava lo sguardo, tesa, tra la sorella e la nave alla sua destra.

-“Anna non essere sciocca. Non potevo lasciarti andare senza nemmeno salutarti. Insomma, non ti avrò in giro per il castello per almeno quattro giorni. Non credi che mi mancherai?”- Elsa era seria, anche se nascondeva la preoccupazione per il viaggio dietro un sorriso tirato ed un’aria tranquilla.

-“Anche tu mi mancherai. E non essere preoccupata, sono in buone mani!”- le fece l’occhiolino e la regina sbuffò.

-“Come no! Nelle mani di uno che non si è ancora fatto vedere, sei sicura che verrà?”- Elsa cercava un pretesto per trattenere Anna ad Arendelle.

-“Certo. Me l’ha promesso!”- Anna si voltò verso il varco dal quale erano arrivate lei e la sorella, e dal quale doveva giungere anche Kristoff.

-“Promettimi che non farai sciocchezze e che non ti metterai in pericolo, ti prego.”-

-“Sta tranquilla, è tutto sotto controllo…oh eccolo. Che ti dicevo, è venuto!”-

Elsa si voltò nella direzione in cui guardava Anna e scorse, tra la nebbia che andava a diradarsi, due figure: Kristoff seguiva Alec, uno dei maggiordomi che l’aveva condotto fino a loro.

-“Pensavo avessi deciso di non venire più…”- Anna lo salutò con un bacio sulla guancia, facendolo arrossire, senza preoccuparsi della presenza di Elsa.

-“Beh, in realtà avrei voluto, ma i troll mi hanno insegnato che ogni promessa è debito e quindi…”- si voltò verso Elsa, intimorito come ogni volta, inchinandosi -“Mia regina.”

-“Kristoff.”- fece un cenno del capo- “Spero di potermi fidare di te. Ti affido Anna, fa in modo che non le accada nulla, altrimenti…”

-“Elsa!”- Anna la richiamò, prima che potesse concludere la frase, ma sapeva che il ragazzo aveva capito, avevano già fatto quella chiacchierata.

-“La nave è pronta a salpare, mia regina.”- uno degli uomini dell’equipaggio si avvicinò al piccolo gruppetto e poi tornò indietro, cominciando a sciogliere i nodi che tenevano l’imbarcazione ferma al molo.

-“Credo sia ora di salutarci.”- Elsa strinse in un abbraccio Anna che la ricambiò e nello stesso momento rivolse uno sguardo fulminante a Kristoff, mentre la sorella non poteva vedere; quello sguardo diceva più di quanto avrebbero potuto dire le parole: ‘stai in riga, altrimenti ti faccio diventare un ghiacciolo!’.

Le sorelle si sciolsero dall’abbraccio e Kristoff chinò il capo verso la regina, prendendo Anna sottobraccio.

-“Ci vediamo tra quattro giorni.”- Anna si voltò l’ultima volta verso la sorella, prima di salire sulla passerella della nave.

Una volta a bordo Kristoff tirò un sospiro di sollievo, vedendo la regina sul molo, farsi sempre più lontana.

Poi rivolse uno sguardo a Anna che era ancora stretta al suo braccio e non sembrava volesse staccarsi: “Cosa c’è?”

-“Ho paura…”- sussurrò tra i denti, mentre con la mano salutava ancora la sorella, affacciata al parapetto della nave- “Non sono mai stata su una nave…e se dovesse affondare? Sono troppo giovane per morire!”- disse con tono drammatico.

-“Beh allora siamo in due!”- Kristoff le rivolse un sorriso tirato, ma agli occhi di Anna sembrò più una smorfia di puro panico.

-“Davvero? Ma io avevo assicurato ad Elsa che ero in buone mani!”- piagnucolò.

-“Ehi, sono il tuo accompagnatore, non la tua scialuppa di salvataggio!”- protestò il ragazzo.

Intanto la nave si era allontanata dal fiordo e il castello di Arendelle era solo una macchia di colore tra la nebbia lattiginosa.

Anna lo guardò a bocca aperta, stupefatta da quella risposta.

Kristoff se ne rese conto: “Scusa, non volevo. È solo che sono agitato!”- si scusò.

-“Per il viaggio o per il resto?”-

-“Per tutto…insomma sono solo un “montanaro”, non sono sicuro che sarò all’altezza della situazione, e poi non vorrei farti sfigurare.”- glielo aveva detto alla fine; lì, sulla nave, in mezzo al mare, dove non sarebbe potuto scappare.

Anna lo guardò con dolcezza: “Oh non preoccuparti, a quello ci penserò io!”-sdrammatizzò.

Kristoff aveva lo sguardo fisso sull’acqua che scorreva via sotto la chiglia della nave: “Mmh che ne dici se per ora ci allontaniamo da qui e ci accomodiamo dove non possiamo vedere il mare?”

-“Concordo!”-

Mentre si avvicinavano alla scala per scendere in coperta, Anno lo scrutò furtivamente: gli abiti che gli aveva mandato si intravedevano appena sotto il mantello scuro che gli copriva le spalle, ma immaginò il risultato del completo indosso a Kristoff, arrossendo.

-“Perché sei arrossita?”-

Anna sobbalzò colta sul misfatto: “Ehm io…io, beh niente. Cioè mi chiedevo, è tutta lì la tua roba?”- gli indicò la sacca da viaggio che aveva appesa ad una spalla, cambiando discorso.

Kristoff alzò un sopracciglio, sicuro che Anna gli nascondesse qualcosa: “Beh io almeno ho portato qualcosa. Invece dove sono i tuoi bagagli?”

-“Oh beh non preoccuparti per me, i miei bauli sono nella stiva!”-

-“B-bauli!?”-

Anna gli sorrise per confermare: “Ben tre.”

-“Ma quanta roba ti sei portata dietro? Ti ricordo che staremo via solo per pochi giorni!”-

-“Io ho bisogno delle mie cose, devo essere pronta per ogni evenienza.”- cominciò a scendere la scala di coperta -“E poi non dimenticarti che in uno di quei bauli ci sono le tue, di cose.”

-“Un baule intero per me?”- chiese stupito.

-“Certo. Altrimenti come avrei portato tutti gli abiti che ti ha confezionato il sarto?”- Anna rideva tra sé, immaginando già la faccia di Kristoff alla vista della seta, del lino e del velluto, con cui si sarebbe dovuto coprire.

-“Tremo già al solo pensiero. Dimmi una cosa, sarò ridicolo?”- aveva davvero paura di scoprire cosa quell’omuncolo del sarto avesse preparato per lui.

-“Non dire sciocchezze, sarai vicino alla sottoscritta, quindi non sembrerai in alcun modo ridicolo.”- Anna gli lasciò il braccio e si avvicinò ad una porta, aprendola.

-“Questa è la tua cabina.”- disse lasciandogli guardare dentro –“Qui c’è la mia e lì c’è il salotto.”- aggiunse indicandogli altre due porte in quel corridoio angusto –“Spero vada bene.”

-“Anna, dormo in una baita in montagna, sono abituato alle cose spartane…questa cabina sembra una stanza reale per quanto mi riguarda.”-

La principessa scrollò le spalle; poi si diresse verso il salottino della nave. Si accomodò su uno dei divanetti, slacciandosi il mantello. Kristoff la seguì, sedendosi sulla poltrona difronte alla principessa, imitandola.

Il silenzio cominciava già a pesare, ma la situazione era abbastanza imbarazzante: “Allora…che si fa adesso?”

 

Dopo tre partite a scacchi e due a dama, i due ragazzi avevano esaurito le idee per passare il tempo, e si erano ridotti a parlare per domande e monosillabi. Anche Anna che di solito non teneva mai la bocca chiusa, era stranamente silenziosa: poggiata comodamente allo schienale del divano, guardava scorrere il paesaggio, ormai monotono, attraverso una piccola finestra.

-“Ti andrebbe di salire sul ponte?”- la buttò li, tanto non avevano altro da fare.

-“Mm,mm.”- Kristoff le rispose con un verso: aveva il volto pallido come uno straccio.

Salirono le scale di coperta con gambe traballanti, e uscirono sul ponte soleggiato.

Anna tirò un sospiro di sollievo: non c’erano nuvole all’orizzonte per cui non avrebbe dovuto temere una tempesta. Kristoff al suo fianco respirava appena e teneva gli occhi chiusi.

-“Sicuro di stare bene, Kristoff?”- la principessa gli poggiò una mano sul braccio.

Il ragazzo fece un verso per tranquillizzarla. Anna lo fissò per alcuni secondi e poi lo condusse per mano verso la postazione del capitano.

L’uomo, vedendo arrivare la principessa, lasciò per un attimo il timone e le andò incontro, facendole un inchino: “Vostra Altezza. Sono il capitano Erik Reider, è un piacere averla a bordo.”

-“Grazie capitano. Lui è il mio accompagnatore, Kristoff Bjorgman, il mastro consegnatore del ghiaccio di Arendelle.”- Anna lo presentò con il suo titolo onorario; il ragazzo porse la mano all’uomo difronte e gliela strinse senza aggiungere altro.

-“Mi sembra che il mare non ti faccia molto bene…”- osservò divertito il capitano.

-“No. Sono abituato all’aria di montagna.”-

-“Allora capitano, come procede il viaggio?”- Anna cercava di tenere occupata la mente, cercando di non prestare attenzione all’enorme distesa d’acqua salata che li circondava: ormai erano ore che non vedeva terra all’orizzonte e questo la terrorizzava.

-“Per ora bene, abbiamo il vento a nostro favore e la nave fila liscia tra le onde.”- il capitano Reider le sorrise rassicurante.

 Anna tremò a quelle parole: “Come per ora?”- squittì terrorizzata.

In quel momento la nave rollò sul lato destro, spinta da un’onda improvvisa, facendo traballare i due ragazzi, mentre il capitano rimase fermo al suo posto dietro il timone.

Anna si aggrappò al braccio di Kristoff, colta di sorpresa, e tornando dritta guardò il ragazzo: “T-tutto bene?”

Kristoff scosse il capo: “Credo che darò di stomaco…”- e all’improvviso scappò via, lontano dalla vista della principessa e del capitano.

-“Sarà una serata movimentata!”-esclamò il capitano.

-“Che significa?”-

-“Che ci sarà da ballare.”- rise il capitano.

-“Oh credo di non aver capito. Ci sarà una festa?”- chiese Anna scettica.

-“Oh no, Vostra Altezza. Intendo che il mare si sta ingrossando e che la nave sarà in balia delle onde; ma non si preoccupi, è una cosa che capita spesso.”

Anna lo fissò con gli occhi chiari sgranati per la paura: “Credo che raggiungerò Kristoff…”

 

 

 

AngoloAutrice: buonasera gente! Sono passati un po’ di giorni dall’ultimo aggiornamento, e ho notato che è passato un po’ inosservato lo scorso capitolo…spero che non vi stia annoiando! Cooooomunque che ne pensate di questo nuovo? Non dice granchè però non mi dispiace e devo confessarvi che mentre scrivevo, più di una volta sono scoppiata a ridere. Spero diverta anche voi!

Ok allora passiamo ai ringraziamenti: siete aumentati ancora e questo non può che rendermi iperfelice! XD

Grazie a*rullo di tamburi*:

 -Bane 
- 
bioshock1988 

- chiarotti2000 
- 
cigliegioinfiore 
- 
DoubleLife 
- 
gwinny 
- 
Kerolo 
- 
Kiaretta _Kudo

- leti_pitch_perfect  (alias la mia cara principessa Anna, con cui chiacchiero molto volentieri e con cui scambio pareri e consigli…ciao cara!)
-LoveCrazyCarrot 
-Romantic_Dreamer      

per aver inserito la storia tra le preferite ;)

Poi, poi Special Thanks to:

- AngelVidel14 
- 
Bane 
- 
bioshock1988 
- 
Brittalvi

- ChrisAndreini 
- 
Dark_Chocolate 
- 
IreTomlinson 
- 
luuuuchi_ 
- 
marta_uzumaki86 
- 
mintheart 
- 
misshorseslife 
- 
Niksss 
- 
Sakyo91 
- 
Silver Loreley 
- 
_Lethe 
- 
_Spark_
     

che hanno inserito la storia tra le seguite ;)

Grazie anche a Kaninchen e Reira_Hachi che hanno letto e recensito! E a tutti quelli che leggono soltanto.

Grazie mille a tutte voi…(do per scontato che siete tutte ragazze, ma se ci sono ragazzi tra di voi, non posso che esserne felice! Ragazzi se ci siete battete un colpo!! :D)

Ok scleri a parte vi lascio…al prossimo capitolo ^.^

Ps: ho cercato di fare un capitolo un po’ più lungo, per la felicità di gwinny che qualche recensione fa mi ha pregata di allungarmi…spero di averti accontentata!

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Capitolo 8
*** Capitolo 8:Corona ***


NDA: questo capitolo è dedicato ad Anna, alias Feisty Pants, la mia sorellina di efp che mi incoraggia e mi consiglia sempre! Un bacio enorme cara, spero ti piaccia ;)

Buona Lettura!

 

CAPITOLO 8: CORONA

 

Dopo le cinque del pomeriggio, proprio mentre il sole cominciava la sua discesa, il mare cominciò ad ingrossarsi e le onde a sbattere contro i fianchi della nave, sbattendola a destra e a manca, proprio come aveva annunciato il capitano.

-“Ma non è possibile! Fino a qualche minuto fa non c’era nessuna nuvola in cielo!”- Anna si manteneva a uno dei pali della nave, mentre con gli occhi impauriti guardava i grossi nuvoloni grigi, portatori di tempesta, approntarsi all’orizzonte.

-“Vostra Altezza, il clima in mare segue regole diverse che sulla terraferma! Comunque il ponte non è posto per lei in questo momento…scenda in coperta e si porti dietro il suo amico, prima che cada in mare!”- il capitano indicò con il capo un punto dietro di lei; Anna seguì la direzione che l’uomo le indicava e scorse Kristoff affacciato al parapetto dell’imbarcazione… si corresse: non affacciato, ma aggrappato!

Si avvicinò al ragazzo, mentre sulla sua testa, i marinai volteggiavano tra le sartie della nave, per mettere in salvo le vele dal vento che si stava alzando.

-“Kristoff”- gli disse poggiandogli una mano su una spalla-“il capitano dice di scendere in coperta, perché tra un po’ il ponte non sarà più agibile per noi due!”-

Kristoff si voltò verso di lei con la faccia pallida e tirata: “Moriremo, vero?”

-“Non dire sciocchezze…e poi tu sai nuotare, no?”- Anna cercò di tranquillizzarlo, ma le sue parole sembrarono sortire l’effetto contrario.

Il ragazzo scosse la testa: “Ti sembro il tipo che sa nuotare?”

-“Ehm…d’accordo, allora andiamo di sotto. Scommetto che ti sentirai meglio.”- Anna lo prese per mano e per quanto potesse permetterle la sua statura, gli mise un braccio sulle spalle.

Una volta sotto coperta lo portò davanti alla porta della sua cabina, ma Kristoff la fermò: “Non credo che stare steso in questo momento mi faccia bene. Che ne dici del salotto?”-

Anna annuì sovrappensiero e lo fece accomodare su uno dei divanetti. Il ragazzo era davvero ridotto ad uno straccio e la principessa se ne diede la colpa: “Scusa è colpa mia, non avrei dovuto costringerti ad accompagnarmi.”- disse mentre si torturava le mani.

-“Non dire idiozie, ho scelto io di venire. Tu non mi hai costretto affatto. È solo che sono abituato ad avere la terraferma sotto i piedi e trovarmi qui, in mezzo al mare, su una nave che dondola, mi manda lo stomaco sottosopra. Ma, sai che ti dico…mi sento già meglio!”- cercò di rassicurarla.

Anna gli si accomodò vicino e gli sorrise, prima di stampargli un bacio sulla guancia bianca, che a quel contatto si imporporò lievemente.

-“Allora…abbiamo tanto tempo da far passare, ti andrebbe di parlarmi un po’ di te?”- la principessa glielo chiese di sfuggita, guardando altrove, troppo imbarazzata da quella situazione.

-“Certo, ma non saprei da dove cominciare. Facciamo così, tu chiedi, io rispondo.”- Kristoff sapeva che sarebbe arrivato quel momento, in effetti era stato proprio lui ad insistere perché si conoscessero meglio: non gli piaceva parlare del suo passato, perché agli occhi degli altri era sempre apparso come il povero orfano per cui provare pietà, che aveva dovuto cavarsela da sé fin da piccolo e che era cresciuto con una renna; ma era sicuro che Anna non avrebbe avuto nulla da ridire.

-“Che ne dici di cominciare dall’inizio?”- lo incitò Anna.

Così Kristoff le raccontò tutto quello che ricordava: le parlò dei suoi genitori, che provenivano da un villaggio oltre le montagne del sud, di come erano morti sul valico che portava ad Arendelle, a causa di una valanga, e di come lui era stato miracolosamente salvato da una renna e dal suo cucciolo. Le raccontò della prima volta che aveva provato a raccogliere del ghiaccio; di come aveva trovato i troll e della sua vita tra di loro; della fatica che aveva fatto per essere accettato dagli altri tagliatori di ghiaccio e le rivelò che la prima volta che l’aveva vista, su alla Querciola vagabonda, aveva pensato che doveva essere proprio una svitata.

Anna lo ascoltò in silenzio, senza interromperlo, sapendo perfettamente come doveva sentirsi ad aprire la scatola dei suoi ricordi davanti ad una perfetta sconosciuta: solo in quel momento la principessa si rese conto che le parole che Kristoff le aveva rivolto qualche giorno prima, erano vere; non si conoscevano affatto, ma quella chiacchierata a prima vista di poco valore, li stava avvicinando sempre di più. Molte cose nella vita del ragazzo erano speculari alle sue esperienze.

Quando alla fine le disse quello che aveva pensato la prima volta che si erano visti, Anna scoppiò a ridere, per niente offesa da quella rivelazione: “Beh in effetti non dovevo essere un bello spettacolo, mezza congelata e pienamente stravolta da quello che era capitato a palazzo!”-

-“Già…”- Kristoff ridacchiò a quel ricordo.

Poi fu la volta di Anna: raccontò a Kristoff della sua infanzia apparentemente felice e degli anni di isolamento nel castello; dei suoi tentativi di far uscire Elsa dalla sua camera, delle sue chiacchierate con i dipinti nella sala dei quadri; di come, dopo la morte dei suoi genitori, s’era sentita più che mai sola al mondo, nonostante la sorella dormisse nella stanza accanto alla sua. E poi, con un po’ di vergogna, ammise l’ingenuità e l’avventatezza dei suoi sentimenti nei confronti del principe Hans.

Parlarono fino a notte fonda, mentre fuori la tempesta si placava: si addormentarono così, con il cuore più leggero, cullati dalle onde del mare.

 

Quando il mattino successivo il capitano scese in coperta per avvisarli dell’imminente arrivo a Corona, li trovò che dormivano alla grande, appoggiati l’uno all’altra.

Un sorriso gli sfuggì dalle labbra: se per lui e i suoi uomini era stata una notte movimentata, immaginava solo, cosa doveva aver significato per quei due stare in mezzo ad una tempesta per la prima volta.

Li lasciò dormire ancora un po’, chiudendo la porta del salottino dietro di sé. Una volta sul ponte ordinò a uno dei suoi uomini di svegliarli non appena Corona fosse stata avvistata.

E così fu. L’uomo incaricato scese in coperta e bussò più di una volta alla porta.

-“Sci!”- la voce assonnata della principessa gli giunse lieve.

-“Vostra Altezza, stiamo per giungere a destinazione.”-

-“Mmm,si,si…e precisamente dove?”-

-“A Corona, Vostra Altezza.”- il marinaio era divertito.

Ci fu un momento di silenzio, in cui l’uomo credette che la principessa fosse tornata a dormire, e poi un urletto strozzato: “Kristoff! Svegliati siamo arrivati…hai visto che ti dicevo, non siamo morti!”

L’uomo lasciò la coppietta al suo risveglio.

Il ragazzo intanto si svegliò al suono della vocetta squillante di Anna, chiedendosi cosa ci facesse lì, insieme a lui, al suo risveglio… si alzò a sedere di scatto: “Dove siamo?”- chiese preoccupato, guardandosi attorno.

-“Ma come? Siamo su una nave, che sta per attraccare al porto di Corona. Ti ricordi? Matrimonio, cugina, accompagnatore…ti dicono niente queste parole?”- Anna era già in piena attività.

Kristoff la guardò bene e scoppiò a ridere: “Dovresti vedere le condizioni dei tuoi capelli!”

Anna alzò un sopracciglio e si avvicinò a un piccolo specchio appeso alla parete: “Oh ma dai! Non è possibile! Non credo di essermi mossa molto questa notte.”- disse scocciata alla sua immagine riflessa nello specchio. Poi si voltò verso Kristoff che si stava stropicciando gli occhi: “E comunque la tua faccia non è da meno!”- e lo lasciò lì, mezzo addormentato e con un gran mal di testa, dirigendosi verso la sua cabina e chiudendosi la porta alle spalle.

Mezz’ora dopo, ne uscì con un nuovo abito e i capelli acconciati nelle solite trecce rosse. Non trovò Kristoff né nel salottino né nella sua cabina e così decise di salire sul ponte.

Una volta all’aria aperta, lasciò che i raggi caldi del Sole le accarezzassero il viso e respirò l’odore penetrante della salsedine. Si voltò alla ricerca del suo accompagnatore, ma qualcosa catturò la sua attenzione: decine di navi sfilavano lisce sull’acqua calma, con la prua rivolta verso il porto di quella che immaginò doveva essere Corona. La città si inerpicava tutt’attorno ai versanti di una collina verdeggiante al cui culmine svettava maestoso un castello immenso, certamente due volte più grande di quello di Arendelle.

-“Wow!”- esclamò inconsapevolmente.

-“Bella, vero?”- il capitano le si avvicinò, seguito da Kristoff- “Corona deve molto a re Thomas. È merito suo se oggi appare così ricca e splendente.”-

-“Ne sono certa. È davvero bellissima.”- Anna sorrise al capitano, davvero impressionata dalla bellezza del regno su cui governava la sorella della madre.

 

Qualche minuto dopo la nave approdò al molo e venne issata la passerella per far scendere i passeggeri. Anna si precipitò giù, sulla banchina, seguita da un silenzioso Kristoff: “Non è magnifico? Sono in un posto che non è Arendelle!”- la principessa saltellava dalla felicità.

-“Magnifico.”- sentenziò il ragazzo mettendo piede sulla terraferma.

-“Vostra Altezza.”- un uomo alla loro sinistra attirò la loro attenzione, avvicinandosi e inchinandosi brevemente ad Anna: “Sono il messo reale; re Thomas e la regina Primrose le danno il benvenuto a Corona. Se vuole seguirmi sarò lieto di mostrarle il regno e i suoi alloggi.”-

-“Oh, certo. Ma i bagagli…”-

-“Non si preoccupi, i garzoni li faranno recapitare nelle vostre stanze. La carrozza è da questa parte.”-

Anna prese Kristoff per mano, per puntualizzare all’uomo, che fino a quel momento aveva degnato solo lei, che erano arrivati insieme: “Possiamo andare!”-accordò. Il messo posò per un momento lo sguardo sulle loro mani intrecciate e poi con un sorriso di cortesia si voltò e fece loro strada.

-“Grazie.”- sussurrò Kristoff, rivolto ad Anna che era concentrata su quello che aveva attorno, con gli occhi spalancati e un sorriso sognante sulla bocca.

-“Dovere…”- la principessa gli strinse di più la mano, abbassando lo sguardo.

Il breve tragitto dal porto al palazzo, lasciò Anna ancora più entusiasta: era tutta un ‘wow!’ e ‘bellissimo’, oppure ‘guarda lì’, ‘non è favoloso?’…Kristoff la lasciò fare, rallegrandosi per il buon umore della principessa.

Anna si sporgeva dalla carrozza per guardare meglio le strade affollate di Corona: la gente si affrettava in ogni direzione, sprizzando gioia da tutti i pori, come un formicaio impazzito; le casette colorate del borgo le ricordavano molto Arendelle, facendole sentire meno la mancanza di casa; e nell’aria sentiva un odorino particolare, dolciastro, che era sicura di aver già sentito…

-“Lo senti quest’odore?”- Anna si rivolse a Kristoff, mentre continuava ad inspirare.

Il ragazzo la imitò: “Credo sia qualcosa di dolce. Perché?”-

-“Oh è delizioso.”- le brontolò lo stomaco, e si voltò imbarazzatissima verso Kristoff -“Scusa. È solo che avrei un po’ fame…”- si scusò portandosi nervosamente una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

Si sporse di nuovo dal finestrino e gli occhi le si illuminarono: “Oh mio dio, guarda lì! Guarda, cos’hanno in mano? Dev’essere squisito!”- Anna indicò dei bambini che uscivano da una bottega con dei dolcetti scuri tra le mani.

-“Milady, quelli sono i dolcetti della principessa. Sono i suoi preferiti: al cioccolato e alla vaniglia. Possiamo fermarci a prenderne qualcuno se le va…volevo dire se vi va.”-  il suo entusiasmo era stato così forte che il paggio l’aveva sentita.

-“Davvero? Kristoff ti va?”- disse eccitatissima.

-“Ma certo!”- disse alzando le spalle; in quel momento ai suoi occhi Anna sembrava davvero una bambina golosa, incapace di resistere al richiamo di una leccornia.

Il messo fermò la carrozza tra le strade affollate, scese dalla cassetta e si diresse nella bottega da cui erano usciti i bambini con i dolcetti. Qualche istante dopo ne uscì con un piccolo sacchettino che depositò tra le mani impazienti di Anna.

La principessa ne scrutò il contenuto e inspirò profondamente: “Oh adesso sono davvero felice!”- prese un dolcetto e lo porse a Kristoff, poi ne tirò fuori uno per sé e cominciò a mangiare –“Questo batte anche i cioccolatini di Elsa!”- il ragazzo la guardò senza capire.

L’arrivo a palazzo, avvenne qualche minuto dopo; la carrozza passò tra una piccola folla di inservienti, che trasportavano da un posto all’altro decine di cose: sedie, tavoli, vasi con fiori, piatti e quant’altro.

-“Oh ma ci pensi!? Un matrimonio…immagina come sarà il nostro!”- Anna era davvero su di giri e aveva cominciato a fantasticare a bocca aperta; guardò Kristoff che stava per ribattere qualcosa, ma lo anticipò: “Già, già, scusa…non volevo, mi sono fatta prendere dall’emozione.”

-“Anna non devi scusarti, vorrei solo che non ti creassi troppe aspettative; non vorrei che poi venissero deluse.”-

Anna scese dalla carrozza, aiutata dal lacchè, scontenta di quella situazione: “Vorrei che per un momento tu pensassi al futuro, senza avere mille paranoie che ti bloccano!”- sussurrò a denti stretti tra sé.

-“Milady, il re e la regina, la stanno aspettando. Se vuole seguirmi.”- il messo reale li condusse in un grande androne con un’immensa scalinata e poi lungo corridoi pieni di ritratti ed enormi finestre incorniciate da tende dorate.

Kristoff guardò Anna camminare a paso di marcia, pestando quasi i piedi in terra: “Sei furiosa! Cosa c’è che non va?”-

La principessa fece un verso: “E me lo chiedi?”-

Il ragazzo le restituì uno sguardo interrogativo, come per dire ‘e io cosa ho fatto adesso? ’.

-“Davvero!?”- Anna cominciava a spazientirsi.

-“Cosa?”- Kristoff non sapeva davvero cosa dire.

-“Davvero non sai perché sono così…”- gesticolò, indicandosi la faccia –“furiosa?”-

Il ragazzo scosse il capo, alzando le spalle: “No! Dovrei?”

Anna sospirò pesantemente: “Certo. Continui a tarpare le ali dei mie sogni!”

-“Ma…ma io dico solo che non devi correre troppo!”- cercò di  scusarsi il tagliatore di ghiaccio.

-“Ecco, lo stai facendo di nuovo. So che sei uno tutto d’un pezzo, uno saldamente ancorato al presente, vivi alla giornata e questo spiega molte cose di te…ma potresti, almeno per una volta, lasciarmi parlare, sognare, senza interrompermi?”- Anna si fermò per un momento, guardandolo con lo sguardo più serio che Kristoff avesse mai visto nei suoi occhi.

-“Non ha senso tutto questo! Perché pensare al futuro, quando il presente ti basta e avanza?”- lo stava davvero portando all’esasperazione.

-“E questo cosa dovrebbe significare? Che devo accontentarmi di questo…”- fece un gesto ad indicare loro due.

-“Perché, non ti basta? È fin troppo per una rimasta chiusa in un castello per anni, secondo il mio punto di vista!”-

-“Beh, ti stai sopravvalutando…”- Anna lo fissò con uno sguardo omicida.

Intanto il messo reale si era fermato a qualche passo di distanza, a fissarli, mentre aspettava che lo seguissero di nuovo.

Kristoff non rispose e rivolse l’attenzione sull’uomo che li stava guardando, che si schiarì la voce, cercando di non interromperli.

Anna riprese a camminare e Kristoff la seguì pochi istanti dopo, riflettendo su quello che la principessa gli aveva appena detto. Il messo reale sospirò: ultimamente aveva a che fare con troppe giovani coppiette scoppiettanti; la principessa e il suo ‘principe dei ladri’, gli avevano fatto passare i peggiori momenti della sua carriera a palazzo.

-“Siamo arrivati. Il re e la regina saranno subito qui.”- il messo li condusse nella sala delle udienze e inchinandosi alla principessa, si richiuse la porta alle spalle tirando un sospiro di sollievo, lasciandoli soli.

 

Anna rimase in silenzio, senza aggiungere altro, allontanandosi di qualche passo da lui, stringendosi le braccia al petto.

Kristoff la guardò allontanarsi, rimanendo muto, sentendo che il filo che li univa cominciava a sfilacciarsi inesorabilmente: forse aveva sbagliato…

 Il silenzio e l’aria irrequieta che li dividevano, erano quasi tangibili.

-“Com’è possibile che nel giro di qualche ora siamo arrivati a questo?”- Anna infranse quel freddo muro che li separava, dando voce ai pensieri di entrambi. Si voltò a guardarlo, cercando nei suoi occhi una risposta decente, che spiegasse per quale motivo in pochi minuti si erano ritrovati così distanti.

-“Non lo so…”-le rispose Kristoff, davvero dispiaciuto per quella situazione.

Anna si guardava attorno, senza incrociare il suo sguardo, con gli occhi lucidi: non aveva già sofferto abbastanza nella sua breve vita? Non aveva versato sufficienti lacrime, inseguendo il fantasma di Elsa? Perché doveva continuare a chiedere e supplicare per un pizzico di felicità? Cos’era che bloccava Kristoff, che lo legava tenacemente alla realtà e al presente?! Per dio, aveva sognato ad occhi aperti fino a quel momento, non avrebbe certo smesso perché a lui non andava giù!

-“Anna…”- Kristoff le si avvicinò, allungando una mano per sfiorarla, per cercare quel contatto che era svanito in pochi minuti.

-“S-sto bene!”- lei si scostò, stringendosi ancora di più su se stessa.

Il ragazzo sospirò rassegnato, pentendosi già di quello che stava per dire: “Anna, io non so nemmeno cos’è un sogno. Non credo di averne mai avuti…la mia vita è stata sempre un cercare di tirare avanti fatto di speranze. Speranze che a volte sono state duramente deluse e così ho cominciato a fare a meno di sperare, desiderare, illudermi, fantasticare su ‘come sarebbe stata la mia vita se’…!”-

Anna si voltò a guardarlo, colpita dal tono della sua voce: grave e serio.

-“Tutto questo”- fece un gesto per indicare loro due e tutto quello che stava attorno- “…è più di quanto avessi mai potuto sperare. Devi lasciarmi un po’ di tempo per abituarmici.”- le sorrise mestamente.

Un pesante sospiro abbandonò le labbra della principessa, che aveva abbassato il capo colpevole: “Hai ragione tu…come sempre d’altronde! Io sono sempre quella che sbaglia, la maldestra romantica che si ostina a correre…quella che prima o poi andrà a sbattere.”

Non lo sentì avvicinarsi, assordata dai suoi mille perché e per come, accecata dalle lacrime represse che si ostinavano a voler cadere. La strinse in uno di quegli abbracci che difficilmente si dimenticano, uno di quelli che senza parole significano tutto, quelli che ti riscaldano l’anima, che ti fanno sentire vivo ed amato.

-“Non cambierei niente di te…sei perfetta nella tua imperfezione, nella tua sbadataggine. Sei la mia personale valanga che mi travolge ogni giorno…”- la voce gli si smorzò in gola: forse aveva detto qualcosa di troppo sdolcinato e così lontano dal suo essere. Forse avrebbe fatto meglio a tenere la bocca chiusa.

Il cuore di Anna, che aveva battuto a singhiozzo fino a qualche istante prima, ora correva e saltava e faceva capriole dalla gioia.

-“Scusa non volev-…”- Kristoff non fece in tempo a scusarsi che si ritrovò la bocca tappata dalle labbra della principessa. Anna non aveva resistito: adorava il rossore che gli si formava sulle guance quando erano vicini e lo sguardo colpevole che faceva anche se non aveva fatto nulla di male; amava quelle labbra e aveva amato ogni parola che era uscita da esse. Il ragazzo rispose a quel contatto, attirandola più vicino.

Quel momento di statica estasi venne interrotto da un lieve tossire, proveniente dalle loro spalle.

Si allontanarono l’uno dall’altra, con le guance rosse per l’imbarazzo, prestando attenzione a chi li aveva fermati: un uomo non più giovane, ma nemmeno vecchio, con gli occhi chiari e luminosi e un sorriso bonario stampato sul volto, teneva per braccio una donna bellissima, con i capelli scuri raccolti in una crocchia elegante.

Re Thomas e la regina Primrose, sorridevano davanti al loro imbarazzo, venendo verso di loro.

Anna si portò una ciocca di capelli, sfuggita alle trecce, dietro l’orecchio e si lisciò la gonna dalle inesistenti stropicciature. Kristoff la osservò divertito e poi si voltò a guardare i due sovrani, ormai giunti dinanzi a loro.

I due ragazzi si inchinarono in silenzio: “Vostre Maestà.”- proferì in tono regale Anna.

La regina si staccò dal braccio del marito e come se fosse la cosa più normale del mondo, strinse la principessa in un abbraccio, lasciando Anna impreparata.

Quando si staccò da lei, le prese il viso tra le mani, con gli occhi lucidi: “Assomigli così tanto a tua madre.”- sospirò con voce flebile e dolce. Poi si schiarì la gola e con un sorriso disse -“È una gioia avervi qui. Rapunzel non vede l’ora di conoscervi! Le ho molto parlato di te e di Elsa, di mia sorella e del re di Arendelle.”

-“Ecco, a proposito di questo…Elsa non è potuta venire, per…beh impegni regali e quindi io, cioè noi”- indicò con il pollice lei e Kristoff, che era rimasto fermo immobile e muto fino a quel momento.

-“Non ti preoccupare, Elsa mi ha mandato una lettera, scusandosi per la sua assenza e anticipandomi la notizia della vostra venuta. So che questo giovanotto è il tuo accompagnatore, puoi stare tranquilla.”-

-“Oh, beh in questo caso…lui è Kristoff, il mastro consegnatore del ghiaccio di Arendelle.”- disse di corsa Anna, ripetendo quella presentazione per l’ennesima volta in poche ore.

La regina lo fissò per alcuni secondi sorridendo: “Molto lieta.”

Kristoff rispose al sorriso benevolo, abbassando il capo in segno di rispetto: “ È un onore, vostra maestà.”- disse impacciato.

-“Forse sarebbe il caso di lasciarli andare, cara. Saranno stanchi per il lungo viaggio.”- il re guardò i ragazzi e si rivolse con tono divertito alla regina.

-“Oh, ma certo. Perdonatemi. Il re ha ragione, sarete di certo stanchi per il viaggio e non vogliamo certo che arriviate assonnati alla festa…ci sarà da divertirsi fino all’alba.”- la regina pizzicò la guancia di Anna.

-“Dei servitori vi accompagneranno alle vostre stanze.”- disse il re indicando dei paggi che avevano appena varcato la soglia della sala delle udienze e si stavano proferendo in profondi inchini.

-“Grazie mille. Beh, ci vediamo più tardi allora.”- Anna sorrise riconoscente.

-“A più tardi.”- trillò la regina, mentre tornava da dove era venuta.

 

Due paggi li accompagnarono attraverso altri immensi corridoi e due enormi rampe di scale. I due ragazzi rimasero in silenzio per tutto il tragitto, scambiandosi solo rapide occhiate. All’incrocio tra due corridoi però, l’attenzione di Anna venne catturata da una risatina lieve, che proveniva dall’angolo che avevano appena superato. Trattenne Kristoff per una manica e gli fece segno di fare silenzio, lasciando che i due paggi continuassero a camminare senza rendersi conto che loro non li stavano seguendo più.

 Anna si affacciò curiosa all’angolo: una ragazza, forse della sua età, con i capelli corti e scuri, giocherellava con qualcosa di luccicante davanti agli occhi del ragazzo che aveva difronte, che sorrideva in adorazione.

La principessa li guardò per interi minuti, contemplando l’amore che sprizzavano da tutti i pori: li osservò studiarsi seri per un secondo e poi baciarsi teneramente, stretti l’una nelle braccia dell’altro, come se il mondo attorno a loro fosse scomparso.

-“Che carini…”- sospirò la principessa.

-“Si può sapere cosa stai guardano?”- si lamentò Kristoff che intanto era rimasto dietro l’angolo.

-“Shhhhh!”-Anna lo rimbottò, puntandogli un dito sulle labbra.

-“Chi c’è, là?”- una voce dura li raggiunse- “Vieni fuori!”

-“Forse ho alzato un po’ la voce.”- disse sbiancando Anna e uscendo allo scoperto, trascinando per mano Kristoff.

-“Ehm…perdonateci, non era nostra intenzione interrompervi.”-

-“Chi siete voi?”- chiese il ragazzo alzando un sopracciglio, divertito dall’espressione imbarazzata di Kristoff.

-“Oh, si. Noi siamo Anna e Kristoff.”- rispose prontamente la principessa, lasciando stare per un momento titoli e onorificenze.

-“Anna?”- chiese la ragazza coi capelli corti, sgranando gli occhioni verdi alla volta della principessa.

-“Mm, mm.”-

-“La principessa di Arendelle?”- Anna annuì.

La ragazza la prese alla sprovvista e proprio come aveva fatto la regina le si buttò al collo, trattenendo un gridolino di felicità.

-“Che bello conoscerti! Io sono Rapunzel, tua cugina…oh non è meraviglioso essere riuniti qui tutti insieme!?”- chiese rivolgendosi al ragazzo affianco a lei.

-“Già, meraviglioso.”- dissero insieme Anna e il ragazzo.

-“Oh, lui è Flynn…ehm volevo dire Eugene. Scusate, la forza dell’abitudine!”- sorrise nervosamente.

-“Incantato.”- Eugene si proferì in un baciamano ad Anna, attirandosi lo sguardo infastidito di Kristoff.

-“E immagino che tu non sia sua sorella Elsa.”- rise divertita Rapunzel, guardando il tagliatore di ghiaccio.

-“Ehm no, noi veramente…siamo, cioè io sono…”- il ragazzo non sapeva cosa dire: cos’erano realmente lui e Anna?

-“Lui è il mio accompagnatore, nonché mio fidanzato.”- lo aiutò Anna.

Kristoff la guardò a bocca aperta per un secondo, con il cuore che aveva perso un battito a quell’ultima parola. Poi si voltò verso i due difronte, annuendo sovrappensiero.

-“Oh ma che carini!- trillò Rapunzel.

-“Blondie, credo sia ora di andare. A meno che tu non voglia tardare anche al nostro matrimonio!”-

-“Oh si. Si anche noi dobbiamo andare, altrimenti arriveremo in ritardo.”- Anna prese Kristoff sottobraccio e li salutò con la mano libera-“ A più tardi.”

I due ragazzi si allontanarono e voltarono l’angolo, lasciando i due futuri sposi alle loro faccende.

Anna si voltò un'ultima volta a spiarli. Eugene si stava allontanando da Rapuzel, nella direzione opposta alla loro, con un sorriso malizioso dipinto sulle labbra: “Ricordati biondina che sarò in fondo alla navata ad aspettarti…non farmi attendere!”- poi si voltò e se ne andò, lasciando la principessa, sola nel bel mezzo del corridoio.

Anna vide le spalle di Rapunzel alzarsi ed abbassarsi, nell’atto di un sospiro adorante. Poi tornò a camminare al fianco di Kristoff, alla disperata ricerca dei due paggi che avevano abbandonato qualche minuto prima.

-“E dimmi, da quand’è che noi due saremmo fidanzati?”- le chiese il ragazzo rivolgendole uno sguardo divertito.

-“Da questo preciso momento!”- Anna si alzò sulle punte per posargli un bacio a fior di labbra e poi ridendo cominciò a correre lungo il corridoio, trascinandoselo dietro, con il cuore pronto ad esploderle per la troppa felicità.

 

 

 

 

AngoloAutrice: dopo settimane di silenzio stampa torno ad aggiornare! Siiiii non posso credere di averlo fatto! Allora non commenterò il capitolo, ma aspetterò che lo facciate voi, mie care ragazze ;) potete dirmi qualsiasi cosa volete…accetterò anche maledizioni e apostrofi di qualsivoglia natura.  

Ho una piccola richiesta per voi: siccome so per certo che tra tutte voi, cioè tra tutti quelli che leggono, seguono e preferiscono la storia, ci sono recensori master e veterani, sarebbe troppo chiedervi di lasciare un commentino? Mi fareste la persona più felice del mondo ed inoltre ne sarei onoratissima ;) e poi mi invogliereste a scrivere più velocemente! Okay, quindi vi ringrazio per l’attenzione e ci si legge al prossimo capitolo!

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Capitolo 9
*** Capitolo 9: Di incomprensioni, magie con i capelli e incredibili nozze ***


CAPITOLO 9: Di incomprensioni, magie con i capelli e incredibili nozze

 

Dopo aver ritrovato i paggi, che li avevano condotti nelle loro stanze, i due ragazzi si erano dati appuntamento per qualche ora dopo, avviandosi ognuno nella propria camera, scambiandosi occhiatine mielose.

Anna si era richiusa la porta alle spalle, appoggiandovisi pesantemente contro, sospirando felice: aveva fatto un altro passo avanti con Kristoff, ed era sicura che con un po’ di studiata dolcezza e di persuasione, il ragazzo l’avrebbe chiesta in moglie nel giro di qualche settimana.

Poi, stanca e provata dalle troppo emozioni di quella mattinata, si era buttata sull’enorme letto a baldacchino che stava al centro della stanza, sprofondando tra i cuscini di broccato panna, e si era addormentata di nuovo, cullata dalla lieve brezza salmastra che muoveva le leggere tende di georgette.

 

Qualche ora dopo venne svegliata da un lieve bussare alla porta, che la ridestò dai suoi sogni su un futuro favoloso e splendente al canto di Kristoff: “Si!”- subito saltò a sedere sul letto, guardandosi attorno per capire dove si trovasse.

-“Vostra Altezza, la regina Primrose, mi ha mandata per aiutarla.”- la voce di una giovane donna le giunse piano dalla porta.

Anna si precipitò alla porta, aprendola, spaventando la cameriera, che saltò sul posto prima di inchinarsi velocemente.

-“Aiutarmi?”- chiese scettica la principessa.

-“S-si, per aiutarla a vestirsi e ad acconciarsi i capelli…per le nozze.”- disse in un soffio la ragazza, che poteva avere si e no la sua età, tenendo lo sguardo fisso in terra.

-“Oh…si, certo. Vieni, entra.”- Anna la fece entrare, richiudendo la porta e dandosi mentalmente della stupida: aveva portato tutto quello che le occorreva, ma aveva dimenticato la sua fidata Grace. Per fortuna la regina era stata più previdente di lei, altrimenti sarebbe arrivata al matrimonio in sottana e scarpe da camera.

-“Da dove vuole cominciare?”- la ragazza continuava a guardarla di sottecchi, senza indugiare troppo con lo sguardo sulla sua esile figura.

-“Ehm…credo che sarebbe meglio cominciare da un bagno caldo. Che ne dici?”-

-“Come desidera.”-

-“Puoi guardarmi, non ti mangio mica!”- la rassicurò Anna, divertita.

 

Non sapeva quanto tempo fosse passato da quando Lucy, il nome della cameriera che le aveva mandato la regina, era entrata in camera sua e l’aveva aiutata a preparare il bagno caldo che tanto desiderava. Dopo essere rimasta a mollo per mezz’ora, accarezzata dalla schiuma profumata che la ricopriva interamente, Lucy l’aveva aiutata a vestirsi e le aveva accarezzato ed intrecciato i capelli, in modi che nemmeno pensava possibili.

Ora si stava ammirando in tutto il suo splendore allo specchio, con gli occhi luminosi di Lucy puntati sulle spalle: “Come ti sembro?”- chiese Anna tutta emozionata.

-“Un incanto, Vostra Altezza.”-

-“Beh, se sono così è anche merito tuo, chi ti ha insegnato a fare quelle ‘magie’ con i capelli?”- le chiese mentre si aggiustava qualche ciuffetto fuori posto.

-“Ho quattro sorelle più piccole*, maestà, tutte con i capelli lunghi e rossi come i suoi… quando sono a casa mi chiedono sempre di intrecciarli in strane acconciature, e così faccio pratica.”- le sorrise, lusingata del fatto che la principessa apprezzasse le sue doti.

-“Immagino tu sia una sorella maggiore eccezionale! Ora che ci penso, potrei imparare anch’io, facendo pratica sui capelli di Elsa…sono sicura che me lo lascerebbe fare.”- Anna già fantasticava sulle varie acconciature a cui avrebbe potuto sottoporre i capelli lisci e chiari della sorella.

Lucy ridacchiò, portandosi una mano a coprire la bocca. Poi si ricompose, sentendo i rintocchi del campanile della basilica della città, puntare le quattro di pomeriggio: “Vostra Altezza, la cerimonia inizierà fra mezz’ora, forse è meglio cominciare ad andare. Le assicuro che non sarà facile trovare posto a sedere, tutto il popolo è stato invitato a partecipare alle nozze.”

-“Oh, certo, certo…devo solo recuperare Kristoff, sperando che sia pronto e poi possiamo andare.”-

-“Allora io andrei, se ha bisogno di me non esiti a chiamare.”- Lucy le fece un inchino e fece per andarsene, ma Anna la bloccò in un abbraccio stritolante.

-“Grazie mille per avermi aiutata, non so davvero come avrei fatto senza di te.”- la principessa la trattenne per le spalle, mentre la giovane arrossiva fino a far scomparire le lentiggini che le puntellavano il viso.

-“P-prego…è stato un onore.”- sorrise appena e poi scomparve dietro la porta.

Anna si rimirò di nuovo allo specchio: “Oggi per la prima volta mi divertirò!”- disse sorridendo alla se stessa riflessa- “Beh so di averlo detto anche l’altra volta…però poi sappiamo tutti com’è andata a finire, vero?! Beh, oggi sarà diverso!”-

Mentre si avviava verso la porta, un verso disperato attraversò le pareti della sua camera e le giunse alle orecchie: “Ma che…?”-

Uscì dalla stanza e con passo svelto giunse alla porta di Kristoff, bussando con forza. Nessuno rispose, ma Anna sentiva i grugniti di disappunto del ragazzo e i rumori che provenivano dall’interno: “Kristoff, so che sei lì dentro! Ti decidi ad aprire?”- si mise le mani sui fianchi aspettando che la porta si aprisse, ma non fu così, sentì solo il silenzio calare oltre l’uscio.

-“Ti giuro che se non apri entro cinque secondi, butto giù la porta a calci…sai che ne sono capace! Le porte non mi fanno più paura ormai…”- disse, accostando la bocca alla fessura della porta.

-“Va bene, l’hai voluto tu…UNO!”- cominciò urlando –“DUE!”- il ragazzo si ostinava a non aprirle –“TRE! QUATTRO!”- Anna alzò un pugno, pronta a colpire il legno laccato, ma la chiave che girava nella toppa la fermò.

Kristoff rimase fermo sulla soglia a fissarla, con il pugno alzato e un’espressione singolare sulla faccia: a metà tra la rabbia e l’ilarità. La principessa gli diede una breve occhiata e poi cominciò a ridere di gusto, tenendosi allo stipite della porta, e maledicendo mentalmente il corsetto stretto che non le permetteva di ridere e respirare a dovere: il ragazzo aveva il viso rosso e i capelli biondi tutti arruffati; la camicia fuori dai pantaloni, con alcuni bottoni agganciati nelle asole sbagliate; i pantaloni infilati al rovescio e uno stivale calzato e un altro no; ma ciò che fece ridere di più la principessa, fu la vista del fazzoletto di seta, che il ragazzo avrebbe dovuto legare perfettamente al collo, messo a mo’ di bavaglino.

-“Ma insomma…sei ancora così?”- disse asciugandosi una piccola lacrima che le era sfuggita impunemente  dall’occhio destro.

Kristoff fece un verso strano, quasi infastidito: “Non vedo cosa ci sia da ridere!”

-“Appunto non hai visto…hai dato uno sguardo allo specchio? Non credo proprio, altrimenti, staresti ridendo anche tu.”- Anna continuava a trattenere le risate, respirando con calma, ma la faccia scocciata e frustrata del ragazzo era troppo divertente.

-“Allora, quanto ancora hai intenzione di ridere?”- Kristoff la guardò imbarazzato, non sapeva nemmeno lui se per il fatto che Anna lo vedesse conciato in quel modo assurdo, o che la principessa si fosse praticamente intrufolata un passo alla volta, nella sua camera.

-“Siamo suscettibili oggi, non è vero?”- Anna gli si avvicinò studiando quello che aveva tentato di indossare il ragazzo. Poi gli sfilò il fazzoletto dal collo e lo lanciò sul letto alla sua sinistra, e cominciò a sbottonargli la camicia.

-“M-ma che stai facendo?!”- il ragazzo la fermò con le mani tremanti.

Anna gli rivolse uno sguardo interrogativo, con un sopracciglio alzato: “Ti sto aiutando…permetti?”-sbottò divertita.

-“Oh…ma certo! Cos’altro sennò…”- Kristoff voleva sprofondare nel pavimento e non uscirne mai più; aveva fatto l’ennesima figuraccia.

-“Cosa accidenti pensavi stessi facendo?!”- la principessa si concentrò per un secondo sui bottoni della camicia, riflettendo tra sé e poi arrossì di botto, arrivando alla conclusione più logica. Lo colpì in pieno petto con una manata: “Oh Kristoff…m-ma come puoi pensare una cosa del genere!”- sbottò rossa in viso.

Il ragazzo indietreggiò impercettibilmente temendo una sfuriata da parte della principessa: “Ma io non ho detto nulla…l’hai pensato tu!”- cercò di scusarsi.

-“Si, ma la risposta era scritta a caratteri cubitali sulla tua faccia da pesce lesso!”- Anna era imbarazzatissima, sentiva il sangue affluirle alle guance e il rombo del cuore nelle orecchie –“ Smettila di ridere…vuoi che ti aiuti o no?”

Kristoff, annuì serio, facendo scomparire il sorrisetto idiota che gli increspava le labbra. Finì di abbottonarsi la camicia da solo e poi la guardò, aspettando di ricevere direttive sulla prossima cosa da fare.

-“Allora?”- chiese in attesa.

-“Allora sei un disastro… per prima cosa devi toglierti i pantaloni e metterli alla dritta, se non te ne fossi accorto li hai infilati al rovescio. Poi devi infilarci la camicia e devi allacciarti in vita quella fascia…si, proprio quella che hai buttato sul paralume.”- gli disse indicandogli la pregiata stoffa appesa in malo modo sulla lampada ad olio sul comodino.

-“Ehm,certo.”- annuì come un bravo scolaretto e fece per sfilarsi i pantaloni, ma si fermò giusto in tempo, lanciando uno sguardo eloquente ad Anna- “Hai intenzione di guardare o…”

-“Oh mio dio. Stai rasentando l’osceno! Smettila.”- disse voltandosi , rossa in viso, realizzando solo in quel momento che si trovava nella sua stanza, mentre lui, alle sue spalle si spogliava.

-“Hey, sei tu che ti sei infilata in camera mia!”- disse ridacchiando divertito, mentre sistemava il disastro che aveva fatto -“Fatto.”- disse soddisfatto.

Anna si voltò piano: “Ottimo, chi ben comincia è a metà dell’opera!”- disse mentre recuperava la fascia sul paralume e il panciotto sul letto.

Gli infilò il gilet e poi girandogli attorno gli legò bene la fascia in vita. Osservò per un momento il suo operato e sorrise: da una parte era felice di quello che aveva realizzato e dall’altra si gustava la figura statuaria del ragazzo, per una volta non coperta da strati e strati di indumenti pesanti.

-“Bene, ora passiamo al fazzoletto…cosa pensavi che fosse? Un bavaglino?”- gli domandò mentre gli alzava il colletto della camicia e gli faceva passare la seta lungo il collo. Un brivido caldo scese lungo la schiena del ragazzo facendolo tremare.

-“Aspetta, devo indossarlo per forza?”- le chiese preoccupato.

-“Certo, che domande. Il fazzoletto è parte integrante di un completo da uomo, non può non esserci!”- gli rispose la principessa mentre cercava di fare un nodo perfetto.

-“Ma io non voglio indossarlo, non mi sentirò a mio agio con tutto questo indosso, figuriamoci con questo!”- protestò lui, fermando le mani indaffarate della principessa e sciogliendo il nodo che lo stava soffocando.

-“Non lo indosseresti nemmeno per mille baci?”- chiese Anna battendo le ciglia, mentre si alzava in punta di piedi per raggiungere l’altezza del ragazzo, cercando di essere quanto più seduttiva e persuasiva possibile.

-“No.”- le rispose seccamente Kristoff, poggiandole le mani sulle spalle e facendola tornare alla sua altezza normale.

-“Nemmeno per mille e uno?”- ribatté lei mettendo il broncio come una bambina capricciosa.

-“Nemmeno…ho deciso! Sarò irremovibile.”- disse incrociando le braccia al petto, sentendosi oppresso da tutti quegli strati di stoffa costosa.

-“E se io, cioè noi…”- cominciò lei mordicchiandosi il labbro inferiore e arrossendo, tirandolo giù per il fazzoletto.

-“A-anna!”-cercò di divincolarsi lui- “Ma che stai facendo, stai tentando per caso di uccidermi?!”

Anna aveva stretto così tanto la presa, che il fazzoletto sembrava fosse diventato un cappio; e poi non poteva avvicinarsi così tanto a lui con quella faccia, stretta in quel vestito, promettendo certe cose…promettendo cosa poi? Non lo sapeva nemmeno lui; sapeva solo che doveva scrollarsela di dosso altrimenti…

-“Oh, scusa certo. Perché sei diventato tutto rosso?”- indagò preoccupata.

Kristoff la guardò inebetito, passandosi una mano tra i capelli e sospirando pesantemente: “C-credo sia ora di andare, non trovi?”-

Anna annuì sorridendo, non accorgendosi minimamente del turbamento del ragazzo. Prese la giacca dal letto, dove Kristoff sembrava avesse rovesciato l’intero baule, e gliela passò. Lui la infilò con calma, guardando in ogni direzione, eccetto che in quella di Anna, per evitare ulteriori pessime figure.

-“Possiamo andare.”- sentenziò quando ebbe finito.

-“Aspetta, dove credi di andare? Non dimentichi niente?”- Anna gli si accostò di nuovo, invadendo il suo spazio vitale, avvicinandosi così tanto che i loro respiri si fusero in uno. La principessa riprese da dove aveva finito con il fazzoletto e poi a lavoro ultimato lo prese sotto braccio e lo portò allo specchio.

-“Siamo davvero carini, non trovi?”- il riflesso nello specchio sorrideva al ragazzo e lui si imbambolò a fissarla.

Da quando era entrata in camera, non aveva fatto molto caso a come era vestita Anna; ma ora guardandola meglio si rese conto di quanto fosse meravigliosamente bella.

-“Sei bellissima…”- lo cacciò fuori tutto d’un soffio, senza pensarci su due volte. In quel momento era certo che il suo cervello e la sua bocca non fossero collegati.

-“Grazie!”-squittì arrossendo Anna- “Nemmeno tu sei niente male.”- lo canzonò spingendolo piano.

-“Ehm…d’accordo. Credo dovremmo andare.”- Anna lo trascinò con sé fuori dalla stanza, felice di essere lì con lui.

 

Proprio come le aveva anticipato Lucy, trovare posto a sedere nell’enorme chiesa non fu facile. Per la verità nemmeno riuscire ad entrare fu molto semplice: infatti centinaia di persone spingevano al portale d’ingresso, nella speranza di intravedere almeno da lontano la futura coppia di sposi.

Anna non aveva mai visto tanta gente tutta insieme e nemmeno Kristoff: la folla dei partecipanti alle nozze, si estendeva a perdita d’occhio dal piazzale antistante l’entrata della basilica, fin giù nelle strade acciottolate del regno, dove festoni e ghirlande rendevano l’atmosfera suggestiva e festosa.

All’interno la situazione era la medesima, tranne per il fatto che tutta la folla era stipata nelle lunghissime panche di legno, lungo tutta la navata centrale.

La coppia non aveva mai visto tanta gente in un solo posto: Anna aveva passato la maggior parte della sua vita rincorrendo gli echi delle voci degli inservienti nei corridoi del castello, e tutta quella calca la emozionava e la spaventava allo stesso tempo; Kristoff d’altronde aveva sempre fuggito la compagnia degli esseri umani, persino degli altri tagliatori di ghiaccio, e aveva trovato più confortante l’amicizia silenziosa di Sven, quindi quella situazione non poteva che intimidirlo oltre ogni dire.

La principessa si stringeva forte al suo braccio, per timore di perderlo nella fiumana di gente che li spintonava e gli passava accanto.

Tra tutte le teste che scrutavano lo sposo impaziente sull’altare, Anna intravide Lucy, intenta a rabbonire quattro bambine con i capelli fiammeggianti raccolti in numerose trecce. La cameriera vide la coppia attraversare la navata centrale alla ricerca di un posto per accomodarsi e con un timido sorriso fece segno alla principessa di accomodarsi in due posti liberi nella panca dietro quella in cui sedeva lei.

-“Milady, mi sono permessa di conservarle un posto…”- le disse Lucy appena lei e Kristoff si furono seduti.

-“Grazie infinite. Mi hai salvata per la seconda volta oggi…ehm volevo dire ‘ci’! Lui è Kristoff, il mio accompagnatore.”- disse indicando il ragazzo- “Kristoff, lei è Lucy…l’artista di quest’opera d’arte!”- indicò elettrizzata l’acconciatura sulla sua testa.

-“Molto piacere…Oh queste sono le mie sorelline. Quelle su cui faccio pratica.”- sorrise Lucy, rivolgendo un cenno del capo al ragazzo e poi tornando a concentrarsi sulla principessa.

Le quattro bambine, sentitesi chiamare in causa si voltarono all’unisono verso la coppia, sfoderando dei luminosissimi sorrisi, mentre le trecce sulle loro teste ramate dondolavano allegramente.

Kristoff sobbalzò sul posto, preso alla sprovvista, mentre Anna si sporse verso le bambine, elargendo sorrisi e complimenti: “Siete proprio belle, sapete? Vostra sorella mi ha molto parlato di voi quattro…siete molto fortunate ad averla come sorella maggiore.”- qualcosa nel petto della principessa, s’incrinò a quelle parole, lasciandola per un momento turbata. Poi si riprese, regalando alle quattro, il più brillante dei sorrisi: “Allora, come vi chiamate?”

La più grande fece per aprire bocca, ma la più piccola l’anticipò: “Amber, Violet, Ella e Cassy.”- rispose di corsa, inciampando con la lingua nei buchi lasciati dai dentini caduti, nel pronunciare l’ultimo nome. La maggiore la guardò male, e la piccolina fece spallucce, come per scusarsi.

Anna rise di gusto a quella vista: “Sono dei nomi bellissimi. Comunque io sono Anna di Arendelle.”

Le bambine si portarono le mani alle bocche, rimaste spalancate a quella rivelazione: “Quella Anna di Arendelle? La sorella della regina di ghia…”- la bocca della bambina venne tappata prontamente da Lucy, che rivolse ad Anna il più mortificato degli sguardi.

-“Si, sono la sorella della regina di ghiaccio, meglio conosciuta come Elsa regina di Arendelle!”- rispose con nonchalance, come se quell’appellativo accostato al nome di Elsa non la infastidisse. In effetti non le dava propriamente fastidio, ma ciò che le dava noia era essere sempre additata come ‘la sorella di’ o ‘la figlia di’, mai solo come Anna e basta. Non c’era storia con Elsa, lei sarebbe sempre stata la seconda in tutto. Ma ciò non le dispiaceva, sollazzarsi nell’ombra della sorella le era sempre risultato semplice.

Mentre rifletteva su questi pensieri due delle bambine, quelle nel mezzo, si scambiavano alcune parole sussurrate nell’orecchio. Anna le guardò con un misto di dolcezza e di rimpianto: lei non avrebbe più potuto godere di quella complicità con Elsa. Ormai il tempo dei segreti sussurrati a voce bassa era passato. Come anche quello dei sorrisini complici, come quello che si stava formando sulle facce delle bambine in questione.

-“Voi due siete fidanzati?”- la vocina di una delle bambine la riscosse dai suoi pensieri.

Anna sentì Kristoff irrigidirsi al suo fianco e trattenere il respiro: “Ehm…si.”- rispose semplicemente il ragazzo.

-“E quando vi sposerete? Avrete dei bambini? E se si uno potrà chiamarsi come me?”- chiese loro la più piccola, con gli occhi luminosi e sognanti.

-“Amber!”- la rimbottò Lucy, diventando tutta rossa- “Perdonatela lei fa sempre così…ignoratela.”- dicendo così, prese tra le braccia la bambina e la fece voltare verso l’altare. Ma le altre tre continuavano a guardarli, nell’attesa di una risposta: “Allora?”

Anna non voleva deludere i sogni romantici di quelle quattro pesti, raccontando loro la triste storia di come era stata abbindolata dal principe dei suoi sogni, e di come il suo attuale fidanzato volesse aspettare in eterno prima del grande passo. Non sapeva davvero cosa rispondere e si voltò verso Kristoff, nella speranza di un suo aiuto; ma il ragazzo guardava le tre bambine come se fossero dei mostri, con gli occhi spalancati dal terrore: non bastava Anna con tutte le sue pressioni, ora ci si mettevano anche quelle tre!

 Per fortuna la coppia venne salvata sul filo del rasoio, dal suono dell’organo che cominciò a suonare una marcia nunziale. Il brusio incessante della folla si fermò di colpo e tutti gli occhi si puntarono sull’ingresso della navata, sulla soglia della quale, un attimo dopo, tra la luce soffusa del pomeriggio, si intravide una sagoma indistinta.

L’attenzione delle quattro bambine si spostò velocemente dalla coppia silenziosa alla figura, che pian piano prese la forma di un cavallo, bardato a festa, che a passo di marcia attraversava la navata, con il cuscino delle fedi. Dalla testa dell’animale piovevano decine di fiori colorati e Anna si chiese come facesse a fare una cosa del genere. Aguzzando la vista, dovette trattenere un gridolino, quando si rese conto che non era il cavallo a far cadere i fiori, ma uno strano animaletto verde, molto simile ad una strana lucertola, che cambiava colore in base ai fiori che lanciava.

Mentre l’attenzione della coppia di Arendelle era catturata dalla strana scenetta, un mormorio eccitato si levò dal resto degli invitati, intenti a guardare già alle spalle del cavallo: due figure, sottobraccio, scivolavano regali lungo il tappeto viola che copriva la navata fino all’altare. Re Thomas teneva stretta la figlia, guardandola con uno sguardo felice, orgoglioso di quel raggio di Sole piovuto tra le sue braccia; Rapunzel gli sorrideva timidamente, con gli occhi verdi luminosi come due gemme preziose, mentre la sua attenzione veniva calamitata sulla figura in piedi al fianco dell’officiante, sull’altare.

-“Wow!”- Kristoff, che fino a quel momento si era limitato solo ad osservare e a registrare tutto quello che gli accadeva attorno, non riuscì a trattenersi, ricevendo come ricompensa una gomitata nelle costole da parte della principessa permalosa seduta al suo fianco.

Anna lasciò perdere un attimo dopo, seguendo lo sguardo della cugina, saldamente legato a quello del suo futuro sposo, che evidentemente emozionato, la attendeva impaziente di unire per sempre la sua vita a quella della principessa perduta.

Quando re Thomas lasciò la presa sulla mano della figlia, affidandola a Eugene, l’officiante cominciò con la sua orazione: “Amici carissimi, siamo qui riuniti oggi per celebrare il matrimonio di Rapunzel e Eugene; essi vivranno la loro vita insieme come marito e moglie…”

Molto presto Anna si ritrovò a riflettere sulle parole pronunciate dal prete: “alla base di un buon matrimonio devo esserci fiducia e fedeltà reciproca, bisogna essere pronti a sacrificarsi per il bene dell’altro…amare vuol dire ammettere di aver sbagliato, accettare di aver bisogno di qualcuno al proprio fianco.”

La principessa si ritrovava in pieno in quelle parole: lei si fidava ciecamente di Kristoff, e giurava di essere pronta a tutto per lui…e poi per quanto riguardava la storia di ammettere di aver sbagliato, lei lo faceva di continuo, e più di una volta aveva dato prova di aver bisogno di qualcuno al proprio fianco, che la tirasse fuori dai guai o che semplicemente l’abbracciasse non facendola sentire sola. Lei era pronta, in realtà lo era dalla tenera età di dodici anni, ma questi erano particolari.

-“…nella concordia e nella pace.”- il prete prese un lungo respiro, frenando i pensieri di Anna, facendo tornare la sua attenzione sulla coppia all’altare- “Posso avere gli anelli?”

Il verso di spavento di Rapunzel echeggiò in tutta la basilica, quando il cavallo che avrebbe dovuto consegnare le fedi, si fece avanti ricoperto da un liquame nero e con indosso un vestito da donna e un cappello a falda larga, di un tenue color ciclamino.

Eugene prese cauto gli anelli e mentre ancora tutti erano confusi da quel siparietto, l’officiante li dichiarò marito e moglie: “Ehm…potete baciarvi!”- i due non se lo fecero ripetere due volte e suggellarono il loro amore con un bacio appassionato.

L’intera sala venne scossa da un boato di applausi e incitamenti: uno strano gruppo di energumeni con elmi vichinghi, rideva e fischiava sguaiatamente; le sorelline di Lucy si abbracciavano emozionate e saltellavano sul posto; il cavallo sull’altare nitriva felice e Anna…

-“Oh mio dio, Anna! Cosa c’è?”- le chiese preoccupato Kristoff poggiandole un braccio sulle esili spalle, mentre lei si asciugava le copiose lacrime che le cadevano dagli occhi.

-“I-i matrimoni…mi emozionano sempre!”- i singhiozzi la scuotevano.

-“Ma a quanti matrimoni hai partecipato fin ora?”-

Anna lo fissò per un secondo: “Questo è il primo.”

-“ Oh Anna…”- Kristoff avrebbe voluto dirle qualcosa per consolarla, ma venne interrotto prontamente da Eugene che gridava dall’altare.

-“Pronti per la baldoria più sfrenata che il regno abbia mai visto?”-

 

 

 

 

 

Angoloautrice: per scrivere questo capitolo c’ho messo una vita; è lunghissimoooooo; è solo descrittivo, non aggiunge nulla di che alla trama, ma vi prometto che nei prossimi capitoli ci saranno colpi di scena; non mi piace, almeno in parte; devo ancora rileggerlo per correggere eventuali errori, ma voi fatemi sapere lo stesso cosa ne pensate…pace. Amen!

Ringrazio le 16 persone che hanno inserito la storia tra le preferite e le 27 che l’hanno inserita tra le seguite…spero di non annoiarvi troppo ;)

*le quattro bambine, le sorelline di Lucy, non sono altro che le bambine che fanno la mega treccia a Rapunzel quando balla la danza del regno...capito quali? ho voluto che fosse così, per avere un certo legame tra le due storie XD spero si sia capito!

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Capitolo 10
*** Capitolo 10: Resta... ***


Capitolo 10: Resta…

 

Kristoff non aveva mai mangiato tanto in vita sua, nemmeno alla cena che Elsa gli aveva offerto per ricompensarlo del fatto che avesse riportato la sorella sana e salva a casa. Lo stomaco del ragazzo aveva cominciato a saziarsi già alla sola vista di tutto il banchetto nunziale, quindi dopo poche portate era già pieno fino all’orlo. Invece lo stomaco di Anna sembrava non avere fondo: aveva cominciato dalla portata principale circa due ore prima e ancora riusciva ad ingerire cibo; passava dal dolce al salato come se nulla fosse e gustava tutto con una tale grazia da far venir voglia di mangiare ancora.

-“Ma come fai ancora  a far entrare roba lì dentro?”- le chiese con tono scettico, indicando la pancia piatta della principessa.

Anna ingoiò e si ripulì le labbra dalla panna del dolce che stava mangiando: “Il segreto” - disse con il tono di una che la sa lunga -“è masticare piano e assaggiare un po’ di tutto. Oh e per quanto riguarda questa…”- disse toccandosi il ventre- “sappi che il corsetto fa magie!”

Il ragazzo la guardò incredulo: “Sta di fatto che non riesco ancora a capire come una tale quantità di cibo riesca ad entrare in una piccola come te!”

-“Ehi! Io non sono piccola…sei tu che sei fuori misura.”- lo rimproverò scherzando.

Intanto le prime ombre della sera cominciavano a calare sull’immenso cortile del palazzo reale, adornato a festa per il ricevimento nuziale: l’aria tutt’attorno era satura di musica, chiacchiere e risate.

Il profumo dei fiori si fondeva con quello dell’olio bruciato delle prime lanterne, accese per rischiarare l’oscurità che pian piano stava divorando ogni cosa, rendendo l’atmosfera ancora più dolce e suggestiva.

La luce si rifletteva sui bicchieri, sulle posate, sull’uncino dello strano omone che suonava magnificamente il piano e soprattutto riverberava sulle gemme cucite sul vestito rosso di Anna, rendendola bella come un tramonto di fuoco sull’oceano.

Kristoff non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, troppo preso da quella vista mozzafiato: come faceva a piacerle? Lei era perfetta e bellissima e lui…beh lui era niente! Lei se ne stava lì, con gli occhi scintillanti, a fissare le coppie che volteggiavano sulla pista da ballo, con le spalle dritte contro lo schienale della sedia, con le mani strette in grembo, le labbra tirate in un sorriso appena accennato e il petto che si alzava e si abbassava al ritmo del suo respiro. Beh, per quanto poteva dirne lei, aveva l’aspetto più regale che avesse mai visto; non aveva nulla da invidiare alla sorella.

E lui come c’era finito in una situazione del genere? Non si sentiva a suo agio tra tutti quegli sconosciuti, con quei vestiti indosso poi, si sentiva più che mai ridicolo e fuori luogo. E mentre pensava a tutto questo se ne stava come un ebete a fissare Anna, sospirando rumorosamente.

Non meritava nemmeno di sederle accanto, figurarsi essere il suo fidanzato o sposarla un giorno. No, era fuori discussione: per il bene di entrambi avrebbero dovuto chiudere quella situazione.

-“Ti piace la vista?”- gli chiese Anna facendolo tornare con i piedi per terra, smontando tutti i castelli in aria che la sua mente aveva appena costruito.

-“Cosa?”- le rispose spaesato.

La principessa lo fissò per un secondo, divertita dalla sua espressione imbarazzata: “Andiamo Kristoff! Tieni i tuoi occhi puntati su di me da…beh parecchio tempo. Sai, all’inizio era dolce, ma ora comincia a diventare inquietante.”- gli sorrise nervosamente, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

-“Oh beh, veramente io… si.”- cosa doveva dirle? Che era così bella da farlo sentire una nullità a confronto? O che non meritava di starle accanto? - “Scusa, non volevo spaventarti.” - le rispose con tono mortificato.

-“Scherzi? Ne sono lusingata. Insomma, invece di guardare lo spettacolo che ti circonda, non certo una cosa che si vede tutti i giorni, continui a osservare me, una che ti sta attorno ogni giorno da almeno due mesi!”- gli rispose prontamente, risollevandogli il morale.

Cosa risponderle? Come faceva quella ragazza a mandargli il cervello in pappa ogni volta? Certo non era mai stato bravo con le parole, ma cavolo, ogni volta che doveva dirle qualcosa la testa lo abbandonava e la lingua si ingarbugliava, rendendogli molto difficile esprimersi con frasi di senso compiuto.

Per fortuna lei era sempre lì a tirarlo fuori dall’imbarazzante silenzio in cui cadeva: “Allora…ti va di ballare?”

-“Mmm…no. Non direi proprio.”-

-“E per quale motivo?”-

-“Semplicemente perché non so ballare.”- le rispose scrollando le spalle.

Anna ci pensò su per alcuni secondi, rivolgendo lo sguardo alla pista da ballo, improvvisata tra le centinaia di tavoli imbanditi: “Beh sai camminare, no!?”

-“Si, ma questo cosa c’entra?”- le chiese scettico.

-“Se sai camminare sai anche ballare. Il principio è lo stesso: muovere i piedi avanti e dietro, seguendo il ritmo.”- spiegò semplicemente, sorridendogli, come se con quella piccola lezioncina lui potesse diventare un bravo ballerino.

-“Ascolta, non è così facile come sembra per me…io sono alto, non so muovermi, sono goffo… ed inoltre potrei pestarti i piedi!”- cercava di deviare il discorso, cercando di farle dimenticare la domanda principale.

-“Non importa. Dovrai imparare prima o poi, no?! Al nostro matrimonio…fermo non dire nulla, lasciami finire e poi potrai dire quello che vuoi. Dicevo, al nostro matrimonio ci sarà un momento in cui dovremmo ballare assieme, lo sai questo. Vero?”-

-“Perché continui a tirare questo matrimonio in ballo, in ogni discorso che facciamo?”-

-“Perché ora siamo fidanzati!”- gli rispose con un sorrisino sornione.

Kristoff rimase spiazzato per almeno cinque secondi: perché non ci aveva pensato prima? Anna lo aveva catturato nella sua rete, senza che lui se ne rendesse minimamente conto. Un fidanzamento presupponeva che di lì a qualche mese ci sarebbe stato un matrimonio. Voleva schiaffeggiarsi da solo, per la sua stoltezza.

-“Beh…imparerò poi!”- fu la sua risposta laconica.

-“Come vuoi.”- la principessa incrociò le braccia al petto –“Ballerò con il primo che me lo chiederà!”- sentenziò stizzita.

-“Bene, non sarò certo io a fermarti.”- perché doveva sempre metterla sul personale?

-“Bene.”-

-“Benissimo.”-

-“Ottimo!”- sbottò scocciata.

-“Smettila.”- tagliò corto lui.

-“Perché dovrei smet-…”- cominciò, ma venne interrotta da un lieve tossire.

Un uomo si era avvicinato ai due, e con lieve inchino si era presentato a Anna: “Milady, sono il conte Gaston Lumière…potrei chiederle l’onore di questo ballo?”-

Anna fissò l’uomo con la bocca spalancata per un secondo e poi voltandosi con un sorriso di trionfo verso Kristoff, rispose: “Ma certo, ne sarei onorata.”

L’uomo le prese la mano e la baciò, attirandosi lo sguardo infastidito di Kristoff, che avrebbe voluto assestargli un pugno su quel naso da effeminato tronfio pallone gonfiato, e poi la condusse verso la pista da ballo.

Il walzer che i musicisti cominciarono a suonare, era troppo lento e appassionato per i gusti del tagliatore di ghiaccio, che dovette assistere allo spettacolo della sua fidanzata stretta tra le braccia di un altro, senza poter dire nulla in contrario: era stato lui a dire che non avrebbe obiettato, no?

Stava di fatto che il bello e carismatico Gaston Lumière o come si chiamava, lasciava indugiare un po’ troppo le mani sulla schiena e sui fianchi di Anna, che non sembrava esserne infastidita; le si avvicinava a una distanza così ridotta che per un momento al povero ragazzo saltò il cuore in gola.

Se da una parte Kristoff era esasperato e avrebbe molto presto preso a calci qualche fondoschiena blasonato, dall’altra Anna non sembrava intenzionata a voler smettere molto presto di ballare con quel bellimbusto: rideva a quella che forse doveva essere una battuta, arrossiva a quello che doveva essere un complimento e piroettava come una trottola tra le altre coppie, sulla pista da ballo.

-“Ehi amico, se non smetti di stringere quel bicchiere, ti si frantumerà tra le mani.”- una voce divertita gli giunse dalle spalle. Il ragazzo mollò la presa sul bicchiere e si voltò per osservare meglio chi aveva interrotto i suoi piani di vendetta, e dovette sbattere più volte le palpebre, per riconoscere la neo coppia di sposini felici, che sprizzava gioia da tutti i pori.

-“Kristoff, giusto?”- le chiese la principessa.

Annuì in silenzio, non fidandosi del tono di voce che avrebbe potuto lasciare la sua bocca: sarebbe di sicuro suonato acido ed irato oltre ogni modo.

-“Cosa c’è che non va?”- continuò la sposa –“Non ti stai divertendo? Hai una faccia così, così…”- la ragazza si voltò verso il marito, affinché le venisse in aiuto.

-“Rabbiosa. Credo che il termine più appropriato sia rabbiosa, biondina.”- disse ridendo della faccia scocciata di Kristoff.

-“Beh no…io mi sto divertendo, ma starei meglio se…”- e di nuovo strinse un pugno sul tavolo, facendo sbiancare le nocche.

Rapunzel seguì lo sguardo del ragazzo e capì il suo malumore: “Non preoccuparti per quello. Vedrai che finito questo ballo tornerà qui da te.”- lo rassicurò, posandogli gentilmente una mano sulla spalla.

-“Non credo proprio, mi sembra si stia divertendo un mon-…”- Eugene non completò la frase che si ritrovò zittito da una gomitata della moglie, che lo fissava seria.

Kristoff sospirò rassegnato da quella situazione: “In fondo è colpa mia: le ho detto io che poteva ballare con il primo che capitava.”

-“Beh, te la sei cercata!”- lo riprese Eugene.

-“Eugene!”- lo rimbottò Rapunzel.

-“Ma scusa, io non ti concederei mai di ballare con il primo che passa. È da stupidi!”-

-“Grazie. Io sarei sempre qui.”- Kristoff attirò l’attenzione della coppia.

-“Ehi, sono schietto, non posso farci nulla.”- Eugene fece spallucce.

I tre vennero interrotti da una folla di persone che correva verso la pista da ballo, mentre gli archi e i fiati si alzavano dalle loro comode sedie, cominciando a suonare un ritmo più veloce ed allegro.

-“Oh Eugene! È la nostra canzone*.”- squittì la principessa eccitata, battendo le mani.

-“Che? E da quando avremmo una nostra canzone?”- le chiese dubbioso.

La principessa lo guardò con un sopracciglio alzato.

-“Scherzo, tesoro!”-  la rassicurò mettendole un braccio attorno alla vita- “Andiamo a ballare?”- continuò, strappandole un enorme sorriso.

-“Si!”- lo prese sottobraccio e si voltò verso la pista da ballo, ma si fermò e si girò verso Kristoff: “Tu non vieni?”

-“Per ballare con…!?”- le rispose un po’ stizzito.

-“Amico, se non vai a riprendertela non sono tanto sicuro che tornerà!”- gli rispose Eugene dandogli un colpo energico sulla spalla, tanto da farlo traballare sulla sedia.

-“Ehi!”- lo fulminò con lo sguardo.

-“Quando ti deciderai sarà troppo tardi…insomma guardala, in mezzo a tanti maschioni, potrà fare a meno di te!”- cercò di provocarlo, ma il ragazzo rimase fermo immobile con gli occhi puntati su Anna, che volteggiava tra le braccia di decine di uomini.

-“Forse è così che deve essere…”- disse abbattuto.

-“Scherzi, vero?!”- proruppe Rapunzel-“Lei ti ama!”-

-“Come fai a dirlo? Non ci conosci nemmeno.”- sbottò, forse con un po’ troppa irruenza.

-“Si vede dal modo in cui ti guarda; forse non conosco lei, ma so com’è una ragazza innamorata…osservala bene: non presta attenzione a quello che le dicono o che le sussurrano all’orecchio, il sorriso che le vedi sulle labbra è solo di cortesia, i suoi occhi non ridono, sono fermamente alla ricerca dei tuoi.”- gli disse con voce dolce la principessa, poi prendendo Eugene da parte, lo lasciò lì a rimuginare su quello che gli aveva appena detto.

Intanto il ritmo della musica era pian piano aumentato, diventando sempre più incalzante, facendo sì che i piedi dei ballerini si muovessero veloci sul pavimento lastricato del cortile del palazzo, riempiendo l’aria con battiti di mani e risa di gioia: quando la coppia reale si unì alle danze, gli invitati proruppero in appalusi e grida di esultanza.

Kristoff continuava a guardare tutta la scena dalla sua postazione defilata, rendendosi conto di essere uno dei pochi invitati rimasti seduti al proprio posto. Si alzò per raggiungere il cerchio di folla venutosi a creare attorno alla pista da ballo, continuando a tenere lo sguardo puntato su Anna, pensieroso.

Nello stesso momento la principessa di Arendelle, volteggiava a ritmo di musica, battendo le mani e saltando a tempo, cambiando ad ogni giravolta il suo compagno di ballo, attirando su di sé gli sguardi di molti: il vestito le si gonfiava ad ogni passo e la luce riverberava nei suoi occhi e sul corpetto dell’abito, rendendola “spaventosamente bella”.

Kristoff osservava bene ogni uomo che le metteva le mani addosso, maledicendolo anche solo per aver sfiorato le sue mani affusolate o per averla fatta ridere. Anna sembrava davvero felice, lì in mezzo a tanto chiasso e a tanta gente: come darle torto? Aveva vissuto gli ultimi anni della sua vita rinchiusa in una gabbia dorata, si, ma con sbarre di solitudine e silenzio.

Il ragazzo avrebbe voluto prendersi a pugni: come gli era saltato in mente di darle il via libera? Quanto stupido doveva sembrare, lì immobile, da solo, nonostante attorno a lui vi fosse una moltitudine di persone che lo spintonavano e gli ostruivano la vista? Come poteva permettere che qualcun altro si specchiasse negli occhi limpidi di Anna o che la stringesse fino a farle perdere il respiro?

Avrebbe dovuto essere lui a stringerla fino a lasciarla senza fiato; a farla danzare fino a farle girare la testa; a farla ubriacare dei suoi sguardi e dei suoi baci; a farla ridere… in fondo ci riusciva bene, no?! Perché allora, per Odino e per tutti gli dei di Asgard riuniti in consiglio, si era tirato indietro?

Ah, già! Non sapeva ballare. Ma non era del tutto vero: una volta o due, nella locanda di Arendelle, una delle figlie dell’oste l’aveva tirato in ballo, non lasciandogli altra scelta se non quella di ballare, al ritmo della musica e del battere incessante delle mani degli altri tagliatori di ghiaccio. Ma questo era stato prima di incontrare Anna.

Quindi avrebbe potuto provare. La musica cessò nel momento esatto in cui fece un passo nella zona franca tra il cerchio della folla esultante e la pista piena di coppie sorridenti, e i suoi occhi si spalancarono per la rabbia e per la sorpresa: l’uomo con cui stava ballando la ‘sua’ principessa, le aveva appena sfiorato il collo e la guancia, lievemente arrossati, con le sue dita viscide, mentre le stringeva ancora la vita nonostante la musica fosse finita e le altre coppie si stessero proferendo in profondi inchini di compiacimento verso i rispettivi compagni di ballo.

-“Questo è troppo!”- sussurrò tra sé a denti stretti.

Accecato dalla rabbia, camminò a passo di marcia tra le coppie, che gli aprivano il passaggio verso Anna e quel mentecatto che si stava approfittando della sua ingenuità.

Con un colpo di tosse esageratamente finto, richiamò l’attenzione di entrambi, squadrando l’uomo dall’alto in basso, sovrastandolo con la sua statura: “Permette. Lei è già impegnata!”- disse con tono duro ed infastidito.

L’uomo sbiancò, spalancando gli occhi e balbettando qualcosa; poi prima di sparire tra la folla, si inchinò velocemente ad Anna e scomparve dalla vista dei due.

-“Sei stato scortese.”- gli fece notare la ragazza.

-“Non direi. Mi sembrava che avesse sconfinato in territori che non gli competevano e quindi mi sembrava giusto interromperlo, prima che potesse farsi molto male.”- sentenziò Kristoff, guardandola negli occhi, con la voce tremante che tradiva il miscuglio di emozioni che si stavano battendo nel suo petto, per avere la meglio sul suo cuore.

Anna non disse nulla, si limitò a fissarlo per alcuni secondi, prima di prorompere in una lieve risatina: “La gelosia corrode la mente e corrompe il giudizio, mio pungente re delle renne.”- gli disse, prendendolo per il bavero della giacca e costringendolo ad abbassarsi alla sua altezza.

-“Sarà, ma l’ingenuità a volte rende cechi, principessa.”- le soffiò sulle labbra, prima di colmare la distanza fra loro e baciarla dolcemente.

Intanto la musica aveva riempito di nuovo l’aria e attorno a loro le coppie avevano ricominciato a volteggiare e a saltellare animatamente.

-“Mi concede questo ballo?”- le chiese porgendole la mano e inchinandosi appena.

-“Ne sarei onorata, signore.”- rispose con tono scherzoso Anna, facendo a sua volta una lieve riverenza e afferrando la sua mano.

 

 Contro ogni sua più rosea aspettativa, Kristoff riuscì a ballare quasi tutte le danze che vennero proposte, lasciandosi guidare il più da Anna, che indirizzava i suoi passi e gli sorrideva incoraggiante.

Dopo due quadriglie, un valzer e una polka la principessa lo trascinò fuori dalla pista da ballo, raggiante nonostante la stanchezza.

-“Credo di non essermi mai divertita tanto.”- disse senza fiato, sedendosi al suo posto e versandosi da bere in un calice.

Kristoff la guardava compiaciuto: era riuscito nel suo intento e aveva vinto le sue paure; l’aveva fatta ridere fino alle lacrime, l’aveva fatta volteggiare a tempo di musica fino allo sfinimento, aveva giustamente monopolizzato la sua attenzione e più di una volta l’aveva sentita respirare rumorosamente per riprendere fiato.

Anna ingollò il contenuto del calice, riempito fino all’orlo, e si leccò poco principescamente le labbra: “Questo succo d’uva aveva uno strano sapore, ma almeno la sete è passata.”

Il ragazzo le prese il bicchiere dalle mani e ne odorò il contenuto: “Anna! Non era succo d’uva, è vino.”

-“Oh-oh. Forse non avrei dovuto berlo. Di solito tendo ad addormentarmi quando bevo.”- rise scioccamente.

Kristoff si trattenne dal ridere a sua volta, osservandola, mentre con il viso rosso e la pelle accaldata si faceva aria con le mani.

-“Beh faremo in modo di non farti addormentare, allora.”- le sorrise il ragazzo.

Un grido proveniente da un luogo indefinito catturò la loro attenzione: “Alle barche!”

Tutti gli invitati si precipitarono per le stradine del regno, giù verso i piccoli ma numerosi moli, saltando sulle barche approntate per l’occasione.

Anna trascinò Kristoff fino al molo, e fece per salire a bordo di una delle piccole barche a remi, ma il ragazzo si fermò di colpo: “Aspetta, che? Io non salgo di nuovo su una di quelle.”- s’impuntò.

-“E come vorresti tornare ad Arendelle, sentiamo.”- Anna fece un verso strano e lo spinse un passo alla volta sull’imbarcazione.

La barca, mossa dal loro peso, cominciò ad andare alla deriva: “Vorrei farti presente che non so guidare questa cosa.”

-“Aspetta, non deve essere complicato.”- disse Anna mettendo uno dei remi in acqua e cominciando a muoverlo in modo sconnesso, schizzando se stessa e il povero tagliatore di ghiaccio che assisteva a quello spettacolo pietoso.

-“Ferma. Ferma.”- le intimò, fermandole il braccio, mentre la barca girava su se stessa e rollava pericolosamente – “Credo che un bagno al giorno basti e avanzi, che dici?”- le chiese ironico, immergendo entrambi i remi in acqua e imitando le movenze dei rematori delle barche che passavano loro accanto.

Cominciarono a prendere il largo un po’ alla volta, seguendo la scia delle altre barche, allontanandosi dalla banchina.

Quando furono abbastanza lontani, Anna lo fermò in silenzio, guardando con gli occhi spalancati alle sue spalle. Il ragazzo si voltò e per un momento gli mancò il fiato: mille e più luci fluttuavano leggere, sospinte dalla brezza estiva, danzando silenziose sopra Corona, illuminando l’acqua scura di decine di riflessi aranciati.

-“Credo di non aver mai visto niente di più bello.”- esclamò la principessa con la bocca spalancata per la meraviglia.

Kristoff concordò in silenzio, annuendo, anche se avrebbe voluto ribattere che se si fosse specchiata più attentamente avrebbe scorto qualcosa di ancor più incantevole; ma si astenne, intento ad osservare quello spettacolo magico.

Il ragazzo tirò i remi in barca e si sedette al fianco di Anna, che subito posò la testa sulla sua spalla, contemplando in silenzio il volo delle lanterne, che pian piano si confondevano con le stelle, nel cielo buio.

-“Sono felice di essere qui… con te.”- Kristoff spezzò il silenzio che aleggiava su di loro, ascoltando il respiro regolare di Anna che non si muoveva –“Sai, credo di essermi irrimediabilmente innamorato di te.”- disse piano, come se non volesse essere sentito, trovandosi spiazzato dalla verità delle sue stesse parole.

La principessa continuava a rimanere muta e il ragazzo si chiese se avesse fatto bene a confessarglielo. Poi un verso indefinito sfuggì dalle labbra di Anna.

Kristoff si sporse per controllare che stesse bene e un verso disperato gli scappò involontariamente: la principessa sonnecchiava beatamente contro la sua spalla, emettendo dei versetti e blaterando qualcosa nel sonno.

Quella ragazza era incredibile! Lui le aveva aperto il suo cuore e lei si era addormentata!

Senza infastidirla il ragazzo riprese i remi e ricondusse pian piano la barca verso il molo, lasciandola dormire.

Un uomo assicurò la barca con una fune ad un ormeggio e aiutò il ragazzo, che intanto aveva preso la principessa in braccio, a scendere.

-“Vuole che chiami un calesse?”- gli chiese l’uomo, scrutando la principessa addormentata.

-“No. No grazie ce la faccio.”- rispose Kristoff, rafforzando la presa su Anna, che in risposta si accoccolò contro il suo petto, inconsapevole del mondo attorno a lei.

 

Per quanto Anna fosse leggera, il vestito che aveva indosso doveva pesare una tonnellata; se a ciò si aggiungeva il fatto che l’aveva dovuta portare in braccio fino al castello, su per il lieve pendio su cui sorgeva Corona, poteva tranquillamente giustificare i crampi nelle braccia e il leggero fiatone.

Con un ultimo sforzo di volontà, riuscì a salire l’enorme scalinata dell’atrio principale e trovare la strada per le loro camere.

Quando finalmente arrivò davanti alla porta della stanza della principessa, tirò un sospiro di sollievo e molto goffamente, per non svegliare la ragazza, cercò di aprirla con un gomito.

Una volta dentro, posò delicatamente Anna sul letto e dopo averle tolto le scarpe, le diede un bacio sulla fronte: “Buonanotte bella addormentata.”- rise fra sé, mentre si avviava verso la porta.

Solo quando si voltò per andarsene, sentì qualcosa tirargli la manica della giacca: “Kris…toff”

-“Si?”- le disse voltandosi a guardarla, mentre lei lo osservava con gli occhi appannati dal sonno.

-“È tardi.”- sentenziò, trattenendo uno sbadiglio.

-“Lo so. Dovresti dormire e lo stesso vale per me.”- le disse con tono calmo.

-“Resta qui…con me.”- soffiò Anna.

Per un momento Kristoff pensò che stesse parlando nel sonno, forse con Elsa.

-“Ti prego. Non andartene, Kristoff.”-

Il ragazzo non poté non notare il tono supplichevole della sua voce.

‘Mai!’- avrebbe voluto gridarle.

Trattenne il respiro, mentre si consultava con la sua coscienza chiedendosi se quello che stava per fare fosse giusto o meno. ‘Non c’è nulla di male.’ – fu la risposta secca della suo io interiore.

Scalciò via le sue scarpe e togliendosi la giacca e il fazzoletto che Anna aveva tanto insistito per fargli indossare, strisciò al suo fianco, sul letto, mettendo il massimo della distanza fra loro. Ma questo non dovette andare a genio alla principessa, che subito si infilò tra le su braccia.

-“Sei così caldo.”- sussurrò nel suo stato di dormiveglia, sistemandosi ancora meglio nel suo abbraccio.

Il ragazzo la strinse piano e per la prima volta in vita sua pregò per la sua anima: se Anna avesse letto i pensieri che si agitavano nella sua mente in quel momento, lo avrebbe di certo condannato all’inferno.

Poi confortato dal pensiero della ragazza stretta tra le sue braccia, si abbandonò ad un sonno ristoratore.

 

 

*http://www.youtube.com/watch?v=V6NBeiCedCk    (questa è la musica che immaginavo!XD)

 

 

AngoloAutrice: Buonsalve! O dovrei dire buon sabato sera…si purtroppo invece di andare a fare baldoria in giro, per colpa di questa pioggia incessante, sono inchiodata a casa e quindi in mancanza di altro da fare, sono qui a pubblicare. Maledetta pioggia che attenta alla mia vita sociale!XD Vabbè il lato positivo è che aggiornerò prima ;D

Beh, cosa dire di questo capitolo, mi piace, perché è puro e semplice fluff/angst Kristanna. Scrivere di questi due mi viene proprio facile e poi ultimamente ho bisogno di romanticismo e di dolcezza; quindi oltre a tuffarmi nel barattolo della Nutella ho un bisogno impellente di scrivere cose di una zuccherosità (parola che ho appena coniato!) diabetica. Ed ecco qui cosa esce fuori quando sono in tal stato d’animo ;)

Comunque spero vi piaccia e spero tanto di non annoiarvi…ah faccio un lievissimissimo spoiler, giusto per tenervi attive: godetevi questa quiete fluffosa, perché la tempesta è alle porte con la sua dose di tristezza e drammaticità…muahuahuahauhua *un tuono rimbomba e un lampo squarcia il cielo*

Okay spero di ricevere vostre considerazioni su questa cosa…ah, come sempre grazie mille alle 19 persone che preferiscono la mia ff e alle 30 che l’hanno inserita tra le seguite.

Buon Week-end!XD

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Capitolo 11
*** Capitolo 11: Di sogni imbarazzanti, fantasie inconfessabili e scommesse sul futuro ***


Capitolo 11: Di sogni imbarazzanti, fantasie inconfessabili e scommesse sul futuro

Non ricordava quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che si era svegliato cullato da una piacevole sensazione di calore, tra la morbidezza di cuscini di piume d’oca e lenzuola profumate. Di solito al mattino, era il rumore delle sue ossa, anchilosate dal freddo della notte in montagna, a farlo rinvenire.

Il tepore che gli si irradiava dal petto e che pian piano si stava estendendo fino alla punta dei piedi, sembrava quasi avere un corpo proprio, come se una calda coperta lo avvolgesse e conciliasse il suo torpore. Anzi, oltre che un corpo, quel calore sembrava avere un certo peso…ma le coperte non si muovono e non fanno deliziosi versetti.

Aprì piano gli occhi sbattendo più volte le palpebre, per abituarsi alla luce abbagliante del Sole, che già splendeva alto in cielo, e si concentrò sulla stanza che lo circondava: di sicuro non era la baita in montagna e nemmeno una delle stanze del castello, dove Anna lo costringeva a rimanere qualche volta. I ricami d’oro della carta da parati damascata, rilucevano alla luce che entrava da una finestra, che nella posizione in cui era non riusciva a vedere; un delizioso profumo di primule aleggiava nell’aria, ed era sicuro che provenisse da quel vaso di fiori gialli, poggiato sulla mensola del camino spento; due grossi bauli, traboccanti di stoffe troppo colorate e costose per i suoi gusti, erano poggiati in un angolo della stanza, mentre altri abiti giacevano abbandonati sul pavimento, ricoperto da tappeti d’importazione  con ricche trame d’oro e porpora: delle calze, una gonna verde, quello che sembrava un corsetto, un gilet sgualcito, un paio di piccole scarpette rosse, la sua giacca, il famoso fazzoletto di seta, i suoi stivali, il vestito rosso di Anna…la sua camicia: aspetta, che? Quando se l’era tolta? E i calzoni? Perché giacevano disfatti, come se li avesse lanciati alla cieca? La mente cercava febbrilmente una risposta a tutto quello, e mentre macinava pensieri su pensieri, per poco non svenne quando colse con la coda dell’occhio il riflesso nello specchio difronte: due figure immobili, o quasi, riposavano distese nell’enorme letto, coperte da leggere lenzuola bianche; una era lui di sicuro, riusciva a vedere i suoi occhi spalancati, unica macchia di colore sul suo viso impallidito di botto, e i suoi capelli indomabili che gli ricadevano scomposti sulla fronte. E chi era l’altra figura, quella che stringeva come il più prezioso dei tesori?

No. Non poteva essere! Come era potuto accadere? Non aveva la mente totalmente lucida, ma ricordava tutto quello che era successo la notte precedente: i balli, le risate, la tensione, tutti i suoi stupidi ripensamenti, qualche bacio, la sua dichiarazione inascoltata e la scarpinata su per la collina di Corona, una richiesta…anzi più una supplica, sussurrata tra uno sbadiglio e l’altro, che ancora gli rimbombava nelle orecchie. Resta. Un’unica parola che gli martellava in testa, quell’unica parola che avrebbe potuto spiegare tutta quella situazione.

Abbassò lo sguardo sulla figura dormiente tra le sue braccia e un verso sconvolto gli risalì dalla gola, fermandosi sulle labbra serrate per la sorpresa: Anna riposava beatamente con la testa poggiata sul suo petto, stretta a lui in un abbraccio che aveva poco o niente d’ innocente, con le guance lievemente arrossate ma un’espressione rilassata sul volto, le spalle nude, coperte solo in parte dai capelli sciolti, mosse dai suoi lievi respiri e il resto nascosto solo da un leggero e quasi trasparente lenzuolo, attorcigliato attorno alle loro gambe.

Lasciò per un momento che lo sguardo vagasse sulla figura addormentata della principessa e poi lo distolse da quella vista, poggiandosi una mano sugli occhi chiusi: “È solo un brutto sogno, falso e di cattivo gusto…ti prego fa che sia solo un sogno. ”- si disse fra sé, mentre riapriva piano gli occhi sperando di ritrovarsi nella sua stanza, nel suo letto, da solo. “Perché mi caccio sempre in certe situazioni!?”- si lamentò ancora una volta.

-“Stanotte non sembrava ti dispiacesse molto questa situazione.”- sentenziò una voce assonnata ma abbastanza chiara da essere capita. Sobbalzò, mentre Anna al suo fianco si stirava come un gatto e sbadigliava graziosamente.

-“Buongiorno.”- disse la principessa, con un versetto di apprezzamento, sorridendogli in modo accattivante.

-“B-buong-giorno?!”- rispose sconvolto lui, mentre le dita della principessa correvano sul suo petto e lei si stava avvicinando pericolosamente al suo viso sconvolto. Quando le labbra di Anna si posarono sulle sue, non riuscì a ricambiare il bacio, troppo preso da quella situazione imbarazzante. Questo non piacque alla ragazza che si scostò da lui, rivolgendogli uno sguardo confuso: “Qualcosa non va?”

La osservò per un secondo: “Mi chiedi cosa c’è che non va?!”- le disse con una risatina isterica- “Questo, non va!”- disse indicando loro due. La principessa continuava a guardarlo in modo strano.

-“Non vorrei sembrare scortese o rude o come vuoi dire… ma come ci siamo finiti in questa situazione? Io davvero non ricordo. E ad essere sincero non era proprio nei miei piani. Non che il pensiero non mi abbia mai sfiorato, ma…non ti sembra un po’ sconveniente, prematuro?”- disse con la spontaneità di un bambino.

Non appena metabolizzò quello che il ragazzo aveva detto, il volto delicato di Anna si trasformò in una maschera rossa di rabbia ed imbarazzo: “Aspetta che? Non solo mi stai dicendo che non ricordi nulla di questa notte, ma che secondo te sarebbe stato solo uno stupido errore nei tuoi, non tanto chiari, piani?”

-“Beh, io dico solo che…”- tentò di ribattere lui, ma venne zittito da una cuscinata ben assestata in faccia.

-“Sta zitto!”- disse sull’orlo di una crisi isterica –“Kristoff Bjorgman hai chiuso…goditi i tuoi ultimi giorni di vita, perché al nostro ritorno ad Arendelle, mia sorella Elsa sarà più che felice di trasformarti in un ghiacciolo!”- gli urlò dietro, mentre cercava qualcosa da lanciargli.

-“Ma, ma io…adesso calmati, così ne parliamo, che ne dici?”- cercò di placarla, ma venne raggiunto da una delle sue scarpette rosse, dritto su una tempia e cadde bocconi sul pavimento, non prima di aver sbattuto la fronte sullo spigolo del comodino. Poi non sentì più nulla e la vista gli si oscurò.

 

 

Si alzò a sedere, con un gran mal di testa, massaggiandosi la parte dolente: era seduto sul pavimento, al fianco del letto, con una gamba ancora aggrovigliata nelle lenzuola bianche. Nella stanza regnava un innaturale silenzio dopo le urla isteriche di Anna e di lei non c’era la minima traccia. Fece leva sul bordo del letto per rialzarsi e quasi cadde all’indietro quando scorse la principessa, ancora tra le braccia di morfeo, al centro del letto, avviluppata tra le coperte leggere, ma con ancora indosso l’ingombrante vestito rosso. Abbassò lo sguardo su di sé e scoprì di avere ancora la camicia e i calzoni al posto giusto, e non poté fare a meno di sospirare di sollievo: “Grazie a dio. Era solo un sogno!”- si lasciò sfuggire al colmo della gioia, mentre si tirava su.

Se quella notte il pensiero di rimanere nella stessa stanza di Anna lo aveva scombussolato, quel sogno lo aveva ulteriormente terrorizzato: e se qualcuno lo avesse trovato li? Come avrebbe giustificato la sua presenza? ‘Ho riaccompagnato la principessa nelle sue stanze e lei mi ha supplicato di rimanere’ scusa vera ma poco credibile. Doveva uscire di li.

Però quel sogno, in fondo, era stato piacevole: scosse la testa, come a voler scacciare via quel pensiero.

Si passò una mano sul volto stravolto e per quanto poteva permettergli la sua stazza, raccolse silenziosamente le sue cose dal pavimento: solo la giacca, il gilet e gli stivali, fortunatamente. Si diresse con passo felpato verso la porta. Ma, come la sera precedente, non appena posò la mano sulla maniglia, qualcosa lo trattenne.

-“Ehi, buongiorno…perché stai sgattaiolando via come un ladro?”- con la testa mollemente poggiata su una mano, Anna lo fissava con gli occhi socchiusi, seduta al centro del letto.

-“Ciao. Beh, io veramente stavo tornando nella mia camera e non volevo svegliarti.”- le rispose evitando accuratamente di incrociare il suo sguardo, temendo che lei potesse scorgere nei suoi occhi le ultime immagini di quel sogno che ancora occupava gran parte dei suoi pensieri.

-“Mi dispiace informarti che hai fallito miseramente. Io ho il sonno pesante, ma tu sei più rumoroso di un branco di troll esaltati!”- ridacchiò sbadigliando.

-“Ehi, non è vero. Ho cercato di essere il più silenzioso possibile. Evidentemente hai il sonno più leggero di quanto tu creda.”- le diede le spalle, deciso ad interrompere quella diatriba sul nascere e ad uscire dalla stanza.

-“Kristoff?”-

-“Mmh?”-

-“Qualcosa non va?”-

Oddio quella domanda: la stessa del sogno. Si voltò lentamente verso di lei, che lo fissava ben sveglia, con uno sguardo preoccupato.

Un verso gli sfuggì dalle labbra: “Mmm, non direi, perché?”- le chiese con un tono di voce strano, stringendo a sé gli abiti che aveva tra le mani ed indietreggiando impercettibilmente verso la porta.

-“S-stai bene? Non hai una bella cera…”- Anna saltò all’improvviso giù dal letto, inciampando tra le coperte e l’orlo del suo abito, cadendo rovinosamente di faccia- “Ahi!”- si lamentò alzandosi sulle ginocchia.

-“Oh mio dio, Anna!”- Kristoff lasciò cadere le cose che reggeva e le andò incontro, inginocchiandosi alla sua altezza- “Tutto bene?”

-“Ohi-ohi”- Anna si massaggiava il naso, mentre piccole lacrime le si stavano affacciando agli angoli degli occhi chiusi.

-“Lasciami vedere.”- le scostò gentilmente le mani dal naso e tenendole il mento tra l’indice e il pollice, le fece voltare la faccia da un lato e dall’altro, analizzando il rossore che stava pian piano affiorando sul viso della ragazza- “Non sembra rotto, ma servirebbe un po’ di ghiaccio…”

-“Ma tu metteresti del ghiaccio dappertutto, eh? E poi da quando saresti esperto in nasi rotti?”- gli chiese con tono dolorante.

-“Beh, sappi che un branco di tagliatori di ghiaccio assetati è pericoloso e io non sono immune alle scazzottate giù alla taverna di Bjorn. Se metti insieme queste due cose, capirai che forse ne so un po’ più di te in fatto di nasi rotti.”- ridacchiò lui, mollando la presa sul suo visino, un po’ troppo vicino al suo e scostandosi di qualche centimetro –“Vedrai che fra un po’ passa.”-

Anna gli si avvicinò piano, riempiendo il silenzio con il fruscio del suo abito, posandogli una mano sulla fronte: “Scotti! Non avrai per caso la febbre? E poi perché sei così rosso, terribilmente rosso.”- chiese innocentemente, facendolo arrossire ancora di più.

-“N-no, non ho nulla. Sto benissimo. Ora dovrei proprio andare, se permetti…”- si alzò e recuperando le sue cose frettolosamente, uscì dalla stanza lasciando la porta semiaperta.

Anna fissò per un momento il punto in cui era sparito e poi aiutandosi con le mani, si alzò e trascinandosi dietro quell’enorme vestito, si fece strada verso la stanza del ragazzo, che aveva già chiuso la sua porta a doppia mandata.

La principessa bussò: “ Kristoff! Ma che cosa ti prende? Si può sapere qual è il problema? Perché sei così sfuggente stamattina?”-

Il ragazzo aprì piano la porta, lasciando aperto solo uno spiraglio: “Non sono sfuggente, e poi non c’è nessun problema!”- ‘oh si invece che c’è un problema’ avrebbe voluto dirle ‘il problema è che ti ho appena sognata senza quel vestito e non credo che riuscirò più a guardarti, senza pensarci!’.

-“Allora cosa c’è che non va? Sembri…imbarazzato.” - lo fissò intensamente per un secondo e poi, come se le fosse balzata un’idea in testa, si portò le mani a coprire la bocca -“Ti prego, dimmi che non ho detto nulla di sconveniente…sai io tendo a straparlare quando sono brilla e non è colpa mia, ma le parole sfuggono alle mie labbra come se nulla fosse, senza pensarci. Se ho accennato a qualcosa, tipo te senza vestiti, sono terribilmente mortificata, non volevo. Sai come si dice: ‘in vino veritas’. Erano solo parole dettate dal vino! E quindi…”- Anna ciarlava a ruota libera, guardando lo stipite della porta, la punta dei suoi piedi nudi, le sue mani che nervose si stringevano l’una all’altra, ma mai diritto negli occhi di Kristoff.

-“Anna, stai blaterando.”- la avvisò il ragazzo, ridendo dell’espressione colpevole sulla sua faccia rossa, un po’ per l’imbarazzo e un po’per la botta al naso. Ma un campanello d’allarme gli suonò all’orecchio, quando le parole ‘te’ e ‘senza vestiti’ sfuggirono dalla bocca di Anna, lasciandolo per un momento basito e piacevolmente sorpreso: “Aspetta, che? Tu hai delle fantasie su me senza vestiti?”- le chiese con un sopracciglio alzato, risollevato da quella rivelazione.

Anna gli rivolse uno sguardo strano, e se possibile arrossì ancora di più: “Stanotte non ho detto nulla di tutto questo, vero?”- s’informò umiliata.

-“Ehm, no. Per la verità non hai detto molto, hai solo balbettato qualcosa di incomprensibile prima di cadere in un sonno profondo.”- incrociò le braccia al petto, cominciando a ridacchiare sommessamente.

-“È davvero umiliante tutto questo.”- commentò demoralizzata abbassando il capo.

Kristoff non disse nulla, cominciando a sentirsi un po’ in colpa: “Ehi, furia scatenata, non fa niente. Capita anche a me a volte.”- aveva parlato senza pensare, voleva solo consolarla.

-“Cosa? Di fare fantasie su me senza vestiti?”- Anna si riprese nel giro di un secondo, scoccandogli un’occhiata indagatrice.

-“Si…”- rispose di getto –“Ma no, che vai dicendo. Intendevo: capita anche a me a volte di parlare senza riflettere.”- si corresse subito, tirando un sospiro di sollievo quando si accorse che Anna non aveva fatto caso al suo repentino cambio di risposta.

La ragazza scrollò le spalle, rassicurata dalle sue parole e poi come se nulla fosse, si stampò un sorriso in faccia e tornò ad essere la solita principessa chiassosa e provocante: “Allora, che ti va di fare oggi?”

-“Non saprei, a te che va di fare?”- Kistoff si aggrappava alla porta come ad un àncora di salvezza, mentre la vedeva avvicinarsi sempre di più.

La ragazza lo spinse con poca grazie da parte e si intrufolò per la seconda volta in un giorno, nella sua stanza. Si accomodò sul letto, dopo aver fatto spazio tra gli abiti sparsi sul materasso.

-“Capisco che tu sia una principessa e che quindi tu non abbia bisogno di domandare mai nulla, ma di solito non si chiede il permesso prima di entrare in camera di qualcuno?”- le chiese stizzito, rimanendo sull’uscio della porta.

-“ Ehi, tu hai dormito nella mia stanza, nel mio letto! Non mi sembra che tu mi abbai chiesto il permesso.”- scherzò Anna.

Kristoff avvampò, colto alla sprovvista: “Beh, me l’hai chiesto tu di restare.”

-“ Ah si?! Io non me lo ricordo, forse anche tu eri poco lucido e hai scambiato un ‘buonanotte’ con un ‘resta’. E così approfittando del mio stato di incoscienza ti sei intrufolato nel mio letto…mia sorella potrebbe ammazzarti per questo.”- gli lanciò un’occhiata divertita, ma allo stesso tempo seria.

Kristoff la osservò terrorizzato, sbiancando e ingoiando a vuoto.

Anna scoppiò in una fragorosa risata:“ Sto scherzando, ovviamente. Oh mio dio dovresti vedere la tua faccia. So di essere stata io a chiederti di restare. Comunque, sorvolando sulla questione chi ha dormito nel letto di chi eccetera, avrei pensato ad una passeggiata in giro per Corona, cosa ne pensi?”

Il ragazzo non rispose subito: “Ti odio quando fai così!”- le disse chiudendo la porta.

-“Non è vero. Tu ti sei irrimediabilmente innamorato di me, ricordi? E mi ami con tutti i miei pregi e difetti, mi sbaglio?”- gli sorrise languidamente, sbattendo le ciglia, ripetendo le parole che le aveva confessato lui la sera precedente.

-“Cosa?”- le chiese sorpreso –“ Ma tu stavi dormendo beatamente, come hai fatto a…a meno che tu…”- le parole gli morirono in gola.

-“Ah-ah, stavo sonnecchiando che è ben diverso, ho sentito tutto.”- confessò battendosi un dito sull’orecchio -“Vuoi rimangiarti quello che hai detto?”- chiese tutto ad un tratto preoccupata.

-“No, ovviamente.”- Anna sospirò rassicurata.

Rimasero in silenzio per almeno un minuto, prima che Kristoff riprendesse la parola: “Per me va bene.”

-“Che cosa?”-

-“La passeggiata in giro per Corona, la trovo un’ottima idea.”- rispose con entusiasmo.

-“Bene, allora torno di là, così potrai cambiarti.”- gli sorrise mentre si avviava verso la porta. Ma di nuovo inciampò goffamente nell’orlo dell’abito. Però prima che potesse sbattere di nuovo con la faccia sul pavimento, due braccia forti la sostennero; Kristoff l’aiutò a rimettersi in piedi, ma non mollò la presa sulla sua vita e sulla sua schiena. Anna si mantenne al suo avambraccio e incrociò il suo sguardo divertito.

-“Forse sarebbe ora di toglierlo questo vestito.”- le disse senza riflettere.

-“È un ordine o un suggerimento, signor mastro consegnatore?”- gli chiese facendo scorrere le dita sull’avambraccio, su per la spalla sinistra ed il collo, poggiandogli infine il palmo della mano sulla guancia, mentre lo fissava intensamente con una strana luce negli occhi.

Kristoff si era perso nel suo sguardo limpido e seducente, sciogliendosi sotto il suo tocco inebriante e aveva perso l’uso della parola; ma quella domanda sussurrata a un centimetro dalle sue labbra, lo riscosse dal torpore in cui lo aveva precipitato la presenza ammaliante della principessa: “Cosa?”- disse sbattendo le palpebre velocemente, per recuperare un briciolo di lucidità –“Io non…cioè non era implicato nulla di…non volevo, insomma dicevo solo che forse potevi toglierlo per evitare di schiantarti al suolo ad ogni passo. Ecco tutto.”- la allontanò di poco, sperando di non sembrare scortese.

Anna gli sorrise di rimando, non badando al suo repentino cambio d’umore, e allacciandogli le braccia al collo gli scoccò un sonoro bacio sulle labbra: “Io vado, prima che ti prenda un colpo.”- si avviò alla porta lasciandolo inebetito -“Sbrigati, non voglio perdere tempo...a quanto ne so c’è molto da vedere qui a Corona.”- la principessa uscì, chiudendosi la porta alle spalle.

Kristoff rimase a fissare gli intarsi della porta chiusa. ‘Ti tiene in scacco!’ gli sussurrò una vocina nella sua testa: non aveva idea di cosa volesse dire, ma sapeva che era così.

 

 

Il campanile della vecchia basilica, che sovrastava con la sua torre campanaria tutte le altre costruzioni del regno, aveva da poco battuto le cinque del pomeriggio, quando il Sole cominciò il suo lento declino verso il tramonto, colorando il cielo di rosa e arancione: le molte e variopinte botteghe del borgo cominciavano a chiudere, mentre nell’aria si spandeva l’odore di legna bruciata e di qualcosa di deliziosamente appetibile.

Anna continuava a trascinare il povero Kristoff tra le viuzze di Corona, nonostante fossero usciti dal palazzo a metà mattinata; ma il ragazzo non si lamentava, anzi, dopo aver rilegato il sogno di quella mattina in un angolo buio e polveroso della sua mente, assecondava ogni decisione della principessa lasciandosi condurre come una marionetta prima in quella direzione e dopo nell’altra, sorridendole dolcemente e cercando di tenerla premurosamente fuori dai guai. Infatti la principessa, troppo esaltata da tutte le nuove scoperte fatte quel giorno, aveva rischiato più volte durante la giornata di essere messa sotto da un carro, di cadere nella fontana della piazza grande e di ruzzolare giù per la collina di Corona con le mele del banco dell’ortolano, che aveva accidentalmente fatto cadere. Il povero ragazzo l’aveva tenuta d’occhio, l’aveva aiutata a rialzarsi e le aveva sussurrato parole di incoraggiamento, mentre lei borbottava qualcosa circa la sua sbadataggine e la sua inadeguatezza a essere principessa; Kristoff aveva messo da parte per un po’ il suo ruolo di fidanzato/mastro consegnatore, per calarsi nei panni di un genitore apprensivo pronto a rimproverare e consolare il proprio bambino…ed era proprio così che gli appariva Anna in quel momento: non come una principessa bizzarra e svampita, ma come una bambina bisognosa di affetto e attenzioni, cose che lui non le avrebbe di certo fatto mancare. Mentre camminavano in silenzio l’uno al fianco dell’altra, mano nella mano, lungo la strada delle taverne, Kristoff realizzò ad un tratto quanto gli piacesse prendersi cura di lei: era una sensazione strana e poco familiare, che gli riscaldava il cuore e lo faceva sentire debole e forte allo stesso tempo. Non aveva mai provato nulla del genere, nemmeno per Sven, e questo la diceva lunga sulle sue scarse conoscenze delle emozioni umane. Anna lo aveva reso nel giro di qualche mese una persona nuova, diversa, anche se lei continuava a ripetergli che quel lato dolce e sensibile che si ritrovava ce l’aveva sempre avuto, nascosto sotto strati e strati di fredda indifferenza verso il genere umano e incapacità di relazionarsi con il resto del mondo. Quando lei gli diceva così, lui rideva sommessamente e negava tutto, ma sapeva che in fondo la principessa aveva ragione: su quel maledetto fiordo ghiacciato, non si era sciolto solo il cuore di Anna, ma anche il suo.

-“A cosa stai pensando?”- Anna lo riscosse dal suo interminabile flusso di pensieri, stringendogli la mano e fermandosi nel bel mezzo della strada –“Saranno almeno dieci minuti che non dici una parola.”- constatò.

-“A niente in particolare.”- mentì –“ Anna dimentichi a chi stai rivolgendo la parola? A me. Non sono famoso per le mie doti discorsive! Di solito sei tu quella che parla, io sono bravo ad ascoltare.”- puntualizzò riprendendo a camminare.

-“Mi stai dando della logorroica?”- ribatté indignata.

-“Logo-che? Non so nemmeno che significa, come potrei accusarti di esserlo?”- sbuffò.

-“Significa: una che parla troppo, che stordisce il prossimo di chiacchiere…mi ci rivedi in questa descrizione manualistica?”-

-“Beh se a questa definizione aggiungi anche disordinata, strana, indisponente, a tratti imbarazzante, maldestra, incurante della propria sicurezza, ma anche carina e con uno spiccato senso del coraggio, direi che sei proprio tu.”-

-“Che cosa? Io non sono disordinata, forse un tantino ma nemmeno tanto, ed inoltre a chi hai dato dell’indisponente?”- disse stizzita, lasciando la presa sulla sua mano e incrociando le braccia al petto.

-“Ti ho appena detto che sei carina e coraggiosa e le uniche due cose che hai sentito sono state ‘disordinata’ ed ‘indisponente’?”- le domandò retoricamente, scrollando le spalle demoralizzato.

-“Beh grazie! Ma non puoi cavartela così dopo quello che hai appena detto…e poi guarda da che pulpito viene la predica. Non mi sembra che tu sia tutto questo insieme di virtù cavalleresche.”- gli puntò contro un dito –“ Mio caro signor Bjorgman prima di incontrare la qui presente principessa, lei era un rude montanaro con la fissazione maniacale per il ghiaccio, che per poco non si è messo ad idolatrare il palazzo di mia sorella; come se non bastasse si ostina a dar voce ai pensieri della sua renna, e lasci che glielo ripeta, è una cosa spaventosamente inquietante; inoltre ha una scarsa attenzione alla sua igiene personale, è inetto nei rapporti sociali, definirla laconico sarebbe un complimento e a proposito, ho appena scoperto che russa… potrei continuare così fino a domattina e…”- e poi ad un tratto, la corsa infinita della sua bocca venne bruscamente interrotta dalle labbra di Kristoff: il ragazzo l’attirò a sé con poca grazia, con l’urgenza di zittirla, cogliendola di sorpresa, tanto che lei non rispose subito a quel contatto inaspettato; ma nel giro di due secondi, tutta la tensione accumulata durante quella filippica, si sciolse come neve al Sole, lasciando al suo posto una piacevole sensazione di calore che le si irradiava dal basso ventre e che pian piano stava raggiungendo il suo volto, lasciando le sue gote in fiamme. Se all’inizio era stato Kristoff a dirigere la danza delle loro labbra, dopo poco fu Anna a prendere le redini della situazione: allacciò le braccia al collo del ragazzo, schiacciandosi contro il suo petto e in punta di piedi cercò di colmare la differenza tra le loro altezze, per avere più facile accesso alla sua bocca e cercare di placare quella strana ed insolita fame che la stava divorando. Kristoff la strinse di più a sé, ricambiando con lo stesso trasporto della ragazza e chiedendosi se non fosse sconveniente un tale comportamento in pubblico; ma il verso di piacere che sfuggì alla gola di Anna, gli fece dimenticare Corona, le persone che passavano loro accanto e tutto il mondo attorno, lasciandolo sospeso per un momento infinito in una bolla di felicità con Anna.

Quando alla fine si staccarono per riprendere fiato, ancora stretti l’uno all’altra, nessuna parola interruppe quel singolare momento di silenzio: solo il rumore del loro respiro affannato risuonava nella poca distanza tra le loro labbra.

-“Conosco già i miei difetti, non c’è bisogno che tu me li ricordi, furia scatenata. E poi non è possibile che debba sempre metterti a tacere in questo modo.”- le sussurrò con voce accattivante , incatenando il suo sguardo a quello di Anna.

-“Beh se questo è il tuo modo per zittirmi, mi dispiace informarti che d’ora in poi dovrai sopportare il doppio delle chiacchiere che escono normalmente dalla mia bocca.”- gli sorrise languidamente, senza mollare la presa su di lui. Un brivido la fece tremare improvvisamente, spezzando la magia del momento.

-“Hai freddo? Forse dovremmo ritornare a palazzo, prima che l’aria fredda della sera scenda sulla città.”- le disse squadrando il suo vestito giallo, che le lasciava scoperte le braccia dal gomito in giù, inadatto alla temperatura in calo del crepuscolo.

-“Si, credo sia ora di tornare indietro.”- gli sorrise, sciogliendo goffamente il loro abbraccio.

 

 

-“Che poi mi chiedo: perché continuavano a proporci di comprare la ‘padella della principessa’? Non sapevo che mia cugina fosse una cuoca, o che avesse queste tanto acclamate doti culinarie!”- avevano appena attraversato il portale d’ingresso del palazzo e Anna si era già lanciata da un po’ nel riepilogo della giornata appena trascorsa.

-“In effetti dovresti chiederglielo; non credo sia una cosa così scontata. E tu mi spieghi perché hai dovuto per forza immischiarti in quella lite tra bambini? Insomma che te ne importava? Ne sei anche uscita perdente con una gamba dolorante, dopo che quel bambino ti ha assestato un calcio.”-

-“Stai scherzando, vero? Quei piccoli mostriciattoli non volevano lasciar giocare quella povera bambina solo perché era femmina…ma dico io, si può essere così stupidi?! E poi il mio istinto materno ha praticamente preso il sopravvento, insomma li hai visti quegli occhioni pieni di lacrime? Non avrei voluto far altro che stringerla fino a farle spuntare di nuovo il sorriso su quel visino paffuto.”- disse stringendosi le braccia al petto, fingendo di abbracciare qualcuno.

-“Istinto materno? E da quand’è che ne avresti uno? Non sei brava nemmeno a prenderti cura di te stessa, figuriamoci di un bambino!”- la punzecchiò.

Anna non cascò nella trappola delle sue solite provocazioni e rilanciò con una frecciatina ben assestata: “È per questo che sto facendo pratica, così quando avremo dei bambini sarò una madre perfetta.”- sentenziò alzando il mento –“Dovresti cominciare anche tu, non vorrei che i nostri figli un giorno avessero da ridire sulle doti genitoriali del loro padre.”-

-“Bambini? Non ti sembra di correre troppo? Non siamo fidanzati da nemmeno un giorno e già parli di figli e genitori e di tutto quello che ne consegue. Secondo me tutta la cioccolata che hai ingerito oggi ti ha esaltata troppo.”-

-“Certo, bambini. Perché tu non vorresti averne? Immagina un piccolo Kristoff e una piccola me che corrono per i corridoi del castello, che riempiono il silenzio opprimente di quelle immense stanze con le loro risate cristalline e le loro vocine squillanti.”- Anna sospirò sognante, persa nei suoi pensieri sul futuro –“E poi non dire stupidaggini, potrei mangiare cioccolata da ora fino al giorno della mia morte senza risentirne.”- s’impuntò tutto ad un tratto.

Kristoff la guardò in modo strano, continuando a salire le scale, riflettendo sulle sue parole: non era pronto per un matrimonio, figurarsi per avere dei figli. Su questo punto sarebbe stato irremovibile, era troppo presto anche per parlarne.

-“Mm-mm, immagino. E tu pensa ad una notte calma, in cui stai beatamente dormendo nel tuo letto, cullata dal calore delle coperte e all’improvviso un insieme di pianti e vagiti squarciano il silenzio; devi svegliarti per vedere cosa succede e devi acquietare il bambino, prima che svegli tutto il castello e se non riuscissi a farlo? Come la metteresti in quel caso? Sei ancora sicura di volere dei bambini? Io per il momento ho le mie riserve.”- ribatté sogghignando.

-“Vedremo…sono sicura che ti scioglierai quando ti metteranno tra le braccia nostro figlio. Credimi, ti farò piangere: è una promessa! Anzi, scommettiamo.”- gli porse la mano, aspettando che lui la stringesse.

Kristoff fece vagare lo sguardo dalla faccia di Anna alla sua mano tesa, per alcuni secondi, prima di stringerla e sancire la loro scommessa: “Non vedrai mai lacrime cadere da questi occhi.”- affermò convinto, indicandosi la faccia.

Si squadrarono per alcuni secondi rimanendo in silenzio. Ma la loro muta battaglia di sguardi e frecciatine, venne interrotta da una voce squillante alle loro spalle: “Anna! Kristoff!”

I due si voltarono all’unisono, rivolgendo lo sguardo alle due figure dietro di loro: Eugene e Rapunzel.

-“Rapunzel! Che bello vedervi, ma dove siete stati tutto il giorno? Io e Kristoff siamo appena tornati dalla nostra giornata per le strade di Corona e stamattina avevo pensato che avreste potuto farci da ciceroni, ma quando ho chiesto ad una delle donne di servizio se vi aveva visti mi ha risposto di no, e poi è scappata via ridendo, come se avessi detto qualcosa di buffo, ma non ne ho capito il motivo e poi beh, ho rinunciato.”-  Anna era andata incontro alla coppia lasciando indietro Kristoff.

La principessa di Corona strinse in un abbraccio la principessa di Arendelle, mentre questa continuava a palare a ruota libera e poi scambiò uno sguardo d’intesa con il marito, arrossendo appena: “Noi, veramente, siamo stati impegnati.”- disse timidamente.

-“Prima notte di nozze, ti dice niente?”- Eugene strinse per la vita la moglie, strizzando l’occhio ad Anna, che a quella domanda avvampò.

-“Oh io…perdonate la mia curiosità, non volevo impicciarmi, era solo che beh, non vi ho visto in giro e volevo congratularmi con voi per le nozze e dirvi che ci siamo divertiti un mondo Kristoff e io…e quindi…”-Anna si interruppe un istante facendo scorrere lo sguardo dalla faccia imbarazzata di Rapunzel a quella compiaciuta di Eugene, e poi prendendo un respiro profondo chiese: “Eravate a fare bambini, ho capito bene?”-

-“Anna! Ma che domande sono?”- Kristoff alle sue spalle la rimproverò.

Eugene scoppiò in una fragorosa risata: “Frena principessa, chi ha mai parlato di bambini? Noi abbiamo…”-

In un secondo Kristoff tappò le orecchie di Anna cercando di preservare le sue innocenti fantasie romantiche e Rapunzel sigillò la bocca del marito, prima che dicesse qualcosa di altamente sconveniente: “Ma come ti salta in mente anche solo di pensare di poter dire certe cose?”- lo riprese la principessa dai corti capelli scuri, con un tono di rimprovero.

-“Calmati biondina, volevo solo prenderla un po’ in giro…insomma è davvero a digiuno per quanto riguarda i rapporti di coppia.”- scoccò un’occhiata divertita ad Anna che cercava di togliere le mani di Kristoff dalle sue orecchie.

-“Disse quello che aveva sposato una rimasta chiusa in una torre per diciotto anni!”- ridacchiò sollevata Rapunzel –“Nemmeno io ne sapevo molto, loro sono alle prime armi, come noi un anno fa.”

-“Kristoff, si può sapere cosa ti è preso? Non ho sentito una parola di quello che ha detto Eugene.”- disse rivolta al ragazzo che le rivolse uno sguardo disperato, poi voltandosi verso Eugene chiese: “Potresti cortesemente ripetere?”-

-“Mmm non credo sia il caso, furia scatenata. Non sei stanca?”- il tagliatore di ghiaccio anticipò la risposta del moro che li guardava sempre più divertito.

-“Nemmeno per sogno e poi io…”-

-“Siete davvero una coppia mal assortita voi due, dove avete detto di esservi incontrati?”- Eugene, stoppò sul nascere le proteste di Anna.

-“Non credo sia il momento adatto per parlarne. Ci sarò tempo per conoscerci: anzi ho avuto un’idea. Per farci perdonare domani passeremo la giornata in vostra compagnia, se a voi va ovviamente.”- propose Rapunzel.

-“Davvero? La trovo un’idea magnifica…certo che ci va di trascorrere del tempo con voi. Insomma ho una cugina di cui a stento mi ricordavo e non vedo l’ora di conoscerla meglio.”- Anna era su di giri, già impaziente che il Sole sorgesse di nuovo sul giorno successivo.

-“Potremmo fare un pic-nic nella riserva di caccia reale, e poi prendere i cavalli e passeggiare per la campagna.”-

-“Si, non vedo l’ora che arrivi domani.”-

-“Allora a domattina. Manderò qualcuno a chiamarvi e poi avremo un’intera giornata da passare assieme.”- promise Rapunzel, prendendo sottobraccio Eugene –“ Noi ora andiamo, buonanotte.”- augurò la principessa , con uno strano tono di voce e la faccia in fiamme.

Anna la osservò e poi intuendo il significato nascosto sotto quelle parole e il comportamento della cugina si affrettò a dire: “Oh, si. Buonanotte anche a voi. Anche noi ora dovremmo andare…a dormire.”- si voltò verso Kristoff che evitava accuratamente il suo sguardo –“ A dormire sul serio, non a fare bambini.”- precisò.

-“Oh santo cielo, Anna!”- il povero ragazzo dovette trascinarla via a forza, prima che potesse aggiungere qualcos’altro a quel discorso delirante –“Buonanotte.”- augurò alla coppia, prima di sparire dietro l’angolo con la principessa tra le sue braccia.

-“Ora capisco da quale lato della famiglia viene la tua imbranataggine.”- commentò Eugene, mentre tornavano nelle loro stanze, conquistandosi lo sguardo indispettito della moglie e una gomitata nelle costole.

-“Mi sembra che qualcuno voglia dormire nella stanza degli ospiti stanotte, mi sbaglio?”- proruppe con tono serio Rapunzel.

-“Stai scherzando, vero?- Eugene trattenne il respiro.

La principessa non rispose subito e lo tenne sulle spine per alcuni secondi, guardandolo seria.

-“Ovviamente.”- lo rassicurò sorridente.

 

 

 

 

 

AngoloAutrice: *toc-toc* c’è nessuno? Sono io, Farah, vi ricordate di me? Si, sono proprio io…quella che non aggiorna da più di un mese. Pensavate che fossi morta vero? E penso che dopo la lettura di questo capitolo me lo state augurando XD Beh chiedo infinitamente venia per la lunga attesa, ma il blocco dello scrittore ogni tanto prende anche me, e poi sono stata sommersa dagli impegni e quando avevo un po’ di tempo da dedicare alla scrittura non avevo l’ispirazione, e viceversa. Ma oggi pomeriggio ho cominciato a ticchettare sulla tastiera e ho appena finito di scrivere questa schifezza, che spero vi terrà buoni almeno fino al prossimo aggiornamento. Comunque non so che dirvi se non grazie, a tutti quelli che hanno letto lo scorso capitolo, a quelli che hanno recensito e anche a quelli che hanno aggiunto la storia in una delle tre categorie preferite/seguite/ricordate. Però mio malgrado ho notato un drastico calo nel numero dei miei lettori/recensitori e vorrei saperne il motivo, perché mi dispiace molto che per ogni nuovo lettore ne perda uno vecchio. So di non essere il meglio che c’è sulla piazza, che ci sono molti che scrivono mille volte meglio di me, ma mi sento un po’ abbandonata e scoraggiata. Nonostante tutto grazie a quelli che continuano a seguire ogni capitolo e spero di risentire quelli che ho perso per la strada ;) *si inginocchia e alza le braccia al cielo in segno di preghiera* Vi prego, vi scongiuro, a fine lettura lasciate un vostro commento…farete felice un’anima in pena!XDXDXD *si ricompone* cioè voglio dire: questa è la ff più lunga che abbia mai scritto, è quella con più persone che seguono e preferiscono (quindi ho una grande responsabilità), il primo capitolo ha quasi raggiunto le 900 visualizzazioni e ho ricevuto più recensioni di quante ne avessi mai potute immaginare…quindi un vostro parere, anche critico o negativo, ma pur sempre costruttivo, sarebbe graditissimo. I SWEAR!

Ok dopo questo delirio, vorrei ringraziare in particolare le mie ultime lettrici, che con le loro belle parole mi hanno invogliata a scrivere ancora, quando la voglia era praticamente finita: Potteriano96, Martinastory11 e Amberly_1. Grazie mille ragazze!

Al prossimo capitolo, BACI *.*

 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12: Incidenti di percorso! ***


CAPITOLO 12: Incidenti di percorso!

 

Come promesso, alle nove del mattino del giorno seguente, un inserviente venne a bussare alle loro porte, annunciando la colazione nella sala da pranzo grande, al pian terreno del palazzo: Anna non stava più nella pelle e quella notte aveva chiuso a malapena occhio per la troppa emozione; Kristoff invece aveva passato gran parte delle ore notturne a rigirarsi nel letto, a fissare il vuoto nel buio, a rimuginare su tutta la faccenda del fidanzamento, del matrimonio e di una conseguente prima notte di nozze; a quel punto si era alzato e versandosi un bicchiere d’acqua, aveva preso a camminare per la stanza sbuffando come una teiera: il contatto con il marmo freddo del pavimento lo aveva tirato fuori da quei pensieri torridi e poco casti su Anna, in cui era andato ad impelagarsi. Era riuscito ad addormentarsi solo poco prima che sorgesse l’alba; quindi quando i colpi alla porta lo svegliarono, mugugnò in disappunto, volendo rimanere ancora per un po’ nel mondo dei sogni, dove sembrava che tutto andasse per il verso giusto e filasse liscio.

Suo malgrado dovette abbandonare la comodità del letto, per far fronte ad una giornata che si prospettava piena di eventi. Anna si presentò alla sua porta dieci minuti dopo, vestita di tutto punto con una gonna verde e una camicia bianca, con i capelli raccolti nelle sue solite trecce, già pronta per scendere a colazione. Lo aiutò a scegliere un tenuta meno formale dei giorni precedenti e poi insieme raggiunsero la famiglia reale nella sala da pranzo, dove uno schieramento di maggiordomi e cameriere girava freneticamente attorno all’enorme tavolo, come api operaie che si affaccendavano attorno alla regina, portando vassoi pieni di frutta, dolci e quant’altro potesse servire per una colazione regale.

Re Thomas e la regina Primrose misero a loro agio la giovane coppia di Arendelle, discutendo del più e del meno e ponendo domande innocue sulla loro permanenza a Corona; infine il re s’informò sul lavoro di Kristoff, chiedendo informazioni circa la raccolta del ghiaccio e la pericolosità del mestiere, sorprendendo tutti sulla sua conoscenza in materia.

-“Mio nonno, nonostante facesse parte della famiglia reale, fu per gran parte della sua vita un tagliatore di ghiaccio: non era destinato a diventare re, essendo il secondogenito, ma quando il fratello abdicò in suo favore in punto di morte, dovette mettere da parte picconi e asce per impugnare lo scettro del potere. Quando ero poco più che un ragazzino, mi raccontava spesso del duro lavoro che aveva svolto in giovane età, non per dovere, perché essedo un reale non ne avrebbe avuto bisogno, ma per scelta. Mi rammentava spesso che il lavoro del corpo rende la mente forte, e che un re che si crogiola nel proprio agio è debole di corpo quanto di spirito, e quindi inetto nel buon governo del proprio regno.”- disse come se fosse la cosa più normale del mondo, che un futuro re si spaccasse la schiena a lavorare su lastre di ghiaccio pericolanti.

Dopo colazione, Eugene e Rapunzel condussero Anna e Kristoff nelle scuderie reali, dove gli stallieri avevano già preparato i cavalli per l’uscita in programma quel giorno; tra tutti i cavalli pronti per l’escursione, ne spiccava uno per bellezza e portamento: manto bianco, criniera ben spazzolata e finimenti d’oro. Anna riconobbe il cavallo del matrimonio e gli si avvicinò per accarezzarlo, ma il cavallo si ritrasse dal suo tocco, lanciando uno sguardo a Rapunzel, come per chiederle il permesso.

-“Avanti Max non fare l’antipatico. Lasciati accarezzare, lei è Anna, mia cugina.”- Rapunzel incitò il destriero, che subito accettò le carezze della principessa di Arendelle, emettendo nitriti di apprezzamento.

-“Ciao, Max. Sai che sei proprio magnifico? Chi è il destriero più bello del reame? Si, sei tu! ”- Anna stava parlando al cavallo come fosse un bambino, con una vocina idiota, e Max sembrava apprezzare l’insieme di complimenti e grattatine sul collo muscoloso.

-“Non parlargli così. È pur sempre il capitano della guardia!”- la riprese Eugene – “E tu smettila di sbavare come un cagnolino, riprendi il tuo contegno.”- disse rivolgendosi al cavallo.

Max subito riacquistò il suo atteggiamento fiero ed altero, alzando la testa e sottraendosi alle mani della principessa.

-“Capo della guardia? Stai scherzando? È un cavallo!”- protestò Kristoff incredulo.

-“Nessuno scherzo. Si da il caso che Max mi abbia aiutato a salvare la qui presente principessa perduta e poi ritrovata. Ed inoltre da quando lui è a capo della sicurezza del regno, i crimini sono diminuiti. È vero, Max?”- il cavallo nitrì, confermando le parole di Eugene.

Anna fece scorrere lo sguardo da Eugene a Kristoff e viceversa: “Voi due vi assomigliate, sapete? Tu parli con Sven e lui con un cavallo. Potreste diventare ottimi amici.”- constatò, indicando prima Kristoff e poi Eugene.

-“Chi è Sven?”- chiese curiosa Rapunzel.

-“La sua renna.”- rispose prontamente Anna, sorvolando sull’assurdità della cosa.

-“Cosa? Parli con una renna? Ma è pazzesco.”- Eugene scoppiò a ridere, puntando un dito contro il diretto interessato.

-“Disse quello che si faceva proteggere da un cavallo.”- Kristoff non si scompose più di tanto e incrociò le braccia al petto.

-“Vero. Ma sono sicuro che i cavalli siano più intelligenti delle renne.”-

-“Non credo proprio. Ed inoltre le renne sono anche più resistenti: Sven traina slitte piene di ghiaccio su per montagne innevate, attraverso bufere e temporali. Scommetto che il ‘capitano della guardia’ si spezzerebbe una delle sue sottilissime zampe nel primo cumulo di neve.”- Kristoff gli lanciò uno sguardo di sfida, pienamente convinto delle sue affermazioni.

Eugene raccolse la provocazione: “Sono sicuro che Max è dieci volte più veloce della tua renna.”

-“Da dove viene tutta questa sicurezza, tu non l’hai nemmeno mai vista una renna in azione! Invece io sono assolutamente certo che Sven farebbe mangiare la polvere al tuo cavallo in una gara di corsa.”-

-“Vincerebbe Max.”- sostenne Eugene.

-“Sven!”- Kristoff cominciava ad infastidirsi.

-“Max!”-

-“Sven!”-

Mentre i due si lanciavano occhiate infuocate, pronti a venire alle mani da un momento all’altro, le due ragazze li guardavano sconvolte.

-“Non ho mai visto Kristoff così infervorato. Eugene l’ha davvero punto sul vivo.”- constatò Anna, non distogliendo lo sguardo dall’espressione furiosa sul volto del biondo, lanciando occhiate di apprezzamento ai muscoli delle braccia che guizzavano sotto la camicia che gli aveva fatto indossare. Si ritrovò a pensare che prima o poi gliel’avrebbe tolta quella camicia…più prima che poi. Ma la cugina la riscosse dai suoi pensieri.

-“Ora lo difende a spada tratta. Ma la prima volta che si sono visti, Eugene e Max non potevano stare a pochi passi di distanza che subito scattava la lite. Ora è praticamente il suo migliore amico.”- aggiunse Rapunzel ridacchiando alla scena- “Ora basta voi due. Vogliamo passare tutta la giornata a discutere su chi abbia il giocattolo più bello?”- la principessa li bloccò prima che potessero davvero picchiarsi per una tale idiozia.

I due ragazzi s’interruppero all’istante, scoccando occhiate colpevoli alle due principesse che li guardavano come si guarda due bambini pestiferi.

-“Vostra Altezza, il cavallo con le vettovaglie è pronto. Quando siete pronta, potete partire.”- uno stalliere le si era avvicinato, approfittando del momento di quiete.

-“Grazie mille, Albert.”- Rapunzel gli rivolse un sorriso, poi voltandosi di nuovo verso i due aggiunse: “Andiamo?”

-“Certo.”- borbottarono all’unisono.

Rapunzel si avvicinò a Max e con una piccola scaletta si issò sul dorso del cavallo, aggiustandosi la gonna. Lo stalliere consegnò le redini di altri tre cavalli a Eugene, Anna e Kristoff.

I tre salirono in groppa e subito Rapunzel si portò in testa al gruppo e lanciò Max al galoppo, fuori dalle stalle attraverso il cortile secondario del palazzo, che si apriva sulla campagna che circondava il regno. Da quando aveva imparato ad andare a cavallo l’anno precedente, ogni occasione era buona per uscire a correre con Max: la sensazione del vento che le sfrecciava accanto e le fischiava nelle orecchie la faceva sentire viva e libera, più di quanto non si fosse sentita negli ultimi vent’anni della sua vita.

-“Ti spezzerai il collo, se continuerai a correre così.”- le urlò dietro Eugene e lei si accorse di quanto li avesse distanziati e frenò Max, conducendolo al piccolo galoppo, per dare la possibilità al gruppo di raggiungerla.

-“Perdonatemi, ma quando corro mi sento…non saprei dirvi come, ma è una sensazione stupenda.”- si accostò al destriero di Anna, che le sorrideva comprendendo le sue parole: anche lei si sentiva bene quando andava a cavallo, e quando lanciava l’animale al galoppo sentiva che tutte le regole ed etichette in cui era costretta l’abbandonavano, lasciandola libera di correre a scavezzacollo, senza che nessuno potesse dirle di fermarsi perché era poco consono al suo ruolo di principessa beneducata.

Continuarono a camminare in silenzio per alcuni minuti, lungo un sentiero costeggiato da imponenti platani, che lasciavano cadere i loro fiori bianchi alla lieve brezza che ne muoveva le fronde.

-“Gara?”- propose Eugene, rompendo il silenzio, facendoli sobbalzare sulle selle. Rapunzel gli rivolse un sorrisino sghembo, accettando tacitamente la proposta e piantando i talloni nei fianchi di Max, lo lanciò al più sfrenato dei galoppi.

-“ Tally-ho!”- urlò Eugene prima di lanciarsi al suo inseguimento.

Kristoff e Anna si scambiarono un’occhiata interrogativa: “Non credo sia una buona idea, Elsa mi ha raccomandato di non farti fare cose stupide…e questa sembra proprio una di quelle.”- cercò di farla desistere.

-“Ma Elsa non è qui, giusto?”- Anna gli sorrise in modo sinistro e poi colpendo con le redini il suo cavallo, cominciò a correre nella stessa direzione dove erano spariti Rapunzel e Eugene.

 Kristoff sbuffò contrariato e poi spronando il cavallo, le corse dietro, raggiungendola poco dopo e affiancandosi a lei, che continuava ad incitare la sua cavalcatura con colpi ai fianchi e strani versi acuti. La ragazza che aveva davanti non era Anna, era davvero una furia scatenata: le trecce le sbattevano sulle spalle e sul viso, tirato in un’espressione di pura concentrazione, mentre lei, piegata sul collo del cavallo, sembrava essere diventata un tutt’uno con l’animale, bella come una piccola valchiria.

-“ Non avrai mai il piacere di battermi!”- gli urlò controvento, voltandosi di poco nella sua direzione e scoccandogli un sorriso divertito.

-“Non dire stupidaggini, questa gara l’hai già persa! Hanno vinto loro.”- le urlò di rimando, indicando con la testa il sentiero che si apriva tra gli alberi davanti a loro.

-“Ma io sto sfidando te.”- Anna spronò per l’ennesima volta il suo cavallo, ormai schiumante, e distanziò Kristoff.

Il ragazzo lasciò che la preoccupazione per l’incolumità della principessa, venisse sostituita da un forte sentimento di competizione: insomma lui era…lui. Non poteva di certo farsi battere da Anna!

Il bosco gli sfrecciava affianco ad una velocità inaudita, mentre cercava di raggiungerla e superarla per la seconda volta in pochi minuti: “Arrenditi…stai mangiando la mia polvere.”

-“Vedremo: il primo che raggiunge quei due, vince!”- affermò Anna incitando ancora una volta il suo cavallo.

In fondo al sentiero che stavano percorrendo a velocità sostenuta, si apriva un vasto prato verdeggiante ricoperto di migliaia di fiori colorati e in lontananza qualcosa scintillava ai raggi del Sole: più si avvicinavano, più quella distesa luccicante prendeva la forma di un vasto lago.

Eugene e Rapunzel erano giunti da diversi minuti ed erano smontati da cavallo, per godere della bellezza del posto nell’attesa che Anna e Kristoff li raggiungessero: “Eccoli, guarda. Stanno arrivando!”- la principessa indicò le due figure che si avvicinavano a grande velocità, schermandosi gli occhi con una mano.

-“Pronto a perdere?”- Anna lo sfidò per l’ultima volta, prima di entrare nel prato fiorito.

-“Nemmeno per sogno!”-Kristoff piantò i talloni nei fianchi del cavallo, e questo con un ultimo scatto poderoso, raggiunse la sponda del lago, dove sostavano i due novelli sposi: “Hai perso, furia scatenata.”- constatò ridendo e frenando il cavallo.

Anna li raggiunse un secondo dopo, tirò le redini della sua cavalcatura per farla fermare e quella s’impennò indispettita. Smontò da cavallo con un balzo stranamente aggraziato e cominciò a lamentarsi come una bambina capricciosa: “Non è giusto. Il tuo cavallo è più veloce, avrei vinto io se non mi fossi distratta ad osservare il paesaggio!”- cercava di trovare una scusa per la sua mancata vittoria.

-“Sta di fatto che ti ho battuta.”- Kristoff scese dal suo destriero e la raggiunse, battendole piano una mano sulla testa, per rabbonirla.

Anna si scostò scocciata e sbuffò: “Mpf!”

-“Per la verità credo di aver vinto io.”- fece Rapunzel prendendo sottobraccio la cugina –“Non arrabbiarti. Avrai la tua rivincita al ritorno.”- le sorrise complice e Anna si lasciò sfuggire una live risatina.

 

 

Il Sole batteva a picco sulle loro teste, quando tutte le pietanze riposte nel cestino da pic-nic vennero posizionate sulla tovaglia che Rapunzel e Anna si erano premurate di stendere: “Ho esplicitamente chiesto al cuoco di corte di preparare dei sandwich; sono i miei preferiti, li adoro: potrei andare avanti a mangiarne fino a scoppiare!”- le sussurrò la principessa di Corona.

-“Davvero?! Ma sono anche i miei preferiti…abbiamo parecchio in comune io e te a quanto pare.”- le sorrise felice Anna.

-“Allora quando si mangia?”- Eugene le interruppe, sfregandosi le mani e accomodandosi sul prato a gambe incrociate, mentre Kristoff lo imitava.

-“Signori, il pranzo è servito.”- dissero all’unisono le due ragazze, scoprendo i piatti con le vettovaglie.

-“E ditemi,”- fece Eugene prendendo un sandwich –“dov’è che vi siete conosciuti? Non sembrate due che frequentano gli stessi posti.”

Anna e Kristoff si scambiarono un’occhiata divertita, conoscendo perfettamente la verità di quelle parole: “Su alla baita di Oaken.”- rispose Anna.

Rapunzel le lanciò uno sguardo interrogativo, non capendo.

-“È l’ultimo emporio per rifornirsi di provviste, prima di addentrarsi sulla montagna del Nord.”- precisò Kristoff.

-“Posso capire che tu ti trovassi a passare di la, per via del tuo lavoro eccetera, ma Anna che ci faceva da quelle parti?”- Eugene era davvero sorpreso.

-“Beh, in verità è una lunga storia. Non so se sia il caso di tediarvi con questo racconto.”- Anna prese un morso dal suo panino.

-“Credimi se ti dico che la nostra è ancora più lunga. E poi abbiamo tutta la giornata. Forza, racconta.”- Rapunzel la incitò.

Anna prese un respiro profondo e cominciò dapprincipio, raccontando dell’inverno perenne indotto da Elsa, dei suoi poteri, del tradimento di Hans, della missione di recupero su per la montagna del Nord e della storia del cuore di ghiaccio, fino alla conclusione della vicenda con il disgelo di Arendelle.

-“Quindi capite, dovevo andare a prenderla, non potevo lasciarla su quella montagna a commiserarsi, a lasciare che si rinchiudesse lontano da tutti, lontano da me, come un mostro. Ed è qui che è entrato in scena lui.”- disse indicandolo e riprendendo fiato –“ Per la verità, il nostro primo incontro è stato un tantino inquietante: lui era tutto coperto di neve, a malapena gli si intravedevano gli occhi e si è avvicinato a me con aria ostile…ho davvero temuto per la mia incolumità!”- disse seria.

-“Beh forse io sarò stato anche inquietante, ma tu non scherzavi in quanto a stranezza.”- le disse, poi rivolse lo sguardo ai loro interlocutori: “Insomma, avreste dovuto vederla: fuori imperversava la peggiore tempesta di neve che io abbia mai visto e lei era vestita con un abito da cerimonia, senza un mantello o un non so che a coprirla. Inoltre era mezza congelata e continuava a chiedermi febbrilmente della montagna del Nord e della magia di quella bufera.”- sorrise al ricordo.

-“Comunque, mi ha aiutata a raggiungere Elsa e poi mi ha riportata ad Arendelle nel tentativo di salvarmi la vita.”- cadde in un imbarazzante silenzio per alcuni istanti  poi concluse: “E poi io gli dovevo una slitta, una cosa tira l’altra e…beh ora siamo qui!”-

-“Una storia densa di romanticismo, da quanto ho capito.”- constatò Eugene con voce piatta.

-“Oh, che cosa tenera! Quindi è stato amore a prima vista?”- gli occhi di Rapunzel brillavano, mente li guardava, in attesa di altre notizie.

-“No, non direi proprio.”- disse Kristoff, voltandosi interrogativo verso Anna –“Almeno, non per me.”

-“Beh a me l’ha dovuto dire Olaf che lui teneva a me…diciamo che dell’amore ne sapevo ben poco, da quanto avrete potuto intuire dai miei precedenti.”- convenne Anna.

-“Ma l’importante è che ora siete insieme. L’amore si scopre pian piano, non si corre alla sua disperata ricerca, perché potresti imbattertici per caso e non riconoscerlo: com’è successo a voi due.”- sentenziò seria Rapunzel, rivolgendole un dolce sorriso.

-“Hai ragione.”- le rispose sollevata –“E ditemi, la vostra storia com’è cominciata?”- chiese curiosa.

-“Beh tieniti forte principessina, perché questa che ti narrerò è la storia di come sono morto…”- Eugene cominciò a parlare con un’aria stranamente enigmatica, mentre gesticolava.

-“Eugene! Non ricominciare con questa storia.”- Rapunzel lo stoppò sul nascere.

-“Ma dai, biondina. Loro hanno parlato di castelli di ghiaccio, pupazzi di neve parlanti e di un principe meschino, e io non posso raccontargli di come sono morto? Devo catturare la loro attenzione.”- si lamentò.

-“Ma non sei morto! Raccontagli invece di come ti sei intrufolato nella torre e di come ti ho steso con una padellata; credo che catturerai di più la loro attenzione, evitando quell’aria da cantastorie fallito. Oh e non dimenticare la storia dello ‘sguardo che conquista’…mi fa troppo ridere sentirtela raccontare.”-

-“Come vuoi. Ma non lamentarti se poi riterranno la nostra storia noiosa!”-

Così Eugene raccontò loro della corona rubata, della principessa perduta, del magico fiore curativo, dell’inseguimento con Max, della torre nella foresta, dello ‘sguardo che conquista’, dei lunghi capelli di Rapunzel e del patto stretto con lei per portarle a vedere le lanterne fluttuanti.

-“Capirete, che non ha potuto resistere al mio fascino, mi si è letteralmente gettata ai piedi e poi mi ha supplicato di sposarla.”- concluse, con un sorriso accattivante, attirandosi lo sguardo infastidito della moglie.

-“Beh, non direi proprio che si tratta di una storia noiosa.”- disse Kristoff scrollando le spalle.

-“Ora capisco la storia della padella!”- sorrise trionfante Anna -“E io che pensavo fossi un’abile cuoca.”

Rapunzel si voltò a guardarla senza capire, poi intuì a cosa si riferiva: “Stai parlando della padella della principessa, non è vero? Beh sappi che mi è stata utilissima e non l’ho usata per preparare da mangiare, ma come un’efficiente arma di difesa.”-

-“Ah beh, in quanto ad armi di difesa inconsuete non ci batte nessuno, allora: io ho usato un liuto per salvarlo!”-

 

 

-“Tu e Eugene siete così affiatati, siete perfetti insieme…vorrei tanto che io e Kristoff avessimo un terzo della complicità che avete voi.”- sospirò Anna, mentre passeggiava sottobraccio con Rapunzel lungo la sponda del lago. La principessa di Corona aveva tolto le graziose scarpette di stoffa che indossava e aveva immerso i piedi nell’acqua bassa della risacca, trattenendo la gonna con una mano, per evitare di bagnarla; Anna l’aveva guardata per un momento senza parole e poi l’aveva imitata, scalciando poco garbatamente le sue scarpe da parte e prendendole in mano. L’acqua fresca del lago, contro le caviglie sottili delle ragazze, era un lieve toccasana per la calura asfissiante del primo pomeriggio. La vegetazione rigogliosa attorno si rifletteva nello specchio cristallino, dando l’impressione che il lago fosse fatto di smeraldi e topazi preziosi, invece che d’acqua.

-“Perché dici così? Mi sembra che siate uniti quanto e più di noi: tu lo ami, lui ti ama, non vedo dove sia il problema.”- Rapunzel guardava davanti a sé sorridente, convinta delle sue parole.

-“Oh, sì. Non ci sono problemi, almeno per quanto mi riguarda, ma a volte ho come l’impressione che ci sia qualcosa che lo trattiene, che lo blocca…non so come spiegarlo.”- Anna lanciò uno sguardo a Kristoff e Eugene, che vicino ai cavalli, discutevano animatamente di qualcosa, e un sorriso dolce le si dipinse sulle labbra –“Ho paura che un giorno possa stufarsi di me e di tutte le regole in cui sono costretta, e che se ne vada, lasciandomi sola. Certo, ci sarebbe sempre Elsa con me, ma è diverso. Se dovesse accadere non potrei sopportarlo.”- abbassò lo sguardo mesta, guardando le impronte dei suoi piedi che venivano cancellate regolarmente dalla risacca.

-“Non accadrà. Per quanto possa valere la mia parola, fidati di me. Se avesse voluto lasciarti, niente glielo avrebbe impedito. Ma come vedi è ancora al tuo fianco.”- la principessa la guardò negli occhi acquamarina e le sorrise, poi le passò un braccio attorno alla vita sottile e l’avvicinò di più a sé - “Forse non te ne sei accorta, troppo accecata dalle tue preoccupazioni, ma non ti perde mai di vista: anche ora che sta litigando con quel bambino di Eugene, ogni tanto ti scocca delle occhiate, come per accertarsi che tu non scappi. Forse lui ha i tuoi stessi timori e per lui credo siano più giustificabili. Insomma, tu sei una principessa e si sa, di solito le principesse sono volubili, cambiano idea al volo e tu potresti decidere di volere qualcuno di…semplicemente più!”- le fece con fare cospiratorio- “Insomma avresti le tue ragioni, lui è pur sempre un semplice venditore di ghiaccio.”- affermò, lasciandola libera dalla sua presa e superandola con due saltelli nell’acqua.

Anna rimase a fissarla inebetita: Rapunzel le aveva appena detto che Krisoff valeva poco o niente? Ma come…?

-“Ehi!”- le afferrò un braccio indispettita, fermandola –“ Io non voglio nessun altro, se non Kristoff: lui vale più di tutte le teste coronate di questo mondo! Lui è dolce e gentile con me, e sopporta le mie stranezze; certo, non è il principe azzurro che sognavo da bambina, ma sai una cosa: lui è molto meglio.”- le intimò inchiodandola con lo sguardo –“Ed inoltre, lui è il mio vero amore!”

Rapunzel l’attirò all’improvviso in un abbraccio: “Oh Anna! Lui è il tuo sogno… ora puoi esserne totalmente certa. Non preoccuparti non avrei mai osato discriminare lui o il suo lavoro, io sono l’ultima di questo mondo a poter giudicare: ho sposato un ex ladro. Ti ho semplicemente messa alla prova.”- la allontanò da sé quel poco che bastava per guardarla negli occhi e le sorrise davvero felice.

Anna la fissò con la bocca spalancata per la sorpresa e si ritrovò a pensare che la cugina era ben più strana di lei. Poi cominciò a sogghignare in modo inquietante e, allontanandosi di un passo dalla presa di Rapunzel si abbassò verso l’acqua, non staccando gli occhi da quelli della principessa di Corona, che quando capì le intenzioni di Anna, cominciò a correre via.

 Anna infatti, dopo aver lanciato le scarpe sul prato dietro di lei, cominciò a schizzarla e a rincorrerla, ridendo a crepapelle, mentre Rapunzel cercava di sfuggire ai suoi attacchi bagnati e di ricambiarla con la stessa moneta.

-“Non credi che dovremmo fermarle?”- Kristoff guardava la scena da lontano, ridacchiando per le facce buffe che faceva Anna mentre cercava di prendere Rapunzel.

Eugene rimase in silenzio, godendosi lo spettacolo della giovane moglie che saltava e piroettava sulla riva, tra un trionfo di spruzzi e risatine da bambina: “No. Lasciamole divertire un po’.”- sentenziò, senza spostare lo sguardo da quello spettacolo piacevolmente singolare.

Le due ragazze si fermarono solo quando il venticello, che increspava l’acqua del lago, cominciò ad infilarsi tra le pieghe dei loro vestiti bagnati, facendole tremare.

-“Non credo sia stata una buona idea. Potremmo prenderci un malanno, lo sai, vero?”- Rapunzel la spintonò, mentre riprendeva fiato, piegata in due dalle troppe risate.

-“Dimmi: quando ti ricapiterà di essere rincorsa da una principessa bella e simpatica, come me?”- Anna cercò di imitare una posa di sofisticata grazia, fallendo miseramente e cominciando a ridere.

-“Beh nel caso dovessi rimanere a letto per i prossimi giorni, ne sarà valsa la pena.”- la punzecchiò la bruna.

-“Era da tanto che non mi divertivo così…dovremmo vederci più spesso, cara cugina.”- le propose Anna con fare serio, tra un respiro e l’altro.

-“Concordo. Ma la prossima volta sarò io tua ospite: voglio assolutamente vedere il castello di ghiaccio di tua sorella.”-

-“Ma certo, milady. Sarò lieta di farle da cicerone su per la montagna del Nord.”- disse Anna con un tono di voce scherzoso, mentre si proferiva in un profondo inchino.

-“Forse sarebbe ora di tornare al castello, cosa ne dite?”- Eugene le raggiunse, interrompendo le loro risatine –“Certo, se non vi foste bagnate fino al midollo, avremmo potuto rimanere ancora un po’, ma non è il caso di lasciarvi quei vestiti zuppi indosso.”- disse lanciando uno sguardo divertito alla moglie.

Le due ragazze annuirono all’unisono, senza parlare.

-“Principessa Anna, vorrà perdonarmi, ma devo prendermi cura di mia moglie. Non vorrei rimanere vedovo così presto.”- così dicendo fece un inchino alla principessa di Arendelle, che lo guardava interdetta, e poi senza preavviso si avvicinò a Rapunzel e la prese tra le braccia.

-“Ehi!”- protesto senza molta convinzione la principessa, che subito si strine a lui, sorridendo.

-“Mia cara moglie, mi occuperò personalmente della rimozione di questi abiti bagnati e mi premurerò di tenerla al caldo.”- le sussurrò, solleticandole l’orecchio.

Intanto Kristoff si era avvicinato ad Anna, che era alla disperata ricerca delle sue scarpe tra l’erba: “Serve aiuto?”- le chiese divertito.

-“Si, grazie. Dall’alto della tua stazza riesci a vedere dove ho lanciato quelle trappole per piedi?”-

Kristoff si guardò intorno attentamente: “Perché non sali a dare uno sguardo anche tu? Io non riesco a trovarle.”-

Anna lo guardò senza capire e poi, come se le si fosse accesa una scintilla, cominciò a lanciare gridolini di felicità, battendo le mani. Poi gli girò attorno e gli si arrampicò sulle spalle, con il suo aiuto: “Allora, vedi qualcosa?”- il ragazzo la teneva per le gambe, mentre lei con fare da vedetta, con un braccio attorno alle sue spalle e l’altro alzato a schermarsi gli occhi dai riflessi del Sole, cercava le sue scarpe tra i fiori.

-“Oh, eccole, eccole!”- si agitò, tanto da dargli delle ginocchiate nelle costole.

-“Ehi! Non sono una bestia da soma, non c’è bisogno di colpirmi.”- le intimò scherzando e dirigendosi dove erano state gettate le due calzature. Le raccolse, sempre tenendola sulle spalle e, mantenendosi in precario equilibrio, con Anna che continuava ad agitarsi, gliele infilò ai piedi che ciondolavano ai suoi fianchi.

-“Grazie.”- gli disse, scoccandogli un bacio sulla guancia.

-“Grazie anche a te.”- le rispose, avviandosi dove avevano lasciato i cavalli.

-“Perché mi ringrazi?”- gli chiese perplessa.

-“Per quello che hai detto a tua cugina. Insomma, per avermi difeso a spada tratta. Sappi che sentirtelo dire ha significato molto per me.”-

-“Mi hai sentita? Beh, prego. Io sono Anna, il tuo personale cavaliere con la sua scintillante armatura.”- gli rispose, sporgendo un braccio, fingendo di brandire una spada.

-“Anna, tutto il bosco ti ha sentita. Eugene ha detto che sono fortunato, che non devo lasciarti scappare.”-

-“E tu cosa gli hai risposto?”- chiese con il fiato sospeso.

-“Che non è assolutamente mia intenzione, farti scappare via da me.”- le confessò.

Anna si agitò sulle sue spalle : “Fammi scendere.”- gli intimò.

Kristoff la lasciò andare sorpreso: cosa aveva detto di sbagliato?

-“Ho detto qualcosa che non va?”- le chiese preoccupato. Ma venne subito tranquillizzato da Anna, che gli si parò davanti e lo abbracciò, stringendosi forte a lui e bagnando anche i suoi abiti.

-“Come fai ad essere sempre così perfetto?”- mormorò ancora stretta tra le sue braccia.

-“Io, perfetto? Credo tu abbia sbagliato persona.”- scherzò.

-“Non essere modesto per l’amor del cielo; prenditi i tuoi meriti.”- gli disse alzandosi sulle punte dei piedi e baciandolo.

-“Ehi, piccioncini! Andiamo? Avrete tempo a palazzo per fare certe cose!”- gli urlò dietro Eugene, che aveva appena aiutato Rapunzel a salire in groppa a Max.

-“Potrei ammazzarlo, per averci interrotto.”- sussurrò a denti stretti Kristoff.

-“Dai, so che in fondo ti è simpatico. E poi ha ragione lui…abbiamo tanto tempo.”- gli rispose ammiccando e correndo verso il suo cavallo, lasciandolo indietro.

-“Pronto per la rivincita?”- gli chiese Anna una volta in sella.

Kristoff raggiunse il gruppo un secondo dopo, lanciandole uno sguardo interrogativo: “Rivincita?”

-“In sella Bjorgman! Ho intenzione di batterti questa volta.”- gli intimò con voce fintamente dura.

Il ragazzo obbedì agli ordini e poi sogghignando le si avvicinò: “Se credi che ti lascerò vincere solo per farti felice, sbagli di grosso. Dovrai sudartela la tua vittoria.”

-“Non serve quest’opera intimidatoria. Pronto?”-Anna guardava dritto davanti a sé, con portamento fiero, ma con un sorriso ridicolo che le si stava aprendo sulle labbra.

-“Quando vuoi, furia scatenata.”-

-“Via!”- urlò Rapunzel, sorprendendoli.

Ma Anna reagì all’imperativo e piantando i talloni nei fianchi del suo cavallo, lo lanciò al galoppo, proprio come aveva fatto la cugina quella mattina con Max. Kristoff la seguì a ruota incitando la sua cavalcatura, cercando di superare o quantomeno affiancare la principessa, che si era già distanziata.

Come al mattino, Anna si concentrò sulla strada davanti a sé e sul destriero scuro che la portava, che con balzi poderosi stava facendo mangiare la polvere a Kristoff. La ragazza si voltò per vedere quanta distanza c’era tra di loro e constatò delusa che il ragazzo le era alle costole.

-“Vai, bello!”-  esortò il cavallo, piegandosi sul collo dell’animale, per evitare che il proprio corpo facesse attrito con l’aria e rallentasse la sua corsa.

Continuò a galoppare, concentrata sul sentiero, finché non percepì distintamente il rumore degli zoccoli di un altro cavallo proprio dietro di lei: “Non sforzarti Kristoff, hai perso!”- gli urlò voltandosi indietro.

Il ragazzo le rivolse un sorriso di sfida e spronò per l’ennesima volta la sua cavalcatura. Anna continuava a voltarsi per vedere i suoi progressi, non prestando poi più molta attenzione a dove mettesse le zampe il suo cavallo.

-“Guarda davanti a te, è lì che mi vedrai tra poco.”- le disse indicandole la strada dinanzi a loro.

Anna gli sorrise rassicurante.

 Ma prima che potesse rendersene conto, accadde l’imprevedibile: in un secondo Anna non era più sul suo cavallo, ma a mezz’aria, tra il cielo e la terra, mentre la sua cavalcatura continuava la sua corsa.

-“ANNA!”- non riuscì a trattenersi dall’urlare.

Quando tirò le redini del suo cavallo, Anna giaceva già in terra, con il volto rivolto verso l’azzurro del cielo, immobile.

Le corse vicino, inginocchiandosi nella fanghiglia del sentiero, prendendola gentilmente per le spalle: “Anna, Anna. Apri gli occhi, su.”- la voce gli tremava e il tono con cui le disse quelle parole era quantomeno disperato.

La principessa emise un lieve respiro e sbattendo più volte le palpebre, aprì piano gli occhi: “K-Kristoff”- sussurrò –“credo di essermi rotta un braccio.”

Il ragazzo la osservò bene e si rese conto che il braccio era l’ultimo dei loro problemi; infatti da un taglio netto sulla tempia sinistra di Anna, scorreva un rivolo di sangue che le stava pian piano scendendo sulla guancia.

La principessa chiuse di nuovo gli occhi e il suo respiro si affievolì, come se stesse dormendo: “No, Anna. Resta sveglia.”- le intimò, scuotendola leggermente per le spalle.

Anna aprì di nuovo gli occhi e con la mano non ferita gli carezzò una guancia, per tranquillizzarlo: “Sto bene, non preoccuparti.”- ma subito dopo il suo sguardo si spense e la mano scivolò via dalla sua faccia.

-“Anna. Anna.”- la implorò.

-“Dobbiamo portarla subito a palazzo.”- non sentì Eugene avvicinarsi e poggiargli una mano sulla spalla, ma non se lo fece ripetere due volte e prese Anna in braccio. Poi aiutato dal moro, salì in sella e serrò la sua presa sul corpo privo di sensi della principessa.

Mentre correva verso il castello di Corona, un solo pensiero disperato gli riempì la testa: “ti prego, non di nuovo. Non posso perderla per la seconda volta.”

 

 

 

AngoloAutrice: salve gente! So che avevo promesso ad alcune di voi di aggiornare due giorni fa, ma non ho avuto tempo…chiedo perdono! Comunque stavolta non ho fatto passare un mese intero prima di pubblicareXD Però questo capitolo mi fa davvero pena, in realtà lo odio, ma spero di riprendermi con i prossimi aggiornamenti. Perdonate le diverse ripetizioni, ma per descrivere tutta la situazione dei cavalli e della cavalcata non ho trovato molti sinonimi. Non ho altro da dire, se non grazie di essere arrivate a leggere fin qui questo obbrobrio! Si ci legge in giro ;) se vi va lasciatemi un vostro parere…Baci ;)

ps: siccome qst è la mia ff e posso fare quello che voglio, ci inserisco un po' di pubblicità; vi invito a dare uno sguardo alla mia nuova storiaAU con i nostri amati personaggi di Frozen, si intitola Dirty Little Secrets.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13: Vuoto... ***


CAPITOLO 13: Vuoto…

 

Il tragitto fino al castello era sembrato infinito, ogni metro percorso era parso come un miglio; il bosco tutt’attorno era diventato muto e l’unico rumore che riusciva a percepire era quello del suo cuore che gli pompava furioso nelle orecchie. Nemmeno il chiasso degli zoccoli del cavallo sul selciato del cortile del palazzo, era riuscito a rompere quella bolla di silenzio che lo teneva prigioniero; nulla riusciva a penetrare tra gli strati della sua coscienza, né i nitriti dei cavalli, né gli ordini abbaiati dagli stallieri, né tantomeno la richiesta di un medico per Anna, urlata da Rapunzel nel momento esatto in cui era smontata da cavallo. La sua mente era piena di immagini e voci lontane, che offuscavano la sua ragione, di ricordi talmente vividi da sembrare realtà. Nel giro di un’ora il peggio che poteva accadere era successo, trasformando quel pomeriggio idilliaco nel peggiore dei suoi incubi, quell’incubo che lo svegliava angosciato quasi ogni notte da quando era finita tutta la faccenda dell’inverno perenne: Anna stretta tra le sue braccia, a combattere per la vita e lui inerme a guardarla congelare pian piano, finché di lei non rimaneva altro che un involucro freddo e quell’ultimo soffio di vita che le sfuggiva dalle labbra esangui. L’unica differenza era che, ora Anna, non stava congelando fino alla morte, ma era gravemente ferita e necessitava di cure, che lui, come la volta precedente non potava darle. Per questo, quando Rapunzel lo accompagnò fuori dalla stanza dove aveva portato Anna, e richiuse la porta dietro di sé, si sentì quanto mai inutile.

Restò chiuso fuori per almeno un’ora, facendo su e giù per il corridoio, lanciando di tanto in tanto occhiate alla porta, sperando di vederla aprirsi: avrebbe tanto voluto buttarla giù. Eugene gli tenne compagnia, facendo stranamente silenzio, appoggiato alla parete difronte alla porta, con le braccia incrociate e lo sguardo puntato su di lui: “Se non la smetti di andare avanti e indietro, lascerai un solco nel pavimento. Ed inoltre mi hai fatto venire il mal di testa.”- disse bloccandolo, cercando di sdrammatizzare la situazione - “Vedrai che andrà tutto bene: una bella fasciatura stretta al braccio, qualche punto alla ferita e torna come nuova.”- gli sorrise incoraggiante, ma il suo sorriso non illuminò anche i suoi occhi: Eugene sapeva benissimo che c’era qualcosa che non andava; erano chiusi in quella stanza da troppo tempo.

-“Allora perché ci mettono tanto?”- sbuffò Kristoff.

La domanda rimase a mezz’aria tra loro due, senza ricevere risposta. Ma, nel momento esatto in cui il tagliatore di ghiaccio decise che sarebbe entrato per accettarsi che Anna stesse bene, Rapunzel uscì seguita dal medico. Il suo volto pallido, tirato in un’espressione di sconforto, non prometteva nulla di buono.

-“Allora? Come sta? È sveglia? Posso entrare?”- chiese speranzoso Kristoff, riacquistando un po’del suo colorito naturale.

Rapunzel gli rivolse uno sguardo dispiaciuto: “Sta riposando, il medico le ha dato qualcosa per il dolore al braccio e le ha ricucito il taglio sulla fronte. Entro qualche settimana dovrebbe tornare in forma...”- gli disse con voce lieve, ma trattenendo il respiro sull’ultima parola.

-“Ma? C’è un ma, vero? Altrimenti non avreste questa faccia.”- constatò facendo vagare lo sguardo dalla faccia occhialuta del dottore a quella spenta della principessa.

Rapunzel tentennò, abbassando lo sguardo, per non incontrare i suoi occhi in cerca di una risposta: “Lei non ricorda.”- soffiò fuori, così in silenzio che Kristoff dovette affilare le orecchie per cogliere le sue parole.

-“Pensavo peggio. Insomma se non si ricorda dell’incidente tanto meglio, avrà un ricordo in meno della sua sbadataggine.”- il sorriso che gli stava spuntando sulle labbra, svanì in una frazione di secondo, quando vide una lacrima scendere silenziosa dagli occhi giada della principessa e Eugene passarle un braccio sulle spalle.

-“Kristoff, mi dispiace. Lei non si ricorda di me, né di Eugene, né di questo viaggio a Corona; non ha memoria di quello che è successo negli ultimi giorni e non ricorda...te.”- disse puntando improvvisamente lo sguardo su di lui.

-“Cosa?”- gli uscì fuori un verso disperato –“È uno scherzo, vero? Uno dei tuoi scherzi: Eugene mi ha raccontato che ti diverti ad inventartene uno ogni giorno per spaventarlo; beh, sappi che questo non è affatto divertente!”- le disse con voce tremante.

-“Mi dispiace. Mi dispiace così tanto.”- la principessa era seria e i singhiozzi stavano cominciando a scuoterla.

-“Ma come…com’è possibile? Lei mi ha chiamato per nome dopo la caduta, mi ha rassicurato dicendomi di star bene, perché ora non si ricorda?” - chiese disperato, più a sé stesso che agli altri.

Il dottore, rimasto in silenzio fino a quel momento, prese la parola schiarendosi la voce -“La principessa ha battuto la testa, e a giudicare dalla ferita che si è procurata, dev’essere stato un urto davvero forte. Ha riportato un trauma non indifferente e questo è quasi certamente la causa della sua amnesia.”- concluse con tono professionale.

Rimase in silenzio per quella che gli sembrò un’eternità, poi: “Cosa ricorda? E soprattutto riuscirà a recuperare la memoria prima o poi?”-

-“I suoi ricordi si fermano al mattino del giorno dell’incoronazione di Elsa. Non ricorda nulla dei poteri della sorella, né del vostro viaggio assieme. È convinta che Elsa sia ancora chiusa nella sua stanza e che non le aprirà mai. Continuava a ripetere di voler fare un pupazzo di neve, ma credo che questo stato confusionale sia dato dalla perdita di conoscenza.”- gli rispose Rapunzel, riprendendo un po’del suo contegno.

-“Basterà raccontarle tutto quello che è successo da allora per riempire i suoi vuoti di memoria, no?”- chiese ottimista.

-“Mi dispiace, ma non è così semplice. Oberare la mente della principessa con avvenimenti che lei non riesce a ricordare farebbe solo peggio.  La memoria potrebbe tornarle a breve oppure…”- il medico s’interruppe sospirando, aggiustandosi gli occhiali sul naso adunco.

-“Non tornarle mai più.”- concluse per lui Kristoff, con un peso opprimente che cominciava a schiacciargli il cuore.

-“Già. Ricordarle il trauma o tentare di farle recuperare i ricordi perduti, potrebbe acuire la sua amnesia e intaccare la sua salute psicofisica. Purtroppo la medicina non ha ancora risposte per quanto riguarda la psiche umana. Solo il tempo potrà darci un responso.”- quelle parole caddero addosso a Kristoff come una scure, tagliando via ogni minima traccia di speranza che gli era rimasta.

-“Vostra Altezza, se i miei servigi non sono più richiesti, io mi ritirerei. Passerò domattina per dare uno sguardo alla principessa.”- detto questo s’inchinò a Rapunzel e si dileguò lungo i corridoi.

Il silenzio calò come una pesante cortina tra loro tre, poi Rapunzel disse: “Invierò una lettera ad Elsa, raccontandole dell’accaduto e rassicurandola circa le condizioni di Anna. Di sicuro non potrete partire a breve, quindi le dirò che resterete nostri ospiti per qualche giorno ancora.”-

-“È tutta colpa mia. Avrei dovuto fermarla, avrei dovuto impedirle di essere così incauta. Elsa non mi perdonerà mai: me l’aveva affidata e io gliela riporto indietro senza memoria.”- Kristoff cominciò a parlare tra sé.

-“Incolparti dell’accaduto non la farà stare meglio. E poi non è colpa tua, è stata una stupida fatalità che sarebbe potuta capitare ad ognuno di noi.”- cercò di rincuorarlo Eugene- “Vedrai che Elsa sarà comprensiva.”-

-“Non credo che la parola clemenza faccia parte del vocabolario della regina, soprattutto se riferita a qualcosa che ha danneggiato Anna.”- sospirò rassegnato.

-“Vedrai che si sistemerà tutto e Elsa non te ne farà una colpa.”- disse convinta Rapunzel.

-“Niente andrà meglio”- sospirò rassegnato avvicinandosi alla porta chiusa e poggiando una mano sul legno duro che lo separava da Anna- “finché non le tornerà la memoria.”-

Rapunzel gli si avvicinò e gli poggiò una mano consolatoria sulla spalla: “Kristoff, fidati di me, ogni momento passato con te, ogni sorriso che le hai dedicato, ogni singola parola che le hai rivolto, tornerà a riempirle la mente; ne sono sicura, sei troppo importante per lei per scomparire così, come un’ombra nel buio. Vedrai, il tempo aggiusta tutto, anche le lacune nella sua memoria.”

-“Grazie.”- le sorrise mestamente, apprezzando l’ottimismo della principessa – “Ora potete andare, rimarrò io a farle da guardia. Nel caso avesse bisogno di qualcosa chiamerò qualcuno.”

-“Sicuro? Potrei rimanere io e tu potresti andare a riposare; d’altronde è stata una giornataccia anche per te.”- gli propose la principessa.

-“No, grazie, non credo che riuscirei a chiudere occhio.”-

-“Come vuoi. Se hai bisogno di noi, chiama pure, non esitare.”- si strinse al braccio di Eugene, che gli rivolse un ceno del capo, e si avviò per il corridoio.

Kristoff fece per abbassare la maniglia della porta, ma la voce di Rapunzel lo fermò, allarmata: “Ah Kristoff, dimenticavo: forse non è il caso che tu entri. Sai, nel caso si svegliasse, potrebbe spaventarla trovare qualcuno che non conosce in camera sua. Mi dispiace, sai cosa intendo.”

-“Afferrato. Io sono un estraneo adesso, lei non mi conosce. Dovrò abituarmici.”- disse, cercando di fissare bene in mente quel concetto, mentre Rapunzel e Eugene sparivano dietro l’angolo.

Si guardò in giro, recuperò una sedia posizionata vicino ad una finestra, e la poggiò al muro proprio di fianco alla porta della stanza di Anna. Poi si lasciò scivolare giù, sospirando rumorosamente, e poggiò la testa alla parete, chiudendo gli occhi.

 

 

Non ricordava di essersi addormentato, ricordava solo un dolore sordo al petto che lo stava facendo impazzire e il martellare incessante dei suoi pensieri, che ovviamente riguardavano Anna. Quindi, quando un lieve tocco, lo richiamò alla realtà, sobbalzò sulla sedia. Cercò di recuperare un po’ di lucidità e di mettere a fuoco chi aveva davanti.

-“Ehi, scusa, non volevo svegliarti, ma mi sapresti dire dove mi trovo?”- Anna gli stava davanti, con il braccio fasciato che le pendeva dal collo, una benda attorno alla testa e il volto che aveva ripreso un po’ del suo solito colorito.

Kristoff rimase immobile a fissarla inebetito per alcuni secondi, poi si schiarì la voce: “Sei nel palazzo reale di Corona, il regno della sorella di tua madre.”- disse cauto.

-“Oh, credo che questo me l’abbiano già detto; davvero non ricordo come ci sono arrivata, però.”- si teneva la testa con la mano sana e strizzava gli occhi- “Oh, la mia povera testa. È come se mi fosse passata una mandria di cavalli addosso.”- si lamentò.

-“S-siediti, prego.”- Kristoff le offrì la sedia, alzandosi di scatto.

-“Oh, grazie.”- gli disse mentre si accomodava, poi chiuse gli occhi, massaggiandosi una tempia con le dita tremanti. Li riaprì quasi subito, puntando il suo sguardo luminoso su di lui: “N-noi ci conosciamo?”- chiese titubante, aggrottando la fronte.

-“No.”- sputò fuori, senza pensarci.

Anna sembrò rifletterci su, mentre faceva vagare lo sguardo giù per i lunghi corridoi e fuori dalla finestra, dove la Luna rischiarava il buio che era sceso totalmente a coprire il regno.

-“Mmm, e perché se non mi conosci eri davanti alla mia camera?”-

Cosa doveva dirle? Lui chi era? Come spiegarle perché era lì?

Optò per una mezza verità: “Beh io sono il tuo accompagnatore, si, diciamo la tua scorta. Elsa…volevo dire la regina, mi ha mandato per scortarti in questo viaggio al di fuori del regno. Quindi ti conosco, ma non di persona, cioè voglio dire...”-

-“Credo di aver capito, non c’è bisogno di aggiungere altro, grazie.”- lo stoppò prima che cominciasse a balbettare cose senza senso.

-“Hai detto regina? Elsa non è ancora regina, la sua incoronazione avverrà a giorni. Mi stupisce che abbia tanto a cuore la mia incolumità da farmi accompagnare da uno grande e grosso come te. In realtà non ha mai dimostrato la benché minima traccia di interesse nei miei confronti.”- blaterò tra sé, continuando a non guardarlo.

-“Hai bisogno di qualcosa?”- la interruppe Kristoff.

-“In realtà si, vorrei mangiare qualcosa, dolce se è possibile: ho una fame da lupi. So che è notte e che tutti saranno a dormire, ma mi accontenterei anche di qualche biscotto o di un po’ di...”-

-“Cioccolata.”- l’aiuto Kristoff.

-“Si, si la cioccolata sarebbe perfetta. Puoi portarmene?”- gli chiese con un sorriso che lo fece sciogliere.

-“Ehm, vedrò quello che posso fare. Ora dovresti tornare dentro, mentre io vado a cercare qualcuno.”- le disse aprendole la porta, mentre lei si alzava piano.

-“Allora io rimango qui ad aspettare la mia cioccolata.”- disse chiudendosi la porta alle spalle –“Ehi, mi ripeteresti il tuo nome, sai com’è, ho un momentaneo vuoto di memoria.”- lo fermò, prima che potesse andarsene.

-“Kristoff.”- le sorrise malinconico.

-“Bene. A dopo, Christopher.”- e chiuse la porta.

Restò a fissare il legno laccato per un secondo: “È Kristoff...”- sussurrò sconsolato alla porta chiusa, poi andò alla ricerca di qualcuno che gli potesse procurare della cioccolata nel pieno della notte.

 

 

Il medico tornò a controllare Anna il giorno dopo e quello dopo ancora, finchè la mattina del quinto giorno dichiarò che la principessa poteva affrontare il rientro a casa, senza aggravare la sua situazione fisica e mentale, con lo stress derivante da un viaggio in mare così lungo. Raccomandò ad Anna di tenere la fasciatura al braccio per almeno altre due settimane, di disinfettare il taglio sulla fronte e di riposare.

La mattina della partenza, il re e la regina abbracciarono Anna augurandosi di vederla presto; poi si voltarono verso Kristoff che osservava la scena in disparte, sentendosi fuori luogo: “Avremmo voluto che il vostro soggiorno qui a Corona fosse lieto, ma sono sicuro che ci rivedremo in una situazione più piacevole. Tutto si sistemerà, vedrai ragazzo, la speranza è l’ultima a morire.”- il re gli strinse la mano e lui si inchinò riconoscente. La regina tratteneva a stento le lacrime quando si voltò a guardare Anna per l’ultima volta.

Rapunzel e Eugene li accompagnarono al molo, dove la loro nave era pronta a partire; il tragitto dal castello al porto fu silenzioso, rotto solo ogni tanto dai sospiri di Anna, che seduta composta guardava scorrere il panorama del regno davanti ai suoi occhi: “Non so perché, ma credo che mi mancherà Corona. Ho come la strana sensazione di essere stata felice qui.”- sussurrò.

Tutti la sentirono, ma nessuno disse nulla: si limitarono a rivolgerle dei muti sorrisi forzati, distogliendo subito lo sguardo. Rapunzel non riusciva a darsi pace: nei giorni precedenti si era detta e ridetta che se avesse avuto ancora i suoi magici capelli, la cugina sarebbe potuta guarire in un battito di ciglia e avrebbe potuto continuare a vivere la sua vita felice con il suo vero amore; ma ora Anna era strana, non era più chiassosa e la luce di meraviglia che accendeva i suoi occhi ad ogni nuova scoperta, si era affievolita, fin quasi a scomparire. Era diventata la patetica caricatura di se stessa. Inoltre si era allontanata da Kristoff e gli rivolgeva la parola solo se necessario; Rapunzel aveva visto il ragazzo diventare sempre più silenzioso e distante, quasi come cercasse di nascondersi, con un’espressione addolorata dipinta sul volto smorto.

Eugene l’aveva consolata dicendole che non avrebbe funzionato, che il suo potere poteva agire solo sulle ferite del corpo, non su quelle della mente e lei si era infuriata ancora di più: non con Eugene o con se stessa, ma con il destino.

Quando giunse il momento dei saluti, Rapunzel strinse Anna per un tempo infinito, chiudendo gli occhi e lasciando sfuggire al suo autocontrollo due lacrime silenziose, spazzandole via con un gesto furioso della mano, pima di rivolgere di nuovo lo sguardo alla cugina: “Spero di vederti presto, ricorda, la prossima volta sarò io tua ospite.”- le sorrise, evitando di aggiungere che avrebbe voluto tanto vedere il castello di ghiaccio della sorella.

-“Oh…ma certo. Le porte del castello saranno sempre aperte per voi. Almeno la mia, su quella di Elsa ho i miei dubbi.”- aggiunse nervosa.

Eugene s’inchinò ad Anna e poi stringendo la mano di Kristoff, lo tirò in disparte: “Mi raccomando, non perdere la speranza.”- gli disse con voce seria-“ Lei tornerà, intendo la tua Anna, quella vivace ed imbarazzante, la versione più divertente di questa.”- aggiunse, con un sorrisino appena accennato, per smorzare la palese tensione che attanagliava Kristoff.

-“Ci proverò.”- promise con poca convinzione, mentre tornavano dalle due principesse.

-“Ehi, ricordati che quando verremo a trovarvi ad Arendelle mi dovrai una gara: sono sempre dell’opinione che i cavalli siano più veloci delle renne.”- gli diede una pacca sulla spalla, facendogli perdere l’equilibrio.

-“Allora alla prossima volta.”- disse Anna, prima di salire sulla passerella della nave.

Rapunzel annuì, sopraffatta dall’emozione, senza dire nulla. Kristoff le offrì il braccio, ma lei lo ignorò quasi, correndo sulla nave, con il braccio che le penzolava dal collo. Poi il ragazzo la raggiunse e si voltò per l’ultima volta a salutare i due sposini.

Mentre la nave si allontanava dal porto, sospinta da una lieve brezza calda che soffiava da sud, Rapunzel la osservò, persa nei suoi pensieri.

-“Credi che le tornerà mai la memoria? Insomma, torneranno assieme?”- la riscosse Eugene.

Rapunzel ci pensò su per un secondo e poi sorridendo alla nave che era diventata già un puntino lontano disse: “Dovrà tornarle prima o poi: lui era il suo nuovo sogno.”

 

 

Una volta sulla nave, Anna si rinchiuse nella sua cabina, sprangando la porta, chiedendo di non essere disturbata. Kristoff le disse di chiamare se avesse avuto bisogno di qualsiasi cosa e lei lo guardò per un secondo di troppo, scrutando i suoi occhi, come se cercasse una risposta ad un quesito silenzioso.

Poi il ragazzo si fece strada sul ponte e raggiunse il capitano Reider, mettendolo a parte degli spiacevoli avvenimenti che si erano consumati nei precedenti giorni, per evitare inconvenienti nel caso in cui Anna gli avesse rivolto qualche domanda. Il capitano gli assicurò che avrebbe tenuto la bocca cucita e avrebbe misurato le sue parole.

Kristoff vagò per gran parte del giorno sul ponte, scambiando qualche parola con gli uomini dell’equipaggio, evitando di scendere sotto coperta: vedere quella porta chiusa lo avrebbe distrutto. Ora capiva come doveva essersi sentita Anna per tutti quegli anni, chiusa fuori dalla sorella, senza sapere dietro quella porta cosa accadeva.

Quando il Sole si tuffò nell’orizzonte, però, dovette cedere ai suggerimenti del capitano: “Non c’è molto da fare di notte sul ponte, scendi in coperta a riposare. La tua mente te ne sarà riconoscente, credimi.”

Sceso in coperta, si meravigliò di trovare Anna, seduta su una delle poltrone del piccolo salotto, con un libro tra le mani, ma lo sguardo perso fuori dalla finestrella della nave. Sobbalzò quando si accorse di lui e chiuse il libro con uno scatto nervoso.

-“Non volevo spaventarti, scusa.”- Kristoff si giustificò -“Posso?”- chiese indicando uno dei divanetti.

Anna annuì in silenzio, seguendo le sue mosse con lo sguardo, poi abbassò gli occhi, accarezzando distrattamente la copertina del libro.

Kristoff amava il silenzio, soprattutto quello delle montagne, quello delle cime più impervie, dove nemmeno gli uccelli osano nidificare: il silenzio era stato suo compagno di vita per lungo tempo ed aveva imparato ad apprezzarlo. Ma ora, quella quiete innaturale che aleggiava tra loro, cominciava a schiacciarlo con la sua insopportabile presenza.

-“Perché non mi ricordo di te?”- chiese tutto ad un tratto Anna, riscuotendolo dai suoi pensieri –“ Insomma io non ti ho mai visto in giro per il castello, e credimi, sono così pochi gli inservienti che ormai li conosco come le mie tasche.”- lo fissò seria, con uno sguardo interrogativo, non sembrava nemmeno lei.

Kristoff, preso alla sprovvista da quella domanda, rimase in silenzio.

Anna lo incalzò: “Ricordo che c’erano un Joseph, un Rolf e un Marcus che facevano parte della scorta reale, ma di un Kristoff non riesco davvero a ricordarmi.”- per la prima volta in cinque giorni non sbagliò il suo nome, ma questo sfuggì al ragazzo, troppo preso dalla ricerca di una risposta plausibile.

-“In realtà non faccio parte della guardia reale, io sono il mastro consegnatore del ghiaccio di Arendelle.”- ammise.

-“Che? Ma questo titolo non esiste!”- sbottò infastidita dalla situazione.

-“Anch’io la pensavo così, ma è stata la regina in persona a darmelo.”-

-“Mia madre, ma lei è…”- cercò di protestare.

-“Morta, lo so. Intendevo la regina Elsa.”-

-“Ma ti ripeto che Elsa non è ancora regina.”- lo rimproverò, come se fosse lui ad avere problemi di memoria.

-“Ascolta, Elsa già è stata nominata regina, tu ti sei solo persa la sua incoronazione.”- le rivelò, lasciandola basita. Decise di raccontarle una mezza verità: in fondo prima o poi lo avrebbe scoperto, lui aveva solo accelerato un po’ i tempi.

-“Non è vero.”- affermò convinta.

-“Invece ti dico che è proprio così. Ma non preoccuparti non ti sei persa niente di eccezionale.”- la rassicurò, ridendo fra sé alla pessima battuta che lei non avrebbe colto.

Anna rimase muta, tenendosi la testa con una mano, cercando di scacciare quel senso di smarrimento che le annebbiava il cervello. Fece per alzarsi, ma Kristoff la bloccò per un braccio, temendo di aver peggiorato la sua già instabile situazione: “Anna, scusa, non volevo confonderti è solo che…”- cominciò a scusarsi.

-“Lasciami.”- gli intimò la principessa. Il suo tono di voce lo schiaffeggiò quasi, e lasciò la presa sul suo braccio, indietreggiando di un passo.

Anna si allontanò in fretta e sbattendo la porta dietro di sé, si rinchiuse di nuovo nella sua stanza. Kristoff la osservò andarsene in silenzio e non cercò di fermarla. Poi una volta rimasto solo, si sedette sconfitto e si prese la testa tra le mani, mentre continuava a ripetersi: che cosa ho fatto?

 

 

Quando al mattino seguente il capitano mandò un uomo in coperta per avvisare i passeggeri dell’imminente attracco al porto di Arendelle, Kristoff era già sveglio e pronto per scendere, mentre Anna si ostinava a rimanere chiusa nella sua cabina. Il ragazzo bussò lievemente per non disturbarla: “Siamo quasi arrivati. Fra un po’ attraccheremo.”- non sentì nessun rumore provenire dall’interno, ma prima che potesse cominciare a preoccuparsi, Anna uscì fuori, e rivolgendogli un fugace sguardo, lo sorpassò salendo sul ponte.

-“Buongiorno vostra altezza.”- la salutò il capitano –“Ha riposato bene?”- s’informò.

-“Splendidamente. Grazie capitano.”- rispose con un sorriso.

-“Felice, di essere tornata a casa?”- indagò l’uomo, guardando dritto davanti a sé, alla guida del timone.

-“Potrei risponderle di si, ma sarebbe come mentire. Lo scoprirò solo quando avrò messo piede sulla terra ferma.”- disse seria, osservando il castello davanti a sé, che diventava sempre più grande man mano che la nave si avvicinava al fiordo.

Il capitano rimase muto, riscontrando un cambiamento radicale nei modi della principessa. Ora capiva il malcontento del giovane accompagnatore.

Kristoff rimase in disparte, appoggiato al parapetto della nave, con lo sguardo puntato sul molo, dove un insieme di piccole figure cominciava a prepararsi per l’imminente arrivo della principessa.

Una figura su tutte spiccava tra le altre sagome scure in attesa: la silhouette longilinea di Elsa si stagliava imponente sulla banchina, accerchiata dalle guardie. Quando la nave attraccò, e venne issata la passerella, Anna scese con calma e si avvicinò alla sorella, senza osare alzare nemmeno lo sguardo su di lei; ma la regina la strinse a sé, dimenticando per un momento l’etichetta e tutto il resto: “Oh Anna, quanto mi sei mancata.”- le sussurrò all’orecchio. Anna rimase congelata in quell’abbraccio, indecisa sul da farsi, poi strinse la sorella di rimando, allontanandola subito poco dopo.

Kristoff scese qualche istante dopo, venendo ignorato completamente dalla regina, che sembrava avere occhi solo per la principessa. Il ragazzo non si illuse che Elsa potesse aver perdonato la sua disattenzione verso la sicurezza della sorella; infatti, quando la regina si voltò per tornare nel castello, con un braccio poggiato sulle spalle della minore, senza nemmeno voltarsi, lo chiamò: “Kristoff, ti aspetto tra un’ora nel mio studio.”- disse con voce atona.

Quando rimase da solo, immobile sulla banchina, Kristoff si chiese se Elsa avesse il potere di congelare il sangue nelle sue vene.

 

 

 

 

 

AngoloAutrice: questo capitolo è leggermente più corto dei precedenti e me ne scuso; so già che mi maledirete per la piega che ho fatto prendere a questa storia, ma non potevo fare altrimenti, è nata così e non potevo cambiare la trama in corso d’opera. Mi scuso per eventuali errori, che sarete così gentili da farmi notare nel caso ne trovaste; ho riletto più volte prima di pubblicare, ma siccome ultimamente questi capitoli che scrivo mi fanno davvero pena, evito di indugiarci troppo sopra. Quindi passo ai ringraziamenti, anche se penso che dopo la lettura parecchi di voi toglieranno la storia dalle loro seguite/preferite/ricordate, comunque GRAZIE MILLE a:

Amberly_1 (Adry, sappi che volevo dedicarlo a te questo capitolo, ma non mi piace, quindi te ne dedicherò uno più bello! Grazie x il tuo supporto! XD); bioshock1988; chiarotti2000; cigliegioinfiore; DoubleLife; fabyvaniglia; Feisty Pants; Fox writer; ghire99; gwinny; jaseywantsthiseasy; Kerolo; Kestler; Kiaretta _Kudo; LysL_97; Martinastory11; max1995; MiakaHongo; miranda_anna; Nives96; Romantic_Dreamer; Siwang; SognatriceAocchiAperti… per aver inserito la mia ff tra le vostre preferite.

Inoltre grazie anche a quelle fantastiche 38 persone che l’hanno annoverata tra le loro seguite:

AngelVidel14 ; bulmettina;  ChrisAndreini; Dark_Chocolate; Fox writer; giascali; Gioia1998; Herm4ever; hope14; IreTomlinson; Jacky_chan; Little_Lotte; lunadelpassato;  luuuuchi_; MaJo_KiaChan_; marta_uzumaki86; Martinastory11; max1995; MiakaHongo; mintheart; Momo98; Nenina46; Niksss; Nives96; Potterhead73; Potteriano96; Rainbow_Twily19; Sara JB; Sel Dolce; Silver Loreley; Siwang; Storm Leonhart; Tamisa24; TeacherElsie; valepassion95; _Lethe;_SideEffect_;__aris__ (mon amiiii, ci sei anche tu!).

Ps: mi scoccia essere ripetitiva, ma quando ci vuole ci vuole… Mi raccomando se avete trovato il vostro nome in questa lista, mi farebbe piacere ricevere un vostro parere, anche negativo, non ci sono problemi. Mi accontenterei anche di un semplice ‘carino!’ oppure di un ‘fa schifo, te lo dico con il cuore, non scrivere più!’…afferrato il concetto? Spero di si. Alla prossima!!

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14: Ad ogni azione corrisponde una reazione ***


NB: ho paura che in questo capitolo la nostra tanto adorata regina di ghiaccio risulti un tantino ooc, questo perché ho cercato di portare all’esasperazione il suo stato di nervosismo. Spero non mi malediciate per quello che le farò dire e fare XD

Capitolo 14: Ad ogni azione corrisponde una reazione

 

Elsa sedeva composta alla sua scrivania, sfogliando dei resoconti stilati per lei dai suoi ministri, arricciando le labbra in disappunto, alle pessime notizie: una nave merci, che trasportava un prezioso carico di beni di prima necessità destinati ad Arendelle, aveva fatto naufragio, a causa di una tempesta scatenatasi lungo le coste del regno delle Isole del Sud. La notizia non poteva che aggravare il suo stato di nervosismo, che sembrava crescere minuto dopo minuto. Aveva riaccompagnato Anna nelle sue stanze già da un po’, lasciandola riposare. Il vederla in quello stato di serafica remissività, l’aveva lasciata interdetta: la sorella l’aveva salutata sul molo e poi aveva taciuto per la maggior parte del tempo, rispondendo alle sue domande con semplici monosillabi, sussurrati a fior di labbra, come se avesse paura di alzare la voce. Anzi, la sua impressione era stata proprio quella che Anna avesse paura di lei, che temesse anche il solo contatto visivo.

Quando aveva ricevuto la lettera di Rapunzel, l’aveva letta con mani tremanti, lasciando che la paura regnasse sovrana nel suo cuore: l’aveva accartocciata subito dopo, mentre un leggero strato di brina cominciava a crearsi sulle pareti e i suoi occhi si riempivano di lacrime; aveva appena ritrovato la sorella ed ora, a causa di uno stupido incidente, l’aveva persa di nuovo. Qualche ora più tardi aveva cercato di autoconvincersi che sarebbe potuta andare peggio, che Anna sarebbe potuta morire dopo aver battuto la testa; ma quel placebo mentale che aveva cercato di somministrarsi non aveva funzionato. Non sarebbe stata tranquilla finché non avesse riabbracciato la sorella. Erano stati i cinque giorni più lunghi della sua vita: nemmeno quando era rimasta rilegata nella sua stanza, il tempo era passato così lentamente: più cercava d’intrattenersi con sedute straordinarie del consiglio e la lettura di noiosissimi trattati di alleanze, più la sua mente le riproponeva l’immagine di Anna inerme tra le braccia di Kristoff.

Già, Kristoff. La colpa era la sua. Che idiota era stata ad affidargliela, che stupidaggine aveva fatto ad accordagli la sua fiducia, a trattarlo quasi come un suo pari. Ma non l’avrebbe passata liscia, lo avrebbe punito severamente, anzi l’avrebbe fatto giust…

I suoi piani di vendetta vennero interrotti da un bussare ritmico alla porta del suo studio: “Elsa, sono Olaf, posso entrare?”- la voce acuta e sempre solare del piccolo pupazzo di neve le giunse ovattata da fuori.

‘Olaf!’- pensò.

Si era proprio dimenticata di lui, in tutto quel trambusto di eventi: poverino, lui le era stato accanto in quelle due settimane, confortandola con il suo affetto e i suoi abbracci gelati, e lei l’aveva a malapena ringraziato, troppo concentrata sul suo dolore per prestare attenzione anche al dispiacere del suo piccolo amico: “Entra pure, Olaf.”- gli rispose con voce controllata.

Subito la porta si aprì e Olaf entrò, rivolgendole quel sorrisino contagioso che non abbandonava mai la sua bocca: “Ehi! Come va? Hai visto, Anna è tronata sana e salva, e tu che eri così preoccupata.”- ridacchiò divertito, all’oscuro di quella situazione tutt’altro che rosea.

Infatti non gli aveva detto che Anna aveva perso la memoria, ma semplicemente che era caduta da cavallo, che aveva battuto la testa e si era rotta un braccio: anche solo con quelle poche informazioni, l’umore del piccolo pupazzo di neve, si era rabbuiato; non voleva deprimerlo ulteriormente dicendogli che molto probabilmente Anna non si sarebbe ricordata di lui.

-“Già. Hai ragione.”- cercò di sorridere, ma le venne fuori una smorfia.

Olaf sembrò non accorgersene: “Dici che potrei andare a salutarla? Insomma mi è mancata e credo di essere mancato anch’io a lei!”- fece una smorfietta carina ridacchiando -“Non per vantarmi, ma sai, credo di essere il suo migliore amico, dopo te ovviamente e…Kristoff, ma lui non conta, lui è un più-che-amico.”- Elsa non gli rispondeva, quindi continuò-“ Okay, forse non sono proprio il suo migliore amico, ma sicuramente il suo miglior confidente e potrei…”-

Elsa lo interruppe, prima che potesse andare oltre: glielo doveva dire, non poteva nascondergli oltre la verità, lui meritava di sapere, ora faceva parte della famiglia.

-“Ascolta Olaf, ho una cosa molto importante da dirti.”- prese un respiro profondo, guardando negli occhietti neri del piccolo amico, cercando di trovare le parole adatte per non ferire i suoi sentimenti -“Ricordi che ti avevo detto che Anna era caduta da cavallo battendo la testa?”-

Olaf annuì convinto: “E che per fortuna o per sfortuna, non saprei ancora bene come definirla, si era rotta solo un braccio. Si, mi ricordo!”-

-“Bene, c’è una cosa che non ti ho raccontato, ma l’ho fatto solo per non farti rattristare. Non voglio vederti triste e depresso come me: una Elsa basta e avanza, che dici?”- cercò di smorzare la tensione con una battuta, peggiorando solo la situazione, perché Olaf la guardò in modo strano. Tacque per quello che le sembrò un tempo infinito, rimanendo immobile a fissare le sue dita intrecciate sulla scrivania, incapace di incrociare lo sguardo interrogativo dell’omino di neve.

-“Elsa, va avanti. Non c’è nulla che potresti dirmi di tanto spiacevole da farmi rattristare” - la esortò, gesticolando con i due rametti che aveva al posto delle braccia.

-“Olaf…Anna non si ricorda di te, né dei miei poteri, né del viaggio che avete fatto insieme per venire a cercarmi. Il colpo alla testa le ha cancellato i ricordi ed inoltre, credo abbia modificato anche il suo carattere: non è più la Anna che conoscevamo, purtroppo.” – fece silenzio, aspettando una reazione da parte di Olaf.

-“Oh…”- fu l’unico suono che uscì dalla sua fredda bocca. Abbassò mesto la testa, lasciando cadere le braccia ramose lungo i fianchi, mentre la nuvoletta sulla sua testa si rabbuiava come il suo umore.

-“Olaf, mi dispiace, ma dovevo dirtelo, non potevo rischiare che Anna ti vedesse e desse di matto. Insomma, hai capito, no?”- si affrettò a precisare.

-“Q-quindi, non potrò più vederla per un po’,giusto?”- chiese alzando i suoi occhietti tristi e lucidi su Elsa. Il dolore di quello sguardo, penetrò la giovane regina fin nelle ossa, lasciandole l’impressione che con il solo contatto visivo, Olaf le avesse scavato involontariamente una buca nel petto.

-“Si, mi dispiace.”-

-“Per quanto non potrò vederla, insomma prima o poi dovrà tornarle la memoria, no?”- chiese speranzoso, abbozzando un sorriso.

-“Non lo so Olaf. I medici di Corona hanno detto che potrebbe anche non tornarle mai più. Ma non preoccuparti: pian piano racconterò ad Anna tutto quello che ha dimenticato di questi ultimi mesi, cominciando dal mio potere, e ovviamente le parlerò anche di te, così potrete tornare ad essere amici come una volta. Ma credo che ci vorrà del tempo per farla abituare a tutto questo, capisci?”-

-“Capisco.”- rispose in un sospiro, facendo traballare la carota che aveva al posto del naso.

-“Dovrai avere un po’ di pazienza, e non dovrai perdere la speranza. Insomma questa è solo la peggiore delle ipotesi, potrebbe anche ricordare tutto nel giro di qualche settimana.”- cercò di consolarlo, tentando allo stesso tempo di convincere se stessa.

-“Questo significa che non posso andare a trovarla, allora.”- constatò malinconico.

-“No, mi dispiace.”- gli rispose Elsa: vedere il sempre felice e logorroico Olaf, diventare improvvisamente triste e silenzioso, le spezzò il cuore. Il piccolo pupazzo di neve, strizzava gli occhi, incapace di piangere, cercando un modo per esternare il suo dolore.

-“Olaf, vedrai che presto tutto si aggiusterà e torneremo ad essere felici come prima.”- gli sorrise mestamente.

-“Avrei tanto bisogno di un caldo abbraccio, ora.”- disse alzando lo sguardo lucido su Elsa.

La regina lo guardò per un millisecondo e poi, senza tanti preamboli, si alzò dal suo posto e gli si avvicinò. Si inginocchiò alla sua altezza e poi spalancò le braccia e il piccolo Olaf vi si tuffò dentro.

Gli carezzò la testolina bianca e fredda, consolandolo come una mamma fa con il suo bambino, mentre il piccolo pupazzo cercava di cingerle la vita con le sue braccine corte: “Non so se i miei abbracci siano caldi, ma spero ti basti anche questo abbraccio ‘congelato’.”- scherzò Elsa allontanandosi di poco.

-“Ma tu non sei fredda, almeno non per me. Questo è il migliore abbraccio caldo che io abbia mai ricevuto. Non che ne abbia ricevuti molti, in realtà, ma tra quei pochi che posso ricordare questo è certamente il migliore!”- gli disse con la sua vocetta acuta, tornando ad essere per un momento il solito sorridente Olaf.

-“Sono felice. Allora, quando vorrai un abbraccio non esitare, vieni a bussare alla mia porta, ce ne saranno sempre per te.”- gli promise con voce dolce.

Olaf annuì. Poi Elsa tornò seria: “Ascoltami bene Olaf, il palazzo è casa tua e tu puoi andare dove più ti aggrada, ma ti pregherei di non gironzolare dalle parti della camera di Anna. Se dovesse vederti non so come reagirebbe. Inoltre, mi raccomando: nel caso tu dovessi sentirla o scorgerla per i corridoi, non andarle in contro. So che è chiederti molto, ma fallo per lei. Più la terremo tranquilla, più probabilità ci saranno che le torni la memoria.”-

-“Afferrato, non mi farò vedere, sarò un’ombra silenziosa che striscia nell’oscurità.”- disse con tono cospiratorio, alzando un braccio legnoso all’altezza degli occhi, come se volesse nascondersi –“A proposito di agire nell’ombra, ma non è che per caso Arendelle ha un corpo speciale di spie che proteggono la regina e il palazzo ed evitano le congiure eccetera eccetera? No sai com’è, nel caso ve ne fosse uno potrei entrare a farne parte e potrei addirittura…”-

-“No, Olaf, non esiste niente di tutto questo. Basterà che tu non ti faccia vedere, promesso?”- ridacchiò la regina, difronte alla capacità di Olaf di fronteggiare il cattivo umore.

-“Promesso.”- confermò il piccoletto.

-“Ora dovresti andare, aspetto una persona e non sarà piacevole essere nei paraggi quando questa arriverà.”- constatò irritata.

-“Come vuoi.”- si avviò verso la porta bianca dietro di lui, lasciando delle piccole impronte bagnate sul pavimento ricoperto da un tappeto, ma si fermò-“ La persona che stai aspettando è per caso Kristoff?”- chiese alzando un sopracciglio.

Elsa si alzò, lisciandosi le pieghe del vestito: “Già.”- confermò con voce piatta, tornando alla sua scrivania e alle sue sudate carte, mentre la temperatura nelle stanza diminuiva impercettibilmente.

-“E non c’è la possibilità che io possa rimanere qui mentre parlate, così da evitare che tu faccia male a Kristoff? Sai, non credo che Anna sarebbe molto felice di sapere che il suo più-che-amico è diventato un ghiacciolo.”- ridacchiò a quell’ultima affermazione.

-“No, Olaf: devi andare. Ti assicuro che cercherò di trattenermi, di non fargli molto male, ma non posso prometterti nulla, sai che quando sono nervosa non riesco a controllarmi.”- gli rivolse un sorriso sghembo, un tantino inquietante, pregustando già la sfuriata che avrebbe fatto al ragazzo.

-“Mmm, d’accordo.”- acconsentì titubante Olaf, mentre apriva la porta –“A più tardi, allora.”- richiuse la porta dietro di sé.

Elsa tornò a fissare il resoconto del naufragio della nave merci, ma un istante dopo dei colpi lievi alla porta la interruppero: “Olaf, ti ho già detto che non puoi restare. Va a giocare in giardino.”-

Ma quando alzò la testa per fronteggiare l’insistenza del pupazzo di neve, trovò sull’uscio della porta Kristoff, ancora con la mano sulla maniglia: “P-posso tornare se ha da fare.”- le disse in un soffio, osservandola con lo sguardo di una preda inerme di fronte al predatore.

-“Entra.”- un ordine perentorio, una sola parola: fu lapidaria.

Lo osservò mentre chiudeva la porta, in silenzio. Il ragazzo si voltò tenendo lo sguardo basso, non osando incrociare i suoi occhi di ghiaccio, che sembravano trapassarlo da parte a parte, mozzandogli il respiro: doveva ammetterlo, aveva paura.

Elsa lo fissava intensamente, non sapendo da dove cominciare. Lui rimaneva immobile davanti alla sua scrivania, come qualche settimana prima, quando gli aveva dato la sua benedizione per stare con Anna. ‘Benedizione un corno!’- si ritrovò a pensare, mentre cercava di controllare le sue emozioni e di tenere a bada le maledizioni, che gli avrebbe volentieri urlato contro, che le premevano sulle labbra. Le sembrò che Kristoff tremasse per la paura e che alle sue orecchie   arrivasse addirittura il rumore sordo dei battiti aritmici del cuore spaventato del ragazzo. O forse era solo il rombo potente del suo cuore, che accelerava sotto l’influsso della rabbia crescente, che si stava lentamente e inesorabilmente impadronendo di lei.

La regina prese un respiro profondo: “Prima che tu ed Anna partiste per Corona mi ero raccomandata con lei, dicendole di non fare cose stupide, quel genere di cose che di solito la fanno mettere nei guai: lei mi ha tranquillizzata dicendomi che tutto era sotto controllo e che tu saresti stato con lei, e che quindi non c’era da preoccuparsi.”- fece un momento di silenzio per riprendere fiato,  ordinando le carte sulla scrivania, senza staccare gli occhi dalla figura intimorita di Kristoff    -“E io ho pensato: ‘ma si, Kristoff mi sembra un ragazzo assennato, di certo starà attento alla sua sicurezza.’ E ovviamente, non potevo essere più lontana di così dalla realtà!”- disse con voce strozzata, cercando di mantenere la calma -“Ti avevo esplicitamente chiesto di tenerla al sicuro”- chiuse un attimo gli occhi -“di non farla soffrire e di fare in modo che non le accadesse nulla…”- si portò le dita tremanti alle tempie, sospirando rumorosamente. Ormai era al limite, sapeva che in quell’occasione nemmeno la filastrocca che le aveva insegnato il padre- celare, domare, non mostrare- sarebbe riuscita ad arginare l’onda di rabbia che le stava salendo dal profondo, sommergendo ogni altra emozione, lasciandola per un momento incredula difronte a tanta potenza: “Allora mi spieghi cos’è andato storto a Corona?”- gli urlò contro, battendo le mani sul tavolo davanti a lei, spalancando gli occhi di ghiaccio, mentre la temperatura nella stanza calava bruscamente e un vento creatosi dal nulla faceva volare via alcuni oggetti.

Alla fine era esplosa.

Kristoff fece un passo indietro intimorito, riuscendo a scansare un piccolo soprammobile che altrimenti l’avrebbe colpito in piena faccia. Non riusciva a spiccicare parola: certo, aveva previsto una tale reazione da parte della regina, ma mai avrebbe pensato che si sarebbe lasciata andare così tanto. Inoltre, tutto il discorso di scuse, che si era preparato nell’attesa di essere ricevuto, sarebbe stato praticamente inutile contro le sue accuse.

-“Tu sai che ad ogni azione corrisponde una reazione, vero?”- gli chiese ritornando per un momento calma.

Kristoff annuì.

-“Allora saprai anche che tradire la mia fiducia in tal modo, non è certo cosa che passa impunita, quindi spero tu sia pronto a ricevere una degna punizione.”- lo vide inghiottire a vuoto –“Ma prima voglio che mi racconti per filo e per segno tutto quello che è successo a Corona. La lettera della principessa Rapunzel non è stata abbastanza esplicativa.”- lo guardò tornare al suo posto e prendere fiato.

Kristoff cominciò dapprincipio, prima con voce tremante e poi sempre più sicuro: le raccontò del loro arrivo nel regno di Corona; dell’accoglienza ricevuta dai sovrani; dei festeggiamenti per il matrimonio; della giornata passata tra le strade del regno e della proposta della principessa Rapunzel, di provvedere alla sua lunga assenza con una passeggiata a cavallo nella riserva di caccia del re.

Omise accuratamente di farle sapere che aveva dormito nello stesso letto di Anna, temendo ovviamente di peggiorare ancora di più la sua situazione: se la regina avesse saputo davvero tutto quello che era successo a Corona, lo avrebbe di certo messo alla forca.

-“…così abbiamo passato gran parte della giornata insieme alla principessa e al suo consorte, per le campagne del regno e al ritorno è successo…beh, l’incidente.”- concluse il suo racconto abbassando lo sguardo. Parlare di quella faccenda lo faceva star male, perché non riusciva a capacitarsi che Anna fosse in quelle condizioni anche per colpa sua: si era lasciato prendere dal momento senza prestare attenzione ai particolari, troppo concentrato su Anna e le sue parole.

Elsa assimilò tutte quelle informazioni in silenzio, concentrandosi sulle sue ultime parole: “So cosa è successo, ma io vorrei sapere come e perché. Perché Anna correva a scavezzacollo su un sentiero che non conosceva e come ha fatto a cadere?”- il tono di voce che abbandonò le sue labbra rispecchiava appieno la sua frustrazione. ‘Se fossi andata con lei, di sicuro questo non sarebbe successo.’- pensò, mentre osservava il ragazzo cercare una risposta alle sue domande.

-“S-stavamo facendo una gara e lei era voltata indietro e…e non lo so, davvero. È successo tutto così in fretta, credo abbia sbattuto contro un ramo basso e poi era a terra e…”- farfugliò.

-“Voi cosa?”- esclamò Elsa, scioccata, spalancando gli occhi.

-“Stavamo facendo una gara: al mattino mi aveva sfidato e avevo vinto io, così voleva la rivincita e quindi…era così felice che non avrei avuto il cuore di dirle di no.”- si scusò.

-“Mi stai dicendo che mia sorella è rinchiusa nella sua stanza con un braccio rotto e un vuoto di memoria grande quanto il fiordo, solo perché tu non hai avuto il coraggio di fermarla dal fare una stupidaggine?”- disse stupefatta, mentre una sottile lastra di ghiaccio si andava estendendo dai suoi piedi verso il ragazzo, che non vi prestò molta attenzione.

-“Io ho cercato di fermarla, ma lei non mi ha dato ascolto. Cosa avrei dovuto fare, ordinarle di fermarsi? Fino a prova contraria è lei la principessa, quella autorizzata a dare ordini.”- rispose spazientito, facendo un gesto con la mano-“ E poi una corsa a cavallo non mi sembrava tutto questo gran pericolo.”- concluse facendo spallucce.

-“Non ti sembrava tutto questo pericolo! Sai com’è morto il padre di mio padre?”- gli chiese Elsa.

Kristoff si fermò interdetto: non lo sapeva, ma sapeva perfettamente che di li a qualche secondo avrebbe fatto l’ennesima figuraccia.

-“Per una caduta da cavallo.”- sentenziò la regina.

‘Come volevasi dimostrare, sei un idiota!’- pensò tra sé.

-“Mi dispiace, se lo avessi saputo avrei cercato di farla desistere.”- si scusò abbassando il capo -“Ma avreste dovuto vederla”- disse tutto ad un tratto alzando lo sguardo sulla regina, che lo guardava con un’espressione interrogativa-“ era così felice e spensierata, si è divertita così tanto: credo di non averla mai vista ridere così. Mi sembrava giusto darle quello di cui aveva bisogno, di farle provare l’ebrezza della libertà, di farle gustare appieno un briciolo di felicità dopo tutto il tempo passato chiusa nel castello. Cosa si aspettava, che dopo più di dieci anni di isolamento e di inattività, rimanesse ferma a guardarsi intorno?”- abbassò la voce su quelle ultime parole, rendendosi conto solo dopo che erano uscite dalla sua bocca, che non aveva il diritto di rivolgersi alla sua regina in quel modo.

Ma Elsa non prestò attenzione tanto al tono sfacciato con cui le parlò, quanto al significato nascosto sotto quelle parole: “E da quand’è che conosci Anna così bene da arrogarti il diritto di scegliere cos’è meglio per lei, sentiamo?”- lo provocò, sicura di far cadere il suo muro di convinzioni con quella domanda.

-“Non vorrei essere arrogante, ma forse la conosco meglio io, di Sua Altezza.”- d’accordo, aveva passato il punto di non ritorno, ora l’avrebbe di certo fatto decapitare e avrebbe esposto la sua testa su una picca, sulle mura del castello: un brivido freddo gli scese lungo la schiena al solo pensiero.

-“Io sono sua sorella.”- constatò, come se quel semplice legame di sangue potesse farle conoscere ogni aspetto di Anna -“Come puoi dire di conoscerla meglio di me?”-

Il ghiaccio aveva cominciato a ramificarsi sui piedi di Kristoff, su per le sue gambe, bloccandolo lì sul posto, senza speranza di fuga. Il panico lo colse, ma solo per un attimo, poi continuò la sua difesa.

-“Si è mai fermata ad ascoltarla, si è mai seduta con lei da parte e le ha chiesto di raccontarle tutto quello cui era dovuta andare incontro, durante tutti gli anni che avete passato divise? Beh, io l’ho fatto e lei mi ha accordato così tanta fiducia da aprirsi totalmente, da confessarmi i suoi segreti e tutte le sue paure più profonde.”- tutto il timore che gli incuteva la regina era sparito, lasciando al suo posto una sorta di sicurezza, che lo spingeva a risponderle a tono.

-“Se la conosci bene come dici, dovresti anche sapere che se siamo rimaste divise per così tanto tempo, è perché volevo proteggerla da me stessa; ogni mia azione è in funzione di Anna, ogni mio singolo gesto è dettato dall’amore per lei. Non voglio vederla soffrire ancora, non voglio vederla piangere…voglio solo che sia felice.”- soffiò fuori quell’ultima parola, constatando che ancora una volta la sorella era ancora molto lontana dalla felicità.

-“Oh, ma me l’ha detto e sa una cosa? Anna è convinta che lei non le abbia voluto rivelare il suo segreto perché non ha fiducia in lei. Sa cosa la spaventa più di ogni altra cosa al mondo? Il non essere alla sua altezza.”- concluse, vedendo le spalle della regina che si abbassavano sotto il peso di quella rivelazione.

Elsa soppesò quelle parole: “Allora non ha capito nulla se pensa una tale idiozia. Semmai sono io a non essere degna di lei.”- si lamentò, abbassando lo sguardo. Era vero, lei non si sentiva degna del bene della sorella, né della sua incondizionata ed assoluta dedizione, e si chiedeva ancora come Anna potesse amarla dopo tutto quello che le aveva fatto.

-“E poi non credo che tenerla chiusa sotto una campana di vetro, possa renderla felice.”- constatò imperterrito Kristoff.

-“Ed è per questo che l’ho inviata a Corona insieme a te, e come vedi tutti i miei timori si sono avverati. Avrei dovuto tenerla qui con me.”- si lamentò la regina.

-“Ma anche se fosse rimasta qui non avrebbe fatto differenza: Anna non è fatta per stare ferma in una sala ad ascoltare noiosi discorsi su alleanze e piani economici; non sarebbe riuscita a trattenerla chiusa nella sua camera o nella biblioteca. Lei preferisce correre e saltare, gioire esultante per ogni minima cosa, facendo poca attenzione al suo tono di voce o a dove mette i piedi… Anna è una furia scatenata.”-

-“Una che?”- chiese alzando un sopracciglio chiaro, colta alla sprovvista.

-“Furia scatenata: è uno stupido soprannome che le ho dato io. A lei piace.”- spiegò in tono piatto, come se fosse normale che lui avesse appioppato un nomignolo del genere, ad una reale.

Elsa lo fissò con gli occhi ridotti a due fessure, meditando su tutto quel discorso assurdo, arrivando ad una conclusione: “D’ora in avanti per te sarà solo la principessa Anna, nulla di più. Tu continuerai ad essere il mastro consegnatore del ghiaccio di Arendelle, ma per lei non sarai niente.”- sapeva che quella sarebbe stata la peggiori delle punizioni che avrebbe potuto infliggergli, glielo leggeva negli occhi.

Kristoff, trattenne il fiato, incredulo: non poteva averlo fatto davvero: “Sta scherzando, non può dire sul serio.”

Elsa non gli rispose continuando a fissarlo imperturbabile.

-“Non può farlo.”- gli disse a voce alta Kristoff, con il fiato corto.

-“Ed invece si.”- stava facendo valere il suo status di regina, cosa che non aveva mai fatto fino ad allora- “Io ti ho dato la mia benedizione e posso anche revocarla. Questa è la mia decisione.”- disse ferma, convinta della sua scelta. Sapeva che Kristoff teneva particolarmente alla sorella e quale castigo migliore se non quello di allontanarlo da lei?

Lo vide stringere i pugni, mentre il ghiaccio si ritirava dai suoi piedi, incapace di accettare quella decisone, che alle sue orecchie suonava più come una condanna: come poteva allontanarlo da Anna. Lei era diventata…tutto. Il suo mondo ormai girava attorno a lei.

Se qualcuno, qualche mese addietro, gli avesse detto che si sarebbe legato così tanto ad una persona da sentirne la mancanza, gli avrebbe riso in faccia. Ed invece era proprio quella la sua situazione: lo stare lontano da Anna, anche solo per pochi giorni, lo faceva sentire stranamente incompleto. La sua lontananza lo pungolava come un dolore fisico. Non voleva nemmeno immaginarla la sua vita senza di lei!

-“Cosa ne penserà Anna?”- le chiese, sconvolto.

-“Non preoccuparti, Anna non ne risentirà. In fondo, non si ricorda di te.”- proferì atona, ma qualcosa in quelle parole stonava; le lasciarono addosso una strana sensazione.

Kristoff impallidì, rimanendo con la bocca semiaperta per la risposta ricevuta: quella donna era davvero di ghiaccio, dura e distaccata.

-“Ora se non ti dispiace, ho parecchio lavoro da fare, e anche i tuoi doveri di mastro del ghiaccio ti chiamano.”- gli disse ritornando a scrutare le carte sulla scrivania, mentre immergeva una piuma nel calamaio.

Il ragazzo rimase fermo per pochi istanti, indeciso sul da farsi, poi acceso da una scintilla di rabbia mista a coraggio, decise di colpire il suo fianco scoperto, centrandola nel suo punto debole: “Come prevedevo, ha risolto la situazione con quello che le riesce meglio.”

Elsa alzò lo sguardo dal foglio che stava firmando: “Cosa intendi?”- chiese alzando un sopracciglio chiaro.

-“Sbattere le porte in faccia.”- sputò fuori in tono aspro, ripetendole le esatte parole che gli aveva detto Anna, quando gli aveva parlato degli anni di isolamento della regina.

Elsa rimase pietrificata per un breve lasso di tempo, mentre la mano che reggeva la piuma tremava, facendo colare l’inchiostro sul foglio che reggeva con l’altra.

Kristoff la osservò per un secondo: aveva gli occhi chiari spalancati per la sorpresa e il respiro irregolare, che le faceva tremare le spalle, incurvate sotto il peso di quell’accusa. Forse aveva sbagliato, aveva osato troppo, rispondendole in tal modo. Lei era pur sempre la regina!

-‘sei doppiamente idiota!’- gli sussurrò una vocina.

-“Maestà io, non…”- cercò di scusarsi per il suo comportamento.

 -“Esci.”- sussurrò a denti stretti.

Kristoff tentennò per alcuni secondi, poi si avvicinò alla porta e appoggiò la mano alla maniglia. Il crepitare del ghiaccio che stava cominciando ad espandersi sulle pareti e la nuvoletta di condensa che gli sfuggì dalle labbra, lo convinsero a togliere presto il disturbo.

-“Va via!”- gli urlò dietro Elsa, mentre temporeggiava ancora sulla soglia della porta.

Un forte vento lo spinse fuori nel corridoio e richiuse la porta dello studio della regina dietro di lui.

‘Speriamo solo che non abbia un’altra delle sue crisi agghiaccianti. ’ -pensò tra sé. Sbuffò contrariato e si fece strada lungo i corridoi del castello, giù per lo scalone secondario, fino ad arrivare al cortile interno del palazzo, dove stavano le stalle. Sven aveva soggiornato lì per tutto il tempo che era stato lontano da Arendelle, rimpinzandosi di carote e zuccherini.

Quando lo vide, la renna si agitò nel suo box, dimenando le corna per la contentezza.

-“Ehi, calmo. Mi sei mancato anche tu.”- gli disse mentre gli accarezzava il muso.

Sven sporse di più la testa, cercando qualcuno alle spalle del ragazzo.

-“No, Anna non verrà.”- Kristoff aveva capito al volo, chi l’amico si aspettava di veder spuntare da un momento all’altro.

-“Dov’è?”- chiese per la renna.

-“La regina ha deciso che non devo più vederla. È… una lunga storia.”-

-“E sei pronto a rinunciare a lei così facilmente?”-

-“Cosa dovrei fare? Lei è la regina.”- sbottò.

 Sven notò la sua faccia triste e attirò la sua attenzione con un sonoro grugnito. Il ragazzo non aveva bisogno di esternare in parole quello che voleva dire il suo amico, la domanda la leggeva chiara nei suoi occhi grandi e scuri: cos’è successo?

-“Niente, ma…ora dobbiamo andare.”- disse aprendo la porta della stalla e facendolo uscire nel cortile deserto. Non aveva voglia di parlarne ancora.

Sven si guardava attorno, inquieto, mentre Kristoff gli infilava i finimenti e lo legava alla slitta: era successo assolutamente qualcosa di grave.

Quando salì sulla slitta, pronto ad andarsene, voltò per l’ultima volta lo sguardo alle finestre del terzo piano, dove sapeva esserci la stanza di Anna. Non avrebbe mai voluto che quel viaggio, che avrebbe dovuto segnare l’inizio di qualcosa, si concludesse con una prematura e tragica fine del loro rapporto.

Distolse velocemente lo sguardo: “Pronto Sven?”- fece per dargli l’ordine di partire, ma si sentì spiato. Sentiva distintamente gli occhi di qualcuno puntati su di lui. Alzò lo sguardo e la vide, lì, dietro i vetri della grande finestra, aggrappata alle tende, come se volesse nascondersi. Gli occhi fissi sul cortile, su di lui, con un’espressione imperscrutabile sul viso pallido.

Non riuscì a sostenere la sua vista e distolse lo sguardo, ma quando osò alzarlo di nuovo, lei non c’era più, al suo posto solo l’oscillare delle tende, che aveva tirato dietro di sé.

Sentì qualcosa rompersi nel profondo della sua anima e quando fece partire Sven, la sensazione di solitudine lo investì con tutta la sua familiare presenza.

 

 

 

 

 

AngoloAutore: salve! Non ho molto da dire su questo capitolo, anzi a dirla tutta non ho nulla da dire. Non perché lo reputi perfetto da non aver nulla da ridire, ma per il motivo contrario: mi fa SCHIFO! Il problema è che l’ho riscritto tipo cinque volte e a tutt’ora non mi soddisfa, inoltre ultimamente non ho molte idee e quelle poche che mi vengono fanno pena, quindi se avete idee vi incito a farmele conoscere, così da riabilitare un po’ questa storia :)

Quindi a voi le belle cose, se riterrete opportuno lasciarmi un vostro commentino, ne sarei immensamente felice.

Vorrei invitarvi a segnalarmi eventuali errori che potrebbero essermi sfuggiti.

Come sempre ringrazio tutti quelli che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate, siete tantissimi e spero di non avervi deluso ulteriormente con l’attesa e qst pseudo capitolo. Se continuo a scrivere è anche merito vostro e del vostro sostegno :) Grazie.

Ci si legge in giro, baci ^.^

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Capitolo 15
*** Capitolo 15: Sono qui... ***


NdA: Grazie a tutti/e quelli/e che hanno aspettato così a lungo e che, nonostante la lunga assenza, mi hanno fatto capire che questa storia è entrata un po’ in tutti/e voi. Per questo motivo, anche se a volte mi verrebbe voglia di cancellarla, continuerò a scriverla…per voi! Buona lettura!

Questo capitolo è per te Adri, che ti se subita tutti i miei vaneggiamenti e mi hai invogliata a scrivere ancora. Spero ti piaccia ;*

Nb: Anna altamente OOC. Non dite che non vi avevo avvisate!

CAPITOLO 15: Sono qui...

 

L’estate era finita da un po’, portandosi via gli ultimi scampoli di calore, lasciando il passo all’autunno: da un giorno all’altro le foglie avevano cominciato a cambiare colore, tingendosi dei toni del tramonto, e il cielo si era tinto di un opprimente grigio piombo. Un vento gelido soffiava impetuoso su Arendelle, spazzando le stradine del regno, facendo volare via qualsiasi cosa gli si parasse davanti: turbinava nel cortile del palazzo, alzando labili mulinelli di polvere; ululava come un fantasma tra le intercapedini delle finestre, facendo sobbalzare la servitù ad ogni passo; ruggiva sulle onde dell’oceano che lambivano il fiordo, riempiendo l’aria dello sciabordio delle barche ormeggiate e portando con sé un debole profumo salmastro; sfidava la pazienza della regina, facendo sbattere a ritmo un ramo rinsecchito, contro la finestra del suo studio, distraendola dai suoi impegni, e questo la diceva lunga sulla sua capacità di concentrazione in quel periodo.

Di solito avrebbe lasciato correre, avrebbe bellamente ignorato il ticchettio fastidioso del legno contro il vetro, concentrandosi su quello che aveva davanti; ma non in quei giorni, in cui sembrava che il minimo rumore le arrecasse il più terribile dei fastidi. Aveva così tanti pensieri che le si agitavano nella mente, che le premevano nelle meningi, che le sembrava che da un momento all’altro sarebbe potuta esploderle la testa.  Era costretta controvoglia a rimanere chiusa tra quelle quattro mura, a firmare accordi commerciali e a scrivere lettere piene di bugie per rifiutare gli inviti dei regni confinanti, ma ogni suo pensiero era rivolto alla sorella, isolata in qualche sala del castello. Avrebbe tanto voluto sbattere dietro di sé la porta dello studio, che un tempo era stato del padre, e correre in cerca di Anna, per cercare di tirarla fuori dal suo stato di apatia, ormai intollerabile per la giovane regina. Ma non poteva farlo: i doveri derivanti dal suo ruolo, venivano prima di tutto, anche prima di sua sorella. E poi, anche se l’avesse raggiunta, non avrebbe saputo cosa dirle: si sarebbe limitata ad osservarla in silenzio, appoggiata allo stipite della porta, senza che lei si accorgesse di essere spiata, con le braccia immobili lungo i fianchi, incapace di dire o fare qualsiasi cosa.

Tre settimane dopo il ritorno di Anna da Corona, la sua situazione non era migliorata affatto, anzi con l’avanzare della stagione fredda, sembrava peggiorare di giorno in giorno. Passava la maggior parte del suo tempo rintanata nella biblioteca o confinata nella sua stanza, a fare…nulla. Se ne stava lì, ferma a contemplare il vuoto per ore intere, cercando delle risposte alle silenziose domande che le affollavano la mente, o a fissare un punto imprecisato fuori dalla finestra, sbattendo a malapena le palpebre, come se temesse che chiudendo gli occhi, anche solo per una frazione di secondo,qualcosa di importante le sarebbe sfuggito di mente.

Elsa non sopportava più di vederla in quello stato di inerzia, che stonava totalmente con l’idea che aveva sempre avuto di Anna. Per tutta la vita lei era stata quella posata e tranquilla e al contrario, la sorella era stata quella scriteriata e rumorosa; era sempre stato così: anche dalla porta chiusa della sua stanza, durante tutti gli anni di isolamento, era riuscita a sentire gli schiamazzi delle armature cadute, i borbottii di dolore di Anna e le ramanzine di Gerda. La sorella non era mai cambiata, certo il suo temperamento si era affievolito con l’età, ma la sua smania di movimento e il suo desiderio di avventura, non erano mutati nel tempo. Anna era sempre stata una… furia scatenata.

Posò le carte sulla scrivania e si massaggiò le tempie, ripensando a quello stupido soprannome. Anche se quel nomignolo le suonava stranamente animalesco e inappropriato per la sorella, non poté fare a meno di riflettere che rispecchiava in pieno la sua natura incontrollabile e caotica. Si stupì nel pensare che in meno di due mesi, Kristoff era riuscito a catturare perfettamente l’essenza della sorella, con quell’epiteto.

Kristoff. Era da tanto che non pensava a lui: chissà come se la passava, lontano da Anna. Forse aveva sbagliato ad allontanarlo da lei. Forse avrebbe dovuto richiamarlo. Forse riaverlo accanto avrebbe giovato a…NO! Anna non aveva mai accennato a lui in tutto quel tempo e, quelle rarissime volte che il suo nome o il suo titolo erano saltati fuori, sul viso della sorella era apparsa un’espressione infastidita. Non conosceva il motivo di un tale atteggiamento e non aveva mai arrischiato a chiederle spiegazioni. Anche se l’avesse fatto, di certo la sorella le avrebbe risposto con poche e concise parole, allontanando il suo interesse ma lasciando la domanda in sospeso, priva di risposta.

Lo aveva fatto in continuazione negli ultimi tempi, rispondere con frasi con non più di una decina di parole, non lasciando adito all’inizio di una conversazione che non fosse a senso unico. I primi giorni, dopo il rientro da Corona, Anna aveva sempre chiesto di avere i pasti serviti in camera; Elsa l’aveva lasciata in pace per la prima settimana, poi aveva chiesto espressamente la sua presenza, se non a pranzo, almeno a cena. La sorella aveva accettato, senza fare storie e una sera Elsa l’aveva trovata, con sua grande sorpresa, seduta a tavola ad aspettarla. Quando Anna l’aveva vista entrare, si era alzata e aveva fatto una lieve riverenza. Elsa era rimasta colpita da quel gesto così freddo e formale, come se lei non fosse sua sorella ma solo la regina. Le si era avvicinata con due lunghe falcate e poggiandole una mano sulla spalla le aveva detto: “Anna, non ce n’è bisogno! Io sono tua sorella prima di tutto.”

Anna aveva alzato il mento, guardandola negli occhi e aveva annuito, con il viso che non tradiva nessuna emozione. Durante la cena, nessuna delle due aveva proferito parola, ma anche il solo averla affianco, era stato per Elsa fonte di sollievo. Le sere successive aveva cercato d’intavolare un qualsiasi discorso, accennando al tempo,all’imminente festa del raccolto e ad altre piccolezze senza importanza; ma Anna aveva risposto con monosillabi o con stupide frasi di cortesia, come se stesse parlando con una estranea appena conosciuta, non alzando mai lo sguardo dal suo piatto.

Ma Elsa non si era data per vinta e sera dopo sera, anche se le era costato non pochi sforzi, aveva cominciato a raccontarle delle sue giornate, delle stupide lettere dei regnanti che la volevano ospite della loro corte, o che peggio ancora la volevano in moglie. Le raccontava qualsiasi cosa le passasse per la mente, pensando che prima o poi Anna l’avrebbe interrotta, se non per commentare, almeno per intimarle di fare silenzio. Anche quello le sarebbe bastato, ma lei continuava a tacere, ignorandola quasi. E alla fine della serata era così stanca di ascoltare solo la sua voce che cadeva in un profondo silenzio, si alzava da tavola, augurandole la buonanotte e la lasciava da sola, mentre le candele sulla tavola si consumavano mute. Non aspettava mai una sua risposta a quel saluto e saliva le scale con un peso insopportabile sul cuore.

Ma una sera qualcosa era cambiato e prima che avesse potuto varcare la porta della sala da pranzo, l’aveva sentita sussurrare un mesto: “Buonanotte, Elsa.”

Non si era fermata e non si era nemmeno voltata, per paura che fosse stato solo uno scherzo della sua mente, ma non aveva potuto fare a meno di sorridere tra sé.

Qualche giorno dopo aveva avuto inizio la festa per la fine del raccolto, ed Elsa aveva tanto sperato che tutta la gente che sarebbe accorsa nel cortile del palazzo, i giochi e la musica, avrebbero potuto smuovere qualcosa nell’animo di Anna e far tornare a galla la sua versione chiassosa e solare.

Per questo motivo aveva dedicato tantissima cura ed attenzione ai preparativi della festa, la prima che si festeggiava dopo anni: aveva invitato tutto il popolo a prendere parte agli spettacoli che aveva fatto allestire; aveva ingaggiato i migliori musicisti del reame, affinché allietassero l’atmosfera della prima notte di luna piena dopo l’equinozio d’autunno, con le loro melodie gioiose; aveva fatto approntare un banchetto immenso, che avrebbe potuto sfamare un esercito e aveva dato fondo alle scorte delle cantine reali, condividendo il vino e l’idromele più pregiati che gli abitanti di Arendelle avessero mai gustato.

Aveva fatto confezionare abiti adatti all’occasione per sé e per Anna, non aspettandosi nessuna reazione da parte della sorella; ma quando le aveva fatto recapitare l’abito viola prugna , con tralci di vite ricamati in oro che si inerpicavano dalla vita su per il corpetto, se l’era ritrovata alla porta del suo studio, con l’abito stretto tra le braccia e un accenno di sorriso sulle labbra.

-“Grazie.”- le aveva detto a voce più alta del solito, rivolgendole quel sorriso strano, come se temesse di essere fuori luogo.

-“Di nulla. Ti piace?”- le aveva chiesto subito, cercando di strapparle più di una parola di bocca. Ma era rimasta delusa quando Anna, stringendo di più a sé il vestito, aveva semplicemente annuito felice, allargando di poco il suo debole sorriso.

Era rimasta per un momento interdetta: avrebbe voluto ordinarle di parlare, di salterellare in giro per il palazzo senza rispetto del decoro, di tornare ad essere quella di una volta, quella che le sarebbe saltata al collo dalla gioia per un nuovo vestito. Invece si era trattenuta, rafforzando la presa sulla piuma che stringeva tra le mani, dicendole solamente: “Sono felice che ti piaccia.”

Il pomeriggio, prima della sera della festa,al calare del Sole, tutte le barche che erano partite per la stagione della pesca a metà estate,erano tornate con le stive piene di pescato per l’inverno: al porto, erano state accese come da tradizione centinaia di lanterne per indicare alle imbarcazioni ancora in alto mare, la strada di casa.

 Le montagne avevano risuonato delle voci dei cacciatori, che intonavano canti in onore di Skadi, per l’abbondanza della selvaggina catturata.  Quando gli equipaggi erano scesi sulla banchina, cantando le lodi di Njoror, e i cacciatori erano tornati incolumi dai boschi, la festa aveva avuto inizio. Il popolo si era fatto strada per le viuzze di Arendelle, fino al castello, le cui porte erano quanto mai aperte ed invitanti, ed era stato accolto dai bagliori degli enormi falò e dalla musica festosa.

Per tre sere consecutive, il cortile del castello aveva pullulato di vita, pieno di persone intente a danzare, a cantare vecchie ballate, le cui origini si perdevano nella notte dei tempi, a banchettare con il cibo offerto dalla regina o semplicemente ad osservare l’animosità della folla, che contagiava tutti, persino Elsa, che durante tutti i festeggiamenti si era fatta sfuggire più di una risata. Anna invece, aveva passeggiato per un po’ tra gli abitanti del regno, sorridendo cortesemente ma con poco entusiasmo, aveva scambiato una o due parole con alcune giovani donne, e poi si era ritirata sul suo scranno, sulla pedana rialzata che era stata preparata per lei e per Elsa, osservando quello che le accadeva attorno come una mera spettatrice, con lo sguardo perso tra la folla, come se cercasse qualcuno.

 Vedendola, Elsa si era preoccupata solo allora che tra tutta quella gente potesse esserci anche Kristoff, e che la sorella, vedendolo, potesse avere un tracollo emotivo. Era impossibile, non si sarebbe fatto vedere a palazzo, ne era certa. La ferita era ancora troppo fresca e rivedere Anna, di questo era sicura, per lui sarebbe stato come spargerci sopra del sale. E poi la sorella a malapena lo ricordava, quindi era altamente improbabile che lo stesse cercando.

La regina l’aveva osservata da lontano, rimanere lì ferma con le mani poggiate sui braccioli della sua sedia, la schiena dritta, il mento alto e lo sguardo fisso davanti a sé: la perfetta immagine di grazia e regalità, come una divinità dell’antica religione. Poi qualcosa aveva tremato nella sua espressione e il suo muro di fiera sicurezza era caduto, sbriciolandosi pian piano, con piccoli gesti. Proprio quando pensava che nessuno la stesse guardando, le spalle si erano incurvate e le mani si erano cercate e trovate sul suo grembo, stringendosi convulsamente l’una all’altra, gli occhi avevano brillato ancora per alcuni secondi alla luce dei fuochi, accesi qui e lì nel cortile, e poi si erano chiusi con un sospiro pesante.

Solo allo scoccare della mezzanotte, quando i due cantastorie di Arendelle, un uomo e una donna, si erano fatti spazio al centro del cortile e avevano cominciato a narrare le vicende dell’Edda e a parlare di creature fatte di pietra e di fuoco, l’attenzione di Anna si era risvegliata. Elsa, che sedeva alla sua sinistra, l’aveva vista alzarsi e farsi strada, come incantata, verso il cerchio di persone che si era formato attorno ai due menestrelli.

Con ampi gesti teatrali, i due erano arrivati a raccontare, con un crescendo di stupore e timore da parte dei presenti, la leggenda della Caccia Selvaggia,e di come da quella sera in poi, fino all’apparire del primo Sole primaverile, le strade non sarebbero più appartenute agli uomini ma agli spiriti e ai troll.

A quelle parole gli occhi di Anna si erano spalancati e la sua mano destra, fino ad allora stretta alla sinistra, era scivolata al suo fianco, andando a stringere la stoffa del suo abito.

-“I primi attraversano il velo che separa la terra dei vivi dal mondo di Hel, che nelle notti dopo l’equinozio si assottiglia fin quasi a scomparire, e vagano tra noi alla ricerca dei loro familiari ancora in vita.”- aveva detto l’uomo, con il tono di voce arrochito di chi respira troppo fumo dal camino.

-“Gli altri escono dalle loro tane, situate nelle profondità delle foreste più nere, e scorrazzano tre le strade delle città degli uomini, alla luce della Luna. S’intrufolano nelle nostre case e silenziosamente, facendo più attenzione possibile, rubano i bei bambini dai loro lettini e li scambiano con i loro piccoli, brutti e deformi.”- aveva continuato la donna, con voce lieve, ma ben udibile da tutti.

-“Badate bene, perché a quel punto il troll diventa bambino e il bambino scambiato diviene troll.”- aveva concluso l’uomo, catturando ancor di più l’attenzione dei bambini più piccoli ed impressionabili, che a quelle parole si erano stretti alle gonne delle loro madri.

Quel rituale si era svolto anche le due sere successive: allo scoccare della mezzanotte i due cantastorie avevano preso posto tra la folla, che si era assiepata impaziente attorno a loro, e avevano intrattenuto il vasto ed eterogeneo pubblico, con favole e leggende sul piccolo popolo. Ogni sera, Anna aveva lasciato il posto al fianco di Elsa, per avvicinarsi rapita ai due. Li osservava affascinata, pendendo dalle loro labbra, sorridendo se necessario ai loro racconti o inorridendo, come i più piccoli, quando si parlava di mostri terrificanti e grotteschi.

L’ultima sera, un folto gruppo di bambini, aveva chiesto a gran voce ai due menestrelli di raccontare ancora dei troll e quello che era successo dopo, Elsa non se lo sarebbe mai immaginato.

-“Cos’è bambini, avete paura che stanotte vengano a prendervi?”- aveva chiesto ridacchiando l’uomo.

-“Smettila Jorgen, così li spaventi.”- l’aveva ammonito la donna, assestandogli una gomitata al fianco –“Sta solo scherzando”- aveva continuato, rivolgendosi ai bambini spauriti-“da queste parti non ci sono troll.”-

Così i bambini, rincuorati, avevano atteso pazienti che l’uomo accettasse la loro richiesta e si erano seduti in terra, in ascolto.

-“Di troll, ce ne sono di due tipi: enormi come una quercia o piccoli come  funghi. Anche se di diverse stature, hanno tutti una cosa in comune: grossi nasi tuberosi e quattro dita per mano. Qualcuno, aggirandosi per i boschi, ha giurato di averne visti con più di una testa e con uno, due…ma che dico, tre occhi ciascuna!”-i bambini avevano trattenuto il respiro mentre si figuravano quelle creature fantastiche.

Anche Anna aveva trattenuto il respiro. Anzi, ad Elsa era sembrato quasi che le mancasse, il respiro: la sorella infatti, aveva una mano premuta sul petto e una smorfia strana sul viso pallido, colorato solo dai bagliori del fuoco.

-“Sono creature piuttosto permalose e scatenare la loro ira, porta a conseguenze terribili.”- aveva continuato l’uomo, con voce cavernosa –“In definitiva se vi capita di incontrarli, non attirate la loro attenzione e non avvicinatevi. In fine dei conti non sono tutto questo granché, meglio le fate o i folletti. I troll puzzano, sono brutti, violenti, malvagi e…”- aveva cercato di concludere il suo racconto, ma una voce si era alzata dalla folla.

-“Non è vero!”- aveva gridato e tutti gli sguardi si erano puntati su Anna, che respirava a fatica, tenendosi la mano al petto.

Tutti avevano fatto silenzio per alcuni secondi e poi il cantastorie le aveva detto intimorito: “Vostra Altezza, le posso assicurare che quello che dico è vero. Io l’ho visto un troll, ed è proprio come lo descrivo.”

Elsa si era fatta largo tra la folla, che si era inchinata al suo passaggio e aveva raggiunto Anna, prendendola delicatamente per un braccio: “Anna, che ti succede, ti senti male? Perché hai urlato?”- le aveva chiesto preoccupata, sussurrandole all’orecchio.

Per tutta risposta Anna aveva sbattuto più volte le palpebre, come per mettere a fuoco il luogo dove si trovava, e si era portata una mano alla testa, contorcendo il viso in una smorfia di dolore, mentre il suo respiro accelerava: “I-io non lo so…è solo che”- aveva cominciato, poi si era guardata attorno e aveva scorto gli occhi di tutti puntati su di lei- “Io non posso…devo andare, scusate.”- e così dicendo era scappata letteralmente via.

Elsa non aveva potuto niente per fermarla, le era sfuggita di mano, lasciandola interdetta; e mentre seguiva la sua fuga con lo sguardo, con la coda dell’occhio aveva visto una testa bionda girarsi nella stessa direzione. Si era voltata, incontrando gli occhi pieni di rancore di Kristoff e sul suo volto aveva letto più emozioni, le stesse che si agitavano dentro di lei: sorpresa, sconcerto,rabbia e…speranza.

Possibile che Anna ricordasse i troll?

Elsa aveva sorriso sorniona tra sé: il ragazzo non ce l’aveva fatta a rimanere lontano da Anna per più di due settimane e aveva colto l’occasione della festa del raccolto per passare inosservato e spiare le condizioni della principessa.

Alla fine gli aveva rivolto un cenno del capo e il mastro del ghiaccio aveva distolto lo sguardo e si era allontanato tra la folla, scomparendo dalla sua vista.

Da quella sera erano passate altre due settimane e quei pochi passi avanti che aveva fatto con Anna, si erano dissolti come neve al Sole, lasciando al loro posto solo un irrequieto silenzio, che aleggiava sulle sale del palazzo.

Da allora l’umore di Anna era cambiato assieme al tempo: più le giornate si accorciavano e la notte scendeva prima a coprire Arendelle con il suo telo di tenebre, più lei sembrava strana e agitata. Di sera, dopo cena,sembrava che non volesse abbandonare la luminosa sala da pranzo per far ritorno nelle sue stanze, e più di una volta Elsa l’aveva vista sobbalzare quando le aveva augurato la buonanotte. Non aveva trovato una spiegazione a quel suo comportamento, finché una notte, il suo riposo era stato bruscamente interrotto da urla spaventate. Era uscita di corsa dalla sua stanza, dimenticando persino di indossare la sua vestaglia, mentre quei lamenti strazianti riempivano il silenzio immoto dei corridoi del castello.

Non aveva avuto dubbi sulla fonte di quelle grida, e subito si era fermata davanti alla porta di Anna, con il fiato corto e il cuore a mille. Ma non era riuscita nemmeno a posare la mano sulla maniglia, che quella si era ghiacciata sotto il suo tocco, impedendole di entrare.

Controllati. Domali. Aveva continuato a ripetersi, mentre dall’altra parte della porta Anna continuava a gridare. Aveva chiuso gli occhi e aveva sospirato rumorosamente, cercando di calmare la paura crescente per la sorella. Poi come se nulla fosse, le urla erano cessate, sorprendendola e il ghiaccio si era ritirato pian piano, fino a liberare la maniglia. Con tutta la calma possibile aveva aperto la porta e aveva trovato Anna distesa nel suo letto, raggomitolata su stessa, con un’ espressione dolente sul viso, rischiarato dalla luce della Luna che filtrava dalla finestra. Le si era avvicinata e le aveva scostato alcune ciocche di capelli rossicci dal volto, lasciandole una carezza leggera sulla guancia fredda.

-“Anna.”- aveva sussurrato, senza l’intenzione di svegliarla-“ Che ti succede?”- si era chiesta, con un opprimente sensazione di inutilità che gravava su di lei. La sorella aveva continuato a tenere gli occhi chiusi, cullata dal debole respiro del sonno. Così Elsa era tornata nella sua stanza, cercando di riaddormentarsi, ma non c’era riuscita ed era rimasta per tutta la notte in ascolto, con le orecchie affilate, pronte a cogliere qualsiasi lamento che provenisse dalla stanza di Anna.

Questo era successo tre notti prima.

 

Un debole bussare alla porta la richiamò dai suoi pensieri: “Mia signora, la cena è pronta. La principessa Anna la aspetta in sala da pranzo.”- la informò la voce di una delle nuove domestiche.

-“Grazie, arrivo subito.”- rispose, alzandosi dalla scrivania e aggiustandosi le pieghe del vestito. Scese le scale con passo pesante e entrando in sala da pranzo, la trovò lì, seduta alla destra del capotavola , con gli occhi, cerchiati da ombre scure, incantati ad osservare la danza della fiamma di una candela.

Si accomodò al suo posto e solo allora la sorella alzò lo sguardo su di lei, come se si fosse appena accorta della sua presenza, troppo presa dai suoi pensieri.

-“Ciao. Come è andata la giornata?”- la salutò, quasi fosse felice di vederla.

-“Ciao.”- le rispose la regina, sorpresa del fatto che le avesse posto una domanda, che implicava l’inizio di una conversazione- “Molto bene, grazie. E tu cosa hai fatto per passare il tempo?”- rilanciò, felice che i suoi sforzi fossero finalmente ripagati.

Anna scrollò le spalle:"Non molto in realtà. Non so come far passare il tempo.”- ammise abbassando lo sguardo.

Elsa la scrutò attentamente, spalancando gli occhi: Anna le aveva appena rivolto una frase con più di dieci parole, di sua spontanea volontà, senza che lei le ponesse alcuna domanda.

-“Beh, potresti fare un giro in città o leggere qualche buon libro, oppure…”- le propose.

-“In realtà, volevo chiederti se potevo riprendere le lezioni con Sir Van Eyck.”- la interruppe subito Anna, lasciandola basita.

-“Sir Van Eyck? Il precettore?”- le chiese sorpresa.

-“Si. Mi piacerebbe riprendere da dove ho lasciato dopo la mor-…”- si fermò indecisa se pronunciare o meno quelle parole, poi si schiarì la voce-“dove ho lasciato tre anni fa.”

Elsa ponderò su quelle parole: sapeva che dopo la morte dei loro genitori, Anna non ne aveva voluto più sapere di rimanere rinchiusa per ore a studiare, ma non si sarebbe mai aspettata che le chiedesse una cosa del genere:“Perché questa richiesta?”

-“Perché così potrei impegnare il mio tempo in cose utili, imparare cose nuove, come ad esempio il nuovo assetto geopolitico del continente, potrei rispolverare il mio francese maccheronico per intrattenere i prossimi ospiti stranieri oppure imparare a riconoscere le piante o le varie razze di uccelli che nidificano lungo il fiordo. Cosa ne pensi?”-

Per un momento ad Elsa sembrò di rivedere la vecchia Anna, quella che blaterava per ore, all’infinito senza riprendere fiato: “Anna, non te n’è mai importato un fico secco dell’assetto geopolitico del continente, e se fosse per te le piante della serra morirebbero per la siccità, perché proprio ora ti va di cimentarti in questa cosa?”

-“Perché gli studi mi terrebbero la mente occupata.”-

-“La mente occupata da cosa? Cosa ti turba? Puoi dirmelo, Anna, io sono qui per te. Cos’è che ti preoccupa tanto? Sei sempre cosi pensierosa, persa con la mente chissà dove,che a malapena ti rendi conto di quello che ti succede attorno.”-

-“Io non lo so, davvero. È solo che ci sono troppe cose che non tornano in questa situazione:”- spiegò indicando loro due-“ci sono troppe domande a cui non ho ancora trovato una risposta e più mi sforzo, più mi sembra di annegare nel vuoto della mia mente. Ne sono certa, c’è qualcosa di davvero importante che mi sfugge, qualcosa che non riesco ad afferrare. Qualcuno che non riesco a ricordare.”- riprese fiato, dopo aver esternato tutti i suoi dubbi-“Questo ha un senso per te?”

-“Si, ce l’ha. Ma devi sforzarti Anna, devi cercare di ricordare quello che ti manca.”- riuscì a risponderle; più di quello non poteva dirle: i medici le avevano espressamente ordinato di non menzionarle eventi traumatici, per non aggravare la sua situazione mentale. Già così sembrava sull’orlo di un crollo emotivo: non sarebbe stata certo lei a peggiorare il suo stato, raccontandole tutto quello che aveva dimenticato. Anche se avrebbe tanto voluto farlo.

-“Non vedi? Non ci riesco.”- sussurrò, più a se stessa che alla sorella, mentre il rumore metallico del carrellino porta vivande arrivava dalla porta.

I domestici servirono la cena in silenzio, versando la zuppa nei fini piatti di porcellana e riempiendo i calici delle due ragazze con del vino rosso speziato. Poi uscirono dalla sala, lasciandole sole. Ma anche dopo che possibili orecchie indiscrete ebbero lasciato la sala da pranzo, le due rimasero mute; nemmeno Elsa cercò di interagire con la sorella come faceva ogni sera, e il discorso cadde nell’oblio del silenzio, senza che nessuna delle due però,potesse toglierselo dalla mente.

La prima ad alzarsi da tavola per ritirarsi per la notte, fu Elsa, come sempre: “Buonanotte, fa bei sogni.”- le augurò con tutto il cuore. Anna sembrò sul punto di fermarla, di volerle dire qualcosa, ma si astenne riuscendo solo a dire: “Anche tu.”

Una volta sotto le coperte, Elsa non poté fare a meno di ripensare alla loro breve, se pur illuminante, chiacchierata, e si ritrovò a pensare che in effetti, con lei sempre impegnata con i suoi doveri regali, Anna non aveva niente e nessuno con cui passare il tempo, nessuno con cui parlare per lasciare che quei pensieri opprimenti che la stavano annientando, scivolassero via dalla sua mente anche solo per pochi minuti.

Decise che avrebbe accettato la sua richiesta e il giorno successivo avrebbe fatto richiamare a corte Sir Van Eyck, per proporgli di riprendere Anna sotto la sua dotta e affidabile guida, sperando che la sorella, almeno per qualche ora al giorno potesse dimenticare i suoi tormenti interiori.

Soffiò pensierosa sulla candela poggiata sul tavolino al fianco del letto e rimase seduta nella penombra, ad ascoltare il crepitare morente delle fiamme nel camino. Poi, senza che se ne accorgesse, scivolò piano in un sonno senza sogni.

 

Elsa. Elsa.

Qualcuno la stava chiamando. Anzi, si corresse, qualcuno stava urlando disperatamente il suo nome. Si voltò in ogni direzione ma non vide nessuno… e come avrebbe potuto! Tutt’attorno c’erano solo tenebre, nemmeno uno spiraglio di luce che le indicasse la strada da prendere. Le sembrava di fluttuare nel vuoto.

Elsa. Elsa!

Ancora quella voce. Ma chi era che aveva tanto bisogno di lei? Chi osava chiamarla per nome? Chi…?

Una lucida consapevolezza le fece trattenere il respiro: Anna? – pensò.

Anna. Anna!- provò a chiamarla, ma la sua bocca non emise nessun suono.

ELSA!- ancora la sua voce, ma questa volta seguita da un urlo straziante. Doveva fare qualcosa, doveva aiutarla. Cosa le stava accadendo di tanto orrendo?

-“Anna!”- gridò svegliandosi. Spalancò gli occhi, sul buio della notte, con il cuore che le correva furioso nel petto e prima che potesse riprendere fiato, la voce di Anna le giunse ovatta dalle pareti. La stava chiamando. Chiedeva il suo aiuto.

Scostò con un gesto secco le coperte e si fiondò nel corridoio, rimanendo per un momento ferma davanti alla stanza della sorella, indecisa sul da farsi. La sua mano ad un centimetro dalla maniglia: l’avrebbe congelata come le altre volte? Stavolta non poteva permettere ai suoi poteri di avere la meglio su di lei: oltre quella porta stava accadendo qualcosa di terribile ad Anna e lei non sarebbe rimasta lì con le mani in mano ad aspettare che smettesse di urlare, come ogni notte, chiusa fuori.

Con un solo scatto afferrò la maniglia e l’abbassò, rimanendo sorpresa quando la porta si aprì con un click. Irruppe nella stanza, ma si fermò sconvolta dalla vista che le si parava davanti: Anna era stesa al centro del letto, con una mano artigliata al petto e l’altra a stringere le lenzuola candide; la schiena inarcata contro il materasso e i piedi piantati contro le coperte arrotolate all'estremità del letto; i capelli erano scivolati via dalle sue solite trecce e le ricadevano scomposti sulle spalle, sul petto e sulla faccia. Sul viso aveva un’espressione così sofferente, che ad Elsa sembrò di sentire quello che provava la sorella. Le si avvicinò, mentre lei continuava a contorcersi tra le lenzuola, con piccoli rantoli di dolore, la voce arrochita dalle troppe urla.

Le poggiò una mano sul braccio per calmarla, ma appena la sua pelle venne in contatto con quella di Anna, un altro grido acuto, sfuggì dalle sue labbra.

-“Elsa!...Freddo…Ghiaccio…Aria.”- ansimò nel sonno.

Elsa ritrasse la mano, sconcertata, tenendosela al petto con l’altra. Guardò il punto in cui aveva toccato Anna e poi di nuovo la sua mano; possibile che il suo tocco le risultasse gelido a tal punto da farla urlare?

-“Anna, Anna. Svegliati.”- le disse, evitando accuratamente di sfiorarla.

Ma la sorella continuava a tenersi premute le mani al petto e alla gola: “Non…riesco a r-respirare.”- boccheggiò, facendole gelare il sangue nelle vene.

La prese per le spalle e anche se Anna cominciò a divincolarsi ancora di più, la scosse forte, per svegliarla, per tirarla fuori da quell'incubo che altrimenti rischiava di ucciderla.

Anna spalancò gli occhi blu, incontrando il suo sguardo atterrito, respirando a fatica, guardandosi attorno spaventata, scossa da violenti brividi:  Elsa non sapeva se per il freddo o per l’incubo dal quale si era appena risvegliata.

-“Anna, calmati, ci sono io qui.”-

-“Elsa…Elsa.”- riuscì solo a dire, con il fiato corto.

-“Respira. È tutto apposto, era solo un sogno…solo un sogno.”- cercò di farle recuperare un po’ di lucidità.

Anna si calmò poco alla volta, sotto il suo tocco, senza scostarsi. Anzi tirò Elsa in un abbraccio e la strinse forte. La regina riusciva a sentire i battiti impazziti del cuore della sorella, anche con vari strati di stoffa a separarle.

Rimasero strette l’una all'altra per diversi minuti, senza che ci fosse bisogno di riempire il silenzio con parole che sarebbero suonate vuote e prive di significato. La loro vicinanza diceva tutto: le mani di Anna stette attorno alla sua schiena urlavano -ho paura, non andartene- e le carezze leggere di Elsa sui capelli ramati della sorella sussurravano -sono qui, non vado da nessuna parte-.

-“Vuoi parlarmene?”- le chiese tutto ad un tratto la regina, continuando ad accarezzarle i capelli e la schiena.

-“No.”- rispose Anna,contro il petto della sorella.

-“Sei sicura?”- ribatté.

-“No.”- disse di nuovo.

Fece silenzio, aspettando che fosse lei a dire qualcos'altro, ma Anna rimase muta, con la faccia rintanata nella sua camicia da notte, mentre lacrime silenziose cominciavano a caderle dagli occhi serrati.

-“Vuoi che rimanga qui?”- chiese esitante Elsa, pronta per andarsene.

-“Si, ti prego non lasciarmi sola.”- la supplicò alzandosi a guardarla, tirando su col naso. Alla regina sembrò di vedere la Anna di qualche anno prima, che si disperava fuori dalla sua porta, che la implorava di uscire, di non lasciarla più sola di quanto non fosse già.

Elsa l’abbracciò di slancio, senza pensarci due volte: “Non ti lascerò mai più sola, te lo prometto.”

 

 

 

AngoloAutrice: *si nasconde dietro un dito* Ciao, grazie a tutti per essere arrivati a leggere fino alla fine ;) e per aver aspettato pazientemente questo capitolo :) Sappiate che mi vergogno come una ladra per avervi fatto aspettare così tanto…quasi due mesi per pubblicare questa cosa! Non ho scusanti davvero, è solo che la mancanza di ispirazione, la sessione estiva degli esami, il computer andato a farsi benedire, più la voglia di poltrire, sono un mix distruttivo che non mi ha lasciato davvero andare, fino a qualche giorno fa. Infatti la stesura di questo capitolo mi è costata tipo quattro giorni e tre notti insonni…immaginatevi il mio stato di sclero più totale: dovevo pubblicare assolutamente prima di partire per le vacanze,altrimenti sarei morta!!

Comunque spero che vi sia piaciuto almeno un po’, perché c’ho buttato il sangue per scriverlo, quindi se dovete farmi commenti negativi o semi-negativi, vi prego di non andarci giù pesante, altrimenti mi avrete sulla coscienza XD

Vorrei precisare che tutto quello che riguarda la parte della festa del raccolto e dei racconti dei due cantastorie, è tutto frutto di una lunga ricerca sulle festività pagane scandinave e sulle leggende popolari. Ho mescolato un po’ di credenze e culti, ma non me lo sono inventata ;)

Ah! Vi siete appena cuccati 10 pagine di word di puro e semplice angst Elsanna sister-bond! Non credevo che ci sarei riuscita, ma ehi…ce l’ho fatta ;) Anche il prossimo sarà incentrato sulle sorelle, quindi stay tuned! Non prometto niente, perché come avete visto faccio schifo a mantenere le promesse, ma cercherò di buttare giù qualcosa prima della fine del mese.

A proposito di Elsa e Anna, facciamo un po’ di conversazione (non so con chi fangirlizzare, quindi assecondatemi): chi di voi segue Once Upon a Time? Avete visto che hanno scelto gli attori che interpreteranno Elsa, Anna e Kristoff? Vi piacciono? A me le sorelle piacciono ma sul caro montanaro ho i miei dubbi…voi cosa ne pensate?

Ok, vi ho infastidite abbastanza, ma ehi, dovevo riempire un buco di DUE MESI! Mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo!! Quindi senza ulteriori indugi mi vado a nascondere di nuovo nella mia tana ;) ci si legge in giro…Baci!

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Capitolo 16
*** Capitolo 16: Di segreti svelati, rabbia e magia troll ***


Nb: non ho più scusanti per il ritardo con cui aggiorno questa storia. Purtroppo l’ispirazione non c’è e non so davvero cosa fare per farla tornare. Se potessi scriverei ogni giorno, ma non riesco a farlo e mi odio quotidianamente! Vi prego di leggere questo capitolo tenendo presente questa cosa. I personaggi sono molto ooc, soprattutto Anna…non fatemene una colpa, ma ho cercato di darle più spessore psicologico, ma forse l’ho fatta diventare un’isterica con la doppia personalità XD Comunque buona lettura, non mi odiate troppo e non esitate a farmi sapere cosa ne pensate :)

               

Capitolo 16: Di verità svelate, rabbia e magia troll

 

Il mattino successivo, Anna si svegliò prestissimo, quasi all’alba secondo i suoi standard, con un gran mal di testa e il lato sinistro del corpo intorpidito. Si guardò attorno,contemplando un timido raggio di Sole che si faceva strada sul pavimento, penetrando da uno spiraglio tra le tende. Poi provò a distendere le membra  indolenzite, allargando le braccia e stirando le gambe. Si fermò nel bel mezzo di uno sbadiglio, quando con la mano toccò qualcosa di morbido ma consistente; si voltò verso l’altro lato del letto e quasi svenne per l’emozione: Elsa, la sorella che l’aveva ignorata per tredici lunghi anni, dormiva placidamente al suo fianco, con la bocca semiaperta e la treccia sfatta, poggiata mollemente sul cuscino.

Allungò una mano, per sincerarsi che non fosse solo un sogno,e le toccò la punta del naso sottile con l’indice: il respiro della sorella cambiò ritmo, ma i suoi occhi non si aprirono. Anna sorrise a quella vista, ma subito una domanda si fece strada nella sua mente ancora assonnata: perché Elsa stava dormendo nel suo letto?

Si alzò a sedere, poggiando le spalle allo schienale dell’enorme letto, stropicciandosi gli occhi: diede uno sguardo alle coperte sgualcite ai piedi del letto, come se le avesse calciate via durante il sonno. Cos’era successo quella notte?

Si portò le mani alle tempie, stringendo gli occhi: perché ultimamente le riusciva così difficile ricordare? E perché la mente continuava a riempirsi di domande? Sbuffò contrariata,mettendo i piedi sul duro pavimento di legno, mentre un brivido freddo le correva dalla punta dei piedi su per la schiena, lasciandole la pelle d’oca al suo passaggio. Si strofinò le mani sulle braccia infreddolite, mentre indossava le scarpe da camera e  si avvicinò in punta di piedi alla finestra, facendo il minor rumore possibile, per non svegliare Elsa.

Scostò le pesanti tende rosse che non lasciavano entrare luce a sufficienza e guardò fuori: dovette socchiudere gli occhi, per non essere ferita dall’accecante luce candida, che illuminava ogni cosa oltre il vetro della finestra.

Ogni cosa era ricoperta da uno spesso strato di neve, il cortile, le torrette delle mura di cinta e oltre, le cime del fiordo. Il Sole nascente di Novembre, freddo e fioco, spargeva i suoi raggi su Arendelle: la luce riverberava su quel mare di bianco, facendo somigliare tutto quello che ricopriva ad una scultura di gelido marmo, dando l’impressione che tutto fosse fermo e senza vita, immobile nelle prime luci dell’alba.

Come un lampo, il sogno dimenticato di quella notte, si fece prepotentemente spazio nella sua mente: il fiordo, ricoperto di neve e ghiaccio, che scompariva in una violenta tempesta, non lasciando scampo a niente e a nessuno. Non lasciando scampo a lei.

 Tremò, mentre riapriva gli occhi, che aveva chiuso per non lasciar sfuggire nemmeno un particolare di quella spaventosa visione: non ricordava che fosse mai successa una cosa del genere; certo, Arendelle non poteva di certo dirsi immune alle tormente o al freddo pungente del gelido inverno del Nord, ma non era mai capitato che si ritrovasse bloccata sotto metri e metri di neve. Almeno così pensava. Allora da dove veniva fuori quell’incubo?

Ma almeno, sapeva perché Elsa era profondamente addormentata nel suo letto: l’aveva svegliata, sottraendola alla morsa della paura che le aveva congelato il fiato in gola. Il suo abbraccio l’aveva cullata, finché il sonno non si era di nuovo impossessato delle sue palpebre pesanti.

Sorrise, scostandosi dalla finestra e si avvicinò ad Elsa che continuava a dormire beata, con un braccio sotto il morbido cuscino di piume e l’altro stretto attorno alla vita, senza nulla a ripararla dall’aria gelida della sua stanza, se non la leggera camicia da notte blu di Persia: eppure, non sembrava che il freddo la infastidisse più di tanto.

-“E-elsa.”- le sussurrò a poca distanza dall’orecchio, con voce lieve e tremante, ricevendo in risposta solo un piccolo verso infastidito –“Elsa, stanotte ha nevicato, dovresti vedere: Arendelle è tutta imbiancata.”- continuò imperterrita, cercando di svegliarla. Da quello che poteva ricordare, prima che le cose prendessero una piega dolorosa ed inaspettata, quando erano ancora piccole, adoravano giocare insieme nella neve, per ore: Elsa sembrava sempre a suo agio tra tutto quel freddo candore, come se fosse il suo elemento naturale. Anna sperò che almeno quello, non fosse cambiato con il tempo e desiderò che, quello spettacolo che la natura le aveva appena offerto, piacesse anche alla sorella.

Subito dopo che ebbe pronunciato la parola neve, gli occhi di Elsa si spalancarono, e la regina scattò a sedere: “Neve? Non sono stata io…”- cominciò a biascicare, con la bocca impastata dal sonno, ma con lo sguardo spaventato. Anna la osservò senza capire e poi le posò una mano sulla spalla. Elsa si girò nella sua direzione e il suo sguardo si addolcì: “Scusa, non volevo…io…hai detto neve?”- chiese titubante, riprendendo un po’ del suo solito atteggiamento composto.

-“Si, neve. Vieni a vedere.”- Anna le porse la mano e aspettò che la sorella la afferrasse. La giovane regina esitò, facendo vagare lo sguardo dalla mano protesa verso di lei e lo sguardo speranzoso della sorella: doveva accettare l’invito? E se le avesse fatto involontariamente del male? Se la temperatura del suo corpo, fosse risultata intollerabile per il tocco caldo di Anna?

Anna osservò il suo sguardo indeciso e fece per ritrarre la mano, addolorata, quando Elsa l’afferrò saldamente, trattenendo il respiro, aspettando una qualsiasi reazione negativa da quel contatto pelle contro pelle: niente più guanti ad impedirle di apprezzare ogni cosa al tatto. La stretta di Anna era calda e morbida, rassicurante e allo stesso tempo elettrizzante. Un sorriso le si aprì spontaneo sul volto.

Anna le sorrise timidamente e la tirò su, trascinandola verso la finestra: “Guarda. Non è bellissimo?”

Elsa tremò a quella vista, temendo di esserne la causa, e serrò la mano libera in un pugno, senza rispondere a quella domanda così innocente. La sorella minore si accorse del panico che aveva alterato i lineamenti perfetti della maggiore e rafforzando la presa sulla sua mano le chiese: “Qualcosa non va?”

La regina sobbalzò come colta alla sprovvista: cosa doveva risponderle?

-“No, è solo che…”- temporeggiò ancora per alcuni secondi, facendo vagare lo sguardo sul cortile imbiancato-“ti andrebbe di fare un pupazzo di neve?”- improvvisò.

Lo sguardo luminoso che le rivolse Anna, fu  più che sufficiente a farle capire che la risposta era ovviamente si.

 

-“Forse non dovremmo.”- protestò per l’ennesima volta Anna, mentre la trascinava giù per lo scalone principale. Buffo, di solito sarebbe stata lei quella riluttante a fare una cosa del genere, mentre ora era lei a dover pregare la sorella.

-“Insomma di cosa ti preoccupi?”- sbuffò, cercando di tranquillizzarla.

-“So di aver detto di volerlo fare, ma non credi sia poco consono ad una regina e ad una principessa, scendere in cortile coperte praticamente da niente, a giocare con la neve come fossimo due bambine?”- chiese, cercando di trattenerla dall’andare avanti-“Non siamo un po’ cresciute?”-continuò.

Elsa quasi scoppiò a ridere per l’assurdità della situazione: “In primo luogo, abbiamo sciarpe e mantelli a coprirci dal freddo o da sguardi indiscreti; secondo, non te n’è mai importato molto della condotta da seguire, Anna: non vedo perché debba essere un problema questa nostra uscita mattutina.”- la tirò ancora un po’, perché lei si era fermata sulla soglia della porta che dava sul cortile.

Anna fece per ribattere qualcosa, ma non ebbe nemmeno il tempo di aprire bocca, che Elsa la zittì: “Sono la regina, se te lo fossi dimenticato e posso fare quello che voglio. Se è mio desiderio scendere in cortile a fare pupazzi di neve con mia sorella, allora così sarà.”- affermò convinta, attirandosi lo sguardo interrogativo di Anna, che guardò oltre le sue spalle, la coltre di neve fresca che copriva tutto il pavimento dello spiazzale retrostante al palazzo.

-“Allora?”- la stuzzicò Elsa.

-“Beh…tu sei la regina, quindi…nessuno potrà dire nulla sul nostro comportamento improprio. Giusto?”- chiese esitante.

-“Giusto.”- confermò la maggiore, facendole varcare la soglia.

Molto presto, l’immobilità e la tranquillità di quella tarda mattina d’autunno, venne riempita da risatine e gridolini eccitati. Le due sorelle passarono almeno un’ora a lanciarsi palle di neve e a rotolarsi nelle piccole dune bianche, mentre ridevano come due bambine, felici solo di essere insieme dopo tanto tempo. Pian piano Elsa si rese conto di non essere la causa di quella nevicata improvvisa, e si tranquillizzò, lasciando scivolare via la sua maschera di preoccupazione e paura.

Nel frattempo Anna aveva cominciato ad ammassare una grande quantità di neve in un solo punto.

-“Cosa stai facendo?”- le chiese con un sopracciglio sollevato.

-“Un pupazzo di neve, cos’altro! Allora me la dai una mano o rimani a guardare?”- le sorrise, continuando ad ammucchiare pugni di neve sulla cima della piccola montagnola bianca che aveva già formato.                                                                                                          La regina la raggiunse, inginocchiandosi al suo fianco, cominciando a modellare la neve per dare una forma adatta al pupazzo. 

Lavorarono in silenzio, scambiandosi rapide e sfuggevoli occhiate, sorridendo felici. Quando Anna fu soddisfatta della forma presa dal pupazzo, si alzò spolverando la gonna della vestaglia, annuendo tra sé: “Mi piace.”- sentenziò, attirando l’attenzione di Elsa che osservava attentamente la loro creazione: le ricordava qualcosa.

-“Era da tanto che volevo farne uno con te.”- le disse Anna, raccogliendo dei ciottoli scampati al manto bianco. Poi tornò al pupazzo e li posizionò su quella che doveva essere la faccia, spostandoli più volte, prima di lasciarli in quello che le sembrò il posto giusto-“Come vogliamo chiamarlo?”-

-“Non sei un po’ cresciuta per dare nomi a cose inanimate?”- le fece il verso Elsa.

Anna ignorò la sua frecciatina, arricciando il naso, mentre si batteva un dito sul mento, pensierosa: “Olaf! Lo chiameremo Olaf.”- disse contenta, cogliendo la regina di sorpresa.

-“C-come?”- ecco cosa le ricordava! Quell’ammasso di neve era simile ad Olaf. Sperò che il loro piccolo amico non fosse nei paraggi: di sicuro non avrebbe gradito che qualcun’altro si chiamasse come lui.

-“Olaf, come quello quando eravamo piccole, te lo ricordi?”- le domandò guardandola negli occhi.

-“S-si, mi ricordo, ma perché non dargli un altro nome?”- cercò di farle cambiare idea, ma lo scuotere della testa di Anna, le confermò che non ci sarebbe riuscita: la testardaggine non le era passata con l’incidente!

-“Olaf è perfetto.”- confermò, guadagnandosi un sorriso raggiante da parte della sorellina.

La giovane regina si perse nei suoi pensieri, riflettendo su quanto le fosse mancata Anna, la vera Anna, in tutto quel tempo. Certo, aveva davanti a sé solo l’ombra di quella che la sorella era stata prima di quel terribile incidente, ma la speranza di riaverla presto indietro, non moriva mai; anzi in un momento come quello non poteva che aumentare, riempiendole il petto di un calore strano, che calmava i suoi nervi. La risata della sorellina, scaldava il suo cuore, barricato per troppo tempo dietro strati di solitudine e diffidenza verso il prossimo.

Qualcosa di freddo la colpì all’improvviso la nuca, riscuotendola dalle sue riflessioni. Si girò verso Anna, che rideva coprendosi la bocca con le mani.

-“Vuoi la guerra, vero?”- le chiese con voce ferma, mentre spolverava via la neve che le era rimasta sulle spalle.                             Anna smise di ridere, guardandola con sguardo preoccupato: “Non mi faresti mai del male, vero? Sono la tua sorellina!”- argomentò, indietreggiando di qualche passo, mentre Elsa si abbassava a raccogliere della neve. Per lei era strano quel gesto: avrebbe potuto tranquillamente creare una perfetta palla di neve, con una semplice flessione del polso.

-“Sai cosa dice un vecchio adagio? Che in guerra e in amore, tutto è concesso.”- sorrise fra sé per la teatralità della sua voce e dei suoi gesti, che sembravano impressionare Anna. Soppesò con sguardo critico la palla di neve, che aveva perfettamente arrotolato tra i palmi delle mani, decretando che sarebbe andata bene per la sua fredda vendetta.

-“Non oseresti.”- la sfidò Anna, con un sorrisino impertinente, mentre incrociava le braccia al petto.

-“Tu credi? Guardami.”-Elsa alzò il braccio, perfettamente dritto, come una catapulta, pronta per scagliare la palla di neve dritta in faccia alla sorella- “Implora pietà, dalla tua regina.”

Anna si schermò prontamente il viso con le mani: “Mmm, pietà!”- disse trattenendo una risatina nervosa, mentre osservava la reazione di Elsa, attraverso lo spazio tra le dita.

La regina frenò a stento una risata, cercando di mantenere la sua espressione neutra.

Tirò con precisione la palla di neve sul volto di Anna, che cadde a terra, con un gridolino strozzato. Elsa sbiancò per la paura di averle fatto del male: “Anna. Oh santo cielo, Anna. Ti sei fatta male?”- le chiese con tono concitato, inginocchiandosi vicino a lei.   La sorella continuava a tenersi le mani premute sulla faccia e le sue spalle erano scosse da violenti brividi: “Anna…parlami su. Cosa ti sei fatta?”-la scosse leggermente, per incitarla.                                                                                                                                                  Le prese i polsi per cercare di tirarle via le mani dalla faccia, senza risultati, ma ad un tratto le dita della mano di Anna si aprirono, lasciando intravedere uno dei suoi occhi azzurri. L’iride lapislazzuli la scrutò attentamente, prima che le mani scivolassero definitivamente via dal suo viso.

La principessa le scoppiò a ridere in faccia, rotolando nella neve, mentre Elsa la guardava, presa alla sprovvista da quella reazione.

-“Si può sapere cosa c’è tanto da ridere?”- le chiese mettendosi le mani sui fianchi-“Per tua informazione mi hai fatto prendere uno spavento. Temevo d’averti colpita troppo forte.”- si lamentò poco regalmente, osservando la sorella che si teneva la pancia per le troppe risa.                                                                                                                                                                          -“Avresti dovuto”- rise-“ vedere la tua”- un’altra scarica di risate-“…faccia!”- sputò fuori senza fiato-“ Oh mio dio! Credo di sentirmi male.”- respirò profondamente, rimanendo distesa nella neve, con gli occhi rivolti verso il cielo grigio perla, che preannunciava una nuova nevicata.

Chiuse per un momento le palpebre pesanti, respirando a pieni polmoni l’aria fredda del mattino, dimenticandosi di Elsa al suo fianco e di tutto il mondo attorno, concentrandosi sul silenzio per cercare di far chiarezza nella matassa inestricabile delle sue domande. Cos’era successo all’incoronazione di Elsa? Perché ora le parlava e giocava con lei nella neve, dopo averla chiusa fuori per gran parte della sua giovane vita? Cosa c’era di tanto importante da ricordare?

Elsa la guardò rimanere lì immobile, con le braccia spalancate ai lati del busto, come se stesse per fare un angelo di neve, mentre la piega del suo sorriso si raddrizzava, disegnando sulla sua bocca una linea retta grave.                                                                                 Un sospiro lasciò le narici della principessa, come se nel silenzio di quel momento, con gli occhi chiusi sul mondo, si fosse rassegnata a qualcosa: con il tempo avrebbe scoperto tutto, ne era certa; per quanto avrebbe voluto subito delle risposte, aveva capito che non c’era bisogno di cercarle incessantemente senza dare riposo alla sua mente. Molto presto quello che cercava, tutto quello che aveva dimenticato, le si sarebbe svelato.

-“Anna?”- la voce di Elsa si fece spazio nel mondo ovattato dei suoi sensi, riscuotendola.

-“Mm?”-

-“V-vuoi raccontarmi del tuo incubo?”- le chiese esitante la regina. Anna rimase in silenzio, ferma nella neve, mentre la sua vestaglia si bagnava pian piano, facendola rabbrividire.

-“Mi dispiace.”- sussurrò dopo un po’ aprendo gli occhi, senza incrociare il suo sguardo.

-“Per cosa?”- Elsa allungò una mano verso di lei, ma la ritrasse subito.

-“Per averti svegliata. N-no volevo spaventarti.”

-“Oh Anna, non preoccuparti per me…io ti ho sentita urlare il mio nome e sono corsa subito da te. Pensavo ti stesse accadendo qualcosa: urlavi così forte che temevo avresti perso per sempre la voce…e non sapevo cosa fare!”-

Anna non disse nulla, chiudendo di nuovo gli occhi, come se volesse richiamare alla mente le immagini del sogno: “È un sogno strano”- esalò, così in silenzio che Elsa dovette sporgersi verso di lei-“non so davvero cosa possa significare. So solo che ho…” sì interruppe per un secondo facendo un respiro profondo-“ paura.”- concluse con voce tremante.

Elsa non la incalzò, aspettando che fosse lei a continuare: “È imbarazzante, lo so. Non sono più una bambina, non dovrei essere terrorizzata da un sogno!”- esclamò arrabbiata con se stessa, corrucciando la fronte-“È solo che…è così reale, terribilmente reale, Elsa. Ogni volta, è come se qualcosa mi svuotasse pian piano i polmoni da ogni briciolo d’aria.”-respirò, come se temesse che quello che aveva appena detto potesse capitarle anche da sveglia-“È orribile e poi c’è freddo, Elsa, così tanto freddo, come se mille lame affilate mi trapassassero da parte a parte.”- cacciò un lamento-“ E poi c’è il ghiaccio che mi imprigiona.”

Elsa rimase pietrificata, riflettendo sulle parole della sorella. Molto probabilmente quel sogno era collegato a quello che le era capitato per colpa sua:“Anna…mi dispiace.”- riuscì solo a dirle.

Anna sembrò non sentire le sue parole: “Ci sei anche tu nel sogno e piangi come se fossi morta, ma la cosa più spaventosa è che io sono viva, intrappolata e senza via di fuga, ma viva! Non posso parlare o muovermi, ma ti vedo attraverso il ghiaccio, chiaramente e c’è anche qualcun altro, ma è solo un’ombra, non so chi sia.”- si alzò a sedere, voltandosi a guardarla-“ Nella mia mente urlo,chiedo aiuto, ti prego di salvarmi, perché sono ancora viva, e sto combattendo per farmi strada attraverso il ghiaccio, ma è troppo forte…”- si strinse le braccia attorno alle spalle, tremando, mentre le lacrime cominciavano a caderle dagli occhi. La voce ridotta solo ad un lieve bisbiglio strozzato: “Ma tu non mi senti e ti dimentichi di me e…la vita va avanti ed è come se non fossi mai esistita e…e a nessuno importa. E io rimango lì, immobile, fredda e…sola.”- cominciò a singhiozzare più forte, stringendosi sempre di più su se stessa.

Elsa boccheggiò, mentre i sensi di colpa la divoravano, inghiottendo il suo buon umore: “Anna, mi dispiace tanto. È tutta colpa mia.”- le sussurrò, cercando il suo sguardo, ma Anna continuava a tenere gli occhi puntati davanti a sé.

-“Perché Elsa?”- le chiese dopo un po’ di silenzio-“Perché mi hai lasciata sola per tutto questo tempo? Cosa ti ho mai fatto? Ho passato anni a chiedermi cosa avessi fatto di sbagliato, per indurti a chiudermi fuori dalla tua vita. E non ho ancora trovato una risposta.”- i suoi occhi pieni di lacrime, inchiodarono quelli della regina.

-“Anna…è complicato, con il tempo capirai.”-

-“No, Elsa io voglio capire ora! Ho aspettato fin troppo.”- le urlò, facendo volare via alcuni uccellini appollaiati sulle tegole del quadriportico.

-“Farei solo peggio se te lo dicessi.”- cercò di farla ragionare.

-“Provaci, ho bisogno di risposte, altrimenti potrei impazzire da un momento all'altro.”-

La disperazione nei suoi occhi fece tremare Elsa. Davvero non dirle nulla avrebbe giovato al suo stato di salute? In quel momento tutte le raccomandazioni dei medici sembravano aver torto, perché Anna sembrava davvero sull'orlo di una crisi di nervi. E se glielo avesse detto? Solo il suo segreto, nulla di più, forse avrebbe ricordato anche tutto il resto.

-“Vuoi fare un pupazzo di neve?”- le chiese di nuovo, dopo lunghissimi secondi.

Anna rimase a fissarla a bocca aperta, come se fosse impazzita: “Sono seria Elsa, non sviare il discorso.”

-“Vuoi delle risposte, voglio dartele. Ma tu devi dirmi, se ti va di fare un pupazzo di neve.”-

-“Un altro?! S-sono stanca, non mi va ora.”-

-“A questo si può rimediare. Tu dovrai solo restare a guardare, ci penso io.”- Elsa si alzò, prendendo un profondo respiro, e le porse la mano, aiutandola a tirarsi su.

Poi la tenne stretta e agitando l’altra davanti a sé, convogliò in un solo punto una grossa quantità di neve, dandole la forma di un pupazzo. Sperò con tutta se stessa di non dare la vita anche a quest’altra sua creazione.

Anna al suo fianco, trattenne il respiro, allentando la presa sulla mano della sorella: “Ma che…?”

-“Ecco la risposta a tutte le tue domande.”-

Passarono interminabili minuti prima che Anna dicesse qualcosa, minuti in cui Elsa temette che la sorella avrebbe cominciato a correre via da lei spaventata.

-“Questo non risponde a un bel niente. E di certo non giustifica il tuo comportamento degli ultimi tredici anni.”- decretò infine, lasciando la sua mano.

Elsa per poco non scoppiò a ridere per il sollievo, ma si voltò lo stesso verso Anna, scioccata dalla sua reazione, quasi indifferente allo spettacolo sovrannaturale che le aveva appena mostrato: “Non sei spaventata? Non mi consideri un mostro?”- le chiese incredula.

-“Perché dovrei essere spaventata? Questo”-indicò le mani di Elsa e poi la sua creazione-“è un dono fantastico! Ma non hai ancora risposto alla mia domanda: perché?”- la incalzò.

-“Perché è una cosa contro natura, è una specie di…maledizione.”- protestò-“Vuoi sapere perché sono rimasta chiusa per tanto tempo lontana da te, bene. Perché quando eravamo piccole ti ho colpita, uccidendoti quasi e volevo che non accadesse più…non volevo più farti del male e allontanarmi da te sembrava la scelta più giusta, per i nostri genitori. Così ci hanno allontanate, Anna, ma il mio amore per te non è mai diminuito, nonostante tutto.”- Elsa le stava aprendo il suo cuore-“Quando venivi a chiedermi di giocare assieme, avrei tanto voluto spalancare quella porta e stringerti forte e dirti che si, volevo giocare con te e saltare nella neve e correre per i corridoi con il tandem. Però poi mi tornava alla mente quello che ti avevo fatto e le mani si ghiacciavano, la temperatura precipitava e la tormenta cominciava ad imperversare nella mia stanza. Non potevo permettere che il mio potere ti ferisse ancora!”- si scusò, tormentandosi le mani.

Anna la fissò incredula, espirando ed ispirando a fatica, poi tentò di dire qualcosa, ma la voce le morì in gola. Inghiottì a vuoto.          -“M-mi sati dicendo che…che sono rimasta sola per tutto questo tempo, chiedendomi cosa ci fosse in me che non andava, addormentandomi piangendo ogni notte pensando di non essere alla tua altezza, solo perché c’era la remota possibilità che avresti potuto ferirmi di nuovo con il tuo potere?”- le chiese, abbassando lo sguardo in terra, mordendosi il labbro inferiore fin quasi a farlo sanguinare.

Elsa non le rispose, ed Anna interpretò il suo silenzio come una conferma.

-“Allora sarebbe stato meglio morire quando mi hai colpita la prima volta.”- le disse con risentimento, sentendo il sapore del sangue sulla lingua.

 -“Anna! Cosa dici?”- protestò avvicinandosi a lei-“Se ti avessi uccisa, come avrei potuto continuare a vivere con me stessa?”

-“Almeno non mi avresti abbandonata alla solitudine, non mi avresti lasciata seppellire mamma e papà da sola, lasciandomi in pasto al dolore e alla disperazione!”- le urlò contro, piangendo copiosamente. La regina fece un altro passo nella sua direzione, tentando di afferrarle la mano, ma Anna si scansò velocemente, sottraendosi al suo tocco-“È stato egoista da parte tua pensare che non avrei capito la situazione. Dimmi, hai sempre avuto così poca fiducia in me?”-

Quelle parole colpirono in pieno la regina, lasciandola per un momento senza parole.

“Anna è convinta che lei non le abbia voluto rivelare il suo segreto perché non ha fiducia in lei. Sa cosa la spaventa più di ogni altra cosa al mondo? Il non essere alla sua altezza.”

Kristoff glielo aveva detto, quando erano tornati da Corona, ma lei non aveva voluto sentire ragioni, ed ora era la stessa Anna che glielo stava rinfacciando. Ma davvero non aveva voluto dirle niente del suo potere, perché non aveva fiducia in lei? No, l’aveva fatto solo per proteggerla dalla sua maledizione. Per proteggerla da se stessa.

-“A-anna, non sei in te, non sai di cosa stai parlando.”- cercò di rabbonirla, cercando il suo sguardo.

-“Questa sono io!”- le urlò contro, puntandosi un dito al petto-“ Continui a ripetermi che non sono in me, che sono diversa, ma sai cosa? Io sono così, un ricettacolo di rabbia e rancore represso. Sono scampata per un soffio alla pazzia, cosa ti aspettavi di trovare dopo tanto tempo? La bambina vivace e scoppiettante di tredici anni fa? Beh, lascia che te lo dica, quella bambina è morta quando tu hai chiuso quella porta.”- non la smetteva di piangere e i singhiozzi la scuotevano forte, facendo tremare la sua esile figura.

Elsa boccheggiò, come se qualcosa l’avesse colpita allo stomaco togliendole il respiro.  Anna, la sua Anna, non le avrebbe mai detto una cosa del genere. Ma forse la sua Anna, non era la vera Anna: dopotutto, ne aveva avuto già la conferma il giorno che l’aveva trovata a piangere di fronte al dipinto nella camera dei loro genitori. La sua Anna, era una maschera indossata da una ragazza fragile e spezzata, che cercava di apparire forte ed indipendente. L’incidente aveva frantumato quella maschera, lasciando intravedere tra le crepe la vera essenza della sorella: era innegabile e palesemente dolorosa la realtà dei fatti. Anna aveva sofferto come e più di lei in tutti quegli anni, ma non le aveva mai fatto pesare la loro lunga separazione. Forse per paura della sua reazione. Forse perché voleva semplicemente recuperare un rapporto normale con lei, ultimo frammento della loro famiglia rimastole. Questo non lo sapeva, ma era certo che Anna, seppur con un carico immenso di solitudine sulle spalle, aveva tentato in tutti i modi di rimediare a quella profonda frattura tra loro.

In passato si era ripromessa che non l’avrebbe fatta soffrire ancora a causa sua, che non avrebbe permesso a nessuno di farla piangere, ma ora erano li, in mezzo alla neve, in vestaglia da notte a fronteggiarsi dopo anni di silenzi, con Anna che le urlava contro e lei che non sapeva cosa dirle.

-“M-mi dispiace tanto. Non pensavo avessi sofferto così tanto.”- riuscì solo a dirle.

-“Già. Non lo sapevo nemmeno io.”- le rispose a testa bassa, prima di superarla per rientrare nel castello, senza aggiungere altro.

Elsa restò a guardare il punto in cui Anna era sparita, e un dolore sordo al petto la fece quasi piegare su se stessa: la voragine che le aveva separate per tutto quel tempo, e che aveva cercato di colmare per sopperire ad anni di assenze, si era all’improvviso fatta ancora più dolorosamente ampia, ed Anna non le era mai sembrata così difficile da raggiungere.

 

Olaf attese che Elsa si allontanasse dal cortile, prima di uscire allo scoperto. Le risate gioiose delle sue due amiche, avevano richiamato la sua attenzione, mentre trotterellava allegramente nelle stalle, e aveva seguito quel suono trillante che spezzava la tranquillità del primo mattino, nascondendosi dietro una colonna. Era rimasto per un po’ a guardarle, quasi invidioso di quel momento privato di felicità. Avrebbe voluto giocare anche lui con Elsa, ma soprattutto con Anna.

Gli mancava così tanto.

Vederle assieme però, faceva felice anche lui. E quando le aveva viste costruire un pupazzo di neve proprio come lui, non c’aveva visto più dalla gioia. Forse avrebbe avuto un nuovo amico! Ma la gioia era durata poco, fin quando Anna non aveva chiamato quel pupazzo come lui! No, questo no.

Però poi Anna aveva cominciato a piangere, e la sua voce si era alzata, spaventandolo così tanto da farlo nascondere ancora di più dietro la colonna di legno. Non sapeva per quale motivo le sorelle stessero discutendo, sapeva solo che il vedere Anna dopo tanto tempo, in quelle condizioni gli aveva spezzato il cuore. Se lo avesse almeno avuto un cuore! Allora cos’era quella stranissima sensazione che aveva avvertito più o meno all’altezza del suo primo bottone, quando Anna era rientrata lasciando Elsa da sola?

Non lo sapeva e per il momento non gli importava, aveva altro a cui pensare.

Si avvicinò con passetti studiatamente lenti al pupazzo di neve incriminato, girandogli attorno, con le mani incrociate dietro la schiena: “Bene, bene, bene.”- gli si fermò di fronte- “Chi abbiamo qui? Come dici? Ti chiami Olaf?”- chiese alla neve inanimata.

-“No, ci dev’essere un errore, io sono Olaf!”- disse battendo una mano ramosa sulla testa del pupazzo-“ Davvero, Anna non è in sé ultimamente e si è, diciamo, dimenticata di me, ma io sono l’unico Olaf da queste parti e sono anche il suo migliore amico. Quindi non insistere.”-

Rimase in silenzio per alcuni secondi, come fosse in ascolto di una risposta, fissando attentamente il pupazzo negli occhi pietrosi ed inespressivi.

-“No, te l’ho detto. Qui l’unico autorizzato a chiamarsi così, sono io! Ehi, non offendere! Io qui sto cercando di essere gentile, ma se la metti così…”- sospirò scuotendo il capo-“L’hai voluto tu, non volevo arrivare a tanto.”-

Olaf si avvicinò di più alla faccia del pupazzo di neve e cominciò a tirare vie le pietre che formavano la bocca, gettandole dietro di lui. Poi, quando non rimasero che i ciottoli scuri degli occhi, disse dispiaciuto: “Così non potrai più dire il mio nome.”-

-“Buona giornata!”- concluse, saltellando via.

 

 Quella stessa sera Elsa cenò da sola, nella grande sala da pranzo: non la sorprese più di tanto, il fatto che Anna non si fosse fatta vedere per tutto il giorno, in fondo, sapeva che prima o poi avrebbe dovuto dar conto alla sorella di tutte le scelte che l’avevano portata a chiuderla fuori dalla sua vita per così tanto tempo. Le parole di Anna l’avevano ferita nel profondo, ma non gliene faceva una colpa, la sorella era stata chiara: aveva sofferto per la loro lontananza quanto lei e non si potevano cancellare tredici anni di silenzio nel giro di pochi mesi.

Per rimediare almeno in parte a quello che era successo quella mattina, aveva fatto chiamare a corte il vecchio precettore che le aveva istruite da bambine, Sir Van Eyck, come Anna le aveva chiesto la sera precedente.

L’istitutore era stato più che felice di accettare il suo vecchio incarico e si era sorpreso nel sentire che era stata proprio la principessa a voler riprendere gli studi: “Devo essere sincero Maestà, non mi sarei mai aspettato di essere richiamato a corte per un tale compito. La principessa Anna, sembrava quanto mai decisa a non riprendere gli studi, quando l’ho vista l’ultima volta. In verità, credevo più probabile che sarei tornato in questi luoghi per istruire i vostri eredi, mia regina, o quelli della principessa.”- le aveva confidato davanti ad una tazza di tè. Elsa aveva riflettuto su quell’affermazione e si era ritrovata a pensare che, se il precettore avesse atteso il giorno in cui lei avrebbe dato alla luce l’erede al trono di Arendelle, sarebbe morto di vecchiaia. Lo stesso valeva per Anna: era troppo giovane ed inesperta per avere figli, per non parlare del fatto che non aveva ancora nessun pretendente.

Uno ce l’aveva e tu l’hai mandato via!E sai bene di chi sto parlando…- le aveva urlato una vocina nella sua mente. E aveva concordato con quel pensiero: aveva sbagliato a mandarlo via. Da quando Anna l’aveva conosciuto, non era passato giorno in cui non l’avesse vista con il sorriso sulle labbra. In breve tempo, Kristoff era diventato la cura alla ferita infertale da Hans, alla sua autostima. Da quando il principe delle Isole del Sud era stato rimandato in patria, Anna aveva cominciato a dubitare di ogni sua scelta o azione, pensando di star sbagliando ancora. Non si era più fidata del suo giudizio, finché lei non le aveva fatto presente che l’episodio con Hans non avrebbe dovuto condizionarle la vita, perché il principe dei vermi era stato solo un bravo attore, capace di raggirare le più alte cariche del continente e di confondere il suo buon senso, nient’altro.

Ora, seduta a capotavola, con il volto illuminato dalle decine di candele accese nella sala, si ritrovò a riflettere sulle sue azioni: possibile che in tutta la sua vita non avesse mai fatto la scelta giusta? Lasciare che i suoi genitori avessero il controllo sulla sua vita, lasciare Anna da sola, allontanare Kristoff, raccontarle tutta la verità…c’era qualcosa di buono in quello che aveva fatto? O fino a quel momento la sua vita era stata fondata su un trono di bugie e scelte inadeguate?

-“Cosa ho fatto di sbagliato?”- si lamentò con se stessa, mentre piluccava distrattamente la sua cena, gelando il manico della forchetta.

-“Maestà.”- la chiamò una voce, tirandola fuori dai suoi cupi pensieri.

Grace, la cameriera di Anna, stava sulla soglia della porta, guardandola preoccupata. Elsa posò la forchetta, producendo un lieve rumore metallico e le fece cenno di avvicinarsi, mentre si schiariva la gola.

-“Maestà, sta bene? Desidera qualcosa?”- le chiese, guardando il piatto quasi pieno davanti a lei e la sua faccia tirata.

-“No, grazie, sto bene così.”- rispose, raddrizzando la schiena allo schienale della sedia-“Volevi dirmi qualcosa?”

-“Si. Ecco, volevo rassicurarla riguardo la principessa. È nel suo letto e dorme già da un po’. Non ha voluto mangiare, ne a pranzo ne a cena, ma sembra stia bene. Io avrei finito per oggi, mi ritirerei per la notte se non ha altre disposizioni per me.”- finì con un lieve riverenza.

-“No, no, va pure a dormire. Credo che stare dietro ad Anna sia davvero faticoso, quindi meriti il tuo riposo.”- le sorrise -“Anzi, credo che anch’io mi ritirerò a breve.”-

-“Grazie maestà. Buonanotte.”-si inchinò di nuovo e poi con passo svelto uscì dalla sala da pranzo, lasciandola di nuovo sola con i suoi pensieri.

Dopo aver piluccato ancora un po’ la sua cena, si arrese all’evidenza che il suo stomaco non ne voleva sapere di mandare giù nulla e si avviò verso la biblioteca. Sapeva che quella notte, con o senza le urla di Anna, non sarebbe riuscita a chiudere occhio, quindi tanto valeva trovare una buona lettura che le avrebbe tenuto la mente occupata fino al mattino.

Fece scorrere lo sguardo sugli enormi scaffali di pesante legno scuro, cercando qualcosa che facesse al caso suo. Alcuni libri erano troppo grandi, altri troppo vecchi, altri troppo noiosi o con storie con un finale prevedibile. Aveva letto quasi tutti i titoli della biblioteca, soprattutto quelli riguardanti la storia e la scienza, e quando aveva imparato il latino, aveva cercato una cura alla sua maledizione su alcuni incunaboli di alchimia; ma non si era mai veramente soffermata sulla sezione dei testi di narrativa, fino a quella sera. Sapeva che anche Anna aveva passato molto tempo a leggere tra quegli scaffali polverosi, o seduta sulle poltroncine dietro la grande finestra che affacciava sul fiordo e che al tramonto tingeva l’intera sala di un intenso color arancio, dando l’impressione che i libri andassero a fuoco. A prima vista le sue letture preferite dovevano essere stati i racconti, perché i romanzi e le varie raccolte di novelle, erano i libri con l’aspetto più usato, quelli che più di tutti sembravano aver goduto dello sfogliare delle loro pagine.

Lei non aveva mai avuto tempo per fantasticare o per pensare anche solo di aprire uno solo di quei libri, pieni di sogni e bugie per le menti impressionabili; l’ultima volta che aveva sentito una storia, sua madre era ancora viva e l’incidente con Anna non era ancora capitato.

Fece scorrere le dita sulle coste polverose di decine di libri, finché uno catturò la sua attenzione. Lo prese dallo scaffale e l’odore delle pagine ingiallite dal tempo, le riportò alla mente il ricordo delle sere in cui la madre si sedeva sulla poltrona nella loro vecchia camera, Anna si arrampicava con le piccole gambine su per la sua gonna, e ridendo prendeva posto sul suo grembo, mentre lei si stendeva a pancia in giù sul suo letto e apriva bene le orecchie in attesa che la regina cominciasse a leggere quel libro: Fiabe del focolare.

Elsa lo strinse forte al petto e ritenne conclusa la sua ricerca.

Quando si stese a letto, e cominciò a leggere alla fioca luce della lampada ad olio, le sembrò quasi di udire la voce della madre che diceva “C’era una volta…”

Andò avanti a leggere per gran parte della notte, storia dopo storia, ricordando nella sua mente come doveva essere suonata la voce della madre mentre leggeva quelle parole. Faceva male ammetterlo ma aveva quasi dimenticato la loro voce, e se non avesse guardato ogni giorno il ritratto perfetto dei suoi genitori, avrebbe inevitabilmente dimenticato anche i loro lineamenti.

Quando arrivò alla fiaba della Bella addormentata nel bosco, si fermò interdetta ad osservare una scritta a piè pagina di una delle illustrazioni del racconto, che rappresentava due giovani che si baciavano: “Un giorno anche il mio principe arriverà a risvegliare questo castello addormentato e s’innamorerà di me a prima vista e vivremo per sempre felici e contenti.”- la scrittura era certamente quella di una Anna con non più di dieci anni, e l’ingenuità di quelle parole le fece quasi salire le lacrime agli occhi.

Ecco perché Anna si era fidata ciecamente di Hans fin dal primo momento: cosa poteva saperne lei della vita vera e della malvagità delle persone, se la sua unica realtà era stata quella delle fiabe, dove le streghe erano vecchiette grinzose o bellissime fate nere, e il principe azzurro salvava la principessa con il bacio del vero amore, dall’incantesimo che la costringeva a dormire per cent’anni?

Ora a posteriori, dopo aver letto quelle parole, scritte nel pieno della sua crescita emotiva, da una Anna non ancora spezzata completamente, Elsa non poteva più biasimarla per l’impulsività delle sue azioni. Come non avrebbe potuto cadere tra le braccia di quel mascalzone?

Elsa, chiuse con uno scatto il libro, con le mani tremanti, pensando a quello che la sorella doveva aver provato quando il principe invece di salvarla l’aveva lasciata a morire. Un foglio sfuggì dalle pagine del libro, librandosi per pochi secondi in aria, fino a posarsi leggero, con un fruscio sommesso, sul pavimento.

La regina posò il libro sul tavolino al fianco del letto e scoprendosi, scese a raccoglierlo. Un disegno, con un’iscrizione runica: “La magia dei troll può guarire le ferite dell’anima e del corpo.”

Elsa si rigirò il foglio tra le mani, cercando altre scritte, ma il retro era bianco. Il disegno raffigurava un troll che imponeva le sue mani su un uomo esanime, steso su una tavola di pietra.

Posò distrattamente anche il foglio sul libro e si rimise a letto, spegnendo la lampada ad olio , ormai quasi vuota.

-“La magia dei troll.”- disse a bassa voce, come se i suoi pensieri avessero deciso di sfuggirle di bocca. Da dove usciva fuori quel foglio? Di certo non era uno di quelli del libro delle fiabe. Sembrava provenire  da uno di quei libri di credenze popolari che il padre faceva acquistare alla piccola bottega giù in paese. Come lei, anche il padre aveva fatto di tutto per trovare una cura contro i suoi poteri. Durante gli anni l’aveva visto parlare con medici e sciamani provenienti da tutto il mondo; aveva fatto arrivare via  mare testi antichi dal continente, non trovando mai nulla tra quelle pagine consunte che potesse essere d’aiuto, finché qualcuno a palazzo gli aveva suggerito di scavare a fondo tra le leggende del loro popolo, di fare affidamento sulle credenze e sulla magia. E, per quanto suo padre fosse un uomo saggio e saldamente legato alla realtà e alla scienza, una notte di tanti anni prima, nel momento del bisogno, aveva dovuto cedere alla ragione e provare a salvare una delle sue due figlie, sperando solamente nella magia.

Dopo gli avvenimenti di quella notte, la sua fede in dio e nella scienza erano andate scemando pian piano, fin quando non aveva cominciato a credere solo nell’alchimia e nella arti occulte, dando più credito alle parole di stregoni e ciarlatani che a quella di eminenti dottori e sapienti. Ed era proprio da uno dei primi che si stava dirigendo quando la sua nave era affondata: la magia non l’aveva salvato.

Ma la magia aveva salvato Anna da piccola, liberandola dal gelo nella sua testa e cancellando ogni traccia dei suoi poteri dalla mente della sorella. Gran Papà aveva costruito altri ricordi per lei, per non lasciarla priva di memorie a cui aggrapparsi durante quello che sarebbe venuto dopo.

Nuovi ricordi in cambio dei vecchi.

Ricordi. Ricordi. Quelli che ora mancavano ad Anna. Quelli di cui aveva più bisogno al momento.

Quelli che il capo dei troll poteva ridarle!

Perché non ci aveva pensato prima? Sarebbe bastato al massimo un’imposizione delle mani pietrose dell’essere centenario sulla fronte di Anna e tutte le lacune nella sua mente si sarebbero ricolmate di ricordi.

Spalancò gli occhi e scalciò via le coperte, mentre alla luce della luna si faceva strada verso la porta. Correre giù per le scale fino alle porte del castello, dove sostavano le sentinelle, non fu facile per via del buio e dei suoi piedi scalzi.

-“Vostra Maestà?!”- l’accolse una delle guardie, sorpreso di quell’apparizione nel pieno della notte.

-“Mia regina cos-?”- fece per continuare l’altra, ma Elsa gli fece cenno di tacere, mentre riprendeva fiato e si ricomponeva.

-“Svegliate tutte le guardie che potete. Ho un compito di vitale importanza per voi.”- riuscì a dire con voce ferma, nonostante il fiatone.

-“Cosa comanda la regina?”- il più alto dei due si mise sull’attenti, posizionando la picca dritta in terra.

Elsa li fissò seria: avevano gli occhi cerchiati da ombre scure e sembravano davvero stanchi. Per un secondo pensò che forse avrebbe potuto aspettare il mattino per mobilitare l’intera guardia reale, ma se c’era anche la più remota possibilità che quello che aveva in mente avrebbe potuto funzionare per riavere la sua Anna, non c’era tempo da perdere.

-“Scandagliate Arendelle e dintorni, inoltratevi su per la montagna se necessario, ma portatemi il Mastro del ghiaccio.”

 

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17: Passi nel buio ***


Capitolo 17: Passi nel buio

 

Essere svegliato nel bel mezzo della notte da voci concitate, provenienti dall’esterno della sua baita, non era proprio nei suoi piani, quando era andato a dormire. Quando aveva posato la testa sul cuscino non aveva certo sperato in un riposo ristoratore, ma almeno in una bella dormita che gli avrebbe dato l’energia sufficiente per tirare avanti fino alla sera successiva. Quelle voci non promettevano nulla di buono e, se a quella sua sensazione aggiungeva il fatto di essere in una baita nel bel mezzo della montagna, la sua non era proprio una situazione felice: là fuori potevano esserci dei briganti o dei balordi, in cerca di grane. Lui era solo con Sven e per difendersi da eventuali problemi, aveva solo un ascia e un coltello. Dal chiasso che producevano, dovevano essere almeno in cinque o sei: brutta circostanza.

Scese dal letto e s’infilò in fretta gli stivali, prima di recuperare dalla parete l’ascia per la legna. Non che avesse intenzione di usarla, ma in un frangente del genere era meglio avere un’arma a portata di mano. Sven, che sonnecchiava vicino al camino, lo guardò preoccupato: “Chi sarà mai a quest’ora?- sembrò chiedergli.

Kristoff si portò un dito alla bocca per intimargli di non fare rumore, mentre si appiattiva contro la parete al fianco della porta. Il baccano all’esterno cessò all’improvviso, proprio ad un passo dalla baita e Kristoff pregò con tutto il cuore che chiunque fosse, girasse a largo da lui e dal cattivo umore che si portava dietro da un paio di mesi. Non era un uomo violento per natura, ma se l’avessero messo alle strette, non avrebbe reso conto a nessuno delle sue azioni.

La vecchia porta gemette sotto tre colpi secchi, mentre Kristoff tirava un profondo respiro di sollievo: chiunque fosse non doveva avere intenzioni ostili, altrimenti non si sarebbe disturbato a bussare.

-“Chi è la?”- chiese con la voce più cavernosa che fosse in grado di usare.

-“Kristoff Bjorgman, sua maestà la regina Elsa, richiede immediatamente la tua presenza a palazzo. Apri la porta.”- gli intimò una voce.

Il respiro gli si bloccò in gola per la sorpresa: la regina voleva vederlo? Per quale motivo? In un secondo, tutte le più improbabili risposte a quella domanda soffocarono ogni suo pensiero coerente. Poi un’idea su tutte ebbe la meglio, anzi, un nome, e dovette trattenersi dall’urlarlo: Anna.

Che le fosse successo qualcosa? O che, nella migliore delle ipotesi, avesse ricordato tutto? E se si fosse finalmente ricordata di lui?

Spalancò con un solo gesto la porta, ancora con l’ascia in pugno, con il risultato che le guardie, dopo aver dato uno sguardo alla sua faccia stravolta e all’arma, gli puntarono in un secondo le picche alla gola.

-“Woah! Ma che…”- poi guardò la sua mano, stretta ancora attorno al manico dell’ascia-“Oh, questa? È solo che…io non volevo…”- non terminò la frase e nascose velocemente l’oggetto improprio dietro la schiena, guardando le guardie ritirare le picche.

-“Cos’è successo? Perché la regina vuole vedermi?”- chiese dopo un momento, mettendo un freno alla sua agitazione crescente.

-“Non lo sappiamo. Abbiamo solo l’ordine di portarti a palazzo il prima possibile.”- gli rispose una delle guardie, fronteggiandolo a muso duro.

L’urgenza palese in quelle parole e il fatto che Elsa avesse mobilitato un tale dispiegamento di forze per cercarlo, a poche ore dall’alba, quando avrebbe potuto attendere le prime luci del mattino, risvegliarono la sua inquietudine.

-“Datemi il tempo di cambiarmi e…”- si guardò attorno, per cercare qualcosa di più consono da indossare per un colloquio con la regina, o per un probabile incontro con Anna.

-“Ora.”- lo fermò la guardia che gli aveva risposto prima. Da come si comportava doveva essere il capo del drappello di uomini.

-“Ma devo solo…”- cercò di argomentare Kristoff: non si sarebbe presentato a palazzo con indosso i suoi indumenti da lavoro: c’era la possibilità che avrebbe riabbracciato Anna dopo tanto tempo e non voleva di certo puzzare come Sven, santo cielo!

-“Ora!”- ripeté l’uomo.

Ci furono interminabili secondi di silenzio, durante i quali Kristoff e il capo della guardia si scambiarono occhiate di fuoco. Nessuno dei due era propenso a mollare la presa: il primo non avrebbe attraversato la porta di quella baita senza vestiti puliti e il secondo non aveva intenzione di aspettare oltre il montanaro.

-“Non pensavo che il mastro del ghiaccio, fosse vanitoso quanto la principessa.”- ironizzò la guardia, voltandogli le spalle, come per sottolineare la sua intenzione di muoversi subito.

Silenzio. Nessuno osò interrompere la pausa dopo quell’affermazione, mentre le altre guardie fissavano il capitano esterrefatte. Kristoff ridusse gli occhi a due fessure: non gli sembrava il caso di argomentare lì, nel bel mezzo della notte, anche se a dirla tutta avrebbe voluto fare molto di più che argomentare, come ad esempio assestargli un bel pugno. Anna, o meglio Elsa, aspettava. Non doveva perdere tempo, e se la regina o la principessa si fossero lamentate del suo aspetto o del suo odore, l’avrebbe fatta pagare cara a quell’uomo.

- “Vieni Sven, andiamo a fare due passi.”- gettò la spugna. La renna grugnì in disappunto per essere stata svegliata così in malo modo a quell’ora, ma si mise subito in piedi e facendo passare con attenzione i palchi delle corna attraverso la porta, uscì fuori, sgranchendosi  le zampe nella neve fresca. Kristoff recuperò una casacca più pesante da un gancio nella parete, poi si chiuse la porta alle spalle, senza degnare gli uomini di uno sguardo.

-“Andiamo.”-ordinò il capitano.                                                   

Il gruppo di sette uomini si incamminò giù per il lato della montagna, con il capo in testa; Kristoff e Sven seguivano dietro, accompagnati da due delle guardie, e dietro di loro chiudevano i restanti tre uomini. Lo accerchiavano come fosse stato un criminale: credevano forse che sarebbe scappato?

Sven gli lanciò un’occhiata interrogativa: “Si può sapere dove stiamo andando?

-“Al castello, Sven.”- fece una pausa, pensando a quello che sarebbe potuto accadere di li a poche ore-“Torniamo da Anna.”

 

 

Elsa camminava su e giù per il suo studio, facendo strusciare la veste da camera sul tappeto ricamato, producendo un leggero fruscio fastidioso, nell’attesa che qualcuno le venisse a dire se avevano o meno trovato Kristoff. Lui e la sua famiglia, potevano essere l’unica possibilità rimastale, per riavere indietro la vecchia Anna.

Qualcuno bussò alla porta,distraendola: “Avanti.”- intimò con un tono di voce più freddo, di quanto avesse avuto intenzione.

-“Mia regina, la ronda cittadina non ha dato esiti. Il mastro del ghiaccio non è in città, a quanto pare. Ma aspettiamo ancora il drappello di uomini salito in montagna. ”- le riferì la guardia che era appena entrata e che si ostinava a guardare in terra. Faceva così tanta paura?

La regina si lasciò cadere su uno dei divanetti che adornavano la stanza, stringendo a se le mani, guardando nel vuoto: e se Kristoff non era più ad Arendelle e nemmeno sulle montagne, dove poteva essere andato? E se avesse deciso di andarsene per sempre da quel posto?

Come se le avesse letto nel pensiero, la guardia parlò di nuovo: “Maestà, c’è la possibilità che il mastro del ghiaccio non sia più nella nostra regione. Molti dei tagliatori decidono di scendere più a sud, durante la stagione invernale, per impiegarsi in altri lavori. È possibile che mastro Bjorgman abbia fatto la stessa scelta.”

Elsa trattenne il respiro. Come avrebbe fatto a trovare i troll allora? Le seccava ammetterlo, ma Kristoff in quel momento era molto più utile di lei, ad Anna.

-“Speriamo, per il suo bene che sia ancora nei paragi.”- blaterò sottovoce, ma la guardia la sentì distintamente.

Si mise sull’attenti: “Maestà, non appena la ronda scenderà dalle montagne verrò a farle rapporto. Vedrà, la loro ricerca non sarà infruttuosa come la nostra.”

-“Grazie, puoi andare.”- lo liquidò Elsa. Era felice che qualcuno cercasse di rassicurarla, ma in quel momento le parole della guardia rischiavano solo di far crescere la sua agitazione.

Si alzò e fece qualche passo verso la finestra, affacciata su una Arendelle ancora addormentata, coperta da un manto di neve fresca. Nessuna persona per le strade buie, nessun drappello di uomini all’orizzonte, ma soprattutto nessun montanaro con la sua renna in vista.

-“Kristoff, per l’amor del cielo, dove sei?”- sibilò a denti stretti, mentre un’intricata ragnatela di ghiaccio si spandeva sul vetro della finestra, bloccandole la vista sul regno.

 

 

Buio ed alberi, era tutto quello che riusciva a scorgere attorno a sé. Fin lì nulla di strano: era in un bosco, di notte, quindi era inevitabile non riuscire a vedere altro se non tronchi scuri e tenebre. La cosa più strana era che non riusciva davvero a ricordarsi come ci fosse arrivata lì. Un attimo prima era nel suo letto e nel momento successivo era in quel posto, da sola, con una terribile sensazione che le pulsava in un angolo della mente, mettendo in allerta tutti i suoi sensi.

Qualcosa non quadrava in quella situazione, ma di una cosa era sicura: non voleva sapere cosa fosse quel qualcosa.

 

 

Le mura di Arendelle erano ormai in vista e ad est, dietro le montagne, il cielo cominciava a rischiararsi dall’oscurità: leggere tonalità di viola e lilla illuminavano l’orizzonte. Con una compagnia migliore, Kristoff avrebbe apprezzato meglio quello spettacolo della natura, e sarebbe rimasto a contemplarlo finché il Sole non avesse fatto capolino tra le basse nubi grigie che sporcavano quella tavolozza di tenebre. Invece gli uomini che lo scortavano, sembravano immuni a tanta bellezza, concentrati solo sui loro passi pesanti e cadenzati nella neve, con la testa bassa e le picche poggiate sulle spalle.

Da quando avevano lasciato la sua baita, nessuno aveva aperto bocca, anche se per ben due volte aveva chiesto notizie di Anna. I soldati erano rimasti in silenzio, non sapeva se per la troppa stanchezza o per un qualche ordine che gli vietava di parlare della principessa, mentre il capitano gli aveva scoccato un’occhiata alquanto eloquente, e senza parlare gli aveva intimato di tacere. Dopodiché non aveva chiesto più nulla e si era limitato a scendere verso valle con la bocca serrata.

Sven attirò la sua attenzione battendogli le corna sulle spalle, curvate sotto il peso della privazione di sonno e della frustrazione di non poter fare molto, guardandolo intensamente. Se fossero stati da soli, avrebbe dato voce ai pensieri dell’amico quadrupede, ma in quel frangente non gli sembrava il caso di intavolare una discussione a senso unico davanti ai soldati della regina. Invece di portarlo da lei, avrebbero potuto rinchiuderlo in una cella, nelle segrete del castello, accusandolo di pazzia.

Lo sguardo di Sven comunque parlava chiaro: perché non ci dicono nulla?

-“Non lo so, forse perché non possono. O forse, più semplicemente perché non sanno nulla di Anna.”- gli rispose ad alta voce, alzando le spalle.

Una delle due guardie che lo affiancava, alzò un sopracciglio interrogativo: “Cosa?”

Kristoff si girò verso l’uomo e sospirò: “Nulla. Riflettevo ad alta voce.”- Sven grugnì per convenire con la sua teoria e lui gli rivolse un mezzo sorriso stanco, per ringraziarlo del suo appoggio.

Passarono altri interminabili minuti di silenzio, spezzato solo dal rumore scricchiolante dei loro stivali che affondavano nella neve fino alle caviglie, prima che l’altra guardia al suo fianco gli si avvicinasse di un passo.

-“Non sappiamo nulla della principessa Anna. Sembra stia bene, dopo quello che è successo alla festa del raccolto, anche se alcune voci al palazzo dicono il contrario.”- gli sussurrò, cercando di non farsi sentire dal resto del gruppo.

-“Quali voci?”- gli chiese in ansia. Il soldato fece per aprire bocca ma il capitano lo fermò.

-“Ti avevo detto di non parlargli, Birghir. I miei ordini non sono semplice aria calda.”-

-“Con tutto il rispetto, non credo che metterlo a parte di quello che succede al castello, possa essere pericoloso. In fondo lui è…”-

-“Un semplice suddito della regina, che non ha nulla a che spartire con gli avvenimenti di corte.”- sentenziò l’uomo a capo del gruppo, senza voltarsi, ma con voce ferma.

-“Ma lui è il…”- cercò di controbattere.

-“Birghir.”- tuonò per intimargli di smetterla di stuzzicare la sua pazienza.

Silenzio.

Kristoff si voltò verso il soldato che aveva cercato di dargli qualche informazione, ringraziandolo per il tentativo, con un gesto del capo. Poi rivolse lo sguardo alla schiena dritta del capitano, che camminava dinanzi a lui.

-“Vorrei almeno sapere se questo mio incontro con la regina si concluderà con la mia esecuzione o meno. Credo di averne tutto il diritto.”- disse rivolgendosi all’uomo, che sembrò essere colto di sorpresa dalle sue parole.

-“Nessuna esecuzione, presumo. Altrimenti non avremmo perso tempo a scortarti fino al castello.”- gli rispose semplicemente, come se dietro quelle parole non ci fosse nascosta una possibile minaccia di morte-“Credo abbia a che fare con la principessa, in caso contrario non saprei davvero in cosa potresti essere utile alla regina.”- dichiarò, continuando a sfidare la sua pazienza, ormai ridotta quasi all’osso.

Sven grugnì in disappunto, scontento che il suo amico venisse trattato in quel modo.

-“Ora basta. Birghir, digli tutto.”- sbottò una guardia alle sue spalle, facendo voltare di colpo il capitano, che si fermò di botto, facendo arrestare la marcia di tutto il gruppo

-“Markus!”- cercò inutilmente di zittirlo.

-“Non vedo perché non dobbiamo parlargli della principessa. Sono anche affari suoi da quello che mi risulta.”-continuò imperterrito il soldato.

-“Già.”- gli fecero eco le altre due guardie.

-“Rolf, Thorian! Anche voi? Questa è insubordinazione bella e buona.”- si lamentò, cercando di mantenere la situazione sotto controllo.

-“Perché trattarlo a tal modo e tenergli nascosto qualcosa, che saprà comunque a breve?”- chiese retoricamente l’ultima delle guardie, che non aveva ancora parlato.

-“Da quando le reclute hanno voce in capitolo? Ci mancavi solo tu Olson. La voce dell’innocenza! Bah, fate un po’ come vi pare.”- si arrese all’insistenza dei soldati. In effetti avevano tutti ragione, ma lui era quello che in teoria avrebbe dovuto far rispettare gli ordini, e se non riusciva nemmeno in quello, non vedeva la sua utilità.

Nel mentre, Kristoff e Sven facevano rimbalzare i loro sguardi stupiti, dalla faccia stufa del capitano a quelle stanche ma risolute dei soldati. Le difese di Arendelle dovevano essere davvero misere, se un semplice manipolo di guardie riusciva a ribellarsi con tale facilità al proprio capitano.

-“E poi chi ti ha messo a comando di questo gruppo, Gunnar?”- proruppe indignato Markus.

-“Cosa? Tu non sei il capitano?”- protestò Kristoff, voltandosi verso Gunnar.

-“Non ho mai detto di esserlo.”- si giustificò l’uomo, alzando le spalle.

Kristoff strinse forte i pugni, cercando di controllare la sua irrefrenabile voglia di mettergli le mani addosso. Poi, per il bene di tutti, si  voltò verso gli altri uomini, ignorandolo: “Ditemi di Anna. Cosa le è successo?”

Camminava nella neve alta da un bel po’, con il vento gelido che le scompigliava i capelli e che le si infilava sotto la vestaglia da notte, facendola rabbrividire. Stava seguendo un sentiero tra gli alberi, che doveva essere usato dalle slitte di passaggio.

Le avrebbe fatto davvero comodo se qualcuno fosse passato di li con un slitta, in quel momento. Sarebbe potuta ritornare a casa, ad Arendelle…da Elsa.

Ed invece, non accadde nulla. Nessun rumore di zoccoli nella neve, nessuna lanterna accesa per rischiarare il buio, ma soprattutto nessuno che avrebbe potuto riaccompagnarla al castello.

Continuò a camminare.

 

 

-“Mia sorella Grace”- cominciò Birghir- “è la dama di compagnia della principessa, quindi sta con lei ogni giorno. Da quello che racconta, sembra che la principessa Anna sia diventata silenziosa e scostante: durante il giorno se ne sta rinchiusa in qualche sala del castello a fare non si sa che, mentre di notte gli incubi la tormentano.”- disse osservando la reazione di Kristoff.

-“Incubi?”- chiese il mastro del ghiaccio senza fiato.

-“Già. Mi ha detto, che di notte le sue urla si sentono fin nell’ala est, dove si trovano gli alloggi della servitù.”-concluse infine dispiaciuto.

Kristoff ingoiò a vuoto, metabolizzando pian piano quella notizia indigesta: “E la regina?”

-“La regina cerca di aiutarla, ma sembra che la principessa non voglia avere nemmeno lei accanto.”- rispose subito,  evitando per un soffio di inciampare in un sasso, che sporgeva dalla neve.

-“Ieri mattina ero di guardia al cancello del cortile secondario e le ho sentite litigare. Non sembrava nemmeno la principessa, tanto erano dure le sue parole.”- intervenne Gunnar, per cercare di riabilitare la sua figura.

-“Non avresti dovuto origliare.”- lo riprese Olson.

-“So che non si fa, ma la voce della principessa era così alta! Oserei dire quasi che gridava.”-si scusò prontamente.

-“B-bene. Sapete se le è tornata la memoria?”- chiese esitante Kristoff, sopraffatto quasi, da tutte quelle informazioni.

-“Da quello che diceva ieri alla regina, non direi proprio.”- ridacchiò Gunnar.

-“ Si può sapere cosa diceva di tanto sconvolgente?”- gli chiese Markus facendosi avanti dalle retrovie.

-“Beh, forse non dovrei ripeterlo.”- cercò di astenersi Gunnar, voltandosi verso il gruppo.

-“Già, non devi.”- intervenne risoluto Kristoff-“Quello che si sono dette, è solo affar loro.”- e con questo si mise in testa al gruppo, allungando il passo.

 

 

La neve aveva ricominciato a cadere fuori dalla finestra, e questa volta era sicura che fosse opera sua. Elsa se ne stava dritta, dietro il vetro ghiacciato, ad osservare quella pioggia bianca e silenziosa che copriva ogni cosa, quando di nuovo, un bussare alla porta la sottrasse ai suoi pensieri.

Si voltò di scatto: “Entra pure.”

-“Vostra Maestà”- di nuovo la giovane guardia di poco prima –“La ronda delle montagne è tornata con successo: hanno trovato il mastro del ghiaccio.”- le disse senza fiato, come se avesse corso su per le scale fino ad un attimo prima.

Il volto della regina si illuminò, mentre tirava un sospiro di sollievo: “Tra quanto arriveranno?”-

-“Sono già qui, mia regina, aspettano solo il vostro ordine.”- balbettò, mettendosi dritto.

Elsa guardò la guardia e sorrise riconoscente, mentre si accomodava alla sua scrivania: “Molto bene. Lasciatelo entrare.”

 

 

Gerda, era stata svegliata dall’andirivieni di una guardia, che faceva su e giù per i corridoi facendo cozzare la sua spada contro gli schinieri di metallo. Quando era scesa dal letto e aveva chiesto al giovane soldato, cosa fosse successo di tanto importante da fare tutto quel baccano, quello le aveva risposto che la regina aveva mandato a chiamare il mastro del ghiaccio nel bel mezzo della notte, non si sapeva per quale motivo.

La vecchia governante, l’aveva liquidato e poi richiusasi la porta alle spalle, aveva cominciato a prepararsi. Mezz’ora dopo, era vestita di tutto punto, con lo chignon perfettamente legato sulla testa e la cuffietta al suo posto, ed era scesa nelle cucine per preparare del tè alla regina: se c’era una cosa che conosceva di Elsa, era che anche nelle situazioni più stressanti, e questa sembrava proprio una di quelle, una tazza di tè caldo alla menta, poteva calmarla.

Quando l’acqua cominciò a bollire, la versò nella teiera, dove aveva già messo due sacchettini di tè. L’aroma fresco della menta si sparse nelle cucine, mescolandosi con gli odori delle altre spezie appese alle pareti, pizzicandole il naso. Era così dolce e rinfrescante, che si addiceva senza ombra di dubbio ai gusti di Elsa, il suo“piccolo fiocco di neve”, come la chiamava lei, che aveva visto crescere e soffrire, senza che lei avesse potuto far nulla per aiutarla.

Un rumore di passi, la riscosse dai suoi ricordi: le guardie dovevano essere tornate dalle montagne, con il giovane amico della principessa.

Gerda si sbrigò a posizionare la teiera e due tazze, su un vassoio: meglio fare in fretta, prima che la situazione diventasse congelata. L’ultima volta che il mastro del ghiaccio era stato a colloquio con la regina, c’era voluto ben più che una tazza di tè per calmarla.

I corridoi del castello erano stranamente silenziosi, nonostante supponesse che in giro ci fossero più guardie del solito. Salì con cautela le scale che portavano al secondo piano, tenendo il vassoio in equilibrio, cercando di non inciampare nell’orlo della sua veste o negli scalini.

Fece per voltare l’angolo, ma per poco non si scontrò con qualcuno. La teiera e le tazze cozzarono tra loro, riempiendo il silenzio con il tintinnare della ceramica.

-“Oh mio dio, Anna. Tesoro, cosa ci fai sveglia a quest’ora?”- la principessa era spuntata dal nulla, silenziosa come un fantasma, spaventandola.

Gerda la guardò bene e sobbalzò: aveva gli occhi chiusi e il viso pallidissimo- “Anna? Stai bene?”-

La principessa si voltò di poco, come in ascolto e si allontanò pian piano, con i piedi scalzi sul freddo pavimento e la vestaglia che le svolazzava attorno alle caviglie ad ogni passo.

La governante rimase a fissare pietrificata i suoi passi nel buio, per alcuni secondi, finché la sua figura spettrale scomparve dietro l’angolo. Poi come riscossa da qualcosa, posò il vassoio su un tavolino nei paragi e corse dietro alla principessa.

 

Il sentiero si era biforcato all’improvviso, arrestando un momento il suo cammino. Era arrivata ad un bivio. Quale direzione doveva prendere? Destra o sinistra?

La strada sulla sinistra era intralciata da un enorme masso ricoperto di muschio gelato, mentre il sentiero sulla destra era ricoperto da così tanta neve, da sembrare un enorme e soffice tappeto bianco.

Restò ad osservare un attimo il masso, per capire se avrebbe potuto superarlo, e poi stanca imboccò l’altra strada.

 

 

-“Vostra Maestà.”- la salutò Kistoff appena entrato nel suo studio, calcando la voce sull’appellativo.

-“Kristoff.”- pronunciò semplicemente lei. Non lo invitò ad accomodarsi come le volte precedenti, ed era sicura che se anche lo avesse fatto, lui non si sarebbe seduto ugualmente. Invece si limitò a fissarlo per alcuni secondi, indecisa su come cominciare il suo discorso. Quella, per quanto fosse difficile ammetterlo, era una sconfitta bella e buona: lo aveva allontanato per la sua negligenza ed ora lo aveva richiamato a corte per chiedere il suo aiuto.

-“Ti ho fatto chiamare qui, perché ho bisogno del tuo aiuto.”- cominciò, cercando di suonare quanto più glaciale possibile.

Sul viso del montanaro si susseguirono in un momento, alcune emozioni a cui non avrebbe nemmeno saputo dare un nome.

-“Bene, in cosa poso essere utile?”- le chiese con un sorrisino che non riuscì a trattenere.

Non tirare la corda, Kristoff, altrimenti stavolta ti bandisco dal regno - si ritrovò a pensare Elsa.

-“Ho bisogno che tu mi conduca alla Valle delle Pietre Viventi.”-

-“Potrei sapere per quale motivo?”- le chiese, sperando che lei gli dicesse qualcosa su Anna.

-“Per Anna.”- gli rispose semplicemente, tirando un profondo respiro.

Kristoff rimase impassibile: non le avrebbe dato una risposta, finché lei non si fosse scucita un po’ di più rivelandogli qualcos’altro.

Elsa sembrò non cogliere il suggerimento ad andare avanti e rimase in silenzio.

-“Sa, i troll non vogliono essere disturbati inutilmente.”- bugia- “Dovrei sapere per quale motivo ha bisogno di loro. La sua risposta non basta.”- la incalzò. Ora aveva lui il coltello dalla parte del manico, la regina doveva stare al suo gioco.

-“Per curare Anna. Per farle tornare la memoria.”- scandì laconica-“Ti basta come risposta, mastro del ghiaccio?”

-“Direi di si.”- disse incrociando le bracci al petto, poi sospirò pesantemente-“ Ma ho una cattiva notizia.”- disse abbassando lo sguardo.

-“Cosa?”- si agitò la regina.

-“Vede, per quanto le possa sembrare strano, lei non è l’unica che rivuole indietro Anna, e non è nemmeno la sola ad aver pensato a questa soluzione. Anch’io tengo a lei.”- puntualizzò fissandola dritto negli occhi- “Così quando mi ha cacciato sono andato dai troll, ma Granpapà ha detto che non ci sono soluzioni questa volta…lui non può niente.”- spiegò.

-“N-no, non è possibile, deve esserci una soluzione, la tua famiglia deve avere un modo per farle tornare la memoria!”- si alzò di scatto dalla sedia, cacciando fuori tutta l’ansia e la frustrazione che aveva trattenuto fino a quel momento- “Se nemmeno loro possono aiutarla, allora cosa farò?”- chiese più a se stessa che a lui. Tutte le sue speranze erano riposte nella magia troll, ma se nemmeno loro potevano aiutarla, cosa avrebbe dovuto fare? -“Com’è possibile che con tutta la sua magia non possa fare nulla? Non l’ha già fatto una volta?”- aggiunse poi rivolgendosi a Kristoff.

-“La prima volta è stato diverso.”-

-“In che senso? A me sembra la stessa cosa: deve solo trovare un modo per farle ricordare quello che ha dimenticato”- continuava a cercare una via di fuga da quell’impasse.

-“Non è così semplice come sembra.”- protestò lui, cercando di farla ragionare.

-“So che non è semplice, ma deve pur esserci un modo, Kristoff.”- si lamentò, come se da un momento all’altro potesse scoppiare in lacrime-“ E se Anna non dovesse ricordare più tutto quello che è successo? Se non ricordasse mai più te e quello che eravate? Non ti fa impazzire il solo pensiero di averla persa per sempre?”- gli chiese in un crescendo, aggirando la scrivania e avvicinandosi a lui di qualche passo.

-“Si, ma questo non vuol dire che mi arrenderò. Troveremo un modo per…per farla tornare quella di prima.”- disse risoluto.

Elsa lo osservò rimanere fermo come una statua, sicuro di ogni sua parola, con la speranza di riabbracciare presto Anna, che gli traboccava dagli occhi. L’amava come e quanto lei, doveva dargliene atto.

Fece per parlare, ma dall’esterno del suo studio provenne uno strano fracasso, fatto di voci concitate e piedi che correvano veloci per i corridoi.

-“Ma che…?”- lo superò, affacciandosi alla porta-“ Kai!”- chiamò il maggiordomo, che accorse subito.

-“Maestà….”- cominciò senza fiato.

-“Cosa succede, cos’è questo baccano?”- chiese esasperata che nulla andasse bene.

-“Maestà…la principessa Anna…”-

-“Cos’è successo ad Anna?”- lo incalzò, con la voce che tradiva ansia-“Parla per l’amor del cielo.”-

Anche Kristoff era uscito in corridoio ed ora le stava alle spalle, impaziente di scoprire cosa fosse successo alla principessa.

-“…lei sta c-correndo per i corridoi.”- balbettò l’uomo.

-“Tutto qui? Fermatela, allora.”- sbottò Elsa.

-“Non è facile, maestà. Lei è…addormentata.”- concluse.

-“Cosa?”- esclamarono all’unisono Elsa e Kristoff.

-“Non riusciamo a svegliarla, continua a correre via spaventata. È sonnambula.”-

-“Anna!”- la voce di Gerda fece voltare tutti e tre verso la fine del corridoio, dal quale stava arrivando un nutrito gruppo di guardie e inservienti.

Seguivano tutti Anna, con cautela. La principessa era in testa al gruppo e li distanziava di tre, quattro passi, muovendosi in maniera scoordinata.

Da quando aveva imboccato la strada sulla destra, una strana sensazione di pericolo le aveva fatto rizzare le orecchie, per cogliere anche il minimo rumore.

Aveva camminato ancora per un po’ e poi un ringhio sommesso le aveva gelato il sangue nelle vene. Un enorme lupo grigio era saltato fuori dal nulla e aveva cominciato a darle la caccia.

Correva ormai da quella che le sembrava un’eternità e con suo sommo sconcerto, non solo il lupo non si era arreso, ma anzi, sembrava aver chiamato i rinforzi. Ora erano più di cinque a starle alle calcagna.

-“Aiuto!”- gridò allo stremo delle forze- “Vi prego, qualcuno mi aiuti…”- piagnucolò mentre arrancava e cadeva nella neve.

Era finita, a momenti l’avrebbero divorata e di lei non sarebbe rimasto nulla.

Le ringhia si erano placate, rimanendo solo un rumore di sottofondo. Alzò lo sguardo e li vide, i lupi, tutti in fila, fermi a qualche passo di distanza da lei, che la osservavano. Perché si erano fermati?

 

 

Anna aveva sbandato a destra e poi a sinistra, sbattendo contro il muro e poi era inciampata sui suoi stessi passi frenetici, cadendo rovinosamente in terra. Ma non si era svegliata, anzi si era trascinata per qualche altro passo, biascicando qualcosa, prima di voltarsi verso i suoi “inseguitori”, in attesa di qualcosa.

Elsa si fece spazio tra la piccola folla di uomini e donne spaventati, e Kristoff la seguì in silenzio. La vista della sua sempre felice e sorridente Anna, riversa sul pavimento, spaventata e fuori di sé, lo colpì dritto al petto. Doveva fare qualcosa per aiutarla.

Lui ed Elsa uscirono dalle fila del gruppo, facendo qualche passo verso di lei.

-“Anna?”- Elsa si piegò davanti alla sorella, che tremava, allungando una mano nella sua direzione.

 

 

Non era possibile, il branco non si era fermato per darle tregua, ma solo per far spazio ad un altro lupo, più grande e maestoso, dal manto chiaro come la neve.

Anna?

Il lupo bianco le si stava avvicinando pian piano.

Anna.

No, non poteva finire così, doveva combattere per restare in vita.

Anna.

Con uno scatto di reni, si alzò in piedi e riprese a correre e ad arrancare nella neve, guadagnandosi l’ululato di rabbia del lupo.

Anna!

 

 

-“Anna!”- urlò Elsa quando, con suo grande sconcerto, la sorella si rimise in piedi, sempre ad occhi chiusi, e ritornò a fuggire via spaurita.

La cosa che la stupì maggiormente, fu che non riuscì a fare un solo passo nella direzione presa da Anna. Si era bloccata, congelata come per un stupido scherzo del destino: sua sorella era scappata via impaurita da lei. Da lei! Il peggiore dei suoi incubi si era avverato, lasciandola spiazzata davanti al dolore che le si irradiava dal cuore e che la teneva ferma ed incapace di fare qualcosa.

Il resto del gruppo si era gettato di nuovo all’inseguimento di Anna, solo Gerda era rimasta indietro ad assicurarsi che lei stesse bene.

-“S-sto bene.”- espirò piano, mentre le mani premurose della governante restavano sulle sue spalle curvate-“Dobbiamo prenderci cura di Anna, andiamo.”- così dicendo, seguì il gruppo giù per i corridoi, per quanto le permettesse il suo corpo scosso ancora da brividi di paura e tristezza.

Kristoff fu il primo a cercare di fermarla, ma Anna gli sfuggì per un soffio, voltando dietro l’angolo di uno degli infiniti corridoi del castello. Imprecò a denti stretti, mentre cercava ancora di prenderla.

Come faceva a correre a quel modo con gli occhi chiusi?

 

 

I lupi erano ripartiti all’attacco, ma non riusciva a vederli alle sue spalle. Sentiva solo le loro ringhia infuriate, abbastanza distanti.

Ma qualcosa, qualcosa che non era un lupo, si era aggiunto alla caccia selvaggia, riuscendo quasi ad afferrarla. Non aveva guardato, temendo che la paura di quello che avrebbe visto, avrebbe potuta bloccarla, lasciandola in pasto al suo destino.

Un destino che sarebbe irrimediabilmente arrivato a breve.

Davanti a lei, a qualche metro di distanza, si apriva un crepaccio, chiaramente incolmabile con un salto.

Ora stava a lei decidere, ma doveva farlo in fretta: essere presa dai lupi o saltare e sperare.

Non ci volle molto per decidere. Si fermò all’improvviso, riprendendo fiato.

Aveva bisogno di una bella rincorsa, se voleva atterrare indenne dall’altra parte.

 

 

Anna si fermò di colpo a qualche passo da lui, costringendolo a fermarsi prima di andarle a sbattere contro. Non riusciva a vederla in volto, ma vedeva distintamente le spalle che si alzavano ed abbassavano al ritmo di pesanti respiri.

-“Anna?”- la chiamò esitante. Perché si era fermata?

Le si avvicinò piano e allungò una mano, ma nel momento esatto in cui le sue dita stavano per chiudersi attorno al suo braccio, Anna scattò in avanti, cogliendolo alla sprovvista, puntando verso le scale che scendevano giù verso la sala da ballo, ignorando il pericolo che correva: se fosse caduta, si sarebbe di sicuro uccisa.

Il cuore di Kristoff saltò più di un battito negli istanti successivi, e quasi si fermò alla vista della principessa sull’ultimo gradino, pronta a ruzzolare di sotto.

-“Anna!”- provenne un urlo strozzato dalle sue spalle.

Non seppe come, se per i riflessi pronti o per la paura di perderla ancora, ma nel giro di pochi attimi riuscì ad afferrarla saldamente per il polso e a tirarla a sé, ritrovandosi sulla cima delle scale con Anna stretta tra le braccia: da quant’era che non le stava così vicino? La principessa era praticamente schiacciata contro il suo petto, in quell’abbraccio salvifico, che dopo tutto quel tempo, sembrava quasi un gesto fuori luogo e fin troppo intimo per le circostanze.

Riusciva a percepire il battito impazzito del cuore di Anna, che sembrava rispondere ai battiti del suo.

Abbassò lo sguardo sulla figura tremante che teneva stretta a sé, facendo un passo indietro, contemplandone il viso pallido e la fronte corrucciata, gli occhi serrati e le palpebre vibranti, fino ad arrivare alle labbra dischiuse, quasi nell’atto di dire qualcosa.

-“Anna.”- la scosse leggermente- “Anna, mi senti?”-

La principessa cominciò a divincolarsi dalla sua presa ferrea, farfugliando parole confuse nel suo stato di dormiveglia: “Q-qualcuno mi…aiuti. Mi hanno presa.”-

-“Anna, ascoltami, va tutto bene.”- la teneva stretta per le spalle.

-“L-lasciatemi andare…lasciatemi andare!”- si lamentò ancora, continuando a tenere gli occhi chiusi.

-“Nessuno ti ha presa…s-sta tranquilla, sono solo io.”- cercò di rassicurarla, ma le sue parole non sembrarono sortire nessun effetto, perché Anna continuò a dibattersi.

In effetti perché avrebbe dovuto calmarsi? Lui non era nessuno per lei, quindi perché alle parole “sono io”, avrebbe dovuto tranquillizzarsi?

Stupido!- si maledì.

-“Anna, svegliati!”-

-“No…NO!”- urlò all’improvviso, spalancando gli occhi e puntandoli nei suoi.

-“Anna? S-stai bene?”- le prese il volto tra le mani, spostandole alcune ciocche ribelli dalla fronte sudaticcia.

La principessa rimase in silenzio, ispirando ed espirando a grandi boccate, mantenendosi saldamente ai suoi avambracci, continuando a fissarlo intensamente, con gli occhi sbarrati. Non sembravano nemmeno i suoi, tanto era scuro ed appannato il suo sguardo.

-“Tu…”- riuscì solo a dire, prima di scivolargli tra le braccia e di cadere di nuovo nell’oblio, svenuta.

La prese in braccio senza nemmeno pensarci, quasi fosse un gesto involontario, istintivo come il respirare, e la tenne stretta a sé: questa volta non l’avrebbe lasciata andare.

È solo colpa mia. Solo colpa mia.- si rimproverò, con le lacrime che gli premevano agli angoli degli occhi. Vederla in quelle condizioni, era stato peggio di quando Elsa gli aveva ordinato di starle alla larga: in quel caso aveva avuto la certezza che, seppur lontana da lui, sarebbe stata bene, accudita ed amata tra le mura del castello. Ma ora che aveva la prova del contrario non poteva darsi pace.

-“Oh mio dio.”- un sussurro strozzato lo riscosse dai suoi pensieri. Elsa gli stava davanti, con una mano sulla bocca a coprire i singhiozzi e l’altra sospesa a mezz’aria, a pochi centimetri dal volto di Anna.

-“C-credo”- cominciò Kristoff, cercando di ignorare il nodo che gli stringeva la gola-“ abbia bisogno di un dottore.”- concluse non staccando gli occhi da Anna.

Non ci fu bisogno che Elsa esponesse i suoi ordini ad alta voce: alcuni inservienti si lanciarono di corsa giù per le scale, alla ricerca del medico di corte.

La regina osservò rapita lo sguardo che Kristoff rivolse alla sorella, esanime tra le sue braccia, sospirando: “Vieni.”- gli disse solo, mentre ingoiava le lacrime e lo conduceva verso la stanza di Anna.

I lupi l’avevano presa alla fine e, anche se aveva lottato con tutte le sue forze per resistere, aveva ceduto alla stanchezza e alla paura.

Aveva chiuso gli occhi e aveva aspettato che tutto finisse.

Ma la morte non era arrivata come se la sarebbe aspettata, fredda e immobile.

Al contrario, un calore inaspettato ma desiderato, si era impossessato del suo fragile corpo, cullandola fino ad un torpore soffuso.

Un calore che sapeva di abbracci, di sere passate davanti al caldo del camino, di estate, di amore e…aghi di pino.

Un calore che sapeva di casa.

 

 

 

 

AngoloAutrice: Saaaaalve! Cavolo, stavolta non ho impiegato due mesi per aggiornare…sono fiera di me e della mia celerità :) Per quanto riguarda il capitolo, starà a voi farmi capire se devo essere davvero soddisfatta o se mi devo rottamare come pseudo-scrittrice e devo fare spazio alle nuove leve XD

Comunque non ho molto da dire, se non che questo capitolo mi serviva per il ritorno in scena del caro Kris, quindi non è che ci siano grandi passi avanti nella trama, ma da questo momento in poi ci saranno, ve lo prometto!

Per scrivere del sonnambulismo mi sono documentata per bene e ho fatto riferimento ad esperienze personali: fidatevi se vi dico, che non vorreste mai trovarvi a dormire in camera con qualcuno che ne soffre…robe da paranormal activity!

Per quanto riguarda domande, dubbi o altro riguardo al contenuto del capitolo, non esitate a chiedere.

Come sempre ringrazio tutti quelli che leggono/seguono/preferiscono, ma soprattutto quelli che recensiscono sempre (io li chiamo i fedelissimiXD), e per tutti gli altri non so più davvero in che lingua dirvelo ma tant’è: recensioni, reviews, reseñas, commentaires, Bewertungen, opiniões e chi più ne ha più ne metta!!

Non so più che dirvi se non, see you next time, snowflakes!


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Capitolo 18
*** Capitolo 18: Compromessi ***


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Sinossi per chi si fosse scordato di questa storia o comunque per i nuovi aggiunti che vogliano saltare a piè pari un mattone di 17 capitoli.

L’inverno perenne è cessato ed Elsa e Anna stanno recuperando pian piano il tempo perduto, riscoprendo il loro legame tra sorelle che sembra crescere di giorno in giorno. Anna cerca di far crescere anche un altro rapporto, quello con Kristoff che però sembra restio a lasciarsi andare, timoroso di non essere abbastanza per la principessa. Nonostante questo il ragazzo chiede e riceve la benedizione di Elsa per corteggiare Anna. La ragazza cerca di convincerlo a dare un’occasione alla loro neonata relazione, riuscendo a strappargli una promessa: il mastro del ghiaccio dovrà accompagnarla nel regno di Corona alle nozze della cugina, in modo da conoscersi meglio. Il giorno della partenza Elsa raccomanda la sorella nelle mani di Kristoff, che dovrà garantire per la sua sicurezza e li lascia andare. Durante la traversata per mare i due si raccontano, mettendo a nudo le loro paure e le loro insicurezze, e questo li avvicina sempre di più. Arrivati a destinazione fanno la conoscenza dei sovrani e dei futuri sposi, Eugene e Rapunzel, che li accolgono calorosamente. Per tutta la durata delle celebrazioni e dei festeggiamenti per le nozze il rapporto tra Anna e Kristoff si intensifica, facendo grossi passi avanti, anche se tra gelosie ed incomprensioni. I due passano una notte l’uno tra le braccia dell’altra, dopo che Kristoff si è finalmente deciso a dare voce ai propri sentimenti: ama Anna, con tutti i suoi pregi e difetti, e non ha più paura di ammetterlo. Purtroppo, dopo un giorno passato in giro per Corona, e un pomeriggio all’insegna della spensieratezza in compagnia di Punzie e Eugene, la situazione cambia drasticamente a causa di un incidente: durante una corsa a cavallo Anna cade, batte la testa e perde la memoria. Non solo non ricorda cosa sia successo, non ricorda nemmeno tutto il fattaccio dell’inverno perenne e dei poteri di Elsa. Di conseguenza non ricorda nemmeno Kristoff e il legame che li unisce. Il loro soggiorno a Corona si prolunga a causa delle condizioni fisiche della principessa di Arendelle. Quando è tempo di ripartire Anna a malapena parla con Kristoff e quasi lo ignora. Rapunzel la saluta, sperando di rivederla presto in condizioni migliori e Eugene conforta il mastro del ghiaccio dicendogli di non perdere la speranza. Una volta tornati ad Arendelle Kristoff subisce la furia di Elsa, che lo allontana dal castello e gli proibisce di avere alcun rapporto con Anna. Passano alcuni mesi e la memoria della principessa sembra non fare passi avanti, anzi ora anche il suo comportamento peggiora: appare impaurita e assente. Elsa fa di tutto per aiutarla, ma seguendo le indicazioni dei dottori non le rivela nulla sul passato per evitarle emozioni forti. Questo finché le condizioni mentali di Anna non peggiorano e lei diviene preda di incubi orrendi che la incatenano in un pericoloso stato di incoscienza. Durante un acceso confronto, sotto le pressanti domande della sorella, Elsa si vede costretta a raccontarle tutto ciò che la riguarda, omettendo Kristoff e ovviamente l’episodio con Hans. La giovane regina non può credere che la sua Anna non tornerà mai quella di una volta e cerca disperatamente una soluzione. Come un lampo di genio si ricorda dei troll e di quello che in precedenza avevano fatto alla memoria di Anna e ripone in loro le sue ultime speranze. Richiama Kristoff al castello e gli chiede di accompagnarla dalla sua famiglia, ma vengono interrotti da un trambusto che ha svegliato mezzo palazzo: Anna è preda di una violenta crisi di sonnambulismo e nessuno riesce a fermarla. Fugge via al richiamo di Elsa e sfugge per un soffio a Kristoff. Solo quando sta per cadere giù dalle scale, ignorando il pericolo, il ragazzo riesce ad afferrarla e a svegliarla. Lei sembra riconoscerlo per un attimo prima di svenire tra le sue braccia. Elsa è distrutta e stringe a sé la sua ultima speranza: l’intervento dei troll.

 

CAPITOLO 18:  Compromessi

 

Quando smetterò di stare al tuo capezzale aspettando che ti svegli sorridendomi?

Elsa accarezzava distrattamente la mano di Anna, ancora una volta sprofondata nel mondo di incubi che le affollavano di sicuro la mente, mentre il medico di corte riponeva i suoi strumenti nella valigetta che aveva posato sul tavolino da notte accanto al letto della sorella. Gerda era in piedi accanto alla porta che si tormentava le mani: alla regina sembrò che stesse per piangere, ma la donna rimase composta al suo posto senza emettere un suono.

Attraverso la porta riusciva quasi a vedere Kristoff fare su e giù per il corridoio: non l’aveva lasciato entrare, ovviamente. Nemmeno in circostanze più felici gliel’avrebbe permesso, anche se presumeva che, contro ogni decenza, la sorella l’avesse già lasciato entrare nelle sue stanze. Se mai fosse tornata ad essere quella di una volta, avrebbe dovuto affrontare quell’argomento con Anna.

-“È difficile fare una diagnosi delle condizioni di sua grazia.”-cominciò il medico, grattandosi la testa-“Credo potrebbe trattarsi di un lieve caso di isteria, da imputare all’incidente occorso qualche mese fa.”

-“È grave?”- chiese Elsa con il fiato sospeso.

-“Niente di irrecuperabile, vostra altezza. Ha bisogno di assoluto riposo e di stare lontana da eventi che possano scatenarle emozioni forti. Le prescriverò un estratto di valeriana che l’aiuterà a rilassarsi e favorirà un sonno ristoratore. Cinque gocce in un bicchier d’acqua, dopo cena.”- le sorrise benevolo.

-“Solo questo? E se le erbe non dovessero sortire alcun effetto?”-

-“Ci sarebbe un altro metodo messo a punto dai medici del continente, ma sia per la giovane età della principessa, sia per la vostra nobile stirpe”- l’uomo sembrò arrossire impercettibilmente e fece un colpo di tosse per nascondere l’imbarazzo crescente –“…lo sconsiglio vivamente. Per ora si fidi di me: la valeriana avrà l’effetto desiderato. Le farò avere il preparato prima di sera; mi raccomando, non più di cinque gocce per volta.”-

-“Dottor Olson ha tutta la mia gratitudine e perdoni ancora l’ora in cui l’abbiamo costretta a scendere dal letto.”- Elsa lasciò la mano di Anna e si alzò per stringere quella del medico.

-“Maestà, sono a vostra completa disposizione a tutte le ore del giorno e della notte.”- s’inchinò –“Un ultimo avvertimento”- si fermò con la mano sulla maniglia, già pronto per uscire  -“Nel caso dovessero verificarsi altri eventi come quello di stanotte, non cercate in nessun modo di svegliare sua grazia: ciò porterebbe solo al peggioramento della crisi; cercate di calmarla piuttosto, palesando la vostra presenza con il contatto fisico, rassicuratela a bassa voce, finché la crisi non cesserà. Un brusco risveglio potrebbe anche mettere in pericolo la sua vita.”- rivolse un altro mezzo inchino ad Elsa e uscì dalla stanza, lasciandola lì con un profondo senso di inutilità che le pesava sulle spalle: nel caso Anna avesse avuto di nuovo quegli attacchi, lei non sarebbe riuscita a tranquillizzarla in nessun modo, soprattutto non con la sua presenza. Tornò accanto alla sorella.

Kristoff fece capolino dalla porta, spiando all’interno. Gerda gli si parò davanti prima che potesse fare anche un solo passo per entrare: “Mastro Bjorgman, la principessa è indisposta, non è in condizioni adeguate per ricevere visite.”

Il ragazzo la fissò con un’espressione indispettita, sovrastandola con la sua altezza: “Ce l’ho portata io in quel letto, ricorda? Ho già visto le condizioni in cui versa!” Aveva camminato per ore nella neve, aveva avuto un’accesa conversazione con la regina e aveva quasi visto Anna lanciarsi giù dallo scalone principale del castello, non si sarebbe di certo fatto fermare dalla vecchia governante. Fece per oltrepassarla, quando la voce perentoria della regina lo fermò.

-“Vorrei rimanere sola con mia sorella per qualche minuto.”- non lo guardò, rimanendo concentrata su un punto impreciso del volto di Anna -“Aspettami nel mio studio, non ci metterò molto. Gerda, offri qualcosa di caldo al nostro ospite e mettilo a suo agio.”

Con queste parole Gerda chiuse la porta e gli fece cenno di seguirla. Lo condusse giù per i lunghi corridoi del castello di nuovo nello studio della sovrana. Lo fece accomodare su una delle poltroncine –“The, caffè o cioccolata.”- gli chiese a bruciapelo. Kristoff, preso alla sprovvista, la fissò per alcuni secondi prima di riuscire a darle una risposta –“Caffè.”- borbottò, distogliendo lo sguardo.

-“Bene.”- fu tutto quello che gli rispose Gerda, prima di sparire di nuovo dietro la porta lasciandolo solo. Era stanco, come non gli capitava da tempo: tutte quelle emozioni l’avevano spossato più di un’intera giornata di lavoro.

Diversi minuti dopo la governante riapparve con un vassoio su cui erano posate due tazzine, un bricco fumante e un piatto, con su quelli che avevano tutta l’aria di essere biscotti al burro. Lo posò sulla scrivania della regina, facendo attenzione a non sporcare nulla e aspettò con pazienza che il ragazzo si servisse. Kristoff raccolse con delicatezza una tazzina, che sembrava ridicolamente troppo piccola e fragile per le sue mani, e se la portò alla bocca. Quando mandò giù il primo sorso e fece un verso di assenso, Gerda parve soddisfatta e lasciò di nuovo la stanza.

Dopo essersi versato la terza tazza di caffè e prima che la noia lo facesse addormentare, la porta si aprì rivelando la figura stanca ed incurvata della regina.

Elsa non disse nulla, si avvicinò al vassoio del caffè e ne versò nell’unica tazzina rimasta. Fece il giro della scrivania e si sedette al suo posto, rilassando le spalle. Sorseggiò il suo caffè per alcuni minuti, incurante della sua presenza e poi posando la tazzina sul tavolo ingombro di carte, ruppe il silenzio.

-“Ho dato ordine allo stalliere di preparare la slitta reale, spero che la tua renna sia in grado di viaggiare nonostante il poco riposo.”-

-“Dove andiamo?”- le chiese con un sopracciglio inarcato. Quella donna cominciava a dargli sui nervi.

-“A far visita ai troll.”

 

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Kristoff aveva già avuto a che fare con il pugno duro della regina, con il suo cipiglio regale e la sua bocca severa tirata in un angolo, come se stesse sempre pensando sul da farsi. Ma non si era reso conto di quanto fosse cocciuta: a nulla era servito ripeterle che lui aveva già chiesto aiuto a Pabbie e che il vecchio troll non  aveva dato nessuna risposta alle sue pressanti domande. Alle prime luci del mattino la regina aveva fatto approntare una spedizione per la valle delle Pietre Viventi. “Ho bisogno di sentirlo con le mie orecchie che non c’è nulla da fare.”- era stata la sua spiegazione al suo ennesimo tentativo di farla desistere.

Solo il cielo sapeva quanto fosse stato doloroso per lui ricevere un responso negativo alle sue speranze, non osava immaginare cosa avrebbe potuto significare per la regina. Nonostante tutto, non aveva potuto fare a meno di accodarsi alla piccola carovana che aveva lasciato il cortile del palazzo all’alba:  la regina sedeva accanto a lui nella slitta reale trainata da Sven e due guardie armate, non sapeva dire se eccitate o intimorite dall’idea di venire in contatto con creature come i troll, li seguivano a cavallo di due fjord con la criniera perfettamente spazzolata.

In meno di tre ore dal suo arrivo al castello si ritrovò di nuovo nel fitto della boscaglia, circondato dal silenzio più assoluto della montagna. I suoi compagni di viaggio erano muti come tombe e l’aspetto spettrale della regina che gli sedeva accanto, non aiutava certo ad alleggerire l’atmosfera.

-“So che credi che io sia pazza.”-

-“Perché mai dovrei crederlo?”- le chiese incurvando un sopracciglio.

-“Perché ti sto costringendo a fare questo viaggio anche se so già che sarà inutile.”- gli disse con le sue maniere composte.

-“L’amore fa fare cose strane.”- sentenziò lui, facendo correre la mente verso Anna.

-“Già. Devo aggrapparmi a quest’ultima possibilità, altrimenti la mia speranza potrebbe sparire del tutto.”-

Kristoff annuì solamente, non riuscendo ad esprimere a voce quello che provava: le sue speranze erano del tutto svanite quella mattina, quando negli occhi spaventati di Anna non aveva letto niente nei suoi confronti. Lei non lo ricordava e l’aveva di sicuro riconosciuto solo come l’accompagnatore di Corona, colui che le aveva instillato più dubbi che certezze. Ma come la regina, anche lui aveva bisogno di credere che le cose si sarebbero sistemate e che Anna sarebbe tornata quella di una volta.

Continuarono a viaggiare in silenzio e arrivati quasi a destinazione si rivolse ad Elsa: “Le vostre guardie dovranno fermarsi qui. La mia famiglia è schiva verso gli estranei, potrebbero non mostrarsi se saranno con noi.”-

La regina si voltò verso le due guardie-“Avete sentito. Aspetterete qui il nostro ritorno.”

-“Ma maestà…”- cercò di controbattere uno dei due uomini.

-“Se sarà necessario il vostro aiuto saprò come farvelo sapere.”- lo zittì Elsa.

Kristoff le porse la mano per aiutarla a scendere dalla slitta, slegò Sven e insieme si incamminarono lungo un piccolo sentiero che spariva tra gli alberi, che mano a mano diventavano più radi e spogli, lasciando spazio ad una conca di terra battuta puntellata di grossi massi tondi.

Sven saltellò felice verso una delle enormi pietre, leccandone il muschio verde brillante, e poi fece lo stesso con il resto. Un rombo sommesso scosse improvvisamente il piccolo avvallamento, facendo traballare i massi, che un momento dopo li osservavano con occhietti vivaci e curiosi.

-“Kristoff è tornato!”- esplose una voce da qualche parte.

-“Di nuovo?”- sentirono bisbigliare da qualcun altro nella calca di piccoli troll che si affollavano ai loro piedi.

Due troll si avvicinarono, facendosi strada a suon di gomitate.

-“Due visite a distanza di pochi giorni! Cos’è successo figliolo?”-

-“Ma’ ti presento sua maestà la regina Elsa di Arendelle, la sorella di Anna.”-

-“Solo Elsa andrà più che bene.”- si sbrigò ad aggiungere la giovane regina, in soggezione davanti a tanta attenzione.

-“La regina!”- esclamò un nutrito gruppo di troll, con la bocca spalancata –“Com’è bella!”

-“Molto piacere davvero, mia cara!”- il troll afferrò la piccola mano della donna e la strinse con forza, scuotendola energicamente. Elsa venne quasi trascinata in terra dalla forza della stretta e fece un verso sorpreso. “Io sono Bulda, la mamma di Kristoff!”- disse fiera di sé, gonfiando il petto e sorridendo in direzione del montanaro, che osservava sconfortato la scena: sua madre l’aveva ufficialmente messo in imbarazzo di fronte all’intera famiglia reale. Sperava solo che non cominciasse ad elogiare tutte le fantomatiche capacità che vedeva in lui.

-“Benissimo. Fine delle presentazioni.”- stoppò sul nascere qualunque conversazione avesse a che fare con  lui e la sua vita: ogni occasione era buona per raccontare a chiunque transitasse dalla valle stupidi episodi della sua infanzia, per poi finire con il colpo di grazia…la sua adolescenza. Era sicuro che Elsa non avrebbe riso affatto ed inoltre avrebbe preso ancora meno in considerazione l’idea che lui fosse un possibile pretendente di Anna. “Siamo qui per parlare con Pabbie.”- aggiunse con tono urgente, guardandosi attorno alla ricerca del vecchio troll.

Il diretto interessato si fece strada tra la calca: “Chiudete quelle bocche: non è la prima volta che vedete la regina, no? Allora perché tanto stupore.”- bofonchiò-“È sempre un piacere riceverla tra noi vostra maestà.”-disse poi rivolgendosi ad Elsa.

La giovane regina si piegò all’altezza dell’anziano troll: “Potrei dire lo stesso, se non fosse che anche in questa occasione questa non è una visita di cortesia.” Il troll la guardò con sguardo grave senza dire nulla. “So già che sapete perché sono qui: ho bisogno di risposte sulle condizioni di salute di mia sorella. Voi troll sembrate essere la mia unica fonte di certezze ultimamente.”

Pabbie scrollò il mantello muschiato, a disagio sotto lo sguardo fermo di Elsa, facendo tintinnare i cristalli che lo adornavano. Lanciò uno sguardo interrogativo al figlioccio, come per chiedergli perché dopo tutto quello che gli aveva detto quella donna era lì. Kristoff fece spallucce per scusarsi.

Quella non era una bella situazione: per la prima volta in centinaia di anni si era riscoperto essere fallibile, incapace di trovare soluzione a qualcosa. Era una sensazione strana che lo metteva in imbarazzo, facendolo sentire quasi indegno del posto che ricopriva tra i suoi simili. Forse stava diventando troppo vecchio.

-“Non ci sono certezze a questo mondo, solo fatti che interpretiamo come tali a nostro piacimento.”- il troll sostenne lo sguardo della regina, sorridendole mestamente –“Mi dispiace che abbia dovuto fare questo viaggio solo per sentirsi dire questo.”

-“Non capisco.”-

-“Non c’è nulla che io possa fare per Anna.”- le spiegò con voce calma -“Come ho già ripetuto varie volte a Kristoff, la mia magia non può riportare alla luce i suoi ricordi: la sua mente è stata manipolata già troppe volte. Un’ennesima intromissione nei suoi ricordi potrebbe farle dimenticare ogni cosa, persino il suo nome o come si parla.” Il vecchio troll sospirò sconfitto. “Mi dispiace davvero tanto, vostra maestà.”

Bulda, Kristoff e gli altri assistevano nel più totale silenzio a quella confessione di impotenza. Pabbie non era mai sembrato tanto vecchio ed abbattuto nella sua lunghissima vita.

Le gambe di Elsa cedettero sotto quella nuova rivelazione, e si ritrovò inginocchiata nel terreno polveroso della valle, con gli occhi persi in un punto oltre le spalle di Pabbie. Contro ogni previsione accadde qualcosa che nessuno dei presenti si sarebbe mai aspettato: la regina cominciò a piangere. Lacrime silenziose le scivolavano sulle guance, per poi rimanere appese al suo mento un secondo e cristallizzarsi durante la caduta verso il basso. Era uno spettacolo mozzafiato, quasi quanto un’aurora boreale. I piccoli troll osarono avvicinarsi per raccogliere le lacrime ormai indurite, passandosele di mano in mano quasi fossero miracoli o gemme preziose.

A parte quel piccolo movimento involontario sul suo viso, Elsa era immobile. Aveva già sentito quelle parole dalla bocca di Kristoff, ma sentirle ancora dal vecchio saggio era stato un duro colpo. Ogni speranza era morta, trascinata via dal gelido vento della realtà, come foglie strappate da un albero.

C’era un senso di comica ineluttabilità in tutta quella faccenda. Era come se vi fosse una forza superiore che condannasse lei e Anna ad un’infelicità perenne, come se ad ogni spiraglio di gioia qualcuno le ripiombasse giù nel baratro della tristezza.

Non aveva più la forza per andare avanti a quel modo. Aveva combattuto contro se stessa per tutti quegli anni nel disperato tentativo di proteggere la sorella e renderla in qualche modo felice, e per un breve lasso di tempo c’era riuscita, ma ora a cosa era servito tutto il dolore che aveva dovuto sopportare se si ritrovava di nuovo al punto di partenza?

-“Vostra Maestà,” la chiamò Pabbie, poggiando le mani ruvide sulle sue, strette alla stoffa della sua gonna “questo non è il momento di arrendersi. So che questa sembra un’impasse insuperabile, ma ogni cosa andrà per il verso giusto, ne sono sicuro.” Le sorrise convinto. “Le cose che perdiamo trovano sempre il modo di ritornare da noi: Anna rammenterà tutto un giorno e questa storia sarà solo un brutto ricordo. L’unico aiuto che posso darvi è ricordarvi che l’amore trova sempre un modo.” Rivolse lo sguardo a Kristoff, che osservava rapito la scena. “Dovete starle accanto…entrambi.”

 

Elsa si riscosse, seguì gli occhi del vecchio troll e annuì convinta al montanaro. I suoi intenti punitivi verso Kristoff capitolarono nel giro di un secondo.

Forse era arrivato il momento di mettere da parte l’orgoglio e accettare l’aiuto che le veniva offerto.

 

Quando volsero di nuovo la slitta verso Arendelle, il sole era sorto da diverso tempo oltre la cortina di nubi che sovrastava perennemente la Montagna del Nord. Durante il viaggio di ritorno nessuno dei due commentò quello che era appena accaduto. Nessuno dei due aveva voglia di parlare della sempre più viva possibilità che Anna non tornasse mai ad essere quella di una volta. Nessuno dei due era abbastanza lucido da riuscire a pensare a qualcosa di positivo; davanti a loro sembrava snodarsi solo un’infinita strada in salita senza possibilità di capire cosa ci fosse dall’altra parte: un’inevitabile e rovinosa caduta in un dirupo o una tranquilla discesa su un lieve pendio. Nessuno avrebbe saputo dirlo.

L’unico rumore percepibile in quell’assordante silenzio erano gli zoccoli dei cavalli e di Sven che fendevano la neve.

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Quando aprì gli occhi si accorse subito di aver dormito più del normale, più di quanto facesse di solito comunque. Le tende erano tirate e lasciavano entrare la luce accecante del sole che si rifletteva sulla neve che doveva essere caduta durante la notte. Dovevano essere almeno le undici di mattina. Si sentiva strana, come se qualcuno l’avesse colpita in testa: da quando il freddo era arrivato, era riuscita a dormire sempre meno e la qualità del suo sonno era diventata scadente, e al mattino era più stanca di quando era andata a letto come se, a conti fatti, lei non dormisse affatto. Quella mattina oltre ad avere male alla testa si risvegliò con le gambe indolenzite, come se invece di riposare avesse corso per tutta la notte. La meravigliò il fatto che Gerda o Grace non fossero venute ancora a tirarla giù dal letto a quell’ora. Constatò che doveva essere accaduto qualcosa.

Abbandonò di malavoglia il tepore rassicurante delle coperte per esporsi al freddo intenso di novembre: il camino nella stanza era spento da parecchio a giudicare dal grigio freddo della cenere. Fece per avvicinarsi al sistema di cordini e campanelle che usava per chiamare un delle due donne nella sua stanza, ma si fermò davanti allo specchio a figura intera che stava ritto in un angolo. La sua faccia era sconvolta, aveva delle profonde occhiaie viola che spiccavano sull’incarnato pallido facendola assomigliare ad un fantasma, per non parlare dei suoi capelli raccolti in ciocche sparse sulla sua testa o sudaticci e appiccicati sulla sua fronte; la camicia da notte era sgualcita più del normale e l’orlo destro aveva un ampio strappo nella cucitura del merletto.

Restò a fissarsi per alcuni minuti, studiando attentamente la sua figura irregolare: non che di solito fosse l’emblema della sofisticatezza ma lì c’era qualcosa che non andava, quelle condizioni erano esagerate persino per lei. Era a conoscenza del fatto che durante la notte raramente restava nella stessa posizione e che invece scalciava e si rigirava come un cavallo impazzito, ma il riflesso che le rimandava lo specchio era quello di una che si era data alla corsa campestre invece di dormire.

Cercò di sistemarsi i capelli con le mani per non far venire un colpo alla povera Gerda e si accorse di una macchia violacea che le circondava il polso destro: non ricordava come si fosse procurata quel livido, ma non si meravigliò; da quando era tornata da Corona erano molte le cose che non riusciva a ricordare,  soprattutto il segreto che la sorella le aveva confessato il giorno prima. Come aveva potuto dimenticare una cosa simile?

Qualcuno bussò alla porta riscuotendola dai suoi pensieri. “Avanti.”- gorgogliò con la gola secca.

Gerda fece capolino dalla porta, trascinando con sé un carrellino portavivande. “Ben alzata, mia cara. Come ti senti stamattina? Ho portato la colazione.”

L’odore del pane caldo che si levava dal carrello le pizzicò il naso e si riscoprì subito affamata. “Grazie, Gerda. Mi sento bene anche se pensavo di svegliarmi più riposata. Sarà un malanno di stagione, immagino. Chiederò al dottor Olson di prescrivermi un rimedio per dormire meglio.”- le rivolse un sorriso, che si spense non appena vide l’espressione incisa sulla faccia della governante  “Qualcosa non va? Mi sembri turbata.”

“Un nonnulla, bambina.” Gerda non aveva il cuore di guardarla negli occhi. Aveva avuto istruzioni chiare: non parlare con Anna di quanto accaduto quella notte.    Indugiò nel sistemare la colazione sul tavolino vicino alla finestra, rimpiangendo i giorni in cui lei e Grace dovevano trattenere la ragazza dal lanciarsi giù per le scale ogni mattina per raggiungere la sorella nella sala da pranzo. Sospirò.

Anna continuava a fissarla interrogativa mentre si avvicinava a passi lenti al tavolo e si accomodava.

“Io vado, tornerò quando avrai finito per rassettare la stanza.” Gerda cercò di sembrare quanto più normale e lieta possibile .“Se hai bisogni di me non devi far altro che suonare.”

Quando la donna uscì dalla stanza Anna si lasciò scivolare pesantemente contro lo schienale della sedia stringendosi le braccia al petto, osservando le pietanze sul tavolo in maniera assente. Aveva fame eppure una sensazione strana le stringeva lo stomaco: rivolse la sua attenzione al polso livido, tracciandone i contorni con un dito. Chiuse gli occhi e riuscì quasi a sentirla la mano che la strattonava proprio per quel polso, stringendo così forte da far male, con tanta foga da lasciare un segno semipermanente. Massaggiò la parte dolente e poi si sforzò di piluccare la colazione, imburrò un panino e fece per addentarlo ma la porta si aprì con uno scricchiolio, bloccandola.

Aggrappata alla maniglia della porta c’era una bambina, che la guardava con occhi sgranati. Si studiarono per alcuni secondi prima che lei rompesse il silenzio. “Ciao.”

La bambina si riscosse e si inchinò velocemente, tenendosi i lembi del bel vestitino che indossava. “B-buongiorno, vostra maestà.”

Anna sorrise del suo imbarazzo. “Vostra maestà è solo la regina, io sono solo Anna. Invece tu chi sei?”- le fece cenno di accomodarsi sull’altra sedia.

“Sono Emmelie.”- disse solo, continuando a fissarla come alla ricerca di qualcosa.

“Molto piacere Emmelie, ti va di fare colazione con me?”

 

Nonostante la reticenza iniziale la bambina, che scoprì essere la figlia di Grace, si accomodò con lei a chiacchierare e a fare colazione. Quel giorno aveva accompagnato la madre nelle cucine e poi l’aveva seguita di nascosto durante le sue mansioni giornaliere, aspettando che la conducesse alla stanza della principessa.

“E perché volevi vedermi?"- le chiese mangiucchiando una fetta di mela.

“Volevo darti questo.” Tirò fuori dalle pieghe della sua gonna quello che a prima vista sembrava un mucchietto d’erba e fiori gialli. “Per proteggerti dai mostri.”- spiegò poggiandole il piccolo bracciale d’erba intrecciata sul palmo della mano.

“Quali mostri?”- le chiese annusando il piccolo dono: aveva un odore pungente che le ricordava il fieno.

“Quelli che ti vengono a far visita di notte. La mia mamma dice che sei molto spaventata e che urli per la paura. Questo li terrà lontani da te, sai è fatto con un’erba magica.”- le spiegò dondolando i piedi.

“Capisco.”- Anna non ebbe il tempo di elaborare quanto la bambina le aveva appena detto perché Gerda entrò per la seconda volta quella mattina, fermandosi sconvolta sulla soglia.

“Emmelie! Cosa ci fai qui, piccola birbantella?” La donna si affrettò a scacciare la bambina come fosse un uccellino molesto. “Sarebbe dovuta rimanere nelle cucine come le aveva ordinato la madre.”

“Gerda”- Anna si affrettò a tranquillizzarla –“va tutto bene, non mi ha procurato nessun disturbo, anzi mi ha fatto piacere avere compagnia una volta tanto.”

La governante trattenne a stento le lacrime, pensando alla solitudine che doveva opprimere la giovane donna che aveva imparato ad amare come una figlia. Le immagini della notte precedente le ritornarono alla mente e dovette schiarirsi la voce per non dar spazio all’emozione.

“È vero?” La bambina annuì convinta, facendo ondeggiare i riccioli chiari che le cadevano sulle spalle. “Ora lascia che Anna si vesta per la giornata.” Gerda le porse la mano e la bambina l’afferrò, dirigendosi verso la porta. Però prima di uscire Emmelie lasciò la mano della governante e si lanciò verso la ragazza, stringendosi alla sue gambe. La principessa la strinse a sé dopo un momento di sorpresa. “Torna a trovarmi quando vuoi, Emmelie. Sono felice di averti conosciuta.”

Poi Gerda e la bambina lasciarono la sua stanza e lei cominciò a svestirsi per indossare gli abiti da giorno. Proprio nel momento in cui le sembrò che i lacci del corsetto si fossero ingarbugliati irrimediabilmente, Gerda tornò in suo aiuto.

“Tu ne sai qualcosa di questi mostri di cui parlava Emmelie?”- chiese alla governante che le spazzolava i capelli.

“Non affannarti su certi pensieri mia cara, sai come sono fatti i bambini: sempre pieni di fantasia e storie da raccontare.”

Non le bastò la risposta elusiva di Gerda, ma non contestò che era stata Grace a parlare alla bambina dei suoi mostri, quindi lasciò cadere il discorso, più che intenzionata a trovare delle risposte da sé a quella strana situazione.

“Elsa ti ha procurato un incontro con Sir Van Dyke per discutere delle vostre lezioni. Il suo arrivo è previsto dopo pranzo. Spero ti faccia piacere questa notizia.” Gerda era passata a rifarle il letto mentre lei era rimasta davanti alla specchiera a giocherellare con il bracciale di quella che si era resa conto essere erba di San Giovanni*.

“Ne sono felice.”- aggiunse senza tanto entusiasmo. In realtà era davvero contenta per quella notizia ma tutto il trambusto che aveva in testa non riusciva a farla gioire come si aspettava.

Gerda ravvivò il fuoco e poi si apprestò ad uscire. Non c’era motivo di costringere Anna a parlare, quando avesse voluto lo avrebbe fatto, le parole non le mancavano di certo. “Il pranzo verrà servito tra un’ora. Vuoi che venga servito qui?”- le chiese, sperando che la risposta fosse negativa. Vide la ragazza tentennare.

“Si, grazie.”

E la governante uscì ancora una volta sconfitta dalla camera.

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“Non mi scuserò per il mio comportamento nei tuoi confronti e sono sicura che capirai il perché. Ma devo ammettere che a volte cercare aiuto è meglio che arrancare da soli alla ricerca di una soluzione e forse avrei dovuto cercarti prima che le cose degenerassero.”

Per l’ennesima volta quel giorno si trovavano faccia a faccia nello studio della regina. Elsa era arrivata a patti con il fatto che Kristoff, volente o nolente, fosse diventato parte  integrante della vita della sorella, prima dell’incidente. Ora, dopo averlo allontanato bruscamente, avrebbe dovuto reintrodurlo nella tela degli affetti di Anna, che sembrava essersi assottigliata ulteriormente dopo il loro litigio, e non sapeva come fare.

Il Mastro del ghiaccio annuì senza aggiungere nulla, aspettando che fosse la regina a continuare.

“D’ora in poi dovremo unire le forze per aiutare Anna e so a cosa stai pensando: come potresti aiutarla standole lontano?” Elsa sospirò, premendosi il dito indice all’apice del naso. “Non ho ancora pensato ad un impiego per te qui a palazzo. Dopo il vostro ritorno Anna mi ha parlato brevemente di te”- omise il fatto che il tono della sorella nei suoi confronti non era stato dei più gentili- “lei era convinta che tu fossi una guardia di palazzo. Potresti applicarti per diventare un cadetto, potrei chiedere a Lord Tomson di istruirti personalmente.”

“Non vedo come questo possa avvicinarmi a lei. È normale che un cadetto interagisca con la principessa?” Kristoff era scettico. “E poi non credo di essere portato per la carriera militare.”

“Potresti scalare la gerarchia in pochi anni e il tuo status si eleverebbe.” L’uomo le rivolse un’espressione incredula. “Ma con questo non voglio screditarti, né offenderti.” La regina si affrettò ad aggiungere, sventolando le mani davanti a sé, cercando di scusarsi. “È solo che potrebbe ritornarti utile.”

“C’è un’alternativa?” Voleva a tutti i costi che Anna tornasse da lui ma non era sicuro di voler diventare un militare. Sottostare alle regole ed essere alle dipendenze perenni di un superiore non faceva proprio per lui.

“Potrà sembrare strano ma sono impreparata sugli impieghi disponibili qui al castello. Dovrò chiedere a Kai.” Così dicendo suonò una campanella poggiata sulla sua scrivania “Sono sicura che lui saprà trovare un posto per te.”

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Nel pomeriggio aspettò pazientemente l’arrivo di Sir Van Dyke seduta al tavolo lungo della biblioteca. Il sole scendeva già dietro il fiordo quando l’insegnante posò i suoi libri sul tavolo e le dichiarò la sua più totale felicità nell’essere di nuovo responsabile della sua istruzione. Partirono da dove si erano fermati anni prima e lei fu felice di ricordare più di quanto pensasse, almeno in quel frangente. Riuscì a non pensare ad altro se non alla geopolitica dell’Europa per venti minuti dopodiché il suo entusiasmo si spense rapidamente e cominciò a solleticarsi il naso con la piuma della penna. Quando starnutì per la quarta volta, il precettore si arrese all’evidenza che la principessa non era cambiata poi tanto dall’ultima volta che l’aveva vista e sospese la lezione, rimandandola alla mattina del giorno seguente.

Anna rimase ancora per un po’ seduta al tavolo dopo che Sir Van Dyke se ne fu andato, sfogliando distrattamente gli appunti disordinati che aveva preso durante la lezione. Si accorse di avere la mano destra e la manica del vestito chiazzate di blu e sperò che Gerda non la sgridasse: sapeva che quel genere di macchia era difficile da rimuovere. Si inumidì il pollice e cercò di pulire la mano passandoci sopra il dito, e quando concluse che non c’era possibilità di successo, si alzò per andare a chiedere un bagno caldo.

Ripercorse a ritroso i corridoi diretta verso le cucine, sicura di trovare Grace e Gerda lì, ed infatti le trovò intente a parlare con Marha e Franz, i due cuochi che preparavano la cena. Grace la rassicurò sul fatto che nel giro di mezz’ora avrebbe avuto acqua calda a sufficienza nella sua stanza da bagno. Marha le offrì un krumkake spolverato di zucchero e le pizzicò la guancia, come faceva quando era piccola. Nei suoi anni di solitudine la cucina era stata uno dei suoi posti preferiti: lì, tra il ribollire delle zuppe e lo scoppiettare dei fuochi, aveva sempre trovato calore, biscotti, parole dolci e gesti affettuosi.

Ritornò sui suoi passi diretta nelle sue stanze, impaziente di perdersi nell’abbraccio dell’acqua calda e profumata, ma ai piedi delle scale qualcosa la bloccò. Il respiro si accorciò ed ebbe la sensazione che gli occhi le si allargassero più del normale. Strinse forte la stoffa della sua gonna in un pungo e cercò di articolare delle parole. Ma dalla sua bocca non uscì alcun suono.

Kai era di spalle e parlava in tono calmo con qualcuno che non si aspettava di vedere lì al castello. Non ricordava l’ultima volta che l’aveva incontrato. L’uomo annuiva alle parole del maggiordomo e sostava fermo e concentrato sul suo interlocutore. I capelli biondi gli ricadevano scomposti sulla fronte e negli occhi, la sua casacca era logora e sgualcita, e la sua postura lasciava intendere che non era di certo quello il posto in cui avrebbe dovuto stare. Cozzava quasi con l’impeccabile livrea di Kai e il suo portamento fiero.

L’uomo batté le palpebre in sequenza, velocemente, e per un istante la sua attenzione si spostò da Kai a lei. Il suo sguardo rimase fisso su di lei, inopportunamente troppo a lungo, finché Kai si voltò a guardarla per capire cosa avesse attirato l’attenzione del giovane. Anna sentì le forze venirle meno e non seppe darsene una spiegazione. Si ritrovò vittima di un sortilegio che la privava del movimento e della parola.

Quando Kai si schiarì la voce però la magia si spezzò e lei espirò come per capacitarsi d’avere ancora aria in corpo. “Vostra Altezza.” L’uomo si inchinò in maniera impacciata e dentro di lei sentì montare una rabbia cieca.

“Cosa…cosa ci fai tu qui?”- la voce le tremava ma era sicura che i suoi occhi lanciassero saette in quell’istante. Perché quell’uomo le provocava delle emozioni così violente? Perché il solo guardarlo le faceva torcere lo stomaco? Aveva forse paura di lui? Provava rabbia nei suoi confronti? Non avrebbe saputo dirlo. Sapeva solo che stare nelle sue vicinanze le scatenava delle reazioni fisiche strane ed incontrollabili. Riuscì a scorgere difficoltà nei suoi occhi scuri e Kai intervenne subito in suo aiuto.

“Principessa Anna, Kristoff qui è stato appena assunto a palazzo come tuttofare. Gli stavo illustrando il castello e le stanze degli inservienti.”

“Non eri già il mastro del ghiaccio o qualcosa del genere?”-si rivolse direttamente a lui, ignorando l’uomo più anziano.

“In inverno quello è davvero un titolo inutile, fur...Vostra Altezza.”

Anna lo fissò per alcuni istanti e poi annuì brevemente senza dire nulla. Distolse lo sguardo, stritolando ancora con le mani la stoffa raffinata del suo abito. Sentì del trambusto provenire dalle loro spalle. Gerda, Grace e alcuni garzoni trasportavano dei secchi fumanti verso le scale. La governante e la dama di compagnia quasi si scontrarono quando si fermarono di colpo a guardare la scena. Dell’acqua strabordò e cadde in terra.

La principessa e il mastro del ghiaccio a pochi passi l’uno dall’altra senza che accadesse alcunché di terrificante era uno spettacolo che non si vedeva a palazzo da un bel pezzo.“Direi che potresti cominciare aiutando queste due dame sollevandole da un così gravoso compito.”

Kristoff tolse i secchi dalle mani delle due donne e seguì attento gli altri tre garzoni, anche se dopo quella notte avrebbe potuto trovare la stanza di Anna ad occhi chiusi.

Valutò che se il suo primo compito era portare acqua calda nella stanza da bagno della principessa, non sapeva come avrebbe fatto a resistere così a lungo in quel posto, così vicino a lei eppure incapace di poterla toccare o di parlarle di quello che era stato, senza rischiare di impazzire.

Le lanciò un’ultima occhiata prima di girare uno degli innumerevoli angoli del palazzo. Lei lo guardava di rimando, insistentemente.

Ti prego, Anna. Torna presto in te.

 

 

*L’erba di San Giovanni (o Iperico) è stata a lungo ritenuta un’erba magica capace di scacciare gli spiriti maligni. Mi sembrava carino farne fare un bracciale per Anna che di mostri da mandar via ne ha un bel po’.

 

Nda: della serie chi non muore si rivede, eccomi qui dopo tre anni dall’ultimo aggiornamento (dio mio mi sento vecchia!). Non ho molto da dire su questo capitolo o su questa storia più in generale. Ormai è diventato un pensiero fisso concluderla quindi vamonos… So che il capitolo è un po’ lunghetto e che ho messo molta carne al fuoco, ma fidatevi ho scritto robe più lunghe e complesse XD se il vostro unico commento dovesse essere “ma i personaggi sono ooc” astenetevi dall’inoltrarmeli, perché vi rimanderei alle note della storia.

Spero che lì fuori su efp sia rimasta un’anima pia pronta a leggere questa storia e se non sarà così…beh whatever ¯\_(ツ)_/¯

Alla prossima, snowflakes!

 

Ps: il mondo è pieno di bei nomi da dare ai propri personaggi …perché cavolo continuate a rubarmi Grace!? Questa è già la terza volta che capita. Se dovete copiare, almeno fatelo con stile…cambiate almeno il suo mestiere! A buon intenditor…

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