Amori Tormentati

di miatersicore23
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quel giorno, quando lui mi chiese di sposarlo. ***
Capitolo 2: *** Il nostro primo incontro. ***
Capitolo 3: *** Quando scoprì che lui non mi amava. ***
Capitolo 4: *** Le spiacevoli sorprese di una giornata dimenticabile. ***
Capitolo 5: *** Le mie decisioni avventate ***
Capitolo 6: *** Le donne di Dracula. ***
Capitolo 7: *** Katherine, Nadia e i vostri segreti. ***
Capitolo 8: *** I miei veri sentimenti. ***
Capitolo 9: *** Un altro ancora. ***
Capitolo 10: *** Tutto ciò che volevamo avere, non è ciò che potevamo avere. ***
Capitolo 11: *** La tua paura di parlare e la mia paura d’amare. ***
Capitolo 12: *** E alla fine riuscire a dirtelo non fu poi così difficile. ***
Capitolo 13: *** Per recitare una parte. ***
Capitolo 14: *** Abbandonarsi al desiderio e all’amore. ***
Capitolo 15: *** Perdere e ottenere. ***
Capitolo 16: *** Guarda cosa fece l’amore a tutti noi. ***
Capitolo 17: *** Un peso portato negli anni. ***
Capitolo 18: *** Altre bugie nascoste e azioni inaspettate. ***
Capitolo 19: *** Epilogo - La mia futura famiglia. ***



Capitolo 1
*** Quel giorno, quando lui mi chiese di sposarlo. ***


1.
Quel giorno, quando lui mi chiese di sposarlo.
(Elena)
 -Elena è meraviglioso!- continuava a ripetermi mia zia Jenna da un’intera giornata.Era strano che una donna composta ed elegante come Jenna Sommers si lasciasse prendere dall’entusiasmo, lasciando perdere le buone maniere che l’etichetta insegnava sin da piccole a noi giovani donne del diciannovesimo secolo. Lei che indossava abiti, rigorosi, rigidi e molto accollati, nonostante la sua giovane età, anche in piena estate. Lei che non portava mai i capelli biondi sciolti, ma raccolti in uno chignon più tipico delle donne anziane. Ma non c’era da stupirsi se il duca Giuseppe Salvatore, uno dei nobili più vicini alla famiglia reale, le aveva spedito una lettera dicendo che suo figlio Stefan mi voleva in sposa entro la fine dell’anno. Quindi era del tutto normale se la mia cara zia, che consideravo per lo più come una sorella maggiore, si lasciasse andare come faceva raramente. Era del tutto normale se qualche ciuffo era scappato dalla sua perfetta acconciatura e si agitava come un’adolescente la sera prima del suo debutto in società. Era assolutamente normale, se ormai mi stava abbracciando da due ore cercando di portare il mio entusiasmo agli stessi livelli del suo.

Non che io fossi infelice. Ero ben contenta di aver ricevuto una richiesta di matrimonio da uno dei ragazzi più belli e ricchi di tutta Londra. Mi faceva sentire desiderata. Però io Stefan non lo avevo mai conosciuto. A dire il vero l’ho avevo incontrato solo una volta in vita mia e fu due anni prima, quando la sera del mio debutto in società lui fu il primo a chiedermi di ballare. All’epoca avevo solo sedici anni e sebbene fossi alle prime armi con l’amore, rimasi incantata dai suoi modi di fare così gentili e anche così romantici. Ma dopo quella volta non lo vidi mai più. E se dovevo essere sincera, rimasi stupita nel ricevere la lettera da parte del duca. Alla fine c’erano fanciulle più affascinati e più altolocate di me in età da marito che attendevano impazienti una proposta di matrimonio da un nobile come Stefan Salvatore.

Perciò quando zia Jenna quella fresca mattina del 23 agosto 1864, mi chiamò nello studio della nostra piccola casa, io mi aspettai di tutto: qualche ramanzina per il pessimo comportamento che avevo avuto a casa del conte Lockwood qualche sera prima; un rimprovero per non essere andata a trovare la mia amica Caroline che aveva appena scoperto di essere in dolce attesa. Mi aspettai di tutto, tranne di trovarla così euforica da abbracciarmi senza ritegno e sorrisi all’idea di ritrovarmi felicemente sposata e duchessa nel giro di un anno.

-Lo so, zia. Non me lo aspettavo, ma sono così felice!- gli risposi.Alzai un po’ il tono di voce, tanto che le mie parole risuonarono in quasi tutta la casa. Infatti, qualche minuto dopo sentimmo bussare la porta dello studio e mio fratello più piccolo, Jeremy, ci si presentò davanti.

-Che succede qui?- domandò, dapprima allarmato, ma poi rassicurato nel vedere le nostre facce così felici.

-Tua sorella è stata chiesta in sposa dal figlio del duca Salvatore.

-Stai parlando di Stefan?- chiese mio fratello.

-Si- gli risposi. –ma lo conosci?

-Solo di fama. Hanno detto che ha iniziato a studiare medicina e che è uno dei più talentuosi giovani medici di tutta l’Inghilterra.- mi informò.Mi sarei proprio dovuta innamorare di uno come lui. Era sempre stato il mio sogno. Fin da piccola desideravo il mio personale matrimonio perfetto e mio marito sarebbe dovuto essere bello, intelligente, dolce, buono e generoso. A quanto pare il mio desiderio si stava per avverare. Mi si stava presentando davanti l’occasione più allentante che mi poteva capitare e di certo non mi sarei dovuta lasciar scappare una proposta del genere.

-Quindi accetti?- mi chiese conferma la zia.

-Certo che accetto. Perché dovrei dire di no?- le sorrisi di rimando.Finito di festeggiare con mia zia e dopo che mio fratello si congratulò con me, mi diressi verso la mia camera, ma prima di entrarci dentro incrociai la mia cameriera Bonnie e le dissi di prepararsi perché saremmo uscite per andare a trovare Caroline. Lei evidentemente notò il mio tono così allegro e non potette fare a meno di sorridere di rimando al mio sorriso solare che rilasciava forse una dose troppo eccessiva di felicità.

Entrai nella mia stanza e, nonostante tutto era rimasto uguale a pochi minuti prima, i colori mi sembravano più accesi, i profumi erano improvvisamente diventati più intensi e anche i fiori sul davanzale della finestra, leggermente appassiti, mi risultarono pieni di vita. Mi guardai allo specchio ad immagine intera e vidi me stessa, solo un po’ più felice rispetto alla baronessina Elena Gilbert che aveva perso i genitori un anno prima, quando i cavalli della loro carrozza erano tutto d’un tratto impazziti e avevano portato il mezzo fuori strada. I miei genitori, Grayson e Miranda Gilbert, erano morti nell’impatto. “Un tragico incidente.” Avevano detto infine i poliziotti. Nei cavalli non c’era niente che non andasse, ma molto probabilmente qualche animale li aveva fatti spaventare.

Non ero più quella ragazzina che aveva vissuto tutta la vita tra le bellezze e gli agi della nobiltà londinese, poi era diventata triste a causa della perdita dei genitori. Ma adesso quell’Elena Gilbert si doveva riscattare. Adesso Elena Gilbert sarebbe diventata la duchessa Elena Salvatore. Ero intenzionata ad accettare la richiesta di matrimonio, ad ogni costo. Ero decisamente nervosa perché alla fine Stefan lo avevo incontrato solo una volta, ma non mi dispiacque più di tanto. Mi stavo costruendo il mio futuro. Un futuro che si prospettava ricco e felice. Finalmente dopo un anno potevo essere felice. La mia vita sarebbe completamente cambiata, questo è vero, ma questo non mi spaventava affatto. Ero pronta. Pronta a combattere per avere una vita migliore.

Guardai la mia immagine allo specchio. Il mio busto è fasciato dal corpetto verde prato che prosegue nella gonna a balze. La leggera scollatura era contornata di pizzo panna che lasciava le spalle scoperte. I boccoli dei capelli castani erano sciolti e ricadevano sulle spalle, tranne che per due ciocche portate indietro e tenute con il fermaglio di madreperla che la mamma mi aveva regalato la sera del mio debutto in società. Osservai il mio volto e per la prima volta dopo tanto tempo i lineamenti della bocca tendevano verso l’alto, mentre i miei occhi marroni avevano quella scintilla positiva che da ormai un anno si era spenta. Si, la mia giornata era iniziata proprio bene e avrebbe cambiato la mia intera vita. Sarei stata felice per l’eternità. Avrei costruito la famiglia che avevo sempre desiderato. Avrei anche avuto dei figli.

Pensai alla mia amica, la contessina Caroline Forbes, che qualche mese fa si era sposata con un marchese che con tutta la famiglia si era trasferito dalle Americhe. Si era completamente innamorata di colui che alla fine sarebbe diventato il suo promesso sposo e adesso era giunta la notizia dell’arrivo del bambino. Le nostre situazione erano diverse, questo è vero, ma Caroline a soli diciassette anni si era sposata e io ero arrivata già a diciotto e molto spesso mi ricordavo quello che la vecchia prozia Judith mi ripeteva spesso quando l’andavo a trovare nella sua vecchia tenuta in campagna: “Sposati presto, prima dei vent’anni se puoi, altrimenti rimarrai senza marito proprio come me.” Ero sempre stata spaventata da quell’affermazione. Zia Judith era una vecchia vipera antipatica che si divertiva a rimproverare me e Jeremy quando eravamo piccoli. Viveva da sola con il suo maggiordomo e il grosso ed enorme cane che era più abituato a dormire che a farle compagnia. No, non mi sarei mai ridotta allo stato di zia Judith ed era proprio per questo che aveva iniziato a sperare quasi tutti i giorni di ricevere una proposta di matrimonio. Frequentavo i circoli tennis, le sale da tè e passeggiavo molto nei parchi nella speranza di incontrare l’amore della mia vita. Ma mi sarebbe bastato anche ricevere una proposta da un perfetto sconosciuto, a questo punto.

Quando uscì dalla mia camera e scesi le scale, trovai Bonnie che mi attendeva davanti alla porta bianca dell’ingresso con la mia mantellina gialla in mano. Me la porse e poi parlò:

-Ho sentito che avete ricevuto una proposta di matrimonio, Miss Elena! E da un giovane uomo molto ricco. – si complimentò con me.

-Ti prego, Bonnie, quante volte ti ho detto  di darmi del “tu”. Almeno quando siamo sole! – la supplicai.

Ormai io e Bonnie ci conoscevamo da una vita. La sua povera nonna defunta, Sheila, era stata la balia mia e di mio fratello. I miei genitori avevano accolto la sua richiesta di prendere a lavorare anche Bonnie perché la mamma morì quando lei era piccola e il padre aveva perso il lavoro in un cantiere di navi. Quindi a dodici anni Bonnie iniziò a lavorare come cameriera in casa nostra, anche se io in realtà la conoscevo da quando avevo sei anni, perché spesso Sheila si prendeva cura anche di lei. Con il passare degli anni il nostro rapporto si era così tanto solidificato da renderci migliori amiche. Bonnie, in presenza di altra gente, si è sempre rivolta a me con il “voi” e lo fa anche quando siamo sole, ma mille e mille volte le chiesi di comportarsi con me cose se fossi la sua migliore amica, cioè quella che ero veramente e non la sua “padrona” e sua futura datrice di lavoro. Perché alla fine, se mi fossi sposata, lei sarebbe diventata la mia cameriera personale a tutti gli effetti, sempre che lei rimanesse al mio servizio. Ovviamente non l’avrei mai obbligata a restare. Bonnie era una persona di cuore, buona e così predisposta all’altruismo che avrebbe dovuto meritarsi tutto l’oro del mondo. Ma si sa alle persone più buone capitano le sfortune peggiori.

La villetta di Caroline era un vero e proprio gioiello in mezzo al grigio e alla sporcizia di Londra. Una meravigliosa casa color avorio circondata da un cancello color rame, che racchiudeva un delizioso giardinetto, come quelli che andavano di moda a quei tempi.

Caroline è invece, come dire, la mia ufficiale migliore amica. Mia madre Miranda e sua madre Elizabeth sono cresciute insieme e solo pochi mesi di differenza ci separano dalla nascita. Nonostante lei si fosse sempre dimostrata una di quelle bambine, poi ragazzine e infine donne snob e superficiali, che per mia sfortuna facevano parte delle nostra società, anche Caroline come Bonnie nascondeva un’immensa bontà nel suo cuore e io, al contrario delle nostre coetanee, che si dimostravano ochette senza cervello, ne feci di lei la mia migliore amica in assoluto. Andavamo ai debutti in società insieme, giravamo per Londra come se fosse nostra. E in un certo senso lo era. Molte ragazze ci invidiavano ed eravamo sempre state molto popolari. Bonnie, invece, non aveva mai provato molta simpatia per la mia amica contessina e il sentimento era evidentemente reciproco.

“Non capisco come fai a reputare come amica una semplice cameriera.” Mi aveva ripetuto spesso quando eravamo delle semplici ragazzine di tredici anni. Io le avevo sempre risposto che non mi importava delle condizione sociale di una persona per farmela amica. Ero sempre stata ben disposta ad essere socievole con tutti. Ricchi o poveri, se mi stavano simpatici potevano essere miei amici. Mia madre mi aveva insegnato che i pregiudizi e gli stereotipi non erano per persone dabbene come noi, perciò, educata in questo modo, mi ritrovai a fare amicizia con tutti i ragazzi che vennero poi a lavorare in casa mia e che sostituirono i vecchi dipendenti, ormai troppo anziani o morti. I fratelli Donovan prima di tutto, specialmente Matthew, che io amorevolmente avevo accorciato in Matt e sua sorella Vickie che aveva la stessa età di Jeremy.

Per fortuna le mie due amiche, con il passare del tempo, cominciarono ad abituarsi ognuna alla presenza dell’altra. Caroline si rese conto che Bonnie conosceva diversi tipi di acconciature molto eleganti ed eccentriche, cosa che colpì in senso positivo una ragazza così attenta all’aspetto estetico come lei. In questo modo diventarono amiche tra una chiacchiera e l’altra e questa cosa mi rese molto felice, perché noi tre diventammo una cosa sola.

Al nostro ingresso nella casa, Caroline ci abbracciò con così tanto verve da farci quasi perdere l’equilibrio. Per nostra fortuna suo marito le chiese di calmarsi:

- Caroline, amore, non ti agitare. Il medico ha detto che devi stare a riposo durante tutto il periodo di attesa. Se inizi ad agitarti, il bambino ne potrebbe risentire. – l’uomo la prese dolcemente per i fianchi e la fece discostare da me e Bonnie.

-Scusami Niklaus, ma volevo condividere questa gioia con le mie amiche. – disse sorridendo innocentemente al marito.

-D’accordo. – annuì – Allora sarà meglio che vi lasci sole, signorine. – ci fece cenno, salutandoci per poi andare via.
Vidi Niklaus uscire dalla porta d’ingresso ampia della villa dei marchesi Mikaelson.

Niklaus Mikaelson. Chiamato solo ed esclusivamente da Caroline, Klaus. Lui, sua madre e i suoi quattro fratelli si erano trasferiti dall’America dopo la morte del padre, ambasciatore inglese. Inoltre lì era scoppiata la guerra civile tra stati del Sud e stati del Nord, anche se non ne ricordo la causa, ed è stato un pretesto in più per trasferirsi definitivamente a Londra. Lui e i suoi fratelli hanno esercitato un certo fascino sulle giovani donne della società londinese, specialmente Niklaus che in un mese gli fu affidato il soprannome di Don Giovanni, ma l’unica che era riuscita a far breccia nel suo cuore fu Caroline.

Si conobbero in dei giardinetti. In una passeggiata solitaria, Caroline si ritrovò nel bel mezzo di un temporale scoppiato all’improvviso. Non arrivò in tempo alla carrozza che si ritrovò già bagnata fradicia, quando colui che alla fine sarebbe diventato suo marito, le si parò davanti, proteggendola dalla fredda pioggia con un ombrello. Sebbene all’inizio sembrasse che il giovane marchese americano stesse corteggiando la ragazza nello stesso modo di come aveva corteggiato le altre, con il passare del tempo le cose divennero più serie e nel giro di sei mesi si ritrovarono sposati.

-Sono così piena di gioia nell’aspettare questo bambino. – esclamò Caroline – è bello che voi mi siate venuta a trovare.

-Siamo molto contente anche noi per te. – le sorrise Bonnie – ma siamo venute qua anche per un altro motivo. – mi guardò complice e io le sorrisi di rimando.Caroline ci fissò con aria interrogativa e io presi subito a parlare, prima che la mia amica bionda iniziasse con la classica lunga serie di domande:

-Stefan Salvatore mi ha chiesto di sposarlo.La sua faccia sorpresa e stupita era impagabile. La vidi sedersi su un divanetto rosso scuro della sala d’ingresso e, dopo un piccolo silenzio sospeso nell’aria, emise un gridolino che ci fece comunque spaventare.

-Da quanto tempo è che il figlio del duca Salvatore ti corteggia? – mi domandò.

-Non lo ha mai fatto. – le risposi – ma è normale, no? Molte ragazze della nostra età ricevono proposte ufficiose e indirette prima di quelle ufficiali da, a volte, perfetti sconosciuti. Quindi è perfettamente normale e ho assolutamente intenzione di accettare.Mi fissò stranita da quelle parole, ma che cosa c’era di male? È vero a lei avevo sempre detto che mi sarei spostata con l’amore della mia vita, ma nessuno mi aveva detto che di Stefan non mi sarei mai innamorata. “L’amore può anche venire dopo.” Pensai. La mia situazione, di certo, era molto diversa dalla sua, ma a non tutte le ragazze capita di innamorarsi e di essere ricambiate in così poco tempo come successe a lei.

-Ad ogni modo, io ho incontrato Stefan solo una volta in vita mia. Voi sapete qualcosa riguardo lui e la sua famiglia?A Caroline le si illuminò il volto. Adorava spettegolare e parlare degli altri. Non apprezzavo molto questo suo tipo di comportamento, ma molto spesso mi faceva utile e come in quel caso non seppi fare a meno di chiederle qualche informazione.

-Il loro bisnonno si trasferì dall’Italia quando era giovane. Era un nobiluomo di Firenze che seppe gestire perfettamente gli affari ottenendo la fiducia della corona e fu nominato duca Salvatore. Ora la sua famiglia possiede diversi territori, molte campagne e anche ville qui in città. – mi spiega Caroline – lui è un promettente medico, anche se il padre voleva che intraprendesse la carriera politica e la stessa cosa ha fatto il fratello maggiore …

-Il fratello maggiore? – la interruppi io.

-Si, lui … oh Dio come si chiama? Non me lo ricordo. Ad ogni modo, so che ereditarono una tenuta poco fuori Londra e il fratello ne prese il pieno possesso. I prodotti di quelle terre sono ottimi e ha fruttato parecchio da quando il maggiore del duca ha iniziato a dirigere il tutto.Non sapevo proprio che Stefan avesse un fratello più grande, ma alla fine che pretendevo? Lo avevo conosciuto solo una volta, la sera del mio sedicesimo compleanno …

(due anni prima, la sera del debutto in società di Elena)

La sala, ovvero la camera più grande di casa nostra, era addobbata a festa. Delle splendide luci dorate la decoravano e si riflettevano sugli ampi specchi. La piccola orchestra suonava musiche allegre e io avevo appena fatto il mio ingresso dopo essere stata presentata da mia zia che mi aveva annunciato agli ospiti.

Ero entrata in sala a braccetto con mio padre e mia madre. Le stringevo forte il braccio, un po’ per l’agitazione del momento e un po’ per ringraziarla del meraviglioso regalo che mi aveva fatto quel pomeriggio: il fermaglio di madreperla. Jeremy era dietro di noi e cercava di affacciarsi più in avanti, curioso di vedere lo scenario che ci si era presentato davanti.

C’era molta gente. Fin troppa. C’era gente che conoscevo, come Caroline che si distingueva dalle altre per la sua bellezza ed eleganza nel suo vestito rosa confetto che le dava un’aria da bambolina.  C’era gente che avevo visto poche volte nella mia vita, come la famiglia Lockwood, formata dal conte Richard, sua moglie Carol e il figlio Tyler. E infine, c’era gente che non avevo mai visto in vita mia, come quel giovane sconosciuto con degli splendidi smeraldi incastonati nella pelle al posto degli occhi e i capelli biondo scuro che alle luci del salone risultavano quasi dorati.

Si inchinò leggermente davanti a me e ai miei genitori.

-Lasciate che mi presenti. – disse – sono Stefan Salvatore, figlio del duca Giuseppe Salvatore. Le chiederei, Miss Gilbert, se per caso mi concedesse l’onore di questo ballo.Incredula di avere già avuto una richiesta, mi voltai prima verso mio padre per chiedere il suo consenso e poi verso mia madre che mi incoraggiò con un cenno della testa. Mi inchinai anche io.

-Sarebbe un onore per me.Iniziammo a danzare sulle note di un lento valzer inglese. Quanto detestavo quel ballo. Preferivo di gran lunga quello viennese che aveva un non so che di allegro e vivace. Ma nonostante tutto, la presenza di Stefan, forse era l’agitazione di poter ballare per la prima volta con un giovane, mi fece dimenticare questo disprezzo per quel genere di ballo.

Mi persi nei suoi occhi verdi con accennate sfumature di marrone. Era bello. Veramente bello! Mi teneva sicuro tra le sue braccia, ma qualcosa nella sua espressione mi dette l’impressione che fosse assente in parte. Infatti, non parlammo molto, anche se speravo in un minimo di conversazione. Adoravo parlare, chiacchierare, discutere e mi dispiacque il fatto che lui fosse stato così taciturno.
Al termine della musica, lui si staccò da me.

-È stato un piacere aver ballato con voi, Miss Gilbert.

-Vi prego chiamatemi Elena. È stato un piacere anche per me.E se ne andò.

Non avrei mai immaginato che due anni dopo mi avrebbe chiesto di sposarlo.
 
 

 
 
 
 
 
 
 
Note finali:
ci risiamo! Oh appena concluso la mia prima long e ho già pubblicato il primo capito di questa storia.
Allora come potete ben vedere questo è un AU, ambientato nel 1864, ovviamente tutti umani. Questa storia mi è venuta durante una notte insonne, cosa molto strana visto che io dormo come un ghiro.
Forse vi possono sembrare strani i ragionamenti che fa Elena riguardo al matrimonio e alla sua necessità di sposarsi prima dei vent’anni, ma ho cercato di adattarmi al pensiero che dovrebbe essere di quell’epoca.
Il questo capitolo introduttivo troviamo a grandi linee la storia passata di Elena che verrà approfondita in futuro.
Il titolo “Amori Tormentati” è scaturito dal fatto che i problemi non avverranno solo all’interno della Delena, ma anche di altra coppie che nasceranno durante la trama.
Spero di avervi incuriosita e soprattutto spero che recensirete questa storia perché io ho davvero bisogno dell’opinione degli altri per migliorarmi.

Con affetto (e con speranza), Mia <3

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Capitolo 2
*** Il nostro primo incontro. ***


2.
Il nostro primo incontro.
 
(Elena)
 
- Che ne dite del vestito rosso? No, è troppo vistoso. Forse quello lilla con il tulle celeste sarebbe perfetto per un’occasione del genere. – dissi, prendendo dall’armadio l’abito che avevo appena nominato e mostrandolo a Bonnie e a mia zia Jenna.

- Elena sarai comunque bellissima. – provò a calmarmi mia zia, ma in questo momento non c’era niente che mi avrebbe potuto calmare. Infondo dovevo solo incontrare Stefan quel pomeriggio.

Erano trascorsi tre giorni da quando avevamo spedito la lettera contenente la risposta alla proposta di matrimonio e finalmente l’invito era arrivato. Il duca era venuto personalmente a casa nostra, senza nessun preavviso, e ci aveva chiesto se il giorno seguente ci sarebbe piaciuto trascorrere il pomeriggio nella loro villa per un tè. Senza pensarci due volte, io e mia zia avevamo accettato l’invito e ci eravamo fiondate in camera insieme alla mia amica cameriera per scegliere l’abbigliamento che avrei dovuto indossare per l’incontro.

-No zia, deve essere tutto perfetto. Tu stessa pochi minuti fa mi hai rivelato che molto probabilmente, Stefan mi chiederà di persona di sposarlo, domani pomeriggio. Devo essere all’altezza della situazione, e anche tu e Jeremy dovrete essere impeccabili. – l’avvisai.
Sia lei che Bonnie risero davanti alla mia eccessiva agitazione, ma che ci potevo fare? Ero fatta così. Estremamente emotiva e senza dubbio troppo ansiosa di conoscere l’uomo con cui dividerò tutto per il resto della mia vita.

Guardai attentamente le presenti e sperai con tutto il cuore che Bonnie trovasse qualcuno disposto a sposarla, altrimenti sarebbe finita come la vecchia prozia Judith.
Anche Jenna non era sposata, ma nascondeva un segreto che io mi ero ripromessa di mantenere, fino a che non sarebbe stata lei a decidere.

Osservai attentamente il vestito che avevo tra le mani.
- Si. Questo andrà bene. – mormorai tra me e me.

Il giorno seguente, chiesi a Bonnie di stringermi più che poteva il busto. Me lo strinse così tanto che alla fine temetti di dover imparare a non respirare, ma andava bene così. Come avevo già detto: dovevo essere perfetta. Indossai l’abito lilla che avevo scelto il giorno prima e decisi di lasciare i capelli sciolti nella solita acconciatura che portavo sempre, con il classico fermaglio di mia madre, con la speranza che mi avesse portato fortuna. Mi misi un po’ troppa cipria, ma per fortuna il risultato finale non era niente male. Mi osservai in tutta la mia elegante vivacità.

- Siete bellissima. – si complimentò la mia amica.

- Come scusa? – feci io, facendole notare il “voi” che aveva usato.

- Sei bellissima, Elena. – si corresse. – vedrai che farai innamorare perdutamente di te Stefan. A meno che lui non lo sia già. – mi sorrise.
Le strinsi le braccia attorno al suo collo e lei ricambiò l’abbraccio per infondermi maggiore sicurezza, che all’improvviso iniziò a mancare.
Quando arrivai all’ingresso trovai mio fratello Jeremy in uno dei suoi completi da giorno marrone scuro e mia zia che indossava un abito rosso con lo scolla a barca che nascondeva il suo petto e il solito chignon.

Il viaggio in macchina fu troppo silenzioso. Jeremy era sempre stato un ragazzo taciturno, ma spesso io e zia Jenna chiacchieravamo molto. Però io ero troppo agitata per proferire parola. Come avrei fatto di fronte a Stefan? Il giorno prima con il padre avevo cercato di essere il più accogliente e calorosa possibile e, fortunatamente, mi era riuscito bene, facendomi fare bella figura. Allora perché con Stefan non sarebbe dovuto essere lo stesso?

Ricevetti la risposta a quella domanda quando giungemmo davanti alla villa “Maria Salvatore”. Praticamente un palazzo reale in miniatura, ma comunque incredibilmente grande rispetto a casa mia.

Quando uscì dalla carrozza, Stefan prestò il suo soccorso e mi aiutò a scendere, offrendomi la sua mano. Per la prima volta lo guardai dopo tanto tempo. Era cambiato. I lineamenti erano diventati più duri, proprio come quelli di un uomo, il colore degli occhi era più intenso, mentre i suoi capelli si erano leggermente scuriti. Mi sorrise gentilmente e quando scesi dalla carrozza lui si chinò facendomi un baciamano veloce e inchinandosi leggermente.

- È bello rincontrarvi, Elena. – mi disse.
La sua voce. Non era così che la ricordavo. Forse quella sera della festa, la musica confuse parecchio le mie idee, ma adesso che la potevo sentire meglio mi resi conto che la sua voce era dolce e calda. Rimasi confusa e altrettanto imbambolata per qualche secondo. Per fortuna mia zia ebbe la brillante idea di tossicchiare per ridestarmi dai miei pensieri.

- È bello anche per me, Stefan. – senza farlo apposta, rimarcai il suo nome e involontariamente il mio tono di voce si abbassò di non poco.

Mi offrì il braccio e ci incamminammo verso l’ingresso della casa in un austero silenzio. Sembrava che anche Jenna e il duca fossero in completo imbarazzo. “Proprio quando ti serve l’appoggio dei famigliari!” imprecai nella mente.

Attraversammo il cancello di ferro battuto nero e percorremmo tutto il giardino ricolmo i fiori estivi. Era uno spettacolo incantevole, sembrava di essere il paradiso, almeno fino a quando il paradiso stesso non mi cadde addosso.

Un’altra carrozza si fermò davanti all’entrata e un giovane uomo scese da essa. Ormai l’entrata del cancello era lontana, ma riuscivo a scorgere la figura alta e slanciata e la massa di capelli corvini sulla testa. Non riuscì a capire chi fosse, fino a quando quell’uomo non si avvicinò e potei notare i suoi occhi celesti abbinati perfettamente alla sua pelle bianca. Avevo l’impressione di averlo già visto. Quei lineamenti così rudi e simmetrici, quegli occhi così espressivi che esprimevano malizia, quel sorriso strafottente che sembrava ti deridesse … si avevo già visto quell’uomo. Anche lui solo una volta in vita mia, sempre alla festa del mio debutto in società …


(due anni prima, la sera del debutto in società di Elena)


La festa era quasi giunta al termine. I miei poveri piedi erano talmente stanchi che sembrava che stessero reclamando una bacinella di acqua calda per la stanchezza dovuta al continuo ballare. Speravo proprio che mio padre concludesse la serata avvisando gli ospiti del nostro congedo, ma la musica riprese a suonare e io non potei fare a meno di sbuffare. Mi arresi, nell’attesa del prossimo ragazzo che mi avrebbe chiesto di ballare, ma non ci fu nessuna richiesta.

Una mano grande con la presa forte mi trascinò al centro della pista. In meno di due secondi mi ritrovai tra le braccia di un giovane uomo, ma certamente molto più grande di me, che mi guardava con quei suoi occhi che sembravano due pezzi che il cielo aveva donato a lui proprio per colpire al centro del cuore una ragazza. Due occhi del genere dovevano esprimere un’immensa bontà, ma quello che vi lessi io fu solamente un’esagerata ilarità. Seppi, indirettamente che si stavano prendendo gioco di me.

- E voi siete … ? – domandai a quell’estraneo così sfacciato.

- Il vostro sogno più bello. – mi rispose. Ancora troppo sfacciato. Così tanto sfacciato da farmi irritare.

- Preferirei conoscere il vostro nome, signore. – dissi con troppo nervosismo.

- Damon. – e poi niente.

- Damon e poi?

- Il mio cognome non è importante.

- E come pretendete, Damon, che io balli con un perfetto sconosciuto?

- Ma stiamo già ballando. – mi sussurrò.

Non me ne ero accorta. Ero stata troppo distratta dai suoi occhi e da ogni altro singolo particolare del suo volto per rendermi conto che mentre una sua mano teneva la mia, l’altra era appoggiata con fermezza sul mio fianco e il suo corpo mi faceva volteggiare sulle note che riconobbi quelle di un valzer viennese. Il mio preferito. Il mio corpo aveva reagito alla musica, o ai comandi del suo corpo. Feci in modo di discostarmi da lui, ma ciò non fece altro che peggiorare la situazione perché il mio busto andò a sbattere contro il suo e i nostri volti si ritrovarono a così pochi centimetri di distanza e non potei fare a meno di arrossire per l’imbarazzo. Quelle distanze erano … intime.

Ma lui scambiò il mio rossore per qualcos’altro.

- Siete arrossita. – mi soffiò sulle labbra e io percepì inevitabilmente il suo caldo respiro sul mio volto. – questo vuol dire che vi piaccio. –ancora quel sorriso snervante che mi fece perdere il controllo.

- Questo mai. – le dissi dura. – Come potrei mai farmi piacere un essere così maleducato come voi?

- La maleducazione non è la cosa più importante. – liquidò – la bellezza, la sensualità, l’intelligenza … queste sono le doti che una persona deve avere per farsi piacere ad altre. Voi a quanto pare le possedete tutte e tre, Elena, ed è per questo che mi piacete. Mi persi nelle sue parole, che inspiegabilmente mi avevano colpito, e nei suoi occhi calorosi e pieni di allegria. Aveva espresso il piacere che provava per me, quando ci conoscevamo da appena due minuti. Senz’altro un ragazzo sfacciato, ma qualcosa in quelle parole e in quella voce così sensuale mi fece sciogliere e rimasi qualche secondo ad ammirare il suo viso decorato con un sorriso storto, sfacciato anch’esso.

Ero rimasta incantata da esso. Era uno spettacolo che non avevo mai visto. Le labbra così carnose e così vicine alle mie … ma che mi stava succedendo? Non potevo di certo imbambolarmi al primo uomo che passa!

- Potrei essere lusingata dai vostri complimenti, Damon. Peccato che questo complimenti sono per l’appunto “vostri” e in questo caso io mi ritengo assolutamente offesa.

- Siete così sgarbata. – mi rimproverò. Stavo per rispondergli che era stato lui il primo a comportarsi da vero maleducato, ma mi interruppe ancora prima di iniziare. – ed è per questo che mi piacete ancora di più. Siete bella. Il vostro viso è così incantevole. Siete intelligente. Sapete usare le parole con equilibrio e sapete essere tagliente. E siete sensuale. Il vostro vestito risalta le vostre forme e la scollatura è un piacere per gli occhi di ogni uomo presente in questo salone.

Fantastico! Era partito bene con quella serie di complimenti sull’intelligenza e la bellezza. Era stato talmente bravo che io stavo per abboccare al suo amo, ma la sua ultima frase guastò tutto il resto. Lui si accorse della mia faccia, sconcertata e offesa dalle sue parole, e si mise a ridere.

- Non vi ho fatto nessun insulto, anzi. Però vi avverto. Io sono un gentiluomo, qui siamo tutti gentiluomini, ma non vi vestite più in questo modo o la prima persona barbara che incontrerete potrebbe abusare di voi. – disse con un tono divertente. Ma quella frase non aveva nulla di divertente. Mi spaventò, invece.Ripensai all’abito che stavo indossando e forse Damon aveva ragione. Erano pieni di pizzi e merletti color panna, ma la scollatura forse era un po’ troppo esagerata e lasciava vedere troppo il seno. Rabbrividì al fatto che qualcuno, vedendomi mi avrebbe potuto scambiare per una poco di buono e abbassai lo sguardo vergognandomi.

- Stavo scherzando! – esclamò ridendo di nuovo. – siete perfetta così come siete, Elena e … - aveva calcato con forza il mio nome, facendomi rabbrividire, ma questa volta era stata una strana sensazione di piacere, credo.
Avvicinò il suo bacino al mio e un’altra scossa mi percorse per tutta la schiena – vi devo dire la verità: mettete a dura prova la mia buona volontà. Se non ci fosse così tanta gente vi potrei fare mia qui – mi sussurrò in un orecchio con la voce che si era abbassata, diventando roca e seducente – o vi porterei nella prima camera da letto libera e …

- Smettetela! – utilizzai molta potenza per zittirlo, ma dopotutto mi serviva molta forza per riprendermi il mio autocontrollo. Sebbene odiassi quelle parole e il modo così ironico per come me le diceva, qualcosa mi impediva di ragionare con una mente lucida, come se avessi bevuto dello Champagne per tutta la serata. – siete un essere spregevole e nessuno vi da il diritto di prendermi di ballare senza permesso e di dirmi quelle orrendi cose. – lo rimproverai.

- Mi scuso. Forse ho esagerato e vi ho offesa. – ma quelle parole non erano sincere, anzi vedevo ancora tanta strafottenza nei suoi occhi. Inaspettatamente mi posò un bacio veloce e leggero sulla guancia. Cosa che mi lasciò molto stupita, ma non per quello che aveva fatto, dopotutto da un elemento che mi aveva detto delle cose del genere non ci si poteva aspettare altro che un gesto così avventato, ma per la mia totale assenza di resistenza. Non avevo pensato, mentre posava le sue calde labbra sulla mia guancia, che un gesto talmente intimo avrebbe potuto portare scalpore in mezzo a così tanta gente. Non avevo pensato al fatto che lì c’erano tutte le persone che conoscevo, compresi i miei genitori. Non avevo pensato al fatto che io non mi potevo lasciar baciare dal primo che passa, anche se incredibilmente bello e affascinante.

Fatto sta, che intanto la musica era cessata e io non mi accorsi che nonostante ci fossimo fermati, lui mi tenne ancora stretta per qualche secondo di più con il suo sorriso pieno di ilarità e i miei occhi stracolmi di stupore. Cosa che fece nient’altro che aumentare il divertimento del suo gioco.

Non mi diede neanche il tempo di controbattere realmente al suo gesto, magari con un sonoro ceffone, che si dileguò dal mio sguardo, lontano dal mio corpo.

Mi guardai intorno per vedere se qualcuno avesse notato quella scena, ma l’unica persona che ci aveva visto per mia fortuna, o per sfortuna a seconda dai punti di vista, fu mia madre. Non seppi interpretare il suo sguardo,perciò mi avvicinai a lei.

- Chi era quel giovane, cara? – mi chiese. Nella sua voce c’era qualcosa di caloroso, che mi rassicurò e mi fece capire che non era arrabbiata con me.

- Io … non ne ho idea. – le dissi.

- Stai bene? Sei arrossita.

- Davvero? – le domandai sorpresa. – non me ne ero accorta. Istintivamente mi portati la mano sulla guancia sulla quale Damon mi aveva posato il bacio e inspiegabilmente ripensai al bacio come se stesse riaccadendo in quel momento e la guancia su accaldo nuovamente.


 
Era Damon quello che stava davanti a me. Quello strano ragazzo che mi diede quel piccolo bacio quella sera. Non era affatto cambiato. Stessi capelli, stessi occhi, stesse labbra. Sentì un leggero brivido dietro la schiena.

- Damon ce l’hai fatta a venire! – esclamò Stefan che poi si voltò verso di me – Elena, permettetemi di presentarvi mio fratello maggiore, Damon Salvatore.

“Damon Salvatore.” Riprese la mia mente come se fosse stata in uno stato ipnotico. Damon Salvatore? Lui era un Salvatore? Damon era il fratello di Stefan? Dio!

L’imbarazzo cominciò a crescermi dentro. Dovevo restare calma, magari non si sarebbe neanche ricordato di me. Infondo, erano passati due anni. Ma se Stefan aveva memoria di me tanto da chiedermi di sposarlo, perché lui non ne avrebbe avuta altrettanta?

- Miss Elena Gilbert, finalmente ho l’onore di conoscervi. – si inchinò per baciarmi la mano e mentre lo faceva non mi staccò gli occhi  di dosso per un attimo. – mio fratello mi ha parlato tanto di voi!

No, non si ricordava di me. Un senso di sollievo mi fece respirare. Non sapevo il perché, ma in un certo senso avevo l’impressione che se Stefan o il duca sarebbero venuti a conoscenza del fatto che io e Damon ci eravamo già conosciuti, le cose si sarebbero complicate. Ma dall’altro lato mi dispiacque molto del fatto che Damon non rammendasse il mio volto o il mio nome, dopo tutti quei complimenti che mi fece. Ma che stavo pensando? Quelle parole, apparentemente belle, erano dovute dalla sua voglia di scherzare e di deridermi. Non si meritava tutti i miei pensieri su di lui.

- È un piacere. – risposi semplicemente, inchinandomi anche io. Ma non seppi lasciare il contatto che i miei occhi avevano creato con i suoi.
Poi Damon si presentò a mia zia Jenna e a mio fratello Jeremy. Oh, quanto avrei voluto che lì ci fosse stata anche la mamma. Sicuramente avrebbe capito le mie preoccupazioni e avrebbe detto come comportarmi.

Sta di fatto, però, che con l’arrivo di Damon, tutto l’imbarazzo che prima c’era, era svanito. Si, Damon era senz’altro stata una ventata di aria fresca. Con lui, Stefan era diventato più allegro e avevamo iniziato a parlare delle nostre vite. E mentre il duca tratteneva in una conversazione mia zia, Jeremy uscì senza preavviso dal suo stato di letargo a causa di Damon che era riuscito a farlo parlare per più di due minuti.

- Sei davvero stato in America? È fantastico. – esclamò mio fratello, interessato dalle esperienze di vite del maggiore dei Salvatore.

- Si. Sono stato a New York per un mese e poi a Washington per altre due settimane. È stato un viaggio molto interessante, anche sulla nave ho passato dei giorni fantastici. Ma se proprio ci tieni a vedere delle città incantevoli, l’Italia fa al caso tuo. Lì la storia la vivi appieno, soprattutto se stai a Roma. Io ascoltavo la conversazione attentamente e Stefan questo sembrò notarlo.

- Vedo che vi interessa molto di più quello che dice mio fratello – mi disse sorridendo.

- Per … perdonatemi. – ero arrossita, imbarazzatissima – e solo che a sentire la parola Italia, ha catturato la mia attenzione.

- Quindi vi piacerebbe andare in Italia. – si intromise Damon, dopo aver ascoltato la mia frase.

- A mia sorella piace molto la storia. A sempre reputato l’Italia una delle culle più antiche e ha sempre espresso il desiderio di andarci. – gli disse  mio fratello.

- Allora potreste andarci voi e Stefan per la luna di miele. – mi scrutò con quegli occhi maliziosi – vi consiglio anche Venezia. Sono sicuro che una città romantica come essa potrebbe soltanto piacervi. Sapete, il giro sulle Gondole, le passeggiate sui ponti …

Immaginai ancora una volta, come sempre, un mio possibile viaggio nella Penisola e sorrisi all’idea che forse il mio sogno si sarebbe potuto avverare.

- Grazie per il consiglio. – gli sorrisi leggermente. 


Trascorse alcune ore era giunto il momento del tè. La conversazione continuavano spontanee e tra me e Stefan era nata una nuova sintonia tra una chiacchierata e l’altra, a volte interrotte da qualche intervento di Damon, che poteva essere o molto divertente o molto sfacciato.

Alla fine, il momento che attendevo da un’intera giornata si rivelò.

Eravamo seduti su dei divanetti di fronte ad un camino spento nella sala del tè, quando Stefan si inginocchiò dinanzi a me e mi mostrò un anello con al centro un diamante di notevoli dimensioni. Mostrai la mia espressione sorpresa, che per quanto sapessi che quella richiesta mi sarebbe arrivata, non potei fare a meno di renderla vera.

- Elena Gilbert. – mi chiamò per nome – potreste darmi l’onore di sposarmi?Le sue parole sembravano assolutamente sincere. Stefan mi amava e io fino alla fine lo avrei amato ne ero sicura.

- Si. – mormorai. E lui mi mise l’anello al dito.

Adesso era sicuro, io sarei diventata la duchessa Elena Salvatore.


Note Finali:
allora in questo capitolo abbiamo visto il promo incontro tra Elena e Damon, un incontro indubbiamente anormale, soprattutto per quell’epoca. Elena però rimane da un lato affascinata dalle parole di Damon, e dall’altro lato in un certo senso è disgustata perché essendo cresciuta con un educazione che rispettava l’etichetta rimane scandalizzata da simili comportamenti.
Il prossimo capitolo arriverà sicuramente tra meno di una settimana.

Con affetto, Mia <3

 

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Capitolo 3
*** Quando scoprì che lui non mi amava. ***


3.
Quando scoprì che lui non mi amava.
(Elena)
Sarei diventata la duchessa Salvatore. Sarei diventata la moglie di Stefan e la mia vita sarebbe trascorsa nella tranquillità più totale.

Dopo il mio Si riuscii a scorgere l’eccitazione di mia zia che sorrideva senza pudore, il sorriso compiaciuto del duca e quello un po’ imbarazzato di mio fratello, evidentemente non abituato a scene del genere. Vidi anche quello di Damon che a quanto pare non cambiava mai: sempre e solo il lato destro delle sue labbra che si alzava maliziosamente insieme ai suoi occhi che mi mettevano in soggezione.

Si congratularono con noi e dopo averci dato le loro felicitazioni, il duca Giuseppe propose di festeggiare il fidanzamento a dovere con una bella festa.

- Sarebbe magnifico. – intervenne Damon – Se permettete padre, potrei organizzarla io stesso e entro domani sera. – aggiunse.

Il duca Salvatore accettò la richiesta del maggiore dei suoi figli e notai che Damon mi stava ancora fissando malizioso. Sentì montare il nervosismo in me, ma feci finta di niente. Come due anni fa, lui riuscì a smuovermi qualcosa dentro. Anche se non si poteva ricordare di me, ero consapevole che suscitava lo stesso effetto di quella sera.
 

Il mio vestito blu notte mi ricopriva davvero poco il petto.

- Zia, non credete che sia troppo scollato? – le chiesi con la speranza che si accorgesse dell’esagerazione e che mi prestasse il suo scialle color panna.

- Non dire stupidaggini Elena, sei stupenda e questo abito è adatto per festeggiare il tuo fidanzamento.

- Ma non mi sento a mio agio.

- Elena, questa è solo l’agitazione per la festa. Stasera incontrerai i tuoi futuri parenti, è del tutto normale che tu ti senta così preoccupata, ma sta tranquilla.

Stavamo percorrendo il viale centrale del giardino della villa dei Salvatore e mi teneva per il braccetto. Quando entrammo, dovetti ammettere che Damon aveva fatto proprio un bel lavoro. Delle luci celestiali addobbavano l’intera villa e della dolce musica allietava gli invitati. A quanto pare c’erano proprio tutti. Caroline e NIklaus mi vennero in contro e mi salutarono sereni. Poco dopo arrivò anche Stefan e lo presentai alla mia migliore amica e a suo marito.

- Quindi vostro fratello è il famoso possessore di Mystic Falls. –esclamò Niklaus.

- Mystic Falls? – domandai curiosa ed interessata da quello strano nome.

- È il nome della tenuta che ha ereditato Damon. – precisò Stefan.

- È la tenuta che ho ereditato, ho portato alla gloria e adesso mi beo in quel paradiso. – si intromise una voce che poi riconobbi come quella del diretto interessato. – sono il duca Damon Salvatore, molto lieto. – strinse la mano ai miei amici.

- Io sono il marchese Niklaus Mikaelson. – si presentò il marito di Caroline. – e questa è la mia adorata moglie, Caroline.

- Molto lieta. – disse la mia amica.

Dopo svariati minuti di conversazione, Damon, Niklaus e Stefan si erano discostati da noi per parlare di argomenti di cui io e Caroline non apprezzavamo molto. I classici discorsi che facevano gli uomini e che a noi nobildonne non interessavano. Caroline, invece, disse di sentirsi stanca e di volersi andare a sedere su un divanetto. Mi proposi di accompagnarla, ma fu categorica: ero la regina della festa, quella sera, e dovevo accogliere gli ospiti che dovevano ancora arrivare.

Ma il caso volle che fu mia zia a cercarmi. Aveva l’aria molto spaventata e questo mi fece preoccupare.

- Lui è qui! – mi mormorò nervosa.

- Lui chi?. – chiesi, ma prima di rispondere mi resi conto di conoscere già la risposta. – oh, Lui.

Un uomo biondo con gli occhi verdi entrò nella sala del ricevimento. Si, era proprio lui. L’avevo visto solo una volta, quando lo sorpresi ad amoreggiare con mia zia. Alaric Saltzman era lì. Ma perché era venuto?
La relazione che c’era tra lui e mia zia era assolutamente segreta per due ragioni. Primo perché la moglie era morta da pochissimo tempo e perciò lui sarebbe dovuto essere ancora in lutto, secondo perché era un borghese medio e quindi non apparteneva all’alta nobiltà. Non che un unione tra due ceti non fosse permessa, ma mia zia non sopportava le malelingue che ficcavano il loro naso nelle vite degli altri per screditare la gente e di comune accordo decisero di mantenere segreta la loro relazione.

Alaric sorrise verso la nostra direzione, ma presto mi accorsi che in realtà si stava rivolgendo alla persona che meno mi sarei aspettata che conoscesse: Damon.

- Amico! – esclamò quest’ultimo e gli corse incontro per dargli un’amorevole pacca sulla spalla.

Quando si girarono verso di noi, a quel punto, Alaric sembrò accorgersi della presenza mia e di mia zia.

- Jenna, Elena, voi che ci fate qui? – ci chiese sorpreso di rivederci.Nel nominarci mi accertai che nessuno ci stesse ascoltando, perché nessuno doveva sapere!

- Ma come, vi conoscete? – fu Damon a parlare che evidentemente non si aspettava tutto ciò.

- Si, vedi amico, ti ricordi quando ti parlai della mia … ecco … relazione?

- Certo che mi ricordo, ormai non parli d’altro. Oh. – sembrò accorgersi della situazione. – mi stai dicendo che la tua donna è la zia della mia futura cognata?

- Cosa? Sarà Elena a sposare tuo fratello? – chiese confuso.

Ma in realtà eravamo confusi tutti e quattro che a quanto pare scoprimmo ognuno di noi una cosa nuova e che assolutamente doveva rimanere segreta. In poche parole: Io ero fidanzata con Stefan, Stefan era il fratello più piccolo di Damon, Damon era amico di Alaric e Alaric era il fidanzato segreto di mia zia Jenna. Un ciclo che non avrebbe portato a nulla di buono a quanto pare. Ma come faceva Alaric ad essere amico di uno degli uomini più ricchi d’Inghilterra? Neanche riuscì farla quella domanda ad alta voce, che Damon diede lui stesso delle spiegazioni.

- Conobbi Ric, quando avevamo diciotto anni. È lui quello che mia ha portato sulla cattiva strada, e mi ci porta ancora. – concluse. A quanto pare non erano solo amici, ma erano migliori amici.

- Ma stai zitto. – ribattè lui – eri tu quello che rubava i liquori dalla riserva del padre per poi farmi ubriacare.

Risero entrambi e solo ora mi resi conto che per la prima volta Damon aveva sul volto il sorriso più sincero. È vero che lo avevo incontrato in sole due occasioni, ma non aveva mai abbandonato quella sua espressione maliziosa che, dedussi, solo Alaric riusciva a togliergli. Era meraviglioso. Mi ritrovai a pensare. Tolta quella che una parte di me incominciò a credere che fosse una maschera per nascondere ciò che realmente era, Damon mostrava una luce così particolare e sgargiante che quasi mi accecò. Ma che pensavo? Le persone non brillano di luce propria, eppure avevo l’impressione che qualcosa di luminoso si ergesse nel vero io che era Damon Salvatore.
Vidi anche che mia zia aveva un volto più sollevato. Infondo era normale se Alaric si fosse confidato con qualcuno, meglio ancora se quel qualcuno presto sarebbe entrato nella mia vita come cognato.
Senza accorgermi mi ritrovai a fissare Damon interessata ed incuriosita dalla sua persona mentre lui cercava di scrutare forse qualcuno tra gli invitati.

- Scusatemi. – disse – ho qualche faccenda da sbrigare.E si congedò, ma ebbi l’impressione che qualcosa non andava. Lo avevo letto nei suoi occhi cristallini. In quei occhi così espressivi vi lessi della preoccupazione. Mi girai alla ricerca di Stefan, ma notai che anch’egli non era più presente.

Pensai che stessa ancora parlando con il marchese Mikaelson, ma vidi, poco distante da noi, Niklaus che faceva compagnia a Caroline, presa forse un po’ dalla stanchezza della gravidanza.
Mi congedai anche io, decisa a soddisfare o consolare delle preoccupazioni molto probabilmente infondate.

Osservai Damon allontanarsi in un corridoio ed entrare in un stanza. Non chiuse completamente la porta e ciò mi permise di nascondermi dietro di essa, ma di poter ascoltare la conversazione che avvenne.
Tre voci chiaramente diverse: quella decisa e calda di Damon, quella insicura e incerta di Stefan e quella severa e austera del duca Giuseppe.

- Andiamo Stefan, se non vieni gli ospiti potrebbero farsi strane idee. – intervenne Damon, in quella che  mi sembrò una discussione tra il duca e il figlio più piccolo.

- Non prima di giurarmi che si dovrà dimenticare di quella sgualdrina. – replicò il padre.

- Perché, che è successo?

- Mi ha chiesto di poter rivedere Katherine, quella puttana.

- Non osare mai più affibbiarle un epiteto del genere. È stata costretta a prostituirsi. – gli inveì contro Stefan – ma io la amo comunque.Non capivo. Chi era Katherine? Io pensavo che Stefan mi amasse, invece c’era un’altra donna nel suo cuore. Allora perché mi aveva chiesto di sposarlo, perché non chiederlo a questa Katherine?

Un grande macigno mi si parò sul cuore. Un enorme tristezza me lo riempì e mi pentii subito di aver origliato quella conversazione.

I miei pensieri vennero interrotti da un rumore deciso che mi sembrò quello di uno schiaffo.

- Non capisci? – lo rimproverò il duca – quella non ti ama. Quella vuole semplicemente il tuo denaro, la tua fortuna. Ha tentato di arrampicarsi nella nostra società, ma deve rimanere al suo posto a fare …

- Ora basta padre. – lo interruppe Damon. – credo che adesso stiate esagerando. Stefan ha promesso che avrebbe sposato Elena e così farà. Non rivedrà Katherine mai più e se proprio ci tenete a saperlo l’ho spedita lontano da Londra esattamente due anni fa, perciò non potrà far del male a nessuno. Ora credo che dovremmo andare alla tua festa Stefan. La vostra fidanzata si starà chiedendo che fine avete fatto

.Oh no! Stavano per uscire dalla stanza e io mi sarei fatta cogliere in fragrante dai tre Salvatore. Non avrei neanche fatto in tempo ad attraversare tutto il corridoio per arrivare alla sala, quindi entrai nella camera accanto, chiudendo bene la porta.

Sentì i loro passi farsi sempre più leggeri. Sicura di essere in salvo aprì la porta, ma sfortunatamente mi ritrovai il petto di Damon a meno di due centimetri dal viso. Alzai lo sguardo e guardai i suoi occhi celesti pieni di malizia. Eravamo così vicini. Lui mi fece arretrare di qualche passo, spingendomi nuovamente nella stanza.
Ero in completo imbarazzo e mi fece senz’altro bene distogliere i miei occhi dai suoi per guardare qualsiasi altra cosa che non fosse lui.

Vidi che la stanza era una piccola biblioteca dotata di un camino circondato da divanetti rossi e un pianoforte a coda nero che donava un’aria decisamente elegante. C’erano una marea di libri e ebbi improvvisamente la voglia di rintanarmi in quella camera per leggerli tutti.

Ero fatta così. Fin da piccola adoravo leggere. Avrei letto per tutta la vita e adoravo anche molto scrivere. Mi era capitato di scrivere racconti, piccoli romanzi che facevano battere il cuore a noi giovani ragazze che sognavamo l’amore vero, ma non avevo mai avuti il coraggio di farli leggere a qualcuno.

- L’avevo capito che mi avevate seguito. – fu la sua voce a interrompere i miei pensieri.

Non feci in tempo a rigirarmi verso di lui, che me lo ritrovai nuovamente talmente vicino da mettermi in imbarazzo per l’assenza di distanza tra noi due.

- Come l’avevate intuito?

- Ho un ottimo spirito di osservazione. – mi disse. Non ero sicura di aver capito quello che mi aveva detto. Ma visto che ci trovavamo in quella sensazione, mi buttai.

- Chi è Katherine? – gli chiesi a bruciapelo.

- Non dovrebbe interessarvi.

- Invece si. Ho ascoltato attentamente quello che vi siete detti con vostro padre e vostro fratello e mi dovrebbe …

- Ho detto che non vi dovrebbe interessare, ma invece vi interessa anche se io non sarei tenuto a darvi delle spiegazioni. Quello che ve le deve dare è mio fratello. – ascoltai attentamente le sue parole e infondo aveva ragione. Se Stefan mi stava nascondendo qualcosa, che diritto avevo di pretendere dei chiarimenti da suo fratello che rispettava il suo volere di mantenere un segreto non suo?

- Avete ragione. Perdonatemi per essere stata così scortese duca.

Feci per andarmene, ma Damon prese con una sua mano il mio braccio e fece aderire perfettamente il suo petto con la mia schiena. Prese le mie mani e le portò sul mio ventre. E in quello strano e intimo suo abbraccio sentì le sue labbra suo lobo del mio orecchio destro.

Un incontrollato brivido di piacere mi smosse qualcosa dentro.

- Vi ho già detto di quanto mettete a dura prova la mia buona volontà, Milady?

Ricordai quelle parole come se fossero state dette il giorno prima, ma in realtà erano passati ben due anni. I ricordi di quella sera si fecero di nuovo vivi nella mia mente. Lui che mi prese prepotentemente per ballare quel valzer, quelle parole così indicibili che mi disse con giocoso scherno e i suoi occhi talmente vicini da farmi perdere un battito del mio cuore.

Quella situazione stava capitando ancora una volta e ancora una volta ero sul punto di perdere i sensi? Era il primo uomo che mi si avvicinava in questo modo e forse era quello il motivo per il quale io sentissi certi brividi dentro di me. Ero nervosa e agitata. Non volevo che mi fosse così vicino, ma niente, nessuna forza era presente dentro di me che mi aiutasse ad allontanarlo. Restammo in quella posizione per troppi secondi, che a me sembrarono ore.

Il mio cuore aumentò il suo ritmo e non accennava a rallentare, come anche il respiro divenne più frenetico. Ma perché il mio corpo reagiva a quel modo?

Involontariamente trovai la spiegazione. Lui non si era mai dimenticato di me. Aveva fatto a posta a ripetere quella stessa frase che mi disse due anni fa. Lo aveva fatto per farmi capire che ricordava tutto perfettamente e che in quei due giorni aveva solo finto di non riconoscermi.

Quindi se ricordava tutto, ricordava anche quel bacio sulla guancia.

Neanche il tempo di pensarci che posò nuovamente le labbra su quella stessa parte del mio corpo, esattamente come due anni prima. Però questa volta eravamo soli. Nessuno ci avrebbe visto.

Indugiò a lungo e io non feci niente per distaccarmi da lui. Sentivo la mia pelle in fiamme e non feci assolutamente nulla per impedire di scottarmi. In quel momento stavo adorando quel fuoco che si era venuto a creare e mi dimenticai della questione “Katherine” che solo pochi istanti prima mi stava facendo venire il tarlo della gelosia.

La sue labbra si distaccarono lievemente, ma rimasero lì, a sfiorarmi dolcemente la pelle.

Che mi stava succedendo?


(Damon)


Che diavolo mi stava prendendo? Avevo preso tra le mani l’ufficiale fidanzata di mio fratello, l’avevo avvolta tra le mie braccia e le avevo sussurrato le stesse parole che sapevo che due anni prima l’avevano fatta impazzire.

Scommetto che non ha avuto ancora quel genere di attenzioni da un uomo. Scommetto che solo io sono stato colui che si avvicinato in questo modo a lei e l’ha fatta sentire per la prima volta una donna desiderata.

La sua pelle, morbida e liscia, l’avevo assaggiata due anni prima e un’incontrollabile voglia di rifarlo mi era venuta quando ci ritrovammo soli nella biblioteca della mamma.

Mi ritrovai nuovamente ad assaporarla, senza pensare alle conseguenze di quel gesto avventato, ma se due anni prima non mi sarebbe importato un accidente delle conseguenze che avrebbero portato baciare la sua pelle e sentire il suo profumo naturale, adesso sapevo che lei sarebbe diventata di mio fratello. Non sarebbe stata di nessun altro. Anche se mio fratello non aveva occhi se non per Katherine.
Amava Katherine come nessun’altra. Non avevo mai visto un uomo ridursi per una donna così come mio fratello aveva fatto per quella ragazzina.
E dannazione, aveva ragione se voleva rivederla!

Rimasi lì, qualche secondo di troppo, in quella posizione ed Elena non stava facendo assolutamente nulla. Rimase in balìa delle mia braccia e delle mia labbra.

Non mi ero mai dimenticato di lei. Come avrei potuto? Il ricordò che mi lasciò di lei due anni prima era indimenticabile …


 (due anni prima, la sera del debutto in società di Elena)


- Amico qui è una noia mortale. – sentì Trevor lamentarsi come di solito faceva un bambino con la sua mamma.

Infondo, il mio amico arciduca era un po’ come me. Odiava le feste, specialmente se erano dedicate a ragazzine giovani e inesperte come quella a cui avevamo preso parte. Ma mio padre mia aveva obbligato e io per non annoiarmi e per non sorbirmi le filippiche di mio fratello per la sua amata Katherine, obbligai Trevor a venirci con la speranza che si convincesse a trovare qualche bella ragazza da sedurre. Oh, quanto avremmo voluto raggiungere Alaric. Sicuramente era andato alla locanda di Rose per scolarsi quelle due o tre bottiglie di liquore che di solito scolavamo in due.
Lui non era obbligato ad andare alle feste altolocate. Lui se ne stava con la sua dolce mogliettina, Andie, a casa e quando voleva si andava a divertire con gli amici.

- Hai ragione. – gli risposi.

Eravamo arrivati a fine serata e ci voleva un bel gioco per tirarci su con il morale.

Guardai attentamente la festeggiata che aveva ballato armoniosamente con ogni gentiluomo che si era presentato a lei e la osservai in quell’abito bianco – panna. Era davvero un bel bocconcino per essere una ragazzina.

- Ti propongo una scommessa. – fece lui notando il mio interesse nell’osservare la fanciulla con il mio sguardo malizioso.  – al prossimo ballo, prendile la mano e falla ballare senza invitarla. Se ci riesci, ti offrirò da bere per due settimane.

- Per chi mi hai preso, per mio fratello forse? – sbuffai.  

Finita la musica mi diressi verso di lei e la presi tra le mia braccia, guardando divertito la sua espressione spaventata e anche un po’ impaurita.

Poi mentre giocavo con lei, mentre le facevo dei complimenti fin troppo spinti, mentre ballavamo sulle note di quel valzer, mentre le posavo senza pensarci due volte e senza curarmi degli altri un bacio sulla guancia, qualcosa dentro di me si accese.

Forse fu il suo sguardo fiero, nonostante le mie provocazioni e i miei scherzi, o forse fu la sua bellezza, ma dentro di me sapevo che di lei non mi sarei mai dimenticato.

 

 
Le mie labbra si distaccarono leggermente dalla sua pelle, ma non ebbi la forza di allontanarmi ancora del tutto.

Lei rimase immobile. Di solito nel vedere una reazione del genere io sarei andato avanti e le avrei iniziato a baciare il collo, che nudo si presentava davanti ai miei occhi. Poi l’avrei voltata e l’avrei baciata, così come faccio con ogni donna e se lei me lo avrebbe permesso, l’avrei fatta mia su uno di quei divanetti che quando ero piccolo mi piacevano tanto, perché era proprio lì che la mamma mi raccontava tante storie per farmi addormentare.

Elena era una vera tentazione. E se il giorno prima avevo fatto finta di non rammendarmi di lei, in quel momento tutti i miei buoni propositi erano andati in fumo.
Forse era la consapevolezza che lei alla fine non sarebbe mai stata mia a farmela desiderare ancora di più.

  Una sconosciuta forza mi permise di staccarmi da lei, che senza aspettare neanche un secondo scappò via.



Note finali: ed ecco qui un nuovo capitolo, in parte con il pov di Damon.  Badate bene il suo punto di vista ci sarà, ma non sarà presente in tutti i capitoli, perchè comunque considero la protagonista assoluta Elena (capitan Ovvio u.u).
A proposito di lei, oggi abbiamo conosciuto la delusione che c'è in lei quando capisce che Stefan ama un'altra. Si sentiva importante e al centro dell'attenzione per l'amore che credeva Stefan le stesse per dare, ma dopo la discussione da lei origliata ogni sua certezza crolla.
Stefan è innamorata di questa Katherine che a grandi linee avete capito che fa... credo proprio che Katherine sarà il personaggio ooc della storia anche se cercherò comunque di farla più badass possibile (perchè io amo il personaggio di Kath, ok?)
 
xoxo (si oggi mi sento un po' Gossip Girl xD), Mia <3
 

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Capitolo 4
*** Le spiacevoli sorprese di una giornata dimenticabile. ***


4.
Le spiacevoli sorprese di una giornata dimenticabile.

 
(Elena)


Appena Damon si staccò da me, riacquistai quella poca lucidità che mi rimase e corsi via da lui. Prima che la situazione potesse generare.

Mi sentivo in fiamme, non avevo mai provato così tante emozioni in così poco tempo e soprattutto da una persona che avevo conosciuto da poco. Che cosa mi era successo? Che fine aveva fatto quell’Elena cinica e razionale, intenzionata a sposare Stefan? Perché all’improvviso mi ero lasciata abbindolare dal fratello, un’altra volta?

Ritornando nella sala però mi resi conto che una parte di me era stata contenta e sollevata nel sapere che Damon si fosse ricordato di me. Quella stessa parte che era stata un po’ male quando credeva che lui non ne avesse nessun ricordo. Non mi sentivo sollevata, ma il mio cuore prese a battere più velocemente rispetto ad altri momenti, anche quando mi allontanai da lui.

Entrata in sala, fui sovrastata da mia zia seguita pochi passi più indietro dal signor Saltzman. Quei due non potevano passare neanche un secondo staccati, ma ovviamente questo lo potevo vedere soltanto io, o Damon. Gli altri potevano riuscire a vedere solo un uomo e una donna che si erano appena conosciuti e che si facevano compagnia.


- Che fine hai fatto Elena? Ti stavamo tutti cercando.  – mi chiese , sollevata di rivedermi.

- Io … perdonatemi.
Io suo sguardo si addolcì, ma notai anche qualcosa di diverso, come se cercasse di spiegarsi la mia risposta a dir poco criptica in una voce troppo timida e flebile. A noi si avvicinarono Stefan e suo padre.

- Credo che ora, mie signore – fece quest’ultimo – sia giunto il momento di presentare Elena agli ospiti.

Un cameriere ci porse due bicchieri di Champagne e notai che tutti gli altri ospiti ne avevano uno in mano. Il duca andò verso il centro della pista da ballo e richiamò l’attenzione di tutti i presenti. In attesa dell’arrivo del silenzio, nel mio campo visivo ricomparve Damon, che però non stava badando a me. Il suo sguardo era fisso sul padre e notai che come me, altre ragazzine lo fissavano incantate da, molto probabilmente, la sua bellezza e il fascino. Di certo non potevo negare che la sensualità e la bellezza di Damon fossero delle caratteristiche oggettive. Lui era di per sé bello e non faceva nulla per essere il contrario. Sembrava che la natura lo avesse creato apposta per fargli fare colpo su tutte quelle donne che lo guardavano maliziose e lui, se qualcuna di esse era particolarmente carina, ricambiava con uno sguardo altrettanto seducente.

- Credo che conosciate il motivo di questa festa. – iniziò il duca Giuseppe – sono lieto di annunciarvi ufficialmente il fidanzamento di mio figlio Stefan e della baronessina Elena Gilbert.

Nel sentire i nostri nomi, Stefan prese la mia mano e mi portò al centro, accanto al padre. Tutti applaudirono e io sorrisi davanti alla gioia di tutti gli invitati. Tra di essi notai la vecchia prozia Judith che mi fissava in un modo quasi maniacale, tanto da rabbrividirmi. Il suo sguardo voleva dirmi: Brava ce l’hai fatta. E per un solo istante pensai che forse come zia tanto male non era e che ad ogni modo le volevo bene.
Caroline e suo marito applaudivano come tutti gli altri ospiti e appena dietro di loro mio fratello Jeremy faceva la stessa identica cosa. Quando lo guardai negli occhi il mio sorriso si ampliò di più perché gli volevo bene. Jeremy era la persona a cui io ero più legata, soprattutto dopo la morte dei nostri genitori, ci siamo siamo sentiti più uniti. Lui ricambiò il mio sorriso e iniziai a sentirmi meglio.
Ritornai con gli occhi a dove ero prima e Jenna mi guardava trionfante mentre applaudiva energeticamente. Accanto a lei Alaric era meno entusiasta, ma in un certo senso lo potevo capire: io e lui non ci conoscevamo molto bene. Ci eravamo visti solo quelle volte che lo avevo beccato a corteggiare mia zia da sei mesi a questa parte e d’altro lato era venuto qui solo per invito di Damon.
Damon, a proposito, era accanto ad Alaric e guardava me e suo fratello con il suo solito sorrisetto. Istintivamente pensai al nostro incontro ravvicinato, avvenuto poco prima, e arrossii pensando ancora una volta alle sue calde labbra che mi baciavano e che mi sussurravano quelle parole: “Mettete a dura prova la mia buona volontà, Milady.” Ma che volevano dire quelle parole? Che era suo desiderio avermi nella sua camera da letto per … Oh  no, non ci potevo credere. Solo il pensiero di essere l’oggetto del desiderio del fratello del mio fidanzato mi  fece male.

Le note di un valzer inglese risuonarono nella stanza e Stefan mi chiese di ballare. Le danze dovevano essere aperte da noi due, i due festeggiati che si amavano. Ma improvvisamente mi ricordai della conversazione che avevo sentito poco prima. Di Giuseppe che rimproverava il figlio, di Damon che li invitava a ritornare alla festa e di Katherine. Quel nome che era diventato il centro dei miei pensieri, qualcosa che mi stava corrodendo da dentro e che mi stava aprendo enormi dubbi dentro il mio cuore.

“Perché Stefan, perché? Perché mi hai chiesta in sposa se poi ti ho sentito parlare con i tuoi famigliari di un’altra donna che a quanto pare ami? Perché mi stai facendo questo, ingannandomi? Quale ruolo ho io in tutto questo?” pensai, ma questi pensieri non fecero altro che confondermi ancora di più.


- Sei davvero stupenda stasera, Elena. – lo guardai negli occhi quando mi disse quella frase. Il suo sguardo sembrava sincero e puro. Oh, quanto era bravo a fingere! Perché io dovevo subire tutto questo? La rabbia cominciò a farsi strada nel mio cuore. Volevo sapere ogni cosa. Volevo che lui mi dicesse la verità. Damon aveva ragione, non poteva dirmela, perché lui non era il diretto interessato. Stavamo parlando di Stefan e delle sue menzogne.

Lo guardai con aria fredda. Un’espressione che non avrei mai reputato fosse mia.


- Chi è Katherine? – chiesi di getto. E alle mie parole sembrò raggelare. Distolse i suoi occhi dai miei per guardare un punto indefinito tra la folla che ci osservava danzare.

- Come sapete di Katherine?

- Questo non ha importanza. – mi vergognavo nel dire che avevo origliato una discussione a cui non ero stata invitata, perciò decisi di ignorare la domanda.

- È stato mio fratello, non è vero? – disse quasi furioso.

- Certo che no! – ribattei decisa – lui non vi tradirebbe mai. Ma io non vi dirò quello che volete sapere, se prima voi non rispondete alla mia domanda. Chi è Katherine? – richiesi. Vidi nel suo volto l’indecisione. Non sapeva se dirmelo o no.

- Questo non è il momento. – concluse. – incontriamoci domani, nei giardinetti vicino casa vostra e vi prometto che vi dirò qualsiasi cosa vorrete sapere.

- D’accordo. Domani mattina. – conclusi io. E ballammo ancora fino alla fine della musica.
 
 
  Il giorno seguente mi preparai da sola, silenziosamente, per incontrare Stefan ai giardinetti. La notte precedente non avevo chiuso occhio poiché mille pensieri mi offuscarono la mente. Non riuscivo a capire perché se il mio fidanzato amasse un’altra, avesse deciso di sposare me. Perché dovevo subire un simile affronto?

Il mattino vidi allo specchio le enormi occhiaie che mi devastavano il viso. Misi un abbondante dose di cipria per nascondere l’evidente prova della mia nottata insonne e indossai il mio abito grigio che in quel momento rispecchiava molto il mio umore.

Uscì di casa dando a mia zia risposte vaghe sulla mia destinazione e mi avviai ai giardinetti che distavano si e no due isolati da casa mia. Stefan era lì, che mi attendeva.

Mi avvicinai a lui. Era visibilmente impaziente poiché sbatteva con ritmo irregolare un tallone, facendo tremolare tutta la gamba. Quando mi notò, si alzò dalla panchina su cui era seduto e mi venne incontro.


- Elena … - mi parve che volesse dirmi qualcosa, ma lasciò il mio nome sospeso nell’aria, indeciso se parlarmi o meno.

- Salve Stefan. – gli dissi ricambiando a quello che gli feci credere che io avessi capito come un saluto. – aspetto delle spiegazioni. – arrivai dritta al dunque. Avevo atteso troppo tempo per delle risposte e ora non era più il momento per tergiversare. Era il momento della verità e io l’attendevo con ansia. Volevo sapere tutto e anche se una parte di me mi avesse detto che mi avrebbe fatto male, io preferivo conoscere ogni segreto che celava il mio futuro marito, altrimenti non sarei più stata sicura di doverlo sposare.

- Sedetevi. – mi indicò la panchina di ferro e io ascoltai il suo consiglio. Infondo, era meglio così. Seduta avrei retto meglio la situazione e, qualsiasi verità sarebbe venuta a galla, avrei cercato di saperla gestire al meglio.

- Chi è Katherine? – ripetei. Mi era sembrato di aver ripetuto quella domanda almeno cento volte, ma nessuno si era ancora degnato di rispondermi.

- Katherine è la donna della mia vita. – rispose tranquillamente. Dal dialogo che avevo ascoltato, avevo capito che lui amava un’altra donna, ma sinceramente sentirmelo dire ad alta voce fu qualcosa di orribile. Sentì crollarmi il mondo addosso e una furia dentro il mio cuore scacciò via ogni parola, lasciandomi solamente con uno sguardo di fuoco che degnai a Stefan.

- Capisco se adesso voi siate arrabbiata. – tentennò con la voce, forse messo in soggezione dai miei occhi. – ma, vi prego, lasciatemi spiegare. Vi assicuro che non è colpa mia.

- Che … che cosa state dicendo Stefan? Non vi capisco e mi state mandando in confusione. Per favore, andate con ordine e cercate di non tralasciare niente. – lo supplicai.

- D’accordo. – il suo sguardo si fece più serio. – conobbi Katherine due anni fa in una locanda nella zona ovest di Londra. Lei è stata costretta a prostituirsi da quando aveva quindici anni e quando ci incontrammo nel luogo dove lavora aveva alle spalle già un anno di esperienza.

- Aspettate. Perché voi eravate lì, nella zona ovest di Londra. È quella più malfamata della città! – replicai. Era risaputo che lì vivessero briganti e prostitute della peggior specie. In quel luogo poche persone avevano l’ardire di andarci ed erano o gente povera che per disperazione si dedicava alla malavita, o uomini balordi che tradivano le loro mogli per concedersi a giovani fanciulle volgari.

- Damon riteneva che dovessi fare esperienza. – mi rispose. Avvampai, perché mi imbarazzava di parlare di quell’argomento con lui o con qualsiasi altra persona. Io non ero mai stata con nessuno e di certo non avevo mai avuto l’ardire di parlare di … “quello” con qualcuno. A parte con una persona che era stata sfacciata con me, tanto quanto era sfacciato l’argomento: ovvero Damon. Ma lui aveva semplicemente espresso il suo desiderio per me ben due volte e, sebbene sapessi che mi stesse deridendo, alla fine compresi che ci doveva essere un motivo per il quale lui mi aveva detto certe cose. – lui mi portò in una locanda, gestita da una sua vecchia fiamma, Le donne di Dracula.

- Le donne di Dracula? – rabbrividì nel solo sentire il nome. Avevo sentito parlare del romanzo* che narrava di quella creatura mostruosa, un vampiro, se non sbaglio. Non mi aveva mai attirato un genere di quel tipo. Era semplicemente spaventoso.

- Si, un po’ tetro come nome. – sorrise, lievemente divertito. – ad ogni modo, li conobbi Katherine e scelsi lei per la notte perché rimasi incantato dalla sua semplice bellezza e ben presto mi resi conto di essermi innamorato di lei. Come lei era innamorata di me. Dopo quella notte ci vedemmo sempre di più, fuori dal suo impiego e …

- Non avete mai pensato che tutto quello che lei volesse, in realtà, fosse il vostro denaro? – gli chiesi con un velo di superficialità e solamente dopo mi pentii di quelle parole.

- In una situazione del genere, avrei anche sospettato di questo, ma, vedete, io le ho offerto mille volte i miei soldi e lei non li ha mai accettati. È troppo orgogliosa per farsi mantenere da qualcun altro. –Ascoltai attentamente le sue parole. Quei due si amavano, ma quello che io volevo veramente sapere era perché io mi ero ritrovata in quella storia.

- Allora perché mi avete chiesto di sposarvi?

- Voi le assomigliate molto. – mi disse. – la sera del vostro debutto in società per un momento vi scambiai per lei, ma chiaramente non lo eravate. Vi chiesi comunque di ballare per guardarvi da vicino e mio padre scambiò il mio momentaneo interesse per un’approfondita infatuazione. Lui non sapeva ancora di Katherine. Io e mio fratello sapevamo che si sarebbe molto arrabbiato, se avesse scoperto la mia relazione con lei. Con una popolana, anzi peggio, con una prostituta. Purtroppo una volta ci scoprì in un nostro incontro molto intimo e minacciò di cacciarmi di casa. Per fortuna Damon riuscì a convincerlo, dicendogli che aveva mandato via Katherine, spedendola fuori Londra. Ovviamente era una bugia, ma ancora oggi, mio fratello fa finta di essere dalla parte di mio padre, quando ogni settimana, da due anni a questa parte,  la va a trovare periodicamente, per poi portarmi sue notizie. – si schiarì la voce prima di riprendere a raccontare. – qualche mese fa, non ce la feci più e chiesi a mio padre di poterla rivedere. Si arrabbiò molto e mi disse che mi sarei dovuto sposare, altrimenti non mi avrebbe cacciato via di casa e fu lui stesso a consigliarmi voi, Elena. Rassegnato accettai.

Era una storia orribile. A Stefan erano capitate le sfortune peggiori e io mi ero ritrovata in quella situazione solo perché assomigliavo a Katherine. Non ero più sicura di volermi sposare con lui adesso. Anche se ora conoscevo tutti i dettagli della storia, mi sentivo tradita e non credevo che sarei riuscita a sopportare una vita vissuta con un uomo che avrebbe sempre amato un’altra.

- Comprenderei se voi adesso cambiaste la vostra decisione per quanto riguarda il matrimonio.

- Non ne sono più certa. – gli confessai.

- Vi capisco.

- Io adesso dovrei andare. – Mi congedai da lui e molto probabilmente dal mio sogno di vita apparentemente felice, ma forse sarebbe stato meglio così.

Non rivolsi altre parole a Stefan. Mi voltai e filai dritta a casa trovando zia Jenna che indaffarata aiutava le due cameriere, Bonnie e Vickie, a fare pulizie. Non le rivolsi una parola, ma capì che c’era qualcosa che non andava e mi seguì nella mia camera.

Prima di poter parlare, scoppiai a piangere e solo dopo essermi calmata le raccontai tutto: della sera precedente, quando sentì la conversazione e di quella avuta pochi minuti prima con Stefan. Le dissi di non volerlo più sposare, ma …


- Ti prego Elena non farlo! – rimasi stupita da quella sua supplica. Non vedevo perché non avrei più potuto sposarlo.

- Perché non dovrei farlo? – le chiesi.

- Perché … oh cielo pensavo di non dovertelo mai dire. Pensavo di risparmiarti tutti questi problemi, invece sono costretta a dirteli. – mi guardò con uno sguardo terribilmente dispiaciuto – stiamo per perdere la casa, Elena! Al momento l’uniche cose che ci permettono di andare avanti sono le eredità lasciate dai tuoi genitori, ma … ho scoperto che tuo padre era pieno di debiti e tutto il patrimonio si sta consumando in poco tempo. Stiamo per essere sfrattati e il tuo matrimonio con Stefan è di vitale importanza perché i Salvatore sono una delle famiglie più ricche di tutta l’Inghilterra. Ti prego Elena non far si che ci lascino in mezzo alla strada.

Perché io non ne sapevo niente? Era la giornata delle scoperte spiacevoli. Prima scoprì che Stefan non mi aveva mai amato e decisi di non sposarlo più, poi mia zia mi disse che non potevo perché stavamo per perdere tutto e il matrimonio sarebbe stata la nostra unica salvezza.

Ero così combattuta. Scegliere di vivere la mia vita o sposare un uomo che non mi avrebbe mai amato per salvare tutta la mia famiglia. Non potevo abbandonare Jenna e Jeremy. Non potevo far perdere il lavoro ai dipendenti della casa. Chi avrebbe sostenuto economicamente la famiglia di Bonnie se adesso anche lei si sarebbe trovata senza lavoro? Come avrebbero fatto Vickie e Matt, che erano soli al mondo? Chi avrebbe salvato tutti loro? Sembrava che il loro destino dipendesse proprio da me e io ne ero assolutamente certa che non ci sarebbero state altre soluzioni.


- D’accordo. Sposerò Stefan.




*Il conte Dracula è un romanzo gotico del 1897. Io mi sono presa una piccola licenza, visto che la mia storia è ambientata nel 1864. Perciò facciamo finta che Bram Stoker sia vissuto qualche anno prima
 xD ...
 
Note finali:
salve a tutti e Buona Domenica! Che ne pensate di questo capitolo? Devo ammettere che non mi entusiasma molto, soprattutto perché è molto discorsivo e lascia poco spazio ai pensieri di Elena …
In parte abbiamo chiarito la storia di Stefan, ma ripeto SOLO IN PARTE. C’è un altro colpo di scena che vi attende e che arriverà tra qualche capitolo, promesso!

Alla prossima, la vostra Mia <3

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Capitolo 5
*** Le mie decisioni avventate ***


5.
Le mie decisioni avventate


 
(Elena)

Costretta in una gabbia d’oro per tutta la vita. Solo allora mi resi conto delle conseguenze alle mie azioni. Avevo seguito il mio desiderio di vivere una vita tranquilla senza badare ai miei sentimenti e senza curarmi delle ripercussioni che tutto ciò avrebbe potuto poi avere. Non avevo riflettuto abbastanza e presa dall’euforia iniziale avevo accettato la proposta di matrimonio di Stefan, convinta del suo amore per me. Ma chi volevo prendere in giro? Ci eravamo incontrati solo una volta nella nostra vita e veramente mi ero illusa, cullandomi nell’esistenza dell’amore a prima vista? “I colpi di fulmine non esistono.” Pensai arrabbiata con me stessa. Infondo era solo colpa mia e di nessun altro. Non era colpa di Stefan se si era innamorato di un’altra, con cui non poteva stare, e il padre lo aveva obbligato a chiedermi in moglie. Non era colpa di mia zia che mi aveva detto che stavamo per diventare poveri e non era neanche colpa dei miei poveri genitori defunti se ci avevano lasciato in una situazione economica a dir poco misera. La colpa era solo mia. Mia perché mi ero lasciata convincere che Stefan mi amasse solo dopo esserci conosciuti solo una volta due anni prima. Mia perché avevo accettato la proposta senza pensarci, troppo convinta che era meglio un marito che non avevo mai amato rispetto ad una vita senza marito. “Che sia dannata la prozia Judith e tutti i suoi discorsi su quanto era brutto essere zitella.” Ma chi prendevo in giro? Dopo esserci sposati, Stefan avrebbe ottenuto la sua indipendenza dal padre e avrebbe potuto vedere di nascosto Katherine ogni volta che avrebbe voluto, facendo passare me per la povera duchessa Elena tradita dal marito da cui era amata, come lei affermava più che volentieri. La colpa era mia perché di certo non potevo biasimare mia zia e i miei genitori se eravamo finiti in bancarotta e in particolar modo non potevo biasimare Jenna che si era trattenuta dal dirmi subito in che condizioni si era ritrovata la nostra famiglia e aveva lasciato che decidessi secondo le mie emozioni. E io l’avevo lasciata cullarsi in un futuro prosperoso, senza problemi e libero di pensieri preoccupanti, ma quando la verità ero venuta a galla, mi ero ritirata, decisa a seguire il mio istinto e non le convinzioni che mi avevano forgiata fin da piccola e lei era stata costretta a raccontarmi tutto con la speranza che cambiassi nuovamente idea. Tutto in un solo giorno: avevo deciso di non sposare più Stefan e poi ero ritornata sui miei passi per salvare la vita a tutti gli abitanti della mia casa. Così avrei salvato la vita anche del mio futuro marito che, senza un matrimonio da affrontare, se la sarebbe dovuta vedere con un padre furibondo che lo voleva lontano dalla ragazza che realmente amava. Avrei condiviso una vita con lui, con il padre che in realtà non mi era stato particolarmente simpatico e con il fratello. Oh Cielo, Damon! Perché ogni volta che pensavo a lui, sentivo qualcosa di strano dentro me? Eppure era un arrogante presuntuoso che mi derideva sin dal primo giorno e non si faceva scrupoli se ogni volta che mi guardava con quei bellissimi occhi maledetti e ogni volta che mi mostrava quel sorriso dannatamente sbruffone – che molte volte mi era passato per la testa di spegnere con uno schiaffo poco signorile – mi aveva spiazzato. Perché se sebbene sapessi che lui si prendesse gioco di me, era il primo uomo che mi dedicava le sue attenzioni, anche se molto volgari rispetto al solito modo di fare la corte. Era il primo uomo che mi faceva sentire desiderata e ad ogni modo bellissima ed era normale se a tali affermazioni che lui mi aveva lasciato, puntandole dritte al mio cuore, mi fossi sentita colpita. No, non era amore. Era impossibile. Lo avevo conosciuto per solo poco tempo ed era tecnicamente impossibile che io mi fossi innamorata di lui, ma di certo non mi potevo illudere che lui si fosse innamorato di me. Avevo intuito che tipo era: quel genere di uomo che sfruttava le ragazze a suo piacimento, per puro piacimento carnale e non badava alla conseguenze che ci sarebbero state su di esse. Ma io non mi ero lasciata ingannare. Avevo capito che genere di persona era e da subito non mi ero illusa, intravedendo nella sue azioni uno scopo sotterraneo che lo classificava tra gli esseri peggiori. Eppure scatenava in me quelle reazioni. Le stesse reazioni che sarebbero dovute suscitare in me ogni volta che guardavo negli occhi Stefan. Perché, alla fine, avrei dovuto fingere di essermi innamorata di lui per tutta la vita, evitando di infangare il suo nome.

Quello stesso giorno tornai alla villa dei Salvatore per comunicare a Stefan della mia decisione. Lo avrei sposato, senza ripensamenti e anche se mi vergognavo nell’ammettere quella decisione, gli dissi anche le mie motivazioni e i problemi della mia famiglia.

- Mi dispiace di esserti ritrovata costretta, Elena. – mi disse sinceramente dispiaciuto.

- Fidati, dispiace anche a me. – gli risposi. – ma ti propongo un patto. Ti prego Stefan, promettimi che nel nostro futuro non ci odieremo. Promettimi di non considerarmi come la persona che ti ha salvato dall’ira di tuo padre. Promettimi che cercherai di fingere di amarmi veramente e che non considereremo il nostro matrimonio come una prigionia. Ti supplico, promettimi che vivremo una vita serena e anche se non saremo mai innamorati, affronteremo il tutto come veri amici. Ti prego, Stefan. – mi ero praticamente inginocchiata a lui e per fortuna il padre non era presente così che avremmo potuto parlare liberamente. Era scesa qualche lacrima dai miei occhi, ma in quel momento non mi vergognavo di quel sentimento.

- Te lo prometto. Elena, quale persona dopo aver saputo la verità avrebbe deciso di stare al mio fianco, se non una vera amica? Elena non solo ti prometto di restarti accanto, ma ti prometto che anche se io amassi Katherine per il resto della mia vita, non ti tradirò mai con lei. Lo faccio per il tuo rispetto e per il tuo onore. Non la vedrò più se da questo dipenderà il tuo orgoglio.

- Tu non devi rinunciare a colei che ami. – iniziai a controbattere.

- Certo che devo. Sarebbe un affronto nei tuoi confronti e rinuncerò a lei e al suo amore. Ormai mi sono rassegnato. – disse con uno spesso velo di tristezza.

Non conoscevo l’amore. Non lo avevo mai provato, ma potevo cercare di comprendere la disperazione negli occhi di Stefan, destinato a stare lontano dalla donna che amava.

- Apprezzo il tuo senso di dovere nei miei confronti e accettò le tue promesse, mi fido di te, ma posso capire le tue difficoltà, per ciò ti concedo di vedere Katherine almeno una volta. – gli sussurrai.

- Grazie. – mi rispose sollevato. E un po’ ci sperava che io gli concedessi questa cosa.

Lo guardai negli occhi e infondo pensai che mi poteva capitare di peggio. Mi poteva capitare un ragazzo che non gli avrebbe importato nulla di me, ma per fortuna c’era Stefan. Per un momento provai un profondo affetto per lui ed ebbi un desiderio nel mio cuore.

- Lo so che … - iniziai con il cuore in gola – lo so che è un po’ contraddittorio, ma posso baciarti?

Rimase sorpreso dalla mia richiesta, ma non turbato. Era qualcosa di irragionevole eppure la rassegnazione di vivere per sempre con lui stava mettendo le radici dentro di me e mi stupì di essermi abituata a quell’idea in così poco tempo, solo per aver parlato con lui.

- Certo.

Fu così che mi protesi verso di lui e appoggiai una mano sulla sua guancia, accarezzando con il pollice lo zigomo. Lo baciai a fior di labbra, sfiorando appena la sua bocca e senza andare oltre. Quello era il mio primo vero bacio e infondo fui sollevata di avere lui al posto di qualcun altro.

- Bene, vedo che vi state già dando da fare. – fu la voce di Damon ad interromperci.

Ci guardava sulla soglia della porta e ovviamente sfoggiava quel suo solito sorriso che in quel momento non fece altro che darmi su i nervi.

- Spero che abbiate chiarito le vostre … incomprensioni.

- Quindi sei stato tu a raccontarle tutto. – lo accusò Stefan lasciando trasparire nella sua voce un po’ di rabbia.

- In realtà, ho accidentalmente ascoltato la conversazione tra voi e vostro padre ieri sera. – decisi di difenderlo, infondo Damon non ne aveva nessuna colpa. – Tuo fratello mi ha solo sorpresa.

- Accidentalmente? – chiese retorico il fratello maggiore. Lo folgorai con lo sguardo e per un momento mi pentì di averlo difeso.

- Oh, mi dispiace che tu lo abbia scoperto in quel modo. – Stefan era un po’ vergognato e dispiaciuto, ma non lo biasimavo. Non più. – scusate – disse poi – io devo andare. La medicina richiede molto studio. – e si dileguò.

Ciò mi fece comprendere di essere rimasta sola con Damon, di nuovo. Perché la sua unica presenza mi metteva in soggezione? Con Stefan non era capitata una cosa del genere, eppure quei occhi color cielo d’estate mi centravano ogni volta e non riuscivo mai di distogliere lo sguardo su di essi.

- Grazie tante! – gli dissi con rabbia. Il suo sorriso si spense.

- Che cosa ho fatto?

- Perché avete cercato di mettermi in cattiva luce con vostro fratello? “Accidentalmente?” – cercai di imitare la sua voce – perché non vi fate gli affari vostri dannazione! Io e Stefan abbiamo parlato a lungo e abbiamo deciso di sposarci comunque per supportarci a vicenda.

- Interessante. – concluse – quindi vivrete la vostra vita difendendovi dalle insidie esterne. Vi parerete il …

- Non osate essere volgare con me, signore.

- E tu Elena dammi del “tu”, non sopporto tutta questa formalità – cercò di fare ironia.

- Infatti, tu ci sei nato senza formalità. Non chiedi alle persone di ballare, ma le prendi con forza, non chiedi neanche il permesso loro di … - mi fermai. Stavo per dire “baciarle”, ma ora ero io quella che stava andando oltre e senza pensarci stavo rivangando ricordi troppo imbarazzanti. Il bacio della sera prima e quello della sera dei miei sedici anni.Il suo sorriso tornò davanti ai miei occhi e mi spiazzò completamente. Avevo aggiunto la legna da ardere sul fuoco e sicuramente Damon, si sarebbe divertito a giocare con le parole che mi erano uscite dalla bocca.

- Allora è questo il problema! Volevi che ti baciassi sulle labbra come ha fatto mio fratello poco fa, magari con più passione anche. – fece per avvicinarsi a me e arrivai sul punto di sentire pesantemente il suo fiato sulle labbra, ma io mi discostai.

- Ma fammi il piacere! Sono ancora disgustata per quello che hai fatto ieri sera. – gli rinfacciai poco convinta, in realtà.

- Non ci credo. Se io ieri non mi fossi allontanato da te a quest’ora saresti stata già nel mio letto.

- Risparmiami queste allusioni così volgari. 

 
(Damon)

- Risparmiami queste allusioni così volgari. – mi disse inacidita.

Io invece mi stavo divertendo parecchio a deriderla e non avevo nessuna intenzione di smetterla. Non sapevo perché, ma volevo metterla in difficoltà e ammetto che nel vederla con mio fratello mentre si baciavano, non era qualcosa che mi era piaciuto, anzi un leggero fastidio era nato all’altezza del mio petto e senza rendermi conto li avevo interrotti.

Senza pensarci, dopo che la vidi allontanarsi da me, la presi per le braccia, come la sera precedente, ma questa volta me la portai di fronte per guardarla negli occhi. Non eravamo vicini, no, eravamo completamente attaccati e quella vicinanza mi provocava parecchie sensazioni. Nei suoi occhi vi lessi prima dello stupore, poi rassegnazione, come se si fosse arresa a quel mio modo di fare.

- Perché mi hai fatto capire di non esserti ricordato di me? – mi chiese.

- Che differenza avrebbe fatto? – risposi con una domanda, ma la mia voce si era abbassata di parecchi toni e risultava molto più roca. – anzi, non volevo far intendere male a mio fratello e mio padre.

- Intendere male per che cosa?

Le sfiorai una guancia per poi portate un ciuffo fuoriuscito dallo chignon dietro l’orecchio. Era accaduto già due volte e stava per accadere una terza. Posai le labbra sulla sua fronte e assaporai il suo odore di rose. La sentì tremare, mentre con una mano le cingevo il fianco e l’altra era sul suo collo ormai caldo.

- Per questo. – le sussurrai staccando di poco le labbra dalla sua pelle per scendere più giù sullo zigomo dove la baciai di nuovo – e per questo. – il mento – per questo – la gola e il mio naso era impregnato del suo odore. Ero completamente assuefatto e quella ragazzina mi stava completamente mandando fuori controllo. Tutto di lei mi attirava sempre di più al suo corpo e alla voglia di tenerlo accanto al mio. Sollevai la testa, deciso a baciare le sue labbra, e non come aveva fatto mio fratello, con l’innocenza di una promessa di amicizia, ma con il puro desiderio che da pochi giorni si era impossessato di me. Ero veramente sul punto di baciarla, ma lei si staccò improvvisamente da me con tutta la forza che aveva.

- No! – mi guardò con quello sguardo fiero dotato di alcune sfumature di incertezza. Le sue gote erano incredibilmente arrossate e il suo respiro era incredibilmente marcato. – chi ti da l’autorizzazione a comportarti in quel modo? Perché ti prendi gioco di me? Che cosa ti ho fatto per meritarmi questo comportamento?

- Chi ti ha detto che io mi stia prendendo gioco di te, Elena?

- E allora perché lo fai? – mi guardò adirata – Lo fai contro tuo fratello?

- Stefan ha già parecchi problemi. Io non gli vado contro.Pensai alla situazione di mio fratello. Io non lo odiavo, anzi, lo avevo protetto e lo stavo proteggendo da tutto, persino da un segreto che gli nascondevo da ben due anni. I miei pensieri mi riportarono alla mente una cosa.

Elena fece per andarsene.

- Aspetta! – le dissi. – c’è una cosa che Stefan non sa.

- Che cosa? – mi chiese esasperata.

- Non posso dirtela, ma siccome sarai sua moglie credo che sia dovere dirti che Stefan nasconde un segreto che nemmeno lui sa di mantenere. Quindi se per caso ti ritroverai a scoprire qualcosa riguardante Katherine che ti lascerà perplessa, non dargli assolutamente la colpa.

- Va bene. – mi disse – hai finito? 
 
 
(Elena)


- Hai finito? – gli chiesi arrabbiata

.Perché fa così? Da un argomento ce ne siamo andati ad un altro. Prima mi tratta come una sgualdrina cercando di baciarmi per poi fare solo Dia sa cosa e poi mi avverte su Stefan. Che altro c’era da sapere?

- Si. – mi rispose.Me ne andai senza salutarlo. Se fossi rimasta un altro po’ da sola con lui, sarei esplosa.

Uscì dalla villa dei Salvatore e notai che si era fatta sera, ma non avevo nessuna voglia di tornare a casa. Avevo bisogno di andare da Caroline per confidarmi con la mia amica. Avevo bisogno di confessare a qualcuno tutti i miei segreti e tutte le mie sensazioni che mi stavano letteralmente sconvolgendo la vita. Stefan, Damon, la situazione della mia famiglia … solo Caroline poteva capire meglio e comprendere tutto quello che mi stava capitando.

Arrivai alla casa dei Mikaelson in davvero poco tempo e Caroline dovette interrompere la sua cena con il marito perché mi vide sconvolta e rattristita.

- Elena, cucciola, che è successo? – mi chiese dolcemente porgendomi una tazza di tè bollente.

- Io … io … - le raccontai tutto, senza tralasciare nessun particolare. Le parlai delle verità su Stefan, le raccontai del mio primo vero incontro con Damon e di tutte quelle emozioni che mi rimanevano impresse quando ero con lui, ma soprattutto le confessai dei problemi economici che minacciavano tutta la mia famiglia di sfrattarci. – io non so più cosa fare Caroline. È un peso troppo grande. – finì il mio discorso in lacrime e non ne potevo più di tutta quella situazione. Quella giornata era stata veramente orribile.

- Mi dispiace per quello che ti è capitato, amica mia. – provò a consolarmi la bionda – e vorrei averlo saputo prima, così ti avrei aiutato con la tua famiglia. Damon, invece … sei così attratta da lui è perché nessuno prima ti ha rivolto quel tipo di attenzioni. Elena, tu sei una ragazza bella e meravigliosa e man mano che crescerai lo diventerai ancora di più, e più bella diventerai, più saranno i nobiluomini che proveranno a farti la corte e che ti faranno sentire desiderata. E ne sarai così lusingata che alla fine ti abituerai a queste sensazioni. L’amore non c’entra niente con tutto questo.

- Questo l’avevo già intuito Caroline, ma la sua presenza costante, accanto al mio futuro marito, mi destabilizza.

- Che cosa hai provato quando Stefan ti ha baciato?

- È stato … - ripensai alle emozioni che avevo provato quando le sue labbra si erano unite alle mia – dolce. Stefan mi ha fatta sentire importante ed è stato rispettoso … al contrario di Damon. – improvvisamente ripensai a ciò che Damon mi aveva detto.

“Stefan nasconde un segreto che nemmeno lui sa di mantenere. Quindi se per caso ti ritroverai a scoprire qualcosa riguardante Katherine che ti lascerà perplessa, non dargli assolutamente la colpa.”

Che cosa aveva voluto dire con quelle parole? Da quando le aveva pronunciate altri mille interrogativi si erano presi in possesso la mia mente ancora troppo turbata dalle notizie di quella giornata.
Raccontai a Caroline di quel particolare, ma anche lei rimase turbata dalla frase di Damon.

Perciò presi una decisione che lasciò di sasso la mia amica. Una decisione che non avevo mai pensato di prendere, soprattutto perché avrei corso un enorme pericolo, ma a quel punto non mi importava più di tanto. Se dovevo conoscere la verità, l’avrei fatto da sola. Ormai avevo capito  che dovevo andare avanti con le mie sole gambe, contando unicamente sulle mie forze. Dovevo farcela da sola.
Ero pronta. La zona ovest di Londra mi attendeva. La locanda delle “Donne di Dracula” mi attendeva. Katherine mi attendeva.
 
 
 
 
Note finali:
eccoci qui! ^.^ il monologo interiore all’inizio del capitolo ci fa capire che verrà affrontato il problema da tutti i punti di vista. Katherine, la famiglia di Elena e principalmente Damon …
Ah, Damon ed Elena. Vi giuro non vedo l’ora di scrivere qualcosa di più concreto su quei due, ma tutto ha il suo tempo, quindi temo che dovrete aspettare qualche capitolo prima di vedere l’agognato bacio che Damon sperava tanto di darle (ma accadranno tante cose intanto, non mi sono risparmiata :) ).
Per quanto riguarda invece il dialogo con Carolina ho cercato di renderla il più neutra possibile (anche se nella serie tv è pro Stefan xD), dice che le sensazioni che Elena prova per Damon non sono Amore e io ne smentisco ne confermo questa opinione, ma quando le chiede del bacio con Stefan, comunque Elena si rende conto che non ha provato altro che semplice affetto, che in confronto ai tremolii che aveva quando stava con Damon sono tutt’altra cosa …
Nel prossimo capitolo penso di aver fatto una cattiveria, forse sono stata orribile e cercherò di rendere una scena il meno forte possibile.

Alla prossima, la vostra Mia<3

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Capitolo 6
*** Le donne di Dracula. ***


6
Le donne di Dracula.

 
(Elena)

Quella sera stessa me ne andai da casa di Caroline con l’intenzione di conoscere Katherine subito. Infondo, avevo tutto il diritto di incontrare la donna che il mio futuro marito amava, no? Sarei potuta sembrare gelosa o sarei potuta sembrare paranoica, ma Damon con quella sua frase mi aveva messo un’evidente nota di curiosità e se c’era altro da sapere io ero intenzionata a scoprirlo a qualunque costo. Persino quello di inoltrarmi nella zona più pericolosa della città correndo Dio solo sa quali rischi. Uscì a piedi dalla casa di Caroline – che mi aveva proibito di andarci -  ma dissi al cocchiere, Matt, di lasciarmi un cavallo con la scusa che sarei rimasta ancora un bel po’ dalla mia amica e che sarei tornata da sola per non farlo attendere. Ovviamente, tutto questo all’oscuro da Caroline che se avesse scoperto le mie intenzioni si sarebbe sicuramente messa all’opera per non farmi andare e dandomi della pazza isterica che non considerava i vari pericoli.

Dopo la morte dei miei genitori ero ancora spaventata dai cavalli e in particolar modo di Storm, il cavallo nero che fece mandare fuori strada i miei genitori. Il caso volle che fu proprio lui ad accompagnarmi, perciò mi feci coraggio e salì in groppa a lui con il solo desiderio di arrivare al più presto per scendere dall’animale. Amavo quel cavallo, praticamente ero cresciuta con lui, ma non ero ancora del tutto disposta a fidarmi completamente.

Quando arrivai alle porte della zona, notai il cambiamento netto: da delle strade tranquille e pulite ero passata a dei veri e propri borghi pieni di pattumiera e vissuti, anche di notte, da gente sporca e sudicia. Dopo essermi inoltrata, non ebbi la più pallida idea di dove andare e avevo timore di chiedere a qualcuno come trovare la locanda. Alla fine presi forza e coraggio e domandai ad una donna appostata sulla strada. Portava un abito giallo acceso decorato con troppi nastrini rosa. La scollatura era veramente troppo ampia e lasciava intravedere quasi tutto il suo seno. I capelli rossi  e ricci erano sciolti e portati sulle spalle, mentre il trucco esagerato la rendeva ancora più vecchia di quanto non lo fosse già.

-    Mi scusi signora … - iniziai titubante. Mi guardai intorno e uomini ubriachi le giravano intorno con sguardi di lussuria e depravazione e a volte rivolgevano sguardi altrettanto volgari a me. A questo punto era meglio restare su Storm e affrontare la mia avversità contro i cavalli, piuttosto che scendere e ritrovarmi in mezzo a, di sicuro, non gentiluomini che puzzavano di vino. La donna non mi rivolse subito l’attenzione, troppo intenta a rivolgere degli sguardi languidi a qualche uomo ubriaco. Poi si voltò verso di me.

-    Che vuoi ragazzina? – mi chiese come se mi guardasse dall’alto verso il basso, quando alla fine era lei a dovermi rivolgere rispetto. Purtroppo mi lasciai intimorire da lei e anche non poco.

-    Io … io stavo cercando la locanda: “Le donne di Dracula.” – le dissi. Lei ampliò il suo sorriso. – non mi dire che una fanciulla come te vuole andare a lavorare per Rose. Ma quanti anni hai bambina? E poi dovresti scoprirti altrimenti non attirerai molti clienti. – mi squadrò rivolgendo particolare attenzione al mio abito giallo sabbia che copriva perfettamente il mio petto.

-    Non direi Genevieve. – fu la voce di un uomo a parlare, completamente ubriaco e con il singhiozzo che partiva ogni cinque secondi. – la ragazzina è molto carina. Quanto vuoi per passare la notte insieme a me?

-    Non sono qui per quello che credete voi, signore. – ribattei indignata – ora, se volete dirmi dove si trova la taverna …

-    È infondo la strada, con una scritta rossa su una tavola di legno. Non ti puoi sbagliare. – mi rispose la donna.

Non persi neanche tempo a salutare che mi dileguai da quella incresciosa situazione, troppo umiliata per guardare ancora in faccia quelle persone.

Quella donna aveva proprio ragione non mi potevo sbagliare. La scritta era mastodontica e ora non rimaneva che utilizzare il coraggio che mi rimaneva per entrare.


(Damon)

-    Ric, stasera non fai compagnia alla tua dolce Jenna? – gli chiesi sarcastico. Ormai il mio amico era troppo preso dal suo nuovo amore per poter dedicare tutto quel tempo con gli amici.

-    No. Problemi nella famiglia. – potevo benissimo immaginare ciò che succedeva trai Gilbert, Stefan mi raccontato della loro disastrosa situazione economica e la responsabilità era caduta sulla povera Jenna che aveva solo la mia età, 26 anni, ed era già distrutta come una vecchina inacidita dall’età.

-    Allora che ne dici di andare da Rose – gli chiesi.

-    Ah non lo so. Lo sai che non amo più fare certe cose.

-    Oh andiamo. Non ti devi buttare per forza tra le braccia di qualche bella fanciulla. Andiamo lì, beviamo un po’ di liquore, chiacchieriamo con Rose e io vado a trovare per qualche minuto Katherine. Tutto come al solito. – lo fissai speranzoso.

-    E va bene, ma non mi guardare con quella faccia. Al contrario delle donne, che amano quel visino da falso angioletto, io te lo spaccherei.

(Elena)

Quanto entrai nella locanda, ebbi l’intensa voglia di uscire immediatamente fuori. Se lo spettacolo della strada mi aveva lasciato inorridita, quello che si presentava nella taverna era il doppio del disgusto: gli uomini lì pagavano per bere e per stare in compagnia di giovani fanciulle mezze svestite che si facevano toccare da ogni parte, da più uomini alla volta e in mezzo a tante persone. I loro sguardi erano maliziosi e pieni di desiderio, mentre quelli di quei poveracci erano come quelli dei pesci che abboccavano come alle esche all’amo dei pescatori.

 Mi girai intorno per chiedere a qualcuno di Katherine, fino a quando non fu un uomo pelato e muscoloso che indossava una camicia bianca e sudicia a pararsi davanti a me.

-    Ma tu guarda chi abbiamo qui. Sei nuova? – la sua voce non mi prometteva nulla di buono.

Arretrai di qualche passo, quando lui tentò di avvicinarsi, ma due enormi mani mi presero da dietro per i polsi e mi tennero ferma.

-    Che ne dici di divertirci un po’? Saremo io, te e il mio amico. – ghignò.

-    Lasciatemi. – sibilai.

-    Non ti preoccupare ti piacerà. – mi guardò il corpo – ma cosa abbiamo qui. Sei troppo nascosta. Forse se … - con le sue mani provocò uno strappo al vestito scoprendo gran parte del mio seno e volli morire per la vergogna. Nessuno mi aveva mai trattata in questo modo, nessuno.

-    Ora si che ragioniamo. – disse quello di dietro. – da questa angolazione riesco a vedere tutto – rise con l’altro. – non vedo l’ora ti poterti assaggiare piccola – mi sussurrò nell’orecchio.

-    No vi prego! – urlai a qualcuno di aiutarmi, ma tutti sembravano occuparsi del proprio piacere personale senza badarmi, mentre le mie urla si disperdevano tra le risate di tutta quella gente.

L’uomo di dietro lasciò la sua presa per iniziare a tastare il mio seno, mentre io incominciai a piangere umiliata e arresa a quella situazione. Avevo voglia di vomitare. La sua bocca era trai miei capelli e riuscivo a sentire benissimo il suo respiro affannato e desideroso. L’uomo davanti a me, invece, mi prese per i fianchi e mi fece sedere su un tavolino baciandomi e leccandomi il collo. Iniziai ad urlare loro contro, spaventata e disgustata, lasciandogli non pochi insulti. Ad ascoltare le mie parole, risero divertiti, ma presto la loro pazienza finì e ricevetti per la prima volta in vita mia un ceffone così forte e potente che mi fece appannare la vista per qualche secondo. Rimasi zitta, troppo impaurita.

L’uomo di dietro stava scendendo con le mani verso “quel punto” mentre l’altro portava la sua lurida bocca verso il mio seno del tutto denudato. Ormai sentivo le loro eccitazioni sulla gamba e sulla base della schiena. Gettai un ultimò “lasciatemi” con tutta la mia voce, ma senza risultati. Stavano per raggiungere le mie parti più intime, quando qualcuno mi liberò dall’uomo che stava alle mie spalle. Mi voltai, liberandomi da quello di avanti che aveva allentato la presa su di me e coprendomi il busto. L’uomo era disteso a terra e sanguinava dal naso copiosamente. Alzai lo sguardo per vedere il volto del mio salvatore e non a caso non potetti fare a meno di chiedermi se quel cognome calzasse a pennello in quel momento. Perché Damon era lì, con la rabbia negli occhi e una gran voglia di prendere a calci qualcuno.

-    Prima regola per essere un gentiluomo. – disse con il suo solito sarcasmo -   quanto una donna vi chiede di lasciarla stare, VOI DOVETE LASCIARLA STARE!

L’altro uomo non era finito meglio dell’altro: si era beccato qualche colpo in testa da una persona che poi riconobbi essere Alaric Saltzman.

La rissa non finì fino a quando una ragazza più grande di me non zittì tutti con una sola parola. Aveva dei lunghi capelli castani e gli occhi celesti sul suo viso risultavano solenni. Cacciò immediatamente quei due possibili stupratori, ma io non badai molto a quello che faceva perché rimasi a guardare Damon che a sua volta mi fissava. I suoi occhi non erano più rabbiosi, anzi rivelavano parecchia preoccupazione.

-    Elena. – sussurrò.

E nel sentire la sua dolce voce, qualcosa in me si sbloccò. Corsi tra le sue braccia e lo abbracciai esplodendo a piangere ancora una volta. Ma questa volta erano lacrime di sollievo, perché in quel momento l’unica persona con cui volevo stare era lui, che mi aveva appena salvato la vita.

(Damon)

Appena entrati nella locanda, io e Ric, notammo il solito via vai che c’era ogni sera, ma qualcosa non andava. Qualcuno piangeva ed era insolito che qualcuno piangesse in un luogo di divertimento come quello. Mi voltai verso quei lamenti e una rabbia improvvisa mi accecò all’istante. La scena che vidi mi sembrò surreale: Elena era tenuta a forza da due maiali che la stavano per denudare e violentare. Ma che ci faceva Elena in quella locanda? Mi sentì gelare il sangue ed io e il mi amico ci tuffammo per salvarla. Quei due stavano anche per avere il coraggio di risponderci, quando Rose ci si parò davanti e li cacciò via.

Guardai Elena sconvolta e tutto ad un tratto la mia rabbia scomparve, lasciandomi un enorme senso di apprensione nei suo confronti. E se si era fatta male?

-    Elena. – sussurrai il suo nome, quando vidi che mi guardava con quegli occhi pieni di terrore.

Mi corse incontro e mi abbracciò sciogliendosi in un pianto di lacrime. Risposi al suo abbraccio, portando una mano dietro le spalle e una che le accarezzava la testa.

-    Non piangere ti prego. – la implorai. Poi alzai gli occhi e dissi a Rose che l’avrei portata in una camera per tranquillizzarla. Alaric, non so perché, ma non mi seguì. Forse era meglio, la presenza di troppe persone l’avrebbe destabilizzata ancora di più.

Aprì la porta di una camera di una taverna e la feci sedere su un letto. Quando si staccò da me, vidi il davanti del corpetto completamente lacerato. Mi tolsi la giacca e gliela feci indossare abbottonando accuratamente tutti i bottoni. Continuava a piangere e stringeva entrambe le mani sulla mia camicia bianca, riabbandonandosi sul mio petto.

-    Me che ti è saltato in testa? – le chiesi dolcemente, appoggiando il mento sulla sua testa e potendo sentire il suo odore che per un attimo mi annebbiò la mente – Perché sei venuta qui da sola, non lo sai che è pericoloso?

-    Io … io … - provò a dire tra una lacrima e l’altra – volevo solo poter parlare con Katherine – ammise.

-    Perché? – le domandai, ormai incuriosito.

-    Per quello che mi hai detto tu oggi pomeriggio. – sollevò il capo, rivelando i suoi occhi pieni di lacrime e in quel momento mi parve un cucciolo abbandonato. – sull’altro segreto di Katherine. – specificò.

-    Volevi conoscerlo e perciò sei voluta venirlo a chiedere alla diretta interessata? Sei stata una pazza incosciente. – la rimproverai indurendo un po’ di più la voce. Dannazione era stata colpa mia. Se avessi tenuto la bocca chiusa adesso lei non si sarebbe trovata in questa situazione e non starebbe soffrendo.  – ci sono molti pericoli nella zona Ovest della città. Se non si è pronti ad affrontarli, allora è meglio non avvicinarsi. Ringrazia che c’eravamo io e Ric, altrimenti … non oso pensare a cosa quei due porci ti avrebbero fatto. – le dissi disgustato a quel pensiero. Lei si portò una mano sulla bocca, spaventata da ciò che poteva succederle e la vidi sull’orlo di un’altra crisi di pianto, ma le presi il volto tra le mani e le accarezzai la guancia cercando di essere il più rassicurante possibile. – sei stata molto fortunata.

Prese una mia mano e ne baciò dolcemente il palmo. Io trattenni il respiro a quel contatto che da parte sua non mi sarei mai aspettato, poi lasciò la mia presa e avvolse le sue braccia attorno al mio collo, sprofondando con il suo viso nell’incavo tra la gola e la clavicola. Il suo respiro, ancora irregolare, si infrangeva sulla mia pelle che stava diventando ardente. Risposi subito a quell’abbraccio che mi stava mandando a fuoco.

Quel momento finì quando Alaric entrò nella camera cercando spiegazioni dalla ragazza che avevo tra le braccia. A malincuore, Elena si staccò da me, notando la nostra posizione: io ero seduto su un cuscino con la schiena appoggiata al muro e una gamba sul letto, mentre l’altra era appesa al bordo. Lei era seduta davanti a me e i nostri corpi si sovrastavano alla perfezione. Nonostante i vestiti che indossavamo, percepivo un nuovo calore che si creò al nostro contatto. Quello stesso calore che scomparve quando si allontanò da me.

Elena aprì bocca per parlare, ma qualcosa la bloccò. La vidi tremare ancora e sia io che il mio amico notammo il terrore e il turbamento che erano ancora in lei. Ric si avvicinò e provò ad accarezzarle una spalla per rassicurarla, ma la ragazza non appena lo sentì a contatto con lei, si mosse bruscamente.

-    Non mi toccare! – gridò. 

Entrambi rimanemmo stupiti da quella reazione e non perché lei non accettava il contatto con un'altra persona, ma perché lo aveva fatto solo con Ric. O perlomeno aveva permesso solo a me di avvicinarmi a lei. Questo pensiero così piccolo mi smosse qualcosa dentro, ma in realtà non era il momento di pensare alle mie sensazioni. L’unica cosa importante era Elena e il suo terrore presente negli occhi.

-    Scusa – riprese in un sussurro – non volevo e che …

-    Non ti preoccupare. – la rassicurò Ric – l’importante e che tu stia bene … fisicamente almeno. Però, Rose vuole che usciate di qua. La camera serve a qualcuno. – disse imbarazzato cercando di mascherare il più possibile le ragioni per le quali non potevamo stare lì.

Elena mi guardò piena di paura e io ricambiai lo sguardo cercando di essere il più rassicurante possibile. Tentai di avvicinarmi a lei lentamente e come prima permise di avvicinarsi aggrappandosi alla manica della mia camicia.

-    Non voglio uscire di qui. – mi implorò.

-    Tranquilla. Ci sono io non ti accadrà nulla con me. – le accarezzai i capelli – non permetterò a nessuno di avvicinarsi a te, lo prometto.

Non seppi perché, ma lei decise inaspettatamente di fidarsi di me. Rimase aggrappata al mio braccio, mentre uscimmo da quella stanza e ci andammo a sedere su una panca di legno accanto a Rose. La mia amica mi versò un po’ di vino nel bicchiere che bevvi tutto d’un sorso. 

-    Comunque io sono Rose. – disse ad Elena che si limitò a stringerle la mano e scrutare la sua figura. Rose indossava un vestito verde con una scollatura abbastanza scoperta, mentre i capelli castani erano raccolti in una lunga treccia. – mi dispiace per quei due balordi, ti avevano scambiata per una mia dipendente e l’alcol ha dato loro la testa. Sono a capo da cinque anni in questo luogo, ma non era mai accaduta una cosa del genere.

-    A capo? Ti prostituisci anche tu? – le chiese timorosa, ma con un velo di curiosità sia nella voce che negli occhi.

-    No certo che no! – rispose Rose ovvia. – ho vissuto la mia vita in mare, con mio padre che faceva parte della marina britannica. Alla sua morte ero rimasta da sola e senza soldi. Così mi feci ospitare da una buona donna, Mary.

-    Ah l’Orrida Mary! – sospirai io ricordando la donna e fingendomi sognante. – me la ricordo ancora. Avevo sedici anni quanto venni in questa locanda per la prima volta ed lei ero a capo di tutto, peccato che sia morta!

Elena mi guardò disgusta dal mio intervento troppo superfluo, ma se i suoi occhi mi rimproveravano, le sue mani erano ancora su di me e il suo contatto mi rivelava nuove sensazioni e pensieri contraddittori. Lo avevo capito che mi detestava e io non avevo mai fatto il contrario per farla ricredere sul mio conto, ma lo sentivo che lei era attratta da me. Lo avevo sentito due anni prima, quando ballammo alla sua festa e lo avevo sentito negli ultimi due giorni, quando ci eravamo ritrovati da soli e senza pensarci l’avevo presa tra le mia braccia e se lei non si avesse fermato, chissà fino a che punto saremmo arrivati.

-    Fai finire di raccontare a me per piacere. – mi rimproverò Rose anche se vedevo del divertimento sul suo volto. – dopo la morte di Mary, presi io il comando della baracca e da me vengono soltanto quelle ragazze che non hanno ne denaro ne cibo e devono trovare un modo per guadagnare soldi. Non costringo nessuno e le mie dipendenti non si sono mai lamentate. Io sono più un tipo da relazione seria, o almeno che ha una certa durata. Tipo con Damon. Per quanto tempo siamo stati insieme?

-    Tre mesi. – risposi. – ma diciamoci la verità. La tua bravura a letto è sprecata. Se ti unissi alle tue dipendenti anche tu attireresti molti più clienti e non lavorereste in questo sudiciume.

Non mi aspettavo qualche mio rimprovero per il mio linguaggio così oltraggioso, ma in quel luogo potevo dare il mio libero sfogo alle parole, senza dosarle e anche se potevo apparire maleducato, rispetto agli abitanti della zona Ovest apparivo comunque un damerino.

-    Ma non hai paura che qualcuno ti obblighi? – chiese Elena. E capì che stava ripensando al suo incidente di percorso. Le offrì un po’ di vino e con sorpresa ne bevve un lungo sorso dal mio bicchiere. Aveva proprio bisogno di esternarsi dal mondo per un po’.

-    Fidati, dopo aver trascorso sedici anni su una nave militare, ho imparato ad usare la spada come pochi sanno fare. Mi so difendere da sola. Io posso vivere in questo luogo, mentre tu non vivresti neanche un giorno. E questo mi porta a farti una domanda. Tu perché sei venuta qui?

-    Cerca Katherine. – le risposi io. – Elena è la futura moglie di mio fratello.

-    Oh. Katherine stasera non lavorava. Dovrete andare a casa sua. – concluse.

Elena mi guardò speranzosa. Voleva che l’accompagnassi e visto che ci trovavamo lì, non vedevo perché  non l’avrei dovuto fare.

Elena avrebbe conosciuto Katherine ed avrebbe conosciuto Nadia.



Note finali:
salve a tutti! Sono molto, ma molto, insicura su questo capitolo perché temo di aver sfiorato un tema forte, che sarebbe quello dello stupro (signorina delle ovvietà :/), perciò se ritenete che sia un argomento inappropriato, non fatevi problemi a dirmelo e io provvederò a cambiare il capitolo o a renderlo un po’ più leggero.
Passiamo al resto … Damon ed Elena si incontrano alle Donne di Dracula in una spiacevole (è un eufemismo, ma vabbé … ), ma questo ci fa capire che la loro vicinanza per lei è unica per lui, beh … capisce un sacco di cose il nostro Damon ho-gli-occhi-più-belli-del-mondo Salvatore.
Ma alla fine del capitolo nasce un importante quesito: chi è Nadia? Ora se state seguendo la quinta stagione sapete benissimo chi è e quindi vi siete fatti un’idea abbastanza precisa.

Con affetto, Mia <3

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Capitolo 7
*** Katherine, Nadia e i vostri segreti. ***


7
Katherine, Nadia e i vostri segreti.
(Elena)
Damon mi condusse fuori da quel posto infernale, ma l’atmosfera non era affatto cambiata. Gente che urlava alle due di notte senza curarsi di persone che molto probabilmente in quel momento stavano dormendo; donne che attiravano l’attenzione di uomini fin troppo ubriachi e desiderosi di una notte in compagnia di una giovane fanciulla. Quel pensiero mi fece rabbrividire e mi aggrappai con più fermezza al braccio di Damon. Non capivo il perché, ma il contatto con lui, il sapere che lui c’era e che diventava una presenza fissa accanto a me, mi rassicurava. Mi faceva sentire protetta e sapevo, anche senza che lui me lo dicesse, che mi avrebbe protetta e che non avrebbe permesso a nessuno di farmi nel male. Lo potevo vedere dai suoi occhi, lo potevo sentire dalla sua voce che non era mai stata così dolce e lo potevo percepire dal suo delicato tocco che, come ogni maledetta volta, mi inebriava come mai mi era accaduto in vita mia. Riuscivo a resistere solo alla sua vicinanza. Neanche al signor Saltzman avevo permesso di sfiorarmi la spalla, nonostante le sue intenzioni erano tutt’altro che cattive, per rincuorarmi. Solo Damon. Quella notte fu il mio scudo. Era un pensiero sciocco, questo è vero, ma senza di lui quella notte, sarebbe potuto accadere di tutto. Sarebbe potuto accadere qualcosa che mi sarei portata dietro per il resto della vita e non riuscivo ad immaginare a niente di peggio in quel momento. Per fortuna c’era lui che come mi trasmetteva quella sensazione di calore e io non volevo lasciarlo. Lo guardavo, spiavo di sottecchi il suo volto e i suoi occhi fieri che scrutavano le strade del peggior quartiere di Londra; il mio corpo si lasciava guidare dal suo che camminava sicuro tra la gente. Era come se conoscesse alla perfezione quelle vie. Era come se fossero casa sua.

Arrivammo in un vicolo buio, davanti ad una porta di legno, consunta nel tempo.


- Ci siamo. – mi sussurrò – questa è casa di Katherine.

Bussò alla porta e rimanemmo immobili per alcuni secondi che mi parvero infiniti, finché quella porta non iniziò ad aprirsi rivelando sull’uscio una ragazza della mia età. Stefan aveva ragione: mi assomigliava. Stessa corporatura, boccoli castani, piccolo naso e occhi marroni. Ma non eravamo completamente uguali. Il suo viso era più allungato e i capelli erano un tono più chiaro, ma senz’altro Katherine mi assomigliava, e parecchio. Mi fermai a fissarla con la bocca aperta per lo stupore e anche lei rimase sconcertata alla mia vista. Distolsi lo sguardo per osservare le mosse e i gesti di Damon.

- Ciao Kath! – esclamò lui.

- Che cosa vuoi Damon? E lei chi è? – chiese la ragazza scontrosa contro il mio accompagnatore.

- Ma che fine hanno fatto le tue buone maniere? Non sei per niente ospitale. – la rimproverò con finta offesa.

- Non pensavo che una comune prostituta avesse l’obbligo di essere cortese. – replicò apparentemente serafica, ma riuscivo benissimo a percepire una fiammella di nervosismo nei suoi occhi. – entrate. – ci disse, alzando gli occhi al cielo. Damon imitò il suo gesto, aggiungendo uno sbuffo, poi mormorò.

- Tanto gentile e tanto onesta pare. – riconobbi in quelle parole un verso di Dante. Rimasi sorpresa dalle sue conoscenze; non mi sarei mai immaginata che Damon citasse un poeta tanto antico e per giunta non qualcosa che provenisse dalla sua opera principale. Sorrisi lievemente, cercando di nascondere un po’ di gioia nel scoprire che forse lui amasse leggere tanto quanto me, ma forse mi stavo solo illudendo. 
Entrammo nella casa di Katherine che comprendeva una stanza principale che cadeva letteralmente a pezzi. Gli angoli dei muri erano ricoperti di ragnatele e la polvere la si poteva vedere sul tavolo di legno anche nel buio più totale. Forse mi lasciai scappare un’espressione disgustata, sta di fatto che Katherine notò qualcosa in me.

- Scusatemi, vostra altezza, se il luogo non è di vostro gradimento.

- Non essere sgarbata con lei. – la rimproverò Damon.

- Lei chi è?

- Elena Gilbert. – le rispose.

- Dovrei conoscere a priori questa ragazzina, visto che ti degni solamente di nominare il suo nome?

- Non chiamarmi ragazzina. – intervenni io – ho diciotto anni ormai e …

- Anche io ho diciotto anni Myladi – disse ironica – ma voi ochette dell’alta società crescete viziate e non conoscete affatto la vita come la conoscono le vostre coetanee di un ceto sociale più basso.

Ero furiosa. Non mi ero mai così tanto offesa in vita mia e non sapevo assolutamente come controbattere, perciò dissi la prima cosa che mi venne in mente, sfruttando le mie conoscenze.

- Io sono la futura moglie di Stefan. – affermai e alle mie parole la vidi sussultare e diventare pallida. Rimase per qualche secondo in silenzio cercando di assimilare l’informazione appena ricevuta; poi fissò Damon furibonda.

- Perché mi fai questo? Portare in casa mia la donna che lo sposerà! – la sua voce era incrinata dal dolore e presto le lacrime vennero per scendere sul volto.

Damon si allontanò da me per avvicinarsi a lei e abbracciarla. Lei si lasciò andare tra le sue braccia in attesa che il suo sfogo finisse. Osservai attentamente la loro immagine ed erano praticamente attaccati. Lasciai riportare la mente a qualche minuto prima, quando ero io quella che si lasciava consolare tra le sue braccia, accarezzata dal suo dolce profumo e in completa balìa del suo corpo. Un moto di fastidio sentì sorgere all’altezza del petto. Insomma, io sapevo che Katherine era innamorata di Stefan. Perché si lasciava accarezzare in quel modo dal fratello? Che rapporto c’era tra quei due? Un dubbio iniziò a nascere nella mia mente. Forse era questo il segreto che Damon e Katherine nascondevano al fratello. Forse … loro si erano innamorati l’uno dell’altra e non sapevano come dirlo a Stefan. Alla fine era normale. Lui e l’amore della sua vita non si incontravano da ben due anni e solo il maggiore era andata qualche volta a trovarla per poi riferirgli come stava. Magari dopo aver passato tutto quel tempo insieme, avevano scoperto un nuovo sentimento reciproco. Mi sarebbe dovuto andare bene. Allora perché non era così? “Maledizione, che c’è di sbagliato in me?” sbuffai da sola.

- Katherine calmati. – provò a consolarla Damon. – non l’ho fatto per farti soffrire e solo che … sono stanco di tutti  questi segreti. Voglio che almeno lei conosca la verità.

- Che vuoi sapere? – mi domandò, mentre si staccò completamente da lui  per poi asciugarsi le lacrime con le dita.

- Tutto. – risposi, mentendo. Dopo le mie considerazioni non ero più sicura di voler conoscere quel tanto misterioso segreto. – come hai conosciuto Stefan, come ti sei innamorata di lui e … e … anche cosa è successo dopo. Voglio sapere tutto, dal tuo punto di vista.Katherine si andò a sedere su una sedia di legno traballante, mentre fece accomodare me e Damon su un divanetto rosa ammuffito. Potevo sentire quel forte odore di tanfo e di vecchio che mi impregnava il naso, ma in compenso il profumo di Damon copriva perfettamente tutto. Ma che cosa andavo a pensare? Osservai attentamente il suo volto e nel completo buio io riuscivo a scorgere i suoi splendidi occhi celesti che per un istante mi guardarono, costringendomi a distogliere il mio sguardo da lui. Mi sentii avvampare e ebbi come la sensazione che lui mi stesse ancora fissando, cosa che mi mise ancora di più in imbarazzo.

- I miei genitori sono morti appena nacqui, perciò mi allevò la mia giovane zia. – notai questa somiglianza tra me e lei. Entrambi orfane, cresciute ed affidate ad un parente. – purtroppo anche lei morì quando avevo quindici anni e mi ritrovai sola, completamente sola. Provai a chiedere lavoro come aiutante in qualche negozio, o in qualche panetteria, mi servivano giusto i soldi per continuare a vivere, ma nessuno si fidava di una ragazzina povera, perciò decisi di chiedere un posto nella locanda. Rose fu disposta ad aiutarmi e pian piano mi abituai a quello stile di vita. La taverna è uno strano posto,  puoi incontrarci gli uomini soli che hanno bisogno di compagnie, puoi incontrarci i più poveri che non appena guadagnano qualche soldo lo vengono a spendere da noi, puoi incontrarci uomini disperati che hanno soltanto il bisogno di sfogarsi, ma i più interessanti sono gli uomini ricchi: possono avere decine di donne ai loro piedi e invece decidono di sprecare i loro soldi per venire da noi. – istintivamente guardai Damon e lui notò il mio sguardo.

- Non mi guardare in quel modo. Io ho iniziato a frequentare la taverna perché stavo con Rose e non ho bisogno di pagare per far gettare una donna ai miei piedi. – era ironico. Non ero sicura che fossa una battuta, considerando che lui era un bell’uomo e che sicuramente molte lo desideravano.

- Un anno dopo, avevo solo sedici anni, Damon portò suo fratello da noi per fargli fare la sua prima esperienza. Dio, quanto era bello, mi fece impazzire già dal primo sguardo. Scelse me per la notte e con lui nel letto, sentì qualcosa di diverso. Non era solo sesso – non mi stupì con quale facilità riuscì a dire quelle parola – era amore, ne sono sicura. Iniziammo a frequentarci, seriamente. Lui mi faceva persino la corte. – sorrise – finché non ci vide il padre. Lo aveva seguito fino qui. All’inizio il duca pensava che il figlio veniva a spendere i soldi nella solita locanda di prostitute e perciò fece solamente una ramanzina a Stefan, ma quando lui gli disse di amarmi e che aveva intenzione di passare la sua vita con me, lo picchiò. – disse con le lacrime agli occhi – lo picchiò così forte che pensai che stesse per morire. Il signor duca gli proibì di vedermi e così facemmo, così continuiamo a fare, ma … qualche mese dopo … scoprì qualcosa che non avrei mai creduto potesse accadere.

La guardai sempre più curiosa.

- Che cosa? 

(Damon)

- Che cosa? – domandò Elena a Katherine. Era giunto il momento e per un secondo pensai che forse era meglio se Elena non sapesse. Mi pentii di averle detto quella cosa. Aveva causato parecchie conseguenze. Lei stava per essere stuprata da due bastardi e ora il segreto che io, Katherine e … Alaric, che era il mio migliore amico, nascondevamo da fin troppo tempo per continuare a mantenerlo segreto, stava per essere svelato.. Ma ovviamente quella testa dura di Ric mi aveva persuaso a raccontarle tutto perché effettivamente non si poteva andare avanti così. Io che mentivo a mio fratello perché nonostante io sia uno sbruffone, non posso fare a meno di mantenere le mie promesse. Una di queste l’avevo fatta a Katherine e  mi ero ritrovato a mentire a mio fratello.

- Ero incinta. – buttò fuori Katherine. Vidi prima lo stupore passare dagli occhi di Elena, poi uno strato stato di incomprensione. Più che altro era uno sguardo indecifrabile, ma io lo interpretai così.

- Cioè … mi stai dicendo … - disse alzandosi dal divano per poi girarsi verso di me – mi state dicendo che Stefan e padre e nemmeno lo sa?

Un piantò provenne dall’altra stanza. Katherine fece per andare a prendere la bambina, ma io la fermai. Entrai nella camera accanto e nella piccola culla di legno bianca, sbucava la testolina della bambina più bella che avessi mai visto. Capelli castani come quelli della madre e due smeraldi al posto degli occhi con qualche sfumatura marrone.

- Zio! – esclamò la bambina. Aveva circa un anno e mezzo e rimasi stupito, quando iniziò a parlare, che la sua prima parola dopo “mamma”, fosse stata “zio”. Ma alla fine quelli che passavano la maggior parte del tempo con la piccola eravamo io e Katherine.

- Ciao bellissima – le mormorai avvicinandomi e prendendola in braccio. Si era calmata non appena mi aveva visto.Uscii immediatamente per raggiungere Katherine ed Elena che erano rimaste in silenzio. Katherine si girò verso di me e Nadia protese le braccia verso la mamma, mentre guardava incuriosita il nuovo volto presente nella stanza: Elena. Anche lei notò la somiglianza tra lei e la sua mamma perché il suo visino era parecchio confuso e il sonno che le aveva portato la notte di certo non la aiutava.

- All’inizio non credevo che potesse essere di Stefan. Insomma, con il lavoro che facevo c’era possibilità che fosse stata figlia di un cliente, ma quando nacque, vidi praticamente il volto di Stefan. I suoi occhi, le sue labbra … era lui. Era sua figlia. Damon aveva visto che ero incinta, ma quando vide la bambina voleva avvisare il fratello. Io gli feci promettere di non dirgli niente. Avrebbe creato solo più problemi.Elena intanto si era avvicinata a Katherine e stava accarezzando la testolina di Nadia - si era appena riaddormentata - che era appoggiata sulla spalla della sua mamma. I suoi occhi erano velati di una malinconia che li fece riempire di lacrime. Quel segreto l’aveva fatta male, più di quanto potessi immaginare.

- Hai una splendida figlia. – le disse dopo un lungo silenzio – e mi dispiace, per tutto quello che ti è capitato.

Se ci fosse stata un’altra ragazza al posto suo non sarebbe stato lo stesso: non le sarebbe importato della vita di Katherine, anzi, avrebbe badato solamente alla sua vita, essendo egoista e basta. Ma Elena era fatta così. Poteva aver passato la giornata più infernale di tutta la sua vita, ma alla fine dimenticava tutto ciò che le era accaduto e pensava agli altri. Metteva le altre persone al primo posto e avrebbe sacrificato se stessa, piuttosto che lasciar soffrire la gente che la circondava. Elena era speciale e mi ritrovai a pensare, come mai in così poco tempo provavo qualcosa di così forte nei suoi confronti. Dannazione, erano passati solo tre giorni da quando l’avevo conosciuta, senza contare la festa dei suoi sedici anni, e ogni maledetta volta che io mi avvicinavo a lei sentivo il cuore fermarsi. Lei sarebbe stata la mia morte, ne ero sicuro.

- Ti prego – le chiese Katherine – non dirlo a Stefan.

- Io … io non posso nascondergli una cosa del genere. Non te lo posso promettere. – disse.

Katherine si sentì mancare, poi qualcosa le passò per quella sua testolina e mi guardò arrabbiata.

- Era ciò che volevi, non è vero? Tu sei vincolato dal tuo giuramento, ma sapevi che Elena non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Sapevi che Elena non avrebbe voluto nascondergli una cosa del genere. Perciò hai fatto in modo che lei venisse a scoprire la verità. Non è vero, Damon? Non è vero? – ridisse quasi urlando e facendo svegliare la figlia che si rimise a piangere.

Presi la bambina tra le braccia mentre Elena guardava stupita la scena. Ma più o meno i piani dovevano essere quelli. L’intenzione mia era quella di rivelare tutto quanto a lei, di certo non avevo intenzione di mandarla nella zona Ovest della città e di certo non volevo che Katherine venisse a conoscenza delle mie intenzioni.

- Lui deve saperlo. Lui deve conoscerla. – indicai Nadia mentre la coccolavo tra le mie braccia.

- Sei un bastardo, Damon. Adesso, restituiscimi mia figlia e vattene via. Ho bisogno di stare da sola per qualche giorno.

Ci ritrovammo nuovamente in mezzo la strada. Elena era ritornata silenziosa e camminava a testa bassa mentre si stringeva la mia giacca che ancora portava addosso. Quella notte del 29 agosto faceva particolar mente freddo e un venticello soffiava tra le vie di Londra portando brividi ai notturni della città. Quando due ubriaconi ci vennero incontro, Elena si ridestò dai suoi pensieri e si strinse al mio petto. Sperai vivamente che non avesse sentito i  miei battiti del cuore, che improvvisamente si erano velocizzati. Una sua mano era proprio all’altezza del mio sterno e strinse la mia camicia fino a stropicciarla del tutto. L’altra era finita sulla mia anca e nonostante il tessuto del mio indumento, tutto ciò che riuscivo a sentire era solo il suo tocco, che più passava il tempo, più un suo sfioramento, mi faceva impazzire. Perdevo completamente la testa e mi dimenticavo come ragionare. Era diventato così ormai e quella sera, lo so, che era crudele ed egoista e che lei era ancora traumatizzata, ma stavo seriamente per perdere il controllo. Volevo averla. Forse non quella sera, ma sicuramente sarebbe stata mia almeno una volta.

Continuammo a camminare ancora vicini, finché non arrivammo davanti al suo cavallo. Di Ric, non c’era nemmeno l’ombra. Molto probabilmente se ne era andato, stufo di aspettarci.


- Ti accompagno a casa. – le dissi, salendo sul cavallo nero. Notai però che lei esitò a salire. – che succede, adesso?

- Ho paura dei cavalli. – disse flebilmente.

- Come sei arrivata qui allora?

- Prima era diverso. Ora, dopo tutto quello che è successo stanotte … sono spaventata. Non ho più tutto quel coraggio. Adesso ho paura anche di Storm. – mi informò indicando l’animale.

Scesi di nuovo per terra. Non potevamo certo rimanere bloccati lì per sempre.

- Ascoltami bene. – mi avvicinai, portando entrambe le mie mani sul suo volto e guardandola negli occhi. Con i pollici la accarezzavo cercando di infonderle un qualche tipo di coraggio. – va tutto bene. – le dissi serio. Nessuna nota di ironia, di malizia o complicità. Solo me stesso che mostravo la mia preoccupazione per lei. – Storm non ti farà del male. Con me non ti accadrà mai nulla di male. Te lo giuro, Elena, non corri alcun pericolo. Ci sono io con te.

Prese i miei polsi con fermezza e discostò le mie mani per dirigersi verso il cavallo. – mi aiuti a salire, per piacere?

La presi per i fianchi e la sollevai con dolcezza finché non la sentii sicura, seduta sulla sella. Salii anche io e mi posizionai dietro di lei. Per prendere le redini mi ritrovai ad avvolgerla in un abbraccio e sentii ancora quell’odore di rose trai suoi capelli.

Arrivati a casa sua, Elena mi chiese di condurla verso il retro, per entrare dalla porta della cucina per non svegliare nessuno. Scendemmo dal cavallo e l’accompagnai alla porta. Perché mi stavo comportando così galantemente? Queste di certo non erano le solite abitudini di Damon Salvatore. In altre occasioni me ne sarei andato ancor prima di vederla entrare in casa. Ma ero ancora preoccupato per lei.
Quando ci ritrovammo alla fine del nostro tragitto lei si girò verso di me e sembrò volermi dire qualcosa.


- Grazie. – sussurrò – per tutto.

- Non ce di ché.

Fu un attimo. Si avvicinò a me e mi posò un bacio sulla guancia. Un bacio lungo come quelli che le avevo donato io in altre occasioni precedenti. Un bacio che mi fece perdere completamente. Un bacio che fece dimenticare tutto quanto e che mi ricordava che esisteva solo e soltanto lei, Elena. Ora era la sua pelle che volontariamente sfiorava la mia in quel modo e giuro, che se avesse indugiato ancora di più l’avrei baciata con più passione che potevo.

Si staccò, ma la vicinanza rimase minima. Le sue mani erano appoggiate delicatamente sul mio petto e i suoi occhi esprimevano una nuova luce che in lei non avevo mai visto. Qualcosa di diverso che non riuscii a comprendere. Le sue piccole labbra erano leggermente dischiuse e respiravano irregolarmente. Inconsciamente avevo appoggiato le mie mani sui suoi fianchi per tenermi a lei per non cadere e per non cedere alla tentazione. Dio, che mi prendeva? Ero veramente così assuefatto da lei? Dai suoi modi di ragazzina viziata e dalla sua incredibile bellezza? Perché lei era bella e non bella da togliere il fiato. Bella da potersi perdere nei suoi occhi nocciola, bella da poter rimanere così per tutta la vita, bella persino da … ma che diavolo mi passava per la testa? No, non potevo immaginarla mia e per sempre. Non potevo essermi … realmente innamorato di lei, non in così poco tempo! Era assolutamente impossibile.

Fece qualche passo indietro e abbassò le sue braccia.


- Buonanotte. – mormorò con un nuovo tono di voce.

- Buonanotte. – le risposi, ancora incantato da lei.

La vidi entrare e per qualche secondo rimasi lì, fermo, mentre una parte del mio cervello sperasse di rivederla uscire da quella porta. Mi ridestai dal mio stato ipnotico e iniziai a camminare verso casa di mio padre. Di certo non potevo andare a piedi fino a Mystic Falls. Con la carrozza era circa un’ora di viaggio. Poi mi fermai, troppo tardi per ritornare indietro e per disturbarla. Avevo dimenticato la mia giacca!

(Elena)
Non so che mi era preso. Quella giornata era stata lunghissima e la notte era finalmente finita. Le prime luci dell’alba iniziavano già ad illuminare la città. Io avevo bisogno di dormire e anche tanto. Avevo bisogno di addormentarmi nel mio comodo letto per dimenticarmi quel’infernale giornata. L’unica nota positiva era stata Damon. Era stato al mio fianco e mia aveva rassicurata. Lui era stato la mano a che aveva permesso che non cadessi nel baratro. Era stato la mia salvezza e non avevo potuto fare a meno di baciarlo come lui, quello stesso giorno, aveva fatto con me. Eppure sarei rimasta così per tutta la vita, tra le sue braccia che mi sorreggevano e il suo odore con me, sulla sua giacca. Io non volevo ridargliela e per fortuna non se ne era ricordato. Mi piaceva: era calda e mi faceva sentire protetta, come se fosse lui in quel momento a tenermi tra la sue braccia.

Entrai nella cucina con la speranza che nessuno si fosse alzato. Le luci erano spente ed era ancora tutto buoi per poter capire cosa realmente stava accadendo in cucina. Notai troppo tardi le due figure che erano completamente appiccicate e che si stavano letteralmente divorando il volto a vicenda. Solo quando notarono la mia presenza e si staccarono capii chi erano: Bonnie e Jeremy.


- Dio, Elena! – quasi urlò spaventato mio fratello. 




Note finali:
molti di voi, se non proprio tutti lo avevano già capito dallo scorso capito, ma era abbastanza normale, ma quello che non sappiamo ancora sono le vere reazioni di Elena. Dopo una giornata del genere (che dura dal capitolo quattro O.o, finalmente è finita xD) lei è troppo stanca per reagire al fatto che il suo futuro marito abbia già una figlia e che lui non lo sappia. È stata quasi impassibile alle ultime rivelazioni e sicuramente prima di parlarne con Stefan, avrà una piccola discussione con la persona che l’ha indotta a intraprendere quell’”avventura”: Damon.
Nella scena finale trai due notiamo la forte attrazione che li lega, ma alla fine non c’è stato nessun passo avanti. Forse solo da Elena che per la prima volta decide di “ringraziarlo” in un modo che non aveva mai fatto con nessuno. E nel discorso interiore di Damon ci sono diversi elementi contraddittori: prima dice di volerla e che prima o poi ci sarebbe riuscito e poi mentre è lei che fa il primo passo, lui cerca di trattenersi (chi lo capisce è bravo).
Nelle Note avevo messo OOC, proprio per il personaggio che entra in questo capitolo, ovvero Katherine. Di certo la nostra vampira cattiva non sarebbe mai capace di piangere, almeno non davanti ad altri o non tra le braccia di Damon. È forte, la sua vita l’ha forgiata in questo modo, ma Stefan rimane il suo punto debole.
L’ultima parte è … beh, non potevo di certo non mettere la Beremy, dopo Klaroline e Jalaric (aspettate qual è il nome per Jenna e Alaric?). Ma voi per caso credete che per loro sarà tutto rose e fiori? Ovviamente no! Lei è una cameriera lui un barone e non avranno vita facile.

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, Mia <3
 

p.s. qualcuno nel primo capitolo mi aveva chiesto che età avessero i personaggi e io da perfetta ritardataria, dopo sette capitoli vi do la risposta, che in realtà era già pronta da settimane xD
         
  Elena Gilbert Salvatore: 18 anni
  Damon Salvatore: 26 anni  
  Stefan Salvatore: 18 anni  
  Jeremy Gilbert: 16 anni  
  Katherine Pierce: 18 anni  
  Caroline Forbes: 17 anni  
  Niklaus Mikaelson: 26 anni  
  Alaric Saltzman: 26 anni  
  Jenna Sommers: 26 anni  
  Bonnie Bennet: 18 anni  
  Matt Donovan: 18 anni  
  Nadia Salvatore: 1 anno  
  Rose: 26 anni    
  Giuseppe Salvatore: 49 anni  
         

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Capitolo 8
*** I miei veri sentimenti. ***


8
I miei veri sentimenti.
(Elena)
Era passata una settimana da quella giornata. Tanti problemi per la testa che non avevo ancora risolto e soprattutto verità che questa volta io stavo nascondendo. Quando entrai in casa e sorpresi mio fratello Jeremy e la mia migliore amica Bonnie baciarsi, rimasi senza parole. Loro mi dissero che avevano una piccola relazione da qualche mese ormai.


- Un momento, voi lo sapete che non potete stare insieme? – dissi loro quella notte – insomma, Bonnie io ti voglio tanto bene e sono contenta che tu abbia trovato l’amore, e se quell’amore riesce a dartelo solo mio fratello, allora io sarò felice il doppio, ma le vostre condizioni sociali sono diverse! Ve ne rendete conto? – chiesi infine ad entrambi.

- A noi non ci importa. – mi rispose mio fratello. – io e Bonnie ci amiamo e non abbiamo paura di che cosa pensa un gruppo di vecchiette.

- Ma se vostra zia lo venisse a scoprire? – chiese timorosa la mia amica – Jeremy non possiamo andare avanti in questo modo e se Miss Jenna venisse a scoprire di noi due, potrebbe cacciarmi via di casa.

- Ne dubito.

- Cosa te lo fa credere Elena? – si rivolse a me.

Accidenti, mi ero lasciata sfuggire quel “ne dubito” senza pensarci. Se dico che nessuno sapeva di Jenna e Alaric, quel nessuno comprendeva anche tutti gli abitanti di casa mia, senza escludere mio fratello.

- Niente, e che non credo che mia zia sia capace di fare una cosa del genere. Almeno con lei non dovreste tenerlo nascosto.

- A proposito di cose nascoste – incominciò mio fratello- tu dove sei stata fino ad adesso e perché indossi una giacca da uomo?

Mi sentii avvampare. Che gli dovevo dire? Che ero andata a trovare l’amore del mio futuro marito in un borgo di briganti e prostitute? Che stavo per essere stuprata a che Damon mi aveva salvato? Che sono stata così male da rimanere per un bel po’ di tempo tra le sue braccia a sentirmi al sicuro e che alla fine non me ne sarei mai voluta andare? O gli avrei dovuto dire che dopo tutti quei avvenimenti e dopo che lui mi aveva coperta con la sua giacca - per coprirmi dalla parte superiore diventata del tutto uno straccio sentendo le sue dolci mani passare per ogni bottone, calde e protettive - di aver scoperto che Stefan aveva una figlia di cui non sapeva neanche l’esistenza? Oh, sicuramente non gli avrei detto la verità. Era già tanto quello che avevo riferito a Caroline, ma basta. Non ne potevo più. Non ne potevo più di piangermi addosso e di cercare un rifugio sicuro da altre persone. Era giunto il momento di dover camminare con le mie gambe e se la vita aveva deciso di essere dura con me stessa, allora io sarei stata forte. Talmente forte da rendere la mia vita la più bella di tutte.

Ero costretta a sposare Stefan perché eravamo in una situazione disastrosa? Bene, lo avrei fatto e avrei cercato di voler bene a mio marito per tutta la vita.

Stefan era innamorato di un’altra e aveva avuto una figlia? Avrei accolto Katherine e Nadia a braccia aperte nella mia famiglia, dopo esserci sposati. Avrei trattato Katherine come una sorella e Nadia come una nipotina. E non mi sarebbe importato se poi Stefan le future notti della nostra vita da sposati mi avrebbe lasciata da sola per andare dalla sua “vera” famiglia, perché avrei fatto del bene ed ero sicura che quel bene alla fine sarebbe stato ricambiato.

Stefan non conosceva ancora sua figlia? Ero disposta a dirgli tutto e se si fosse arrabbiato con il fratello maggiore io avrei cercato di calmarlo. Perché alla fine Damon aveva fatto solo lo stupido errore di mantenere una promessa e se lui era deciso a mantenerla, questo lo faceva un uomo d’onore.

Non avrei mai detto niente a nessuno, complice di quella vita che mi metteva continuamente alla prova. Non ero mai stata egoista, o perlomeno avevo sempre cercato di non esserlo.


- Sono stata da Caroline. – gli risposi – ho mandato via Matt perché volevo rimanere lì e poi per tornare a cavallo faceva troppo freddo e lei mi ha prestato una giacca di Klaus. – dissi un po’ incerta, la scusa non era un granché, ma era tutto ciò che mi ero inventa in pochi secondi.

- Perché sei arrivata a quest’ora?

- Perché ci siamo addormentate davanti al camino del suo salotto, ma ho preferito ritornare a casa. – un’altra scusa a dir poco orrenda.Decidemmo di ritornare, o per me di andare, a dormire.

Quando entrai nella mia camera da letto mi tolsi la giacca di Damon e mi guardai allo specchio. Il davanti era completamente lacerato e si vedeva tutto il seno. Solo al pensiero che Damon mi avesse visto in quel modo, mi sentii congelare. Quella sera era stata orribile, ma lui mi aveva salvata e io non avrei mai smesso di ringraziarlo. Non provai vergogna dal fatto che lui mi avesse visto mezza nuda perché non lo aveva fatto con quegli occhi famelici che possedevano quei due mascalzoni. Mi tolsi anche il vestito e lo nascosi sotto il letto, poi avrei pensato a come sbarazzarmene senza che nessuno se ne accorgesse. Mi misi la camicia da notte e rindossai la sua giacca. Mi faceva sentire ancora protetta, almeno per quella notte volevo immaginare di lasciarmi cullare tra le sue braccia. Almeno quella notte volevo fingere che lui mi stesse vegliando mentre dormivo per controllare se ero al sicuro. Almeno quella notte.

 Il pomeriggio seguente, tutti i buoni propositi che mi ero fatta la notte precedente se ne erano andati.

E dopo una settimana non avevo ancora detto niente a Stefan. Gli volevo dire veramente tutta la verità, davvero, ma rimandavo sempre al giorno dopo. E così mi ritrovai sette giorni dopo senza aver parlato con nessuno. Con nessuno a parte Damon. Riflettendoci  a mente lucida, non avevo ancora capito quali erano state le sue vere intenzioni e la frase di Katherine mi aveva lasciata alquanto perplessa: “Era ciò che volevi, non è vero? Tu sei vincolato dal tuo giuramento, ma sapevi che Elena non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Sapevi che Elena non avrebbe voluto nascondergli una cosa del genere. Perciò hai fatto in modo che lei venisse a scoprire la verità. Non è vero, Damon? Non è vero?”

 Che voleva dire? Così il giorno dopo lui venne a casa mia. Non so come, ma lui sapeva che dovevamo parlare e quando uscii per farmi una passeggiata con Bonnie e Caroline nei giardinetti, ce lo ritrovammo davanti che mi attendeva con la schiena contro un albero.


- Scusatemi, signorine e signora, ma temo che vi dovrò rubare la vostra amica per un paio d’ore.

- Non è molto educato importunarci in questo modo signor Salvatore. – lo rimproverò Caroline. Da quando le avevo detto che sentivo qualcosa quando Damon mi era accanto, provava una specie di repulsione nei suoi confronti. Per lei era troppo sfrontato (cosa assolutamente vera), troppo Don Giovanni e troppo … troppo! Non le feci notare che anche suo marito era così, ma non volli sollevare polemiche inutili. Infondo, tra me e Damon non c’era niente di niente!
- Non ho mai detto di essere un tipo educato, Mrs. Mikaelson, e poi le qualità più importanti ritengo che siano la bellezza, l’intelligenza e la sensualità. – mi fece l’occhiolino quando formulò quella frase.

Perché faceva sempre così? Perché rivangava quella sera ripetendo le stesse cose e perché ogni benedetta volta io sorridevo al solo pensarci. – Ora se volete scusarci – riprese – io ed Elena dobbiamo parlare. Miss Bennet … Bambolina. – salutò Bonnie con il suo nome e Caroline con uno strano soprannome.


Prima che la mia amica potesse replicare, lui mi aveva già presa per mano e trascinato dentro la sua carrozza.

- Dove stiamo andando? – gli chiesi mentre la carrozza partiva per una destinazione a me ignota.

- In un luogo sicuro dove parlare.Poi il silenzio. Rimanemmo zitti fino a quando non arrivammo a destinazione.

- Ma siamo sotto un ponte! – gli feci notare. Sulla riva del Tamigi mentre i battelli navigavano tranquilli nelle acque del fiume.

- È uno dei posti più tranquilli di tutta Londra. – mi disse – da ragazzo venivo qui da solo per riflette, quando litigavo con mio padre o quando volevo ricordare la mamma. – scrutava il fiume, ma riuscivo e leggere negli occhi una nota di malinconia. – Venivo qui quando volevo stare solo. Mi piaceva passare le ore e immaginare come sarebbe stata la mia vita lontano da questa città. La prima volta che venni qui avevo quattordici anni e il mio unico desiderio era quello di prendere una nave e andare via per sempre.

Sentii qualcosa dentro di me. Dei leggeri brividi che mi arrivavano fino al cervello ogni volta che una parola fuoriusciva dalla bocca di Damon.

- Ad ogni modo, preferirei che tu non rivelassi a nessuno questo posto. È mio. – disse con sarcasmo – anzi, adesso è nostro. – si lasciò sfuggire.

- Di cosa mi volevi parlare? – gli chiesi ignorando deliberatamente la sua frase che mi lasciò parecchio turbata.

- Di ieri. – mi rispose – Stai bene? Sicuramente non sarà stata la giornata più bella della tua vita. – era preoccupato.

- Si, sto bene. È tutto finito e poi ho altro a cui pensare.

- Cioè?

- A come dire a Stefan che ha una figlia – gli risposi vedendolo annuire – a proposito, che intendeva dire Katherine ieri notte quando ti ha accusato che era tutto ciò che volevi? – come domanda era un po’ stata vaga, ma lui capì perfettamente.

- Quando ti dissi che Stefan nascondeva un segreto che nemmeno lui sapeva di mantenere io speravo che tu mi avresti fatto così tante pressioni da spingermi a dirti la verità. Infondo, la promessa fatta a Katherine mi vincola solo di dire la verità a Stefan e alla fine ti avrei detto la verità. Non avevo previsto che tu fossi così coraggiosa da addentrarti in una zona pericolosa come la zona Ovest. – mi rivelò.

- Oh. – tutto qui? Era questo il suo grande piano? E io che mi ero immaginata chissà cosa, quando tutto quel casino era dovuto dal mal svolgimento dei fatti. Ripensai attentamente alla giornata precedente e soprattutto a quello spiacevolissimo evento nella taverna. I miei occhi ritornarono lucidi. Se  prima avevo detto che stavo bene, era una bugia. Non l’avevo ancora superato.

- Ehi. – mi tirò tra la sue braccia appoggiando una mano e il suo volto trai miei capelli. – va tutto bene. È passato tutto e nessun altro ti farà ancora una volta del male. Con me sei al sicuro.Ancora una volta tra le sue braccia. Era diventata un’abitudine fin troppo piacevole per i miei gusti, ma nonostante quella situazione era troppo inappropriata, non tentennai neanche un po’ e risposi all’abbraccio di Damon. Al diavolo la mia coscienza! Quando tempo dovevo aspettare ancora per accorgermi di essere innamorata di lui e del suo tocco? Dio, perché la vita era così ingiusta? Mi ero innamorata del fratello del mio futuro marito e non una cotta come quella che avevo avuto per Matt a quindici anni. Era altro. Damon mi era entrato sotto la pelle, fino a centrare il mio cuore.

Al diavolo Caroline e le sue teorie su quanto Damon fosse così antipatico! Non avevo mai trovato una persona che in così poco tempo mi avesse trattato come se fossi la cosa più preziosa al mondo. Quella non era solamente una sensazione piacevole che arrivava perché Damon era stato il primo a regalarmi attenzioni. Era impossibile che fosse così forte. Provavo sicuramente qualcosa di più. Qualcosa che irrimediabilmente mi aveva attaccata. I suoi occhi così profondi, le sue labbra così invitanti … sollevai il capo per poter contemplare il suo volto. Il suo magnifico volto. Osservai la bocca e come se fosse stata una mano invisibile, qualcosa mi spinse in su, verso di lui, per avvicinare le mie labbra sulle sue. Ero veramente vicinissima. Avevo perso la testa per lui e stavo per baciarlo. Ma lui si ritrasse, ignaro di ciò che aveva realmente fatto. Possibile che non avesse capito che stavo per baciarlo?


- Dolce, piccola Elena. – sussurrò, portando una mano sulla mia guancia e facendo ardere la mia pelle. -  ti proteggerò per tutta la vita. Sei così bella ed indifesa. – si lascia sfuggire alla fine e io dopo queste parole non avrei potuto fare niente tranne che stringermi tra le sue braccia. E così feci. Mi abbandonai senza esitazioni a lui.Avremmo potuto parlare di altro, ma io di altro non volevo parlare. Quanto avrei voluto dirgli tutto ciò che provavo quando mi stringeva così. Avrei voluto dirgli quanto quella notte precedente io lo avrei voluto accanto a me, nel mio letto,  con la piacevole sensazione di protezione. Sentirmi sicura e ciò che volevo e con Damon ci riuscivo. “Ti amo, Damon!” dissi nei miei pensieri, che si persero.

Si spostò – Forse ti dovrei riaccompagnare a casa. Si sta facendo tardi ed è l’ora di rincasare.

Annuii senza parlare.

(Damon)
Dio, quanto odiavo quel maledetto momento. Lo avevo sempre fatto. Ogni volta che ero costretto ad andarmene da Mystic Falls per andare da mio fratello e da mio padre a Londra era sempre stata un’azione che detestavo. Quella tenuta era la mia casa e amavo abitarci lì. Ritornare a Londra suscitava troppo ricordi che dovrebbero essere sepolti nella mia testa, eppure negli ultimi giorni l’unico pensiero che mi faceva alzare la mattina era il rivedere quei due occhi da cerbiatta, così marroni e così profondi che mi facevano impazzire. Ritornare a Londra era sempre più facile.


- Signor Salvatore, c’è il signor Maxfield che l’attende in salotto. – la cameriera mi fa notare che però non posso andarmene prima, dovevo almeno salutare e sentire cosa aveva da dire quell’uomo, che cercava di avere un appuntamento con me da almeno un mese.

- Arrivo Jiulia. – le risposi.Arrivai in salotto e vidi seduto su una poltrona un giovane uomo biondo con gli occhi azzurri. Aveva la gambe accavallate e entrambe le braccia appoggiate comodamente sui braccioli. Si alzò non appena entrai nella stanza e mi venne incontro per stringermi la mano.

- Signor duca è un piacere conoscervi. – mi disse con un finto sorriso.

- Si sbrighi, conte Maxfield, non ho tempo da perdere, ho cose importanti da fare e vi ho ricevuto solo perché sembravate insistente. – ricambiai la stretta di mano, ma gli parlai freddamente.

- Sono venuto per chiedervi gentilmente di vendermi la vostra tenuta. – dritto al punto.

- Mystic Falls non è in vendita in questo momento. Mi dispiace che abbiate aspettato così tanto tempo per poi ottenere un rifiuto, ma dovevate prima controllare che ai cancelli ci fosse appeso un cartello con su scritto: “in vendita”.Feci per andarmene liquidando immediatamente quel povero illuso, ma lui mi fermò prendendomi per la spalla.

- Vi consiglierei di rifletterci molto bene Salvatore prima di rifiutare. Io e i miei … amici siamo disposti a offrirvi molto in cambio.

- Attualmente la mancanza di denaro non è un mio problema. – uscì definitivamente dalla stanza udendo le sue ultime parole.

- Ritornerò tra qualche mese per rifarvi la stessa offerta, signor duca. Rifletteteci.Che gran scocciatore! Non dovevo riflettere su un bel niente. Mystic Falls era mia, era il mio rifugio ed era tutta la mia vita. Non avrei mai rinunciato alla mia vita. Come si permetteva un perfetto sconosciuto di minacciarmi in quel modo? Perché il suo tono era decisamente quello di una minaccia. “Io e i miei amici” aveva detto. Ma cosa diavolo voleva dire? I miei interrogativi mi accompagnarono fino a casa di mio padre e mio fratello e con mia sorpresa c’era anche Elena.

Era arrivato il momento cruciale. Mio fratello avrebbe conosciuto la verità e io mi sarei sicuramente ritrovato con il naso rotto. Stefan era indubbiamente un tipo pacifico, ma se si arrabbiava e se perdeva la pazienza il suo tocco su di me diventava a dir poco galante!


- Elena – le presi la mano e le baciai il dorso, potendo sentire il dolce profumo di rose della sua pelle – è un piacere rivedervi.Fissai i miei occhi nei suoi dopo aver notato un accenno di sorriso.

- Salve Damon.

- Elena è venuta perché mi doveva parlare, Damon. – mi disse Stefan – credo che dovresti lasciarci soli.

- In realtà riguarda anche Damon. È opportuno che lui rimanga. – “per prendermi un bel cazzotto” aggiunsi mentalmente.Elena iniziò a camminare avanti e dietro con la testa bassa mentre praticamente torturava i suoi guanti di pizzo color panna per trovare le parole giuste.

- Ecco ho scoperto una cosa la settimana scorsa. Sono andata da Katherine e …

- Aspetta, sei andata da Katherine? – le chiese Stefan stupito. – sei impazzita? Poteva accaderti qualcosa di orribile!

- Ma non è successo. – mentì. La guardai attentamente e lei per un momento ricambiò il mio sguardo. – sono andata da Katherine e ho scoperto che …

- Che cosa? – la incalzò mio fratello, notando la sua esitazione. Da quando Elena aveva nominato Katherine, aveva ottenuto la sua completa attenzione.

- Ha una figlia.Mio fratello si accasciò sul divano, troppo scosso dalla notizia per reggersi in piedi.

- Ha … ha una fi … figlia? – balbettò.

 -No … cioè si, ma è anche tua, Stefan. È anche tua figlia.A mio fratello gli vennero le lacrime agli occhi.

- Mia figlia? – domandò.

- Si – Elena si sedette accanto a lui – e ti assomiglia così tanto. – sorrisero entrambi, ma quello di mio fratello si spense subito.

- Perché io non ne sapevo niente? – mi guardò e io in quel momento pensai che sarebbe giunta la mia fine da lì a pochi secondi. Si avvicinò a me. – tu lo sapevi non è vero? Sei sempre andato a trovarla. Perché non mi hai mai detto niente? Perché me lo hai tenuto nascosto? – vidi che strinse i pugni.

- Perché Katherine mi aveva chiesto di non rivelarti nulla e io ho fatto una promessa.

- E ovviamente Damon Salvatore mantiene sempre le sue promesse. – sbottò irritato Stefan.

- Ti prego calmati. – gli disse Elena e mi guardò per rassicurarmi.

- Sarà meglio che io vada. – uscii dalla stanza e mi scontrai con Eric, il maggiordomo.

- Mi scusi signore.

- Non ti preoccupare Eric. Ma quella che cos’è? – gli chiesi notando il foglio di carta che aveva in mano.

- Oh, questa? I Loockwood hanno mandato un invito per una festa in maschera. – rispose.No, le feste dei Loockwood erano di una noia mortale. Per fortuna io non ero obbligato ad andarci, ma se ci sarebbe stata anche Elena, forse avrei cambiato idea.




Note finali:
eccomi qui! Un po’ in ritardo, ma l’ultima parte del capitolo si è fatta parecchio desiderare. Ero un po’ priva di ispirazione, ma alla fine ci sono riuscita! (Win).
Passiamo ai contenuti: Elena ha finalmente ammesso a se stessa di essersi innamorata di Damon e ha anche provato a baciarlo (audace la ragazza!), ma quello stoccafisso di un Salvatore non se ne anche accorto e accidentalmente si è discostato (deficiente).
L’incontro con Maxfield e Damon per ora lo lascerò in sospeso perché poi rimbucherà nel momento più felice della storia (ovviamente la sfiga dei nostri personaggi è immensa).
Stefan ha finalmente conosciuto la verità e presto vedremo le reazioni che ha avuto o più che altro io le chiamerei intenzioni.
Il prossimo capitolo sarà una festa in maschera organizzata dai Loockwood. Chissà cosa accadrà?

Affettuosamente, Mia <3 

p.s. ovviamente poichè le Barbie non erano state ancora inventate. Damon chiamerà spesso Caroline bambolina ... xD 
 

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Capitolo 9
*** Un altro ancora. ***


10.
Un altro ancora.
(Elena)
Nei giorni addietro io e Damon cercammo di ignorarci completamente. Io dovevo per forza incontrarmi con Stefan, ma lui si faceva vedere di rado a Villa Maria, e se per caso qualche volta i nostri sguardi si incrociavano, lui se ne andava immediatamente, mentre io sprofondavo in un silenzio austero, gettando mia zia Jenna e il duca Giuseppe nella preoccupazione. Stefan, invece, abbassava lo sguardo sorridendo leggermente divertito. Non capivo cosa gli faceva ridere così tanto, ma preferii non scoprirlo.

In quei momenti una tristezza infinita si impadroniva di me e io finivo per ripensare sempre alla festa in maschera dei Lockwood, a quel momento, al nostro bacio. Alle sue labbra sulle mie, alle sue mani che mi accarezzavano dolci e ai sentimenti che già sapevo erano in me e che al suo contatto si erano sprigionati in un’esplosione incontenibile. E io non avevo fatto altro che alimentare il fuoco che mi stava bruciando da dentro, quel fuoco caldo e accogliente che avrei voluto lasciare acceso, correndo il rischio che io diventassi cenere. Perché era quello che fece Damon su di me. Quella sera mi consumò, era la fiamma che mi accese e che per la prima volta forse mi fece vivere. Damon, Damon, Damon! Nei miei pensieri c’era solo lui. C’era lui e quel maledettissimo bacio tanto bello quanto crudele alla fine. Maledetto bacio e maledetti occhi che mi incatenavano a lui, che non mi permettevano di scappare via, che mi costringevano a soffrire. Perché quei occhi mi erano così vicini, ma allo stesso tempo inafferrabili. Non sarebbero mai stati miei e anche il loro padrone. Damon non era mio e non lo sarebbe mai stato. “No, perdonami Elena, io non dovevo. Non avevo nessun diritto di baciarti in quel modo. Non lo avrei dovuto fare. Tu sei … la futura moglie di Stefan e noi non possiamo.” E quelle parole furono come uno stiletto dritto al cuore. Vere, ma atroci. Damon non doveva baciarmi, non ne aveva alcun diritto, eppure sapevo quanto lo voleva, perché altrimenti non le avrebbe pronunciate ad occhi chiusi, per poi riaprirli in un secondo e notare la mia iniziale delusione al suo rifiuto e scappare da me.

E alla fine la verità mi venne fuori quasi per magia. Se lui invece lo avesse fatto soltanto per usarmi? Per giocare con me e per deridermi? E se fossi stata soltanto un suo nuovo pezzo da collezione? Che stupida! Ero una stupida e nient’altro. Non c’era nessun’altra spiegazione e questo chiariva tutte le mie idee, facendomi provare un’enorme rabbia verso di lui. Già rabbia … ma non odio. Damon era sicuramente un bastardo, ma io ormai mi ero innamorata di lui. Se aveva recitato la parte di colui che mi voleva proteggere, allora gli era riuscita bene. Così bene a tal punto da farmi cadere in una trappola senza via d’uscita, in un tunnel senza fine, un tunnel che porta il suo nome.

Eravamo a pranzo dal duca quando iniziò ad accadere l’inevitabile.


- Stavo pensando – parlò il padrone di casa rivolgendosi a me- che ormai tu e Stefan siete fidanzati da due settimane e che sia ora di preparare il matrimonio. Mi piacerebbe molto vedervi sposati entro la fine dell’anno. – mi sorrise. Con quel sorriso così falso che per la prima volta mi venne voglia di spaccargli qualcosa in testa per farlo smettere. Ormai non mi fidavo più delle cose che quell’uomo mi diceva, dei suoi modi così gentili, perché sapevo che non erano veri.

- Avete ragione, Giuseppe. – gli dissi invece. Lui non doveva sapere che io l’odiavo. Perché ci sarebbe dovuto esserci un motivo a tanto odio verso di lui. E quel motivo, se lui lo avesse scoperto, sarebbe costato caro ai suoi figli. Fargli sapere che conoscevo Katherine? Questo era fuori discussione. Rivelargli che Stefan aveva una figlia? Ancora peggio. – dovremmo iniziare con i preparativi.

- Un’ottima idea padre! – esclamò Stefan troppo entusiasta per i miei gusti – io avrei già in mente un luogo per la celebrazione della cerimonia. – lo guardammo tutti interrogativi. Jenna, Jeremy e il duca erano più curiosi, mentre io e Damon eravamo … stupiti? – Mystic Falls.

- Non se ne parla fratello. – cercò Damon di frenare le sue fantasie. – non permetterò che la mia casa venga messa in ghingheri per un matrimonio.

- Io invece credo che sia una proposta eccezionale. – intervenne Giuseppe bloccando il figlio maggiore.

- Lo vedi? – sorrise in un modo strano al fratello, quasi a volerlo sfidare. E io non capivo ancora il perché di tutta quella partecipazione – e poi non ti preoccupare. Io e Elena ci sposeremo in inverno, e Mystic Falls con la neve non ha bisogno di molte decorazioni.

Stefan mi prese una mano, baciandomela a lungo, sotto lo sguardo compiaciuto del padre e quello impassibile del fratello.

- Però dovremmo visitarla questa Mystic Falls, signor duca. – intervenne mia zia per tuffarsi nella conversazione, mentre Jeremy continuava il suo lungo silenzio.

- Avete ragione. Se non avete nulla da fare, domani potremmo recarci tutti quanti alla tenuta di Damon per vedere se vi è di gradimento.

- Sono d’accordo. – decisi di parlare anche io – e confido molto nel vostro giudizio, Giuseppe.

Sorrisi. Se Damon mi aveva ferita, prendendosi gioco di me, non riuscivo a capire perché io gli avrei dovuto far vedere la mia sofferenza. Io era la fidanzata di Stefan. Sarei dovuta diventare sua moglie e il duca Salvatore doveva credere che noi ci fossimo innamorati, perciò la recita stava per avere inizio e non mi sarebbe importato di nessun altro fratello. Solo io, che salvavo la mia famiglia sull’orlo del lastrico, e Stefan, che cercava di proteggere il suo amore per Katherine e sua figlia Nadia.

Prima di partire, il mattino dopo, decisi di andare a salutare Caroline, ma ciò che trovai fu una pessima situazione. La mia amica era furibonda e intrattabile. Trattava malissimo i camerieri e non ne voleva sapere di parlare con il marito. Si era rinchiusa nella sua stanza e l’unica che riuscì ad entrare fui io. Le sue condizioni erano pietose. Era in camicia da notte e sedeva sul letto con le braccia incrociate sul petto e le gambe che dondolano avanti e dietro proprio come quando faceva da bambina e per capriccio si rifiutava di andare a fare lezione di pianoforte.


- Caroline che è successo? – le chiesi preoccupata.

- È Klaus. – sbraitò rivolgendosi verso la porta dove il marito aspettava da fuori con la speranza  che uscisse.

- Che ha fatto?

- Cosa ha fatto? Che cosa ha fatto? – urlò per poi rendersi conto che il suo atteggiamento non era adatto ad una ragazza della sua età – mi tradisce.

- Non è vero! – fu la voce di Niklaus che evidentemente aveva sentito tutto.

- Si che è vero. – replicò la moglie – allora spiegami chi era quella Hayley alla festa dei Lockwood!

- Non ne ho la più pallida idea. – le rispose lui, mentre io ascoltavo un po’ divertita il bisticcio dei due – ti giuro amore, lei si era avvicinata a me e abbiamo conversato un po’, ma io non ci stavo provando con lei. Amo solo te!

- Vallo a raccontare a qualcun’altra. Forse a quella Hayley. – sbraitò Caroline.

- Va bene, aspettate un momento. – intervenni io che incominciavo ad essere un po’ stufa di quelle urla – Niklaus ci penso io a fare ragionare Care, tu va pure.Sentii i passi dell’uomo farsi sempre più silenziosi e vidi l’espressione arrabbiata della mia amica adesso completamente rivolta a me.

- “A far ragionare Care”? – ripeté imitando la mia voce.

- Si, a farti ragionare. – controbattei decisa. – ascoltami. Tu ami Niklaus e lui ama te. Lo so, si vede che ti ama! Lo fa con gli occhi, lo fa con i suoi gesti che ti dedica in ogni momento di ogni giorno. Caroline, tu sei tutta la sua vita, altrimenti non ti ritroveresti sposata con un uomo che fino a qualche mese fa aveva come unico pensiero, quello di provarci con tutte le ragazze. Non avrebbe deciso di impegnarsi con te tutta la vita. Lui ti ama, non ti tradirebbe mai e poi mai. In questo momento i suoi unici pensieri siete tu e vostro figlio. Fidati. – e parve essersi calmata, come d’incanto. Non c’erano più urla per la stanza, solo i nostri respiri ed io che la guardavo negli occhi, pensando a quanto la mia amica fosse fortunata ad avere un uomo che l’amava così.

Caroline era fortunata ad avere Niklaus.

Jenna era fortunata ad avere Alaric.

Bonnie era fortunata ad avere Jeremy.

E persino Katherine era fortunata ad essere amata in quel modo da Stefan.

Solo io. Solo io provavo dei sentimenti per qualcuno che non erano ricambiati. Solo io ero stata così stupida da credere alle sue mosse sulla scacchiera. Credevo di poter vincere. Credevo che lui provasse veramente qualcosa per me. Ma avevo fatto male i miei calcoli e alla fine avevo potuto ascoltare uno “Scacco Matto” dalla sua voce. Damon si era preso gioco di me, perché l’unica cosa che voleva era potermi dimostrare che poteva conquistarmi.


- Hai ragione. – concluse la mia amica – sono una stupida. Klaus è un bell’uomo ed è normale che venga attorniato da tante ragazza. La mia gelosia è infondata. Forse è la gravidanza. – sorrise.

- Forse è la gravidanza. – sorrisi anche io, appoggiando una mano sul suo grembo.

Rimanemmo ancora un po’ da sole, ma quando lei mi chiese come era andata a finire con Stefan e Damon, a sentire il nome di quest’ultimo ebbi un sussulto e sinceramente non mi andava di dirle che ero stata presa in giro, quando lei mi aveva avvertito in precedenza.

Quando ritornai a casa, erano di già pronte due carrozze con inciso sopra lo stemma dei Salvatore. Mia zia e Jeremy mi dissero che sarebbero saliti su una con il duca, mentre io dedussi che sarei dovuta andare nell’altra con Stefan. Di Damon nemmeno l’ombra. Forse era meglio, ma quando Stefan mi aiutò a salire sul mezzo, una mano dall’interno prese la mia. Era lui. E al suo tocco tremai.


- Ciao. – mi mormorò in un sussurro. Riacquistai un po’ di dignità e gli risposi con un ciao freddo e distaccato. Quando mi sedetti lo sportello della carrozza si chiuse e guardai stranita Damon, che capì al volo: Stefan non era salito. Si sporse dal finestrino.

- Che ti succede fratello, non vuoi più venire? Mystic Falls non è più di tuo gradimento, hai forse cambiato idea?

- In realtà – udii la voce di Stefan – ho deciso di farmi un viaggetto all’aria aperta. Mi siederò accanto al cocchiere. – poi si rivolse a me – mettiti comoda, Elena. Il viaggio durerà circa un’ora.E solo allora mi resi conto. Un’ora da sola, con Damon.

(Damon)
Che venga maledetto mio fratello e il suo spirito di iniziativa! Lui e il suo intento di far chiarire me ed Elena. Alla festa mi aveva chiaramente detto che aveva capito che io mi fossi innamorato della ragazzina e che avrebbe fatto di tutto purché le cose tra noi due si mettessero a posto. Proprio per questo aveva proposto di celebrare le sue nozze con la ragazza che amavo a casa mia e adesso mi aveva lasciato solo con lei per un’ora.

E non sopportavo quel silenzio che si era creato con lei, mentre uscivamo da Londra in carrozza, mentre lei osservava i paesaggi di campagna che fuori si stagliavano sereni e mentre io morivo dalla voglia di baciarla di nuovo, ma non potevo.


- Elena. – provai a chiamarla.

- Che c’è? – domandò continuando a guardare fuori.

- Ti prego … parlami.

- Di che cosa ti dovrei parlare? – sbuffò arrabbiata, e intanto si decise a fissare il suo sguardo sul mio. – ti dovrei forse dire che mi sento umiliata e sfruttata perché mi hai usato? Dovrei forse dirti che ogni volta che sono in tua compagnia mi vergogno, perché sono cascata al tuo gioco? O vuoi che ti dica che mi hai ferita, così potrai gongolarti nel piacere di avermi fatto del male?Non capivo le sue parole. Io l’avrei usata? L’avrei umiliata e fatto del male? Non sarei capace di farle una cosa del genere, no era assolutamente impossibile … ma forse … certo! Sicuramente avrà pensato che il mio unico obiettivo era quello di baciarla per poi mandarla via, lontano da me. Ma come non riusciva a capire che invece questo era inevitabile? Come era possibile che non avesse capito che io l’amavo e che non avevo mai provato dei sentimenti per qualcuna come avevo fatto per lei? Dopo averla protetta e averle promesso che nessuno le avrebbe fatto del male, proprio io non ci sarei riuscito.

- Elena ascolta io …

Ma le mie parole vennero bloccate da un movimento brusco della carrozza che la fece barcollare davanti a me e perdere l’equilibrio. Stava per cadere in avanti, ma io riuscii a sorreggerla prendendola dalle spalle. Invece di cadere a terra, finì addosso a me inevitabilmente. I suoi occhi erano vicinissimi ai miei, così belli, così suoi. Le sue mani stringevano forti la mia camicia sul petto mentre lei si era ritrovata in una strana posizione seduta su di me. Non era così vicina a me da giorni e quei giorni erano passati lenti, come un’atroce agonia. Tutte le mie difese e le mie convinzioni si abbatterono in un secondo.

La baciai. Disperatamente. Mentre lei al’inizio fu rigida, poi pian piano si sciolse e si abbandonò al bacio. Dio, era ancora più bello del primo. Perché adesso ero pienamente consapevole di tutta la situazione. Di amarla, di volerla mia, ma di non poterla avere mai. Iniziai a  pensare di staccarmi, ma non ce la facevo. Le sue labbra erano una calamita, mentre io ero il piccolo chiodo che veniva attirato.
Si alzò, lasciando le nostre bocche incollate che adesso si erano schiuse, e si sedette accanto a me. Pessima scelta. La sovrastai con il corpo e la avvolsi dolcemente in un abbraccio mentre lei accarezzava il mio volto. Mi staccai leggermente, lasciando che le labbra si sfiorassero, e scesi giù sul suo collo, mentre le mie braccia le circondarono la vita. Le sue mani erano intrecciate ai miei capelli e il suo respiro affannato era spesso spezzato dalla sua voce che invocava il mio nome. Ed era dolce, era perfetto quel “Damon” uscito dalle sue labbra. Tutto ciò che era suo diventava bello ed io ero diventato suo, completamente suo. Ormai appartenevo a lei. Elena. Quel nome rimbombava nella mia testa e avrei voluto gridarlo, se solo la mia bocca non fosse stata impegnata a vezzeggiare la sua pelle. Se solo fossi stato in grado di emettere fiato. Perché Elena faceva anche quello. Mi toglieva il respiro, sempre. Era una continua sorpresa, era come un quadro da ammirare, ma più passava il tempo, più scoprivo un particolare che prima non avevo notato prima. Una parte di lei che prima non conoscevo e che quando finalmente mi risaltava agli occhi, mi appariva chiara e distinta e mi permetteva di comprendere meglio e in una luce completamente diversa lei.

Elena, amore mio.

(Elena)
Lo amavo. Non ci potevo fare niente, lo amavo. Era strano da dire. Di lui non conoscevo quasi niente. Damon per me non era altro che un enorme punto interrogativo, una carta a me ignota. Per me lui era ricoperto da un velo nero che non era ancora stato tolto. Eppure io ero lì, tra le sue braccia, sussurrandogli il suo nome, come se fosse un indispensabile bisogno. Perché mi volevo accertare che lui fosse effettivamente lì. Non volevo che fosse un sogno, perché se sarebbe stato così, al risveglio lo avrei delineato più come un incubo.

No, io non sapevo chi era Damon Salvatore. Non avevo la più pallida idea di quale fosse stata la sua vita. Conoscevo quella del fratello e tutti i suoi problemi, ma di lui niente. Un enorme buco. Un vuoto ignoto. Ma ero comunque pronta a tutto. Ero pronta giocare ad azzardo. Perché farmi baciare in quel modo da lui era un pericolo, un rischio. Però mi ero innamorata. Damon mi aveva saputo proteggere, era stato buono e si era abbandonato alle spalle, anche se solo per un breve istante, quel suo carattere strafottente e snervante.

E se mi fossi innamorata di lui anche prima? Era possibile che fosse stato proprio alla festa dei miei sedici anni? No, non credo. Ma quel maledetto bacio sulla guancia di quella sera era stato … strano, diverso, unico. Come lo erano stati i seguenti, come lo era questo.

Si, perché questo bacio nella carrozza, fino ad allora era stato il migliore. Nessun imbarazzo per la vicinanza, nessuna passione repressa per la voglia di avvicinarmi ancora di più a lui, nessuna sorpresa. Questo bacio era particolare. Era il nostro bacio! Perché in quel momento ero sicura che Damon con me non stesse giocando. Non sapevo se mi amava o meno, ma scoprii che per me provava qualcosa.

Altrimenti non avrebbe sorriso in quel modo, quando si era allontanato un po’ da me per riprendere fiato. Non mi avrebbe preso una mano e stretta forte, ma allo stesso tempo dolcemente, mentre con il pollice ne accarezzava il dorso. Non sarebbe stato in grado di lasciarmi baci così gentili sul collo e non mi avrebbe accarezzato con l’altra mano la guancia. E attraverso quelle carezze il mio unico pensiero era che lui stesse cercando di dirmi qualcosa, ma che cosa?

Continuavo a baciarlo e più lo baciavo, più mi accorgevo di amarlo. Più lo baciavo, più noi due ci isolavamo dal resto del mondo, tanto da non accorgerci che la carrozza si fosse fermata e che Stefan aveva aperto lo sportellino ed era rimasto a fissarci compiaciuto per qualche secondo. Tossì per annunciare la sua presenza e io e Damon fummo ridestati da un bellissimo sogno, mentre lui cercò di darsi contegno e io feci di tutto per non arrossire.


- Stefan. – esclamò Damon infastidito.

- Io … io … - provai a dire qualcosa, ma veramente non sapevo che dire davanti al mio futuro marito che mi aveva appena sorpresa a baciarmi con il fratello.

- Tranquilli, faccio finta di non aver visto niente. – continuò divertito mentre il fratello maggiore sembrava volesse congelarlo con gli occhi.Su una cosa ero certa: a Stefan stava bene.






Note finali:
beh … non ho la più pallida idea di cosa ne pensate di questo capitolo che si è concluso abbastanza bene, ma io adesso vi devo dare un avvertimento: restate vivi e cercate di non odiarmi perché i prossimi capitoli non saranno tutto rose e fiori.

Perdonatemi se ci sono degli errori (o meglio ORRORI!) ma ho revisionato il capitolo in fretta.

Un momento avete visto la 5x12. Credo che (SPOILER per chi non l’ha ancora vista) io oggi  abbia odiato Katherine per la prima volta veramente. Cioè … l’abbraccio Delena e poi le parole di Damon dette alla persona sbagliata, il ritorno del Bad Vampire (e io devo ancora decidere se questa è una cosa buona o una cosa cattiva), gli occhi da cucciolo bastonato di Ian, mentre Katherine nel corpo di Elena stava lasciando Damon. E infine, rivelazione delle rivelazioni, Caroline che si lascia convincere a far ritornare Damon con Elena. Non so voi ma mentre parlava al telefono con Stefan ha detto più o meno una cosa del genere – Loro, Elena e Damon o Damon ed Elena o un qualsiasi altro nome possano avere …
Ahahah non so voi ma io non mi sarei stupita se ad un certo punto avesse detto Delena alla fine della frase xD (fine SPOILER)


Al prossimo, Mia <3

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Capitolo 10
*** Tutto ciò che volevamo avere, non è ciò che potevamo avere. ***


9.
Tutto ciò che volevamo avere, non è ciò che potevamo avere.
(Elena)
La casa del conte Lockwood era spaventosamente grande. Non che la famiglia fosse così ricca, ma avevano ereditato quell’enorme villa una decina di anni fa e ogni volta che organizzavano una festa, lo facevano solamente per vantarsi del loro più grande agio.

Era passato un giorno da quando avevo detto a Stefan di sua figlia e per un momento avevo creduto che stesse per picchiare Damon e io questo non l’avrei mai permesso. Perciò mi misi tra loro e invitai con lo sguardo a mandare il maggiore dei fratelli via, prima che l’altro perdesse la pazienza. Quando rimasi da sola con Stefan cercai di farlo ragionare, di dirgli che Damon non gli aveva rivelato niente in circa due anni per ovvie ragioni e di calmarlo per fare in modo che potesse capire appieno tutta la situazione. Quando scoppiò a piangere mi si strinse il cuore. Non capii che tipo di lacrime stesse versando. Forse erano un misto di tristezza e di felicità. Perché stava comprendendo di avere una figlia tutta sua, una che sicuramente avrebbe voluto accudire personalmente e crescerla nel suo mondo, tenerla nella sua vita, ma lo stava scoprendo solo in quel momento. Quando lui non si poteva avvicinare alla sua famiglia, alla donna che amava di più nella sua vita e alla sua splendida bambina.

Decisi di lasciarlo solo. Di lasciarlo ai suoi pensieri, di abituarsi all’idea …

Non lo vidi fino alla sera successiva, quando lo incontrai alla festa. Di regola avrei dovuto passare tutta la serata con lui, in veste della sua ufficiale fidanzata, ma arrivammo separatamente io con la mia famiglia e lui con la sua.


- Elena, sei incantevole! – mi venne incontro Caroline nel suo vestito rosa confetto, ampiamente largo e la maschera dorata sul volto.
Mi ammirai nel mio vestito rosso scuro, che oppostamente al suo mi andava stretto e delineava perfettamente tutte le mie curve. Anche la mia maschera era dorata, ma era impreziosita da qualche brillante sui contorni degli occhi.

- Anche tu sei stupenda. –  dissi e accanto a lei Niklaus nel suo completo bianco  e la maschera rossa che lo rendeva simile ad un angelo macchiato di sangue. Quei due erano uno spettacolo.
Mi guardai intorno per ammirare la bellezza degli abiti nella sala. Scovai mia zia che chiacchierava con delle sue amiche: il suo abito verde smeraldo metteva in risalto i suoi capelli biondi mentre una maschera bianca le adornava il viso rendendola luminosa.

Poi dall’ingresso entrarono il duca Salvatore e i suoi figli. Stefan era in completo di camicia bianca e giacca nera, al volto una maschera bianca in contrasto con la sua pelle ambrata e accanto a lui, eccolo lì … nel suo completo totalmente nero che gli conferiva un’aria da principe delle tenebre. La maschera era anch’essa nera, ma nonostante fossi lontana da lui, i suoi occhi celesti erano ben evidenti e il loro potere di incantarmi si sprigionava con tale energia da farmi svenire.

I due fratelli si avvicinarono a noi.


- Elena. – mi salutò cordialmente Stefan contemporaneamente alla voce seducente del fratello che continuò a salutare anche le altre persone.

- Marchese Mikaelson, Bamboli …

- Non osate chiamarmi in quel modo, signor duca.
Damon rise di gusto nel vedere l’arrossamento del volto della mia amica e anche io mi lasciai scappare un piccolo sorriso che sia lui che Caroline riuscirono a scorgere, mentre gli altri due presenti non comprendevano il motivo di tanta ilarità.

- Elena posso parlarti un momento in privato? – mi chiese Stefan e io senza annuire gli permisi di congedarci dagli altri tre.
Arrivati nei giardinetti, lui si sedette su una panchina e mi invitò a fargli compagnia.

- Stamattina Damon mi ha accompagnato da Katherine. – disse dopo qualche secondo di silenzio. – abbiamo fatto attenzione a nostro padre, in modo che non ci scoprisse e l’ho vista. Ho rivisto Katherine per la prima volta in due anni … è così bella! Ma ho visto anche lei, Nadia, mia figlia. La persona che amerò di più in tutta la mia vita. È identica a me.

- È vero. – sorrisi davanti a tutto quell’entusiasmo. Per la prima volta potevo scorgere in Stefan la sua parte felice. Lo avevo sempre visto con quel velo di tristezza, ma dopo aver rivisto Katherine e aver conosciuto sua figlia, una nuova luce gli si era accesa negli occhi. Come se qualcosa fosse scattato, una nuova voglia di vivere. – lei è te. – dissi senza pensarci – e non dovrai smettere di andarle a trovare, perché sono la tua famiglia, Stefan. Sono la donna che ami e la tua bambina. Lei deve imparare a conoscerti e ad amarti così come fa con sua madre e suo zio. Deve imparare a saper dire papà e deve conoscere il tuo amore per lei.

Lui mi guardò con una luce nuova. – Ti ringrazio, Elena. Senza di te non avrei mai conosciuto la verità e non avrei mai avuto tutto quel coraggio per avvicinarmi a loro due. Rivedere Katherine è stato come poter ritornare a vivere. Come respirare per la prima volta dopo un lungo tempo e quando mi ha mostrato la nostra piccola Nadia ho sentito il cuore fermarsi per poi riprendere a battere velocemente. Era sveglia quando l’ho vista e ho riconosciuto in lei i miei occhi. Poi, l’ho presa in braccio e lei mi ha sorriso. Io le ho donato un bacio e lei si è addormentata tra le mie braccia come se fosse la cosa più normale al mondo. Si è …

- Si è fidata di te, perché sei suo padre e inconsciamente lo ha capito. Ha capito la tua voglia di amarla che lei ha subito ricambiato. – ero così felice per Stefan che avrei potuto urlare. A me quando sarebbe arrivata della vera felicità? Quando si sarebbe accesa quella luce negli occhi? Istintivamente portai lo sguardo verso la sala e attraverso la porta-finestra intravidi Damon nella sua completa eleganza e il mio cuore fece una capriola. – Entriamo? Che ne dici? – gli chiesi con la speranza che lui annuisse. E così fece.

Quando entrammo, Damon ci venne incontro. – posso rubare la tua futura sposa per un ballo, fratello? – Stefan sorrise acconsentendo e in un attimo mi ritrovai tra le braccia di Damon che mi stringevano ancora una volta. Osservai i suoi occhi così profondi da dietro la maschera nera e non potetti fare a meno di pensare a quanto fossero stupendi.

- La storia si ripete, non è vero? – mi chiese sorridendo. Non compresi subito le sue parole, finché non mi accorsi. Il ballo, io stretta tra le sue braccia, il valzer viennese. Tutto come due anni prima. Esattamente come due anni prima, tranne per quella nuova sensazione che si faceva strada nel mio cuore. Un nuovo sentimento che due anni prima per Damon non avevo provato. Lui in tutti i suoi difetti che venivano oscurati dai suoi più grandi pregi. Lui che aveva l’abilità di farmi volteggiare come una piuma che lentamente scende verso la terra danzando. Lui che con la sua compagnia mi faceva dimenticare di essere fidanzata con suo fratello. Lui che mi sorrideva. Lui ed io che mi innamorai di lui.

- Si, si ripete. – sorrisi rispondendo.

- La cosa curiosa e che voi non cercate di liberarvi della mia presenza, Miss Gilbert. Oserei dire che voi avete completamente cambiato la vostra opinione su di me. – risi. Risi notando di come era ritornato al “voi” per scherzare. Risi per mascherare l’agitazione e per nascondere quanto fossero vere quelle parole.

- È vero. Ho completamente cambiato opinione. – continuai in quello strano gioco di ripetere le sue parole e inconsciamente mi avvicinai con il busto al suo e percepii tutto il calore che il suo corpo sprigionava. – è anche lo stesso brano. – conclusi.

Lui si limitò ad annuire, ma prima ancora che il quartetto d’archi smettesse di suonare, mi portò via. Dalla sala e dalle persone. Mi portò nel giardino ed eravamo noi due soli. Si tolse la maschera e io potetti ammirare incantata il suo volto. Si avvicinò a me e portò le sue mani dietro la mia testa. Sentii sciogliere il nastrino della mia maschera che dopo qualche secondo cadde silenziosamente per terra. Eravamo lì, così vicini. Lontani da occhi indiscreti.

- Perché Elena, perché?

- Perché cosa?

- Perché non riesco a starti lontano.

Appoggiò la sua fronte sulla mia e chiuse gli occhi inspirando profondamente. Fu un attimo. Le sue labbra entrarono in contatto con le mie. Mille sensazioni vorticarono per la sua completa vicinanza e sentire finalmente il suo sapore fu qualcosa che mi travolse. Portai le mani sul suo petto e strinsi senza ritegno il bavero della sua giacca per farlo avvicinare di più a me. Damon schiuse le labbra e io feci la stessa cosa con le mie per fare giocare le nostre lingue diventate impazienti. Le sua mani stavano accarezzando il mio viso, quando una sfiorò prima dolcemente i miei capelli poi prese la testa e fece pressione verso di lui per continuare a baciarci in modo più appassionato.

I miei occhi, appena ero entrata in contatto con lui, si erano chiusi, ma per un secondo pensai di aprirli e mi scontrai con i suoi fari azzurri ricolmi di qualcosa di diverso. E lì compresi. Finalmente i miei occhi, anche i miei occhi, avevano quella luce che si era accesa. E solo grazie a lui. Grazie a Damon.


(Damon)
Era stupendo. Era meraviglioso. Era tutto quello che non avrei mai immaginato di sentire nel baciarla. Era tutto amplificato. Le sue dita che solleticavano il mio collo, in quel momento ipersensibile, i suoi occhi marroni pieni di desiderio e la sua bocca, finalmente attaccata alla mia. Il suo respiro che si infrangeva sul mio volto. Non era per niente come lo avevo desiderato. Era di più. Dopo essere entrato nella villa dei Lockwood e l’avevo osservata nel suo vestito rosso, mi resi conto che Elena non era semplicemente bella, era lo spettacolo più grande della natura. Vederla nelle sue curve naturali fasciate dall’abito, i boccoli che ricadevano leggeri sulle spalle e la maschera che le copriva il volto, lasciando liberi i suoi occhi meravigliosi, mi aveva fatto perdere ogni mio buon principio. Poi il ballo con la stessa e identica musica di due anni fa, che faceva da sottofondo al nostro primo incontro. Alla prima volta che avevo contemplato i suoi occhi. Mi ero comportato come non avevo mai fatto prima, facendo finta che lei non fosse impegnata con mio fratello. Avevo ceduto perché non ne potevo più. Perché il mio unico desiderio era quello di tenerla stretta a me e baciarla fino allo sfinimento. Era dolce, era buono il sapore delle sue labbra, ed era alcol per la mia lingua. Mi sarei ubriacato del suo sapore. Mi sarei ubriacato di Elena e del suo tocco delicato, dell’improvvisa ventata di aria fresca che era arrivata ai miei polmoni quando l’avevo baciata. E inaspettatamente lei mi aveva ricambiato. Ero convinto che lei non mi volesse, che avesse iniziato ad avvicinarsi a me perché le avevo salvato la vita e che avesse iniziato a provare dell’affetto per me. Allora perché era ancora tra le mie braccia? Perché si lasciava baciare come neanche Stefan aveva osato fare? Eppure volevo di più, volevo che mi baciasse così per sempre. Di più. Volevo svegliarmi ogni giorno con la convinzione di poter soddisfare il mio desiderio di tenerla con me ed essere per lei l’uomo che la faceva sentire unica e speciale. Avrei voluto farla sentire quella donna che io avrei desiderato in ogni secondo. Avrei voluto farla sentire amata. Perché, oh Dio, io l’amavo. Mi ero innamorato di una ragazzina caparbia e cocciuta, viziata … bellissima, dolce e che riusciva a comprendere lo stato d’animo di tutti. Oh, la mia piccola ed indifesa Elena che aveva bisogno di essere protetta, che in poco tempo si era ritrovata costretta ad affrontare mille battaglie nel mondo e io avevo voglia di affiancarla in ciascuna di esse. Avrei potuto portarla via, partire per non fare più ritorno. Con lei e per lei, avrei potuto benissimo abbandonare mio fratello, Mystic Falls e Alaric e l’avrei portata alla scoperta del mondo. L’avrei portata in Italia, sulle gondole di Venezia, tra le vie di Roma, per i musei di Firenze. L’avrei fatta felice e l’avrei baciata così come stavo facendo in quel momento. Con lei che accarezzava maliziosa il mio volto e che, senza rendersene conto, mordeva il mio labbro inferiore, sprigionando il suo splendido sorriso, ricco di una luce negli occhi che mi fece innamorare di lei ancora di più. Gli attimi più belli della mia vita. I più lunghi, i più veri … ma anche gli attimi che in realtà mi sarei dovuto dimenticare. Quegli attimi così giusti, ma anche così sbagliati, proibiti. Dannazione! Anche se mio fratello amava un’altra, Elena apparteneva a lui e mio padre questo non lo avrebbe accettato.

Che cosa potevo fare? Andare da Giuseppe e chiedere di fare a cambio? Lasciare che sia io a sposare Elena al posto di Stefan? E poi mi avrebbe chiesto sicuramente perché. E io gli avrei risposto perché l’amavo e in cuor mio avevo capito cosa provava mio fratello nei confronti di Katherine. Già Katherine. Mio padre non avrebbe permesso che la sua pupilla si lasciasse circuire da una prostituta. Io avrei potuto fare quello che mi pare e piace, perché io per lui ero inutile, ero insignificante, ero lo scalmanato e irruente Damon. Ero stato una delusione per lui a prescindere. Ero la sua spina nel fianco fin da bambino e perciò aveva riposto le sue speranze nel figlio minore. Nella giovane promessa, nel bravo ragazzo di famiglia, ricevendo però la solenne bastonatura. Stefan gli aveva provocato un’immensa delusione, ma si poteva porvi rimedio. Non era ancora troppo tardi. Con la giusta severità, il povero cuore innamorato del figlio sarebbe diventato freddo e cinico come quello del padre, a cui importava solamente il valore del denaro. Io non contavo nulla. Io ero solo Damon. Non il suo figlio maggiore. Non quello che aveva elevato ancora di più nella gloria il nome della famiglia Salvatore. Ero quello che nei discorsi che faceva mio padre con i suoi amici veniva nominato semplicemente con un “Oh si, lui, Damon …”, mentre Stefan veniva descritto come “la gallina dalle uova d’oro, il  gioiello di famiglia, la promessa che la medicina moderna si aspettava che arrivasse …” E allora come poteva il benamato del duca essersi potuto innamorare di una semplice sgualdrina? Come aveva osato solo pensare di umiliare il padre?
Elena per Stefan era stata la sua salvezza. Mio fratello non avrebbe mai trovato una ragazza come lei che lo capisse. Fosse stato per un’altra, se ne sarebbe andata. Invece Elena aveva accettato Katherine, aveva accettato Nadia ed era diventata nostra complice. Come avrei potuto toglierla a mio fratello? Come avrei potuto, togliendoli l’unica persona che gli aveva assicurato la libertà? Perché Stefan avrebbe potuto riottenere la sua famiglia, solo prendendosi anche Elena. Da sposati, lui se ne sarebbe andato da Katherine e lei glielo avrebbe permesso. Allora perché anche noi due non avremmo potuto fare in questo modo? Perché mentre Stefan sarebbe stato con Katherine, io non avrei passato le mie notti con lei, con l’unica persona che mi aveva fatto battere il cuore? Perché io semplicemente non avrei mai potuto fare le cose di nascosto. Non sarei stato io. Ebbene si, ero un egoista che piuttosto di dividerla con mio fratello, preferivo averla tutta per me. Avrei preferito perfino sposarla e tenerla abbracciata tra le mie braccia fino alla morte. Avrei voluto gridare al mondo intero di amarla, dire che io l’avrei resa la donna più felice della Terra, l’avrei fatta la regina del mio regno e per me sarebbe sempre stata bella ai miei occhi, sempre perfetta e con lei sarebbe stato sempre amore, ma non potevo.

Ci staccammo lentamente e di controvoglia, consapevoli che qualcuno alla festa si chiedesse che fine avessimo fatto.


- Oh Damon! – sussurrò. E sentirle pronunciare così il mio nome, fu musica per le mie orecchie. Le sfiorai ancora una volta le labbra a malincuore, come per dirle addio. Che non ci sarebbe stato un altro momento come questo nella nostra vita. Che io non mi sarei mai innamorato di nessun’altra se non ancora di lei. Lei che in pochi giorni era stata la mia lenta tortura, la mia agonia. E mi chiedevo sempre il perché di questi sentimenti che mi stavano controllando. Quando erano amore. Il più bello e temuto dei sentimenti. Il più magico, il più pericoloso, il più vero, il più doloroso.Come a non volerla lasciare, le presi la vita e l’abbracciai in cerca di qualche riparo. Perché fino a quel momento era stata lei a chiedermi aiuto tra le mie braccia, ma mai come allora ero io che cercavo delle sicurezze o forse un modo per trovare il coraggio di dirle addio, di porre fine ad una cosa che non era neanche iniziata.

Le baciai dolcemente la fronte, lasciando che con le sue mani sfiorassero il mio petto per farle sentire il battito accelerato del mio cuore. Appoggiò la testa sulla mia spalla lasciandomi in bella vista tutto il suo collo accaldato. Una dolce tentazione.


- No. – la presi per le spalle e le feci fare un passo indietro lasciandola con un’aria confusa. – perdonami Elena, io non dovevo. Non avevo nessun diritto di baciarti in quel modo. Non lo avrei dovuto fare. Tu sei … la futura moglie di Stefan e noi non possiamo.

Vidi il suo sguardo cambiare repentinamente, mentre gli occhi si fecero lucidi. “No, ti prego non piangere amore mio.” Mi ritrovai a pensare. Non ce l’avrei fatta a vederla piangere in quel modo, ma se fossi rimasto ancora qualche minuto di più con lei, mi sarei rimangiato quelle parole e l’avrei ribaciata, con altrettanta passione e altrettanto amore, per farle capire quanto l’amavo. Perciò scappai. Me ne andai, lontano da lei, tra la folla, al sicuro dalla sue lacrime. Per qualche minuto rimasi perso nei miei pensieri finché Stefan non mi raggiunse con un sorriso stampato sul volto.

- Chi lo avrebbe mai detto … - iniziò - … che Damon Salvatore si sarebbe innamorato.

Lo guardai scettico. E lui che ne sapeva?

- Vi ho visti, tu ed Elena nel giardino. Non ti ho mai visto così fratello.

Sorrisi alzando lo sguardo verso le luci dorate dei lampadari del salone, accecandomi gli occhi.

- Così come?

- Umile. Altruista. Hai lasciato Elena lì tutta sola. E so che tu ti reputi un egoista, ti conosco. Perché la vorresti tutta per te, so come ci si sente quando la donna che ami è di un altro, o di altri. Ma so che lo hai fatto per me. Stai lasciando andare via Elena per me. Ma sai che questo non è necessario? Io non impedirei mai Elena di innamorarsi di un altro, quando il primo a tradirla sarei io stesso.

- Lo so, Stefan. Ma non amo fare le cose di nascosto. – rispondo semplicemente.

Ed è vero. Almeno in parte.



 
Note finali:
*fischietta facendo finta che non ha fatto nulla di male* infondo credo che il capitolo sia, almeno per il pov di Elena positivo: Stefan che le racconta di Nadia, il ballo, il bacio ecc …

Poi ovviamente arriva Damon e la sua negatività (che novità!). Ha ammesso a se stesso di amarla (almeno questo concedetemelo e apprezzatemi), ma (in lui c’è sempre qualche ma) il suo pessimismo EPICO (altro che Stelena muahahahaha) ha rovinato tutto per l’ennesima volta. Ma dico io, finalmente si baciano e lui rovina tutto perché pensa troppo?

Lo so, mi starete prendendo per pazza perché sto criticando e commentando la mia stessa storia. Ma sono fatta così. Scrivo tutto ciò che mi ispira e passa per la mia confusa testolina e poi critico i comportamenti dei personaggi come se stessi guardando la serie tv davanti al computer. (il principio di bestemmia è sempre quello, non cambia nulla). Poiché sono curiosa delle vostre opinioni su questo capitolo, soprattutto per il ragionamento interiore di Damon, vi lascio e non vi disturbo più con i miei problemi mentali.


A presto, da Mia la pazza (muahahahah <3)

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Capitolo 11
*** La tua paura di parlare e la mia paura d’amare. ***


12.
La tua paura di parlare e la mia paura d’amare.
(Elena)
- Che sta succedendo con il figlio maggiore del duca? – mi voltai velocemente verso la porta della mia camera. Anche Bonnie, che era tutta presa a mettere ogni mio singolo abito nella valigie, lasciò il suo lavoro per dedicare la sua attenzione a mia zia che era entrata nella mia camera e mi aveva fatto quella domanda.

- Di che cosa stai parlando? – feci finta di niente e cercai di ritornare alla sistemazione degli abiti.Eravamo appena ritornati da Mystic Falls e avevamo appena due giorni di tempo per sistemare tutto quanto, compreso scegliere il modello d’abito che avrei dovuto indossare al matrimonio. Ovviamente avevo già scelto la mia damigella d’onore e all’altare mi avrebbe sicuramente accompagnato Jeremy. Perciò era tutto sotto controllo, a parte le mie emozioni.

- Sto parlando di te e Damon e come vi guardavate ieri. – si voltò verso Bonnie – ti prego esci, devo chiarire alcune cose con mia nipote. – e quando mia zia diceva “mia nipote”, le cose si facevano molto serie. Bonnie si dileguò letteralmente. – ti sei innamorata di lui? – la sua domanda era schietta e decisa, ma nascondeva anche un po’ di preoccupazione nei miei confronti o in quelli dell’intera famiglia.

- Cosa? Certo che no! – mentii – Ti prego zia, ma lo hai visto bene Damon? Non è il mio genere di ragazzo, troppo sfrontato e sfacciato, poco dedito ai romanticismi e anche troppo ambizioso e presuntuoso. Non mi potrei mai innamorare di uno come lui.

- Ma di lui si e spero che tu ne sia rimasta solamente affascinata, Elena. Perché sarebbe un bel guaio se tu provassi dei sentimenti per il fratello sbagliato. – “il fratello sbagliato” ripetei mentalmente.

Mia zia aveva ragione, Damon era quello sbagliato, eppure era lui quello che mi faceva star bene. Io ero sempre stata convinta che mi sarei innamorata alla fine di una ragazzo gentile, dolce, premuroso, un ragazzo sempre attento a me, un ragazzo come Stefan per esempio. Invece no, Damon era quello che mi conquistò proprio per i suoi sorrisini sfrontati e per quei modi così altezzosi, ma in realtà si era anche dimostrato gentile e premuroso quanto cercarono di violentarmi e gentile e attento a me dopo, per vedere se rimasi illesa. Per me in realtà quella battutine fuori luogo erano diventate fonte di divertimento. Avevo visto Damon sotto una luce diversa. E forse era proprio questo l’amore, io che lo amavo per ciò che era, io che lo guardavo diversamente dagli altri. E allora che significavano quelle parole che avevo tanto sentito dire? “L’amore è cieco.” E se significavano proprio questo? Che l’amore mi stava accecando come un potentissimo bagliore e non mi faceva rendere conto di ciò che avevo davanti. E se Damon non fosse stato realmente così? E se questo stupido sentimento non mi permetteva di guardare avanti?

- Ti ho già detto che non c’è niente, zia. Lo so, Damon è un uomo molto affascinante, bello anche e intelligente. Tutte lo desidererebbero, persino la fidanzata di suo fratello potrebbe rimanere … ammaliata del suo fascino, ma fidati, non sono quel genere di ragazza che è rimasta folgorata dalla luce che molte mia coetanee ritengono che Damon Salvatore abbia. Io mi sto impegnando ad amare Stefan e mi sto abituando all’idea di vivere un vita con lui. Farmi coinvolgere sentimentalmente con Damon o con qualsiasi altro ragazzo sulla Terra, sarebbe solo un problema. Io ne ho già abbastanza di problemi, non mi voglio complicare la vita. Damon per me può essere … - tentennai nel pronunciare quelle parole che non furono mai così false – per me può essere solo un amico, un alleato mio e del  mio futuro marito e niente di più.

Mi lasciai condurre dalla ragione perché se solo avessi provato a lasciar prevalere i miei stupidi e adolescenziali sentimenti, avrei finito per raccontare tutto a mia zia e io di certo non volevo che lei scoprisse tutto. Si, le avevo raccontato di Stefan e di Katherine, Nadia non l’avevo mai nominata, ma lei aveva le sue preoccupazioni dedicata anche alla sua relazione con Alaric, per non parlare del fatto che proprio qualche giorno prima Jeremy e Bonnie le avevano annunciato del loro rapporto, portandola nel panico più totale. Aveva già troppi amori tormentati di cui occuparsi, non c’era bisogno che io mi lasciassi andare con lei. Io ero l’unica speranza per la famiglia e lei aveva la mia parola, il mio giuramento, la mia promessa che avrei fatto di tutto per mantenere.

- Va bene, piccola. – in due secondi mi abbracciò e forse anche qualche lacrima le rigò il viso – oh Elena, quanto non vorrei che tu ti dovresti ritrovare in questa situazione, costretta ad una vita che neanche sogni e lontana da ciò che desideri veramente. Mi dispiace nipotina mia. Vorrei che tu non dovessi affrontare tutto questo e che potessi goderti la vita come fanno le ragazze della tua età.

- A me questo non pesa zia. Ormai ho accettato la situazione e a pensarci bene, potremmo ritrovarci peggio di così. Fidati, non mi sono pentita nel aver deciso di sposarmi con Stefan. Questo matrimonio fa bene sia a me che a lui e so che tu stai pensando al duca. So che è lui la tua preoccupazione, perché se lui venisse a scoprire che il figlio ha una relazione con un’altra, allora potrebbe tutto saltare, ma non è così. Perché adesso ti prometto che andrà tutto bene e non mi lascerò coinvolgere anche io dai sentimenti, perché so che il mio destino non è quello di amare.

- Ma ti farebbe bene dell’amore nella vita. Fa sempre bene a tutti. – la guardai con quegli occhi così innamorati e immaginai lei ed Alaric che finalmente, prima o poi, avrebbero formato la loro famiglia e il loro sogno si sarebbe coronato – ma specialmente a te, che hai già sofferto così tanto, Elena. A te che sei così giovane e la vita ti ha regalato non pochi dolori, l’amore ti farebbe bene. Ma tu hai rinunciato anche a quello e io ti stimo. Ti stimo e ti invidio perché io non riuscirei mai a rinunciare ad Alaric, non riuscirei a sacrificare tutto quanto, anche l’amore, per il bene degli altri. Nessuno è altruista come lo sei tu. – e quelle parole mi colpirono, mi centrarono e mi restituirono anche quel briciolo di autostima, perché quelle parole mi capirono e mi compresero.

- Lo dici come se io mi fossi innamorata di qualcuno. – continuai a mentire.

- Buonanotte Elena. Domani ti trasferirai e ti servirà tutto il coraggio che possiedi per affrontare per sempre la tua vita. Ti occorre riposo. – mi donò un piccolo bacio sulla fronte e uscì dalla stanza con un sorriso sulle labbra.

Mi lasciai crollare sul letto e per infiniti secondi fissai un punto indefinito della stanza. “Dimentica Damon, Elena. Dimenticalo e per sempre.” Una voce prese possesso della mia mente. Una strana voce che aveva ragione perché quelle parole erano vere. Io e Damon non potevamo avere un lieto fine, io e Damon saremmo dovuti essere due perfetti sconosciuti e … maledizione a lui e a quella sera del mio sedicesimo compleanno quando mi prese per ballare. Perché iniziò tutto da lì, ma che cosà iniziò? La nostra storia? Oh no, non poteva essere vero. Io e lui non avevamo una storia. Io dovevo avere una storia con Stefan non con Damon.

- Elena sei pronta? – mi chiese Bonnie entrando nella stanza.

- Certo.

- Tutto bene?

- In realtà no. – mi scrutò attentamente per poi venirsi a sedere accanto a me.

- Che succede? A me puoi dire tutto. Non è vero che tu non provi nulla per Damon, giusto? – la guardai negli occhi e li fissai così verdi e sinceri. Il suo sorriso sapeva infondermi ogni volta, attenzioni e fiducia.

- Non … io … non ci riesco, Bonnie. Non riesco a stare vicino a lui e a non avere la tentazione di stare tra le sue braccia. Non riesco a guardarlo negli occhi e stare zitta. Non riesco a fingere per gli altri, davanti a lui, ad essere innamorata di Stefan. Non ci riesco, Bonnie.

- Le tue sono delle bella parole. – mi disse sorridente con una mano che aveva preso distrattamente ad aggiustarmi i capelli. – Ma non mi hai detto tutto. Perché non lo fai, Elena? Sai, sembra che non cambierebbe nulla, ma in realtà ammetterlo ad alta voce faciliterebbe le cose. Quando lo guardi tu rimani incantata, vorresti solo baciarlo e vorresti dirgli tutto. Anche per me e Jeremy e la stessa cosa. Io vorrei trascorrere con lui tutti i momenti delle mie giornate, io preferirei amarlo e dirlo ad alta voce. Io amo Jeremy, Elena. Lo amo con tutto il mio cuore e forse faresti bene ad ammetterlo anche tu ad alta voce. Devi lasciar che i sentimenti ti guidino e sentirti libera di ammettere …

- Ma io non sono libera!

- Si che lo sei. Qui – appoggiò una mano sul mio petto in prossimità del cuore. – qui sei libera di amare chiunque tu voglia e sei libera di dirlo ad alta voce, almeno con chi desidera la tua felicità ed io, Elena, voglio solo la tua felicità. So benissimo che tu devi sposare Stefan per salvarci tutti. Lo so, perché conosco le preoccupazioni di tua zia, ma ti conosco e so che tu non hai mai provato così tanto affetto per una persona. Eppure quando tua zia ti nomina Damon, i tuoi occhi si illuminano e tu neanche te ne accorgi, ma tutti gli altri lo hanno capito, devi solo ammetterlo ad alta voce. – e quelle parole mi colpirono più di qualsiasi altra cosa al mondo, ma non bastarono.

- Non farebbe alcuna differenza. Bonnie, la situazione non cambierebbe. Anche se lo ammettessi ad alta voce cosa succederebbe? Niente, anzi. Creerei solo altri problemi e ti giuro io non ne voglio altri. Io voglio solo vivere tranquilla.

- E ci riuscirai? Riuscirai a vederlo ogni giorno e allo stesso tempo essere sposata con suo fratello? Riuscirai a sopportarlo, Elena? Io avrei già ceduto al posto tuo. – il suo tono di voce si era alzato, come se si fosse arrabbiata. Bonnie che si era arrabbiata con me? Bonnie non si arrabbiava mai, non in quel modo almeno. Si innervosiva certo, ma ogni persona dotata di una pazienza illimitata come la sua non si arrabbiava. Invece, quella volta trovai nei suoi occhi verdi una fiamma ardente, che bruciava come non era mai accaduto. Quasi infuriata. Che era successo alla mia migliore amica?

- Non so se ci riuscirò, ma in questo momento non riesco nemmeno e dirlo ad alta voce. Chiamami pure codarda, ma io non riesco a pensare ad altro se non alle possibili conseguenze che assumerebbero le mie parole, le mie confessioni. Io non ce la faccio. È vero, molto probabilmente non sopporterò la sua presenza, non resisterò a stare vicino a lui senza neanche sfiorarlo davanti al resto del mondo, senza baciarlo. Perché io l’ho baciato, Bonnie! – a quelle parole ebbe un sussulto, ma almeno quello glielo potevo dire – l’ho baciato ed è stata la cosa più bella del mondo. È stato bello abbracciarlo e sentire il suo sorriso sul mio. È stato bello passare dei momenti da sola con lui ed è stato addirittura bello quando mi ha salvato la vita. – mi lasciai scappare quelle ultime due parole, alludendo a quando avevano tentato di abusare di me, ma stavo parlando troppo velocemente e non le permisi di elaborare quella frase nella sua mente - È stato bello quando avuto la tentazione di essere sua e di abbandonarmi a lui per sempre, ma questo dannato “per sempre” non sarà mai reale, non sarà mai vero. È qualcosa che mi sono creata nella mia testa, mentre per lui potrei essere semplicemente una ragazza che è riuscito a conquistare, una della tante. È stato bello, ma non sarà duraturo, non può essere duraturo, non deve. Quello che provo per lui deve assolutamente scomparire o ti giuro che non riuscirò più a vivere.

E quelle parole non dovevano essere lì, non dovevano uscire dalla mia bocca in quel modo. Io volevo solo dirle che non potevo e basta e invece mi ero lasciata scappare tutto ciò che mi passava per la testa e in un modo o nell’altro avevo ammesso alla mia amica i miei veri sentimenti. Certo non le avevo detto esplicitamente che lo amavo, ma ormai quel verbo non era più necessario, perché le avevo rivelato di averlo baciato e le avevo rivelato che mi era piaciuto e che avrei voluto che quel bacio diventasse qualcosa di più, quindi che senso aveva dire “Io amo Damon” ad alta voce, se poi mi sarei solo ripetuta? Girai la testa per evitare di farle vedere il mio volto. Sentii gli occhi iniziare a bruciare per il passaggio delle lacrime e decisamente non mi andava di farmi vedere così debole da lei, quando ormai mi ero spogliata di ogni difesa.

Mi prese il volto tra le sue mani e mi sorrise con dolcezza. Io non ce la feci più e scoppiai a piangere, abbandonandomi tra le sue braccia e affondando il volto sul suo collo.


- Ti aiuterò, Elena. Ti aiuterò a superare tutto quanto. – mi disse e forse quel piccolo incoraggiamento mi risollevò il morale, ma non cambiava nulla. Non sarebbe mai cambiato nulla.

(Damon)
Ero nervoso. Incredibilmente nervoso. Perché dovevo essere così nervoso? Non mi era mai capitato in vita mia di essere così agitato e ansioso per una ragazza. Forse perché io le ragazze di solito le desideravo, ma non le amavo. Non come amavo Elena. Sinceramente l’idea che lei avrebbe vissuto nella mia stessa casa per alcuni mesi, mi fece diventare euforico. Da dove uscivano tutte quelle sensazioni? Dio Elena che cosa mi avevi fatto!

Quella sera lei sarebbe arrivata con al seguito tutte le sue cose e si sarebbe trasferita a casa mia. Incredibile, che una semplice tradizione matrimoniale mi avrebbe fatto così comodo. Già, riuscivo ad immaginarla, lei così dolce e a volte riservata, padrona della mia tenuta. L’avrei resa tale, indiscretamente, ma alla fine sarebbe stato così. Ed ero anche pronto a dirglielo. Ero pronto a dirle che l’amavo perché non c’era mai stato in vita mia un sentimento così forte come l’amore che provavo per lei. Lei era stata qualcosa di inaspettato, di involuto, perché mai in quel periodo avevo previsto di innamorarmi. Non immaginavo che proprio una ragazzina così piccola come era lei sarebbe riuscita a colpirmi in quel modo, con dei semplici sorrisi, con quell’innocente sguardo e con la sfrontatezza di rincorrere i suoi problemi e di affrontarli faccia a faccia. Era coraggiosa, la mia piccola. Era incredibilmente coraggiosa e bellissima e, mia o non mia, l’avrei amata sempre.

La sera venne inspiegabilmente lenta e per fortuna solo Stefan notò il mio fare avanti e dietro dal salotto di casa fino all’ingresso. Ma infondo, che mi sarei dovuto aspettare da mio padre? Per lui esistevo solo se combinavo qualche grosso guaio e anche in quei casi, non era mai stato presente. Si faceva vivo solo per rimproverami, come se quello che cercavo da lui fossero dei rimproveri, ma ormai avevo gettato la spugna da tanto tempo.

La carrozza finalmente arrivò e lei scese dalla carrozza. Dio se era bella! Potei parlare con lei solo a fine serata, dopo la cena, quando mio padre decise di andarsi a coricare e quando Stefan capì che io desideravo parlarle.

Rimanemmo nel salottino, seduto sulla poltrona e lei sul divanetto. C’era qualcosa nel suo sguardo, sembrava tesa e nervosa, ma non quel nervosismo eccitante ed euforico che possedevo io. Lei era più perplessa e sembrava che si sentisse a disagio. Mi alzai velocemente e mi sedetti accanto a lei, prendendole le mani tremanti e avvicinando un po’ il mio volto al suo.


- Vorrei parlarti. – le dissi.

- Anche io. – mi stava guardando negli occhi ed erano meravigliosi, ma allora perché sentivo che c’era qualcosa che non andava? Perché dentro ci leggevo soltanto pensieri negativi?

- Prima tu.

- Quello che è successo nei giorni scorsi … - iniziò, ma sembrava indecisa se dirmi o meno ciò che mi stava per confidare – i baci che ci siamo scambiati, sono stati una cosa stupenda, bellissima e non ho mai sentito tutto quello che ho sentito, anzi tutto quello che sento, quando ti sono vicina, Damon. È stato stupendo e nessuno sa quanto io vorrei continuare ad esserti accanto.

- E possiamo esserlo. – intervenni, in quel momento ero troppo spaventato da quelle sue parole. Le accarezzai il volto, ma lei si allontanò quasi subito. – Elena ti prego. Io non ho mai provato quello che sento adesso con te. Non mi sono mai sentito così … così … - e ad un tratto le parole, tutto ciò che le volevo dire, scomparve dalla mia mente. Perché quella ragazza mi mandava in completa confusione?

- Così come? Intrappolato. Damon, io lo so che tu sei sempre stato uno spirito libero e che io in un certo senso ti stia in qualche modo legando. Perché io sento qualcosa e so benissimo che per te non potrà mai essere la stessa cosa. – “No ti prego. Io ti amo, non sono in trappola, sono in paradiso quando sto con te.” Era questo quello che pensavo, allora perché non riuscivo a dirle niente? Perché non mi sembrava appropriato dirglielo in quel momento?Non avevo mai detto ad alta voce quella frase: Io ti amo o io amo Elena. Erano sempre state parole che avevano viaggiato nella mia testa e che credevo che fossero reali, ma se al solo pronunciarle fossero sembrate stupide e prive di senso? Avrei voluto urlarle tutto ciò che sentivo. È vero, aveva ragione! Io ero sempre stato completamente indipendente e non mi ero mai impegnato in una relazione seria, ma … santo cielo, Elena! Possibile che non avevi capito che ti amavo?

Ero confuso, completamente confuso dalle sue parole. Che voleva dire “io sento qualcosa”? che cosa sentivi, Elena? Io avevo bisogno di saperlo, ma lei se ne stava lì senza dirmi nulla, senza spiegarsi, senza lasciare che io comprendessi ciò che realmente mi voleva dire.


- Che cosa vuoi da me, Damon? Tu molto probabilmente stari cercando una relazione basata su … su … su una relazione carnale, ma io non sono disposta a tradire tuo fratello per solo questo. – relazione carnale? Io non volevo solo sesso da lei. O meglio anche quello, ma il mio unico desiderio era quello di farci l’amore e di amarla per tutti i giorni della mia vita. Possibile che avesse capito tutto il contrario? Una rabbia insormontabile, mi travolse come un uragano e mi lasciai modellare da quella forte emozione che rovinò tutto.

- Cristo Santo! Tu non hai proprio capito niente. Credi veramente che io tradirei mio fratello per una semplice relazione? Va al diavolo!

Presi la mia giacca che avevo appoggiato sul bracciolo del divano e me ne andai. Uscii di casa e presi un cavallo. In meno di un’ora  arrivai a Londra, nella taverna di Rose e con molta sorpresa ci trovai anche Ric.

Non sapevo cosa mi stava prendendo, ma dovevo avere un’espressione piuttosto distrutta perché entrambi sembrarono molto preoccupati verso i miei confronti. Mi fecero sedere e nel giro di qualche minuto avevo in mano una bottiglia di liquore che mi stavo bevendo tutto d’un fiato. Mi ubriacai.


- Damon che è successo? – mi chiese il mio amico un po’ seccato, ma allo stesso tempo dispiaciuto perché evidentemente non mi aveva mai visto in quello stato.

- Non so come fai tu Ric, ma le donne sono un gran mistero. Tu cerchi di stare alla larga da loro e magari ci riesci all’inizio, ma poi arriva una stupida ragazzina che ti frega e sei tu a rimanere deluso perché neanche ti lascia provare. Non mi ha dato il tempo nemmeno di dirle ciò che volevo dire. – risi senza un motivo particolare. Risi a causa dell’alcol che era entrato in circolo nel mio sangue e ero intenzionato a lasciarlo lì per un bel po’.

- Stai parlando di Elena, non è vero? – e alla domanda di Rose il mio umore cambiò radicalmente. I miei amici non mi avevano mai visto in quello stato e molto probabilmente rimasero sorpresi nel vedermi iniziare a piangere come non avevo mai fatto. Maledetto Bourbon che amplificava tutto quanto!

- Io la amo. – e mi uscì spontaneo, facile. La mia paura era scomparsa e quella realtà mi  parve così vera, così autentica che mi diedi dello sciocco da solo. Perché solo avessi avuto il coraggio di dirlo in faccia a lei, a quest’ora sarebbe tutto diverso.

Note finali: ecco … come iniziare a spiegare il capitolo? Boh non lo so! Vi dico solamente che … no non vi dico niente. Sono curiosa di sentire a freddo le vostre considerazioni perché seriamente, credo che sia un capitolo un po’ complicato da comprendere, almeno credo.
Perdonatemi se avete trovato il capitolo pieno zeppo di errori, ma sinceramente non ho la forza di rincotrollarlo, sono esausta e domani non avrò tempo di aggiornare, spero che non sia orrendo altrimenti lo cancello e lo correggo per bene, secondo le buone regole della nostra grammatica!

Con affetto, Mia <3
 

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Capitolo 12
*** E alla fine riuscire a dirtelo non fu poi così difficile. ***


14.
E alla fine riuscire a dirtelo non fu poi così difficile.
(Damon)
Le presi la testa tra le mani e me la portai vicina. Le sue labbra si scontrarono contro le mie non appena la carrozza partì. Di nuovo quella scena. In viaggio verso Mystic Falls, mentre ci stavamo baciando. Era una sensazione splendida baciarla e baciarla ancora, stringerla a me e respirare il suo profumo.

“Ti amavo Elena. Ti amavo e non te lo avevo ancora detto, ma forse tu lo avevi già capito. Come poteva non sembrare quanto mi rammollii per una donna? Ti amavo Elena. Sei la cosa più bella che mi sia capitata tra le mani ed eri anche bella quando nella locanda ti baciavo, dimenticandomi ciò che mi dicesti, e la mia ferita sul labbro si riaprì. Il sangue scivolava fuori lento e a te non faceva ribrezzo. Continuavi a baciarmi senza pensare a che orribile mostro ero in quel momento e non badavi al sangue che ti macchiava le labbra e il collo. Era come se ti piacesse sentire il sapore ferroso di esso e mi baciavi e io baciavo te. Ti amavo Elena. Ti amavo e ti amo ancora.
Adoravo sentire le nostre labbra unite. Il nostro sfiorarsi mi mandava in estasi e con il passare del tempo mi rese completamente e irrimediabilmente dipendente da te. Avrei voluto seguirti in ogni luogo come un cagnolino innamorato e devoto. Perché mi rendesti così Elena. Il tuo umile ed eterno servitore.”

Mi piaceva anche il fatto che lei non mi respingesse e non opponesse resistenza. Si lasciava prendere e la potevo trascinare senza esitazioni in un vortice di amore. Solo amore per la mia dolce Elena.


-  Dovremmo smetterla, le ferite ti fanno ancora male. – mi sfiorò attentamente il taglio sul fianco coperto dalla camicia.

È vero, mi faceva male, ma non era a causa sua. Il viaggio in carrozza era una vera tortura.


Osservai il suo volto preoccupato: le sopracciglia leggermente corrucciate, la bocca socchiusa e gli occhi attenti ad ogni mio movimento. Era bellissima anche con quell’espressione.

- Non preoccuparti delle mie ferite, stanno bene.

 Le accarezzai una guancia e lei inclinò il viso per approfondire quel contatto piacevole. Chiuse leggermente gli occhi e prese la mia mano tra le sue. Mi avvicinai lentamente a lei e la baciai. Ancora. Lei sorrise e il suo sorriso fu indimenticabile. Scesi più giù dove assaporai la pelle del suo collo vicino all’orecchio, poi sulla gola e sulla clavicola. Mi fermai lì, sullo scollo del suo vestito. Non avrei mai immaginato che mi permettesse di toccarle il seno, anche se solo in parte. Lei intrecciò le sue mani trai miei capelli e la sentii giocherellare con ogni filo nero della mia testa.

Un piccolo sbalzo della carrozza e io gemetti leggermente per il dolore che mi provocò. Fu in quel momento che Elena si allontanò. Dannazione!


- Seriamente, Damon. Non ti devi sforzare. – mi rimproverò, ma io non volevo cedere.

- Cosa dovremmo fare se non baciarci allora? – provai ad avvicinarmi nuovamente alle sue labbra – Io non trovo nessun’altra cosa in cui impegnarmi in questo momento. – ma lei mi spinse indietro premendo le mani sul mio petto.

- Potremmo parlare, per esempio. Alla locanda volevi dirmi qualcosa, ma Alaric ci ha interrotto. Che cos’era?

La presi per i polsi e la tenni stretta a me guardandola negli occhi. Era allegra, lo si vedeva dal suo sguardo e da come stava sorridendo. Chissà come avrebbe risposto alla mia dichiarazione. Alla locanda le stavo per dire di amarla, che era la cosa più importante della mia vita, ma Ric ovviamente si presentava sempre nei momenti meno opportuni. Grazie amico!

Le sciolsi i lacci del corpetto che le stringevano il busto. Come facevano le donne ad indossare una cosa così stretta, non l’ho mai capito. La liberai da quel peso e la stavo per scoprire completamente, quando decisi di fermarmi.
Volevo essere sicuro … volevo essere sicuro che lei ricambiasse i miei sentimenti e quindi mi fermai. Era lì davanti a me con i suoi splendidi occhi che mi chiamavano con desiderio e io non volevo fare altro che renderla mia in quel momento, ma lei doveva sapere.
Le volevo dire di quanto era sbagliato il suo pensiero su di me, che io da lei non volevo solo sesso. Volevo farci l’amore e non una volta, ma mille.
Mille e altre mille.
Quanto avrei voluto essere al posto di mio fratello! Quanto avrei voluto essere quel povero sfigato che era costretto a sposarsi per fare un favore ai Gilbert.


- Elena! C’è una cosa che voglio dirti prima. – prima di amarti, prima di andare avanti, prima di fare tutto quanto, avrei voluto esserne sicuro.

Avrei voluto liberarmi dai miei pensieri, avrei voluto renderti partecipe della mia vita.


La guardai e lei guardò me impaziente di scoprire cosa dovevo dirle. Mai ho pregato nella mia vita quanto in quel momento.
Sperai che con quelle parole, lei non si allontanasse da me definitivamente.
Stavo per farlo. Stavo per dirle tutto e non ci sarebbe più stato ritorno. Stavo per essere sincero per la prima volta e per la prima volta tutto il dolore, tutte le mie preoccupazioni del mio passato svanirono per far esplodere quell’amore che proteggevo solo per lei.

Ma il mio tentennamento mi costò caro, visto che poco dopo entrò nella camera Alaric che ci sorprese abbracciati e in procinto di assumere atteggiamenti intimi. Più che altro lui si sorprese quando vide Elena avvinghiata al mio petto nudo e io che non fiatavo nonostante il dolore che mi  procurava.

Quello, però, era un dolore piacevole. Un dolore che sapeva di dolcezza e mi accarezzava con calore, perché lei aveva appena sfiorato le mie ferite con le labbra e io, che avevo già dimenticato l’imboscata che qualcuno mi aveva preparato, mi scordai anche di avere le ferite.

Alaric sorprese lei quasi a torso nudo mentre io le accarezzavo le spalle e le scapole ormai scoperte. Presi immediatamente il lenzuolo bianco che giaceva ai piedi del letto e, anche se un po’ sudicio, lo posizionai sulla ragazza coprendola e evitandogli di provare un certo tipo di vergogna.
Ric rimase quasi allibito. Infondo, Elena era la nipote della sua quasi fidanzata, ma io ero il suo migliore amico e in un certo senso non si stupì di trovarci in quella situazione.

 Qualche mese prima, quando me ne andai da casa arrabbiato e disperato, inaspettatamente mi liberai per la prima volta di quel peso. Dissi a lui e a Rose che ero innamorato di Elena, mi feci scivolare via quella sera per la prima volta un peso che più non sopportavo.
Povero Ric! Lui mi sopportò per mesi, ascoltando le mie parole su Elena, su quando fosse bella e su quanto mi mancava, ma alla fine quella era una piccola vendetta. Perché solo Dio sa quante volte l’ho sentito parlare sulla sua Jenna, l’ho sentito vaneggiare sul suo amore nascosto a tutti e solo allora mi resi conto di quanto io e il mio amico fossimo legati da un destino tanto simile.

Innamorati di una donna che molto probabilmente nostra non lo sarebbe stata mai.


Perché lui è Jenna non potevano stare insieme? Perché lui aveva perso da poco la moglie e lei non sopportava le malelingue.
Perché io ed Elena non potevamo stare insieme? Perché lei doveva sposare mio fratello per un motivo o per l’altro, e ad ogni modo non ero sicuro che lei ricambiasse i miei sentimenti.


- Scusatemi. Io … io non volevo interrompervi.

Elena arrossì violentemente in volto. Forse si rese conto per la prima volta di ciò che stava per fare. Quel “non volevo interrompervi” la ridestò da suo qualsiasi altro pensiero. Si allontanò rapidamente da me, anche se io non ne fui felice, e strinse più che poté a sé stessa il lenzuolo per coprirsi. Poiché nessuno la teneva stretta in vita ed era libera nei movimenti, vidi il suo bustino scivolare via, sotto il lenzuolo. Dalla vita in su era completamente nuda e se non fosse stato per quello strato bianco che la proteggeva, allora io non avrei resistito.

Ric, notando l’accaduto, uscì fuori e richiuse la porta imbarazzato. La guardai aspettando che si rivestisse, ma lei ancora indugiò nello stringere le mani sul tessuto grezzo.


- Ti potresti girare, per piacere?

Rimasi un po’ deluso da quella sua richiesta e non perché desiderassi vederla nuda, certo anche quello, ma soprattutto perché fino a due minuti prima lei non mi stava respingendo, anzi sembrò piuttosto contenta ed eccitata di prestarsi al gioco con me.

- Certo.

Voltai il capo dall’altra parte e feci di tutto per tenere a bada i bollenti spiriti quando sentii il suono del lenzuolo che le sfiorava la pelle e scivolò via. Era vicina a me e il suo braccio nudo toccò la mia mano accidentalmente. La consapevolezza che lei fosse lì accanto prese possesso di me. Avevo la voglia di girarmi e di ammirare la sua bellezza integra, ma non lo feci. Per lei l’atmosfera si era raffreddata da quando era entrato Alaric.

Mi toccò la spalla e mi guardò negli occhi. Al diavolo, era bellissima anche così vestita! Ci sarebbe stato tempo per quello. Tutto il tempo dell’universo. Io l’avrei aspettata.

Mi sorrise e io non potei fare a meno di ricambiare quel sorriso così luminoso con uno altrettanto splendido, ma nell’allargare le labbra lo spacco ritornò a farmi male. Gemetti di dolore e lei istintivamente posò la mano sulla mia bocca. Il suo profumo, ancora il suo profumo ad inebriarmi. Era come una pozione che mi mandava fuori di testa.

Le diedi un bacio e poi un altro e un altro ancora. Continuai e avrei potuto continuare all’infinito perché non sarei mai stato sazio della sue labbra. Mai.


- Damon mi stai ascoltando? – fu la sua voce a risvegliarmi.

Mi ero perso nei miei dolci ricordi che comprendevano ovviamente solo lei e i suoi sorrisi.
Forse era arrivato il momento di dirle tutto, di confessarle il mio amore senza tralasciare niente. Sarei stato completamente sincero con lei. Lo dovevo anche a me stesso, perché non ce la facevo più a trattenermi. Avevo bisogno di urlarlo dalla gioia.


- Si è vero, alla locanda ti volevo dire qualcosa. – le sussurrai.

Avrei voluto sembrare dolce, ma la mia voce risuonò roca nell’abitacolo.
Mi avvicinai ancora di più a lei e tenni stretta tra le mie mani la vita. Sfiorai il suo naso con il mio e le accennai un dolce sorriso.
Da quando Damon Salvatore era diventato così timido? Sentivo le mie mani tremanti e per un attimo ebbi paura che lei non ricambiasse  i miei sentimenti.


- E cosa vorreste dirmi, signor duca?

(Elena)
- E cosa vorreste dirmi, signor duca?

Da quando ero diventata così? Io che guardavo maliziosa un uomo che non avrebbe dovuto essere il mio, che lo baciavo con passione e che giocavo con lui a fare i fidanzatini di nascosto.
Avevo una grande paura su ciò che voleva dirmi, intuii che doveva essere qualcosa di serio e importante, ma poi guardai il suo sguardo che mi stava scrutando dolce e pieno di desiderio e qualcosa mi tranquillizzò. Lo baciai un’ultima volta prima di ascoltare le sue parole e gettai le braccia attorno al suo collo.
Aprì la bocca per parlare, ma le sue parole rimasero bloccate nell’aria. La carrozza si era fermata. Eravamo tornati a Mystic Falls.


- Damon cosa ti è successo? – Stefan ci venne incontro.

- Qualcuno mi ha scambiato per un sacco da prendere a pugni.

Ci incamminammo verso la villa. Io avevo bisogno di andarmi a lavare e Damon aveva soprattutto bisogno di dormire e riposarsi, visto che per sopportare il dolore delle ferite ci voleva una certa dose di energia.

Arrivò la sera, ma lui non si presentò a tavola per la cena. Con mia grande sorpresa arrivarono zia Jenna e Jeremy da Londra. Io non avrei mai potuto essere così felice. Era presente la mia famiglia e anche se eravamo riuniti a Mystic Falls perché mancavano solo pochi giorni al matrimonio, mi sentivo bene.

Teoricamente nella mia vita stava andando tutto storto, eppure avevo una zia ed un fratello che mi amavano, uno Stefan che anche se non mi amava potevo considerarlo come un fidato alleato e Damon. C’era sempre lui.
Lui con il suo alone di mistero.
Lui e la sua bellezza.
Lui e il suo fascino indiscutibile.
Ma soprattutto lui che mi baciava e io che non ero mai sta così bene come quella volta.  
Damon era entrato completamente nel cuore e si era rinchiuso dentro, non intenzionato ad uscire. Era come una spina nel fianco che però non provocava fastidio e dolore, anzi mi dava piacere e non desideravo altro se non lasciarla lì a farmi del male e a torturarmi.
Non mi importava quali sarebbero state le conseguenze, sapevo solo che volevo stare con Damon e in un certo senso ero sicura che anche lui voleva stare con me. Quella mattina me ne diede conferma. Sia io che lui volevamo sentirci liberi di amare e sinceramente non me ne sarebbe importato un accidente se qualcuno avesse scoperto che lo amavo. Soprattutto perché i miei sentimenti erano evidenti.
Erano evidenti a Stefan, erano evidenti ad Alaric e presto sarebbero stati evidenti anche alla mia famiglia e a lui. Glielo avrei detto e al più presto. Prima del matrimonio, prima di rinchiudermi in una vita senza di lui, avevo bisogno di confessargli tutto. L’indomani l’avrei affrontato.

Ma sinceramente non ce la feci ad aspettare le luci del mattino. Nel mio letto tutti quei pensieri mi stavano tormentando. Ero impaziente, perciò mi limitai ad aspettare la notte, quando tutta Mystic Falls era accolta tra le braccia di Morfeo, quando la penombra mi fece da amica e mi aiutò ad andare da lui.

La notte, dolce momento per vivere, pieno di paure e dubbi, dove le ore buie regalavano l’atmosfera ideale per fare l’amore.
Che pensiero stupido! Eppure, mi ritrovai ad arrossire al ricordo del sogno che avevo fatto, dove io mi concedevo a Damon.

Entrai nella sua camera senza bussare e lo osservai mentre dormiva rilassato ma allo stesso tempo dolorante, mentre un braccio era steso sul fianco e mentre l’altra mano era appoggiata sullo stomaco. Era bello il mio Damon e io stavo commettendo una pazzia.
Presentarmi lì, nella sua stanza, in camicia da notte. Mai lo avrei fatto in precedenza. Mai un uomo mi aveva spinta così tanto da non provare vergogna ed entrare nell’appartamento privato di quella persona che non sarebbe mai stata mio marito. Forse sarebbe stato meglio ritornare a dormire.

Proprio mentre feci marcia indietro la sua voce mi fermò. E fu quell’”Elena” soffiato leggero che continuò a viaggiare per la stanza, seguito da un silenzio pieno di significato, a lasciarmi bloccata sulla soglia della sua porta di spalle a lui, mentre una mia mano cercava invano di stritolare la porta.

Mi voltai e lui mi stava fissando. Si era svegliato.


- Non dovresti essere qui. – mi disse semplicemente.

- Hai ragione forse è meglio che vada via. – gli risposi.

Se non mi desiderava non vedevo perché sarei dovuta rimanere. Era stato uno sbaglio andare da lui per poi dire cosa? Per dire che lo amavo? Si, era sicuramente quello il mio intento, ma forse ero stata inopportuna, forse ero stata troppo impaziente e non avevo ragionato abbastanza.

- Non dovresti essere qui – riprese a dire – ma io voglio che tu rimanga.
Ed eccole quelle semplici parole che mi riportarono al suo capezzale per la seconda volta, per la seconda sera consecutiva.

- Perché sei venuta?

- Perché ho bisogno di dirti una cosa.

- Anche io. – si posizionò seduto per guardarmi meglio negli occhi e fu una cosa bellissima perdersi in quei pozzi così celesti che neanche il cielo poteva essere paragonato ad essi. – Ti amo.

Me lo disse a voce bassa, mentre quasi non riuscii a capire le sue parole. Lo avevo sognato? Sperai proprio di no, ma ancora non ero disposta a crederci. Avevo bisogno di conferme su conferme.

- Puoi ripetermelo, per favore?
Mi prese una mano e dolcemente mi fece accomodare accanto a lui sul suo enorme e morbido letto.

- Ti amo.

La seconda volta mi sembrò più sicuro di sé. Stava anche sorridendo e io non potei fare a meno di ritornare a baciarlo come la sera prima. Mi gettai sul suo corpo di nuovo mezzo nudo e un po’ incurante del solito gemito di dolore.
Sentii il sapore delle sue labbra, il contatto dei nostri corpi che si facevano sempre più vicini e le mia mani che impazienti viaggiavano sul suo petto.
Mi staccai solo dopo un lungo tempo, quando necessitai di un po’ d’aria per riprendermi, ma soprattutto quando mi resi conti di non avergli risposto.


- Ti amo anche io, Damon. Ti amo tanto.

Qualcosa dentro di me cambiò. Come se quell’anno disastroso non fosse mai arrivato, come se nella mia vita fosse entrato solo lui, con il suo sorriso e le sue battute. Con la sua voglia di proteggermi e le sue mani che mi tenevano al caldo.
Cambiai dopo avergli detto quelle parole. Dopo essermi confessata a lui e lo dimostrai facendo la cosa più audace che mai avrei immaginato di fare in vita mio, o perlomeno prima del matrimonio.
Mi alzai dal letto e guardai la sua sorpresa negli occhi, sorpreso perché non si aspettava un distacco del genere dopo avergli detto di amarlo.
Ero davanti a lui, ferma e  immobile, prima di iniziare a sollevare la camicia da notte.
Allora si alzò anche lui per fermarmi.


- Non c’è bisogno … non per forza adesso, se tu non vuoi.

Gli accarezzai il volto con entrambe le mani e lo baciai un’altra volta. Un bacio dolce e pulito come la quiete prima della tempesta.

- Ma io lo voglio, amore mio. – gli risposi.

Fu lui a compiere il primo passo, quella volta. Mi prese in braccio e mi adagiò sul letto continuando a baciarmi, mentre con le mani prese l’orlo del mio pigiama e iniziò ad alzarlo finché non arrivò sul punto più alto delle cosce. Lì si fermò titubante prima di andare avanti. Posai le mie mani sulle sue e lo accompagnai a denudarmi del tutto.
Non ci fu nessuna vergogna. Nessuna delle mie mani prese rapidamente la calda coperta per coprirmi. Ci fu solo il suo sguardo che mi contemplava e io fui lusingata perché mai come in quel momento mi sentii bella dinanzi ad un uomo.

(Damon)
Era bellissima e nuda sotto il mio sguardo, distesa sotto di me. Il viso imporporato, ma non fui certo che lei si vergognasse, sembrava più … accaldata. Accaldata e desiderosa e il mio unico volere era quello di accontentarla.
Se lei voleva, allora lo avrei voluto anche io.
Tornai a baciarle la bocca mentre le sue mani strinsero i miei fianchi ancora indolenziti, ma non mi fecero male.
Mi puntellai meglio sui gomiti per non pesarle troppo e scesi sul collo affondando nella sua calda pelle. Con una mano risalii ad accarezzarle il seno morbido. Assaggiai la sua pelle come se fosse stata una pietanza prelibata, vezzeggiai un suo seno con la lingua, le sfiorai i capelli con le mani mentre lei faceva la stessa cosa a me. Arrivai ad assaporare la sua pancia e lentamente ritornai su, sulle sue labbra gonfie.


- Ripetimelo. – mi disse ancora.

- Ti amo.

- Di nuovo.

- Ti amo.

- Un’altra volta.

- Ti amo.

Avrei voluto che me lo chiedesse ancora, perché io non avrei mai smesso di dirle che l’amavo.
Mi tolsi la parte inferiore dei miei vestiti e finalmente fummo entrambi nudi. Bocca su bocca, mani nelle mani e bacino contro bacino.
Lei allargò le gambe e si avvicinò a me in una tacita richiesta. Entrai in lei lentamente e quella fu la notte più bella della mia vita. Fu stupenda quella notte mentre spingevo in lei e sentii i suoi gemiti di dolore. Sapevo che quella fu la sua prima volta e cercai di essere il più dolce possibile. lei mi sorrise compiaciuta quando raggiunse l'apice del piacere e vederla sotto una luce diversa, dentro un alone di un nuovo calore, mi rese l'uomo più felice del mondo.

Mi svegliai alle prime luci dell’alba, trovandomi accanto un’Elena addormentata che tenevo stretta tra un braccio. Osservai il suo volto illuminato dai deboli raggi del sole e le posai un leggero bacio trai capelli. Si svegliò anche lei, sorridente.


- Buongiorno.

- Buongiorno, amore mio.

Sorrisi e la baciai con passione prima di dirle che se ne sarebbe dovuta andare. Non potevamo permettere di farci scoprire a soli pochi giorni dal matrimonio.

Ma quel giorno nessuno si sarebbe accorto di noi, perché nella villa entrò urlando una disperata Katherine che portava tra le braccia il corpicino privo di sensi di Nadia.



Note finali: eccomi qui con un capitolo completamente Delenoso! A parte l'ultima scena che potrebbe preannunciare qualcosa di non buono, ma non vi approfondisco niente, scoprirete tutto nel prossimo capitolo.
Si, gioisco con voi perché entrambi hanno dichiarato il loro amore reciproco (che cuccioli! *-*) e hanno anche bruciato la Carbonara (come dice mio padre xD)

Per Elena è stato un po' un "glielo dicono, non glielo dico?", mentre il povero Damon è stato interrotto un paio di volte, ma finalmente tutto si è risolto tra le lenzuola! xD
Aspetto i vostri commenti ansiosa e ringrazio tutte le persone che hanno fino ad ora recensito. Baci, Mia <3
 

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Capitolo 13
*** Per recitare una parte. ***


11.
Per recitare una parte.
(Elena)
Non mi parlò per parecchie ore. Cercò di ignorarmi davanti a tutti e ci comportammo come se fossimo due semplici futuri cognati. Ma di certo se zia Jenna o il duca Giuseppe avessero notato certi sguardi che mi rivolgeva, sarebbero rimasti stupiti. E sarebbero rimasti altrettanto stupiti ai sorrisi che gli rivolgevo ogni volta che lui mi guardava. Di solito essere osservata in quel modo da qualcuno mi avrebbe messo in soggezione, ma in quel momento gli occhi di Damon erano la cosa più bella che io potessi desiderare di avere addosso. Ero felice, ero estremamente felice e Stefan certo non mi aiutava a trattenere la mia felicità davanti a tutti. Quando si avvicina a me per sussurrarmi qualcosa che a degli occhi esterni saremmo sembrati solamente due fidanzatini innamorati, lui in realtà mi stava sussurrando di cercare di non dare troppo nell’occhio, di non osservare molto Damon e di non commettere l’errore di rimanere incantata da lui, almeno durante la presenza degli altri. Questo, invece di calmarmi, mi rendeva ancor di più euforica e non potevo fare a meno di non voltarmi verso l’uomo che amavo e lo sorprendevo a sorridermi e io non avevo voglia di fare nient’altro tranne che buttarmi tra le sue braccia e lasciarmi baciare un’altra volta come avevamo fatto nella carrozza. Ma per quello dovetti aspettare la sera.

Mystic Falls era un vero e  proprio paradiso. La tenuta era enorme, ma quello che mi meravigliava di più erano l’estesa vigna e i giardini pieni di fiori che si promulgavano fino alla boscaglia. E questo era tutto di Damon. La villa era bianco panna a due piani. Per raggiungere l’ingresso bisognava percorrere una rampa di scale con il corrimano di ferro nero. Attraversato il portone tutto ciò che si poteva ammirare era il rosso scuro dei mobili di legno e l’oro dei lampadari, mentre altre scale al centro portavano ai piani superiori, un’enorme porta che molto probabilmente rimaneva sempre aperta conduceva alla sala da pranzo e di conseguenza alla cucina, riservata ai camerieri. C’era anche un varco aperto che portava ad una splendida sala da ballo fatta di marmi e specchi sfarzosi, ma Damon ci portò in una porta di grandezze abbastanza normali che si trovava proprio accanto alle scale e un delizioso salotto con camino si presentava ai nostri occhi. Due divani e due poltrone erano disposi a semicerchio attorno al camino, mentre il fuoco scoppiettava e riscaldava la stanza. Per terra un tappeto persiano che decorava l’ambiente e sulle pareti degli splendidi quadri abbastanza moderni.

 
- Prego, accomodatevi. – ci disse Damon, mentre io e Stefan prendemmo posto su un divano, il duca Giuseppe su una poltrona e Jeremy e zia Jenna su l’altro divano. Damon prima di sedersi su una poltrona versò da bere al padre e al fratello del Bourbon e dello Cherry a mia zia.

- Casa vostra è splendida, Damon. – mia zia si complimentò.

- Vi ringrazio, Miss Sommers. Personalmente non ho fatto nulla perché quando la nostra famiglia l’ha ereditata era già così, ma ho voluto aggiungere qualche tocco personale. Renderla un po’ più in stile con me. – ammiccò e per un breve istante i suoi occhi si incrociarono con i miei, facendomi leggermente arrossire. Perché quei occhi non facevano altro che invitarmi a stare accanto a lui, ne ero sicura.

- Allora possiamo considerarlo un ottimo posto per festeggiare il matrimonio, Elena? – mi chiese il duca  e tutta la realtà che mi ero dimenticata in quelle ore, ritorna come ghiaccio addosso. Ma alla fine lo scopo di quella gita era proprio quello: il matrimonio. Sentii il sorriso spegnermi sulle labbra e per fortuna Stefan lo notò e rispose lui al posto mio. Perché io non ebbi la forza di parlare. Mi voltai lentamente verso Damon e anche la sua espressione si era rattristita. Oh, quanto avrei voluto poterlo amare ad alta voce!

- Me lo stava giusto dicendo prima. Mystic Falls è perfetta e poi la sala da ballo è abbastanza grande per disporre qualche tavolino e un buffet, lasciando il dovuto spazio per ballare. – mi limitai a sorridere facendo vedere il mio assenso.
 
Era giunta l’ora di pranzo e ci recammo verso la sala da pranzo per mangiare, ma mi congedai qualche minuto per andarmi a rinfrescare in una toilette. Salii al piano superiore e notai che era una specie di anticamera ovale dotata di molte porte. Non avevo la più pallida idea di dove andare.
 
- Puoi scegliere una stanza qualsiasi. Per adesso sono tutte vuote tranne la mia. – mi voltai verso la voce che proveniva dalle mie spalle e i suoi occhi blu come sempre riuscirono a perforare la mia anima, ma non riuscii a trovare più una sorta di allegria. Il nostro umore era cambiato. Quel bacio ci aveva fatto dimenticare il fidanzamento tra me e suo fratello e anche Stefan sembrava approvasse quelle sorta di sentimento che provavo per Damon, ma che ne sarebbe stato di noi? Dopo aver sposato Stefan cosa avrei fatto? Avrei fatto di Damon il mio amante segreto? Mi lasciai trascinare dai miei pensieri. Va bene, avevo ammesso di amare Damon e il desiderio di restargli vicino si faceva sempre più forte, ma io mi stavo per sposare con un altro e se per caso qualcuno avesse scoperto di me e di lui, sarebbe successo il casino. E lui non si meritava tutto questo, lui non aveva nessuna colpa.
 
Non mi accorsi che Damon si era avvicinato a me e mi stava sfiorando la guancia con la sua calda mano. Chiusi gli occhi per poter sentire più intensamente il tocco della sua mano e poi quelle delle sue labbra sulle mie. Era teso, lo sentivo benissimo perché lo ero anche io, ma bastarono semplicemente due secondi da soli per poter lasciar scivolar via tutte le preoccupazioni e i problemi della vita e poter abbandonarmi al puro piacere che si sprigionava nel stare con lui. Le mie braccia finirono sotto le sue e le mani sulle scapole, mentre lui mi prese dolcemente il volto e con un pollice sfiorò uno zigomo. L’aria calda che fuoriusciva dal suo naso si infrangeva sui miei occhi, invadendomi. Buffo, come un semplice soffio, mi desse l’impressione di trascinarmi in un uragano di emozioni! Eppure era tutto lì. Io e lui nell’occhio di un ciclone, fermi e immobili mentre il mondo al di fuori di noi cadeva a pezzi, o più semplicemente si riempiva di problemi. Lui mi stringeva mentre io mi sciolsi letteralmente al suo contatto,e con qualche lento passo, mi condusse accanto al muro e io ero come in una trappola. Costretta volontariamente tra le sue braccia che si andarono ad appoggiare sulla parete con la mia testa in mezzo, mentre le mie mani erano scese ad accarezzargli i fianchi e la sua bocca si schiuse per fare spazio alla mia, ma ci fermammo. Ci fermammo perché una voce ovattata arrivò a noi e ci fece rinsavire. Era mia zia che stava salendo le scale per venirmi a cercare. Io le risposi, dicendole che sarei scesa in un secondo e impedendole di continuare a salire per non farmi vedere in compagnia.

Mi diressi verso le scale, ma la sua mano mi fermò dal braccio costringendomi a ritornare tra di lui. Un bacio fugace sulla fronte e due semplici parole bisbigliate.

 
- Dobbiamo parlare. – e tornammo separatamente dagli altri.
 
(Damon)
Il pranzo fu lentissimo. Mio padre parlava continuamente dei preparativi del matrimonio di Elena e Stefan in casa mia e io lo lasciavo parlare mettendo come al solito quelle mie solite battutine spiritose e sarcastiche che molto probabilmente lo fecero solamente innervosire. Elena annuiva di tanto in tanto alle richieste di mio padre per quanto riguardava i preparativi, ma spesso sentii il suo sguardo su di me e ciò mi costringeva a ricambiare, nei suoi occhi, il desiderio di potermi allontanare da tutti per rimanere di nuovo solo con lei per rivivere quel bacio fulmineo, come lo erano stati tutti gli altri, che ci eravamo dati di nascosto da tutti. E la tentazione era veramente forte. Perché eravamo a due passi dalla mia camera e se non fosse stato per la zia, che ci interruppe, l’avrei condotta nelle mie stanze e l’avrei amata e baciata, facendola intanto mia, assaporando a pieno la sua pelle e imprigionandola nel mio letto per sempre. E il pensiero di risvegliarmi accanto a lei ogni giorno, di poterla osservare mentre il sole le illumina il volto come se fosse un angelo prese pieno possesso di me. La voglia di sentire la sua pelle calda accanto alla mia, mi resero più allegro, più ottimista. Il bisogno necessario di guardare il suo sorriso ogni giorno mi fecero diventare più egoista. Desideravo i suoi occhi anche se per qualche ora al giorno, ma ne avevo bisogno. Al diavolo mio padre, il matrimonio e i vari problemi che si aggravavano su tutte e due le famiglie. Avrei condiviso la stessa maledizione di mio fratello. Amare di nascosto una donna. Lui avrebbe sposato Elena, ma Elena sarebbe stata mia e lui sarebbe stato di Katherine, tutto qui. Semplici formalità! Improvvisamente divenne tutto più facile nella mia mente e questo migliorò molto la mia giornata.

Io volevo che fosse mia e non solo per piacere carnale, ma perché avevo bisogno di tutto ciò che lei faceva, di tutte le sue azioni, dei suoi sentimenti, dei suoi stati d’animo perché solo grazie a come si sentiva lei sarebbe dipeso il mio umore. Io ormai ero completamente dipendente da Elena, dalla sua pelle e dall’infinita dolcezza delle sue mani che mi accarezzavano morbide.

Dopo il pranzo andammo nel salottino e passammo lì tutto il pomeriggio. Sentivo mio padre fare ancora progetti e Stefan che faceva il suo gioco dandogli corda, mentre Elena proponeva imbarazzata qualche consiglio e io la osservavo in tutta la sua bellezza. No, non mi importava più se avrebbe sposato mio fratello, non mi avrebbe importato se davanti a tutti sarebbe stata la moglie del giovane e brillante medico, perché in realtà colui che l’avrebbe veramente amata sarei stato io.

 
- Perché non rimanete qui fino al matrimonio? – propose mio padre.

- Che cosa? – feci io, con la speranza di aver capito male quello che aveva detto. La mia faccia non doveva essere molto bella.

- Ti crea qualche problema, figliolo? Io credo invece che farebbe un favore a tutti: Elena potrebbe organizzare con sua zia il matrimonio, Stefan potrà applicarsi negli studi della medicina in perfetta tranquillità senza i disturbi della città e tu non saresti costretto a viaggiare ogni giorno per venire da me e tuo fratello. – mi guardò con il suo sguardo di sfida, poi scrutai con attenzione il volto dei presenti. Mio fratello stava facendo il solito sorriso forzato per far compiacere mio padre, mentre Elena si mostrava ancora imbarazzata e Jenna parve l’unica ad essersi esaltata da quella proposta. Ritornai su Elena e ci pensai un po’ sopra. Questo sarebbe voluto dire, vivere qualche mese nello stesso posto. Era tradizione che le settimane prima del matrimonio, la sposa si trasferisse nella casa in cui poi avrebbe abitato, ma era una tradizione soprattutto per quelli che andavano ad abitare in campagna. Qui la differenza era che dopo il matrimonio Stefan ed Elena sarebbero ritornati a Londra poi. Ma ripensai a lei, all’opportunità di averla vicina per così tanto tempo, al fatto che ogni momento passato insieme e da soli sarebbe stato il pretesto per baciarla.

- E quando avete intenzione di celebrare queste nozze? – cercai di non mostrare troppo entusiasmo. Mio padre ghignò e guardò i due promessi che si sentirono subito interpellati. Stefan ed Elena si guardarono negli occhi e mio fratello iniziò a parlare.

- Potrebbe andare bene a inizio inverno, prima di Natale, magari.

- Tipo il 21 dicembre. –completò la frase lei.

- È perfetto. – disse la zia.

- Bene, allora suppongo che siate tutti d’accordo nel venire a vivere tutti qui, almeno fino al matrimonio? – domandò mio padre.

- In realtà, signor duca – prese parola Jenna – io dovrei rimanere a Londra almeno per i primi tempi, non posso lasciare la casa ai camerieri e poi Jeremy deve continuare i suoi studi in città. Ritengo che Elena sia abbastanza grande per potersela cavare da sole e inoltre io le farei visita ogni volta che posso.

- Comprendo le vostre decisioni, Miss Sommers. E vi posso assicurare che Elena è al sicuro qui a Mystic Falls. Fino al 21 dicembre sarà trattata come la regina della tenuta, non è vero Damon?

- Assolutamente vero. – risposi io, guardando Elena, cercando di trasmetterle una promessa. Sarebbe stata veramente la regina in quei mesi e quelle parole non erano mai state così vere.
 
(Elena)
- Assolutamente vero. – disse Damon al padre che stava assicurando mia zia nel lasciarmi a Mystic Falls. – ovviamente Elena dovrà prima fare ritorno in città per prendere le sue cose. Per i preparativi penseremo dopo. Faremo venire qui le sarte per l’abito, i decoratori per l’ambiente e tutto ciò che serve, ma non può di certo sparire dalla circolazione, quindi questa sera ripartite per Londra e tra qualche giorno ci rivedremo nuovamente qui. – mi sorrise e io non avrei voluto fare nient’altro che ricambiare il suo sorriso, ma non lo feci. Qualcosa mi stava bloccando.
 
Prima ero tanto convinta di amare Damon e lo ero anche in quel momento, ma solo allora mi resi conto di ciò a cui stavo andando incontro. Non ci avevo pensato, mi ero lasciata guidare fin troppo dalle emozioni e la ragione si era andata a nascondere in un angolino del mio cervello, ma nel sentire i discorsi che il duca Giuseppe faceva, gli assensi di Stefan e perfino le parole di Damon, mi fecero rendere conto che stavo andando incontro a solo una cosa: una relazione segreta.

E cielo, io non volevo questo! Io volevo semplicemente amare l’uomo della mia vita per poi sposarlo, ma purtroppo non sarebbe stato possibile. Io dovevo sposare Stefan, ma amavo Damon. Lo amavo così tanto da non resistere ogni volta che lui mi si avvicinava, quando si faceva troppo vicino. Ma maledizione non potevamo! Non potevamo lasciarci andare come due pazzi sconsiderati che non capivano quali sarebbero state le conseguenze, che cosa ci avrebbe fatto male infine. Io semplicemente non potevo amare Damon. Ma dovevo parlare con lui. Dovevo chiarire tutto, perché avevo preso una decisione e se pur dolorosa, era corretta, perché anche se Stefan avrebbe compiuto una scelta diversa dalla mia, io ne sono sicura che lui l’avrebbe fatto per sua figlia, perché non era giusto lasciare Nadia orfana senza un padre e senza protezione, in una casa che cadeva a pezzi e con una madre che per vivere era costretta a prostituirsi. Stefan lo faceva anche per salvare, non c’entrava niente l’amore, o per lo meno, l’amore era solo una parte di tutto. Io e Damon cosa era eravamo? Niente. Eravamo soltanto io che mi innamorai profondamente di lui. Non ero neanche sicura di ciò che lui provava per me, allora perché lasciarmi cullare nell’illusione di una doppia vita che avrei trascorso altalenando la compagnia dei due fratelli? Io non ero quel genere di persona, non potevo essere quel genere di persona! Non potevo pretendere di voler salvare la mia famiglia dalla disgrazia e allo stesso tempo volere l’unico uomo che mi aveva fatto battere il cuore. Non sarei stata più Elena Gilbert in questo modo. Sarei stata una che semplicemente vuole ottenere tutto ciò che desidera senza badare ai rischi, senza badare alle persone che giudicavano e sputavano parole come veleno, che ti deridevano e che ti rovinavano, che ti facevano sentire sbagliata e fuori luogo. Io ero già troppo spaventata dalla vita, così facendo mi sarei ritrovata ad odiarla completamente, perché non ero per niente pronta ad affrontare gli altri oltre le mura della mia attuale casa e della mia futura casa. Conoscendo la massa, anticipai già i pregiudizi che avrebbe lanciato su di me. Elena Gilbert, la ragazza fortunata perché era stata richiesta in sposa dal giovane e brillante Stefan Salvatore, ma uno solo non le bastava, perciò si gettò tra le braccia dell’altro fratello per farsi viziare da entrambi. Ma io non ero quel genere di persona. E non lo sarei mai stata. Avrei rinunciato a qualcosa piuttosto. È vero, avrei preferito rinunciare a Stefan, se avessi seguito ciò che il mio cuore mi diceva, ma la ragione sovrastava tutti i miei istinti. Se avessi abbandonato l’idea del matrimonio io, mia zia, Jeremy e tutti i camerieri della mia casa, saremmo finiti in mezzo alla strada. Se solo fossi stata sicura dei sentimenti che Damon provava per me, allora sarebbe andato tutto bene, perché se lui mi avesse amato, mi avrebbe anche aiutato. Ma non potevo correre un rischio del genere e poi non avrei mai potuto abbandonare Stefan in quel modo. Io ero la sua copertura per Katherine e per Nadia, io ero il suo lasciapassare per una vita felice e non faceva niente se io avrei dovuto rinunciare alla mia, perché almeno sarebbe stato certo che qualcosa di concreto lo avrei fatto. Io di Damon non sapevo nulla. Non sapevo niente della sua vita e tantomeno non conoscevo i suoi veri sentimenti. Abbandonandomi a lui avrei corso il rischio di essere infelice, delusa e arrabbiata con me stessa.

 
- Damon ha ragione, sarà meglio che ritorni a Londra per preparare tutto quanto. Dopodiché mi trasferirò qui, a Mystic Falls.
Perché faceva così? Io non riuscivo a fingere davanti a tutti, non come lui almeno. Io mi limitavo ad annuire e a rispondere con parole nette e indecise, invece lui riusciva a formulare interi discorsi senza fermasi a guardare i miei occhi, come io cercavo i suoi per trovare sicurezza, per non lasciar vedere agli altri ciò che io in realtà non volevo. Era un attore nato. Riusciva ad indossare la sua maschera di impassibilità. O forse … o forse semplicemente fingeva con me quando eravamo soli. Era davvero così intenzionato a farmi del male e a farmi soffrire? Era davvero quello Damon Salvatore? Io avevo paura, non volevo scoprirlo. Avevo il timore di rimanere bruciata dopo aver toccato quel fuoco ardente, quando avrei voluto che quelle fiamme mi accogliessero calorose come un dolce abbraccio.


Note finali:
perdono, perdono, perdono, incredibile perdono! (Si disonoratemi, disonorate me, la mia mucca e tutta la mia famiglia!) Avrei dovuto aggiornare il 3 febbraio per “festeggiare” il primo mese della storia, ma questa settimana è stata tanto bella quanto impegnativa. Quindi … vi prego non arrabbiatevi con me! Per non parlare del fatto che di conseguenza questo capitolo, io l’abbia letteralmente partorito e non sto scherzando.
Passiamo ai contenuti … carino il primo pov di Elena! Loro due che si vogliono e che non si sono del tutto ripresi ad bacio nella carrozza. Si sembra che le cose si siano un po’ sistemate, per non parlare dell’incontro al piano superiore. Due cuori.
Ma prendendo metaforicamente a bastonate le persone come fa la nostra signora santissima Julie Plec, dopo la parte di Damon, che non fa a meno di ribadire quanto si sia innamorato di Elena e che fa notare anche il suo desiderio carnale, arriva il troll finale. Ovvero, con il passare della giornata Elena realizza il fatto che agli occhi di tutti lei sarà la moglie di Stefan e tutto ciò che prova per Damon potrebbe benissimo non essere ricambiato. Perché in realtà lei cosa ne sa del suo principe delle tenebre? Dire di nome e di fatto. Tenebroso di aspetto, ma anche la sua vita è piuttosto oscurata. Lei conosce i segreti più profondi di Stefan, ma del fratello maggiore è un completo mistero e questo non fa altro che farle continue paranoie.
Non dimentichiamoci, comunque, che Elena è una diciottenne, quindi ancora un’adolescente che ha già sopportato abbastanza nella sua vita, (dalla morte dei genitori alla situazione attuale della famiglia) perciò ogni cosa che le capita, bella o brutta che sia, si lascia condizionare negativamente, invece Damon è molto più grande di lei (otto anni di differenza) e ha già abbastanza esperienze e poi la sua persona è già di per sé una che sa fingere senza scrupoli. In poche parole Elena si è fatta troppi problemi, che ad occhi esterni possono non avere senso, ma poi vedremo come finirà e cosa deciderà do fare,

Perdonatemi anche perché il capitolo è breve, Mia <3

p.s. se a qualcuno va ho iniziato a scrivere un’altra storia http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2427239&i=1 ,passateci e scrivetemi un vostro parere.
 

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Capitolo 14
*** Abbandonarsi al desiderio e all’amore. ***


13.
Abbandonarsi al desiderio e all’amore.
(tre mesi dopo)

(Elena)
Dopo quella sera Damon se ne andò da Mystic Falls e ritornò a Londra. Mentre Stefan e il duca Giuseppe ormai governavano la tenuta e io ero ospite lì, lui prese residenza a Villa Maria, in città, e ritornava nella sua vera casa solo qualche volta. Le sue visite erano veramente sporadiche. Non mi diedi pace. Lo odiavo perché se ne era andato, ma allo stesso tempo non lo biasimavo perché ero stata io ad allontanarlo da me. Ma perché reagire in quel modo? Infondo, le mie ragioni erano più che ovvie. Non potevo di certo permettermi di portare avanti un … “qualcosa” di segreto che per lui non significava niente, mentre correvo il rischio, anzi, io e Stefan correvamo il rischio di essere scoperti dal padre.

Se solo Damon avesse provato le stesse cose che provavo io, sarebbe stato tutto diverso. Avrei addirittura lottato per noi, così come Stefan dopo due anni non si era ancora arreso con Katherine e con sua figlia, Nadia. Per un momento pensai a Damon ed io felicemente innamorati e magari con un figlio. Ma che andavo a pensare? Io e lui che formavamo una famiglia? Questo era tecnicamente impossibile e terribilmente sbagliato. Sicuramente era un bel pensiero, ma lui mi aveva dimostrato, nell’andarsene, che era evidente che tra noi due non ci sarebbe stata nessuna storia, anche se mi aveva lasciato con l’amaro in bocca.

Lui aveva detto che mi voleva parlare quella sera, però dopo avermi lasciato spiegare le mie considerazioni, si era arrabbiato e non aveva detto più quello che desiderava dirmi. E passarono circa tre mesi da quando lo vedevo solo alcune volte, da quando aveva iniziato a mancarmi. La lontananza neanche bastò, ero ancora innamorata di lui ed ero anche arrivata a sognarmelo la notte.


- Ti amo, Elena – Damon era sdraiato accanto a me e mi guardava con quei occhi maliziosi, abbinati perfettamente al suo bianco sorriso, ma gli occhi mi rivelarono anche un’altra luce quando mi disse quelle parole. E io a quel “ti amo” mi ero sciolta come neve al sole, mi ero sciolta sotto il suo sguardo attento e contemplativo. Mi ero sciolta sotto la carezza che mi fece con il dorso della mano e mi ero sciolta solo al sentire il suo corpo nudo contro il mio.

Ero così … avvinghiata a lui. La dolce trappola che formavano le mie braccia attorno alla sua vita non gli avrebbe permesso di allontanarsi da me. Avevo la terribile paura che lui se ne andasse. Che i suoi giocosi occhi di trasformassero in rabbia e mi abbandonassero di nuovo, facendomi sentire la sua mancanza.
E non mi importava il fatto che eravamo sdraiati su un cumulo di paglia coperto da un leggero lenzuolo di cotone bianco in una stalla, per me era il giaciglio più accogliente del mondo, era perfetto. Tutto sarebbe stato perfetto se lui fosse stato accanto a me.
Mi aveva spogliato lentamente e mi aveva baciato sul collo e sul seno con il sorriso stampato sulle labbra, le mani che mi accarezzavano dappertutto e quel “ti amo” che continuava a ripetermi senza freni. Si levò gli indumenti anche lui. Non c’era nessun tipo di vergogna, nessun tipo di tentennamento.


- Ti amo anche io, Damon. – gli risposi senza esitazioni. Sentii il cuore più leggero mentre gli dicevo quelle parole e mentre gli sussurravo il suo nome nell’orecchio.Si mise su di me e riprese a ribaciarmi la bocca e io risposi con passione e con la stessa voglia che possedeva lui. Accarezzò i miei fianchi per scendere sulle cosce e per andare sempre più internamente. Istintivamente aprii le gambe e mi lasciai toccare proprio in quel punto tanto nascosto e tanto segreto. Quel punto che ancora nessuno aveva toccato. Damon mi guardò negli occhi per cercare una risposta alla sua tacita richiesta. “Si, si, si. Mille volte si, amore mio.” Gli avrei tanto voluto dire, ma vedere il suo volto sopra di me mi tolse il fiato. Avvicinai il mio bacino al suo. Era quella la risposta.

Entrò in me lentamente.

Scacciai il ricordo del sogno in modo violento. Non potevo crederci che quella mattina, mi ero svegliata con il respiro leggermente affannato perché avevo fatto forse il sogno più bello di tutta la mia vita. Ne ero certa. Ero persa. Non mi riconoscevo più. Quella non era più l’Elena educata, cresciuta dalle regole dell’etichetta; non era più l’Elena composta che si impietosiva e si agitava per un semplice sfioramento di mani. Ero diventata l’Elena affamata. Affamata di un uomo che non avrebbe mai potuto avere; l’Elena che non ci pensava più due volte prima di gettarsi sulle labbra del suo Cavaliere Nero; l’Elena che sognava l’uomo che amava, il suo uomo proibito, mentre facevano ciò che c’è di più romantico al mondo. Ero diventata un’altra persona, qualcuno che amava, ma che aveva allo stesso tempo paura. Non ero certa di affrontare la mia vita e tantomeno ero certa di affrontare Damon. Avevo paura di lui, perché si era arrabbiato per quello che gli dissi, ma cosa pretendeva? Che io mi sarei concessa a lui per pura attrazione per poi dimenticare tutto? Io non ero così. Se decidevo di farlo con un uomo, l’avrei fatto per tutta la vita.

Se solo lui mi avesse amato, se solo avessi avuto questa certezza, la certezza che per lui ero l’unica … allora a me sarebbe stato bene. Mi starebbe stato bene tradire Stefan con lui. Mi starebbe stato bene che mio marito se ne andasse dalla donna che ama, perché io sarei scappata da lui ogni notte per il resto della mia vita. Sarei stata sua per sempre e avrei avuto dei figli da lui, fingendo che fossero di Stefan, questo ne era certo, ma io e lui avremmo saputo che la famiglia sarebbe stata solo nostra.

Ma ovviamente mi stavo illudendo terribilmente perché a Damon di me non gli importava nulla. Damon se ne era andato a Londra e mi aveva lasciata.


- Disturbo? – Stefan era dietro di me. Io mi girai lasciando scivolare lo scialle pesante che indossavo per coprirmi dal freddo di fine autunno, che preannunciava l’inizio dell’inverno. Non mancavano molti giorni al matrimonio, circa dieci e questo mi fece pensare a tutte le decisioni sbagliate della mia vita. – Posso sedermi? – mi indicò la panchina di marmo su cui ero seduta e io gli rivolsi un sorriso di circostanza per accogliere la sua richiesta. Messosi accanto a me, tirò un sospiro. Sembrava stanco, esausto. – Manca poco. – fu l’unica cosa che mi disse.

- Manca poco. – ripetei io.

- Preoccupata per le nozze? – no, certo che no. Ormai la parola matrimonio non mi faceva più effetto. Negai scuotendo la testa. – Preoccupata per Damon? – chiusi gli occhi e una lacrima solitaria scese sulla guancia. La scacciai repentinamente con il dorso della mano coperta dal guanto rosso.Stefan si voltò per fissare il prato davanti a noi. Il giorno prima aveva un po’ nevicato e un sottilissimo strato bianco si era posato sull’erba. Se fosse continuato in quel modo, il giorno delle nozze sarebbe stato decorato di bianco.

- Devi perdonare mio fratello. Lui è così passionale, istintivo, non pensa mai due volte prima di fare le cose. Si lascia trascinare completamente dalle emozioni. Se odia una persona è capace di portarla alla rovina, ma se ama lui è capace di innalzare alla gloria il suo amore. Tu lo ami? – perché negare? Ormai era ben evidente e non avrebbe avuto senso.

- Si.

- Allora vi state facendo troppi problemi. – lo scrutai interrogativa. – tu sei innamorata di lui, lui è innamorato di te …

- Lui non è innamorato di me, Stefan! Non me lo ha mai detto.

- E tu? Tu glielo hai detto? – mi irrigidii alla sua domanda. No, non gli avevo detto ancora nulla. Scossi la testa. – Ascoltami, Elena. Non ho mai visto mio fratello così. Lui non ha mai guardato una ragazza come lui ti guarda. Lui … lui … ti contempla. Sorride ai tuoi sorrisi e si dispera quando tu sei triste. Se solo potrebbe, cadrebbe a tuoi piedi per il resto della sua vita. Tu forse non lo hai notato, ma io si. So come si sente perché io mi sento così quando sono con Katherine e non ti ha detto ancora niente per gli stessi motivi per cui non gli hai detti tu. Non ti sei resa conto di che effetto gli fai, non ti sei resa conto che lui era diventato dipendente da te, ma non so cosa sia successo e non mi voglio immischiare in ciò che vi siete detti quella sera. Si è voluto allontanare perché questo lo spaventa. Non si è mai innamorato, non gli è mai capitato di desiderare una donna accanto a se per sempre. Lui non ha mai cercato questo. Damon è il tipo di uomo solitario, quello che si godrà la vita nel fiore dei suoi anni e poi quando sarà vecchio diventerà un eremita e si rinchiuderà nella sua amata tenuta. Lui si era già prefissato questo per il futuro, ma non ha mai fatto i conti con l’amore fino adesso. Fidati di me. Io non l’ho mai visto così preso.

Ritornai a guardare il panorama. Le parole che Stefan mi disse erano forti. Erano complicate. Damon non aveva mai amato e adesso gli spaventava provare qualcosa per me. Anche se ero ancora scettica a riguardo, rimuginai su ciò che mi aveva detto suo fratello. E allora come potevo biasimarlo? Io non conoscevo Damon, non sapevo nulla di lui, eppure me ne ero innamorata. E se scoprendo altro, avrei smesso di amarlo? Era un rischio, ma decisi di correrlo.

- Perché è così? Ho notato che c’è dell’astio tra lui e vostro padre. Che cosa è successo? – Stefan prese un bel respiro e indugiò sul mio sguardo.

- È successo che è morta nostra madre. Io ero ancora piccolo e non la ricordo bene, a parte delle immagini nella mia memoria. Era bella. Veramente bella. Aveva la pelle bianca, i capelli neri e gli occhi celesti proprio come …

- Proprio come Damon. – completai io la sua frase. Lui annuì.

- Io ero piccolo e a malapena la ricordavo, ma Damon è otto anni più grande di me e aveva dieci anni quando lei morì. A dieci anni si è già intelligenti per capire bene la situazione. Fu un vero colpo per lui. Le era molto affezionato e la mamma era praticamente il suo mondo. Avevano entrambi un carattere molto espansivo, molto violento, ma all’epoca questo a papà stava bene. Lui amava la mamma, incondizionatamente. Forse è una caratteristica di noi Salvatore lasciarsi trasportare dai sentimenti. – abbozzò un sorriso – Però quando la mamma morì, papà ne fu devastato. Iniziò un periodo tremendo. Si ubriacava spesso, era scontroso e si rinchiudeva spesso in camera sua. Andò in depressione, per fortuna ne uscì fuori, ma c’era qualcosa in Damon che gli ricordava lei. Lui era troppo simile alla mamma. Io al contrario gli avrei voluto bene, ma papà iniziò a disprezzare mio fratello per tutto ciò che faceva. Per tutto ciò che era. – il mio cuore si fermò. Un ragazzino. Damon era solo un ragazzino eppure veniva odiato dal padre in quel modo. – Papà pensò di educarlo. Voleva sopprimere dal principio la sua parte avventurosa, in un certo senso il suo intento era quello di addomesticarlo, ma non aveva fatto i conti con il carattere ribelle di Damon. A quattordici anni scappò di casa. Le pressioni di mio padre erano così tante che scoppiò. La cosa strana era che Damon dava il meglio di sé, sempre e in ogni cosa, ma questo a Giuseppe non bastava e quell’educazione così severa, invece di rabbonirlo fece l’effetto contrario. Scomparve per due mesi.

- Dove era andato?

- Per strada. Visse in mezzo alla strada, probabilmente sotto qualche ponte. – alle sue parole mi ricordai quando mi portò sotto il ponte, nel suo posto segreto, quando capii di amarlo. Sicuramente aveva passato quei due mesi lì, libero ed indipendente. – Mio padre lo trovò e lo ricondusse a casa. Sapevo che era morto per la preoccupazione, ma non lo diede mai a vedere. Da quando è morta la mamma, lui non esprime più sentimenti, solo sorrisi falsi e di circostanza. Lo mise in punizione. – si fermò per mettersi a ridere. Quando si calmò si scusò e riprese a parlarmi. – perdonami, Elena, ma papà lo costrinse a mangiare zuppa di fagioli per un mese intero … dovevi vedere la faccia di mio fratello ogni volta che si presentava a tavola. – risi anche io. – Ad ogni modo come punizione fu molto leggera, ma papà rimase freddo e distaccato e per un tipo come Damon che era sempre stato orgoglioso, questo non andava giù. Cercava sempre l’indipendenza e la libertà, proprio come la mamma. Odiava quando qualcuno gli ordinasse qualcosa che non era obbligato a fare e a volte perdeva la pazienza. Era una testa calda. Poi quando arrivò l’età matura fece tutto il contrario che papà desiderava. Una specie di vendetta nei suoi confronti: iniziò a frequentare bordelli, locande piene di prostitute nella zona Ovest e in tutto ciò incontrò Alaric Saltzman. Non smetterò mai di ringraziare quell’uomo, gli ha salvato la vita. Lo frenava quando esagerava e lo invogliava a vivere con sani principi. Infatti, quando ereditammo Mystic Falls, fu lui a consigliare Damon a prenderne le redini. Papà all’inizio fu riluttante, ma poi conobbe i risultati del duro lavoro di mio fratello e non protestò più.

Solo allora capii perché Damon era così … Damon. Sfacciato, malizioso, sensuale. Andava contro ogni regola sociale e non gliene importava nulla. Rispondeva male al padre e protestava contro di lui. Non si lasciava sottomettere da lui e non lasciava che nessuno gli mettesse i piedi in testa. Damon era indipendente, senza freni, ma allo stesso tempo responsabile di sé stesso e di suo fratello. Responsabile per le persone che amava. Chissà se Stefan aveva ragione. Chissà se Damon mi amava veramente.

- Si è fatta sera. – disse Stefan – forse sarà meglio rientrare o prenderai un raffreddore. Fece per alzarsi, ma lo bloccai.

- Come era tuo padre con te, invece? – rimase basito per quella domanda. Non se l’aspettava. È vero, amavo Damon, ma volevo bene a Stefan. A me importava di tutti e due, in modi diversi e con intensità diverse, ma volevo conoscere la storia per filo e per segno.

- Faceva finta che a me ci tenesse di più, ma alla fine si comportava come faceva con Damon. Soltanto che io sapevo sopportare ed ero molto più paziente e quando gli dissi i motivo per cui volevo fare medicina, bloccò le sue proteste per spingermi nel campo della politica. Sai perché studio per diventare medico? – negai. Non glielo avevo mai chiesto e mi sentii un po’ in colpa per questo. – Non si sa di che cosa è morta la mamma. – rispose. – Qualcosa ai polmoni, dissero alcuni dottori, ma nessuno seppe con certezza che cos’era. Non c’erano stati sintomi o avvisaglie di qualche problema. Accadde tutto all’improvviso. Io sono intenzionato a scoprire cosa avesse la mamma e se per caso qualcuno avrà il suo stesso problema farei in tempo a trovare la cura. Se solo scoprissi che cosa c’era di anomalo in lei … - finì pensoso. - … il mio desiderio è quello di salvare le altre persone.Era molto nobile da parte sua e glielo avrei pure detto, se non fosse stato per Alaric che arrivò a cavallo in fretta e furia.

- Elena! – urlò da lontano. Io mi girai verso di lui. – Elena. È successo qualcosa di grave a Damon. – il mio cuore si fermò completamente – e cerca te.

(Damon) (Qualche ora prima)
- Avete preso la vostra decisione signor Salvatore? – la voce melliflua del signor Maxfields fu agghiacciante. Possibile che quel tipo mi venisse a dare fastidio durante una giornata tanto tranquilla? Quell’uomo era proprio testardo. Erano mesi che mi veniva a chiedere in continuazione di vendergli Mystic Falls, ma io gli negavo ogni volta la sua richiesta. Io, vendere a lui la mia casa? Se lo poteva scordare.

- L’ho presa mesi fa. E la mia risposta è sempre no. – cercai di andarmene, ma la sua mano mi bloccò repentinamente.

- Siete davvero molto testardo, Salvatore.

- Lo è anche lei, a quanto pare. – il suo sguardo da cercare di essere gentile e accondiscendente divenne freddo e spietato.

- Potrete pentirvene in futuro, avete fatto una pessima scelta. – disse risoluto e poi se ne andò.Ma a me che diavolo interessava quello che voleva quell’uomo? Non avevo nessuna intenzione di fare ciò che voleva e poi, minacciarmi? Evidentemente non aveva avuto mai a che fare con me.

Passai l’intera serata alla locanda di Rose a guardare gli uomini che si facevano fregare da due belle gambe e da delle belle labbra per passare una notte dominata dalla lussuria. Che poveri idioti. Trattare così una ragazza non era una cosa che mi piaceva. Trattarla come una valvola di sfogo, come un oggetto mi faceva ribrezzo. Eppure da perfetto ipocrita me ne stavo lì ad osservare tutto. Osservavo Rose che cacciava via gli uomini troppo esuberanti e che minacciava quelli che non avevano nessuna intenzione di pagare.
Osservavo Katherine che non opponeva resistenza quando quel solito vecchio le palpava il seno senza freno. Mi ritrovai a pensare a mio fratello. Sicuramente a lui non andava giù il fatto che la donna che amava se ne stesse in quel luogo a lavorare, mentre la figlia era accudita da una vecchia senza denti in una stanza piena di muffa e polvere della sua casa. Questo posto mi faceva schifo, eppure passavo ogni notte lì, da tre mesi ormai. Lontano dalla mia vita, lontano da Mystic Falls, lontano da Elena.

La mia Elena. Forse ero stato esagerato nel reagire in quel modo e mi pentii quasi subito di essermene andato, ma l’orgoglio era una brutta bestia e mi impediva di ritornare sui miei passi, di ritornare da lei. E tentai, tentai di farlo molte volte, ma quando ritornavo alla tenuta e incrociavo il suo sguardo per due secondi, ogni santissima volta si insinuava in me una profonda paura. Lei mi aveva negato e io da codardo me ne ero andato senza dirle che l’amavo, che non aveva mai amato nella mia stupida vita, ma che adesso c’era lei che riempiva sempre i miei pensieri.


- Io esco a farmi due passi, Ric. Ho bisogno di un po’ d’aria. – raccolsi silenziosamente un accenno di testa del mio amico e me ne andai, ma non feci in tempo ad uscire che qualcuno mi assalì e persi i sensi.

Mi risvegliai poco più tardi. Nel mio campo visivo c’erano soltanto il soffitto di una delle camere della taverna e il volto del dottore che mi fasciava delle ferite. Ferite? Che mi era successo? Gemetti dal dolore e avvertii la presenza di Alaric che mi tenne fermo per le spalle.

- Sta giù. – disse semplicemente.

- Che … che mi è successo? – mi faceva male persino parlare.

- Qualcuno ti ha attaccato e ti ha accoltellato.

- E non sono morto?

- Sei ubriaco, Damon! E hai la febbre causata dall’infezione della ferita. – mi riferì il dottore – dovresti riposare. – non capivo più niente. La testa mi girava e mi doleva dappertutto, per non parlare del senso di nausea che mi rivoltava lo stomaco. Mi sentivo morire e per un attimo volli vedere solo una persona, lei.

- Elena. – gemetti. – Elena. – richiusi gli occhi e mi addormentai pensando solo a lei. Avevo bisogno di lei.

(Elena)
Arrivai alla locanda di Rose in meno di un’ora. Alaric strada facendo mi aveva raccontato cosa era successo a Damon ed ero in pensiero per lui. Scesi dal cavallo e entrai di corsa nella taverna, correndo da Rose che mi indicò la camera dove c’era lui.

Dio, Damon! Che cosa ti era successo? Aprii la porta e lui era lì, steso sul letto mentre dormiva. Mi sedetti su una sedia al suo capezzale e accarezzai il suo volto. Mi accorsi di piangere. Piangere perché ero preoccupata, piangere anche perché ero sollevata nel sentire il suo respiro regolare, piangere perché scottava e piangere perché a petto nudo, potevo vedere le sue ferite: tagli profondi all’altezza dello stomaco e sul fianco, lividi in volto e una bruciatura sul petto. Che cosa gli era successo? Gli sfiorai i capelli sudati e pian piano, mentre osservavo il suo volto addormentato, che a volte era tranquillo e a volte sembrava affannato, mi lasciai prendere dalle braccia di Morfeo.

Una mano mi stava accarezzando il volto mentre io avevo ancora gli occhi chiusi. Riconobbi quasi subito quel calore così accogliente. Era mattina. Lo percepivo dal calore della luce che proveniva dalla finestra. Era lui che si era svegliato. Sorrisi leggermente, in modo tale che non si accorgesse della mia espressione, poi lentamente aprii gli occhi che si scontrarono con i suoi, celesti, come il cielo d’estate, celeste come era diventato il mio cuore.


- Damon. – sussurrai.

- Buongiorno. – un sorriso, un sorriso bellissimo nonostante il labbro spaccato e il sangue secco all’angolo della bocca. Il mio Damon.

- Damon! – la seconda volta urlai il suo nome e mi gettai tra le sue braccia piangendo. Mi ritrovai sul letto, accanto a lui. Ero morta per la preoccupazione e lui non potevo capire quanto fossi stata male senza di lui e con la paura di perderlo. Provò a calmarmi, ma tutto fu vano, fino a quando non mi allontanai da lui leggermente e il mio volto fu vicinissimo al suo. I nasi che si sfioravano e le bocche il procinto di unirsi. Solo allora mi resi conto che effettivamente lui era a torso nudo e le mie mani accarezzavano lentamente il suo petto. – Damon. – questa volta la mia voce aveva qualcos’altro. Desiderio. Profondo desiderio.

Ci baciammo. E non un bacio calmo e dolce, ma fu qualcosa di violento fin dall’inizio, qualcosa di impaziente, come un vulcano che esplodeva dopo mille anni di silenzio. Furono tutte l’emozioni che si scontrarono con le nostre labbra che si cercavano di continuo. Furono le sue mani che premevano sulla mia schiena e le mie che gli accarezzavano il collo. E furono anche i suoi gemiti di dolore, perché quel taglio sul labbro inferiore gli faceva sicuramente male, ma a lui non importava. Affondò la sua lingua nella mia bocca, i nostri nasi si scontrarono e il suo odore, il suo profumo furono miei. Con la bocca scesi giù, baciando la mandibola, il collo e seguendo la linea, arrivai al petto. Volevo cancellare ogni ferita con un bacio. Volevo fargli dimenticare l’agguato che gli avevano teso, probabilmente del ladri, e volevo sentire il mio corpo stretto al suo.

Poi sentii le sue mani che scivolarono sul corsetto e lentamente sciolsero il laccio per allentarlo. Mi sarei dovuta spaventare perché stavo per spogliarmi davanti a lui, ma in realtà non me ne importava niente. Volevo che lui mi vedesse così com’ero. Questa volta fu lui a scendere, a indugiare le labbra sul mio collo e ad arrivare fino alla base del seno. Ma si fermò. Ritornò a guardarmi negli occhi e sorrise, con le labbra sanguinanti, perché le ferite si erano riaperte.


- Elena! – oh Damon. “Ti adoro quando mi chiami per nome.” Pensai. – c’è una cosa che voglio dirti prima.Gli sorrisi anche io e gli posai un bacio leggero sulle labbra. Non mi sarei mai potuta staccare da lui. Mai, amore mio. Non potevo vivere senza di te.

Ma prima che lui aprisse bocca, Alaric entrò nella stanza e ci interruppe.

Note finali:
si, avete capito bene. Damon stava per dire ad Elena di amarla, ma se non fosse arrivato Alaric, lui le avrebbe detto questo e sarebbero subito passati ad altro. Ma capitemi, era mattina, Damon la notte prima aveva la febbre e il suo migliore amico non lo vedeva da quando aveva accompagnato Elena. Come poteva immaginare che in quelle condizioni, Damon si sarebbe messo a sbaciucchiare la ragazza? Quindi, vi prego … non biasimate il mio povero Ric.

Poiché sono partita dalla fine, adesso vado all’inizio (sono un gambero, lo so! ù.ù)
Capiamo che la situazione famigliare e le scelte dei Salvatore sono tutte dovute dalla morte della madre. Il carattere di Damon, i comportamenti di Giuseppe, la scelta professionale di Stefan … tutti dovuti dalla morte misteriosa di mamma Salvatore.

Al prossimo, Mia <3 (che spera di essersi fatta perdonare per l’enorme ritardo. Se volete mi frusto da sola.)
 
 

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Capitolo 15
*** Perdere e ottenere. ***


15.
Perdere e ottenere.
(Elena)
Avevo gli occhi ancora chiusi quando percepii il calore delle prime luci dell’alba. I flebili raggi del sole molto probabilmente stavano illuminando la stanza in modo soffuso ed era piacevole sentire quel tipo di calore nelle giornate d’inverno. Ma il calore che sentivo non proveniva solamente dal sole. Un corpo nudo accanto a me, il forte profumo di una pelle e il tocco delicato di due mani mi riscaldavano più delle fiamme di un fuoco.
Fu come rinascere. Sentire il suo respiro che si posava trai miei capelli fu come rinascere. E anche quando si svegliò, turbato dall’inizio del nuovo giorno fu una sensazione meravigliosa.
Mi accarezzò le braccia silenzioso, per paura di svegliarmi, ma lui non sapeva che io ero già sveglia a godermi segretamente le sue dolci coccole da cui oramai ne ero diventata dipendente. Sorrisi impercettibilmente prima di aprire gli occhi e guardarlo in faccia per ritrovarmi davanti i suoi magici occhi celesti.
  • Buongiorno.
Mi allungai verso di lui e gli posai un veloce bacio sull’angolo della bocca, accarezzando il petto con una mano, mentre intrecciai una gamba alla sua.
  • Buongiorno, amore mio.
Dovevo avere un aspetto orribile, con i capelli completamente spettinati, gli occhi rossi per le poche ore di sonno e anche una voce sgraziata, eppure lui mi guardò con occhi sognanti dicendomi “amore mio”. Le più belle parole che mi avessero mai detto al mattino. Lui mi chiamò amore e io mi sentii così bene.
Questa volta sorrisi più forte. Ero completamente e irrimediabilmente innamorata di Damon Salvatore. Lui mi baciò con passione, avvolgendomi in uno di quei suoi abbracci che mi facevano sempre sentire protetta e che ci volevano proprio dopo una notte passata a fare l’amore.
Non ci potevo credere. Avevo appena fatto l’amore! Mi ero concessa per la prima volta ad un uomo passando la notte con lui.
Ed era bello, incredibilmente bello il mio Damon mentre sentivo il sapore delle sue labbra, dopo averle sentite su tutto il mio corpo per la prima volta. Per la prima volta quelle labbra diventarono mie, come le mie diventarono sue. Imprigionate nel suoi giocosi morsi che non mi fecero male, ma che continuarono a provocarmi piacere.
Con un piccolo slancio mi ritrovai seduta a cavalcioni sopra di lui. Il lenzuolo scivolò via e gli mostrai senza vergogna il mio corpo nudo. Alcune ciocche di capelli cascarono davanti sul petto, ma comunque non riuscirono a coprire il seno che entrò al centro della sua attenzione.
Lui poggiò le sue mani sui miei fianchi e iniziò ad accarezzarmeli languidamente. Mi piegai in avanti per baciarlo ancora una volta e per assaporare il sapore delle sue labbra. Il bacio fu casto ma molto lungo. Gli affondai le mani trai capelli, districando ogni ciocca di seta nera con le mie dita.
  • Siamo in vena di coccole stamattina. – mi canzonò sorridendomi sulle labbra, prima di andare ad appoggiare le mani sulle mie cosce. – ma è l’alba. Tra poco i camerieri si alzeranno e …
Indugiò. Sapevo quello che mi volle dire e in effetti avrebbe potuto suonare sgarbato, ma infondo aveva ragione. Nessuno a Mystic Falls avrebbe dovuto scoprire del nostro rapporto, almeno fino al matrimonio. Poi mentre al cospetto della società sarei appartenuta a Stefan, dentro le mura di quella camera da letto il mio cuore sarebbe stato schiavo solamente di Damon.
  • … e tu non vuoi che ci vedano. Ho capito.
Mi rabbuiai perché avevo bisogno di stare un altro po’ con lui. Qualche minuto in più non avrebbe fatto nulla di male. Continuai a baciarlo sulle labbra, sul mento sulla gola e poi sul petto ascoltando il battito del suo cuore accelerare.
Con uno scatto repentino mi ritrovai sotto di lui come la notte precedente, protetta da una specie di calore che non avrei mai più allontanato da me.
  • Sei bellissima.
Sorrisi ancora una volta al suo complimento. Quella mattina ero particolarmente felice. Felice fino a quando sia io che Damon sentimmo delle urla provenienti dal piano inferiore.
Ci separammo all’istante e lui si rivestì e scese dal letto, intento a scoprire cosa fosse successo, ma proprio mentre si accingeva ad aprire la porta entrambi riconoscemmo la voce che stava gridando: Katherine. Che ci faceva lei a Mystic Falls?
Damon si girò verso di me e mi guardò con aria interrogativa e io ricambiai quello sguardo allo stesso modo, troppo sorpresa per poter formulare una qualsiasi domanda ad alta voce.
  • Stefan, Damon, vi prego aiutatemi!
Damon aprì finalmente la porta e scese per accorrere alla ragazza.
  • Stefan, che cosa ci fa lei qui?
La voce del duca era furibonda e io iniziai a preoccuparmi seriamente. Damon due anni prima raccontò al padre che aveva spedito Katherine lontano da Londra e di conseguenza lontano da Mystic Falls e da Stefan. Vedendola lì all’improvviso gli fece sicuramente scattare qualcosa dentro.
  • Padre, vi posso spiegare.
  • No, non mi devi spiegare niente. Mandala via immediatamente!
Sentii le voci di Stefan e del duca che iniziarono a litigare. Il primo stava cercando di trovare delle scuse per giustificare la presenza della ragazza, mentre il secondo non volle evidentemente spiegazioni. Ma tutto mi sembrava ancora confuso perché Katherine continuava a chiedere aiuto, ma aiuto in che cosa?
  • Ti prego, lasciamela aiutare. Non vedi che lei sta male.
Lei chi? Per un momento mi passò per la testa un pensiero orribile e sperai con tutto il cuore che non fosse vero. Decisi di vestirmi anche io, rimettendomi la camicia da notte e la vestaglia che avevano passato la notte appena trascorsa sulla moquette della camera di Damon.
Feci attenzione quando aprii la porta, ancora qualcuno mi avrebbe potuto vedere, ma per fortuna non c’era nessuno a parte zia Jenna e Jeremy che erano affacciati alla balaustra di marmo bianco delle scale principali. Non udirono il cigolare della porta e sicuramente non notarono da che stanza uscii.
  • Non mi interessa chi è questa bambina e perché sta male. Se ne deve andare! Damon, aiutami a far ragionare tuo fratello.
Mi affacciai anche io alla balaustra e le mie paura furono confermate. Katherine si trovava davanti la porta di casa con in braccio il corpicino inerme di sua figlia Nadia. Il duca Giuseppe le stava sbraitando contro, ma per fortuna Stefan riuscì a fermarlo prendendolo dalle braccia. Damon era poco più indietro ed era appena accorso alla scena. Non appena il padre lo notò, gli chiese il suo aiuto.
  • Damon manda via questa sgualdrina.
Damon si avvicinò a Katherine che lo guardò impaurita, prima di supplicarlo a non mandarle via.
  • Che cosa è successo? – le chiese prendendo la bambina in braccio – Ha la fronte bollente.
  • Ha perso i sensi ieri sera. Pensavo che stesse dormendo … invece … oh vi prego aiutatemi. Non ho i soldi per pagare il dottore.
Sotto lo sguardo sbigottito del padre, Damon chiamò un cameriere e gli ordinò di andare a prendere un dottore da Londra, poi chiese ad un altro di preparare una stanza per la bambina, accendendo il camino. Il padre intanto non riusciva a capire come mai il figlio maggiore gli si fosse rivoltato contro in quel modo, mentre Stefan accorse a sorreggere Katherine che non si resse più in piedi.
  • Bene. I miei due figli contro di me per proteggere una puttana e la sua bambina. – rassegnato, si andò a sedere su una sedia imbottita della sala d’ingresso, passandosi le mani trai capelli. – Mi avete preso in giro per due anni, non è vero? Che cosa devo fare con voi?
  • Papà ascoltami. Io amo Katherine più della mia stessa vita e quella bambina è … mia figlia. – fece indicando il corpicino tra le braccia di Damon. Si allontanò da Katherine per inginocchiarsi ai piedi del padre. – Ti prego non mandarle via. Loro sono la mia famiglia. Guarisci mia figlia, tua nipote. È sangue del tuo sangue.
Osservai Katherine tremare e decisi di raggiungerla per abbracciarla. Il nostro primo incontro qualche mese fa, non fu dei migliori, ma in una circostanza del genere io non l’avrei mai abbandonata e tantomeno non avrei mai abbandonato Stefan, che era mio amico.
Scesi le scale e arrivai accanto a lei, sussurrandole qualche parola di conforto mentre Damon mi guardò  e mi regalò un leggero sorriso. Ricambiai quel sorriso cercando di rassicurarlo solo con l’aiuto degli occhi.
  • Va bene. Aiuta tua figlia. – disse rassegnato il duca, suscitando della gratitudine da parte di entrambi i suoi figli e sentii un leggero sospiro uscire dalle labbra di Katherine – ma ricorda, io non approvo ancora questo tuo … malsano amore per una come lei. Io non mi opporrò più …
  • Grazie. – disse semplicemente Stefan, provando ad abbracciare il padre.
  • Ma scordati di essere mio figlio.
Quelle parole così gelide si diffusero in tutta la tenuta, tanto da sminuire velocemente quell’attimo di sollievo che si era creato. Vidi io stessa Stefan rabbrividire dopo averle ascoltate.
Sì, perché fu orribile ascoltare un padre allontanare suo figlio, rinnegarlo come se fosse un appestato. Fu orribile notare come quei pochi secondi di gratitudine divennero ghiaccio. Ghiaccio e gelo. Ebbi l’impressione che una tempesta di neve fosse improvvisamente entrata, spalancando la porta della tenuta e congelando all’istante il cuore di Stefan.
  • Scordatevi di essere miei figli.
Il duca Giuseppe guardò anche Damon, ma al contrario del fratello, lui non rivelò alcuna emozione. Continuò a fissare, indisturbato da quelle parole, il padre, sfidandolo anzi. Perché Damon era fatto così. Sfidava le persone, non permetteva a nessuno di conoscerlo veramente, non rivelava a nessuno le sue emozioni. Mentre dentro il suo cuore sapevo benissimo che era presente un grosso groviglio di sentimenti bloccati lì, senza nessuna intenzione di essere sciolto. Damon dentro di sé poteva possedere una tempesta di paure, gioie o preoccupazioni, ma era molto bravo a fingere. Nascondeva tutto quanto perfettamente, tanto da sembrare il solito uomo cinico e apatico che non capiva il vero valore delle cose. Eppure Damon provava quelle emozioni. Damon in quel momento stava provando paura per Nadia. Le parole del padre lo ferirono più di quanto un’altra persona potesse immaginare, ma lui, come era suo solito fare, divenne come una statua. E per un attimo immaginai la sua espressione dipinta in un quadro. Così orgoglioso.
“Scordatevi di essere miei figli.” Stava male. Capii che quelle parole gli fecero male perché Damon poteva fingere con tutti, ma non con me. Strano pensare quanto in pochi mesi, io fossi l’unica, o una dei pochi, a capire come era fatto Damon Salvatore.
Lui che non si scomponeva mai. Lui, che poteva apparire come l’essere più egoista al mondo. Lui, che però pensava alla sua famiglia, a Stefan. Lui che … lui. Semplicemente lui. Così semplice, ma così complicato. Pieno di problemi, pieno di preoccupazioni, all’apparenza egoista, ma io in vita mia non conobbi mai nessuno altruista come lui.
  • Papà …
Fu la voce di Stefan. Era così flebile, così … priva di energie.
  • Non chiamarmi papà. Non fatelo mai più.
Dopodiché si alzò dalla sedia e se ne ritornò in camera sua.
Passarono tre interminabili secondi. Secondi che sembrarono addirittura delle ore. Secondi infiniti. Secondi carichi di un terribile silenzio pieno di rammarichi, di rimpianti, di disperazione. Poi tutto passò. La piccola Nadia ritornò al centro dell’attenzione e tutti si mossero per dare una mano, per fare qualcosa.
Katherine e Stefan accorsero entrambi alla loro figlia e Damon, lasciandola a loro, li condusse in una stanza accogliente dotata di un grande letto caldo adatto per la bambina e un caminetto che riscaldava l’ambiente per non farle prendere freddo.
Io raggiunsi mia zia e Jeremy per dar loro delle veloci spiegazioni. Zia Jenna sapeva chi era Katherine perché le avevo raccontato di quella parte della storia, ma non aveva la minima idea che Stefan avesse già una figlia. Jeremy invece … per lui fu tutta una sorpresa. Non si aspettava minimamente che venisse fuori tutta questa faccenda, come io non mi sarei mai aspettata da parte sua una simile reazione. Si mise a ridere, mi disse che la mia vita era un vero casino e che ero proprio destinata a questo genere di drammi.
Lo fissai contrariata. Perché mio fratello doveva essere così poco delicato? Poi però vidi che anche lui si preoccupò per Nadia e si augurò che non le accadesse niente perché non era giusto che dei litigi di quel tipo andassero poi a conseguirne sullo stato di una bambina.
Ed aveva ragione. Tutti quei problemi stavano ricadendo su di lei. Perché se solo Stefan avesse potuto prendersi cura della sua famiglia liberamente, se solo Katherine non fosse stata così orgogliosa, se solo quei due si sarebbero potuti amare tranquillamente, allora la situazione non sarebbe stata così disperata.
Nadia, sì, forse si sarebbe ammalata, ma il suo papà le avrebbe chiamato subito un dottore e lei sarebbe guarita in un batter d’occhio dalla febbre.
Invece, ci ritrovammo lì. Stefan e Katherine seduti al capezzale della figlia, Damon che ordinava a tutti i camerieri di fare qualcosa e io che aspettavo, stando seduta davanti la porta d’ingresso, il dottore.
(Damon)
Al diavolo mio padre! Forse quando si sarebbe reso conto di ciò che fece, sarebbe stato troppo tardi, o forse no. Era mio padre accidenti! Nonostante l’astio che c’era fra di noi, nonostante i suoi modo, avremmo potuto essere ancora una famiglia, se solo lui ce lo avesse permesso. Perché, allora, aveva deciso di allontanarsi da Stefan, da me? Perché aveva fatto fagotto ritornandosene a Londra quella sera stessa?
Quello era un grosso problema. Stefan soprattutto era rimasto ferito dalle sue parole e per me questo fu abbastanza.
Al diavolo mio padre! Al diavolo lui e tutte le sue macchinazioni imperfette! Al diavolo anche il dottore che non si decideva ad arrivare! Al diavolo tutto quanto! Tutto tranne la mia povera nipotina Nadia ed Elena. Al momento loro due erano le uniche che mi permettevano di andare avanti.
Nadia perché mai una bambina aveva tirato fuori di me tutta quella dolcezza, tutta quell’apprensione, tutta quella paura in un solo istante. Io l’avevo vista nascere, l’avevo accudita in quasi due anni della sua vita. Avevo preso il posto di Stefan nel periodo in cui lui non c’era stato e guai a chi l’avrebbe toccata!
Elena perché … era Elena. La donna della mia vita. Lei che aveva colorato il mio mondo che da troppi anni era stato soltanto nero. Lei e l’amore che ci eravamo appena confessati la sera prima. Lei mi amava, dannazione, mi amava! Ma sfortunatamente si ritrovò anche lei in mezzo ai miei problemi.
  • Sai, dovresti stare con lei.
La voce di Stefan mi arrivò da dietro le spalle. Il dottore era appena arrivato e stavo per entrare nella stanza ed assistere alla visita per Nadia, ma mio fratello mi bloccò.
  • Stefan ma che stai …
  • Calmati. Ci siamo già io e Katherine ad occuparci di nostra figlia. Damon, adesso penso io alla mia famiglia. – mi guardò sorridente e per un attimo pensai a che fine avesse fatto il rabbuiato e triste Stefan – Ti prometto che mi prenderò cura di loro e che andrà tutto bene, ma tu … pensa a fartene una tutta tua, va bene?
Farmi una famiglia mia. Elena.
Mi voltai verso di lei, che aveva appena salito le scale e raggiunto la zia. La guardai e per un attimo abbandonai la mia solita maschera fredda e lasciai trasparire per lei, solo per lei uno sguardo dolce e assolutamente involontario. Perché a pensarci bene, io ed Elena potevamo essere il principio di una nuova famiglia. Perché Stefan era libero di amare Katherine, così come lei era libera di amare … me.
Allora mi abbandonai a pensare dolci momenti futuri. Io e lei. Solamente io e lei o forse no. Forse io e lei e i nostri figli. Adesso potevamo farlo. Potevamo amarci davanti a tutti, potevamo gridarlo al mondo intero perché lei non doveva più essere di mio fratello. Poteva essere mia, se lo voleva.
Mi avvicinai a lei lentamente, per farle accorgere della mia presenza e non appena mossi un passò, lei lo notò. Si voltò anche lei verso di me e non badò più a Jenna. Mi sorrise, con uno dei suoi dolci sorrisi che mi avevano fatto innamorare di lei e io non potei fare a meno di ricambiare, allungando le braccia e abbracciandola, con tutto l’amore che avevo nel cuore.
In quel momento c’eravamo solo io e lei e seppi cosa fare.
 
 
Passò la notte. Passò tra le braccia di Elena. Passò senza il bisogno di fare l’amore. Passò nella sua stanza, mentre tutta Mystic Falls viveva silenziosa. Noi due addormentati e stretti, tutti gli altri a dormire, tranne Stefan e Katherine a vegliare sulla loro figlia. Il dottore disse che non era niente di grave. Solo una febbre che poteva essere curata con delle semplici medicine. Medicine che però Katherine non si sarebbe potuta mai permettere. Per fortuna adesso erano qui.
Passò la notte. Passò più tranquilla del previsto e arrivò la mattinata.
Arrivò con un carico di nuove speranze. Arrivò piena di aspettative, sogni realizzati, libertà ottenute. Arrivò con sorpresa, come un sogno dopo un orribile incubo. Arrivò perché infondo serviva a tutti una mattinata come quella. Arrivò perché quella sarebbe stata la mia mattinata. Quella mia e di Elena e di un anello non ancora mostrato.
Incredibile come per la prima volta mi mostrai incerto davanti ad un certo numero di persone, riunite al tavolo della sala da pranzo per fare colazione. Silenziosamente arrivai lì davanti a lei e mi inginocchiai sotto lo sguardo attonito di tutti, tranne quello di Stefan, il suo mi sembrò più uno sguardo compiaciuto.
Le mostrai l’anello argentato con il rubino al centro, quello della mamma, e lei stupefatta rimase senza parole, come rimasi io. Non seppi mai se fu l’emozione del momento o la sua semplice bellezza a farmi mancare il fiato. Sta di fatto che fu mio fratello con un leggero colpo di tosse a spegnere il mio incanto, ma non riuscì comunque a smorzare quel sorrisetto idiota che avevo sul viso.
  • Lo so, che è troppo presto. Che prima dovrei corteggiarti, accompagnarti a casa ogni sera e chiedere il permesso a tua zia … o a tuo fratello, ma ormai le cose sono andate così. Io … io mi sono innamorato di te e fino ad ora è stato un bel problema. È stato un problema amarti, perché tu dovevi amare mio fratello e io mi sono trattenuto Elena, ti giuro. Non sai quanto mi sono trattenuto, ma è diventato impossibile non dirtelo, come adesso è impossibile non dirlo agli altri. Io ti amo Elena. Ti amo e non sai quanto ho invidiato mio fratello perché fino a ieri era lui a doverti sposare, ma lui ora non è più costretto come non lo sei più tu. Perciò Elena Gilbert, ti prego, rendi questo povero egoista l’uomo più felice della Terra e sposami.
Le avevo veramente appena chiesto di sposarla?
Sperai con tutto il cuore che quello sguardo perso che c’era nei suoi occhi significasse un “sì” o un “certo che ti sposo” o una qualsiasi altra risposta positiva. Poi abbassò i suoi splendidi occhi marroni. La abbassò sulla sua mano sinistra, dove luccicava ancora il diamante del mio caro fratellino.
In un batter d’occhio si tolse quell’anello, poggiandolo delicatamente sul tavolo e mi porse la mano.
Realizzai a fatica che effettivamente mi stava accettando come suo futuro marito.

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Capitolo 16
*** Guarda cosa fece l’amore a tutti noi. ***


16.
Guarda cosa fece l’amore a tutti noi.
(Damon)
  • Ne sei sicura?
  • Damon! – mi ammonì lei.
  • Che c’è? – le chiesi posandole un piccolo bacio sull’angolo della bocca.
  • Lo abbiamo già fatto, perché ti fai tutti questi scrupoli adesso?
Elena era lì sdraiata, accanto a me e completamente nuda. Entro qualche secondo sarebbe stata di nuovo mia. La desideravo, la desideravo ancora! Ma lei ne doveva essere sicura.
Aveva appena accettato la mia proposta di matrimonio e in realtà non potevo ancora crederci che lei sarebbe diventata mia moglie. Mia, unicamente mia per sempre.
Mi aveva appena detto di sì, mio Dio! E la mia mente si era ancora bloccata a quando mi aveva preso l’anello fra le mani e se  lo era infilato all’anulare della mano sinistra. Mi sorrise e mi guardò con i suoi bellissimi occhi coloro cioccolato, accettando la mia proposta. Gettò all’improvviso le braccia attorno al mio collo e mi baciò senza pudore davanti a tutti. Sotto lo sguardo divertito di mio fratello, quello imbarazzato di sua zia e quello stupito di suo fratello.
La mattinata proseguì silenziosa perché nonostante noi fossimo felici per il repentino cambiamento, eravamo molto preoccupati per la piccola Nadia. Passai qualche minuto nella sua camera dove la trovai dormire nel suo nuovo e caldo letto tra le braccia della mamma. Katherine non dormiva. Aveva deciso di sorvegliare sua figlia per tutto la notte e così fece, come aveva fatto anche Stefan. Lui mi sembrò determinato ad avere la sua famiglia tutta per sé e finalmente aveva deciso di andare contro papà.
Non che fossi felice di essermi liberato del vecchio di mezzo, infondo era ancora mio padre e visto che si sarebbero comunque celebrate le nozze di un suo figlio, avrei dovuto fare anche un minimo sforzo per riunire la famiglia.
Lo avrei fatto, sarei andato da lui a chiedere di perdonare Stefan e a cercare di accettare Katherine e Nadia e … anche Elena. Lo avrei fatto, ma quel pomeriggio avevo decisamente voglia di stare con la mia fidanzata da solo. Fu un po’ difficile entrare nella sua stanza senza che nessuno si accorgesse della nostra scomparsa, ma sinceramente, non me ne sarebbe potuto importare nulla.
Avrei fatto di tutto per poter ammirare il suo sorriso nel vedermi entrare lì senza preavviso. Vederla alzarsi dalla sua toeletta per tornare a baciarmi ancora come quella mattina. E lentamente quel bacio divenne sempre più intenso, sempre più infuocato. I nostri corpi bruciavano aspettandosi di unirsi sempre di più. E rimanere attaccati con ancora i vestiti addosso era diventato senza senso.
Lentamente le slacciai il corsetto, togliendoglielo immediatamente e sentendo i suoi polmoni prendere aria. Probabilmente neanche se ne accorgeva. Tutte le donne non si accorgevano di non riuscire a respirare mentre portavano quei cosi adatti per una tortura. Sopportavano il dolore o l’agonia in maniera impressionante!
Fatto sta che dopo il corsetto, scivolarono a terra anche il suo prezioso abito e la sottoveste ricamata. Come io mi sbarazzai appena dopo della mia giacca e della mia camicia, delle mie braghe e del resto di tutta quella stoffa che mi separava da lei.
Accadde tutto così in fretta, eppure riconobbi ogni movimento alla perfezione, come se tutto andasse a rilento.
Andai a scostare le coperte pesanti del suo letto e ad adagiarla sul morbido materasso per poi raggiungerla, coprendola ancora di bacia caldi e sentendo il suo dolce sapore sulle mie labbra.
  • Come vanno le tue ferite, fanno ancora male? – mi chiese dolcemente.
Ma io non sentivo più alcun dolore. Sebbene gravi, lentamente si stavano già iniziando a rimarginare e lei era una perfetta distrazione ai leggeri fastidi che ancora mi tormentavano. Ripensai agli ultimi tre giorni. A come da lontani, ci ravvicinammo e a come l’amai completamente per la prima volta. Prima e unica. Mi resi conto lei, infondo, era ancora innocente e non conosceva a pieno quella parte dell’amore. Così come non la conoscevo ancora io. Andare a letto con la donna non era mai stato così piacevole come lo era stato con lei, non era mai stato così bello. E tra due corpi nudi e delle lenzuola avevo deciso di non metterci in mezzo anche l’amore.
Perché vedevo cosa aveva combinato a mio fratello e come aveva ridotto mio padre. Logorati, distrutti, abbandonati. Senza un minimo di felicità. Avevo sempre creduto che fosse stato meglio offuscare il cuore con una coltre di freddo ed indifferenza, impedendo alle emozioni più forti di entrare e di sovrastarmi così tanto quanto avevano fatto al resto della mia famiglia.
Ma niente è più forte. Niente è più potente di un sentimento che spazza via tutti gli ideali. Li cancella e ti manda in confusione.
  • No, non sento niente. Tu, invece? Sei sicura?
Perché l’amore mi fece esattamente questo effetto. Fu come un soffio di un vento ingovernabile, scacciò via tutti i miei buoni propositi. Fu come una piccola luce in mezzo al buio. Luminosa, calda e piena di speranza. A volte si affievoliva e a volte diventava più grande. Mi riempiva di speranza. Speranza di amare Elena e di essere ricambiato, finché non successe veramente.
L’amore stava dannando anche me. Ma nessun letto era caldo senza di esso. Nessun rapporto mi riempiva senza l’amore. Forse era proprio questo quello che mi mancava. E capii come una vita passata con l’amore di sempre, conclusosi con la morte, aveva sì distrutto mio padre, ma lo aveva completamente reso umano, almeno per quel poco di tempo; un’adolescenza distrutta da un amore proibito come quello di Stefan, aveva ucciso mio fratello, ma allo stesso tempo lo aveva reso vivo più che mai. Come stava rendendo vivo anche me.
Sentendo le sue sottili dita delicate accarezzarmi i muscoli del braccio. Approfittando di ogni centimetro della sua pelle per assaporarla, per amarla.
Continuai a baciarla dappertutto diventando un fuoco. Crebbe la mia eccitazione e lei mi sorrise maliziosamente quando se ne accorse. Oh, il suo sorriso malizioso. Non ne aveva mai avuto uno così. Adesso sapeva a ciò che andava veramente incontro. Con quanta passione l’avrei travolta. E soprattutto con quanto amore.
  • Non. Sai. Quanto. Ti. Amo. Futura. Signora. Salvatore.
Le dissi scandendo attentamente ogni parola, facendola risuonare chiara, anche se la mia voce era intervallata da lunghi e profondi respiri, dovuti dall’eccitamento.
Lei prese il mio volto e se lo avvicinò al suo a pochi millimetri intrappolandomi nel suo respiro e nel suo sguardo languido e pieno di desiderio.
  • Ti amo più di me stessa. Ma adesso ti prego, non parlare. Fa l’amore con me.
Tornai a baciarla, incatenando il suo bacino con le mie braccia, al mio. Sentii l’ossigeno mancare a entrambi e l’attesa non bastare più.
Sprofondai in lei sentendomi più vivo di prima. Più vivo di sempre. Sì, il mio posto era proprio lì, con lei. Con il nostro amore che cresceva, che diventava più grande, più travolgente. Oh, quanto non vedevo l’ora che arrivasse il giorno del matrimonio. Quanto volevo che lei fosse mia a tutti gli effetti. Quanto volevo amarla in ogni singolo secondo di ogni singolo giorno.
(Elena)
Mi sedetti a cavalcioni sopra di lui senza pensarci due volte. Damon era dentro di me ed ero completamente assorta nel fare l’amore con lui. Gli baciai le labbra e poi scesi sul petto, lasciandogli dei baci umidi su ogni lembo di pelle. Lo sentii gemere sotto di me, mentre mi accarezzava dappertutto e mentre sentivo la sua bocca sul mio seno. Stavo arrivando al culmine, raggiunsi il piacere facendo esplodere la mia bolla di piacere che si era allargata nel basso ventre. Dopo un po’ venne anche lui.
Ci accasciammo vicini, lasciando unite le nostre pelli sudate.
  • Che cosa mi hai fatto, Elena?
Mormorò imprigionando le mie labbra tra le sue. Io sorrisi di conseguenza, lasciandomi cullare dalle sue braccia muscolose.
  • Che cosa mi hai fatto tu!
Fino a qualche giorno prima non sarei mai stata in grado di lasciarmi guardare e sfiorare da un uomo in quel modo. Ma Damon mi aveva cambiata e io con lui mi sentivo sempre bene. Quando ero con lui, era come se fossi stata dentro una bolla accogliente che mi teneva al caldo. Era quello. Il suo corpo contro il mio, il suo sguardo che si perdeva con il mio, era quello. Amore.
Un amore appena nato, ma già così tanto sofferto, desiderato, bramato e finalmente ottenuto. Accadde tutto in così pochi mesi … tutto così in fretta. Damon fu l’uragano della mia vita. Entrò prepotentemente e senza chiedermi il permesso, ruppe tutti i lucchetti del mio cuore. Spezzando il ferro, abbattendo le porte e prendendomi di gran forza. Amandomi fino all’estremo senza neanche avermi sfiorata. Solo con gli occhi.
E io gli permisi tutto questo. Lo aiutai a forzare le serrature per sentirlo vicino. E sebbene cercammo entrambi di allontanarci non potetti fare a meno di farmi prendere le mani per accoccolarmi vicino a lui sentendo il suo buon profumo di colonia.
Infrangemmo molte regole, nascondemmo il nostro amore agli altri. Poi non più. Stefan e io diventammo liberi da quel pazzesco matrimonio combinato. Io libera di sposare Damon e lui libero di amare Katherine e Nadia. Di prendersi cura di entrambe.
Nadia. Quella povera bambina era ancora rinchiusa nella sua camera con la temperatura alle stelle. I suoi genitori erano ancora terribilmente preoccupati per lei e io invece di dare una mano che stavo facendo? Mi ero messa ad amare incondizionatamente il fratello, disinteressandomi dei problemi degli altri.
  • Siamo delle persone orribili.
Mormorai soffiando sui pochi peli che Damon aveva sul petto. Sentivo in quel momento il suo cuore battere forte e il suo respiro essere ancora irregolare. Accarezzai il suo fianco bloccando la mano fino all’orlo della coperta che lo copriva dal bacino in giù.
  • Hai ragione. È orribile quello che abbiamo appena fatto! Fare l’amore con la mia fidanzata è stato un atto deplorevole e oltraggioso.
Ironizzò lui, abbracciandomi e baciando i miei capelli, mentre con le mani scendeva lungo la mia schiena andando a sfiorare la base.
Ma lui non capì quello che io intendevo. Non aveva torto, non c’era nulla di male a fare l’amore se eravamo fidanzati, anche se andasse contro le regole della buona etichetta, ma mi sentii in colpa. Io e Damon eravamo felici mentre Stefan e Katherine erano ancora preoccupati a badare alla piccola Nadia. Non mi sembrava giusto che noi stessimo così bene e loro no.
  • Non è per questo. È che fuori da questa stanza c’è chi soffre ancora mentre noi siamo qui a …
  • … a goderci la vita? – si discostò da me per potermi guardare negli occhi. – Elena ascoltami attentamente. È vero, può non sembrare bello, in questo momento, ma là fuori ci sarà sempre qualcuno che avrà un problema, che percorrerà delle difficoltà e noi due ci saremo per questa persona. Però io e te abbiamo appena deciso di crearci la nostra vita e non è sbagliato rintanarci in una camera da letto per fare l’amore. Inoltre, in questi ultimi mesi io ho desiderato ardentemente di stare con te e di poterti amare liberamente. Non era giusto prima, ma lo è adesso.
Mi guardò implorante e allo stesso tempo giocoso con i suoi occhi celesti, facendomi incantare e lasciandomi senza parola. Era questo l’effetto che mi faceva Damon Salvatore e io presto sarei diventata sua moglie.
  • Ora Stefan è lì fuori a prendersi cura della sua bambina e sono sicuro che anche se la sua mente è occupata da mille preoccupazioni, lui non vorrebbe nessun altro posto dove ci dovremmo trovare  noi se non questo. Elena, lui è il primo a dirmi che devo finalmente farti mia e poi mi sono preso cura di sua figlia per quasi due anni. Lui stesso è stato il primo a dirmi che adesso è il suo turno. Che è il momento che io mi faccia da parte, che mi allontani da loro per avvicinarmi a te. Per costruire la nostra famiglia. Per avere una figlia da te, invece di stare a prendermi cura della sua bambina.
  • Hai … hai appena detto “avere una figlia da te”? – sorrisi intimidita dalla sua affermazione.
  • Oh Miss Gilbert, state pur certa che anche se non siamo ancora sposati il mio più grande desiderio è quello di avervi messa incinta in questo stesso istante. – mi disse malizioso, sussurrandomi quelle così audaci parole all’orecchio.
  • Damon! – mi allontanai immediatamente dalla sua presa, rimproverandolo. – Ma che …?
Non feci in tempo a discostarmi di due centimetri, che lui mi intrappolò nella morsa di ferro delle sue braccia. Iniziò a solleticarmi e io gli supplicai di lasciarmi andare, ma a quanto pare lui era molto in vena di scherzare.  Istintivamente gli diedi le spalle cercando di scappare, ma era troppo forte e non me lo permise. Iniziai a ridacchiare e … anche se mi stavo comportando come un’ochetta, non mi dispiaceva. Ridere con Damon, giocare con lui, sentire le sue labbra baciare la mia spalla tra un sorriso e l’altro. Fare tutte queste cose …
  • Elena scendi giù. Ci sono …
… fino a quando non fummo interrotti, o meglio sorpresi, da zia Jenna. La poverina rimase immobilizzata per due buoni minuti. Io sarei dovuta essere imbarazzata, mortificata o tutte quelle sgradevoli sensazioni che avevo quando mi coglievano con la mano nel barattolo della marmellata, ma ero così che felice che niente mi avrebbe fatto cambiare d’umore. Il fatto era che non ci riuscivo. Non riuscivo a non sorridere, a farle vedere la mia gioia anche in una situazione del genere. Era più forte di me mostrarle quanto stavo bene con Damon, persino quando eravamo completamente nudi davanti ai suoi occhi.
Presi i lembi delle lenzuola e mi coprii fino sopra il mento mentre Damon nascose la sua parte più intima con un cuscino bianco.
  • Jenna … ecco … io … - non potei fare a meno di ridere.
  • Ci sono degli ospiti, sia per te che per Damon giù.
Dopodiché ci lasciò da soli.
Nonostante il divertimento del momento, notai quanto entrambi eravamo in tensione, perché rilassammo i muscoli e mi sentii sollevata.
Donai un ultimo bacio a Damon e poi decidemmo di rivestirci per andare a scoprire quali erano i nostri ospiti.
Con mia grande sorpresa trovai ad attendermi Bonnie, ma questo piacque in particolar modo a mio fratello, e Caroline con suo marito. La pancia di Caroline aveva iniziato a ingrandirsi. Il bambino nel suo grembo stava ormai crescendo e la mia amica aveva già iniziato a portare abiti di misura più grande, adatti al suo nuovo fisico.
Per Damon invece, c’erano Alaric e Rose che anche io salutai con calore. Quest’ultima d’altra parte era venuta in particolar modo per sapere notizie di Katherine e di Nadia, soprattutto della bambina. Io l’accompagnai nella loro stanza e imparai con sorpresa di quanto le due ragazze fossero amiche e quanto Rose fosse tanto affezionata a Nadia. Stefan, che si trovava in quel momento nella camera, decise di uscire per lasciare le due donne ad accudire la figlia.
Scese con me dagli altri ospiti, mentre Damon stava offrendo Bourbon ai signori e Cherry alle donne.
  • Suppongo che dovremmo brindare a Damon ed Elena, a questo punto. – propose Jenna.
  • O all’amore in generale. –  completò il signor Alaric, guardandola intensamente negli occhi. Oh quei due quanto si amavano.
  • Anche alla famiglia. – concluse Stefan, volgendo lo sguardo verso le scale che portavano al piano superiore.
  • Alla famiglia. – ripresero Caroline e Niklaus, toccando entrambi la pancia di lei.
  • Alla famiglia e all’amore che la crea. – disse infine Damon, prendendomi per mano per mettersi al mio fianco. Sorrisi d’impulso.
Sì, alla famiglia e all’amore che la crea. Alla famiglia che avrei creato con Damon. Ai figli che avremmo fatto insieme, ai problemi che avremmo dovuto affrontare, a tutte le volte che ci saremmo dovuti amare. A tutti i nostri futuri battibecchi. A me e a lui, a noi due insieme. Al resto della nostra vita.
(Damon)
 Io e Alaric stavamo ancora sorseggiando del Bourbon quella sera, mentre Niklaus e Caroline erano andati nella loro camera e Stefan si era ritirato dalla sua famiglia per fare compagnia a Katherine. Per fortuna la piccola Nadia era in via di guarigione, stava meglio e presto sarebbe potuta uscire per giocare nell’ampio giardino di Mystic Falls. Forse sarebbe riuscita a guarire entro il matrimonio mio e di Elena. sarebbe stato bello avere tutta la famiglia riunita. Be’ … quasi tutta. Per quanto superficiale e arrogante possa essere stato mio padre, era comunque un membro della famiglia e riuscivo addirittura a sentire la sua mancanza. Sebbene lui non ci tenesse a me poi così tanto.
Sì, perché io ero il figlio ribelle, quello che scappava di casa per viaggiare per il resto dell’Europa e per andare persino in America. Colui che desiderava viaggiare e che non se ne fregava molto degli altri. Assomigliavo troppo alla mamma, sotto quel punto di vista. Ma lei al contrario di  me, era più dolce e sensibile … oh, quanto avrei voluto volerla lì con me. Magari sarebbe riuscita a far ragionare  mio padre fin sa subito. Magari avrebbe capito Stefan e la sua decisione di seguire il suo cuore. Magari se fosse stata ancora con noi, la famiglia non sarebbe andata in rovina in questo modo.
Io e Stefan eravamo ancora molto legati. Io l’avevo coperto per tutto quel tempo. Ero sempre stato dalla sua parte. Ma mentre una parte di me stesse pensando che papà si meritasse di vivere a Londra da solo, con tutta quella servitù a portata di mano, l’altra parte mi diceva che non era giusto e che lui sarebbe dovuto essere ancora perdonato.
Accidenti, stavo diventando troppo buono. Tutta colpa di Elena e del suo amore. In quello stesso momento avrei voluto correre sa lei e baciarla ancora, e portarla nel mio letto (o nel suo letto) ancora, e fare l’amore con lei ancora, per tutto il tempo che ci sarebbe rimasto.
Elena mi trasformava in una persona completamente buona. Era proprio questo il miracolo. Con lei tutto mi sembrava più bello, più facile. Non come un terribile ostacolo, difficile da superare.
E anche se in quel momento era con Jenna e Bonnie a passeggiare tra i vasti giardini della tenuta, io sarei potuto benissimo andare da lei per gridarle ancora che l’amavo, che non ci sarebbe stato nessun’altra per me, che non avrei mai smesso.
Stavo per farlo, dannazione, stavo per farlo! Se solo non fossero entrate Jenna e Bonnie tremanti e piangenti, nella villa, attirando l’attenzione di tutti i presenti.
  • Damon! – mi chiamò Jenna, sconvolta.
Io le corsi incontro.
  • Che cosa è successo? – scrutai dietro di loro per cercare la figura di Elena, che ancora non entrava. – Dov’è lei?
  • È … è …
  • Dov’è lei? – urlai questa volta prepotentemente, scrollando le spalle ad entrambe.
Alaric venne da me per cercare di calmarmi e allontanandomi dalle due ragazze.
  • Stavamo camminando. – iniziò Bonnie – quando all’improvviso è sbucata dal nulla una carrozza. Oh Dio, sembrava essere uscita dalle tenebre! E due uomini l’hanno presa. Lei ha provato a liberarsi ma l’hanno stordita con qualcosa messa in un fazzoletto bianco e lei si è addormentata subito.
  • Deve essere Cloroformio.- intervenne Stefan – è una sostanza che fa addormentare le persone. È un anestetizzante.
  •  L’hanno rapita, ma uno di loro ci ha lasciato questo biglietto.
Jenna mi porse un foglio di carta tutto stropicciato.
La tenuta in cambio della ragazza.
Maxfield.

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Capitolo 17
*** Un peso portato negli anni. ***


17.
Un peso portato negli anni.
(Damon)
Urlai arrabbiato a tutti i camerieri della tenuta, a mio fratello, ad Alaric e persino a Jeremy di andare a cercare Elena. In qualsiasi posto, anche se era notte. A me non importava un accidenti se il mio migliore amico mi stesse dicendo che al buio non l’avremmo trovata e chissà a quell’ora dove si trovasse, l’essenziale per me era cercare Elena.
No, non era giusto. Maledizione, finalmente eravamo io e lei. Nessun ostacolo, una vita insieme che si prospettava felice, ma c’era sempre qualcuno che ci disturbava, sempre qualcuno che volesse il nostro male.
Io avevo bisogno di Elena. Senza di lei era come se mi mancasse l’aria. Se ne era andata e il mio cuore era con lei. Sentivo un vuoto, un terribile vuoto che faceva male, che non mi permetteva di respirare, che mi faceva sudare freddo. Era come perdere i sensi. Era come sentirsi lacerare la pelle sul petto; come perdere l’uso delle gambe e crollare. Inginocchiarmi inerme e rendermi conto che lei era lontana da me, che sarebbe potuta essere in pericolo, che quell’uomo non ci aveva pensato due volte a rapirla e a farla addormentare, a farle del male.
Ma io non potevo starmene con le mani in mano. Non potevo arrendermi e lasciare che la mia Elena si trovasse nelle mani sbagliate, nelle mani che non erano le mie. Avrei dovuto stare più attento, avrei dovuto proteggerla. Avrei dovuto capire che quel viscido non si sarebbe fermato. Che quella bravata di qualche giorno prima, quell’ avermi picchiato da alcuni dei suoi scagnozzi – perché ero sicuro che quella fosse stata opera sua – non sarebbe bastato. In quel momento erano in pericolo tutte le persone che amavo e in particolar modo Elena.
Dove diavolo era? Non resistevo, non resistevo!
  • Damon calmati. Così non risolveremo nulla. Spiegami il biglietto.
Mi fermò il mio migliore amico, facendomi sedere su una sedia. Io provai a rialzarmi, ma le sue mani fecero pressione sulle mie spalle per non permettermi di muovermi. Lo guardai furioso, ma il mio sguardo con Ric non attaccava. Era sempre rimasto insensibile ai miei trucchetti, forse proprio per questo che lui era lui.
  • Qualche mese fa Wes Maxfield è venuto a cercarmi. Voleva comprare la tenuta,ma io gliel’ho negata. Ha detto che non si sarebbe arreso, ma non avrei mai immaginato che sarebbe arrivato a tanto.
  • Perché vuole Mystic Falls?
  • Non ne ho idea. Ha sempre detto che gli serviva una villa così grande. Forse a questo punto dovrei vendergliela.
  • No, non ne hanno il diritto. Chiederemo aiuto a qualcuno. – intervenne Stefan. – forse dovremmo andare da papà. Lui sicuramente saprà cosa fare.
Stavamo solo perdendo tempo. Mentre noi eravamo intenti a parlare, a fare congetture e a pianificare, Elena era chissà dove, in balìa di quell’uomo psicopatico. Perché ce l’aveva con me? Oh, se solo gli avessi venduto la tenuta prima, non saremmo arrivati fino a questo punto.
  • Io ho qualche amico in polizia. Chiederò informazioni lì.
  • No, non coinvolgere la polizia. Potremmo solo peggiorare le cose.
  • Tranquillo, sarò discreto.
Tranquillo? Come avrei potuto essere tranquillo? La mia futura moglie era stata rapita e io mi sarei dovuto stare con le mani in mano, certo! No, non appena avrei trovato quell’uomo, lo avrei ucciso con le mie stesse mani. Non l’avrebbe passata liscia.
Controvoglia mi diressi verso Londra con Stefan e andammo alla villa di nostro padre. Era notte fonda, ma a me non importava affatto. Era senza dubbio più importante la vita della mia fidanzata, piuttosto del sonno ristoratore di mio padre. Però lui comunque non ne fu felice. Soprattutto quando si rese conto che a quell’incontro c’era anche mio fratello.
Non voleva vederlo. Sì, ce l’aveva anche con me, ma papà era contro di lui.
  • Padre ti prego aspetta. È una questione molto importante.
Lui non volle sentire ragione. Se ne andò, lasciandoci soli all’ingresso della villa.
Per un attimo non sentii veramente reggermi. Le gambe era come se non le avessi.
Mi accasciai a terra, come un bambino di sei anni e iniziai a respirare male: respiri erano sconnessi, irregolari e non accennavano a ritornare normali.
Perché, perché mio padre non c’era? Che cosa gli avevo fatto di così sbagliato da farmi odiare da lui in questo modo? Io non gli avevo mai chiesto niente negli anni precedenti. Me l’ero sempre cavata senza il suo aiuto. Non gli avevo mai chiesto di salvaguardarmi o di guardarmi le spalle mentre viaggiavo come un ragazzo ribelle. E nemmeno quando ereditammo la tenuta, io non gli chiesi mai niente.
Eppure era come se avessi con lui un debito enorme da ripagare. Era come se fossi io quello nel torto.
Stefan mi si avvicinò per farmi alzare, ma io lo allontanai con un gesto brusco della mano. Volevo essere lasciato in pace.
Mi guardai un attimo attorno. Quella casa. Io ero cresciuto in quella casa. Quella casa fatta di quadri scelti da mia madre, di tappeti comprati da lei, di feste date in suo onore. In quella casa ogni singolo elemento mi ricordava la mamma. Ogni libro, ogni colore, ogni cosa costruita lì, era stata fatta in suo onore, per lei. Come un immenso dono da parte di papà.
Papà conosceva l’amore. Lo aveva vissuto, sapeva perfettamente cos’era. Ma era come se a noi non volesse farlo vivere. A noi due ce lo stava proibendo. Mi stava togliendo Elena, così come aveva tolto Katherine a Stefan. Ma loro due alla fine si erano ritrovati, perché l’amore è il bene di ogni cosa. Perché l’amore vince su tutto. Allora io mi sarei ripreso la mia donna e questa volta mio padre mi avrebbe ascoltato. Questa volta mi avrebbe aiutato.
Mi rialzai e, seguito da mio fratello, salimmo le scale per poi ritrovarci davanti alla sua camera da letto, chiusa a chiave.
Bussai. Forte.
  • Dannazione, apri. Elena è in pericolo, ti prego. Ti prego … è … è stata … rapita. Ti prego. Papà, non so più vivere senza di lei, aiutami! Non ce la farò mai senza di te. Ti prego. Ti prego. Ti prego.
Mi inginocchiai davanti alla sua porta con la testa appoggiata sulla superficie di legno, mentre Stefan stava continuando a chiamare nostro padre, dicendogli che Wes Maxfield aveva rapito Elena.
Non appena papà udì quel nome, uscì dalla sua camera e ci guardò un po’ arreso. Che cosa gli era successo? Che cosa era cambiato?
  • Andiamo nel mio ufficio. C’è una cosa che dovete sapere. – disse semplicemente.
Lo seguimmo silenziosi. Un po’ perché avevamo paura che ogni nostra singola parola lo avrebbe potuto far tornare indietro, che lo avrebbe fatto scappare ancora nella sua camera, lontano da noi mentre io imploravo di nuovo il suo aiuto. Un po’ perché quel silenzio era una specie di gratitudine, un grazie non espresso ad alta voce. Perché noi Salvatore eravamo così galantuomini con il resto del mondo, ma la nostra principale caratteristica era l’orgoglio. Quel maledetto orgoglio che non ci permetteva di dire grazie ad alta voce. Quell’orgoglio che si manifestava soprattutto quando eravamo in famiglia, invece proprio in quei momenti così privati, così appartati avremmo potuto essere noi stessi e non lo eravamo.
Perché forse ciascuno di noi tre era orgoglioso. Forse Stefan di meno, forse io e nostro padre un po’ di più, ma tutti e tre eravamo rimasti intrappolati in una rete fastidiosa che si era formata attorno a noi nel corso degli anni. Odio, disprezzo, risentimento. Erano tutti nati dopo la morte della mamma e non se ne erano andati. Forse non se ne sarebbero mai più andati.
Magari si sarebbero affievoliti. Magari … se lui mi avesse aiutato, io avrei potuto mettere da parte un po’ di quell’orgoglio e di tutti gli altri sentimenti negativi e sarei ritornato da mio padre. Gli avrei chiesto di riunirmi alla mia famiglia. Perché alla fine era lui la mia famiglia. Per quanti anni eravamo stati solo io, lui e Stefan? Tanti. Avremmo potuto essere così uniti. Invece era diventato troppo complicato, troppo difficile.
La famiglia che avremmo potuto diventare, anche senza la mamma, era stata solo un sogno, un ricordo lontano che non si sarebbe mai avverato. La famiglia era lontana. Noi Salvatore solo a volte potevamo essere definiti uniti.
Per questo io e Stefan avevamo intenzione di costruirci le nostre famiglie. Per non ricadere negli stessi errori di nostro padre. Per non essere così esigenti come lui, per amare i nostri figli. Probabilmente nostro padre ci aveva anche amato, ma non lo aveva mai dato a vedere. Però io ero pronto. Sì, pronto a perdonargli tutto, a dirgli che la famiglia c’era ancora, che sinceramente non mi importava più di come mi aveva trattato da ragazzino. Perché io non volevo che lui fosse solo, perché sapevo cos’era la solitudine. E faceva male. Faceva male stare senza l’amore.
Volevo solo che tutto fosse diverso da quello che era veramente …
Entrammo nel suo studio e io e mio fratello ci sedemmo sulle poltrone scure, di fronte alla scrivania, dove lui si andò ad appoggiare.
  • Ci darai un aiuto? – gli chiesi timoroso.
  • Sì, vi aiuterò, ma prima dovreste sapere qualcosa che non vi ho mai detto. – cercai lo sguardo di Stefan, che allo stesso tempo stava cercando il mio. Ci guardammo a vicenda, interrogandoci un po’ timorosi di quello che ci avrebbe dovuto dire papà. – Wes Maxfield, quando lo incontrai per la prima volta era un semplice ragazzino …
  • Lo conosci?
  • Purtroppo sì. Forse se non l’avessi conosciuto, non sarebbe venuto da te.
  • Spiegati meglio.
  • Io e vostra madre facevamo parte di un’associazione segreta, chiamata Augustine. In quest’associazione c’erano alcuni tra i membri più facoltosi di tutti il Regno Unito, ma anche nobili meno facoltosi come … come i Gilbert. – spalancai gli occhi all’affermazione di mio padre. I miei genitori e i genitori di Elena si conoscevano già da anni, chi lo avrebbe mai detto. – all’inizio pensavamo che la cosa fosse innocua. Gli ideali della nostra compagnia erano moderati, volevamo semplicemente che la corona non abusasse del proprio potere. Ma con il passare degli anni, alcuni membri, compreso il nostro capo assunsero atteggiamenti sempre più radicali. Volevano far cadere la regina. Volevano eliminare completamente la monarchia. Fu lì, che alcuni se ne andarono, compresi noi due.
  • Che cosa c’entra con tutto questo Maxfield? – gli chiesi.
  • All’epoca era il figlio del loro capo, ma adesso avrà preso le redini dell’Augustine.
  • Allora perché ha rapito Elena?
  • L’Augustine è sempre stata alla ricerca di un quartier generale. Negli anni in cui ne facevo parte io ci riunivamo spesso in scantinati e molto probabilmente lo fanno tutt’ora. Mystic Falls infetti è un ottimo rifugio per tutti i suoi membri. Poi quando mi distaccai da loro, non ne furono molto felici. Incominciarono a vendicarsi su alcuni ex partecipanti e …
  • E pensano che rapire Elena sia un’ottima vendetta? – dissi sprezzante. – Be’ si sbagliano di grosso. Non permetterò che le facciano del male.
Come … come diavolo si permettevano? Cosa c’entravamo io ed Elena in tutto questo? Erano stati i nostri genitori a fare un casino nel passato, non noi.
Ero sconvolto. Adesso ci ritrovavamo noi in quella battaglia politica. Noi che non avevamo fatto nulla. Elena era in pericolo e non solamente perché io non avevo ceduto la tenuta alla Augustine, sicuramente era una specie di vendetta nei confronti dei suoi genitori.
  • No. Loro vogliono casa tua Damon. Se avrebbero voluto vendicarsi, a quest’ora Elena sarebbe già morta e non ci sarebbe più niente da fare. Invece, c’è ancora speranza. Possiamo recuperarla senza cedere Mystic Falls. Dobbiamo solo cercare rinforzi. Quei bastardi hanno smesso di fare del male alla gente.
  • Che cosa vuoi dire? – gli domandò Stefan. – Come fai a sapere che hanno ucciso delle persone per vendicarsi? Hai … hai mai ucciso in passato, papà?
Il volto di mio padre si fece più serio, incupendosi maggiormente come se gli fosse affiorato alla mente uno spiacevole ricordo. Allo stesso tempo sembrava addolorato e privo di vita, come se gli avessero portato via tutto ciò che c’era di felice nella sua vita.
  • No, non ho mai ucciso Stefan, ma ho mentito molte volte nel corso degli anni. Ho mentito a voi. Ai miei figli e vi giuro che non passa giorno in cui io non mi senta in colpa. Vi ho tenuto nascosto una cosa in particolar modo. In passato avevo come scusa il fatto che eravate troppo piccoli. Poi siete cresciuti ed era giunto il momento, ma mi è mancato comunque il coraggio e la verità non ve l’ho più detta. Ma forse se vi avessi raccontato tutto sin dall’inizio, sareste stati più attenti e magari saremmo ancora uniti, anche senza la mamma.
Che cosa voleva dirci nostro padre? Io … io forse non ero pronto a scoprire nuove verità. Sapere che ci aveva mentito per tutto questo tempo non fu una novità, in realtà mi avrebbe stupito il contrario. Il punto era che mi spaventava, esatto … mi spaventava il dover scoprire che cosa mi aveva nascosto. Cosa non aveva mai detto a me e a Stefan.
Non mi era mai importato molto che cosa provava papà, ma i suoi occhi. I suoi occhi così verdi, come quelli di mio fratello, sembravano disperati. Sembravano dispiaciuti ed era come se fossero appena usciti da una lunga galleria fatta di tristezza, di disperazione. Una vita passata in solitudine, allontanando tutto e tutti.
  • La mamma … ecco lei non è morta per problemi naturali. Quelli della Augustine l’avvelenarono.
Disse quella frase a fatica e due istanti dopo realizzai perché nostro padre era così preoccupato, perché dopo la morte della mamma sembrava che ce l’avesse con tutto il mondo.
Semplice. Perché lei non se ne era andata all’improvviso senza un ovvio motivo. Io avevo chiesto per anni invano il motivo della sua scomparsa, mi ero sempre chiesto il perché tra tutte quelle persone presenti al mondo, proprio lei se ne era andata. Be’ una risposta ce l’avevo. Non era una casualità, era una vendetta. Una meschina vendetta.
Fu come veder crollare tutto. Ma nonostante ciò, non riuscivo a biasimare mio padre. Lui … lui per tutto quel tempo si era semplicemente fatto da parte. Si era tenuto quell’enorme peso, difficile da sorreggere. E aveva cercato di andare avanti da solo, aveva cercato di crescere due figli. Forse non ci era neanche riuscito, ma aveva fatto tutto da solo. Sopportando le pazzie di un figlio ribelle e i problemi di un figlio più insicuro.
Tutto da solo. E io non me ne ero reso conto.
  • Quindi è tutta colpa loro. La nostra vita ruota attorno a quell’associazione?
Lui annuì.
  • La nostra e quella dei Gilbert. Credo che anche la loro morte dell’anno scorso sia dovuta a causa dell’Augustine, ma non ne sono totalmente sicuro.
Elena! Se Elena sarebbe venuta a scoprire dai suoi rapitori che i suoi genitori non morirono per un incidente, ne sarebbe rimasta sicuramente devastata.
Mi alzai dalla mia poltrona e andai incontro a mio padre.
Leggevo la sua richiesta di perdono negli occhi e io gliela avrei data, ma non in quel momento. Elena era più importante.
  • Sai dove si trovano?
(Elena)
Mi girava la testa. O perlomeno, credevo che mi stesse girando la testa, dato che avevo ancora gli occhi chiusi. Ma riuscivo ad avvertire quella sensazione di vertigini attorno a me. Come se la soffice superficie su cui ero adagiata non esistesse.
Dove mi trovavo? Non riuscivo a ricordare. Ero a passeggiare con Jenna e Bonnie e poi il nulla.
No! Mi … mi avevano veramente rapita? Provai ad aprire gli occhi, ma avvertivo ancora una strana sensazione di assopimento. Le palpebre erano pesanti e io non avevo la forza per alzarle.
Poi un volto mi affiorò nella mente. Degli occhi più celesti del cielo, una pelle bianca e rosea, dei capelli neri … Damon. Io volevo vedere Damon. Aprii gli occhi lentamente e con dispiacere mi resi conto che lui non era accanto a me, nel letto.
Ma se mi avevano rapita, allora perché ero sdraiata su un letto? Non avrei dovuto ritrovarmi in una fredda cella?
  • Siete nostra ospite signorina Gilbert, non nostra prigioniera.
Una voce rispose alle mie silenziose domande. Mi voltai verso la porta della camera in cui mi trovavo e notai la presenza di un uomo, appoggiato sullo stipite della porta.
  • E io tratto sempre con rispetto i miei ospiti. – si avvicinò lentamente a me – Wes Maxfield, molto lieto.
Si presentò. Spalancai gli occhi al suo nome e sollevai il busto dal materasso. Era quel Wes Maxfield, quello di cui mi aveva parlato Damon, quello che voleva Mystic Falls.
  • State tranquilla, verrete rilasciata non appena il vostro fidanzato ci venderà la tenuta.
  • E se non volesse farlo?
  • In tal caso … - si avvicinò di più, quasi ad una spanna dal viso - … non sarete più mia ospite e vi manderò ad abitare con i miei scagnozzi. Alcuni di loro  non toccano una donna da tanto tempo e voi siete piuttosto graziosa.
Mi accarezzò il volto con il dorso della mano, ma io mi discostai bruscamente per allontanarmi. Questo fu invano. Mi bloccò entrambi i polsi con le sue mani e mi gettò sul letto e lui mi venne sopra.
  • Oppure potrei fare di voi la mia … “dama di compagnia”, così mi assicurerò che il vostro caro Damon mi dia ciò che voglio.
Scese con una mano sull’orlo della gonna dorata e ne attraversò il confine. La sollevò un po’ alla volta, andando ad accarezzare e a denudare le mie gambe.
Iniziai a piangere e a scongiurargli di lasciarmi in pace e fortunatamente così fece. Si allontanò da me in due secondi e ritornò verso la porta dove adesso era presente un altro ragazzo.
  • Lui è Enzo e sarà il tuo carceriere. Per qualsiasi cosa chiedi a lui. Vedrà di farti avere tutto il necessario per la tua permanenza qui.
Fissai gli occhi scuri dello sconosciuto e notai uno strano guizzo, una sensazione strana che mi attraversò, ma non capii cosa.
Uscirono entrambi da quella stanza e mi ritrovai da sola, seduta sul letto a pensare. Mi portai le ginocchia sotto il metto e la mia mente indugiò a lungo sui volti della mia famiglia. Su  io fratello, mia zia, le mie amiche, su Damon.
Oh Damon, avevo così tanto bisogno di te in quel momento. Avevo bisogno di sentirmi al sicuro, tra le sue braccia. Avevo bisogno di sentirlo accanto a me, protetta.

Note finali: per un casino che ho combinato con efp, ho dovuto per forza cancellare e ripubblicare gli ultimi tre capitoli che avevo scritto.
L'unica cosa che mi dispiace è di aver perso le vostre recensioni a cui ero affezionata.
Pazienza ...
p.s. tra qualche giorno aggiornerò il nuovo capitolo della storia.

Mia.

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Capitolo 18
*** Altre bugie nascoste e azioni inaspettate. ***


18.
Altre bugie nascoste e azioni inaspettate.
(Damon)
- L’Augustine ha tre piccole basi, dove si riuniscono. Non sono abbastanza grandi da poter ospitare tutti i suoi membri ed è anche per questo che vogliono Mystic Falls, Damon. La tua tenuta è abbastanza grande e ben nascosta da occhi indiscreti. Nessuno si accorgerebbe di ciò che complottano e potrebbero agire tranquillamente senza il timore di essere scoperti dalla polizia o da qualcun altro di rilevante importanza.

Nostro padre stava mostrando a me, Stefan, Alaric e Niklaus i luoghi segnati sulla cartina di Londra. Uno, con mia grande sorpresa, si trovava proprio nelle vicinanze di Buckingham Palace e di certo in tutti quegli anni era stato un rischio per quelli dell’Augustine, riunirsi in quel posto.

- Questo lo eliminerei a priori. È una specie di piccola cantina fredda e umida. Quasi invisibile a tutti quanti, questo e vero, ma non credo che tengano Elena lì.

Spostai lo sguardo sugli altri due punti cerchiati di blu, mentre Ric segnava una croce sul luogo che avevamo escluso. Gli altri due punti erano più distanti dal centro vivo di Londra. Uno era proprio alla periferia della città, l’altro si trovava nel quartiere a Ovest.

- Che cosa sono questi altri due? – domandò Stefan attento a ogni particolare della cartina.

Sembrava che stesse studiando minuziosamente ogni singola stradina e vicolo attorno a quello che aveva indicato, mentre io cercavo di restare con gli occhi aperti. Non avevo per niente dormito in quelle ventiquattro ore. Ero stato troppo impegnato a trovare un modo per salvarla. A darmi dell’imbecille perché non l’avevo protetta a sufficienza e perché quel “non finisce qui” e quell’altro “ci rivedremo presto” di Maxfield non erano semplici parole buttate al vento, ma erano minacce serie e adesso lei era in pericolo.

Elena. Elena era lontana da me in chissà quale pericolo.


- Quello in periferia è un piccolo magazzino di farina, mentre l’altro sono gli appartamenti del capo dell’Augustine, ora sarà sicuramente di Wes. Credo che sia più plausibile quest’ultimo. È un ottimo luogo per tenere nascosta Elena. Il primo capo della società lo comprò proprio perché sapeva che nella zona Ovest non ci sarebbero stati molti controlli.

- Ed ecco spiegato chi mi ha attaccato qualche giorno fa. La locanda di Rose è praticamente a due passi dall’abitazione.

Mi piegai in avanti, appoggiando entrambe le mani sulla lussuosa scrivania di mogano di mio padre. Osservai attentamente la cartina della città. Dannazione, quel luogo lo conoscevo! Ce l’avevo avuto praticamente sotto il naso. L’avevo sempre ignorato, eppure proprio lì venivano organizzati loschi affari contro la corona. Proprio lì, in quel momento, c’era Elena.

- Preparatevi. Andiamo a riprenderci Elena. – dissi.

Mi allontanai dalla scrivania e mi diressi verso l’uscita. Mi sarei ripreso la mia donna ad ogni costo. Il punto era che dal momento in cui Elena era stata rapita, era scattato qualcosa dentro di me. Una strana preoccupazione, come se il mio cuore stesse smettendo di battere. Eppure quando ero stato aggredito io, non avevo avuto questa paura. Ero arreso alla mia sorte e il mio unico rimpianto sarebbe stato quello di non aver detto a Elena che l’amavo. Ma basta così. Nessun “non voglio morire” mi stava passando per la testa. Io non avevo mai avuto paura di perdere la vita, ma adesso che c’era lei, non avevo nessuna intenzione di perderla.

Non quando scoprii che Elena ormai mi era completamente entrata dentro. Aveva infettato il mio cuore di lei e ne era diventata parte. Elena era una parte di me. Era il mio cuore e, senza di lei, non sentivo più battere dentro il petto. Nessun piccolo tonfo ad accaldarmi la pelle, nessuno strano tremolio. Non ero mai stato un tipo da innamorarsi in quel modo, ma era arrivata lei. Con quel dolce sorriso, con i suoi occhi luminosi e con quella bontà a cui ogni persona di questo mondo si sarebbe potuto arrendere. È arrivata con il suo modo coraggioso di affrontare i problemi della vita, di cercare di superare tutti gli ostacoli e con la forza e la disposizione ad ignorare tutti i suoi sentimenti pur di salvare la sua famiglia. Ma mi bastarono una sua parola ed un suo sorriso e io caddi letteralmente ai suoi piedi, in preda ad un amore che mai avrei pensato di provare. In grado di rammollirmi ancor prima di diventare un vecchietto.

Ero cambiato.

Prima di lei c’era Damon Salvatore, un uomo aitante che faceva cadere ai suoi piedi ogni fanciulla. Che si portava nelle proprie camere ciascuna di esse e che un giorno sarebbe diventato così ricco, che con il passare degli anni sarebbe diventato un vecchio avaro eremita che faceva paura alla gente.

Poi cambiò tutto.

Dopo di lei divenni Damon Salvatore, incredibilmente, totalmente, disperatamente innamorato di Elena Gilbert. Di quella ragazzina con il cuore grande, pieno di fiducia per il prossimo e pieno di coraggio. Il mio esatto opposto. L’altra metà. No, non mi ero rammollito. Ero diventato più felice, più sereno con lei. E lo so che tutte queste parole per lei sarebbero potute sembrare così sdolcinate, ma io con lei ero così.

Damon, innamorato di Elena.


- Dove pensi di andare?

Mi chiese Alaric. La sua domanda mi colse di sorpresa. Tanto che mi arrestai sulla soglia della porta e mi voltai verso di lui arrabbiato. Davvero? Non era ovvio? A prendermi la mia donna, idiota!

- Sai, sono stufo di stare in una stanza al buio a pianificare. Vorrei soltanto andarmi a fare un giro e andare a giocare con gli scoiattoli del parco.

- Smettila Damon di scherzare. – mi ordinò mio padre – e non essere così avventato. Anche se sappiamo dove hanno nascosto Elena, questo non vuol dire che tu puoi arrivar lì e riprendertela con tanta facilità. Ci sono membri della Augustine molto facoltosi che sicuramente hanno disposto di ottime difese per ogni base. Non ti lascerebbero mai entrare. Ti rispedirebbero via a calci nel didietro. Il successivo passo è fare un piano.

In quel momento iniziai a non vederci più nulla dalla rabbia. Sebbene una parte di me mi stesse dicendo che quello che gli altri mi stavano raccomandando di fare era più che giusto, l’altra parte di me, quella che in quel momento stava annebbiando la ragione e governava su ogni mia emozione, mi ripeteva che non c’era senso nelle loro parole. Che nulla aveva senso, a parte correre da Elena e salvarla. Quindi, no! Impedirmi di uscire per andare da lei mi fece arrabbiare come non mai.

- Vuoi un piano papà? Eccolo: andiamo, massacriamo chiunque abbia deciso di rapirla e di farle del male e ce la riprendiamo.

Per un momento notai gli sguardi pietosi di tutti quelli che c’erano davanti a me. Io decisi deliberatamente di ignorarli. Che ne sapevano loro? Che ne sapevano cosa significava perdere la persona che si ama e preoccuparsi terribilmente per lei?

Come se mio fratello fosse riuscito a leggermi nel pensiero, si avvicinò a me quasi adirato e mi tirò un pugno degno del nome.


- Ora smettila, Damon. Stai dando di matto. So cosa significa stare lontano dalla propria donna ricordi? Io non ho potuto vedere Katherine per due anni e due anni diventano molto lunghi se passi ogni giorno a sperare di rivederla, a riconoscere lei in ogni donna, a non sapere come sta a parte le sporadiche visite che le facevi tu per me, eppure quando ho scoperto di Nadia, mi sono arrabbiato perché non sono stato presente per i primi anni della sua vita, ma poi mi sono calmato perché fa solo aumentare il dolore provare rabbia e odio. Damon, fidati di me, calmati. Sprechi solo energia in questo modo.

Non so cosa fu che mi fece calmare. Forse furono le sue parole, o quegli occhi pieni di fiducia o entrambi, ma mi calmai, almeno in parte. Presi la prima sedia che trovai e mi sedetti guardando il vuoto.

- Che cosa proponete di fare?

Guardai mio padre per lo più. Era lui che conosceva meglio di tutti noi l’Augustine.

- I membri si riuniscono di notte, dal tramonto fino all’alba, in quell’arco di tempo le guardie sono raddoppiate. Ci farebbe più comodo attaccare di giorno, meglio durante il pomeriggio. Da quello che ho appreso dai miei informatori Lord Maxfield ogni pomeriggio va a trovare una vecchia zia da cui erediterebbe un promiscua fortuna dopo la sua morte e svolge altri suoi loschi affari. Lì attaccheremo noi.

- Come ci muoviamo lì dentro?

Chiese Niklaus. In realtà mi stupii della sua presenza. Sì, è vero, sua moglie era la migliore amica della mia futura sposa, ma il suo comportamento mi sembrava piuttosto interessato agli avvenimenti.

- Per quanto ne so, oltre alla porta d’ingresso, c’è solamente una porta sul retro in cucina. Dalla cucina poi si va direttamente nelle cantine e c’è una scala secondaria per i piani superiori. Come delle normali abitazioni. L’ideale sarebbe entrare da lì. Sarebbe più sicuro, ma ci dobbiamo comunque premunire di armi, da fuoco possibilmente.

- Ma non attireremmo l’attenzione della polizia in questo modo?

- Nella zona Ovest di Londra? Fratellino, quello è il regno del crimine. Nessuno noterà una semplice sparatoria in una popolazione fatta da briganti e prostitute.

- Non dobbiamo per forza uccidere. Ci basta colpirli semplicemente ad una gamba e renderli vulnerabili.

- Forse non hai capito, Ric. Io ucciderò tutti quelli presenti in quella casa, così non verranno più a disturbarci.

- E saresti disposto a portarti per tutta la vita il peso di aver ucciso delle persone?

- Per Elena? Sì. Morirei per lei.

Dopodiché uscii dalla stanza avvisandoli che tra qualche ora saremmo andati “in missione”. Mi diressi nella mia vecchia camera e sollevai il grande quadro della mamma. Era molto pesante e sapevo che nascondendo la mia pistola lì, nessuno l’avrebbe trovata perché era troppo pesante. Poi uscii da casa di mio padre e mi diressi al ponte.

L’ultima volta che ci ero stato avevo portato con me Elena.

Ricordai i suoi occhi impauriti per la notte precedente, le mani tremanti e la sua dolce voce che non la smetteva di balbettare. Eppure così spaventata, così meravigliata di quanto potesse essere pericolosa la vita, era semplicemente bellissima e non potei fare a meno di abbracciarla, di rassicurarla … Dio, quanto mi mancava. Solo poterla ammirare per me era indispensabile.

Solo due giorni prima avevamo in programma una vita intera. Un matrimonio da celebrare, il nostro amore da consumare e consumare ancora. Dei bambini.

“Oh Miss Gilbert, state pur certa che anche se non siamo ancora sposati il mio più grande desiderio è quello di avervi messa incinta in questo stesso istante.

La cosa più strana in quella frase? Era che io ci credevo veramente. Elena mi aveva cambiato, mi aveva fatto diventare un uomo qualunque desideroso di sposarsi e di avere figli. Perché non ci sarebbe stato niente di più bello se non prendermi cura dei nostri figli. Di una bambina con i capelli castani e la pelle olivastra, con quegli occhi che parevano voler scoprire il mondo non appena sarebbero usciti di casa.

Prima non sognavo queste cose. Con l’arrivo di Elena, con l’essermi innamorato di lei, sì. Era tutto cambiato, in meglio.

E ora lei era così in pericolo!

Chiusi per un attimo gli occhi e inspirai l’odore dell’acqua del fiume. La dolce brezza era come una carezza, la sua carezza e giurai su Dio che ne avrei sentite altre, di sue carezze.

Mi sarei ripreso Elena.

(Elena)
Giocherellai con i fili di lana della coperte. A quanto pare quello era l’unico divertimento che mi era permesso! Ero sdraiata sul letto, da ben … in realtà non sapevo da quanto tempo ero lì. Non c’era un orologio in quella camera e io mi annoiavo a morte.
Inoltre l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era Damon. Mi mancava terribilmente e mi chiesi se avesse saputo mie notizie, se si stesse preoccupando per me o …


- Ti ho portato da mangiare.

Una voce, finalmente, mi distrasse da tutto quel divertimento.
Era Enzo con in mano un vassoio di cibo.


- Puoi appoggiarlo sul comodino, grazie.

- Dovreste mangiare signorina Gilbert. Siete nostra ospite non nostra prigioniera. Non ci perdoneremmo mai se voi smagriste.

Lo guardai fisso negli occhi e tutto ciò che vi lessi fu della sfacciataggine. Dannato!
Eppure mi ricordai che anche il mio Damon aveva uno sguardo simile, ma c’era del buono in lui.


- Perché lavori per Maxfield? Che cos’ha di tanto speciale questa Augustine per voi?

Enzo rimase sorpreso da quella mia domanda, ma per mia sfortuna non rimase tale per molto tempo.

- Dovreste chiederlo ai vostri genitori, loro facevano parte di questa … “setta”.

I miei genitori? Che c’entravano i miei genitori in tutta questa faccenda? No, loro non avrebbero mai potuto far parte di …

- I miei genitori sono morti.

Fu l’unica cosa che dissi.

- Oh, condoglianze. Questo Wes non me lo aveva detto.

Restò nella stanza ancora qualche minuto, osservando l’ambiente attorno. Sembrava non voler andarsene.

- Che cosa vuoi dire che i miei genitori ne facevano parte.

- Vuoi veramente sapere tutta la verità? – mi chiese.Io annuii un po’ timorosa da quello che mi avrebbe detto e mi aggrappai con le mani al letto. Non avevo alcuna ragione di avere paura, giusto? Loro erano sempre stati i miei genitori, cari e senza macchia. Eppure la frase pronunciata da Enzo accese qualcosa di nuovo dentro di me. Forse loro avevano degli scheletri nell’armadio che io ancora non conoscevo.

- Per quanto ne so, Grayson e Miranda Gilbert venti anni fa facevano parte dell’Augustine. Erano trai membri più onorevoli e poi, all’improvviso, l’abbandonarono. Non ne volevano più avere a che fare. Così la società ha deciso di vendicarsi. I Gilbert non sono sempre stati una famiglia prosperosa, al contrario dei Salvatore, e deve essere stato facile mandarli alla bancarotta.

Non ci potevo credere. I miei genitori non avrebbero mai voluto far parte di tutto questo, eppure tutto combaciava. Come la situazione economica disastrosa della mia famiglia. Io non avevo mai immaginato di trovarci sul lastrico e i miei genitori avranno cercato di rendere la questione non pubblica per non far saltare fuori la questione dell’Augustine.

- Se sono morti, inoltre, sarà sicuramente a causa di loro.

- Ne parli come se tu non ne facessi parte.

- Sono solo in debito come Lord Maxfield. Sto compiendo qualche lavoretto per lui in cambio di un altro favore. – lo guardai incuriosita. Lui ricambiò lo sguardo con fredda indifferenza, ma con gli occhi lo incitai ad approfondire l’argomento. Era ovvio che ne volevo sapere di più. – dovevo cercare una donna. La conobbi anni fa, poi sono partito con la mia famiglia all’estero e quando sono tornato, ho perso ogni sua traccia. Wes Maxfield si presentò alla mia porta, offrendosi di aiutarmi e di trovarla, ovviamente ottenendo in cambio qualcosa. La trovò in … in un cimitero. Era morta di polmonite. Io non avevo fatto nulla, non l’avevo salutata, non ero stato accanto a lei negli ultimi giorni della sua vita, non le avevo nemmeno detto di amarla.

Percepii un enorme malinconia nella sua voce, come se si fosse arreso alla vita. Come se non avrebbe più avuto significato quello che avrebbe fatto in futuro, che non avrebbe più avuto senso senza la donna che amava.

Mi sentii così affine alla sua storia. C’era stato un periodo in cui anche io avevo avuto il timore di non dire mai “ti amo” a Damon, che non ci sarebbe mai stata occasione e sentii una potentissima fitta dentro. Un ago freddo che mi passò attraverso il pento. Poi la mia occasione l’avevo avuta ed ero stata di Damon, come lui era stato mio, almeno per poco tempo.


- Mi dispiace. – gli dissi semplicemente. – ma perché, sai che Maxfield commette atti illegali, perché lo aiuti.

- Te l’ho già detto. Sono in debito con lui.

- Per averti detto che la tua ragazza è morta. E allora tu ti rendi complice di rapimenti e omicidi. Se  i miei genitori sono veramente morti a causa sua, ce ne saranno state sicuramente altre persone, ma a quanto pare a te non interessa nulla.

- Certo che mi interessa e so che quello che sto facendo è sbagliato, come so che non ne uscirò mai completamente. A Maxfield servono uomini e quei pochi che sono con lui, gli sono estremamente fedeli e potenti. Io non smetterò di essere in debito con lui, non perché lo voglio io, ma perché lo vuole lui. Ormai sono rimasto bloccato in questa pazzia e non ho altra scelta. Se abbandono come hanno fatto i tuoi genitori, io sono morto! – mi guardò fisso negli occhi e i suoi erano diventati lucidi. – un consiglio? – mi domandò con più calma – se il tuo uomo riuscisse per caso a riprenderti, scappate il più lontano possibile da Londra. Non Mystic Falls o qualsiasi altro posto dell’Inghilterra. Scappate all’estero, perché lui non smetterà mai di darvi la caccia, finché non vi avrà ucciso.

- È esattamente quello che farò. – concluse una voce fuori dalla stanza.

Si presentò sulla soglia della porta, la figura di Maxfield e continuava a guardare con disprezzo me e Enzo.

- Ormai tutti e due siete in qualche modo miei e volenti o dolenti, mi aiuterete a prendere Mystic Falls e dopo che l’avrò avuta, se il vostro fidanzato e la sua famiglia saranno ancora in vita, Miss Gilbert, sarò lieto di accoglierli nella Augustine con piacere. Sarà bello riavere il duca Giuseppe a disposizione dopo tanti anni.

- Siete un essere spregevole. – mi lasciai scappare.

- Davvero, Miss Gilbert? Davvero? Eppure da quando siete qui avete scoperto più cose di quello che avete sempre saputo in diciotto anni della vostra vita. In particolare qualcosa di importante che i vostri genitori non vi hanno mai detto, che non hanno mai avuto il coraggio di confessarvi.

- A che cosa alludete?

- Al fatto che siete stata adottata, è naturale. Ma giustamente voi come avreste mai potuto scoprirlo. Neanche vostra zia è stata in grado di raccontarvi la verità. Siete una persona di umili origini, Elena. Non siete una Gilbert, o perlomeno, lo siete, ma del fratello sbagliato.Per un attimo il mio animo crollò definitivamente.

Che cosa significavano quelle parole? “ siete stata adottata ” “ non hanno mai avuto il coraggio di confessarv i”  “ siete del fratello sbagliato ”


- Cosa c’entra mio zio John in tutto questo?

- Il semplice fatto che è lui il vostro padre naturale, che vi ha avuto da una popolana qualunque e che voi non avete avuto per lui nessuna importanza. Ha preferito farvi adottare da suo fratello purché si disfacesse di voi, Elena.

Il mondo mi crollò all’improvviso. Come se tutto quello in cui avevo creduto in tutti quegli anni fosse svanito e non fosse mai esistito. La mia famiglia, non era reale, la mia casa,o almeno quella che credevo casa mia, non era mai esistita e io ero pronta a sacrificarmi per una vita che neanche mi apparteneva. Eppure lo avrei fatto ancora per le persone che amavo. Per mio fratello e per mia zia. E per Damon. Forse l’unica cosa vera in tutta la mia vita.

- Chi è mia madre?

- Cosa vi fa pensare che io conosca la risposta alla vostra domanda.

- Sapete praticamente tutto della mia vita, perché non dovreste conoscere questo particolare che alla fine è così importante?

- Va bene. Isobel Flemming, è lei vostra madre, ma sprecate tempo nel cercarla. È morta parecchio tempo fa.

Poi un tonfo. Quello di una porta spalancata all’improvviso. L’urlo di una donna, la cameriera credo, e il colpo di una pistola.

Wes Maxfield si precipitò immediatamente al piano inferiore, ordinando ad Enzo di tenermi sotto controllo. Ma quest’ultimo mi diede una pistola.

Non ci pensai due volte, non appena si voltò, io cercai di colpirlo, dandogli un colpo alla testa con la pistola, ma lui sembrava che tenesse gli occhi sulle spalle. Mi afferrò il polso e me lo torse affinché non mi ritrovai schiacciata al muro con il mio braccio imprigionato dietro la mia spalla.


- Ma che fai? Questa era per scappare? – disse sottovoce.

- Come?

- Chi credi sia entrato in casa. – disse velocemente con una risata fredda – i tuoi “Salvatori”, sono venuti per te e credo che sarò per loro un inaspettato amico.

- Che intendi?

- Che prima di ho mentito perché Wes ci stava spiando. Lui mi ha fatto credere che la donna che amavo fosse morta di polmonite, ma io in realtà so che è stato lui ad ucciderla perché la sua famiglia era una di quelle che ha lasciato l’Augustine come i tuoi genitori. Mi sono infiltrato a casa sua per ingannarlo e per ucciderlo. Mi dispiace di averti rapito, dolcezza, ma era l’unico modo per avvicinarmi a lui. Non ho nessuna intenzione di farti del male, anzi ti voglio aiutare. Perciò … segui me.

Feci quello che mi chiese. Percorremmo un piccolo corridoio e scendemmo alcuni scalini prima di ritrovarci con Maxfield di spalle a noi e … Damon. Lui era lì con Stefan e suo padre. E c’era anche Niklaus. Loro erano venuti per me e … Damon. Dio, quanto volevo correre ad abbracciarlo.

Lui guardò verso l’alto, verso me e quando Maxfield si accorse della nostra presenza, si girò e arrabbiato sparò a Enzo. Per fortuna gli colpì solo una gamba, ma lui in quel momento si accasciò a terra dal dolore. Ora la sua pistola era puntata contro di me, ma non gli diedi il tempo. Senza pensarci tanto, gli sparai.
Non avevo intenzione di ucciderlo. Volevo solo colpirlo come lui aveva fatto con Enzo. Magari ad una spalla, o a una gamba, ma non so. Forse fu il mio inconscio a farmi prendere la mira. O fu il mio odio. Sì, io per la prima volta odiai qualcuno veramente. Non ci pensai due volte. Sparai. Dritto al cuore. Maxfield cadde a terra morto.

Damon si avvicinò alla sua testa e controllò il cadavere. Poi alzò di nuovo lo sguardo verso di me. Quegli occhi. Cielo, quanto mi erano mancati. Ed erano di nuovo davanti a me. Felici? Sperai proprio di sì.

Lanciai la pistola lontano e corsi a gettarmi tra le sue braccia. Respirai a fondo il suo profumo sul collo mentre le sue braccia mi cingevano la vita più forte che mai.


- Dobbiamo andarcene di qui, mentre arriva qualcun altro.- fece per tirarmi, ma io lo fermai.

Lo scongiurai di portare con noi Enzo, che alla fine era lui ad avermi dato la pistola.

Solo in quel momento mi resi veramente conto: avevo ucciso una persona.

(Damon)
Avevamo accompagnato l’amico di Elena da un dottore e presto sarebbe guarito. Ero preoccupato che gli uomini di Maxfield sarebbero potuti arrivare da un momento all’altro e vendicarsi, ma questo Enzo ci disse che in quel momento nessun altro membro dell’Augustine sapeva del rapimento di Elena. E tutti quelli che erano presenti in quella casa erano morti.

Dopo essercene andati, notai l’umore di Elena era sceso sotto i piedi.

Nel tragitto nella carrozza verso casa di mio padre, non guardava in faccia a nessuno e se ne stava rannicchiata contro il mio petto, nascondendo gli occhi contro la mia camicia.

L’accompagnai verso la mia vecchia camera e la feci stendere nel letto. Il giorno dopo saremmo ritornati a Mystic Falls, dove ci attendevano preoccupati Jenna, Caroline, Bonnie, Katherine e Jeremy – che sarebbe voluto venire con noi, ma non glielo permettemmo, era troppo piccolo.

Feci per allontanarmi dal letto, ma la sua mano mi ritirò per la camicia.


- Ti prego, Damon. Resta con me.

Mi implorò. E come potevo dirgli di no?

Mi sdraiai accanto a lei e feci appoggiare la sua testa sui miei addominali. Lei mi prese per mano e ne baciò il dorso.


- Oggi ho scoperto di essere stata adottata, che i miei genitori non sono stati così buoni come credevo io e ho ucciso un uomo a sangue freddo.

- È stata legittima difesa. – controbattei.

- Questo non cambia le cose. Una persona è morta per colpa mia …

-  È così facendo hai risparmiato le vita di molte persone innocenti. Elena, so benissimo che è una cosa orribile. È capitato anche a me di uccidere persone oggi e sto male, ma mi ero ripromesso che avrei fatto qualsiasi cosa per te. Persino morire.

- Non dirlo. – si alzò per guardarmi negli occhi e mi strinse. – morire è uno dei modi per portarmi via da questo mondo, Damon. Senza di te io non vivo più.Mi accorsi che queste parole mi spaventavano.

- Come è possibile che noi ci siamo ridotti a tanto? Ti amo, Elena, e questo ci ha reso completamente schiavi l’un l’altra.

Le presi il volto tra le mani e l’avvicinai al mio. Lei ricadde su di me e non so se lo fece consapevolmente o fu un riflesso spontaneo, ma allargò le gambe. Un attimo dopo premette il viso contro il mio. Le nostre labbra si sfiorarono, o si scontrarono.

- È l’amore Damon. Anche io ti amo tanto e sai una cosa? Sto ancora male per quello che è successo oggi, ma anche io farei di tutto per te.

La feci scivolare accanto a me e la ricoprii con le lenzuola.

- Dormi adesso. Hai bisogno di riposo.

- Resti con me?

- Per sempre. 





Note finali:
buongiorno a tutti! I’m back. Dite la verità non vi sono mancata per niente! Ma sono tornata a torturarvi anche se ormai siamo veramente agli sgoccioli.
Iniziamo subito …
Questo capitolo è quasi per lo più in forma dialogica. Ci sono più discorsi che ragionamenti e discorsi interiori di Damon e Elena, ma io sinceramente lo trovavo essenziale per far scoprire un po’ di carte in tavolo.
Vediamo come Damon ha la fretta di andare a salvare Elena. (E te credo!) Ma suo padre e gli altri gli dicono che è essenziale prima pianificare. Voi vi starete chiedendo: ma alla fine in casa di Maxfield non c’era praticamente nessuno. E perché Wes non era andato dalla sua cara zietta?
Io, ovviamente non ho spiegato questo nella storia, ma poi ho riflettuto. Se i membri della Augustine si riuniscono di notte perché dovrebbero prodigarsi a proteggere una delle tante basi anche di giorno. E poi Wes credeva che Enzo fosse dalla sua parte, anche se forzata.
Ora passiamo al personaggio di Enzo. All’inizio questo elemento portava il nome di Aaron, ma poi mi sono resa conto che il personaggio che alla fine ho scelto era più attinente a quello che stavo scrivendo nella storia, anche se in questo caso conosce prima Elena.
Parallelamente a quello che dice Damon verso l’inizio del capitolo, ciò che ucciderebbe per Elena, è proprio Elena stessa che alla fine uccide per salvarsi la pelle.
So … spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Al prossimo (forse l’ultimo)

Mia.

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Capitolo 19
*** Epilogo - La mia futura famiglia. ***


19.
Epilogo
 
La mia futura famiglia.
Un mese dopo

(Elena)
-Elena … Elena, dove sei?

Sentii la voce di zia Jenna che mi cercava, ma io dovevo andare da lui. È vero, era consuetudine che la sposa non vedesse lo sposo prima della cerimonia, ma io volevo dargli il mio regalo di matrimonio. Non mi importava assolutamente di cosa avrebbe pensato la gente. Ma infondo quel matrimonio era assolutamente fuori dalle convenzioni della società Londinese di quei tempi.

Alla fine non ci sposammo più il ventuno dicembre. Io ero troppo impegnata a farmi passare i sensi di colpa che mi tormentavano e che non avevano ancora smesso di perseguitarmi, ma almeno un mese dopo, mi ero ripresa un po’ di più.

Tanto a gennaio la neve c’era ancora e Mystic Falls era incredibilmente bella quel giorno. Sembrava un paradiso d’inverno. Ogni cosa era candida, bianca, immacolata, pura. Dava un senso di pace e di semplicità. Proprio quello che io e Damon cercavamo.
Corsi nella sua camera prima che mia zia e Bonnie mi notassero. Richiusi la porta e mi voltai verso il suo letto.

Cielo, stava ancora dormendo. Come faceva? Io non avevo riposato per tutta la notte in preda all’agitazione. È vero, mancava ancora tanto tempo: era primo mattino e le nozze si sarebbero celebrate non prima delle cinque del pomeriggio.

Mi avvicinai a lui silenziosamente, stringendo il mio regalo tra le mani. Era incredibilmente bello e sereno quando dormiva, notai. Avrei potuto guardarlo per ore senza stancarmi. Mi piegai e gli sfiorai le ciocche di capelli che ricadevano disordinate sulla fronte.

 Senza che me ne accorgessi, mi afferrò il polso e mi tirò verso il letto. Era sveglio. Dannato!

-E questa?

Mi chiese quando notò l’indumento che possedevo.

-Non te la ricordi?

Era la giacca che mi aveva prestato la notte che decisi di addentrarmi nel quartiere ad Ovest. Con il passare del tempo mi ero dimenticata di restituirgliela e mi ero trovata spesso le prime notti a dormire con indosso essa. Mi piaceva. Mi piaceva il suo odore e anche quel senso di protezione che mi faceva sentir bene. L’odore di Damon. In quei tempi io era già così innamorata di lui, ma neanche lo volevo ammettere a me stessa.

-Certo che me la ricordo.

Mi disse baciandomi le labbra, quasi sfiorandomele.

-È il mio regalo di nozze.

-Ma se questa era mia?

-C’è dell’altro.

Tirai fuori dalla giacca un libricino di cuoio marrone.

-La settimana scorsa ho trovato questo diario a casa mia. Era della mamma. Ho iniziato a leggerlo e ho trovato un evento molto curioso.

Mi misi a sedere e aprii il quaderno. Damon si posizionò meglio accanto a me, lasciandomi un piccolo bacio sul collo. Trovato il punto iniziai a leggere.
“28 febbraio 1866
 
Ieri sera la mia Elena ha festeggiato il suo sedicesimo compleanno e come è uso il giorno d’oggi lo abbiamo celebrato con la festa del suo debutto in società.
Ha ballato per tutta la serata. Non faceva in tempo a fermarsi, che un altro giovane uomo la invitava a danzare. E lei è stata bellissima, è riuscita ad incantare tutti quanti.
In particolare un ragazzo, credo. Questo mio marito non l’ha notato, ma io invece mi sono accorta di quando un ragazzo, penso che sia il figlio maggiore del Duca Salvatore, l’ha fatta ballare.
Lui l’ha guardata con occhi pieni di un fuoco e la mia bambina ha ricambiato con tanto ardore. Non credo che si sia resa conto dell’effetto che le ha fatto, anche se quando le ha baciato la guancia, il rossore sulle sue guancie è stato ben visibile.
Elena non ha parlato per il resto della notte. Questo breve incontro le ha letteralmente lasciato il segno e solo adesso mi sto rendendo conto che mia figlia non è più una bambina, ma è un piccola donna che sta crescendo lentamente e io ero poco più grande di lei quando mi innamorai di suo padre.
È nella fase più bella della sua vita e spero che un giorno lei possa trovare l’amore della sua vita.”
 
-Hai capito? Sta parlando di me e di te, quella sera.

Interruppi la mia lettura e mi voltai verso di lui anche se mi fu impossibile, visto che la sua testa era appoggiata sulla mia spalla e con una mano mi spingeva da un fianco verso di lui.

-Mmh. Tua madre ha trovato il nostro primo incontro così importante da doverlo riportare sul suo diario.

Mi disse. Ed era stato importante! Io quella sera avevo conosciuto l’amore della mia vita e nemmeno me ne resi conto. Io quella sera ero per la prima volta tra le braccia di Damon e tutto ciò che sentivo era l’eccitazione della sua mano sulla mia schiena e dei suoi occhi strafottenti che mi scrutavano dalla testa ai piedi.

Tu ci credevi nell’amore a prima vista, mamma? Io sì. Anche se all’epoca non avevo saputo riconoscerlo e tu sì. All’epoca io ero solo una bambina troppo inesperta per capire veramente che cos’era l’amore. Eppure Damon si è rivelato la cosa più importante, il mio futuro. La mia futura famiglia. Grazie mamma. Per essertene accorta e grazie anche per non avermelo detto. Grazie per non avermi detto che avevi notato qualcosa di strano tra me e lui quella sera, perché ci dovevo arrivare da sola e ce la feci.

-Damon che stai facendo?

Stava sciogliendo i laccetti della mia camicia da notte.

-Spogliati. Ti voglio solo con questa addosso.

Mi disse mostrandomi la sua giacca.

Non me lo feci ripetere due volte.

Ritornai a baciarlo, sedendomi a cavalcioni su di lui. La camicia si era alzata fin sopra le cosce e le sue mani mi accarezzavano le cosce, percorrendole per tutta la loro lunghezza fino a sfiorarmi il fondoschiena. Mi tolse l’unico indumento che possedevo e rimasi completamente nuda. Soltanto che questa volta non bastava. Questa volta lui mi voleva con qualcosa addosso.

Presi la giacca e la indossai. Era grande per me e mi doveva stare malissimo, ma a quanto pare lui non era dello stesso parere.

-Dio, quanto sei bella così. Ti voglio.

Ritornai a baciarlo. Scendendo sul suo petto già nudo e baciando ogni singolo addominale. Anche lui era bellissimo, non si rendeva nemmeno conto dell’effetto che mi faceva. O forse sì.

Lo spogliai del tutto e lui entrò in me.

Una sensazione di pienezza che io adoravo. Sentire percorrere ogni centimetro del mio corpo dalle sue labbra e dalle mie dita. Stavo così bene …

 
***

-Dovremmo alzarci, tu non ti devi preparare per il nostro matrimonio?

Mi chiese mentre continuava a baciarmi la nuca e le spalle. Alla fine non ce l’aveva fatta e mi aveva tolto anche la giacca che lo aveva fatto tanto eccitare.

-Ma si sta così bene.

Le sue mani continuavano ad accarezzarmi da dietro. Avevamo appena finito di fare l’amore, eppure non mi ero ancora stancata di sentire la sua pelle contro la mia.

-Hai ragione. Si sta bene. – mi sussurrò all’orecchio – Sarà sempre così Elena, te lo prometto. Non farò mai in modo che tu inizi ad odiare le mie braccia, le mie carezze, i miei baci … me. Ricordati che sarai solo e soltanto tu in futuro. E nessun altra.

-Ti ho mentito prima.

Lui mi guardò confuso e allo stesso tempo spaventato.

-I regali non sono finiti.

Poi la sua faccia si rilassò e sorrise d’impulso, affondando il volto trai miei capelli.

-Stupiscimi.

Disse soltanto.

Adesso era un vero problema. Non perché avessi paura nel dirglielo, ma perché io avevo programmato di farlo dopo le nozze, dopo la luna di miele – avevamo programmato di andare a Venezia. E probabilmente Damon non mi avrebbe più fatta partire. Probabilmente mi avrebbe fatto rilegare in casa fino alla fine dei miei giorni.

-La scorsa settimana non mi sono sentita molto bene e mi sono fatta visitare da un medico. – mi fissò preoccupato.

Io mi voltai meglio verso di lui, con l’intento di guardarlo meglio negli occhi. Feci scivolare le mie mani trai suoi capelli.

-Aspetto un bambino.

Poi non capii più niente, ma forse fu lui quello a non capire di più di me. Mi abbracciò. Sentii l’odore della pelle del suo collo e il respiro marcato trai miei capelli. Damon non parlava. Mi teneva semplicemente stretta a lui e probabilmente aveva gli occhi chiusi.

Mi lasciai andare, accarezzando i suoi fianchi e cercando di rassicurarlo.

-Ora sì che non ti lascerò più andare via.

Mormorò.

Ritornò a guardarmi. Aveva gli occhi lucidi, ma il sorriso sul volto.

-Ti amo, Elena.

-Ti amo.

***
 
-Nadia chi ti ha lasciato da sola? – disse Katherine sorpresa di vedere sua figlia da sola per la casa che cercava di camminare tranquillamente – Il tuo papà mi sentirà.

-Pappà? Papà, papà, papà …

Disse ripetutamente mentre riconosceva in quella parola il volto di Stefan. Aveva da poco imparato a dirla e ogni volta, Stefan gioiva nel sentirla pronunciare. Chissà se anche Damon sarebbe stato così, in futuro. Chissà se Damon avrebbe guardato nostro figlio, o nostra figlia, con quello stesso sguardo.

-Va tutto bene, Katherine?

-Certo cugina. Devo solo andare a rimproverare il mio uomo!

Uscì dalla stanza, dove mi stavo preparando, facendomi l’occhiolino e portandosi in braccio la piccola Nadia che si era infilata una mano in bocca.

Sorrisi per come mi chiamò. Infondo quel cugina era il termine più giusto. Era stato un caso. Un simpatico e banalissimo caso è stato scoprire che la mia madre naturale, Isobel, fosse stata la sorella minore della madre di Katherine. In poche parole era sua zia e io e lei eravamo cugine. Ecco spiegata la tanta somiglianza tra noi due.

Ritornai a guardarmi allo specchio mentre mia zia mi sistemava al meglio i lacci del busto, stringendoli più che poteva. Per un attimo sobbalzai per la mancanza d’aria e sbattei le palpebre. Infilai la crinolina e successivamente il vestito. Guardai ogni particolare dell’abito. Ogni perlina, ogni pizzo e ogni ricamo. Era bellissimo e faceva sentire me bella.

-Sei stupenda Elena.

Esclamò Bonnie, sorridendomi continuamente. Lei indossava un mio abito rosa scuro. Ovviamente doveva partecipare alla cerimonia come invitata e non come una semplice cameriera e mio fratello Jeremy era stato ben lieto di essere il suo accompagnatore ufficiale.

Mi osservai allo specchio mentre, con uno sguardo d’intesa, la mia amica e mia zia mi lasciarono da sola. In effetti avevo bisogno un po’ di riflettere senza avere nessuno intorno. Anche se proprio da sola non ero. Avevo il mio bambino dentro di me che mi avrebbe fatto compagnia per un po’ di tempo e credo che anche Damon non si sarebbe staccato da me facilmente dopo la notizia che gli avevo dato.

Posai una mano sul ventre ancora piatto e la premetti sopra leggermente.

“Voglio già averti tra le mie braccia” pensai senza esprimere le parole ad alta voce “E sono sicura che lo vuole anche il tuo papà.”

Feci qualche passo indietro e afferrai il bouquet sul tavolino di legno chiaro, posizionato accanto a me.

Sorrisi, ammirandomi nel completo e mi diressi verso la porta, dove mi attendeva mio fratello. Mi avrebbe accompagnato lui all’altare.

 
***
 
La camminata mi sembrò non finire mai, eppure non avrei voluto stare in nessun altro posto al mondo. Camminare verso di lui e osservare i suoi occhi che mi scrutavano dalla testa ai piedi fu una bellissima sensazione. Strinsi un po’ di più il braccio di Jeremy quando ormai eravamo a un passo da Damon. Il primo mi sorrise e io gli lasciai un fugace bacio sulla guancia.

Poi rimanemmo soltanto noi due. Io e Damon. Damon ed io.

I miei occhi che sprofondavano nei suoi e il suo sorriso che era il riflesso del mio.

Tutto in quel momento era perfetto. Tutto parlava di noi e di nessun altro.

(Damon)
-Damon ma che fai?

Avevo atteso una sera intera. L’avevo guardata, le avevo sfiorato un paio di volte le labbra con le mie, ma non avevo fatto nient’altro. Invidiai gli altri che si amavano quella sera senza badare alla gente. Caroline e Niklaus, Jenna e Alaric, Bonnie e Jeremy, Katherine e Stefan.

Ma loro potevano.

 Loro potevano perché nessuno stava badando a loro. Loro non erano al centro dell’attenzione. Lo eravamo io e Elena. Io e lei eravamo sotto gli occhi di un numeroso gruppetto di vecchiette arzille, che sfortunatamente erano nostre parenti, e che ci avrebbero sicuramente giudicati se solo mi fossi avvicinato alla mia donna e l’avessi baciata in modo provocante.

Però non ce la feci per tutta la serata. Dopo un po’ scoprii che non riuscivo a resistere al corpo di Elena fasciato dal suo abito bianco. Era bellissima e neanche se ne rendeva conto dell’effetto che mi faceva.

La presi in braccio e la portai ai piani superiori. Lontani dalla sala da ballo, dove si teneva il ricevimento. Lontani anche dallo sguardo di rimprovero di mio padre – che non era lo stesso sguardo severo di sempre, era diverso. Aveva una scintilla di serenità in più che se ne era andata da tanto tempo. In quel mese aveva anche iniziato ad avvicinarsi, inaspettatamente, a Katherine e alla sua nipotina.

Ci aveva perdonati di tutto e noi lo avevamo perdonato di tutto.

Entrammo nella mia … nella nostra camera e la chiusi a chiave.

L’adagiai sul letto imbottito di cuscini e la guardai sorridere divertita. Dio, come la volevo.

-Forse non avreste dovuto bere quel po’ di Champagne, signora Salvatore.

La rimproverai senza farle notare la mia eccessiva preoccupazione. Quella sarebbe stata la prima e ultima volta che avrebbe bevuto un alcolico durante l’attesa.

-Zitto e baciami.

Mi sussurrò attirandomi sopra di lei con le mani sul volto. Assaggiai il sapore delle sue labbra che sapeva ancora della crema della torta.

-Come siete frettolosa, mia dolce consorte.

Le dissi scherzosamente.

-Sapete, mio valoroso marito, la notte è ancora giovane e noi dovremmo partire presto domani mattina per la nostra luna di miele.

-Venezia non va da nessuna parte. Resterà lì anche se partiamo con qualche ora di ritardo.

La baciai di nuoco e questa volta più audacemente. Questa volta le sfiorai i fianchi e portai le mani sotto la sua schiena per sfilarle i lacci e farla mia ancora  una volta.

Una volta e per sempre.

Per il resto della mia vita.



Note finale:
This is the end? The real end?

Credo proprio di sì. Elena e Damon si son sposati e prendetemi per una pazza fissata, ma non ho resistito a lasciar Elena incinta. In realtà la gravidanza non era neanche nei miei pensieri. È venuta così, mentre scrivevo, mentre vedevo questo Damon e questa Elena che avevano raggiunto tutta la felicità e mi sarebbe sembrata completa solo un bambino (lasciando nell’alone del mistero il sesso del bambino xD)

Poi mi sono resa conto che in tutte le storie di Vampire Diaries che io ho scritto, Damon ed Elena diventano genitori e mi sono sinceramente preoccupata per me stessa. Perché in effetti non è normale questa cosa. Non è normale come ragiona la mia testolina (testolina è troppo riduttivo, ma vabbè …) Alla fine mi sono detta, ma chi se ne frega. Damon e Elena genitori sono un qualcosa di strafigo e ho mandato tutto al diavolo!

Ringrazio tutti quanti. Tutti quelli che hanno recensito, che hanno messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate.


A presto. La vostra affezionatissima e fedelissima, Mia.

p.s. ricordo a tutti voi l'altra mia long http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2427239&i=1

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