Tris e la maledizione della trisavola di kannuki (/viewuser.php?uid=1781)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tris ***
Capitolo 2: *** ... e la dhampiresa velenosa! ***
Capitolo 3: *** ... e la maledizione della trisavola ***
Capitolo 4: *** ... e il problema della coda! ***
Capitolo 5: *** ... e il fratello gemello! ***
Capitolo 6: *** ... e i giochi degli adulti! ***
Capitolo 7: *** ... e la domanda peggiore! ***
Capitolo 8: *** ... e il mostro che vive sotto il letto! ***
Capitolo 9: *** ... e l'amore di Kley! ***
Capitolo 1 *** Tris ***
Ehh,
salve a tutte! Storiella corta (ci provo), è da un po' che non
mi cimento con un'originale... fatemi sapere cosa ne pensate. Vai col
cast: Charlie Bewley (su Nashville è niente male
davvero! ^^) per Konstantin, Jane Levy (Suburgatory) per Tris
e Tupac Shakur per Firoze. Buona lettura!
“Sei
dentro per droga?”
“Eh?”
“Ho
detto, sei dentro per droga?”
“Tu
per cosa sei dentro?”
“Per
droga.”
Sbuffo
e tiro su le gambe. I polpacci gridano una protesta sommessa. Lascio
scivolare di nuovo le caviglie in avanti. Il ragazzo mi guarda
dall’alto, dall’ultima sedia di una fila di quattro. Ha i
jeans che finiscono ben sotto le scarpe e il tessuto è
stracciato ai talloni. Una catena metallica penzola dal passante
anteriore e sono certa finisca agganciato al portafogli. Una vecchia
maglietta dei Pantera. Il solito giubbottazzo di pelle liso
sui gomiti e con le tasche sformate. Anche io andavo in giro conciata
così. Poi ho messo ‘la testa a posto’: vesto
sempre male ma ho dipinto i capelli di rosa. “Hanno sbagliato,
stavolta” sbuffo trascinando indietro il ciuffo della fronte.
La mamma mi ucciderà.
Io
non corro, è stancante e fa ballare le tette ma sto
ingrassando e il dottore mi ha prescritto un rigido regime alimentare
e tanta attività fisica. Ho una strana malattia non ben
identificata, ma per loro, finché non vomito sangue è
tutto a posto.
Le
stronze fighette del liceo mi prendono per il culo quando attraverso
i corridoi. Un anno fa, ho piazzato un serramanico senza filo sotto
il naso della più civetta. Volevo solo spaventarla,
(quell’affare non taglia neppure per i fili penzolanti dei
maglioni!) ma la stronzetta ha spifferato tutto al preside e sono
stata sospesa a pochi mesi dagli esami. Ho perso l’anno. Mia
madre non mi ha rivolto la parola per tutta l’estate.
“E
devi startene seduta sul pavimento?”
Il
ragazzo di colore ha il cranio rasato e il pizzetto. Le dita piene di
anelli. Due orecchini al lobo sinistro. Mi fa un cenno col capo e
sospirando mi alzo e traballo fino alla seduta libera accanto alla
sua. “Aspetti il tuo avvocato?”
“Più
o meno...”
Non
sono stato un buon affare nel mercato delle adozioni. Scommetto che
quei due si stanno pentendo di aver scelto la mela più
bacata del mucchio. “Triska.”
“Jon.
Senza h.”
“Ciao,
Jon senza h.”
Ci
stringiamo la mano nel momento esatto in cui il padre adottivo si
affaccia nella stanzetta in cui siamo alloggiati. Noto subito il suo
sguardo cadere sulle mani unite. Vedo altra delusione sul volto.
“Andiamo.”
Giro
il marsupio attorno alla vita e tiro su il cappuccio della felpa. Jon
si infossa ancora più nella sedia. Ci salutiamo con un altro
cenno invisibile. Cammino a testa bassa dietro mio padre, evitando di
lanciare occhiate intorno a me. Entriamo in macchina e lui chiude la
portiera con un gran tonfo. Ora parte la ramanzina.
“Non
siamo più disposti a tollerare le tue stravaganze!”
Stravaganze?!
Stavolta non centro niente! Uno stronzo ha provato a scipparmi l’Ipod
ed io mi sono difesa! “Ho solo applicato alla lettera il corso
di autodifesa che la mamma…”
“Lo
hai ferito e sfregiato.”
E
allora? Se lo merita! Dovrebbero essere fieri che la loro ‘bambina’
sia in grado di cavarsela da sola! Il bastardo ha strappato il filo
delle mie cuffiette, sono priva della paghetta da mesi, non posso
ricomprarle ed isolarmi dal mondo attraverso la musica è
l’unico modo che ho di sopravvivere. Cristo, ho quasi diciotto
anni e sono la pecora nera della scuola! Ingoio la valanga di ovvietà
e alzo il mento. “Ora ci penserà due volte, prima di
aggredire una ragazza.”
“Ha
sporto denuncia, dovrai comparire di fronte al giudice”
mormora, funereo.
Arriviamo
a casa e ancora non mi sono ripresa dalla shock. Se il figlio di
puttana avesse cercato di stuprarmi e gli avessi staccato le palle a
morsi, mi avrebbe accusata di lesioni personali?
“Niente
tv per un mese.”
“Non
la guardo, la tv…” borbotto scendendo dalla macchina. La
mamma sta facendo finta di mettere in ordine la sua agenda. La saluto
a mezza bocca. Non mi risponde. Stringo le labbra e salgo le scale
fino alla mia cameretta, due gradini alla volta. Sento uscire dalla
bocca dell’uomo che ha pagato la mia adozione ‘quei
capelli devono sparire’ e penso ‘che si fotta!’ Sto
già cercando la mia sacca sotto il letto, quando la porta si
spalanca e mio padre mi sorprende in ginocchio e con il braccio
ficcato sotto la reversina della coperta.
“Triska,
hai quasi diciotto anni. Sei un’adulta e la prossima volta che
finirai in galera, verrai processata come un’adulta.”
Li
vedo anche io, quei telefilm. “Beh, meglio per voi, no? Un
pensiero in meno al mattino” soffio crudele afferrando la sacca
e tirandola fuori. Il ceffone che mi arriva non fa più male
del pugno allo stomaco del rapinatore. Solo che questo brucia di più.
***
Ha
detto bene il vecchio. Se l’appello del giudice non viene
fissato prima di due mesi, sarò processata come un’adulta.
Porca puttana. Sfoglio il calendario guardando il cerchio colorato
attorno alla data del mio compleanno. Scommetto che non riceverò
regali, quest’anno. Ho accantonato il solito desiderio ‘mollo
tutto e me ne vado' e rificcato la sacca sotto il letto. Aspetto che
tutti siano andati a dormire ed esco di soppiatto, mollando lo
skateboard a terra solo quando solo molto lontana da casa. Lo so che
tutti mi ridono dietro, quando lo uso, ma i vecchi non ci pensano
proprio a procurarmi un mezzo di locomozione adeguato. So guidare…
più o meno. In teoria so farlo, mi manca la pratica e il
foglio rosa. Arrivo al Old Wild Jack a mezzanotte passata. C’è
un nuovo gruppo metal che suona, stasera. Ci sono i motociclisti con
le pupe da sballo sul sedile posteriore delle moto. C’è
il buttafuori amico che mi lascia passare perché condividiamo
la triste storia dell’orfanotrofio e poi, davanti a me, c’è
il ragazzo più bello che abbia mai visto in vita mia. Dio, ti
prego fa che sia di queste parti e non un fomentato che segue i
gruppi musicali ovunque vadano! Giro attorno ad una colonna pelosa
con il giubbotto di pelle e la scritta Harley
Davidson sulle spalle, saluto le ragazze del bar con una
smorfia e mi avvicino di soppiatto al ragazzo che sta appoggiato al
bancone. Muove la testa su e giù seguendo il ritmo sincopato
imposto dalla band. Quando si accorge di avere il bicchiere vuoto, fa
un cenno a Melanie. Lei mi guarda e alza le sopracciglia e gli angoli
della bocca. Pensa la stessa cosa che penso io: carino da morire!
“Sono
bravi, eh?”
Lui
mi lancia un’occhiata distratta e annuisce, allontanandosi e
portando via il bicchiere. Melanie mi guarda. Alzo le spalle ma il
rifiuto un po’ mi ferisce. A nessuno piace la stramboide grassa
con i capelli rosa.
“Dai,
non sei grassa...”
“No,
eh?”
“Sei…
in via di definizione!”
Melanie
è una bionda naturale con il faccino a cuore. Potrebbe avere
chiunque, ma sta con Derek da sei anni e sembra proprio felice. Dice
che le cose migliorano, crescendo. Lei ha venticinque anni e il
fisico di un’acciuga sotto sale. Scommetto che i suoi non le
hanno mai detto che è ‘un’enorme delusione’.
Io mi guardo allo specchio e vedo una triste ragazzina. Di bello ho
solo gli occhi, una via di mezzo fra il blu e il viola. Guardo le
mani di Melanie, perfette, lunghe, le unghie smaltate di nero. Guardo
le mie: un disastro di pellicine strappate e croste insanguinate.
Stringo i pugni e poggio i gomiti sul bancone, dondolando un po’
avanti. Poi, con un giravolta forzatamente disinvolta, mi rimetto a
guardare lo show. Scrocco una birra gratis e ascolto la musica dal
mio angoletto, il piede che muove lo skateboard piano piano. Quando
finisce la scaletta, la band si fionda al bar per una gran bevuta. Mi
sento di troppo, ingombrante e completamente fuori posto. Raccolgo il
mio futuristico mezzo di locomozione e cerco di farmi spazio fra la
folla senza farmi notare dal boss. Se mi becca con la birra in mano…
“A-ah!”
Merda!
Mi arresto appena sento la felpa tirare sulla schiena. “Ciao,
capo…”
“Non
ti avevo detto di squagliarti, ragazzina?”
L’Old
Wild Jack è di proprietà di Jack Tredenti. Non che
abbia davvero tre denti, ma gli piace farsi chiamare così.
Saltello indietro fino ad arrivare faccia a faccia con lui. L’ultima
volta, il fiato puzzava di tabacco. Noto che è insopportabile
anche stavolta. Quell’uomo non deve tenere particolarmente
all’igiene personale. Mi strappa la birra di mano e mi lascia
andare. Jack Tredenti è alto poco più di un metro e
sessantotto centimetri ma si crede un gigante. Gloria e onore ad un
uomo così sicuro di se.
“Fila,
topetta.”
C’è
andato gentile, stavolta. Melanie dice che posso tornare quando
voglio, che Jack ha piacere di vedermi perché quando sono al
locale, ha la certezza che mi sto tenendo lontano dai guai. Peccato
che nell’ultimo anno, mi abbiano raggiunto ovunque andassi.
***
La
mattina dopo mi guardo alla specchio e mi scopro stufa della
capigliatura rosa. Esco di casa dicendo di andare a scuola, invece
rubo un flacone di tinta scura al supermercato e mi rinchiudo a casa
di Fin. La madre fa la parrucchiera, perciò è pratica
di quella roba. Finnicella mi batte di tre lunghezze: i suoi capelli
sono un arcobaleno di viola, blu e rosso sapientemente armonizzati.
Ha la pretesa di studiare stregoneria, perciò sta sempre su
Internet a cercare incantesimi magici. Tutto quel che riesce a fare,
è sprecare una gran quantità di candele.
“Mi
piacevi di più a colori” decreta dopo avermi lavato la
tinta dalla testa. Mentre lo faceva, guardavo i rivoli scuri che
colavano nella vasca da bagno, raggiungendo lo scarico e perdendosi
nel buco nero. E se quella roba arriva il mare e avvelena tutti i
pesci? Quanto torno a casa, la mamma mi ferma a guardarmi sul
pianerottolo. Sì, mi hanno anche sequestrato le chiavi di
casa. E’ arrabbiata perché è stata avvertita
dalla scuola che ho marinato. Ma tanto, ormai…
“Avresti
potuto dirmelo” mormora lasciandomi passare. “Ti avrei
fissato un appuntamento nel salone di Sabine.”
“Mi
detesta. Dice che spavento le clienti” borbotto lasciando
scivolare dalla spalla lo zaino con i libri. “Lo dirai a papà?”
“Non
glielo dirò ma voglio che getti quei jeans.”
Mai!
Sono gli unici che mi entrino e che mi facciano sentire un minimo
carina. Il mio silenzio si protrae.
“Facciamo
un patto. Io non ti dico come comportarti e come vestire… e tu
righi dritto due mesi, fai la tua scenetta di fronte al giudice e
concludi l’anno senza complicazioni.”
Più
facile a dirsi che a farsi. Annuisco, un po’ colpevole. La
mamma mi porge la mano, come fanno gli adulti nei telefilm. Esito,
poi gliela stringo.
“Ora
fa i compiti. Si cena fra un’ora.”
***
Due
mesi dopo, sono agghindata di tutto punto, ho il musetto della brava
ragazza accusata ingiustamente e, miracolo dei miracoli, la sfiga non
si è accanita su di me. Niente incidenti fuori e dentro
scuola, niente aggressioni in palestra, neppure una parola scortese
nei miei confronti. Sembra che tutta la città sia coalizzata
per darmi una mano. Però ci credo poco nei lunghi periodi di
serenità. Ho imparato che la tranvata arriva tutta insieme e
quando meno te l’aspetti. Tre giorni dopo, festeggio il mio
diciottesimo compleanno. La mamma prepara la torta (dietetica, sono
dimagrita quasi quattro chili), Fin porta i palloncini e il mio
skateboard viene rimpiazzato da una coupè usata. Papà
mi mette seduta e sciorina il discorsetto sulla responsabilità,
ma io vedo solo il mostro rosso parcheggiato nel vialetto e sento
prudere le mani. Parla di lezioni di guida e foglio rosa ed io non ho
il coraggio di dirgli che già so guidare grazie a Melanie.
Farebbe troppe domande, perciò mi limito ad annuire e a
promettere che seguirò diligentemente le lezioni. La sera in
cui succede il patatrac, i miei sono fuori per il lutto improvviso di
una parente lontana. Finnicella mi chiama sul cellulare (ho anche il
cellulare, ora!) e legge il flyer che ha trovato in bacheca a scuola.
Il party è in un locale della città confinante.
Possiamo andarci in macchina e dividere la benzina. Che ne pensi? Eh,
Tris?
“E’
una cattiva idea” rispondo a mezza bocca, coprendo un po’
il microfono. “Ok… ti passo a prendere alle sette…”
“Ok!”
urla e riaggancia e un brutto brivido mi corre giù per la
schiena. Hanno detto che finché non vomito sangue va tutto
bene. Ma che devo fare per la vista annebbiata e il resto? Misuro la
febbre, ho una lieve alterazione. Forse è il ciclo. I ritardi
sono diventati anticipi sconcertanti e sono così abbondanti da
togliermi le forze e persino il colorito. Sta a vedere che mi
trasformo in una non-morta a un momento all’altro…
***
“No,
sei fresca.”
Eppure
ho il batticuore, le mani sudate e tremo dalla testa ai piedi. Sta
peggiorando, non avrei mai dovuto uscire di casa. Il guaio è
che Fin non sa guidare e se mi fermano in queste condizioni, mi
ritirano a vita la patente che ancora non ho preso. Il party si è
rivelato un mezzo disastro. Persino la birra era scadente.
“Ce
la fai?”
“Più
o meno...”
Tremo
come una pazza, neppure fossi rinchiusa in una cella frigorifera.
Urto un tipo che sta defilandosi dal locale come noi ma non ho la
forza di scusarmi. Continuo a guardare il terreno, perché le
persone si muovono troppo in fretta per i miei sensi alterati. Fin mi
prende per le spalle. Brava, stavo per finire lunga distesa…
“Che
la tua amica? E’ drogata?”
Le
canne non sono davvero droga. Alzo la testa e mi accorgo che non è
Fin a sostenermi ma un ragazzo che non conosco. Carino. Al di fuori
della mia portata. Sento Finnicella risponde al posto mio.
“Tu
hai visto droghe girare a questa festa?”
Il
ragazzo mugola un ‘magari’. Mi concentro a fissare la sua
maglietta. “Ho una malattia del sangue…”
“AIDS?”
“No…
è genetica…”
Sento
il mento sollevarsi – troppo in fretta, mi viene la nausea! –
e intravedo due occhioni azzurri che mi scrutano incerti. Ti conosco,
ti ho visto… ti ho visto, sì…
L’ondata
sale di colpo e faccio appena in tempo a scansarlo. Mi piego e vomito
pure l’anima. Non ho bevuto un goccio, ne mangiato alcunché,
ma il colore non lascia dubbi. Gli occhi mi si riempiono di lacrime e
balbetto un ‘merda’ con le labbra sporche di sangue.
Credevo scherzassero. Credevo fosse un modo di dire! “Fin…”
“Ti
prendo dell’acqua… occazzo, Tris!!”
“Cellulare…
tasto tre… Chiama il dottore…”
*^*^*
La
prima volta che l'aveva visto, aveva avuto sedici anni.
Era
successo al centro commerciale, mentre ciondolava fra le scansie poco
illuminate del reparto vinile di un negozio di musica. Triska
ricordava di averlo notato nel reparto gothic metal. Era
carino e il suo sguardo aveva vagato un po' troppo sui capelli
castani chiari fino alla barbetta folta sul mento. Il ragazzo le
aveva strizzato l'occhio, fatto la linguaccia ed era svanito in un
battito di ciglia.
L'anno
dopo si stava rifornendo – non proprio legalmente – di
braccialetti e orecchini, quando l'aveva visto, fermo sul marciapiede
al di là della vetrina del negozietto. Due fossette si erano
formate sulle guance quando aveva sorriso, disarmandola. Non era uno
di quei sorrisi che ti fa innamorare, no. Era simpatico,
accattivante. Sexy. Triska non era riuscita a fermarlo neppure quella
volta.
A
diciotto anni e un giorno, Tris l'aveva sognato: il ragazzo
l'attendeva seduto sui gradini della villetta. Aveva fatto amicizia
con Pato, il cane scemo della mamma. Triska si era bloccata in mezzo
al vialetto, l'ospite si era alzato, strofinando una mano sul
fondoschiena per ripulire i jeans dall'eventuale sporcizia. Cosa rara
e del tutto improbabile. Sua madre tirava la casa così a
lucido che si poteva quasi mangiare sui pavimenti!
“Ti
ricordi di me?”
La
sua voce era gentile, chiara. Tris aveva sentito un nodo sciogliersi
ed era finalmente riuscita a sorridergli.
“Mi
aiuterai?”
A
fare che?
“Solo
una volta.”
Il
ragazzo l’aveva baciata, ma come succede sempre nei sogni, Tris
non aveva provato niente. Solo una nostalgia infinita al risveglio.
*^*^*
“Come
ti senti?”
Schifosamente.
Mi fa male il braccio dove è conficcato l’ago della
flebo, gli occhi - sebbene mi abbiano assicurato che le luci sono
ridotte al minimo - e la gola sta bruciando. Tutto il mio corpo
sembra andare a fuoco. Tranne i piedi. Quelli sono freddissimi. “Sto
morendo?”
“Ti
abbiamo fatto una trasfusione di sangue e ti stiamo reidratando.”
“Sto
morendo, sì o no?”
“Sei
stabile.”
“Non
è una risposta…”
“Non
ho la risposta, Tris.”
Allora
dirlo, diamine.
“Abbiamo
avvertito i tuoi genitori, stanno tornando a casa. Puoi vedere i tuoi
amici, ma solo per cinque minuti”
Amici?
Il
dottore lascia la porta aperta e appena Finnicella mette dentro la
testa, sento gli occhi riempirsi di lacrime. L’imbarazzo cresce
quando noto il ragazzo dagli occhi azzurri fermo sulla soglia. E’
serio. Forse non gli piacciono gli ospedali.
“Konstantin
ci ha portate all’ospedale.”
“Grazie…”
mormoro con la voce che gratta la gola. “Mi prendi un po’
di acqua?”
Il
ragazzo si scansa da un lato quando Fin vola in corridoio in cerca di
una brocca di acqua. Infila le mani in tasca e avanza cauto verso il
letto. “E’ sempre così?”
“E’
la prima volta” sussurro cercando di immaginare il mio aspetto.
Non sono una gran bellezza, ma ora devo essere proprio orribile.
Sento le guance appiccicose di lacrime, di conseguenza anche il
mascara deve essere andato. Il ragazzo sorride all’improvviso e
due fossette gli scavano le guance. “Sei bellissima, non
angustiarti.”
Ma
come parla? E come fa a sapere a cosa stavo pensando? “Sei
straniero?”
“Di
origini slave, ma vivo in questo paese da molti anni.”
Quanti
ne avrà? Neppure venticinque, penso analizzando ogni
centimetro di pelle.
“Stai
sudando.”
“Sono
i piedi freddi ad uccidermi…”
Konstantin
siede ai piedi del letto ed infila le mani sotto la coperta. Sgrano
gli occhi. Ma che fa?! Sto per protestare quando le sue mani bollenti
strusciando i dorsi del piedi in modo alternato e accurato. E’
la cosa più assurda e imbarazzante che mi sia mai capitata!
Vuoi vedere che è un feticista… ma Fin quando torna?!
“Ehm… non c’è bisogno…”
“Ti
infastidisce?”
Sì,
cazzo! Mi imbarazza e mi fa sentire…
Konstantin
mi guarda, bloccando il movimento. Le sue mani sulle caviglie fanno
pulsare le vene fino… oh, merda! Arrossisco, nervosa.
“Mi
aiuterai, Tris?”
Mi
aiuterai?
Una
valanga di immagini mi sommerge: C’è sempre stato un
uomo biondo accanto a me. Fin da quando ho memoria, ricordo il suo
sorriso, lo sguardo chiaro, le fossette…
Chiudo
gli occhi quando le sue labbra toccano le mie. Esalo un gemito
sorpreso e le sue mani si infilano fra i miei capelli, bloccandomi la
testa. Resto immobile, completamente annientata dal gesto e dalla
sorpresa. Al primo bacio se ne aggiunge un altro, più lento e
morbido. Il primo è stato di prova. Ha captato la mia
disponibilità ed ora sta esplorando il territorio. Il suo
odore è fantastico e porta alla mente altri ricordi. Quando la
punta della lingua tocca la mia, la scarica arriva ovunque. Ho già
baciato un ragazzo – a quindici anni, al campeggio, per
penitenza – ma non era stato così. Me lo godo per un
po’, cerco di ricambiarlo ma non sono certa di farlo bene, le
sue labbra abbandonano le mie, si spostano piano piano sul collo e
poi risalgono il mento. “Solo una volta…” sussurra
vicino al mio orecchio.
Ok,
è decisamente troppo. Non riesco a respirare e neppure a
muovermi. Reagisco solo quando mi tocca il seno. Gli blocco il polso
e guardo la sua mano, stretta attorno al seno sinistro. Fammela
imprimere nella testa perché non succederà mai più.
“Smettila” gorgoglio con la gola chiusa e un bel po’
impaurita. Ma dove sta prendendo l’acqua, Fin? In Siberia?! “Tu
non puoi pretendere… io non ho… non sono…”
Konstantin
gira il polso, intrappola il mio e lo spinge sul cuscino. Sorride.
Cazzo… mi trema tutto, persino lo scheletro.
“Non
c’è fretta” sussurra a pochi centimetri dalle mie
labbra.
“Tris?”
Trasalgo
e mi aggrappo al materasso. Fin?!
“Ti
eri imbambolata.”
Mi
guardo attorno, stordita. “Dov’è andato?!”
“Chi?”
“Konstantin”
sussurro e i ricordi mi piombano di nuovo addosso. “Il ragazzo
che ci ha portato qui…”
“L’ambulanza
ti ha portato qui. Lui si è limitato a chiamarla dal tuo
cellulare.”
Cosa?!
La guardo, sempre più spaventata. Non posso essermi sognata
tutto, non è possibile! Sento ancora il suo odore nel naso e
le mani che massaggiano i piedi!
“Hai
freddo? Prendo un’altra coperta?”
Non
ho freddo. Sto andando a fuoco. “Dov’è il mio
cellulare?”
Fin
si guarda attorno come una spia cospiratrice e me lo passa di
soppiatto. “Non vorrai far saltare qualche peacemaker, vero?”
No
no, penso scorrendo le ultime chiamate. Il 911. La mamma subito dopo.
Apro la rubrica pigiando la K. Eccolo lì. Konstantin. L’uomo
biondo che ha disincastrato la palla dai rami del sicomoro quando
avevo sei anni. Che mi ha insegnato ad andare dritta in bicicletta a
sette. Che portava il pane per le trote dello stagno, a otto. Sono
cambiati i vestiti, il taglio di capelli… lui è sempre
rimasto lo stesso. Non è possibile!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** ... e la dhampiresa velenosa! ***
Ciao
Yuki, ben ritrovata. Sono contenta anche io di aver idee per
una storia Originale, ultimamente mi ero buttata giù, non
riuscivo a scrivere nulla che non fosse legato ad un contesto
preesistente. Devo ringraziare anche uno stupidissimo filmetto anni
80 che ho rivisto poco tempo fa in streaming, in cui i due
protagonisti erano seduti in un commissariato e parlavano della loro
vita. Da lì si è svolta tutta l'idea. Spero che i
successivi capitoli non deludano. Un bacio. Sonne: quando
mi dite che le storie vengono lette tutte d'un fiato, penso 'wow, ci
sono riuscita!' ^^ Catturare l'attenzione già dal primo
capitolo è la cosa migliore, anche se io preferisco la 'lunga
distanza' (ho pochissime one shot nella mia produzione) per rendere
al meglio un personaggio. Tris e Konstantin ce ne mostreranno delle
belle... una protagonista adolescente ha reazioni/giudizi su
situazioni e persone che sono completamente differenti da quelle di
un adulto e certo più veritiere e sorprendenti. Buona lettura!
“Se
ci fossero delle regole, le staremmo infrangendo tutte.”
Konstantin
sporge le labbra, estrae una carta nel mazzo e la posa sul tavolino.
E' insoddisfatto, poco concentrato. Il suo avversario è uno
strano turco dalla pelle scura. Porta gioielli alle dita e alle
orecchie. Veste semplicemente, non ha tratti distintivi. Solo il naso
è un po’ largo, come quello di un afroamericano.
“L’ombra
sta cominciando ad abbandonare il suo corpo.”
“Alla
buon'ora...”
“E'
spaventata.”
“Chi
non lo sarebbe?”
L’uomo
di origine balcaniche è attratto dalla freddezza dell’altro.
In 41 anni non ha mai perso la propria identità. Si è
conservato semplice e diretto. La crudeltà non l’ha mai
interessato.
“Quando
acquisirà senno della propria identità, cercherà
di ucciderti. Passo.”
“Credo
di poterla gestire senza che nessuno cada in disgrazia.”
“Non
sei preoccupato per il vostro idilliaco rapporto a distanza?”
Cazzo
se si!
“Giocherai
la carta del fascino con lei?”
Konstantin
sorride, ma è un sorriso forzato. “Questo, mio caro
Firoze, non ti riguarda affatto. Vedo.”
***
“Dove
vai?”
“A
correre.”
“Sta
attenta… e non sudare.”
Solo
una madre può dire una cosa del genere. Come temevo, la crisi
ha fatto sì che i miei accorciassero il guinzaglio. Sono
rimasta in ospedale due giorni e poi sono stata rispedita a casa
senza una diagnosi. Le assenze a scuola sono diventate troppe e di
certo perderò l’anno anche stavolta. Papà ha
deciso di farmi dare l’esame privatamente, ma questo significa
sgobbare il doppio. Uffa!
Finnicella
mi ha regalato le cuffiette nuove per l’Ipod. I chili persi
sono diventati cinque. Comincio a piacermi. Il mio corpo si sta
delineando. Ho molta più forza nelle braccia, rispetto a
prima. Faccio le flessioni e gli addominali. Un sacco di stretching.
Quando termino la sessione di allenamento, mi stravacco su una
panchina del parco. E’ venerdì e non ho scuola, domani.
Non devo correre a casa a fare i compiti. Continua a girarmi in testa
una frase della psicologa del consultorio ma la mia malattia non può
essere 'un fatto nervoso'. Da quando lo stress ti fa vomitare sangue?
Quella scema non capisce un'acca!
“Ciao.”
Apro
gli occhi e il cuore mi finisce in gola. Konstantin! Sento la
tensione salire di colpo. Mi raddrizzo a sedere e lui si accomoda
accanto a me. Sorride, fa una panoramica del mio corpo nascosto dalla
tuta larga e sudaticcia e, per la seconda volta, mi vergogno del mio
stato. “Stavolta sei vero o sei un’allucinazione?”
Konstantin
mi prende la mano, posandola sul torace. Sento la clavicola sotto i
polpastrelli, la cassa toracica che si alza e si abbassa mentre
respira. Morde il labbro inferiore, ha l'aria indecisa. Ma quanto è
sexy? Stringe la mano attorno alla mia e la porta alla labbra. Non
trattengo il respiro perché ho smesso di respirare da un
pezzo. Si avvicina. Perché si avvicina così tanto?!
Tiro indietro il collo e piego un po' la schiena, puntando la mano
libera contro la panchina. Ma che vuole questo da me?!
“Tris,
devo dirti una cosa e devi ascoltarmi molto attentamente”
mormora facendomi sgranare gli occhi. E' una candid camera?
“Ma
quanto sei ridicolo!”
Trasalgo
quando sento la voce alle mie spalle. Strappo la presa dalla sua e mi
volto di scatto. E’ il ragazzo che ho incontrato in prigione.
Sti due si conoscono? “Ciao Jon! Ti hanno scagionato?”
Il
nero fa una smorfia, si accomoda a sua volta ed io mi sento presa fra
due fuochi. Quando si rivolge a Konstantin, sprofondo nella panchina
osservandoli a turno.
“Non
avevamo stabilito delle regole, noi due?”
“E'
una lotta per la sopravvivenza, Firoze.”
Non
si chiama Jon? Non voglio restare in mezzo ai due litiganti. Struscio
i palmi delle mani bagnate sui pantaloni e mi alzo con fare casuale.
“O mi fate capire che sta succedendo oppure me ne vado.”
Jon
mi guarda dritta negli occhi. Ha qualcosa di strano, a parte le iridi
nere. Sono davvero belle. Konstantin ha la pelle chiara, i capelli
tagliati corti e la barbetta rada sulle guance. Vicini fanno un bel
contrasto.
“Tu
non sei un normale essere umano. Sei un Dhampir. Sei nata dall’unione
di un vampiro e una donna umana. Il termine esatto è
Dhampiresa.”
Che
cazzo ha detto?
“Konsta
è un vampiro appartenente alla famiglia di tuo padre.”
Apro
bocca per dire la mia, ma le parole restano arrotolate sulla lingua.
Esalo un “a-ha...” ridicolo.
“Anche
io sono un Dhampir. Le crisi – per inciso, non hai alcuna
malattia - sono frutto del tentativo di abbandono dell’ombra
dal tuo corpo.”
Perchè?
Non le piace stare con me?
“Un
Dhampir è un cacciatore di vampiri, è fondamentale che
non possegga ombra. Non c’è possibilità
d’inchiodarla a terra, durante la battaglia.”
Si
può fare questo ad un’ombra?
Konstantin
sposta lo sguardo da me a Firoze. Mi indica col mento, divertito.
“Messa in questi termini dovrebbe crederti?”
“Crederà
a ciò che vedrà con i suoi stessi occhi.” Il nero
mi lancia una lunga occhiata sostenuta, poi prosegue. “Se non
smetti di opporti, la trasformazione non si completerà mai e
tu morirai.”
“Voi
fumate roba strana...” borbotto sentendo una vampata gelida che
mi attraversa la schiena. “Se non ve ne andate subito...
chiamo... la polizia...” mi gira la testa, cazzo! Sento la
pressione abbassarsi e le gambe tremare. Muovo un passo laterale ma
appena il sapore acido dei succhi gastrici raggiunge la gola mi
fermo, cercando di non vomitare.
“Calmati.
Ascolta il suono della mia voce e respira… dentro…
fuori…”
“Konsta,
non è una preparazione al parto. Non puoi impedirlo con un po'
di training autogeno.”
La
nausea sale di nuovo, porto una mano alla bocca e cerco di
trattenermi.
“No.
Lo renderai solo più difficile e doloroso. Abbandonati.”
No,
non voglio... non.... mi piego e vomito di nuovo roba nera. Mi sento
morire di vergogna mentre le lacrime vengono giù a fiumi.
Quando ho finito, frugo in tasca in cerca di un fazzoletto. Non oso
guardarli, ma nessuno dei due sta fissando me. Stanno osservando la
mia ombra e la schifezza che ci ho spiattellato sopra... oh... ma
che... è come l’ombra di Peter Pan! Si muove da sola...
e... si sta dissolvendo... fra le altre... oh... e ora… ora
come faccio?
Sono
indecisa se scoppiare a piangere come una bambina, svenire o chiamare
la mamma. Occhieggio i piedi di Jon. Non vedo alcuna ombra. Lo
guardo. Lui mi osserva con le mani affondate nelle tasche.
Konstantin, invece, sembra proprio seccato.
“Complimenti,
ora ufficialmente un Dhampir” annuncia con voce distorta
fissando un punto invisibile. Strofina le dita sulla fronte ed
impreca a bassa voce, guardando l'amico. “Ho detto 'porca
puttana'!”
“Ti
ho sentito e ti ho ignorato. Sapevi sarebbe accaduto, dovevi muoverti
prima.”
Ma
di cosa stanno parlando? Il cuore ha smesso di battere in quel modo
assurdo ma io non ho smesso di piangere. Nessuno si cura di me,
perciò tiro su il cappuccio della felpa, infilo le cuffiette
nell'Ipod e prendo la strada di ritorno. E' assurdo che sia io a
dirlo ma... voglio la mamma!
***
Ho
fatto la doccia e sono di fronte all’armadio traboccante
vestiti. Ogni due per tre, sbircio i piedi cercando la mia ombra. Ho
provato a mettermi sotto la luce diretta, ma niente. Neppure
un’ombrina piccina. Lo stomaco in subbuglio si è
fermato. Ho lavato i denti due volte per cancellare il saporaccio dei
succhi gastrici. Continuo a frugare fra gli abiti. Non ho niente da
mettere. Perchè ho tutte queste felpe nere? La mamma si ferma
sulla porta della camera, guardandomi incuriosita. Ha i capelli
dorati (la sua parrucchiera è più brava della mia) e
gli occhi verdi. Abbiamo altezza e numero di scarpe completamente
differenti.
“Stai
cercando qualcosa?”
“Qualcosa
che non indosso tutti i giorni…” mugolo, chiudendo
l'anta.
La
mamma molla la cesta vuota nel corridoio ed entra nella mia stanza.
La sua ombra viene proiettata sul muro dalla luce della lampada. Se
Jon ha ragione su tutto, ha ragione anche su Konstantin. Cazzo...
“Ho
il pomeriggio libero, possiamo fare un po’ di shopping insieme”
mormora sedendo ai piedi del letto.
Sono
anni che tenta di sgombrare il mio armadio e infilarci vestiti nuovi.
Sono mentalmente e fisicamente debole per ribellarmi. Mi aggrappo
alla sua proposta. Sembra più sensata delle rivelazioni del
nero. “Ok…” sussurro decidendo di fare qualche
ricerca su Internet. Mi fiondo verso di lei e poso la testa sulle sue
gambe, come quando ero bambina. Lei resta interdetta, poi mi
accarezza i capelli.
“Ti
voglio bene” sparo, aggrappandomi al bordino del suo golf. Lei
struscia la mano più forte e mi scrolla la spalla. E' il suo
modo di rispondere alla figlia adolescente che le da solo
preoccupazioni.
***
“Molto
meglio, vero?” Sabine infila le mani nei capelli e li lascia
spiovere sulle spalle. “Ti piace, cara?”
Non
lo so. Mi sento strana, conciata così. I miei capelli hanno
finalmente un taglio e un colore che, a sentire Sabine, si adatta
perfettamente alla carnagione. Due ore fa ho vomitato roba nera e la
mia ombra ha preso il volo. Non riesco a pensare ad altro. Annuisco
per farla contenta.
“Ora
sistemiamo le sopracciglia e poi passiamo alle mani.”
Auguri,
penso restandomene buona sulla sedia inclinata mentre mi sfoltisce le
sopracciglia. Le mie unghie sono un incubo. La mamma ha colto al volo
l’occasione di sbarazzarsi della vecchia me ed io la sto
lasciando fare perché sono troppo stordita dagli avvenimenti.
Essere un Dhampir ha degli obblighi? Devo attrezzarmi di paletti e
mettermi ad uccidere vampiri? Ma poi esistono davvero, i vampiri?
Finchè non vedo i famigerati denti, non ci credo.
Quando
usciamo dal centro estetico, le sopracciglia sono la metà, le
unghie fanno un po’ male e continuo a pressare i polpastrelli
fra loro. Ci hanno spalmato un gel sopra e le hanno cotte in un
fornetto, tipo quello delle bambole. L’aiutante di Sabine ha
detto che non poteva fare un granché al momento, ma che
bastava farle crescere un mese o due per ottenere una manicure
decente. Mi piacciono e non mi fanno sentire a disagio, perciò
sono ok. Volevano farmi la ceretta ma ho rifiutato. Non voglio
disperdere pezzi di me per tutta la città.
Quando
entriamo nel centro commerciale, la mamma mi tira da tutte le parti.
Non ho idea di cosa mi stia bene e cosa no. Io non indosso quella
roba attillata, solo vecchi jeans stra-usati e t-shirt. Ehi, questa
scollatura non è troppo profonda? “Mamma, bastano un
paio di je…”
La
genitrice mi fulmina con un’occhiata ed io chiudo la bocca. La
commessa è giovane e mi passa leggings, stivaletti bassi e
maglietta lunga con cintura annessa. Li provo, arresa ad una forza
superiore. Lo specchio dice che sto bene. Passo le mani fra i capelli
e le unghie nuove dal gel profumato brillano un poco. Sono carina.
Prendo tutto quello che mi ha suggerito la ragazza ed esco dal
negozio con un sorriso stupido. Sono carina!
***
“Smetti
di ridere!”
Fin
ha i crampi allo stomaco e nessuna intenzione di fermarsi. Ho quasi
smesso di pensare ai due sciroccati e alla storia dell’ombra,
ho scroccato alla mamma il permesso di uscire per una pizza con
l’apprendista strega, ma non mi aspettavo che si comportasse
come le stronzette del liceo. Le mollo un calcio sotto il tavolo.
“Ahio!
Mi hai fatto male, stronza!”
“Mi
fai sentire ridicola!” sibilo. “Dovevo fare qualcosa di
drastico per uscire dal mio maxi coma!”
“Uniformarti
alla massa la chiami terapia shock?”
Stai
bevendo Coca Cola, non per dire. Attacco la pizza e la mastico
velocemente, sperando di smaltire il nervosismo per tutte quelle
novità. “Tu che studi da strega, sai niente di vampiri e
cacciatori di vampiri?”
“Non
mi interesso di quelle cazzate. E’ uscito un nuovo film al
cinema con quell’attore che ti piace tanto?”
Quant’è
acida oggi! “Era tanto per fare conversazione...”
“Tu
non parli se non hai qualcosa da dire.”
E
ne avrei di cose da dire, penso smettendo di masticare. La guardo,
indecisa. Fin raccoglie una rotella di wurstel caduta dalla fetta e
la ficca in bocca. Sono tentata ma lascio perdere. Non capirebbe. Non
ci ho capito niente neppure io.
***
Mi
rovino gli occhi sul cellulare per cercare le notizie su Internet.
Non ho un pc, non ne ho mai avuto bisogno. Non ho neppure un profilo
Facebook perché non avrei amici da inserire. Solo Fin e
Melanie. Di storielle sui vampiri ne trovo a bizzeffe e, a quanto
pare, basta accendere la tv per incappare nella serie del momento.
Dei Dhampir si parla poco. Non vanno ancora di moda. Scopro che il
vampiro del folclore serbocroato è una specie di maniaco
sessuale ed e' in grado di avere figli. Qualunque colpo vibrato da un
Dhampir contro un vampiro e' mortale. Spesso muore il Dhampir stesso,
in altri casi "muore" unicamente il mezzo vampiro che e' in
lui, ed egli torna a essere un normale essere umano. Il sangue di un
Dhampir è acido, perciò non corre il rischio di essere
morso.
E'
per quello che Konstantin era così seccato? Mi aveva messo gli
occhi addosso? Certo, devo essere una tentazione, cicciottella come
sono. Mi addormento sopra le coperte e quando mi sveglio, è
sabato mattina. Sono ancora carina. Le unghie sono ancora attaccate
alle mie dita. I vestiti nuovi sono appesi nell'armadio che mamma ha
provveduto a svuotare dopo cena. La vecchia me giace ordinatamente
piegata in tre sacchi dell'immondizia neri, in attesa di essere
portata al macero. L’ombra è sempre assente. Se ci
penso, mi viene da piangere. E' meglio fare colazione…
La
telefonata di Konstantin giunge mentre sto vestendomi. Mi chiama
altre due volte, prima che decida di rispondere. “Ciao...”
>Stai
bene? Hai dormito un po'?<
“Sì…”
borbotto ferma di fronte allo specchio, scrutando le mie reazioni.
Sono arrossita e non fa così caldo. Che gli importa della mia
salute?
>Dobbiamo
parlare, ti aspetto al parco<
Sgrano
gli occhi e li giro nella stanza. “Non... non possiamo parlare
qui... adesso?”
Non
risponde. Mi sa che questo si è fatto dei piani che sto
mandando all'aria. “Non puoi dirmelo per telefono?”
>Non
avrai mica paura di me?<
Un
po' sì. Comincio a credere alle cose che mi hanno detto. Siedo
sul letto e dondolo le gambe. “Mh...”
>Oh,
ma dai!<
“Mh...
ok...” mugugno poco convinta. Magari mi porto una treccia
d'aglio dietro. “Però non al parco...”
***
Il
negozio di dischi vintage ha
appena aperto. Quando entro, l'odore delle vecchie copertine mi
rimette a posto col mondo. Mi sento a casa. Che strano, non ho mai
prestato tanta attenzione ai luoghi, prima di oggi. Konstantin arriva
mentre sto studiando la scaletta de The Immaculate
Collection di Madonna.
Mi guarda, fa una panoramica dell'interno e torna fuori. Guarda
l'orologio e affonda le mani nelle tasche, sbirciando il via vai
delle persone. Non mi ha riconosciuto? Poso l'album che comunque non
potrei comprare ed esco fuori. “Ehi.”
Sento
il suo sguardo fare su e giù. Alza un sopracciglio e si
schiarisce la voce. “Ehi.”
“C’è
stato un incidente con un negozio e la carta di credito della mamma…”
borbotto tirando indietro la frangetta che hanno allungato
artificialmente. Prima era un mozzicone di tre centimetri. “Faccio
schifo?”
“Stai
bene.”
Non
si direbbe da come mi guarda. “Bugiardo!” sbotto dandogli
una spallata e tornando nel negozio di dischi. Riprendo a frugare nel
mio reparto preferito. “Di cosa volevi parlarmi?”
Non
giunge risposta, perciò mi volto e lo scopro assorbito nello
studio della biografia di Lou Reed. Era era proprio pressante questo
bisogno di parlare...
***
“Non
posso leggerti nel pensiero. Non più.”
Ci
abbiamo messo un po' ad arrivare a quel punto. Ci abbiamo girato
intorno finché non è stato più possibile
rimandare. Tiro una riga sul blocco e passo alla richiesta
successiva. Me le sono appuntate, le domande. “Ti sbottoni
anche se siamo in due fazioni diverse?”
“Non
stai facendo le domande giuste.”
“Tipo
quanti anni hai e quante donne hai avuto?” mormoro posando il
blocco sul tavolino del Mc Donald's. “Non credo siano
affari miei.”
“Tipo
da dove vieni, chi sono tuo padre e tua madre, che cosa succede se un
vampiro ti morde…”
Succhio
un po' di shake alla fragola e sfoglio una pagina indietro. “Muore
avvelenato dal mio sangue” recito tappando col polpastrello
l'entrata della cannuccia. La estraggo dal bicchiere e succhio il
liquido pastoso dall'estremità opposta. Konstantin mi guarda
con le sopracciglia aggrottate. Che c'è? Lo shake lo inghiotto
così, allora?
“Conosci
i miei genitori?”
“Sì.”
“Sono
vivi?”
“Entrambi.”
Wow!
“Stanno insieme?”
“No.”
“Perché
mi hanno dato in adozione?”
“Per
un buon motivo.”
“Conosci
il motivo?”
“Se
smetti di pomiciare con quell'affare, te lo dico.”
Eh?!
Sgrano gli occhi e guardo il bicchiere. Infilo la cannuccia
nell'apposito foro e sposto il bicchiere da un lato, spiandolo da
sotto la frangetta. Konstantin sbuffa e si addossa alla sedia,
allungando le gambe. I suoi jeans mi sfiorano i polpacci provocandomi
un brivido. Ricordo come sono vestita: maglia lunga un po' scollata,
calzoncini svasati, calze pesanti e stivaletti, una combinazione
scelta dalla commessa e approvata senza indugi dalla genitrice. Sulla
sedia accanto alla mia penzola una giacchetta dal taglio corto e una
borsetta poco pretenziosa. Ho un braccialetto rigido al polso
sinistro e un anello al medio destro. E' l'unico dito su cui tolleri
portare anelli. Non ho i buchi alle orecchie. Non credo li farò,
in futuro. Mi concentro sul presente: ho le unghie smaltate, i
capelli con un taglio vero, sono più magra di una settimana
fa. C'è un ragazzo carino in mia compagnia. “Il nostro
bacio era un’illusione mentale?”
“Purtroppo.”
Ho
sentito bene? Ha detto purtroppo?
Konstantin
sospira e sposta il tavolo da un lato. E' di metallo, pesa parecchio
e lui ha usato una mano sola. Afferra la mia sedia e mi tira verso di
se. “Non posso baciarti davvero, sei velenosa.”
“Io...
io non sono velenosa...” bisbiglio sentendo gli occhi riempirsi
di lacrime. “Stronzo...”
“Non
è una cattiveria, è la pura verità.”
Jon
appare dal nullo, provocandomi un altro colpo al cuore.
All'improvviso la giornata è rovinata e tutto il buonumore
volatilizzato.
“Avevamo
stabilito di non incontrarla separatamente. L'avevamo fatto o no,
Konsta?”
“Tu
l'hai proposto, io non ho mica acconsentito!”
Guardo
Konstantin furiosa e poi fisso il nero che è seduto sulla mia
giacchetta. “Io non sono velenosa e voi siete solo due
grandissimi stronzi!” esclamo tirando indietro la sedia. “Vi
odio!”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** ... e la maledizione della trisavola ***
Entra
in scena un nuovo personaggio. Eva ha il volto di Kaniehtiio Horn
(Hemlock Grove) ;)
“Siediti.”
Le
ginocchia si flettono al comando e torno a sedere compostamente di
fronte a Jon. “Non
sono velenosa..." mugugno mettendo il broncio. Konsta batte il
pugno sul tavolino e mette i piedi sulla sedia vuota di fronte a se.
"Lo fa di nuovo..." borbotta guardandomi con aria cattiva.
Non ho ben capito se gli piaccio o gli sto sul...
“Konsta, va a
fare un giro.”
“Non ne ho
voglia.”
Jon lo fissa senza
battere le ciglia per almeno un minuto. Alla fine, il biondino esce
di scena non senza avermi lanciato uno sguardo sostenuto. Lo spio
finchè non scompare al piano inferiore del centro commerciale.
Io non lo capisco questo...
“Parliamo un
po'.”
“Di cosa?”
borbotto sporgendomi dalla balaustra per scoprire in che negozio va a
nascondersi.
“Del tuo
retaggio. E' fondamentale che tu conosca tutti i dettagli.”
Devo proprio? Dondolo
sulle gambe e torno a sedere. Jon prende il mio silenzio dubbioso
come un assenso.
“La discendenza
di tua madre ha sempre avuto una grande attrattiva per i vampiri
della famiglia di Konstantin. Periodicamente le due razze si sono
mescolate, dando origine a dhampir che sono stati uccisi alla
nascita. Eva si è fatta trasformare in cacciatrice poco prima
della tua nascita per impedire al vampiro che ti ha generato di
tornare a completare il lavoro. L’adozione ti ha salvato la
vita. Konstantin fa parte di un ramo cadetto della famiglia del terzo
fratello di Sigur e si è trovato al posto sbagliato nel
momento sbagliato.”
Eva? Sigur? Che razza
di nomi. Spio la postura del turco. I maschi siedono tutti nello
stesso modo.
“Sai come si
prepara un maleficio, Tris?”
Scuoto la testa e
stringo le ginocchia fra le mani.
“Si versa un
sacco di sangue innocente.”
Rabbrividisco e mi
sembra quasi di vedere la scena. Una camera scura, un tavolaccio
insanguinato, un pentolone che ribolle...
“La tua trisavola
praticava la magia nera e per anni ha raccolto i resti delle vittime
di Sigur, morte con la bestemmia sulle labbra e l'agonia
nell'anima...”
Paura. Mi stringo nelle
spalle.
“Sigur ha fatto
sì che la maledizione destinata a lui, si abbattesse sulla
testa di un sempliciotto innocente.”
“Konstantin?”
“Il più
stupido essere vivente mai generato da grembo umano.”
Mi viene da ridere per
come lo ha detto.
Jon
accavalla una gamba, portando la caviglia sul ginocchio. “Quando
Triska si è resa conto di essere stata giocata, era troppo
tardi.”
“Mi
chiamo come la nonna?”
“Per
volere di tua madre. Sigur sa che sei viva ma ha paura di te.”
Mi
indico, sconcertata. Io non spavento neanche il cucciolo del vicino!
“Teme
tu abbia ereditato i poteri della trisavola oltre a quelli del
dhampir.”
“Che
culo...” sussurro, agitata. “Ma Konstantin...”
“Tornerà
essere umano quando una fanciulla della discendenza materna si
concederà a lui spontaneamente.”
Smetto
di respirare e lo guardo con gli occhi fuori dalle orbite.
“Quando
una maledizione viene lanciata, non può essere sciolta, ma può
essere aggirata. I tuoi umori sono
velenosi per la sua razza. Non c’è alcuna possibilità
per il nostro amico di esaudire il suo desiderio, ormai.”
Ora posso dare un
giusto senso alla frase 'dovevi pensarci prima': prima che
diventassi un dhampir. Affondo le mani fra le cosce e muovo
debolmente un ginocchio. Le cattive notizie sono vigliacche, non
giungono mai sole. Mio padre è uno stupratore seriale e mia
madre sarà chissà dove ad uccidere vampiri. Mi piace un
ragazzo e scopro che è un poveraccio sotto maledizione. Poi
vengo a sapere che anche lo scambio di saliva equivale ad una boccata
di acido, per lui. Gratto la cucitura dei pantaloncini. “Ripetilo
da capo...”
“La maledizione
avrebbe dovuto trasformare Sigur in un essere umano.”
“Ok...”
“Agendo su un
essere umano, ha sortito l'effetto opposto.”
“Konstantin è
stato trasformato in vampiro.”
“Esatto. L'ultima
vittima di Sigur, Eva, sarebbe stata la sua carnefice...”
“Ho capito il
punto.” Ho capito eccome!, penso stizzita. Sembrava troppo
bello per essere vero: non è attratto da me, ha il suo
tornaconto!
“A parte tua
madre, non ci sono altre donne nella famiglia. Eva è stata
trasformata in cacciatrice e, come tutti i cacciatori, non può
restare nella stessa stanza con un vampiro senza desiderare
smembrarlo in tanti pezzi sanguinolenti...”
… mentre io sono
una dhampiresa nociva, il che ci porta al corollario finale: Konsta è
fottuto. Non posso dire di essere dispiaciuta per lui. “Ma la
nonna è ancora viva?”
“Nessuno lo sa.
Se nessuno lo sa, Sigur non può scoprirlo.”
“E la mamma?”
“Vorrebbe
incontrarti.”
Alzo la testa di
scatto. Non mi ero accorra di aver mordicchiato per tutto il tempo la
pellicina del pollice, fissando come una scema la superficie del
tavolino. “Davvero?! Quando?”
Jon infila la mano in
tasca e prende il cellulare. Trattengo il respiro.
“Sei proprio
sicura?”
La testa si muove su e
giù senza esitazione. Jon mi passa il telefono con due dita.
Mi accorgo in quel momento di aver aperto una ferita sul lato
dell'unghia. Beh, guarirà.
“Cerca sotto la
'E'.”
***
Quando
torno a casa, la mamma apre la porta con il volto scuro. Annuncia che
papà non è ancora tornato dal campo di golf e che
ceneremo tardi. Mangiamo nel silenzio più assoluto. Di solito
mi disinteresso del rapporto genitori/figli, stavolta non riesco a
non domandare 'che sta succedendo?' La mamma lascia cadere la
forchetta nel piatto e si alza per riempire la brocca d'acqua. Papà
non distoglie lo sguardo dal cibo.
“La
tua madre biologica ha richiesto un incontro.”
Ecco
perché aveva il telefono sempre occupato. Jon ha provato tre
volte prima di mandarle un sms. “Ah...”
“All'orfanotrofio
ci avevano detto che era un'adozione chiusa....”
“...
significa che lei non avrebbe mai cercato di mettersi in contatto con
te” specifica papà come se fossi deficiente e non
sapessi 'ste cose.
“Forse
ha tenuto il conto degli anni e si è resa conto che sono
maggiorenne” tento, cercando di apparire svagata. La mamma mi
guarda come se l'avessi tradita.
“Tu
vuoi incontrarla?”
Se
dico sì, la ferisco. Ci metto una pezza. “Siete voi i
miei veri genitori.”
Gli
occhi di mamma si inchiodano nei miei. E' la prima volta che mi
accorgo di quanto bene provi per me. “Li lavo io, i piatti,
stasera...”
***
Sono
talmente nervosa e agitata che devo fare qualcosa di matto per
tornare alla normalità. Esco in piena notte e corro al Old
Wild Jack con lo skateboard. Appena entro, qualcosa mi
gira nettamente verso sinistra. E' una specie di richiamo fortissimo,
non riesco ad oppormi. Individuo Konstantin boccheggiare sul collo di
una bottiglia di birra e ne noto altre sul tavolo. Non sa che chi
beve da solo ha molti segreti da nascondere? Calpesto il pavimento
cosparso di gusci di arachidi fresche e lo scricchiolio lo desta dal
torpore.
“Ehi...”
Mi
passa la birra e affonda il mento sulle mani. Alzo le sopracciglia
per una frazione di secondo. Dovrei essere furiosa per lo scherzo che
mi ha giocato con quel finto bacio? “Jon mi ha raccontato
tutto.”
Lui
mi guarda con occhi assonnati. “Me l'ha detto...”
“Era
quel che non riuscivo a ricordare, vero?”
“La
tua natura ti impediva di farlo…”
… e
per un buon motivo. Resto un po' ad ascoltare la musica rock,
studiando il nemico. Lo ricordo come una presenza costante
della mia vita. Perché non ci ha provato prima? A quindici
anni ho preso quella botta clamorosa per Clay che mi ha lasciata
senza fiducia negli esseri umani per un anno intero. Cioè,
poteva proporsi come spalla su cui piangere... “Hai un lavoro?
Studi? Come passi le giornate?”
Konsta
si riprende la bottiglia e mi lancia un'occhiataccia. “Cazzi
miei.”
Ma
che stronzo! Faccio una smorfia girando la testa verso la cameriera
che sta giungendo nella nostra direzione. Vediamo se lei mi
riconosce. “Ciao!”
Melanie
afferra tre bottiglie vuote e passa uno straccetto sul tavolo. “Ciao
a te, bellezza. Che ti porto?”
Ma...
non mi ha riconosciuto? “Posso entrare nei locali, finire in
galera, rimediare una pistola ma non posso ancora comprare alcolici,
Mel.”
Melanie
sgrana gli occhi e mi guarda davvero. Sorride da un orecchio
all'altro. “Stai benissimo! Che hai fatto ai capelli? Wow!
Aspetta che ti veda Jack!”
“Shhh!
Se mi becca, mi butta fuori un'altra volta! Non ho l'età
legale per stare qui!”
“Ma
non hai diciotto anni?”
Ah
già!
“Ti
porto una birra, offre la casa. Ehi, auguri in ritardo!”
“Grazie!”
Sento
un cinguettio nell'orecchio sinistro che suona tanto di presa per il
culo. Guardo il vampiro ubriaco e gli mollo un calcio sotto il
tavolo. Più lo guardo, più i ricordi affiorano alla
mente. Avevo dieci anni ed stavo giocando in giardino. Sono sfuggita
all’attenzione materna per quasi mezz’ora e sono caduta
dall’albero, rompendomi un polso. Quando sono tornata dal
pronto soccorso, non la finivo più di piangere per il dolore.
Konstantin è entrato in camera mia e mi ha letto una storia…
ehi, aspetta un po’! Come ha ottenuto l’accesso?! “Ti
sei introdotto in casa mia!”
“Non
l'ho mai fatto.”
“Bugiardo.
Avevo dieci anni e il gesso al braccio!”
Konsta
fa una smorfia. Sembra proprio che non digerisca la mia presenza, ne
il fatto che cerchi di fare conversazione.
“E'
successo solo una volta, non rompere i coglioni” soffia,
irritato. “Ho altro da fare, nella vita.”
Finisce
la quarta pinta e sbatte la bottiglia sul tavolo. Mi viene in mente
che abbiamo bevuto dalla stessa bottiglia, di conseguenza ci siamo
scambiati un minimo di saliva e nessuno dei due sta soffrendo le pene
dell'inferno. Secondo me, la storia degli umori è una cazzata.
Non sarò io a farglielo notare. Può crepare, per quel
che me ne importa!
“Che
hai da guardare?”
“Ma
sei davvero un vampiro?”
“Vuoi
vedere i denti?”
“Sì”
mormoro voltandomi completamente dalla sua parte. “Mostrameli.”
Konstantin
mi studia per un lunghissimo momento, poi schiocca le labbra.
“Maccerto...”
“Quanti
anni hai? Duecento? Trecento?”
“Che
te ne importa?”
“Quante
donne hai avuto?”
“Non
sono affari tuoi.”
“C'è
una domanda a cui ti andrebbe di rispondere?”
“No.”
Gli
faccio un bel sorriso che dura tre secondi. “Coglione.”
Sento
la sedia spostarsi da un lato, oscillo perdendo un po' di equilibrio
e appena il suo braccio gira attorno alla mia vita, sento il cuore
aumentare le pulsazioni. Melanie arriva con la mia birra, mostra i
pollici all'insù e si dilegua, rapida come un battito di
ciglia. Non ha capito niente! Un altro movimento ben calibrato e
finisco sulle sue gambe, incastrata contro il tavolino.
“Non
posso neppure morderti, è frustrante...”
Mi
sta trattando come se fossi uno straccio da spolvero! Ahi, i capelli!
“Ahia!” esclamo quando li afferra nella lunghezza. “Mi
fai male, cazzo!”
“Tu
non conosci il vero dolore, non lagnarti.”
Ma
chi si crede di essere?! “Ho diciotto anni, vado al liceo e
sono grassa... non sai quanto ti sbagli!” gli sibilo sul muso
sperando di essere udita con tutto questo frastuono.
Konstantin
allarga le narici e mi fissa. Avrà i suoi motivi ma non è
giusto che sfoghi la rabbia su di me!
La
ferita sul pollice è di nuovo aperta, volevo mettere un
cerotto ma l'ho dimenticato sul bordo del lavandino. Konsta segue la
direzione del mio sguardo ed esala un “ah... certo...” Mi
afferra il polso e lo allontana dal viso con uno strattone. “La
dhampiresa è velenosa...” sussurra toccandomi le
labbra col pollice. Immediatamente le sento farsi pesanti e gonfie
per la voglia di essere baciata. Faccio fatica a tenere gli occhi
aperti. Esalo un gemito e gli sfioro il polpastrello con la punta
della lingua. Così, senza pensarci. La musica della band mi
rimbomba dentro, le luci sembrano più basse e, nella penombra,
Konstantin sembra meno minaccioso.
“Troverò
un modo...” bisbiglia all'improvviso, scivolando con lascivia
il dito nella mia bocca. Lo lecco e lo succhio, ignorando le cavolate
che dice. Non riesco a smettere, è come se fosse qualcun altro
a comandare il mio corpo. Qualcuno che sa esattamente quello che
vuole e ha molta più esperienza di me.
“Cazzo
se lo troverò...”
Un
brivido mi attraversa tutta mentre lui mi guarda come se fossi un
pezzo di carne succulento. Deve piacergli perché sento il suo
respiro approfondirsi. Muove una gamba per farmi scivolare verso di
lui. I rumori della band si annullano un po' alla volta, finché
non sento solo la pressione del suo corpo e le mani che mi
accarezzano la schiena. Si infilano prima sotto il bordino della
maglietta, poi scendono oltre la cintura, sfiorando le mutandine. La
botta che mi arriva non la quantifico e non la assorbo per
niente. Improvvisamente ho paura, come una qualsiasi ragazzina che
non è preparata al sesso.
“Te
lo dicevo che l'aria era fetida...”
“Konsta!”
Mi
volto, provando una nostalgia incredibile. Jon... e la donna che è
con lui... “mamma?”
***
Eva
ha i capelli lunghi e castani, gli occhi scuri. Sembra poco più
grande di me. E' alta come Jon ed emana forza e carisma. E' carina,
ma credo d'aver preso dal genitore sanguinario. Konstantin rovescia
il tavolo prima che riesca ad aggiungere un'altra parola. Eva fa un
salto indietro, Jon si sposta lateralmente ed io mi ritrovo ancorata
al vampiro. Che vuole, perché non mi lascia?! “Lasciami...”
farfuglio cercando di liberarmi. “Mollami, scemo!”
Eva
gli arriva sotto il naso e lo prende per la gola, sbattendolo contro
il muro. Apro la bocca per la sorpresa: è fichissimo, voglio
farlo anche io!
Konstantin
le afferra il polso e lo spezza, facendola gridare. La gente si
allarga per lasciar posto ai due litiganti e so per certo che Jack
Tredenti sta già chiamando la polizia. Se mi arrestano, con i
miei precedenti mi sbattono in galera e buttano via la chiave. “Jon,
io devo andare via.”
“Vai,
ci penso io.”
Recupero
lo skateboard da dietro il bancone, Melanie mi fa svicolare
dall'uscita usata dai fornitori e anche se tento di camminare
lentamente e ignorare le sirene della polizia, penso che da un
momento all'altro mi piomberanno addosso. Invece, arrivo a casa e
nessuno si è accorto di niente. Vado a letto preoccupata e non
dormo un granché. Ho visto la ferocia di Eva e ho visto la
trasformazione di Konstantin mentre si battevano. Non ho più
alcun dubbio che sia un vampiro... e non credo che dimenticherò
mai questa serata.
***
La
mattina dopo ho la febbre. Un febbrone del genere non mi veniva dalla
terza media, tanto che la mamma manda anche a chiamare il medico. Mi
danno un antipiretico e mi dicono di restare a letto. Obbedisco
volentieri, cerco di dormire ma appena chiudo gli occhi ho strane
visioni. Del passato, del futuro... sento la testa scoppiare e mi
ritrovo a farfugliare un po' di nomi. Nomi strani, nomi che non
saprei pronunciare se li trovassi scritti. La mia mente va in
blackout e quando mi sveglio, sono le tre del pomeriggio del giorno
dopo. Di quale mese? Di quale anno?
Mi
avvolto nella vestaglia ed arrivo in cucina. La mamma si prodiga con
la colazione ma il massimo che posso fare, è ingoiare un po'
di latte. Canticchio una canzone che mi cantava sempre da piccola,
poi mi accorgo che le parole non sono nella mia lingua. Ho un
brivido. “Quando mi avete preso all'orfanotrofio, quanti mesi
avevo?”
La
mamma impiega un po' a rispondere. “Tris...”
“Lo
sai o no?”
“No.”
Lei
finisce di asciugare le stoviglie e si siede di fronte a me. “Nessuno
sa come ci sei arrivata. Ti hanno trovato nella culla, un giorno.
Potevi avere un mese o due...”
“Quindi
la data di nascita è sbagliata.”
“E'
un problema?”
Sì,
se ti dicono che sei un dhampir e che potresti aver ereditato i
poteri della trisavola cazzuta. “No” sussurro e la guardo
col broncetto. “Ti voglio bene.”
“Ti
misuro la febbre.”
Giuro,
è l'ultima volta che mi sbottono con questa donna! Ma chi c'è
in giardino? Sposto le tendine e quasi mi cade la mascella.
“Mammaaaaa!!! C'è un tipo in canotta che sta rovinando
le petunie!”
“E'
il nuovo giardiniere. Verrà un paio di volte a settimana. Ho
troppe cose da fare per curare anche l'orto di tuo padre.”
Konstantin
è il nuovo giardiniere?! Ignoro il tremore alle gambe e do un
colpo al vetro. Lui alza la testa, mi strizza l'occhio ed io gli
mostro il dito medio. Torno in fretta in camera mia e mi affaccio
alla finestra. “Ehi! Che bizzarria è questa?”
“Volevi
sapere cosa faccio per vivere...”
“Il
giardiniere?!”
“Che
c'è di male? E' rilassante.”
E
sorride, l'imbecille! “Mi stai tenendo d'occhio?”
“Ho
sempre badato a te.”
“Per
un unico riprovevole motivo!”
Lui
molla le cesoie a terra, si guarda attorno e appoggia una mano sul
muro. E poi l'altra. Sta salendo... ma come fa... ma... ma i vampiri
non bruciano col sole?! Abbasso di colpo il saliscendi e metto la
sicura ma dopo un attimo il gancetto di muove da se e il vetro si
riapre. Senza che io abbia toccato alcunché. Cazzo... ha pure
i poteri telecinetici...
Konsta
scavalca agilmente la finestra e struscia le mani sui jeans per
pulirle. “Passata, la febbre?”
“Guarda
che urlo...” borbotto facendo un passo indietro.
Lui
alza le sopracciglia e le fossette appaiono ai lati della bocca. Eh
sì, non è sto granché come minaccia... sembra
più un miagolio. “Passata.”
“Strascichi
del cambiamento.”
Grazie
della spiegazione. Ora puoi anche andartene, penso tirando i capelli
dietro un orecchio. “Ho avuto degli incubi...”
“Racconta.”
Konsta
sorride di nuovo e si siede ai piedi del mio letto. Se entra la mamma
e lo scopre... “Non dovresti tornare giù a far finta di
lavorare?”
“Sto
lavorando davvero” sussurra con un bel sorriso che mostra le
fossette. Mi piace. Konsta mi piace più di quel che sono
disposta ad ammettere. “Non dovresti bruciare, al sole?”
“Dovrei.”
Il
sorriso di Konstantin scompare lentamente. Ho quasi il dubbio di
averlo immaginato.
“E'
una maledizione con i controcazzi, Tris...”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** ... e il problema della coda! ***
Yuki:
magari! Mi piacerebbe proprio ma quando rileggo le storie passate
penso 'ma a chi interesserebbe pubblicare questa cavolata?' Tornando
a noi, la fict è corta e già nel prossimo capitolo
verranno svelate parecchi retroscena. Dalla regia mi dicono di
cucirmi la bocca, perciò... buona lettura!
“E'
una maledizione con i controcazzi, Tris...” Konsta fissa un po'
il pavimento, poi alza lo sguardo.“Non mi è concesso
riposare. Il giorno è uguale alla notte. Non dormo mai. Ho
sempre fame.”
Mi
ricorda l'afterhour con Fin,
quando siamo scappate dal campeggio estivo. Ci eravamo
strafatte di canne con conseguente fame tossica debilitante.
“Perdona
la mia insistenza” sussurra allungando la mano. “Ma ho
bisogno di te.”
*^*^*
Ricapitoliamo
per gli assenti.
Mi
chiamo Tris, ho appena compiuto diciotto anni, sono in leggero
sovrappeso dalla prima superiore e non sono tanto normale. Ho
vomitato sangue per due giorni e la mia ombra è in vacanza
chissà dove. Un negretto niente male che somiglia a Tupac, mi
ha raccontato una storia strampalata sulla mia famiglia biologica, ha
detto di essere un dhampir e ha insistito sul fatto che lo
fossi anche io. Il tipo carino che vedete seduto ai piedi del mio
letto, invece, afferma di essere un vampiro e sta cercando di
convincermi a fare sesso con lui per spezzare una maledizione. Di
Konsta posso dire poche cose: è un fico senza coscienza di se,
quando si ubriaca diventa irritante e maleducato e, ultimo ma non
meno importante, mi fa morire come strascica la 's' del mio nome. Vi
siete intrippati mentre raccontavo, vero?
*^*^*
“Non
ero velenosa?”
“Tris,
non giriamoci intorno.”
Lui
si alza dal letto ed io faccio un innocente passo indietro.
“Pensavi
che non me ne sarei accorto?”
La
mamma bussa alla porta e, come al solito, entra senza essere stata
invitata. Annuncia che sta uscendo, chiede se può lasciarmi
sola. Vorrei scuotere la testa e urlare 'nonononoseipazzarestaqui!',
ma riesco solo a fissarla imbambolata. E' abituata alle mie
stranezze, non fa tanto caso alle risposte mancate. Dice che farà
un po' tardi e che mi ha lasciato qualcosa in cucina, se mi viene
fame. Soffio un 'a-ah' e quando la porta si chiude, mi chiedo se
Konsta sia diventato invisibile, sia aggrappato al soffitto o solo
nascosto dietro la porta. Porta, appunto. Mi guarda, in attesa di una
risposta. Apro e chiudo i pugni, nervosa. “Ci penso, ok?!”
esclamo con voce distorta. “Ora schizza via. Voglio fare una
doccia e tornare umana!”
“Umana?”
Ma
deve proprio sottolinearlo?!
***
Di
solito l'acqua calda mi rilassa da matti, stavolta spreco tutto il
tempo a rimuginare la proposta di Konstantin e le sue implicazioni.
Mentre picchietto il tallone nella vasca da bagno, il ginocchio muove
l'acqua che disegna cerchi sulla superficie. Non sono mai stata una
fissata con il grande amore e l'aspettare, mi sono
infatuata un mucchio di volte ma il mio aspetto ha sempre fatto
scappare i ragazzi. Sono curiosa e su di giri come tutte le
adolescenti, ma non posso 'concedermi'! Prima cosa, è un
termine orribile e sembra di fare un favore a qualcuno, secondo,
Konsta è uno stronzo. Mi disprezza. Ho visto la sua
espressione con la coda dell'occhio mentre chiudevo la porta del
bagno. Mi ha fatto sentire come la matrigna cattiva di Biancaneve.
Esco dall'acqua, infilo l'accappatoio ma c'è una cosa strana
che tende il tessuto... ma che diavolo è? Poco dopo, il mio
urlo risuona nell'abitazione tanto che Konstantin si precipita in
casa e spalanca la porta del bagno. Grido di nuovo, stavolta per
l'imbarazzo. “Ma sei scemo?!”
“Hai
urlato come se ti stessero scannando!”
“Chiama
Jon, fallo venire qui subito!”
“Jon
ha da fare, non ti vado bene io?”
“Va
bene chiunque sappia spiegarmi perché ho la coda! Ho la CODA!!
Ho una fottuta coda... oddio oddio, ho la coda...” piagnucolo
d'un tratto nascondendo il viso fra le mani. “Come faccio se i
miei se ne accorgono? Come cazzo faccio con questa cazzo di coda?!”
“Lo
chiamo, smetti di urlare.”
“Ho
la coda, cristo santo...” piagnucolo posando la fronte contro
le maioliche. “Sono un mostro...”
“Beh,
poteva andare peggio.”
Giro
la testa lanciandogli un'occhiata furiosa e giuro su dio che se dice
un'altra stronzata, lo tolgo dal mondo con un gavettone di sangue
dhampiresco!
“Potevi
perdere la consistenza ossea” conclude portando il cellulare
all'orecchio.
***
Non
mi piace la sua espressione dubbiosa. Non ha detto una parola da
quando è arrivato, si è limitato a chiedere a Konsta
cosa stesse architettando e lui ha alzato un dito medio in risposta.
“Come faccio a mandarla via?!”
“Che
stavi facendo quando è comparsa?”
“Niente...
ero sotto la doccia!” esclamo con voce lacrimosa. “L'acqua
era calda, è un dettaglio fondamentale?”
“Mh...
no.”
“Dio,
voglio morire!” singhiozzo dando un'altra testata al muro. “Tu
ce l'hai?”
Jon
scuote la testa, appoggiandosi al lavabo col bacino. “Sempre
'sentito dire', mai vista dal vivo. Non ti è capitato
qualcosa di strano, in questi giorni?”
“Ho
avuto la febbre e un sacco di incubi...”
Jon
gioca col pizzetto e aggrotta le sopracciglia. “Che tipo di
incubi?”
“In
lingua, senza sottotitoli.” Lo guardo, trepidante. “La
trisavola ha maledetto anche me?”
“Mh...
devo fare qualche ricerca...”
Toc
toc toc
La
porta si apre piano e Konstantin infila la testa dentro. “E'
già strisciata giù per le tubature?”
E'
ritardato, non sa quando tacere! “Tu apri bocca e dici solo
stronzate!”
Konsta
assottiglia gli occhi e indurisce la mandibola. Eccolo lì, lo
sguardo d'odio. Il vampiro smette di fissare me e si rivolge al
turco. “Qual è il problema? Tagliala.”
Jon
scuote la testa, arreso. “Ha ragione. Sei ritardato.”
“La
coda non serve a nulla. La stressa e basta.”
“Mi
stressa da morire, infatti. Con cosa la tagliamo?”
Jon
è esterrefatto e mi guarda con gli occhi sgranati. “Guarda
che farà un male d'inferno! E' innervata, sarà come
amputarsi un braccio!”
Cazzo,
io non ho neppure i buchi alle orecchie per paura del dolore.
Strofino la fronte con le dita. “E non possiamo usare un
anestetico?”
Jon
apre bocca per dire qualcosa ma la richiude subito dopo. Konsta lo
guarda sollevando le sopracciglia. “Chi è quello tardo,
ora?”
***
“Io
non te la taglio, la coda!”
“Lo
faccio io.”
“Tu
non ti azzardare ad avvicinarti!”
Mi
rifiuto di farmi vedere seminuda da Konstantin. Mi tengo parecchio
lontana da lui e non do mai le spalle a nessuno. “Non conoscete
un chirurgo con la licenza scaduta che pratichi operazioni illegali
per quattro soldi?!”
“Eva
è brava con i coltelli. Vedo se è libera.”
Jon
si allontana per fare la sua telefonata e per cercare l'anestetico e
Konstantin fa una panoramica della mia stanza. “Dove hai
riposto tutti i peluche?”
“In
garage” borbotto appoggiando la schiena al muro, con le mani
dietro il bacino. “Domattina mi sveglierò con le
squame?”
“Con
voi mezzosangue non si può mai dire.”
“Se
scopro che la trisavola mi ha maledetto per colpa tua, ti mordo.”
Konstantin
mi afferra per il nodo della cintura e mi tira verso di se. “Guarda
che io me ne stavo bello bello per i fatti miei, quando la
vecchiaccia ha scagliato la maledizione!”
Già,
non è colpa sua.
“Lo
vedo che hai paura” borbotta lasciandomi andare. “Tris,
devi accettare il fatto che sei un dhampir...”
“...
con la coda” rantolo con gli occhi lacrimosi. “Jon non ce
l'ha... perché io sì?!”
Konsta
fa una smorfia. “Forse dai jeans non si vede.
Tiro
su con naso e mi tasto. E' una piccola escrescenza sul coccige, lo
intuisco dalla forma. Abbasso la testa e prendo un respiro profondo.
“Senti, ci ho pensato...”
Lo
sguardo di Konsta si fa attento e guardingo. Apro bocca e la
richiudo. Le sue palpebre si assottigliano: mi sfida a negargli ciò
che vuole da lungo tempo. Sospiro di nuovo. “Ok. Io... mh...”
Konsta
mi tira indietro la testa prendendomi per i capelli. Brividi, brividi
ovunque. Lo guardo dritta negli occhi: ha l'aria concentrata, non
riesco a capire cosa stia facendo. Dopo poco, si sgonfia come un
palloncino. Sbuffa. “Non funziona, certo...”
“Cosa?”
Konsta
muove una mano nel vuoto e mi lascia andare. “Come dhampir sei
immune al mio potere. Non posso controllarti la mente e costringerti
a fare ciò che voglio” mormora e il sangue mi si gela
nella vene. Non credo abbia percepito il mio disagio, però mi
guarda, sorridendo. “Non posso sentirti, ma posso udire
il battito del tuo cuore. E' accelerato e profondo” sussurra.
“Oserei dire eccitato.”
“O
preoccupato” bisbiglio mentre mi sfiora il mento e si avvicina
a me. “Se potevi farlo, perché...”
“...
ho procrastinato?”
Konsta
solleva una ciocca di capelli e la porta dietro la mia spalla. Poi mi
prende la mano accarezzando le dita. Il solletico si spande per tutto
il braccio. Comincio a sentire un fastidio alla zona lombare, mi
tasto e ho l'impressione che quell'affare si sia sviluppata. Perdo un
battito. Sento una vampata di calore al viso e una sensazione di
disagio alla pancia. Forse dovrei vestirmi, sto tremando. Ma come
faccio, con quest'affare?!
“Tris,
ti sta scoppiando il cuore. Calmati.”
Sento
il battito fin nelle orecchie, non riesco a capire cosa mi sta
dicendo, vedo solo le sue labbra muoversi. Capisco qualcosa come 'fa
male?'.
“E'
sgradevole...” farfuglio trattenendomi dal toccare la coda per
evitare la scarica elettrica che mi ha attraversato le gambe quando
l'ho sfiorata la prima volta. Konsta struscia le dita fra i capelli,
solleticandomi la nuca. E' una sensazione famigliare che mi fa
abbassare le difese al minimo. Abbassa la testa e mi bacia senza
alcun indugio. Non salta via ustionato e neppure io. Giro le braccia
attorno al suo collo e mi alzo sulle punte dei piedi. Konstantin mi
accarezza la schiena per tutta la lunghezza, fermandosi sui fianchi.
Quando mi sfiora il seno, trattengo il respiro. Il fuoco liquido mi
scalda lo stomaco e scivola in basso, in tanti rivoli minuscoli che
colpiscono tutti i centri nervosi. Il disagio alla zona lombare
aumenta e ho paura che tocchi la coda accidentalmente, perciò
lo lascio andare e faccio un ampio passo indietro, cercando di non
barcollare.
“La
tua risposta?”
Non
sono più collegata al resto del mondo, ma rinchiusa in una
bolla galleggiante nel vuoto. Le ultime parole mi riempiono il
cervello e si spandono comprimendo la materia grigia. La mia risposta
a cosa?
Konstantin
mi solleva e gira su se stesso. Lo schiaffo di realtà mi
colpisce quando affondo nel letto, fra le coperte. Konsta si infila
fra le mie gambe e si appoggia sui gomiti, giocando con i capelli.
“La
tua risposta?” domanda di nuovo sfiorandomi le labbra con le
dita.
Apro
bocca per rispondere ma non esce una sillaba, solo uno strano verso
cigolante. Inghiotto, ho la gola secca. Sento la coda pulsare. Quando
chiude la labbra attorno alle areole, la pelle d'oca arriva fino alle
palpebre. Mi perdo, non riesco a tenere gli occhi aperti... “Ko...”
Lui
torna da me, preme la bocca sulla mia, la sua lingua mi cerca. Anche
se non ho più un milligrammo di forza in corpo, lo abbraccio,
ricambiando il bacio. Intreccio una gamba alla sua... e l'urlo arriva
prima ancora che me ne renda conto, non carica e non ti da il tempo
di capire perché fuoriesca in quel modo. Mi ha sfiorato la
coda e sono saltata... come se tutte le zone erogene del mio corpo
fossero migrate in quel punto! Non riesco quasi a respirare tanto è
stata forte la botta. Sento
un disagio pazzesco addosso. Ho i brividi e sono...
“Tris,
sei bagnata...” sussurra con voce strascicata e sexy.
Una
sensazione del genere non l'ho mai provata prima d'ora. Sono
seriamente terrorizzata da me stessa: prima il sangue velenoso, poi
la coda...
“Come
è stato?” sussurra, complice, spostando lo sguardo dal
mio corpo agli occhi. Un strano ghigno gli deturpa per un istante le
labbra. Intimorita, gli afferro il polso senza pensarci. Konsta mi
guarda. Un altro momento di sfida.
“Non
hai ancora sviluppato la forza del dhampir.”
E'
una minaccia? Un avviso? Perché me lo dice? Non ho mai pensato
di essere più forte di lui. “Non mi piace...”
sussurro con voce stirata e flebile “non toccarla... ti
prego...”
“Non
è dolore quello che provi.”
“Come
fai a saperlo, tu non ce l'hai...” rantolo sentendo la schiena
inarcarsi e le sue labbra posarsi sulla clavicola. Muove il bacino
contro il mio. Chiudo gli occhi ed esalo un gemito. Una frustrata di
piacere lancinante mi provoca la pelle d'oca, arrossandomi il viso e
facendomi mugolare. Non mi piace, cioè mi piace... oh dio, non
capisco più niente!
“Sei
bellissima...”
Affondo
il viso contro il suo torace. Konsta continua a manipolarmi come se
fossi fatta di plastilina. Sto boccheggiando e non proprio
silenziosamente. La schicchera finale mi tende tutta e mi lascia
senza respiro, la testa annebbiata e le membra deboli. La sensazione
è... bellissima... e orribile... è come aver nuotato
troppo per raggiungere una riva intravista all'orizzonte... come la
pioggia sulla schiena quando hai dimenticato l'ombrello... un senso
di incompletezza e tristezza mi avvolge, stringendomi il cuore.
Quando chiudo gli occhi, due lacrime si affacciano oltre le ciglia.
Ne seguono altre che si rincorrono, fino a morire sulla coperta.
Quando mi calmo mi isolo dal mondo, come sempre quando c'è
qualcosa che mi ferisce, non mi piace o non capisco. Konsta sussurra
qualcosa ma io lo ignoro. Alla prima domanda non rispondo – non
l'ho neppure udita, persa nel mio deserto sensoriale - alla seconda
mugolo qualcosa di vago, alla terza il grugnito non prende forma. Lui
non insiste e si congeda con un bacio sulla tempia. Tiro la coperta
sulle spalle e serro gli occhi. Quando mi sveglio sono sola e nuda,
sotto le lenzuola. Mi tasto in cerca della coda. Non c'è più.
Sento dei rumori proveniente dal basso, infilo la solita tuta e mi
affaccio sulle scale. La mamma sta riordinando la spesa e ha acceso
la tv su una soap brasiliana che vede a mesi alterni. Mi aggredisce
con la solita sfilza di domande.
“Se
sveglia? Hai fame? Vuoi mangiare qualcosa?”
Non
ho fame, ho lo stomaco chiuso. Voglio solo fare un altro bagno caldo
e rintanarmi a vita sotto le coperte. “Se mi crescesse la coda,
sarebbe un problema?”
“Finché
non ti cresce un'altra testa...”
Eh...
chi può dirlo... magari domani...
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** ... e il fratello gemello! ***
Ho
perso un altro chilo. Chissà dove vanno a finire quando mi
abbandonano. Tornare a scuola dopo tutti quei giorni di assenza, è
uno shock. Non capisco granché delle lezioni, sono rimasta
indietro e fatico a non perdere il filo. I compagni mi guardano in
maniera strana. Qualcuno commenta come sono vestita (jeans aderenti
neri, stivaletti neri con borchiette, maglietta scollata con disegni
tribali e golfino a tinta unita). La maggior parte non sa neppure che
io esista. Faccio comunella con Fin e Steffy, la figlia
dell'insegnante di Scienze Naturali del liceo accanto, fumiamo un po'
di erba di nascosto all'ora di pranzo e mastichiamo dentifricio per
mandare via la puzza. Siamo amiche per un sacco di buoni motivi e non
ci stracciamo le palle con le menate sulla moda, l'ultimo attore di
Hollywood e il ballo di fine anno. Finnicella ha cambiato taglio. Ha
i capelli rasati da un lato, un ciuffo punk e la cascata laterale
sopravvissuta è color viola. Le sopracciglia sono folte ma
curate. Sta replicando a suo modo il look Cara Delevingne. Ma
lo negherebbe anche sotto tortura.
Steffy
indossa una maglietta tagliata sull'ombelico, un sacco di croci,
Converse e jeans neri logori come sempre. Sembra una
cavalletta, tanto è spigolosa e ossuta. Mi scruta dall'alto in
basso, invece di ignorarmi dopo il solito 'ehi' di benvenuto. La sua
voce è roca per le troppe sigarette e per aver urlato la sera
prima con la matrigna. Non ha preso bene il divorzio dei suoi.
“Che
hai?”
La
domanda mi coglie in contropiede. Abbasso lo sguardo sull'erba
malaticcia del giardino esterno al liceo. “Niente.”
Steffy
fa roteare il mozzicone di canna e si scusa per non essere passata
per un saluto. So che odia gli ospedali e non gliene faccio una
colpa. Li odio anche io. Quando suona la campanella che mi ricorda di
andare dal Preside per i certificati medici, Steffy scompare in
classe, io mi alzo spazzolando accuratamente il fondoschiena, solo
Fin resta seduta a gambe incrociate con un filo d'erba arrotolato fra
le dita.
“Che
c'è?”
“Sei
cambiata... e non parlo dei tuoi stupidi capelli...”
Non
so cosa rispondere. Mi limito a guardarla. Fin torna in piedi con un
saltello, afferra lo zainetto e se ne va senza salutare. Lascio
ricadere le braccia, angosciata all'idea di aver perso la mia
migliore amica. Come faccio a spiegarle cosa sono diventata? Come
faccio senza prove?! Col Preside non va tanto meglio. Non mi
riconosce subito. Toglie e rimette due volte gli occhiali, prima di
parlare. “Signorina Shady...”
“So
di avere troppe assenza per superare regolarmente l'anno. Darò
l'esame da privatista.”
“A
parte questo, la sua vita ha subito un cambiamento di cui vorrebbe
parlare con me o con la psicologa?” mormora mettendo a posto le
sue carte.
Come
no. Sono un dhampir con la coda.
***
Odio
l'ora di ginnastica, mi prendono sempre tutte in giro perché
sono.. ehi, non sono più grassa come prima! Mollo la tuta
lunga e infilo quella corta. Quando esco in campo, qualcuno mi
fischia dietro. Alzo lo sguardo verso le gradinate e scruto la donna
che se ne sta stravaccata su di esse. Eva?! Ma come ha fatto ad
entrare? Salgo in fretta verso di lei. “Non puoi stare qui,
devi andartene” mormoro guardandomi attorno e schermando il
sole con una mano.
“Ti
ho messo al mondo dopo un travaglio durato sette ore e mi liquidi
così? Figlia ingrata!”
Sta
scherzando, ma l'insegnante di ginnastica si è accorta di noi.
Quella è un'arpia capace di tutto, anche di chiamare i miei
genitori!
“Firoze
mi ha avvertito del problema della coda. Ho fatto un po' di chiamate,
ma nessuno ha saputo darmi una risposta esauriente e sensata.”
Chi
è Firoze? Ah, Jon. “Non ce l'ho più, è
sparita dopo un po'.”
“E
come...”
“Ne
parliamo dopo! Ora devo correre quei maledetti cento metri per
dimostrare qualcosa a qualcuno!” esclamo facendo un passo
indietro. Ha ragione il Preside, qualcosa è cambiato dentro di
me. Sono sicura che centri la coda. O Konstantin.
***
“Sei
nata il 25 Febbraio alle 07:31 del mattino.”
Aggiorno
la mia data di nascita sul calendario del cellulare. Sono dei Pesci,
non del Toro. Mi ero affezionata a quel segno zodiacale. Eva infila
una patatina in bocca e la mastica con piacere. Abbiamo gli stessi
gusti in fatto di junk food. “Quell'uomo...”
“Tuo
padre? Sigur.”
“Lo
amavi?”
Eva
sogghigna e ingoia un sorso di Pepsi. “Era una passione
travolgente, non riuscivamo a staccarci le mani di dosso. Sono
rimasta incinta per distrazione.”
“Quindi
non lo stai cercando per ucciderlo...”
“Non
lo sto cercando affatto. Tuo padre non aveva il dono della fedeltà
ed io ero stanca di dividerlo con le altre.”
“Jon
mi ha detto che sei diventata una cacciatrice per impedirgli di...”
Eva
smette di mangiare e sposta il piatto vuoto dell'hamburger da un
lato. Congiunge le mani e si protende verso di me. “Un uomo
incapace di amare la propria figlia, è un uomo che vale la
pena perdere. Chiaro?”
Annuisco,
guardandola negli occhi. Questa rimetterebbe in riga un plotone di
Marines. “La trisavola è viva?”
“Forse
sì, forse no.”
“Hai
una foto di mio padre?”
“Non
esistevano gli smartphone, all'epoca.”
Neppure
una descrizione vaga? Poso la bocca contro i pugni chiusi. “Credi
abbia voglia di conoscermi?”
Eva
stringe impercettibilmente gli occhi e scuote la testa, continuando a
fissarmi in maniera strana. Mi mette a disagio. “Uhm, vado un
attimo in bagno...”
In
bagno mi infilo in una cabina, non devo fare pipì ma conto lo
stesso un minuto, prima di uscire. Quando mi guardo allo specchio,
cerco tracce del misterioso cambiamento che... Eva spalanca la porta
come una furia e mi fa saltare di paura. Si guarda attorno e annusa
l'aria, premendo il dorso del polso contro le narici. “C'è
un vampiro nelle vicinanze. Lo percepisci?”
Io
sento solo il rumore dello sciacquone. Scuoto la testa. Eva resta in
allerta e fissa le finestre dietro di me. “Se n'è
andato. Usciamo di qui.”
Quando
torno al tavolo, Jon è sparito e c'è un milk shake alla
fragola ad aspettarmi. Eva siede di fronte a me con atteggiamento
sospettoso e ogni tanto vedo le narici allargarsi e la sua attenzione
svanire.
“Hai
già avuto le mestruazioni?”
Dovrei
averle a giorni. E' importante?
“I
cambiamenti che stanno avvenendo in te sono quasi impercettibili, ma
fra pochi giorni ci sarà luna piena ed allora la musica
cambierà, bambina...”
Impercettibili?!
Mi è cresciuta la coda, cazzo!
“Quando
le mestruazioni coincidono con la luna piena, si parla ciclo della
Luna Rossa. Ciò significa che l’ovulazione è
avvenuta nell’oscurità della Luna Nuova e le energie
interiori sono state rilasciate mentre la luce lunare aumentava.
Viene anche chiamato 'ciclo della donna malvagia', la donna che
utilizza le sue energie sessuali per scopi non legati alla
procreazione.”
Cavolo,
è intrigante!
Eva
si sporge in avanti e mi prende le mani. “Puoi dire di
conoscere te stessa?”
Non
sono mai andata troppo sotto la superficie, a dir la verità.
Penso a quel che ho provato con Konstantin e mi rendo conto di non
conoscere per niente il mio corpo e le sue reazioni. Ma è
normale, no? Faccio una smorfia e abbasso lo sguardo sulle sue dita.
Sono lunghe e sottili, prive di smalto.
“Le
prossime mestruazioni segneranno un passaggio nella tua vita di
dhampiresa. Non spaventarti, tesoro, e non cercare di
combattere la tua femminilità.”
Perché
dovrei? Ne ho così poca. “Non è vero che gli
umori dei dhampir sono nocivi per i vampiri...”
“Quella
fandonia l'abbiamo messa in giro per evitare accoppiamenti fra le due
razze. La Natura è stronza, non sai mai cosa può
uscirne fuori” sussurra guardandomi negli occhi. “Sei
stata a letto con Konsta?”
“No!”
esclamo arrossendo. “Neanche lo conosco!”
“Non
ti serve conoscere qualcuno per finirci a letto. Se proprio vuoi
farlo, usa una precauzione e non farti mordere. Il sangue di un
dhampir è velenoso. Legalo al letto.”
Si
vede che non mi ha cresciuto lei! “Hai troppa fantasia...”
“I
geni sono quelli di Sigur. E' attratto da te come una calamita. È
questione di tempo.”
Ah
sì?!
“Mi
chiedo perché non si sia mosso prima.”
“I
ragazzi non mi guardano, non sono questa gran bellezza.”
“Veramente
quei due ti stanno fissando da quando siamo entrate, e quello là
sta scrivendo un bigliettino col suo numero di telefono.”
Guardo
alle mie spalle. A me sembra che stia facendo tutt'altro. Tipo
leggere una rivista. Ecco, ora si alza e se ne va... ma prima lascia
scivolare sul tavolino un biglietto pieno di cifre. Che umiliazione!
Eva legge 'alla ragazza dai capelli neri' e sporge le labbra.
Lo accartoccia e lo getta nel piatto. “Beh, mi sono sbagliata.”
“Sono
abituata, sono praticamente invisibile.”
“Che
te ne importa di quel che pensano gli altri! Alla tua età
avevo già una figlia e scovavo vampiri in Bosnia.”
Wow!
Deve aver fatto una vita da sballo! “Insegnami a cacciare i
vampiri.”
Eva
tira indietro la testa e la scuote, perplessa. “Perché
vorresti fare una cosa del genere? E' sporco e doloroso.”
Batto
le palpebre restando a bocca aperta. “Ma allora... che motivo
ho di essere quel che sono?”
“Che
motivo ha il mare di esistere? Non c'è una ragione per tutto.”
“Quindi
non sono destinata a qualcosa? Non ho una missione da svolgere?”
Non
riesco a digerire la notizia. Cazzo! Tutto questo casino per niente?!
***
Ho
appioppato una scusa ai miei – cinema con Fin - ed ora sono al
Old Wild Jack nascosta fra due bestioni. Le vecchie abitudini
sono dure a morire. Ho percepito la presenza di Konstantin
appena entrata ma non sono certa di voler scambiare due parole con
lui. Com'è, dite? Come avere una freccia luminosa che ti
indica la direzione. Vorrà dire che il mio istinto di
dhampiresa sta acuendosi e che fra poco non potrò fare
a meno di corrergli dietro con un paletto. Mh... no, forse quello lo
fanno solo i cacciatori. Una parte di me è indignata per
essere stata ignorata dopo il pomeriggio passato insieme, il resto mi
grida di scovare la bara fetida in cui si nasconde e insegnargli
l'educazione ma è in compagnia di una brunetta tutte curve e
poco cervello, una che ho visto più volte e con mini ben più
corte di quella che indossa stasera. Guardo le mie gambe coperte da
un paio di calze pesanti, e tiro giù gli shorts, sentendomi
a disagio. E' solo questione di abitudine, penso attirando
l'attenzione di Melanie con un'occhiata disperata. Più fa lo
scemo con la moretta, più sento la gelosia divorare lo
stomaco e il fegato. E' buffo, ma la memoria sta tornando un po' alla
volta. Ora ricordo di aver visto Konstantin la prima volta che sono
entrata all'Old Wild, a sedici anni e mezzo. Aveva una
maglietta dei Grateful Dead e jeans
stracciati al ginocchio. Si era spostato per farmi passare, oscurando
la vista ai buttafuori. Se mi concentro, le immagini si dispongono
ordinatamente l'una accanto alle altre. E' sempre stato qui a giocare
a carte, ascoltare musica e farsi di alcool. Credo che alla lunghi
stanchi, no? Non ha uno scopo nella vita? Che so... nutrirsi di
vergini? Volto la testa piano piano e mi viene un colpo al cuore: se
ne stanno andando insieme. Oh... allora vuol dire... ah... ok...
mh...
Melanie
mi guarda e butta un occhio alla porta. “Che testa di cazzo.”
E'
attratto da te come una calamita. È questione di tempo. Bah!!
Spero che il suo sangue sia rancido e gli vada di traverso!, penso
calciando il bancone con stizza. Non riesco a stare ferma, così
cinque minuti dopo esco dal locale e mi guardo intorno. Destra, penso
assecondando l'impulso. Per tutto il tempo che mi ci vuole a
raggiungerli, apro e chiudo i pugni, desiderando strangolarlo.
Quando sento i gemiti, alzo gli occhi al cielo. Dio, fammi perdere
l'udito in quest'istante!, penso nascondendomi finché non
odo un rumore diverso dagli altri. Sporgo la testa nel vicolo.
“Che
cosa vuoi dhampiresa?”
Konsta
mi scruta, immerso nel buio, e non riesco a scorgere bene la sua
espressione. Ora sono la dhampiresa. Non sono più
Tris con la 's' strascicata e sexy.
“Eva
mi ha detto che non ho nessuno scopo nella vita. Non c'è
motivo perché io sia così come sono...”
Konsta
emette un placido 'mh'
ma non esce dall'ombra. La luce del lampione
illumina solo una spalla e parte dei capelli. E' inquietante e un
brivido di paura mi attraversa. “Dai, esci di lì...”
“Sicura?”
La
sua voce ha una strana vibrazione che mi risuona dentro. Indovino il
movimento quando passa il dorso della mano sulle labbra. Lo lecca e
un altro cigolio sinistro mi scaraventa in un pozzo nero di terrore.
“L'hai... uccisa?”
“Si.”
Ma... ma come...
“Perchè...” balbetto, spaventata.
“Siamo
fetidi non-morti e viviamo in bare ricolme della terra in cui siamo
stati seppelliti...”
E' una cantilena
terrorizzante, non la sopporto...
“Prosciughiamo
le vittime prescelte fino all'ultima goccia di sangue...
E' come una scena
horror senza fine...
“Siamo
in grado di camminare sui muri e possiamo assumere le sembianze del
tuo migliore amico...”
E' come stare sdraiate
sul lettino del chirurgo, dissezionata e senza anestesia. Ansimo di
paura e faccio un passo indietro ma le gambe non rispondono e mi
ritrovo a sbattere la schiena contro il muro. Basta...
“...
e piantarti un paletto nel cuore prima che te ne renda conto...”
Spingo i palmi delle
mani contro le orecchie e scivolo lungo il muro. Non ce la faccio...
non ce la faccio...
“Sei
davvero un idiota!”
Il coltello a
serramanico scatta lungo la coscia. E' senza filo, ma lo porto con me
per spaventare eventuali aggressori. Lo brandisco come se fosse una
spada. Konsta mi strappa il serramanico dalle dita e ci passa il
pollice sopra. “E a che cosa ti serve, ridotto così?”
Lo lascia cadere fra i rifiuti e mi afferra sotto le ascelle. Sono
annichilita dalla paura e sto per farmela sotto. Una risata di cuore
riempie il vicolo e la strada e un vampiro biondo terribilmente
rassomigliante a Konstantin balza fuori, tenendosi la pancia. “Guarda
che faccia...” ridacchia indicandomi. “Scommetto che se
l'è fatta sotto!”
“Quasi”
biascico e Konsta smette di indirizzargli sguardi truci e indurisce
la mascella. “Kley...”
“Mettiti nei miei
panni! Quando ricapita di terrorizzare un dhampir
alle prime armi?!”
Oh dio, si somigliano
così tanto che faccio fatica... oh, mi scappa a pipì!
***
“Quindi voi
siete...”
“Gemelli.”
Wow! Avrei voluto un
fratello o una sorella anche io, ma la mamma aveva difficoltà
a concepire e ha adottato me. Non so bene come sia andata poi, credo
che lo Stato gli abbia negato una seconda adozione. Poso i gomiti sul
tavolino e mi sporgo in avanti. “Ma siete tutti e due...
cavolo!”
“Non potevo
lasciarlo affrontare l'eternità da solo!”
“Balle. Lo
trovavi divertente, hai approfittato del mio momento di debolezza e
ti sei fatto trasformare.”
“L'Eternità
è una figata. Sei tu che fai di tutto per non vedere il lato
positivo!”
“Quale
lato positivo?”
“La giovinezza.
Le ragazze. Il sesso.”
Key sorride. Ha le
fossette anche lui ma l'aria molto più allegra di Konstantin
che non sembra felice di trovarsi in nostra compagnia. Continua a
lanciarmi occhiate strane e sembra gli scotti la sedia sotto il
sedere. Si alza di scatto e sparisce in direzione del bancone. Lo
guardo, stupefatta. Kley attira la mia attenzione con uno schiocco
della lingua. “Fa sempre così. Gli pesa, questa storia
della maledizione.”
“Già...”
sussurro scrutando ogni centimetro del suo volto. “Quanti anni
hai?”
Lui sorride e ammicca.
“Ora chiedimi quante donne ho avuto.”
Sorrido a mia volta.
“E' un numero a tre cifre?”
Kley sogghigna e mi
prende i polsi tirandomi in avanti. Avvampo e perdo un paio di
battiti del cuore. Mi sfiora l'orecchio con le labbra e i brividi
arrivano fino al seno.
“E il tuo numero,
dolce donzella?”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** ... e i giochi degli adulti! ***
Ciao
Kithiara, quanto tempo! ^^ Hai centrato il punto, i miei personaggi
hanno cominciato a fare come gli pare e la storia si sta allungando.
Sono contenta di come sta venendo. Non è ne pesante, ne
smielata. Ho già pronti due capitoli e altri tre sono in fase
di aggiornamento. Buona lettura!
Come
direbbe Finnicella, è 'il classico fighetto che se la sente
calda e prova a girarti su un dito per una sveltina contro il muro'.
Parole sue, io non ho mai avuto l'occasione di essere 'girata',
perciò non so dirvi. Quando mi rendo conto di avere il viso in
fiamme, il tremore all'inguine e le unghie conficcare nel suo
avambraccio, cerco di riassumere il solito atteggiamento da 'odio il
mondo': sguardo assente al limite della noia, palpebra semichiusa,
broncio fino a terra. Kley sorride, batte una mano sulle mie –
un gesto che sembra voglia dire 'sta tranquilla, scherzavo' –
e vedo nei suoi occhi una luce strana che mi intimidisce.
All'improvviso, non c'è fibra del mio corpo che non desideri
stare con lui. Cerco di sbrogliare i nostri sguardi ma è come
se una morsa alla testa mi impedisse di girarla altrove. Noto un bel
po' di differenze, ora che sono costretta allo studio. Non sono
gemelli omozigoti. Kley ha i capelli più lunghi e un biondo
tendente al castano. Era la luce diffusa che li rendeva dorati come
quelli di Konsta. L'azzurro dei suoi occhi è più cupo,
ma forse sono solo le ombre del locale che ne virano il colore. Il
naso ha una forma diversa e le labbra sono più... più...
Una
foresta vetrosa composta da quattro bottigliette di birra compare
all'improvviso, interrompendo il contatto visivo. Mi tiro indietro
con troppo vigore, inclinando la sedia e rischiando di cadere a
terra. Kley solleva le sopracciglia e mi guarda, perplesso. Konsta ci
scruta incazzato, come al solito quando ha bevuto troppo.
“Abbiamo
ospiti.”
Seguo
la direzione dello sguardo di Kley e lo sento rantolare di dolore.
“Eva, quanto tempo...”
“Mai
abbastanza. Ciao, tesoro. Che fai in compagnia di questi due
tipacci?”
Non
so se essere felice o depressa per la doppia razione materna che mi è
toccata. Stringo le labbra e la saluto con un gesto della mano. Poi
mi attacco alla bottiglietta, bagnandomi appena le labbra. Cazzo che
disagio...
“Veloci.
I filtri hanno una durata limitata.”
Eva
muove il naso e nelle sue narici posso vedere i due filtrini che le
impediscono di rilevare l'odore dei vampiri. Uh, geniale.
“Allora
ti libero della mia presenza...”
“Sta
giù!”
Eva
lo ferma con un'occhiata mentre Kley è già a metà.
Torna a sedere con un altro rantolo di insoddisfazione. Ci guardiamo
e di nuovo... ohh, smettila, Tris!
“Ho
saputo da fonti certe che Sigur sta arrivando in città per
reclamare i suoi diritti paterni.”
Ma
dai? “Questo vuol dire che conoscerò...”
“No!”
Eh,
che coretto! Ma che hanno, tutti e tre? “E perché...”
“Non
dovete neppure respirare la stessa aria, voi due” insiste,
seccata. “Con lui me la vedrò io.”
“Tzè...
quello ti fa un po' di moine e tu ci caschi come una pera.”
Eva
si gira in direzione di Kley e lo fissa, arrabbiata. “Non è
vero!”
“Non
riesci a tenerti i vestiti addosso” sussurra aprendosi in un
sorriso che scalda anche me. Mi schiarisco la voce e cerco
distrazione altrove. Sento lo sguardo di Konsta su di me. Lo sbircio
di soppiatto. Sembra... mh... non lo so. Rassegnato? Ci studiamo un
po' mentre i due battibeccano come ragazzini. Konsta mi fa un cenno e
subito lo seguo fuori dal locale. L'aria fredda della notte cancella
un po' di imbarazzo. Spero voglia parlare del pomeriggio passato
insieme... insomma, non si è più fatto vivo ed io...
“Volevo
scusarmi con te per quanto è accaduto. Ho dovuto prendere una
serie di decisioni in fretta e senza ragionarci troppo sopra”
spara a raffica, come se non avesse la forza di fare pause. “Ci
ho provato, piccola. Sono andato contro tutti i miei principi morali
ma non ci riesco proprio. Preferisco restare così che
arrecarti un danno.”
Alzo
lo sguardo dal marciapiede ma subito lo sposto su una moto
parcheggiata all'entrata. Preferisce la maledizione a me. La
delusione mi salta addosso come una bestia in agguato e fa più
male di un compito di matematica a sorpresa. Sembrava troppo bello
per essere vero. Konsta si avvicina ed io faccio un passo indietro.
Apro e chiudo i pugni per smaltire il nervosismo, la lingua incollata
al palato per non piangere.
“Ora
non riesci a capire, ma arriverà il momento in cui mi
ringrazierai di non averti privato della felicità di...”
“Quale
felicità?” mormoro, interrompendolo. “La mia vita
fa schifo.”
“Non
fa schifo e non sarò io a peggiorarla. Potrai sempre contare
su di me. Tris, io ti voglio bene.”
Bel
discorsetto. Se l'è preparato fra una birra e l'altra? “Fatti
un'altra bevuta, non sei abbastanza ubriaco.” Stringo le chiavi
della macchina e scappo in direzione del bolide. Mi chiudo dentro e
metto in moto, ma le lacrime mi appannano la vista e rinuncio a
partire. Non è successo nulla che non sia già successo
in passato. Manderò giù anche questa delusione e...
salto per la sorpresa quando una nocchia picchietta il vetro.
Riconosco Kley dai vestiti, passo le dita sotto gli occhi e tiro
giù il finestrino. “Che vuoi?”
“Il
tuo numero di telefono.”
Il
mio... che deve farci col mio numero di telefono?
Kley
si piega verso di me, posando le braccia sul tettino. Inspiro del
profumo, ma non ho voglia di chiedermi cosa sia.
“Cambio
di programma. Ora sarò io a prepararti.”
Prepararmi?
A fare che?
***
"La
prima cosa che devi sapere, è che i vampiri sono tutto fuorché
romantici. Io ti sembro romantico?"
A
me sembra un fico da paura. Ha tutto quello che manca a Konstantin:
sicurezza in se stesso e un paio di occhiali da sole. A differenza
del fratello, Kley non passa inosservato. Siamo al parco e mi sento
quasi a disagio a vedere come le ragazze rallentano nelle sue
vicinanze. Alcune fanno più volte il giro della pista, pur di
gettargli una seconda occhiata. Scuoto la testa, muta.
“Risposta
sbagliata. Posso essere tutto quel che desideri. Posso leggerti il
pensiero e regalarti la migliore nottata della tua vita, prima di
ucciderti.”
“E'
necessario?”
“E'
consigliato. Il mio motto è: 'se respira, vale la pena di
essere mangiato'. Il tuo qual è?”
“Non
ho un motto.”
“Sbagliato
di nuovo. Inventa una storia, un passato misterioso. Metti in giro
voci. I vampiri devono cagarsi sotto quando odono il tuo nome. Io ti
guardo e cosa vedo?”
“Lo
spuntino della mezzanotte?”
“Ah,
sei dolcissima...”
Mi
sta prendendo per il culo? Aggrotto la fronte e punto i talloni
contro la seduta della panchina, imbronciata. Perché devo
restare a sentire 'sto tipo cianciare stronzate quando potrei essere
a letto con il barattolo della Nutella a smaltire l'ennesima
delusione?
“Non
lo puoi fare, questo lavoro. Sei troppo carina.” Kley posa i
gomiti sulle ginocchia e mi guarda di traverso. “Ma non ti
ricordi proprio di me?”
Scuoto
la testa e torno a fissare il vuoto, alzando il solito muro di
indifferenza che con gli adulti funziona da dio.
“Avevi
quattordici anni e ti eri appena schiantata contro una macchina.”
Lo
guardo e la mente fluisce via. Sento una pressione alla fronte
e la sensazione di essere riempita a forza. Stavo tornando a casa da
un rave, fatta come una pigna. Avevo bevuto, fumato e
pomiciato con uno conosciuto alla festa. Qualcuno aveva rubato una
bicicletta e l'aveva abbandonata su un prato poco distante. Sulla via
del ritorno, ero stata travolta da una macchina. Una volta accertato
dai medici il mio stato alterato dalle droghe, il conducente aveva
sporto denuncia. Mi avevano appioppato i servizi sociali per sei
mesi. Ero stata fortunata. Kley – a quel tempo pensavo fosse
Konsta - mi aveva soccorsa mentre ero quasi svenuta e mi aveva fatto
bere... “sangue di vampiro...” sussurro, raggelata. “Ma
che schifo!”
“Il
sangue di un dhampir è nocivo per un vampiro, ma quelli della
tua razza abusano del nostro per le loro pozioni guaritrici. Anche le
streghe hanno il loro bel daffare a prosciugarci, se gliene capita
l'occasione.”
Quindi
se non mi avesse aiutato, sarei morta. Un brivido mi attraversa
tutta. “Vi siete alternati, tu e...” mi interrompo e
sospiro, depressa “... tu e Konsta?”
“E'
capitato. Il più delle volte ho badato a te a distanza. Non ti
ho mai raccontato la favoletta della buonanotte. Non sono coinvolto
come mio fratello.”
Tuo
fratello mi ha fatto sentire un cesso.
“L'imposizione
della vecchia strega gli risultava insopportabile ma ha finito per
affezionarsi a te. Gli piacevi perché non piangevi mai e
cercavi sempre di capire il motivo delle cose. Konsta è un po'
sentimentale. Atipico per un vampiro.”
“E
tu? Che tipo di vampiro sei?”
Kley
solleva le sopracciglia, si lecca le labbra e non risponde.
Sogghigna. “Fai domande strane, amica mia. Mettiamola così:
sono il bastone della sua eternità. Non potevo lasciare quel
fannullone ad affrontarla da solo.”
“Hai
scelto di diventare un vampiro?” Ma è matto? La
consapevolezza che prima o poi tutta questa sofferenza finirà,
è l'unica cosa che mi fa alzare dal letto! “Ma c'è
differenza fra voi?”
“Un
gran differenza. Io sono morto e risorto. Ho visto la grande luce
bianca e ho attraversato il tunnel.”
“E
come è stato?”
“Una
passeggiata di salute.”
Bugiardo.
Kley sorride di nuovo e gratta un angolino del mento. “Una
bella botta” ammette, abbassando la voce. “Non toccherei
l'argomento con lui, è piuttosto suscettibile.”
La
curiosità schizza in alto e mi ritrovo completamente voltata
dalla sua parte con aria interessata.
“Voi
donne... se vi dicono che non dovete fare qualcosa...”
“Sono
un'adolescente, non dovete dirmi di non fare le cose. Avanti,
spara.”
“Non
chiedergli di vedere i denti. Non li ha.”
Ecco
perché si arrabbiava tanto!
“Non
è in grado di leggerti nella mente, ne di ammaliarti. Una
misura di sicurezza inserita nella maledizione per impedirgli di
portarti a letto quando più gli pareva.”
Mi
scappa una risatina nervosa che acuisce il malumore.
Kley
alza le spalle. “Beh, originariamente era tarata su misura per
Sigur...”
“Ma
che ha di speciale questo tipo? E' tipo una rockstar per vampiri?”
“E'
una rockstar per tua madre. Farebbe qualsiasi cosa per lui.”
Già.
La passione travolgente. Mi esce un 'mh' dubbioso. “Non
mi è mai capitato di perdere la testa per qualcuno...”
“E
Konsta?”
Ma
sei stronzo, eh? “Lui non è in grado di comandarmi... e
tu?”
Kley
guarda in alto, il sole è completamente schermato dai rami
fitti degli alberi. Toglie gli occhiali e li infila nella maglietta.
“Perché questa domanda? Non ti fidi di me?”
“Mai
mangiato insieme, tu ed io.”
Il
tipo che si professa vampiro mi guarda e per un lungo momento non sa
cosa dire.
“Sei
sempre così sospettosa?”
“Sempre.”
Bugia. Ho deciso di cominciare a diffidare dalla gente da stanotte.
Tanto non dormivo. Arrotolo le maniche della maglietta e le tiro in
avanti, svelando il mio nervosismo. Deve essere così, perché
Kley fa per dire qualcosa ma io salto via dalla panchina e lo guardo
immusonita. “Come facciamo ad aggirare la maledizione?”
“Tris...”
Non
strascica la 's' come Konsta. Non mi fa lo stesso effetto.
“Lo
so che alla tua età non basta, però lui ti vuole bene e
te ne vorrà sempre.”
No,
non mi basta. “La mia età? Ma tu quanti anni hai?”
“Quarantuno.”
“Pensavo
di più. Per la pedanteria, intendo.”
Kley
sorride a denti stretti e vedo emergere la parola 'stronza' fra
i suoi lineamenti. “Devi fartela passare alla svelta, perché
una delle caratteristiche di Sigur è quella di assumere le
sembianze della persona che ami di più per arrivare dritto
allo scopo.”
Che
scopo? Guardo Kley negli occhi e un mano fredda si impossessa della
mia anima strizzandola come un panno bagnato.
“Klemen!”
Sobbalzo,
quando sento la voce infuriata di Eva dietro la mia testa. Ma questa
arriva sempre all'improvviso?
“Non
doveva saperlo!”
“Certo,
teniamola all'oscuro... così quando si troverà nella
merda fino al collo non saprà reagire.”
Merda
fino al collo?
“Sigur
non merita di tornare umano e morire. Deve soffrire e pagarla cara
per tutte le corna che mi ha messo!”
“Solo
il dhampir che ha creato può ucciderlo, l'hai dimenticato
nella tua foga di donna oltraggiata?”
Devo
ucciderlo? È questo il modo per aggirare la maledizione?! “Se
muore...”
“La
maledizione si dissolverà e Konsta tornerà umano”
borbotta Eva in fretta. Ho l'impressione che mi nasconda qualcosa.
“Che altro?”
“Riprenderà
ad invecchiare e morirà quando giungerà la sua ora.”
Cerco
lo sguardo di Kley ed ignoro la risposta di Eva. “Che altro?”
“Quando
un dhampir uccide il genitore vampiro, possono accadere due fatti.
Può morire la sua parte sovrannaturale...”
“...
ed è esattamente quello che succederà!” lo
interrompe Eva, trafelata. “Tris, ti prometto...”
“Sta
zitta, mamma!” urlo all'improvviso, fissando gli occhi di Kley.
“Continua.”
“Potresti
perdere la vita.”
“Non
capita mai!”
“Perché
nessun vampiro si avvicina al dhampir che ha creato!” esclama,
guardando subito me. “Sigur potrebbe togliersi la vita in mille
altri modi, ma vuole rompere la maledizione solo per fare un dispetto
alla vecchia Triska. Deve dimostrare di averlo più grosso,
se mi passi il termine.”
E'
un giochetto fra adulti... e chi se ne frega se qualcuno ci rimette.
Ho un attacco di nausea e mi gira la testa. Mi siedo sulla panchina
prendendo la testa fra le mani. Eva si getta ai miei piedi,
farfugliando scuse e promesse varie ma io non la ascolto. Mi tappo le
orecchie con le mani e canto ad alta voce una canzoncina scema
stonando tutta la melodia. Ora penso che la cosa peggiore non l'ho
fatta drogandomi o finendo in un istituto di correzione.
La
cosa peggiore l'ho fatta crescendo.
***
Mi
sono rifugiata da Finnicella per non stare sola. E' tutto il
pomeriggio che cerca informazioni sulle streghe Wicca su Internet
mentre io sfoglio riviste di nails art che la madre ha portato
a casa. Vuole aprire un nuovo negozio dedicato alla moda del momento
e ha qui la sua prima cliente. Con la coda dell'occhio vedo Iggy,
l'iguana di Fin, muoversi strisciando lungo il muro. Mi ricorda la
scalata di Konstantin fino alla mia stanza. Per la cronaca, l'iguana
non è un animale socievole. Non pensate di prenderne uno, non
vi farà le feste, rientrando a casa.
“Ora
me lo dici che hai?”
Vorrei
rispondere niente ma non mi sembra giusto escluderla. E' la
mia migliore amica. “Ho conosciuto la mia madre biologica... e
– come cazzo faccio a raccontarle quella parte?! - e mi
sono illusa su un ragazzo che mi piaceva... come al solito.”
“Com'è,
tua madre?”
“Carina.
Non ci somigliamo molto. Devo aver ripreso dall'inseminatore.”
Ho deciso di chiamarlo così perché ho un padre vero che
mi vuole bene e non si comporterebbe mai in modo malato.
“A-ah...”
“Forse
conoscerò anche lui” borbotto tormentando le pellicine
delle labbra. “Non ne ho voglia.”
“Non
sei costretta, no?”
Giro
una pagina della rivista. Non voglio toccare l'argomento. “Secondo
te, perché non piaccio ai ragazzi?”
“Non
credi in te stessa.”
Alzo
lo sguardo da un disegno di notevole bellezza. “Tu credi in te
stessa?”
“Me
ne andrei in giro conciata così?”
Fin
ha parecchi spasimanti al seguito. Anche se hai i capelli viola e il
cranio rasato per metà.
“Chi
ha scelto i vestiti che indossi? Tua madre?”
Praticamente.
“Ti
trovi a tuo agio?”
Insomma.
A volte sì, a volte no. Quando un ragazzo mi guarda mi fa
piacere, se lo fa un adulto vorrei rifugiarmi sotto un sasso.
“Gli
uomini sono fondamentalmente stupidi ma se dimostri sicurezza in te
stessa, li metti a loro agio e riescono addirittura a chiederti un
appuntamento. Devi mantenere il controllo e portarli a fare quel che
vuoi tu.”
“Non
sono capace.”
“Ci
hai mai provato?”
***
D'accordo
il discorso sulla sicurezza... ma non sarà che ho troppi
capelli? Mi piazzo di fronte allo specchio e li arrotolo in una mano,
lasciando qualche ciocca dondolare di fronte al viso. La mamma bussa
ed entra senza attendere risposta. Ha una montagna di vestiti stirati
in mano. Li abbandona sul mio letto e mi guarda di sfuggita, vede le
forbici pronte sulla scrivania e si ferma. “Non vorrai
tagliarli!”
“Beh,
pensavo... ho troppi capelli...”
“Chi
ti ha messo in testa questa sciocchezza?”
Lei
ride della mia nuova stranezza ed io lascio cadere le braccia. “Non
capisci il mio dramma...”
“Spiega
il dramma.”
“Il
solito. Non piaccio ai ragazzi.”
“Troverai
qualcuno che impazzirà per te, ma nel frattempo non infierire
su quei poveri capelli. Sono così belli e folti...”
mormora facendomi una carezza che mi rimette al mondo. “Non
troppo presto, eh? Tuo padre ed io non siamo pronti.”
“Ho
diciotto anni...”
“E
allora? Sei una bambina!”
Sì,
bambina! Dillo al porco incestuoso che mi ha generato! “Se un
giorno si presentasse un uomo che mi somiglia dichiarando di essere
mio padre, non farlo entrare. Per nessuna ragione al mondo.”
Vedo
la mamma mutare espressione in un istante. Gela completamente e
smette di accarezzarmi i capelli.
“Non
voglio conoscerlo. Mi hanno dato via, non hanno alcun diritto su di
me.”
“Va
bene, tesoro...”
“Loro
non c'erano quando stavo male o imparavo ad andare in bicicletta. Non
possono piombare nella mia vita e sconvolgerla” rantolo
sentendo il pianto pressarmi la gola. “Non possono farlo...”
La
mamma mi abbraccia ma la pesantezza dentro non passa neppure dopo un
pianto a dirotto come quello che si abbatte sul suo golfino. Per cena
è tutto finito, ma alle undici sono di nuovo di fronte allo
specchio con le forbici in mano. Mi arriva un messaggio sul
cellulare. Il pop up si apre su una sola parola.
Apri
la finestra.
Sollevo
il saliscendi e guardo di sotto. Nessuno. Giro la testa verso destra
ed inghiotto la sorpresa. Kley se ne sta seduto nel bilico del nulla.
Non voglio sapere come fa e neppure perché è qui.
“Ciao.”
“Mi
fai entrare?”
“Non
voglio vampiri dentro casa.”
“Ehi,
io sono amico tuo!”
Batto
le palpebre, alzo lo sguardo verso la luna quasi piena e solo allora
si accorge che ho pianto.
“Che
c'è, piccola?”
Non
sono la tua piccola. Sono la piccola di Konsta, ok?!
“Che vuoi?”
“Invitarti
ad uscire.”
Eh?
Lo guardo, stupefatta. “Perché?”
“Così
ti svaghi un po'.”
“Ed
uscire con te dovrebbe svagarmi?”
“Male
non fa.”
Non
fa un grinza. Lo studio, assottigliando lo sguardo. Sembra sincero ma
non mi fido lo stesso. “Ho bisogno di tempo per prepararmi. Un
mucchio di tempo.”
Kley
alza il pollice e si da una piccola spinta in avanti, atterrando come
un gatto, senza fare rumore. Preparo il letto al solito modo, con i
cuscini, in modo che nessuno si accorga che sono sgattaiolata via,
apro l'armadio e tiro fuori le cose che mi piacciono di più.
Jeans aderenti con un taglio a metà coscia, stivaletti neri e
giubbettino di ecopelle. Borsetta a tracolla e maglietta piena di
luccichini. Abbandono l'idea di sfoltire la chioma a forbiciate, mi
trucco un po' e passo il gloss sulle labbra. Non mi sta male, ma
sembra sia appena stata baciata. Lo tolgo con un fazzolettino e senza
pensarci lo infilo nella tasca del giubbotto. Ora sorge un problema.
Mi affaccio alla finestra e attiro l'attenzione di Kley. “Ehi!
Non posso uscire finché i miei non sono andati a letto.”
“Salta.”
Salto?
Se salto mi rompo un osso.
“Ti
prendo io.”
Speriamo
che lo faccia davvero.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** ... e la domanda peggiore! ***
“Cos'è,
questa roba?!”
“Ti
sei persa un decennio fichissimo, Tris!”
Ha
un ritmo completamente diverso da quello a cui sono abituata. La
musica metal non è così... wow! Con questa puoi
ballare davvero! Muovo la testa prima impercettibilmente, poi Kley mi
trascina in mezzo alla pista – ma sei matto?! Io sto sempre ai
bordi! - faccio per allontanarmi e lui mi prende per il polso. “Sei
troppo timida, amica mia.”
“Non
mi piace essere al centro dell'attenzione!” urlo per sovrastare
la musica. Ma che urlo a fare? Ci sente meglio di me, è un
vampiro.
“Non
raccontarmi stronzate, ho avuto diciotto anni anche io.”
“Mille
anni fa.”
Kley
mi allunga una pacca sul sedere ed io salto con un urletto. Ora gli
rientro la faccia con un pugno! Preparo un insulto e lui mi sorride
con tutta la faccia. “Non sono stato io!”
E'
troppo scemo per arrabbiarmi. Strofino il collo con una mano e
accenno un passo. Vediamo di fare quello che fanno gli altri e
speriamo che nessuno mi rida dietro.
***
Sarà
la stanchezza, l'isteria accumulata o gli stupidi balletti fatti in
quella specie di discoteca balzata fuori dalle nebbie del tempo, ma
non riesco a smettere di ridere! Mentre cerco un fazzolettino in
tasca, impugno le chiavi di casa, il cellulare e il gloss, scarico
tutto sul tettino della macchina e finalmente posso rimediare al
disastro provocato dalle lacrime.
“Cos'è?”
Il
microvasetto che racchiude il gloss. Me lo sono portata appresso
senza motivo. Kley lo apre e lo annusa, alzandolo verso la luce dei
lampioni per capire di che colore è. “Si mangia?”
“Si
spalma. E' una specie di rossetto.”
“Mettilo.”
Sollevo
le sopracciglia perplessa, ne prendo un po' con l'anulare destro e lo
spalmo alla cieca.
“Mmmmh,
sexy!”
“E'
solo un balsamo costosissimo che pretende di fare miracoli!”
esclamo con un risolino nervoso, strofinando il dito sul fazzolettino
di carta.
“Ti
fa passare tutti gli esami, ti trova un lavoro e pure il fidanzato?”
“Se
è così, ho letto male le istruzioni” rido,
infilandolo in tasca. “Sexy...”
“Molto.
Mi piace come si modellano le tue labbra sotto la pressione del dito,
mi chiedo come sarebbe baciarti e se sono così morbide come
penso...”
Batto
le palpebre una volta sola, annichilita. Ma dice a me?
“...
e il modo in cui l'hai fatto... dolcemente, usando il dito più
debole della mano...”
L'anulare
è... oh, non lo sapevo.
Kley
intreccia le dita alle mie e la porta vicino al collo, scivolando
lungo il polso. Poi mi accarezza una guancia, fermandosi sul mento.
“Hai allestito una trappola invitante, amica mia... ora capisco
perché la tua bocca è sempre nuda...”
Nuda?
Esalo un gemito e mi allontano, tenendolo a distanza col braccio
teso. “Senti... capisco che tu stia facendo il tuo lavoro di
vampiro...”
Kley
inarca un sopracciglio, interrogativo.
“...
ma non provarci con me, tanto il mio sangue non lo puoi bere... ok?”
Sono
stata chiara e coincisa, eppure lui si mette a ridere sommessamente.
“Hai la sindrome di Groucho, amica mia. Hai preso talmente
tante porte in faccia che non riconosci l'interesse vero quando te lo
trovi di fronte?”
Sindrome
di chi? Non parlare delle mie porte, testa di cazzo! “Perché
mi hai chiesto di uscire?”
“Per
conoscerti meglio. Mi piacerebbe passare del tempo insieme.
Normalmente. Senza azzannarci a vicenda” mormora, sorridente.
“Definisci
normale” insisto sempre più confusa. “Cosa è
normale per te?”
“Una
passeggiata, un cinema, una cena a due...”
Non
esco con la copia di Konstantin. Cioè... che abbiamo da dirci
noi due? Cavolo, mi fa male lo stomaco... “N-no, non esco con
te” sussurro facendo un passo indietro. Ho la gola contratta e
i nervi a fior di pelle. Cammino in direzione della strada aperta.
Sono appiedata visto che non potevo allontanare il bolide
senza destare sospetti. Kley lo sapeva e si è presentato
munito di automobile. Mi chiedo come abbia ottenuto la patente.
“Che
cosa ho detto per disturbarti così?”
Sussulto
quando me lo ritrovo di fronte. Non ho ben capito se hanno il dono
del teletrasporto o si muovono molto velocemente, lui e Konsta.
Sarebbe una figata in entrambi i casi. Prendo tempo, mi sento davvero
in imbarazzo in questo momento. “Come faccio a sapere che non
sei Sigur che cerca di fottermi?”
“Sigur
ti avrebbe già fottuto.”
“Allora
dimmi qualcosa che potrebbe sapere solo il vero Kley.”
“A
quindici anni hai rubato un cd in un negozio di musica.”
“Titolo.”
“Violator,
dei Depeche Mode...”
“Mai
rubato...”
“...
ma ci hai ripensato e hai preferito portarti via 69 Love Songs,
dei The Magnetic Fields.”
Stringo
le labbra. Neanche lo ricordavo.
“Ti
eri fissata con The Book of Love, l'hai ascoltata per circa un
mese, poi sei passata a 'Chicken with its head cut off'. Altri
due mesi.”
“L'ultima
canzone inserita nell'Ipod?”
“E'
una domanda stupida. Chiunque può frugare nel tuo Ipod e
scoprirlo.”
Giusto.
Inghiotto ma continuo sulla linea dura. “Ce l'hai una casa o
vivi davvero in una bara piena di terra?”
“L'una
e l'altra” mormora, continuando il testa a testa. “Vuoi
vederle?”
***
Accetto,
ma sono costretta a tenermi la curiosità per tutto il giorno.
Con la scusa dell'allenamento extra scolastico in previsione delle
gare di atletica, mi dirigo verso l'indirizzo incriminato. Non noto
nulla di inquietante. Una via di negozi alla moda, un panettiere, il
giornalaio. Suono il citofono e la porta esterna scatta da sola.
Quando Kley apre la porta, noto che è a piedi nudi e ha i
capelli bagnati. Non è uguale a Konsta, è più...
sexy. E' uno schianto.
“Vediamo
questa bara.”
“Buongiorno
anche a te” mormora lasciandomi passare. “Ci dai dentro
con lo sport per scaricare lo stress?”
“No,
per dimagrire” mormoro lasciando la sacca con il cambio
all'entrata. “Mi sono iscritta alle gare scolastiche per
dimostrare qualcosa a qualcuno.”
Kley
mi guarda da capo a piedi. Sorride. “Vuoi un integratore?”
“No,
voglio solo vedere la bara.”
“Non
ci credi finché non vedi, eh?”
“Esatto.
Ho ancora i dubbi che Konsta sia un vampiro, figuriamoci se...”
mi blocco all'entrata di una stanza e guardo in basso. Cazzo, ma
allora è vera! Sembra più una cassa, che una bara da
funerale. Che odore di terra... “E tu dormi qua dentro?”
“A
volte.”
“Perché?”
“Una
necessità.”
“Nudo
o vestito?”
“Nudo.”
“Dev'essere
un casino con lo scarico della doccia...” mormoro continuando a
guardarla. Ma tu guarda che roba... ma come ha fatto a trascinarla
dentro senza destare sospetti?
“Soddisfatta,
la curiosità?”
Ho
un mucchio di domande, ma non so da dove cominciare. Esco dalla
stanza, getto un'occhiata all'appartamento – arioso, pieno di
luce, ordinato – individuo una libreria piena di cd e vinili e
mi fermo. I vinili mi piacciono perché sono grandi, pesanti e
mi intriga l'idea che un solco quasi invisibile sprigioni tanta
bellezza grazie ad una puntina di diamante. Titoli che conosco, album
solo sentiti nominare, cd appena usciti. Mi inginocchio per
raggiungere quelli più bassi e gli occhi mi brillano quando
trovo l'intera discografia di Madonna e... oh mio dio! La prima
versione di A kind of magic dei Queen! “Wow!”
“Me
l'ha regalato Konsta. Era la colonna sonora di un film.” Kley
sorride, mostrando la cassetta con un titolo scritto a mano, in stile
gotico. “Ironico, ora come ora.”
Highlander,
l'ultimo immortale. Non l'ho mai... ma dove è saltata
fuori? Da una capsula del tempo? “Hai un mucchio di VHS!”
“Un'altra
cosa che dovresti sapere. Noi vampiri siamo collezionisti”
mormora rimettendo a posto il film. “Non dovrei parlare con te
di questo.”
“Giusto.
Non si rivelano i segreti ai nemici.”
Kley
sorride. “Noi non siamo nemici.”
Sorrido
anche io. “Mi è stato pronosticato un futuro prossimo
piuttosto interessante.” Il sole ha raggiunto uno strano punto
e si riflette sui vetri delle finestre del salotto, illuminando
l'appartamento e colpendo lo specchio posto all'entrata. Gli lancio
un'occhiata distratta, fisso il vampiro di fronte a me e poi guardo
di nuovo lo specchio. Ma dove...?
“I
vampiri non si riflettono negli specchi” mormora prima che apra
bocca. “Somara.”
L'avevo
letto su Internet ma non pensavo fosse vero. “Non insultarmi,
non ho un libro dove studiare queste cose.”
Kley
mi mostra una videocamera montata su un treppiede e collegata alla tv
e nel frattempo spiega che non sarebbe compito suo istruirmi. A
sentire Eva, toccava a Jon, ma Jon è stato trattenuto altrove
per una faccenda seria, così ha passato la patata bollente
alla donna che l'ha subito ribaltata ai due fratelli. Non so se
sentirmi più ferita dal comportamento della pseudo madre o
ringraziarla per avermi dato in adozione.
“Questo
l'ho scoperto in un negozio di elettronica. Al contrario degli
specchi, sembra che le apparecchiature digitali siano molto più
indulgenti con noi creature senz'anima.”
Kley
pigia un pulsantino e quando la videocamera si accende, non sta
riprendendo solo me, ma anche il vampiro al mio fianco. “Fico.”
“Utile
per radersi... e quando non ne ho voglia, c'è un simpatico
barbiere all'angolo che fa il suo lavoro da trenta anni e ha il tocco
magico” conclude avvicinando la testa alla mia. Lo sbircio
gettando allo stesso tempo un'occhiata alla tv. Kley mi guarda in un
modo che... “E' una battuta?” sussurro uscendo
dall'inquadratura ma continuando a fissare lo schermo. “Tu non
possiedi l'anima?”
“E
tu ci credi nell'anima?”
“Io
sono atea.”
“Allora
di cosa ti impicci?”
Quanto
mi irrita quando sorride in quel modo! “Spegni la telecamera.”
“Non
sta registrando.”
“Tu
spegnila lo stesso.”
Kley
mi guarda dall'alto in basso e si sbarazza di tutta l'attrezzatura.
“E' un oggetto inanimato, Tris. Non può nuocerti.”
“Non
mi piacciono le videocamere, non mi piace essere ripresa. Non sono
fotogenica e la telecamera ingrassa, lo sanno tutti.”
“Mh.
Il motivo vero?”
“E'
come spiare dal buco della serratura...” farfuglio tentando di
farmi capire. “Ti chiedi 'sono io, quella?” sussurro
immersa nei pensieri. “Ho detto io quelle cose...”
“...
è stata colpa mia'?” mormora concludendo il mio
pensiero. “E' la domanda peggiore quando la qualità è
in HD.”
Non
fa dell'ironia, ha centrato perfettamente il problema. Annuisco,
pigiando le dita contro le palpebre. “Lo sapevi che... che se
la prima lacrima scende dall'occhio sinistro... stai provando
dolore?”
Kley
scuote la testa e mi avvicina, le mani infilate nelle tasche
posteriori. Non è una posa casuale, sta mostrando apertura,
così che possa fidarmi e raccontargli tutti i miei segreti. Mi
mordo le labbra ma sento lo stesso il mento tremare.
“Konsta
ed io ci siamo divisi i compiti, è vero, ma questo non ti
autorizza a frignare nel mio appartamento senza motivo. Ti è
toccata la paglia corta, oggi. Prendi la tua roba ed usciamo.”
Usciamo?
E dove andiamo? “Guarda che io devo allenarmi davvero...”
***
“Sei
troppo lenta, amica mia!”
Oddio...
non ce la faccio più! Mi fermo in mezzo alla pista, ansimando
come un rottweiler sotto il sole. Kley mi lancia una bottiglietta
d'acqua che finisce ai miei piedi. Ora svengo... o vomito... finisco
ginocchioni a terra, mi strozzo con l'acqua e tossisco tanto da
lacerarmi i polmoni. “Basta... non ce la faccio più...”
ansimo stramazzando del tutto.
“Sei
morta?”
“Sì...
posa i fiori e vattene...” rantolo prendendo aria a boccate.
“Ti
sei accorta di correre in apnea?”
“No...”
“Una
buona respirazione è fondamentale, negli allenamenti.”
“Per
cosa...”
“Per
non ridurti in questo stato.”
Apro
gli occhi, schermando la luce calante con una mano. Cristo, non è
nemmeno sudato! “Ma ce li hai i pori, tu?!”
Kley
sogghigna e mi porge la mano. Lo scaccio con un gestaccio. “Voglio
morire qui!”
“Proprio
adesso che la vita comincia a movimentarsi?”
“Avevo
già una vita movimentata!”
“Stronzate.
Ti sballavi per sentire e finivi col non sentire niente,
neppure te stessa. In piedi.”
Ma
che vuole, perché mi tartassa l'esistenza?! Faccio uno sforzo
sovrumano, cerco di convincere le ginocchia a collaborare, ma sono
piena di acido lattico e il crampo mi coglie alla sprovvista,
facendomi gridare. Il polpaccio, porc... “Argh!” Mi
raggomitolo in preda a dolori lancinanti, come se una pressa enorme
mi stesse schiacciando. Sento la voce di Kley provenire da un altro
mondo, sento dolore alle orecchie, alla testa, agli occhi, sento il
corpo farsi di gelatina come se... come se...
Potevi
perdere la consistenza ossea.
NO!NO!NO!NO!NO!
***
Mi
sveglio dall'incubo il momento in cui cado dal letto e i macchinari
lanciano un urlo di avvertimento all'infermiera del turno di notte.
Mi fanno male le braccia, ci vedo in modo strano e sento un odore
nauseabondo. Medicinali, alcool...
Seguo
con la vista appannata il filo trasparente che parte dal mio braccio
e sparisce nella flebo. Strappo l'ago e una goccia di sangue spilla
dalla ferita. Si chiude quasi subito. Lecco il gocciolina per
sentire se il sapore è cambiato. Sa di ferro e desolazione.
L'infermiera arriva mentre sto cercando di togliermi i capelli dalla
faccia. Dice qualcosa che non capisco, sembra un'altra lingua. Fisso
il naso grande, la fronte scoperta e gli occhi incavati della donna e
le dico di piantarla. Lei si immobilizza e lascia ricadere le
braccia. “I miei vestiti” dico. Lei si avvicina
all'armadio chiuso e li posa sul letto. “Ora vattene. Tu non mi
hai visto.”
“Non
ti ho visto” sussurra come un'automa.
Mi
vesto il più velocemente possibile, cammino lungo il corridoio
deserto, passo di fronte al guardiano notturno e lui non dice niente.
Continua a leggere la rivista e ad addentare il suo spuntino. Durerà
molto, se mangia così piano.
Barcollo
lungo la strada, tenendomi il più vicino possibile alle
macchine parcheggiate. Poi è come se una voce mi guidasse
verso il parco. Il cancello è chiuso, lo scavalco senza
neanche alzare una gamba. Mi dirigo verso la fontana e infilo le mani
nell'acqua gelida, bagnandomi il viso e i capelli. Quanto rumore...
non ho mai fatto caso a tutti gli animali che dominano la notte. Mi
appoggio ad un albero e scivolo fino a terra. Infilo le mani fra
l'erba un po' secca. Viene via facilmente. Scavo una buca e quando
decido che è abbastanza grande per me, mi ci corico dentro, il
braccio piegato come cuscino. Chiudo gli occhi, i rumori si attenuano
fino a sparire. E' un brutto sogno e domani mi sveglierò. E un
brutto sogno. Non sono morta. Non ancora.
***
“Chi
sei?”
Apro
gli occhi su un visetto infantile. La bambina tiene un dito in bocca,
indossa un vestitino estivo – ma non siamo in inverno? Non sta
cadendo la neve? Ho così freddo – mi guarda ancora e
scappa via, urlando 'mamma'. Frastornata, mi metto a sedere e mi
accorgo di essere sporca di terra e scarmigliata. Le mie povere
unghie, tutte rotte e... come sono lunghe...
“Signorina,
sta bene?”
Alzo
la testa, guardo il poliziotto apparso dal nulla. Annuisco.
“A
me non sembra. Ora la portiamo in ospedale, ma prima ci fermiamo al
commissariato per degli accertamenti.”
Mi
aiutano ad alzarmi, non faccio resistenza e non dico nulla. Mi
trascino inciampando nei miei piedi. Le scarpe fanno male, sembrano
di una misura più piccola della mia. Siedo sul sedile
posteriore – non è la prima volta – e spio la nuca
del poliziotto.
“Non
ha documenti con se?”
“No,
ma hanno denunciato una fuga dall'ospedale, stanotte. Una ragazzina
di diciotto anni.”
Ragazzina
a chi?
“Non
le somiglia molto.”
Oh,
bene. Non somiglio più a me stessa. “Agente...”
I
due uomini si voltano all'unisono. Mi arrampico sulla grata
divisoria. “Mi ha già arrestato una volta... però
avevo i capelli rosa...”
***
“Non
è mia figlia, vi dico!”
“Le
impronte digitali confermano la sua identità. Triska Shady, di
anni diciotto. Vive al numero 65 di *** Lane. Genitori adottivi,
Dorotea Park e William Shady. Genitori naturali, Eva Nilsson e
Sigur... mh, mi scusi ma non riesco a pronunciarlo.”
Posso
sentire lo sbigottimento della mamma da qui. Guardo la porta che ci
divide e tiro indietro i capelli che ricadono sulla faccia. Sono
stati gentili a fornirmi di vestiti puliti, ma vorrei fare una doccia
per togliermi l'odore di terra di dosso. Mi annuso il braccio, poi lo
lascio ricadere. Fisso la parete bianca della stanza d'ospedale.
L'agente mi ha creduto, quando gli ho parlato dei capelli rosa. Si è
ricordato della malattia del sangue. Anche il medico ha confermato la
patologia della Tris che nessuno sembra riconoscere. Mi fa male la
bocca. E' come se le labbra fossero aumentate di volume. Scendo dal
letto e mi avvicino alla porta, in tempo per udire la mamma gridare
contro il poliziotto. La spalanco, lei mi guarda allibita. Non mi ero
mai accorta che fosse così bassa.
“Davvero,
ho troppi capelli” sussurro e lei impallidisce. “Pensi
che Sabine riesca ad infilarmi fra una cliente e l'altra?”
Annuisce
ma non mi tocca. Mia madre ha paura di me.
***
Quando
sono di nuovo a casa, resto mezz'ora sotto la doccia. Poi prendo
coraggio e mi guardo allo specchio. Quella non sono io. Non sono così
alta, non ho quella bocca, non ho mai pompato gli zigomi. Per fortuna
le tette sono rimaste. Il resto è diminuito in modo
impressionante. Posso vedere i muscoli delle cosce quando muovo le
gambe. Il ventre è una tavola piatta. I capelli sono davvero
troppo lunghi. Infilo i soliti vestiti che risultano corti ora. Mi
sento un gigante vestito da nano. Ma questa stanza è sempre
stata così incasinata? Comincio a riordinare, per tenere
occupate le mani e quando un sassolino urta il vetro della finestra,
guardo in basso. Poi guardo a destra. Kley, come al solito seduto nel
nulla.
“Posso
entrare?”
Annuisco,
lasciandogli spazio. Lui si infila dentro e mi guarda a lungo.
Solleva le sopracciglia. Non sa cosa dire.
“Che
cosa è successo?” domando, ma ho paura e mi stringo
nelle braccia.
“Sei
svenuta, ti ho portato in ospedale. Sono tornato la mattina all'alba
ma tu non c'eri più.”
“Sono
andata al parco... faceva freddo... troppi rumori...” sussurro
strofinando il collo. “Ho dormito in una buca...”
Gli
mostro le mani, le unghie rotte. Kley le prende e le volta osservando
i palmi. “L'hai scavata tu.”
Non
è una domanda. Annuisco. “Che cosa mi è
successo?”
“Crediamo
che l'insorgere della luna piena abbia liberato qualcosa in te. Tris,
non ti offendere ma fino a ieri non dimostravi la tua età
anagrafica, sembravi molto più piccola, come se la tua
crescita fosse bloccata per impedire alla natura dhampir di prendere
il sopravvento.”
“Ho
fatto qualcosa all'infermiera...” bisbiglio, avvicinandomi per
ricevere altro calore. “Le ho ordinato delle cose e lei le ha
fatte... senza fiatare.”
“Se
tu fossi stato un vampiro, sarebbe stata la normalità.”
“E
se vi foste sbagliati... se... se fossi anche io, un vampiro...”
“Devi
morire e risorgere e non mi risulta che...” Kley si interrompe
e mi guarda, bianco come un cencio. “Quando ti ho dato il mio
sangue, eri viva.”
“La
mamma ha detto che...” mi umetto le labbra, fissando il vuoto
con gli occhi pieni di lacrime “... quando ho avuto
l'incidente... per tre minuti...”
Kley
sgrana gli occhi e mi scuote. “Per tre minuti... COSA?!”
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** ... e il mostro che vive sotto il letto! ***
Caterina
Noxon, Mr Darcy: i
colpi di scena sono diluiti, presto ce ne saranno altri. Che dite, ce
la farà la povera Tris a sopravvivere anche a questo? Sembra
che la ragazza sia dotata di un senso dell'umorismo straordinario,
quando non si piange addosso. La canzone di Elisa che ho inserito è
un tributo ad una parte della mia vita che se n'è andata,
portando con se una consapevolezza nuova. Un po' come sta succedendo
alla nostra protagonista. Sarà maggiormente chiaro a fine
capitolo. Buona lettura e grazie per aver recensito.
Un
periodo difficile stava scorrendo I miei occhi non riuscivano a
vedere le stelle brillare Il mio cuore non riusciva a sentire la
bellezza del sole che sorge(va) E sono persa come una bottiglia
che galleggia nel mare... per sempre Qualcuno raccoglierà
la mia speranza? Qualcuno ci proverà?*
Oggi
gran riunione al completo. Ho saltato la scuola per alcuni esami
ospedalieri. Sono andata sola perché la mamma non poteva
prendere il permesso a lavoro e papà è dovuto andare
fuori per un convegno. Solita routine. Analisi delle urine, analisi
del sangue, TAC, etc.
Siamo
nell'appartamento di Kley, Jon è tornato dal suo misterioso
viaggio, Eva sembra aver dormito sui carboni ardenti tanto è
isterica, Kley si batte il petto per qualcosa che potrebbe aver fatto
e Konsta... beh, lui continua a guardarmi come se fossi una completa
estranea. Io continuo a frugare fra i vinili di K, passo al piano
inferiore e tiro fuori cd di gruppi mai uditi primi. “Quindi
cosa sono? Un dhampir o un vampiro?”
“Non
lo sappiamo.”
“Negli
specchi mi rifletto.”
“Ti
sei mossa alla velocità della luce. Questo un dhampir non può
farlo.”
Sbircio
Jon con la coda dell'occhio, prendo un cd e lo infilo nel lettore.
Non riesco a staccarmi da questa parete e ogni tanto cado in
contemplazione.
“Ha
dormito nella terra.”
Metto
le cuffie e spingo play. Leggo di labbra di Kley mentre lo
dice. Lui mi guarda, ansioso. “Tris, potresti posare quella
roba e dedicarci la tua attenzione per cinque minuti?”
“Vorrei
farlo ma non ci riesco” ammetto. “Ehi, Schianto. Questo
si trova in commercio?”
Gli
mostro la facciata della custodia del cd, lui mi guarda in maniera
strana. Sembra sorpreso. E va bene, lo comprerò quando avrò
i soldi.
Eva
tamburella i polpastrelli fra loro, non mostra la stessa pazienza di
K. “Tesoro, stiamo cercando di risolvere un tuo problema...”
“Hai
rimbalzato la patata bollente a due vampiri che, in teoria,
dovrebbero essere gli ultime creature di queste mondo interessate a
prendersi cura di me.”
Eva
si fa quasi cinerea e non apre più bocca. Tolgo il cd e ne
inserisco un altro. Konsta spinge la lingua nella guancia e fa per
dire qualcosa ma ci ripensa. Kley non mi stacca mai gli occhi di
dosso. “Possiamo fare una prova.”
Eva
gli getta un'occhiata preoccupata. “Non mi sembra il caso di
fare esperimenti con le vostre vite.”
“Che
esperimento?” domando passando all'ennesimo cd. Devo ascoltarli
tutti, non posso smettere prima di aver dato fondo alla sua
collezione.
Kley
sorride e si alza dalla poltrona con un saltello. “Ti mordiamo
e vediamo cosa succede.”
Ma
sono matti? Guardo i due fratelli, spingo play e poi stop.
Un altro cd. Ne ho ancora tanti da ascoltare.
Konsta
si stacca dal muro e si avvicina a me. “E' ossessionata.”
Lo
guardo di sfuggita e passo ad una nuova traccia. “Non è
vero.”
“Fuori
voi. Vi chiamiamo se troviamo qualcosa di interessante.”
Vedo
Eva schizzare via dalla stanza, forse i filtri hanno cessato
l'effetto. Jon esita a lungo, prima di obbedire. Konsta mi sfila le
cuffie dalla testa e le appoggia sul lettore cd. Batto le palpebre e
mi allungo per riprenderle, ma lui mi blocca le braccia dietro la
schiena. Mugolo e continuo a fissare il tastino illuminato della
pausa.
“Scusa,
Tris.”
Scusa
che?
Konsta
sposta i capelli dal collo e mi bacia dolcemente. Esco dalla
catalessi musicale con un sussulto e mi divincolo, spingendolo via.
“Ma che fai?!”
“Ti
distrae.”
Mi
volto di scatto, ritrovandomi Kley a due centimetri dalla faccia.
“La
paglia più corta è toccata a me.”
Anche
la voce è diversa. Quella di Kley è più bassa e
mi fa... cazzo... faccio un passo indietro e mi ritrovo bloccata da
Konsta. Mi sento in trappola. “Volete proprio le botte, voi
due?!”
“L'aggressività
è tipicamente maschile...” conferma il vampiro dietro di
me. “Dhampir.”
“...
ma si bagna come una donna.”
Che...
che ha detto? Sento i miei lineamenti deformarsi per lo stupore,
l'imbarazzo e... uh, mi fa male la bocca. Il peggior mal di denti
istantaneo della mia vita.
“Oh!”
Kley fa un salto indietro e sgrana gli occhi. “Porca vacca!
Togliti di lì!”
Mi
sta scoppiando la testa per il dolore. Stringo le tempie fra le mani
e il battito assordante del cuore si affievolisce fino a svanire. Ora
respiro regolarmente e l'adrenalina che mi ha incendiato le vene
sembra sia stata drenata via dal mio corpo. Resto ginocchioni a
terra, tirando indietro i capelli che sono caduti sulla faccia.
Konsta è il primo ad avvicinarsi.
“Come
ti senti?”
Mh...
non so. Stanca. Un po' triste. La sensazione di pericolo è
passata, però. “Scusa se sono stata stronza con te...
anche io ti voglio bene.”
“Eh...
meno male...”
“Non
avete bisogno di mordermi per avere il mio sangue... mi basta un
serramanico sterilizzato e un'anestesia totale.”
***
Basta
una goccia per provocare una piaga dolorosa nel dito di Kley. Lui
soffia di dolore, stringe il polso con la mano e apre e chiude le
dita, cercando di far passare il dolore. “Cazzo...”
“Pensare
che volevi mordermi. Sei proprio un genio del male” borbotto
posando la guancia contro il pugno chiuso. Una gocciolina fa tutto
quel danno? Forte. “Allora cosa sono? Un dhampir o un vampiro?”
“Qualcosa
di mai visto prima” rantola il moribondo continuando a scuotere
la mano.
“Facciamo
un'ultima prova prima di affibbiarle l'etichetta di mostro.”
Konsta
mi piazza davanti una sacca di sangue e mi invita a servirmi. Ma sta
scherzando? E dove l'ha presa, quella roba? “No, non lo
faccio... e non chiamarmi mostro.”
“Io
ho quasi perso un dito per te, vedi di ricambiare il favore.”
“Tu
sembravi aver visto il diavolo in persona” sibilo a Kley
aprendo la sacchetta. Ci infilo il dito dentro, esitando per paura
che faccia lo stesso effetto corrosivo. Niente. Guardo il
polpastrello rosso e lo mostro ai due fratelli.
“Non
devi giocare con la mia scorta, devi berlo.”
Che
schifo... lo lecco con la punta della lingua. Mh... strano. Non sa di
sangue. Sa di gelato alla vaniglia. Schiocco la lingua sorridendo.
“L'hai aromatizzato o cosa?”
Kley
esala un gemito, Konsta tira indietro la testa e in quel momento,
sembrano uno la fotocopia dell'altro.
“Questo
è un cazzo di casino, fratello...”
Perché?
Infilo un'alta volta il dito nella sacca e lo lecco per tutta la
lunghezza. “Hai una cannuccia? No lascia, la trovo da me.”
Quell'affare
mi ha aperto una voragine nello stomaco. Trovo le cannucce, apro il
frigo e tiro fuori tre birre, dell'affettato e infine i panini che
usano da Mac Donalds. “Perché un vampiro ha tutta questa
roba?”
“Perché
ha un sacco di amici scrocconi che piombano qui a tutte le ore”
sospira il padrone di casa allungando le gambe. “Il cibo è
la prova del nove.”
“La
seconda prova del nove?” ribatte Konsta quando scarico
tutto sul tavolo.
***
Divoro
i panini, la birra e quantità smodata di sangue. E ho ancora
fame. “Ho voglia di pizza. Posso ordinare una pizza?”
Kley
è annichilito e Konsta commenta a bassa voce di non aver mai
visto nessuno ingurgitare tanto cibo tutto insieme.
“Sto
crescendo...” mi difendo piluccando le briciole del panino.
Sposto la sedia vicino a Kley e mi interesso di cosa sta scrivendo.
“Che fai?”
“La
lista della spesa. Studia e trai le tue conclusioni.”
Mi
passa un foglio dove ha elencato le mie caratteristiche. Da una parte
c'è scritto 'vampiro' dall'altra 'dhampir'. “Che vuol
dire questo simbolo?”
“E'
la formula della velocità della luce. Somara.”
“Non
è colpa mia se ho lacune nell'istruzione. Sto sempre in
ospedale...” borbotto leggendole una ad una con il dito mignolo
ficcato in bocca. “Ho i denti?”
“E
belli grossi... come quelli di un animale.”
“Perché
l'hai messo in mezzo alle due colonne?”
“I
dhampir posso assumere forma animale ma non hanno i canini come i
vampiri” interviene Konsta leggendo sopra la mia spalla. Gli
tiro una schicchera sul naso. “Ossessionata dalla musica... non
sono ossessionata!” esclamo. “Sono appassionata.”
“Sei
ossessionata” insiste Kley mettendo da parte il blocchetto.
“Bevi sangue come un vampiro e ti nutri di cibo come un
qualsiasi dhampir. Sei forte come un mezzosangue e veloce come un
succhiasangue. Trai da te le conclusioni.”
Struscio
le mani sulle cosce e li guardo, intimidita. “Sono un mostro?”
“Però
carino.”
Sorrido
a Konsta con un angolo della bocca, poi guardo Kley e sento
l'impellente bisogno di restare sola con lui. Schianto si fa evasivo
e tira indietro la sedia. “Non ho tempo. Devo andare a lavoro.”
Ma
io non ho detto niente!
Kley
si immobilizza e mi guarda. Poi osserva il fratello, stupito come
lui. “Non l'ha detto...?”
“Non
ha aperto bocca.”
Il
vampiro sospira, esausto. “Aggiungi telepatia. In una colonna
qualsiasi... tanto...”
***
“Che
lavoro fai?”
“Se
te lo dico non ci credi.”
Allaccio
la cintura di sicurezza e guardo il tetro conducente. “Prova.”
“Sono
un medico, lavoro in un'ospedale.”
Scoppio
a ridere. “Tu salvi la vita della gente?!”
Kley
fa una smorfia che sembra voler dire 'lo sapevo'. “Pronto
soccorso, così ho accesso alla banca del sangue e rifornisco
Konsta di nutrimento. Come credi riesca a sopravvivere, un vampiro
senza denti?”
Che
ne so?! Magari gli chiede gentilmente di incidersi una vena! “Hai
le prove per dimostrare che ciò che dici è vero?”
“Vuoi
vedere il diploma, conoscere i colleghi o dare un'occhiata al mio
profilo Facebook?”
“Hai
un profilo Facebook?”
“Chi
non ce l'ha? Avevo anche una fidanzata fino a due anni fa.”
“E
dove è finita? Te la sei mangiata?”
Schianto
mi lancia un'occhiata che... cazzo, mi sa che ho toccato un tasto
dolente!
“No,
ha cominciato a parlare di matrimonio e figli e sono stato costretto
a lasciarla. E un po' difficile spiegare all'amore della tua vita che
non invecchierai mai e che tuoi figli cercheranno di ucciderti nel
sonno, una volta raggiunta la maggiore età.”
“Era
l'amore della tua vita?”
“Era.”
“Non
l'hai più vista?”
“Mi
ha spedito l'invito al suo matrimonio, sei mesi fa.”
Carina.
“Quindi
va sempre così? Non cambia mai, a qualunque età”
commento osservando il semaforo rosso. Questa via la conosco. “Anche
Konsta ha subito una delusione simile? E' per questo che si
alcolizza?”
“Konsta
non sa cosa fare di se stesso. Proteggerti gli ha dato uno scopo di
vita. Poi è venuta fuori la postilla della maledizione e gli è
crollato il mondo addosso.”
Va
bene, sono una stronza per come l'ho trattato e per tutto il male che
ho pensato di lui.
“Sei
finita nel mio pronto soccorso, a quattordici anni. Ti ho
riconosciuto e ho posto rimedio. Tienilo per te, non si perdonerebbe
mai una simile svista.”
L'avevo
intuito, per quello ho chiesto un colloquio privato. Ehi, ma lavora
nel mio ospedale! Scendo dalla macchina e lui mi blocca mentre sto
chiudendo la portiera. “Tris, hai capito che potrebbe essere
colpa mia?”
Sento
i nervi a fior di pelle ma per una volta, non sono i miei.
“Il
mio sangue potrebbe aver alterato il tuo normale sviluppo, cosa che
non si verifica mai in un normale essere umano.”
Di
nuovo quella parola. Normale.
“Forse,
se il tuo cuore non si fosse fermato, tutto questo non sarebbe
successo. Forse...”
“Ti
prendi sempre la responsabilità di tutto, vero?”
Kley
mi guarda, batte le palpebre e quel movimento sembra tanto un 'sì.'
“Non era mia intenzione...”
“Ti
credo” lo interrompo, prima che ricominci la solfa di 'se' e
'ma'.
“Non
succede mai.”
“Perché
nessun vampiro si sognerebbe di aiutare un dhampir...” sussurro
guardandolo negli occhi. Sorrido, agganciando la sua giacca. “Ti
va di uscire con me, qualche volta? Prometto che non mi trasformerò
in un'animale. Niente coda.”
“No,
non voglio peggiorare le cose.”
Cazzo,
che botta! E' come se mi avessero colpito alla schiena
all'improvviso. Sento la delusione alterarmi i lineamenti. Sembrava
troppo bello per essere vero... ma allora perché me l'ha
chiesto, la prima volta?
“Tu
mi piaci, voglio conoscerti ma non succede mai che un vampiro e un
dhampir escano insieme. Di solito si rincorrono per uccidersi.”
Mi
sto scoraggiando. Abbasso le spalle e lui mi solleva il mento. Quanto
è sexy, porca miseria. Non lo chiamo Schianto per niente.
“Potrebbe
succedere di perdere il controllo” sussurra, tutto carino. Lo
odio, me lo fa apposta!
“Ed
è un male?”
“Ci
scapperebbe il morto” mormora indicandosi. “Ti morderei
ed il tuo sangue mi corroderebbe... oppure potresti essere tu a farlo
e Konsta dovrebbe portare fiori sulla mia tomba per il resto della
sua vita.”
Ho
capito. Sono un pericolo ambulante. Faccio un passo indietro,
accigliata e delusa. “La prossima volta pensaci due volte,
prima di giocare al giochino della seduzione...”
“Non
l'ho mai fatto” mormora con voce dura. “Quel che ti ho
detto, lo pensavo davvero.”
“Se
per te è normale farmi sentire donna e poi mollarmi come uno
stronzo... no, non l'hai mai fatto...”
***
Disfunzione
ormonale. Ecco come la scienza da una spiegazione alla mia crescita
improvvisa. Ho dovuto buttare tutte le scarpe e metà dei
vestiti, per colpa di quei dieci centimetri in più che mi
rendono irriconoscibile alla mamma. Insiste a guardarmi come se fossi
un'estranea, sento il suo sguardo su di me, durante la cena, non si
infila più in camera mia senza prima aver udito 'avanti' e non
mi domanda più niente. Ne della scuola, ne delle crisi
esistenziali. Non ha fatto una piega quando le ho detto che volevo
andare al salone di Sabine per tagliare i capelli e rimettere a posto
le unghie. Non mi ha neppure accompagnato. Papà sembra
tremendamente a disagio. Solo una volta mi ha chiesto di non girare
per la cucina in mutandine e magliettina. Fa caldo, cosa dovrei
indossare? Una muta da sub? Finnicella cerca spiegazioni nel suo
libro di incantesimi. Ha inventato una storia e ci ha creduto. Steffy
si è accesa una sigaretta e me l'ha passata. Ho scosso la
testa, nauseata dall'odore. Lei ha detto solo 'sembri rifatta' e
null'altro. E' vero, sembro rifatta. Non mi riconosco più.
“Sai
questo cosa vuol dire?”
“Cosa?”
Steffy
ha sbuffato il fumo dopo un tiro da professionista e mi ha guardato,
ammiccando. “Vuol dire che puoi comprare la birra senza bisogno
di mostrare un documento.”
Finisce
l'anno e scopro che sono stata ammessa agli esami finali come tutti
gli altri. Qualcuno deve aver avuto pietà di me. Forse i
certificati medici hanno fatto il grosso. Kley ha ragione, ho delle
enormi lacune nella mia educazione ma ora, come apro un libro,
assimilo tutto quello che c'è da sapere, rispondo alle domande
delle prof senza neppure pensarci e finisco i test multipli in cinque
minuti senza dover riguardare le domande. Non prendo il massimo, ma è
comunque un ottimo voto e mi permette di inviare richieste ai college
di un certo livello. Papà è orgoglioso, ma sempre in
imbarazzo. La mamma sorride, tirata. Sono sempre più certa che
siano pentiti di avermi adottato. L'estate passa senza incidenti,
senza visite inopportune da parte di Sigur, senza più sms di
Kley, ne improvvisate di Eva. Solo Konsta mi resta accanto come al
solito. Solo un vero amico lo farebbe.
A
settembre sbaracco la mia camera e preparo le valige per recarmi al
dormitorio del college. Hanno accettato la mia richiesta in tre, ho
scelto il più lontano da casa. La mamma si torce le mani, dice
che le mancherò, che devo telefonare e tornare a trovarla, ma
ho come l'impressione che sia sollevata dalla mia partenza.
L'abbraccio senza alcun calore o trasporto. Lei fa lo stesso e sento
un guizzo di paura attraversarla. Quando sono sul pullman, infilo le
cuffiette e sospiro, chiudendo gli occhi.
“Mi
piacerebbe essere uno di quei primi giorni estivi pieni di colore,
quando tutti son contenti del tuo arrivo, quando tutti ti sorridono
nel momento in cui i tuoi occhi incrociano i loro occhi...*”
*Elisa
- Broken
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** ... e l'amore di Kley! ***
Il
primo mese al college non è accaduto granché. Le
lezioni sono noiose, la mia compagna di stanza, una cilena dalla
pelle bronzea e capelli lucidi come cristallo, mi rivolge appena la
parola. Non sembra timida, piuttosto rispettosa di non disturbare il
mio costante silenzio. Konsta viene a trovarmi tre volte e quando
scopre l'esistenza di Maya, capisco che l'amico si è
innamorato. Normalmente taciturno e poco incline alle confidenze, si
rivela loquace, spiritoso, seducente e una marea di altri aggettivi
che non sto qui ad elencare. Le differenze fra lui e Schianto si
assottigliano.
Kley
ha cominciato a mancarmi in maniera drammatica la prima volta che ho
visto Konsta baciare Maya alla milionesima festa privata di benvenuto
alle matricole (un modo come un altro per scoprire cosa propone il
'mercato' e muoversi di conseguenza). Per un attimo, osservandoli con
la coda dell'occhio, ho avuto l'impressione che fosse Schianto quello
teneramente abbracciato alla cilena. Mi è arrivato il cuore in
gola, è esploso e la gelosia mi ha strangolato, prima di
trasformarsi in sollievo per lo scambio di persona. Da quel momento
in poi, è stato tutto un susseguirsi di inviti, flirt e
ammiccamenti. Quel che è cambiato dentro di me si è
riversato fuori, intossicando ogni individuo di sesso maschile e
femminile del college. Avete presente le bombe sexy per cui tutti
sbavano? Ecco.
Qualche
settimana prima, Konsta mi aveva raccontato del loro passato, a
partire dalla nascita - il 17 luglio 1972 – avvenuta in una
grande città della Slovenia: Lubiana, la capitale. Ha narrato
di come siano stati amati, coccolati e viziati dai genitori. Due
ragazzini normali che si facevano i dispetti prima di dormire e si
difendevano l'un l'altro contro i bulli della scuola. Di come i loro
caratteri si siano diversificati, crescendo. Resto piacevolmente
sorpresa quando mi parla delle sue esperienze liberali - vegetariano,
dio solo sa il perché – la mentalità progressista
e l'animo del sognatore.
“O
come disse nostra madre, 'un fannullone senza ne arte ne parte
della vita'.”
Sorrido del termine e
penso alla mia, che mi ha chiamato solo una volta per sapere se il
viaggio era stato gradevole e la sistemazione dignitosa.
“A
ventitré anni nostro padre riesce a trascinarmi a casa dei
nonni, la parte stramba della famiglia...”
“Stramba
in quanto vampiri?”
“Imprenditori.
Gente sempre a lavoro, ventiquattro ore su ventiquattro.
Incomprensibile per uno come me.”
Sorrido
di nuovo. “Gente normale come i miei genitori.”
“Col piccolo
difetto di essere vampiri. Mica ce ne accorgiamo subito, no. Deve
passare più di un anno prima che il guaio accada.”
Konsta gira il
cucchiaino nella tazza di tè. Siamo seduti al tavolino di un
bar poco lontano il dormitorio, è quasi Ottobre e le foglie
stanno ingiallendo. La profusione di colori mi riempie gli occhi e il
cuore.
“Mi ero fatto
notare dalla bisnonna per colpa del mio stile di vita votato ad un
solo dio, il riposo.”
“Oh dai, anche a
me piace oziare.”
"Ancora non
capisco come sia accaduto... mi sono trovato nel posto sbagliato al
momento sbagliato. Non ho affrontato lo stesso strazio di Kley, mi
sono semplicemente svegliato una mattina ed ero così.”
Porto la tazza di tè
alle labbra e ignoro il suo sguardo indagatore. “E' il fratello
maggiore, vero?”
“Si è
sempre sentito responsabile per me... l'ho preso a pugni, quando ho
scoperto cosa ha fatto.”
“Non poteva
lasciarti solo” sussurro osservando una foglia staccarsi
dall'albero e volteggiare fino a terra. “Lui come...”
“Perché
non gli poni le domande personalmente?”
“Non ci parliamo
più.”
“Lo so bene.
Avete la stessa espressione quando accennate l'uno all'altra.”
Sento il sangue
scaldarmi le guance, ma non arrossisco più come una volta.
Sono solo turbata. “Che faccia ho?”
Konsta allunga una mano
e prende la mia. “Quella di una donna innamorata.”
“Parla per te. Ti
ho visto fare lo scemo con Maya” soffio, fulminandolo con
un'occhiata veloce. “Ti da fastidio che... noi...?”
“Mi dispiace
vedervi sospirare. E' uno spreco di tempo e non porta a nessun
risultato.”
“Kley sospira?”
“A modo suo: ha
raddoppiato i turni di lavoro.”
Mi umetto le labbra e
torno a stringere la tazza di ceramica. “Pensi di chiederle di
uscire?”
Konsta alza gli occhi
sull'insegna e sorride sotto i baffi. “La prossima volta.”
“E' uno spreco di
tempo” mormoro strizzando l'occhio. “Cogli l'attimo,
certe occasioni non si ripresentano due volte.”
Ha colto l'attimo. La
sera stessa, Maya è sparita ed è rincasata all'alba.
Potevo sentire il profumo di Ko sui vestiti abbandonati sulla
seggiola. Mi sono chiesta se avesse usato un trucco da vampiri per
sedurla e mi sono masturbata pensando a Kley.
Ottobre è scorso
liscio. Ho trovato lavoro in una libreria, gli assegni dei miei
arrivano regolari e Maya sparisce tutti i fine settimana con Konsta,
nella casa di lei, al lago. Quando torna, la domenica sera, ha l'aria
svagata e innamorata. Deve essere molto dolce, quel vampirucolo senza
denti.
In tutte le feste a cui
partecipo, devo mettere in conto di sbattere qualcuno contro il muro
per calmargli i bollenti spiriti, a fine serata. Sembra che il
fascino di cui Madre Natura non mi ha dotato alla nascita, mi sia
stato regalato in surplus e con un bigliettino di scuse alla
rinascita. Konsta ammette di avere difficoltà a starmi
vicino. Dice che se fossi un vampiro sarebbe la normalità, e
nel frattempo mi guarda con l'aria di uno che, se potesse, mi
succhierebbe come una caramella. Continuo a divorare grandi quantità
di cibo senza mettere su un chilo ma non disdegno una bistecca al
sangue, di tanto in tanto. Konsta mi ha portato un sacca del pronto
soccorso come ulteriore prova. Non ho avuto il coraggio di farlo di
fonte a lui ma appena sono rimasta sola, la tentazione mi ha
sopraffatto. E' stato come ingoiare un energetico pompato di
caffeina. Non ho dormito tutta la notte ma la mattina dopo, ho notato
un calo di attenzione nel popolo universitario. Forse è
un segno: quando sono 'affamata' scatta un interruttore che mi rende
una trappola invitante. L'ho detto a Konsta e lui ha emesso un
gemito. Ha usato di nuovo la frase 'normale per un vampiro'. Nella
sua visione, oscillo continuamente fra le due nature ma propendo per
la realtà vampiresca perché mi risulta più
facile accettarla. Gli ho fatto notare che impersonare un dhampir
peloso con la coda non rientra nelle aspirazioni di vita di una
ragazza, e lui ha sostenuto la tesi del vampiro, adducendo il fatto
che ancora non ho provato ad ucciderlo. Tzè! Come se potessi
correre dietro al mio migliore amico con un paletto acuminato!
Gliel'ho detto e lui mi ha sorriso in un modo mai visto prima, i miei
occhi si sono riempiti di lacrime perciò sono stata costretta
ad un abbraccio da orso con presa al collo strangolante per
mascherare la commozione. L'ho ringraziato per essere entrato nella
mia vita ed esservi rimasto, lui mi ha battuto una mano sulla testa e
mi ha intimato di lasciarlo. Poi mi ha detto di chiamare Kley e
finirla col tritato di cuore e le lacrime si sono seccate
all'istante.
A Novembre succede il
finimondo. Fra la posta trovo una busta spessa, lo apro e mi viene un
colpo. C'è un assegno dentro, un attestato di proprietà
e una lettera scritta a mano. Ci metto un po' a tradurre la grafia
della penna stilografica ma il succo è che Sigur mi ha trovata
e vorrebbe conoscermi. Dopo l'attimo di stupore, si gela il sangue
nelle vene. Mi reco al comune della città e scopro che
l'attestato di proprietà della casa è vero, l'assegno è
coperto e sul mio conto viene versato regolarmente del denaro. E' una
somma tale che gli esigui risparmi dei miei svaniscono, al confronto.
Ora ho due possibilità. Conoscere Sigur e sperare che tutto
quello che i due fratelli hanno scoperto sia vero oppure…
guardo la lettera e ripenso a quello che ha fatto Eva per me. Un bel
nulla. Non mi ha aiutato quando avevo bisogno di lei, non mi ha più
cercato, se n'è lavata le mani. Prendo il cellulare e scelgo
una terza possibilità. Ho il cuore in gola quando risponde, ma
non ce la faccio ad affrontare questa cosa da sola.
***
Kley ci ha messo poco
ad arrivare. Quando ci incontriamo, alla stazione di un benzinaio
poco frequentato e a quell'ora chiuso, il cuore riprende a battere
come una volta. C'è un'aria cupa, minaccia pioggia, le foglie
sono quasi tutte cadute ma l'erba è verde brillante. L'odore è
inebriante e mi rasserena. Provo a sorridere sotto il capello di lana
e la sciarpona che mi copre il collo, ma mi riesce più
semplice un cenno con la mano. Lui scende dalla macchina e non
ricambia il saluto, mi prende il viso fra le mani e mi bacia. Il
bacio è uno schiaffo improvviso, si abbatte sulle mie labbra
come un tornado, mi risucchia, mi avvolge, mi confonde, lento si
placa ed infine diventa tenero e dolce, prostrandomi completamente.
E' questa la 'passione travolgente' di Eva?
“Voglio fare
l'amore con te.”
E'
la prima cosa che mi dice, guardandomi negli occhi. E la
maledizione?, mi domando ancora
scossa, mentre lui mi accarezza il viso e lo cosparge di piccoli
baci.
“Che si fotta...”
***
Potrebbe
essere oggetto di battute.
Come
fanno l'amore un vampiro e un dhampir?
Facendo
molta attenzione.
Sembra
che la Natura si stia mettendo d'impegno per non farci uscire dal
letto. Ha cominciato a piovere quando siamo entrati in macchina, ci
siamo fermati al primo albergo fuori città e quando ha preso a
tuonare, eravamo già mezzi nudi.
Kley
ha spiato la mia vita da quando avevo un anno. Sa che non sono
sessualmente attiva ma non sa che mi sono data da fare, da quando
sono arrivata. E' vero, sono stati più quelli 'sbattuti al
muro' e lasciati soli a sbollire, che quelli che davvero sono
riusciti a tastare parti di me e addirittura baciarmi. Un
cuore spezzato si consola fino ad un certo punto e la paura di
eccitarmi e scoprire la coda, ha fatto il resto. Ora capisco le
parole di Konsta: non voleva privarmi di un avvenimento così
bello col ragazzo giusto, ma più avvicina il momento clou,
più ho paura di fare casino. Kley mi ha addirittura
rimproverato di aver tagliato i capelli, mentre mi spogliava.
“Erano
della lunghezza giusta.”
Ora
non sono più una massa pesante fino alla vita, ma un caschetto
che non arriva a sfiorarmi le spalle e che, a sentire la gente, mi da
un'aria raffinata ma sbarazzina. Quando gli ho chiesto di spiegarmi
il motivo, ci ha infilato le dita dentro e li ha tirati, facendomi
piegare il collo. La sensazione si è accumulata nel basso
ventre, rendendomi languida e disponibile. Allora ho capito. Gli ho
ficcato le unghie nelle spalle e lui mi ha fatto sedere a cavalcioni
sul suo bacino. Avevamo ancora un po' di indumenti addosso ma
l'eccitazione è schizzata in alto. Kley mi ha premuto contro
di se ed ho sentito le sue mani vagare sul dorso delle cosce e sulla
schiena. Eccitata, gli ho condotto le mani sul seno. L'ha stretto
delicatamente ed io ho sentito le mutandine inzupparsi. Erano sottili
e i suoi jeans facevano un sacco di pieghe. Mi sono mossa veloce e
dura e l'orgasmo è arrivato subito, lasciandomi tremante e
persa. I puntelli che sostenevano l'impalcatura della mia anima
ferita dalla lunga assenza, solo venuti giù di colpo,
aggiungendo sensazioni spossanti a quelle appena vissute. L'ho
stretto forte e ho cominciato a frignare, cercando di non farmi
udire. Kley mi ha stretto con tenerezza e mi ha cullato finché
non mi sono calmata. Ha aspettato un po' prima di sdraiarmi sul letto
e coricarsi di fianco a me. Non dovevo essere un bello spettacolo con
gli occhi gonfi e il naso rosso, ho confidato nella penombra, lui mi
ha baciato, si è tolto il resto dei vestiti e ha fatto lo
stesso con i miei, senza mai interrompere il bacio. Quando mi ha
toccato il ventre con le mani calde, ho avuto un sussulto ed è
stato come se il precedente orgasmo non fosse mai esistito, come se
non ne avessi avuto uno pochi istanti prima. Mi sono avventata su di
lui, sdraiandolo sulla schiena e cospargendolo di baci e graffi. Mi
ha lasciato fare per qualche minuto, poi mi ha afferrato e condotto
alla sua altezza. “Abbiamo tutto il tempo, non c'è
fretta...”
La
sua voce mi ha riportato sulla terra, sul problema della perdita del
controllo. Ho sentito la sua erezione premere conto la coscia e i
miei umori aumentare. “Legami al letto...” ho farfugliato
e lui ha sgranato gli occhi per un istante. “Non voglio farti
male...”
Kley
ha inspirato e mi ha rovesciato sotto di se. “Non mi farai male
ed io non ne farò a te” ha sussurrato. “Ti amo,
Tris...”
L'ho
fissato e un tuono si è abbattuto in quel momento, illuminando
la stanza. Gli ho sfiorato il mento con le dita e la barba rada ha
grattato i polpastrelli, facendomi il solletico. Ha baciato il palmo
della mia mano e mi ha accarezzato la guancia. Sono crollata un'altra
volta. “Io ci ho provato a non innamorarmi di te... ci ho
provato...”
Lui
ha sorriso, infilando la gamba fra le mie. Ho voltato su un fianco,
guardandolo con le labbra incollate. “Io credo che sia successa
una cosa simile anche fra i miei genitori...” Sì, era la
cosa più sbagliata da dire, ma l'idea di finire nella tempesta
sessuale e perdere il controllo mi ha paralizzato. Kley mi ha baciato
e mi ha sussurrato di non pensarci. Le sue carezze si sono fatte più
intense, togliendomi il respiro. “Non ti ho chiesto di vederci
per questo” ho quasi gridato, con voce distorta mentre
finivo seppellita dal suo corpo. “K...”
“Non
aver paura...” ha bisbigliato nel mio orecchio,
bloccandomi i polsi sopra la testa.
Che...
che cos'è... questa voce.... “Kley...”
Non
ha dato cenni di volersi fermare, mi ha accarezzato lungo gli
avambracci ed è sceso lento. Prima il seno, poi la pancia,
poi... “Ti devo... parlare... di una cosa....” ho
ansimato abbandonandomi fra le lenzuola mentre lui mi spiegava un
fatto fondamentale della vita: non importa quanto ti applichi
per migliorare. C'è sempre qualcuno più bravo di te, al
mondo.
***
Mi
sveglio e sta ancora piovendo. Mentre lotto per uscire dal
dormiveglia, Kley sospira fra i miei capelli, il braccio ha una
contrazione e mi stringe. Arretro la schiena contro il suo torace. E'
la pace. La pace perfetta e completa che non ho mai provato nella mia
vita. Lo sento muoversi dietro di me, assaporo la carezza, mi volto e
lui mi sorride... sexy, assonnato... sexy... “Sei pazzo, potevo
morderti...”
Sorride
di nuovo con l'aria 'se lo dici tu!' che un po' mi offende. Mi
seppellisce nel suo abbraccio, mi bacia a fior di labbra e mugola,
soddisfatto. Se vi state chiedendo come fanno sesso un dhampir dal
sangue acido e un vampiro, la risposta è 'usando un
preservativo'. Nessun trucco, nessuna magia, puro lattice al cento
per cento. Che meraviglia, la tecnologia! “Cos'era quella voce?
Un trucco da vampiro?”
“M-mh.”
“Mi
ha gelato il sangue nelle vene.”
Kley
batte le palpebre e mi guarda, completamente sveglio. Sento le
rotelline nel suo cervello scricchiolare in cerca di una spiegazione.
Forse è la natura dhampir che mi protegge dai loro imbrogli.
Glielo dico e lui fa una smorfia affermando che 'è una
spiegazione valida' ma promette di non farlo più. Rispondo che
non è un problema, non mi ha spaventato... ma se ci riprova lo
impalo con un crocifisso di frassino. Schianto alza una mano come
forma di giuramento e mi sbircia con la coda dell'occhio. Che ha da
sorridere in quel modo? Questo si è fatto un programma, ve lo
dico io.
“Dobbiamo
trovare quelle catene” sussurra con un sorriso che gli arriva
alle orecchie.
“Per
me o per te?” sghignazzo stando al gioco.
Kley
ride di nuovo e alza velocemente le sopracciglia. Due volte.
“Vuoi
sapere il motivo per cui ti ho chiamato o devi continuare a fare lo
scemo a lungo?”
Gli
leggo negli occhi la risposta. Scemo al cubo. “Sigur mi ha
scritto una lettera, mi ha chiesto di incontrarci. Vuole – cito
testualmente - sapere che aspetto ha la bambina che non
sapeva neppure di avere.”
Ho
catturato la sua attenzione. Kley si fa serio, forse troppo. “E
tu vuoi conoscerlo?”
“Credo
che Eva abbia mentito o taciuto molte verità per lungo tempo.
Dai tua figlia in adozione e la registri con entrambi i nomi dei
genitori naturali? Permetti a due vampiri appartenenti alla famiglia
dell'uomo che disprezzi di vegliare sulla sua crescita? Ma quale
madre che dice di essere in pena per la sua piccola lo farebbe?”
“Era
molto giovane quando ti ha lasciato...”
“Io
credo che sia una gran bugiarda e basta” ho insistito,
mettendomi a sedere. “E' un altro giochetto fra adulti che ha
rovinato le nostre esistenze... che c'è?”
Kley
mi risponde con la faccia da funerale. “E' stato Sigur a
trasformarmi in vampiro, due anni dopo che la maledizione si è
abbattuta su Konstantin. Ci ha messo due anni per scoprire che Eva
aveva dato alla luce un erede, maledicendolo durante il travaglio.”
Ha fatto una pausa per assicurarsi che respirassi ancora e poi ha
continuato. “Sigur era il grande amore di Eva e lui la
ricambiava a modo suo... fra una donna e l'altra. La bis nonna sapeva
che la loro grande passione non sarebbe mai cessata e che i ripetuti
incontri amorosi avrebbero allargato la già nutrita famiglia
di tuo padre. Ha colto l'occasione durante il parto, ha convinto Eva
a trasformarsi in cacciatrice, in modo che le risultasse
insopportabile la vicinanza con Sigur, scongiurando ulteriori
gravidanze, e ha messo in giro la voce che fosse a letto con una
prostituta mentre tua madre partoriva. Non era vero, non quella
volta, almeno. Sei stata partorita nell'odio e nel rancore ed Eva non
ha potuto fare altro che darti in adozione, sperando che un giorno
cercassi tuo padre per ucciderlo e consumare la sua vendetta.”
“Perchè
non ci pensa lei?”
Kley
mi ha guardato ed io ho capito: Eva lo amava ancora. Nonostante
tutto.
“La
maledizione è stata volutamente rimaneggiata. Non sei tu a
dover concedere il perdono.”
Perdono?!
“Ma non dovevo... concedere me stessa?!”
Kley
ha risucchiato le labbra e le ha lasciate andare con uno schiocco.
“Se mio fratello avesse messo da parte i suoi principi morali,
sarebbe morto avvelenato dal tuo sangue. Un maschio in meno nella
famiglia.”
“Se
lo avesse saputo, non mi avrebbe mai chiesto di farlo!”
“Konsta
si recherebbe personalmente dalla trisavola per strapparle il cuore.
Muore la strega, si dissolve la maledizione. E' per quello che la
vecchia vive nascosta. E' solo questione di tempo, ha più di
cento anni e la sua ora sta giungendo.”
“Perché
gli ha imposto di badare a me? Perché ha scelto lui, al posto
tuo?”
“Non
mi ha mai conosciuto, non sapeva del gemello cattivo.” Kley ha
sorriso della propria battuta ed io ho pensato 'sexy ed imbecille'.
“Ha
raggirato la sua mente promettendogli mare e monti. Konsta ha un
debole per le creaturine e si affeziona facilmente. In questo modo,
la vecchia ha scongiurato la possibilità che un altro membro
della famiglia di tuo padre seducesse un'altra donna della propria
stirpe.”
“Salto
a piè pari la parte in cui mi classifichi come una
creaturina...” borbotto rannicchiandomi su un fianco. Perché
nessuno ti dice che la prima volta è un purgatorio di dolori
post coitali? E' per punirti di quel che succede nel mezzo? “Perché
non me l'hai detto prima...”
“Certe
cose vanno dette a tempo debito” sussurra accarezzandomi i
capelli con tenerezza. “Sai... tempo fa, ai bordi del mercato
di Praga, una vecchia zingara mi ha letto la mano e ha predetto che
avrei vissuto un grande amore...”
“Un
pronostico azzeccato... si è sposata sei mesi fa, il tuo
grande amore...”
“Non
direi. E' proprio qui davanti a me.”
Sento
il cuore spappolarsi in una brodaglia di amore e affetto, affondo la
faccia nel cuscino e mugolo, annientata dalla sua dichiarazione. “Me
lo fai apposta, vero?”
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=2310134
|