City Of Ice.

di Farawayx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12. ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13. ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14. ***
Capitolo 15: *** AVVISO. ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15. ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16. ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17. ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18. ***
Capitolo 20: *** Capitlo 19: Angel with a Shotgun. ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***







» Capitolo 1
                                  «Siamo come lo yin e lo yang: non possiamo vivere soli.»


«
Caro diario, è da tanto tempo che non vengo qui per scrivere due righe. Penso che della persona spensierata di cui si leggeva nelle altre pagine ormai non sia rimasto niente. Sai, le parole hanno il potere di cambiarci, il tempo lo fa e con esso anche le persone. La distinzione del bene e del male in questo mondo è davvero contorta, nessuno nasce buono o cattivo, ma lo svolgere degli eventi ci porta a diventarlo. Dicono che essere buoni sia la cosa più difficile, ma con il passare del tempo realizzo che essere i cattivi lo è ancora di più. Fingere che ogni singola cosa sia indifferente, crogiolarsi nella solitudine ma soprattutto non avere nessuno che tenga a te, ma quindi, io mi chiedo... Se nessuno tiene a noi, esistiamo davvero? Le persone cattive sono quelle più ferite e addolorante, che hanno lasciato che l'odio penetrasse in loro. Ma loro sono anche quelli che amano di più. Ti chiedi cosa sia io ora? Sono un angelo attratto dal buio.» 



§




Sin da quando era bambina l'unico pensiero che varcava la soglia della mente di Samantha era uno solo, la domanda che echeggiava a gran forza era sempre e solo quella. “Perché?”. 
Era un'altra mattina, di un altro giorno, di un altro mese, di  un altro anno in cui le cose non sarebbero mai cambiate, in cui nessuna domanda avrebbe trovato risposta, nessuno sarebbe andato da lei a dirle cosa ci fosse di sbagliato nei suoi occhi color nocciola o nel suo viso ormai spento da troppo. 
Tenne gli occhi fissi sul soffitto grigio, il cielo era nuovamente ricoperto di nuvole, quindi la poca luce che filtrava attraverso le finestre rendeva quel posto ancora più spettrale di quanto fosse in realtà. Il freddo le era penetrato nelle ossa, ogni solo piccolo movimento le creava nuovi brividi lungo la pelle chiare. Lì faceva sempre freddo. 
Quando una voce risuonò davanti alla sua camera fu costretta ad alzarsi, raggiungendo di mala voglia la malridotta porta di legno che dava su uno stretto corridoio poco illuminato. Il viso della signora Reyes le comparse di fronte. Era consapevole di ritrovarsi davanti quella vecchia donna ingobbita dal passare degli anni, i suoi occhi erano spenti, velati da un grigio che ormai sembrava aver perso qualsiasi tipo di scintilla.  -Scendi, è arrivato il momento.- pronunciò quelle parole a denti stretti, girando poi tacchi velocemente, senza nemmeno darle il tempo di rispondere.
Ricordava ancora chiaramente il primo giorno che aveva visto quella donna, aveva il viso incorniciato da riccioli, e con un sorriso si era calata su di lei, accarezzandole la guancia con una dolcezza che per lei all'epoca era del tutto sconosciuta. E lo sarebbe rimasta ancora per tanto. 
Samantha quel giorno si sentiva fortunata mentre a soli quattro anni si stringeva nel suo cappottino rosso, sicura di aver trovato finalmente una casa, dei genitori. Una famiglia. Era convinta che non si sarebbe mai più sentita sola, che sarebbe potuta andare a scuola, avere degli amici e delle bambole con cui giocare. Voleva solo essere una bambina come tutte e quando i suoi occhi avevano incontrato quelli affettuosi della signora Reyes e di suo marito, era convinta che usciva da quell'orfanotrofio con una famiglia. Usciva vittoriosa. 
Ma ben presto si rese conto di aver fatto male i calcoli. 
Sin dal primo momento che aveva messo piede in quel vecchio cottage, situato in una delle campagne della periferia inglese, un brivido le era corso lungo la schiena. In quel posto non riconosceva l'affetto, il calore ma solo qualcosa di tremendamente sbagliato, ogni stanza era riempito dall'odore della muffa che avanzava lentamente lungo i vecchi mattoni dell'abitazione. 
Ma si disse di essere comunque fortunata, qualsiasi posto sarebbe stato migliore dell'orfanotrofio.
I coniugi Reyes non le diedero mai affetto, non si sentì mai loro figlia o parte della loro famiglia, tutto quello che si limitavano a fare era mantenerla, farla studiare e vestirla. Le sembravano persone di ghiaccio. Solo una volta aveva un ricordo vago del signor Reyes, era seduto su una poltrona a leggere un libro e la piccola gli si era avvicinata, con quella curiosità che solo i bambini hanno, aveva visto negli occhi dell'uomo, per la prima e forse ultima volta, della tenerezza per lei, mentre le passava quel libricino sgualcito e le leggevo il pezzo di una fiaba.  Erano stati interrotti dallo sguardo furente della signore Reyes. Samantha si era sempre chiesta perché avesse reagito in quel modo. Le era sembrato che non volerle bene era un imposizione e non una cosa di loro spontanea volontà.
Nonostante l'affetto che le dessero era minimo, non riusciva a spiegarsi perché erano così iperprotettivi nei suoi confronti, le uscite erano del tutto limitate, entro una certa ora non poteva più uscire dal cottage e per le visite in città doveva esserci sempre uno dei coniugi con lei. Non ricordava di essere stata a Londra più di due o tre volte e sempre per soggiorni brevissimi. 
Quando era cresciuta aveva provato rabbia per i suoi veri genitori, si chiedeva sempre il perché. Perchè le avevano fatto questo. Era stata considerata così tanto una disgrazia la sua nascita, tanto da doverla mandare via? Erano così giovani e immaturi da non potersi prendere cura di lei condannandola ad un'infanzia il cui il massimo dell'amore lo aveva tratto dal suo cane? 
Il pensiero dell'ormai anziano pastore tedesco che dormiva nella sua cuccia le balenò nella mente. Ricordava ancora il giorno in cui il signor Reyes tornò a casa con il cucciolo tra le braccia, aveva detto alla moglie che avevano bisogno di un guardiano per la casa e che quel cane era stato addestrato per quello. Lo aveva chiamato Argo spiegando che quel nome era un onore averlo, perché era il nome del cane di Odisseo, il cane cieco che era stato l'unico ad aver riconosciuto il padrone, per poi accasciarsi a terra morto. Samantha aveva trovato sin da subito quel nome non adatto ad una macchiolina così carina, quindi aveva preso a chiamare quel cucciolo Agie, non sapeva da dove lo aveva tirato fuori la sua fantasia. Ora il nome Argo cadeva a pennello su quel fiero cane, mentre Agie sembrava screditarne le qualità, ma lei non riusciva a smettere di chiamarlo così e il cane, anche se non poteva, non si era mai lamentato, quindi per lei non era problema.

§ 

Sam restò ferma alcuni istanti vicino alla porta, seguendo con lo sguardo la vecchia signora scomparire al di là delle scale. Un sospiro uscì dalle sue labbra. Un senso di ansia le si fiondò addosso, creandole un vuoto nello stomaco mentre si avviava in direzione del suo armadio, estraendo gli unici due capi che aveva tenuto fuori dalla valigia. Il giorno prima aveva sentito i due coniugi parlottare tra loro, non era riuscita a cogliere per intero di cosa stessero parlando, al suo orecchio erano arrivate frasi sconnesse alle quali non aveva riuscito a dare un senso. Il rumore dei passi della donna lungo le scale l'avevano fatta correre in direzione della poltrona, in modo da farsi ritrovare in perfetta posizione da lettura quando la donna aveva aperto la donna.
-Prendi le tue cose e mettile nelle valigie che potrai trovare nel ripostiglio.- Con la solita freddezza la donna aveva pronunciato quelle parole, travolgendo Sam con un senso di stordimento tale da farle cadere il libro dalle dita. Si era alzata dirigendosi verso la signora che quasi  sembrava non vederla. Il suo sguardo era di ghiaccio. Alle sue ripetute domande, alla sua ricerca di una spiegazione non aveva ricevuto nessuna risposta, ma aveva notato un guizzo di panico negli occhi della donna, che prima di andarsene le aveva concesso una breve spiegazione. -Noi avevano solo il compito di crescerti, ora è arrivato il momento che tu faccia i conti con te stessa.- Quelle parole le echeggiavano in testa. “che tu faccia i conti con te stessa”, non trovava un minimo di senso in quell'affermazione. Aveva ripercorso mentalmente ogni piccolo avvenimento, ogni cosa sbagliata che avrebbero potuto convincere i due coniugi a mandarla via, ma non trovava un nesso logico. Non c'era nessun senso in quella situazione. 
Scosse la testa come se con quel gesto quello stato confusionale potesse andar via, mentre passava le dita lungo il proprio busto, lisciando così il tessuto della maglia. Diede uno sguardo veloce alla propria figura riflessa in modo contorto in quel vecchio specchio rovinato. I suoi occhi fissarono quelli dell'altra se stessa, chiedendosi cosa vedessero le persone quanto li osservavano, se guardandoli riusciva a trapelare quando dolore ci fosse realmente nascosto in essi. 
Un ulteriore colpo sulla porta le fece intuire che il tempo a sua disposizione era scaduto, volente o nolente, doveva lasciare quel posto. Nonostante tutto era affezionata a quella camera, era stata il suo mondo per tutti i suoi diciotto anni, conosceva ogni singola crepa o rialzatura di qualche trave. Era l'unico posto che aveva considerato suo. 

Si chiuse la porta alle spalle, notando che in quel momento ci fosse un silenzio più inquietante del solito, l'unico rumore udibile erano i rintocchi delle suole delle sue scarpe contro il pavimento di legno. Scese le scale velocemente, una strana sensazione le corse nello stomaco e sentì dei brividi formasi lungo la propria pelle mentre posava il piede sull'ultimo scalino, sfociando così nel salotto. 
E poi i suoi occhi si posarono su un macabro spettacolo che non avrebbero mai dimenticato. 
La signora Reyes era esanime sul pavimento, la testa china penzolava su un collo marchiato da un lungo taglio dal quale il sangue si riversava a fiotti. un urlò uscì dalle sue labbra che si ritrovò a ricoprire poco dopo, mentre indietreggiava terrificata. Ebbe solo il tempo di chinare il viso prima di rendersi conto che le sue scarpe erano zuppe di sangue, il pavimento era come una pozzanghera. Sbiancò voltandosi lentamente, la paura di quello che avrebbero visto i suoi occhi le era entrata nelle ossa. Un ventaglio di sangue echeggiava lungo la parete, lasciando intravedere un corpo appoggiato contro di esso, gli occhi le si riempirono d'orrore quando capì che a quel corpo mancava la testa che era ruzzolata ai piedi ed ormai era ricolma di sangue. Il signor Reyes. 
Sam sentì il sapore della bile in bocca mentre l'unico rumore che riusciva a distinguere con chiarezza era quello del suo cuore, batteva così forte da riempirle completamente la testa e annebbiarle la vita. Non aveva più aria nei polmoni per urlare, ma qualcosa nella sua testa le disse: scappa
Non seppe dove trovò la forza e il coraggio, ma con uno scatto delle gambe partì con un razzo in direzione della porta, quasi si sorprese di trovare la serratura aperta mentre la spalancava ed usciva fuori dall'abitazione ricoperta di sangue. Corse più che poteva sul lungo viale che portava verso il recinto che dava sulla strada, sentiva i polmoni farle male per quanto respirava velocemente. Ma qualcosa la fermò. I suoi occhi si posarono su una figura sdraiata al suolo. Il suo pelo non era più marrone e nero, ma il colore del sangue aveva invaso anche il petto dell'animale.
- Agie!- Urlò mentre gli occhi le si riempivano di lacrime e le gambe si dirigevano verso la figura immobile del cane. Gli si sedette accanto, scuotendo e scrollando più volte il corpo dell'animale, tentando di ritrovare almeno in lui una qualche fonte di vita. Ma niente. Gli occhi di Agie restavano chiusi e il suo petto immobile. Lacrime salate le percorse il viso a fiotti, mischiandosi con il sangue che ormai la sporcava, mentre lei teneva la testa poggiata contro il pelo morbido e ancora caldo del suo unico amico. Non riusciva a non pensare a quelle volte che quel cane le aveva dato affetto, come sapeva capire il suo umore. Quando era piccola giocava sempre con lei ma quando era cresciuto lui era sempre stato lì per proteggerla, come quella volta che in piena notte era scappata dalla tenuta dei Reyes, era convinta che nessuno si sarebbe reso conto della sua assenza per poi rendersi conto che il cane era lì con lei, e l'aveva accompagnata e protetta, non solo quella notte, ma da quando lui era arrivato in quella casa. Ora non avrebbe potuto più leggergli delle storie per calmarlo quando era nervoso e diventava aggressivo con tutti tranne che con lei, non avrebbe più potuto lisciare la sua pelliccia e stringersi al suo collo per piangere tutte le sue lacrime mentre sentiva il cucciolo piangere con lei. Agie era morto e mentre lei si stringeva al suo corpo ormai privo di ogni battito, qualcosa trascinò anche Sam nel mondo delle tenebre, non ebbe il tempo di sollevare la testa per vedere chi l'avesse colpita, ma sicura che sarebbe stato il suo ultimo respiro si strinse all'amico pregando per entrambi.

§



Fu svegliata dal rumore di qualcosa che gocciolava in lontananza. Sam aprì molto lentamente gli occhi, intorno a lei tutto era avvolto nella luce del tramonto.  Era stesa su di un letto piazzato al centro di una stanza arredata con un gusto moderno, le pareti erano ricoperte di poster e quadri pieni di colori, mentre una leggera luce filtrava da sotto la porta semichiusa. Il soffitto era immacolato, come se quella stanza fosse stata rinnovata da poco tempo. 
Scattò immediatamente a sedere e subito desiderò di non averlo fatto, un dolore ardente le trafisse la testa come uno spillo mentre un senso di nausea le si affiorò nello stomaco. Tentò di mettersi in piedi, cercando a tentoni qualcosa a cui aggrapparsi ma ogni singola parte del corpo le doleva, come se ogni suo muscolo la implorasse di ritornare a stendersi in quel letto e dormire. In preda ad un improvviso attacco di panico scattò in piedi, barcollando, con l'adrenalina che scorreva nelle vene. Ebbe un capogiro e si aggrappò con entrambe le mani alla spalliera del letto, usando quella come punto di appoggio per non cadere. Mentre usava tutta la sua forza di volontà per non abbandonarsi alle tenebre udì dei passi in lontananza farsi sempre più chiari e vicini, qualcuno stava arrivando dal corridoio che conduceva a quella stanza. 
Era un uomo. Reggeva in una mano delle asciugamani e nell'altra una tazza dalla quale si sollevava un leggero batuffolo di vapore. La luce alle sue spalle la costrinse a sbattere le palpebre trasformando così lo sconosciuto in un'ombra in controluce. Vide una figura alta e magra come una pertica e i suoi capelli erano una corona di fitte guglie nere. Era asiatico. Il volto, dagli zigomi eleganti, era molto bello, e le spalle larghe, nonostante la struttura esile e snella. I suoi occhi brillavano di una luce particolare, qualcosa che Sam non aveva mai visto. Indossava un paio di jeans aderenti e una camicia nera coperta da dozzine di fibbie di metallo. Teneva la tazza ferma in una mano inanellata e poi la poggiò sul comodino, come se lei non fosse lì. 
Sam lo fissava terrorizzata, ogni suo muscolo era in allerta. Era stato quell'uomo ad uccidere i suoi tutori e l'aveva rapita? 
Fu troppo per Sam. La stanchezza, il terrore, lo shock e la perdita di sangue l'assalirono come un'ondata di piena. Sentì che le ginocchia le cedevano e iniziò a scivolare verso il pavimento. 
L'uomo annullò le distanze tra loro in un lampo: si mosse tanto velocemente che riuscì a prendere Sam al volo prima che toccasse terra e la  sollevò, come se pesasse quanto una piuma. 
-Angioletto?- La chiamò la voce, allungando una mano verso il suo viso. -Tutto bene?.- 
Lei si ritrasse e sollevò debolmente una mano per allontanarlo. -Non toccarmi.- 
Sul viso dell'uomo comparse un'espressione divertita, dopodiché avanzò alcuni passi verso il letto e poggiò il corpo della ragazza su di esso. 
- Non devi avere paura di me.-  fu l'unica cosa che disse prima di ritrasi, mettendosi a sedere su una sedia posta vicino al letto di ferro battuto.
La ragazza indietreggiò nell'angolo più lontano del letto, come se quell'ammasso di lenzuola potessero proteggerla, e sollevò lo sguardo spaventato sul viso di lui. -Chi sei? Perchè hai ucciso i miei genitori? Cosa vuoi da me?- quasi urlò. 
L'uomo alzò le mani sulla difensiva. -Ehi, ehi, frena. Ci tengo a precisare che io non ucciso nessuno.-  Fece una pausa ma riprese a parlare prima di dar tempo a Sam di rispondere. - Mi chiamo Magnus Bane, sono uno stregone. E da te in teoria non voglio niente.- 
Milioni di domande affollarono la testa di Sam, ma tutte scomparsero lasciando spazio ad una sola. -Uno stregone?- gli chiese sarcastica. -Certo e io sono una winx in via di trasformazione.- 
Lo stregone sollevò le labbra in un sorriso. -Sarai moribonda ma la forza per essere sarcastica ce l'hai.- 
- Cosa vuoi da me? Chi ha fatto quello ai miei....- Fece una pausa come se non riuscisse a definire in quel modo quelle due persone che l'avevano cresciuta. -..genitori.-
- Non erano i tuoi genitori e lo sai perfettamente, Samantha.-
- Come sai il mio nome?-
-Io so tutto quello di cui c'è la necessità di sapere.- le disse l'uomo e fece scoccare due dita creando come una scintilla. 
- Ti prego, sii chiaro.-
- Potrei perdere delle preziose ore a spiegarti le cose che so, oppure...- Sollevò entrambe le mani e le tese verso il viso di Sam. Inizialmente la ragazza si ritrasse, ma l'espressione seria di Magnus la costrinse ad avvicinarsi lentamente, lasciando che lui posasse entrambe le dita lungo le sue tempie.
E poi fu come un flash. 
Magnus che parlava con delle donne, le chiamava sorelle di ferro, che gli davano un talismano destinato ad una bambina. Poi il buio e di nuovo Magnus che parlava con un uomo completamente incappucciato. Lui lo avvertiva della nascita di una bambina, una bambina che non sarebbe dovuta nascere in quel mondo. Lui doveva proteggerla. Poi qualcosa tremò e c'era un Magnus che parlava con un uomo, lui gli diceva che la bambina era stata trovata e andava protetta. Poi di nuovo il buio.
Aprì lentamente gli occhi, trovandosi di fronte il viso di Magnus che la guardava con un espressione indecifrabile. 
-Cos..cosa significa quello che ho visto?- Balbettò lei tirando indietro la testa, così da liberarla dalle mani di lui. 
L'uomo alzò gli occhi al cielo, come se fosse scocciato di doverle spiegare tutto in maniera più dettagliata, dopodiché chinò il viso. - So di te da prima della tua nascita. Ricordo quel giorno come se fosse ieri. Quell'uomo incappucciato che hai visto è uno dei fratelli silenti, cacciatori di demoni che hanno arricchito il potere della mente. Lui era un mio conoscente da prima che entrasse nella fratellanza e una sera ha percepito qualcosa di anormale, qualcosa di tremendamente sbagliato. E' venuto da me raccontandomi quello che aveva visto nelle sue visioni e come solo io potessi aiutarlo, se ne avesse fatto parola con i cacciatori non avresti visto nemmeno il tuo primo giorno. Non so per quale assurdo motivo, ma decisi di fare quello che diceva, andai dalle sorelle di ferro per prendere un talismano.- Sollevò una mano con la quale indicò il ciondolo che Sam aveva al collo da quando era piccola. L'unico ricordo dei suoi genitori naturali. La ragazza lo tocco istintivamente. -Dopo di che ho fatto in modo che venissi affidata a una famiglia che potevo controllare, perdonali per il loro caratteraccio. Ma poi un informatore mi ha detto che nel mondo invisibile si vociferava sulla tua esistenza e che lui ti stesse cercando, allora ho capito che il posto più sicuro per te era con me. Ma lui era stato più veloce, ha raggiunto il cottage e ha ucciso i due coniugi. Io ho aperto un portale per raggiungerti il più velocemente possibile e quando sono arrivato eri una pozza di sangue sdraiata su un cane. Ho avuto giusto dieci secondi per prenderti e scappare, prima che loro ci vedessero.- 
Sam fissò l'uomo allibita. Cacciatori di cosa? Lui chi? 
- Lui chi?-
Magnus serrò le labbra a quella domanda e lei capì che non avrebbe risposto. -Cosa sono? Perchè tutta questa attenzione nei miei confronti?- 
Magnus rilassò le spalle, come se fino ad allora avesse portato un peso da dieci chili sulla testa. -E chi lo sa.- fece una pausa sollevando gli occhi sul suo viso. - Lo sa solo chi ti ha creata, io ho ricevuto il compito di proteggerti.- disse piano sollevandosi dalla sedia. 
-Magnus?- 
-Sì?- 
-Lui chi?- 
- Riposati, hai tante cose da metabolizzare.- Le rispose l'uomo, uscendo poi dalla stanza.


§

Prima di cadere in un sonno profondo Sam aveva escogitato una ventina di piani di fuga, era così confusa da tutta quella situazione, l'unica cosa che lei chiedeva era le verità. Ci capiva così poco.
Ma poi il suo corpo l'aveva tradita, l'emozioni e la stanchezza della giornata avevano preso il sopravvento e lei si era addormentata, trovando stranamente comodo e familiare quel letto. 
Quando riaprì gli occhi la camera era ancora immersa nel buio, capì che era ancora notte fonda. Si sollevò  dal letto mettendosi seduta, piacevolmente sorpresa dal fatto che la testa non le girasse più come prima. 
Al contatto dei piedi nudi con il pavimento freddo un brivido le percorse la schiena. Si sollevò in piedi attraverso la stanza, avvicinandosi alla finestra dalla quale intravedeva un'infinità di luci. La bocca le si spalancò per la sorpresa, era convinta di essere ancora nelle vicinanze della sua vecchia casa, invece si ritrovava proprio in un altro continente. Avrebbe riconosciuto quella città ovunque, aveva passato il tempo a sospirare sulle sue cartoline sognando di poter vivere lì un giorno. E ora eccola lì. I grattacieli erano visibili dalla finestra, così come il fiume e i vari ponti che lo attraversavano. La vista da lì era bellissima. Era a New York. 
Sentì un rumore percorrerle il corpo, non ci mise molto a realizzare che era il suo stomaco, non mangiava niente da... troppo.
Decise così di uscire dalla stanza, gli stregoni mangiavano come tutte le persone normali, no? Oppure si sarebbe trovata cose come ali di pipistrello e lingue di rana per colazione? Mentre camminava nel corridoio illuminato da alcune luci fioche realizzò che era una normalissima casa e quasi saltò dalla gioia quando trovò la cucina con del cibo normalissimo. Prese un po' di pane e stese su una di quelle fette del formaggio che aveva trovato in frigo e si apprestò a dargli un morso. 
Si sentiva così strana. Aveva ancora del sangue secco tra i capelli, sangue dei suoi 'genitori', eppure non provava dolore per la loro perdita. Chiuse gli occhi mentre l'immagine di Agie compariva davanti ai suoi occhi. Il cane disteso in una pozza di sangue, probabilmente era stato ucciso per far sì che nessuno in casa si accorgesse della loro presenza, visto che il cane non avrebbe abbaiato. 
Sam sollevò una mano verso il proprio viso, sorprendendosi nel trovarlo umido. Stava piangendo. Quella era una perdita che le faceva male, si era sempre detto che il cane era il migliore amico dell'uomo e per lei era davvero così, in lui aveva trovato un amico fedele. Più di qualsiasi umano. 

§

Uno strano luccichio in fondo al corridoio attirò la sua attenzione. Aggrottò la fronte tentando di capire se si era immaginata tutto o davvero qualcosa aveva brillato davanti alla porta della sua camera? Beh, pensando agli eventi della giornata era anche troppo possibile.
Una fonte di coraggio che non sapeva di avere la spinse ad alzarsi. Posò sul bancone della cucina quello che restava del panino, avviandosi poi fortuitamente lungo il corridoio, percorrendolo in punta di piedi. Nemmeno lei sentiva il rumore dei suoi passi. 
Da sotto la porta vide una luce bianca e il sangue le si gelò nelle vene, c'era qualcuno. Prese un lungo respiro e abbassò con forza la maniglia spalancando di scatto la porta. 
Dovette sbattere gli occhi più volte per abituarsi alla luce bianca che in quel momento illuminava la stanza. Proveniva da una pietra stretta tra le mani di un ragazzo. 
Spalancò gli occhi per la sorpresa lasciando scorrere le dita sull'interruttore della luce, riempiendo così la stanza della luce artificiale .
-Credo che questa non mi servirà più.- Disse il ragazzo in un tono neutro ponendo nella tasca la pietra che ormai non emanava più nessun tipo di luce. 
Sam lo fissò per un'istante. Era alto, snello e muscolo, con un volto pallido, signorile, inquieto, tutto zigomi e occhi scuri. - Cosa diavolo ci fai nella mia stanza?- 
Il ragazzo sollevò l'angolo delle labbra in un mezzo sorriso, guardandola. -Che linguaggio scurrile, non è adatto ad una signorina.- 
Sam indietreggiò di alcuni passi alzando di un tono la voce. Voleva che Magnus la sentisse.- Chi sei?- 
- Puoi chiamarmi Sebastian.-
-Cosa stai facendo qui dentro?- 
-Sai, curiosavo un po' di qua e un po' la.- Le disse passando poi l'indice su di un mobile e raccogliendo con esso la polvere che si era deposta sul  legno, osservandolo poi con una espressione simile al disgusto.
- Questa è violazione di domicilio! Potrei chiamare la polizia e..-
Il ragazzo rise interrompendo così le parole della ragazza. -Fa pure, vediamo quanti di loro sopravviverebbero a questa.- Sollevò dalla tasca un manico di osso stringendolo in entrambe le mani. - Aethalas-  sussurrò con un filo di voce. Un'istante dopo da quella spada partì un lampo di luce che quasi accecò Sam.
-  Cos'è? - gli chiese con voce tremolante.
- Questa? Una spada angelica, strano che qualcuno che viva in casa di Magnus Bane non lo sappia.-
- Vuoi farle tu una lezione di demonologia?- Disse una voce alle spalle di Sam. Magnus.
Al contrario da quanto Sam si aspettasse Sebastian rimase del tutto rilassato, anzi sorrideva ampiamente, divertito da quella situazione. 
- Cosa vuoi? Qui non c'è niente per te Jonathan.- Gli disse con noncuranza Magnus.
-Sebastian.-  Lo corresse lui provocando un sorriso sarcastico sul volto dello stregone. 
- Puoi farti chiamare anche Serafino, a me non interessa, vattene. -
- Ma come siamo sgarbati. Chi è lei?-  Disse Sebastian indicando Sam con la spada.
- Una studentessa a cui affitto la camera, sai in tempo di crisi ogni fonte di denaro è utile.- Disse il mago con noncuranza.
-Ti senti particolarmente simpatico oggi?- Gli disse il ragazzo ampliando il sorriso in uno divertito. 
- Cosa ci fai qui?-
- Chi è lei?-
- Ti hanno mai detto che non si risponde ad una domanda con un'altra domanda?-  Lo stregone sollevò le mani dalle quali uscirono delle scintille azzurre.
- Non sono qui per combattere, Bane.- Concluse infine Sebastian riponendo così la spada angelica all'interno della propria cintura.
Sam che era rimasta lì ad osservare la scena si avvicinò furtivamente a Magnus, nascondendosi dietro la sua schiena. 
- Cosa ti serve? Non te lo chiederò un'altra volta.- Magus pronunciò quelle parole a denti stretti mentre continuava a tenere lo sguardo sul viso del ragazzo.
Ma Sebastian mosse qualcosa, un secondo era lì e l'altro era sparito.
Sam sbatté le palpebre per la meraviglia. -E' sparito..- 
- Ha usato un portale.- le rispose Magnus ancora sulla difensiva.
-Chi era?- 
-Il nostro peggior incubo.- 


§


Sam passò il resto della notte a girarsi nel letto. Gli avvenimento di poco prima le erano piombati addosso come mattoni. Non riusciva a togliersi dalla testa il viso di quel ragazzo, i suoi occhi neri sembravano un cielo notturno senza stelle, ma comunque ricco di fascino. Qualcosa in cui perdersi. 
Ma Magnus lo aveva descritto come il male assoluto, qualcuno da temere. E ora come ora non sapeva più di chi fidarsi. 
Quando riaprì gli occhi era giorno. Sul letto erano ripiegati dei vestiti con della biancheria e un biglietto.  Per oggi indossa questi, provvederò a farti avere qualcosa da mettere.
Osservò la calligrafia per alcuni istanti, per poi afferrare il mucchio di vestiti sotto un braccio e dirigendosi verso il bagno. 
L'acqua calda contro la sua pelle fu come un toccasana, sembrava che ci fossero delle mani immaginarie che le massaggiassero ogni centimetro di muscolo, facendole sciogliere i nervi. 
Quando indossò i vestiti puliti si sentì come rinata, la sensazione del tessuto fresco contro la pelle era stranamente piacevole. 
Il suono del campanello la distrasse dai suoi pensieri. 
Quando aprì la porta un ragazzo alto dagli occhi blu e capelli neri posò lo sguardo su di lei.
-E tu chi sei?- le chiese sorpreso. 
-Potrei farti la stessa domanda. - Rispose lei sulla difensiva. 
- Sono Alec, il ragazzo di Magnus.-
A quelle parole la ragazza schiuse le labbra per la meraviglia, non si aspettava che Magnus stesse con qualcuno. Alec poi le sembrava solo un ragazzino, era sì molto muscoloso, ma il suo viso restava comunque estremamente giovane. 
-E tu chi sei?- Le chiese poi il ragazzo portando le iridi azzurre sul suo volto. 
- Samantha.-
-Bel nome, sai che in ebraico significa fanciulla sacra?- Parlò una voce alle spalle di Alec, dopodiché avanzò un ragazzo leggermente più basso di Alec, era biondo, e i suoi capelli scintillavano come ottoni. 
- Spero che la vostra sia solo una visita di cortesia, oggi non ho voglia di sentire casini.- La voce di Magnus parlò sopra quella dei tre, facendoli voltare. 







NOTE D’AUTRICE 
Ho iniziato a scrivere questa come una storia libera, ma poi mentre scrivevo mi è balenato in mente il personaggio di Sebastian e ho pensato: e se non fosse come noi crediamo? 
OKAY, io amo il suo personaggi, quindi piccolo spoiler, hahah.
Ditemi cosa ne pensate, è la prima volta che scrivo su questo genere, e niente, fatemi sapere! 
Un bacione. <3





Credits
: Per la barra prima delle note a : yingsu

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***








» Capitolo 2
                                 
«Obsession it takes control, obsession it eats me whole.
I can't say the words out loud, so in a rhyme I wrote  you down.
Now you'll live through the ages, I can feel your pulse in the pages.»







I
l suono delle voci che si mischiavano e arrivavano come un mormorio, distraevano la mente di Sam. Dopo l'arrivo dei due ragazzi, Magnus l'aveva praticamente reclusa in camera, come una di quelle bambine che venivano mandate a giocare con le bambole quando si parlava di cose da “grandi”.  Prima di andare via i suoi occhi si erano posati su i due ragazzi, c'era qualcosa in loro che l'affascinava, forse la loro postura, o i segni che percorrevano a tratti la loro pelle. Erano vestiti di nero e la loro vita era avvolta in una cintura, dalla quale pendevano vari manici e pugnali. Magnus non le aveva nemmeno dato il tempo di poter formulare qualche domanda ai due, su cosa potessero essere quei tatuaggi che tanto l'affascinavano o il perché quei ragazzi fossero armati fino alla punta dei capelli. Sembravano due guerrieri.

Scrollò le spalle, si sentiva stanca, come un uccello in gabbia. Aveva passato gran parte della sua breve vita rinchiusa nelle mura di quel cottage, i Reyes non le avevano mai permesso di allontanarsi più del dovuto, era stata cresciuta sotto una campana di vetro e ora voleva scoprire il mondo.
Sam sollevò gli occhi verso la finestra, la vista di New York si estendeva sotto il suo sguardo e nel vederla quasi le si mozzava il fiato. I grattacieli risaltavano come stelle sul cielo grigio della metropoli, mentre in lontananza il ponte di Brooklyn dominava la parte del fiume più vicina, non riusciva a non osservarlo, totalmente affascinata.
Basta, pensò.
Senza soffermarsi a pensarci più di tanto si sollevò da quel letto e mosse alcuni passi verso la porta della propria camera, che spalancò senza fare troppe cerimonie. Le voci che avevano riempito quelle stanze fino a poco prima sembravano essere svanite nel nulla e mentre si dirigeva verso la cucina schiuse la bocca per la meraviglia quando costatò che la stanza era vuota. Non c'erano tracce di Magnus e nemmeno dei due ragazzi. In quel posto echeggiava il silenzio.
Un pensiero entrò nella sua testa così velocemente che non riuscì a scacciarlo via. Era consapevole di conoscere poco e niente quella città, ma vivere rinchiusa in quel posto come una suora di clausura non le avrebbe reso la cosa più piacevole, voleva uscire e esplorare quel posto, voleva imparare a conoscerlo. Si rese conto però di non avere nemmeno un soldo con se e che comunque le sarebbero stati utili, le bastava anche qualche spicciolo per pagarsi l'autobus.
Lasciò vagare lo sguardo lungo le parati, su una di esse era posto un mobile alto pieno di libri e cassetti, con un buco nel mezzo dove era incastonato un televisore al plasma. Sam non ne aveva mai viste di così grandi. Da qualche parte doveva pur esserci qualche banconota. Si avvicinò ad uno dei cassetti e con un movimento veloce lo aprì, frugando in esso con la punta delle dita. Niente. Tentò di non scoraggiarsi e passò al secondo, vuoto anche quello. Poi al terzo e finalmente al quarto. Un sorriso le si formò sulle labbra quando le dita incontrarono la particolare carta su cui erano stampati i soldi e la strinse vittoriosa tra le mani.
La distese con attenzione e il già ampio sorriso si allargò ancora di più quando costatò che era una banconota da cinquanta dollari. Erano parecchi soldi, lo sapeva, ma potevano tornare utile in quel momento, non che fosse sua abitudine frugare nelle case degli altri e rubare soldi, ma se voleva uscire per esplorare un po' ne aveva bisogno.  In più era a corto di vestiti e dai passanti che aveva intravisto del tutto coperti da strati di capotti poteva capire che il clima non era dei più ospitali.

§

Dopo aver deposto con attenzione la banconota in una tasca interna dei pantaloni e coperto le proprie spalle con un cardigan che aveva trovato appeso all'appendiabiti, uscì furtivamente dall'abitazione. Intorno al collo si era legata una sciarpa color cobalto che aveva scovata sull'ingresso della casa, sin dal primo contatto con il tessuto l'aveva trovata estremamente morbida e calda, e, non resistendo l'aveva presa.

Non appena varcò la soglia del portone di ferro, uscendo dal palazzo dell'appartamento,  fu colpita dal forte cattivo odore che c'era nell'aria. Scese i due scalini che davano sulla strada e si ritrovò in uno stretto viale fiancheggiato da vecchi magazzini, anche se la maggior parte mostrava i segni della trasformazione in unità residenziali: fioriere alle finestre, tende di pizzo che ondeggiavano nell'aria fredda della mattina, bidoni della spazzatura numerati sui marciapiedi.
Percorse decisa quel viale, ritrovandosi così in un parco malridotto, l'erba non curata e secca scricchiolava sotto i suoi piedi. Alla sua destra le guglie di una chiesa scintillavano e si mimetizzavano contro il cielo grigio.
Osservando meglio quel posto si rese conto che si ritrovava in una zona industriale, sembrava semi abbandonata, le strade erano costeggiate da fabbriche e magazzini.
Alcuni, costatò Sam, erano stati convertiti in loft e in gallerie d'arte, ma c'era ancora qualcosa di inquietante nelle loro forme imponenti e squadrate in ci si aprivano pochissime finestre coperta da inferriate.  Arrivò con il fiato corto a quella che veniva segnalata come la fermata della metropolitana, dopodiché svoltò un paio di incroci alla cieca, ritrovandosi in un quartiere più frequentato.
Camminava velocemente tra la folla che riempiva i  marciapiedi, mentre con le mani sollevava la sciarpa contro il proprio viso, tentando di coprirlo con essa quanto più possibile. Il freddo pungente le pizzicava la pelle, mai come in quel momento desiderava trovare un termosifone e ammanettarsi vicino ad esso. 
I palazzi che caratterizzavano quella strada erano di gusto moderno, Sam riusciva a vedere la sua figura riflessa nelle grandi finestre che contraddistinguevano la maggior parte degli edifici in quel posto. Era come essere in un altro mondo, tutta quella modernità, quelle persone, quella vita, erano tutte cose che fino ad allora lei non aveva mai potuto vedere. Era sempre stata isolata in un posto dimenticato dal mondo. In quel momento si sentiva come la protagonista di un film italiano che aveva visto tanto tempo fa con il Signor Reyes, Caterina va in città, come lei si sentiva del tutto fuori luogo e soffocata da quel cemento che incombeva cancellando il verde dei prati che Sam era consona vedere ogni giorno.
Mentre camminava con la testa china  il suo sguardo fu attratto come una calamita da un negozio. Le piccole vetrine erano decorate di rosso, i vari manichini erano ricoperti da capi d'abbigliamento del tutto singolari. Uno di essi indossava un vestitino a pois neri su una base bianca, era stretto sulla vita e un grande fiocco era legato sulla schiena.
Come attirata da una calamita Sam varcò la soglia di quel piccolo locale. L'ingresso era un trionfo di incensi, tende di perline e poster astrologici. Uno riproduceva la costellazione dello zodiaco, un altro una serie di simboli cinesi che Sam, pensò, non sarebbe mai stata capace di leggere. Scaffali stretti di vestiti ripiegati correvano lungo la parete accanto alla porta. Quel posto aveva un qualcosa che l'affascinava.
Non sapeva nemmeno lei cosa stesse realmente cercando fin quando lo sguardo non ricadde su di un capottino rosso. Era come se i suoi piedi si fossero mossi da soli, poco dopo si ritrovò ad accarezzarne la stoffa con la punta delle dita, ad osservarlo affascinata, come se quel capo le scaturisse un ricordo, aveva un qualcosa di familiare. Era come ritornare a casa dopo una giornata di lavoro.
- Posso aiutarla?- La voce dolce di una ragazza la fece sobbalzare, cogliendola di sorpresa.
Sam sciolse la presa delle dita sul tessuto del cappotto, voltandosi così verso di lei. - Quanto costa?- Le chiese indicando con l'indice il capo d'abbigliamento.
- Quaranta dollari.- Rispose la donna. -Ma per le clienti speciali possiamo fare un piccolo sconto.- aggiunse sorridendole in modo complice. - Trenta dollari.- concluse.
Non capì il perché di quel trattamento, forse era solo una strategia di vendita per attirare così nuovi clienti, ma in quella ragazza c'era qualcosa di strano. I capelli biondi le ricadevano sulle spalle racchiusi in due lunghe trecce che le incorniciavano il viso, la pelle era estremamente chiara, ma i suoi occhi brillavano di luce propria. In un modo che costringeva Sam ad osservarli, come del tutto ammaliata.
Distolse lo sguardo rendendosi conto di star fissando la commessa e annuì lentamente mentre quella le proponeva di provare il capo.
Si diresse nell'unico e stretto camerino del negozio, osservando così come era uscita quel giorno di casa. I capelli castani le ricadevano lungo le spalle, formando delle piccole onde alle punte. Sotto gli occhi erano ben visibili le occhiaie dovute alla notte movimentata che aveva appena trascorso.
Indossò il cappottino rosso e sentì sin da subito un calore espandersi attraverso le ossa infreddolite dal freddo di dicembre. Le ricadeva in maniera perfetta sulle spalle e la cintura in vita le snelliva i fianchi, facendola sembrare più alta. Arrivava alle ginocchia e i bordi erano decorati con dei grossi bottoni dello stesso colore del cappotto. Sam passò le mani sul tessuto, era meravigliata da quanto comparisse morbido al tatto, non era velluto, era un tessuto che non sapeva definire. 
Uscì dal camerino, con ancora addosso il cappotto, e si diresse alla cassa, dove la stessa ragazza di prima indugiava contro i tasti della calcolatrice. Quando la vide le rivolse un sorriso.
Si ritrovò a provare la stessa sensazione che le era attraversato il corpo quando poco prima aveva visto la ragazza per la prima volta, ma più la guardava più sembrava che qualcosa mutasse nel suo aspetto, come se i suoi capelli non fossero più così biondi ma diventavano sempre più chiari, quasi tendenti al bianco. Forse aveva le allucinazioni.
Pagò velocemente quanto dovuto, senza togliersi il cappottino dalle spalle, ed uscì da quel negozio. Tutto il tempo si era sentita strana lì dentro, era come se qualcosa le stimolasse la mente, come se ci fosse stata una nebbiolina leggera davanti ai suoi occhi.
Non appena si ritrovò in strada benedisse mentalmente il capo che le riscaldava il corpo, il clima non le sembrava più così ostile, anzi, era quasi piacevole passeggiare mentre quel leggero venticello le scostava i capelli facendoglieli ricadere davanti al viso.
Continuò il suo percorso, fermandosi di tanto in tanto a curiosare nelle vetrine di alcuni negozi, nonostante dicembre fosse appena iniziato alcune commesse erano intente ad addobbare l'entrate con lucine e qualche versione gonfiabile di Babbo Natale.
Una grossa insegna arancione attirò la sua attenzione, su di essa era scritto in caratteri lineari “Internet point”. Un'idea le balenò nella mente e una scossa di adrenalina le attraversò il corpo, si sentiva come un viaggiatore del deserto che aveva finalmente trovato un oasi.
Entrò in quel piccolo locale, delle grandi finestre davano sulla strada e tre file di computer erano allineati lungo la parete. Si avviò verso uno di quelli liberi, trovandolo già acceso, e aprì la pagina del motore di ricerca.
Era consapevole che il mondo era popolato di leggende su tanti essere soprannaturali, ma ora come ora il suo unico mezzo di informazioni era questo. Non era una grande maga dei computer, ma sapeva che con il tempo internet aveva preso il posto delle vecchie enciclopedie e che nessuna fonte di informazioni potesse esser più aggiornata di quella, doveva capire o almeno provarci, e visto che si ritrovava a vivere nella casa di uno stregone, si chiedeva quante di quelle leggende fossero vere.
La prima parola che le venne in mente fu “Cacciatori di demoni”. Lasciò scorrere velocemente le dita lungo la tastiera e cliccò invio. Scelse la prima opzione e iniziò a leggere.
Guerrieri ibridi, nati dalla fusione del sangue di un angelo e di un essere umano. Sono preposti al mantenimento dell’equilibrio tra umani e creature soprannaturali che abitano il mondo, nonché al blocco dei demoni che nel nostro mondo vorrebbero entrare da altre dimensioni.

Sam inarcò appena un sopracciglio nel leggere quelle parole. Quindi, quelle creature erano figli di un angelo? Esistevano gli angeli?
Non si era mai definita molto credente, anzi, riteneva che gli uomini avessero creato la figura di Dio  per avere un qualcosa a cui aggrapparsi quando era il momento di affrontare la morte e che con il tempo quella credenza si fosse ingigantita. I suoi tutori non erano molto credenti, quindi, in un modo o nell'altro non aveva mai avuto l'opportunità di avvicinarsi al mondo religioso, però aveva letto alcuni libri. Del soprannaturale era un'appassionata di storie di vampiri, aveva letto talmente tante volte Dracula, completamente presa dal suo personaggio ma aveva sempre pensato che quelle erano storie e sarebbero sempre restate tali.
Si rese conto di aver passato un paio di ore davanti a quel computer quando gli occhi iniziarono a pizzicarle, costringendola a chiudere le palpebre sempre più spesso.  Era consapevole della poca affidabilità delle cose che aveva appreso, secondo google lo stregone cominciava ad essere tale quando scopriva la sua capacità innata; questo il più delle volte avveniva da giovane, ma poteva capitare anche in tarda età. Magnus aveva un viso estremamente giovane, ma nonostante questo sembrava consapevole del suo potere e lo usava abilmente, come se nella vita non avesse fatto altro. Come se fosse un qualcosa di antico intrappolato in un corpo giovane.

Dopo aver pagato con i restanti soldi il cassiere dell'internet point, uscì da quel piccolo locale, notando che ormai il cielo si era tinto di rosso. Era quasi l'ora del crepuscolo.

Aveva del tutto perso la cognizione del tempo, mentre si riempiva la mente di miti e favole a cui qualche giorno prima non avrebbe mai creduto.

§

Mentre tornava indietro tentava di orientarsi, cercando di ricordare quale fossero gli incroci che aveva svoltato prima. Le strade le sembravano tutte uguali, i grandi palazzi padroneggiavano sulla strada, taxi gialli sfrecciavano lungo di esse  e le persone si affollavano sui marciapiedi cercando di richiamarne uno. Seguì il proprio istinto e svoltò lungo un viale. Non intravedeva nessun parco malandato o case squadrate, i palazzi che caratterizzavano quella strada avevano la facciata decorata con dei pilastri che partivano da ogni finestra , dei fregi e fiordalisi decoravano elegantemente parte del marmo ormai scuro e eroso da anni di esposizione all'aria inquinata e alle piogge acide di New York. Dovevano essere palazzi molto vecchi.
Un senso di panico le montò nello stomaco quando capì di essersi persa. Il primo impulso fu quello di disperarsi, buttarsi in un angolino e piangere, ma con tutta la sua forza di volontà lo represse. Doveva pensare lucidatamene, andare in panico avrebbe solo peggiorato la situazione.
L'immagine del cartello della metropolitana con su scritto “Brooklyn” le balenò nella mente. La casa di Magnus si trovava a Brooklyn, ma lei non aveva idea di dove fosse in quel momento. 
Si guardò intorno, quella zona era stranamente deserta, pensò Sam. Era convinta che in una città come quella dovesse esserci sempre qualcuno per strada, e poi non era così tardi. Diversi lampioni erano spenti, mentre quello più vicino a lei gettava un fioco bagliore giallo sul marciapiedi che seguiva la strada. Sollevò lo sguardo intravedendo con la coda dell'occhio un uomo che proprio in quel momento stavo svoltando l'angolo, sparendo dietro alle mura di uno dei palazzi.
Sam senza pensarci due volte lo seguì, accelerando in modo notevole la velocità del proprio passo, superando così anche lei l'edificio. Con grande stupore di Sam, l'uomo non c'era più. Svoltare quell'angolo l'aveva portata in un vicolo. Si era alzato un vento caldo che muoveva le foglie degli alberi rachitici vicino allo stabile e trascinava la spazzatura raccolta nei canaletti di scolo e sui marciapiedi facendola volteggiare sulla strada piena di crepe. Il flebile ronzio delle auto sembrava lontanissimo e l'unico suono che contasse era quello delle sue scarpe che scricchiolavano sull'asfalto cosparso di immondizia. Avrebbe voluto essere capace di camminare senza produrre rumore.
Quello in cui era finito sembrava un vicolo che probabilmente veniva usato in passato per la consegna delle merci. Era stretto e stipato di immondizia: scatoloni marci, bottiglie vuote, pezzi di plastica, oggetti sparsi. 
Sentì come una presenza alle sue spalle, questo la portò a girarsi di scatto facendole finire alcune ciocche di capelli sulle labbra, ma alle sue spalle non c'era nessuno. Il cuore prese a martellarle nel petto mentre il proprio battito le rimbombava nelle orecchio, continuava a ripetere a se stessa di restare calma, che tutto quello era solo fonte della sua immaginazione che... Ma una voce parlò all'improvviso dalle ombre alle sue spalle distruggendo ogni minimo tentativo di auto convincimento.
- Non credo che questo sia un luogo adatto ad una ragazza.- disse la voce.
Sam si immobilizzò, fissando le ombre all'imboccatura del vicolo. Per un terribile istante si chiese se non si fosse immaginata quella voce. -Chi c'è laggiù?- mormorò tentando di tenere la voce più ferma possibile.
Sentì una leggera risata dopodiché fece un passo avanti, uscendo dalle ombre più buie. Il suo contorno si definì lentamente: Sebastian.
Sam non mosse un muscolo del proprio corpo mentre teneva lo sguardo fisso sul viso del ragazzo, non riusciva a non osservare i suoi capelli così chiari da sembrare bianchi. Lui le si avvicinò lentamente, osservandola con curiosità.
- Che strana coincidenza ritrovarci qui, entrambi.- Le disse rivolgendole un sorriso che però non coinvolgeva gli occhi. Loro restavano freddi e glaciali sul viso di lei, pronti a cogliere ogni suo movimento.
-Non credo nelle coincidenze.- Sussurrò la ragazza a denti stretti.
- E fai bene.- Le rispose Sebastian prima di scattare in avanti, verso il corpo di lei, premendole così un braccio sopra la clavicola e spingendola con una spinta contro una delle pareti umidicce del vecchio vicolo. Un urlò abbandonò le labbra di Samantha che strinse gli occhi non appena le proprie spalle si scontrarono contro il cemento duro, mordendosi appena un labbro per soffocare la fitta di dolore.
- Cosa diavolo fai?- Gli urlò contro mentre le mani di lui le si stringevano intorno alle spalle, bloccandola.
Sebastian la osservava con curiosità, i suoi occhi vagavano sul viso di lei, catturandone ogni dettaglio, come se stesse a farle una radiografia. - E' davvero molto curioso tutto ciò.-
- Di cosa parli?-
- Di te.-
- E' così difficile parlare chiaramente? Sono circondata da persone che non hanno la capacità di dare una mezza spiegazioni. Solo frasi mozzate di qua e di là.- ringhiò Sam nera di rabbia.
- Tu non sai cosa sono io?- Chiese Sebastian sinceramente sorpreso.
- Oltre ad essere un maniaco stalker?- Sam sentì le proprie labbra seccarsi mentre parlava. -No.- concluse.
-Allora ti serve davvero una lezione di demonologia.- allontanò appena il viso dalla ragazza senza allentare la presa. - Sai almeno chi sono i Nephilim?-  Notando l'espressione interrogativa di Sam sollevò gli occhi al cielo esasperato. -I cacciatori per voi mondani ignoranti.-
La ragazza  lo fulminò con lo sguardo prima di ricordarsi di quello che aveva scoperto nel pomeriggio. -Figli di uomini e di angeli.-
-Più o meno.- fece una piccola pausa.-  Secondo la leggenda, gli Shadowhunters, ovvero cacciatori di demoni, furono creati più di mille anni fa, quando gli umani stavano per essere distrutti dalle invasioni di demoni provenienti da altri mondi. Jonathan Shadowhunter, il primo Nephilim, evocò l'angelo Raziel, che mescolò in una ciotola un po' del proprio sangue con del sangue umano e lo diede da bere agli uomini. Coloro che bevvero il sangue dell'Angelo divennero Cacciatori, e così i loro figli e i figli dei loro figli.-  Sollevò un braccio in modo che lei potesse vedere una delle rune che lo percorreva. -E queste sono la loro fonte di forza, le rune, ce ne sono per ogni tipo. Ti rendono più forte , più veloce o qualsiasi sia la funzione della runa che adoperi.-
Sam schiuse le labbra sorpresa lasciando correre lo sguardo sul braccio marchiato del ragazzo. -Se anche tu porti i marchi dei cacciatori, allora perché ne parli chiamandoli 'loro' e non 'noi'?-
-Perchè io sono un cacciatore speciale. Nelle mie vene scorre sangue di demone, questo mi rende più forte e veloce di natura.- Fece una pausa aumentando la stretta delle dita contro la pelle della ragazza. - E anche più spietato.-
Gli occhi di Sebastian erano diventati ancora più scuri di quanto fossero normalmente, non era quasi distinguibile la pupilla. Sam fece una smorfia di dolore alla sua stretta, respirando profondente.
- Magnus cos'è? - gli chiese in fine.
Il viso di Sebastian si rilassò di colpo alla sua domanda, come se l'oscurità che lo aveva avvolto si era dissolta come fumo. - E' un nascosto. -
- Un nascosto?-
- I nascosti sono coloro che abitano insieme a noi nel Mondo Invisibile. Sono i vampiri, lupi mannari, il popolo fatato e figli di Lilith, essendo mezzi demoni, sono stregoni.-
Tutte quelle informazioni le volteggiarono nella testa come un faro di luce nell'oscurità più totale.
-E tu cosa vuoi da me sottospecie di Spider-Man oscuro?-
- Ora vuoi sapere decisamente troppo.- Uno strano sorriso si formò sulle labbra di Sebastin mentre sollevava due dita, portandole sulla guancia di lei, che sfiorò appena.
Sam riusciva a sentire il battito regolare del suo cuore vibrargli attraverso il petto e il suo respiro le riscaldava la pelle. -Non toccarmi.-
Una risata fuoriuscì dalle labbra di Sebastian. -Oppure, cosa mi fai? Mi spruzzi negli occhi lo spray al peperoncino?-
Sam portò lo sguardo negli occhi di lui, fissandoli e con un movimento veloce sollevò entrambe le mani premendole sul suo petto come per allontanarlo. E lui lo fece. Sebastian scattò indietro con un'espressione confusa sul viso mentre sollevava una mano, portandola su una parte del collo che era rimasta scoperta dalla maglietta. Era balzato via come se il il tocco delle dita di Sam lo avessero bruciato.
-Ma cosa.. - si toccò la pelle confuso. -Mi hai ustionato!- Esclamò più sorpreso che arrabbiato.
Sam abbassò lo sguardo sui propri palmi, guardandosi le mani tremolanti sconcertata. -I-io..- balbettò del tutto confusa mentre lui le si avvicinava di nuovo stringendole le dita intorno al polso. Le girò il braccio in modo da poterle osservare il palmo della mano, ma non c'era niente di strano, la sua pelle era liscia e morbida, senza nessuna traccia di qualcosa di anormale.
- Molto interessante- gli sentì mormorare mentre lo sguardo di lui la percorreva dall'alto verso il basso, in maniera insistente, facendola sentire a disagio. Sebastian le si avvicinò con una velocità non umana, premendola nuovamente contro quella parete, portandosi ad un palmo dal suo viso. E poi ci fu il buio.


§

Era come se qualcuno le avesse cucito le palpebre. A Sam parve di sentire le pelle che si strappava mentre le apriva lentamente e sbatteva gli occhi. Vide sopra di sé un limpido cielo notturno, non c'era traccia di stelle. Si mise dolorosamente a sedere. Le faceva male tutto, ma soprattutto la nuca. Si guardò attorno: si ritrovava distesa sopra ad un prato mal curato, l'umidità le era entrata nelle ossa. Non ci volle molte a riconoscere quel posto, era il parco che aveva oltrepassato la mattina, questo significava che era nelle vicinanze della casa di Magnus e che Sebastian non le aveva spezzato il collo, cosa molto probabile in quegli istanti.
Si mise in piedi lentamente, premendo entrambe le mani sul collo dolorante, mentre si avviava a passo svelto tra le case che ora le sembravano famigliari. I vecchi edifici squadrati, l'odore di spazzatura, il viale stretto e finalmente il portone di ferro della casa di Magnus. Lo varcò intrufolandosi sul pianerottolo buio e percorse velocemente le due rampe di scale, per poi bussare con impazienza alla porta della casa.
Le aprì un ragazzo. Si guardarono entrambi confusi, in un primo momento pensò di aver sbagliato porta, ma il cognome Bane era chiaramente leggibile sulla porta.
-E tu saresti?- Il ragazzo la guardò in modo sospettoso. Era consapevole di avere un aspetto orribile e di poter sembrare una barbona, ma in quel momento le importava poco.
Stava per rispondergli quando una voce familiare parlò.- Sigmund, lascia entrare la vagabonda.-
Il ragazzò sollevò gli occhi al cielo e si spostò per farla passare. - Ti ho detto che mi chiamo Simon!-
Magnus che era seduto comodamente sul divano sollevò pigramente una mano in segno di noncuranza, portando poi lo sguardo su Sam che era appena entrata. -Allora, mi derubi e scappi via?-
Un senso di colpa si fiondò nello stomaco. -Io volevo solo.. esplorare.-
-Esplorare, interessante.- Magnus fece una pausa sollevandosi in piedi. - La prossima volta avvertimi. Ho fatto un po' di shopping per te, ora vai, prima che la tua vista mi irriti più del dovuto.-
Sam si voltò ritrovandosi nuovamente di fronte quel ragazzo dagli occhi scuri e l'aria impacciata che era rimasto in silenzio a far da spettatore. - Seymour, va con lei, non voglio che scappi di nuovo. Io intanto sistemerò una camera per te.-
Sam entrò nella sua stanza con Simon alle spalle. In quel momento desiderava con tutta se stessa restare da sola. -Mi dispiace che tu debba farmi da babysitter.-
- Tranquilla, posso capire come ti senta.- le disse lui rivolgendole un sorriso comprensivo.
Lei annuì appena lasciandosi ricadere sulla sedia, esausta. - Anche tu sei uno stregone?-
Simon accennò una risata scuotendo poi la testa. - No, io sono un vampiro.-
Sam ebbe un momento di esitazione. Quel ragazzo che sembrava la cosa più innocente del mondo, che dimostrava poco più di sedici anni, era un vampiro?
-Figo.- fu quello che disse. -Almeno tu sai in che categoria inserirti.-
Simon le sorrise. -Beh, io sono uno vampiro un po' più figo. Posso stare alla luce del giorno.-
- Dovrei chiederti l'autografo?-
-Se vuoi offro anche foto e maglie con la mia faccia sopra e la scritta“Io sono l'unico e solo, stronzetti”.-
Sam sorrise. -Vivi qui con Magnus?-
Lui scosse la testa sospirando appena. -No, ma non ho un posto dove andare e..-
-...E visto che ultimamente ho messo su un hotel per vagabondi, ospito i figli abbandonati senza una casa.-
Entrambi girarono il volto verso la porta ritrovandosi un Magnus in vestaglia che sorseggiava annoiato del vino da un bicchiere a coppa. - Su, il convento spegne le luci, tutti a dormire.- Si girò verso il corridoio esitando un secondo. -E per quanto riguarda te, signorina, domani avremo molto di cui parlare.-






NOTE D’AUTRICE 
Allora, vi ringrazio di cuore per l'incoraggiamento che mi avete dato nel primo capitolo, per me il vostro parere è davvero molto importante!
Spero di non deludere le aspettative e che questo capitolo vi piaccia!
Naturalmente ringrazio anche chi ha messo la storia tra i preferiti, seguite e ricordate, vi ringrazio tutti di cuore.
Come sempre, sapere cosa ne pensate mi renderebbe davvero felice, un bacione enorme. <3






Credits
: Per la barra prima delle note a : yingsu

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***








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Io ho visto e incontrato angeli camuffati da persone ordinarie che vivono vite ordinarie





La stanza era totalmente immersa nel buio, la poca luce che filtrava attraverso la finestra metteva in risalto le sagome dei mobili, proiettando delle ombre lugubri sulla superficie della sua coperta.
Sam non riusciva a dormire. Di nuovo.
Da quando era arrivata in quella casa le ore di sonno che aveva riuscito ad accumulare era state davvero poche, aveva paura di chiudere gli occhi e di ritrovare quello che era era stato l'ultimo scenario che aveva visto a casa sua. Solo sangue.
Si sollevò, ormai scoraggiata, e mosse alcuni passi nel corridoio in direzione del bagno. Una luce che si intravedeva da sotto una porta attirò la sua attenzione.
Era una persona molto curiosa di natura e per quanto la ragione le stesse dicendo di farsi gli affari suoi, non riuscì a non sistemarsi vicino alla porta di legno, aguzzando l'udito per cogliere qualche movimento. Ma niente, il vuoto totale.
Un senso di delusione le si montò nello stomaco fin quando una voce parlò.
- Posso sentire il tuo respiro.- Era una voce tranquilla e amichevole. Simon.
Colta alla sprovvista Sam si sentì avvampare, mentre la porta si apriva dando così una visione completa della stanza. Il viso di Simon era tirato e stanco, sotto i suoi occhi erano visibili delle occhiaie livide. Non doveva riposare da giorni.
- Io..- Farfugliò lei, tentando di mettere in piedi una scusa veloce, non avendo minimamente idea di cosa inventarsi in quel momento.
- Non riesci a dormire?- Le chiese lui sciogliendo subito quell'imbarazzo che l'aveva invasa.
- Per niente.-
- Neanche io.- Mormorò lui, spostandosi poi dalla porta in modo da lasciare un po' di spazio per dar modo a Sam di passare ed entrare nella stanza.
- Come mai non riesci a dormire?- Chiese lei senza soffermarsi a pensare su quella domanda.
-Incubi.- Rispose Simon. -Ne faccio di continuo.-
-Oh.- A quella parola qualcosa balenò nella mente di lei. Aveva mai avuto un incubo? O meglio, aveva mai sognato? Ogni persona normale in questo mondo quando si metteva a letto chiudeva gli  occhi e sognava un qualcosa, entrando così un mondo parallelo messo su dalla propria fantasia. Ma Sam non aveva mai sognato in vita sua. Forse era il segnale che in lei c'era qualcosa che non andava?
Istintivamente si portò una mano al ciondolo che aveva appeso al collo, lo sguardo di Simon seguì il suo movimento, guardandola con perplessità. -Anche tu sei una cacciatrice?- Le chiese mentre si sedeva sul bordo del letto.
 -Come?- La domanda le piombò addosso come un macigno. -Cosa te lo fa pensare?-
Simon indicò con un cenno del capo il suo ciondolo. -E' una runa.-
Lei chinò il capo, lasciando scorrere lo sguardo sul disegno. Sebastian le aveva spiegato cos'erano le rune, ma no, lei non era una cacciatrice.
- Cosa significa questa Runa?- Chiese lei puntando lo sguardo negli occhi del ragazzo.
Simon scosse la testa, facendo spallucce. - Non ne ho idea, ne so riconoscere perché ormai ne vedo più di quante vorrei, però... - Si sollevò dal letto aprendo lentamente la porta della sua camera e osservando così che nel corridoio non ci fosse nessuno.- Magnus deve avere da qualche parte una copia del Libro Grigio, se non sbaglio.-
- Il libro Grigio?-
-Una specie di Wikipedia dei cacciatori.- Disse lui, avviandosi a passo lento per il corridoio.
Sam lo seguì notando però che i passi di lui non facevano il minimo rumore, come non riusciva nemmeno a percepirne il respiro, doveva avere paura di quel ragazzo?
Quando Simon si fermò di scatto, Sam dovette piantare i piedi a terra per non finirgli contro, aveva completamente la testa altrove. Lo osservò mentre il ragazzo studiava attentamente i pesanti volumi  presenti nella libreria dello stregone.
Un sorriso si formò sulle sue labbra quando tirò fuori un grosso libro. -Più facile di trovare un ago in un pagliaio.- Disse soddisfatto aprendolo e facendo svolazzare le pagine, sollevando una leggera nube di polvere.
- Eccola.- Disse entusiasta. -Sherlock Holmes mi fa un baffo, oggi sono troppo in forma.- indicò con un dito un disegno tra altri, rappresentando lo stesso che aveva lei al collo.
-La runa della protezione?- sussurrò leggendo a fatica la scritta sbiadita.
Simon sollevò le sopracciglia annuendo appena. - Quindi chi mi l'ha data voleva proteggermi.- disse lei sovrappensiero. -Ma questo lo avevo capito, ma proteggermi da cosa?- Sbuffò lei nervosa.
Simon la osservò in silenzio per alcuni istanti per poi sollevare una mano, portandola sulla sua spalla, come per confortarla.
Sam accettò quel gesto, notando come le mani di lui risultassero fredde contro la sua pelle.
Ma accadde qualcosa. Simon ritirò velocemente la mano, sul viso un'espressione dolorante e dalla mano usciva del fumo, come se fosse stata bruciata.
Entrambi di guardarono confusi. Di nuovo? Pensò Sam in preda al panico mentre si portava una mano sulla bocca.
- Mi hai bruciato come se fossi una porchetta?- Disse Simon mentre guarda la sua mano guarire.
- Io non so cosa mi stia succedendo.- Balbettò lei in preda al panico, passandosi una mano tra i capelli, velocemente. -Io non volevo farti del male.- Disse guardando Simon e portando una mano vicino al suo petto. -Te lo giuro.-
Il ragazzo inizialmente si ritrasse al tocco di lei, ma poi glielo concesse e qualcosa cambiò nella sua espressione. Agli occhi stanchi si sostituirono occhi vivaci e pieni di vita, le ombre sotto i suoi occhi svanirono e il suo colorito già pallido prese un po' di colore.
Le già espressioni confuse, si corrucciarono ancora di più. -Che è successo?- Scattò lei ritirando la mano.
Simon si guardò il corpo e poi lei, ripetendo quello scambio di sguardi per svariate volte. -Mi sento come se avessi bevuto sangue umano tutto il giorno.- deglutì. -Sam, ma tu cosa sei?-
-Io..- lei indietreggiò del tutto spaventata e corse via.
Uscì dalla porta principiale e si rannicchiò contro le scale del pianerottolo, aveva bisogno d'aria fresca.


-Chi si rivede, la torcia umana. -Una voce ormai troppo familiare attirò la sua attenzione facendole sollevare lo sguardo.
- Oddio, ma sei una persecuzione. -sbottò la ragazza sollevandosi in piedi di scatto.
- Anche io sono molto lieto di vederti, Samantha. -
- Il piacere non è ricambiato, Sebastian.- Rispose lei con un sorriso falso, girandosi poi verso la porta. Ma una mano la bloccò, stringendo le dita contro il suo polso.
- Non così in fretta.- Disse lui dandole uno strattone e portandosi il corpo di lei di fronte al suo.
- Cosa vuoi?-
- Perché sei così sulla difensiva? Infondo non mi conosci affatto.-
-La tua fama ti precede.-
Un sorriso si formò sulle labbra di Sebastian. -Ne sono lieto.- Fece una pausa tirandosi maggiormente il corpo di lei contro il suo, portando le labbra in prossimità del suo orecchio. - Non sono una minaccia, per ora. -
Il suo tono di voce le fece gelare il sangue nelle vene, Sam strinse gli occhi, tentando in tutti i modi di tirar fuori quella sua capacità di abbrustolire le persone, ma niente, Sebastian non mollava la presa.
- Ripeto- Disse lei prendendo un lungo respiro. -Che cosa vuoi.-
- Ora lo vedrai.- Improvvisamente la voce di Sebastian era diventata calda, un brivido le si formò alla base della schiena prima che il buio prendesse il sopravvento.

§

Sam si svegliò con il cuore a mille, intrappolata in un groviglio di coperte. Riaprì gli occhi lentamente ritrovandosi in una stanza che non conosceva. I muri erano intonacati di bianco e lei si ritrovava in un letto di legno nero, con indosso gli stessi vestiti della sera prima. La stanza era priva di finestre: l'unica luce proveniva da un lampadario nero smerigliato che rifletteva la luce contro la sua coperta. Era giorno, probabilmente.
Scattò immediatamente a sedere e un dolore ardente le trafisse la testa come uno spillo mentre un senso di nausea le si fiondò nello stomaco. Tentò di mettersi in piedi, cercando a tendoni qualcosa a cui aggrapparsi ma ogni singola parte del corpo le doleva, come se ogni suo muscolo la implorasse di ritornare a stendersi in quel letto e dormire. Una figura seduto di fianco a lei attirò la sua attenzione. Sobbalzò quando capì che era Sebastian.
Era appoggiato contro la spalliera, con un braccio le circondava parte delle spalle. Aveva la testa china, stava dormendo profondamente, il suo viso era completamente rilassato, facendolo sembrare più giovane di quanto fosse in realtà e dandogli come una sfumatura di angelico. Sembrava che avesse passato il tempo a stringerla a se. Sebastian aveva dormito abbracciato a lei?
Un calore le si diffuse lungo le guance e fu costretta a scuotere la testa, come per riportarsi alla realtà.
Domanda più importante: Dov'era finita?
- Oh, finalmente ti sei svegliata.- La voce di Sebastian la strappò dai suoi pensieri, costringendola a guardarlo.
-Se magari la smettessi di stendermi ogni volta, te ne sarei grato.-
- Me lo appunterò, ma non ti prometto niente.- Rispose lui con un sorriso che però non coinvolgeva gli occhi.
- Che cosa vuoi da me?-
-Per l'Angelo ragazzina, stai diventando noiosa e ripetitiva, e io che pensavo fossi un tipetto interessante.-
- Scusami se non sono proprio di compagnia, sono troppo occupata a capire cosa voglia da me il “cavaliere oscuro” dei Cacciatori.-
Lui sorrise e questa volta sorrisero anche i suoi occhi.
- Quello che vuole Magnus Bane, però di lui ti fidi e di me no. Quanto si dice che sulla terra ci vuole fortuna.-
- E cioè?-
- Capire cosa sei. -Disse lui, questa volta in un sussurro. Sollevò una mano che portò sulla guancia di lei, accarezzando con la punta delle dita la sua pelle e sistemandole una ciocca di capelli dietro al suo orecchio. - Una normale mondana non ustionerebbe le persone o guarisse i vampiri stanchi dalla fame.- Disse pensieroso. -E nemmeno avrebbe bisogno di un ciondolo con la runa di protezione.-
- Come fai a sapere di Simon..- Disse lei a voce bassa. Era del tutto deconcentrata, le mani di lui che le indugiavano contra la pelle la distraevano e non poco. Si chiedeva del perché non provasse ribrezzo in quel contatto, perché non le veniva voglia di ritirarsi? Lui non era il cattivo? O meglio, da quando i cattivi avevano deciso di diventare così dannatamente affascinanti?
- So più di quanto credi.- Rispose lui, facendo scivolare la mano lunga la linea della sua mascella.
- Perché qualcuno voleva proteggermi? - Chiese lei, stringendo tra le dita il ciondolo che aveva al collo.
- Perché non eri destinata a questo posto, e la rarità ha sempre bisogno di essere protetta.-
Lei annuì lentamente. Sebastian la doveva piantare con quelle carezze. Le stava solo confondendo, era pronta a tirargli un cazzotto pur di farlo smettere.



§



Simon pensò che quella sensazione che gli attraversava il corpo, fosse la cosa più bella che avesse mai visto: era come se l'intera notte fosse esplosa di luce caleidoscopica. La catena che portava a collo sembrava un fascio d' argento, la luce proveniente dal lampadario era come lingue di fuoco.
Si sentiva fantastico, vitale come mai prima d'ora. Onde di energia lo attraversavano come una scossa elettrica; il dolore alla testa e allo stomaco era scomparso. Avrebbe potuto correre per centinai di chilometri.
Un nome però gli balenò nella mente, riportandolo alla realtà: Sam.

-Magnus!- Simon colpì la porta dello stregone, Sam era sparita, era convinto che fosse ritornata prima o poi, ma erano passate ore e la ragazza non era ancora rincasata. - Il tuo sonno di bellezza può essere interrotto, ti giuro sul mio onore che non hai nemmeno una ruga, ma per favore apri questa porta.-
Un Magnus irritato aprì di scatto la porta, tirando fuori soltanto la testa. - Sinclair, spero per te che sia una cosa davvero così importate.-
- Sam, è scappata via.- Quasi urlò Simon, passandosi nervosamente le mani tra i capelli. -Credo sia colpa mia.-
- Che hai fatto Diurno?- Lo sguardo di Magnus scattò come quello di un felino mentre si stringeva la vestaglia in vita.
Simon gli raccontò brevemente cosa fosse accaduto, senza andare troppo nei dettagli. -Poi ad un certo punto le ho dato una pacca sulla spalla e mi ha praticamente ustionato, era come se avessi toccato il sole.- Aggiunse velocemente. -Lei era del tutto spaventata, allora mia ha poggiato una mano sul petto e mi sono sentito rivivere, sazio.- Concluse Simon puntando gli occhi in quelli dello stregone.
- Dovete smetterla di flirtare sotto il mio tetto.- Borbottò lo stregone uscendo a passo svelto dalla stanza, recandosi nella cucina.
- Noi non stavamo flirtando. -Sbottò Simon esasperato.
- Seymour.- Disse serio Magnus sollevando lo sguardo verso il viso del ragazzo.
- Mi chiamo Simon.- Rispose lui avvicinandosi lentamente, poggiando una mano sul tavolo posto nel centro della cucina.
Magnus sollevò una mano con noncuranza per poi aggiungere. -Dobbiamo trovarla e metterla al sicuro.-
- Qui non lo è?-
-Per niente.-
- Dove pensi di mandarla?-
Magnus afferrò uno dei libri riposti in maniera ordinata nello scaffale per poi osservare il contenuto di una delle pagine. -Da dei vecchi amici. -


§


Sebastian era finalmente uscito da quella stanza, Sam lo ringraziò mentalmente per averla lasciata un po' da sola. Esplorò la stanza e istintivamente aprì le ante dell'armadio. Spalancò gli occhi per la meraviglia, era pieno di vestiti, maglie e pantaloni.
Ne estrasse fuori un paio e notò finalmente di aver qualcosa con cui sostituire quei vestiti che ormai portava addosso da due giorni. Opto per una maglia azzurra a maniche corte, che ricadeva morbida lungo i fianchi, e un paio di leggins neri. Indossò un cardigan nero che abbinò a degli anfibi alti alla caviglia, con delle borchie.  Aveva un look decisamente aggressivo.
Aprì la porta che dava sul piccolo bagno in vetro e acciaio cromato comunicante della stanza, era munito di vasca con piedini di rame. Anche lì nessuna finestra. Si lavò rapidamente, asciugandosi il viso con una salvietta bianca e soffice e decise di legarsi i capelli in una coda morbida, lasciando fuori alcune ciocche più ribelli. Finalmente poteva fissare la propria immagine nello specchio e sentire di aver un aspetto più o meno decente, fino a poco prima poteva passare per una barbona.
Strinse istintivamente le mani intorno al ciondolo della collana e uscì dalla camera. Era un appartamento? Si trovava in una grande stanza, metà della quale occupata da un lungo tavolo di vetro. Dal soffitto pendevano altri lampadari di vetro nero smerigliato che proiettavano ombre danzanti sulle pareti. Era tutto molto moderno, dalle sedie in pelle nera al grande camino incorniciato d'acciaio. Dentro ardeva un fuoco. L'altra metà della stanza ospitava un grande televisore, un tavolino da caffè nero laccato su cui erano sparsi videogiochi, e divani bassi in pelle. Una scala di vetro a chiocciola portava al piano superiore. Dopo essersi guardata attorno, Sam iniziò a salire i gradini. Il vetro era perfettamente trasparente e dava l'impressione di percorrere una scala invisibile.
Il secondo piano era molto simile al primo: pareti chiare, pavimento nero, un lungo corridoio su cui si aprivano diverse porte. La prima dava su quella che era chiaramente la camera padronale, dove un enorme letto di palissandro celato da tende bianche trasparenti, occupava gran parte dello spazio.  Uscì da quella stanza, per entrare in quella successiva.
Scoprì che anche quella era una camera da letto, molto simile a quella di prima, non fosse stato per il disordine totale: il letto era un groviglio di coperte e lenzuola di seta nera, la scrivania di vetro e acciaio giaceva sotto un cumulo di libri e riviste, vestiti da ragazzo sparpagliati ovunque. Jeans, giacche, magliette e attrezzature.
Sentì di star facendo qualcosa di tremendamente sbagliato e indietreggiò rapidamente per lasciare la stanza, finendo dritta contro un muro di carne e ossa. Delle braccia la avvolsero, stringendola forte, e Sam vide che erano snelle e muscolose.
- Che cosa ci fai in camera mia?- le disse all'orecchio Sebastian.













NOTE D’AUTRICE 
Okay, è più breve in confronto ai capitoli precedenti. In primis perdonatami da morire per l'enorme ritardo, ma non ho avuto un attimo di tempo per stendere tre righe di seguito. Mannaggia agli impegni!
Spero comunque che vi piaccia e fatevi sentire, ho bisogno dei vostri pareri, davvero, per me sono importantissimi. <3

P.s. Se trovate errori non fate problemi a segnalarmeli, anzi, mi aiutate un sacco così. :)

P.p.s. Penso di pubblicare due capitoli a settimana, nel caso non ci riesco ogni capitolo avrò una cadenza settimanale, tipo episodi (?)

P.p.p.s. Non so se metterò tutti i personaggi, perchè alcuni sarebbero un po' una forzatura, non c'entrando molto con la storia, mentre altri faranno solo delle comparse e vorrei anche dire che il personaggio di Sam è nato dalla mia fantasia quindi, non ha caratteristiche già viste nei romanzi della Clare (tipo Tessa).

Basta ora mi sto zitta per davvero..... Un bacio enorme a tutti. <3






Credits
: Per la barra prima delle note a : yingsu

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***








» Capitolo 4
                                 
«Deligere oportet quem velis diligere.
(Bisogna scegliere chi si vuole amare).
-Cicerone.
» 







Quando avvertì la stretta delle braccia di Sebastian contro il suo corpo, Sam non riuscì a non irrigidirsi. Avvertiva il respiro caldo di lui contro la sua nuca, solleticandole così la pelle.
Prese un lungo respiro, non sapeva cosa dire, cosa inventarsi, infondo era stata mossa solo dalla curiosità. Voleva solo capire dove fosse.
- Stavo cercando la mia stanza. - Mentì.
- Hai sbagliato di un piano. - Disse lui a voce bassa.
- In questo posto è tutto uguale. - farfugliò lei, tentando di tenere la voce ferma e più sincera possibile.
Lui allentò la stretta delle braccia, lasciandole così una libertà maggiore, senza però liberarla. La voltò verso di se, in modo che i loro visi si ritrovassero uno di fronte l'altro.
- Sai cosa m’infastidisce davvero tanto?- Le disse in un sussurro, puntando i suoi occhi scuri su quelli di lei. -Che mi si menta. - Disse a denti stretti aumentando la stretta delle braccia intorno al suo corpo.
Sam schiuse le labbra, per poi indurire i lineamenti del viso.  Non voleva mostrarsi spaventata, non era più una ragazzina che necessitava protezione, poteva cavarsela, doveva smettere di avere paura. Anche se la paura che lui le trasmetteva si univa a qualcos'altro, c'era qualcosa che le faceva battere il cuore così forte oltre al terrore. Una scossa che partiva dalle sue dita sulla sua pelle e le attraversava le vene, arrivando a ogni zona del suo corpo.
- Vuoi farmi fuori solo perché sono una persona curiosa?- Disse a denti stretti, tentando di reggere il suo sguardo. - Sai, non capita tutti i giorni di finire in un posto come questo con uno strano tipo che prima ti rapisce e poi pretende che tu abbia fiducia in lui. - fece una pausa respirando profondamente. - Scusami se sono diffidente e non cado ai tuoi piedi. -
L'angolo delle labbra di Sebastian si sollevò in un sorrisetto. Era divertito da quella situazione?
-Allora forse ci avevo visto giusto su di te, forse forse sei un tipetto interessante. -
- Non vedo come questo possa essere importante ora come ora. - sbuffò Sam, tentando in qualche modo di liberarsi dalla stretta salda che Sebastian aveva esercitato lungo le sue braccia.
- Beh, siccome dovremmo passare del tempo insieme, tanto vale renderlo piacevole?- Il sorriso che aveva sulle labbra coinvolgeva per la prima volta anche gli occhi.
Sam tirò indietro la testa, spaventata.
- Perché mi guardi come se fossi un molestatore?-
- Perché sembri un molestatore. -
- Fidati, non ho bisogno di molestare nessuna. - Disse questo e sciolse la presa delle braccia intorno al suo corpo, liberandola. - Spero che il prossimo incontro nella mia stanza possa essere più piacevole. - terminò Sebastian, con ancora il sorriso sulle labbra. Sam avrebbe voluto farlo sparire con un pugno.
- Beh, per ora me ne starò alla larga, ha l'aspetto di un covo di malattie infettive. - Disse lei con un cenno della testa indicando l'evidente disordine e cibo sparso ovunque.
- Si dice che dal disordine delle stanze da letto, si può capire la personalità di una persona. - Concluse Sebastian accompagnandola all'uscita della camera. - Tira giù le tue conclusioni, allora. - Disse infine chiudendo la porta e lasciandola sola nel corridoio.
 
§
 
Sam fissò per alcuni istanti la porta di legno, le parole di Sebastian le volteggiavano nella mente. Scrollò le spalle lasciando andare via quei pensieri e si voltò, in modo da tornare indietro, verso la scala. Durante il percorso notò due finestre. Attraversò velocemente la distanza e si affacciò a esse, osservando così il paesaggio che si estendeva intorno alla casa. Le sembrava di essere ritornata nella periferia di Londra, dove aveva vissuto la sua infanzia. In quel posto non c'era nessuna casa nelle vicinanze. Il terreno era ricoperto di neve, non in maniera eccessiva, e la casa era circondata da uno steccato di legno. L'orizzonte era velato da alcune montagne che quasi si fondevano con il cielo, mentre erano più visibili delle colline. Sembrava del tutto incontaminato, non c'era traccia del passaggio dell'uomo. Sollevò lo sguardo verso l'alto, dal cielo grigio sembrava che di lì a poco avesse piovuto, ma data la neve che caratterizzava il tutto, forse sarebbe scesa per una nuova imbiancata. Un sorriso si formò sulle sue labbra a quel pensiero, la neve le era sempre piaciuta. Quando nevicava, sembrava che tutto il mondo tacesse, l'aria era immobile e anche il paesaggio che ti ritrovavi davanti tutti i giorni, diventava magico.
Vedere la neve le aveva alleggerito la testa, nonostante non ne avesse motivo, ora, si sentiva più spensierata. Era inutile starsene tutta cupa con l'ansia a mille, non faceva parte del suo essere.
Sam era una di quelle persone che davanti a una difficoltà riusciva a trovare un modo per sviarsela, pensava che fosse grazie a questo se era riuscita a scappare quel giorno dalla casa dei Reyes, senza lasciarsi fermare dal sangue che imbrattava ogni angolo di quel posto.
 
 §

Il rumore di alcuni colpi contro la porta la fece svegliare. Si guardo intorno, tentando di mettere a fuoco ogni zona della stanza. Si era addormentata di sasso non appena aveva poggiato la testa sul cuscino. Non aveva idea di quanto tempo fosse passato e per quanto avesse dormito.
I colpi alla porta si fecero più incalzanti e la costrinsero ad alzarsi, ancora mezza stordita dal sonno.
- Un attimo. - Tentò di dire mentre si dirigeva goffamente verso la maniglia, che abbassò senza esitazione.
Era così convinta di ritrovarsi davanti Sebastian che quando il suo sguardò finì sul viso di una ragazza, indietreggiò istintivamente, guardandola confusa. Era convinta che ci fossero solo lei e Sebastian, questa chi era?
La ragazza le rivolse un sorriso, per poi fare un passo verso di lei, mentre sollevava una mano per presentarsi. - Piacere di conoscerti, sono Shauna.-
Sam non rispose, spostando più volte lo sguardo dal viso della ragazza alla mano sospesa a mezz'aria in attesa che lei ricambiasse la stretta.
Shauna aveva un sorriso gentile, ma i suoi occhi brillavano come un fuoco alimentato da una vivacità che Sam non conosceva. Era bella, una bellezza che non sfuggiva. Aveva gli occhi azzurri, ma di un azzurro così chiaro che le ricordavano le schegge di ghiaccio. Il viso era incorniciato da dei capelli biondi, che le ricadevano lisci sulle spalle e faceva notare il suo corpo ben fatto con un vestito bianco lungo fino alle cosce che risaltava la sua pelle dorata.
Sam si sentiva come una barbona vicino a lei.
-Se magari mi stringessi la mano invece di fissarmi come un’aliena, io eviterei crampi al braccio e tu potresti toglierti quell'espressione imbambolata. - Disse Shauna riportando l'attenzione di Sam su di lei.
Automaticamente Sam allungò una mano, stringendo così quella morbida di lei. -Piacere, Samantha.-
- Lo so.- Rispose subito lei. -Mi lasci entrare?-
Estremamente confusa, Sam si spostò dalla porta, lasciando così modo a Shauna di passare.
- Sei un'amica di Sebastian?- Chiese osservando la figura slanciata di lei, che le dava le spalle.
Una leggera risata uscì dalle labbra di Shauna. -Puoi definirmi così. -
Sam era convinta che avrebbe aggiunto qualche altro dettaglio ma Shauna restò in silenzio, fissandola a sua volta.
-Beh?- sbottò Sam interrompendo il silenzio. - Ti serve qualcosa?-
Shauna lasciò vagare lo sguardo su di lei, scrutandola dalla testa ai piedi più volte. - Sono qui per aiutarti. -
- Aiutarmi?-
-oh ma Sebastian non ti ha detto niente?!- Chiese lei esasperata, muovendo poi alcuni passi verso la ragazza, portando entrambe le mani sulle sue spalle. -Stasera si va in un posto speciale ed io ti renderò presentabile. - Fece una pausa inumidendosi le labbra. -Senza offesa, ma non hai proprio un bell'aspetto. -
- Dove dobbiamo andare?- Chiese Sam sulla difensiva.
- Dio come sei tesa. - Disse lei alzando gli occhi al cielo. -A divertirci, Seb ci porta a ballare. -
Sam fece una smorfia, un po' perché nella sua idea Sebastian non era uno di quei ragazzi che andava in giro a divertirsi, ma solo armi e mosse di Kung-Fu. Non le sfuggì il modo in cui la ragazza parlava di lui, il modo in cui si riferiva a lui chiamandolo “Seb”, le aveva dato fastidio, riportandole alla mente la sua risposta di poco prima “puoi definirmi così”, forse non erano solo amici?
Al pensiero Sam si morse il labbro.
- Dai, vai a farti una doccia, io sceglierò cosa indosserai. - Le disse Shauna mentre la spingeva sulla porta del bagno. -E sbrigati. -
 
Non appena entrò nel bagno, lo sguardo di Sam finì sul suo riflesso nello specchio, nonostante avesse dormito tutto il pomeriggio, si sentiva le ossa a pezzi. Aveva lo sguardo fermo, gli zigomi pronunciati e le occhiaie appena in vista. Non sapeva definirsi. Non sapeva se definirsi bella, graziosa, carina o orripilante. La signora Reyes le aveva sempre detto che per quelle come lei l'aspetto fisico contava poco, e Sam non aveva mai capito a cosa si riferisse e non lo capiva nemmeno ora.  Adesso era circondata da persone nuove, persone alle quali si presentava in primo luogo con quell'aspetto, e cosa pensavano di lei? Per quanto si ripetesse che il parere di quella gente in realtà era irrilevante, sapeva di mentire. A lei importava sapere se qualcuno guardandola si sentiva come lei quando guardava Shauna. Incantata.
Entrò nella doccia lasciando che l'acqua sciacquasse via i suoi pensieri, godendosi la sensazione dello shampoo sui suoi capelli.
Quando ebbe finito, uscì dalla cabina avvolgendo il corpo con un asciugamano e stringendo i capelli in un'altra a mo’ di turbante. Era imbarazzata a mostrarsi mezza nuda a una persona estranea, quindi prese un respiro e uscì dal bagno.
Non appena la vide Shauna le rivolse un sorriso, facendole segno di avvicinarsi allo specchio, dove la fece sedere su uno sgabello, portandosi così alle sue spalle.
Sciolse la presa dell'asciugamano dai capelli castani di Sam e li lasciò ricadere in maniera disordinata, prima di prendere un pettine e iniziandoli a districare.
Sam la osservava attraverso lo specchio, si chiedeva per quale motivo lo stesse facendo. La domanda era così insistente che non riuscì a trattenersi. -Perché mi stai aiutando?-
Lei sollevò lo sguardo dai suoi capelli, allungandosi sulla toilette e prendendo tra le mani il phon. -Perché è stato Sebastian chiedermelo. -
Sam voleva chiederle più dettagli sul loro rapporto, la curiosità la stava divorando. - Quindi anche i tipi come Sebastian hanno degli amici. -
Lei sollevò l'angolo delle labbra in un sorriso ma non disse niente.
Ah, odiava le persone vaghe che non si lasciavano trapelare niente, così decise di essere diretta. -Sei la sua ragazza?-
Shauna alzò lo sguardo, cercando quello di Sam nello specchio. - Mi stavo chiedendo quanto ci avessi messo per sputare fuori questo rospo. - La prese in giro spegnendo il Phon e posandolo sulla Toilette. - Comunque no, è una cosa fisica, uno come lui non lascerebbe mai spazio a dei sentimenti. - Disse mentre passava le dita tra i capelli di Sam. - Delle volte mi chiedo se sia mai capace di provarli. -
- Allora perché lo aiuti?- Chiese Sam senza pensarci.
- Alcune cose non possono essere spiegate.- Terminò Shauna distogliendo lo sguardo dal suo e prendendo alcuni accessori per il make-up da una pochette. Sam capì che non avrebbe aggiunto più niente.
 
Dopo una mezz'ora dedicata al trucco, finalmente Shauna si spostò dalla sua vista in modo che Sam poté osservare la propria immagine nello specchio. Schiuse le labbra per la meraviglia, non sembrava nemmeno lei. Gli occhi marrone dorati erano risaltati dall'ombretto color argento che sfumava e si incontrava con varie tonalità di nero, le ciglia sembrano incredibilmente lunghe e folte e una linea nera di eyeliner definiva l'occhio. Le guance comparivano leggermente arrosate e la sua pelle sembrava perfetta. I miracoli del fondotinta, pensò.
- T’invido, vorrei avere occhi da cerbiatta come i tuoi. - Disse Shauna con tono frivolo, per poi voltarsi in direzione dell'armadio, nel quale cominciò a frugare.
Sam non riuscì a non trattenere un sorriso alle sue parole, era una delle prime volte che riceveva una specie di complimento sul suo aspetto.
Si sollevò dallo sgabello portando le dita tra i capelli, che li ricadevano a onde morbide lungo la schiena, voltandosi poi verso Shauna. Alla vista del vestito che aveva in mano, non riuscì a trattenere una smorfia. - Il tema della festa è “travestiamoci da prostitute”? - chiese sarcastica.
Shauna sollevò gli occhi al cielo. -Uno non è una festa, ma una semplice discoteca, e due è solo un vestito hai delle gambe fantastiche, così le valorizzerai. -
Automaticamente Sam abbassò lo sguardo, alle proprie gambe, e lo tenne finché le mani di Shauna non si posarono sulle sue spalle.
- Sei troppo insicura su te stessa. - Le disse mentre la aiutava a disfarsi dell'asciugamano facendola restare in intimo. -Sembra che ti sia guardata allo specchio oggi per la prima volta. -
In teoria è così, avrebbe voluto rispondere Sam, ma non lo fece, restò in silenzio mentre Shauna le faceva passare l'abito da sopra la testa. Con sollievo Sam notò che non era quello cortissimo di poco prima, ma un vestitino smanicato blu. Aveva la vita alta e la gonna corta le ricadeva sulle gambe lasciando intravedere dei balzi di tulle, dello stesso colore del vestito. Lungo lo scollo a barca c'erano ricamati con filo argentato dei ghirigori, che arrivavano fino poco più sopra del seno.
Le piaceva.
-Metti queste.- Shauna le passò un paio di decolté nere con un tacco vertiginoso.
- Non so camminarci sopra, mi romperò un piede. - Disse Sam seria, guardandola.
- Bene, è arrivato il momento di imparare. - Rispose Shauna con un sorriso.
 
 §

Quando uscirono dalla stanza, recandosi nel salone principale, un brivido percorse le braccia nude di Sam, che sollevò istintivamente le mani per coprirsi la pelle. Non c’era traccia di Sebastian.
-Prenditi una giacca.- Le disse Shauna notando i suoi movimenti. –Ne trovi alcune lì dentro.- Sollevò una mano indicandole una porta.- Mi affido al tuo gusto.- Aggiunse poi facendole l’occhiolino.
Sam annuì appena e seguì la direzione indicata dalla ragazza, aprendo così quella porta che si rivelò una cabina armadio.  Non appena entrò, accese la luce, e lasciò scorrere le dita sui vari capi che erano appesi in maniera ordinata sulle grucce. Opto per una giacca di pelle nera, che si abbinava perfettamente alle scarpe, dando uno tono aggressivo all’outfit. Mentre s’infilava velocemente la giacca, sentì delle voci parlare nel corridoio, mosse qualche passo verso la porta e appoggiò l’orecchio contro il legno per cogliere delle informazioni da quelle parole.
-Ti ringrazio per l’aiuto, Shauna.- era Sebastian.
-Non devi.- disse lei e dal suo tono di voce Sam capì che stava sorridendo.
Poi calò il silenzio, erano udibili solo dei respiri, soffocati e profondi. Sam tremò , che Sebastian stesse facendo qualcosa a quella ragazza? Si sporse maggiormente verso l’esterno e non appena il suo sguardo finì su i due corpi avvinghiati, sollevò gli occhi al cielo, tirando nuovamente la testa all’interno dello sgabuzzino.
Benissimo, ora le toccava fare da terzo incomodo tra tizio strano e la sua amichetta speciale.
 
-Fammi capire, vuoi passare la serata qui dentro?-
Sam sobbalzò a sentire quella voce e si voltò di scatto portandosi una mano al petto. –Così mi fai prendere un infarto. –Bofonchiò sollevando lo sguardo in direzione di Sebastian.
Non riuscì a non osservarlo con attenzione, le sue gambe erano fasciare da dei jeans scuri e stretti, una maglietta bianca con lo scollo a V s’intravedeva da sotto il giubbino di pelle nero. I suoi capelli chiari richiamavano il colore della maglia e i suoi occhi neri come la notte, il resto del completo. Era come se nel suo aspetto si nascondesse la sua vera natura. Bianco come la luce dell’angelo e nero come il sangue di demone che gli scorreva nelle vene.
Per alcuni istanti, a Sam, sembrò che si stessero studiando entrambi, che come lei non era riuscita a distogliere lo sguardo dalle sue gambe e i suoi muscoli in evidenza, così anche lui aveva indugiato più del dovuto sulla sua figura.
-Come siamo belle stasera. – Le disse infine, sollevando una mano e portandola sulla sua guancia, avvicinandosi appena.
Sam trattenne il respiro.
-Ma è una cabina armadio con il risucchio? Entrate e non ne uscite più?- La voce di Shauna infranse quel silenzio e Sebastian si allontanò da lei, uscendo da lì. Sam lasciò scorrere più volte le dita lungo il tessuto della giacca, lisciandosela sulle braccia, per poi seguirlo.
 
Dopo che Sebastian aveva armeggiato con lo stilo lungo una parete, i tre avevano attraversato una porta brillante che sembrava essere comparsa da un sogno. Quando Sam aprì gli occhi, lo scenario era totalmente cambiato. Davanti a lei si estendeva un canale del tutto illuminato, vari ponti collegano le due rive del fiume e la luce gialla dei lampioni dava un’aria antica ai già vecchi palazzi che si protendevano lungo la riva. Voleva avvicinarsi ulteriormente, affacciarsi alla ringhiera di marmo per osservare il fiume ma Sebastian e Shauna erano diretti nella parte opposta, lungo una strada antica.
Continuava a guardarsi intorno per cogliere una caratteristica che poteva farle capire dove si trovavano, non era Venezia. Lo sapeva.
Il suo sguardo finì su un’insegna che segnava il nome della strada “Weteringschans”, lesse mentalmente. Amsterdam. Si trovava ad Amsterdam. Aveva letto di quella strada, era una delle vie del centro della città  che collegava Leidseplein con Frederiksplein.
Accelerò il passo in modo da raggiungere le due figure che percorrevano velocemente la strada, portandosi di fianco a Sebastian.
-Dove stiamo andando?- gli chiese con il fiatone, era difficile tenere il suo passo.
Sebastian non le rispose, però le rivolse un sorriso. Continuò a camminare, rallentando poi davanti ad una vecchia chiesa.
-Eccoci qua.- Disse lui, iniziando a frugare nelle proprie tasche.
-Per voi cacciatore “andare a divertirsi” sta per “incontriamoci tutti in chiesa a pregare”?- chiese Sam confusa.
-Non è una chiesa.- Rispose lui. – E’ il “Paradiso”, una discoteca sorta in una chiesa sconsacrata.- spiegò lui, portando poi un braccio dietro la schiena di Shauna. –Ti piacerà.- Aggiunse poi attraversando l’entrata.
 
§

Nel momento in un cui varcarono la soglia del locale, Sam fu colpita dalla forte musica e dalle luci che si accedevano e spegnavano a intermittenza. La discoteca si apriva su una grande sala, era affollatissima. Si notava che in precedenza fosse una chiesa dalle grandi finestre decorate con vetri colorati. Fasci di luci caleidoscopiche illuminavano l’ambiente, riempiendolo di vari colori, creando un contrasto di luci sui volti delle persone che ballavano. Il palco era situato dove un tempo c’era l’altare, alle sue spalle, infatti, si potevano ancora ammirare tre finestroni decorati, tipiche delle chiese. La sala principale aveva, oltre a una platea, anche due ballatoi che circondavano la sala concerti, un poco come in un teatro, in maniera da poter assistere ai concerti anche dall’alto. Dalla console esplodeva musica R&B; la stanza era calda e nell’aria c’era odore di fumo e alcool. 
Restò come imbambolata ad osservare quella scena quando ad un tratto sentì una mano sulla spalla. Era Sebastian. Sam si irrigidì, ma non si ritrasse. –Vieni.- Le sussurrò all’orecchio. – Balla con me.-
Sam si morse istintivamente l’interno delle labbra, mentre sentiva la mano di Sebastian scivolare nella propria.
Si lasciò spingere in avanti fra le persone che ballavano e che, una volta alzato lo sguardo su Sebastian, lo riabbassavano facendosi da parte. Il caldo era sempre più soffocante.
Lui si bloccò al centro della pista lasciando scivolare entrambe la mani lungo i suoi fianchi, attirandola contro il proprio corpo. Sam lo osservava con curiosità e quando ormai le distanze tra  loro era nulla, si avvicinò al suo orecchio. –Non pensavo fossi un tipo che facesse le cose soltanto per diversi.-
Avvertì  contro la propria guancia che gli zigomi di lui si stavano sollevando in un sorriso.  
-Io non faccio mai niente soltanto per divertirmi.- Sebastian inclinò il volto, sfiorando la pelle del suo collo con le labbra. – Ma per stasera, abbiamo tutti la libera uscita.-
 
Non appena la stretta delle mani di Sebastian divenne più salda, Sam cercò di lasciarsi andare al ritmo costante della musica e al battito del cuore, che sembrava andare ormai per conto proprio. Non sapeva cosa realmente aspettarsi, ma quando vide Sebastian muoversi al suo fianco con disinvoltura constatò che era davvero un bravo ballerino. Forse non era un aspetto che era solito mostrare, o forse, come prima, era solo lei che non riusciva ad immaginarsi un Sebastian intento a fare determinate cose. Da come glielo aveva descritto Magnus lo vedeva come qualcuno sempre intento a pianificare cose terribile. Invece in quel momento il ragazzo era del tutto rilassato, mentre stringeva le dita lungo i suoi fianchi e la osservava di tanto in tanto per poi socchiudere gli occhi. I suoi capelli chiari, incollati alle tempie per il sudore, brillavano sotto le luci caleidoscopiche e i lineamenti ben definiti, risaltavano maggiormente lasciando in ombra alcune zone del viso. La musica martellante e le luci la facevano confondere, mandandola in uno stato di euforia. 
Sebastian aprì lentamente gli occhi facendo risalire una mano lungo il collo di lei, giungendo così con essa lungo la sua guancia e premendo le dita contro la pelle. I loro occhi erano fissi in quelli dell’altro, qualsiasi movimento non interrompeva quel contatto. La stretta del braccio di Sebastian sulla sua vita aumentò e lui la fece voltare, avvolgendola completamente tra entrambe le braccia, che la stringevano forte dietro.
Si sciolse contro di lui, chiudendo gli occhi, lasciando che la testa cadesse nella curva della sua spalla. Sentiva il suo cuore battere contro la propria spina dorsale.  Si stupì nel sentire il ritmo martellante del suo cuore, era come se avesse corso per chilometri senza fermarsi nemmeno un istante, continuando la corsa nonostante i polmoni bruciassero e l’aria mancava.
Lui sollevò la testa, respirando contro la sua nuca. –Voglio farti vedere una cosa.-
Sam annuì lentamente e sentì nuovamente la stretta della mano di Sebastian lungo la propria.             
Sebastian la condusse attraverso la folla che ballava. Il caldo ormai era soffocante e, quando raggiunsero l’estremità opposta del locale, Sam era quasi senza fiato. C’era un arco che prima non aveva notato. Una scalinata di pietra, con i gradini consumati, saliva verso l’alto e curvava nell’oscurità. Sebastian le fece un segno con la testa, dopodiché prese a salire le scale con un passo sicuro ed elegante, neanche lontanamente preoccupato di scivolare sulla pietra ormai levigata dall’usura. Sam lo seguiva un po’ più lentamente. L’aria si faceva più fredda man mano che salivano e il suono della musica andava ad affievolirsi. Ormai riusciva a sentire solo il loro respiro e il rumore dei propri passi lungo quella scalinata.
Quando svoltò verso l’uscita della scala, capì di ritrovarsi su di un tetto. Quasi le si mozzò il fiato quando sollevò lo sguardo e ritrovò la vista dell’intera città davanti ai suoi occhi, i canali che la percorrevano e le luci che la rendevano così bella. Sebastian si era appoggiato contro una ringhiera che dava sul belvedere.
Sam gli si avvicinò lentamente, mettendosi al suo fianco. – C’è un panorama pazzesco da qua sopra.- disse meravigliata.
-Lo so.- Rispose lui posando lo sguardo su di lei. Aveva gli occhi neri, neri come la notte, con un cerchio d’argento a separare la pupilla dall’iride.
- Perché siamo venuti qua?- chiese le stringendo le dita contro la ringhiera.
Sebastian si portò una mano in tasca per poi estrarre un ciondolo legato ad una sottile catenina d’argento. – Toccalo.- le ordinò, ma la sua voce era stranamente gentile.
Sam indugiò per alcuni istanti per poi prendere il ciondolo tra le mani e chiuse istintivamente gli occhi. Delle immagini comparvero dietro le sue palpebre, spazzando via il buio.
Era una donna, una donna dai capelli argentati e lunghi, gli occhi erano del colore del ghiaccio, sembravano di cristallo. Era vestita di azzurro e delle ali si aprivano sulle sue scapole, lanciando dei cristalli di ghiaccio qualvolta le muovesse. La donna le sorrise e poi la sua immagine svanì.
Sam barcollò all’indietro, lasciando ricadere dalle mani il ciondolo, notando che qualcuno l’aveva stretta per non farla cadere. Le mani di Sebastian le si stringevano intorno alle braccia, sostenendola. Perché si comportava in quel modo con lei?
-Cos’era?- chiese sollevando lo sguardo verso di lui.
Lui scosse la testa. –Non lo so precisamente, apparteneva a mio padre, l’ho ritrovato tra le sue cose.- La poggiò contro una parete, sciogliendo la presa sulle sue braccia. –Io non ho visto niente quando l’ho tenuto in mano, dietro c’è inciso Nosce te ipsum.-
-Cosa significa?-
- Conosci te stesso.







NOTE D’AUTRICE 
Spero davvero che vi piaccia, fatemi sapere, le vostre recensioni per me sono importantissime!
Mi spronate a scrivere e a fare di meglio <3.

Se vedete degli errori non fatevi problemi a segnalarmeli  ;)
Alla prossima! Un bacio <3.






Credits
: Per la barra prima delle note a : yingsu

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. ***








» Capitolo 5
                                 
«Nel buio ho trovato il mio angelo.
Un angelo pieno di paura e di odio, pieno di rancore e di voglia di vivere.
Nel buio l'ho amato, l'ho cullato, abbiamo cantato e sognato.
Abbiamo riso e ci siamo amati intensamente.
Ma alla luce mi ha annientato.
- Alexis Angelo
» 








Gli occhi di entrambi erano puntati sul ciondolo che Sebastian stringeva tra le dita, quella scritta, la donna che Sam aveva appena visto. Tutto questo le volteggiava nella mente in cerca di risposte.
Tra i due era calato il silenzio, nessuno parlava e Sam sollevò lo sguardo, approfittando del totale assortimento di Sebastian, per osservarlo. Alcune ciocche dei capelli chiari gli ricadevano davanti agli occhi, occhi scuri che erano puntati sull’oggetto che stringeva tra le mani. Il mondo in cui la sua mascella era contratta faceva capire che era pensieroso, o, che c’era qualcosa che lo rendesse teso in quel momento.
Sam si allontanò per alcuni istanti dalla sua figura, dirigendosi verso la balconata, aveva bisogno di aria e quando l’aria fresca della notte incontrò la pelle del suo viso, chiuse gli occhi inspirando profondamente. 
Bisognava fare il quadro della situazione, la situazione era fin troppo confusa e doveva mettere i puntini sulle i.
Era accaduto tutto così velocemente, come se un vortice l’avesse travolta, il giorno prima viveva con due noiosi coniugi in una casa delle campagne nella periferia di Londra e il giorno dopo loro erano morti sgozzati e lei si ritrovava rimbalzata da un luogo all’altro.
Il giorno in cui Magnus le aveva salvato la vita, qualcuno era andato lì per lei, quello spargimento di sangue c’era stato a causa sua.
Una fitta di dolore le percorse lo stomaco al pensiero.
Si era addormentata con la certezza di non aprire più gli occhi, invece lo aveva fatto, in un posto del tutto nuovo, un posto che non conosceva. Si era fidata di Magnus, c’era qualcosa di familiare in lui che le diceva che era giusto così. In seguito era incominciato a comparire questo bellissimo ragazzo, molto inquietante, che prima sembrava volerla uccidere con le sue mani e ora un barlume di premura si percepiva nei suoi movimenti. La cosa più assurda restava comunque un’altra, l’aver ustionato Sebastian quando lui l’aveva chiusa contro il muro, lo stesso episodio poi si era ripetuto con Simon, che di pericoloso non aveva niente, ma comunque gli aveva fatto del male, per poi guarirlo.
Le domande che si ponevano erano tante: lei, cos’era? Chi era quella donna? Perché queste persone la volevano proteggere? Proteggere, da chi o da cosa?
Inspirò nuovamente, questa volta più profondamente e indietreggiò alcuni passi, voltandosi verso Sebastian che la stava fissando, in silenzio.
Il suo sguardo le provocava una reazione spontanea, sentiva un vuoto nello stomaco, ma non poteva permettersi di provare determinate sensazioni. Non ora che non sapeva chi era il buono e il cattivo della sua storia.
Sebastian allungò una mano nella sua direzione ma Sam si ritrasse al suo tocco, provocando un’espressione di sorpresa sul suo volto.
-Sto per impazzire. - La ragazza si portò entrambe le mani nei capelli, tirandoli indietro. – Non so di chi fidarmi, non so di chi avere paura, non so chi sono. Non so niente. - Urlò esasperata.
- Ti ho già detto che di me ti puoi fidare. - Disse lui, il suo sguardo non era duro come il solito.
-Perché dovrei? E se questa fosse tutta una messa in scena?- sollevò un dito che puntò verso di lui. - Ricordo ancora cosa mi hai detto quando mi hai spaventata a morte in quel vicolo.  “Io ho sangue di demone, questo mi rende più forte ma anche più spietato”. - si morse il labbro, portandosi entrambe le mani in grembo. –E ora vuoi aiutarmi, balli con me, mi provochi e vuoi proteggermi? Questo sarebbe il demone spietato che c’è in te?- disse a voce alta, respirando con il fiatone, come se avesse corso.
Sebastian restò in silenzio, per poi sollevare gli occhi scuri sul viso paonazzo di lei. – E’ vero, il sangue di demone che c’è in me, man mano ha tirato via tutta la mia umanità, però con te…-.
La frase di Sebastian restò a mezz’aria, un improvviso boato attirò l’attenzione dei due, che si voltarono insieme nella direzione del rumore.
Era come se l’aria vibrasse, una forte luce illuminò il pavimento del tetto. Delle figure si mossero, prendendo man mano forma attraverso la luce. Sam non riusciva a distinguere molto, il loro viso era in ombra e la forte luce li rendeva solo delle macchie scure che camminavano nelle loro direzioni.
Sebastian non sembrava preoccupato, anzi, era quasi divertito da quel momento.
-E’ sempre un piacere rivederti, angioletto. – sibilò in un tono che Sam non gli aveva mai sentito usare, freddo più del ghiaccio.
Dei capelli biondi fluttuavano mossi dal vento, il suo passo sembrava leggero come quello di un gatto e i suoi occhi dorati risaltavano come due fari in tutta quella luce. Jace.
Sam non aveva mai avuto modo di approfondire la conoscenza con quel ragazzo, ma la sua confusione sulla sua presenza lì svanì non appena intravide alle sue spalle la figura di Magnus.
Come sempre non era vestito nel modo più sobrio possibile, indossava dei pantaloni di pelle di coccodrillo giallo a completo con una camicia rossa. Poteva essere usato come lampada.
Non erano soli, Sam riuscì a riconoscere il profilo di Alec che si muoveva di fianco allo stregone e, un'altra figura, più goffa, camminava dietro Jace. Simon.
Sam sentì come una sensazione di sollievo espandersi per tutto il corpo, l’ultimo incontro con Simon non era stato molto positivo, e lui sembrava la cosa più vicina alla normalità che lei avesse visto negli ultimi giorni.
-Quasi tutti sono felici di rivedermi. – Rispose Jace alle parole di Sebastian, ma nel suo tono di voce era possibile ritrovare solo una sfumatura di sarcasmo.
Gli occhi di Magnus incontrarono quelli di Sam e la ragazza di slancio si precipitò nella sua direzione, ma una mano la trattenne. Sebastian.
-Non muoverti. - Le sussurrò gelidamente all’orecchio.
-Ora prendi in ostaggio le ragazzine?- lo provocò Jace, sollevando tra le mani una di quelle spade angeliche. –Sitael- mormorò Jace e la spada iniziò a brillare, illuminandogli il viso in modo spettrale.
 Sebastian sollevò gli occhi al cielo, per poi mettersi anche lui in posizione di battaglia, imitando Jace ed estraendo una spada identica alla sua. - Mi toccherà sporcarmi i vestiti, e questo m’infastidisce. -
-Povero, poi dovrai improvvisarti massaia e lavarteli da sol..ops, aspetta, non ci sarà nessun dopo per te.- Rispose Jace, il suo sguardo era bramoso di combattere.
-Come t’illudi facilmente angioletto. - Rispose Sebastian e un sorriso cinico si formò sulle sue labbra. –Manakel- sussurrò e la spada s’illuminò nella notte. –Cerchiamo di finire presto, ho degli impegni. -
Jace sorrise e così anche Sebastian, gettandosi l’uno contro l’altro.
Le loro spade s’incontravano, creando delle scintille, Sam poteva udire i loro respiri strozzati quando l’altro assestava un colpo in zoni vitali. Non riusciva a guardare, non poteva.
-Stai bene?- Approfittando della mischia, Simon era riuscito a raggiungerla.
Quando lei sollevò lo sguardo incontrando gli occhi nocciola del giovane vampiro, annuì lentamente.
-Andiamo, approfittiamo che sono distratti per andare. - Le disse lui, spingendola lontano per le spalle.
Sam zoppicava leggermente, maledisse quelle scarpe altissime, mentre tentava di seguire Simon, e in contemporanea evitare le frecce che Alec scagliava con maestria contro Sebastian, da lontano, aiutando Jace.
-Ma Sebastian…- quelle parole le uscirono in un sussurro, perché si preoccupava di lui?
- Avrà quello che merita. - Era stato Magnus a parlare questa volta.
Sam voltò in viso di scatto verso di lui, una parte di lei voleva buttargli le braccia al collo e piangere, vedeva in Magnus una figura familiare, ma qualcosa le impedì di crollare. Il pensiero di Sebastian.
Si sentiva male per pensare quelle cose, loro erano venuti lì per salvarla e lei si preoccupava di chi l’aveva portata via? Era tutto così illogico, aveva voglia di urlare. Di fermare tutto. Si sentiva così impotente.
Erano in due contro uno, per quanto l’altro poteva essere più veloce e potente di entrambi, la differenza numerica si avvertiva.
Il panico le salì nello stomaco quando Jace afferrò entrambe le braccia di Sebastian, immobilizzandolo e Alec pizzicò le corde del suo arco chiudendo gli occhi per prendere la mira in direzione di lui.  Sia Jace che Sebastian erano pieni di lividi, il sangue usciva da alcune feriti superficiali, ma il sorriso non abbandonava il volto di entrambi, nonostante tutto. Erano sorrisi freddi e spietati.
-Non posso permetterlo. – sussurrò Sam a voce bassa e a quelle parole Magnus voltò il viso verso di lei, guardandola con stupore. La sua espressione si tramutò in orrore non appena la ragazza parti di slancio frapponendosi tra l’arco di Alec e i corpi dei due.
-Ora basta. - Quasi urlò ma era troppo tardi, una freccia era già stata scoccata dall’arco di Alec, che sollevò lo sguardo su di lei, totalmente confuso.
A Sam sembrò di vivere la scena a rallentatore, la freccia che si avvicinava al suo corpo e Alec che le urlava qualcosa. Chiuse gli occhi pronta a subire il colpo, pronta a provare quel dolore. Ma non accadde nulla.
Sam abbassò lo sguardo, ai suoi piedi c’era del materiale carbonizzato. La freccia, pensò subito, era come se qualcosa l’avesse disintegrata, ma cosa? La risposta arrivò subito. Non appena sollevò lo sguardo incrociò quelli sbigottiti di Simon e Magnus che la fissavano, come se fosse un orso acrobata con indosso un tutù rosa. Lasciò scorrere lo sguardo intorno a lei, Alec si stava sollevando, dolorante, era come se qualcosa lo avesse sbattuto contro la parete posteriore a lui, lo stesso Jace, che tentava di rimettersi in piedi, tenendosi la schiena con le mani.
Alle sue spalle c’era Sebastian, aveva gli occhi socchiusi, il viso contuso di lividi. Per una volta il suo viso sembrava vulnerabile.
-Ma cosa… - farfugliò Jace, cercando con lo sguardo quello di Magnus che non si era ancora mosso.
Sam s’inginocchiò vicino al corpo di Sebastian. Non sapeva perché lo aveva protetto, ma in quel momento il suo pensiero era stato solo uno non poteva permettere che qualcuno gli facesse del male.
Il ragazzo aprì gli occhi e portando lo sguardo sugli occhi di Sam, sorrise. –Allora forse un po’ ti fidavi di me.- disse sollevando appena il busto.
-Zitto. - disse Sam, ma nel sentirlo parlare un peso si era dissolto dal suo stomaco, si sentiva più leggera e tranquilla. –Io andrò con loro, mi dispiace. - concluse, allungando una mano con la quale cercò quella di lui, stringendola.
-Sam…- disse lui, sollevandosi maggiormente, ma il suo corpo era scosso da dolori. -…non puoi, io devo... -
-Sh.- Ripeté la ragazza sollevando gli occhi, incrociando così quelli stupidi degli altri quattro. Riportò l’attenzione a Sebastian, chinandosi maggiormente su di lui. –Sono sicura che in te c’è qualcosa per cui valga la pena lottare. Lotta per salvare quello che resta di te Sebastian, non abbandonarti alle tenebre. –gli sussurrò portando le labbra contro la sua fronte e stampando un bacio leggero su esso. –Arrivederci. - concluse poi sollevandosi e dirigendosi verso i quattro.
-Questo sì che è un colpo di scena. - commentò Jace stringendosi le braccia al petto.
-Andiamo. - incalzò Sam a Magnus che annuì lentamente, prima che una luce bluastra si creava sulle punte delle sue dita.
 
§ 

-Cosa diavolo è successo su quel tetto?- Fu la prima cosa che disse Jace, furente.
-Me lo sto chiedendo anche io.- Annuì Alec, lasciandosi ricadere sul divano del soggiorno di Magnus, tirando fuori lo stilo.
-Siamo andati a salvare lei e lei ha protetto il suo aguzzino. – urlò Jace. –Ce lo avevo impugno, potevo finalmente…-
-Basta. - Lo zittì Magnus. –Zitti entrambi. - tenne per alcuni istanti lo sguardo sui due cacciatori, per poi voltarsi verso la grande libreria, dalla quale estrasse un tomo. –Samantha non posso tenerti qui. - aggiunse in fine mentre sfogliava velocemente le pagine.
La ragazza che era restata in silenzio fino a quel momento, sollevò di scatto lo sguardo sullo stregone. –Cosa? E dove andrò?-
-Dal tuo amichetto del cuore, Sebastian. –Rispose acido Jace.
- Jace, ho detto zitto. – Scattò Magnus, riportando poi lo sguardo sulla ragazza. –Ti manderò in un posto sicuro, ma ho bisogno di un incantesimo potente. –
Simon, che era vicino a lei, le poggiò una mano sulla spalla, a mo’ di incoraggiamento. Sam gli sorrise debolmente.
Dopo aver sfogliato velocemente le varie pagine, totalmente immerso in quello che leggeva, Magnus sollevò la testa soddisfatto. -Trovato. - Esclamò lo stregone. –Allora, chi di voi gentiluomini vuole far compagnia a questa donzella?-.
- Destinazione paradiso?- chiese Jace, ironico.
- Se passassi più tempo in silenzio, ne guadagneresti in fascino. - disse Magnus riportando poi l’attenzione su di loro. –Simon, vai a prendere la borsa che ho preparato per la nostra fanciulla. -
Simon, tentato di commentare il fatto che Magnus avesse azzeccato il suo nome per la prima volta, girò i tacchi scomparendo nel corridoio e tornando poco dopo con una borsa che porse Sam.
-Ripeto, chi di voi va con lei?-
 
Silenzio totale.
 
–Su, non siate timidi. -
- Ci vado io.-
Tutti voltarono il viso in direzione della voce. –Vado io con lei. - Ripeté sollevandosi in piedi e riportando lo stilo nella tasca dei pantaloni.
-Alec, sei sicuro?- gli chiese Magnus indugiando con lo sguardo sui suoi occhi.
Il ragazzo annuì. - Voglio aiutarti Magnus.- Fece una pausa. –E se non fosse così importante non saresti così preoccupato. Quindi vado io.-
Lo stregone gli sorrise con dolcezza, sollevando una mano e portandola nei capelli del ragazzo, per poi lasciarla ricadere sulla sua spalla. –Grazie, Alexander.-
Sam spostò lo sguardo su Alec e i due si scambiarono un tiepido sorriso, prima di seguire lo stregone.
Magnus farfugliò qualcosa in una lingua che la ragazza non aveva mai sentito prima, le sue spalle tremavano e la fronte iniziò a grondare di sudore. Ci fu un rumore sordo e poi accadde la stessa cosa che era successa sul tetto: l’aria vibrò e una forte luce bianca si propagò davanti a loro.
-E’ un nomarle portale, perché hai faticato tanto per crearlo?- Chiese Simon, senza pensarci.
Magnus ignorò le sue parole, portando una mano sulla spalla di Alec e una su quella di Sam. –Proteste imbattervi in una mia versione più…retrò.- disse il mago, sembrava divertito.
Entrambi aggrottarono la fronte, voltandosi verso di lui. –Ma cos... - sussurrò Alec.
-Bon voyage!- Esclamò lo stregone e con un colpo, spinse entrambi all’interno del portale.
 
 
 §
 
 
L’atterraggio non fu morbido come previsto,  Sam cadde di peso su un terriccio, sbucciandosi le ginocchia nude. Si maledisse mentalmente per non aver pensato di cambiarsi prima di arrivare lì. Aveva ancora il vestito che Shauna le aveva consigliato di mettere. Nella sua mente balenò il pensiero di Sebastian e fu come se una stretta gli si formasse intorno allo stomaco.
-Ma dove siamo?-
La voce di Alec attirò la sua attenzione, si guardò intorno, sollevando poi lo sguardo in direzione del cielo, ero grigio e l’aria era fredda. Alcune gocce di pioggia iniziarono a cadere, rigandole le guance, quel posto le era familiare, quell’aria, lei c’era già stata in un posto simile a quello. Scattò in piedi, percorrendo con lo sguardo i palazzi circostanti, in strada non c’era nessuno.
Londra. Erano a Londra. Però c’era qualcosa di differente nella città, non circolava nessuna auto in quel quartiere, aveva l’aspetto di una città antica, ma al tempo stesso quell’antico non era poi così antico. Era confusa.
-Siamo a Londra.- rispose ad Alec. –Solo che…- Sussurrò muovendo qualche passo, in modo da spostarsi dal terriccio e raggiungere il marciapiedi.
- Solo che?- Rispose lui seguendola.
-Sembra…diversa.- sussurrò cercando con lo sguardo una tabella che indicasse il nome della strada.
-Diversa? Non saprei, io non ci sono mai stato prima. –rispose Alec e poi entrambi si bloccarono.
Davanti ai loro occhi passò una carrozza. Una vera carrozza in legno, era nera decorata con delle cornici dorate in prossimità del finestrino. Era trainata da due cavalli e la guidava un cocchiere, il suo abbigliamento non era del tutto contemporaneo.
-Staranno facendo una parata storia. - Disse Sam, seguendo con lo sguardo il veicolo.
-Sicuramente. - Annuì Alec. –Siamo a Londra, possiamo aspettarci di tutto. -
Entrambi annuirono, nonostante fossero ancora confusi. – Magnus ti ha detto dove andare?- chiese poi Sam.
Il ragazzo annuì appena, tirando una piccola mappa dalla tasca, indicando con un dito una zona della città. –Qui dovrebbe esserci l’istituto, lì saremo al sicuro. -
-L’istituto?- Chiese Sam.
-E’ come un rifugio per cacciatori. - Rispose lui prendendo a camminare lungo il marciapiede, guardando la mappa in modo meticoloso.
- Ma io non sono una cacciatrice. – disse Sam accelerando il passo, in modo da raggiungerlo.
-Ci inventeremo qualcosa, tranquilla. –Disse lui, rivolgendole un sorriso.
Svoltarono un paio di isolati, seguendo accuratamente la cartina, ma la sensazione che quel posto fosse del tutto diverso dalla Londra che conosceva lei, non abbandonava Sam.
Svoltarono una strada più affollata, e Sam si bloccò. Alec notando che la ragazza si fosse fermata, sollevò lo sguardo dalla cartina e aggrottò un sopracciglio. 
-Tendono a prendere un po’ troppo sul serio le parate storiche. - Commentò lui, mentre con lo sguardo osservava quella strada affollata. Alcune carrozze erano parcheggiate lungo il ciglio della strada e altre invece scorrevano ai loro fianchi, le donne erano abbigliate con pomposi vestiti ed enormi capelli che ne copriva l’acconciatura. Gli uomini invece indossavano per la maggior parte dei pantaloni neri abbinati a una giacca dalla quale si notava il panciotto.
Gli occhi di alcune donne scorrevano sul corpo di Sam, in confronto a loro sembrava nuda. Le sue braccia erano scoperte e la gonna le arriva fino a metà coscia. Gli sguardi erano così insistenti che sollevò le braccia per sentirsi più coperta.
Alec le portò una mano dietro la schiena, incitandola così a non fermarsi.
-Alec, c’è qualcosa che non va.- sussurrò lei avvicinandosi maggiormente al ragazzo, come per proteggersi dalle occhiatacce delle signore e dagli sguardi di apprezzamenti degli uomini.
-Lo so.- Sibilò il cacciatore, mentre un tuono riecheggiava nell’aria. –Tieni, copriti con questa. -
Le disse poi, sfilandosi dalle spalle la giacca e porgendola a Sam, che gli fu grata di quel gesto.
Indossò la giacca, che almeno la faceva sentire meno nuda, mentre dal cielo iniziavano a cadere copiose gocce di pioggia.
–Manca ancora molto?- chiese ad Alec, mentre entrambi acceleravano il passo, svoltando gli incroci senza soffermarsi sulle occhiate insistenti dei passanti.
-Secondo la mappa dovremmo essere vicini. - Disse Alec, svoltando in un nuovo incrocio, entrando in un nuovo quartiere; anche qui le persone erano vestite in abiti d’epoca.
-Alec, non ti sembra strano che l’intera città sia vestita come nell’ottocento?- Chiese Sam, ormai zuppa per la pioggia che le appesantiva i capelli sulle spalle.
- Inizio a capire la frase di Magnus.- disse il ragazzo a denti stretti.
Lei lo ascoltò senza capire per alcuni istanti, per poi mettere a fuoco “Proteste imbattervi in una mia versione più…retrò”, strabuzzò gli occhi. –Pensi che siamo finiti in un’altra epoca?- disse con orrore. –Può fare una cosa del genere?-
Alec si voltò verso di lei, guardandola per alcuni istanti. –Non so di cosa realmente sia capace, ma se siamo finiti qua, significa che lui pensa che questo posto sia sicuro. -
Sam annuì, era stanchissima, i piedi le facevano male per quegli stramaledetti tacchi e la pioggia l’aveva infreddolita più di quanto già lo fosse.
-Dovremmo essere arrivati. - Disse Alec puntando lo sguardo su un palazzo diroccato.
-Ma qui non c’è niente. - Disse lei.
-E’ proprio davanti a te, non sei capace di guardare oltre gli incantesimi?-
Sam guardò quella casa del tutto rotta, la osservò con attenzione, e fu come se ci fosse una nebbia che copriva il vero aspetto del palazzo.
-Oddio. - esclamò meravigliata, facendo ridacchiare Alec.
-In cosa consiste questo istituto?- Chiese lei, mentre attraversavano una stradicciola.
- Gli istituti funzionano come le ambasciate dei governi mondani, sono come una casa per noi Nephilim.- spiegò il ragazzo, rallentando il passo.
Davanti a loro c’era un cancello semi aperto, che oltrepassarono velocemente, ritrovandosi in un  cortile. Sam sollevò lo sguardo verso l’alto, alla casa diroccata si era sostituito un edificio simile a una chiesa, le alte guglie la costringevano a sollevare del tutto il collo, così che le gocce di pioggia le bagnavano le labbra.
Alec si affrettò a raggiungere il porticato, al riparo della pioggia, per poi suonare un campanello appeso vicino alla porta. Sam lo seguì, osservando poi il ragazzo poggiare una mano contro il legno e farfugliare qualcosa. - In nome del Conclave, io chiedo di avere accesso a questo luogo sacro. E in nome dell'Angelo Raziel, chiedo la tua benedizione sulla mia missione contro... - E la porta scattò.
Sam lo guardò sorpresa. –Se potevi aprirla perché hai suonato?-
Alec si tirò indietro alcune ciocche bagnate, scostandole dagli occhi. –Per avvisarli del nostro arrivo. -
Lei annuì stringendosi meglio la giacca di Alec sulle spalle. Dopo alcuni istanti di attesa, sulla porta comparse una ragazza snella dai capelli scuri in cuffietta. Li osservò entrambi, sicuramente per il loro modo di vestire, in più erano del tutto zuppi. Sollevò maggiormente la testa, scoprendo del tutto il viso. Una volta doveva essere stata molto graziosa- aveva gli occhi di un luminoso color nocciola, la pelle liscia, le labbra soffici e di forma delicata –ma- una cicatrice argentea, spessa e grinzosa, che andava dall’angolo sinistro della bocca alla tempia, le alternava il viso e le deformava i lineamenti in una maschera contorta. Sam provò a nascondere lo sgomento ma vedendo gli occhi della ragazza oscurarsi comprese che non ci era riuscita.
-Come posso aiutarvi?- Chiese in tono gentile.
- Il mio nome è Alec Lightwood.- disse lui in tono formale. –Vorrei parlare con il capo dell’istituto. - Sollevò un braccio con il quale circondò le spalle di Sam. –Io e la mia fidanzata cerchiamo un rifugio. -
Sam aggrottò inizialmente la fronte alle sue parole, per stendere le labbra in un sorriso, tentando di recitare nel modo migliore la sua parte.
La ragazza li osservò un’ultima volta per poi annuire. -Prego entrate, la Signora Fairchild è momentaneamente assente, ma potete aspettarla nel suo ufficio. -
I due ragazzi annuirono contemporaneamente, entrando all’interno dell’istituto, al seguito della donna.
Percorsero un lungo corridoio, che si presentava buio agli occhi dei due, non essendo abituati alla luce delle candele. Non appena varcarono la soglia dell’ufficio, un paio di occhi si posarono su di loro. Sam rimase a bocca aperta a fissare il viso di quel ragazzo, era probabilmente il più bello che avesse mai visto. Capelli neri arruffati e occhi come vetro azzurro. Zigomi eleganti, una bocca piena e lunghe ciglia folte. Perfino la curva del suo collo sembrava perfetta.
La sua fronte si aggrottò mentre Sam percepiva il suo sguardo lungo le proprie gambe nude, tra tanti secoli doveva finire proprio in quello dei puritani?
-Chi siete?- aveva una voce gradevole, pensò Sam.
-Sono Alexander Gideon Lightwood, sono qui a richiedere rifugio. -
-Lightwood?- Il ragazzo aggrottò maggiormente le sopracciglia mentre un’espressione di disappunto prendeva posto sul suo viso.
- Will, ti prego, non essere scortese con i nostri ospiti. - Una voce gentile attirò l’attenzione dei tre, facendoli voltare in direzione della porta. C’era una donna minuta, quasi dalle dimensioni di una bambina, con folti capelli castani annodati sulla nuca e un piccolo viso grazioso e intelligente dai vividi occhi scuri da uccello. Non era esattamente bella, ma aveva un’espressione calma e gentile, e Sam sentì allentarsi la stretta allo stomaco, anche se non avrebbe saputo dire esattamente perché.
Al sentire quel nome, Alec si irrigidì, lasciando scorrere in maniera furtiva gli occhi sul viso del ragazzo. Sam non poté non notare una leggera somiglianza tra i due, lo stesso colore dei capelli e gli occhi così simili.
- Accomodatevi, vi prego e Sophie, cara, prepara una stanza per i nostri ospiti. - ordinò alla ragazza che annuì e sparì dietro alla porta.
La donna prese posto sulla sedia posta dietro alla grande scrivania e fece segno ai due di sedersi.
-Lightwood?- Chiese ad Alec, portando lo sguardo su di lui.
Il ragazzo annuì. –Sì signora Fairchild-
-Ti prego, chiamami Charlotte. – Gli disse lei con estrema gentilezza. –Avete entrambi un aspetto molto sconvolto, potrei sapere cosa vi è accaduto?-.
Sam e Alec si scambiarono un’occhiata, dopodiché il ragazzo allungò una mano verso di lei, stringendo tra le dita la sua, facendo ben caso che il gesto fosse sotto gli occhi di tutti. – Io e la mia fidanzata eravamo in viaggio da Idris, ma quando siamo giunti qua a Londra siamo stati attaccati, ed essendo totalmente disarmati, i demoni hanno avuto la meglio. - Spiegò Alec, tentando di mostrarsi più triste possibile.
-Oh, sono desolata, Alexander, potrete ripararvi qui fin quando ne avrete bisogno. - Disse la donna gentilmente, si era seriamente bevuta quella storiella?
-La ringrazio Charlotte, il riposo è quello che ci serve dopo una giornata così intensa. - concluse Alec, in tono gentile.
- Alexander?- parlò Will, che era stato in silenzio fino a quel momento, portandosi una mano sotto il mento. –Non ne ho sentiti di Lightwood che si chiamano in questo modo. -
-C’è sempre una prima volta. - Scattò Sam istintivamente e non appena realizzò fu tentata di mordersi la lingua.
Da parte di Will non ricevette nessuna risposta, solo un sorrisetto divertito.
-Se volete la vostra stanza è pronta. - La voce di Sophie riempì la stanza.
- Sophie, potresti procurare degli abiti ai nostri ospiti? Credono che ne necessitino. -
 
 
 §
 
 
La stanza era di pietra, nel cui centro era collocato un grande letto a baldacchino. Il copriletto di velluto ricadeva morbido sul materasso, terminando il un tessuto ricamato. Le tende erano aperte, e un elegante tappeto era steso sul pavimento, per il resto nudo. In effetti, la stanza era un po’ spoglia. Non c’erano quadri né fotografie appesi alle pareti, nessun ornamento ingombrava i ripiani degli scuri mobili di legno. Vicino al letto c’erano due sedie, una di fronte all’altra, separate da un tavolino. In un angolo, un paravento cinese nascondeva probabilmente un portacatino e una brocca.
Sam aveva da poco terminato il suo bagno e si sentiva come rinata, mentre lasciava che la comoda e morbida camicia da notte le ricadesse lungo i fianchi. Dopo di lei, Alec si era chiuso in bagno e ormai sembrava starci da ore.
Tutta quella situazione era assurda, se prima si sentiva di impazzire ora avrebbe potuto gettarsi a terra e urlare come un’isterica.
Qualcuno bussò alla porta, il tocco era abbastanza gentile, Sam, convinta che fosse la cameriera che aveva visto poco prima, la raggiunse e la aprì.
-Allora a Idris non esiste il senso del pudore?- le chiese Will lasciando scorrere nuovamente lo sguardo lungo la sua figura.
Sam lo guardò, tentando di sembrare più disinvolta possibile. –Posso aiutarla Signor…-
-Herondale.- terminò lui la sua frase e lei annuì, tenendo poi lo sguardo sul viso del ragazzo.
-Al suo fidanzato non infastidisce vedervi mostrare in questo modo le vostri doti in giro?-
Sam aggrottò la fronte sconcertata, aveva una vestaglia che in pratica era ancora più puritana di quella di una nonnina. –Signor Herondale, non capisco come questo vi possa interessare. -
-Herondale?- Chiese Alec emergendo, finalmente, dal bagno.
- Sì, vi dice qualcosa?- lo provocò Will.
Alec scosse la testa, rivolgendo un sorriso cortese al ragazzo. –No e ora vorrei chiederle gentilmente di lasciar me e la mia fidanzata da soli, siamo molto stanchi e i nostri corpi necessitano riposo.-
Il ragazzo li guardò sospettoso per poi annuire. –Allora, buonanotte. – e il suo sguardo indugiò per alcuni istanti su Sam.
 
§

-Quel tizio è un antenato di Jace.- disse Alec, passandosi una salvietta tra i capelli umidi, pensieroso.  
-Ecco spiegata l’arroganza. – commentò Sam dirigendosi in direzione del letto e sollevandone il copriletto. –Che c’è?- Gli chiese notando la sua espressione. –Ne hai sentito già parlare?-
Alec scrollò le spalle, facendole segno di non preoccuparsi.
 Sam lo osservò, per poi annuire lentamente. – Comunque, complimenti per il “i nostri corpi necessitano riposo”, saresti perfetto per vivere in quest’epoca. –aggiunse poi, ridacchiando.
-Cerco solo di sembrare un gentiluomo, i miei modelli nascono dai film, quindi getto a caso qualche parolone e tento di cavarmela. – Sbuffò lui avvicinandosi così al letto.
Sam si distese sotto le coperte, lasciando così che ogni muscolo del corpo si rilassasse. – Buonanotte Alec.- sussurrò. –Ah, se noto che mentre dormo allunghi le mani, te le taglio. -
Alec rise e il materasso si piegò sotto il suo peso. –Sam, sono talmente gay che anche l’idea di dormire con te stanotte mi fa strano. -
-Bene. - disse lei, lasciando che un sorriso si formasse sulle sue labbra, per poi chiudere gli occhi. Ma prima di cadere in un sonno profondo un viso comparve davanti alle sue palpebre. Il viso di Sebastian.








NOTE D’AUTRICE 

Spero che questa idea vi piaccia, diciamo che mi è venuta all’improvviso e spero che non vi sembri una forzatura!
Fatemi sapere, le vostre recensioni per me sono importantissime! Mi spronano a scrivere e a fare di meglio <3.

Se vedete degli errori non fatevi problemi a segnalarmeli  ;).

 




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Capitolo 6
*** Capitolo 6. ***








» Capitolo 6
                                 
«Feeling the catastrophe, but she knows she can fly away.» 











-Non crederai seriamente alla storia di quei due?!- Esclamò Will premendo entrambe le mani sulla grande scrivania di legno posta al centro del soggiorno.
Charlotte lo osservò per alcuni istanti, per poi incrociare entrambe le mani in grembo sollevando lo sguardo verso il ragazzo. –Ovvio che no.- disse con tranquillità. –Ma mi è stato richiesto di dare rifugio ai due ragazzi. – disse con il suo tono pacato ma allo stesso tempo autoritario.
-Non capisco.- Borbottò l’altro confuso passandosi una mano tra i capelli scuri. – Chi è stato a richiedertelo?-
Dopo alcuni istanti di esitazione, Charlotte schiuse le labbra. - Magnus Bane.-
-Per quale assurdo motivo Magnus Bane vorrebbe che noi proteggessimo quei due?-
-Will, il ragazzo ha sangue di Nephilim, quindi in qualsiasi caso è nostro dovere accoglierlo, mentre...-
-La ragazza è una mondana!- Will puntò lo sguardo negli occhi di Charlotte. –Non possiamo ospitare una mondana nel nostro istituto.-
- Faremo un’eccezione. –Tagliò corto la donna. – E non torneremo sull’argomento.-
-Perché sei ostinata ad aiutarli?- Chiese Will, puntando su di lei il suo sguardo indagatore.
-Magnus Bane ha sempre aiutato il nostro istituto. Te in prima persona. Ed è il momento di rendergli il favore. –Disse lasciando intendere dal suo tono che non avrebbe aggiunto altro, mentre si chinava sulla scrivania prendendo alcune lettere tra le mani.
Will la osservò per alcuni istanti, serrando la mascella, e poi uscì dalla sala.
 
 §
 
Nonostante le luci del mattino avessero riempito la stanza, Sam era ancora profondamente addormentata. La stanchezza del giorno precedente l’era piombata addosso, tirandola con sé in un sonno profondo e ristoratore. Il rumore di alcuni colpi contro la porta disturbarono quella quiete. Inizialmente la ragazza pensò di esserseli immaginati, ma notando l’insistenza fu costretta ad alzarsi.
Mentre si dirigeva alla porta, notò che Alec non era più accanto a lei, probabilmente si era già svegliato da qualche tempo. Quando aprì la porta, gli occhi di Sophie incontrarono i suoi assonati. La ragazza le rivolse un sorriso, tenendo in mano un lungo vestito.
-Buongiorno signorina, non volevo svegliarla, ma ho pensato che le sarebbe servito un aiuto a vestirsi.-
Sam annuì lentamente, ancora troppo assonata per realizzare una frase o un pensiero di senso compiuto, e si spostò dalla porta in modo da lasciar passare la ragazza.
Era consapevole che si ritrovava in un’epoca in cui le usanze era del tutto differenti. In un’altra situazione non avrebbe mai permesso a qualcuno di trattarla così, nella sua mente lei e Sophie erano sullo stesso piano, non c’era la distinzione tra servitore e “padrone”. Ma stava giocando un ruolo e quindi doveva adattarsi.
Sebbene fosse snella, l’abito era chiaramente disegnato per qualcuno con la vita più stretta, e Sophie dovette stringerle bene il corsetto per farglielo entrare.  Sam si sentiva soffocare, non capiva come le donne di quel tempo potessero tollerare quella specie di tortura, era come se una gabbia le stringesse contro il petto, impedendole di respirare.
Boccheggiò piano sentendo così la cameriera che ridacchiava piano. –Possiamo tentare di allargarlo leggermente. La signora Branwell disapprova i corpetti troppo stretti.- spiegò. –Dice che provocano mal di testa e debolezze.-
Sam annuì appena. –Concordo pienamente.- disse sinceramente, senza fiato.
Un sorriso si formò sulle labbra di Sophie, e Sam pensò a quanto comparisse bella nonostante la cicatrice che le marchiava il viso.
 –Ecco fatto. Che ne dite?- Le chiese Sophie, chiudendo il dietro del vestito con un ingegnoso allacciabottoni.
Sam si guardò allo specchio e rimase sconcertata. Il vestito le stava piccolo sui fianchi, quindi era incredibilmente incollato al corpo fino ai fianchi, dove si gonfiava in una serie di pieghe sul didietro, drappeggiato su una modesta crinolina. Le maniche, ripiegate, avevano i polsi guarniti da gale di merletto color champagne.
-Sembro una bomboniera. –Disse senza pensarci, ma poi notando lo sguardo interrogativo di Sophie, si schiarì la voce. –Dalle mie parti è un modo di apprezzamento, è davvero molto bello, Sophie.- tentò  di essere più signorile possibile, pregando che Sophie non l’avrebbe presa per una tipa strana.
La ragazza le sorrise e Sam rilassò le spalle. – Ti sono molto grata per il tuo aiuto con il vestito.-
-Felice di essere utile, signorina.- Il tono di Sophie era incolore mentre con le mani le sistemava alcune pinze nei capelli, in modo da tenerli su in una crocchia.
Sam osservò per alcuni istanti la propria figura nello specchio e si sorprese a notare che lo stile di quel tempo le piaceva, iniziava ad abituarsi al corsetto, e i capelli sollevati le rendevano il viso più magro.
-Sophie, sai dove posso trovare il Signor Lightwood?- Chiese girandosi verso la ragazza.
-Il vostro fidanzato è stato convocato dalla signora Branwell, stamane.- Disse la ragazza. –Ma lo rincontrerete in sala da pranzo a colazione. Prego, posso accompagnarla io, così avrete modo di conoscere tutti gli altri.- si diresse verso la porta che la aprì. –Non sono tutti come il signor Herondale, ve lo prometto. –Disse seria, ma dalle labbra increspate si notava che tentava di soffocare un sorriso.
- Con questa notizia mi rallegri la giornata, Sophie.- Rispose Sam dirigendosi verso la porta, e, sentendo la cameriera ridacchiare al suo fianco.
L’arredamento dell’istituto ricordava quello di un castello, il soffitto era nascosto nella semi oscurità e le pareti era decorate con arazzi. Sam continuava a guardarsi intorno, completamente incuriosita da ogni dettaglio. 
-Un tempo questo posto era una chiesa.- Disse Sophie, notando la curiosità negli occhi di Sam. –La chiesa di All-Hallows-the-Less. Bruciò durante il Grande Incendio di Londra. In seguito i Cacciatori hanno rilevato il terreno e costruito l’Istituto sulle sue rovine. Non so bene per quale motivo, ma è utile che siano costruiti su un territorio consacrato.
Senza pensarci, nella testa di Sam, comparse l’immagine della discoteca ‘Paradiso’. Si morse il labbro per reprimere il pensiero.
Sophie si girò per far varcare a Sam una porta che conduceva in una grande sala da pranzo vivamente illuminata dal sole del mattino che penetrava dalle finestre.
Sam rimase abbagliata dall’improvvisa illuminazione. La stanza era grande abbastanza da contenere un tavolo per venti persone. Un enorme lampadario a gas pendeva dal soffitto. Uno specchio dalla cornice dorata correva per tutta la lunghezza della stanza sopra una credenza piena di porcellane dall’aria costosa. Al centro della tavola c’erano dei fiori bianchi in una bassa boccia di vetro. Era tutto normale e raffinato.
Sebbene la lunga tavola fosse completamente coperta da una tovaglia bianca, soltanto un’estremità era apparecchiata. Vicino a essa erano sedute tre persone. Una di esse era una ragazza dai capelli biondi che indossava un luccicante abito scollato verde e portava anelli a quasi tutte le dita. Sam non poté fare a meno di fissarla. Era graziosa, con i capelli di un biondo argenteo, occhi color nocciola e una pelle liscia.
A capo tavola c’era un uomo intendo a leggere il giornale, nonostante fosse seduto, si riusciva a capire che era molto alto, con una chioma fulva e occhi color nocciola. Indossava una giacca di tweed sopra uno sgargiante panciotto a righe orizzontali.
Fu un giovane seduto di fronte alla ragazza a notare la loro presenza, sollevando gli occhi nella direzione di Sam. I capelli di uno strano colore argentato brillante attirarono subito lo sguardo della ragazza. Gli occhi erano del medesimo argento, il viso dalle ossa minute era spigoloso, la leggera inclinazione degli occhi l’unico indizio della sua origine. La sua carnagione era molto chiara, ma il panciotto rosso che indossava dava un leggero tocco di colore alle sue guance.
Sophie interruppe il silenzio nella stanza con leggero colpo di tosse, facendo sollevare così lo sguardo anche all’uomo e la ragazza.
-Oh, finalmente abbiamo il piacere di conoscervi, signorina!- Disse l’uomo alzandosi in piedi.
Sam avanzò di qualche passo e con un cenno del capo, rivolse un saluto ai tre.
-Io sono Henry Branwell, ma vi sarei grato se mi chiamasse Henry.- le disse con un tono amichevole.
Sam gli sorrise, avvicinandosi così al posto libero vicino al ragazzo dai capelli argentati. Lui si alzò in piedi, in modo educato e le spostò la sedia in modo che lei potesse sedersi.
–Credo di dovermi presentare. Sono James Carstairs, ma vi prego di chiamarmi Jem… lo fanno tutti.-  il ragazzo le sorrise posando poi lo sguardo verso la ragazza bionda. –E lei è Jessamine Lovelace.-
-Felice di fare la vostra conoscenza. –Borbottò Jessamine.
Sam si rivolse un sorriso ai tre per poi sedersi. –Vi prego, datemi del tu. Sarei felice se mi chiamasse Sam.-
-Sam sta per Samuela?- chiese Jessamine con curiosità sbattendo le lunghe ciglia.
Sam inorridì per alcuni istanti, schiudendo poi le labbra per rispondere.
-Ma ti pare Jessie? Il nome della signorina è Samantha. Samantha Reyes –Una voce aveva parlato al suo posto e quando la ragazza sollevò lo sguardo, incontrò gli occhi azzurri di Will.
Jessamine sollevò gli occhi al cielo, parlottando fra se e se.
-Noto che oggi la sveglia è suonata prima del tempo, William.- gli disse Jem, seguendo con lo sguardo il ragazzo che prendeva posto di fronte a Sam.
-James, forse ti stai confondendo con le abitudini di qualcun altro. –Rispose il ragazzo, girando il volto verso Jessamine.
- Will, sii gentile, non farmi andare di traverso il pasto più importante della giornata.- Rispose lei disgustata.
- Love is in the air.- Commentò Henry chiudendo il giornale e prendendo una forchetta, iniziandosi a dedicarsi alle proprie uova.
-Da dove vieni, Sam?- Le chiese Jem mentre prendeva un sorso di thè.
- Dalla periferia di Londra. – Rispose la ragazza senza pensarci.
-L’altra sera non avevi detto di Idris?- la provocò Will, fingendosi confuso.
La ragazza sollevò lentamente lo sguardo, nel panico. In realtà non sapeva nemmeno cosa fosse questa Idris, era un posto che non aveva mai sentito nominare, ma Will aveva ragione e ora non sapeva bene cosa rispondere. –Certo, ma per un periodo ho vissuto lì, sono un’amante della campagna. –gli sorrise, tentando si sembrare rilassata.
-Hai apprezzato la città di Alicante? – continuò lui.
- Molto, soprattutto per il suo clima.-
-Mite, vero?-
- Non sapevo fossi stato ad Alicante, William.- S’intromise Jem, e Sam si accorse di aver trattenuto il fiato per tutto il tempo.
-Alec!- Esclamò Sam, interrompendo così la discussione.
Il ragazzo era appena entrato nella sala da pranzo, al suo fianco Charlotte osservava la stanza, rivolgendo un sorriso ai quattro.  
-Dove sei stato?- Gli chiese sottovoce, mentre Alec prendeva posto di fianco a lei.
Lui gli rivolse un sorriso, portando una mano sulla sua e stringendola appena, come per darle conforto.  –Va tutto bene, ma devo parlarti. –
-Puoi farlo anche qui, siamo una grande famiglia e tra di noi non ci sono segreti.- Intervenne Will che aveva origliato tutto il tempo.
-William, non credo siano cose che ti riguardino. – lo rimproverò Jem, rivolgendo un sorriso gentile alla ragazza.
-Invece credo di sì, James. Vero Alexander?- Disse con un sorriso divertito che sembrava non abbandonare mai le sue labbra.
Alec esitò un po’, per poi sollevare il viso. –Non ci sono problemi. – annuì, voltando lo sguardo verso Sam che lo stava guardando con un misto di preoccupazione e confusione. –Sanno che è stato Magnus a mandarci qui e che non sei la mia fidanzata. Inizialmente erano titubanti a dare ospitalità a una mondana, ma Charlotte si è mostrata accondiscende. –
Sam percepì il peso dello sguardo di tutti sulla propria figura. Si sentiva sollevata, odiava mentire e sapere che non avrebbe più dovuto le fece rilassare i muscoli delle spalle, poggiandosi contro lo schienale della sedia. –Magnus è qui?- chiese poi ad Alec.
Lui sollevò le spalle. –Ad esserci c’è, ma non so se è quello che conosciamo noi.-
-Sono l’unica a sentirsi estremamente confusa?- Esordì Jessamine.
-Tranquilla, nessuno te ne fa una colpa per essere poco brillante.- Le rispose Will.
Jessamine lo fulminò con lo sguardo e prima che potesse controbattere la voce di Charlotte li interruppe. – Avrò modo di spiegarvi la faccenda, ora potete andare e lasciare che i nostri ospiti prendano qualche istante di pausa dalle loro vite. –
 
§ 

Quando la colazione ebbe fine, Sam si allontanò da tavola con una sensazione di sollievo, voleva restare sola con i propri pensieri.
Avanzò lungo il corridoio illuminato dalle torce, nonostante fosse giorno. Nella mente le balenò il pensiero di Agie, il suo cane, che era morto il giorno in cui tutto era cambiato. Ma il pensiero fisso ormai era sempre uno: Sebastian. Non riusciva a togliersi dalla mente gli occhi scuri del ragazzo o di come i capelli chiari gli ricadessero sulla fronte.
Ancora persa nei suoi pensieri, Sam andò quasi a sbattere contro un muro. Si fermò, e si guardò intorno, disorientata. 
Osservò l'ambiente circostante e si rese conto di non riconoscere quel punto, non era nemmeno sicura di essere nel corridoio giusto. Quello dove si ritrovava era fiancheggiato da torce e ricoperto di arazzi. Sam avanzò a rilento e con cautela fino in fondo, dove si diramava in altri due, ognuno identico al primo.
-Ti sei persa?- Le chiese una voce alle sue spalle. Una voce gentile, Jem. Sam si girò e lo vide, stava dritto appoggiando il peso a un bastone. Visto da quella prospettiva sembrava molto più esile di quanto le era parso nella sala da pranzo e il suo viso sotto le torce appariva più pallido.
-Sì- ammise Sam sconsolata.
- Potrei farti fare un giro dell’istituto, solo se tu vuoi, ovviamente.- suggerì. –Almeno per imparare a orientarti.-
Sam lo fissò per alcuni istanti, annuendo lentamente. –Ti ringrazio, non mi piace gironzolare a vuoto. Questo posto sembra un labirinto. –
Lui si avvicinò con un sorriso e con una mano le indicò la direzione. –Prego- aggiunse poi con il tono di voce gentile che lo caratterizzava.
La guidò lungo vari corridoi che agli occhi di Sam apparivano tutti uguali, e strada facendo le raccontò alcune curiosità sull'istituto: quante stanze avesse, più di quante la ragazza avesse immaginato oppure alcuni dettagli sulla grande sala da ballo dove ogni Natale si teneva una festa per l’Enclave, che le spiegò essere un termine per definire il gruppo di Cacciatori che vivevano a Londra.
Dopo la sala da ballo passarono per l’armeria, nella quale erano esposte centinaia di mazze, asce, pugnali, spade, coltelli e perfino alcune pistole appesi alle pareti, completando con una collezione di tipi armature.
Un giovane robusto con i capelli castano scuro era seduto a un alto tavolo, intendo a lucidare una serie di pugnali. Quando li vide entrare, sorride. – Buongiorno Thomas! Lei è la signorina Reyes.-
Indicò Sam.- Sarà nostra ospite.-
Lui le rivolse un sorriso, che Sam ricambiò. Aveva un viso stucchevole e tanti capelli ricci. Dalla sua postura era possibile capire che nonostante la giovane età era muscoloso e molto alto.
-Thomas ha trascorso quasi tutta la sua vita all’istituto.- disse Jem, guidando Sam verso l’uscita dell’armeria. –ci sono famiglie che hanno la Vista nelle vene, famiglie che hanno sempre servito i Cacciatori. Thomas fa di tutto: guida la carrozza, si prende cura dei nostri cavalli e si occupa delle armi. Come lui –Ad esempio- la nostra cuoca Aghata e Sophie che hai già avuto modo di conoscere.- le spiegò Jem mentre s’incamminavano lungo un altro dei corridoi.
Si fermò davanti ad una porta e un sorriso felice gli si formò sulle labbra. –Questa è la mia stanza preferita.- disse mentre apriva la porta.
Sam capì di essere nella stanza della musica, in cui c’erano alcune arpe e un vecchio pianoforte a coda ricoperto di polvere. Scendendo una rampa di scale si arrivava al soggiorno che Sam aveva già visto la sera prima.
-Ti piace suonare?- gli chiese mentre osservava incuriosita l’ambiente.
Il ragazzo annuì, prendendo posto sullo sgabello del pianoforte. –Suono il violino. –
Sam gli sorrise, il suono del violino le era sempre piaciuto in modo particolare. –Un giorno mi farai ascoltare qualcosa?- gli chiese, infine.
-Certo, è sempre un piacere suonare per una signorina.- Le disse raggiante.
 
 §
 
-Dove stai andando?- chiese Sam non appena il suo sguardo si posò su Alec. Fuori ormai era buio, e il ragazzo sembrava intento a prepararsi a  uscire, mentre con agilità si legava la cintura delle armi alla vita.
Dopo il giro dell’istituto che aveva fatto con Jem, Sam era riuscita a ritrovare la sua stanza, ci aveva messo un quarto d’ora per azzeccare quella giusta, aprendo più o meno ogni porta del corridoio, ma alla fine ne aveva aperta una, ritrovandosi Alec davanti agli occhi.
-Ho sentito che andranno a fare delle indagini in un club, voglio unirmi anche io.- le rispose lui, passandosi una mano tra i capelli, in modo da tirare indietro alcune ciocche dalla fronte.
- Ci vai per informati su Magnus? –Gli chiese Sam, tenendo lo sguardo puntato negli occhi blu di lui.
Alec la guardò titubante, per poi sbuffare. –Sì, forse vuole che noi lo cerchiamo.-
-Vengo con te.- Disse lei, convinta.-
-Non se ne parla.- rispose Alec liquidando la sua proposta con un gesto della mano.
- Lo hai detto anche tu, vuole che “noi” lo cerchiamo. – Sam incrociò le braccia al petto, guardandolo severa. –Quindi non me ne starò qui con le mani in mano, non sono una signorina ben educata di quest’epoca.- fece una pausa avvicinandosi appena al ragazzo.- O mi porti con te oppure avrai la spiacevole sorpresa di ritrovarmi lì.- concluse.
Lui la guardo, alzando gli occhi al cielo esasperato. –E va bene.- borbottò, per poi tirar fuori dalla sua cintura un pugnale. - Prendi questa allora, saperti armata mi rende più tranquillo. –
-Non ho mai tenuto in mano un pugnale.- disse la ragazza, tenendo in mano l’oggetto come se fosse una cosa viscida.
-Come disse una grande saggia: c’è sempre una prima volta.-
 
§ 

Dopo che Alec uscì dalla stanza, Sam osservò per alcuni istanti la propria figura nello specchio. Indossava l’abito rosso che Sophie le aveva preparato con cura, ma era convita che se fosse andata in giro vestita così, e nel caso avesse dovuto correre, il pavimento sarebbe stato il migliore amico del suo naso.
Non era abituata a portare delle gonne, per di più così lunghe, le impedivano i movimenti e in più il corsetto la soffocava. Conciata così sarebbe stata solo d’intralcio. Ci mise due secondi per realizzare che la soluzione era una: indossare i vestiti che Charlotte aveva dato ad Alec.
Trovò molto più semplice indossare quei pantaloni, la camicia e il panciotto, che tutte quelle gonne pompose che le donne si costringevano a mettere. Vestita in quel modo si sentiva più a sua agio.
Era una di quelle che indossava sempre jeans o leggins, quindi ora portare dei pantaloni era più confortevole per lei, pensò, mentre lasciava scivolare il pugnale che le aveva dato Alec tra la cintura e i pantaloni.
Raccolse ,infine,  i capelli in una crocchia, e coprì il capo con un capello, tentando di tenere il viso più coperto possibile. Forse, passando per un uomo, nessuno l’avrebbe più guardata come era successo in strada quando erano arrivati con Alec.
 
Uscì dalla stanza, percorrendo velocemente il corridoio, e, intravide da lontano le tre figure maschili di spalle, appoggiati vicino a una carrozza, dove Thomas stava sistemando i cavalli.
-Eccomi!- Esordì facendo voltare tutti e quattro, avvertendo subito la pesantezza dei loro sguardi.
-Qualcuno mi ricorda perché viene anche lei?- chiese Will, tenendo lo sguardo su Sam.
-E perché è vestita da uomo?- continuò Jem.
- Egemonia femminile. - Concluse Alec.






NOTE D’AUTRICE 
Oggi sono un po' di fretta, quindi tenterò di essere breve. Fatemi sapere, le vostre recensioni per me sono importantissime! Mi spronano a scrivere e a fare di meglio, mi fate troppo felice quando mi dite i vostri pareri, siete sempre tutte carinissime e fate sclerare anche me, hahah. :)
Lo so che è un capitolo noiosetto perchè di passaggio c.c.
Se vedete degli errori non fatevi problemi a segnalarmeli  ;)

   




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Capitolo 7
*** Capitolo 7. ***








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«Sometimes Angel, sometimes demon, but always me.»




Quando varcarono la soglia di quel vecchio locale, un forte odore travolse Sam. L’ambiente era illuminato esclusivamente da candele, sistemate in decine di candelabri di legno e alle pareti erano appese varie locandine, nelle quali era possibile leggere alcuni nomi, che Sam pensò potessero essere alcune marche di birra che servivano nel locale. Si guardò attorno notando che c’era qualcosa di strano nell’aria, come se una leggera nebbiolina circondasse le persone presenti. Era la stessa sensazione che aveva provato quando aveva visto l’istituto.
-Cos’è questo posto?- chiese sottovoce.
-Una taverna. - Le rispose Jem, mentre lasciava scorrere lo sguardo sulle persone presenti nel locale.
-Sai, quel luogo dove servono da bere e gli ubriaconi si approfittano delle fanciulle che non dovrebbero frequentare posti di questo genere. - Puntualizzò Will, mentre si metteva al fianco di Jem. Con le dita percorreva i passanti della cintura e Sam capì che tentava di nascondere le armi.
La ragazza fece una smorfia, per poi voltarsi verso Alec, dalla sua espressione non lasciava trapelare nessuna emozione.
-Cosa state cercando esattamente?- continuò Sam, mentre con le mani si sistemava il berretto sulla testa.
-Fai un sacco di domande eh?- borbottò Will.
Jem liquidò la conversazione intrapresa da entrambi e si voltò verso i tre, parlando a voce bassa. –Dividiamoci, Alec verrà con me e Sam sarà con Will.-
-Perché io devo fare da babysitter alla mondana?- sbuffò il ragazzo incrociando le braccia al petto.
- Fidati non ho bisogno che nessuno badi a me.- Scattò Sam e mosse alcuni passi verso il centro del locale, lasciandosi i tre alle spalle.
Era consapevole di aver reagito in un modo esagerato, era scattata come una scintilla, ma ultimamente si sentiva di troppo ovunque, lo sapeva di essere fuori posto e di poter sembrare solo d’intralcio per il cacciatore, ma un minimo di gentilezza non sarebbe costato nulla. Non capiva perché il Nephilm le dava contro di continuo e le varie frecciatine alcune volte diventavano difficile da sopportare.
Sam si avvicinò al bancone premendo entrambe le mani sul legno, facendo ticchettare le dita, e richiamò l’attenzione dell’uomo dietro al bancone, che lei avrebbe chiamato barman, ma sicuramente non era un termine ancora coniato in quel tempo.
Quando l’uomo si girò Sam dovette trattenere l’impulso di chiudere gli occhi. Il suo volto era del tutto deturpato, come ricoperto da una corteccia, era stempiato lasciando metà parte del cranio pelata dove poi partivano dei lunghi capelli arancioni.
-Cosa le servo Signore?- gli chiese con una voce atona.
Sam deglutì lentamente per poi sollevare lo sguardo sulle bottiglie di liquore che erano esposti dietro di lui. –Uno scotch.- disse incerta tentando di mascherare la propria voce.

§

-strano abbigliamento per una signora.- Le disse una voce al suo fianco.
Sam s’irrigidì voltando velocemente il viso verso la persona che aveva parlato. Apparteneva a un ragazzo, forse aveva circa la sua età, era alto e il suo viso era incorniciato dai capelli castani che aveva legato in una coda. Il suo volto era pallido e i suoi occhi sembrano illuminarsi come gioielli. Un vampiro.
-Non penso che questo le possa riguardare.- Rispose un’altra voce disinvolta. Una voce arrogante, familiare, Will.
Il vampiro lo guardò per alcuni istanti, per poi spostarsi, in modo che Will potesse occupare il suo posto.
-Vedo che ti sei fatto una reputazione da duro.- Ironizzò Sam, stringendo le braccia al petto.
-Non vogliono avere problemi con l’Enclave e sa che attaccando briga con me non ne uscirebbe.- controbatté Will con tranquillità.
-Bene.- rispose lei e non appena il locandiere le porse la sua ordinazione in un bicchiere logoro, Sam strinse entrambe le dita contro il vetro. Come se si stesse aggrappando a esso.
-Un grazie sarebbe gradito.- Will mosse le mani verso il bicchiere e in pratica glielo strappò tra le mani tracannando il contenuto.
-Ehi!- Esclamò la ragazza tentando di tenere un tono di voce basso.
-Sarai anche cresciuta a Cafonandia, ma ti consiglio di non bere.- le disse lui, mentre poggiava il bicchiere sul bancone.
Sam lo osservò con attenzione per alcuni istanti, gli occhi azzurri risaltavano come due fari sulla sua carnagione chiara e i capelli corvini gli si arricciavano sulla nuca, era senza dubbio uno dei ragazzi più belli che avesse visto, ma sotto il suo viso si nascondeva un qualcosa di diverso dalla maschera di pelle, delle volte la sua ostilità le sembrava costruita.
-La tua gentilezza mi porta davanti ad un quesito: perché mi hai aiutata se mi tolleri così poco?-
Will irrigidì la mascella, puntando gli occhi azzurri nei suoi. –Considerala come la buona azione della giornata.-
Sam completamente irritata, strinse le dita sul palmo della mano, e gli si avvicinò con lentezza, portando le labbra contro il suo orecchio. –Fottiti.- sibilò lentamente, come per incidere meglio quella parola e si voltò andando nella direzione opposta.
Una mano si strinse attorno al suo braccio tirandola dietro un angolo, appartato.
-Andiamo Will, mi puoi dare tre secondi di tregua?- Sbottò lei quando il ragazzo le si pose di fronte, tenendo lo sguardo fisso nei suoi occhi.
-Zitta.- esclamò lui, portandosi l’indice davanti alle labbra.
-Come, scusa?- Mormorò Sam, infastidita.
-Sh!- Disse Will esasperato portandole una mano sulla bocca, in modo da impedirle di pronunciare un’altra parola. Sam aveva voglia di tirargli calcio negli stinchi ma da qualcosa nello sguardo di Will capì che quel gesto non era stato scaturito dal loro battibeccare, ma da altro e Will ne era preoccupato.
Se non le avesse serrato le labbra con la sua mano sudaticcia, Sam avrebbe potuto chiedere cosa stava succedendo, ma in quel momento era in sostanza immobilizzata da corpo di Will.
Lui aveva ogni muscolo teso, mentre con lo sguardo cercava di intercettare quello di Jem dall’altra parte della sala.
-cshe suhjkccedfe Whill?- Tentò di pronunciare Sam.
Il ragazzo tornò a posare lo sguardo su di lei, e questa volta Sam non ne ritrovò nessuna ostilità, anzi sembrava vulnerabile mentre scostava appena la mano per lasciarla parlare.
Sam boccheggiò per alcuni istanti, per poi riformulare la domanda precedente. –Che succede Will?-
-Credo che ci siamo imbattuti in Marbas.- disse a voce bassa.
Sam annuì come se sapesse di cosa Will stesse parlando per poi bloccare il movimento e tornare a guardarlo. –Che per noi comuni mortali sarebbe?-
-Un demone superiore.- tagliò corto lui. –e non credo che siamo attrezzati per combattere un demone di quelle proporzioni.-
-Dove sono Jem e Alec?- Chiese Sam girando il volto alla ricerca dei due cacciatori, ma il suo sguardo si posò su una figura seminascosta nell’ombra, sotto una candela. Il suo viso era nascosto dal cappuccio di un mantello, ma dal modo in cui il suo corpo era posto, sembrava fissare i due ragazzi.
Will non sembrò accorgersene e allentò la presa sul suo corpo. –Vado a cercarli, se vedi qualsiasi cosa strana resta qui, non ti devi muovere. Hai capito?- Sam annuì lentamente a quelle parole. –Non giocare a fare l’eroe, non serve una vittima stasera. – Le disse Will a voce bassa prima di allontanarsi.
Sam prese un lungo respiro e indietreggiò lentamente, in modo da nascondere maggiormente la propria figura nelle ombre di quello spazio.
Continuava a sentire gli occhi di quella persona incappucciata addosso, ma quando alzò furtivamente lo sguardo, decisa a puntarlo verso di lui, quello non c’era più.
La ragazza sporse appena la testa, tentando di individuarlo nella folla, ma poi si ritrasse, nascondendosi come le aveva detto Will.
Restò accucciata lì tanto da perdere la cognizione del tempo, non sapeva se erano dieci minuti, un quarto d’ora o una mezz’ora ma una cosa era certa: le ossa iniziavano a farle male alla base della schiena. Era preoccupata per Alec, per Jem e sì, anche per Will. In quel cacciatore così ostile notava qualcosa di differente e lei lo capiva, nascondeva il suo vero essere ricomprendo il tutto con sarcasmo e ostilità, come aveva fatto anche lei.
Un urlo riempì l’aria, distogliendo Sam dai suoi pensieri e la ragazza scattò subito in piedi, il suo primo istinto fu di correre per capire cosa stesse accadendo, ma poi si ricordò delle parole di Will, tentennando.
Lo sapeva che poteva fare poco e niente, ma se fosse successo qualcosa a tre cacciatori, e lei nel frattempo se ne era stata nascosta in un angolo, se lo sarebbe perdonato? La risposta arrivò immediatamente poiché scattò in piedi, uscendo così dal suo nascondiglio sicuro.
Will era in piedi sopra al bancone della locanda e stringeva tra le dita una di quelle spade luminose. Alec, invece, era affianco a Jem, il ragazzo esile impugnava il suo bastone come un arma, mentre l’altro teneva un arco sulla spalla.
Al centro del locale era comparso un essere grande la metà di un uomo, era ricoperto di squame blu sovrapposte e dalle sue spalle si vedeva emergere una lunga coda gialla con un aculeo in punta. I suoi occhi erano scarlatti, risaltando su i suoi tratti che ricordavano una lucertola e il muso era piatto come quello di un serpente. Sam soffocò l’istinto di urlare, mentre un conato le risaliva lungo la gola. Era la cosa più disgustosa che avesse mai visto.
-Ti avevo detto di restare nascosta.- Le urlò contro a denti stretti Will. Era sceso dal bancone e ora le era affianco, tenendo una delle spade come protezione mentre l’altra era dritta lungo il suo fianco.
-Ho sentito urlare, non potevo starmene lì a guardare.- tentò di dire.
-Bene.- mormorò lui con un filo di voce. -Guardami le spalle.- aggiunse Will e Sam annuì tirando fuori dai passanti il pugnale che Alec le aveva dato.
Il demone attaccò nella loro direzione.
Will si tuffò in avanti e l’arma che aveva tenuto tra le mani fino a poco prima sfuggì dalla sua stretta. Si accovacciò imprecando. Sam lo osservò e un brivido di panico le attraversò la schiena quando capì che il ragazzo ora era completamente disarmato.
Will scattò in piedi e percorse il corpo della creatura, tentando di non farsi notare , fino alla coda che si dimenava. Si girò verso Jem e sollevò una mano per farsi vedere dal cacciatore. Sembravano parlare con gli occhi, come se avessero escogitato innumerevoli gesti per comunicare tra loro nel mezzo di un combattimento. Gli occhi di Jem sussultarono impercettibilmente e il ragazzo getto il bastone all’amico. Will lo afferrò prontamente facendo così scattare l’impugnatura; quando la lama schizzò fuori, l’abbasso velocemente, trafiggendo la spessa pelle della creatura. Il demone balzò indietro mentre Will colpiva di nuovo, staccandogli la coda dal corpo. Del sangue nero sgorgò in un fiotto appiccicoso inondando il pavimento della locanda, mentre l’aculeo della coda graffiò profondamente il braccio del cacciatore, che si scansò gridando.
-Will!- Jem si precipitò verso di lui.
Alec, dalla parte opposta della stanza, tentava in tutti modi di creare un diversivo e attirare l’attenzione del demone su se stesso, lanciando così delle frecce in direzione della sua testa.
Sam osservò per alcuni istanti la scena, non aveva mai partecipato a nulla del genere, e, nel profondo, non sapeva se era realmente capace di poter gestire una cosa così.
Prese un lungo respiro, tentando in quel modo di infondersi coraggio e strinse tra le dita il pugnale, tenendolo dritto davanti a e puntandolo verso il demone.
Quando l’essere notò la sua presenza si girò verso di lei, a fauci aperte, dalle quali s’intravedevano denti affilati.
Will osservava la scena inorridito mentre la ragazza con un veloce movimento della mano lanciò il pugnale nella direzione del demone e rotolò di lato, più lontano possibile dal mostro, le cui mandibole la mancarono per un soffio e si richiusero prendendo il vuoto. 
Alec sollevò maggiormente l’arco e scoccò una freccia, che lanciò verso il bersaglio ma la creatura si limitò a indietreggiare, restando dritta nella sua posizione e con gli occhi fissi sul corpo della ragazza.
Sam era completamente disarmata e con lo sguardo si guardava intorno cercando di trovare qualcosa da frapporre tra lei e il demone. Con la coda dell’occhio intravide la spada che era sfuggita dalla presa di Will, e allungò la mano verso di essa tentando di recuperarla.  Ancora un altro po’, ripeteva nella sua testa mentre strisciava sul pavimento.
-Non toccarla ti brucerà!- Urlò la voce di Jem, ma ormai era troppo tardi le dita di Sam avevano raggiunto il manico d’osso della spada, dalla quale propagò una luce intesa.
Era molto più forte da quella che aveva visto provocare da Will o da Sebastian. Era sicura che a fissare quella luce si sarebbe accecata, invece più la guardava e più aveva voglia di osservarla.
Sentì come una scossa attraversarle il corpo e fu come se un po’ della forza della spada le era attraversato le ossa, facendola sollevare.
La strinse con forza e senza pensarci più del dovuto la conficcò con efferatezza nella carne del demone. Ci furono alcuni istanti di calma, istanti in cui la mente di Sam era totalmente sgombra e nel suo corpo sentiva solo il desiderio di rigirare la lama della spada nelle membra del demone.
La creatura indietreggiò, quindi si accasciò, ripiegandosi su stessa e poi sparì. Sam lasciò la presa sull’arma, facendola cadere a terra e si accasciò sulle ginocchia.
Il pavimento era zuppo del sangue sgorgato dal corpo dilaniato del demone e la ragazza osservò il tutto con un’aria assente, mentre stringeva le dita intorno al proprio polso. 
Will corse nella sua direzione, arrivandole affianco. –Sei ferita?-
Sam sollevò lo sguardo verso di lui, serrando le labbra mentre scuoteva la testa. Non riusciva a dire una sola parola.
-Sam…-sussurrò Alec, mentre le poggiava una mano sulla spalla. –Non ho mai visto una spada angelica brillare in quel modo. –
Jem che era stato in silenzio fino allora si avvicinò a Will. –L’aculeo di Marbas ti ha ferito, William, avrai sicuramente del veleno di demone in circolo.- Fece una pausa mentre estraeva lo stilo dalla cintura delle armi. -. Devo farti un iratze prima che il danno diventi fatale. – disse Jem, con una calma sorprendente.
Will sollevò lo sguardo verso di lui, annuendo appena, mentre Jem si calava stringendo lo stilo tra le dita.

§

-Notevole.- Parlò una voce e i quattro sollevarono la testa nella sua direzione.
Una donna era in piedi vicino alla porta, indossava uno sfarzoso abito di velluto blu e un cappello inclinato in avanti che le ricopriva gran parte della testa.
La pelle era del colore del ghiaccio. L’abito risultava molto attillato, mettendo così in risalto il decolté della donna, ma il petto non si alzava né si abbassava al ritmo del respiro. I folti capelli biondo chiaro erano raccolti e delicati riccioli le ricadevano intorno alla nuca; gli occhi di un verde luminoso brillavano come quelli dei gatti.
-Camille Belcourt…-Sussurrò Alec, stringendo appena la presa sulla spalla di Sam.
-La conosci?- mormorò lei, girando il viso verso il Nephilim.
Lui annuì. –Stava con Magnus.- mimò con le labbra, per non farsi sentire dalla donna.
-Non credo che questo sia il momento migliore per interagire con dei cacciatori, Signorina Belcourt.- disse Will con tono duro, sollevandosi in piedi.
-Perché mai? Eravate così carini mentre vi leccavate le ferite a vicenda.- disse la donna, avanzando elegantemente di un passo.
-Non per contraddirla, ma se ci leccassimo via il sangue demoniaco a vicenda, o avremmo delle papille gustative di ferro o non avremmo più una lingua. – rispose Will.
- Desidera qualcosa?- le chiese Jem, con un tono di voce più pacato.
-Penso che nella mischia abbiate fatto fuori uno dei miei soggiogati.- Rispose la donna gelida.
- Non abbiamo ucciso nessun mondano.- Ribatté subito Will.
-Forse è stato un errore di distrazione.- Ripeté la donna.
-Uccidere una persona non può essere definito un errore di distrazione.- Disse Sam, sollevando lo sguardo sul viso di lei.
-E’ molto curioso quello che hai fatto ragazzina, non ho mai visto una spada angelica brillare tanto.- sollevò una mano, iniziando a esaminarsi le unghie. – E non hai nemmeno i marchi dei Nephilm. Davvero curioso.-
Sam avvertì Will irrigidirsi vicino al proprio fianco. –Le consiglio di non proferire parola su l’accaduto, sa, per la vostra incolumità.- disse poi il cacciatore.
-E’ una minaccia?- La donna sollevò gli occhi verdi puntandoli in quelli blu di Will.
-Sì.- Rispose Alec, fulminandola con lo sguardo.
- Non provocatemi.- disse Camille con un tono minaccioso che fece drizzare i peli sulle braccia di Sam.
-Oppure che succede?- Parlò una voce alle spalle della donna.
Sam strinse istintivamente le dita contro il polso di Will, era l’uomo che l’aveva osservata per tutto il tempo. Il cappuccio gli ricopriva ancora il volto, mentre tra le mani stringeva quella che sembrava essere una spada angelica.
-E’ solo una mia impressione o si sta creando un effetto domino?- commentò Will.
-Zitto.- La voce gelida dell’uomo lo zittì, mentre con la spada percorreva la schiena tesa di Camille.
-Dov’è Magnus Bane?- chiese all’orecchio della donna.
-Perché vuoi sapere di Magnus? –Scattò Alec, incrociando lo sguardo confuso di Camille.
- Devo zittirti con un colpo di spada, Alexander?- Chiese l’uomo mentre tirava un colpo nella nuca di Camille, facendole perdere i sensi.
-Come conosci il mio nome?- chiese Alec sulla difensiva, mentre sollevava l’arco nella direzione dello sconosciuto.
Sam osservò la scena in silenzio, usando come punto per aggrapparsi la presa che aveva sul braccio di Will, sapeva di fargli male, ma il cacciatore non accennava a lamentarsi.
L’uomo scostò il cappuccio, rivelandosi essere un ragazzo. I suoi capelli bianco-argento, gli ricaddero lungo la fronte, mentre puntava lo sguardo negli occhi di Alec.
– Sebastian.- Mormorò Sam.
 
§
 
-Sebastian.- Ripeté Alec sgranando gli occhi. –Cosa ci fai qui?-
-Cosa ci fate voi qui?- lo fulminò lui con lo sguardo. –Non è saggio giocare con lo spazio temporale.- disse lui mentre ritirava la spada. –E venirvi dietro mentre giocate a nascondino sta diventando irritante. -
Sam notò che non era vestito come ci si aspettava da quell’epoca. Il ragazzo aveva addosso la sua tenuta da cacciatore, coprendola semplicemente con un mantello di velluto nero.
-Nessuno ti ha chiesto di seguirci.- Scattò Sam sciogliendo la presa dal braccio di Will, sollevandosi in piedi. –Si può sapere cosa vuoi?-
Sebastian la osservò per alcuni istanti, il suo sguardo era freddo come il ghiaccio e Sam si sentì rabbrividire. I ricordi le affluivano alla memoria. Ricordi delle sensazioni che aveva provato ogni qualvolta il ragazzo le fosse vicino, ma lei tentava di scacciarli affidandosi alla parte razionale di se stessa.
Will e Jem si scambiarono degli sguardi confusi, mentre Alec si chinava sul corpo di Camille, tirandola indietro. Sam quasi non sembrava accorgersi che altre persone fossero vicino a lei, era come se in quel momento ogni cosa si fosse rarefatta e ci fossero solo lei e Sebastian.
Sebastian non rispose, abbassando il viso in modo da poter osservare i movimenti di Alec. –Portala fuori, ci aiuterà a rintracciare il tuo stregone.- disse al ragazzo.
Alec lo fulminò con lo sguardo, sollevando il corpo di Camille e ritrovandosi Jem al suo fianco, ad aiutarlo. –Cosa vuoi da Magnus?-
-Che ci riporti da dove siamo venuti.- borbottò Sebastian scocciato. –Seguirvi è stato facile, ma non ho uno stregone con cui tornare indietro.-
-Sai che perdita, mollarti qui sarebbe solo una liberazione. – rispose Alec, beffardo.
-Non costringermi a riservarti lo stesso trattamento che ho usato per tua sorella e tuo fratello. –
Alec s’irrigidì, mollando la presa sul corpo di Camille e facendo così barcollare Jem per il carico improvviso. –Non osare nemmeno nominarlo, verme.-
-Mi stai sfidando? Sai che non c’è storia.- rispose lui facendo ricadere il mantello e mostrando la divisa da cacciatore.
-Basta.- quasi urlò Sam frapponendosi tra i due, gli occhi di Alec sembravano andare a fuoco e lei si voltò verso di lui, portando una mano sulla sua spalla. –Alec, ti prego calmati, non è il momento ora, lo sai. – gli sussurrò con dolcezza per poi sollevare lo sguardo oltre la spalla di Alec intercettando lo sguardo di Will. –Aiuta Jem a portare Camille sulla carrozza.- gli chiese con un tono di voce fermo, ma in realtà si sentiva esplodere.- e porta Alec fuori di qui.- continuò. –Ti prego…- sussurrò infine.
Il ragazzo, con sorpresa di Sam, annuì e strattonò Alec per il braccio, conducendolo fuori dal locale ormai deserto, mentre si chinava per stringere tra le mani le caviglie di Camille e poi sollevarla con l’aiuto di Jem, e uscire.
Sam chiuse per alcuni istanti gli occhi e ispirò profondamente mentre sollevava una mano portandosela sul viso. I capelli castani le ricadevano in modo disordinato sulle spalle, le mollette erano cadute durante lo scontro e così anche il cappello.
-Sei davvero singolare.- disse Sebastian, rompendo il silenzio che si era creato.
-Che vuoi dire?- Sam sollevò lo sguardo stanco sul suo viso.
- Passi il tempo a coprire il nostro legame con ostilità e fastidio.- disse lui, addolcendo il tono della voce ad un tratto, facendo un passo verso di lei.- Ma c’è una parte in te che tiene a me, nonostante tutto quello che ho fatto. -
Sam deglutì lentamente, osservando con attenzione i movimenti del ragazzo. –Non dire assurdità.- mormorò.
Lui sollevò l’angolo delle labbra, senza sorridere. –Allora perché continui a difendermi?- le chiese senza distogliere gli occhi neri da quelli nocciola di lei. –Perché mi hai salvato sul tetto? Perché hai evitato che mi scontrassi con Alec?-
Sam restò in silenzio inumidendosi appena le labbra, sentendole estremamente secche.
-Rispondi. – ordinò lui a denti stretti. Ormai la distanza tra di loro era nulla.
La ragazza abbassò per alcuni istanti lo sguardo, per poi riportarlo agli occhi di Sebastian, serrando le mani in due pugni. –Perché se la smettessi di fare l’idiota qualcun altro potrebbe vedere che forse c’è del bene in te. Mi sento quasi stupida a pensarlo, ma sì , camuffo il nostro legame con l'ostilità perché sì, odio me stessa per questo ma tengo a te e sono stufa di dover fare in modo che anche agli occhi degli altri tu non compaia come un mostro così da non dovermi sentire in colpa per quello che sento. -
Sebastian s’irrigidì impercettibilmente, sollevando entrambe le mani che portò sulle guance di Sam. –Non tentare di cercare del buono dove non c’è, non rovinarti per salvare qualcosa che non può essere salvata.-
Sam socchiuse gli occhi al contatto delle dita di lui contro la propria pelle, per poi riaprirli e puntandoli in quelli di lui.
- Omnia vincit amor et nos cedamus amori.- sussurrò Sebastian.
-Cosa significa?-
-Sh…- mormorò e annullò del tutto la distanza fra i loro visi facendo incontrare le loro labbra, sfiorando e accarezzando quelle di lei con le proprie.
Sam non ebbe nemmeno il tempo di aprire gli occhi… lui non era più lì. Pensò di essersi immaginata tutto, mentre sollevava lentamente una mano e la portava sul suo labbro inferiore accarezzandolo con la punta delle dita.
 
-Sam!- la richiamò Jem, facendola sobbalzare. –Dov’è Sebastian?-
La ragazza si guardò intorno confusa, per poi scuotere la testa. –Non ne ho idea. -






NOTE D’AUTRICE 
Vi ringrazio come sempre per le vostre recensioni, è sempre un piacere leggerle, mi rendete molto felice!
Spero che come capitolo vi piaccia! È stato un parto cc
Sono di passaggio anche sta volta, quindi non posso dilungarmi, un bacio enorme a tutti <3.










Credits
: Per la barra prima delle note a : yingsu

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Capitolo 8
*** Capitolo 8. ***








» Capitolo 8
                                 
«Monsters are real, and ghosts are real too.
They live inside us, and sometimes, they win.
» 
-Stephen King
 







Quando Sam entrò nella carrozza, tre paia di occhi si posarono sul suo viso.
-Cosa c’è?- Chiese, mentre tornava a sedersi vicino ad Alec, tentando di sistemarsi i capelli con la punta delle dita.
-Quello che hai fatto con la spada… -iniziò Will.
-E’ una cosa davvero strana. - concluse Jem.
La ragazza annuì lentamente, distogliendo lo sguardo dai loro volti. –Non lo nemmeno io.- Sussurrò con un filo di voce mentre girava il volto verso il finestrino, osservando con lo sguardo le facciate delle case. – Non lo so.- ripeté così a bassa voce che nessuno riuscì a sentirla.
Non distolse lo sguardo dal paesaggio che attraversavano con la carrozza, era come se le ombre prendessero forma, creando delle figure spretali lungo il ciglio della strada. Era udibile solo il rumore degli zoccoli dei due cavalli che guidavano la carrozza tra le strade deserte della Londra notturna.
Era tutto così confuso nella sua mente, c’erano tanti pezzi, ma nessun pezzo era rilevante per completare il puzzle. Non sapere cosa fosse la faceva sentire senza un posto, come se girasse in tondo su se stessa senza arrivare mai al capo di niente.
-Dove stiamo andando?- Chiese Alec, interrompendo il silenzio che era calato nell’ambiente.
-A casa di Camille.- rispose Will. –Non possiamo portala all’istituto, i vampiri non ci possono entrare. -
-Lo so.- disse Alec, come per ricordare al Nephilm che anche lui era un cacciatore.
Sam avvertì il peso dello sguardo di Jem sul proprio viso, così sollevò gli occhi, incontrando quelli argentati dell’esile cacciatore, rivolgendogli un leggero sorriso, come per dirgli “Va tutto bene”.
Il Nephilim ricambiò il suo sorriso, rassicurandola. Nonostante non conoscesse da molto quel ragazzo, aveva sentito subito di aver creato un legame con lui, l’aveva tratta con gentilezza e sembrava preoccuparsi dei suoi sentimenti.

§
 
Quando la carrozza si fermò i tre cacciatori scesero velocemente, lasciandola sola con Camille, che giaceva ancora svenuta, al suo interno.
-Controlliamo che sia sicuro. Ti chiamo io quando avremo finito, va bene?- le disse Alec prima di andare.
Sam si era limitata ad annuire, si sentiva così stanca, i suoi occhi cercavano solo un secondo di riposo, un istante poteva permetterselo, pensò, mentre accasciava la testa contro la parete del cocchio, rilassando del tutto i muscoli del corpo.
Ma qualcuno bussò contro la porta della carrozza. Sam, colta di sorpresa, scattò in piedi ad andando a sbattere la testa contro il tettuccio, massaggiandosi poi lo stesso punto con una mano.
-Chi è?- Chiese sull’attenti mentre cercava con le mani di recuperare un coltello dalla giacca che Will aveva lasciato sul sedile imbottito.
-Potrei farvi la stessa domanda, milady. - Una voce parlò attraverso la porta.
Sam ci mise due secondi per riconoscerla e aprire lo sportello con una velocità che non sapeva di possedere.
-Magnus!- quasi urlò per la gioia, posando lo sguardo sullo stregone e quando incrociò il suo dubbioso, pensò che probabilmente lui non la riconosceva.
Lo sguardo dell’uomo vagò nella carrozza e non appena vide il corpo di Camille accasciato di fianco a Sam, fece una smorfia. –Era proprio necessario, angioletto?- chiese e sul viso di Sam si formò un sorriso enorme.
Senza pensarci molto si lanciò velocemente verso lo stregone, gettandogli le braccia al collo e stringendosi contro di lui. –Finalmente ti abbiamo trovato, avevo così paura che non mi avresti riconosciuta. -
Lo stregone perse per alcuni istanti l’equilibrio, quando la ragazza gli arrivò addosso. Sembrava in difficoltà, non sapendo bene se ricambiare quell’abbraccio o allontanarla, tenendo così una mano a mezz’aria. Alla fine posò quella mano sulla sua schiena, dandole delle impacciate pacche su di essa.
-Cosa è successo?- Le chiese poi, scostandola appena dal suo corpo e notando il viso di Sam completamente sfatto.
-Sebastian ci ha seguiti fin qui. – sussurrò lei. –Poi ho ucciso un demone... - continuò.- o almeno credo, sono un po’ confusa. --Jonathan, cosa?!- esclamò Magnus. –E tu hai ucciso cosa?! Oh, mamma mia, ti ho mandato con Alec il carino per farti stare al sicuro e questi ti trasformano nella versione nana di Tomb Raider .-
Sam lo guardò male. –Ehi, non sono bassa!- sbuffò.
-Lo so, ma resti comunque la versione nana di Tomb Raider, non credo tu voglia paragonarti ad Angelina Jolie.-
-Chi è Giolina Giulì?- Chiese una voce alle loro spalle, facendo voltare così entrambi.
-Spesso mi chiedo in che epoca vivano i cacciatori.- Scosse la testa Magnus, portandosi una mano sulla fronte.
Alec puntò i suoi occhi azzurri sul viso dello stregone, rilassando il viso in una specie di sorriso. –Sei qui.- sussurrò.
-Sì Alexander, ma qualcosa mi dice che ci resteremo ancora per poco. – commentò Magnus, sollevando una mano e portandola sulla spalla del ragazzo, avvicinandolo a se.
-Dove andate?- questa volta fu Will a parlare e non appena lo sguardo di Magnus si posò sul suo viso, Sam notò qualcosa di diverso nel suo sguardo, era come una triste malinconia.
-William.- Sussurrò lo stregone e Alec s’irrigidì, sfuggendo al suo tocco. Magnus lo osservò con lo sguardo per alcuni istanti, per poi lasciar cadere la mano lungo il proprio fianco. –Raccontatemi di Jonathan. – disse poi.
-Chi è Jonathan?- Chiese Sam, esponendo la domanda silenziosa che si erano posti anche gli altri due cacciatori.
-Sebastian. – Rispose Magnus, scocciato.
-Ma quanti nome ha?-
-Due? Jonathan Christopher.- annuì lo stregone.
-Allora perché io lo chiamo Sebastian?- chiese Sam confusa, grattandosi appena la fronte.
-Sebastian è un poverino che ha ucciso e di cui ha preso l’identità. – Tagliò corto Magnus.
-Visto che bella persona?- Disse Alec rivolgendosi a Sam e lei evitò il suo sguardo.
Un forte colpo di tosse interruppe la conversazione e tutti si voltarono nella direzione da cui proveniva quel suono. Jem era piegato sulla schiena, mentre teneva una mano premuta contro le labbra, che copriva con un fazzoletto bianco. Will gli arrivò subito vicino, portando una mano sulla spalla del compagno. –Jem.- lo richiamò preoccupato.
Il corpo del cacciatore continuava a essere scosso da colpi di tosse e quando scostò il fazzoletto, Sam notò con orrore che era sporco di sangue.
-Jem, ce l’hai con te?- Chiese Will, nonostante il tono di voce fermo, nei suoi occhi c’era il panico.
Il ragazzo scosse la testa, ricadendo sulle ginocchia.
-Sei uno scellerato! Perché non l’hai portata Jem.- Gli urlò contro Will, sollevandosi in piedi e dirigendosi verso Thomas. –Dobbiamo tornare subito all’istituto.- disse al cocchiere, voltandosi poi nuovamente verso il gruppo. –Gettate fuori dalla carrozza la vampira e andiamocene, la sua presenza è inutile!- Esclamò.
Sam nel frattempo si era chinata al fianco del ragazzo, cingendogli entrambe le spalle con un braccio, cercando di dargli sostegno. –Jem, che hai?- sussurrò con un filo di voce.
-Sto bene, non preoccuparti.- sussurrò il cacciatore, tra un colpo di tosse e l’altro.
-No, non stai bene.- Rispose lei duramente, usando un tono di voce che non era il suo, poi si sollevò leggermente e si mise di fronte a lui. Nei suoi occhi c’era qualcosa di diverso, Sam aveva le pupille completamente nere, sembrava un burattino che si muoveva a comando. Portò entrambe le mani intorno alle guance di Jem e gli sollevò il viso.
-Ma cosa sta facendo?!- Esclamò Will impaziente, mentre gettava in malo modo il corpo di Camille sotto la tettoia della casa.
Magnus osservava la scena con curiosità. –Sembra assente.- commentò.
-Sam, spostati, Jem non sta bene, dobbiamo portarlo via.- la richiamò Alec. Ma niente, la ragazza restava immobile, il suo sguardo perso e vitreo era fisso negli occhi di Jem, che la osservava con stupore, mentre altri colpi di tosse scuotevano il suo esile corpo.
-Se non ti sposti ti prendo ti peso e ti lascio qui, lo giuro sull’Angelo.- Disse minaccioso a denti stretti, Will.
La ragazza sembrava non sentirli e con uno movimento veloce, avvicinò il viso di Jem al suo, baciandolo.
Magnus e Alec spalancarono gli occhi, completamente meravigliati. –E’ impazzita?- chiese sotto voce il ragazzo.
Will mosse dei passi verso i due, ma il braccio di Magnus lo trattenne. –Guarda Jem, sta succedendo qualcosa.-
Jem inizialmente aveva spalancato gli occhi per la sorpresa di quel gesto, ma poi li aveva richiusi, lentamente, come se quel contatto stesse provocando qualcosa in lui. Le sue guance non erano più pallide e la tosse sembrava sparita.
Quando Sam si scostò dalle sue labbra, sollevò una mano, con la quale accarezzò appena una ciocca di capelli di Jem, facendo scivolare poi le dita lungo la sua guancia. Ma non appena la pelle della ragazza sfiorò l’argento dei capelli di lui, quelli cambiarono di colore, creando una ciocca corvino.
Jem la osservò allibito, come gli altri tre, completamente sbalorditi da quello che avevano appena visto.  
La ragazza, aveva ancora lo sguardo vitreo, ma non appena chiuse gli occhi, ricadde senza sensi tra le braccia di Jem che l’afferrò prontamente.
 
 §
 
 
Sam riaprì lentamente gli occhi, come se quel semplice gesto fosse stata la cosa più difficile del mondo.  Il suo sguardò si posò su un soffitto rosso che non riconosceva, così come l’intero ambiente che la circondava. Si sollevò di scatto realizzando che non fosse all’istituto, ma non capiva nemmeno cosa fosse successo, come era arrivata lì? L’ultima cosa che ricordava era Jem accasciato a terra. Oddio Jem, il pensiero del ragazzo le attraversò la mente ma il panico svanì via non appena notò il ragazzo addormentato sulla poltrona vicino al suo letto.
Sam si portò una mano sul petto, sentendo di poter tornare a respirare. Se c’era Jem significava che in quel posto era al sicuro. Un qualcosa di diverso caratterizzava il ragazzo, la sua pelle era più rosea e una ciocca di capelli neri risaltava tra l’argento.
-Finalmente ti sei svegliata.- disse a voce bassa Jem, senza però aprire gli occhi.
La ragazza distolse lo sguardo, quasi imbarazzata, per poi riportarlo su di lui incrociando gli occhi del ragazzo, che la osservavano.
-Cos’è successo?- gli chiese lei confusa, stringendo tra le dita il lenzuolo.
-Sei svenuta.- rispose lui, sollevandosi in piedi.
La ragazza alzò una mano portandosela alla testa, picchiettando con un dito contro la tempia. –Io non ricordo di aver perso i sensi…- disse in un sussurro.
-Non ricordi nulla di quello che hai fatto?- le chiese Jem con curiosità, sedendosi sul bordo del letto.
-Perché, che ho fatto?- chiese Sam a sua volta.
- Mi hai baciato.-
-Io ho fatto cosa?!?- Urlò sbarrando gli occhi.
-E mi hai salvato la vita.- continuò lui con un tono tranquillo.
- Jem, hai bevuto del caffè corretto stamattina?- gli chiese lei, guardandolo scettica.
Jem sorriso per poi scuotere la testa. –No, lo hai fatto per davvero.- annuì per poi raccontarle brevemente quello che era accaduto la sera precedente e di come lei lo aveva aiutato.
-Sam, devi sapere una cosa. –Sussurrò poi, stringendo entrambe le dita sulla pancia.- Come avrai già capito io non sono di Londra. Ho vissuto maggior parte della mia vita a Shangai, con i miei genitori, entrambi erano a capo dell’istituto della città. Quando avevo undici anni un demone di nome Yanluo riuscì a trovare un modo per abbattere le difese dell’istituto e riuscì a entrare. Uccise le guardie e prese come ostaggio la mia famiglia. Aveva del rancore verso i miei genitori e per fargliela pagare usò me, mi torturò davanti ai loro occhi iniettandomi sangue di demone bollente. Questo mi bruciò le vene e mi dilaniò la mente. Per alcuni giorni ero in uno stato di incoscienza, continuavo ad avere delle allucinazioni…-sussurrò prendendo un respiro profondo, per poi continuare senza dare modo a Sam di dire qualcosa.- Qualche volta tornavo cosciente e sentivo i miei genitori chiamarmi... Ma poi la voce di mio padre sparì e c’era solo mia madre a pronunciare il mio nome. –Deglutì appena, aumentando la stretta delle dita.- Quando l’Enclave di Shangai notò che non c’erano più notizie dall’istituto, fece irruzione per salvarci, ma era troppo tardi. I miei genitori erano entrambi morti ed io gridavo in preda al delirio. Mi condussero dai Fratelli Silenti, -sono coloro che possiedono le arti mediche nei cacciatori- e tentarono di curare il mio corpo come meglio potevano, ma da una cosa non riuscirono a curarmi. – Ci fu un attimo di silenzio e Sam sentì il cuore stringersi. –Ero diventato dipendente dalla sostanza che il demone mi aveva iniettato nelle vene. Provarono a farmi disintossicare, ma qualvolta andavo in astinenza il mio corpo cedeva, rendendo la sofferenza insopportabile. Dopo varie prove e continui esperimenti, capirono che non c’era molto da fare, ero dipendente da quella sostanza e non potevo viverne senza. Prendere la droga significava una fine lenta, ma non prenderla mi avrebbe portato a una morte quasi istantanea.- disse il ragazzo, sollevando lo sguardo verso di lei, per poi estrarre dalla tasca una scatolina. –Questa è droga.- Sam intravide all’interno uno strato di una sostanza di color argento. –Ne prendo un po’ ogni giorno. E’ per questo che ho quest’aspetto, è la droga a far defluire il colore dai miei occhi e dai mie capelli, rendendo chiara perfino la mia pelle.- chiuse la scatolina, riponendola nuovamente all’interno del taschino. –Se devo combattere ne prendo di più, prenderne di meno mi rende più debole.-
-Allora ieri sei stato male perché ne avevi presa poca?- chiese Sam in un sussurrò e il ragazzo annuì.
-Sì, Will conosce quel tipo di crisi, quindi sapeva cosa stesse accadendo, però poi ti sei avvicinata tu. Avevi lo sguardo completamente spento come se fossi stata una bambola di ceramica, mi hai toccato e poi hai posato le labbra sulle mie. Inizialmente ho pensato che fossi impazzita, ma successivamente è successo qualcosa che accade solo quando prendo la droga. Mi sono sentito forte e la tosse è andata via.- Sollevò una mano indicando la ciocca di capelli neri che risaltava tra gli altri. –Poi hai sollevato una mano e hai sfiorato i mie capelli, e questi al tuo tocco sono tornati al loro coloro originale.- concluse Jem infine.
Sam si guardò istintivamente le mani, lasciando vagare lo sguardo da quelle al viso del ragazzo. -Non so cosa sia successo, Jem.- sussurrò. –E’ come se questa cosa fosse dentro ma… -Fece una pausa prendendo un respiro profondo. – Non lo so Jem.- ripeté tristemente abbassando lo sguardo.
Lui le rivolse un sorriso, portando una mano su quella di lei. –Io sono qui solo per ringraziarti.-
Lei annuì lentamente e ricambiò il suo sorriso, per poi chinare velocemente lo sguardo. –Jem…-
-Sì?- rispose lui con gentilezza.
-Stai… - sussurrò come se quelle pesassero un macigno. -…morendo?- gli chiese infine con una voce spezzata, sollevando lo sguardo sul suo viso.
Lui annuì lentamente. –Va bene così, Sam, non esserne turbata.-
 
§
 
Dopo che Jem aveva lasciato la stanza, Sam aveva seppellito la testa sotto il cuscino, davanti al ragazzo non aveva lasciato che le emozioni prendessero il sopravvento ma ora che era completamente sola sentiva di potersi lasciare andare e delle copiose lacrime non tardarono a rigarle il viso. Soffocò alcuni singhiozzi contro il tessuto del cuscino, lasciando che tramite il pianto tutte le cose che aveva accumulato andassero via.
Pianse per i suoi genitori che l’avevano data via come niente, pianse per il suo cane, pianse per Jem e pianse per se stessa.
Gli occhi ormai erano completamente gonfi, il naso arrossato e il viso stanco. Non appena avvertì una mano accarezzarle la linea della schiena, s’irrigidì e scattò in piedi.
Il suo sguardo incrociò degli occhi neri e mossa dall’istinto si ritrasse a quel tocco, indietreggiando.
-Cosa ci fai qui?- disse con rabbia mentre con i palmi delle mani si asciugava le guance. –Devi seriamente smetterla di sbucare fuori in ogni momento. – continuò. –Io non ce la faccio più, Sebastian o qualunque sia il tuo nome.-
Il ragazzo la guardo e a Sam sembrò di notare nei suoi occhi della tristezza ma quella sfumatura li aveva abbandonati con la stessa velocità con cui era arrivata.
-Mi serve il tuo stregone.- rispose lui con noncuranza, stringendo le braccia al petto.
-Allora materializzati dal mio stregone e lasciami in pace.- disse lei velenosa.
- Cosa è successo?- Sebastian le si avvicinò, senza però sedersi.
-Non ti riguarda.- Mormorò lei voltando il viso, sperando che il flusso delle lacrime diminuisse.
Lui si chinò leggermente sulle ginocchia e allungò una mano verso il viso di Sam, catturando con la punta dell’indice una delle sue lacrime.- Non devi piangere.- le disse portandosi il dito alle labbra, assaporando così il sapore salato. –Non ti si addice.-
-Se magari non violassi di continuo la mia privacy, eviteresti di assistere a scene così pietose. – rispose lei, seguendo con lo sguardo i movimenti di Sebastian.
-Puoi anche toglierla la maschera, siamo solo io e te, nessuno ti giudica se non mi tratti come meriterei.-
La ragazza restò in silenzio ma ogni suo muscolo era rigido e il suo cuore batteva all’impazzata.
-Smettila, non puoi fare così ogni volta.- rispose a denti stretti.
Lui sollevò una mano, guardandola in maniera interrogativa, nascondendo un sorriso sulle labbra. –Così come, Samantha?-
Lei lo fulminò con lo sguardo, coprendosi poi il viso con entrambe le mani, esasperata.
Avvertì il materasso abbassarsi sotto il peso del corpo di Sebastian, probabilmente si era seduto sul letto, pensò Sam mentre scostava le dita dal viso. Il suo cuore quasi perse un battito quando si ritrovò il ragazzo difronte. I suoi occhi erano puntati in quelli di lei e, anche volendo, Sam non riusciva a distogliere lo sguardo come attratta da una calamita.
Sebastian sollevò le mani, stringendole a coppa contro le guance di lei. –Siamo come lo Yin e lo Yan, lo sai, vero?- Le chiese a voce bassa.- Non c'è acqua senza fuoco, non c'è notte senza giorno, non c'è sole senza luna, non c'è bene senza male. E il segno dello Yin e dello Yang è perfetto. Perché il bianco e il nero si abbracciano. E all'interno del nero c'è un punto di bianco e all'interno del bianco c'è un punto di nero.- Sussurrò.
Lei tenne lo sguardo sul suo viso, quando lui era vicino sentiva che quello che provava non era poi così sbagliato, che forse dedicarsi a una cosa come questa la rendeva coraggiosa. Il buio spaventava tutti, ma lei non aveva mai provato una reale paura nei confronti di quel ragazzo. Forse Sebastian aveva ragione.
Il ragazzo la osservava in silenzio, mentre se ne stava in ginocchio su materasso, davanti a lei, senza lasciare la presa sul suo viso. Sam si teneva una mano sul petto, come per controllare che il proprio battito del cuore non la tradisse. Ma poi lui si mosse.
I loro volti si avvicinarono fino a che le punte del naso non si toccarono, Sebastian però inclinò leggermente il volto, chinandosi, e avvicinando le sue labbra al collo delicato di lei, cominciando a baciarlo leggermente godendo del profumo della sua pelle.
Sam piegò indietro la testa, abbassando così le sue difese, permettendo al ragazzo di facilitare la sua operazione e lui non si lasciò scappare l'occasione di mordicchiarle il mento, adesso esposto così graziosamente ai suoi occhi.
La ragazza lasciò che un sorriso spontaneo le si formasse sul viso, quando sentì la mano di Sebastian ricadere dalla sua guancia, portandola dietro la schiena e usando quel punto per attirare Sam maggiormente a sé.
Fermò le labbra su un punto del suo collo, prendendo così a succhiare la sua pelle chiara, creando un leggero livido che risaltava su di essa. Un mugolio uscì involontariamente dalle labbra di lei mentre lui ripassava la macchia violacea con la punta della lingua.
Sebastian sfiorò la sua pelle con l’estremità del naso, per poi tirare la testa indietro. Erano l'uno di fronte all'altra, gli occhi di Sebastian cercarono quelli di Sam, e Sam a sua volta li portò in quelli di lui, lentamente alzò un braccio e con la mano tremante cominciò a farsi strada sul duro volto del cacciatore passando le dita sulla linea quadrata della mascella e poi lungo il collo muscoloso. Si sorrisero e Sebastian la guardò per un attimo, leggermente stupito dalla reazione della ragazza. Le sue labbra si dischiusero, mentre con le mani prese possesso dei fianchi di Sam, passando le dita lungo il tessuto della maglia.
I loro volti si avvicinarono fino a che le punte del naso non si toccarono nuovamente, per poi spostarsi lateralmente per agevolarsi il contatto. La tensione e la voglia fu coronato dal morbido e debole tocco delle loro labbra, che man mano si fece sempre più profondo. Cominciarono a sfiorarsi con le loro bocche, godendosi appieno quel momento di estasi nel silenzio della camera. Anche le loro lingue entrarono a far parte di quel contatto, senza freni, muovendosi con veemenza nelle cavità orali. Quel bacio, così passionale e desiderato, trascinò Sam fuori dai suoi schemi mentali, portandola a indietreggiare, così da poggiare la schiena contro il tessuto del cuscino, trascinandosi dietro Sebastian, che si lasciava condurre dai movimenti della ragazza, distendendosi sul suo corpo.
-Questo sì che è un risvolto interessante.- disse una voce, rompendo del tutto l’enfasi del momento e riportando Sam bruscamente alla realtà.
Tirò indietro Sebastian dal proprio corpo, sollevando lo sguardo con il quale intercettò quello di Magnus che aveva le braccia strette al petto e un sorriso divertito sulle labbra, ma i suoi occhi sembravano di fuoco.  






NOTE D’AUTRICE 
Buonasera a tutti! Come state?
Allora, cosa ne pensate di questo capitolo? Sono curiosa di sapere i vostri pareri che come ben sapete per me sono davvero molto importanti! Mi piace da morire leggere le vostre recensioni e vedervi coinvolte nella storia almeno quanto me :)
Bene bene, volevo dire che questa storia è ambientata prima dell'arrivo di Tessa, quindi (SPOILER PER CHI NON HA LETTO L'ANGELO) Will è ancora sotto la maledizione e Jem dipendente dalla droga!
Beh, detto questo un bacioni grande e niente grazie mille a tutti <3
 
Come sempre, se notate errori, ditemelo :)






Credits
: Per la barra prima delle note a : yingsu

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Capitolo 9
*** Capitolo 9. ***








» Capitolo 9
                                 
«Know the water’s sweet but blood is thicker.» 
(Sappi che l’acqua è dolce ma il sangue è più denso.)
-Hey Brother; Avicii







-Ma no, vi prego, non fermatevi a causa mia. - Disse Magnus facendo scorrere lo sguardo dal viso di Sam a quello di Sebastian. Il suo viso, nonostante sembrasse tenere la solita espressione, era scuro come lei non l’aveva mai visto.
Nella mente di Sam passarono parole su parole, cose che poteva dire nel tentativo di giustificare tutto quello, ma infondo non c’era una reale spiegazione a quello che era successo qualche minuto prima. Lei aveva desiderato ogni bacio che si era scambiata con Sebastian e si era sentita felice come mai prima. Si sentiva incolpa a pensarlo, ma era così, non poteva negarlo anche a se stessa oltre a tutti.
La ragazza decise di non dire una parola, chiudendo la mano a pugno, stringendo con essa le lenzuola. Teneva gli occhi bassi, quasi incapace di sollevarli e incontrare nuovamente lo sguardo furioso dello stregone.
Sentì il materasso sollevarsi e capì che Sebastian si era alzato in piedi. Dopo alcuni istanti sollevò lo sguardo, portandolo così verso il ragazzo. I capelli erano leggermente scompigliati, della camicia i primi bottoni erano sbottoni in maniera disordinata e i jeans neri attillati fasciavano perfettamente le sue gambe. Con un movimento veloce della mano tirò dietro il ciuffo dei capelli chiari, per poi stringere le braccia al petto.
 –Se prendessi l’abitudine di bussare, eviteresti questi spiacevoli inconvenienti. - Disse con tranquillità Sebastian.
-Penso che anche bussando, non mi avresti sentito. - Rispose Magnus mentre sollevava una mano osservandosi le unghie delle dita. –Eri troppo impegnato a profanare una povera bambina. -
-Magnus!- Esclamò Sam inorridita, sollevandosi sulle ginocchia e scendendo anche lei dal letto.
-Okay non proprio bambina, ma il concetto è quello. - borbottò alzando gli occhi al cielo con noncuranza girandosi verso il corridoio, esitando un secondo. –Samantha, manda a casa il tuo amichetto speciale e raggiungimi nel soggiorno, grazie.-
 
Non appena Magnus richiuse la porta Sam sentì di poter tornare a respirare, come se fino a quel momento avesse trattenuto il fiato. In parte era stato così, vedere lo sguardo di Magnus osservarla in quel modo l’aveva turbata.
Una parte di se era convinta che ora alzando lo sguardo Sebastian non sarebbe stato più lì, solitamente era per il “mordi e fuggi”, faceva la sua apparizione e poi via.
Invece no, questa volta lui era ancora lì e non appena incrociò il suo sguardo sollevò l’angolo delle labbra in un mezzo sorriso muovendo alcuni passi in avanti, verso la ragazza.
-Sebastian…- Sussurrò lei, non sapeva bene cosa dire, in realtà non aveva nemmeno lei idea di cosa le fosse scattato dentro ma solo di una cosa era certa: lo avrebbe rifatto mille volte, anche il quel momento se avesse potuto.
-Non ne parliamo ora. - Disse il ragazzo estraendo dalla tasca lo stilo e avvicinandosi a una delle pareti, sulla quale iniziò a tracciare una runa. –Ritornerò qui stasera, voglio farti vedere una cosa. – disse a voce bassa mentre con lo sguardo seguiva il movimento della propria mano intenta a disegnare le line che si univano in strani cerchi.
Sam osservò con attenzione il disegno che Sebastian stava tracciando, il modo in cui le linee si univano e intrecciavano tra loro l’affascinavano. Chissà quante di quelle rune esistevano e quante cose potevano fare; ma soprattutto si chiedeva se lei ne potesse fare utilizzo.
Dopo alcuni istanti di silenzio Sebastian si voltò verso di lei, cercando il suo sguardo. –Va bene?- Le chiese poi quasi a fatica, come se non fosse abituato a chiedere a qualcuno se quel qualcosa andasse bene anche per l’altra persona.
Sam annuì lentamente, stringendo e intrecciando le braccia al petto, abbracciandosi così da sola.
-Bene. - Il ragazzo la osservò un’ultima volta e Sam notò esitazione nei suoi occhi, come se volesse dire qualcosa ma non trovasse le parole. Mosse così qualche passo verso di lui ma prima che potesse essere troppo vicina, Sebastian la salutò con un cenno del capo e sparì attraverso il portale.

§

Sam osservò per alcuni istanti il punto in cui Sebastian era sparito, per poi prendere un lungo respiro e uscire fuori dalla stanza. Aveva i capelli sciolti sulle spalle e indossava ancora la vestaglia che qualcuno le aveva fatto indossare mentre dormiva. Era bianca e sottile, con dei ricami di fiori lungo i bordi delle cuciture.
Non appena varcò la soglia di quello che doveva essere il salotto, gli occhi di Magnus si sollevarono sul bicchiere di vino rosso che stava sorseggiando. La stanza era tappezzata con della carta da parati bordeaux con sopra dei decori di una tonalità più scura, lungo di essa erano appesi innumerevoli quadri, tra i quali Sam notò un autoritratto di Magnus. Una lunga libreria si estendeva dal lato opposto della camera, vicino a essa c’era un caminetto con del fuoco accesso e difronte a esso, seduto su una poltrona di velluto rosso con i bordini dorati, era seduto Magnus, con lo sguardo perso a osservare la fiamma.
-Dovresti indossare qualcosa di più caldo. - Commentò senza guardarla.
-Non ho vestiti con me.- Rispose Sam.
Lui annuì e sollevò una mano, facendo schioccare il dito medio contro il pollice. Sam si sentì stordita, prima indossava una vestaglia e ora dei jeans blu abbinati a degli stivali alti fino al ginocchio. Una maglioncino color panna, con il collo alto, le ricopriva le braccia, riscaldandola.
-Non credi che non sia un abbinamento proprio adatto? Sai qui sono tutte gonne e merletti. – Commentò lei, restando in piedi alle spalle dello stregone.
-Per ora resterai in casa, tanto vale vestirsi comodi, no?- disse lui, mentre si rigirava il bicchiere tra le dita, osservando con lo sguardo il liquido scuro che si muoveva all’interno di esso.
-Vuoi segregarmi qui? Seriamente?- Chiese Sam incredula.
-Seriamente. - annuì lui. –Prego, siediti. - le indicò con il bicchiere la poltrona vicino alla sua e Sam obbedì, lasciandosi ricadere tra i cuscini morbidi.
-Magnus, ascolta…-
-No, ascoltami tu.- La interruppe lui, sollevando lo sguardo dal bicchiere. –Non ho passato gli ultimi diciotto anni a farmi in quattro per una mocciosa così lei una volta cresciuta mandasse tutto all’aria per un’infatuazione da bambinetti. - parlò con un tono di voce fermo che Sam non gli aveva mai sentito usare. –Ora rispetterai le mie regole e farai quello che dico io.-.
-Scusa?- Sam sollevò lo sguardo incredula. – Ti sarai anche fatto in quattro ma io in diciotto anni non ti ho mai visto!- Esclamò la ragazza. –Sei stato talmente bravo da avermi assegnato a delle persone meschine e crudeli, mi hai abbandonata da loro! Poi un giorno ti sei ricordato della mia esistenza e hai pensato che forse era ora di liberarmi. – Si sollevò in piedi, portandosi davanti allo stregone. –Sicuramente ti serve qualcosa da me, oppure sarei potuta restare a marcire lì dentro! Ho fatto una vita si clausura, non potevo uscire nemmeno per correre sotto il sole, non ho mai ricevuto un po’ di affetto da nessuno, e ora tu pretendi di dettare ordini nella mia vita? – Urlò. Urlò così tanto che si sentì la gola bruciare.
Il viso di Magnus aveva perso la sua solita espressione e lo stregone si era sollevato in piedi portandosi di fronte alla ragazza. –Io ti ho salvato la vita! Ti pare poco mocciosa?- Urlò anche lui.
-Non si salva la vita a qualcuno per poi non darle modo di viverla!- Sam strinse i pugni, sentiva la rabbia impadronirsi di lei. - A questo punto era meglio che mi lasciavi morire, perché io ho diciotto anni ma non ho vissuto affatto!-
-Vedi cosa ti fa l’influenza di quell’essere?-
-Non è colpa di Sebastian se ti dico queste cose. - Rispose lei a denti stretti. –E’ solo colpa tua che pensi di avere un qualche potere sulle mie scelte. Questa sono io e se avrò voglia di fare qualsiasi cosa, la farò! Farò tutto quello che mi passa per la mente e quando mi passa per la mente. Non me ne starò ancora chiusa in quattro mura solo perché tu lo hai deciso. -
-Non te lo posso permettere. - Disse lo stregone, gli occhi da gatto brillavano riflettendo su di essi la luce che emanava il fuoco.
- Problemi tuoi. - rispose la ragazza e girò il busto, allontanandosi da Magnus e dirigendosi verso la porta del soggiorno.
- Alec ti ha mai raccontato del suo fratellino più piccolo?- Disse a un tratto Magnus con un tono di voce estremamente calmo. Sam a quelle parole si bloccò ma senza voltarsi verso lo stregone. –Suppongo di no. Allora te lo racconto io. Alexander aveva un fratello di nove anni, si chiamava Max, e sai perché parlo al passato di lui? Perché il tuo amato Sebastian lo ha ucciso. - terminò con rabbia gettando il residuo di vino nel fuoco, creando una strana fiamma. –Che persona è una che uccide un bambino a sangue freddo? Fatti delle domande, ragazzina. –Concluse e la superò, uscendo dal salone.
Sam restò immobile, sentiva di non riuscire a muovere nemmeno un muscolo e che se lo avesse fatto si sarebbe rotta in mille pezzi. Magnus era l’ultima persona con cui avrebbe voluto litigare ma si era sentita violata, ora che finalmente poteva prendere un controllo totale sulle sue azioni, qualcuno tentava di impadronirsi nuovamente sulla sua libertà.
-Sam?- Sentì qualcuno chiamarla e sollevò così lo sguardo verso la porta incrociando gli occhi azzurri di Will. –Che è successo? Si sentiva urlare da fuori. - chiese lui, non c’era traccia della sua solita arroganza o della onnipresente espressione divertita che ne caratterizzava sempre il viso. No, sembrava preoccupato.
-Will…- Sussurrò con un filo di voce. –Will, mi dispiace così tanto.-
-Ti dispiace?- le chiese lui confuso.
-Mi dispiace.- ripeté lei e sentì se stessa cedere alle emozioni, mentre delle lacrime iniziavano a rigarle il viso. –Io volevo solo... –
-Sam, di cosa stai parlando?- Chiese lui, poggiandole una mano sulla spalla, preoccupato.
-Mi dispiace Will…- ripeté nuovamente e si gettò tra le braccia del cacciatore, piangendo contro il suo petto.
Il ragazzo la strinse a se senza troppe cerimonie e le accarezzò la schiena, mentre Sam continuava a ripetere quelle due parole.
Dopo alcuni minuti la ragazza sollevò entrambe le mani, poggiandole sul petto di Will, usando così quel punto per distanziarlo dalla propria figura.
Lui la lasciò fare, ma un’espressione interrogativa restava sul suo volto.- Sam, che è successo?-
La ragazza si passò i palmi delle mani sulle guance, sollevando poi lo sguardo verso gli occhi azzurri dell’altro. –Will, voglio dirti una cosa.- disse seria.
Il cacciatore aggrottò appena la fronte per poi annuire, incitandola a continuare. –Ti ringrazio per avermi protetta, nonostante la poca simpatia che nutrivi nei mie confronti…-
-Sam, ascolta…- Tentò di interromperla lui.
-No, fammi finire.- Riprese lei, stringendo la presa delle mani contro la pelle di lui.- Ti ringrazio per essermi stato vicino e non aver segnalato all’Enclave quello che è accaduto l’altra sera alla locanda. Sono consapevole che ci conosciamo da molto poco, ma in questo breve periodo ho imparato cose che in diciotto anni di vita non ho saputo apprendere. Mi sono affezionata a te e terrò sempre a te, perché nonostante la tua ostilità e arroganza, so che in te c’è molto di più. –Si sollevò in piedi, portando una mano sul viso del ragazzo. –Prenditi cura di Jem e non lasciare che la droga se lo porti via, ti prego. Io non potrò fare molto per lui non sapendo usare il mio potenziale, ma ti giuro che quando imparerò, tornerò qui per curarlo.-
Will la guardava estremamente confuso.- Sam, perché dici queste cose?-
-Perché…- La ragazza prese un respiro profondo, tentando di non fa uscire altre lacrime dai suoi occhi.-... è giusto che tu le sappia.-
-A me sembra un addio.- sussurrò l’altro.
-Addio è per sempre e noi ci rivedremo, William Herondale.- Lasciò scivolare la mano dalla guancia di lui e indietreggiò di un passo per poi chiudere gli occhi.
-Sam?-
La ragazza fece un leggero sorriso. –Ti voglio bene, Will.- sussurrò e serrò gli occhi creando un bagliore di luce.
-Sam, NO!- Urlò il cacciatore precipitandosi nel luogo dove alcuni istanti prima c’era la ragazza ma ora al suo posto c’era il niente. –Ma cosa…-
 
 
 §
 
 
Osservare le era servito molto nell’ultimo periodo, ogni qualvolta aveva visto Magnus o Sebastian creare un portale, c’era sempre una cosa in comune: una runa. Sam non aveva idea di come funzionava il processo, i cacciatori usavano lo stilo per disegnarla, mentre lo stregone la magia. Quindi, lei cosa aveva usato?
Quando era in soggiorno con Will, la runa le era apparsa davanti agli occhi, come un flash che non voleva andare via. Si era concentrata in un modo di cui non sapeva nemmeno di essere capace e aveva desiderato soltanto andare via da lì.
 
Quando l’aria vibrò, Sam ruzzolò sul terreno bagnato, sbattendo la testa a terra e rotolando un paio di volte su di se. Non aveva idea di dove si trovasse o se fosse ancora nel diciannovesimo secolo, ma di una cosa era sicura: era stata capace di usare quella runa, senza essere una cacciatrice e senza possedere nessuna magia.
Si sollevò in piedi strusciando con le mani contro il tessuto dei pantaloni e non appena sollevò lo sguardo, il sangue le si gelò nelle vene. Era alla tenuta dei Reyes.
La casa era così come l’aveva lasciata, questo le fece capire di essere tornata al presente, la porta d’ingresso era semiaperta e quasi tutte le finestre erano chiuse dall’interno.
Sul terriccio c’erano impronte di scarpe, unite a del sangue secco, che percorrevano il viale. Con orrore capì che erano le proprie, quel giorno che si era precipitata fuori da quella casa. Il giorno in cui i suoi tutori e il suo cane erano morti.
Seguì con lo sguardo il percorso delle impronte, vedendo che terminavano sul punto in cui una grossa sagoma lì aveva lasciato una chiazza nel terreno.  
Era la forma del corpo di Agie, pensò Sam tristemente chinandosi appena e toccando con la punta delle dita il terriccio ancora umido.
Ma un altro pensiero arrivò alla mente di Sam, paralizzandola sul posto. I corpi dei coniugi erano ancora lì dentro?
L’immagine del signor Reyes con la testa mozzata, che ruzzolava vicino alle sue gambe, era ancora vivida nella sua mente e solo il pensiero di rivedere quella scena la faceva sudare freddo.
Raccolse uno spesso ramo di un albero dal terriccio e avanzò alcuni passi verso l’ingresso del vecchio cottage. Non era di certo una casa di lusso, ma era stata costruita secondo la tradizione delle case di campagna inglese. I mattoni marroncini erano stati consumati dalle piogge e fiori, ormai secchi, erano posti sui davanzali delle finestre. Un ampio giardino circondava la casa, ma nessuno lo aveva mai curato più di tanto, quindi il terriccio si era indurito per via del continuo passaggio di auto e persone.
La veranda era ampia, e Sam la percorse velocemente, avvicinandosi così alla porta e aprendola con un colpo della gamba.
C’era un silenzio inquietante e la ragazza riusciva a udire solo il battito del suo cuore e il proprio respiro.
Quasi malediceva di essere finita la, tra i tanti posti proprio quello? Non aveva idea del perché e del come ci fosse arrivata, ma se era lì un motivo doveva esseri. Nulla accadeva per caso.
Avanzò nell’ingresso della vecchia casa, stringendo con tanta forza tra le dita il bastone di legno che alcuni pezzi di corteccia le si conficcarono nella pelle. Lo teneva alto e davanti a se come protezione, non che avesse protetto un granché ma meglio di mostrarsi totalmente disarmata.
Contò fino a dieci e con uno scattò del corpo svoltò verso il soggiorno. Prese un respiro profondo, mentre lo sguardo ritornava su quella scena macabra. Tutto era come lo aveva lasciato, i corpi dei due coniugi riversi sul pavimento e il sangue secco ricopriva gran parte del pavimento. L’odore era talmente forte che Sam dovette usare tutta la sua forza di volontà per non rimettere.
Com’era possibile che nessuno si fosse accorto di niente? La casa era isolata, sì, ma non poi così tanto e poi c’era un vecchio venditore ambulante che passava di lì una volta a settimana e da lui la signora Reyes comprava i beni di prima necessità, lui avrebbe potuto trovare i corpi. E invece no. Tutto era come il giorno in cui era andata via.
Un rumore proveniente dal piano superiore fece sobbalzare Sam che sollevò nuovamente il bastone in posizione di difesa. Tentava di non farsi sopraffare dalla paura mentre il rumore si ripeteva, somigliando sempre più a dei passi.
Respirò profondamente prendendo coraggio e avanzò un passo verso la scalinata di legno, facendo scricchiolare lo scalino. Lentamente salì anche il secondo e così il resto della scalinata, arrivando al piano superiore. I rumori provenivano dalla camera da letto dei due coniugi, era l’unica stanza che si trovava sopra al soggiorno.
Oltre al ramo pesante, afferrò nell’altra mano l’attizzatoio di ferro che la signora Reyes conservava vicino alla stufa che era posizionata nel corridoio. Ad ogni passo il battito del cuore accelerava. Mancava pochissimo per entrare in quella stanza. Un solo colpo alla porta e avrebbe visto la causa di quel rumore. Un solo istante.
Prese un ultimo respiro e con forza diede un calcio alla porta semichiusa, spalancandola.
Un urlo di terrore le invase le orecchie, ma non era stata lei a urlare. Un ragazzo se ne stava nel centro della stanza. Aveva grandi occhi verdi, con delle tonalità che riprendevano il dorato. I suoi capelli erano di un biondo scuro tendente al castano e li portava in maniera disordinata, lasciando che un ciuffo troppo lungo gli ricadesse davanti agli occhi. Le sue spalle larghe erano ricoperte da una camicia che scendeva morbida lungo i fianchi e dei jeans strappati gli fasciavano le gambe. Aveva i lineamenti delicati, con il viso ricoperto in alcune zone da un accenno di barba.
L’uomo si portò una mano al petto e respirò velocemente, come se nel vedere Sam si fosse tranquillizzato mentre la ragazza restava sull’attenti con i due oggetti puntati verso di lui.
-Chi sei? Cosa ci fai in casa mia?- Chiese lei a denti stretti.
-Ci vivo?- Rispose lui. Il suo tono era tranquillo, anzi compariva quasi allegra.
-Sei stato tu ad aver ucciso i…Reyes?- chiese Sam senza chinare l’attizzatoio di ferro. – Perché lo hai fatto? Cosa volevi da loro?- disse con ribrezzo.
-Ehi, frena, io non ho ucciso nessuno. Anzi, hanno ferito anche me.- con un movimento cauto sollevò l’angolo della camicia scoprendo una zona arrossata sulla pelle che però sembrava già in via di guarigione.
-Perché eri qui? Io non mi ricordo di te… -Disse Sam tenendo gli occhi puntati sul viso del ragazzo.
Non riusciva a capire quanti anni potesse avere.
-Io ho sempre vissuto qui, sin da bambino.- rispose lui.
-C-Cosa?- balbettò incredula la ragazza, abbassando per un istante le armi che stringeva con forza tra le mani. –Ti tenevano rinchiuso da qualche parte? –
Il ragazzo rise per poi scuotere la testa. –Sam, ti ho vista crescere.-
Sam lo guardò ancora più confusa, inclinando così la testa, e tentando di fare mente locale. Aveva già visto quel ragazzo? Lui sapeva il suo nome e diceva di averla vista crescere. Era una cosa assurda.
-Menti.-
-Non potrei mai mentirti, sei la mia unica amica.- rispose lui, questa volta seriamente.
-Ma come posso essere la tua unica amica se non ti conosco nemmeno?- ribatté lei esasperata.
-Pensaci bene, anche tu avevi solo un amico qui. –
Lei aggrottò le sopracciglia, lasciando ricadere entrambe le mani intorno ai fianchi. –Io non…- farfugliò pensierosa. –C’era solo…-
-Dì il suo nome.- la incitò lui.
-C’era solo il mio cane, Agie.- sussurrò lei.
Lui allargò le labbra in un sorriso per poi indietreggiare di un passo. Si chinò del tutto su stesso, aveva i muscoli delle spalle tesi. Il braccio del ragazzo rigirò su se stesso in maniera disumana, sollevandosi sulla sua schiena che s’inclinò mettendo in evidenza la spina dorsale. Il suo viso stava cambiando, al posto di un paio di orecchie umane ne comparirono due pelose e dalla forma triangolare. La bocca si allungava in avanti e il suo corpo iniziò a essere cosparso da una peluria sempre più fitta.
Il ragazzo non c’era più, al suo posto Sam vide un cane. Il suo cane. Agie.
Le si mozzò il fiato per la sorpresa e sentì qualcosa stimolarle la mente, come le capitava di solito quando un oggetto era coperto da un incantesimo, così chiuse e riaprì gli occhi velocemente e al posto del pastore tedesco c’era un lupo. La fisonomia era simile, ma si capiva la differenza.
-Tu…sei…- Balbettò in preda alla sorpresa senza riuscire ad articolare una parola di senso compiuto.
- Un lupo mannaro.- terminò il ragazzo per lei, riprendendo le sembianze umane.
-Tu…Argo…Oddio.-
-Tranquilla, respira. Va tutto bene, non ti farei mai del male.- Le disse lui, tentando di tranquillizzare la ragazza che era andata in iperventilazione.
-Ma eri morto! Io ti ho visto. –Esclamò lei.
-Se sono qui significa che non ero poi tanto morto. – Disse lui, annuendo con convinzione.
- Argo…- Sussurrò Sam infine. Si sentiva così stordita ma una parte di lei era stranamente felice.
Il ragazzo a sentire quel nome fece una smorfia. –Ti prego, non chiamarmi così, l’ho sempre odiato come nome. Chiamami Matt.-
-Matt.- ripeté lei, come per fissare nella memoria quel nome. –Ma per quale motivo vivevi qui con noi?-
Il ragazzo si sedette sul bordo del letto, sospirando appena. – Ero in debito con una persona, in più mi serviva un posto dove stare e ho fatto due piccioni con una fava.-
-In che senso eri in debito con una persona?- Chiese Sam, restando a distanza.
-La stessa persona che ti ha dato quel ciondolo, è la stessa che diciotto anni fa ha fatto di tutto per far sì che tu vivessi.-
-Magnus Bane?- Sam pronunciò con fatica quelle parole. Si sentiva dannatamente in colpa ad aver detto quelle cose a Magnus e ora sapere che ogni cosa era collegata a lui, la faceva stare peggio.
- No certo che no. – Disse lui alzando una mano. –Ma è la stessa persona che ha chiesto aiuto anche a Bane.- disse il ragazzo. –Devi sapere che quando io ho incontrato quest’uomo non avevo quest’aspetto, ero un lupo adulto e ben messo mentre quando sono stato portato qui ero solo un cucciolo, no? Quest’uomo ha fatto in modo che io tornassi un cucciolo, ma il mio cervello era intatto, ero come un adulto rinchiuso in corpo di un bambino. Infatti tu mi vedi come un tuo coetaneo, in pratica, mentre dovrei avere il doppio della tua età. –spiegò lui.
-Chi è costui?- chiese nuovamente Sam.
-Un cacciatore. – rispose Matt. –Ma non un cacciatore qualsiasi, era uno sei Fratelli Silenti.-
- I Fratelli Silenti?- Sam li aveva sentiti nominare sia da Magnus che da jem ma ora non ricordava di preciso chi fossero.
-Beh, da quello che so io sono dei cacciatori che non combattono ma al contrario hanno ricevuto dei Marchi grazie ai quali possono avere accesso agli angoli più nascosti del Libro Grigio. Sono i loro dottori, archivisti o accademici. I loro aspetto però non è dei più belli, infatti alcune volte sono un pochetto ripugnanti.- disse Matt facendo una smorfia.
- E perché uno di loro voleva proteggere me?- chiese Sam.
Lui fece spallucce scuotendo appena la testa. –Io ho solo rispettato un patto.-
-Chi era questo Fratello?-
-Il suo nome è Fratello Zachariah.-
Sam lo guardò confuso. –Mai sentito.-
 






NOTE D’AUTRICE 
Allooooora, come sempre vi ringrazio per le recensioni, siete carinissime! Ringrazio chi ha messo la storia nelle seguite e chi nelle ricordate! Grazie a tutti, davvero <3.
Tornando al capitolo, spero vi piaccia! La mia testa sembra un manicomio, partorisce idee assurde c.c
Non odiate Sam per la sua reazione con Magnus, ma provate a capirla, è sempre stata sotto una campana e ora vuole conoscere il mondo. Lei non capisce il reale pericolo che la circonda perché non lo vede (?).
No, basta hahaah.
Spero vi piaccia e nada, come sempre fatemi sapere cosa ne pensate oppure se è una cagata assurda e dovrei chiudere i battenti e darmi all'ippica!
Un bacione <3






Credits
: Per la barra prima delle note a : yingsu



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Capitolo 10
*** Capitolo 10. ***








» Capitolo 10
                                 
«Si è sempre feriti quando ci avviciniamo alla vita.
 Le cose durano troppo, o troppo poco

-Oscar Wilde







Dopo molti giorni Sam si ritrovò a entrare nuovamente nella sua stanza. Tutto era esattamente come l’aveva lasciato, la valigia posta ordinatamente sul materasso, ancora semiaperta e dalla quale era possibile vedere alcuni dei capi ripiegati ordinatamente al suo interno. Al pensiero di riavere tutte le sue cose, i suoi vestiti, i suoi libri e qualsiasi altro oggetto, dava a Sam un leggero senso di gioia. Non avrebbe mai pensato di risentirsi a casa ritornando in quel posto ma ora che rivedeva quell’ambiente così familiare, sentiva che a una parte di se era mancato.
-Hai fame?- Le chiese Matt facendo capolino dallo stipite della porta.
Sam si portò automaticamente una mano sulla pancia, per poi annuire lentamente. – Direi di sì.-
Il ragazzo sorrise. - Bene, scendo a preparare qualcosa. - Le disse per poi sparire nella semioscurità del corridoio.
Sam dopo aver scrutato con lo sguardo ogni angolo di quella piccola camera, come se cercasse qualcosa che non era più al suo posto, portò entrambe le mani sulla valigia posta sul piccolo letto di legno e la aprì. Strinse tra le mani alcuni capi familiare che aveva indossato talmente tante volte, che ormai erano impregnati del suo odore, e se li portò vicino al viso. Cercava un modo per calmare i nervi, dopotutto non poteva definirsi calma.
Aveva appena scoperto che il suo cane era in realtà un licantropo e che la sua presenza non era un caso in quella casa. Come sempre le tornava in mente lo stesso quesito: perché delle persone si erano preso tanto fastidio per proteggerla?
Doveva trovare quel Fratello Zachariah, era lui l’unico che probabilmente aveva delle risposte concrete su di lei e non dei miti creatosi dalle varie dicerie.
Scrollò le spalle, tentando di scacciare via il sentimento di sconforto che stava prendendo possesso di lei, e con lo sguardò osservò l’esterno della casa visibile dalla finestra della sua camera. Fuori ormai era buio e l’unica fonte di luce erano alcuni lampioni posti lungo la strada periferica. La casa era completamente nell’ombra, Sam pensò che forse fosse un modo per non farsi notare.
 
Quando scese nuovamente le scale, ritrovandosi così nel soggiorno, il forte odore di sangue e carne putrefatta le creò il solito voltastomaco costringendola a coprirsi sia il naso che la bocca.
Si chiedeva il perché di quei corpi ancora lì, Matt non si era mai allontanato dalla casa, avrebbe potuto almeno dare una pulita.
Prese un grosso respiro e tentando di evitare i corpi, attraversò a passo svelto il salone raggiungendo così la cucina.
-Perché hai lasciato i corpi in soggiorno?- Chiese Sam una volta attraversata la vecchia porta di legno massiccio.
-Mi sembravano degli ornamenti carini. - rispose il ragazzo sollevando la testa da una pentola che bolliva sul fornetto a gas.
-Matt!- lo rimproverò lei, avvicinandosi a una sedia e lasciandosi ricadere su di essa. - Okay, non erano i padroni più premurosi del mondo ma abbi un po’ di…rispetto.-
Il ragazzo fece spallucce, per poi aprire uno dei cassetti della signora Reyes, estraendo da esso un grosso mestolo di alluminio, con il quale riempì due piatti fondi con una strana zuppa verde.
Li posò entrambi sul tavolo, uno di fronte a Sam e uno di fronte a lui, e le passò un cucchiaio.
La ragazza rigirò il contenuto tentennante, per poi lasciar ricadere la strana zuppa dal cucchiaino. –Sicuro che sia commestibile?-
-Mangia, questo passa il governo. - rispose lui, prendendo una generosa porzione di zuppa e portandosela alle labbra.
Sam lo osservò dopodiché fece lo stesso e non appena il liquido le invase la bocca si meravigliò nel costatare che non era poi così pessimo, anzi. Però era un qualcosa che non sapeva definire. Non aveva mai mangiato una verdura o un ortaggio che avesse quel tipo di sapore.
–Cos’è?- Chiese al ragazzo, mentre prendeva un’altra cucchiaiata.
-Ricetta segreta di nonna Matthew.-
 
§ 

Ritrovarsi a dormire nel suo letto le faceva così strano, aveva provato in tutti modi di prendere un po’ di sonno, anche solo per riposare quell’oretta, ma alla fine ogni tentativo era stato vano e Sam si era ritrovata a fissare il soffitto bianco della sua stanza. Ogni qualvolta era stato sul punto di addormentarsi, dei pensieri fastidiosi si erano insinuati nella sua mente. Il primo era stato quello della discussione con Magnus, aveva impresso nella mente lo sguardo truce e gli occhi che brillavano come il fuoco dello stregone. Il modo in cui le aveva detto quelle cose, si era sentita del tutto soffocata. Aveva pensato anche a Will, chissà se un giorno si sarebbe rimbattuta in quel cacciatore, quel pensiero le appesantì lo stomaco, perché pensare a Will le faceva pensare anche a Jem. Jem, il ragazzo che era stato sin da subito gentile con lei, il ragazzo che ogni giorno si spegneva legato a un destino che non meritava. Chissà cosa ne era stato di lui… e di Will.
Ma il pensiero che la tormentava maggiormente era quello di Sebastian. Ormai era inutile anche solo negarlo a se stessa, lei ci teneva a quella persona, si era affezionato a uno semisconosciuto sì, ma quello sconosciuto che tutti definivano così crudele era stato l’unico a darle alcune risposte o un po’ di affetto… però non poteva sentirsi in quel modo, lo doveva ad Alec, Sebastian aveva ucciso il suo fratellino, e lui le era stato accanto…
Soffocò un urlo nel cuscino, lasciando ricadere completamente il corpo, abbandonandosi sotto il calore del piumone; fare così le avrebbe solo fritto il cervello senza portarla a nessuna conclusione, Sam lo sapeva, ma non riusciva a non pensarci.
Scostò la coperta dalle proprie gambe e si sollevò in piedi, ormai aveva capito che quella notte non avrebbe dormito, così decise di rimboccarsi le maniche e scendere in soggiorno a dare una pulita.
Indossò dei vecchi jeans e una maglietta azzurra, legando i capelli in una coda e si precipitò al piano di sotto.
Recuperò i vari stracci nel sottoscala che la signora Reyes usava come ripostiglio e riempì i vari secchi di acqua pulita. La prima cosa che fece fu spalancare tutte le finestre del piano terra, quell’odore doveva uscire da lì. Tirò fuori due grandi buste nere, e dopo essersi messa dei guanti usati solitamente per lavare le stoviglie, con gli occhi chiusi e lo stomaco nauseato raccolse la testa in decomposizione del signor Reyes. La lasciò ricadere all’interno del grande sacco nero e poco dopo fece lo stesso con il corpo. Quando chiuse l’estremità del sacco non riuscì più a trattenere quel senso di nausea e corse con tutta la forza che aveva verso il bagno, chinando così la testa all’interno del water, rimettendo la cena e tutto quello che aveva mangiato negli ultimi due giorni.
Dopo essersi sciacquata il viso ritornò nella stanza e aprì un altro di quei sacchi neri, ponendolo sulla testa del corpo della signora Reyes, facendolo così scivolare lungo la sua pelle, fino a ricoprirla del tutto.
Quando ebbe finito di trascinare entrambi i corpi sul retro della casa, sentì di poter nuovamente guardare quel salotto, sì c’era sangue ovunque, ma il macabro spettacolo di corpi martoriati era stato ripulito.
Riprese da dove aveva lasciato e fece ricadere i secchi d’acqua pulita sul pavimento imbrattato di sangue freddo, incominciando così a sfregare, fin quando ogni macchia di sangue non fosse andata via e al suo posto sarebbe rimasto l’odore di Marsiglia del detersivo.
 
Sam era così concentrata in tutto quello che aveva perso la cognizione del tempo.
-Wow, ora sì che questo posto è pulito. - La voce assonnata di Matt la fece sobbalzare, voltandosi così di scatto verso le scale. –Ti rendi conto che sono le sei del mattino?- continuò lui.
Sam annuì, lasciando così ricadere la spugna all’interno del secchio. –Non riuscivo a dormire e quindi… - mormorò mentre passava una mano lungo la fronte sudata.
-La prossima volta puoi pulire la mia stanza?-
-Non sei simpatico. - sbuffò lei. –Almeno ora si può entrare qui senza dover rimettere perfino il pranzo del proprio battesimo. -
-Touché.- annuì lentamente il ragazzo, muovendo qualche passo verso di lei. –Ci sono grandi notizie dal mondo invisibile. -
-Che è successo?- chiese lei incalzante.
-Sembra che sia stato preso finalmente uno dei cattivoni.-
Sam lo guardò interrogativamente, dandogli modo di proseguire. –Non penso che tu possa conoscerlo, Jonathan Christopher Morgenstern, uno degli Shadowhunter più pericolosi di sempre. Penso sia un bene anche per noi che ora sia fuori combattimento. -
Per Sam ci vollero alcuni secondi per metabolizzare l’informazione. – J-Jonathan Morgenstern?- Balbettò in un sussurro. - Cioè Sebastian?!- esclamò quasi urlando.
Matt la osservò sorpreso per la sua reazione, annuendo poi lentamente. –Sì, Sebastian Verlac è uno che ha ucciso di cui ha rubato l’iden…-
-Sìsì, so già la storia.- Tagliò corto Sam, passandosi nervosamente una mano tra i capelli. –Sai cosa gli faranno?- Chiese tentennante.
-Penso che sarà processato.- Rispose lui facendo spallucce.
-Processato? Dici a morte? Lo uccideranno?!-
-Penso di sì, ma perché stai reagendo in questo modo?- Matt strinse gli occhi, portandoli sul viso ormai sbiancato della ragazza.
Sam serrò i denti contro le labbra, tentando di mantenere il controllo, ma sentiva gli occhi pizzicarle. –Dove lo tengono?- disse in fine con voce ferma.
-Ad Alicante… Sam, che succede?- Ripeté lui, avvicinandosi a lei.
- Non può morire.- Sussurrò la ragazza. –Dobbiamo andare ad Alizante o come diavolo si chiami quel posto!-
- Per quale assurdo motivo vuoi andare ad Alicante per impedire il processo di un criminale?- gli occhi di Matt erano diventati severi e il suo sguardo era duro.
-E’ l’unica persona che può aiutarmi…- Sussurrò incerta la ragazza.
-Stai mentendo. – ribatté il ragazzo. –Lo hai conosciuto vero?- lei non rispose, limitandosi ad annuire e Matt proseguì.- Hai sempre avuto un debole per le cause perse, non posso aiutarti Sam.- sbuffò lui. –In primo luogo non possiamo entrare ad Alicante, io sono un licantropo e tu una mondana e poi firmeremo la nostra condanna a morte.-
-Ti prego Matt, un modo deve esserci.- esplose lei.- So muovermi attraverso i portali, farò in modo che ci porti lì.-
-Non puoi, i portali possono portarti solo in zone in cui sei già stata.-
-Tu sei mai stato in questo posto?- chiese Sam a Matt e dal suo sguardo capì di sì.- Allora tu lo visualizzi ed io faccio il resto.-
-Sam, non posso, quel posto è inaccessibile e se io violo gli accordi potrebbero prendersela con tutti i licantropi.- Sbottò Matt.
-Che ha di speciale quest’Alicante?-
-E’ la capitale di Idris, il luogo di nascita dei cacciatori. Ci vivono solo loro, è come entrare nella tana del leone, moriresti dopo tre secondi per una causa persa. –
-Sebastian non è una causa persa.- Urlò lei senza rendersene conto per poi schiarirsi la voce con un colpo di tosse. –Non posso abbandonarlo anch’io, sospetto che in lui ci sia una solitudine infinita e che le sue azioni siano scaturite dal fatto che nessuno gli abbia insegnato a vedere il mondo in un modo differente.- sussurrò. –Può essere salvato Matt e se loro lo uccideranno…-
-Tu perderai la tua opera di bene o la persona che ami?-
-Non dire assurdità.- mormorò lei a denti stretti. –Perderei una fonte di aiuto.-
-E tutto il discorso sentimentale che mi hai appena fatto?- Disse il ragazzo confuso.
Lei alzò gli occhi al cielo, sollevando entrambe le mani e portandole intorno a quelle di lui. –Ti prego, non psicoanalizziamo il perché, aiutami soltanto.-
Lui restò in silenzio per alcuni istanti per poi prendere un respiro profondo. –Io posso condurti fuori dalle mura, nella città non ci sono mai entrato.-
Lei accennò un sorriso. –Grazie Matt.-
 
§ 

-Allora, ti consiglio di nascondere alla perfezione ogni arma che ti ho dato. – Le disse per l’ennesima volta Matt mentre infila il giubbotto di pelle nera che metteva in evidenza le sue larghe spalle.
Sam si limitò ad annuire mentre con la punta delle dita tastava il manico d’osso del pugnale che nascondeva meticolosamente nella parte interna della cintura. Un altro lo aveva nascosto nella tasca nascosta del giubbetto. Prima di scendere aveva indossato i suoi jeans più resistenti, vari strati di maglie, e una felpa con la zip. Aveva tenuto gli stivali alti fino al ginocchio che le aveva dato Magnus perché erano comodi e resistenti. Era pronta.
-Bene, andiamo a fare i fuorilegge. –borbottò Matt.
-Non devi entrare per forza, a me basta che tu mi conduca lì, poi posso cavarmela da sola.- disse Sam convinta.
-Non dire assurdità, non supereresti nemmeno le barriere da sola.- borbottò il ragazzo.
Matt mosse alcuni passi in avanti, verso di lei, per poi poggiarle entrambe le mani sul viso, portando gli indici all’altezza delle tempie, facendo una leggera pressione. –Bene, questo è il posto di Idris dove sono stato io.- sussurrò e nella mente di Sam si formò un’immagine ben precisa.
La ragazza chiuse gli occhi e sollevò entrambe le mani portandole sui polsi di Matt, stringendo così la presa, dopodiché sparirono entrambi.
 
§

L’impatto con il terreno fu più duro del solito, Sam cadde di viso, schiacciando il naso contro il terriccio e avanzando per alcuni metri, ruzzolando lungo una discesa. Qualcosa fermò la sua corsa, o meglio qualcuno, che la sollevò stringendola tra le proprie braccia.
Sam aprì gli occhi, dolorante, e incrociò quelli preoccupati di Matt. –Stai bene?- Le chiese lui.
Lei avrebbe voluto rispondere di sì, ma non riusciva ad aprire la bocca. La caduta era stata piuttosto violenta e il suo labbro si era spaccato su di un lato, gonfiandosi, mentre sul naso iniziava a formarsi un grosso livido.
-Sembra che hai partecipato a un incontro di lotta.- commentò poi il licantropo accennando un leggero sorriso. –Hai lividi ovunque, perfino sul collo.- aggiunse poi, accigliato.
Sul collo? Pensò la ragazza e poi si sentì andare letteralmente a fuoco quando realizzò che quello non era un livido dovuto alla caduta ma all’ultimo incontro con Sebastian.
-Sto bene.- farfugliò portandosi una mano all’altezza della mascella. –Dove siamo?-
-Dove volevi arrivare, siamo a Idris.-
La ragazza sollevò lo sguardo e tutto quello che vide era una pianura erbosa che in lontananza si congiungeva a delle colline. -Ma siamo nel bel mezzo del nulla!- Esclamò lei, tentando di rimettersi  in piedi.
-La città è oltre quelle colline, ci toccherà camminare un po’. Non c’erano altri modi per entrare, te l’ho detto, ci sono delle protezioni.- Rispose Matt, lasciando ricadere entrambe le braccia lungo i fianchi.
-Bene, allora andiamo, guidami verso il nulla.- commentò Sam, asciugandosi il rivolo di sangue che era colato dal labbro con il dorso della mano.
 
Durante il lungo tragitto Sam tentò di tenere il passo del ragazzo, che si muoveva a una velocità disumana, forse era per la sua natura ma l’unica cosa di cui lei era certa e che sarebbe riuscita a reggere per poco quell’andatura.
Quel posto sembrava una normalissima campagna europea, gli alberi che si estendevano lungo le colline, le montagne in lontananza con la punta ricoperta di neve e la stradina sdrucciolevole che Sam percorreva a fatica, non c’era traccia di umanità.
A un tratto Matt abbandonò la stradina malridotta e si addentrò all’interno del bosco, scendendo velocemente una delle colline più ripide che Sam avesse mai viso, infatti, faticava a puntare i piedi a terra per non cadere.
-Matt.- boccheggiò mentre tentava di schivare un ramo diretto alla sua faccia, chinandosi velocemente. –Perché abbiamo lasciato la strada?-
Il ragazzo si voltò verso di lei, fermandosi per un istante, dandole così modo di raggiungerlo. –In questi boschi vivono alcuni miei vecchi amici, potranno darci riparo per la notte.- spiegò lui, indicando poi un punto del cielo, sopra le conifere, con l’indice.
Sam sollevò in automatico la testa e intravide un rivolo di fumo rialzarsi attraverso gli abeti. -Possiamo fidarci?- chiese in un sussurro.
-Ti porterei mai in un luogo poco sicuro?- Chiese lui retoricamente voltandosi così poco dopo e riprendendo a camminare.
 
Man mano si avvicinavano, un fuoco, abbastanza grande, si delineava attraverso i rami fitti degli alberi.
-Ci siamo quasi.- Annunciò Matt, voltandosi poi verso di lei. –Aspettami qui, non muoverti, vado a parlare con il capo branco.-
Sam annuì lentamente e si appoggiò contro il tronco di un albero mentre osservava la figura di Matt avvicinarsi al grande falò.
La ragazza non sapeva proprio cosa immaginarsi, ma più che un branco di lupi sembrava un gruppo di campeggiatori. C’erano tende montate a cerchio intorno al fuoco e alcuni tronchi aperti a metà erano fissati a terra come delle panche.
Non appena avvertì una forte stretta intorno alle sue braccia, un forte urlò abbandonò la gola di Sam, che tentò di dimenarsi, mentre qualcuno la sollevava in piedi, tirandola fuori dal suo nascondiglio. La figura avanzò di qualche passo, portandola così nel mezzo del campo in cui era accampato il branco, mentre con una mano le teneva la bocca tappata impendendo alla ragazza di urlare.
Ora che l’oscurità era stata sostituita dalla luce gialla del fuoco, Sam poté notare che le braccia di chi la reggeva erano magre e fini come quelle di una donna, e avanzava a passo veloce verso una tenta che aprì di scatto. –Ci stava spiando, cosa ne faccio di lei?- chiese la voce femminile che a Sam sembrò stranamente familiare.
La ragazza incrociò lo sguardo di Matt, seduto sul lato opposto della tenda, era furioso. –Lasciala immediatamente Shauna!- Esclamò. –Era la mondana di cui ti parlavo, Connor.- disse poi all’uomo seduto davanti ad un tavolo malridotto.
-Lasciala andare. – Ordinò l’uomo per poi rivolgersi a Matt. –E’ bello riveder Matthew, ormai le tue visite erano diventate saltuarie. –
Mentre Connor parlava la stretta intorno alle braccia di Sam si fece nulla e la ragazza poggiò bruscamente i piedi a terra, girandosi poi verso colei che l’aveva afferrata.- Tu sei…-
-Un licantropo. –Commentò Shauna. Nonostante non fosse più nell’appartamento di lusso di Sebastian il suo aspetto restava impeccabile. I lunghi capelli erano raccolti una treccia che le ricadeva sul petto, di lato, e i suo vestiti sembravano uscire da una rivista di moda per chi avesse intenzione di fare una gita in uno safari.
-Cos’è successo a Sebastian?- le chiese Sam a voce bassa, senza troppi indugi.
-I cacciatori l’hanno preso. –rispose lei amaramente. – Tu che ci fai qui ragazzina?-
-Sono venuta per aiutarlo.- disse seccamente Sam.
Shauna si lasciò scappare una risata, tornando a guardala. –E perché dovresti?-
-Non credo che questi siano affari tuoi. –
- Aspetta, tu pensi davvero che Sebastian possa avere un legame con te? La tua ingenuità mi fa ridere ragazzina.-
-Smettila di chiamarmi così.- Urlò Sam, facendo voltare tutti i presenti verso di lei.
-Ci sono problemi?- Chiese Connor alle due ragazze che scossero prontamente la testa. –Bene, Matthew e la mondana posso riposare per la notte nella tenda tre.- concluse l’uomo alzandosi in piedi.
 
 §
 
-Conosci Shauna?- le chiese Matt, mentre chiudeva la cerniera della tenda, isolandoli da quello che accadeva all’esterno.
Sam annuì.- Sì, era con Sebastian. –sussurrò mentre s’infilava nel sacco a pelo.
-Stavano insieme?- Chiese il ragazzo accigliato.
-Perché non lo chiedi a lei?- Sbottò la ragazza, girandosi e dandogli così le spalle.
-Come siamo irascibili.- commentò Matt, affievolendo la luce della lampada a gas.
Sam restò in silenzio per alcuni istanti, voltandosi poi verso l’amico e sfregando la guancia contro il cuscino.- E se io avessi sbagliato tutto? Se tutto quello che ho visto in Sebastian fosse sbagliato e stessi solo facendo il suo gioco?- sussurrò.- Delle volte è come se il suo cuore fosse scolpito nel ghiaccio, perché avrebbe dovuto aprirlo a me?-
-Sam, dietro la maschera di ghiaccio che usano gli uomini c’è un cuore di fuoco. Non lasciarti intimidire dal silenzio, dall’indifferenza o dal rifiuto. Sì, rischi più degli altri perché sei alla ricerca di un qualcosa di diverso e questo significa sentirti rifiutati tante volte, sconfitti nel cuore, nel corpo e nell’anima. Non farti spaventare da parole dette proprio per ferirti. Sam non esiste amore impossibile, non lasciarti spaventare perché stai inseguendo qualcosa di cui hai bisogno, ricorda, senza amore non si è nulla. -







NOTE D’AUTRICE 
S
era a tutti! Come state? Come ogni lunedì eccomi qua a postare un nuovo capitolo.
Allora, come prima cosa ringrazio chiunque stia seguendo la storia o chi mi rendere felice lasciando una recensione! Ma adoro tutti nello steso modo asdfgh, mi fate sorridere tanto <3.
Allora cosa ne pensate? Vi piace?
Un bacio <3-



Credits
: Per la barra prima delle note a : yingsu

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Capitolo 11
*** Capitolo 11. ***








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«If I cannot move Heaven, I will raise Hell.»
-Cassandra Clare







Un grido strappò Sam dai suoi sogni, facendola sedere di scatto. Aveva sentito qualcuno urlare, non se lo era immaginato, eppure pensava di poter essere al sicuro in un posto circondato solo ed esclusivamente da licantropi. Quando sollevò lo sguardo per vedere se Matt si era mosso dalla posizione, trovò il ragazzo già attivo e intento a mettere borracce d’acqua, lampade a gas e vari oggetti che Sam non riusciva a decifrare, in una grossa borsa verde, tipica del campeggio.
-Che sta succedendo là fuori?- Chiese la ragazza strisciando così fuori dal sacco a pelo.
-Dobbiamo andarcene di qui. - Tagliò corto Matt e sollevò lo sguardo verso Sam, guardandola in un modo così preoccupato che lei non poté replicare.
Poiché aveva dormito con i vestiti addosso, Sam prese la sua borsa e se la caricò in spalla, mentre con una mano cercava il manico del pugnale, voleva sentirsi pronta nel caso si sarebbe dovuta difendere.
Ma non fu così. Non appena Matt tirò verso il basso la cerniera della tenda Sam costatò che era tutto deserto e silenzioso.
-Matt…- si voltò appena verso il ragazzo.
-Sh!- la zittì lui, chinandosi appena. – Ora devi seguirmi. Dovrai correre con tutta la forza che hai in corpo. - sussurrò sollevando un dito e indicando con la punta di esso una zona della foresta adiacente alla loro tenda. –Vai da quella parte, io sarò dietro di te.-.
-Ma Matt…-
-Ti spiegherò dopo, ora corri!-
Sam lo osservò per alcuni istanti, tentennante, non capiva bene il motivo di quella fretta e di quel timore, ma decise di fidarsi e con uno scattò balzò in piedi correndo così nella direzione indicata precedentemente dal ragazzo.
Non appena entrò nel bosco la fievole luce dell’alba fu sostituita dal buio creato dalla fitta rete di rami degli alberi che si elevavano e incrociavano sopra alla sua testa. Rischiò di inciampare più volte mentre correva alla cieca, tentando in tutti modi di non cadere o sbattere contro una corteccia. Ultimamente ogni cosa che la vedeva coinvolta si svolgeva alla velocità della luce, non aveva neppure il tempo di pensare prima di mettersi in movimento. Si trovava a correre in una foresta del tutto ignota senza nemmeno sapere il perché e cosa più grave non percepiva la presenza di Matt alle sue spalle. Continuava a correre nonostante un punto nel fianco iniziasse a farle male e i polmoni le bruciavano, ma doveva correre e uscire da quella fitta rete creata dagli alberi. Chiuse gli occhi e continuò il suo percorso, si fidava di lui, anche se sotto un altro aspetto, era comunque il suo unico amico di sempre e ora lui aveva bisogno che lei riponesse fiducia nella sua persona. Infondo era finito in quella situazione per darle una mano, ultimamente si gettava sempre in qualcosa di folle e pericoloso.
Quando i raggi del sole tornarono a scaldare la sua pelle, Sam riaprì gli occhi ritrovandosi in una prateria. Era uscita dalla foresta e stava risalendo lungo una collina.
Man mano rallentò il passo, fino a fermarsi del tutto, piegandosi su se stessa per riprendere fiato, sentiva le ginocchia molli e il sudore scorrerle sulle tempie. Dove si trovava? Sollevò di poco gli occhi e non appena il suo sguardo riconobbe alcuni profili di case, un sorriso le si formò sulle labbra, era quell’Alicante?
La città emergeva all’interno di una valle poco profonda, un fiume l’attraversava tagliandola così in due differenti zone. Un viluppo di edifici color miele dai tetti rossi e un groviglio di ripide stradine scure e serpeggianti risalivano il fianco di una scoscesa collina, in cima alla quale si ergeva un edificio scuro, svettante, con diversi colonnati e una torre luccicante a ogni cardinale.
Sparse tra le altre costruzioni c’erano altre torri uguali, alte e sottili, che sembravano fatte di vetro, o di quarzo, ciascuna vibrante di luce. Era una vista meravigliosa.
-Bene, pensavo ti fossi persa nel bosco. -
La voce di Matt la distolse dai suoi pensieri, facendo voltare Sam di scatto nella direzione del ragazzo mentre un sorriso spuntava sulle sue labbra. –Stai bene?- Chiese con un filo di voce.
Il ragazzo annuì lentamente, muovendo alcuni passi, in modo da arrivarle vicino.
-Cos’è successo?- Continuò la ragazza.
-Niente di rilevante. - Tagliò corto lui, fissando la città come ammaliato.
Sam era pronta a ribattere e a insistere con la sua solita curiosità ma Matt riprese a parlare.- Su un libro che parlava dei Nephilim lessi una frase che diceva: “Non puoi dire di aver visto una città finché non hai visto Alicante dalle torri di vetro.”- Sussurrò senza distogliere lo sguardo dal panorama. –Questo posto è così singolare.-
Sam annuì lentamente mentre portava anche lei nuovamente lo sguardo sulla città.- E’ davvero meravigliosa.- commentò.
Matt annuì per poi sollevare una mano con la quale indicò un punto. Era un passaggio formato da un arco dalla sommità appuntita, ai margini della città, dove cominciavano le case. – Quella è la Porta Settentrionale, solitamente è da lì che possono entrare i Nascosti.- spiegò. –Solo che si parla di Nascosti con un permesso e non di Nascosti che per l’occasione si sono trasformati in guerrieri del male.- borbottò lui portando entrambe le mani all’interno delle tasche. –Dobbiamo trovare un modo per attraversare le difese invisibili senza che nessuno rilevi la nostra presenza.-
-Oppure possiamo attraversare le difese e fare proprio in modo che qualcuno rilevi la nostra presenza.- Disse Sam e uno strano luccichio le illuminò gli occhi.
-Sei pazza? Vuoi farti arrestare?- Chiese Matt incredulo.
-Pensaci, il nostro obiettivo sono le prigioni, se ci arrestano ci condurranno loro dove siamo diretti.-
-Ma poi saremo schedati dai Cacciatori, come la fedina penale per gli umani.-
-Che importa, tanto sono una mondana, no?- borbottò lei. –Se hai tanta paura, io li distraggo e tu passi inosservato.-
-Sei proprio testarda sai?-
- Non c’è bisogno di farci prendere in due, facciamo come ho detto io.- Disse la ragazza muovendo così alcuni passi, scendendo con attenzione la discesa.
-E come ci terremo in contatto?-
-Un modo lo troveremo.- sussurrò lei, mentre si avvicinavano alla prima fila di case. –Sei pronto?-
Lui annuì incerto e Sam gli lanciò uno sguardo solidale, per poi voltarsi avviandosi nella direzione della guardia sicura che Matt si sarebbe nascosto e intrufolato nel modo migliore.
Si avvicinò a un punto in cui il Cacciatore che faceva la sentinella alla Porta Settentrionale potesse vederla con facilità e con un movimento veloce oltrepassò le difese, ritrovandosi vicino alla casa che poco prima aveva di fronte. Non sapeva bene cosa aspettarsi, di finire contro un muro invisibile o altro, invece aveva soltanto percepito un’improvvisa pressione, come quando era in auto e le si tappavano le orecchie, poi aveva udito un leggero schiocco e la sensazione era sparita con la stessa velocità con cui era arrivata.
-Ehi tu, forse hai sbagliato entrata.- Una voce fredda come il ghiaccio le arrivò alle spalle.
Sam si voltò lentamente, prendendo un lungo respiro e tentò di sfoggiare uno dei suoi sorrisi migliori. –Mi scusi? Parla con me?-
L’uomo le si avvicinò aggrottando la fronte e infittendo le rughe d’espressione. – Cosa ci fa mondana ad Alicante?-
-Gita scolastica?-
-Rispondi.-
Sam deglutì. –Io…-
-Sei una soggiogata di qualche vampiro?- l’uomo le sollevò il mento portando lo sguardo nei suoi occhi.- Qualcuno ha un controllo mentale su di te?- mormorò l’uomo a voce bassa, come se lo stesse chiedendo a se stesso. –Beh, qualunque sia la risposta, lo scoprirà chi deve.- fece una pausa allontanandosi appena. –Mi dispiace, ma questo farà male.- Disse poi l’uomo sollevando un braccio e Sam fu colta da una fitta di dolore prima che il buio la inghiottisse.
 
§
 
Sam riaprì gli occhi a fatica e un sussulto di dolore abbandonò le sue labbra. Era distesa su un freddo pavimento di roccia e ogni muscolo del suo corpo la faceva sussultare a un qualsiasi piccolo movimento. Si trovava in una stanza di pietra, con una finestrella inferriata in alto, sopra un angusto letto dall’aria scomoda. Dietro una piccola porta c’era un bagno minuscolo fornito di lavandino e gabinetto. Una parete della stanza era interamente fatta di sbarre: grosse sbarre di ferro dal pavimento al soffitto, ben salde nella pietra, con una porta, anch’essa fatta di sbarre, con un pomolo d’ottone su quale era incisa una grossa runa nera.
Sam, dopo essersi messa in piedi con fatica, si affacciò attraverso le sbarre stringendo le dita contro il ferro freddo. Davanti ai suoi occhi si estendeva la totale oscurità. Il terrore la invase, forse quella era stata l’idea peggiore che potesse farsi venire, non c’erano modi di fuggire o meglio, lei non era proprio il tipo di persona portata per determinate cose. Indietreggiò lentamente lasciandosi così scivolare lungo la parete umidiccia, toccando il suolo, non aveva idea di cosa le aveva fatto quel cacciatore ma ogni muscolo del suo corpo le doleva, non riusciva nemmeno a compiere i movimenti più semplici come sollevare un braccio o stringere la mano a pugno.
Iniziava a chiedersi se ne valesse davvero la pena. Chiuse gli occhi, fu un solo istante e un’immagine le si formò davanti alle palpebre, era una scritta.
Ricorda, essere amati da un angelo significa essere amati per sempre. Volare sopra le nuvole come angeli, bruciare di passione come i demoni.
Sam sollevò le mani, come per afferrare tra le dita quella scritta, ma l’immagine si dissolse davanti agli occhi e si ritrovò a tastare il vuoto. Stava impazzendo? Solitamente uno dei sintomi della pazzia erano le allucinazioni, ma c’era qualcosa che non capiva, cosa volesse dire tutto quello? Si aggiungevano pezzi confusi al suo puzzle incompleto che sembrava dover restare tale ancora per molto, perché era così diversa?
Erano solo domande a cui non sapeva dare nessuna risposta. Era questo che la tormentava, si ammassavano continue domande ma a nessuna di quelle era riuscita a dare un senso.
Delle voci in lontananza la distolsero dai suoi pensieri e Sam si sollevò in piedi a fatica portandosi vicino alle sbarre.
Due figure massicce tenevano per le braccia una più piccola, ma che si mostrava comunque ben piazzata, aveva il viso basso e i capelli nascondevano i suoi occhi, mentre il corpo inerte era trascinato lungo il corridoio facendo strusciare le ginocchia contro il pavimento in pietra.
Il cuore di Sam perse un battito quando identificò la figura che tenevano i due. Sebastian.
Era proprio lì, davanti ai suoi occhi, e quando sentì il proprio stomaco stringersi prese un lungo respiro, tentando così di non perdere di vista i due cacciatori per vedere dove posassero il corpo del ragazzo. Contò il numero di passi nella sua mente, poteva uscire da quella cella prefissandosi nella mente il corridoio e aprire un portale, avrebbe potuto così raggiungere Sebastian, ma doveva aspettare che facesse buio e che il corridoio si svuotassero.
Il tempo sembrava non passare mai, l’unica attività era osservare il colore del cielo cambiare attraverso la finestrella. Sentiva persone urlare, altri piangere e qualcuno ridere. Ma nessuno sembrava curarsi di lei. Restò sulla brandina fin quando il sonno non arrivò, facendola scivolare in un posto distante, un posto dove nessuno poteva raggiungerla.
Non appena la cella fu invasa dalla luce bianca della luna, Sam capì che era arrivato il momento di agire. Nonostante fosse ancora leggermente intontita dal sonno, si alzò di scatto avvicinandosi alle sbarre del corridoio, girando prima il viso verso destra e poi verso sinistra. Via libera.
Chiuse gli occhi prefissandosi nella mente il corridoio e dopo alcuni istanti sentì di essere là dove aveva desiderato. Questo era l’unico potenziale che aveva imparato a gestire a suo piacimento, forse un giorno ci sarebbe riuscita anche con gli altri.
Avanzò a passo lento, scivolando sulle pietre levigate dall’usura, tentando di essere più silenziosa possibile, mentre nella sua testa contava il numero di passi. Sebastian distanziava sedici rintocchi dalla sua cella ma non sapendo l’andatura dell’uomo, Sam si ritrovò a camminare un po’ la cieca sbirciando con discrezione in ogni vano.
Poi lo vide. Sebastian se ne stava ricurvo sulla sua lettiga, i vestiti erano logori e strappati in alcuni punti. Sotto il riflesso della luna, i suoi capelli sembravano ancora più chiari mentre controluce era possibile ammirare il suo profilo e la schiena piegata, come se stesse leggendo.
-Chi c’è?- Disse il ragazzo alzando di scatto la testa.
-Zitto, così mi farai scoprire. - rispose la ragazza a voce bassa.
-Sam?- Sussurrò lui drizzando le spalle.
Sam osserverò per alcuni istanti la cella di Sebastian, era differente dalla sua, sulle sbarre c’erano incise delle rune, o meglio, erano incise rune ovunque e in quelle rune lei percepiva qualcosa di sbagliato. Scrollò le spalle chiudendo gli occhi e prefissandosi nella mente dove voleva andare e un attimo dopo era nel vano con Sebastian.  Lo vide balzare in piedi, era più magro dell’ultima volta che l’aveva visto, ma nonostante non fosse nella sua forma migliore, il suo viso non perdeva la sua solita espressione signorile e ogni suo movimento era fluido come quello di un gatto.
-Cosa diavolo ci fai qui?- le disse lui a voce bassa, sembrava furioso.
-Secondo te?- Ribatté lei, stringendo le mani in due pugni.
-Non ci posso credere, non puoi rischiare così tanto.- Sebastian sollevò le mani verso l’alto, da come si muoveva, si capiva che era stanco.
-Basta. - Tagliò corto lei. –Basta con questa storia del cattivone e la pecorella. -
Lui increspò le labbra, come se trattenesse un sorriso e si voltò tornando a sedere sulla brandina malridotta.
-Che è successo? Pensavo fossi più scaltro nel nasconderti. –mormorò lei.
-Infatti, lo sono, ma ci sono cose che devo fare, e per farle devo colpire dall’interno e fingermi vulnerabile. - Spiegò Sebastian, dando poi alcuni colpetti con il palmo della mano al posto vicino al lui, facendo segno alla ragazza di sedersi.
-Quando metterai in pausa il tuo progetto da “sono un ribelle e voglio sterminare tutti”?- sbuffò lei muovendo alcuni passi, sedendosi così vicino a Sebastian.
Le spalle del ragazzo tremarono, leggermente scosse da una risata -Non è degno di un vero cattivo rivelare il proprio piano, ma questa volta c’è qualcosa di diverso. - Disse poi.
-Cioè?- chiese Sam, girando il volto verso di lui, avendo così una visuale del suo profilo illuminato solo in alcuni punti.
-Lo sai che sei entrata nella tana del lupo venendo qua?- Rispose invece lui.
-Non cambiare discorso. - si lamentò lei per poi fare spallucce. –Ero accecata da altro. -
-Da cosa?- Chiese Sebastian con voce roca.
-Da te.- Sussurrò Sam, fissando un punto a caso nel muro.
La ragazza lo sentì respirare profondamente e tentò di non farci caso, cercando di proiettare i pensieri altrove per togliersi di dosso il batticuore che gli provocava la sua vicinanza.
-Ti hanno malmenato, hm.- disse poi, tentando di cambiare discorso mentre con lo sguardo osservava alcune chiazze rosse che erano visibili attraverso gli strappi nella maglia di Sebastian.
-Non sono stati questi mingherlini. - Rispose lui prontamente. –Sono vecchie cicatrici. -
-Come te le sei fatte?- chiese lei ingenuamente mentre cercava di resistere alla tentazione di spostargli un ciuffo di capelli che gli era ricaduto davanti al viso.
-E’ stato mio padre quando ero un bambino. - rispose lui freddamente.
-Tuo padre?- chiese in un sussurro. –Quale padre segnerebbe la pelle del figlio in quel modo. -
-Il mio. - disse Sebastian ma il suo tono di voce era svuotato, ne freddo ne arrabbiato, atono.
-Mi dispiace. - Mormorò Sam.
-Non dispiacerti. –Tagliò corto lui, voltandosi verso di lei. –Nessuno si è mai dispiaciuto per me.-
- Eri solo un bambino, non si può marchiare un bambino in quel modo. -
-Non importa. - Disse in tono neutro per poi far calare il silenzio.
Era possibile sentire il suono dei loro respiri, nessuno dei due sembrava aver più qualcosa da dire, e quel silenzio pesava addosso a Sam come un macigno.
-Sebastian?- Sussurrò voltandosi verso di lui.
-Sì?- Rispose il ragazzo prontamente.
Ma Sam non aveva nulla da dire in realtà, si sporse leggermente e avvolse il busto del ragazzo con un braccio, avvicinandolo completamente a se, stringendolo così in un abbraccio. Chinò la testa in modo da portare la guancia contro il suo petto, sentiva il cuore di Sebastian pulsarle contro l’orecchio, batteva all’impazzata, come l’ultima volta che aveva ascoltato quel suono.
-Il tuo cuore batte così forte. - Sussurrò Sam.
Lui abbassò il viso, in modo da raggiungere con il mento la sua testa, e staccò l’abbraccio portando entrambe le mani sulle spalle della ragazza, sollevandola e portandosela sulle proprie gambe. –C’è un motivo se il mio cuore batte così.- rispose lui, ma la sua voce era ferma. –Ed è questo. -
Pronunciò quelle parole e poi senza nessun indugio cercò le labbra di Sam. Quel tocco lieve e leggero la confuse definitivamente. Si sollevò leggermente e si avvicinò al viso di Sebastian. Lui allungò ancora la sua mano affusolata con la quale le toccò il naso seguendone il profilo, scese giù fino alla bocca e poi ancora scendendo arrivò al mento, al collo lungo e slanciato, per fermarsi al
ciondolo, che la ragazza portava da sempre al collo, con cui le sue dita giocherellarono un po'.
Sam sentì un brivido.
Sebastian si avvicinò ancora e posò le sue labbra sulle sue, con una leggera pressione, non era proprio un bacio, ma una specie di carezza con le labbra che continuò poi sul mento e quindi sul collo. Sam sentì che non poteva rimanere passiva. Non voleva essere un oggetto nelle sue mani. Così gli passò le mani tra i capelli e poi le congiunse dietro alla nuca.
Il secondo contatto tra le loro labbra fu un bacio vero e proprio.
I due si guardavano fissi e Sebastian iniziò a sbottonarle la giacca. Dopo il secondo bottone si fermò per baciarla ancora. Poi continuò, i baci seguivano la scollatura della giacca, arrivando al petto.
Sam scostò leggermente il tessuto fine della maglia bianca di Sebastian, percorrendo con i palmi delle mani il suo ventre, risalendo verso la pancia.
I loro movimenti si facevano sempre più rapidi e poi man mano frenetici.
Sebastian taceva, per lui parlavano gli occhi, le mani, tutto il corpo. Orma le era sopra, si abbracciavano, si baciavano.
Non parlavano, le loro mani correvano sui corpi, mentre i loro sguardi continuavano a cercarsi guardandosi ancora senza dire una parola.
-Aspetta… - Sussurrò Sam, la sua voce era più roca e bassa di una tonalità.
Lui fermò il movimento delle dita, allontanando appena il viso da quello di lei, guardandola.
-Non voglio che…- tentò di dire ma lui la zittì portando un dito sulle sue labbra, per poi distendersi, attirandola contro il proprio petto.
-Dormi con me stanotte.- fu l’unica cosa che disse Sebastian mentre socchiudeva gli occhi e poggiava il mento sulla sua testa.
Sam annuì appena, poggiando la guancia contro il tessuto ruvido della sua maglia, ispirando profondamente il suo odore.
 
§
 
Non appena le luci dell’alba attraversarono le sbarre della finestra, infastidirono gli occhi di Sam, che si svegliò ritrovandosi in un incrocio di gambe e braccia. Sebastian l’aveva tenuta stretta a se per tutta la notte ma ora lei doveva andare o qualcuno l’avrebbe scoperta.
Si sollevò in piedi e prima di prefissare la sua cella nella propria mente, diede un ultimo sguardo al ragazzo, chinandosi sul suo viso e stampando un leggero bacio sulla sua fronte.
Ed era di nuovo nella sua cella vuota, mentre nel suo stomaco era un miscuglio di sensazioni che non sapeva descrivere, si sentiva come un fuoco d’artificio.
Un rumore di passi nel corridoio attirò la sua attenzione. Una guardia passò accanto alla cella e la ragazza si affrettò a richiamare la sua attenzione. –Mi scusi!- ma niente l’uomo continuava a camminare. –Per favore!- La figura scomparve dietro ad una porta nera e lei incrociò le braccia al petto, borbottando. –Che zotico. -
-Ci dispiace per l’accoglienza così poco calorosa, cara. – Una voce la fece girare dal lato opposto e Sam sobbalzò. Non aveva proprio sentito l’uomo arrivare, il suo passo era silenzio e leggero come quello di un gatto, forse doveva questa sua qualità a quale runa, pensò la ragazza.
-Mi chiedo, cosa ci fa una mondana da queste parti?- Chiese poi l’uomo.
-Siete così a corto di gente da arrestare che ve la prendete con una ragazzina che non è capace nemmeno di far del male a una coccinella?- Disse Sam acida.
-I mondani non sanno di questo posto, ecco perché sei finita qua. Chi ti ha mandata ad Alicante?-
Sam non rispose, limitandosi a guardarlo.
-Come immaginavo. Allora avrò il piacere di presentarti qualcuno con cui avrai l’onore di fare quattro chiacchiere.- L’uomo allungò una mano e dalla semioscurità Sam notò un’altra figura avvolta in una toga con il viso basso.
-Non pensate di esagerare?- Mormorò la ragazza.
Se non sarai un pericolo, saremo felici di darti la libertà. Disse una voce, nessuno dei presenti aveva parlato, ma quella voce le era rimbombato con forza nella mente.
Non appena l’uomo aprì la cella, la figura incappucciata varcò la soglia e Sam istintivamente indietreggiò di un passo. –Fratello Yeh'ezqel, vi aspetto fuori, quando avrete finito, potrete informarmi.- Disse in tono formale per poi uscire.
Fratello Yeh'ezqel restò immobile fin quando il rumore dei passi del Cacciatore non si furono affievoliti.
-Ascolti, ho degli amici Cacciatori, per questo conosco questo posto, non ho a che fare con la mala vita dei vampiri o con lo spaccio dei licantropi.-
Siediti. Le ordinò Fratello Yeh'ezqel ignorando del tutto le sue parole. Mi sento di dirti una cosa, ragazza, forse avrai notato anche tu le misure di sicurezze usate intorno a te. Sanno che non sei solo una mondana, perché se lo fossi stata non saresti mai finita qui, ti avrebbero spedita da dove sei venuta chiedendoti di tacere. 
Sam s’irrigidì alle parole del Fratello Silente. –Se non sono umana, cosa sono?-
Non sai rispondere a questa domanda?
-Certo che no!- Scattò la ragazza. –Tu sì?!-
Lui scosse la testa. –Io nemmeno.-
-Conosci Fratello Zachariah?- Chiese Sam senza pensarci.
Il nostro non sarà uno sleepover club, ma è impossibile non conoscerci fra noi. 
Sam si voltò verso il viso nascosto dal cappuccio del Fratello e lo guardò di traverso, quello che doveva essere uno Cacciatore dalla saggezza e dai poteri immensi, aveva appena fatto una battuta?
-La tua voce mi è familiare.- sussurrò la ragazza ma il Fratello Silente restò in silenzio. –Tu non sei Fratello Yeh'ezqel, vero?- Continuò lei sollevandosi lentamente in piedi. –Abbassati il cappuccio.- disse poi a denti stretti. –Fammi vedere il tuo volto.-
La curiosità è sempre stata la tua caratteristica, Samantha. La voce del Fratello sembrava quasi divertita, mentre si sollevava in piedi. Portò entrambe le mani all’estremità del cappuccio e lo scostò dal viso, molto lentamente. Sam si portò istintivamente una mano sulle labbra non appena vide il suo viso. Aveva gli occhi chiusi, i suoi zigomi erano segnati ciascuno dalla cicatrice di una runa nera. I capelli erano scuri, ma tra loro era ancora possibile vedere alcune ciocche del colore dell’argento.
-J-Jem.- Balbettò la ragazza in preda allo stupore.
Lui scosse la testa, sistemandosi nuovamente il cappuccio sul viso. Ora sono Fratello Zachariah.
Il primo istinto di Sam fu di saltare al collo dell’uomo e abbracciarlo ma poi sentì la necessità di sedersi e si lasciò cadere pesantemente sulla brandina malconcia della cella. –Non capisco.- Sussurrò.
Cosa non capisci? Le chiese Jem.
-Se tu sei Fratello Zachariah, significa che sei tu quello che mi ha protetto per tutto questo tempo, sei la risposta a ogni mia domanda, tu puoi dirmi chi sono. Ma non capisco, perché non me lo hai detto quando ci siamo conosciuti.- Sam parlò velocemente stringendo le dita intorno al tessuto dei pantaloni.
Vorrei poter rispondere a tutte le tue domande, ma non posso, Samantha.
-Allora perché mi ha protetta? Tutto questo non ha senso.-
Perché io sapevo che saresti nata ed eri la mia unica possibilità di guarire, tornando a essere una persona normale e non questo. 
-Cosa è successo Jem?- Chiese Sam in un sussurro.
Accettare le rune della fratellanza è stato l’unico modo per me di sopravvivere. Rispose freddamente il cacciatore.
Lei annuì lentamente, portandosi una mano sulla fronte. – E Will?- chiese a fatica Sam, come se si fosse appena ricordata di una cosa importante che prima di allora le era sfuggita.
Will ha vissuto un grande amore, ha avuto dei figli e si è spento nel suo letto quando ormai la vecchiaia aveva tolto all’azzurro dei suoi occhi la solita lucentezza. Quel tono di voce così freddo non apparteneva al Jem che aveva conosciuto lei, pensò Sam .
-Qualche santa ha sopportato il suo caratterino.- sussurrò Sam, con un sorriso malinconico.
Sai continuò poi io ero l’unica persona da cui si era permesso di farsi volere bene, perché sapeva che stavo morendo. Scoprimmo di una fittizia maledizione di cui lui credeva di essere vittima: ogni persona che lo avrebbe amato, sarebbe morta. Ecco spiegato il suo caratteraccio. Nonostante il suo viso fosse coperto dal cappuccio della toga, Sam capì che stava sorridendo. Era il mio parabatai. Sussurrò la voce nella sua testa. Non insistere perché ti abbandoni e rinunci a seguirti, perché dove andrai tu andrò anch’io, e dove ti fermerai mi fermerò anche. Il tuo popolo sarà il mio popolo, e il tuo Dio sarà il mio Dio. Dove morirai tu, morirò anch’io e vi sarò sepolto: l’Angelo faccia a me questo e anche di peggio se altra cosa che la morte mi separerà da te. Dopo quelle parole ci fu un lungo silenzio.Questo è il giuramento dei parabatai, ricordo ancora come ero riluttante all’idea di diventare il suo, sarei morto giovane e lui sarebbe rimasto solo. Ma poi è successo il contrario, lui è morto ed io sono qui da solo, senza il mio parabatai. Jem sorrise amaramente. Però lui vive con me, quando respiro, quando parlo, quando agisco, il mio primo pensiero è William. Sai, io credo nella reincarnazione, un giorno, lo rincontrerò perché lui mi sta aspettando dall’altra parte del fiume, siamo anime legate. Lui sarò sempre il terreno solido sotto i miei piedi. Sam avvertì un groppo salirle alla gola, mentre Jem continuava a parlare. Ma in un modo siamo ancora vicini, una volta l’anno, in ricorrenza della sua morte vado sulla sua lapide nella città Silente e suono il mio violino, suono per il mio fratello, per risentirlo con me. Per dirgli che nonostante non ci rivedremo io non lo dimenticherò mai e che un giorno, lo raggiungerò e lui mi accoglierà, riposando insieme. Per ora un grande vuoto mi accompagna, nel cuore ho tutto quello che mi resta di lui. Non tutto muore, in me rimarrà vivo in eterno.







NOTE D’AUTRICE 
Ciao a tutti! Come state? Spero bene!
Visto che sto affogando nelle mie stesse lacrime, sono un po’ nella fase “sine verbis sum”….
Quindi, niente, spero che il capitolo vi piaccia! E’ nato da una nottata insonne, in pratica è un figlio della notte questo capitolo (?), no vabbè,  sono pessima….
Fatemi sapere cosa ne pensate, come sempre vi ringrazio di cuore delle recensioni.
Un bacio enorme <3.
P.s. Ho messo un po' di dolcezza anche per gli amanti di San Valentino. Ehi, oggi è la festa dell'amooour!






Credits
: Per la barra prima delle note a : yingsu

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Capitolo 12
*** Capitolo 12. ***








» Capitolo 12
                                 
«We live in cities you’ll never see on screen.
Not very pretty, but we sure know how to run free.
Living in ruins of the palace within my dreams and you know, we’re on each other’s team

-Lorde.







N
essuno era in festa come quel giorno all’istituto di New York. Era da tempo che i vari componenti aspettavano che tutto questo accadesse, di poter finalmente considerate conclusa quella storia. Erano stati tanti gli occhi ormai vitrei che si erano chiusi sul campo di battaglia, tanti Cacciatori avevano perso la vita nell’epocale scontro con il figlio di Valentine e ora, dopo tanto sangue versato, si poteva porre la parola fine.

Jocelyn Fairchild quel giorno aveva il viso più contratto del solito, nonostante il suo cuore doveva essere più leggero, era come se un masso le fosse piantato nello stomaco. Un masso così pesante che le impediva di respirare. Una domanda le passava, più e più volte nella mente, quale madre avrebbe gioito per l’imminente esecuzione del suo primogenito? Eppure tutti si aspettavano che lei fosse felice, finalmente era tutto finito. Jonathan, suo figlio, era chiuso in una cella ed era pronto a fare la fine che gli spettava, eppure, il cuore di Jocelyn non era mai stato così in conflitto con la sua mente. Forse perché quello era pur sempre il suo bambino, lo aveva odiato, ma più di lui aveva odiato suo padre per avergli fatto quello, Jonathan non aveva mai avuto l’opportunità di imparare ad amare.
-Mamma?- La voce di Clary la fece voltare verso la porta, lasciando ricadere in maniera distratta la maglietta di cotone leggero che stringeva tra le dita.
-Sì, tesoro?- Disse a stento, tentando di mandare giù il groppo che le si era formato alla gola.
Gli occhi verdi di Clary scrutavano il suo viso con una venatura di preoccupazione, i suoi capelli ricci, rossi come i suoi, erano raccolti in una crocchia sulla testa fermati da una matita. Nonostante la sua statura minuta, la guardava in un modo che le dava autorità, facendola sembrare più grande.
-E’ arrivato Magnus.- La informò sua figlia, esitando poi alcuni istanti sulla porta, e uscire.
Jocelyn si trovò ad annuire in automatico, mentre si voltava in direzione dello specchio. Lo sguardo che le tornò era quello di una donna posata e sicura, i grandi occhi verdi risaltavano contro la carnagione chiara della sua pelle, mentre i capelli rossi le scivolavano morbidi sulle spalle.
Qualsiasi cosa avrebbe voluto Magnus Bane, lei era pronta ad affrontarla, non avrebbe lasciato che l’affetto nascosto per un figlio che non aveva mai riuscito ad amare come una qualsiasi madre, l’avrebbe fermata nella sua giornata. 
La visita di Magnus non era del tutto prevista, aveva passato la mattinata a sistemare un abito che Clary le aveva chiesto in prestito per la festa organizzata all’istituto quella sera. Jocelyn aveva declinato l’invito, nel suo cuore sapeva che non c’era molto da festeggiare, non fin quando non avesse visto il corpo del ragazzo inerte. Come poteva una madre soffrire per la morte di un figlio e desiderarla nello stesso tempo?
Non appena varcò la porta della cucina, incontrò da subito lo sguardo preoccupato dello stregone.
Era vestito in modo stranamente sobrio, i capelli tirati in alto non erano cosparsi dai soliti brillantini e le gambe erano fasciate da dei jeans scuri a completo con una maglia blue notte. Con un cenno della testa le fece segno di sedersi e Jocelyn obbedì, tirando indietro una delle sedie del tavolo.
-Abbiamo un problema. - Le disse lo stregone sottovoce mentre si guardava intorno, non voleva che Clary ascoltasse la conversazione.
-Che succede Magnus?- Jocelyn usò lo stesso tono di voce, chinando appena la testa. Il suo sguardo fu subito attirato dagli occhi da gatto dello stregone, ogni strega aveva il suo segno caratteristico, e quello di Magnus aveva un che d’ipnotico.
- Mi è sfuggita, non so che fine abbia fatto. -
-Chi?- Chiese lei colta di sorpresa.
-La principessa Anastasia. – Rispose lo stregone con serietà.
Jocelyn lo fissò per alcuni minuto e non appena realizzò il suo sarcasmo, alzò gli occhi al cielo. –Come hai potuto perderla di vista?!- Esclamò a voce bassa.
-Sono passato alle maniere da padre iperprotettivo e lei è andata in escandescenza, un secondo prima era lì e poi…. Puff. – Le rispose Magnus, mimando con le mani le sue parole.
- Speriamo sappia badare a se stessa. - Disse la donna sovrappensiero.
-Non mi preoccupano le sue doti da vagabonda. - Aggiunse Magnus nervoso. – Ha legato con tuo figlio, credo che si sia presa un’infatuazione o che altro. - Sbuffò.
-Con Jonathan?- Jocelyn lo fissò stupita per alcuni istanti. –Non capisco. -
-Cosa non capisci?- La voce dello stregone sembrava irritata.
-Non capisco come sia possibile che Jonathan si sia avvicinato a questa ragazza, cosa vorrà…- Mentre la donna parlava, le parole le morirono in gola. –Tu pensi che lui sappia…?-
Magnus sollevò le spalle, per poi chinarsi verso il viso di Jocelyn. –Non ci sono altre spiegazioni. -




Ritrovarsi a indossare una tuta era davvero un sollievo, pensò Alec mentre assorbiva l’acqua dei capelli appena lavati in un asciugamano. Non era passato molto da quando lui e Magnus erano ritornati dalla Londra del XIX secolo, gli sembrava tutto così irreale, eppure lui aveva combattuto con uno degli antenati di Jace, visto la Camille di cui Magnus era innamorato e conosciuto meglio una ragazza che agli occhi di tutti sembrava un vero enigma. Poi lei era sparita e lui e lo stregone avevano fatto ritorno a New York.
Non sapeva il perché, ma una brutta sensazione lo seguiva da quando erano tornati, nonostante all’istituto tutti fossero in festa, lui sentiva che non era ancora il momento di abbassare la guardia.
-Hai finito di prepararti, musone?-
Al suo della voce di Jace, Alec si voltò verso l’amico facendo un leggero cenno con la testa. –Vorrei farmi una dormita, tra passeggiate nel tempo e demoni antichi, sono un po’ stanco. -
Jace annuì appena, portando le braccia conserte al petto. –Mi sembra che tutti questi siano tanti buchi nell’acqua. –Fece una pausa per poi distendere le labbra in un sorriso. –Ma non importa, oggi possiamo segnare la fine di una era. - Annuì convinto per poi guardare nuovamente Alec.- Verrai ad Alicante con noi per l’esecuzione?-
-Sì, dopo un sonnellino. - rispose prontamente lui.
Jace scosse la testa esasperato. –Sei peggio della nonna dei Baby Looney Tunes.- borbottò uscendo dalla stanza.
Alec lo osservò per alcuni istanti andare via, dopo aver visto Jem e Will combattere fianco a fianco in quel modo, si chiedeva se anche lui e Jace agli occhi degli altri comparissero così. Come due anime legate.
Si lasciò ricadere a peso morto sul letto, chiudendo subito gli occhi, sentiva l’oscurità chiamarlo e lui voleva solo abbandonarsi a un sonno profondo…
Twinkle, twinkle, little star…
Sentì una voce canticchiare allegra.
…How I wonder what you are.
Ma cosa… Alec aprì gli occhi di scatto voltando il viso verso l’altro lato del cuscino. Il suo sguardo incrociò da subito quello dello stregone che fischiettava allegro una canzoncina dei cartoni animati.
- Up above the world so high…- Continuava lo stregone allegro.
-Magnus ti prego. - Borbottò Alec imbarazzato.
- Like a diamond in the sky.... - La mano di Alec arrivò sulle labbra dello stregone, impedendogli così di emettere alcun suono.
-Non sei divertente. –Borbottò, lasciando ricadere poi la mano.
Magnus sollevò l’angolo delle labbra in un sorriso, portandosi una mano sotto il mento. –Ma come, non ti piace che ti canti la ninna nanna?-.
Alec lo guardò con uno sguardo severo e non riuscendo a mantenere a lungo quell’espressione, rilassò poco dopo i muscoli del viso.
-Cosa c’è che ti preoccupa?- Gli chiese Magnus sollevando l’altra mano e spostando con la punta delle dita alcune ciocche di capelli che gli ricadevano lungo la fronte di Alec.
-Ho una strana sensazione. - Ammise il cacciatore portando i suoi occhi azzurri in quelli luminosi di lui.
-Goditi questo momento di allegria, Alexander, non lasciarti che la paura del domani t’impedisca di vivere appieno l’oggi. - disse sincero lo stregone.
-Come siamo saggi. - Lo punzecchiò Alec.
- Sai, ho una cosa come ottocento anni, lasciami almeno essere saggio. –
-Potrei. -
-Oh, potresti?- Un lampo di malizia percorse gli occhi verdi-gialli dello stregone che si sollevò appena, in modo da raggiungere con il viso quello di Alec. Il ragazzo restò immobile per alcuni istanti, sporgendosi poi in avanti così da catturare con le proprie labbra quelle di Magnus.
Alec si lasciò sovrastare dal peso del corpo dello stregone che premeva contro di lui, riportandolo con la schiena contro il materasso, mentre le loro bocche si muovevano una contro l’altra, dando accesso alle loro lingue, che s’intrecciavano e univano, come in una danza.


La cella era completamente immersa nel buio, non che Sam si aspettasse che il sole irradiasse quelle quattro mura in cui si trovava ormai rinchiusa da tempo. Erano passati quattro giorni dal momento in cui aveva scoperto che il misterioso Fratello Zachariah in realtà era Jem, ma alla fine si era ritrovata a fare un altro buco nell’acqua, lui non sapeva il perché di quei poteri, lui voleva solo servirsene. A Sam andava anche bene, si era ripromessa di ritornare in quell’epoca solo per aiutare Jem e ora vedere che era ancora possibile salvarlo le alleggeriva il cuore. Ma quello sembrava solo un bagliore di luce nella realtà così cupa. L’altro punto era Sebastian, non era riuscito più a vederlo da quella notte, però i suoi vicini di cella ne commentavano la fine a voce alta, dicendo che ben presto i Cacciatori si sarebbero liberati di lui, più restava in quella prigione e più loro rischiavano di perdere. Infatti, era una delle domande che lei si era posta, com’era possibile che Sebastian se ne stesse tranquillo, lasciando che programmassero la sua esecuzione. Era forse una missione suicida quella?
Sospirò. Ormai non le restava da fare altro, si sollevò dalla brandina a fatica, iniziava a sentire la necessità di fare una doccia e quel piccolo lavandino non soddisfaceva per niente quelle credenziali, anzi. Mentre poggiava entrambe le mani sul ferro freddo, sentì la pelle d’oca formarsi alla base del collo e poi una forte fitta allo stomaco. Il primo pensiero che le balenò fu quello della scarsa qualità del cibo, quindi probabilmente il dolore allo stomaco era dovuto a quello ma quando aumentò d’intensità e la ragazza fu costretta poggiarsi con la schiena al muro per sorreggersi, capì che non era solo un mal di pancia.
Strinse entrambe le mani contro il busto, mordendosi con forza il labbro, cercando così di soffocare i gemiti di dolore che le si formavano infondo alla gola. Doveva essere forte e resistere, era solo una fitta e presto sarebbe passata.
Sam chinò appena il viso in direzione delle proprie mani e non riuscì a non inorridire, c’era sangue ovunque, sulla sua maglietta bianca si espandeva a macchia d’olio una chiazza scarlatta che le imbrattava anche le mani. Usciva sempre più copioso, bagnando il pavimento e facendola scivolare nel suo stesso sangue nel vano tentativo di mettersi in piedi.
Sam sciolse la presa delle braccia intorno al suo busto, cercando di capire da che punto arrivasse quel sangue, ma lei non era ferita, era come se passasse attraverso la pelle e si sentiva sempre più debole mentre cercava di aggrapparsi al lavello di ferro.
-A... iuto.- Disse a voce bassa. - Qualcuno mi aiuti. - tentò di urlare, ma era come se quella perdita le stesse tirando via tutta la forza.
La presa delle dita scivolò dal lavabo, ricadendo con un tonfo lungo il corpo ormai inerte di Sam che ormai era totalmente immerso nel rosso scarlatto del suo sangue.
Poi ci un tonfo ma ormai tenere gli occhi aperti era diventata la cosa più difficile del mondo, sembrava che avesse due pesanti dita che le premevano sulle palpebre, costringendola a chiuderle.
Ma lei voleva guardare. Voleva vedere cosa stesse accadendo, cos’era quel rumore. Però il fruscio di tenebre l’avvolse completamente, tirandola via.

Una lieve brezza faceva ondeggiare alcuni dei rami che le impedivano di vedere il cielo, ma attraverso di essi, Sam riusciva a capire che era una giornata di sole. L’erba le punzecchiava la pelle delle caviglie. Era a piedi nudi.
La ragazza si mise a sedere di scatto, non era più nella sua cella, ma intorno a se si estendevano ettari di praterie, lasciando intravedere delle morbide colline all’orizzonte. Anche se non era mai stata prima in quel posto, lei lo sentiva familiare, come se non fosse la prima volta che passeggiava a piedi nudi lungo quell’erba morbida e profumata. Non c’era più traccia di sangue, i suoi vestiti erano stati sostituiti da un leggero vestito bianco, che terminava in tanti veli, facendo sentire Sam ancora più libera. Non sapeva il perché ma si sentiva felice, era così la morte? Alberi e praterie, con un persistente odore di erba tagliata?
Tutto quello le faceva venire voglia di ridere, come non rideva da tempo, lasciarsi andare ad una risata che non era più sua, ma alla quale ora poteva concedersi. Era morta no? Perché preoccuparsi delle conseguenze, aveva già superato la soglia da tutti temuta.
Ma poi ci fu una scossa di terremoto. Sam scattò in piedi, non appena il cielo iniziò a incupirsi, all’azzurro incantevole di prima si era sostituito il colore della notte e al posto dell’odore dell’erba appena tagliata iniziava a farsi strada un forte odore di fumo.
Sobbalzò quando un fulmine rosso colpì l’albero sotto cui si era svegliata, mandandolo in fiamme e Sam non riuscì a fare altro che corre via, su un terreno che non sembrava più rigoglioso ma arido, verso le colline che ora erano delle montagne dalle cime aguzze come i denti di un ghepardo.
E Sam non poté fare altro che correre, fin quando il terreno non si aprì sotto i suoi piedi, facendola cadere nel baratro.


-Svegliati dannazione. -
Dopo un lungo silenzio fu l’unica cosa che Sam riuscì a percepire, arrivava da lontano e ovattata, ma era familiare. Sam sapeva che poteva fare uno sforzo e ritornare su per quella voce, ma non sapeva come, intorno a lei era tutto buio e non riusciva a trovare una via d’uscita. Ma poi la vide. Era come una scintilla nel buio, era stato solo un attimo ma Sam l’aveva vista e mentre si dirigeva verso quella luce, aprì gli occhi.
Si trovava distesa ancora nel bagno della sua cella, il freddo soffitto grigio fu la prima cosa che vide, si sentiva stordita e come se ogni suo muscolo fosse paralizzato. Poi il suo sguardo vagò ancora, delle mani le sorreggevano la testa sollevandole così di poco il busto e un braccio s’infilava lentamente sotto le sue ginocchia, tirandola su. Ci vollero alcuni istanti prima di riuscire a mettere a fuoco la persona che la stesse aiutando ma quando il suo sguardo incontrò degli occhi neri come l’oblio che aveva visto nei suoi sogni, sollevò leggermente una mano con la quale si aggrappò al tessuto della maglia del ragazzo. –Sebastian?- disse in un sussurro.
Il ragazzo non rispose, sollevandola del tutto da terra. In alcuni punti il sangue aveva imbrattato anche i suoi vestiti, che con sorpresa di Sam non erano più quelli rotti e sgualciti dell’ultima volta in cui si erano visti, ma la sua maglia era nuova di zecca .
Dopo alcuni istanti il ragazzo la rimise in piedi, tenendo però una mano dietro la sua schiena, sorreggendola in modo che lei non potesse cadere.
-Che è successo?- mormorò Sam con un filo di voce, aveva difficoltà a restare in piedi e sentiva la vista appannarsi sempre di più.
-No Sam, non svenire di nuovo.- Disse lui, dandole alcuni colpetti sulle guance e chinando il viso in modo da portare gli occhi di fronte ai suoi -Sam riesci a portarci fuori di qua? Non ho uno stilo e presto verranno altri Cacciatori. -
La ragazza allungò le braccia, cercando sostegno su quello di lui e stringendo così le dita intorno ai bicipiti tesi di Sebastian. –Non so dove andare. - sussurrò.
-Pensa a un posto che conosci solo tu, un posto tuo. – Le disse lui, mentre le portava una mano sula guancia, pizzicando in alcuni punti la pelle, per farla restare sveglia. –Poi potrai riposare, te lo prometto, è un ultimo sforzo. -
Sam annuì e chiuse gli occhi, cercando nella sua testa il posto più remoto in cui era stata e poi svanirono.


Come sempre l’impatto non fu dei migliori, doveva lavorare sul metodo di atterraggio, pensò Sam mentre ruzzolava in direzione di un muro, sbattendo con l’osso sacro contro lo spigolo. Sollevò appena lo sguardo e con meraviglia vide che Sebastian era del tutto indenne, nella sua solita posa fiera che si guardava intorno con una leggera curiosità.
Il primo tentativo di Sam di alzarsi fallì del tutto, sentì il bisogno di riposare come non lo aveva mai avvertito nella sua vita così chiuse gli occhi, abbandonandosi contro quella parete fredda.
Ma qualcosa la riportò alla realtà. Due grosse mani si erano poggiate sulle sue spalle, aiutandola a mettersi in piedi. Peccato che riuscì a restare dritta per dieci secondi prima che le sue ginocchia cedessero ancora, facendola ricadere in avanti. Fortunatamente Sebastian non aveva dei rifessi di un bradipo come lei e la afferrò prontamente, portando due dita sotto il suo mento, sollevandole la testa.
-Sei ferita?- Gli chiese lui chinando lo sguardo in direzione della sua pancia, dove sulla maglia si estendeva una chiazza scarlatta di sangue ormai secco.
Sam si portò istintivamente le mani sullo stomaco e sentì la pelle del tutto intatta e liscia contro le sue dita. –No.- Mormorò scuotendo appena la testa.
-C’era parecchio sangue. - Insistette lui.
-Non ho idea di cosa sia accaduto. - controbatté lei. –Ma non sono ferita. -
-Dove siamo finiti?- le chiese Sebastian dopo alcuni istanti di silenzio.
Sam non aveva idea di dove li avesse spediti, ma quando alzò lo sguardo, guardando oltre la spalla del ragazzo, ebbe un tuffo al cuore.
Nonostante quel posto ormai aveva l’aspetto di un edificio abbandonato, almeno dal suo interno cupo e le pareti del tutto ricoperte da ragnatele con scatoloni sparsi ovunque, Sam avrebbe riconosciuto quegli spazi ovunque.
-Era il mio vecchio orfanotrofio. - sussurrò.
-Non ci vive più nessuno?- Chiese lui, scrutando la stanza.
Lei scosse la testa, quel posto era chiuso ormai da anni, ricordava ancora il giorno in cui lesse la notizia del fallimento, e ogni qualvolta che ripassava, con il signor Reyes, davanti all’ormai vecchio edificio in rovina, non riusciva a non associare a esso la sua infanzia.
-E’ abbandonato da anni. - Spiegò lei iniziando a sentire sempre maggiore il bisogno di sedersi a riposare da qualche parte. –Sebastian…- mormorò. – Non mi sento molto bene... -



Aprì lentamente gli occhi e sbatté le palpebre tre volte. Le faceva male la testa e aveva molta sete. Sentiva la bocca secca e un odore insopportabile di muffa. Cercò di guardarsi intorno, senza alzarsi, senza alzare la testa. La stanza era avvolta dai colori del tramonto, lei si ritrovava sdraiata su un letto posto in mezzo ad un camerone, dove altri letti sgualciti e rovinati erano sistemati lungo le pareti. Risvegliarsi in quel posto la soffocò così tanto di ricordi che si sollevò di scatto, ritrovandosi da sola. Sebastian dov'era?
Il senso di debolezza era passato, nonostante il suo stomaco brontolasse richiedendo del cibo, così Sam si sollevò dal letto, sedendosi sul bordo di esso. Aveva ancora addosso i vestiti completamente sporchi e del sangue secco incrostava in alcuni punti i suoi capelli.
-Ti senti meglio?- La voce di Sebastian la fece voltare in direzione della porta.
Annuì lentamente mentre il ragazzo avanzava nella sua direzione, stringendo tra le mani un fagotto di carta che porse poco dopo a Sam.
Lei lo strinse con riluttanza tra le mani, per poi aprirlo e trovare al suo interno un panino con del formaggio. –Dove l’hai preso?- chiese la ragazza.
-In giro. - rispose lui, tenendo il suo solito tono vago.
Lei lo guardò per alcuni istanti ma poi la fame prese il sopravvento e si portò il pane alle labbra, dandogli un morso.
-Allora. - iniziò Sebastian muovendo alcuni passi nella sua direzione, sino a sedersi sul bordo del letto sul quale era seduta Sam. –Ti va di dirmi cos’è successo?-
Sam non ne aveva idea, era stata una fitta allo stomaco e poi per poco non moriva dissanguata, in seguito aveva fatto quel sogno del tutto irreale, ma niente aveva una spiegazione logica che Sebastian potesse capire. –Non lo so.- disse poi.
-Bene. - Fu tutto quello che rispose lui, chiudendo così quella conversazione.
Restò lì a osservarla mentre Sam terminava il suo panino, fin quando la ragazza non portò nuovamente lo sguardo sul viso di lui. –Posso farti una domanda?-
-Certo. -
-Perché ti fai chiamare Sebastian?-
Lui s’incupì per alcuni istanti, per poi lasciare spazio alla sua solita espressione signorile. – Preferisci Jonathan come nome?- disse lui invece.
-Non è questo. - borbottò lei. –Non parlavo del nome che ti sta meglio ma…-
-Jonathan Christopher Morgenstern è una persona che non vuoi conoscere, fidati. - tagliò corto lui.
-Ma sei sempre tu, è solo un nome. - commentò lei. –Non credo ci sarebbero differenze nella mia personalità se il mio nome fosse, non so, Marie invece di Samantha.-.
-Oh, Sam piantala. - Scattò lui.
Lei lo guardò sorpresa, sbattendo istintivamente le palpebre per alcuni istanti. - Piantare di fare cosa?- lo provocò.
-Di cimentarti nel suo assiduo tentativo di portarmi dal lato delle persone buone. -
-Io non stavo…- sussurrò lei.
-Oh sì invece, tenti di trovare una giustificazione alle cose che ti hanno raccontato su di me, chiedendoti quale oscuro motivo possa avermi scosso tanto da uccidere e fare del male a tante persone. - fece una pausa. –Ma l’unico motivo per cui io lo faccio è perché mi piace, provo piacere nel vedere la gente che soffre per mano mia, è nella mia natura. - concluse lui atono.
-E’ solo un copione che ti piace recitare. - ribatté lei, sollevando lo sguardo sul viso di lui.
-Smettila di illuderti. - disse lui con tranquillità.- e non meravigliarti nel sentirti dire che ho provato piacere anche a uccidere un bambino, sai il fratello del tuo amico. -
Quelle parole furono seguite da un tonfo. La mano di Sam aveva colpito con forza la guancia del ragazzo, lasciando al suo passaggio un segno rosso che andava formandosi sulla pelle di Sebastian.
-Visto?- commentò lui mentre distendeva le labbra in un sorriso. - Ho un debole per le ragazze violente. - Aggiunse poi leccandosi le labbra con la punta della lingua.
Il petto di Sam si sollevava velocemente, mentre teneva lo sguardo fisso negli occhi di Sebastian. –Smettila di fare l’idiota. –fu tutto quello che riuscì a sputare fuori. – Ne guadagneresti. -
Il viso del ragazzo sembrò essere attraversato per alcuni istanti da un alone di sorpresa, ma si limitò a restare in silenzio.
-E’ così che respingi le persone, facendo loro l’elenco di quelli a cui hai fatto del male?- disse lei. –Ti facevo più intelligente. –
-Sam.- disse lui a denti stretti, ora sembrava irritato.
-Cosa?- rispose lei, sfidandolo.
-Non provocarmi. -
-Oppure, quale tortura della tua lunga lista adopererai su di me?- controbatté lei sarcastica.
-Dovresti avere paura di me.- Disse lui, glaciale.
-Non mi hai mai messo nella condizione di averne. - rispose Sam, senza spostarsi di un centimetro.
Sebastian a quelle parole sembrò scattare, annullando del tutto la distanza che c’era tra i loro corpi, e guardandola in un modo che, per quanto Sam non volesse ammetterlo, le gelava il sangue nelle vene.
Lentamente, però, lo sguardo di lui si addolcì e tirò un lungo respiro, come se avesse trattenuto il fiato fino ad allora. - Sei un’idiota. - le sussurrò, mentre poggiava la fronte contro quella di lei.







NOTE D’AUTRICE 
Sera a tutte! Come ve la passate? Spero bene! Io ultimamente non ho un pochettino di tempo libero, che agonia t.t
Passando alla storia, allooora, fatemi sapere cosa ne pensate!
E’ successo qualcosa di davvero strano in questo capitolo non trovate? Beh, ogni cosa al suo perché, non dimenticatelo mai.
Vi ringrazio sempre per recensire i mie capitoli, siete dolcissime <3

Se volete (dai sususu) potete aggiungermi su facebook: Qui
La canzone che Magnus canta ad Alec, è questa: Twinkle Twinkle Little Star.






Credits
: Per la barra prima delle note a : yingsu

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13. ***








» Capitolo 13
                                 
«Bugie e segreti, sono come un cancro dell'anima.
Corrodono ciò che è buono e si lasciano alle spalle solo distruzione.
» 




L
a luce che proveniva da uno dei grandi finestroni, costrinse Sam ad aprire gli occhi. Era mattina.

Si sollevò del tutto riposata stiracchiando per alcuni istanti le braccia sopra alla sua testa, desiderava tanto farsi una doccia, sentiva il proprio odore e non poteva considerarlo una gradevole profumazione. La stanza era completamente vuota, non c’erano tracce di Sebastian, così la ragazza si sollevò in piedi, tentando di sistemare i capelli con le dita. Il suo aspetto doveva essere un disastro.
Uscì dallo stanzone attraversando il vecchio corridoio, le travi di legno scricchiolavano sotto il suo passo e la fitta polvere le infastidiva le vie respiratorie, provocandole alcuni starnuti. Quando arrivò al piano terra, vide il profilo di Sebastian, era chino sulla schiena e tra le mani reggeva una specie di penna che si passava sulla pelle, probabilmente aveva trovato uno stilo.
-Ehi. - disse lei a voce bassa, c’era qualcosa nell’aria che le faceva temere di alzare troppo il tono della voce.
Lui non appena avvertì la sua presenza sollevò il viso, portando lo sguardo sulla figura di Sam. –Buongiorno. – si limitò a dire, riportando così l’attenzione sul disegno che stava elaborando lungo il suo braccio.
-Dove lo hai preso?- Chiese Sam facendo un cenno verso lo stilo, ma più che dalla curiosità la sua domanda era stata mossa dal desiderio di interrompere quel silenzio che era piombato nella stanza.
-Non è difficile per un Cacciatore come me procurarmi alcune cose. – si limitò a rispondere lui e Sam annuì appena.
Quando Sebastian ebbe terminato, riavvolse verso il basso la manica della maglia, coprendo così il marchio e si sollevò in piedi, portando lo stilo in uno dei passanti dei pantaloni.
-Che ne dici di lasciare questo posto e tornare nella mia casa?- Chiese poi alla ragazza, dal modo in cui gli occhi di lui la scrutavano Sam pensò di dover sembrare proprio la versione più alta di Dobby l’elfo domestico di Harry Potter.
-Ma non ti troveranno?- chiese lei dopo alcuni istanti.
Sebastian scosse la testa. –No, è come se fosse fuori dalle dimensioni, può portarci dove vuole ma nessuno può trovarla, una delle poche cose utili che ha fatto mio padre. -
Sam restò in silenzio per alcuni momenti, aveva la curiosità di chiedergli qualcosa in più sul suo genitore, ma dopo le cicatrici che aveva visto sul corpo del ragazzo non le sembrava la più brillante delle idee. Si limitò ad annuire. Desiderava fare una doccia e quella casa, nei suoi ricordi, le sembrava una piccola oasi.
-Bene, così potrai darti una ripulita. - disse lui infine, estraendo nuovamente lo stilo dagli Jeans e posizionando la punta contro la superficie ruvida della parete.
-Sebastian.- esitò Sam.
-Fidati di me.- la rassicurò lui e poi si voltò nuovamente verso il muro, unendo le linee in un disegno singolare.
 
§
 
 

Ritrovarsi in un ambiente così pulito fu una piacevole sorpresa, era bello poter inalare l’aria in un profondo respiro senza dover tossire poco dopo. Ora aveva solo voglia di fare una doccia.
Sebastian parve leggerle nella mente visto che annuì appena indicandole con un cenno della tasta una delle porte che si intravedevano alla cucina. –Ricordi dov’è la tua stanza, vero?-
-Sì.- Rispose lei e mosse alcuni passi verso l’esterno della cucina, per poi fermarsi per alcuni istanti, voltando di poco il viso.
Sebastian la guardò aspettando che lei dicesse qualcosa ma Sam si limitò a rivolgergli un sorriso, proseguendo nella sua direzione, sospirando sonoramente poco dopo.
 
 
Quando s’immerse nella vasca colma di acqua calda le sembrò di essere in paradiso, rilassò ogni muscolo del corpo, lasciando che il sapone alla vaniglia penetrasse sulla sua pelle, scacciando via il cattivo odore dei giorni precedenti. Restò in ammollò per una mezz’ora strofinando più volte sia la pelle e i capelli, cosicché quando decise di uscire, era pulita e linda come non mai.
Dopo quel bagno si sentiva decisamente meglio, districò i capelli bagnati con una spazzola e avvolse il proprio corpo in un asciugamano, ritornando nella stanza. Ricordava che in quell’armadio erano riposti alcuni vestiti e quando li trovò tutti lì, un sorriso le si formò sulle labbra mentre si rivestiva velocemente. Opto per un paio di pantacollant neri a completo con una camicia da boscaiolo a quadri ricoperta da un maglione bianco lavorato a trecce sulle cuciture. Indossò anche un paio di stivaletti alti al polpaccio, era come se Sebastian conoscesse il suo gusto in vestiti.
Dopo aver asciugato i capelli per alcuni minuti, li lasciò umidi sulle spalle, mentre si arricciavano in piccoli boccoli larghi.
Quando ebbe finito uscì dalla stanza, si sentiva rinata, finalmente pulita e con un aspetto che poteva considerarsi almeno decente. Percorse velocemente la distanza tra la sua stanza e la cucina ma mentre camminava a passo leggero, una voce femminile attirò la sua attenzione.
-Ero così preoccupata. - diceva la voce. Shauna capì subito Sam mentre si portava una mano sullo stomaco.
-Immagino. - disse in risposta la voce fredda di Sebastian.
-Sono sincera, non devi trattarmi così Seb, sono l’unica cosa che hai e lo sai anche tu.- La voce di Shauna era diventata un sussurro. Sam si accostò dietro la parete, non voleva origliare, ma un profondo senso di disagio le si aprì nel petto quando sentì Shauna dire quelle parole a Sebastian.
-Come sono fortunato. - rispose lui, facendo intuire una punta di sarcasmo.
E poi ci fu il silenzio, ma dai rumori dei sospiri non ci volle molto per capire cosa stava accadendo e quando si sporse maggiormente ne ebbe la prova certa. Le braccia di Shauna erano avvinghiate al corpo di Sebastian, catturando le sue labbra con un bacio che di casto aveva poco. Il disagio che provava Sam si trasformò in rabbia. Non sapeva bene il perché, infondo Sebastian non era legato da nessun vincolo alla sua persona, eppure, si sentiva come tradita.
Indietreggiò tentando in tutti i modi di sparire nella sua stanza ma nella fretta di uscire da dietro quel muro la fece sbattere con un fianco contro lo scalino della scala di vetro e mentre imprecava in silenzio, capì che due paia di occhi erano puntati su di lei.
Si voltò lentamente facendo scorrere lo sguardo dalla bionda abbronzata al ragazzo dal viso signorile e deglutì appena. –Scusatemi, non era mia intenzione interrompere questo vostro amichevole scambio di saliva. - scattò e si pentì quasi subito dell’ostilità nella sua voce, non voleva far capire a Sebastian che aveva il potere di ferirla.
-C’è anche la ragazzina. - borbottò Shauna unendo le braccia al petto. –Cosa c’è, te lo avevo detto di non illuderti. -
Sam sentì un groppo alla gola, e dopo aver evitato accuratamente lo sguardo di Sebastian, punto gli occhi in quelli azzurri di Shauna. –Figurati, non c’è rischio, ora mentre voi siete intendi a passarvi le vostre malattie veneree io vado a fare altro. - Disse con tono fermo e senza dare modo a nessuno dei due di aggiungere altro schizzò nella sua camera, chiudendosi la porta alle spalle.
 
Chiuse gli occhi per alcuni istanti mentre poggiava la schiena contro il legno freddo della porta, respirando profondamente, come se avesse trattenuto il fiato fino ad allora. Un tentativo di aprire la porta la fece ribalzare in avanti, riportandola bruscamente alla realtà.
-Sam, apri. - le ordinò la voce di Sebastian.
-Non ho voglia di parlarti in questo momento. - disse con freddezza la ragazza girando la serratura della porta.
Sentì Sebastian sospirare e poi qualcosa vicino alla maniglia scattò, aprendo la porta.
-Esci immediatamente. - quasi urlò Sam indietreggiando.
Sebastian posò lo stilo sul comò posto vicino alla parete e si chiuse la porta alle spalle, avanzando verso di lei.
-No.- Si limitò a dire, muovendo alcuni passi verso Sam. Lui avanzava e lei si allontanava.
- Non devi spiegazioni a nessuno, puoi fare quello che vuoi. - scattò lei.
-Lo so.- rispose lui.
-Bene, problema risolto, ora puoi andare.-
-Lo so.- replicò lui. –Lo so che non devo spiegazioni a nessuno ma quando ti ho vista prima ho avuto questo impulso di seguirti. -
- No mi dispiace, non ho preservativi da prestarti, puoi tornartene da dove sei venuto. –
-Perché non mi dai modo di spiegare?- Urlò improvvisamente lui.
-Perché non c’è una spiegazione. - Urlò anche lei.
-Sì invece! L’ho baciata perché avevo bisogno di capire e quando è successo non la desideravo, desideravo che al suo posto ci fosse qualcun’altra. - Continuò lui a voce alta.
-Fammi indovinare, la cassiera di qualche caffetteria a luci rosse?-
-Tu pezzo di idiota, voglio sempre baciarti e costantemente toccarti. - Urlò esasperato.
Sam s’immobilizzò, trattenendo il respiro. Il silenzio calò tra i due.
-E’ irritante discutere con te.- annunciò lui poco dopo, ma nella sua voce era possibile notare una sfumatura divertita. Aveva rilassato le spalle e il viso non era più rosso per la rabbia. Sam aveva sempre pensato che una persona posata come lui non avrebbe mai potuto perdere le staffe in quel modo, e invece.
-E perché mai?- Rispose lei, sollevando appena il mento.
-Hai sempre quella risposta pronta che mi manda in bestia. - rispose lui a voce bassa.
- Beh, visto che tu ti diverti a fare l’ape impollinatrice che passa di fiore in fiore. - annuì lentamente lei. - E poi anche discutere con te è irritante. - aggiunse poco dopo.
- Non ne dubitavo. - rispose lui sollevando l’angolo delle labbra.
- E’ irritante perché, oltre ad essere l’emblema del dubbio, stai sempre a fare la lista delle tue malefatte, nemmeno fosse quella della spesa oppure stai a slinguazzarti qualcuno. - Disse Sam facendo roteare gli occhi.
 -Su cosa ti faccio venire dei dubbi?-
Al suono di quella domanda la ragazza avvampò, schiarendosi appena la gola, simulando un colpo di tosse. –Oh, beh ecco…- farfugliò per alcuni istanti, mentre l’espressione di Sebastian si ammorbidiva sempre di più, lasciando trasparire un sincero divertimento.
-Allora?- insistette lui.
-Il mistero fa bene all’anima, rimaniamo sospese le tue domande. - Improvvisò lei, cercando in tutti modi di non arrossire più di quanto avesse già.

-voglio baciarti. - Disse a un tratto il ragazzo. –E’ normale sentire la mancanza delle tue labbra?-
La ragazza sbattè velocemente le palpebre non riuscendo a divincolare lo sguardo da quello di Sebastian. –Vuoi baciarmi. –Sussurrò di rimando, quasi come per confermare le parole di lui.
Lui sollevò una mano portandola sulla guancia di Sam ma a quel tocco la ragazza si ritrasse.
-Che stiamo facendo?- disse in un sussurrò.
Lui sospirò appena, per poi tirare il viso in avanti, in modo da posizionarlo più vicino al suo. –Bisogna dare una spiegazione a tutto?- le chiese.
-Sì Sebastian, non sarò la prossima Shauna o tipa con cui ti intrattieni mentre sei alla ricerca di un altro passatempo. - spiegò lei.
-Dio, ma quanto parli?-
Erano uno di fronte all’altra ora, si squadravano a vicenda ma nessuno dei due riusciva ad aggiungere una parola. Gli occhi si Sebastian sembravano brillare di una luce nuova, come se  bruciassero intensamente di una piccola ardente fiamma. E Sam desiderò con tutta se stessa ardere in quegli occhi.
Anche Sebastian la fissava, rapito dalla sua bellezza e allo stesso tempo compiaciuto dalla sua evidente attrazione per lui. E poi lui si mosse. Azzerò del tutto le distanze tra i loro corpi portando entrambe le mani lungo i fianchi di Sam, il corpo di lui era adesso attaccato al suo e lei ne poteva sentire il calore. Continuando a tenerla per la vita Sebastian posizionò un ginocchio tra le sue gambe in modo tale da renderle impossibile divincolarsi da quella stretta. Con un dito le alzò il mento. Sam vide che il viso di lui era vicinissimo al suo e tremando riuscì a sentire il suo respiro, Sebastian spostò la mano da sotto il suo mento e le passò un dito sulla guancia, per poi premere le sue labbra contro quelle di lei continuando a divorarla con un bacio. All’inizio lei lottò per liberarsi, “Non poteva fare così, non ora.” si disse, ma più si dimenava più forte lui la stringeva, facendole chiaramente capire che non aveva la minima intenzione di lasciarla andare. Smise di baciarla tenendola sempre stretta sui fianchi.
-Sam... - disse in un sussurro ma improvvisamente lei lo baciò, sorprendendolo all’inizio, ma poi lui prese il suo volto tra le mani baciandola appassionatamente sempre schiacciando il corpo di lei col peso del suo, facendola avanzare di alcuni passi, portandola con le spalle al muro.
Le sue mani scivolarono tra i suoi bellissimi capelli che afferrò gentilmente tirandole indietro la testa; iniziò a baciarle il collo scivolando con le labbra fino alla base di esso mentre le sue lunghe dita affusolate le facevano scivolare un verso l'alto i bordi del maglione. Il tessuto scivolò via velocemente, mostrando la camicia che la ragazza aveva indossato poco prima e rivelando una scollatura più ampia del petto che si muoveva visibilmente per via del respiro sempre più irregolare. Poi Sebastian passò lentamente la sua lingua dal collo fino alla clavicola che baciò e mordicchiò mentre le sue mani scivolavano sotto la sua camicia accarezzandole la pelle liscia.
Ma Sam sentiva di star compiendo qualcosa di profondamente sbagliato. Sollevò entrambe le mani portandole sul petto di lui, scivolando via dalla sua stretta e scostandosi da quel muro.
Sebastian sollevò lo sguardo meravigliato, cercando con gli occhi quelli di lei, tentando di capire la sua reazione, ma Sam restò ferma, non riusciva a non sentirsi mozzare il fiato davanti alla vista di lui in quello stato. I capelli scompigliati, gli occhi che sembravano più grandi e una vulnerabilità che lei non aveva mai visto prima.
- Io non so cosa sto combinando. - farfugliò la ragazza portandosi le mani tra i capelli.
- Non necessariamente bisogna meditare tanto dietro ogni azione. - sussurrò lui. -Spesso è bello lasciarsi andare, dimenticandosi per alcuni istanti quello che potrebbe dire il mondo intero. - scrollò le spalle.
-Perchè mi stai aiutando?- Chiese lei puntando lo sguardo negli occhi di lui.
-E' questo il problema Sam?! Hai paura che io stia qui solo per ottenere qualcosa da te?!- Scattò lui irritato.
Lei non rispose ma abbassò lo sguardo.
- No, guardami. - Disse lui senza preoccuparsi di coprire la rabbia. -Sono l'unica persona che può tenerti al sicuro. - Continuò muovendo alcuni passi verso di lei. -E ora basta, io non ce la faccio più. - Sussurrò cambiando del tutto tono di voce, sembrava esasperato.
-Sebastian io non ho mai... -
-Lo so.-
Sam non riuscì a iniziare la frase... Sebastian si strinse a lei baciandola e fece scivolare le dita tra i suoi capelli arruffati e poi sul suo viso, fino a scendere sul petto sentendo la ragazza tremare tra le sue braccia e sorrise.
Lambì, nuovamente, la bocca di lei con la punta della lingua, mentre affondava una mano tra i suoi capelli. Erano morbidi, gli piaceva il contatto con la sua pelle.
La tirò indietro, in modo da potersi sedere sul letto trascinandola così dietro e stringendo le sue gambe tra le ginocchia, mentre, con cautela, chiedeva tacitamente l'accesso alla sua bocca. Lei glielo concesse poco dopo.
Era agitata, non terrorizzata. Questo lo faceva in qualche modo sentire meglio. Non voleva spaventarla.
Quello che voleva era solo vivere appieno quel momento.
Incontrò la lingua di Sam e iniziarono a giocare lentamente, prendendosi tutto il tempo di cui necessitavano, per poi spostare la mano dai suoi capelli facendo scorrere le punte delle dita sul suo corpo, in una delicata carezza.
La sentì fremere quando le sfiorò il seno e irrigidirsi appena quando indietreggiò per farla sedere accanto a lui.
Era vulnerabile sotto il suo sguardo, pensò Sam quando la bocca di Sebastian si staccò dalla sua.
Poi il ragazzo la fece distendere posando le mani sul materasso, vicino ai suoi fianchi, e fece lo stesso con le gambe. Si avvicinò di nuovo per baciarla, e lentamente la fece scivolare sotto di sé.
Il fruscio delle lenzuola in quel momento risultò essere un suono delicatamente sensuale.
Sotto di lui, intrappolata tra le sue braccia, sottoposta al suo sguardo liquido... Sam tremava, mille sentimenti si agitavano dentro di lei, scuotendola interamente.
E continuavano a guardarsi.
Non avevano interrotto quel contatto da quando lui era entrato nella stanza, e Sam gliene fu grata. Non avrebbe sopportato di sentirsi anonima tra le sue braccia.
Sebastian scese con la bocca sulla sua, trovandola meravigliosamente morbida e socchiusa, pronta per accogliere nuovamente la sua lingua e giocare con essa, per poi fare forza sulle braccia per non pesare su di lei e quando la sentì più rilassata, fece scorrere una mano lungo il suo corpo.
Dal collo scese ai fianchi per poi arrivare alle gambe. Risalì lentamente sulla coscia sinistra della ragazza. Solitamente quello era il punto in cui qualcuno veniva a interrompere del tutto schifato o Sam si tirava indietro, ma quella volta non accadde. Le dita di Sebastian si mossero velocemente, cercando così il bottone dei suoi jeans, sbottonandolo con estrema lentezza e facendo lo stesso con la cerniera che abbassò rumorosamente verso il basso.
Quando sfilò via il tessuto si meravigliò della morbidezza della sua pelle, mentre con le dita percorreva le sue cosce. Dopo alcuni istanti fece risalire la stessa mano lungo il ventre di lei e strinse tra le dita i bordi della sua camicia, sollevandola verso l’alto, e lei istintivamente si tirò su per aiutarlo a spogliarla del tutto.
Gli piaceva la sua partecipazione. Era un buon segno, e non l'avrebbe fatto sentire un approfittatore.
Indugiò per alcuni istanti con lo sguardo sul suo seno avvolto ancora dal reggino, era coperta soltanto da esso e un paio di slip, nient’altro.
Era meravigliosa, pensò.
Sam però si vergognava come una ladra. Voltò il capo di lato, portandosi le braccia sul petto per coprirsi, imbarazzata all'inverosimile per l'insistente sguardo del ragazzo.
Sebastian sorrise e si chinò su di lei, sfiorandole il collo con le labbra.
- Tranquilla... - sussurrò lieve contro la sua pelle - ... andrà tutto bene. -
Depositò mille piccoli baci sul collo e la gola, scendendo lentamente sulla spalla, mentre le faceva spostare le mani dal petto.
Sam dapprima si rilassò per poi sussultare quando sentì una sua mano chiudersi a coppa sul seno, con gentilezza, senza fretta. Sebastian si stava comportando bene con lei, dovette ammetterlo.
Sospirò e cercò di rilassarsi il più possibile, imprimendosi a fuoco nella mente ogni singolo istante di quello che stava accadendo, senza perdersi in stupide congetture, era così immersa nei suoi pensieri che quasi non si era accorta delle labbra del ragazzo che erano scese sul suo seno.
Sebastian si stava controllando come poche volte in vita sua, quella sera, con lei.
Era fin troppo eccitato per essere solo all'inizio dei preliminari.
Sarebbero durati a lungo, lo sapeva già, del resto era normale, insomma per Sam doveva essere la prima volta e lui non poteva correre solo perché era eccitato.
Continuò a dedicare attenzioni al suo seno, mentre faceva scivolare una mano sui fianchi, fino all'elastico degli slip. Lo prese tra due dita e iniziò a farlo scendere con una lentezza esasperante, ma anche quella era una cosa da fare con molta, molta calma.
Infatti, Sam s’irrigidì quando sentì la stoffa che la copriva abbandonare il suo corpo, lasciandola così nuda sotto gli occhi del ragazzo, arrossendo un modo che nemmeno ricordava di aver mai visto, questo rendeva così singolare ai suoi occhi la ragazza.
Ma Sam non tentò di coprirsi ancora, sarebbe stato un inutile gesto infantile e Sebastian le riconobbe il merito di quell'azione, del non coprirsi ai suoi occhi, regalandole  un sorriso rassicurante al quale lei rispose con uno tirato dal nervosismo.
Lasciò scorrere così lo sguardo su di lui e notò poi che il ragazzo era completamente vestito. Evidentemente Sebastian aveva seguito il suo sguardo e sorrise di nuovo, guardandola.
Nonostante quel momento era stata sopraffatta da un senso di timidezza che raramente Sam aveva conosciuto, sentì di non poter star inerte e di provare a scrollarsi di dosso il nervosismo che  si era impossessato di lei.
- Che ne dici di spogliarmi?- chiese lui con voce bassa e carezzevole.
- Sì... - Sussurrò appena passando la punta della lingua delle proprie labbra.
Sam si mise seduta sul letto, di fronte a Sebastian. Stava lentamente perdendo il senso d’imbarazzo nel trovarsi quasi completamente nuda sotto il suo sguardo colmo di desiderio e allungò le mani verso i bottoni della camicia.
Sebastian si limitava ad accarezzarle i capelli, in un gesto talmente dolce da faticare a riconoscere come proprio, aspettando che la ragazza finisse il suo lavoro.
I primi bottoni furono slacciati con calma, poi però la tensione aveva giocato un brutto scherzo ad Sam, che aveva finito per far saltare gli ultimi due bottoni.
Sebastian rise, sinceramente divertito.
- Tranquilla. - disse aiutandola a sfilargli la camicia aperta. Sam osservò per alcuni istanti il torso nudo del ragazzo. La sua pelle era estremamente chiara, risaltavano visibilmente i marchi neri dei cacciatori e le cicatrici che lei aveva visto in passato.
Sollevò una mano con la quale percorse la sua pelle, disegnando con la punta del pollice la linea dei suoi addominali e avvicinandosi con il viso a esso, iniziando a stampare dei baci lungo il petto di lui, seguendo così una linea immaginaria sulla sua pelle calda, risalendo verso il collo.
Sebastian chinò la testa per raggiungere le sue labbra e si stese sul materasso accanto a lei.
La strinse forte a sé, baciandola con crescente passione, mentre le mani di Sam vagavano lungo il suo torace, raggiungendo così la sua cintura e, con l’aiuto dell’altra mano, l’aprì lentamente aiutandolo a liberarsi dei pantaloni, facendoli cadere ai piedi dei letto.
Sospirò, più rilassata per la sua gentilezza, ma ugualmente tesa per la situazione. Lo sentiva contro di sé, poteva chiaramente avvertire il suo desiderio.
Avvertendo la sua tensione, Sebastian si mise a sedere con la schiena appoggiata alla testata del letto e Sam stretta al suo petto. I capelli di lei gli solleticavano piacevolmente il collo, le piccole spalle della ragazza tremavano appena per quel contatto.
Respirò il suo profumo e si chinò a baciarle una spalla, stringendola a sé per la vita.
- Non è una cosa brutta, Sam.- sussurrò appena sulla sua pelle.
- Lo so.- rispose lei in un sussurro, probabilmente era la cosa che più desiderava in quel momento, ma era l’inesperienza a farla preoccupare, non l’essere lì con Sebastian.
Il ragazzo la stringeva, dandole modi di sentire il suo cuore battere veloce contro la sua schiena, facendo così distendere le labbra di Sam in un sorriso mentre le sue mani scendevano ad accarezzarle delicatamente il collo e le spalle, per arrivare al seno, sul quale si soffermarono, a coppa. Era un contatto molto intimo, poi le dita di Sebastian s’intrufolarono sotto la stoffa del reggiseno iniziando a stuzzicarle i capezzoli, mandandole piccoli brividi in tutto il corpo.
Si rilassò, appoggiando la testa sulla sua spalla, lasciando che una mano del biondo scivolasse sul fianco, sulla gamba, in una lenta carezza che risaliva lungo l'interno coscia, per arrivare poi alla sua femminilità. La toccò delicatamente in superficie, e poco dopo la ragazza fu scossa da un brivido.
Per una vergine era un passaggio fondamentale, affinché il corpo potesse prepararsi adeguatamente all'intrusione di qualcosa ben diverso dalla punta delle dita.
Quando vari mugolii raggiunsero le sue orecchie, facendo crescere a dismisura il suo desiderio, Sebastian smise di dedicarle attenzioni e poco dopo Sam si girò tra le sue braccia baciandolo con un trasporto che ormai non riusciva più a essere placato.
Sebastian la strinse a sé, giocando con la sua lingua, senza smettere di accarezzarle il seno morbido premuto contro il suo petto. Gli slip elasticizzati stavano diventando una fastidiosa costrizione.
 
Molti minuti dopo si staccarono, entrambi con il fiato corto e gli occhi liquidi di desiderio.
Riprese a baciarla, passando le mani ovunque sul suo corpo, poi la prese per i fianchi e facendole allargare le gambe la fece accomodare su di sé.
Le loro intimità erano a contatto, se non fosse stato per gli slip di lui, ma poco importava. Se la schiacciò addosso, avvertendo la morbidezza del seno, il calore del corpo contro al suo.
La desiderava, eccome se la desiderava! Stava perdendo il controllo.
Continuava a baciarla, cercava la sua lingua, la trovava, ci giocava e si ritraeva, lasciando che fosse lei a cercarla ora.
Strinse con forza i fianchi della ragazza, premendoli contro la sua eccitazione dolorosa, e solo quando Sam lo guardò in modo più che eloquente la fece scendere e accomodare supina sul letto e si liberò subito dell'intimo stendendosi su di lei, facendo sentire quanto bisogno aveva di porre fine a quella tortura.
Ma doveva stare attento, continuava a ripetersi. Era la sua prima volta, e per quanto pronta ed eccitata potesse essere, Sam era vergine.
Le aprì le gambe posizionandosi tra esse, più che pronto ad entrare in lei. Ma doveva aspettare.
Si era ripromesso di essere gentile con lei e trattarla con premura, far sì che lei lo desiderasse sempre, che potesse continuare a vederlo nel modo differente e non come lo vedevano gli altri.
Sam si sentiva pronta, ma un leggero tremolio scuoteva le sue mani, per poi chiudere gli occhi e lasciandosi andare un sospiro nervoso, prima di riaprirli e fissarli in quelli neri di lui. Sorrise appena, imbarazzata per la situazione, tesa per il momento, ma pronta ad affrontare quella cosa, non lo aveva mai desiderato qualcosa così tanto.
Sebastian sorrise di rimando, posò le mani sui suoi fianchi e iniziò a farsi lentamente avanti.
All'inizio, grazie alle premure del ragazzo, non sentì dolore, ma arrivò poco dopo, quando lo sentì spingersi più in profondità. I muscoli di tutto il corpo si tesero involontariamente, strizzò gli occhi e strinse le mani sui fianchi di Sebastian, rallentando il suo avanzare.
- Aspetta... - sussurrò, cercando di abituarsi.
Sospirò di nuovo. - Solo un momento... - disse guardandolo.
- Tutto il tempo che vuoi. - rispose lui, affannato per l'eccitazione esigente che combatteva contro la calma che s’imponeva di avere.
Sam si rilassò e riuscì a sciogliere i muscoli tesi. Allentò la stretta sui fianchi del biondo, che avanzò ancora in lei, lentamente, sicuro di procurarle comunque dolore data l'espressione contrita e corrucciata che aveva.
Sam sentiva un male cane, il pensiero di avere un ragazzo in mezzo alle gambe che entrava dentro di lei di certo non la aiutava a star meglio, affatto. Lo sentiva, Dio se lo sentiva! Avanzava piano, era cauto e delicato, sì, ma faceva male, dannatamente male! Chi l'aveva detto che il sesso era piacevole?
Certo non si aspettava orgasmi multipli alla prima volta, ma tutto quel dolore era insopportabile!
Sebastian si fermò, cercando di aiutarla ad abituarsi alla sua intrusione e la vide ringraziarlo con lo sguardo.
- Fa molto male?- chiese sinceramente preoccupato.
- Domanda di riserva?- replicò ironica lei.
- Non possiamo fermarci ora, Sam.- disse come se fosse un lamento - Non arrivati a questo punto. -
- Lo so.- rispose lei, sollevando una mano e portandola tra i capelli di lui che scostò con le dita dalla fronte. - Vai.-
Lui annuì e riprese a spingere, fin quando non incontrò l'intima barriera della sua verginità.
Si fermò, quasi indeciso sul da farsi. Samantha aveva sussultato quando l'aveva sentito toccarla con la punta, probabilmente quello era il momento peggiore.
Molte ragazze avevano l'imene abbastanza elastico e grazie a quello non sentivano troppo dolore la prima volta, ma lei sapeva che non poteva essere così fortunata.
- Lascia fare a me.- sussurrò Sebastian.
Si piegò su di lei, assuefatta alla sua dolorosa presenza dentro di lei, e la baciò a fior di labbra dopodiché  prese un bel respiro, si ritrasse appena e spinse, con decisione, rompendo con un colpo secco la sua barriera, entrando completamente in lei.
Sam gridò per il dolore che aveva provato. Era... non sapeva descriverlo. Era troppo... troppo. Insopportabile. Si era sentita spaccare in due, quasi perdeva la sensibilità in quel punto soggetto a quell'atroce tortura.
Conficcò le unghie nelle spalle di Sebastian, gemendo per il male che sentiva.
I loro fianchi si toccavano, era entrato completamente in lei, raggiungendo una profondità che, in futuro, le avrebbe fatto toccare il cielo con un dito.
Sebastian le baciò con cautela una guancia prima di ritrarsi, uscendo quasi interamente da lei, e rientrare. Dio, era costretto ad andare a un ritmo che nessun uomo poteva mai sopportare senza impazzire. Ma lui non sarebbe impazzito, avrebbe continuato ad essere gentile con lei.
Inaspettatamente Sam gli circondò le spalle con le braccia, nascondendo il viso nell'incavo del collo. Tremava e si tendeva ogni volta che lui si muoveva, ogni volta che usciva per poi rientrare, ma resistette coraggiosamente al dolore, senza neanche più emettere un gemito.
Sospirava, stretta tra le sue braccia, con le gambe allacciate ai suoi fianchi.
Molti minuti dopo il ritmo tra i loro bacini si era armonizzato, Sam aveva preso ad assecondare le sue spinte quasi senza accorgersene. Peccato che fosse ben lontana da sentire il piacere di cui tutti parlavano. Il dolore si era affievolito, Sebastian adesso si muoveva liscio dentro di lei, più veloce di prima, incitato anche dall'armonia con il corpo di Sam.
Sapeva che sarebbe stato meglio fermarsi, non continuare fino alla fine, perché lei il piacere non lo sentiva. Ma non riusciva. L'aveva desiderata per tanto tempo, e ora che finalmente era riuscito ad averla... no, non poteva smettere.
La strinse forte a sé, aumentando il ritmo delle spinte, fino a dare dei colpi forti e quasi bruschi, finendo per liberarsi in lei. Trattenne il gemito di sollievo e piacere che premeva per uscire dalle sue labbra, non sarebbe stato carino.
Tenne Sam stretta a sé prima di allontanarsi da lei e sdraiarsi al suo fianco, tenendole un braccio di traverso sul ventre.
La ragazza era immobile, muta come se fosse stata privata dell'uso della voce, e guardava il soffitto del baldacchino senza realmente vederlo. Aveva lo sguardo vacuo, perso, velato di un sentimento strano che si era impossessato di lei.
Vedendo che non reagiva in alcun modo, Sebastian si sedette e fissò gli occhi sul suo volto. Solo un paio di minuti dopo Sam rispose a quello sguardo su di sé.
- Stai bene?- chiese il ragazzo, realmente preoccupato, temendo di averla in qualche modo traumatizzata.
- Sì.- rispose lei con voce bassa ma perfettamente udibile.
Si sentiva... strana, diversa.
Come se la nebbia fosse entrata in lei, penetrando sotto la sua pelle, diffondendosi nel suo corpo in mille piccoli brividi. Non aveva mai provato una sensazione simile, era tutto così nuovo per lei...
Le si velarono gli occhi di lacrime senza volerlo.
All'improvviso si alzò di scatto, mettendosi seduta, mordendosi le labbra per non gemere a causa del dolore che provava.
Si passò una mano tra i capelli, respirando lentamente per alcuni istanti ma qualcosa attirò la sua attenzione. Sangue. Una macchia di sangue. Proprio lì, sul lenzuolo, in mezzo alle sue gambe.
 La sua innocenza. La sua ingenuità. La sua verginità.
 Erano tutte lì in quella macchia di sangue rosso acceso.
Rabbrividì, ma non riuscì a muoversi.
- È normale. - disse Sebastian per rassicurarla - Succede a tutte, la prima volta. -
Sam alzò lo sguardo sul suo e annuì lentamente, per poi sporgersi nella sua direzione accarezzando le labbra di lui con le proprie.
-Non mi aspetto commenti da fuochi d’artificio. - disse lui divertito percorrendo la guancia di lei con la punta delle dita. –So che per le ragazze è un po’ un trauma la prima volta. -
Sam non riuscì a trattenere un sorriso, chinandosi lievemente in modo da nascondere il viso nell’incavo del suo collo. –E’ stato proprio come me lo immaginavo. -
-Quindi non devo finanziarti sedute dallo psicologo fino alla vecchiaia?- sussurrò Sebastian facendo sfregare le labbra contro la sua guancia.
-No, ma con quei soldi puoi comprarmi un pony. - rispose lei.
-Vedrò cosa posso fare. -
Risero insieme, scambiandosi innumerevoli baci per poi stendersi di nuovo sul materasso e Sebastian cercò il lenzuolo, coprendo entrambi con esso. Il biondo ci mise poco ad addormentarsi. Per lui non era stato altro che un amplesso semplice, Sam invece rimase sveglia a lungo, le emozioni della giornata e i continui pensieri continuavano ad offuscarle la mente, ogni qualvolta tentava di addormentarsi le ricomparivano gli occhi di Sebastian o le sue dita lungo il suo corpo, facendola fremere. Era amore quello che provava per lui?













NOTE D’AUTRICE 

Ciao… *Si nasconde dietro una porta blindata temendo di ricevere uova e pomodori in faccia*
Questo capitolo è stato un parto, mamma mia… Vi giuro, sono terrorizzata dall'idea che non possa piacervi c.c Ho un po' rischiato, ne sono consapevole.
BTW ci sono alcune note che voglio fare, lo so che alla fine Sam sembrava un pezzo di legno terrorizzata, ma ho pensato di essere reale, ce non tutti sono come la cara Anastasia Steele, donna che alla prima volta riesce ad avere 2345 orgasmi di seguito senza provare nemmeno dolore…. Ce! Quindi boh, spero che vi piaccia e che non mi gettiate una secchio di pomodori in faccia.

 

POOOI, pensavo di cambiare banner, quale mi consigliate tra questi?

1)

2)



Fatemi sapere, un bacioo <3.





Credits
: Per la barra prima delle note a : yingsu

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14. ***


ss






» Capitolo 14
                                 
«È questo il problema del dolore, esige di essere sentito.» 





U
n rumore di passi riempiva il freddo corridoio di pietra. Era udibile lo scricchiolio dell’acqua che scorreva in copiose gocce in lontananza, come se stesse piovendo.

Ma a lui quel rumore non importava, era abituato ad udirlo e ormai non ci faceva più caso.
Al rumore dei suoi passi se ne aggiunsero altri e poi una voce impaurita rimbombò tra le mura. – Signore siamo pronti. -
Inarcò le labbra in un sorriso, lui odiava quel posto e una volta ottenuta la ragazza avrebbe regnato su ogni cosa. Lui avrebbe vinto, così com’era destinato a essere.
- Bene, almeno in alcune cose non siete così incompetenti come potrebbe sembrare. – Commentò mentre il rumore di passi si affievoliva in lontananza.





Forse infondo non ci aveva mai creduto nessuno, sembrava troppo bello per essere vero, eppure quella volta Jace era davvero convinto che tutto fosse finito. Era sicuro che finalmente l’idea che Sebastian fosse a covare in qualche posto il suo oscuro piano, non avesse più attraversato la sua mente. Eppure. Eppure quell’essere, perché cosi doveva definirlo, era riuscito a farla franca nuovamente. Ma c’era una cosa che Jace non riusciva a spiegarsi, un pezzo di un puzzle che galleggiava nella sua mente nell’attesa di essere messo al suo posto, come aveva fatto?
Dal messaggio che avevano ricevuto dal conclave si diceva che nella sua cella non c’era nessuna forma di forzatura, come se fosse svanito nel nulla.
-Jocelyn, si dice che insieme lo stesso giorno sia evasa anche una ragazza, una mondana rinchiusa qualche cella più in là.- La voce ferma di Magnus attirò l’attenzione di Jace che smise di giocare con la sua stregaluce portando lo sguardo sul viso dello stregone.
-Perché avevano arrestato una mondana? E perché tenerla ad Alicante?- Chiese il cacciatore ritrovandosi con lo sguardo addosso degli altri presenti.
-Non ne ho idea. - rispose sinceramente Magnus poggiando le mani sul legno del tavolo.
Jocelyn si strinse le braccia al petto. –Penso che sia la ragazza, Magnus.-
- La ragazza?- Intervenne Isabelle che fino a quel momento era stata intenda a giocare con una delle sue trecce mentre con lo sguardo osservava il profilo delle case fuori dalla finestra.
-Non ditemi che stiamo parlando di quella. - sbuffò Jace.
-Sam?- Chiesero Simon e Alec all’unisono.
-Solo io non ho idea di cosa parlano?- Chiese a sua volta Isabelle, girando il viso verso Jace, ma dal suo sguardo non riuscì a intercettare nessun tipo di emozione.
-Zitti. - esclamò Magnus facendo calare il silenzio nella stanza. –Jocelyn dobbiamo trovarlo o sia per noi che per lei, sarà la fine.



Quando Sam riaprì gli occhi, la stanza era inondata di luce, nonostante l’assenza di finestre, le lampade artificiali riuscivano ad adempiere quella mancanza. Il posto accanto al suo era vuoto, ma dal materasso schiacciato e le lenzuola stropicciate si capiva che in quel punto aveva dormito qualcuno, ma ora quel qualcuno non c’era più.
Dopo alcuni minuti decise di alzarsi dal letto e con passo pesante si ritrovò nel bagno, aprendo l’acqua calda per poi infilarsi nella cabina. Doveva prendersi un secondo per elaborare quello che era accaduto la sera precedente o rimandare per alcuni istanti il rimuginare?
Al sol pensiero arrossì, lasciando che l’acqua le ricadesse sulla guancia smorzando il calore formatosi sulla sua pelle.
Non lo aveva mai immaginato il quel modo, non aveva mai pensato di vedere un Sebastian così, eppure in quel momento era stato tutto perfetto, ma per quanto lei potesse fare chiarezza su quello che provasse non aveva idea di cosa potesse sentire invece Sebastian. Era così schivo su se stesso e forse Sam avrebbe dovuto pensarci di più invece di lasciarsi trasportare dall’impeto della situazione…Chiuse bruscamente l’acqua, basta, quel che era fatto era fatto, non poteva tornare indietro e poi… Lei non se ne pentiva per niente.
Uscì dalla stanza dopo aver indossato un paio di jeans stretti e una maglia larga con una fantasia a righe, avviandosi in direzione della cucina. La casa sembrava deserta, non c’era nessuna traccia né di Sebastian né di Shauna. Al quel pensiero una sgradevole sensazione le si formò alla bocca dello stomaco.
-Oh, chi ci fa l’onore di unirsi a noi. - La voce di Shauna riempì la stanza. Era intenta a sbattere qualcosa in una ciotola, il suo corpo era nascosto dietro l’isola della cucina e i capelli biondi erano raccolti in una coda. Era bellissima.
-Buongiorno. - Disse Sam sentendo la sua voce inaspettatamente bassa.
-Dormito bene?- Chiese l’altra sfoggiando un sorriso che di sincero aveva ben poco.
-Una meraviglia. -
Shauna le lanciò un ultimo sguardo per poi chinare nuovamente la testa, dedicandosi alle sue uova.
-Shauna.-
-Sì?- Chiese lei senza guardarla.
-Hai visto Sebastian?- Chiese Sam timidamente. –
Shauna alzò velocemente lo sguardo su di lei, lanciandole uno sguardo velenoso, annuendo appena. - E’ nel suo studio, non penso voglia essere disturbato, quando entra lì dentro è come se non ci fosse. -
Sam la osservò per alcuni istanti, lasciando ricadere le mani all’interno delle tasche dei jeans. Farò un tentativo allora. - Rispose voltandosi appena.
-Sam, ti ho detto che non puoi andare. - Le ordinò Shauna.
La ragazza si bloccò di scatto, girando appena il viso, mostrandole il proprio profilo. –E cosa ti fa anche solo pensare che io ti dia ascolto?-.




Aveva allungato il pugno della mano almeno tre volte in direzione della porta di legno, prima di ritirarlo indietro, qualcosa la bloccava, non riusciva ad avere il coraggio di bussare ad una stupida porta. Aveva paura. Paura che ogni cosa avesse una determinata importanza solo per lei e che lui l’avrebbe liquidata in maniera rude, ferendola. La paura di soffrire era radicata in profondità.
Quando ormai era sul punto di voltarsi la porta si aprì.
Non appena gli occhi neri di lui si posarono sorpresi in quelli nocciola di lei, Sam umettò le labbra che erano diventate terribilmente secche.
-Cosa ci fai qui?- Fu quello che disse Sebastian, niente di più, niente di meno.
- Io…- Sussurrò appena la ragazza, lui aveva il potere di intimidirla. – Ti cercavo. -
Sebastian annuì lentamente per poi scostarsi dalla porta in modo da darle lo spazio giusto per entrare. –Prego. -
Sam entrò nella stanza Lo studio era stranamente ordinato, la ragazza ricordava ancora il casino della camera di Sebastian, le pareti erano spoglie se non per una pianta sistemata in un angolo, alcuni quadri e una libreria. Ogni mobile era laccato di nero, una grande scrivania prendeva quasi tutto lo spazio, mentre due poltrone di pelle erano poste ad entrambe le sue estremità.
Sebastian si chiuse la porta alle spalle, sollevando poi lo sguardo verso la ragazza restando in attesa che lei parlasse.
Sam deglutì appena, non aveva preparato un qualcosa da dire, infondo non si aspettava di vedere un Sebastian così freddo, non dopo che…
-Allora? Sam guarda che non ti mangio, puoi anche parlare. - Disse lui distraendola dai suoi pensieri.
- Ecco, forse dovremmo parlare di…- Odiava se stessa per comparire così insicura, non riusciva nemmeno a formulare una frase di senso compiuto, ma era estremamente in imbarazzo e Sebastian non faceva molto per farla sentire al suo agio.
Il ragazzo inclinò il viso, annuendo appena. –Capisco… Siediti là.- Le indicò una delle due poltrone e Sam automaticamente obbedì.
Sebastian le si piazzò di fronte, accovacciandosi sulle ginocchia, davanti a lei, in modo da avere il viso, e gli occhi, alla sua stessa altezza. –Ho perso il controllo ieri sera e, per quanto suoni strano detto da me, ma… mi dispiace. -
Il cuore di Sam perse un battito. –Sei pentito. - disse in un sussurro.
Lui non rispose.
-Sei pentito.- Ripeté lei inumidendosi appena le labbra. –Era una cosa importante per me, io ero…vergine.- Si passò nervosamente una mano tra i capelli. –Sono stata così stupida. - disse infine avvertendo le lacrime pungerle gli occhi.
-Non piangere. - Sebastian sollevò una mano che portò sulla sua guancia, raccogliendo con le dita le sue lacrime. –Io non sono pentito. - disse con una velata dolcezza. –Io non voglio mentirti, ma ci sono cose che dovresti sapere. - sussurrò lui.
Sam irrigidì i muscoli del viso, guardandolo. - Cosa?-
Lui si chinò appena stampandole un bacio a fior di labbra. – Ecco Sam…-
Un urlo di dolore squarciò l’aria. Shauna.
Sebastian scattò in piedi, afferrando velocemente da sopra la scrivania uno dei pugnali d’osso che Sam sapeva appartenere alle spade angeliche. Il suo sguardo era cupo. Cosa stava accadendo?
-Sam resta qui, nasconditi. - le ordinò lui, precipitandosi poi fuori dalla porta.
Lei osservò la porta per alcuni istanti, si sentivano altri urli, e Sam sapeva che a gridare era Shauna. Un brivido di terrore le attraversò la pelle, ma poi ci fu il silenzio.
Tre secondi di silenzio e poi un altro urlo. Questa volta non era stata Shauna…
-Sebastian.- Sam scattò in piedi, afferrando uno sei pugnali da sopra la scrivania di legno e senza pensarci più del dovuto era già fuori, attraversando di corsa il lungo corridoio con il cuore in gola e il panico nello stomaco.
La scena che si trovò davanti era l’ultima che la sua mente aveva immaginato. Sia Sebastian sia Shauna erano accasciati sul pavimento, del sangue usciva dal collo del cacciatore e Sam corse di slancio nella sua direzione.  Tastò velocemente il suo polso, riprendendo a respirare solo quando avvertì il suo battito regolare sotto le dita. –Sebastian… Sebastian ti prego svegliati. - Disse in un sussurro passando le dita tra i capelli chiari di lui.
Ma chi poteva essere stato? Chi sarebbe stato capace di mettere fuorigioco il Cacciatore più temuto?
Chi?
-Ora non farai nessun movimento e verrai con me.- Una voce fredda parlò alle sue spalle, mentre un coltello affilato le si strinse contro la gola. –Oppure questi due faranno una bruttissima fine ed io posso, non ne hai idea, lo sappiamo tutti che lui è il più forte degli Shadowhunter, ma sai ragazzina, io lo sono ancora di più, perchè io sono l'incubo di ogni singola persona e fidati, anche il tuo. Quindi ora da brava ti alzi e vieni con me.-





Era passato solo un instante, un secondo prima erano nella cucina della casa di Sebastian e ora si ritrovavano in una specie di cella. Le pareti erano di pietra, nell'aria era possibile sentire l'odore di muffa e una forte umidità depositarsi ovunque, rendendo scivoloso ogni angolo che non fosse pavimentato o murato.
Sam si voltò di scatto e sgranò gli occhi nel vedere chi c'era dietro di lei. Matt.
Non le diede il tempo di dire mezza parola che uno schiaffo l'aveva già colpita in viso, facendole perdere l'equilibrio. La ragazza si portò automaticamente una mano sulla zona arrossata, non riuscendo a formulare nemmeno un commento davanti allo shock di ritrovarsi davanti a lui.
Matt estrasse uno strano oggetto dalla cintura sollevando dopo un paio di minuti e le si avvicinò, fissandola con odio. Lei ansimava alla ricerca di aria, ai suoi piedi.
Senza neanche pensarci lui si piegò e la afferrò per un braccio, facendola alzare da terra con un gesto brusco. Lei gemette di dolore, e lui la strattonò ancora più forte.
- Lasciami!- gridò Sam, cercando di divincolarsi. - Cosa diavolo stai facendo, Matt!-
- Non ti lascerò. - tuonò lui in risposta ridendo.
Iniziò a camminare lungo il corridoio, trascinandosela dietro a forza. Fece fatica, perché nonostante fosse debole, lei faceva resistenza e cercava in tutti i modi di liberarsi dalla sua presa.
Una volta raggiunta una stanza, dalla quale era possibile intravedere il suo interno cupo, illuminato di poco solo da alcune candele, Matt aprì la porta e spinse la ragazza davanti a sé, facendole quasi perdere l’equilibrio.
Sbatté la porta alle sue spalle e la chiuse con lo strano oggetto, prima di voltarsi verso di lei.
Sam stava cercando una via di fuga, ma non ce n’erano.
- Finalmente ci siamo ritrovati- disse Matt allungando un braccio per afferrarla.
- Lasciami andare!- rispose lei strattonandolo, liberandosi così dalla sua presa.
Mossa sbagliata.
L'uomo strinse spasmodicamente la mano destra sullo strano oggetto a forma di penna, respirando a fatica, con le guance rosse. Appariva arrabbiato.
- Questo farà male. - Commentò per poi puntare con forza l'estremità dell'aggeggio contro la pelle di Sam che cadde a terra, gridando di dolore e contorcendosi contro la sua volontà. Matt non accennava a toglierlo dalla sua pelle, e lei sentiva le ossa dolere e piegarsi, scricchiolare sotto l’effetto di un calore che non aveva mai provato prima.
- Non avresti dovuto farlo!- le urlò contro il ragazzo, interrompendo il contatto.
Sam era senza fiato, aveva gli occhi chiusi e la bocca, secca, aperta alla ricerca d’aria. Il petto si alzava e abbassava velocemente, e non riusciva ad alzarsi dal tappeto sul quale era stesa.
Non sapeva descrivere a parole quello che provava.
Aprì gli occhi e li fissò in quelli verdi di Matt, che la sovrastava con un’aura nera alle spalle.
- Non ho idea di cosa tu stia parlando. - mormorò, riuscendo a mettersi seduta dopo qualche prova.
Vide le labbra del ragazzo assottigliarsi pericolosamente come il suo sguardo. Cercò di alzarsi, e ci riuscì, nonostante le dolessero le ossa e faticasse a reggersi in piedi.
- Mi fai schifo. - disse, con tutto il disprezzo che provava per lui in quel momento.
Uno schiaffo colpì violentemente la sua guancia sinistra. Non cadde a terra solo perché si appoggiò a un mobile poco dietro di lei.
Guardò Matt avvicinarsi. Aveva gli occhi lucidi. Non poteva credere a quello che stava succedendo...
Il ragazzo la afferrò per le spalle e la scosse con vigore - Ora farai la fine a cui eri destinata dall'inizio. - le disse con un sorriso amaro.
- No, smettila!- protestò lei, scuotendosi per sciogliere quella forte presa - Lasciami!-
- Mai!- tuonò Matt. - Non puoi andartene!-
Sam allungò le mani per colpirlo, graffiarlo, lasciandogli quattro righe rosse sulla guancia sinistra e due sul lato destro del collo cosicché Matt la spinse indietro e lei sbatté i fianchi contro lo spigolo del mobile al quale si era appoggiata prima. Cercò di dargli un calcio, ma senza riuscirci.
Matt la insultava, le diceva che no, non poteva andarsene, lui non gliel’avrebbe permesso.
Quando riuscì a spingerlo lontano per muovere qualche passo lontano da lui, Matt allungò un braccio e la afferrò per i capelli, tirando con forza.
Sam gridò di dolore e venne spinta a terra. Il ragazzo si chinò su di lei, colpendole il viso con uno schiaffo. E poi un altro, un altro, e un altro ancora.
Continuava a dire che non poteva, che non le avrebbe permesso di scappare mai più, che sarebbe rimasta lì dentro non vendendo più nemmeno un’alba, e lei gridava di smetterla, cercando di proteggersi il più possibile.
Non poteva credere, non voleva credere a quello che stava succedendo. Matt non la stava picchiando, non la teneva immobilizzata sotto di sé, non aveva ferito Sebastian e minacciata portandola lì. Era tutto così irreale.
Con un gesto rude afferrò entrambe i bordi della sua maglia tra le dita e la strappò.
- No!- gridò lei, voltandosi su un fianco, mentre il tappeto si riempiva delle tante piccole gocce di sangue che le colavano dal naso e dalle labbra.
Ma lui la prese per le spalle e la tenne ferma a terra. Si chinò sul suo viso, fissandola truce.
- Non ti permetterò di farmi fallire. -
La scosse di nuovo. Tenerla ferma si stava rivelando difficile, perché lei si muoveva come se fosse stata morsa da una tarantola.
Piangeva, gridava che le faceva male, lo supplicava di smetterla, ma lui sembrava essere sordo ai suoi richiami.
La colpì di nuovo al viso, poi si alzò e, senza attendere, le scagliò di nuovo contro il suo strano stilo, trafiggendole la pelle.
Lei non oppose resistenza, non aveva più le forze per farlo.













NOTE D’AUTRICE 
Capitolo molto più breve dei precedenti, lo so, ma ultimamente sono sempre stanchissima.  Riesco a riposare massimo due ore per notte, quindi se notate delle vere e proprie sbandate e omicidi verso l’italiano, ditemelo perché i miei occhietti stanchi potrebbero aver preso un abbaglio.
Detto questo, grazie per essere ancora qui e per darmi il vostro sostegno, siete fantastiche.
<3







Credits
: Per la barra prima delle note a : yingsu

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Capitolo 15
*** AVVISO. ***


Salve a tutti! Lo so che pensate che questa storia si sia arenata MA NON E' ASSOLUTAMENTE COSI'.
L'unico motivo per cui non ho più potuto aggiornare è la scuola. Quest'anno avrò gli esami di maturità, quindi sto cercando di impegnarmi in modo da liberarmene facilmente. 
Quando tutto questo... Strazio (?) sarà finito, tornerò fresca e tosta come prima! Non lascerei mai la mia adorata storia appesa, non dopo tutti i segreti che ci sono da svelare. 
Beh, diciamo che se fosse una saga, questa sarebbe la parte in cui l'autrice crudele decide di terminare il primo libro, io invece ( per colpe non mie) lo metto momentaneamente in pausa!
Spero che al mio ritorno sarete qui per ascoltare cosa ne sarà si Sam e dell'odiato/amato Sebastian.
Un bacio enorme a tutte, davvero.
S.

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Capitolo 16
*** Capitolo 15. ***








» Capitolo 15
                                 
«Tutto il sangue che ho versato per te, affoga l'amore che credevo di conoscere.» 





P
er quanto tentasse di aprire gli occhi, non ci riusciva. Anche quel gesto così intuitivo gli appariva come uno sforzo enorme. In bocca aveva il sapore metallico del sangue e una fitta di dolore gli attraversava la schiena. Cos’era successo?
A fatica Sebastian si sollevò aggrappandosi con forza al bordo del tavolo di legno, il suo sguardo vagò all’interno della stanza, sembrava un campo di battaglia, c’era del sangue ovunque. Anche sui suoi vestiti.
Ma chi avrebbe avuto quella forza per poter disarmare perfino lui? La testa gli faceva male e quando il suo sguardo individuò il corpo immobile di Shauna, mosse alcuni passi verso la ragazza portando due dita nell’incavo del collo. Il battito era debole ma regolare, era solo svenuta.
Un leggero senso di sollievo alleggerì il suo stomaco, ma poco dopo fu come se un mattone gli si piombasse di nuovo.
Sam.
Scattò con tutta la forza che aveva nel corpo e raggiunse velocemente lo studio, l’ultimo punto dove aveva lasciato la ragazza, e aprì la porta sperando con ogni cellula del suo corpo di trovarla lì.
Ma la stanza era vuota, non c’era nessuna traccia di lei, ogni oggetto era come lo aveva lasciato. Imprecò sotto voce, uscendo così da quella stanza e cercando così in un'altra, e poi un’altra ancora, e ancora, ancora. Lei non c’era, sperava di intravedere da qualche parte la sua chioma scura, però quella casa sembrava più deserta di quanto non lo fosse mai stato.
-E’ stato lui, l’ha portata con se.-
Sebastian si voltò, portando lo sguardo sul viso contuso di Shauna. La ragazza si reggeva a fatica contro lo stipite della porta, mentre con una mano premeva con forza contro il proprio fianco.
-Come fai a saperlo?- sibilò a denti stretti Sebastian.
-L’ho sentito. – Rispose lei.
-Eri cosciente e non hai fatto nulla?- scattò Sebastian.
-Cosa avrei potuto fare? Mi avrebbe uccisa!- esclamò la ragazza sulla difensiva.
-Sei una codarda. - rispose gelido lui.
-Meglio codarda ma viva, che coraggiosa e morta. - Ribatté Shauna.- E poi, per lei non lo avrei mai fatto. -
Sebastian restò in silenzio per alcuni instanti, per poi sollevare lo sguardo, puntando i suoi occhi in quelli di Shauna. –Niente di personale, ma in questo momento ti consiglierei di pesare bene le parole. -
-Ma cosa sei diventato. – Quasi urlò lei. –Nemmeno ti riconosco. -
Lui rise. – Non pensavo che potessi degenerare dall’essere un mostro. -
-E’ questo il punto, con lei non lo sei. -
Lui tenne lo sguardo su di lei per alcuni istanti, stringendo con forza le dita contro il pugnale d’osso appeso lungo la cintura.
La ragazza seguì i suoi movimenti e deglutì appena. –Vuoi uccidermi per aver ferito il tuo orgoglio da cattivone?-.
Sebastian scrollò le spalle. –In realtà se fossimo in altre circostanze, questo sarebbe il momento in cui io ti taglio la lingua. - fece una pausa sciogliendo la presa dal pugnale. –Ma visto che mi servi, rimandiamo questa piacevole prassi a più tardi.-





Magnus stava fissando la sua tazza, per quanto ci avesse provato non riusciva a localizzare quella maledetta ragazza. Era turbato. C’era qualcosa nell’aria, qualcosa di sbagliato.. qualcosa che non sapeva definire.
-Ehi.- La voce di Alec lo distolse dai suoi pensieri, costringendo a sollevare lo sguardo verso il viso del cacciatore.
- Ehi.- rispose a sua volta accennando un sorriso.
-Cosa ti preoccupa?- Gli chiese Alec, portando una mano sulle sue.
-Non riesco ad individuare Sam… è come se fosse.. –Le parole gli morirono in gola.
-Morta?- La voce di Jocelyn fece girare entrambi.
Magnus annuì lentamente.
-Non è possibile.- La donna si portò entrambe le mani sul viso. –Vuol dire che lui…-
-Non so come abbia fatto a trovarla…-Sussurrò Magnus.- ..Ma non avverto più la sua presenza vitale.-
-Sai cosa significa se lei è morta?- Scattò nervosamente Jocelyn, stringendo con forza i pugni intorno al tavolo.
-No, dimmelo tu, cosa significa?-
Tutti i presenti si voltarono in direzione della voce.
Quando gli occhi di Jocelyn incrociarono quelli scuri del ragazzo comparso nel mezzo della stanza, il suo cuore quasi perse un battito.  Sebastian.
-Tu cosa ci fai qui?!- Esclamò Alec stringendo con forza le dita contro un delle spade angeliche.
Lo sguardo Jace si era incupito. –A quanto pare ripetere tante volte la cosa che più si desidera, funziona. Stavo proprio dicendo a me stesso “ fare a pezzi il bastardo”. –
-Jonathan.-  Sussurrò Jocelyn.
-Non osare chiamarmi così.- Scattò Sebastian, per poi ricomporsi, scrutando con lo sguardo i presenti. – Vedo che ci siete tutti.. oh, manca Clary, strano Jace è qui quindi non sono dietro un albero ad appartarsi.-
-Non osare nemmeno nominarla.- Scattò il cacciatore.
- Non sono qui per combattervi.- Disse pigramente l’altro. –Prendetela come una piccola tregua.- aggiunse poi Sebastian, girandosi con il busto verso Magnus. –Qualcuno ha preso Sam, devi trovarla.-
-Non posso, l’ho già detto è come se fosse evaporata nel nulla. –rispose lo stregone.
-Ma come, il super demone ha bisogno del nostro aiuto per ritrovare Cenerentola.- commentò Jace.
-Guarda, di te farei volentieri a meno, preferirei che te ne stessi da qualche parte a fissarti nello specchio e a ripetere a te stesso quanto siano dannose le doppie punte.- Commentò Sebastian riportando lo sguardo su Magnus. –Credi sia..- indugiò alcuni istanti. -..morta?-
-Perché dovrebbe aiutarti? Noi ti vogliamo morto!- Intervenne Jace per l’ennesima volta.
-Ascoltami, fratello, oggi è stata una giornata pesante, se non vuoi che perda la calma e ti strappi il cuore con le mie stesse mani, per poi impacchettarlo e recapitarlo a Clary per il prossimo San Valentino, vattene nel tuo angolino e fammi il piacere di startene zitto.-
Jace fulminò con lo sguardo Sebastian e scattò in avanti tentando di colpire l’altro, ma qualcosa gli impedì di muoversi. Una mano era stretta lungo il suo braccio e lo tratteneva. Clary.
-Ma cosa stai facendo…- Disse lui sorpreso cercando gli occhi verdi lei.
- Ascoltiamolo. – Disse la ragazza con voce ferma, facendo poi un cenno verso il fratello.
-Ti ringrazio sorellina.- Commentò Sebastian, per poi tornare ad ignorare tutti, portando la sua attenzione sullo stregone. –Cosa sai che io non so?- chiese senza perdere la sfumatura minacciosa del suo tono di voce.
- Penso di sapere chi l’ha presa.- Rispose Magnus.
-Come fai a saperlo?-
- Lo sa perché è da lui che la proteggiamo da sempre. –Intervenne Jocelyn.
-Cosa ne sai tu?- Disse quasi con disgusto.
La donna si scambiò uno sguardo con Magnus e dopo che lui ebbe annuito parlò. – C’è un essere, un essere del quale non ci sono precedenti che le da la caccia da prima che nascesse.-
-Un uomo è riuscito a scovare la mia casa e l’ha portata via, è riuscito a sconfiggermi senza un minimo sforzo.- disse a denti stretti Sebastian.
- E’ lui Magnus? - Disse allarmata Jocelyn.
- Non ne ho idea, ma quello che so è che nessuno è più forte di tuo figlio. –Rispose lo stregone.
-Appunto.- Aggiunse il ragazzo.
- Sai descrivermelo?- disse poi Magnus.
Sebastian scosse la testa. –Non proprio.-
-Si chiama Matthew, era entrato da un po’ nel mio branco, come infiltrato suppongo, ma per anni aveva vissuto con Samantha restando sotto sembianze di un cane.-  Intervenne una voce femminile.
-E lei chi è?- Commentò velocemente Simon.
-Sono Shauna.- Rispose la ragazza.
-Non pensavo che Sebastian avesse delle amiche.- Ribatté il vampiro.
-Infatti non ne ha.- concluse Shauna avvicinandosi al tavolo.
- Matt?- Chiese allarmato Magnus.- Sono stato io ad aiutarlo con un incantesimo per poter sembrare un cane agli occhi umani e tenere sotto controllo la ragazza. Mi ha ingannato.-
-Ha ingannato tutti.- Disse velocemente Shauna.
-Che cos’è esattamente, un licantropo?- Chiese Sebastian. –Non ne ho mai incontrati di così forti.
-Non esattamente.- sussurrò Jocelyn. –E’ un ibrido.-
Tutti gli sguardi si puntarono sul volto della donna. – In realtà non so nemmeno se ibrido sia la definizione giusta. Lui non è solo un licantropo ma nel suo DNA ha i geni di ben cinque razze differenti. –
-E’ come un mostro di Frankenstein dei giorni nostri?- Commentò Simon.
-Più o meno.- Sospirò la donna. –E’ un lupo ma anche un vampiro. Ma non finisce qui, il suo sangue è sia angelico che demoniaco e può utilizzare la magia.-
-Non capisco.- Sussurrò Alec. –I cacciatori che sono infetti dalla licantropia perdono il loro lato angelico, guarda Luke…-
-Non per lui, è protetto da un sortilegio, ma le streghe per ridurne la forza ne hanno vincolato la grandezza ad una prassi. Più uccide e più diventa forte. – Concluse la donna, mordendosi l’interno della guancia.
-Come fai a sapere tutte queste cose?- Chiese Sebastian a voce bassa stringendo gli occhi.
- Fratello Zachariah, sono stata io a consigliargli di rivolgersi a Magnus Bane per la protezione della bambina, anni fa. –
-Perché ha preso Sam, cosa vuole da lei?-
-Ucciderla.- sussurrò Jocelyn. –Se la uccidesse potrebbe incorporare tutto il potere della ragazza, e a quel punto, per noi tutti sarebbe la fine.-
- Cos’è esattamente lei?- Sibilò Sebastian.
-Ho giurato di portarmi questo segreto nella tomba. –
-Parla se non vuoi finirci al più presto in una tomba.-
-Basta!- Esclamò Clary frapponendosi tra il fratello e la madre. –Hai detto che vuoi una tregua, bene venendo qui a minacciare tutti non otterrai un granché. Nessuno vuole che questo essere diventi più forte, quindi abbiamo un obbiettivo comune.-
- Va bene, io voglio solo la ragazza, dell’ibrido potete farne quel che volete. – Disse Sebastian gelido.
-Perché ti interessa tanto?- Chiese sinceramente curioso Simon.
Sebastian girò la testa, in modo da portare gli occhi sul viso del vampiro, che non appena incrociò lo sguardo del cacciatore si pentì di aver aperto bocca.
-Non mi interessa niente di voi, quando questa cosa sarà finita vi distruggerò in un battito di ciglia. –
- Tu si che sai creare un rapporto basato sulla fiducia. – Borbottò Simon.
-Solo un'altra cosa.- Magnus si sollevò dalla sedia, portandosi di fronte al ragazzo. – Devi evocare Lilith.-
-Per quale assurdo motivo dovrei evocare mia madre, per tua richiesta?- Rispose Sebastian, calcando con la voce la parola madre mentre con lo sguardo puntava sul viso di Jocelyn.
- Perché tu sei l’unico che può farlo senza conseguenze e lei può dirci che arma possiamo usare per sconfiggere l’ibrido.-
Sebastian restò fermo per alcuni istanti, per poi sollevare una mano e scostando con essa una ciocca di capelli dagli occhi. –Va bene, stregone.-






Non appena Magnus ebbe terminato di tracciare il pentagramma, si allontanò, facendo spazio a Sebastian. Il ragazzo mosse alcuni passi verso di esso, chinandosi appena poggiando un dito sul pavimento, per iniziare a recitare. –Abyssum invoco. Lilith mater mea, invoco.
Sotto lo sguardo di tutti i presenti a poco a poco le fiamme si scurirono.
-Lilith.- cantilenò Sebastian. –Come tu mi evocato, ora io evoco te. Come tu mi avevi dato la vita, ora io la do a te.-
Un vento gelido attraversò la stanza, e, ora davanti a tutti i presenti c’era Lilith, alta la metà di un normale essere umano, completamente nuda ma coi capelli neri che le ricadevano a cascata fino alle caviglie. Aveva il corpo grigio come cenere, percorso da linee nere simili a lava vulcanica. Rivolse gli occhi a Sebastian, ed erano serpenti color carbone che si contorcevano.
-Figlio mio.- Sussurrò.
A dispetto delle aspettative Sebastian si irrigidì. –Madre, ti ho evocata perché ho bisogno del tuo aiuto. –
Lilith osservò i presenti nella stanza e non appena i suoi occhi si posarono su Simon, il suo sguardo si incupì. –Lo noto, figliolo. Dimmi pure.-
-C’è una creatura, una creatura potente che minaccia la mia leadership. Devo sbarazzarmene madre, ma non so come. Nessuna arma da noi conosciuta può ucciderla.- Disse.
- Stai chiedendo a tua madre un’arma per uccidere l’ibrido?- chiese lei.
Sebastian annuì, mentre il resto dei presenti iniziavano a scambiarsi dei sguardi carichi d’ansia.
-Basterà immergere una spada nel sangue di Fáfnir, questo la renderà invulnerabile e potrai  sconfiggere l’ibrido, figliolo.-
Sebastian sollevò l’angolo delle labbra.- Ti ringrazio madre, sai dove possiamo trovare questo essere?-
Lilith, lo guardò per alcuni istanti, stirando le labbra in un sorriso sghembo. –In questo potrà aiutarti il tuo stregone. – Sibilò Lilith. – Solo una cosa figliolo.- la donna fece una pausa. -Se vuoi sapere dov'è il tuo cuore, osserva la tua mente quando vaga ... Non lasciare che il rumore delle opinioni altrui offuschi la tua voce.-
Sebastian la guardò confuso, scostandosi nervosamente alcune ciocche di capelli chiari dal viso. –Non capisco madre.-
- Io invece credo di sì. A presto, figlio mio.- Il fuoco le lambì il corpo e lei si proiettò in aria, esplodendo in particelle di luce che si smorzarono come i tizzoni di un focolare quasi spento.
Quando furono quasi spenti, Sebastian diede un calcio al pentagramma, spezzandone il contorno, e sollevò la testa. –Bene, ora vedi di fare il tuo dovere, stregone. –




-Puoi stare qui nel mentre. – Magnus aprì una porta che dava su una normale camera da letto, la stanza era luminosa e aveva un bagno adiacente alla porta.
Sebastian osservò silenzio la stanza. –Per quanto possa servirmi.-
-Smettila di fare così, lo sai, hai bisogno di me per trovarla, quindi comportati bene.- Disse lo stregone. –Non pensare che a me piaccia aver per casa un ricercato che muore dalla voglia di far fuori la razza del mio ragazzo.-
-Beh, questo potrebbe essere non del tutto corretto.-
-Non mi importa.- Tagliò corto Magnus, dando le spalle al ragazzo.
-Aspetta.- lo richiamò Sebastian.
-La stanza che aveva lei è quella in fondo al corridoio sulla destra.- disse lo stregone con tranquillità.
-Scusa?-
Lui si voltò lanciando a Sebastian uno sguardo complice, per poi uscire e lasciare il ragazzo da solo.
Il cacciatore apprezzò di essere per la prima volta solo con se stesso, ne aveva bisogno. Si avvicinò ad uno dei cassetti dai quali estrasse una camicia nera e la depose sul letto, aveva ancora addosso gli abiti incrostati del suo stesso sangue, e voleva liberarsene.
Sfilò velocemente la maglia, voltandosi appena verso lo specchio dove incrociò la propria immagine. Fissò i propri occhi per alcuni istanti, erano neri, come la notte e freddi come il ghiaccio. Sollevò una mano e colpì il proprio riflesso con tutta la forza che aveva in essa, creando tante piccole crepe, fino a frantumare del tutto il vetro deformando l’immagine riflessa.
-Cosa stai facendo?-
Sebastian voltò il viso incontrando lo sguardo di sua sorella. Ritirò la mano chiazzata da macchie di sangue, ricoprendo con l’altra.
-Siete sempre così appiccicosi?-
Clary respirò profondamente muovendo alcuni passi. –Voglio che tu sia sincero, ho imparato a non fidarmi di te.- Fece una pausa. –Perché ti dai tanto da fare per cercare una ragazza?-
Sebastian la osservò per alcuni istanti, per poi fare una smorfia. -Non credo siano affari tuoi, sorellina.-
A quelle parole Clary trasalì e Sebastian distese le labbra in un mezzo sorrisetto, come compiaciuto da quella reazione. – Mi ha salvato una volta e non mi piace essere in debito con le persone.-
-Oh, certamente. – Rispose lei.
-Puoi portare il tuo sedere e il tuo scetticismo fuori di qui?- Concluse lui, avvicinandosi alla camicia e infilandosela.
Senza aggiungere altro Clary uscì dalla stanza.

Quando si accertò che il rumore all’esterno fosse cessato, Sebastian si sollevò dal letto e aprì lentamente la porta della propria stanza, odiava tutta questa situazione. Dover dipendere da quello stregone, aveva resistito a fatica ai suoi impulsi di spezzare il collo al Jace solo per tenerseli buoni. Doveva trovarla, non poteva lasciare che quell’essere prendesse il controllo su Sam.
Percorse lentamente il corridoio arrivando così all’ultima stanza e aprì la porta, infilandosi silenziosamente al suo interno.
Tutto era esattamente come lo ricordava, era lì che l’aveva vista la prima volta. Fu tentato di chiudere gli occhi, ma non poteva, non poteva cedere a delle emozioni di cui non sapeva nemmeno di poter provare.
Voltò appena il viso, intravedendo dei vestiti gettati in un lato, erano ricoperti di sangue. Dovevano essere di Sam, forse del giorno in cui Magnus l’aveva portata lì.
Strappò un pezzo di stoffa e se lo strinse intono al polso come un bracciale.
L’avrebbe ritrovata.
L’avrebbe salvata.
Era una promessa.











NOTE D’AUTRICE 
Lo so, dopo il mio ultimo avviso non vi aspettavate di certo un nuovo capitolo e invece... Ho avuto un pochetto di tempo libero, aggiunto ad una voglia matta di poter continuare questa storia ed eccomi di nuovo qua!  
Spero che questo capitolo vi piaccia e che la mia fantiasia non sia andata troppo oltre!
Ricordatevi sempre che il mio cuore è di Sebastian, ahaha!
Nada, grazie per essere ancora qui e spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Un bacio enorme, <3.

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: Per la barra prima delle note a : yingsu

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Capitolo 17
*** Capitolo 16. ***








» Capitolo 16
                                 
«Che cos'è che di un misero fa un re? Il coraggio! Quale portento fa una bandiera sventolare al vento? Il coraggio! Chi rende ardita l'umile mosca nella foschia fosca nella notte losca... e fa sì che un moscerino la paura mai conosca? Il coraggio! Perché l'esploratore non teme l'avventura? Perché ha coraggio!»  (-Il mago di Oz.)





Tutto quello che riusciva a percepire era il forte odore di muffa che riempiva quella cella, Sam non poteva definire chiaramente in che luogo di trovasse ma di una cosa era certa, ogni parte del suo corpo le faceva male.
Si sollevò a fatica dalla brandina, alzando lentamente il tessuto della maglia, scoprendo così la pelle chiara della sua pancia. Svariate macchie violacee la ricoprivano in più punti ed era sicura di avere anche il viso ricoperto da lividi. Non riusciva a muovere le labbra e ogni movimento le veniva difficile.
Mosse alcuni passi in direzione della grande porta di legno, tentando di scorgere qualcosa dalla piccola finestrella posta nella parte più alta, ma il corridoio era totalmente immerso nel buio.
Colpì con forza la porta di legno, ma sembrava fatta di cemento armato. Sentiva le lacrime pungerle gli occhi, ma non doveva cedere, o meglio, non poteva.


§


-Avanti, sveglia,  il sole è sorto da un po’!-
-Ma che ora sono?- Brontolò Magnus aprendo svogliatamente gli occhi e portandoli così sul viso di Sebastian che lo fissava dal corridoio.
-E’ l’ora di fare quello che ti è stato ordinato. Penso che passi fin troppo tempo a poltrire e poco a essere operativo , non so, dovrei ricordarti cosa accadrebbe se Sam morisse per mano di quell’Ibrido?- Disse con il suo solito tono di voce il ragazzo, incrociando le braccia al petto.
- Va bene, va bene.- Rispose Magnus rassegnato mentre si sollevava dal letto, mettendosi in piedi. -Seguimi.- borbottò poi, passando oltre il cacciatore e facendosi strada nel corridoio, fino a giungere nella cucina, dove schioccò due dite facendo apparire delle tazze di caffè fumanti.
–Allora, questo Fáfnir di cui parla tua madre è una creatura mitologica, si racconta che era il figlio del re nano Hreidmar. Fáfnir era un nano dotato di uno spirito coraggioso, ed era il più forte e aggressivo dei tre figli del re; faceva la guardia alla dimora di suo padre, che era stata costruita completamente in oro puro e adornata di gemme preziose. Si racconta che quando suo fratello morì, suo padre, Hreidmar, ricevette un anello dal dio Loki per rimediare alla perdita del figlio. Fáfnir, saputo dell'anello magico uccise il padre per impossessarsene, senza dividere le ricchezze del padre col fratello Reginn che aveva partecipato all'omicidio. Si Trasformò così in una serpe o drago nascondendo il proprio tesoro in una caverna nella foresta; Fu poi ucciso da Sigfrido, che sarebbe un eroe epico della letteratura nordica, munito della pregiata spada Gramr. Dopo aver ucciso il drago Sigfrido si lava dunque nel sangue di Fáfnir, che lo rende invulnerabile.-
-Quindi a noi serve la spada Gramr?- Chiese Sebastian dopo alcuni istanti di silenzio.
-Beh, Sigmundr, padre di Signfrido la ricevette nel palazzo di Volsung dopo averla tirata fuori da un ceppo nel quale Odino l'aveva conficcata, nessun altro avrebbe potuto estrarla. La spada fu distrutta e riforgiata almeno una volta. Dopo essere stata riforgiata poteva spaccare un'incudine a metà. Solo che…-
-Solo che ?-
-Che io sappia è solo una leggenda. – Rispose pensieroso lo stregone.
- Se ci pensate bene Lilith non ha parlato di nessuna Gramr, bensì del sangue del drago.- Disse una terza voce, intervenendo nella conversazione. Jocelyn.
- Di male in peggio. – Disse Magnus sospirando appena.
- Mia madre ha detto che tu potevi localizzarlo.- scattò Sebastian. –Quindi fa uno sforzo. –
-Forse l’unica fonte è il posto in cui queste vicende hanno avuto inizio!- Esclamò Magnus sollevandosi di scatto e dirigendosi verso la libreria, dalla quale estrasse un pesante volume.- Guardate qua. – Aprì una pagina, indicando sulla cartina un piccolo arcipelago di isole sui quale c’era scritto “Fær Øer”.
- L’arcipelago di Fær Øer in faroese Føroyar! Si trovano nel nord dell'oceano Atlantico tra la Scozia, la Norvegia e l'Islanda.-
- Sai individuare quale isola sia quella giusta?- Chiese ansioso Sebastian.
- Penso di sì! Jocelyn vai a svegliare gli altri, ci servono volontari per una gita sulla neve.-


§



-Ehi, c'è qualcuno?- Richiamò Sam sentendo la propria voce rimbombare all'interno del corridoio, sembrava essere l'unica persona nell'intero...edificio? Non aveva idea di dove si trovasse, le sembrava un sotterraneo o una cantina, ma in quel momento non avrebbe saputo dirlo.
Indietreggiò appena lasciandosi ricadere stancamente sulla brandina, ogni movimento sembrava tirarle via il doppio delle forze, ma quando ormai aveva perso le speranze, sentì un eco di passi avvicinarsi alla sua cella, i passi erano tranquilli, si avvicinavano senza fretta accompagnati dal fischiettare di qualcuno.
Quando avvertì la  serratura scattare, ebbe la certezza che erano lì per lei.
Nella semioscurità intravide quello che più un uomo, le sembrava un'ombra quando le si avvicinò lentamente, chinandosi di poco sollevando una mano e non appena portò le dita sulla sua pelle, Sam si ritrasse al suo tocco.
-Non mi toccare.- Sussurrò con voce strozzata.
Tutto quello che ricevette in risposta fu una leggera risata, dalla quale capì che era stato un uomo. - Prendetela.-
Sentì ordinare dall'essere nella penombra che non riusciva proprio a mettere a fuoco, mentre un'altra ombra le si avvicinò prendendola per le spalle e sollevandola.
-Matt.- Farfugliò tirando su il naso. -Sei tu?-
Due dita le si avvolsero contro il mento, sollevandole la testa. - Nessuno ti ha detto che puoi parlare.-
-Ti giuro che se osi solo toccarmi ancora io... -
-Tu cosa?- Rispose lui ironicamente. -Non saresti capace di far del male a nessuno.-
L'angolo delle labbra di Sam si sollevò appena, formando un leggero sorriso. –Sai, spesso è proprio la persona più innocua a dimostrarsi pericolosa.-
L'uomo ritrasse il tocco delle dita. -Ti ho detto di stare zitta.-
-E... -Proseguì lei ignorandolo. – Hai presente i Koala?-
-Ma cosa sta farfugliando?- Disse la figura davanti a se, irritato ricevendo in risposta un’alzata di spalle dall’essere che sosteneva Sam per le spalle.
- Beh, nonostante la calma apparente della loro vita e il loro comportamento serafico, i koala sono davvero molto aggressivi...-Proseguì la ragazza sollevando la testa portandola difronte a quella dell'uomo, mettendo a fuoco il suo viso, un viso del tutto anonimo.
- I colpi alla testa ti fanno delirare, vero bambina?- Rispose lui ridendo.
Sam sollevò l’angolo delle labbra in un sorriso. –...Quindi, mai sottovalutare nessuno. - Disse a denti stretti e con un movimento veloce tirò avanti il capo con tutta la sua forza tirando una testata contro quella dell'uomo, facendolo ricadere all'indietro, complice anche l'effetto sorpresa.
Non era mai stata molto atletica o particolarmente forte ma quando si voltò di scatto verso colui che le stringeva le spalle, usò tutta la sua forza e sollevò il ginocchio colpendolo nelle parti basse.
Anche se non era una guerriera o chissà che altro, di una cosa era certa, per mettere K.O. un uomo, bastava puntare in quella zona.
Una scarica di adrenalina le attraversò il corpo e scattò velocemente in avanti, superando così la massiccia porta di legno. Non aveva tempo per pensare che direzione prendere, se avesse indugiato ancora quegli uomini sarebbero riusciti a riprenderla in un secondo, così schizzò verso il lato opposto della sua cella, imboccando alla cieca svariate svolte.
Correva con tutta la forza che aveva nelle gambe, le facevano male e i lividi che le aveva provocato Matt la costringevano a reggersi il fianco dolorante. Non poteva permettersi di provare dolore, doveva scappare. Ma quel posto sembrava un labirinto.
Non sapeva dove diavolo si stesse dirigendo, continuava solo a svoltare di continuo per depistare chi la stesse inseguendo, sentiva l'eco dei loro passi sempre più vicini, così anche le loro voci.


§



-Allora, Magnus?-
- L’isola su cui andrete si chiama Lítla Dímun, è la più piccola isola dell'arcipelago, conterà meno di un chilometro quadrato di superficie, ed è l'unica disabitata.-
- Quindi questo sangue magico dovrebbe essere lì?- Chiese Simon. –Mi sembra di essere nello Hobbit.- Commentò senza pensarci.
Era giunto da poco nella sala da pranzo, così anche gli altri. Nonostante la riluttanza di alcuni nell’accettare la presenza di Sebastian, erano tutti riuniti intorno allo stregone, in attese di risposte.
Per quanto Jace fosse tentato di infilzare il mezzo demone con una spada, sapeva che ne avevano bisogno in quel momento. Se la creatura che dovevano affrontare era ancora più forte di Sebastian, avevano bisogno di lui. Ma promise a se stesso di ucciderlo con le sue stesse mani non appena ogni cosa fosse terminata.
- Sì, dovrebbe essere lì.- Confermò Magnus, scostando il dito dalla cartina.
-Ho pensato che potremmo dividerci in due squadre.- Propose Jocelyn. – Una si occuperà della ricerca della spada e l’altra tenterà di scovare dove possa essere la ragazza.-
-Jocelyn, te l’ho già detto, non ci sono tracce di lei, non saprei localizzarla. – Disse Magnus.
-Allora fai uno sforzo maggiore, sembri più uno dei maghi tarocchi che passano alla tv che il sommo stregone di Brooklyn.- Commentò freddamente Sebastian, poggiando con forza una mano sul tavolo di legno, facendo ribalzare i presenti per il rumore.
-Senti, non sono la fata turchina che canta la canzoncina e con la bacchetta ritrovo Cenerentola.- Scattò lo stregone.
-Fai uno sforzo maggiore, non vorrei ricordare a voi cari il rischio che state correndo nel perdere tutto questo tempo.- Rispose tranquillamente il ragazzo, mostrando un finto sorriso.
-Prova a fare un altro tentativo…- Sussurrò Alec con dolcezza allo stregone, portando una mano sulla sua.
Magnus tirò un profondo respiro, cercando di calmare i nervi, e poi sollevò una mano. – Sheldon, visto che l’ultima volta flirtavate una meraviglia, e conosci meglio di tutti la sua stanza, vai a prendermi qualche vestito di Samantha.-
Tutti si guardarono tra di loro, come per individuare a chi fosse diretto il messaggio di Magnus, solo Simon scrollò le spalle. –Mi chiamo Simon, è così difficile da memorizzare?-
-Tu memorizzeresti tutti i numeri delle pagine bianche?- Ribatté lo stregone stizzito.
-Perché mai dovrei?- Chiese stranito dalla domanda, il vampiro.
-Appunto.-  Rispose Magnus, ammiccando.
Simon tentò di replicare ma alla fine si morse la lingua, voltandosi appena e incrociando così lo sguardo di Sebastian. Rimase pietrificato, lo stava fulminando con gli occhi.
-Non ti scomodare, usa questo.- Slegò il pezzo di cotone che aveva intorno al polso e lo porse a Magnus che lo osservò per alcuni istanti.
Lo stregone si strinse con forza il pezzo di stoffa tra le mani e chiuse gli occhi. –Vedete, non succedete nient…No, oh, aspettate.-


§



Stava correndo con così tanta forza che iniziava a sentire le gambe molli e la vista appannarsi, non ce la faceva più, era sfinita. Ogni livido le faceva male il doppio, la testa le pulsava e i suoi piedi reclamavano riposo… Non poteva arrendersi, non dopo tutto lo sforzo che aveva fatto per uscire da quel posto così sudicio. Si sentì invadere da un senso di sconforto, la voglia di cedere iniziava ad aumentare, mentre le lacrime prendevano il sopravvento rendendo ancora più offuscata la sua visuale.
Perché. Ecco, era questa la sua domanda. Perché Matt le aveva fatto quello.
Pensava che lui fosse suo amico, il suo unico amico, e invece ora si trovava a scappare via da lui.
-Non così in fretta, cara.-
Matt le era difronte. Era comparso dal nulla, aveva uno sguardo sadico e il suo ciuffo indomabile era tirato indietro.
Sam fu costretta a rallentare trovandosi davanti ad un volto amico che però ora non riconosceva. Le sembrava di vederlo per la prima volta.
Con orrore di lei, Matt estrasse dalla sua cintura una spada affilata, posizionandola davanti alla sua figura. –Perché devi complicare così tanto le cose? Volevo darti altri giorni di vita e tu li bruci così? Cattiva ragazza.-
Sam sollevò lo sguardo, puntandolo direttamente negli occhi di lui. Era tentata di girare e riprendere a correre nella direzione opposta, ma si sarebbe imbattuta negli uomini che la seguivano da prima.
-Tu sei fuori di testa.- Disse a denti stretti, tentando di mascherare ogni sorta di debolezza nella sua voce.
Matt inclinò la testa, sollevando le labbra in una smorfia. –Un pochettino. – Disse strabuzzando gli occhi. –Ma almeno so divertirmi, non trovi?-.
-Tu questo lo chiami divertirsi?-. Commentò lei disgustata.
-Infatti, hai ragione… - Ribatté lui e con uno scatto veloce annullò del tutto la distanza tra i loro corpi, puntando la punta della spada sul collo di Sam, sfiorandone la pelle. –Questo lo chiamo divertirsi.-
Sam deglutì lentamente, abbassando lo sguardo sulla lama che graffiava leggermente la sua gola. –Dai fallo, cosa ti trattiene?-
Lui rise. –Voglio gustarmi appieno questo momento, sono anni che aspetto di conficcartela nel cuore. Di farti versare ogni singola goccia di sangue tanto da poter farmi il bagno con esso.-
Lei strinse le mani a pugno. –Perché? Visto che devi sgozzarmi, tanto vale dirmi il perché. –

Devo guadagnare tempo.

Un sorriso gelido si formò sul viso di Matt. –Perché… - Abbassò lentamente la punta della spada verso il petto di Sam, puntandola così contro il suo petto. -..Tu muori e io divento invulnerabile. –
-Non ha nessun senso. – Rispose lei.

Pensa.

-Per questo devo ucciderti ora, perché se diventerai consapevole del tuo potenziale, dovrò faticare di più…e, non avercela con me, ma proprio non ne ho voglia.- Disse lui tranquillamente.

Pensa a una soluzione.

-Allora fallo, uccidimi. – Ribatté Sam con la voce ferma e lo sguardo puntato negli occhi di lui.

Pensa, dannazione, pensa.

Sul viso di Matt si allargò un sorriso. –Ma con molto piacere.-
Quando la pressione della punta della spada aumentò contro il suo petto, Sam chiuse gli occhi, stringendoli più che potesse.
E poi accadde qualcosa di straordinario.
Quando Sam li riaprì per guardare negli occhi colui che le stesse strappando via la vita, lo vide impallidire.  
Negli occhi di Matt sembrava esserci il terrore. Ma poco le importava.
Era come se una forza superiore stesse muovendo i fili e facendo compiere quelle mosse a Sam come se fosse una marionetta. La ragazza sollevò una mano e la strinse intorno al polso di Matt, allontanandolo dal proprio corpo come se ogni sforzo che lui stesse compendiando per respingere il suo movimento fosse nullo.
Lo allontanò con una spinta, facendolo indietreggiare e mosse alcuni passi verso di lui assestandogli un pugno nello stomaco. Quando l’uomo si accasciò su se stesso la ragazza ne approfittò per tirargli una gomitata sulla testa, facendolo ricadere al suolo.
Sollevò una gamba che portò alla gola dell’uomo e con tutto il peso fece pressione su quel punto.
 -Non ti azzardare a toccare mia figlia.- La voce era uscita dal corpo di Sam, ma non era la sua. Gli occhi della ragazza non erano più del colore delle nocciole, ma bianchi come il ghiaccio.
Poi ci fu come un lampo di luce e quando gli uomini raggiunsero il loro padrone, ritrovarono solo un uomo svenuto. Nessuna traccia della ragazza.


§



Magnus continuò a tenere gli occhi chiusi, sollevando appena un sopracciglio. – Riesco a percepirla.-
-Davvero?- Chiese ansiosa Jocelyn.
-No per finta, mi piace dar false speranze alle persone.- Rispose lo stregone, aprendo gli occhi infastidito.
-Allora?- Replicò la donna.
-So esattamente dove si trova.-  Affermò soddisfatto Magnus, passando il pezzo di stoffa nuovamente a Sebastian.
-Bene, dimmi dov’è, vado a prenderla. – Rispose lui, stringendo tra le dita lo straccio.
-Vengo con te.-
Gli occhi dei presenti si voltarono in direzione di una testa rossa.
-Come prego?-  Domandò Sebastian, sollevandolo lo sguardo verso il viso della sorella.
- Vengo con te, noi abbiamo onorato la parte del patto trovando lei e io verrò con te per accertarmi che tornerai indietro per onorare il tuo di patto.- disse Clary stringendo le braccia al petto.
-Non ti lascerò andare con lui.- La richiamò Jace, stringendo le dita in maniera protettiva, contro la spalla della ragazza.
- Se lo lasciamo andare lui non ci aiuterà a sconfiggere l’ibrido e noi da soli non ce la faremo, lo sai perfettamente Jace.- Disse lei, puntando gli occhi in quelli dorati di lui.
-Clary…- Sussurrò Jace sollevando una mano e passandola lungo la guancia di lei.
-No, Clary, non andrai da nessuna parte.- Questa volta fu Jocelyn a parlare. – Non mi fido di lui.-
Sebastian sollevò l’angolo delle labbra in un mezzo sorriso. –Non che io sia molto felice di portarmi un peso morto dietro.-
-Come puoi parlare di lei così, è tua sorella!- Scattò Simon.
-E lei è mia madre, eppure, mi ucciderebbe con le sue stesse mani.- Commentò Sebastian senza scomporsi. –Siamo una famiglia molto amorevole.-
-Bene, io vado con lei.- Disse ad un tratto Jace.
-Non se ne parla.- Risposero all’unisono sia Clary che Sebastian, scambiandosi poi un’occhiata fugace.
-Allora vengo io.- Esordì Simon. –Conosco Sam e sono sicuro che le farà piacere, lo so, abbiamo parlato mezza volta. – borbottò sottolineando con la voce  le ultime parole,  mentre sollevava lo sguardo verso il mezzo demone. – Ma penso che una persona un po’ più normale potrebbe aiutarla.-
- Che tenero.- Commentò sarcastico Sebastian.


§



Per riaprire gli occhi Sam dovette usare tutta la sua forza di volontà, le palpebre sembrano pesare un macigno.
Era forse morta?
Un leggero vento le scostò i capelli, mentre la sua guancia era completamente schiacciata contro dell’erba che sembrava  essere stata tagliata da poco. Si alzò di scatto, mettendosi a sedere, no, non era morta. Ma dove si trovava?
Era nel bel mezzo del nulla, intorno a lei si estendevano delle colline e delle balle di fieno erano sistemate lungo il terreno totalmente ricoperto di grano ancora verde, che ondulato dal vento, sembrava riprodurre il movimento del mare.
Il suo ultimo ricordo era il viso di Matt e la sua spada contro il proprio torace. Abbassò automaticamente lo sguardo, portandosi una mano al petto, ritrovando la maglia strappata in alcuni punti e del sangue secco incrostato in prossimità di una ferita superficiale. Era stata la spada di Matt a procurargliela.
Ma come aveva fatto a salvarsi? Come era arrivata lì? Non ne aveva nessun ricordo.
Si rimise in piedi a fatica e un gemito di dolore le fuoriuscì involontariamente dalla gola quando tentò di raddrizzarsi. Non si era mai sentita così malconcia in vita sua, ogni singolo muscolo le faceva male, faticava anche solo a stare in piedi e in più ora non aveva idea di dove andare. Oltre al campo di grano curato e alle balle di fieno sistemate a forma di ruote sul terreno, non era presente nessuna traccia di umanità, per quanto tentava di sporgersi all’orizzonte non riusciva ad intravedere nessuna casa.
Mosse così alcuni passi discendendo lentamente quella ripida collina, tentando di non inciampare da nessuna parte, rischiando così di ruzzolare su se stessa quando un sorriso le si formò sulle labbra non appena notò una piccola strada in lontananza. Probabilmente se l'avesse seguita avrebbe trovato sicuramente qualcuno e questo pensiero la fece avanzare più velocemente, mossa da una nuova forza: la speranza.
Dopo una faticosa camminata, giunse in prossimità della strada, l'asfalto era consumato e in alcuni punti erano presenti delle buche, nessun palo della luce costeggiava il percorso, questo significava che durante la notte la strada era immersa nel buio.
Sam capì di dover approfittare di quelle ore di luce, così lentamente iniziò ad incamminarsi lungo quella strada dove sembrava non passare nessuno da anni.
Era ormai l'ora del crepuscolo, il cielo aveva perso il suo azzurro cedendo ad un rosso sempre più intenso che terminava in uno strato di blu scuro oltre le montagne. Presto sarebbe stato troppo buio per proseguire, quindi senza allontanarsi troppo dalla strada, Sam avvistò alcune delle ruote di fieno, sistemate laboriosamente in alcuni punti di quei campi, e decise di usarla come letto per riposare alcune ore.
Si appoggiò stancamente contro una delle balle, reggendosi con un braccio ad essa e proprio nel momento in cui nella sua mente si accendeva la speranza di essere al sicuro, uno strano luccichio si formò in un punto oltre la ruota di fieno.
Qualcuno stava arrivando in quel punto con un portale, ormai Sam sapeva riconoscerli a occhi chiusi, così si chinò velocemente tentando di nascondersi dietro la balla.
-Sicuro che sia qui?- Disse una voce femminile. –Non c’è niente.-
Sam sentì il cuore andare a mille, non poteva respirare per due secondi che subito ogni cosa le si ripiombava addosso.
- Forse ha sbagliato di qualche chilometro.- Disse incerta un'altra voce. Simon?
Sam si sporse appena, ma riusciva a vedere solo un profilo di una donna minuta con dei lunghi capelli rossi, eppure, quella voce le era sembrata così familiare.
-Allora il tuo stregone è incapace quanto sembra.- Rispose una voce maschile.
Una voce maschile che lei avrebbe riconosciuto ovunque.
Sam si sforzò di sollevarsi in piedi ma il dolore dei muscoli le facevano impiegare il doppio del tempo.
-Sebastian.- Tentò di richiamarlo.- Sebastian, sono qui.- Disse alzando il tono della voce.
-Hai sentito qualcosa?-  Chiese la voce femminile.
-Clary, fai silenzio.- Sentì Sebastian ordinarle.
Sam si mosse lentamente da dietro la balla usando tutta la forza che le restava per fare alcuni passi, indugiando alcuni istanti, osservando chi c'era con lui. Da una parte c'era una ragazza, aveva i capelli ricci e rossi, la carnagione lattea e il viso lentigginoso in alcuni punti, doveva essere qualche anno più piccola di lei. Dall'alta invece c'era.. Simon. Sam sentì di poter tornare a respirare.
- E menomale che sei il potente dei cacciatori, l’udito non potevano dartelo più sviluppato?- Commentò facendo girare di scatto i tre nella sua direzione.
Non appena i suoi occhi incrociarono quelli neri di Sebastian, notò sul viso di lui formarsi un’espressione che Sam non gli aveva mai visto. Sollievo?
Il ragazzo scattò nella sua direzione e senza dare nemmeno il tempo a lei di pensare, le avvolse i fianchi,  attirandola con forza a se.
Sam si abbandonò tra le sue braccia lasciandosi andare con il viso contro la sua spalla, rilassando ogni muscolo del corpo mentre le dita di Sebastian percorrevano i suoi capelli.
-Tu… Tu sei qui. – Sussurrò allontanando appena il viso, in modo da poter guardare il ragazzo negli occhi.
-Sono qui. – Ripeté lui scostandole alcuni capelli dal viso. –E ucciderò con le mie mani chi ti ha ridotto in questo stato.-
Sam sollevò lo sguardo sorpresa da quelle parole, per poi chinare nuovamente la testa, nascondendola nell’incavo del suo collo.
Si sentiva finalmente al sicuro.







NOTE D’AUTRICE 
Dovete sapere che davanti a voi avete la persona più femminista della storia. All'inizio ero pro missione di salvataggio...MA POI mi sono sono detta, "aoh, ma perchè non si può salvare da sola!!! Sam non ha bisogno di nessuno." E quindi SBAM.
No dai, a parte il deliro, come state? Spero bene, si avvicina Pasqua sdfg, anche se fa freddino per essere primavera. 
Alloooora, cosa ne pensate? Fatemi sapere perché mi sto seriamente mangiando le unghie, inizio a pensare di essere un po' una pazza che mette per iscritto i suoi deliri.. Quindi, niente, non voglio annoiarvi ulteriormente! Fatemi sapere perchè ogni volta che leggo una recensione ho un sorrisone enorme, adoro vedervi coinvolte quanto me dfgh. 
Un bacio enorme, <3.


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Credits
: Per la barra prima delle note a : yingsu

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Capitolo 18
*** Capitolo 17. ***




Prima di inziare vorrei ringraziare chiunque sia qui per leggere la mia storia, vi invito a guardare le note in fondo. E' molto importante per me, sarà un attimo di depressione passegera o non so, andate sotto e capirete. Un bacio e buona lettura.







» Capitolo 17
                                 
«Non puoi scegliere di essere ferito in questo mondo, vecchio mio, ma hai qualche possibilità di scegliere da chi farti ferire. A me piacciono le mie scelte. Spero che a lei piacciano le sue.»  (The fault in our stars- John Green)





Sebastian la tenne stretta ancora alcuni istanti, per poi lasciarla andare, sciogliendo lentamente quell’abbraccio. Sam indietreggiò di qualche passo, in modo da poter guardare sia il cacciatore che gli altri due.
-Lei è Clary, mia sorella. - Disse velocemente Sebastian, indicando la ragazza. –E lui… Beh, ho saputo che vi conoscete molto bene. - Concluse e la sua voce inclinò al sarcasmo.
-Tua sorella?- Chiese Sam sorpresa, per poi muovere alcuni passi verso Simon che allargò le braccia per stringerla delicatamente a se. –Mi sei mancato. – fu tutto quello che disse prima di riportare lo sguardo sulla testa rossa intenda a fissarla con una curiosità che la faceva sentire in imbarazzo.
- Sarebbe stato strano se ti avesse parlato di me.- disse poi Clary interrompendo il flusso di sguardi tra lei e la ragazza, riportando gli occhi sulla nuca del fratello, ora girato di spalle.
- Non ne avevo motivo. - Rispose lui scrollando le spalle e voltandosi appena, mostrando così il profilo ai tre che lo stavano guardando. – E poi non passo molto tempo a parlare della mia amorevole famigliola. - Concluse, guardando Clary di traverso.
-E ora cosa facciamo?- Intervenne Simon facendo scivolare entrambe le mani nelle proprie tasche, spostando il peso del corpo da un piede all’altro.
Il cacciatore sollevò lo sguardo verso il cielo ormai cupo, perfino le stelle erano ricoperte da nuvole, così il tutto sembrava solamente una massa tetra. – Datemi qualche istante e troverò una soluzione. -



-Ma questa è una bettola!- Esclamò Simon alla vista di un vecchio casale che Sebastian era riuscito a scovare dopo una lunga ora di ricerche. Era sparito nel nulla lasciando i tre completamente da soli, Clary e Simon avevano tentato di confortare Sam, pensando che quella fosse vittima di chissà quale esperimento del ragazzo, mettendola in imbarazzo sulle eventuali risposte.
Quando Sebastian era tornato li aveva condotti lungo una collina che sembrava non terminare più, mostrando, con sorpresa di tutti, una piccola abitazione all’estremità.
-Secondo me troveremo qualche scarafaggio nelle lenzuola. – Brontolò ancora il vampiro.
Sebastian si voltò verso di lui, lanciandogli uno sguardo truce. –Come prima cosa dovresti avere uno spirito di adattamento maggiore e poi questo è un caratteristico chalet delle campagne francesi, senti che bell’aria di montagna. - Disse per poi sollevare l’angolo delle labbra.
-Siamo in Francia?- Chiese improvvisamente Sam, confusa.
Sebastian annuì. –Ci troviamo nella zona nel dipartimento dell'Ariège.- Le spiegò lui. –Se osservi con attenzione oltre questa collina puoi scorgere il paese di Lasserre.-.
-Mai sentito nominare. - Commentò Simon.
-Infatti, sono 196 abitanti di cui 190 sono galline, cane e gatti. - Disse lui con tranquillità. –Ne dubito che tu ne abbia sentito parlare siccome sarebbe già un miracolo se conoscessi dove si trova Vienna.-.
Simon stava per replicare, offeso, ma Sam lo precedette. –Ma come ci sono arrivata in questo posto?- Chiese più a se stessa che ai tre.
Sebastian si limitò a un’alzata di spalle.



§



Non appena Sam aprì la vecchia porta della sua stanza, pensò che probabilmente se avesse usato più forza le sarebbe caduta addosso. La stanza era decorata in maniera estremamente semplice, un letto matrimoniale nel centro e due comodini ai lati, su uno dei quali c’era un vaso vuoto e sull’altro un telefono. Un’altra porta collegava alla piccola stanza da bagno dove la doccia occupava quasi tutto lo spazio, alle finestre delle tende ricamate ricadevano delicatamente sul davanzale. Nonostante l’ambiente poco lussuoso e malandato, era del tutto immacolato e nell’aria era presente un forte odore di detersivo.
Sam si chiuse la porta alle spalle, dirigendosi immediatamente nella direzione del bagno, aprì il rubinetto del lavandino e lasciò scorrere l’acqua fresca sulle zone livide delle sue braccia, per poi unire le mani a coppa e raccogliere dell’acqua che si gettò su viso. Lasciò scorrere le mani lungo il proprio busto, sollevando appena il bordo della maglia, passando le dita sulle zone doloranti della sua pelle mentre una smorfia le si formava sul viso.
Aveva bisogno di una doccia. Una doccia e vestiti puliti.
Ma non ne aveva.
Sospirò appena riportando le mani contro il marmo bianco del lavabo, quando il suono di qualcuno che bussava alla porta, attirò la sua attenzione. Chiuse velocemente l’acqua, sollevando le dita e sistemando i capelli in una coda con un fermaglio che aveva intorno al polso, e si avvicinò alla porta abbassando velocemente la maniglia.
I suoi occhi si posarono su un paio di gambe, lunghe e slanciate, fasciate dai dei jeans neri a completo con una camicia azzurra che risaltava con la carnagione chiara di lui. Aveva gli occhi neri puntati sul viso della ragazza, mentre alcune ciocche dei capelli, leggermente più lunghe sulla fronte, ricadevano sulle sopracciglia di qualche tonalità di biondo più scuro.
-Ehi. - Disse Sam distendendo appena le labbra in un sorriso.
-Posso?- Chiese Sebastian, indicando con un movimento della testa l’interno della stanza.
Sam si spostò dalla porta, dandogli così modo di entrare, osservando la schiena di lui, aspettando che parlasse ma quando notò che il ragazzo se ne stava in silenzio si chiuse la porta alle spalle, avvicinandosi appena. –Dovevi chiedermi qualcosa?-
Lui si voltò verso di lei, mantenendo le distanze, spostando lo sguardo su tutti i mobili, osservando la stanza. – Un po’ rustica ma può andare. -
Sam scrollò le spalle. –Per quel poco tempo che passeremo qui, sarebbe andato bene di tutto. -
Lui annuì appena, pensieroso, tornando a richiudersi nel suo silenzio.
-Sebastian.- Disse poco dopo la ragazza, leggermente confusa. –Sei venuto qui solo per commentare l’arredamento?-.
Lui alzò le labbra e qualcosa nei suoi occhi cambiò, era come se una luce improvvisa li avesse illuminati. – Sai, confido molto nel tuo gusto da arredatrice. -
Sam alzò gli occhi al cielo nonostante un sorriso spontaneo le si fosse formato sulle labbra. – Sebastian.- Ripeté ma ora non sorrideva più. – Anch’io ho bisogno di parlarti. -
Sebastian nel costatare la sua espressione seria si rabbuiò. –Che succede?-
-Niente, non fare quella faccia, non è morto nessuno. - Disse lei non appena notò lo sguardo di lui. – Riguarda me e te.-
-Oh.- Fu tutto quello che rispose il cacciatore, sinceramente sorpreso. –Va bene, ti ascolto. -
Sam chiuse per un breve istanti gli occhi, per poi stringere le mani che tradivano la sua agitazione con un leggero tremolio. – Lo so che non è il momento opportuno, ma ora come ora, non saprei dire quando ci sarà la possibilità di parlare come in questo momento… - Fece una pausa sollevando lo sguardo verso gli occhi del ragazzo che la stavano osservando con attenzione. –... quindi, penso che sia giusto mettere in chiaro le cose tra noi. Non ho aspettative altissime perché nella mia breve vita ho imparato ad aspettarmi poco dalle persone, ma nonostante il mio pessimismo cronico ho iniziato a far nascere in me una piccola illusione. Ho paura che tutto questo porterà al mio cuore calpestato per l’ennesima volta. Ho capito che ti piace giocare ma io non ne ho il tempo e ne la possibilità di farmi incasinare la testa da te.-.  
Sebastian restò in silenzio alcuni istanti aspettando che lei proseguisse ma quando non lo fece si passò lentamente una mano nei capelli, mostrando il suo viso totalmente rilassato. –Non ho mai avuto intenzione di spezzarti il cuore. - fu tutto quello che disse.
-Ma?- Sam trattenne il respiro.
-Ma cosa?- Ribatté lui, inclinando la testa.
-Tutto qui? Ti chiedo chiarezza e riesci a dirmi solo questo?- Esclamò frustrata lei.
- Non sono ancora capace di dare un nome agli impulsi che ho verso di te, come il senso di protezione, il desiderio o il dovere. Ma sei l’unica persona a cui non ho mai voluto torcere un capello. - Disse lui sinceramente voltandosi di poco e abbassando il volto.
Sam distolse lo sguardo dal profilo di Sebastian, nonostante gli occhi ne fossero attratti come una calamita, tutti di lui le piaceva, perfino il modo in cui i capelli gli ricadevano sulla fronte in quel momento. Ma quello le sembrava soltanto un altro buco nell’acqua.
Sentiva una strana sensazione di angoscia alla bocca dello stomaco che la costrinse a voltarsi dall’altro lato in modo da poter uscire dalla visuale di Sebastian, chiuse gli occhi per un lungo momento prendendo dei lunghi respiri. Doveva smetterla di avere quelle reazioni da ragazzina alla prima infatuazione, doveva smetterla di sentirsi così angosciata per una cosa stupida come quella quando intorno a lei stava accadendo l’impossibile.
Il contatto di una mano sulla sua spalla la fece sobbalzare riportandola alla realtà, si voltò appena e quando incrociò lo sguardo fermo del cacciatore, sentì quel disagio crescere maggiormente.
-Samantha.- Sussurrò  e nella sua voce ci fu qualcosa che tradiva il suo sguardo gelido. C’era un tremore, il suo richiamo sembrava una supplica. Fu quello a far voltare Sam verso di lui e quando incontrò i suoi occhi si sentì inghiottire dal nero delle sue iridi che si distinguevano con la pupilla solo per una leggera linea del colore argento che le dividevano.
E fu quello l’istante in cui smise di pensare.
Spostò la mano che Sebastian aveva poggiato sulla sua spalla e senza dar modo al cacciatore di aggiungere altro si avvicinò al lui, portando entrambe le mani sulle sue guance e lasciò che le loro labbra combaciassero perfettamente. Sam aveva desiderato baciarlo dal primo istante in cui lo aveva rivisto, aveva desiderato risentire il sapore delle sue labbra e poter toccare nuovamente con le sue dita la mascella ben delineata del ragazzo.
Sebastian le strinse istintivamente entrambe le mani dietro la schiena facendo peso su di lei con il proprio corpo, facendo così indietreggiare Sam di alcuni passi. Neanche lui poteva negare a se stesso quanto le fosse mancato il contatto del suo corpo contro il proprio e di come non avrebbe mai interrotto quel bacio.
Il ragazzo lasciò scorrere entrambe le mani sul busto di lei, portandole così lungo i suoi fianchi, sollevando appena con le dita i bordi della maglia cercando con le punte di esse il contatto con la sua pelle ma quando la ragazza si ritrasse appena, per una fitta di dolore, capì di aver toccato uno dei punti in cui quel bastardo l’aveva colpita.
Staccò le sue labbra da quelle di Sam e si chinò lentamente sulle ginocchia, verso il basso, portando così il viso all’altezza dello stomaco della ragazza. Sollevò con le mani entrambi i lati della maglietta fine che indossava scoprendole del tutto l’addome, non appena i suoi occhi si ritrovarono a contatto con quelle macchie violacee che imbrattavano la pelle di lei, Sebastian si sentì andare a fuoco per l’ira.
Gli avrebbe spezzato ogni singolo osso del suo corpo.
Sospirò per scacciare via quella sensazione e portò la testa in avanti così da toccare con le labbra ogni sua ferita, baciò ogni livido che Sam aveva sulla sua pancia, li accarezzava con le labbra o con la punta della lingua, usando una dolcezza che stupì perfino se stesso. Non riuscì a trattenere un sospiro quando la ragazza intrecciò le dita tra i suoi capelli, accarezzandoli e giocandoci, creando così delle piacevoli sensazioni dalle quali lui si sentì pervadere dalla testa ai piedi.
Sam lo tirò verso l’alto, così da poter nuovamente baciare le sue labbra chinando poi il viso in modo da percorrere con esse la guancia di lui fino a giungere alla linea della mascella che percorse interamente, prima di ritornare sulle sue labbra.
Sembrava un bacio disperato, un bacio che esprimeva tutto quello che i due non riuscivano a dire con le parole o tutto quello di cui avevano paura.
Le loro figure si muovevano dolcemente e con apparente lentezza l’una contro l’altra, continuarono a baciarsi con ardore, mentre le mani di Sam andarono a sbottonare la camicia azzurra di Sebastian, scoprendo man mano il suo fisico muscoloso. Osservò per alcuni istanti il corpo di lui che sembrava fremere sotto il tocco delle sue dita così portò le mani lungo il petto, accarezzandogli i pettorali per poi scendere lungo gli addominali, soffermandosi su di essi. Il cacciatore, estasiato da quel tocco, si liberò dell’ingombro del tessuto gettandolo a terra, per poi afferrare il top della ragazza e sfilarglielo con forza  lasciandolo passare da sopra la testa.  
Sebastian strinse entrambe le mani intorno ai fianchi di Sam sollevandola verso l’alto e facendolo così avvolgere le gambe intorno la sua vita, mosse qualche passo un po’ alla cieca, completamente distratto dai continui baci che continuavano a scambiarsi, poggiandola poi contro una delle pareti e premendo il proprio corpo contro quello di lei.
La schiena di Sam si scontrò con qualcosa che al primo impatto le sembrò gelida, ma poi si sentì il rumore dell’acqua ed entrambi furono invasi come da una pioggia. Sollevarono nello stesso momento la testa verso l’alto, così da costatare di essere finiti vicino al regolatore dell’acqua della doccia e mentre l’acqua li travolgeva, bagnandoli completamente, i due tornarono a guardarsi e Sam non riuscì a trattenere una risata.
-A quanto pare una forza superiore pensa che dobbiamo un po’ spegnere i bollenti spiriti. - Commentò Sebastian tenendo aperti con difficoltà gli occhi, per via dell’acqua che scorreva contro il suo viso.
Sam non riuscì a trattenere un’altra risata e strinse maggiormente le braccia contro il collo di lui. –Oppure che sei più sexy tutto bagnato. -
-Smettila di ridere. - l’ammonì lui per poi lasciare spazio a un ampio sorriso sulle sue labbra.
La porta della stanza si spalancò all’improvviso  e una testa castana comparì improvvisamente. -Sam, sei…Ma cosa state facendo?- L’espressione di Simon alla vista dei due completamenti bagnati ancora avvinghiati passò dallo stupore all’imbarazzo in tre secondi.
Sebastian lasciò la presa sui fianchi di lei, facendola così poggiare nuovamente i piedi a terra, e portando poi una mano dietro la schiena di Sam in modo da chiudere l’acqua. –Ah, se imparassi a bussare quanto imbarazzo ti risparmieresti. -
-E io che pensavo di aver visto di tutto. - Rispose l’altro, completamente a disagio.
- Ma guarda che stavamo testando la temperatura dell’acqua, non vorrei traumatizzarti troppo. - Ribatté Sebastian. – Se vuoi puoi unirti a noi. -
-Sebastian!- Esclamò Sam completamente in imbarazzo portandosi le mani al petto, tentando di coprirsi.
-Cosa sono queste facce? Non passavate il tempo a provarci tra di voi?- Commentò il cacciatore.
-Simon, sei qui?- La testa rossa di Clary fece capolinea attraverso la porta, sbarrando appena gli occhi alla vista della scena. –Ma cosa…-
Sebastian sospirò scocciato muovendo qualche passo, portando una mano sulla spalla di Simon, spingendolo così verso Clary. –Sentite, senza offesa, tre è una festa ma quattro è una folla. – Disse spingendo entrambi verso l’esterno e chiudendo la porta non dando modo a nessuno di replicare.
Sam si portò una mano alla guancia, si sentiva andare a fuoco.
-Sei in imbarazzo?- chiese lui girandosi verso di lei.
-Ma cosa te lo fa pensare ?- Chiese ironicamente.
-Solo che sembri la versione adulta di un pomodoro. - Commentò lui scrollando le spalle.
Sam sollevò gli occhi al cielo, tentando di spostare alcune ciocche bagnate dal viso.
-Sei sempre così tenera e carina. – La provocò Sebastian.
-Scusami?- Replicò lei.
-Beh, arrossisci la metà del tempo e l’altra metà la passi a farti tremila filmini mentali sul perché, per come o per quale. - Disse lui con tranquillità.
Sam sollevò un sopracciglio, annuendo poi, tentando di imitare la sua espressione completamente rilassata, muovendo qualche passo e uscendo così dal bagno avvicinandosi nuovamente a Sebastian. Si voltò di scatto, cogliendolo forse per la prima volta di sorpresa, e andò a premere il proprio corpo contro quello del cacciatore, facendogli aderire la schiena contro la parete. Sollevò appena il mento in modo da sfiorargli con la punta del naso quello di lui, per poi inclinare di nuovo il viso così da potare le labbra all’altezza del suo orecchio. -Non sono un peluche che mi definisci tenera e carina, chiaro?-
Sebastian s’inumidì lentamente le labbra con la punta della lingua, distendendo le labbra in un sorrisetto. - Per quanto possa piacermi la piega che sta prendendo questa situazione non possiamo stare qui a giocare, bambolina. –
Sam lo fulminò un ultima volta con lo sguardo per poi lasciare la presa su di lui, indietreggiando di qualche passo, dandogli poi le spalle mentre con lo sguardo cercava qualcosa con cui coprirsi. I suoi vestiti erano completamenti bagnati. Sospirando si chinò verso il pavimento recuperando la sua maglia e con le dita tentò di rimetterla in sesto, sbattendola un paio di volte.
-E’ proprio necessario che ti rivesta? io ti preferisco di gran lunga in questa versione. –Le soffiò all’orecchio Sebastian arrivandole alle spalle, avvolgendo così completamente il busto di lei con un braccio.
-Avete finito?- La voce incalzante di Simon arrivò attraverso la porta.
Sam sentì Sebastian imprecare a voce bassa e si ritrovò a sorridere senza nemmeno accorgersene. – Vado, oppure lo faccio fuori e ho promesso di non torcere un capello a nessuno. - Sbuffò lui. – Ma tu rivestiti, quel vampiro ha già visto troppo per i miei gusti. -



§



Nonostante non avesse con sé dei vestiti puliti, Sam aveva comunque deciso di farsi una doccia del tutto sconsolata, ma poi la donna della reception aveva bussato alla sua porta dicendole che le era stato detto di potarle un cambio pulito. Sam si era sentita al settimo cielo, non che fossero gli abiti più belli del mondo, un vestito semplice verde dal taglio dritto e un cardigan bianco che risaltava su di esso come un neon, ma in quel momento sembravano perfetti.
Ora si ritrovavano finalmente tutti nella hall ormai deserta, pronti a tornare da dove erano venuti.
-Sentite, appena torniamo dovrò parlare con il vostro stregone. - Stava dicendo Sebastian.
-Sarà alla ricerca di quella spada. - Commentò Clary.
-Non credo che ne avremmo bisogno. - Disse lui con tranquillità.
-Cosa intendi?- Intervenne Simon.
-Che per ora non sono affari vostri. - Tagliò corto il ragazzo e non appena vide che anche Sam li aveva raggiunti, tirò dalla tasca il suo stilo. –Bene, possiamo andare. -
Sebastian si guardò intorno per alcuni istanti poggiando poi la punta dell’oggetto contro la parete e cominciò a disegnare, muoveva la mano con la massima fluidità. Fu in quel momento che Sam si soffermò a osservare lui e Clary, non sembravano neppure fratelli, lui aveva i capelli di quel biondo così innaturale mentre quelli di lei erano rossi e le ricadevano in una cascata di boccoli. Uno aveva gli occhi neri come la notte, solo nel guardarli sembrava che l’oscurità ti penetrasse nelle ossa, invece quelli di Clary erano verdi, quasi come il vestito che ora Sam indossava. Lei a differenza di lui non indossava maschere di freddezza, si mostrava per quello che era, erano come due rappresentanze differenti. Eppure nelle loro vene scorreva lo stesso sangue. Fratelli ma quasi estranei.
Quando Sebastian ebbe terminato di disegnare, una runa si formò sulla parete, e, lentamente, essa si dissolve sostituita da un bagliore accecante che i quattro attraversarono.
La prima cosa che Sam vide non appena giunsero dall’altro lato del portale fu una libreria, quella stanza aveva un aspetto familiare, ma non sapeva definirlo. Era la casa di Magnus? Nonostante sembrasse l’abitazione dello stregone, Sam, non poté non notare che era arredata in un modo completamente differente dall’ultima volta in cui era stata in quella cucina.
Sentì qualcuno correre al suo fianco e poi riconobbe i capelli dorati di Jace e il suo profilo, correre verso Clary, stringendola fra le sue braccia.
Passare attraverso il portale l’aveva stordita.
-Sam!- Era una voce gentile e calda a richiamare la sua attenzione.
La ragazza sollevò lo sguardo a fatica e si trovò a incrociare degli occhi terribilmente azzurri in contrasto con i suoi capelli neri. - Alec.- Disse quasi in un sussurro e si gettò verso l’amico, abbracciandolo. –Mi dispiace tanto, non volevo piantarti in quel posto. - parlò di getto portando il mento sulla spalla del cacciatore.
-E’ tutto okay- Le rispose l’altro con dolcezza, accarezzandole la schiena.
-Beh, non è proprio tutto okay, ma a quanto pare Alexander vuole sentirsi positivo. - Commentò la voce di Magnus, comparendo poi oltre la spalla del ragazzo.
Sam si sentì pietrificare, l’ultima volta che aveva visto lo stregone gli aveva praticamente urlato addosso, dando sfogo a tutta la sua frustrazione per poi svanire.
-Magnus.- Disse a voce bassa, allontanandosi da Alec. –Mi dispiace per essere fuggita via così.-.
- Senza rancore angioletto, non pensarci più. - Annuì piano lo stregone, poggiando una mano sulla sua spalla. –Sono felice che tu non ti sia fatta uccidere. - Fece una pausa. –E lo sarà anche il nostro caro Sebastian, che vedo ancora in mezzo a noi. - Commentò portando lo sguardo verso il cacciatore che si era limitato a osservare la scena. –Visto Jocelyn e tu che dicevi di non fidarti del tuo figlioletto. –
Figlioletto? Sam voltò di scatto il viso verso la donna che ora Magnus stava guardando. Ma non solo lui, anche Sebastian stava osservando quella donna dai capelli dello stesso colore di Clary e i lineamenti delicati, solo che lo sguardo di Sebastian era carico di risentimento. Lei era sua madre?
Jocelyn ignorò del tutto le parole dello stregone e si voltò appena verso Sam, osservandola. –Vedo che ti hanno ridotta male, mi dispiace tanto cara. - Disse con dolcezza, avvicinandosi appena. – Magnus potrebbe aiutarti a mandare via tutti questi lividi,  ma puoi riposare un po’ prima. -
-Smettila con questi inutili convenevoli. - Esclamò Sebastian.
La donna si voltò verso di lui. – Cosa vuoi, Jonathan?-
-Ti ho già detto di non chiamarmi in quel modo.- Scattò lui.- Non ne hai il diritto, non sei una madre per me e mai lo sarai. Sai perfettamente che sei la prima su cui finirà la mia ira non appena tutto questo sarà finito, e non credere che sarò gentile, gusterò quel momento fino alla fine.-
Sam inorridì nel sentire Sebastian parlare in quel modo, sembrava di rivedere Matt davanti ai suoi occhi. –Sebastian.- sussurrò portando un braccio sul gomito di lui, tentando di tirarlo indietro. – Calmati, per favore.-
Lui all’inizio sembrò sordo al richiamo di lei ma poi distolse lo sguardo dagli occhi di Jocelyn per voltare il viso verso la ragazza. – Lei sa cose su di te Sam, cose che non dirà.-
Lei lo guardò per alcuni istanti, prendendo un lungo respiro, prima di ripotare lo sguardo sulla donna. – Di cosa sta parlando?-  
Jocelyn che non si era scomposta minimamente, tirò su il naso. –Non posso parlartene ora e qui, ma presto saprai tutto il necessario, te lo prometto.- Le disse con calma.
-Sai la natura delle mie capacità?- Chiese nuovamente Sam trattenendo il respiro.
La donna annuì. –Ma ora non posso dirtelo. – Sussurrò. – Per ora andate a riposare, domani andremo alla ricerca di quella spalla e avremo bisogno di forze.-
-Non cercheremo nessuna spada.- Disse Sebastian.
-Ma cosa stai dicendo?- Ribatté Magnus.
-Avevi promesso di aiutarci!- Esclamò Clary.
-Ehi, calma.- Li zittì lui. –Non cercheremo la spada perché abbiamo un’arma più potente. –
-Sarebbe?-
-Lei.- Rispose Sebastian indicando Sam che lo guardò confusa.
-Sei forse impazzito? La metterai solo in pericolo!- Esclamò Magnus.
-Io non la metto in pericolo, io so che ha tutto il potenziale per far fuori quella specie di scherzo della natura. Lei è abbastanza forte per fare qualsiasi cosa.-
- Ma non ha neanche un allenamento fisico adatto.- Commentò Clary.
-Per ora.- Sussurrò il cacciatore puntando gli occhi in quelli della madre che stava annuendo lentamente.






NOTE D’AUTRICE 
Salve a tutte, come state? Spero bene!
Allora, prima di passare al capitolo avrei bisogno di parlarvi di una cosa. Ultimamente ho notato di aver perso alcune persone per la strada, ho paura che la mia storia stia diventando noioso, pensante o ripetitiva, se così fosse vi chiederei davvero di dirmelo. Sono pronta a tutte le critiche di questo mondo, anzi, potete farmi anche solo quelle, ho bisogno di capire se vale la pena continuare oppure no.. Non sono una di quelle autrici che scrive per le recensioni ma se poi la storia ha un calo, uno qualche domanda inizia a farsela… quindi niente, vi prego di cuore di spendere anche solo dieci secondi o una riga per farmi sapere se vale la pena continuare ad impegnarmi in tutto questo o sia meglio abbandonare un progetto destinato a essere un qualcosa di obbrobrioso.
Bene, detto questo, spero che vi sia piaciuto, concretamente non si scopre niente di nuovo o cose così, però ho voluto regalare ai nostri protagonisti un momento di leggerezza dove ricordare cosa significa ridere o amare.
Un bacione a tutte e come sempre grazie di cuore per essere qui.
Vi stringo.


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Credits
: Per la barra prima delle note a : yingsu

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Capitolo 19
*** Capitolo 18. ***


sssss







» Capitolo 18
                                 
«Se le persone fossero state pioggia, io sarei stato pioggerellina e lei un uragano. »  (Looking for Alaska- John Green)





Sam iniziò seriamente a pensare che in quel posto avessero intenzione di ucciderla, la sola idea di doversi “allenare” con Sebastian la paralizzava, non che pensasse che il cacciatore le avrebbe fatto del male, ma farsi prendere a botte da persone che si allenavano per quello da una vita non era un’opzione molto gioiosa.
-Allora, esci da lì o devo venirti a prendere di peso?-
La voce di Sebastian echeggiò all’interno del piccolo spogliatoio in cui si trovava in quel momento. Dopo che tutti si erano messi a complottare tra loro era stata trascinata all’istituto di New York, l’unico posto dove secondo detta di Jace “Avrebbe avuto tutto il necessario per rinforzare i muscoli”. Aveva indossato una tuta che le era stata prestata da Isabelle, per quanto avesse tentato di infilarsi i pantaloni di Clary, non c’era proprio riuscita, le arrivavano almeno cinque centimetri sopra le caviglie mettendo in evidenza la loro differente statura.
Prese un lungo respiro muovendo alcuni passi, superando così la soglia della porta della palestra e quando il suo sguardo ricadde su Sebastian, intento a sistemare alcuni tappetini nel centro della stanza, si sentì mozzare il fiato. Il ragazzo non indossava la sua tenuta da cacciatore, ma una maglietta bianca e dei pantaloni da tuta, mettendogli così in risalto i muscoli delle spalle e quelli delle braccia che si tendevano mentre sollevava uno dei tappeti che Sam suppose avrebbero fatto da ring.
-Eccomi. - Esordì avvicinandosi a lui, mentre lasciava scivolare le dita tra i capelli che aveva sistemato in una coda alta.
-Sei pronta?-
Sam annuì lentamente consapevole che anche se avesse detto di no, niente sarebbe cambiato.
Seguì Sebastian al centro dei tappetini, che sotto il suo peso si abbassarono come un materasso, e raggiunse così l’altro capo del quadrato, portandosi di fronte a lui.
-Con cosa iniziamo?-
Non ebbe nemmeno il tempo di terminare la frase che lui le arrivò addosso gettandola a terra. Il ragazzo sollevò una mano che strinse intorno al collo della ragazza facendo in quel modo una pressione con le dita, soffocandola. Sam, all'inizio, del tutto colta di sorpresa non riuscì nemmeno a trovare la forza di spostare il corpo di lui dal suo, lasciando così che le sue dita le impedissero di respirare.
Alzò anche lei le mani che strinse intorno ai suoi polsi, tentando in tutti modi di tirarle via.
-Sebastian, mi stai facendo male. - Disse in un sussurro, la stretta era sempre più forte e con essa aumentavano anche le vertigini.
-Pensi che una supplica faccia in modo che il tuo avversario ti risparmi?- Le ringhiò lui all’orecchio. - La risposta è no. No qualcuno che vuole la tua morte. - Fece una pausa aumentando la stretta. –Combatti. –Le urlò.
-Ma se mi ammazzi ora, nemmeno ci arrivo in quella situazione. –Bofonchiò lei.
-Però la forza per parlare ce l’hai. - Commentò lui. –Concentrati!-
Sam chiuse gli occhi, la presa di Sebastian sul suo collo diventava sempre più forte e mentre quella si rafforzava, il suo corpo diventava più debole. Concentrarsi?  Doveva concentrarsi su cosa? Sul fatto che il ragazzo al quale si era avvinghiata allegramente più volte, ora la stesse ammazzando? Avrebbero potuto scriverci una tragedia.
Tentò in tutti modi di sgombrare la mente, stringendo con forza le mani attorno ai polsi di lui, cercando in tutti modi di respingerlo e qualcosa accadde. La stretta delle dita di Sebastian divenne sempre più sopportabile, fino a sembrare una di quelle carezze che le infiammavano la pelle. Così aprì gli occhi per vedere perché l’avesse lasciata andare ma dal sorriso che lui aveva sulle labbra, capì che non era stato lui a togliere le mani. Era stata lei.
Si sollevò appena sulla schiena, tentando di recuperare l’aria, tossendo a scatti e massaggiandosi il collo. –Come ci sono riuscita?- disse in un sussurro.
-Lo sapevo che potevi farlo.- Disse lui sorridendole soddisfatto.
-Quindi mi hai quasi uccisa perché sapevi che potevo respingerti?- Chiese lei aggrottando un sopracciglio.
Lui scosse la testa. –In realtà non lo sapevo, ho solo provato.-
-COSA?- Urlò lei sconvolta. –Potevi farmi fuori.-
-Non l’avrei fatto.-
-Stavo quasi per morire soffocata.-
-Appunto, quasi, se fossi morta ora non dovrei subirmi le tue urla.-
Sam abbassò lo sguardo sulla propria mano che strinse in un pugno e poi lo rialzò su di lui, avanzando con un piede in avanti e con tutta la forza che aveva nel braccio lo sollevò, colpendo così in pieno viso Sebastian che ricadde di schiena contro il pavimento.
-Questo è per avermi QUASI uccisa.- Disse Sam abbassandosi su di lui, mettendo così le ginocchia di fianco alla sua vita e sedendosi poi sul suo ventre, pronta a colpirlo ancora.
-Te l’ho già detto che ho un debole per le ragazze violente. – Disse lui divertito, asciugandosi con il pollice della mano un rivolo di sangue che gli era ricaduto lungo le labbra.
-Sta zitto.- Tagliò corto lei ma mentre sollevava nuovamente il pugno, entrambe le mani di Sebastian strinsero i suoi fianchi in una stretta salda e con un movimento veloce il cacciatore la chinò su di lui, per poi rotolare su un fianco in modo da invertire le posizioni.
Ora il corpo di Sam era schiacciato sotto quello di Sebastian, tentando in tutti i modi di liberare la stretta che lui aveva sui suoi polsi incollandoli al pavimento.
-Dicevo? Ah sì, adoro le ragazze violente.- Quasi sussurrò mentre si chinava sul collo di lei, accarezzandone la pelle con la punta del naso.
-Oh, davvero? Ora giochi la carta del “seduciamo la deficiente”?- Borbottò Sam, allontanando bruscamente il collo, incollandolo maggiormente al pavimento.
-Chi? Io? Ma ti pare.- Rispose lui fintamente indignato per poi lasciare sul suo viso solo spazio a un sorrisetto, uno di quelli che facevano venire voglia a Sam di fargli una faccia di schiaffi.
Sebastian si chinò nuovamente su di lei, facendo incontrare questa volta le punte dei loro nasi, per poi scendere sulle sue labbra che baciò. Sam serrò le sue impedendogli l’accesso, ma lui le mordicchiò con più forza il labbro inferiore così che lei fu costretta a schiuderle e il cacciatore impiegò pochi istanti per rendere quel contatto più profondo. Mosse la lingua nella bocca di lei esplorandola meticolosamente con la punta di essa fino a trovare la sua, che intrecciò con la propria, iniziando a muoverle insieme in una specie di danza perfettamente sincronizzata.
Sam riusciva a sentire ogni parte del suo corpo contro il proprio, era come se fossero una cosa sola, nonostante quel bacio l’annebbiasse del tutto la mente, tentava con ogni forza di non cedere e di trovare un modo per allontanarlo da se. L’avrebbe baciato in un altro momento, eccome se lo avrebbe fatto, ma ora, ora voleva solo fargli capire che con lei quei giochetti non funzionavano.
Mosse appena le gambe e approfittando della sua distrazione, posizionò un ginocchio in mezzo alle sue gambe e con un movimento veloce colpì verso l’alto, puntando direttamente alle sue parti basse.
Sebastian interruppe il contatto delle loro labbra balzando più per la sorpresa che per il dolore e Sam ne approfittò per scivolare via dalla sua presa e rimettersi in piedi.
-Punto prima, evita i tuoi modi da macho con me, perché se no questa è la prima ginocchiata di una lunga serie.- Disse lei, guardando il cacciatore che aveva la faccia contratta per il dolore.
- Tesoro, portandomi alla castrazione, ci perdi solo tu.-
A quel commento Sam si sentì avvampare, ma tentò in tutti modi di nasconderlo, il pensiero di quello che lei e Sebastian avevano condiviso la mandava ancora maledettamente a fuoco, nonostante nessuno dei due ne avesse più fatto parola.
Perché l’attrazione doveva essere così dannatamente forte? Delle volte aveva difficoltà perfino a stargli vicino e tutto quell’avvinghiarsi di poco prima aveva solo fatto aumentare le palpitazioni.
Si portò una mano sul fianco tentando di non mostrarsi come una mosca affascinata dalle luci elettriche delle lampade, così come la mosca si bruciava al contatto con la luce questo accadeva a lei quando Sebastian la toccava.
-Possiamo finirla per oggi?- Buttò lì.
-Ma se non abbiamo iniziato da neppure dieci minuti.- Sebastian aggrottò la fronte contrariato.
- Per favore.- Ripeté lei, distogliendo lo sguardo da lui.
Lui la osservò per qualche istante e poi la sua espressione mutò, sembrava preoccupato. – Ti fa male in qualche punto?- Le chiese avvicinandosi a lei.
Sam istintivamente fece un passo indietro, per poi bloccarsi sentendosi un’emerita idiota. –Nono e che…-
-Sì?- La incalzò lui ma la sua espressione era cambiata, non era più pensieroso, anzi, appariva divertito.
-Sì, ho un dolore lancinante al fianco, penso sia meglio che mi sdrai.- Mentì lei.
-Aspetta.- Sebastian fece una pausa chinandosi appena e portando una mano dietro al suo fianco, premendo appena le dita contro la stoffa della sua maglia. –E’ qui che ti fa male?-
Sam lo maledisse mentalmente un minimo di dieci volte, i loro visi erano talmente vicini da riuscire a percepire il respiro di lui sulla pelle. –E dannazione!- Esclamò.
-Cos...- Ma il cacciatore non ebbe nemmeno il tempo di terminare la frase, le labbra di Sam si erano fiondate sulle sue cercando quel contatto disperatamente e stringendogli entrambe le braccia intorno al collo in modo da rendere quel contatto più profondo.
Mentre le loro lingue tornavano a unirsi nuovamente, Sebastian strinse entrambe le mani intorno ai fianchi di lei in una presa salda e tirandola così indietro in direzione degli spogliatoi.
Sam indietreggiò lasciandosi guidare da lui mentre abbandonava le sue labbra per scendere in direzione della mascella che mordicchiò, stringendo la pelle tra i denti.
Sebastian si lasciò sfuggire un sospiro, prendendola così di peso e sollevandosela addosso. –Piano bambina, non qui. – Sussurrò appena e raggiunse la porta degli spogliatoi che aprì con un calcio, chiudendo la serratura.
Riportò l’attenzione a Sam cercando nuovamente le sue labbra e premendo con forza contro il suo corpo, stringendola così tra la sua figura e la parete. Strinse tra entrambe le dita il bordo della sua maglia che sfilò via velocemente, scendendo poi a baciarle il collo, lambendo una porzione di pelle con labbra e succhiando appena in quel punto portando il sangue in superficie.
Sam schiuse le labbra a quel contatto, stringendo le dita intorno al tessuto della maglia di lui, che poco dopo sfilò via, facendo ricadere lo sguardo sul torso ora nudo di Sebastian, che nel frattempo le aveva sciolto i capelli, cosicché le ricadessero sulle spalle disordinatamente. Lei poggiò entrambe le mani sul suo petto, chinando poco dopo anche il viso e iniziando a tracciare una scia di baci lungo la sua clavicola, scendendo sempre maggiormente verso il suo petto, mentre con la punta delle dita tracciava il contorno della muscolatura.
-Sam…- Sussurrò Sebastian mentre s’intrecciava tra le dita i capelli di lei, carezzandoli lentamente tra le mani e usandoli come punto di sfogo per ogni vibrazione che attraversava il suo corpo al contatto delle sue labbra.
L’attenzione di Sebastian ritornò al corpo di Sam e dopo aver percorso con le dita il suo busto, portò le mani alla molla dei pantaloni della tuta e iniziò a chinarli verso il basso, abbassandosi anche lui in automatico, con le gambe, in modo da tracciare un percorso con le labbra che partiva dal suo interno coscia e scendendo in direzione delle ginocchia.
Non ci volle molto e anche i pantaloni di lui furono sfilati, cosicché Sebastian le avvolse il busto con una mano stringendola maggiormente contro la parete.
-Sei così bella.- Sussurrò fermandosi qualche istante a fissare gli occhi nocciola di lei.
Sam non riuscì a trattenere un sorriso e poggiò la fronte contro quella di lui. –Tu lo sei. Lo sei così tanto da mozzarmi il fiato.- la ragazza lo sentì sorridere contro la propria pelle e poi con un movimento delle braccia la sollevò facendole avvolgere le gambe intorno ai suoi fianchi. Ed erano una cosa sola.
Sin da subito Sam capì che sarebbe stato differente dalla prima volta, in tutto quello c’era amore ma anche frustrazione, dolore e parole che nessuno aveva il coraggio di pronunciare. Ma mai come in quell’istante si sentì completa e al suo posto.


§


-Qualsiasi cosa avete intenzione di fare, dovete farlo stanotte!- Magnus rivolse i suoi occhi da gatto in direzione del viso ora contratto di Jocelyn. –Non basta solo la forza fisica, alcune persone, come Sam, traggono maggiore energie attraverso gli elementi naturali! Stasera ci sarà la luna piena, uno dei massimi aiuti per gli stregoni e gli…-
-Ma lui è anche un licantropo, ne trarrà forza anche per se stesso!- Lo interruppe Jocelyn.
Magnus sospirò profondamente. –Ascolta, se Sam riuscisse a controllarsi, sarebbe più facile di uno schiocco di dita liberarsi di Matthew!-
Jocelyn trasalì. –Parla a voce bassa, non farmi pentire di averti detto quello che so sulla ragazza.- Poi respirò profondamente, lasciandosi ricadere sulla grossa poltrona del soggiorno dello stregone. – Ho paura che non ne sia capace, che non riesca a controllare il suo potenziale e che lui la uccida.-
-Sai perfettamente cosa fare perché lei lo liberi!- Esclamò lui, stringendo le dita contro il tessuto del divano. –Non capisco cosa ti trattiene, Jocelyn.-
La donna sospirò stancamente chiudendo gli occhi. –Jonathan.- disse in un sussurro. –Credo che la ami e se è riuscita a redimere il cuore di un demone… Non so, forse può guarirlo da quello che gli ha fatto Valentine.- Fece una lunga pausa abbassando lo sguardo sulle proprie mani. –Purificarlo dal sangue di demone e riavere indietro mio figlio.-
-Tu non nutri affetto per quella persona.- Puntualizzò Magnus.
-Ma potremmo avere una seconda opportunità per essere una famiglia.-
- Jocelyn, è troppo semplice amare le cose pure e belle. Tu hai odiato il sangue del tuo sangue solo perché era la tua più grande paura e ora non credo che lui ti perdonerà mai.- Mormorò Magnus. –Sei sua madre ma non sarai mai la sua mamma.-
La donna lo guardò alcuni istanti restando in silenzio, serrando il labbro inferiore nella stretta dei propri denti.
-Sam è differente, lo sappiamo entrambi, penso che possa essere una conseguenza della sua natura a portarla verso le anime perdute, è quello che fanno gl…-
-Non dire quella parola.- Lo ammonì Jocelyn. –Potrebbero sentirci.-
-Quale parola?-
Sia Magnus che la donna voltarono di scatto il viso, portando gli occhi sulla figura di Sam che se ne stava a braccia incrociate con la spalla poggiata allo stipite della porta.
-Da quando sei qui?- Sussurrò Jocelyn.
-Da quanto basta.- Rispose lei.
- Lo sai che origliare è maleducazione?- commentò Magnus, rilassandosi nuovamente contro il cuscino morbido del divano.
Sam scosse la testa. –No se l’argomento in questione mi riguarda.- Dopo di che lasciò scorrere lo sguardo sul viso di Jocelyn, lanciandole un’occhiata piena di risentimento. –Ora io farò le domande e voi risponderete. Se solo osate fare gli enigmatici vi giuro che vi mando a fuoco, alcune cose so controllarle.- E dopo aver pronunciato l’ultima frase guardò nuovamente la donna.
-Sono un libro aperto per te, tesoro.- Borbottò Magnus. –La donna dei segreti è lei, non io.-
-Bene, donna dei segreti.- Sam chinò appena il volto facendo una pausa. –Chi è Valentine?-
-Ma ora cosa c’entra il marito pazzo? Sei qui per sapere qualcosa su di te o per risolvere l’enigmatica esistenza del tuo fidanzatino?- Commentò lo stregone.
-Entrambe.-
Jocelyn reggette lo sguardo di lei, per poi annuire lentamente. –Era mio marito e il padre di Jonathan.-
Sam sollevò un mano, facendole il segno di proseguire. –Quando io ero incinta di Jonathan, Valentine evocò Lilith, la madre degli stregoni e un demone superiore, chiedendole di darle il suo sangue. Lei lo fece e mio marito tramite tisane e decotti, riuscì a farmi ingerire quel sangue, ogni notte ero tormentata da incubi e quando Jonathan nacque… Io.- Jocelyn chiuse gli occhi facendo una pausa. –Lo vidi, aveva gli occhi così neri che sembravano due buche, lo odiai, quello non era il mio bambino. Valentine lo aveva trasformato in un mostro. –
-Lui non è un mostro.- Sussurrò Sam.
-Lo è.- Ribatté Jocelyn. –Ha fatte tante cose, ha ucciso come se fosse il suo più grande divertimento. Non provava pietà neanche per i bambini. Lui è solo…-
-Non è la persona che ho conosciuto io.- Commentò lei, stringendo le mani in due pugni.
-Lo so, ed è questa l’anomalia, lui non può amare, eppure… - La voce le morì in gola. – Con Magnus pensiamo sia per via della tua natura.-
-E cosa sarei?- Chiese immediatamente lei.
Non risposero.
-Cosa sono.- Ripeté lei calcando le parole con la voce.
Jocelyn girò il viso verso Magnus, frustrata. –Non è pronta per saperlo.-
-Se è pronta per combattere sarà pronta anche per quello.- Rispose lo stregone.
-Non fate come se io non fossi qui.- Sam respirò profondamente. –Rispondetemi.- Urlò.
- Non mi caverai una sola parola.- Rispose Jocelyn, alzandosi in piedi e portandosi di fronte a lei. – Mi dispiace.-
Sam chiuse gli occhi e sentì qualcosa cambiare dentro di lei, una forza che sapeva di non possedere normalmente, ma che ora sentiva sua. Li aprì nuovamente e puntò lo sguardo negli occhi verdi di lei, per poi sollevare una mano e con un scatto veloce colpì la donna in pieno viso.
L’impatto fece ribalzare Jocelyn nuovamente sulla poltrona, portandosi istintivamente una mano sul volto, il punto in cui Sam aveva colpito la sua pelle sembrava andare in fiamme costringendola ad ansimare per il dolore.
Magnus balzò in piedi, cercando di frapporsi tra le due, ma quando incrociò lo sguardo di Sam gli sembrò che le sue pupille andassero a fuoco. La ragazza lo superò e si chinò su Jocelyn, portando il viso a un centimetri dal suo.- Non ho idea di chi tu sia, non sei nessuno per controllare cosa ho diritto di sapere o no, quindi o parli o dovrò fare cose spiacevoli per ottenerle.- Mormorò a denti stretti.
-Io direi che molto più pronta di quanto pensi.- Commentò Magnus riferendosi alla sberla che aveva ricevuto la donna in pieno viso.
Jocelyn ansimò appena e poi alzò le mani in segno di resa. –Va bene, ti dirò tutto quello che so.-
-Cosa sta succedendo?- Sebastian attraversò la porta, osservando la scena sinceramente confuso.
-Che faccia amico, sembra tu sia reduce da un coffee shop. –Commentò Magnus. Ed era vero, Sebastian non si era mai mostrato a loro con un viso così rilassato, ogni volta aveva quello sguardo che sembrava volesse ucciderli tutti mandando frecce dagli occhi.
-Stanne fuori.- Tagliò corto Sam senza distogliere lo sguardo dal viso di Jocelyn.
- Sam.- Mormorò lui sorpreso.
-Lasciala stare, è momentaneamente posseduta.- Replicò lo stregone.
-Zitti tutti e due.- Esclamò la ragazza girando il viso verso di loro.
-I tuoi occhi…- Commentò Sebastian notando che al nocciola era stato sostituito una dorato che sembrava mandare scintille.
La ragazza lo ignorò e tornò a guardare Jocelyn. –Parla.- le intimò.
-Valentine condusse altri esperimenti.- mormorò la donna.- Questa volta non usò il sangue di demone ma quello di un angelo, Ithuriel. Prima di scappare verso New York ebbi modo di parlare con lui. O meglio, un giorno scesi nello studio, Valentine era uscito e io andai la sotto. Volevo capire cos’altro avesse combinato e quando mi ritroverai il corpo inerme di quell’angelo mi sentii svenire. Lui non parlava, sembrava morto ma non lo era e fu allora che mi disse di te.-
-E’ anche lei vittima degli esperimenti di mio padre?- Chiese Sebastian, stringendo le mani.
Jocelyn scosse la testa. –No, lei non c’entrava nulla con Valentine… Lei era ancora al sicuro in quel periodo. Ma Ithuriel mi disse che andava protetta, i suoi genitori non potevano accudirla, era frutto di un forte amore che non poteva essere consumato ed era stata portata qui per lasciarla crescere senza che rischiasse la vita.-
-Chi erano i miei genitori?- Chiese Sam, ma la sua voce era meno dura.
- Chi sono.- La corresse Jocelyn.
-Sono ancora vivi?- La voce della ragazza si riempì di speranza.
-Sì, lo sono. Ithuriel mi chiese di aiutarti, diceva di sapere che il mio animo era buono e che non avrei lasciato che una bambina morisse. Non dopo quello che Valentine aveva fatto a Jonathan.- Fece una pausa e il suo sguardo vagò sul viso del figlio che era rimasto impassibile. – Ma io non capivo perché volessero far del male a una bambina, allora gli dissi che lo avrei aiutato solo se lui mi avesse raccontato tutta la storia.-
Sam si morse le labbra nervosa, stringendo le dita contro il bracciolo della poltrona. –Continua.-
Jocelyn deglutì appena, per poi annuire. – Tua madre si chiama Ariel, è un arcangelo, sulla Terra è come un'autorità di Dio. E' l'angelo della cura, dell'ira e della creazione.- Sam si sentì mancare.  - Mentre tuo padre prende il nome di Hesediel, per quanto mi disse Ithuriel, fu l'angelo che impedì ad Abramo di sacrificare suo figlio Isacco. Anche lui è un arcangelo, solo che della libertà, della benevolenza,  della grazia, e l'Angelo Patrono di coloro che perdonano. Su tuo padre posso dirti che è uno dei due latori che seguono subito dietro Michele, a testa dell'esercito degli angeli prima della battaglia.-
-Ma questo significa che Sam è una specie di…- Sebastian sollevò lo sguardo sulla ragazza.- …Angelo?-
-Non una specie.- Lo corresse Magnus. –E’ un figlia di due Angeli, questo fa di lei un Angelo.-
-Ma non ha il loro aspetto!- Commentò il ragazzo.
Jocelyn ammiccò in direzione della collana che Sam portava al collo con il ciondolo della runa della protezione. – Quella collana in realtà non la protegge, ne tiene solo a freno i poteri facendola sembrare una comune mortale.-
Sam si portò una mano alla testa, indietreggiando lentamente, allontanandosi così dalla donna. Ogni cosa intorno a lei sembrava girare vorticosamente, le ginocchia diventarle molli e aveva voglia di rimettere.
-Mi sa che il nostro angioletto sta per svenire.- Costatò Magnus sporgendosi in direzione della ragazza e avvolgendole il busto con le braccia in modo da sorreggerla. –Va tutto bene. Respira profondamente e ritrova la lucidità. –Le sussurrò all’orecchio.
Sebastian la fissava come se ora la vedesse per la prima volta, sembrava nervoso . –E’ per questo che l’ibrido vuole ucciderla.- Disse poi. –Incanalando il potere di un Angelo diventerebbe invincibile.-
Jocelyn annuì lentamente. –Esatto.-
A Sam sembravano tutti lontani anni luce, perfino il suo corpo. Come poteva essere vero? Lei era una persona comune, qualcuno che non aveva mai avuto modo di sentirsi speciale.  
-Perché i miei genitori mi hanno abbandonata qui?- Disse poi in un sussurro.
-Perché l’amore tra Ariel e Hesediel non era accettato dagli altri Angeli. Hesediel è uno dei pezzi grossi e se fosse stato legato sentimentalmente a qualcuno, il suo giudizio sarebbe stato offuscato dal mettere davanti prima le persone amate e poi il Trono. Ariel ne era consapevole, sapeva che la figlia di Hesediel sarebbe stata vittima di persecuzioni, così decise di mandarti qui.- Le spiegò Jocelyn.
- Quindi mio padre non mi ha mai voluta?- Chiese nuovamente Sam.
- Come potrebbe un genitore non volere il proprio bambino.- Mormorò la donna.
- Tu lo hai fatto.- Ribatté lei.
Jocelyn si sentì colpire come uno schiaffo da quelle parole, ma poi riprese il proprio contegno e aggiunse. -
Ariel e tuo padre hanno fatto e fanno ancora di tutto per proteggerti, solo che tu non ne sei consapevole. Si sono rivolti ad un Nephilm, perché noi siamo i loro guerrieri, e chi altro poteva proteggerti?-
Sam ebbe l’istinto di chiudere gli occhi, le lacrime premevano per uscire, e quella volte non le trattenne. Lasciò che ricadessero calde lungo le sue guance, rigandole il viso. In quelle lacrime racchiudeva tutto quello che aveva passato, ogni momento che si era sentita fuori posto. Da quando era stata sola in un orfanotrofio, all’amore mai ricevuto dalla famiglia a cui era stata affidata, a come il suo più grande amico l’avesse tradita e al perché i suoi genitori non fossero più tornati a prenderla.
Due mani si strinsero intorno al suo viso, costringendola ad aprire gli occhi. Si ritrovò a specchiarsi negli occhi neri di Sebastian che era in piedi davanti a lei. –Va tutto bene, Sam. Sei sempre tu, non è cambiato niente.- Le sussurrò lui mentre con le dita raccoglieva una sua lacrima.
-Ogni cosa è cambiata.- Rispose lei a voce bassa.
- Non necessariamente, cambierà se tu le darai il potere di farlo.- Le disse lui.
Magnus si era allontanato dai due, avvicinandosi così a Jocelyn poggiandole una mano sulla spalla. La donna sembrava distrutta da tutto quello.
-Sam, lo so che forse non è il momento migliore ma Matt va ucciso. Stasera. – Le disse lo stregone.
-Non ho idea di dove sia.- Disse lei, tirando su il naso.
-Posso provare a trovarlo… ma la domanda è un’altra: tu sei pronta?- Lo sguardo di Magnus era terribilmente serio, ma non la fissava solo lui, anche gli occhi di Jocelyn e Sebastian erano sul suo viso.
Sam sollevò la testa, uno sguardo fiero e una nuova luce negli occhi. - Lo ucciderò e con la sua pelle ci faremo un tappeto.-
Sebastian rise . -Si vede che passi troppo tempo con me.-
La ragazza sollevò l’angolo delle labbra in un sorriso, per poi abbassare lo sguardo sulle sue mani. Aveva così tanto da metabolizzare.  






NOTE D’AUTRICE 
Salve a tutte! Prima di tutto auguri di buona Pasqua, spero che queste vacanze siano andate bene!
In primo luogo vorrei ringraziarvi per le recensioni dello scorso capitolo, siete la dolcezza davvero, sono così fortunata ad avervi.
Poooi, cosa ne pensate del capitolo? Avevate immaginato che dietro i poteri di Sam ci fosse questa storia? Oppure che vi sia piaciuta come cosa?

Avevo pensato di fare una OS su Ariel e Hesediel, non so, una specie di Prequel per farvi capire che tipo di persone erano i genitori di Sam(?) e cosa hanno provato. Secondo voi? Tell me!
Un bacio <3
Vi stringo. 


p.s. 
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Credits
: Per la barra prima delle note a : yingsu

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Capitolo 20
*** Capitlo 19: Angel with a Shotgun. ***









» Capitolo 19
                                 
«Sono un angelo con un fucile da caccia, solo combattendo ho vinto la guerra e non mi importa se il cielo non mi porterà indietro. Butto via la mia fede, voglio tenerti al sicuro. Non lo sai che sei tutto che ho? Ed io stasera voglio vivere, non solo sopravvivere. Dicono che prima di iniziare una guerra bisogna sapere bene per cosa si sta combattendo, bene, se l'amore è quello che ti serve, io sarò un soldato. »  (The Cab - Angel With A Shotgun)





Un leggero vento faceva vorticare la veste velata della donna intorno alle sue gambe, per quanto tentasse di liberarsi dallo strascico, quello continuava a insinuarsi tra esse, rallentando la sua corsa disperata.
Correva verso la sua meta senza soffermarsi per contemplare l’imponente panorama che le si erigeva attorno, probabilmente un occhio umano ne sarebbe stato estasiato, ma per Ariel quella era la sua quotidianità dal giorno della sua creazione. Era giunto il momento, lo sapeva. Il suo cuore lo sapeva.
Da giorni covava un senso di angoscia al quale non riusciva a porre fine, più volte si era sporta lungo la linea di confine - La linea lungo la quale da sempre controllava ogni passo della sua bambina. - tentando di metterla in guardia del pericolo a cui andava incontro.
Ricordava ancora quando quell’essere disgustoso aveva picchiato il suo corpo mortale, tentando di ucciderla. Quella volta Ariel non ce l’aveva fatta ed era intervenuta. Nessuno avrebbe osato toccare mai più sua figlia in quel modo. Per questo doveva correre, doveva avanzare con tutta la forza che aveva in corpo per raggiungere l’unica persona che poteva aiutarla. L’unica persona che amava quella bambina quanto lei.
La sua corsa disperata sembrava rovinare la placida calma che solitamente avvolgeva quel posto e non appena varcò il grosso arco sotto il quale lui era solito passeggiare, l’anima di Ariel s’infuocò come la prima volta alla sua vista.
Ma c’era qualcosa di diverso in lui. L’angelo non aveva il suo consueto aspetto, uno dei tanti che la donna amava, ma si dirigeva in direzione del confine con la sua corporatura mortale.
I capelli gli ricadevano in riccioli disordinati sulla fronte, la sua postura signorile tradiva una rigidità che confermava i pensieri di Ariel.
-Hesediel!- Lo richiamò avvicinandosi a lui e ponendo fine alla sua corsa disperata.
Gli occhi dell’angelo si allargarono e un guizzo di paura li attraversò. –Ariel.- Sussurrò. –Cosa ci fai qui? Lo sai, è…-
-Pericoloso. - Concluse lei al suo posto. –Lo so.- Continuò annuendo appena. –Come potrei dimenticarlo. - Mormorò amaramente.
- Non è saggio stare sulla linea del confine, lo sai. - La rimproverò lui, ma il suo tono di voce spezzato tradiva le sue parole.
-Hesediel.- Ripeté Ariel avvicinandosi a lui. –Ho visto delle cose, nostra figlia è in pericolo. Non posso lasciare che dei mortali versino il suo sangue. -
-Lo so.- Mormorò l’uomo. –Era lì che stavo andando. - disse poi.
Lei allargò gli occhi per la sorpresa. –E saresti partito senza avvertirmi? E’ nostra figlia. Come osi. -
-Lo faccio per proteggerti!- Esclamò Hesediel a denti stretti. –Lo sai a cosa andiamo incontro anche solo mostrandoci insieme. - Il suo tono di voce si ammorbidì nel pronunciare queste ultime parole.
Ariel abbassò appena il viso per poi sollevare nuovamente lo sguardo. –Che spezzino le mie ali in mille pezzi. Io verrò sulla terra con te, è mia figlia e la amo quanto te.-.


§



Sam strinse con forza le dita intorno al ciondolo che portava al collo ormai da una vita. Aveva perso la cognizione del tempo, non aveva idea di quanto tempo fosse trascorso da quando si era seduta su quel letto, sentiva la testa girarle vorticosamente e il peso della verità le era piombato addosso. Ma una parte di lei era felice, finalmente riusciva a spiegarsi il perché di tante cose. Perché i suoi l’avevano abbandonata, il perché del suo sentirsi fuori posto… Eh sì, anche perché ogni tanto abbrustoliva le persone.
Sospirò profondamente e si lasciò ricadere indietro, così che i lunghi capelli castani ricadessero sparpagliati sulla trapunta.
Sentì alcuni colpetti alla porta e poi il viso di Alec spuntò alla ricerca della sua figura. -Sam?-
-E’ arrivato già il momento?- Sussurrò lei senza guardarlo.
Alec scosse la testa e le si avvicinò, sedendosi sul letto, di fianco a lei.  Restarono in silenzio per alcuni istanti ma poi il cacciatore parlò. –Hai paura?-
Sam tenne lo sguardo fisso in direzione del soffitto, stringendo appena le dita intorno alla coperta a fiori che ricopriva il letto della “sua” stanza. –Tu ne avresti?-
-I cacciatori non possono permettersi il lusso della paura. - Mormorò lui. –Okay, ogni tanto sì, ma dobbiamo giocare a fare i duri. - Aggiunse dopo, notando il silenzio di lei.
Sam rise appena e poggiò entrambe le mani sul materasso, in modo da farsi forza e mettersi seduta. –Non ho paura. - Disse guardando Alec negli occhi.
-Sam.- Questa volta fu Simon a sbucare dalla porta, sembrava nervoso. –Devi prepararti. Magnus lo ha trovato. -



 Sia Alec che Simon erano usciti dalla stanza, non prima di averle dato quella che Sam capì essere una tenuta da cacciatore. Non capiva il perché volessero che la indossasse ma Alec le aveva spiegato che era più prudente, l’avrebbe protetta dal veleno di demoni e tante altre spiacevoli alternative.
Sfilò velocemente il maglione che aveva indossato dopo l’incontro in palestra con Sebastian, per poi fare lo stesso con i pantaloni e le scarpe, indossando poco dopo, con non troppa facilità, la tuta nera che ogni cacciatore usava per proteggersi.
Stava armeggiando con la chiusura della cintura, quando una voce attirò la sua attenzione. – Ti serve una mano?- Le chiese Sebastian vedendola in difficoltà.
Sam sollevò lo sguardo verso di lui, chinandolo poi nuovamente in direzione della chiusura, armeggiando con più vivacità. -Devo mettermi dei vestiti, non toglierli. - Commentò.
-Sono bravo anche in quello. - Rispose lui e le arrivò di fronte portando le mani sulla cintura, riuscendo ad abbottonarla con facilità grazie all’esperienza.
-Ti ringrazio. - Sussurrò lei, sollevando le mani lungo il proprio busto per lisciare il tessuto.
- Se non fosse per la mancanza di marchi, saresti una perfetta cacciatrice. - Commentò Sebastian scrutandola con lo sguardo.
Sam inclinò il viso, sollevando appena l’angolo delle labbra. –Quasi lo preferirei. -
Lui la osservò appena, alzando una mano con la quale le scostò una ciocca di capelli dal viso. –Preferiresti una vita fatta solo di guerre? Non è nella tua natura Sam.-
-Almeno sarei a conoscenza del mio posto nel mondo. - Sussurrò lei.
-Te l’ho già detto in passato, essere qualcosa di prezioso è sia pericoloso che ambito, non aver paura della tua natura, dominala. –
Sam sollevò lo sguardo verso i suoi occhi e si strinse le braccia contro il ventre, respirando profondamente. –Sebastian.- mormorò poi. –Perché tu sei venuto a cercarmi?-
-Quando Matthew ti ha rapita?-
Sam scosse la testa. –No, dal principio. Quando tu mi ha portato via da qui e poi mi hai inseguita nel passato. -
Sebastian irrigidì la mascella. –Non sapevo della tua natura ma sapevo che eri un’arma da dover tenere dalla mia parte. - Disse lui sincero.
Sam si sentì contorce lo stomaco quando lui si riferì a lei come un oggetto. – Come lo avevi scoperto?- Chiese ancora.
Sebastian restò in silenzio per alcuni istanti. –Matt.-
Sam spalancò gli occhi. –Che cosa?!- Esclamò.
-Inizialmente voleva che io mi alleassi con lui, quindi ho valutato la cosa, ti ho conosciuta e ho cercato di capire se c’era davvero quel che diceva.- Rispose lui.
La ragazza indietreggiò di un passo. –Tu…- Deglutì senza riuscire a concludere la frase.
-No!- Scattò Sebastian. –Fammi terminare.- Aggiunse subito muovendosi verso di lei per colmare la distanza appena creata. –Ti ho conosciuta e ho capito che non riuscivo a vederti solo come un oggetto, eri una ragazza, una ragazza che mi attirava come una calamita.-
Lei lo guardò dubbiosa con il terrore negli occhi.
-Credi che se il mio obiettivo fosse stato portarti da lui, mi sarei alleato con questa gente per poterti salvare?- Esclamò.
Sam abbassò lo sguardo, puntando gli occhi sulle sue mani, dopo di che lo sollevò nuovamente verso il viso di Sebastian. –Ti amo.-
Sebastian spalancò per la prima volta gli occhi, la sorpresa e quelle parole sembravano averlo colpito come uno schiaffo. –Cos…- Tentò di dire.
-Ti amo.- Ripeté Sam interrompendolo. –Ti amo come Jonathan e come Sebastian, ti amo in qualsiasi modo tu decida di farti chiamare. Lo so che pensi che l’amore sia qualcosa che non ti appartiene ma visto che non so cosa sarà del mio destino, oggi preferisco dirtelo.- Fece una pausa stringendo le mani in due pugni. –Voglio che tu sappia che al mondo c’è qualcuno che ti ama e che lo farà sempre.-
-Sam…- Mormorò lui.
-Shh, non dire niente.- Replicò lei portando l’indice sulle sua bocca. –Ne riparleremo quando tutto sarà finito.- Sussurrò e al suo dito sostituì le labbra con le quali stampò un lungo bacio su quelle di Sebastian.
-Andiamo.- Mormorò dopo un po’ il cacciatore, guardandola negli occhi.

Aveva lasciato che Sebastian uscisse dalla stanza, necessitava di alcuni istanti da sola con se stessa. Non riusciva a credere di averlo fatto davvero, gli aveva detto che lei lo amava. Ma era giusto così. Lui doveva saperlo, per quanto fosse stato difficile sopportare di non sentire una sua risposta, Sam sapeva che era meglio aspettare. Infondo non le interessava se lui non provasse le stesse cose, l’importante era che lei lo amava e non gliene importava di tutti i fardelli della sua anima. Voleva solo aiutarlo a guarire, a mandare via quel sangue marcio che gli scorreva nelle vene facendolo sentire in quel modo.
Quando uscì dalla stanza li trovo tutti nel salone di Magnus, erano armati fino al collo e si muovevano alla perfezione nelle loro tute.
-Bene, ora che anche il nostro angioletto è arrivato possiamo andare.- Commentò Magnus facendo scoccare più volte le dita.
-Dove siamo diretti?- Gli chiese Isabelle mentre lasciava cadere la lunga treccia su di una spalla.
-Nelle vicinanze del lago Teshekpuk .- Esordì Shauna. Sam notò per la prima volta la sua presenza, cosa ci faceva lei lì? – Si trova nelle vicinanze della costa artica in Alaska , a sud di Pitt Point- Spiegò il licantropo.
-Mi congelo solo a pensarci.- Commentò Isabelle. –Scegliessero mai un bel posto accogliente!-
-E’ una missione, non una vacanza.- Puntualizzò Jace.
-Come fate a sapere che sarà lì?- Disse poco dopo Clary.
-Non sarà lì.- La corresse Magnus. –Ma è lì che stanotte arriverà.-


§


Ogni volta che attraversavano un portale la stessa sensazione di vuoto percorreva il corpo di Sam, tappandole le orecchie come se ci fosse stato un improvviso sbalzo di pressione. Quando i suoi stivali entrarono in contatto con la neve, si circondò automaticamente le braccia, colta di sorpresa dal freddo che le penetrava nelle ossa.
Nel momento in cui alzò lo sguardo si sentì mozzare il fiato. Un’immensa distesa di acqua ghiacciata si estendeva davanti ai loro occhi, tutti intorno era completamente ricoperto da uno strato di neve, ormai diventata ghiaccio, rendendo il paesaggio talmente bianco da accecare gli occhi di chi lo guardasse per troppo tempo.
-Tiene, prendi questa.- Le disse Jace, passandole tra le mani una spada angelica. –Mi hanno detto che con queste fai faville.- Commentò poco dopo.
Sam accettò la spada, pronta per metterla nell’apposito contenitore all’interno della cintura, ma non appena strinse le dita intorno all’impugnatura, questa prese a brillare costringendo tutti a coprirsi gli occhi.
-Wow.- Sussurrò Jace. –Impressionante. –
-Attenta Sam, ora ti chiederà di fare qualche scambio di sangue, così potrà diventare più forte.- Commentò Simon.
Jace sollevò lo sguardo, fulminandolo
-Tra quanto dovrebbe essere qui?- Chiese Sebastian a Shauna.
Lei alzò il viso verso il cielo, scrutando con attenzione le nuvole che lo ricoprivano. –Non manca molto.-
-Come fai a saperlo?- Le chiese Sam.
-Lo so e basta.- Tagliò corto lei.
Sam stava per replicare ma un forte boato nel cielo attirò la sua attenzione. Era come se qualcuno avesse appena deciso di sparare i fuochi d’artificio, solo che a quella scintilla non ne seguirono altre. Un solitario colpo nella notte.
-E’ lui?- Chiese Alec, mettendosi in posizione di difesa.
-No.- Disse Sebastian tentando di aguzzare la vista. –E’ qualcos’altro. –Mormorò.
Tutti girarono il viso nella direzione del punto in cui qualche istante prima era apparsa quella scintilla luminosa, ma per quanto Sam tentasse di concentrarsi, non riuscì a vedere più niente.
-Cos’era?- Sussurrò.
-Credo sia difficile per voi scoprirlo visto che guardate nel punto sbagliato.- Commentò una voce alle loro spalle. Una voce che lei non conosceva.
Sam si voltò di scattò e il suo sguardo si posò su due figure. Una era un uomo, era alto e con le spalle larghe, i capelli scuri sistemati ordinatamente sulla fronte e i suoi occhi dorati risaltavano sul suo viso come due lampadine. Era bello, ma di una bellezza superiore, una bellezza che Sam non conosceva.
L’altra invece era una donna. Aveva i lunghi capelli che li ricadevano in onde scure sulle spalle, la vita sottile, un nasino perfettamente proporzionato per il suo viso e le labbra carnose distese in un sorriso. I suoi occhi verdi erano puntati sul viso di Sam e sembrava sul punto di piangere.
-Chi siete?- Chiese Sebastian sulla difensiva.
- Mi ripeti il suo nome?- Chiese l’uomo alla donna, mentre teneva lo sguardo fisso su Sebastian.
-Jonathan, anche se tutti lo chiamano Sebastian.- Lo informò lei, la sua voce era calda e dolce, come una carezza. –E sinceramente, caro, io preferisco Jonathan. E’ molto più di classe, non lo credi anche tu Samantha? –
Sam sbattè le palpebre per la sorpresa, deglutendo a vuoto.
La donna scrollò le spalle. –Ma infondo cosa importa? Tu lo ami comunque, qualsiasi sia il suo nome. Vero bambina mia?-
Il primo istinto naturale di Sam fu di arrossire violentemente alle parole della donna, ma poi qualcosa nelle sue parole la fece concentrare su altro. –Chi sei?- Chiese in un sussurro.
-Ariel?- Questa volta fu Jocelyn a parlare.
Sam si sentì le vertigini e quando la donna annuì pensò di star per svenire, quella donna così bella era sua madre? Quindi l’uomo con lei era Hesediel?
Indietreggiò di alcuni passi, scontrandosi contro un muro di carne. Sollevò lo sguardo e intercetto lo sguardo di Sebastian, la sua espressione era indecifrabile.
-Non avere paura.- Sussurrò Ariel. –Io e tuo padre siamo qui per proteggerti.- 
Mosse alcuni passi verso di lei, sollevando una mano e portandola sulla guancia della ragazza. A quel contatto Sam sentì qualcosa vibrarle attraverso l’anima.
 -Come sei cresciuta.- Aggiunse poi.- Ricordo ancora il giorno della tua nascita.- Sussurrò con malinconia.- Tuo padre aveva avuto la pessima idea di chiamarti Samuela, è un nome molto importante per Arcangeli del suo grado, significa "nome di Dio", ma visto che a me non piaceva decisi di creare qualcosa di unico, Sam per Samuele e Antha, che deriva dal greco anthos. Significa fiore. Perchè tu sei sempre stato il nostro fiore più bello piccola mia. -Mormorò e gli occhi le si riempirono le di lacrime.
-Ariel.- La voce di Hesediel richiamò la donna. –Devi essere più cauta con lei, non puoi travolgerla così.- Concluse e rivolse prima uno sguardo carico di orgoglio in direzione della figlia, poi mosse alcuni passi, avvicinandosi alla donna.
Sam era completamente travolta dalle emozioni, non pensava che un giorno si sarebbe trovata davanti ai suoi genitori, non si aspettava che fossero così…belli. Anche solo guardarli le trasmetteva una pace interiore così ampia da farle socchiudere gli occhi.
Sentì una mano scivolare all’interno della sua, sollevò lo sguardo girando di poco il volto e al suo fianco c’era Sebastian. Le stringeva la mano con forza ma anche dolcezza, disegnandole dei piccoli cerchi sulla pelle con il pollice, voleva farle capire che lui era lì per lei. Era così cambiato da quando si erano conosciuti.
Sarebbero stati felici, Sam se lo sentiva, doveva solo liberarsi di quell’essere e tutto sarebbe finito.
D’un tratto un pensiero fastidioso raggiunse la sua mente. –Dove andarvene.- Mormorò verso i due angeli che le stavano di fronte.
-Come?- Mormorò Ariel come se avesse frainteso le parole della ragazza.
-Dove andare via da qui!- Ripeté lei con più vigore questa volta. –La persona che stiamo aspettando vuole incanalare il mio potere per diventare più potente…- tentò di spiegare Sam.
-E se riuscisse a incanalare anche quello mio e di tua madre diventerebbe qualcosa che nemmeno riusciamo immaginare.- Concluse Hesediel per lei.
Sam annuì. –Questa è la mia battaglia, posso farcela da sola.-
-Oh, mia piccola.- La voce di Ariel sembrava rotta.- Sei stata per così tanto tempo da sola che non sai abituarti all’idea che qualcuno possa lottare con te.- chiuse gli occhi come per reprimere le lacrime, Sam sentì una morsa al cuore.
Mosse qualche passo verso la madre e sollevò una mano che portò sulla guancia della donna. –Mamma.- Pronunciò quelle parole che le erano state estranee per tanto tempo. –Non fartene una colpa, lo so, lo comprendo, capisco perché lo avete fatto.- sospirò profondamente. –Ma dovete andare, ti prego.-
-Non pensare che sia così semplice uccidere un Angelo, piccola.- Questa volta era stato suo padre a parlare, l’uomo fece un salto e si elevò verso l’alto luccicando nel cielo come una stella cadente. Tutti alzarono la testa tentando di seguire i suoi movimenti con lo sguardo. Dalle scapole uscivano un paio di ali dal colore dell’argento, dovevano essere ampie almeno nove metri, e ogni volta che le muoveva irradiava ogni cosa di luce.
Stava tentando di vedere dall’alto da dove Matt sarebbe arrivato, pensò Sam.
Il cuore le batteva all’impazzata e quando suo padre poggiò nuovamente i piedi a terra, con grazia, lo osservò aspettando che parlasse.
-Stanno arrivando.- Disse duramente. – Nephilim, guerrieri degli angeli, preparatevi.- ordinò e mentre gli altri iniziavano a estrarre le spade angeliche, si voltò verso Sebastian. –In quanto a te, Figlio di Lilith, la via della redenzione è tortuosa, ma riuscirai a percorrerla se seguirai sempre questo passo. Combatti con noi.-
Sebastian osservò l’uomo, i suoi occhi neri erano puntanti su quelli di fuoco dell’angelo e poi annuì.
–Non lo faccio per voi.- Puntualizzò mentre estrasse dalla cintura una delle spade. –Lo faccio per lei.-
-Il nostro essere è libero, Jonathan. -Intervenne Ariel. - Dio non vieta nulla in nome dell’amore, giudicarsi non è importante quando quello che realmente importa è la pace interiore.- Gli disse. –E tu ora sei mosso dal sentimento più forte, quindi vai e combatti. Che tu sia un demone o un angelo.-
Sebastian osservò per alcuni istanti gli occhi verdi della donna e si meravigliò a pensare a quando di Sam rivedesse in lei, il modo di pensare, il volto. Sam era sempre stata diversa, sin dal principio, la paura non le aveva impedito di amarlo. –Nascondete le ali.- Ordinò ai due angeli. –Se volete restare dovete mimetizzarvi, non voglio problemi.-
Loro annuirono e poco dopo le ali furono scomparse nelle loro scapole, era tutto così strano eppure reale.
Sam avanzò di qualche passo portandosi vicino a Magnus, lo stregone era rigido come un manico di scopa.
-E’ qui?- Sussurrò e quando lui annuì impercettibilmente, lei si pietrificò.
-Dove?- Chiese a voce ancora più bassa.
-Mi stavi cercando, cara?- Una voce riempì lo spazio vuoto della pianura in cui il grande lago era situato.
Sam alzò di scattò il volto muovendo velocemente gli occhi in tutte le direzioni, non vedeva nessuno. –Qualcuno lo vede?- Urlò agli altri.
-Sono qui eppure non mi vedi, sarai anche tanto importante ai piani alti ma resti al quanto inetta.- Commentò irritante la voce di Matt.
-Oppure tu sei così codardo che non hai nemmeno il coraggio di mostrarti.- Urlò in risposta lei.
Tutto quello che ricevette il risposta fu una risata. Era una risata agghiacciante.
Ma a un tratto qualcosa cambiò, l’aria intorno vibrò e fu come se un intero esercito si fosse materializzato davanti a loro. Sam indietreggiò per lo stupore, non si aspettava così tanti uomini, chi poteva essere così pazzo da seguire una persona come Matt? Eppure erano lì, i loro occhi spenti puntanti su di lei, pronti a tutto pur di ottenere la sua pelle per ingraziarsi il padrone.
Trattenne il respiro e poi si voltò verso Sebastian, gli occhi del ragazzo trovarono subito i suoi e la guardano interrogativamente ma Sam con un scatto del corpo si sporse nella sua direzione, premendo le proprie labbra contro le sue. Lo baciò. Era un bacio disperato, come se non ne fossero seguiti altri.
Quando si staccò si avvicinò all’orecchio del cacciatore e sibilò. – Ti amo, non dimenticarlo mai.- Poi si ritrasse e indietreggiò. –Mi dispiace.- mormorò verso il gruppo e tutti la guardarono con espressione interrogativa.
 Solo suo padre capì. –No! Samantha, non fare solo un passo!- Le intimò.
Ma la ragazza avanzò verso Matt, ignorando le urla di un padre che aveva sempre desiderato avere, un padre con il quale avrebbe voluto crescere.  
-Lasciali fuori da questa storia.- Urlò Sam a Matt. – E’ una faccenda nostra. Il tuo esercito deve starne fuori e i miei amici non faranno niente, combatteremo io e te.-
-E’ impazzita?!- Esclamò Magnus ascoltando le parole della ragazza.
Sul viso di Matthew si formò un ghigno divertito. –Per me è uguale, possiamo divertirci anche in due.- Sollevò entrambe le mani verso il cielo e allo schiocco delle sue dita si formò una linea di fuoco demoniaco, che delineava lo spazio tra Sam e Matt, impedendo agli altri di superarlo. Erano soli.
Sam sollevò una mano e se la portò al collo, stringendo le dita intorno alla collana che aveva sempre indossata, e con un gesto veloce la strappò via. Si sentì strana senza quell’oggetto a premerle contro il petto. Matt la scrutava con attenzione, chinando le mani verso una spada dalla lama rossa, che estrasse velocemente. –Tesoro, ti prometto che sarà veloce e indolore.-
Lei sollevò la testa verso l’alto,  cosicché il vento le scostasse i capelli, lasciando che ogni tipo di rigidità le scivolasse via dal corpo, era un angelo e ora doveva imparare a esserlo.
-Ho fatto forgiare questa spada appositamente per te.- Le spiegò nel frattempo Matt. –E’ di un materiale speciale, capace di perforare perfino una angelo, mia cara.-
Fu in quel momento che Sam avvertì qualcosa cambiare nel suo essere, era come se la sua anima stesse bruciando, non riusciva nemmeno a mettere a fuoco il suo corpo. Ma si sentiva bene, come non si era mai sentita in vita sua.
Avvertì una fitta all’altezza delle scapole e in quel momento capì cosa stava per accadere. Anche lei aveva le ali. Ma si trattenne, non voleva spiegarle, non in quel momento.
-La tua sete di sangue ti porterà alla tua rovina, Matthew.- Cantilenò con tono severo e poi con uno scatto veloce si avvicinò all’uomo, sollevò la mano e la strinse intorno al suo collo. Era stato un movimento così rapido che lui non aveva nemmeno avuto il tempo di prevederlo.
La carne intorno a quel punto iniziò a bruciare e Matt si lasciò sfuggire svariate urla di dolore, mentre la presa di Sam diventava fatale. Era sicura di stringerlo tra le sue mani, ma non riusciva a vederle, era tutto uno strano bagliore, ma nonostante il senso della novità sapeva bene di cosa fosse capace.
Lasciò il corpo di Matt e lo gettò all’indietro, facendolo scivolare sulla neve.  Approfittò della distanza che aveva frapposto tra loro e con le mani tirò fuori la spada angelica che brillò come non mai, non c’era bisogno di richiamare il nome di un angelo, in quella spada brillava la sua anima. Inizialmente si sentì rapita dal bagliore di quell’oggetto che aveva tra le mani, emanava un calore tale che la faceva sentire a casa, ma tentò di non pensarci. Non poteva distarsi.
Ma era tardi.
Matt aveva lanciato un pugnale nella sua direzione colpendo in pieno la sua spalla. Sam barcollò per l’impatto del tutto inatteso e sentì una fitta attraversarle il corpo ma tentò di non pensarci, tolse il pugnale dal suo braccio velocemente, osservando con lo sguardo il fiotto di sangue che andava a impregnare la neve.
Si morse il labbro provando a scacciare via il dolore che pulsava per via di quel colpo e scattò nella direzione del suo avversario, impugnando la sua spada.
Matt era già in piedi e quando la vide andare verso di lui fece lo stesso, con la spada dalla lama rossa in una mano. Correvano l’uno contro l’altro.
Ora pensò Sam, con un movimento veloce delle mani lambì la spada e la puntò in direzione del cuore di Matt.
Ora o mai più.
E poi entrarono in collisione, il corpo di Sam e quello di Matt.
Il bagliore delle spade fu così forte che intorno si sollevò una luce viola, intralciando del tutto la vista di chi stesse osservando la scena da fuori.
-Cosa è successo?!- Urlò Sebastian, il senso di impotenza era presente nei suoi occhi, così come in quello di tutti gli altri.
Magnus tentava in tutti modi di far svanire quella fiamma così potente da impedire perfino il passaggio dei due angeli. Tutti osservavano lo scontro, le mani sul cuore e una preghiera sulle labbra.
All’improvviso la luce viola svanì e al suo posto si alzò un’enorme nube di polvere, qualcuno era stato colpito, ma chi?
Sebastian ispirò profondamente, non riusciva a vedere niente.
E poi la nube iniziò a rarefarsi, il tonfo di un colpo che si lasciava cadere sulle ginocchia fece voltare tutti di scatto.
-Ariel.- Sussurrò Hesediel guardando la donna che aveva amato per secoli e che amava ancora.
Il viso della donna era una maschera di orrore.
-Lei è il Dio rivelatore…può vedere oltre. - Sussurrò Magnus. –Oltre il presente.-
Sebastian si girò completamente verso di lei. –Dimmelo.- le ordinò. –Dimmi cosa hai visto.-
Ma la donna sembrava in preda allo shock, non spiccicava parola, tutto quello che faceva era fissare la nube di polvere che piano piano andava diradarsi, nonostante la visibilità restasse bassa.
Sebastian urlò per la frustrazione e si voltò nuovamente verso il punto dove c’era la sua Sam.  Lentamente l’aria tornava a farsi più limpida e Sebastian riuscì a scorgere un corpo accasciato a terra.
 –Sam.- Sussurrò e senza pensarci corse verso il fuoco tentando di superarlo, ma questo gli lambì la mano, ustionandolo.
Un urlo uscì dalle sue labbra, passarono alcuni istanti e il fuoco sparì. –Sei stato tu?- Chiese Sebastian a Magnus facendo scattare gli occhi verso di lui.
Lo stregone scosse la testa. –No… Se il suo incantesimo è svanito, significa che Matt è…-
Sebastian non gli fece nemmeno terminare la frase, attraversò il punto che fino a poco prima aveva delineato tutto il territorio e corse con tutta la forza che aveva nel corpo. Per quanto cercasse con lo sguardo, non riusciva a vederla, dove era?
E poi li vide.
Due corpi erano accasciati l’uno sull’altro, entrambi completamente attraversati dalle punte della spada dell’avversario.
Sebastian inorridì, non poteva essere vero, no. Sam stava bene, lo sapeva. L’avrebbero aiutata a guarire.
-Sam.- Urlò e si avvicinò a i due corpi, quello di Matt era posto nella parte superiore, schiacciando così quello di Sam. Il ragazzo non si muoveva, il suo viso sembrava terribilmente vecchio e i suoi occhi erano vitrei. Morto.
Sebastian non si curò minimamente di lui, scostò il suo corpo in malo modo e lo lanciò alle sue spalle, dove erano radunati gli uomini dell’ibrido. Chinò nuovamente lo sguardo e la vide. Sam era ancora viva, i suoi occhi erano aperti ma il suo viso era terribilmente pallido, il sangue di Matt si mischiava con il suo in alcuni punti, ricoprendole il viso.
Non aveva più l’aspetto angelico che lui le aveva visto poco prima, era tornato la sua Sam e respirava piano, come se ogni respiro le prendesse tutta l’energia.
Sebastian abbassò ulteriormente lo sguardo e notò qualcosa che prima non aveva notato. La punta della spada di Matt era conficcata nello stomaco della ragazza e lei continuava a perdere sangue.
-Sam.- Mormorò inginocchiandosi di fianco alla sua figura e poi sollevò la testa urlando. –Magnus, mi serve il tuo aiuto.-
-No.- Sussurrò la ragazza con una voce così fine da farlo rabbrividire. –Non c’è molto che possa fare, lo sai.-
-C’è sempre speranza.- Ripeté lui e le prese la mano stringendola tra le sue. – Non può finire così.- Sussurrò.
Una lacrima rigò il viso di Sam, le sue labbra si distesero lentamente in un sorriso, mentre sollevava una mano che portò alla guancia di Sebastian. –Resta con me.-
Lui si morse con forza le labbra e annuì lentamente. –Resterò con te fino alla fine.-
Sam annuì lentamente e socchiuse gli occhi.
Sebastian si lasciò sfuggire un gemito strozzato mentre si chinava nuovamente verso di lei. –Samantha.- Le disse a voce bassa. –Grazie per avermi amato, per aver creduto in me.- Le sussurrò all’orecchio. –Ti amo così tanto.-
Lei sorrise e colpo di tosse scosse il suo corpo. –Lo so.- Disse con un filo di voce. –Lo so, Jonathan.-
-Non te ne andare, ti prego.- La supplicò chinando il viso sul suo torace. –Io ho ancora bisogno di te, ne avrò sempre.-
-Non ti abbandonerò mai.- Rispose lei, la sua voce era sempre più debole. –Io sarò sempre qui.- sollevò una mano e la portò all’altezza del cuore di Sebastian. –Baciami, voglio morire con il tuo sapore sulle labbra.-
-Non dire così.- Mormorò il cacciatore e una lacrima gli scivolò lungo il viso.
Sam la raccolse con la punta delle dita. –E’ l’ultima cosa che potresti fare per rendermi felice.- Sussurrò, la sua voce era sempre più debole.
Sebastian strinse per un’istante gli occhi e si chinò su di lei, sfregò le labbra contro le sue e la baciò, stringendo il suo corpo insanguinato tra le braccia.
Sam battè un’ultima volta le palpebre e si sentì avvolgere da una luce bianca, una luce calda, nuova.
Le accarezzava il corpo addolcendo le sue ferite, sollevò lo sguardo e video qualcuno, era un viso familiare, aveva i capelli neri e gli occhi più blu del mare.
-Will, sei tu?- Sussurrò e il ragazzo le rivolse uno dei suoi soliti sorrisi. –Dove mi trovo?-
Lui si voltò del tutto e i suoi grandi occhi azzurri si posarono su di lei. -Stai tornando a casa.-
‘A casa ’ era così tanto che non si sentiva a casa, sorrise e sollevò la mano afferrando quella che Will aveva teso verso di lei, seguendolo attraverso la luce.
Quando Sebastian tirò la testa indietro il petto di Sam aveva cessato di muoversi, le sue labbra erano curvate in un lieve sorriso. Era come se dormisse.
E mentre avvertiva la presenza degli altri intorno a se, chinò lo testa accarezzando un’ultima volta i capelli dell’unica persona che avesse amato.











NOTE D’AUTRICE 
Che dire, penso che quasi tutte ora vorrebbero trovarmi e farmi a pezzi. LO SO, cioè, è quello che farei io ....
Più volte ho pensato di cambiare, di non portare a questo, ma quando questa storia è nata nella mia testa sapevo già come terminarla. Pensate che ho scritto l'epilogo un mese fa.
Ho pianto come una bambina mentre digitavo le ultime righe, ho consumato un pacco di fazzolettini, è stato doloroso in un modo che non mi aspettavo. Avevo la possibilità di cambiare il suo destino eppure qualcosa in me mi diceva che se avessi cambiato tutto, questa storia, per me, non sarebbe più stata la stessa cosa.
E niente, sono anche io a lutto, rileggere per trovare gli errori è stata una specie di masochismo.
Comunque, se vi va, ascoltate la canzone da cui è tratta la citazione di inizio capitolo, sembra scritta per la mia Sam. Ecco il link: https://www.youtube.com/watch?v=qvFpnM1gDQY
Il prossimo e ultimo capitolo sarà l'epilogo.

Ripeto, non odiatemi, davvero... Mi sento male solo al pensiero.
Vi stringo tutte.
Un bacio.


P.s.
Se trovate qualche errore segnalatemelo, solo il pensiero di dover rileggere per la quarta volta questo capitolo mi manda in depressione, hahah!
<3 



p.s. 
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Credits
: Per la barra prima delle note a : yingsu

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Capitolo 21
*** Capitolo 20. ***


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» Capitolo 20: Epilogo.
                                 
«Non puoi cambiarmi e poi andartene via. Perchè io prima stavo bene. Stavo bene così, solo con me stesso, e tu non puoi cambiare tutto e poi andartene. »  (John Green - Looking for Alaska)





(Vi consiglio questa canzone per la lettura)



Nessuno sa in che modo la propria mente può reagire a una perdita. Nella maggior parte dei casi ci si lascia andare, sprofondando in quello che è un mare di lacrime, lasciando che il dolore prevalga su di noi. Che ci penetri dentro, arrivi ai nostri polmoni e ci impedisca di respirare, come un mattone.
Ogni lacrima porta via un po’ di dolore, ma per quanto se ne va via, ne ritorna il doppio.
Quando si perde qualcuno anche l’essere felice per un istante, dimenticare tutto, ci fa sentire colpevoli. Come possiamo ridere se la persona che provocava quelle risate ora è altrove?
Poi ci sono quelle persone che nascondono il proprio dolore dietro un muro, un forte muro di pietra che non crollerebbe nemmeno con il più pesante terremoto. Perdere qualcuno ci rende maledettamente vulnerabili, davanti alla morte l’uomo diventa il niente, e chi resta può solo piangere.
Ma persone come Sebastian come potrebbero reagire alla perdita?
Era forse questa la domanda che si ponevano tutte le persone che lo avevano visto accasciarsi sul corpo inerte della persona che amava, vedendola scivolare via verso l’oblio.
Anche la persona più potente non poteva nulla davanti alla morte.
Quel giorno non sembrava diverso da un altro. Ormai il tempo sembrava scorrere sempre nello stesso modo, gli stessi luoghi, lo stesso cielo, le stesse facce… Ma solo una cosa non sarebbe più stata la stessa. Solo una cosa Sebastian avrebbe cercato sempre nella folla. I suoi occhi. Quegli occhi.
Ricordava ancora come lo avevano ipnotizzati, erano luminosi, vivaci…vivi. Ma ora quegli occhi non avrebbero brillato più e a lui restava solo il ricordo, un ricordo che il tempo avrebbe portato via.
Avrebbe dimenticato il suono della sua voce?
Il suo tocco sulla sua pelle?
Il modo in cui si passava le dita tra i capelli quando s’innervosiva?
Avrebbe dimenticato ogni suo dettaglio? Il suo profumo?
Ma c’era qualcosa in lui che non avrebbe mai dimenticato ogni suo singolo dettaglio, -dagli occhi da cerbiatta, al sorriso enigmatico- il suo cuore.
Per quanto contaminato dal dolore e dalla perdizione, il cuore di Sebastian sarebbe sempre appartenuto a lei.
Si portò una mano al petto, come se avesse provato una fitta, ma lui lo sapeva. Sapeva che quel dolore non sarebbe mai passato.
Finì di legarsi la cintura lungo i fianchi, sollevando lo sguardo in direzione del proprio riflesso nello specchio, i suoi occhi neri gli restituivano uno sguardo che non lasciava trapelare niente. Nessuna emozione, nessun accenno all’uragano che si stava scatenando dentro di lui, al vortice di emozioni che lo portavano a voler gridare fino a non avere più fiato, fin quando i polmoni non avrebbero arso. Lui voleva solo che lei non fosse morta.
Il ricordo del suo corpo inerme contro il terreno gli tornò alla mente come un flash. Gli occhi di Sam che si chiudevano lentamente.
Non sarebbe mai cresciuta, non avrebbe mai conosciuto la vera felicità.
Il suo destino si era compiuto : ogni cosa rara e singolare, in questo mondo era destinata a perire. E Sam era morta per proteggere quel mondo. Per protegger lui, lei lo amava.
Ah, l’amore. Anche solo il verbo ‘amare’ era sempre apparso così strano per lui, non capiva perché le persone riuscivano a fare cose orribili in nome dell’amore. Lui non lo avrebbe mai fatto, lui avrebbe sempre messo davanti se stesso… Eppure, quando l’aveva conosciuta era come stesse nascendo per una seconda volta, era disposto a tutto per lei, avrebbe sacrificato se stesso pur di saperla viva. Ma lei sarebbe morta comunque, ogni cosa per lei era già stata scritta da così tanto.

Sebastian tirò un lungo sospiro, per quanto non volesse farlo, doveva essere lì in quel giorno. Lei meritava tutto da lui, nonostante avesse ricevuto il niente.
Mosse alcuni passi in direzione della porta, da quando era tornato nella casa costruita da suo padre, quel luogo sembrava ancora più vuoto. Il momento più brutto era stato incepparsi nei suoi vestiti sparsi per la stanza che aveva occupato, oppure vedere le lenzuola ancora scompigliate dalla prima volta che avevano fatto l’amore. Il suo profumo lo aveva invaso e Sebastian era stato lì, a respirarlo piano, fin quando non si erta abituato e quello sembrava essersi rarefatto. Tutto sembrava aver perso colore.
Tracciò velocemente una runa con la punta dello stilo, nonostante con la testa non fosse lì, il suo corpo era come una macchina perfettamente addestrata che riusciva ad carburare nonostante il serbatoio fosse in riserva.
Quando ebbe attraversato il varco nella parete i suoi piedi si scontrarono contro il terriccio duro, un forte odore di erba appena tagliata lo invase e il sole gli ferì gli occhi costringendolo a sollevare una mano per proteggersi da esso. Avvistò un gruppetto di persone in lontananza posizionanti vicino ad una pira ancora vuota, era veramente pronto a tutto quello?
Non tornava ad Idris dal giorno in cui suo padre, e lui stesso, era morto e ora ritrovarsi in quel posto, o meglio, in quel cimitero era come uno schiaffo in pieno viso. Non ricordava nemmeno se avesse mai indossato quegli abiti bianchi, probabilmente no, ma per Sam lo avrebbe fatto.
I suoi occhi neri risaltavano come due biglie tra il candore della sua pelle e i suoi capelli chiari, sembrava un angelo. Un angelo caduto.
Sentì il peso degli occhi di tutti piombargli addosso non appena entrò nel loro campo visivo, ma a lui non importava nulla, per una volta avrebbe messo qualcuno davanti a se stesso e questo significava abbassare per un momento le proprie barriere.
Erano tutti lì, sua madre, sua sorella, il vampiro che aveva detestato da morire, c’era anche lo stregone e i tre Lightwood. Come avrebbe voluto scorgere anche il suo sorriso tra quei volti. Oh, lo desiderava così ardentemente che gli faceva male.
Sollevò una mano con la quale scostò alcune ciocche di capelli che il vento aveva portato sul suo viso, avvicinandosi lentamente ad una piccola bara bianca vicino alla quale era fermo uno dei Fratelli Silenti. Fratello Zachariah.
Non disse una parola a nessuno, ma sollevò lo sguardo verso l’uomo incappucciato, chiedendogli in una preghiera muta di sollevare il coperchio di quella specie di scatoletta. Voleva vedere la sua Sam un’ultima volta.
E l’uomo lo fece. Zachariah con un movimento leggero sollevò entrambe le mani tirando via il coperchio della bara che conteneva temporaneamente il corpo inerte di lei. Sebastian sapeva perfettamente che Sam non era una Shadowhunters, ma avevano deciso di darle gli stessi onori per poi usare le sue ceneri per trarre protezione.
Sebastian avrebbe voluto urlare a tutti di stare lontani e non di azzardarsi nemmeno a tentare di deturpare il viso di lei con le fiamme, però lo sapeva, sapeva Sam avrebbe voluto questo.
Quando i suoi occhi si posarono sul suo viso, un groppo gli salì alla gola. Sembrava che dormisse, la sua bocca era piegata come in un sorriso e il viso completamente rilassato la faceva sembrare ancora più piccola. Le lunghe ciglia creavano delle ombre sulle guance, sembrava viva, come se da un momento all’altro si sarebbe svegliata mostrando uno dei suoi tanti poteri. Aveva salvato loro non riuscendo a salvare se stessa.
Sollevò una mano con la quale accarezzò la sua pelle fredda, per poi chinarsi leggermente con il busto portando le labbra alla sua fronte, sulla quale stampò un bacio leggero per poi arrivare alle sue labbra che toccò per l’ultima volta.
-Ti amo. - Sussurrò. –Grazie per essere stata la linfa vitale di un cuore morto. Grazie per avermi amato. -
Strinse gli occhi per alcuni istanti e poi si sollevò, seguendo con lo sguardo ogni movimento di Fratello Zachariah che si chinava per prenderla tra le braccia in modo da poter mettere il suo corpo sulla pira.
Quando il fuoco fu accesso Sebastian sentì che era troppo, troppo per lui, non poteva vederla bruciare, le persone come lui meritavano quella fine, non lei.
Si sentì avvolgere da un alone di panico, il cuore sembrava battere così forte da uscire dal petto, quel corpo era l’unica cosa che ancora lo legava a lei, lui non era pronto a lasciarla andare via.
Ma poi sentì come un peso sulla spalla, qualcuno aveva appoggiato la propria mano su di essa, era un tocco delicato. Dopo alcuni istanti il tocco si spostò percorendo le sue braccia fino a raggiungere la sua mano e intrecciare così le loro dita.
Era un tocco così familiare che dovette chiudere gli occhi ma quando si voltò al suo fianco non c’era nessuno. Eppure lui l’aveva sentito.
Fu allora capì.
Lei sarebbe sempre stata con lui.
Lei era lì con lui in quel momento, Sebastian lo sapeva, e stringendo con forza le dita immergendo le unghie nel palmo della mano, lasciò che il suo corpo diventasse cenere con una nuova consapevolezza.
Lei non l’avrebbe abbandonato mai.












NOTE D’AUTRICE 
...E siamo giunti alla fine.
Penso che mi mancherà da morire scrivere di Sam e Sebastian. Mi mancherà perdermi in questa storia o mettere le cuffie al massimo in cerca dell'ispirazione.
Prima di tutto GRAZIE A VOI. E' solo grazie a voi se siamo giunti fin qui, grazie per avermi sostenuta e incitata a continuare. Grazie per aver recensito, seguito o semplicemente letto in silenzio ogni capitolo.
Dire addio ad una storia che ormai mi fa compagnia dagli inizi di gennaio è un po' dura ma spero con tutto il cuore di aver fatto un buon lavoro. Di avervi strappato qualche risata o qualche lacrima.
GRAZIE DI TUTTO.
Detto questo spero che l'epilogo vi piaccia, non è della stessa lunghezza degli altri capitoli, ma penso che sia al giusta conclusione per queste vicende.
Vorrei anche dirvi che ho iniziato a lavorare su un nuovo progetto, è una storia originale, però sai felicissima nel vedervi lì, anche perché mi sono affezionata ad ognuna di voi.
Quindi, se volete ancora leggere una mia storia, sarò qui:
Empty handed.



Beh, un bacio a tutte.
Grazie ancora.
Un bacio enorme.
  



p.s. 
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