Peeta's Catching Fire

di samubura
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10-11 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 22 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Ciao ciao ciao!
Benvenuti, nuovi lettori, e ben trovati a tutti coloro che già mi conoscono e spero che siano riusciti a trovare questa storia :)
Ringrazio tutti voi, perché la mia scorsa ff (che invito nuovamente a leggere a coloro che non mi conoscono) è arrivata tra le storie più popolari di sempre (di cui personalmente non conoscevo neanche l'esistenza), ma è sicuramente un segnale che ho colpito nel segno e spero di farlo ancora.
Prima di iniziare dico che sono un MASCHIO (sconvolgente si no forse) ma così evito gli equivoci che ho avuto in passato ahaha
Sono molto emozionato di iniziare questa nuova avventura e di sottoporvi il mio lavoro, se vi piace vi invito a farmelo sapere perché fa sempre piacere, se trovate qualcosa che non torna chiedete pure, se non vi piace allora ditemi cosa perché servirà a migliorarmi.
Non vi romperò più le scatole all'inizio del capitolo, ma alla fine come sempre, buona lettura tributes!




Parte prima - La scintilla
Svegliarmi presto la mattina è l’unica cosa che è rimasta in linea con la mia vecchia vita.
Non devo più lavorare al forno, i miei genitori mi impediscono di farlo adesso che sono diventato un vincitore. Ma nonostante tutto mi ostino a essere in piedi prima che il sole sorga, come una volta.
Non c’è più la farina a impiastricciarmi le mani, c’è la pittura al suo posto. I costosi colori che ho comprato da Capitol City. Colori che nessuno qua nel distretto ha mai visto.
E le tele, immacolate e ruvide, pronte a raccogliere su di sé la mia fantasia, i miei ricordi, le mie emozioni.
Ho chiesto mille volte a mio padre di trasferirsi qua da me, ma non c’è stato verso di allontanarli dalla panetteria. Li capisco, è tutta la loro vita. Potremmo anche non lavorare più, i soldi che mi vengono inviati mensilmente come “stipendio” da vincitore basterebbero per tutti noi e anche per molte altre famiglie del distretto, ma il pane è la nostra vita da sempre. I Mellark sono fornai da generazioni qua al distretto, abbandonare la tradizione non è pensabile.
Così mi accontento di fare un salto ogni tanto, entrare dal retro della mia vecchia casa in quel piccolo cortile dove teniamo i maiali, e mettermi il grembiule che è appeso al suo solito posto. Nessuno mi dice niente, i miei fratelli più grandi scherzano dicendo che potrei godermi la bella vita che “mi spetta”, ma sanno benissimo che non riesco a stare lontano dalla panetteria.
Fare dolci è ancora la mia passione e lo sarà sempre, dopo i quadri.
Dato che la maggior parte della mia casa nel Villaggio dei Vincitori è vuota l’ho trasformata nel mio studio personale. Una porta, di cui solo io ho la chiave, separa le due metà della mia abitazione, da una parte è una normalissima casa, dall’altra ci sono tele accatastate in giro, secchi di vernice un po’ ovunque e pennelli sparsi sul pavimento.
Non sono un grande amante del disordine, ma mi concedo tutta questa confusione perché quando lavoro non riesco a pensare ad altro che a quello che sto disegnando. Mi sveglio nel cuore della notte, gli incubi degli Hunger Games che pullulano il mio sonno. L’unico modo che ho di liberarmi delle terribili immagini di morte è dipingerle.
Non guardo mai i miei lavori una volta che li ho terminati. La mattina, con la luce del sole che cancella la paura, torno nello studio per spostarli e metterli nel dimenticatoio. Quel luogo mi fa quasi paura, quindi l’idea di entrarci anche solo per mettere a posto mi dà una brutta sensazione.
Più della metà dei quadri ritraggono Katniss. Li tengo separati dagli altri, in un angolo riservato solo per loro.
Viviamo a pochi metri di distanza eppure la incontro veramente di rado. Non c’è più niente della finzione che avevamo creato nell’arena. All’inizio ha fatto male vederla allontanarsi sempre di più, poi l’abitudine ha avuto la meglio. La sopravvivenza.
In quelle rare occasioni che ho avuto di parlarle non ho sentito nessuna emozione. Mi sono impedito di farlo, come quell’ultimo giorno sul treno che ci stava riportando a casa.
Senza il nostro “grande amore” non sarei qui. Lei sì, probabilmente, ma mi ha salvato, ha scelto di farlo lottando contro la capitale.
Haymitch mi ha salvato.
Il nostro mentore è tornato a bere come prima. Pensavo che adesso che è riuscito a salvarci avrebbe smesso, avrebbe cercato di rifarsi una vita. Non deve più niente alla capitale. Ci accompagnerà nel Tour della Vittoria attraverso i distretti e poi basta, credo.
Probabilmente c’è molto di lui che non so, che affoga nell’alcool ogni giorno.
Lo vado a trovare spesso, è buffo, ma è la cosa che ho più vicina ad un amico. I miei vecchi compagni di scuola ora mi guardano in modo strano, quasi fossi un morto che cammina. E praticamente è così, nessuno si aspettava che sarei tornato, me compreso.
Casa di Haymitch è una discarica. Bottiglie di vetro vuote sparse dappertutto, resti di cene di non so quando e sono sicuro che i rumori che si sentono ogni tanto siano topi che sguazzano in quel porcile. La puzza è la cosa peggiore e ogni volta che esco da quel posto sento il bisogno di farmi una doccia. Mi limito a lasciare il pane caldo avvolto in uno strofinaccio pulito, magari lascio anche un biglietto con due righe. Svegliarlo non sarebbe una buona idea, si rischia una coltellata se ci si dimentica di toglierglielo dalle mani. Mi piace questo piccolo prendersi cura di lui, non è molto ma mi fa sentire utile. È il mio minimo ringraziamento per quello che ha fatto. Quando raramente non lo trovo addormentato o svenuto da qualche parte mi concedo di farci due parole e magari anche un bicchiere insieme. Ho iniziato ad apprezzare il liquore trasparente che ti brucia in gola, specie nel freddo inverno del Distretto 12.
Ne tengo una bottiglia in casa, nascosta sul fondo di un armadio perché me ne vergogno, anche se non c’è nessuno a cui nasconderla se non me stesso. Mento alla mia coscienza dicendo che è per Haymitch, qualche settimana fa, non saprei dire quante, è capitato che avesse una crisi di astinenza, Katniss era venuta a chiamarmi piangendo e chiedendomi di aiutarla, Haymitch urlava come un pazzo contro i fantasmi del suo passato. Ma è per me, per quelle notti particolarmente difficili. Quando non riesci a dormire e ti serve una mano che ti accompagni nel mondo dei sogni.
Mi sono ritrovato a desiderare Katniss qua con me. Renderebbe la mia vita meno vuota, ma so che mi ero illuso che avremmo potuto avere una nuova vita insieme dopo i giochi, adesso non devo cascarci di nuovo.
Oggi a mezzogiorno un treno verrà a prenderci, per dare inizio al Tour della Vittoria, per ricordare a tutti i distretti che gli Hunger Games non finiscono mai. A metà tra un’edizione e l’altra, togliendo ogni possibilità di dimenticare. Costringendo me e Katniss a fingere di nuovo per le telecamere, a sbandierare il nostro amore davanti alle famiglie dei tributi caduti.
Non so come farò a guardare in faccia quella gente. Ho cercato di evitare di pensare a questo giorno, ma adesso è arrivato e non posso fuggire ulteriormente da quello che mi aspetta.
Il profumo del pane che si sta cuocendo nel forno di casa mia è l’unica cosa che mi permette di stare calmo e non cedere all’ansia. Dovrò baciare di nuovo quelle labbra e far sì che sembri molto passionale, molto vero. E so anche che non potrò contare sulla collaborazione della ragazza di fuoco col cuore di ghiaccio.
Se tutta Panem non crede alla nostra idilliaca storia d’amore siamo tutti nei guai: io, Katniss, le nostre famiglie. Quando ha tirato fuori le bacche dal sacchetto di pelle, mettendo gli Strateghi davanti alla scelta di avere due o nessun vincitore ci ha salvati e condannati al tempo stesso. Adesso tutto sta nel convincere la gente che non è stato nient’altro che un folle disperato gesto d’amore. Altrimenti non oso immaginare le conseguenze. Non è ammessa possibilità di errore. Ci giochiamo il tutto per tutto.
Possa la fortuna essere a nostro favore, ancora una volta.
Tiro fuori dal forno la filetta di pane, aspetto che si raffreddi prima di avvolgerla in uno strofinaccio, perfetto sono già quasi le undici e, come Haymitch mi ha chiesto, mi dirigo verso casa sua per andarlo a svegliare.
La neve ha iniziato a cadere lentamente sul Villaggio dei Vincitori, dodici enormi case e solo tre occupate, quella di Katniss è proprio di fronte alla mia ed è addobbata allegramente per la vicina festa del raccolto, quella di Haymitch invece è avvolta da un alone lugubre di tristezza. Non c’è fumo che esce dal camino, ha altri mezzi per riscaldarsi, e meglio così perché non oso immaginare con quanta velocità il fuoco potrebbe divorare la sua abitazione impregnata d’alcool.
Sorprendentemente la porta di casa sua e già mezza aperta, si vede anche da fuori il disastro che c’è dentro. A quanto pare non sono l’unico a cui ha chiesto di svegliarlo, non mi è troppo difficile immaginare chi troverò dentro.
Mi faccio strada tra le bottiglie fin da dove sento provenire le voci di Katniss e il mio mentore. Dalla cucina viene un dolce profumo di caffè che risalta sulla puzza a cui sono abituato di casa di Haymitch
-Senti, se volevi farti coccolare, avresti dovuto chiedere a Peeta – il mio nome detto dalla sua voce suona quasi diverso.
-Chiedermi cosa? – dico entrando nella stanza. Si voltano entrambi nella mia direzione.
-Chiederti di svegliarmi senza farmi venire la polmonite – rompe il ghiaccio Haymitch con la voce rauca di chi si è appena svegliato.
Si toglie la camicia sporca e resta in canottiera, lo guardiamo mentre si asciuga come meglio riesce. Ha decisamente bisogno di un bagno, ma sarà compito dei suoi preparatori rimetterlo al mondo per essere degno di apparire davanti alla nazione. Mi auguro che non beva troppo durante il viaggio, ricordo ancora la mia prima nottata nel treno dei tributi. Sorrido ricordando quel momento che sembra quasi felice rispetto alla mia vita di adesso. Prendo il coltello di Haymitch e lo pulisco con un po’ d’alcool di una bottiglia sul pavimento. Inizio a tagliare il pane giusto per fare qualcosa. Restare lì immobile a fissare Haymitch sentendo lo sguardo di Katniss su di me mi uccide.
È parecchio tempo che non la vedo, solitamente passo in casa sua dopo che è uscita per andare a caccia nei boschi. È sua madre ad aprirmi la porta in quelle occasioni in cui ho fatto una torta che mi piace di più del solito e scelgo di regalarla a Prim.
-Oh, che peccato, Katniss è appena uscita! – dice ingenuamente la signora Everdeen ogni volta, come se non avesse capito che la sto evitando appositamente. Dopo i primi colloqui con Katniss mi sono reso conto che sarei stato meglio risparmiando a me e a lei quei momenti di imbarazzo.
Evito di incrociare il suo sguardo, passo la prima fetta a Haymitch e poi mi costringo ad alzare la testa nella sua direzione. Il suo volto è scomposto in un misto di emozioni indefinibili.
-Ne vuoi un pezzo? – chiedo con gentilezza.
-No, ho mangiato al Forno. Grazie, comunque – risponde inespressiva. Ho fatto abitudine anche al suo tono formale, non c’è niente che possa più scalfirmi ora.
-Non c’è di che – mi limito a dire. Come primo inizio non sta andando affatto bene, spero che le telecamere cambino qualcosa tra noi due, perché adesso come adesso sembra che io e Katniss non ci conosciamo neanche.
-Brrr. Voi due dovrete fare un bel po’ di riscaldamento, prima che inizi lo spettacolo – dice Haymitch trovando il modo di farci notare la nostra freddezza senza essere troppo pesante.
-Fatti un bagno, Haymitch – dice Katniss, poi esce dalla finestra senza nemmeno salutare.
-Donne – commenta lui, e scoppia in una fragorosa risata. Vorrei unirmi a lui, ma non sono dell’umore adatto – Passami quel caffè – dice.
Verso il liquido nero e bollente in una tazzina che gli appoggio davanti al naso. Lui guarda per un po’ le spirali di fumo che salgono senza logica, poi lo tracanna senza neanche metterci lo zucchero. Strizza gli occhi e si passa le mani sulla faccia sporca.
Cerca di alzarsi e accorro a sorreggerlo. La mia gamba meccanica è diventata come una parte di me, a volte quasi mi dimentico di averla. Mia madre dice che ancora zoppico un po’, ma pazienza. Mi rifiuto di usare il bastone perché mi fa sentire vecchio.
In un modo o nell’altro faccio strada a Haymitch fino alle scale che portano al piano di sopra dove c’è il bagno e la sua camera da letto. Le case del Villaggio dei Vincitori sono tutte identiche quindi non mi è difficile orientarmi nonostante il disordine.
Haymitch dice che riesce a farcela da solo e si spoglia, poi si getta nella doccia.
-Conto su di te, ragazzo – dice sovrastando il rumore dell’acqua che scroscia a terra. Entro in bagno per sentirlo meglio. Mi siedo sul bordo della vasca.
-Per cosa? – gli chiedo.
-Per il tour, non credo che potremo aspettarci molto dalla signorina. L’hai vista, no?
-Sì – ammetto capendo cosa intende – Farò del mio meglio – prometto.
-L’hai sempre fatto – dice lui, il vetro della doccia scorre e gli lancio un asciugamano che si lega in vita – Spero che basti e che quella zuccona collabori.
-Lo speriamo tutti.


E infatti eccomi ahaha so che il titolo fa schifo e sembra che Peeta stia andando a fuoco, ma faccio veramente schifo con questo genere di cose quindi vi beccate questo
Piccole informazioni tecniche: ho scelto questa data di pubblicazione perché mi sembrava di avervi fatto aspettare abbastanza e perchè...in un giorno triste per tutti di ritorno a scuola spero di risollevarvi almeno un po' (fate lo stesso anche voi con un povero """scrittore""" distrutto)
Purtroppo, la mia spaccialibri sta male e dubito che la vedrò prossimamente quindi, avendo pronti solamente questo e il prossimo capitolo penso che dovrete aspettare un po' e mi dispiace anche perché sono capitoli piuttosto brevi... ho anche pensato di posticipare l'inizio della storia, ma mi piaceva questa data simbolica ahaha
Spero che abbiate passato delle buone vacanze, mi sono già dilungato troppo.
Conto di sentirvi presto!
(grazie di essere arrivati fin quaggiù)

-samubura-

p.s. ripeto il mio invito a seguirmi su fb www.facebook.com/samubura e mi scuso per l'inattività della pagina che provvederò a migliorare quando ci sarà un certo "pubblico"


 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


-Sappiamo tutti bene cosa significa questo tour per voi due – continua, lo seguo in camera sua mentre si infila qualcosa di pulito – Ma non sappiamo le conseguenze che un fallimento potrebbe avere.
-Esatto, quindi non possiamo fallire, giusto? – dico concludendo la sua frase.
-Giusto – asserisce. È sorprendente come un caffè e una doccia abbiano fatto riprendere Haymitch dallo stato in cui era prima – Quindi, se vuoi qualche speranza che le vostre famiglie restino vive dovrai convincere Snow e tutta Panem che siete follemente innamorati. E purtroppo per te, dovrai convincere Katniss a darti una mano. Non credo che basti la solita storiella di tu che parli e lei che sorride e arrossisce come una bambolina.
-Qualche consiglio? – chiedo, sperando vivamente che ne abbia. Mi sento terribilmente solo in questa impresa e l’appoggio di Haymitch, seppur minimo, sarebbe di grandissimo aiuto. So che non cambierebbe di molto le cose, ma meglio che niente.
-Be’ – inizia impreparato e probabilmente colto di sorpresa dalla mia richiesta tanto premente. Le parole gli muoiono in bocca e non posso che essere terribilmente sconfortato. Il mentore rimane pensieroso con la fronte aggrottata e lo sguardo perso a guardare un punto imprecisato oltre di me. Poi torna a guardarmi con attenzione, inizio a sentirmi in soggezione da quell’osservazione silenziosa e, per me, completamente priva di senso.
-Sei ancora innamorato di lei? – mi chiede dopo un silenzio che sembra durare da un secolo. Con una semplicità devastante e un’espressione seria sul volto.
Ci metto un po’ per assimilare cosa quelle parole significhino.
Un po’ di tempo fa avrei risposto sì senza esitazioni, invece mi rendo conto che adesso ho bisogno di pensarci, perché è troppo tempo che non mi interrogo sui miei sentimenti per Katniss, troppo tempo che cerco di ignorarli, tenerli distanti dalla mia vita, relegati come i miei quadri che ritraggono lei: separati dagli altri, nascosti.
Inizio a pensare ai rari incontri che ho avuto con lei dopo che le telecamere avevano smesso di seguirci ovunque. Sapevo che Katniss non mi amava, l’aveva detto con tanta semplicità in quel breve scambio di battute prima di arrivare al Distretto 12, ma avevo sperato che io e lei potessimo essere amici. Buoni amici che condividono un’esperienza fuori dal comune. Abbiamo superato insieme gli Hunger Games, la nostra vita sarà legata per sempre a quella esperienza.
Ho sempre saputo nel profondo di me che un’amicizia non sarebbe mai stata abbastanza, ma ci ho sperato all’inizio, perché poteva essere un compromesso accettabile.
Da lei non ho avuto altro che fredda indifferenza, paura, forse, di lasciarsi prendere dai sentimenti.
In ogni caso, entrambi facevamo fatica a sostenere lo sguardo dell’altro. C’è una tensione emotiva fortissima che non riesco a spiegare. Un imbarazzo eccessivo per due che hanno confessato il proprio amore davanti a tutta la nazione.
Quindi, dopo tutto quello che c’è stato tra di noi negli ultimi mesi, dopo tutta la freddezza, l’indifferenza reciproca, posso ancora dire di amarla?
Dentro di me la risposta inizia a salire e si fa strada fino alle mie labbra.
-Certo che la amo. La amerò sempre – rispondo.
-Ce ne hai messo di tempo, ragazzo, stavo iniziando a pensare che le cose stessero peggio di quanto credessi – scherza Haymitch e mi sorride incoraggiante. Ma non riesco a sorridere, sono confuso. Quelle parole, così sicure che non si addicono affatto alla confusione che regna dentro di me.
Mi chiedo da dove venga tutta quella certezza del mio amore per lei. Pensavo che si fosse consumato nel nostro continuo ignorarci e invece eccolo tornare alla ribalta, indesiderato, immutato.
-Che cosa cambia se la amo o no? – chiedo.
-Semplifica molte cose, te ne renderai conto. Non dovrai far altro che essere te stesso, il che, è molto più semplice che recitare – dice sottolineando l’ovvietà della risposta – Adesso vai, tra poco verranno per prepararti – mi congeda con un gesto della mano senza lasciarmi possibilità di replicare.
-A dopo – lo saluto incerto.
Scendo le scale frastornato. La conversazione con Haymitch mi ha lasciato particolarmente confuso, in un qualche modo arrivo alla porta, la chiudo dietro di me e faccio quei pochi metri lungo il vialetto del Villaggio dei Vincitori. Noto una macchina che non può che venire da Capitol City posteggiata davanti a casa di Katniss. I vetri oscurati mi impediscono di vedere l’interno.
Senza alcun motivo un brivido, che non è causato dal freddo, mi pervade. C’è qualcosa di sospetto in quella vettura, nera sul bianco immacolato della neve.
Forse sono venuti a preparare prima lei, sicuramente necessita di più attenzioni di me, in quanto è una ragazza, ma non capisco. Cammino più lentamente nel leggero tappeto candido che si è formato a terra, cercando di trovare indizi, ma niente.
Entro dentro casa mia dubbioso, ma non posso fare niente per risolvere le mie preoccupazioni.
Resto seduto vicino alla finestra, un occhio all’orologio aspettando, ma non succede niente e la macchina nera resta là davanti a casa Everdeen, immobile e minacciosa.
Stare là fermo senza far nulla mi distrugge, anche se cercando di concentrarmi su quello che sta accadendo fuori mi evita di pensare a quello che sta succedendo dentro di me.
Mi alzo di scatto, scalcio la sedia e mi dirigo a grandi passi verso la porta che tiene celati i miei dipinti. Il mondo dei miei sentimenti e delle mie paure più profonde.
Prendo la chiave con la mano che mi trema, la infilo nella toppa. Giro e lo scatto della serratura risuona nelle mie orecchie dove non sento altro che il mio cuore che pulsa più forte.
Entro dentro e mi fiondo su i miei dipinti, voglio vederli, vederli e sapere cosa le mie mani hanno creato, quello che la mia mente ha partorito. Adesso voglio sapere, perché so che tutte le emozioni che ho voluto nascondere le ho soffocate nei quadri.
Gli Hunger Games: la mia storia.
Riprodotta fedelmente, immagine dopo immagine. Incubo dopo incubo.
C’è tutto, tutto quello che ricordo, guardare quei disegni fa male, così realistici, così drammatici. Sangue, dolore. Persone che sono tutte morte.
Li sparpaglio per la stanza, li osservo, gli occhi di Katniss, grigi come un plumbeo cielo autunnale, ma mai freddi, anche nella finzione della mia pittura i suoi sguardi escono dalla tela e mi penetrano dentro con la loro espressività. C’è solo lei nei miei pensieri, c’è sempre stata solo lei.
Il mio inconscio ha continuato ad amarla sebbene tutto mi spingesse a non farlo. È per questo motivo che la risposta è salita alle mie labbra così spontanea prima parlando con Haymitch.
Il rumore dell’auto che si mette in moto mi richiama alla realtà. Cosa? Stanno partendo?
Mi precipito alla finestra, ma non vedo altro che la macchina che scompare fuori dal Villaggio dei Vincitori, in un modo o nell’altro la cosa non mi piace. Non è ancora neanche mezzogiorno, impossibile che stiano già portando via Katniss.
Mi trattengo dal desiderio di fiondarmi fuori e bussare alla porta della casa di fronte per sapere se va tutto bene. Ovvio che va tutto bene, nessuno oserebbe farci del male all’alba del Tour della Vittoria.
È la nostra ultima occasione per dimostrare a Panem che siamo gli sventurati innamorati, salvati dall’arena solo per la forza del nostro amore.
Nessuna ribellione, nessuna azione sovversiva.
Solo amore.
Deglutisco a fatica, chiudo la porta dello studio dietro di me e salgo al piano di sopra per farmi una doccia.
Sarà dura.

Ciao ciao ciao,
so che questo capitolo è molto breve, ma il caro Peeta non è considerato abbastazna importante da ricevere visite dal presidente di Panem, quindi...
L'attesa è stata parecchia e mi scuso, cercherò di migliorare.. per il prossimo capitolo manca poco, ma preferisco farvi aspettare un po' di più ogni volta e portarmi avanti in modo da non farvi attendere tantissimo se mi trovassi in difficoltà.
Detto ciò spero che il capitolo vi piaccia e se sì che me lo facciate sapere. Questa storia sta già andando a gonfie vele e vi ringrazio tutti :D

Passiamo a delle comunicazioni "tecniche":
Mi rivolgo agli autori della sezione che seguono questa storia... stavo pensando che si potrebbe creare una pagina tutti insieme per allargare un po' il giro delle fanfiction a chi non conosce efp, se l'idea vi piace contattatemi oppure datemi qualche suggerimento su quelle che potrebbero essere idee migliori... non lo so, mi è venuta questa idea e mi sembrava carino proporvela :3

Sempre agli autori faccio una seconda proposta... magari non subito, ma intanto la butto lì, mi è venuta di scrivere una storia a 4/6 mani, magari anche interattiva. Ho pensato che potrebbe essere carina una collaborazione del genere. Anche se al momento sono occupato con questa storia (e immagino voi con le vostre) se la cosa vi interessa vi invito a dirmelo e magari se ne riparla tra un po' :)

Questa volta sono stato esageratamente prolisso e mi scuso, ma c'è stata questa confluenza di idee che mi andava di proporvi spero che qualcuno mi caghi.
Grazie a chi è arrivato a leggere fin qui, baci, a presto
-samubura-

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Il getto di acqua calda scorre rumorosamente.
È una bella differenza aprire un rubinetto e ritrovarsi con acqua a temperatura regolabile ogni volta che vogliamo. Forse non è il lusso dell’attico del Centro di Addestramento, ma le nostre nuove case sono un salto di qualità incredibile rispetto alla mia vecchia vita. Sarà almeno cinque o sei volte più grande della mia vecchia abitazione, faccio ancora fatica ad abituarmi a essere così solo in un posto tanto grande.
La mia famiglia pranza con me tutte le domeniche, e spesso vengono a cena. Purtroppo dovendosi svegliare nel cuore della notte per iniziare il lavoro al forno fa sì che vivere qua, a circa ottocento metri dalla piazza principale, sia una scomodità in più.
Forse è meglio così. Di notte mi sveglio urlando, sarei una preoccupazione in più.
Forse è meglio che non sappiano.
Mi guardano come se fossi malato. Mi chiedono continuamente come sto, come va la gamba nuova e altre mille domande sul mio stato di salute. Come se fossi pazzo. Ma io non sono pazzo.
Sono pazzo di Katniss, quello sì.
Purtroppo me ne rendo conto solo ora, ma non ho mai smesso di essere perdutamente cotto di lei. Del suo semplicissimo modo di essere, del suo sorriso che non vedo su quelle labbra da tanto, troppo tempo. Ripensandoci eravamo più felici quei giorni, nella grotta, con la morte che bussava alla nostra porta che adesso, che siamo sani e salvi e non dovremo più preoccuparci di nulla.
Solo il tour, poi è fatta.
Ancora una volta, per le telecamere.
Ma ho paura che non ne usciremo mai veramente. Il nostro amore continuerà finché non saremo entrambi nella tomba, una vita passata a mentire, senza possibilità di rifarcene un’altra. Salvi, ma condannati.
E anche se potessi, non vorrei rifarmi una vita. Una vita con chi? Se non con Katniss?
Cerco di lavarmi di dosso anche le emozioni. Non ci sarà niente più che un rapporto “professionale” tra noi due in questo viaggio. Non posso permettermi che ci sia altro, farebbe troppo male.
Iniziano a suonare al campanello, mi infilo l’accappatoio e non mi preoccupo di vestirmi, tanto penseranno a tutto loro: il mio team di preparazione.
Si lamentano del fatto che mi sono curato molto poco durante questo periodo, ed è così.
Me ne rendo conto solamente adesso che mi piazzano davanti allo specchio, in accappatoio e iniziano a ronzarmi intorno come mosche. Il viso che c’è davanti a me sembra quello di uno sconosciuto, non so da quanto tempo passo davanti alle lastre riflettenti enormi sparse un po’ ovunque per la casa senza neanche guardarmi.
Ho lo sguardo spento, due occhiaie da far paura, la barba incolta che mi ricopre il viso. Non so quando ho smesso di farmela, ma sicuramente da un po’. Mi fa sentire vecchio, chiedo se possono rasarmela.
-Ovvio che sì, non vorrai mica andare in giro a quel modo! Sarai in televisione e davanti a tutta la nazione caro – risponde William, il capo del mio team che ha mantenuto i capelli blu, ma ora ha anche dei tatuaggi che gli ricoprono le braccia con delle spirali nere.
Parlo poco, e come sempre non mi viene richiesto di farlo. Sono tutti sempre molto impegnati a parlare di sé. Che importa loro di quello che mi è successo durante questi ultimi mesi? Di come sto? Non importa a nessuno. Neppure a me.
A tutti importa solo degli Hunger Games, e infatti chiacchierano in continuazione solo di quello. Chissà cosa ci sarà, non vedono l’ora che inizi la nuova edizione. È che edizione! La settantacinquesima, quindi la terza Edizione della Memoria. Ogni venticinque anni un’edizione speciale. Per “celebrare” la fine della guerra in maniera ancora più grandiosa. Nella scorsa edizione, prima che io nascessi, Haymitch uscì vincitore contro altri quarantasette tributi, perché Capitol City decise di prendere il numero doppio di ragazzi e ragazze da ogni distretto.
-Sarai mentore in un’Edizione della Memoria!
-Già, non ti senti fortunato?
Fortunato? Mi chiedo che fortuna c’è nell’accompagnare un ragazzo alla morte.
-Oh, sì – mento – Non so cosa aspettarmi.
-Sarà grandioso! – urlano eccitati.
Poi iniziano a chiacchierare sul Tour della Vittoria, che non vedono l’ora di arrivare a Capitol City dove si concluderà tutto. Non si immaginano che significato abbia quel viaggio per me e Katniss.
Magari quest’anno proverò a lottare per il mio tributo. Mi chiedo se finirò ubriaco ogni anno come il mio mentore. Non ci ha mai detto niente della sua vita nell’arena. Probabilmente ricordare è troppo doloroso e lo capisco a pieno.
Quest’anno sarà torturato da interviste che mireranno a fargli rivivere il suo triste passato. Sarà un inferno. Da una parte sono quasi felice di essere io il nuovo mentore, così lui potrà starsene almeno un po’ più tranquillo. O almeno spero.
Il resto della conversazione è un mucchio di idiozie su vestiti, moda, feste e tutte le stupidaggini che fanno a Capitol City. Per fortuna dopo poco mi lasciano libero, già truccato per la mia apparizione in tv. Non c’è traccia del Peeta di prima, il ragazzo trasandato che mi guardava dall’altro lato dello specchio.
Sono contento di aver ritrovato l’immagine di me che ricordavo, non devo più lasciarmi andare così tanto.
Scendo finalmente al piano di sotto dove mi attende Portia.
Le corro incontro rifugiandomi tra le sue braccia. Il suo profumo mi avvolge e mi sento capito finalmente, da quella donna così calma che riesce a trasmettermi serenità anche in un momento di così grande tensione.
È sempre in nero, stivali di pelle lucidi con un tacco molto alto, è alta quasi più di me.
-Come stai? – sussurra mentre stretto a lei, solo io posso sentirla.
-Va tutto bene – mento con facilità. È questo che dovrò fare, meglio abituarsi da subito.
Si allontana da me per guardarmi dritto negli occhi, mi stringe per le spalle. Sorrido, ma non riesco bene quanto vorrei con quei due occhi scuri puntati su di me. Portia fa un sorrisetto malizioso e entrambi ci accomodiamo sui comodi divani del mio nuovo salotto.
So che Portia mi conosce meglio di chiunque altro. Mi ha aiutato tantissimo in questo ultimo periodo, mi è stata vicina, come se fosse la mia mamma di Capitol City. Mia madre non sarebbe mai riuscita a capire le mie esigenze bene come Portia ha fatto. Non le faccio una colpa, adesso il mio mondo è troppo diverso da quello cui era abituata.
Ogni vincitore dovrebbe avere un talento, insomma, qualcosa da fare dopo l’arena. Io e Portia abbiamo lavorato molto sul mio. All’inizio pensavo fosse fare torte, il pane, quello che avevo fatto per tutta la vita. Ma la mia stilista mi ha aiutato moltissimo portandomi verso il mondo della pittura. Alcuni miei quadri li ho spediti a lei e sono stati esposti a Capitol City, venduti a grosse somme che non mi interessano minimamente. Io dipingo solo per sfogare i miei ricordi e lasciare che scorrano via dalla mia mente riversandosi sulla tela. Credo che nella capitale avere un quadro dell’ultimo vincitore degli Hunger Games sia una gran cosa. Un lusso non da poco.
Portia ha curato personalmente i miei abiti. Sarà la mia stilista credo per sempre ormai. Mi fa indossare una camicia molto semplice e un paio di pantaloni molto semplici tanto dovrò indossare il cappotto sopra dato che dovremo fare le riprese in esterno.
I cameraman verranno a riprendere il mio studio.. mi vergogno un po’ a farli entrare lì dentro, in fondo è il mio mondo segreto, ma devo. Non posso aspirare ad avere privacy nella mia nuova vita da vincitore.
Arriva Effie con la troupe, avvolta in una folta pelliccia e una parrucca arancione ancora peggio di quella rosa che aveva l’ultima volta che l’ho vista. Mi bacia su entrambe le guance salutandomi con enfasi.
-Avanti, avanti, su! C’è una tabella da seguire, dai dai dai!
Dirige i funzionari di Capitol City come una direttrice d’orchestra, con ampi e frettolosi gesti delle mani. Apro la porta del mio studio e tutti entrano con le varie attrezzature per fare le riprese. Io resto con alcuni fonici a registrare l’audio che poi monteranno sopra le immagini, Effie ha preparato per me qualcosa da leggere, ma cerco di rielaborarlo perché non sembrano affatto parole che potrebbero uscire dalla mia bocca.
-Ok, tutto perfetto! Adesso via da Katniss che altrimenti arriverà in ritardo, ciao caro ci pensa Portia a te, ricorda che abbiamo un programma da seguire!
Quando la porta si richiude dietro di lei lasciandomi l’immagine della sua parrucca color zucca impressa nella mente mentre resto imbambolato a fissare la porta laccata di bianco. Portia mi dà un colpetto sulla spalla per riportarmi con i piedi per terra.
Finisce di prepararmi e parliamo un po’ aspettando il momento preciso delle riprese.
Sono teso. Ho paura di quello che sarà il mio incontro con Katniss.
Non la vedo da tanto, non di persona, e non so che effetto potrà farmi trovarmela davanti, figuriamoci doverla baciare e far vedere a tutta Panem quanto siamo felici insieme.
Non ho molto tempo per pensare, Portia mi prepara davanti alla porta e mi fa indossare un cappotto pesante di una stoffa morbida grigio scura. Una sciarpa di lana azzurro cenere che mi gira dolcemente attorno al collo sistemandola con mano esperta.
Sorride e poi fa il conto alla rovescia aprendo per me la porta quando è ora di uscire.
La neve sta cadendo fitta, strizzo gli occhi per vedere Katniss dall’altra parte della strada, la distinguo solo per la sciarpa di lana rossa, la folta pelliccia bianca che la avvolge completamente la fa confondere con il Villaggio dei Vincitori ricoperto dal manto candido.
Anche se è distante riesco a vedere che mi sorride, un ampio caloroso sorriso per le telecamere, non per me. Mi cammina incontro e faccio lo stesso per accorciare la distanza, poi inizia a correre e mi si butta addosso. La prendo per i fianchi e giriamo insieme. La guardo dritta negli occhi grigi, che sono diversi da quelli spenti e freddi che mi guardavano le ultime volte. C’è una nuova luce che non riesco a spiegare.
 Scivolo sul ghiaccio con la gamba meccanica e cadiamo nella neve, Katniss è sopra di me e sono completamente ammaliato. Mi guarda, la testa che sbuca appena dalla folta pelliccia bianca. In quel momento non riesco a pensare ad altro che a quanto mi è mancata. Poi mi ricordo una cosa e la bacio.
Perché noi siamo innamorati, giusto?
Come fai a baciare una persona senza lasciarti prendere completamente da lei? Non posso, non ci riesco. Dovrò chiedere a Katniss consigli, oppure godermi questo momento, essere me stesso come Haymitch mi ha suggerito e sapere nel profondo di me stesso che questi baci, che per me sono tutto, per lei non sono niente.
Credevo di aver dimenticato il sapore delle sue labbra. Invece eccole, soffici, unite alle mie, nonostante il rossetto sento la stessa fantastica sensazione delle volte scorse. Quel calore che cresce dal petto e rinnova tutto il mio corpo. Quell’energia incredibile che è l’amore.
Quando si stacca da me ci resto quasi male, avrei voluto che quel bacio durasse in eterno, per recuperare tutti quelli che non ho potuto darle in tutto questo tempo, ma forse meglio così. Katniss mi porge la mano per aiutarmi ad alzarmi. La stringo forte e poi facciamo una mezza passeggiata insieme. Quando la squadra di cameraman ci dice che può bastare ci salutiamo frettolosamente e ci prendono e caricano in macchina.
Io e Katniss non facciamo neanche in tempo a scambiare due parole, ma ripensandoci meglio così. Ci portano fino alla stazione, saluto la mia famiglia che per l’occasione è venuta al completo a salutarmi. Mi augurano buona fortuna e li rassicuro che sarò di ritorno presto. In confronto all’ultima volta che ho lasciato il distretto 12 questa è una scampagnata. Un viaggio di piacere. Ma è comunque fondamentale. Haymitch è stato abbastanza chiaro a riguardo.
Sul treno ritrovo lo stesso ambiente di quando siamo partiti il giorno della mietitura, non penso sia lo stesso treno, ma è molto simile se non addirittura identico. Vado in camera mia a riposarmi, non voglio vedere nessuno per un po’. Non voglio trovarmi da solo con Katniss in realtà.
Non saprei che dirle, dopo tutto il tempo che non ci parliamo. Qualunque tentativo di approccio risulterebbe banale e sciocco, ma allo stesso tempo non posso non parlarle mai dobbiamo fare questa cosa insieme.
Adesso comunque non mi va. Non ce la faccio. Non nelle condizioni in cui sono.
Terribilmente confuso, senza un’idea chiara in testa. Ho paura di amarla di nuovo, conscio che non potrò mai smettere di farlo. Semplicemente non voglio, so che non ci sarebbe mai nessuna che potrebbe sostituire quello che lei è per me. È speciale. Amore, sì, ma non solo, è un sentimento molto più complesso. Unico nel suo genere. Complicato.
Pensarci tutto questo tempo non ha senso. Non risolve nulla e fa stare me peggio.
Mi costringo a uscire dalla mia stanza prima dell’ora di cena per fare un piacere a Effie, sempre preoccupata per la tempistica. Ma se non fosse per lei saremmo sempre in ritardo quindi, anche se è parecchio fastidiosa a volte, la ringrazio del lavoro che fa per noi.
Nel vagone ristorante trovo Haymitch, Cinna e Portia. Poco dopo ci raggiunge anche Katniss, scortata da Effie.
Ceniamo e per fortuna ci pensa Effie a gestire la conversazione, evitando di far parlare me e Katniss insieme o di farci domande che ci coinvolgano entrambi. Ceniamo con i cibi spettacolari di Capitol City.
Ho comprato un libro di ricette e mi sto dedicando molto anche a imparare a cucinare come si deve. Quando la domenica invito i miei famigliari a pranzo cerco sempre di stupirli con le fantastiche portate e mi riempiono di complimenti, ma i miei tentativi non hanno nulla a che vedere con questi. La cosa mi dà una scusa per concentrarmi sul cibo e ignorare il resto. Haymitch esagera decisamente con il vino.
Evito di incrociare lo sguardo di Katniss che è seduta dall’altra parte del tavolo, lontana da me, per tutta la sera. Non che abbia un motivo particolare, ma non me la sento, credo che non riuscirei a sostenere quegli occhi di nuovo.
Quando la cena è finita, restiamo un po’ a parlare, poi Effie ci ordina di andare a dormire perché domani sarà una giornata importante e dobbiamo essere riposati.
Non ho sonno, ma sono contento di potermi allontanare da tutti. Mi rifugio nella mia camera con nessuna intenzione di uscirne fino a domani mattina.
Mi infilo un pigiama di quelli nell’armadio della mia cabina e mi infilo sotto le coperte. Soffoco i miei pensieri nel cuscino e cerco di addormentarmi.
È terribile come un bacio possa cambiarti la giornata.

Tralasciando il fatto che sono non indietro, INDIETRISSIMO, con il prossimo capitolo, eccovi qua il terzo :)
Non mi andava di farvi attendere troppo tempo, cercherò di accelerare un po' ma faccio un po' più di fatica a trovare tempo per scrivere... Non preoccupatevi continuerò magari con meno regolarità.
Anche perché presto... (non so ancora dire quando, ma intanto vi accenno un po' di cose) in collaborazione con Bellador e Elly24, che si sono offerte per lavorare con me
al progetto che vi avevo accennato la scorsa volta, inizierà una nuova storia e sarà INTERATTIVA, quindi tenetevi pronti perché ci sarà tanto bisogno di voi.. 24 tributi attendono di essere dati alla luce e se vi interessa l'idea vi consiglio di iniziare a pensare al vostro.
Non so in che modo questo nuovo progetto potrebbe influire su questa storia, ma non preoccupatevi non dovrebbe essere troppo impegnativo :)

La storia interattiva è stata pubblicata!! http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2407799&i=1
Ci sono ancora parecchi tributi disponibili.. quindi se vi va fate un salto, vi aspettiamo :D
Nel frattempo, se questo capitolo vi piace fatevi sentire ;) ringrazio tutti quelli che l'hanno già fatto e coloro che stanno seguendo la storia "nell'ombra", siete tanti anche se la storia è super breve :D
Spero di risentirci il più presto possibile,
Ciao ciao

-samubura-

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


La mattina seguente mi sveglio pensando a Katniss. Un raggio di sole filtra tra le tende che ieri sera ho chiuso frettolosamente. Già sole, non il pallido chiarore che attraversa a stento le nuvole cariche di neve che negli ultimi giorni hanno coperto il cielo del Distretto 12. Quanto ci siamo spinti a sud rispetto a casa.
So molto poco del Distretto 11, dove siamo diretti. Il distretto di Rue e Tresh. Pensare a loro due mi fa scorrere un brivido lungo la schiena, senza loro non sarei qui. In un certo senso devo la mia vita anche a loro due. Il distretto delle piantagioni, dei campi coltivati da cui vengono tutti i prodotti della terra. Da cui viene la farina che ci veniva portata in panetteria una volta al mese, ad esempio.
Il distretto che sarà la nostra prima tappa del Tour. Solitamente si inizia dal Distretto 12 e si prosegue in ordine decrescente fino ad arrivare a Capitol City, il distretto del vincitore viene saltato e chiude le celebrazioni. Quest’anno quindi tocca al Distretto 12 fare festa per la chiusura del Tour, per la seconda volta nella storia degli Hunger Games. Capitol City pagherà per tutto.
Effie non è ancora venuta a chiamarmi, quindi cerco di rigirarmi per un po’ tra le coperte del letto enorme, ma non riesco a riprendere sonno, quindi mi alzo, mi lavo la faccia per togliere quel torpore che mi è rimasto addosso e indosso qualcosa di semplice senza preoccuparmi troppo. Oggi viaggeremo per tutto il tempo, quindi non importa che io sia all’ultima moda. Non ci sarà nessuna ripresa e nessun pubblico.
In effetti non so perché abbiano insistito tanto che io e Katniss ci riposassimo.
Cammino per un po’ avanti e indietro nella mia stanza. Pensando a cosa mi attende. Oggi è un giorno importante, non posso sbagliare. Ma fin’ora mi sembra che sia andato tutto bene, non sono riuscito a parlare con Haymitch, ma mi avrebbe cercato se mi fossi comportato nel modo sbagliato.
Katniss. Sarò costretto a baciarla ancora?
Ovvio che sì, per tutto la durata del viaggio, e anche dopo. Mi chiedo se il nostro spettacolo d’amore dovrà durare per sempre. O comunque, per quanto?
Mi sento ancora più uno schifo adesso che faccio di tutto per evitarla. In fondo siamo sullo stresso treno, dobbiamo vivere a contatto continuo, che senso ha continuare a ignorarci. Non so neanche perché persisto a farlo. Lei ovviamente non si avvicina a me, come potrei biasimarla? Dopo la mia reazione, mentre ritornavamo a casa, non può che credere che io la odi.
È vero, ho reagito male, ma solo perché ero geloso. Geloso del fatto che nonostante quello che c’era stato tra noi due nell’arena lei non sarebbe mai stata mia. Penso che lei appartenga a Gale, da sempre, nello stesso inspiegabile modo in cui io appartengo a lei. E adesso che ho avuto tempo per pensarci mi sono reso conto che è giusto che sia così.
Il fatto che fosse tutto finto non impedisce di crearci lo stesso un rapporto.
Se vogliamo, io e Katniss possiamo almeno essere amici. Sarebbe comunque meglio che questo freddo ignorarci continuamente.
Le quattro pareti della mia stanza spaziosa iniziano a soffocarmi, decido di uscire e fare un giro, colazione e poi cercare Effie per sapere qualcosa di più sul programma che le sta tanto a cuore.
La trovo per l’appunto nel vagone ristorante dove c’è un tavolo pieno di cibo ad attendermi. La parrucca arancione di Effie mi arriva addosso e la sua voce acuta mi stride nelle orecchie abituate al silenzio.
-Oh, Peeta caro, stavo per venirti a chiamare!
-Buongiorno anche a te Effie – replico sarcastico. Mi guarda un po’ storto senza afferrare l’ironia e sorrido incoraggiante per sentire che ha da dirmi.
-Oggi dovrai prepararti. Nient’altro. Sei fortunato, Katniss si è dovuta svegliare molto prima di te, ma è solo colpa sua, ha ignorato completamente i nostri consigli e ora deve rifare il trattamento completo.
Quindi Katniss è da qualche parte con il suo team di preparazione e io non avrò occasione di parlarle per un bel po’. Pazienza, non ho nessuna fretta.
Da quanto ho capito mi conveniva restare sotto le coperte, a quanto pare mi attende una noiosissima mattinata. Speravo che quello che avevano fatto ieri fosse già abbastanza, ma a quanto pare era solo un piccolo ritocco giusto per le prime riprese. Oggi mi rimetteranno a nuovo.
Mi concentro sul fare colazione per ora. I cuochi del treno si staranno sicuramente facendo in quattro per noi, trovo tra le tante pietanze anche lo stufato di agnello con le prugne secche che Katniss aveva dichiarato fosse il suo piatto preferito e che gli sponsor avevano inviato a noi due nella grotta mentre eravamo nell’arena.
Mi riempio il piatto. Risentire il gusto delicato di quel cibo delizioso mi fa tornare in mente la ragazza che era con me durante gli Hunger Games, troppo diversa da quella che ho spiato dalla mia finestra troppe volte senza trovare il coraggio di parlarle e chiarire le cose, un po’ come facevo a scuola quando ancora non la conoscevo.
Ma adesso? Posso dire di conoscerla? Cosa so veramente di lei?
Quasi niente. Credevo che avessi imparato a conoscerla meglio, ma probabilmente ho visto solo quello che ha voluto far vedere a me e al resto di Panem. Non so nulla della ragazza che dovrebbe essere la mia ragazza a quanto dice l’intera nazione e che mi ha salvato la vita.
Non ho tempo di pensarci ancora per molto, appena ho finito di mangiare arrivano i miei preparatori e mi portano in una stanza dove non so cosa faranno di me. Sembrano animaletti saltellanti tutti eccitati dal fare qualche strano trattamento sul mio corpo.
Mi fanno sedere su una sedia, spalmano un gel fresco sul volto. All’inizio non è niente di strano, anche se non so quale sia il suo effetto. Suppongo qualche crema idratante, ma poi la pelle inizia a bruciare. A denti stretti chiedo –Che cosa mi sta facendo?
-Brucia un po’ eh? – risponde William, annuisco dolorante – È quello che avevamo fatto nell’arena per non farvi crescere la barba per un po’ e rendere i vostri volti ben riconoscibili. L’altro giorno quando ti abbiamo visto con quel cespuglio ero disperato!
Non riesco a sorridere da quanto mi tira la pelle. Spero solo che questa tortura finisca presto. Passa qualche minuto poi un timer che non avevo visto suona e mi sciacquano via la poltiglia chimica che ha bruciato i miei peli del volto alla radice e rimosso le imperfezioni della mia pelle.
Ho il volto liscio come un bambino. Mi sfioro con i polpastrelli la superficie che il gel ha livellato perfettamente, incredulo di un così perfetto risultato.
-Chi bello vuole apparire un poco deve soffrire! – commenta William soddisfatto.
Passano il resto del tempo a depilarmi il petto e rifarmi le sopracciglia, acconciare i miei capelli, farci dei riflessi più chiari. Così come quel giorno nel Centro di Addestramento, non obietto. Attendo solo che abbiano finito con me.
Ci vogliono ore, il trattamento completo è veramente completo sotto ogni aspetto, passano almeno mezzora a limarmi le unghie dei piedi e delle mani, mi fanno fare bagni in oli densi e profumati e strofinano con spugne che sembrano fatte di carta vetrata ogni centimetro del mio corpo.
Quando mi dicono che posso andare non me lo faccio ripetere due volte. Dopo averli ringraziati esageratamente esco fuori e tiro un sospiro di sollievo.
Haymitch mi passa davanti barcollando proprio in quel momento, sorride divertito dalla mia reazione e mi batte una forte pacca sulla spalla. Non è ubriaco, ma soffre i postumi della sbornia che si è sicuramente preso ieri sera, il volto arrossato e i capelli scarmigliati. Cerca di abbozzare un sorriso a cui rispondo incerto. Mi dispiace vederlo così, non immagino quanto stia male.
Mi preoccupa pensare che probabilmente finirò come lui un giorno, vittima eterna dei fantasmi del mio tremendo passato di tributo.
Ci incamminiamo verso la sala da pranzo dove troviamo Cinna, Portia ed Effie. Saluto Cinna che non avevo ancora incontrato, Effie mi fa i complimenti per quanto sono tornato ad essere bello. Quando io e Haymitch ci accomodiamo iniziano a portare il pranzo.
-Non aspettiamo Katniss? – domando.
-Oh, lei arriverà a momenti, deve ancora finire di prepararsi – risponde Effie liquidando la mia domanda con un gesto della mano.
-Ti trovo bene, Peeta – osserva Cinna dopo un po’ che stiamo mangiando.
-Non c’è male – rispondo evasivo – La mia vita è molto cambiata rispetto a prima, ma mi piace potermi dedicare di più a quello che mi piace.
Ovviamente non faccio accenni agli incubi che mi assalgono tutte le notti e al rapporto con Katniss che è un disastro.
-Ho visto i tuoi quadri, sono molto belli, complimenti – dice lui con la solita voce calda e rassicurante.
-Grazie, anche gli abiti che hai disegnato per Katniss sono incredibili.
-Tutto merito della mia giovane allieva – scherza lui. Persino Effie accenna un sorriso.
Non trovando un talento proprio, che non fosse andare a cacciare illegalmente, Cinna si era offerto di disegnare alcuni modelli spacciandoli per suoi. Tutti noi lo sappiamo benissimo, ma gli abitanti di Panem devono bersi questa stupidaggine.
Parliamo per un po’, solo Haymitch non partecipa alla conversazione e se ne sta seduto al suo posto guardando il muffin nel suo piatto come se fosse incredibilmente interessante.
A un certo punto entra Katniss e senza dire una parola si siede al suo posto. Anche su di lei i preparatori hanno fatto un lavoro che ha dell’incredibile. Ha la pelle che quasi brilla. Tiene gli occhi bassi mentre rigira il cucchiaio in una ciotola di brodo, ma appena lo assaggia. Nonostante i tentativi di Cinna di trascinarla nella conversazione lei se ne resta imbronciata al suo posto come se neanche esistessimo.
Un cameriere ci avvisa che ci sarà una fermata per riparare un pezzo, quindi per almeno un’ora non potremo proseguire.
-Dannazione! – grida Effie – È assolutamente terribile, siete sicuri che non si possa fare più in fretta?
Il cameriere scuote la testa.
Subito Effie tira fuori il programma e inizia a far slittare il programma calcolando il ritardo borbottando qualcosa di incomprensibile e lasciandosi sfuggire sbuffi e sospiri disperati mentre controlla tutto con occhio attento.
-Tutto ciò è molto grave, molto molto grave. Un completo disastro! Dovremo tagliare sulle preparazioni e avvisare il distretto 11 del ritardo e..
-Non importa a nessuno, Effie! – sbotta Katniss improvvisamente. Attirando gli sguardi di tutti su di sé – Sì, a nessuno! – ripete e si alza da tavola andandosene arrabbiata.
-Deve essere lo stress del tour imminente – commenta Cinna cercando di smorzare la tensione. Effie è rimasta pietrificata, la bocca aperta quasi in una muta risposta.
Mi alzo e me ne vado mormorando qualcosa sul fatto che non ho più appetito, ma in realtà voglio trovare Katniss. Non ci metto molto a capire che è uscita dal treno. La luce del sole mi investe con il suo calore. È una sensazione insolita in quello che nel distretto 12 è un freddo inverno. Solo ieri ero a casa e adesso sembro in un altro mondo.
Vedo Katniss seduta sul prato oltre la coda del treno.
La raggiungo a passo lento. Non ho nessunissima fretta. Cammino sull’erba di un bel giorno acceso. Il cielo è limpido e una leggera brezza muove le foglie degli alberi al limitare dei binari e dà una piacevole sensazione di freschezza sulla pelle. Quando sono a qualche passo da lei mi parla senza neanche voltarsi.
-Non sono dell’umore giusto per una paternale.
-Cercherò di essere breve – rispondo scherzando.
-Pensavo fosse Haymitch – si giustifica.
-No, lui è ancora lì che studia il suo muffin – mi siedo accanto a lei – Giornataccia, eh?
-No, non è niente – taglia corto.
Come al solito. Tocca a me espormi, respiro profondamente prima di iniziare a parlare. Non è un discorso che mi sono preparato, ma le parole mi escono di bocca con estrema semplicità. Come se attendessero dentro di me questo momento da sempre.
-Senti, Katniss, volevo parlarti del modo in cui mi sono comportato sul treno. L’ultimo treno, voglio dire, quello che ci ha riportato a casa. Sapevo che c’era qualcosa tra te e Gale. Ero geloso di lui ancora prima del nostro incontro ufficiale. E non è stato corretto agire con te in base a qualcosa che è successo durante il reality show. Mi dispiace.
Le ultime due parole la lasciano parecchio sorpresa. Mi guarda con i suoi occhi grigi puntati dritti nei miei. Mi sforzo di tenere lo sguardo alto, poi lei cede.
-Dispiace anche a me – ammette con aria confusamente colpevole.
-Non c’è niente per cui tu debba dispiacerti. Lo facevi solo per tenerci in vita. Ma non voglio che andiamo avanti così, ignorandoci l’un l’altro nella vita di tutti i giorni e cadendo abbracciati nella neve quando c’è in giro una telecamera. Quindi penso che se io la smettessi di fare quello col cuore infranto potremmo provare a essere amici.
Fatico molto a finire il discorso. Guardo Katniss aspettando una risposta.
-D’accordo – dice. Meglio che niente. Ma non aggiunge altro.
-Allora cosa c’è che non va? – insisto, cercando di non far morire subito questa conversazione, ma lei rimane a guardare l’erba davanti ai suoi piedi –Be’, partiamo da qualcosa di più elementare. Non è strano che io sappia che tu rischieresti la tua vita per salvare la mia, ma non… qual è il tuo colore preferito.
Katniss accenna un sorriso e  finalmente risponde – Il verde – ovvio, il verde dei suoi boschi, avrei dovuto pensarci subito – E il tuo?
-Arancione.
-Arancione? Come i capelli di Effie?
-Un po’ meno carico. Più come… il tramonto – adoro il tramonto, le mille sfumature che ogni giorno si dipingono nuove sulla immensa tela del cielo. La natura resterà sempre la più grande pittrice.
-Sai, vanno tutti matti per i tuoi quadri. Mi spiace di non averli visti.
Purtroppo lo so, e mi hanno costretto a portarmene parecchi dietro per venderli nella capitale –Be’, ne ho una carrozza piena, sul treno. Vieni – le dico alzandomi e porgendole la mano per aiutarla a fare lo stesso e seguirmi.
Non so perché né io né lei lasciamo la mano dell’altro anche una volta che siamo arrivati all’interno di un vagone.
-Devo prima scusarmi con Effie – dice Katniss. Ricordandosi della sua brutta figura. La maniaca delle buone maniere sarà ancora terribilmente sconvolta da ciò che è successo.
-Non aver paura di esagerare – scherzo. La accompagno nella carrozza ristorante, dove tutti stanno ancora finendo di pranzare e Katniss porge le sue scuse a Effie che le accetta senza scomporsi. Dice che è chiaro che siamo sotto pressione per questo viaggio così importante e non si dilunga troppo sul fatto che è importante che qualcuno si occupi di gestire il programma.
Io aspetto un po’ defilato impaziente di mostrare i miei dipinti a Katniss e sapere quali saranno le sue impressioni. Temo il suo giudizio.
La guido attraversando alcuni vagoni fino a raggiungere quella dove sono stipati tutti i miei quadri. Apro la porta e la spingo piano dentro, ma rimane pietrificata.
-Cosa ne pensi? – chiedo dopo un po’ che se ne resta in silenzio a passare lo sguardo sulle mie tele, senza nessuna reazione. Riconoscendo i vari momenti dei nostri Hunger Games.
-Li detesto – è un duro colpo. Ma aggiunge – Io non faccio che andarmene in giro cercando di dimenticare l’arena e tu l’hai riportata in vita. Come fai a ricordare queste cose con tanta precisione?
-Le vedo ogni notte – dico piano. Capisco che anche a lei queste immagini evochino brutti ricordi.
-Succede anche a me – dice spostando lo sguardo dai quadri a me – Ma aiuta?
-Non lo so. Credo di avere un po’ meno paura di andare a dormire la sera, o almeno mi dico che è così. però non se ne sono andati.
-Forse non se ne andranno mai. Quelli di Haymitch non l’hanno fatto – commenta greve.
-No, ma preferisco svegliarmi con in mano un pennello piuttosto che un coltello. Li detesti davvero allora? – chiedo nuovamente.
-Sì. Però sono incredibili, sul serio – dice lanciando un’ultima occhiata alle tele colorate – Vuoi vedere il mio di talento? Cinna ha fatto un ottimo lavoro.
Mi fa ridere il tono in cui lo dice, come se fosse molto orgogliosa di te. Mi ero dimenticato di come la ragazza di fuoco sapesse essere divertente.
-Più tardi – dico, e il treno si rimette in moto – Forza, siamo quasi al Distretto 11. Andiamo a dare un’occhiata.
Percorriamo tutto il treno per arrivare in fondo e vedere il paesaggio che ci stiamo lasciando alle spalle. Nell’ultima carrozza ci sono divani e poltrone e i finestrini si possono aprire e si ha la sensazione di viaggiare all’esterno.
Distese immense di campi coltivati o con mandrie di bestiame a perdita d’occhio. Spazi così vasti e aperti sono qualcosa di completamente nuovo per me e Katniss abituati alla ristretta realtà del Distretto 12 in mezzo ai boschi.
Il treno inizia a rallentare e vediamo che davanti a noi si erge una recinzione enorme. Quella che delimita il nostro distretto sembra una bazzecola in confronto. Un muro altissimo con in cima spirali di filo spinato, come se fosse possibile arrampicarsi fino lassù in cima. La cosa più spaventosa sono le torrette di guardia, a distanze regolari con dei pacificatori armati.
Sarebbe impossibile fuggire da questo posto, penso a Katniss e alla sua caccia illegale nei boschi che sarebbe assolutamente impossibile in un distretto come questo. Vedere una realtà così diversa mi fa molto riflettere. Quante cose non sappiamo dei nostri concittadini?
-È un po’ diverso qui – commento per rompere la tensione. Ma non serve a molto. Neanche io ho tanta voglia di parlare davanti a quel terribile spettacolo.
Dopo la recinzione l’unica cosa che si vede è una distesa infinita di campi coltivati. Quasi tutti i frutti della terra che vengono distribuiti a Panem vengono da qua. Alberi da frutto in file precise che si estendono per non so quanti metri. File di ortaggi, campi arati in attesa di essere seminati. Ci sono moltissime persone che lavorano. Quelli più vicini ai binari alzano il capo per qualche secondo a guardare il nostro treno. Hanno in testa cappelli di paglia per proteggersi dal sole caldissimo. Le schiene curve sulla terra.
In lontananza riesco a scorgere qualche agglomerato di baracche in lamiera, abitazioni persino più povere di quelle del Giacimento. Non si possono chiamare città. Sono solamente ammassi di capanne dove la gente trova un po’ di riposo dopo il lavoro nei campi. Questa è la stagione del raccolto e nessuno è esonerato dal duro lavoro.
I campi continuano a scorrere veloci sotto i nostri occhi increduli –Quanta gente pensi che ci viva, qui?
Chiedo a Katniss che scuote la testa senza distogliere lo sguardo dalle distese sterminate del Distretto 11. Avevano detto che era uno dei più grandi, ma i miei occhi non riescono a credere a quello che vedono.
I ragazzi che mostrano nella mietitura non sembrano molti di più di quelli nel nostro distretto. Certo, non potrebbero mai entrare tutti nella piazza. Allora come fanno?
Effie che ci dice di andarci a vestire ci distoglie dai nostri pensieri. Sono quasi felice di poter staccare gli occhi da tanta immensità. Entro nello scompartimento che mi è riservato dove i preparatori fanno gli ultimi ritocchi e poi Portia mi mostra gli abiti che dovrò indossare per la mia apparizione pubblica.
È un semplice completo su una tonalità del marrone molto calda e piacevole. Mi calza alla perfezione come sempre, ma guardandomi allo specchio mi chiedo come posso presentarmi davanti alle famiglie delle persone che vivono qua, in quelle baracche, vestito di tutto punto a sbandierare il fatto che io sono vivo e i loro figli no.
Ho passato giorni a cercare delle parole che avrei potuto pronunciare in onore dei tributi che sono morti nell’arena. Specialmente per Rue e Tresh, i tributi del Distretto in cui ci troviamo ora, senza di loro non sarei qua e mi sento incredibilmente in debito con loro.
La notte rivedo la ragazzina del distretto 11 con la lancia nel petto, così come me l’ha descritta Katniss nell’arena e mi chiedo “Perché tu? Perché tu e non io?” non merito di essere su questo treno più di nessun altro. Non è giusto.
Portia mi guarda con aria interrogativa –Che hai?
-Non è niente – rispondo, anche se Portia è una delle poche persone che credo potrebbe capire le mie preoccupazioni, non mi va di parlare neanche con lei.
Quando sono pronto Effie prende me e Katniss da parte per ripassare il programma. La cerimonia del Distretto 11 è piuttosto semplice. Dopo un discorso introduttivo del sindaco toccherà a noi due spendere qualche parola. In quella che Effie chiama veranda: un colonnato che precede l’ingresso vero e proprio del palazzo di Giustizia. Purtroppo è un edificio molto trascurato, ma ai tempi della sua costruzione doveva essere imponente. Completamente in marmo, con un’ampia scalinata.
In altre occasioni i tributi sfilano nella città in un mezzo a un mare di gente che applaude, solitamente nei distretti favoriti, ma qua la breve cerimonia si terrà nella piazza principale, che come ci viene mostrata dalle riprese delle mietiture è tutto meno che bella. Persino quella del Distretto 12 è in condizioni migliori, e nei giorni di mercato assume quasi un’aria festosa.
Ci consegneranno delle targhe o qualcosa di simile, poi per noi all’interno del Palazzo di Giustizia sarà tenuta una cena speciale.
Tutto questo festeggiare per qualcosa che non abbiamo fatto. Solamente perché la fortuna è stata a nostro favore e non a loro.
Mentre lei parla io non tolgo gli occhi di dosso a Katniss.
È incantevole. Cinna ha pensato per lei un vestito arancione, quasi fosse al corrente della nostra conversazione di oggi pomeriggio. Le cade bene addosso e a partire dal fondo un motivo a foglie autunnali crea una specie di spirale attorno alla gonna. Un cerchietto le raccoglie i capelli lasciandole brillare il volto, mi piacciono molto quando li lascia ricadere sulle spalle liberi dalla treccia che è il suo marchio di fabbrica. La spilla d’oro con la ghiandaia imitatrice brilla ogni volta che Katniss si muove.
Dovrò amare ancora una volta quella ragazza. E ancora, e ancora. E so che non mi sarà mai difficile farlo.
Quando arriviamo alla stazione del Distretto 11 non ci sono folle acclamanti ad attenderci, ma una squadra di pacificatori armati che ci scortano.
-Si potrebbe pensare che siamo tutti criminali – dice Effie infastidita.
Ci fanno salire dentro un camion blindato che sobbalza sulla strada piena di buche mentre ci porta fino alla piazza. Effie non smette un attimo di lamentarsi a bassa voce, ma misurata in modo che i pacificatori possano sentirla.
Entriamo dal retro del Palazzo di Giustizia e ci spingono verso la porta principale da cui faremo il nostro ingresso. Le prime note dell’inno di Panem risuonano proprio mentre arriviamo là davanti un po’ spaesati.
Prendo per mano Katniss e non ho nessuna intenzione di lasciarla andare. Come sempre è il mio unico punto di riferimento. Il sindaco ci introduce alla folla e i battenti del portone si aprono davanti a noi gemendo.
-Un bel sorriso! – dice Effie tra i denti mentre ci spinge delicatamente.
Un bell’applauso ci accompagna nel breve tratto che ci separa dal microfono. Il sole è accecante e le scale marmoree riflettono la luce. Davanti a noi c’è una grande folla, ma non sono sicuramente neanche un quarto degli effettivi abitanti del distretto. Gli altri saranno tutti al lavoro nei campi.
Come consuetudine ai piedi del palco è stata allestita una pedana riservata ai familiari dei tributi morti.
Dal lato di Tresh c’è solamente una anziana signora con la schiena piegata dalla vita nella campagna e una ragazza forte con la pelle scura come quella del gigante silenzioso che ha risparmiato la vita a Katniss. La famiglia di Rue è molto più numerosa: ci sono entrambi i genitori r cinque fratelli minori tutti stretti tra loro che sembrano quasi tante piccole sue copie. Lancio un’occhiata a Katniss per vedere come reagisce. Il suo volto resta sorridente ma nel profondo dei suoi occhi grigi lotta per contenere il dolore che quella visione le provoca.
Il sindaco tiene un conciso discorso in nostro onore, poi due ragazzine ci portano dei fiori ed è il nostro momento di parlare. Il mio momento, dato che non so quanto potrò contare sull’appoggio di Katniss.
Nella tasca della giacca ho dei cartoncini, ma ho già chiaro in testa quello che voglio dire.
Parlo di Tresh e Rue, della loro grande lotta nei giochi, di come entrambi dobbiamo la vita ai tributi di questo distretto e che questo è un debito che non potremo mai ripagare. Katniss resta in silenzio accanto a me senza riuscire a proferire parola.
Quando ho terminato il mio intervento guardo negli occhi di quelle famiglie distrutte. E vedo mio padre, mia madre e i miei fratelli su quel palco, a piangere la mia morte. So che le mie parole non possono colmare il loro dolore. E che nient’altro può. Ma so che devo fare un’ultima cosa per loro.
Probabilmente questo ci metterà nei guai, ma non c’è nessuno che può fermarmi. Essere un vincitore nel bel mezzo del Tour della Vittoria mi concede un alone di immunità.
-Non esiste un modo per rimediare alle vostre perdite. Però, come segno della nostra gratitudine, vorremmo che le famiglie dei due tributi del Distretto 11 ricevessero un mese delle nostre vincite per ogni anno delle nostre vite.
La sorpresa nei loro occhi è impagabile. Katniss mi guarda e le sorrido con poca convinzione. Lei si mette in punta di piedi e mi bacia. Non avrebbe potuto scegliere momento migliore. Mi lascio prendere per qualche secondo dalle sue labbra morbide come se oltre a noi non ci fosse nessun altro.
Quando torniamo alla realtà il sindaco ci consegna delle targhe enormi, talmente grandi che Katniss deve appoggiare a terra il mazzo di fiori per reggerla. È un segno che la cerimonia sta per finire e potrò tirare un sospiro di sollievo. Probabilmente Haymitch ed Effie mi faranno storie con la questione della donazione, ma non mi importa. I soldi servono più a queste persone che a me e Katniss. Con il niente che ho scelto di donare loro ho cambiato le loro vite per sempre.
-Aspettate! – dice Katniss avvicinandosi al microfono titubante, ma con la voce ferma e decisa. Non so cosa abbia in mente, ma forse le emozioni hanno avuto la meglio su di lei –Aspettate, per favore. Voglio esprimere tutta la mia gratitudine del Distretto 11. Ho parlato con Tresh solo una volta. Giusto il tempo il tempo perché lui mi risparmiasse. Non lo conoscevo ma lo rispettavo. Per la sua forza. Per il suo rifiuto di partecipare agli Hunger Games se non alle sue condizioni. I Favoriti volevano che si unisse a loro fin dall’inizio, ma lui non l’ha fatto. E io l’ho sempre rispettato, per questo.
Un attimo di silenzio precede le parole che Katniss rivolge alla famiglia di Rue. Tutti gli occhi sono incollati al palco. Sembra che l’intera piazza stia trattenendo il respiro.
-Invece Rue mi sembra di conoscerla davvero, e lei sarà sempre nel mio cuore. Ogni cosa bella me la richiama alla mente. La vedo nei fiori gialli che crescono nel prato vicino a casa mia. La vedo nelle ghiandaie imitatrici che cantano sugli alberi. E soprattutto la vedo in Prim, mia sorella. Grazie ai vostri figli – dice con la voce che minaccia di rompersi in pianto – E grazie a tutti voi per il pane.
Un lungo silenzio di rispetto accoglie le sue parole meglio di qualunque altro applauso. Poi da qualche parte nella folla qualcuno fischia le quattro note del motivo che Katniss mi aveva fatto sentire nell’arena, poco prima dell’arrivo dei mutanti. Cerco con lo sguardo tra la folla da dove provenga il suono, ma non riesco a trovare nessuno. Poi accade l’incredibile.
Tutti gli spettatori della cerimonia portano le tre dita in mezzo della mano sinistra sulle labbra e poi stendono il braccio, così come al saluto di Katniss dopo la mietitura. È un gesto troppo preciso per essere una casualità. Il fischio era un segnale concordato. Un segno di rivolta, di sdegno nei confronti della Capitale che opprime i distretti con i suoi sporchi giochi.
Non proprio quello che fa comodo a me e Katniss.
Cerco di mantenermi calmo guardo smarrito quelle migliaia di mani stese verso il cielo. Verso Rue e Tresh.
Il sindaco riprende la parola e tutto si dissolve in un attimo. C’è un altro fragoroso applauso e prendendo Katniss per mano la riaccompagno alla porta. Si guarda attorno spaesata. Non era certo sua intenzione quello che è successo. Barcolla.
-Stai bene? – chiedo vago.
-Mi gira solo la testa. Il sole era così forte. Ho dimenticato i miei fiori.
-Te li prendo io – mi offro.
-No, vado io – ribatte senza lasciarmi tempo di risponderle. Mi volto a guardarla e vedo ben altro.
Due Pacificatori trascinano un vecchio, probabilmente lo stesso che ha fischiato quelle semplici innocenti quattro note.
Lo fanno inginocchiare a forza di manganellate.
Ed è solo un colpo.

Perdonatemi per la mia lunga assenza. Non avrei mai voluto farvi aspettare tanto, ma credo che dovrete abituarvi a questo ritmo perchè... non trovo quasi più il tempo per scrivere.
Questo capitolo era parecchio lungo di suo anche nel libro originale quindi forse coi prossimi sarete/mo più fortunati.
Inoltre questo è un capitolo importante e non si poteva trascurare. Ci sono tante scene forti e belle e voglio proprio sapere se sono riuscite a renderle bene quanto spero!


AVVISO IMPORTANTE: la storia interattiva che vi avevo annunciato è stata pubblicata e ci sono ancora tanti tanti tanti tributi liberi (specialmente ragazzi quindi perfavore prendetemi qualche tributo maschio) e invito tutti voi, che mi seguite da tanto a partecipare. Ovviamente prima mi arrivano tutti i tributi prima si parte quindi, siccome non vedo l'ora fatemi questo piccolo favore :D

http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2407799&i=1 (link della storia)

Tornando a noi.. mi auguro che ci risentiremo presto e che anche questo capitolo (dai stavolta è parecchio lungo vi è andata bene) vi sia piaciuto!
Baci e abbracci

-samubura-
(che ieri era il suo compleanno quindi tanti auguri a me ahahaha :3)

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


L’uomo sia accascia a terra senza vita. Non si sente neanche il rumore del corpo che cade sovrastato dalle urla della gente e lo scalpiccio di un gruppo di Pacificatori che creano un muro armato tra noi e la piazza e ci iniziano a spingere verso la porta.
-Stiamo andando! – urlo a un uomo che sta spingendo Katniss ancora scioccata – Abbiamo capito, va bene? Forza Katniss – sussurro mettendole un braccio attorno alle spalle e conducendola dentro al Palazzo di Giustizia. Le porte si richiudono pesantemente dietro di noi sigillandoci dentro.
Haymitch, Cinna, Portia ed Effie ci vengono incontro. Non erano presenti sul palco e hanno seguito la cerimonia da uno schermo.
-Cosa è successo? Il collegamento èsaltato subito dopo il bel discorso di Katniss, e poi Haymitch ha detto di aver sentito un colpo d’arma da fuoco. Io gli ho detto che era impossibile, ma va’ un po’ a sapere… Di pazzi ce n’è dappertutto!
-Non è successo niente, Effie – mi intrometto. Non ne posso più di sentirla parlare agitata – È stato il ritorno di fiamma di un vecchio camion.
Finisco di parlare e si sentono altri due colpi di pistola, attutiti dai battenti di legno massiccio. Stanno sparando sulla folla. Cosa abbiamo fatto?
-Voi due, con me – dice Haymitch con un tono che non ammette repliche né domande. Soffoco i miei dubbi e lo seguo mentre si muove nel Palazzo di Giustizia come fosse casa sua.
Non c’è nessuno a darci fastidio, ora che siamo chiusi dentro al Palazzo di Giustizia nessuno si preoccupa dei nostri spostamenti. Dove potremmo andare?
Seguiamo Haymitch su per una rampa di scale anche questa in marmo. Ci troviamo al piano superiore dove sembra non ci sia nessuno. Un lungo corridoio vuoto ci attende. Entriamo in una stanza dal soffitto altissimo. Una grande finestra fa entrare la luce. Questa è la stanza che hanno allestito per me e Katniss, ma facciamo in tempo ad appoggiare le targhe e i fiori che Haymitch strappa le microspie dai nostri vestiti e dopo averle nascoste sotto il cuscino di un divano ci fa cenno di proseguire.
Mi sorprendo di come conosca bene questo posto. Teoricamente l’ultima volta che è stato qui sarebbe dovuto essere durante il suo Tour della Vittoria, ma sta dimostrando di avere un memoria formidabile, nonostante gli anni. Ci fa muovere in un labirinto di porte tutte uguali e lunghi corridoi con la stessa moquette consumata. Ci fermiamo davanti a una porta che Haymitch è costretto a forzare perché sembra chiusa da parecchio tempo. Dall’altro lato c’è una scala a pioli che conduce sotto la cupola del Palazzo di Giustizia in quella che sembra una grande soffitta polverosa.
C’è dentro di tutto, oggetti ammucchiati senza alcun criterio e dimenticati lassù. Da pezzi di vecchi armadi a pile di libri consumati dal tempo. Sul pavimento lasciamo le nostre orme sulla polvere depositata in tutto il tempo che nessuno è stato qua. Se Haymitch ci ha portato quassù ci deve essere un solo motivo.
-Cos’è successo? – chiede in un misto di preoccupazione e ansia.
-Eravamo là e filava tutto liscio… - esito prima di aggiungere - poi ho offerto alle famiglie dei tributi un mese delle nostre vincite e poi Katniss ha preso la parola e ha quando ha finito un vecchio tra la folla ha fischiato la melodia di Rue e tutti nella piazza hanno fatto il gesto di rispetto come quando avevano salutato Katniss. Stavamo andando via, ma poi ci siamo fermati un attimo nel colonnato e l’hanno giustiziato all’istante e hanno marciato contro la folla. Cosa sta succedendo Haymitch?
Mi rendo conto che ho parlato in tutta fretta e che il mio resoconto non è stato molto chiaro. Ma Haymitch sembra aver capito e guarda pensieroso Katniss.
-Sarà meglio che tu glielo dica.
Mi volto verso Katniss curioso del segreto che loro due hanno e che hanno scelto di tenermi tale. Katniss esita, ma alla fine cede – Il presidente Snow è venuto a trovarmi la mattina dell’inizio del nostro Tour. Ha detto che dobbiamo convincere la nazione che siamo innamorati. Che nei distretti stanno nascendo delle rivolte, sono convinti che il nostro gesto nell’Arena fosse un gesto di ribellione. Ucciderà le nostre famiglie se falliamo. O peggio.
Parla con calma, ma ogni parola che aggiunge l’agitazione cresce in me. Era tutto come mi immaginavo, ma dieci, cento, mille volte peggio. Se il presidente in persona si è scomodato di fare il viaggio fino al Distretto 12 questo significa solo che siamo in guai grossi.
-Ha capito che la nostra era una strategia per salvarci, non so come abbia fatto, ma sa che… io e Gale ci siamo baciati, ma non è stato niente. È stato lui. Cioè, non c’è stato altro, ma lui l’ha interpretato come un segnale del fatto che non siamo i folli innamorati che volevamo far credere. Durante questo tour avrei dovuto sistemare le cose. Fare in modo che chiunque avesse dei dubbi si convincesse che avevo agito per amore. Placare le acque. Ma evidentemente oggi sono riuscita solo a far ammazzare tre persone, e ora tutti quelli che erano in piazza verranno puniti.
-Allora anch’io ho peggiorato la situazione, offrendo il denaro – evito di far parola della storia di lei e Gale. Non ho neanche idea del perché me l’abbia detto. Ma sono così arrabbiato. Così frustrato dei continui sotterfugi di Haymitch e Katniss.
Sfogo la mia tensione contro una lampada che mi è sfortunatamente vicina e la faccio volare attraverso la stanza. Si fracassa sul pavimento. E quando sono un po’ più calmo riprendo a parlare – Questa storia deve finire. Adesso. Questo… questo.. giochetto che fate voi due, di raccontarvi segreti tra voi, tenendomi all’oscuro come se fossi troppo insignificante o troppo stupido o troppo debole per affrontarli.
-Le cose non stanno così, Peeta… - cerca di dire Katniss ma non voglio sentire altro.
-Le cose stanno esattamente così! Anch’io ho chi mi sta a cuore Katniss! una famiglia e degli amici, nel Distretto 12, che moriranno proprio come i tuoi, se non riusciamo in questa cosa. dopo tutto quello che abbiamo passato nell’arena non merito nemmeno un po’ di verità da te?
Haymitch interviene con l’intento di placare le acque, ma nemmeno il suo tono calmo riesce a farmi tornare in me – Tu sei sempre così bravo, Peeta. Sei così in gamba nel presentarti davanti alle telecamere. Non volevo che cambiasse.
-Be’, mi hai sopravvalutato. Perché oggi ho combinato davvero un casino – la verità delle mie stesse parole mi colpisce forte al petto, formandomi un nodo in gola e fatico a proseguire il discorso – Cosa credi che succederà ai familiari di Rue e Tresh? Credi che riceveranno la loro parte delle nostre vincite? Credi che gli abbia regalato un luminoso futuro? Perché io credo che saranno già fortunati se sopravvivranno a questa giornata! – urlo in faccia al mio mentore. Una statua crolla a terra con un tonfo sotto un altro dei miei colpi dettati dalla rabbia. Li uccideranno, ne sono certo, perché ho cercato di aiutarli. Non ho seguito le loro regole.
-Ha ragione, Haymitch. Abbiamo sbagliato a non parlargliene. Anche allora, a Capitol City – dice Katniss con una sottile venatura di rimorso nella voce.
-Anche nell’arena, voi due avevate studiato qualche sistema di comunicazione, vero? – chiedo cercando di mostrarmi più tranquillo.
-Non esplicitamente. Sapevo quello che Haymitch voleva che facessi solo in base a ciò che mandava o non mandava.
-Be’, io quell’opportunità non l’ho avuta. Perché non mi ha mai mandato niente finché non sei arrivata tu.
-Senti, ragazzo… - interviene Haymitch, ma non gli do neanche il tempo di dire altro.
-Non è il caso, Haymitch. So che dovevi scegliere uno di noi. E anch’io avrei voluto che fosse lei. Ma questa è un’altra cosa. Delle persone sono morte, là fuori. E ne moriranno altre, se non facciamo un lavoro di prim’ordine. Non c’è bisogno che qualcuno mi imbecchi su cosa dire. Però devo sapere in cosa mi sto cacciando.
-D’ora in poi, sarai informato di tutto – promette il mio mentore. E dubito che potrò fidarmi delle sue parole.
-Sarà meglio – rispondo prima di andarmene a cercare un po’ di solitudine.
Lascio la polverosa soffitta e mi incammino nel Palazzo di Giustizia. Trovo la solitudine che cercavo, ma in questo momento mi piacerebbe avere qualcuno a cui chiedere informazioni. Giro per non so quanto nei corridoi vuoti che hanno un non so che di negletto.
Sono arrabbiato. Con Haymitch soprattutto, perché credevo che questa storiella del Peeta innamorato che non deve sapere niente fosse finita una volta fuori dall’arena. Ok sì, capisco l’intento di non contaminare la purezza dei miei sentimenti per Katniss, ma adesso che comunque so… che motivo hanno di tenermi all’oscuro tutto?
Mentre continuo a rimuginare Portia fortunatamente mi trova e mi rimprovera dicendomi che è da tanto che mi cerca. Mi lascio guidare fino alla grande stanza in cui io e Katniss eravamo passati subito dopo la cerimonia. Adesso mi prendo il tempo di osservarla.
Non avevo notato nient’altro che il divano e il tavolino dove abbiamo appoggiato le nostre cose che sono rimaste là come se niente sia successo. Tutta la stanza è addobbata appositamente per noi due. Fiori in grandi vasi emanano un profumo persino eccessivo.
Portia mi dice di andarmi a fare una doccia e accolgo volentieri il suggerimento.
Resto sotto l’acqua per parecchio tempo, ma poi mi vengono a chiamare. I preparatori svolgono la loro classica routine di chiacchiericcio e trucco. Questa sera sono molto emozionati per la cena. Nessuno si preoccupa di quello che è successo fuori dal Palazzo di Giustizia. Mi chiedo se lo sappiano.
Portia mi fa indossare il mio completo e non posso fare a meno che chiedermi in quale veste Cinna farà apparire il mio angelo.
Sono già pronto quando mi rendo conto che manca ancora moltissimo per l’ora fissata sul programma. Mi aggiro per la stanza che mi hanno assegnato. Solo. Senza riuscire a trovare pace.
La porta si apre cigolando e vedo Haymitch che si intrufola dentro.
-Per i corridoi è pieno di pacificatori! Non deve essergli piaciuto il mio scherzetto dei “vincitori scomparsi” – dice in una grassa risata. Sorrido anche io, ma sono ancora diffidente nei suoi confronti.
-Haymitch, in merito a oggi… - comincio, ma non so bene che dire e fortunatamente lui mi interrompe.
-Stammi bene a sentire. Quello che dirò… non è da me, quindi lo dirò una sola volta. È stata colpa mia, la ragazza non c’entra. Non hai nessun motivo di prendertela con lei e far volare cose in giro urlando, ho fatto una scelta e credo che tu sia abbastanza sveglio per capire le mie motivazioni.
Mi guarda per incoraggiarmi a rifletterci su. Ovvio che ha scelto Katniss, perché io non l’avrei mai uccisa, anzi l’avrei protetta. Quindi lei aveva già un avversario in meno. Katniss non ha fatto altro che stare al suo gioco per salvarsi la pelle.
Quando legge nei miei occhi che ho trovato la risposta aggiunge: - Questa faccenda del tour è più delicata. Ok. Cercheremo di fare gioco di squadra. Te l’avevo già detto da subito, poi Katniss è arrivata con la storia di Snow e ho creduto che aggiungere altra pressione sulle tue spalle avrebbe rovinato la performance.
-Va bene. Mi fido di te Haymitch, fai in modo che io non debba cambiare idea.
-Dritto al punto! Questa sì che è una bella minaccia… Speriamo che a cena ci sia qualcosa di decente da bere, sto impazzendo qua – scherza dandomi una pacca amichevole sulla spalla – Bel vestito.
Ridiamo insieme, mi piace la complicità che ho con Haymitch, ma temo il suo lato calcolatore che tiene nascosto dietro litri di liquore.
Ci riuniamo tutti insieme per ascoltare le raccomandazioni di Effie prima di scendere nel vivo della festa in nostro onore. Ancora una volta non ho occhi che per Katniss.  Un vestito rosa senza spalline le scende morbido lungo i fianchi e una sciarpa argento le circonda le spalle scoperte. I boccoli scuri le ricadono sulla schiena. Le labbra accennano un sorriso.
Effie invece è palesemente turbata. Non credo che sappia di quello che è successo oggi alla cerimonia quindi non so quale problema possa avere. Legge il programma della serata e lo getta sul divano più vicino  -Dopodiché potremo risalire sul treno e andarcene di qui.
-C’è qualcosa che non va Effie? – domanda Katniss. In effetti una frase del genere non è da Effie.
-Non mi piace il modo in cui siamo stati tratti. Ficcati dentro un camion ed esclusi dalla tribuna. E poi, circa un’ora fa, ho fatto un giro del Palazzo di Giustizia. Sono una specie di esperta di architettura, lo sapevate?
Io non so neanche che cosa sia “una specie di esperta di architettura” ma fortunatamente Portia prende la parola quando il silenzio che cala su noi diventa quasi imbarazzanti – Oh sì, ne ho sentito parlare.
-Stavo solo dando un’occhiata in giro – riprende Effie – Perché quest’anno i ruderi dei distretti faranno furore, quando sono saltati fuori due Pacificatori che mi hanno ordinato di tornare nel mio alloggio. Uno di loro, una donna, mi ha persino spinto col fucile!
Sicuramente per Effie questo deve essere una terribile offesa. Mi dispiace che l’abbiamo trascinata in questo guaio. Probabilmente i pacificatori che setacciavano il palazzo stavano cercando me Katniss e Haymitch nascosti nella soffitta. Ancora mi chiedo come facesse Haymitch a sapere dell’esistenza di un posto del genere.
Katniss abbraccia Effie con aria comprensiva – È terribile, Effie. forse non dovremmo proprio andarci, a quella cena. Almeno finché non si saranno scusati.
-No, me la caverò – dice Effie – Fa parte del mio lavoro sopportare gli alti e bassi. E non possiamo permettere che voi due perdiate la vostra cena. Però grazie per l’offerta Katniss.
Detto ciò ci spiega come dovremo entrare in scena e ci dispone a file. Prima i preparatori che sono eccitati come bambini, poi lei, gli stilisti, Haymitch e ovviamente io e Katniss per ultimi.
Dei musicisti iniziano a suonare ed è per noi il segnale che dobbiamo iniziare a scendere. Prendo per mano Katniss. Lei si volta verso di me. Quando sono uscito dalla soffitta me ne sono andato senza neanche guardarla.
Ho cercato di non pensarci, ma c’è anche quell’accenno a Gale che mi ha fatto dare da matto. Per cosa? So già che Katniss non è innamorata di me, ma non posso fare a meno di essere geloso. So che non sarà mai mia, so che probabilmente è così che le cose devono andare, ma so anche che comunque sia sarò geloso.
Nonostante lei non mi appartenga, la desidero così tanto che per me è come se potesse essere solo mia.
-Haymitch dice che ho sbagliato a urlarti contro. Tu seguivi solo le sue istruzioni. E poi anch’io ti ho nascosto qualcosa in passato – qualcosa che Haymitch sapeva, ma che le ha tenuto nascosto fino all’intervista.
-Credo di aver fracassato qualcosa anch’io dopo quell’intervista.
-Solo un’urna – dico ricordandomi la scena di Katniss che mi si lancia contro come una furia. Ricordo il lampo di fuoco nei suoi occhi.
-E le tue mani – aggiunge pensierosa – Però non c’è più motivo no? Di non essere sinceri l’uno con l’altra?
-Nessunissimo motivo – confermo.
Haymitch inizia a scendere e noi aspettiamo che faccia quindici passi come Effie si è raccomandata. Ma ho bisogno di chiederle ancora una cosa.
-Quella è stata davvero l’ultima volta in cui hai baciato Gale?
-Sì – risponde sorpresa. Ma non aggiunge altro e la ringrazio che non mi chieda niente.
-Quindici. Tocca a noi – dico per chiudere lì la conversazione.
La luce ci investe e entriamo nel pieno dei festeggiamenti. Tutti ci vogliono, tutti vogliono scambiare parole con noi, fare foto. Alcune persone ci toccano come fossimo reliquie preziose. Pezzi da esposizione. I banchetti in nostro onore sono sempre sontuosi e diventano via via più sfarzosi man mano che ci avviciniamo a Capitol City.
È un infinito susseguirsi turbinoso di balli, tavole ricoperte di cibi prelibati solo per noi due. Effie ci insegna alcuni passi e ci alleniamo nel treno sotto i suoi continui rimproveri. Sono bei momenti passati con Katniss, in cui ci concediamo anche qualche battuta amichevole.
Per la maggior parte del tempo di viaggio tra un distretto e l’altro non facciamo molto più che stare seduti in silenzio e valutare la nostra performance guardando repliche in televisione.
Durante le cerimonie pubbliche io e Katniss non ci separiamo mai, quando si tratta di parlare davanti alle folle abbiamo un’aria seria e cerchiamo di mostrare il più possibile il nostro amore. Non ci è permesso aggiungere qualcosa di personale, mi rassegno a leggere i discorsi che Capitol City ci scrive, ma non basta. Le folle sono irrequiete e quando i pacificatori cercano di contenerle, piuttosto che indietreggiare impaurite continuano ad avanzare e a urlare, specialmente nei distretti 8, 4 e 3, quando ci acclamano nelle loro voci c’è la tutta la loro rabbia. Non urlano il nome di Katniss esultando per una vincitrice, la invocano come leader. Probabilmente è già troppo tardi per salvarci.
Di notte non dormo. Quasi mai.
Rifiuto categoricamente le pillole che Effie mi offre per aiutarmi a dormire e passo il mio tempo camminando tra le carrozze senza meta. Preferisco stare sveglio tutta la notte che crollare in preda agli incubi. Lo stress e la mancanza di sonno sono una combinazione rischiosa, ma non mi importa. Presto tutto questo sarà finito e potrò tornarmene a casa.
Katniss subisce continue pressioni a causa delle sue “ingestibili occhiaie” che sono l’incubo del suo team di preparatori. Alla fine cede ad accettare i farmaci di Effie, ma la notte si mette a urlare disperata a causa dei brutti sogni. Senza pensarci due volte mi fiondo in camera sua, la sveglio e poi ci riaddormentiamo insieme. Anche se non succede niente tra noi due, mi sento lo stesso strano ad infilarmi nel suo letto, abbracciarla e cercare di farla riaddormentare. Chiudo occhio anche io per qualche ora e insieme troviamo il riposo di cui abbiamo bisogno.
So che non siamo altro che amici che cercano di darsi una mano a vicenda, come nell’arena. Ma i nostri incontri notturni poco ortodossi mi confondono comunque. Ci arriva un richiamo persino dalla nostra accompagnatrice che si lamenta dei pettegolezzi che stiamo creando nel treno, ma né io né lei cambiamo comportamento.
Nonostante i miei sforzi per non pensare a Katniss la mattina mi sveglio col profumo dei suoi capelli e il suo respiro sul mio petto. A volte penso di andarmene e farla finita con questa storia, ma non ce la faccio mai.
Le nostre ultime visite prima di arrivare a Capitol City ci fiondano in un’atmosfera tutta diversa. Le persone accalcate nelle piazze dei distretti 2 e 1 ci guardano con disprezzo. Cato e Clove erano l’unica altra coppia di tributi rimasta oltre a noi due e Katniss ha ucciso sia Marvel che Glimmer.
Sento i loro sguardi fissi su di me, io che ho tradito i loro figli, la loro alleanza. Io che sono stato un codardo, un traditore. Quando torniamo nella sicurezza del treno riesco a ritrovare un po’ di serenità, ma continuo a sentirmi un vile. Avrei voluto dire qualcosa, per scusarmi. Ma mi è stato impedito categoricamente di farlo. Le parole di Capitol City sono uscite dalla mia bocca fredde e inadeguate.
L’arrivo a Capitol City significa solo una cosa e sembra che tutti noi ce ne rendiamo conto solamente quando entriamo nella stazione dove tutti ci accolgono accalcandosi sulle balaustre che delimitano i binari: il nostro tempo è finito.
Qua non c’è assolutamente nessuno da convincere del nostro amore.
Facciamo continue apparizioni, salutiamo le folle urlanti. Firmiamo foto che ci ritraggono insieme, poster. Quando ci siamo noi è il delirio. La gente sembra impazzita. Tutto questo mi dà una sensazione di irrazionalità che mi spaventa. Tutto questo non ha senso. Che abbiamo fatto di così grandioso a parte uccidere dei ragazzini? Sopravvivere più di loro? La fortuna è stata dalla nostra parte.
Torniamo ai nostri alloggi nel Centro di Addestramento. Lassù al 12 piano.
Le stanze dell’appartamento che ci era stato assegnato come tributi ha una certa familiarità. È incredibile la quantità di ricordi che mi assale appena metto piede in un luogo dove non ho vissuto neanche per una settimana.
Una sera, tornati da un ricevimento e con Effie fuori portata d’orecchio io, Katniss e Haymitch ci concediamo di fare il punto della nostra situazione. Saliamo sul tetto dove possiamo sperare di non essere sorvegliati, ma effettivamente non prendiamo chissà quali precauzioni: il presidente Snow è già ben informato su come stanno le cose.
-Credi che ci siamo riusciti? – chiedo dato che Katniss resta in silenzio ad ascoltare il rumore del vento che le scompiglia i capelli. Capitol City risplende sotto di noi nella sua sfolgorante veste notturna.
-Non lo so… è difficile a dirsi. Avete fatto quello che avete potuto, ma penso che fosse una battaglia persa in partenza. Suvvia, la gente si aggrappa al vostro simbolo, ma vuole la propria ribellione. Avete visto le folle urlanti. Si lanciavano contro i pacificatori nessuno crederebbe alla vostra commediola neanche se fosse la cosa più vera a questo mondo.
-Non possiamo fallire! – grido, e il soffio gelido della sera si porta via le mie parole.
-Potremmo sposarci – esordisce Katniss. Non guarda me, guarda Haymitch, quasi fosse lui il diretto interessato.
-Bella trovata, dolcezza. E come pensi che questo cambierà le cose? – dice il mentore ironico, ma io ne ho già abbastanza di questa cosa.
-Per me si può fare – dico, e copro rapidamente la distanza che mi separa dalla porta sulla cupola. Mi fiondo in camera mia senza alcuna intenzione di uscirne per parecchio tempo.
Il giorno seguente avremo un’intervista con Caesar: sarà il momento della mia proposta, ma non voglio pensarci adesso. Mi nascondo senza le coperte e non riesco a prendere sonno perché mille pensieri mi frullano in testa.
Sapevo che prima o poi sarebbe stato inevitabile, ma non credevo così presto. Non ci avevo mai pensato in realtà. E poi è una cosa così subdola, mi sento uno schifo a doverlo fare. Non ha niente a che vedere con il patto eterno di amore che viene stretto tra due persone. Quello tra me è Katniss è solo un freddo contratto per cercare di mantenere in vita i nostri cari.
Potrò sempre essere amico della mia futura moglie. Fantastico.
Con che coraggio questa sera mi inginocchierò davanti a lei? Con che audacia troverò la forza di chiederle di sposarmi davanti a tutta la nazione. Forse sarebbe stato tutto più semplice se non ci fossero lei mie “implicazioni sentimentali”. Passo tutta la notte a cercare le parole adatte. A colazione non voglio vedere nessuno quindi chiamo il servizio in camera. Idem a pranzo.
Mi costringono ad uscire per prepararmi all’intervista quando ormai manca poco al gran momento.
Il rituale di preparazione con il mio team è diventato talmente abituale che quasi non me ne rendo conto. Portia mi fa l’imbocca al lupo e mi abbraccia prima di lasciarmi andare. Sono quasi tentato di confidare le mie preoccupazioni, ma non c’è tempo e lei non sa niente di quello che dovrà accadere stasera.
Quando Katniss mi raggiunge dietro le quinte, prima del nostro glorioso ingresso sul palco che è stato allestito davanti al Centro di Addestramento,  la prendo per mano e i nostri sguardi si incontrano per la prima volta da ieri sera sul tetto. C’è una grande preoccupazione nei suoi, che maschera con un sorriso smagliante quando Caesar dice ci introduce al pubblico e un riflettore si punta nella nostra direzione.
Il presentatore dai capelli ancora tinti dello stesso azzurro cenere di quando l’abbiamo incontrato l’ultima volta nelle nostre interviste per il settantaquattresimi Hunger Games fa come sempre un lavoro impeccabile. Ride al momento giusto, commenta le nostre risposte coinvolgendo il pubblico, pone le domande più azzeccate e passa dall’essere scherzoso a serio con grande facilità se il momento lo richiede.
Katniss a differenza delle scorse interviste collabora e mi alleggerisce molto il lavoro di dover rispondere per entrambi. Anzi, a volte mi interrompe togliendomi le parole di bocca, cosa che fa impazzire Caesar e il pubblico.
-Avete pensato al vostro futuro? – dice Caesar ammiccando nella mia direzione. Qualche risata isolata rompe il momentaneo silenzio.
-Be’ veramente non molto ancora, cioè… - inizia Katniss solo per essere interrotta dal mio improvviso inginocchiarmi davanti a lei. Tutto studiato, persino il moto di sorpresa che si dipinge sul suo volto.
-Io ci ho pensato – inizio, non sono riuscito a pensare a niente ed è qua che si deciderà tutto – e so che forse è presto perché siamo giovani, ma so che ti amo e che voglio passare tutta la vita con te. Non riuscivo più a tenermelo dentro, quindi: Katniss Everdeen, vuoi sposarmi?
La risposta è piuttosto ovvia. La folla esplode in un boato, Caesar asciuga qualche lacrima di vera commozione. Lo stesso presidente Snow arriva a farci le sue personali congratulazioni. Mi dà una pacca sulla spalla e stampa un bacio sulla guancia alla sua acerrima nemica.
C’è un gioco di sguardi tra loro due che non mi è chiaro.
Ma mi è abbastanza chiaro il terrore che Katniss cerca di nascondere nel profondo dei suoi occhi grigi.

Ehilà!
Cio ho messo tanto e ogni capitolo sta diventando una lotta contro il tempo, questa volta ci si sono messi di mezzo anche impedimenti tecnici quindi ci ho messo un sacco! E proprio a causa di questi problemi tecnici ho dimenticato una parte (importantissima!) che ho aggiunto in seguito, quindi grazie ad al12 per la segnalazione :)
Detto ciò, come sempre, spero che vi piaccia e che mi facciate sapere le vostre opinioni riguardo a questo nuovo.

Colgo nuovamente l'occasione per invitarvi tutti a fare un salto sulla storia interattiva a questo link
http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2407799&i=1
Sono rimasti solamente 3 tributi disponibili, quindi affrettatevi! Speriamo di iniziare presto così anche chi non partecipa direttamente alla creazione dei tributi possa leggere la storia e magari penseremo a un modo per farvi interagire tutti :)

Grazie per l'attenzione, recensite bbelli!
Alla prossima,

-samubura-

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


La sua espressione muta immediatamente, forse per non mostrare un momento di così grande incertezza davanti alle telecamere, non in un momento così speciale.
Sorride spavalda e per la prima volta con vero orgoglio.
Il presidente richiama l’attenzione del pubblico con un gesto ampio delle braccia da direttore d’orchestra. Lentamente tutti si  zittiscono curiosi di quello che l’amato presidente di Panem sta per annunciare.
-Che ne pensate di organizzare le loro nozze proprio qui, a Capitol City?
La folla esplode nuovamente, Caesar fatica a far sentire la sua domanda chiedendo se il presidente abbia già in mente una data per il nostro matrimonio.
-Oh, prima di fissare una data, faremo meglio a ottenere l’approvazione della madre di Katniss – scherza lui.
Il giorno in cui tornammo al Distretto 12 e le chiesero cosa pensava del nuovo fidanzato di sua figlia ribatté che Katniss era ancora troppo piccola per avere un fidanzato. Da quel momento si è guadagnata una posizione di riguardo. Tutto il pubblico ride di gusto e io mi fingo quasi preoccupato per stare al gioco.
Il presidente poggia un braccio attorno alle spalle di Katniss – Magari, se ci si mette tutta la nazione, potrete sposarvi prima di compiere i trent’anni.
-Questo la obbligherà ad approvare una nuova legge – dice Katniss con una risatina sciocca.
-Se è quello che ci vuole…
Sono completamente sconcertato dal comportamento degli altri due protagonisti che sono sul palco assieme a me. Faccio fatica a star loro dietro, sembra quasi che Katniss si sia accordata per questa recita con il presidente.
Caesar ci congeda, ma per noi la serata è appena iniziata. Una interminabile festa ci attendono tutte le persone più influenti di Capitol City in nientemeno che la residenza presidenziale. Nessuna delle feste a cui abbiamo preso parte nel tour può essere paragonata a questa.
Effie ci guida all’interno conducendoci fino alla sala principale facendoci notare tutti i meravigliosi dettagli architettonici e i pezzi di arredamento in mogano.
Il soffitto è alto dodici metri, a quanto ci dice Effie, è stato trasformato in un vero e proprio cielo notturno, le stelle sono le stesse che si vedono nel cielo del Distretto 12 nelle notti più limpide. Qua a Capitol City è praticamente impossibile osservarle per via dell’inquinamento luminoso.
A mezz’aria, su delle strutture sospese che ricordano delle nuvole, dei musicisti suonano una incantevole melodia. L’effetto è incredibile e per quanto mi sforzi di guardare da tutte le angolazioni non riesco a individuare il sistema che li fa stare lassù.
Ma la cosa più impressionante forse è la infinita successione di piatti incredibili disposti su tavoli interminabili. Tutta la stanza è piena di divani e poltrone, poste attorno a caminetti o giardini dai fiori profumati e raggruppati insieme per creare delle piccole aree di conversazione.
Al centro della stanza c’è una superficie piastrellata abbastanza ampia che funge da pista da ballo e palcoscenico per gli artisti.
Il fulcro di tutta la festa resta comunque il cibo. Su tutte le pareti sono disposti tavoli stracolmi di centinaia di diverse varietà di antipasti, zuppe, carni, pesce e in fondo riesco a scorgere un tavolo pieno esclusivamente di dolci su cui mi prefisso di fare un salto. Tutto mira all’esagerazione: ci sono migliaia di persone, ma la quantità di cibo presente in questa stanza sfamerebbe l’intero Distretto 12 per una settimana o forse più. Ci sono intere mucche che girano su spiedi ad arrostire.
La varietà è la cosa più sorprendente e sono curiosissimo di assaggiare quelle pietanze, anche Katniss condivide il mio desiderio e avvicinandosi a me dice – Voglio assaggiare tutto quello che c’è qui dentro.
La guardo attentamente, adesso che mi è così vicina e siamo relativamente soli. Non dimentico però che siamo sotto l’occhio costante delle telecamere. Dall’arrivo del presidente Snow, Katniss si comporta in modo strano. Sembra quasi contenta e non me ne capacito, meglio godersi la festa senza pensarci troppo.
-Allora farai meglio a badare alle porzioni.
-D’accordo, non più di un boccone per ogni piatto – dice determinata, ma entrambi iniziamo a capire che non riusciremo mai nel nostro intento quando già al primo tavolo assaggiamo delle zuppe dai sapori incredibili. La preferita di Katniss è di un arancione vivo come i capelli di Effie che sembra scomparsa nel vortice degli invitati.
-Potrei mangiare solo questo per tutta la sera! – dice con un filo di rimpianto nella voce, ma si fa forza e andiamo avanti. Continua a cedere assaporando le varie pietanze e ogni volta si costringe a continuare il nostro tour gastronomico.
Veniamo continuamente interrotti da perfetti sconosciuti, alcuni sono veramente buffi, nel loro disperato tentativo di seguire le ultime mode di Capitol City e nascondere la loro vecchiaia con la chirurgia plastica. Parlano nel loro strano accento e ci suggeriscono di andare a provare questo o quest’altro piatto.
Mi rendo conto di quanto la gente di Capitol City sia diversa da quella dei distretti in cui siamo stati. Anche se neanche delle persone che abbiamo incontrato nelle cerimonie durante il tour non me ne importava nulla, mi accorgo di quanto qua tutti siano sciocchi e strani.
Non c’è possibilità di sostenere un discorso serio, tutto è superficiale e volatile. Sono sempre io a cercare di evadere da questi brevi incontri e Katniss mi ringrazia perché a forza di sorridere ci fanno male le guance.
Nonostante il nostro approccio al cibo cercando di assaggiare tutto e mangiarne il meno possibile dopo neanche dieci tavoli sono pieno. Inoltre Katniss fa finire quasi sempre tutto a me perché lei non vuole lasciarsi sfuggire nessuna pietanza. Ma siamo entrambi costretti a rinunciare e ci dirigiamo verso alcune poltrone quando lo staff di preparatori di Katniss ci piomba addosso. Sono ubriachi e talmente eccitati di essere a questa festa che fanno quasi fatica a parlare.
-Perché non mangiate? – ci chiede una donna con la pelle tinta di verde.
-Oh, l’ho fatto, ma un altro boccone non lo reggo – dice Katniss che è più in confidenza con loro.
-Questo non ci impedisce di continuare! – esclama un uomo strascicando le vocali. Fa segno di seguirlo fino a un tavolo dove ci sono esclusivamente bicchieri piccolissimi con un liquido trasparente. Per un qualche motivo ho la sensazione che non sia nulla di buono –Bevete questo! – ci invita.
Scelgo di fidarmi e prendo in mano un bicchiere, lo avvicino al naso per sentire di cosa si tratti.
-Non qui! – strilla la donna-verde.
-Devi farlo là dentro – suggerisce l’altra donna che sembra, tra i te, la più sana, indicando delle porte che conducono ai bagni – O finirà tutto sul pavimento!
Istintivamente allontano il bicchiere e lo guardo con aria dubbiosa – Buoi dire che questo mi farà vomitare?
-Ma certo, così puoi continuare a mangiare – dice la donna-verde con una naturalezza disarmante – Io sono stata in bagno già due volte. Lo fanno tutti, altrimenti come ci si divertirebbe alle feste?
“Per esempio parlando con le persone di qualcosa di più interessante che l’ultima linea di smalti” penso tra me e me, appoggio lentamente il bicchiere sul tavolo e invito Katniss a ballare.
Sono furioso e credo che lei se ne sia accorta, quindi ho bisogno di sfogarmi. Spero che la musica proveniente dai musicisti sospesi tra le nuvole possa coprire le mie parole tra la confusione della gente. Con Katniss saldamente ancorata alla mia mano mi muovo zigzagando tra la folla per raggiungere la pista al centro della sala.
Stanno suonando un motivo lento e non ho nessuna voglia di sforzarmi per ballare, quindi stringo la mia partner vicinissima a me in modo da dover solamente sussurrarle nell’orecchio. Per un po’ balliamo girando lentamente, quando sono sicuro che non ci sia nessuno che ci guardi troppo inizio a parlare.
-Si tira avanti, pensando di riuscire ad affrontare la situazione, e che forse la gente di qui non è così male, e poi… - non riesco ad andare avanti. Ma sono stato più che chiaro, sono certo che Katniss, come me sta pensando alle persone che muoiono di fame per le strade. La stessa fine che avrebbe fatto lei forse se quel giorno non le avessi tirato una pagnotta.
Qua vomitano l’eccesso per poter mangiare ore intere. Ho visto persone staccare un morso da una coscia di un volatile e poi lanciarsela dietro le spalle senza curarsi di nulla. I senza-voce, schiavi  di questa società malsana, raccoglievano i resti.
Come ci si diverte altrimenti? Se non ostentando la propria ricchezza nei confronti dei distretti? Se non facendosi beffe della povertà che regna sovrana in quasi tutta la nazione? Mi chiedo se metà di questa gente sappia cosa sta succedendo nel resto di Panem mentre sono nel bagno a vomitare.
-Peeta, questi ci portano qui a combattere all’ultimo sangue per divertirsi. In confronto, tutto questo non è niente.
-Lo so. Lo so benissimo. È solo che a volte non lo sopporto più. Al punto che.. non so bene cosa farò – faccio una breve pausa e mi avvicino ancora più a lei fingendo di darle un bacio sul collo –Forse ci siamo sbagliati, Katniss.
-Su cosa? – chiede preoccupata e curiosa.
-Su quella faccenda di cercare di calmare gli animi nei distretti – dico. E forse mi sono spinto oltre perché adesso Katniss si guarda intorno come una preda per controllare se qualcuno può averci sentito. Non sono discorsi da fare nella tana del lupo – Mi spiace, non dovevo – aggiungo rendendomi conto del gesto avventato che ho compiuto.
-Risparmia i commenti per casa.
Poco dopo Portia ci viene incontro assieme a un uomo di corporatura robusta che mi sembra di aver già visto prima d’ora. Ce lo presenta come Plutarch Heavensbee, il nuovo capo degli Strateghi. Non è difficile immaginare che fine abbia fatto il suo predecessore.
-Posso rubare la tua dama per un ballo? – mi chiede con un sorriso affabile ponendo una mano a Katniss.
Sorrido come mi sono abituato a fare –Certo, non si affezioni troppo mi raccomando.
-Oh, so bene che ormai è occupata – risponde con una strizzatina d’occhio.
Rispetto alle altre persone della capitale mi sembra più normale. O forse è il fatto che fosse con Portia a darmi l’idea che sia un “amico”.
Nonostante questo non mi va che mi porti via Katniss e anche lei sembra restia a lasciare la mia mano, ma sarebbe scortese rifiutare un invito.
Mi allontano dalla pista da ballo assieme a Portia che si mantiene composta e seria come sempre, a differenza di molti altri invitati che hanno decisamente alzato il gomito più di quanto avrebbero dovuto.
-Heavensbee ci teneva moltissimo a conoscere Katniss – dice Portia sollevando l’argomento.
-Come mai? – le chiedo. Non vedo il motivo per cui uno stratega possa essere tanto ansioso di conoscere colei che ha mandato a morte il suo predecessore.
-Ricordi che Katniss aveva parlato di un uomo caduto in una coppa di punch..? – dice Portia lasciandomi intendere il resto. Sorrido e lei si congeda per andare a cercare qualche sua amica. Resto per qualche secondo spaesato, solo nel vivo dei festeggiamenti. Senza la sicurezza di Katniss accanto a me mi sento una mina vagante e inizio a girare tra i tavoli mosso da una corrente di persone che continua a mangiare anche a quest’ora. Quante volte saranno “andati in bagno” per poter assaggiare tutto e soddisfare i loro stomaci?
Speravo che ormai nessuno facesse più caso a me, invece continuano ad assaltarmi da tutte le parti con domande, congratulazioni per il matrimonio come se fosse un evento imminente. Tutti sono incredibilmente felici. Ma non io, anche se devo far finta di esplodere di gioia. Dopotutto, passerò il resto della mia vita con la ragazza che amo.
La mia attenzione viene catturata dal tavolo dei dolci in fondo alla sala. Io e Katniss non avevamo fatto neanche in tempo a vederlo, ma adesso che il mio stomaco ha digerito gran parte di quello che ho mangiato posso tentare di assaggiare i deliziosi capolavori dei pasticceri di Capitol City.
Inizio ad assaporarli anche semplicemente con gli occhi. Ci sono biscotti di mille forme e colori, sapori. Vorrei poterli assaggiare tutti, ma soprattutto studiare le raffinatissime tecniche di decorazione. Alcuni sono ricoperti da farfalle colorate, altri da microscopici fiori in cioccolato bianco dipinti in modo tanto realistico da sembrare veri. Al centro del tavolo troneggiano quelli che recano sopra il simbolo che è diventato il nostro marchio di fabbrica: la ghiandaia imitatrice d’oro.
Tutti gli invitati indossano il loro speciale dettaglio firmato Katniss Everdeen. L’ultima moda in tutta la Capitale. Orecchini, bracciali, orologi, spille in tutto e per tutto identiche a quelle della vincitrice che ha rubato il cuore a Capitol City.
Qualcuno deve aver notato che ero attento ai biscotti perché dopo un po’ che sto con il capo chino sul tavolo per guardare i piccoli capolavori arriva un’intera squadra di pasticceri capitanata da un uomo grassoccio con un paio di baffi lunghi e arricciati sulle punte di un gradevole marrone cioccolato.
Sulla testa semicalva porta un cappello da chef altissimo che compensa la sua statura modesta.
-Piacere di conoscerla signor Mellark, sono Marcus Claithy capo-pasticcere della residenza presidenziale e questa è la mia squadra.
-Il piacere è tutto mio, mi creda! – dico stringendo la mano che mi porge sorridendo – Le sue creazioni sono incredibili.
-Sappiamo che è molto interessato nell’ambito culinario, specie nella pasticceria in cui il suo talento è famoso in tutta la nazione. Abbiamo chiesto il permesso di uscire dalle cucine per rispondere alle sue domande se ne ha.
Ne ho eccome, e felice come un bambino inizio a porre loro i miei interrogativi ai quali sono felicissimi di rispondere nel dettaglio. Ogni pasticcere parla orgoglioso del suo compito specifico e sono affascinato dalla dedizione che mettono nel loro lavoro e che brilla nei loro sguardi.
Si offrono di prepararmi una scatola in modo che io possa osservare meglio il loro lavoro una volta tornato a casa nel Distretto 12. Ringrazio e un paio di pasticceri tornano di fretta nelle cucine per preparare il mio personale assortimento.
Quando stiamo discutendo proprio di questo Katniss mi raggiunge e mi dà un bacio sulla guancia cogliendomi di sorpresa. È quasi addirittura zuccherosa stasera. Però mi piace.
-Effie ha detto che dobbiamo essere sul treno all’una. Che ore sono? – le chiedo, ma da nessuna parte della sala vedo un orologio.
-Quasi mezzanotte – risponde mangiucchiando un fiore di cioccolato.
-È ora di dire grazie e arrivederci – dice Effie comparendo proprio accanto a Katniss neanche l’avessimo richiamata.
Faccio in tempo a ricevere la scatola di biscotti, quindi raggiungiamo Cinna e Portia e poi ci scorta a salutare tutte le persone più importanti. Non ho voglia di farlo un’altra volta, ma ci tocca purtroppo. Senza fare troppe storie seguiamo Effie che si muove spedita nella residenza presidenziale.
-Non dovremmo ringraziare il presidente Snow? – chiedo quando stiamo per andarcene –Questa è casa sua.
-Oh, lui non è un grande estimatore delle feste. Troppo occupato. Ho già provveduto perché i biglietti e i doni di rito gli vengano inviati domani. Ah, eccoti qui!
Mi volto nella direzione in cui Effie ha salutato e vedo due inservienti che sorreggono, o meglio trascinano, Haymitch ubriaco.
Ci ficcano dentro una macchina coi finestrini scuri e cerchiamo di farci strada tra la folla che festeggia in giro per la città intasando le strade. Procediamo lentamente ma come previsto da Effie arriviamo alla stazione all’una esatta nonostante il contrattempo. Quella donna è incredibile.
Con l’aiuto di Cinna trasportiamo Haymitch nel suo scompartimento e lo lasciamo così com’è sul suo letto, poi torniamo indietro e lo stilista ordina del tè per tutti quanti. Rimaniamo un po’ svegli a parlare della festa appena trascorsa e di quello che ci attende. Effie ci ricorda che il tour non si è ancora concluso – C’è la Festa del Raccolto nel Distretto 12 a cui pensare. Perciò suggerisco di bere il nostro tè e di andare dritti a letto.
Nessuno è contrario e finiamo la calda bevanda in silenzio. Senza neanche rendermene conto sono sotto le coperte con Katniss che dorme accanto a me il sole filtra tre le tende tirate troppo di fretta ieri sera. Il nostro muto accordo mi ha portato un’altra notte accanto a lei, si sveglia poco dopo di me e si alza con cautela come per non svegliarmi.
-Niente incubi.
-Cosa? – mi chiede, non capendomi.
-Non hai avuto incubi, stanotte – spiego semplicemente.
-Però ho fatto un brutto sogno. Seguivo una ghiandaia imitatrice nei boschi. A lungo. In realtà era Rue. Cioè, quando ha cantato aveva la sua voce.
-Dove ti ha portato? – chiedo curioso.
-Non lo so. Non siamo arrivate da nessuna parte – dice perplessa cercando di ricordare altri dettagli del sogno che le scivola via dalla mente – Però mi sentivo felice.
-Be’, dormivi come se fossi felice – commento. Stanotte mi sono svegliato, terrorizzato, non ricordo il motivo di tanta paura, ma il leggero sorriso che increspava le labbra di Katniss mentre riposava con la testa sul mio braccio mi ha calmato in un attimo.
-Peeta, com’è che non capisco mai quando tu hai un incubo? – chiede aggrottando le sopracciglia.
-Non lo so. Non credo di urlare o di agitarmi o roba simile. Mi sveglio soltanto, paralizzato dalla paura.
-Dovresti svegliarmi – consiglia. Forse perché lei lo fa con me. Ma non è un problema.
-Non è necessario. Nei miei incubi di solito ho paura di perdere te. E sto bene quando mi accorgo che ci sei – rispondo in tutta sincerità. La cosa sembra turbarla e forse ho esagerato a scoprirmi tanto –Sarà peggio quando saremo a casa e tornerò a dormire da solo.
Rendermene conto mi getta in uno sgradevole stato di sconforto. Non voglio sembrare una vittima con lei, invece è proprio quello che sto facendo. Maledico me stesso per non essere più attento quando parlo.
Non posso permettermi di cedere. Farei solamente del male a me e in qualche modo anche a lei.
Penso a quello che ci attende: la cena a casa del sindaco Undersee, finalmente volti conosciuti, e domani la manifestazione in piazza per la vittoria assieme alla tradizionale Festa del Raccolto che coincide con l’ultimo giorno del tour ogni volta, ma questa sarà speciale.
 Poi cosa sarà di me e Katniss una volta che le troupe televisive si saranno scollate da noi? Torneremo come prima alla nostra vita isolata nel Villaggio dei Vincitori? Non so dirlo e ho paura a pensarci. Adesso che siamo tornati così vicini, perderla di nuovo mi spaventa come non mai semplicemente per il fatto che so già cosa si prova. So come finirei. Distrutto.
No, per favore, non di nuovo.
Scendiamo in stazione e ci spingono quasi subito in una macchina diretta a casa del sindaco dove ci prepareranno. Non potremo tornare a casa né vedere nessuno fino a stasera. Abbiamo giusto il tempo di fare un cenno di saluto a coloro che sono venuti ad accoglierci ai binari.
La figlia del sindaco Undersee, Madge, ci saluta, lei e Katniss si abbracciano. Sono parecchio legate da quando è tornata dall’Arena. È stata proprio lei a regalare a Katniss la spilla d’oro che è diventata famosissima in tutta Panem.
Ci portano in due stanze separate e ci vestono, truccano e sistemano per la cena. Quando hanno finito mi chiedono di restare nella mia stanza finché non tornano a chiamarmi. Anche se non ne ho affatto voglia mi costringo ad obbedire.
Katniss è strana per tutta la sera. Mi concentro più sulla mia famiglia che non vedo da molto. Si vede quanto si sono impegnati per darsi un tono in questa serata speciale. Il sindaco fa persino un brindisi in onore di me e Katniss è c’è un gioco di battute con la madre della mia promessa sposa che sorride timidamente.
Nel complesso la serata passa piacevolmente anche se devo nascondere la mia preoccupazione per la ragazza accanto a me che improvvisamente si è fatta silenziosa. A fine serata scompare prima che io riesca a parlarle in privato e quando arrivo al Villaggio dei Vincitori è troppo tardi per andare a casa sua.
Che sia già iniziato il suo rifiuto? Sarà il Distretto 12 a farle questo effetto, o qualcos’altro?
Non so in cosa sperare.


Lo so.
Lo so.
Llo so.
Sto peggiorando sempre di più con le tempistiche, ma mi auguro che questo non influenzi la qualità delle storie. Ho poco tempo per scrivere e non vorrei che la storia ne risenta troppo quindi fatemi sapere!
Be', questo è un capitolo abbastanza tranquillo... come sempre Peeta è tagliato fuori dalle grandi scene d'azione quindi non gli capita niente di emozionante, mi dispiace, ma è colpa della Collins...!

P.S. Proprio mentre stavo scrivendo il capitolo ho letto su internet della morte di Philip Seymour Hoffman (il nostro Plutarch) e sono rimasto molto colpito. Era veramente un grande attore nel pieno della sua carriera...

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Quando apro gli occhi nel cuore della notte non c’è Katniss a smorzare la mia paura.
Resto sveglio nel letto senza riuscire a muovermi. So che sta bene, nella sua casa, proprio di fronte alla mia, ma non riesco comunque a essere tranquillo. La mattina quando mi sveglio sono stanco ugualmente. Mi faccio un caffè per darmi un po’ di energia, ma la bevanda scura non ha l’effetto sperato. Oggi ci attende la festa del raccolto, un’occasione speciale per il distretto.
È una festa tradizionale in cui di solito le famiglie si riuniscono e mettono insieme il poco che hanno per fare una cena speciale. Quest’anno invece sarà tutto diverso. Il distretto sarà invaso dalle troupe televisive e ci saranno grandi festeggiamenti in piazza. Ma soprattutto cibo gratis per tutti che, nel Distretto 12, è il più bel regalo che si possa fare alla gente.
La festa passa piacevolmente, Katniss torna a fare la sciocca innamorata che fa impazzire Capito City e tutto sembra normale. È l’ultima importante tappa del nostro tour. Non posso che preoccuparmi per quello che sarà dopo.
Non neanche un minuto di privacy per poter parlare con lei. Tutto il giorno siamo sotto l’occhio meccanico delle telecamere. Non posso permettermi neanche di sussurrarle qualcosa perché sarebbe sospetto. Cerco di godermi la festa e i sorrisi della gente che sembrano abbastanza spontanei. Anche se è ovvio che con pacificatori che controllano la situazione ad ogni angolo della strada e le telecamere che girano continuamente tra la folla è difficile dire che la reazione delle persone sia autentica fino in fondo.
La celebrazione va avanti fino a tarda notte, si accendono dei grossi falò nella piazza: legna che avrebbe scaldato famiglie per più di un mese. Però è innegabile che l’effetto è bellissimo. Le lingue arancio rossastre si alzano saettando nel cielo stellato. Un piacevole crepitio si mescola alle risate e ai canti tradizionali.
Torno solo fino a casa, non ho idea di dove sia Katniss, che ho perso nella folla probabilmente mentre cercava sua madre e sua sorella. Domani dovrò parlarle, non posso aspettare ancora. Devo sapere cosa succederà a noi due adesso che tutto è finito. E poi, com’è finito? È stato abbastanza? Ho veramente paura di no.
La doccia mi leva dalla pelle l’odore del fumo. Compio ogni gesto quotidiano con estrema lentezza. Alla fine mi corico senza guardare che ore sono perché so che è terribilmente tardi, ma non ci sarà nessuno a svegliarmi domani mattina. Potrò riposare quanto voglio.
Ed è quello che faccio, quando mi sveglio il sole è già alto e mi prendo ancora del tempo prima di alzarmi dal letto. Non ho fretta, l’unico impegno della giornata è parlare con Katniss e andare a cena con la mia famiglia alla mia vecchia casa.
Decido che dedicherò la mattinata a osservare il lavoro dei pasticceri di Capitol City cercando di imitarlo. Prendo dalla dispensa la scatola in latta che mi hanno preparato e noto con piacere che nessuno dei piccoli capolavori si è rovinato.
Ammiro le tecniche raffinate e la incredibile cura con cui i biscotti sono stati preparati. Faccio una prima infornata e ottengo un risultato decente, ma estremamente lontano dal gusto speziato al punto giusto della frolla. Ci sono decine di varietà diverse e mi ci vorrà del tempo per impararle tutte nonostante i consigli privati che ho ricevuto.
La mattinata mi scorre veloce tra la farina, le uova e le mani in pasta. Preparo glasse colorate, tempero il cioccolato e cerco di decorare mettendo la stessa cura che vedo nei biscotti che mi sono da guida, ma mettendo del mio. Il risultato mi soddisfa e riscopro il piacere di cucinare. Dopo tanto tempo passato via di casa, continuamente servito e riverito, questo momento di quotidianità mi aiuta a sorridere di nuovo.
Mi preparo qualcosa per pranzare, un pasto veloce perché ho la cucina a soqquadro e non ho voglia di rimetterla a posto.
Il pomeriggio inizio a riordinare tutto quanto, ma quando ho finito mi prende una terribile sensazione di vuoto nel petto che non riesco a colmare neanche mangiando i biscotti che ho sfornato. Sento che è il momento di cercare Katniss, parlarle e dirle che non voglio che le cose vadano in questo modo tra noi due.
Mi presento al portone di casa Everdeen con la scusa dei biscotti, mi apre Prim, sorridente. È incredibile come sia cresciuta. Niente a che vedere con la bambina tremante che si avviava in silenzio verso il palco prima di essere salvata dalla mietitura. Il tempo passato in assenza di Katniss l’ha temprata e ora si vede che è molto più forte.
-Oh, Peeta, hai fatto i biscotti! - dopotutto, un po’ bambina resta comunque – Vieni, entra pure.
Mi scrollo la neve da sotto le scarpe, e seguo Prim in cucina. Appoggia il piatto di biscotti al centro del tavolo. E mi invita a sedermi chiedendomi se voglio del tè.
Accetto giusto perché non ho molto da fare e del buon tè caldo fa sempre piacere. Guardo Prim mentre fa le faccende di casa.
-Katniss non c’è – dice lei a un certo punto, quasi rispondendo alla domanda che tacevo – È uscita questa mattina per andare nei boschi, credo.
-Non capisco perché lo faccia. Non dovrebbe rischiare così adesso.
In realtà lo so benissimo perché lo fa, e anche Prim, quindi resta un silenzio quasi imbarazzante mentre entrambi pensiamo a Katniss con Gale nel bosco. È ovvio che lo faccia per lui e forse è anche per questo che non la considero una buona cosa.
-È un po’ che non ci vediamo, come stai Peeta? – dice Prim sedendosi di fronte a me.
-Oh, non c’è male… - rispondo vagamente e mi rendo conto dal suo sguardo che non è abbastanza – Il tour è andato bene. Tutti si complimentavano con noi, e poi vedere i distretti è stato… istruttivo.
-Sarebbe bello poter viaggiare – inizia a fantasticare Prim, ma il bollitore la richiama con un lungo fischio - Quanto zucchero?
-Niente, grazie – fa una faccia un po’ strana e dopo qualche secondo torna con due tazze fumanti in mano.
-È buffo che un pasticcere come te prenda il tè senza zucchero – e inizia a ridere, una risata così spontanea e argentea che non potrebbe non mettere allegria anche all’animo più turbato. Prende un biscotto dopo averlo guardato attentamente per un po’ lo assaggia – Sono incredibili.
-Grazie, avresti dovuto vedere quelli di Capitol City.
-Ah, giusto, stavo dicendo che sarebbe bello poter viaggiare, conoscere posti nuovi. Come sono gli altri distretti?
-Sono… diversi. Molto diversi. Quasi tutti più grandi del nostro, e noi ne abbiamo visto solo delle piccole porzioni.
Riesco a stento a trattenermi dal descriverle le terribili recinzioni del Distretto 11, le colonne di fumo che si alzano dalle fabbriche, il lusso esagerato di Capitol City, le folle urlanti.
-Com’è il mare? – mi interrompe curiosa.
-Il mare.. non riuscirei a descrivertelo. È immenso, blu, misterioso. Proverò a dipingere quello che mi ricordo, magari riesco a fartelo capire.
-Mi piacerebbe un mondo.
Finiamo il nostro tè continuando a chiacchierare del più e del meno. Quando uno sguardo all’orologio mi dice che è ora di andare saluto Prim, la ringrazio e mi incammino verso la piazza. Non sono riuscito a incontrare Katniss e mi dispiace, ma passare il tempo con Prim è stato rilassante.
Cammino guardando dove metto i piedi per non scivolare sulla neve e quasi vado a sbattere contro Katniss all’ingresso del Villaggio dei Vincitori. Non proprio il genere di incontro che immaginavo.
-Sei stata a caccia? – chiedo forse un po’ troppo duramente.
-Non proprio. Sta andando in città?
-Sì. Dovrei cenare con la mia famiglia – rispondo smorzando il tono.
-Be’, ti accompagno – insolito, ma gradito.
Camminiamo, ma in silenzio. Vorrei essere io a rompere il ghiaccio, ma ho come l’impressione che la richiesta di Katniss di seguirmi significhi qualcosa. Forse è lei ch ha qualcosa di cui parlare. Inoltre, non saprei proprio che dirle adesso come adesso.
Sospira e poi mi chiede d’un sol fiato – Peeta, se ti chiedessi di scappare dal distretto insieme a me, lo faresti?
La prendo per un braccio per fermarla e guardarla negli occhi. Ma è seria, si sente anche semplicemente dal tono di voce. Non è una proposta casuale, non è un test. Quelle sono le sue intenzioni.
-Dipende dal motivo – voglio vederci chiaro in questa faccenda. Quella di me e Katniss non sarebbe una fuga romantica, ne sono certo.
-Non ho convinto il presidente Snow. C’è una rivolta nel Distretto 8. Dobbiamo andarcene.
Sono tante informazioni tutte insieme, ma come al solito impulsivamente le chiedo – Con quel dobbiamo vuoi dire io e te? Chi altro verrebbe?
-La mia famiglia. I tuoi, se vogliono. Haymitch, forse.
-E Gale? – è inutile girarci intorno.
-Non lo so. Lui potrebbe avere altri progetti.
-Lo immaginavo. Certo, Katniss, io verrò.
-Davvero? – chiede incredula della facilità con cui mi ha convinto.
-Sì. Ma non credo che verrai tu – certo che non verrà, non senza Gale.
Con uno strattone si libera dalla mia presa ancora stretta sul suo braccio –Allora non mi conosci. Tieniti pronto. Potrebbe essere in qualunque momento.
Se ne va via infuriata e la seguo chiamandola. Alla fine acconsente a fermarsi, ma si vede che è arrabbiata.
-Verrò con te, se vuoi. Però penso che dovremmo discuterne a fondo con Haymitch. Per esser sicuri di non peggiorare le cose per tutti – ma mentre parlo qualcosa attira la mia attenzione – Cos’è questo?
È un sibilo che fende l’aria, poi un colpo molle, schioccante. Viene dalla piazza che sospira a ogni rumore.
-Vieni – dico a Katniss e inizio a camminare più veloce che posso verso la piazza. Ho un bruttissimo presentimento.
C’è troppa gente per capire quello che sta succedendo. Noto una cassa vicino al forno e ci salgo in piedi per dare un’occhiata porgendo una mano a Katniss per farla salire, ma che poi ritraggo subito. I mie sospetti trovano conferma nella figura di Gale, incatenato a un palo, che viene frustato davanti a tutto il Distretto. La maglia che indossava è ridotta in brandelli sporchi di sangue e sulla schiena si vedono le ferite inflitte dal flagello.
-Scendi. Va’ via di qui! – bisbiglio. Ma in tono duro.
-Cosa? – fa lei cercando nuovamente di salire sulla cassa, ma glielo impedisco.
-Vai a casa, Katniss! Ti raggiungo tra un minuto, lo giuro!
Alcune persone si accorgono della nostra presenza e cercano di allontanare Katniss come sto facendo io, ma lei, testarda, si apre un varco nella folla.
Non posso fermarla, neanche volendo. Non so che cosa fare.
Osservo con più attenzione la scena. Come mi sembrava l’uomo che stringe la frusta nella mano destra non è il capo dei pacificatori che conosco. Non è il bonario, vecchio Cray che tutti nel distretto conoscono.
 È un uomo alto e muscoloso, né vecchio, né giovane. Sfoggia la sua uniforme in modo impeccabile. Non fatico a capire che è qualcuno che Capitol City ha mandato qua per stringere il pugno di ferro sul Distretto 12. Katniss ha ragione, qualcosa sta cambiando: siamo in pericolo.
Katniss, vorrei poterla portare via da qua, ma è troppo tardi. Non posso che vedere con enorme dispiacere la sua espressione scioccata e la paura nel suo sguardo.


NON CI CREDETE?!
Neanche io.
Però sono qua, e non mi dilungo troppo perché è già tardi, ma volevo aggiornare lo stesso.
So che il capitolo non è un granchè. Cercherò di aggiornare presto per fornirvi qualcosa di meglio :D
Purtroppo, mentre Katniss è nel bosco a parlare di rivolte e complottare con Gale... Peeta fa i biscotti.
Non date la colpa a me!
Vabè, basta. Fatemi sapere quello che ne pensate!
-samubura

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Paura che si trasforma in rabbia troppo rapidamente.
-No! – grida, balzando fuori dal cerchio protettivo, slanciandosi verso il braccio alzato pronto ad abbattersi sulla schiena martoriata di Gale.
Ma Katniss si getta a proteggere suo “cugino” con il suo corpo. Durante i nostri giochi, a Capitol City spacciarono Gale per il cugino di Katniss, probabilmente per non interferire con la nostra storia d’amore. Noi l’abbiamo scoperto solamente al nostro ritorno al Distretto 12 e da quel momento abbiamo dovuto far finta che così fosse. A volte ricordarselo non è semplice. Soprattutto perché pensare a Gale e Katniss come parenti mi sembra decisamente inverosimile.
La frusta schiocca e colpisce Katniss al volto. Questa volta sono io a essere terrorizzato.
Katniss, al centro della piazza, si accascia sotto la violenza del colpo che le ha rigato la guancia sinistra. Subito il viso si gonfia e diventa violaceo.
-Basta! Lo ucciderà! – grida ancora. Ed è vero, Gale ha perso moltissimo sangue che ha schizzato il selciato della piazza.
-Fermo! – grida Haymitch scavalcando Darius steso a terra, che noto solamente ora, senza curarsene e irrompendo al centro dell’attenzione. Tira su Katniss da terra più sollevandola di peso che altro. Inizio a farmi spazio nella calca che si apre appena mi riconoscono. Sussurrano qualcosa al mio passaggio che non afferro, troppo preoccupato per quello che sta accadendo.
Sento solamente la voce di Haymitch che dice in modo teatrale – Oh, magnifico. La prossima settimana deve fare un servizio fotografico di abiti da sposa. Cosa dovrei raccontare al suo stilista?
-Ha interrotto la punizione di un criminale reo confesso – dice una voce rauca che mi è sconosciuta. Non faccio fatica ad associarla all’uomo crudele che è diventato il nuovo capo dei Pacificatori del Distretto 12. Anche il suo accento è strano, ma diverso da quello cinguettante di Capitol City.
-Non mi interessa, neppure se ha fatto saltare in aria il maledetto Palazzo di Giustizia! Guardi la sua guancia! Crede che sarà pronta per le telecamere, la settimana prossima?
Haymitch sta esagerando, ma è sicuramente l’unico a poterlo fare. Mi muovo lentamente tra le persone e alla fine riesco ad arrivare anche io a dare man forte al nostro mentore.
-Non è un problema mio – replica il Pacificatore freddamente.
-No? Be’, lo sarà presto, amico. La prima telefonata che farò quando tornerò a casa sarà a Capitol City. Scoprirò chi l’ha autorizzata a rovinare il bel musetto della mia vincitrice – ovviamente non può farlo. Primo perché Haymitch ha letteralmente sradicato il suo telefono che giace ancora inutilizzabile vicino alla parete su cui è stato lanciato molto tempo fa, secondo perché non ha questo genere di “contatti” alla Capitale, ma sicuramente è una frase che fa un certo effetto.
-Questo è un bracconiere – solo adesso da vicino noto che sul palo a cui è legato Gale c’è un tacchino. Caccia illegale. E Katniss stamattina è andata con lui. Immagino quanto possa star male adesso.
-Lui è suo cugino – intervengo. Sostengo Katniss per un braccio delicatamente – E lei è la mia fidanzata. Perciò, se vuole prendersela con lui, si prepari a vedersela con tutti e due.
È un moto di spavalderia che non mi si addice, ma sono diventato un attore provetto e il risultato che ottengo è per lo meno credibile.
Una donna si fa avanti dal gruppo di Pacificatori che sta assistendo in disparte. L’ho vista spesso, ma non riesco a ricordare il suo nome. Non sembrano affatto felici del modo in cui lavora il loro nuovo capo. Sono abituati a un regime diverso, qua nel distretto –Per un primo reato, credo che sia stata somministrata la quantità di frustate prevista, signore. A meno che la sua pena non sia la morte, nel qual caso dovremmo impiegare un plotone d’esecuzione.
Immagino per un momento me, Katniss e Haymitch in bella riga davanti a un plotone d’esecuzione dopo la nostra intromissione. Ma in quanto vincitori siamo avvolti da un aura di quasi totale invulnerabilità. Ci verrà fatta pagare questa faccenda, ma per ora spero che basti per salvare Gale.
-È questa la procedura standard, qui?
-Sissignore – conferma la donna. Altri dietro di lei annuiscono con convinzione.
-Molto bene. Porta via tuo cugino, ragazza. E se rinviene, ricordagli che la prossima volta che caccerà di frodo nelle terre di Panem radunerò personalmente quel plotone di esecuzione – dice con fare sprezzante, ma, tralasciando il tono e le battute di sarcasmo, è quello che volevamo sentirci dire.
L’uomo arrotola la sua frusta con precisione meccanica schizzandoci con il sangue di Gale. Quando si allontana a passo lento e misurato Katniss si gira verso Gale ancora privo di sensi sussurrando il suo nome.
Sussurra il suo nome mentre, con le mani che tremano, cerca di slegare i nodi che mantengono i polsi di Gale attaccati al palo. Qualcuno dalla folla mi passa un coltello e taglio le corde e Gale cade a terra senza neanche un gemito.
-Meglio portarlo da tua madre – dice Haymitch palesando il pensiero di tutti i presenti. La madre di Katniss è una famosa guaritrice nel distretto, anche Prim la aiuta spesso. Mi torna in mente la storia della capretta Lady che Katniss mi ha raccontato nell’Arena. È un ricordo felice, ma adesso c’è troppo da fare per abbandonarsi alla memoria.
Un’anziana signora ci vende il banco dove tiene esposta la sua merce e carichiamo il corpo esanime di Gale a faccia in giù sul pianale di legno. Poi lo solleviamo, faccio fatica a reggere il peso e allo stesso tempo stare attento a non scivolare sulla mia protesi, ma riusciamo ad avanzare velocemente. Katniss si ferma a parlare con una ragazzina, ma non sento quello che si dicono, poi ci raggiunge preoccupata. Lo scorcio che riesco a cogliere del suo viso è l’immagine della pura disperazione.
-Mettici sopra un po’ di neve – le ordina Haymitch in tono spento.
Lei obbedisce meccanicamente e preme un pugno di neve sulla guancia ferita, cammina a testa bassa.
Assieme a noi ci sono anche due minatori, Bristel e Thom, che lavorano con Gale che ci aiutano a portarlo verso il Villaggio dei Vincitori e raccontano quello che è successo prima del nostro arrivo in piazza.
Stando a quello che dicono probabilmente Gale è andato a Casa del vecchio Cray e al posto del cliente abituale ha trovato il nuovo capo dei pacificatori di cui abbiamo fatto la “piacevole conoscenza”: un certo Romulus Thread. Nessuno sa cosa sia successo al suo predecessore. Gale è stato obbligato a confessare e condannato a fustigazione immediata. Quando siamo arrivati noi aveva già ricevuto quaranta frustate.
-Meno male che aveva con sé solo il tacchino – dice Bristel – Se avesse avuto il suo solito bottino, gli sarebbe andata molto peggio.
-Ha raccontato a Thread che l’ha trovato dalle parti del Giacimento. Ha detto che aveva scavalcato la recinzione e che lui gli aveva dato una bastonata. Sempre un crimine. Ma se avessero saputo che era entrato nei boschi armato, l’avrebbero ammazzato di sicuro – aggiunge Thom.
-E Darius? – chiedo, ricordandomi dell’uomo steso a faccia in giù privo di sensi.
-Dopo una ventina di frustate, è intervenuto dicendo che era abbastanza. Solo che non l’ha fatto con l’intelligenza e l’ufficialità di Purnia – Giusto, Purnia, la donna che ci ha permesso di salvare Gale – Ha afferrato il braccio di Thread e Thread lo ha colpito alla testa con il manico della frusta. Non gli si prospetta niente di buono – mi spiega Bristel.
-Non sembra che si prospetti granché di buono a nessuno di noi – osserva Haymitch cupo.
Inizia a cadere la neve, sempre più fitta. Bagna i vestiti e sono fradicio e infreddolito quando riusciamo ad arrivare a casa. È la signora Everdeen ad aprirci e il suo sguardo professionale non riesce a celare la preoccupazione. Mi concedo solo adesso di guardare la schiena di gale da vicino. In un qualche modo ero riuscito a evitarlo, ma ora non posso tirarmi indietro. I fiocchi di neve coprono le innumerevoli ferite profonde e sporche di pus.
Devo distogliere lo sguardo perché una fitta alla gamba mi fa tornare alla mente la mia coscia lacerata e  rischio quasi di svenire. I flashback dei giochi sono sempre terribilmente dolorosi.
-Nuovo capo – dice Haymitch per dare una minima spiegazione. La madre di Katniss annuisce e fa trasportare il nostro carico sul tavolo della cucina che in un battibaleno si è trasformato in un candido letto ospedaliero. Faccio un respiro di sollievo ora che Gale è affidato a ottime mani e dopo essermi ripreso cerco di rendermi utile.
L’acqua viene messa in un bollitore e Prim va a prendere qualcosa nell’armadietto dei medicinali sotto ordine della madre. Se ne torna con in grembo erbe essiccate, tinture e flaconi. Mi sento terribilmente inutile, ma la coppia madre-figlia lavora così bene insieme che noi possiamo solo farci da parte e essere pronti a intervenire se ce lo chiedono.
-Quell’occhio. C’è un taglio? – chiede la madre a Katniss.
-No, si è chiuso perché si è gonfiato –risponde lei.
-Mettici sopra altra neve – ordina in tono sbrigativo, in questo momento la ferita di Katniss non è assolutamente prioritaria. Mi lascio affascinare dai movimenti misurati e precisi che la madre di Katniss compie. Intinge una pezza di stoffa nell’intruglio preparato da lei e Prim e tampona la schiena di Gale. È un bene che sia ancora privo di sensi, credo, perché, a giudicare con la delicatezza con cui compie quest’ultima parte, deve essere estremamente dolorosa.
-Puoi salvarlo? –chiede Katniss seria, ma non ottiene risposta.
-Non preoccuparti –la consola Haymitch – C’erano un sacco di fustigazioni una volta, prima di Cray. E i condannati li portavamo da lei.
Sono troppo giovane per ricordare un tempo prima di Cray, dove le esecuzioni pubbliche erano all’ordine del giorno, ma mio padre mi ha raccontato più di una volta di quello che accadeva un tempo nella piazza davanti alla nostra panetteria.
Katniss è comunque molto scossa e rimane quasi pietrificata. Pur di non restare lì a guardare l’operazione in corso sulla schiena di Gale decido di occuparmi di lei. La faccio sedere su una sedia e vado a prendere fuori dell’altra neve fresca che metto in un sacchetto. La ferita sotto l’occhio è brutta, ma niente a che vedere con le piaghe che ricoprono interamente Gale.
-Andate a casa ragazzi, avete già fatto abbastanza – dice Haymitch rivolto a Bristel e Thom che accettano volentieri di congedarsi. Gli caccia in mano qualche moneta prima che se ne vadano –Non so cosa succederà alla vostra squadra.
Annuiscono in silenzio e scompaiono nel vano della porta.
Non so quanto tempo passi prima dell’arrivo di Hazelle, la madre di Gale. Si vede subito che ha fatto una gran corsa, sfidando la tempesta di neve che ha continuato a soffiare. Si siede al capezzale del figlio senza dire nulla a nessuno di noi e stringe la mano di Gale tra le sue.
Non possiamo far altro che guardare e aspettare. Tutte e due le cose diventano sempre più difficili man mano che passa il tempo. La signora Everdeen continua a lavorare in silenzio mentre Hazelle al capezzale del figlio sussurra qualcosa mentre gli accarezza i capelli con un gesto lento e ripetitivo.
Quando stanno finendo di fasciarlo dalle labbra di Gale esce un gemito. Sappiamo tutti che significa: sta riprendendo conoscenza e lo stato di insensibilità in cui si trovava cederà il posto a uno di dolore atroce. Prim e la madre di Katniss iniziano a preparare un nuovo intruglio, spero sia un antidolorifico.
-Non basterà – interviene a questo punto Katniss, ancora seduta sulla sedia accanto a me. Gli sguardi di tutti i presenti passano da Gale a lei – Non basterà, so come ci si sente. Quella roba fa passare sì e no il mal di testa.
-La combineremo con lo sciroppo per dormire, Katniss, e ce la farà. Le erbe sono più per l’infiammazione… -inizia a spiegare sua madre.
-Dagli la medicina! –grida lei – Dagliela! E poi chi sei tu, per decidere quanto dolore può sopportare?
Le urla di Katniss hanno l’effetto che stavamo cercando di evitare. Gale si sveglia e cerca persino di muoversi in sua direzione. Il semplice movimento gli fa uscire altro sangue che macchia le bende candide di altro sangue rosso scuro.
-Fatela uscire – intima la madre di Katniss e io e Haymitch, dopo uno sguardo di intesa, carichiamo Katniss di peso e la portiamo in una delle stanze degli ospiti dove la lasciamo quando smette di dimenarsi e urlare insulti.
Rimane sdraiata immobile e inizia a piangere, la schiena che sobbalza per i singhiozzi. Non so se è un buon momento, ma riferisco a Haymitch la proposta che Katniss mi ha fatto prima che tutto questo accadesse. Mi rendo conto che non ho neanche avvisato i miei genitori, ma non importa adesso.
-Vuole che scappiamo tutti – concludo, ma Haymitch annuisce pensieroso e non dice nulla. La cosa mi preoccupa più che una delle sue solite secche stroncature delle nostre proposte.
Preferisco non tornare nell’altra stanza e restare qua. Ho già visto troppo sangue per i miei gusti e qua con Katniss riesco a respirare un’atmosfera più tranquilla. Dopo qualche tempo la signora Everdeen entra nella stanza e medica l’occhio a sua figlia. Haymitch, che è rimasto qua con me, le racconta nel dettaglio quello che è successo a Gale.
-Allora si ricomincia come prima? – chiede lei alla fine del resoconto.
-A quanto pare – risponde Haymitch – Chi avrebbe mai pensato che ci sarebbe dispiaciuto vedere andare via il vecchio Cray!
Già, Cray non era particolarmente amato nel distretto. Per alcuni semplici motivi: il primo era la sua posizione sociale. Il capo dei Pacificatori, solitamente, non è una figura molto amata in un distretto che si tiene in piedi sugli scambi illegali. Ma, soprattutto, quello che lo aveva reso particolarmente impopolare era l’abitudine di accogliere ragazze disperate nel suo letto per qualche soldo. Si affollavano di notte davanti alla sua porta per cercare di sfamare la loro famiglia.
Haymitch e la madre di Katniss continuano a parlare per un po’ e io resto in silenzio ad ascoltarli distrattamente. Quando suonano il campanello tutti ci preoccupiamo. Katniss schizza letteralmente in piedi.
-Non devono prenderlo – dice, un bagliore vagamente folle le brucia negli occhi.
-Potrebbero essere venuti a cercare te – la punzecchia Haymitch.
-O te – ribatte Katniss immediatamente.
-Non è casa mia – risponde lui a tono – Comunque vado a vedere.
-No vado io – dice la signora Everdeen, ma la seguiamo tutti nell’ingresso. Troppo curiosi e allo stesso tempo preoccupati.
Alla porta non c’è il gruppo di Pacificatori che tutti ci aspettavamo, ma la figura esile di Madge, la figlia del sindaco Undersee, che si stringe in un cappotto infilato in tutta fretta. Porge a Katniss una scatola di cartone –Usa queste per il tuo amico - Allungo il collo sopra la spalla di Haymitch per vedere mentre Katniss apre la scatola, dentro c’è circa una dozzina di fialette piene di un liquido trasparente – Sono di mia madre, ha detto che potevo prenderle. Usale, per favore.
Poi, senza neanche salutare, o entrare a riscaldarsi un po’, corre via nella tempesta di neve.
-Strana ragazza – borbotta Haymitch mentre seguiamo la madre di Katniss che ha preso nuovamente in mano la situazione.
Le condizioni di Gale non sembrano affatto migliorate, anche se ha la schiena ripulita e bendata ha il volto contratto in una smorfia di dolore e la pelle lucida di sudore. Senza aspettare un momento La nostra dottoressa di fiducia preleva il liquido da una fiala e infila l’ago di una siringa nel braccio di Gale. L’effetto è praticamente immediato. I muscoli contratti si rilassano e Gale scivola in uno stato di incoscienza.
-Che roba è? – chiedo incuriosito.
-Viene da Capitol City. La chiamano morfamina – risponde la dottoressa Everdeen.
-Non sapevo nemmeno che Madge conoscesse Gale – dico, ma pare che questo faccia arrabbiare Katniss.
-Una volta le vendevamo le fragole –sbotta.
-Devono proprio piacerle – osserva Haymitch con malizia, capendo prima di chiunque altro che la reazione di Katniss è dovuta alla gelosia. Ovvio, quelle fialette dovranno essere costosissime, non è un regalo che si fa a uno qualunque.
-È mia amica – dice Katniss per chiudere il discorso.
Tutto è molto più tranquillo adesso che Gale è abbandonato alle cure dell’antidolorifico. Prim scalda dello stufato e mangiamo lentamente tutti insieme sbocconcellando del pane. Chiedono ad Hazelle se vuole rimanere là a dormire a casa loro, ma lei deve raggiungere i fratelli di Gale. Sia io che Haymitch ci offriamo di restare se c’è bisogno di una mano, ma la signora Everdeen dice che non c’è bisogno e non me la sento di insistere anche perché sono stanco.
Me ne torno a casa mia lasciando una Katniss, stanca ma irremovibile, ad assistere tutta sola a Gale.
So che la mia è una stupida gelosia, perché è normale che sia così, ma non riesco a non sentire lo stomaco rivoltato dall’invidia.
Resto per un po’ davanti al caminetto acceso nella mia casa fredda vuota e buia. Un po’ di solitudine è quel che mi ci vuole. Domani dopo aver controllato a casa di Katniss se non c’è bisogno di me devo ricordarmi di avvisare i miei genitori che “va tutto bene”.
Adesso mi prendo del tempo per pensare seriamente a una fuga. Avrei bisogno di parlare con Haymitch, ma lui mi ha fatto chiaramente capire che questo non è il momento di discuterne. Dove potremmo mai andare? Sì, i boschi, ma avrebbe poi senso? Ci troverebbero?
Troppe, troppe domande. Mi addormento in salotto sulla poltrona colto dalla stanchezza improvvisa senza darmi risposte.



Vi eravate preoccupati?
State tranquilli, questa storia non la mollo!
Ho avuto parecchi problemi con il mio tempo libero e continuo ad averli (infatti, purtroppo, non mi sono portato avanti con i capitoli ed è possibile, anzi probabile che dobbiate aspettare lo stesso parecchio per il prossimo)
Nulla di grave, solamente un pentamestre piuttosto impegnativo... cose normali insomma.
Più che dire che mi dispiace TREMENDAMENTE tanto non posso fare molto.

Questo è un capitolo... impegnativo (e fortunatamente per voi anche lunghetto) e spero di essere riuscire a scrivere bene anche se ho dovuto scrivere in modo molto discontinuo...

Per quel che riguarda la storia interattiva, anche le altre colleghe stanno avendo casini quindi per un po' resterà sospesa, ma spero che non verrà cancellata :)

Ho migliaia di progetti in testa e non ne porto a termine mezzo.... che disastro!
Ci sentiamo al prossimo capitolo (chi può dire quando?)
Ciao ciaooo

RECENSITE, fate sentire che vi sono mancato su <3

(basta cazzate)
-samubura-

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


La porta di casa Everdeen è socchiusa, quindi entro cercando di non fare rumore perché nella cucina vicina all’ingresso Gale starà ancora dormendo ed è meglio che continui. Prim scende una rampa di scale e rimane un po’ sorpresa nel vedermi, mi fa cenno di seguirla nell’altra stanza.
Vede il pane che ho sfornato stamattina e ho portato con me -Facciamo colazione o hai già mangiato? – chiede ospitale e gentile come sempre. Una vera, piccola donna di casa.
Alla sua domanda il mio stomaco brontola e mi rendo conto che non ho mangiato, preso dalla fretta di vedere se tutto andava bene.
-In effetti no – dico. Prende da una credenza due tazze e poi sparisce in cucina con un fruscio della gonna.
Quando torna, appoggiando un bricco di tè freddo e un vaso di marmellata, sussurra –Katniss è ancora di là con Gale che dorme. Non vorrei disturbarla, sembrava così stanca ieri.
-Certo, Gale come sta? – chiedo – Sono passato soltanto per chiedere se c’era bisogno di aiuto.
-Oh, non preoccuparti, mamma penserà a tutto. Anche lei sta dormendo ora, stamattina presto ha controllato i bendaggi di Gale e ha detto che non dobbiamo preoccuparci –dice con un gran sorriso.
-Forse è meglio che svegli Katniss allora, per mandarla a dormire più tranquillamente – suggerisco. Annuisce pensierosa e mi lascia andare di là.
Varco la porta della cucina e la prima cosa che si nota è la fasciatura candida di Gale, macchiata di sangue in più punti. Quasi brilla sotto i raggi di sole che penetrano dalla finestra. Appoggio il resto del pane e il bricco, ormai vuoto, di tè sul bancone.
Katniss è su una sedia, con la testa appoggiata al tavolo proprio accanto a quella di Gale. È lì a sorvegliarlo, a fare la guardia perché nulla possa fargli del male. Le loro dita sono intrecciate. Per un po’ resto a guardare quella scena che mi ricorda tanto quando eravamo nella grotta, io ferito e lei a curarmi. Adesso c’è Gale, al mio posto, ma c’è sempre stato lui.
L’unico posto nel cuore di Katniss è appartenuto da sempre a lui.
Mi avvicino silenziosamente e scuoto delicatamente la spalla di Katniss per svegliarla. Si tira su di scatto, rendendosi conta di essersi addormentata sul tavolo. Mi guarda e rimane turbata dalla mia espressione probabilmente, la sua espressione si acciglia con fare interrogativo.
-Va’ di sopra a dormire, Katniss. Mi prendo io cura di lui – le dico.
-Peeta. Riguardo a quello che ti ho detto ieri, sulla fuga…
-Lo so. Non c’è bisogno di spiegazioni.
-Peeta… - inizia a dire, ma non è il momento di grandi discorsi. Anche se lei non vuole, il suo corpo chiede disperatamente riposo. O forse sono solo io a non volerla ascoltare.
-Va’ a letto, d’accordo? –insisto.
È troppo debole per rispondermi, si alza lentamente con le giunture irrigidite per la posizione scomoda che ha assunto tutta la notte. La seguo con lo sguardo mentre sale le scale per andare in camera da letto, e resto solo con Gale.
Dopo appena qualche secondo inizio a sentirmi strano e ho bisogno di uscire dalla stanza. Cerco Prim chiamandola a bassa voce.
Incontro invece la madre di Katniss, mi sorride -Bisogno di qualcosa?
-Oh, no, no grazie. Ci sono già abbastanza “bisognosi” in questa casa. Complimenti per quello che ha fatto con Gale – rispondo.
-Senza quelle medicine non so se ce l’avrei fatta. Sono un dono estremamente prezioso – commenta –Ci vorrà ancora parecchio prima che guarisca.
-Se posso essere d’aiuto non esiti a chiedere. Vado a trovare i miei genitori, è da ieri che non hanno mie notizie, non vorrei si preoccupassero – dico congedandomi. Restare da solo a casa di Katniss mi fa sentire inadeguato, tranne quando c’è Prim con cui ho legato molto.
-Tranquillo, ci pensiamo noi. Tu pensa  a te stesso piuttosto, hai una brutta cera, e fai attenzione sta iniziando una bufera là fuori – si raccomanda.
La saluto ed esco nel vento gelido che ulula facendo turbinare grossi fiocchi di neve. C’è già una scarsa visibilità, e la tempesta probabilmente peggiorerà, ma la strada fino alla panetteria non è molta e non mi va di tornarmene a casa al freddo da solo.
Cammino lentamente nella neve che continua ad aumentare, imbianca le strade deserte. Tutti si sono rifugiati in casa, mentre io affronto il maltempo. Fortunatamente riesco a trovare la strada che ho fatto milioni di volte anche in mezzo alla tormenta.
La campanella sulla porta suona e mia madre compare dal retrobottega gridando un “Chi è?” dubbioso.
-Sono io, mamma – dico io per rassicurarla. Sicuramente non si aspetta visite normali durante il putiferio che c’è di fuori. Ma dubito che i pacificatori abbiano più voglia di uscire degli altri con questo gelo.
-Peeta! – dice dall’altro lato del balcone sporgendosi per abbracciarmi, poi apre lo sportello per lasciarmi entrare –Come stai? Ieri ci siamo preoccupati, ma ci hanno detto che sei andato via con Katniss per suo cugino… povero ragazzo.
-Io sto bene, lui sta sicuramente peggio di me, ma è in buone mani – rispondo mentre la seguo quando torna nel retro della panetteria.
Ci sono mio padre e i miei fratelli. Saluto tutti, respiro l’aria che sa di farina e legna bruciata. Là al forno riesco a trovare un po’ di tranquillità. Ma dura poco, non posso restare a lungo altrimenti finirei bloccato qua dalla neve.
-Devo andare, scusate, ma non vorrei che la neve mi blocchi qua – mi congedo. Insistono per lasciarmi una filetta di pane da portare a casa.
-Oh, tranquillo, passata la bufera recupereremo la nostra cena in sospeso – scherza mio padre. Con un grosso sorriso che gli illumina il volto. Nel suo sguardo vedo ogni volta la gioia di aver riavuto un figlio che credeva morto. Spesso mi commuovo senza che lui dica niente.
Esco nel freddo terribile della tempesta. È peggiorata molto, tanto che riesco a malapena a vedere dove metto i piedi. La strada fortunatamente la so a memoria, quindi non sono troppo preoccupato, metto un piede davanti all’altro tenendo la testa bassa e mi guardo i piedi per evitare di scivolare sul ghiaccio. La neve si infila nel cappotto per quanto cerchi di stringermelo addosso, ma arrancando per le vie deserte arrivo al Villaggio dei Vincitori.
Una debole luce proviene dalle finestre appannate di casa di Haymitch. Mi sono reso conto che non sono passato a vedere come stava. Con tutta questa neve lui potrebbe starsene benissimo con le finestre spalancate, steso sul pavimento a prendere la broncopolmonite.
Entro dalla porta sempre socchiusa, dovrò liberare il vialetto dalla neve, o sarà impossibile entrare in casa se continua così.
-Haymitch! – urlo per avvertirlo che sono io – Sono Peeta.
Un mugugno di risposta viene dalla camera da letto al piano di sopra. Salgo le scale per accertarmi che sia in “buone” condizioni. È steso sul letto a faccia in giù, quando avverte la mia presenza si sforza di alzare la faccia dal cuscino.
-Che vuoi? – dice in tono scontroso.
-Fuori c’è una bufera, mi assicuravo che stessi bene.
-Molto premuroso da parte tua – ridacchia – Ho la situazione sotto controllo.
-Lo vedo – rispondo e poi vado a controllare le finestre delle varie stanze visto che Haymitch non è molto in vena di collaborare. È già entrata molta neve dalle finestre in salotto e in cucina, farà sicuramente una pozza enorme sul pavimento. Cerco di buttarne fuori più che posso con la paletta di una scopa.
Chiudo le finestre, le serrande e alimento il fuoco quasi spento nel caminetto in modo che bruci per un po’ sperando che Haymitch si riprenda e continui lui ad alimentarlo. Forse dovrei tornare dopo a controllare, ma adesso è già tardi e devo andare a casa. Lascio il pane dei miei genitori sul tavolo della cucina.
-Ciao Haymitch! Ti ho lasciato del pane, mangia e controlla il fuoco.– urlo da in fondo alle scale, sperando che senta.
Chiudo la porta dietro di me e a fatica percorro i pochi metri che mi separano dal mio portone. Mi chiudo dentro e respiro profondamente per riprendere fiato, infreddolito mi tolgo finalmente il cappotto bagnato e mi piazzo davanti al caminetto che accendo il più rapidamente possibile.
Scaldo le dita intirizzite dal freddo e vado in cucina a cercare un bollitore per mettere su del tè caldo. Il telefono squilla: strano, non lo fa mai.
E perché dovrebbe? Tra le persone del Distretto che conosco le uniche ad avere un telefono sono Katniss e Haymitch poi ci sono gli stilisti e Effie, ma non vedo il motivo per cui dovrebbero chiamare.
“Anche al Palazzo di Giustizia avranno un telefono” faccio in tempo a pensare prima di  rispondere.
-Ehi – sento dall’altra parte della cornetta, la voce inconfondibile e rassicurante di Katniss – Volevo solo assicurarmi che fossi arrivato a casa.
-Katniss, abito a tre casi di distanza dalla tua – rispondo, è una chiamata insolita.
-Lo so, ma con questo tempo e tutto il resto… - dalla voce sembra stanca e fragile.
-Be’, sto benissimo. Grazie per aver controllato – ribatto. Poi sentendo che non aggiunge nient’altro le chiedo –Come sta Gale?
-Bene. Adesso mia madre e Prim gli stanno facendo un impacco di neve – risponde atona.
-E la tua faccia? – domando.
-Ne hanno fatto uno anche a me. Hai visto Haymitch, oggi?
-Sono andato a dare un’occhiata. È ubriaco fradicio. Gli ho ravvivato il fuoco e gli ho lasciato un po’ di pane.
-Volevo parlarvi.. a tutt’e due – non può aggiungere altro perché i nostri telefoni saranno sicuramente sorvegliati, ma non c’è bisogno perché capisco al volo che si tratta del suo piano di fuga.
-È probabile che tu debba aspettare finché il tempo non si rimette. Prima succederà ben poco, comunque.
-No, non molto – concorda.
Ci salutiamo e torno al mio tè.
Passano due giorni di noia infernale prima che la bufera finisca.
Cerco di dare una mano a sgomberare il vialetto che porta fino in piazza dal mucchio di neve che si è formato. Ci vuole un altro giorno intero, poi arriva la telefonata di Katniss.
-Ciao, sono io.
-Ciao – rispondo – Come stai?
-Bene, l’occhio va meglio e la mamma dice che Gale si sta riprendendo in fretta. Volevo chiederti se ti andrebbe di venire in città con me.
Sarà arrivato il momento della nostra chiacchierata. Concordiamo di vederci tra poco davanti a casa di Haymitch. Mi do una sistemata ed esco, ho voglia di vedere gente dopo l’isolamento forzato dal maltempo.
Trasciniamo un Haymitch poco sobrio fuori da casa sua e l’aria fredda gli fa un effetto immediato. Ci allontaniamo dal Villaggio dei Vincitori che è assolutamente il posto peggiore per fare piani sovversivi contro la capitale e ci incamminiamo aspettando che Katniss si faccia avanti, ma è Haymitch, spazientito, che rompe il ghiaccio dopo un po’ che camminiamo e l’unico suono che si sente è lo scricchiolio della neve sotto gli scarponi.
-Allora stiamo per partire tutti per il grande ignoto? – dice con palese sarcasmo.
-No – risponde Katniss seria e un po’ offesa – Non più.
-Hai studiato i punti deboli del piano, dolcezza? – ribatte – O hai qualche altra idea?
-Voglio dare inizio a una rivolta – afferma risoluta, ma cerca di non guardare né me né Haymitch perché probabilmente neppure lei è convinta che la sua sia una buona idea.
Una rivolta.
Che dire? Ci ho pensato anche io, più di una volta, ma non saprei da dove iniziare. E poi, non bastano tre persone per combattere Capitol City. Non basterebbero neanche tutti gli abitanti del Distretto 12 sempre se riuscissimo a convincerli ad unirsi a noi.
Haymitch, per tutta risposta, scoppia in una fragorosa risata che manda Katniss su tutte le furie. Probabilmente vede la sua dichiarazione come il folle pensiero di una ragazzina ed effettivamente non ha tutti i torti. Ma quella rabbia che mi porto dietro dal Tour della Vittoria mi porta ad appoggiare Katniss nel suo folle progetto. Ho visto come sono quelle persone, ho visto le folle pronte a prendere il coraggio e marciare contro i pacificatori. I cittadini dei distretti sono furiosi e cercano un leader.
Ma Haymitch continua a ridere e il piccolo fuoco di speranza dentro di me si affievolisce sempre più.
-Be’, voglio qualcosa da bere – sentenzia – Ma fammi saper come pensi di fare.
-Il tuo piano quale sarebbe invece – ringhia Katniss.
-Il mio piano è assicurarmi che tutto sia assolutamente perfetto per il tuo matrimonio – dice – Ho fissato la data per un nuovo servizio fotografico.
-Ma se non hai nemmeno il telefono – cerca di smascherarlo Katniss.
-Ci ha pensato Effie. Pensa che mi ha chiesto se mi piacerebbe condurti all’altare. Io le ho risposto solo che prima è, meglio è.
-Haymitch – cerca di supplicarlo Katniss con voce strozzata.
Lui gli fa il verso e poi, con un repentino cambio di espressione risponde con aria seria –Non funzionerà.
I segni del tempo che gli marcano il volto formano un quadro di triste rassegnazione.
Un gruppo di uomini armati di pale si dirige a passo veloce verso il Villaggio dei Vincitori e dobbiamo terminare la nostra conversazione. Quando arriviamo alla piazza ci fermiamo sorpresi. A stento la riconoscerei se non fosse il luogo in cui sono cresciuto.
Il sigillo di Panem domina dall’alto di uno stendardo appeso al tetto del Palazzo di Giustizia. Lungo le cime dei tetti alcuni Pacificatori stanno appostati con delle mitragliette, altri marciano in file compatte nelle loro uniformi bianche splendenti.
In mezzo alla piazza sono sorti una forca e un palo per le fustigazioni. Non c’è più spazio per l’allegro e colorato mercato della domenica.
-Thread è uno che si dà da fare – commenta Haymitch.
Continuo a guardarmi intorno e vedo salire una colonna di fumo poco lontano da dove siamo noi. Riconosco che deve essere il Forno, sede del mercato nero. Katniss guarda in direzione dell’incendio con aria di sincera disperazione.
-Haymitch, pensi che fossero ancora tutti dentro… - inizia a dire, ma la voce le muore in gola.
-Naaa, quelli sono furbi. Lo saresti anche tu, se fossi in circolazione da più tempo. Be’, sarà meglio che vada a vedere quanto alcol può farmi avere il farmacista.
-A cosa gli serve? – chiede Katniss rivolta verso di me. Ma intuisce la risposta prima che sia io a doverle spiegare.
-Non possiamo permettergli di bere quella roba. Si ucciderà, o come minimo perderà la vista. Ho messo da parte un po’ di liquore bianco, a casa – mi dice.
-Anch’io. Forse questo lo tratterrà, finché Ripper non troverà il modo di rimettersi in affari – la rassicuro – Ho bisogno di vedere come sta la mia famiglia – le dico e faccio per congedarmi.
-Io vado a trovare Hazelle – dice con voce spenta e capisco che è preoccupata.
-Vengo anch’io.
-Grazie – risponde rincuorata.
Ci incamminiamo per le strade vuote. Molti ci guardano dalle finestre. Uomini, ragazzi, che dovrebbero essere a scuola o nelle miniere, ma non oggi. Negli sguardi che incrocio lungo la via vedo solo risentimento e paura. Non il fuoco del desiderio di rivolta. Non la ricerca di un leader da seguire anche a costo della vita.
Quando arriviamo da Hazelle la troviamo intenta a prendersi cura di Posy, una delle sorelle di Gale, che ha preso il morbillo.
-Non potevo abbandonarla – spiega – Sapevo che Gale sarebbe stato nelle mani migliori che esistono.
-Certo – conferma Katniss comprensiva mentre io cerco di tenermi un po’ in disparte – Lui sta molto meglio. Mia madre dice che potrà tornare alle miniere tra un paio di settimane.
-Fino ad allora potrebbero comunque non essere aperte. Gira voce che resteranno chiuse fino a nuovo ordine – ci comunica nervosa.
-Hai chiuso anche tu? – chiede Katniss.
-Non ufficialmente. Ma adesso hanno tutti paura a venire da me.
Non so cosa faccia la madre di Gale, ma mi sento in dovere di dire una parola per rassicurarla –Forse è per la neve – azzardo.
-No. Rory ha fatto un giro veloce tamattina. A quanto pare non c’è niente da lavare.
Rory, fratello di Gale, abbraccia Hazelle dicendole che andrà tutto bene, ma sappiamo tutti che non è facile credere in un futuro migliore in queste circostanze.
Katniss appoggia qualche moneta sul tavolo – Mia madre manderà qualcosa per Posy – dice. Poi usciamo nuovamente.
Appena fuori dalla soglia Katniss mi dice che vuole andare al Forno e insisto per accompagnarla. La vedo particolarmente scossa e se vogliamo davvero indurre il 12 a una rivolta devo aver ben chiara la situazione. Thread sta seminando paura, ma forse c’è ancora speranza.
Andiamo per mano fino al luogo dove una volta c’era il Forno con i suoi rumori e con tutte le persone che si inventavano qualcosa per sopravvivere. Adesso c’è solo una catapecchia in fiamme. Non ci sono neanche dei Pacificatori attorno perché sarebbe impossibile cercare di spegnere l’incendio.
-È tutta la polvere di carbone che si è accumulata – dice Katniss. Non riesce a distogliere lo sguardo dal rogo per quella che sembra un’eternità.
In silenzio ascoltiamo il crepitio delle fiamme, la sua mano fredda si stringe di più alla mia.
-Voglio vedere come sta Sae la Zozza – dice.
-Non oggi, Katniss – consiglio – Non credo che la nostra visita sarebbe d’aiuto a nessuno.
Sceglie di accompagnarmi dai miei. Entro in panetteria e mio padre spunta da dietro il bancone appena la campanella sulla porta suona. Vede me e Katniss e sorride bonario.
Lei compra dei biscotti mentre io mi informo di come vanno le cose in panetteria e se hanno subiti danni per la neve. Mio padre aggira l’argomento “pacificatori” e non capisco perché, ma preferisco non insistere.
I giorni passano e la situazione nel Distretto 12 peggiora sempre di più. Le punizioni diventano quotidiane, le miniere restano chiuse per talmente tanto tempo che metà delle famiglie non ha quel che basta per sopravvivere. Vorrei poter fare qualcosa, ma più che fare qualche giro in città per controllare come vanno le cose non riesco a fare.
Quando le miniere riaprono gli stipendi vengono abbassati e le ore di lavoro aumentate, i prezzi salgono, persino mio padre inizia a faticare a mantenere aperta la panetteria, sul bancone restano pagnotte vecchie e stantie che non può buttare perché sarebbe un terribile spreco.
Molti ragazzi si iscrivono per le tessere, ma spesso non ricevono la loro razione.
Haymitch combatte contro la mancanza di alcol. Nonostante le piccole scorte mie e di Katniss sta quasi per finire e pare che Ripper non abbia intenzione di rimettersi a vendere liquore. Chi lo farebbe con questi tempi? Almeno Katniss è riuscita a convincere il nostro mentore ad assumere Hazelle come governante. Lei si impegna da morire e riesce a tenere in ordine persino quel porcile.
Vedo sfilare nel vialetto del Villaggio dei Vincitori una serie sempre più numerosa di feriti e malati. La madre di Katniss fa quel che può, ma i medicinali sono introvabili e quei pochi disponibili nella piccola farmacia del Distretto hanno prezzi esagerati.
La situazione è critica e in tutta questa confusione Effie non fa altro che telefonare da Capitol City e inviarci pacchi per i preparativi del matrimonio. Mi forzo persino ad indossare uno degli smoking che Cinna e Portia hanno preparato per me, ma appena mi vedo allo specchio a stento resisto dalla tentazione di gettarlo nel camino. Tutta questa storia mi dà alla nausea. Sposarsi non ha senso, non salverà noi né tantomeno la gente del Distretto.
Voglio la rivolta.

Sono tornato!
*grilli che friniscono*
Ehm.. spero che qualcuno di voi si ricordi ancora di me (e so che è solo colpa mia...), ma eccovi un nuovo fantastico (si spera) capitolo!
Questa parte del libro è SUPER-noiosa quindi ci metto tantissimo a scriverla, scusate. Spero che comunque il mio capitolo non sia così terribile e mi auguro di risentirvi con più frequenza questa volta... Punto ad arrivare al vivo dei giochi e allora sì che potremo divertirci :)
Ci sentiamo al decimo capitolo (chissà quando)
Fatemi sapere se ho perso la mano!
(mi mancate tanto ahaha <3 )

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Capitolo 10
*** Capitolo 10-11 ***


-Haymitch apri questa maledetta porta! – grido esasperato dopo l’ennesima scampanellata. Picchio la porta con entrambi i pugni, poi mi rendo conto che sto esagerando.
Faccio il giro attorno a casa del mentore e trovo, per mia fortuna una finestra aperta al primo piano. In un salto sono dentro e inizio a chiamarlo a gran voce. La bottiglia di liquore bianco stretta tra le mani.
Sembra la ricerca di un cane disubbidiente piuttosto che quella di un amico con cui discutere, ma poco importa.
Casa Abernathy non è più la stessa dopo l’intensa terapia di Hazelle che tutti ringraziamo di cuore per aver reso questo posto decente. Giro tutte le stanze e alla fine trovo Haymitch in una posa scomposta dentro la vasca da bagno. Prima di svegliarlo cerco di controllare che non si sia rotto nulla, ma sembra apposto.
-Dai tirati su dormiglione! – gli urlo in un orecchio. Il suo pugno si stringe a vuoto sul coltello che tiene sempre con sé, ma che mi sono ricordato di togliergli.
Sventolo la bottiglia davanti alla sua faccia e quando cerca di afferrarla con un gesto svogliato la tolgo all’ultimo secondo.
-Prima devi uscire da qui e farmi un favore – dichiaro.
-Da quando io scendo a patti con te?
-Da quando ho questo – rispondo indicando la bottiglia – Quindi datti una mossa.
-Doppia razione – cerca di ribattere.
-Vedremo – rispondo io, e scendo le scale.
Sotto preparo un caffè per entrambi e taglio una fetta della torta che ho preparato l’altra sera Haymitch scende dopo qualche minuto, si è dato una ripulita e sembra una persona diversa da quella che ho visto nella vasca. La mancanza di alcool lo fa stare veramente molto male. Spesso urla nel bel mezzo della notte e una volta ci è capitato di trovarlo svenuto accanto a un mobile rotto. Da quel giorno le visite, mie e di Katniss, a casa sua sono raddoppiate. Non lo lasciamo quasi mai solo.
Beviamo il caffè in silenzio. Lo costringo anche a mangiare qualcosa.
La sua ricompensa è un bicchiere pieno più di metà. Lo beve lentamente perché sa che probabilmente non ne avrà ancora. Mi fa pena vederlo ridotto così uno straccio.
-Allora? Che vuoi che faccia per te, ragazzo? – chiede quando ha finito.
-Effie mi ha mandato i vestiti – dico divagando – Volevo chiederti un parere e magari ci facciamo un giro in città.
Ovviamente non sono impazzito e Haymitch non è il mio consigliere di moda, ma ho bisogno di trovare un modo per parlarci senza sentirmi osservato.
Acconsente ad accompagnarmi fuori, qualche metro dopo il cancello del Villaggio dei Vincitori mi ferma.
-So perché sei qui, Peeta, e ti ho già detto come la penso.
-Haymitch, la gente là fuori muore di fame, non possiamo stare con le mani in mano – ribatto, faticando a non alzare la voce.
Continuiamo a camminare e a discutere bisbigliando, Haymitch è irremovibile. Quando arriviamo nella piazza dobbiamo zittirci perché regna il silenzio più totale. Dei corvi gracchiano appollaiati sulla forca da cui pende ancora il corpo dell’ultimo giustiziato. Haymitch si ferma a guardarlo per un po’.
-Lo conoscevi? – chiedo quando riprende a camminare.
-Conosco quasi tutti qui – è la sua secca risposta.
Per le strade ci sono delle persone che invocano la nostra benevolenza, strisciano ai nostri piedi per un tozzo di pane. Katniss spesso fa dei giri per la città e distribuisce il cibo in più che raccogliamo nel Villaggio dei Vincitori, ma non basta sicuramente per tutto il Distretto.
-Guardati attorno, ragazzo, credi sul serio che un gruppo di vecchi, malnutriti e ragazzini possano ribellarsi a Capitol City? Potremmo anche prendere il Distretto 12, con una buona dose di fortuna, ma in quattro e quattr’otto ci farebbero tutti fuori. Arrivano gli hovercraft e BOOM. Fine, evviva Capitol City!
Cerco di trovare delle motivazioni valide per ribattere ma purtroppo ha terribilmente ragione.
-Ci deve essere qualcosa che possiamo fare… - cerco di dire.
-L’unica cosa che potete fare è sposarvi e sperare di far felice Snow. Magari avrete salva la pelle. So che la cosa non ti va troppo a genio, ma non vorrai deludere Effie, no?
-Torniamo a casa – dico imbronciato.
Passiamo davanti alla recinzione che porta ai boschi, un fastidioso ronzio cattura la mia attenzione.
-Perbacco, questo Thread è veramente un asso, sono anni che non vedo la recinzione funzionante! – esclama Haymitch sarcastico.
Il mio primo pensiero è Katniss, sono preoccupato per lei. Accelero il passo e mi faccio strada nella neve alta. Haymitch arranca faticosamente dietro di me.
-Ehi che ti prende? Allenamento per la maratona? – dice con il fiatone.
Non rispondo e vado avanti, quando arriviamo al cancello del Villaggio dei Vincitori mi raggiunge e mi ferma.
-Allora? – chiede.
-La recinzione. Sono preoccupato per Katniss – mi guarda un po’ smarrito poi capisce.
Infatti Katniss non è a casa sua, ma preferiamo non far preoccupare sua madre. E torniamo ciascuno a casa propria concordando sul monitorare la situazione. Magari è solo andata a farsi un giro in città, ma non l’abbiamo vista e temo veramente per il peggio.
Entro nella mia casa fredda e corro subito ad accendere il camino per scaldarmi un po’. Stare con le mani in mano mi distrugge quindi, dopo qualche minuto che giro per casa controllando continuamente la finestra per vedere se c’è movimento nel Villaggio dei Vincitori, decido di preparare qualcosa.
Sfoglio il libro di ricette e scelgo un pane aromatizzato alla cannella e aneto, già semplicemente sporcarmi le mani di farina mi dà un senso di piacevole serenità.
Mentre aspetto che il pane si raffreddi vedo due pacificatori avvicinarsi a casa di Katniss. Entrano, avvolgo il pane in uno strofinaccio e afferro la cornetta per chiamare Haymitch.
-Hai visto? – chiedo appena risponde.
-Sì, pare che abbiamo visite.
-Tra qualche minuto vado, mi invento qualcosa, tu vieni dopo di me, ok? – chiedo.
-Agli ordini – risponde Haymitch ridacchiando.
Probabilmente sto prendendo questa cosa troppo sul serio, ma se c’è di mezzo Katniss…
Infilo il cappotto in tutta fretta, con il pane sotto braccio mi incammino verso casa Everdeen. Ad aprirmi è la madre di Katniss, visibilmente delusa dal trovare me e non sua figlia alla porta. Capisce da un mio cenno che dobbiamo inventarci qualcosa, ma inizio io per non metterla in difficoltà e non prolungare oltre quello che minaccia di diventare un silenzio imbarazzante.
-Ho portato il pane, come avevamo concordato – dico con un sorriso eccessivamente ampio, mentre mi scuoto la neve dalle scarpe e entro in casa.
-Oh, meraviglioso! – esclama la signora Everdeen annusando curiosa l’involto che le ho porto –Sto finendo di preparare la cena.
-Haymitch ha detto che passava a casa per farsi una doccia, poi sarebbe venuto – mi affretto a dire, come se avessimo organizzato tutto quanto parecchio tempo fa. Come improvvisazione sembra credibile. Entro in salotto e i due pacificatori mi guardano torvo.
-Oh, scusate! – dico, molto sorpreso, rivolto a loro – Non sapevo avessimo altri ospiti.
Non so che effetto abbia la mia ingenua recita con loro perché, prima che possano ribattere un forte bussare alla porta li fa sobbalzare. Indubbiamente, aspettano Katniss. Tutti la aspettiamo.
Invece, come prevedevo, è Haymitch a fare il suo ingresso. Gli sono immensamente grato perché ci sa decisamente fare meglio rispetto a me. Trovarmi faccia a faccia con quei musi lunghi dei Pacificatori aveva decisamente ridimensionato le mie aspettative che uno spettacolino avrebbe risollevato la situazione.
-Oh, zio Haymitch! – lo accoglie Prim calorosamente come non l’ho mai vista fare. Quella ragazza è sorprendentemente sveglia. Dote utile, specialmente in questa situazione.
-Sei stato veloce – commento quasi sinceramente sorpreso. Noto un po’ di sconcerto tra i due ospiti incomodi in salotto insieme a me che mi invita a sperare che riusciremo a prendere tempo e magari a salvare Katniss.
-Scommetto che manca quella girandolona di Katniss! – esclama lui in tutta risposta, quasi fosse abituale – Ma tu senti che profumino. Se quella zuccona non impara ad arrivare all’ora di cena come si deve la prossima volta non la aspettiamo.
-Tranquillo Haymitch, non è ancora pronto – lo consola la madre di Katniss. Allora il mentore fa il suo ingresso in salotto dove sfodera un’espressione di sorpresa talmente naturale da essere degna di Caesar Flickerman.
-Potevate dirmi che avevamo ospiti! Mi sarei vestito meglio – esclama porgendo una mano cordialmente ai due pacificatori che restano, alquanto stizziti, rigidi a braccia conserte – Be’ già che dobbiamo aspettare ti andrebbe una partita a scacchi, Peeta?
-Volentieri, mi dovevi ancora una rivincita se non sbaglio – accetto spostandomi davanti al caminetto dove Haymitch sta sistemando una scacchiera. Ci sono due comode sedie a dondolo uguali sulle quali prendiamo posto sistemando dietro la schiena i cuscini che la signora Everdeen aveva messo in una perfetta composizione.
Le partite diventano due, poi tre, e a un certo punto smettiamo di commentare le mosse reciproche. Prim ci guarda stanca e con evidente preoccupazione. I Pacificatori non si schiodano dal loro assetto e l’uomo lancia delle occhiate veloci all’orologio. Hanno degli ordini, entro non so quale ora potrebbe succedere un finimondo. Mi torco le mani impotente e cerco di non far notare che più passa il tempo più sono nervoso. Haymitch mi batte sempre perché è evidente che non sono concentrato sulla partita.
Un brutto pensiero mi divora la mente. “E se fosse partita senza aspettarci?” se avesse scelto di fuggire con Gale perché ormai non c’era più niente da fare? Con la neve fresca le loro orme sarebbero cancellate in fretta. Un giorno ideale per partire, specialmente dopo il blocco forzato dell’intero Distretto. So che non lascerebbe mai Prim qui, ma un dubbio insidioso mi tormenta.
A un certo punto la serratura del portone gira e tutti sobbalziamo. I due Pacificatori accorrono alla soglia della cucina per vedere se Katniss è arrivata. Faccio per alzarmi ma Haymitch mi intima di non alzarmi con un gesto silenzioso. Anche Prim rimane dov’è intuendo che non dobbiamo fare mosse affrettate e far sembrare tutto normale.
-Salve.
È Katniss, è lei. Sta bene. Sentire la sua voce atona che saluta i Pacificatori mi fa subito stare meglio.
-Eccola qui, giusto in tempo per la cena – dice la signora Everdeen con eccessivo entusiasmo. Sappiamo tutti che l’ora di cena è già passata da tempo.
-Posso aiutarvi? – chiede. Non riesco ancora a vederla, bloccata nell’ingresso.
-Il capo Thread ci ha mandati con un messaggio per lei – risponde la donna.
-Erano ore che aspettavano – aggiunge la signora Everdeen.
-Dev’essere un messaggio importante – commenta Katniss senza riuscire a trattenere la sua irriverenza.
-Possiamo chiederle dov’è stata, signorina Everdeen? – chiede invece la donna.
Fortunatamente Katniss è una bugiarda di professione e ha già la sua scenetta pronta – È più semplice chiedermi dove non sono stata – risponde sbuffando. Attraversa la cucina e arriva alla tavola apparecchiata in salotto. Noto immediatamente che zoppica anche se cerca di non farlo notare, ma il suo viso non nasconde il dolore bene quanto riesce a farlo il corpo.
-Allora, dov’è che non sei stata? – chiede Haymitch prendendola in giro.
-Be’, non sono stata dall’uomo-delle-capre per parlare di far figliare la capra di Prim, perché qualcuno mi ha dato informazioni del tutto inattendibili su dove abita – dice rivolta a Prim esasperando ogni parola.
-Non sono stata io. Io te l’ho spiegato bene – si difende la sorellina.
-Hai detto che abita accanto all’entrata ovest della miniera – rimbecca Katniss.
-L’entrata est – la corregge Prim.
-Hai detto chiaramente che era l’entrata ovest perché poi ti ho chiesto “vicino al cumulo di rifiuti?” e tu hai detto “sì” – insiste Katniss.
-Il cumulo di rifiuti è vicino all’entrata est – spiega Prim.
-No. E questo quando l’hai detto? – chiede.
-Ieri sera – risponde Haymitch, come se fosse stato presente a quella discussione inventata.
-Chiudi il becco, Haymitch – replica Katniss spazientita e attaccata su due fronti. Tutti ridiamo.
-Benissimo. Allora vorrà dire che sarà qualcun altro a far mettere incinta quella stupida capra – dice lei offesa facendo nascere altre risate.
-Cosa c’è nella borsa? – chiede la donna quando la nostra scenetta è finita. È ancora risoluta a smascherare Katniss.
-Guardi pure – dice lei con naturalezza, cosa che mi fa sperare che non contenga nulla di incriminante.
-Oh bene – dice la signora Everdeen accarezzando della tela bianca – Stiamo finendo le bende.
Anche io mi avvicino curioso e noto un sacchetto di caramelle.
-Ooh, mentine – e ne prendo una manciata facendo innervosire Katniss.
-Sono mie – brontola, capricciosa, ma io lancio il sacchetto ad Haymitch che poi lo passa a Prim –Nessuno di voi si merita caramelle! – sentenzia.
-Cosa, perché abbiamo ragione? – La prendo in braccio, ma forse non si è fatta solo una storta perché appena la muovo getta un grido di dolore che cerca di camuffare inutilmente.
-D’accordo, Prim ha detto ovest. Ho sentito chiaramente che diceva ovest. E noi siamo tutti scemi. Va bene, così? – scherzo.
-Meglio – sorride. E davanti alla sua bellezza disarmante non riesco a trattenermi da darle un bacio. E poi… fa parte della recita, no?
Poi Katniss si gira verso i Pacificatori che hanno assistito silenziosamente alla loro “sconfitta”.
-Avete un messaggio per me? – dice ingenuamente Katniss, come se si ricordasse solo ora della loro presenza.
-Da parte del capo Thread. Voleva farle sapere che d’ora in poi la recinzione intorno al Distretto 12 sarà elettrificata ventiquattr’ore al giorno.
-Non lo era già? – chiede lei sfidandoli ulteriormente. Ma non hanno nessuna prova contro di lei.
-Lui pensa che lei potesse essere interessata a trasmettere questa informazione a suo cugino – ribatte freddamente la donna.
-Grazie. Glielo dirò. Sono certa che tutti noi dormiremo sonni più tranquilli, ora che la sicurezza ha colmato quella mancanza.
La donna fa una smorfia e se ne va bruscamente. Appena la porta si chiude dietro di loro Katniss crolla sul tavolo.
-Cosa c’è? – le chiedo sostenendola.
-Oh, sono andata a sbattere col piede sinistro. Il tallone. E anche il mio osso sacro ha avuto una pessima giornata.
La accompagno ad una delle sedie a dondolo dove prima stavamo seduti io e Haymitch. La madre di Katniss toglie delicatamente gli scarponi a sua figlia mentre chiede  -Cos’è successo?
-Sono scivolata e sono caduta – mente – Sul ghiaccio – prova a insistere, ma non è il momento di fare troppe domande e abbiamo tutti paura che le nostre case siano sorvegliate costantemente.
-Potrebbe esserci una frattura – dice la signora Everdeen dopo aver tastato delicatamente col le dita. Poi passa all’altro – Questo sembra apposto. Il coccige avrà una forte contusione, meglio non farti alzare inutilmente, lo controllerò dopo.
Prim sale di sopra a prendere il pigiama di Katniss e un accappatoio. La madre prepara un impacco di neve e poi ceniamo tutti quanti. Noi stiamo a tavola in un silenzio nervoso mentre Katniss mangia avidamente l’ottimo stufato che ci viene offerto dalla madre di Katniss. Anche se adesso tutti siamo più tranquilli non è stata un’esperienza semplice e ci ha lasciato molto stanchi.
Dopo cena aiuto la signora Everdeen a sparecchiare, Prim e Katniss chiacchierano sommessamente davanti al caminetto. Mettiamo sul fuoco il bollitore per preparare la camomilla. La prima cosa di cui Katniss ha bisogno è il riposo quindi per sua madre aggiunge nella sua tazza una buona dosa del dolciastro sciroppo per dormire.
Già mentre le prepara una fasciatura gli occhi le si chiudono e mi offro di portarla in camera al piano di sopra. Insiste a provare a camminare, ma pur appoggiandosi a me fatica moltissimo, allora la prendo il braccio cercando di essere il più delicato possibile e la infilo sotto le coperte, augurandole la buona notte.
Sto per andarmene quando mi afferra la mano e la stringe forte. Mi chiedo che cosa possa ancora servirle e dopo un po’ che ci guardiamo in silenzio chiede –Non andartene ancora. Non prima che mi addormenti.
Mi siedo sul bordo del letto continuando a tenere la sua mano tra le mie –Pensavo quasi che avessi cambiato idea, oggi. Quando eri in ritardo per la cena.
Lei non risponde, probabilmente lo sciroppo sta iniziando a fare il suo effetto e presto la stanchezza avrà la meglio. Avvicina la mia mano e la preme contro la sua guancia.
-Resta con me – bisbiglia talmente piano che faccio fatica a sentirla.
Quando le si chiudono le palpebre rispondo piano per non disturbarla –Sempre – Poi scivolo via dalla sua camera e torno in casa mia.
Per tutta la settimana successiva Katniss è obbligata a stare a letto per non sforzarsi. Al piano di sotto si ammucchiano scatoloni provenienti da Capitol City con un’infinità di modelli di abiti da sposa che dovrà scegliere, prima o poi.
Io non li guardo nemmeno. Prendo l’abitudine di farle visita tutti i giorni alla stessa ora, le porto le focaccine al formaggio che sono le sue preferite. Mi dice che devo smettermela di viziarla, ma farei qualunque cosa per vederla sorridere sempre così.
Le racconto le notizie che mi arrivano dal Distretto, sembra sempre molto preoccupata che possano arrestarla, ma cerco di rassicurarla. Insieme lavoriamo ad un vecchio librone della famiglia Everdeen. Ci sono pagine e pagine di pergamena tutte minuziosamente compilate da disegni di piante e le loro rispettive applicazioni. Mi incanto a guardare quel lavoro antico e sono felice di farne parte, quasi fossi “uno di famiglia”.
Il mio compito è rappresentare con esattezza le piante che Katniss mi mostra o descrive a voce se non ha dei campioni direttamente in casa. È molto attenta e sta sempre a sottolineare l’importanza della precisione dei miei disegni. Nel complesso me la cavo bene e serve a entrambi per riposarci e staccare un po’ dalle quotidiane preoccupazioni.
Era tanto tempo che non passavo così tanto tempo vicino a Katniss e riesco effettivamente a rendermi conto di quanto ho sentito la sua mancanza. Averla accanto mi fa sentire bene, felice, sereno.
Mi piace guardarla mentre annota concentrata tutte le preziose informazioni sulle erbe che conosce. Il modo in cui tiene la lingua in un angolo della bocca quando si sforza di pensare. Mentre lavora potrei fissarla per ore senza che se ne accorga e a volte mi sorprendo a farlo.
-Sai, credo che questa sia la prima volta che facciamo qualcosa di normale insieme – le dico un pomeriggio assolato.
-Già – concorda imbarazzata – Qualcosa di carino, per cambiare.
Ogni giorno dopo il nostro “lavoro” la porto giù di sotto in braccio per farle cambiare aria. Si mette in salotto e guarda la televisione, facendo innervosire sua madre e Prim che probabilmente non vedono altro che gli Hunger Games. Non capisco perché Katniss si ostini a farlo anche se dà fastidio ai suoi familiari ma evito di chiederglielo perché sembra sempre molto assorta nei suoi pensieri.
Il tempo passa lentamente, senza ulteriori visite inaspettate da parte dei Pacificatori. Nel Distretto si inizia a respirare un clima più vivibile, tutti sembrano essersi adattati alle nuove dure regole e le esecuzioni pubbliche diventano via via meno frequenti. Forse anche quest’incubo è passato, ma adesso c’è quello del mio matrimonio.

Allora, è vero che ci ho messo " un po' " però mi auguro che questo doppio capitolo sia di vostro gradimento, almeno mi faccio perdonare pubblicando un capitolo più lungo e decisamente più ricco di avvenimenti rispetto allo scorso.
Alla fine ho scelto di unire il capitolo 10 e l'11 perchè non sapevo come spezzarli visto che, come al solito, Peeta resta fuori dall'azione per la maggior parte del tempo e bisogna inventarsi qualcosa.
Siamo nella seconda parte del libro! (FINALMENTE)
Attenzione tributi, l'edizione della memoria si avvicina :D

P.s. Presto arriverà anche l'estate e mi sono promesso che mi dedicherò molto di più a scrivere (e andare al mare ovviamente:3) quindi mi auguro di ripristinare un ritmo di pubblicazione almeno decente...

-samubura

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 12 ***


Ci vogliono le prime giornate di primavera perché Katniss si rimetta abbastanza da poter iniziare a camminare da sola. Nel frattempo continuiamo la nostra opera e scendo raramente al Distretto. È diventato un luogo ancora più desolato di prima, la gente continua a essere punita e ora che il commercio di contrabbando non è più un rischio che si può correre, la gente muore di fame più di prima.
La voce della sua guarigione probabilmente si sparge rapidamente perché pochi giorni dopo l’inizio della fisioterapia il suo team di preparatori piomba nel Villaggio dei Vincitori. Con me sono clementi, ma per lei devono fare un servizio fotografico in tutta fretta perché dovrà essere mandato in televisione e diffuso per tutta la nazione.
Provo a fare un salto a casa sua ma mi apre la porta una Effie particolarmente emozionata che esclama –Oh no, Peeta caro, lo sposo non può vedere la sposa con il vestito prima del matrimonio!
Non faccio replicare che sarò comunque costretto a vederla in televisione che mi ha già chiuso la porta in faccia senza troppe cerimonie.
Torno a casa annoiato. Non ho voglia di fare nulla. Mi prendo volentieri un giorno di pausa dal mondo. Leggo un libro davanti al camino, preparo una torta da portare domani a mia madre che è troppo tempo che non vado a trovare, dipingo per un po’, ma non riesco a trovare l’ispirazione. Mi sento estremamente svogliato e stanco.
Alla fine vado a dormire presto senza neanche passare a salutare Effie e gli altri, ma non mi importa più di tanto, ma l’agognato riposo che cerco fatica ad arrivare.
Sto sdraiato sul letto per non so quanto tempo a fissare il soffitto e pensare. Questa storia del matrimonio si fa sempre più vicina e non mi sento pronto, anche se è solo una farsa per me è qualcosa di importante. E poi, se non dovesse bastare a convincere tutta Panem che il nostro amore è talmente grande da averci fatto impazzire in quell’arena, come faremo? Come salveremo le nostre famiglie?
Salvare poi è una parola grossa.
I dubbi mi attanagliano finché la stanchezza non ha la meglio su ogni preoccupazione. Il mattino seguente mi sveglio molto presto, dato che non sono abituato a dormire molto l’essere andato a dormire quasi subito dopo cena ieri sera mi ha giocato un brutto scherzo. Ma non è un problema perché tanto al forno saranno tutti già svegli.
Scelgo quindi di coprirmi bene, visto che ancora il timido sole primaverile non è sorto, ed esco camminando rapidamente per le stradine deserte. Uscire di notte nel Distretto 12 non mi è mai piaciuto, quindi cerco di fare il più in fretta che posso.
Busso alla porta sul retro della mia vecchia casa, passando dal cortile dove ancora ci sono i nostri maiali e quel piccolo melo che cresce per miracolo. Frequento questo posto molto poco e ogni volta mi assalgono i ricordi della mia vita prima degli Hunger Games. Era meglio, una volta. Non avevo molto di cui preoccuparmi a parte bruciare il pane e cercare di attirare l’attenzione di Katniss.
Adesso di attenzione ne ho attirata persino troppa per i miei gusti. E ho molte più preoccupazioni.
Mi apre mio fratello maggiore, con la faccia ancora stanca e agitata. Probabilmente avrà avuto paura che fossi un Pacificatore dato che appena mi vede si rasserena.
Mi abbraccia con vigore e calorosamente, noncurante della farina sulle sue mani che mi impiastriccia il cappotto, ma non è assolutamente un problema. Avvisa gli altri del mio arrivo e tutti si prendono una pausa dal loro lavoro per venirmi a salutare. Noto che soltanto uno dei forni è acceso.
-Va molto male? – chiedo a mio padre quando gli altri si sono allontanati.
-Sempre peggio – risponde sommessamente per non farsi sentire mentre ammette l’evidenza della situazione - Nel Distretto 12 nessuno mangia più pane perché nessuno può più permetterselo. E il prezzo non può scendere più di così.
Ripenso ai lussuosi banchetti di Capitol City e mi si stringono i pugni dalla rabbia. Non è un problema economico, noi stiamo già bene in famiglia anche senza i guadagni del forno, ma la gente fuori di qui muore di fame ogni giorno ed è un disastro.
Starmene con le mani in mano nel Villaggio dei Vincitori è massacrante, vorrei aiutare questa gente e non ho idea di come potrei farlo. Mi sento impotente e inutile. Gli Hunger Games mi hanno dato grandi potenzialità, ma non so come sfruttarle. Haymitch sembra aver rinunciato a una rivolta da sempre e questa volta non potrò contare sui suoi insegnamenti.
Sto in panetteria tutta la mattinata, cerco di portare un po’ di allegria in famiglia, mangiamo insieme, poi la televisione si accende all’improvviso facendoci sobbalzare.
Caesar appare sorridente e annuncia saltellando un programma obbligatorio per tutta Panem. Non ho dubbi su cosa possa essere: è arrivato il momento di mostrare la sposina alla nazione.
Sono preoccupato per quel momento. Dopo pranzo torno in casa camminando lentamente per le strade deserte e abbandonate del Distretto. Tutto attorno a me è desolazione.
Torno a casa arrabbiato. Dormo un’oretta, ma quando mi sveglio sono ancora più stanco di prima. Alle sette e mezza la televisione si accende e inizia la trasmissione in diretta da Capitol City. Caesar è su un palco davanti al Centro di Addestramento e saluta una folla immensa che è seduta a godersi lo spettacolo.
Inizia parlando con gli spettatori delle imminenti nozze, discorsi che mi fanno venire il voltastomaco: dell’impegno “serio ed eterno che questi ragazzi hanno scelto di vivere insieme”.
Poi presenta Cinna che viene osannato dalla folla. È diventato una celebrità grazie a Katniss e alle sue immense doti di stilista. Tutti coloro che possono permetterselo vestono i suoi modelli a Capitol City, la ragazza in fiamme gli sta facendo fare grandi affari.
Inizialmente i modelli disegnati per Katniss erano venti, poi tramite un sistema di votazioni i telespettatori ne hanno selezionati con i relativi accessori: i sei che Katniss ha dovuto provare ieri.
Quando Caesar annuncia l’imminente arrivo della prima fotografia tutti sembrano prepararsi. Anche io cerco di prepararmi a quello che potrebbe significare per me vederla con l’abito bianco: la mia futura sposa.
La prima foto viene accolta da un boato: è mozzafiato.  Seguono le altre in rapida successione, qualcuno applaude il suo modello preferito e fischia gli altri, ma per me, che di moda me ne intendo ben poco, sono tutti bellissimi. Cinna li ha pensati appositamente per lei e la sua mente geniale ha partorito degli abiti tutti diversi e tutti unici nel loro genere. Katniss è radiosa, anche il suo team si dev’essere dato un gran da fare: in ogni foto ha un’acconciatura e un trucco diverso, adesso capisco perché l’hanno tenuta segregata in casa tutto il giorno.
Proprio quando tutto sembra finito Caesar dà un’ultima importante rivelazione inaspettata -Quest’anno ci sarà il settantacinquesimo anniversario degli Hunger Games e cioè significa che è arrivato il momento della terza Edizione della Memoria!
Tutti da tempo ci chiediamo che cosa potrebbero essersi inventati quei pazzi che hanno ideato gli Hunger Games tre quarti di secolo fa. Proprio oggi mia madre aveva accennato qualcosa relativamente ad una busta nel quale era scritto “l’elemento speciale” di ogni Edizioni della Memoria e la relativa spiegazione.
L’inno di Panem risuona forte e chiudendo gli occhi vedo i tributi caduti che brillano nel cielo notturno dell’arena, dal primo all’ultimo.
Il presidente Snow sale sul palco, tiene un discorso sui Giorni Bui della ribellione, ma non accenna minimamente a nessun disordine recente nei distretti.
-Nel venticinquesimo anniversario, affinché i ribelli ricordassero che i loro figli morivano perché loro avevano dato inizio alle violenze, a ogni distretto fu imposto di  svolgere un’elezione e votare per i tributi che l’avrebbero rappresentato.
Non avevo notizie di questa edizione, troppo indietro negli anni perché nessuno di mia conoscenza potesse ricordarla. Immagino a quanto potesse essere straziante dover essere responsabili della elezione dei tributi. È già abbastanza doloroso quando è la sorte a scegliere.
-Nel cinquantesimo anniversario – quello in cui Haymitch vinse – a ricordo del fatto che morirono due ribelli per ogni abitante di Capitol City, a ciascun distretto fu richiesto di mandare il doppio dei tributi.
Quarantotto tributi, pochissime possibilità di vittoria: Haymitch non ci ha mai parlato dei suoi giochi. A vederlo adesso non sembra un ragazzo che è sopravvissuto ad altri quarantasette, ma c’è riuscito in qualche modo.
-E ora onoriamo la nostra terza Edizione della Memoria – continua il presidente.
La mia prima edizione come mentore penso inghiottendo faticosamente la poca saliva che mi è rimasta in bocca. Mi accorgo che sono in piedi davanti alla televisione e mi è come impossibile muovermi.
La prima edizione di non so quante. Quanti ragazzi dovrò vedermi morire tra le mani senza poterli salvare?
Un ragazzino vestito di bianco porge una scatola piena di buste precisamente ordinate, Snow prende la busta con impresso un grande 75.
C’è un silenzio teso mentre apre la busta, immagino la trepidante attesa degli spettatori. Chissà quale divertimento speciale la capitale ha ideato per loro.
-Nel settantacinquesimo anniversario, affinché i ribelli ricordino che anche il più forte tra loro non può prevalere sulla potenza di Capitol City, i tributi maschi e femmina saranno scelti tra i vincitori ancora in vita.
Fatico a digerire la notizia, è formulata in modo così chiaro e semplice che all’inizio non ne capisco il significato ovvio.
Il distretto 12 ha tre vincitori: due maschi e una sola femmina.
Questo significa che ovviamente Katniss tornerà nell’arena, e io dovrò essere con lei.



Un capitolo non molto lungo, ma denso di avvenimenti fondamentali per lo sviluppo del libro!
Siamo alla svolta, tributi: adesso iniziamo a divertirci :)

Mi scuso ancora e ancora per la straziante attesa, ma per me le vacanze iniziano ufficialmente da oggi e nella mia città hanno annunciato una settimana di pioggia, il che significa tanto tempo libero davanti al computer ;)
Ci sentiamo presto, intanto fatemi sapere che ne pensate!

-samubura

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 13 ***


Non c’è tempo per lasciarmi prendere dal panico che riesco a contenere mantenendo la determinazione. Apro la porta e con freddezza mi dirigo a passo inizialmente lento verso casa di Haymitch.
Mi ritrovo in un qualche modo a correre per il vialetto, per quanto la gamba meccanica me lo permetta. Anche questo sarà un bel problema nell’arena.
Nell’arena. Di nuovo, con ventitré vincitori. Conosco alcuni di loro fortunatamente solo di nome, ma loro sono un gruppo unito, accomunato dalla stessa esperienza e si conoscono da anni.
In ogni caso non posso permettere che Haymitch torni nell’arena. Si è già dimostrato abile a salvare Katniss fuori dall’arena: dentro, con lei, servo io.
E lei serve a Panem, serve ai distretti. La ghiandaia imitatrice, la ragazza in fiamme. Lei porterà la nazione alla rivolta, lei è il simbolo: l’unico mezzo.
Busso urlando alla porta del mio mentore.
-Ehi ehi ehi che diavolo! – mi rimprovera aprendo – Volevi buttarla giù?!
-Dobbiamo parlare – esordisco serio, ma anche sul viso scavato di Haymitch noto una profonda preoccupazione.
-Avanti, accomodati – dice, ma senza il tono sarcastico che lo caratterizza. La notizia ha turbato molto anche lui, ma si aspettava una mia visita. Per un momento mi chiedo se sia io troppo prevedibile nelle mie mosse o Haymitch che mi conosce ormai troppo bene, ma adesso non ha importanza.
Mi indica una poltrona vicino a quella in cui sprofonda lui. Prende in mano una bottiglia di liquore che aveva lasciato sul pavimento, ma vedendo che lo sto fulminando con lo sguardo la rimette apposto.
-Su, avanti – mi esorta spazientito –Che vuoi?
-Voglio che tu mi lasci entrare nell’arena con Katniss – alza un sopracciglio per fingersi sorpreso.
-Affare fatto – sorride bonariamente – Mi sembra abbastanza semplice.
-E voglio che tu le impedisca di convincerti a fare il contrario. Me lo devi Haymitch.
-Io non devo un bel niente a nessuno, ragazzo – dice sicuro di sé, ma so che dietro alla faccia di pietra di Haymitch si cela un lato “dolce” se definibile tale, e potrebbe lasciarsi intenerire da Katniss.
-Invece sì: la scorsa edizione, hai scelto di salvare Katniss. Quindi, dato che hai fatto un favore a lei, adesso devi un favore a me.
-E il favore sarebbe mandarti a morire mentre io vi guardo in televisione: perfetto! – butta giù una sorsata di liquore e scoppia a ridere.
-No, lasci che sia io ad andare nell’arena e cerchi di salvare Katniss come hai fatto l’anno scorso. So che puoi farlo, ci sei più utile come mentore che come cadavere. E poi non voglio che tu vada a lottare contro gli altri vincitori: li conosci tutti, sono tuoi… - esito quel che basta per farlo ridere di nuovo.
-Amici? Questo è quello che intendevi? Quando il cannone suonerà inizieranno ad ammazzarsi proprio come hanno fatto nei loro Hunger Games, amici o no: tutti vogliono vincere.
Abbasso lo sguardo pensieroso, fisso il fuoco che si sta spegnendo nel suo camino senza riuscire  a dire  niente. Quindi riprende in tono canzonatorio –Ah, no. Il nostro giovane innamorato non vuole vincere! Non vuole portarsi a casa la pellaccia come tutti gli altri. No… lui è diverso, non è vero?
-Adesso basta! – gli urlo contro battendo un pugno su un tavolino facendolo rovesciare.
-Ok, ok. Non serve a nulla fare tanto baccano – dice cercando di farmi calmare.
-Sappiamo tutti e due perché Katniss deve uscire viva da quell’arena – sibilo. Mi guarda negli occhi e sa che ho capito. Ho capito che è lei ciò che sta dando speranza ai Distretti, nonostante Haymitch stesse cercando di nasconderlo e di dissuaderci dai nostri intenti, anche lui sapeva dall’inizio che è merito di Katniss che sono iniziate le rivolte. Merito suo se la gente lotta per un futuro che può ancora essere migliore.
-Sì lo sappiamo – conferma – Sei sveglio, l’ho sempre saputo. Mi dispiace che tu ti voglia buttare via così.
-Haymitch, promettimi che farai quello che ti ho chiesto. Promettimi che qualunque cosa verrà a chiederti Katniss tu non la farai.
La sua risposta è un mugugno poco convincente.
-E va bene! Prometto – esclama esasperato dal mio sguardo inquisitorio –Che cosa ti fa credere che verrà a chiedermi qualcosa?
-In realtà niente. Non mi aspetto che lo faccia, ma devo essere sicuro.
-Capisco… - dice annuendo con aria seria, poi si riattacca alla bottiglia e butta giù altre rumorose sorsate –Se vuoi, puoi restare qui a bere, altrimenti non posso più aiutarti in nessun modo.
-No grazie, me ne torno a casa – mi alzo di scatto e levo le tende il più in fretta possibile.
Questo sarebbe un buon momento per cercare Katniss e parlarle, ma non potrei reggere un confronto con lei adesso e non credo che riuscirei a trovarla, o per lo meno lei potrebbe essere in condizioni tremende.
Per lei è diverso: lei è sola, ha la certezza di tornare nell’arena e non se lo merita davvero. Per questo voglio essere con lei, perché abbia almeno qualcuno con cui dividere il dolore.
E poi non dovrà essere mica lei ad uccidermi, nella migliore delle ipotesi in cui arriviamo entrambi fino alla fine troverò il modo di eliminarmi. Non ci lascerebbero sopravvivere ancora una volta, sarebbe l’ennesimo segno di debolezza della Capitale e Snow non può permetterselo.
Torno in casa mia e serro la porta dietro di me. Non voglio visite e non ne avrò. Forse i miei familiari hanno visto l’annuncio e hanno capito certamente che significa, ma spero che non si prendano la briga di arrivare fino al Villaggio dei Vincitori per “confortarmi” non voglio conforto, voglio mettere su un piano e dovrà funzionare.
Mi metto subito all’opera, afferro la cornetta del telefono e cerco il foglio dove ho segnato i pochi numeri che posso chiamare.
-Pronto? – chiede una voce esuberante dall’altro capo del filo.
-Pronto Effie, sono Peeta – dico in tono calmo.
-OMMIODDIO Peeta! – strilla – Come ti senti, caro? Hai avuto la notizia? Non sai quanto sono addolorata per te, per Katniss! Cari, cari ragazzi… e il vostro imminente matrimonio!– continua senza darmi tempo di rispondere a nessuna delle domande – Sappi che se hai bisogno di qualcosa, qualunque cosa io sarò qua per aiutarvi. Saremo una squadra, non preoccupatevi.
-Chiamavo proprio per chiederti un favore, Effie.
-Dimmi pure, caro. Farò tutto il possibile.
-Mi servirebbero le registrazioni degli Hunger Games dei vecchi Vincitori. Credo che il filmato riassuntivo che mandano il giorno della cerimonia di chiusura possa fare il caso nostro – le spiego.
-Oh ma certo, inizio a prepararle già da ora. Ti richiamo quando le spedisco.. ci vorrà un po’, sai per via del trasporto, ma mi sbrigherò. Oh, caro, sicuro di star bene?
-Sì certo. Affronteremo anche questa cosa insieme, Effie. Siamo una squadra – dico sorridendo perché anche se non posso vedere Effie me la immagino come se fosse qua davanti a me, saltellante e agitata. Mi fa piacere che si preoccupi tanto per noi. Cara, ingenua, Effie.
-Insieme, Peeta. Ora scusami ma devo proprio andare. Ci risentiremo presto!
-Certo Effie, grazie.
Riattacco. E ora che ho ben chiaro quello che voglio fare e non posso più sopprimere le mie emozioni tenendomi occupato crollo improvvisamente a piangere.
Sono lacrime di sfogo, di tutto quello che mi sono tenuto dentro per farmi forte davanti agli altri mentre morivo dentro. L’Edizione della Memoria significa solamente una cosa: morte. Degli altri tributi e molto probabilmente mia.
Il patto era che se vincevi gli Hunger Games saresti stato salvo per sempre, fino ad ora. Sembra tutto troppo coerente con il disegno del presidente di eliminare me e Katniss per credere che fosse previsto sin dalla fine dei Giorni Bui: la sceneggiata del Tour della Vittoria non è servita a nulla, il matrimonio salterà e Snow non aspetterà altro che vederci morire per mano di esperti assassini comodamente seduto nel salotto di casa sua.
Mi trascino fino in camera, al piano di sopra e mi accascio sul letto continuando a singhiozzare.
Ero così spavaldo prima, nel mio determinato tentativo di convincere Haymitch di mandarmi al macello come guardia personale di Katniss, ma ora ho paura. Non so se riuscirò a farcela, potrebbero farmi fuori prima ancora che io riesca ad impugnare un arma.
Se l’anno scorso mi sono salvato è stato per merito di Katniss e degli sponsor, della nostra commedia romantica, non ho ucciso nessuno degli altri tributi che erano alle prime armi come me. Ora dovrei vedermela con persone più grandi che hanno già lottato con la morte e vinto con le proprie forze.
Il sonno non arriva  a cullarmi via dai miei problemi. Cerco di ricordarmi se da qualche parte ho dello sciroppo per dormire ma non mi viene in mente nulla.
Quando riesco a chiudere occhio è un sonno agitato che dura poco, incubi che riportano alla memoria le immagini dei miei Hunger Games mi impediscono di riposare davvero.
Mi alzo dal letto solo quando non credo di poter sopportare di restarci ancora visto che non c’è nessuno a dirmi cosa devo fare. È mattino inoltrato e cerco di farmi venire fame costringendomi a mangiare. Ho lo stomaco chiuso dall’ansia e fatico a buttare giù ogni boccone.
Manca ancora tanto tempo agli Hunger Games e devo solo superare questa prima fase di shock.
Scelgo di uscire, andare in città anche questa mattina cercando di passare inosservato per quel che posso. Ho solo bisogno di prendere un po’ d’aria e vedere gente: qua nella mia immensa casa vuota sto decisamente soffocando.
So che devo andare a trovare la mia famiglia, ma ho paura di non essere abbastanza forte davanti a loro. Mi avevano già dato per morto una volta, adesso che sono tornato per miracolo perdermi di nuovo sarà sicuramente un trauma. Devo essere forte, ancora una volta.
Quando entro dal retro della panetteria mia madre corre a vedere chi è e mi abbraccia forte in silenzio. Cerco di avere una stretta rassicurante, come per farle capire che va tutto bene, ma mi sento poco convincente.
Sulla soglia che divide il piccolo ingresso dalla stanza dei forni appaiono mio padre e i miei fratelli. Hanno tutti degli sguardi troppo tristi perché io riesca a far finta di nulla. Quando apro la bocca per cercare di dire qualcosa sento che mi mancano le parole, mi manca il fiato e sto per piangere ancora. Respiro profondamente ed è mio padre a recuperare la situazione invitandomi a preparare qualcosa tutti insieme.
È tanto tempo che non cucino con loro, mi sono abituato a lavorare da solo e mi rendo conto che mi mancano queste piacevoli scene di quotidianità.
Mi mancheranno, chissà se potrò riviverle.
Alla fine sforniamo una torta e ce la mangiamo davanti a una tazza di tè. Siamo sporchi di farina dalla testa ai piedi, ma per un momento siamo felici. Siamo la famiglia Mellark e siamo insieme.
Vedo che si è fatta una cert’ora e a malincuore dico che devo andare. Mi salutano, mi abbracciano e mi invitano a tornare più spesso: so già che lo farò. Ho iniziato a trascurarli dal mio ritorno al Distretto 12, forse perché mi sentivo più adulto, con una casa tutta mia eccetera. Adesso io ho bisogno di loro e loro hanno bisogno di me.
Mi sono congedato perché mi sono dato un compito da svolgere: trovare Ripper, la venditrice di alcool e ordinarle di non venderne neanche una goccia né a Haymitch nè a Katniss, forse neanche a me, in caso fossi disperato.
Chiedo a qualcuno di cui posso fidarmi dove posso trovarla e mi indicano casa sua. Busso alla porta e lei mi apre lasciando appena uno spiraglio. Mi guarda spaventata, poi mi riconosce. Non sono un cliente abituale, ma ogni tanto mi ha visto in giro, specie quando compravo liquore per Haymitch.
-Che vuoi? – chiede arcigna aprendo la porta solo qualche centimetro di più.
Tiro fuori dalla tasca dei soldi e spiego –Solo parlare.
-Avanti ragazzo, che ti serve? – dice impaziente dopo avermi fatto entrare e aver richiuso la porta dietro di sé.
-Voglio che tu non venda alcool a Haymitch e neanche a Katniss. Se scopro che l’hai fatto ti denuncio. È una cosa molto semplice, no?
-Non so quali sono i tuoi motivi, ma va bene. Perdere un cliente come Haymitch sarà difficile – commenta sghignazzando e mostrando i denti storti.
-Credo che questo basti come incentivo – dico io freddo porgendole i soldi. Poi mi volto ed esco ringraziandola del favore.
Prossima tappa: casa di Haymitch.
Non ho bisogno di andare di fretta perché immagino che lui sia ancora ubriaco da ieri sera. La notizia del suo possibile ritorno nell’arena – o comunque del nostro – lo ha ferito molto, ha riaperto una ferita vecchia venticinque anni.
So che togliere l’alcool a Haymitch è una punizione terribile, specialmente in questa situazione, ma ho bisogno di lui più che mai e mi serve sobrio e al massimo delle sue potenzialità, almeno per un po’.
Ho paura di come potrebbe reagire, ma posso solo provare. Spero solo che tenendolo occupato riuscirò a distrarlo abbastanza e che non succeda di nuovo come quando Ripper aveva chiuso.
La porta è aperta, non vedo Haymitch e mi muovo silenziosamente per non svegliarlo in caso dormisse da qualche parte in casa. Controllo rapidamente il piano di sotto e non lo trovo quindi inizio a ripulirlo da tutte le bottiglie.
Le infilo in uno scatolone cercando di non farle sbatacchiare troppo. Rovisto in giro, sotto i cuscini del divano, nei cassetti di ogni mobile, piano piano scovo parti della scorta di Haymitch.
Le svuoto ad una ad una nel lavello quando sono abbastanza sicuro di averle trovate tutte. Ci vuole un po’ e l’odore pungente dell’alcool versato si sparge ovunque.
Faccio un primo giro al bidone dei rifiuti gettando tutte le bottiglie di vetro ormai vuote. Non riesco ad evitare di fare un baccano tremendo, ma forse Haymitch è ancora troppo ubriaco per accorgersene.
Salgo le scale con circospezione, potrebbe saltare fuori da ogni angolo e bisogna stare molto attenti con i risvegli di Haymitch se non si vuole finire con una coltellata tra le costole.
Lo trovo in bagno, a faccia in giù su un tappeto sudicio, l’odore di vomito viene dalla vasca da bagno che rivela il suo contenuto giallastro e puzzolente appena scosto la tenda. Pulirò dopo, quando si sveglia.
Nel frattempo continuo il mio giro per le varie stanze e riempio quasi metà scatolone prima di sentire dei gemiti dal bagno. Appoggio tutto senza fare rumore e vado ad aiutare il mio mentore.
-Giorno Haymitch! – dico cordialmente mentre lo aiuto a rialzarsi. Non è ancora in grado di parlare, mi guarda con aria interrogativa e accenna qualche passo verso la porta.
Lo accompagno giù dalle scale fino in cucina dove lo piazzo seduto su una sedia fino a che non sarà in grado di muoversi da solo.
-Torno a sistemare un po’ di sopra, ok? – ci metto un attimo.
Mi guarda torvo, ma non gli lascio il tempo di formulare una risposta.
Salgo di nuovo al piano superiore e apro l’acqua nella vasca per mandare via i residui della sbornia di Haymitch, il rumore mi aiuterà a coprire quello delle bottiglie che si svuotano. Finisco di raccoglierle in giro e quando, ancora una volta, sono abbastanza sicuro di averle trovate tutte le inizio a svuotare.
Di sotto la porta si apre e si chiude, suppongo sia Hazelle che viene a fare il suo giro di pulizie.
Spero sia Hazelle perché non sarei in grado di affrontare Katniss adesso. Non ho pensato a cosa dirle, a come comportarmi con lei.
So che se le dico in modo troppo diretto le mie intenzioni farebbe di tutto per impedirmelo, lei è fatta così, vuole sempre proteggere gli altri piuttosto che se stessa: credo che non si renda conto di quanto sia importante adesso, forse non vuole esserlo.
Continuo nel mio lavoro e non sento se di sotto stanno parlando. Cerco di sbrigarmi e quando ho finito scendo con lo scatolone e vado in salotto dove trovo Haymitch e, per mia sfortuna, Katniss che stano bevendo silenziosamente una tazza di brodo.
Appoggio tutto sul tavolo facendo volontariamente rumore per attirare l’attenzione. Katniss mi guarda confusa, ha una bruttissima cera e immagino che abbia fatto un salto da Haymitch ieri sera, solo che lei non regge abbastanza bene il forte liquore.
-Ecco fatto – esordisco per rompere il silenzio e suscitare la loro curiosità.
-Ecco fatto cosa? – chiede Katniss, notando che Haymitch non è molto in vena di parlare.
-Ho versato tutto il liquore giù per lo scarico – spiego con un sorrisetto.
Questo fa svegliare Haymitch che si china preoccupato sullo scatolone – Tu cosa?
-Ho buttato tutto – dico sicuro di me.
-Ne comprerà ancora – dice Katniss, ma ho già pensato anche a questa possibilità.
-No, non lo farà. Stamattina ho rintracciato Ripper e le ho detto che la denuncio se venderà qualcosa a uno di voi due. Per sicurezza l’ho anche pagata, ma non credo sia ansiosa di farsi arrestare di nuovo dai Pacificatori.
Haymitch allunga il braccio con il coltello verso di me in un attacco patetico che schivo senza dovermi preoccupare. È distrutto.
-Quello che fa lui non ti riguarda! – grida Katniss in sua difesa.
-Mi riguarda eccome – ribatto io – Comunque vada a finire, due di noi saranno di nuovo nell’arena con l’altro come mentore. Non possiamo permetterci di avere ubriaconi in questa squadra. Soprattutto non tu, Katniss.
-Cosa? – farfuglia indignata, arrossendo di vergogna –Ieri è stata l’unica volta in cui mi sono ubriacata – cerca di giustificarsi.
-Già, e guarda quanto sei in forma – commento acido. Non è il modo migliore di trattarla, ma devo essere risoluto e farle entrare in testa quanto questa cosa sia importante.
-Non preoccuparti, ti troverò altro liquore - dice lei rivolta ad Haymitch che non ha più aperto bocca e fissa lo scatolone con aria persa.
-E io vi denuncio tutt’e due. Così smaltirai la sbronza alla gogna – dico duro.
-Insomma qual è il punto? – sbotta Haymitch per tagliare corto.
-Il punto è che due di noi torneranno a casa da Capitol City. Un mentore e un vincitore. Effie mi sta mandando le registrazioni di tutti i vincitori ancora vivi. Dobbiamo guardare i loro giochi e imparare tutto il possibile sul modo in cui combattono. Dobbiamo mettere su peso e irrobustirci. Dobbiamo cominciare a comportarci come Favoriti. E uno di noi sarà di nuovo vincitore, che a voi piaccia o no! – esclamo. Sento la rabbia che mi sale dentro e decido di andarmene sbattendo la porta dietro di me. Corro a casa.
Dopo un paio di giorni arrivano le registrazioni che avevo chiesto ad Effie, Haymitch e Katniss acconsentono ad iniziare gli allenamenti e la preparazione generale: tutte le mattine ci svegliamo presto e facciamo esercizio per irrobustirci ed essere più rapidi, Io e Katniss riusciamo bene, ma Haymitch si stanca quasi subito, il suo fisico è distrutto da anni di sregolatezze ed è un bene che non dovrà tornare nell’arena altrimenti non ce l’avrebbe fatta di sicuro.
Il pomeriggio ci addestriamo con alcune semplice tecniche di combattimento, io insegno loro quello che so sulla lotta, Katniss ci spiega come lanciare coltelli, ci fa addestrare anche con l’arco e arrampicare sugli alberi.
La sera guardiamo insieme le videocassette dei vecchi Hunger Games, cerco di prendere appunti altrimenti non ricorderò mai tutte le caratteristiche dei vari tributi. Haymitch ci aggiorna con alcuni dati della loro vita odierna e sul loro modo di comportarsi. Molti ormai sono persone anziane, altri dopo i loro Hunger Games hanno passato la loro vita a bere o drogarsi per superare il dolore.
Tutti ci danno una mano. La madre di Katniss ci prepara una dieta per mettere su peso, Prim si occupa dei crampi, Madge ci fornisce in segreto i giornali di Capitol City che arrivano a suo padre: le previsioni di chi potrebbe essere il vincitore dell’Edizione della Memoria annovera noi tra i primi posti.
Gale, quando non è al lavoro in miniera, ci insegna tutto quello che sa sulle trappole. All’inizio ero nervoso a dover passare tanto tempo con lui e Katniss, ma la situazione si era rivelata meno pesante di quanto pensassi. D’ altronde sta cercando di aiutarci e ci serve tutto l’aiuto possibile.
A che serve adesso essere gelosi? Finirò nell’arena con Katniss, ma non ne uscirò vivo. Lei tornerà a casa e potrà costruire la sua vita con lui. La gelosia è un sentimento del tutto inutile ormai.
Nel tempo libero faccio visita ai miei familiari, ogni volta vorrei provare a dir loro quello che penso, quello che ho intenzione di fare, ma trattengo tutto per l’ora di saluti che avremo singolarmente dopo la mietitura. Sarà il mio ultimo addio per ciascuno di loro.
Le mie nottate sono tremende, fortunatamente il fatto di allenarmi tutto il giorno fa sì che la stanchezza vinca sull’ansia, ma ho incubi sempre più frequenti e molto spesso non riesco a chiudere occhio perché mi sento schiacciare dalla tristezza. Sto scegliendo volontariamente di sacrificarmi ed è una cosa difficile da far buttare giù al mio senso di sopravvivenza.
Ma così ho scelto e così sarà.
Il giorno della mietitura fa un caldo pazzesco. Una squadra di Pacificatori ci scorta fino alla piazza davanti al Palazzo di Giustizia. Ci sono solo poche persone ad assistere, schierate in un rettangolo delimitato da corde. Sui tetti dei palazzi ci sono dei cecchini pronti a fare fuoco. Il sole fa brillare le loro uniformi candide.
Prima le signore, come sempre. Effie cerca di ritardare il momento più che può, poi estrae l’unico foglio all’interno della boccia, con il nome di Katniss scritto sopra.
Poi tocca a me ed Haymitch. Gli lancio uno sguardo di intesa, ma ho comunque paura. Non so se posso fidarmi: potrebbe sempre farsi volontario se venisse estratto il mio nome. Ho un cinquanta per cento di possibilità. E la fortuna è a mio favore, Effie legge il suo nome e immediatamente mi offro come volontario, vedo che le scende una lacrima di commozione.
Tengo lo sguardo fisso al pavimento per non essere costretto a vedere la mia famiglia tra la folla. Ci scortano dentro il Palazzo di Giustizia, ma, invece di condurci nelle stanze per i saluti, veniamo accolti dal capitano Thread che sorridendo dice –Nuova procedura – ed è subito chiaro ad entrambi che non avremo il tempo di salutare nessuno.
Ci caricano su un’auto diretta alla stazione e poi subito sul treno, niente telecamere, niente giornalisti. Lo sportello si chiude bruscamente dietro di noi e ho un déjà vu entrando di nuovo nei vagoni.
Io e Katniss non ci siamo detti una parola, lei è rimasta inchiodata al finestrino a guardare il Distretto 12 che scompare velocemente.
“Addio” penso, mentre il treno continua a prendere velocità.
Non rivedrò più la mia casa.
 
 
 
Ehilà!
Ho messo il turbo ed eccomi qua con un nuovo capitolo :)
Finalmente posso lasciarvi con qualcosa di abbastanza lungo e "importante" ma in fondo non è che un lento avvicinarsi al vivo del libro... ci arriveremo presto!
Lasciate una recensione se vi va, a me fa sempre piacere

p.s. Secondo voi c'è un orario migliore per aggiornare? Perché ho sempre molti dubbi su quando farlo, se mi date un consiglio, mi fate un piacere

-samubura-

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Capitolo 13
*** Capitolo 14 ***


Passa un po’ di tempo e l’unica cosa che si vede adesso sono i boschi. Katniss rimane imbambolata a fissarli per molto tempo. Mi avvicino e cerco di confortarla.
-Scriveremo delle lettere, Katniss. Per lasciare loro una parte di noi cui aggrapparsi. Haymitch gliele consegnerà per noi, se… se ci sarà bisogno di consegnarle.
Annuisce, ma non dice una parola. Mi guarda di sfuggita e si chiude in camera sua.
Vado un po’ in giro per il treno, mi sento solo, ma non ho voglia di lasciare spazio ai pensieri. Arriveranno stanotte e dovrò trovare il modo di scacciarli. Sto anche io per un po’ in camera mia, ma mi annoio. Vorrei provare a riposare un po’, ma appena mi stendo il soffitto bianco della mia cabina si dipinge con le immagini dei miei familiari che avrei voluto così tanto salutare e sono costretto a guardare da qualche altra parte prima che le lacrime prendano il sopravvento. Non voglio piangere, l’ho già fatto abbastanza.
Non è più il tempo delle lacrime. Adesso devo mostrarmi forte, pericoloso, determinato.
Effie bussa alla mia porta per la cena, non ho neanche voglia di darmi una rassettata, tanto siamo “di casa”. Da oggi in poi Haymitch, Effie e Katniss sono l’unica famiglia che mi resta.
C’è un clima decisamente tetro a tavola e nessuno sembra voler ravvivare la situazione a parte me ed Effie. Cerchiamo di sollevare una conversazione, ma dopo un po’ rinuncio vedendo che i nostri commensali non sono affatto partecipativi. Katniss mangia in silenzio, guardando non più in là del suo piatto. Haymitch neanche a dirlo.
Faccio un commento sulla nuova parrucca d’oro di Effie e lei tira fuori una spiegazione elaborata: dice che così si intona con la spilla di Katniss e che secondo lei ognuno di noi dovrebbe avere qualcosa d’oro in modo da far vedere che siamo una squadra.
-Credo sia un’ottima idea – commento io –Tu che ne pensi, Haymitch?
-Sì, come volete – risponde in modo brusco. L’astinenza da alcool lo sta distruggendo. Effie ha fatto portare via il suo vino rendendosi conto che Haymitch stava cercando di non bere.
-Potremmo procurare una parrucca anche a te – cerca di scherzare Katniss. Ma lo sguardo torvo di Haymitch riporta la cupa serietà di prima e finiamo il nostro delizioso budino al cioccolato in silenzio.
Quando abbiamo finito, Effie si pulisce la bocca con un tovagliolino e poi ci invita a vedere il riepilogo delle mietiture. Vado a prendere i miei appunti e raggiungo gli altri in un vagone allestito come un salotto, accendiamo la televisione e iniziano a scorrere le immagini degli ex-vincitori.
È difficile riconoscere i tributi, che ho visto accuratamente solo nei video dei loro Hunger Games. Un giorno, quando abbiamo chiesto ad Haymitch perché non li abbiamo incontrati durante il tour della vittoria, ci ha spiegato che sono persone molto influenti e Snow non vuole far vedere che sono in buoni rapporti con noi.
Il gruppo più folto è quello dei vincitori provenienti dal distretto 1, 2 e 4, i Favoriti.
Segno attentamente i ventidue tributi estratti facendo una stella accanto ai loro nomi. Ci sono i due fratello e sorella del Distretto 1, un volontario dal Distretto 2 che mi mette decisamente paura, i due cervelloni del Distretto 3, Finnick: la celebrità del Distretto 4 che vinse a soli quattordici anni. Con lui viene sorteggiata una certa Annie Cresta che sembra avere un attacco di isterismo e una vecchietta prende il suo posto salendo sul palco con l’aiuto di un bastone. La scena è commovente per me, figuriamoci per Effie che a stento trattiene le lacrime.
I due tributi del Distretto 6 hanno gli occhi incavati e la carnagione pallida, le braccia scheletriche e ciondolanti dopo anni di abuso di morfamina.
Poi c’è Johanna Mason l’unica vincitrice ancora in vita del Distretto 7 che sfodera uno sguardo di fuoco dritto in camera. Molto scenico.
Una donna del Distretto 8 deve staccare a forza tre bambini per poter salire sul palco in lacrime, dal Distretto 11 viene sorteggiato anche Chaff che è uno dei migliori amici di Haymitch. Lui guarda tutto il filmato in silenzio senza lasciarsi sfuggire la minima reazione.
Il nostro momento è uno dei più belli. La commentatrice sta per mettersi a piangere e alla fine riesce a chiudere annunciando che questi saranno “i giochi migliori di sempre!”.
Appena la trasmissione termina Haymitch si alza e scompare fuori dallo scompartimento. Anche Effie lascia la stanza augurandoci la buonanotte quando ha finito di fare le sue osservazioni sui tributi che però nessuno ha ascoltato.
Restiamo io e Katniss, è il primo momento in cui siamo davvero soli da quando è stata annunciata l’Edizione della Memoria. Agitato, strappo le pagine dei tributi che non sono stati sorteggiati e tengo solo le ventidue di quelli che abbiamo visto in televisione.
-Perché non cerchi di dormire un po’? – le suggerisco.
-Tu cos’hai intenzione di fare? – chiede con aria stanca.
-Solo di rivedere i miei appunti per un po’. Di capire bene con chi abbiamo a che fare. Ma domani mattina controlliamo tutto insieme. Va’ a letto, Katniss – insisto.
Accetta il mio consiglio e lascia la stanza, la guardo scivolare via dalla stanza silenziosamente e un po’ mi pento di averla “mandata via”.
Non so come comportarmi con lei. Tutto mi sembra innaturale, davanti alle telecamere ci riesce bene, ma quando siamo soli è difficile. È strano.
Continuo a sfogliare i miei fogli di annotazioni leggendo qua e là. Abbiamo contro alcuni avversari temibili, conosciuti da Capitol City come amici, star. Persone che avevano fatto della loro vittoria la loro nuova vita. Chissà se io e Katniss ci saremmo comportati allo stesso modo o se ci saremmo isolati come Haymitch e finito il nostro periodo da mentori avremmo potuto dire addio alle telecamere. In effetti credo di no.
Rimetto su alcuni nastri sui tributi per farmi meglio un’idea di quello che ci aspetta. Quelli che mi spaventano di più sono i favoriti, tre tributi maschi, molto più grandi di me e più forti. Brutus, il volontario del Distretto 2 era già grosso alla sua edizione, ma adesso è maestoso e spaventoso. Il semplice fatto che si sia offerto di nuovo volontario mostra quanto sia spavaldo e sicuro di sé.
E poi c’è Finnick: un nome che è leggenda a Capitol City. Vinse i suoi Hunger Games quando era il più piccolo dei tributi della sua edizione, circa una decina di anni fa. Gli sponsor impazzirono per lui e gli regalarono un tridente con cui fece strage degli altri.
Se dovessi scegliere quale aspetto temo maggiormente di lui sarei indeciso se la sua incredibile popolarità o la sua abilità fisica.
Ci sono molti altri tributi da non sottovalutare, persino i due drogati del Distretto 6 vinsero semplicemente sopravvivendo a tutti gli altri, nascosti, senza combattere.
La videocassetta con i giochi di Brutus continua a scorrere e la guardo distrattamente, ad un certo punto entra Katniss in accappatoio e una faccia che fa paura, metto in pausa e le chiedo –Non sei riuscita a dormire?
-Non per molto – dice, stringendosi nell’accappatoio. Probabilmente ha avuto un brutto incubo, cosa che probabilmente capiterebbe anche a me se non stessi qua a costringermi a restare sveglio.
-Ti va di parlarne? – chiedo, ma lei scuote la testa. Allora allargo le braccia tendendole verso di lei che ci si tuffa dentro.
È la prima volta dopo molto tempo che ci abbracciamo, nell’ultimo periodo ho cercato di essere il più distaccato possibile, ma adesso so che abbiamo bisogno l’uno dell’altra. Mi stringe forte il collo e affondo il viso nei suoi capelli morbidi e profumati.
È un abbraccio che dura tanto, ma non voglio che finisca. E nemmeno Katniss sembra volerlo, così restiamo congiunti insieme fin a che un’inserviente di Capitol City entra nella stanza con un vassoio, due tazze e una caraffa.
-Ho portato una tazza in più – dice.
-Grazie – risponde Katniss, che deve averle chiesto qualcosa da bere.
-E ho messo un po’ di miele, per addolcire il latte. E solo un pizzico di spezie – aggiunge la donna, ci guarda per un po’ poi esce senza dire nulla.
-Cos’ha? – mi chiede Katniss che si è accorta, come me, del comportamento strano.
-Credo stia male per noi – rispondo.
-Come no? – ribatte lei sarcastica versando il latte nelle tazze.
-Parlo sul serio – insisto – Non penso che quelli di Capitol City saranno poi così contenti di vederci tornare. O di veder tornare gli altri vincitori. I sono affezionati ai loro campioni.
-Immagino che gli passerà, quando il sangue comincerà a scorrere – dice lei con la solita freddezza. Odia la Capitale in maniera assoluta. Al contrario mio, lei non cerca di capire quella gente che ha solo uno stile di vita diverso dal nostro.
-Allora, stai riguardando tutti i nastri? – chiede per cambiare discorso.
-Non proprio, sto saltando qua e là per vedere le tecniche di combattimento di ognuno –le spiego.
-Chi è il prossimo?- chiede curiosa.
-Scegli tu – suggerisco, indicandole la scatola ai piedi del divano.
-Questo non l’abbiamo mai visto – osserva Katniss tirando fuori una cassetta con su scritto “Cinquantesima edizione, Haymitch Abernathy”.
-No – rispondo scuotendo la testa –Perché Haymitch non voleva. Così come noi non vogliamo rivivere i nostri. E, visto che siamo nella stessa squadra, non pensavo fosse molto importante.
-Qui c’è la persona che ha vinto la venticinquesima edizione? – chiede Katniss.
-Non credo. Chiunque fosse, a quest’ora dev’essere morto, ed Effie mi ha mandato solo i vincitori che potevamo dover fronteggiare – spiego – Perché? Pensi che dovremmo guardarlo?
-È l’unica Edizione della Memoria che abbiamo. Potremmo imparare qualcosa di prezioso su come funzionano – dice cercando di convincere tanto me, quanto lei stessa – Non siamo obbligati a dire a Haymitch che l’abbiamo visto.
-D’accordo – acconsento infine. Metto il nastro e torno a sedermi sul divano, Katniss si raggomitola vicino a me trasmettendomi un’onda di calore, facendomi sentire che non sono solo in questa grande avventura.
Il video inizia come sempre con l’inno di Panem, poi un presidente Snow particolarmente giovane legge il cartellino corrispondente alla seconda Edizione della Memoria annunciando che i tributi per ogni distretto saranno raddoppiati.
Le mietiture scorrono rapidamente e arriviamo al Distretto 12, quattro persone vengono estratte da una donna che non è Effie, ma usa la stessa formula “Prima le signore”.
La seconda estratta è Maysilee Donner. Al suo nome Katniss esclama –Oh! Era un’amica di mia madre.
La telecamera inquadra la folla e la trova assieme ad altre ragazze bionde, figlie di commercianti.
-Credo che sia tua madre quella che la abbraccia – dico io, riconoscendola e capendo perché mio padre si era innamorato di lei. La madre di Katniss è ancora una bella donna, ma quando era giovane era veramente incantevole.
-Madge – dice Katniss sottovoce quando viene inquadrata una terza ragazza che saluta Maysilee.
-Quella è sua madre – la correggo – Lei e Maysilee erano gemelle, credo. Me ne ha parlato mia madre, una volta – ricordo.
Haymitch viene chiamato per ultimo, è irriconoscibile, se non fosse per gli occhi tutto il resto è cambiato.
-Oh, Peeta, non pensi che abbia ucciso Maysilee, vero?
-Con quarantotto partecipanti? Direi che le probabilità sono decisamente scarse – cerco di confortarla. Neanche a me andrebbe giù una cosa del genere.
C’è la sfilata e poi le interviste in rapida successione. Quando è il suo turno Haymitch è spavaldo, arrogante e sarcastico.
-Non ha dovuto sforzarsi granché per apparire così, ti pare? – commenta Katniss con un accenno di sorriso.
Il taglio ci porta alla Camera di Lancio, la telecamera inquadra la salita dal cilindro e le immagini ci lasciano a bocca aperta. L’arena è un posto incredibile e surreale. La cornucopia d’oro è al centro di un immenso prato costellato di fiori colorati. Il cielo è terso con qualche piccola nuvoletta bianca che sembra disegnata, Ci sono uccelli che cantano e svolazzano allegramente. Oltre l’immenso prato si vedono dei boschi e una montagna con la cima innevata.
Il gong suona e molti restano disorientati dall’ambiente e inchiodati alle loro piattaforme. Haymitch invece è subito al centro, prende armi e uno zaino e fugge verso il bosco prima di tutti gli altri.
Diciotto tributi muoiono nel bagno di sangue, altri iniziano a morire poco dopo in rapidissima successione: tutto nell’arena è velenoso, praticamente solo il cibo della Cornucopia è commestibile. L’alleanza dei Favoriti si forma come sempre, sono dieci e iniziano a pattugliare le montagne, lontano dal nostro mentore.
Lui continua ad avanzare nel bosco mettendo più strada possibile tra se stesso e gli altri, nonostante i pericoli degli animali mutanti.
Maysilee si ingegna e usa il veleno dell’arena per creare dei dardi letali per la sua cerbottana.
Passano quattro giorni e la montagna si trasforma in un vulcano e fa fuori dodici tributi in un sol colpo.
Haymitch è al sicuro e sembra ostinato a raggiungere il bordo dell’arena, si imbatte in altri tre tributi, sembra spacciato, ma ne uccide due prima di essere disarmato dal terzo. È a quel punto che Maysilee lo uccide con un dardo.
-Vivremmo più a lungo se fossimo in due – propone. E loro due stringono un’alleanza.
Haymitch insiste a voler raggiungere il bordo dell’arena e alla fine ci riescono, superando delle siepi intricatissime. Quando escono dall’altra parte trovano un piatto terreno sassoso che porta a un dirupo.
-È tutto qui, Haymitch. Torniamo indietro – lo invita lei.
-No, io resto qui – ribatte.
-Va bene. Siamo rimasti solo in cinque. Adesso possiamo anche salutarci. Non voglio che il campo si riduca a  te e me.
-D’accordo – conviene Haymitch. E si separano senza neanche salutarsi.
Haymitch cammina sul bordo del dirupo, come se cercasse di capire qualcosa, un sassolino cade di sotto e un minuto dopo torna su e atterra vicino ad Haymitch che è seduto a riposarsi.
Allora Haymitch prende una pietra e la lascia cadere. Poco dopo la stessa pietra gli cade dritta in mano. È a quel punto che lui inizia a ridere.
Nello stesso momento si sentono le urla di Maysilee in lontananza, Haymitch corre in suo aiuto anche se hanno rotto l’alleanza, ma arriva troppo tardi e fa in tempo solamente a vederla morire per colpa di uno stormo di uccelli dai becchi appuntiti. Ha il collo trafitto da parte a parte, non c’è più nulla da fare per lei. Haymitch la tiene per mano finché non muore.
Sento Katniss sospirare affianco a me.
Più tardi, in quello stesso giorno muoiono altri due tributi e questo lascia Haymitch e una ragazza del Distretto 1 a competere per la vittoria.
Lei è più grossa di lui e sembra avere le carte in suo favore, lo scontro è lungo e sanguinoso. Hanno tutti e due ferite mortali, alla fine Haymitch viene disarmato e inizia a fuggire nei boschi barcollando e tenendosi le budella con le mani. Lei lo insegue imperterrita fino a che non arrivano al bordo. Lei lancia la scure proprio mentre Haymitch si accascia a terra.
La scure vola oltre il dirupo, ma la ragazza è ancora convinta di vincere, Haymitch è ridotto veramente male e sicuramente morirà prima di lei se non fosse che la scure torna su dal dirupo e si conficca nel cranio della ragazza. Si sente il cannone e Haymitch viene incoronato vincitore.
Restiamo entrambi in silenzio. Metto in pausa il nastro un po’ scioccato.
-Quel campo di forza sul fondo del dirupo era simile a quello che c’è sul tetto del Centro di Addestramento. Quello che ti getta indietro se cerchi di buttarti di sotto. Haymitch ha trovato un modo per trasformarlo in un’arma.
-Non solo contro gli altri tributi, ma anche contro Capitol City – continua Katniss – Sai che non se lo aspettavano. Non era destinato a fare parte dell’arena. Non avevano previsto che qualcuno potesse usarlo come arma. La sua idea gli ha fatto fare la figura degli idioti. Scommetto che si sono divertiti un mondo a cercare di spiegarlo. Scommetto che è per questo che non ricordo di averlo mai visto in TV. È un brutto tiro, quasi quanto il nostro con le bacche! – dice eccitata. Ride allegramente e io scuoto la testa guardandola come se fosse pazza. Però ha ragione.
Continua a ridere fino a che non sentiamo la voce di Haymitch alle nostre spalle – Quasi, ma non del tutto.
Ci giriamo di scatto, temendo che si arrabbierà perché abbiamo visto la sua cassetta. Lui invece sorride e prende un altro sorso di vino da una bottiglia. Dovrei arrabbiarmi con lui perché sta bevendo, ma non mi importa.
Lo guarderò in modo diverso da oggi in poi.





Saaaaalve!
Mi mancava la sensazione di essere avanti coi capitoli :3
In questi giorni ho lavorato tanto (non potendo andare al mare ._.) però è stato un immenso piacere... soprattutto perché finalmente arriviamo alla parte divertente del libro in cui muore tanta gente muahahaha (momento sadico) finalmente i nostri sventurati innamorati iniziano a fare un po' più gli innamorati e facciamo la conoscenza di tanti nuovi personaggi.
Parlando di questo capitolo in particolare è un capitolo molto dolce sotto certi aspetti e ho potuto aggiungere ben poco visto che si raccontavano gli Hunger Games di Haymitch... però mi era piaciuto tanto perché credo sia fondamentale per capire un personaggio che all'apparenza può sembrare semplice quale è il nostro caro mentore.
Visto che è in tema vi allego un video su youtube che, se non avete ancora visto, vi consiglio di guardare perché è bellissimo
https://www.youtube.com/watch?v=7mUjssn86h4
Ci vediamo moolto presto con il capitolo 15... intanto corro a scrivere il 16 :D
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo e vi ricordo che potete anche seguirmi sulla mia pagina per non perdervi mai neanche una storia!
https://www.facebook.com/samubura?ref_type=bookmark
 

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Capitolo 14
*** Capitolo 15 ***


La mattina ci aspettano il rituale tradizionale con il team di preparazione. Questa volta cerco di ascoltare i loro discorsi piagnucolanti perché passano in rassegna tutti i vincitori che mi troverò contro dal primo all’ultimo. Assimilo le informazioni che li riguardano e si rafforza in me la convinzione che gli abitanti di Capitol City siano scontenti. Col tempo si sono affezionati ai loro eroi, le persone che hanno visto soffrire una volta nell’arena.
Mi compiangono e cadono in una sorta di totale disperazione e stanno continuamente ad asciugarsi le lacrime per non sbavare gli elaborati trucchi che hanno sul volto. Io cerco di mostrarmi tranquillo, ma l’atmosfera è comunque pesante e diventa addirittura paradossale quando sono io a doverli rassicurare che tutto andrà bene, quasi fossero loro a dover entrare nell’arena.
È Portia a salvarmi da quello strazio, con il suo arrivo la situazione si cambia e basta uno sguardo perché capisca che non ne posso più e liquidi il mio team piagnucolone.
Pranziamo insieme, solo io e lei, perché gli altri sono ancora impegnati coi loro preparativi. Mi chiede come sto e mento con facilità perché non voglio andare a scavare a fondo nel mio stato d’animo. Mangiamo chiacchierando tranquillamente e le chiedo cosa indosseremo per la cerimonia di apertura e mi garantisce che sarà una bella sorpresa, ma non vuole svelare altro.
Per il trucco devo fare un altro giro con i preparatori, ma si contengono con Portia lì vicino che li controlla. Mi colorano il viso con un trucco scuro e pesante, a stento mi riconosco guardandomi allo specchio. Quest’anno non è necessario che la gente si ricordi il mio viso: sanno già chi sono.
Mi fa infilare una tuta nera forse fin troppo aderente, sulla testa ho una corona di metallo nera che assomiglia a quella che hanno dato a me e Katniss quando abbiamo vinto gli Hunger Games. Mi piace come idea richiamare la nostra vittoria con questo semplice dettaglio.
Portia tira le tende e la stanza diventa buia, si avvicina  e preme un piccolo pulsante che non avevo notato, proprio sotto il polsino.
All’improvviso il costume si accende di mille sfumature che vanno dal rosso al giallo vivo. Capisco immediatamente in cosa ci hanno trasformato quest’anno: io e Katniss saremo il carbone ardente del nostro distretto. I colori si muovono e cambiano intensità, proprio come fanno i tizzoni dentro il forno.
Rimango a guardarmi allo specchi estasiato fino a che non trovo il modo di chiedere –Come avete fatto? – so che c’è lo zampino di Cinna dietro tutto questo.
-Abbiamo guardato molto il fuoco – è la sua semplice risposta. Si vede che è soddisfatta. E lo sono anche io: sembro forte, determinato, oscuro.
-Grazie - sussurro – Questo è quel che ci voleva.
-Ne sono certa. È sempre un piacere lavorare per voi due – mi abbraccia e spegne la tuta – Meglio non sprecare la batteria.
-Qualche raccomandazione? – chiedo.
-Sì, quest’anno niente saluti, niente sorrisi. Vogliamo che guardiate un punto fisso avanti a voi come se tutto il resto non ci fosse. Dovete avere un’aria di totale superiorità, intesi?
-Intesi – confermo.
Quando scendiamo nel piazzale dove si trovano tutti i carri dei tributi mi guardo un po’ attorno sperando di trovare Katniss. È vicino al nostro carro e sta parlando con l’adone del Distretto 4 che si allontana poco prima del mio arrivo.
-Cosa voleva Finnick Odair? – chiedo gentilmente. Ma mi ha infastidito vederli così vicini. Forse perché il “costume” di Finnick mette in mostra più di quanto dovrebbe: ha una rete addosso sapientemente intrecciata in modo da coprire giusto il necessario.
-Mi ha offerto dello zucchero e voleva sapere i miei segreti – dice con voce suadente, per prenderlo in giro.
-Uh. Ma dai! – esclamo senza riuscire a trattenere una risata.
-Già. Il resto te lo dico appena mi passano i brividi – commenta.
-Credi che ci saremmo trovati tutti qui se uno solo di noi avesse vinto? – le chiedo, più per fare conversazione che altro, ma mi è capitato più volte di pensare a come sarebbe stato il mio futuro da vincitore se non ci fosse stata l’Edizione della Memoria – Come ingranaggi di questo spettacolo da circo? – aggiungo.
-Certo. Soprattutto tu – risponde senza neanche pensarci.
-Ah. E perché soprattutto io?
-Perché tu hai un debole per le cose belle e io no – e questo è vero –Ti avrebbero incantato con i loro modi a Capitol City e tu saresti stato perso per sempre.
-Amare la bellezza non significa non saperle resistere – cerco di difendermi, ma poi mi viene voglia di aggiungere qualcosa. Qualcosa che solitamente avrei tenuto per me, ma adesso non mi importa più molto e voglio poter dire a Katniss tutto quello che penso – A parte forse quando si tratta di te – faccio in tempo a dire prima che la musica inizi e le porte si aprano.
-Andiamo? – la invito, porgendole una mano. Si appoggia a me e saliamo insieme sul carro.
-Non muoverti – intima sistemando la mia corona –Hai visto il tuo costume acceso? Saremo meravigliosi anche questa volta.
-Assolutamente. Però Portia dice che dobbiamo assumere un’aria di superiorità. Niente saluti né altro – mi guardo attorno per cercarli, ma non li trovo – Dove sono finiti, a proposito?
-Non lo so. Forse faremmo meglio ad accenderci i costumi.
Seguo il consiglio e appena ci accendiamo tutti si voltano verso di noi e ci indicano curiosi. Saremo anche quest’anno il clou della parata.
Stiamo arrivando alle porte –Quest’anno ci dobbiamo tenere per mano? – chiedo.
-Credo che l’abbiano lasciato decidere a noi – e senza indugiare oltre le nostre mani si intrecciano, ci guardiamo negli occhi e siamo pronti per fare il nostro grande debutto.
La folla esplode in grida esaltate appena ci vedono. Nonostante il baccano cerco di imitare Katniss nella sua incredibile sicurezza e naturalezza. Guarda oltre tutto, senza curarsi di quello che c’è attorno. Sicuramente gli riesce meglio che a me, ma mi impegno per non guastare la scena.
Quando arriviamo per ultimi davanti all’anfiteatro noto che anche altri tributi hanno dei costumi illuminati, ma non c’è assolutamente paragone con i capolavori di Cinna e Portia. Gli altri non possono non guardarci, i due morfaminomani del Distretto 6 restano completamente incantati.
C’è il solito discorso di benvenuto che non ascolto nemmeno. Non vedo l’ora che questa pagliacciata finisca.
C’è l’ultimo giro nell’anfiteatro e poi entriamo nella tranquillità del Centro di Addestramento dove ci aspettano Cinna, Portia e Haymitch che sta parlando con i tributi del Distretto 11. Quando ci vede si avvicina e loro due lo seguono.
Riconosco Chaff che è uno dei migliori amici di Haymitch. Ha perso una mano nel corso dei suoi giochi, ma probabilmente ha rifiutato la protesi e  adesso il suo braccio termina in un moncherino. Non posso non pensare alla mia gamba e per un attimo rabbrividisco. La donna, Seeder, è abbastanza anziana, ma sembra più in forma di molti altri.
Senza darci il tempo di salutare lei abbraccia Katniss. Immagino per Rue e Tresh che erano i tributi del loro stesso distretto. Chaff invece stampa un bacio in bocca a Katniss e poi si mette a sghignazzare con Haymitch.
Probabilmente è ubriaco.
Non ci resta molto altro tempo per fare conoscenze perché degli inservienti di Capitol City ci vengono a prendere e ci conducono agli ascensori.
Io e Katniss ci incamminiamo mano nella mano e qualcuno si avvicina a noi con passo frettoloso gettando a terra un copricapo fatto di rami.
Johanna Mason. Distretto 7: legname e carta, vinse la sua edizione facendo credere a tutti di essere solo una ragazzina debole facendosi ignorare dagli altri concorrenti prima di dimostrare un talento tutto speciale per l’omicidio. Si arruffa i capelli per attirare la nostra attenzione e alza gli occhi al cielo in una smorfia esasperata.
-Che costume orribile, vero? La mia stilista è la più grossa idiota di Capitol City, Sono quarant’anni che i nostri tributi si vestono da alberi, grazie a lei. Vorrei che mi fosse toccato Cinna. Tu sei fantastica – dice rivolgendosi a Katniss che è accanto a lei.
-Sì, mi ha aiutato a disegnare la mia linea di abbigliamento. Dovresti vedere cosa sa fare col velluto –cerca di inventare Katniss.
-L’ho visto, durante il vostro tour. Quel vestito senza spalline che portavi nel Distretto 2? Quello blu coi diamanti? Erano così belli che avrei voluto infilare una mano nello schermo e strapparteli di dosso – dice Johanna con un sorrisetto.
Poi, mentre aspettiamo l’ascensore, apre la zip del suo costume e lo lascia scivolare a terra. Poi lo scalcia sdegnata restando completamente nuda.
-Così va meglio – commenta, voltandosi verso di noi per vedere le nostre reazioni.
Non riesco a non buttare un occhio sul suo corpo curato. Dopo noi è una tra i tributi più giovani di questa edizione e sicuramente si è tenuta in forma. Ammicca in mia direzione e subito torno a fissare le porte dell’ascensore.
Dietro di noi compaiono anche Chaff e Seeder e finiamo tutti sullo stesso ascensore. Stare stretti nel cubicolo di vetro con una donna nuda che si comporta come se niente fosse, è abbastanza strano.
-Be’ come ti senti ora che tutto il mondo vorrebbe venire a letto con te? – chiede voltandosi nella mia direzione.
Mi guarda mentre divento paonazzo e scoppia a ridere, gettando indietro la testa e scuotendo i capelli. Ogni mossa è curata nella sua sensualità – Dai su, scherzavo! – esclama – Non fare quella faccia!
Accenno una risata nervosa: come potrei essere naturale se cerco continuamente di non guardarle il seno liscio illuminato dalle sfumature rosso-arancio dei nostri costumi ancora accesi.
-Non crederai mica che a Capitol City ti apprezzino solo per i quadri – dice con aria maliziosa e accompagnando il tutto da una strizzatina d’occhio. Sventola le lunghe ciglia finte con sapiente maestria – A proposito, sono fantastici, sul serio. E dovessi vedere come se li contendono alle aste. Purtroppo non sono ancora riuscita ad accaparrarmene uno. È un gran peccato che un artista nascente come tu debba finire di nuovo nell’Arena, non trovi?
-Oh be’ – commento, ma lei riprende il suo monologo.
-I prezzi saliranno certamente alle stelle! – dice in stile molto Capitol City.
Le porte del suo piano si aprono –Ci vediamo presto! – ci saluta eccitata come se fossimo una scolaresca in gita. Esce sfilando nel corridoio come se ci fosse una passerella solo per lei.
Katniss sta cercando di ignorarmi. Chaff e Seeder ci lasciano poco dopo e quando escono mi allontana la mano stizzita. Se questa è gelosia allora veramente non la riconosco più. Ma non posso fare a meno di ridere ripensando alla scena di prima e questo la fa arrabbiare ancora di più.
-Cosa c’è? – sbotta quando usciamo al nostro piano.
-Sei tu, Katniss. Non lo vedi?
-Sono io cosa? – chiede nervosa.
-Il motivo per cui tutti si comportano così. Finnick con le suo zollette di zucchero e Chaff che ti bacia e questa storia di Johanna che si spoglia – mi rendo conto che detto così non suoni molto diverso da una presa in giro quindi cerco di restare serio, ma un’accozzata di immagini così buffe non aiuta – Giocano con te perché sei così… lo sai.
-No, non lo so – ribatte offesa – E non ho davvero idea di che cosa tu stia parlando.
-È come quando non mi volevi guardare nudo nell’arena anche se ero mezzo morto. Tu sei così… pura.
-Macché! – esclama senza capire –Se l’anno scorso ti o praticamente strappato i vestiti di dosso ogni volta che c’era una telecamera nei paraggi!
-Sì, ma… voglio dire, per Capitol City tu sei pura. Per me tu sei perfetta. Ti stanno solo stuzzicando.
-Non è vero, mi stanno prendendo in giro. E lo stai facendo anche tu! – insiste arrabbiata.
-No – dico scuotendo il capo, ma so che lei non capirà questo discorso quindi è inutile andare avanti.
Haymitch ed Effie arrivano poco dopo e interrompono il nostro battibecco. Meglio così, ma Haymitch cambia immediatamente faccia quando si avvicina a noi.
-A quanto pare quest’anno mi hanno dato una parure – esclama Effie spensierata come sempre.
Molto meno spensierato sembra Haymitch, con lo sguardo fisso dietro di noi. Non ho la minima idea di cosa sia una parure, ma sembra una brutta cosa. Mi volto e vedo due senza-voce dietro di noi. Riconosco la ragazza dai capelli rossi dell’anno scorso e un altro ragazzo dai capelli rossi. Forse è per questo che Effie li considera una parure.
Il volto del ragazzo mi è familiare. Mi sforzo di ricordare dove lo posso aver visto, forse qua a Capitol City, ma no: il ragazzo è Darius e l’ultima volta che l’ho visto era nel Distretto 12, qualche mese fa, svenuto perché aveva cercato di salvare Gale.
E così questa è la sua punizione.
Immagino non sia un caso che sia capitato proprio a noi.



Salve a tutti
Mi sto un po' arenando nel prossimo capitolo, ma piano piano ne esco fuori, tranquilli!
Nel frattempo eccovi qua questo :)
Che ne pensate? Il vostro giudizio è come sempre fondamentale, quindi spero di sentirvi in tanti come sempre!
-samubura-

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 16 ***


Ancor prima che possa fare qualcosa Haymitch afferra il polso di Katniss che però resta immobile e senza parole.
Katniss non ha il mio stesso rapporto con Darius, lui è uno del Forno, un mondo a cui io non sono mai appartenuto. Per me lui è uno tra i tanti pacificatori lo ricordo più per la sua chioma color carota che per altro.
Sembra molto scossa, si libera dalla stretta di Haymitch e si allontana senza dir nulla. Sentiamo la porta della sua stanza sbattere.
-Bene, Peeta – dice Effie per smorzare la tensione – Puoi andare a riposarti anche tu, come Katniss, vi chiamo io per la cena, ancora complimenti siete stati fantastici.
Ringrazio e vado nella mia vecchia stanza.
Spengo la tuta e la piego con cura, poi la appoggio su una sedia e mi infilo nella doccia. Fa uno strano effetto tornare nell’appartamento io cui ho vissuto l’anno scorso. Sembrava passato tanto tempo, ma sembra ieri che ho lasciato questo posto.
Premo i tasti della doccia in automatico, ormai sono abituato alla tecnologia di Capitol City che è presente anche in casa mia al Villaggio dei Vincitori. Quando esco mi sento rigenerato.
Penso al nostro primo incontro con gli altri vincitori: me li ero immaginati diversamente. Forse più brutali, più simili a icone eternate nella loro splendente forma di quando riuscirono a sopravvivere agli altri tributi.
Invece quelli che mi sono trovato davanti sono per lo più anziani  o persone consumate da anni di eccessi. Mi hanno quasi spaventato, mi sono chiesto se anche io avrei fatto la loro stessa triste fine.
Gli unici veramente temibili sono i favoriti, tra i quali spicca Finnick che pare abbia già cercato di sedurre invano Katniss, e Johanna che forse ci stava provando con me.
Non ho molto tempo, non che avessi molta voglia, di rimuginare perché Effie bussa alla mia porta chiamando per la cena.
Mangiamo e facciamo un po’ di chiacchiere principalmente sulla parata di poco fa. Non riesco a fare a meno di rivolgere costantemente sguardi a Katniss che sta con la testa china e non alza gli occhi dal piatto. Credo che la presenza di Darius qua come servitore la turbi molto, probabilmente si assume come sempre la colpa di qualcosa che non dipende da lei.
Effie, come suo solito, cerca di smorzare la tensione e intrattenere la tavola continua a fare i suoi complimenti a Cinna e Portia che con la solita modestia cercano di dare il merito a me e Katniss che non abbiamo fatto altro che seguire alla lettera i loro consigli.
A un certo punto si sente un gran baccano e tutti ci giriamo verso Katniss che ha fatto cadere un piatto di piselli. Lei si china subito per iniziare a pulire e accorre Darius, credo che l’abbia fatto apposta per avere un momento per essergli vicina.
Effie sembra innervosita e dopo quello che per lei è ritenuto un tempo inopportuno borbotta –Non spetta a te, Katniss!
È l’unico avvenimento degno di nota durante il pasto.
Appena abbiamo finito ci spostiamo tutti in salotto per rivedere il nostro ingresso trionfale in televisione. Katniss si siede sul divano tra Cinna e Haymitch. Sembra quasi che mi stia evitando di proposito e immagino possa dipendere dalle cose che le ho detto in ascensore: se l’è presa, ma non pensavo così tanto. A volte il suo comportamento infantile mi fa arrabbiare, ma non posso prendermela con lei in questa situazione. L’idea del ritorno nell’arena, l’incontro con gli altri tributi, Darius messo a monito che tutte le persone cui vogliamo bene rischiano la sua sorte se non una peggiore.
La cerimonia di apertura non ha niente a che vedere con quelle che sono ormai abituato a vedere ogni anno. Vedere dei ragazzini mascherati è una cosa, ma gli ex vincitori sono persone adulte e agghindati a quella maniera fanno quasi compassione.
I nostri commenti sono piatti e scialbi proprio com’è la replica sullo schermo. Solo noi diamo l’idea di essere dei veri tributi: giovani, forti, determinati. Le ombre scure sul nostro volto ci fanno sembrare più grandi, il fuoco che ci avvolge sfavillando dà un’idea di grandezza. Anche quest’anno i nostri stilisti ci hanno fatto notare ed è una cosa importante in mezzo a tutta questa gente che Capitol City conosce, apprezza e ammira da tempo.
Le ultime note dell’inno sfumano e Katniss si alza e salutato tutti sbrigativamente se ne torna in stanza.
-Mi raccomando, domani mattina siate puntuali per la colazione! Dovremo discutere le vostre strategie insieme –dice in tono spento.
Sebbene Effie tenti di comportarsi come sempre sembra che l’Edizione della Memoria abbia turbato anche lei. Dopotutto era finalmente riuscita a portare alla vittoria dei vincitori e ora io e Katniss, suoi pupilli, ci ritroviamo di nuovo a dover combattere.
Mi ritiro anch’io e quando passo davanti alla porta di Katniss non resisto alla tentazione di bussare. Vorrei semplicemente scusarmi e provare a confortarla, ma non ottengo risposta e capisco che è meglio non insistere oltre.
Deluso e stanco mi lancio nel letto senza neanche cambiarmi. Spero solo che il sonno venga a prendermi presto e che gli incubi mi lascino tregua, ma so che questa notte, nella mia vecchia stanza qua al Centro di Addestramento, non avrò possibilità di scampo.
Scivolo nel sogno senza neanche accorgermene. Sono in una stanza buia e vuota. Un cono di luce bianchissima illumina Katniss avvolta nella sua tuta nera carbone con tanto di corona sulla testa. Il trucco sul volto è scuro e le fa gli occhi incavati, quasi come fosse un teschio. Mi guarda e i suoi occhi brillano di fuoco, rossi.
Un arco nero le appare in mano, generato dalle ombre, così come una freccia, dello stesso metallo nero e lucente. Punta dritto verso di me senza quasi far fatica nel tendere la corda.
La freccia vola nel mio collo, passando da parte a parte. Mentre inizio a sentire il sangue nella gola Katniss si avvicina, mi afferra il volto e mi bacia. Poi mi lancia a terra nel cerchio di luce bianca e l’artiglio di un hovercraft scende a prendermi.
Mi sveglio sudato scalciando via il lenzuolo. Fuori ci sono le prime luci dell’alba e so che non prenderò sonno di nuovo.
Aspetto fissando il soffitto finché i raggi di sole non illuminano l’intero spazio bianco. Allora mi alzo, mi vesto e, senza aspettare che Effie bussi per ricordarmi che abbiamo appuntamento per colazione, esco dalla mia stanza, prima di uscire la sveglia mi informa che sono le sette e mezzo.
In sala da pranzo c’è il consueto buffet, mi servo una abbondante colazione e mi siedo. In un angolo della stanza c’è Darius e sento il suo sguardo pesante su di me. Vorrei poter fare qualcosa per dimostrargli il mio dispiacere, ma non mi viene in mente nulla.
Effie mi raggiunge poco dopo, mattiniera come sempre. Prende solamente una tazza di caffè nero e una brioche prima di sedersi al tavolo di fronte a me.
-Buongiorno Effie – dico per essere cortese.
Sorride  e mi augura il buon giorno a sua volta. Non sembra molto in vena di fare conversazione, ma appena finito il suo caffè inizia a domandarmi –Dormito bene?
-Più o meno – rispondo evasivo.
In quel momento entra Haymitch che sicuramente ha avuto una nottata peggio della mia. Ha il viso arrossato e i capelli in disordine. Prende giusto un bicchiere di succo d’arancia e poi si siede al tavolo.
Quando lo vede, Effie fa una faccia strana, vicina al disgusto, poi sembra come ricordarsi di qualcosa e inizia a frugare nella sua borsetta.
-Ho fatto fare questo per te – dice tirando fuori con gesto teatrale una scatoletta nera. La spinge in direzione di Haymitch facendola scorrere sul tavolo finché lui non allunga un braccio per prenderla.
La apre rivelando al suo interno un braccialetto d’oro massiccio decorato con dei bassorilievi che formano un intreccio di fuoco. È molto bello, ma Haymitch lo guarda con sufficienza e bofonchiando qualche ringraziamento lo infila.
-È per il fatto della squadra, ricordate? – chiede più rivolta a me che al nostro mentore –Ho pensato molto a cosa potevo fare per te, Peeta. C’è qualcosa che ti piacerebbe in particolare?
La domanda mi coglie alla sprovvista. Non avevo più pensato all’idea di Effie, devo ammetterlo, ma mi viene un’idea che potrebbe essermi utile.
-Vorrei un medaglione – dico – Di quelli che contengono le foto.
Mi alzo di scatto e vado in salotto, dove ricordo di aver visto dei fogli di carta e matite. Faccio un rapido schizzo per far capire ad Effie cosa intendo.
-Oh! – esclama –E che foto vorresti all’interno?
Ancora in piedi, passo dall’altro lato del tavolo e bisbiglio nell’orecchio di Effie –Prim, la madre di Katniss e.. Gale.
-D’accordo – dice Effie un po’ perplessa –Vedrò quello che posso fare.
-Allora qual è la nostra strategia quest’anno? – chiedo ad Haymitch per cambiare discorso.
-Più o meno la  stessa dello scorso anno, con una piccola sostanziale differenza – spiega Haymitch soppesando ogni parola con attenzione.
-Quale? – chiedo curioso.
-Non potete pensare di farcela in due.
-Quindi significa che dovremo formare un’alleanza con quella gente? – chiedo incredulo.
-Si dà il caso che quella gente potrebbero essere vostri nemici se non saranno vostri amici. Quindi ci penserei due volte prima di mettermi contro tutti quanti sperando di cavarmela. Con le vostre forze non andrete da nessuna parte: non da soli.
-Ma… - cerco di dire.
-Niente “ma”, niente “forse”. È un ordine.
Arrabbiato torno alla mia colazione, infilzando delle uova con un po’ troppa forza. Dopo qualche istante di silenzio Haymitch mi lascia solo senza dire nulla. Lo guardo di sfuggita mentre scompare dalla stanza, ancora arrabbiato con lui perché so che purtroppo ha ragione.
Sarà un problema convincere Katniss a collaborare. E sarà un problema per me proteggerla dovendomi preoccupare anche di mantenere un’alleanza.
Finisco di mangiare lentamente, non voglio appesantirmi troppo per gli allenamenti.
Katniss non si fa viva, per quanto tempo impieghi a finire il pasto. Dopo un po’ che aspetto in cucina sotto gli sguardi pesanti dei senza voce decido di andare in balcone ad aspettare.
Fuori mi attende l’aria fresca della mattina e il luccichio di Capitol City sotto il sole già alto. Per quel che non concerne gli abitanti questa città è incredibilmente bella. Affascinante, diversa, moderna.
Non so quanto tempo passi, molto credo. A un certo punto Haymitch torna e inizia a camminare avanti e indietro per la stanza. Quando il suo movimento inizia a infastidirmi gli chiedo –Che succede?
-Quella ragazza mi sta facendo innervosire già da subito – dice in un ringhio. Poi gira i tacchi e si fionda nel corridoio.
Subito dopo si sentono i colpi sulla porta di Katniss – Non so cosa tu abbia in mente, signorina, ma è meglio che ci grazi della tua presenza SUBITO! – grida Haymitch.
Dopo ancora qualche minuto che la aspettiamo in sala da pranzo, fa capolino dal corridoio con una strana espressione sul volto.
-Sei in ritardo – dice Haymitch sprezzante.
-Scusate. Ho recuperato un po’ di sonno dopo che gli incubi sulle lingue mutilate mi hanno tenuta sveglia quasi tutta la notte – dice, cercando di essere tagliente quanto il mentore.
-Va bene – conviene Haymitch ammorbidendosi – Lasciamo stare. Oggi durante l’allenamento avete due compiti. Il primo è essere innamorati.
-Ovviamente – incalza lei.
-E il secondo è farvi degli amici – continua Haymitch esponendole quello che ha già detto a me poco prima.
-No – risponde secca – Non mi fido di nessuno di loro. E quasi tutti non li sopporto. Preferirei contare solo su noi due.
-È quello che ho detto anch’io all’inizio, ma… - cerco di intervenire per aiutare Haymitch, ma lui mi interrompe inesorabile.
-Non ce la potete fare. Vi serviranno degli alleati, stavolta.
-Perché? – chiede Katniss, ancora diffidente.
-Perché siete svantaggiati. Gli altri concorrenti si conoscono da anni. Chi pensate che prenderanno di mira per primi?
-Noi – risponde con una certa ovvietà Katniss – E non possiamo fare niente per superare quelle vecchie amicizie. E allora perché provarci?
-Perché sapete combattere. Perché il pubblico vi ama. Questo potrebbe rendervi alleati desiderabili. Ma solo se farete sapere agli altri che volete fare squadra con loro.
-Significa che quest’anno vuoi che stiamo con il branco dei Favoriti? – chiede disgustata.
Quel disgusto è anche verso di me che l’anno scorso sono stato costretto ad andare con i tributi dei Distretti 1, 2 e 4 per salvarmi. E per salvarla.
-È stata la nostra strategia, no? Allenarci come i Favoriti – insiste Haymitch – E di solito i membri del gruppo dei Favoriti vengono scelti prima dell’inizio dei Giochi. Peeta l’anno scorso riuscì a entrarci per un pelo.
-Per cui dobbiamo cercare di metterci con Finnick e Brutus… è questo che stai dicendo? – chiede Katniss, più convinta, ma quasi spaventata al pensiero.
-Non necessariamente. Sono tutti vincitori. Formate un gruppo vostro, se volete. Scegliete chi vi pare. Io vi suggerirei Chaff e Seeder, per quanto anche Finnick non sia da ignorare – dice Haymitch.
L’idea di quel belloccio da quattro soldi che gironzola continuamente attorno a Katniss mi fa rabbrividire dalla gelosia.
-Trovate qualcuno che possa esservi utile – continua - Ricordate che non siete più in un’arena piena di ragazzini tremanti. Questi individui sono assassini esperti, anche quelli che vi sembrano meno in forma.
Il viso di Katniss si rannuvola e si avvolge in pensieri impenetrabili.
-Ci proverò – dice infine, ma con pochissima convinzione e un tono stizzito.
Effie arriva poco dopo, anche se è in anticipo rispetto all’orario di inizio degli allenamenti insiste nel portarci giù di sotto, ma Haymitch la ferma  e la costringe a mandarci da soli perché non vuole che si abbia l’impressione che abbiamo bisogno di una babysitter.
Così ci scorta solamente fino all’ascensore e preme il pulsante dopo averci sistemato un po’ i capelli e i vestiti. Andiamo giù a tutta velocità. Sia io che Katniss restiamo in silenzio, ma prima di uscire allungo la mia mano verso la sua e non si allontana.
Quando arriviamo là ci sono solamente i tributi del Distretto 2. Brutus ed Enobaria che stanno in disparte a testa alta: sicuri di sé.
Se ci sono persone con cui non mi voglio alleare, sono sicuramente loro, nonostante siano favoriti e sicuramente forti. Ma non sono queste le uniche doti necessarie per formare un gruppo.
Alle dieci Atala, la donna incaricata di gestire gli allenamenti, inizia il suo discorso, presentando le varie postazioni. Sembra non preoccuparsi minimamente del fatto che manca circa la metà dei tributi.
Quando ha finito Katniss mi bisbiglia qualcosa sull’allenarsi separatamente e mentre lei si incammina da un lato del Centro di Addestramento, io seguo Brutus e Chaff verso la postazione delle lance.
È una cosa in cui ero abbastanza bravo quindi voglio solo riprenderci mano e magari farmi vedere in qualcosa in cui riesco bene.
Voglio osservare attentamente Brutus, sebbene non abbia intenzione di allearmi con lui perché preferirei non ritrovarmelo contro ad un passo dalla vittoria e inoltre ho la possibilità di conoscere meglio Chaff, l’amico di Haymitch che lui stesso ci ha consigliato come alleato.
Cerco di fare due parole, ma come mi aspettavo è solo Chaff ad amare la conversazione. Gli unici suoni emessi da Brutus sono i grugniti di quando scaglia le lance con tutta la sua forza, mandandole a conficcarsi sempre al centro del bersaglio.
Dopo un po’ di tempo scelgo di cambiare postazione, do un’occhiata a Katniss che è alla postazione dei nodi con Finnick e, anche se so che non dovrei essere geloso, mi viene quasi voglia di farci un salto. Ma rinuncio.
Il belloccio del Distretto 4 potrebbe essere un buon alleato e non sarà la mia gelosia a impedirci di avere membri forti nella nostra squadra.
Così capito nella postazione di lancio dei coltelli dove trovo Cashmere e Gloss, i fratelli del Distretto 1, che si stanno allenando. Sono freddi  e precisi come macchine: sembra quasi una caratteristica intrinseca degli abitanti di quel Distretto.
Inizio a lanciare coltelli un po’ in disparte, gettando frequentemente occhiate nervose ai loro movimenti perfetti.
I coltelli che ci sono qua, e quindi quelli che troveremo nell’arena, sono molto diversi da quelli con cui abbiamo fatto pratica al Distretto 12 quindi ci metto un po’ ad ottenere un lancio decente. Continuo per parecchio tempo, cercando di arrivare ad avere scioltezza e aspettando un momento buono per scambiare qualche battuta.
-Ehi fornaio! – attacca bottone Gloss – Dovresti mirare una spanna più in alto.
Provo a seguire il consiglio e mi avvicino al centro del bersaglio molto più di prima.
-Grazie mille. Voi due siete davvero bravissimi.
Cashmere sorride, non li avrei fatti così gentili. A differenza di Brutus ed Enobaria loro sembrano molto più “umani”.
Si aggiungono alla nostra postazione anche Chaff, Seeder e qualche tributo di cui non ricordo il nome o che non riconosco perché troppo vecchio. Diventa un gruppo piuttosto folto e tutti vogliono consigli dagli specialisti. Inizia ad esserci persino troppa confusione per i miei gusti, ma resto perché è una buona occasione per fare conoscenza.
Faccio un giro con lo sguardo per tutta la palestra, noto i morfaminomani del Distretto 6 impegnati a sporcarsi di vernice alla postazione di mimetizzazione, Finnick alla postazione di tiro con l’arco e Johanna che è inspiegabilmente nuda e si sta oliando il corpo per una sessione di lotta. Sicuramente sa come attirare l’attenzione.
Qualcuno si presenta e cerco di associare nomi e facce con i tributi che ho visto nei loro anni migliori sullo schermo della televisione.
-Quei due staranno cercando di accendere un fuoco da più di un’ora – esclama qualcuno puntando il dito verso i tributi del Distretto 3 facendo suscitare una generale ilarità. Lì vicino c’è anche Katniss, che col fuoco è abbastanza brava, ma sta comunque china a testa bassa sul suo lavoro e non si accorge di nulla. Non vado in sua direzione perché credo sia ancora arrabbiata ed è meglio lasciarla in pace per un po’.
Dopo un po’ esco dalla cerchia e vado alla postazione di mimetizzazione che è un po’ defilata e sicuramente più tranquilla. L’istruttore si ricorda di me e si complimenta per il mio travestimento dell’anno scorso dentro l’Arena.
Si propone di spiegarmi delle tecniche avanzate soprattutto su come camuffare un rifugio e lo sto ad ascoltare volentieri. Quando credo di essermi esercitato abbastanza raggiungo i due tributi del Distretto 6. Entrambi hanno vinto nascondendosi e sopravvivendo agli altri, ma dubito che quest’anno riusciranno ad andare lontani. Sono scheletrici e sicuramente anni di droghe hanno distrutto sia il fisico che la mente.
Mi presento e mi salutano cortesemente e con allegria, spontanei, non come gli altri tributi che fino ad ora hanno mostrato una confidenza studiata in ogni minimo dettaglio.
Mi diverto un po’ con loro e facciamo dei disegni insieme. All’inizio provo a insegnargli qualcosa per conoscere qualche trucco in cambio, ma capisco che è inutile e preferisco solo passare un po’ di tempo rilassandomi.
Qualcuno picchietta con un dito sulla spalla, mi volto e mi arriva una manata di colore sulla faccia.
Quando mi tolgo la vernice dagli occhi vedo Johanna che ride rumorosamente.
-Scherzetto! – esclama.
Rido anche io, mentre senza farmi vedere intingo due dita dentro un vasetto di colore. Faccio un mezzo passo in sua direzione e le rigo una guancia. Mi guarda stupita e ammirata.
-Complimenti, fornaio! Allora non sei così timido quanto sembri – esclama.
Il commento sulla mia timidezza mi fa chiudere un po’ in me stesso. Forse Johanna sta soltanto cercando di mettermi alla prova, ma è simpatica e divertente, a differenza di molti altri in questa palestra, e anche se a Katniss non dovesse piacere come alleata questo non mi impedisce di scambiarci due chiacchiere.
Sto pensando a cosa potrei dire quando lei incalza –Credo che dovresti stare attento alla tua ragazza. Lei, Lampadina e Rotella sembrano una squadra abbastanza affiatata. Il vecchio zio Haymitch vi ha dato il compito di farvi degli amichetti?
Capisco la metà delle cose che dice da quanto parla veloce, mi guardo attorno per cercare Katniss e la trovo alla postazione di tecnica dei ripari con i due tributi del Distretto 3: Wiress e Beetee.
-Lampadina e… Rotella? – Chiedo incerto, ignorando la sua allusione alla strategia del nostro mentore.
-Ah giusto, voi due siete i “nuovi” – dice marcando attentamente la parola – Non potete di certo sapere i soprannomi – spiega interrompendosi di nuovo per una sonora risata. Credo che ci stia facendo apposta in modo da attirare l’attenzione di Katniss verso noi due che ridiamo e scherziamo insieme, ma lei è troppo lontana o troppo impegnata per girarsi a guardare noi.
-Beetee è un inventore, è davvero molto bravo quindi lo chiamiamo Lampadina mentre Wiress.. be’ lei è Rotella – dice picchiettandosi la testa con un dito e roteando i grandi occhi.
Fa una smorfia talmente buffa che non trattengo le risate.
-Dai, so che sei davvero bravo con la mimetizzazione. Io invece sono negata, ti va di spiegarmi qualcosina? Poi ricambio con quello che vuoi…
Il “quello che vuoi” è detto con un sibilo fin troppo sensuale, ma non voglio farmi strane idee. Johanna è furba, sexy e sa come muoversi per ottenere ciò che vuole. Un avversaria temibile, ma un’alleata desiderabile.
No, non convincerò mai Katniss a questo.
In ogni caso accetto a dipingerle il volto per insegnarle quello che so sulla mimetizzazione. Mi ascolta rapita e non sentirla parlare a macchinetta come fa sempre mi fa sentire in imbarazzo. Quando le coloro la pelle cerco di sfiorarla il meno possibile.
Viene annunciato il pranzo, mi prende a braccetto e mi trascina in modo fin troppo amichevole alla sala da pranzo. Ad ogni persona che incontra non dimentica di far notare la mia bravura dipinta sul suo volto. Cerco di evitare i complimenti ma è inevitabile.
Riesco a divincolarmi dalla sua stretta con la scusa di sistemare i tavoli appena prima dell’arrivo di Katniss dentro la stanza. Se era arrabbiata con me prima di certo se mi ha visto con Johanna la situazione non può essere migliorata.
Inizio a cercare Katniss mentre gli altri finiscono di unire tutti i tavolini in un unico grande tavolo attorno al quale possiamo mangiare tutti insieme. Sembra quasi che siamo dei vecchi amici che fanno una rimpatriata, e per molti dei vincitori un po’ è vero.
Prendo un vassoio e inizio a fare un giro attorno alle pietanze, la raggiungo davanti allo stufato.
-Come va? – chiedo tranquillamente.
-Bene. Me la cavo. Mi piacciono i vincitori del Distretto 3: Wiress e Beetee.
-Davvero? – chiedo un po’ sorpreso che a Katniss possa piacere qualcuno – Gli altri non fanno che prenderli in giro.
-Chissà perché la cosa non mi stupisce – commenta acida.
-Johanna li ha soprannominati Rotella e Lampadina. Credo che lei sia Rotella e lui Lampadina – continuo io, ma appena nomino Johanna storce il naso.
-Quindi sono stata una stupida a pensare che potrebbero esserci utili? E tutto per una cosa che Johanna Mason ha detto mentre si oliava il petto prima di una sessione di lotta – sbotta.
-In realtà credo che quei soprannomi siano in giro da anni. E non volevo screditarli. Ti sto solo riferendo quello che ho sentito – rispondo io cercando di restare calmo e magari far calmare anche lei.
-Be’ Wiress e Beetee sono intelligenti. Inventano cose. Hanno capito con un’occhiata che avevano alzato un campo di forza tra noi e gli Strateghi. E se dobbiamo avere degli alleati, voglio loro – dice lasciando cadere il mestolo nella pentola di stufato e schizzando tutto attorno, compresa la mia camicia.
-Perché sei così arrabbiata? – chiedo mentre cerco di togliere le macchie –Perché ti ho stuzzicata in ascensore? Scusami. Pensavo ci avresti riso sopra.
-Lascia stare – risponde scuotendo il capo – È per un sacco di motivi.
-Darius.
-Darius. Gli Hunger Games. Haymitch che ci vuole far alleare con gli altri.
-Possiamo cavarcela anche da soli, lo sai – cerco di rassicurarla.
-Lo so. Ma forse Haymitch ha ragione – dice – Solo non dirgli che l’ho detto.
-Be’, ti lascio l’ultima parola sui nostri alleati. Per il momento però io sarei per Chaff e Seeder – comunico. Fin’ora sono le due persone più “vere” che ho incontrato qua dentro.
-Seeder mi sta bene, Chaff no – ribatte – Non ancora, almeno.
-Andiamo a mangiare con lui. Ti prometto che non lascerò che ti baci un’altra volta – scherzo con un sorriso incoraggiante.
Ci sediamo per ultimi e fortunatamente ci fanno spazio vicino a Chaff. Parliamo un po’ e lui fa un sacco di battute. Katniss si sforza di essere cordiale e gli riesce fin troppo bene per i suoi standard.
Dopo pranzo gironzolo tra le piattaforme, faccio conoscenza con Beetee e Wiress e li trovo persone molto serie e spontanee. Capisco perché siano piaciute tanto a Katniss, ma non posso che pensare se sarebbero un aiuto o un peso nell’Arena.
Mi sento male a ragionare in questo modo. Come uno Stratega, assegno punti ai vari tributi. Calcolo se sarebbero utili o troppo temibili come avversari.
Quelli che sto iniziando a conoscere come persone saranno soltanto strumenti per vincere e non  ce la faccio a considerarli in questo modo.
Faccio conoscenza con molte altre persone, mi alleno con la spada assieme ad Enobaria, la spaventosa donna del Distretto 2. Ogni volta che mostra i denti placcati d’oro rabbrividisco.
Alla postazione delle trappole incontro Finnick che mi presenta la sua compagna di Distretto Mags. La accompagna ovunque come fosse la sua nonnina e capisco che dev’essere terribile per lui averla lì affianco a sé e sapere che non tornerà indietro.
Ad un certo punto mi accorgo che tutti stanno in silenzio e un gruppo di persone si sta infoltendo a guardare chissà cosa. Sopra le loro teste vedo degli uccelli finti che cadono uno ad uno colpiti da delle frecce argentee.
Quando mi avvicino vedo, come immaginavo che è Katniss a tirare, completamente ignara del fatto che tutti la stiamo guardando ammirati.
Non l’avevo mai vista tirare con l’arco. Solo sentito i racconti al Distretto che la dipingevano come una campionessa. Tutto vero, ogni mossa sembra così naturale quando lei ha l’arco stretto tra le dita, la corda tesa e la freccia incoccata alla perfezione senza neanche doverci pensare. Ha un talento naturale e mortale.
Quando si rende conto che attorno c’è troppo silenzio smette di puntare ai bersagli e si gira in direzione della sua platea per poi mollare tutto ed allontanarsi, forse imbarazzata.
L’allenamento finisce poco dopo e torniamo all’attico per aspettare Haymitch ed Effie prima di cenare.
Appena ci sediamo a tavola tutti insieme Haymitch incalza Katniss – Così almeno metà dei vincitori hanno detto ai loro mentori di chiedere te come alleata, Katniss. E so che non è per il tuo carattere solare.
-L’hanno vista tirare con l’arco – mi intrometto io per spiegare – In effetti anche per me era la prima volta che la vedevo tirare per davvero. E ho intenzione di fare anch’io richiesta formale di averla come alleata.
-Sei così brava? – le chiede Haymitch – Così brava che Brutus ti vuole?
-Ma io non voglio Brutus – dice Katniss con una scrollata di spalle quasi come per togliersi di dosso i complimenti – Voglio Mags e i due del Distretto 3.
-Sì, come no… - sospira Haymitch il cui entusiasmo è visibilmente scemato ordina una bottiglia di vino e conclude – Dirò a tutti che devi ancora decidere.
Nei due giorni seguenti continuiamo gli allenamenti. Tutti ronzano attorno a Katniss e sembra quasi che la cosa non le dia neanche troppo fastidio.
Passo il tempo ad imparare cose nuove e inizio a conoscere le persone che dovrò affrontare. Adesso non sono più i ragazzini sui nastri che Effie mi ha mandato, non più i vincitori di qualche edizione, sono persone e dovranno morire per far tornare a casa Katniss e magari scatenare una rivolta.
L’ultimo giorno si conclude con le sessioni private assieme agli Strateghi. Durante questi giorni non ho pensato minimamente a cosa potrei fare. E in effetti è abbastanza strano, gli Strateghi ci conoscono già bene. Sicuramente conoscono me e Katniss che siamo entrati nell’arena solo l’anno scorso.
Vorrei fare qualcosa di eclatante, come la freccia di Katniss. Qualcosa che li turbi profondamente. Qualcosa che abbia a che fare con la protesta dei distretti, ma più ci penso, più non mi viene in mente nulla.
A pranzo ne parliamo tutti insieme. Ci scherziamo sopra perché effettivamente a nessuno importa veramente di questo momento.
Io e Katniss saremo gli ultimi e dopo un po’ che la sala si svuota rimaniamo soli.
-Hai già deciso cosa fare per gli Strateghi? – chiedo prendendo le sue mani fredde tra le mie.
-No – dice scuotendo la testa sconsolata – Quest’anno non posso usarli come bersagli, visto che hanno alzato un campo di forza. Magari farò qualche amo da pesca. E tu?
-Non ne ho idea. Continuo a pensare che sarebbe bello preparare una torta o qualcosa del genere – scherzo, ma fin’ora quella è davvero l’idea migliore che ho avuto.
-Prova con qualche tecnica mimetica – suggerisce Katniss.
-Sempre che i morfaminomani abbiano lasciato qualcosa con cui lavorare. Sono rimasti incollati a quella postazione da quando è iniziato l’addestramento.
-Come faremo a uccidere queste persone, Peeta? – chiede tutto d’un fiato, per gettare fuori la sua paura tutta in un botto.
-Non lo so – dico. E non lo so davvero. Più cerco di non pensarci, più mi rendo conto di quanto sarà difficile. Appoggio la fronte sulle nostre mani. L’unica sicurezza che ho è che saremo insieme ad affrontarlo.
-Non li voglio come alleati. Perché Haymitch ha voluto che li conoscessimo? Renderà tutto ancora più difficile dell’altra volta, a parte forse per Rue. Anche se credo che non avrei mai potuto ucciderla. Assomigliava troppo a Prim.
Qualcosa mi guizza in mente. Rue, la rabbia delle persone nel Distretto 11. Il loro silenzioso saluto e la immediata repressione.
-La sua morte è stata la più brutta, vero? – chiedo più per dare solidità alle mie idee che per un’effettiva conferma.
-Nemmeno le altre sono state molto carine – ribatte lei.
Ed è ora per me di andare, ma finalmente so cosa devo fare.
Entro nella stanza dell’addestramento scortato da due pacificatori che si schierano a lato della porta appena la attraverso. Chiudono a chiave e restano là sull’attenti.
Gli Strateghi mi guardano curiosi: diversamente dall’anno scorso qua siamo tutti interessanti. Siamo tutti Vincitori, non timidi ragazzini.
Non perdo ulteriore tempo a controllare se mi stanno guardando. Questa volta basterà quello che farò ad attirare la loro attenzione.
Prendo un telo dalla postazione dei rifugi e poi mi fiondo alla postazione di mimetizzazione, come suggerito da Katniss, ma voglio fare qualcosa di speciale.
Fortunatamente qualcuno ha pensato bene di riempire di nuovo i colori dopo che i morfaminomani li avevano usati ininterrottamente per tre giorni. Così prendo il viola, il bianco, il verde e li porto al centro della stanza.
Il pavimento è di cemento grezzo e sterile. Lo fisso cercando di focalizzarmi sull’immagine di Rue, coperta di fiori, così come Katniss l’ha lasciata prima che l’Hovercraft venisse a prendere il suo corpo senza vita.
La vedo sotto le palpebre e inizio a dipingere con le dita, prima l’erba e gli steli dei fiori tutt’attorno, lasciando un buco al centro per non rivelare le mie intenzioni, poi i fiori di campo, a piccole macchie viola  e bianche.
Poi torno alla postazione e prendo il marrone e il nero talmente di fretta che faccio cadere metà degli altri barattoli sul pavimento per paura di non fare in tempo. Disegno i capelli ricci e scuri, un vestito bianco come quello di un angelo, le mani incrociate sul petto. Poi il volto, sereno, ma con una smorfia di dolore. Quando ho finito copro tutto con il telo e rizzatomi in piedi mi schiarisco la voce.
Noto con piacere che molti non hanno capito quello che stavo facendo, anzi, credo tutti. Perché sono stato attento a coprire l’opera con il corpo mentre disegnavo.
-Allora Signor Mellark? – chiede Plutarch Havensbee dopo qualche minuto di silenzio.
Con un gesto abbastanza teatrale scopro il ritratto di Rue, faccio un profondo inchino ed esordisco –Grazie per la vostra considerazione.



Direi che l'unica cosa che posso fare è scrivere un'interminabile serie di scuse nei vostri confronti per avervi fatto attendere così tanto dopo una serie di promesse che facevo più a me stesso che altro. Mi dispiace moltissimo che la storia abbia subito un periodo così lungo di totale inattività, ma la scrittura non è il mio unico interesse ed è passato purtroppo in secondo piano in questo periodo estivo, sebbene sperassi invece di riuscire a fare molto più di così.
Mi auguro che continuerete a seguire questa fanfiction fino alla fine
.
Io dal mio canto continuerò ad impegnarmi al massimo come ho sempre fatto e come cerco di fare tutt'ora quando mi dedico a questa attività.

Ancora mille scuse.
-samubura-


p.s.
Mi sono accorto che ho fatto un discorso moooolto serio che non mi si addice troppo ahaha
Manca "poco" e spero di farcela D:
Nel frattempo godetevi questo capitolo (lungo e sofferto) e fatevi sentire perché mi siete mancati un sacchissimissimo! :*

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 17 ***


Dietro di me le reazioni scomposte degli Strateghi mi fanno intuire che hanno capito di cosa si tratta. Mi strappano un sorriso, ma non mi volto a guardare il panico che ho seminato.
Scappo in ascensore e corro in camera. Voglio solo rilassarmi e aspettare il momento buono per rivelare quello che ho fatto.
Mi infilo sotto il getto caldo della doccia e i pensieri iniziano a sgorgare dalla mia mente.
Quello che ho fatto potrebbe ritorcersi contro me e Katniss. È stato un gesto avventato, che non mi si addice, ma sentendo parlare Katniss, mente riviveva gli istanti della morte di quella ragazzina che praticamente neanche conoscevo, mi ha fatto sentire il dovere di fare qualcosa. Di far capire loro che non hanno il diritto di prendersi le nostre vite senza neanche avere i sensi di colpa.
Ho voluto farli sentire responsabili per un istante. Mettere davanti a loro la nuda realtà della morte. Fargli capire cosa significa: che non è solo un gioco, un intrattenimento.
Sicuramente adesso saranno arrabbiati. E non è un bene.
Ma la sfida che Katniss aveva lanciato loro l’anno scorso era stata un suo punto a favore, chissà se anche io sarò fortunato.
Non vedo l’ora di dirglielo. Un po’ l’ho fatto anche per lei.
Ho le mani sporche di colore, cerco di strofinarne via il più possibile, ma resta sulla pelle in alcuni punti.
Sì è fatto troppo tardi per continuare a lavarmi. Esco dalla doccia e mi do un’asciugata veloce, mi vesto, anche se ho ancora i capelli umidi e mi dirigo in sala da pranzo dove trovo tutti gli altri che aspettando trepidanti i nostri racconti.
Non so se mentire e poi raccontare la verità solo a Katniss. Ho paura che possano arrabbiarsi con me.
Nessuno parla fino a che mangiamo la zuppa. Poi è Haymitch, come al solito a iniziare con le domande.
-Allora, com’è andata la vostra sessione privata?
-Prima tu – mi dice Katniss dopo un’occhiata –Deve essere stata una cosa davvero speciale. Ho dovuto aspettare quaranta minuti prima di entrare.
-Be’, io… - penso di dire una bugia – Ho fatto un esercizio di mimetismo, come mi avevi suggerito tu, Katniss – e potrei cavarmela benissimo così, ma sento il bisogno di dire la verità. Quel che è fatto è fatto – Cioè, non proprio di mimetismo. Però ho usato i colori.
-Per fare cosa? – chiede Portia curiosa. Da sempre mi supporta con il mio talento nella pittura.
-Hai dipinto qualcosa vero? – prova a indovinare Katniss – Una specie di quadro.
-Lo hai visto? – chiedo speranzoso.
-No ma si erano dati un gran daffare per coprirlo – spiega.
-Be’ questo è normale. Non possono lasciare che un tributo sappia cosa ha fatto quello prima – interviene Effie, sempre attenta ai regolamenti – Cosa hai dipinto, Peeta? Un ritratto di Katniss?
-Perché avrebbe dovuto dipingere un mio ritratto, Effie? – chiede Katniss infastidita al pensiero.
-Per far capire che farà di tutto per difenderti. E comunque è quello che si aspettano tutti, a Capitol City. Non si è offerto volontario per entrare nell’arena con te?
-In realtà ho dipinto un ritratto di Rue – confesso, per porre fine a questi discorsi che mi mettono in imbarazzo – Di come era dopo che Katniss l’aveva coperta di fiori.
Tutti stanno in silenzio per un po’ troppo tempo. Per assimilare la cosa.
È Haymitch, che con molta calma e scegliendo accuratamente le parole, riprende la conversazione.
-E con questo cosa volevi ottenere, esattamente? – chiede.
-Non lo so bene – rispondo per prendere tempo e riflettere su una risposta sensata. Non ho pensato, ho agito –Volevo solo che si sentissero responsabili, anche solo per un momento. Di aver fatto morire quella ragazzina.
-Ma è orribile! – grida Effie –Questo genere di pensieri… sono proibiti, Peeta. Assolutamente proibiti. Attirerai soltanto altri guai su te e Katniss.
-Questa volta mi tocca essere d’accordo con Effie – dice Haymitch.
Lancio uno sguardo a Katniss, che invece sembra appoggiarmi.
-Immagino non sia un buon momento per dirvi che io ho impiccato un manichino e ci ho scritto sopra il nome di Seneca Crane, vero?
-Tu… hai impiccato… Seneca Crane? – chiede Cinna sconvolto. Fin’ora era rimasto in silenzio ma con una faccia molto seria.
-Sì. Stavo facendo vedere come sono diventata brava a fare i nodi e all’improvviso me lo sono trovato appeso al cappio – risponde con naturalezza e spontanea irriverenza.
-Oh, Katniss – sussurra Effie – Ma come fai a sapere di questa cosa?
-È un segreto? A giudicare da come ne parlava il presidente Snow non sembrava. Anzi, sembrava che non vedesse l’ora di dirmelo.
Per Effie è troppo, si alza da tavola nascondendo il viso nel tovagliolo.
-Neanche ci fossimo messi d’accordo – commento io con un sorriso. È stata grandiosa. Se il mio gesto era una sfida, adesso sembra uno scherzo da bambini in confronto al suo.
-E non lo avete fatto? – chiede Portia incredula. Sembra veramente sconvolta, come tutti d’altronde.
-No – risponde Katniss –Prima di entrare nessuno dei due sapeva cosa avrebbe fatto l’altro – spiega rivolgendomi un sorriso di ammirazione.
-E c’è un’altra cosa, Haymitch. Abbiamo deciso che non vogliamo alleati nell’arena.
-Bene. Così non sarà colpa mia se farete morire qualche mio amico con la vostra stupidità – risponde Haymitch che adesso è veramente arrabbiato.
-È esattamente quello che pensavamo anche noi – conclude Katniss.
Il resto del pasto lo finiamo in silenzio. Nessuno ha più voglia di parlare oltre.
Quando lasciamo la tavola per andare in salotto sono preoccupato per i punteggi che potremmo aver ricevuto. Sono una cosa importante e noi abbiamo preso la situazione sotto gamba.
-Hanno mai dato uno zero? – chiede Katniss.
-No, ma c’è sempre una prima volta – risponde Cinna, seduto vicino accanto a lei.
Ma dopo che i volti degli altri tributi scorrono con una serie di numeri che non ricordo ed arriva il nostro turno scopriamo che abbiamo preso entrambi il massimo: dodici.
-Perché l’hanno fatto? – chiede Katniss.
-Così gli altri non potranno fare altro che prendervi di mira – spiega Haymitch – Andate a letto. Non sopporto la vista di nessuno dei due.
Aver deluso Haymitch fa male, inoltre pronuncia le parole con un’estrema freddezza. Lo preferirei arrabbiato e magari ubriaco a questo stato di profonda inquietudine in cui l’abbiamo gettato nonostante cerchi di nasconderlo.
Ci alziamo insieme e ci avviamo silenziosamente verso le nostre rispettive stanze.
Quando siamo davanti alla sua porta, Katniss mi abbraccia appoggiando la testa sul mio petto. Le accarezzo la schiena.
-Mi dispiace se ho peggiorato le cose – sussurra.
-Non più di quanto abbia fatto io. Ma tu perché l’hai fatto? – chiedo. Il gesto di Katniss è stato ardito: una sfida aperta agli strateghi.
-Non lo so. Forse per dimostrare che non sono soltanto una pedina del loro Gioco – risponde citando le mie parole dell’ultima sera prima degli Hunger Games. Quella volta non aveva capito quel che intendevo, adesso sì.
-Anch’io – concordo – E non sto dicendo che non ci proverò. A riportarti a casa, dico. Ma se devo essere sincero…
-Se devi essere sincero, pensi che il presidente Snow abbia dato ordini precisi per fare in modo che noi due moriamo nell’arena in ogni caso.
È un’idea che ho avuto anche io, ma detta ad alta voce suona ancora più terribile – Sì l’ho pensato.
Fin dall’inizio l’Edizione della Memoria sembrava troppo perfetta. Katniss sarebbe tornata comunque nell’Arena, e sarebbe morta. Il presidente non si sarebbe dovuto macchiare le mani del suo sangue e l’avrebbe eliminata senza problemi, in diretta nazionale, facendo vedere a tutti quanto il suo pugno di ferro ci tiene stretti.
Ma c’è speranza nei distretti, e forse possiamo fare ancora qualcosa per alimentare quel fuoco di vendetta che anima i cuori dei cittadini di Panem.
-Ma anche se dovesse succedere, tutti sapranno che ce ne siamo andati combattendo, giusto? – chiedo.
-Giusto – risponde determinata. Adesso che siamo sciolti dall’abbraccio riesco a vederla in faccia. Aggrotta le sopracciglia pensierosa e resta per un po’ in silenzio.
-Cosa credi che dovremmo fare nei nostri ultimi giorni di vita? – chiede con un mezzo sorriso triste.
-Io voglio soltanto passare ogni minuto che mi resta da vivere insieme a te – rispondo senza neanche pensarci. E probabilmente ho fatto male.
-E allora vieni – dice invece mentre mi trascina in camera sua.
Dormiamo insieme, lei tra le mie braccia. In un attimo sprofonda in un sonno profondo. Resto a guardarla per un po’ anche se è buio, ma solo percepire la sua calda presenza accanto a me mi infonde tranquillità.
La mattina ci sveglia il sole caldo di che fa brillare Capitol City. Nessun grido.
-Niente incubi? – le chiedo.
-Niente incubi – conferma – E tu?
-Niente. Mi ero dimenticato cosa voleva dire una notte intera di sonno – rispondo sorridendo.
Nessuno dei due ha fretta di alzarsi. Restiamo a letto: domani sera ci saranno le interviste quindi dovremmo prepararci con Haymitch ed Effie come l’anno scorso probabilmente. A me non era andata poi così male, ma per Katniss era stato un vero disastro.
A sorpresa entra nella nostra stanza la senza voce con un biglietto. Katniss lo prende subito e legge poi si mette a ridere. È da parte di Effie e dice che dato che quest’anno abbiamo avuto il Tour della Vittoria siamo già pronti per la nostra apparizione televisiva.
-Davvero? – chiedo strappando il biglietto di mano a Katniss per leggerlo con i miei occhi.
In effetti credo che Effie sia ancora arrabbiata con noi per la faccenda delle sessioni private, e anche Haymitch, ma sono comunque contento di potermi rilassare un po’.
-Sai cosa vuol dire? – dico entusiasta – Che avremo tutto il giorno per noi.
-Peccato che non possiamo andare da nessuna parte – dice Katniss sconsolata.
Ma un posto c’è. E appena nomino la terrazza sul tetto i suoi occhi si illuminano come se se ne fosse dimenticata.
Iniziamo subito a preparare la nostra giornata. Ordiniamo un sacco di cose da mangiare, portiamo via qualche coperta e allestiamo in quattro e quattr’otto un picnic coi fiocchi nel giardino.
Passiamo lì tutto il giorno, a prendere il sole, io disegno mentre Katniss intreccia dei viticci e fa collane di fiori. Passiamo un po’ di tempo giocando con il campo di forza lanciando una mela per poi riprenderla mentre viene sparata indietro.
Nessuno viene a darci fastidio, ci siamo solo io e lei, sul tetto del mondo. A passare del tempo che non potremo mai più avere.
Mentre è sdraiata con la testa sulla mia pancia e io intreccio le dita tra i suoi capelli mi rendo conto che questo sarà il mio unico bel momento prima dell’arena. L’ultimo. Il pensiero cui volgerò lo sguardo quando starò per morire.
-Vorrei poter fermare il tempo e vivere così per sempre – dico. Bloccandomi come se veramente potessi arrestare il corso del destino.
-Va bene – risponde scherzando.
-Allora sei d’accordo? – dico trattenendomi dal ridere.
-Sono d’accordo – dice, poi si addormenta.
Sto fermo per non svegliarla e la guardo dormire tranquilla. Quando mai potremo ancora dormire sonni sereni?
È quando il sole inizia a scendere verso la linea dell’orizzonte che la scuoto dolcemente per la spalla. Quanti altri tramonti potremo vedere?
-Ho pensato che non te lo volessi perdere – mi giustifico.
-Grazie – risponde e resta incantata seduta accanto a me ad ammirare lo spettacolo della città che sfavilla sotto i raggi arancioni. Sembra un grande fuoco che brucia intensamente.
Restiamo finché il cielo non raggiunge una tinta blu uniforme e guardiamo le luci di Capito City che si accendono una dopo l’altra illuminandola di nuovo come fosse giorno. Non scendiamo di sotto per la cena e non vengono a chiamarci.
-Meglio così – dico – Sono stanco di far star male tutti quelli che ho intorno. Tutti che piangono. O Haymitch che… - ma mi interrompo senza riuscire a trovare le parole per descrivere l’atteggiamento di Haymitch. Sicuramente quello che abbiamo fatto lo ha ferito. E anche Katniss lo sa benissimo quindi non serve che io finisca la frase.
Continuiamo a goderci la serata, ci avvolgiamo nelle coperte per sopportare l’aria fresca della notte e poi quando è ora di andare a dormire torniamo di sotto silenziosamente e ci infiliamo in camera di Katniss senza incontrare nessuno lungo il percorso.
Mi sembra di rivivere i giochi coi miei fratelli quando dovevamo scendere nel forno senza farci sentire dai nostri genitori. Mi scrollo la nostalgia di dosso con un brivido.
Un’altra notte serena con Katniss, ma il risveglio è più brusco.
I preparatori di Katniss si fiondano dentro e restano sorpresi di trovarci insieme. Una donna con la pelle tinta di verde scoppia a piangere.
-Ricordati quello che ci ha detto Cinna – la rimprovera l’altra donna prima che fugga dalla stanza singhiozzando lungo il corridoio.
Dobbiamo separarci per la preparazione, quella di Katniss dura più a lungo e inizia prima. Io invece posso fare colazione con calma e quando torno in stanza i miei preparatori mi attendono.
Anche loro sono visibilmente tristi, ma non cedono ad esplosioni. Fanno il loro lavoro in religioso silenzio, diversamente dalle altre voglie, ma il clima non è certo quello adatto a fare conversazione leggera come loro solito.
Portia arriva verso la fine dei lavori e poi congeda tutti. Mi salutano uno per uno dicendo che è stato per loro un immenso piacere lavorare per me. Mi concedo persino di abbracciarli e questo li fa scoppiare in lacrime tutti quanti.
Per fortuna dura poco perché con un’occhiata la mia stilista ordina loro di uscire.
Le lacrime non sono la cosa migliore in questo momento.
-Grazie – dico in segno di riconoscenza.
-Oh, figurati, sono fatti così – risponde facendo spallucce.
-Che cosa avete pensato per questa sera? – chiedo curioso cercando di sbirciare nella busta che contiene il mio vestito.
-No noi non abbiamo fatto niente questa volta… è stato il presidente Snow in persona ad ordinarci cosa farvi indossare – dice con tono annoiato come se la cosa non le andasse molto a genio – Non abbiamo potuto farci molto.
Tira fuori dalla busta uno smoking completamente bianco, uno di quelli che mi hanno fatto provare per il matrimonio. E capisco il simpatico scherzo che il presidente vuole farci.
-Non ci farà mica sposare in diretta? – chiedo preoccupato.
-No, nel biglietto che ci ha mandato c’era scritto che voleva che Panem vi vedesse coi vestiti che i cittadini di Capitol City hanno scelto.
-Che pensiero gentile – commento sarcastico. Mi infilo l’abito e mi guardo allo specchio. Sembro più vecchio, più adulto nelle vesti di uno sposo.
Portia sembra quasi commuoversi, mi porge i guanti evitando di guardarmi negli occhi.
Quando decide che sono pronto usciamo e andiamo verso l’ascensore dove ci sono tutti gli altri. Arriva anche Katniss che veste con uno dei suoi abiti da sposa. Se vederla in TV è stato un colpo, averla di fronte è tutta un’altra storia.
È ricoperta di perle dalla corona del velo all’orlo della gonna. Anche la sua pelle sembra brillare di un candido pallore.
Arriviamo dietro le quinte per ultimi, tutti sono già pronti e stanno chiacchierando per passare il tempo, ma si voltano per guardarci e ammutoliscono quasi istantaneamente. Ammetto che dobbiamo fare il nostro bell’effetto conciati così.
-Non posso credere che Cinna ti abbia messo addosso quella roba – dice a un certo punto Finnick palesando il pensiero degli altri presenti.
-Non aveva scelta. Il presidente Snow lo ha costretto – ribatte lei mettendosi sulla difensiva.
Cashmere scuote la chioma bionda ed esclama – Hai un’aria così ridicola! – prima di prendere posto per l’entrata in scena.
Anche noi iniziamo a sistemarci, qualcuno batte una pacca sulla spalla di Katniss per rassicurarla. Johanna si ferma anche a dirle qualcosa che non afferro. Poi saliamo in fila sul palco dove c’è Caesar a presentarci con i capelli color lavanda e la solita scioltezza nel parlare.
Dopo un breve discorso introduttivo inizia a farci parlare.
Per primi Cashmere e poi Gloss che puntano a far commuovere la folla di Capitol City che li adora. Si inizia a sentire il senso di risentimento che i vincitori hanno verso questa edizione. Salvo Brutus ed Enobaria che sono qua perché non hanno potuto resistere al brivido di tornare nell’arena, tutti gli altri sono arrabbiati e vogliono fare in modo di scatenare l’opinione pubblica.
Beetee si appella alle regole dei giochi, qualcuno al presidente Snow, qualcun altro all’affetto dei Capitolini.
Quando arriva il turno di Katniss lo studio è un delirio: tra il pubblico qualcuno urla, qualcuno piange. Il vestito da sposa di Katniss fa tornare l’attenzione al nostro matrimonio fallito e fa arrabbiare ancora di più le persone presenti.
Caesar cerca di far calmare la folla ma è evidente che non si è mai trovato in una situazione simile. Il suo sorriso affabile non è più così sereno.
-Allora, Katniss, ovviamente questa è una serata molto emozionante per tutti. C’è qualcosa che vorresti dire?
Anche Katniss come gli altri tributi fa la sua piccola scena drammatica –Solo che mi dispiace tanto, perché non potrete essere al mio matrimonio…. Ma sono contenta che almeno possiate vedermi con il mio abito da sposa. Non è… semplicemente meraviglioso? – dice con voce tremante come sull’orlo del pianto.
Poi inizia a girare su se stessa, portando le mani sopra la testa ed è lì che avviene la magia.
Tutti iniziano ad urlare mentre l’abito di Katniss prende fuoco, spirali di fumo nero salgono dal basso della gonna e le fiamme consumano la stoffa facendo cadere le perle che tintinnano sul palco disperdendosi.
Katniss continua a girare, imperterrita, finché il fumo non la avvolge completamente e il fuoco non si spegne e rimane lei in piedi, con le braccia allargate.
L’abito bianco ha lasciato posto ad un altro, identico, ma completamente nero ed è fatto interamente di penne di uccello. Alza le braccia e da sotto le maniche si stendono due ali chiazzate di bianco. La vedo sorridere sui grandi schermi e rido anche io quando finalmente capisco.
È una ghiandaia imitatrice.




Nuovo capitolo! Stavolta con tempi record :)
(non abituatevi :P)

Che ve ne pare? Io ogni volta che leggo o vedo questa scena non posso che immaginare la faccia del Presidente Snow ahahahaha

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 18 ***


Caesar allunga una mano per toccare il velo nero che ha sostituito quello da sposa di Katniss.
-Penne – dice incredulo –Sembri un uccello.
-Una ghiandaia imitatrice, direi. È l’uccello della mia spilla portafortuna.
Caesar ha un attimo di esitazione e poi riprende l’intervista – Be’ complimenti al tuo stilista. Credo che nessuno potrà negare che sia stata la cosa più spettacolare che abbiamo mai visto in un’intervista. Cinna, a te il nostro applauso! – sicuramente Caesar deve essere al corrente che la ghiandaia imitatrice non è solamente il simbolo del portafortuna di Katniss, ma sta cercando di distogliere l’attenzione dal gesto simbolico.
Cinna si alza dalla sua tribuna e fa un piccolo inchino mentre tutti lo applaudono. Sicuramente ha fatto qualcosa di estremamente ardito e pericoloso.
I tre minuti di Katniss sono finiti e adesso tocca a me, fortunatamente essendo l’ultimo ho avuto tempo a sufficienza per pensare a cosa dire e mi sono preparato il mio discorsetto. Non ho effetti speciali come Katniss, ma ho qualche asso nella manica.
Se l’obiettivo è colpire l’opinione pubblica allora so dove lanciare la mia bomba.
Io e Caesar sappiamo capirci al volo, come ampiamente dimostrato dalle precedenti interviste che abbiamo avuto, quindi parto con qualche battuta allacciandomi al fuoco e il fumo che Katniss ha portato sul palco. È uno scambio vivace che serve ad attirare l’attenzione del pubblico.
Nonostante gli scherzi cerco di apparire nervoso. In modo che Caesar inizi a pormi qualche domanda più seria.
-Allora, Peeta, come ti sei sentito quando, dopo tutto quello che avete passato, hai saputo dell’Edizione della Memoria? – chiede, proprio come volevo.
-È stato uno shock. Cioè, un minuto prima sto vedendo Katniss così bella con tutti quei vestiti da sposa addosso, e un minuto dopo… -E fingo di non riuscire più a parlare.
-… ti sei reso conto che non ci sarebbe mai stato un matrimonio? – prova a completare Caesar.
A questo punto non rispondo, guardo un punto fisso in mezzo al pubblico, pensieroso, poi abbasso lo sguardo sulle mie scarpe bianche e poi torno a rivolgermi al presentatore.
-Caesar, pensi che i nostri amici qui saprebbero tenere un segreto?
Tutti ridono, perché ovviamente la mia richiesta è patetica, ma continuo ad essere serio.
-Credo proprio di sì – risponde Caesar che per non smorzare la tensione si impegna a restare serio quanto me.
-Noi siamo già sposati – sussurro. Un brusio di stupore si irradia tra il pubblico.
-Ma… come può essere? – chiede Caesar che esagera la sua sorpresa.
-Oh, non è un matrimonio ufficiale. Non siamo andati al Palazzo di Giustizia e roba del genere. Ma nel Distretto 12 abbiamo un rito nuziale. Non so come funzioni negli altri distretti. Ma da noi c’è una cosa che facciamo: solitamente gli sposini, dopo la cerimonia al loro primo ingresso nella casa accendono il loro primo fuoco e tostano una fetta di pane che poi mangiano insieme – spiego, raccontando una tradizione del nostro Distretto.
-Le vostre famiglie erano presenti? – chiede Caesar curioso.
-No, non l’abbiamo detto a nessuno. Neanche a Haymitch. La madre di Katniss non avrebbe mai approvato. Però noi sapevamo che se ci fossimo sposati a Capitol City non ci sarebbe stata la tostatura. E nessuno dei due voleva aspettare. Così, un giorno lo abbiamo fatto e basta. E per quanto ci riguarda siamo più sposati di quanto potremmo mai essere con un pezzo di carta o una grande festa – dico, raccontando tutte le bugie che mi sono preparato mentre gli altri parlavano.
-È successo prima di sapere dell’Edizione della Memoria? – domanda Caesar.
-Certo. Sono sicuro che non l’avremmo fatto, se avessimo saputo – dico e inizio ad arrabbiarmi – Ma chi avrebbe potuto prevederlo? Nessuno. Abbiamo vinto, tutti sembravano così felici di vederci insieme, e poi, all’improvviso… cioè come facevamo a immaginarci una cosa del genere? – sbotto, frustrato.
-Non potevate, Peeta – dice Caesar comprensivo mettendomi un braccio sulle spalle –Nessuno poteva immaginarselo. Ma devo confessare che sono contento che voi due abbiate avuto almeno qualche mese di felicità insieme.
Tutti applaudono per mostrarsi solidali con le parole di Caesar, ma non sorrido, anzi mi intristisco ancora di più.
-Io no – dico, quando il clamore sta scemando – Vorrei che avessimo aspettato di fare tutto in modo ufficiale.
-Ma anche poco tempo è sempre meglio di niente, no? – chiede Caesar colto alla sprovvista.
-Forse lo penserei anch’io, Caesar – dico al massimo della disperazione – Se non fosse per il bambino.
Avevo preparato tutto accuratamente per arrivare a questo momento. Ed è riuscito meglio di quanto sperassi. Adesso bisogna solo aspettare. Quando le mie parole arrivano agli spettatori sconvolti inizia il delirio. Urlano di fermare i giochi. Caesar fa di tutto per tenerli buoni ma la sua voce si sente a malapena sopra il baccano.
Suona il segnale del termine della mia intervista e torno al mio posto. Mentre mi avvio a passi lenti sento le lacrime sgorgare da un luogo profondo del mio io. Non posso trattenerle, non sono lacrime di scena. Sono le lacrime di un condannato a morte.
Questa sera, su questo palco, tra tutte le bugie inventate ho perso il sogno di un futuro.
Mi affianco a Katniss e la stringo per mano. Poi lei prende per mano Chaff, accanto a lei e all’improvviso siamo tutti uniti mentre l’inno di Panem ci assorda per sovrastare le urla del pubblico in preda al panico. È caos, ma noi vincitori siamo in piedi e uniti.
Gli schermi si spengono ma è troppo tardi, la diretta ci ha mandato nei Distretti e forse questo piccolo grande gesto di unità può essere il soffio di vento che fa ardere la scintilla di speranza nel cuore di ciascuno.
Le luci dello studio si spengono all’improvviso, dobbiamo scendere dal palco al buio. Prendo per mano Katniss e la guido verso gli ascensori. Quando saliamo due pacificatori sbarrano la strada a Finnick e Johanna che cercano di unirsi a noi.
Saliamo fino al nostro piano, appena usciamo prendo Katniss per una spalla e le chiedo –Non c’è molto tempo, quindi dimmelo subito. C’è qualcosa di cui mi dovrei scusare?
-Niente – risponde senza pensarci troppo. E forse è meglio che non lo faccia.
Aspettiamo gli altri nell’atrio, ma solo Haymitch appare quando le porte dell’ascensore si aprono.
-Là fuori è un delirio – dice –Sono stati mandati tutti a casa e hanno cancellato il riepilogo delle interviste in TV.
Corriamo verso la finestra per guardare di sotto, nelle strade attorno al Centro di Addestramento c’è una folla enorme.
-Cosa dicono? – chiedo ad Haymitch – Chiedono al presidente di fermare il reality show?
-Credo che nemmeno loro sappiano cosa chiedere – risponde lui – È una situazione senza precedenti. La sola idea di opporsi ai programmi del governo è una fonte di confusione per la gente di qui.
Una protesta a Capitol City. Sarebbe incredibile se non stesse accadendo sotto i miei occhi.
-Ma è del tutto impensabile che Snow cancelli l’Edizione della Memoria. Questo lo sapete, vero? – aggiunge.
-Gli altri sono andati a casa? – chiede Katniss. Immagino sia preoccupata per Cinna.
-È l’ordine che hanno ricevuto. Non so se riusciranno a passare tra la folla – risponde pensieroso.
È triste non poter salutare tutti quanti, doverci lasciare così. Domani rivedrò Portia, probabilmente, nella camera di lancio. Ma…
-Allora non rivedremo più Effie. Non l’abbiamo vista la mattina di inizio, l’anno scorso. Ringraziala da parte nostra – cara, dolce Effie. Che si è sempre presa cura di noi, che si è preoccupata per noi tutto il tempo. Che ci ha voluto bene per davvero.
-Ringraziarla non basta – interviene Katniss – Falla sembrare una cosa speciale. In fondo si tratta di Effie. Dille quanto abbia apprezzato il suo lavoro e che è stata l’accompagnatrice migliore di sempre e dille… dille che le vogliamo bene.
Restiamo tutti in silenzio per un po’. Per evitare di andare avanti coi saluti.
-Immagino che a questo punto ci dobbiamo salutare anche noi – dice infine Haymitch.
-Qualche consiglio finale? – chiedo.
-Restate vivi – risponde con un sorriso stanco sulle labbra. Ci abbraccia quasi di fretta ed è ovvio che stiamo persino esagerando con le dimostrazioni di affetto -Andate a letto. Dovete riposare – ci liquida.
È ora di abbandonare anche il nostro mentore, l’uomo che è stato la nostra famiglia nel mondo duro degli Hunger Games. La nostra ancora.
-Abbi cura di te, Haymitch – dico, faticando a far uscire le parole.
Iniziamo a dirigerci verso le camere quando improvvisamente lui aggiunge – Katniss, quando sarai nell’arena – inizia a dire, ma poi si prende una lunga pausa per trovare il modo adatto di esprimere quello che ha in mente.
-Cosa? – chiede lei incalzante.
-Cerca di ricordarti chi è il nemico – dice in modo enigmatico – Tutto qui. E adesso andate. Levatevi dai piedi.
Il suo tentativo di essere il solito brontolone mi fa quasi tenerezza. Eseguiamo gli ordini.
Quando siamo davanti alle nostre camere dico a Katniss che andrò in camera mia per farmi una doccia e poi la raggiungo, ma me lo impedisce preoccupata. Probabilmente teme che ci terranno separati ed è un’ipotesi plausibile, quindi lascio che mi guidi dentro e mi accontento di lavarmi la faccia dal trucco.
Mi stendo sul letto e quando anche lei ha finito di lavarsi si accoccola tra le mie braccia. Passiamo tutta la notte abbracciati cercando di dormire. Forse sonnecchio per qualche ora, ma nulla a che vedere con un vero sonno riposante.
E come potremmo dormire in fondo? Con tutti i pensieri che mi devastano.
Stiamo in silenzio, fragili, ma uniti.
Cinna e Portia arrivano all’alba. Siamo entrambi svegli, ma alzarsi dal letto costa comunque molta fatica. Sono finiti i nostri giorni di lusso, adesso si entra nell’Arena.
-A dopo – dico a Katniss lasciandola con un piccolo bacio.
-A dopo – risponde. E la certezza che saremo insieme mi fa sentire forte.
Vado nella mia stanza con Portia, mi faccio una doccia, mi vesto. Dobbiamo aspettare che arrivi il mio hovercraft, mentre Katniss ha già preso il suo.
Portia non parla, mi guarda in silenzio e mi passa le cose. So che probabilmente sarò io a dover rompere questo silenzio atroce, ma non voglio. In fondo abbiamo ancora molto tempo da passare insieme.
Saliamo insieme sul tetto. L’hovercraf è fermo ad attenderci alto sopra di noi. Tocco la scala e la scossa elettrica mi paralizza finché non mi hanno iniettato il localizzatore nel braccio così potranno controllare la mia posizione nell’arena.
Mentre viaggiamo guardo fuori dal finestrino. Poi mi rendo conto di una cosa – Mi sono dimenticato di salutare Cinna questa mattina – dico a Portia – Puoi farlo tu per me?
-Certamente – dice con un sorriso la mia stilista.
-Siete stati meravigliosi, entrambi – ed è vero. Hanno fatto di tutto e anche di più. Hanno sfidato Capitol City con il loro incredibile talento.
-È stato un piacere – risponde con un sorriso malinconico.
Quando siamo nella camera di lancio cerco di non farmi prendere dall’ansia. Sopra di me c’è l’arena in cui probabilmente troverò la morte.
Portia mi invita a mangiare e bere e lo faccio perché so che potrebbe essermi utile, ma ho lo stomaco rivoltato dalla tensione.
Aspettiamo insieme, mi infilo la tuta di quest’anno che è blu e aderente, ha una cintura imbottita rivestita di plastica e un paio di scarpe con la suola di gomma. Niente a che vedere con la tenuta dello scorso anno. Mi ricordo di mettere il mio portafortuna al collo, il medaglione d’oro di Effie.
-Dove ci manderanno? – chiedo a lei che sicuramente può capire più cose di me da quello strano abbigliamento.
-Non lo so, sicuramente in un luogo caldo. E la cintura sembra… un galleggiante – dice pensierosa.
Restiamo in silenzio. Fare tante supposizioni è inutile visto che presto lo scopriremo entrambi. Portia mi tiene la mano che così smette di tremare.
Una voce annuncia di prepararsi al lancio. Entro nel tubo che mi farà salire fino alla mia piattaforma, ringrazio ancora una volta la mia stilista e  aspetto che la pedana metallica inizi a salire. Il tubo di vetro si chiude attorno a me ma non succede niente.
Guardo Portia con aria interrogativa, ma fa spallucce. Forse c’è qualche problema tecnico.
Poi all’improvviso si sente uno scatto meccanico e il congegno inizia a salire, cerco di stare dritto per sembrare forte, mentre lentamente il buio del cunicolo lascia il posto allo spazio circostante.
Il sole è abbagliante all’inizio e non riesco a figurare dove mi trovo.
La terra riflette la luce in modo irregolare, mi concentro sulla mia pedana e capisco che non è terra: è acqua, una immensa distesa d’acqua.
E io non so nuotare.



Ci tengo a dire subito... non abituatevi!
Ho avuto un'esplosione di tempo causa maltempo e ho potuto scrivere tuuuuutto il giorno, arrivando così a circa metà del capitolo 20 che sto ancora scrivendo.
Mi mancava la sensazione di essere avanti sul lavoro :D
Che ve ne pare? Finalmente ci siamo.
Col prossimo capitolo si arriva finalmente alla terza e ultima parte del libro:
Che i settantacinquesimi Hunger Games abbiano inizio!

-samubura-

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 19 ***


Parte terza - Il nemico
-Signore e signori, che i Settantacinquesimi Hunger Games abbiano inizio! – dice Claudius Templesmith con la voce tonante che sembra arrivare direttamente dal cielo.
Adesso partirà il conto alla rovescia, un minuto per capire quello che sta succedendo.
Inizio a guardarmi attorno alla ricerca di Katniss, ma non la vedo, probabilmente è proprio dal lato opposto al mio. Ci incontreremo alla Cornucopia allora.
Il Corno d’oro è non troppo distante da me, su un’isola. Non so se riuscirò mai a raggiungerlo, magari la cintura galleggiante può aiutarmi.
Guardo meglio e riesco a scorgere delle strisce di terra che partono dal centro e arrivano vicine alle nostre piattaforme per poi continuare oltre. Più vicine della Cornucopia, almeno, credo di potercela fare ad arrivare fin lì. Dietro di me fortunatamente scopro che non c’è solo mare in questa arena, ma una spiaggia al limite di una fitta giungla. Mi sento già meglio, se riesco a raggiungerla forse posso stare tranquillo.
Suona il gong e guardo l’acqua sotto di me. Il flusso continuo delle onde che si infrangono sulla mia pedana. Guardo l’acqua che si muove e non si ferma mai. E non ce la faccio.
Attorno a me anche gli altri tributi stanno impalati sulla loro pedana. Poco male, almeno non sono minacciato da nessuno in questo momento.
Devo riuscire a muovermi, ma sento le gambe come fossero di piombo e mi trascinerebbero a fondo in qualche secondo.
Mi rendo conto di essere in preda al panico. Passerò i miei Hunger Games su questa piattaforma.
Ma devo andare da Katniss, devo raggiungerla, lei magari è già arrivata alla Cornucopia e sta combattendo.
Fisso il centro dell’Arena sperando di vederla, ma vedo solo Cashmere, Enobaria, Gloss e Brutus che si avvicinano in gruppo.
Poi vedo i dardi argentei che li ricacciano tra le onde. È sicuramente lei, e torno a sperare.
Passa ancora un po’ di tempo e continuo a pensare di andarle incontro, ma ogni volta che abbasso lo sguardo sul mare blu scuro sotto i miei piedi sento che non posso farcela.
La vedo finalmente correre verso di me, armata, con Finnick.
Finnick? Sul serio?
Sono entrambi armati e si dirigono verso di me.
Quando arrivano al punto più vicino a me della striscia di terra si fermano per discutere, Katniss è pronta a buttarsi per venirmi a prendere, ma Finnick la ferma e si tuffa.
Devo fidarmi? Se Katniss che è mille volte più diffidente di me si è alleata con lui senza pensarci troppo allora forse devo fare lo stesso.
Quando emerge e mi tende il braccio per accompagnarmi mi accorgo subito di un dettaglio. Al polso porta il braccialetto di Haymitch, quello che è stato fatto apposta da Effie per ricordarci che siamo una squadra. E non ho più dubbi.
Afferro la sua mano e mi lascio trascinare giù dalla piattaforma, l’acqua mi accoglie nel suo abbraccio salato e sento che la cintura galleggiante sostiene il mio peso in modo che io non finisca a fondo. Finnick nuota senza lasciarmi fino a che non arriviamo sulla piattaforma, toccare terra mi fa sentire già meglio, mi isso senza troppi problemi e Katniss accorre ad aiutarmi.
-Ciao – la saluto con un bacio – Abbiamo degli alleati.
-Sì. Proprio come voleva Haymitch – conferma lei.
-A proposito: abbiamo fatto degli accordi con qualcun altro? – chiedo per informarmi della situazione.
-Solo con Mags, credo – risponde facendo un cenno verso l’acqua alle sue spalle dove Mags sta nuotando per raggiungerci.
-Be’ non posso lasciare indietro Mags. È una delle poche persone cui piaccio davvero – risponde Finnick.
-Non ho problemi con Mags – ribatte Katniss – Soprattutto adesso che vedo l’arena. I suoi ami da pesca probabilmente sono la migliore possibilità che abbiamo per procurarci del cibo.
-Katniss la voleva dal primo giorno – mi intrometto io sorridendo.
-Katniss è decisamente saggia – risponde Finnick, poi aiuta l’anziana a salire sulla striscia di terra.
Lei indica la cintura e biascica qualcosa di incomprensibile.
-Sì ha ragione lei – concorda Finnick – Qualcuno l’ha già capito – dice indicando Beetee parecchio lontano da noi che sta in acqua muovendo le braccia in modo confuso, ma senza affondare.
-Cosa? –chiede Katniss, che come me non ha capito bene quello che stanno dicendo.
-Le cinture. Sono dei salvagente – spiega Finnick – Cioè devi nuotare lo stesso, però ti impedisce di annegare.
Katniss mi passa un arco, le frecce e un coltello. Mags le chiede qualcosa e non sta ferma finché Katniss non le cede un punteruolo. Poi Finnick se la carica in spalla e corriamo verso la spiaggia.
Corriamo dentro la vegetazione dove possiamo nasconderci senza problemi e mettere più strada possibile tra noi e gli altri tributi.
È un ambiente particolare e suggestivo. Le piante sono grandi, con foglie di un verde intensissimo. La terra è scura e umida sotto i nostri piedi, piena di radici nodose. Ogni tanto si vedono fiori coloratissimi spuntare da qualche cespuglio basso.
Fa caldo, anche se siamo all’ombra. L’aria è umida, pesante e appiccicosa.
Io sto in testa alla fila, aprendomi un varco con il lungo coltello che Katniss mi ha dato. Dietro di me ci sono Finnick, con Mags sulle spalle e in fondo Katniss.
Già da qualche metro dopo la spiaggia il terreno è in forte pendenza, continuiamo ad avanzare per più di un chilometro, quando Finnick chiede una pausa e ce la concediamo tutti volentieri.
Katniss decide di arrampicarsi su un albero per osservare la situazione alla Cornucopia. Nel frattempo Finnick si passa il tridente da una mano all’altra e oserei dire che ha un’aria minacciosa se non avesse il braccialetto di Haymitch al polso che funge da garanzia del suo accordo.
Quando riscende Katniss ha una faccia che non mi piace, la osservo cercando di capire cosa le passa per la testa.
-Cosa succede laggiù, Katniss? Si sono dati la mano? Hanno fatto voto di nonviolenza? Hanno gettato le armi in mare per sfidare Capitol City? – chiede Finnick sarcastico.
-No – risponde Katniss tetra.
-No. Perché il passato è passato. E nessuno in quest’arena è stato un vincitore per caso – mi guarda pensieroso – A parte forse Peeta.
Segue un lungo momento di silenzio teso. I due si squadrano troppo attentamente, quindi mi metto in mezzo e chiedo –Quanti morti ci sono stati?
-È difficile dirlo. Almeno sei, credo. E gli altri stanno ancora combattendo – risponde Katniss.
Immagazzino le informazioni e dico – Muoviamoci. Abbiamo bisogno di acqua.
Ed è vero, con il clima che c’è in questo posto non si smette mai di sudare. E non abbiamo ancora trovato fonti d’acqua.
-Sarà meglio che la troviamo in fretta. Dobbiamo trovarci un nascondiglio per quando gli altri verranno a darci la caccia questa notte.
Sembra che la situazione sia più rilassata adesso e ci rimettiamo in marcia. A Katniss non va sicuramente a genio il fatto che Haymitch ci abbia trovato un alleato, ma per ora Finnick è sicuramente l’aiuto più valido che potessimo avere in questa arena.
Continuo ad aprire la strada faticando un po’ a tagliare le piante rampicanti davanti a noi.
Sembra che ci avviciniamo alla cima della collina.
-Forse avremo più fortuna sull’altro lato. Magari troveremo una sorgente o qualcosa del genere – dico.
Davanti a me c’è una fitta rete di viticci, allungo il coltello per tagliarli, ma l’impatto non è quello che dovrebbe, il coltello si ferma prima di arrivare al mio obiettivo, come ci fosse un muro invisibile.
Una forte scarica elettrica mi irrigidisce i muscoli, vedo un lampo e poi più niente.

So che questo è un capitolo decisamente breve, ma... che posso farci se Peeta ha la noiosa abitudine di stare fuori dall'azione?
Al bagno di sangue se ne resta impalato sul suo dischetto ad aspettare la manna dal cielo, poi BOOM si folgora da bravo furbastro.
Non disperate siamo appena entrati nella terza parte e col prossimo capitolo già si recupera un po'... il meglio deve ancora venire!
Ci sentiamo presto, intanto voi recensite!

-samubura
-

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 20 ***


-Peeta? – sento chiamarmi dalla voce flebile di Katniss.
Mi scosta i capelli umidi dalla fronte con un gesto delicato. Devo essere svenuto o qualcosa del genere.
Mi azzardo ad aprire gli occhi appena appena e inizio a vedere il mondo attorno a me che si mette a fuoco lentamente. La faccia di Katniss che è un misto di gioia e disperazione.
-Sta’ attenta. C’è un campo di forza – la avviso.
Inizia a ridere e a piangere contemporaneamente. Mi sento debole, ma accenno un sorriso anche io. Muovere anche solo i muscoli facciali mi costa fatica.
-Deve essere decisamente più forte di quello sul tetto del Centro di Addestramento. Però sto bene. Soltanto un po’ scosso.
-Eri morto! – grida – Il tuo cuore si è fermato!
Si porta le mani alla bocca e inizia a fare strani versi come se stesse soffocando i propri singhiozzi.
Lì per lì non riesco a rendermi conto del fatto di essere morto. Soprattutto.. perché sono vivo?
-Be’, adesso direi che funziona di nuovo – commento – Va tutto bene, Katniss.
Annuisce, ma continua a piangere –Katniss?  - insisto preoccupato.
-È tutto a posto. Sono gli ormoni – spiega Finnick – Per il bambino.
Mi chiedo se se la sia bevuta davvero o se sia solo una piccola recita per Capitol City. Sicuramente questo intenerirà gli sponsor.
-No, non è… - inizia a dire lei, ma si interrompe perché non riesce a parlare a furia di singhiozzi. Finnick la guarda per un po’ con aria confusa, poi torna a me.
-Come stai? – mi chiede – Pensi di poter camminare?
-No, deve riposare – si intromette Katniss, che si è ripresa. Mags le porge un pezzo di muschio per asciugarsi il naso.
Allunga una mano verso il mio medaglione –È il tuo portafortuna? – mi chiede curiosa.
-Sì. Ti dispiace se ho usato la ghiandaia? Volevo avere qualcosa di uguale a te.
-No certo che non mi dispiace – dice sorridendo, ma sembra una forzatura.
-Allora vuoi che ci accampiamo qui? – chiede Finnick, non molto interessato al nostro discorso sui portafortuna.
-Non possiamo farlo – rispondo io – Restare qui, dico. Senz’acqua. Senza protezione. Sto abbastanza bene, davvero. Basta che andiamo piano.
-Meglio piano che niente – commenta aiutandomi ad alzarmi. Sento che piano piano sto riprendendo le forze anche se i muscoli continuano a essere rigidi e fa molta fatica muoverli.
-Sto davanti io – annuncia Katniss con un tono che non indica una proposta, ma una solida affermazione.
Io sto per dire qualcosa, sono preoccupato che possa accadere di nuovo un episodio come il mio, ma Finnick mi ferma. E dice –No, lasciala fare.
Poi guarda Katniss con l’espressione di chi cerca di ricordare un particolare importante.
-Tu sapevi che c’era un campo di forza, vero? L’hai capito all’ultimo secondo e stavi per urlare qualcosa per avvisarci –Katniss annuisce – Come facevi a saperlo?
-Non lo so – dice dopo averci pensato un po’ su – È come se li potessi sentire. Ascoltate.
Tutti ci immobilizziamo e tendiamo le orecchie ma non sento altro che i rumori della giungla.
-Io non sento niente – dico.
-Sì – insiste lei – È come quando attivano la corrente sulla recinzione attorno al Distretto 12, solo molto più leggero.
Ci sforziamo nuovamente di ascoltare, ma continuo a non sentire nulla.
-Eccolo! – esclama tutta contenta lei – Non lo sentite? Viene proprio dal punto in cui Peeta è stato colpito.
-Non lo sento neanch’io – confessa Finnick – Ma se tu lo senti, stai davanti – dice.
-È strano – continua Katniss – Lo sento solo con l’orecchio sinistro – dice ruotando la testa come per fare delle prove.
-Quello che ti hanno ricostruito i dottori? – chiedo ricordandomi dell’operazione che Katniss aveva subito dopo aver perso l’udito facendo esplodere le mine alla Cornucopia.
-Già – conferma – Forse hanno fatto un lavoro migliore di quanto non credessero. Sai, certe volte sento degli strani suoni da quel lato. Di cose che non pensi neanche che possano emettere un suono. Tipo le ali degli insetti. O la neve che tocca terra – spiega.
-Vai – la incita Mags, finalmente capisco io cosa dice. Mi sto abituando al suo buffo bofonchiare.
Andiamo lentamente, Mags dice che preferisce camminare per non affaticare Finnick che prepara in un attimo un bastone per lei e anche uno per me. Mi aiuta moltissimo poter appoggiare il peso su qualcosa di più solido delle mie gambe ora come ora.
Katniss procede tenendo il campo di forza sulla sinistra, ogni tanto ci lancia contro delle noci che sfrigolano e rimbalzano indietro carbonizzate. Anche io devo aver fatto un bel volo perché mi sento tutto dolorante sulla schiena e quando mi sono svegliato ero parecchio lontano dal punto in cui mi ricordo di aver colpito il campo di forza.
-Mags! Sputala! Potrebbe essere velenosa! – grida Katniss alla vecchia che si è riempita la bocca di noci. Quando vede che Mags la ignora si volta verso Finnick cercando sostegno, ma lui ride di gusto.
-Direi che se sono velenose lo scopriremo presto.
Continuiamo a camminare ma il campo di forza sembra continuare all’infinito e sembra che stiamo girando in tondo, ma non dico niente perché faccio già troppa attenzione a camminare per poter concentrarmi sul resto.
-Facciamo una pausa – dice Katniss ad un certo punto – Devo dare un’altra occhiata dall’alto.
Così mentre noi ci riposiamo seduti per terra lei si inerpica su per un albero molto più alto di quelli che ci sono attorno.
Mentre siamo sotto non parliamo, riprendiamo tutti fiato. Muoversi in questo posto è estremamente faticoso.
Ad un certo punto c’è un bagliore nel cielo rosa che ci sovrasta e qualche istante dopo Katniss è di ritorno –Il campo di forza ci ha intrappolati in un cerchio. Una cupola. Non so quanto sia alta. Al centro c’è la Cornucopia, il mare e poi la giungla tutta attorno. Precisa, perfettamente simmetrica. E non molto grande – spiega.
-Hai visto dell’acqua? – chiede Finnick esprimendo la preoccupazione di tutti.
-Solo l’acqua salata dove siamo usciti noi – risponde lei facendo morire ogni speranza.
-Ci deve pur essere una fonte d’acqua dolce – dico io – Sennò moriremo tutti nel giro di qualche giorno.
-Be’, la vegetazione è molto fitta. Magari ci sono degli stagno o delle sorgenti da qualche parte – ribatte lei, ma fin’ora non ne abbiamo incontrati e abbiamo percorso una grossa fetta di giungla. Se anche ci fossero, sono difficili da trovare.
-In ogni caso non ha senso cercare di scoprire cosa c’è al di là della collina, perché la risposta è niente.
-Ci deve essere dell’acqua potabile tra il campo di forza e la ruota – insisto io. Perché ci deve essere, o moriremo molto presto. Ho un bisogno disperato di bere.
Ci muoviamo verso la spiaggia per qualche centinaio di metri, così da sperare di trovare acqua circa a metà della giungla e non sul bordo esterno. Riprendiamo a camminare in circolo, sarà circa mezzogiorno e il  sole batte ancora più forte. Dalla terra sale una nebbia di vapore che diminuisce la visibilità.
Katniss resta in testa e ogni tanto lancia una noce per sicurezza, ma siamo molto lontani dal campo di forza. Quando è pomeriggio inoltrato sento che le forze mi stanno abbandonando e viste anche le condizioni di Mags decidiamo di accamparci.
Ci muoviamo di nuovo in direzione del bordo, Finnick preferisce accamparsi là e ha ragione, abbiamo le spalle coperte e possiamo usare lo schermo elettrico come arma contro i nostri nemici, così come fece Haymitch.
Tutti ci diamo da fare per creare un piccolo accampamento, Mags e Finnick iniziano a intrecciare delle stuoie d’erba e io raccolgo le noci che ha mangiato Mags stamattina e le cuocio lanciandole contro il campo di forza, le sguscio e le ammucchio su una foglia. Non sarà una cena fantastica, ma per l’arena è già qualcosa.
Katniss gironzola agitata facendo la guardia al nostro gruppo, sembra distratta da altri pensieri.
-Finnick, perché non monti un po’ tu di guardia mentre io faccio un giro per cercare dell’acqua? – chiede esasperata ad un certo punto.
Protesto inutilmente, ma in effetti tutti abbiamo paura di disidratarci e magari la soluzione ai nostri problemi si trova a pochi metri.
-Non preoccuparti, non mi allontanerò – mi promette con un sorriso.
-Vengo con te – mi offro.
-No, proverò anche a cacciare un po’, se ci riesco – e capisco che la mia presenza non è benvenuta. Non sono abituato a muovermi nella vegetazione come fa lei. Spaventerei possibili prede –Non starò via molto – aggiunge prima di allontanarsi.
La guardo scomparire nella giungla e poi torno al lavoro.
Qualche secondo dopo il cannone suona.
In una frazione di secondo sono in piedi, cerco di non urlare il suo nome soffocando la disperazione in un solo sguardo a Finnick che è scattato come una molla e tiene il tridente in posizione di attacco.
La preoccupazione dura poco, il cannone suona ancora  e ancora. È il segno che è finito il bagno di sangue, Katniss non c’entra. E poi avremmo sentito le sue urla in caso, non è andata molto lontana. Mi tranquillizzo e conto.
Otto colpi. Otto tributi morti. Non sono molti, meno della scorsa edizione, ma se ripenso alla scena di ieri sul palco questo non è proprio quello che mi aspettavo. Non so cosa mi aspettassi, ma…
È come ha detto Finnick prima, non si è vincitori per caso. Assassini una volta assassini sempre. Sono in un’arena con sedici persone che hanno un istinto di sopravvivenza decisamente superiore al mio.
Torniamo all’opera e in poco tempo iniziamo a creare un vero e proprio accampamento, io e Finnick costruiamo una capanna con le stuoie mentre Mags intreccia ciotole per mettere le noci raccolte e arrostite.
Quando Katniss ritorna ho un tuffo al cuore. Tenermi occupato mi aveva quasi fatto dimenticare di lei.
La guardiamo tutti sperando che ci porti buone notizie.
-No. Niente acqua. Però da qualche parte c’è. Lui sapeva dov’era – dice sventolando un animale scuoiato –Aveva bevuto da poco quando l’ho abbattuto, ma non sono riuscita a trovare la fonte. Giuro che ho perlustrato ogni centimetro quadrato nel raggio di trenta metri.
Se gli animali sopravvivono, possiamo riuscirci anche noi, e la piccola gita di Katniss non è stata del tutto infruttuosa.
-Possiamo mangiarlo? – chiedo speranzoso.
-Non ne sono sicura. Ma la sua carne non sembra diversa da quello di uno scoiattolo. Dovremmo cuocerlo…
L’idea di accendere un fuoco non piace a nessuno. Mi guardo attorno e vedo solo facce storte e preoccupate, il fumo segnalerebbe la nostra posizione e in questa arena così piccola sbandierare a tutti dove siamo è l’ultima cosa che vogliamo.
Fortunatamente ho un lampo di genio, forse la fame aiuta a farmi pensare più velocemente. Taglio un cubetto di carne e lo infilzo in un bastoncino appuntito, poi lo lancio contro il campo di forza. Quando il bastoncino rimbalza indietro la carne è bruciacchiata fuori, ma cotta dentro. Sorrido trionfante mentre tutti applaudono prima di rendersi conto che non è il caso di fare rumore.
Entriamo nella capanna mentre il sole scende all’orizzonte, finalmente pronti per la cena. Mangiamo in silenzio, le noci sono pastose e dolci e la carne del roditore ha un sapore forte di selvaggina. Tutto squisito, specialmente per una prima cena. Purtroppo però non abbiamo niente da bere e la minaccia della sete grava ancora su di noi.
Scende la notte ma il caldo non ci dà tregua. Tutti sappiamo cosa significa questo momento. Nel cielo si illumina lo stemma di Panem e l’inno ci richiama all’attenzione.
Il primo tributo ad apparire è l’uomo del Distretto 5, è un chiaro segno che tutti i tributi favoriti sono vivi, ma anche Wiress e Beetee che probabilmente se la cavano meglio di quanto credessero gli altri.
Seguono il morfaminomane del Distretto 6, Cecelia e Woof dell’8, i tributi del Distretto 9, la donna del 10 e Seeder del Distretto 11.
Quando la musica scompare restiamo in silenzio a guardare le stelle.
Non posso dire di conoscere quella gente, ma è sicuramente ben diverso dalla scorsa edizione in cui tutti erano solamente degli ostacoli.
Un paracadute argenteo piove dolcemente dal cielo, ridestandoci. Ci precipitiamo fuori.
-Di chi pensate che sia? – chiede Katniss.
-Non c’è modo di saperlo – risponde Finnick – Perché non lo lasciamo a Peeta, visto che oggi è quasi morto?
Non avevo mai ricevuti doni nell’arena, mi avvicino al pacchetto che apro rapidamente. Dentro c’è un piccolo oggetto metallico che sembra un tubicino.
-Cos’è? – chiede Katniss incuriosita.
Alzo le spalle perché non ne ho la minima idea.
Ci passiamo il dono di mano in mano, ma nessuno riesce a capire di cosa si tratti. Forse è il pezzo di qualcosa che deve ancora arrivare. Ma sarebbe molto strano.
-Lo si può usare per pescare, Mags? – chiede Katniss che sta disperatamente cercando un utilizzo al piccolo aggeggio. Persino lei che può trasformare qualunque cosa in un amo scuote la testa sconsolata.
Katniss rimane a fissare l’oggetto da ogni angolazione per un po’. Rigirandoselo tra le mani alla luce della luna. Ad un certo punto esclama esasperata –Ci rinuncio. Forse, se troviamo Beetee o Wiress, loro riescono a caprici qualcosa.
Che il dono dei mentori non sia altro che un incentivo a raggiungere altri possibili alleati? Strano, ma possibile.
Torniamo nella nostra capanna e cerco di far rilassare Katniss che è arrabbiata e frustrata massaggiandole le spalle con dolcezza.
-Una spillatrice! – esclama dopo parecchi minuti di silenzio.
-Cosa? – chiede Finnick preoccupato. Aspettandosi un pericolo o qualcosa del genere. Ma Katniss si fionda sul dono degli sponsor e controlla se la sua intuizione esatta.
-È una spillatrice. Una specie di rubinetto. La infili dentro un albero ed esce la linfa. Be’ ci vuole l’albero giusto.
-Linfa? – chiede Finnick.
-Per fare gli sciroppi – spiego io – Ma ci deve essere qualcos’altro dentro questi alberi.
Tutti scattiamo in piedi, solo una cosa merita di essere estratta da questi alberi con il tronco gommoso Forse questo è l’unico modo per procurarci ciò che desideriamo così disperatamente. Acqua.
Finnick afferra un sasso pronto a martellare nel tronco la spillatrice, ma Katniss lo blocca.
-Aspetta. Potresti danneggiarla. Dobbiamo prima scavare un buco.
Mags ci porge il punteruolo e iniziamo a scavare un buco grande abbastanza per farci entrare una estremità della spillatrice. Lo allarghiamo coi coltelli finché c’è bisogno.
Katniss inserisce la spillatrice nel tronco e la gira un po’ in modo da mandarla bene a fondo. Una goccia d’acqua scende sulle mani di Mags pronta a raccoglierla. Aggiustando ancora un po’ la posizione dello strumento riusciamo ad ottenere un piccolo rivolo, beviamo a turno ed è una gioia incredibile.
Dopo essersi dissetata Mags prende uno dei cestini intrecciati e lo usiamo per bene. Sono talmente fatti bene che trattengono l’acqua.
Finalmente dissetati ci prepariamo per dormire. Inizio a rendermi conto di quanto sono stanco e affaticato dalla giornata. Dopotutto, sono morto.
Quando appoggio la faccia sulla stuoia crollo addormentato senza preoccuparmi di niente.
È l’urlo di Katniss che mi sveglia.


In questa arena non ci si ferma mai!
Mi sono portato molto avanti in questo ultimo periodo e spero di riuscire a continuare prima dell'inizio della scuola che ormai è tremendamente vicino.
Buon primo settembre a tutti voi!
Nella mia città sembra esserci un po' di confusione visto che sembra novembre però vabè... la pioggia è il regno degli scrittori ahaha
Con l'inizio di questo tremendo mese iniziano anche molti dei miei impegni quindi non so come questo possa infulire sulla storia.
In ogni caso fatevi sentire, date i vostri pareri sui capitoli e state pronti perché ci avviciniamo sempre più ad un finale col botto :D
A presto


-samubura-

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 21 ***


Panico.
Che succede?
-Via! Via! – continua a gridare Katniss, almeno sta bene. Mi alzo in piedi ma sono ancora per metà nel mondo dei sogni.
Vedo Finnick che si carica Mags sulle spalle e Katniss che corre verso di me e mi trascina lontano. Tutto si muove in modo confuso e disordinato. C’è un pericolo, ma non capisco cosa.
-Cosa c’è? Cosa c’è? – chiedo a Katniss insistente.
-Una specie di nebbia. Gas velenoso. Sbrigati, Peeta! – urla. Adesso è tutto più chiaro, ma per quanto cerchi di seguire il suo passo non riesco ad andare più veloce di così.
Vorrei quasi che scappasse via e si mettesse in salvo, ma continua a tenermi, con le dita serrate attorno alle mie.
Inciampo tra i rampicanti che non riesco a vedere, mi volto solo un attimo per capire con cosa abbiamo a che fare e vedo un muro di nebbia verdastra che avanza inesorabile avvolgendo tutto quello che incontra.
-Guarda i miei piedi – mi consiglia Katniss. Cerco di fare quello che fa lei, passare dove è appena passata lei. Funziona e, anche se non riesco a correre come vorrei, almeno evito che le piante mi intralcino.
La nebbia è fin troppo vicina, inizio a sentire sulla schiena le gocce chimiche che mi colpiscano. Un dolore lancinante, uno spillo rovente conficcato nella carne. È tremendo, ma continuo a correre sperando di allontanarmi un po’.
Finnick è più avanti di noi e continua ad incitarci. Purtroppo è l’unica cosa che può fare per aiutarci. Mi sto stancando sempre di più, sento il cuore che mi pulsa forte nel petto, a fatica. Perdo la concentrazione e i movimenti si fanno scomposti fino a che la mia gamba artificiale non resta impigliata in una radice e cado a terra.
La botta mi toglie il fiato. La nebbia mi colpisce da sinistra, brucia e fa male, ma non riesco a trovare la forza di urlare.
Cerco di alzarmi, Katniss mi aiuta, ma non riesco a muovermi come vorrei – Peeta… - dice spaventata, poi con uno spasmo mi spinge avanti e cado di nuovo senza riuscire a mantenere l’equilibrio.
Mi ritira in piedi, provo a fare qualche passo in avanti, ma è come se il mio corpo non volesse ascoltarmi.
Finnick è tornato indietro a prenderci. Mi afferra per la vita, passando il mio braccio attorno al suo collo e mi trascina vai. Anche Katniss fa lo stesso dall’altro lato e insieme avanziamo per parecchi metri, guadagnando distanza dal muro di nebbia.
-Così non va – dice Finnick quando si fermano per riposare. Vorrei poterli aiutare, ma pian piano la situazione non fa che peggiorare – Lo devo portare in spalla. Tu riesci a prendere Mags?
-Sì – risponde Katniss.
Vedo tutto offuscato, la giungla che si muove caoticamente attorno a me mentre Finnick mi trasporta sobbalzando. Dietro di me sento solo l’ansimare costante di Katniss.
Finnick mi passa uno dei tridenti chiedendomi di tenerglielo. Lo faccio volentieri, mi fa quasi sentire utile.
Il tempo passa lentamente. Dopo quelli che sembrano secoli si sentono rumori alle nostre spalle. Finnick si volta e vedo da sopra la sua spalla Katniss a terra per quella che sembra non essere la prima volta.
-Non serve a niente – dice disperata – Ce la fai a portarli tutti e due? Vai avanti, io vi raggiungo.
-No – dice Finnick e lo sento tremare non so dire se di stanchezza o di tristezza – Non riesco a portarli tutti e due. Non mi funzionano più le braccia – spiega – Mi dispiace, Mags. Non ce la faccio.
Poi accadono talmente tante cose in così poco tempo che faccio fatica a crederci.
Mags stampa un bacio sulle labbra a Finnick, sorride e poi zoppicando per gli effetti della nebbia si incammina verso il gas velenoso. Il suo corpo inizia a muoversi in una serie di spasmi spaventosi e cade a terra contorcendosi.
Vorrei voltarmi e guardare da un’altra parte, ma non posso. Assistiamo alla sua morte coraggiosa in silenzio. Il colpo di cannone echeggia nelle nostre orecchie.
-Finnick? – chiama Katniss, ma il mio trasportatore si sta già mettendo in cammino. Non c’è tempo per il dolore. Il sacrificio di Mags non deve andare sprecato.
Mi sento malissimo. Perché quella donna ha dovuto sacrificare la sua vita? Perché lei e non io?
Se Finnick non mi avesse riportato indietro dal mondo dei morti questa mattina, probabilmente Mags sarebbe ancora viva.
Che diritto ho di essere vivo al suo posto? Che diritto aveva Mags di correre in braccio alla morte senza dire nulla.
Pensare fa male, la testa pulsa e i muscoli mi si contraggono in modo insensato. Continuiamo a fuggire dal nostro silenzioso e inesorabile nemico.
Finnick arranca in mezzo alla giungla, vorrei poter dirgli di farmi scendere, che posso provare a camminare da solo, ma ho anche la lingua paralizzata. Così andiamo avanti finché non crolla a terra. Dietro di noi arranca Katniss che inciampa sui nostri corpi e cade anche lei. Finnick geme piano all’impatto e Katniss riesce non so come a spostarsi.
Moriremo, così, insieme. Se non possiamo muoverci la nebbia ci raggiungerà di certo. Stringo i denti e aspetto di sentire il bruciore intenso che il gas dà quando colpisce la carne, ma niente.
Sento Katniss emettere un flebile gemito. Poi ripetere qualcosa che assomiglia a “si è fermata”. Non riesco a crederci, ma faccio uno sforzo per voltarmi e vedo la nebbia, illuminata dalla pallida luce della luna che sembra bloccata da un pannello di vetro. Si alza lentamente come se venisse risucchiata dall’alto.
Cerco di fare lo sforzo di liberar Finnick dal mio peso, rotolo al suo fianco e resto girato sulla schiena a guardare in alto.
Sugli alberi attorno a noi ci sono degli animali che ci osservano incuriositi. Sono sicuro di averli già visti da qualche parte, probabilmente in una vecchia edizione degli Hunger Games.
Alzo il dito e dico –Scimmie – ma anche un così semplice gesto mi lascia senza fiato dalla stanchezza.
Hanno il pelo arancione e sono molto grandi, quasi la metà di un uomo adulto, lunghe braccia che penzolano ai fianchi e un muso grinzoso che dà loro un’espressione buffa.
Sento che forse riesco a muovermi, mi metto in ginocchio e inizio a strisciare giù per la collina verso la spiaggia. Finnick e Katniss mi seguono. Strisciamo, perché di camminare non se ne parla, ma riusciamo ad avanzare nella boscaglia fino a che non raggiungiamo la spiaggia. Un’onda mi lambisce appena la mano e sembra darmi fuoco.
Il sale dell’acqua può aiutare. Se resisto al dolore magari starò meglio. Faccio un’altra prova e mi rendo conto che dopo l’impatto iniziale la situazione migliora. Sotto l’acqua limpida vedo che dalle vesciche formate dalla nebbia esce un liquido biancastro. Il veleno viene risucchiato via dall’acqua piano piano.
Al dolore acuto si unisce una sensazione di piacevole sollievo. Vedo Katniss che fa lo stesso, mentre Finnick è stramazzato sulla spiaggia e non riesce a muoversi.
Passo ogni centimetro del mio corpo nell’acqua e aspetto che si disintossichi. Katniss sembra più veloce di me a riprendersi quindi inizia ad aiutare Finnick. Quando sento che mi sono ritornate le forze mi unisco a lei, tolgo la tuta a Finnick tagliandola con delle conchiglie e iniziamo a lavorare sulle sue braccia.
Raccogliamo l’acqua con le mani e gliela versiamo sopra. Il veleno esce dal suo corpo a sbuffi di nebbia da cui ci guardiamo attentamente. Ci vogliono parecchi risciacqui per far sparire le vesciche, Finnick emette un gemito ogni tanto.
-Dobbiamo metterlo nell’acqua – sussurra Katniss che continua a guardarsi intorno spaventata. Siamo scoperti e deboli. Se ci attaccassero credo che moriremo senza neanche possibilità di combattere.
Ancora non sono in grado di parlare come si deve quindi indico i piedi di Finnick perché non possiamo assolutamente immergerlo di faccia.
Prendiamo un piede ciascuno e facciamo ruotare il nostro alleato in modo che ora la testa sia rivolta verso la giungla invece che il mare. Poi lentamente iniziamo a trascinarlo verso l’acqua. Molto lentamente facciamo avanzare il suo corpo pezzo per pezzo. Aspettando che l’acqua faccia il suo lavoro. Anche noi subiamo i benefici di essere immersi.
Finnick torna lentamente cosciente. Apre gli occhi, capisce che l’acqua lo sta aiutando e lo lasciamo in acqua a riprendersi. Quando muove un braccio e lo tira fuori dall’acqua io e Katniss ci scambiamo un sorriso di trionfo.
-Ti manca solo la testa, Finnick. È la parte peggiore, ma se ce la fai, ti sentirai molto meglio – lo incito io. E lo sosteniamo mentre si pulisce gli occhi e il viso.
-Cerco di spillare un po’ d’acqua da un albero – propone Katniss.
-Aspetta, faccio io il buco – mi offro – Tu resta qui con lui. Sei tu la guaritrice.
Mi addentro nella giungla cercando un albero dal tronco grosso, come quello che aveva usato Katniss al nostro accampamento. Non voglio allontanarmi troppo, quindi mi accontento presto. Dalla mia posizione riesco ancora a vedere Katniss e Finnick, ma soprattutto a sentirli in caso ci fosse bisogno.
Mi metto a fare un buco nella corteccia impegnandomi il più possibile. Colpisco il tronco ritmicamente con quanta forza mi è possibile.
Mi sforzo di non pensare a niente, ma non ci riesco. Non riesco a togliermi dalla mente l’immagine di Mags che cade morta in mezzo alla nebbia. Avrei dovuto essere là al suo posto, ma Finnick ha scelto di prendere me invece che la donna che è praticamente sua madre. Senza battere ciglio.
Continuo ad accanirmi contro l’albero. Concentrandomi a perforare la corteccia.
-Peeta – mi chiama Katniss – Ho bisogno di una mano per una cosa.
-Sì, un momento. Ho quasi finito – rispondo senza girarmi e continuo a scavare – Sì, ecco. Hai la spillatrice?
-Sì. Però c’è una cosa che dovresti vedere – dice, ma parla a scatti come se dovesse sforzarsi di avere un tono tranquillo – Vieni verso di noi lentamente, così non le spaventi.
Vado in direzione di Katniss e Finnick facendo del mio meglio per non essere rumoroso. Anche se so che non è una cosa che mi riesce bene. Non so bene quale sia il problema ma meglio seguire i consigli di quello che ha detto. Poi ci arrivo.
Scimmie. Gli animali che ci hanno accolto ora ci circondano. Le sento, sento i loro respiri, i loro movimenti tra le foglie degli alberi.
Mi volto per un secondo per sapere se la mia intuizione è giusta. Guardo verso l’alto e vedo la massa di corpi arancioni sopra di noi.
Basta a farle arrabbiare. Iniziano a urlare e si precipitano giù dagli alberi con una velocità spaventosa.
-Ibridi! – urla Katniss mentre si lancia in mia direzione.
Fortunatamente avevo già il coltello in mano. Le scimmie mi vengono addosso e io colpisco dove posso per tenerle lontane. Miro ai punti mortali, ma è come combattere contro una sola massa di pelo formata da braccia, artigli, denti.
Formiamo un triangolo, schiena contro schiena, il più stretti possibile per non doverci guardare le spalle.
Abbattiamo una montagna di ibridi, l’odore del sangue diventa sempre più intenso, punge le narici e mi dà la nausea.
-Peeta! Le tue frecce! – grida Katniss disperata.
Cerco di sfilarmi la faretra più in fretta che posso, ma rimango impigliato nella fretta e ci metto più di quanto vorrei.
Vedo un coltello volare oltre di me ma mancare il bersaglio. Mi volto in quella direzione e vedo la scimmia che sta volando con la bocca spalancata verso di me.
Non ho il tempo di reagire che una figura salta fuori dalla giungla. Appare dal nulla, coperta di sangue, con gli occhi strabuzzati e la bocca aperta in un urlo animalesco. La morfaminomane del Distretto 6 sembra volermi dire qualcosa con uno sguardo assatanato, poi si mette davanti a me a braccia spalancate e la scimmia affonda i denti nel suo petto.


Un capitolo breve, ma denso di avvenimenti!
Che ve ne pare?

Lo so, vi ho fatto aspettare un po' di più delle altre volte, e mi scuso! Ma sono indietro perché in questi giorni non ho potuto mai scrivere quindi i ritmi torneranno abbastanza lenti per questi pochi ultimi capitoli :/
L'anno che sta per riniziare sembra già annunciare un sacco di impegni, spero di riuscire a gestire tutto....

-samubura-

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Capitolo 21
*** Capitolo 22 ***


La reazione è immediata, la faretra mi cade di mano e pugnalo l’animale che ha aggredito la mia improvvisa salvatrice. Quando finalmente apre la bocca la scalcio via con rabbia.
-Avanti! Forza! – incito gli altri. Ma le scimmie attaccano con meno violenza, poi iniziano a indietreggiare.
-Prendila – dice Katniss – Ti copriamo noi.
Cerco di muoverla meno possibile, la sollevo senza fatica e la porto verso la spiaggia. Fortunatamente siamo molto vicini e posso lasciarla stesa sulla sabbia.
Katniss accorre su di lei e taglia i vestiti per osservare le ferite. Sono solo 4 buchi, il sangue esce fuori lentamente, ma sembrano molto, molto profondi.
Non possiamo fare nulla per lei, lo vedo negli occhi di Katniss che iniziano a brillare di lacrime.
L’eroina che ha fatto scudo a me con il suo corpo resta boccheggiante sulla spiaggia senza che io possa far nulla per lei se non guardarla morire.
Osservo il suo corpo scosso da brividi. La pelle pallida, le ossa sporgenti al punto che posso contarla ad una ad una ad occhio nudo. Gli occhi vuoti e fissi sul cielo sopra di noi.
-Io tengo d’occhio gli alberi – dice Finnick. E gli sono grato perché adesso non ne sarei in grado. Continuo a pensare che sarò per sempre in debito con questa donna, per avermi salvato la vita. In neanche ventiquattro ore già devo la vita a tre persone. Due si sono sacrificate per me. E io non posso far altro che star qui a guardare, come ho fatto con Mags.
Non ce la faccio. Devo fare qualcosa. Così, mentre le accarezzo i capelli inizio a parlare dell’unica cosa so che abbiamo in comune.
-Con la mia scatola dei colori, a casa, posso fare qualsiasi colore immaginabile. Un rosa pallido come la pelle di un neonato. O intenso come il rabarbaro. Il verde dell’erba di primavera. Un blu che scintilla come il ghiaccio sull’acqua.
Ho l’effetto sperato, come se si risvegliasse dal trance in cui era caduta, mi guarda negli occhi e aspetta che parli ancora dei suoi amati colori.
-Una volta ho passato tre giorni a mescolare i colori per trovare la tonalità giusta per dipingere la luce del sole su una pelliccia bianca. Continuavo a pensare che la luce fosse gialla, e invece era molto di più. Era fatta di strati di colore tutti diversi. Uno sull’altro – continuo. Lei respira lentamente, sempre più lentamente.
-Non ho ancora capito come fare gli arcobaleni. Arrivano e se ne vanno così in fretta. Non ho mai avuto il tempo di dipingerne uno dal vivo. Giusto un po’ di blu qua e un po’ di viola là e poi scompaiono, svaniscono nell’aria – cerco di lasciarmi trascinare dalle parole, di trascinare la morfaminomane con me, lontano dal suo dolore, dalla sua imminente morte.
Solleva una mano e traccia dei disegni immaginari sulla mia guancia.
-Grazie – le sussurro – È bellissimo – rispondo complimentandomi come se veramente potessi vedere quello che la sua mente ha prodotto.
È sufficiente a farla sorridere per un istante. Poi emette un suono che non promette nulla di buono ed esala il suo ultimo respiro.
Il cannone spara e fa più male del solito. Mi rimbomba nel petto, mi sento vuoto.
La porto in acqua, per permettere all’hovercraft di recuperare il suo cadavere il prima possibile. Il suo corpo viene trascinato via dalle onde e inizia a galleggiare allontanandosi da  noi. Il mezzo di Capitol City arriva e la porta via per sempre.
Finnick si muove dietro di noi, lascia cadere una manciata di frecce. A fianco a Katniss, sono ancora sporche di sangue.
-Ho pensato che le volessi – spiega.
-Grazie – dice Katniss, poi si va a lavare dal sangue in acqua. Nel frattempo torniamo nella giungla. Ma non c’è più traccia delle scimmie, neanche dei corpi che sono scomparsi.
 -Dove sono finite? – chiede stupita quando ci raggiunge per cercare del muschio con cui asciugare le frecce.
-Non lo sappiamo – risponde Finnick – I viticci si sono spostati e le scimmie non c’erano più.
Adesso che finalmente abbiamo un attimo di tregua sento tutta la stanchezza che mi pesa sulle spalle. Nei punti in cui la nebbia mi ha colpito si sono formate delle croste che prudono, mi gratto la faccia e trovo un po’ di sollievo, ma Katniss ammonisce me e Finnick – Non grattatevi. Così diffonderete soltanto l’infezione. Dite che potremmo correre il rischio di riprovare a procurarci dell’acqua?
Sembra che le scimmie siano completamente scomparse. Probabilmente per gli Strateghi le nostre disavventure possono bastare. Oppure c’è già in corso qualcosa di abbastanza interessante da mostrare lontano da qui.
Torniamo all’albero in cui avevo praticato il foro prima dell’attacco degli ibridi. L’acqua inizia a uscire come da un rubinetto. È fantastico.
Beviamo, ci rinfreschiamo e facciamo scorrere l’acqua sulle croste in modo da diminuire il prurito persistente. Riempiamo qualche conchiglia poi decidiamo di tornare verso la spiaggia che fin’ora ci sembra il posto più sicuro. È ancora notte, ma non deve mancare molto tempo all’alba.
-Perché non vi riposate un po’? – propone Katniss –Resto io di guardia.
-No, Katniss, lo faccio io – si offre Finnick, ma sembra più una supplica. Sul suo volto si intravede l’immenso dolore per la morte di Mags che fin’ora è riuscito a trattenere.
-Va bene, Finnick, grazie – dice Katniss e si stende sulla sabbia umida accanto a me. Appena la mia testa si appoggia sul terreno crollo addormentato.
Dormo profondamente, la stanchezza ha la meglio su tutte le possibili preoccupazioni ed è sicuramente meglio così.
Il mio risveglio è molto meno tranquillo di quanto avrei mai sperato.
-Peeta, Peeta, svegliati – sussurra Katniss dolcemente scrollandomi per le spalle. Ma quando apro gli occhi alla luce del sole vedo i volti verdognoli di due mostri.
Spaventato urlo, credendo di essere in un sogno. Poi vedo Finnick e Katniss rotolarsi dalle risate nella sabbia. Sono completamente ricoperti di quello che sembra un unguento e il colore scuro, unito alle croste che li ricoprono da capo a piedi li fa sembrare creature spaventose.
Cerco di fingermi offeso per uno scherzo così stupido, ma dopotutto un po’ di sana allegria ci fa solo bene.
Mi guardo un po’ attorno, mentre i miei compagni di squadra non riescono a smettere di ridere. È già mattina inoltrata, Finnick deve averci lasciato dormire, ma lui sicuramente si è dato da fare. Per ripararci dal sole ha intrecciato una stuoia e anche delle scodelle che ha riempito una di frutti di mare e altre due con acqua dolce.
Mentre sto ancora finendo di svegliarmi, un paracadute cade dal cielo proprio in mezzo a noi. C’è attaccata una pagnotta fresca del colore tradizionale dato dalle alghe del Distretto 4. Un regalo per Finnick, se lo merita.
-Sarà perfetto con i frutti di mare – dice dopo aver osservato per un po’ il dono degli Sponsor.
Katniss mi dà una mano a spalmare l’unguento contro le croste, mentre Finnick prepara un fantastico pasto.
Mangiamo in cerchio sulla spiaggia, frutti di mare freschi con il pane del Distretto 4. Fantastico, potrebbe essere davvero un incantevole pic-nic se non fossimo nell’arena.
Già da un giorno, solo da un giorno. Otto tributi sono morti ieri, tre sono morti questa notte. Gli altri sono sparsi chissà dove nella giungla.
Per ora, ci conviene restare sulla spiaggia. Se non fossimo così allo scoperto ci resterei per tutto il tempo che ci resta: fin’ora nella fitta vegetazione che ci sembrava un riparo abbiamo trovato soltanto pericoli mortali.
Ci prendiamo tutto il tempo che ci serve. Nulla ci disturba. Sembra quasi che ci sia calma nell’arena. Ed è molto strano.
All’improvviso gli alberi dalla parte opposta rispetto a dove ci troviamo iniziano a tremare e una gigantesca onda spunta dal nulla, proveniente dal bordo dell’arena. Fa un rumore incredibile e si va a infrangere sulla spiaggia agitando il piccolo lago rotondo che circonda la cornucopia al punto che arrivano le onde fino a dove siamo noi. Prima che trascinino via le nostre cose ci affrettiamo a metterle in salvo. Perdiamo le tute di cui ci siamo ormai liberati dato che erano distrutte.
Un colpo di cannone segna la fine di un’altra vita. Dodici vite in tutto.
Ci stiamo quasi per rimettere seduti a goderci un po’ di quella pace che il programma ci stava regalando che Katniss fa un cenno col capo e dice sottovoce – Là.
Mi volto subito cercando di seguire la direzione del suo sguardo e vedo le tre figure che si muovono sulla spiaggia lontano da noi.
In un balzo siamo nascosti tra le foglie della giungla, abbastanza per non essere visti e controllare la possibile minaccia.
Non sembra ci abbiano visti, non riesco a identificarli. Sembrano uomini, ma sembrano.. rossi, come di terracotta.
-Chi sono? – chiedo agli altri che hanno un angolo di osservazione migliore del mio – O cosa sono? Ibridi?
Katniss si prepara ad attaccare, continuo a seguire la scena sulla spiaggia. No, non sono sicuramente ibridi. Un tributo sta trascinando un altro e un terzo gira in tondo come impazzito.
Quello che veniva trascinato stramazza sulla spiaggia, il suo aiutante in preda alla rabbia spinge a terra il pazzo. È una scena incredibilmente buffa, ma bisogna comunque stare all’erta. Potremmo attaccarli, ma preferirei non farlo, non voglio uccidere in uno scontro aperto e sferrato da noi.
Quando Finnick esce dalla protezione cerco di trovare dentro di me la forza di seguirlo, poi lo sento urlare qualcosa.
– Johanna! – esclama contento.
-Finnick! – lo riconosce la ragazza del Distretto 7.
Katniss che è rimasta accanto a me mi guarda preoccupata – E adesso? – chiede. Sicuramente Johanna non le va molto a genio, ma se Finnick pensa che possiamo fidarci di lei, allora possiamo farlo.
-Non possiamo lasciare indietro Finnick – ribatto.
-Direi di no – ammette controvoglia – Forza, andiamo allora.
Ci incamminiamo verso Finnick e Johanna che si sono appena raggiunti. Man mano che ci avviciniamo riesco a distinguere anche le altre due figure. Ma Katniss è più veloce di me – Quelli con lei sono Wiress e Beetee – dice agitata.
-Rotella e Lampadina? – scherzo – Voglio proprio sentire com’è successo.
Katniss è troppo tesa e quando fa così di solito agisce in modo avventato. Sto cercando di contenerla, ma non è facile.
Quando arriviamo a portata d’orecchio Johanna sta parlando a velocità stratosferica raccontando quello che gli è successo.
-Pensavamo che fosse pioggia, sai, per i lampi, e avevamo tutti molta sete. Ma quando ha iniziato a scendere, era sangue. Sangue denso e caldo. Non si vedeva niente ed era impossibile parlare senza trovarsi la bocca piena. Ce ne andavamo in giro a tentoni, cercando di scappare via. È stato a quel punto che Blight ha colpito il campo di forza.
Adesso associo il nome all’uomo del Distretto 7 che ieri è apparso nel cielo.
-Mi dispiace, Johanna – dice Finnick.
-Sì, be’, non valeva granché, però veniva dal mio distretto – riprende senza troppe cerimonie – E mi ha lasciata sola con questi due.
Indica con il piede Beetee e continua a raccontare – Lui si è beccato un coltello nella schiena alla Cornucopia. E lei…
Wiress sta ancora girando in tondo e borbotta – Tic, tac. Tic, tac – e in effetti ricorda proprio un orologio con quel movimento costante.
-Sì, lo sappiamo. Tic, tac. Rotella è sotto shock – conclude.
Fa appena in tempo a finire la frase che la donna del Distretto 3 le viene incontro continuando a cantilenare.
Johanna la spinge a terra furiosa – Stai giù e basta, capito? – grida.
-Lasciala stare – si scalda Katniss.
-Lasciala stare?! – sibila Johanna fa un passo in avanti e molla uno schiaffo incredibilmente forte a Katniss – Chi credi che li abbia tirati fuori per te da quella giungla di sangue?
Fortunatamente per tutti Finnick non lascia a Katniss il tempo di rispondere e caricatosi Johanna in acqua la butta in acqua e i suoi insulti si mescolano al rumore degli schizzi.
-Cosa voleva dire? Li ha portati qui per me? – mi chiede Katniss smarrita.
-Non lo so. Eri tu che volevi stare con loro, all’inizio.
-Sì. È vero. All’inizio – sembra ricordarsi, pensierosa – Però non ce li terremo a lungo se non facciamo qualcosa – dice guardando Beetee.
Adesso dobbiamo preoccuparci di lui. Lo sollevo e mi incammino verso il punto in cui ci trovavamo prima, Katniss riesce a convincere Wiress a seguirci.
Portiamo Beetee in acqua, lo laviamo e gli togliamo delicatamente i vestiti incrostati di sangue. Deve essere stato orribile, non mi è difficile credere che Wiress sia rimasta segnata permanentemente da questa esperienza.
Quando abbiamo finito stendiamo la stuoia che Finnick ha intrecciato e ci stendiamo Beetee sopra. Adesso possiamo vedere bene la ferita che ha sulla schiena, è un taglio lungo che gli va dalla scapola fino alle costole, ma non sembra troppo profondo. Sicuramente non averlo curato prima gli ha fatto perdere molto sangue, è terribilmente pallido.
-Torno subito – mi dice Katniss, lasciandomi per qualche istante solo con il paziente e fiondandosi nella giungla alla ricerca di un rimedio. Torna con delle grosse pezze di muschio, realizza un tampone e lo leghiamo stretto attorno alla ferita in modo che aderisca e impedisca la fuoriuscita di altro sangue.
-Credo che sia tutto quello che possiamo fare – dice insoddisfatta.
-Va bene. Sei brava come guaritrice, ce l’hai nel sangue – commento per rassicurarla, ma non sembra in vena di complimenti. È agitata e sicuramente avere altre tre vite sulle spalle non sta rendendo più semplice la sua situazione.
-No. Io ho preso da mio padre – ribatte - Vado a vedere come sta Wiress.
Si allontana di fretta. Se continua così finirà per esplodere, lascio che si rilassi un po’ aiutando Wiress che è seduta nell’acqua bassa e sembra non dare segni di ripresa.
Dato che mi sento inutile a starla a guardare torno nella giungla e spillo altra acqua per i nuovi arrivati, raccogliendola nelle ciotole che Finnick ha intrecciato. Quando ritorno ci raggiungono il nostro alleato del Distretto 4 e Johanna, mentre Katniss sta ancora lavando le tute di Wiress e Beete nel mare.
Mentre Johanna mangia Finnick fa da portavoce delle nostre disavventure. Quando racconta della nebbia ne parla in tono distaccato, senza fare parola della sua compagna di Distretto. Mi stupisco che Johanna non faccia domande, ma o è troppo occupata, o ha capito che qualcosa non va. Sicuramente lei e Finnick si conoscono da molto tempo e probabilmente meglio di quanto sembri.
Sarà circa mezzogiorno e mi offro per fare la guardia visto che ho dormito più di tutti stamattina e far riposare gli altri, specialmente Beetee che deve ancora riprendersi, ma mi consigliano ancora riposo e dopo qualche discussione sono Katniss e Johanna a restare sveglie. Non sono preoccupato, in un certo senso mi fido di Johanna, specialmente per il fatto che deve aver fatto una fatica incredibile per tenere in vita Wiress e Beetee e, come lei stessa ha detto, lo ha fatto per noi. Non mi è difficile capire cosa significhi questa cosa, ma non ne capisco il motivo. Katniss è un’alleata utile, è forte, è amata dal pubblico, ma non vedo il motivo di fare tanta fatica per guadagnarsi la sua fiducia.
Mi stendo sulla sabbia cullato dalle onde del mare e dal sommesso “Tic, tac” di Wiress. È un po’ inquietante, ma è costante e rassicurante, come se Wiress si fosse davvero trasformata in un orologio. Mi chiedo perché la pioggia di sangue deve averle lasciato questo trauma. È buffo, io credo che sarei rimasto paralizzato dal terrore, ma mai e poi mai avrei pensato ad un orologio.
Smetto di farmi domande e mi addormento.



HO HO HO!
Non è Natale, ma in questo giorno "speciale" direi che abbiamo tutti bisogno di regali, questo è il mio.
Ho fatto i salti mortali per il nuovo capitolo ed eccovelo qua :)

Che dire? Peeta sembra aver scambiato l'arena per un centro vacanze, dormitine sulla spiaggia, cibo esotico e via... Si alternano questi momenti di grande tensione a scene di una NOIA PAZZESCA che fatico a gestire :S

Siete carichi per il trailer?
Non vedo l'ora.
Non vedo davvero l'ora. Finalmente avrò qualcosa da guardare ogni giorno da qui al ventuno novembre :3

Io vi ho fatto un regalo da rientro a scuola
Voi fatemi il vostro con una recensioncina :D

A presto e buon anno scolastico a tutti ;)
-samubura-

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