Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, ma
sono di proprietà della Disney.
Birthday
Just a Special Day
II. Elsa – Lacrime di Ghiaccio
“Carissima Elsa,
Tantissimi auguri per i tuoi sedici anni!
Hai visto che bella giornata? Il sole splende ed è così caldo, e l’aria frizzante.
Potremmo uscire a giocare in cortile, se vuoi. Oppure potresti aprir È così tanto che non
lo facciamo.
Avrei così tante cose da raccontarti che, come al solito, non mi basta questo biglietto di
auguri. Ma se te le dicessi tutte, poi di cosa parleremo? Non sei d’accordo anche tu?
Mi manchi Perché non Rispondimi se
Spero che il mio regalo ti piaccia,
Anna”
Elsa ripiegò con cura il biglietto, lasciando uscire dalle
labbra un singhiozzo. Le lacrime ormai sfuggite alla presa delle ciglia
scendevano in rivoletti sulle guance, solidificandosi in piccoli
fiocchi di neve prima di cadere e rompersi sul pavimento ghiacciato.
Aveva imparato a trattenerle, ma non poteva
– non davanti
alle parole così disarmanti e sincere di Anna.
Ormai
avrebbe dovuto essere in grado di controllare il
potere… Invece, non era altro che una marionetta nelle sue
mani. Un semplice gesto per un fiocco, un semplice contatto per
ghiacciare le posate del pasto appena consumato. I guanti
l’aiutavano, ma mai s’illudeva.
Avrebbe
tanto voluto aprire quella porta e correre da Anna.
Lo
desiderava più di ogni altra cosa al mondo.
Più dei nuovi guanti che le aveva regalato papà,
più del bellissimo vestito dono della mamma.
Ogni
anno, quel giorno in particolare, non era che una cruda
sofferenza. Ogni anno, non chiedeva nulla ai genitori se non di
abbracciare forte Anna al posto suo.
E
seppure si fosse arrischiata a chiedere ciò che desiderava
davvero, come poteva essere esaudita? Lei per prima non si azzardava
neppure ad appoggiarsi alla maniglia della porta: non voleva correre il
rischio di ghiacciare la serratura nonostante la protezione dei guanti
e, comunque, non si sarebbe aperta. Soltanto i suoi genitori
possedevano l’unica chiave della camera, in modo da impedirle
di uscire quando il desiderio diventata più forte della
volontà e in modo che solo loro potessero entrarvi.
Pur
volendo, - e solo gli dei sapevano quanto! -, non
avrebbe mai
potuto aprire ad Anna.
Ma
si appoggiava alla porta, al freddo legno, e ascoltava la sua voce
chiamarla. Era la più crudele delle torture, ma quello era
l’unico contatto che permetteva a se stessa. Era il suo modo
di sentirla vicina, un modo per dirle: ti voglio bene, aspettami un
altro po’. Quel po’, tuttavia, si allungava ogni
giorno di più. Tanti po’ che nascondevano la
verità dello scorrere inesorabile del tempo.
Le
dure parole con cui ogni volta la cacciava via erano veleno sulla
sua lingua e per la sua anima.
Era
decisa più che mai a controllare il suo potere e, sapere
che Anna oltre quella porta la stava aspettando, le infondeva coraggio
e forza.
Non
voleva farle ancora del male.
Ma…
gli anni erano passati. Così tanto tempo era
fuggito via che stentava a crederci. Eppure, lo specchio le rimandava
in continuazione l’immagine di una giovane dai capelli tanto
chiari da sembrare bianchi e dagli azzurri occhi spenti.
Quando
aveva perso le infantili fattezze?
Elsa
scosse il capo risoluta e, asciugate le lacrime con le maniche del
vestito, scartò il piccolo regalo della sorella.
Sorpresa,
prese delicatamente tra le mani la scatolina ovale di metallo
riccamente decorata, osservandola incuriosita. La scosse leggermente e
qualcosa si mosse al suo interno. La aprì e subito fu
investita dal delicato profumo che emanavano i fiori essiccati
all’interno.
Elsa
abbozzò un sorriso: era davvero buono e le avrebbe
allietato le giornate di solitudine a cui ormai era abituata.
Aveva
dimenticato il profumo dei fiori. Non poteva aprire la finestra
per sentirlo in primavera, né in estate poteva sentire
l’odore di salsedine provenire dal fiordo, né in
inverno l’odore della legna bruciata e dei dolci. Ammirava
da lì il paesaggio e con esso il passare delle
stagioni, il sorgere e il tramontare del sole, la gente che si
affaccendava fuori dal castello e con un piccolo sforzo anche il
chiassoso mercato.
Chiuse
gli occhi e si portò la scatolina al
naso, inspirandone il profumo.
Per
un momento, solo per un momento,
fantasticò di trovarsi
fuori da quella stanza, fuori dal castello come tanti, tanti anni fa.
La morbida terra ricoperta di verde erba sotto la suola delle scarpe, i
delicati fili che arrivavano alle caviglie, le margherite bianche e
gialle che attiravano sempre l’attenzione di Anna e i denti
di leone che raccoglievano per soffiarli via e vedere i piccoli petali
perdersi nel vento. Le loro risate allegre e spensierate riecheggiavano
in quel piccolo pezzo di paradiso.
Poi
tutto scomparve e riaprì gli occhi. Anche Il sorriso
svanì, quando il ghiaccio della stanza prese il posto del
verde della sua fantasia.
Richiuse
la scatolina, accarezzandola come fosse uno dei fragili
fiocchi di neve che materializzava, preoccupata che si potesse rompere
se l’avesse stretta con più forza. Andò
a posarla sul comodino vicino al letto.
Lentamente
si avvicinò alla porta della stanza, fermandosi
poi ad ascoltare il silenzioso corridoio. Appoggiò le mani
sulla superficie e tanta fu la voglia di spingere che premette con
forza, scostandosi poi subito come scottata.
Toc.
Toc.
Sussultò
appena, presa alla sprovvista, e con cautela si
avvicinò nuovamente. La luce che proveniva dalla fessura
sotto la porta era interrotta dall’ombra della sorella che
sostava lì davanti.
Ormai
Elsa aveva imparato a conoscerla: il passo svelto e ritmato, la
voce squillante che attraversava le stanze e i corridoi, il turbamento
di cui era preda ogni volta che si presentava alla sua porta
– alla quale ormai bussava raramente. Anna rallegrava le
giornate del palazzo e dei loro genitori, e le eco dei suoi giochi
arrivavano fino a lì, alle sue orecchie che le memorizzavano
e custodivano nel cuore, rinfocolando la speranza.
Quel
bussare così familiare le riportò, per un
attimo, un piccolo sorriso amaro sulle labbra stanche.
Elsa
appoggiò piano la fronte contro il legno e
frenò nuovamente il desiderio di afferrare con forza la
maniglia.
«Elsa?»
domandò timidamente Anna.
«Sono passata solo a darti gli auguri di persona.
Spero… spero almeno che ti sia piaciuto il mio
regalo.» s’interruppe con un sospiro sofferto in
attesa di risposta. «Allora… Auguri,
Elsa.» concluse ormai rassegnata all’ostinato
silenzio.
Soltanto
quando sentì i suoi passi allontanarsi per il
corridoio, Elsa si accasciò a terra.
«Grazie,
Anna.» disse con voce flebile per non
farsi udire.
Yay!! Finalmente il capitoletto su Elsa!
Adesso posso sparire dalla circolazione per sempre!
Davvero, spero di non aver deluso le vostre aspettative… E spero di aver mantenuto il
carattere di Elsa T.T Non so, io l'ho immaginata così: decisa a controllare il potere e
sofferente per la perdita dei contatti con Anna.
Perciò, eccovi Elsa che compie sedici anni!! Dovrei aver azzeccato la tempistica, visto
che quando diventa regina dovrebbe avere dai diciotto anni in su… Perdonatemi, ma non mi
ricordo se nel film, a parte i tre anni tra la morte dei genitori e l’incoronazione di
Elsa, si accenni a quanto tempo sia rimasta isolata.
Spero si sia capito che Elsa non risponde mai alle mini-letterine/biglietti di auguri di
Anna, che ho immaginato a cercare sempre un contatto con la sorella con qualsiasi
mezzo.
Infine, vi lascio con un immenso GRAZIE per tutte le letture, le recensioni e l’inserimento della mini-raccolta nelle preferite/ricordate/seguite.
Un bacione e alla prossima,
Calime
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