Manuale di sopravvivenza -come uscire vivi dalla scuola

di kiki96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** capitolo 1 ***


Manuale di sopravvivenza 
-come uscire vivi dalla scuola-

 ATTENZIONE: materiale che può indurre alla depressione, a rendere mammoletti, donnicciole o può infondere un pò di speranza. Speranza marcia dato che il protagonista è SFIGATO.
-personaggio tirato fuori dalla mia mente estremamente insana, piena di sogni mai realizzabili e di fiducia che non viene mai ricambiata-


Capitolo 1

Mi chiamo Logan Tornaconti, ho quattordici anni e sono nato a settembre. Un venerdì diciassette del settembre del 1999. Come potete dedurre, non sono mai stato un ragazzo fortunato contando il fatto che sono nato in quel giorno con quel numero. Ogni tanto mi domando se davvero porti così sfortuna quella data e, ogni volta mi rispondo che si, quella data mi porta veramente tanta, tantissima, sfiga. E non sempre è colpa mia, anche il fato ci si mette bene quando vuole farmi del male.
Ad esempio l’anno scorso, quando un camion mi ha “accidentalmente” investito e mi sono rotto tre costole, le braccia e il femore. Oppure due anni fa, quando sono caduto dalle scale davanti alla ragazza che mi piaceva per poi ritrovarmi in un bagno di budino al cioccolato. Per non parlare di quella volta in cui, quando avevo dieci anni, ho baciato il mio migliore amico –fra parentesi, che adesso mi odia- perché ero scivolato su una buccia di banana.
Avevo sempre pensato che queste cose accadessero nei cartoni animati e invece ho dovuto ricredermi. Quante persone conoscete che siano scivolate a causa di una banana? Eh? Ve lo dico io, nessuna! Sono l’unico che ci è riuscito sfidando le potenti leggi della fisica e della gravità della terra. Per non parlare che, da quel giorno in poi, mi hanno affibbiato il nomignolo “Dell’altra Sponda”. Non che abbia niente in contrario con le persone gay, ma io non lo sono e mi sento un po’ a disagio quando un ragazzo mi si avvicina e mi lancia messaggi provocanti con il corpo.
E mi sento frustrato quando le ragazze mi guardano con disgusto e mi fanno versi di scherno.
Persino i miei genitori, dopo quel piccolo incidente con la macchina, se la sono data a gambe lasciandomi un maggiordomo pazzo e pieno di paranoie, una villa e un piccolo chihuaua che odio con tutto il cuore. Sul serio, i migliori amici dell’uomo non sono i cani, almeno non Spitz, quella specie di topo troppo cresciuto che ho al posto di un cane fedele e affidabile. No, Spitz è il mio inferno personale: fa la cacca sui tappeti, la pipì nei vasi delle piante, fa a brandelli ogni maglietta, pantalone o mutande che gli capitano sotto i denti, sempre se queste ultime siano esclusivamente di mia proprietà.
Forse mi tratta così solo perché a undici anni lo rinchiusi nel congelatore… Quella piccola bestiaccia sopravvisse anche al gelo.
Riguardo Edoardo, il mio maggiordomo personale, è solo un pazzo che crede di saper parlare il serpentese. Oh si, quella volta me la ricordo perfettamente: aveva appena finito di leggere il secondo libro di Harry Potter. Voleva dimostrare che anche lui aveva un dono, il serpentese, appunto.
Sparì per un’oretta dalla circolazione e, quando finalmente si fece vedere, aveva un pitone che lo stava strangolando attorno al collo e lui, bianco come un cencio, sputacchiava e faceva versi a caso imitando il sibilare del serpente.
Da quel giorno non si riprese più, eppure continuava a ripetere che stava ordinando al serpente di strangolarlo e il rettile stava solo eseguendo l’ordine.
Ogni tanto mi viene la voglia di affiggere cartelli sugli alberi con il titolo: “A.A.A CERCASI UN CERVELLO FUNZIONANTE TENUTO IN BUONO STATO PER MAGGIORDOMO CEREBROLESO”.
Purtroppo, sono troppo bravo per licenziarlo perciò cerco di prendermi cura di lui, quando posso.
Secondo me, comunque un dono ce l’ha: riesce sempre a farmi capire cosa è giusto e cosa è sbagliato, saltando quel piccolo dettaglio del Pitone. È un buon consigliere, svitato, ma bravo.
Lo considero come un secondo padre.
A proposito, i miei genitori li sento una volta a settimana via webcam, girano il mondo, entrano in certe tribù, imparano usi e costumi per poi scrivere una rivista su di loro e fare molti documentari. Nonostante ciò, oltre alle riviste che compro, non ho quasi niente di loro.
Passando oltre, tornerei alla mia sfiga, la sola e unica. Oggi inizia la scuola.
Mi sono rassegnato al fatto di essere un…
Ok, ricomincio. Ormai so di essere uno…
Aaaaaarrrggg! È così umiliante parlarvene! Ma, essendo la mia storia, ho come la sensazione che dobbiate saperlo. Ebbene si, lo ammetto: sono uno sfigato.
Il solito ragazzo con gli occhiali a fondo di bottiglia, i capelli neri unticci e un viso ricoperto interamente di brufoli!
O almeno, ero così. Poi ho deciso di dire “addio” agli occhiali e “buongiorno” alle lenti. Ho deciso di fare qualcosa per i miei capelli grassi e di usare un po’ di gel per dare una spiegazione alla lucidità di questi ultimi e, infine, ho comprato varie creme per i brufoli. Lo so, sono cose da checca –come quella fissa che prese in seconda media di piastrarsi i capelli- però ne avevo bisogno. Nuova scuola, nuovo inizio. Sarei andato in un nuovo liceo dove non ci andava nessuno che conoscessi –vorrei evitare nomignoli inappropriati- e avrei potuto avere nuovi amici, anzi, degli amici. Alle medie non era così, non è così! Sei uno sfigato? Scordati amici, scordati l’amore, le ragazze, le compagnie, il sesso, i baci, la fedeltà, i sorrisi. Scordati di avere una vita.
Rimani solo tu e i tuoi videogames. La cosa, lì per lì, non ti dispiace affatto ma dopo un po’ finisci il gioco e… rimani solo.
Insomma, dicevo: inizia la scuola. Ho un nuovo aspetto, uno zaino, l’astuccio, il diario, le penne e la cosa più importante: delle mutande pulite. Però le dovrò cambiare presto perché me la sto facendo nei pantaloni!
Sono così nervoso che mi tremano le mani e me le sento umidiccie. Non saprei cosa fare. Eppure mi ero preparato psicologicamente per l’evento.
Respirai a fondo e mi diressi verso la fermata dell’autobus. Il cambiamento sarebbe stato il nuovo motto della mia vita.
Quando pensavo a cambiare, non avevo considerato che la sfiga che mi porto dietro dal giorno in cui ero in fasce, mi avrebbe perseguitato fino nella mia nuova scuola… una scuola diversa da quella a cui pensavo di andare.
E che la sfiga sia con me!

*Ehm... Salve. Questa, come ho già detto (che ragazza ripetitiva!) è la prima volta in cui "divento" un ragazzo dal punto di vista letterale. Spero di non aver combinato casini o di non aver offeso nessuno perchè è un personaggio che ho creato, non ho preso spunto da nessuno e da niente. Anzi, ho preso spunto dalla stessa ORRIBILE e FANTASTICA scuola e dalla mia disastrosa ancora breve vita. Spero che vi abbia fatto ridere, almeno un pò e se non è così... se non è così... Bho. Pace, amore e gioia infinita. Grazie per chi ha dato un'occhiatina a sto coso :D*
K.

 

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Manuale di sopravvivenza dove in questo testo, la sopravvivenza è un optional. Quindi non date la colpa a me se a giugno sarete infilati nella cacca fino al collo o addirittura già morti e ai vostri parenti manca solo da riconoscere il cadavere. Potreste utilizzare diverse scuse:
mi sono trasformato in vampiro! 

la casa è andata a fuoco!
I miei voti sono precipitati a causa di una valanga di verifiche! -questa è la pura verità però...- 
Sono diventato una fata e adesso vieni con me: vola all'isola che non c'è! 
Ops, ma questo non è un testo fantasy... Benvenuti nella deprimente realtà.

Vi siete accorti che quello che ho scritto ha senso pur non avendo senso? Già, la scuola è un farmaco che HA SOLO ESCLUSIVAMENTE effetti collaterali. buona lettura! 


Capitolo 2

Già di per sè, svegliarsi alle sei e mezzo di mattina, è un trauma. La scuola inizia all’otto in punto e non posso assolutamente arrivare in ritardo. Dato che abito lontano, per non dire in culo al mondo, devo svegliarmi a quest’ora indecente, per non pensare poi alle persone che si svegliano ancora prima! Mi viene la nausea solo a pensarci.
Insomma, dicevo: un grandissimo fottutissimo trauma. E tu passi davanti allo specchio di casa tua e fissi quell’involucro bianco come un lenzuolo, gli occhi spenti e le occhiaie chilometriche (ricordo che quello che stai fissando sei tu!) che è già un miracolo se non ci hai inciampato sopra mentre ti alzavi dalla tazza del water.
Bene, hai superato la fase di shock e hai “accettato” il tuo aspetto per come è… aggiungendoci trucchi, prendendoti a schiaffi per dare colore o passare quella polvere bianca –non parlo della droga- che forse è l’ombretto? O il fard? Insomma, la roba bianca che metti su quelle occhiaie che lanciano cartelli segnaletici da metri di distanza.
Superata questa fase che chiamo volgarmente “truccatore per caso”, passi alla fase successiva. E, avverto tutti che è quella peggiore perché lì, in quel momento e in quell’istante spunta la Vera Donna che è in te, lasciando da parte quel piccolo incidente che mi è capitato con il mio ex-migliore amico…
Noi maschi, ragazzi o come ci chiamate, abbiamo, almeno una volta nella vita, tirato fuori “L’altra parte” e mi riferisco al fatto che, in una situazione importante ci mettiamo una vita a scegliere l’abito giusto.
Ora, la mia situazione, era il primo giorno di scuola e non volevo apparire per quello che sono stato da… ehm, dalla… mia nascita.  A quel pensiero mi depressi mentre guardavo con fare disgustato le mie maglie: larghe, stinte e logore. E dire che sono anche un ragazzo ricco, mi dovrei vergognare di come mi vesto, sono imbarazzante per tutti i “signori” di questa terra. Ma non ci tenevo di essere considerato un figlio di papà o per attrarre le ragazze –cosa mai successa nell’arco della mia insignificante vita-  con i soldi. A dire il vero, visto che ero messo così male, avrei dovuto prendere in considerazione questa opzione.
Comunque, dovevo scegliere un abito! Non ci pensavo nemmeno a chiederlo al mio maggiordomo o mi avrebbe rifilato quella specie di tunica che mette Harry Potter. E sembrare un prete, non era una priorità di quel momento- e se ve lo state chiedendo, nemmeno della mia vita-.
Questa estate, in attesa di questo lieto evento (non sono incinta!) avevo comprato qualche felpa e dei jeans. Ma ora, sotto questa luce deprimente, mi sembrava tutto così scontato o addirittura inutile che avrei voluto comprarmi qualcosa di meglio. O meglio andare in giro in mutande?
Ok, la fase due era iniziata: pensieri da ragazza? Fatto. Decisioni che fanno solo le donne? Fatto. sembravo Giovanni Muciaccia, quello di art-attack.
La vera mammolina che era in me stava per uscire fuori dall’uovo. Sempre che una mammolina sia ovovivipare.
Decisi di chiudere gli occhi e prendere vestiti a caso e mettermeli. Solo così si può annientare la fase due, e fidatevi: meglio se fate così. Magari prima accertatevi di aver preso vestiti di stagione o potreste uscire con scarponi da neve, bermuda e una maglia a maniche corte. Un’esperienza umiliante che, grazie al mio privilegio  di essere nato quel giorno con quel numero, ho già fatto. E la gente, bhè, dovevate vedere come mi fissavano! Purtroppo avevo solo sette anni e non capivo nulla di moda o di come ci si vestiva e se avete il maggiordomo che ho io, bhè, non è una bella prospettiva… e chissà cosa mi dicevano alle spalle quelle persone!
Fortunatamente, dopo un po’ non ci fai nemmeno più caso a quello che dice la gente e sono contento di essere insensibile o a quest’ora dovrei, come minimo, essermi suicidato.
Perché la gente è cattiva con te solo perché sei diverso.
Perché la gente giudica prima di conoscerti.
Perché la gente non è felice e vuole rendere triste qualcun altro solo per sentirsi meglio.
Io non so cosa sono diventato, dopo le medie intendo. Non so più quale è il mio vero io o come ero alle elementari o all’asilo. Lo so, i bambini tendono a dire ciò che pensano, ma sono bambini e non gli dai peso. Le persone della mia età sono consapevoli di quello che dicono e, ogni parola andata a segno, un pezzo di me si è lentamente sbriciolato. Pezzo per pezzo.
Ho dovuto ricostruirmi e non so se sono bravo come muratore, non so se questo nuovo me reggerà il confronto di quello che deve ancora venire. Non mi riconosco più, sono morto ormai da un pezzo.
Però ho resistito anche se ci sono falle in me che forse non si ripareranno. Sono come una catapecchia che era stata costruita con amore e distrutta con ingenuità di un imprenditore che doveva solo fare spazio al suo fabbricato. Quella piccola innocua casetta è stata fatta a pezzi, ma adesso, è un ricordo dell’uomo che l’ha distrutta perché l’ha ricostruita in miniatura e la tiene nel suo ufficio, come per proteggerla. Ironico, no?
Ma, qui aprite bene le orecchie, il trauma dei traumi è salire sull’autobus.
Solitamente non mi fanno paura, anzi, li trovo dei mezzi pigri e inutilmente grossi. Ma quando in quell’inutilmente grosso mezzo ci stanno dentro una cinquantina di studenti schiacciati sui vetri, sulle porte e sui seggiolini, ecco che lì, “l’inutilmente grosso” diventa il “Cazzo! È troppo piccolo!”. È questo un trauma che nessun essere dovrebbe mai, e dico mai, vivere. Per nessun motivo al mondo. Pena stare sotto un’ascella asfissiante di un tuo coetaneo che, nel mentre ti sta soffocando con i suoi odori poco gradevoli, riesce addirittura a schiacciarti contro la porta provocandoti lo spappolamento della milza, dei polmoni, del fegato e di tutto ciò che c’è dalla gola in giù. E con giù, intendo TUTTO il giù.
Ed è questo che è il vero shock della tua vita, è questo che ha spinto l’umanità a creare una macchina. Ok, lo so che c’è stata prima l’automobile del bus ma era per dire!
Fu il viaggio più lungo, più faticoso, più orribile della mia vita. Il che è tutto dire.

 
* Hohoho! Siccome non ho niente da dire, parlerò a casaccio :P *come se non lo facessi mai... ehm*
Allora,siamo arrivati al secondo capitolo *la folla acclama* però il terzo non l'ho ancora sviluppato *la folla mi lancia pomodori* in ogno caso so cosa accadrà al povero Logan, e non gli piacerà. 
Cambiando argomento, avete notato che quando scriviamo un testo ci sentiamo Dio? o una forza che comanda i nostri piccoli, indifesi personaggi? Ecco, mi sento così. Sono io che comando, tutto va secondo i miei piani... Ma la vita non è così, la vita ci prende continuamente in giro. Per lei siamo bambole che non hanno alcun valore, sbatacchiate di qua e di là senza pensare a quello che potrebbe succedere... Ok, questa era una pausa riflessiva e non faceva ridere. L'ironia sta nel sapere che la vita comanda noi e noi non possiamo comandarla. Amara ironia.
Ringrazio queste persone che mi hanno messo nelle seguite
:
1 - Bieberhood 
2 - ZiaeRuga
E chi ha recensito:
MuccaJamaicana17
ZiaeRuga

Chillergirl
Love love,*
K.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Ahahahha! Per il povero Logan è arrivata la sua prima ora nel liceo... Bene, fine della trama. Bhè, se siete curiosi leggete, no? Non è che vi posso dire tutto io. Comunque, il tema centrale non è il ragazzo ma la sua abnorme sfiga! Yuppie! Si, insomma, il concetto è abbastanza chiaro, no? qualsiasi sia la situazione, lui riceve merda a palate e tutto per il mio volere e VOGLIO che soffra il più possibile. Forse sono un tantino sadica ma devo riversare i miei malumori su qualcuno no? Buona fortuna Logan, sempre se te ne è rimasta.


Capitolo 3
 
Perfetto. Ero entrato in classe nemmeno cinque minuti fa e già avevo un acerrimo nemico da sconfiggere o, perlomeno, da ignorare. Chi non ha un nemico? tutti, ovviamente. E sapevo già che ce lo avrei avuto anch’io, però speravo di incontrarlo in maniera estremamente diversa. Già, perché la persona in questione era una professoressa. Forse sarebbe meglio raccontare ciò che era accaduto…
Semplicemente, a causa della fifa cronica che mi aveva colpito non appena ero sceso dall’autobus, avevo avuto un urgente bisogno di defilarmi in bagno solo per calmarmi un po’. Così ero corso nel corridoio polveroso e buio, con le mattonelle disconnesse e rotte e il muro che cadeva a pezzi rischiando di rompermi il collo, per andare a finire direttamente tra le braccia e, purtroppo, tra le enormi tette della professoressa in questione. Semplicemente, ero inciampato su una mattonella buttandomi a volo d’angelo sulla vecchia megera che, dopo essere caduta battendo una sonora culata, mi aveva letteralmente preso per le orecchie e mi aveva trascinato in classe, davanti a tutti.
Mi ero scusato e divincolato più volte ma la vecchia aveva dei muscoli del pollice e dell’indice che avrebbe fatto invidia a dei campioni del wrestling.
Le mie orecchie, che lei aveva lasciato solo una volta arrivato nella piccola aula, erano diventate rosse e gonfie facendomi sembrare un elefante ricoperto di vernice. E già che c’ero, ero anche polveroso e sudicio a causa della caduta sul pavimento, che probabilmente non veniva pulito da anni –a cosa servono le bidelle se non per spettegolare e lamentarsi?-.
Bene, ok. A tutto c’era un limite e la mia sopportazione lo aveva passato da un po’. Non solo sembravo un essere geneticamente modificato e rigurgitato insieme a pelo e polvere da un gatto gigante, ma ero davanti, in bella mostra, ai miei futuri compagni di classe che sghignazzavano.
Un’umiliazione così non l’avevo mai provata, nemmeno nella mia vita piena di problemi e di… si può dire merda? No, perché questa era veramente una vita di merda. E poi le ragazze si lamentavano delle mestruazioni… si, certo. Bastava un giorno nei miei panni e le avrebbero accettate ringraziando il cielo. Anche io le avrei accettate volentieri se qualcuno mi avesse promesso di smetterla con queste cose impossibili che accadevano solo a me.
«Ascolta ragazzino, non osare mai più… » la donna, che stava in piedi davanti a me con il suo vestito rosa antico, mi fissò gelida.
«Mi dispiace professoressa, sono caduto e… »
«Questo non sarebbe successo se tu non avessi corso, scellerato! » ribattè la donna.
Non sarebbe successo se non avessi avuto gli strizzoni di pancia” pensai mentre chinavo il capo borbottando delle scuse.
«Oggi te la faccio passare liscia ma la prossima volta che ti ribecco a correre…» I suoi occhi luccicavano di malignità mentre pronunciava quelle parole e, dentro me, pensai che se veramente mi avesse rivisto correre mi avrebbe appeso per gli alluci sul soffitto della presidenza. Una seconda occhiata alla vecchia e sapevo per certo che aveva già pronte le catene e gli strumenti di tortura.
Andai verso l’unico banco libero rimasto, lo sguardo basso e le guancie arrossate dall’imbarazzo. Con un piccolo tonfo rassegnato mi sedetti sulla sedia piena di freghi e di buchi, alzai la testa solo per guardare la professoressa che faceva l’appello. I suoi capelli arruffati e arancioni le sfioravano le grosse spalle, il vestito la stringeva come un salame e le caviglie erano enormi, come quelle di un elefante. Quando chiamò il mio nome, alzai la mano con un sospiro innescando delle risatine.
Se il resto dell’anno fosse stato così, avrei cambiato scuola. Non potevo stare così male…
Parliamoci chiaro, ci sono abituato a tutto ciò, ma pensavo che le superiori fossero diverse e più mature.
Per le prime due ore avevamo lei, la professoressa Pinchelli che soprannominai subito l’ “Hulk rosa” per via della faccia paonazza e, ovviamente, di quell’orrendo vestito. Ogni volta che i nostri sguardi si incontravano, ero costretto a chinare il capo immediatamente o avrei beccato qualche maledizione… Sapete, no? Quelle cose della serie: “se fissi per più di 3 secondi i suoi occhi, morirà di una morte atroce”? Ecco. Era così che mi sentivo ed ero convinto che questa volta non era un semplice passaparola,  ma la cruda e nuda verità.
Quando la campanella della ricreazione si decise a suonare –grazie a Dio!- rimasi seduto e immobile, chiusi gli occhi e cercai di ignorare i miei compagni di classe che iniziavano a chiacchierare con timore e soprattutto ignorando il vicino o la vicina di banco che era scattata non appena il ronzio si era diffuso nella scuola. Era scappata da me.
«Hei… » sentii un voce molto vicina, non alzai lo sguardo. Sapevo che non si rivolgevano a me, chi mai lo avrebbe fatto? Si, insomma. Parliamoci chiaro: beccato dalla prof il primo giorno di scuola ti fa passare come un indemoniato che dovrebbe andare in cella. O no?
«Hei! Dico a te, testa polverosa»
Alzai gli occhi e mi ritrovai davanti un ragazzo, la maglia a righe bianche e rosse, i jeans strappati, le Nike nere. I capelli erano ritti sulla nuca come se avesse preso la scossa, aveva gli occhi verdi con un leggero accenno di sarcasmo e malignità.
Un bullo.
«S-Si? » gli domandai timoroso. Prima regola coi bulli: non rispondere con toni fermi e decisi. Mai. Hehe, l’avevo imparato a mie spese… e con le mie mutande.
«Sei stato forte! Hai tenuto testa a quella là… Mio fratello ha detto che non è cosa da tutti»
«Eh? » sbattei le palpebre più volte, sicuro di star sognando. Io? Forte? Si, era senza dubbio un sogno.
«Ma ci sei o ci fai? Ho detto che sei stato veramente forte! » I ragazzo gesticolò in modo convulsivo e poi mi sorrise: «Se uno come te le tiene testa, allora non sei malaccio»
«Davvero? » la mia domanda uscì spontanea e acuta, così tanto che vari ragazzi si avvicinarono con fare diffidente per capire cosa era stato.
«Davvero» il ragazzo si girò e mise il braccio attorno a un altro ragazzo che aveva capelli lunghi, scuri e aveva diversi piercing all’orecchio sinistro: «Come ti chiami? » mi chiese guardandomi accigliato.
«L-Logan»
«Bene Logan, io sono Andrea e lui è Tommaso. Piacere. Poche manfrine e vieni fuori con noi, come puoi rimanere qui dentro dopo due ore? »
Mi alzai automaticamente e li seguii adagio. Wow, non avrei mai pensato che una cosa così bella sarebbe successa a me. A me! Colui che tanta sfiga porta, colui che non ha mai avuto rapporti amichevoli con nessuno a parte il suo maggiordomo, colui che … ah! Ma chi se ne frega! Via il passato e buongiorno presente! Finalmente le cose stavano per cambiare.
Si, stavano per cambiare eccome. Come potevo illudermi che la mia sfortuna se ne fosse andata? 

NDA: Muhahahah!! Ho finalmente concluso il terzo capitoletto. Finalmente. Mi scuso con chi aspettava invano questo capitolo le settimane scorse ma mi hanno terribilmente riempito di verifiche e interrogazioni e di tempo non ne avevo, nemmeno per andare al cesso.
Ed eccoci qui, Logan ha trovato degli amici... se se, Logan. Continua a sperare. Ho dei bei progettini per te e ti assicuro che rimpiangerai di essere stato creato. Ok, forse sono davvero cattiva ma per scrivere questo manuale, devo essere depressa. O non sarei così sarcastica. 
Ok, ragazzi, io chiudo qui. 
Ma prima ringrazio di cuore chi ha messo la storia nelle seguite:

1- Bieberhood 
2 - LaKraff44 
3 - Laura B 
4 - Soqquadro04 
Chi ha messo la storia nelle ricordate:
1 - ribesrosso
Chi ha messo la storia nelle preferite:
1 - _Talia_Grace_ 
E ovviamente chi ha recensito:
1. LaKraff44
2. sarah_walker

Grazie mille, un enorme abbraccio,
K.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Si dice che la vita sia dura, ma non avete mai vissuto quella di Logan Tornaconti. Io, semplicemente, mi sarei sotterrata viva o rinchiusa in un monastero. In quel caso però non so s Logan potrebbe vivere lo stesso tranquillamente.
 
Preso dal testo di Gregor:
«- Ghe-go, io pipì!- disse Boots.
Ed eccolo di nuovo lì, un ragazzino con uno stupido casco, una torcia elettrica malridotta e un mucchietto di batterie che non aveva nemmeno controllato se avessero ancora un po’ di carica.
Il grande guerriero si scusò e cambiò un pannolino. »
 

La ricreazione durava quindici minuti, tutto il tempo necessario per conoscere meglio i miei nuovi compagni. Tommaso e Andrea mi fecero un sacco di domande su di me, che scuola frequentavo ecc. Sul serio, erano davvero molto amichevoli e carini ma mi stavano decisamente mettendo a disagio.
«Allora… Logan, raccontaci un po’ di te. Dove andavi alle medie? »
Sobbalzai alla domanda, non avevo la minima voglia di parlare delle medie e di tutto quello che non era successo nell’inizio della mia adolescenza.
«Ehm, ecco… » risposi con tono vago «Le medie. Si. No! Cioè, v-volevate sapere dove…? » mi accorsi di fare la figura dell’idiota e sospirai.
«Si, amico. Calmati, sai, con noi puoi stare tranquillo» Tommaso sorrise con fare confidenziale «Se eri un bullo puoi stare tranquillo. Anche noi lo siamo stati»
«Un bullo? » chiesi sconcertato. Avevo avuto ragione, il ragazzo era stato un ex-gradasso ma ora ero troppo impegnato a non aprire la bocca per lo shock per essere soddisfatto del mio fiuto.
«Si! Ma certo! Non ti vergognare, anzi, non aver paura di intimorirci. Questo è il primo giorno per tutti, bello, è importante farsi degli amici. Ti confesso che non hai la faccia da scapestrato, però a quanto pare lo sei, basta vedere quello che hai fatto con quella prof…»
Andrea sorrise e mise un braccio attorno alla spalla di Tommaso: «Già, forte! Allora lo eri anche tu… ma guarda come è piccolo il mondo»
Rimasi a fissarli per qualche secondo mentre mille pensieri mi frullavano per la testa. Sul serio, questi due, mi avevano scambiato per il tipo di persona che più odiavo? Davvero? Oh santo il Cielo! Ma non era così! Io odio le persone che fanno quelle cose! Odio la mia incapacità di difendermi, odio il mio fare da leccapiedi con i prof per scappare da tipi così. Odio… Un secondo! Se io fossi stato quello che loro pensavano che io fossi, sarebbe stato un anno diverso, un anno da forte e figo… non uno da ragazzo debole! Certo… tutto combaciava, adesso avevo il coltello dalla parte del manico, potevo infliggere almeno 50000 punti al nemico! Ok, stavo pensando a Final Fantasy, ma la tecnica era la stessa… Si, poteva funzionare.
«E-Ehm… heheh avete capito subito, ragazzi…» dissi con tono un po’ colpevole mentre evitavo di guardarli in faccia. Non riuscivo a mentire alle persone se le guardavo negli occhi, perciò tutti quelli che mi conoscevano bene (molto poche) sapevano perfettamente quando nascondevo qualcosa o quando la combinavo grossa.
«Già, siamo molto bravi a indovinare» si vantò Tommaso mentre pensavo con ardore queste parole: “Nemmeno nei tuoi sogni ti saresti portato così fuori strada…
Mi accorsi che stavamo andando verso un edificio, per la precisione il primo in cui per errore avevo messo piede, in cui erano posizionate le classi dalla terza in poi.
«Quindi, quanti ragazzi hai smutandato? » continuò Tommaso come se nulla fosse.
Sta calmo, sta calmo…” pensai mentre sentivo il sangue alle tempie pulsare.
«Oh… e così mi chiedi questo» mi voltai sorridendo forzatamente «Un sacco… tanti. Così tanti… smidollati… che ho perso il conto»
«Sisi ma di preciso? »
«No, sul serio. Non ho tenuto il conto»
«Cosa? Non sai che è una regola del bullismo? “Sempre tenere il conto delle tue vittime”. Non lo sapevi? » chiese Andrea scrutandomi con sguardo accusatore.
«S-Si ma io ho una pessima memoria e non ricordo molto bene il numero. Forse… venti? »
«Venti?? » chiesero all’unisono i due ragazzi che camminavano accanto a me.
«N-No… trenta? Forse anche quaranta… »
«Quaranta? Sul serio? » chiese Andrea.
«E-Ecco…» cominciai balbettando.
«Ragazzi basta con questi numeri inutili. Ammetto che quaranta è un numero molto alto, bravo Logan. Però vogliamo sapere se c’era una vittima che adoravi maltrattare… Sai, qualcuno che non vedevi l’ora di prendere in giro o chiedere soldi. Allora, c’era? »
Mi fermai di botto, sentii le guance andare a fuoco e i miei occhi chiudersi nella concentrazione di non prenderli a cazzotti. Li odiavo, li odiavo sul serio. Tutto quello che avevo passato in quei tre anni si riversò su di me come acqua gelida, come lava rovente. Tutto ciò che mi avevano fatto… nessuno ha il diritto di subire soprusi e umiliazioni del genere, nessuno aveva il diritto di fare queste cose. Se solo avessi saputo reagire, cosa ci avrei perso? Si, un labbro gonfio e sanguinante, ma poi? Perché non ero riuscito a guadagnarmi il rispetto che meritavo?
Ci pensai a fondo e vidi solo un'unica uscita: Se davvero avessi reagito, sarei diventato come loro perché li avrei picchiati fino a quando non mi avrebbero chiesto pietà. E io non volevo essere paragonato a un branco di idioti che torreggiavano e gongolavano delle cazzate che facevano. La differenza tra me e loro stava nella dignità che avevo di prendere le mazzate, io avevo dignità e l’avrei venduta a caro pezzo.
«Logan? Logan ci sei? » sentii qualcuno che mi chiamava e aprii gli occhi di scatto guardandolo furente, Andrea indietreggiò e mi fissò perplesso: «Che succede? »
Tommaso venne avanti e si fece largo spostando in malo modo l’amico: «Wow! Ora si che sembravi un teppista! »
Sbattei qualche volta le palpebre e indietreggiai: «Si… credo» dissi distrattamente mentre pensavo alle miei emozioni. Purtroppo per loro, avevo ancora una voglia matta di spaccargli il muso.
«Siiii… cambiando argomento, ti voglio far conoscere una persona»
Mi soffermai ancora una volta sui tratti del biondo Tommaso, aveva un non so che di familiare, come se lo avessi già visto e provassi una certa repulsione verso di lui. Come se non volessi altro che scappare…
Controllati Logan” mi dissi “Vuoi scappare perché ti sei cacciato in una situazione disagevole e perché sei una donniciola. Tira fuori le palle!
Ok, questi discorsi torneranno molto spesso, una parte del mio cervello conosce le mie debolezze, per questo ho creato un me stesso forte che mi dia l’energia. Gli ho anche dato un nome! Si chiama Capitan Kirk, bello no?
«Ah si? » risposi con uno strano tono fermo che non mi apparteneva, Capitan kirk stava facendo bene il suo lavoro «E chi mai mi vorresti far conoscere? »
«Lo vedrai! È una vera forza… tu e lui andrete d’accordo, siete fatti delle stessa pasta» disse il ragazzo moro con un sorrisetto furbo sul volto.
«Mmm…» mugolai un po’ dubbioso. Non so di che pasta sono fatto ma di sicuro non porta bene. E se quello era come me… bhè, il pasticcio era fatto.
Salimmo le scale di pietra scura e scheggiate, ormai lucide per tutte le scarpe che le avevano calpestate, mi ressi al corrimano di ferro battuto freddo e duro. Stavamo salendo verso le classi terze, diretti in terza A.
Tommaso si affacciò alla porta e chiamò qualcuno, con nonchalance mi appoggiai al muro fissando il pavimento come se fossi un vero duro.
«…re. Quindi ti voglio presentare Logan» sentii dire a Tommaso.
«Logan, eh? Mi ricord-»
Mi bloccai fissando la persona che stava parlando prima che si fermasse. Era un ragazzo alto, largo, muscoloso, biondo, le labbra arricciate e le sopracciglia curvate formando quell’espressione di completa arroganza.
Quel modo di tenere i capelli a ciuffo come se fosse Elvis e quel portamento come se fosse superiore al mondo.
«Daniele…? » sussurrai sentendomi la gola estremamente secca. Per un attimo immaginai la scena come uno shojo manga, la ragazza che vede il suo ex e che, incredula di fronte a lui, sussurrava il suo nome. AHAHAH sfortunatamente la realtà era ben diversa, non so che avrei fatto per essere quella ragazza.
Rimanemmo a fissarci a lungo, lui con sguardo strabuzzato e io a bocca aperta e le gambe pronte a scattare via.
«Fratello caro, mi dicevi di aver conosciuto un tipo… tosto» disse con finta curiosità il ragazzone alto.
«Si, è lui. Sai mi ha detto che era come te e me alle medie, e che ha perseguitato molti ragazzi e che-»
«Chi? Lui? » Daniele iniziò a ridere di gusto «Ma se ha ancora i segni della smutandata che gli feci tre anni fa! »
Sbarrai gli occhi e guardai le facce incredule di Andrea e Tommaso, loro non avevano idea che il mio peggiore incubo era stato lui, Daniele, non avevano idea che avevo mentito spudoratamente per apparire diverso dalla realtà.
Bhè, ora si sono fatti un’idea” pensai mentre indietreggiavo fuggendo dai loro sguardi colpevoli.
Non ci potevo credere, la scuola che mi avrebbe portato tra le torri della vittoria adesso mi aveva portato negli abissi dell’infelicità.
Ma dai, ragazzi. Non posso essere così sfigato!
E per puntualizzare, i segni della smutandata era andata via solo un annetto fa.

 
 
Nda: ok, ammetto che ci sono stata una vita a scriverlo e che ho fatto aspettare tante persone che sicuramente saranno arrabbiate per il mio ritardo di… un mesetto? Un mesetto e mezzo? Bhè… MI DISPIACEEEE!! Chiedo perdonoooo! Abbiate pietà di me. Il computer si era rotto e anche ora non posso navigare su internet, infatti ringrazio di cuore la mia migliore amica che è stata tanto gentile da postarlo qui.
Ho avuto la scuola, problemi, ancora la scuola e quando avevo tempo non scrivevo perché mi mancava la voglia.
Passando alla storia, credo che questo piccolo pezzo faccia un po’ riflettere sul bullismo, di come la cosa sia SBAGLIATA e inaccettabile. Ancora oggi non capisco gli esseri umani nonostante io sia uno di loro, facciamo talmente tante cose idiote… cose orribili, addirittura. Non riuscirò mai a giustificare questi comportamenti.
Cambiando discorso, non voglio deprimermi, spero vi sia piaciuto. Lo so, il tono e percettibilmente più serio, probabilmente è colpa del mio umore se è venuto così. Per qualsiasi cosa, ditemelo! (ho davvero la sensazione che faccia schifo)
Va bene… chiedo ancora perdono. Un abbraccio a chi mi segue e a chi ha letto!
 
K.

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