The Music of the Night

di Jessica24
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Think of me ***
Capitolo 2: *** La Dimora sul Lago ***
Capitolo 3: *** Beneath a moonless sky ***



Capitolo 1
*** Think of me ***


The Music of the Night
 
Two shot dedicata  a tutte le ragazze che, come me, amano Erik Destler 

Nota dell’autrice :                                                                                                                                                              
Missing moment tra i due musical del “Fantasma dell’Opera” di ser Andrew Lloyd Webber; spero di non andare OOC con i personaggi di Erik e Christine … e ultima cosa ( ma non meno importante ) questa coppia non mi piace molto – Erik merita una donna che sia meglio della soprano.
 
                                                                                                          Think of me
 
Raoul è la scelta giusta?                                                                                                                                                          
Christine sapeva che porsi quella domanda era una cosa vana, alla vigilia del matrimonio.
Il giorno dopo lo avrebbe sposato e sarebbe diventata la viscontessa de Chagny.                                                                                   
Eppure … eppure non poteva fare a meno di chiederselo; erano passate due settimane da quando aveva visto il Fantasma nei sotterranei dell’Opèra Populaire e sapeva che i gendarmi non erano riusciti a trovarlo dopo che lei e Raoul erano fuggiti dalla Dimora sul Lago e dal teatro.                                      
Per salvare il giovane visconte sarebbe stata pronta a oltrepassare il punto di non ritorno e a condividere i giorni che le restavano con il Fantasma; lo aveva baciato, posando le proprie labbra su quelle dell’uomo che, per tenerla con se, minacciava di uccidere Raoul.                                                     
Un gesto coraggioso, l’unico che potesse fare in quella situazione così disperata.                                                          
Ne sei davvero sicura?, chiese una voce nella sua mente.                                                                                                  
Una voce che si era fatta sempre più insistente durante quelle due settimane in cui lei e Raoul si erano tenuti occupati con i preparativi del matrimonio: spedendo gli inviti – gli invitati sarebbero stati tutti nobili, amici dei genitori di Raoul e i loro figli ( amici del suo futuro marito ), andando in chiesa per accordarsi con il prete sul giorno in cui si sarebbero sposati, scegliendo il luogo in cui avrebbero celebrato il ricevimento di nozze e – la cosa più importante di tutte ( che Christine aveva fatto da sola, seguendo la superstizione ) – la scelta del vestito da sposa.                                                                 
Sei sicura di averlo fatto solo perché dovevi salvare il giovane viveur, quello sciocco damerino? Oppure perché volevi farlo?                                          
La voce mentale era diventata quella del Fantasma e per un attimo Christine si spaventò, credendo che il suo antico mentore fosse arrivato di nuovo fino a lei, per rapirla e fare in modo che nessuno la trovasse più.
“No”, sussurrò, dopo alcuni minuti. “Mi ha lasciata andare e non mi cercherà più.”                                                 
Andò a sedersi accanto alla finestra della sua stanza e osservò il viavai di persone nella via sottostante. Tutti svolgevano i propri affari e non potevano sapere che qualcuno li stava guardando … e anche se lo sapevano lei non stava commettendo nessun crimine nell’osservarli.                                          
La voce tornò, ma questa volta non era quella del Fant… di Erik. Ecco, aveva finalmente pensato al nome di lui. Non era un vero spirito in fondo e la sua forma evanescente non sarebbe apparsa nella stanza solo perché Christine aveva pronunciato mentalmente il suo nome.                                                 
Erik. Erik. Erik, ripeté quella voce, canzonandola.                                                                                                                                    
Basta! Quel grido muto ottenne l’effetto desiderato, zittendo la voce estranea a Christine, visto che non era la sua e neanche quella di Erik. La ragazza si allontanò dalla finestra, stanca di osservare dall’alto le persone che erano in strada.                                                                                        
Aveva bisogno di uscire, e non di stare chiusa in quella camera in attesa del giorno seguente. Inoltre sapeva istintivamente che non le sarebbe accaduto niente di orribile; anche se aveva cantato al Teatro dell’Opera solo in due occasioni questo l’aveva resa famosa e nessuno – e con quel nessuno pensava a dei ladri – le si sarebbe avvicinato per derubarla.                                                                                                                                           
Non la ragazza che stava per sposare un nobile.                                                                                                              
Chissà cosa avrebbero detto gli amici di Raoul dello scandalo che l’aveva coinvolta?                                                    
Di sicuro davanti a lui e a Christine si sarebbero limitati a sorridere e avrebbero sparlato alle spalle di entrambi di quello che era successo l’ultima sera in cui lei aveva visto il tanto temuto Fantasma, che l’aveva rapita durante la rappresentazione dell’opera scritta da lui stesso: “Don Juan Trionfante”.        
Christine indossò un abito azzurro e usci dalla stanza, scendendo le scale e arrivando fino in strada.                      
Da lì iniziò a camminare senza una meta particolare e si fermò sul ponte della Senna, osservando le acque di quel fiume.                                        
Senza che potesse fermarli anche i suoi ricordi presero a scorrere come l’acqua che stava guardando e le sembrò di vedere le immagini del suo passato riflesse nella Senna.

“Non preoccuparti, piccola mia”, disse suo padre, accarezzandole piano il viso infantile. “Anche se me ne andrò ci sarà sempre un angelo che veglierà su di te, al mio posto.”                                                                                          
La Christine bambina sorrise. “Un Angelo della Musica?”, gli chiese.                                                                        
“Esatto”, rispose suo padre, ricambiando il sorriso. 

Il giorno dopo madame Giry era andata a prenderla e l’aveva portata al Teatro dell’Opèra; suo padre era andato in paradiso – certo un uomo buono e gentile come lui non poteva essere andato all’inferno.                      
Si sentiva un po’ spaesata in quel luogo semi – sconosciuto e con la compagnia di quella donna che era diventata la sua tutrice.                            
Quello stesso giorno aveva conosciuto Meg e tra le due si era creata subito una forte simpatia. L’altra bambina, figlia di madame Giry, faceva parte del gruppo di quelle che studiavano come ballerine del teatro.  
“Anche tu inizierai a farlo, cara”, disse la donna a Christine. “Sono certa che sarai una vera stella per questo teatro.” 

“Madame Giry?” La Christine bambina si avvicinò alla propria insegnante di ballo; la lezione di quel giorno era appena terminata e le altre ragazzine – inclusa Meg – si stavano preparando per tornare a casa.                      
“Cosa c’è, piccola?”, chiese la madre di Meg.                                                                                                                            
“Ho sentito dire che qui c’è una piccola cappella”, rispose la bambina, vincendo la propria timidezza. “Potreste indicarmi dove si trova? Così potrò andarci e pregare per mio padre.”                                                             
Sul voltò di madame Giry era passata per un attimo un’ombra di paura e questo aveva sorpreso la piccola Christine, ma quando aveva sorriso la bambina aveva dimenticato all’istante quell’espressione.                                 
Ma adesso la Christine adulta sapeva che quell’espressione era dovuta alla presenza del Fantasma.                    
“Certo”, rispose madame Giry. “Vieni con me, ti farò vedere adesso dove si trova.”

Così aveva conosciuto l’Angelo della Musica, una voce incorporea che per otto anni le aveva fatto compagnia nella cappella, insegnandole a cantare.
Christine batté le palpebre e le immagini sull’acqua scomparvero come se non ci fossero mai state.                                                                     
Erik deve saperlo, pensò.  Non posso andarmene senza dirgli niente.                                                                                
Si allontanò dal ponte e iniziò a dirigersi verso il teatro dell’Opèra.                                                                                                                  
 

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Capitolo 2
*** La Dimora sul Lago ***


                                                                                             La Dimora sul Lago
 
Non le ci volle molto e quando arrivò vide che il teatro era ancora chiuso; si chiese quando tempo ci sarebbe voluto ai due direttori per riparare i danni e se avrebbero avuto ancora fortuna nella direzione dell’Opèra. Christine si guardò per un attimo intorno, prima di incamminarsi verso il vicolo in cui si trovava l’entrata secondaria del teatro, quella in cui si trovavano le stanze delle ballerine.                                               
Nella piazza non c’erano più gendarmi; probabilmente erano andati via tutti una settimana prima. Ormai il Fantasma non era più un pericolo, per nessuno. 
Quella consapevolezza la atterrì di nuovo: se era troppo tardi non se lo sarebbe mai perdonato; non avrebbe sopportato di essere la causa della morte di Erik.                                                   
Era tornata indietro dopo che lui aveva liberato lei stessa e Raoul; gli occhi azzurri di lui erano lucidi per le lacrime e con voce rotta Erik aveva cantato quello che provava nei suoi confronti.                                                         
E lei … lei aveva sentito lacrime simili a quelle del Fantasma rigarle le guance, ma due settimane prima aveva pensato che quel pianto fosse per la gratitudine che provava nei suoi confronti, per averla lasciata libera.                                                                                       
Per cui si era tolta l’anello che lui le aveva dato poco prima e si era limitata a baciargli le dita prima di andarsene con Raoul.
Ma in quei momenti che aveva passato sulla Senna a ricordare, si era resa conto che quelle lacrime erano per il dolore di sapere che non lo avrebbe più rivisto.                                                                
Non puoi morire, mio Angelo, non ora che ho capito quanto sia stata stupida la mia scelta.                                           
È tardi ormai, replicò la voce di Erik. Se verrai nella Dimora sul Lago troverai soltanto un cadavere da seppellire.                                       
Christine preferì non ascoltare quell’ultima frase ed entrò nel teatro, camminando fino al proprio camerino; lì accese alcune candele per avere più luce e iniziò a tastare la cornice dello specchio per trovare il meccanismo che lo avrebbe aperto, permettendole di scendere fino alla casa di Erik.               
Ci vollero alcuni minuti ma quando lo trovò sorrise, prese una lanterna e iniziò ad addentrarsi nel labirinto sotterraneo.
 
Il bambino non riusciva a capire perché la donna di fronte a lui stesse piangendo. Perché scoppiava in lacrime ogni volta che posava gli occhi su di lui?  
La donna indossava un vestito grigio scuro – un tempo nero – e i capelli neri erano raccolti sulla nuca. Prima che il bambino potesse porle quella domanda per l’ennesima volta – anche se sapeva che non avrebbe ottenuto nessuna risposta – la donna gli passò un oggetto bianco; il bambino se lo rigirò nelle mani, indeciso su cosa farne.                                                                                                                                                       
Non voglio rivedere tutto questo, pensò l’Erik adulto. So già cosa succede e non voglio riviverlo.                              
Ma non riusciva a svegliarsi e non poté neanche distogliere lo sguardo dalla scena.                                                       
Il bambino alzò di nuovo gli occhi sulla donna e sia lui che l’Erik adulto si accorsero che era cambiata: il vestito era sempre scuro, ma i capelli erano castani ed erano raccolti in una treccia che le scendeva lungo il petto.                                                                 
“Devi indossarla”, disse madame Giry al bambino, indicando la mezza maschera bianca.                                                 
Poi il suo corpo cambiò di nuovo, per l’ultima volta, e davanti al bambino comparve Christine, con l’abito bianco dell’ultima volta che l’aveva vista e i riccioli biondi sciolti sul petto e lungo la schiena.                                         
Una bambola, pensò l’Erik adulto, con un sorriso amaro. Una bambola come quella che ho creato io.  
“Nessuno merita di avere davanti un simile orrore”, disse Christine con voce atona.                                          
Incurante delle lacrime che avevano iniziato a scorrere sulle guance del bambino a quelle parole, Christine gli si inginocchiò davanti, prese la maschera dalle sue mani e gliela posizionò sul lato sinistro del viso.                        
In quel momento avvenirono simultaneamente due eventi: il bambino iniziò a crescere fino a diventare adulto e si tolse la maschera, mentre le tre donne apparvero davanti a lui nello stesso istante e non una dopo l’altra.                                                                                                   
Il nuovo Erik adulto posò la maschera su un mobile che aveva accanto e la sostituì con un cappio rosso.                       
Il laccio del Punjab, pensò l’altro Erik, riconoscendo l’arma che aveva usato per compiere i propri omicidi, nel teatro.                                            
Ma nell’altro Erik c’era qualcosa di diverso e se ne accorse quando si avvicinò per guardarlo meglio.                  
Gli occhi, che non erano azzurro scuro, ma dorati come le fiamme di una candela.                                                           
“Siete pronte ad avere il mio giudizio, mesdames?”, chiese l’uomo con gli occhi dorati, con un sorriso crudele che storse i lineamenti del suo viso, facendolo somigliare più che mai a un teschio ghignante.                    
Le tre donne si limitarono a fissarlo con occhi vacui, senza rispondergli. Persino Christine, che di solito lo avrebbe implorato in lacrime di risparmiarle la vita e lasciarla andare.                   
“Madame Giry, voi siete l’unica a sapere cosa sia questo”, disse l’uomo con gli occhi dorati all’insegnante di danza.                                              
“Il laccio del Punjab”, rispose la donna.                                                                                                                          
“Esattamente!”, esclamò l’altro Erik. “Siete intuitiva come sempre, mia cara. Questo è l’unico oggetto di cui posso fidarmi, l’unico che mi rimarrà fedele fino alla fine dei miei miserabili giorni.”                                                       
“Io ti ho aiutato finché ho potuto farlo”, replicò madame Giry. “Ma non potevo permetterti di tormentare oltre quella povera ragazza, che per me è come una figlia.”                                                                                             
Una volta avete detto anche a me la stessa cosa, pensò l’Erik con gli occhi azzurri.                                                       
“Una volta avete detto anche a me la stessa cosa”, disse l’altro Erik. “Eppure non avete esitato a tradirmi, come ha fatto la mia vera madre.”                  
“Mi dispiace di averti fatto soffrire, Erik”, si intromise la prima donna. “Ma a quel tempo darti agli zingari mi è parsa l’unica alternativa possibile.”            
“E a me non avete pensato?! A tutti gli abusi, le percosse, gli scherni che ho dovuto subire per colpa vostra, madre? Mi hanno chiamato in così tanti modi che alla fine ho deciso di diventare davvero quello che loro volevano e vendicarmi su tutti coloro che mi avevano fatto dei torti.”                                   
“Il Figlio del Diavolo”, sussurrò Christine, mettendosi di fronte alle altre due. “Il Signore delle Botole, il Fantasma dell’Opera.”                               
“Si, si e ancora si!”, esclamò l’Erik con gli occhi dorati, mentre quello con gli occhi azzurri ormai si era seduto in disparte, per assistere passivamente allo strano sogno che stava facendo.                                                  
Christine continuò ad avvicinarsi a lui e l’altro Erik, istintivamente, arretrò sotto lo sguardo degli occhi azzurri di lei.                                                
“Qual è la mia accusa?”, gli chiese la ragazza, afferrando da sola il laccio che lui aveva in mano.                                      
“Io ti ho insegnato tutto quello che sapevo sulla musica, per farti brillare davvero come la stella che sei. E tu hai preferito scegliere una vita monotona, accanto ad un uomo superficiale. Forse perché in realtà lo sei anche tu?”                                                                                                        
“Può darsi”, rispose Christine. “Per anni sei stato il mio vero amico e avrai sempre la mia gratitudine per tutto quello che mi hai insegnato. Ma l’amore … come hai potuto pensare che avrei potuto amarti dopo gli eventi che sono successi? Tu mi hai spaventata e la passione è svanita come neve al sole … ma avrò sempre il tuo ricordo a tenermi compagnia e con il tempo tu ti dimenticherai di me e amerai di nuovo.”                                                    
“No”, risposero i due Erik, simultaneamente.                                                                                                                                                      
“Non potrò mai dimenticarti”, continuò quello con gli occhi dorati. “Io ti ho dato il mio cuore e tu non hai esitato a tagliarlo in quattro piccoli pezzi. Ma so per certo che soltanto la mia morte potrà porre fine a quello che provo nei tuoi confronti.”                                                                                  
Christine lasciò andare il laccio e gli accarezzò la parte sinistra del viso. “Oppure la mia morte”, sussurrò, prima di mettersi nuovamente in mezzo alle altre due donne.                                                                                               
“Fa’ quello che devi fare …”, disse sua madre.                                                                                                                        
“… ma fallo in fretta”, concluse madame Giry.
 
Erik si svegliò prima che il sogno potesse avere una conclusione e forse fu meglio così. Sapeva che il suo giudizio – o meglio, quello dell’altro Erik – si sarebbe concluso con il laccio del Punjab stretto attorno al collo delle tre donne.                                                                                     
Lentamente si alzò in piedi e si asciugò le lacrime che gli avevano bagnato il viso, mentre dormiva.                            
Si chiese quanto tempo fosse passato dalla sera in cui si era nascosto in quel luogo, quando al teatro avevano rappresentato l’opera scritta da lui stesso.            
Di sicuro una decina di giorni ed era strano che avesse ancora abbastanza forza da muoversi e camminare.
Neanche la Morte vuole degnarsi di venirmi a prendere.                                                                                                 
Stava per avvicinarsi allo specchio che aveva usato per nascondersi e scostare l’arazzo rosso che lo copriva, quando senti dei rumori provenire dall’altra parte, dalla sua Dimora sul Lago.                                                                
C’era ancora qualcuno che girovagava in quel luogo, credendo che lui fosse scomparso del tutto?                                 
Se era da solo, lo avrebbe colto alla sprovvista e nessuno avrebbe trovato il cadavere dello sventurato – o della sventurata – che era entrato nei suoi domini.       
Nessuno può venire in casa mia senza invito.  
 
ANGOLO AUTRICE
Ed eccomi con il secondo capitolo già pronto, dearies. Alla fine ho deciso di far diventare questa fan fiction una three shot – è nel prossimo capitolo ci sarà finalmente il tanto atteso incontro tra Erik e Christine.                
Alla prossima, Jessica21 :*
 

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Capitolo 3
*** Beneath a moonless sky ***


Beneath a moonless sky
 
Capitolo a rating arancione
 
Christine iniziò ad addentrarsi nel labirinto sotterraneo che conduceva alla Dimora di Erik; c’era stata soltanto due volte – ed entrambe le volte era stato lui a portarla lì – eppure riusciva a ricordare con esattezza la strada da seguire e i punti che andavano evitati per non cadere in nessuna delle trappole che lui aveva piazzato.                                                                                                                                                                           
Le ci volle una mezz’ora per arrivare fin lì e si chiese se il sole fosse già tramontato all’esterno. La Dimora sul Lago era stata devastata dai gendarmi e da quelli venuti con loro la notte del “Don Juan”.                                
“Ah, mio povero Erik”, disse Christine, posando la lanterna su un tavolo. “Vorrei che Raoul non fosse mai venuto al teatro per diventarne il mecenate. Senza di lui tutto questo non sarebbe successo. Ora so con chi devo oltrepassare il ponte, ma è troppo tardi, non è vero?” Si guardò intorno, prima di sussurrare: “Il ponte è già bruciato e noi ci troviamo alle due estremità opposte, senza poterci incontrare.”                                                                                      Una folata di vento fece spegnere le poche candele rimaste accese e la lanterna che Christine aveva portato con se.                                             
“La colpa non è esclusivamente del tuo Visconte, mia cara”, disse la voce di Erik alle sue spalle. “Perché sei tornata indietro?”                           
Christine, che aveva trattenuto il fiato, esalò un lungo respiro tremante al suono della voce di lui.                    
Sapeva che guardarsi intorno era inutile: in quell’oscurità poteva soltanto ascoltarlo parlare, mentre lui – al contrario – poteva sia vederla sia sentirla.     
“Lo ammetto”, rispose. “Anche io ho delle colpe in quello che è successo. Sono tornata per dirti che sto per andarmene. Domani mattina io e Raoul ci sposeremo. Ma la scelta che ho fatto mi tormenta ancora …”
“Oh, naturalmente”, replicò la voce di lui, con tono sarcastico. “Mi credi davvero così sciocco da credere alle tue parole? Tu mi hai baciato soltanto per salvare la vita del tuo amato Visconte e ora non lo vorresti più? Non vuoi più passeggiare con lui alla luce del giorno, senza vergognarti del suo aspetto, come invece dovresti fare con me?”                                                                                                                                                               
Erik sapeva che stava parlando in quel modo per il sogno che aveva fatto alcuni minuti prima – e che era ancora vivido nella sua mente – ma doveva sfogarsi e quello gli sembrava il modo migliore di farlo.                  
Aveva creduto che Christine fosse una rosa, un fiore bello e profumato, ma in verità era stata anche il serpente che si nasconde sotto la rosa e lo aveva morso non appena lui stesso aveva abbassato la guardia, dandole il suo cuore e la sua fiducia.                                                                        
“Lui è … gentile”, disse Christine. “Ma a lungo andare non ci sarà più passione nel nostro matrimonio.”                        
“Tu lo hai scelto e io ti ho lasciata andare”, disse il Fantasma. “Vattene”, continuò. “Ho già ascoltato a sufficienza le tue scuse. Torna dal tuo Visconte e non cercarmi più.”                                                                                        
“E tu cosa farai?”, chiese la ragazza. “Non posso credere che la nostra musica sia davvero finita.”                              
“Sei stata tu a porvi fine. Hai fatto la tua scelta, Christine: seguila fino in fondo e creati una vita lontano da Parigi.”                                           
Christine sentì l’amarezza e il dolore che gli avevano permeato la voce e i passi di lui che stavano iniziando ad allontanarsi. “Ogni ora che vivrò io penserò a te ….”                                                                                                   
Erik ritornò sui propri passi e la afferrò per un polso. “Oh, non osare mentirmi!”, ringhiò.                                                                           
“Non ti sto affatto mentendo”, replicò lei con calma.                                                                                                               
Sollevò l’altra mano alla ricerca del viso di lui e lo sentì emettere un singhiozzo strozzato quando le dita di Christine gli accarezzarono la parte deturpata del viso.                                                                                                      
“Sei davvero disposta a restare con me?”, le chiese lui, incredulo.                                                                              
“Adesso la mia anima può vedere la tua, Erik”, sussurrò lei in risposta. “E io posso finalmente vedere il tuo cuore: è qualcosa di bellissimo, puro ed integro. Se io ti resterò davvero accanto non dovrai più preoccuparti delle opinioni altrui. Non ho più paura adesso."                                                
“Ah, Christine … se sei davvero disposta a farlo, non hai pensato che il tuo Visconte potrebbe tornare a cercarti?”                                         
“Andremo insieme nel Nuovo Mondo, in America. Lì non ci conosce nessuno.”                                                  
“Si”, replicò lui, dimenticandosi per un po’ del sogno che aveva fatto; prese la mano di Christine – quella che lei gli aveva posato sul viso – nella propria e sorrise. “Vieni con me, ora.”                                                        
Christine si lasciò condurre da lui nell’altra grotta, quella che si trovava dietro al drappo rosso.                         
Raoul se ne farà una ragione, pensò la ragazza mentre seguiva Erik. Troverà qualcun’altra che lo amerà più di me.                                               
“Ne sei davvero sicura?”, le chiese Erik, fermandosi in mezzo alla seconda grotta.                                                            
“Si, stare con te è quello che voglio”, rispose Christine. Si alzò in punta di piedi, tenendosi con le mani alle spalle forti di lui, e lo baciò sulle labbra.    
Quel bacio – e gli altri che seguirono – la resero stranamente felice e sentì il proprio cuore battere più veloce mentre lei ed Erik si sfioravano a vicenda.                     
“Detesto questi vestiti”, si lamentò tra un bacio e l’altro, facendolo ridere di gusto.                                                       
Era la prima volta che Erik lo faceva in sua presenza e sperò di riuscire a sentire altre volte quella sua risata calda e avvolgente allo stesso tempo.        
“Ho bisogno di te, Erik”, sussurrò dopo qualche minuto, certa che lui l’avrebbe sentita.                                                
“Ah, il mio nome sulle tue labbra, mia dolce Christine”, sussurrò lui a sua volta, prima di baciarla nuovamente, questa volta con più passione.               
E da quel momento in poi non ci fu più bisogno di negare il desiderio che provavano l’uno per l’altra. I loro corpi si unirono nell’oscurità, senza difese e nel silenzio, che fu rotto soltanto dai loro gemiti di piacere e dalle parole sussurrate – quelle che prima nessuno dei due aveva mai avuto il coraggio di dire – da Christine e da Erik.
 
Erik posò un bacio sulla fronte della propria Musa e la osservò addormentarsi al suo fianco, con i capelli biondi che le coprivano il seno. Il corpo di lei risaltava in quell’oscurità come un diamante in mezzo al carbone. Le sfiorò con le dita la curva del collo, mentre sentiva le labbra piegarsi in un sorriso – una cosa che non gli succedeva spesso.                                                                                                                                                  
Che non gli era mai successa in presenza di una donna, se proprio voleva essere sincero con se stesso. Christine lo aveva reso di nuovo felice, tornando da lui nella Dimora sul Lago.                                                         
“Senza che io l’abbia costretta”, sussurrò.                                                                                                                      
Christine era venuta per restare con lui, senza nessun altro fine, e gli aveva dato quello che le donne conservavano con la massima cura, almeno fino al giorno del matrimonio.                                                               
Anche lui avrebbe voluto sposarla prima di fare quello che avevano fatto, ma aveva represso troppo a lungo i propri desideri per rinunciarvi anche in quel momento.                                                          
E inoltre gli era sembrato che Christine e lui stesso avessero creato una nuova canzone.
Le dita di Erik si spostarono lungo il braccio di lei e scesero fino alla mano.                                                                                        
“Questa notte sarà uno dei pochi momenti felici della mia esistenza”, sussurrò di nuovo. “Non la rimpiangerò mai, finché vivrò.”                            
Poi si alzò in piedi e iniziò a rivestirsi in silenzio. Il sole sarebbe sorto tra qualche ora e lui doveva essere sparito prima di allora.                     
Christine gli aveva dato il paradiso che aveva sempre bramato e adesso Erik  vi stava rinunciando volontariamente, mettendo da parte ogni pretesa egoistica che poteva avere sulla ragazza.                                            
Di nuovo.                                                                                                                                                                                            
Ma in fondo era meglio così: non poteva sapere per quanto tempo sarebbe durata questa volta ed era meglio dare uno strappo definitivo alla relazione che lo aveva legato alla soprano.                                                           
Inoltre non voleva vedere i suoi occhi azzurri che lo fissavano di nuovo con orrore, come era successo la prima volta che lo aveva visto, oppure con disprezzo per gli omicidi che aveva commesso.                                             
Si vergognava già abbastanza di suo.                                                                                                                            
Entrambi avrebbero voltato pagina e si sarebbero creati due vite separate.                                                                         
Erik finì di abbottonarsi la camicia e il gilet e poi andò nella grotta principale – quella dell’organo – a prendere un mantello nero con cappuccio che gli celasse il viso.                                                                                                                  
Trovò anche l’anello di fidanzamento che le aveva rubato alla festa in maschera, quando si era presentato vestito da Morte Rossa e lo mise sopra il vestito azzurro di lei, certo che lei lo avrebbe trovato.                              
“Addio, Christine.”                                                                                                                                                                        
Erik alzò il cappuccio del mantello e scomparve nell’oscurità.                                                                                                                                        
 
Christine aprì lentamente gli occhi, mentre un sorriso le increspava le labbra.                                                           
“Erik?”, chiamò e tastò con la mano il terreno accanto a sé, per poterlo toccare. Si alzò immediatamente in piedi quando si accorse di essere da sola in quella grotta.                                                                                                   
Erik era andato via. Ma perché? Perché lo aveva fatto?                                                                                              
Christine era convinta che le parole che si erano detti fossero abbastanza, ma evidentemente si era sbagliata.                                                     
Non mi sarei dovuta addormentare, pensò, mentre nel suo cuore si agitavano i sentimenti contrastanti della rabbia e del dolore. Sarei dovuta rimanere sveglia e dirgli prima che avevo intenzione di seguirlo dovunque avesse voluto portarmigiurargli prima il mio amore.                                       
Sentì calde lacrime bagnarle le guance e si sedette di nuovo a terra, incurante del freddo e di essere senza vestiti addosso.                                
Mezz’ora dopo si asciugò il viso e tasto il terreno con le dita, alla ricerca dei propri abiti; sopra di essi ritrovò l’anello che Raoul le aveva dato quando il loro fidanzamento era ancora segreto – e che Erik le aveva strappato dal collo durante la festa in maschera.                                                           
Beh, il messaggio non potrebbe essere più chiaro di così, pensò Christine con amarezza.                                                  
Si rivestì, nascondendo l’anello ed uscì dalla grotta. Un paio di ore dopo era di pronta per iniziare la sua nuova vita: Raoul venne a prenderla e insieme andarono in chiesa per sposarsi.  
 
Una settimana dopo
“Sono contenta che tu ti sia ripreso”, disse madame Giry, entrando nella stanza e chiudendosi la porta alle spalle.                                      
“Davvero?”, le chiese Erik, poco convinto delle sue parole.                                                                           
“Naturalmente”, rispose lei, sedendosi accanto al letto. “Non potevo aspettarmi niente di meno da te. Sei sempre stato molto forte, Erik.”              
“Già”, sussurrò lui e voltò il viso dall’altra parte. “Avete saputo qualcosa da Christine, nella settimana che è appena passata?”, le chiese.                    
“Di Christine si parla sui giornali”, disse madame Giry e gli passò la copia che aveva comprato, alzandosi dalla poltrona su cui si era seduta.        
“Bene”, si limitò a dire quello che un tempo era stato il Fantasma dell’Opèra, leggendo la notizia del matrimonio di Christine con Raoul. “Se oggi avete intenzione di uscire”, continuò, rivolto alla donna, “avrei bisogno del vostro aiuto.”                                                                                          
“Cosa devo fare?”, chiese lei, riprendendo il giornale che lui le stava porgendo.                                                       
“Far pubblicare il mio necrologio, per oggi”, rispose l’uomo. “Saranno tre semplici parole: Erik è morto.” 
“D’accordo, ci andrò subito”, disse madame Giry. Camminò fino alla porta e si girò di nuovo a guardarlo. “Posso contare sul fatto che a mia figlia Meg non succederà niente?”, gli chiese, osservandolo dritto negli occhi blu scuro.                                                                                       
“Non le farò niente di male”, rispose Erik.                                                                                                                        
Louise si limitò a fare un cenno affermativo con il capo – era tutto quello che l’uomo poteva concederle – ed uscì dalla camera.
 
Meg era in camera sua.  Aveva sentito la conversazione che si era svolta nella stanza adiacente alla sua tra sua madre e il Fantasma.                         
Era felice che sua madre si preoccupasse di lasciarla sola in casa con lui, ma Meg sentiva di non aver niente da temere … e come avrebbe potuto avere paura dopo che aveva passato una settimana ad accudirlo, mentre lui era debole, dopo quelle due settimane in cui non aveva mangiato.                 
Meg si chiedeva come fosse riuscito a sopravvivere.                                                                                                         
Quando sentì la porta principale di casa chiudersi e vide sua madre in strada che si stava allontanando, Meg andò ad aprire uno dei cassetti della sua scrivania e prese l’oggetto che tre settimane prima aveva trovato nei sotterranei dell’Opèra.                                                                               
Se la rigirò per un attimo tra le mani e poi decise che era tempo che lui la riavesse. Un paio di minuti dopo bussò alla porta della sua stanza. “Monsieur Destler, posso entrare?”, gli chiese.                                                         
“Per quale motivo vorresti farlo?”, le chiese lui di rimando.                                                                                               
“Ecco …” Meg esitò un attimo, prima di riprendere coraggio. “Ho trovato qualcosa di vostro tre settimane fa, nella Dimora sul Lago”, concluse.    
“Capisco”, lo sentì dire. “Entra pure, ragazza.”                                                                                                                   
Meg entrò e si avvicinò al letto, porgendogli la maschera con la mano destra. “Vi chiedo scusa se ve la rendo solo adesso”, disse.                         
Erik accettò le sue scuse e prese la maschera dalla sua mano. Stava quasi per rimettersela quando si voltò di nuovo verso di lei e Meg lo osservò a sua volta, non sapendo come comportarsi.                                                               
“Il mio volto ti spaventa?”, le chiese l’uomo.                                                                                                                         
“No”, rispose Meg, dopo alcuni minuti di silenzio. “Al mondo ci sono cose peggiori.”                                           
“Vero.” Erik le rivolse un sorriso e si rimise la maschera.
 
Poco tempo dopo

Raoul era seduto a tavola a fare colazione quando Christine entrò nella stanza. Quel giorno aveva indossato un abito verde e i capelli biondi erano raccolti sulla nuca, invece di essere sciolti come al solito.                            
Sulla pancia cominciavano a vedersi i primi segni della gravidanza che stava avanzando. Raoul era stato così felice quando lei glielo aveva comunicato e sperava con tutto il cuore che quel primo figlio fosse un maschio.                                                                                                    
Eppure sentiva che Christine, nonostante gli fosse accanto fisicamente, con la mente era lontana e spesso il visconte si chiedeva a cosa pensasse cosi intensamente.                                                                                         
Christine lo baciò sulla guancia, andò a sedersi di fronte di lui e si versò una tazza di tè con tre zollette di zucchero. “Quando hai finito mi passeresti il giornale?”, gli chiese.                                                                           
“Certo”, rispose Raoul e glielo porse. “Ma non c’è nessuna notizia interessante.”                                                        
“Mi limiterò a dare un’occhiata veloce”, disse lei con un sorriso, prendendo il giornale.                                                   
Lo stava già sfogliando da qualche minuto – tenendo nell’altra mano la tazza di tè e bevendo un sorso di tanto in tanto – quando Raoul la sentì sussurrare: “No, non è possibile.”                                                                       
Alzò lo sguardo e vide che Christine stava per lasciare la presa sulla tazza di tè; cercò di avvertirla, ma fu inutile e il liquido rovinò il vestito, mentre lei si portò la mano sulla pancia.                                                                
“Raoul, aiutami”, disse. “Ho bisogno di tornare a letto.”                                                                                                   
Lui la riaccompagnò nella sua stanza e dopo essersi assicurato che si fosse riaddormentata torno indietro e chiese a una delle cameriere di pulire.       
Ma cosa può avere causato quella reazione?, si chiese.                                                                                                          
Si avvicinò al tavolo e riprese il giornale, osservando a sua volta la pagina su cui Christine lo aveva lasciato aperto: i necrologi.                                
Li controllò per due volte prima di capire quale dei tanti annunci di morte avesse sconvolto sua moglie.                  
Era l’ultimo di tutti, composto soltanto da tre parole: Erik è morto.                                                                                  
Il visconte non sapeva se ridere o piangere per la nuova consapevolezza che si stava facendo strada in lui: poteva aver sposato Christine e lei legalmente sarebbe stata sua moglie per tutta la vita, ma una parte di lei – quella parte che riguardava il canto e i pensieri più nascosti della donna – sarebbe appartenuta per sempre al Fantasma dell’Opèra.                                                                                                                                           
Raoul andò nel suo studio privato e si versò il primo bicchiere di cognac della giornata.
 
Erik è morto.
No, quello che aveva letto non poteva essere vero … eppure aveva visto quelle tre parole tra i necrologi, scritte nero su bianco come qualcosa di indelebile e che non poteva essere dimenticato con tanta facilità. 
Mise per la seconda volta la mano sulla propria pancia, che stava cominciando ad arrotondarsi per la gravidanza.                                                   
È il figlio di Erik, non di Raoul. Ma nessuno dei due saprà mai la verità.                                                                    
Avrebbe portato questo segreto fino alla tomba.                                                                                                               
Certo, all’inizio – quando si era accorta di essere incinta a causa del proprio ritardo – si era sentita presa in giro dal destino: perché la vita che stava crescendo nel suo grembo doveva essere dell’uomo che l’aveva lasciata da sola?                                                                                       
Questo si era chiesta, quando provava ancora amarezza nei confronti del suo vecchio Maestro.                             
Ma quando quella sensazione era passata – svanita pian piano come neve al sole – Christine si era detta che non avrebbe mai più pensato con amarezza e rimorso alla notte che aveva passato tra le braccia di Erik. 
Abbiamo creato qualcosa di meraviglioso insieme, pensò con un sorriso. Non rimpiangerò mai più quella notte
 
                                                                                          The end
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTRICE

Ecco il terzo e ultimo capitolo di questa three shot sul nostro Erik, dearies; mi trovo costretta ad ammettere che, con il finale che ho scritto, mi dispiace un po’ per il Visconte ( la parte che riguarda il suo attaccarsi alla bottiglia ).                                                                                                     
Ma Erik è Erik, quindi non perderò certo il sonno per quel damerino XD.  
A proposito del nostro amato Fantasma … vi è sembrato IC oppure OOC? E Christine,Meg e gli altri?           
Spero di non aver deluso le vostre aspettative XD.

Grazie a Nimuecal, Nimel17, Euridice100 e Sylphs per le bellissime recensioni che hanno lasciato ai due capitoli precedenti e per quelle che lasceranno anche a quest’ultimo capitolo.                                                   
Grazie anche ai lettori silenziosi – spero che mi lascerete anche voi una recensione per i capitoli di questa three shot.

P.S.: Ho inserito una citazione ( non dei musical ) in questo capitolo: mi chiedo quante/ quanti riusciranno a trovarla.

Jessica21 :*
 
 

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