I'm not afraid anymore.

di niallharrysmiles
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Hurt. ***
Capitolo 2: *** 2. Let's go shopping. ***



Capitolo 1
*** 1. Hurt. ***


                                                                                                                            "Would you tell me I was wrong? 
                                                                                                           Would you help me understand? 
                                                                                                           Are you looking down upon me? 
                                                                                                               Are you proud of who I am?"
                                                                                                                    [Hurt - Christina Aguilera]




1. Hurt.                                                        



'Il vento mi scompigliava i capelli e più camminavo più il mio viso perdeva la sensibilità a causa del freddo.

Ero in una via buia e camminavo da sola guardandomi alle spalle, era tardi ma le luci dei negozi erano ancora accese nel loro spettacolo notturno.
Delle grida attirarono la mia attenzione, cercai di capire da dove provenissero ma l'unica cosa che vidi erano delle ombre in un cunicolo a pochi metri da me, si muovevano in fretta come se sussultassero e vidi del sangue sgorgare da una persona probabilmente, e si formó una chiazza rossa a poca distanza da me, indietreggiai ma ero completamente bloccata, non riuscivo a muovermi e allo stesso tempo avevo la gola secca e dalla mia bocca non usciva nessun rumore.
Vidi la prima figura scappare via e feci in tempo a scorgere l'altra accovacciarsi vicino al muro, era una ragazza dai lunghi capelli castani, incontrai per un attimo i suoi occhi e mi paralizzai del tutto.

Quella ragazza ero io."

 

Urlai e mi alzai di scatto, il sudore mi bagnava completamente la fronte ed il fiato era corto.
Sentì dei rumori e mi irrigidì.
Stavano venendo a prendermi, loro volevano me!
Mi ero ripromessa che non mi sarei fatta trovare debole, ma in questo momento lo ero, e la paura bloccò qualsiasi mio movimento, aspettai la mia morte con gli occhi spalancati per vederli in faccia, quei demoni.
Quando la porta si aprì chiusi gli occhi aspettandomi il peggio ma l'unica cosa che successe fu che i miei genitori entrarono preoccupati nella mia stanza.
"Ancora lo stesso incubo, Sam?" Mi chiese mia madre stringendomi la mano e accarezzandomi i capelli con l’altra.
"Sì, ma non ti preoccupare, avrò mangiato troppo.." Mentì sorridendo appena nel buio.
"Non dire cavolate Sam! Tu non mangi e se lo fai di sicuro non metti in bocca più del minimo indispensabile!" Disse mio padre incrociando le braccia al petto con aria scocciata e voce dura.
"Beh allora sarà stato un calo di pressione! Non credo che siano fatti tuoi, quello che mangio. Scusa, devo andare in bagno." Mi rivolsi duramente a mio padre, lo so, ma parlare del cibo e di quello che mangio  era una cosa che detestavo.
Mi alzai dal letto e aiutai mia madre, Julia, ad alzarsi da terra dove si era inginocchiata, mi diressi in bagno e sbattei la porta dietro di me con in sottofondo le lamentele di Ben, mio padre.

Volevo evitarlo ma non riuscì a fermarmi in tempo, mi guardai allo specchio.
Come sempre avevo un espressione disgustata, fianchi troppo larghi, pancia piena di grasso e cosce sproporzionate.
Trattenni le lacrime e pregando mentalmente come se esprimessi un desiderio, mi infilai due dita in gola come ero solita fare, ma l'unica cosa che vomitai fu del liquido, ormai era rimasto solo quello nel mio corpo, probabilmente era bile, da quello che dicevano i medici secondo loro mi stavo mettendo sulla strada per l'anoressia ma io non ci credevo, ridevo perché l'unica cosa che vedevo era il grasso, tanto grasso.
Guardai le mie unghie e notai che erano corte e rovinate, esattamente come i denti.
Sciacquai bocca per togliere il sapore acido tipico del vomito,  e mi lavai denti e mani, guardai il telefono che avevo lasciato vicino allo specchio la sera prima,  il display segnava le 5.30.
Non valeva la pena di tornare a letto perché il sonno ormai era sparito e quindi accesi il computer, feci l'accesso a Tumbrl e guardai gli ultimi post.
Quel sito era la mia vita, la mia ancora di salvezza, non avevo migliori amiche come quelle nei film o altro quindi per sfogarmi scrivevo là sopra e lo giuro, funzionava davvero, mi sentivo subito meglio.
Scrissi qualche parola sul fatto che era la ventesima notte che facevo lo stesso incubo, e mi sentii un po' più leggera, Julia voleva che io andassi da uno strizzacervelli ma non ci pensavo nemmeno, beh forse mi ero un po' spaventata guardando Skins ma non ci sarei mai andata lo stesso, questione di principio.
Mi risvegliai dai miei pensieri solo quando suonó la sveglia, questo significava che erano le 6.30 e che tra meno di due ore sarebbe ricominciato l'incubo, la scuola, naturalmente.
Visto che ormai non curavo più il mio aspetto più di tanto presi un maglione a caso e un paio di jeans rovinati, ormai quasi bianchi che abbinai a delle allstars bianche, consumate anche quelle. Andai in bagno a lavarmi e mi misi un po' di correttore giusto per le occhiaie profonde che ormai stavano diventato blu e giusto un filo di matita nera.
Presi lo zaino azzurrino abbandonato da giorni sotto la scrivania e corsi giù dalle scale, cercando di non incontrare nessuno per la casa ma la fortuna non era a mio favore quel giorno.

"Saaam! Vieni a fare colazione, ti ho preparato le uova e il bacon." L'urlo di mia mamma mi fece fermare di scatto e alzare gli occhi al cielo, non sarei riuscita a scamparla stamattina.. O forse sì.
Aumentai il passo verso la cucina è presi un tost dal piattino e baciai Julia sulla guancia.
"Scusa mami sono in ritardo, ci vediamo!" Esclamai correndo fuori e feci in tempo a sentire qualche sbuffo ma fortunatamente non provó a rincorrermi e imboccarmi in mezzo alla strada, l'avrebbe fatto!

Tirai fuori le cuffiette bianche dalla tasca dei jeans e le attaccai al telefono facendo partire la riproduzione casuale:
A thousand years.
Merda iniziamo bene, mi metteva un sacco di tristezza quella canzone ma amavo la voce della Perri.
La fermata del pullman era vicino casa, più o meno trenta metri, erano le otto meno venti quindi avevo all’incirca altri cinque minuti prima che arrivasse il mezzo che mi portava dritta all’inferno.
A quell'ora non c’era nessuno e quindi mi sedetti sulla panchina sotto il tettuccio e aspettai.
L'aria di Londra alle otto di mattina era ancora decisamente limpida e lo smog e gli altri gas non avevano ancora infettato l'atmosfera mattutina, ma era questione di pochi minuti, infatti arrivó il pullman e a seguito il quartiere si animó con persone di corsa verso il lavoro o la scuola, era tutto così noioso e ripetitivo.
Salì sul mezzo giallo e mi posizionai vicino all'autista così da non dare troppo nell'occhio e poter scendere subito qualsiasi cosa accada, non avevo paura ma ero un pò ansiosa, tutto qua.
Tenevo il viso basso e la musica ancora mi invadeva le orecchie, prima fermata, seconda e infine terza, la mia.

Scesi e mi avviai verso il grande  edificio comunemente rosso e bianco, con la scritta 'London High school' che originalità, vero? Come tutte le scuole superiori le persone erano divise in gruppi, al cancello c'erano i fighi, cheerleader e giocatori di football o ragby, i baci spinti e le palpate erano comuni  in quel gruppo, anche davanti a tutti.
Poi andando per ordine c'erano i normali, quelli che non se ne fottono di nulla ma vivono la loro vita senza farsi troppi problemi di come apparire, poi i drogati, i nerd, gli asociali e infine la mia categoria: gli stronzi e le acide che a loro volta erano anche isolati da tutti gli altri, ero in un certo senso felice di farne parte perché almeno nessuno si avvicinava a me, a parte alcuni come Melody, una ragazza dei normali che estroversa com'era volle fare amicizia con me, e qualche altro compagno di classe, per il resto tutti mi lasciavano in pace ed essendo al terzo anno riuscivo a mimetizzarmi abbastanza facilmente.
'Parli del diavolo e spuntano le corna' infatti proprio in quel momento la voce squillante di Mel mi trapanó i timpani.

"SAM! Oddio non sai quanto mi sei mancata, lo so che ci scrivevamo spesso ma non é la stessa cosa, comunque ho una sorpresa! Okay so che probabilmente ti arrabbierai ma eri l'unica a cui tengo e voglio che tu venga con me!" Mi disse gesticolando e sorridendo a trentadue denti.
"Ehm, credo di aver perso il filo del discorso, dove devo venire con te?" Ero confusa ma prima che lei potesse rispondermi la campanella suonó e si catapultó dentro l'edificio gesticolando uno 'scusa, ti dico dopo a matematica' come al solito Mel parlava troppo ma non arrivava mai al punto, spensi la musica e misi apposto le cuffiette, mi feci forza ed entrai anche io.
Il mio armadietto era vicino a quello dei giocatori di football e quindi cercai di fare il più velocemente possibile, posai lo zaino e presi i libri d'inglese per la prima ora, ma mentre mi girai per andare il classe una figura mi si paró davanti è un braccio mi bloccó al muro.
"Samantha, ma come siamo belle oggi, sei dimagrita, vedo." Mi sibiló all'orecchio Austin Jhonson, il capitano della squadra della scuola, un perfetto idiota, anche lui molto comune, biondo, occhi azzurri e niente cervello.
"Che cazzo vuoi, Jhonson?" Risposi acidamente, quella situazione si stava facendo troppo irritante visto che la sua faccia era a pochi centimetri dalla mia.
"Calma piccola Smith, con me non puoi fare l'acida. Volevo solo dirti che adesso che sei diventata così potresti entrare nelle cheerleader, e magari anche nel nostro gruppo, bello no?" Mi disse con un sorriso sornione che avrei volentieri voluto far sparire con un pugno, cercai di mantenere la calma.
"Vai al diavolo, non lo farò mai." Ma la calma non era il mio forte, lo spinsi via e corsi verso la classe visto che ormai stava per iniziare la lezione.

Il mio banco in ultima fila vicino alla finestra era vuoto, e mi ci buttai letteralmente sopra, prima ora e già volevo evadere, sorprendente!
La Sornion continuava a blaterare sui vari scrittori dell'Ottocento ma riuscì ad afferrare solo poche parole quindi spostai il mio sguardo verso la finestra e il cielo grigio e le due ore passarono abbastanza rapidamente, quando suonó la campanella uscì velocemente e cambiai i libri prendendo quelli di matematica, almeno avrei capito di più su questa storia di cui blaterava Mel.

La trovai seduta in ultima fila con la testa china sul banco e la raggiunsi sedendomi affianco a lei, senza nemmeno guardarmi mi salutó e continuó a scrivere qualcosa su un foglietto, cercai di sbirciare ma teneva la mano sopra per coprirlo.
"Ehy Sam, come va?" Mi sorrise nervosamente.
"Sto bene, ma adesso tu devi dirmi qualcosa, giusto?" Le dissi guardandola con la coda dell'occhio.
"Si, allora volevo dirti che ho preso due biglietti per un concerto e tu verrai con me" disse lei parlando velocemente e quando finì chiuse gli occhi per paura della mia reazione.
"COSA?! cioè spiegami bene, tu hai preso due biglietti per un concerto e io devo venire con te?! E di chi è poi questo concerto? E quando sarebbe? Stai scherzando vero?!" alzai la voce sbigottita e mi girai di scatto verso di lei, io odiavo la gente e ai concerti c'era troppa gente!
Mi calmai in tempo per l'entrata del prof che salutó tutti è prese i libri dalla valigetta.
"No, non sto scherzando! Comunque il concerto è dei One Direction, sai quei cinque ragazzi per cui vado pazza, tra cui c’è Liam, il ragazzo di cui sono innamorata? Ed è questo sabato, tra esattamente due giorni! Ecco, ti scongiuro Sam, è il mio sogno, mi spezzeresti il cuore se non venissi!" Disse a bassa voce per non farsi sentire e alla fine fece i suoi stupidi occhi da cucciolo bastonato.
"Se ti dico di sì mi lasci stare, vero?" Dissi, ormai non potevo farci nulla, Mel sapeva essere molto convincente.
"Ovvio! Ti adoro, giuro! Grazie, grazie, grazie! Farò tutto quello che vorrai!" Disse elettrizzata, a momenti saltava in piedi sulla sedia ma si trattenne.
"Per adesso potrebbe stare zitta signorina Fell, mi farebbe un grosso piacere" La voce del prof interruppe la sua danza sulla sedia ammutolendola subito, mi scappò un risolino ma entrambi mi fulminarono con gli occhi, saremmo dovute stare attente per questa lezione.



 

Hey everybody!

Ho provato a scrivere due storie ma l'immaginazione se ne va e non riesco a completarle quindi vorrei fare questo nuovo esperimento con questa storia e spero che con questa non succederà la stessa cosa.
Affronta tematiche come la bulimia e altre tematiche abbastanza forti quindi se non vi piace il genere fermatevi qua, spero di averle descritte come nella realtà sono visto che non ho avuto esperienze personali di bulimia e anoressia, se c'è qualcosa di sbagliato non esitate a dirmelo.
Bhè spero che il capitolo sia di vostro gradimento, dovrei aggiornare ogni settimana quindi ci vediamo settimana prossima!
Baci, Becks.

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Capitolo 2
*** 2. Let's go shopping. ***


2. Let’s go shopping.                                                                                             
                                                                                                                                   “All round me are familiar faces
                                                                                                                                             Worn out places”
                                                                                                                                                   [Mad world-Gary jules]
 

Erano le tre e dopo scuola ero tornata direttamente a casa per mangiare qualcosa, una mela mi era bastata.
Dal salone sentì aprirsi la porta e vidi mia madre entrare in casa con quattro pesanti buste della spesa.
"Sam, vieni a darmi una mano!" Mi chiese dalla cucina, andai ad aiutarla e posai tutte le buste sul tavolo e mi appoggiai al bancone di marmo.
"Devo chiederti una cosa" Le dissi sospirando, ormai non potevo più tirarmi indietro.
"No, non salti la cena." Rispose lei velocemente, iniziando a svuotare le buste del supermercato.
"Mamma! Non è questo che devo chiederti." Le dico infastidita incrociando le braccia al petto.
"Oh bene amore, dimmi pure allora" improvvisamente si addolcì e con un sorriso aspettó che io continuassi a parlare.
Alzai gli occhi al cielo e le sorrisi ironicamente a mia volta.
"Melody mi ha invitato, anzi costretto, ad andare al concerto dei suoi idoli insieme questa domenica, posso? Se dici di no non fa niente davvero, troverò una scusa o.." Iniziai ad elencare il perché doveva dirmi di no ma fui interrotta.
"Nono va benissimo! Ti serve una boccata D'aria, e ci sarà tanta gente con cui potrai fare amicizia, e mi fido di Mel"
-già tanta gente. - pensai tra me e me.
"Ma sei proprio sicura? Guarda che non c'è problema.. Poi mica dovevamo andare dalla nonna?" Le chiesi speranzosa.
"Sicurissima, nessun problema, tu ci andrai e alla nonna lo spiegherò io, capirà. Ora per favore apparecchia la tavola che devo preparare." Non potevo di certo contraddirla, mi arresi anche questa volta.
"Agli ordini." Risposi svogliatamente, presi le varie posate e le posizionai sulla tovaglia verdognola pulita che sapeva di bucato, poi i bicchieri, i piatti e l'acqua, quando finì mi diressi al piano di sopra.
"Salgo in camera, Avvisami quando è pronto" le urlai dalle scale e sentì un va bene coperto dai rumori della cucina.

Amavo la mia stanza, era di un azzurrino tenue, quello del cielo invernale quando il freddo congela qualsiasi cosa e la massa azzurra che ci sovrasta sembra così limpida e pulita e trasmette sicurezza, quello era il colore delle pareti che si abbinava al marroncino chiaro dei mobili, ero figlia unica, quindi il letto era da una piazza emmezzo e avevo molto spazio per me e le mie cose.
Avevo anche un angolo dove leggere, il mio ‘angolo paradiso’ perché amavo leggere e là potevo farlo tranquillamente, su una poltroncina blu e con un paio di cuffiette nelle orecchie.
Il telefono che avevo in tasca vibrò e lessi il messaggio di Mel dove diceva che il giorno dopo, essendo sabato voleva andare a fare shopping per comprare qualcosa in vista del suo amato concerto, le risposi velocemente che andava bene il giorno dopo alle tre, odiavo andare a fare compere ma non avevo nessuna voglia di sorbirmi le sue lamentele.

Il resto della giornata passò abbastanza velocemente, essendo sempre la solita routine ormai mi muovevo come un automa.
Andai a letto dopo aver mangiato qualcosa che subito avevo espulso nel gabinetto, nonostante questo mi sentivo ancora piena e l’unico modo per non pensarci più di tanto era mettermi al calduccio a leggere un libro, e così feci.
Avevo scelto uno dei miei libri preferiti, Orgoglio e pregiudizio, l’avevo letto almeno una decina di volte ma non mi stancavo mai di ricominciare tutto daccapo, dopo quasi un ora riuscì ad addormentarmi, un sonno agitato ma senza sogni, proprio come la mia testa era senza pensieri e il mio corpo senza energie.
 
Essendo il primo sabato del mese la scuola era chiusa e potevo dormire quanto volevo, e così feci, venni svegliata dal rumore assordante delle pulizie di casa di mia madre, guardai ancora assopita l’orologio, le undici, non era tanto tardi quindi decisi di uscire per fare una passeggiata al parco che si trovava dietro casa mia.
Dopo essermi preparata scesi in cucina per salutare i miei genitori , sarei tornata per ora di pranzo, il tempo era nuvoloso ma allo stesso tempo era molto umido, camminai fino al parco e mi fermai a leggere l’insegna in ferro battuto verde che si trovava all’entrata formando un arco, “Green Park” era il nome di quell’enorme distesa di alberi e prati che si trovava di fronte a me, inizia a camminare per i viottoli e intorno a me c’erano persone in bicicletta, bambini che correvano, gridavano e giocavano, coppie che parlavano e ridevano sulle panchine azzurre ai lati della strada e altri ragazzi che come me, amavano la tranquillità e la familiarità che quel posto donava.
Decisi di sedermi sotto un albero ombroso poco visibile e presi il mio quadernino, era un blocknotes nero con i fogli bianchi, là sopra scrivevo frasi, storie, citazioni e ci disegnavo, era un po’ come un diario segreto e infatti nessuno sapeva della sua esistenza e nessuno avrebbe dovuto saperlo.
Iniziai ad abbozzare un laghetto quando mi squillò il telefono, mamma.
“Sam, torna a casa, è pronto il pranzo” Non feci in tempo a dire qualcosa che già aveva chiuso la chiamata, rimisi in testa il mio quadernino e mi avviai a casa, in pochi minuti ero già al portone, bussai e mio padre mi venne ad aprire con uno sguardo indagatorio.

“Dove sei stata?” Disse subito dopo avermi fatta entrare.
“Al parco” Risposi tranquilla, non avevo niente da nascondere e se non mi credeva fatti suoi.
“A tavola!” Mamma fortunatamente interruppe l’interrogatorio ed andammo a mangiare.
Mangiai giusto un insalata ed andai in camera a cambiarmi, erano quasi le tre e se non volevo far tardi per l’uscita con Mel dovevo sbrigarmi, mi lavai i denti e mi cambiai la tuta che inizialmente mi ero messa per la passeggiata, presi una camicetta a quadretti e il solito paio di jeans sbiaditi, questa volta misi gli stivaletti neri visto che il tempo non era a mio favore. Presi la giacca, la borsa e dei soldi dal salvadanaio sulla scrivania dove ammassavo tutte le mie paghette in attesa di un viaggio che aspettavo con ansia, volevo andare in Australia, era sempre stato il mio sogno.
Scesi le scale e dall’entrata avvisai che sarei uscita con Mel per fare shopping, la risposta non la sentì ma uscì ugualmente.

Per arrivare al centro commerciale avrei dovuto prendere l’autobus e dopo due fermate sarei arrivata, e così feci. Alla fermata Melody era già all’entrata ad aspettarmi, le andai incontro e lei mi abbracciò.
“Finalmente! Credevo non arrivassi più!” Mi disse prendendomi per il polso e trascinandomi dentro il “Royal”, centro commerciale pieno di qualsiasi cosa, dalla più stupida alla più costosa, l’impero delle zitelle che si sfogano con lo shopping.
Entrammo in un primo negozio, c’erano vestiti di tutti i tipi ma nessuno che ci piacesse, Mel irritata mi trascinò in un altro negozio, il suo preferito, anche a me piaceva molto visto che c’erano quei maglioni lunghi, caldi e morbidi di due taglie in più per cui andavo pazza.
La mia amica si provò di tutto e solo dopo un’oretta trovò i vestiti perfetti: un paio di leggins neri con abbinata una camicetta bianca con mille frange e sopra un giacchettino di pelle nera, stava davvero benissimo.
Dopo vari giri trovai anche io il completo perfetto che consisteva in un paio di pantaloni neri strappati, una canotta nera lunga con una croce bianca sopra e una lunga collana con un gufo, avrei abbinato il tutto alle mie amate Dr Martens nere, ho sempre amato questo stile un po’ punk ma visto che non amavo curarmi prendendo vestiti  nuovi ogni mese non avevo mai messo nulla del genere, c’è sempre una prima volta!
“Sam è tardi, tra cinque minuti viene a prendermi mia mamma in macchina, vuoi che ti accompagnamo a casa?” Mi chiese Mel dopo essere uscite dal centro commerciale.
“No, non ti preoccupare tra poco arriva il bus, ci vediamo domani e cerca di non esaltarti troppo!” Le risposi abbracciandola e andando alla fermata.
“Ci proverò!” Urlò lei da lontano muovendo la mano per salutarmi.

Presi l’autobus e tornai a casa, non avevo nessuna voglia di mangiare e mi inventai una scusa a cui nessuno dei miei genitori aveva creduto ma non vollero insistere, mi misi a letto e cercai di dormire, era difficile sapendo che il giorno dopo sarei andata ad un fottuto concerto con migliaia di ragazze urlanti che spingono e sudano, un incubo.
 
 

 
SAAAALVE!
Spero che vi sia piaciuto il nuovo capitolo e nulla, spero di riuscire a postare il prossimo capitolo entro una settimana.
Vi amo anche se non lo sapete! (adesso sì) :3
Becks.
 

 
 

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