Prigioniera del Karma di Laila (/viewuser.php?uid=664)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** An untenable absence ***
Capitolo 2: *** A Strange visit ***
Capitolo 3: *** Jealousy ***
Capitolo 4: *** In vino veritas ***
Capitolo 5: *** Confession ***
Capitolo 6: *** The magic bracelet ***
Capitolo 7: *** Finding a way ***
Capitolo 8: *** Zojoji Temple ***
Capitolo 9: *** The sacred hula hoop ***
Capitolo 10: *** From Tokyo to Hakodate ***
Capitolo 11: *** The ghost ***
Capitolo 12: *** Following the crying ***
Capitolo 13: *** The forest ***
Capitolo 14: *** Illusion ***
Capitolo 15: *** Ranma, the World can wait ***
Capitolo 1 *** An untenable absence ***
Ci
siamo.
Se
state leggendo queste poche righe vuol dire che sono tornata a
pubblicare una mia opera su Ranma 1/2. Ho creato un gruppo apposito su facebook, per chi volesse dare una sbirciatina ecco il link:Prigioniera del Karma. Spero che questa storia valga
la pena di essere letta, ma questo sta a voi valutarlo, ad ogni modo
per me è stata un'esperienza fatta che credevo accantonata,
un'idea
che non riuscivo a tenere per me, ed anche un nuovo approccio alla
fanfiction.
Ringrazio
il senpai Kuno, che non solo ha betato e seguito la storia, ma
è
stato un valido aiuto per i miei dubbi o limiti narrativi. Questa
storia non sarebbe la stessa senza il suo aiuto.
Non mi
dilungherò oltre e vi lascerò al primo capitolo
augurandovi come
sempre una buona lettura.
***
Prologo:
-Quanto
costa, Gonshiro?
Si
voltò per vedere a quale oggetto la signora Asami si
riferisse.
Era
una tela di un paesaggio di Hakodate appartenuta al suo maestro.
-Ogni
offerta è gradita, il ricavato del mercatino
servirà per la
riparazione del tetto. - disse riferendosi al caro e vecchio tempio
alle sue spalle.
Il
bambino che era con la signora indicò la scatola delle
“cianfrusaglie”.
All'interno
di quel pacco, lui e un amico novizio avevano gettato un mucchio di
oggetti malridotti.
-Quella
è tutta roba da riciclare. Mi spiace. –
spiegò al ragazzino.
Scuotendo
la testa stizzito il bambino replicò: -L'hula-hoop! Voglio
quello!
-Ah,
quello! - Ripeté Gonshiro. Come aveva fatto a non capirlo?
Era
logico che si riferisse al cerchio un po' nascosto dal volume del
pacco.
L'hula-hoop
sembrava un vecchio pezzo vintage, ma si era conservato in buono
stato per essere venduto.
-Mamma
me lo compri?
La
signora Asami guardò la tasca interna del proprio borsellino
e restò
per un momento a capo chino.
-No
tesoro, devi migliorare i tuoi voti in matematica, e poi hai
già
tanti di quei giocattoli a casa.
Il
bambino prese a mugugnare, ma la madre non gli badò e
comprò il
quadro che voleva.
Gonshiro
incartò con cura il quadretto prima di renderlo alla cliente.
An
untenable absence
"L'Arte
non è ciò che vedi tu,
ma
ciò che consenti agli altri di vedere."
(Edgar
Degas)
***
Si
arrampicò sul muro, poi con un balzo entrò
nell'immenso giardino
privato.
Doveva
stare in guardia, casa Kuno era piena di tranelli.
E
forse la faccenda era collegata a quel palazzo.
O
al senpai. Si era trasformato in ragazza col codino proprio per
interrogarlo.
Stava
ancora pensando alla parte da recitare, quando sentì la
caviglia
destra imbattersi in qualcosa di sottile.
Un
filo di plastica?
Subito
dal muro si scoprirono delle fessure dalle quali scoccarono decine e
decine di frecce.
Si
gettò a terra coprendosi la testa con le mani.
Tutto
quel trambusto non passò certo inosservato.
-Chi
osa introdursi nella mia dimora? - la voce di Kodachi era
più
stridula di come se la ricordava.
La
ragazza indossava un kimono sfarzoso e una rosa tra i capelli.
-Oh,
l'odiosa ragazza col codino! Vuoi per caso sfidarmi? O sei qui per
vedere il mio stupido fratello?
Senza
aspettare risposta, Kodachi scoccò il nastro cercando invano
di
frustarlo. Alla fine cambiò tattica e gli lanciò
contro il
coccodrillo domestico, usando il nastro come una fionda.
Ci
mancò poco che Verdolino lo sotterrasse col suo peso. In
risposta
all'attacco di quella pazza, Ranma afferrò un ceppo di legno
da
sopra una catasta e lo cacciò dentro alle fauci spalancate
dell'animale.
Verdolino
lo ridusse in un mucchio di segatura, affilandosi i dentucci.
Senza
perdere altro tempo, saltò al primo piano del palazzo usando
una
finestra come via di fuga, inseguito da una Kodachi sempre
più
isterica.
Sbucato
in un corridoio, si nascose dentro la prima stanza che trovò
a tiro
e una volta al sicuro, scrutò le mosse della sua
inseguitrice
attraverso la porta dischiusa.
Kodachi
continuò ad inveire contro la “ragazza col
codino” lanciando
petali e proseguendo lungo il corridoio.
Ottimo,
non mi ha visto.
Ma
non fece in tempo a riprendere fiato che si accorse di essere finito
nella tana del lupo. I suoi poster e quelli di Akane appesi al muro
lo stavano fissando.
La
camera del tuono blu.
-Sogno
o son desto, la ragazza col codino! - esclamò infatti
Tatewaki
alzandosi dalla scrivania su cui era chino a leggere, prima che lo
distraesse.
Il
senpai eccitato gli afferrò la mano.
-Dolce
e leggiadra fanciulla, così passionale eppure
così riservata da
volermi vedere nella mia umile stanza, senza occhi indiscreti. Sei la
benvenuta nel nostro nido d'amo...! - Lo colpì con un dritto
in
mezzo agli occhi.
-Le
vedi le stelle? Sono gli astri del nostro amore! - civettò
in
risposta.
-Ah!
Non hanno la metà del tuo splendore! - commentò
Kuno cercando di
abbracciarlo stretto e trovandosi così con il suo piede
sulla
faccia.
Quant'è
melenso!
-E
l'altra ragazza nel poster? - chiese indicando l'immagine di Akane in
costume da judo, appesa sopra al letto di Tatewaki.
Rabbrividì
nel constatare fin dove si spingesse l'ossessione del senpai.
Un'ombra
di pura afflizione calò sul volto del tuono blu.
-Akane
manca da scuola da due giorni. Oh! Cara ragazza col codino, consolami
tu!
Sembrava
sincero e questo lo fece inorridire. Aveva solo perso altro tempo?
Lo
colpì allo stomaco con un pugno.
Tatewaki
cadde ginocchioni stringendosi la pancia tra le braccia.
Dopodiché
implorò il suo perdono, farneticando qualcosa sulla sua
deliziosa
gelosia per Akane Tendo e cercando allo stesso modo di mostrarsi
onorato.
Lo
lasciò a vaneggiare e se ne andò da quella stanza.
Alcuni
minuti dopo, per strada, estrasse un blocchetto dai pantaloni e
cancellò l'abitazione dei Kuno dalla lista. Si
trascinò
meccanicamente fino al ristorante “Il gatto”.
Nel
locale, Shampoo lo accolse bagnandolo con la sua teiera e poi lo
travolse, avviluppandosi al suo corpo come una piovra.
Fu
Ucchan ad allontanarla con uno sguardo, chiedendogli se ci fossero
novità.
Scosse
la testa buttandosi a sedere e poggiando i gomiti sopra al tavolo.
Il
locale era quasi al completo.
La
porta oscillò quando Mousse, tenendo in equilibrio sul
braccio tre
piatti, uscì dalla cucina.
Guardò
poi Obaba muoversi dietro la cortina di fumo dei pentoloni bollenti
prima che la porta, silenziosa, si richiudesse.
Sospirò
grevemente, non sapeva più da che parte sbattere la testa.
Era
passato troppo tempo dalla sua sparizione.
Domenica
mattina, dopo colazione, Akane era andata a fare il consueto giro di
jogging che la impegnava per poco più di due ore.
Quel
giorno però non aveva rincasato ed ogni ora di ritardo aveva
prima
sorpreso e poi spaventato incredibilmente i suoi familiari.
Tutti
si erano mobilitati nella sua ricerca, ma nessuno aveva trovato uno
straccio di pista da seguire.
Lui
stesso aveva rastrellato ogni centimetro della città e
sentito
chiunque potesse aver visto Akane.
Ogni
testimone, ogni conoscente.
No,
un momento! Non tutti...
Alzò
la testa dal tavolo, mentre un'idea si faceva largo fra i suoi
pensieri.
***
Ancora
quegli strepiti incontenibili.
Doveva
essere vero che quando i Kami ti vogliono punire, esaudiscono i tuoi
desideri.
Ryoga
si stava muovendo nelle coperte, doveva averli uditi anche lui.
Si
tirò su con la mano, mettendosi seduta, voltandosi quando un
tonfo
sordo vibrò nell’aria.
-Ahi!
Doveva
aver battuto sul solito spigolo, nonostante le frecce fluorescenti
che aveva applicato sul tatami. Ma
perché non le seguiva
correttamente?
Il
ragazzo accese la luce e si voltò verso di lei, con un
bernoccolo in
bella vista sulla fronte.
-Vado
io tesoro, tu rimettiti a dormire. – gli consigliò.
-Ci
penso io. Sono un artista marziale e scaldare il biberon è
un’inezia
per me! - Ryoga, purtroppo, quando ci si metteva era proprio
testardo.
Ignorando
il sonno, si era avvicinata.
–Sono
sveglia, lascia che t’aiuti a occupartene, così
quando avremo
fatto mi occuperò anche del tuo bernoccolo. –
rispose baciando
Ryoga su una guancia, mentre faceva scorrere il braccio sotto il suo.
Intanto,
fuori dalla loro camera, al lamento della bambina si unirono i guaiti
del cane che grattava sulla porta per entrare.
Tatami:
tipico pavimento giapponese.
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Capitolo 2 *** A Strange visit ***
A
strange visit
"Oh
tu occasione, grande è la tua colpa!
...
Se
virtù e vero cercano il tuo aiuto,
anche
pagando incontran mille intoppi;
mentre
il peccato tu lo aiuti gratis,
contenta
di ascoltarlo ed esaudirlo."
(Da
“Lucrezia” di Shakespeare)
***
Un
presentimento, un dubbio, una rivelazione, forse voleva soltanto
allontanarsi da Nerima per un po’.
Non
sapeva perché si fosse spinto fin lì.
Allo
stesso tempo, però, doveva scoprirlo.
Sentiva
che, una volta oltrepassata la soglia di casa Hibiki, qualcosa
sarebbe cambiato in un modo o nell’altro.
E
se ci fosse stata anche una sola possibilità di trovare
l'abitazione
vuota? Allora avrebbe cercato quello spiantato in ogni angolo del
Giappone.
Aveva
riesumato una lunga corrispondenza postale, cercando qualche indizio
nel cassetto della scrivania di Akane.
Una
corrispondenza che il coetaneo intratteneva con la sua fidanzata.
Non
era stato coinvolto dal contenuto della posta, ma dal fatto, davvero
curioso, che il mittente fosse lo stesso in tutte le lettere arrivate
a destinazione.
Così
era giunto alla conclusione: quell'indirizzo doveva essere per forza
abitato!
Inoltre
il rivale aveva la straordinaria abitudine di capitargli tra i piedi
nei momenti peggiori, e lui doveva ad ogni costo scoprire come mai
invece negli ultimi mesi del girovago non si fosse vista neanche
l’ombra.
Forse
ne aveva un'idea, ma oltre a quest'ultima aveva milioni di domande da
soddisfare.
Soprattutto,
era giusto avvertirlo
della
scomparsa di Akane?
Non
aveva una risposta: prima di tutto doveva affrontarlo a viso aperto,
il resto lo avrebbe deciso col senno di poi.
Casa
Hibiki in apparenza non era cambiata, ma in giardino vide i segni del
passaggio di grosse impronte suine.
Pigiò
a più non posso l'indice sul campanello, per essere sicuro
che
qualcuno lo venisse ad accogliere sul portone.
Da
dietro l'uscio spuntò il sottile viso di Akari, la quale
dopo
avergli dato un'occhiata veloce si fece da parte per farlo passare.
-Che
bello rivederla! – trovò strano che la ragazza
indossasse una
vestaglia a giorno inoltrato. Che si sentisse poco bene?
Trottando
dal corridoio fino a lui, Biancanera gli si gettò alle
ginocchia
scodinzolante, difficile ignorarla.
-Anche
a me fa piacere vederti, Akari! Ryoga è in casa? –
chiese mentre
s’infilava le pantofole al posto delle scarpe.
-Certo.
Se vuole seguirmi, le faccio strada. Il mio buon Ryoga è in
sala da
pranzo.
-Che
coincidenza. Anche tu sei venuta a trovarlo oggi!
L'addestratrice
di suini si voltò verso di lui: -Io vivo qui.- ammise con la
semplicità con cui si risponde all'appello in classe.
Non
sapendo come nascondere la sua faccia da pesce lesso, un imbarazzante
silenzio scese tra di loro.
Almeno
fino a quando, arrivati entrambi in salotto, il giovane Hibiki spense
la tv e si alzò dalla poltrona per accoglierlo.
Indossava
una t-shirt con su scritto “io amo la specialità
del sumo suino”
in cui l’ideogramma “amo” era sostituito
da un cuore,
sicuramente un altro classico gadget di Akari.
In
giro aveva sentito che c’erano dei comitati che spingevano
per
farlo diventare uno sport olimpionico.
-Ranma,
amico mio! Come stai?
Se
avesse scommesso sulle prime parole di Ryoga al suo ingresso, avrebbe
puntato più su qualcosa come: “Chi
ti ha invitato a casa mia? Vattene, maledetto!
”
Perciò
accolse quella frase con stupore, ma fece finta di stare al gioco.
-Benone,
posso accomodarmi? – si mise ginocchioni mentre
poggiò un gomito
sul tavolo e il mento sulla mano.
Ryoga
gli assestò due pacche dietro la schiena.
–Prego,
fai pure. Akari, tesoro, andresti a prenderci dei biscotti... ad
esempio, ci sono ancora quei mochi
deliziosi?
La
convivente annuì e si defilò in cucina,
lasciandoli alle loro
questioni.
Coraggio,
domandami cosa ci faccio qui.
Chiedimi
come sta Akane.
-Cara,
preparaci anche del tè. – aggiunse Ryoga dopo un
attimo di
esitazione, dedicandosi poi a lisciare il pelo della testa della sua
cagnetta.
D'improvviso,
non riuscì più a trattenersi.
-Vedo
che ti sei accasato. Non mi starai diventando un rammollito? -
ghignò, divertito dalla sua stessa battuta.
Il
suo interlocutore gli scoccò uno sguardo meno comprensivo
del
precedente.
–Io?
Non ci contare. Posso spezzarti le ossa quando voglio. -
giurò con
fare determinato.
-Se
puoi battermi quando vuoi, spiegami come mai perdi dei giorni a
trovare i luoghi delle nostre sfide.
Doveva
ammettere che se la stava godendo troppo a metterlo in
difficoltà.
Ma
Ryoga era un bersaglio facile e lo era anche da un punto di vista
affettivo.
Un
sognatore come lui, che non desiderava altro che un'anima affine con
cui dividere un mondo tutto zucchero e miele, ora doveva
indubbiamente aver subito il trauma della realtà.
Una
realtà in cui devi stare ai ferri corti se vuoi far valere i
tuoi
diritti, anche solo per avere il tuo turno in bagno.
Lui
che era sempre stato solo, e non doveva chiedere il permesso a
nessuno, aveva scambiato tutto questo per ottenere cosa, se non una
libertà vigilata?
A
peggiorare il quadro, il loro matrimonio era stato deciso sulla scia
dell’impulso del girovago: stando a quel che gli aveva detto
salatamente
Nabiki, pareva che i due piccioncini avessero visto “Due
cuori e
una capanna” al cinema.
Ai
titoli di coda quell'impulsivo si era messo in ginocchio.
Akari,
che lo amava senza riserve e aveva un nonno moribondo che la
tormentava per far ereditare a qualcuno la palestra di famiglia, non
poteva che accettare. Sarebbe
stato tutto perfetto se...
Sospese
i suoi pensieri a mezz’aria visto che la musa ispiratrice
dell’eterno disperso era di ritorno e con la mano destra
sorreggeva
un vassoio che solo a guardarlo metteva il languorino.
Quattro
sakura mochi e due tazze di tè nero fumanti.
La
ragazza li servì, ma si congedò subito dopo
scusandosi con lui: ora
che la osservava meglio, aveva un'aria grave.
Andata
via Akari, Biancanera sembrò per un attimo indecisa, ma alla
fine la
seguì fuori della stanza.
Finalmente
siamo soli.
-Peccato
che tu non conosca le gioie della vita di coppia, anche se dubito
fortemente che una canaglia come te sia in grado di apprezzarle... -
lo bersagliò il girovago.
Bevve
il suo tè e posò la tazzina ormai vuota, fissando
Ryoga come se non
fosse sicuro di chi avesse davanti.
Era
ora di rompere il ghiaccio, c’erano stati fin troppi
formalismi e
non voleva attendere oltre.
-Pensavo
che mi avresti buttato fuori a calci, dopo quello che è
successo al
tuo matrimonio... – esordì, sporgendosi verso di
lui.
Ryoga
sorrise nervosamente, forse esasperato dal suo intervento, poi,
sventolando una mano davanti al viso come a scacciare una mosca
invisibile, si premurò di rispondergli:
-È
successo un
anno e mezzo
fa! Acqua passata, ciò che è stato è
stato... ora è tutto
diverso.
Non
può essere vero, sta
fingendo.
-Ma
Happosai ti ha rovesciato addosso quell’enorme ciotola di umeshu,
e come se non bastasse il nonno di Akari l'ha trascinata vi...-
-Veramente
io ricordo molto bene che sei stato tu a rovesciarmi l'umeshu
addosso! – il suo interlocutore si alzò in piedi
bruscamente.
Cominciava a calare la maschera, finalmente.
-Beh...
stavamo litigando, lo conosci quel vecchio porco, no? E sei stato
“molto fortunato” che Akane fosse andata alla
toilette un istante
prima che si diffondesse lo scandalo!
Ripensò
alla vicenda.
Era
sicuramente stato umiliante per Ryoga trasformarsi di fronte agli
invitati in attesa che la cerimonia iniziasse.
Vedere
le facce sbigottite dei parenti e degli amici che trattenevano a
stento le risate.
Mousse
aveva intimato il silenzio per quel piccolo dramma, rimettendo sul
tavolo la ciotola di vetro ormai irrimediabilmente danneggiata.
Insieme
avevano cercato una teiera senza alcun risultato e Ucchan gli aveva
chiesto se fosse stato a conoscenza della maledizione di Ryoga prima
di allora.
Le
aveva raccontato tutto, mentre un Happosai ubriaco si era messo a
fare uno spogliarello sul tavolo, dedicandolo a tutte le donne
single.
Anche
Ryoga se lo ricordava, ne era certo.
L’aura
del girovago si sgonfiò e di nuovo la sua espressione si
fece
accondiscendente: -Mettiamola così. Io ho rovinato il tuo
matrimonio
e tu hai rovinato il mio... siamo pari, se questo può farti
sentire
meglio. Ma Akari ora vive qui, con me. Siamo felici. È
tutto diverso, ti dico.
-È
per questo che non sei più tornato dai Tendo?
Il
ragazzo con la bandana annuì assorto in chissà
quali riflessioni.
Si
alzò in piedi.
-Non
vuoi nemmeno batterti? Sei proprio diventato un vigliacco, Ryoga.
–
lo canzonò ancora incredulo.
-Non
mi aspetto che tu mi capisca, un giorno forse... – gli
allungò una
mano. –Per adesso grazie della visita... e salutami tanto
Akane e
la famiglia Tendo.
Stava
per voltargli le spalle, quando sulla soglia del salotto apparve di
nuovo Akari: stavolta tra le braccia stringeva un bebè.
L'infante
protendeva le braccia verso di... lui? O forse gli era solo sembrato.
-Fai
ciao con la manina al tato. Brava! – sussurrò
Akari all’orecchio
della piccolina.
Ryoga
prese la bambina dalle braccia della compagna e gli spiegò:
-Ti
presento Akane Hibiki, mia figlia.
-Akane?
– ripeté a sua volta, come fulminato da quel nome
e dalla presenza
di quell’esserino dal faccione paffuto, i ricci scuri, le
tempie
larghe e gli occhi nocciola.
Come
quelli di...
Si
avvicinò di qualche passo.
-Posso
tenerla? – chiese.
-Preferirei
di no.
Note:
Umeshu:
è un liquore di prugne. Ha
un sapore dolce, leggermente aspro, e un contenuto di alcool di 10-15
gradi.
Mochi:
dolcetti. Mentre i sakura mochi sono dolcetti alla ciliegia.
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Capitolo 3 *** Jealousy ***
Jealousy
***
-Preferirei
di no.
I
due uomini continuavano a scrutarsi profondamente l’uno negli
occhi
dell’altro. Nei loro sguardi duri si leggeva la voglia di
annientarsi reciprocamente, tipica delle loro discipline marziali, e
qualcos’altro.
Aveva
appena udito quelle parole uscire di bocca dall'amato, che
trovò
spontaneo replicare: -Ryoga caro, non essere scortese col nostro
ospite, il signor Ranma aveva di sicuro le migliori intenzioni...
-Ma
potrebbe farla cadere, e non voglio che le faccia male... uno come
lui non è certo in grado di occuparsene!
Si
sentì pervadere da un sentimento che oscillava tra
l’ansia, la
paura di perderlo ancora e la pura follia.
Come...
come poteva una bimba così piccola animarli tanto?
Disgraziatamente
lui non si accorse di quello che le passava per la testa.
In
realtà, Ryoga non si accorgeva mai di ciò che non
fosse più che
evidente ai suoi occhi. E poi era troppo occupato a fare il
papà,
per badare ad altro.
A
me, per esempio.
Una
fitta le cinse il petto.
Sono
un essere ignobile!
-Tu
invece sai tutto sui bambini, eh?
Ranma
sorrise mentre una scia di bava, caduta dalla bocca del loro
angioletto, colpiva l’avambraccio del convivente.
Senza
aspettare che quei due la smettessero di questionare, riprese Akane
dalle braccia dell’amato e le pulì il mento
bagnato con un
fazzolettino.
Sentiva
gli occhi pungerle dal pianto, ma riuscì a mantenere lo
stesso un
volto dignitoso e a controllare l’entità del suo
disagio.
Il
loro ospite, che non si era ancora congratulato come avrebbe dovuto,
mise le mani nelle tasche, aggrottando la fronte.
-Era
questo che intendevi, quando dicevi che tutto è cambiato? E
insomma... non potevi nemmeno avvisarci della novità?
Si
morse un labbro, avvertendo il senso di colpa rimontare.
Se
solo suo nonno le avesse posto la stessa domanda, cosa gli avrebbe
risposto?
Non
ne aveva idea.
In
compenso, Ryoga sapeva esattamente cosa dire: -La gravidanza di Akari
non è stata certo facile, recuperare la sua scuola e tutto
il
resto... abbiamo voluto tenere il suo stato segreto e tagliare tutti
i ponti... – sospirò, alzando le mani al soffitto.
-Non ho avuto
il tempo! - tagliò corto.
Annuì
anche lei, vivamente colpita dalla risolutezza del compagno.
Un
senso di colpa si andava ad accatastare sopra a un altro: forse col
tempo si sarebbe abituata a vivere in questo modo, se ciò lo
rendeva
felice.
La
nuca del ragazzo col codino venne circondata dal braccio di Ryoga,
che, usando una voce pacata e gentile, si propose di accompagnarlo
all’uscita.
E,
caso più unico che raro, forse anche vista la vicinanza, non
mancò
di raggiungerla.
La
distanza che li separava non le impedì d'ascoltare.
-Come
mai, Akane?
Il
tempo si dilatò enormemente durante l'attesa della risposta
del
convivente.
Ryoga
si voltò confuso verso di lui.
-Cosa?
Un
irremovibile Ranma lo incalzò: -Dicevo, come mai
l’hai chiamata
Akane, ma... lascia perdere. Ci sono arrivato da solo. Akane e Akari.
Non è sempre stato il tuo grande sogno averle entrambe con
te, sotto
lo stesso tetto?
L’uomo
che amava si fermò sulla porta, allibito, lasciandosi infine
colpire
alla testa da uno scappellotto del vicino.
Stavolta,
non aveva aperto bocca e non aveva neppure accennato a reagire a quel
colpo.
Salì
le scale come un tornado in corsa, con la neonata ancora stretta a
sé.
Tremava
di rabbia e, solo quando mise piede in camera, il tremore
cominciò
ad alleviarsi appena.
E
nello stesso momento in cui il suo mondo si sgretolava in mille
pezzi, la piccola ricominciò a piangere e a gridare.
***
Sui
rami, i fiori di ciliegio si sfogliavano dei loro petali, trasportati
dalle mani invisibili degli spiriti del vento.
L'aria
tiepida, il cielo sereno.
Intorno
a loro c'era tanta pace e Akari toglieva il fiato col suo yukata
estivo indosso. Voleva dirglielo, ma le bacchette che stringevano il
sushi
l'avevano bloccato.
Akari
lo fissò: -Fai ahhhh! - asserì sorridente.
Arrossì.
Dannata
timidezza.
-Ahhh!
Poggiando
le mani sopra la coperta da picnic, la fidanzata si sporse ad un
palmo dal suo viso. -Aspetta, sei un po' sporco qui... –
sussurrò,
asciugandogli un angolo della bocca con il lembo della manica.
Le
prese la nuca con mano tremante e cercò il contatto visivo
prima di
baciarla, ma la ragazza mettendogli un dito sulle labbra si
allontanò, tornando a sedere sui talloni.
-Aspetta
caro, prima dobbiamo brindare al nostro anniversario.- E
tirò fuori
due coppe di cristallo e una bottiglia di umeshu.
Umeshu?
S'innervosì
ripensando a tutto ciò che quel liquore aveva combinato.
Non
voleva bere, adesso tutto quello che voleva fare era baciarla. Ma il
sorriso invitante di Akari vinse per l'ennesima volta le sue
resistenze ed accettò il bicchiere, seppure ancora un po'
irritato
dal suo rifiuto. Non poteva farsi spaventare da un ricordo, era parte
del passato.
-All'amore.
- esclamò Akari sollevando il suo bicchiere.
Annuì e bevve tutto
d'un fiato senza pensarci due volte.
Poi
annaspò in cerca dell'aria che non trovava e
sentì immediatamente
un dolore indicibile allo stomaco, il corpo che s'irrigidiva
gradualmente. Tra un rantolo e l'altro sussurrò: -Cosa mi
hai...
fatto? - Stava quasi per vomitare per lo sforzo che gli era costato
pronunciare quelle parole.
Akari
lo guardò con un'espressione arcigna, non l'aveva mai vista
in
quello stato prima di allora. -Non ti amo più. Me ne vado. -
dichiarò alzandosi in piedi.
Allora
lo vide.
Ranma,
tenendo tra le braccia la piccola Akane, li aveva raggiunti. Akari si
strinse al suo braccio.
-Lui
è un vero uomo, addio Ryoga.
Come
poteva essere così crudele?
-Ak...Ak...-
allungò una mano mentre la nuova coppia dandogli le spalle
si
allontanava con dignitosa calma seguita da tanti petali rosa
svolazzanti.
Si
svegliò angosciato, mettendosi seduto ed accarezzandosi su e
giù la
nuca.
Il
cuore batteva come un ossesso, la gola era completamente arsa.
Gettò
da un lato la coperta del futon e si vestì in fretta, poi
andò in
cerca del bagno, volendo per prima cosa sciacquarsi il viso.
Naturalmente
non imboccò la strada e si ritrovò in cucina, e
visto che c'era si
preparò un panino al volo.
Non
voleva pensare a quello che aveva sognato, aveva ancora la pelle
d'oca e comunque lo voleva solo dimenticare.
***
Una
fila di album di foto gli premeva contro la schiena, mentre il suo
corpo accartocciato era costretto nello spazio esiguo del mobile.
Ancora
un momento e avrebbe potuto candidarsi al guinness dei primati, per
maggiore resistenza fisica dentro a una cassapanca.
E
i R.I.S avrebbero potuto trovarlo asfissiato al suo interno, se Akari
non avesse provvidenzialmente chiamato Katsunishiki.
Sì,
perché quel bestione maculato stava di guardia davanti a
quella che
era, con tutta probabilità, la stanza della bambina.
Ne
era quasi certo.
Sollevò
appena il coperchio con la testa e vide i calzettoni di Akari
avvicinarsi, quindi lentamente abbassò di nuovo il capo per
richiudere il coperchio senza fare rumore.
-Vieni
Katsunishiki, il bagno è pronto.
Il
maiale rispose con una serie di grugniti gutturali e forse con dei
gesti delle zampe.
-Sì.
– asserì ancora la ragazza. –Dopo ti
faccio lo shiatsu che ti
piace tanto!
-Sgrunt!
Grunt! Grunt!
-Ti
ringrazio, anch’io ho proprio bisogno di un bel massaggio! E
non
c’è al mondo un massaggio migliore di quello di un
maiale!
A
sentire quell’allegra conversazione, una grossa goccia di
sudore
gli spuntò sulla fronte.
Quella
ragazza non aveva altra passione al mondo che allevare maiali, e non
faceva che viziarli e coccolarli come dei figli.
Katsunishiki
e Ryoga erano proprio due suini fortunati.
-Credi
che l'ammirabile Ryoga ami più me o la nostra bambina? -
chiese dopo
un attimo di silenzio.
Sentì
un verso nasale, doveva essere la risposta incomprensibile del grosso
suino.
-Sto
diventando pazza... Per fortuna che ci sei tu ad ascoltarmi. Oh!
Guarda com’è in disordine questa cassapanca!
Un
brivido freddo gli corse sulla schiena, aveva dimenticato di
rimettere la trina sopra al mobile.
Doveva
essere caduta sul tatami quando era entrato nella cassapanca per
nascondersi e non aveva avuto tempo per rimetterla al suo posto.
Sentì
Akari dare un colpo al legno e lisciare con cura il merletto tra le
mani.
-Ecco
fatto! Andiamo! – quest’ultima affermazione lo fece
riprendere
dallo shock precedente.
Attese
che il rumore dei loro passi si facesse indistinto, quindi
uscì
all’esterno.
Stavolta,
prima di infilarsi nella cameretta, sistemò la trina al suo
posto.
***
Ho
creato il gruppo di questa fanfiction su facebook, per chi volesse
dare una sbirciatina ecco il link: Prigioniera
del Karma.
Ed
eccoci alla canzone dedica di questo capitolo e alle note dei termini
giapponesi. Akari
theme song: Try
di Pink.
Shiatsu:
è un tipo di massaggio.
Sushi:
è un cibo a base di riso insieme ad altri ingredienti come
pesce,
alghe, vegetali o uova. Il ripieno può essere crudo, cotto o
marinato e può essere servito appoggiato sul riso,
arrotolato in una
striscia di alga, disposto in rotoli di riso o inserito in una
piccola tasca di tofu.
|
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Capitolo 4 *** In vino veritas ***
In
vino veritas
“Non
temere mai di dire cose insensate,
ma
ascoltale bene quando le dici.”
(Ludwig
Wittgenstein)
***
L’aria
sapeva di fetore, borotalco e pomate per bambini shakerati assieme.
Ce
l’ho fatta!
Esultò,
cercando di penetrare l’oscurità, memore della
tecnica
dell’umisenken.
Non
voleva correre il rischio di richiamare l’attenzione. La sua
missione era come sul filo di una katana, il più piccolo
errore
poteva comprometterne la riuscita.
L’unica
fonte di luce proveniva da una finestra sulla destra, che illuminava
per un terzo l’ambiente in cui si trovava.
Poteva
scorgere un fasciatoio, un cestino e dei pacchi di pannolini, ma
spostandosi oltre la vista si perdeva.
Proseguì
a tentoni sul lato sinistro, immerso nel buio e completamente
disorientato. Si arrestò raggelato quando
schiacciò con il piede un
giocattolo, di quelli di gomma morbida, che emise un suono alto e
stridulo.
Imprecò
come solo un sordomuto poteva fare.
Seguì
un lieve mormorio di protesta, che gli confermò la presenza
di Akane
nella stanza e, al contempo, la direzione da seguire.
Tastando
qualunque cosa gli capitasse a tiro, trovò un comodino e,
seguendone
il cavo elettrico, accese una lampada in salgemma.
La
luce, soffusa ma ad ampio spettro, mostrò nitidamente la
planimetria
della cameretta.
Le
sue dita si strinsero attorno alla barriera della culla prima, e a
sfiorare la copertina poi.
Lei
era sveglia e le minuscole dita si aggrapparono al suo dito indice.
-Akane...
- pronunciare quel nome a bassa voce fu come rompere le sbarre della
prigione in cui era stato rinchiuso contro la propria
volontà, da
quando aveva messo piede in casa di Ryoga.
Vide
il suo visino contemplarlo ed il cuore prese a sussultare, quasi a
scoppiargli nel petto dalla commozione.
Quegli
occhi li conosceva, stava diventando pazzo a pensarci.
La
prese dal giaciglio cercando di fare attenzione a non spaventarla.
L’accostò a sé come meglio poteva.
La
piccola indossava una camicia da notte bianca con delle stelline
gialle e un bracciale rigido le circondava il polso destro.
Se
la piccina che stringeva potesse essere Akane, la sua Akane, o la
primogenita del coetaneo, non aveva modo di accertarlo.
Non
senza un esame del DNA. C’erano stati dei contrasti tra lui e
il
ragazzo ambulante, molti nel corso degli anni a dire il vero,
tuttavia il rivale non si sarebbe mai vendicato di lui passando sopra
di lei.
O
almeno, non il Ryoga che conosceva, quel Ryoga non avrebbe torto un
solo capello ad Akane.
Ad
ogni modo, desiderava analizzare a fondo la faccenda.
Quella
piccola poteva essere il tassello centrale nel mosaico della
scomparsa della fidanzata, anche se ancora non comprendeva il come,
il dove o il perché.
Le
domande parevano pungerlo nel vivo una ad una, senza sosta. Ma non
era bravo in questo genere di elucubrazioni.
L’azione
pratica era il suo punto di forza.
La
sicurezza di Akane e la sua messa in salvo avevano per lui la
priorità assoluta.
Liberando
un braccio, armeggiò con la maniglia della finestra.
Era
riuscito ad aprirla con un “Clack!” quando
avvertì delle
inquietanti presenze alle sue spalle.
-Lo
sapevo che ti avrei trovato ancora qui!
Si
girò indietro, mostrando il fianco.
-Ciao
Ryoga, come va?
Il
girovagò lo fulminò con un'occhiata feroce.
-Non
scherzare con me, Saotome, e metti giù la bambina...
Sospirò.
-Akane non c'entra. Non mettiamola in mezzo, non può
difendersi.
Il
sopracciglio destro del girovago scattò verso l'alto.
-E
allora fa' come ti dico. Mettila giù.
Annuì
e sistemò la bambina nella sua culla.
-Bene.-
commentò Ryoga.
Si
voltò per affrontarlo a quattrocchi.
-Come
mai sei così apprensivo verso di lei?
-Katsunishiki,
colpisci! – quella fu l’ultima dichiarazione che
udì, prima di
essere scaraventato nello spazio da un poderoso gancio sinistro del
maiale.
***
Aveva
appena finito di farsi il bagno, che suonarono alla porta.
Approfittando
del bel tempo e dell’aria tiepida della sera, Akari era
uscita in
sella al suo Katsunishiki.
Tuttavia
era passato un lasso di tempo troppo breve, perché fossero
già di
ritorno.
Si
alzò dal tatami seguendo Biancanera, che si era precipitata
all’ingresso scodinzolando di gioia.
Aperta
la porta, si trovò di fronte una ragazza dai capelli fulvi,
che
indossava grossi occhiali da sole e un tailleur giallo ocra.
-Ryoghino
mio! Da quanto tempo che non ti vedevo! Oh, ma sei diventato proprio
un bel ragazzone! – la donna gli pizzicò una
guancia e lui si
accorse che purtroppo non stava sognando.
–Fatti
abbracciare!
-Chi
è lei? – si sorprese del suo tono, così
sprezzante.
La
sconosciuta portò una mano alla bocca, colpita dalle sue
parole.
-Ma...
come, non ti ricordi sciocchino? Sono tua cugina Rumiko! E dire che
io mi ricordo così bene di te! – altro pizzicotto.
–Mi
viene in mente quando tua madre ci metteva a fare il bagnetto
assieme, anche allora eri un porcellino! –
ridacchiò
schiaffeggiandolo.
-Ah,
a proposito! I tuoi genitori vogliono sapere tutto della bambina!
Quanto pesa? Ha il tuo senso dell’orientamento? Sai che non
vedono
l’ora di poterla viziare!
Ed
invece non lo sapeva.
-Tu,
tu... cosa? – balbettò ai limiti della
comprensione. Che
sta succedendo ancora?
–Non
mi starai dicendo che i miei genitori sanno della bambina?
-Ma
certo! Cosa ti credevi? Sciocchino! – lo prese a braccetto.
–Vieni
con me, papà, andiamo a festeggiare, offro io! Non
preoccuparti,
questo non lo dirò ai tuoi genitori, sarà il
nostro piccolo
segreto! - ammiccò.
Il
sorriso aperto e compiaciuto di quella donna lo confondeva
immensamente.
-Coraggio,
la notte è ancora giovane!
Rumiko,
passo dopo passo, lo stava trascinando verso il centro, in direzione
dei bar e dei locali notturni.
Peggio,
lo stava allontanando dalla propria dimora con una naturalezza
sconcertante.
E
proprio non riusciva a ricordarsi chi fosse, cosa ci facesse davanti
a lui e come mai conoscesse tutti i suoi segreti più intimi.
-Ecco
qua, ti ho comprato un amuleto apposta per l’occasione!
–
frugando nella sua borsa, trovò il pensierino e glielo
porse, tutta
contenta.
D’altra
parte, se era sua cugina, con lei poteva confidarsi.
Una
parente lo avrebbe compreso e consigliato, sua cugina poteva
benissimo essere una così.
Franca,
dolce e leale.
Sua
cugina gli avrebbe offerto una spalla su cui piangere senza remore.
Doveva
essere così.
Sua
cugina era pur sempre sangue del suo sangue!
Sì,
quella Rumiko poteva permettersi di fargli fare qualunque cosa.
E
poi sembrava simpatica e lui aveva bisogno di distrarsi un po' dalle
ansie della vita e di prendersi una pausa.
Apprezzava
la premura e il tatto che Rumiko aveva dimostrato nei suoi riguardi,
così decise che in fondo non era una ragazza ostile.
Alcuni
minuti dopo, entrarono in un locale col karaoke, un posto affollato
da comitive euforiche di studenti.
In
poco meno di un’ora sul tavolo comparvero, come per magia,
bottiglie di Gekkeikan
sake,
vodka,
tequila e coloratissimi drink con l’ombrellino.
Rumiko
pagò ogni cosa, come promesso, e parlò a ruota
libera.
Si
sentì in colpa per aver fatto resistenza alla sua persona
sul
portone di casa.
Sua
cugina era una donna di spirito, semplicemente deliziosa!
E
anche molto attraente.
Pensò
scrutando la scollatura, che si moltiplicò sotto il suo
sguardo.
Di
riflesso, sbatté un paio di volte le ciglia, ma nulla.
Per
tutti i Kami di famiglia! Ci sono quattro cugine!
Si
stropicciò gli occhi stanchi, ma lo strano effetto ottico
resisté
al suo patetico tentativo di scacciarlo.
Rumiko
gli afferrò il mento, assumendo un’espressione
accigliata:- Non
fare il porco, cuginetto! Piuttosto, non ti sembra di averne bevuti
troppi? Non sai proprio reggere l’alcol!
Si
rabbuiò, toccato nell’orgoglio: -Questo lo dici
tu! Camerie...
Ma
la ragazza gli tappò la bocca prima che finisse di gridare.
-Tesoro
è tutta la sera che parlo di me, che ne dici di raccontarmi
un po’
di te? Di Akari e della bambina ad esempio? Vuoi?
L’euforia
di quella serata non poteva durare in eterno.
Doveva
immaginarselo.
Piegò
la testa in avanti, intrecciando le mani dietro la nuca sudata.
-È
una
lunga storia. – cominciò.
-Le
lunghe storie mi piacciono moltissimo! - Rumiko era entusiasta.
-Questa
non ti piacerà...
La
rossa appoggiò delicatamente la testa sulla sua spalla,
accarezzandogli una mano con aria confidente.
-Coraggio
cuginetto, una volta ci raccontavamo tutto, non ti fidi più
di me?
Non siamo due estranei, ora da bravo, non farti pregare!
–E
va bene, va bene! Tutto pur di farti stare zitta almeno per cinque
minuti. Che vuoi sapere?
***
Ranma
theme song:
Storm dei
Lifehouse
|
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Capitolo 5 *** Confession ***
Confession
“L'opposto
della solitudine non è stare insieme
è
stare in intimità.”
(Richard
Bach)
***
Aveva
una gran voglia di sfregarsi le mani e si trattenne a malapena. Ce
l’aveva in pugno.
Ah!
Se solo sapesse!
Per
tutta la sera, quell’idiota non si era accorto di stare
parlando
con lui, anche se in quel momento era più giusto definirsi
al
femminile. Per giunta, si era convinto che Rumiko fosse davvero
sua cugina.
Gongolando
ancora per la sua fortuna, Ranma gli mise una mano su una spalla:
-Tutto, voglio sapere tutto! Liberati la coscienza e vedrai che dopo
ti sentirai molto meglio!
-Ah...
Akari, Akari. Che cosa le ho fatto... – si lamentò
il ragazzo.
-A
cosa ti riferisci, cuginetto?
Ryoga
si drizzò sullo schienale e riprese ad incolparsi. -Lei
andrebbe
fino in capo al mondo per me... ed io l’ho fatta soffrire
così
tanto e... – si contorse per un conato e, giunto alla fine
del
divano, dette di stomaco.
Sentì
le budella attorcigliarsi per il disgustoso odore, ma decise di
mostrarsi gentile ancora per un po’ e gli passò un
fazzolettino
per pulirsi.
-La
bambina non è sua? – chiese, mentre il girovago si
riprendeva
dalla sbronza.
-È
tutto
così assurdo che se te lo spiegassi nemmeno mi crederesti!
Gli
accarezzò la schiena cercando di sembrare incoraggiante, poi
uscirono traballando dal locale. L’aria era ancora
più calda
all’esterno.
-È
iniziato tutto quando il nostro matrimonio è saltato.-
spiegò il
disperso. -Akari la sera stessa è venuta a stare da me, era
scappata
di casa. Questo non ha fatto altro che peggiorare le cose... con la
sua famiglia, soprattutto suo nonno, non voleva che io diventassi suo
marito...
Non
commentò, annuì invitandolo a proseguire e Ryoga
non si fece
pregare, pareva che non aspettasse altro che continuare il suo sfogo.
-Lei
non ha mai voluto farmene una colpa, anche se più il tempo
passava e
più Akari diventava... triste. E suo nonno non la cercava
ancora.
Così le ho detto: “Basterà convincerlo
che ci amiamo.” E lei mi
ha risposto: “Non è facile come sembra.”
E ancora io: “Facciamo
un bambino, quale segno migliore di questo? Neppure tuo nonno
potrà
tenerti il muso tanto a lungo, se avremo un bambino!”
Alla
notizia, Ranma lo fissò stupefatto, increspando le labbra in
un
sorrisetto: -Tu e Akari... ci avete dato dentro, eh! Ma allora sei
davvero un porcello!
Gli
dette dei colpetti di gomito sul fianco, ma Ryoga si
allontanò
turbato e iniziò a spettinarsi nervosamente i capelli fra le
mani.
-Non è andata come credevamo, io... - lasciò
perdere il discorso
gettandosi a sedere sul marciapiede.
Così
non andava bene, si stava richiudendo in se stesso. Accostò
una mano
all'orecchio del disperso cercando di farlo reagire. -Sei impotente
per caso?
Ryoga
gli schiaffeggiò il palmo e rilanciò:
-Certo
e tu sei vergine!
Arrossì.
Non si aspettava che il beffeggiatore venisse sbeffeggiato, il gioco
non era più divertente.
Anche
Hiroshi e Daisuke, i suoi compagni di classe, non lo sopportavano.
Pensavano che non avesse tutte le rotelle a posto, considerato che
lui e Akane non si decidevano a consumare quello che era stato fin da
subito evidente agli occhi della classe.
Era
vergine e non ci trovava nulla di scandaloso. Aveva sempre voluto
dare la precedenza al suo addestramento e all'apprendimento di nuove
tecniche da sfoggiare agli incontri di lotta.
Gli
unici commenti provocanti che aveva mai rivolto alla sua fidanzata
erano stati: “Fianchi larghi” e “seno
piatto”.
Lei
non capiva che la chiamava così per attirare la sua
attenzione.
Forse
era un po' sadico osservare quanto Akane prendesse sul serio quelle
insignificanti ingiurie, fino a starci male. Sbagliava a prendersela
tanto e a dimenticare in fretta quelle poche volte che le diceva la
verità, che era carina.
Carina
da far male, quando lo colpiva con l'asse del tavolo o il suo grosso
martello di legno.
Non
era un fidanzamento facile il loro, ma lui non avrebbe forzato le
cose, c'erano già troppi familiari a sospingerli l'uno verso
l'altra, malgrado tutto voleva davvero essere all'altezza del titolo
che gli avevano conferito, quello di “fidanzato”.
E
non avrebbe sopportato che un altro giorno, sommandosi al peso dei
precedenti, aggravasse la solitudine che anche lei, come lui, doveva
provare.
Inclinò
la testa da un lato.
Si
accorse di essere stato assorto troppo a lungo, quando Ryoga
continuando a fissarlo, anticipandolo di un istante, riprese la
parola.
-Scusa
Rumiko. Che stupido che sono! Sono solo un ubriaco chiacchierone. Una
ragazza come te avrà già trovato il ragazzo, ci
scommetto.
Si
nascose la bocca con la mano, ma poi lo informò:
-L'avevo.
Ero
fidanzato con un maschiaccio che è misteriosamente
scomparso...
Non
capiva perché non gli fosse riuscito di inventare una storia
più
articolata. Immaginava che il coetaneo l'avesse sorpreso in un
momento in cui la sua recita era uscita dalle righe.
Ryoga
fece un sorriso di circostanza.-Meglio sola che mal accompagnata.
Certo!
E una mela al giorno toglie il medico di torno!
Come
gli era venuta in mente una banalità simile? Possibile che
quel
suino fosse così impermeabile ai problemi altrui e
altrettanto pieno
dei suoi? Cercò di calmarsi, o il suo piano sarebbe saltato
prima di
averlo spremuto a dovere. Lo spettacolo doveva continuare.
-Eh
già, meglio soli a volte! - annuì rispondendo al
suo sorriso idiota
con una voce ancora più squillante del previsto.
-Non
ti fidanzare, credimi, è meglio.- e annunciandolo Ryoga
aveva
un'aria stralunata, più che saggia.
-Ora
non dire così! - Lo tirò su dal marciapiede.-Tu e
Akari siete una
coppia...- s'interruppe vedendo Ryoga in lacrime, poi sentì
le sue
braccia stringersi intorno alla schiena per cercare conforto.
O
forse, qualcosa di più?
***
Smontò
da Katsunishiki sentendosi mancare.
Suo
nonno se ne stava in
piedi,
col futon arrotolato sotto al braccio grinzoso davanti all'ingresso
di casa.
La
osservò con aria di sfida, finché non
spostò lo sguardo da lei
alla piccola Akane, stretta nell’imbracatura che portava.
-Nonno
cosa ci fai qui a quest'ora? - Non era quella la domanda che avrebbe
voluto porgli, ma non era riuscita a celare una certa ansia.
-Oh,
non ti preoccupare, non sono come quel ragazzo che hai quasi sposato,
posso orientarmi anche al buio nella mia città... ma se non
mi vuoi,
me ne vado.
Fece
per voltarle le spalle, ma con una mano lei lo trattenne.
-No.
Aspetta! - sapeva esattamente come convincerlo.
-Vieni
dentro o ti buscherai un malanno. Ho tante cose da dirti.
Dopo
aver borbottato qualcosa tra sé e sé, infatti,
l'anziano capitolò.
***
La
strinse e pensò alla ragazza che amava più di se
stesso.
All'inizio
i suoi rapporti con Akari erano stati semplicemente meravigliosi. Era
rimasto rapito dalla sua bellezza e legato da ogni suo assenso.
E
spesso non aveva nemmeno bisogno di chiedere, era lei stessa a
prendere l'iniziativa.
Sentiva
la sua voce rotta dai sospiri invitarlo a perdersi in lei e la
passione sopraffarlo. Nemmeno nei suoi sogni l'aveva amata tanto come
in quelle notti insonni.
I
primi mesi erano stati così, su di giri. Quando avevano
provato ad
avere un bambino, però, la stanchezza gli aveva teso un
agguato.
-Ryoga!
Che ti prende? - sua cugina si divincolò con destrezza dal
suo
abbraccio.-Insomma, vuoi dirmi cosa ti sta succedendo?
Magari
il suo corpo voleva solo mostrargli qualcosa che la sua mente si
rifiutava di accettare. Non era pronto a quello sconvolgimento
chiamato vita. Bel
riconoscimento gli aveva dato il suo corpo dopo anni e anni di duro
allenamento per tenerlo in forma.
-Perché
non sono capace di... di darle dei figli! Eppure io e Akari ci
abbiamo provato e riprovato, ma non è servito. –
ecco l'aveva
detto!
-Ma
come, ne sei sicuro?
-Purtroppo
sì.
Alla
sua risposta, Rumiko si sfregò il mento assumendo un
cipiglio più
adatto ad un uomo alle prese con la propria barba. -E sei andato da
un esperto? Per, per... quel problema che mi dicevi?
Le
spiegò che in un primo momento aveva lottato contro se
stesso, ma
che alla fine si era deciso a vedere un andrologo.
-Mi
ha detto che è lo stress, il mio livello di testosterone
è basso e
mi ha dato delle compresse da prendere. - tirò su col naso.
-Sai,
ancora non le ho comprate... non ho trovato la farmacia. Dove diavolo
sarà?
Forse
stava parlando troppo, ma si sentiva stranamente a suo agio con lei.
-E
Akari lo sa?
-Ma
sei fuori? Lei, poverina, non sapeva più che parole usare
per dirmi
che stava bene con me e che capiva! Ma io... non lo so, dentro di me
ho sempre saputo che mentiva! E non ce la facevo più,
così me ne
sono andato per un po'. L’ho abbandonata per salvare quel che
rimaneva della nostra relazione! - emise un lungo sospiro dal petto.
-Non
riuscivo più a toccarla, sai...
-Mi
dispiace, non ne avevo idea...
Rumiko
avanzò svelta al suo fianco: -Ma questo significa che Akane
non è
tua figlia, è vero?
-Perché
continui a chiedermelo? Che vuoi da me? – alzò la
voce. Non si
sentiva più sulle nuvole, segno che stava tornando a poco a
poco
sempre più lucido. -Non credi che potrei essere un buon
padre? -
chiese poi regolando il tono ad un livello normale.
La
guardò negli occhi azzurri, identici a quelli di Ranma.
Dopo aver aspettato invano una risposta riprese a lamentarsi.
-La
bambina ci ha salvati. Tutto potrà finalmente aggiustarsi
per il
meglio con lei!
-Ma
com'è possibile che sia vostra figlia? – lo
incalzò ancora.
Non
rispose, così Rumiko continuò imperterrita a
fargli il terzo grado:
-Ryoga, se Akane non ti appartiene, le stai facendo del male
tenendola con te. Forse là fuori qualcuno la sta cercando e
si
preoccupa per lei.
Lo
sapeva e in fondo non gliene importava niente. Ranma aveva rovinato
il giorno più bello della sua vita, potevano mangiarselo gli
Oni.
Era la legge del karma.
Ma per la famiglia Tendo era diverso, per loro, a volte, provava
rimorso.
Si
strinse nelle spalle. –Questo sarebbe vero se Saotome sapesse
che
quella bambina è Akane... ma lui non lo saprà.
Sì,
stavolta
sarà lui a soffrire!
Aveva
appena finito di parlare che qualcosa gli calò sugli occhi,
coprendogli la vista. Si accorse che era la sua bandana.
Sentì
poi delle mani tirarlo su da terra e spingerlo a muoversi contro la
sua volontà.
–Vieni
con me, Ryoga! La notte è ancora giovane! – che
scherzi aveva in
mente sua cugina?
-Rumiko,
che diavolo stai facendo?!
Passarono
alcuni minuti, ma la presa che gli torceva il braccio non accennava a
diminuire e il suo braccio si cominciava a intorpidire. Udì
un
tintinnio, come di monete.
-Ecco
a lei signora e signore, buon divertimento nel nostro onsen!
– disse quello che doveva essere il gestore delle terme.
-Grazie!
– rispose Rumiko, sospingendolo ancora per una decina di
metri.
Una
lampadina s’illuminò nella sua testa.
-Un
momento... guarda che sono un uomo impegnato! –
cercò di togliersi
la bandana con la mano libera, proprio mentre sua cugina lo spingeva
a terra con una ginocchiata incredibilmente forte sul fondo schiena.
Franò
sul pavimento, erano nella sala delle docce, se non l'avesse visto
coi suoi occhi, il getto freddo dell'acqua lo avrebbe comunque
aiutato a capire.
La
sua altezza si ridusse sotto il peso flaccido dei vestiti, fino a che
non ne fu sommerso. Cercò di uscire da quell'ammasso informe
grugnendo col naso in cerca di uno sbocco d'aria. Fu un'impresa ardua
ma insistendo lo trovò e vide Rumiko gettare a terra gli
occhiali,
disfare il suo chignon e svestirsi senza alcuna grazia. Alla fine
rimase a petto nudo, mostrandogli il pezzo di sotto, un paio di boxer
giallo-blu.
Lei
lo acciuffò e dirigendosi fuori dello spogliatoio, lo
scaraventò
senza troppi complimenti nella vasca termale adiacente.
Uscì
con la testa dall'acqua.
Qualche
secondo dopo, era Ranma ragazzo a riemergere, di fianco a lui.
----
Oni:
demoni.
Onsen:
terme giapponesi, che si possono trovare all'aperto o al chiuso in
delle strutture, qui sta più per piscine pubbliche.
Karma:
traducibile
come "atto", "azione", etc.. Il karma indica,
presso le religiose indiane, il generico agire volto a un fine,
inteso come attivazione del principio di "causa-effetto"
questa legge vincola così al samsara ovvero al circolo delle
rinascite.
Ryoga
Theme song:Six degrees of separation –The script
|
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Capitolo 6 *** The magic bracelet ***
The
magic bracelet
"Se
non t'importa dove sei,
non
ti sei perso."
(Regola
di Rune)
***
L’anziano
stava fissando ogni palmo della casa di Ryoga, della loro casa,
mentre percorrevano il corridoio. Era così distratto che
toccava a
lei tenerlo sottobraccio e contemporaneamente stare attenta a non
farlo cadere. Nel frattempo Katsunishiki, da bravo porcello, aveva
già acceso la luce in soggiorno.
–Perché
non dici nulla? Sei mio ospite stanotte. Non ti lascerò
uscire a
quest'ora, puoi dormire da noi, abbiamo una stanza libera comunque.
Akane
fece una pernacchia, come disapprovando quello che aveva detto.
-Non
è che una piccola catapecchia, rispetto a casa nostra, bimba
mia.
Anche i mobili sembrano di seconda scelta.
Si
attorcigliò una ciocca di capelli fra l'indice e il pollice,
incapace di dargli torto: la sua famiglia era molto ricca.
Ma
essere suo nonno non gli dava il diritto di farsi vivo solo quando ne
aveva voglia, e per di più per lamentarsi delle sue scelte
personali.
Sollevò
la bambina, sganciandola dall'imbracatura. -Lascia stare la casa,
adesso. Lei
ti piace? Questa è la tua bisnipot...
-Non dirmi baggianate, che
ti vedo una volta a settimana dalla finestra di casa, praticamente
ogni volta che vai al mercato. - Le tolse la bambina dalle braccia.
-E
tu quando saresti stata incinta, sentiamo?!
Si
ritrasse, le ginocchia tremando cedettero e nel medesimo istante
cadde al suolo. Immaginava che non sarebbe riuscita a fingere troppo a
lungo con lui, ma pure suo nonno non aveva intenzione di abbassare la
guardia, e così il loro incontro rischiava di finire prima
ancora
d'incominciare. Perché doveva sempre rincorrere gli uomini
che
amava?
Sapeva
che un discorso studiato a menadito non avrebbe funzionato,
ciononostante Akari sperava di trarlo in inganno per il tempo
necessario a chiarirsi, le era mancata così tanto la
presenza del
suo vecchio.
Katsunishiki
l'aiutò a rialzarsi, mentre il nonno continuava a sgridarla:
-Quando
mi è arrivata la lettera con la foto, mi avete fatto venire
un
infarto! Ho sperato tanto che il buon Buddha mi facesse vivere fino
al giorno in cui sarebbe nato un erede e c’è
mancato poco che il
Samsāra non mi travolgesse per vendicarsi di questo mio capriccio...
ma a conti fatti, che ci fa questa frugoletta qui? Non può
essere
tua... Mi ricordo ancora com'eri carina da piccola! Lei è
graziosa,
sì, ma in modo diverso, direi... - sospirò.
Esasperata si lamentò: -E tu?
Perché non rispondi
mai alle mie chiamate? Ti ho lasciato milioni di messaggi in
segreteria! E adesso te ne esci fuori con questa storia che mi spiavi
al mercato! Cosa vuoi che me ne importi!
L'anziano
sbuffò, gingillandosi poi con Akane che gli stringeva
l'indice con
una mano minuscola e paffuta. Erano carini insieme.
Quella
lite la stava mandando ancora più in confusione di quel che
volesse.
-Vuoi
sapere se ti ho chiamato? - La tentò. -L'ho fatto una volta,
però
mi ha risposto quello spiantato del tuo ragazzo, e allora ho
attaccato il telefono e tanti saluti!
Si
riprese Akane guardandolo di sottecchi.
-Quello
spiantato ha un nome. Si chiama Ryoga, nonno! R Y O G A! -
sibilò.
L'anziano
fece spallucce. -Quello che è! Un uomo per bene non mi
avrebbe mai
mandato una foto del genere, sapendo della mia situazione con te!
Sarebbe venuto di persona, scusandosi. – tossì,
stendendosi sul
suo futon e girandole le spalle.
Se
c'era qualcuno che doveva scusarsi era proprio lui. Ma era abituata a
vederlo agire così.
-Quale
foto? - Gli chiese, sporgendosi da dietro la sua schiena. -Ti
riferisci a quella dove compariamo io, Ryoga e la bambina,
annunciandoti di essere diventato bisnonno?
-Tsé,
bisnonno! Avere un erede era quello che volevi, bimba mia? Io non lo
volevo così in fretta, se non fosse stata anche una tua
idea... Ma
come si chiama la vostra frugoletta? - Chiese voltandosi ancora verso
di lei.
-Te
ne sei dimenticato? Era scritto nella lettera che ti abbiamo mandato.
- Rispose, sentendosi un po' spietata per aver messo il dito nella
piaga, e aver ricordato all'uomo l'età che avanzava,
inesorabilmente.
-Akane,
Ryoga l'ha chiamata Akane. - Chiarì, senza alcun entusiasmo.
Si
sentiva in colpa. In colpa per non aver detto prima al nonno che
Ryoga, in uno dei suoi viaggi, era stato vittima di una maledizione.
Un
sortilegio che lo trasformava in un porcello scuro a contatto con
l’acqua fredda. Forse, se lo avesse avvertito di
ciò prima delle
nozze, il nonno avrebbe accettato l’idea e capito che Ryoga
non era
un soggetto così “strano”.
Una
parte di lei ne era convinta.
Per
questo, dopo il mancato matrimonio, aveva appoggiato Ryoga nel suo
folle piano di avere un bambino: ma con Akane in casa, aveva capito
fin da subito che non avrebbe potuto recitare a lungo quella
messinscena.
Era
stufa di mentire a tutti, a Ryoga, a Ranma, a suo nonno e a se
stessa.
-Questa
bambina non è mia figlia, hai ragione. –
bisbigliò, con la vista
che si offuscava, ad ogni battito di ciglia.
Con
una pazienza che non sapeva nemmeno da dove le venisse, si
asciugò
l'angolo inumidito dell'occhio e continuò: -È
un'orfanella
che ha portato Ryoga e che da alcuni giorni è riuscita a
darci un
po’ di felicità e a distrarci dai nostri problemi,
ecco. - Il suo
corpo ora aveva preso a sussultare scosso dai singhiozzi.
-Akari...
Distese
un braccio per fermare l’avanzata del parente. -No, nonno.
Non
venire qua ad abbracciarmi. Fammi finire, ti prego!
L’anziano
rimase a bocca aperta e c’era da capirlo.
Il
suo tono di voce, solitamente leggero e soave, era diventato rauco e
altisonante.
Respirò
a lungo per riprendere il controllo delle emozioni che stava provando
e che allo stesso tempo rifiutava di riconoscere come proprie. Da quando, più di un anno prima, aveva deciso di reprimerle, di darci un taglio, scappando dalla sua famiglia.
E
adesso di fronte al nonno era disarmata, non sapendo più
come
gestire quelle emozioni. Ma doveva sfogarsi. Non voleva scappare
ancora.
-Mi
dispiace. È
tutta colpa mia e me ne assumo ogni responsabilità,
perché, vedi,
Ryoga è gentile e voleva solo che tu lo accettassi, che gli
dessi
una possibilità per farsi amare... e ti assicuro che Ryoga
sa farsi
amare, nonno!
L’uomo
strinse i pugni e roteò lo sguardo verso il soffitto.
Lo
ignorò. -È
vero che la bambina e la lettera per farti venire qui sono state
un’idea sua, ma è colpa mia se non lo vedi di buon
occhio.
-Questo
non è vero! Cosa ti...
-Fammi
finire per favore! – replicò, interrompendolo e
coprendo al
contempo le orecchie della piccola, che poteva turbarsi a sua volta.
-Sono
io che avrei dovuto parlarti del suo segreto, non avrei dovuto
tenertelo nascosto, ma io lo amo, nonno! Lo amo tanto! E tu lo hai
umiliato portandomi via alla cerimonia di nozze! Lo
capisci questo?
Il
vecchio borbottò qualcosa d’incomprensibile. Un
“Dovevo farlo”
forse...
-Cosa
c’è che non ti piace di Ryoga? Ha assolutamente
tutti i requisiti
che cercavamo in un pretendente. Ha battuto Katsunishiki. È
forte come un maiale, è l’uomo dei sogni di ogni
donna, ed è il
mio eroe.
-Quindi tuo nonno non ti serve più... – sussurrò il suo interlocutore sulla difensiva.
Sorrise
incredula. -Tu sei mio nonno, nessuno è come te, e avrai sempre un posto speciale nel mio cuore, ma Ryoga è l’uomo che amo e non puoi chiedermi di scegliere tra te
e lui.
Il
vecchio tirò su col naso. -Ma io non voglio che ti senta
obbligata a
scegliere tra me e lui, bambina mia. Voglio vederti felice e
realizzata. - Ribadì accarezzando la testolina di Akane con
la
tenerezza di un uomo che aveva visto molti più giorni.
-E
poi un porcellino piccolo come lui sfigurerebbe in un vero torneo di sumo per maiali.
Scoppiò
a ridere, di cuore come non le capitava da un bel pezzo. -Oh, nonno!
Non mi starai dicendo che il problema è che Ryoga si
trasforma in un
porco troppo piccolo? Ahahah! Ma questo è ridicolo... Mi fa
male la
mascella dal ridere!
-Guarda,
tesoro, che è una cosa seria. Nella nostra famiglia vantiamo
anche delle origini Kitsune, sai... e avere un futuro genero così piccolo e pietoso... sfida la mia comprensione!
Fece
un grosso respiro. -D’accordo, nonno! Ti prometto che lo
farò
mangiare fino a farlo diventare grande e grosso, come Katsunishiki!
-Pensi
di saperne più di me, eh, Akari?
Il
vecchio sorrise. Se avesse saputo che era stata tanto in pena per un equivoco così sciocco!
-Ad
ogni modo. - Proseguì suo nonno. -Vi siete presi una bella
responsabilità, adottando Akane... È
successo
tutto troppo in fretta, ecco. E temo che tu non ci abbia riflettuto
abbastanza, non vorrei che te ne pentissi un giorno. Una figlia
è
per sempre.
Aveva
appena terminato il discorso, che Akane s'imbronciò, pronta
a
piangere.
-Seguimi.
La metto a letto. - Portò suo nonno nella cameretta.
Posò la
bambina dentro la sua culla e caricò la dolce musica del
carillon.
Le piaceva ascoltarla, pensando che Ryoga si addormentava
così,
quando era ancora in fasce.
-I
mobili e la culla erano di Ryoga. - gli spiegò. -Ma io non
so da
dove provenga Akane, Ryoga l'ha scelta senza di me... ed anche se le
voglio molto bene, credimi nonno, certe volte mi sento come
un'intrusa in mezzo a loro due.
La
mano del nonno le accarezzò una spalla, cercando
d'infonderle
coraggio.
-È
proprio di questo che ti parlavo un attimo fa, pensaci bene.
***
-La
mia pazienza ha un limite, razza di imbecille! Dimmi cosa hai fatto
ad Akane! – senza aspettare oltre, il rivale lo
colpì con un
gancio.
Gli
graffiò uno zigomo: la ferita bruciava e pulsava, mentre la
guancia
destra stava certamente per gonfiarsi. Delle gocce di sangue caddero
nell’acqua vaporosa della vasca, sporcandola.
Molti
ospiti dell’onsen cominciarono a bisbigliare, alcuni
scuotevano la
testa indignati per il loro comportamento incivile, altri si
allontanarono, rientrando nella sala docce.
Era
colpa di Ranma, era sempre per causa sua se la cattiva sorte lo
perseguitava.
Concentrò
la sua energia negativa, convogliandola sui palmi delle mani protese:
-Shishi Hokodaaaaaaan!
Una
sfera di luce inondò ogni cosa, accecandolo per un istante,
mentre
le voci spaventate dei bagnanti si facevano sempre più
confuse.
Qualcosa
di colpo gli cadde sulla testa, gravandogli addosso con tutto il suo
peso. Saotome, quel vigliacco era riuscito ad evitare il suo attacco.
-Voglio
delle risposte e le voglio ora! - Ranma scese dal suo capo e la sua
presa si spostò sulla nuca, l’afferrò
fino a quando non lo
costrinse a chinarsi. Lo trattenne sott’acqua, impedendogli
di
riemergere.
L’aria
gli mancava, stava quasi per soffocare, quando si sentì
ritirare in
superficie.
Avvertì
il torace dilaniarsi in cerca di una boccata, ma aveva la gola arida,
e il respiro stentava a riaffiorare. Saotome aspettò che si
calmasse
e la smettesse di ansimare.
-Allora
parli, o facciamo un altro giro? – lo provocò.
– Non ti lascerò
finché non confesserai, Ryoga, puoi giurarci!
Non
avrebbe osato contestare. Ranma perdeva di vista la ragione quando si
trattava di Akane.
-L’avrei
salvata da solo, senza il tuo... aiuto – mormorò.
– Prima o
poi... quando le cose tra Akari e suo nonno si fossero sistemate.
Saotome
lo guardò con compassione, prima di gettarlo di nuovo
sott’acqua,
stavolta per un tempo inferiore.
-Cosa
le è successo?
-
Urgh... Maledetto! – fece quasi per strozzarlo, ma il ragazzo
col
codino riuscì ad evitarlo, assestandogli una gomitata sul
fianco.
L’attacco gli costò l’equilibrio e
s’inabissò, tra una
miriade di schizzi. Alzò una mano in segno di resa, oramai
era
chiaro che quella lotta sarebbe potuta durare all’infinito.
-D’accordo!
Vuoi la verità? Volevo andare a trovare il nonno di Akari,
quando...
- i ricordi erano ancora così limpidi, che gli sembrava
fosse
passato soltanto un giorno da quella fatalità.
***
Osservò
la gigantesca antenna rossa, poi la cartina che aveva disegnato per
localizzare la dimora degli Unryu. Sul foglio c’era
l’abbozzo di
un bivio, sulla sinistra era disegnato il tendone di un circo, poco
più sotto un lago su cui aveva apposto una freccia con
l’annotazione: “Attenzione a non
ricaderci”.
Se
prendeva la biforcazione, e seguiva la strada sulla destra, superati
una macchinetta con “buone bibite” e poi
“un porcile” avrebbe
trovato l’ubicazione degli Unryu.
Nero
su bianco, era tutto così chiaro!
Ma
nessuno dei siti, né un lago, né un circo,
né un porcile, appariva
in quel luogo. Se ne stava solo, vicino ad un piccolo tempio,
completamente disorientato.
Fuori
dall'edificio sacro c'erano una scatola che recava la scritta
“cianfrusaglie” ed alcuni tavolini vuoti.
Alzò
la testa dalla mappa e rimase a bocca aperta: Akane Tendo stava
correndo in tuta da jogging dal capo opposto della strada!
Allora
devo essere tornato a Nerima!
Non
la vedeva dal mancato giorno del matrimonio e si sentì
avvampare
all’idea di quel fortuito incontro! Accartocciò la
mappa nella
tasca dei pantaloni e si sentì assalire
dall’imbarazzo! Non
ho nulla da darle, neanche un piccolo souvenir!
Infatti,
con tutti i suoi problemi, non aveva avuto modo di comprarle nulla!
Si mise perciò a strappare il cartone delle
“cianfrusaglie”
sperando di rimediare qualcosa.
Peccato
solo che fossero tutti oggetti ammaccati, statuine e cocci di vasi...
stava per arrendersi quando lo trovò. Appoggiato al muro. Un
hula-hoop! Quello sì, che poteva andare!
-Ryoga!
Che ci fai qua? Non sapevo del tuo ritorno in città!
– esclamò
Akane Tendo alle sue spalle, provocandogli un infarto.
La
ragazza gli sorrise, mentre lui accennò una timida occhiata,
arrossendo e porgendole l’hula-hoop. –P...p...per
te! –balbettò.
La
coetanea l’afferrò, e sembrò
entusiasta: -Oh, è bellissimo! Io
adoro gli hula-hoop! – e prese a farlo girare con il braccio
alzato.
Quello
che vide dopo non lo dimenticò. Talvolta, lo sognava ancora
di
notte.
Akane
ad ogni giro di cerchio diventava sempre più bassa e sempre
più
giovane e con lei anche l'hula-hoop si restringeva velocemente. Poi
il cerchietto s'illuminò nettamente, mentre la sagoma di
Akane
divenne tutta nera. Come il sole, la cui luce si offusca sotto
l'effetto di un’eclissi totale, così Ryoga non
riusciva più a
vedere alcuna traccia della ragazza. –Allungò
una mano ed afferrò il piccolo cerchio, intimorito dal suo
bagliore
accecante.
Lentamente
riaprì gli occhi e lasciò andare la presa per
incontrare lo sguardo
di una pupattola di qualche mese, che aveva preso il posto di Akane.
Gli abiti della ragazza stavano extralarge alla bimba.
Si
guardò attorno e la prese con sé, tornando poi a
cercare la casa
degli Unryu.
Non
poteva lasciare Akane lì, in quelle condizioni, dopo essere
stato
l'unico testimone di una trasformazione così celere.
Sei,
sette ore più tardi era tornato, non capiva nemmeno come,
sulla via
di casa sua. Akari era stata così felice di rivederlo che
gli si era
gettata con le braccia al collo, e non gli aveva chiesto nulla sulle
origini della bimbetta che portava con sé.
L'aveva
fatto solo dopo che aveva ritrovato la calma.
E
allora lo aveva rimproverato, mantenendo tuttavia un tono gentile,
per non averla messa al corrente dell’intenzione di far
visita a
suo nonno.
Lei
invece quel giorno aveva temuto di essere stata abbandonata e, persa
la fiducia riposta così fragilmente in se stessa e in lui,
si era
tormentata con infiniti dubbi fino al suo rientro.
***
-Quindi
hai fatto credere ad Akari che Akane fosse una trovatella?
-Mm,
mm.- Annuì, sentendosi vulnerabile, come quando mostrava il
fianco
durante la lotta.
-Idiota!
Quanto a lungo pensavi di poter continuare la commedia della
famigliola felice?
Già, per quanto tempo?
|
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Capitolo 7 *** Finding a way ***
Finding
a way
“Lo
sforzo è sforzo solo quando comincia a far male”
(José
Ortega y Gasset)
***
La
luce della terrazza al quinto piano dell’hotel era ancora
accesa.
Nella
camera vide un’avvenente giovane donna impegnata in una
telefonata.
La donna spense la tv, posò il telecomando sul comodino e si
allontanò nervosa, aprendo l’anta scorrevole con
una mano e
tenendo il cellulare in equilibrio tra l’orecchio e la spalla.
Allargò
l'obbiettivo spaziando sul terrazzo, e la vista di tanta biancheria
stesa ad asciugare lo mandò in estasi. Abbassò il
cannocchiale.
Quanti
bei zuccherini...
Qualcuno
bussò alla porta. Lanciò un’occhiata
all’orologio, doveva
essere lei. Ed arrivava con una puntualità miracolosa.
Doveva
essere il suo giorno fortunato.
-È
permesso?
Nascose
il binocolo sotto al futon e replicò:
-Entra
pure Kasumi cara!
La
ragazza fece scorrere il pannello e si portò al centro del
suo
alloggio.
Aveva
il grembiule al contrario e l’aspetto di chi avesse bisogno
di un
bagno caldo.
A
quel pensiero sentì il naso sanguinare e si
tamponò con le mani
nude.
Kasumi
sembrò non badarci, si inginocchiò e ripose i
suoi panni sul
tatami, accennando un timido sorriso.
-Grazie
mille! – disse onorandola di un inchino per il suo lavoro,
sentendo
un giramento di testa. Devo
toccare una donna!
Ma
per quanto desiderasse rimettersi in forze, attraverso un adeguato
palpamento, non trovava l’attrattiva in un soggetto come lei.
La
verità era che gli mancavano Akanuccia e Ranma nella sua
sembianza
di ragazza sexy. Non nel modo a cui mancavano agli altri, certo. Ad
esempio, Soun sembrava essersi ridotto ad un fantasma che vagabondava
per casa e il solo pensiero di subire la stessa sorte lo terrorizzava
più del letto di morte. Si era già fiaccato
abbastanza
“interrogando” tutti i maniaci della capitale sulla
sparizione di
Akane.
Tutta
fatica sprecata purtroppo.
Scosse
il capo. -Ora devo proprio scappare! – informò
Kasumi, prelevando
dalla pila di panni una stoffa della dimensione di un fazzoletto e
nascondendola sotto la scollatura della tuta ninja. Allora
quell’affaccendata ragazza si congedò a sua volta,
lasciandolo
finalmente ai suoi passatempi. Guizzò fuori dalla finestra,
estrasse
il fazzoletto che si aprì e si tese nello slancio, come un
minuscolo
paracadute.
Planò
verso l’ingresso della proprietà di Soun Tendo,
non c'era
abbastanza vento per arrivare a toccarne le mura.
“UHEEEEEEEEEAAAAA-MMUHEEEEEEAAAAAM!”
Cosa?
La polizia?
Per abitudine s’insospettì,
s’appiattì contro la parete e
sbirciò fuori dall’arco del portone, affacciandosi
sulla strada.
Trattenne
il fiato.
Ranma
era tornato, e non era solo.
Che
strano...
Infatti,
il giovane astro della scuola marziale Saotome aveva rapito un
poppante e camminava disinvolto a fianco del suo nemico di sempre.
Una
scena bizzarra, curiosa a dir poco.
Analizzando
i pro e i contro, capì che era meglio nascondersi.
Gli
zuccherini, per questa volta, potevano aspettare.
***
-Chi
va là?
La
katana di sua madre sibilò e la punta minacciò di
tagliargli il
naso, fallendo appena di qualche millimetro.
La
scostò stringendola tra l’indice e il medio.
La
colpa non era della propria improvvisata, quanto
dell’impulsività
della donna che lo aveva generato e della sua stessa inclinazione ad
usare le maniere forti.
Ma
il pianto di Akane era intollerabile per qualsiasi orecchio, tanto
che alcuni cani avevano cominciato ad uggiolare in protesta.
Dietro
di lei, Kasumi le strinse un braccio sospirando:
-È
Ranma. È
tornato!- finalmente, il resto della famiglia si affacciò
sulla
soglia dell'ingresso.
Suo
padre in versione panda gli mostrò il cartello:
“Fatto buon
viaggio, figliolo?”
Se
non avesse avuto Akane in braccio, lo avrebbe colpito ben volentieri.
-È
davvero lui... – sussurrò Nodoka rinfoderando,
dopo un attimo di
stupore, l’arma.
Qualcosa
si muoveva tra i cespugli. Ci pensò Ryoga a stordirlo con un
pugno.
-Che
male vi ha fatto un povero vecchio? - berciò Happosai,
massaggiandosi la pelata arrossata.
-Così
impari a nasconderti! - lo rimproverò il ragazzo con la
bandana.
Poi
sentì un odore fetido, asfissiante.
E
Akane aprì i rubinetti.
-Tieni.
– disse porgendo la piccola a Nabiki. La ragazza si
tappò il naso
disgustata, incapace di prendere in collo quel fagotto che frignava a
mille decibel al secondo. A cui dopotutto non era nemmeno estranea.
-Si
può sapere chi è questa?
-Tua
sorella.
-Chi?
– replicò Nabiki inarcando le sopracciglia in
un’espressione più
unica che rara. Era la prima volta che la vedeva colta di sorpresa e
si gustò quel breve momento di soddisfazione.
-Hai
trovato la mia bambina? – ripeté come dubbioso
Soun.
-È
davvero Akane... Deve essere cambiata, credo che abbia appena fatto
la pupù e io non resisto oltre! –
cacciò fuori la lingua
nauseato, mentre la bambina si dibatteva come una forsennata,
ottenendo l'attenzione generale.
Anche
se era la sua fidanzata, a tutto c’era un limite! Non
spettava
certo a lui cambiarle il pannolino.
-Scusate.
- Kasumi s’intromise, prendendogliela dalle mani.
–Me
ne occupo io, ora.
Beh,
una delle due pare che si preoccupi per sua sorella...
-Akane?
Sei proprio tu, la mia piccolina? – mormorò Soun
rivolto alla
lattante, avvicinando la fronte alla sua testolina.
Una
volta che Akane gli ebbe acciuffato i baffi, però, Tendo
sembrò
tornare in sé, preparandosi a fare gli onori di casa:
–Basta
indugiare qui fuori. Entrate vi prego, anche tu Ryoga, abbiamo molte
cose da chiarire... - sorrise, ancora ben disposto.
***
-E
questo è tutto. – concluse Saotome.
Sobbalzò,
come svegliandosi dal torpore che gli avevano infuso le lunghe
spiegazioni del coetaneo.
Si
accorse solo in quel momento delle insolite presenze di Shampoo,
Mousse, Konatsu e Ukyo nella sala da pranzo.
Gli
occhi di tutti erano incollati su di lui, ora: sebbene le loro
espressioni risultassero le più svariate a vedersi, tutte
quante lo
biasimavano per l'accaduto.
Le
loro labbra e gli sguardi sfuggevoli sembravano dire: Povero
ragazzo, non sa affrontare la realtà, non fa che combinare
disastri
su disastri.
Si
levò in piedi, strinse i pugni facendosi coraggio e alla
fine di
tanta agitazione, farfugliò: -Io voglio rimediare a quel che
è
successo... volevo farlo comunque, non appena mi fossi ricordato la
strada... avrei salvato Akane, non l’avrei abbandonata a
lungo in
queste condizioni!
Piombò
un silenzio così pesante che riuscì a sentire il
rumore del neon.
Aveva
fallito? Perché nessuno gli dava ragione?
-Lo
immaginavo.- rispose pacato Soun, facendolo avvampare
d’imbarazzo.
–So che sei un bravo ragazzo e in fondo non ti porto
rancore... la
situazione sarebbe potuta essere di gran lunga peggiore di
com’è
adesso, ma confido che tu e Ranma troverete la soluzione assieme, per
il bene della mia bambina.
Lo
sguardo di Ranma sembrava voler replicare: sei il solito fortunato.
Sospirò.
Per quanto tempo aveva trattenuto il respiro? Perché si
sentiva
sotto inquisizione? Prese le mani di Soun tra le sue.
–Lo
prometto! Akane tornerà quella di sempre! Non la
deluderò,
altrimenti si dica ai quattro venti che Ryoga Hibiki è un
sognatore
senza speranza!
Soun
lo squadrò confuso, chiedendogli ancora: -Cosa?
Scrollò
le spalle, cercando di spiegarsi meglio. -Un povero illuso!
Il
padre di Akane annuì tiepidamente, facendogli venire un
groppone
alla gola per la commozione. Quella piccola connessione fra di loro
lo fece sentire quasi benvoluto dalla sua famiglia.
Ma
un dolore tremendo s’irradiò dal centro della
testa, Ranma lo
aveva appena colpito sulla nuca a mano tesa.
-Povero
illuso, da solo non sei capace di trovare la via di casa, non
ricordi? Ad ogni modo, dalle tue spiegazioni, credo proprio che ti
trovassi in prossimità del tempio Zojoji, appena sotto la
torre di
Tokyo... quindi è da lì che dobbiamo cominciare
le ricerche!
-Credo
anch’io. Akane stava via per delle ore passando da un
quartiere
all’altro di Tokyo. – convenne Nabiki, comodamente
distesa sul
tatami, intenta a sfogliare una rivista di articoli per ragazze.
Non
si era fatta notare, prima. Fino a quel momento l'unica
attività in
cui si era impegnata era stata ricercare i prezzi dei saldi
più
convenienti del mese, cerchiandoli con un evidenziatore giallo.
Shampoo
balzò vicino al ragazzo col codino, raggiante, e si
aggrappò al suo
braccio. -Io potele essele con futuro marito domani!
-Shampoo!
– protestò debolmente il collega occhialuto.
La
ragazza gli rispose con un “bleah” tirando fuori la
lingua.
-Mu-si
si deve licoldale che avele le consegne... onorabile bisnonna non
tollelale papele pappamolle!
Konatsu
guardò la sua padrona, la quale si strinse nelle spalle,
sbuffando:
-Accidenti! Ranchan non sai quanto mi dispiace, ma anch’io ho
del
lavoro da sbrigare... Proprio domani avrò un'ispezione e la
mia
cucina deve risplendere!
-Oh,
non preoccuparti per questo! In fondo dobbiamo svolgere solo qualche
indagine, niente di più.
Mezz’ora
dopo, ad uno ad uno, gli ospiti si accomiatarono, mentre a Ryoga
venne offerta una stanza per passare la notte da loro. Soun, la
signora Nodoka, Kasumi e persino Ranma lo pregarono tanto a lungo che
alla fine cedette alle loro richieste.
Era
stanco e del resto non sapeva dove altro andare. Lo accompagnarono
nella stanza dei Saotome.
L’indomani
sarebbe arrivato veloce come un treno. E quel treno, lui voleva
prenderlo più di chiunque altro. Desiderava che Akane
tornasse
quella di una volta.
Far
luce sul mistero che avvolgeva il suo corpicino di all'incirca sei mesi e provare
a Ranma Saotome che era cambiato, dimostrargli che non era l’ingenuo che tutti credevano che fosse.
Ma
per l'appunto, ci sarebbe riuscito?
Ultimamente
non era più sicuro di nulla, così i dubbi lo
tormentarono per più mezz'ora, fino a quando la sua mente non fece più alcuna
resistenza
al calar del sonno.
***
Ecco
a voi il percorso di jogging fatto da Akane:
|
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Capitolo 8 *** Zojoji Temple ***
Zojoji
Temple
***
Un
fremito
la colse di sorpresa e poteva giurare sul suo onore di
amazzone che non era colpa del freddo mattutino.
Quella
mocciosetta impertinente stava attaccata al petto del futuro marito
come una cozza allo scoglio. Solo le braccia di Ranma restavano
libere, grazie al marsupio porta bebè in bella vista.
Tese
gli angoli delle labbra in un sorriso e dopo aver augurato il
buongiorno al suo amato ragazzo col codino, si strinse al suo braccio
muscoloso.
-Che
melavigliosa giolnata passelemo oggi!
-Shhh!
Shampoo abbassa la voce, potresti svegliarla. Non sai quanto fiato
è
in grado di sprecare questo maschiaccio in miniatura...
-Lascia
la mocciosa a casa, Lanma. Esci con una vela donna come me! -
protestò stringendogli il gomito. -Ci diveltilemo assieme!
-Ecco
che ci risiamo, Saotome. Mi giro un attimo e tradisci Akane
così! –
Ryoga fece capolino alle loro spalle.
Il
suo ailen
si voltò cinereo.
-Finalmente
il bell'addormentato si è alzato dal futon! Ho provato anche
a tirar
calci per cercare di svegliarti, ma niente! Adesso arrivi e pretendi
di giudicare il “mio” comportamento? Ricordati che
se finora
Akane è sopravvissuta, il merito è unicamente di
Akari... –
ghignò osservando il suo interlocutore diventare purpureo e
continuò
così: -A proposito l'hai avvisata che non tornerai tanto
presto?
Le
spalle del ragazzo suino si inarcarono, come incapaci di restare su
dritte.
-Le
ho lasciato una lettera sul comodino... e Nabiki poco fa mi ha
permesso di telefonare... e ora mi sono indebitato fino al collo...
-girò i pollici sconfortato mentre gli si affiancava.
-E
cosa hai detto ad Akari? Le hai rifilato una scusa delle tue? -
domandò ailen.
-Non
potevo dirle la verità, le avrei spezzato il cuore! Akari
non si è
accorta di nulla fino ad ora... così le ho detto che i veri
genitori
di Akane avevano letto il mio annuncio riguardo alla trovatella e che
l'avrei riportata a loro, lei sembrava felice al telefono, mi ha
confessato che non se la sentiva di farle da mamma, e che vuole solo
rilassarsi per ora...
Tutto
d'un tratto, scoppiò a ridere. -Nemmeno Akali ha simpatia
per questa
mocciosetta!
-Non
so come Akari riesca a sopportarti, Ryoga, davvero non lo so.-
commentò sadico Ranma.
-Io
lo so.- replicò il ragazzo con la bandana. -Akari non ha
malizia,
inoltre se nota qualche mio difetto ci ride su come se nulla fosse...
Lei non mi ha fatto mai dubitare del suo amore, è tollerante
e non è
gelosa.
-Magali
non lo mostla. – gli fece notare, sicura del fatto suo.
-Invece
è così! - continuò imperterrito Ryoga.
-Forse,
ma se continui ad approfittarti della sua generosità,
provando fino
a che punto lei riesca a sopportarti, la farai impazzire un giorno o
l'altro e Akari questo non se lo merita proprio! - sentenziò
il
futuro marito.
-Non
ricordo di averti chiesto un consiglio Saotome! Quando lo
farò, sarà
per chiederti di che morte vuoi morire...
-Tsk!
- sputò tra i denti Ranma.
Spinta dalla curiosità imitò il girovago che si voltò, posando lo sguardo sul fiume dove il luccichio ipnotico della corrente le tolse il fiato.
Accidenti!
Con Ryoga e questa mocciosa tra i piedi, il romanticismo è
al minimo
storico... che occasione sprecata! Sospirò
delusa.
Avevano
seguito il percorso pedonale che attraversava alcuni dei quartieri
della capitale in direzione sud-est.
Si
trovavano quasi a metà strada quando la piccola vipera si
svegliò e
agguantò uno dei campanelli che le ornavano i capelli.
–Aiya!
– reagì tastandosi l’attaccatura di una
crocchia e
massaggiandosi la parte della testa strattonata.
La
piccola piovra era tutto tranne che un essere innocente! Assieme
all’elastico per capelli le aveva tirato via alcune delle sue
bellissime ciocche.
Le
aveva divelte con un gesto secco, di una precisione chirurgica.
-Oh
guarda, le piacciono i tuoi campanelli! – prese le sue difese
Ranma.
Quella
pupattola di Akane se la rideva e scuoteva i campanelli assaporandone
il tintinnio con l’aria di divertirsi parecchio. Stava
seriamente
pensando di agguantare quel piccolo collo soffice e stringere,
stringere e stringere, finché una leggera brezza alle loro
spalle la
distrasse da quella splendida idea.
Qualcuno
li stava seguendo.
Chiunque
fosse balzò giù da sopra a un palo della luce
atterrando ad un
palmo da loro. Al vederlo, rilassò immediatamente il corpo
ed
abbandonò la posizione di difesa che aveva assunto. Il nuovo
arrivato elargì loro un profondo inchino badando a non
sporcarsi i
lembi dello yukata.
Delle
fragoline punteggiavano le maniche e l’obi, in un decoro
semplice
ma d’effetto.
Il
suo ailen gli intimò implicitamente di alzarsi posandogli
una mano
sulla spalla.
–Che
ci fai qui? - domandò confuso Ryoga.
Lo
studiò assorta, stupendosi ancora una volta di come le sue
sembianze
delicate riuscissero ad ingannare i propri occhi.
Konatsu
sembrava per davvero una giovane donna. Eppure, la sera prima, Ranma
le aveva rivelato qualcosa di sconvolgente. In realtà sotto
quelle
vesti tradizionali si celava un... uomo. Al suo villaggio non avrebbe
vissuto un sol giorno.
Un
uomo che si vestiva da donna. Ma non era del tutto convinta che il
suo ailen le avesse detto la verità. Del resto
perché avrebbe
dovuto mentirle su un argomento del genere?
Il
nuovo arrivato tese le mani verso la bambina. -Posso?
– chiese.
Ranma
sembrava restio a lasciargliela e non si sarebbe mosso, se quella
piccola peste non avesse cominciato a strillare a pieni polmoni
imprigionandoli tutti in una cappa di fetore. Al sentire
l’inconfondibile odore, la sua fronte
s’imperlò di sudore
freddo.
Ryoga
e il futuro marito sbiancarono quando quest'ultimò
asserì: -Credo
che abbia fatto la pupù!
Fecero
una sosta e ailen cominciò a liberarsi
dell’imbragatura per
passare il testimone puzzolente a Konatsu.
Una
volta che il fetore si fu dissolto ed il kunoichi ebbe cambiato il
pannolino a dovere, cestinando quello vecchio, anche lei si
riavvicinò cauta alla bambina.
Usando
tutta la circospezione possibile, sorrise ad Akane per poi trovare il
coraggio di riprendersi l’elastico imprigionato da quella sua
manina appiccicosa e risistemarsi l'acconciatura.
Imprevisto
superato, Konatsu ebbe finalmente modo di chiarire il motivo della
sua presenza.
La
padroncina Ukyo aveva tanto insistito perché andasse al
tempio
assieme agli altri, puntando sul fatto che al locale bastava la sua
presenza per superare l’ispezione.
Spatolona
non si fida, vuol tenere tutto sotto controllo! La capisco
bene... non vuole restare indietro.
-Ora
che ci penso. – esclamò d’un tratto
Ryoga, cambiando nuovamente
argomento. –Se le facessimo mangiare quei funghi prodigiosi...
L’espressione
di Ranma si accigliò nel tentativo di ricordare: -Parli dei
funghi
miracolosi della foresta dei toshi no katsudake? Quei funghi che fai
crescere tanto quanto l’età che desideri avere?
Niente da fare.
Non credo proprio che li mangerebbe...
-Perché
no, scusa?
Il
futuro sposo fece spallucce, scuotendo la testa.
–Perché
è capricciosa, stamattina mentre tu dormivi come un ghiro
Kasumi è
riuscita a darle solo metà della sua pappina,
l’altra metà ha
dovuto buttarla via... ed i funghi vanno mangiati ancora caldi
perché
ottengano l’effetto desiderato...-
Ryoga
si grattò la testa arrendendosi.
–Hai
ragione, credo.
Ma
non appena ebbe finito di giungere a quella conclusione, la sua
schiena s’irrigidì e il ragazzo indicò
l'ingresso del tempio che
si stagliava sopra ad una breve scalinata.
Le
dimensioni dell'edificio non erano affatto maestose, ma aveva un
colonnato di un bel rosso acceso. Il girovago aprì la bocca
e la
richiuse come un pesce fuor d’acqua.
-Siamo
arrivati! – esultò Ranma che, dando a Ryoga un
colpetto tra le
scapole, ottenne in risposta un grugnito risentito.
-Ela
ola!
Un
uomo tarchiato ed una coppia di giovani uscirono dal tempio di gran
carriera. Da dove si trovavano, si levarono versi strani e orribili
echi, che non sembravano presagire nulla di buono.
***
Il
maestro aveva liberato un arto e cercava di colpirlo senza
pietà.
Sentiva
le braccia sempre più pesanti e le dita rattrappirsi, ma
usando le
ultime forze a disposizione si teneva ancora disperatamente
aggrappato alle sue zampe. Un’artigliata lo segnò
sul lato destro
del viso e il sangue scivolò dall’arcata ciliare
alla palpebra,
oscurandogli parzialmente la vista.
-Crak!
Craaaaak! – Con un nuovo balzo il maestro cercò di
prendere il
volo, ma perse quota perché lui puntò le gambe
sul corrimano del
santuario.
Batté
le ali più forte, disperandosi in un ultimo sforzo.
-La
prego maestro non mi lasci! – Sorrise, un sorriso di
circostanza
dato il momento.
Era
alquanto ironico che gli implorasse di restare, mentre al contempo
gli impediva con ogni mezzo di spiccare il volo.
Le
girandole del cimitero continuavano a cigolare e frullare
vorticosamente: seguivano il battito d’ali del maestro,
assecondandolo come un coro col proprio direttore
d’orchestra. Solo
le statuette di Jizō
rimanevano composte, le facce imperturbabili scalfite nella pietra.
-Craaak!
Craaak!
Franarono
entrambi a terra ma, prima di concedergli il lusso di riprendere
fiato, gli si lanciò sopra, provando a cavalcarlo sul dorso
bruno.
Si
strinse a lui, mentre la bestia cercava di disarcionarlo sbattendo le
ali e saltellando sul posto.
Il
piumaggio era sparso ovunque si posasse lo sguardo, il chiostro era
irriconoscibile... Tutti i visitatori se ne erano andati a gambe
levate da quello che doveva essere, per scopo, un luogo di pace e
raccoglimento.
-Scusate!
Stiamo cercando l’autorità di questo tempio!
– esclamò un
ragazzo che indossava abiti cinesi.
Forse
non tutti se ne erano andati...
Per
un attimo il tempo si fermò e persino il maestro smise di
dibattersi. Così si convinse che poteva rimettere i piedi a
terra.
Si
fece vicino al nuovo gruppo di visitatori, fermandosi davanti ad una
ragazza che stringeva a sé un bebé: -Posso esservi utile? Io sono Gonshiro, novizio del
tempio. Siete una giovane coppia? Che bella bambina...
Il
ragazzo con gli abiti cinesi replicò:
–No,
noi non siamo sposati e la bambina, ecco, non è affatto come
sembra... – perse completamente il filo del discorso e d'un
tratto
scoppiò in una fragorosa risata. -Konatsu... non
è... il mio
genere! - annaspò non riuscendosi a fermare.
Che
scortese!
Aggrottò la fronte, quella ragazza era molto carina e non si
meritava le risate di quel giovane. Ma pur avendolo sicuramente
udito, la bella Konatsu non si offese minimamente, limitandosi ad una
alzatina di spalle.
Il
maestro si mise a ruspare sul lastricato, cercando di tirarlo via da
lì con il suo becco aguzzo. -Ha sentito maestro Okumura!
Hanno
bisogno di lei!
Gli
occhi del maestro ebbero un luccichio sinistro, quindi emise dei
gracidii più lunghi e gravi, come se volesse parlare.
-Crak!
Crak! Craak! Craaak! –
-Questo
– lo additò il visitatore con i canini sporgenti.
– sarebbe un
monaco? Una cornacchia gigante, geneticamente modificata?
Lo
colpì sul capo. A tale sfrontatezza doveva porre rimedio.
-Non
vedi che è uno Yatagarasu?! Cosa v’insegnano oggi
a scuola? È
il
corvo leggendario dalle tre zampe, appartenuto nientemeno che
all’imperatore Jimmu! Ma
questo è solo uno dei suoi aspetti, in effetti
può sembrare
sconvolgente, ma vi sto dicendo la verità.
-Non
siamo venuti qui per una lezione! – sbraitò ancora
il ragazzo con
la treccia.
–Abbiamo
bisogno dell’aiuto di un monaco esperto!
In
questo stato non so quanto il mio insegnante potrà esservi
utile...
Sospirò, evitando di ripetere la sua preoccupazione ad alta
voce.
-Seguitemi
nella sala congressi, il maestro Okumura sarà felice di
aiutarvi. –
asserì poi, sospingendo senza tante cerimonie il corvo verso
l’edificio laterale.
Una
volta che si furono trasferiti tutti all’interno, dette una
tunica
e un saio pulito al maestro, poi gli versò
dell’acqua calda
addosso, come di consueto.
I
giovani visitatori, sedutisi in ginocchioni nell’attesa, non
sembrarono affatto stupiti di vedere il grande corvo trasformarsi in
un uomo dall’età avanzata. Eseguirono assieme un
breve inchino
rispettoso, poi il ragazzo col codino riprese la parola.
-Sono
Ranma Saotome. E questi sono i miei amici, Ryoga, Konatsu e Shampoo.
- li indicò mano a mano che li elencava. - E la bambina si
chiama
Akane, siamo venuti...
-Scordatevi
il mio aiuto! Uscite da questo tempio! Sopratutto tu! – il
sommo
Okumura pareva aver raggiunto il proprio limite a giudicare dalla
vena che gli pulsava visibilmente sulla tempia destra e
puntò
l’indice contro la giovane cinese.
Shampoo
sgranò gli occhi incredula. -Dice a me?
-Che
succede? Perché questo atteggiamento di disprezzo?- Capisco
che ce l’abbia con me, ma lei cosa gli ha fatto?
Non
comprendeva perché il maestro si facesse dominare dai
sentimenti
ostili, doveva abbandonarli e dominare lo spirito, prima di farsi
venire un accidente.
E
poi aveva una certa età.
-Vuoi
sapere perché? – gli chiese con uno strano ghigno
il vecchio
maestro.
-Ero
vicino ad un campo d’addestramento cinese, un posto chiamato
Jusenkyo... mi trovavo in contemplazione sulla cima di un abete di
montagna e stavo raggiungendo l’illuminazione, quando questa
donna
mi salì sulla testa facendomi perdere l’equilibrio
e cadere nel
vuoto! Mi salvai, ma... disgraziatamente finii dentro ad una di
quelle sorgenti maledette! – pianse lacrime amare.
-Uscite
vi ho detto! Lasciatemi solo!
***
Gonshiro & Okumura
theme song:Welcome to mystery - Plain White T’s
Note:
Ailen:
Significa “amore” in cinese.
Jizō:
Generalmente
rappresentato come un monaco e situato soprattutto nei cimiteri per
la credenza popolare che sia una divinità a protezione dei
defunti.
Le
statue di Jizō sono anche adornate con piccoli cappucci e bavagli,
spesso fatti e donati dalle madri di bambini, o neonati defunti.
Secondo
la tradizione giapponese Jizō protegge dalla punizione che ricevono
per il dolore che causano ai loro genitori; è anche
considerata
divinità protettrice dei viaggiatori, per questo le statue
di Jizō
sono comuni lungo le strade.
Nirvana:
il Nirvana è il fine ultimo della vita, lo stato in cui si
ottiene
la liberazione dal dolore. Occorre precisare che la dottrina del
Nirvana acquisisce significati diversi a seconda della scuola
buddhista, del periodo storico e del luogo in cui essa fu esposta.
Vi
prego di leggere questo
approfondimento,
armandovi
di pazienza, so che è un po' lungo, ma è
utile
per una
migliore comprensione del contesto di questa storia.
Origini
del
Buddhismo
e breve biografia del Buddha
storico.
Secondo
la tradizione, il Buddha
storico, Siddhārtha
Gautama
era del clan dei Śākya e nacque nella cittadina di Kapilavastu.
Dopo
una giovinezza spesa nel lusso sotto la tutela re di Kapilavastu, suo
padre, Buddha
entrò
in contatto con la realtà del mondo e concluse che la vita
reale
fosse fatta di ineluttabile sofferenza; rinunciò
così alla sua vita
di agi per diventare un asceta dedito all'auto-mortificazione.
Compresa
però l'inutilità di questa pratica,
cercò di trovare una
propria strada,
un cammino di moderazione distante dagli estremi di auto-indulgenza e
auto-macerazione.
Sotto
un fico sacro, oggi conosciuto come Albero
della Bodhi,
fece voto di meditare immobile finché non avesse trovato la
Verità;
dopo tre giorni e tre notti ottenne l'Illuminazione.
Le
quattro
nobili
verità
secondo la sua dottrina sono:
1-Ogni
cosa è dolore.
2-L'origine
di ogni dolore è il desiderio.
3-Ma
esiste il Nirvana,
la
fine
di ogni dolore.
4-Un
sentiero indicato dal Buddha conduce
al
Nirvana.
Ogni
essere vivente può reincarnarsi fino a che non raggiunge il
Nirvana.
Il
fine ultimo di ogni
tipologia
di Buddhismo
è
quello di trarre in salvo da questo ciclo ogni
singolo
essere
vivente.
Buddha
rifiutò
sempre
di occuparsi di questioni metafisiche sostenendo di insegnare solo
ciò che è necessario a seguire la Via, e
nient'altro.
Poiché
tutte le correnti buddhiste riconoscono l'esistenza di altri Buddha
oltre a quello storico, è più corretto indicarlo
come Gautama
Buddha o, come indicato in diversi sutra, Buddha Śākyamuni.
Il
Buddhismo
è
fondamentalmente una religione
non-teista.
Tuttavia,
esso legittimò tutti
gli
dèi
giapponesi,
considerandoli come entità sovrannaturali intrappolate
nel
ciclo delle rinascite (il samsara).
Nella
scuola di Zojoji
(quella seguita da Okumura e Gonshiro) venne fondata dal maestro
Honen.
Secondo
il monaco Honen osservare i precetti, la realizzazione della
concentrazione e il conseguimento della saggezza era cosa troppo
ardua.
Ciò
che voleva Honen era trovare la via della salvezza
universale,
così che tutte le persone avrebbero potuto raggiungere la
liberazione ultima nella Terra
Pura.
Così
studiò i testi sacri e trovò che questo
metodo fosse la pratica del nembutsu
(la
preghiera ad Amida Buddha). Con
questa idea fondò la Jodo
Shu
(1975) ossia la scuola della Terra Pura, in Giappone, l'odierna
scuola
Zojoji.
L'insegnamento
di Honen attirò molte persone.
Coloro
che si recavano al centro di Honen per ascoltare i suoi insegnamenti,
non furono solo sacerdoti e nobili, ma anche guerrieri, un ex-ladro,
pescatori e addirittura prostitute.
I
fedeli dell'Amidismo (o Terra Pura) credono che senza la dovuta
assistenza, la possessione demoniaca e deviazioni dal cammino sono
facile causa di rinascite multiple; perciò, il Buddha
fornisce
loro una via
più facile
per raggiungere l'illuminazione, la
Terra Pura.
Il
fondamento del Buddhismo
della Terra Pura
è che il Nirvana sia estremamente difficile da raggiungere
con la
meditazione solitaria, mentre la devozione
ad Amida potrebbe
aprire le porte della Terra Pura, da cui grazie all'insegnamento
diretto del Buddha sarebbe più semplice giungervi.
Vi
ricordo che come i personaggi di
Ranma
1/2
non
mi appartengono, nemmeno la formazione buddista (e aggiungo quella
shintoista) mi appartiene, ma volendo cimentarmi in una storia con
all'interno delle credenze orientali, questo è l'unico
risultato che
poteva uscire “indenne” dalle mie mani... Grazie
per
l'attenzione, baci^^! Laila.
|
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Capitolo 9 *** The sacred hula hoop ***
The
sacred hula hoop
“Sono
convinto che
anche
nell'ultimo istante della nostra vita
abbiamo
la possibilità di cambiare il nostro destino.”
(Giacomo
Leopardi)
***
Fischiò.
Sembrava
proprio che Shampoo e il vecchio si conoscessero.
Le
cose stavano prendendo una strana piega. Non che gli fossero mai
andate per il verso giusto. Da quando suo padre aveva deciso di fare
di lui un artista marziale, aveva visto e sperimentato di tutto.
Solo
che questa volta, tanto per cambiare, non era colpa sua.
Magari
avrebbe potuto giocare d'anticipo e tenere fuori da quella storia Shampoo, se solo avesse
saputo che gli sarebbe stata d'ostacolo. Ma oramai la
frittata era fatta.
Il
monaco Okumura si era chiuso in religioso silenzio.
L'amazzone
inclinò la testa di lato, come se volesse fare uscire i
pensieri da
un orecchio all’altro. -Eppule io non licoldo nulla di voi...
Io
essele andata a Jusenkyo tanto tempo fa, dopo avele scopelto la
doppia identità del futulo malito, pel oldine della bis...
Oh! –
Spalancò la bocca, prima di riuscire a nascondere la
sorpresa. –Ola
licoldo...
-Io
non l’ho mai dimenticato! – sbraitò
Okumura. –Tu e la brutta
vecchia che ti rincorreva siete rimaste impresse a fuoco nella mia
mente!
-Ela
accaduto dopo che uscii fuoli dalla solgente della gatta affogata, la
bisnonna mi lincolse per mezza Cina, pelché elo
così scossa!
-L’hai
sentita anche tu? L’ha ammesso lei stessa! E non mi ha
chiesto
neppure scusa... Ti prego, Gonshiro, mostra a questa gente l'uscita!
Il
giovane monaco li guardò imbarazzato per un attimo, prima di
tornare
ad interloquire col maestro, escludendoli nuovamente dalla
conversazione.
Stava
prendendo le loro parti.
Fece
per intromettersi, quando Akane si mise a piangere fragorosamente.
I
due monaci allora s’interruppero voltandosi verso di loro.
L’espressione
del vecchio buddista si fece attonita, paonazza, poi senza dir nulla
s’inginocchiò di fronte a Konatsu, che nel
frattempo cercava di
dondolare la bambina per farla smettere. Okumura fece scorrere le
dita sul polso della piccola, accarezzando il braccialetto tanto
delicatamente che appena lo sfiorò.
-E
questo dove l’avete preso? – domandò
guardando Konatsu con fare
alienato.
Il
kunoichi sbatté le palpebre, incapace di articolare
qualunque
risposta.
-Ma
quello è... sembra proprio... –
balbettò Gonshiro alle spalle di
Okumura.
-È
il motivo per
cui ci
troviamo qui! – sbottò lui stesso.
-E
perché non ce l’avete detto subito?! –
replicò piuttosto
seccato Okumura, con gli occhi fuori delle orbite.
Lisciando
la tunica arancione sotto le ginocchia, Gonshiro tornò a
sedersi sul
parquet.
-Sono
così lieto che abbiate ritrovato il sacro hula hoop,
temevamo di
averlo perso. – espose candidamente ricevendo in cambio il
rimprovero avvelenato del suo superiore: -Tu lo hai perso! Buttare il
sacro hula hoop assieme ad un ammasso di paccottiglia ai margini
della strada! Proprio un bel modo per ricompensare gli sforzi del tuo
maestro...
Ryoga
tossì per richiamarli entrambi alla sobrietà.
–Scusate ma noi qui
avremmo un problema, questa bambina dovrebbe avere la nostra
età. –
indicò Akane che succhiava placidamente il latte dal
biberon.
–Ma
per colpa di una... ehm, fatalità è rimasta
vittima di questo
cerchio magico, o sacro hula hoop, come lo chiamate voi...
Gonshiro
si grattò il mento e sorrise: -Direi che è stata
fortunata, invece.
– scambiò uno sguardo d’intesa con
Okumura.
-Esattamente
che cosa è il sacro hula hoop? - chiese Konatsu.
-Questo
oggetto non sarebbe mai dovuto finire in mani inappropriate.
–
L’anziano buddista si lasciò sfuggire un altro
lamento
asciugandosi la fronte sudata con un fazzoletto.
-È
un prestigioso premio che passa di mano in mano durante una
competizione tra i monaci del Giappone. Riceverlo è un onore
per
qualsiasi scuola buddista che vi prenda parte, e non di rado viene
lasciato ammirare durante le feste popolari. Purtroppo il mio
assistente non era a conoscenza del suo enorme potere e l’ha
scambiato per un oggetto ordinario... perché mai ho un
allievo
simile? Che ho fatto di male in un'altra vita?
Gonshiro
sbiancò e fece penitenza inchinandosi fino a toccare la
pelata
contro il pavimento di legno. -Mi dispiace davvero tanto, maestro! Sa
bene che l’ho cercato dappertutto! Ora che
l’abbiamo ritrovato,
la prego, anzi la scongiuro, non mi abbandoni!
Sembrava
il ritratto dell'agitazione. Okumura fece il segno di tagliarsi la
gola.
-Non
infastidirmi con le tue suppliche, abbiamo un problema diverso da
quello che temevamo, ora.
Visto
che non fiatava nessuno ed Akane sembrava pronta per fare il
sonnellino, il vecchio maestro riprese a narrare: -L’hula
hoop del
Nirvana
permette a noi monaci più anziani di abbandonare le pene di
questo
mondo, salutando i nostri compagni con un sorriso. Infatti basta
qualche giro d’hula hoop e il fortunato monaco scompare
proiettandosi nel Nirvana, dove non esiste più dolore,
né brama.
-Ah,
ah! Intelessante... – sbadigliò Shampoo,
osservando con invidia la
bimba che dormiva.
-Ci
sono due modi per usare il sacro hula hoop: se lo si fa ruotare in
senso orario, la vita scorre in avanti e s’invecchia
rotazione dopo
rotazione fino a scomparire. Resta solo il cerchio che alla fine dei
cicli torna a materializzarsi. Se viceversa il cerchio gira in senso
antiorario, il soggetto ringiovanisce. Ma in entrambi i casi chi lo
usa è destinato a raggiungere lo splendore del Nirvana e
sparire da
questo mondo dietro un bagliore: inoltre, una volta che si è
dato il
via al cerchio, l’hula hoop continua a girare con moto
proprio
finché non ha terminato i suoi volteggi.- spiegò
scrutando
l'infante muoversi nel sonno. –Non è possibile
fermarlo, o
almeno così credevo fino a un momento fa...
***
Gli
frullavano in testa milioni di pensieri.
Aveva
perso la ragione. Non era riuscito a restare lucido alla vista della
ragazza, in cui non si era più imbattuto da parecchio tempo a quella parte. Akane gli era mancata, averla
come amica di penna non era lo stesso...
Era
stato così incosciente!
Lei
sarebbe potuta trapassare definitivamente, se non avesse... se non
avesse...
-Io
ho fermato il cerchio prima che Akane scomparisse nel nulla.
–
deglutì per cercare di calmare il fremito della voce.
La
sensazione che aveva provato allora era stata il campanello
d’allarme, aveva sentito una vocina dentro che gli diceva:
afferrala.
E se
non l’avesse ascoltata?
-Ryoga.
- lo richiamò Saotome infierendo sulla sua testa con un
pugnetto.
–C’è mancato davvero poco, stupido porco!
-Vuoi
lottare? – ribatté alzandosi in piedi di scatto,
minacciandolo a
sua volta. Sentì le giunture formicolare per via del tempo
passato a
sedere sui talloni.
Ranma
scosse il capo, storcendo le labbra in risposta e restò
giù.
Tornò
a sedere sui talloni riprendendo il discorso interrotto: -Ho fermato
l’hula hoop, quindi ho davvero impedito ad Akane di lasciare
questo
mondo...
Gonshiro
annuì. –È così.
Se non ti fossi intromesso, il sacro rito si sarebbe compiuto.
-Ma
esiste un modo per liberare Akane? – quella domanda
sembrò restare
sospesa nell’aria, in attesa che una risposta affermativa la
riportasse giù, ripiegandola nel suo cassetto delle belle
speranze.
Quello dove per molto tempo aveva chiuso anche il sorriso di Akari.
-Gonshiro.
– chiamò Okumura-san. –Voglio esserne
sicuro. Va' a prendere
quel libro...
-Quello
che mi avete fatto vedere l’altro ieri?
-Esattamente.
Il
novizio fece un piccolo inchino e uscì di corsa.
Okumura
distese la schiena tirando indietro le spalle, poi si mise a
scrutarli ad uno ad uno.
Di
riflesso, sporse la testa anche lui studiando gli atteggiamenti degli
altri.
Akane
dormiva beata, mentre Konatsu e Ranma le stavano sistemando la
copertina addosso.
Shampoo,
con un'espressione infastidita, spostò il peso da un tallone
all’altro lamentandosi a bassa voce che non era
così che si era
immaginata l’appuntamento con il suo
“ailen.”
Non
avrebbe provato a convincerla del contrario, sapeva benissimo che
sarebbe stato del tutto inutile farle notare che non erano ad un
appuntamento galante. E che Ranma pensava anzitutto ad occuparsi di
Akane.
Erano
cose che avrebbe dovuto imparare da sola, come aveva fatto lui quando
aveva deciso di fare sul serio con Akari.
Pensare
ad Akane come ad una coetanea che non lo ricambiava e che non aveva
amato come avrebbe voluto fare non lo feriva più, non aveva
nessuna
scusa per alzare le mani sul ragazzo col codino.
Non
erano rivali d'amore, non più, oramai.
Ma
poi, col passare del tempo si era reso conto che una parte di lui era
ancora saldamente legata a lei. Nonostante i cambiamenti trascorsi,
il distacco e tutto l'amore che riceveva da Akari, questo suo lato
nascosto era riemerso in superficie.
Come
un demone potente, che risorgendo dai suoi incubi ricorrenti lo aveva
paralizzato, e se c'era un fatto peggiore di questo, era che non
sapeva affatto come svegliarsi.
***
Sfilò
il libro dalla mensola nella stanza del maestro e della polvere gli
solleticò l’olfatto.
Starnutì
per due volte di seguito e controllò la copertina.
Il
titolo recitava “La Grande Enciclopedia Buddista di
Oggettistica
Tradizionale” con i caratteri d’oro stampati sullo
sfondo
scarlatto.
Lo
aprì e lo scorse velocemente.
Nel
complesso, il tomo sembrava conservarsi in buono stato, le pagine non
si erano ingiallite e non c'erano sottolineature o scarabocchi, come
nei suoi vecchi libri di studio.
Notò
che un paio di pagine erano andate perse, interrompendo la cronologia
del testo, poi convinto di aver perso fin troppo tempo lo richiuse.
Attraversò
il corridoio a passo svelto e scese le scale stringendo il libro al
petto. La seconda stanza a sinistra aveva la porta scorrevole ancora
aperta, così raggiunse in un baleno i suoi ospiti.
Dopo
la mattina passata a lottare contro il maestro non aveva più
fiato
per correre.
Tutti
gli occhi puntarono avidamente su di lui mentre veniva colpito da una
fitta alla milza, ma dopotutto era riuscito a porgere il libro tanto
atteso.
Una
volta che prese il tomo, Okumura andò subito
all’indice e sfogliò
l’opera lasciando che una pagina volasse via nella
concitazione
generale.
-Ah,
eccolo qua. Come ricordavo!
Il
ragazzo col codino li interrogò irrequieto:
-Allora?
Cosa dice?
|
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Capitolo 10 *** From Tokyo to Hakodate ***
From
Tokyo to Hakodate
***
-Leggete
voi stessi la “Storia del sacro cerchio”.-
suggerì Okumura
passandogli lo scritto, mentre al contempo Ryoga, Konatsu e Shampoo
lo accerchiarono desiderosi di fare altrettanto.
Nessuno
lesse ad alta voce, il momento era troppo importante perché
qualcuno
si ergesse a narratore ed ottenesse per sé gli ascolti.
Così guardò
dentro al libro, in cerca della soluzione che tanto aveva atteso...
***
Correva
il terzo anno dell’era Tenshō e in un villaggio oggi chiamato
Hakodate accadevano fatti misteriosi.
Giorno
dopo giorno, venivano ritrovati cadaveri di bambini carbonizzati
appartenenti a diverse famiglie del luogo. Non c'era un motivo
apparente.
I
ritrovamenti accadevano in luoghi all’aperto, posti dove di
solito
i giovani andavano a giocare. La cosa più incredibile era la
mancanza di segni di focolai accesi nei luoghi del delitto, o di
armi. Perciò a molti bambini venne vietato di uscire.
C’era in
quel villaggio una miko,
figlia del sacerdote di un tempio Shinto,
chiamata Yuriko. Ella ebbe compassione delle madri in lacrime e
decise d’indagare sullo strano fenomeno che terrorizzava il
suo
villaggio.
Yuriko
aveva la capacità di percepire l’impronta negativa
lasciata negli
oggetti, oltre ad altre doti singolari. Un giorno, vicino al lago
vide Shun, figlio di un pescatore del villaggio, raccattare un
cerchio da terra.
Il
cerchio emanava una forte negatività, ma Yuriko era
sull’altra
sponda del lago e Shun troppo lontano per sentirla gridare. La
sacerdotessa allora si tuffò, nuotando con tutta la forza
che
aveva, ma intanto il giovane cominciò a giocare con il
cerchio.
Il
grande anello s’arroventò e sprigionò
del fumo, mentre il bambino
al suo interno divenne una torcia umana.
Quando
Yuriko raggiunse la riva, del bambino non era rimasto altro che della
cenere fumante. Da quel cerchio, allora, uscì ringhiando uno
spirito
di cane albino. Vento, acqua, terra, lampo e fuoco si sprigionavano
dalle estremità delle cinque code di quella bestia.
-Non
metterti contro di me, strega! – la minacciò
l’Hōkō
lanciando un fulmine dalla coda, che le sfiorò la guancia,
andando a
colpire un albero dietro di lei.
Per
tutta risposta Yuriko prese il pugnale che aveva con sé,
ingaggiando
la lotta.
Con
un balzo l’Hōkō
le addentò un braccio, lasciandole un moncherino sanguinante
dal
gomito in giù. Nell’azione, il pugnale della miko
cadde,
perdendosi sull’erba, vicino al braccio. La vista le si
annebbiò
di lacrime e di rabbia.
Disperata
la sacerdotessa rotolò a terra seguendo a memoria la
traiettoria del
tanto,
fino a quando strisciando sul gomito “buono” lo
ritrovò.
Questa
volta, quando il grosso cane le si avventò contro lo
ferì sopra la
spalla, così che il demone si ritirò di qualche
spanna.
Approfittando del momento di stallo, Yuriko prese il cerchio e
fuggì
verso il tempio di suo padre.
Quando
il monaco la vide in quello stato fece subito preparare un letto, le
fasciò la ferita e mandò a chiamare urgentemente
il medico del
villaggio. Il cerchio che la figlia aveva portato venne richiuso in
un baule e sigillato con un potente o-fuda.
Yuriko
era molto grave, il dottore non sapeva se avrebbe passato la notte.
D’un tratto vicino al tempio si levarono degli ululati e la
giovane
miko
si alzò. Disobbedendo all'ordine di suo padre la ragazza
uscì fuori dal tempio.
L’Hōkō
la stava aspettando. Appena la vide, gettò l’arto
che le aveva
spezzato a terra. -Dammi il cerchio in cambio. È
mio.
– affermò il cane spingendo il braccio con il
muso, fino a farlo
rotolare verso di lei.
-Non
potrai più nasconderti in quell'oggetto, ma siccome hai
preso
qualcosa di mio, d’ora in avanti sarò io a
prenderti con me. –
ribatté la contendente.
L’Hōkō
le
lanciò contro un uragano di vento e acqua agitando due delle
code,
ma la miko non venne scossa dall'intemperia.
-Vedi,
c’è un legame tra noi, riesco a respingere i tuoi
attacchi. È
come
un dono.
-Quale
maleficio hai fatto? – replicò la belva ringhiando.
-Io
ti ho già incontrato. Sono stata io a seppellirti per la
seconda
volta – rispose quella ansimando per riprendere il fiato.
–Tu
sarai il mio spirito tutelare o morrai assieme a me. Sarò la
tua
padrona o la tua tomba. – Si avvicinò accarezzando
il dorso
dell’animale.
Dopo
quasi un ora tornò nella sua stanza, stremata.
Nel
sonno febbrile, Yuriko ebbe l’apparizione di Amida Buddha che
le
rivelò la sua morte imminente. La divinità le
disse che avrebbe
purificato il cerchio oscuro trasformandolo in una via per il
Nirvana.
Riguardo
al cerchio le fu detto anche che l’inugami
non
avrebbe più dovuto possederlo e il grande anello
così consacrato
sarebbe dovuto restare protetto dentro a proprietà
monastiche, per
evitare altre guerre di sorta.
In
cambio la ragazza una volta trapassata sarebbe dovuta restare sulla
terra per adempiere ai suoi doveri d'inugami-mochi,
anche da fantasma. Lei accettò. E così nel
villaggio tornò la
pace.
***
La
mano di Ryoga cercava di alzare l’angolo inferiore della
pagina,
mentre con la sua glielo stava impedendo.
–Ehi
Ranma! Datti una mossa. Ti spiacerebbe voltare? Demoni! Come sei
lento...
Girò
il foglio. C’era un trafiletto interessante dal titolo:
“La
nascita dell’Hōkō.”
-Uhm,
questa leggenda la conosco! – dichiarò Konatsu,
che assunse l'aria
da saputello: -Per creare un inugami si eseguiva un rito che
consisteva nel seppellire il proprio cane fin sotto al collo nel
terreno allo scopo di lasciarlo morire di fame e di stenti.
Raccapricciante, non trovate?
-Qui
dice... – continuò Shampoo – che gli si
lasciava una ciotola
piena di cibo, ma fuoli poltata per fallo montale di labbia! Oh! E
quando ela allo stlemo della fame lo si decapitava!
Konatsu
annuì. -Era in quel momento che il cane si trasformava in
inugami e
il proprietario gli imponeva di obbedirgli! Di solito il padrone gli
chiede di vendicare la sua famiglia per regolare dei conti
d’onore,
o per vendetta personale.
-Non
potrei mai fare una cosa così crudele a Biancanera ho i
brividi solo
al pensiero... Ma sentite qua! – Ryoga indicò un
rigo esatto del
paragrafo: –L’Hōkō
venne sepolto quando era ancora un cane randagio, da un gruppo di
bambini che volevano emulare questo rito per puro divertimento, per
vedere se funzionava. Lo lasciarono nella buca e, per misurare la
distanza dalla ciotola, vi posero un cerchio. Quando il cane venne
decapitato la sua testa raggiunse la ciotola e ne fece un sol
boccone, poi passò a sbranare i bambini che lo avevano
torturato. E
da allora si vendicò su ogni bambino che trovò
sulla sua strada.
Mentre il cerchio che aveva assorbito parte della sua energia nei
giorni della fame divenne il suo rifugio dal resto del mondo.
L’Hōkō
manifestò fin da subito un grosso potere persino per un
inugami...
-Yuriko
deve aver trovato il cadavere del cane proprio dopo il sacrificio e
deve averlo seppellito. – sussurrò Konatsu tra lo
sgomento
generale.
***
Quei
giovani e sfortunati ragazzi erano chini sul libro da troppo tempo.
Decise con l'autorità che aveva d'interromperli, quindi si
schiarì
la voce per richiamarli.
–Dovete
recarvi a Hakodate ed evocare Yuriko e il suo inugami...
solo lei può aiutarvi. Ma vi avverto; si dice che nessuno
sia mai
uscito illeso dai sentieri di quel bosco... il bosco dove è
situato
il loro tempio.
Il
ragazzo che si chiamava Ryoga frugò nelle sue tasche,
estraendo una
sbiadita cartina stradale. –Piuttosto, Hakodate è
molto distante?
– A quella domanda lui e il suo allievo si guardarono
perplessi.
All’improvviso
il giovane col codino si fiondò alle sue spalle, per
massaggiargliele. Alzò un sopracciglio fissandolo di
traverso.
Ranma
tentò il più disteso dei suoi sorrisi. -Grande
Okumura, non è che
ci darebbe... ehm, un passaggio al volo?
Lo
scacciò piantandogli la punta acuminata del suo bastone su
un piede.
-Non
se ne parla. Ci avete derubato del sacro hula-hoop e dovrei anche
portarvi fino a Kyushu? Ahahahah, questa è buona!
-Ma
maestro, il ragazzo non ha tutti i torti... –
provò ad intercedere
Gonshiro.
-Cosa?
Cosa?- tuonò con aria di riprovazione.
-Vedete,
voi avete un conto in sospeso con quella ragazza.- indicò la
cinesina con un cenno del capo. – E loro adesso ne hanno uno
con
noi...
-Non
sono stato certo io a perdere il sacro cerchio! – rispose
ancora
più adirato, facendo sobbalzare il suo sottoposto. -Non
voglio
essere coinvolto! Non ci andrò!
-Ma
coinvolto lo siete già, perciò dovete liberarvi
di questo peso e
l’unico modo per farlo è accompagnare questi
giovani al loro
destino, solo così potrete distaccarvi del superfluo e
tornare a
pregare il nembutsu
serenamente...
Si
fermò a riflettere. Sembrava proprio che l’allievo
avesse superato
il maestro. Forse poteva fare ancora qualcosa di Gonshiro.
-Mm...
se così piace a Buddha. E sia. In fondo Hakodate
è il mio paese
d'origine. Forse è tempo che torni a far visita ai miei...
***
Alcuni
passanti si fermarono per osservare con estremo interesse il grande
corvo carico di bagagli, immobile, nel cortile del tempio
Zojoji.
I
più giovani scattavano foto con i loro telefonini.
Obaba
era intenta a parlare con Mousse e Shampoo.
Anche
i genitori di Ranma e la famiglia Tendo si erano riuniti per dar
loro un saluto, prima che partissero.
-Tornate
presto! – implorò Soun aggrappandosi alle spalle
di Ranma con la
forza di uno scalatore sul punto di cadere da una rupe. Sia Ranma che
Ryoga rassicurarono il padre di Akane, il quale mutò il tono
di
voce, assumendo un timbro cavernoso, che sembrava appartenere
più ad
un demone che ad un essere umano.
-Fate
ciò che dovete, altrimenti è meglio che non
facciate ritorno a casa
mia! Capito?
Kasumi
afferrò il padre per un braccio.
–Papà... Non sta bene fare certe
scenate in pubblico!
-Portatemi
qualche souvenir! – aggiunse Nabiki.
“Addio!”
recitava il cartello del grosso panda, mentre dei bambini
dell’asilo,
venuti in gita, cercavano di cavalcarlo.
-Abbi
cura di te! – aggiunse Nodoka, baciando Ranma sulla guancia.
Tutti
hanno qualcuno da salutare...
singhiozzò.
-E
adesso mi spieghi perché stai piangendo, Konatsu?
Si
aggrappò alla padroncina, appoggiando la fronte alla sua
spalla.
-I
saluti mi commuovono sempre!
La
padroncina, presa alla sprovvista da quello strano abbraccio, lo
incoraggiò con due pacche sulla schiena. – Su, su!
Torneremo
presto!
***
Un
piccola raccomandazione riguardo al rito per creare un inugami. Vorrei
che fosse chiaro che si tratta di una leggenda, una sorta di
superstizione orientale.
Penso
che sia facile intuire che è un rito crudele, barbaro e
inutile.
Accudite
i vostri animali domestici e non fategli del male, loro di sicuro vi
ringrazieranno in un modo speciale, coccolandovi come solo loro sanno
fare.
***
Ed
ora le NOTE.
Inugami:
spirito servitore di cane.
Inugami mochi: possessore dello spirito servitore.
Hōkō:
Spirito cane dalle cinque code, di terra, fuoco, acqua, vento, lampo.
Miko: sacerdotessa shintoista.
Nenbutsu:
sono invocazioni del buddha Amitàbha nel mantra.
O-fuda: sacre pergamene.
Tanto: pugnale.
Shinto: deriva da
Shintoismo.
Lo
Shintoismo non ebbe un nome fino a che non divenne necessario
distinguerlo dal Buddhismo nel secolo VIII d.C.
Quest'ultimo
non penetrò spazzando via la precedente fede giapponese, ma
al
contrario contribuì alla sua consolidazione.
Esso
legittimò infatti tutti gli dèi giapponesi dello
shintoismo,
considerandoli come entità sovrannaturali intrappolate nel
ciclo
delle rinascite.
Poiché
lo Shintoismo è coesistito pacificamente con il Buddhismo
per oltre
un millennio è molto difficile separare le credenze
buddhiste da
quelle shintoiste.
Si
può dire che mentre il Buddhismo enfatizza la vita dopo la
morte, lo
Shintoismo enfatizza questa vita e la ricerca della felicità
in
essa; sebbene abbiano prospettive molto diverse sul mondo, la maggior
parte dei giapponesi non vede alcuna necessità di
riconciliare le
due religioni e pertanto le pratica entrambe.
|
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Capitolo 11 *** The ghost ***
The
ghost
“Dare
consigli è da sciocco;
darne
di buoni è addirittura fatale.”
(Oscar
Wilde)
***
Pioveva.
-Miaaaaaaaaaa!
Il
sole, dovunque si fosse nascosto, stava tramontando, lasciando lungo
l'orizzonte l'ultima traccia luminosa di sé, prima di
scomparire in
un grigiore desolante.
I
vestiti gli aderivano addosso e il suo corpo si stava irrigidendo un
po' per via del freddo e un po' per l'altezza.
Già
questo poteva sembrare brutto, ma c'era di peggio.
-Miaaaaaaaaaaa!
Spuntò
un lampo mentre Ucchan lo afferrò per una spalla,
impedendogli di
perdere anche l'ultimo brandello di ragione e sbilanciarsi quanto
bastava per cadere nel vuoto.
Dal
dorso del volatile, poteva osservare la monotonia delle case disposte
come tanti soldatini sull'attenti, cercando di distrarsi dal suo
debolissimo stato psicologico. Invidiava Mousse; quel papero
occhialuto si era messo a volare, libero e felice, vicino a loro.
Era
tentato di strappare le penne del maestro Okumura, per impegnarsi in
qualcosa che non lo facesse ululare dal dolore, ma non poteva darsi
ad una crisi isterica o sarebbero precipitati per colpa sua.
Tuttavia, dimenticare il tormento di quelle unghiate feline sulla sua
pelle era un'impresa troppo ardua per lui.
Sentì
le lacrime affiorare negli angoli degli occhi. Ma non voleva pensarci
ora, doveva resistere. Quel tormento sarebbe terminato una volta
giunti ad Hakodate.
-Miaaaaaaaaaaaaauuu!
Konatsu
reggeva l'unico ombrello che avevano, riparando Akane. Gli altri
avrebbero dovuto sopportare quella doccia improvvisa con lui fino
alla fine del loro viaggio. P-chan sembrava non curarsene molto,
infatti si era trovato un posto che sembrava fatto su misura per lui,
uno spazietto sulla nuca dello yagatarasu.
La
gatta invece, le cui grida gli stavano facendo uscire il sangue dalle
orecchie, si era agganciata saldamente sulla schiena e non voleva
sapere di sganciarsi. I segni che gli aveva tracciato non sarebbero
scomparsi con della semplice acqua calda e un colpo di spugna.
-Qualcuno
mi tolga questa "cosa" dalla schiena! - li implorò giunto
al limite della sopportazione. Fu quella buonanima di Ukyo a
separarlo dalla micina inzuppata.
Considerando che il tempo stava migliorando e che era di nuovo padrone di sé, prese Akane dalle braccia di Konatsu.
Si accorse che lo yatagarasu stava perdendo
progressivamente quota. Era un buon segno? Significava che stavano
atterrando,
magari?
-Ehi!
Vedo il tempio di Yuriko! - gli indicò Ucchan.
Con
un leggero schiaffo delle mani la piccola Akane lo palpò,
sembrava
come se volesse poppare dal suo seno femminile mentre sul suo viso
apparve una smorfia curiosa, una specie di tic all'occhio destro.
Ti
prego Akane, non metterti a frignare adesso!
Giusto
perché i guai arrivano sempre in coppia come le ciliegie,
Ukyo si
sporse sopra la sua spalla e confermò la sua paura:
-Guardala,
Ranchan! Credo proprio che abbia fame!
-Shhh!
Zitta! Non metterle in testa strane idee... - rispose mettendo il
pollice della bambina in quella bocca sdentata, così per
sicurezza.
-Craaaak!
Craaaak! - Ranma udì l'uccellaccio nero, ma non
capì che li stava
avvisando dell'imminente picchiata verso il suolo e si trovò
sbalzato in avanti, la faccia immersa nel piumaggio umido, mentre
cercava di non gravare il suo peso sulla fidanzata. Si sentiva
formicolare dappertutto.
Quando
riaprì gli occhi vide che si trovavano nel bel mezzo di un
sentiero
di terra battuta, immersi nel verde. Lo shimenawa*
e le lanterne ai lati del sentiero li avrebbero guidati al santuario.
Il
corvo tese le ali per far loro cenno di scendere e il suino
usò
l'ala sinistra come lo scivolo di un vero aereo. Sospirò e
scese.
Anche lui era felice di poter mettere i piedi a terra. Ne aveva
abbastanza di quei voli di fortuna. La prossima volta avrebbe messo
da parte dei soldi e fatto la fila all'aeroporto, come tutti i suoi
connazionali.
-Craaaaaak!
Craaaaaak! Craaaak!
-Credo
che il maestro Okumura ci voglia dire qualcosa... - suppose Konatsu.
Ci
mancavano solo i rebus!
-Non
abbiamo tempo per questo! - Sbottò con voce più
femminile di quanto
volesse, esasperato dal pennuto. -Vuol venire con noi al tempio? -
propose afferrandogli l'estremità dell'ala sinistra.
Lo
yatagarasu si ritrasse bruscamente perdendo alcune penne,
barcollò
sulle tre zampe fino a ruzzolare giù dal pendio, dove con
ben poca
disinvoltura riuscì a rimettersi in piedi, starnazzando.
-Addio
vecchio Okumura! - gridò nella sua direzione, conscio che il
suscettibile corvaccio si era già fatto troppo lontano per
udirlo.
***
Dai
Ryoga, sforzati. Dove sono tutti gli altri?
Rivide
nella sua testa Ranma ragazza che salutava il sacerdote. Un uomo
panciuto con grossi baffi che si era presentato a loro, sorpreso di
avere delle visite con un temporale simile.
E
infine Ukyo, quella
stupida,
che lo metteva zampe a terra per togliersi le scarpe e salutare il
sacerdote a sua volta.
Poi
il nulla cosmico.
O
meglio, da lì tutto era cominciato. Aveva sentito il bisogno
di
cercare il bagno, si sarebbe accontentato anche di una piccola
pianta...
Il
vento ululò e lui rabbrividì per il freddo che
oramai lo rivestiva
come una seconda pelle. Adesso pensava che avrebbe fatto meglio a
tenersela.
Magari
se faccio silenzio e ho fortuna riesco a sentirli...
Se
solo fosse riuscito a ritrovare gli altri in tempo utile!
Già
sentiva Ranma canzonarlo per la sua prolungata scomparsa.
Serrò le
palpebre e scosse il capo. Un tuono.
Quando
riaprì gli occhi, vide un enorme musone mostrargli i denti
aguzzi.
Che diavolo era quello? Perché aveva l'aria di volerlo
mangiare in
un sol boccone?
-Uwof!
Uwof! - il mostruoso cane partì alle sue calcagna.
Corse
via, le anche giunte al limite del possibile oramai sembravano
volersi staccare dal tronco, era una questione di tempo. Per quanto a
lungo avrebbe avuto il fiato nella sua piccola cassa toracica?
L'acqua,
i cani perdono il fiuto con l'acqua!
pensò e si gettò fuori, sotto la pioggia col
segugio che si teneva
ancora molto bene dietro di lui. Poteva sentire il suo respiro
affannoso alternarsi ad un rantolo di protesta.
Pensa
Ryoga, pensa più intensamente che puoi!
Si
nascose dietro ad una statua di komainu, nella speranza che il cane
demordesse dai suoi intenti. In quel momento un lampo rese vano il
suo tentativo di diventare invisibile.
La
bestiaccia si alzò minacciosa su due zampe.
-
Squeeeak!
Salì
sulla testa leonina, tremando come una foglia. Con un balzo il cane
lo sfiorò, col secondo lo morse ad un orecchio, tirandolo
giù dalla
statua a protezione del tempio.
-
Koko! Che succede? - sentì alcuni passi. Il cuore gli
martellava in
petto, quasi volesse uscire dal suo corpo suino e lasciarlo
lì,
stecchito.
Appena
l'animale allentò la presa decise il da farsi.
Schizzò come una
sfera impazzita di un flipper, balzando da un albero all'altro, e
infine puntò verso... uno shoji?
-Squeeeak!
- si coprì il muso con le zampe consapevole dell'impatto
imminente.
Stavolta avrebbe giurato che non ne sarebbe uscito indenne.
***
Quel
"coso" che aveva perforato il pannello di un edificio
fatiscente doveva essere Ryoga. L'unico che non era tornato
“normale”
perché era scomparso subito dopo il nubifragio.
Perlomeno
non aveva assistito all'attacco d'ansia del sacerdote nello scoprire
le loro maledizioni. Hyobe, così si chiamava quell'uomo, per
poco
non era svenuto per la sorpresa! E quante domande gli aveva fatto!
Seguirono
il mistico fino all'ingresso dell'edificio colpito, dove il monaco
prese dalla tasca dei pantaloni un mazzo di chiavi, mentre un cane
sopraggiungeva sul posto, annusando i suoi piedi.
Il
monaco scelse una piccola chiave dal mazzo e la girò nella
toppa e
intanto che aspettava che aprisse, chissà
perché, Ranma si
chiese se fosse finito nel posto giusto.
-Questo
è un luogo vietato ai visitatori, fa parte della dimora di
famiglia
e per la verità non mi è permesso violare il
regolamento in alcun
modo...
La
porta scorrevole cigolò e il monaco, come ricordandosi
qualcosa,
sbiancò. -Tuttavia se voleste accompagnarmi ve ne sarei
grato,
sapete io soffro di cuore!- così dicendo prese Ucchan per le
spalle
e la sospinse fin dentro al corridoio, mentre il cane gli passava tra
le gambe.
Lasciò l'ombrello prestatogli per l'occorrenza dal monaco a sgocciolare contro la parete, vicino a quelli dei compagni. L'edificio odorava di vecchio e stantio.
La
prima stanza che videro era un salotto arredato semplicemente, aveva
un tavolino con del brucia-incenso e quattro vecchi cuscini per
accomodarsi ai lati. Sotto alla mensola degli dei erano cresciute
delle ragnatele.
Tra
le tavolette votive e gli scrigni, riconobbe gli o-fuda
di
Hachiman,
di Inari,
una statuetta di Amaterasu
ed un'altra di Acala.
Un arco era rimasto poggiato contro l'angolo della parete.
-Squeeek!
Squeeek! - uno dei cuscini, d'improvviso, si animò.
Al
vederlo Hyobe sobbalzò, portandosi una mano al cappello di
taffetà.
Koko annusò il copricuscino e uggiolò. Facendo
attenzione mise il
piede sopra la protuberanza del guanciale e poi prontamente lo bloccò.
Anticipando
gli altri, si piegò sui ginocchi. -Non è un
ladro, è solo uno
stupido porco, vede? - disse svelando il trucco all'impressionabile
monaco. Che “strano” funzionario degli dei aveva di
fronte,
impaurito per così poco!
L'uomo
si lasciò cadere su uno degli altri posti a sedere,
lisciando con
una mano una delle sue ampie maniche. -Che fortuna che non sia un
ladro!- rise tradendo un accento nervoso. -È
solo
un maiale, Koko! - spiegò al suo cane e poi si fece vento
con una
mano sul viso ancora affaticato.
Anche
gli altri si sederono, radunandosi attorno al tavolino. Pareva
assurdo che in tutto questo Akane riuscisse a dormirsene beata, tra
le braccia del kunoichi che le puliva il nasetto.
-Ma
questa casa da quanto non viene areata? C'è un aria
così viziata! -
esclamò Ucchan con una smorfia. -È
velo!
C'è un odole tellibile. - rilanciò annuendo a sua
volta Shampoo.
Il
sacerdote poggiò il viso tra le mani a coppa emettendo un
lungo
sospiro:
-Questa
era la casa dei miei antenati, è stata impenetrabile per
molti,
molti anni, dopo la morte d... della miko
di
Hakodate, Yuriko... voi conoscete la sua storia? - li
guardò.
-Sì,
eh? Beh, quello non era niente... Dobbiamo tornare al dormitorio. -
si alzò in piedi risoluto. -Ho un brutto presentimento!
I
pannelli che davano sulla veranda erano stati lasciati semiaperti,
infatti videro un fulmine illuminare il cortile a giorno mentre il
sacerdote finiva di parlare.
-La
foresta è p-p-pericolosa, ogni albero, ogni fuscello non
è mai
quello che sembra, i vostri sogni si mischiano ai vostri incubi ed
abitano la foresta, se non avete uno spirito retto per affrontarli
l'Hōkō
vi distruggerà, non sfidate incautamente il suo potere. Loro
non
vogliono che stiate qui, vi troveranno e...
Si
alzò da terra: -Loro chi?
Un
secondo lampo, violento, e vide il fantasma di Yuriko apparire sotto
la pioggia battente.
Vestiva
l'abito cerimoniale e, com'era noto, le mancava un braccio.
I
capelli bruni legati in due code basse erano a loro volta intrecciati
con dei nastri rossi. I suoi occhi feroci lo inchiodarono. -Andate
via! - era lontana eppure la sua voce gelida e suadente gli
sembrò
un sussurro nell'orecchio.
Yuriko
spostò lo sguardo su Akane, non c'era dubbio che stesse
mirando a
lei. Era un chiaro ammonimento.
Un
terzo lampo lo abbagliò e un istante dopo la sacerdotessa si
era
dissolta, lasciando Koko, che aveva abbaiato fin dalla sua comparsa,
ammutolito.
Hyobe
si batté i palmi sulle guance come per riprendersi dallo
sgomento.
-Lo sapevo. Loro non vi vogliono, siete portatori di sventura! Ed io
non dovevo portarvi qui! Cosa ho fatto! La nostra protettrice ora
è
arrabbiata. Non è affatto un buon segno.
Voltandosi
verso il funzionario degli dei, Ucchan lo prese a schiaffi. -Si
calmi! Noi non vogliamo fare alcun male né a lei,
né a questo
santuario... dobbiamo solo parlare con quel fantasma. -
tentò poi di
scrollarlo per le spalle. Gli occhi di Hyobe erano persi nel vuoto.
-Accidenti
è svenuto! - commentò Mousse poco dopo, mente
Ukyo lo lasciava
cadere al suolo come un sacco di patate.
Shampoo
si strinse nelle spalle. -Beh, almeno stanotte dolmilemo al copelto.
-Squeeeek!
Tutti
quanti abbassarono lo sguardo sul porcellino.
-Scommetto
che vuoi che ti riempiamo il bollitore, vero P-chan?
***
Hyobe
theme song:Have
You Ever Seen The Rain - Creedence Clearwater Revival
NOTE
Acala:
È
una manifestazione del Buddha vairocana, detto anche guidice dei
morti.
Hachiman:
dio del tiro con l'arco e della guerra.
Amaterasu:
Dea del sole. È
considerata la mitica antenata della famiglia imperiale giapponese.
Inari:
dea o dio (è anche androgino) della fertilità,
del riso, delle
volpi e dell'industria.
Shimenawa:
è una corda formata da fuscelli di paglia di riso
arrotolati. È
appesa
all'ingresso dei santuari per separare i luoghi sacri da quelli
secolari.
Ogni
famiglia scintoista possiede
una Kamidane
(mensola per gli dei), che in genere è situata nel salotto e
consiste in un'asse infissa nel muro su cui sono disposti uno o
più
piccoli scrigni (Miya) di legno rosso, nonché delle
tavolette che
riportano i nomi dei Kami più venerati e alcune statuette di
dei
portafortuna; vi sono utensili per compiere i sacrifici casalinghi.
L'anima è custodita in un piccolo scrigno di legno detto
Mitamaya
(casa dell'anima illustre), che si pone nella casa della famiglia
prima del funerale.
Lo
Shinto,
che non riconosce un Dio supremo, è un culto politeistico
della
natura e degli antenati.
Il
culto scintoista si rivolge solo ai Kami,
gli "esseri divini" che possono essere in ogni cosa: nei
fiumi, negli alberi, nelle montagne e nei defunti
(questi
ultimi sono un gradino al di sotto degli antichi dei e degli antenati
imperiali).
La
parola shinto deriva dal cinese shen (spirito) e to (via), e
può
essere tradotta come “via degli spiriti”.
Secondo
la mitologia shintoista all'inizio esisteva un'unica cosa, in seguito
si
ebbero il Cielo e la Terra, dal cielo apparvero i Kami e tra loro una
coppia che diede origine al Giappone, ad altri kami, alla flora, alla
fauna e alle persone.
Si
parla di un numero di divinità che va da 80 a 800 mila; da
ciò
deriva la definizione del Giappone «Shinkoku» che
vuol dire «paese
degli dei».
I
sacerdoti shintoisti,
che si definiscono «funzionari degli dei», si
distinguono in
diverse categorie.
Possono
sposarsi e tramandano ereditariamente la loro carica nella famiglia.
Oltre alle loro cariche religiose, esplicano anche una professione e
indossano l'abito sacerdotale, che consiste in una veste bianca e
sciolta con ampie maniche e in un berretto di taffetà nero.
Il
fedele,
nella sua attività di culto, considera gli esseri divini
come
donatori di beni terreni; nelle preghiere si implorano
prosperità,
un ricco raccolto, salute, abbondanza di prole, allontanamento della
sventura; il peccato e la colpa, il pentimento e la redenzione non
sono oggetto di preghiere.
L'aldilà
viene chiamato Yomi
e
non ha nulla a che vedere col nostro concetto di paradiso ed inferno,
somigliando più all'antico Ade dei greci.
|
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Capitolo 12 *** Following the crying ***
Following
the crying
“La
verità è sempre la stessa
in
ogni sua parte.”
(Seneca)
***
La
pioggia era cessata. La dottoressa si sbottonò un po' il
camice e
ascoltò il cuore dell'uomo con lo stetoscopio che aveva al
collo.
Avevano
fatto la sua conoscenza mentre monitorava le funzioni vitali del
marito. “Non trovavo Hyobe da nessuna parte, poi ho sentito
Koko
abbaiare e mi sono accorta che la porta era aperta!”aveva
detto
loro, prendendo una boccata d'aria, dopo l'affannosa ricerca.
Approfittando
della distrazione generale, Mousse intanto lo aveva bagnato con
l'acqua calda.
La
moglie del funzionario degli dei, ora che la vedeva bene come tutti
gli altri, era una donna dalla corporatura minuta, con le spalle
curve accentuate da un taglio di capelli corto e corvino, e portava
degli occhiali con una catenella d'argento ai lati. Non appena Hyobe
si lamentò nell'incoscienza, la signora li invitò
ad uscire per
seguirla nell'attuale dimora di famiglia.
-Ryoga,
sta' attento a non fargli ciondolare la testa! - lo redarguì
Ranma.
L'incombenza
di caricare il peso del sacerdote svenuto naturalmente se l'erano
accollata lui e Saotome, trasportandolo fino alla sua camera da
letto.
-Yuriko
è... Lei... Ohhh... No! No! - farneticava ancora incosciente
il
religioso, stringendo le mani sulle coperte con aria affranta ed
esausta. La padrona di casa lo rimboccò meglio nelle coperte
sussurrandogli “Shhh!” nelle orecchie.
-Dovete
scusarlo. Sono certa che mio marito non intendeva spaventarvi.
Direi
piuttosto che è lui, quello che è morto di paura.
-Cosa
posso fare per voi? Volete qualcosa da mettere sotto ai denti? O un posto per dormire?-
aggiunse lanciando un'occhiata gentile verso la piccola Akane.
-Magari.-
batté le mani sul pavimento Ranma, chinandosi in segno di
sentita
gratitudine. Lo stava facendo a nome di tutti.
Mayu
annuì fermandosi a pensare chissà cosa.
-Capita
spesso di svenile, all'uomo del tempio? - domandò Shampoo.
Il
sorriso di Mayu si dilatò e le spiegò per nulla
infastidita: -È
sempre
stato cagionevole di salute, noi due ci siamo incontrati proprio
all'ospedale dove lavoro...
-Oh.-
fu tutto il contributo dell'amazzone alla conversazione.
Poi
Mayu propose, alzandosi: -Vado a scaldarvi del riso. Sarete affamati.
C'è anche del pesce avanzato se non ricordo male.
Ranma
fece uno scatto verso di lei tendendo in avanti le braccia. -La
ringrazio moltissimo, ma veramente prima noi vorremmo avere delle
informazioni sul fantasma della miko di questo santuario...
-Certo,
ne parleremo durante la cena, anche mio marito avrà bisogno
di
riprendere le forze una volta sveglio. -lo interruppe quella
cominciando poi a canticchiare un motivo intanto che si allontanava.
Stava
ancora ascoltandola quando un bimbo di quattro o cinque anni si
affacciò alla porta, camminò sullo stomaco del
delirante sacerdote
e senza “cadere” lo sorpassò a passo
lento.
Hyobe
emise un lungo gemito di sofferenza e di colpo si svegliò,
balzando
a sedere sul futon e ripetendo con voce arrochita: -Basta Yuriko,
basta!
Il
fanciullo invece continuò la sua camminata fino a quando non
trovò
l'armadio davanti a sé, lo aprì e senza
ispezionarlo nemmeno vi
entrò dentro, accucciandosi in un angolino.
Impossibile.
Aveva visto il bambino muoversi in uno stato catatonico, e con gli
occhi sbarrati.
-Che
succede? - chiese Mayu tornando nella stanza, probabilmente a causa
dall'urlo del marito.
Mousse
se la ritrovò dirimpetto. -Non lo so. C'è un
bambino. Chi è? Da
dove arriva?
-Dove
sono?- si lamentò Hyobe cominciando a tossire furiosamente.
La
signora dette la precedenza al marito. -Ti ho portato a casa, tesoro.
Non preoccuparti, ho chiuso a chiave e tappato il buco nel vecchio
palazzo. Vado a preparare uno spuntino per i nostri ospiti. Non
svegliare Katashi, mi raccomando. - Quindi, ignorando Mousse
tornò
alle sue cose, in cucina, lasciandoli tutti allibiti.
-Katashi?
-ripeté Konatsu. – È
per caso il bambino dentro l'armadio?
Guardò
Ukyo che si era sporta fin dentro al mobile per osservarlo
più da
vicino. Con un gesto del muso, Koko la scansò e
tirò fuori con
estrema cautela Katashi, tenendo il piccolo per il retro della
maglietta gialla.
-Sì,
è nostro figlio. – confermò Hyobe dopo
un'eternità passandosi
una mano sul viso e grattandosi il mento con aria ancora
inconsapevole.
-Soffre
d'insonnia, non deve essere svegliato, se accadesse non si
accorgerebbe di dove si trova e potrebbe avere crisi di pianto o
qualcosa di simile... è mia moglie quella esperta in
patologie.
Il
cane rimise Katashi sulla via di camera sua, correggendolo con un
piccolo strattone ogni volta che il bambino sbagliava direzione.
-È
decisamente suo figlio. – commentò sarcastico
Ranma sollevando le
sopracciglia per sottolineare la banale evidenza. Il sacerdote
grugnì,
incrociando le braccia al petto. -Katashi ha molta più
energia di me
alla sua età, se è per questo.
La
signora Mayu tornò da loro e li consigliò di
trasferirsi tutti in
salotto. La cena fu deliziosa.
Ma
dopo aver spazzolato il piatto, e aver trangugiato anche l'ultimo
boccone di dolce, Ranma tornò all'attacco: -Possiamo farle
qualche
domanda ora?
La
donna si era accorta dell'intensità della voce di Saotome e,
reggendo ora Akane tra le braccia, strinse la mano sul suo polso e il
suo sguardo, da dietro le lenti, si rabbuiò.
-Questo
bracciale è quello che sembra?
-Lei
cosa pensa?
Hyobe
batté un pugno sul tavolo. -È
il sacro cerchio, ma non dovrebbe essere in questo stato, si
è
perfino scheggiato, guardate qui. -indicò il punto in cui si
era
rovinato.
-Vedete,
– cercò di spiegare Konatsu. -Akane è
stata vittima...
-Vittima
di cosa? - si alzò in piedi il sacerdote shintō.
-Ha
usato il sacro cerchio senza alcun giudizio!
Mayu
scoccò un'occhiataccia nella sua direzione: -Tesoro, calmati
o ti
verrà un altro attacco, sono sicura che c'è una
spiegazione e che
questi ragazzi non vogliono farci alcun male o non sarebbero tanto
cordiali adesso... torna a sederti.
Saotome
sbuffò, annoiato. -Lei si chiama Akane ed è la
mia fidanzata...
-Così
giovane? - sembrava che il responsabile del santuario di Hakodate non
volesse far finire loro una frase di senso compiuto, la cosa
cominciava seriamente ad irritarlo. E non era il solo.
Il
ragazzo col codino prese un grosso respiro, valutando la prossima
mossa stringendo il labbro inferiore tra i denti, certamente per
evitare di picchiarlo. Era necessario il suo intervento.
-In
realtà Akane ha la nostra età. Dobbiamo liberarla
da questo arnese
che ha sul polso a qualunque costo... e per farlo dobbiamo trovare
Yuriko. Così ci hanno detto i monaci di Tokyo. -
raccontò tutto
d'un fiato.
Mousse
seguitò: -Voi ci aiuterete?
Si
girò verso la coppia, temendo che Hyobe andasse su tutte le
furie,
saltando a delle pessime conclusioni, o che li scacciasse da casa per
la loro impudenza. Stranamente tutto ciò non accadde, il
sacerdote
annuì e infine spiegò che non sarebbe stato
facile rintracciare il
fantasma. Poteva indicare loro alcuni luoghi utili per iniziare le
ricerche, ma fu altrettanto chiaro nel sottolineare che lui, o la sua
famiglia, non volevano essere coinvolti in quella storia.
Voltandogli
le spalle, Hyobe suggerì qualcosa alla moglie, in un tono
troppo
sottile per essere udito da qualcuno, e lei annuì in
risposta.
-Ho
visto che avete lasciato i vostri zaini all'ingresso.-
osservò Mayu
subito dopo.- Vi serviranno provviste, qualche o-fuda del nostro santuario e questo. – passò la piccola
nelle mani di
Ukyo e aprì il suo camice. Frugò sotto il
pullover sfilando via
qualcosa dal dorso, ad altezza della cintola. Era un'arma di piccolo
taglio, coperta da una fodera scura.
-È
il pugnale di Yuriko. Sarà un affidabile compagno di
viaggio.
Era
un bel manufatto, la signora stava regalando a Ranma l'antico pugnale
appartenuto di generazione in generazione alla famiglia del marito.
Un
cimelio il cui valore affettivo oltre che protettivo era
inestimabile. Quanti curiosi avrebbero pagato per vederlo, o anche
solo toccarlo con mano?
-Grazie
infinite. – s'intimidì improvvisamente Saotome.
Poi
si decisero a dargli delle disposizioni per la notte.
***
Pini,
crittomerie, qualche rovo qua e là. Camminavano ormai da
più di due
ore e presto si sarebbero dovuti accampare in qualche spiazzo,
preparare le tende e cercare la legna per cuocere qualcosa.
Per
fortuna aveva fatto una colazione abbondante al santuario, prima di
mettersi in viaggio.
Ricordò
le parole del sacerdote sulla magia oscura del bosco.
Eppure,
rifletteva, quel luogo non era così diverso dai boschi della
sua
regione. Escluso il fatto che sorgeva in una zona vulcanica.
Shampoo
era al suo fianco che parlava, ma non la stava ascoltando
granché.
Pensava al modo più efficace per persuadere Yuriko ed il suo compagno a quattro zampe a fidarsi di loro, per far tornare finalmente Akane alla normalità.
Controllò alle sue spalle. Mousse era il più
vicino, lo seguiva Ryoga, poi c'era Ukyo, ma... dov'era il kunoichi? E sopratutto: dov'era Akane?
-Che
succede? -domandò Shampoo guardandosi attorno confusa.
Li
abbiamo persi!
Non
le rispose, l'amazzone lo capì da sola. Di lì a
poco, anche gli
altri li raggiunsero. -Dove sono Akane e Konatsu?
Le
facce dei suoi compagni furono più che esaurienti, non si
erano
accorti della loro assenza fino a quel momento.
Poi
lo videro sbucare dalla curva del sentiero. Il ninja stava
raccattando qualcosa di minuscolo da terra, levandolo in alto
ammirato. Tornarono indietro di comune accordo, senza esitare.
Quello
che videro una volta che lo raggiunsero li lasciò tutti
quanti di
stucco. Akane gli dava le spalle, legata al kunoichi con il
porta-bebè, ed il suo piagnisteo era così lieve
che appena lo si
percepiva.
Konatsu
stava mettendo in tasca un calabrone e osservandolo meglio
si potevano vedere file di insetti di ogni specie e misura cercare di
uscire dalle tasche della sua tuta.
Vedendoseli
arrivare tutti attorno il ninja sorrise all'indirizzo di Ukyo: -Che
fortuna padroncina, quanto oro, siamo ricchi! - si spostò di
fronte
ad un albero e afferrò uno scorpione che saliva sul suo
tronco.
-Che
diamine stai facendo!- la ragazza cercò di colpirlo con la
spatola,
ma il kunoichi arretrò e l'attacco andò a vuoto.
Allora Ranma,
ricordandosi dei talismani che gli avevano dato al santuario, ne
prese uno dallo zaino e lo tenne premuto sulla fronte di Konatsu.
Quello ebbe un sussulto e lasciò andare lo scorpione.
La
sua faccia sembrò irriconoscibile quando esclamò:
-Non erano pepite
d'oro. Era tutta... un'allucinazione?
-Credo
di sì, ti senti meglio ora? - gli chiese la cuoca
avvicinandosi di
qualche passo.
Un
brivido lo scosse, erano forse questi gli effetti del potere
dell'Hōkō
e della miko di cui avevano sentito tanto parlare? Allungò
le mani
verso il fagotto di Konatsu. -Dammi un attimo Akane.
In
quel momento una scimmia grigiastra si girò.
Al
posto di Akane, c'era la sua faccia pelosa che ghignava come
divertita dallo scherzo riuscito...
Il
pianto di una bambina riecheggiava perso nel bosco. Il pianto di una
bambina ancora in vita. Guardandosi attorno si chiese quant'era ampio
quel posto e la testa cominciò a girare veloce proprio
mentre
sentiva il corso degli eventi precipitare.
Doveva
trovare la fidanzata.
Non
poteva restarsene lì, bloccato dal gelo insopportabile che
lo
attraversava da una parte all'altra del corpo.
Non
doveva finire così, non erano quelli i piani.
Vide
il ninja che lo scrutava serio, gli occhi pieni di compassione, come
in procinto di piangere e tanto gli bastò per riscuotersi:
-Dividiamoci
e ritroviamoci qui tra un'ora, forse Akane è ancora nei
paraggi!
***
Inugami
and Yuriko theme song: Broken mirror - Rise Aganist
O-fuda:
sacre pergamene
|
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Capitolo 13 *** The forest ***
The
forest
"È
l'odio
che unisce gli esseri umani,
mentre
l'amore è sempre individuale."
(G.K.Chesterton)
***
-Aiya!
- si coprì la bocca con mano tremante, poi
inspirò cercando di
liberarsi dall'affanno.
Chissà
per il favore di quale congiunzione astrale, l'aveva trovata. Lei.
L'aveva
trovata prima di tutti gli altri.
La
bambina frignava e scuoteva ossessivamente le piccole membra e pareva
proprio che cercasse di alzarsi sulla schiena. Non che avesse qualche
possibilità di farcela con il sederone che si ritrovava!
Spostò
lo sguardo sulla figura ricurva che la sovrastava.
La
scimmia adulta era come in procinto di stringere i suoi palmi ossuti
e pelosi sul collo della piccola Akane.
Un
angolo della bocca si mosse in automatico, delineando un piccolo
sorriso. Un retrogusto ironico e sadico allo stesso tempo le
riempì
il palato.
Quale
visione!
Quella
scimmia stava per soffocare la sua acerrima nemica... Assisteva a
qualcosa che nemmeno nei suoi sogni più rosei l'avrebbe
fatta
diventare pura e semplice spettatrice.
***
Era
fatta! Le erano sufficienti pochi attimi.
Una
piccola pressione delle mani e le sue preoccupazioni l'avrebbero
finalmente abbandonata.
Nessuno
poteva prendersi gioco di lei.
Era
arrivata perfino ad impossessarsi di quel maleodorante corpo di
scimmia e non poteva mollare ora, sul più bello.
Prima
che le cose le sfuggissero di mano era suo dovere chiudere i giochi.
Si erano divertiti abbastanza a metterla alla prova, ma quegli
sfrontati non la conoscevano affatto. Dopotutto lei era Yuriko, la
famosa miko
di cui raccontavano tutti i miti di Hakodate.
***
Erano
quasi le nove del mattino, eppure la luce del giorno riusciva a
malapena a scaldarlo, passando attraverso il fitto fogliame del
bosco.
Aveva
stretto la bussola tanto da romperla. E adesso non ricordava nemmeno
la lezione di orientamento che aveva fatto un giorno alle scuole
medie. Il muschio degli alberi segnava il nord o il sud?
Se
almeno avessi seguito qualcuno del gruppo, adesso saprei cosa fare.
Si
maledisse. Da perfetto incosciente qual era si era allontanato dal
sentiero e non aveva preso alcun punto di riferimento per poter
tornare indietro. Sentendo salire sempre di più la
pressione,
cominciò a tagliare alcuni pini a colpi di bandana.
Non
gli restava altro che fare un bel po' di rumore, sperando di essere
rintracciato da qualcuno dei suoi compagni. Arrivato al settimo
albero si pentì e di colpo si arrestò. Avrebbe
potuto anche
uccidere qualcuno continuando quel disboscamento seriale.
Come
aveva potuto essere così idiota?
Akane.
Devo trovare Akane.
Stava
perdendo anche la ragione. Dubitava di riuscire a ritrovare gli altri
elementi del gruppo. Era tutto così frustrante. Ma poi
qualcosa lo
distrasse dalla sua pena.
Sentì
il ripetersi di un rumore secco e regolare, un suono come di rami
rotti. Proveniva dalle sue spalle. Sembravano passi.
Si
voltò scoprendo che il piccolo sonnambulo del tempio l'aveva
raggiunto fin lì, come se per lui il bosco non avesse
segreti.
E
adesso cosa faccio? Sua madre aveva detto di non svegliarlo,
sarà
sicuramente preoccupata per suo figlio...
Si
schiarì la voce e parlò: -Katashi, cosa ci fai
qui? Non è posto
per un bambino questo... - non sapeva cos'altro aggiungere,
né come
il ragazzo avrebbe reagito al suo approccio. Se avrebbe capito, o se
l'avrebbe solamente ignorato continuando per la sua strada. Trattenne
il fiato per tutto il tempo in cui il ragazzino rimase in silenzio.
Quello
si fermò, poi prese a grattare via la crosta di una vecchia
ferita
che si era fatto sul gomito.
Strinse
le labbra sottili con la stizza degna dei suoi anni e socchiuse gli
occhi, infine li aprì per bene. -Signore, mi aiuti. La mamma
ha
litigato col papà! Io non potevo star... - s'interruppe
reclinando
il capo da un lato e sigillando di nuovo le palpebre.
Un
moto d'invidia scosse Ryoga. Quel bambino sembrava molto di
più di
un sonnambulo qualsiasi. Era riuscito a trovarlo senza l'aiuto di
nessuno e rispondeva coscientemente alle sue domande. Com'era diverso
quel Katashi da colui che credeva di aver conosciuto soltanto il
giorno prima.
-I
tuoi genitori sanno che giri da solo nel bosco? - chiese curioso.
Il
ragazzino non rispose subito, si stropicciò intorno al naso
e sotto
agli occhi. -I miei genitori non devono sapere che dormo a brevi
intervalli... non voglio che mi curino, è bellissimo avere
tutto
questo tempo a disposizione per uscire fuori... - svelò. -Le
prime
volte che mi svegliavo lontano da casa temevo di perdermi, ma poi
tornavo sempre indietro, non appena ricadevo nel sonno. Succede
perché è come se memorizzassi la strada, credo
sia proprio questo
il motivo. - scosse la testa. -Ma non cambiamo argomento!
Era
ancora confuso dalle sue parole.
E
dire che di persone stravaganti ne aveva incontrate in vita sua, ma
Katashi le superava tutte.
-La
situazione è grave! Mi ha sentito? - riprese a strillare il
ragazzino, il collo teso. Anziché confortarlo subito della
sua
attenzione, Ryoga s'incupì, tornando a guardarlo con aria
scrupolosa.
-Come
sei riuscito a trovarmi? Sei proprio tu o... sono preda di
un'allucinazione?
Il
ragazzo fece uno sforzo sovrumano e aprì ancora gli occhi
chiari,
quindi lo afferrò per i gomiti. -Sono Katashi! Mi ascolti
ora, la
situazione è grave e non c'è tempo da perdere...
Qualcuno ha
trafugato il mitamaya
di Yuriko. Non è più al suo posto, sulla mensola!
Dovete
ritrovarlo, è importante che venga rimesso al suo posto o
nessuno
sarà più al sicuro quassù, anzi
nell'intera valle!
Lo
scrigno dell'anima di Yuriko era scomparso proprio ora. Come se non
bastasse doveva trovare prima Akane. Poggiò le mani sulle
delicate
spalle di Katashi. Non doveva dargli a vedere quanto era preoccupato,
era ancora troppo piccolo per portarne il peso.
-Riusciremo
a trovare lo scrigno, te lo prometto. Ma tu devi tornare a casa
tua... io non posso riaccompagnarti. Stai molto attento, Katashi!
Un
ululato destò i suoi sensi troppo quieti, doveva rialzare la
guardia.
In
fondo al colle, Koko aspettava mansueto il ritorno del giovane
sonnambulo.
-Non
si preoccupi per noi. La magia del bosco non ha presa su di me.- lo
salutò e volgendosi verso Koko riprese per la sua strada.
***
In
passato avrebbe lasciato al primate il tempo di finire il suo lavoro,
ma ora la situazione volgeva a suo vantaggio e doveva cogliere
l'attimo.
Accarezzò
il bordo dello scrigno all'interno della sua tasca.
Non
era riuscita ad ingannarla: quella scimmia doveva essere stata
posseduta, l'energia che emanava era quella di uno spirito umano
molto forte. La miko, forse?
Si
umettò le labbra ed estrasse l'astuccio di legno dalla tasca
dei
pantaloni. Graffiò via la carta del sigillo e
aprì la scatola con
un fremito di trepidazione.
La
scimmia gridò di sgomento mentre l'anima della miko
fuoriusciva dal
corpo in cui si era annidata, restia, come se l'avessero trascinata
per i capelli.
Il
fantasma cercò invano di aggrapparsi alla schiena
dell'animale, ma
il suo spirito venne infine completamente imprigionato nella
scatoletta shintoista.
Chiuse
il coperchio.
-Chi
ha osato! Fatemi uscire, subito! - echeggiò una vocetta
dalla
piccola tomba di legno.
-Non
glidale! E sappi che sono io, Shampoo, la sola che può dale
oldini
qui!
-Fammi
uscire subito, sciocca! - ripeté la prigioniera, ancora
più furiosa
di prima.
-Shh!
Impala a stal zitta o ti blucio nella tua bella scatoletta!
-No!
Ti prego non farlo! Farò tutto ciò che vuoi,
starò zitta e buona,
mia signora!
-Così
va meglio. – sorrise. -Avlai ciò che vuoi se io
avlò ciò che ti
oldino.
Non
aveva che l'imbarazzo della scelta.
Avrebbe
potuto ordinare a Yuriko di fare impazzire i suoi compagni con le sue
allucinazioni, o farli suoi schiavi. Quanto a Ranma, il suo Ailen
l'avrebbe amata finalmente, suggestionato in un modo o nell'altro...
Per esempio Yuriko coi suoi poteri avrebbe potuto farla sembrare
Akane agli occhi dell'amato cosicché lei avrebbe potuto
spezzare
ogni legame tra i due ed entrare in ballo come Shampoo, per
consolarlo e prenderlo una volta per tutte.
Avrebbero
avuto la storia d'amore che si meritava. Era difficile scegliere
quale desiderio esprimere per primo, tanti ne aveva. Ripose la
mitamaya
nella tasca dei pantaloni. La scimmietta svenendo era crollata
addosso a quell'impiastro di Akane.
La
sollevò dalla coda e proprio in quel momento il futuro
marito la
chiamò a gran voce. -Shampoo! L'hai... l'hai trovata!
Gettata
la bestiola a terra, prese la piccolina fra le braccia, cercando
invano d'ignorare quel suo pianto perforante. Il suo Ailen le
raggiunse in un attimo, l'espressione accigliata dipinta sul volto.
-Sta
bene? - le chiese.
Per
ora...
***
Fissò
il soffitto della tenda, sollevata, dopo che finalmente quello
stupido del fidanzato ebbe smesso di cacciarle il ciuccio in bocca:
ogni volta lei lo sputava e si era arreso all'evidenza, stendendosi
di nuovo al suo fianco sul futon. Credeva davvero che avrebbe
abboccato? Lo aveva sopravvalutato parecchio, era più
stupido di
quanto immaginasse...
La
sua mente era ancora in grado di ragionare come quella di una
diciassettenne, solo che non riusciva a comunicare altrettanto bene.
Ci aveva provato anche quella mattina ma per qualche strano motivo
era riuscita a sillabare le solite inutili vocali, la A e la E, poi
non riuscendo a fare di meglio si era messa a piangere.
E
come sempre, l'avevano fraintesa.
Il
braccio di Ranma la circondò delicatamente, mentre si
muoveva nel
futon, cercando una posizione migliore per dormire. Era così
premuroso con lei che stentava a riconoscere il suo fidanzato. E
forse era solo merito del suo rapimento, ma non le toglieva gli occhi
di dosso. Dopo un quarto d'ora il russare di Mousse cominciava a
farsi più vago alle sue orecchie, forse era giunta l'ora di
riposare
anche per lei.
-Ranma
sei sveglio? - chiese Ryoga, ritrovato solo una decina di minuti
prima da Konatsu, mentre si aggirava solo nel bosco.
Ce
l'aveva ancora con lui? Non ne era più tanto sicura, in
fondo le
dispiaceva avere visto quanto Akari avesse sofferto per tutto il
tempo in cui avevano convissuto.
-Cambierebbe
qualcosa se rispondessi di no? - obiettò il fidanzato.
-Non
ne posso più... Ho la testa che mi scoppia. Devo dirti una
cosa... -
sospirò amareggiato il ragazzo con la bandana.
All'improvviso
si sentiva sveglia e pimpante. Ranma si era appoggiato su di un
gomito per guardare il suo interlocutore in viso. -Avanti, parla.
-Supponi
che ci siano due ragazze, entrambe molto carine: una di loro
è la
tua fidanzata e l'altra... tu sei molto legato a lei, anche se...
-Come
Akari ad esempio? - s'intromise Ranma.
-Chiamala
come vuoi.
È
un
esempio. Lei è una ragazza del tuo passato.
-Allora
Ukyo.
Strinse
i pugni. Cominciava a voler gridare per il gran narcisismo del
fidanzato, però non doveva sforzarsi, altrimenti avrebbe
finito per
farsela addosso per l'ennesima volta e sarebbe stato umiliante. La
sua autostima ne stava risentendo amaramente.
Che
gran rottura avere sei mesi con una mente di donna, mi sembra quasi
d'essere invecchiata precocemente!
-Non...
- proruppe ora più brusco Ryoga. -Vuoi farmi finire? O vuoi
nominare
anche Shampoo e Kodachi, prima?
Ranma
alzò le mani in segno di resa. Ryoga sbuffò e
riprese a spiegare.
-Se questa ragazza ti avesse aperto il suo cuore, dicendoti tutto di
lei anche riguardo ai suoi sogni e ai suoi segreti più
intimi, ma
fosse rimasta in qualche modo irraggiungibile per te, che avresti
fatto?
Chiedere
al suo fidanzato un consiglio sulle donne! Ryoga
sei impazzito? Lo stai sovraccaricando, il suo cervello
esploderà!
-Non
capisco... Perché ti avrebbe detto tutti i suoi segreti se
poi siete
rimasti solo amici? E che fine ha fatto la prima ragazza, la
fidanzata...
-Diciamo
che tu sei venuto a conoscenza dei segreti di questa seconda ragazza,
ma che lei non sa di averteli esternati... e anche la tua fidanzata
ufficiale non sa... - deglutì. -di lei.- terminò
con una voce che
sembrava pentita di essersi lasciata sfuggire quelle parole.
Vide
Ranma balzare fuori dalle coperte, dirigendosi senza alcun indugio
verso il coetaneo. -Ho capito, finalmente! Stai parlando di Akane, pervertito! -
era pronto a mettergli le mani al collo.
-Stai
lontano dalla mia fidanzata, mi hai capito? Hai già fatto
abbastanza...
Mousse
si lamentò nel sonno.
La
voce di Ryoga era un sibilo strozzato, quando rispose: -U-un pessimo
consiglio, ci ho gi-già provato a starle lontano... non ci
riesco,
il problema è che quando sono in crisi con Akari, mi tornano
in
mente lei e quei ricordi felici...
-Eppure
allora tu eri solo P-chan per lei! Se è Akane che vuoi dillo
chiaramente e fatti sotto! Non me la farò rubare da uno
sbruffone
come te, questo è poco ma sicuro!
Accidenti!
Non mi ero mai accorta che Ryoga fosse interessato a me... e Ranma
è
così violento quand'è geloso!
Uno
schiaffo. Ryoga aveva attaccato, alla fine. -Credi ancora che l'abbia
rapita perché ero geloso della tua fortuna in amore? Kami,
come ti
sbagli, io non l'ho pianificato! Credi che non mi sia mai neanche
sforzato di comportarmi normalmente, in tanti anni, con Akane? Anche
se non dormo nel suo letto come un maialino da quando ho iniziato a
vedermi con Akari, è sapere che non ci tornerò
più che... che mi
tormenta. Perché in quei momenti per la tua fidanzata io ero
solo
P-chan, ma lei per me... lei non era la solita Akane... era...
diversa.
Stava
andando nel panico. Troppe informazioni da assimilare tutte in una
notte. Ora non sarebbe più riuscita a prendere sonno. Non
avrei mai voluto incoraggiare Ryoga a provare dei sentimenti per me.
Accidenti! Mi dispiace così tanto... Ma no, un momento, lui mi ha preso in giro, tutto questo tempo mi ha fatto credere di essere solo un maialino ed invece...
A
quel punto come a voler continuare il corso dei suoi pensieri Ranma ribatté: -Non avevi il diritto di
approfittarti del
tuo stato di porcello... Lei non sospettava nulla, non è mai
stata
una donna perspicace, lo sai anche tu.
Ranma,
sei un idiota! Avresti dovuto dirmelo...
Avvertì
una torsione a livello dello stomaco quando capì dell'altro. Ranma lo aveva fatto, le aveva
detto che Ryoga era P-chan almeno un centinaio di volte, ma lei non gli aveva mai creduto e al contrario era stata entusiasta di vedere il fidanzato montare di un'assurda gelosia per il maialino. Tutto combaciava come in un puzzle che non era mai
riuscita a fissare e che non avrebbe mai voluto vedere per intero.
Il
girovago si strinse nelle spalle. -P-chan e Ryoga devono rimanere due
esseri distinti per Akane. Non posso dirglielo. Se lo facessi, niente
sarebbe più lo stesso tra di noi e mi sentirei completamente
a
disagio, non saprei più come comportarmi... però
una parte di me si
vergogna di avere estorto quelle confidenze quand'ero un porcellino:
anche se è stato prima di conoscere Akari, questo non cambia
il
passato!
Piccato,
Ranma espirò profondamente tra i denti per poter continuare. -Quello che
è
stato è stato! Dimentica questa faccenda, ti perdono per
esserti...
infilato nel letto de-della mia fidanzata, in parte è anche
colpa
mia se-se sei diventato il suo animaletto domestico. Un po' me lo
sono meritato, probabilmente...
-Voi
due, la volete finire una buona volta? Siete peggio delle pettegole
del villaggio di Joketsuzoko. Lasciatemi dormire o ve la faccio
vedere io! - La voce di Mousse suonava così bassa e inquietante
che
nessuno osò replicare.
***
Le
vampate di fumo erano un toccasana per la stanchezza e il tepore
dell'acqua era così piacevole da averle quasi fatto
dimenticare le
due scimmiette di montagna che stavano facendo il bagno a un metro
di distanza da lei.
Sospirò
cercando di pensare positivo. Akane era stata ritrovata e Ranma aveva
ripreso il suo solito appetito; tutto sembrava essersi risolto per il
meglio, o quasi.
Alzò
lo sguardo e vide il kunoichi avanzare tra gli alberi. Si nascose
scrutandolo da dietro una roccia che emergeva sull'acqua.
Con
faccia paonazza il giovane si fermò davanti alla sponda,
sentendo la
temperatura dell'acqua con la punta di un piede. Un lembo dello
scollo del suo yukata
scese, offrendo la spalla sinistra all'aria fresca di montagna.
-C'è
nessuno?
Si
avvicinò a Konatsu nuotando silenziosa.
-Ah!
Signorina Ukyo! Finisca pure il suo bagno, io posso tornare
più
tardi! - esclamò lui volgendosi istintivamente da un'altra
parte.
Presa
da un momento goliardico gli schizzò l'acqua addosso. -Che
stai
dicendo, Konatsu? Resta! Possiamo benissimo fare il bagno insieme,
è
così grande qui!
A
quelle parole vide la schiena del ninja irrigidirsi e il suo profilo
arrossire leggermente.
-No-non
sta bene! - balbettò contrariato. -Non dica certe cose, io
sono
sempre un uomo!
-Andiamo...
non fare il bambino! Che sarà mai! Io starò su
questo lato e tu
dall'altro...
Il
ninja le tenne il muso, ma contrariamente a quanto si aspettava non
la piantò in asso e continuò la ramanzina.
-Lei
pensa di saperlo, ma non ha idea di come sono fatti gli uomini! Ad
esempio ha idea di quanti ci provano con me, al locale? Quanti di
loro mi hanno palpeggiato? Deve essere più prudente nel
trattarli,
non tutti sono gentiluomini come Saotome, lo sa? E si ricordi, anche
se non sembra sotto certi aspetti, io sono un uomo!
Le
mancava solo una predica sulle apparenze che ingannano, come se non
lo sapesse già da sola. Lo fissò per qualche
istante.
-Konatsu,
hai un ragno sulla spalla...
-COOSA?
- scuotendosi per scrollarselo di dosso, il kunoichi finì
per
mettere un piede in fallo e cadere dentro le terme con un clamoroso
tonfo.
Afferrò
il suo braccio per tirarlo in superficie. -Va
tutto bene?- chiese divertita.
Il
ragazzo si liberò dalla sua presa, come se avesse perso
l'onore nel
momento stesso in cui era caduto. Ora gli avrebbe fatto passare la
stizza.
-Conosco
gli uomini, sono stata cresciuta da un uomo e ho persino frequentato
delle scuole maschili... so fino a che punto posso espormi con loro.
Di chi fidarmi o di chi no, però, lascialo decidere a me.
Sappi che
in ogni caso mi porto sempre dietro la mia spatola. - gli fece un
occhiolino.
Sapeva
quanto poteva essere dura la vita per una ragazza sola, ma lei era
riuscita a superare le sue paure. Ora aveva degli amici e, anche se a
volte rimpiangeva la sua mancanza di modi femminili o provocanti, non
era un grosso problema per lei, aveva imparato a non darlo a vedere.
Il
ragazzo le accarezzò il viso, delicatamente.
-Io
voglio solo proteggerla, forse esagero ma tengo molto a lei,
signorina.
Protezione.
Certe volte sentiva il bisogno di avere qualcuno che l'abbracciasse,
o che anche solo le stesse vicino... Konatsu, doveva riconoscerlo, in
questo era così buono e disponibile. Non era più
nemmeno sicura di
chi fosse alle dipendenze di chi, tanto gli era grata.
Meravigliandosi
del suo stesso gesto, strinse la mano del ninja nella sua, chiuse gli
occhi e restò così per un personale momento, fino
a quando non la
lasciò andare, sorridendogli.
Nel
silenzio che seguì, arrossì, tentando di fare
uscire la voce per
giustificare il suo gesto sdolcinato, ma non ebbe fortuna. Gli occhi
di Konatsu erano insistentemente fissi sui suoi e avevano acquistato
una strana luce.
-Io
la amo, sento di non poter più fare a meno di lei... lo sa?
No.
Non
lo sapeva.
Non
riusciva a pensare cosa fosse più naturale rispondergli, il
problema
era che non si sentiva affatto naturale, e questo la imbarazzava
più
della sua stessa nudità.
***
|
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Capitolo 14 *** Illusion ***
Illusion
"Ci
sono due tragedie nella vita:
non
riuscire a soddisfare un desiderio e soddisfarlo."
(Oscar
Wilde)
***
La
ragazza dai lunghi capelli lavanda uscì con discrezione da
una delle
tende.
Il
suo fiuto l'aveva guidato fin lì.
La
guardò percorrere pochi metri verso valle, fermandosi di
tanto in
tanto per controllare di non essere seguita. Teneva una mano nella
tasca dei pantaloni, mentre con l'altra puntava la torcia davanti a
sé.
Un
attacco frontale sarebbe stato troppo clamoroso e non voleva attirare l'attenzione degli altri umani.
La
sua cara Yuriko era stata così oltraggiata! Cadere vittima
di quella
forestiera e finire imprigionata nel suo stesso scrigno doveva essere
un'esperienza terribile per un'anima libera come la sua. Inoltre non
poteva sopportare di non averla più al suo fianco, tutto
ciò doveva
finire. Nessun essere umano era mai riuscito a separarli. E nessuno
lo avrebbe fatto impunemente.
Perciò
avrebbe inflitto a quella donna delle pene, che a confronto quelle
dell'inferno sarebbero sembrate cure di bellezza termali.
L'avrebbe
condotta al solito posto e per lei non ci sarebbe stata via di
scampo. Così come per molti anni, prima dell'arrivo di
Yuriko, era
stato per lui.
***
Niente!
Dopo
lo sproloquio di Ryoga e gli strepiti di Ranma non era riuscito a
chiudere occhio. Ora, in quella calma irreale, il ticchettio
dell'orologio da polso di uno dei suoi compagni di viaggio sembrava
il suono di un gong
percosso all'infinito.
Il
tremolio di un'ombra passeggera scosse la tenda e quella fu la goccia
che fece traboccare il vaso... La sagoma che aveva appena intravisto
era quella della sua adorata Shampoo, oppure il sonno mancato gli
stava facendo avere le visioni? Non riuscì a dar credito
alla
seconda ipotesi e allora, nascondendo una torcia sotto la manica, si
alzò.
Fuori,
gli occhiali gli si appannarono e fu costretto a fermarsi e pulirli.
Trasalì quando se li rimise sul naso, perché le
sue ansie trovarono
piena conferma.
La
luce della torcia che doveva appartenere a Shampoo stava scomparendo
oltre una selva di abeti, in un punto in cui il terreno sembrava
scendere verso valle. Ma perché la donna che amava se ne
andava in
giro come una gatta, di notte?
Allungò
il passo. Persino il tempo pareva essere contro di lui mentre calava
giù dalle rocce.
***
Konatsu
le aveva appena fatto una rivelazione sconvolgente... si conoscevano
da così poco tempo. Come poteva amarla già?
Ranchan...
con lui era sempre stato tutto così dannatamente difficile,
d'altra
parte Konatsu non voleva che lei. Le sarebbe bastato un ripensamento
su chi dei due fosse il più importante e il fedele servo
l'avrebbe
fatta sentire una principessa, di questo era certa.
Dopotutto
Ranchan non sembrava il suo principe e forse a guardar bene era solo
un ranocchio. Forse tutto quello che doveva fare era ricacciare la
mano dentro al lago e cercare un altro rospo da baciare.
Se
Ranchan fosse stato un buon partito per lei, avrebbe dovuto
inseguirla fin dall'inizio invece di farsi rincorrere.
-Non
voglio una risposta adesso. Aspetterò per un tempo
ragionevole che
lei pensi al nostro rapporto e mi risponda quando sarà
pronta.-
disse con fermezza Konatsu, quasi come potesse leggerle dentro.
-Pronta a ricambiarmi, spero...
Era
sollevata dalla sua proposta di non dovergli ancora rispondere.
Perché sentiva che tutta quella indecisione non sarebbe
scomparsa per magia. E cos'era quell'emozione timida e speranzosa che,
nonostante la confusione, provava dentro di sé?
Felicità?
Gratitudine? Qualche bracciata dopo, Konatsu era riemerso sulla
terraferma. Il vapore si levava con fumate bianche dal suo corpo.
E
lei era esattamente come il suo yukata, non faceva che disperdere il
suo calore.
Quella
consapevolezza la fece simpatizzare per lui. Intanto Konatsu si era
strizzato la veste, ma prima di andarsene l'aveva osservata assorto.
Attimi dopo, le aveva sorriso, un sorriso spensierato e molto dolce.
Solo
che rimuginare lì da sola la faceva star male.
Gemette
e la superficie perfetta dell'acqua s'increspò. Avrebbe
tanto voluto
sapere cos'avrebbe pensato Ranchan, se all'improvviso fosse tornata
al suo paesino d'origine.
Avrebbe
sentito la sua mancanza come aveva fatto lei quando era ancora una
bambina? In fondo al cuore sapeva benissimo che era un'altra pia
illusione, una di quelle che usava per sedare il suo malumore quando
arrivava al limite. Corteggiarlo non aveva senso e non
perché lei
non fosse abbastanza femminile o dotata di talento.
Semplicemente
perché lui non era Konatsu.
Ranchan,
non era lei che amava con tutto se stesso.
Allora
sospirò e si arrese.
Non
sarebbe mai più stata la seconda scelta, non lo avrebbe
rincorso
più, stava diventando stancante giocare a mosca cieca. Le
era
rimasto un po' di amor proprio, in fondo. Ci aveva provato abbastanza
a lungo per fingere ancora che Ranma sarebbe tornato da lei.
Forse
certe battaglie sono perse in partenza.
All'improvviso
capì che aveva sprecato tanto tempo da quando era giunta a
Nerima.
Konatsu
le aveva aperto gli occhi, prima del suo arrivo Ukyo non aveva voluto
vederlo.
Stava
attraversando uno dei suoi mille momenti nostalgici. Il riflesso
appena riconoscibile del suo aspetto sull'acqua sembrava ricordarle
che era un essere penoso. Voleva distendere i lineamenti tesi di quel
volto sgradevole. Le dita però non erano leggere come
pennelli e
potevano solo bucare l'acqua che la ritraeva limpida e incurante. Le
immerse e vide quell'immagine infrangersi, ma sapeva che presto si
sarebbe ricomposta.
Chiuse
gli occhi, riprese fiato. A quanto pareva c'era del vero in quello
che si diceva sul primo amore. Lei, il suo non lo avrebbe mai
scordato, ma doveva almeno provarci.
Doveva
smettere di pensare che al mondo, per lei, ci fosse solo Ranma.
E
prima se ne convinceva, meglio era.
Un
cuore spezzato dev'essere ricucito con costanza e pazienza.
Konatsu,
le aveva detto, avrebbe aspettato, perché Konatsu sapeva
benissimo
che non poteva fare altrimenti.
***
Girarono
ad est, dove gli alberi sembravano diradarsi.
Lei
si guardò attorno, facendolo sussultare. Non voleva farsi
scoprire.
Trattenne
il respiro, accovacciandosi dietro ad un cespuglio di rovi.
Affondò
le dita nel terreno, sentendo alcune spine pungergli le ginocchia.
Shampoo
fece un giro su se stessa, guardandosi attorno circospetta.
Quando
la ragazza tornò alla sua passeggiata, sospirò,
ma subito dopo si
domandò quanto a lungo avessero camminato, accorgendosi
stupito che
si stava facendo giorno. Come correva il tempo quando stava assieme a
Shampoo!
Un
minuto dopo la ragazza si fermò di nuovo. -Incledibile! -
esclamò
estasiata, coprendosi la bocca esterrefatta.
Da
dietro un albero Mousse strabuzzò gli occhi. Era davvero
incredibile, non aveva dubbi.
Le
sorgenti maledette, lì... ad Hakodate.
Per
giunta, ogni pozza aveva tanto di cartelli segnaletici, non come a
Jusenkyo dove non si capiva mai dove si cadeva.
Voleva
assolutamente gioire di quell'istante con lei. -Shampoo! -
urlò.
-Sono qui! Finalmente possiamo tornare no...
L'amazzone
non sembrò neanche sentirlo, si era già tolta le
ballerine dai
piedi e si apprestava eccitata al tuffo. Ma stava correndo verso la
sorgente sbagliata, quella era la sorgente dell'uomo affogato!
Come
poteva farlo?
C'era
qualcosa che non andava in quel momento. Ci doveva essere.
Prima
l'alba che è spuntata così all'improvviso, poi le
sorgenti e
adesso...
-Shampoo!
Fermati! - Sentì il corpo della conterranea agitarsi nella
sua
presa, come un pesce quando viene preso all'amo.
-Mousse,
stupido! Che vuoi? Lasciami!
-No!
-Lasciami
andale! La solgent...
Non
avrebbe retto ancora per molto.
La
baciò. Doleva farla smettere di urlare e di spingersi in
avanti a
qualunque costo.
Mentre
si lasciava andare al suo istinto, ebbe un momento di puro terrore in
cui pensò che Shampoo gli avrebbe anche potuto tagliare la
lingua
coi denti.
L'amazzone
s'irrigidì, poi però rilassò la
schiena contro di lui, fu per
questo che Mousse decise di lasciarle andare le braccia. Mossa
avventata, perché invece lei gli sferrò un feroce
montante sotto al
mento.
-Come
hai osato! - era sconvolta e non era mai stata così bella in
vita
sua.
C'era
un odore pestilenziale, un odore che prima non avevano sentito e che
di colpo si fece opprimente.
La
luce del cielo si rabbuiò rapida attorno a loro fino a
quando non
divenne di nuovo buio e le stelle ripresero il loro posto nel
firmamento.
Lei,
però, ancora non capiva. Si vide costretto a riaccendere la
torcia
ed indicò la pozza d'acqua che si estendeva di fronte a
loro. -È
una
trappola! E se vuoi proprio morire, almeno lascia che ti dia il bacio
della morte! - cercò di sdrammatizzare.
Il
fascio luminoso mostrò che la sorgente maledetta non era
altro che
una fossa profonda, all'interno della quale c'erano decine di bastoni
acuminati ed alcune carcasse d'ossa umane e animali.
Controllò
meglio, ma non vide altre fosse attorno, ecco perché
l'illusione
doveva portarli entrambi laggiù, a far compagnia ai cadaveri
putrefatti.
Accanto
a lui, Shampoo si lasciò andare ad una bassa imprecazione e
sembrò
farsi piccola, come se al suo posto ci fosse stata una bambina
impaurita, sul punto di piangere. Contò i suoi respiri
penosi, e
tentò di levarsi di dosso la sensazione che avrebbe potuto
perderla
per sempre.
-Questo
non è un salvataggio, la mia vita... io non ti dovele
niente, lo sai
velo? Sai che sono già plomessa a Lanma!
Eccola,
l'amazzone testarda che conosceva.
-Lo
so. Non ci pensare adesso. Dimentica tutto, il salvataggio, il nostro
bacio...
In
quel paese a nord del Giappone aveva scordato le leggi amazzoni.
-Come
hai detto, scusa? - chiese Shampoo incredula.
Le
regole delle donne di polso prevedevano, tra le cause di matrimonio,
anche i salvataggi estremi. La donna doveva dare la sua mano all'eroe
che l'aveva salvata e far prosperare così la sua
tribù. Ciò
nonostante Mousse non poteva avvalersi delle leggi, essendo solo il
secondo arrivato subito dietro a Ranma, non ne aveva il diritto. Le
amazzoni non praticavano la poligamia, al massimo potevano ripudiare
il marito e trovarsene un altro.
Ma
le leggi dovevano essere state scritte da un essere senza cuore, che
non aveva mai amato in vita sua e che voleva infliggere quella stessa
tremenda sorte alle generazioni che dovevano venire, per farle
impazzire in cerca di un grammo di vero amore.
Ne
era sicuro. Portare a termine i suoi doveri d'amazzone non avrebbe
fatto sentire Shampoo una donna felice, né amata. Forse al
massimo
sarebbe stata rispettata, ma con quanta pena avrebbe vissuto il
rispetto acquisito all'interno di quella scala sociale così
ipocrita...
Avrebbe
avuto solo pesi su pesi da caricarsi sulle spalle e un giorno o
l'altro avrebbe ceduto. Quante volte lui gliel'aveva ripetuto? Ma
Shampoo era testarda e si rifiutava di comprendere quanto gli diceva.
L'unica legge che lei conosceva era quella del dominio del
più forte
sul più debole.
In
fondo io sono solo Mousse, lo sciocco papero venuto dalla Cina, e non
posso chiederti di più...
Shampoo
sostenne il suo sguardo con un'espressione tormentata. -Tu hai semple
voluto... Tu volele sposalmi!
Le
chiuse le mani fra le sue.
-Shampoo!
Me lo chiedi davvero? Allora anche tu mi a-aihh! - L'ultima cosa che
avvertì, dopo la sberla della cinese, fu il rovinoso
contraccolpo
col terreno.
-Ma
che hai capito? Mi è sfuggito, io... Elo solo
sovlappensielo, ecco!
- Forse gli stava facendo un test per controllare che il suo fascino
ammaliasse ancora uomini come lui.
Ma
era così illogico che Shampoo dubitasse della sua bellezza,
lei era
tutta la bellezza che esisteva.
E
se invece fosse apparsa una luce in fondo al tunnel?
Com'era
stato imbecille! E dire che si era convinto che provarci e riprovarci
con lei non avrebbe mai dato alcun risultato. Ora invece anche lui,
Mousse il mezzo papero, aveva una chance per tentare la fortuna. E
Cupido non era forse cieco come lui?
-Pelò
devo ammettele che non baci come l'imblanato che sei, comunque se lo
dici a qualcuno sei un papelo molto! E ola è meglio che
andiamo a
letto...
-Dunque,
considerando che il bacio ti è piaciuto, vuoi provare anche
il
resto? Se vuoi che resti segreto però dobbiamo trovare un
pos...
Ahio! - Questa volta, dopo averlo steso a terra, la ragazza lo
coprì
con una miriade di calci.
Tra
un attacco e l'altro fece fatica a risponderle: -Scusa! Credevo
che... Ahio! visto che hai, no! Ahio! trovato irresistibili le mie...
Ahio! labbra... Ahio! ora volessi provare il... Ahio! pacchetto
completo! Ahio! Ahio! -
La
giovane amazzone s'irrigidì tutta e chiuse le mani a pugno
come per
impedirsi di compiere un efferato omicidio. -Mu-si! Va bene che io
non pallo pelfettamente il giapponese... ma tu te ne applofitti! -
Mentre lei faceva una pausa, si mise a sedere, cercando i suoi
occhiali nell'erba.
Quando
si rese conto che non li avrebbe mai trovati, ne tirò fuori
un paio
nuovo dalla manica e tutto indolenzito li indossò.
-Ola
stammi a sentile, stupido papelo. Ho detto che tolniamo
all'accampamento insieme. Tu nella tenda dei ragazzi e io nell'altla!
E quello che ho detto plima su quel bacio, – da qui in poi le
sue
parole divennero cinesi, basse e profonde: -me
lo rimangio!
Finito
che ebbe di redarguirlo, Shampoo gli voltò le spalle e
s'incamminò
a passo di marcia in direzione dell'altura. Non replicò,
stava
ancora sprofondando nella vergogna per aver equivocato le sue parole.
La seguì e dentro di sé tornò a
chiedersi come mai se ne fosse
andata in giro, tutta sola, di notte.
***
Aveva
fallito.
Quello
strano ragazzo dagli abiti cinesi si era messo di mezzo.
Aveva
sbagliato a coinvolgere anche lui nell'illusione allestita per
l'amazzone.
Ora
non aveva un minuto da perdere.
***
Il
lampo aveva saettato così vicino al suo corpo che l'odore
della
terra bruciata le fece involontariamente contrarre lo stomaco.
Le
orecchie cominciarono a fischiarle, lei e Mousse non erano soli!
Qualcosa
si muoveva tra gli alberi, protetto dal vento. All'inizio vide solo
delle piccole fiaccole, poi la sagoma della belva albina si
delineò
perfettamente. I suoi occhi gialli scintillavano di vendetta.
L'hōkō
si
profuse in un lungo e basso ringhio e appiccò davanti a
sé una scia
di fuoco che scansò per un pelo.
Mousse
fece scattare subito le catene dalle maniche della sua giacca.
Non
era lui la preda della bestiaccia, l'aveva coinvolto di nuovo.
Con
un turbine di vento, partito dalla coda, l'hōkō
sprigionò
un mulinello d'aria talmente potente che spense le fiamme precedenti
e le catene di Mousse impazzirono, aggrovigliandosi attorno alle sue
braccia. Purtroppo, le estremità delle catene avevano
colpito il
cinese in varie parti del corpo.
Mousse
lamentandosi cercò di puntare i piedi e di non farsi
trasportare
via, ma alla fine i suoi sforzi non valsero a nulla e venne scagliato
con una violenza devastante contro un arbusto.
Tolto
l'ostacolo di mezzo, il cane si gettò su di lei. Nel volo
Shampoo
tenne le fauci dello spirito aperte con entrambe le mani, bloccando
la mascella, mentre la bava putrida dell'animale le scendeva lenta e
viscida lungo gli avambracci.
Rotolarono
giù dal pendio. Sentì la pelle della schiena
lacerarsi mentre
scivolavano per una ventina di metri. A un certo punto, riconobbe il
rumore sordo della mitamaya rimbalzare sul suolo roccioso. Era caduta
da qualche parte lungo la loro folle discesa.
Scalciò
con tutte le sue forze, ma i suoi piedi nudi fendevano l'aria e
nient'altro. Le unghie dell'hōkō
erano
salde sulle sue
spalle e le punte le ferivano le scapole, eppure per effetto
dell'adrenalina non sentiva alcun dolore, solo una spiacevole
sensazione di bagnato che colava. Cominciava anche a sentire freddo.
-Andiamo
via, stanno arrivando! Al ponte! - disse una voce che riconobbe
essere quella di Yuriko. Ora che la scatoletta funebre si era aperta,
doveva essere tornata a piede libero.
-Shampoo!
Una
catena di Mousse colpì la bestiaccia ad un'anca e l'hōkō,
guaendo
sorpreso, la lasciò andare.
-La
mitamaya! Prendila subito! - La miko indicò la zona al
segugio, il
quale dopo un momento d'immobilità aguzzò le
orecchie e si lanciò
tra le sterpaglie per uscirne con i pezzi della mitamaya della
padrona.
Intanto
Yuriko lo raggiunse, ma prima di andarsene si voltò verso
Shampoo.
-Non
è finita qui, forestiera, tu e i tuoi compagni fareste
meglio ad
andarvene subito! - urlò grave, quasi come volesse giurarle
vendetta.
Non
rispose, ma, da stesa, si drizzò un po' sui gomiti.
La
miko allora salì sul dorso dell'inugami
e Shampoo li osservò allontanarsi nel folto del bosco
finché la sua
vista non venne interrotta da una cascata di scintille dorate e i
gomiti cedettero.
***
Ranma
andava in su e in giù, con la bambina in braccio. Lo fissava
di
traverso, dato che non aveva risposto a tutta la sua raffica di
domande.
I
minuti scorrevano lenti. Konatsu strizzò il fazzoletto
sporco di
sangue sulla bacinella.
Continuò
ad osservare la donna che amava distesa su un futon, portato fuori
all'aria aperta, mentre il ninja terminava di fasciarla. Non aveva
ripreso conoscenza dalla battaglia, era preoccupato per le sue
condizioni.
-Sono
venuto a sapere alcune informazioni quando mi sono "staccato"
dal gruppo.- raccontò all'improvviso Ryoga, chinando il capo
imbarazzato.
-E
cosa aspettavi a parlarcene?! - lo incalzò il ragazzo col
codino.
Tossendo,
l'interpellato portò un pugno vicino al mento e
strizzò l'occhio a
Saotome. L'intento era di ricordargli di abbassare la voce o avrebbe
finito per svegliare Akane dal suo sonnellino. E nessuno di loro
voleva diventare sordo.
-Me
ne sono dimenticato, okay? - Si giustificò impacciato.
-Ero
così felice di aver incontrato Konatsu ieri, che ho rimosso
questo
piccolo particolare! Che sarà mai... Lo scrigno funebre di
Yuriko è
sparito dal suo posto, sulla mensola. Katashi ci ha seguiti fin
dentro al bosco e una volta che mi ha trovato mi ha scongiurato di
cercarlo e di farglielo riavere indietro. O qualcosa del genere...
Dopo
un istante di silenzio tombale da quella rivelazione, Ranma si
grattò
la testa, inclinandola da una parte: -A che scopo, rubare il suo
scrigno? Chi potrebbe rivendicarlo?
Ryoga
prese di nuovo la parola: -Chi lo sa... La stessa Yuriko avrebbe
potuto farlo! Anche se rimuoverlo dal piccolo santuario è
stato
obiettivamente un atto spregevole; per questo i suoi eredi lo
rivogliono indietro, appartiene alla loro famiglia...
-Sì,
ma non credo che dovremmo sottovalutare il problema, non
dimentichiamoci che se il fantasma della miko s'infuria,
scatenerà
la sua vendetta... Al villaggio avranno tutti soggezione di questa
storia, Hyobe e i suoi parenti forse temono di subire delle
ripercussioni dalla loro antenata. – intervenne
flemmaticamente
Ucchan.
-Beh,
Yuriko dovrebbe migliorare l'accoglienza che dà ai
forestieri in
ogni caso, non è stata molto tenera nei nostri riguardi,
padroncina.
– commentò infine Konatsu, posando le mani sui
fianchi. -E noi non
abbiamo rubato niente!
Sentiva
che ora finalmente poteva vuotare il sacco: -Credo di aver visto la
mitamaya. La teneva stretta tra le fauci l'hōkō,
è stato davvero un combattente temibile, i suoi attacchi non
hanno
mai perso di forza, anzi...- rabbrividì al pensiero della
battaglia
ancora così vivido. Tutti quei discorsi però non
fecero alcuna
presa su Saotome.
-Ah,
quindi ce l'ha l'hōkō!
Non vedo l'ora d'incontrarlo! Deve ancora nascere il mostro che mi
batta, non ho paura di misurarmi con quello... però non
capisco
perché hanno attaccato te e Shampoo, stanotte. - parve
rifletterci
sopra. –Credevo che il loro obbiettivo fosse Akane.- tese il
braccio della piccina, mostrando il cerchio che li aveva portati a
rischiare fino ad Hakodate. Le sue iridi azzurre lo scrutarono e non
senza difficoltà tenne alto lo sguardo. Lo fece soltanto per
difendere l'onore di Shampoo.
Perché
anche lui avrebbe voluto delle risposte, esattamente come Saotome.
L'amazzone, quasi avvertisse i suoi timori, strizzò le
palpebre e si
risvegliò. Tutta l'attenzione a quel punto si
concentrò su di lei e
su come si sentiva.
-Mu-si...
sei qui. Stai bene?
-Sì,
Shampoo, sono qui. – le prese la mano, stringendola appena.
-Non
sforzarti, ti prego.
Nel
frattempo la frugoletta in braccio a Saotome si destò,
emettendo
alcuni indecifrabili versetti. Fortunatamente si limitò a
quelli e
non riprese a piangere come una forsennata.
Portandosi
una mano alla tempia, Shampoo si mise a sedere.
-Mi
fa tanto male la testa... Ah, il fantasma della lagazzina... ha detto
che dovevano andale ad un celto ponte, mi pale... sono saliti velso
la cima... io non licoldo altlo, elo così stanca.
Sulla
bocca di Saotome si allargò un sorriso. -Hyobe mi aveva
parlato di
un ponte... so dove dobbiamo andare. Ci siamo! Tra poco sarai libera,
Akane.- e la sollevò per aria.-Non sei contenta?
Akane
gli afferrò tante ciocche di capelli quante ne riusciva a
raggiungere da quella posizione. Sembrava piacerle un sacco quel
gioco. Chissà se aveva capito le intenzioni del fidanzato.
In
qualche modo però avvertiva che lui e Konatsu erano gli
unici a
sopportare la vista di quella scena. Gli altri, infatti, sembravano
disturbati dalla dedizione che il ragazzo col codino dimostrava verso
la sua fidanzata e lo celavano assai malamente, nascondendo i loro
visi dentro a maschere sorridenti.
Sopratutto
Ryoga, lui era il più penoso di tutti.
***
Gong:
Strumento
a percussione formato da un disco di metallo che viene percosso da
una mazza o un martelletto o un'asticella.
Shampoo theme song:Use Somebody di Laura Jasen.
Ukyo theme song:Gravity di Sara Bareilles
|
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Capitolo 15 *** Ranma, the World can wait ***
Ranma,
the World can wait
"Più
dolce sarebbe la morte
se
il mio ultimo sguardo avesse come orizzonte il tuo volto.
E
se così fosse, mille volte vorrei nascere
per
mille volte ancor morire."
(William
Shakespeare)
***
Procedevano
verso la cima con le gambe immerse nella nebbia fino al ginocchio.
Quanto
manca ancora?
Nonostante
la temperatura fosse decisamente bassa, Ranma si sentiva accaldato e
il cuore gli batteva forte per l'emozione. Pochi metri ancora e
sarebbero giunti a destinazione.
L'immensa
bocca del cratere a ferro di cavallo e il ponte che attraversava da
una parte all'altra il vulcano Komagatake apparvero di fronte ai suoi
occhi. Intanto Akane sembrava farsi sempre più leggera,
assicurata
al suo addome dentro al marsupio.
Strano.
Si
chinò a guardarla e gli sfuggì un grido di
terrore. Di Akane non
era rimasto che uno scheletrino inerme su cui delle mosche
svolazzavano attorno. Un grosso verme usciva da una delle orbite
oculari.
-È
un
avvertimento ragazzo, se ti avvicini ancora non garantisco per la tua
incolumità o quella dei tuoi amici!- tuonò l'Hōkō
frapponendosi tra lui e i pochi metri che lo separavano dal ponte.
-Questo luogo non è per voi! – scandì
le parole una ad una.
Le
lingue di fuoco che scoppiettavano da una delle code caddero su di
loro e segnarono una specie di linea di demarcazione che divise il
gruppo in due parti. Da un lato c'erano lui, Shampoo e Ryoga,
dall'altra parte Konatsu, Mousse e Ucchan.
-Me
ne infischio se non sono gradito a sua maestà il re leone! -
replicò
cercando di trattenere un fremito di rabbia. -Siamo venuti da molto
lontano per parlare con la tua amica Yuriko e non ce ne andremo se
prima non ci avrà ascoltato!
Akane
lo afferrò per uno dei bottoni della casacca, ora riusciva a
vederla
in carne ed ossa. L'Hōkō
aveva smesso di suggestionarlo.
Un
brivido alla schiena lo colse all'improvviso.
Il
cane albino ringhiò scoprendo i denti. Dietro di lui
avvistò il
fantasma della miko intento a camminare a piedi nudi lungo il
corrimano sinistro del ponte, quasi al centro del cratere. Essendo
priva di corpo il suo movimento non sbilanciava per nulla il ponte,
ciò nonostante ad ogni suo passo sulla corda la struttura
emetteva
un surreale scricchiolio.
La
ragazzina cantava un motivetto: -Due elefanti si dondolavano sopra il
filo di una ragnatela e reputando la cosa interessante andarono a
chiamare un altro elefante.- poi ricominciava la strofa da capo e
ogni volta aumentava progressivamente il numero degli elefanti.
La
sua calma lo irritò. Scattò deciso a percorrere
il ponte e
massacrarla di botte: per quanto quel pensiero sembrasse inutile, sul
momento non gli importava. Doveva però aspettarsi che
l'inugami
l'avrebbe ostacolato.
Quando
la bestia balzò, li coprì immediatamente col suo
peso, Akane
strillò paonazza. Udì le voci dei compagni
gridare il suo nome e le
loro aure farsi agguerrite.
L'Hōkō
l'aveva fatto cadere, era riuscito a girarsi sulla schiena ma, per
quanto ci provasse, non riusciva a scrollarselo di dosso. Sentiva il
fiato putrido del cagnaccio sopra il viso. Quasi senza rendersene
conto, estrasse il pugnale della sacerdotessa dalla cintola e
mirò
agli arti. Lo colpì una volta sola, l'inugami infatti
schivò il
secondo affondo, arretrando incerto sulle zampe.
Sfidando
lo spirito del cane albino con la sua spatola roteante, Ucchan lo
difese, frapponendosi tra loro. Ora Yuriko aveva interrotto il suo
canto.
Ranma
alzò la mano con il pugnale insanguinato. -Lo riconosci
questo?-
urlò nella sua direzione.
-Il
mio pugnale... come hai osato! - i capelli neri della ragazza presero
a sollevarsi in modo innaturale mentre levitava a mezz'aria. -Molti
yamahoshi
prima
di voi hanno tentato d'impossessarsi del mio inugami. Sono tutti
morti o fuggiti da questa foresta a gambe levate e voi non siete
migliori, né più forti di loro, quindi
preparatevi a morire!
Mentre
parlava, una pioggia di hira
shuriken
si scagliò contro l'Hōkō:
Konatsu era intervenuto a spalleggiare Ucchan nella lotta.
Approfittando
della distrazione di Yuriko, Ranma canalizzò il suo spirito
e
dimezzò la distanza che li separava. Le tavole di legno del
ponte
parevano solide, ma il vuoto sotto di esse era vertiginoso. La sua
tecnica dell'invisibilità impressionò
indubbiamente la miko.
Raggiuntala,
le porse il pugnale appena usato. -I tuoi discendenti me l'hanno
offerto in dono al vostro santuario come segno di benevolenza.
Avvertì
una presenza sopra di sé. Era l'Hōkō
che era balzato
dietro lo spettro. Poi il ponte tremò alle sue spalle e
quando si
voltò vide Konatsu e Ryoga che lo raggiungevano seguiti
dalle
ragazze.
-Non
l'avete rubata? Non siete venuti qui per portar via il mio cucciolo?
- rispose ingenuamente Yuriko. D'improvviso capì il
perché del suo
tremendo atteggiamento, tutti gli attacchi e le illusioni subite
erano stati architettati per impedire che la sua missione di
inugami-mochi
fallisse. Per proteggere il suo Hōkō.
Scosse
la testa. Yuriko sgranò gli occhi, colpita, ed
indicò la piccola
Akane che aveva emesso gli ultimi singhiozzi del pianto: -Allora come
mi spiegate il sacro cerchio al suo polso? Che avete fatto?!
-Ti
abbiamo detto e ripetuto che noi non siamo dei ladri, vogliamo solo
liberare questa nostra coetanea dal cerchio... - pazientemente, Ryoga
le spiegò ogni cosa. Quando ebbe finito di raccontare
aggiunse:
-Quindi sta a te, miko dei boschi. Ci aiuterai?
Yuriko
levitò sopra di loro, poi scese osservando il polso di Akane
da
vicino. L'infante la guardava a sua volta con fare interrogatorio, ma
per nulla spaventata dallo spettro.
-È
pericoloso, non ho mai visto il cerchio ridotto in queste
condizioni... forse c'è un modo, ma io non posso... comunque
è un
rischio anche solo pensare di provarci! - concluse ammutolendosi di
nuovo.
Il
cuore prese a battergli all'impazzata. -Che modo? Avanti, parla!
-Il
cerchio è un tramite tra questo mondo e il Nirvana, io sono
in grado
di purificarlo... ma per salvare la vostra amica occorre anche il
sacrificio di qualcuno tra i vivi, perché il cerchio si
è già
preso gli anni di questa ragazza... - la sua mano attraversò
la
testa di Akane come volesse farle una carezza. -E per ritornare alla
dimensione originaria deve risucchiare l'energia dall'età di
qualcuno dei viventi, il che significa accorciare la vita di questa
persona. Per questo è impossibile pensare che...
-Lo
farò! - era così strano udire quelle parole
uscire dalla propria
bocca. Sentiva gli sguardi sconcertati di Shampoo, Ukyo, Konatsu,
Ryoga e Mousse su di sé.
Ma
recriminassero ciò che volevano, lui non avrebbe lasciato la
sua
fidanzata in quello stato. Non avrebbe sopportato di vederla crescere
schiava del cerchio che portava al polso. O di domandarsi ogni
stramaledetto giorno che passava perché non fosse stato in
grado di
salvarla!
Come
uno spiffero di vento, Yuriko gli si fece vicina. -Ne sei sicuro? Lei
è così importante per te?
Chinò
la testa, non riuscendo ad articolare alcunché.
-Non
farlo, Ranma!
-Ucchan...
-Diciassette
anni! E se non ti bastassero? Se... se qualcosa andasse storto?-
l'espressione di rimprovero sul viso della sua amica d'infanzia non
lo colse impreparato. E Akane scoppiò a piangere mettendolo
ancor
più in imbarazzo.
-Posso
farlo anch'io! Questa storia va avanti da troppo tempo. - si propose
Ryoga. Shampoo scosse la testa, incrociando le braccia indispettita,
ma Mousse le impose di stare zitta con un cenno.
La
miko tese una mano come per arrestare Ryoga. -Può bastare il
ragazzo
col codino, non vorrei sovraccaricare il cerchio sacro, sarebbe un
errore, è già molto danneggiato e temo che si
verifichino delle
anomalie...- quindi fissò Ranma: -Sei pronto? Afferra il
sacro
cerchio.
Lo
fece. La sacerdotessa si introdusse all'interno del braccialetto
scomparendo in un battito di ciglia. Un minuto dopo, la pelle di
Akane sembrava brillare come una perla.
A
poco a poco il bracciale levitò, scivolando via da lei e
Akane
riprese gradualmente la sua vera età. Il metallo del cerchio
bruciava e si contorceva così tanto che sfuggì
dalle dita di Ranma,
schizzando verso il cielo, dove si frantumò in mille pezzi.
Sentì
una violenta fitta al braccio. Automaticamente si portò
l'altra mano
a massaggiare il muscolo contratto, respirando con affanno.
Chiamò
Akane, la fidanzata non rispose ma il suo corpo nudo ebbe un fremito.
Ranma allora la fece coprire con uno degli yukata che Konatsu portava
sempre con sé.
Dopo
l'esplosione del bracciale, una spirale di nubi scure e minacciose si
stava formando sopra le loro teste. Dall'occhio del vortice
uscì
Yuriko, mentre il fenomeno atmosferico s'ingrossava sempre di
più.
-Presto!
Dissolviamolo! - gridò: -Il rituale è fallito, il
cerchio
spezzandosi ha aperto il varco! Se non interveniamo, la terra
verrà
inghiottita dal Nirvana e questo è male! - mentre gridava
alcune
assi di legno del ponte vennero risucchiate dal vortice.
Vide
l'Hōkō
saltare e venire trasportato verso l'alto assieme a vari detriti
informi, insensibile alle urla contrarie della miko. Il ponte
traballava e sotto di loro la lava ardeva, placida. Sopra di loro
cresceva invece il buco nero.
-Ranma...
che sta succedendo? - Akane, paonazza si aggrappò al suo
collo.
-Ti
spiegherò tutto a casa, prima dobbiamo salvare il mondo!
Lo
guardò confusa, ma non obbiettò. Ranma si
alzò voltandosi a
fronteggiare l'eterno disperso. -Tu! Avevi detto che avresti
aggiustato tutto! Ma sei il solito idiota! - Lo colpì in
mezzo agli
occhi così forte che si fece male alle nocche. Ryoga
barcollò
all'indietro mentre il sangue gli colava dal naso; il ragazzo
provò
inutilmente a bloccarlo con la pressione delle mani.
Una
delle corde del corrimano venne via come un elastico troppo tirato e
intorno a loro tutto vibrò terribilmente. Lanciando le sue
catene
verso un gruppo di alberi, Mousse cercò di rallentare il
crollo
imminente e di salvare le ragazze.
Il
girovago si guardò i palmi pieni di sangue, allibito.-Che
diavolo ti
dice il cervello?
Scusami
Ryoga, è necessario.
Sganciò un altro pugno su di lui. Il coetaneo stavolta fu
più
preparato e si scansò.
Furioso,
Ranma indicò Akane. -Hai visto cosa le hai fatto, P-chan? E
ad
Akari? Credevi di avere il diritto di usarle come e quando ti pareva?
-No,
Akari... lei...- Ryoga cadde sulle ginocchia, il volto paonazzo.
Mancava solo il colpo di grazia. Gli piombò a piedi pari
sulla
testa. -Le spezzerai il cuore! Vuoi che ti lasci?
Si
sentiva davvero meglio, ora che si era sfogato. Con sua grande
soddisfazione, l'aura negativa di Ryoga aumentò di colpo.
-Brutto
bastaaaardo! - il suo avversario esplose facendo partire uno shishi
hoko-dan
con i fiocchi.
Si
gettò di lato appena in tempo per schivare il contraccolpo,
prima
del collasso del ponte.
***
I
piedi le scottavano. Sotto di loro c'era una cortina di fumo e un
mare di lava incandescente. Erano appesi ad una fune che si stava
lacerando e chissà se avrebbe retto abbastanza a lungo.
Per
di più, non si sentiva per niente comoda in quello yukata
rosa
antico. Si strinse a Ranma mentre udì la voce di Mousse che
li
chiamava.
-Akane,
come ti senti?
-Sono
di nuovo nel mio corpo, quindi direi bene, anche se siamo appesi e
tutto il resto...
Ranma
la guardò con gli occhi fuori dalle orbite. Cercò
d'informarlo:
-Ero cosciente per tutto il tempo in cui sono stata una lattante.
-Tu...
– cominciò il fidanzato rabbrividendo. -Ricordi
tutto?
Akane
sorrise. -Ho visto e sentito tutto, sì! - scandì
quel “tutto”
in modo eloquente. Ranma rimase senza parole per alcuni istanti,
elaborando il concetto nella sua testa. -Tutto, cosa?
-Non
farmi domande ora, anche perché, Ranma Saotome, sarai pure
riuscito
a salvare il mondo, ma ti ricordo che noi siamo ancora in pericolo...
-Lo
so bene. – replicò il ragazzo facendo il grugno.
-Non
preoccuparti, ti tirerò fuori da qui! -Doveva ammettere che
la
presenza del fidanzato riusciva a calmare la sua apprensione.
-E
se provassimo ad arrampicarci? - Non era una domanda, perciò
Akane
prese la fune con ambo le mani e provò ad issarsi di qualche
passo.
Gruppi
di sassolini franarono giù e la colsero di sorpresa. Vista
la scena
Ranma la trattenne per la vita.
-Buona.
Non muoverti. È
troppo rischioso!
-Mi
bruciano gli occhi... - si lamentò, sbattendo ripetutamente
le
palpebre per calmare il fastidio. Senza badarle troppo, il ragazzo
replicò: -La vedi quella rientranza? Se ci dondoliamo fin
là e ci
saltiamo dentro prima che la cima si spezzi, saremo al sicuro.
Akane
strizzò gli occhi, la vide ed infine annuì.
Cominciarono a
dondolare, ma non si avvicinarono abbastanza per il salto e tornarono
al punto di partenza, con Ranma che subì il colpo alla
parete per
entrambi.
-Ti...
ti sei fatto molto male?
Il
ragazzo sorrise. -Non è che sei ingrassata?
Perché se tu fossi
stata ancora una poppante saremmo già saltati dentro quella
nicchia!
-Baka!
-Io
sarei il baka? Hai rischiato di fare un viaggio di sola andata per il
Nirvana e non ti...
-Tanto
con tutte le fidanzate che hai, una sostituta l'avresti trovata
benissimo... - lo interruppe, simulando indifferenza.
Ranma
si rabbuiò: -Pensi davvero che la mia vita potrebbe...
essere la
stessa... senza... - deglutì un groppo che gli si era
formato alla
gola.-...di te?
Akane
si sentì stringere il petto. Lui aveva davvero pensando di
perderla?
Stava vivendo ancora l'incubo di Jusendo, tormentandosi in remote
fantasie?
-Ranma...
io sono qui adesso, non mi hai perso.
-Non
mi sembra ancora vero...- sussurrò poggiando la fronte sulla
sua.
Lei
gli accarezzò la nuca. -Ranma, ce l'hai fatta, sono qui
accanto a te
e non ti lascio... Io ti amo Ranma.
Non
sopportava che la vedesse arrossire, così Akane chiuse gli
occhi per
un attimo. Ranma le mostrò come potesse essere appassionato
e tenero
insieme con un bacio.
D'un
tratto sentì uno strano rumore ed ebbe la sgradevole
sensazione che
la corda stesse cedendo di un centimetro.
A
conferma di ciò Ranma interruppe il contatto fisico e
accennando
alla nicchia con la testa sussurrò: -Sei pronta a riprovarci?
Ricominciarono
a dondolarsi. Ma la corda si stava logorando persino mentre il
fidanzato le dava il via.
-Al
mio tre.
Accompagnò
il movimento di Ranma col suo corpo e dondolarono insieme per un paio
di volte.
-Uno...
-Due...
L'aria
le frustò il viso, mentre percepì un vuoto
spaventoso, come
infinito.
-Ranma!
- urlò contro al fidanzato che aveva barato, lasciando
andare la
fune prima del tre. Sentì il sibilo della corda che
precipitava alle
loro spalle e il suo corpo tendersi per la paura di non raggiungere
la cavità rocciosa tanto agognata. Poi una catena li
afferrò e con
un colpo di frusta li trascinò all'indietro.
***
Finalmente
afferrò la mano di Ranma, che con un ultimo sforzo spinse
Akane tra
le sue braccia. Proprio mentre ciò accadeva, Shampoo si
aggrappò a
Saotome, spezzandogli il fiato in gola.
Quante
volte aveva visto scene come quella? Eppure Mousse sentiva che il
dolore non era affatto diminuito dall'ultima volta che li aveva visti
tanto vicini. Per lui era come vivere in un incubo.
-Shampoo
felice che futulo malito essele salvo! - esclamò l'amazzone.
Scosse
la testa, cercando di non pensarci.
-Akane,
stai bene? - Le chiese cingendola per le spalle.
-Sì,
grazie Mousse... dove sono gli altri? Non c'erano anche Ryoga e
Konatsu sul ponte?
Repentinamente
Shampoo si voltò verso di lei, fulminandolo con gli occhi.
-Lyoga
avele piccolo ploblema al naso, spatolona e suo selvo stanno calmando
emollagia...
Mousse
tolse immediatamente le mani dalle spalle di Akane ed aggiunse: -Non
potevamo lasciare Ryoga da solo, o si sarebbe di nuovo perso.
Dopo
averlo ascoltato Akane tirò Ranma per la treccia
sussurrandogli
qualcosa nell'orecchio. A giudicare dall'espressione del giovane,
doveva avergli detto qualcosa di veramente sconvolgente.
***
“Dobbiamo
parlare di Ryoga, anzi di P-chan.”
Per
poco non gli venne un colpo.
Akane
aveva scoperto il segreto di Ryoga. Quello che lui voleva portarsi
nella tomba.
Scoppiando
a ridere per celare il suo umore fin troppo serio, Ranma chiese a
Mousse di lasciarli soli, lui e Akane dovevano parlare e sarebbero
rimasti lì per qualche minuto, prima di tornare dagli altri.
A
malincuore, le si leggeva in viso, persino Shampoo comprese che non
era il momento di gironzolargli attorno e raggiunse il cinese miope.
Quando
se ne fu andata, Akane cominciò a fargli il terzo grado:
-Perché mi
hai nascosto l'identità di P-chan? Tu lo sapevi!
Provò
a difendersi articolando le prime parole che gli vennero in mente.
-
Io ho pro... provato a dirt...
La
fidanzata, colpendolo alla nuca a mano tesa, bloccò sul
nascere le
sue scuse. -Dovevi provarci di più, non sei stato affatto
convincente!
-Sei la solita testona! Quando ho provato ad essere
convincente, mi hai scambiato per un pervertito!
Akane
arrossì. -Sei venuto di nascosto, di notte, in camera mia! -
commentò furibonda a due soli passi da lui.
-Perché
ero geloso! - sbuffò. -L'hai capito o no, razza di stupida?
Akane
fece finta di scacciare una mosca dal naso. -Ma in tutto
ciò, Ryoga
si è fatto un idea irreale di me, malsana direi. Tutte
quelle notti
che l'ho fatto dormire con me, se ci penso... che vergogna! - nascose
il viso tra le mani.
-Cosa
intendi fare con Ryoga, ora che sai la verità?
La
fidanzata riprese la propria compostezza. -Credo che
adotterò la
tecnica segreta della scuola di lotta Tendo.
-Cos'è?
Una tecnica con colpi di martello da cento chili?
-Niente
del genere. Me l'ha insegnata mia madre. Non si infierisce su
qualcuno che è già a terra, tutto qui. Mi diceva
sempre che non
c'era nulla di bello, o di nobile, nell'infierire. Se Akari poi
venisse a sapere di questa vecchia storia di me e P-chan...-
sospirò.
Ranma
si grattò sotto al mento. -Già Akari è
così insicura, ti ricordi
quando pensava che Ryoga fosse innamorato di me?
Akane
lo tirò per un braccio. -Ryoga non vuole che io sappia il
suo
segreto, se ne vergogna, anche tu ti vergogni di trasformarti in una
donna...
-Sì,
ma è diverso... anche se hai ragione a voler rispettare la
sua
decisione. Però... non sei arrabbiata con lui?
-Arrabbiata?
- ripeté Akane. -No, Ranma, non sono arrabbiata, sono delusa
perché
porcellino-chan, il mio P-chan non è mai esistito. O almeno
non come
credevo io. - sorrise amaramente prima di aggiungere: -Richiamiamo
Mousse e Shampoo, che dici?
Annuì
e con un fischio attirò l'attenzione dei due
cinesi, che
aspettavano a pochi metri di distanza.
-Siamo
pronti, andiamo! - gridò, alzando un braccio.
***
Akari.
Dolce Akari.
Desiderava
tanto riabbracciarla. Chissà come l'avrebbe accolto una
volta che
fosse tornato a casa. Avrebbe dovuto spiegarle molte cose, e
inventarne delle altre.
Non
voleva farla preoccupare inutilmente per il coinvolgimento di Akane.
Tuttavia avrebbe fatto in modo che errori simili non si ripetessero
in futuro, non dovevano ripetersi. Voleva diventare un uomo migliore.
I
suoi compagni stavano riprendendo le forze, chi disteso sull'erba,
chi rimettendo a posto le proprie cose dentro allo zaino.
Dovevano
riposare e prima di tornare al santuario la strada era lunga. Ukyo lo
sapeva bene e stava preparando un picnic con degli avanzi, aiutata da
Ranma, che in realtà aveva trovato un modo per assaggiare le
pietanze per primo.
Da
quando erano tornati Mousse, Akane, Ranma e Shampoo, lui era l'unico
che non si era ancora avvicinato ad Akane per chiederle come stava.
Aveva in corpo una strana ritrosia. Doveva assolutamente rompere ogni
indugio o non sarebbe più riuscito a guardare la ragazza
negli
occhi.
Lei
stava parlando con Konatsu e non poteva vederlo arrivare,
perché era
di spalle. Le toccò la spalla con un dito e Akane si girò
verso di
lui.
-Akane!
Lei
lo scrutò senza proferire una parola, accennando un sorriso.
Meglio
così. Era più facile vincere la timidezza se lei
non parlava.
-Sono
così felice di vederti e... ti chiedo scusa, mi dispiace
così
tanto... se non fosse stato per me, tu... - abbassò lo
sguardo
mordendosi un labbro tra i canini.
-Ryoga...
- cominciò Akane prendendogli la mano. -Io non ricordo
quello che è
successo negli ultimi giorni, ma tu sei così gentile a
preoccuparti
tanto per me... E poi sei venuto fin qui per soccorrermi, no? Sei
l'amico al quale scrivo di più, anche se nelle tue lettere
descrivi
che cosa trovi nei ripostigli, o altre mille curiosità
domestiche e
non parli mai di Akari. Non capisco perché! Akari non
è un segreto
per nessuno.
Sentì
il cuore in gola pompare con ritmo furioso. -Hai ragione. Akari mi
odierà se continuo a trascurarla... e non potrei darle
torto... sono
un disastro!- contemplò i fili d'erba tra i suoi piedi.
-Questo
no. Akari ti ama, si nota benissimo. E sarebbe in grado di fare i
salti mortali per te. Sai una cosa? Vorrei uscire con lei per
conoscerla meglio... Credo che diventeremo due ottime amiche. Del
resto gli argomenti comuni non ci mancano, i maiali piacciono ad
entrambe!
Quasi
gli venne un infarto. Cos'aveva detto Akane sui maiali?
Facendosi
forza, Ryoga sollevò lo sguardo sui suoi occhi castani
così sereni.
-I
ma-maiali amano stare con chi li coccola, in effetti... Sono
immensamente grato di sapere che mi hai perdonato, ma ribadisco il
concetto... hai rischiato grosso per una mia assurda leggerezza, io
ti ho regalato quel cerchio e se c'è qualcuno che devi
ringraziare
quello è proprio il tuo fidanzato, senza il suo intervento
io non
sarei nemmeno qui adesso... è stato un vero amico e poi lui
ti ama
davvero, e non è un codardo come il sottoscritto.
Lasciò
andare la sua mano sottile, mentre Akane arrossiva: -Ryoga, non
commiserarti ora, sei un ragazzo d'oro, credimi. E comunque stai
sopravvalutando Ranma, non ti è affatto superiore. A volte
è
impossibile, barbaro e tagliente come una katana. - Akane sorrise nel
momento in cui finì l'elenco, come se tutti quei famosi
difetti
potessero metterla a dura prova, ma mai annientare la sua forza
d'animo e la sua capacità di perdonarlo. In questo lei e
Akari si
somigliavano.
O
forse tutte le donne innamorate passano attraverso gli stessi
tormenti.
Inspirò
sonoramente:-C'è un'ultima cosa che dovresti sapere, forse,
io... io
ora sto con Akari perché lei mi fa sentire necessario ed
è una
fidanzata così paziente... non potrei mai lasciarla senza
rimpiangerla come un perfetto idiota, ma c'è una cosa ancora
che non
ti ho mai detto e... riguarda la prima donna che abbia mai...
-Aiuto!
Aiutatemi!- Riconobbe all'istante le grida angosciate di Yuriko.
Qualcosa
fece sibilare le chiome degli alberi, infine lo spirito apparve tra
di loro. Il suo volto era sfigurato dalla più lugubre
tristezza.
-Che succede, sacerdotessa? - Le chiese sbrigativo Mousse.
-Aiutatemi!
Il mio Inugami è andato via e non tornerà...
-cominciò a rivelare
il fantasma. -Ma so perfettamente che non mi ha tradito, mi
è sempre
stato fedele, mi era affezionato e... se ha preferito entrare nel
Nirvana è stato solo per lasciarmi libera dal mio
servizio... perché
sentiva che a volte facevo fatica a fare questa esistenza. - si
compianse apertamente. -Senza di lui non mi resta che tornare nella
mitamaya. So che lui aveva scavato una fossa sotto ad un albero, per
nasconderla. Dovete scavare dove vi indicherò, o
continuerò ad
assillarvi per tutta la durata della vostra esistenza!
Si
fecero condurre dal fantasma e scavarono di un braccio il terreno
prima di trovare lo scrigno. Ranma lo prese e lo aprì.
Dentro,
una luce sfolgorante lo indusse subito a richiuderlo.
Lo
spettro lo avvisò: -Non avere paura, ragazzo. Un'ultima cosa
prima
di salutarvi. Come saprai il cerchio sacro non esiste più,
ma il suo
potere non ha assorbito i tuoi anni di vita, perché la crepa
che lo
sfregiava l'ha reso incontrollabile, con gli effetti devastanti a cui
tutti voi avete assistito.- si fermò per un istante.
Colse
lo sguardo di Akane saettare sul volto del fidanzato, che
girò il
capo, arrossendo.
-Grazie
a voi dopo tanti secoli posso finalmente riprendere la via del
samsara.
Non lo dimenticherò, statene certi. Aprite il mio scrigno,
poi una
volta che me ne sarò andata sotterratelo qui, dove l'avete
trovato,
con la mia benedizione.
Le
tavole di legno si aprirono di nuovo. Una luce scaldò il
profilo di
Yuriko e dalla mitamaya udirono un abbaiare familiare.
-
È
lui, il mio inugami. Allora mi stava aspettando! - esclamò
la miko
sorpresa, ritrovando il buonumore giusto un istante prima di venire
assorbita dalla luce. La sua figura esile si perse nel candido
splendore che tutti osservavano in assoluto raccoglimento.
-Siete
un gruppo affiatato. Se fossi vissuta più a lungo, avrei
tanto
voluto avere degli amici come voi! - sentirono ancora la voce di
Yuriko sfumare lontana.
Prima
di saperlo si ritrovò a gridare.-Buona fortuna!
Mentre
gli altri la salutarono con molti: -Arrivederci! - e -Buon viaggio!
Dopo
il commiato, Akane gli si fece di nuovo vicina.
-Cosa
mi stavi dicendo, Ryoga? Riguardo la prima donna che tu abbia mai...
amato?
Prontamente
Ranma si mise in mezzo a loro.-Già. Di chi stavi parlando,
è una
ragazza che hai incontrato in qualche viaggio dei tuoi? -
domandò,
mentre aspettava il momento buono per colpirlo alle spalle.
Colto
dal panico, Ryoga sventolò una mano davanti al viso. -Ehm...
di una
ragazza che non conosci e che non scorderò mai, ma lei
è sempre
stata innamorata di un altro uomo, uno zotico arrogante e
presuntuoso...
Akane
sorrise, mentre Ranma gli mise un braccio intorno al collo,
sussurrandogli a mezza bocca nell'orecchio: -E sarà bene che
quello
zotico non te lo scordi mai... capito, P-chan?
Fine
***
Yamahoshi:
gruppi (o individui) isolati di eremiti, asceti e "santoni"
delle montagne, che seguivano la via dello Shugendō, una ricerca di
poteri spirituali, mistici o soprannaturali ottenuti mediante
l'ascetismo. Abili nell'uso di un'ampia varietà di
armamento.
Hira
shuriken: dardi ninja di varie dimensioni e fogge. Dette anche
comunemente stelle ninja.
Yukata:
kimono estivo, indossato anche durante le feste.
Bento:
pranzo al sacco, misto di verdure carne, pesce e riso.
Voglio
ringraziare ancora
il mio beta-reader Kuno e Moira per essermi stati vicini durante la
stesura della ff e avermi aiutato ad evitare gli errori più
grossolani, o semplicemente d'avermi consigliato pur lasciando a me
l'ardua scelta, ma sopratutto per aver sopportato i miei scleri da
fanwritten, vi voglio bene! ;) Ciauzzz!
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