not gonna die

di chya03
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** parte 1 ***
Capitolo 2: *** parte 2 ***



Capitolo 1
*** parte 1 ***


Mi chiamo Chiara. Ho sedici anni. E la mia città è invasa dagli zombie.

Sinceramente, tutto ciò non mi coglie del tutto impreparata. Dopo grandinate di uova di struzzo nel bel mezzo di agosto, alluvioni e terremoti vari ci mancava solo l'attacco di zombie. Ed eccoli qui.

Martina è più spaventata di me. Cerco di rassicurarla dicendole che andrà tutto bene, che ce la faremo. Lei ha un anno in più di me. Un po' invidio Mary. È partita un mese fa per la Francia, e non credo tornerà sapendo del casino che sta succedendo.

Sprono Martina ad accelerare la corsa mentre corro per le stradine del mio paesino, insieme al gruppo di sfigati (o quasi) con cui mi sono ritrovata. Carlo, il fidanzato di Martina. Marco, il migliore amico di Carlo, emo ma figo. Anna, una bimbamichia della mia scuola appiccicosa come carta moschicida. Enrico, il classico ragazzo stronzo in classe con me. Michela, l'immancabile troia. Alessio, che non smette di recitarmi il vangelo nelle orecchie. E per finire in bruttezza: Tommaso, il secchione di turno.

So cosa state pensando. Qui in mezzo non ce n'è uno normale. E vi do pienamente ragione.

Continuo a girarmi a destra e a sinistra all'erta nel caso incontrassimo degli zombie, stringendo al petto il fucile.

Avevamo deciso di riutilizzare la scuola come rifugio, così nel caso gli zombie l'avrebbero distrutta non sarebbe stata una grande perdita.

Appena arriviamo iniziamo a scalare il grande cancello verde, chi più velocemente di altri. Appena i miei piedi toccano terra mi dirigo di corsa verso il portone, chiuso. Rubo due forcine dai capelli di Michela e le passo a Carlo sperando che con quelle riesca a scassinare la serratura. Martina cerca di zittire gli altri dicendo di non mettergli fretta, anche se di fretta ne abbiamo, e anche molta. Ci pensa Enrico a rompere il silenzio poco dopo:

- che palle. Cavatevi.

Non sono sicura di quello che voglia fare, ma una mezza idea ce l'ho.

- Enrico non fare cazzate! - lo mette in guardia Michela.

Non so se mia abbia ascoltata o meno, ma io l'ho avvertito. Lui spara fulmineo ai quattro cardini della porta, che cade pesantemente in avanti facendo un macello di vetri per terra.

- bravo. - dice Marco – ora mi spieghi come facciamo a chiudere fuori gli zombie.

- Calmati, coso.

Probabilmente Marco ha capito che è una causa persa e lascia stare.

Sebbene la mia voglia di socializzare sia sempre stata alla pari di un comodino, ho dei migliori amici: Martina, Mary e Marco. Chissà, forse vado d'accordo con le persone che hanno il nome che inizia con M.

scassiniamo le macchinette e ci rifugiamo in un'aula a piano terra, così nel caso le cose si mettano male possiamo sempre scappare per le finestre. Ora bisognava occuparsi dei feriti.

Mi avvicino a Martina, le faccio appoggiare il piede sinistro su una sedia, prendo un kit di pronto soccorso da un banco e Martina non esita a chiedermi:

- quanta esperienza hai in campo medico?

- Assolutamente nessuna. So fare fasciature d'emergenza, trattare ferite di piccolamedia entità, crampi e cose così.

- Ti prego, non parlare come se fossimo a Pomeriggio Cinque.

- Ok. lol.

Tiro fuori una garza di lino bianco e del disinfettante. Cerco di ignorare le sue lamentele su quanto le bruci il taglio, poi le fascio il polpaccio.

- non sforzarlo.

- E come cammino?

- Saltella su una gamba sola. - rispondo come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Poco più tardi sbarriamo la porta, chiudiamo le finestre, uniamo dei banchi e mangiamo. Sinceramente non ho molta fame, ma mangio per tenermi in forze. Non posso fare a meno di notare che tutti i ragazzi si sono cambiati i vestiti, chi con uniformi mimetiche e chi con semplici abiti puliti.

- dove li avete trovati? - chiede Michela

- cosa? - dice Tommaso guardandosi intorno.

- I vestiti. -

- ah. in un armadio in fondo al corridoio, di fianco ai bagni.

- C'erano anche vestiti per ragazze?

- sì.

- perfetto. - Michela si alza e si dirige alla porta.

- Ferma. - le ordina Enrico – abbiamo già suddiviso ciò che ognuna di voi dovrà indossare, sopra ogni cambio ci sarà un cartellino con il nome. -

ah, ecco dove sta la fregatura.

- ci manca solo che ci dite voi come dobbiamo vestirci. - dice Matina.

- Veramente, lo abbiamo fatto pensandoci bene, scegliendo i vestiti e le protezioni più o meno adatte a ognuna di voi.

Ovviamente, non mi fido lo stesso. Chissà che avevano combinato.

Michela alza le spalle, sblocca la porta e chiede:

- chi viene con me?

Andammo tutte. In caso di attacco, più numerose siamo meglio è, quindi ognuna porta la propria arma.

Prendo il mio cambio e mi dirigo nei bagni a cambiarmi. Quando esco scoppio a ridere, una risata isterica. Loro pensano veramente che io indosserò QUESTO per combattere degli zombie? Inizio a pensare seriamente di essermi sbagliata e aver preso il cambio di Michela.

Top mimetico senza maniche, con i lacci dietro il collo. Shorts corti mimetici con la cintura di cuoio marrone. Sotto quelli, leggins marroni lisci e anfibi. Sistemo i capelli, fissando le punte tinte di blu elettrico. Non appena le altre ragazze escono dai bagni, corrono allo specchio. Persino Michela per una volta non è vestita da troia.

- uao, come sei secsi.

- Martina, ti prego.

Mi appoggio contro il muro, giocherellando con la catenina che ho al collo, che termina con la ghiandaia imitatrice: il simbolo di Hunger Games. Quella non potranno mai farmela togliere.

Torno insieme a lei nell'aula, mentre Anna e Michela restano in bagno.

Appena entro, sbatto la porta furiosa, brandendo il fucile.

- voglio che chi ha scelto i completi alzi SUBITO la manina. - dico, trattenendo la rabbia e fulminando i ragazzi uno ad uno con lo sguardo.

- Per me stai bene. - commenta Enrico ammiccando.

Bel tentativo. Risultato pessimo.

- stai scherzando, spero. Non ho nessuna protezione. Sembro una puttana.

- Perchè sappiamo che tu sei la meno propensa a farti male. - prova Marco. - quindi abbiamo lasciato le maggiori protezioni alle più fragili.

- Guarda il lato positivo. Il corpetto è antiproiettile. - aggiunge Carlo.

- Almeno. - commento senza neanche alzare lo sguardo.

Mi accascio sulla prima sedia che trovo intorno al tavolo di fortuna e Martina si siede accanto a me.

- e poi, nei videogiochi, gli anime e i manga per le ragazze anche un bikini di cotta di maglia offre la stessa protezione di un'armatura completa. - dice Tommaso.

Peccato che qui non siamo in un videogioco.

Infilo una mano nella tasca degli shorts e ci trovo dei mezziguanti di pelle nera. Me li infilo.

In quel momento Michela e Anna tornano dal bagno con due kili di trucco sulla faccia.

- abbiamo trovato una trousse nel bagno dove è entrata Miky – sipega Anna – non è fantastico?

Continuo a giocherellare con i bracciali borchiati che ho ai polsi, ignorando Marco che mi chiama.

- daaaaaai su non fare l'offesa – mi abbraccia – sei bellissima vestita così!

Giro gli occhi e lo guardo sghignazzare.

- ci rinuncio – annuncio, passandomi una mano tra i capelli e liberando un sorriso.

Dopo un po' il silenzio inizia a farsi imbarazzante. Alzo lo sguardo dal cellulare e osservo gli altri. Ovviamente, la connessione a internet è morta e sepolta. Sto solo rileggendo conversazioni più o meno recenti. Soffermo lo sguardo sugli anfibi neri, i piedi appoggiati sul tavolo di fronte a me, socchiudendo gli occhi.

Ci pensa Enrico a rompere il silenzio:

- voi avete mai ucciso qualcuno o qualcosa?

Lo guardo pensando “povero pazzo”.

- Assasin's Creed conta?

- no.

- secondo la mia religione uccidere è peccato. - spiega Alessio.

- Vallo a dire agli zombie. - replica Enrico.

Trovo un coltello sotto un banco. Lo prendo e silenziosamente lo assicuro alla cintura.

- ma come si uccide uno zombie? - chiede ingenuamente Anna, come una bambina di tre anni che chiede alle madre come nascono i bambini.

- Bisogna procurargli un trauma cranico sufficientemente potente o separare del tutto l'encefalo dal corpo, in alcuni casi potrebbe essere necessario demolire la carcassa pezzo per pezzo. - spiega Tommaso.

Ovviamente non ho capito una sola parola di quello che ha detto, ma va bene, non ho voglia di chiedergli di ripetere. Ci pensa Carlo:

- in parole povere?

- … pallottole e coltellate.

Bravo Tommaso, QUESTO è il vero dono della sintesi.

Lancio uno sguardo all'orologio sopra alla lavagna: 01:23.

non ce la faccio più. Devo dormire. Lo comunico al resto della compagnia, e la maggior parte si rende conto che ha sonno. Carlo, Enrico e Alessio escono, per poi tornare un minuto dopo con una pila di sacchi a pelo.

Mi affretto a prendere quello che sembra meno infestato di scarafaggi, lo sventolo come una bandiera e ci salto sopra più volte nel tentativo di uccidere possibili parassiti all'interno. Poi, finalmente, mi sdraio, chiudo gli occhi e mi addormento.

Quando mi sveglio decido che odio i sacchi a pelo. Ho il braccio morto. Mi fa male il mignolo. Non riesco a camminare. Voglio che mi amputino il mignolo. Poi mi sveglio del tutto e mi rendo conto di una cosa. In questa stanza ci sono solo io.

Dove sono gli altri? I sacchi a pelo di sono. Le provviste anche. Le armi no. È tutto perfettamente in ordine.

Resto completamente immobile appoggiandomi ad un banco, ma non sento alcun tipo di rumore. Il mio respiro si fa affannato. Ho gli occhi lucidi. Mi sento come un tridente mi attraversasse il cuore. Mi hanno abbandonata.

Mi guardo intorno spaesata cercando il mio fucile e lo trovo dove lo avevo lasciato. Il coltello è ancora attaccato alla cintura. Il cellulare è ancora in tasca. Almeno non hanno giocato sporco, mi hanno lasciato tutto, meno che la possibilità di sopravvivere. Quella da sola non l'avrò mai.

Poi lo sento. È come il rumore della porta che si frantumava a terra, ma meno vetroso e più appesantito, proviene dal piano di sopra.

Il primo pensiero è che siano loro. Che non mi abbiano completamente abbandonata. Poi penso: “se sono loro, che cazzo stanno facendo? Si prendono a sediate in faccia?” l'opzione è strana ma non del tutto impossibile, conoscendoli.

Mi muovo verso la porta, ma quando sto per girare la maniglia penso: “e se troverò i loro cadaveri sventrati e smangiucchiati?”

penso e ripenso. Appoggio la fronte contro la porta. L'orologio dice che sono le dieci di mattina. Non posso rimanere qui per sempre. E so cosa state pensando tutti: “ora farà un monologo di venti pagine per poi uscire dalla porta.”. Ve lo risparmio.

Faccio un respiro profondo, apro la porta di scatto puntando il fucile. Ma non c'è nulla. Solo il solito vecchio muro grigio.

Muovendomi strategicamente, raggiungo le scale che danno accesso al piano superiore dove stava la mia classe. Sono fisicamente attiva come uno scoiattolo ma mentalmente distrutta. Sono già da un pezzo entrata in modalità Spara A Tutto Ciò Che Si Muove , ma un singolo rumorino, immaginario o meno, mi farebbe correre subito indietro.

Mentre salgo le scale con il fucile puntato, osservo l'enorme crepa aperta sulle scale. “siete vivi per un soffio. Se il terreno si fosse mosso in modo anche solo poco diverso, il tetto sarebbe crollato e probabilmente non sarebbe sopravvissuto nessuno.” frase sentita milioni di volte. Ormai la uso per spaventare la gente quando mi chiede com'è stato passare il terremoto a scuola.

Balzo sotto una cattedra e osservo il corridoio del piano superiore. Vuoto. La porta dell'aula di lingue, chiusa. I bagni, chiusi. La porta della sala informatica, aperta. Bene. Sento delle voci all'interno.

Mi avvicino, mi sporgo oltre l'angolo e entro.

Quelle bestioline stitiche non sembrano accorgersi di me, sono girati di spalle. Opto subito per far venire un attacco di cuore a tutti loro.

Sbuco all'improvviso tra il gruppo tra Anna e Carlo. Ce chi sussulta e chi salta, ma vi giuro che Alessio che grida “VADE RETRO!” puntandomi contro il crocifisso è epico. Ah, e poi ce Anna che mi sta urlando direttamente nell'orecchio peggio di qualsiasi allarme antincendio. È questa la sua arma di difesa contro gli zombie? Cercare di farli diventare sordi? Almeno ci riesce bene.

- ZITTA BABBANA! - le urlo contro – non mi va di perdere l'udito oggi.

Lei si zittisce all'improvviso, mi fissa per tre secondi e passa alla prossima tecnica di battaglia: lo stritolamento.

Non posso non provare un senso di tenerezza verso di lei... se non fosse una di quelle che “òmg ìò + èrry = 69 hìhìhìhìhì XDXDXD” , quindi cerco di staccarmela di dosso prima che mi rompa la gabbia toracica.

- pensavo fossi morta!

- Pff, io sono immortale. - dico – anche se avreste potuto avvertirmi.

- Dormivi così bene. - controbatte Marty – non volevamo svegliarti.

- La prossima volta fatelo, ok? ok.

Anche se continuo a non convincermi... Io quando dormo sembro un piccione in putrefazione.

- che fate? - chiedo, guardando lo schermo del computer acceso.

- Cerchiamo informazioni utili.

- E twitter.

Soprattutto twitter.

- dicono che qui nella scuola è nascosta una specie di bomba che sarebbe in grado di polverizzare ogni zombie, grazie a non so quale tossina. - spiega Tommaso

- Bene... e com'è fatta questa bomba? - chiedo.

- Sembra un cartoccio per il pesce gigante. - interviene Enrico.

Ops.

Dalla mia faccia pensano abbiano capito tutto.

Li porto nel sottoscala dove mi sembra di averla vista, e lì la troviamo. Per azionarla però ci serve un pezzo che evidentemente manca.

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Capitolo 2
*** parte 2 ***


Decidiamo di dividerci i compiti. Anna, Enrico e Michela vanno in esplorazione del centro. Io, Martina, Marco e Carlo andiamo a cercare nella zona industriale e Alessio e Tommaso restano di guardia.

La zona industriale è tetra. È un labirinto di fabbriche grigie e auto parcheggiate.

- cerchiamo di muoverci silenziosamente, ok? Nei film gli zombie si nascondono SEMPRE nelle zone industriali. - spiega Marco.

- Oddio, anche tu hai letto Warm Bodies? - precedendo Carlo che aveva appena aperto bocca.

- Sì! poi hai presente quando il generale Grigio scopre R ma Cora minaccia di sparargli se non lo lascia scappare con Julie? Ecco io sa...

- LA PIANTATE DI FANGIRLARE? - si dispera Martina.

- Ok mamma.

Io sono ancora presa a pensare se una persona sopravviverebbe se si lanciasse da un grattacielo in una fontana stagnante, con uno zombie a fargli da materasso. Loro intanto hanno già studiato il percorso da fare.

Sono passate tre ore. TRE ORE. Di continua camminata.

- Martina? - la chiamo

- mh?

- mi porti in braccio?

- Scordatelo.

- Cattiva.

La camminata prosegue così finchè Carlo non chiede se io e Marco ci possiamo allontanare, volendo stare un attimo da solo con Martina.

A questo punto devo star guardando Martina con una faccia così patatosa che fa di tutto per non ridere.

- in che senso? - chiede Marco ridendo – non vorrai mica...

- allontaniamoci, scemo. - lo prendo per un braccio e lo trascino via ridendo.

Siamo da soli da neanche cinque minuti e stiamo già (quasi) litigando.

- mi spieghi perchè non ti fidi di me? - si esaspera lui.

- Non è che non mi fido di te. faccio fatica a fidarmi in generale. È diverso.

- Perchè?

- Dobbiamo parlare proprio di questa cosa?

- Sì!

- no!

- dimmelo!

- Ho imparato a farcela da sola, sempre e comunque, su qualunque cosa, a cavarmela senza l'aiuto di nessuno, e ad abituarmi a non contare mai pienamente su qualcuno, perchè tutti lasciano delle delusioni. Non è colpa tua. È da tempo ormai. Mi capita solo di dare la mia fiducia a chi non se la merita, e ho imparato a fidarmi poco delle persone.

Mi fissa. Distogli gli occhi, cretino. Non mi piace che mi osservino a lungo. Cerco di non guardarlo.

Poi lui lentamente fa scivolare la sua mano verso la mia e dice, a bassa voce:

- di me ti puoi fidare. È una promessa.

Se solo sappia quante persone ho sentito dire così. Tengo lo sguardo fisso a terra, mostrando un'improvviso interesse per i miei anfibi. Lui non mi sembra tanto diverso dagli altri. Forse solo un po'.

- vado a vedere se gli altri due sono pronti.

Scivolo lentamente via dalla sua presa, senza guardarlo o senza voltarmi. Forse lo sto facendo sentire una merda. No ha fatto nulla di male.

Giro l'angolo e faccio rapidamente dietrofront.

- cosa ce? - chiede lui.

- Niente. Non mi andava di interromperli nel bel mezzo di un bacio. Erano pure presi. Non mi sembrava carino. - dico alzando le sopracciglia.

Mi appoggio al muro come prima. Lui sospira e fa lo stesso. Sento che mi fissa ancora. Ti prego, smettila.

Un secondo dopo, Martina e Carlo tornano.

- perchè ci avete messo tanto? - chiede malizioso Marco

- erano dietro l'angolo! - intervengo io.

Io e Martina ci guardiamo e ridiamo. Gli altri due probabilmente pensano che siamo un caso perso.

Poi Carlo alza lo sguardo dal cellulare e ci comunica che l'altro gruppo ha trovato il pezzo mancante. Bello, ora questi tre poveri cristi dovranno sopportarmi per tutta la strada del ritorno.

Resto rannicchiata su un banco, appoggiata al muro, con lo sguardo perso nel vuoto mentre alcuni altri lavorano alla bomba. Sembra passare un'eternità. Osservo l'orologio e inizio a torturarmi le labbra. Una voce mi risveglia dal coma:

- è pronta.

Non so chi l'abbia detto, ho solo voglia di muovermi.

- nella segreteria ci dovrebbero essere dei fogli che spiegano come farla funzionare. Chi va a...

- A DOPO!

Sono già fuori dalla porta, con il fucile in braccio. Da sola.

Sento qualcuno che apre la porta e mi chiama, chiedendomi se sono sicura di voler andare da sola. Rispondo vagamente di sì senza neanche girarmi, e quando la porta è chiusa, continuo a procedere nel corridoio.

Arrivo alla segreteria, sto per aprire le ante del grande armadio di ferro, e faccio un respiro profondo, chiudendo gli occhi e rilassando la mente a quel meritato silenzio.

Un attimo.

Spalanco gli occhi. Ce un tanfo irrespirabile. Mi giro, e li vedo. Sono davanti alla porta, avanzano. A colpo d'occhio mi sembra siano in otto. Tutti hanno gli occhi puntati su di me. In quel momento non ho la forza di fare nulla. Non riesco a muovere le gambe. A malapena tengo il fucile. Non riesco ad urlare, la voce mi si blocca in gola.

Mi costringo a puntare il fucile restando calma, proposito che va a farsi fottere nel giro di cinque secondi.

Indietreggio, sparando a quelli in prima linea, alle teste e alle gambe, sperando di rallentarli.

Si stanno avvicinando pericolosamente. Il corridoio è un vicolo cieco che termina con la porta blindata dell'aula di arte, chiusa a chiave.

Mi accascio contro il muro. Non riesco più a fare nulla. Semplicemente... spero di morire rapidamente, senza soffrire.

Poi la situazione si ribalta. Schizzi di sangue fuoriescono dai corpi. Il resto della squadra è qui. Per me. Oddio.

È tutto finito. I morti viventi sono andati definitivamente. Osservo i miei compagni stremati dalla battaglia. Lo hanno fatto per me. Hanno rischiato la vita per me.

Io, Tommaso e Michela cerchiamo i fogli per far funzionare la bomba, mentre gli altri tornano indietro.

Non potrei essere più felice. È andato tutto bene. Certo, non siamo ancora al sicuro, ma è andato tutto bene. Torniamo indietro, Tommaso reggendo una pila di fogli sgualciti.

Vedo Marco che ci viene incontro. Ha una strana espressione sul viso. Ci comunica una cosa, parlando a fatica. Ci metto un po' a capire il senso della frase che ha appena detto, e quando lo capisco, il mondo mi crolla addosso, lentamente, schiacciandomi. Martina è stata infettata.

 

***

 

- no. Ci deve essere una cura. Dobbiamo solo trovarla.

Non mi rassegno all'idea. Non lei. Perchè proprio lei?

Evito ogni contatto fisico di qualsiasi tipo. Non voglio parlare.

Dopo essermi congedata dal resto del gruppo, entro nella stanza dove sta Martina. è appoggiata al muro e ha il cellulare in mano.

Mi avvicino a lei a grandi passi e la abbraccio.

- starai bene, ok? Andrà tutto bene.

Le dico. La verità è che sto attingendo a tutte le forze possibili e sconosciute per non piangere.

- promettimi che azionerete la bomba. Che fermerete tutto questo.

La guardo negli occhi e, con un fil di voce, le dico:

- lo faremo. è una promessa.

Resto con lei ancora un po, poi esco dalla stanza, emotivamente distrutta. Prendo la mia roba e senza rivolgere la parola a nessuno esco, entro nella classe difronte, butto le mie cose sul pavimento e (finalmente) posso sfogarmi.

Crollo sul pavimento, porto le ginocchia al petto, cercando qualcosa a cui aggrapparmi, a cui credere ora, e trovo solo la promessa fatta a Martina. Bene, il mio chiodo fisso diventerà quello.

So cosa dovranno fare ora, spararle, perchè inevitabilmente lei diventerà uno zombie.

Immobile, attendo in silenzio.

Dopo un po lo sento sento lo sparo. Un fremito mi percorre tutta la spina dorsale e piango. Piango e basta. Devo sfogarmi.

Più tardi sfilo il coltello dalla cintura e lo studio, con gli occhi che pizzicano. La lama è lucidissima, posso vedere il mio riflesso. Faccio scorrere delicatamente l'indice sulla la parte affilata, e sento un bruciore propagarsi pian piano in tutta la mano. Guardo inerme il liquido rosso brillante fuoriuscire dalla piccola ferita, cogliendone ogni minimo particolare. Il taglietto brucia. Non è nulla di che.

Appoggio la testa contro il muro, chiudo gli occhi e gli angoli della mia bocca si sollevano in un sorriso sarcastico. È quasi piacevole. Ti ricorda che il vero dolore è quello. Ti distrae dalla tempesta che hai dentro. Ci passo la mano sopra solo per provocare altro bruciore. l'ho lasciata morire.  come posso anche solo permettermi di dire che quando era in vita ero sua amica?

Sento bussare e la voce di Enrico mi chiede se può entrare. Lo mando via in meno di un secondo. Voglio stare da sola.

Passano due ore circa. Non ho fame né sete. Rimango immobile a fissare il nulla. Ho un bisogno disperato di qualcosa, ma non riesco a capire cosa.

Poi la maniglia si abbassa, la porta si apre e la mia mano in una frazione di secondo è già sul manico del pugnale.

Entra Marco. Lo guardo scettica.

- Esci. - dico.

Mi ignora altamente, cosa che mi fa innervosire, attraversa la stanza e si siede di fianco a me.

- ti ho portato questo – e mi da il suo ipod.

- Grazie – mormoro piano.

Senza dire nulla, mi abbraccia, accarezzandomi i capelli.

- su... va tutto bene...

come tentativo di consolarmi prende un 6. qui non c'è NIENTE che va bene.

- anche Carlo è distrutto. Ma almeno lui sta insieme a noi.

- Io no.

Non riuscirà a farmi uscire.

- quando vuoi... io ci sono.

Poi si alza e se ne va, e io mi infilo gli auricolari.

Abbiamo praticamente gli stessi gusti musicali, quindi non ci metto molto ad imbattermi in Dead dei Myc Chemical Romance, come uno scherzo del destino.

In altri tempi l'avrei ascoltata senza problemi, ma in quel momento, conoscendo il significato delle parole, non mi va proprio.

Poco dopo, il mio stomaco si esibisce in quello che sembra il lamento di una balena morente.

 

***

 

ok, alla fine sono uscita, ma solo perchè ce ne andavamo dalla scuola e raggiungevamo il municipio per recuperare le ultime istruzioni e azionare la bomba. Rimango in silenzio quasi tutto il tempo, Anna e Michela mi stanno vicine, ma non c'è conversazione. Quando arriviamo ci mettiamo a frugare ovunque, e alla fine qualcuno lo trova.

I soliti si mettono a lavorare mentre io sto di guardia alla finestra.

Neanche a dirlo, il solito odore che precede il loro arrivo si fa strada fino ad arrivare alle mie narici. Mi giro di scatto comunicandolo agli altri, e mi dicono che la bomba è pronta, e il miglior luogo dove farla detonare sarebbe in piazza.

- basta premere il tasto blu.

tasto blu. Tasto blu. tasto blu. Devo ricordarmelo.

Decidiamo di uscire da diverse uscite, ognuna che porta alla piazza, dividendoci in gruppi. Marco mi afferra il braccio e con passo svelto ci dirigiamo verso una delle uscite.

In teoria, il gruppo di Tommaso sarebbe arrivato per primo in piazza e avrebbe posizionato e detonato la bomba, ma passati dieci minuti non succede nulla.

Come procedura secondo il piano, tocca a noi.

Io e Marco usciamo dal nascondiglio correndo ma appena girato l'angolo inchiodiamo all'istante. Davanti a noi c'è il più grande esercito di zombie che potete immaginare. Sono ovunque.

- ok, piano di riserva. Io aggiro il municipio, tu usa il ponte principale.

Vedo la bomba in mezzo alla piazza, è in posizione ma non è stata detonata.

- ok. Al tre.

La tensione è al massimo. Sono pronta a correre. Io e lui siamo schiena contro schiena. I nostri cuori battono all'unisono.

Tu-tum.

Tu-tum.

Tu-tum.

Al terzo battito entrambi scattiamo in avanti, correndo.

Ce la faremo. Mi fido di lui.

Corro come non ho mai corso in vita mia, per poco i miei piedi non toccano neanche terra, sento il vento che mi fischia nelle orecchie e mi urlo nella mente “CAZZO, CORRI! STAI ANDANO TROPPO PIANO! VUOI DIVENTARE PAPPA PER ZOMBIE?! CORRI!”

penso di avere un crampo al polpaccio destro, il dolore è lancinante, ma me ne frego e continuo a correre senza rallentare, sparando senza ripensamenti agli individui più vicini.

Sto attraversando il ponte, che da sulla piazza, ma alla fine di quest'ultimo uno zombie possente mi viene incontro.

Ho finito i proiettili. Non ce la farò mai ad aggirarlo senza essere presa. Non posso buttarmi di sotto, visto che dell'acqua rimane solo il ricordo.

Così estraggo il pugnale dalla cintura.

- scusami tanto tesoro, ma ci dobbiamo separare! - dico.

E lo lancio mettendoci tutta la forza e la mira di cui dispongo. La lama si conficca in mezzo agli occhi del morto vivente, che cade pesantemente all'indietro.

arrivo alla bomba e lanciandomi in avanti premo il pulsante con le ultime forze che mi rimangono, scorgendo Marco in lontananza che corre verso me e la bomba.

Il boato è assordante. Viene rilasciato un gas azzurro che faccio di tutto per non respirare, e ogni zombie (per quanto riesco a vedere) viene disintegrato... dissolto in polvere che vola via nell'aria.

Quando tutto si è calmato, sono ancora rannicchiata ai piedi della bomba, quando sento una mano posarsi sulla mia spalla.

Rotolo su un lato e in una frazione di secondo ho il fucile (anche se scarico) puntato davanti a me.

È Marco. Mi prende una mano e mi aiuta ad alzarmi.

Mi guarda dritta negli occhi, fondendo i suoi azzurro ghiaccio incorniciati dalle ciocche dei suoi capelli neri con i miei occhi, più scuri di un buco nero.

Sembra voglia perforarmi l'anima. Con un piccolo sorriso, ansimando per la corsa, mi dice:

- è finito. - mi abbraccia – è tutto finito.

 

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