Ghiaccio [Ice]

di ErZa_chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** Christmas Lights ***
Capitolo 3: *** Radioactive ***
Capitolo 4: *** Revelation ***
Capitolo 5: *** You held me down, but I got up ***
Capitolo 6: *** Wanted to be left alone. ***
Capitolo 7: *** I am trying to hold on ***
Capitolo 8: *** Don't ya think that you need someone? Everybody needs somebody ***
Capitolo 9: *** Is this what you wanted, is this what you needed? ***
Capitolo 10: *** No one can hurt you now ***
Capitolo 11: *** Confusion never stops ***
Capitolo 12: *** I feel like they're talking in a language I don't speak and they're talking it to me. ***
Capitolo 13: *** In the darkness before the dawn in the swelling of this storm ***
Capitolo 14: *** But the silence of this sound is soon to follow somehow sundown ***
Capitolo 15: *** Answers. ***
Capitolo 16: *** Can we front the rain? and the rainbow for you there will come a day ***
Capitolo 17: *** You gotta get up and try try try ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


La terra tremò. Erano arrivati. La giovane incantatrice cercò di rimanere concentrata su quello che stava facendo: ci avrebbe pensato l'esercito a difenderli. Si chinò sulla donna: "Ancora uno sforzo.." le sussurrò. Poi un vagito e, immediatamente, un altro. Erano due gemelli ed erano nati decisamente nel momento sbagliato lì, su Jotunheim. Di nuovo un fremito fece tremare le pareti. Il terrore si impadronì della ragazza: e se l'esercito non ce l'avesse fatta?

"Salvali...." disse in un sussurrò la donna "salva i miei figli"

"Signora, non deve preoccuparsi, sono sicurissima che ben presto saremo tutti al sicuro e lei potra stringeli tra le sue braccia" rispose la giovane, cercando di convincere se stessa, più che la madre. "Sai bene quanto me che non ce la faranno: stanno perdendo e noi cadremo insieme al nostro popolo... ma i bambini non hanno colpe, possono ancora condurre una vita al di fuori di tutto questo...per cui, per favore, te ne supplico, scappa con loro: portali lontano dove non potranno mai essere trovati o perseguitati."

"Si, come desiderate" rispose l'incantatrice, abbassando lo sguardo e avvolgendo ogniuno dei gemelli in una coperta.

"Prendi queste con te" disse la madre, alzando il capo dal letto su cui era sdraiata. Cominciò a recitare qualca arcana formula che la ragazza riconobbe.

"Signora non lo faccia! Lei è già debole, sta consumando tutte le sue energie!" urlò l'incantatrice, con gli occhi colmi di paura.

"Sarei morta comunque in questa guerra: preferisco farlo così, piuttosto che trafitta dalla lancia del nemico." replicò quest'ultima, sorridendo. Sul palmo della sua mano comparvero due piccole pietre azzurre che l'incantatrice afferrò velocemente. "Sai cosa fare" sussurrò infine la donna, chiudendo gli occhi per sempre.

La ragazza avrebbe voluto piangere, ma non ne ebbe il tempo: aveva una missione da compiere. Si infilò le pietre in tasca e prese i due bambini. Cominciò a correre in quell'immenso palazzo, metà messo a ferro e fuoco, cercando una via di fuga: per fortuna si orientava abbastanza bene e, nonostante tutto, riuscì a trovare un'uscita secondaria. La vista della sua città straziata e dei suoi simili a terra la terrorizzava, ma la consapevolezza che due vite dipendessero da lei la faceva andare avanti. Cercò quel passaggio, tra le montagne, di cui le era stato raccontato da bambina: secondo i maestri era solo una leggenda, nulla di più, ma lei in quel momento voleva credere che esistesse. Purtroppo non fu abbastanza veloce: una freccia la colpì, vicino al costato, creandole un dolore lancinante. Mentre cercava di riprendersi, fu travolta dalla folla in fuga e uno dei due fagotti rotolò via. "NO!" urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, mentre uno dei due gemelli si perdeva nella confusione. Avrebbe voluto arrendersi e piangere tutte le sue lacrime: la ferita le faceva malissimo. Ma si riprese: non era ancora finita, doveva salvarne almeno l'altro. Riuscì quasi miracolosamente a uscire dalla città e, trascinandosi a fatica, a addentrarsi nelle montagne. La ferita era terribile e, nonostante tutte le magie che provò per curarsi, nulla si rivelò efficace: molto probabilmente era un dardo stregato. Sarebbe morta di lì a breve e avrebbe, senza dubbio, fallito la sua missione. Fu sul fare della sera, quando aveva perso ogni speranza, che con la coda dell'occhio colse uno strano sbriluccichio: sperando con tutta se stessa che fosse il famigerato portale, si trascinò dentro, senza minimamente curarsi dove la stesse conducendo. Si ritrovò in una landa ghiacciata, totalmente ricoperta di neve, che ricordava moltissimo Jotunheim. Nemmeno lei sapeva se fosse ancora il suo paese e solamente un luogo simile ma era talmente stremata che non si pose il problema.

"Non ti preoccupare, qui sarai al sicuro...almeno credo." bisbigliò al fagotto, mentre delirava per la sofferenza. Raccolse le forze residue, estrasse una delle due pietre, la poggiò sul petto del neonato e recitò una formula. Poi fu solo buio.

 

Salve a tutti! Sono Erza_chan, l'autrice di questa storia! Questa è la mia seconda fanfiction, la prima è una one shot che ho pubblicato nella sezione di Thor :D

E' la prima volta che mi imbarco in un'impresa simile, quindi accetto volentieri le vostre critiche e i vostri pareri (anche i pomodori che mi lancerete, se necessari :') ) Non so ancora da quanti capitoli sarà composta la storia, visto che ancora non ho finito di scriverla! Cercherò di fare uscire un capitolo ogni volta che potrò, purtroppo non garantisco un'enorme puntualità, visto che sono piena di impegni XD. Comunque grazie a tutti per aver letto il prologo! A presto!

Erza_chan

(molti personaggi che compariranno sono di proprietà della Marvel e della Disney. La storia non è scritta a fini di lucro. Inoltre anche tutte le immagini per ritrarre Erin e gli Avengers NON SARANNO di mia proprietà. Non sono ovviamente usate nemmeno loro a fini di lucro. )

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Capitolo 2
*** Christmas Lights ***


                                                             
 

"Forza,sgancia i soldi!" esclamò la prepotente. Teneva ferma, contro il muro, una ragazza di qualche anno più piccola, assai gracile.
"Non intendo ripetermi!" -sbottò la bulla-" dammi tutto quello che hai!"
La poverina indicò la tasca davanti del suo ricolmo zaino. "Lì"- sussurrò- "li tengo lì..."
"Bene. "-disse la prima- " ora ti mollo.. Prova a gridare oppure a scappare e te la vedrai molto brutta!" Poi la lasciò andare si avvicinò allo zaino. Estrasse, senza alcuna delicatezza, un orribile portafoglio rosso e ne prese il contenuto. "20 euro-pensò- non c'è male..." Poi si girò di scatto verso la ragazza che aveva derubato, ancora tremante e le disse "Vattene! Porta via la tua orrenda sacca e prova solo a fare parola di tutto ciò con qualcuno e vedrai che ti ritroverai messa parecchio male!" La ragazza non se lo fece ripetere due volte e uscì correndo dal retro del cortile scolastico. Mentre le lacrime le offuscavano la vista, la poverina pensava a quanto la sua vita fosse diventata un inferno dopo che Erin aveva iniziato a tormentarla. La temeva enormemente. Ma tra poco sarebbero iniziate le vacanze invernali e per un po' non l'avrebbe più vista..
Intanto, Erin, che si era già allontanata da un bel po', stava sogghignando compiaciuta. Un bel gruzzoletto anche quel giorno! Forse andare a scuola non era così male... Aprì la porta di casa, richiudendola in malo modo e urlò: "Io ci sono! Vado in camera e vedete di non rompermi le scatole! Non ho fame!" Poi, strascicando i piedi, salì le scale e si buttò sul suo letto. Intanto Byron , il suo cane, le si avvicinò, scodinzolando felice. Era un labrador, che aveva trovato qualche tempo prima, abbandonato. L'avrebbe totalmente ignorato, se non fosse stato per quel pelo nero: Byron infatti aveva il manto scurissimo, proprio come i capelli di Erin. Forse, in un certo senso, si era identificata in quel cucciolo smarrito e, così, lo aveva portato a casa sua. Lo accarezzò sulla testa e chiuse gli occhi. Il cane saltò sul letto e le si accoccolò vicino. Stettero un po' così, tagliati fuori dal mondo, in un momento di pace. Byron, riflettè Erin, era l'unico che le volesse davvero bene, che l'accettava per quello che era. Poco dopo la ragazza decise di alzarsi. Aveva voglia di andare a fare una passeggiata. Infilò gli stivali, agganciò Byron al guinzaglio e uscì, non curandosi di sua madre che le domandava, urlando, dove avesse intenzione di andare. Fuori faceva un freddo pungente. Il suo respiro creava tante piccole nuvolette di vapore. Erin adorava quella sensazione: per questo non si era minimamente curata di indossare un cappotto o una sciarpa. Si era limitata a indossare la sua felpa preferita e a tirarsi su il capuccio. Si avviò verso la 5 strada, che brulicava sempre di gente. Nonostante la battaglia fosse finita da poco, molti degli edifici danneggiati erano già stati ricostruiti o restaurati. Anche la Stark Tower, pacchiana in maniera improbabile e purtroppo visibile da quasi tutto il centro della città, era stata rimessa in sesto, come se non fosse successo nulla. Erano stati momenti di grande paura e Erin se li ricordava molto bene: aveva visto personalmente quel grande uomo biondo combattere a fianco di quel gigante verde e anche Iron man, alias Tony Stark, rischiare la propria vita per salvare tutti. La ragazza non aveva mai amato i supereroi o cose simili ma aveva dovuto ammettere che erano stati davvero coraggiosi quel giorno. Certo, avevano fatto più danni loro a New York che non gli alieni tuttavia...

Il suo stomaco gorgogliò: in effetti non aveva pranzato, ma l'idea di sedersi a tavola con i suoi genitori la urtava. Erin aveva 19 anni, i capelli neri scarruffati e gli occhi verdi, freddi come il ghiaccio, che tanto adorava. L'anno precedente aveva finalmente avuto la conferma di tutti i suoi dubbi e di tutte le sue paure: aveva scoperto di essere stata adottata. Quelli che definiva come un padre e una madre, con un tatto davvero minimo, le avevano rivelato, visto che aveva raggiunto la maggior età, di non essere loro figlia naturale. In realtà Erin lo aveva già capito da un pezzo. Non era mai assomigliata fisicamente a nessuno dei suoi genitori e, sin da quando era bambina, era stata diversa. Crescendo aveva mostrato anche delle particolarità fisiche: ogni tanto, quando era particolarmente arrabbiata, delle piccole venature blu le guizzavano su per il collo e le braccia, per poi scomparire totalmente. Quando ne aveva domandato la causa le era semplicemente stato detto che era un'allergia. Certo. Come no... E si aspettavano che ci avrebbe creduto? Erin aveva molti difetti ma, di certo, non era stupida. Poi, come scordarsela, c'era la pietra ( o come avevano preferito definirla i suoi: "un normale neo"). Erin alzò lievemente la manica del braccio destro: eccola lì, incastonata sul polso. La pietra in questione era di forma ovale, grande quanto un'unghia e di un colore azzurro intenso. Delle piccole diramazioni si snodavano tutto intorno al suo contorno e andavano insinuandosi sottopelle, all'interno delle vene. Ogni tanto la pietra pulsava, come un piccolo cuore e dentro compariva uno strano turbinio blu scuro, come se qualcuno avesse agitato l'acqua in uno stagno, alzando il fondo fangoso. Aveva provato a cercare su internet cosa potesse essere ma non aveva mai trovato nulla di interessante. Il brontolio del suo stomaco la riportò alla realtà. Si avvicinò a un baracchino che vendeva hot dog e ne comprò uno: decise di predere anche un brezel e una lattina di coca cola. Si sedette su una panchina e sbocconcellò il suo misero pranzo. Bayron cominciò a guaire, quando sentì quel delizioso profumino.

“Tieni, ingordo!” esclamò Erin, lanciandogli un pezzo di wurstel. Finito il pranzo i due si diressero verso Time Square. La ragazza adorava quel posto: le scritte colorate, il continuo movimento, la luce e i colori la affascinavano davvero tanto. Quella piazza era sempre diversa, a causa dei cartelloni, che variavano in continuazione, trasmettendo ora una pubblicità, ora il trailer di un film. Erin avrebbe tanto voluto essere come loro: avrebbe voluto poter cambiare, continuando però a emanare luce e a essere felice. Da quando aveva scoperto di essere stata adottata, aveva sempre cercato le attenzioni altrui e, non essendoci riuscita in maniera normale, era ricorsa a metodi drastici. Tuttavia, ogni tanto, si sentiva molto combattuta, come se una parte di lei non desiderasse tutta quella violenza e quell'odio. La verità e che avrebbe semplicemente voluto essere normale.

All'improvviso dal cielo cominciarono a cadere dei fiocchi di neve. Erin alzò gli occhi al cielo e il primo, vero, sorriso di quella giornata le si stampò sul viso. Era arrivata l'ora di rientrare: era fin troppo tardi e si sarebbe sicuramente beccata un'enorme sgridata.

"Andiamo Byron!" disse poi. Continuando a sorridere come una sciocca. Il cane, per tutta risposta, scodinzolò e seguì fedelmente la sua padroncina.

 


salve a tutti sono! Grazie mille per aver letto questo primo capitolo, spero vi sia piaciuto!
Purtroppo dovremo aspettare ancora un po' prima che arrivino i nostri amati avengers! Non so quando uscirà il 2 capitolo, visto che lo sto ancora scrivendo, comunque spero abbastanza presto!
Grazie mille, aspetto i vostri pareri!
Erza_chan

( il titolo si riferisce alla canzone dei coldplay <3 )

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Capitolo 3
*** Radioactive ***


Erin aprì la porta di casa. Non fece in tempo a togliere il guinzaglio a Byron che già sua madre, Sue, le era adosso.

"Dove sei stata tutto questo tempo!? Sai che ore sono!? Tra poco si cena!" sbraitò, adirata.

Erin la ignorò. Non aveva nessuna voglia di parlare. Si sfilò lentamente gli stivali continuando a pensare alle sue cose, dopodichè si avviò lentamente verso camera sua, passando per il soggiorno. Le urla di sua madre erano solo un brusio confuso di sottofondo ma, improvvisamente, si sentì stringere il braccio.

"E no signorina! Dove credi di scappare?! Io e tuo padre siamo stufi di questo tuo comportamento! Smettila di atteggiarti da superiore!"

"Voi non siete i miei genitori, non devo rendervi conto di nulla!" Sibilò Erin. "Adesso mollami che mi stai facendo male." aggiunse con tono piatto.

Sua madre strinse ancora più forte. Aveva una presa di ferro e Erin cominciava seriamente a provare dolore.

"Ora vieni in cucina e facciamo e un bel discorsetto!"

"Lasciami andare."

"Non se ne parla! Devi darci un taglio adesso! Charles vieni un attimo!" – disse Sue, chiamando suo marito- "Se non vuoi venire di là, possiamo parlarne qui!" disse poi, rivolgendosi alla figlia.

"Lasciami andare." ripetè Erin, seccata.

Santo cielo, quanto ancora avevano intenzione di andare avanti? Pensavano davvero che parlare avrebbe cambiato qualcosa? Erano sempre stati dei pessimi genitori: non le avevano mai dato soddisfazione, non l'avevano mai lodata nè le avevano mai concesso di sbagliare: secondo loro sarebbe dovuta essere semplicemente perfetta! Erano sempre stati freddi con lei e, nonostante Erin adorasse il gelo, in quel caso lo aveva trovato solo doloroso. Voleva andarsene da lì, scappare e abbandonare tutto. Ma non poteva: si sentiva dannatamente in trappola e quella sensazione le dava alla testa.

"LASCIAMI ANDARE!!" urlò Erin, fuori di se. Poi, all'improvviso, successe qualcosa: piccole venature blu cominciarono a scorrerle sulla pelle, ricoprendole tutto il corpo e una sensazione di fresco la invase. La pietra cominciò a pulsare come non aveva mai fatto e una rabbia selvaggia si impossessò di lei: i suoi occhi divvennero color del sangue e tutto il suo corpo si fece blu. Con un solo, violento, gesto si liberò della presa della madre, sbattendola dall'altra parte della stanza. La donna si accasciò al suolo, perdendo i sensi. Intanto Bayron aveva cominciato a ululare per lo spavento, aumentando ancora di più il trambusto.

"Sue!" urlò Charles, che era appena entrato nella stanza.

Erin lo fissò. Aveva perso completamente il controllo ed era terribilmente spaventata. Si osservò le braccia e fissò la pietra: al suo interno c'era un violentissimo turbinio blu e le venature tutte intorno si erano gonfiate a dismisura. Cosa le era successo? Cos'era tutta quella forza? Si girò verso il padre:

"Cos'è tutto questo!?-urlò- "Su cos'altro mi avete mentito!? Cosa mi sta succedendo?!" Fece per avanzare verso di lui ma Charles estrasse prontamente una pistola e la puntò verso la figlia.

"Erin adesso calmati!-disse con voce tremante-"Non costringermi a spararti."

"Calmarmi?! E perchè dovrei! Sono un mostro!" sbraitò quest'ultima. Cielo, quanto la urtava: quello sciocco le puntava un'arma adosso! Ma come si permetteva!? E poi, com'è che aveva una pistola?! La ragazza sentiva la rabbia ribollirle dentro: tutto il rancore che aveva sempre provato era esploso. Senza rifletterci Erin si avventò contro suo padre, come un leone sulla preda. Lo disarmò in un sol colpo e fu per afferarlo, quando udì due spari. L'ultima cosa che vide prima di svenire fu sua madre con una pistola in mano e due freccette conficcate nel suo braccio.

                                                                                                           

Aprì gli occhi di colpo. Erin si trovava in una stanza, piccola e totalmente bianca. Era distesa su un lettino abbastanza scomodo, che sembrava essere l'unico mobile presente, fatta eccezione per un piccolo armadio di metallo. Fece per mettersi seduta ma si accorse di essere legata mani e piedi alla branda, inoltre era vestita solo con un camice bianco.

La ragazza passò in rassegna gli ultimi eventi: era ancora sotto shock, ma la sua metamorfosi, o qualsiasi cosa fosse stata, sembrava essere totalmente sparita. Aveva di nuovo la pella rosata, pallida come sempre o, se possibile, ancora di più. Non poteva vedere la pietra ma sapeva perfettamente che era tornata al suo stato originale: lo percepiva, come se fosse una parte del suo corpo.

"Vedo che ti sei svegliata." disse una voce. Erin vide entrare una giovane donna, non troppo alta, con i capelli corti rosso rame, leggermente ondulati. Era vestita con una tuta nera, aderente e portava al suo fianco una pistola, cosa che la ragazza trovo vagamente inquietante.

"Io sono l'agente Romanoff e tu dovresti essere Erin Taylor..."

Agente? Ma in che razza di posto era finita? Non sarà mica stato un manicomio?! Comunque quella donna aveva un'aria vagamente familiare, le sembrava di averla già vista da qualche parte o forse era semplicemente un'impressione. Erin si limitò ad annuire. Non dava facilmente confidenza agli sconosciuti. In verità non dava mai confidenza a nessuno.

"Come ti senti?" chiese l'agente Romanoff. Erin rimase un po' in silenzio scrutando la donna. Poi decise di rispondere, infondo peggio di così non poteva andare.

"Non credo che le mie condizioni le interessino davvero."-disse, asciutta-" Comunque se vuole saperlo sto male visto che mi tenete legata a un lettino."

La donna incarcò un sopracciglio, sorpresa della mancanza di rispetto della ragazza. Però era strano, infondo a ben pensarci lei non avrebbe risposto diversamente. Tuttavia decise di replicare bruscamente: non si faceva mica mettere i piedi in testa tanto facilmente.

"Mi hanno detto molte cose sul tuo conto e sembra che tu sia una piccola prepotente. Qui la gente come te non è vista di buon occhio: l'ultima volta che se n'è presentato uno così è stato fatto nero." disse l'agente Romanoff.

"Dovrebbe essere una minaccia questa?" rispose Erin con tono sarcastico-"Sono molto spaventata..."

All'improvviso la porta si aprì ed entrò un giovane uomo. Il cuore di Erin fece una capriola. Cascasse il mondo se quello non era Tony Stark! Che ci faceva una persona del genere lì?

"Oh andiamo Vedova! Non vorrai mica paragonarla al Piccolo Cervo, vero?! In fondo ha ragione, la state tenendo legata a una brada! Reagirei anche io così!" disse, sorridendo, Tony.

"Non è stato chiesto un tuo parere Stark e, in verità, non dovresti neanche essere qui." sbottò la Romanoff.

"Scusi Miss Gentilezza, dimentico sempre che lei è una persona molto educata! Comunque davvero slegala, infondo ora è calma."ribattè Tony.

Già, ora Erin era calma, ma la ragazza aveva la netta impressione che, anche se avesse avuto un altro strano attacco, avrebbe preso un sacco di botte: l'agente Romanoff non sembrava una persona adatta a essere picchiata, anzi...

Il filo dei suoi pensieri fu interrotto dall'ingresso di un altro strano tipo: questa volta si trattava di un uomo alto, di colore e pelato, con una strana benda sull'occhio sinistro. L'agente Romanoff fece subito un cenno col capo in segno di rispetto mentre Stark esclamò;

"Nick!Unisciti a noi, stavamo appunto discutendo..."
"Non mi interessa di cosa stavate parlando lei e l'agente Romanoff. Mi serve la ragazza subito nella sala riunioni. Agente la sleghi e la conduca lì. Stark lei può anche andare."- disse Nick (come lo aveva chiamato Tony...) con un tono che non ammetteva repliche.

Tony si avvicinò a Erin e, con aria complice, la slegò e le bisbigliò in un orecchio: "Vedi che alla fine ho sempre ragione io?" Poi le fece l'occhiolino e si allontanò, aprendo la porta.

"Tu vieni con me." -disse la Romanoff seria- " E niente scherzi."

Erin alzò gli occhi al cielo e si alzò. Fece per seguirla ma una domanda le sorse spontanea:

"Posso riavere i miei vestiti, Agente? Sa com'è non vorrei essere impresentabile davanti al suo capo." sibilò Erin con tono sfacciato.

La Romanoff la fulminò con lo sguardo, poi aprì l'armadietto con una chiave, estrasse un sacco e glielo porse.

"Muoviti, piccola vipera." disse la donna prima di uscire anche lei.

                                                                                     

Salve a tutti! Ecco il secondo capitolo della ff! Purtroppo il terzo non arriverà prima di febbraio :(! Ora che finalmente ho introdotto gli Avengers mi sento una persona felice! :')
Purtroppo temo che sarò un po' OOC con Natasha, è un personaggio piuttosto difficile da descrivere! Comunque spero la storia vi stia piacendo! Grazie per aver letto fin qui! Un bacio :*
Erza_chan

 

(un enorme grazie a little black cat per le recensioni e per il sostegno che mi da, a Leda per avermi sopportato fin qui e per avermi dato spunti d'ispirazione e infine a Im a murder girl per aver recensito il prologo :D Grazie a tutte! ) ( il titolo si riferisce alla canzone degli image dragons <3 )

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Capitolo 4
*** Revelation ***


Erin uscì dalla stanza e si ritrovò in un lungo corridoio: le pareti erano grigie, così come il pavimento, mentre le innumerevoli doppie porte presenti da entrambi i lati erano nere. La ragazza seguì l'agente Romanoff, che si fermò davanti a una di esse. La donna inserì il dito su uno scanner laterale e la porta si aprì, con un clangore secco. Si affacciarono su una grande stanza, col soffitto abbastanza alto, in cui erano incastonati diversi faretti, che illuminavano un grosso tavolo centrale. In piedi, da lati opposti di esso, si trovavano l'uomo bendato di prima e un altro ragazzo che, con grande stupore di Erin, portava sulla schiena una faretra colma di frecce e teneva in mano un arco.

 

"Ciao Tasha." disse rivolgendosi all'agente Romanoff.

 

"Ciao Clint." rispose lei, accennando a un piccolo sorriso.

 

Erin constatò che quello era il primo gesto umano che le aveva visto fare da quando era arrivata lì. Chissà se tra quei due c'era del tenero.

"Salve Erin. Io sono l'agente Fury e sono a capo di questo settore dello SHIELD." disse l'uomo di colore, tendendole una mano.

Erin non la strinse: non aveva nessuna intezione di avere contatti fisici con delle persone, almeno non dopo quello che aveva fatto.

"Si sieda Erin. Le volevo parlare di diverse cose oggi..." inizò Fury, ma venne subito interrotto.

"Come stanno i miei...genitori?" Erin aveva pronunciato quell'ultima parola con un attimo di indecisione- "E Byron?" aggiunge poi,

"Gli Agenti Taylor e Ross stanno bene. Suppongo che Byron sia il suo cane...anche lui dovrebbe stare bene, non si preoccupi." rispose Fury.

Erin sospirò. Fantastico, ora anche i suoi "genitori" erano agenti. Non sapeva più cosa aspettarsi.

"E questo SHIELD invece cos'è?" borbottò la ragazza, incuriosita.

" Strategic, Homeland, Intervention, Espionage and Logistic Division è il nome di questa organizzazione spionistica e militare internazionale, al pari dell' FBI o della CIA. Comunque "-riprese Fury-" avevo intenzione di parlarle di ciò che è successo ieri. Come già sa, Erin, lei è adottata. Suppongo che i suoi genitori gliel'abbiano detto: però deve sapere che lei non proviene semplicemente da un orfanotrofio, ma fu trovata 19 anni fa dai me e i miei agenti, in Alaska."

 

Sulla faccia della ragazza si disegnò un'espressione di stupore enorme.

 

"In Alaska?"

"Si. Durante un sopralluogo venne rinvenuto, all'interno di una caverna tornata alla luce grazie a una bufera di neve, un cadavere. Aveva le parvenze di una donna, il ghiaccio l'aveva conservata abbastanza bene. Era diversa, non era chiaramente umana: aveva la pelle blu e i suoi lineamenti erano davvero singolari. Accanto a lei c'era uno strano oggetto: era una sfera blu, abbastanza grande e, al suo interno, si intravedeva l'immagine di un bambino. Sembrava quasi una placenta e, evidentemente, aveva protetto quel neonato dal freddo per molto tempo. Quando uno dei nostri scienziati lo sfiorò per prenderlo, l'involucro si ruppe e ne uscì una bambina: aveva anche lei la pelle azzurra e gli occhi rossi scuro. Tuttavia quando fu sfiorata da una mano umana la piccola pietra che le stava posata sul petto si spostò sul polso e vi si incastonò. La sua pelle divenna rosea e i suoi occhi verdi. Nessuno riuscì mai a capire di che razza fosse o da dove provenisse."

 

Fu lì che Erin cominciò a capire quello che Fury stava dicendo, per quanto assurdo potesse sembrare.

 

"Venne portata con noi nella base dello SHIELD"-riprese l'uomo-" dove venne analizzata e testata: risultò una bambina perfettamente normale, se non fosse stato per quella piccola gemma blu. Con le dovute precauzioni venne affidata a due nostri agenti, l'agente Taylor e l'agente Ross, da poco sposati. Venne offerta loro un'abitazione e un aiuto economico in cambio e i due accettarono. Trovammo a entrambi un posto di lavoro e i due condussero una vita normale. Alla bambina venne dato il nome di Erin e crebbe senza troppi problemi, nonostante manifestasse un carattere diverso e, qualche volta, delle particolarà fisiche. Il resto già lo sa."

 

Erin rimase interdetta. La stavano sicuramente prendendo in giro.

Cosa voleva dire tutto questo? Quindi era una specie di mostro? Per tutto quel tempo aveva nutrito nel suo cuore la speranza di essere semplicemente particolare ma mai avrebbe pensato di essere...cosa? Aliena forse?

 

"Nessuno quindi sa cosa io sia?" domandò con voce spezzata.

"In realtà qualcuno a cui chiedere chiarimenti ci sarebbe. Si chiama Thor, forse l'avrà già sentito nominare. L'abbiamo conosciuto relativamente poco tempo fa: lui viene da un altro pianeta, da Asgard. Magari su alcune questioni è più informato di noi. Purtroppo momentaneamente non è contattabile. Per questo lei sarà ospitata in questa base fino a che Thor non sarà nuovamente raggiungibile. A quel punto fisseremo un colloquio con lui e vedremo se ne sa qualcosa."

 

Volevano farla rimanere laggiù a tempo indeterminato? Seriamente?!

 

"Oh già dimenticavo. Con lei venne rinvenuta anche questa." Disse Fury tirando fuori da una tasca un sacchettino, da cui estrasse una pietra.

Con grande stupore Erin constatò che era identica a quella che aveva sul polso, solo che non brillava.

"Ma questo cosa vorrebbe significare?" chiese, sempre più confusa.

"Nessuno ne ha la più pallida idea. In realtà non abbiamo ancora ben chiare le sue origini: nessuno è riuscito a svelare il mistero che la circonda. Per questo abbiamo deciso di rivolgerci agli abitanti di Asgard." concluse Fury.

 

Vi fu un attimo di silenzio, carico di tensione, poi Erin scoppiò a ridere. Fu una reazione talmente strana che persino Clint e Natasha sobbalzarono. Rideva per isteria, per paura. Troppe informazioni tutte in una sola volta: aveva appena scoperto di essere un mostro, provienente da non si sa dove e ora era costretta a rimanere inchiodata in quella base?! Ma stavano scherzando fra tutti!? Si alzò di scatto, la faccia ancora sfregiata da quel ghigno e corse fuori dalla porta: voleva rimanere sola, non voleva nessuno intorno, altrimenti li avrebbe strangolati tutti quanti!

Uscendo sbattè contro un uomo, abbastanza corpulento, che indossava un grosso paio di occhiali e aveva i capelli bruni. Erin non se ne curò minimamente e continuò la sua follecorsa : dove stava andando? Non lo sapeva nemmeno lei. Non sapeva minimamente che strada prendere, nè lì nè nella sua contorta vita.

"Cosa succede qua dentro?" domandò il signore.

"Professor Banner! Arriva in un pessimo momento!"-esclamò Clint-"La ragazzina è appena fuggita!"
 


Salve a tutti!  Sono riuscita a mettere su il terzo capitolo prima di febbraio! Sono sorpresa di me stessa!
Comunque grazie mille a tutti per averlo letto! So che è un po' noioso, ma purtroppo serviva per chiarire (parzialmente) la storia di Erin..
Aspetto i vostri commenti, i vostri pareri e (se servissero) i vostri pomodori in faccia!
A presto!
Erza_chan

(Grazie mille a little black cat per avermi consigliato, a Leda per avermi sopportato e avermi incoraggiato, a MarraMarra 28 per aver recensito l'ultimo capitolo, a Alexia Dubhe black,  angelika4ever, Destiel_Doped, Mumma, SeleneGraywolf e yumiko06 per aver messo la storia tra le seguite e a MarraMarra28 per averla addirittura aggiunta alle preferite! Grazie mille a tutti!)

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Capitolo 5
*** You held me down, but I got up ***


La porta si chiuse di scatto dietro a Erin, sotto lo sguardo ancora confuso del dottor Banner e il silenzio calò nella stanza.

"Non mi aspettavo una reazione poi tanto diversa. Agente Barton, Agente Romanoff, cercatela. Conducetela in una stanza al 3 piano e fatela uscire solo se autorizzata. Voglio che sia sorvegliata 24 ore su 24. Bruce, appena la ripeschiamo voglio che le faccia delle analisi approfondite. Sono stato chiaro?" disse Fury, con il suo solito deciso.

I tre annuirono. Natasha e Clint corsero fuori:

"Io faccio questa parte del seminterrato, tu vai ai piani superiori, ok? Tanto non conosce la struttura, non può essere andata molto lontano!" disse la Romanoff.

"Ok Nat. Il primo che la trova avverte l'altro."

Poi presero direzioni diverse. Era buffo, pensava Natasha: nonostante Erin avesse preso male la notizia non aveva versato neanche una lacrima: si era limitata a quella risata isterica, conturbante per certi versi. Quella ragazza era maledettamente orgogliosa e in un certo senso le somigliava: forse era proprio per questo che non la sopportava.

Natasha arrivò alle scale più vicine: Erin non aveva potuto certo usare l'ascensore, visto che serviva un'impronta digitale, quindi doveva per forza essere scesa da quella parte, a meno che non si fosse addentrata ancora di più nei meandri di quella complessa struttura per cercare altre rampe. Le scale scendevano per tre piani: molto probabilmente Erin si trovava più infondo possibile, dedusse l'agente Romanoff: del resto se uno vuole isolarsi dal mondo cerca di scappare il più lontano possibile, no?

La spia corse giù, fino al terzo livello, dove si trovavano la palestra e la piscina. In fondo al corridoio, invece, c'erano gli spogliatoi, di cui Natasha aprì la porta senza esitazione: dentro era buio e non si vedeva assolutamente nulla, ma l'orecchio allenato della donna percepì un respiro. "Beccata." pensò.

Dopodichè si diresse verso l'interruttore e accese la luce.

                                                                                                                       *

 

Erin aveva corso fino ad avere il fiatone: si era precipitata giù per le scale cercando un posto buio e, possibilmente, freddo. Aveva bisogno di pensare, di schiarirsi le idee e di fare il punto della situazione. Si era fermata al terzo piano: c'erano solo 3 porte ma l'unica accessibile senza una tessera o qualche altra strana diavoleria tecnologica era quella in fondo al corridoio. La ragazza l'aveva aperta e si era ritrovata in uno spogliatoio pieno di armadietti e di panche in legno. Si era accoccolata su una di esse e aveva chiuso la porta. Le gambe al petto e la faccia poggiata sulle ginocchia, aveva riflettuto parecchio: nelle ultime 24 ore le era piombata adosso un'altra realtà che, fino ad allora, non aveva mai creduto nemmeno vagamente possibile. Aveva scoperto di essere una specie di aliena, ma questa era la cosa che, forse, la turbava meno: ciò che la inquietava di più era l'idea che nessuno sapesse darle un'origine certa, o sapesse rispondere alle centinaia di domande che le annidiavano nella mente. Inoltre c'era questa Agrad...Asrad... o come cavolo l'aveva chiamata Fury: a quanto pare davvero non erano soli nell'universo. Erin in realtà lo sospettava già dalla battaglia di New York, nonostante i media avessero cercato di convincere la popolazione che si fosse trattato di un attacco terroristico, lei non se l'era bevuta.

Erin aveva cominciato a tremare compulsivamente: la ragazza forte e superiore che era in lei stava vacillando sotto il peso di tutte queste informazioni dannatamente illogiche. Adesso che avrebbe fatto? Certamente non sarebbe tornata a scuola o a casa sua e probabilmente non avrebbe più visto nessuna delle persone che conosceva: era rinchiusa in quel cavolo di posto, con una mandria di matti che giocavano ad essere agenti segreti. Tutte le sue poche certezze si erano infrante in un colpo solo e in maniera irreparabile.

Alzò la testa. No. Lei non si sarebbe fatta sconfiggere così facilmente: ora aveva un nuovo obbiettivo, scoprire chi fosse realmente. Non doveva avere paura di se stessa. Fino a quel momento aveva vissuto all'oscuro di tutto e così avrebbe continuato a fare finchè non ci sarebbero state ulteriori rivelazioni.

 

You held me down, but I got up
Already brushing off the dust
You hear my voice, you hear that sound
Like thunder, gonna shake the ground
You held me down, but I got up
Get ready cause I’ve had enough
I see it all, I see it now

 

Lei avrebbe contiunuato a camminare a testa alta, come sempre.
 

I got the eye of the tiger, a fighter, dancing through the fire
Cause I am a champion and you’re gonna hear me ROAR
Louder, louder than a lion
Cause I am a champion and you’re gonna hear me ROAR
Oh oh oh oh oh oh
You’re gonna hear me roar

 

Avrebbe superato anche quel momento, proprio come aveva fatto quando aveva scoperto di essere stata adottata: nulla l'avrebbe placata. Ora sapeva cosa fare: non si sarebbe buttata giù per nulla, anzi avrebbe affrontato la realta faccia a faccia. Aveva definitivamente ripreso il controllo e non lo avrebbe più perso. Lei non era una debole ragazzina frignona, lei era forte, l'avrebbe dimostrato a tutti, compresa se stessa e ..... La luce si accese all'improvviso, infastidendo gli occhi della ragazza, che ormai si erano abituati al buio e interrompendo le sue riflessioni.

"Ti ho trovata, piccola vipera." disse Natasha, con tono quasi scherzoso. "Tutto a posto, l'ho trovata." aggiunse poi, parlando con Clint attraverso l'auricolare.

"Quanto ancora hai intenzione di nasconderti?"

"Non mi sto nascondendo." sibilò Erin. .

Sempre così dannatamente orgogliosa, pensò Natasha.

"A me pareva il contrario." ribattè la spia, ma venne subito fulminata da un'occhiata gelida. "Comunque, ho l'ordine esplicito di portarti nella tua stanza e di non farti uscire"-riprese l'agente Romanoff, fingendo di non aver notato nulla- "ma suppongo che tu non abbia poi così tanta voglia di stare rinchiusa."

Erin aggrottò un sopracciglio: adesso quell'odiosa donna si interessava a ciò di cui aveva voglia o meno? Era forse pietà?

"Prima che tu me lo chieda, no, non è pietà." disse Natasha, sorprendendo Erin-"So semplicemente come ci si sente nella tua situazione. Forza, vieni con me."

Dopodichè la donna aprì un armadietto e le lanciò una tuta, che Erin prese prontamente al volo.

"Andiamo a sfogarci un po'. Dovrebbe starti: sei alta più o meno quanto me." Disse Natasha, alludendo ai vestiti.

La ragazza si limitò a cambiarsi e a seguirla. Forse la spia non aveva poi tutti i torti: doveva fare un po' di movimento, altrimenti avrebbe rischiato di uccidere di nuovo qualcuno.

                                                                                                           *

 

Natasha si diresse verso la palestra e estrasse, da una delle innumerevoli tasche nascoste della sua divisa, una tessera, aprendo poi la porta. Il locale era abbastanza grande, con un soffitto parecchio alto, da cui pendevano diversi sacchi da box. La spia si avvicinò a uno di essi e fece cenno ad Erin di raggiungerla. La ragazza non si mosse di un solo passo.

"Spero che stia scherzando." disse, invece.

"Nemmeno lontanamente. Cos'è, hai forse paura di uno sforzo fisico?" ribattè l'agente Romanoff.

Voleva essere una provocazione? La credeva così ingenua?

Tra le due era una tensione incredibile: erano come due leoni che si scrutavano, cercando i rispettivi punti deboli, prima di attaccare.

"No. Non mi manca certo il fisico: ho solo paura di farmi male facendo i movimenti sbagliati." ammise seccamente Erin.

"Bene: fai come dico io e vedrai che non ti romperai nemmeno un'unghia."

"Io non prendo ordini da nessuno." disse la ragazza,con sguardo altezzoso.

Natasha aggrottò le sopracciglia.

"Forse dovresti imparare ad accettare l'aiuto di qualcuno di tanto in tanto, invece di essere così sempre maledettamente orgogliosa, no?" obiettò la spia.

"Ha sicuramente parlato quella che si fa aiutare da tutti!" sbottò Erin.

"Colpita e affondata. 1 a 0 per la piccola vipera." pensò Natasha. Forse l'aveva sottovalutata.

"Fai come vuoi ragazzina." si limitò a dire, cominciando a picchiare il suo sacco, con una violenza e una velocità inaudita.

Erin invece, dopo un po' di riscaldamento, si diresse alle spalliere: con due balzi arrivò in cima a quella più alta, vi si aggrappò con le gambe e si ribaltò all'indietro. In quel modo vedeva tutto capovolto: tuttavia non riuscì a non notare l'immensa forza dell'agente Romanoff. Anche a testa in giù si vedevano chiaramente i suoi muscoli tesi e i capelli rossi scarruffati: era maledettamente bella e terribilmente letale. Chissà com'era davvero. Erin aveva capito subito che Natasha portava sempre una maschera, attraverso la quale nascondeva i suoi veri sentimenti e le sue opinioni. L'agente si limitava a annuire e ad eseguire ordini random. Chissà come faceva a sopportare tutto quello...

La ragazza si staccò velocemente dalla spalliera e arrivando a terra con un tonfo.

"Sei abbastanza agile, tuttavia dovresti essere più silenziosa. Così, guarda." sentenziò la spia.

"Così com---?" ma le parole morirono sulla bocca di Erin quanto vide Natasha prendere lo slancio e, con un solo salto, giungere in cima alla spalliera e appollaiarvisi. L'agente guardò divertita Erin, che aveva disegnata in faccia un'espressione di stupore enorme. Forse quella ragazza in fondo provava dei sentimenti. Dopo qualche secondo Natasha saltò giù, facendo una capriola e atterrando impeccabilmente, attutendo il suono della caduta con le gambe e con le braccia.

Vi fu un attimo di silenzio in cui Erin spalancò gli occhi , stupita come non lo era mai stata in vita sua e Natasha si rimetteva in piedi, tornando al suo sacco.

"Come ha fatto?" riuscì finalmente a sputare fuori la ragazza.

"Con anni e anni di duro allenamento. Credimi, non sempre è stato piacevole, ma vedere la tua espressione gelida mutare così è già una notevole ricompensa." rispose Natasha, incrinando lievemente le labbra.

"Io non sono stupita!"sibilò Erin, riprendedo il controllo.

"Nono, piccola vipera, non lo sei per nulla." replicò Natasha, con tono ironico.

Erin stava per negare ulteriormente, ma la porta della palestra si aprì, interrompendo la loro discussione.

 

"Salve Natasha! Che bello rivederti!" salutò l'uomo appena entrato, con tono fin troppo dolce, come constatò Erin.

"Ciao Steve! Erin lui è Steven Rogers, conosciuto anche come Capitan America."

"Ciao piccola!" esclamò l'uomo con un sorrisone.

 

La ragazza lo scrutò, torva. Piccola a chi? Solo perchè lui era un bestione pieno di muscoli non doveva permettersi di trattarla così.

 

"Fossi in te non la chiamerei in questo modo. La piccola vipera è una tipa parecchio aggressiva." disse Natasha e, per una volta, Erin si trovò d'accordo con la spia.

 

"Ah ok ...mi spiace.." -cercò di scusarsi, impacciatamente, Steve- "Ma, comunque, chi sei? Sempre che tu voglia dirmelo..."

"Non voglio." rispose semplicemente Erin.

 

Natasha lanciò uno sguardo di comprensione a Capitan America, che era completamente spiazzato.

 

"Forse è il caso di andare. Fury sarà già abbastanza seccato da questo ritardo." disse Natasha, girandosi e facendo cenno a Erin di seguirla verso gli spogliatoi.

La ragazza fece per andare, ma, improvvisamente, intercettò lo sguardo di Steven, che percorreva le forme di Natasha.

Pervertito.

La porta si chiuse e l'agente Romanoff uscì dalla stanza, lasciando soli Erin e il ragazzo.

 

"Fossi in te non ci proverei con lei. Credo che abbia già una storia con l'agente Robin Hood." disse Erin, con tono freddo e autoritario.

"Ma io non..."cercò di ribattere Capitan America, ma venne ammutolito dallo sguardo della ragazza.

"Non amo essere presa in giro. Sappilo." concluse Erin.

 

"Hai intenzione di venire??"si sentì urlare Natasha dal corridoio.

"Eccomi!" ribattè Erin, avviandosi verso l'uscita e lasciandosi alle spalle un Capitan America totalmente sconfitto.

  Salve a tutti! Sono tornata! scusate se il capitolo è lunghissimo ma, credo, che d'ora in avanti saranno tutti più o meno così...altrimenti non si finisce più :') ringrazio, little black cat, saury nel cuore e ledy saury ( che si è finalemente decisa a iscriversi) per l'appoggio che mi danno <3 e anche tutti quelli che mi stanno seguendo! grazie mille per aver recensito e aver aggiunto la storia tra le seguite/ preferite! grazie mille a tutti! <3
Erza_chan
( il titolo è una frase della canzone Roar di Katy Perry <3)

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Capitolo 6
*** Wanted to be left alone. ***


                                                                        

"Siete in estremo ritardo." constatò Fury, seccato.

Forse, pensò Erin, si erano prese troppo tempo per cambiarsi e farsi la doccia.

Poco male: a lei non importava molto infrangere le regole di quel posto.

"Ci scusi. Purtroppo la ragazza è stata più difficile del previsto da calmare." rispose, con tono dispiaciuto, l'agente Romanoff.

Wow. Mentiva in maniera impeccabile: se non fosse stata presente, Erin non avrebbe mai dubitato delle sue parole.

"Ok. Provveda a portarla nella sua stanza, agente Romanoff, dopodichè, prima di cena, le verranno fatte delle analisi approfondite. Verremo a chiamarla. Per la sorveglianza può darle il cambio l'agente Barton. Lo contatti se necessario." ordinò Fury, andandosene.

Già, la cena. Da quant'era che non mangiava? Erin aveva perso totalmente la cognizione del tempo: in quella base non c'era nemmeno una misera finestra da cui poter vedere il cielo e capire l'ora.

Il pensiero del cibo le fece venire i crampi allo stomaco: maledetto uomo bendato che glielo aveva ricordato. Stava benissimo anche senza.

"Andiamo. Ti porto su, al 3 piano: lì ci sono una serie di stanze, utilizzate occasionalmente. Praticamente avrai tutta la zona per te." spiegò Natasha, avviandosi verso l'ascensore.

La salita durò solo qualche secondo: le due si ritrovarono nell'ennesimo corridoio grigio, con le pareti tempestate di porte nere. L'originalità non era decisamente il punto forte dello SHIELD.

La spia ne aprì una: dava su un locale alquanto piccolo, con un grosso letto che occupava quasi tutto lo spazio e un armadio in ferro lucido, che faceva anche da specchio. Una porticina secondaria dava su un bagno. Almeno c'era una doccia privata, constatò Erin.

"L'interruttore della luce è qua, dietro la porta, mentre la chiave dell'armadio si trova là, sul letto." la avvertì Natasha.

Erin annuì, poco convinta. Che posto squallido.

"Piccola vipera." -la apostrofò Natasha-"io ora devo andare. Mi darà il cambio Clint, ok? Credo che ci rivedremo stasera per la cena."

"Ok." replicò Erin. Non sapeva bene perchè ma l'idea di non trovarsi più con la Romanoff la disturbava. Certo, non che la adorasse come persona, sia chiaro, però aveva saputo trattarla bene.

"Allora ciao." salutò Natasha e fece per andarsene, quando Erin la bloccò.

"Grazie." si limitò a dire, con il suo solito tono freddo. Si sforzò immensamente per pronunciare quella parola, ma sentiva di doverla alla spia.

"Di nulla." ribattè Natasha, incrinando lievemente le labbra e uscendo.

Quella ragazzina era davvero complicata, pensò la rossa, mentre andava a fare rapporto a Fury.
                                                                                                                  *

Erin si buttò sul letto e chiuse gli occhi. Si trovava nella stessa identica posizione di qualche ora prima, a casa sua.

Sembravano passati anni. Istintivamente fece per accarezzare Byron, ma accanto a se trovò solo il vuoto. Per la prima volta in vita sua Erin provò un'immensa nostalgia: certo, la sua situazione familiare non era mai stata delle migliori, ma ora che aveva perso anche quel poco che aveva, un po' soffriva.

Qualcuno bussò delicatamente.

"Erin salve, sono l'agente Barton, posso entrare?"

Se poteva entrare? Perchè no in fondo?

"Faccia pure." rispose Erin.

La porta si aprì e la ragazza si trovò davanti il giovane ragazzo moro di qualche ora prima, sempre impeccabilmente munito di arco e frecce.

"Sono stato incaricato di sorvegliarti: non preoccuparti cercherò di non essere troppo invadente. A una certa ora mi chiameranno per farti fare delle analisi e allora dovrò condurti in laboratorio. Per il resto del tempo starò fuori dalla porta." dichiarò Clint, tornando nel corridoio.

Rapido, efficente e dritto al punto. Forse Erin capiva perchè l'agente Romanoff si fosse invaghita di un tipo così. Le si addiceva perfettamente.

La ragazza si alzò e raccolse i capelli corvini in una coda: per fortuna il giorno in cui era stata portata allo SHIELD aveva un elastico con se. Nel tirare su le braccia, la manica della felpa scivolò, facendo ricadere l'attenzione di Erin sulla pietra: nelle ultime ore non l'aveva minimamente considerata ma, adesso, si rendeva conto che quella strana gemma poteva essere la spiegazione ad ogni cosa. Tuttavia doveva spettare che questo strano alieno si degnasse di arrivare sulla Terra per illuminare tutti quanti con le sue sagge spiegazioni. Era frustrante sapere di non poter fare assolutamente nulla.

Erin scrollò il capo, scacciando tutti i pensieri negativi e si guardò intorno: non trovava assolutamente nulla degno di nota in quella piccola stanza. Non aveva assolutamente idea di cosa fare, così decise di uscire in corridoio: chissà, magari l'agente Barton le avrebbe fatto fare un giro, come aveva fatto Natasha.

La ragazza spalancò la porta, con la poca grazia che la contraddistingueva, facendo sobbalzare Clint.

"Ci sono problemi?" si affrettò a domandare quest'ultimo.

"No, nessuno."

"Allora perchè sei uscita?" domandò, perplessa la spia.

"Perchè mi andava di farlo e poi mi annoiavo." rispose prontamente Erin, senza mutare il suo tono glaciale.

Un brivido freddo salì su per la schiena di Clint: quella voce, quegli occhi verdi e quei capelli neri...La ragazza somigliava terribilmente all'alieno che lo aveva manipolato, usandolo contro i suoi amici: Erin somigliava tantissimo a Loki.

L'agente Barton ebbe l'impulso di assalirla, sfogandosi per tutto il rancore tutta la rabbia che provava, ma si trattenne. La ragazza non aveva nessuna colpa, la parte razionale di Clint lo sapeva benissimo, ma quell'irritante somiglianza lo turbava in maniera profonda.

"Torna dentro: non ho il permesso di condurti da nessuna parte. In realtà non avrei nemmeno l'autorizzazione a farti mettere il naso fuori da quella camera." sibilò gelido.

 

Erin lo guardò perplessa: evidentemente lo aveva irritato più del previsto, anche se non capiva come. In fondo non era stata meno sfacciata del solito.

"E cosa faccio tutto il tempo? Mi annoio e mi sento in trappola là dentro." decise di continuare, imperterrita.

"Mi dispiace per te." rispose in modo sarcastico Clint.

Erin stava davvero perdendo la pazienza.

"Senta si può sapere che le ho fatto?" sibilò Erin, con tono scocciato.

Barton stava per ribattere, ma venne interrotto da una chiamata di Fury, che lo avvertiva di portare la ragazza al piano terra.

"Nulla. Andiamo." ordinò Clint, felice di poter troncare il discorso.

 

I due scesero usando l'ascensore: nell'aria c'era una tensione enorme, tanto che, se Erin avesse voluto, avrebbe potuto tagliarla con un coltello. Barton la accompagnò fin davanti all'ennesima porta nera. Come facessero gli agenti a non perdersi era un enorme mistero.

Ad accoglierli c'era quel signore bruno, che Erin aveva urtato quella mattina accidentalemente, scappando via.

"Agente Barton può andare, adesso la ragazza è sotto la mia tutela." disse, sorridendo, l'uomo.

Clint si allontanò, quasi sospirando di sollievo, senza aprire bocca e facendo solamente un cenno di saluto con la mano.

                                                                                                                    *

Erin si guardò intorno. La stanza era  abbastanza grande, illuminata da numerosi faretti, che conferivano all'ambiente un'atmosfera  calda e accogliente. Su un lato si trovavano alcuni macchinari e degli scaffali, ricolmi di strumenti medici di vario genere, di fronte invece erano situati  un tavolino bianco e due sedie. L'uomo fece cenno a Erin  di accomodarsi su una delle due, mentre lui rovistava in un armadietto.
"Io sono il dottor Banner." disse, finalmente, girandosi verso la ragazza, con una siringa e del cotone in mano. "Sarò il tuo medico per un po' di tempo, Erin.  Perché é così che ti chiami, giusto?"
La ragazza assentì con un cenno della testa ma non proferì parola.
Scrutò il professor Banner con notevole interesse: quell'uomo non sembrava né un agente supersegreto né un supereroe. Era semplicemente normale. O almeno così pareva: ormai Erin non dava più nulla per scontato.
"Ti dispiacerebbe porgermi il polso? Devo prelevarti del sangue per le analisi..."
Erin arrotolò la manica della felpa fino al gomito e tese il braccio senza la pietra in avanti. Il dottore  legò un laccio emostatico e attese un po', dopodiché infilò la siringa nella vena.
La ragazza rimase a guardare, mentre l'ago le penetrava sotto la pelle: non le faceva assolutamente impressione, anzi la incuriosiva vedere il sangue fluire fuori dalle vene. Almeno aveva  la conferma che quello fosse ancora rosso, come quello di una persona comune.
"Non ti da noia?" domandò sorpreso Banner, alludendo al prelievo. "Ho visto gente svenire alla sola vista della siringa!"
Erin scrollò il capo.
"Non mi traumatizzo per così poco." si limitò a rispondere.
"Mi fa piacere che ci sia ancora qualcuno con un po' di sangue freddo."
"A me sembra che qua dentro il sangue freddo non scarseggi." ribatté Erin,  pensando a Natasha e Clint e alla loro professionalità.
"Molte sono solo apparenze, tienilo a mente." sorrise Banner.

Perfetto. Voleva forse tenerle  un sermone sulla vita e le sue numerose difficoltà?

"La sua è apparenza?" domandò Erin a bruciapelo e con tono tagliente.
"Lo è più di quanto tu possa immaginare."
"Ovvero?" chiese la ragazza, incuriosita dalla risposta.
"Diciamo che quando io perdo la pazienza" -spiegò Banner, mentre estraeva la siringa -"Creo diversi problemi."
" Se è per questo anche io. É il motivo per cui sono rinchiusa in questa base." osservò scettica, Erin.
"Penso che la situazione sia diversa: da quel che Fury mi ha riferito, diventi violenta ma non perdi il controllo o, se succede, è un fenomeno limitato. Sei cosciente di ciò che fai..."
"Lei invece no?" incalzò Erin, sempre più incuriosita.
"Se io mi arrabbio"- Banner si interruppe esitante ma poi riprese -"l'Altro prende il controllo su di me e mi trasforma in un mostro, verde e violento."
"Il gigante della battaglia di New York!" si lasciò sfuggire la ragazza, pentendosi immediatamente di averlo detto.
Il tormento del dottore era evidente dalla sua espressione: doveva essergli costato un sacco spiegare alla ragazza la sua duplice natura.
"Esattamente. Lui è Hulk e non è esattamente....docile. Per evitare che prenda il sopravvento devo cercare di essere sempre calmo." concluse Banner, sospirando.

Erin osservò stupita quella che, fino a pochi minuti prima, aveva considerato una persona normale. Benché si fosse aspettata qualche stranezza, pensare che quel signore dall'aria tanto gentile fosse un mostro la turbava. Chissà se la sua trasformazione aveva fatto lo stesso effetto. Probabilmente no, visto che lei non aveva mai un aspetto dolce che mascherasse la sua violenza.

"Ma ora parliamo di qualcosa di più divertente" sorrise Banner, misurandole la pressione. "Come trovi questa base?"
"Una prigione: non c'è nemmeno una finestra."
"Temo ce sia colpa mia, cioè dell'Altro." spiegò farfugliando il dottore, sentendosi visibilmente  in colpa.
"Capisco. È per evitare imprevisti, vero? Sono fin troppo prudenti qua dentro. Pensi che ero stata addirittura legata al letto, dopo la cattura. Esagerano." cercò di confortarlo Erin.

Normalmente non avrebbe mai aiutato qualcuno in difficoltà, ma si riconosceva, parzialmente, nei tormenti quell'uomo. In fondo il suo problema non era poi così diverso.

Banner scosse il capo, sorridendo, ma non aggiunse altro.
Le contò i battiti cardiaci, la misurò e la pesò, segnandosi tutto su un blocchetto. Passò diverso tempo prima che Il dottore si decidesse a rompere il silenzio.

"Hai i tutti i valori regolari: attenderemo i risultati delle analisi del sangue ma, vedendo il resto, non mi aspetto nulla di anomalo."
"È positiva come cosa?" domandò subito Erin.
"Non saprei. Vedi, per esempio, io e Steave stiamo diversi, ma abbiamo anche un metabolismo particolare,  nel tuo caso invece è tutto talmente regolare da sembrare inquietante. Nessuno, analizzandoti, potrebbe mai pensare che tu possieda capacità fuori dal comune."
"Non possiedo nulla  fuori dal comune: sono parte di una specie di aliena! Non la definirei esattamente una capacità..." sibilò Erin, infastidita.
Banner scosse il capo, ma preferì non ribattere. In fondo la ragazza non aveva poi tutti i torti, forse aveva sbagliato termine, ma il concetto era arrivato.
"Posso vedere la pietra?" decise di domandare, dopo qualche attimo colmo di tensione.
Erin sbuffò, ma ubbidì. Con rinnovato interesse, il dottore le si avvicinò e la scrutò con attenzione.
"Sa dirmi qualcosa in proposito?"
"Nulla. Non è chiaramente un materiale di questo pianeta o, anche se lo fosse, non saprei proprio di cosa possa trattarsi." rispose Banner, distogliendo lo sguardo.
"Una risposta davvero originale ma, la prego, non se ne faccia una colpa." sibilò, ironica, Erin, visibilmente irritata dalla mancanza di informazioni.
"Non era mia intenzione." disse sorridendo Banner, che non sembrava minimamente colpito dalla sfacciataggine della ragazza.  Evidentemente vivendo in mezzo agli Avengers si faceva l'abitudine a certe risposte.
"Piuttosto-riprese il dottore- non hai fame?"
Erin stava per rispondere ma il gorgoglio del suo stomaco la anticipò. Banner sorrise.
"Lo prendo per un si! Allora, vieni, andiamo a cena!"

                                                                                                              *
Erin e  il dottor Banner si avviarono verso il secondo piano. Con grande sorpresa della ragazza, questa volta non c'era un lungo corridoio tempestato di porte, bensì un'unica, grande, stanza. Da una parte si trovava un buffet, al centro della sala invece c'erano dei grossi tavoli in legno.  La mensa era quasi vuota, fatta eccezione per qualche agente e Natasha, Clint e Steave. I tre stavano mettendo da mangiare sui loro vassoi e chiacchieravano animatamente. Quando videro arrivare Erin e Banner sorrisero, tranne Clint che si limitò a scrutare la ragazza.
Lei, per tutta risposta, non lo degnò di uno sguardo.
"Ciao Bruce, ciao Erin." salutò la russa.
"Buonasera Natasha." sorrise il dottore.
La ragazza si limitò a un cenno della testa, dopodiché si diresse al buffet: aveva una fame da paura. Caricò il vassoio di insalata e roba di vario genere.
Il suo stomaco gorgogliò, già pregustando il tutto, quando venne interrotta.


"Come fai a mangiare così tanto e essere così magra?!" disse ridendo una voce.
Erin si girò per guardare chi fosse, ma Natasha la anticipò.
"Buonasera Stark. Sempre un piacere averla qui."
"Glaciale come sempre agente Romanoff!"

Erin fissò i due che si battibeccavano: era tutta una messa in scena o davvero tra quei due c'era dell'odio?
La ragazza optò per la prima versione: era ovvio che Natasha non facesse sul serio, anzi sembrava quasi divertirsi.
"Comunque, io e te non abbiamo ancora avuto l'occasione di presentarci, visto che qualcuno l'ultima volta che ti ho vista ti teneva legata a un letto." disse Tony, scoccando alla Romanoff uno sguardo accusatore.
Lei lo ignorò, avviandosi verso un tavolo con il resto del gruppo.
"Sono Tony Stark-riprese poi-" detto anche Iron man!"
"Io sono Erin. " rispose glaciale come sempre la ragazza.
"Qualcuno qui sta avendo pessime influenze: il tono alla Romanoff non ti dona per nulla!" le disse Tony, ammiccando.
"Quindi dovrei avere una voce più da spaccone tipo la sua?" sibilò Erin.

Non accettava prediche anche sul suo tono: lo aveva da prima di conoscere Natasha e così sarebbe rimasto.

"Ottima risposta!" -esclamò ridendo Tony. -"Forza andiamo a mangiare! Chissà quant'è che questi non ti nutrono come si deve!"

Su questo Erin fu costretta a dargli ragione: non avevano minimamente considerato il fatto che lei non mangiasse da ore. Comunque ormai era acqua passata. La ragazza si diresse al tavolo e si sedette in disparte, in una posizione tale da poter però sentire tutti i discorso che facevano Stark & co.
"Ragazzi comunque tra poco è Natale!" esclamò Tony.
Ma quello non stava mai zitto?
"Com'è perspicace Stark..."
"E lei agente Romanoff è simpatica quanto una pianta velenosa!"- ribatté indispettito Iron Man- "Comunque dicevo: ho organizzato una festa! Molto probabilmente sarà la  sera della vigilia!"
"In pratica vuol dire che Pepper ha organizzato tutto..."
Questa volta era stato Steave a parlare.
"È inesatto Vecchietto: io ho pensato alle playlist e alle decorazioni."
"Deve essere stato uno sforzo davvero immenso."
Natasha ripartiva alla carica. Evidentemente aveva una riserva inesauribile di insulti da vomitare su Tony.
Stark la ignorò.
"Siete tutti invitati, capito? Anche tu là in fondo, capito Erin?"
La ragazza sobbalzò sentendo fare il suo nome.
"Io non vengo. Odio le feste." si limitò a dire.
"Ma la mia non è una festa, la mia è la Festa con la lettera maiuscola! Sono sicuro che tu divertirai molto."
"Improbabile." cercò di liquidarlo Erin.
"Inoltre chi avvertirebbe Fury?" constatò giustamente Clint.
"Lascia fare a me, Legolas! Fury mi adora, sicuramente mi lascerà fare!"
"Fury ti detesta..." obbiettò Banner.
"Dottore! Non dica così, sa benissimo che Nick è il mio migliore amico!" sorrise Tony.

Se Fury era il migliore amico di Stark, Erin era bionda. Poco ma sicuro.

"Comunque Erin! Tu verrai e ti divertirai!"
"Io non verrò. Mi annoierei e basta."
"Scommetto di no!"
"Scommette? Lei è subito pronto a rischiare la pelle, signor Stark?" Domandò Erin, aggrottando un sopracciglio.
"Si! Ci scommetto!"
"E' troppo sicuro di sé."
"Ovvio, io sono un genio miliardario playboy filantropo."
"In questo caso accetto la scommessa. Qualora vincessi, com'è molto probabile, lei dovrà esaudire una mia richiesta senza fiatare. Accetta ancora?" sibilò Erin, spavalda, convinta di averlo incastrato.


Evidentemente non aveva inquadrato il soggetto.


"Ovvio! Sono sprezzante del pericolo!  Nel caso vincessi io, però, dovrai cambiare il  tuo tono. Non mi piace per nulla il fatto che sia così freddo! " Sorrise Stark.
"Va bene allora! Tuttavia quel tono è nella mia natura e, comunque,  non dovrebbe nemmeno interessarle..." sospirò sconfitta Erin.

Si era messa in difficoltà da sola, constatò maledicendosi.
"Certo che mi interessa! Non voglio avere due Romanoff, una basta e avanza! "- le sorrise Tony.- "Dovrai essere vestita elegante però! Mica jeans e felpa!"
"Come se avessi altri vestiti.."
"A questo possiamo provvedere!" disse Tony, estraendo il cellulare.
"Stark, davvero ha intenzione di scomodare Pepper per una sua infantile scommessa?" domando Natasha, prevenendo le intenzioni dell'uomo.
"Si da il caso, cara agente, che lei sia la mia ragazza! Quindi lasci che ci parli io!"
"Mi sono sempre chiesta come faccia a starle accanto da così tanto senza desiderare ucciderla."
"Non tutti sono crudeli come lei, sa? E adesso mi lasci telefonare!" concluse Stark.
Dopodiché si attaccò al cellulare e uscì dalla sala, per poi rientrarvi  cinque minuti dopo con aria trionfante.
"Allora il 20 subito dopo pranzo alla Stark Tower!" esclamò soddisfatto, rivolgendosi a Erin. "Vedrai che troverai senza dubbio qualcosa di carino da metterti, Pepper ha buon gusto, a differenza di qualche signora qua dentro..."
"Disse quello vestito da minatore..." sibilò Erin. "Non ho più fame. " concluse infine la ragazza, uscendo dalla mensa.

Erin scosse la chioma corvina, mentre aspettava Natasha per poter tornare in camera sua. Prevedeva che i giorni successivi sarebbero stati davvero burrascosi. Si era fatta coinvolgere in qualcosa di davvero odioso. Lei detestava le feste più di ogni altra cosa al mondo, tuttavia non era disposta a farsi battere da Stark. Lei non perdeva mai.

                                                                                      

Salve a tutti! Sono tornata prima del previsto! Spero vi sia piaciuto questo capitolo, anche se succedono un sacco di cose tutte insieme! Spero lasciate i vostri pareri nelle recensioni! Un enorme grazie a tutti quelli che mi seguono e sopratutto alle solite tre (ormai penso sappiate chi sono :') ) che mi sopportano e mi aiutano! Grazie mille a tutti, le vostre recensioni mi riempiono il cuore di gioia! Un bacio! <3
Erza_chan
(anche Erin vi ringrazia tanto, solo che è troppo glaciale per ammetterlo ;) )

( il titolo è una frase della canzone The monster di Eminem e Rihanna <3)
La foto usata all'inizio del capitolo è Black, risingby di lucuella su deviant art ( qui il link http://www.deviantart.com/art/Black-rising-48059910)

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Capitolo 7
*** I am trying to hold on ***


Erin si era sbagliata. I giorni che seguirono furono un autentico tormento: per la prima volta, da quando ne aveva memoria, si annoiava a morte. Dopo un secondo colloquio con Fury, che le aveva negato il permesso di tornare a casa a prendere le sue cose, la ragazza non aveva trovato assolutamente più nulla da fare. Era andata un paio di volte in palestra, quando Natasha aveva avuto il turno di sorveglianza, tuttavia la maggior parte del tempo Erin era tenuta sotto controllo da persone di cui non conosceva neanche il nome. Agenti secondari, supponeva la ragazza. Una volta era, però, capitato che fosse Capitan America in persona ad avere l'incarico: Steave aveva provato a rompere il ghiaccio, ma Erin non gli aveva assolutamente dato corda e la cosa si era chiusa lì.
La ragazza vedeva il dottor Banner piuttosto spesso: era tenuta costantemente sotto controllo anche dal punto di vista medico, ma non c'erano stati cambiamenti degni di nota. Il dottore però non le dispiaceva: era gentile, anche se ogni tanto aveva i nervi a fior di pelle, ma sembrava essere una cosa diffusa allo SHIELD.
Stark, invece,  non si era fatto più sentire e Erin aveva quasi tirato un sospiro di sollievo, salvo poi accorgersi, dopo una settimana di prigionia, di attendete il 20 dicembre con ansia. Forse doveva un favore a quel pomposo miliardario: in fondo le aveva dato l'occasione di rivedere la luce del sole, benché  Erin non avesse ancora capito come avesse fatto a convincere Fury a farla uscire di lì.


La mattina del 20 Erin si infilò i soliti vestiti, che era miracolosamente riuscita a fare lavare e uscì in corridoio.  L'appuntamento era dopo pranzo, ma l'idea di rivedere New York aveva fatto alzare la ragazza  davvero presto.
Appoggiato fuori dalla porta c'era Clint: era stato l'unico, a quanto aveva saputo Erin, a opporsi alla sua uscita. Chissà cosa temeva. Certo, lei non era esattamente una ragazza tranquilla, ma nell'ultimo periodo non aveva più dato segni di trasformazioni ed era stata anche piuttosto "ubbidiente".
Erin lo salutò con un cenno del capo. Clint si sforzò di rispondere ma era evidente che fosse piuttosto seccato. Si diressero verso la mensa e fecero una misera colazione: Erin non mangiava mai tanto la mattina: le sciupava la giornata. Sua madre aveva sempre criticato quest'abitudine, sostenendo che la colazione fosse il pasto più importante della giornata ed Erin l'aveva sempre ignorata.
La ragazza passò il resto della mattinata in camera, annoiandosi come sempre, fino a quando Natasha non aprì la porta, stranamente vestita in borghese.
"Buongiorno. Sembra che debba accompagnarti io alla Stark Tower." disse, con tono  seccato.
"Le dispiace molto?" domandò Erin, pungente.
"Abbastanza. Mi rovina i piani della giornata."
"Dica la verità, in realtà le secca non passare un'altra lunga giornata accanto al suo amichetto Barton." sogghignò Erin.
Natasha le rispose qualcosa, che suonò più simile a un ringhio che a una voce umana, poi uscì, facendole cenno di seguirla.
La ragazza, con un sorrisetto furbo stampato in faccia, le andò  subito dietro.

                                                                                                          *

Il viaggio in macchina era stato piuttosto breve, il che aveva fatto intuire a Erin che la base dello SHIELD non fosse troppo lontana dalla Stark Tower. Tuttavia le avevano bendato gli occhi all'uscita, quindi non ne poteva avere la certezza. Era stato piuttosto spiacevole farsi tirare per un braccio attraverso i corridoi sconosciuti della base: il contatto fisico irritava ancora profondamente Erin.
La ragazza e l'agente Romanoff furono accolte da un agente della sicurezza di Stark, il quale le scortò nei meandri dell'edificio fino a condurle davanti a una grossa porta in legno. Qui le annunciò e le due vennero accolte in un'ampia sala.
Al centro, seduta ad una scrivania, dietro a una finestra, si trovava una donna: aveva i capelli biondi, raccolti in una stretta coda ed era vestita con un tailleur grigio. Stava parlando con qualcuno al telefono, con tono decisamente professionale e estremamente pratico.
"Si signor Jones, ovviamente la nostra società prenderà parte alla riunione."
Quando la donna vide entrare Erin e Natasha fece un cenno con la mano, indicando loro di accomodarsi sulle sedie davanti a lei.
"Il signor Stark è stato avvisato. Molto probabilmente sarà presente. Arrivederci allora, a martedì signor Jones."
Con uno sbuffò mise giù la cornetta e, sorridendo , si rivolse alle due arrivate.
"Natasha, che piacere! E tu sei sicuramente Erin! Tony mi ha parlato di te e mi ha anche detto della vostra visita. Come posso aiutarvi?"

Erin si chiese come mai sapessero tutti il suo nome prima che si presentasse. Non era normale.

"Ciao Pepper." -attaccò Natasha-"ci ha mandato qui Tony...pensavo ti avesse spiegato il motivo."

"Figurarsi! Quell'uomo è perso nei suoi interessi. Si è limitato ad accennarmi il tutto." rispose Pepper, scuotendo la testa in segno di disapprovazione.

Natasha fece per spiegare ma Erin, con grande stupore delle due donne, prese la parola.
"Per i miei vestiti. Il signor Stark voleva che indossassi qualcosa di elegante per la festa di Natale e ha pensato bene di mandarci qui." spiegò con tono atono.

Rapida, dritta al punto. Non era decisamente il genere di persona che sopportare inutili convenevoli.

"Si, capisco."-fece Pepper-"anche se non ho la più pallida idea di come possa starti un mio vestito." concluse, alzandosi.

Fu allora che Erin notò che la donna era decisamente molto più alta di lei e si domandò dove avesse la testa Stark.

"Faccia un po' lei. Per me è indifferente."

Pepper lanciò uno sguardo interrogativo a Natasha, ma questa scosse il capo, quasi volesse dire di lasciar perdere il carattere di Erin.

"Molto bene allora, seguitemi al piano di sopra." concluse Pepper, avviadosi.

                                                                                                     

                                                                                                       *

Erin aveva visto armadi anche molto grandi, ma mai le era capitato di vedere un'intera stanaza adibita a guardaroba. Invece, era proprio questo lo spettacolo che adesso si trovava davanti: decine e decine di vestiti disposti ordinatamente, all'interno di vari scompartimenti, in un'unica sala, al cui centro si trovava un grande divano circolare.

Pepper scrutò per un attimo la ragazza, prima di dirigersi con passo sicuro verso un settore da cui estrasse diversi abiti.

 

"Tieni, provali. Credo che si intonino col colore dei tuoi occhi."

 

Erin ammirò gli abiti che le venivano porti: erano tutti bellissimi, sicuramente molto costosi e, purtroppo, tutti estremamente grandi per lei. Maleddisse mentalmente chiunque fossero i suoi genitori per non averla fatta più alta.

 

"Sono enormi." sentenziò infine la ragazza, senza neanche provare a metterli. Avrebbe fatto solamente la figura della sciocca, impacciata e ridicola.

 

"Non li hai neanche provarti." obbiettò Natasha.

 

"Non ho bisogno di farlo. Penso di conoscere abbastanza bene il mio fisico per capire che questi non sono adatti."

 

"Forse non ha tutti i torti." intervenne Pepper, rimettendo in ordine i vestiti.

 

"Hai nulla di più piccolo? Tipo qualcosa di quando era bambina..." azzardò Natasha.

 

La spia si pentì subito di averlo detto.

Erin l'aveva letteralmente fulminata con lo sguardo. Lei non era una bambina era solo bassa. Non aveva bisogno di stupidi abiti infantili.

 

"No, non ho nulla di simile."

 

Erin tirò un sospiro di sollievo. Si era già vista vestita con un orribile vestito di pizzo rosa pieno di sbuffi. Natasha la guardò torva.

 

"Scusa se cerco di aiutare, piccola vipera." ringhiò la spia.

 

"Non le è stato chiesto, mi pare. Lei non voleva neanche venire quindi..."

 

Pepper osservava le due che si battibeccavano con un misto di divertimento e stupore. Non aveva mai visto Natasha irritarsi così, nemmeno con Tony. Però sembrava quasi divertirsi a stuzzicare Erin.

 

"Scusate io avrei trovato questo..." interruppe la donna, pensando fosse il caso di farle smettere.

 

Erin si girò verso Pepper che le allungò qualcosa.

Era un abito bianco, senza maniche e piuttosto semplice, ma la ragazza lo trovò bellissimo.

 

"Potrebbe starti."-ipotizzò Pepper-"Ormai io lo utilizzo come maglia...."

 

Non fece in tempo a finire di parlare che già Erin lo aveva indossato e si stava guardando allo specchio. Il vestito le calzava a pennello, tranne che sulla vita, dove era un po' largo, ma la ragazza non ci badava. Continuava a osservarsi sorpresa, notando con piacere lo splendido contrasto tra i suoi capelli corvini e l'abito candido. Era davvero bello.

 

"E' largo sulla vita." obbiettò Natasha.

Era davvero una guastafeste quella donna.

 

"Non c'è problema!" esclamò Pepper, estraendo da chissà dove una striscia di tessuto nera.

 

Ora Erin era davvero perfetta. Il colore della fascia riprendeva quello dei capelli e il tutto era messo in risalto dal vestito bianco.

 

"Non è male." sentenziò Natasha, dopo qualche minuto.

Erin guardò la spia perplessa: da quando faceva delle osservazioni positive?

 

"Perfetto!" sorrise Pepper.

 

Le due confabularono qualcosa, ma Erin non sembrava sentirle. Continuava a guardare il suo riflesso: non era mai stata così femminile. Si era sempre limitata a indossare vestiti sbrindellati, mai curandosi davvero del suo aspetto. Adesso, per la prima volta, vedeva le sue possibilità: non era particolarmente formosa, tuttavia aveva un che di seducente. Gli occhi verdi, taglienti come una lama, davano al viso un'espressione seria e misteriosa, incorniciata dai capelli corvini che contrastavano col pallore della sua pelle. Dopo molto tempo, Erin si trovò bella. Certo, non era un genere di bellezza comune ma, proprio per questo le piaceva.

 

"Erin ci sei?" domandò Pepper, distogliendola dai suoi pensieri.

 

La ragazza annuì.

 

"Allora cambiati, dai."

 

Giusto. Non poteva certo tornare alla base vestita in quella maniera.

Lentamente si sfilò il vestito e si rimise i suoi che erano sicuramente più comodi.

 

"Non si rigrazia, piccola vipera?"

 

Erin ringhiò. Natasha era peggio che sentire sua madre.

 

"Non ho chiesto io tutto questo."- disse lentamente, fissando la spia -"Comunque grazie, Pepper." concluse.

 

"E' stato un piacere." -sorrise la donna.-"Ora scusatemi, devo andare. Ho una riunione tra mezz'ora e devo preparare i documenti. Sapete trovare l'uscita?"

 

"Certamente. " rispose Natasha, come se Pepper avesse chiesto una cosa ovvia.

 

"Ma certo! cosa lo domando a fare! Tanto sto parlando con una super-spia dello SHIELD!" rise la donna rivolgendosi alla russa, la quale scosse il capo, accennando un sorriso.

 

"Arrivederci Natasha, arrivederci Erin." disse uscendo la donna, facendo un cenno con la mano.

 

La ragazza e la spia rimasero sole nella stanza. Erin piegò il vestito con cura, mentre Natasha la fissava contrariata.

 

"Sei un po' maleducata, lo sai piccola vipera?"

 

"E lei perchè non si fa mai i cazzi suoi? Non mi sembra che le abbiano anche chiesto di educarmi."

 

Un piccolo sorriso si disegnò sulle labbra di Natasha. Che piccola ribelle era quella ragazza. Nessuno avrebbe mai osato rivolgersi a lei in quella maniera. Tutti la temevano, tranne Erin. Chissà, magari, nel tempo, avrebbe potuto diventare una cosa positiva.

 

Erin, dal canto suo, era piuttosto nervosa : col cavolo che accettava un terzo grado dalla Romanoff. Inoltre lei non era maleducata: era solo stata coinvolta in una cosa di cui non le importava nulla, per motivi che ancora non comprendeva.

 

"Forza andiamo." ordinò, infine, l'agente e le due si avviarono all'uscita.

                                                                                                     

                                                                                                                         *

 

Erin passò i giorni successivi ad ammirare il vestito che, appeso nel misero armadio dello SHIELD, sembrava davvero sprecato. Lo aveva riprovato più volte, intrecciando i capelli in maniera diversa, scoprendo dentro di lei una vanità femminile che non aveva mai pensato di avere.

Non le dispiaceva quel suo lato. Era qualcosa che poteva benissimo far convivere con il carattere irruento e brutale: aveva capito che essere glaciali non voleva per forza dire essere trasandati. Anzi.

 

Il giorno tanto atteso finalmente arrivò e, con lui, anche un freddo polare colse New York quasi alla sprovvista. Quando Erin, rigorasamente scortata da Natasha, che odiava sempre più Fury per averle affidato quella ragazzina scontrosa, era uscita dalla base, il freddo le aveva punto la pelle e l'aria gelida inondato i polmoni, dandole un senso di sollievo e di piacere.

 

Le due scesero dall'auto, davanti alla Stark Tower. Fu, con enorme stupore di Erin, Tony in persona ad accoglierle sulla porta, vestito con un elegante smoking.

"Volevo controllare che Erin fosse venuta!" proruppe l'uomo, sorridendo.

"Purtroppo si." rispose quella, roteando gli occhi.

"Abbiamo una scommesa in corso, io e te. Ricordatene!"

"Sarà il mio pensiero per tutta la serata." ribattè ironicamente la ragazza.

 

Tony scosse la testa, con un misto di stupore e divertimento.

 

"Stark, ha intenzione di farci arrivare a questa benedetta festa o pensa di farci congelare qua fuori?" sbottò stizzita Natasha, elegantamente vestita con un abito rosso fuoco, in tinta coi suoi capelli.

"Anche per me è un piacere che lei sia qui, agente Romanoff!" le sorrise Tony, avviandosi verso l'entrata.

La russa sbuffò seccata e lo seguì e Erin con lei.

 

Il silenzio pesante che si era venuto a creare in ascensore venne rotto da Tony, quando arrivarono al piano selezionato.

"Erin, prima di arrivare alla festa ci sono delle persone con cui dovresti parlare. E' stato Fury a consigliarmi di fartele incontrare..."

 

Erin sentì piombare sullo stomaco un peso enorme. Il fatto che l'idea fosse di Fury non lasciava presagire nulla di buono. Guardò Natasha con aria interrogativa ma questa scosse la testa, lasciando intendere che anche lei era ignara di tutto.

Dopo qualche attimo Erin sussurrò piano, quasi come se non volesse conoscere la risposta:

"Che persone?"

Tony non rispose. Fece strada, invece, lungo corridoio, decisamente meno cupo di quelli dello SHIELD, fino ad arrivare davanti a una piccola porta. Erin sentiva già da lì la musica provenire dalla grande stanza vetrata poco più avanti, di cui intravedeva le luci.

"Erin"-inizò Tony-"qua ti stanno aspettando. Quando avrai finito, prosegui lungo il corridoio, fino ad arrivare a quella stanza laggiù."

La ragazza annuì, poco convinta.

"E, mi raccomando"-disse Stark, riprendendo il suo tono giocoso."ricorda che devi divertirti!"

Erin gli scoccò un'occhiata glaciale , ma lui la ignorò. Dopodichè si avviò, sparendo subito, inghiottito dalla musica e dalla festa.

La ragazza guardò Natasha titubante.

"Lei non va?"

"Devo prima accertarmi di chi siano queste persone, anche se ne ho già un'idea."

Purtroppo anche Erin ce l'aveva già. Ighiottì il nodo che aveva in gola e si fece coraggio, abbassando la maniglia della porta.

Come temeva, dall'altra parte c'erano i suoi genitori.


Salve a tutti! Eccoci al 6 capitolo! Un grazie enorme a tutti quelli che recensiscono (però se anche qualcun'altro mi lasciasse i propri pareri, mi farebbe molto contenta <3 ), leggono e inseriscono la storia tra preferite/seguite ecc <3 grazie mille! scusate se è estremamente noioso! D: lo so lo so..ma tra un po' sarà abbastanza movimentato e gli ultimi capitoli saranno tutti d'azione! Comunque, per quanto riguarda il vestito di Erin voilà un'immagine che ho trovato su google: rispecchia abbastanza la mia idea :D le scarpe che porta invece sono degli stivali, tipo questi :D. Grazie mille a tutti quelli che sono arrivati fino a qui! E un grazie enorme anche a little black cat e ledy saury che mi seguono sempre e mi sorreggono in questa impresa! Vi voglio bene! Ancora grazie mille a tutti!

Erza_chan

ps( apprezzo il fatto che ad alcuni di voi la mia storia piaccia molto, tanto da ricalcarne i tratti nella propria, tuttavia è piuttosto sgradevole vedere le proprie idee riutilizzate. Pertanto, se avete già avuto idee simili alle mie o pensate che possano un po' richiamarle, non esitate a contattarmi tramite messaggio privato: a quel punto saprò che non volete copiare e, se mi spiegherete le vostre motivazioni, non ci saranno problemi :D) ( il titolo viene dalla canzone Wide Awake di Katy Perry <3)

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Capitolo 8
*** Don't ya think that you need someone? Everybody needs somebody ***


                                                                    

 

Pepper era seduta al bancone-bar e si rigirava tra le dita il bicchiere, ormai vuoto, del suo cocktail. La musica era abbastanza assordante, ma ormai si era abituata, anche se avrebbe preferito domandare a Tony di abbassarla un po' ma, purtroppo, in quel brulicare di gente, non era riuscita a trovarlo. La donna, vestita piuttosto elegantemente, con un abito azzurro e i capelli elegantemente raccolti in uno chignon, attendeva, paziente, che il suo compagno si facesse vedere e magari la invitasse a ballare. Ma Tony, lo sapeva, era un caso disperato: sicuramente stava dando spettacolo di sè da qualche parte: Pepper sperava solo che non avesse bevuto troppo.

Fu scrutando per l'ennesima volta la sala che vide Natasha, che non passava certo inosservata, che le si avvicinava.

"Buonasera." sorrise la donna

"Buonasera."- sospirò la spia, lasciandosi cadere su una sedia.-"La musica è un tantino assordante.."

 

"Lo so. D'altronde, se ne occupava Tony.." urlò di rimando Pepper, per sovrastare il rumore.

 

"Si spiega tutto..." ribattè Natasha, scuotendo la testa.

 

"E Erin? Com'è andata con i suoi genitori?"

 

"Tu lo sapevi?"

 

Pepper annuì. "Tony me l'aveva detto."

 

Natasha si strinse nelle spalle.

 

"Bene, se così si può dire. Ha fatto la scelta migliore: ha deciso di tagliare i ponti..."

 

Pepper scosse il capo, in segno di disapprovazione.

 

"E' adulta, saprà cavarsela." sbuffò Natasha.

 

"Ha 19 anni! E' ancora piccola, anche se cerca di dimostrare a tutti il contrario. Si capisce subito: è debole dentro, per questo cerca di farsi vedere dura e determinata."

 

Natasha si sentì un attimo scossa dalle parole di Pepper. Sembrava stesse parlando di lei, più che di Erin. Ma lei a 19 anni non era una bambina. Era un'assasina e avava già ucciso tante, tanitissime persone. Un brivido le salì lungo la schiena.

 

"Da quando sei diventata psicologa?" ribattè, allontanando quei pensieri, la spia.

 

Pepper finse di non aver sentito.

 

"Ora dov'è Erin?"

 

"Starà vagando da qualche parte alla festa..." rispose Natasha, roteando gli occhi.

 

"Ma tu non dovresti tenerla d'occhio?"

 

"Non sono la sua balia, inoltre è con quel cagnaccio, quindi direi che è in ottime mani."

 

"Cagnaccio?" domandò, accigliata, Pepper.

 

"Si, i suoi genitori hanno pensato bene di scaricarle anche il suo cane: è un grosso labrador nero a cui Erin è molto affezionata e ora se lo sta portando in giro per tutta la festa..."

 

Pepper sgranò gli occhi:

"Tony ha dato il permesso di far entrare un animale alla festa?"

 

"Così sembra. Sempre previdibile Stark, no? "

 

"Si..ma insomma, potrebbe essere pericoloso: potrebbe mordere qualcuno!" si angosciò Pepper.

 

"Non credo. Non sembrava aggressivo: e poi"- ribattè Natasha, facendo scorrere gli occhi su un grosso vecchio pelato, che faceva il viscido con delle ragazzine di una ventina d'anni più giovane, che lo circondavano-"Ci sarebbe anche qualcuno che merita di essere morso, qua dentro."

 

Pepper scoppiò a ridere e persino la spia accennò un sorriso.

 

"Vado a mangiare qualcosa." concluse Natasha.

 

Pepper annuì, in segno d'approvazione.

 

"Se vedi Tony, digli di venire qui!" urlò alla spia, mentre questa si alzava.

 

Natasha si scarruffò i capelli e scosse il capo, incrinado le labbra:

 

"Si, signorina Potts" rispose, con tono ubbidiente da segretaria, allontanandosi e lasciando Pepper con uno stupido sorriso sulle labbra.

 

 

                                                                                                      *

 

Erin poteva sentire il ritmo martellante della musica nel petto. Non era ancora entrata e già voleva andarsene. Respirò profondamente e fece scorrere i pannelli semitrasparenti: l'atmosfera della festa la travolse immediatamente. C'era gente ovunque e gli abiti sgargianti creavano un arcobaleno di colori frastornante, per non parlare delle luci, anche quelle variopinte, che schizzavano da una parte all'altra come impazzite.

Un senso di nausea attanagliò lo stomaco della ragazza. Anche Byron guaì, come se volesse concordare con la padroncina.

"Lo so, è orribile. Cerchiamo un modo per fuggire." disse Erin, accarezzandolo.

 

Si guardò un attimo intorno e riuscì a mettere a fuoco la stanza: era molto grande, ovale. Da una parte c'era un buffet, con qualche divanetto intorno, dove si affollavano diverse persone. Accanto un grande albero natalizio, riccamente decorato. Dal capo opposto della sala c'era, invece, un bancone-bar: Erin vide sedute Pepper e Natasha e si appuntò mentalmente di girarci a largo. Non voleva avere certo due balie alle calcagna. Al centro della stanza la gente ballava nelle maniere più improbabili e urlava.

Il caldo era soffocante. Erin si guardò intorno, in cerca di un luogo riparato, invece intravide, esattamente di fronte a lei, un'enorme porta vetrata: probabilmente dava su una terrazza. Il problema era arrivarci senza essere travolta o schiacciata.

La ragazza afferrò Byron per il collare e lo condusse lateralmente, con l'intendo ti aggirare la pista di ballo, fino ad arrivare al vicino al buffet, sotto l'albero. Il cane non sembrava apprezzare per nulla l'ambiente: la musica era eccessiva anche per lui.

Erin si passò una mano sulla fronte per asciugare il sudore e si rifece la coda. Dopodichè afferrò qualche tartina che mangiò rapidamente e lanciò qualcosa a Byron. Mentre armeggiava coi vassoi, lo sguardo della ragazza cadde sulla pila di regali sotto l'abete che, per la fretta, prima non aveva notato. Si avvicnò e vide che accanto a loro c'era un cartello con su scritto

 

"Ne porti uno, ne prendi un altro."

 

Penoso. Lo slogan peggiore che avesse mai visto. Erin si chiese se fosse un'idea di Tony.

Comunque il concetto era chiaro: andava portato un regalo e potevi prenderne un altro, in modo che ce ne fossero per tutti.

La ragazza afferrò il primo della pila: lei non aveva nulla da mettere. Poco male, qualcuno sarebbe rimasto a mani vuote. Se ne sarebbe fatto una ragione e, comunque, non era un suo problema.

La ragazza, passando, afferrò un ultimo crostino e si fece largo, un po' spingendo e un po' sgusciando abilmente, tra gli invitati, seguita da Byron, che, passando tra le gambe di tutti, era molto più avvantaggiato.

 

Una volta raggiunta la vetrata, Erin spinse con tutte le sue forze e si catapultò fuori, seguita dal cane. L'aria gelida della notte la colpì in pieno viso. Chiuse gli occhi e inspirò a pieni polmoni, dopodichè si guardò rapidamente intorno: la terrazza era piuttosto grande, col parquet perterra e la vista mozzafiato su New York. C'era un parapetto, alto almeno due volte lei, per evitare brutti incidenti. Sembrava essere sola. Meglio, pensò Erin.

La ragazza si infilò il regalo tra i denti e prese lo slancio: balzò in alto, puntò il piedi e si aggrappò in cima al parapetto, dopodichè si issò e si mise a sedere, i piedi penzoloni nel vuoto, a più di cento metri d'altezza.

Byron, intanto, scodinzolava felice, annusando qua e là e gironzolando per la terrazza.

Erin guardò giù: a città splendeva sotto di lei. I grattacieli illuminati, le vetrine dei negozi decine di metri più in basso, i semafori, le orde di gente per la strada, trasmettevano un senso di gioia, di irrefrenabile allegria. Era la notte di Natale dopo tutto.

Lentamente la ragazza si sfilò il regalo di bocca, lasciando la presa dal parapetto e iniziò ad aprirlo.

Sapeva che un solo movimento sbagliato poteva costarle la vita ma non le importava.

Non aveva più nulla da perdere: ora che aveva deciso di staccarsi definitivamente dai suoi genitori, non le restava assolutamente nulla.

Era stata una discussione piuttosto fredda. Inizialmente nessuno aveva spiccicato parola. Il silenzio era stato rotto solo dal latrare di Byron, che si era slanciato su Erin senza troppi complimenti, leccandole il viso, facendole le feste e allentando un po' la tensione. La ragazza era stata proprio felice di rivederlo e si era subito slanciata su di lui ad accarezzarlo.

La prima a parlare era stata sua madre, che aveva chiesto a Natasha di uscire: la spia infatti era rimasta a controllare la situazione. Ma Erin era immediatamente intervenuta, sollevando la testa da Byron, e aveva domandato che restasse. Era stupido, lo sapeva, ma aveva paura a restare nella stessa stanza con i suoi genitori. Temeva di avere altri scatti d'ira e trasformarsi di nuovo. In quel caso Natasha avrebbe saputo sicuramente cosa fare, come si era subito affrettata a spiegare a Sue e Charles, che la fissavano sbigottiti.

 

In realtà, anche se non lo avrebbe mai ammesso per nulla al mondo, la presenza della russa un po' la tranquillizzava. Per lei era stato davvero un momento difficile: quando vedeva i suoi genitori le tornavano sempre a galla rancori, odi, mescolati a tristezza, nostalgia e una gran voglia di piangere.

La presenza di Natasha l'aveva aiutata a sembrare più fredda, più razionale.

Chissà se la spia l'aveva capito...Erin sperò di no. Non voleva avere nulla a che fare con Natasha. Il fatto che fosse stata l'unica ragazza con cui avesse parlato (esclusa Pepper) in quell'ultimo periodo non voleva dire nulla, inoltre non voleva sembrare debole.

 

Il resto della conversazione era stato piuttosto monotono Erin aveva risposto solo a monosillabi, senza dare confidenza ma, dal canto loro, nemmeno Sue e Charles sembravano intenzionati a darne.

Le avevano affibbiato un enorme borsone, con dentro i suoi vestiti e le sue cose, che aveva lasciato nell'armadio della stanzetta chiuso a chiave, e l'avevano salutata definitivamente. Erin non aveva capito se per loro fosse stata una perdita o un'enorme liberazione ma per lei era stata sicuramente entrambe.

Aveva comunque vissuto 19 anni con loro, anche se aveva avuto un'infanzia burrascosa e inusuale.

 

Erin finì di scartare il pacchetto e lasciò che la carta fluttuasse nel vuoto, volando sopra New York, un po' come avrebbe voluto fare lei. Poi abbassò lo sguardo sul regalo: per un attimo ebbe la tentazione di scagliare giù anche lui, oppure di ritrovare chiunque l'avesse portato e di romperglielo in testa. Aveva in mano un'oscena cornice, decorata con fiorellini argentati e ghirigori.

Era assolutamente inutile.

 

"Il parapetto è fatto per evitare di cadere, non per arrampicarcisi, lo sai vero?" esclamò una voce.

 

Erin buttò la testa all'indietro e vide Tony avanzare verso di lei.

 

"Evita di fare cose avventate per favore." la rimproverò il miliardario.

 

"Me lo dice lei, che combatte e vola usando un'improbabile armatura?" domandò Erin, senza muoversi.

 

"Puoi darmi del tu, se vuoi sfottermi. Mi sembra più appropriato."-sospirò Tony-" E comunque la mia armatura non è improbabile." puntualizzò, stizzito.

 

"Sarà..."sibilò Erin.

 

"Ora vieni giù, dai!"

 

Erin sbuffò, alzò gli occhi al cielo, ma ubbidì. Tony le afferrò un braccio per aiutarla, ma lei si ritrasse velocemente. L'odio per il contatto fisico era ancora accesso.

 

"Cosa vuoi?" domandò poi, bruscamente.

 

Tony si strinse nella spalle.

 

"Nulla di che." rispose, ignorando l'occhiataccia di Erin-"Trovato qualcosa di bello?" domandò, alludendo all'oggetto che la ragazza teneva stretto tra le mani.

 

"No. Un'orribile cornice."

 

"E' orribile perchè è vuota." sorrise Tony.

 

"E' brutta e basta."

 

"Come vuoi." le concesse l'uomo, stringendosi nelle spalle.

 

Restarono qualche minuto in silenzio, Erin accarrezando Byron e Stark concentrato sui suoi pensieri.

 

"Sai"-esordì l'uomo dopo un po'-"nemmeno io ho avuto un'infanzia facile."

 

Erin ebbe due pensieri in contemporanea: il primo che non le importava assolutamente nulla, il secondo che si spiegavano molti degli atteggiamenti di Tony nei suoi confronti. Si era rivisto nei suoi problemi e, quindi, aveva cercato di facilitarle la vita.

La ragazza si domandò quanti vantaggi avrebbe potuto trarne: se fosse stata una brava attrice avrebbe potuto estorcere molti piaceri a Stark, dato che aveva una discreta influenza su Fury.

Si disgustò dei suoi stessi pensieri. Ma a cosa andava a pensare?

Scosse il capo e riportò l'attenzione su Tony.

 

"Ah si? Bhe, se me lo stai dicendo per consolarmi, sappi che non ne ho bisogno e, poi, non mi sembri esattamente la persona più indicata."

 

"E, sentiamo, da chi piacerebbe essere consolata, fastidiosetta?" domandò Tony, con tono un misto tra il divertito e il seccato.

Già, da chi le sarebbe piaciuto essere consolata? Erin pensò a molte persone diverse, ma le escluse tutte.

 

"Da nessuno." rispose quindi, semplicemente.

 

Tony scosse il capo.

"Sai, a volte restare a crogiolarsi nel proprio dolore non fa che peggiorare la situazione. Te lo dico per esperienza personale." il tono, per una volta, serio.

 

"Non ti si addice la veste di vecchio saggio." scherzò la ragazza, ma era colpita da quelle parole.

In effetti sfogarsi non le avrebbe fatto male. La rabbia che contraeva in sè era tanta, ma lei non era il genere di persona che esteriorizzava i sentimenti. Ma non si piangeva nemmeno addosso, si limitava a tenere tutto dentro e a riflettere. Per un attimo si domando se davvero fosse la cosa giusta da fare.

 

"Ma sentitela, la peste irriverente!" rise Stark, scompigliandole i capelli.

 

Erin si irrigidì al gesto ma lo lasciò fare.: tanto avrebbe dovuto superare quella sciocca paura, prima o poi.

 

"Rientro. Come minimo Pepper mi sta cercando disperatamente. Tu non prendere freddo con solo quel vestitino adosso!"

 

"Io non prendo mai freddo." ribattè Erin, con un tono che non ammetteva repliche.

 

                                                                                                                        *

 

Poco dopo che Tony se n'era andato, Erin era sgusciata di nuovo dentro, aveva risuperato la folla danzante e si era diretta verso la stanzetta in cui aveva parlato con Sue e Charles. Voleva appoggiare quella sciocca cornice nella sacca, in modo da avere le mani libere.

 

Erin affrettò il passo per il corridoio, confidando che Byron la seguisse, per arrivare più velocemente. Aveva visto che c'era anche un divanetto là: magari avrebbe potuto sedersi e evitare di rientrare alla festa.

Arrivata, fece per aprire la porta, ma sentì delle voci provenire dall'interno.

Cazzo, pensò: le avevano fregato il posto.

Fece per andarsene, quando sentì la voce di Natasha. Si bloccò di colpo e tornò indietro, aprendò pianissimo la porta, di appeno uno spiraglio, per poter sbirciare all'interno.

 

Per un attimo si chiese se fosse giusto quello che stava facendo, ma decise di sbattersene altamente.

Fece cenno a Byron di sedersi e sperò vivamente che stesse zitto: con sua grande sorpresa, il cane fece come se avesse capito e si raggomitolò in un angolo non visibile dall'interno della stanza, le orecchie alzate, come se anche lui stesse ascoltando.

 

Erin vide Natasha, seduta sul divano e Clint, che camminava nervoso.

 

"Non è come credi, comunque." sibilò la russa.

 

"No?! Davvero? Non prendermi in giro, Tasha! Sono uguali! Non mi convince, neanche un po'! Altrimenti perchè Fury avrebbe voluto tenerla prigioniera lì, alla base?!" sbraitò Clint.

 

Erin sentì un nodo in gola: parlavano di lei e stavano chiaramente litigando.

 

"Sai che non ti prenderei mai in giro, Clint. "-rispose la russa, il tono quasi ferito- "E posso capire il tuo orrore. Davvero. So che per te non è facile superare un trauma simile, ma ti garantisco che Erin non è come Loki."

 

"Davvero? Allora come mi spieghi il fatto che fosse una bulla, che rubasse e che sia maledettamente tagliente, come lui? Ha lo stesso modo di parlare, Tasha, lo stesso identico tono, lo stesso sorrisetto furbo!"

Clint sembrava quasi sull'orlo di una crisi isterica.

"Lei non è...normale!" esclamò l'uomo.

 

Erin si sentì come se qualcuno le avesse tirato un pugno in pieno viso.

 

"No. Non lo è." -concordò Natasha.-"Tuttavia, la diversità non è sempre un problema. E' vero. È irruenta, fastidiosa, glaciale e qualche volta vorrei strangolarla con le mie stesse mani, ma non vuol dire che lei sia cattiva. E' solo traumatizzata: ha bisogno di tempo. Insomma Clint, cerca di capire! Un giorno, tutto ad un tratto, ha scoperto di non essere umana! Puoi immaginare cosa voglia dire?"

 

"Lo capisco, Tasha. Vuol dire che è , molto probabilmente, dello stesso pianeta di origine di Loki.

E' questo dimostra solo che ho ragione io."

 

"Lei non è come lui! Non attaccherebbe mai nessuno, non ucciderebbe mai Phil, non prederebbe mai possesso del tuo corpo nè ti userebbe! Lo capisci, Clint? Se davvero non la sopporti, girarle a largo, chiedi a Fury di toglierti i turni di sorveglianza, ma non farla sentire peggio di quanto già non stia."

 

Erin per un attimo credette di aver sentito male. Non solo Natasha stava prendendo le sue difese, ma stava addirittura accusando Clint di farla stare peggio. Ora si che era stupita.

Comunque, sembrava che la russa avesse toccato un tasto dolente. Clint si era accasciato a sua volta sul divano, la testa tra le mani, il volto contratto in una smorfia di rabbia.

 

"Non puoi capire, Natasha. E' stato orribile quello che ha fatto. Quello che ho fatto."

 

"Non è stata colpa tua. Ti usava: è successo a te perchè eri nei paraggi quando è arrivato, ma sarebbe potuto capitare a ognuno di noi."

 

"Lo rivedo ovunque: sogno quello che ho fatto, sogno di potervi fare ancora del male.

Erin è come riaverlo davanti ogni momento, come se mi stesse spiando, mi stesse minacciando ancora."

 

Natasha appoggiò una mano sulla spalla di Clint.

 

"Il fatto che Erin possa avere qualcosa a che fare con lui non vuol dire che sia un mostro. Ne sono sicura."

 

"Quelli come lei sono mostri! Se davvero è come Loki, non potrebbe essere diversamente. Ci è nata."

Era evidente che Clint avesse perso totalmente il controllo.

 

"Mi stai dicendo che se si nasce mostri, lo si resta a vita? Credevo di essere la prova del contrario, Clint." Natasha aveva un tono, adesso, estremamente serio e anche piuttosto arrabbiato.

 

"Tasha, con te è diverso"-la spia sembrava essersi accorta dell'errore-"tu sei umana."

 

"A me non pare poi così diverso, sai? Capisco che tu abbia subito un trauma: tutti ci portiamo dentro qualcosa che vorremmo cancellare, ma non è per questo che devi ingiustamente accusare gli altri. Tienilo a mente, Clint." concluse la donna, la voce alterata, alzandosi e dirigendosi verso la porta.

 

Erin, ancora scossa da quello che aveva sentito, corse il più veloce possibile, cercando di raggiungere la porta vetrata e la festa, ma non fece in tempo.

Era appena a merà corridoio quando sentì Natasha arrivare. Ccercò di assumere l'aria più innocente possibile e si accucciò per fare una carezza a Byron, per deivare l'attenzione della spia.

La russa la raggiunse dopo pochi secondi.

 

"Ciao Erin."

"Salve, Natasha." provò ad usare il solito tono, ma le uscì una specie di rantolo nervoso.

 

La spia la scrutò da capo a piedi.

"Cosa stavi facendo?"

"Stavo portando questa nel mio borsone, nella stanzetta di là." si affrettò a giustificarsi Erin, sbandierando la cornice, forse con troppo entusiasmo.

Lo sguardo penetrante della spia le metteva i brividi.

"Va bene. Ci vediamo dopo." la liquidò.

Erin trattenette un sospiro di sollievo.

"Ok" si limitò a rispondere, tornando indietro.

Ma era sicura che la spia avesse intuito qualcosa.

 

Quandi aprì la porta della stanzetta, trovò Clint ancora seduto sul divano. Finse di essere stupita: in realtà, non avendolo visto uscire, sapeva benissimo che l'avrebbe trovato lì.

L'uomo le scoccò un'occhiata carica di rancore e, per un attimo, Erin temette che potesse fare qualcosa di stupida avventato, ma l'uomo si limitò a uscire, sbattendo la porta alle sue spalle.

 

Erin aprì la porta dell'armadio e infilò nel borsone l'orribilie cornice, dopodichè si sdraiò sul divano e Byron le si accoccolò accanto.

Erano successe troppe cose quel giorno: aveva chiuso coi suoi genitori, aveva capito gli atteggiamenti di Tony e aveva visto Natasha litigare con Clint. Per causa sua.

Per la prima volta una strana fittonata la colpì allo stomaco. Erin aveva picchiato molte ragazzine, per avere soldi, ma mai aveva provato un tal senso di colpa. Adesso c'era e prepotente. Un dolore pungente, che le chiudeva la gola ma, contemporaneamente, le faceva venire voglia di urlare.

Aveva ragione Stark, a dire che tenersi tutto dentro faceva male. Aveva cominciato a odiarsi più di quanto già non si detestasse.

Doveva sfogarsi: abbracciata a Byron, Erin pianse. Pianse per il dolore, pianse perchè era diversa, perchè era un mostro e perchè, infondo, non era che un' inutile palla al piede per tutti.

Pian piano, le palpebre le si chiusero sotto il peso delle lacrime e un sonno agitato la accolse.

 


Salve a tutti! Grazie per aver letto anche questo capitolo! Pian piano la storia va avanti e, tra un po', ci sarà una svolta decisiva nella vita di Erin! Ringrazio tutti quelli che stanno seguendo "Ghiaccio"! Le vostre (anche se devo dire poche :''(((( ) recensioni mi spingono ad andare avanti e mi riempiono di gioia! Grazie mille a tutti, davvero! Un abbraccio.

Erza_chan

ps (apprezzo il fatto che ad alcuni di voi la mia storia piaccia molto, tanto da ricalcarne i tratti nella propria, tuttavia è piuttosto sgradevole vedere le proprie idee riutilizzate. Pertanto, se avete già avuto idee simili alle mie o pensate che possano un po' richiamarle, non esitate a contattarmi tramite messaggio privato: a quel punto saprò che non volete copiare e, se mi spiegherete le vostre motivazioni, non ci saranno problemi :D)
( il titolo viene dalla canzone November Rain dei Guns 'n' Roses <3)

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Capitolo 9
*** Is this what you wanted, is this what you needed? ***


                                                                               
 

Erin si aprì gli occhi, se li stropicciò, sbadigliò e, lentamente mise a fuoco la stanza dove si trovava.

Una stanzetta piccola e lei era straiata su un divano, Byron già vigile accanto a lei.

La Stark Tower. La Festa.

Una marea di pensieri le invasero la mente ma li scacciò passandosi una mano sul viso.

Pian piano si alzò e si osservò il vestito: era un po' stropicciato, ma nulla di irremiediabile, tuttavia avrebbe fatto bene a cambiarsi in fretta. La ragazza si diresse verso l'armadio, la chiave già pronta in mano, quando una voce metallica parlò:

 

Buongiorno signorina.

 

Erin fece un balzo e si guardò intorno per capire da dove provenisse il suono.

 

"Chi sei?" domandò, con tono aggressivo.

 

Jarvis: Stands for Just A Rather Very Intelligent System – recitò noiosamente la voce- gestisco la maggior parte della Stark Tower: sistemi di sicurezza, luci..e tutto ciò che c'è di tecnologico.

 

Erin sbattè due volte le palpebre e si diede un pizzicotto per convincersi di non star ancora sognando.

 

"Come fai a sapere che sono sveglia?"

 

Sono dotato di sensori speciali: rilevo la presenza umana grazie al calore corporeo. Potrebbe identificarsi?

 

"Mi chiamo Erin." -rispose dubbiosa la ragazza, cercando ancora di capire da dove arrivasse la voce di Jarvis.-"Ora ti dispiacerebbe sparire o evitare di guardare per cinque minuti? Vorrei cambiarmi!"

 

Il nome corrisponde. Come desidera signorina Erin.

 

La ragazza non stette a domandarsi cosa volesse dire quell'ultima strana frase. Aspettò qualche minuto, giusto per accertarsi di essere sola, dopodichè si infilò i primi vestiti che riuscì a trovare all'interno della sua sacca, ripiegando, invece, con cura l'abito bianco.

Passò distrattamente una mano sulla testa di Byron, che le girava intorno pretendendo delle coccole, e si fece una coda. Non c'erano specchi nella stanza. Ma Erin sapeva di avere gli occhi arrossati e, probabilmente, anche gonfi. Sentiva ancora le palpebre pesanti e le era rimasta addosso una stranza sensazione di stanchezza, come se il pianto della sera prima le avesse tolto tutte le energie.

No. Non doveva più pensarci: era stato un momento di debolezza dovuto alla stanchezza. Nulla di più, nulla di meno.

Cercando di ignorare la spiacevola sensazione di disagio, si stiracchiò un attimo, si gettò il borsone a tracolla e, infine, uscì dalla stanza e si avviò per il corridoio, con il cane alle calcagna.

 

"Jarvis"-domandò all''intellgenza artificiale-"che ore sono?"

 

Le undici passare signorina Erin.

 

La ragazza fece un profondo e si guardò intorno: non c'era anima viva in giro e la luce mattutina penetrava nel corridoio dalle grandi vetrate della stanza della festa. Per un attimo si rese conto che, se avesse voluto, avrebbe potuto scappare. Vagare per New York, solo lei e Byron e fottersene altamente dello Shield, degli Avengers e di tutto quello che aveva scoperto su di lei. Poteva fingere di essere ancora una semplice ragazza adolescente, trovarsi un lavoro e poi, chissà...

Arrivò all'ascensore immersa nelle sue fantasticherie e si risvegliò solo quando le porte si aprirono bruscamente per farla entrare. Una volta dentro, Erin premette il pulsante per andare al piano terra, ma la voce di Jarvis risuonò metallica

 

Spiacente signorina, lei non è autorizzata a scendere a livelli inferiori.

 

Bella mossa Stark, si ritrovò a pensare Erin. Impedire al suo caro maggiordomo elettronico di farla uscire di lì! Se l'avesse saputo prima avrebbe dato un falso nome!

Con un ringhio rabbioso, si rivolse a Jarvis

 

"E dove dovrei andare, sentiamo?!"

 

Ho ricevuto l'ordine di farla salire all'appartamento del signor Stark. Penultimo piano.

 

"Dirlo prima ti faceva fatica?" sibilò stizzita la ragazza, premendo violentemente il pulsante.

 

Dopo pochi secondi l'ascensore si arrestò ed Erin e Byron sgusciarono fuori: si ritrovarono in un enorme open-space, con una grande vetrata su un lato, davanti alla quale c'erano due divanetti, totalmente bianchi. Dalla parte opposta una grande cucina, tutta nera e metallica e un tavolo in vetro. C'era persino un piccolo albero di Natale, lì vicino. Era decisamente un appartamento degno di nota. Delle grandi scale, anche loro bianche, portavano, probabilmente, alla camera da letto, al piano di sopra.

La ragazza si chiese se tutte le mattine Pepper si facesse 20 piani in ascensore per raggiungere la sua camera-armadio e scegliere i vestiti o se, semplicemente, avesse un normale guardaroba anche in camera sua.

Erin si siflò il borsone da tracolla e lo appoggiò in malo modo perterra, dopodichè si avvicino alla vetrata e guardò giù: soffocò un grido di gioia nel vedere New York ricoperta di neve. Durante la notte ne era caduta davvero tanta e adesso, in mezzo ai colori e alle luci tipiche della città, c'era uno strato bianco, che rendeva tutto ancora più bello. La ragazza lasciò vagare lo sguardo sui tetti, sui grattacieli e sul caos frenetico di New York.

 

"Buongiorno! Buon Natale!" la salutò una voce squillante.

Pepper, vestita con un sobrio tailleur grigio, le si avvicinò.

"E' davvero uno spettacolo meraviglioso, non trovi?" le chiese, alludendo al panorama.

Erin annuì piano.

"E' fantastico.."sussurrò.

Pepper sorrise, quasi Erin avesse fatto un complimento a lei.

 

"Hai fame? " le domandò, poi.

"Un po'." si trovò costretta ad ammettere Erin. In effetti nemmeno la sera prima aveva mangiato poi molto.

 

Pepper si avviò verso la cucina e estrasse, da uno degli innumerevoli scaffali, una scatola in latta, che porse alla ragazza.

Erin la aprì e fu piuttosto sorpresa nel constatare che conteneva dei biscotti alquanto natalizi: ne aveva visti così soltanto nelle vetrine dei negozi da bambina, quando ogni cinque minuti fermava sua madre chiedendole di comprarne un po' e lei, puntualmente, si rifiutava.

Ne addentò uno, a forma di pupazzo di neve, e rese la scatola a Pepper che fece lo stesso.

Il sapore di zenzero e zucchero le invase la bocca: era decisamente la cosa più dolce che assaggiava da giorni. Deglutì piano e poi si rivolse alla donna:

"Mi faccia indovinare, li ha scelti Tony questi?"

Pepper sghignazzò un attimo:

"Ha le sue debolezze."

 

Erin cercò di immaginare Stark che entrava in pasticceria e chiedeva un'intera confezione di biscotti natalizi e per poco non le andò di traverso il boccone: era una scena troppo esilarante anche per lei.

Le uscì una risatina che, però, suonò come una specie di ringhi represso: no, ridere non era mai stato decisamente il suo forte. Anche Pepper proruppe in una risata cristallina, probabilmente avendo intuito ciò che pensava Erin.

 

"Stai davvero ridendo? Oddio perchè non c'è qui un'intera troupe a registrare questo grandioso evento!?"

 

"Ridevo finchè non ti ho visto." sibilò Erin, tornando a essere una maschera di ghiaccio.

 

Tony scese le scale sorridendo, si avvicinò a Pepper e le stampò un bacio a fior di labbra.

 

"Buon Natale tesoro." le sorrise poi.

 

La ragazza distolse velocemente lo sguardo: era piuttosto imbarazzante. I suoi genitori non si erano mai scambiati effusioni e lei non era per niente abituata a vedere gli altri pomiciare. A dire il vero, le dava anche piuttosto sui nervi.

Afferrò velocemente un altro biscotto (a forma di babbo natale) e si mise a sbocconcellarlo, mentre Byron le girava intorno, elemosinanado qualcosa.

 

"Comunque il fatto che tu stessi ridendo dimostra che ho vinto la scommessa!" esordì Tony.

 

"No. La scomessa si limitava alla festa, e quella non è stata esattamente piacevole." ribattè Erin.

 

Almeno era vero. Era stata davvero una pessima serata.

 

"Dimmi la verità, non sopporti perdere!"

 

Ovvio che non sopportasse perdere. Che domande.

 

"Perchè, tu si?"

 

"No, in effetti nemmeno io."- ammise Tony-"Quindi possiamo fare parità?"

 

Erin lo osservò per un lungo secondo, constatando che, in parte, il suo tono era persino compiaciuto, come se fosse comunque riuscito nel suo intento.

 

"Ok. Quindi vuol dire che posso chiederti una qualsiasi cosa?"

 

"A quanto pare. Ma ti vorrei ricordare che anche tu hai un patto con me..."

 

Erin liquidò la frase con un gesto della mano:

 

"A quello penserò dopo. Piuttosto che ne diresti se....mhh vediamo.."

 

La ragazza rimase un attimo a pensare, rimuginando su una possibile richiesta. Byron le si sdraiò tra le gambe, desideroso di essere considerato. La ragazza ebbe un'illuminazione.

 

"Trovato! Convincerai Fury a fare tenere il mio cane nella base dello Shield." esclamò Erin, con un ghigno soddisfatto stampato in faccia.

Era una cosa che desiderava davvero e, al tempo stesso, era una gran bella sfida per Stark. Convincere monocolo a tenere un animale domestico nella sua base super segreta e super accessoriata sarebbe stata un'impresa davvero ardua.

 

Tony impallidì un attimo e la guardò con occhi sgranati:

"E' praticamanete impossibile..un animale laggiù..."

 

"L'hai detto tu che era il tuo migliore amico. Non può negarti questo piccolo favore."- rispose Erin, con aria trionfante.-"Del resto lo hai addirittura convinto a farmi uscire dalla base dello Shield e venire qui per ben due volte."

 

"Sai una cosa? Aveva ragione l'agente Romanoff a chiamarti piccola vipera! Sei perfida!" -sbottò Stark.-"E comunque quella è un questione di sistemi di sicurezza: la Stark Tower è uno dei posti più protetti al mondo e, se volessi, potrei farti disintegrare sull'istante. Per questo Fury ha opposto solo un minimo di resistenza."

 

Erin si strinse nella spalle:

"Ti ci sei infilato tu in questa situazione."

 

Tony scosse il capo.

 

"Vedrò cosa posso fare. Adesso però tocca a te! Dacci un taglio con quelle risposte fredde e quell'aria perenne da funerale!"

 

Erin ringhiò qualcosa, mentre afferrava l'ennesimo biscotto.

 

"Come scusa? Non ho sentitio bene." la provocò Stark.

 

"Ho detto che va bene, che palle!" sbuffò Erin

 

Pepper la guardò con aria stupita, ma Tony sorrise compiaciuto.

 

Dopodichè con uno movimento fulmineo e senza alcun preavviso, Stark afferrò per la vita Pepper, che emise un gridolino di protesta, e si piazzò dietro Erin, che si era seduta al tavolo, per poi urlare:

 

"Jarvis cogli l'attimo!"

 

Seguì un suono come quello di un otturatore e Tony alzò le dita in aria, a forma di "V".

 

Fatto signor Stark. La avviso che non è certo una delle sue foto migliori.

 

"Tutte le foto in cui anche sono presente sono bellissime, Jarvis! Stampala!"

 

Con un fruscio, la foto uscì da una stampante in fondo alla stanza, che Erin non aveva nemmeno notato e Tony la afferrò repentino. La osservò un attimo e la porse alla ragazza.

Jarvis aveva ragione. Eccome. Nel complesso era una delle immagini più assurde che avesse mai visto: da una parte Pepper con l'aria quasi terrorizzata, dall'altra Tony, con un'espressione che avrebbe voluto essere giocosa ma era, più che altro, una smorfia, e al centro, lei, che fissava Stark con aria arrabbiata e stupita. L'unico che sembrava essere venuto bene era Byron, che non si era accorto assolutamente di nulla e sonnecchiava ai piedi di Erin.

 

"Avvertire che facevi una foto ti faceva fatica?" domandò stizzita Pepper

Erin annuì, concordando con la donna.

 

"Dove sarebbe stato il divertimento?"- sghignazzò Stark, beandosi delle espressioni arrabbiate delle due.-"Erin adesso dammi quell'orrobile cornice che hai trovato ieri sera."

 

La ragazza lo guardò un attimo con aria interrogativa, dopodichè si diresse verso il borsone e, in maniera piuttosto sgraziata, estrasse l'oggetto e lo porse a Stark.

 

"Non mi piace che mi si porgano le cose. Ti dispiace appoggiarla sul tavolo?"

 

Erin lanciò un'occhiata interrogativa a Pepper, che scosse il capo e, quindi, fece (stranamente) come le aveva detto Stark.

L'uomo armeggiò un attimo con la foto e, infine, riconsegnò la cornice alla proprietaria.

 

"Buon Natale anche a te, Erin!"

 

"E' decisamente il regalo peggiore che abbia mai ricevuto." sentenziò la ragazza.

 

Ma non era vero, lo sapeva benissimo, anche perchè era uno dei pochi regali che avesse mai ricevuto in vita sua.

 

"Pensavo avessimo un patto io e te su questo tono..."

 

"Tony, lasciala un po' in pace!" sbottò Pepper.

 

"Odio quando voi donne vi spalleggiate così!" piagnucolò l'uomo, fingendosi offeso.

 

Erin si fermò a osservare la scena: nonostante l'orribile situazione in cui si trovava, nonostante l'egocentrismo e la pazzia di Stark, nonostante la spiacevole sensazione di disagio perenne, nonostante tutto, quella mattina era, decisamente, il Natale più normale che avesse mai trascorso in vita sua e la cosa non le dispiaceva affatto.

                                                                                                          *

 

Fu quando Erin sperava che lo Shield si fosse definitivamente dimenticato di lei che Fury mandò uno dei suoi agenti a riprenderla.

La ragazza non aveva assolutamente voglia di tornare il quel bunker, non dopo aver passato così tanto tempo di nuovo alla luce del sole!

Lentamente si era trascinata dietro all'agente, portandosi appresso Byron. L'uomo aveva aperto bocca per protestare ma Stark era prontamente intervenuto:

"Parlerò io con Fury in merito a questo." aveva dichiarato, indicando il cane.

L'agente aveva scosso le spalle e si era richiuso nel suo mutismo, erin invece aveva sogghignato soddisfatta.

 

Pepper l'aveva salutata gentilmente, dandole una parte di quei biscotti natalizi che le erano piaciuti parecchio, ma, ovvimanete, Stark aveva avuto da ridire anche su quello:

 

"Ma sono i miei preferiti.."si era lamentato con la compagna, che lo aveva giustamente ignorato.

 

La ragazza, in compenso, si era totalmente dimenticata di renderle il vestito e solo all'ultimo secondo, una volta che era scesa al piano terra, se n'era improvvisamente ricordata, così l'aveva lasciato piegato su un divanetto e aveva ordinato a Jarvis di avvertire Pepper il prima possibile.

 

Dopodichè era stata ritrascinata alla base. Erin si era sentita inquieta all'idea di rivedere Natasha oppure Clint. Non aveva idea di comportarsi in proposito ma, per fortuna, quando arrivarono, il posto sembrò quasi abbandonato: c'era un silenzio irreale e le uniche forme di vita sembravano essere lei e il suo sorvegliante.

In effetti era Natale...l'unico sfigato che lavorava era l'agente che era con lei...

 

La ragazza entrò in camera sua, lanciò in malo il borsone sul letto, salvo poi ricordarsi della cornice.

La estrasse lentamente, pensando si fosse rotta, invece, purtroppo, era ancora intatta. La appoggiò sopra l'armadio, visto che non c'erano nè una scrivania nè, tantomeno, un comodino, dopodichè iniziò a disfare il bagaglio, lanciando distrattamente i vestiti nel guardaroba, fino a raggiungere gli oggetti sul fondo.

Trovò il portafoglio, con dentro i suoi risparmi (perfetto, le sarebbero serviti per il sostentamento di Byron), qualcuno dei suoi libri e, sopratutto, il suo MP3. Ottimo, con quello la sua progionia nello Shield sarebbe stata decisamente più leggera. Adesso doveva solo snodare le cuffie.

 


Salve a tutti! Eccoci già all'ottavo capitolo (che impressione O_O) scusate se è un po' blando e inutile! Dal prossimo, però, c'è l'inizio della svolta ;)
visto che sono malata ho aggiornato presto! Ringrazio tantissimo tutti quelli che stanno seguendo questa storia e la recensiscono ( come_Amira che l'altra volta mi ha fatto scoppiare il cuore di gioia dandomi il suo parere :D ) e la aggiungono tra preferite/seguite ecc! grazie mille a tutti!
Erza_chan
Divagazioni non inerenti alla storia ;)
Visto che ho avuto un po' di tempo da perdere ho vagato cercando immagini che voglio condividere con voi!
Questa cosa qui è esilarante è tipo mezz'ora che rido :') Invece davanti a questo disegno di Natasha sono rimasta di stucco! è stupendo!
Invece (per passare a qualcosa di più serio) ho trovato alcune immagini che potrebbero ritrarre Erin (visto che io sono negata per il disegno mi affido alle opere altrui :'))
tipo questa anche se è un po' in stile manga, oppure questa, che è una foto... gli occhi non sono verdi (almeno non sembrano) però i capelli sono piuttosto simili!
Grazie a tutti quelli che sono arrivati a leggere fin qui!
Un abbraccio a tutti!
ps (apprezzo il fatto che ad alcuni di voi la mia storia piaccia molto, tanto da ricalcarne i tratti nella propria, tuttavia è piuttosto sgradevole vedere le proprie idee riutilizzate. Pertanto, se avete già avuto idee simili alle mie o pensate che possano un po' richiamarle, non esitate a contattarmi tramite messaggio privato: a quel punto saprò che non volete copiare e, se mi spiegherete le vostre motivazioni, non ci saranno problemi :D)
Il titolo viene dalla canzone
Never let me go (santiago laserna) (colonna sonora di catching fire <3 )

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Capitolo 10
*** No one can hurt you now ***


                                                                     
        
 

Erin girò la pagina: stava leggendo, raggomitolata sul letto, uno dei libri che aveva trovato ben tre mesi prima tra le sue cose. Se li era assaporati pian piano, in modo da farseli durare. La ragazza alzò lo sguardo sulla sua foto, ancora appoggiata sopra l'armadio: faceva impressione pensare che fosse già passato così tanto.

In quel arco di tempo erano cambiate molte piccole cose che, ad un primo sguardo, avrebbero potuto sembrare insignificanti ma, sommate tutte insieme, avevano decisamente migliorato la sua situazione allo Shield.

Aveva ottenuto il permesso di tenere Byron, anche se Fury sembrava parecchio furioso con Stark, ma quello non era un suo problema. La sua prima preoccupazione era stata come farlo uscire per la passeggiata quotidiana ma, stranamente, due giovani spie sembravano aver preso il cucciolo in simpatia, tanto da accudirlo molto spesso. Erin non capiva davvero cosa le spingesse a farlo: forse Byron rompeva la monotonia deprimente dello Shield, forse si erano inteneriti a vedere un animale chiuso in quella prigione. Certo, nessuno sembrava minimamente toccato dal fatto che anche a lei toccasse la stessa sorte, ma ormai ci aveva fatto l'abitudine.

 

Poco dopo il suo ritorno, tutto era diventato, nuovamente, tremendamente regolare e noioso. Ogni giorno era uguale al precedente e, se non fosse stato per l'MP3 che le indicava la data, Erin non avrebbe minimamente saputo tenere il conto dei giorni e avrebbe perso la cognizione del tempo.

 

All'inizio aveva temuto che Natasha si sarebbe arrabbiata perchè, pensava, avesse capito che la sera di Natale aveva origliato, ma la russa non aveva nemmeno vagamente accennato alla discussione. Era tornato tutto come prima, con la semplice differenza che adesso Clint non aveva più dei turni di guardia davanti alla sua porta.

Evidentemente aveva seguito il consiglio di Natasha, ma la ragazza non sapeva se fosse un bene o un male. La sensazione di disagio si era un po' affievolita, col tempo, ma, comunque, l'idea che la sua presenza avesse spezzato un fragile equilibrio le dava noia.

C'erano state molte giornate passate in camera, a leggere o ad ascoltare musica, ma, altre volte, era riuscita ad andare in palestra.

Era diventato piuttosto divertente allenare il proprio corpo e gli effetti si erano un po' fatti vedere: i muscoli delle gambe si erano fatti tesi, gli addominali più duri.

Aveva persino accettato le lezioni di box di Natasha ma, in realtà, avevano passato più tempo a battibeccarsi e a insultarsi che a combattere. In uno di quei litigi Erin aveva persino cominciato a darle del "tu", tanto era arrabbiata: all'inizio aveva temuto che la Romanoff l'avrebbe uccisa per la mancanza di rispetto, ma la spia aveva lasciato correre e, allora, la ragazza aveva deciso di continuare a rivolgersi a lei in quella maniera.

 

La giornata migliore in assoluto era stata qualche tempo dopo, quando era riuscita a sgattaiolare fuori dalla sua stanza, visto che la giovane guardia, abbastanza inesperta, si era assopita. Erin aveva infilato il cuscino sotto le lenzuola, in modo che sembrasse addormentata, e poi era fuggita libera per i corridoi dello Shield. Aveva scoperto che al primo piano seminterrato, prima della palestra, c'era un distributore automatico di bibite e merendine e, dopo essersene intascate un paio, era andata in palestra: voleva stare sola e godersi quella liberta assoluta. Ovviamente no.

 

Come aveva fatto per entrare, aveva notato Natasha che si allenava: stava scagliando piccoli pugnali verso un bersaglio che, palesemente, centrava sempre. La donna era stata via qualche tempo, in missione probabilmente, e Erin non si aspettava di rivederla in giro.

La sua solita fortuna.

Aveva cercato di allontanarsi con discrezione ma l'agente Romanoff l'aveva beccata immediatamente. Quella volta se l'era vista davvero brutta: probabilmente Natasha avrebbe conficcato un coltello anche in mezzo alla sua fronte.

Invece la spia l'aveva lasciata fare, ignorandola e continuando a maneggiare pugnali con una rapidità sorprendente. Erin aveva osservato affascinata quella specie di danza mortale, in cui ogni fibra del suo corpo si tendeva prima di scagliare il colpo, sembre dannatamente preciso.

Si era sorpresa quando Natasha, in un freddo silenzio, le aveva porto un pugnale e le aveva fatto vedere la posizione da imitare. Inizialmente Erin era rimasta immobile, non avendo minimamente intenzione di provare ma, dopo qualche minuto, era stata vinta dal fascino di quella lama che teneva in mano, tanto piccola e, al tempo stesso, tanto pericolosa.

 

La ragazza aveva scoperto non essere così facile come sembrava: i primi lanci avevano totalmente mancato l'obbiettivo . Aveva sorriso quando, per la prima volta, la lama era rimbalzata, senza però conficcarsi, sul bersaglio. Quando, finalmente, il pugnale aveva trafitto il tessuto, Erin si era girata con aria spavalda verso Natasha:

 

"Magari dovresti evitare di insegnarmi a maneggiare le armi: potrei decidere di uccidervi tutti e scappare di qui, sai?"

 

Erin non aveva nè visto nè sentito la lama arrivare: aveva guardato solamente una ciocca dei suoi capelli cadere a terra, lentamente, e lo sguardo di ghiaccio della spia, che aveva appena scagliato il pugnale.

 

"Hai solo da provarci." aveva ribattuto la russa "Ora fila in camera tua."

 

"Sissignora." l'aveva canzonata Erin, fingendo di non essere impressionata.

 

Da allora, ogni volta che andava in palestra, la ragazza provava e riprovava le posizioni allenandosi con ogni tipo di oggetto che trovava: quando (con un coltello prontamente rubato dalla mensa) aveva centrato il tessuto si era sentita invincibile.

Era così che aveva trascorso le giornate successive: leggendo, allenandosi e pensando.

 

Non si era scordata il perchè di quella prigionia, tuttavia, col tempo, la sensazione di essere un mostro si era affievolita: del resto, stava conducendo una vita "umana".

Aveva atteso con ansia l'arrivo di questo tizio, Thor, che sembrava dovesse salvarla da quella situazione, per farle scoprire le sue origini, ma non si era fatto minimamente vedere. In realtà aveva incontrato ben poche persone in quel periodo, oltre a Natasha: il dottor Banner per qualche controllo e Capitan America, alla mensa, che aveva evitato accuratamente.

Tony, invece, era passato un paio di volte a farle visita, sostenendo di "voler controllare che lo Shield la nutrisse a sufficenza" o, in alternativa, "Che lo Shield non l'avesse ancora sezionata o avesse fatto esperiementi su di lei".

In realtà Erin aveva il sospetto che ci fosse stato anche lo zampino di Pepper dietro quelle inspiegabili visite. Infatti Tony si era sempre presentato o con una scatola di biscotti, o con una rivista...Era piuttosto ovvio che non fossero idee di un egocentrico come lui...

Tutto questo, in realtà, irritava profondamente Erin.

Erano tutti inspiegabilmente gentili con lei e non riusciva a comprenderne al motivo. Era una specie di prigioniera, no? Non riusciva a capire e questa cosa la faceva incazzare non poco.

 

 

Erin chiuse di scatto il libro, assorta nei suoi pensieri. Si stiracchiò un attimo, accarezzò distrattamente Byron e decise di andare a fare una doccia: si alzò ma, improvvisamente, sentì la testa girarle vertiginosamente. Tentò di aggrapparsi al letto ma le scivolò la presa. L'ultima cosa che vide prima di accasciarsi era la pietra sul suo polso che brillava intensamente. Poi fu tutto buio.

                                                                                                             *

 

Sangue. C'era uno spiacevole odore di sangue. Per terra, decine e decine di cadaveri, sventrati, accartocciati, riversi a terra nelle peggiori posizioni. I loro corpi erano trafitti da lance, frecce, alcuni erano decapitati e il sangue imbrattava il terreno. Erin represse l'istinto di vomitare.

Si avvicinò a uno di loro e, osservandolo, capì: la pelle blu, gli occhi rossi, proprio come i suoi.

Il suo popolo.

Erin si guardò in torno, cercando di identificare il luogo, ma non riuscì a capire dove si trovasse: faceva freddo e la neve, impastata al sangue, ricopriva il terreno. Il cielo stranamente plumbeo e l'aria squarciata da grida di terrore e clangore di armi.

Voleva fuggire, lontano, ma ovunque si girasse non vedeva che morte e distruzione.

Mentre il panico la assaliva, Erin vide una donna correre: era poco più che una ragazza e teneva stretti due fagotti. La seguì con lo sguardo, mentre scappava.

Immediatamente dopo vide un arciere che, da lontano, tendeva la sua arma e scoccava una freccia.

Erin urlò con tutto il fiato che aveva in gola, per avvertire la donna, per salvarla, ma la voce non le uscì dalla gola. Assistette, impotente.

La donna si accasciò e uno dei fagotti rotolò via, travolto dalla folla. Erin si avvicinò di corsa, costringendosi a muovere le gambe, che sembravano pietrificate, per aiutare la donna, perchè sentiva che fosse la cosa giusta da fare. Ma quando fece per afferrarle una spalla, la mano attraversò l'immagine, come se fosse fumo.

Sentì il panico assalirla, non riuscì a pensare lucidamente: si girò di scatto e si avventò contro l'arciere, la mano serrata in un pugno ma, quando lo colpì, tutto svanì e venne risucchiata nel vuoto.

 

Erin si ritrovò nel buio. Non distingueva nulla e sentiva i suoi sensi come assopiti. Avanzò di qualche passo, incerta, e, come si mosse, vide, lontano, uno sbrilluccichio, che sembrava chiamarla. Corse verso di lui, corse verso la speranza, verso una via di fuga.

Invece si ritrovò davanti a uno specchio: imprecò e, pian piano, si avvicinò. Tutto quello che vide fu il suo riflesso e fece per tirare un sospiro di sollievo ma, proprio quando stava per andarsene, l'immagine, la sua immagine, cominciò a mutare.

La pelle divenne blu, gli occhi rossi, come il sangue, e la bocca si schiuse in un ghigno sadico. Il suo riflesso, crudele e macabro, si tocco il petto con una mano e, poi, tese un dito verso Erin.

 

Io sono te. Tu sei così. Tu sei un mostro.

 

Sentì la testa esploderle, il dolore trafiggerle il petto. No. Lei non era un mostro, lei non era così.

 

Invece si. Invece lo sei.

 

No! No!

"NO!" urlò Erin, alzandosi di scatto. Con tutta la forza che aveva, si scagliò contro lo specchio e, con un cazzotto, lo fracassò: le schegge volarono ovunque, tagliandole la carne, i capelli, riempendola di ferite. Il sangue cominciò a colarle lento lungo i fianchi, sulle mani, sul collo. Il dolore le invase le membra, aumentando piano, straziandola.

E Erin urlò.

                                                                                                                    *

Natasha giocherellava con l'impugnatura della pistola. Si annoiava, là, fuori dalla porta di quella ragazzina; era appena tornata da una missione, in Europa.

Aveva chiesto esplicitamente a Fury di allontanarla da quell'ambiente monotono e, talvolta, sgradevole. Voleva stare da sola e, per questo, senza un partner che la spalleggiasse. Doveva pensare, riflettere e ci riusciva meglio solo combattendo. In realtà aveva rischiato grosso ma alla fine se l'era cavata, come sempre.

Il problema era arrivato dopo, quando Clint l'aveva scoperto.

Si era arrabbiato ancora di più di quanto non lo fosse prima: adesso era semplicemente furioso. Si sentiva doppiamente tradito e Natasha lo capiva ma lei era abbastanza sicura della sua posizione. Era lui in torto e, prima o poi, se ne sarebbe accorto.

E allora perchè diamine si sentiva così a disagio? Così maledettamente in colpa?

La russa appoggiò la testa al muro, sospirando pesantemente.

Le mancava Clint...

 

all'improvviso Natasha udì un tonfo, che interruppe bruscamente i suoi pensieri: proveniva dalla stanza di Erin. La russa si avvicinò e bussò più volte. Non avendo nessuna risposta spalancò la porta e le si parò davanti uno spettacolo orribile: Erin, riversa al suolo, si dimenava come una forsennata. Le gambe sembravano impazzite, le braccia si agitavano. Ma quello che la colpì maggiormente fu il colore della pelle. Blu.

Erin era totalmente trasfigurata.

Natasha reagì d'istinto: si avvicinò e, prontamente, le bloccò gli arti, in modo che non si facesse male. Poi la scrollò una, due volte:

 

"Svegliati, su!" esclamò, aggiungendo un paio di imprecazioni in russo.

 

Ma Erin sembrava non sentire. Gemeva, nel sonno, mormorava qualcosa. All'improvviso gli occhi le si spalancarono: Natasha vide due grandi voragini rosse che fissavano il vuoto. La bocca si aprì e ne uscì un urlo innaturale, talmente forte che la spia istintivamente si sarebbe tappata le orecchie ma, invece, continuò a tenere la presa salda. Byron cominciò a ululare, spaventato.

 

"Svegliati, cazzo!" la scrollò ancora, sempre con maggior forza. "E tu stai zitto stupido cane!"

 

Fu con un sussulto che, finalmente, il corpo di Erin smise di contorcersi violentemente. La bocca le si chiuse, l'urlò cesso e gli occhi cominciarono a sfumare verso il verde.

Natasha lasciò lentamente la presa e si allontanò, nel timore che la ragazza, che si stava svegliando, diventasse violenta.

Erin riprese i sensi piano piano. All'inizio vide soltanto bianco. Si alzò lentamente, mettendo a fuoco la stanza e Natasha, i cui capelli rossi erano l'unica macchia di colore.

Rossi come il sangue che aveva appena visto.

Erin si portò una mano alla bocca, reprimendo il conato di vomito, mentre ricordava lentamente il sogno.

 

Ma la ragazza cacciò subito un grido. Istintivamente allontanò il braccio dal suo viso, come nell'intento di proteggersi da se stessa. Perchè era blu? Perchè?

Guardò il suo riflesso nell'armadio e si vide: era totalmente trasfigurata. Come nel sogno. Era un mostro.

Si prese la testa tra le mani, per proteggersi dal mondo, per fuggire. Basta! Basta!

Un singhiozzo le sconquassò il petto, poi un altro e, in men che non si dica, Erin si ritrovò a piangere. Aveva paura, perchè aveva visto tutto quello? Perchè sentiva che era terribilmente reale?

 

"Ehi...Erin..?" la chiamò Natasha, incerta.

 

La ragazza alzò piano lo sguardo. Si era scordata dell'esistenza della spia. Reprimendo un singhizzò provò a parlare:

 

"Sono sempre blu?" sussurrò piano. Non aveva il coraggio di guardarsi ancora allo specchio.

 

"No, non più" le rispose prontamente la russa.

 

Era in parte vero: infatti la pelle di Erin stava, lentamente, tornando al suo solito colore biancastro, umano.

Natasha si mosse, un po' incerta, verso la ragazza e le tese una mano, per aiutarla ad alzarsi dall'angolo in cui si era rintanata. Esitante, Erin la afferrò e si tirò in piedi: le gambe le cedettero, ma si appoggiò prontamente all'armadio.

 

"Vado a bere qualcosa." disse a se stessa più che a Natasha.

 

Dopodichè si rintanò in bagno e ficcò la testa sotto l'acqua gelida, ritrovando la lucidità. Era solo un sogno. Doveva calmarsi. Che figuraccia aveva appena fatto?

Si asciugò rapidamente con un asciugamano e si legò i capelli. Osservò la pietra, al polso destro: al suo interno c'era uno strano turbinio nerastro, che non la rassicurò per niente. Abbassò la manica della felpa per coprirla e uscì.

 

"Tutto bene?"

 

"Si, a meraviglia...." cercò di sdrammatizzare Erin, ma Natasha le scoccò un'occhiataccia.

 

"Hai bisogno di qualcosa?"

 

Si doveva assolutamente parlare con qualcuno di quello che aveva visto.

 

"No, nulla." rispose invece.

 

"Ok, allora esco. E..."

 

Erin alzò lo sguardo verso la russa.

 

"Non preocuparti. Nessuno ti farà del male adesso." si affrettò ad aggiungere Natasha, uscendo frettolosamente.

 

"Parli come se io fossi un animale maltrattato!" le urlò dietro la ragazza, con tono scherzoso e, al tempo stesso, tremendamente freddo.

 

Anche se non poteva vederla, Erin sapeva che Natasha stava sorridendo.
 


Salve a tutti! Grazie mille per aver letto questo capitolo!
Io vi avverto: il prossimo sono solo chiacchere. Tremende e noiose chiacchere che, però, servono. Infatti col 10 capitolo (proprio il 10, buffo no?) si chiude la prima parte della storia e, dall'undicesim/dodicesimo in poi, si farà luce sul passato di Erin...
Ci saranno chiacchere (un po') ma conto di passare al più presto a qualcosa di più movimentato e all'inserimento di tre nuovi personaggi! (forse due nuovi personaggi...su uno sono piuttosto indecisa..vedremo..)
Stay turned!
Un abbraccio a tutti e grazie mille per il supporto che mi date! Attendo le vostre recensioni!
Un bacio
Erza_chan
PS: vi piace? (l'immagine che ho usato per Erin, come le altre, non sono di mia proprietà. Non sono usate a scopi di lucro)




 

Comunque ammettetelo che anche voi siete stati sconvolti dalla notizia che Scarlett è incinta! Io ci sono rimasta tipo O_____________O!
Comunque questo sito  ( e quello che ho un po' letto in giro) dice che non dovrebbe alterare le riprese di avengers age of Ultron...
Sono davvero contentissima per lei (e per il suo compagno :D ) ! sarà una grande madre <3

dimenticavo: il titolo viene dalla canzone Safe and Sound di Taylor Swift :D

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Capitolo 11
*** Confusion never stops ***


                                                              

   

Nei giorni che seguirono Erin ebbe quasi paura ad addormentarsi: temeva che altri incubi la perseguitassero, invece fu tutto molto tranquillo.

 

Se non fosse stato per le analisi snervanti a cui l'avevano sottoposta; Natasha aveva, purtroppo, fatto rapporto e questo aveva creato un discreto scompiglio. Alla richiesta di spiegazioni di Fury, Erin si era rifiutata di rispondere: non le piaceva l'idea di raccontare ciò che aveva visto a qualcuno, meno che mai a quell'odioso monocolo.

I test medici non avevano rilevato assolutamente nulla, come sempre del resto, e, pian piano, la questione era lasciata cadere nel dimenticatoio, anche se Erin aveva l'impressione che qualcosa fosse cambiato.

Si era spezzata quell'atmosfera calma che si era venuta a creare negli ultimi tempi e adesso era di nuovo braccata: agenti efficentissimi montavano la guardia davanti alla sua porta e le erano state limitate le poche libertà precedenti. Niente palestra, molto meno tempo alla mensa, coprifuoco prestissimo.

L'unica che un po' l'aveva incoraggiata era stata Natasha che, benchè fredda come suo solito, non aveva cambiato di una virgola il suo comportamento dopo l'accaduto. Era decisamente apprezzabile.

 

Comunque, nonostante tutto, la ragazza aveva ripreso la sua vita estremamente monotona e stava riabituandosi a vivere nella noia e nell'attesa, quando una mattina la guardia di turno bussò alla sua porta.

 

"Che c'è?" sbuffò annoiata Erin, chiudendo di scatto il libro.

"Devi seguirmi."-sentenziò la spia-"Fury." si limitò ad aggiungere come spiegazione.

 

Che palle. Odiava quando monocolo la mandava a chiamare: pretendeva di darle sempre ordini e la trattava come un essere inferiore e altamente pericoloso.

Erin si infilò velocemente la felpa e seguì la spia nel dedalo di corridoi, fino ad arrivare alla stanza delle riunioni.

 

Quando entrò, rimase piuttosto stupita nel constatare che il capo dello Shield non era solo: insieme a lui c'erano Natasha e Clint, Tony, che la accolse con uno dei suoi strani sorrisi, il dottor Banner e persino Capitan America.

 

Ma non furono loro ad attirare la sua attenzione, bensì il corpulento uomo biondo, vestito con un'assurda armatura e un mantello rosso fuoco. Teneva, appoggiato da un lato, il più grosso martello che avesse mai visto e aveva i capelli piuttosto lunghi. Sembrava uscito da un film.

Erin capì subito dove l'aveva già visto: durante la battaglia di New York, mentre combatteva a fianco di Hulk.

 

"Erin, le presento Thor." esordì Fury, con tono asciutto.

 

Thor. La sua fonte di risposte. La persona che aveva aspettato per tre fottutissimi mesi. Cerco di non lasciar trapelare la rabbia e l'angoscia che, all'improvviso, la pervadevano.

 

"Era anche ora che arrivasse." si limitò a rispondere, stringendosi nelle spalle.

 

Fury la fulminò con lo sguardo ma lei lo ignorò palesemente.

 

"Thor è stato convocato poco dopo che abbiamo saputo del suo arrivo sulla Terra." ribattè il capo.

 

"Jane non sarà stata molto contenta"-intervenne subito Stark-"le hanno strappato subito il bellone.."

 

"La signorina Foster potrà aspettare."- rispose Fury, con un tono infastidito.-"Adesso, in base a quello che ti abbiamo raccontato, ti dispiacerebbe darci la tua opinione in proposito?" domandò, indicando Erin con un cenno del capo.

 

"Eviti di parlare di me come se fossi un oggetto." gli ringhiò Erin, mentre si avvicinava a Thor e si arrotolava la manica per mostrare la pietra.

 

Il dio la scrutò per un atttimo, con un'espressione talmente concentrata che sembrava volesse far ricorso a l'ultimo briciolo d'intelletto che, ormai, era talmente nascosto da dover impiegare tutte le sue energie.

Ma non gli venne cosa più intelligente da fare che non afferrare il polso della ragazza, per poter analizzare meglio la pietra.

Vi fu un attimo di silenzio, in cui Natasha si guardò allarmata in giro, come per capire se i presenti avessero avvertito il possibile pericolo, poi Erin, proprio come la russa si aspettava, fece un balzo, strattonando violentemente il braccio dalla presa di Thor e soffiando, come a un gatto a cui avessero appena tirato la coda.

 

Contatto fisico.

 

Il dio indietreggiò sorpreso, mentre Natasha scattò per bloccare la ragazza, temendo che potesse fare qualcosa di avventato. Ma Erin si limitò a prendere le distanze da Thor, tirando giù violentemente la manica della felpa, coprendo la pietra e fissando con aria truce il dio.

 

"Ehi, datti una calmata, ok?" la ammonì la russa.

 

"Scusami, Lady Erin, non avevo intenzione di arrecarti alcun danno." balbettò Thor, l'aria impacciata e colpevole, come quella di un bambino colto con le dita nella marmellata.

 

"Sono sicuro che non volessi farle nulla, Thor. La signorina è solamente un po' scontrosa." -lo rassicurò Fury, fissando torvamente Erin, che non esitò a ricambiare l'occhiataccia.-"Comunque, ti ricorda nulla? Hai avuto modo di capire qualcosa, da quel poco che hai potuto vedere?"

 

"E' un antico manufatto magico: raramente ne ho visti di tale potenza. Non riesco a capirne l'origine, ma, quasi certamente, non è di provenienza asgardiana," sentenziò, infine, Thor, rivolgendosi a Erin.

 

"E' tutto?" si limitò a domandare quella, lo sguardo tagliente e indagatore.

 

Aveva aspettato un sacco di tempo imprigionata in una fottutissima base per sentirsi praticamente dire quello che sapeva già? Fantastico.

 

"Non sono molto esperto..."si giustificò Thor.

 

E si vedeva: aveva un'aria così stupida che Erin si sarebbe sorpresa se si fosse rivelato di una qualsiasi utilità.

Nella stanza cadde un silenzio estremamente teso e imbarazzato

 

"Forse una persona che possa venire in tuo aiuto, Lady Erin, c'è!"- esclamò all'improvviso il dio, sorridendo beato, come se avesse appena avuto la più grande rivelazione della sua vita.

 

"E allora, Raperonzolo, cosa aspetti a farla chiamare?" intervenne bruscamente Stark.

Per una volta diceva qualcosa di sensato.

 

Thor sembrò un attimo imbarazzato, si schiarì la voce, si arruffò i capelli e, finalmente, parlò:

"Bhe, vedete, mio fratello è recluso ad Asgard, per volere di Padre. Tuttavia, essendo Loki un grande esperto di magia potrebbe aiutare Lady Erin..." l'uomo non riuscì a completare la frase che Clint si era già alzato in piedi e aveva sbattuto bruscamente una mano sul tavolo.

 

"No. Assolutamente no!"

 

"Non è stata chiesta la tua opinione, Barton." -sibilò Erin, glaciale. -"Non ti riguarda."

 

"Mi riguarda eccome! Non lascerò che tu vada da quel pazzo, magari a imparare qualche trucchetto con cui, poi, colpirci tutti alle spalle!"

 

"Clint!"- sbottò indignata Natasha-"Cosa dici?!"

 

"Cosa dico!? Tasha davvero non puoi davvero fidarti di lei!" urlò Clint di rimando.

 

"Adesso datevi una calmata!!"

Steave, Fury e Banner l'avevano urlato quasi in contemporanea.

 

"Ancora una parola e vi spedisco a calci in culo in Siberia."-li minacciò Fury-"Tutti e tre." concluse scrutando torvo Erin, Natasha e Clint.

 

"Io esco a prendere una boccata d'aria." disse Bruce, che stava assumento un brutto colorito verdognolo. Si alzò e frettolosamente uscì dalla stanza.

 

Quando si chiuse la porta alle spalle, Erin si ritrovò con gli occhi di tutti puntati addosso: aspettavano una sua decisione e in fretta.

 

Fantastico! Quindi le avevano proposto di viaggiare attraverso lo spazio per andare a trovare uno psicopatico, nonchè prigioniero dio, che, forse, aveva delle risposte in serbo per lei?! Geniale....Un altro salto nel vuoto, in pratica.

Ancora attesa. Ancora domande.

L'eccessiva sicurezza che ostentava rischiò, per un secondo, di andare in mille pezzi, lasciando la strada aperta a tutte le sue angoscie e le sue infantili paure.

 

Erin fece correre lo sguardo lungo la stanza , per valutare la situazione e incrociò quello di Natasha.

La russa pareva proccupata ma, al tempo stesso, sembrava quasi incoraggiarla ad andare. Annuì verso di lei, col capo, esortandola a rispondere.

La ragazza, per un attimo, le fu grata: le aveva trasmesso la determinazione necessaria.

 

Gettò un'occhiata anche agli altri, cercando di intuire i loro pensieri.

Stark la guardava costernato. Era evidente che cercasse di dirle che era assolutamente contro la sua partenza, ma contemporaneamente, tentava di non influenzare la sua decisione.

Clint invece era semplicemente furioso e la scrutava con sguardo pieno d'astio.

Cap e Fury la osservavano neutri, attendendo una risposta.

 

Forse aveva ragione Natasha: probabilmente avrebbe dovuto andare e, magari, scoprire qualcosa delle sue origini.... D'altronde, cosa aveva da perdere?

Doveva reprimere quella insulsa paura.

Paura di perdere tutto. Ancora.

Erin fissò Thor per un istante, come per valutarlo e, finalemente, si pronunciò:

 

"Ok. Accetto la tua proposta. Verrò con te da Loki."

 

                                                                                                                *

 

"Molto bene. Thor quando potresti scortarla su Asgard?" domandò immediatamente Fury.

 

"Il prima possibile, dopodichè tornerò qui, su Midgard." boffonchiò il biondo.

 

"Ottimo davvero"- sospirò Stark ironico-" Che la forza sia con te, giovane Padawan Erin. Temo ne avrai bisogno."

 

"Ho due cose da dire-"li interruppe la ragazza, volutamente ignorando Tony-"la prima: Byron viene con me."

 

Fury le scoccò un'occhiata assassina ma Thor lo interruppe prima che potesse aprire bocca:

 

"Cos'è un Byron?" domandò cautamente il bestione norreno.

 

Erin sospirò seccata: stupidi dei...

 

"E' il mio cane." gli concesse, infine, degnandolo appena di uno sguardo.

 

"Signor Fury, non vi è, allora, alcun problema. I cani sembrerebbero simili ai lupi, spesso, se addestrati, fedeli amici e compagni di caccia su Asgard. Nulla potrà nuocergli." rispose Thor, con un sorriso incoraggiante.

 

"Molto bene."-sentenziò il capo-"Cos'altro voleva dire, Erin?"

 

"Posso andare a prendere le mie cose prima di partire?" domandò prontamente la ragazza.

 

"Certo. L'agente Romanoff provvederà a accompagnarti."

 

"No."-sentenziò Erin, lasciando tutti basiti-"Voglio che sia l'agente Barton ad accompagnarmi."

Non era una domanda, era un ordine. Doveva parlargli.

 

Natasha spostò velocemente lo sguardo da Clin a Erin, chiedendosi cosa mai avrebbero potuto dirsi quei due. Nulla probabilmente, anzi magari Barton avrebbe potuto approfittare dell'occasione per strozzarla. Era un rischio inutile.

 

"Agente Barton?" domandò Fury, inarcando un sopracciglio, dubbioso.

 

Barton era spiazzato; alzò lo sguardo e si ritrovò gli occhi di Erin puntati addosso, con aria strafottente, quasi volesse sfidarlo.

Ovviamente lui accettava sempre le sfide.

 

"Va bene."-dichiarò Clint-" Muoviti tu!" ringhiò, uscendo, a Erin, che lo seguì velocemente, sotto lo sguardo sconvolto dei presenti.

 

Natasha seguì con aria allarmata i due che uscivano. C'era da fidarsi?

Fino a qualche tempo prima avrebbe affidato a Clint la sua stessa vita ma, adesso, lui era così strano, così turbato...

 

Fu Fury a interrompere il filo dei suoi pensieri:

"Agente Romanoff, appena Erin avrà finito la scorterai sul tetto dell'ala est, insieme a Thor e ti assiurerai che la loro partenza sia sicura, dopodichè tornerai qui e discuteremo di un tuo futuro incarico, chiaro?"

 

"Sissignore." - e la russa uscì insieme al dio.

 

                                                                                                               *

 

Erin aveva ficcato un po' dei suoi vestiti nel borsone, insieme a qualche libro: non sapeva che aspettarsi da quel nuovo pianeta così aveva preso un po' di tutto.

Byron la seguiva fedelmente lungo i corridoi, contento di fare, finalmente, un po' di movimento.

Raggiunse velocemente Natasha e Thor sul tetto, scortata da Clint, che si allontanò frettolosamente.

Si sentiva meglio dopo aver parlato un po' con lui, dopo aver chiarito qualcosa...

 

"Pronta?" le domandò Natasha.

 

"Mi pare ovvio." rispose Erin, accennando col capo alla sacca che teneva a tracolla e al cane che scodinzolava al suo fianco.

 

"Molto bene. Allora, appena vorrai, afferrerai Thor e verrai trasportata con lui."

 

"Non preoccuparti Lady Erin, non ti succederà nulla di spiacevole, lo giuro sul mio onore." le sorrise il dio, porgendole il braccio muscoloso.

 

La ragazza annuì, poco convinta.

 

"Allora ciao, piccola vipera. Ci vediamo." la salutò Natasha, incrinando lievemente le labbra.

 

Erin non seppe mai perchè lo fece: di slancio, abbracciò la russa, superando persino il suo rifiuto per il contatto fisico. Non le avrebbe fatto del male, lo sapeva.

 

Un po' le sarebbe mancato litigare con lei.

 

Natasha ebbe un attimo di esitazione, ma poi ricambio l'abbraccio.

 

"Vedi di non farti spedire in Siberia da Fury mentre non ci sono, chiaro? Che poi tocca a me venire a cercarti." le sibilò nell'orecchio Erin, mentre si scioglieva dalla stretta.

 

"Ci proverò."-le concesse la russa-"Adesso vai."

 

Erin afferrò la collottola di Byron e il braccio di Thor, che, alzando il martello, urlò:

 

"Heimdall!!"

 

Esageratamente plateale, constatò la ragazza.

Immediatamente dopo Erin sentì come se il suo corpo venisse risucchiato, mentre una luce dorata la avvolgeva.

 

L'ultima cosa che vide fu Natasha, che la fissava con uno sguardo vagamente preoccupato.

 

"Stai tranquilla!"-le urlò-"Non ti ho fregato il ragazzo! Clint è ancora tutto tuo!"

 

E poi, con un fragoroso schiocco, sparirono.

                                                                               

 

 

 

Salve a tutti! Grazie per aver letto questo 10 capitolo!

E finalmente tutti su Asgard! Evvai! Si preannuncia un bell'incontro con il nostro amato Loki <3

Spero solo di riuscire a non descriverlo troppo OOC!

Comunque per adesso non ho ancora scritto una riga dell'11 capitolo, quindi mi sa che ci vorrà un po' prima che lo pubblichi :')

Grazie mille per aver letto fin qui! Siete dei lettori magnifici, grazie mille per il supporto che mi date!

(E grazie mille anche a Ledy_leggy e alla Gine, che mi incoraggiano tanto e mi danno la determinazione necessaria <3!)

Grazie a tutti!

Erza_chan

Ps: no, non sierte tenuti a sapere quello che Erin dice a Clint, credo si saprà solo nell'epilogo, quindi...aspetta e spera :'))

 

(Il titolo viene dalla canzone Clocks, dei Coldplay che, nel caso non si fosse capito, sono la mia band preferita :') )

 


l'immagine usata all'inizio del capitolo è Marina by apalkin su deviantart ( qui il link http://apalkin.deviantart.com/art/Marina-434240450)

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Capitolo 12
*** I feel like they're talking in a language I don't speak and they're talking it to me. ***


I piedi di Erin urtarono violentemente il suolo, mentre la ragazza si teneva aggrappata al braccio muscoloso di Thor per mantenersi in equilibrio. Byron venne sbalzato di lato e, con un guaito, si rialzò, andando a rintanarsi furtivamente tra le gambe della padrona.

 

Erin sbattè le palpebre un paio di volte prima di mettere a fuoco il luogo in cui si trovava: era, se così si poteva definire, un'enorme cupola dorata. Le pareti sembravano fatte di tanti igranaggi che rilucevano: davanti a loro, sospeso sull'oceano, si trovava un enorme ponte che, con grande stupore della ragazza, sembrava prorio un arcobaleno.

 

"Chi è la ragazza?" esordì una voce profonda.

 

Erin sussultò e si girò di scatto, trovandosi di fronte un corpulento uomo, vestito di un'armatura dorata e con uno strano elmo. Incuteva una sorta di timore reverenziale e aveva l'aria di aver vissuto già migliaia di anni e di aver provato ogni genere di esperienza.

 

"Credo una Midgardiana, Heimdall. Ma non ne siamo certi."-si spiegò Thor-"Proprio per questo è qui per conferire con Padre. E' sotto la mia tutela."

 

La ragazza sentì lo sguardo indagatore dell'uomo posarsi su di lei, scrutandola.

 

"Io sono Heimdall, il Guardiano. Benvenuta su Asgard, Erin."

 

La ragazza lo fisso torva: come sapeva il suo nome?

 

"Come fai a conoscermi?" domandò diretta, senza mostrare né rispetto né, come era nel suo stile, insicurezza.

 

"Io sono il Guardiano. Nulla sfugge al mio sguardo: proteggo il regno dall'alto del Ponte del Bifrost dal quale osservo ogni cosa e anticipo qualsiasi attacco contro il Padre degli Dei, Odino, al quale ho giurato fedeltà."

 

Erin si accontentò di quella risposta contorta e che, in realtà, non dava alcuna spiegazione. Non aveva voglia di puntualizzare, solo di arrivare da Loki e, finalmente, avere le sue risposte.

 

"Heimdall, scorterò Erin da Padre: dovrà conferire con lui, prima che con Loki. Ci sono cavalcature?"

 

Il Guardiano annuì con un cenno del capo e li condusse fuori dalla cupola, sul ponte, dove due guardie, ridicolamente vestite, tesero al dio e alla ragazza le briglie di altrettanti splendidi cavalli.

 

La ragazza afferrò titubante quelle del destriero nero, che aveva una chiazza bianca, a forma di stella, al centro della fronte.

Era davvero bello, peccato che lei sapesse a stento cavalcare, ma su Asgard evidentemente quella capacità era data per scontata. Per fortuna, un paio di volte, avevano fatto delle gite scolastiche in campagna, dove, con grande gioia di tutti meno che la sua, avevano dato loro le nozioni basilari dell'equitazione.

Con fatica si issò in groppa al cavallo, scivolando goffamente e odiandosi per la sua piccola statura.

Una delle guardie le venne in aiuto ma lei si divincolò dalla sua presa: ce l'avrebbe fatta benissimo anche da sola e poi le dava fastidio venir toccata.

Fissò con astio il ragazzo che l'aveva sfiorata e incrociò i suoi occhi: erano blu scuri, a tal punto da sembrare neri e parevano volerla inghiottire.

Erin si sentì come se venisse risucchiata, ma non era una sensazione spiacevole: era dannatamente bello e altrettanto stregante.

 

La ragazza scrollò il capo e si costrinse a distogliere lo sguardo: fece un fischio a Byron e spronò il cavallo dietro a quello di Thor, che era già partito, lungo il ponte, verso l'enorme reggia che si stagliava davanti a loro.

Rischiò di scivolare un paio di volte, ma restò in sella tenendosi aggrappata alle redini talmente forte da farsi male ai palmi.

Fu il cavallo stesso che, a un certo punto, rallentò il passo, sentendola scivolare. Forse si era accorto pure lui di quanto fosse incapace di cavalcare.

 

Arrivata di fronte al grande palazzo, smontò velocemente e carezzò un attimo il cavallo prima di dare le redini alle ennesime guardie, che sembravano essere ovunque. Byron le scodinzolò intorno, ansimando ma Erin non se ne curò. Seguì, invece Thor, che le camminò a fianco facendole strada, mentre entravano nella reggia e tutti chinavano il capo davanti a lui in segno di rispetto.

 

"Alatan è un buon cavallo."-esordì il dio, per rompere il ghiaccio-"Ubbidisce sempre agli ordini del cavaliere e vi è molto attento."

 

Erin annuì ma non rispose. In realtà l'aveva a malapena sentito.

La ragazza stava ammirando stupita il palazzo: era di una bellezza mozzafiato.

Decisamente non come la base dello Shield.

I grandi corridoi, illuminati da grandi torce e da candele, erano decorati con quadri e arazzi; a terra dei bellissimi tappeti, con sopra cucite delle storie e dei miti, coprivano i pavimenti dorati. Le pareti erano intervallate da imponenti portoni di legno che conducevano, probabilmente, in saloni altrettanto meravigliosi.

Era una residenza senza dubbio all'altezza del Padre degli dei.

 

Dopo qualche secondo, Erin vide venirgli incontro un'elegante donna: era riccamente abbigliata e portava i capelli bruni raccolti in una complessa acconciatura. Thor chinò il capo in maniera rispettosa ma, al contempo, affettuosa:

 

"Madre, sono tornato."

 

"Vedo, figlio mio."-il tono della donna era dolce e gentile-"Chi è la giovane che porti con te?"

 

"Sono Erin."-rispose lei, glaciale, stufa di essere sempre presentata da altri-"Sono qui per conferire con Odino e con Loki."

 

La regina sussultò un attimo, mentre gli occhi le si colmarono di stupore. Thor scoccò a Erin un'occhiata di rimprovero.

 

"Loki?"-sussurrò piano la donna-"Perchè proprio con lui?" la sua voce era incerta, colma di dolore.

 

"Penso possa avere delle risposte per me." si limitò a spiegare Erin, stringendosi nelle spalle.

 

"Madre, la ragazza è stata tenuta d'occhio dai miei compagni Midgardiani, poichè aveva delle caratteristiche che risultavano diverse da quelle della loro razza. Penso sia opera di una magia molto antica, tuttavia non potendo dare né loro né io delle risposte ai quesiti di Erin, ho ritenuto necessario che dovesse conferire con Loki, esperto in questo genere di cose."

 

"Molto bene."-dichiarò Frigga, dopo qualche secondo di silenzio-"Fai venire la ragazza con me: io e le mie ancelle le forniremo le vesti necessarie per conferire con Odino. Intanto annunciala a tuo Padre."

 

Solo allora Erin si rese conto di essere ancora vestita coi Jeans e la sua felpa: chissà che effetto dovevano fare lì, ad Asgard, dove gli abiti di tutti i giorni sembravano essere armature o, in alternative, lunghe vesti colorate come quelle della regina.

 

La ragazza di si avviò dietro la donna, lasciando Thor che si allontanava lungo un imponente corridoio e la seguì, insieme ad alcune ancelle che la regina aveva fatto chiamare.

 

"Quanti anni hai?" domandò pacatamente la donna.

 

"19. Credo."- rispose Erin, stringendosi nelle spalle.

 

"E perchè vuoi chiedere l'aiuto di mio figlio?"

 

La ragazza riflettè un attimo sulla domanda prima di rispondere:

 

"Perchè non ho altra scelta."

 

Ed era vero: Loki era, probabilmente, la sua ultima possibilità.

 

Camminando erano, pian piano, arrivate davanti a una stanza.

 

"Spero vivamente che Loki ti accordi il suo aiuto: non sarà facile convincerlo, ma fai del tuo meglio."- le sorrise Frigga, poggiandole una mano sulla spalla-" Sai.. me lo ricordi in maniera quasi impressionante.. forse una ragazza così simile a lui riuscirà a strappargli una promessa." concluse la regina, allontanandosi per i corridoi, lasciandola, interdetta, in compagnia delle ancelle.

 

                                                                                                                  *

Erin ammirò la lunga veste blu scura, che le ricadeva elegantemente ai piedi, le cui maniche erano larghe e delicamente ricamate. Sembrava uscito da un qualche film medievale: le spalline a sbuffo, il corpetto stretto e lo strascico lo rendevano davvero bellissimo.

Le ancelle finirono di raccoglierle i capelli in una lunga treccia nera, che le adagiarono, piano, su una spalla e la fecero ammirare un attimo, prima di condurla verso la sala del trono.

 

Quando fu davanti all'imponente portone, Erin sentì un'ansia crescerle dentro, ma la represse; scoccò un'occhiata a Byron, che ciondolava accanto a le, fece un profondo sospiro e entrò.

 

La stanza era enorme e riccamente decorata, come tutto il palazzo; di fronte a Erin si ergeva una grande scalinata dorata, che portava a uno scanno su cui stava seduto il Padre degli dei.

Era vestito di un'armatura d'oro e portava, sull'occhio destro, una benda dello stesso materiale.

 

Il primo pensiero di Erin che avrebbe potuto essere senza dubbio grande amico di Fury.

 

Lentamente la ragazza avanzò lungo la sala, fino a giungere davanti al trono e non accennò minimamente ad inchinarsi: doveva ancora venire la persona che l'avrebbe costretta a prostrarsi ai suoi piedi.

Odino la scrutò torvo con il suo unico occhio, ma non fece commenti su quel gesto così insolente. Frigga e Thor, ai piedi a lato dello scanno, la fissavano stupiti e insospettiti.

 

"Sei tu, dunque, Lady Erin, colei che vuole conferire con il prigioniero Loki?" tuonò il re.

 

"In persona. Lui è Byron, il mio cane. Voglio solamente delle risposte: non ho intenzione né di attentare al trono né di liberare vostro figlio, se è questo che temete. Ora posso andare?"

 

Lo stupore generale si leggeva sui volti dei presenti, comprese le guardie, che la fissavano esterreffate: probabilmente nessuno si era mai rivolto a Odino con tale insolenza.

Il Padre degli dei parve urtato dal tono usato dalla ragazza e la fissò con sguardo irato.

 

"Si. Ti è accordato il permesso di conferire con Loki e soggiornare ad Asgard il tempo necessario affinchè tu abbia delle risposte dopodichè ritornerai al più presto su Midgard. Così sia!" sentenziò il Padre degli dei, battendo pesantamente al suolo la sua lancia, il cui rumore riusonò in tutta la sala in maniera quasi assordante.

 

Doveva essere una cosa propria degli Asgardiani dare spettacolo in quella maniera, si ritrovò a pensare Erin, mentre veniva scortata fuori dalla stanza da Thor.

Il dio le camminava a finaco con aria turbata e sorpresa, gettandole di tanto in tanto qualche sguardo indagatore ma la ragazza continuò ad avanzare con passo deciso.

 

All'improvviso Thor fece un cenno ad una guardia, che arrivava trafelata verso di loro.

 

"Mi avete fatto chiamare?" domando questa, chinando rispettosamente il capo. Aveva una voce limpida e dolce, estremamente gentile.

 

"Si, Grein. Voglio che tu, per il periodo in cui Lady Erin soggiornerà su Asgard, vegli sulla sua sicurezza e sulla sua incolumità. Sei giovane, ma forte e esperto: confido nel tuo valore."

 

"Non vi deluderò." rispose prontamente il ragazzo, mentre alzava lo sguardo su Erin. Lo stesso sguardo blu e profondo che la ragazza aveva già visto sul ponte. Lo stesso che era riuscito, per un attimo, a distrarla da tutto quello che aveva intorno e a inghiottirla.

 

"Molto bene. Adesso la condurrò nelle prigioni: avverti le ancelle e falle preparare gli alloggi. Sarà, poi, compito tuo condurvela e accertarti che abbia tutto ciò di cui necessita." ordinò Thor.

 

Grein annuì un'ultima volta prima di sparire tra i corridoi del palazzo, seguito dallo svolazzio del mantello e dallo sguardo di Erin.

 

"Vogliamo andare?" le sorrise incoraggiante Thor, porgendole il braccio, che la ragazza evitò di afferrare.

 

"Ti seguo." si limitò a rispondere, girandosi un attimo indietro nel tentativo di scorgere ancora l'affascinante ragazzo, di cui, però, non c'era più traccia.

 

                                                                                                               *

 

Le prigioni di Asgard erano estremamente luminose: Erin si era immaginata dei cunicoli bui e misteriosi, invece c'erano celle di vetro, che emanavano bagliori arancioni e i corridoi erano illuminati da numerose torce.

Thor avanzò senza esitare verso una di loro, facendo cenno a Erin di seguirlo. All'interno della cella la ragazza, scorse, per la prima volta, il dio del caos.

 

Nessuno di tutti i possibili aspetti che si era immaginata di Loki potevano rispecchiarlo.

 

Perchè lui era identico a lei.

 

Gli stessi capelli corvini, la stessa bocca affusolata, gli stessi occhi verdi, e lo stesso identico sorriso di scherno che mostrava tanto spavaldamente.

 

La somiglianza era talmente impressionante che persino la ragazza restò senza parole. Erin riuscì, finalmente, a capire il terrore che attanagliava Clint e gli altri Avengers guardandola. Aveva sempre creduto che esagerassero, che fossero spaventati a tal punto da rivedere Loki in ogni persona. Invece non era così.

Se davvero quel dio aveva fatto loro del male, avere accanto una ragazza con le sue stesse fatezze non doveva certo averli aiutati.

 

Mille domande le affollarono la mente, ma si costrinse a rimanere calma, glaciale come sempre.

 

Erin fissò Loki per un po', scrutandolo e, finalmente, il prigioniero parlò:

 

"Mi chiedevo quando saresti finalmente arrivata da me, Erin." le disse, un sorrisetto divertito stampato in faccia, la voce melliflua e lo sguardo spaventosamente intrigante e così terribilmente familiare.

 


Eeeeeeeee suspence! :')
Salve a tutti! Intanto, grazie mille per aver letto anche questo capitolo! Grazie mille a tutti quelli che stanno seguendo la storia da tanto tempo e anche alle new entry! :D Grazie mille a tutti quelli che la recensiscono con tanta gioia!  Mi fate davvero felicissima! :')))
Sono contentissima che vi piaccia! Davvero, davvero davvero tanto!! Grazie mille!
Comunque per quanto riguarda il vestito della nostra Erin, ho deciso di ispirarmi a questi due abiti:
questo come tipologia e come maniche e questo circa come colore :D
Spero vi piacciano ;)

Cose non inerenti alla storia che potete benissimo saltare :')
Ho comprato Dazed, una rivista inglese (o forse americana..bho XD) dove posa Scarlett! E' davvero fantastica! Solo che non capisco nulla delle interviste ahahahah
Mi sa che mi ci vorranno anni anche solo per leggere una pagina! E sono ben 5 :')))) Ma dai..ottimismo: è tutto allenamento per l'inglese, no?! XD

Adesso vado a vedere il primo episodio Agent of Shield! Dicono che sia bellissimo! Voi che ne pensate?

Un bacio a tutti e grazie mille davvero!
A presto
Erza_chan
(come al solito un grazie enorme a ledy_leggy, alla Gine, che prima o poi si farà un cavolo di account e a little black cat per il supporto. ;) )


( il titolo viene dalla canzone "Talk" dei Coldplay <3)

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Capitolo 13
*** In the darkness before the dawn in the swelling of this storm ***



                                                                                    


"Mi chiedevo quando saresti finalmente arrivata da me, Erin." le disse Loki, un sorrisetto divertito stampato in faccia, la voce melliflua e lo sguardo spaventosamente intrigante e così terribilmente familiare.

 

Un brivido salì lungo la schiena della ragazza ma cercò di restare impassibile.

 

"Come fai a sapere il mio nome?" scandì freddamente, mentre scoccava un'occhiata interrogativa a Thor.

 

"Oh, no: il prediletto figlio di Odino non c'entra nulla in questa storia. Ma, ti prego, non restare là fuori, accomodati nella mia lussuosa dimora." rispose il dio, indicando la cella con un gesto plateale.

 

"No, Loki. Non la farò avvicinare ulteriormente a te." sentenziò il dio del tuono con aria severa ma Erin lo interruppe bruscamente:

 

"Fammi entrare. Correrò il rischio." ordinò freddamente Erin, lasciando basito Thor.

 

Sul volto di Loki si disegnò un sorrisetto divertito.

 

"L'hai sentita, no?" -esclamò con tono canzonatorio al fratello-"Vuole entrare. Non vorrai negarle questo piacere, sennò che razza di principe saresti?"

 

Thor li guardò un attimo entrambi, con aria stupefatta, dopodichè annuì, sconfitto e scortò la ragazza e Byron all'interno della cella, prima di richiudere la parete di luce con un movimento del martello e allontanarsi.

 

Erin si trovò faccia a faccia con Loki: era decisamente più alto di lei, ma la somiglianza non smetteva mai di stupirla.

 

"Forza, smettila di fare il misterioso: cosa mi nascondi? Non mi piacciono i tuoi giochetti." sbottò la ragazza, fulminandò il dio con lo sguardo.

 

"Osi darmi ordini, piccola impertinente?"-domandò tagliente Loki, scrutandola-"Sei bassa. Da dove ti osservavo parevi molto più alta." aggiunse poi, freddamente, quasi fosse un'aggravante al suo disprezzo.

 

Erin non si scompose: "L'ultima persona che mi ha chiamata così"-rispose semplicemente-"E' finita all'ospedale col naso rotto e un occhio nero."

 

"Sono terribilmente spaventato Erin"-la canzonò il dio-"Così vuoi sapere come faccio a conoscere il tuo nome? In realtà so molte cose di te: che dopo una tua prima trasformazione sei stata catturata dal cosidetto Shield, che Stark e la Romanoff ti hanno preso disgustosamente in simpatia, al contrario dell'agente Barton. Ti hanno fatta addirittura partecipare a un'orribile festa...Davvero patetico."

 

"Se stai cercando di mettermi paura, sappi che stai fallendo miseramente."-rispose secca lei, stringendosi nelle spalle-"Adesso dimmi da dove mi spiavi. Come abbiamo fatto a non notarti?"

 

"Abbiamo? Intendi tu e quei tuoi patetici amichetti dello Shield? Nessuno di voi avrebbe mai minimamente potuto sospettare di me: perchè io ero nascosto dove nessuno avrebbe mai potuto trovarmi." sorrise malizioso Loki, accarezzando lentamente Byron, che non si sottrasse minimamente al contatto.

 

Erin sgranò gli occhi stupefatta: "Byron? Tu sei il mio cane?!"

 

"Non esageriamo. Io sono un essere estremamente superiore a quest'animale midgardiano, tuttavia prendere santuariamente possesso della sua mente è stato un gioco da ragazzi, anche recluso in una cella e parzialmente privato dei miei poteri. Come mai credi che stupide guardie si siano prodigate ad accudirlo senza battere ciglio? O che i tuoi "genitori" lo abbiano accettato quesi senza protestare? Sono stato io a manipolarli, attraverso lui: è stato pateticamente facile." spiegò Loki, la voce fredda e sibilante.

 

"Perchè?"-sussurrò la ragazza-"Perchè diamine l'hai fatto?! Cosa avevi da osservare?! Cosa vuoi da me!?" gli urlò contro.

Erin sentì la rabbia scorrerle dentro e la pietra pulsare: doveva calmarsi immediatamente. Fece tre respiri profondi e cerco di sgombrare la mente da tutti i pensieri, tornando poi a rivolgersi al dio, che stava osservando la scena impassibile.

 

"Voglio delle spiegazioni. Spero siano valide perchè sto davvero per perdere la pazienza e, visto che mi osservi da così tanto, dovresti sapere quasi meglio di me cosa succede." sibilò piano, con la voce pienda d'odio.

 

"Da quanto sono stato imprigionato qui su Asgard ho avuto molto tempo libero e, cercando una nuova fonte di energia, ho percepito la pietra. I miei poteri sono piuttosto limitati, in realtà dovrei esserne totalmente privo, ma Odino è troppo ottuso per accorgersene. Così ho deciso di individuarne la fonte che si è rivelata una sciocca ragazzina midgardiana a cui ho deciso di sguinzagliare dietro un..cane, come lo chiamate voi." spiegò lentamente Loki, la voce sibilante ma diverita.

 

Erin lo scrutò attentamente, riflettendo, prima di porre le domande che la assillava da tanto.

 

"Perchè? Cos'ha questa pietra di così speciale? Perchè è legata a me? Chi sono in realtà? Visto che sei così preparato dovresti sapermi rispondere, Loki."

 

Il dio scosse il capo: "A crescere coi midgardiani si diventa talmente ottusi... La pietra è, palesemente, una fonte di energia pressochè infinita. E' un manufatto rarissimo, credo che, stando a oggi, sia l'unico esistente in tutto l'universo. Sfruttandola si potrebbe diventare dei maghi di una potenza inimmaginabile ma, purtroppo, è legata al tuo braccio."

 

"Credo che non ti faresti scupoli a staccarmelo se ti servisse...eppure non lo hai fatto..." obbiettò Erin, interrompendolo.

 

"Se tu mi mi avessi lasciato finire, stupida ragazzina, avrei aggiunto che è legata anche alla tua vita. Ho letto di questo genere di manufatti magici: sono impiantati solitamente sui bambini e crescono insieme a loro, proteggendoli, a volte anche in casi estremi e assicurando loro un enorme potere quando crescono. Talvolta arrivano addirittura a mascherare il metabolismo del bambino e ad adattarlo a quello di un'altra specie, se necessario, ma è rarissimo che avvenga. Il tuo caso è assolutamente eccezionale, quasi nessuno ci era mai riuscito prima."

 

"Ecco perchè le analisi del dottor Banner risultavano regolari...." mormorò Erin.

 

"Si ed anche il motivo per cui hai avuto i tempi di crescita di una qualsiasi midgardiana. La potenza della pietra, però, sta aumentando e i tuoi picchi di rabbia hanno favorito il processo di stabilizzazione. Dopo un certo periodo di tempo il manufatto ristabilizza il metabolismo per permettere di usare tutta la sua energia per altri scopi. Sono oggetti estremamente particolari."

 

"Se è così utile perchè non è sfruttata da tutti? Potrebbero produrne molte di più..." domandò curiosa Erin.

 

"Perchè per crearne anche solo una serve la vita del mago che pronuncia l'incantesimo e, potrai ben capire, sono le persone che vogliono usare la propria vita in questo modo."

 

La ragazza ammutolì: questo voleva dire che una persona si era sacrificata per permetterle di usare una fonte di energia così potente?

In realtà, le venne improvvisamente in mente, le persone dovevano essere state due: Fury aveva trovato anche un'altra pietra che, però, era chiaramente inattiva. Chi altri si era sacrificato inutilmente?

 

"E sulle mie origini che sai dirmi? Chi mi ha impiantato la pietra nel braccio?" domandò alzando lo sguardo su Loki.

 

"Ti ho già dedicato fin troppo del mio tempo, piccola impertinete. Cosa ti fa credere che voglia spiegarti qualcos'altro?" le rispose prontamente il dio.

 

Il silenzio cadde pesante, i due che si fissavano negli occhi, ben sapendo che nessuno dei due avrebbe abbassato lo sguardo prima dell'altro. Era quasi una battaglia, fatta di occhiate, sguardi e pensieri.

 

All'improvviso Erin gli rispose, pacata:

 

"C'è qualcosa che ancora non sai. Sono disposta a rivelartela, a patto che tu mi parli del mio passato o, per lo meno, delle mie origini. Sono venuta fin qui apposta e non me ne vado."

 

Detto questo la ragazza si appoggiò alla parte della cella, le braccia incrociate, determinata a non muoversi di un millimetro finchè non avesse ricevuto una risposta dal dio.

 

"Non scendo a patti con i bambini." sentenziò Loki, dopo averci riflettuto su.

 

"Nemmeno io con gli dei capricciosi."

 

I due rimasero a fissarsi a lungo.

Erin si era calmata ma si sentiva frustrata: non riusciva a torcere le informazioni che le servivano da quell'ottuso di Loki, nemmeno ricattandolo.

Bisognava smuovere la situazione.

 

"Le pietre"-scandì lentamente la ragazza-"erano due. Non una sola. Fury ne rinvenne un'altra quando mi trovarono, in Alaska in mezzo alle nevi. Ero come protetta da una bolla e accanto a me c'era il corpo di una donna e un altro manufatto."

 

Loki sgranò gli occhi.

Ottimo aveva colto la sua attenzione, adesso doveva solo spingerlo a risponderle.

 

"Non avevo considerato quest'eventualità"-ammise il dio ricomponendosi-"E adesso la seconda pietra dove si trova?"

 

"Non ne ho idea. Tuttavia non potresti utilizzarla in alcuna maniera poichè, come tu stesso hai detto, andrebbe impiantata su un bambino, non trovi?"

 

Loki annuì piano, immerso nei suoi pensieri.

 

"Cosa devo dedurne? Che non fossi sola quando fui trasportata sulla Terra? Che ci dovesse essere qualcun'altro che invece non è riuscito ad arrivare?" domandò cauta la ragazza.

 

L'immagine vivida del fagotto che rotolava via dalle braccia della donna, nel suo sogno, le torno in mente con prepotenza.

Erin si passò una mano sul volto, cercando di scacciare lo spiacevole ricordo di quell'incubo.

 

"Può essere"-le concesse Loki-"Del resto, la pietra protegge il bambino solo se impiantata su di lui con l'apposita formula quindi prima era assolutamente vulnerabile..."

 

Erin riordinò velocemente le idee: quindi su di lei era stata impiantata questa pietra che, a detta di Loki, era a dir poco miracolosa ed era stata trasportata sulla Terra insieme a qualcun'altro di cui, però, non c'era traccia.

In Alaska era stata protetta per chissà quanto tempo dal manufatto prima di venir ritrovata da Fury. Dopo essere stata data in adozione la pietra, chissà come, aveva mutatato il suo metabolismo ma, adesso che stava crescendo, stava tornando veramente se stessa.

Mille domande le affollarono la mente ma una in particolar maneria le martellava nella testa.

 

"Quindi a che razza appartengo davvero?" sputò fuori.

 

Loki la fissò divertito, aspettando un po' prima di risponderle:

 

"Ti dirò quello che vuoi sapere, a patto che, dopo, tu mi lasci in pace, chiaro?"

 

Erin annuì, spronandolo, con un gesto della mano, ad andare avanti.

 

"Da quel che ho potuto osservare"-riprese il dio-" Ho dedotto che sei una gigantessa del ghiaccio, una Jötunn. Il tuo pianeta natale è Jötunheimr, uno dei nove regni. Adesso ti senti realizzata? O vuoi divertirti a interrogarmi ancora un po'? Anche alla tua amichetta Romanoff piaceva farlo.” la canzonò Loki, con rinnovata cattiveria.

 

“Da quello che mi hanno raccontato, Natasha ti ha estratto diverse informazioni utili, così come ho fatto io.”- rispose freddamente Erin, mentre cercava di assimilare la marea di informazioni che aveva appena ricevuto-”Un'ultima cosa, prima di lasciarti ai tuoi numerosi impegni Asgardiani...Posso sfruttare il potenziale della pietra?”

 

Loki fu colto totalmente alla sprovvista, ma cercò di mascherarlo dietro ad uno dei suoi intriganti sorrisetti:

 

“Volendo, potresti ,ma è estremamente pericoloso. Non hai ricevuto nessun addestramento alla magia da piccola e ciò potrebbe complicare notevolmente le cose, tanto da mettere a rischio la tua vita... Sicura di voler scherzare col fuoco, bambina?”

 

Erin ignorò la presa di giro.

 

“Io non sono stata addestrata alla magia, ma tu si, o sbaglio?”

 

“Non ti sbagli. Dove vuoi giungere con questo discorso?” le domandò, diretto, Loki.

 

La ragazza deglutì pesantemente, decisa a mettere da parte il suo dannato orgoglio, almeno una volta. Sospirò profondamente e, finalmente, sputò fuori la domanda:

 

“Vorrei il tuo aiuto per apprendere la magia e per scoprire le mie origini, sei disposto a offrirmelo?”

 

Erin si pentì di averlo domandato pochi secondi dopo averlo fatto, ma ormai era troppo tardi.

Sperò solo che Frigga avesse ragione nel dirle che, forse, Loki avrebbe potuto accettare la sua richiesta.

 

Il dio la scrutò

“Che vantaggio ne traggo io?” domandò, poi, pratico.

 

“Non so”-rispose la ragazza stringendosi nelle spalle-”Forse potrei evitare di dire a Odino dei piccoli scherzi che mi hai giocato e, se davvero mi aiuterai, potrei mettere una buona parola sul tuo conto. Chissà..” -buttò lì Erin,vaga.-”Inoltre potresti studiare la pietra e i suoi effetti da più vicino...non era questo che volevi?”

 

In realtà stava parzialmente bluffando, ma, evidentemente, in maniera abbastanza convincente, poiché Loki rispose solamente:

 

“Quando iniziamo?”


Ehilà! Salve a tutti!
anche questo sabato sono riuscita ad aggiornare! Evvai! SOno di rientro da un nutella party :') penso di aver messo su qualcosa come 50 kili però vabbè!
Non credo cenerò!
Ma, evitando divagazioni varie, grazie mille a tutti per aver letto anche questo capitolo! Grazie, grazie, grazie!
E un grazie enorme a tutti quelli che recensiscono! Mi rendete felicissima, sono così contenta che la storia vi piaccia!
Volevo avvertirvi che sabato prossimo non aggiornerò perchè sarò via, quindi ci vediamo tra due settimane! Un bacio a tutti!
Erza_chan

Ps1: un grazie enorme a ledy_leggy, little black cat e gine per il supporto che mi danno ;)
Ps2: vorrei consigliare a tutti, se non l'avete già letta, la fanfiction The Seventh, di Evilcassy! (sezione Avengers)
Ragazzi è semplicemente stupenda! Merita tantissimo, quindi se avete tempo fateci un salto ;)
Ps3: ho trovato queste immagini talmente folli che meritavano di essere condivise :') questa mi ha fatto ridere mezz'ora, questa invece un'ora intera! :')
Questa invece è semplicemente bellissima, oddio *__*

(mi sono fatta ask! Yeah! se volete domandare, chiedete pure qui :D)

(il titolo del capitolo viene da "midnight" dei coldplay <3 è uscito da relativamente poco il video! Non è granchè ma la canzone è stupenda!)

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Capitolo 14
*** But the silence of this sound is soon to follow somehow sundown ***


“Quando iniziamo?” domando, con sorriso di scherno, Loki.

“Appena avrò trovato qualcosa di interessante da cui iniziare.” rispose secca Erin balzando fuori dalla cella, senza degnare Loki di un ultimo sguardo.

Si avviò per il corridoio deserto, dirigendosi verso l'uscita delle prigioni.

La ragazza rimuginava su quello che aveva appena scoperto e nuove domande si affacciavano nella sua mente in ogni secondo.

Ma, per lo meno, adesso aveva un punto di partenza: aveva scoperto di essere una gigantessa del ghiaccio.

Non sapeva se essere confortata o meno da questa novità, in quanto non sapeva nemmeno che specie fosse o a quale mondo appartenesse.

Comunque era un inizio.

 

La ragazza fissò di sfuggita il suo cane: Loki avrebbe preso ancora possesso del suo corpo o, adesso che aveva quello che desiderava, l'avrebbe finalmente lasciato in pace?

 

“Sia ben chiaro”- disse poi, rivolgendosi a Byron-”Loki, non osare sfruttarlo di nuovo o giuro che scendo giù nelle prigioni e ti faccio nero, chiaro?” ordinò la ragazza, con tono severo.

 

Byron continuò a scodinzolare felice, con l'aria di non aver capito nulla.

Per un attimo si sentì una scema: quante possibilità c'erano che il dio degli inganni, proprio in quel momento, la stesse ascoltando?

Poche per fortuna.

 

Fu proprio quando stava per maledirsi per la sua stupidità che, negli occhi di Byron, ci fu un guizzo verdognolo e il cane abbaiò un paio di volte, quasi a voler rispondere a Erin.

La ragazza non seppe come, ma percepì chiaramente l'ironia di Loki, attraverso quel gesto.

 

“Stupido dio del caos!” -ringhiò la ragazza-”Non provarci mai più!”

 

Byron abbaiò un'ultima volta, quasi fosse divertito, prima che i suoi occhi tornassero del solito color nocciola, senza che non rimanesse più alcuna traccia della sfumatura color smeraldo.

 

Erin sospirò profondamente, e, pian piano, si diresse verso il corridoio principale.

Si guardò intorno, chiedendosi quale strada percorrere, quando le venne incontro la strana guardia che le era stata assegnata poco tempo prima da Thor.

 

“Lady Erin”-proruppe questa, con tono affannato-”Stavo venendo a prenderla. Non sapevo che avesse concluso il suo colloquio col prigioniero così presto! Il principe Thor si è dovuto recare al cospetto del Padre degli dei: le manda i suoi saluti e si augura di poterla rivedere stasera a cena.” concluse, tutto d'un fiato, chinando, contemporaneamente, il capo, con fare rispettoso.

 

“Non preoccuparti.”-iniziò Erin, il tono meno freddo del solito- “Ho lasciato il mio borsone nella sala dove mi sono cambiata, posso riaverlo indietro?” domandò, poi, pratica.

 

In realtà la ragazza stava cercando di distogliere l'attenzione dagli occhi del ragazzo, che la fissavano in attesa di ordini.

La stregavano in maniera quasi impressionante.

A guardarlo bene, non dimostrava molto più di lei: sembrava appena un ragazzino, ingenuo ma terribilmente affascinante.

 

“Lady Erin, i suoi effetti sono già stati portati nelle sue stanze dall'ancella che sarà al suo servizio. Desidera esservi condotta o, invece, c'è qualche posto in particolare della reggia che desiderate visitare?”

 

La ragazza ci rifletté un attimo: dove avrebbe potuto trovare delle risposte, delle informazioni?

 

“C'è una biblioteca, per caso?” domandò poi, diretta.

 

“Ma certo! Una delle migliori dei nove regni”- rispose prontamente il ragazzo-”Vuole esserci accompagnata?”

 

“Si, volentieri Grein. E' così che ti chiami giusto?”- il ragazzo annuì piano-” Molto bene. Inoltre vorrei che la smettessi di darmi del lei: ad occhio e croce non sei molto più grande di me.”

 

“Ma Lady Erin io ho ricevuto l'ordine...” provò a ribattere quello, ma la ragazza lo interruppe bruscamente.

 

“Anche questo è un ordine. Anzi, già che ci siamo, voglio anche che tu la smetta di chiamarmi Lady. Non sono nobile né ricca: non merito questo titolo. Semplicemente Erin andrà bene.”

 

Grein ammutolì, sconfitto. Dopodiché annuì poco convinto e si avviò per i corridoi, seguito dalla ragazza e da Byron, verso la biblioteca.

 

“Portate tutti un elmo così ridicolo, voi guardie di Asgard?” lo punzecchiò lei, mentre camminavano, cercando di far crollare quella maschera di professionalità sul suo volto.

 

“Non è ridicolo”-ribatté lui, piccato-”E' molto importante per noi: ci protegge ma, al tempo stesso, simboleggia la nostra fedeltà per il regno e...”

 

“Non ti ho chiesto un tema in proposito.” lo interruppe Erin, già stufa di quella lagnosa cantilena.

 

Grein si stava dimostrando più noioso del previsto: per quanto fosse bello, non era minimamente interessante come persona.

Magari fosse stato meno accondiscendente e servile...

 

I due proseguirono in silenzio, la guardia che camminava spedita e Erin che, pian piano, gli andava dietro, fermandosi ora a guardare un arazzo, ora ad ammirare un tappeto, nel tentativo di farlo innervosire.

Ma non ci riuscì.

 

Arrivarono ben presto davanti a un grande portone di legno massiccio che portava in un'enorme biblioteca, traboccante di libri di ogni forma e dimensioni.

Ce n'erano ovunque, negli scaffali, ma anche sui grossi tavoli al centro della sala, per terra, accanto alle sedie.

Erin ne rimase totalmente affascinata: subito si avvicinò a un grosso tomo poggiato su un bancone e, prendendo comodamente posto, cominciò a sfogliarlo, stregata dall'odore della carta e dal suo fruscio.

Quello era decisamente il posto giusto dove iniziare le ricerche.

Girò una decina di pagine, ammirando rapita le miniature e i colori sgargianti, prima di accorgersi di un problema fondamentale: non riusciva a leggere nemmeno una parola.

Erin cominciò a sfogliare freneticamente il libro, in cerca di qualcosa scritto in lingua comprensibile, invece il tomo era pieno solo di rune e strani simboli mai visti.

 

La ragazza imprecò sottovoce.

Questo non l'aveva decisamente previsto.

E adesso dove avrebbe trovato le informazioni che le servivano? Avrebbe potuto esserci scritto tutto proprio in quel libro davanti a lei, ma che senso aveva se non capiva una singola lettera?

 

Erin si prese la testa tra le mani e un moto di disperazione e ansia le colpì prepotentemente allo stomaco: non aveva idea dove cercare, né sapeva chi fosse realmente.

Cosa avrebbe fatto adesso?

Che scopo aveva tutto quello? Sarebbe stata davvero meglio approfondendo le sue origini?

E se avesse scoperto qualcosa di orribile?

 

La ragazza scosse il capo con convinzione: no.

Aveva fatto tutta quella strada e si era addirittura fatta portare su una altro pianeta per capire, per scoprire il suo passato e adesso non si sarebbe arresa per così poco.

Sarebbe andata avanti, come si era promessa.

Sarebbe stata forte come sempre.

 

Sospirò profondamente e cominciò a riflettere. All'improvviso un'idea le balenò nella mente.

 

“Grein”-chiamò, quasi urlando-”C'è qualcosa con cui scrivere?”

 

“Shh...Fai piano siamo in biblioteca”-la riprese lui-”Comunque la risposta è si. Tieni questi.” le disse, porgendole un calamaio con una piuma e un foglio di carta, che aveva appena preso da un armadietto poco distante da lui.

 

Erin li prese bruscamente e si gettò a capo fitto sul suo lavoro.

La prima difficoltà fu quella di riuscire a usare l'inchiostro, che sembrava volersi spargere ovunque e macchiare tutto, comprese le sue mani.

Dopo qualche tentativo, però, riuscì a buttare giù qualche riga e sorrise, soddisfatta.

 

Finì di scrivere la prima lettera e l'appoggiò di lato, sotto lo sguardo incuriosito di Grein, che la osservava divertito.

 

La ragazza all'improvviso ebbe un'ispirazione: afferrò un altro pezzo di carta e, dopo aver abbondantemente imbrattato anche quello, concluse anche un secondo messaggio. Ghignando felice, poggiò la piuma sporca d'inchiostro.

 

“Molto bene”-sentenziò soddisfatta, dopo aver lasciato asciugare il tutto e aver afferrato le lettere-” Possiamo andare.”

 

“Come vuoi. Spero tu abbia trovato quello che stavi cercando.” rispose gentilmente Grein.

 

“In un certo senso, l'ho trovato.” -rispose lei-” Comunque riusciresti, qualche volta, a non essere così terribilmente lecchino? Mi urta i nervi.”

 

La guardia aggrottò un sopracciglio, con l'aria di non aver capito nulla.

“Temo di non conoscere il significato del termine lecchino...” si scusò sommessamente.

 

“Niente lascia stare.” lo liquidò lei-”Sono stanca..possiamo andare, adesso?”

 

“Certamente!” sorrise Grein, conducendola verso quelle che sarebbero state le sue stanze durante il soggiorno su Asgard.

 

                                                                                                                          *

 

Mentre percorrevano lentamente i corridoi, Erin si vide venire incontro l'imponente figura di Thor che, sorridendo bonariamente, la interpellò con suo solito tono di voce tuonante:

 

“Lady Erin sono lieto di vedere che hai concluso il tuo colloquio con mio fratello. Spero che sia stato di un qualsivoglia aiuto. In ogni caso, se avessi bisogno di ulteriore supporto, non esitare a chiedere.”

 

La ragazza annuì piano.

 

“Si Thor, ho avuto delle informazioni ma non bastano....Pertanto”- si affrettò ad aggiungere, con un colpo di genio-”Gradirei che consegnassi questi rispettivamente a Stark e alla Romanoff, quando tornerai sulla terra.” concluse, porgendogli i due pezzi di carta stropicciati che aveva tenuto serrati nel pugno fino a quel momento.

 

“Se questo può aiutarti, lo farò senza dubbio.” le sorrise il dio, afferrando le lettere.

 

“Ti ringrazio.” scandì lentamente Erin.

Per una volta, poteva anche sforzarsi di essere gentile con qualcuno.

In realtà non le importava nulla che Thor le facesse un favore o meno, ma doveva tenerselo caro se aveva intenzione di continuare a comunicare con la terra.

 

Il dio le sorrise compiaciuto.

“Spero di vederti stasera al banchetto, Lady Erin.”

 

“Non credo, Thor. Sono molto stanca per il viaggio e vorrei riposare..”si lagnò lei, portandosi una mano alla testa, per rendere la scenata più convincente.

La verità era che non aveva assolutamente voglia di trascorrere una serata in compagnia di dei che, a sentire i racconti, si abbuffavano e bevevano fino a perdere il senno.

 

“Ciò mi rattrista: spero che riuscirai a rimetterti al più presto. Adesso ti lascio, Grein saprà prendersi cura di te. Mi auguro di vederci al più presto. Avrò cura di consegnare i tuoi messaggi, non preoccuparti.” la salutò Thor, allontanandosi, seguito dallo svolazzio del mantello rosso fuoco.

 

“Perdona la mia insolenza, Erin, ma tu osi rivolgerti sempre così al principe?” le domandò cauto il ragazzo, non appena Thor scomparve dalla loro vista.

 

“Si. Sulla terra è, si e no, un eroe, non un principe. Non ho motivo di portargli più rispetto di quanto non meriti. Adesso andiamo, sono davvero esausta e vorrei poter dormire.” le rispose schietta la ragazza.

 

Non aveva voglia di stare a discutere dell'atteggiamento che aveva nei confronti delle persone: lei non aveva mai chinato il capo davanti a nessuno e non avrebbe iniziato a farlo ora che glielo diceva uno stupido ragazzino, per quanto bello potesse essere.

 

Proseguirono il viaggio in silenzio, fino ad arrivare finalmente davanti ai suoi alloggi.

 

Spalancata la grande porta di legno massiccio, Erin si trovò davanti a un'enorme stanza e, abituata com'era allo sgabuzzino dello Shield, ne rimase stupefatta.

Il grosso letto a baldacchino spiccava al centro della stanza, illuminata da candele e fiaccole, ora appese alle pareti, ora appoggiate su un qualche comò.

Una grande finestra, che si affacciava su un enorme giardino ricco di alberi e fontane, contribuiva a rischiarare la stanza, tanto all'ambiente un tocco quasi fiabesco.

Il grosso borsone della ragazza era poggiato sul letto e non era stato minimamente sfiorato, cosa di cui Erin si compiacque molto.

 

“Molto bene”-iniziò Grein, dopo aver dato alla ragazza il tempo di contemplare la stanza-”Io ti lascio. Resterò di sorveglianza fuori dalla porta fino al cambio del turno serale. Comunque ci staè possibile che mi venga assegnato anche quello notturno, per cui stanotte ci sta che tu mi trovi qui fuori.” le spiegò velocemente il ragazzo, prima di dileguarsi.

 

Erin sorrise, constatando il fatto che il ragazzo, pian piano, stava diventando più loquace. Magari aveva capito che non le piaceva essere servita, riverita e continuamente adulata.

 

La ragazza si stiracchiò un attimo e, dopodiché, cercò di capire da che parte iniziare per togliersi il complicato vestito che indossava.

Sicuramente le ancelle di Asgard avrebbero saputo farlo in un attimo ma, infondo, era contenta che non gliene fosse stata assegnata una: sicuramente non ci sarebbe andata d'accordo o, in alternativa, l'avrebbe considerata invadente e fastidiosa.

 

Finalmente, dopo diverso tempo, riusci a scivolare fuori dai complicati pizzi e drappeggi dell'abito e si avvicinò alla veste da notte che era stata deposta a fianco del suo borsone. La studiò un attimo e poi, con decisione, si avvicino alla sua sacca e estrasse il comodo pigiama che si era portata dietro.

Non aveva minimamente intenzione di dormire acconciata in maniera ancor più complicata di come era stata vestita durante il giorno.

 

Non appena si fu sciolta la lunga treccia si buttò di peso sull'enorme letto, con Byron accoccolato a fianco e, esausta, fu accolta da un sonno tormentato dai ricordi e dalle scoperte della giornata appena trascorsa.

 

 

 

Salve a tutti! Grazie per aver letto questo 13esimo capitolo! Spero vi sia piaciuto :D

Grazie mille a tutti quelli che continuano a seguire la storia e a recensirla! Mi riempite di gioia!

Detto questo.. Avete visto Captain america, the winter soldier?

E' stupendo!! Mi sono innamorata (oltre che di Nat ma quello si sapeva già XD) di Bucky! E' fantastico!

Avete visto anche l'ultimo episodio di Agents of Shield? l'1x16

E' ambientato poco prima di captain america 2 ed è assolutamente stupendo *^*

Ora vado!

Un enorme grazie a tutti di nuovo!

Erza_chan

(il titolo viene dalla canzone Shattered degli Trading yesterday..la amo <3)

 

 

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Capitolo 15
*** Answers. ***


 

-New York

-Stark Tower

 

Un violento tuono scosse tutto il grattacielo, facendo sobbalzare Tony, che se ne stava comodamente sdraiato sul divano nel suo appartamento all'ultimo piano.

Insieme ad un enorme fascio di luce abbagliante apparve, sulla terrazza della Stark Tower, Thor in persona, con grande sgomento sia di Tony, sia di Pepper, la quale balzò fuori dal bagno squittendo per lo spavento.

 

“Thor!”-esclamò Stark, alzandosi per andargli ad aprire le grandi vetrate scorrevoli- “E' consuetudine asgardiana quella di irrompere nelle abitazioni altrui?”

 

“Perdona l'intrusione, Uomo di Metallo, ma mi è stato chiesto un favore che sto apprestandomi a portare a termine.” bofonchiò il dio, mentre entrava impacciatamente.

 

“Ho un nome, credo che tu lo sappia: usalo, altrimenti mi vedrò costretto a chiamarti Raperonzolo ogni volta che ti vedrò.”- ironizzò Tony- “Comunque chi ti avrebbe invitato qui, nella mia umile dimora?”

 

“Lady Erin mi ha detto di venire.”

 

“Erin!”- esclamò Pepper -”Come sta? Ormai sono diversi giorni che è partita..”

 

“Quando l'ho lasciata stava bene. Non stare in pena per lei, Lady Pepper.” - la rasserenò Thor.- “Tuttavia mi ha chiesto di consegnare queste lettere a Stark e all'agente Romanoff.” spiegò, porgendo i due fogli piegati a Tony, il quale li afferrò rapidamente.

 

“Potreste, per favore, consegnare voi l'altra lettera? Vedete sono atteso da una persona...” spiegò, cautamente.

 

“Non preoccuparti, Thor. Ci penso io a Natasha.” esclamò Pepper, strappando il messaggio destinato a Nat dalle mani di Tony- “Tu vai pure da Jane, non preoccuparti.” aggiunse, con un sorrisetto complice.

 

Thor bofonchiò un ringraziamento e, imbarazzato, si dileguò, volando per i cieli.

 

“Perché ci pensi tu alla lettera della Romanoff?!” esclamò Tony, fingendosi contrariato.

 

“Per far si che tu non ci ficchi il naso, tesoro. Adesso concentrati sulla tua: ci sarà di sicuro un motivo per cui Erin te l'ha mandata. Vedi di aiutarla, se puoi.” e, detto questo, Pepper gli schioccò un bacio sulla guancia, si infilò la lettera nella tasca della giacca e si dileguò verso l'ascensore della Stark Tower, dritta verso la base dello SHIELD.

 

 

Tony scosse la testa, sbuffando: in effetti non gli sarebbe dispiaciuto dare una sbirciatina, giusto per sapere cosa avevano di tanto importante da dirsi la Romanoff e Erin.

Insomma, gli era sempre sembrato che si odiassero e adesso la ragazza le scriveva addirittura da un'altra dimensione?

Gli sembrava assurdo...

 

“Le donne...” bofonchiò, mentre si accingeva a leggere la propria lettera:

 

 

Ho parlato con Loki e sono riuscita ad avere delle informazioni piuttosto interessanti. Purtroppo, quando sono arrivata in biblioteca, da dove ti sto scrivendo, ho scoperto che tutti i libri sono in una qualche strana lingua asgardiana e che non riesco a leggere nemmeno una riga.

Come potrai ben capire, questo limita notevolmente le mie ricerche, pertanto vorrei chiederti il favore di fare delle ricerche (o di farle fare a JARVIS, tanto so che di solito fa tutto lui...) riguardanti i giganti di ghiaccio e la loro storia. Se tu potessi approfondire le loro origini e le guerre più importanti combattute non sarebbe male.

Puoi liberamente usare Thor come facchino, tanto non sembra che a lui causi troppi problemi.

Erin

 

 

 

Tony girò la lettera, sperando di trovare qualcos'altro, invece c'erano solo macchie d'inchiostro sparse qua e là.

 

“Ma senti questa piccola impertinente... Non c'è nemmeno un per favore o un grazie in questo messaggio!” -sorrise divertito tra sé e sé - “Mi piace come si atteggia: si sente superiore alla media ed è spavalda. Penso di poterle anche concederle questo favore, in fondo non mi costa molto... e poi penso che Pepper mi sbranerebbe se non lo facessi...

JARVIS avvia una ricerca approfondita. Parole chiave: giganti di ghiaccio, storia, guerre. Voglio tutto quello che riesci a trovare in minor tempo possibile.”

 

Subito signore. Salvo il file come documento scritto?

 

Tony ci pensò un attimo su, prima di rispondere:

 

“No, salva tutto in modo che possa essere proiettato come ologramma.”

 

Come vuole signore. Avvio la ricerca.

 

                                                                                                         *

 

Quando Natasha vide Pepper ferma davanti alla porta della baso dello Shield, per poco non le prese un accidente: la signorina Potts, una delle donne più impegnate di tutta New York, poteva scomodarsi a venire fin lì solo in casi di estrema urgenza.

Come minimo Stark era stato rapito da qualche mostro “succhiacervelli” e lei era venuta a chiedere aiuto allo Shield.

 

Non c'era altra spiegazione logica.

 

Certo, non le sarebbe mica dispiaciuto vedere Stark nelle grinfie di qualche mostro assassino: avrebbe potuto prenderlo in giro a vita, dopo averlo salvato.

 

 

Non appena Pepper vide la russa squittì felice:

 

“Ciao Natasha! Come va?”

 

“Non va male: ho solo una costola incrinata, qualche contusione e un paio di brutti tagli, ma nel complesso sto bene.”

 

“Mi spiace. Hai ripreso con le missioni, una volta partita Erin?” domandò Pepper, benché si aspettasse una risposta ovvia. Le costole incrinate certo non se le era provocate andando a fare jogging la mattina.

 

Natasha annuì.

 

“Ma, avanti, dimmi del motivo della tua visita” - incalzò la russa- “Se è successo qualcosa a Stark, sarò ben lieta di correre a salvarlo come un principe in aiuto della sua amata.” ironizzò la spia.

 

Pepper sorrise, scuotendo il capo:

 

“No, per quanto sia strano, ultimamente Tony non ha fatto nulla di azzardato. Sono qui per consegnarti questa.”- disse, porgendole la lettera- “E' da parte di Erin: ha incaricato Thor di recapitartela, insieme a quella per Tony. Ho pensato bene di prenderla in consegna io, mi sembrava più sicuro che lasciarla nelle mani di quel ficcanaso..” sorrise Pepper, notando l'improvviso stupore sul volto di Natasha.

 

La russa impiegò poco meno di un secondo per ricomporsi e afferrò il pezzo di carta stropicciato, aprendolo.

Natasha lesse velocemente il messaggio e un sorrisetto divertito le si stampò sul volto.

 

Ho interrogato Loki. In meno di un quarto d'ora gli ho estratto molte più informazioni di quanto abbia fatto tu in mezz'ora. Fossi in te mi sentirei nettamente inferiore.

Questa è arte, agente Romanoff, impari.

 

Erin.

 

 

“Che stronzetta..” sibilò, poi, divertita.

 

Pepper sorrise al commento della spia:

 

“Non si smentisce mai quella ragazzina , vero?” domandò, scherzosa.

 

“Già, è proprio una piccola vipera..”

 

 

 

                                                                                                        *

 

-Asgard

-qualche tempo dopo

 

Erin tirò un ultimo, deciso, colpo con la spada, prima di crollare seduta a terra, esausta.

 

Erano passati diversi giorni, ormai, da quando era arrivata su Asgard.

Non era ancora tornata a parlare con Loki: aspettava che Stark le mandasse le informazioni necessarie, prima di ripresentarsi da lui.

Non voleva certo fare la figura patetica dell'impreparata totale.

Inoltre, prima di scoprire qualcosa in più, voleva approfondire ciò che era già venuta a sapere, per tentare di capire quale fosse la storia della sua specie.

 

 

In compenso, però, aveva esplorato un po' tutta la reggia, dalle cucine fino all'armeria e aveva scoperto che, nel cortile su cui si affacciava la sua camera, spesso i guerrieri si allenavano, tirando di spada.

 

Così aveva ordinato a Grein di accompagnarla a vedere e, tra una cosa e l'altra, avevano cominciato ad allenarsi. Inizialmente il ragazzo si era rifiutato di aiutarla, ritenendo la cosa troppo pericolosa, ma quando aveva visto Erin che, ostentando una sicurezza quasi paurosa, aveva scagliato un pugnale dritto al centro di un bersaglio, si era convinto e, pian piano, aveva iniziato a darle le nozioni basilari.

La ragazza aveva deciso di evitare di allenarsi con le preziose vesti che le imponevano di indossare ogni giorno e, così, si era abbigliata con i suoi indumenti terrestri, lasciando tutti un po' basiti.

Ma se ne infischiava altamente.

 

“Già stanca?” - domandò, affannato, il ragazzo, porgendo una mano ad Erin, per aiutarla a rialzarsi- “ Ti facevo più resistente...”

 

Lei lo scansò bruscamente e si ritirò in piedi da sola:

“Ovvio che no! Continuiamo!” esclamò, avventandosi contro Grein.

 

Il ragazzo parò il colpo e, con un fluido movimento, la attaccò su un fianco, dando inizio a una danza mortale, fatta di stoccate, fendenti e occhiate strategiche.

 

Ben presto Erin iniziò a sentire nuovamente le gambe farsi molli, ma strinse i denti e cercò di non perdere l'equilibrio: con uno scatto rapido, attaccò il ragazzo lateralmente, ma lui fu più veloce e schivò l'affondo, facendola rotolare da un lato.

 

“Direi basta....Sei migliorata, però!” cercò di incoraggiarla Grein, mentre andavano insieme a riporre le armi.

 

Erin sbuffò sonoramente, scuotendo il capo:

 

“La smetti di adularmi? Non sono migliorata affatto: sono impacciata e lenta, mi serve molto più esercizio!”

 

“Benché siano pochi giorni che abbiamo iniziato, la tua velocità di apprendimento è stata sorprendente: non volere tutto subito. Sono sicuro che, ben presto, sarai davvero un'abile spadaccina!”

 

“Sarà...comunque continuo a preferire i pugnali, nonostante tutto..Sono molto più rapidi, taglienti: ti feriscono senza che tu possa neanche sentirli arrivare. Sono davvero formidabili...” affermò Erin, estraendone uno che apparteneva all'armeria e rigirandoselo tra le mani, affascinata.

 

Il silenziò calò nella stanza, rotto soltanto dal cozzare del metallo che producevano le armi che Grein stava accuratamente sistemando.

Il ragazzo, senza armatura e vestito solo di una casacca e un paio di pantaloni di tela, rivelava un corpo muscoloso, adatto a un guerriero, e i suoi capelli, marroni scuri, mettevano in riesalto il candore della sua pelle.

 

“Sai, dovresti toglierti più spesso quell'elmo..” disse Erin, dopo un po' che lo osservava- “ Ti rende davvero ridicolo..”

 

 

“Te l'ho già spiegato..”- spiegò pazientemente il ragazzo -” Non posso e non voglio farlo: portare quell'elmo è, per un guerriero, un grande onore. Vuol dire essere al servizio di Odino, padre degli dei, e non c'è gioia più grande.”

 

Erin sbuffò scocciata dalla risposta.

 

Grein, sebbene in quei pochi giorni fosse lievemente cambiato, si manteneva ostinato su certi principi, che lei riteneva assolutamente futili.

Continuava a portarla in palmo di mano, solo perché gli era stato ordinato da Thor, e persisteva nel volerla aiutare in tutto.

Non aveva ancora capito che lei era una persona piuttosto indipendente e che, se aveva bisogno di qualcosa, non esitava a ordinaglielo senza troppi rigiri di parole.

 

 

“Comunque sia, stasera hai intenzione di partecipare al banchetto?” domandò Grein, mentre si riavviavano verso gli alloggi di Erin.

 

“L'ho forse mai fatto in questi giorni?”

 

“No... Infatti mi chiedevo quando avessi intenzione di cominciare.”

 

“Mai.” - rispose seccamente Erin- “Non ho intenzione di passare una serata ad imbottirmi di cibo e a urlare.”

 

“Ma essere invitata a una delle cene di corte è un grande onore!”- esclamò Grein, sgranando gli occhi come se la ragazza avesse appena detto una cosa orribile - “Moltissime persone darebbero il loro braccio destro per parteciparvi!”

 

“Bene, io no. Sto benissimo anche senza, credimi. Posso benissimo continuare a mangiare quello che mi viene portato in camera..Non ho bisogno né gradisco la compagnia di così tanti sconosciuti.”

sentenziò seccamente Erin, troncando il discorso.

 

Pian piano arrivarono davanti alla sua stanza e lei vi sgusciò dentro, salutando appena Grein, che l'avvertiva che si sarebbero rivisti per il suo turno di guardia serale.

 

Erin afferrò una mela dal cesto della frutta sul comò e si sedette sul davanzale della finestra, le gambe penzoloni nel vuoto, mentre Byron le uggiolava intorno, contento del suo rientro.

Sembravano passati anni da quando aveva fatto la stessa cosa, durante la festa di natale alla Stark Tower.

 

Lentamente sbocconcellò il frutto, riflettendo: era passato diverso tempo da quando aveva affidato a Thor le sue lettere.

Ormai sarebbero dovute arrivare a destinazione.. Chissà se avrebbe mai ricevuto delle risposte.

Forse aveva contato un po' troppo sull'aiuto di Tony.

 

All'improvviso qualcuno bussò fortemente alla sua porta e per poco la mela non le cadde di mano.

 

“Avanti!” urlò, senza scomodarsi a scendere dal davanzale.

 

La grossa porta in legno ruotò sui cardini e Thor, quasi avesse letto i pensieri di Erin, entrò nella stanza.

 

“Sono rientrato da midgard, Lady Erin. Ti porto le risposte dei tuoi amici.”

 

“Non sono miei amici.” - affrettò a puntualizzare lei, afferrando un foglio e un altro strano oggetto che il dio le porgeva- “Comunque ti ringrazio.” si sforzò di dire, fingendo un sorriso.

 

“Non c'è di che!” esclamò lui- “Sei tornata a conferire con mio fratello?” domandò, poi, cauto.

 

“No. Aspettavo queste.”- rispose Erin seccamente, brandendo gli oggetti appena ricevuti - “ Adesso, se non ti dispiace, vorrei essere lasciata un po' in pace.”

 

“Certamente, levo subito il disturbo. A presto, Lady Erin” salutò Thor, affrettandosi a uscire.

 

Immediatamente la ragazza si concentrò su quel buffo oggetto che le era stato portato: era un piccolo disco di metallo, firmato Stark Industries lateralmente.

Erin provò a picchiettarne il centro con un dito e, come lo fece, venne proiettato un sottile fascio di luce che, velocemente, assunse la forma di uno schermo, che galleggiava a mezz'aria davanti a lei.

 

“Geniale, Stark. Mi hai semplificato notevolmente il lavoro...” bisbigliò divertita, mentre con le dita faceva scorrere i file dell'ologramma.

C'erano un sacco di immagini, estratti di testi e video.

 

Erin si ripromise di iniziare subito ad analizzarli ma, prima, decise di aprire il piccolo foglio che, quasi sicuramente, era la risposta di Natasha.

Al suo interno, con una grafia sottile e quasi tagliente, c'era scritta una sola parola:

 

Otvaly.

 

La ragazza sorrise: non sapeva il russo ma aveva come la sensazione che, quasi sicuramente, si trattasse di un qualche insulto.

 

Ripiegò il foglietto, lo infilò nella tasca dei Jeans e riportò la sua attenzione sullo schermo.

 

“Molto bene”- esclamò- “Mettiamoci a lavoro!”

 

 

Eeee eccoci qua!

Grazie di aver letto questo capitolo, spero vi sia piaciuto! Un grazie enorme a Harmony394 che ha revisionato il capitolo e mi ha aiutato in un momento di blocco! Davvero grazie mille!

(Se vi capita, passate a leggere la sua storia: “La volpe e il lupo” nella sezione Thor. E' stupenda.)


Una cosa: Otvaly vuol dire vaffaculo in russo, quindi Erin c'aveva visto giusto ;)

Un'altra cosa: ho messo su il trailer della fanfiction! Eccolo qua, ditemi se vi piace :D https://www.youtube.com/watch?v=iJqaROx4mmI&feature=youtu.be

Detto questo, vi saluto.

Per tutte le domande, questo è il mio profilo ask :3

Erza_chan

Ps: Avete visto che bello l'ultimo episodio di Agents of Shield OuO ?

 

 

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Capitolo 16
*** Can we front the rain? and the rainbow for you there will come a day ***




Ti senti sola, sola, sola.
E ti si legge negli occhi perchè
Sempre più rare le tue lacrime.
Ti senti ancora troppo
Sola, sola , sola.
E continui a domandarti
quale senso possa avere il tuo dolore.


"Sola" Francesca Michielin


 






Erin si sedette comodamente sul letto e fece scorrere il dito sullo schermo, cominciando la lettura dei numerosi testi inviati da Stark.

 

Inizialmente era più volta citata Wikipedia, dalla quale apprese che i giganti di ghiaccio, detti anche jotnar, erano figure della mitologia norrena, spesso rappresentati con un aspetto orrendo, con artigli, zanne e lineamenti deformi e proporzioni orrende.

Le gigantesse, com'era lei, erano anche dette gýgr.

 

Fu felice di constatare che quello era vero solo in parte: lei non aveva ancora presentato nessuna di queste caratteristiche, anche se adesso la cosa la inquietava un po'.

Sperò vivamente che fossero solo leggende inventate dagli umani e proseguì con la lettura.

 

Gli altri testi parlavano delle vari origini dei termini, delle tradizioni norrene, ma Erin si soffermò in particolar modo sulle guerre tra Æsir e giganti di ghiaccio, avvenute circa mille anni prima.

Secondo le fonti gli Jötunn decisero di attaccare gli dei, ma vennero sconfitti dal solo Odino e gettati nelle fiamme.

 

La ragazza fece scorrere le immagini riguardanti il conflitto: erano perlopiù miniature o piccoli disegni stilizzati, dai quali si poteva dedurre poco o nulla. L'unica immagine comprensibile, se ingrandita un po', raffigurava Odino che trafiggeva uno Jötunn con la sua lancia, Gungnir.

Erin la fissò per un po' e percepì una sensazione di disagio attanagliarle lo stomaco.

 

 

Passò rapidamente oltre, divorando miti, storie e tradizioni norrene riguardanti principalmente gli dei. Evidentemente il materiale disponibile sui giganti di ghiaccio non era molto, altrimenti Tony avrebbe allegato molti più documenti.

 

Improvvisamente, scorrendo le pagine digitali, le si parò davanti un'immagine di un uomo barbuto, con un ghigno sadico stampato in faccia. La didascalia lo indicava come Loki, il gigante di ghiaccio.

 

Erin sgranò gli occhi stupefatta: anche Loki era un gigante di ghiaccio?

 

A ben pensarci, non le sembrava così strano, anzi, si sentiva sciocca a non averci pensato prima.

Forse era proprio per questo che si somigliavano tanto...

 

La ragazza lesse divertita come gli uomini considerassero Loki il dio degli inganni e quanto brutto fosse il suo aspetto.

L'appunto riportava brevemente alcune delle sue malefatte più conosciute giunte fin sulla terra, come il fatto che avesse tagliato i capelli a lady Sif, sorella di Heimdall, oppure di come avesse rubato un gioiello di sua madre, la regina Frigga.

Veniva anche detto che avesse partorito tre figli: un cane mostruoso, Fenrir, un serpente marino di nome Jörmungander e infine Hel, dea della morte e degli inferi.

 

Erin provò a figurarsi Loki col pancione da madre, ma non ci riuscì.

Possibile che quel dio potesse partorire, nonostante le sembianze mascoline?

Si appuntò mentalmente di chiedergli se fosse vero, la prossima volta che si sarebbero visti.

 

Stava per andare avanti con la lettura, quando la voce di Grein la interrupe:

 

"Posso entrare? Le ancelle mi hanno lasciato la tua cena..."

 

"Vieni pure."

 

La porta cigolò e il ragazzo entrò, portando un grande vassoio.

 

"Dove lo appoggio?"

 

"Qui, sul letto." rispose Erin, scansandosi per fare spazio.

 

Grein fece come gli era stato detto, poi guardò curioso lo schermo proiettato in aria di fronte alla ragazza.

 

"Cos'è?"

 

"Uno schermo...Stavo guardando delle...cose." disse vaga Erin, mentre con un gesto secco faceva scomparire l'ologramma.

 

"Cose riguardanti Loki?"

 

Erin aggrottò un sopracciglio.

 

"Bhe.. si.. Tu come diamine fai a saperlo?" domandò, piccata.

 

"L'ho riconosciuto l'illustrazione che stavi guardando prima, quando sono entrato. Spesso è così che veniva rappresentato negli altri regni...Si mostrava poco, quindi gli altri popoli erano portati a credere che fosse un qualche orribile mostro deforme. Suo fratello, il principe Thor, al contrario, ha sempre avuto modo di farsi ammirare e conoscere con le sue gesta valorose." spiegò Grein.

 

"Parlami un po' do Loki"- ordinò, incuriosita -"Che si sa di lui, qua a corte?" domandò, mettendosi il vassoio sulle ginocchia e facendo spazio al ragazzo perchè si sedesse.

 

Grein la guardò fare, preoccupato.

 

"Non credo di potermi sedere.."

 

Erin alzò gli occhi al cielo, sbuffando:

 

"Bene, se preferisci stare in piedi..."

 

"Va bene... va bene..."- si arrese Grein, posizionandosi a debita distanza-" Allora, cosa vuoi che ti dica del dio degli inganni?"

 

La ragazza si strinse nelle spalle

 

"Quello che sai su di lui."

 

"Si mormora" -iniziò Grein cautamente -"Che sia un gigante di ghiaccio, crudele e spietato. Fu adottato da Odino, durante la storia guerra tra Jotunheim e Asgard. Non si sa molto di lui: c'è chi dice che sia pazzo, ma secondo me è solo sadico. Ha attaccato Midgard poichè bramava un trono, non avendo potuto avere quello di Asgard, assegnato, giustamente, a suo fratello, Thor, estremamente più capace di lui."

 

Erin giocherrellava coi suoi capelli, mentre rifletteva: quella guerra sembrava un elemento così familiare... E se fosse stata quella che aveva sognato, mentre era ancora allo SHIELD?

Era una coincidenza fin troppo strana...

Qualcosa le diceva che era sulla strada giusta, ma aveva bisogno di conferme, si era stufata di fare solo supposizioni.

 

"Perchè non torna su Jotunheim, allora?" domandò, dopo un attimo di silenzio.

 

"Questo dovresti chiederlo a lui." rispose Grein, stringendosi nelle spalle.

 

"Mhh.."- mormorò Erin, mentre addentava una fetta di pane-" Penso proprio che lo farò. Domani mattina voglio andare a parlargli. Mi ci scorti tu?"

 

"Certamente, è mio compito proteggerti da ogni minaccia."

 

"Loki non è una minaccia."- rispose secca, alzandosi -" Se avesse voluto farmi del male, l'avrebbe fatto molto tempo fa.." disse, gettando una lunga occhiata a Byron, che sonnecchiava in un angolo.

 

Chissà se il dio aveva origliato tutto..Meglio, in tal caso, avrebbe potuto prepararsi le risposte in anticipo e avrebbero fatto più veloce.

 

"Non sottavalutarlo: è spietato, ogni sua mossa è calcolata. Non lascia mai nulla al caso, ama manipolare le persone, è risaputo. Non farti ingannare." la mise in guardia il ragazzo.

 

"Grein, ti sembro il tipo di persona che si fa mettere i piedi in testa?"sbuffò lei, stufa di sentirsi dire cosa fare.

 

"No... Cercavo solo di esserti d'aiuto..." si difese lui.

 

"Lo sei stato fin troppo stasera. Grazie mille."- sibilò Erin, stizzita.-"Puoi andare."

 

Grein si alzò e, senza dire una parola, uscì dalla stanza.

 

 

Non appena la porta scattò dietro di lui, la ragazza provò una spiacevole sensazione allo stomaco: in fondo lui l'aveva aiuta e lei lo aveva trattato così... Certo, era assolutamente nelle sue corde rispondere male a tutti, ma questa volte le diede davvero fastidio.

 

Per un attimo, il suo carattere così freddo e spietato, la mise in crisi: avrebbe dovuto scusarsi?

Odiava profondamente farlo ma, per la prima volta, ne sentiva davvero il bisogno.

 

Pian piano aprì la porta e sbirciò fuori: Grein era lì, appoggiato al muro, che giocherellava con suo pugnale.

 

"Ci sono problemi?" domandò gelido, appena la vide.

 

"No nessuno..."- rispose lei, senza sapere come andare avanti-"Senti.. mi chiedevo se domani potessi darmi la prossima lezione di spada, sempre che tu abbia nulla di meglio da fare." concluse, senza riuscire a trattenersi dall'essere tagliente come sempre.

 

La guardia la fissò per un attimo, poi sorrise divertito:

 

"Certamente, al tuo servizio." rispose, facendo una piccola riverenza, per infastidirla.

 

"Ti odio, stupido." ringhiò divertita lei, sbattendo la porta.

 

Era una sensazione strana: si sentiva quasi felice, come non lo era da tempo.

Si sentiva quasi in grado di sorridere davvero, di nuovo.

Quanto tempo era che non lo faceva?

 

Con quella strana sensazione addosso, mangiucchiò un po' della sua cena, prima di infilarsi il pigiama e addormentarsi.

 

 

                                                                                                        *

 

Era di nuovo laggiù: si trovava in mezzo alla battaglia. Il terreno era sempre ricoperto di sangue e cadaveri, ma sta volta cercò di non farsi assalire dal panico, per quanto la paura le attanagliasse lo stomaco.

Respirando lentamente si guardò intorno, cercando di memorizzare ogni dettaglio, quando, all'improvviso,vide ricomparire la donna che portava con sé i due fagotti.

 

Impotente, potè solo asisstere nuovamente alla scena: la vide cadere a terra una seconda volta, uno dei fagotti rotolò via, travolto dalla folla in fuga, perso tra la morte e la guerra.

 

Invece di urlare, per quando ne sentisse il bisogno impellente, Erin deglutì e scrutò on attenzione l'arciere che aveva scagliato la freccia: era vestito con un'armatura e dorata e in capo portava un elmo, identico a quello di Grein.

 

Era un Asgardiano.

 

Questa consapevolezza la colpì allo stomaco con prepotenza. Allora non si era sbagliata: quella era davvero la guerra tra tra Æsir e giganti di ghiaccio.

Tutta quella morte, tutti quei cadaveri, erano, quindi, opera degli dei?

 

Erin vide nuovamente la giovane donna alzarsi e fuggire via e, ancora una volta, sperò che si fosse salvata.

Non appena sparì dalla sua vista, fece per allontanarsi velocemente, in direzione di alcune case in cui potersi nascondere ma, all'improvviso, si sentì mancare e tutto divenne buio.

 

Quando aprì gli occhi, sapeva già dove si trovava: nel vuoto più assoluto.

Il buio la circondava da ogni parte, impedendole di vedere qualsiasi cosa, tranne quell'orribile specchio, che era ancor lì.

 

Cautaemente si avvicino e chiuse gli occhi, temendo ciò che avrebbe potuto vedere.

Quando li riaprì, una alla volta, lentamente, ciò che scorse fu l'immagine di una bambina, i capelli neri a caschetto, gli occhi verdi, freddi come il ghiaccio.

 

Erin guardò stupita se stessa da piccola: l'immagine sorrideva felice, cosa che lei, al contrario, non aveva mai fatto.

Fece scorrere il dito sulla superficie dello specchio, guidata da un irrefrenabile impulso di toccarlo: sentiva che solo così si sarebbe sentita davvero felice, in pace.

 

Si accorse troppo tardi dell'inganno.

 

Non appena la sua mano venne a contatto con lo specchio, la bambina proruppe in una risata agghiacciante. I suoi occhi divennero rossi, la pelle blu e lo sguardo crudele.

Velocemente, afferrò il braccio di Erin, trascinandola con sé dentro lo specchio.

 

La ragazza urlò, cercando di divincolarsi dalla presa, ma la sua voce sembrava come attutita dall'oscurità che regnava intorno a lei.

Con un colpo secco riuscì finalmente a liberarsi e si allontano il più possibile, ansate per la paura.

 

Davanti a lei, la bambina nello specchio riprese delle sembianze umane: il suo sguardo, mentre fissava la piccola pietra incastonata sul suo polso, sembrava deluso, malinconico.

 

Erin, istintivamente, abbassò lo sguardo sulla sua gemma e, con orrore, vide che tutto il suo braccio si era trasformato in quello di un gigante di ghiaccio.

Panicata, incrociò lo sguardo della bambina, che le sorrise, ghignando soddisfata.

 

Con un'enorme forza di volta, Erin si alzò in piedi: voleva uscire ma come?

Come?!

 

All'improvviso le venne in mente che l'ultima volta aveva gridato, scagliandosi contro lo specchio.

 

Sperando vivamente che funzionasse ancora, si premette le mani sulle orecchie e urlò più forte che poteva.

 

                                                                                                                  *

 

Erin fu svegliata dalle sue stesse urla, che ruppero il silenzio della notte. Byron prese a ululare, spaventato, creando un frastuono orribile.

 

"Zitto Byron.." gli sussurrò lei, la voce ancora tremante per lo spavento.

 

Preoccupata si guardò una mano, col terrore di trovarla blu, invece era perfettamente normale: solo la pietra pulsava, come un piccolo cuore incastonato nel suo polso.

 

"E' successo qualcosa?!" si sentì urlare ad un tratto, mentre la porta si spalancava.

 

Grein entrò affannato, brandendo una fiaccola che illuminava vagamente il suo viso allarmato.

 

"No..Va tutto bene..era solo un incubo.." sospirò Erin, raccogliendosi i capelli in una coda scarruffata.

 

Grein annuì, poco convinto.

 

"Hai bisogno di nulla? Vuoi dell'acqua?" domandò, apprensivo.

 

"No..vorrei...Vorrei soltanto rimanere un po' sola."- disse Erin, appoggiando le mani sul viso- "Per favore." aggiunse intravedendo l'espressione avvilita del ragazzo.

 

"Non c'è problema." - mormorò lui, mentre si chiudeva la porta alle spalle- "Comunque stai tranquilla, era solo sogno: non era reale. Per qualsiasi cosa, se avessi bisogno, io sono qua fuori." aggiunse.

 

"Questo dovrebbe rassicurarmi?" cercò di scherzare lei.

 

Nonostante non sopportasse il fatto che il ragazzo fosse così servile, questa volta si sentì quasi confortata.

 

Grein sorrise un attimo, prima di uscire.

 

Erin si raggomitolò, la schiena appoggiata alla parete, le gambe al petto e fece salire Byron sul letto.

Gli accarezzò dolcemente la testa, cercando di tranquillizzarlo.

 

"Dovrò ricordarmi di chiedere anche il perché di questi sogni a Loki.." mormorò, mentre pian piano il sonno la riavvolgeva.



Salve a tutti! Buona pasqua!
Come va? vi siete abbuffati anche voi?
Ma ciancio alle bande (?), grazie a tutti per aver letto anche questo capitolo! Ringrazio i recensori fissi e anche tutti quelli che leggono e basta :)
Sono contenta che seguiate la storia!
Mhh e poi cos'altro? Avete visto Agents of Shield? Che ne pensate di Ward? Ditemi un po'...

Comunque questi sono i link di
Ask e il trailer della FF

:D

Alla prossima, se vi andà :')

Erza_chan


(Un enorme grazie a Evilcassy, Julie, Alkimia, Giulia Jo arrighi, Harmony, Alley e tutte le altre con cui fangirlo su facebook! Mi riempite di voglia di scrivere e di gioia! :3 Grazie anche alle mie little black cat, lady leggy e alla gine che mi sostengono <3)

( Il titolo viene dalla canzone "Amazing" di Francesca Michielin. Si è italiana. Si fa parte della colonna sonora di Amazing Spiderman 2. Si sono molto orgogliosa che un'italiana ne faccia parte <3 ve la consiglio, è stupenda come canzone.)

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Capitolo 17
*** You gotta get up and try try try ***


"Sei pronta Erin?" domandò Grein, aprendo appena la porta.

 

"Arrivo, arrivo!" sbuffò lei, mentre finiva di raccogliere i capelli in una lunga treccia laterale.

Si alzò, impacciata dall'elegante vestito che era costretta ad indossare quando si muoveva per il palazzo, afferò il proiettore di Stark e raggiunse il ragazzo.

 

"Andiamo." ordinò, più a Byron che a Grein e si avviarono verso le prigioni.

 

Quando furono davanti al corridoio delle celle, la guardia guardò preoccupato Erin

 

"Stai attenta, mi raccomando..E' pur sempre il dio degli inganni."

"Grein, devi smetterla di preoccuparti per me. Ora vai, penso io a Loki." rispose lei, scuotendo il capo con fare stizzito.

 

Lui annuì poco convinto e la fece entrare nella cella di Loki, che guardava la scena divertito, stranamente in silenzio.

Quando il ragazzo di fu allontanato, il dio guardò Erin e ghignò divertito:

 

"Sei qui solo da qualche giorno e già fai cadere i ragazzi ai tuoi piedi?"

 

La ragazza lo fulminò con lo sguardo:

 

"Grein non è caduto ai miei piedi, stupido dio del caos."

 

"Pochi mi hanno chiamato stupido e sono sopravvissuti" la ammonì lui.

 

"Bene, io sarò una di quelli."- rispose gelidamente Erin-"Ti devo parlare."

 

"Ma stiamo già parlando. Ti facevo più sveglia."

 

"Basta coi tuoi giochetti, Loki. Sono seria."cercò di zittirlo lei-"Mi sono informata, prima di tornare qui, raccogliendo dati piuttosto interessanti. Penso di aver capito in che arco di tempo si localizzino i miei sogni. Sai di cosa sto parlando, vero?" domandò, incerta, tirando un'occhiata a Byron, accuciato da un lato.

 

"Si, sono al corrente di ciò. Sentiamo, cosa vorresti da me?"

 

"Quanti anni fa è avvenuta la guerra tra Æsir e giganti di ghiaccio?"

 

"E' questo che sogni, quindi? La tua mente si turba solo per qualche morto?" sogghignò il dio.

 

Erin represse l'impulso di saltargli alla gola e strappargliela a morsi.

 

"No, Loki. Non sono solo incubi, sento che in qualche modo possano avere un collegamento con la realtà...e poi c'è dell'altro, penso sia dovuto alla suggestione..Ma non è di questo che volevo parlare: ti ho fatto una domanda."

 

Il dio aspettò qualche istante, prima di rispondere lentamente:

 

"La guerra di cui parli, sciocca ragazzina, è avvenuta circa 1050 anni fa."

 

"Quindi è questa la tua età?"

 

Loki si irrigirdì:

 

"Come fai a saperlo?"

 

"Le voci girano: credi che dopo l'attacco sulla Terra non mi fossi informata sul tuo conto? So che sei stato ritrovato da Odino, durante questa guerra, quando eri appena un neonato. So anche che sei un gigante di ghiaccio, proprio come me."

 

"Dove vuoi arrivare?"

 

"Dimmelo tu, dio del caos. Sei tu l'esperto nei giochi di parole. Cosa riesce a dedurne la tua brillante intelligenza da quello che ti ho appena raccontato?"

 

Loki la squadrò per qualche istante, come per decidere se stare al gioco o meno, poi rispose lentamente:

 

"Credi che possano essere ricordi, non semplicemente incubi..."

 

"Esattamente. Ho come quest'orribile sensazione: quello che vedo appare così reale, così terribilmente tangibile...Inoltre vedo sempre la stessa scena: c'è una donna, che fugge, stringendo al petto due fagotti e ad un certo punto viene colpita e uno rotola via, travolto dalla folla." - raccontò di getto Erin- "Ho ipotizzato che possa essere la guerra di cui parliamo poiché l'elmo indossato dall'arciere che colpisce la ragazza è lo stesso di Grein, inoltre sul terreno ghiacciato ci sono decine di cadaveri di Jötunn...Ci sono morte e macerie ovunque...” concluse seccamente, rendendosi conto di essersi appena confidata con una persona molto probabilmente mentalmente squilibrata.

 

Loki era stato attento ad ogni parola detta dalla ragazza, fissandola con crescente interesse.

 

“Non posso né confermare né smentire nulla. Posso solo fare ipotesi, proprio come te.” si limitò poi a dire il dio, stringendosi nelle spalle.

 

“Non c'è un modo per recuperare i miei ricordi?” buttò lì Erin.

 

“Se davvero è passato così tanto tempo come ritieni tu, la tua memoria potrebbe essere alterata dai secoli che hai passato dormiente, protetta dalla gemma. Non è detto che ciò che potremo trovare sia fedele alla realtà.”

 

“Non m'importa.”- rispose di getto Erin- “Voglio solo poter capire..”

 

“Allora, se proprio vuoi, vedi di farlo in maniera corretta.”- sibilò Loki, afferrandole in maniera repentina il polso e facendola sobbalzare- “Posso dare un'occhiata ai ricordi della pietra, sempre che tu mi tiri fuori di qui e mi faccia restituire i miei poteri...”

 

“La pietra ha dei ricordi?” domandò Erin, titubante.

 

“Tutti gli oggetti magici ne hanno, sopratutto se così potenti. Tirami fuori di qui e vedrò cosa posso fare..” sibilò lui, lasciandole il braccio.

 

La ragazza annuì: del resto erano sempre stati quelli i patti. Lui l'avrebbe aiutata a recuperare la sua memoria ed a usare la magia in cambio di uno studio approfondito della gemma e una parziale riconquista della sua libertà.

 

“Parlerò con Odino non appena mi sarà possibile. Adesso invece”- iniziò con rinnovata energia- “Voglio imparare a sfruttare il potenziale della pietra!”

 

Loki ghignò: “Allora mettiamoci a lavoro, sciocca ragazzina.”

 

                                                                                                                   *

 

La piccola sfera di ghiaccio roteò un'ultima volta, prima di infrangersi in tante piccole schegge sul palmo della mano di Erin.

 

“Saper modellare il ghiaccio è, per uno Jötunn, fondamentale: fino a quando non avrai appreso queste basi, non ti sarà possibile sfruttare nessun tipo di magia differente. Avanti, riprova.” la spronò Loki.

 

La ragazza si concentrò, come aveva già fatto poco prima, e percepì una strana sensazione, come se un fluido gelato le percorresse le vene a una velocità pazzesca. La pietra riprese a brillare di un azzurro chiarissimo, quasi bianco e, dopo poco, sulla sua mano si venne a formare un'altra sfera, più grande della precedente.

 

Con un movimento del polso la fece fluttuare in aria, sempre più in alto, fino a sforare il soffitto della cella.

 

“Riesco anche a farla volare!” esclamò stupita.

 

“Si ma, come ho già detto, stupida ragazzina, non dovresti neanche provarci. Non hai le basi per cominciare a usare un tipo di magia differente da quella di modellazione.”

 

“Come sei premuroso..oppure sei semplicemente geloso del fatto che mi riesca subito e senza sforzo?” lo schernì lei, facendo atterrare la sfera di ghiaccio sulla sua mano.

 

Un lampo di rabbia attraversò gli occhi di Loki, che però non rispose nulla.

Erin ghignò soddisfatta, dopodiché torno a concentrarsi sul ghiaccio: guardandolo ebbe come la sensazione di poterlo plasmare a suo volere, senza limiti. Libera.

Era una sensazione stupenda.

 

“Perché non provarci?” si chiese.

 

Chiuse gli occhi e strinse la le dita intorno alla sfera. Cercò di focalizzare l'immagine che voleva creare e sentì il ghiaccio cambiare sotto i suoi polpastrelli.

Quando riaprì gli occhi, al posto della sfera, si trovava una piccola stella, proprio come l'aveva immaginata.

Con aria trionfante si girò verso Loki, giusto per sottolineare ancora le sue capacità.

 

“Cosa vuoi, un complimento? Una carezza sulla testa? Vuoi che ti dica che sei stata brava? Bravissima tesoro.” la schernì lui, con tono acido e crudele.

 

“Grazie caro.”- rispose lei, pungente quanto il dio- “Le carezze sulla testa puoi risparmiartele per il mio cane, che ti diverti tanto a controllare. Adesso sarà meglio che vada.” aggiunse, alzandosi e facendo svanire la piccola stella di ghiaccio.

 

“Vieni Byron!”- esclamò rivolta al cane- “Oh.. un'ultima cosa, prima che me ne dimentichi: è vero che puoi partorire?”

 

Loki la fulminò con lo sguardo e Erin uscì sghignazzando dalla cella.

 

“Parlerò con Odino, ma non ti garantisco nulla.” gli urlò, prima di sparire definitivamente dalla sua vista.

 

                                                                                                               *

 

Grein l'aspettava pochi metri più in là, ma non era solo.

Accanto a lui c'era una giovane ragazza, i capelli bruni raccolti in una crocchia, le vesti umili.

Erano intenti a chiacchierare fitto fitto quando Erin sbucò dal corridoio.

All'improvviso alla ragazza passò tutto il buon umore che aveva accumulato in quelle ultime ore e si fece cupa in volto.

 

“Tu chi saresti?” domandò immediatamente alla sconosciuta.

 

“Tove, mia signora." rispose intimorita la ragazza, mentre si affrettava a fare un piccolo inchino.

 

"E' una delle ancelle della regina." le spiegò pazientemente Grein.

 

"Bene, allora può tornare da lei. Abbiamo molto da fare, adesso." - sibilò Erin -"E' stato un piacere averti conosciuta, Tove." concluse secca.

 

"Anche per me, mia signora." rispose la ragazza, facendo una piccola riverenza prima di allontanarsi pian piano per il corridoio.

 

Non appena fu sparita dalla loro vista, Grein la guardò trovo:

 

"Qual era il problema?"

 

"Nessuno."- rispose tranquillamente Erin- "Ma abbiamo un sacco di cose da fare e non voglio perdere tempo. Andiamo." disse avviandosi pian piano verso il giardino.

 

Sentiva come una strana rabbia all'altezza dello stomaco, una sensazione che non riusciva pienamente a spiegarsi. Era come le avessero gettato una secchiata d'acqua gelida addosso e, contemporaneamente, le avessero appiccato fuoco.

 

"E se fosse gelosia?" le domandò una piccola voce nella sua testa.

 

Erin la scacciò con un gesto rabbioso.

Scemenze: lei non era mai stata gelosa di niente e di nessuno e non avrebbe iniziato proprio adesso.

Sbuffò sonoramente mentre raggiungevano le scuderie, dove si trovava il suo cambio per allenarsi. Tirare di spada le avrebbbe fatto bene.

Aveva bisogno di sfogarsi, aveva accumulato troppe emozioni in troppo poco tempo.

 

"Che cosa ti ha insegnato il dio del caos?" le domandò Grein ad un certo punto.

 

"Nulla di che. Giusto qualche rudimento della magia. Modellazione del ghiaccio, per la precisione." fu la sua risposta.

 

Il ragazzo sembrò tirare un sospiro di sollievo che a Erin non sfuggì.

 

"C'è qualche problema?"

 

"No, nessuno." - le rispose subito Grein – "In verità sono un po' preoccupato. Loki non è stupido, bensì astuto e manipolatore. Ho paura che possa ingannarti in qualche modo o farti del male." si costrinse a ammettere, sotto lo sguardo gelido della ragazza.

 

"Quante volte devo ripeterti di non preoccuparti per me?"- sbuffò lei-" Adesso esci un attimo, devo cambiarmi." e così dicendo si tolse bruscamente il vestito e si infilò i suoi vestiti terrestri, decisamente più comodi.

 

All'improvviso un nitrito di Alatan attirò la sua attenzione.

Pian piano gli si avvicinò e gli accarezzò la fronte.

 

"Cosa c'è?" gli domandò poi, quasi sorridendo.

 

Non era la prima volta che le capitava di parlare con quel cavallo. Da quando aveva preso l'abitudine di lasciare il suo cambio nelle scuderie vicino al giardino, lo vedeva spesso e, a quanto pare, lui non si era scordato di lei.

 

"Ti lascio Byron a farti compagnia ok?" gli disse, battendogli una pacca sul collo.

 

Dopodichè impugnò la spada che ormai usava abitualmente e uscì, pronta per un'altra lezione.

 

Salve a tutti! Sono faticosamente tornata!

Questo capitolo è stato un po' un parto perchè, purtroppo, ho un orribile blocco.. Spero sia almeno decente.

Ci sto provando con tutta me stessa, credetemi.. mi spiace di aver saltato così tante settimane!

E purtroppo maggio è pure un mese complicatissio per cui questo non fa che peggiorare le cose...Comunque verso giugno dovrei riprendere con regolarità! Non spaventatevi non voglio assolutamente abbandonare!

Grazie a tutte/i voi che mi sostenete!

Erza_chan

( il titolo viene dalla canzone try, di pink :3)

 

 

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