Il Dente di Leone

di angelikakiki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lo faccio per me ***
Capitolo 2: *** Lo porterò indietro ***
Capitolo 3: *** Nonostante tutto ***
Capitolo 4: *** Nessuno mi potrà portare via da te. Neanche io. ***
Capitolo 5: *** Ma so quello che provo ora ***
Capitolo 6: *** Mi hai capito, soldato Everdeen? ***
Capitolo 7: *** Se mi ami davvero, non mi rifiuterai questo piccolo favore ***
Capitolo 8: *** Meglio o no, è quello che dovrai dire ***
Capitolo 9: *** L'Intervista con Caesar Flickerman ***
Capitolo 10: *** Aiutare lei, per aiutare Prim. Poi andare da Gale. ***
Capitolo 11: *** L'amaro sapore della verità ***
Capitolo 12: *** Whisky ***
Capitolo 13: *** La Parata ***
Capitolo 14: *** Quel cuore cesserà di battere per sempre ***
Capitolo 15: *** Tu vivrai ***
Capitolo 16: *** Dannatamente fortunata ***
Capitolo 17: *** Il canto della vera Ghiandaia Imitatrice ***
Capitolo 18: *** Perché io lo amo ***
Capitolo 19: *** Vero o falso? ***
Capitolo 20: *** Gratitudine ***
Capitolo 21: *** Tagli ***



Capitolo 1
*** Lo faccio per me ***


“ Prim!!!” esclamo. Sono tutta sudata, nel mio letto. Seduta su una sedia, Sae la Zozza mi guarda con un’espressione pietosa. Sbuffo e affondo la testa nel cuscino, cercando di controllare il battito accellerato del mio cuore. Chiudo gli occhi, ma niente da fare. Ogni volta che abbasso le palpebre vedo quei congegni diabolici abbattersi sulla mia sorellina. Una calda lacrima mi esce dall’occhio sinistro. Sae la Zozza deve essersene accorta, quando mi chiede con voce sommessa:

“ Vuoi che vada a chiamare Peeta?

Peeta. Lui sì. Aveva un dono, nel proteggermi dai miei incubi notturni. Lui mi avrebbe abbracciata. Mi avrebbe consolata. Un tempo. Devo ammettere però che nell’ultimo periodo, il suo miglioramento mi ha lasciata senza parole. Non cercava più di ammazzarmi, anzi, il suo atteggiamento sembrava quasi quello di prima: preparava il pane, le focaccine che mi piacevano tanto, mi sorrideva, qualche volta riusciva a strapparmi una risata. Evitavamo il contatto fisico, ma sicuramente tra noi era ritornato quel feeling protettivo che ci ha sempre caratterizzati.

“ Che ore sono?” chiedo modulando la mia voce. Niente da fare, trema comne una foglia. Come il mio corpo.

“ Sono le due di notte. Ma non penso che Peeta farà obiezioni” si limita a dire. Scouto la testa.

“ No, non lo chiamare. Starà dormendo.

“ Va bene. Ma domani, vorrei che dormisse qui con te. E’ snervante vederti così, Katniss. E se non glielo chiedi tu, lo farò io” dice alzandosi quasi sdegnata. Ma possibile che non ci sia una sola persona che mi lasci in pace? Mi tiro le coperte sopra la testa. Mi metto a pancia in giù. E comincio a gridare dentro il cuscino. Prim. Finnick. Rue. Tutti. Sono ancora vivi, nella mia testa. E non hanno intenzione di andarsene.

 

La mattina dopo sono svegliata dall’inconfondibile profumo del pane di Peeta. Schiudo gli occhi, lentamente. Eccolo lì, illuminato dalla debole luce che passa dalla finestra accanto al mio letto. Le sue sopracciglia bionde, ancora un po’ bruciacchiate, scintillanto rispondendo al raggio di sole. La sua espressione è dura e quasi timorosa, ma nonostante questo, mi alllunga la pagnotta gentilmente.

“ Che ore sono?” chiedo. Afferro la pagnotta e, mettendondomi seduta, comincio a mangiarla velocemente. È ancora calda, e mi dà conforto.

“ Le quattro del pomeriggio, hai dormicchiato fino ad ora. Sae mi ha detto che oggi hai avuto degli incubi. È da tanto che hai questi incubi. Vero o falso?” chiede. Annuisco senza guardarlo in faccia.

“ Vero” rispondo con la bocca piena.

“ Mi infilavo nel tuo letto per tranquillizzarti. Abbiamo dormito insieme, qualche volta. Vero o falso?

“ Verissimo. Non so cosa avrei fatto senza…” mi trattengo. Mi limito a mordere un altro pezzo di pane.

“ Tu vorresti che mi fermassi qui, stanotte?” chiede seriamente.

“ Vero.

“ Questa era una domanda. Non un’affermazione” mi dice quasi prendendomi in giro.

Sollevo le spalle, continuando a non guardarlo. Sospira.

“ Non so se lo posso fare” dichiara a bassa voce. Lo sospettavo. Anzi, lo sapevo.

“ Non c’è problema, Peeta. Lo capisco” sussurro prima di addentare un altro boccone.

“ No, non capisci. Io vorrei, ma… io…

Peeta Mellark. L’unica persona che cerca sempre di proteggermi. Anche da sé stesso.

“ Tu non mi farai del male.

“ Ma se succedesse? Io… non so se riuscirei a… Mi dispiace” afferma. Annuisco. Non si fermerà qui stanotte. Sarò da sola. La consapevolezza di non poter contare su Peeta per questo mio problema, provoca una lacrima, che asciugo velocemente. Peeta non deve averla vista. Ma forse l’ha notata, perché dopo una breve pausa, mi dice:

“ Senti… che ne dici di passare la giornata insieme? Ti faccio una torta. Una torta per te. Con tanta glassa. Ti va?

Sembro una bambina piccola quando riesco ad emettere uno stridulo “ Sì”.

Sae è contenta quando mi vede uscire di casa con Peeta. Non sa che non si femerà a dormire con me, stanotte. Arrivo a casa di Peeta. Malgrado tutto quello che è successo, quella casa profuma ancora di pane ancora sfornato, di dolci, di glassa e di tutto ciò che mi ricorda Peeta. Il Peeta di una volta, il ragazzo del pane. Quello che ogni volta che l’abbracciavo non voleva uccidermi. Un Peeta forse chissà, non troppo diverso da questo che mi sta davanti. Mi siedo accanto al tavolo, mentre Peeta prepara gli ingredienti e si mette all’opera. Immagino che vederlo mentre cucina sia come guardare me mentre vado a caccia: è concentrato, ma al tempo stesso, soddisfatto e appagato da quello che fa.

“ Tu mi hai mai amato, Katniss?” chiede improvvisamente. Silenzio. È questo quello che esce dalla mia bocca socchiusa. Il silenzio.

“ Peeta, tra me e te c’era un amore speciale. Non so se è quello tradizionale, ma… eravamo alleati. Io e te ci difendavamo, c’eravamo sempre l’uno per l’altra. È un tipo di amore… diverso. Ma era amore, immagino” affermo.

“ Ho capito. E hai mai amato Gale?

Gale. Quel nome. Bombe. Prim. Non riesco a ricordare lui senza dover anche ricordare Prim. Il ricordo fa male. Malissimo. Vado verso il bagno della casa di Peeta. Sento che lui urla il mio nome. Ma non importa. Chiudo a chiave la porta e mi raggomitolo per terra, emettendo singhiozzi simili a quelli di un animale ferito. Sento che Peeta bussa insistentemente. Minaccia di buttare giù la porta. Ma poi ci rinuncia. Dopo quella che mi pare un’eternità, ritorna.

“ Katnissi, la torta è pronta. L’ho fatta apposta per te. Vieni, ti prego” mi supplica. Con tutta la forza che ho, mi costringo a mettermi in piedi e ad aprire la porta. Mi attendeva una bellissima torta, tutta decorata con la glassa azzurra.

“ Oh, Peeta, è bellissima!” esclamo quasi in uno stato di trance.

“ Bhe, quando mi hanno fatto il lavaggio del cervello, sono contento che non si siano portati via il mio talento nel fare le torte!” afferma con una mezza risata. Mi volto verso di lui, intento ad osservare la sua creazione. Voglio baciarlo. Ora. In questo momento. Un bacio vero, stavolta. MI avvicino a lui, con fare un po’ esitante. Peeta si allontana, quasi terrorizzato.

“ Che vuoi fare?” mi chiede.

“ Ti prego” sussurro. Ne ho bisogno. Ne ho bisogno come l’aria. Un bacio di Peeta Mellark. Uno di quelli che ti fanno dimenticare le paure, le ansie, le incertezze.

“ Katniss… no…” mi dice combattendo con sé stesso. Ma è troppo tardi. Premo le mie labbra sulle sue, delicatamente. Cerca di divincolarsi, ma l’ho messo contro il muro. Mi stacco da lui. Vede le iridi dei suoi occhi allargarsi. I suoi occhi azzurri vengono invasi da quelle pozze nere senza luce.

“ Allontanati…” mi dice.

“ No” decreto io.

“ Ti prego, Katniss… fammi un favore…” mi supplica. Faccio qualche passo indietro. Lui si appoggia a una mensola, respirando affannosamente. Niente, Peeta Mellark se ne è andato. Il mio Peeta non c’è più. È morto anche lui, insieme a tutti quelli a cui volevo bene. Mi metto a piangere, stavolta neanche preoccupandomi del fatto che lui mi possa vedere. Le mie lacrime sembra che lo facciano uscire dall’agonia. Si avvicina a me, pallido in viso e mi abbraccia fortissimo. È la prima volta che mi abbraccia lui, dopo tanto tempo. Affondo il mio viso nel suo petto. Forse Peeta non è morto. Forse è solo nascosto da qualche parte, perché le sue braccia sono calde, forti, sicure e protettive come me le ricordavo.

“ Stasera dormirò con te” mi dice.

Scuoto la testa selvaggiamente. Non voglio fargli pena. E quando glielo dico, lui si mette a ridere.

“ Non lo faccio per te. Lo faccio per me. Devo capire se posso ancora… voglio tornare ad essere me stesso, Katniss. Ma mi serve il tuo aiuto” mi sussurra. Annuisco. Lo voglio. Lo voglia accanto a me. Come sempre.

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Capitolo 2
*** Lo porterò indietro ***


 

Mi faccio la doccia con l’acqua calda. La sento scorrere su di me. Peeta e Sae stanno preparando la cena. Ottimo. Ho fame. Interrompo il flusso dell’acqua e prendo l’asciugamano che sta sul lavandino. Mi guardo allo specchio. I capelli bruciacchiati, gli occhi stanchi e le cicatrici sul mio corpo non mi rendono molto attraente. Ma non mi importa. L’unica cosa di cui mi importerebbe in questo momento sarebbe Prim. Chiudo gli occhi e vedo i suoi. Il bussare alla porta mi fa tornare alla realtà.

“ Katniss! La cena è pronta!” esclama Sae. Non rispondo. La fame mi è automaticamente passata. Riesco solo ad accovacciarmi in un angolo tra i due muri del bagno, avvolta nel mio asciugamano.

“ Katniss!” urla. Niente, non riesco a risponderle. La porta non è chiusa a chiave, ma, non so perché, Sae decide di non entrare. Avverto fuori dalla porta una presenza che non è quella di Sae. Peeta.

“ Katniss, so che la porta del bagno non ha la chiave. La conosco casa tua. Esci per favore? Sennò entro io” mi dice. Non riesco a parlare. Lentamente, apre la porta. Ma sì, sono proprio un bello spettacolo, lì rannicchiata contro il muro. Che mi vedesse. Che mi vedessero tutti. Lui non fa domande. Si limita ad accucciarsi vicino a me. Vedo la sua mano sollevarsi. No, non vuole farmi del male: l’appoggia delicatamente sui miei capelli e comincia ad accarezzarmi la testa. È proprio quella sensazione a destare in me una sensazione di benessere. Mi abbandono al calore della sua mano sui miei capelli bagnati, alla delicatezza del suo tocco.

“ Che ne dici di andare a mangiare? C’è l’agnello. E le prugne. Tu adori le prugne. Ah, e poi devi assolutamente assaggiare la mia torta. L’ho preparata per te” mi bisbiglia all’orecchio. Quel bisbiglio mi procura centomila brividi sul collo e lentamente annuisco. Si gira imbarazzato, mentre incurante mi tolgo l’asciugamano per mettermi i vestiti.

“ Io e te abbiamo mai…

“ NO!” esclamo quasi sorridendo.

“ Oh, ok. È un peccato che questo ricordo sia vero, eh?” dichiara. Eccola lì. Ironia. Gli lancio il mio asciugamano sulle spalle, mentre mi cambio velocemente con una camicetta blu e un paio di pantaloni larghi. Decisamente anti-estetico. Decido di usare un asciugamano pulito per avvolgermi i capelli e scendo le scale con Peeta al mio fianco. Durante il pasto, osservo Peeta che si sforza di fare conversazione con Sae. Le chiede del suo passato, se pensa di ritornare al Forno e roba così. Dal canto mio, invece, collaboro con il mangiare quanta più roba riesca a mettermi in pancia. Arriva la torta di Peeta. È farcita con la marmellata ai lamponi e gocce di cioccolato. È così simile a quelle che facevano a Capitol City. Finnick. Il suo matrimonio. La torta. Mi irrigidisco. Non riesco a ingurgitare neanche un altro boccone. Sembra che Peeta riesca a leggermi nel pensiero, quando mi prende il pezzo di torta rimanente dal mio piatto per metterlo sul suo. Ho sonno. Ho davvero sonno. Ma nonostante questo, comincio a tremare come una foglia. Ancora una volta, rimango stupita dall’abilità di Peeta nel capirmi.

“ Andiamo in camera, Katniss. Te li asciugo io i capelli. Sae, puoi sparecciare tu?” chiede. Sae annuisce quasi con fare materno, mentre Peeta mi scorta nella mia stanza. Prende quello strano congegno di Capitol City e mi asciuga in cinque secondi i capelli lasciandoli morbidi e setosi. Sarebbe bello, se me ne importasse qualcosa. Mi devo mettere il pigiama, ma le mie mani tremano troppo. Sono immobilizzate per i tremori. Peeta se ne accorge.

“ Ce l’hai la biancheria intima sotto i vestiti?” domanda.

“ Vero” affermo cercando di ironizzare. Ma c’è ben poco da fare. Sono terrorizzata dal dover andare a dormire. La mascella sembra bloccata e fatico anche a dire quelle poche parole. Peeta sospira, quasi per prendere coraggio.

“ Dov’è il pigiama?” chiede. Immagino che Sae me l’abbia messo sotto il cuscino. Peeta lo prende e, dopo avermi fatto sedere sul letto, mi sbottona la camicetta, bottone per bottone. Arrossisco un po’, ma è indispensabile: le mie mani sono bloccate dai fremiti della paura. Alzo gli occhi su Peeta. È diventato un peperone. Quasi mi viene da ridere. Ma sarebbe una risata legata più al nervosismo che ad altro, quindi la soffoco dentro di me. Mi sfila la camicetta, lasciandomi in reggiseno e mi infila velocemente la maglietta del pigiama. A questo punto i suoi occhi indugiano sui miei pantaloni. La situazione, nonostante sia tragica, non può essere considerata seria e tutti e due cominciamo a ridere. È una rarità, per me, ridere in questo modo. Mi sdraio sul letto mentre mi sfila i pantaloni. Poi si blocca di colpo. So quello che gli sta passando per la testa. Perché è quello che sta passando anche a me. Questa situazione… la posizione… lui che mi sfila i pantaloni… forse in un’altra vita, sarebbe successo proprio così, con un tremore alle mani non provocato dal nervosismo, con un Peeta al settimo cielo, che mi avrebbe baciata… Ma non succede niente di tutto questo. Almeno non ora. Non possiamo permettercelo, nessuno dei due. Peeta riesce a infilarmi i pantaloni del pigiama. Si lascia cadere sul letto accanto a me.

“ Io non ti ho mai amata con quell’amore speciale di cui parlavi tu. Vero o falso?

Esiste domanda più difficile? Vero! Vero! Ma non posso dirgli una cosa del genere.  Non dovrei, almeno. La frase che mi aveva detto al Distretto 13 mi riecheggia nella testa “ Be’, sei una bella stronza, non ti pare?”.

“ Vero” sussurro prima di poter fermare le mie parole.

“ Lo sto cominciando a capire. Non sei una semplice ‘alleata’. Io provo attrazione per te, Katniss.

“ Intendi…” non volevo continuare la frase.

“ Anche. Certo, non solo. E poi…

“ Ok, penso di aver afferrato il concetto, Peeta!” dico con una risatina. Mi guarda negli occhi. Provo a sostenere il suo sguardo, ma non ci riesco. Rimamiamo così per un bel po’, fino a che non decidiamo che è il momento di andare a dormire nel vero senso della parola. Mi infilo sotto le coperte, mentre lui si toglie la maglietta per infilarsi quella del suo pigiama. Ho già visto Peeta mezzo nudo, basti pensare all’Arena. Ma adesso ho dei brividi che non hanno niente a che vedere con il freddo. Si infila sotto le coperte insieme a me, ma non mi sfiora neanche. Io ho bisogno di lui, ho bisogno del suo contatto per essere felice. Ma non arriva niente del genere. Nonostante io faccia piccoli movimento verso di lui, vedo che non ha la minima intenzione di abbracciarmi. Così, in modo quasi meccanico, chiudo gli occhi. Quando li riapro, mi trovo in una radura. Non c’è niente intorno a me, solo una nebbia bianca e compatta. Sento una risata. La conosco. È quella di Finnick. Lo chiamo, ma dalla mia bocca non esce alcun suono. Poi, accanto a me, compare un tridente. Lo prendo e lo osservo attentamente. In men che non si dica, però, dal tridente cominciano ad uscire tante piccole lucertole, che mi si arrampicano su per il braccio. Cominciano a mordicchiarmi le mani, facendomi male. Cerco di scrollarmele di dosso, ma sembrano appiccicate alla mia pelle, come sanguisughe. Poi arriva Rue, con le sue ali che mi prendere e mi porta in salvo. Prim, cioè Rue, però, viene abbattuta da un dardo infuocato. È stato Gale a tirarlo, anche se assomiglia in modo inequivocabile al ragazzo del Distretto 1. Urlo, mentre precipito nel vuoto.

“ NOOOO!!!!” grido. Sdraiato accanto e me, sento Peeta.

“ Katniss! Un incubo?

“ Sì… Sì…” mormoro terrorizzata. Mi giro e lo guardo negli occhi.

“ Peeta… stringimi, ti prego…

“ Katniss, io…

“ Ti prego… Abbracciami. Non ce la faccio da sola. Io e te sempre insieme, no?

“ Sì… sempre.

“ Allora per favore…” la mia è una supplica. Sento Peeta tremare leggermente, mentre preme il suo corpo sul il mio in un abbraccio da lasciare senza fiato.

“ Non te ne andare mai più via da me. Ti voglio sempre qui. Devi promettermelo.  

“ Lo prometto.

“ Giuralo.

“ Lo giuro.

“ Sei l’unica cosa bella che mi è rimasta.

“ Tu eri l’unica cosa bella anche prima che non mi restasse niente, Katniss” mi sussurra. Peeta. È vivo. Quello che ha parlato è il MIO Peeta. Il tono di voce, l’intensità, le sue mani che mi stringono senza esitazioni…

“ Rivoglio questo Peeta. Ogni giorno. Voglio il Peeta della grotta, il Peeta dell’attico di Capitol City.

“ Lo porterò indietro” mi assicura. Sulle mie labbra, un sorriso.

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Capitolo 3
*** Nonostante tutto ***


“ Katniss… Katniss… Il telefono…” mi sussurra Peeta. Ma che ore sono? Mi sembra troppo presto per ricevere una telefonata. Per quanto ho dormito?

“ Katniss… é il dottor Aurelius!” esclama la voce lontana di Sae. Immagino che Peeta le abbia insegnato come rispondere al telefono. Mi alzo a fatica, provocandomi parecchi giramenti di testa. Scendo le scale più velocemente possibile, cercando di far svegliare i miei sensi. Afferro il telefono confusamente

“ Pronto?” chiedo con la mia voce impastata.

“ Katniss, è un piacere sentire la tua voce” mi risponde.

Oh, già. Avevo preso la fantastica abitudine di non rispondere al telefono. Che abitudine meravigliosa.

“ Salve, dottore… mi sono appena alzata e…

“ Oh, non ti tratterrò a lungo. Come stai?

“ Bene” dico in modo secco. Ma che voleva? Non sono pazza, non lo sono mai stata. Non capisco cosa vuole.

“ Meraviglioso. Sae ha accennato al fatto che Peeta stanotte ha dormito con te. Come è andata?” mi chiede. Scocco un’occhiata maligna a Sae. Lei e la sua boccaccia.

“ Bene. All’inizio ho avuto un incubo, ma poi Peeta mi ha calmata con la sua presenza” affermo prima di poter scegliere accuratamente le mie parole. Mi guardo intorno. Spero solo che Peeta non mi abbia sentita.

“ Capisco… cosa ne pensi della cosa? È da etichettare come un fatto positivo o negativo? Sei contenta di questa azione… ‘calmante’ che Peeta ha su di te?” mi chiede. Ma che razza di domande sono?

“ No, preferivo tenermi gli incubi per tutta la notte!” dichiaro sarcastica.

“ Quindi la cosa ti fa piacere… bene, buon per te. Cosa fai in questi giorni? Vai a caccia?

“ Sì. Di tanto in tanto.

Ma proprio di tanto in tanto. Quei luoghi… Gale.

“ Certo… immagino che non sia facile. Ho parlato con Haymitch in questi giorni, sai, dovevo dargli alcune direttive su una situazione che riguarda… bhè, ho dovuto dargli dei consigli, ecco. Quando  ci ho partlato mi ha detto che state scrivendo un libro sugli Hunger Games. È una cosa molto bella, Katniss. Anche a livello terapeutico

“ Grazie. Sì, molto bella” affermo distrattamente. Quindi il dottore sta curando anche Haymitch? Che si sia fatto riaggiustare il telefono? No, Haymitch non accetterebbe mai di farsi curare. Allora… perché…? E se avesse riaggiustato il telefono per parlare di me con il dottor Aurelius? Se il dottore gli avesse dato delle indicazioni per tenermi sotto controllo, per impedirmi di fare pazzie? Questa forse è una cosa plausibile… Sennò, quali direttive potrebbe dare il dottor Aurelius a Haymitch? Non sapevo neanche che si conoscessero… Che Haymitch mi abbia nascosto delle cose? La collera cominciò a ribollirmi nel sangue.

“ Bene… io adesso devo andare. In ospedale, io e tua madre stiamo facendo gli straordinari per occuparci di tutti. La situazione è ancora molto grave, Katniss.

“ Sì, certo.

“ Ok… ci sentiamo presto!” esclama prima di agganciare. Afferro velocemente un cappotto ed esco di casa, andando in direzione di quella di Haymitch. Peeta mi raggiunge di corsa.

“ Katniss, dove…?

“ Casa di Haymitch. Devo capire se ha riaggiustato quel maledetto telefono. Sennò vorrei proprio sapere come e quando ha parlato al dottor Aurelius. Ah, e soprattutto di COSA!” esclamo. Peeta non fa altro che camminare dietro di me. Ma non capisce? Avranno parlato di me. E di che altro potevano parlare? Della povera ragazza pazza del Distretto 12. Aurelius si sarà raccomandato con Haymitch… Non metterle pressione… falla riposare… Immagino… Grazie, Haymitch di non avermi detto che Aurelius ti aveva chiamato per chiederti se mi stessi facendo bene da balia! Busso alla porta di Haymitch. So già che non verrà ad aprirci, quindi decido di entrare lo stesso. Lo trovo seduto su quel lurido divano, intento a scolarsi una bottiglia di liquore. Singhiozza. Forse era addirittura più ubriaco del solito. Il mio sguardo viene catturato dal posto dove doveva esserci il telefono. Era rotto.

“ Ciao dolcezza…

“ Come hai fatto a parlare al dottor Aurelius se hai il telefono rotto? Che vi siete detti? Avete sparlato di me, eh? Per vostra informazione, sto bene, sto benissimo, quindi se voi due avete finito di spifferare su cose che…

“ Piano, piano, piano, ragazza di fuoco. Innanzi tutto, volete un goccetto?” chiede porgendoci la bottiglia.

“ Io sì! ” dico sedendomi decisa. Peeta scuote la testa contrariato. Haymitch si allontana per prendere uno dei pochi bicchieri puliti e, quando ritorna, mi versa un po’ del liquido bianco contenuto nella bottiglia. La alza e brinda: 

“ Alla ragazza in fiamme, la Ghiandaia Imitatrice o come diavolo ti chiamano” e si fa un lungo sorso dalla bottiglia. Io bevo, a piccoli sorsi. Odio quella roba. Ma mi piace quel senso di sregolatezza che mi procura.

“ Il dottor Aurelius è venuto a trovarmi qui sabato scorso. Voleva sapere come stavo, pensava di chiuderci in quel suo manicomio per pazzi. Poi ha voluto sapere se tu saresti stata d’accordo. Gli ho detto che, se accettava l’idea della sua morte imminente e dolorosa, forse ti avrebbe convinto. E poi ha fatto due battutine sul mio talento. Ah ah!” afferma ironicamente, indicando la bottiglia.

“ E me ne sono uscito con il fatto che voi due mi avete trascinato in questa ‘quanto mai sana’ idea di scrivere un libro. Adesso, la domanda è: perché sei piombata nella mia casa per chiedermi del dottor Aurelius? Vuoi che te lo dica io, dolcezza? Tu pensi che la tua condizione della Ghiandaia Imitatrice mentalmente instabile sia il primo pensiero che la mattina ci sveglia. Ma, portandoti alla realtà delle cose… non è così. Katniss di qua, Katniss di là… tu non sei più al centro delle nostre attenzioni, dolcezza. Forse l’unica persona che fa eccezione è questo povero ragazzo qui, che hai fatto diventare matto a furia di prenderlo in giro dalla mattina alla sera, agendo in modo più egoistico possibile. Ma il punto è… che devi metterti in testa di non essere più il centro del mondo, Katniss. E non far finta che la cosa ti sia così tanto dispiaciuta, perché non ci crede nessuno” conclude con un ghigno. Mi alzo. Già so quello che voglio fare. Mi sto per avventare su di lui. Ma Peeta mi blocca prima che possa farlo, così, mi limito a sommergerlo di insulti. Lui, incredibilmente, resta calmo. Non reagisce, si limita a mantenere quell’insopportabile ghigno. Urlo il mio odio per lui mentre Peeta mi trascina a casa.

“ Katniss, è ubriaco, non ha il tatto per affrontare un…

“ Peeta… BASTA! Mi sono stancata! Fa tutto alle mie spalle, non mi dice mai niente, come posso fidarmi di una persona del genere? Manipolatore e doppiogiochiusta! Abbiamo fatto finta di niente, abbiamo sempre chiuso un occhio e lui… LO ODIO!”

Mi fa stendere sul letto, mentre mi divincolo come un animale. Voglio uccidere Haymitch. Chi si crede di essere per dirmi quelle cose? Non capisce. Nessuno capisce. Scoppio a piangere.

“ Katniss… ti prego, non costringermi a sedarti” mi dice Peeta. Sedarmi. Sì, sarebbe bellissimo. Sprofondare in un sonno… No. Gli incubi. Non voglio.

“ No… no, non mi sedare… io… mi calmo. Tu baciami” chiedo.

“ No, Katniss, non peggioriamo le cose, ti prego, già la situazione è quella che è…

“ Baciami, Peeta. Vuoi un modo per calmarmi? Baciami.

“ Se ti abbraccio è la stessa cosa, no?” mi chiede. Ok, posso starci. Voglio starci. Annuisco meccanicamente e lui mi avvolge nelle sue braccia. Calde, rassicuranti. Respiro. Passiamo così qualche minuto prima di calmarmi, ma ce la faccio. Le sue braccia mi stringono. Quasi mi fanno male, per quanto mi stringono. Mi stringono troppo.

“ Peeta…” sussurro cercando delicatamente di allentare la presa.

“ Peeta…” stavolta è una supplica. Niente da fare, ormai mi gira la testa.

“ Katniss…” sussurra. La sua voce è aspra, dura. Scioglie la presa, mentre io mi scanso da lui velocemente. Non oso guardarlo in faccia, ma sento i suoi respiri affannosi. Mi massaggio le costole, ma lui ha bisogno di me. E poi faccio la prima cosa sensata che mi viene in mente.

“ Sei Peeta Mellark. Sei figlio del Distretto 12, questa è la tua casa. Tu ami Katniss Everdeen, e non faresti mai niente per farle del male. Penso che sia un’affermazione vera” concludo. I suoi respiri tornano a farsi più regolari e il letto smette di muoversi così tanto. Solleva la testa e mi allunga una mano. Sì, i suoi occhio sono azzurri. È di nuovo Peeta. Afferro la sua presa e mi avvicino a lui. Non mi farà del male, stavolta, ma non osa abbracciarmi.

“ Mi dispiace. Sono un ibrido. Uno schifoso ibrido.

“ Non è così. Io non ti abbandonerò, Peeta. Ti devo tutto, anzi, troppo. Vedrai che passerà” affermo convinta. Annuisce, ma non sembra molto rassicurato. Passiamo il pomeriggio a parlare e a scrivere sul libro nuovi dettagli riferiti agli Hunger Games. Peeta ricorda solo la parte brutta di tutto questo: io che lo prendevo in giro, io che lo illudevo. Le poche cose belle che ho fatto per lui, le ricorda quasi con astio.

“ Quindi tu hai preso la medicina per… salvarmi la vita?

“ Certo. Non ti avrei lasciato lì a morire, Peeta.

“ Ma tu mi odiavi e mi volevi ammazzare nel sonno, no?” chiede. Mi incupisco improvvisamente.

“ Falso.

“ Quindi non sei stata tu a procurarmi quella ferita?

“ No.

“ Ne sei proprio sicura, Katniss? Conosco il tuo talento nel manipolare chi ti sta intorno sfuttando i sentimenti altrui” mi dice. Lo guardo negli occhi. Due pozze nere. Sta per fare qualcosa di brutto, me lo sento. Ma non mi importa. Quella frase mi ha ucciso più di venti lame conficcate nel collo. Non rispondo. Salgo velocemente le scale e mi rintano dentro l’armadio della mia stanza. Afferro il mio arco e mi avvolgo con i vestiti che riesco a trovare lì dentro. Per fortuna Sae è uscita a comprare la carne: non vorrei che sentisse le urla strazianti di Peeta al piano di sotto e i miei singhiozzi dentro l’armadio. Dopo ore, o forse giorni, non so, sento che l’anta si apre. Ma stavolta sono pronta. Preparo una freccia. È Peeta. Gliela punto addosso. Peeta ha uno sguardo sconfitto. Ma è lui.

“ Ti prego, fallo. Mi faresti un favore. Ti scongiuro.

Dopo un’eternità, abbasso lentamente l’arco. Scoppio a piangere, mentre Peeta mi fa uscire dall’armadio.

“ Tu mi odi. Già mi odiavi prima, figuriamoci adesso.

“ Io non ti ho mai odiato, Peeta” riesco a dire tra un sussulto e un altro. Mi stendo sul letto.

“ Avanti, puoi anche ammetterlo, davvero. Ti capirò. Cacciami di casa, dimmi che non vuoi più vedermi.

“ Perché dovrei dire una cosa del genere?

“ Perché se non mi farai capire che è davvero quello che vuoi, non lo farò mai di mia iniziativa. Non ci riesco. Ci ho provato tante volte a starti lontano.

“ Non è quello che voglio.

“ Ma è quello che sarebbe meglio per te. Non avere un pazzo assassino che cerca di ammazzarti, o che ti insulta e…

“ FINISCILA, CHIARO? Mi trattate tutti come una bambina confusa che non sa quello che vuole, so prendere da sola le mie decisioni, ok? E quanto è vero che esisto, Peeta Mellark, prova ad andartene da questa casa e ti trapasserò il cervello con una freccia, proprio come uno scoiattolo!” esclamo in collera. Silenzio.

“ Mio padre parlava sempre dei tuoi scoiattoli a cena. Vero o falso?

“ Questo lo sai solo tu.

“ Oh, allora deve essere vero. Se non fosse stato vero, mi avresti detto ‘ Falso’ senza pensarci due volte. Sei troppo modesta. Fossi in te, comunque, tirerei fuori l’arco dall’armadio. Non si sa mai… con me vicino…

“ Tu mi farai proprio un bel niente. Devi solo convincertene.

Sento la porta che si apre. Sae. Mi asciugo le lacrime dal viso mentre cerco di darmi un contegno.

“ Ok. È tornata. Vatti a fare la doccia, mi occupo io della cena.

“ Katniss…

“ Non accetto repliche. Senza offesa, ma hai un aspetto orribile, hai bisogno di una doccia.

“ Io… grazie” mi dice prima che io possa sbattere la porta alle mie spalle.

 

Io e Sae non parliamo molto, ma averla accanto, qualche volta, mi dà sollievo. È come tornare indietro nel tempo, ai giorni in cui mi sorrideva quando riuscivo a portarle un bel falco appena catturato. Abbiamo fatto insieme uno stufato di manzo con qualche foglia di menta qua e là.  Peeta non fa commenti, ma insiste affinchè io mi prenda un pezzo di torta. Lo mangio solo per non dargli dispiacere: la torta è buonissima, ma ultimamentene ho abbastanza di cose dolci. Io e Peeta ci ritiriamo in camera, dopo aver aiutato Sae a pulire i piatti. Ci sdraiamo sul letto e gli prendo la mano. Lui fa come per ritirarla, ma poi si costringe a stringere la mia con più decisione. Chiudo gli occhi.

“ Mi dispiace per oggi” bisbiglia. Non rispondo.

“ Katniss” mi chiama. Apro gli occhi. Mi sta facendo segno di mettere la testa sul suo petto. Lo guardo interrogativa, prima di vedere il suo capo annuire.

“ Sempre che tu… non abbia paura… o altro… e lo rispetto, ti giuro che lo capisco! È solo che… mi aiuta averti vicino, davvero.

“ Peeta, ti prego, non essere ridicolo, certi pezzi non li reggo!” dico esasperata. In realtà la cosa mi fa piacere, anzi, colgo l’occasione al volo e aspiro quell’aroma speciale emanato dalla sua pelle. È bello stare lì, al caldo. E tutte le ansie, le paure della giornata, scivolano come gocce d’acqua sulla mia pelle. Dimentico tutto e tutti. Dimentico che Peeta sia stato depistato, dimentico che oggi ha provato ad ammazzarmi. Dimentico la paura che ho provato, il panico dentro l’armadio. Poi lo dico. Dico quello che mi era passato in testa tante volte, ma che non avevo mai avuto il coraggio di dire.

“ Togliti la maglietta.

Lui si mette seduto incredulo. Forse non c’era momento peggiore per uscirmene così.

“ Katniss, capisco che i tuoi ormoni stiano prendendo il sopravvento, ma non mi sembra una buona idea!” esclama con una risatina nervosa. Mi scappa quasi una risata.

“ Non vergognarti. Lo farò anche io” affermo.

“ Questo mi conferma che non è per niente una buona idea!” mi ripete provando a sorridere. Sbuffo infastidita.

“ Non hai capito niente. Stai tranquillo, non voglio saltarti addosso nel cuore della notte. Non ci penso neanche.

“ Tu no, ma io sì! È questo il problema, Katniss!” mi dice implorante cercando di ironizzare, nonostante ci sia ben poco su cui fare ironia, soprattutto per la scelta di parole che ha usato. Sembra accorgersene:

“ No, non nel senso brutto… oddio, per quanto possa essere considerato ‘ bello’ l’altro…

“ Cosa stai cercando di dirmi?” chiedo sperando di aver già intuito la risposta.

“ Sto cercando di dirti che io sono un ragazzo, nonostante tutto! E tu sei una ragazza… molto desiderabile. Vogliamo metterla in questi termini? 

Mi piace quando mi dice queste cose. Ma non l’ammetterò mai. Neanche a me stessa. Infatti monto su la parte della ragazza offesa.

“ Peeta, è solo perché mi piace il calore che emani. Niente di più. E hai un buon odore. Questo mi calma. Non c’è niente di male, mi hai già vista in reggiseno e io ti ho già visto senza maglietta. Quindi… visto che ormai ci siamo gettati in questa vicinanza corporea… a questo punto non farà differenza che tu abbia la maglietta o no. Quindi, toglila!” dichiaro. Lui è esitante, mentre lentamente si sfila la maglietta e si adagia accanto a me. Faccio lo stesso, e, un attimo dopo, la mia testa è sprofondata sul suo petto. Sento il battito del suo cuore. È alle stelle. E mi dimentico di qualasiasi cosa che non sia Peeta . Sono Katniss Everdeen. E sono una ragazza, nonostante tutto. E sto con un ragazzo che ha provato ad ammazzarmi, ma che è sempre Peeta Mellark, nonostante tutto. In pace con il mondo, e cullata dal calore di Peeta, mi addormento.

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Capitolo 4
*** Nessuno mi potrà portare via da te. Neanche io. ***


C’è Gale. Con in mano una bomba attaccata a un paracadute. Accanto a lui, un contenitore pieno di bigliettini. Con la mano libera, prende un biglietto dal contenitore di vetro.

“ Primrose Everdeen!” grida con la voce di Effie. Eccola, la vedo. La mia paperella avanza verso Gale, che la guarda come un cacciatore farebbe con la sua preda.

“ No!” urlo. “ NO! MI OFFRO VOLONTARIA! Mi offro volontaria come tributo!” esclamo. Ma Gale non mi sente. È troppo concentrato su Prim. Lei mi guarda, come per chiedermi aiuto.

“ Prim! Eccomi, arrivo! Ti salverò, ti porterò via di qui! Aspettami!” grido. Ma Prim non riesce a sentirmi.

“ Gale!

Mi sveglio. Peeta è accanto a me, che mi accarezza i capelli.

“ Era solo un sogno, Katniss… un sogno” sussurra delicatamente.

“ Era lui, Peeta. Gale. Voleva Prim. Ma lei è mia, lo capisci? Io… io l’avrei salvata… volevo salvarla, ma lei non lo capiva e…

“ Katniss, sei sconvolta. Calmati, prima. Respira.

Sembra facile. Mi metto seduta sul letto, guardando un punto fisso. Questa volta mi concentro sulla maniglia della porta. Lui mi accarezza la schiena. Mi fa sembrare un gatto. Ranuncolo. Dove si sarà cacciato? Quando lo chiedo a Peeta mi risponde che se ne sta sempre in giardino ultimamente, nonostante il freddo. Penso che stia aspettando Prim. Ma non arriverà mai. Stupido gatto. Quando comincio a calmarmi, Peeta mi dice:

“ Guarda che se ti manca posso chiedergli io di tornare. A Gale. Io lo so che lo ami.

Bene, Peeta. Nonostante sia stato depistato, non riesci proprio a non pensare prima al mio bene e poi al tuo eh? Odio quell’altruismo incondizionato nei miei confronti.

“ Io non amo Gale.

“ Lo dici solo perché adesso hai troppo rancore nei suoi confronti. Ma pensaci un secondo. Lui ti ama. E tu ami lui. Potresti avere una vita felice, Katniss. Lui è un cacciatore, potrebbe offrirti una condizione migliore di quella che potrei offrirti io. Alla fine lui è un membro della resistenza, io invece non sono altro che un fornaio depistato che non vede l’ora di ammazzarti. Capisci che sarebbe meglio per te?

Rido sprezzante. Mi viene in mente un ricordo. “ Katniss sceglierà quello che ritiene indispensabile alla sua sopravvivenza” . Riaffiora quell’ira che avevo dovuto reprimere nel momento in cui avevo sentito questa frase. Gale.

“ Ah, è questo quello che credi? Che credete tutti? Che io mi sia seduta su una sedia, abbia esaminato i pro e i contro di ognuno di voi e che successivamente abbia tirato le somme? O che comunque possa fare una cosa del genere? Sei proprio come lui, Peeta. Mi reputi capace di farlo e questo mi ferisce.

“ Allora dimmelo!” esclama alzandosi in collera. Quando ha questi scatti mi lascia sempre stupefatta. Non è da lui. E ricordo il Peeta del distretto 11, il Peeta che era esploso come una furia.

“ Che cosa dovrei dirti, Peeta?

“ Che ami me e non lui! Dimmelo!

“ Io non amo Gale. Per ora dovrai accontentarti di questo” gli dico. Prima sospira quasi sollevato. Poi lo vedo irrigidirsi. Si butta sulla poltrona, e la sua protesi comincia a tremare.

“ Peeta…?” sussurro gentilmente. Si prende la testa tra le mani.

“ Tu e Gale avete parlato male di me. Passavate così i vostri pomeriggi. Vero o falso?” domanda.

“ Falso.

“Tu hai ucciso i miei fratelli… ma Gale ti ha aiutato. Vero o falso?

“ Falso!” ma come gli è saltato in mente? Peeta fa un gesto meccanico con la testa, quasi di assenso.

“ Ok. Bene. Adesso la domanda peggiore e, ti prego, sii sincera. Tu e Gale l’avete fatto vicino al Forno e io vi ho visti. Vero o falso?

Questa, poi. Io e Gale a farlo lì dietro. Immagino la scena, attraverso gli occhi di Peeta. Penso a come avrei reagito io. Riesco solo a percepire una parte del suo dolore.

“ KATNISS!” esclama allarmato.

“ FALSO, Peeta, è falso! Hai capito? Falso!” urlo con tutte le mie forze alzandomi dal letto.

“ Non ci credo! Tu… io vi ho visti! Tu sei stata con Gale! Io ho visto quel bacio, Katniss!

Mi si ferma il cuore. Quel bacio. Quale bacio? Il bacio dietro il Forno…? Ma come faceva Peeta a scegliere proprio quel posto? E poi ci rifletto. Snow sapeva del bacio. E se qualcuno ci avesse spiato? Anzi, se ci avesse filmato?  Se avesse mostrato il video a Snow? Quanto ci sarebbe voluto per persuadere Peeta che quello non era stato solo un bacio, durante il depistaggio? Poco. Molto poco.

“ Peeta… era solo un bacio… ti giuro…

“ Io ti avevo dato la vita, ma tu… tu sei la causa di tutto… tu, schifoso ibrido che non sei altro!” mi risponde fuori di sé, alzandosi. Indietreggio. L’armadio è troppo lontano per arrivare a l’unica arma in grado di difendermi. Comincio a sudare freddo.

“ Peeta… sono Katniss…

“ E’ proprio questo il punto! Katniss Everdeen, colei che ha ucciso la mia famiglia, incendiato il Distretto 12, mi hai soltanto usato! TU!” esclama tirandomi un pugno in pieno viso. Il tempo sembra fermarsi. Sento calde lacrime farsi spazio nei miei occhi.

“ Peeta… guardami…

Dei passi dietro la porta. No. Lei non può entrare. Non deve. Lo dirà a Aurelius. Mi porteranno via Peeta. Non se ne parla.  È lei: Sae la Zozza aprendo la porta, mi guarda interrogativa. Stringe tra le mani un coltello da cucina. La sbatto fuori dalla stanza con uno spintone. Quella è una questione tra Peeta e me. E comunque, lei non può fare niente.  Quando mi giro, Peeta è ancora più vicino. Mi prende i polsi tra le mani. Mi ha bloccata. Mi butta sul letto. I nostri volti sono vicinissimi. Vedo la rabbia nei suoi occhi. La mia vita è finita. Rivedrò Prim… e Finnick… e Rue…  No, mi costringo a non urlare né a opporre troppa resistenza. Devo fidarmi. Lui non mi farà del male. Non mi ucciderà. Ne sono sicura. DEVE essere così.

“ Peeta… non lasciarmi… ti prego…

Piano piano, vedo le sue iridi farsi sempre più azzurre e cristalline. Mi ci posso specchiare dentro, tanto i suoi occhi sono umidi. Lascia cadere il suo corpo sopra il mio, affondando la faccia sul mio petto.

“ Tu sei mia, hai capito, Katniss? Mia. Mi dispiace. Ti giuro che mi dispiace… Io… Gale… lo usavano contro di me, Katniss… Scusami…

Per quanto non mi piaccia per niente l’idea di appartenere a qualcuno, quella parole mi scaldano il cuore. Gli accarezzo i capelli, senza dire niente. E penso che lui abbia capito ciò che non riesco ad esprimere.  Respiro ancora a stento quando allontana il mio corpo dal suo. Mi guarda in faccia.

“ Katniss…  Il tuo labbro!

Mi tocco la bocca. Quando vedo la mia mano… sangue. Posso sentire il suo sapore in bocca.

“ Non è niente…” ciancico confusamente tremando come una foglia. Di solito la vista del sangue non mi spaventa. Ma quel sangue… è stato Peeta. Peeta mi ha dato un pugno in faccia. Riesco a razionalizzarlo solo ora. Peeta, il ragazzo che mi amava, mi ha ferita. Anche Gale mi ha ferita. E lui non aveva detto di amarmi? Tutti, in un modo o nell’altro, mi hanno deluso, mi hanno fatto male. Sto delirando, riesco a capirlo, ma non a fermarmi. Cerco di riprendere lucidità con brevi respiri. Ma niente. Una serie di pensieri confusi si affollano nella mia testa. Non riesco a farli connettere tra di loro, ma sono consapevole del fatto che non hanno molto senso.

“ No, non dire che non è niente! Katniss… A - aspettami qui!” esclama gettandosi in bagno. So già cosa andrà a prendere. Il kit di pronto soccorso. È sempre stato in bella vista su uno degli scaffali. Mia madre era intransigente su questo proposito. Mia madre sta a Capitol City. Ma Prim no. Prim è morta, Katniss. Rimango immobile, a fissare un punto fisso della stanza. La maniglia della porta. Vedo tante luci colorate passarmi davanti agli occhi. La voce di Peeta è ovattata mentre mi disinfetta e mi tampona la ferita. Lo lascio fare. Sento le palpebre farsi pesanti, mentre il mio respiro è sempre più affannoso. E, piano piano, il campo visivo si restringe. Ombre nere avvoglono lentamente la mia visuale. Sento qualcuno che chiama il mio nome. Non importa. Vedo solo quella maniglia scintillante, come una perla. Una perla. Peeta. E in preda a questa visione prodigiosa, mi lascio scivolare nell’oblio.

 

“ Katniss…”

“ Mamma…?

“ Sono Peeta.

“ Peeta… sei vivo, Peeta? Sei con me? Non mi lasciare anche tu…

“ No che non ti lascio…

“ Sono morta?

“ No, direi di no. Sei solo svenuta. Penso che tu abbia avuto un attacco di panico.

Apro gli occhi. Peeta è in piedi, con le mie gambe sulle sue spalle e un pezzo di cioccolata nelle sue mani.

“ Che cosa diavolo…?” faccio per tirarmi su con i gomiti. Ma non ci riesco. Sono troppo pesante.

“ Non ti alzare. Prendilo e mangiane un po’. Tutti zuccheri!” esclama porgendomi il cioccolato. Ne assaggio un po’ e uno strano tepore mi invade la testa. Poi lo guardo. È pallido come un cadavere.

“ Che… che è successo?

“ Il sangue, il labbro. Ti ho ferita. Ti ho dato un pugno.

“ Oh” riesco a dire sbattendo gli occhi confusa. Peeta lascia perdere le mie gambe e si butta sulla poltrona con la testa tra le mani.

“ NO! Non è per niente ‘Oh’! Sono morto quando sei svenuta, per fortuna c’era Sae che mi ha aiutato… non voglio perderti… non per colpa mia…” sta piangendo come un disperato. Provo ad alzarmi. Adesso solo la testa è pesante. Mi tiro su in piedi, barcollando. Mi avvicino a lui che, di scatto, mi cinge i fianchi in un abbraccio disperato. Affonda la testa sulla mia pancia, singhiozzando come un bambino.

“ Ti giuro, te lo prometto… sono morto, cinque minuti fa… Adesso ho capito… la paura di vederti in quello stato mi ha fatto riprendere… andrà meglio, ti giuro… me lo sento… Ti scongiuro, Katniss…

Non so di cosa precisamente mi sta scongiurando, ma comincio ad accarezzargli i capelli. Lo capisco. Ricordo le sensazioni che avevo provato nell’Arena, quando il suo cuore aveva smesso di battere.

“ Anche io non voglio perderti. Non lasciare che avvenga.

“ No. Nessuno mi potrà portare via da te. Neanche io.

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Capitolo 5
*** Ma so quello che provo ora ***


I giorni che seguono sono monotoni, ma non per questo poco produttivi. Peeta sta facendo dei miglioramenti a dir poco prodigiosi. Ormai non ha problemi ad abbracciarmi, anzi, prende l’occasione al volo tutte le volte che può. Lui dice che è stata la paura di vedermi morta che lo ha fatto come ‘risvegliare’. Di tanto in tanto riesce anche a darmi qualche bacio sulla testa, o a portarsi le mie mani sul suo viso. Sono quei piccoli cambiamenti a cui faccio caso. E mi piacciono da morire. Certo, il baciarci è ancora fuori discussione, ma sono abbastanza speranzosa. Mi costringo a non pensare a Gale, a Haymitch, a tutti. Ma devo ammettere che mi riesce abbastanza facile. La mattina, mentre Peeta cucina, io vado a caccia. È sempre contento quando ritorno con una preda fresca fresca. Gli piace il modo in cui uccido gli scoiattoli. E quando me lo fa notare, riaffiorano in lui dei ricordi dei nostri primi Hunger Games. Incredibilmente, riesce a ricordare le cose belle che ho fatto con lui con un’insolita nota di allegria. Sae la Zozza, però, non si fida più tanto di Peeta. Continua a tenerlo d’occhio con uno sguardo preoccupato, sempre tenendo in braccio Ranuncolo, quasi come ultima difesa in casi estremi. Forse le dà conforto, non saprei. Almeno quel maledetto gatto serve a qualcosa. Io e Peeta siamo sempre contenti quando arrivano i rifornimenti da Capitol City. Ma nessuno viene a farci visita. Se siano ordini di Aurelius, di Plutarch o di Paylor, non posso saperlo. Ma non mi importa poi così tanto. Mi basta Peeta. Ormai è da più di una settimana che dorme con me. Devo ammettere che i miei incubi sono diminuiti, ma i volti inquietanti di Finnick, Prim e tutti gli altri, fanno davvero fatica ad uscire dalla mia testa, anche quando sono sveglia. Mi rintano negli armadi, nello sgabuzzino, nella doccia, ma Peeta riesce sempre a scovarmi e a portarmi a letto di peso. Non capirà mai quanto gliene potrò essere grata.

“ Katniss… io ho un ricordo” se ne esce improvvisamente. Sta lavando i piatti, mentre io sono intenta a sparecchiare nel migliore dei modi. Odio fare le faccende di casa.

“ Sentiamolo.

“ Io che muoio dentro l’Arena. Ma non può essere vero, no?

“ No, direi di no. A meno che tu non sia un fantasma o qualcosa del genere” affermo sorridendo.

“ Certo, ci sei andato vicinissimo… ma ti ho sempre salvato!” aggiungo con una nota di piacere. Questo è il mio compito. Salvare le persone. O meglio, provarci. Non che la cosa mi sia riuscita sempre bene, anzi.

“ No, in questo ricordo tu non ci sei. Sono dentro l’Arena… e qualcosa mi rigetta indietro... forse un colpo… e poi… muoio.

“ Aspetta!” dico prontamente. Qualcosa mi rigetta indietro.

“ Di quale edizione degli Hunger Games parli?

“ Di quella della Memoria. C’era l’acqua lì, no?

“ Sì… allora ho capito. Sì, lì il tuo cuore ha smesso momentaneamente di batttere” affermo non riuscendo a trattenere un brivido. Ricordo l’ansia, la paura di perderlo. Il terrore di non rivedere più il suo sorriso, di non poterlo più sentire le sue braccia che mi avvolgevano… Volevo morire. Mi guarda intensamente, come se mi stesse studiando.

“ Come ho fatto a sopravvivere?

“ Finnick. Ti ha fatto… ti ha baciato per rianimarti! E poi ti colpiva al petto…

“ Mi ha baciato? Mi avrà fatto la respirazione bocca a bocca, semmai!” esclama sciogliendosi un po’.

“ Sì, probabile…

“ E tu che hai provato mentre lui cercava di rianimarmi?

“ Peeta, non voglio…

“ Ti prego” mi esorta mettendosi a sedere e prendendomi per mano. La guardo, mentre si intreccia alla mia. Prendo un bel respiro.

“ Dolore. Tanto. Avevo paura di perderti. Ti ho schiaffeggiato, ma tu non davi segni di vita… Finnick mi ha scansata e ha cominciato a rianimarti. Pensavo che ti volesse finire, così stavo per ucciderlo. Poi però, quando ho capito… E subito hai riaperto gli occhi e hai detto qualcosa come ‘ Attenzione, c’è un campo di forza’ o una cosa simile… All’inizio mi sono messa a ridere, ma lo spavento del momento prima era tale che non riuscivo a smettere di piangere come una disperata.

“ Perché ti preoccupavi tanto per me? Insomma… perdonami, ma non capisco. Non avresti dovuto essere… quasi sollevata? Insomma, se fossi morto… un peso in meno, un concorrente in meno, una possibilità in più di tornare a casa… e poi era quello che volevo anche io! Se fossimo rimasti solo io e te, ne sono sicuro, mi sarei ucciso!” mi dice con trasporto. Si interrompe un secondo, quasi per ripercorrere il suo ragionamento con il pensiero.

“ Io… volevo questo. Volevo farti vivere. Sì, mi sono offerto volontario… per cercare di salvarti la vita. Vero…o falso?” mi chiede esitante. Sorrido. Un sorriso sincero.

“ Assolutamente vero!” dichiaro con una voce fin troppo smielata. Ma che mi sta succedendo? Cerco di cambiare il mio tono di voce, rendendolo un po’ più pratico e sbrigativo: “ Io invece volevo proteggere te! Te l’avevo anche detto, dentro l’Arena, quando poi tu mi hai mostrato…” mi zittisco. Niente, il mio tentativo è fallio. Sento un principio di lacrima. Non devo piangere.

“ Il medaglione!” esclama come se avesse fatto la scoperta del secolo. Annuisco.

“ Sei stato furbo, molto furbo. Me li hai spiaccicati in faccia nel momento in cui me l’aspettavo di meno. È stato molto sleale” aggiungo.

“ Il medaglione…” continua a ripetere tra sé e sé.  “ Certo, avevo pianificato tutto. La storia del bambino… anche quella è stata opera mia, eh?

“ Assolutamente.

“ Ma c’è ancora qualcosa che non mi torna. Ok, io ti amavo. Ormai è una certezza. Vero o falso?” chiede quasi con una cantilena. Annuisco.

“ Così mi dicevi, almeno.

“ Ma tu non amavi me. Eppure, da quello che mi racconti, sei stata male all’idea della mia morte. Quindi… cosa devo dedurne?

Forse, la domanda più difficile dell’universo. Rimango così, a fissarlo senza emettere un solo suono per due minuti abbondanti. Poi, di colpo, un lampo di genio per uscire dalla situazione:

“ Non lo so. Finnick, al Distretto 13, mi ha confessato di essere rimasto stupito dalla mia reazione. Secondo lui quella era la prova tangibile del fatto che io fossi… bhe…

“ Innamorata di me” conclude lui al posto mio. Abbasso lo sguardo.

“ Sì.

“ E tu che ne pensi?

“ Penso che non potevo sopportare l’idea di perderti” affermo. Spero solo di non arrossire. Ma poi, perché dovrei? È solo Peeta. Già. Peeta. Il sorriso che vedo spuntargli un attimo dopo la mia affermazione non mi piace per niente. Troppo compiaciuto.

“ Sono contento” mi spiega. Bene.  Mi alzo. Devo assolutamente andarmene, non so perché.

“ Vado a farmi un bagno” dichiaro.

“ Ce lo facciamo insieme?” mi chiede speranzoso. Rimango di sasso. Non riesco a decifrare la sua espressione. Fa sul serio?

“ Ah… ahm…

“ Katniss, dovresti vedere la tua faccia! Stavo scherzando! Non posso neanche prenderti un po’ in giro?

“ Che ridere, davvero esilarante” sussurro tra i denti mentre mi volto. Arrivo al bagno, e apro il rubinetto. Adoro vedere quel flusso d’acqua continuo. Mi ricordo di tutte le volte che sono andata a prenderla al pozzo, quando non avevamo l’acqua calda. Mi sfilo i vestiti e mi immergo nella vasca. È comoda e accogliente. Premo un tasto lì vicino. Da un altro rubinetto alla mia destra esce un flusso di schiuma, tutta profumata e soffice. Mi piace da morire stare lì, a mollo. Respiro l’aroma dell’acqua. Sa di lavanda. Mi immergo completamente. Qui sotto l’acqua è tutto silenzioso, tutto calmo… Vorrei poter stare qui per sempre. Riemergo, stropicciandomi gli occhi. Poggio la testa su uno dei bordi della vasca. Chiudo le palpebre. Respiro profondamente…

Un falco. Un falco che vola in un bosco. Lo vedo planare verso di me. Vuole raggiungere la cosa che tengo tra le mie braccia. È, probabilmente, la cosa più importante del mondo. Lui non può averla. Gli tiro una freccia, e non so come faccio, visto che non ho un arco… ma non importa. L’ho mancato. Ci riprovo. Ma non riesco a trovare nessuna freccia. Ma non mi importa, adesso sto dentro il mare, e cerco disperatamente di mettermi in salvo sulla barca di Peeta. Ma fa finta di non vedermi e, nel frattempo, ride con il Presidente Snow… C’è Haymitch, però, che mi afferra e mi porta sotto l’acqua. Qui nuotiamo per un po’, prima di accorgermi che in realtà vuole affogarmi. Chiedo aiuto ad Effie,  ma lei è troppo occupata a fotografare il cadavere di Prim steso su uno strato di conglie… Urlo.

  Katniss… KATNISS!” esclama Peeta da dietro la porta. Piango come una disperata. Non voglio vederlo. Non voglio vedere niente. Voglio solo morire. Ma come posso fare? Mi immergo sotto l’acqua. Sì, è perfetto. Affogarmi. Resterò qui. Al caldo. Al sicuro. Cullata da questo eterno silenzio che mi avvolge e… Due mani che mi sollevano la testa fino in superficie.

“ Katniss! SEI IMPAZZITA?” mi domanda Peeta. Non voglio guardarlo negli occhi. Mi limito a piangere.

“ Lasciamelo fare! Ti prego! Io devo rivederla! Mi manca… Peeta, lei mi manca…” esclamo di botto affondando il viso tra le sue braccia. Lui mi accarezza i capelli.

“ Era solo un brutto sogno…

“ No! Non posso fidarmi più di nessuno! La mia vita qui non ha senso! Senza di lei niente ha senso!

“ Calmati… vedrai che passerà… te lo prometto… ma ora calmati…” mi sussurra dolcemente. Faccio dei respiri carichi di dolore e sofferenza. Si mette davanti al mio volto, guardandomi negli occhi.

“ Katniss… per quanto so che la cosa non sia troppo confortante, tu avrai sempre me. Sempre insieme, no?” mi dice. I suoi occhi mi catturano. Sento l’energia che emana. Quel calore che si espande da lui anche senza un vero contatto fisico. I miei respiri si fanno più calmi, sento i nervi rilassarsi un po’. Ma mi odio per questo. Mi odio perché so che finirà, prima o poi. Che più andremo avanti più si renderà conto di non provare più le stesse cose per me. Che la sua era una fantastica illusione, sulla quale io ho egoisticamente marciato. Devo essere sincera con me stessa. Come potevo pretendere che lui stesse sempre a mia disposizione, che rinunciasse a rifarsi un vita per assistere una pazza come me che cerca di affogarsi dentro una vasca? NO. Non posso fargli questo. Non un’altra volta. E poi ormai non mi ama più. Non c’è niente che lo trattenga qui. Forse, solo la prospettiva di recuperare sé stesso. Ma voglio davvero che lo faccia? Voglio davvero che continui a dannarsi per me, mentre io piango come una matta per gli incubi di ogni notte? Io non posso condannarlo a fare questo per il resto della sua vita. Volevo salvargli la vita, no? Ecco un modo per sdebitarmi: farlo allontanare da me. Da me, che non potrò mai ricambiare l’amore e l’affetto che un tempo mi dava. Perché io sono Katniss Everdeen. Un’assassina. Un fredda calcolatrice, a sentire Gale. Scuoto la testa.

“ No, Peeta… tu te ne devi andare, seriamente… Non c’è niente qui per te! Niente! Solo urla durante la notte e mancati tentativi di suicidio! Non è così… non volevo che andasse così…” singhiozzo coprendomi il volto con le mani. Peeta mi sfiora la guancia con le dita. Mi ritraggo. Deve andarsene. Non posso chiedergli di sopportare questo, di vedermi così. Non posso.

“ Non direi che non ci c’è niente qui per me. Ci sei tu.

Scoppio a ridere.

“ Ah, bell’affare eh? Una malata mentale che urla, si divincola, poi si rinchiude negli armadi e…

“ Io ti amo, Katniss. Ti amo.

Il tempo sembra fermarsi. Lo guardo in faccia. Non scorgo alcune traccia di ironia né di sarcasmo nei suoi lineamenti.

“ C… cosa?

“ Ah, non fare finta di non saperlo” mi risponde con un sorrisino.

“ Io… pensavo che dopo il depistaggio…” ciancico. Sento una strana sensazione calda che mi invade il petto. Quasi… speranza.

“ Esatto. Ma… Lo sento. Sento qualcosa, quando ci sei tu, che non sono in grado di esprimere a parole. Ogni volta che ascolto la tua voce, mi batte il cuore a mille. Quando dormi , io ti guardo. E ti sento respirare… e il solo suono del tuo respiro… mi fa impazzire e desiderare di stringerti più forte. Cucino solo perché tu possa dire quanto sono bravo e quanto sono buone le cose che preparo. Mi piace quando arrosisci… insomma, fai di tutto per nasconderlo perché non vuoi mostrarti debole, o fragile, o semplicemente umana. Adoro la tua calligrafia. Cioè, sì, è orribile, ma in qualche modo è ‘tua’… non so. I tuoi occhi… ci muoio per i tuoi occhi, Katniss. Quando mi guardi in quel modo che mi piace tanto… quando non sai come prendere i complimenti che ti faccio… Sbatti le palpebre e cerchi di non sorridere. E in quel momento penso che passerei tutta la vita a vederti fare questo. Io… io sono sicuro di amarti, Katniss. Non ricordo con precisione quello che provavo per te prima. Solo vaghe sensazioni. Ma so quello che provo ora ” dichiara. Non riesco a credere alla portata delle sue parole. Ma è sincero, glielo leggo in faccia. Sto facendo anche in questo momento la faccia di cui mi ha parlato prima? Probabilmente sì, perchè lo vedo troppo concentrato sulla mia bocca. Il mio Peeta. È tornato. O, anche se non è completamente tornato, mi ama. E penso che, per ora, posso ritenermi più che soddisfatta. Ma lui… quanto è bravo, quanto è poetico nel dire le cose. E invece io, l’unica cosa che riesco a fare è provare a non arrossire e abbassare lo sguardo sulle mie gambe. Ma… IO SONO NUDA!

“ Peeta! Sono nuda dentro la vasca!!!” urlo coprendomi con le mani il più possibile. Ma ormai è tardi, penso. Peeta mi avrà già visto prima. Lui scuote la testa, girandosi.

“ Tranquilla, ho cercato di non far cadere gli occhi su… strane parti del tuo corpo. Ma, se proprio devo essere sincero e onesto con te, prima…

“ NON VOGLIO SAPERLO!” esclamo sollevandomi dalla vasca. Mi gira la testa e sono costretta a sedermi sul bordo. Sospiro.

“ Mi devi aiutare. Da sola non ce la faccio”. Odio chiedere aiuto.

“ Ok, non c’è problema!” esclama voltandosi ad occhi chiusi ed allungando le braccia. Lo scruto un po’ dubbiosa.

“ Non ti fidi di me, eh? Andiamo, di qualcuno dovrai pur farlo, prima o poi!” mi punzecchia. Afferro la sua presa e, alzandomi piano piano, riesco ad avvoglermi con i l’asciugamano.

“ Puoi aprire gli occhi, adesso” sussurro. Lui li apre e, sorpreso, mi vede mentre mi getto tra le sue braccia, baciandogli la guancia. Dapprima si irridisce un po’, ma poi si lascia andare e mi stringe più forte. Sì, mi fidavo del ragazzo del pane. Di Peeta. Del ragazzo che mi ama.

 

 



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Capitolo 6
*** Mi hai capito, soldato Everdeen? ***


 

La consapevolezza che Peeta Mellark è di nuovo innamorato di me,in questi giorni, mi ha procurato un’allegria sconsiderata. Sono sempre sorridente, anche quando sto da sola, e i fantasmi nella mia testa si affollano con meno frequenza. Riesco anche a ritrovare la forza di andare a fare un giro per il Distretto: si sta timidamente ripopolando. Piano piano riprendono gli scambi nel Forno, anche se, da quello che sento, la mancanza di Sae si fa sentire. Penso che prima o poi la congederò. Ma in questo periodo si sta rivelando una collaboratrice essenziale per il mantenimento della casa, considerando che io non faccio niente e che Peeta sa praticamente solo cucinare. Di tanto in tanto, vado a vedere se Haymitch dà segni di vita, ma la casa mi sembra inabitata. Una volta, riesco anche a prendere il coraggio per bussare alla sua porta. Ma nessuna risposta. Vorrei poter entrare, ma se lo facessi senza il suo consenso, minimo minimo mi attaccherebbe. E non ho tempo, né voglia, né forza fisica per cercare di difendermi da un tentato omicidio. Quando lo dico a Peeta, non ci pensa due volte. Arriva a passo di marcia a casa di Haymitch e sfonda la porta senza contegno. Ma di Haymitch, nessuna traccia. Neanche nei giorni successivi. Mi manca davvero tanto. Avevamo un rapporto speciale, noi due. Non saprei definirlo a parole, ma c’era una specie di filo che ci univa, per quanto potessimo avere comportamenti diversi rispetto a una determinata situazione. Lunedì mattina mi sveglio sempre con lui. È bello sentire il suo respiro. So che è sveglio. Dovrei baciarlo? Vorrei. Ma mi limitio a accarezzargli la mano. All’improvviso,  sentiamo il rumore di una macchina. Proprio nel cortile di casa mia.  Mi fiondo fuori dal letto. Apro l’armadio. Dietro alla pila dei vestiti di Cinna vedo il mio migliore amico: il mio arco.

 “ Non si sa mai” spiego velocemente a Peeta che si stropiccia gli occhi e mi guarda confuso. Mi infilo la camicetta e afferro l’arco. Prendo una freccia e la tengo pronta. È bello sentire come la freccia non sia nient’altro che il prolungamento del mio braccio. Peeta, dal canto suo, apre la porta e va a svegliare Sae. Fortunatamente, stava dormicchiando a due camere più in là della nostra. Io, nel frattempo, scendo lentamente le scale, pensando alla migliore strategia per avvicinarmi alla finestra senza essere vista. Procedere a carponi sul pavimento per poi sbucare direttamente davanti alla finestra o camminare con le spalle contro il muro per intravedere chi viene da fuori? Ma non ho il tempo di pensarci. Il campanello. Faccio per andare ad aprire, pronta con l’arco. Ma Peeta mi raggiunge e mi spinge contro il muro. Cerco di divincolarmi dalla sua presa, quando lui, improvvisamente, urla in direzione della porta:

“ Chi è?

“ Chi vuoi che sia, razza di depistato!?

E in quel momento, lascio cadere l’arco. Saprei riconoscere quella voce ovunque. Mi prude un po’ la ferita sull’avambraccio. Ma so il motivo. Mi fiondo all’entrata, seguita da Peeta. Apro la porta. È proprio lei.

“ Johanna!” esclamo sinceramente felice di vederla. Sogghigna, consapevole di aver fatto un’entrata di effetto.

“ Non te l’aspettavi, eh? Immaginavo. Ehi, voi due scimmioni!” urla rivolgendosi agli autisti della macchina.

“ Sono al sicuro. Sto bene! Levatevi dai piedi!

“ Ci hanno dato precise istruzioni. Pattugliare il perimetro della casa della signorina Everdeen.

“ Allora fatelo, razza di idioti!” dice prima di sbattere la porta alle sue spalle. Sempre uguale, c’è poco da fare. Dalle scale scende Sae la Zozza, protetta da un confuso Ranuncolo che la segue come un’ombra. La scena è quasi comica.

“ Chi sei, ragazzina?” esclama rivolta verso Johanna. Trattengo una risata. Dare della ragazzina a Johanna comporta una morte lenta e dolorosa.

“ Sono una sicuramente più giovane di te, nonna” replica Johanna con fare altezzoso. Sae, nonostante la rispostaccia, sorride.

“ Un’amica di Katniss, considerando i modi” afferma. Grazie, Sae. Peeta si avvicina a Johanna, mentre Sae comincia a preparare la colazione.

“ Ciao Johanna.

“ Ciao sfortunato amante del Distretto 12. Noto con piacere che non hai ancora ucciso Katniss. Si fanno progressi, eh?

“ Eccome” replica Peeta mantenendo il suo classico e cortese sorriso, che ovviamente lascia intendere un miliardo di cose non dette. Io, dal canto mio, arrossisco vistosamente. Johanna sogghigna.

“ Oh sì, ve lo leggo in faccia… bè, a parte le vostre effusioni private, che fate di bello qui? Aurelius mi ha parlato di un certo libro o qualcosa del genere…

“ Ancora ti fai visitare da lui?

“ Quell’uomo è pazzo di me, ogni volta non vede l’ora di farmi entrare nel suo studio, dove gioca a fare il freddo psicologo… Fra l’altro, l’idea di venire qui oggi è sua.”. Poi mi guarda “ Dice che farebbe bene ad entrambe. Ma penso che tu abbia già trovato una specie di… fonte di distrazione, o sbaglio?” Divertente. Davvero divertente.

“ Sei la benvenuta!” esclamo io con fin troppa gentilezza. In realtà, l’idea di condividere con Johanna uno spazio così ristretto, mi spaventa un po’. Sembra accorgersene quando mormora:

“ Stai tranquilla, piccioncina innamorata. Non resterò la notte. Quella la lascio a voi due” esclama gettandosi sulla poltrona dell’ingresso.

“ Fantastico” dice Peeta. Johanna ci regala un sorriso sarcastico.

“ Tu come te la passi invece? Capitol City?” chiedo io mentre mi tuffo sul divano di fronte alla poltrona.

“ Ah, non c’è male. Tutti parlano della famosa Ghiandaia Imitatrice che ha liberato tutto e tutti. Ma nessuno si lascia sfuggire che ti hanno etichettato come ‘ mentalmente instabile’, è ovvio” dice più a sé stessa che a me. Sento la presenza di Peeta accanto a me. Anche lui si sarà gettato sul divano.

“ Che fai durante il giorno? Ti permettono di allenarti?

“ Oh, sì. Ci provassero a togliermi la mia ascia durante i miei allenamenti liberi. Non ci metterei niente ad ammazzare quei due idioti, se ne avessi una in questo momento” aggiunge guardando nervosamente la finestra.

“ E per quanto riguarda… il problema dell’acqua? Come stai, Johanna?” domanda Peeta gentilmente. Oh, già. Avevano condiviso le angherie e le torture di Capitol City. Johanna prova a sforzarsi di sembrare coraggiosa e sprezzante. Ma tutto quello che riesce a fare è avere un livello di controllo molto basso sul tono della sua voce.

“ Ci stanno lavorando. Grazie” sussurra. Peeta risponde con un grande sorriso comprensivo. Decido di cambiare argomento. Non so per quale motivo, ma la confidenza tra loro mi dà un certo fastidio.

“ Hai visto mia madre?

“ Oh, sì. È proprio bravissima. Ha un tocco magico. D’altronde è una cosa di famiglia, considerando…” si ferma. So benissimo cosa voleva aggiungere. Prim. Lei aveva un dono. Lei era un dono, per me. Era il mio miracolo, la mia vita. E me l’avevano portata via. L’idea di Gale, me l’aveva portata via. Quanto alla persona che aveva autorizzato tutto ciò… avevo già ottenuto la mia vendetta. Mi rabbuio. Sento i miei occhi diventare pesanti. Mi alzo dal divano, ma Peeta mi blocca. Voglio andarmene via. Andare via dalle parole di Johanna. È possibile farlo? Scappare da semplici parole? Sento passare da un paio di braccia ad un altro. Sono quelle di Johanna. La loro presa è più stretta e lei non mi abbraccia. Mi ha solo preso per le spalle, e mi guarda dritta negli occhi.

“ Ascoltami bene, ragazza in fiamme” mi dice “ Io so cosa si prova, chiaro? È devastante. Distruttivo, o come diavolo tu voglia definirlo. Ma pensa a tua sorella. A Prim. Lei che cosa avrebbe voluto? Avrebbe voluto che sua sorella desse di matto ogni volta che la ricordava? No. Lei avrebbe voluto vederti reagire. Che tu fossi degna delle aspettative che lei riponeva su di te. Mi hai capito, soldato Everdeen?

Le sue parole mi riportano temporaneamente alla realtà. Lei… lei non avrebbe voluto che mi riducessi così. No. Se c’è una cosa che sapevo su mia sorella ( sulla donna che era diventata al Distretto 13) è che lei, al posto mio, avrebbe lottato. Avrebbe lottato per tornare sé stessa, per andare avanti. Lei non si sarebbe rintanata nello sgabuzzino delle scope in attesa che Peeta venisse a portarla indietro dal mondo dei ricordi. Lei avrebbe alzato la testa e dichiarato al mondo “ Sono fiera di avere una sorella così coraggiosa”. Sì, posso sentirla, mentre ripete questa frase nella mia testa. Sono fiera, io sono fiera.

“ Io sono fiera di lei” dichiaro senza un apparente motivo. Ma il motivo c’è. E forse sia Peeta che Johanna l’hanno colto.

“ La colazione!” esclama Sae. Johanna allenta la presa su di me. Mi dà un abbraccio un po’ forzato, battendomi leggermente la schiena con la mano.

“ Dai, fatti forza.

Peeta mi tende il braccio, mentre ci dirigiamo verso la cucina. Sae ha preparato la cioccolata calda con la panna. Quando non è insopportabile, la amo.

“ C’è una questione, poi, della quale volevo parlarvi” dice Johanna facendosi cupa. La guardo attentamente. In quelle singole parole c’era… non so che di umano in lei. Un tono che non le apparteneva. E neanche le si addiceva più di tanto, in realtà. Si suoi capelli corti e sottili sembravano ancora più flosci del solito.

“ Dicci” la esorta Peeta toccandole il braccio. Costringo l’animale che soffia dentro di me a sparire nei meandri del mio animo. Lei mi guarda, solo per cogliere il lieve invito a parlare che le rivolgo con il capo.

“ Il figlio di Annie e Finnick. Annie vorrebbe che io e Peeta le facessimo da Secondi Genitori” bisbiglia. I Secondi Genitori. Certo. I loro tutori, nel caso succedesse qualcosa ai veri genitori. Io non ho mai avuto Secondi Genitori. La nostra famiglia e le nostre conoscenze non erano ristrette, ma è sempre stata una dote della nostra famiglia quella di non fidarci di nessuno. Capivo perché Annie aveva scelto Johanna. Tra lei è Finnick c’era sempre stata una sorta di complicità inespressa, comunque andassero le cose. Ma Peeta?

“ Perché Peeta?” chiedo. Johanna alza le spalle.

“ Forse perché sembrate proprio una coppietta di sposini, come lo erano lei e Finnick.

“ E lei come lo sa?

“ E chi non lo sa a Capitol City? Non fanno altro che trasmettere le repliche degli Hunger Games. Soprattutto quelle di noi che abbiamo partecipato alla rivolta. E Annie non fa altro che vedersele, tutto il giorno.  È tutta pazza, fidatevi. Non so quanto tempo le resti da vivere, ma non ci scommetterei sulla sua lunga e felice vita. Anzi. Senza Finnick che la riporti indietro dal mondo di Stranolandia…

“ Come si chiama il bambino?” chiedo spontaneamente.

“ Hearten. Le sembrava un nome appropriato, considerando Finnick.

Molto appropriato, davvero. Sorrido. Un sorriso vero, senza sforzo. Anche lei lo fa. Non so quale passato ci sia tra lei e Finnick. Se l’abbia amato, se lui abbia o non abbia ricambiato il suo affetto. So solo che entrambe non passeremo un giorno della nostra vita senza rimpiangere la risata di quel tritone con tanto di tridente.

 

Spazio Autrice: MA SALVE!!! Allora… da dove cominciare? Grazie per l’affetto con cui seguite questa storia! Ve ne sono grata, davvero. Grazie anche per le precisazioni e per i suggerimenti che mi date: sono tantissimi stimoli per migliorare! Risponderò a tutte le vostre recensioni, positive o negative che siano! Colgo l’occasione per precisare che Hearten significa “ rincuorare, incoraggiare”. Finnick, alla fine, ha sempre cercato di stare vicino a Katniss, soprattutto nel Distretto 13. Insomma… un amico su cui poter contare, io lo vedo così. E poi vabbè, io amo Finnick, ma questo è un altro conto <3 Aspetto i vostri pareri :D a presto!!!

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Capitolo 7
*** Se mi ami davvero, non mi rifiuterai questo piccolo favore ***


Questa sera io e Peeta decidiamo di guardare la televisione. Ci sono tantissimi programmi d’intrattenimento, come quiz televisivi e altre cavolate del genere.

“ La gente deve distrarsi” mi spiega Peeta quando glielo faccio notare. Ovviamente ha ragione. Mi accoccolo tra le sue braccia, mentre guardiamo due o tre concorrenti fare delle figuracce epiche a forza di dare delle risposte sbagliate. Bhe, almeno in questo programma, se i concorrenti sbagliano, non vengono ammazzati. Ora capisco perché questi programmi non hanno un audience elevata come quella degli Hunger Games: senza sangue, morti e ferite varie, le cose sono senz’altro meno interessanti. Nel giro di un ora, infatti, sono KO. Sento le braccia di Peeta avvolgermi, mentre mi porta a letto. E mi sento al sicuro. Sento che con lui potrei andare ovunque. E sono… felice. Una felicità nuova, strana, forse mai sentita prima. Mi adagia dolcemente sul letto e mi copre con quelle soffici coperte. Sento che va in bagno, e poi si mette accanto a me. Non ha la maglietta, lo sento.

“ Mi togli la mia?” chiedo. Non mi risponde, ma si limita a sbottonare la camicia e a farmela scivolare di dosso. Non importa se ho ancora i pantaloni della giornata e non quelli del pigiama. Non mi importa se ho solo quell’orrendo reggiseno. Non mi importa di niente. C’è solo una cosa di cui mi importa. La sua bocca.

“ Peeta…” sussurro.

“ Sì?” risponde anche lui un po’ assonnato.

“ Io voglio un bacio” riesco a dire. È una cosa così sciocca da dire. Ma non riesco a trattenermi.

“ Anche io.

“ Allora dammelo.

“ Non posso.

“ Sì che puoi, Peeta. So che ce la puoi fare. Siamo io e te. L’ affrontiamo insieme.

“ Katniss, no… ti prego.

“ Ti prego io, Peeta. Mi fido di te.

“ Sono io che non mi fido di me, Katniss. E tra i due, penso di essere quello ad avere più giudizio, qui dentro!” mi risponde accarezzandomi i capelli. Ma non mi basta. Io voglio il suo respiro sulle mie labbra. Non so perché. Ma qualcosa dentro di me mi dice che è ora di provarci. Lui mi ama, no? Me l’aveva detto. Allora perché non tenta di…

“ Non mi importa se è rischioso. Mi serve davvero.

“ Mi dispiace, Katniss. Non posso darti quello che vuoi. C’è chi potrebbe, però. Qualcuno che non abbia cercato di strangolarti, per esempio.

“ Se ti stai riferendo a Gale, sappi che…

“ E’ curioso, no? Io non ho nominato Gale. Ma tu hai pensato a lui. Cosa dovrei dedurne?

E bravo, Peeta. Complimenti. Sei riuscito ad incastrarmi con le parole. Mi alzo dal letto di scatto.

“ Dove vai?

“ Da Gale. Prenderò un treno, non lo so. Tanto è lì che dovrei andare, vero? Me lo dici sempre. Che dovrei pensare io? Sembra che tu VOGLIA che vada da lui! E allora sai che ti dico? Ci vado! Ecco, adesso prendo i vestiti, faccio le valigie e…” urlo afferrando la camicetta come una pazza. Lui anche si alza e viene verso di me con un’espressione un po’ troppo dolce. Ma non mi incanterà, stavolta. Lo odio per quello che mi dice. Perché non capisce niente. Mi accarezza una guancia con la mano e sento la mia determinazione, piano piano, cedere.

“ Sarebbe meglio per te, certo. Lui potrebbe baciarti quanto ti pare. Ma se proprio devo essere sincero, non è quello che voglio io” mi sussurra. Sospiro, quasi come per sfogarmi. 

“ Io non voglio che lui mi baci quanto mi pare” affermo un po’ stupidamente, con un’espressione quasi confusa.

“ Siamo in due.

“ Allora smettila di pensare che potrebbe rendermi più felice. Perché non può.

“ Neanche io posso.

“ Tu sì invece. Lo fai da sempre. Hai capito?” chiedo prima di potermi fermare. Nonostante la mia accessiva dose di sincerità e sdolcinatezza, lui si limita a fissarmi interrogativo. Sembra            quasi felice. Ma da lui non viene nessuna risposta.

“ Mi hai capito?” ripeto con più insistenza, quasi seccata. Lui annuisce abbracciandomi.

“ Ok. Penso di aver capito, finalmente” dichiara. L’enfasi con cui lo dice mi rende sospettosa.

“ Bravo. Non era difficile.

“Invece sì. E … Grazie.

“ Di cosa?

“ Di esserti innamorata di me. E sappi che, anche se probabilmente non me lo dirai mai, posso sentirlo. Poi, che tu non voglia ammetterlo a te stessa è un altro conto. Ma posso dichiarare, in tutta sincerità, che sono il ragazzo più felice del mondo!” esclama staccandosi da me. Mi lascia così, in piedi davanti al letto dove lui si sdraia, confusa e spiazzata. Io… innamorata di lui? No. Assolutamente no. Non posso permettermi di essere innamorata di qualcuno. Ma… perché no? Non lo so. So solo che non è una cosa da me, ecco. L’amore. Insomma, finché si intende l’amore che provavo per Prim… quello era diverso. Ma provare amore per un ragazzo… per Peeta, poi… No. Io non sono innamorata di Peeta Mellark. Voglio solo baciarlo. È tanto difficile da capire? Vedo il suo sguardo indugiare sulle mie labbra, mentre mi sdraio ancora accanto a lui. Potrebbe… il fatto che lui credi che io sia innamorata di lui ( cosa assolutamente non vera, penso), potrebbe indurlo a darmi quello che tanto voglio? Alla fine, non chiedo molto. E il mio presunto amore per lui sarebbe un pretesto perfetto per accontentarmi. Quindi, non nego la sua affermazione, ma mi limito a dire:

“Peeta… fallo adesso. Ti prego. Sono io. Se mi ami davvero, non mi rifiuterai questo piccolo favore” dico in quel momento cercando di nascondere una nota di tristezza. Alzo gli occhi su di lui e catturo la sua espressione nella penombra. È il mio Peeta. Mi vuole baciare, lo posso sentire. Mi poggia una mano sulla guancia. Adoro quando lo fa. Mi fa scordare di tutto il mondo. Chiudo gli occhi: cosa provo? Voglio che lo faccia. Non riesco più a sopportare questa attesa interminabile. Un semplice bacio. Lui non mi farà niente, se non poggiare le sue labbre sulle mie. Sento il suo respiro farsi un po’ più vicino, ma non voglio aprire gli occhi. Voglio solo poter imprimere questo momento nella mia memoria, così che, qualora non venissero altri baci dopo di questo, possa ricordarmelo per bene.  Sto sudando. Ormai le labbra si sfiorano. Deve farlo ora. Non penso che il mio cuore possa reggere questo strazio . E dopo un tempo che mi sembra un’eternità, mi bacia. Lentamente. A fondo. Con una piccola nota di passione. È lui. È il mio Peeta. E improvvisamente mi riaffiorano i ricordi legati a lui, il ragazzo del pane: la perla, la collana con la Ghiandaia Imitatrice, la grotta, l’Arena, le sue mani che dipingono. Sono cose insignificanti, forse, ma in quel momento mi sembrano così importanti… Mi stacco delicatamente.

“ Come stai?” gli chiedo aprendo gli occhi. Lui non li apre. Mi sorride. Un sorriso così genuino, così privo di dolore, disperazione e guerra.

“ Sono io, Katniss… Sono io. Sono qui. Sarò sempre qui” sussurra allungando di nuovo il collo verso di me. E mi ribacia, e lo fa ancora, e ancora. Provo la stessa sensazione che ho provato dentro l’Arena l’anno scorso: fame dei suoi baci, una voglia incontenibile. Non so cosa ci stia prendendo. I suoi baci, dapprima delicati, si sono fatti più aggressivi, quasi tormentati. Mi sale un brivido. Che stia cercando di soffocarmi? Ma quando mi stacco da lui vedo che è ancora il mio Peeta.

“ Che stai facendo?” chiedo sentendomi in imbarazzo. Riesco ad intuire la risposta. Mi risponde con un sorriso nervoso. Lo vedo come non l’ho mai visto prima: imbarazzato. Cerco di mettere su il sorriso più spavaldo che ho.

“ Tu che non sai cosa dire? Un miracolo!” esclamo allegramente per cercare di sdrammatizzare. In un batter d’occio, il corpo di Peeta mi sta sopra. Impallidisco. Che cosa vuole fare adesso? Non starà pensando di…

“ Tranquilla, non è quello che pensi” mi risponde sorridendo, quasi come se mi leggesse nel pensiero. Mi rilasso un po’, ma non del tutto.

“ E allora perché…

“ Ho… Voglio fare così. Ma stai tranquilla… e ti prego, non fermarmi” mi risponde per poi riprendere a baciarmi con foga. Sento che le sue mani indugiano prima di mettermele addosso. In generale, odio essere toccata, ma con Peeta è diverso. Tutto quel contatto nuovo, stranamente, mi piace. Ma ne ho quasi paura, ecco perché non oso assecondarlo più di tanto. Paradossalmene, però,  ne voglio di più. Comincio a sfiorargli i capelli e…

“ Ok, penso che possa bastare” affema staccandosi. Lo guardo interrogativa. Abbiamo esagerato? Sta per essere preso dai suoi soliti attacchi?

“ Perché?

“ Perché non so se riuscirò a controllarmi… Stavolta nel senso buono!” esclama ridendo. Sì, effettivamente posso constatare personalmente i motivi del perché dica ciò. Arrosisco.

“ La ragazza in fiamme che prende fuoco… abbastanza scontato, no?” mi prende in giro togliendosi da me. Il suo tono è quello del ragazzo che sosteneva l’ intervista con Caesar. Ironico, divertente, allegro e spensierato. Cosa darei per avere anche solo una scintilla di quello spirito… ma io sono Katniss Everdeen. La “ mentalmente instabile”, o come mi avevano etichettato. Mi guarda intensamente, sfiorandomi i capelli con le mani. Mi abbraccia fortissimo, prima che chiuda gli occhi definitivamente.

“ Ti amo con tutto me stesso.

“ Lo so.  Questo è sicuramente vero.” e sprofondo in un sonno senza sogni.

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Capitolo 8
*** Meglio o no, è quello che dovrai dire ***


Quando riapro gli occhi, Peeta è già sveglio e mi accarezza un braccio. Sbadiglio. Un sonno senza sogni. Non potevo desiderare di meglio.

“ Ieri poteva andare a finire male, Katniss” mi dice seriamente. Non riesco a capire il vero significato delle sue parole.

“ In… che senso?” chiedo soffocando la mia paura di fare una figuraccia. Ride, ma è una risata forzata, lo sento.

“ Nel senso che potevo ucciderti. Io… quei flashback… non posso farti del male. Mi ucciderei.

“ Tu non farai niente del genere. Ti alzarai e mi andrai a cucinare qualcosa, ogni mattina. Passeremo il pomeriggio a cercare di non finire a non esagerare con l’acol come Haymitch, tenendoci occupati il più possibile. Puoi dipingere, cucinare, fare quello che vuoi, mentre io andrò a caccia. Durante la sera guarderemo insieme qualcosa in TV, e poi andremo a dormire. E se ci scappasse qualche bacio, mi andrebbe bene. Questo è il mio programma di ogni singola giornata. Voglio questo” affermo. Non so dove abbia trovato il coraggio di dire queste parole. Ma mi sono appena accorta di pensarle davvero. Io passerei la vita così. Lontana dalla guerra, dalla rivoluzione… e soprattutto dai ricordi. Vivere ogni giornata come se fosse l’ultima, con Peeta a colorarla di un giallo brillante. Questo mi basterebbe. Sento la sua felicità invadere la stanza, come una macchia d’olio. Le pareti color ocra sbiadito mi sembrano tanto sgargianti in questo momento.

“ Bene. Perché è esattamente quello che voglio io” sussurra baciandomi la testa. Non mi accontento di questo. Voglio di più. Ma sento dal piano di sotto Sae che ci chiama per la colazione. Con un rapido cenno della testa, Peeta si alza e comincia a vestirsi. Mi giro dall’altro lato. Mi accorgo che sorrido ancora. È una bella sensazione.

 

I giorni passano e piano piano sto capendo che sono viva. Anche la caccia, ultimamente, mi da più soddisfazione. Le temperature si stanno alzando e gli animali escono più allo scoperto. Ma la trasformazione migliore è quella che sta subendo il mio corpo. Le macchie rosate causate dagli innesti di pelle stanno cominciando a sparire: l’abbronzatura le sta ricoprendo delicatamente di un sottile strato più scuro. Non è ancora negli strandard del “ bello”, ma non è malissimo. Peeta è stato contentissimo, quando mi ha scovato nel bagno, non più intenta a nascondermi, ma a farmi la traccia da un lato mentre canticchiavo qualche canzone. E quel ritorno alle origini mi ha fatto sentire me stessa. Insomma, va tutto bene. Gli incubi stanno diminuendo, nonostante le macabre apparizioni di rose rosse impregnate di sangue. Ma c’è Peeta. C’è il mio Peeta, finalmente. È tornato, stavolta. Certo, a volte fa un po’ fatica a restare dietro a certe mie conversazione, specie se gli parlo di fatti passati. Di tanto in tanto si immobilizza aspettando che i flashback siano finiti. A volte lo sento parlare un po’ nel sonno, biascicando parole senza senso alcuno. Ma nonostante tutto, andiamo avanti. E andiamo avanti proprio alla grande. Non abbiamo più sperimentato quello che abbiamo fatto qualche notte fa. Quella faccenda del saltarmi addosso. Ma forse è meglio così. Non saprei. Sto in camera, quando Haymitch viene a trovarci. Capisco che è Haymitch dalla voce. Sento che sta parlano con qualcuno. Ma poco importa. Saetto verso l’armadio e prendendo l’arco. Stavolta lo ammazzo. Sono appena scesa, quando lo vedo all’ingresso. Peeta gli aveva subito aperto. Doveva aspettarmi, che diamine. Avrei potuto prenderlo di sorpresa e ficcargli una freccia su per un occhio. Ma non era solo. Effie. Mi guarda malissimo, anche se non capisco perché. Una rapida occhiata alla mia freccia puntata sulla sua testa e comprendo il motivo della sua occhiata.

“ Katniss, le solite maniere, vedo!” esclama con quel suo solito brio. Butto l’arco a terra e mi avvicino sospettosa. Per quanto sia contenta di vedere Effie, sarebbe ottimistico fino alla stoltezza pensare che la sua sia una semplice visita di cortesia. Peeta, però, non è della mia stessa idea.

“ Effie! Haymitch! Un muffin? Li stavo appena togliendo dal forno…” dice in modo più cordiale possibile, con addosso ancora i guantoni da forno. Haymitch ricambia con un sorriso forzato, mentre Effie lo segue in cucina esaltanto l’odore del muffin che viene dalla cucina, che lei definisce “ profumo di un muffin degno delle pasticcerie di Capitol City”. Io e Haymitch ci squadriamo in silenzio. Sembriamo due cani rabbiosi. Sae sta in cucina con Peeta ed Effie. Perfetto. Non ci saranno testimoni mentre lo scorticherò vivo. Raccolgo il mio arco da terra. Una sola parola, una sola mossa falsa e lo ammazzo. Lui mi sorride beffardo.

“ Oh… certo… uccidimi pure, dolcezza. Che ne direbbe il tuo fidanzatino della mia morte? Sai quanti flashback saranno legati alla tua immagine che uccide qualcuno?” mi provoca. Preparo una freccia. L’odio e la collera si stanno rifacendo sentire.

“ Che cosa vuoi, Haymitch?

“ Farti da mentore, ovviamente. Devo badare a te.

“ Non sono più al centro del mondo, l’hai detto tu.

“ Non del mio, no. Ma Capitol City necessita dei vostri servigi, vostra maestà” afferma simulando uno squallido inchino.

“ E in che modo Capitol City vuole utilizzarmi, stavolta? Travestendomi da uccello e costringendomi a cinquettare? Io non credo, Haymitch. Ed Effie cosa ci fa qui? Per convincermi? Che fine hai fatto in questi giorni? Non una parola, una lettera, un messaggio. Sei sparito. Io e Peeta ti siamo venuti a bussare, abbiamo cercato di aprire, ma la porta era chiusa, Peeta l’ha sfondata, e sembrava che casa fosse vuota e… Io…” mi trattengo. Non posso dare voce ai miei pensieri.

“ Sì, Katniss, anche tu mi sei mancata. Chiedo scusa anche per la brutalità dell’altro giorno. Immagino… troppo whiskey ” replica inaspettatamente. Non noto ironia né sarcasmo nella sua voce. Mi lascio cadere sul divano, abbandonando l’arco e le frecce. No, non l’ho perdonato. Ma almeno non penso di ucciderlo. Non per ora.

“ Dove sei stato? A Capitol City?

Lui annuisce. Forse in poche occasioni l’ho visto così serio.

“ Lo scherzetto che ci hai tirato assassinando la Coin non è piaciuto a nessuno, Katniss. Ti vogliono in un’ intervista, dove tu dichiarerai di aver passato un periodo di instabilità psicologica… ovviamente, sai la causa di tutto ciò cosa sarà…” aggiunge a bassa voce. Certo che lo sapevo. Prim.

“ E…?

“ E dirai che adesso ti sei ripresa, stai benissimo, il tuo amore per Peeta ti ha costretto ad andare avanti e sei pronta a dare la tua benedizione alla Paylor, con tutto il tuo sincero affetto.

“ Sicuramente è meglio della Coin.

“Meglio o no, è quello che dovrai dire.

“ E perché dovrei accettare?

“ Servirebbe per dare sollievo alla gente. E soprattutto per far capire che tu approvi il nuovo governo. Placherebbe gli animi. Il clima che si è instaurato a Capitol City non è dei migliori, Katniss… e considerando che lì c’è tua madre…

“ Bene. Tanto ormai sono abituata a farmi sfruttare. Ma l’intervista la voglio qui. È per questo che hai portato Effie, eh? Non ci vado a Capitol City” decreto velocemente. Troppi ricordi.

“ Katniss…

“ Sono la Ghiandaia Imitatrice, no? Faccio quello che voglio. Tutto qui, per ora. A casa. Sgombreremo il salone.

“ Bene” dice rassegnato.

“ E Peeta. Lo voglio con me durante l’intervista.

“ E’ ovvio.

“ Ok.

“ Katniss… io in realtà ho fatto venire anche Effie perché probabilmente non crederai a quello che ti dirò io… l’intervista te la farà…

Ma già lo sapevo.

“ Caesar Flickerman?” chiedo scattando in piedi.

“ Katniss, io penso…

“ NO! E’ fuori questione. È stato un burattino di Snow per tutto il tempo! Ha conosciuto persone che ha visto morire senza battere un ciglio! HA INTERVISTATO PEETA IN QUELLE CONDIZIONI!” dico urlando. Peeta e Effie arrivano dalla cucina.

“ Katniss, che succede?

“ Niente, Peeta, Katniss ce l’ha con Flickerman… dovete fare un’intervista con lui.

“Peeta, dopo tutto quello che ha fatto a te…

“ Katniss… calmati. Non voglio sedarti. Sei fuori di te. Siediti” mi dice dolcemente cingendomi le spalle con un suo braccio. Sospiro. Mi siedo lentamente, ma tremo come una foglia. Effie si mette seduta sul divano accanto a me, prendendomi le mani.

“ Katniss… Ceasar Flickerman ha cercato di fare il possibile per proteggere te e Peeta. Io lo so. Stava accanto alla mia cella” mi spiega Effie. Questa, poi. Certo, come no. Ma Effie ha parlato di una…

“ Cella?

“ Sì. Sapeva che le cose si stavano mettendo male per tutti noi, a Capitol City. Ha provato a chiedere al Presidente Snow di cercare un accordo con i ribelli… per tutta risposta, l’hanno messo in cella. Vicino a me. Te lo giuro, Katniss, non è una cattiva persona. Ha fatto solo il suo lavoro, che era quello di sostenere la politica del governo. Non lo condannerei troppo, fossi in te” mi spiega velocemente. Ed improvvisamente mi ricordo tutto. Ceaser Flickerman, un omino dai modi stravaganti, ma che aveva sempre cercato di valorizzarci davanti al pubblico, che aveva sorretto la storiella degli sfortunati amanti del Distretto 12, intuendo, come penso, che era tutta una finzione… Incrocio le braccia mentre rifletto a tutto ciò.

“ E vada per Flickerman. Posso solo sapere perché proprio lui?

“ Pensiamo che sia il caso. Darebbe un senso di stabilità e di continuità. E poi vi conosce, sarà più facile porvi bene le domande, vedrai.

“ Ottimo.

“ E poi sarà lui a presentare i prossimi…

“ NO!” esclama Peeta. Lascio andare le mani di Effie. Sospiro. Sono per la sua memoria. I prossimi Hunger Games con i bambini di Capitol City saranno per commemorare la morte di Prim.

 

 

 

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Capitolo 9
*** L'Intervista con Caesar Flickerman ***


E quindi la Paylor voleva mettere in atto l’idea della Coin, eh? I bambini di Capitol City. Qualche mese fa, mi era sembrata un’ottima idea. Risparmiare il massacro. Poche vittime. Anzi, in realtà, esattamente 23. E un solo superstite. Chi, non avevamo modo di saperlo. Ma si era fatta una lista. I sessanta uomini più ricchi e famosi di tutta Capitol City che avevano uno o più bambini. Che, “ stranamente”, sono riusciti a sopravvivere benissimo, nonostante l’attacco diretto alla città. In totale, più o meno duecento ragazzini saranno presenti alla cosiddetta “ Mietitura di Capitol City”. Tutto sarà fatto secondo le antiche tradizioni: la Mietitura, il trasferimento dei Tributi, la parata, gli allenamenti, le interviste, e poi… l’Arena. Gli Sponsor non potranno essere i membri della famiglia di un tributo. Anzi, le famiglie saranno  trasferite in un posto sicuro, continuamente sorvegliate. Questi Hunger Games saranno i più crudeli e i più ricordati nella storia di Panem. La cosa più spiacevole, è che saremo noi vincitori superstiti a fare da mentori ai tributi. Li accoppieranno. E a alla coppia verrà sorteggiato il mentore. Non penso che la Paylor sia così stupida da non sapere che se toccasse a me questo infelice compito, Peeta starà al mio fianco. E viceversa, ovviamente. Non lo lascerò da solo a Capitol City a vedere bambini che muoiono. Dal canto suo, però, non fa che parlare della crudeltà della cosa per tutto il giorno. Non se ne capacita minimamente e si rifiuta di accettare la realtà degli eventi. Dice che farà da mentore solo per cercare di salavare il tributo a lui assegnato. Non per altro. Io, personalmente, non so come prendere questi Hunger Games. Possibile che, nonostante sia stata anche io a volerli, non riesca ad accettarli? Che lo spirito di pietà sia più forte della mia sete di vendetta? Strano ma vero, non ho il tempo di pensarci in questi giorni. Mi sto preparando per l’intervista. Sono venuti qualche giorno fa i membri del mio staff. Octavia, Flavius e Venia. Erano felicissimi di rivedermi, soprattutto Octavia. Non ha più quell’aria da persona infestata dai brutti ricordi, ma ancora è troppo magra. Nel giorno dell’intervista, fa troppo caldo. Ormai sta arrivando il periodo dell’aridità, e l’aria è afosa e quasi irrespirabile. Ma non importa. La troupe si è fatta trasportare direttamente da Capitol City un congengo che, installato dentro casa, permette di regolare la temperatura dell’aria. Lo chiamano Refrigerator. I miei preparatori stanno finendo di truccare me e Peeta, quando Ceasar Flickerman entra dentro la stanza. Sorride raggiante.

“ Katniss… la ragazza in fiamme! Da quanto tempo!” esclama. È un po’ più magro del solito, e noto che alcuni capelli della sua amata parrucca colorata sono un po’ fuori posto. Stavolta ha optato per il contrasto tra il bianco e il nero. Sembra uno di quei strani cani di Capitol City. Io gli rivolgo un sorrisetto sprezzante, mentre Peeta si alza dalla sua poltrona per salutarlo come si deve, regalandogli un sorriso cordiale.

“ Ti trovo bene, Peeta” dice Caesar.

“ Sicuramente meglio dell’altra volta!” replica Peeta ironicamente. C’è sempre quella complicità. Mi dà ai nervi.

“ Questa battuta riservala per le telecamere, mio caro ragazzo…” dice a Peeta facendogli un occhiolino. “Adesso… vorrei chiedervi di lasciarmi da solo con la signorina Everdeen, se non è pretendere troppo” domanda al mio staff. Flavius si fa avanti coraggiosamente, armato di limetta per le unghie.  

“ Signor Flickerman, ci sono ancora alcuni dettagli, le unghie…

“ Oh, non ci vorrà molto, ve l’assicuro. Solo qualche minuto. Grazie” ripete. La sua non era una richiesta, e i miei preparatori sembrano capirlo. Si allontanano sconfitti verso l’uscita, con Peeta che mi rivolge un’occhiata confortante. Chiudono la porta. Flickerman si abbandona sulla poltrona che prima era occupata da Peeta.

“ Katniss, Katniss, Katniss… ci avevo preso, su di te, eh? La ragazza in fiamme! Chi avrebbe mai detto che avresti procurato così tanti problemi… ?

La piega di questo discorso non mi piace. Mi irrigidisco sulla sedia.

“ Mai quanti ne abbiano procurati a me i vostri maledetti Hunger Games, Caesar” replico sprezzante. Riconosco in lui quell’egoismo di Capitol City. Gli rivolgo un’occhiata pentrante, carica di rancore.

“ Vero, vero… e tu, giustamente, mi reputi un nemico, no? Come darti torto, Katniss? Non sono forse io che ho assistito a centinaia di tributi che venivano spediti a morire come carne da macello senza battere ciglio? Immagino che tu abbia tutte le buone motivazioni per avercela con me. Ma adesso chiedi a te stessa, Katniss: non sono forse io che ho sempre cercato di agevolarvi la situazione? Di mettervi in buona luce agli occhi degli sponsor? Di valorizzare tutto di voi, anche quando non c’era proprio un bel niente su cui lavorare? La ‘ Ragazza in Fiamme’, Katniss. Io ho costruito la tua immagine. Senza di me, non saresti viva. E non lo sarebbe neanche Peeta. Io non approvavo la politica di Snow. Né gli Hunger Games. Ma quello era il mio lavoro. E, per quanto possa valere, ho sempre cercato di aiutare i tributi al massimo delle mie capacità e per quanto mi fosse concesso. Mi riconosci questi meriti, vero, Katniss?” mi domanda dolcemente. Rimango di stucco. Mi sto comportanto come una bambina, devo riconoscerlo. Perché prendermela con lui, in fin dei conti? Li ha inventato lui gli Hunger Games? No. Mi sta dicendo che ha sempre dovuto indossare una maschera. Più o meno, ha fatto quello che ho fatto anche io con Peeta davanti alle telecamere. Improvvisamente, mi sembra quasi di capirlo. Vengo invasa da una sensazione strana, e sono indecisa su come classificarla. Ma questo non mi impedisce di decretare:

“ Sì. Capisco la tua posizione, Caesar. Davvero. Nessun rimorso ” . È strano sentire queste parole uscire dalla mia bocca. Io, che non sono per niente incline al perdono. Forse Peeta mi sta cambiando. O forse, la “ mentalmente instabile” ha acquisito la capacità di mettersi nei panni delle persone, di tanto in tanto. Non saprei.

“ Bene, ragazza in fiamme. Sappi soltanto che ero io che, cambiando continuamente i turni per la sicurezza del segnale televisivo, facevo in modo che al vostro operatore Beetee fosse più semplice entrare nella rete. E non aggiungo altro” dice alzandosi. Rimango spiazzata da quelle parole. Riesco solo a boccheggiare confusamente qualcosa. Ceasar… che aiuta la Resistenza? Non è possibile… o forse sì? Esce dalla stanza. Non faccio in tempo a riflettere sul peso della sua affermazione, che mi ritrovo Octavia che armeggia sulle mie unghie, lamentandosi della scarsità della materia prima su cui lavorare. Dopo le ultime raccomandazioni, Venia mi fa indossare il vestito. È viola, con fantasie argentate che sembrano muoversi sul vestito, tanto sono sinuose. È sempre un disegno di Cinna, lo si riconosce subito. Cinna… cerco di soffocare il ricordo. Mi metterei a piangere, e Venia mi ucciderebbe. Per non parlare di Effie. Vado nel salone. È stato completamente trasfomato in uno studio televisivo: luci attaccate al soffitto, la mia poltrona e il mio divano sistemati e puliti, uno di fronte all’altro… Flickerman si è già adagiato sulla poltrona, circondato dal suo staff che aggiunge gli ultimi ritocchi alla sua parrucca nera e bianca. Haymitch mi compare alle spalle, seguito da Peeta e Effie.

“ Ricordati: hai subito uno shock post-traumatico, adesso sei in grado di intendere e di volere e non ti ammazzi di sedativi per tirare avanti la giornata. Il ricordo di… Prim… fa troppo male, non ti va di parlarne, ma adesso, grazie al tuo amato Peeta, stai sistemando la cosa.

“ Devo dire la verità, insomma” aggiungo cupa. Haymitch mi mette una mano sulla spalla.

“ Il ‘ tuo amato Peeta’? Katniss, davvero? ” mi chiede sorpreso e divertito insieme.

“ Non saltare alle conclusioni sbagliate.

“ Oh, non lo farei mai, ma fidati, sarà un futuro argomento di conversazione!” mi dice cercando di soffocare una risata. “Poi niente, ovviamente fai anche parlare Peeta, non vogliamo sfiguri o sembri il tuo cagnolino” mi raccomanda. Peeta non potrebbe mai sfigurare. È troppo bravo, troppo abile nel sembrare sempre felice e spensierato, anche quando non lo è. Al contrario di me. Anzi, rubandomi la scena mi farebbe un favore.

“ Con molto piacere.

“ Rimarca il fatto che la Coin ha dato l’ok per… per quella faccenda dei bambini… ” sussurra. Come potrei scordarmelo? Vorrei poter dare sfogo alle mie emozioni, esplose dentro di me solo con il citare il fatto. Ma provo a soffocare tutto e a borbottare un semplice:

“ Chiaro.

“…  Ma che apprezzi la Paylor e le auguri in bocca al lupo!” conclude.

“ Haymitch, ho capito! Non sono ancora completamente da buttare, grazie. Che devo dire sugli Hunger Games, eh?” domando. Se proprio devo essere sfruttata, che almeno mi sfruttassero bene.

“ Tu cosa vuoi dire?” mi domanda a tradimento. Rimango allibita. Dal tono della sua voce e dal luccichio nei suoi occhi, capisco che, chiedendomi di dire la mia opinione, sta andando contro le disposizioni di Capitol City. Approfitto di quell’occasione di libertà di pensiero per cercare di formulare un parere convincente.

Come considerare gli Hunger Games? Il punto è che non lo so. Dentro di me, pensieri contrastanti. Accettarla come una cosa positiva o negativa? Il voto è rimasto segreto. La gente non sa se ho votato sì o ho votato no. Quindi perché dovrei assumermi la responsabilità di quello che ho detto, dal momento che nessuno, a parte coloro che erano presenti, potrebbero mai puntarmi il dito contro? Non c’era il rischio di cadere in una contraddizione. Tanto la risposta di Peeta già la sapevo. Rivolgo ad Haymitch uno sguardo pieno di dubbi, prima che Effie mi prenda per il braccio.

“ Ricordati di sorridere!

Quello sarebbe stato un problema. Lo staff attorno a Caesar se n’è andato. La luce delle telecamere diventa rossa. Tutto troppo veloce. Siamo in onda.

“ Signore e signori, di Capitol City e dei Distretti, sono lieto di annunciarvi il momento che tutti voi stavate aspettando. In diretta dal Villaggio dei Vincitori del Distretto 12… Katniss Everdeen e Peeta Mellark!” ci annuncia Caesar. Entriamo nell’inquadratura delle telecamere, sedendoci sul divano. Sono un po’ tesa, ma Peeta mi stringe la mano. Ottimo.

“ Peeta, stai benissimo!

“ Sicuramente meglio dell’ultima volta, Caesar!” risponde Peeta stringendomi un po’ di più la mano. Cerco di sorridere, anche se mi riesce difficile. Caesar ride.

“ Non lo trovate straordinario? Ma Katniss! La ragazza in fiamme! Ci avevo visto giusto, eh? Eri davvero destinata a infiammare il mondo con la tua scintilla!

“ Oh, em… direi di sì, a questo punto” ammetto provando a simulare un sorriso spensierato.

“ Allora, come stai? Come state, tutti e due? Immagino soltanto il vostro shock dopo le perdite che avete subito…

“ Sì… ma sto meglio, davvero. Ho ripreso a ragionare lucidamente. Sapete, dopo la…” mi blocco. No, è più forte di me. Mi alzo in piedi. Voglio scappare. Vedo il viso di Caesar allarmato. Peeta , delicatamente, mi rimette seduta.

“ La morte di Prim l’ha devastata. E continua a farlo. Sapete tutti voi quanti Katniss ci tenesse… è per questo che ha fatto tutto ciò nell’Anfiteatro. La Coin ha dato l’ordine di uccidere i bambini… e Katniss ha visto sua sorella mentre li assisteva… ha intravisto Prim morire” conclude Peeta. Mi esce una lacrima. Non so se resisterò.

“ Povera ragazza… terribile, terribile… Nessuno ti potrebbe accusare. Le tue azioni sono state giustificate, soprattutto nello stato in cui ti trovavi… ma adesso?

“ Grazie all’aiuto di Peeta sto meglio, davvero. Non so cosa farei senza di lui” dico in uno sprazzo di lucidità.

“ Sì, ci stiamo aiutando molto. D’altronde, è questo che fanno due persone innamorate, no?” chiede Peeta rivolto verso la telecamera. Ottimo. Dobbiamo mandare avanti lo show.  

“ Assolutamente sì, ragazzi. E ditemi, per il vostro matrimonio?

“ Direi…” comincia Peeta. Ma io lo blocco.

“ Direi che ci stiamo pensando. Prima però dobbiamo aspettare di sapere se faremo o no da mentori ai prossimi Hunger Games” affermo improvvisamente. Sento lo sguardo stupito di Haymitch sulla nuca. La temperatura nel salone scende, e so che il Refrigerator non c’entra niente. Tirare in ballo gli Hunger Games. È un argomento che voglio affrontare di petto. E soprattutto, voglio battere Peeta sul tempo. Aspetto la domanda di Caesar.

“ Oh, già! I prossimi Hunger Games! Che ne pensate?” domanda mettendo su una poco convincente maschera dell’allegro presentatore di un tempo.  

“ Che sono necessari. Ma li condanniamo come tali. Saranno gli ultimi, questa è una promessa” dichiaro. Peeta emette un lieve sospiro. Non può contraddirmi davanti alle telecamere. Ho agito d’anticipo.

“ Bhe, la nostra nuova Presidentessa, la signora Paylor, ha reputato opportuno mettere in pratica l’idea della Coin… che ne pensate di lei?

“ Che è una persona in gamba e saprà sicuramente gestire e placare i disordini che ancora oggi, purtroppo, attanagliano alcuni distretti, specialmente il 2. Farà un ottimo lavoro” dice Peeta accomodante. Caesar annuisce cordialmente, prima di rivolgermi lo sguardo, facendomi capire che anche io dovevo dire la mia. Prendo fiato. E inizio a parlare.

“ La Paylor è una donna coraggiosa. Sono stata con lei, nell’attacco al Distretto 8. È una donna d’azione, sa come trattare questo genere di cose. Ma vorrei dichiarare alcune cose” mi rivolgo alla telecamera.  “ Signora Paylor, lei è molto intelligente, non è come la Coin o come Snow. Sa bene che intimidire, spaventare e distruggere i Distretti e Capitol City non la porterà a niente. Io mi aspetto che, dopo gli Hunger Games, non si verifichi più nessun episodio di violenza sponsorizzata dal governo. Mai più. Ma vorrei parlare a voi, Distretti ancora in lotta, ribelli, conservatori. Questa rivoluzione non l’abbiamo fatta per rovesciare Capitol City. L’abbiamo fatta per permettere a tutti di avere un futuro. Di vivere, nel migliore dei modi. Non sapete la vita nei Distretti che cos’era, prima di questa rivolta. Nessuna speranza, nessun miglioramento. Ma adesso abbiamo la possibilità di vivere in pace. Di vivere in un mondo in cui gli uomini saranno uguali, in un mondo senza Hunger Games, senza 23 persone condannate a morire in nome di una rivoluzione che non gli appartiene. Adesso, Peeta, è il momento di dirlo: cessate il fuoco! Non sprechiamo la possibilità di essere felici e in pace. Gli Hunger Games ci saranno per l’ultima volta, a memoria di quello che anche povere persone come noi possono arrivare a fare. Ma niente di più. Basta combattere il fuoco con il fuoco. Per Prim, per Rue, per tutti noi!” dico alzando le mani nel vecchio saluto dei Distretti. I cameraman sono senza parole. Sento un applauso. Haymitch. E non solo. Tutti si uniscono a lui, Caesar e Peeta compresi.

“ Signori… è tornata la ragazza in fiamme!” esclama Peeta rivolto alle telecamere.

“ La vera voce della rivoluzione, eh? Straordinario, Katniss, straordinario. Siamo tutti d’accordo. Non siamo tutti d’accordo? Ho i brividi, signori, i brividi. Bhe, Katniss, diciamo che di fuoco ne abbiamo avuto a sufficienza, no?

“ Assolutamente sì.

“ Tornerete a Capitol City?

“ Se ci sarà bisogno di noi, torneremo. Sono sempre la Ghiandaia Imitatrice, no?

 

Dopo un pranzo condiviso con tutti, piano piano la troupe comincia ad andarsene smontando tutte le luci che avevano installato. Dal canto mio, mi becco i complimenti di Haymitch, Effie e il mio staff. Il commento di Peeta alla mia performance è stato:

“ La migliore intervista di sempre, Katniss.

Ormai è tardo pomeriggio, quando la troupe sta finendo di caricare sui camion le ultime cose. Tutti stanno dando una mano, compresa Effie, che però si limita a dare indicazioni e a dirigere i collaboratori. A casa ci siamo solo io, Sae che lava i piatti, e Caesar che si sta aggiustando la parrucca in uno specchio. È il momento perfetto.

“ Caesar… devo farti una domanda” dico. Lui scuote la testa.

“ No, Katniss, perdonami, ma non mi va di parlarne… i miei aiuti illegali per la  Resistenza, rimangono una faccenda privata tra me, Plutarch e…

“ Non riguarda quello. Non mi interessa quanto tu abbia dato alla Resistenza. Quelle sono cose che spero non mi riguardino più. No, in realtà, volevo sapere… Ci sei anche tu nella Lista dei Sessanta?” chiedo esitante. So che non è esattamente una delle domande più carine e discrete da porgere a un uomo del suo calibro. Ma, nonostante questo, lui mi risponde con un largo sorriso. Non uno dei suoi soliti: uno vero, stavolta, dovuto non alle telecamere o alle buone maniere, ma semplicemente a un qualsiasi tipo di emozione umana.

“ No. Io ero sessantaduesimo. La buona sorte è stata a mio favore, Katniss. Non tanto per i miei figli, loro sono grandi… ma per i miei nipoti. Non avrei mai sopportato di vederli morire nell’Arena. E poi, mi bastavate voi. E mi basteranno questi che moriranno, i figli dei miei amici. Ho sempre partecipato al vostro dolore, Katniss. Non direttamente, ma potevo sentirlo, potevo vederlo nei vostri occhi. Non mi aspetto che tu mi possa capire.

“ Sì… io capisco, Caesar. Davvero. Ci rivedremo?” chiedo mentre si avvicina alla porta.

“ Oh, certo. Vienici a trovare, di tanto in tanto. E spero che non ti tocchi fare da mentore. Felici Hunger Games!” ribatte con una nota di sarcasmo nella voce prima di attraversare la porta.

 

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Capitolo 10
*** Aiutare lei, per aiutare Prim. Poi andare da Gale. ***


“ E se ne sono andati tutti!” esclamo io alle sette di sera, mentre il mio stomaco si lamenta vendicativo. Forse avrei dovuto mangiare di più a pranzo, ma tra una cosa e l’altra… Dopo aver salutato Effie, è rimasto solo Haymitch. E Peeta. E Sae, ovviamente. Diciamo, la mia famiglia.

“ Vado a preparti qualcosa da mangiare” mi dice Peeta dandomi un bacio sulla testa, al quale io rispondo con un sorriso sgargiante.

“ Grazie…” sussurro rivolta alle sue spalle mentre sparisce in cucina. Haymitch, che si è goduto quella scena comodamente seduto sulla mia poltrona, esclama da dietro di me:

“ Wow… quindi non è più una finzione, eh? Ah ah… lo sapevo, dolcezza, che prima o poi avresti ceduto” mi dice. Lo guardo indispettita. Ed ecco riaffiorare il carattere della vecchia Katniss: orgogliosa, testarda, desiderosa di mostrarsi dura.

“ Io non ho ceduto proprio a nessuno. Apprezzo solo quello che fa per me. È tanto sbagliato?

“ Dimmi che non lo ami, allora. Vediamo fino a che punto riesci a mentire a te stessa. L’ho capito anche quando ti stavo parlano prima dell’intervista. Troppo tesa, dolcezza, al suono delle mie parole. ‘ Il tuo amato Peeta’… dimmi che la cosa non ti suona!

Apro la bocca. Sono strane quelle volte in cui non mi esce niente. Mi sento come un pesce fuor d’acqua che boccheggia ansimando. Mi ammutolisco. Haymitch si alza in piedi, per poco non rovesciando il bicchere di rum che aveva poggiato sul tavolino davanti a lui.

“ AH! Lo sapevo!

“ No, non sai un bel niente!” dico alzandomi anche io.

“ Ehi, non ti scaldare, ragazza in fiamme!” esclama sollevando entrambe le mani in segno di pace.

“ E’ una bella cosa, ok? Molto bella. E ora, se non ti dispiace, io tolgo il disturbo.” afferra il bicchiere sul tavolino. “ Questo… Te lo riporto, ok? Stammi bene!” mi grida prima di chiudere la porta. Sbuffo. Pensa che io ami Peeta? Ma come gli viene in mente? Io che amo Peeta? NO. Immagino.

“ Katniss, è pronto!

“ Sì… arrivo!” esclamo dirigendomi verso la cucina. Sae e Peeta stanno parlando amichevolmente.

“ Sì… Katrine era una ragazza deliziosa… non è vero, Katniss? ” chiede Sae. Peeta si alza per andare a sfornare il tacchino.

“ Katrine? Oh, em… sì…

Mi ricordo di Katrine. Una ragazzetta insignificante, ma con un dono naturale per affascinare tutti. Pettegola, superficiale, fissata con l’aspetto fisico. I suoi genitori vivevano accanto alla casa del sindaco. Da quello che mi è stato riferito da mia madre al telefono, lei e i suoi parenti sono stati trasferiti all’ospedale di Capitol City, dopo aver passato un periodo in quello del Distretto 13. Forse Gale aveva salvato anche loro. Non ne ho la minima idea.

“ Peeta mi stava raccontando di quando si sono dati un bacio!” afferma Sae con fare pettegolo. Peeta per poco non si lascia sfuggire la teglia dalle mani.

“ Io… sì, se si può chiamare tale!” mi dice sorridendo. Mi irrigidisco sulla sedia. Stiamo scherzando?

“ Tu e… Katrine? Questa mi è nuova” mormoro concentrandomi sull’aspetto del pollo che mi viene servito da Peeta.

“ Sì… un sacco di tempo fa. Non avevo mai baciato una ragazza, e tutti sapevano che Katrine aveva una cotta per me… tutti tranne me, ovviamente!” racconta con una noncuranza un po’ troppo innaturale.

“ E…?

“ E niente, un giorno mi si avvicina, avevamo quattordicini anni o qualcosa del genere… non sono mai stato un tipo troppo intraprendente su queste cose… Mi chiede di aiutarla  a slacciarle il fiocco dietro al vestito…

“ E poi…?” chiedo ormai in preda a strane convulsioni.

“ Niente, secondo lei quello era un gesto fin troppo provocante. Glielo slaccio e aspetto che succeda qualcosa. Ma ovviamente le ho solo slacciato un nastro. Lei, dopo, tutta contenta, si gira e mi bacia! Tutto qui. Niente di speciale” ammette sedendosi anche lui insieme a me e a Sae.

“ Era proprio carina quella ragazza…” sussurra Sae affogando i suoi ricordi nel pollo.

Chissà perché ma gli aggettivi che mi vengono in mente non sono né carina né altro. Mi vengono in mente solo mille modi per impiccarla con il suo stesso nastro. Sento che sto cominciando a sudare, e mi butto sul pollo per camuffare la cosa.

“ Bhe, ti è piaciuto?” domando senza guardarlo in faccia.

“ Oh, sì, era gustoso” afferma Peeta con un tono troppo compiaciuto. Un bacio… gustoso? Alzo gli occhi. Ha già finito il pollo e mi guarda con un’espressione divertita e soddisfatta. Indica il piatto.

“ Il pollo era ottimo, tu non credi? Qualche suggerimento?” mi chiede. Peeta. Vorrei ammazzarlo, in questo momento, ma è il mio Peeta.

 “ Il bacio, idiota. Ti è piaciuto?

“ Mah, direi di no. A me non piaceva Katrine, come tu ben sai. Chi vuole il dolce?” chiede cortesemente. Si alza quasi trotterellando. È da tanto tempo che non lo vedo così felice. La cosa mi urta parecchio. Per tutta la durata della cena, non riesco a non pensare a Katrine. La odio. Odio quegli occhietti neri e luccicanti, odio quei riccioletti biondi che le ricadevano composti sulle spalle… Peeta è mio. Come si è permessa? Non esiste. La cosa è inaccettabile. Lei e quel suo nastro maledetto. Aveva sempre i vestiti più belli del Distretto, era proprio così. Nella mia classe la invidiavano tutti. Guardo il mio. Bhe, in questo momento dovrebbe essere lei ad invidiare me. Scommetto che neanche nei suoi sogni più fantasiosi avrebbe potuto permettersi un capo del genere. Poi, altro che fiocchi. Il mio vestito ha quella cosa fantastica chiamata zip. Ah, ah, Katniss. Idea geniale. Sì, questa sera sono particolarmente silenziosa. Sto elaborando il mio piano.

Saliamo in camera molto presto. La giornata è stata stancante, e io non vedo l’ora di mettermi a letto. O meglio,questo è ciò che pensa Peeta. Mi strucco velocemente, levandomi di dosso quelle cose assurde tipo i brillantini o gli strass per il viso. Ok, sono tornata ad essere me stessa. Adesso mi serve del coraggio. Quel coraggio vero, quello che non ho mai avuto, in fin dei conti. Ammettere di essere umani. Scomporsi un po’. Forse questo mi servirà. Peeta sta sdraiato sul letto, a sfogliare il nostro libro. Quando mi vede, lo poggia delicatamente sul comodino. Io mi siedo sul letto, dandogli le spalle. Prendo un respiro.

“ Senti… mi slacci la zip del vestito?

Una risata fragorosa. Mi giro irritata.

“ Che hai da ridere? Zitto o Sae penserà che qualcosa non vada!” ma non la smette di ridere come un matto. Sentire Peeta che ride è bello. Mi contagia. Anche io comincio a ridere.

“ Allora, me la vuoi togliere o no?” chiedo cercando di essere infastidita. Si sporge verso di me, facendo scorrere la zip sul mio corpo. Lo fa troppo lentamente. È una bella sensazione. Mi schirisco la gola mentre borbotto un semplice “ Grazie”. Faccio per alzarmi, quando mi afferra un polso, trattenendomi. Sussulto leggermente, ma la sua presa è molto lieve, non può voler dire niente di male.

“ Aspetta…” mi sussurra. Mi sfiora con le dita la schiena, rimasta nuda. Prima con le dita, poi con le labbra. Mi alzo di scatto.

“ Io… vado a infilarmi il pigiama!”  bofonchio confusa. Altre risate da parte di Peeta. Che avrà mai da ridere, mi chiedo entrando nel bagno. Mi guardo in faccia. Sono rossa come un peperone, perfetto. Fantastico, direi. Mi butto addosso un po’ d’acqua fredda. Va meglio.

“ Sei gelosa, Katniss. Vero o falso?” mi domanda da dietro la porta. Cerco di sviare. La risposta non posso ammetterla a me stessa. 

“ Di chi, scusa?

“ Di Katrine. Ti ho vista a cena. E adesso questa tua reazione me lo sta confermando. Sei gelosa. Vero o falso?

“ Falso!” esclamo vestendomi velocemente.

“ Stai mentendo. Vero o falso?” mi chiede trattenendo una risata. Spalanco la porta del bagno, e sto per dirgliene quattro, ma appena lo vedo… Ha un sorriso bellissimo. Forse il più bel sorriso del mondo. Non ce la faccio.

“ Vero…” sussurro. Lui mi abbraccia di getto.

“ Lo sapevo! Questo doveva essere vero. Per forza!” mi dice baciandomi la testa. Annuisco velocemente scansandolo via. Ma che vuole? Che gli dica di sì? No, non l’ammetterò mai! Mi infilo nelle coperte.

“ Buonanotte, Peeta!” esclamo con fare quasi pomposo, mentre spengo l’interruttore della luce. Sento Peeta ridere un po’, prima di infilarsi sotto le coperte. Gli do la schiena. Non voglio vederlo neanche attraverso la penombra. Mi vergogno troppo. Nonostante i miei buoni propositi, lui mi gira dolcemente e comincia a baciarmi. E mi scordo di tutto. Sento la fatica della giornata scivolarmi addosso, l’immagine della parrucca di Caesar uscire dalla mia testa, le urla che mi tormentano quotidianamente attenuarsi fino a scomparire… Poi Peeta si stacca e decido di aprire gli occhi. La sua espressione è dura, seria e decisa. Prende un respiro.

“ Il matrimonio… tu lo sai che prima o poi ti chiederò di sposarmi, vero?

“ Sì, lo so” affermo. Se c’è un cosa che so di Peeta è che lui è quel tipo di persona. Quel tipo di uomo che ha bisogno di una donna accanto. Il problema è: potrò essere io quella donna?

“ E sai anche tu dirai di sì, alla fine?” mi domanda. Sospiro e abbasso gli occhi. Vorrei annuire, non so perché. Ma decido di non farlo. Mi limito a dargli un bacio lieve sule labbra prima di dargli la schiena. Lui mi abbraccia da dietro.

“ Per adesso, questo silenzio mi basta” dichiara. E dovrà bastargli. Dovrà bastargli per un bel po’. Finché non saprò quello che provo davvero. Ammesso che provi qualcosa.

 

Il telefono.

“ Vuoi che vada a rispondere io?” mi domanda. Annuisco, intenta a divorare la mia colazione. Lui si alza dal tavolo e va in salone. Ritorna qualche secondo dopo, un po’ allarmato.

“ Katniss… è Gale” mi dice. Rimango un secondo di sasso mentre cerco di afferrare il significato di quelle parole. Gale. E per un attimo, sono contenta. Gale, il mio migliore amico, penso. E poi… riaffiorano in me troppi ricordi… paracaduti… Vedo Peeta confuso.

“ Che faccio? Gli dico di richiamare, che non vuoi parlargli, che arrivi …?

“ No. Eccomi” dichiaro in una specie di stato di trance. Varco la porta con fare sognante, scacciando di tanto in tanto, i paracaduti che si venivano a formare davanti ai miei occhi. Mi prude il polso nel posto in cui ci sarebbe dovuto stare il braccialetto con su scritto “ mentalmente confusa”.  Tremando, afferro il telefono.

“ P… Pronto?

“ Katniss” ringhia una voce. Gale.

“ Gale… come stai?” ciancico confusamente.

“ Al diavolo i convenevoli, Katniss. Sai che ore sono?

“ Io… no…

“ Sono le otto del mattino. Posso chiederti CHE DIAMINE CI FA PEETA MELLARK A CASA TUA A QUEST’ORA, CHE MI RISPONDE DICENDOMI CHE VI SIETE APPENA ALZATI PERCHE’ IERI AVETE AVUTO UNA GIORNATA FATICOSA?

“ Gale, io…
“ Dorme lì con te, eh? Nello stesso letto, magari? Dimmi che mi sbaglio.

“ No… non ti sbagli” ammetto. Fingere non serve a nulla. Se le mie intenzioni con Peeta sono definitive, tanto vale mettere le cose in chiaro.

“ E’ vero, allora, eh? Giusto… un semplice fornaio ti rende tutto più semplice… ma io credevo che avessi dei sentimenti, Katniss…

“ Ce li ho… io ce li ho…” replico provando ad argomentare. Ma lui riparte all’attacco.

“ E allora perché Peeta, il tuo burattino, quello che etichettavi come un’idiota ogni volta che me ne parlavi…

“ Questo non è vero…” provo a dire. Ma mi escono solo suoni confusi. Non riesco a trovare la forza di parlare, di spiegargli. Non ho proprio la forza di fare niente.

“ … ma tu hai baciato me, Katniss. Avevi baciato me. O questo non conta?

“ Non più di tanto. No.” e poi mi ricordo perché sono arrabbiata con Gale. L’ombra di Prim mi si è appollaiata sulla spalla. Lui attacca il telefono. Gale… Che cosa gli ho detto? Quanto sono… “ bella stronza, eh?”… no…

“ Peeta…” sussurro. Ma lui è più veloce di me. Mi afferra da dietro prima che possa cadere. Sento che sto per svenire, vedo tutte luci colorate davanti ai miei occhi. Un’esplosione.

“ Prendi me… prendete me..” mormoro cercando di restare più lucida possibile. Sento il respiro di Peeta.

“ Ci sono io. Sono qui accanto a me. La risolviamo insieme, ricordi?” mi sussurra. Sì… insieme. Faccio dei respiri profondi. Sae, allarmata, mi porta un bicchiere d’acqua. Quando ho le forze per spiaccicare qualche parola, riesco a dire:

“ Voglio andare al Distretto 2. Da Gale. Ora.

“ Non possiamo ora, Katniss. Lo sai che il treno non passa qui tutti i giorni” osserva Peeta.

“ Io troverò un modo.

“ Non ci sono altri modi, lo sai. Il prossimo dovrebbe passare qui tra tre giorni. Proprio dopo…

“ Il sorteggio degli Hunger Games. Già.

 

E questi tre giorni sono passati, quando Sae accende la televisione. Sintonizziamo sul primo canale di Panem. Ed eccoli lì. La “ Mietitura di Capitol Ciy”. Sono raccolti nell’Anfiteatro almeno duecento ragazzi, tra i dodici e i diciotto anni. Alcuni sono forti, ma la maggior parte assomigliano terribilmente a pecorelle impaurite. Mi fanno pena. Poi penso a Prim. Affogo la compassione dentro di me. I cittadini di Capitol City hanno guardato questo spettacolo per anni senza provare nessun sentimento di pietà. Perché io non potrei fare così? Sento delle trombe. E la Paylor sale sul palco.

“ Buonasera a tutti! Per prima cosa, vorrei ringraziare tutti di essere qui. Ringraziare i ragazzi, le famiglie. Il vostro coraggio vi fa onore” dice. Come se avessero scelta… penso io.

“ Ed ora… un video per voi!” annuncia mostrando lo schermo gigante alle sue spalle. Appaio io. Io nell’intervista di Caesar, che dichiaro che questi saranno gli ultimi Hunger Games della storia, per dimostrare quello di cui noi, povera gente, siamo capaci. La mia espressione è dura e decisa, perfetta per l’occasione. Ovviamente, Capitol City non mi ha interpellata per chiedere la mia approvazione, ma vabbè.

“ Adesso… mi accingerò a leggere la ‘Lista dei Sessanta’. Snow, Tresyt, Salemech, Rockyu…

Fino ad arrivare a ben sessanta nomi di gente che non avevo mai sentito nominare.

“ E adesso… il nostro stratega sorteggerà i nomi dei ventiquattro tributi di quest’anno!” annuncia più felicemente che può. Il pubblico applaude in modo poco convinto, quando Plutarch sale sul palco.

“ Sorteggerò prima il nome di un giovane ragazzo e poi di una giovane ragazza” mescola i biglietti e ne tira fuori uno.

 “ David Stranner!” esclama ad alta voce. Un gemito dalla folla. Vedo avanzare un ragazzino di tredici anni, un po’ troppo rotondo per la sua età. Raggiunge il palco traballando dalla paura.

“ E la signorina che verrà sorteggiata sarà… Jannet McGrams!” dichiara al mondo. Un po’ meglio. Una ragazza robusta, più o meno di diciassette anni avanzi tronfia verso il palco. Forse sa andare a caccia…

“ E il vostro mentore sarà… Haymitch Abernathy! Un bell’applauso! Haymitch, ti aspettiamo a Capitol City!

“ Dovranno nascondere la vodka!” mi sussurra Peeta all’orecchio. Riesco quasi a farmi una risata.

Poi vengono sorteggiati Umos Naruth, un ragazzo abbastanza forte di sedici anni, e Fraglia Reevees, una quattordicenne tutt’ossa. Beetee dovrà fargli da mentore.

“ Occasione in più per rivederlo, qualora venissimo estratti” commenta Peeta.

Ed ecco il turno di Caleb Rockforter, diciassettenne alto, biondo e affascinante, e Mielinda Serviettey, una ragazzina mora di appena quindici anni. Annie Cresta dovrà accudirli. Mi scatta una molla dentro il cuore. Quel ragazzo, Caleb… in qualche modo assomiglia a Finnick. Spero che questo non sia un problema per lei.

“ Jack Snow!” esclama Plutarch. Non è possibile. Ma eccolo lì, che avanza. Diciotto anni, alto e ben formato. I capelli di un moro trascurato, quasi tendendenti al grigio. Saluta sprezzante Plutarch, prima di unirsi alla schiera dei tributi. Viene sorteggiata Celine Noiress. Incredibilmente bella, come una pianta carnivora. Affascinante nel suo tubino nero. In questo momento, desidero con tutto il cuore che non sia io a fargli da mentore. Li farei morire entrambi, e non è questo il lavoro che un buon mentore dovrebbe fare.

“ Johanna Mason!

“ Sono spacciati” dichiaro ad alta voce. Mi dispiace ammetterlo ma è così. Quei due penso che sappiano che la loro fine è vicina, perché vedo un fremito di paura attraversare gli occhi di Snow.

Vengono sorteggiati altri tributi. Quelli che mi colpiscono di più sono una ragazzina di dodici anni tutta tremante e un ragazzino di quattordici anni che si mette a piangere in mezzo al palco. Per il resto, tutti volti di ragazzi che sanno che la loro vita potrebbe finire da un momento all’altro. Come mentori vengono estratti nomi che non conosco, probabilmente altri reduci degli Hunger Games. Arrivano le ultime due estrazioni.

“ Vincent Isher!

Un ragazzo di diciassette anni, fieri e deciso, si fa avanti tra la folla.

“ E…  Primrose Everdeen!” ed eccola lì! Prim che avanza tra le altre ragazze, le quali tirano un sospiro di sollievo…

“ PRIM!” urlo alzandomi dal divano. Mi prendo due secondi per guardarla meglio. Non è Prim. Peeta si alza.

“ Katniss… Questa bambina è Angelique Prescott. Non hai sentito?” mi domanda rimettendomi a sedere.

“ No…” affermo. Che stia diventando pazza? Ma questa Angelique, di appena dodici anni, assomiglia tantissimo alla mia Prim. Stesse treccioline bionde, stesso passo malfermo… Si avvicina tremante e si mette affianco a Isher.

“ E il mentore sarà… Oh, c’è una sorpresa, signore e signori! I mentori saranno… Katniss Everdeen e Peeta Mellark!” grida trionfante. La bambina pare illuminarsi. Ma sì, forse ha già sentito il mio nome. Questo le dà speranza. E improvvisamente capisco quello che voglio fare. Voglio aiutare quella bambina.

“ Noi l’aiuteremo, Peeta. Quella bambina. Non mi importa se quell’idiota di Gale dà di matto, non mi interessa. Ci penserò quando tutto sarà finito. Dobbiamo aiutare Prim.

“ Angelique, Katniss…

“ Non mi importa il suo nome. Peeta, dimmi che sarai accanto a me!” grido facendolo balzare dal divano insieme a Sae.

“ Sì… lo giuro” mi promette. Bene. Devo aiutarla. Aiutare lei, per aiutare Prim. Poi andare da Gale. Ma la priorità è lei. PRIM.

 

Spazio autrice: Allora!!! Per prima cosa… GRAZIE INFINITAMENTE a voi, che recensite o semplicemente leggete la storia. Voi siete la mia fonte d’ispirazione più grande, il motivo per il quale scrivo. Senza i vostri commenti, i vostri apprezzamenti e le vostre osservazioni ( belle o brutte non  fa differenza), io non avrei scritto niente di tutto questo. E quindi, dopo i dovuti ringraziamenti che meritate TUTTI VOI, nessuno escluso, vorrei precisare il fatto che nel corso di questa storia troverete che Katniss si rivolge mentalmente ad Angelique chiamandola ‘Prim’. Questo è un ‘errore’ assolutamente voluto. Katniss non è guarita ancora, e piano piano riuscirà ad entrare nella fase di “ accettazione… ma per adesso è questa qui J Poi… so che il capitolo è vasto e parla di vari argomenti, dal comico al triste. Ma questa condensazione è necessaria, vi giuro. Sennò ne sarebbero venuti fuori tre capitoli e sinceramente, preferisco concentrarmi di più sul Katniss e Peeta come mentori degli Hunger Games. Prometto di fare il mio meglio per rappresentarli al meglio! GRAZIE DAVVERO, A TUTTI VOI! A presto

angelikakiki

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Capitolo 11
*** L'amaro sapore della verità ***


Capitol City è proprio come me la ricordo. Uguale. Probabilmente vogliono mantenere quella sensazione di continuità dovuta al governo Snow. E ci sono riusciti alla grande. O almeno, questa è la mia opinione. È strano andare a Capitol City, stavolta per aiutare altri a sopravvivere alle nostre torture. Ma ehi, io sono la ragazza di fuoco, no? Trovare sponsor non dovrebbe essere un problema… o sì? All’Ingresso dell’Alloggio dei Tributi, veniamo ricevuti direttamente dalla Presidentessa Paylor.

“ Ciao ragazzi” ci saluta appena ci vede. “ Allora… Dodicesimo piano. Quello solito, insomma. I ragazzi vi stanno aspettando” decreta.

“ Pensavo che ci fosse direttamente la Parata stasera” afferma Peeta quasi con fare saccente. Non ha perdonato la Paylor. Lo capisco, in fin dei conti.

“ No, l’abbiamo rimandata a domani. Così almeno potrete conoscere i vostri tributi, prima.

“ Dove sono gli altri mentori?” chiedo io.

“ Oh, nessun contatto tra mentori. Dovrete aspettare domani. Staranno sulle tribute riservate anche a voi. Oh, Katniss, spero che non ti dispiaccia… ho fatto in modo che i tuoi preparatori si occupassero dei vostri tributi. Il dottor… voglio dire, mi è sembrata un’ottima idea per non spossarti troppo, no?” dice quasi a mo’ di giustifica. Bene, quindi il dottor Aurelius seguirà il tutto. Grazie, Capitol City, per ricordarmi continuamente che io non possiedo un libero arbitrio. Faccio finta di aver abboccato e mi mostro contenta e rilassata per questa notizia. Basta provocare incendi. Voglio solo essere lasciata in pace.

“ Già. Sì, ok, non c’è problema. Stilista?

“ Una certa Tigris. Aurel… Aurelius mi ha detto che questo nome ti è famigliare, no? Bhe, le abbiamo assegnato l’incarico. Spero che concorderai!” aggiunge. Sorrido. Tigris. Certo che concordo sulla sua scelta.

“ Ah, Katniss… due parole in privato?” mi chiede guardando Peeta. Lui si limita ad alzare le spalle e a procedere verso l’ascensore infastidito, mentre io rimango indietro con la Paylor.

“ Bell’intervista, davvero. Trovo la tua opinione molto azzeccata. Ho usato il video dell’intervista per…

“ Sì, la vedo la televisione” esclamo con fare un po’ troppo seccato. Poteva anche chiedere la mia autorizzazzione prima, no? La Paylor mi guarda interrogativa.

“ Ce l’hai con me per aver approvato l’idea della Coin?” mi chiede improvvisamente.

“ No” dichiaro d’un fiato. Lei mi rivolge un’occhiata tipica di chi capisce più di ciò che gli viene detto. Quasi saccente. Forse ci ha preso, ma non l’ammetterò mai.

“ Un po’ sì, e lo capisco. Ma sono stata costretta, Katniss. Per placare gli animi, ecco” aggiunge sollevando le spalle. Annuisco velocemente. Lei mi da’ una pacca sulla schiena.

“ Vai da Peeta. Ci vedremo domani!” mi dice congedandomi. Con un’ultima occhiata neutra, mi volto e raggiungo Peeta.

“ Che voleva?” chiede.

“ Fare ammenda a sé stessa, probabilmente” rispondo tagliando corto.

 

Saliamo sull’ascensore. Afferro la mano di Peeta. Quante ansie, quante paure mi legano a quell’ascensore. Peeta, dal canto suo, la stringe ancora più forte. Ma non è per darmi conforto. Lo guardo: la sua mascella si è irrigidita e trema leggermente.

“ Peeta?

“ Hai tentato di ammazzarmi facendomi sbattere la testa dentro l’ascensore, prima che iniziassero gli Hunger Games. Vero o falso?

“ Direi falso” dico gentilmente. Peeta sospira, appoggiando la testa contro la parete di vetro.

“ Cosa devo fare per dimostrarti che non sono un’assassina?” domando accarezzandogli un po’ il dorso della mano con le dita.

“ Non saprei… Dimmi che mi ami” mi dice improvvisamente.

Io non amo Peeta. Ma vorrei dirgli di sì. Non so perché. Di colpo, arrossisco e rido. Una risata nervosa che non mi appartiene. E soprattutto, appare fuori luogo in un momento così delicato. Ma quando guardo Peeta, vedo l’azzurro dei suoi occhi combattere quelle due pozze nere piene di disperazione.

 “ Grazie… Grazie, Katniss…” mi dice con ancora il fiatone. Non capisco il motivo della sua ripresa, anche perché io non ho fatto niente, ma sono contenta che sia finita. Gli stringo la mano più forte, sorridendogli. Forse lo amo davvero, ma non saprei proprio. Arriviamo all’attico. Due guardie ci aprono la porta. È proprio come me la ricordavo. Tutto uguale, come se non fosse cambiato niente. Peeta cammina più lentamente del solito. Immagino perché: troppi falsi ricordi legati a quel luogo. Ma gli basta un bacio sulla guancia per farlo calmare un po’. E poi la vedo. Vedo quel piccolo angioletto biondo seduto sul divano azzurro, con le braccia incrociate, lo sguardo curioso e affascinato allo stesso tempo. Alle sue spalle, un ragazzo alto e castano, un po’ tenebroso. Mollo la presa di Peeta. Mi avvento su Prim e l’abbraccio, con tutta la forza che ho. Lei pare un po’ spaventata, inzialmente, ma poi si lascia andare. Prim, la mia Prim. Riesco a sentire il suo calore, lo sento. Da sopra la testa della bambina intravedo Peeta che si dirige verso il ragazzo castano che immagino essere Vincent, dandogli un’amichevole pacca sulla schiena. Vincent onora Peeta di un sorriso. Bene. Ma io sto accarezzando i capelli di Prim.

“ Ciao Katniss… mi chiamo Angelique…” mi sussurra quell’esserino tra le mie braccia. Mi stacco da lei. No, non è Prim. I suoi occhi sono ancora da bambina, mentre quelli di Prim erano un po’ più da donna. Aveva visto troppi orrori e aveva ricoverato troppi pazienti. Mi esce una lacrima.

“ Ciao… Angelique… come stai?” le domando. Lei abbassa la testa.

“ Voglio tornare a casa…” sussurra. Una fitta al cuore. Guardo Peeta. Io non sono adatta a questo lavoro.

“ Vedrai che andrà tutto bene, ok? Hai me. Hai Peeta. Ti aiuteremo. Vi aiuteremo!” rimarco guardando Vincent. Mi tende la mano. Io l’afferro, mentre accetto le sue congratulazioni per il mio atteggiamento durante gli Hunger Games.

“ Io tifavo per te” ammette un po’ pomposamente.

“ Grazie, adoro avere così tanti fan!” replica Peeta cercando di ironizzare. Mi asciugo la lacrima e rido un po’.

“ Ok, allora, parliamo di voi. Che sapete fare?” domando. Angelique scuote la testa.

“ Niente… io so disegnare” risponde. Sto per replicare sul fatto che disegnare non l’aiuterà affatto, ma Peeta mi rivolge un occhiata di rimprovero ed esclama :

“ Wow! Io sono un pittore, sai? Mi fai vedere come disegni?” chiede. Angelique sorride soddisfatta, mentre scorta Peeta in camera sua. Vincent mi guarda, seduto sulla poltrona davanti a me.

“ Siamo spacciati, vero?” domanda. Scuoto la testa.

“ No. Assolutamente no. Ma dovete giocarvela bene, anzi, benissimo. Non è questione di forza. È tutta furbizia e strategia. Certo, è anche vero che avere un’arma non guasta!” aggiungo alla vista della sua occhiata scettica.

“ Tu sai fare qualcosa?

“ Scherma.

“ E sarebbe?

“ So lottare con una spada abbastanza allungata, ecco.

“ Questo è un enorme vantaggio” dico arricciando il naso. Non mi va a genio il fatto che i ragazzi di Capitol City sappiano praticare qesto genere di cose. Se erano così preparati, perché non ci andavano loro agli scorsi Hunger Games?

“ Sì, ma non ho mai ucciso nessuno” mi spiega quasi dispiaciuto.

“ Sfortunatamente, quando stai lì, non è così difficile come sembra” affermo. Vedo che le mie parole l’hanno scosso, quindi aggiungo “ Il punto è che nell’Arena, come tu ben sai, conta la propria sopravvivenza. E, di tanto in tanto, quella delle persone a cui tieni che stanno lì con te…

“ Come Peeta?

“ Come Peeta… “ confermo.

“ Non ci sono speranze per Angelique, vero?” domanda. Abbasso lo sguardo. Come posso dire una cosa del genere? Io voglio aiutarla. E spero di poterlo fare nel migliore dei modi.

“ Ci proverò. Farò di tutto per aiutarla.

In questo momento, tornano Peeta e Angelique.

“ Angelique è bravissima a disegnare, davvero… ad ogni modo… domani avrete la Parata!” esclama sedendosi accanto a me. Angelique sorride ancora, mentre si siede su un’altra poltrona lì vicino.

“ Saranno presenti gli sponsor, è un momento importantissimo. La vostra stilista sarà Tigris.

“ E’ brava?” chiede Vincent. Peeta solleva le spalle.

“ Non penso che sia una fuoriclasse come Cinna, ma penso che andrà bene” ammette. Cinna. Un giramento di testa. Vedo il sangue uscire da ogni singolo buco della casa. Mi alzo. Voglio andare via. Voglio fuggire. Cerco una via di fuga. Ma non c’è. Forse potrei buttarmi dal balcone e…

“ Katniss…” la dolce voce di Peeta mi riporta alla realtà. Io devo aiutare Prim. E così non la sto aiutando per niente.

“ Certo. Sì, vi piacerà. Io ho fame, Peeta” dichiaro inaspettatamente, lottando contro gli spiriti nella mia testa. Peeta chiede a due cameriere che stanno lì di portarci la cena.

“ Che fine hanno fatto tutte le persone che…” chiedo a una delle cameriere. I Senza-Voce. Ma sì, la ragazza dai capelli rossi. L’ex capitano dei Pacificatori… tutti nomi e persone che mi si affollano in testa, facendomi un po’ traballare.

“ Sono stati liberati, signorina. Qui ormai è ammesso solo il personale abilitato per il servizio. C’è un rigido test da passare!” afferma in modo un po’ troppo scorbutico. Tiro quasi un respiro di sollievo. Almeno forse, si saranno salvati. Ma questo non mi impedisce di non riuscire a mettere a fuoco la cameriera. Mi gira la testa. Sento cedere le ginocchia. Ma sento qualcuno tenermi forte. È Peeta, che mi fa accomodare su una sedia.

“ Katniss, stai calma…

“ Non ci riesco, non riesco…” riesco a borbottare confusamente. E poi vedo Prim che mi corre incontro, abbracciandomi. Ora sì, ora riesco a ragionare. Sento il suo calore, le sue piccole manine che mi stringono forte… appena molla la presa, le sorrido raggiante.

“ Grazie” sussurro con una voce tremante. Lei sorride, e, piano piano, Prim torna a essere Angelique. Peeta mi accarezza la testa in maniera comprensiva. Vincent anche mi sorride leggermente con fare incoraggiante. Sento qualcuno tossire. È un cameriere che ci avvisa che la cena è pronta. Prendiamo tutti posto, mentre ci servono le varie pietanze. A malapena capisco quello che sto mangiando, tanto sono presa dall’osservare quei due ragazzi. Lascio a Peeta il compito di fare conversazione, così da concentrarmi sullo studio delle loro parole. Vincent è un ragazzo brillante, un po’ sognatore. Vorrebbe diventare uno scrittore, se dovesse uscirne vivo. Ma c’è qualcosa in lui che non mi convince, qualcosa che mi attira e mi spaventa al tempo stesso.  Angelique, invece, ha due sorelle più piccole, un cagnolino di nome Steve e otto bambole di porcellana. La sua preferita si chiama Candy ed è bionda, con un vestito rosa con i fiorellini blu. A Vincent piace una ragazza di nome Mariss, ma lei è fidanzata con il ragazzo assegnato a Beete, Umos Naruth. Quando lo dice, vedo un’ombra attraversargli gli occhi. So chi sarà la prima preda di Vincent. Oppure, chi sarà il suo cacciatore. Questo non posso saperlo. Ad Angelique piaceva il vestito che avevo indossato alla prima intervista con Caesar. Dice che sua madre gliel’ha comprato uno uguale per la sua bambola Clarett in uno dei negozi che vendono prodotti firmati ‘ Hunger Games’. Vincent adora ascoltare la musica classica. Angelique ha una vera passione per i cavalli.

“ Quindi, quando vi sposate?” mi chiede Prim improvvisamente.

“ Eh?” domando io uscendo dai miei pensieri.

“ Tu e lui. Mamma ha votato per scegliere il tuo abito da sposa, Katniss… eri proprio bellissima. Da grande voglio essere come te!” mi dice Angelique sorridendo. Riesco a risponderle solo con un sorrisetto nervoso, prima che Peeta mi salvi:

“ Prima pensiamo a questi Hunger Games, eh?” afferma Peeta mandando giù un po’ di brodo.

“ Ok… allora prima domanda: il consiglio senza il quale la nostra morte sarà più immininente?” domanda Vincent più a Peeta che a me. Peeta mi guarda per un decimo di secondo, prima di dire:

“ Dovete piacere alla gente. Questo è il trucco. Fate modo che si affezionino a voi, dovete crearvi dei fan che vi seguano. Quindi, in questi giorni lavoreremo sulle vostre particolarità, su tutti gli elementi caratteriali e non che potrete sfruttare a vostro favore.

Lo dice in modo troppo pratico, troppo freddo. So che si sta sforzando, lo percepisco. Ma mentre mi servo un’altra porzione di patate, sento lo sguardo di Angelique sulla nuca.

“ E tu, Katniss? Che consiglio ci dai?” mi chiede. Certo, hanno proprio uno schifo di mentore. Mi sto concentrando troppo sul conoscerli, piuttosto che sul modo con cui salvarli. Mi schiarisco la voce.

“ Cercate un modo per procurarvi dell’acqua. E imparate a cacciare. Evitate lo scontro diretto. Ma sappiate uccidere, se servirà. Perché se non lo farete voi, lo faranno loro” dichiaro. Silenzio. Neanche il rumore delle posate. Tutti mi stanno fissando. Sento Peeta sospirare. Gli occhi di Angelique sono lucidi. Vincent mi guarda sbalordito, ma vedo che mi sta dedicando più considerazione del solito. Peeta tossisce.

“ Chiediamo il dolce, eh? Mi sa che è meglio” dichiara tra i denti. Abbasso lo sguardo. Sì, anche secondo me è meglio chiedere il dolce. È preferibile al sapore amaro della verità.

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Capitolo 12
*** Whisky ***


 

“ Sono le undici. Tutti a letto, domani vi voglio in gran forma per la Parata! Incontrerete i preparatori e la vostra stilista, e dovete farvi trovare riposati! A letto!” esclama Peeta in modo troppo gioioso per essere vero. Mentre Vincent mi saluta con un breve cenno della mano e del capo, Angelique mi abbraccia e mi sussurra un timido “ Buonanotte”. Appena la vedo sparire nella corridoio, emetto un singhiozzo. Sento le braccia di Peeta cingermi le spalle. Mi ci aggrappo, con tutta la forza che ho. Ma non mi basta, non mi aiuta. Comincio a piangere, provando a emettere meno rumore possibile. Non voglio che Angelique mi senta. E neanche Vincent. Vorrei essere coraggiosa, vorrei essere fredda e distaccata, così da poterli aiutare meglio. Ora capisco Haymitch: con una buona dose di alcol nel corpo, il mio compito dovrebbe essere più facile.

“ Voglio bere” bisbiglio a Peeta tra un singulto e l’altro. Lo sento sospirare. Ma un attimo dopo, si rivolge alla cameriera, dicendogli qualcosa che non riesco ad afferrare. Essa sparisce, per poi ritornare due attimi dopo, con in mano una bottiglia di whisky e due bicchieri. Peeta la apre e ne versa il contenuto nei due bicchieri di vetro. Ne afferra uno e lo alza, a mo’ di brindisi. Io prendo quell’altro. Posso già avvertire l’aroma.

“ Felici Hunger Games” sussurra amaramente prima di mandare giù il liquido in un solo sorso. È bianco cadaverico e trema come una foglia.  Io, dal canto mio, faccio lo stesso. Sento l’acol bruciarmi in gola. Ma non mi importa. Quel dolore mi aiuta a distogliere l’attenzione dal dolore vero. Quello che si sta verificando nella mia testa. Inquietanti immagini mi passano davanti agli occhi. Angelique morta, Vincent morto. O peggio, Vincent che uccide Angelique, con una spada allungata che… ne voglio ancora. Voglio altro whisky. Me ne verso dell’altro, avida di scacciare via le mie fantasie. Peeta, dopo avermi scoccato un’occhiata di rimprovero, mi imita. E entrambi mandiamo giù un altro bicchiere.

“ E’ terribile” mormoro provando ad asciugare le lacrime sulle guancie con l’estremità della mia manica. Ma niente, ne scendono altre. È inutile, quindi lascio perdere.

“ L’avete voluto voi” mi sussurra Peeta. Non riesco a ribattere, quindi mi porto una mano alla bocca per trattenere un singhiozzo. Ha ragione. Ha sempre avuto ragione. E non so cosa dire.

“ Dobbiamo aiutarli. Dovremmo aiutare tutti” esclama Peeta con gli occhi lucidi. Spero in cuor mio che sia per il bruciore dell’alcol, ma non ne sono così sicura.

“ Non possiamo farlo. Non stavolta” mi dico abbattuta. Non mi riconosco nelle parole che dico. Sento… Rassegnazione. No, basta fare guai. Questo è l’ultimo sforzo. L’ultimo ostacolo tra me e la mia pace. Niente scappatoie. Stavolta i cattivi siamo noi. Peeta mi afferra la mano, forse con un po’ troppa forza. Parole non dette fluttuano nell’aria. Ribellione soffocata a tutto ciò. Un urlo muto. Resiamo così per qualche attimo, prima che sia lui a versarsi altro whisky nel bicchiere. Appena poggia la bottiglia, colgo l’occasione per afferrarla di nuovo. Sto al terzo bicchiere e mi gira la testa. Ma forse è meglio così. Sento la testa farsi pesante. Ma continuo a bere e…  voglio andare a letto.

“ Sono stanca” dichiaro a Peeta. Lui annuisce e, dopo essersi alzato traballando un po’, mi tende la mano per aiutarmi. Ma appena riesco a mettermi dritta, sento le ginocchia cedermi e sono costretta ad aggrapparmi a lui. Sento qualcosa salirmi dalla bocca dello stomaco. Alcol. Vomito tutto sulla moquette blu.

“ Scusa…” sussurro un po’ confusamente. Non ci capisco niente. La voce di Peeta è lontana mille miglia quando la sento dire “ Ti prendo in braccio”. Ed è proprio quello che succede, penso, quando mi accorgo che i miei piedi non toccano terra. Peeta mi adagia delicatamente su una superficie morbida. Deve essere il letto. Sì, è il letto. Posso sentire le sue coperte soffici e calde. Qualcuno o qualcosa mi poggia un materiale freddo sulle labbra. Acqua. Peeta si allontana ed entra in quello che deve essere il bagno. Lo sento piangere. Io, nel frattempo, tento di mettere a fuoco i contorni degli oggetti che mi circondano. Faccio dei respiri regolari e controllati. O almeno ci provo. Ecco, piano piano ci sto riuscendo. L’acqua e il vomito mi hanno aiutata. Sento i capogiri farsi più lievi ed isolati e ormai non ho problemi a riconoscere la sagoma dell’armadio alla mia sinistra. Peeta esce dal bagno. Ha gli occhi rossi e i capelli disordinati.  Gli scocco un’occhiata indagatoria, ma lui mi rassicura subito:

“ Sto bene. Scusa per… sono solo un po’ stanco.

“ Ok.

“ Tu… come va? Ancora giramenti o va meglio?

“ Va meglio. Sono confusa, però. Mi dispiace. ” dichiaro con assoluta franchezza. Lui mi rivolge un sorriso carico di tristezza, prima di adagiarsi accanto a me. Non ci cambiamo neanche. A quanto sembra, abbiamo deciso di dormire così. Spegniamo le luci. Lo senso respirare. I suoi respiri sono mozzati, poco regolari. Mi avvicino a lui e lo abbraccio. Gli faccio adagiare la testa sul mio petto. Sembra quasi un bambino. Ed è in questo momento che inizia a singhiozzare nel verso senso della parola. E mi si spezza il cuore. Finnick ci aveva preso. Peeta ha vinto per puro caso gli Hunger Games. Grazie a me. Ma quei giochi, quella brutalità, quella morte… Sono cose che non gli appartengono, e che non gli apparterranno mai davvero. Lui non è un assassino. Non è un carnefice. Gli manca quella dose di cinismo necessaria per uccidere. Al contrario mio, invece. Al contrario di tutti i vincitori degli Hunger Games. Lui non dovrebbe trovarsi qui. Lui dovrebbe stare in Panetteria con suo padre, sua madre e i suoi fratelli, in questo momento, magari ad allestire le vetrine per il giorno seguente, o a ideare nuove decorazioni per le torte… Ma ormai non si può tornare indietro. Forse avrei dovuto lasciarlo morire dentro l’Arena. Avrei dovuto avere il sangue freddo di ucciderlo piuttosto che condannarlo a una vita piena di dolore, sofferenza e… depistaggi vari. E dopo tutto quello che abbiamo passato… questa è la beffa che segue al danno. Fare da Mentori… No, è troppo da sopportare. E’ troppo pure per Peeta. Per la prima volta, non riesce a farsi carico della mia disperazione. Anzi, è lui quello che ha bisogno di aiuto. Ma non quel tipo di aiuto che gli ho sempre dato nell’Arena… stavolta non ha qualche arto sanguinante da fasciare o un cuore momentaneamente fermo. Anzi, posso sentirlo battere nel suo petto. No, questa volta dovrei occupari di lui come lui si è sempre occupato di me: confortandomi, abbracciandomi, facendomi sentire la sua presenza. Gli comincio a dare qualche bacio sulla testa, accarezzandogli i capelli delicatamente. Sento i suoi respiri farsi più pacati. Bene. Si solleva dal mio petto e, in men che non si dica, fa premere le sue labbra contro le mie. Ci baciamo a lungo, a fondo, piano e con calma, come per assaporare il momento. E mi lascio tutto alle spalle. Non mi importa del fatto che quello che stiamo facendo è già sopra la norma, considerando la sua situazione. Io voglio di più, stavolta. E, improvvisamente, faccio fatica a pianificare un metodo di conforto adeguato per Peeta: ora mi sento io quella da consolare, da accontentare. Sento i miei nervi sciogliersi sotto le sue mani che mi accarezzano la faccia, ma non mi basta. Voglio sfogarmi, distrarmi dall’ombra della futura disperazione che avverto essere sempre più vicina. Mi aggrappo a quel bacio con tutta me stessa, unica luce, unica speranza di quello che ci sarà dopo tutta questa disperazione. C’è un solo posto in cui posso trovare la pace: dentro questa stanza. Fuori da essa vi è la morte. Qui invece c’è vita. Posso sentirla scorrere nelle mie vene, dentro di me. Ma Peeta è troppo calmo, non sembra accorgersi dell’energia che mi sta penetrando le membra. In un batter d’occhio, il mio corpo è sopra di lui. Anche io sono stupita di quello che sto facendo, ma qualcosa mi dice che è giusto, che è bello. Peeta mi guarda interrogativo e un po’ spaventato, lo vedo nella penombra, quando mi sussurra:

“ Katniss… non capisco…

“ Non c’è bisogno di capire niente. Basta pensare, voglio solo…

“ Katniss, ascoltami, l’alcol…

 Ma io non lo voglio sentire: voglio fare qualcosa per distarmi, per farci felici. Per una volta, tocca a me. Provare a salvarci. E so in cuor mio che i Morsi della Morte, stavolta, non saranno necessari.  Comincio a dargli piccoli baci sul suo collo. Non mi ero resa conto di quanto la cosa fosse gradevole. E deve esserlo anche per lui, perché si fa scappare un gemito. So riconoscere i gemiti dovuti al dolore, ma questo non è tra quelli. Infatti sento le sue mani stringersi intorno a miei fianchi, come per aggrapparsi a qualcosa. Mi tocca e, per qualche strano motivo, vorrei che mi toccasse di più. Mi piace. Mi tolgo da sopra di lui e mi stendo sulle coperte. Lui pare capire quello che vorrei che facesse, infatti adesso è lui a stare sopra di me. Fa scorrere le sue mani sulle mie braccia, provocandomi tanti piccoli brividi. Ma non c’è niente da fare, voglio di più. Cosa, esattamente, non lo so. Ma qualsiasi cosa sia, la voglio ora. Faccio scendere le mie mani sulla sua schiena, giocherellando con il bordo della sua maglietta nera. Si interrompe un secondo e mi guarda fisso negli occhi. Non riesco a decifrare la sua espressione: spaventata, contentissima o sconcertata? Sembra che stia provando a capire la situazione. Ma non ho il tempo di starci a riflettere troppo. Si mette un po’ più dritto e, con un solo gesto si leva la maglietta. Nei suoi gesti colgo qualcosa di disperato. Si sporge verso di me. Sì, anche lui si sta aggrappando a tutto questo. Ci sta provando, sta tentando di lasciare i suoi spettri lontano da noi. È giusto così.  Tocco con la punta delle dita i suoi addominali e il suo petto. Sì, tutto questo è mio, deve essere mio. Sento le sue mani farsi un po’ più insistenti. Dove vuole arrivare? Lo capisco in questo stesso istante: sul mio seno. La sua mano destra è delicatamente poggiata sul mio seno sinistro. Ora capisco cosa stiamo facendo, o meglio, cosa stiamo per fare. Stiamo infrangendo le regole, ci stiamo ribellando, in qualche modo. Il nostro è un modo per dire “ Ehi, nonostante questa sitazione, noi riusciamo comunque ad andare avanti. Insieme”. Ma forse è solo una mia romantica visione della cosa. Mi invade una paura folle, ma un bacio di Peeta la soffoca. Sì, è questo quello che voglio. Tanto prima o poi sarebbe dovuto succedere. Quale momento migliore? Ci stiamo ribellando a noi stessi. Stiamo dimostrando che possiamo combattere le tenebre con… qualcosa di bello, penso. Sento che mi sta slacciando la camicetta. Gli blocco la mano.

“ Io… non ho il reggiseno sotto la camicia” ciancico tutta accaldata. Ma non è proprio quello il lato bello della questione? Forse no, visto che l’ho puntualizzato così. Peeta sorride.

“ E’ davvero un problema?” mi domanda insicuro. Stranamente, lo sento un po’ allarmato.  Non volevo farlo preoccupare. Faccio affogare le mie paure. No, non sarà un problema, penso. Dopo aver slacciato l’utimo bottone, mi scopre il petto. Vorrei coprirmi, ma sarebbe stupido e poi sono stata io a cominciare il gioco. E adesso voglio finirlo. Peeta comincia a sfiorarmi con le labbra i miei seni e la cosa mi fa letteralmente andare fuori di me. Nessuno mi ha mai toccata così. Sono spaventata a morte, ma anche esaltata da questa nuova sensazione. Mi slaccio i pantaloni e li sfilo velocemente aiutandomi con le gambe. Basta, tutta questa attesa mi fa impazzire. Adesso ho il coraggio di farlo e non so per quanto tempo la cosa può durare. Devo agire immediatamente. Ci servirà, neanche il dolore dell’alcol ha un potere di distrazione quanto questo che stiamo facendo… Porto una mano ai jeans di Peeta. Ma lui la blocca. Lo vedo alzare lo sguardo su di me.

“ Katniss… io non posso farlo” mi dice scansandosi. Ho gli occhi sbarrati e la testa che mi pulsa. No, non l’ha detto veramente. Non mi sta rifiutando sul serio. Ci deve essere qualche problema di fondo. E mi viene un’idea. Ora capisco. Che stupida, davo per scontato che ce li avesse. Ma a quanto sembra non li ha. E io non voglio restare incinta. Non resterò mai incinta. Lo spavento nei miei occhi fa spazio a una specie di… rassegnazione. Ok, nessun problema. Possiamo anche continuare senza… andare al punto. Ma voglio ancora i suoi baci. Li voglio dappertutto, come tanti piccoli cerotti, ad assorbire le mie ferite.

“ Ah, ok, non hai i… quei cosi che si mettono per non avere figli. Ok. Non c’è problema, davvero, d’altronde anche io non voglio avere figli quindi…

“ No, Katniss, quelli ce li ho. Stanno lì dentro lo zaino. Me li ha dati Haymitch dopo l’intervista, ridendo come un pazzo. L’ha trovato divertente. Non è questo il punto” dichiara in modo freddo. Mi invade un senso di inadeguatezza. Ma cosa diamine stavo facendo? Mi gira un po’ la testa, e sento il respiro farsi più controllato. Ora che sto razionalizzando quello che volevo fare, mi sembra una cosa stupida e non da me. Quasi innaturale. Ok, e questo vale per me, sono le mie sensazioni. Ma perché Peeta non vuole? Il mio sguardo mi cade sulla pancia. È chiazzata da tutte le cicatrici della scottatura.  Ora capisco. Perfetto. Mi riallaccio la camicetta, ben attenta a non guardare Peeta. Eppure mi sta accarezzando i capelli. L’incoerenza di questo ragazzo.

“ Ok. Potevi dirmelo prima, Peeta.

“ Che cosa?

“ Che non mi vuoi. Ok, davvero, ci sto. Non c’è problema.

Lui scoppia in una risata fragorosa, mentre io sento alcune lacrime farsi spazio nei miei occhi. Do un pugno sul materasso, mi alzo e scappo in bagno. Sento che Peeta mi chiama, stavolta con un tono più serio, ma non importa. Sbatto la porta dietro di me e mi guardo allo specchio. Ho i capelli scompigliati, il rossetto rosa che mi ero messa è tutto sbavato sulla bocca e in parte sul mento, il minimo di trucco sugli occhi è tutto calato, tanto da farmi sembrare un panda. Ci credo che non mi vuole. Neanche io mi vorrei in queste condizioni. Per non parlare poi delle cicatrici. Bene, Katniss, in fondo è un bene che vi siate fermati, no? Sarebbe stato… innaturale. Eppure sei triste. Perché sono triste? Non ci capisco niente e mi gira la testa. Mi risale la nausea. Mi bagno i polsi con l’acqua del rubinetto.

“ Katniss, apri subito questa porta!” mi urla Peeta. Scuoto la testa. Non voglio vederlo. Non voglio che lui possa capire la mia umiliazione. Ma prima o poi dovrò uscire. Cerco di mettere su l’espressione più fiera e dura che ho, mentre stringo la maniglia della porta e l’attiro verso di me. Peeta è sul letto, seduto. Mi guarda quasi come per rimproverarmi.

“ Ti rendi conto della stupidaggine che hai detto oppure sei davvero convinta della tua opinione?

“ Ne sono convinta. Non vedo altri motivi. Ma davvero, Peeta, nessun problema. Capisco di non essere proprio il massimo della bellezza e sinceramente non posso neanche biasimarti troppo. Quindi basta. Non mi devi nessuna spiegazione” rispondo. Peeta si alza in piedi e viene verso di me.

“ Katniss… tu non puoi davvero pensare questa assurdità! Ti prego, dimmi che tutto quello che faccio per te ti abbia fatto maturare l’idea che ti amo più della mia stessa vita e che ti voglio con tutto me stesso! Ti supplico, dimmi che i miei sforzi producono qualche risultato! Così tu mi uccidi, Katniss! Come puoi pensare una cosa del genere?

“ Allora perché dici che non possiamo…? Non che io voglia, comunque” dichiaro. Lui mi guarda scettico. Capisco che eviterà di commentare l’ultima mia affermazione.

“ Perché potrei metterti in pericolo! E se mi venisse uno dei miei soliti attacchi? E poi Katniss, ammettiamolo, se proprio deve succedere, non così!

“ Così come?

“ Sei brilla! E lo sono anche io, a dirla tutta! Ci siamo scolati una bottiglia di whisky in due!” esclama. “ Non ti comporteresti così se non fossi mezza ubriaca!

“ Io sto benissimo!” urlo fuori di me gettandomi sul letto e infilandomi sotto le coperte. Peeta sbuffa infastidito, ma mi raggiunge immediatamente. Stavolta però non mi abbraccia, non mi sfiora neanche. Ed eccolo di nuovo: l’orrore. Ecco i pensieri connessi agli Hunger Games affliggermi il cervello, stavolta ancora più forti. Chiudo gli occhi e provo a non sentire le urla di Prim, di Rue, di Angelique. Niente, non riesco a dormire. Rimango immobile, con la faccia spiaccicata contro il cuscino, a tentare di scacciare le immagini macabre e strazianti che si affollano davanti a me.

“ Katniss?” sento sussurrare nell’oscurità. Non rispondo. Faccio finta di dormire. Sento un movimento dietro la mia schiena. Peeta mi sta abbracciando.

“ Stai dormendo?” mi chiede. Ma che domanda sciocca. No che non sto dormendo, dopo tutto il casino di prima. Ma non gli darò mai questa soddisfazione. Non emetto un fiato. Lui sospira.

“ Katniss, io ti voglio con tutto me stesso… ma prima devo accertarmi di non essere un pericolo per te. Devo essere certo di avere le capacità di non rovinare un momento che sarà così bello per entrambi.  Ti prego, cerca di capirmi…” bisbiglia. Provo a non piangere. Ma spero che il singulto che mi esce venga scambiato da Peeta come un piagnucolio dovuto ai miei incubi. Non so se ci è cascato, ma nonostante questo, mi stringe più forte e mi sussurra “ Ti amo, Katniss”.

 

“ Sei sicura che non abbia abbandonato il palazzo?” chiedo alla cameriera.

“ Assolutamente, anche perché avrebbe dovuto prendere l’ascensore, e so che stamattina l’hanno bloccato per problemi tecnici… in realtà è fisicamente impossibile che abbia lasciato questo appartamento!” esclama infastidita. Sbuffo. Dove diamine è andato? Poi mi viene un lampo di genio. Salgo sull’attico e lo trovo lì, intento a scrutare il panorama. Sorrido un po’. Non si è accorto di me. O forse sì?

“ Buongiorno” mi sussurra senza girarsi. Sospiro profondamente.

“ ‘Giorno…” biascico mettendomi a sedere accanto a lui.

“ L’ultima volta che siamo stati qui ho pensato che avrei voluto passare tutta la vita in quel modo. Io, te, quattro risate e una bella vista sul mondo. Niente problemi, niente Hunger Games. Sarebbe bello, eh?” mi dice all’improvviso.

“ I nostri problemi stanno per finire, Peeta. Questi saranno gli ultimi Hunger Games. E poi potremmo tornare a casa” affermo timidamente. Alla fine, sto dando voce ai miei pensieri. E poi, ormai è inevitabile. È subentrata la sensazione di rassegnazione. O forse no. Non saprei. Lui ride un po’ divertito.

“ Oh certo, tornerai a casa con un pazzo che, alla massima eccitazione, decide di non continuare per paura di farti del male. Bell’affare, eh?” ironizza sarcastico. Rimango di sasso e cerco di non arrossire. Massima… eccitazione??? Oddio, Peeta. Abbasso lo sguardo.

“ Tu… l’hai fatto per me, no? Non perché… non mi vuoi, vero?” chiedo stupidamente. Sembro una bambina di quattro anni che vuole il suo lecca-lecca. E mi rendo conto di quanto sia sciocco e imbarazzante fargli una domanda così… ma non riesco a farne a meno.

“ Katniss, devo davvero risponderti che ogni mattina, prima di svergliarti, devo combattere con qualcosa nei miei pantaloni che…

“ Ok, ok, ho capito!” grido con l’accenno di un sorriso imbarazzato. Peeta sembra rilassarsi.

“ Ecco. Dimmi se te lo devo dire e te lo dico senza problemi. Io ti voglio più di ogni altra cosa al mondo. Ma non posso rischiare di ferirti, Katniss. Se vuoi qualcuno che possa accontentarti senza farti del male c’è sempre…

“ NON OSARE DIRLO!” grido. Già so cosa vuole dire. E non si deve azzardare. “ Ancora con questa storia? Io non ce la faccio più! Sai una bella cosa? Hai ragione! Sì, insomma, non vedo l’ora di perdere la mia verginità, e che sia tu o sia Gale non fa alcuna differenza! Anzi, sai che ti dico? Andrò con Gale! Lui sì che mi potrà dare quello che voglio! SEI UN CRETINO, PEETA, NON CAPISCI NIENTE!” esclamo correndo via da lui. Arrivo al salone. Vedo Angelique e Vincent seduti al tavolo, a parlare, mentre mangiano la loro colazione. Vorrei potergli gridare contro, sfogarmi con loro delle mie frustrazioni. Ma gli occhi di Prim mi riportano alla realtà. No, non posso far trapelare i miei sentimenti. Non è questo che fa un buon mentore. Io devo aiutarli. Aiutare Prim. Quindi metto su il sorriso più falso del mondo, nella speranza che copra il mio vero stato d’animo. All’occhiata intensa di Vincent rispondo un semplice “ Sto bene”. Mi avvento sulla colazione per soffocare le mie lotte interne.

“ Allora… tesi per la Parata?” chiedo. Angelique scuote la testa con troppa violenza per poterle credere.

“ Ok, statemi a sentire… è un momento davvero importante, chiaro? Non dovete sottovalutarlo. Voi sorridete, salutate tutti e andrà tutto bene. Sono sicura che Tigris avrà fatto un ottimo lavoro. Poi c’è l’intervista. Piano piano lavoreremo sulla vostra immagine. Io avrei già qualche idea, ma starà a voi decidere se seguirla o no” affermo ingurgitando un toast.

“ Dov’è Peeta?” mi chiede Angelique, come se non avesse ascoltato una parola del mio discorso.

“ Sta per i fatti suoi” dichiaro un po’ stroppo sprezzante.

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Capitolo 13
*** La Parata ***


Peeta è rimasto tutto il giorno sopra l’attico. Dopo stamattina, lo vedo solo quando torna in camera, per vestirsi per la Parata. Indossa un semplice smoking nero, e si tira i capelli indietro con una spazzola. Non mi guarda. Bene. Facesse l’offeso, non mi importa. Io opto per un semplice abito rosa, piuttosto sobrio in realtà. Mi tolgo tutti i vestiti da giorni per entrare nel mio abito. Sento una rapida occhiata di Peeta sulla nuca, ma quando mi giro verso di lui, si sta aggiustando la cravatta evitando il mio sguardo. Perfetto. Non ho bisogno delle sue attenzioni, io. Mi guardo allo specchio. La sobrietà di questo vestito darà i suoi frutti, spero.  Non voglio che la mia presenza offuschi Angelique e Vincent. Le attenzioni devono essere focalizzate su di loro. Io e Peeta ci avviamo in silenzio verso l’ascensore, il quale si ferma al terzo piano. Allo sguardo interrogativo di me e Peeta, rispondono due occhi che ci scrutano attentamente. Johanna entra nell’ascensore, bellissima nel suo vestito verde semi-trasparente, che le lascia il seno un po’ scoperto. Scocco un’occhiata a Peeta. È leggermente rosso. Stringo i pugni. Non ho idea del perché lo faccia, ma sento la mia mascella leggermente contrarsi. Qualcosa mi sta dando fastidio, anche se non so che cosa.

“ Bel vestito, meno scoppiettante, ma bello. Come va?” mi domanda lei con un lieve sorriso.

“ Abbastanza bene, tu? ” sussurro tra i denti sospirando un po’. Almeno interrompe il silenzio che si era venuto a creare.

“ Oh, benissimo, odio Snow, non vedo l’ora di vederlo morire nell’Arena e… ciao anche a te, Peeta!” esclama alla vista di Peeta. Effettivamente, è strano il fatto che non l’abbia salutata quando è entrata nell’ascensore…  Peeta le risponde con un rapido cenno della testa. A questa mancanza di calore umano tipico di Peeta, Johanna si volta verso di me.

“ Tutto a posto?

“ Sì, perché non dovrebbe?” chiedo di botto.

“ Perché sembra che vi abbiano costretti ad ingoiare un litro del veleno degli Aghi Inseguitori. Senza offesa, Peeta” aggiunge.

“ Oh, nessuna offesa” sussurra tra i denti. “ Siamo arrivati, comunque!” dice scendendo con fare un po’ brusco. Lo seguo attraverso il corridoio. E lì li vediamo: tutti i tributi sono stati vestiti e truccati per la parata. Johanna si fionda velocemente in un punto della sala, dove immagino essere i suoi tributi. Il mio sguardo indugia su tutti i volti e alla fine lo vedo: Haymitch sta dando dei consigli ai suoi tributi. È un po’ strano vedere la faccenda da fuori.

“ Haymitch!” lo chiamo. Lui si volta e mi guarda un po’ storto.

“ Dopo, dolcezza, adesso vai dai tuoi tributi che io ho da fare qui!” esclama bruscamente.

“ Carino come al solito, eh?” dico a Peeta, che si limita a ridacchiare a forza. Niente, oggi quest’uomo ha deciso di trattarmi con freddezza. È una strana sensazione. E per un attimo, vorrei piangere. Ma non posso, non ora. Basta pensare a Peeta. Ora devo pensare ad Angelique, che starà morendo di paura. Ok, non c’è tempo da perdere. Intravedo Annie, ma la saluterò dopo. Mi dirigo verso i miei due tributi, senza preoccuparmi del fatto che Peeta mi segua o no. Sono vestiti in modo… animalesco. Sembrano dei piccoli ghepardi o qualcosa del genere. Le macchie sono state tatuate direttamente sulla pelle, e sembra che siano totalmente nudi. Solo a una vista più accurata posso distinguere i contorni di un paio di slip per Vincent e di un bikini striminzito per Angelique. Per il resto, sono due ghepardi maculati. Nonostante l’eccentricità della cosa, però, sono bellissimi. Tigris ci viene incontro.

“ Ciao Katniss! Ti piacciono?” domanda.

“ Wow, sono… come state?

“ Ho un po’ freddo…” afferma Angelique. Sì, posso vedere i brividi sul suo corpicino minuscolo. Mi costringo a non ostentare un sorriso penoso.

“ Passerà… come sta Peeta?” chiede Tigris. Mi giro. Non lo vedo. Dov’è Peeta? I miei occhi percorrono la sala. Eccolo lì, in un angolo, con la faccia rivolta verso il muro. Mi avvicino a lui, dicendo a Tigris di non seguirmi. Sta tremando come una foglia.

“ Peeta?” chiedo un po’ timorosa. La vista dei suoi pugni serrati mi fa intuire che non è niente di buono. Non può avere uno dei suoi attacchi. Non adesso che Angelique…

“ Sono due ibridi. Due schifosi ibridi. Li hai creati tu? Stai creando degli ibridi per ammazzarmi nel sonno?” domanda. Scuoto la testa.

“ No, Peeta, quelli sono Angelique e Vincent. È stata Tigris a dipingerli così” gli spiego provando a celare una nota di urgenza. Stiamo lasciando Angelique da sola! Ma è pure vero che anche a Peeta serve il mio aiuto… non ci si può dividere in due, eh?

“ Ah, Tigris è una tua complice, eh?” esclama senza girarsi. Sbuffo.

“ No, Peeta, è semplice pittura per la pelle, immagino. Una volta mi ci hai dipinto la faccia con quella robaccia. Agli allenameti della…

“ Settantacinquesima edizione. Vero o falso?” chiede girandosi. Vedo le pozze nei suoi occhi ridursi sempre di più. Sorrido. È tornato. Lo sento dalla nota di dolcezza nella sua voce.

“ Vero. Adesso andiamo, dobbiamo fare la parte dei mentori responsabili” affermo incamminandomi di nuovo verso Vincent e Angelique. Peeta mi prende la mano. Sospiro di piacere e stringo con l’altra mano il suo braccio. Con lui posso aiutare meglio Angelique. Con lui posso fare meglio tutto. Guardo Angelique e Vincent, terribilmente a suo agio. Forse pure un po’ troppo.

“ Allora, sorridete. Non fatevi prendere dall’ansia. Noi saremo sugli spalti, ok?” dico salutandoli con una mano. Vincent mi degna di un lieve sorriso, prima di girarsi dall’altra parte. Angelique si limita ad annuire tremante. Mi avvio verso gli spalti, seguita da Peeta.

“ Katniss, per prima…” mi dice a bassa voce. Gli metto un dito sulle labbra.

“ Ne parliamo dopo” affermo velocemente. Non possiamo parlarne ora. Adesso le mie attenzioni devono essere focalizzate su Prim. Ma è anche vero che il colorito di Peeta non mi piace per niente.

“ Tu adesso stai bene, no?” chiedo speranzosa. Lui annuisce, bisbigliando un debole “ Certo”.

“ Ok. Allora, adesso salutiamo tutti e vediamo la parata. E poi in camera chiariamo due o tre cosette. Ci stai?” dico. Annuisce ancora, stavolta più sereno. Arriviamo alla tribuna riservata ai mentori. Intravedo Annie, di nuovo.

“ Annie!” la chiamo. Lei si gira spaesata, prima di rivolgermi un cenno con la mano. La morte di Finnick non le ha fatto bene per niente: alcuni capelli le sono diventati grigi e ha molte più rughe di quanto ricordassi, testimoni di un’antica bellezza. Non ha neanche trent’anni. Mi siedo vicino a lei.

“ Come stai?

“ Oh, bene, Katniss… sto qui e sono felice… ma Hearten non sta con me… è triste, no?” mi domanda. Alla mia espressione sconcertata, subentra Peeta.

“ Dove si trova?

“ Ce l’ha una ragazza … sua…” dice sussurrando. Poi tace e si limita a fissare il vuoto. Niente, è andata. Faccio cenno a Peeta di lasciarla sola. Provo ad avvistare Beete, e lo trovo vicino a Haymitch e a Johanna.

“ Hey, ragazza in fiamme! Vieni a sentire le stupidaggini che dice il tuo mentore!” esclama la voce gioiosa di Beetee.

“ Ex mentore, direi… dolcezza… Ragazzo Innamorato… come sta andando?” domanda Haymitch.

“ Bene, bene, Angelique e Vincent sono in gamba” afferma Peeta prendendo posto.

“ Non mi stavo riferendo a quello, Peeta!” dichiara mandandomi a fuoco la faccia. Johanna sghignazza, dando la colpa dell’eccessiva ilarità di Haymitch alle due bottiglie di vino che si è scolato nel giro di cinque minuti. Provo a parlare con Beetee, ma sento le trombe: sta iniziando la parata. Ed ecco la voce di Caesar che parla alla moltitudine delle persone lì radunate. Ma non mi importa di quello chedice. Io voglio vedere come sta Prim. Ma ancora non la vedo. Nel frattempo, osservo gli altri tributi. I primi sono quelli di Haymitch: David Stranner e Jannet McGrams. Sono vestiti tutti con quella che sembrerebbe una carta argentata. Mentre però Jannet riesce a portarla quasi con grazia, David sembra solo un enorme pralina al cioccolato incartata male.

“ Gliel’ho detto allo stilista. Ma quello si è limitiato a dire che non capisco la sua ‘arte’. E valla a capire!” ci sussurra Haymitch seccato. Poi è il turno dei ragazzi di Beetee, Umos Naruth e Fraglia Reevees, vestiti di un tessuto pieno di lucine che si illuminano a intermittenza.

“ La stilista deGorgoaunnex ha deciso di richiamare la mia affinità con l’elettricità. Dice che può essere un metodo per richiamare l’attenzione degli sponsor!” ci spiega Beetee. Ma ecco in arrivo Caleb Rockforter e Mielinda Servietty, bellissimi e splendenti nei loro abiti bianchi e neri. Non riusciamo a capire il motivo di quella scelta, anche perché quando scruto Annie con la coda dell’occhio, la vedo parlare da sola. Un’occhiata complice a Johanna mi fa comunicare ciò che non avevo il coraggio di ammettere: la situazione di Annie è peggiorata notevolmente. È il turno di Jack Snow e Celine Noiress. Sono terribili e bellissimi vestiti di… sole rose rosse. Mi alzo, ma non sono l’unica a farlo. Johanna ride.

“ Rilassati, ragazza in fiamme… gliel’ho chiesto io alla stilista.

“ Per quale assurda ragione?

“ Non è ovvio? Chi vorrà sponsirazzare due ragazzi che indossano… il simbolo di Snow?” ammette lentamente, quasi come per assaporare il momento. Mi rimetto seduta. Non so come prendere le sue parole. Guardo Peeta. Lui scuote la testa, incredulo e scandalizzato. Non riesco a concentrarmi sugli altri tributi, finchè non è il turno di Angelique e Vincent. Sono bellissimi con tutte quelle macchie. Riesco anche a percepire la voce di Caesar. Fortunatamente non mi nomina, ma si concentra sui miei protetti, definendoli “ audaci”, “straordinari”, “ pazzeschi”. Un buon inizio, dai. Sento la Paylor pronunciare un discorso. Non mi importa. La mia attenzione è concentrata sulla mia Prim, infreddolita e tremante. Quando la vedo sparire, mi affretto a tornare nella sala della preparazione. Riesco a intravedere Octavia, Flavius e Venia che armeggiano con la loro pelle, per togliere le macchie.

“ Ciao, ragazzi! Scusateci, ma dobbiamo agire in fretta! Se non si tolgono entro un ora, poi non vanno più via!” esclama Flavius. Vedo il volto di Angelique impallidire attraverso le macchie.

“ Stai tranquilla, sono dei professionisti!” le spiego. Lei pare rilassarsi. Vincent è particolarmente silenzioso e scruta Umos con fare assassino. Umos, dal canto suo, sembra fare lo stesso. Fantastico.

Faccio di tutto per accellerare i tempi e per portare i miei ragazzi nell’appartamento più in fretta che posso. Li congedo con una buonanotte, ben conscia che questa sarà tutt’altro che una ‘buona’ notte per loro. Domani iniziano gli allenamenti. Dopo aver dato un bacio della buonanotte a Prim e un veloce saluto a Vincent, mi lascio cadere sul mio soffice e accogliente letto, con Peeta che si chiude la porta alle spalle. Lui fa lo stesso, affiancandomi.

“ Adesso parliamo” dice lui. Annuisco.

“ Sì, te l’ho detto io” riesco a dichiarare.

“ Katniss, ascolta… per la questione di ieri… io spero davvero che tu sappia che ti ho sempre voluta, ti voglio e sempre ti vorrò. Questo è un dato di fatto. È chiaro il concetto?

“ Sì… ma… io capisco anche che…

“ No, tu non capisci proprio un bel niente. Fosse per me ti strapperei i vestiti di dosso anche in questo momento. Queste cose non te le dico perché non voglio fare la parte del maniaco sessuale, soprattutto con te che sei così… pura…

“ Mica tanto, dopo lo show di ieri” provo a dire cercando di ironizzare. Mi giro verso di lui. Lo vedo sorridere, mentre fissa il soffitto.

“ Il punto è che devo aspettare un altro po’. Voglio essere sicuro di non rovinare tutto con i miei pezzi da ‘ragazzo depistato’. Tipo quello di stasera.

“ Vabbè, alla fine ti è passata subito…

“ No, non hai capito. Oggi pomeriggio è stato un continuo. E anche in ascensore. E dentro la sala. Litigare con te non mi fa bene per niente. Ecco perché non sono venuto subito a parlarti. Mi dispiace” mi spiega. C’è riuscito di nuovo. Mi fa sentire in colpa. Bravo. Ed è proprio quello che mi merito. Non avevo minimamente pensato alle ripercussioni che questa litigata avrebbe avuto su di lui. Annuisco, prendendogli la mano. Quanto sono stupida…

“ Mi capisci ora?” mi chiede. Sospiro.

“ Sì. Ho capito” sussurro.

“ E, affinché tu lo sappia, non voglio che tu vada con Gale. E spero che non lo voglia neanche tu… Vero o falso?” mi domanda con una risatina. Sarei quasi tentata di dirgli “vero”, per vendicarmi di questa domanda, ma non posso farlo. Sarebbe una bugia e gli spezzerei il cuore. Per non parlare del fatto che mi sono comportata egoisticamente per tutta la giornata. Per una volta, posso non pensare a me stessa?

“ Vero. Ed è Vero che io voglio solo te. E’ vero che mi sono sentita rifiutata. È vero anche che tu mi hai sempre dato tutte le prove del contrario. È vero che devo comprendere la tua posizione. Ma lo sai che non sono mai stata brava con i sentimenti degli altri” affermo in tutta sincerità. Peeta mi attira a sé, abbracciandomi.

“ L’affrontiamo insieme, no?

“ Sì. Insieme.

Mi da’ un bacio sulla testa. Ma una domanda mi ronza per la testa.

“ Senti… ma tu hai mai…?

“ Ma certo che no!” esclama lui quasi infastidito.

“ Ah… ok.

“ E tu… neanche, vero? Cioè, i ricordi che ho di te che fai qualcosa con… sono falsi, eh?” mi domanda.

“ Ma certo che sono falsi. Mi vergogno a dirti che ti amo, figurati se andavo a farlo con Gale dietro il mercato” dichiaro. Un attimo. Panico. Mi alzo dal letto velocemente, cercando di non guardare Peeta. Sento le guance andarmi a fuoco.

“ Quindi tu mi ami! Me l’hai praticamente detto, Katniss!” esclama lui, dal tono, più felice che mai.

“ Non ho detto assolutamente questo, non farti strane idee, Peeta… adesso dormiamo!” concludo infilandomi nelle coperte, bene attenta a non guardarlo negli occhi. Peeta sta ridacchiando.

“ Ah, quindi non mi ami, eh? E io, invece, che povero illuso, credevo… peccato!” afferma baciandomi la testa.

“ Buonanotte, Katniss. A domani!

“ Buonanotte Peeta” rispondo tremando un po’. Perché mi vengono i brividi anche quando mi bacia sulla testa? Bella domanda. Peccato che non abbia le risposte a tutte le domande che si affollano nella mia mente.

 

Spazio autorice: Allora, per prima cosa, scusate per il ritardo! Ho avuto un esonero di logica e non riuscivo proprio a scrivere niente. Seconda cosa, sono pienamente consapevole del fatto che questo non è uno dei miei capitoli megliori. Poco sviluppato, ne sono al corrente. E’ che in questo periodo sono davvero fusa, per via dello studio XD perdonatemi questo capitolo, e spero di fare meglio nel prossimo! GRAZIE INFITAMENTE COMUNQUE A TUTTI QUELLI CHE LEGGONO, RECENSISCONO O FANNO TUTTI E DUE! GRAZIE :D

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Capitolo 14
*** Quel cuore cesserà di battere per sempre ***


La mattina a colazione ci svegliamo di buon ora. Oggi cominciano gli allenamenti.

“ Allora, devo chiedervelo, volete essere allenati insieme o separatamente?” chiedo a Vincent e a Angelique.

“ Perché?

“ Perché magari tu hai qualche talento segreto che non vuoi svelare ad Angelique e viceversa!” spiega Peeta semplicemente. Vincent scuote la testa.

“ So usare una spada. Posso ammetterlo tranquillamente anche davanti a lei” dichiara Vincent sollevando le spalle.

“ Io invece non ho nessun talento segreto” afferma Angelique con voce strozzata. Peeta le accarezza la testolina bionda. Vedo i suoi occhi farsi lucidi. Sorride a forza.

“ Tranquilla, Katniss ti insegnerà a tirare con l’arco” sussurra.

Non ci avevo pensato. Sollevo la testa verso Peeta. Lui annuisce energicamente. E vada per l’arco. Provo a sorridere ad Angelique.

“ Sì. Sono sicura che sarai bravissima! Vincent, tu pure vuoi…

“ Senza offesa, Katniss, ma preferisco la spada. Il tirare con l’arco non fa per me” afferma. Con un’occhiata eloquente, si rituffa sul suo tramezzino. Io non capisco il suo modo di fare, sul serio. Sembra sempre che ce l’abbia con me. Guardo l’orologio. È tardi. Li mando verso l’ascensore.

“ Adesso voi scendete, noi vi raggiungeremo più tardi per allenarvi. Verso le sei, più o meno!” affermo con un ultimo abbraccio ad Angelique. La sento tremare come una foglia, e mi costringo a ingoiare le lacrime. La vedo scomparire dentro l’ascensore insieme a Vincent. Lui ostenta fantastico sorriso fiero e determinato. Un vero duro.

Dopo un pomeriggio dedicato alla scrittura del nostro libro, alle sei io e Peeta scendiamo per allenare i nostri due tributi. Peeta si dedica a Vincent insegnandogli le basi del combattimento corpo a corpo. La stazza di Vicent, nonostante non sia paragonabile a quella di Peeta, non è da sottovalutare. Io, invece, mi dedico al tiro con l’arco con Angelique. Domani invece io starò appresso a Vicent per insegnargli come procurarsi del cibo e Peeta spiegherà a Angelique come mimetizzarsi. Ne avrà bisogno, poverina. Stiamo alla postazione, mentre indico a Prim la postura corretta per tirare. Ma quando scocca la prima freccia, capisco che il nostro lavoro è appena iniziato. Non ci mette né forza né determinazione, e l’arco è sicuramente troppo grande per un esserino così minuto. Ma non importa. Devo cavarne fuori qualcosa. Decido di farle scoccare frecce a ripetizione, così da poterle parlare mentre lavora.

“ Allora, Angelique, intanto che tiri, ascoltami… Sai come funzionano gli Hunger Games?

“ Mamma non  voleva che li vedessi. Diceva che erano troppo cruenti. Ma qualche volta, quando andavo da mia cugina li guardavamo… all’inizio stavate su quelle pedane, vero?” mi domanda.

“ Sì. Davanti a te troverai un posto pieno di armi, la Cornucopia. Ci saranno zaini, provviste, armi. Tu non ci devi assolutamente andare. Hai capito, Angelique? Tu scapperai in un'altra direzione, più lontana possibile. Poi andrai a cercare l’acqua. Le armi arriveranno da sole, fidati di me. Tu devi pensare a come sopravvivere, non ad uccidere gli altri tributi. È chiaro?” le domando.

“ Sì, è chiaro” afferma. Scocca una freccia, che si va a conficcare sulla gamba della sagoma umana.

“ Bravissima!” esclamo io dandole una pacca sulla schiena. Getto un’occhiata a Vincent. Se la cava bene, riesce di tanto in tanto a sovrastare Peeta. Ottimo. Non avrà problemi quando qualcuno proverà ad ammazzarlo.

E passiamo i due giorni seguenti così. La mattina io e Peeta la usiamo per riposarci e per aggiornare il nostro libro. Mangiamo e, dopo aver dormito un po’, andiamo ad allenare i ragazzi. Devo dire che Angelique sta facendo dei miglioramenti pazzeschi: ormai non ha più problemi a centrare la sagoma umana, nonostante non abbia una mira troppo precisa. Infatti, se le chiedo di colpire l’occhio destro, lei colpisce una spalla, ma va bene così. Sa difendersi. È questo l’importante. Ho spiegato a Vincent il metodo migliore per raccogliere il cibo, in particolare, le trappole per gli scoiattoli. Non le ha capite benissimo, ( o forse non voleva capirle)  ma almeno sa le basi. Poi si arrangerà lì con quello che troverà. Prim ha una vera e propria passione per la botanica, e riconosce senza problemi le piante velenose e quelle medicinali. Vincent invece ha un talento naturale per la mimetizzazzione: riesce a stare fermo e immobile, quasi sparisce.

Arriva troppo presto il giorno delle valutazioni. I miei due ragazzi sono gli ultimi, ma, prima di accompagnarli dentro l’ascensore, io e Peeta gli diamo alcuni suggerimenti.

“ Vincent, usa la spada, hai una dote innata. E, se ci riesci, fai vedere come ti mimetizzi bene. Angelique, tu…

“ Tira con l’arco! Non ti preoccupare se sbagli, anzi, un punteggio basso ti potrebbe anche permettere di essere sottovalutata, il che è un enorme vantaggio! Tu fai però del tuo meglio!” esclamo abbracciandola. Prim risponde al mio abbraccio in modo più caldo che può, nonostante io senta il contatto con la sua pelle fredda. Stringo la mano a Vincent.

“ Fatevi valere!” dico ad entrambi. E li vedo sparire nell’ascensore. Rimango così, ad osservare quella porta metallica chiudersi. Mi getto sul divano con Peeta che mi abbraccia.

“ Allora… che vogliamo fare nel frattempo? Katniss, non mi dire ‘bere’ perché ti giuro che ti rispondo male!” mi sussurra. Sghignazzo un po’.

“ No. Voglio andare a trovare mamma” rispondo. Peeta mi bacia la testa.

“ Mi sembra ragionevole. Andiamo allora, voglio che i ragazzi ci trovino qui, appena avranno finito” mi spiega. Io mi alzo e mi avvio verso l’ascensore. Siamo fuori dal palazzo nel giro di pochi secondi. Ci avviamo verso quello che viene chiamato “ Capitol City Hospital”. È facile trovarlo: ci sono indicazioni ovunque. Nel frattempo, ne approfitto per guardare la città: tante macerie sono state tolte, molti palazzi riparati, ma nessuno può nascondere le profonde cicatrici che segnano le strade di Capitol City.

“ Senti, Katniss… volevo dirti una cosa” mi dice Peeta improvvisamente. Lo guardo curiosa.

“ Sì, ok. Dimmi.

“ Questi giorni sono stati… illuminanti, per me, in un certo senso” afferma lui evitando di guardarmi negli occhi.

“ Oh, em… bene. Potresti illuminare anche me, allora?” gli chiedo con un sorriso che capisco essere fuori luogo solo troppo tardi.

“ Tu, io… che ci occupiamo insieme di due persone… due ragazzi… due bambini, alla fine… insomma, siamo un po’ come due… genitori, no?” mi domanda. Panico. Mi casca il mondo addosso. Scoppio a ridere.

“ Due genitori non mandano i figli a morire negli Hunger Games, Peeta!” esclamo provando a ignorare l’obiettivo del discorso. Perché so dove vuole arrivare a parare. Mi prende un polso.

“ Katniss, ti prego, sono serio. Tu sai che un giorno…”

“ No, Peeta. Io non posso permettermi di perdere nient’altro. Ne morirei, hai capito?” gli dico. E solo in questo momento realizzo di pensarla così. Ormai la scusa degli Hunger Games non regge più. Ormai ho solo paura di affezionarmi a qualcuno. Perdere Rue, poi Prim… e il pensiero di Angelique mi terrorizza, a dirla tutta. Peeta emette un sospiro.

“ Ti capisco. Per ora. Ma io infatti non sto facendo progetti imminenti. Dico solo che più in là, quando entrambi staremo meglio potremmo…” lo blocco subito.

“ No, Peeta. Nessuna chance. Chiaro?” dichiaro. Lui, inaspettatamente, sorride.

“ Oh, Katniss… vedrai che tra qualche anno la penserai diversamente, ne sono sicuro. Se vedessi con che cura ti occupi delle persone che a cui tieni… non capisci di avere uno spirito materno smisurato?” mi domanda. Stavolta non riesco a trattenermi dal ridere.

“ Certo, Peeta, ok. Hai ragione tu, come ti pare” taglio corto. Il suo discorso è assurdo e non voglio ascoltarlo un minuto di più. Lui mi sopravvaluta parecchio. La verità è che io non sono stata programmata per amare qualcuno. Solo una persona era l’eccezione. E questa persona è morta. E forse anche Peeta rientra nella categoria. Ma forse. Non lo so ancora. Arriviamo davanti all’ingresso dell’edificio, imponente e statuario. Mette quasi paura. Vi è un giardino, davanti a me.  E poi la vedo: Prim. È lì, sta parlando con dei pazienti. Vedo le sue mani allungate accarezzare il mento di uno dei ricoverati, quasi per vedere che tutto sia apposto. No, non è Prim. È mamma. No, è Prim. Non lo so. Barcollo un po’, reggendomi Peeta.

“ Peeta… portami via, ti prego…” sussurro cominciando a vedere le stelle.

“ Katniss, cosa…

“ Ti prego… portami via di qui… non farmi svenire, ti scongiuro… Prim è lì e se mi avvicinerò ancora esploderà tutto… ti prego…” borbotto. Lui mi afferra prontamente un braccio e vedo l’ospedale rimpiccolirsi sempre di più. Sorrido. È quello che voglio: fuggire. Sento le mie gambe muoversi da sole, mentre un’entità magica mi fa sdraiare su una superficie morbida e mi abbraccia. Questa entità mi accarezza. È Peeta. Peeta, la mia speranza. L’unica certezza di una vita normale. E pare percepire i miei pensieri. Sorride. Ecco i contorni farsi più nitidi.

“ Stai bene?” mi domanda. Annuisco. Sì, ora sto bene. Con lui sto bene. Chiudo gli occhi. E non ho poi così tanta voglia di riaprirli.

 

“ E l’ho centrato, Katniss! L’ho centrato!” mi urla Prim, dopo aver terminato il suo racconto sulle valutazioni.

“ Sono contenta” affermo concentrandomi sul mio panino. Angelique aveva tirato con l’arco, e, dopo la quinta volta, aveva centrato la sagoma umana sul petto. Non è un risultato molto confortante, ma è già qualcosa. Scommetto che pochi bambini di dodici anni saprebbero fare lo stesso. Vincent invece era stato più elegante. Aveva sfoggiato la sua abilità con la spada, uccidendo un paio di manichini. L’espressione di Peeta è ottimista, mentre Angelique gli rivolge un ampio sorriso. Accendiamo la televisione alle otto e mezza, per vedere i risultati. Sul canale di Panem, irrompe Caesar, più felice che mai.

“ Salve, Capitol City e Distretti! Buona sera! Come ben sapete, questo pomeriggio i nostri tributi sono stati valutati da una commissione di Strateghi, i quali, dopo tre giorni di attenta osservazione, hanno attribuito dei punteggi, che variano da uno a dodici! Adesso… andiamo a vedere i risultati!” esclama. Noto che Claudius non c’è, sullo schermo. Devo ricordarmi di chiederne a Caesar il motivo.

“ Ed  ecco il primo… David Stranner…”

“ Sono quelli di Haymitch!” mi ricorda Peeta.

“ Sei! Jannet McGrams… nove!” esclama Caesar. Non male, niente da ridire. Mi concentro sulla ragazza. I suoi occhi sono freddi e letali. Non dobbiamo sottovalutarla.

“ Umos Naruth… otto! Fraglia Reeves… sette!” proclama Caesar. I ragazzi di Beetee. Potevano andare meglio. Dalle foto non mi sembrano molto pericolosi.

“ Caleb Rockforter… dieci! ” annuncia Caesar entusiasta. Fisso la foto. Annie dovrà esserne fiera. Quel ragazzo ha preso un dieci. Bello, alto e biondo, c’è poco da fare: incarna l’essenza di Finnick. Sarà un bel problema farlo fuori.

“ Mielinda Servietty… sette!  Jack Snow…” mi alzo in piedi. “ Dieci!”

Ecco qua. E ci credo, dieci. Alto e muscoloso, sembra la versione mora di Cato.

“ Celine Noiress… nove!

E anche lei, i suoi occhi sono gli stessi di Clove. Al solo pensarci, dei brividi mi percorrono la schiena. Con la coda dell’occhio guardo Angelique. Le sue possibilità di uscirne viva sembrano affievolirsi. Caesar continua a sparare i numeri. Ed ecco un altro possibile nemico: Vixini Jackry, un ragazzo di quindici anni con un bel dieci stampato in testa, e Cassidy Liambo, una ragazza dai capelli fucsia con uno sguardo truce e un punteggio pari a undici. Per il resto, punteggi medi e molto bassi: a un bambino di dodici anni, hanno persino dato un uno. Ormai sappiamo i nomi di chi morirà il primo giorno.

“ Vincent Isher… nove!” dice Caesar. Batto le mani insieme a Peeta.

“ Bravissimo, Isher! Bravo, bravo, bravo!” dichiaro stringendogli la mano. Lui non sembra però molto contento. Si limita ad onorarci di un lieve sorriso.

“ E, per finire… Angelique Prescott… sei!

Il mio sorriso si scioglie, mentre Peeta abbraccia Angelique.

“ Bravissima! Sei la migliore tra quelli della tua età! È già un ottimo vantaggio!” afferma guardandomi attentamente. Provo a rimettere su il mio sorriso.

“ E’ vero. Complimenti, Angelique” dichiaro. E mentre l’abbraccio, sento il suo cuore battere. Mi viene da piangere al pensare che, in poco più di una settimana, se tutto va bene, quel cuore cesserà di battere per sempre.

 

“ Pronti per l’intervista?” chiede Peeta con il suo sorriso più smagliante.  Avevamo provato a intervistarli tutto il giorno. Volevamo creare un’immagine  pura per Angelique e aggressiva per Vincent. Sapevano parlare entrambi molto bene, erano sciolti e piacevoli da ascoltare, ma Angelique era un po’… insicura. Le avevo dato il consiglio di essere semplicemente se stessa, come aveva fatto Cinna con me. A Vincent, invece, né io né Peeta avevamo dato consigli. Sapeva cavarsela bene. Forse pure troppo. Vincent annuisce duro, mentre vedo Angelique rabbrividire. Tigris l’ha conciata come un’angioletto: mi ricorda vagamente Rue. Vincent invece è davvero… stupendo. Indossa uno smoking nero con tante macchie arancioni. Caesar l’ha battezzato come il “ Ghepardo”. Occasione perfetta per attirare sponsor. Mi dispiace solo che Angelique non sia stata così fortunata. Intravedo Haymitch che da’ indicazioni ai suoi tributi. Do’ una pacca sulla schiena a Angelique, sussurrandole un “ Forza”. Ed ecco Caesar sullo schermo. Dopo qualche istante, vedo Jannet, il tributo di Haymitch, apparire insieme a lui. È splendida nel suo tubino nero e argento che le valorizza le spalle forti e marcate. Vedo Haymitch correre verso di me e prendermi per un polso, allontanandomi da tutti. Allo sguardo allarmato di Peeta, Haymitch risponde:

“ Solo un secondo, ragazzo”. Lo guardo interrogativa, ma lui scuote la testa per farmi segno di tacere. Mi porta fuori, lontano da tutti.

“ Domanda al volo, dolcezza: vuoi far vincere almeno uno dei tuoi tributi?” mi domanda prendendomi le spalle con energia.

“ Ma che domanda è?” chiedo io infastidita. Ma è ubriaco? Lui annuisce.

“ Ok. Senti, io l’avevo proposto a Johanna, considerato Snow… ma a quanto sembra, lei vuole farlo morire, e quindi non ha nessuna intenzione di agevolargli la situazione. Ma Vincent… Secondo me quel ragazzo vale qualcosa. E tra di noi possiamo fidarci. Facciamo stringere a Jannet e a Vincent un’alleanza, così almeno staranno insieme. Saranno imbattibili … e poi alla fine decideranno loro come concludere la faccenda. Ci stai?” mi domanda. Rimango allibita. Lui pare accorgersene, mentre mi borbotta frettolosamente.

“ Questa è un’occasione per te, dolcezza… un buon mentore fa questo! Proteggere i suoi tributi… insieme possiamo collaborare bene, immagino che Peeta sarà d’accordo… Andiamo!

“ Sì, va bene. E’ brava questa… Jannet?” gli domando sospettosa. Haymitch si strofina le mani.

“ Molto, molto brava. Non ti dico come maneggia il mazzafrusto!” esclama. Annuisco.

“ Ok. Fantastico. Angelique e l’altro tuo tributo, però, staranno con loro. E questa è una condizione sulla quale non sono disposta a trattare!” dichiaro. Vedo i contorni di Haymitch afflosciarsi.

“ David Stranner? Dolcezza, ti prego, quel ragazzino sarebbe solo un peso, e Angelique…

“ La loro vita vale come quella di Vincent e Jannet! Chiaro?” urlo. Ma ho sbagliato. Ho fatto un passo falso. E lo posso constatare guardando Haymitch. Mi guarda quasi… divertito.

“ Mai affezionarsi ai tributi, Katniss. Hai preso a cuore la ragazzina, eh? Immaginavo… è strabiliante quanto somigli a Prim, eh?” mi domanda. Rabbrividisco. Prim. Prim, non Angelique. O Angelique e Prim. Non lo so…

“ Far vincere Angelique non ti riporterà Prim indietro. E la sua morte non deve scuoterti. So che è crudele, so che non è giusto, ma questo è quello che un buon mentore deve fare e…

“ Ci stai, allora? Angelique e David stanno in squadra. O questo o niente” dichiaro aggressiva tendendogli la mano. Haymnitch l’afferra con riluttanza.

“ Spera che quella ragazzina meriti più di un semplice sei, Katniss!” mi dice. Annuisco. Almeno per me, Angelique vale undici. Ma posso capire che non sia un parere condiviso. Vedo il volto di Haymitch rilassarsi.

“ Per quanto riguarda Peeta, invece, dolcezza? Io e Johanna stiamo formulando tutte le possibili posizioni in cui…

“ Perché al posto di focalizzarvi su di noi, non vi concentrate su di voi? Sembrate proprio una coppia affiatata, potreste mettere voi in pratica quello su cui spettegolate!” urlo prima di riuscire a controllarmi. Non mi va proprio a genio il fatto che facciano congetture su me e Peeta in atteggiamenti… intimi. Soprattutto Johanna. Non so perché, ma non voglio che Johanna fantastichi su Peeta che… insomma, è terribilmente fastidioso. Peeta è mio.

“ Chi ti dice che non lo facciamo già?” mi sussurra quasi come per sfidarmi. Rimango di sasso, con la bocca spalancata. Haymitch e Johanna… non possono… Haymitch ride di gusto, allontanandosi. Lo seguo con passo malfermo e ancora scandalizzata per le parole di Haymitch. No… loro non possono… o mio dio… quando rientro, guardo Johanna che parla con Celine. C’è poco da fare, comunque: Johanna è sexy anche quando parla. Non lo fa apposta: è qualcosa di incoscio, penso. Anche quando stavamo al Distretto 13, una volta tornata, tutti gli sguardi erano per lei. Raggiungo Peeta e gli comunico la scelta di Hyamitch. Sorvolo sul fatto che ho dovuto insistere per le vite di David e di Angelique. Reputa che sia una buona idea. Perfetto. Mi godo le interviste. Caleb Rockforter è spavaldo, irresistibile, a tratti quasi eroico. Getto un’occhiata a Annie mentre lo intervista Ceaser. Ha le lacrime agli occhi. Jack Snow è silenzioso, scruta il pubblico come un piccolo serpentello arrogante, risponde a monosillabi alle domande di Caesar. Celine invece è misteriosa e seducente, ha un tono di voce distaccato e elegante. Quel ragazzo, Vixini, è sveglio, molto sveglio. Evita di rispondere in modo diretto alle domande di Caesar riguardo alla sua strategia. Cassidy, la ragazza con i capelli fucsia, invece è piuttosto schietta e diretta. Anche umile, forse. Ormai manca poco. E dopo un altro po’ di interviste  Caesar, tutto sfavillante, esclama:

“ E ora, il nostro ‘angioletto’ di questa edizione… Angelique!

E la vedo. Vedo Prim avanzare traballante verso Caesar, con lo sguardo timido e vulnerabile. Stringo la mano di Peeta.

“ Allora, Angelique... come stai? Questo vestito ti sta benissimo!

“ Oh, em… grazie… ho sempre desiderato indossare questi vestiti pieni di brillantini !” ammette sorridendo un po’. Un po’ di risate.  La mia Prim non riesce a guardare Caesar. Si guarda le mani, impaurita.

“ Allora, dicci un po’, com’è essere affidata alla leggendaria Katniss Everdeen? E che dire di Peeta? Immagino che ti stia facendo un po’ di torte per rallegrare la giornata tra un allenamento e l’altro, eh?” domanda. Angelique scuote la testa, ma la vedo rilassarsi. Sorride un po’ verso il pubblico.

“ No… ma Katniss mi ha insegnato a tirare con l’arco! È stato divertente!

“ NO!” esclamo io allo schermo. Si è rovinata da sola. Avrei dovuto dirglielo: non doveva rivelare questa cosa a nessuno. Adesso tutti sapranno che anche quel faccino d’angelo è capace di uccidere. Può essere scambiata per una minaccia. O peggio. Caesar fa una risata leggermente nervosa, mentre chiede al pubblico un applauso. Cambia argomento.

“ Senti, Angelique… prima di venire qui, hai salutato tua madre?” le domanda.

“ Sì… E ha detto che quando tornerò a casa mi farà una torta con le noci, una di quelle che mi piacciono tanto! E mi comprerò un nuovo vestito per Cindy!” dice contenta.

“ Chi è Cindy?

“ La mia bambola! È bellissima!” esclama lei. Una risata sarcastica da parte del pubblico. Niente, la folla, di Capitol City o dei Distretti, è un animale cattivo. Angelique sorride entusiasta. Non ha capito che la stanno prendendo in giro. Caesar ride provando a metterla sullo scherzo.

“ Cosa pensi di fare durante questi Hunger Games?” chiede. O MIO DIO. Ha fatto la domanda sbagliata. Quella che avrebbe rovinato tutto. Ero stata io a dire a Prim di essere se stessa. Non dirglielo. Prim, menti. Non gli dire niente. Con la coda dell’occhio, vedo Peeta diventare rosso. Mi trema la gamba. Non dirglielo, Prim.

“ Non andrò dentro la Cornucopia… Katniss mi ha detto che è troppo rischioso… Fuggirò e andrò a cercare l’acqua!” ammette. Do un calcio al muro, rompendomi un tacco. Mi sta esplodendo la testa. Si è rivelata. Ormai è morta.

“ Ottimo! Bhe, vedo che hai le idee chiare, e il nostro tempo è finito! Buona fortuna, Angelique!” conclude lui con un sorriso gigante. Angelique trotterella verso di me quasi… estasiata.

“ Oh, è così bello stare lì, eh, Katniss? Ci sono tutte quelle luci!” esclama felice. L’abbraccio piangendo come una matta. Non posso rovinarle questo momento. Anche Peeta l’abbraccia.

“ Bravissima, Angelique… Katniss, è stata bravissima, vero?

“ Sì… bravissima… mi hai fatto commuovere…” sussurro io tra una lacrima e un’altra. Caesar chiama Vincent sul palco. Vincent, il Ghepardo. Ed eccolo lì. C’è poco da fare, è tutta un’altra cosa. Spavaldo, afferra la mano di Caesar, sicuro di sé. Lui sa quello che vuole. Vincere.

“ Vincent! Mio Dio, che sguardo fiero!” nota Caesar con una specie di brivido.

“ Sono o non sono un Ghepardo?” afferma guardando Caesar dritto negli occhi. Ed è proprio così. I suoi occhi color nocciola sembrano quasi dorati alla luce delle telecamere. Fa un effetto inquietante. Meglio, terrorizzerà i suoi avversari.

“ Allora, queste valutazioni! Hai proprio attirato l’attenzione di tutti! Come ti senti? Agitato?

“ Assolutamente no, non vedo l’ora di scendere nell’Arena, a questo punto dei giochi” ammette eccitato. Adesso che lo guardo bene mi fa un po’… paura. Mi inquieta questo ragazzo. Perché dice così? Che fine ha fatto quel ragazzo… un po’… intimorito, che avevo visto in tv alla Mietitura? Guardo Peeta, che scuote la testa. Che sia un bluff? Che stia cercando di camuffare la sua paura? Bhe, è una tattica vincente, sicuramente…

“ Wow, proprio un vero predatore! Senti, dicci un po’, com’è farsi allenare da Peeta? Insomma, con Angelique abbiamo parlato di Katniss…

“ Lui è davvero un ottimo allenatore. Ci fa lavorare duro, ma… bhe, vedrete i risultati dentro l’Arena” esclama rivolto verso il pubblico entusiasta.

“ Fantastico! Adesso concentriamoci su quello che succede fuori dall’Arena… qualche ragazza che ti piace?” chiede Caesar avidamente. Oh, no. Come diamine si chiamava quella ragazzina che piaceva a Vincent… che era fidanzata con Umos…?

“ C’è una ragazza che io amo da sempre. Ma lei è fidanzata con Umos Naruth, che, fra l’altro, sarà il primo che ucciderò dentro l’Arena” dichiara.

“ Ma è impazzito?” urlo a Peeta. Lui scuote la testa.

“ Gli avevo detto di non dirlo…” sussurra portandosi una mano sulla fronte. Sono furiosa. Ma non capisce? Si è rivelato. Scocco un’occhiata a Beetee e a Umos. Lui è pallido, cadaverico se possibile, mentre Beetee mi rivolge uno sguardo eloquente e rassegnato. Probabilmente è anche lui a conoscenza della faccenda. Ovviamente quello è pane per i denti di Caesar, che si fionda sull’argomento.

“ Wow, Vincent… quindi vedi l’Arena come una sfida per il cuore della fanciulla?” chiede. Non invidio per niente questa Mariss di cui mi aveva parlato. Praticamente avrà sulla coscienza la morte di Umos o di Vincent, a seconda dei casi. Vincent annuisce, rivolto verso lo schermo. Mi spaventa. Quando Caesar lo congeda, viene verso di noi. Non lo degno di uno sguardo, ma appena saliamo nell’appartamento, lo assalgo.

“ TI SEI IMPAZZITO? TI SEI RIVELATO! ADESSO TUTTA CAPITOL TIFERA’ PER UMOS, NESSUNO TI DEGNERA’ DI UNO SPONSOR, TU VUOI AMMAZZARE UN RAGAZZO SOLO PERCHE’ E’ FIDANZATO CON LA TIZIA CHE PIACE A TE… LA MORTE NON E’ UN GIOCO, VINCENT!” esclamo fuori di me. Peeta sta cercando di calmarmi, ma non ci riesce. Vincent non prova neanche a ribattere, si limita a fissarmi orgoglioso. Non reagisce proprio. Questo mi fa ancora più imbestialire. Lo incito a sparire dalla mia vista se vuole sopravvivere a domani, e lui si ritira nella sua stanza. Mi fiondo sul divano. Peeta mi abbraccia da dietro. Angelique si siede vicino a me.

“ Katniss… lo so che sei arrabbiata, ma… posso chiederti una cosa?” mi domanda. Alzo lo sguardo su di lei, esausta.

“ Prim, davvero mi dispiace ma…

“ Prim?” domanda lei. Oh, no. Ho fatto un passo falso. Peeta allenta la presa su di me. Vedo Angelique diventare pallida.

“ Perché mi chiami Prim? Io non sono Prim… Sono Angelique… Tu… pensi che anche io morirò come Prim?” mi domanda. NO, NO, NO. Abbandono le braccia di Peeta per prendere il viso di Angelique tra le mani.

“ Angelique, stai calma… mi dispiace, davvero…” dico frettolosamente. Ma vedo le lacrime dentro i suoi occhi farsi più incombenti.

“ Prim… No, Angelique… davvero, scusami, ti prego… è stato un errore, no, tu non morirai, te lo prometto… Scusami, per favore…” sussurro. I tratti di Prim si mischiano a quelli di Angelique. Penso che sto per diventare pazza. L’abbraccio e lei scoppia in lacrime. Allo stesso tempo, Peeta ci abbraccia entrambe. Sembriamo uniti, in questo momento. Sembriamo una famiglia. La lascio sfogare un po’. Quando sento i suoi respiri farsi più regolari, provo a chiederle:

“ Cosa volevi chiedermi?

“ Se potevo dormire con te stanotte. Con mamma lo faccio sempre prima di un giorno importante. E domani sarà un giorno importante, no? Dentro l’Arena…” mi dice. Guardo Peeta, che mi sorride.

“ Penso che Katniss non avrà nulla da obiettare, no?” chiede. Mimo un rapido “ grazie” a Peeta con le labbra, prima di aggiungere:

“ Certo che puoi. Oggi dormiamo insieme tutte abbracciate. Va bene?” chiedo. Lei annuisce, ancora abbracciata a me. Rue, Prim. Le bambine con cui ho dormito abbracciata sono sempre morte. Ma stavolta sarà diverso. Deve essere diverso.

 

Spazio autrice: Capitolo lunghissimo, lo so. Ma è necessario che sia così: iniziano gli Hunger Games. A questi giochi saranno dedicati tre capitoli, al massimo quattro. Mi scuso subito per i pochi momenti in cui tratterò Peeta e Katniss. Ma sappiate che, dopo questi capitoli, la storia sarà nuovamente e interamente incentrata su di loro. Vi vorrei chiedere solo un piccolo favore: recensite, fatemi sapere che ne pensate. È terribilmente importante per me capire se sto facendo o no un lavoro apprezzabile. GRAZIE A TUTTI!!!!

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Capitolo 15
*** Tu vivrai ***


“ Katniss?

Sento una voce nell’oscurità. Una voce angelica, piccola e pura. Mi sveglio. È Angelique. Ci siamo addormentate insieme, abbracciate, sfidando la notte, la paura, forse il tempo. Perché, tra qualche ora, lei sarà nell’Arena. E non potrò più abbracciarla come sto facendo adesso. Quindi ogni momento è prezioso. Le accarezzo i capelli dorati e boccolosi, le guance tenere e rosee. Il suo corpicino trema un po’.

“ Dimmi” sussurro un po’ confusa.

“ Assomiglio tanto a Prim?” mi domanda. Sospiro. Prim. Vorrei le mani di Peeta a confortarmi. Ma stavolta sono io che devo aiutare qualcuno. Angelique ha bisogno di me. E, non so perché, ma sento anche io di aver bisogno di lei, in questo momento. Parlare di Prim è difficile, ma, a quanto sembra, ci riesco.

“ Sì. Era proprio una bella bambina, bella come te. E dolce. E buona. Sì, me la ricordi molto” dico. La sento annuire.

“ Tu pensi che tra poco morirò?” mi chiede. No. Non voglio crederci davvero.

“ No. Vedrai che andrà tutto bene. Io ti aiuterò” bisbiglio dandole un bacio sulla testolina. Lei si stringe ancora di più a me.

“ Bene. Ma se dovessi morire… puoi dire tu a mamma e a papà quanto li amo?” mi domanda. Annuisco. Ma certo, glielo dirò.

“ Ho visto la tua mamma in televisione. E anche tuo cugino. Vorrei che organizzassi un pranzo gigantesco, invitando la tua famiglia e la mia. Puoi invitare anche Peeta, e Vincent, se vincerà. Dovrete sedervi intorno a un tavolo e mangiare, e ridere, e scherzare, e ricordarvi di me e di tutte le cose che più vi piacciono di me. Me lo prometti?” mi chiede. Mio cugino. Gale. Mi gira un po’ la testa.

“ Sì, ma non inviterò Gale. Lui non è mio cugino” le dico. La sento agitarsi un po’.

“ Davvero? E chi è?” mi domanda. Sospiro.

“ Un mio amico. Un ragazzo che si era innamorato di me. Ma è stato lui ad uccidere Prim” dico tra i denti. Non so perché stia riversando su questa bimba di dodici anni i miei pensieri deprimenti. È come se lei fosse l’unica in grado di ascoltarmi davvero. Un po’ come faceva Prim.

“ L’ha fatto apposta?

“ No” sussurro. La sento alzare le spalle.

“ Sei arrabbiata con lui comunque?

“ Sì.

“ Dovresti perdonarlo. Se non l’ha fatto apposta, perché ce l’hai con lui? Io dovrei essere arrabbiata con te e con Peeta, come Vincent… ma non avete colpa di ciò che ci sta capitando, no? Voi non potevate sapere che sarebbe stato estratto proprio il mio nome…” mi spiega. Sto trattenendo le lacrime. Quella bambina ha ragione. Ha ragione su tutto. Perché non ci ammazzano nel sonno, per vendicarsi di una tale ingiustizia? Io ho condannato Angelique a morte, dicendo quel “sì” alla proposta della Coin. Ma lei vuole stare con me, vuole farsi abbracciare da me. Tutto questo assume immediatamente un senso. Gale non poteva sapere quello che avrebbe fatto su di me la sua trappola. O su di Prim. E in questo momento, mi rendo conto che non sono diversa da lui. Ho condannato 23 bambini a morte, intenzionalmente. Ma non potevo sapere chi ci stava tra questi bambini. E vorrei averci pensato prima. Ora capisco Gale, il suo rimorso. E me ne sto rendendo conto ora, tra le braccia di questa bambina. Sorrido tra le lacrime.

“ Grazie. Ci penserò su. Ora dormi” le dico dolcemente. Mentre sento Prim sprofondare nel sonno, capisco quello che non sono riuscita a capire in tutti questi mesi: per trovare la mia pace, devo perdonare Gale. Sento bussare. Prim trema leggermente. Mi alzo dal letto e vado ad aprire. È Peeta.

“ Angelique dorme?” mi domanda entrando.

“ No…” dico tremando come una foglia. Le parole di Angelique mi hanno sconvolto e mi sento il cuore battere a mille. Angelique si mette seduta sul letto, nella più totale oscurità.

“ Peeta… sei venuto anche tu a dormire con noi?” domanda. Sì, perché Peeta sta qui? Lo guardo interrogativa. Peeta annuisce.

“ Speravo che fossi sveglia… ho fracassato un vaso là in salone… mi sono addormentato sul divano e… ho avuto un incubo” mi spiega mostrandomi la sua mano fasciata. Annuisco. Guardo Prim. Sorride. È contenta. Tanto su questo letto c’è spazio per tutti. Peeta si distende a sinistra di Angelique, mentre io mi stendo alla sua destra. Sembriamo una… una famiglia. Affrontiamo il terrore dell’ignoto, la paura di non poter più rivivere un momento del genere. Ci abbracciamo lentamente. Vorrei poter fermare il tempo. Ma so che è inevitabile: domani sarà tutto diverso.

 

Una voce mi sveglia. Peeta. Mi strofino gli occhi.

“ Katniss… dobbiamo scortare i ragazzi sul jet…” sussurra. Sì, lo so.

“ Sveglia tu Prim” gli dico, fiondandomi in bagno. Ho appena il tempo di lavarmi e di vestirmi, prima di ritrovarmi in ascensore con Peeta, Vincent e Angelique. Mi sento un po’ a disagio con Vincent in ascensore, ma adesso come adesso il mio primo pensiero è far sopravvivere Angelique almeno a questa giornata. Poi catturerò l’attenzione degli sponsor su di lei. Non so come ci riuscirò, ma ce la devo fare. Accompagno i miei ragazzi sulla pista, dove li aspetta il jet. È tutto troppo rapido, troppo troppo. Non ho la concezione del tempo, infatti mi sembra di vivere una specie di sogno ad occhi aperti.  Stringo Angelique tra le braccia. Piange, trema, singhiozza.

“ Tu vivrai, hai capito? TU VIVRAI!” le dico provando a essere più convincente possibile, prima di lasciare la sua presa. Guardo Vincent. Sospiro. Sto per dirgli di badare ad Angelique, ma lui mi precede.

“ Peeta mi ha detto già tutto. Jannet, David e Angelique. Ok. Proverò a proteggerla, te lo giuro” mi dichiara. È vero, tra tutto il casino che era successo, mi ero scordata di dire a Vincent di allearsi con Jannet. Gli sorrido, sussurrandogli un grazie, prima di stringergli la mano e lasciarlo andare. Li vedo salire sul jet, e intravedo lo sguardo intimidito di Angelique mentre gli sportelli si chiudono. Gli Hunger Games sono iniziati.

 

È vietato cercare sponsor durante il primo giorno. Ce lo dice Haymitch, mentre io e Peeta ci dirigiamo verso la piazza. Vedremo lì gli Hunger Games, sul maxischermo, insieme a Haymitch, Johanna e tutti gli altri mentori. Sento la voce di Caesar echeggiare nell’aria. Vengono proiettate le prime immagini dell’Arena. È una montagna. Perfetto, Angelique potrà nascondersi meglio. La Cornucopia sta al centro di una gola. Vedo le piattaforme alzarsi. Angelique. Chiamo il suo nome, mentre Peeta mi stringe la mano. È nervoso quanto me, lo sento. Vedo le armi. C’è un mazzafrusto per Jannet. Intravedo il suo volto soddisfatto. Una spada sottile e allungata. Quella è l’arma per Vincent. I numeri scorrono troppo velocemente. Uno sparo. Bambini che corrono verso le Cornucopia. Sangue. Chi è morto? Non è Angelique. Lei dov’è? Lei si sta dirigendo dalla parte opposta alla Cornucopia, verso la parete rocciosa. Essa è tempestata di spuntoni, sui quali è possibile arrampicarsi. Non capisce che è un errore? In questo modo sarà un bersaglio facile per chiunque voglia prenderla di mira con l’arco. La telecamera punta Vincent, che è già entrato in possesso di una spada. Rivolge un’occhiata complice a Jannet, mentre ammazza un bambino. David, nel frattempo, si nasconde dentro la Cornucopia. Spero che riuscirà a passare inosservato. Angelique, grazie alla sua agilità, è già quasi arrivata in cima alla parete. Da lì, poi, sarà facile trovare un rifugio. Ma vedo Fraglia Reeves afferrare un arco per prenderla di mira. Chiudo gli occhi. Qualcuno deve ammazzarla. Comincio a pregare che qualcuno lo faccia. Apro gli occhi, sentendo un respiro di Peeta. Jannet l’ha colpita con il mazzafrusto. È morta. Sospiro, guardando Haymitch, terribilmente soddisfatto. Ho fatto bene a dire di sì alla sua proposta. L’idea di Angelique è buona, in fin dei conti: si stanno arrampicando tutti. Ma quella ragazza, Cassidy, è brava con l’arco: sta ammazzando tutti i tributi più lenti ad arrampicarsi. Vedo Vincent dirigersi verso di lei con la spada, ma Cassidy, puntandogli l’arco contro, lo ferma.

“ Io e te siamo alleati, vero?” chiede. Vincent, colto alla sprovvista, annuisce velocemente. Jannet, che ha assistito alla scena, sussurra qualcosa nell’ orecchio di Vincent, prima di andare a cercare David. Vincent urla il nome di Angelique, che pare essersi dileguata. Anche gli altri tributi sembrano essere spariti: alcuni sono riusciti ad arrampicarsi, altri, più semplicemente, hanno preso uno zaino e sono corsi in fondo alla gola, sperando di riuscire a trovare un modo per salire su e per non rimanerne intrappolati. La telecamera si sofferma su Snow, intento a trovare un rifugio. A quanto sembra è riuscito ad arrampicarsi e ad evitare le frecce di Cassidy. Bravo. Johanna accanto sbuffa infastidita. La situazione alla Cornucopia sembra placarsi. Vedo il sangue dei bambini a terra. Jannet, Vincent e Cassidy hanno fatto piazza pulita. Caleb e Mielinda si sono fermati dentro la gola, non riescono a trovare il modo per salire. Umos invece è salito insieme a Snow, e probabilmente ha intenzione di stringere un’alleanza. Vixini, nel frattempo, ha stretto un’alleanza con Celine e, dopo essere scappati lungo la gola, hanno trovato alcuni spuntoni su cui arrampicarsi. Vincent, dopo aver esaminato i corpi, ha preso le armi e le provviste nella Cornucopia. Jannet, nel frattempo, rincuora David, che sta tremando come una foglia.

“ Angelique!” urla Vincent lungo la gola. Ed eccola lì, Prim : si era nascosta dietro un masso, sopra di loro. Esce allo scoperto, anche lei con i brividi dalla testa ai piedi e un’espressione scandalizzata sul volto. Vincent, Cassidy, Jannet e David la raggiungono arrampicandosi, con tanto di armi. Guardo i mentori.

“ Chi è il mentore di Cassidy?” chiedo io ad alta voce. Avanza dalla folla dei mentori un uomo di cinquant’anni circa, pieno di rughe, con gli occhi azzurri e profondi.

“ Sono io, Markus Graw, vincitore dei quarantunesimi Hunger Games, distretto 4” dice speditamente. Gli stringo la mano, e lo stesso fanno Peeta e Haymitch.

“ E’ brava la tua ragazza, con l’arco” esclama Haymitch guardando lo schermo. Markus solleva le spalle.

“ Sì, peccato che il ragazzino sia morto subito per mano della tua” commenta Markus a Haymitch, che sorride tirato.

“ Sai come sono fatti questi giochi… Ma adesso ti sarà più facile aiutare la ragazza, no?” dice. Markus annuisce. La freddezza con cui parlano di questi temi mi sconvolge. Peeta mi stringe di più la mano. Gli occhi di Markus mi scrutano attentamente.

“ La ragazza in fiamma… ero molto ansioso di conoscerti, Katniss. Credo che potremo lavorare bene, per salvare il tuo tributo” sussurra.

“ O Angelique” sbotto infastidita.

“ O Angelique…” rimarca lui. Non capisco perché vogliano tutti far morire la mia Prim. Perché ce l’hanno tutti con lei? Markus, Haymitch, Gale, gli Strateghi, le bombe, la Coin, Snow… Mi gira la testa. Sento la voce di Peeta che mi sussurra qualcosa all’orecchio. Annuisco, anche se non so di cosa si tratta. Sento che mi porta via. Qualcuno mi saluta. Non mi interessa. Qualcosa di vetro, qualcosa di trasparente. Mi scendono le lacrime. Mani che mi reggono. Peeta. Peeta mi regge. Arrivo in quella che penso essere la mia stanza. Mi stende sul letto e accende la televisione. Mi abbraccia. Sento le sue braccia calme avvolgermi. Mi ci aggrappo, mi ci stringo. Piano piano sto riacquistando lucidità.

“ Peeta… cosa facciamo?” chiedo io. Peeta sospira.

“ Proviamo ad aiutare Angelique” dice. Ecco, l’unica persona che starà sempre dalla mia parte, l’unico che mi aiuta in ogni momento, anche quando non ci sono i pretesti per farlo. Annuisco velocemente, mentre i miei occhi indugiano sulla televisione. Angelique sembra essersi calmata e ride e scherza con David, mentre i più grandi controllano le provviste. Cassidy, di tanto in tanto, scocca un’occhiata pietosa ad Angelique. Sa che non uscirà viva da quella Arena.

Per la notte, io e Peeta decidiamo di fare i turni per controllare la situazione. Un’ora a testa. Sappiamo che sono morte già undici persone. Tra questi ( oltre Fraglia e gli altri, praticamente tutti sotto i tredici anni), compare anche Mielinda, la ragazza di Annie, che ha assaggiato delle more selvatiche velenose. Caleb, quindi, sta da solo. I nostri Favoriti, invece, hanno subito trovato l’acqua. È stata Cassidy a scovare la fonte. Quella ragazza sta cominciando a essermi simpatica.

Sento che Peeta mi sta svegliando. Che succede? Caleb è stato catturato da Jannet e Vincent, che l’hanno scovato mentre cercava di rubargli le provviste. L’hanno legato intorno ad un albero e stanno decidendo come ammazzarlo. La mia Prim sta in un angolo insieme a Cassidy che l’abbraccia.

“ Dovrei farlo io, è un lavoro da uomini!” esclama Vincent passandomi la lama della sua spada tra le mani. Caleb accenna un sorrisetto impertinente.

“ Io non vedo uomini tra di voi. Ammazzetemi e basta, al posto di perdervi in discussioni inutili. Io accetto la morte” dichiara. Mi metto a sedere. E questo da dove è uscito? Cassidy si alza, abbandonado Angelique in compagnia di David.

“ Jannet, Vincent… questo tizio potrebbe esserci utile, non l’ammazziamo” afferma. Vincent la guarda con fare assassino.

“ Hai sentito cosa ha detto? Questo bamboccio vuole morire. Me l’ha chiesto esplicitamente” osserva. Mi sale una rabbia incontrallabile. Scherza con la morte. La sottovaluta. Pensa che sia un gioco.

“ Ti sta solo provocando, e tu ti stai comportando da stupido. Caleb Rockforter, vero?” chiede Cassidy. Vincent non replica, ma si vede che sta progettando mentalmente l’uccisione di Cassidy. Caleb scocca a Cassidy un’occhiata eloquente. Non so perché, ma sembra quasi… pensieroso. Pare esitare, mentre dice:

“ Sì, mia graziosa damigella, in persona.

“ Bene, Caleb. Mi sembri abbastanza forte per trasportare le nostre provviste, considerando che c’è un solo ragazzo degno di nota nella nostra squadra. Senza offesa, David” dice rivolta al ragazzino di Haymitch, che gli risponde con un rapido accenno della testa. Caleb sorride, facendo un inchino con il busto ancora legato.

“ Sarebbe un onore per me scortarvi” esclama. Cassidy, con un’ultima occhiata sospettosa, lo slega, per poi puntargli una freccia in direzione della testa.

“ Un solo passo falso e ti ammazzo con le mie mani, sono stata chiara?” domanda. Caleb annuisce.

“ Bhe, sempre che la cosa non dispiaccia al nostro maschion…

Un coltello. È tutto così veloce. Il corpo di David cade addosso ad Angelique. È pieno di sangue. Un rumore tra i cespugli. Celine Noiress sa lanciare i coltelli. È Clove. È proprio la sua reincarnazione. Ha centrato David nel petto. Urlo, con Peeta che mi abbraccia. Piango, fissando quel corpicino immobile. Angelique comincia ad urlare, ma Cassidy gli tappa la bocca. Caleb afferra il corpo di David. Ma è troppo tardi. Il suo cuore ha smesso di battere per sempre.

 

Nei giorni seguenti, in realtà non succede nulla di particolarmente interessante. Niente che riguarda i miei tributi, almeno. Sanno dove si trova l’acqua, hanno le provviste, Cassidy procura del nuovo cibo, e Angelique raccoglie le piante che reputa commestibili. Vincent, invece, è sempre e perennemente imbronciato: non è utile al gruppo, se ne sta in disparte. A volte, quando lo guardo dormire, sussurra tra i denti “ Umos”. Umos, nel frattempo, sì è alleato con Snow, più per paura che per vera necessità. Piano piano riesco a delineare i caratteri dei tributi. Umos è semplicemente un povero rammollito, particolarmente abile con la sua lancia. Snow è freddo, elegante, calcolatore. Non cerca lo scontro diretto, no, lui vuole sopravvivere. Inutile dire che non hanno ricevuto nemmeno un paracadute. Johanna non si sta certo adoperando al meglio, nonostante Peeta la bacchetti sulla sua mancanza di diligenza. Ma a lei tutto questo diverte. Non so se approvo quello che fa o no. Si sta parlando di Snow. Celine Noiress è la migliore con i coltelli, sembra l’incarnazione di Clove. La sua tecnica è aggredire alle spalle e poi scappare, con la certezza di aver fatto centro. E’ scaltra, sa mimetizzarsi bene. Vixini, invece, è semplicemente innamorato di lei: si vede da come la guarda, da come studia le sue mosse. In compenso, sa usare molto bene la sua ascia, donatagli da un generoso sponsor.  Sono morti altri due tributi. Sono stati sfortunati: hanno incrociato la strada di Celine. Io e Peeta stiamo in una condizione di terribile apatia. Ancora non succede niente, quindi è inutile cercare sponsor. Haymitch mi dice che sono un’ingrata, ma in realtà mi sento inutile. È il terzo giorno, quando io e Peeta stiamo al bar con Haymitch, attaccati al maxischermo. Angelique si allontana per andare a cercare delle bacche. Vincent le da’ un arco, per preucazione. E la mia Prim si avventura nel bosco. È spaventata, lo vedo. Peeta emette un sighiozzo. Un coltello guizza nell’aria. È Celine. Prim scappa, terrorizzata. Mi alzo in piedi.

“ NO!!! Haymitch!” urlo disperata. Haymitch anche si alza.

“ Katniss, non…

“ Haymitch, facciamo qualcosa! Peeta! Prim!” esclamo fuori di me cominciando a piangere e a dibattermi tra la folla per avvicinarmi davanti allo schermo. Peeta mi raggiunge, stringendomi la mano e tirandomi a sé. Vorrei poter non guardare, ma sono ipnotizzata dallo schermo. La mia Prim corre, ma Celine è più veloce. La placca, stringendole la gola con le mani.

“ Oh, piccola, piccola Angelique… dove sta la tua squadra? Ti hanno lasciata sola… che terribile errore… wow, Snow aveva ragione… assomigli a Prim…EH, EVERDEEN? NON ASSOMIGLIA A PRIM, QUESTA BAMBINA? ” urla rivolta alle telecamere. Qualcuno la tolga da lì, qualcuno la salvi! No, non c’è nessuno. Qualcuno la porti via… Prim… Assomiglia a Prim… niente è a fuoco, davanti a me.

“ Urla, ti prego, urla!” ansimo io davanti allo schermo. Sento i respiri affannosi di Peeta. No, Angelique non può morire. Non ora, per favore… mi gira la testa, ma devo salvarla. Sto cercando qualcosa con cui rompere lo schermo, uccidere Celine… Celine sorride, mentre affonda il coltello nel braccio di Prim. Lei urla…

“ Fatela smettere… ti prego, falla smettere… PEETA!” grido disperata. Peeta comincia a sussurrare qualcosa. Non lo sento. Le urla di Prim. Le grida della folla. Aiuto. AIUTO. UCCIDETEMI. IO AL POSTO SUO. VI PREGO. Peeta urla. Apro gli occhi. Una freccia. Cassidy ha conficcato una freccia nel petto di Celine. La ragazza, bellissima e glaciale, trema in modo innaturale prima di afflosciarsi al suolo. Angelique urla. Perde sangue. Cassidy la solleva, mentre Vincent raggiunge le due, afferrando l’arco di Angelique da terra. Sopraggiunge anche Caleb.  Lo sparo di un cannone. Celine è morta. Caleb strappa un pezzo della sua maglietta e fascia il braccio di Angelique. Ma il coltello ha trapassato da parte a parte il braccio della mia piccolina. Lei urla. Perde sangue, troppo sangue… Sento Peeta abbandonarmi. Io casco a terra. È tutto nero.

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Capitolo 16
*** Dannatamente fortunata ***


Quando mi risveglio, sono a letto. È sera, posso capirlo. Peeta mi sta accarezzando la fronte.

“ Prim… è viva?” domando. Peeta annuisce con un sorrisetto. Peccato che ormai sappia riconoscere quando c’è qualcosa che non va.

“ Gli ho fatto avere la crema che mi ha curato la ferita alla gamba. Sta meglio. Ma forse, quando tutto sarà finito, quel braccio le verrà amputato. Mi dispiace” sussurra. Sospiro. Un braccio in meno posso sopportarlo. Ma non deve morire.

“ Come hai…?

“ Ho detto a tutti che si sta solo fingendo debole. Che in realtà è una tiratrice esperta e che sta solo aspettando il momento migliore per ammazzare tutti alle spalle. Insomma, ho fatto credere a tutti che stesse utilizzando la stessa tecnica di Johanna!” mi spiega. Sospiro. Peeta. Lui è bravo con le parole. Ci è riuscito ancora. Io mi sarei semplicemente messa a supplicare gli sponsor in ginocchio piangendo come una pazza. Peeta invece è scaltro, è abile. Mi ha salavata. Di nuovo.

“ Altre novità?” chiedo.

“ Sì, Caleb ha ammazzato Vixini. Si sono posizionati lì, Caleb e Cassidy, per attendere che Vixini andasse a cercare Celine. Devono aver capito che Celine non poteva agire da sola. E Caleb l’ha ammazzato a mani nude. Vixini aveva lasciato la sua ascia a terra. Ah, e Jannet ha ucciso un bambino” aggiunge abbassando lo sguardo.

“ Sono rimasti in…?

“ Otto” dichiara Peeta. Bene, cominceranno le interviste. Forse gli sponsor si commuoveranno, vedendo la famiglia di Angelique. Lo spero. Peeta mi prende il volto tra le mani.

“ Katniss… vorrei poterti dire che Angelique vivrà, che starà bene e che verrà fuori di lì” dice.

“ Ma… potrebbe non succedere. Questo tu lo sai, vero?” domanda. Annuisco. Lo so bene.

“ Quindi, come facciamo?” chiedo. Lui scuote la testa.

“ Non lo so… vorrei solo che finisse, che finisse tutto” esclama. Sospiro.

“ E’ colpa mia, Peeta. Solo colpa mia. Ho detto di sì a questi Hunger Games. Lei morirà per colpa mia” dichiaro con le lacrime agli occhi. Lui mi accarezza i capelli.

“ No. Lei morirà per colpa di tutti, per colpa del tizio che settantasei anni fa si è inventato gli Hunger Games. Morirà per la pace, per la guerra, per l’indifferenza e per l’odio. Morirà per la libertà. La colpa è del mondo in cui viviamo, per la crudeltà delle persone. Non per colpa tua, o mia” dice. Annuisco, ma non sono del tutto convinta di quello che dice. Si avvicina al mio volto e mi bacia. È il primo bacio da… un bel po’. Tra gli Hunger Games e la preoccupazione, mi ero quasi scordata che qualcuno… Peeta… mi ama. Mi piace, ne voglio ancora. Ci baciamo per ore, forse per giorni, non saprei. E quando si stacca, capisco che la maggior parte dei miei problemi sono rimasti attaccati alle sue labbra. Come sempre. Sorrido un po’, provando a fargli capire quanto apprezzi quello che fa per me. Forse questo messaggio gli arriva, perché mi accarezza leggermente la guancia.

“ Ti va di accendere la televisione? Oppure vogliamo, per una sera, non pensarci?” mi domanda. Valuto la sua proposta. Sarebbe bellissimo lasciare l’appartamento, prendere il treno e scappare a casa, lontanto da tutto e da tutti, solo io e lui. Ma non riuscirei a chiudere occhio o a vivere con me stessa, senza sapere cosa sta facendo Angelique. Quando glielo dico, lui, con un’occhiata comprensiva, accende la televisione.

“ Ti porto qualcosa da mangiare, eh? Ti va un’omelette?” mi domanda. Annuisco come una bambina piccola, mentre lui, con un lieve sorriso stampato sulla faccia, si allontana ed esce dalla stanza. Mi concentro sullo schermo. Probabilmente è tardi, visto che Caleb e Cassidy fanno la guardia agli altri che dormono.

“ Finalmente soli” dichiara Caleb a bassa voce. Mi metto a sedere. Cosa?

“ Se questo lo chiami ‘ soli’” sussurra lei a bassa voce, alzando gli occhi verso il cielo. Caleb si avvicina a lei.

“ Non mi importa. Tanto domani lo verranno a sapere. Siamo rimasti in otto, qualcuno lo renderà pubblico. Perché mi hai ignorato per tutto questo tempo? Durante gli allenamenti ho cercato di parlarti più e più volte, ma tu scappavi… perché non hai detto agli altri che mi conosci? ” domanda. Chiamo Peeta. Ma probabilmente lui non mi sente.

“ Perché mi avrebbero accusato di favoritismo. Sarei morta prima di riuscire a spiegargli che si sbagliavano. Quel Vincent mi mette a disagio, è più pericoloso di quanto sembri” ammette. Non posso dargli torto. Caleb sorride.

“ Ah, perché, l’avermi risparmiato la vita non è già favoritismo? Provi ancora qualcosa per me, eh?” le domanda. Peeta entra nella stanza.

“ Peeta! Cassidy e Caleb hanno avuto una storia, da quello che posso capire!” esclamo mentre Peeta mi porge il piatto e si siede accanto a me.

“ No… ti prego dimmi di no… sai cosa significa, vero?” domanda. Annuisco. Gli sponsor adesso non avranno occhi che per loro. Guardiamo ipnotizzati lo schermo.

“ Io non provo proprio niente per te. Non più. Non da quando hai fatto quello che hai fatto.

“ Cassy, te l’ho spiegato mille volte… è stata lei a baciare me. Io non centro nulla.

“ Era la mia migliore amica. Secondo te è stato piacevole per me?” domanda. Santo cielo. Questi due hanno avuto una storia. Si scatenerà il panico. E che storia, poi. Una storia ghiottissima per gli abitanti di Capitol City. Caleb abbassa lo sguardo, risentito.

“ No, certo che no. Ma non potremo lasciarci il passato alle spalle e ricominciare da capo? Cassy, io…

“ Stiamo qua dentro. Nessuno di noi potrà ricominciare da capo con l’altro. È inutile parlarne. Sicuramente uno di noi due morirà. Non complicare le cose e lasciati odiare in santa pace, come facevo prima della Mietitura” afferma Cassidy. Ma è una bugia, lo vedo. È triste mentre dice queste parole.

“ Tu non mi odi, Cassy. E io non odio te. In questo periodo ho pensato tanto a noi. Ma tra la rivolta e tutto… cosa avrei dovuto fare?” domanda esasperato. Cassidy scuote la testa.

“ Niente. La sorte non è a nostro favore. Basta così. Ora voglio dormire” dichiara alzandosi e andando a svegliare Jannet. Caleb sospira, con gli occhi lucidi. Io, da canto mio, sto con il respiro mozzato. Le speranze di vedere Prim uscire dall’Arena sembrano affievolirsi sempre di più.

 

Il giorno dopo, guardiamo le interviste. Jannet ha due fratellini piccoli e un padre austero e severo. Sua madre è morta due anni fa. Snow, invece, ha solo sua madre, Sallyvan, una donna alta, fredda e imperturbabile. Non sembra molto entusiasta, mentre parla di suo figlio. In realtà, dubito che quella donna sia mai stata entusiasta per qualcosa. Umos ha due genitori vecchi e stravaganti, particolarmente fanatici e snob. Il padre mi sembra molto autoritario. Quando gli chiedono di Mariss, scuote la testa, affermando di non averla mai vista in tutta la sua vita. Cassidy ha quattro sorelle, tre fratelli, un padre e una madre, con i suoi stessi occhi color ambra. Sono ansiosi di vederla tornare a casa, non voglio perdere anche lei, come hanno perso uno dei loro figli, Nussy, a causa delle bombe progettate da Gale. Ora capisco perché Cassidy è così attaccata a Prim, e la mia stima verso quella ragazza sale notevolmente. Ma dovrà morire anche lei, per salvare Angelique. Caleb ha un padre anziano e un fratello più grande. Gli assomiglia molto. Quando gli chiedono del rapporto tra Caleb e Cassidy, afferma che sono stati insieme per tanto tempo, ma non sa altro. La troupe prova anche ad intervistare l’ex migliore amica di Cassidy, una certa Vorrette Bellar, ma fugge davanti alle telecamere, coprendosi la faccia. Poi intervistano i parenti di un certo tributo ancora vivo : Francek Onomia. Ha dodici anni, ma è furbo: la sua tecnica consiste nel nascondersi, mimetizzandosi con le rocce. Sua madre dice che ha sempre avuto questo straordinario dono di passare inosservato. Poi arrivano i parenti di Vincent: sua madre è dolce e riservata, parla a bassa voce, timidamente. Confessa di essere preoccupata per il comportamento di Vincent, a causa della sua improvvisa aggressività. Il padre, invece, si esprime a monosillabi, a volte, di difficile comprensione. La troupe, poi, chiede ai genitori informazioni riguardanti Mariss, ma essi affermano di non saperne niente. Hanno fatto anche un giro tra gli amici di Vincent e di Umos: nessuno conosce questa ragazza. La cosa mi sembra strana, ma non mi importa, la mia attenzione è tutta focalizzata sulla famiglia di Angelique: cinque sorelle più piccole di lei, tutte rigorosamente bionde. La mamma è distrutta, glielo si legge in faccia: i suoi occhi azzurri sono gonfi e stanchi, come se non dormisse da giorni. Mi ricorda la mia, quando papà è morto. Anche il padre di Angelique è morto, durante la rivolta. Questo mi spinge ancora di più ad incrementare i miei sforzi da mentore.  Passo tutto il pomeriggio a lavorare sodo, insieme a Peeta. Incontriamo persone stravaganti e disgustosamente ricche: parliamo bene di Angelique e di Vincent, focalizzandomi sulle meravigliose doti da tiratrice scelta di Angelique. Il paragone con Johanna, studiato da Peeta, è azzeccato: la gente ci crede davvero. Grazie alla parlantina di Peeta, tutti si aspettano di vedere da un momento all’altro la mia Prim uccidere tutti nel sonno. Riusciamo a inviarle bende nuove per fasciarsi la ferita, disinfettante e cerotti ipertecnologici, sponsorizzati da una vecchia signora bizzarra che, non a caso, è una grande fan di me e Peeta.

“ Oh, Peeta, quando hai tirato fuori quel medaglione con il cugino, la mamma e la sorellina di Katnis… ho pianto per giorni…” ci rivela mentre io, Peeta e Haymitch prendiamo insieme a lei qualcosa da bere. Vedo Haymitch alzare gli occhi al cielo, mentre Peeta riesce a sorridere soddisfatto, sussurrando un semplice “ Grazie”. Pure io provo a sorriderle, ma senza distogliere gli occhi dallo schermo: la mia Prim si sta bendando la ferita, con l’aiuto di Cassidy. Vedo lo sguardo di Vincent. So che probabilmente mi odia per la mia mancanza di cosiderazione nei suoi confronti, ma, almeno per adesso, lui sta bene sotto ogni punto di vista, mentre Angelique perde sangue a intervalli. Devo pensare a lei. Come mentore. Come amica. Come sorella. Forse anche come…

“ Te l’avevo detto che hai un grande spirito materno, Katniss” mi dice Peeta la sera, mentre guardiamo la tv. Mi dice questa frase dopo il mio discorso sulla necessità di impegnarci di più per tenerla in vita. Sbuffo. Sto per replicare a tono, ma, sullo schermo, vedo Vincent dare l’arco ad Angelique. Deve andare a prendere un po’ di legna per accendere il fuoco, mentre Jannet e Cassidy vanno a cacciare, e Vincent e Caleb organizzano un rifugio. Questa sera, dentro l’arena, fa davvero freddo, lo vedo dai brividi che percorrono i loro corpi. La mia Prim si avventura nel bosco, a passi lenti e calmi. Le telecamere, inspiegabilmente, si concentrano su di lei. Non ne capisco il motivo: non è molto più interessante vedere due ragazze andare a caccia, piuttosto che osservare quella creaturina tremante raccogliere della legna? Comprendo questa scelta un attimo dopo: Snow e Umos sono nascosti dietro dei cespugli. Snow ha in mano una lancia. E la punta verso Prim. Mi alzo in piedi, allarmata, rovesciando per terra un bicchiere d’acqua. Mi avvicino allo schermo tremando come una foglia. Peeta mi raggiunge.

“ E’ Liambo?” chiede Umos a Snow. Il ragazzo scuote la testa.

“ No. E’ la bambina. Sta raccogliendo della legna, penso. I suoi comnpagni devono essere qui vicino. Meglio andare via” sussurra. Sì. Sì, Snow, ti prego. Vai via.

“ Non pensi che sia meglio… uccidere la bambina?” domanda Umos. No. No. No. Non pensa che sia meglio, no. Non deve pensarlo. Ti prego, no. Ti scongiuro.

“ Peeta…” sussurro inginocchiandomi davanti alla televisione. Sento le sue mani posarsi sulla mia spalla. Angelique, ti prego, accorgiti che hai una lancia puntata alla tempia… scappa più veloce che puoi… Snow la ucciderà. Le telecamere si soffermano sui suoi occhi glaciali: vedo un lampo, una scintilla. Sta per pronunciare la condanna a morte della mia bambina. Le sue labbra sottili e rosse come il sangue si aprono e…

“ No. E’ troppo piccola. Non costituisce un pericolo, e poi non voglio ammazzare una bambina indifesa. Non ce la farei proprio ” afferma abbassando la lancia. Che cosa? Ho sentito bene? Umos annuisce un po’ scettico, mentre si allontanano, strisciando dietro altri cespugli, fino a raggiungere dei cespugli appartati e sicuri. Mi alzo in piedi. Mi accorgo che ho le lacrime agli occhi e me le asciugo con una manica. Snow. Snow ha salvato Angelique. Io gli sono debitrice. Sono in debito con il nipote di Snow. E so come ripagarlo.

“ Stanno a corto di viveri, vero?” chiedo a Peeta.

“ Chi?

“ Snow e quello di Beetee… Umos.

“ Penso di sì. Ti ricordi che oggi pomeriggio hanno provato a cacciare?” mi ricorda scrutandomi attentamente. Sospiro profondamente. È vero, non avevano trovato niente.

“ Bene. Andiamo da Johanna. Che le piaccia o no, stasera il prossimo paracadute sarà per Snow” affermo dirigendomi verso l’ascensore. Peeta mi segue, a passo di  marcia. Quando premo il pulsante per il piano dove alloggia Johanna, non riesco a fare a meno di vedere Peeta sorridere. Mi guarda quasi con… orgoglio?

“ Che c’è?” domando.

“ Ti amo” mi risponde semplicemente. Non so perché abbia detto questa frase in un momento così poco opportuno, ma non riesco a fare a meno di arrossire un po’.

“ Perché me lo dici?

“ Perché riesci sempre a fare la cosa giusta, in un modo o nell’altro” mi spiega ben attento a non distogliere i suoi occhi dai miei.

“ Non direi. Ho condannato a morte 23 tributi. Non si può dire che sia un esempio di moralità” bisbiglio tra i denti. Peeta solleva le spalle.

“ Anche tu sei umana. E la vendetta è un sentimento umano” dichiara. Non riesco ad afferrare a pieno il significato delle sue parole, ma adesso come adesso non è importante. Devo concentrarmi. Devo convincere Johanna ad aiutare Snow. Busso alla porta del suo appartamento, dove mi riceve un cameriere. Mi riconosce all’istante: lo vedo dal sorriso che si dipinge sulla sua faccia.

“ Katniss Everdeen e Peeta Mellark!” esclama. Annuisco velocemente guardando dietro le sue spalle. Johanna, che era comodamente seduta sul divano, si alza in piedi, un po’ allarmata.

“ Ho già capito tutto. No, Katniss, non esiste! Mandagli qualcosa senza il mio aiuto! ” urla mentre io entro nel suo appartamento spingendo da un lato il cameriere. Le vado vicino.

“ Lo sai benissimo che mi serve la tua autorizzazzione, dal momento che tu sei il suo mentore!” la assalgo fissandola negli occhi. Lei scuote la testa.

“ No. Non ho nessuna intenzione di agevolare quel ragazzino!” mi dice gonfia e rossa per la rabbia. Sento l’ira scorrermi nelle vene.

“ Johanna, ascolta, a me in realtà non è sembrato così male, non capisco perché ce l’hai tanto con lui” osserva Peeta da dietro le mie spalle. Johanna sbuffa infastidita.

“ E’ arrogante, pieno di sé, sbruffone e…

“ E questi ti sembrano buoni motivi per ammazzarlo? So che il fatto che sia nipote di Snow ti faccia desiderare la sua morte, ma penso che sia diverso, ha risparmiato Prim e…” comincio io ringhiandole contro.

“ MI RICORDA MIO FRATELLO! VA BENE?” esclama Johanna fuori di sé, urlandomi in faccia. Faccio un passo indietro, barcollando un po’. Vedo che ha gli occhi lucidi. Penso che si sia resa conto troppo tardi della portata delle sue parole, perché adesso distoglie velocemente il suo sguardo dal mio. Sospira, stronfinandosi gli occhi con le dita e lasciandosi cadere sul divano.

“ Jeremy Mason. Aveva diciassette anni. Lui… gli assomiglia. Le movenze, gli atteggiamenti… io… non lo so perché… e Snow me l’ha portato via. L’ha fatto uccidere davanti ai miei occhi, solo perché non ho… non ho voluto vendere me stessa. Perché Jeremy è morto e questo Jack è vivo? Non è giusto, mi capisci? Io… non riesco a guardare quel… Jack negli occhi! Mi fa sentire in colpa, mi ricorda che se solo avessi messo da parte l’orgoglio e mi fossi… venduta… adesso lui… forse sarebbe ancora vivo… non so… ormai non si tratta più di vendetta nei confronti di Snow… si tratta proprio di uccidere suo nipote… lui è vivo mentre Jeremy… no… non potrò vivere sapendo che il nipote di Snow è stato risparmiato e che potrà avere un futuro, forse una vita felice, mentre il mio Jeremy è stato ammazzato per colpa mia! Ha senso tutto questo? Non lo so…” singhiozza. È strano vedere Johanna che piange. Non è proprio da lei. Lei è dura, è sempre stata dura. Ma forse, la sua, era solo una maschera. Ed è terribilmente fragile in questo momento, seduta sul divano a coprirsi la faccia con le mani, mentre Peeta la abbraccia. La situazione è davvero imbarazzante, non so perché ma mi vergogno per lei. E mi vergogno anche per come l’ho trattata, adesso che so cosa prova. Insomma, ho dei sentimenti contrastanti, di fronte a questa scena. Stupore, pena, compassione, tristezza, forse pure gelosia. Ma Peeta fa bene ad abbracciarla. Io non oserei mai farlo. Come al solito, sono del tutto incapace di consolare le persone. Peeta passa dieci minuti abbondanti stringendo Johanna, sussurrandole parole tra i capelli, portando il suo volto al suo petto. Guardo altrove. So che sono una schifosa egoista, ma queste attenzioni di Peeta verso Johanna non mi fanno proprio piacere. Quando sento che i singhiozzi sono cessati, mi azzardo a poggiare di nuovo il mio sguardo su di lei. Sì, quell’espressione da cucciolo bastonato non si addice per niente a Johanna. Sembra accorgersene quando mi scocca un’occhiata decisamente più dura e decisa.

“ Non posso. Mi dispiace, Katniss. Puoi chiedere a Beetee, penso. Snow non sta insieme a quell’altro tizio? ” mi sussurra. Peeta mi guarda meravigliato. Ma perché non ci abbiamo pensato prima? Accenno un sorriso. È una buona idea.

“ Sì, hai ragione. Lo chiederò a Beetee… vado ora… forse riusciamo a mandargli qualcosa anche adesso, se l’orario ce lo permette…

Peeta si alza.

“ Vado io. Resta tu con Johanna” mi dice dandomi un bacio sulla testa. No. Non ha proprio capito. Non voglio rimanere da sola con Johanna. La situazione è davvero imbarazzante. Ma quando provo a farglielo capire, è già troppo tardi: Peeta è sparito in ascensore. Johanna sospira. Mi guarda con un po’ di… rabbia? Non riesco a decifrare il suo sguardo. Increspa le labbra, pur mantenendo gli occhi lucidi. Il suo sorriso è leggermente sprezzante.

“ Tu sei… dannatamente fortunata. Ma anche molto ingrata. Io ucciderei per un amore del genere” bisbiglia alzando le sopracciglia, come se stesse spiegando a una bambina un concetto semplice ed elementare. Vorrei risponderle a tono, magari aggredendola per avermi additata come ingrata. Ma tutto quello che riesco a dire in questo momento è un debole e flebile “ Lo so”.

 

Peeta ce l’ha fatta. Di nuovo. Insieme a Beetee, è riuscito ad ammaliare un vecchietto elegante, un certo Huberts, direttore di una delle migliori imprese di catering di Capitol City. Hanno inviato a Umos e a Jack un bel pacco pieno di provviste. Peeta mi ha spiegato la necessità di scrivere chi gliel’ha mandato, così da indurlo a risparmiare Angelique nelle occasioni future. Stiamo abbracciati sul letto, mentre vediamo Jack e Umos che, sorridenti, mangiano una coscia di pollo.

“ Ti ha dato fastidio quando ho abbracciato Johanna. Vero o falso?” mi domando. Non capisco il perché della sua domanda improvvisa, e devo ammettere che riesce a cogliermi impreparata.

“ Vero” rispondo senza pensarci. Sbuffo un attimo dopo essermi resa conto di averlo detto davvero. Lui mi abbraccia più forte.

“ Mi dispiace. Devo ancora entrare nell’ottica che ti potrebbe dar fastidio il fatto che io abbracci altre ragazze, anche se, te lo assicuro, non ho mai avuto nessun doppio fine. Ci starò più attento, te lo prometto” mi risponde.

“ Puoi abbracciare chi vuoi quanto vuoi. Non è una cosa che mi riguarda” replico bruscamente. Lo sento ridere un po’.

“ No, lo sai che non è così. Certo che ti riguarda. Voglio che ti riguardi per il resto della mia vita. Mi piace quando sei gelosa” afferma.

“ Non sono gelosa” dichiaro agitandomi un po’. Ridacchia ancora, mentre mi accarezza la schiena.

“ Oh, sì che lo sei. Mi piace. E stavolta non ti chiedo neanche se è vero o falso. Il tono con cui lo dici non lascia spazio ai dubbi” mi dice. Sospiro un po’. Odio quando ha ragione. Scocco un’occhiata a Snow. Sembra un ragazzo normale, mentre divora quella coscia di pollo, non il nipote di un dispotico sanguinario. Ha risparmiato Angelique. Sorrido. Forse nessuno avrà il coraggio di ucciderla, proprio perché è così piccola. Spero che questo basti per farla vincere.

 

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Capitolo 17
*** Il canto della vera Ghiandaia Imitatrice ***


Man mano che gli Hunger Games procedono, io e Peeta capiamo sempre di più che sarà  necessario inventarci qualcosa per far vincere Angelique. Jannet ha ucciso il bambino di dodici anni che si nascondeva mimetizzandosi. Ci è inciampata addosso mentre quest’ultimo dormiva, e, mentre si svegliava, Jannet non ci ha pensato due volte prima di piantargli gli spuntoni del mazzafrusto nel cranio. Questo mi fa capire che, una volta eliminati Umos e Jack, Angelique sarà quella puntata da tutti, essendo la preda più facile da uccidere. Vorrei confidare sul fatto che tutti saranno mossi dalla pietà, come Snow, ma non riesco a fare a meno di constatare che, più i giochi procedono, più Vincent è agitato e violento. È ossessionato da Umos, ci perde il sonno. A volte si sveglia urlando, sfoderando la spada verso un nemico immaginario. Una volta stava anche in procinto di uccidere Cassidy, solo perché lei aveva alzato un’obiezione sul suo comportamento scorbutico. Spero solo che non si scordi della promessa di proteggere Angelique.  E non si azzardi ad ucciderla lui. In caso contrario, dopo la sua vittoria, gli concederò una settimana. Il tempo di rivedere i suoi cari. E poi lo andrò a cercare per ammazzarlo.

“ Ormai ci siamo, dolcezza. Faranno scontrare le due squadre, in un modo o nell’altro. Troppi tributi ancora vivi. Non era mai successo” mi spiega Haymitch quando lo metto al corrente delle mie preoccupazioni. Siamo nel ristorante al lato della piazza, la quale è gremita di gente. L’ultima settimana degli Hunger Games. E sono rimasti in sette. La situazione è destinata a farsi più cruenta. E si sa, il sangue attira la folla.

“ Ok, e fin qui ci ero arrivata. Cosa devo fare per salvarla?” domando allarmata. Haymitch mi porge un bicchiere di rum. Lo scanso infastidita.

“ Questa non è una soluzione!” urlo.

“ Oh, sì che lo è. Vuoi la verità, dolcezza? Tu non puoi fare niente per salvarla. È la dura realtà degli Hunger Games. Triste, no?” osserva guardando attentamente il suo bicchiere di rum. Prova a fare lo spavaldo. Ma i suoi occhi pieni di disprezzo lo tradiscono. Peeta, nel frattempo, ha lo sguardo incollato allo schermo da almeno mezzora. È teso, lo vedo.

“ E’ strano che nessuno abbia trovato questa Mariss, no?” domanda. Guardo anche io lo schermo. Vincent ha preso una pietra appuntita, e sta incidendo il nome di Mariss su un albero, mentre gli altri preparano da mangiare.

“ Sì, ma, in tutta onestà, Peeta… che ci importa? Ci stiamo concentrando su Angelique” dichiaro io leggermente esausta. Lui annuisce pensieroso.

“ Anche questo è vero, però non so… cioè, la troupe è riuscita a rintracciare l’ex migliore amica di Cassidy che nessuno aveva mai menzionato, e non riesce a rintracciare una ragazza di cui sanno perfettamente il nome? Non so… solo io lo trovo bizzarro?” domanda. Non faccio in tempo a dargli una risposta. Un urlo. Gli alberi cominciano a cadere. Caleb, Cassidy, Jannet, Vincent e Angelique corrono nel bosco. Nel frattempo, la telecamera inquadra anche Umos e Jack: anche a loro sta succedendo la stessa cosa. Vogliono farli incontrare. Vogliono che si ammazzino a vicenda.

“ No!” urlo. Haymitch ridacchia.

“ Scommetto che adesso che hai capito come stanno le cose, vorrai questo rum, dolcezza…” sussurra. Peeta e io ci alziamo, dirigendoci ai piedi del maxischermo, facendoci largo tra la folla. Vedo Prim urlare e correre velocissima, fiondandosi dietro a Cassidy. Inciampa. Un albero la sta per travolgere… Cassidy riesce a prenderla per un braccio e a spostarla di lì, rimettendola in piedi e facendola correre. Guardo Markus, il suo mentore. Devo tutto a quella ragazza. Corrono fino a perdere il fiato, fino a che non raggiungono un’area rocciosa ma priva di alberi. Essa si affaccia su un dirupo. Nel frattempo, Snow e Umos si sono riparati dietro una di quelle rocce dell’area : Snow ha una ferita alla gamba, causatagli dalla caduta di un albero. Cerco con gli occhi Johanna, e la vedo accanto a Beetee. Anche lei è tesa. Umos e Jack non si accorgono che hanno compagnia, infatti Umos si alza in piedi, così da non essere più nascosto dalla roccia e rivelando la sua posizione. Un urlo. Il Ghepardo lo ha chiamato per nome. Vincent lo vede e si scaglia contro di lui, bloccandolo a terra e trattenendogli le braccia. Snow, essendosi anche lui rivelato, tenta di scappare, ma un grido di Cassidy lo blocca.

“Un altro passo e sei morto, Snow!” esclama puntandogli addosso una freccia. Snow si volta lentamente, guardandola negli occhi.

“ Da quanto tempo sto aspettando questo momento… tuo nonno ha giocato proprio un bello scherzo a me e alla mia famiglia…   ci ha mandato tre guardie a prelevare mio fratello nel cuore della notte per metterlo insieme ai bambini che circondavano il suo palazzo… finalmente… potrò vendicare Yonty… non sei contento?” domanda. A stento riconosco la ragazza che abbracciava Angelique nel cuore della notte. Ha un’aria da folle, truce e minacciosa, con gli occhi spalancati. Angelique le tocca il braccio, alzandosi in punta dei piedi.

“ Cassidy… no…” sussurra. Ma la ragazza non l’ascolta. Ha l’arco teso e pronto per scoccare una freccia. Snow apre la bocca lentamente.

“ Io non centro niente con quello che ha fatto mio nonno, ok, Liambo? E colgo l’occasione per dirlo a tutti!” esclama rivolgendosi verso il cielo. Rimango pietrificata. Che cosa vuole fare? I suoi occhi sono decisi, la sua espressione dura e sprezzante.

“ Io lo so perché sono qui! Non ci credo che su più di duecento ragazzi sia stato estratto proprio il mio nome! È una casualità che non posso ignorare!  Ma sappiate, persone che mi stanno condannando a morte, che, nonostante sappia che sono qui per mandare un messaggio forte a Capitol City e ai Distretti, io non ho mai avuto nulla a che fare con le scelte di mio nonno! Che debba morire, lo so dal giorno della Mietitura! Ma non così! Non essendo accusato di qualcosa per cui non ho colpa!” esclama rivolgendosi di nuovo verso Cassidy. Ma la ragazza si limita a fissarlo, ancora troppo spietata.

“ Uccidilo Cassidy! Non starlo a sentire! ” esclama Jannet truce. Snow le scocca un’occhiata sarcastica.

“ Oh, sì, fai la dura… tanto l’ho visto agli allenamenti che sei pazza del Ghepardo, mia cara Jannet! Puoi fingere quanto vuoi, ma non avrai il fegato di ucciderlo, una volta rimasti voi due… qualora possa davvero succedere, cosa di cui dubito!” esclama. Jannet sembra non sapere come replicare, ma mette su uno sguardo minaccioso. Caleb, nel frattempo, si avvicina a Cassidy.

“ Cassidy… non così… Yonty non avrebbe voluto che…

 “ Togliti dai piedi, Caleb! Non parlare di cose che non sai! Yonty è morto, e per colpa sua io…

“ Ma non è colpa sua, Cassidy! Te l’ha detto ora…” sussurra Angelique. Levati Angelique. Scappa. Le cose si stanno mettendo male e una bambina petulante potrebbe indurre gli altri a sbarazzarsene. Jannet la prende per un braccio e la allontana da Cassidy, sputando nella direzione di Snow. Nel frattempo, Vincent comincia a ridere, ancora sopra a Umos.

“ Ho aspettato appositamente che Cassidy e Snow finissero il loro discorsetto plateale e toccante, così da spiegare al pubblico un po’ di cosette, eh? Eh, TRADITORE?” esclama sputando sopra il volto di Umos. Traditore? Guardo Beetee. In che senso traditore? Beetee mi pare stupito e confuso, mentre mi guarda a sua volta. Angelique prova a divincolarsi dalla presa di Jannet.

“ Signore e singori, benvenuti ai Settantaseiesimi Hunger Games! Adesso vi darò il più grande spettacolo di intrattenimento mai avuto finora! Signor… Umos Naruth, ci vuole dire come mai ha deciso di uccidere Mariss nel bel mezzo della ribellione?” domanda Vincent. Che cosa? Sento le urla scandalizzate della folla intorno a me. Uccidere… eh? Ma non erano fidanzati?

“ Io non l’ho uccisa…” sussurra Umos con le lacrime agli occhi. Un pugno in faccia. Vincent ride come un pazzo. E’ fuori di sé. Comincio a tremare. Mi fa paura. Ha perso il senno.  

“ Gentili telespettaori, ascoltatemi bene, questa parte vi interesserà parecchio!” esclama rivolto al cielo. “ E’ come se lo avessi fatto, brutto bastardo! Lei e la sua famiglia stavano dalla parte dei ribelli. Quando la resistenza di Capitol City l’ha capito, Mariss e i suoi cari avevano i minuti contati. Non sapevano dove andare. E indovina a chi ha chiesto aiuto Mariss? A un piccolo vigliacco come te, il suo fidanzato. Ospitare lei e la sua famiglia per qualche giorno. E tu gli hai detto NO, verme che non sei altro! Non volevi che papino sapesse che la tua fidanzatina era una ribelle, eh? Io li avrei nascosti a casa mia. Io l’amavo, Umos! Tu non l’hai mai meritata. Ma ahimè, io ero ricoverato. E quando la resistenza di Capitol City ha menato a sangue lei e la sua famiglia, indovina dove è stata messa la sua barella, una volta in ospedale? Proprio accanto alla mia! Mi ha confessato tutto, Umos! Mi ha detto quello che hai fatto. Tu, ignobile scarafaggio!” urla dandogli una testata, così da spaccargli il setto nasale. Io rimango pietrificata e, insieme a me, tutti i tributi. Anche Cassidy ha leggermente abbassato l’arco per sentire questa storia.

“ Perché l’ho raccontata a tutti? Perché devono sapere, prima di vederti morire, chi sei. Ti ricordi la prima volta che l’abbiamo vista? Era al club di scherma. Stava cercando qualcuno che le facesse delle lezioni. E tu, sudicio infame, subito ti ci sei fiondato! Una bella ragazza che vuole imparare l’arte della spada, che preda facile, eh? E già da allora dovevo capirlo, che eri solo un ignobile insetto, Umos. Siamo diventati amici, noi tre. Più in là, ci ha svelato il suo segreto, il motivo del perché non poteva andare troppo in giro, il motivo per cui non era saggio per lei frequentare la scuola. Poteva circondarsi solo di pochi e fidati amici. E tu, Umos… io non lo so lei che cosa abbia visto in un essere ripugnante come te. Lei si fidava! Lei ti amava! E tu… e tu gli hai negato il tuo aiuto… ora… ora che tutti sanno quello che hai fatto… posso ucciderti!” esclama puntandogli la spada verso la gola. Umos singhiozza rumorosamente, mentre la lama taglia lentamente la sua pelle e…

“ NO!” esclama Angelique. Morde il braccio di Jannet, che è costretta a mollare la presa su di lei e si avvicina a Vincent.

“ Vincent… ne avevamo già parlato… non per vendetta. Mariss non avrebbe voluto vederti ammazzare Umos. Lo sai! Questo non te la riporterà indietro!” esclama. Ma è pazza? Sta affrontando un ghepardo inferocito. Si avvicina verso di lui a passi lenti. Vincent neanche la guarda. Tiene gli occhi puntati su Umos.

“ Non ti immischiare, Angelique! Lui è mio!” urla fuori di sé. Caleb, nel frattempo, si mette tra Snow e Cassidy.

“ Angelique ha ragione. Non per vendetta, Cassidy. Sono sicuro che Mariss e Yonty non avrebbero voluto vedervi così accecati dall’odio. Questi due dovranno morire, siamo dentro gli Hunger Games… ma non così. Non per mano vostra. Non con queste motivazioni. È sbagliato” afferma. Vedo gli occhi di Cassdidy farsi lucidi, mentre guarda Caleb. Abbassa l’arco. Sospira. Guarda Snow. “ Tu morirai. Ma… è vero. Yonty… non avrebbe voluto che sprecassi tempo con te. Non oggi. Sei fortunato, Snow. Ma questa è l’ultima volta che ti lascio andare” afferma. Caleb sorride, mentre Snow si allontana velocemente da Cassidy, zoppicando per via della gamba.

“ Vincent… lascia andare Umos. Avrai altre occasioni.  Ma non con queste motivazioni. Se ci tenevi a Mariss… Lei e Yonty non avrebbero voluto questo, ne sono sicura. Caleb e Angelique hanno ragione. Dobbiamo ricordarci chi siamo” afferma Cassidy. Vincent, però, non molla la presa e, se possibile, appare ancora più sinistro.

“ No… no, Cassidy, tu fai come ti pare, ma lui… lui ha ucciso la mia Mariss… Io non permetterò che la sua morte non sia vendicata a dovere…

“ Vincent… Ti prego… non così… te ne pentiresti, devi perdonarlo… non riusciresti a vivere con te stesso…” sussurra Angelique avvicinandosi a lui. No. No, Prim. Devi allontanarti da Vincent. È fuori di sé, potrebbe assalirti, potrebbe reagire male… è troppo pericoloso. Tutti sono pietrificati, Snow compreso.

“ Stai zitta, ragazzina!” esclama Vincent guardando Umos, diventato bianco cadaverico per la fuoriuscita di sangue dal naso.

“ Vincent…  mamma me lo dice sempre che l’odio non serve a niente… e la vendetta è una forma di odio, Vincent… ti prego, la sua morte non ti farà stare meglio, anzi!” urla Angelique. Ma che fine ha fatto la dodicenne che amava giocare con le bambole? Quella povera e indifesa bimba? Sta dicendo delle cose troppo forti per una bambina della sua età. Lei è pura, lei è buona. Lei ha capito che la vendetta è sbagliata, in tutte le sue forme.

“ ANGELIQUE, STAI ZITTA!” grida Vincent chiudendo gli occhi. È furioso, rosso in viso. Ormai Angelique gli è accanto.

“ Vincent, io…

“ STAI ZITTA!!!” ringhia Vincent togliendo la presa da Umos e spingendo Angelique contro le rocce. La mia piccola Prim inciampa, e la sua testolina va a sbattere contro una roccia appuntita. Su quella roccia vi rimane il sangue. No. No. No. Urlo. Ma non sento niente. Mi dispero. Mi butto per terra. Vedo Vincent, che si toglie da sopra Umos e si fionda su Angelique. Tutta Panem è immobile. Il mondo è fermo.

“ Angelique… no… no… No, Angelique, ti prego… mi dispiace… Angelique…” sussurra piangendo Vincent. Vedo una manina imbrattata di sangue posarsi sulla guancia di Vincent. Angelique è serena, mentre i suoi occhi si appannano.

“ Io… ti… perdono” dice con la sua vocina. Sono le sue ultime parole. Poi, un cannone. Prim è morta. Di nuovo. Le urla strazianti di Vincent invadono la piazza. Peeta anche singhiozza. Io piango, urlo. La scena sembra durare un’eternità. Mi guardo intorno, qualcuno mi deve aiutare. Tutta la piazza sta… piangendo. E ora capisco. Capisco che è tutto finito. Gli Hunger Games sono finiti. La gente piange insieme a me, insieme a Vincent. Siamo… uniti. E nonostante la rabbia, la tristezza, la morte che mi avvolge tra le sue spire… io voglio provarlo. Voglio dimostrare a tutti quello che hanno fatto. Che abbiamo fatto.  Mi alzo da terra, raccogliendo tutto il coraggio che ho. Nessuno parla. Ma io sì. Io canto.

“ Là in fondo al prato, all’ombra del pino
c’è un letto d’erba, un soffice cuscino
il capo tuo posa e chiudi gli occhi stanchi
quando li riaprirai, il sole avrai davanti” incomincio. La strofa dopo, la canta tutta la piazza. Gente di Capitol City e gente dei Distretti. Uniti, finalmente, nel dolore di una perdita umana. Nella perdita di Rue. Di Prim. Angelique è riuscita a fare ciò che nessuno era riuscito a fare finora: unire Panem.

“Qui sei al sicuro, qui sei al calduccio,
qui le margherite ti proteggon da ogni cruccio,
qui sogna dolci sogni che il domani farà avverare
qui è il luogo in cui ti voglio amare.”

Timidamente, alzo un braccio al cielo, facendo il vecchio saluto dei Distretti. Tutti mi imitano. La guerra è finita. È morta la vera Ghiandaia Imitatrice. Lei è riuscita dove io avevo fallito. E ora, la mia strada è segnata. Il perdono. Angelique mi ha indicato la direzione. Guardo Peeta negli occhi. Ora capisco. Tutto è chiaro, adesso. Haymitch, Johanna e Beetee mi raggiungono.

“ Tirateli fuori da lì. Ormai è inutile farli combattere. Abbiamo organizzato questi Hunger Games per far arrivare un messaggio. Il messaggio è arrivato” dichiaro. Haymitch annuisce.

“ Ci puoi giurare. Dopo questo spettacolo, dubito che Plutarch voglia continuare. E Paylor non penso avrà nulla da obiettare. Abbiamo raggiunto lo scopo” ammette guardando tutti i capitolini piangere a dirotto.

“ Non era mai successo niente del genere prima d’ora” afferma Beetee. Persino Johanna annuisce, mentre si allontana con Hyamitch ee Beetee. Peeta mi guarda negli occhi. Devo dirglielo. È il momento. Ma lui mi precede.

“ Tu non verrai con noi a parlare con Plutarch, vero?” domanda. Sospiro. Scuoto la testa.

“ No. Io andrò al Distretto 2. Andrò da Gale. E lo perdonerò” affermo provando a non guardare Peeta negli occhi.

“ Quindi questo è un addio?” domanda. Il punto è che non lo so. Non so come si metteranno le cose, adesso che ho chiaro quello che devo fare, cioè, perdonare Gale. Potrei incontrarlo e  tornarmene al Distretto 12 con Peeta. Oppure potrei rimanere lì con Gale. Oppure potrei semplicemente decidere di affogarmi dentro una vasca. Non lo so.

“ Non lo so. Tu tornerai a casa, se li tirano fuori da lì?” chiedo. Lui annuisce.

“ Sì. Io tornerò al Distretto 12. Mi troverai lì. Mi troverai sempre lì ad aspettarti. Ho passato la vita ad aspettarti, Katniss. Ormai ci sono abituato” esclama prima di sparire tra la folla. Una lacrima mi riga la guancia. Ma devo andare da Gale. Angelique mi ha indicato la strada da seguire: quella del perdono. Glielo devo. Ma soprattutto, lo devo a me stessa.

 

Spazio autrice: Io lo so che mi odiate. Ne avete tutto il diritto. Mi sto odiando anche io. Ho pianto per due ore e trentasei minuti dopo aver scritto questo capitolo. Angelique… non lo so. È stato un frutto della mia immaginazione. È stato come perdere una parte di sé, non avete idea. Far morire un personaggio è qualcosa di… abominevole. Non ci sono parole per descrivere quello che sto provando in questo momento. Ma… vi prego, capitemi. Era necessario. Grazie ad Angelique, alla bontà che la caratterizzava… la sua morte è stata vista come un sacrificio all’insegna del perdono. E, secondo me, è davvero importante. Adesso… che bel finale, eh? Immagino. Sappiate solo che il capitolo che verrà ( prestissimo, già ve lo dico!) sarà molto… confortante, nonostante tutto lasci pensare il contrario. Volevo ringraziarvi. Grazie a tutti, grazie a voi che, con il vostro sostegno, mi spingete a fare sempre meglio. Scusate, ma adesso non sono molto loquace. Sono tristissima. A presto

angelikakiki

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Capitolo 18
*** Perché io lo amo ***


 

Prendere il treno senza Peeta è una strana sensazione. Mi sento sola e indifesa, quasi vulnerabile, circondata da gente estranea. Mi rannicchio sopra il materasso del letto. Provo a chiudere gli occhi. No, non posso: vedo sangue. Mi massaggio le palpebre con le dita. Ci riprovo. Niente, è tutto rosso. Mi concentro su un quadro della mia camera. Un bambino e una bambina che giocano. Improvvisamente, la bambina del quadro mi guarda e comincia ad urlare. È Angelique. Vuole essere salvata, ma non posso fare niente per impedirlo.

“ Peeta!” chiamo. Niente, lui non c’è. Mi raggomitolo abbracciando il mio cuscino. So che è frutto della mia immaginazione, ma non riesco a fare a meno di trascorrere l’intera notte urlando con tutto il fiato che ho. Più e più volte sento il rumore di passi dietro la porta della stanza. Forse sono gli inservienti del treno, preoccupati per me. Non mi importa. Io continuo a gridare, a chiamare il nome di Angelique invano, poi quello di Prim, e, infine, il nome di Rue. Anche la bambina del quadro urla e, la maggior parte delle volte, non capisco se usa la mia voce o quella delle bambine a cui sto pensando. Provo a soffocarmi con il cuscino, me lo premo in faccia, ma le mie urla sovrastano il treno. Non c’è modo di fermarle. È una scena inquietante e macabra, e tremo come una foglia fino all’alba. Arriviamo al Distretto 2. Appena scendo dal treno, trovo alcuni tizi armati che mi stanno aspettando.

“ Buongiorno signorina Everdeen, la stavamo aspettando. Haymitch ci ha informati…” mi spiega un ragazzo moro velocemente, mentre mi accompagna verso un camion. Annuisco. Sono consapevole di essere in condizioni pietose, lo vedo dal modo con cui mi guarda questo tizio. Ma in realtà sono contenta che qualcuno mi stia scortando, non ho la più pallida idea di come fare a trovare Gale. È la prima cosa che chiedo al ragazzo moro appena salgo sul camion.

Gale Hawthorne? Stiamo andando proprio da lui, al Commando Generale. Dovrebbe essere lì” esclama. Sorrido leggermente. Mi batte il cuore a mille. Non so perché. Arriviamo in uno strano edificio blu. Mi ci fanno entrare, e sento su di me gli sguardi di tutti. Gente armata, alcuni feriti… nel Distretto 2 c’è ancora tanta rabbia.

“ Katniss ” esclama una voce rauca alle mie spalle. So chi è. Mi giro lentamente. È Gale. I suoi occhi grigi mi scrutano attentamente. A mio avviso, è diventato molto più robusto, e i suoi contorni sono ancora più duri di come me li ricordavo. Gale fa cenno alla mia scorta di lasciarmi sola con lui.

“ Hai fame?” mi chiede bruscamente. Appena lo dice, avverto uno strano brontolio allo stomaco. Annuisco, e lui mi porta in una piccola saletta bianca con in mezzo un piccolo tavolino azzurro e quattro sedie, dove chiede a due infermieri di portarci qualcosa da mangiare. Io mi siedo su una delle sedie, e lo fisso a lungo. Devo essere sincera, non mi aspettavo un’accoglienza così fredda. Sembriamo due estranei.  Avrei dovuto preparami un discorso, qualcosa da dire per tappare i buchi di silenzio che inevitabilmente si sarebbero creati. Ma niente, dalla mia bocca non esce niente.

“ Mi dispiace per la bambina” sussurra lui dandomi le spalle. Sospiro. Una lacrima scende prima che riesca a fermarla.

“ Già.

“ Ma almeno la sua morte è servita a qualcosa. Li hanno tirati fuori di lì, proprio questa mattina” afferma lui continuando a non guardarmi. Vengo assalita da un senso di soddisfazione. Peeta a quest’ora starà tornando a casa, fiero di essere riuscito a salvare non uno, ma ben sei tributi.

“ Bene” dichiaro velocemente. Lo sento sospirare. “ Come vanno le cose qui?” chiedo guardandomi intorno. Forse è meglio fare un po’ di riscaldamento, prima di affrontare i discorsi più impegnativi.

“ Voglio andare dritto al punto, Katniss. Che diamine ci fai tu qui, eh? Ho la facoltà di chiedertelo? Prima mi dici che dormi con Peeta, poi che il nostro bacio non conta niente per te, poi ricevo una telefonata da Peeta che mi dice che stai arrivando e Haymitch che manda i miei soldati a destra e a sinistra… che cosa devo pensare?” grida girandosi e guardandomi negli occhi. Abbasso lo sguardo. Bene, il mio piano non ha avuto successo. Tocca prendere la questione di petto.

“ Io… Angelique mi ha fatto capire tante cose. E ho capito che… devo perdonarti. Se non ti perdono ora, avrò il rimorso di non averlo fatto per tutta la vita” gli spiego. Semplice. Sono stata brava, no? Lui scoppia a ridere. Una risata amara, piena di astio. Mi allarmo un po’.

“ E rieccoci qui, eh? Sempre a pensare a te! Mi stai perdonando per poter continuare la tua vita felice con Peeta senza sensi di colpa, eh? Non so se voglio accettare questo atto di generosità, il tuo ‘perdono’!” esclama irato. Non ha capito niente. Sì, certo lo faccio per me, ma… non nel modo egoistico che pensa lui. Lo faccio anche perché… Lo guardo negli occhi.

“ Non è solo per questo, Gale. Prim non avrebbe voluto vederci così. E…  Tu mi manchi. Tanto. E io so di mancarti” gli spiego prima di riuscire a trattenermi. Lui vuole replicare qualcosa, ma i due infermieri aprono la porta, portandoci due vassoi. Ci servono una bistecca ai ferri con il contorno di patate. Ci portano anche una brocca d’acqua, prima di sparire dietro la porta. Lui si siede di fronte a me, e mangiamo in silenzio. Ancora non mi ha dato una risposta, ma conosco abbastanza Gale da sapere che ci sta riflettendo. Dopo aver finito di mangiare tutto, lui riesce a sussurrare:

“ Ma certo che mi manchi. Io ti amo” mi risponde. Ahi. Ecco, esattamente quello che non mi doveva dire. Io non so proprio che dire. Ma lui vuole una risposta, lo sento. E io, in realtà, gliela devo. Apro la bocca. Bombe. Bombe ovunque. I suoi occhi mi ricordano la morte. Quella da cui sono scappata, in teoria. Chiudo gli occhi.

“ Katniss…” sussurra. E invece la sua voce mi ricorda la vita, i tempi in cui andavamo a cacciare nel bosco, solo io e lui. Che cosa devo pensare? Che significato ha tutto ciò? Lo guardo in faccia sollevando lo sguardo.

“ Gale… io non lo so” ammetto semplicemente. Lui sospira.

“ Ok. Va bene, lo capisco. Non voglio una risposta immediata. Sei confusa. Ok” mi dice alzandosi e andando ad aprire la porta. Che abbia capito? Non lo so.

“ Vado un secondo a controllare la situazione. Se deciderai di restare oggi, spero che mi aiuterai a scrivere le lettere alle famiglie dei soldati caduti” afferma. Ma ha capito che deve accettare il mio perdono?

“ Gale!” esclamo prima che esca dalla porta. Lui si volta.

“ Io ti perdono. Per quello che hai fatto a Prim.

“ Te l’ho già detto, io…

“ Non è importante. Non mi interessa. Tu devi accettare il mio perdono. Va bene?” chiedo. Lui si avvicina, e mi stampa un bacio sulla testa.

“ Sì, Catnip. Grazie davvero” mi risponde sinceramente commosso prima di uscire dalla stanza. Sorrido, sollevata. È come se mi fossi tolta un grande peso dal petto.

 

Passiamo tutto il pomeriggio insieme. Lo aiuto a rispondere alle lettere. Ci metto anche la mia firma. Gli è sembrata una buona idea, questo omaggerà le famiglie dei deceduti. Dopo aver fatto tutto ciò, mi porta dentro l’ospedale. La mia presenza dà gioia ai bambini feriti, che si affollano attorno a me meravigliati. Provo a trasmettergli tutto il mio affetto e il mio sostegno. Sento gli occhi di Gale che mi guardano in disparte. Scocco un’occhiata nella sua direzione, mentre abbraccio un bambino di otto anni con una spalla lussata. È come se fosse fiero di me, mi guarda amorevolmente. Sorrido un po’ imbarazzata. Io mi sento… felice. Mi sento utile. Ma la cosa più bella è aver ripreso a parlare con Gale. Ci lanciamo piccole frecciatine, ridiamo un po’, di tanto in tanto mi abbraccia. Sono le cinque del pomeriggio, quando mi avverte che tra mezzora arriverà un treno. Il punto è: voglio prenderlo o no? Stiamo nella saletta bianca, quando me lo dice. Mi lascio cadere su una sedia, sospirando. Che faccio? Torno al Distretto 12 da Peeta, o rimango al Distretto 2 con Gale? Esamino i pro e i contro. Qui sarei felice. Con Gale. Ok, c’è ancora tanta rabbia nel Distretto 2… ma questo mi darebbe un obiettivo, un modo per distrarmi, una sorta di redenzione e di gioia nell’aiutare gli altri. Nel Distretto 12 c’è… Peeta. Peeta, che mi ricorda che è colpa mia se Angelique è morta, considerando che sono stata io a volere questi Hungr Games… Peeta, che continua ad avere degli attacchi in cui rischio ogni volta di rimanere ferita, Peeta che… non lo so. Guardo Gale. I suoi occhi così simili ai miei mi danno conforto. Lui potrebbe significare un nuovo inzio. Avremmo una nuova guerra da combattere, per il raggiungimento della pace anche nel Distretto 2. Potrebbe risorgere una nuova fiamma dalle ceneri della guerra. Ma è davvero questo quello che voglio? Un’altra battaglia? Non lo so. Ma oggi sono stata bene con Gale. Tanto bene. è una sensazione diversa da quella che provo con Peeta: lui mi tratta come una bambina da difendere, mentre per Gale sono più… insomma, con Gale mi sento forte. E la cosa mi piace.

“ Penso che non prenderò il treno. Penso che resterò qui con te” affermo timidamente. È veloce, troppo veloce. Si avventa su di me e fa premere le sue labbra sulle mie. Avverto… calore. Ma no quel calore buono e rassicurante. Sento qualcosa che brucia dentro di me, e mi fa stare male. Rispondo al bacio, ma c’è poco da fare: le nostre bocche non combaciano per niente. Sono come due pezzi uguali dello stesso ingranaggio, non si incastrano bene a vicenda. Voglio levarmi di lì, voglio correre lontano. Dove? La mia immaginazione mi porta in luogo familiare: la casa di Peeta. Lui mi abbraccerebbe, mi bacerebbe, mi provocherebbe mille piccoli brividi sul collo, mi farebbe sentire protetta, al sicuro, terribilmente vulnerabile, sì, perché è così che mi sento, giustamente, in questo momento della mia vita. A me serve una persona con cui posso mostrarmi debole e, come dice Peeta, umana. E con Gale non potrò mai, non ce la farei. Con lui sarò sempre Catnip, la ragazzina che porta da mangiare alla sua famiglia. Ma non capisce che ho bisogno che sia qualcuno a prendersi cura di me, stavolta. E Gale… non potrò mai accettare questo da lui. Il suo bacio mi provoca un senso di tormento interiore, come una sorta di nausea, non mi dà pace, nessuna stabilità. Dentro questo bacio c’è la guerra. Non sento delle mani delicate che mi accarezzano la nuca, ma movimenti duri, quasi meccanici, per niente dolci. Non mi avvolge l’aroma di pane e speranza, ma quello di morte, furia, disperazione. Lo posso sentire. Mi scanso bruscamente.

“ Io non posso. Devo tornare a casa” esclamo alzandomi. Gale mi blocca i polsi.

“ Ma che cosa stai dicendo? Sei impazzita? Un momento mi dici che vuoi restare qui, poi appena ti bacio te ne vuoi andare!” urla lui infuriato.

“ Gale, io e te non… non potremmo mai… non potrò mai amarti, mi dispiace…

“ Perché?

“ Perché io amo Peeta” dichiaro. L’ho detto. L’ho detto davvero. No ci posso credere. Ho detto di amare Peeta Mellark davanti a Gale. E, cosa ancora più stupefacente, sento di esserne davvero convinta. Peeta. Io voglio Peeta, voglio le sue carezze, i suoi sorrisi, le sue attenzioni. Perché sono qui con Gale? Dovrei stare con lui! E solo ora mi accorgo che questo incontro con Gale è soltanto la prova eclatante di tutto ciò. Io amo Peeta Mellark. Sospiro lentamente. Sento Gale indietreggiare.

“ Sei proprio una stronza” mi dice. Sì, lo so. Ma voglio cambiare. Ora ho capito. Ho capito chi ho sempre scelto dentro di me. Peeta è la risposta. Peeta è il mio futuro. Mi avvicino alla porta. Io prenderò quel treno.

“ Questo è un addio?” mi domanda sprezzante. Mi volto. Ha gli occhi rossi e lucidi.

“ Ti conosco, Gale: puoi accettare che io ami lui e non te? Sarbbe così impensabile averti comunque nella mia vita, anche solo nel ruolo di amico?

“ NO.

“ Allora sì, è un addio” dichiaro correndo via dalla stanza, dalla guerra, da Gale.

 

Finalmente, alle quattro di notte, riesco ad arrivare a casa. Busso alla porta, e Sae mi apre.

“ Dov’è Peeta?” chiedo. Sae, ancora in stato confusionale per via dell’orario, indica la casa di Peeta. Bene. Mi incammino a passo di marcia verso casa sua. Busso. Non mi risponde nessuno. Busso ancora. Niente. Guardo la finestra: c’è una luce.

“ Peeta!” urlo nell’oscurità. Devo sfondare la porta? E sia. Provo a fare pressione sulla maniglia, ma mi accorgo che la porta non era stata chiusa a chiave. Ottimo. Mi addentro dentro casa sua.

“ Peeta…” sussurro. Nessuna risposta. Vado in cucina. Urlo. Peeta ha la testa sopra il tavolo, il quale è cosparso di bottiglie vuote. Sento l’odore pungente del rum.

“ Peeta!” urlo scuotendolo. Lui mi guarda lentamente, svegliandosi. Ha gi occhi arrossati, uno sguardo vacuo e assente. È ubriaco.

“ Oh… Katniss…” mi dice con una voce rauca e ironica. Lo guardo attentamente, mentre indietreggio un po’.

“ Sei tornata, eh? Quindi dopo essere andata a letto con Gale ti va di fare un giro con me? Ok… tutto quello che vuoi, amore mio…” esclama sarcastico provando ad alzarsi per cadere a terra. E’ completamente acceccato dall’alcol. Lo aiuto ad alzarsi in piedi.

“ Ma come ti è saltato in mente di ubriacarti così, Peeta? Sei impazzito?” gli domando scortandolo verso la stanza.

“ Io… mi… sono… ho preso… rubato… Haymitch…

“ Dov’è lui?

“ A Capiol... Ity…

“ Ok, ok” dichiaro io sforzandomi di tenerlo in piedi. Siamo arrivati nella sua stanza. Ma appena provo a farlo sedere, vomita tutto a terra. Adesso è tutto sporco. Lui ride come un pazzo. Fantastico. Ora mi toccherà fargli fare un bagno.

“ Peeta, spogliati, ti porto a fare un bagno, non puoi dormire così!” esclamo io facendolo sedere sul letto. Lui ride.

“ Vuoi spogliarmi tu? Tanto ormai ci sei abituata! Io, Gale, Finnick, Haymitch… tutti…” grida sdraiandosi. Ingoiando i mille insulti che vorrei rivolgergli, mi costringo a levargli le scarpe e a spogliarlo io.

“ Stai zitto, sei ubriaco. Come ti è venuto in mente, poi…” osservo io. Lui si alza in piedi e mi guarda negli occhi.

“ Mi hai spezzato il cuore! Di nuovo! Adesso starai baciando Gale, se non peggio!

“ Peeta, sono qui davanti a te!” replico ormai infastidita.

“ Ora non conta, sono ubriaco, tu sei solo un’allucinazione!” urla lui convinto. Sono indecisa se ridere o piangere, così mi limito a sfilargli la maglietta. Decido di farlo rimanere almeno in mutande. Lo accompagno in bagno, e apro il rubinetto della vasca. Lui, nel frattempo, mi guarda attentamente.

“ Sei solo un ibrido. Un ibrido programmato per… spezzarmi il cuore in… taaaaanti pezzettini!” dice mimando il gesto di qualcuno che spezza qualcosa. Sbuffo.

“ Non sono un ibrido, ok? Sono qui per aiutarti, se me lo permetterai!” gli spiego. Sento con le dita la temperatura dell’acqua. È abbastanza tiepida. Lo guardo. Ha i capelli tutti spettinatti e uno sguardo assente.

“ Ora entra qui dentro” gli ordino. Lui scuote la testa. I suoi occhi si fanno leggermente più scuri. Mi guarda con odio.

“ No. Tu mi vuoi affogare. Tu sei stata programmata così. Io lo so” esclama. È estremamente lucido quando dice queste cose. Non so come comportarmi. Ho improvvisamente paura.

“ Sei tornata per questo, eh? Per finire il tuo lavoro! Assassina!” esclama con voce impastata dandomi uno schiaffo. Mi porto una mano sulla guancia.

“ Sono tornata perché ti amo” gli dico tra le lacrime. Il silenzio. Provo a guardarlo. I suoi occhi sono cristallini.

“ Tu… mi ami?” mi chiede confusamente. Annuisco.

“ Sì. Ma adesso devi entrare dentro la vasca. Ok?” domando asciugandomi gli occhi. Lui annuisce ed entra nell’acqua, come un bambino. Afferro una spugna e gliela passo su tutto il corpo, lavandolo per bene. Lui, nel frattempo, mi guarda fisso. Quando ho finito il mio lavoro, gli dico che può uscire. Con il mio aiuto, si alza e si riveste. Lo faccio accomodare sopra il letto. È stanco e confuso, probabilmente non si ricorderà niente domani mattina. Meglio così. Mi sfiora con una mano la guancia che mi aveva colpito.

“ Mi dispiace, Katniss” sussurra spaesato. Annuisco.

“ Lo so. Ora dormi” dico alzandomi dal letto. Lui mi tiene per un braccio.

“ Resta con me” mi implora. Sospiro. Mi risiedo sul letto.

“ Sempre” bisbiglio. Lui sorride contento, prima di chiudere gli occhi. Si addormenta in un istante. Mi sdraio accanto a lui. Mi abbraccia. Ed eccolo lì, il mio ragazzo del pane. Poteva essere anche stato depistato e probabilmente questo non sarà l’ultimo attacco che avrà nella sua vita. Ma è Peeta Mellark, sento il suo calore irradiarsi nell’aria. Sì, non me ne andrò più da questo letto, dalla pace, da Peeta.  

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Capitolo 19
*** Vero o falso? ***


Il giorno dopo, vengo svegliata dall’aroma di qualcosa di dolce. Apro gli occhi. Sono sul letto di Peeta. Che è successo ieri? Ah, sì. Gale. Peeta. Io lo amo. La consapevolezza di amare Peeta Mellark è ancora qualcosa di nuovo ed inaspettato. Devo farci l’abitudine. Peeta entra in camera. Tiene tra le mani un vassoio verde, carico di dolci. Me lo porge.

“ Per te. Sarebbe l’ora di pranzo, ma diciamo che questo è una specie di colazione-pranzo, se si può definire tale” mi spiega. Lo guardo attentamente. Mi sembra… felice. Si può essere felici dopo una sbronza del genere? A quanto sembra sì. Nei suoi occhi non vedo stanchezza o confusione. È semplicemente… allegro. Ma perché? Penso che sia contento che io sia tornata. Perché non può ricordarsi le parole che ho detto.

“ Grazie… tu come stai, piuttosto?” gli chiedo afferrando una ciambella dal piatto. È davvero buonissima. Come tutto quello che cucina Peeta, del resto.

“ Non sono mai stato più felice in tutta la mia vita!” esclama. Ok. Allora… non può ricordarsi della mia affermazione. Non può, dai. È impossibile. Era ubriaco, no? Quindi… Annuisco, provando a simulare la mia mancanza di interesse per la questione. Forse, se faccio così, penserà di essersi immaginato tutto. Lui ride. Dopo qualche secondo, si fa improvvisamente serio.

“ Parlando di cose meno belle… ti fa male la guancia?” domanda. OH NO. Lui si ricorda. È per questo che è così pimpante. Mi porto istintivamente le dita sulla guancia sinistra.

“ No, non mi fa male” dico velocemente. Peeta annuisce, abbassando gli occhi.

“ Ieri ho davvero esagerato. Non pensavo potesse succedere a me di…

“ Posso sapere per quale assurda ragione ti sei scolato…?” comincio sentendo la rabbia salirmi velocemente.

“ Oh, non lo so” taglia corto lui immediatamente increspando un po’ le labbra “ Mi sembrava la cosa più logica da fare, visto che pensavo che non ti avrei mai più incontrato. Forse speravo di morire in qualche modo. Non lo so. Ieri sera ero davvero disperato, mi dispiace” mi spiega velocemente. Sospiro. Vorrei poterlo biasimare, dandogli dell’esagerato. Ma, effettivamente, non sono nella posizione più adatta per fargli la predica. Neanche io sapevo se sarei più tornata. Fino al bacio di Gale.

“ Haymitch ti ammazzerà quando scoprirà che hai preso le sue scorte” osservo. Peeta solleva le spalle.

“ Gliele ricomprerò, non c’è problema” dichiara sorridendo. Annuisco. Passiamo qualche istante così, con io che mangio e lui che mi guarda estasiato.

“ E’ vero quello che hai detto ieri sera?” mi domanda. Abbasso lo sguardo. Provo a svicolare.

“ Che cosa? Ero tanto stanca, non mi ricordo bene” esclamo con una vocina fin troppo acuta. Lui sghignazza un po’.

“ Ah no, eh?” mi chiede guardandomi con fare adorabile. Cavolo, è davvero adorabile, è un bel problema. Sa che sto mentendo. Vorrei potergli dire che in realtà so benissimo quello che ho detto e che, probabilmente, lo penso davvero. Ma non mi escono le parole. Io non sono come lui, non sono in grado di produrre discorsi toccanti e particolarmente ricchi di emozioni. Ne sono proprio incapace.  Quello che invece riesco a fare è fissarlo come un pesce lesso, arrossendo un po’. Mi dà un bacio sulla testa.

“ Come stai? Com’è andata al Distretto 2?” mi domanda facendosi più pratico e serio.

“ Bene. Ho perdonato Gale. E…” mi interrompo. Non posso dirglielo. Non posso dirgli che mi ha baciata, che ho capito di amare lui e non Gale. Non ancora. Non ce la faccio.

“ Ok. E le cose lì come stanno andando?

“ Ancora rivolte. Ma penso che le cose andranno meglio, ora che…” mi fermo. Prim. Angelique. Sento delle urla. Mi copro le orecchie. Urla ovunque. Peeta mima qualcosa con le labbra. Ma non lo sento. Non sento niente, non voglio sentire niente, piango e… Peeta mi abbraccia, mentre mi agito sul letto. E sento… calore. Tanto calore. Calore buono, finalmente. Sospiro, in una sorta di estasi. Lui mi aiuta. Lui ci riesce. Nessun altro può. Mi prende il volto tra le mani.

“ Li abbiamo fatti uscire. Te ne sono tutti riconoscenti. Abbiamo salvato sei innocenti. Dobbiamo essere fieri di noi” mi spiega mentre piango.

“ Ma Prim…

“ Ho parlato con sua madre. È fiera di lei. Se ne è andata lottando per quello in cui credeva. Non esiste morte migliore, non esiste” esclama lui convinto. Annuisco un po’. Lo abbraccio io. Mi conforta, mi rende felice, mi consola, mi fa stare bene, finalmente. Voglio lui, ho sempre voluto lui. E mi vengono in mente le parole di Johanna “ io ucciderei per un amore così”. E’ vero, sono un’ingrata. Voglio renderlo felice almeno la metà di quanto mi renda felice lui. Sospiro.

“ Allora, ascoltami. Oggi io e te facciamo un patto” mi dice. Lo guardo attentamente. Che patto vuole fare?

“ Faremo qualsiasi cosa ti vada di fare. Qualsiasi cosa. E, a fine giornata, io ti farò una domanda. E pretendo che tu sia assolutamente sincera. Te lo dico, non devi mentirmi o divagare, qualsiasi sia la risposta. Ci stai?” chiede con enfasi. Lo guardo interrogativa. A che gioco sta giocando? Non lo so. Lui ha detto ‘qualsiasi cosa’. Che sia…? Non saprei. Ma so esattamente quale sarà la domanda che mi farà a fine giornata. Il punto è: io sono pronta a rispondergli? Bhe, potrebbe non essere quella a cui sto pensando ora, no? Potrebbe semplicemente chiedermi se Gale mi ha baciata o no. In quel caso risponderei un sì amaro e carico di vergogna, ma non sarebbe particolarmente faticoso da parte mia ammettere una cosa del genere. Spero che sia così. Sarebbe davvero meschino non accettare un patto così, sembrerebbe che abbia qualcosa da nascondere. E non voglio che possa pensare ciò.

“ Ci sto” dichiaro tendendogli la mano. Lui l’afferra prontamente.

“ Bene. Quindi… che cosa vuoi fare adesso? Posso accompagnarti dentro il bosco, farti una torta, scrivere un po’ il libro, farti le focaccine o…” comincia. Gli premo un dito sulle labbra.

“ Oppure potrei portarti al lago” dico improvvisamente. Non so perché mi sia venuta questa idea, ma mi accorgo che è davvero buona. Sì, voglio fare questo. Lui mi guarda perplesso.

“ Oh, em… sì, ok. Vuoi passare tutta la giornata lì?” domanda. Annuisco.

“ Ti avverto solo che il tempo non è dei migliori” mi informa. Scuoto la testa.

“ Non mi importa. Voglio andare lì” dico. Lui annuisce e fa una chiamata a Sae per avvertirla che non ci troverà a casa. Prepara dei panini, e dentro lo zaino mettiamo due teli, così da poterci stendere sull’erba. Prendo anche il mio arco. Non si sa mai. Ci incamminiamo.

“ Ti ha baciata, eh?” mi domanda di botto. Rimango un po’ spiazzata. Gale. Come fa a sapere che…? Bene, adesso so che non è questa la domanda prescelta della fine della giornata. Non gli rispondo, ma, stranamente, lui sorride amaramente.

“ Oh, è normale. L’avrei fatto anche io. Le avrei tentate davvero tutte!” mi dice mentre scavalchiamo il filo spinato. Lui mi precede, e mi dà le spalle.

“ Non è stato proprio un bacio vero” ammetto io. Non so perché ho usato esattamente queste parole. Ma mi accorgo che la penso davvero così. I baci veri, ormai, appartengono solo a questo ragazzo che cammina davanti a me. Lui alza le spalle.

“ Ho capito. Bhe, pensi di rivederlo ancora?” mi domanda. Leggo tra le righe la sua tristezza. Ma stavolta davvero, non ne ha motivo. Lo afferro per un braccio, costringendolo a girarsi. So che non sono proprio il massimo della femminilità e della dolcezza, quando gli dico:

“ Io ho scelto.

Peeta rimane come folgorato da questa affermazione. Non riesco a interpretare però se ha ben afferrato il senso delle mie parole o no. In realtà non sono sicura di averlo afferrato bene neanche io. Lui, invece, rimane così, immobile e stupito. Sbuffo, procedendo davanti a lui. Non penso che sappia la strada. Arriviamo alla solita casetta, per poi vedere il lago. E’ strano condividere con Peeta un luogo così. Mi ricorda un po’ la mia vecchia vita. Mentre la mia nuova vita sta in piedi accanto a me. È una sensazione bizzarra. Peeta stende i teli sull’erba, e guarda il lago.

“ Hai imparato a nuotare qui, eh? Mi sembrava strano che tu sapessi nuotare, considerando che siamo cresciuti nel Distretto 12” osserva. Dopo qualche secondo, capisco a cosa si sta riferendo. I Settantacinquesimi Hunger Games.

“ Sì, ho imparato qui” taglio corto. Vedo che vorrebbe chiedermi di più, ma non osa. L’acqua è cristallina e luccicante, in contrasto con il cielo grigio che ci si prospetta davanti. E’ terribilmente invitante. E poi, non mi faccio un bagno da giorni, considerando gli Hunger Games. Abbandono l’arco per terra.

“ Io mi tuffo!” dichiaro togliendomi il giacchetto. Non fa proprio caldissimo, ma il freddo non è neanche insopportabile. Si può fare, insomma. Mi sfilo la camicetta. Tira un po’ di vento, ma non mi importa. Peeta mi guarda esterrefatto, quando mi levo anche i pantaloni. Sono rimasta in biancheria intima, ma va bene così. Stiamo parlando di Peeta. Basta vergognarsi del proprio corpo. So che qualsiasi cosa farò, lui non se ne andrà. Quindi perché avere il timore di sembrare… brutta ai suoi occhi? Lo guardo. Gli tendo una mano.

“ Vieni anche tu. L’acqua non è molto alta. E possiamo rimanere nelle parti in cui si tocca, se per te è un problema” affermo. Peeta mi guarda esistante. Poi, i suoi occhi guizzano sul mio reggiseno rosa. Mi costringo a non arrossire.

“ Non so se è una buona idea. E l’acqua non è il mio problema in questo momento ” osserva intimorito e rosso in viso. Scuoto la testa.

“ Qualsiasi cosa io voglia. Questi sono i patti, no?” replico. E’ bella questa sensazione di potere. Mi piace.  Mi scocca un’occhiata imbarazzata e divertita allo stesso tempo, ma ancora non dice niente. Si alza in piedi e si toglie i pantaloni. Sorrido. Ho vinto io. Dopo essersi tolto anche il maglione e la maglietta, ci avventuriamo verso il lago. Tocco l’acqua con un piede: è inspiegabilmente calda. Sorrido ancora di più, e mi ci tuffo senza pensarci due volte.  Peeta è esitante, lo vedo, ma dopo un primo attimo di incertezza, si tuffa anche lui, con un piccolo gemito. Sì, è davvero piacevole stare dentro il lago con questa bella acqua calda che ci avvolge. Immergo anche la testa. Peeta mi imita. Appena risale in superficie, mi getta addosso un po’ d’acqua. Ci schizziamo a vicenda, felici. Dovrei essere triste. Dovrei essere triste, per Prim, per Angelique, per Rue, per Finnick, per tutti quelli che ho perso. Ma adesso non riesco a fare a meno di pensare a quanto sono fortunata ad avere Peeta accanto a me. E so che Gale non può darmi questo. Nessuno potrà mai. Mi avvicino a Peeta, cingendolo con le mie braccia e mi ci aggrappo letteralmente. Restiamo così, abbracciati, mezzi nudi. Lui mi accarezza i capelli bagnati, e sento il suo respiro sul collo. Ancora quei brividi. Mi stacco leggermente, guardandolo negli occhi. Un sorriso. Sorride veramente, sorride per la gioia di stare con me. Lo bacio. Sì, noi combaciamo. E’ come una vecchia melodia che non stufa mai. E infatti ne voglio ancora, voglio di più. E anche lui, sento che si sta lasciando andare completamente. Mi dà un bacio deciso, un bacio che approfondisce sempre di più, facendosi più intimo di qualsiasi altro bacio mi avesse mai dato. Mi stacco un po’, intontita e dolcemente confusa.

“ Peeta… io devo dirti una cosa” borbotto. Lui sembra non ascoltarmi davvero. Mi vede, ma non mi guarda. È come… incantato.

 “ Devo dirti una cosa” ripeto con più convinzione. Ma forse il tono intimorito della mia voce mi tradisce. Mi preme il suo indice sulle labbra.

“ Se è quello che penso… te la renderò facile, Katniss. Non ti devi sforzare. So che non sei… a tuo agio nel dire alcune cose” osserva. Ok, basta. Questo è troppo. Ha proprio esagerato. Io… non so dare un nome alle emozioni che si accalcano nella mia testa. Ma so dimostrare molto bene tutto ciò: una lacrima e un sorriso. Una semplice lacrima illumina il viso di Peeta che, raggiante, mi bacia ancora, e ancora, e ancora. E io ne voglio di più, davvero. E so, in cuor mio, che lo vuole anche lui. Sento che il vento sta cominciando a farsi più forte. Peeta mi fa cenno di uscire dall’acqua, e io lo seguo. Quando usciamo, lo vedo arrossire vistosamente. Ne capisco il motivo solo troppo tardi: la mia biancheria intima si è incollata alla mia pelle, lasciando intravedere praticamente tutto. Afferro velocemente un asciugamano e mi copro. Mi stendo sul prato con Peeta guardando il cielo minaccioso.

“ Forse pioverà. E’ una brutta giornata” dichiaro.

“ Sì. Forse pioverà. Ma no, non è una brutta giornata. È la più bella della mia vita” sottolinea Peeta. Ha ragione. Sorrido. Mi metto seduta e i miei occhi indugiano sul suo zaino. Lo stesso che aveva portato a Capitol City. Lo stesso in cui… arrossisco al pensiero. Guardo Peeta, che ha gli occhi chiusi. La più bella giornata della sua vita. E direi che se la merita. Ma perché non renderla… migliore? Ma lui vorrà? Ha detto che possiamo fare qualsiasi cosa io voglia. Ma io lo voglio? Lo scruto attentamente. Io voglio sentire il suo calore sulla mia pelle, le sue mani tra i miei capelli e il suo respiro sul mio collo? Sì, con tutta me stessa. Voglio che lui sia il primo a…? Ma certo. Solo lui potrebbe fare una cosa del genere. Non permetterei di farlo a nessun altro. Mi fido di lui? Ovvio. E allora perché non buttarsi, per una volta nella mia vita? Concedermi un po’ di felicità. Per una volta. Dovrebbe essere facile.

“ Mi stai fissando” mi dice Peeta di botto, facendomi sobbalzare. Apre gli occhi.  “ A che pensi?” chiede.

“ Io…” Mi arriva una goccia in faccia. Sta cominciando a piovere. Mi alzo di scatto.

“ Sta per scatenarsi un temporale. Andiamo a casa!” esclamo. Mi stanno cominciando a venire i brividi per il freddo. Lui se ne accorge, mentre ci rivestiamo. Mi abbraccia scaldandomi con le sue mani.

“ Dai, appena arriviamo a casa ci facciamo un bagno caldo per togliere il freddo” mi dice.

“ Ce lo facciamo insieme?” chiedo io confusa. Non so se Peeta ha interpretato la mia come una proposta o come una semplice domanda per chiarire le sue parole. In realtà, non so neanche io che sfumatura di significato voglio dare alla mia domanda.Ma mi sorride.

“ Sì. Insieme, se è questo che vuoi” sussurra.

“ Insieme” mormoro. E mi accorgo di volerlo davvero.

Arriviamo a casa di Peeta zuppi fino al midollo e infreddoliti. Ok, andare al lago forse non è stata una buona idea. Ma ne è valsa la pena, in fin dei conti, no? Peeta si fionda in bagno, e fa scorrere un po’ d’acqua. Bene. I miei occhi vengono catturati dal mio riflesso proiettato sullo specchio della camera da letto. Sono… orrenda, davvero. I miei capelli sono bagnati e informi, il poco di trucco che avevo è letteralmente tutto colato sulle guance. Provo a darmi un contegno, o almeno a rendermi presentabile, avvalendomi dell’asciugamano. Faccio un respiro. Ho davvero acconsentito a farmi un bagno caldo con lui? A quanto sembra sì, perché sento che mi sta chiamando. Sto tremando come una foglia. Quando sente che non rispondo, mi chiama ancora, stavolta più allarmato. No, non posso fargli questo. Devo avere il coraggio di fare… ciò che so di volere realmente. E cosa voglio più di stare con Peeta, in questo momento? Niente. Rispondo debolmente, sfilandomi la camicetta. Mi slaccio i pantaloni. Sono ancora in biancheria. E fin qui non ci sono problemi. Appena entro in bagno, noto che lui è ancora vestito. Mi sento terribilmente a disagio. Ha chiuso il rubinetto dell’acqua.

“ Solo se lo vuoi davvero. Nessuno ti obbliga” mi dice. Esito un secondo. Ma in fondo sì. Abbiamo tutto il tempo del mondo, a quanto sembra. Quindi perché fare ora una cosa del genere? Potremmo aspettare mesi… anni… fino a che non prenderò il coraggio di… ma di fare cosa, alla fine? Di spogliarmi? Quando lo facevo davanti a Cinna e al mio staff non era un problema. Allora perché adesso mi freno? Perché è quello che c’è sotto il gesto. Vuol dire fidarsi, abbandonarsi a qualcuno. Non avere solo io le redini della situazione. Mettersi in gioco, lasciarsi andare, per una volta. E voglio farlo.  Perché so che dall’altra parte, c’è lui. Mi tolgo lentamente il reggiseno sotto lo sguardo stupito di Peeta. Prova a guardarmi negli occhi, ma vedo che non ci riesce molto bene. Ridacchio un po’. Anche lui ride imbarazzanto, mentre riapre il rubinetto e si sfila la maglietta. Ok. Ce la posso fare. Si leva anche i pantaloni. Ok. Perché sto sudando freddo? L’ho visto in boxer più e più volte. Ieri, per esempio. Quindi perché ho questo terrore di… ecco, l’ha fatto. Si è tolto la biancheria ed è entrato nella vasca. Lui non arrosisce, sembra che si denudi davanti a qualcuno tutti i giorni. Non osa guardarmi, però. Meglio, visto che tocca a me. Mi sfilo lentamente gli slip e mi precipito dentro l’acqua. È calda, è accogliente. La vasca è abbastanza grande per entrambi, e la schiuma copre un po’ di cose che… normalmente sono coperte. Adesso mi sta guardando negli occhi. Mi sta proprio scrutando.

“ A che pensi?” gli chiedo. Mi accorgo che la mia voce è incredibilmente rauca, e ho la mandibola leggermente contratta.

“ Sto cercando di capire se potrebbe darti fastidio. Perché o ti rimetti qualcosa addosso oppure…

“ Oppure?” provo a dire confusamente.

“ Bhe, non lo so. Adesso come adesso so a malapena come mi chiamo. Non so” afferma. È imbrazzato, lo vedo. Mi esce una risatina nervosa. Lui si sporge verso di me. Ecco. E adesso? Che cosa devo fare?

“ Ascoltami, tu adesso mi devi dire espressamente cosa vuoi fare. Perché la situazione è abbastanza ambigua, non so se hai notato!” dice sorridendo. Anche io non posso controllare la mia euforia.

“ Quindi, stiamo nudi in una vasca di acqua calda, e…” dico provando a razionalizzare.

“ E vorrei che venissi più vicina. Ma solo se lo vuoi” si limita a dire semplicemente. Mi giro e gli faccio segno di allargare la gambe. Mi posiziono con la mia schiena sul suo petto. Sento… qualcosa sulla mia schiena. Provo a non ridere. Ma non ci riesco. La situazione è tragica, ma non è assolutamente seria. Ridiamo insieme. Con le labbra mi sfiora il collo. E voglio di più, stavolta penso di essere pronta. Lo lascio fare. I suoi baci cominciano a farsi più esigenti. Alludono ad altro. E immagino di sapere di cosa si tratta. Siamo rimasti dentro questa vasca abbastanza. Mi scanso.

“ Andiamo di là” dichiaro alzandomi. Lui distoglie appositamente lo sguardo da me, mentre mi infilo l’asciugamano.

“ Non posso” sussurra con gli occhi lucidi.Scuoto il capo e gli stampo un bacio sulla testa.

“ Questo fallo decidere a me. Ti prego” chiedo io implorante. Sospira. Si alza anche lui, legandosi un asciugamano in vita. Sembra scocciato.

“ Potrei ucciderti, Katniss” afferma ancora, pensando che possa davvero crederci. Mi avventuro in camera da letto, sdraiandomi sul soffice materasso. Inspiro profondamente. Ha un buon aroma, quello del pane, di Peeta, del… dell’amore, penso. Infatti sto per dare a Peeta quello che… ciò che sapevo che sarei stata disposta a dargli. Voglio farlo. Arriva anche lui, ma non si adagia accanto a me. Rimane in piedi a fissarmi. È combattuto. Io non intendo distogliere il mio sguardo da lui. Lui fa qualche passo incerto verso di me e si siede sul letto.

“ Io non posso farlo. Non posso, Katniss. Mi dispiace, ti giuro. Non…”

Basta, mi ha stancato. Non so dove trovo il coraggio di fare una cosa del genere. Non oso neanche immaginarlo. Ma mi alzo in piedi e mi metto a cavalcioni sulle sue gambe. Lui rimane di sasso, quasi spevantato. Prova a scansarmi leggermente, ma io non me ne vado. Basta fuggire. Ho sempre pensato, durante gli Hunger Games, che, ad un certo punto, devi smettere di correre, girarti e affrontare chi ti vuole morto. Ma ci vuole coraggio per fare ciò. E il nemico di Peeta, in questo caso, è sé stesso. Sappiamo entrambi che, se sopravviveremo a questa prova, le cose andranno meglio. Ma lui deve avere il coraggio di farlo. E io voglio aiutarlo, dandogli tutta me stessa sia in senso letterale che figurato.

“ Perché? Perché ora, perché con me, perché vuoi…?” comincia lui. Alzo le spalle.

“ Lo sai perché. È una cosa nuova per entrambi. E l’affrontiamo insieme, vero?” chiedo. Ecco, di tanto in tanto riesco ad essere anche io brava con le parole. E, per una volta, hanno l’effetto desiderato. Perfetto, Peeta non sa come rispondere. Assaporo il sapore della vittoria, baciandolo. Mi scansa ancora.

“ Io… vorrei, te lo giuro…

“ Peeta, la vita è troppo breve, hai capito? Guarda Angelique, guarda Prim, Rue, Finnick! Finnick ha sposato Annie nel bel mezzo della rivolta! Bisogna afferrare il momento, il…” dolce della vita. Se vediamo qualcosa di dolce sarà meglio… prenderlo al volo. Finnick. Finnick Odair. I cavalli. La zolletta di zucchero. Finnick. Annie. Hearten. Suo figlio. Finnick ha un figlio che non conoscerà mai. Perché Finnick è morto. Mi scanso da Peeta, che mi guarda allarmato. Mima qualcosa con le labbra. Non so cosa sia. Mi stendo sul letto, tappandomi le orecchie. Piango disperata. Nella mia testa, un turbinio di pensieri. Finnick, con il suo costume per la Parata… Cinna, e i suoi abiti che vanno a fuoco… il fuoco del Distretto 8, con l’ospedale, in ospedale lavora mamma, e anche Prim era brava e… Sento delle braccia avvolgermi. Peeta. Peeta mi sta avvolgendo. Mi calmo un po’. Sì. Lo risento. Risento la vita, quella vita che ho sentito dentro la camera di Capitol City. Fuori piove. Dentro questa stanza, invece, c’è il sole. Un sole giallo, brillante. Il giallo del dente di leone. La speranza. La speranza di vivere, di essere felici. Lo guardo negli occhi. Anche lui la sente, lo posso percepire. Mi prende il viso tra le mani, e mi bacia. E sento quella fame, che adesso riconosco essere fame di amore, di luce, di pace. Rispondo a questo bacio e penso che potrei farlo per tutta la vita. È tutto così veloce, non capisco esattamente cosa stia succendo. È solo un tornado di emozioni. Paura, sì, ma anche desiderio. Di cosa, poi? Di Peeta. Perché è sopra di me e, stavolta, penso che voglia farlo sul serio. Mi accorgo solo troppo tardi che il mio asciugamano è andato, così come il suo, e che le mie gambe abbracciano le sue. Sento il freddo della sua protesi sul polpaccio, che mi riporta alla realtà. È quello che voglio, vero? Non si può tornare indietro? No, basta fuggire. Questa è la mia pace. Peeta me la sta dando. Si ferma un secondo, accaldato. Mi guarda negli occhi. Io sono troppo confusa per restituirgli uno sguardo intenso come il suo.

“ E’ quello che vuoi. Vero o falso?” domanda. Bene. Ci siamo. Stiamo a un punto di non ritorno. Vero o falso? Vorrei dire vero, ma la paura mi blocca. Paura di cosa, non lo so. Appunto, posso avere paura di Peeta, il ragazzo che voleva farsi uccidere per me, che mi ha sempre protetta, che, nonostante il depistaggio, riesce sempre a pensare a me? No. Non posso davvero avere paura di lui. Sebbene sia confusa e spaventata, riesco a sorridergli.

“ Vero” sussurro. Lui si concentra ancora sulle mie labbra, baciandomi ovunque, sul collo, sul petto… e a questo punto penso che sia il momento. Non so esattamente come funzioni la cosa. Ma so che se ci penserò troppo non mi deciderò mai. Sembra leggermi nel pensiero, quando si ferma per aprire il cassetto di un comodino. Tira fuori qualcosa di… strano. Mi metto leggermente seduta. Non capisco. Lui poggia questa cosa sul letto, e continua a baciarmi. Ma mi sento molto spaesata.

“ Peeta, che cos’è… quel…?

“ Tu non vuoi avere figli, per ora, no?” domanda. Eclisso sul fatto che non esiste un ‘ per ora’. Io non voglio avere figli e basta. Mai. Ma so che solleverei solo proteste, affermando ciò in questo momento. Quindi mi limito ad annuire. Lui mi accarezza le braccie, le gambe e…

“ Se ti faccio male, dimmelo, ok?” chiede. Annuisco ancora, stavolta presa dal panico. Che cosa sta…? Mi sta toccando. Lì. Aiuto. Non so come comportarmi. Lui continua a baciarmi, il che è un bene. Non vedrà il mio imbarazzo. Ha un tocco delicato, attento. E va bene così. Ma dopo pochi istanti, capisco che non mi basta più. Ormai abbiamo superato l’ostacolo, penso, quindi… come al solito, probabilmente mi sta leggendo nel pensiero. Sento che il tutto sta diventando più frenetico e movimentato, e letteralmente vado a fuoco. Immagino che anche io debba fare qualcosa simile alla sua, ma… come faccio? Non ne ho la più pallida idea. Provo a pensare, quando capisco che forse l’ideale sarebbe iniziare a… a ricambiare la cosa. Quindi allungo una mano e a lui sembra far piacere. Improvvisamente, mi ferma. Non so perché. Velocemente, si infila quel… quel coso di cui mi annoto mentalmente di chiedere il nome. Mi guarda negli occhi. Non so perché, ma fatico a sostenere il suo sguardo. È profondo, intimo, troppo intimo. La sua espressione è sconvolta, ma anche felice. Non so proprio come descriverla.

“ Qualsiasi cosa… me lo dici e mi fermo. Hai capito?” domanda. Provo a dire un ‘sì’. Ma dalle mie labbra esce solo uno strano suono sibilato.

“ Katniss, devi… devi dirmi che mi vuoi, che lo vuoi, perché sennò io…” sussurra tra i denti. Gli premo l’indice sulle labbra.

“ Zitto. È… è quello che voglio” dichiaro. Ridacchia un po’ e, con un’ultimo sguardo eloquente,  lentamente si fa strada dentro di me. Cio che sento è un’esplosione. Sensazioni nuove e diverse mi arrivano al cervello e non riesco a organizzarle in modo razionale. Fa male, è vero. Ma lui mi bacia, ancora e ancora e, in questo momento, il dolore passa in secondo piano. Dapprima doloroso, anche il semplice atto comincia a diventare estremamente piacevole. Ormai non fa neanche più male. Mi piace. Sto facendo… lo sto facendo davvero. Con Peeta. E sto bene, sono contenta, sono… innamorata, ecco. Sì, innamorata di Peeta, il ragazzo che mi sta baciando con tutta la passione che ha. Le sue mani mi afferrano i fianchi, provocandomi tantissime scintille che sento irradiarsi per tutto il mio corpo. Sento la fatica, e penso che vorrei faticare così tutta la vita. Le scintille arrivano fino al mio petto, e mi fanno un po’ gemere. Mi sento stupida, ma non mi importa: so che Peeta non penserà questo di me. I respiri sono corti e irregolari, ma ormai i nostri movimenti sono decisi.  Apro le palpebre. Peeta ha gli occhi chiusi. Non mi sta baciando, visto che l’aria scarseggia e la bocca ci serve per respirare. Ma è comunque vicino a me. Molto vicino. Sento che sta accellerando i suoi movimenti. Richiudo gli occhi. Mi afferra i polsi. Sbarro le palpebre spaventata. Che stia… no… non ora… per favore… no. No, non vuole farmi del male. Lo vedo dal suo sguardo. I suoi occhi azzurri e limpidi mi sorridono. Mi rilasso con un lieve sospiro,  e chiudo ancora gli occhi. Da frenetiche, le sue spinte si fanno calme e intense. Respiro. Ancora scintille dentro la gola. Gemo. Mi sta scoppiando il ventre, il cuore, la testa. Tutto va a fuoco, un fuoco caldo, accogliente, pacifico e curatore, che non ha nulla a che vedere con il mio, rabbioso e carico di ira. Questo è il fuoco di Peeta. Con un’ultimo respiro denso di piacere, Peeta si toglie da me. Sento l’aria fredda rimpiazzare il calore del suo corpo sulla mia pelle. Sospiro. Lui scappa un secondo in bagno, e non ne capisco il motivo. Ma non è un problema. Mi spiegherà tutto quando tornerà. E poi, adesso come adesso, sono troppo sconvolta per farmi troppe domande. Dopo qualche istante, Peeta torna e si sdraia sul letto. Si è messo i boxer. Mi sento in imbarazzo per la mia nudità. Abbasso lo sguardo, e i miei occhi indugiano sulla porta del bagno, dove ci sono i miei vestiti. Mi sto per alzare, ma lui mi parla:

“ Aspetta… un secondo” mormora. Mi blocco e lo guardo. Che cosa c’è? Al mio sguardo interrogativo, lui sorride.

“ Io… voglio imprimere questo ricordo nella mia mente per sempre. Quando avrò i miei attacchi, voglio revocare questa immagine, questa emozione, questo momento. Ti prego” il suo tono è implorante, e io non ho voglia di dirgli di no. Nonostante sia imbarazzatissima, provo a non arrossire. Ma non ho il coraggio di guardarlo. Lui mi scruta, sento il suo sguardo addosso.

“ Posso… andare a prendere i vestiti?” chiedo.

“ Sì. Certo” mi risponde sottovoce. Mi fiondo in bagno. Devo guardarmi allo specchio. Devo. Alzo i miei occhi sulla mia immagine. Mi sento… sono diversa. A stento riconosco la ragazza devastata e mentalmente confusa del Distretto 12. Mi sento… bella. Le mie gote sono rosse, i miei occhi dilatati e sprizzanti di… gioia? A stento mi soffermo sulle condizioni della mia pelle, non esamino neanche troppo i miei capelli arruffati. No, la mia espressione è cambiata radicalmente. Meno dura e risoluta, più… vulnerabile. Ma in senso straordinariamente buono. È quasi… dolce. Non mi riconosco. Ma mi piace. Indosso reggiseno e mutande e raggiungo Peeta. Sento un lieve dolore nella parte bassa dell’addome, ma non mi importa. Sono felice. Peeta guarda il soffitto.

“ A te è… piaciuto quanto è piaciuto a me, vero?” chiede. Ma che domanda stupida. Rido un po’. Anche la mia risata è cambiata. È argentina e limpida. Sgombra da problemi.

“ Sì. E a te… come è andata?” domando. Lui si gira verso di me. Mi guarda intensamente.

“ Katniss, io… penso che il termine ‘ benissimo’ sia riduttivo. Non ci sono parole per descrivere…

  Quindi, che farai, dipingerai questa cosa in uno dei tuoi quadri?” domando io ironizzando. Lui scuote la testa.

“ Non esistono colori tanto belli” afferma. Arrossisco. È bravo con le parole. È bravo.

Passiamo il resto della serata a mangiare e a scherzare su tutto ciò che ci capita a tiro. Mi preprara un vassoio carico di una specie di pane pieno di olive. Mangiamo sul letto, disseminando briciole ovunque e ipotizzando i commenti che Haymitch farebbe se venisse a sapere della nostra nuova esperienza. Poi parliamo di Sae, immaginando la sua espressione quando ci vedrà tornare a casa mia domani mattina, con i capelli scompigliati e un sorrisi larghi sulla faccia. Lui mi parla dei suoi progetti: vuole riaprire la sua panetteria. Io lo sostengo, dicendo che sarebbe proprio una bella idea. Io invece gli comunico la mia idea di fare un pranzo con tutti quanti, anche con i vincitori di questi Hunger Games. Lui è d’accordo, e propone di invitare anche Johanna, Beetee, Annie ed Haymitch. Poi lui comincia a giocherellare con i miei capelli, dicendo che è una cosa che gli è sempre piaciuta fare. Anche io la trovo rilassante e piacevole. Ci stendiamo sul letto, ancora con il sorriso a fior di labbra. Abbiamo spento la luce, quando lui mi sussurra:

“ Ho rispettato il patto. Devo farti una domanda” mi dice. Sento il sorriso sciogliersi sul mio volto. Oh, no. No. No. No. Ci siamo. Questa giornata è ricca di cose nuove, per me. Non posso davvero dirglielo. No. So quello che mi chiederà. Annuisco lentamente.

“ Sì. Chiedi.

L’ho detto. Sto firmando la mia condanna. Ma, in fondo, di quale condanna sto parlando? Io… io amo Peeta Mellark. È così, no? Quindi posso dirglielo… glielo devo dire, io…

“ Tu mi ami. Vero o falso?” sussurra. Nella penombra, mi volto a guardarlo. Sento il panico assalirmi. È ora. Devo dirglielo. Ma non trovo il coraggio. Dire una cosa del genere vuol dire renderlo ufficiale. Ammetterlo a me stessa, ammettendolo a lui. Che io lo ami, ormai è una certezza. Vedo i suoi occhi scintillare un po’. Quanto amo i suoi occhi. Quanto amo lui. Ed è proprio ora che capisco che prima o poi questo momento era destinato ad arrivare. Amo come mi fa sentire. Come se ci fosse qualcosa di bello nella mia vita che nessuno mi potrà mai portare via. Qualcosa per cui vale la pena svegliarsi la mattina. Che, nonostante tutto, rimanga con me. Nella mia testa, fuochi d’artificio, pane appena sfornato, zuppa, campi di forza, proposte di matrimonio… una perla. Una semplice perla mi fa capire come mi sento quando sto con Peeta. Mi sento una rarità, mi sento bene. Sento che posso diventare una perla, io, piccolo pezzo di carbone, come direbbe Effie. Peeta è il mio futuro. Aveva ragione Gale, in qualche modo. Ho scelto chi è indispensabile alla mia sopravvivenza. Ma non nel senso brutto. Ho bisogno di Peeta. Ho bisogno dei suoi baci, dei suoi abbracci, di lui. Senza di lui, sarei morta. Ed è in questo momento che riesco a raccogliere il coraggio necessario per sussurrare, senza esitazioni:

“ Vero.

Spazio autrice: 8 pagine di Word. Ok. Allora… per quanto riguarda il capitolo, spero che vi piaccia. Succedono un sacco di cose importanti, e quindi si può pensare che io voglia finirla qui. Ma… questo non è l’ultimo capitolo. E neanche il penultimo. So perfettamente quando voglio finire di raccontare questa storia, e manca ancora un bel po’. Sappiate solo, che, sfortunatamente, i problemi non sono finiti, anzi. Ci saranno altri colpi di scena, posso assicurarvelo. Ma devo dirvi, grazie. Grazie a voi sono riuscita a scrivere tutto ciò. Grazie a chi recensisce. Grazie a chi ha messo la mia storia tra le preferite/ ricordate/ seguite. Grazie a chi l’ha indicata per le Storie Scelte del sito. Grazie semplicemente a chi legge e, silenziosamente, mi trasmette il suo supporto. Grazie. Vi auguro buone feste. Spero che possiate considerare questo capitolo come una sorta di “ regalo” per tutte voi. GRAZIE.

Angelikakiki.

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Capitolo 20
*** Gratitudine ***


Schiudo un po’ gli occhi. Niente incubi neanche stanotte. Sorrido felicemente. Sì, perché sono felice. Per cosa? Oh, sì. Adesso ricordo. Ma era troppo bello per essere vero. Deve essere stato un sogno. Dopo aver risposto “ Vero”, Peeta mi aveva semplicemente abbracciata. Non aveva detto niente. Ma sentivo le sue lacrime sulla mia spalla. E mi ero addormentata, certa che quelle lacrime fossero dovute alla sua gioia. La stessa gioia che provo ora, penso. Mi fanno male i muscoli. È un dolore piacevole, causato da una cosa piacevole. Sì, immagino sia questo l’aggettivo che dovrei usare.

“ Buongiorno” sussurra una persona in lontananza. Apro gli occhi del tutto, mettendomi a sedere. È Peeta sulla sedia. Tiene in mano una specie di vassoio. Si alza e me lo porge.

“ Colazione a letto. Portia mi aveva raccontato di quando gliela portava tutti i giorni il suo ex marito. Mi diceva che ogni volta le faceva piacere. Quindi… spero che faccia piacere anche a te” mi spiega. Certo che mi fa piacere. Pane appena sfornato, burro, lamponi e una bella cioccolata calda con tanta panna. Mi ci avvento annuendo contenta. Però non capisco. Insomma, ha otttenuto quello che voleva, no? Ormai sono sua. Quindi… basta provare a impressionarmi.

“ Peeta” mormoro tra un boccone e l’altro. “ Perché continui ad essere così carino con me? Cioè… Ora che, diciamo, te l’ho detto… Puoi anche finirla di cercare di conquistarmi… Non c’è bisogno di portarmi la colazione per…

Peeta ride. Stavolta però è una risata un po’ amara.

“ Katniss, pensi che queste cose le faccia per conquistare te? Non pensi che anche a me faccia piacere vederti felice?

Non rispondo. Abbasso timidamente gli occhi sentendomi un po’ in imbarazzo. Strategica e fredda. Non mi smentisco mai, almeno. Mantengo la mia coerenza. Complimenti, Katniss.

“ Scusa. Lo so. E ti ringrazio, davvero” ammetto. Lui sospira.

“ Fa niente, piano piano ti convincerò del fatto che io voglio davvero prendermi cura di te per tutta la vita. Non importa” dice sedendosi accanto a me. Mi accarezza la testa. E, improvvisamente, un ricordo.

“ Anche mio padre lo faceva. Quando mamma si arrabbiava con lui. Non avevamo molto, ma, quando litigavano, il giorno dopo papà si svegliava presto e andava a comprare una fetta di pane o due. E sopra ci spalmava il burro. Io lo aiutavo a raccogliere i mirtilli nella foresta. Poi raccoglieva una di quelle rose che crescevano dietro a casa nostra. E preparava un vassoio, più o meno come questo. Svegliava mamma e, dopo averla baciata, andava nella miniera. Mamma aveva il sorriso stampato sul viso per tutto il giorno. Diventava più bella” gli spiego. Non so perché ho le guance umide. Forse perché sto parlando di mio padre. Non lo so. Peeta sospira.

“ Papà invece non lo faceva mai per mamma. Io… non penso che l’abbia mai amata davvero, sai? So riconoscere l’espressione di un uomo davvero innamorato… basta guardarmi allo specchio quando ci sei tu nei paraggi” sussurra ridacchiando un po’ e abbassando lo sguardo.

“ E… mio padre non guardava mai mia madre… come guardava la tua, nelle rare occasioni in cui si incrociavano” dichiara.

“ Tua madre… lo sapeva?

“ Oh, sì, l’ha scoperto. Hanno discusso a lungo mentre… durante la sua gravidanza. Stava aspettando me, sai? E… quando l’ha scoperto… non lo so. I miei fratelli mi hanno raccontato che è andata fuori di testa. Cercava in tutti i modi di abortire, come se potesse fare un torto a mio padre. Ma, alla fine, sono nato… e, insomma… mamma non ha mai avuto quello spirito materno innato, però… sicuramente apprezzava i miei fratelli molto di più di quanto apprezzasse me. Loro erano i più forti, i più utili, mentre io… combinavo un disastro dietro l’altro, a sentire lei. Mio padre, invece… credeva in me. Sì, lasciava sempre a me il compito di decorare le torte, mentre i miei fratelli preparavano il pane. Mi elogiava sempre. Già. È stato un buon padre” sussurra. La sua espressione è cupa, carica di nostalgia.

“ Spero, un giorno, di seguire il suo esempio. Ma, per adesso, sarà meglio che mi vesta. Haymitch è tornato e pensavo che sarabba stata una buona idea andarlo a salutare. Mi accompagni?” domanda. È bizzarro come cambi argomento all’istante. È la sua cicatrice, il suo fardello da sopportare. E io, come al solito, mi ero completamente dimenticata del fatto che anche lui ha perso qualcuno, che anche il suo passato è stato portato via esattamente come il mio. Mi sento terribilmente egoista.

“ Peeta” sussurro mentre si alza. Lui rimane di sasso.

“ Sì?

“ Vorrei aiutarti a riaprire la Panetteria, se per te non è un problema” dichiaro. Mi stampa un bacio sulla testa.

“ Grazie” bisbiglia. Fa per andare in bagno, ma poi si volta.

“ Katniss… ieri… è stato tutto… vero?” domanda. Lo guardo interrogativa.

“ Cosa?

“ Aver fatto…

“ Sì” dichiaro prontamente prima che possa concludere la frase. Arrossisco un po’. Lui sospira sollevato.

“ Oh, meno male, pensavo di essermelo immaginato! Ed è vero che mi hai detto che mi…

“ Esatto” rispondo. Niente, oggi non sono in vena di fargli completare una frase. Sono frasi incriminanti, ecco. Il suo volto viene illuminato da un sorriso.

“ Puoi… puoi ridirlo?” chiede meravigliato. Ridacchio. Peeta. Provo ad aprire la bocca. Bene. Adesso devo dire la frase completa. So che stavolta non posso cavarmela con un semplice “ vero”. Devo dirgli quelle due parole così piene di… significato, ecco. Ma perché è tanto difficile? Lo guardo. Respiro. No, non ce la faccio. Non ho il coraggio di dirglielo in faccia, non so perché. Darebbe alla cosa un carattere definitivo. Ma non è proprio quello che voglio? Sì, ma… non lo so.

“ Ti amo” sussurro guardando intensamente il quadro alle sue spalle. Meglio di niente, no? Infatti si fionda verso di me, facendo premere il suo corpo contro il mio. È strano, ormai avrei dovuto superare l’imbarazzo della cosa. Eppure sento ancora il cuore battere a mille.

“ Non immagini quante volte ho sognato questo momento. Non mi sembra vero ” dice prima di baciarmi dolcemente. Sorrido. Anche a me non sembra vero. Non mi sembra vero che possa sorridere.

 

 

Arriviamo alla porta di Hyamitch. Bussiamo. Dopo qualche minuto, ci viene ad aprire.

“ Ringraziami, Hyamitch: Peeta voleva sfondare la porta. Ancora” dichiaro entrando in casa. Ovviamente, è sempre più lurida, non c’è niente da fare. Lui alza le braccia.

“ Prego, dolcezza, accomodatevi… stavo dando da mangiare alle oche. Ultimamente sono irrequiete. Ciao, Peeta” esclama alla vista di Peeta, che ricambia, guardandosi intorno.

“ Questa casa cade a pezzi, Hyamitch. Non pensi che sia il caso di fare un po’ di pulizia?” domanda. Sbuffo, esaminando il tavolo pieno di bottiglie vuote. Lui si siede sul divano.

“ No, a me piace così. La rende accogliente” osserva mentre riempie il suo bicchiere con la bottiglia lì vicino.

“ Stanno tutti bene?” domando improvvisamente. Lui si fa serio.

“ Sì. Tutti bene. A quello di Beetee hanno dovuto ricostruire il naso, ma è illeso. Quel Vincent era davvero un’animale feroce, eh?” dice ridacchiando un po’.

“ Non poi così tanto, a quanto sembra. Era semplicemente innamorato. Si fanno cose… discutibili, quando si perde la ragazza che ami. O quando si pensa di averla persa per sempre” osserva saggiamente Peeta, sedendosi su una poltrona lì vicina. Sorrido amaramente. È vero. Haymich guarda Peeta intensamente.

“ Suppongo che sia questo il motivo per cui mancano delle bottiglie, eh? Eh, bellezza? Hai fatto prendere un bello spavento al giovanotto qui di fronte, immagino” dichiara ridendo. Meno male che l’ha presa bene. Alzo le spalle.

“ Immagino di sì” ammetto increspando un po’ le labbra. Lui scuote la testa.

“ Fortuna che ho sempre qualche bottiglia di riserva” afferma tirando su il suo bicchiere. Poi si rivolge a Peeta.

“ A proposito… penso che il Forno abbia qualcosa di interessante. Mi andresti a comprare altre… bottiglie?

“ Sì, certo, te le devo! Katniss, andiam…

“ No, la Ghiandaia Imitatrice rimane qui con me. Io e lei dobbiamo fare un bel discorsetto in privato. A tra poco!” dichiara congedandolo. Che cosa vuole da me? Non mi è piaciuto per niente il tono con cui ha detto ‘Ghiandaia Imitatrice’. Peeta si alza, guardandomi leggermente sconcertato. So che mi sta chiedendo con gli occhi se può lasciarmi da sola con Haymitch. Annuisco silenziosamente. Sì, può andare. Posso gestirlo tranquillamente. Mi dà un lieve bacio sulle labbra prima di uscire dalla porta. Haymitch mi fa segno di accomodarmi. Sospiro, facendolo. Ha un’espressione un po’ sprezzante. Non mi piace proprio. Io, dal canto mio, sostengo il suo sguardo, come faccio con le mie prede. So che la cosa è efficace, e mi permette di avere un certo vantaggio psicologico, facendogli capire che ho il pieno controllo della situazione. Ma Haymitch non intende darmi questo vantaggio, a quanto sembra. Mi fissa a sua volta, proprio come faccio io.

“ Katniss, tu non puoi prendere e andartene quando ti pare. Mi sono spiegato? La tua vita è comunque in pericolo, e lo sarà sempre. Non importa quanto le cose possano migliorare, sei la Ghiandaia Imitatrice. E di fanatici conservatori, in giro, ce ne sono tanti. Quando il tuo fidanzatino adorato mi ha informato della tua partenza, mi hai allarmato parecchio. Sul treno, poteva esserci chiunque. Sei stata fortunata. Ma, considerando tutto, sei sempre stata particolarmente fortunata, tu sai a cosa mi riferisco” conclude guardando la porta dalla quale, qualche istante prima, è uscito Peeta.

“ Non intendevo allarmarvi.

“ No, infatti. Inizialmente ho pensato che volevi solo fare la vittima.

“ Io non volevo fare la vittima. Se non sai le cose, non parlare. Sono andata lì per Gale” dichiaro scaldandomi. Lui alza le mani.

“ Mi pare di aver detto ‘inizialmente’. Poi, quando ho visto il tono con cui Peeta mi informava della tua partenza, ho capito tutto. Sai, ho pure mandato Johanna al Due, con l’intento di persuaderti a tornare al Dodici, a tornare da quel poveraccio del tuo ragazzo. Non sai come stava, te lo giuro. Adesso parleremo anche di questo” prosegue con fare pratico. Mi soffermo sulle sue parole. Johanna? Mi aveva mandato Johanna?

“ E’ tornata al Distretto Sette ora?” domando sinceramente preoccupata. Non so perché, ma l’idea di Johanna al Distretto Due con Gale mi infastidisce molto. Scuote la testa.

“ Non lo so. Ma non sei qui per parlare di Johanna. Adesso io e te parliamo di Peeta e del modo in cui lo tratti” esordisce con fare serio. Mi alzo in piedi sulla difensiva. Ma che vuole? Non ho niente di cui giustificarmi con lui.

“ Haymitch, io non…

“ No, tu adesso mi stai a sentire. Io, fossi in te, comincerei a mostare un po’ di gratitudine nei suoi confronti, Katniss.

“ Non sei nella condizione di fare il moralista, mi pare!” esclamo arrabbiata.

“ No, infatti. Ma la mia non è una predicazione, non sono il dottor Aurelius. Sono solo il tizio che si è stufato di vedere quel ragazzo così maltrattato da te. Se non lo ami, almeno diglielo chiaro e tondo, così da non lasciare spazio alle illusioni” dichiara spazientito. Scuoto la testa.

“ Tu non sai niente. Io… io gliel’ho detto” affermo evitando di guardalo negli occhi. La verità è che mi imbarazza molto parlare di queste cose con Haymitch. Con lui vorrei almeno… dare l’impressione di essere forte, di essere una roccia. A volte non ci sono riuscita, è vero, ma tentar non nuoce. E forse, anche stavolta ho fallito: il tono della mia voce non lascia spazio all’imaginazione. Lui mi mette a sedere dritto.

“ Eh? Che cosa gli hai detto?

“ Quello che… che provo per lui. Ok? Gliel’ho detto” esclamo. Lui mi sorride.

“ Eh?

“ E ormai sono qui. Giungi da solo alle tue conclusioni!” gli dico provando ad essere più enigmatica possibile. Lui si alza in piedi. Alza le braccia. Vuole darmi uno schiaffo? Mi ritraggo, ma lui mi stringe a sé. Tremo leggermente.

“ Ce l’hai fatta, eh? Era ora” sussurra. È contento, lo sento. Sorrido anche io leggermente. Annuisco staccandomi.

“ Sì. Direi che se l’è meritato” affermo guardando la porta.

“ Quindi avete tenuto Sae sveglia tutta la notte a sentire…” ridacchia rimettendosi a sedere sul divano.

“ NO! No, Sae… sarebbe il caso di concedarla, vero?” gli domando. Effettivamente, adesso come adesso la sua presenza è inutile. Haymitch solleva le spalle.

“ Bhe… forse… se non ha nessun posto dove andare… potrebbe stare da me, ecco. Almeno qualcuno potrebbe dare da mangiare alle oche in mia assenza” decreta semplicemente. Sì, mi sembra la soluzione migliore. Gli comunico i miei pensieri, prima di venire interrotti dal rumore della porta. È Peeta.

“ Haymitch, ce ne era solo una, mi dispiace…” sussurra porgendogli la bottiglia di rum. Haymitch alza le spalle, stappando con i denti il tappo e versandoselo nel bicchiere. Con una rapida occhiata all’orologio del salone, io e Peeta capiamo che è l’ora di andare. Salutiamo Haymitch e ci dirigiamo verso casa.

“ Che voleva?” mi domanda Peeta. Sbuffo.

“ Farmi la predica, probabilmente. Ma stavolta non è riuscito nel suo intento di farmi sentire in colpa.

“ Non che ci sia mai riuscito!” sottolinea Peeta sorridendo un po’. Sospiro leggermente divertita. Peeta. Lui mi conosce. Entriamo a casa mia. Sae ci guarda con fare interrogatorio. Vorrei salutarla e comunicarle direttamente la mia decisione di congedarla, ma il telefono squilla inaspettatamente. Peeta si fionda in cucina. Chi può essere a quest’ora?

“ Pronto?” chiede Peeta alla cornetta. Resto accanto a lui, leggermente preoccupata. Che sia mia madre? Il dottor Aurelius? Haymitch? Non lo so.

“ Sì, dottore, sono Peeta” dice Peeta. Sospiro irritata. Che vuole a quest’ora?

“ Che cosa?” domanda Peeta. Impallidisce guardandomi.

“ Che succede?” chiedo. Ma la mia domanda non trova risposta. Lui si limita a parlare a monosillabi, allarmandomi ancora di più. Appena attacca la cornetta, lo fisso preoccupata. Peeta degludisce.

“ Era… Aurelius… dice che… Annie… è peggiorata. Voleva chiederci se poteva mandare qui Annie e Hearten per qualche giorno, così da tranquillizzarla sulle sorti di suoi figlio qualora lei venisse a… a mancare. Sono… il suo Secondo Genitore, no? E… e Johanna sta al Due, in mezzo alle risse, insomma…”

“ Ma perché, come sta Annie… che cosa…?

“ Aurelius parla di… una malattia mentale che può portare… io… non so che dire… mi serve un momento” conclude andando nella direzione del bagno. Sospiro. Hearten. Il figlio di Finnick. Da quello che dice Peeta, probabilmente, un futuro orfano.

 

Spazio autrice: Scusate per l’attesa, davvero. Sono tornata oggi dopo aver passato delle fantastiche vacanze a Chiusi ( in Toscana), dove non mi prendeva il telefono né avevo la possibilità di scrivere! Spero di riuscire a rispondere a tutte le vostre numerosissime ( GRAZIE <3 <3 <3) recensioni il più presto possibile! Scusate anche per questo capitolo! È un capitolo di passaggio, ma, come potete notare, ci sono parecchie situazioni aperte. Nel prossimo capitolo ci sarà il pranzo con tutti quanti, e spero di non deludervi. Grazie ancora, davvero.

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Capitolo 21
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Il giorno dopo, Annie si presenta a casa nostra alle otto di mattina, svegliando sia me che Peeta, il quale ha pianto per tutta la notte, nonostante abbia provato a camuffare la cosa. Per quanto riguarda la questione Sae, ho deciso di tenerla con me ancora un po’. Immagino che la presenza di Annie e di un bambino richieda maggior lavoro all’interno della casa. Lavoro che, personalmente, non saprei da che parte cominciare. È Peeta che va alla porta ad aprire, precendomi. Quando scendo dalle scale, ancora in camicia da notte, la prima cosa che vedo è lo sguardo disperato di Peeta. Solo dopo qualche istante riesco a riconoscere Annie. Mi saluta con una mano, sulla faccia ha un sorriso che non le si addice per niente. Sembra… maniacale. La sua pelle è secca, quasi rugosa, come i contorni delle sue labbra. Sotto gli occhi ha due occhiaie violacee e profonde. Mi avvicino a lei, quasi titubante. Quando le afferro la mano, non posso fare a meno di notare qualcosa che sbuca da sotto la manica. Bende. Bende candide le circondano i polsi. Immagino di sapere cosa significhi.

“ Annie, come stai?” chiede Peeta quasi singhiozzando. Annie annuisce, senza parlare. Interpreto la risposta come un ‘bene, grazie, e voi?’.

“ Noi stiamo bene. Dov’è Hearten?” domando. I suoi occhi vuoti assumono un’espressione terrorizzata. Indica fuori. Guardo dietro di lei. Vi è una macchina parcheggiata. Decido di uscire io, nonostante l’aria mattutina sia fredda e tagliente. Un uomo vestito di nero è alla guida della macchina. Lo raggiungo, chiedendogli di Hearten. Al suono delle mie parole, una signora apre lo sportello posteriore. Ha dei vestiti ingombranti e arancioni, e tiene tra le braccia un… fagottino. Me lo porge, e, finalmente lo vedo. Hearten. È piccolo, minuscolo, e agita le braccine. Non piange, ma qualcosa mi fa capire che vorrebbe farlo. I suoi radi e sottili capelli sono rossicci. Sorrido. E lui mi fissa intensamente, quasi incuriosito. E solo troppo tardi li vedo. Due occhietti verdi e profondi. Come i suoi. Finnick. Urlo e mollo la presa sul bambino. Fortunatamente, la signora arancione lo afferra prima che possa toccare il suolo. Piango. Sento rumore di passi che mi raggiungono. Peeta. Sì, deve essere lui.

“ Finnick…” sussurro. E, immediatamente, altre urla. Annie. E poi, ricordo. Le urla di Annie, dentro l’Arena. Finnick che corre. Le urla di Prim… ed è tutto nero.

 

Non so quanto tempo sia passato. Anni, giorni, forse secoli. Ma apro gli occhi. E, davanti a me, vedo Peeta. Mi sorride tristemente, accarezzandomi i capelli. Lo guardo interrogativo. Che cosa è successo? Lui, quasi leggendomi nel pensiero, mi risponde.

“ Sei svenuta. Annie e suo figlio stanno nella stanza accanto. Anche lei è scossa, ma si riprenderà. Sae sta provando a farla parlare e tiene d’occhio… Hearten” sussurra con un piccolo sospiro. Mi metto a sedere sul letto.

“ Perché…? Io non capisco… Finnick… Finnick era lì… e…

“ No, Katniss, Hearten. Non Finnick. Ha i suoi occhi, eh?” osserva con un leggero sorriso a fior di labbra. Annuisco, ancora scossa. Ora capisco. Ora capisco perché Annie è uscita fuori di testa. Io sono svenuta solo al ricordo di Finnick, un mio amico. Per Annie, per la quale Finnick era molto di più, non deve aver retto la vista degli occhi di Hearten.

“ Tu… stai bene?” domando. Peeta mi guarda.

“ Sì, io… mi dispiace per stanotte. Avrei dovuto pensare a te, e invece…

“ Non dire assurdità. Sei umano anche tu, Peeta” sussurro guardandolo intensamente negli occhi. Lui scuote la testa.

“ Ok, ma io non mi sento… bene con me stesso, se so di non aver provveduto alla tua felicità. Mi spiego?” chiede. Sospiro. Peeta. È sempre il solito, c’è poco da fare. Scuoto la testa.

“ Bhe, lo fai. Lo fai sempre” gli dico. Si sporge verso di me, baciandomi. È da ieri mattina che non lo fa, tra Haymitch, Aurelius e Annie, noi… non abbiamo avuto neanche un momento per goderci la novità che avevamo assaporato insieme. Mi si mette sopra, improvvisamente. Io infilo le mani sotto la sua maglietta e… e si allontana velocemente. Rimango così, spiazzata. Poi, mettendomi a sedere, lo vedo. Sta in un angolo della stanza, con i pugni contro il muro.

“ Peeta…” lo chiamo. No. Non di nuovo. È da tanto che non ha i suoi attacchi, ormai non ci sono abituata. Lo chiamo, ancora e ancora. Niente, è andato. Rimaniamo così, per qualche istante infinito. Poi, si gira. I suoi occhi sono neri come la pece, ancora di più. Si avventa su di me. Rimango immobile, paralizzata dalla paura.

“ Tu… tu hai fatto con Gale… e davanti ai miei occhi…” sussurra trucemente. Vorrei rispondergli che non è vero. Apro la bocca, ma non mi esce niente. Sono totalmente paralizzata e terrorizzata. L’espressione di Peeta è piena di astio e di disprezzo, ma, nonostante ciò, mi morde il collo, fino a farmi male. Gemo leggermente, ma non voglio urlare. Arriverebbe Sae, arriverebbe Annie. È questa  è una cosa tra me e Peeta. Con tutta la forza che ho, provo a parlare.

“ Peeta, ascoltami… ti prego… non è così… non è reale…” singhiozzo. Lui mi guarda, ma non mi vede. Con le sua mani, mi strappa la camicia da notte, lasciandomi il petto nudo.

“ E’ così che ha fatto pure lui, eh? Sei un ibrido per accontentarci tutti, ma adesso… cambierà tutto…” sussurra facendomi tremare. Mi stritola i seni, facendomi male. Appena provo a urlare, mi tappa la bocca. Quindi, ci rinuncio. Piango, pregando che il tormento svanisca. Poi, improvvisamente, si toglie da me. Si alza in piedi. Quando lo guardo, i suoi occhi sono azzurri e pieni di lacrime. 

“ Katniss, io… Non… Mi dispiace… Ti giuro che mi dispiace… Katniss…” dice avvicinandosi a me. Non so perché lo faccio, ma, istintivamente, mi ritraggo. Lui se ne accorge. Restiamo immobili a fissarci. Non so per quanto tempo riesco a rimanere così.

“ Hai ragione. Sono un mostro. Vado… vado a vedere… Annie… e oggi dormirò sul divano, già te lo dico” afferma prima di uscire dalla stanza. Mi alzo traballando e mi guardo allo specchio. Il mio collo è arrossato, e piccole chiazze scure stanno tappezzando la mia pelle. Decido di mettermi una sciarpa, per camuffare il tutto. Mi vesto al volo e scendo. Al tavolo, vedo Annie con in braccio Hearten. Immagino che Peeta sia in cucina con Sae, a sentire dall’odore di pollo che aleggia nell’aria. Annie mi sorride velocemente, prima di dedicarsi a Hearten. Lo fa giocare con una pallina, che il piccolo si diverte a lanciare sul tavolo. Annie ha il solo scopo di riprenderla quando si allontana troppo. Sento la risata di Hearten e mi costringo a non ricordare quella di Finnick. Mi metto seduta vicino a Annie.

“ E’… è proprio un bel bambino” osservo.

“ Sì, lo è” replica Annie con una voce roca e impastata. Sorrido. Finalmente ha ricominciato a parlare. Guardo ancora le sue maniche, dalle quali traspaiono le bende. Poi, ancora Hearten. È contento di stare con la sua mamma, lo vedo. Ma, ora che ci penso, da quando sono diventata una grande esperta di bambini? Oh, sì. Ora ricordo. Prim. Era una… proprio una bella bimba. Aveva tanti ricciolini biondi che le ricadevano sulle spalle che… provo ad affogare dentro di me i miei pensieri. No, non ce la faccio. Annie sembra accorgersene.

“ C’è qualcosa che ti turba, Katniss?” domanda. Scuoto la testa. Lei sorride.

“ Non so, Finnick me l’ha raccontato che tu sei una che vuole sempre apparire forte. Ma mi ha detto che a volte, con lui, ti lasci andare. Tra poco arriverà, e spero che potrai dire a lui cosa ti turba, se proprio non vuoi dirlo a me!” esclama accarezzandomi la guancia. Resto immobile. Non so cosa dire. Lei è convinta che Finnick sia ancora vivo. Che tra poco arriverà e che potrà stare con noi. Mi salgono le lacrime agli occhi, lo sento. Fortunatamente, arrivano Peeta e Sae con il cibo. Hearten lancia un urletto soddisfatto. Ancora scossa, guardo Peeta. Lui evita il mio sguardo e si limita a servirci il pollo. Stranamente, non riesco a mandarlo giù. O è troppo secco, o la mia gola non intende ingurgitare del cibo. Stiamo in silenzio, un silenzio interrotto, di tanto in tanto, da un versetto di Hearten, oppure dal rumore di qualcosa che fa cascare per terra. Forse per richiere la nostra attenzione. Ma neanche Peeta riesce a dargliela, stavolta. È come se fossimo in lutto. Dopo aver sparecchiato, Peeta afferma di volere andare un po’ a casa sua. Quando lo trattengo per il polso, lui scansa la mia presa bruscamente, prima di uscire dalla porta. Quindi, io, Sae, Annie e Hearten decidiamo di vedere un po’ di televisione. Vengo presa da una stanchezza allucinante proprio a metà film. Annie afferma che anche per Hearten sarebbe l’ora di andare a dormire, a mi propone di andare a letto portandomi dietro Hearten. Scuoto la testa, ma un’occhiata eloquente di Sae mi costringe ad accettare. Afferro il bambino titurbante, e insieme entriamo nella mia camera. Lo adagio sul letto, mettendolo accanto a me. Il bimbo mi guarda incuriosito. È piccolo, la sua pelle deve essere proprio morbida. Allungo una mano, esitante. Lui, inizialmente si ritrae. Ma dopo qualche istante, si lascia accarezzare la testolina. Sorrido. Lui sembra gioire del mio contatto. Bene. Chiude gli occhietti. Aspetto che si addormenti del tutto, prima di chiudere gli occhi. E, quando lo faccio, vengo assalita da una strana sensazione. Nonostante tutto, la felicità.

Vengo svegliata dal rumore di passi. Quando apro gli occhi, vedo Peeta. Guarda prima me e poi Hearten, che piange, appena sveglio. Lui mi siede accanto a lui, accarezzandogli le braccia. Si vede che con i bambini ci sa fare: Hearten smette subito di piangere. Prendendolo in braccio, esce dalla camera, gridando un neturo “ La cena è pronta” alle sue spalle. Mi costringo ad alzarmi dal letto, in preda ai morsi della fame. Scendo le scale e trovo Peeta che gioca con Hearten, mentre Annie li ammira soddisfatta. Gli tira un aereoplanino di carta e Hearten si diverte ad afferrarlo. E, immediatamente, capisco tutto. Peeta. Peeta vuole essere padre, lo vedo. La sua espressione è allegra, spensierata, bellissima. E in un attimo mi appare una scena davanti agli occhi: Peeta che gioca con mio figlio, biondo con gli occhi grigi, mentre io, seduta su una sedia, li guardo felicemente… la voce di Sae che mi dice di sedermi mi riporta alla realtà. Appena Peeta si accorge della mia presenza, si incupisce. Mangiamo delle verdure con delle focaccine preparate da Peeta. Annie, di tanto in tanto, parla da sola, sussurrando parole senza senso a un Finnick immaginario. Non so se ridere o piangere. Finiamo di mangiare velocemente. Poi, Annie sbadiglia. Vuole andare a letto. Mentre sale le scale con Hearten tra le braccia, mi si avvicina Sae.

“ Katniss, penso che sarebbe meglio per lei che qualcuno la controlli mentre dorme. Prima ha cercato di tagliarsi le braccia con un coltello. Non vorrei che commettesse qualche pazzia. Se vuoi ci penso io” mi dice bruscamente. Annuisco.
“ Sì. Grazie Sae” le dico. Lei mi sorride.

“ E’ una brava ragazza, ci ho parlato prima. Solo che non ha tutte le rotelle a posto, ecco” dichiara.

“ Già. Come tutti noi, del resto” osservo prima di vederla salire le scale. I miei occhi, poi, si poggiano su Peeta. Ha un’espressione dura, risoluta. Guarda prima me e poi il divano.

“ Io dormo qui. Ora. Buonanotte, Katniss” esclama prima di sdraiarsi. Lo raggiungo.

“ Non dire sciocchezze. Ora andiamo in camera. Alzati” gli dico con fare minaccioso. Lui scuote la testa, senza guardarmi. Mi siedo sul divano e mi sdraio accanto a lui.

“ Allora dormiremo tutti e due qui. Peeta, io senza di te ho gli incubi, ok? Quindi non c’è altra soluzione!” esclamo. Peeta si alza, allontanandosi.

“ Sì, c’è un’altra soluzione! Scappare da me! Da me che ti ho…” continua togliendomi la sciarpa e scoprendo il collo. Lo guarda terrorizzato.

“ Che ti ho fatto questo… questo orrore… io… non si può vivere così, Katniss! Io… ho paura a toccarti, davvero!” prosegue orripilato. Scuoto la testa.

“ Bhe, io no, quindi non vedo perché dovresti farti problemi!” dichiaro alzandomi a mia volta. Lui indietreggia.

“ E me lo chiedi? Katniss, ti ho… ti ho praticamente violentata, non so se il discorso ti è chiaro!” esclama.

“ Tu non mi hai violentata, ok? Hai avuto uno dei tuoi soliti attacchi e hai reagito male, stop! Adesso tu sali con me in camera e… e risolviamo questo blocco, ok?” domando. Sospira, dirigendosi verso le scale. Io lo seguo, irata. Non capisce. Appena entriamo in camera, lui si stende sul letto. Spegne la luce.

“ Buonanotte!” sbotta seccato. Mi adagio accanto a lui.

“ Buonanotte!” replico irritata. Passiamo qualche istante così separati, rimunginando sui pensieri che ci affliggono. Perché deve essere tutto così complicato? Poi Annie, Hearten, Finnick… La presenza di Annie mi inquieta un po’, a dirla tutta. Soprattutto quando parla da sola, pensando di rivolgersi a un Finnick immaginario vicino a lei. Sbuffo. Io, in realtà, non potrei farle la predica. Sono o non sono quella che si mette a urlare come una disperata sentendo le urla di Prim nella testa? Gli Hunger Games. Gli Hunger Games ci hanno cambiati, hanno cambiato tutto. E il mio ultimo pensiero, mentre chiudo gli occhi, va ad Angelique, che…

Sto salendo le scale. Alla fine vi è una porta. La apro, e mi ritrovo in una stanza imbrattata di sangue. Angelique accanto a me ride, pensando che sia una visione divertente. Ma non lo è neanche un po’. Vi è una vasca, lì in mezzo. C’è Annie che guarda un manichino di Finnick, con i polsi pieni di…

“ NO!!!” urlo tutta sudata. Un sogno, uno stupido sogno. Peeta è accanto a me. Mi fissa, nell’oscurità.

“ Ti ho sentito parlare. Le lame. Hai sognato Clove?” mi domanda. Scuoto la testa, ancora terrorizzata. No, magari avessi sognato Clove. Sarebbe stato sicuramente meglio. Lui sospira e mi fa cenno di avvicinarmi. Ma non mi basta. Mi butto tra le sue braccia. Lui, inizialmente titubante, mi asseconda. Un respiro di sollievo esce dalle mie labbra. Peeta. Mi bacia la testa, ancora e ancora. MI accarezza le braccia. La cosa mi rilassa parecchio.

“ Ascolta… ascoltami… io e te non possiamo allontanarci, capito? Guarda Annie, io… non posso…” sussurro a pezzi.

“ Ho capito. Lo so. Davvero. Ma…

“ Ma niente. È così e basta. Io non voglio finire come Annie che…

“ Che si taglia le vene per colmare l’assenza di Finnick. Penso di aver intuito bene” conclude Peeta annuendo. Lo imito, sospirando.

“ Sì. Tu devi restare con me, non ci sono altre soluzioni. Non mi importa quanto tu possa farmi male, ok? Io resisto, lo sai” esclamo con una voce acuta che non mi appartiene.

“ Va bene. Ma dobbiamo fare un accordo, Katniss” mi dice duro.

“ Che tipo di accordo?

“ Che non… che non faremo… per un bel po’… quello che abbiamo fatto l’altro giorno. Non finché sto ancora così. Ok? E tu non cercare di provocarmi, sennò…” continua. Arrossisco, pensando che la cosa migliore sia troncare direttamente il discorso.

“ Va bene. Ma anche io devo chiederti un favore.

“ Quale?” mi domanda.

“ Devi aiutarmi a organizzare tutto. Tra una settimana faremo il pranzo con i Vincitori di questi Hunger Games e con i loro familiari. Io… avevamo detto che l’avremmo fatto” affermo quasi per rinfacciarlo a me stessa.

“ Certo. Inviteremo anche Johanna, no?” chiede lui. Annuisco. In realtà… in realtà ci sarebbe dell’altro. Avevo fatto una promessa ad Angelique. Una promessa che non so se riuscirò a mentenere.

“ Io… dovrei invitare anche Gale” sussurro. Peeta sospira.

“ Se è questo quello che vuoi…

“ No. Non voglio fargli del male. Ma… Ci sono delle priorità. Angelique…io a lei avevo detto che avrei invitato anche lui, quando… quando gliel’ho promesso. E c’è dell’altro. Voglio vedere come gli Hunger Games hanno cambiato quei ragazzi. E, se posso, li aiuterò. Sei d’accordo?” domando esistante.

“ Sì. Sono d’accordo. Allora lo faremo domani. Insieme” sussurra.

“ Sì, insieme…” mormoro prima di chiudere gli occhi. E, con una carezza di Peeta, scappo nel mondo dei sogni.

 

Spazio autrice: ESAMI, ESAMI OVUNQUE! Care ragazze, non sono morta! Sono ancora qui! Scusate le mie negligenze, gennaio e febbraio sono due mesi orrendi ( chi, come me, va all’università, mi capirà fin troppo bene), ma da marzo aggiornerò di nuovo una volta a settimana :D Spero che vi sia piaciuto il capitolo… bhe, un chiarimento per la condizione di Annie. Sfortunatamente ho avuto la bruttissima esperienza di incorrere in questa forma di autolesionismo… in un periodo della mia vita non mi sentivo accettata, andava tutto storto. Ma poi, grazie alla mia forza di volontà, sono riuscita a tirarmene fuori. E chiunque faccia ciò, sappia che non è solo, e che uscirne fuori è possibile! Spero di non avervi annoiato! A presto

angelikakiki

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