Il Dente di Leone di angelikakiki (/viewuser.php?uid=118857)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lo faccio per me ***
Capitolo 2: *** Lo porterò indietro ***
Capitolo 3: *** Nonostante tutto ***
Capitolo 4: *** Nessuno mi potrà portare via da te. Neanche io. ***
Capitolo 5: *** Ma so quello che provo ora ***
Capitolo 6: *** Mi hai capito, soldato Everdeen? ***
Capitolo 7: *** Se mi ami davvero, non mi rifiuterai questo piccolo favore ***
Capitolo 8: *** Meglio o no, è quello che dovrai dire ***
Capitolo 9: *** L'Intervista con Caesar Flickerman ***
Capitolo 10: *** Aiutare lei, per aiutare Prim. Poi andare da Gale. ***
Capitolo 11: *** L'amaro sapore della verità ***
Capitolo 12: *** Whisky ***
Capitolo 13: *** La Parata ***
Capitolo 14: *** Quel cuore cesserà di battere per sempre ***
Capitolo 15: *** Tu vivrai ***
Capitolo 16: *** Dannatamente fortunata ***
Capitolo 17: *** Il canto della vera Ghiandaia Imitatrice ***
Capitolo 18: *** Perché io lo amo ***
Capitolo 19: *** Vero o falso? ***
Capitolo 20: *** Gratitudine ***
Capitolo 21: *** Tagli ***
Capitolo 1 *** Lo faccio per me ***
“ Prim!!!”
esclamo. Sono
tutta sudata, nel mio letto. Seduta su una sedia, Sae la Zozza mi
guarda con un’espressione
pietosa. Sbuffo e affondo la testa nel cuscino, cercando di controllare
il
battito accellerato del mio cuore. Chiudo gli occhi, ma niente da fare.
Ogni
volta che abbasso le palpebre vedo quei congegni diabolici abbattersi
sulla mia
sorellina. Una calda lacrima mi esce dall’occhio sinistro.
Sae la Zozza deve
essersene accorta, quando mi chiede con voce sommessa:
“ Vuoi che vada a
chiamare
Peeta?
Peeta.
Lui sì. Aveva un dono, nel proteggermi dai miei incubi
notturni. Lui mi avrebbe
abbracciata. Mi avrebbe consolata. Un tempo. Devo ammettere
però che nell’ultimo
periodo, il suo miglioramento mi ha lasciata senza parole. Non cercava
più di
ammazzarmi, anzi, il suo atteggiamento sembrava quasi quello di prima:
preparava il pane, le focaccine che mi piacevano tanto, mi sorrideva,
qualche
volta riusciva a strapparmi una risata. Evitavamo il contatto fisico,
ma
sicuramente tra noi era ritornato quel feeling protettivo che ci ha
sempre
caratterizzati.
“ Che ore
sono?” chiedo
modulando la mia voce. Niente da fare, trema comne una foglia. Come il
mio
corpo.
“ Sono le due di notte.
Ma
non penso che Peeta farà obiezioni” si limita a
dire. Scouto la testa.
“ No, non lo chiamare.
Starà
dormendo.
“ Va bene. Ma domani,
vorrei che dormisse qui con te. E’ snervante vederti
così, Katniss. E se non
glielo chiedi tu, lo farò io” dice alzandosi quasi
sdegnata. Ma possibile che
non ci sia una sola persona che mi lasci in pace? Mi tiro le coperte
sopra la
testa. Mi metto a pancia in giù. E comincio a gridare dentro
il cuscino. Prim.
Finnick. Rue. Tutti. Sono ancora vivi, nella mia testa. E non hanno
intenzione
di andarsene.
La mattina dopo sono
svegliata dall’inconfondibile profumo del pane di Peeta.
Schiudo gli occhi,
lentamente. Eccolo lì, illuminato dalla debole luce che
passa dalla finestra
accanto al mio letto. Le sue sopracciglia bionde, ancora un
po’ bruciacchiate,
scintillanto rispondendo al raggio di sole. La sua espressione
è dura e quasi
timorosa, ma nonostante questo, mi alllunga la pagnotta gentilmente.
“ Che ore
sono?” chiedo. Afferro
la pagnotta e, mettendondomi seduta, comincio a mangiarla velocemente.
È ancora
calda, e mi dà conforto.
“ Le quattro del
pomeriggio, hai dormicchiato fino ad ora. Sae mi ha detto che oggi hai
avuto
degli incubi. È da tanto che hai questi incubi. Vero o
falso?” chiede. Annuisco
senza guardarlo in faccia.
“ Vero”
rispondo con la
bocca piena.
“ Mi infilavo nel tuo
letto per tranquillizzarti. Abbiamo dormito insieme, qualche volta.
Vero o
falso?
“ Verissimo. Non so cosa
avrei fatto senza…” mi trattengo. Mi limito a
mordere un altro pezzo di pane.
“ Tu vorresti che mi
fermassi qui, stanotte?” chiede seriamente.
“ Vero.
“ Questa era una domanda.
Non un’affermazione” mi dice quasi prendendomi in
giro.
Sollevo le spalle,
continuando a non guardarlo. Sospira.
“ Non so se lo posso
fare”
dichiara a bassa voce. Lo sospettavo. Anzi, lo sapevo.
“ Non
c’è problema, Peeta.
Lo capisco” sussurro prima di addentare un altro boccone.
“ No, non capisci. Io
vorrei, ma… io…
Peeta Mellark. L’unica
persona che cerca sempre di proteggermi. Anche da sé stesso.
“ Tu non mi farai del
male.
“ Ma se succedesse?
Io…
non so se riuscirei a… Mi dispiace” afferma.
Annuisco. Non si fermerà qui
stanotte. Sarò da sola. La consapevolezza di non poter
contare su Peeta per
questo mio problema, provoca una lacrima, che asciugo velocemente.
Peeta non
deve averla vista. Ma forse l’ha notata, perché
dopo una breve pausa, mi dice:
“ Senti… che
ne dici di
passare la giornata insieme? Ti faccio una torta. Una torta per te. Con
tanta
glassa. Ti va?
Sembro una bambina piccola
quando riesco ad emettere uno stridulo “
Sì”.
Sae è contenta quando mi
vede uscire di casa con Peeta. Non sa che non si femerà a
dormire con me,
stanotte. Arrivo a casa di Peeta. Malgrado tutto quello che
è successo, quella
casa profuma ancora di pane ancora sfornato, di dolci, di glassa e di
tutto ciò
che mi ricorda Peeta. Il Peeta di una volta, il ragazzo del pane.
Quello che
ogni volta che l’abbracciavo non voleva uccidermi. Un Peeta
forse chissà, non
troppo diverso da questo che mi sta davanti. Mi siedo accanto al
tavolo, mentre
Peeta prepara gli ingredienti e si mette all’opera. Immagino
che vederlo mentre
cucina sia come guardare me mentre vado a caccia: è
concentrato, ma al tempo
stesso, soddisfatto e appagato da quello che fa.
“ Tu mi hai mai amato,
Katniss?” chiede improvvisamente. Silenzio. È
questo quello che esce dalla mia
bocca socchiusa. Il silenzio.
“ Peeta, tra me e te
c’era
un amore speciale. Non so se è quello tradizionale,
ma… eravamo alleati. Io e
te ci difendavamo, c’eravamo sempre l’uno per
l’altra. È un tipo di amore…
diverso. Ma era amore, immagino” affermo.
“ Ho capito. E hai mai
amato Gale?
Gale. Quel nome. Bombe.
Prim. Non riesco a ricordare lui senza dover anche ricordare Prim. Il
ricordo
fa male. Malissimo. Vado verso il bagno della casa di Peeta. Sento che
lui urla
il mio nome. Ma non importa. Chiudo a chiave la porta e mi raggomitolo
per
terra, emettendo singhiozzi simili a quelli di un animale ferito. Sento
che
Peeta bussa insistentemente. Minaccia di buttare giù la
porta. Ma poi ci
rinuncia. Dopo quella che mi pare un’eternità,
ritorna.
“ Katnissi, la torta
è
pronta. L’ho fatta apposta per te. Vieni, ti prego”
mi supplica. Con tutta la
forza che ho, mi costringo a mettermi in piedi e ad aprire la porta. Mi
attendeva una bellissima torta, tutta decorata con la glassa azzurra.
“ Oh, Peeta, è
bellissima!”
esclamo quasi in uno stato di trance.
“ Bhe, quando mi hanno
fatto il lavaggio del cervello, sono contento che non si siano portati
via il
mio talento nel fare le torte!” afferma con una mezza risata.
Mi volto verso di
lui, intento ad osservare la sua creazione. Voglio baciarlo. Ora. In
questo
momento. Un bacio vero, stavolta. MI avvicino a lui, con fare un
po’ esitante.
Peeta si allontana, quasi terrorizzato.
“ Che vuoi
fare?” mi
chiede.
“ Ti prego”
sussurro. Ne
ho bisogno. Ne ho bisogno come l’aria. Un bacio di Peeta
Mellark. Uno di
quelli che ti fanno dimenticare le paure, le ansie, le incertezze.
“ Katniss…
no…” mi dice
combattendo con sé stesso. Ma è troppo tardi.
Premo le mie labbra sulle sue,
delicatamente. Cerca di divincolarsi, ma l’ho messo contro il
muro. Mi stacco
da lui. Vede le iridi dei suoi occhi allargarsi. I suoi occhi azzurri
vengono
invasi da quelle pozze nere senza luce.
“
Allontanati…” mi dice.
“ No” decreto
io.
“ Ti prego,
Katniss… fammi
un favore…” mi supplica. Faccio qualche passo
indietro. Lui si appoggia a una
mensola, respirando affannosamente. Niente, Peeta Mellark se ne
è andato. Il
mio Peeta non c’è più. È
morto anche lui, insieme a tutti quelli a cui volevo
bene. Mi metto a piangere, stavolta neanche preoccupandomi del fatto
che lui mi
possa vedere. Le mie lacrime sembra che lo facciano uscire
dall’agonia. Si
avvicina a me, pallido in viso e mi abbraccia fortissimo. È
la prima volta che
mi abbraccia lui, dopo tanto tempo. Affondo il mio viso nel suo petto.
Forse
Peeta non è morto. Forse è solo nascosto da
qualche parte, perché le sue
braccia sono calde, forti, sicure e protettive come me le ricordavo.
“ Stasera
dormirò con te”
mi dice.
Scuoto la testa
selvaggiamente. Non voglio fargli pena. E quando glielo dico, lui si
mette a
ridere.
“ Non lo faccio per
te. Lo
faccio per me. Devo capire se posso ancora… voglio tornare
ad essere me stesso,
Katniss. Ma mi serve il tuo aiuto” mi sussurra. Annuisco. Lo
voglio. Lo voglia
accanto a me. Come sempre.
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Capitolo 2 *** Lo porterò indietro ***
Mi faccio la doccia con
l’acqua
calda. La sento scorrere su di me. Peeta e Sae stanno preparando la
cena.
Ottimo. Ho fame. Interrompo il flusso dell’acqua e prendo
l’asciugamano che sta
sul lavandino. Mi guardo allo specchio. I capelli bruciacchiati, gli
occhi
stanchi e le cicatrici sul mio corpo non mi rendono molto attraente. Ma
non mi
importa. L’unica cosa di cui mi importerebbe in questo
momento sarebbe Prim.
Chiudo gli occhi e vedo i suoi. Il bussare alla porta mi fa tornare
alla
realtà.
“ Katniss! La cena
è
pronta!” esclama Sae. Non rispondo. La fame mi è
automaticamente passata.
Riesco solo ad accovacciarmi in un angolo tra i due muri del bagno,
avvolta nel
mio asciugamano.
“ Katniss!”
urla. Niente,
non riesco a risponderle. La porta non è chiusa a chiave,
ma, non so perché,
Sae decide di non entrare. Avverto fuori dalla porta una presenza che
non è
quella di Sae. Peeta.
“ Katniss, so che la
porta
del bagno non ha la chiave. La conosco casa tua. Esci per favore?
Sennò entro
io” mi dice. Non riesco a parlare. Lentamente, apre la porta.
Ma sì, sono
proprio un bello spettacolo, lì rannicchiata contro il muro.
Che mi vedesse.
Che mi vedessero tutti. Lui non fa domande. Si limita ad accucciarsi
vicino a
me. Vedo la sua mano sollevarsi. No, non vuole farmi del male:
l’appoggia delicatamente
sui miei capelli e comincia ad accarezzarmi la testa. È
proprio quella
sensazione a destare in me una sensazione di benessere. Mi abbandono al
calore
della sua mano sui miei capelli bagnati, alla delicatezza del suo
tocco.
“ Che ne dici di andare a
mangiare? C’è l’agnello. E le prugne. Tu
adori le prugne. Ah, e poi devi
assolutamente assaggiare la mia torta. L’ho preparata per
te” mi bisbiglia
all’orecchio. Quel bisbiglio mi procura centomila brividi sul
collo e
lentamente annuisco. Si gira imbarazzato, mentre incurante mi tolgo
l’asciugamano per mettermi i vestiti.
“ Io e te abbiamo
mai…
“ NO!”
esclamo quasi
sorridendo.
“ Oh, ok. È un
peccato che
questo ricordo sia vero, eh?” dichiara. Eccola lì.
Ironia. Gli lancio il mio
asciugamano sulle spalle, mentre mi cambio velocemente con una
camicetta blu e
un paio di pantaloni larghi. Decisamente anti-estetico. Decido di usare
un
asciugamano pulito per avvolgermi i capelli e scendo le scale con Peeta
al mio
fianco. Durante il pasto, osservo Peeta che si sforza di fare
conversazione con
Sae. Le chiede del suo passato, se pensa di ritornare al Forno e roba
così. Dal
canto mio, invece, collaboro con il mangiare quanta più roba
riesca a mettermi
in pancia. Arriva la torta di Peeta. È farcita con la
marmellata ai lamponi e
gocce di cioccolato. È così simile a quelle che
facevano a Capitol City.
Finnick. Il suo matrimonio. La torta. Mi irrigidisco. Non riesco a
ingurgitare
neanche un altro boccone. Sembra che Peeta riesca a leggermi nel
pensiero,
quando mi prende il pezzo di torta rimanente dal mio piatto per
metterlo sul
suo. Ho sonno. Ho davvero sonno. Ma nonostante questo, comincio a
tremare come
una foglia. Ancora una volta, rimango stupita
dall’abilità di Peeta nel
capirmi.
“ Andiamo in camera,
Katniss. Te li asciugo io i capelli. Sae, puoi sparecciare
tu?” chiede. Sae
annuisce quasi con fare materno, mentre Peeta mi scorta nella mia
stanza.
Prende quello strano congegno di Capitol City e mi asciuga in cinque
secondi i
capelli lasciandoli morbidi e setosi. Sarebbe bello, se me ne
importasse
qualcosa. Mi devo mettere il pigiama, ma le mie mani tremano troppo.
Sono
immobilizzate per i tremori. Peeta se ne accorge.
“ Ce l’hai la
biancheria
intima sotto i vestiti?” domanda.
“ Vero” affermo
cercando
di ironizzare. Ma c’è ben poco da fare. Sono
terrorizzata dal dover andare a
dormire. La mascella sembra bloccata e fatico anche a dire quelle poche
parole.
Peeta sospira, quasi per prendere coraggio.
“
Dov’è il pigiama?”
chiede. Immagino che Sae me l’abbia messo sotto il cuscino.
Peeta lo prende e,
dopo avermi fatto sedere sul letto, mi sbottona la camicetta, bottone
per
bottone. Arrossisco un po’, ma è indispensabile:
le mie mani sono bloccate dai
fremiti della paura. Alzo gli occhi su Peeta. È diventato un
peperone. Quasi mi
viene da ridere. Ma sarebbe una risata legata più al
nervosismo che ad altro,
quindi la soffoco dentro di me. Mi sfila la camicetta, lasciandomi in
reggiseno
e mi infila velocemente la maglietta del pigiama. A questo punto i suoi
occhi
indugiano sui miei pantaloni. La situazione, nonostante sia tragica,
non può
essere considerata seria e tutti e due cominciamo a ridere.
È una rarità, per
me, ridere in questo modo. Mi sdraio sul letto mentre mi sfila i
pantaloni. Poi
si blocca di colpo. So quello che gli sta passando per la testa.
Perché è
quello che sta passando anche a me. Questa situazione… la
posizione… lui che mi
sfila i pantaloni… forse in un’altra vita, sarebbe
successo proprio così, con
un tremore alle mani non provocato dal nervosismo, con un Peeta al
settimo
cielo, che mi avrebbe baciata… Ma non succede niente di
tutto questo. Almeno
non ora. Non possiamo permettercelo, nessuno dei due. Peeta riesce a
infilarmi
i pantaloni del pigiama. Si lascia cadere sul letto accanto a me.
“ Io non ti ho mai amata
con quell’amore speciale di cui parlavi tu. Vero o falso?
Esiste domanda più
difficile? Vero! Vero! Ma non posso dirgli una cosa del genere. Non dovrei, almeno. La frase
che mi aveva
detto al Distretto 13 mi riecheggia nella testa “
Be’, sei una bella stronza,
non ti pare?”.
“ Vero”
sussurro prima di
poter fermare le mie parole.
“ Lo sto cominciando a
capire. Non sei una semplice ‘alleata’. Io provo
attrazione per te, Katniss.
“
Intendi…” non volevo
continuare la frase.
“ Anche. Certo, non solo.
E poi…
“ Ok, penso di aver
afferrato il concetto, Peeta!” dico con una risatina. Mi
guarda negli occhi.
Provo a sostenere il suo sguardo, ma non ci riesco. Rimamiamo
così per un bel
po’, fino a che non decidiamo che è il momento di
andare a dormire nel vero
senso della parola. Mi infilo sotto le coperte, mentre lui si toglie la
maglietta per infilarsi quella del suo pigiama. Ho già visto
Peeta mezzo nudo,
basti pensare all’Arena. Ma adesso ho dei brividi che non
hanno niente a che
vedere con il freddo. Si infila sotto le coperte insieme a me, ma non
mi sfiora
neanche. Io ho bisogno di lui, ho bisogno del suo contatto per essere
felice.
Ma non arriva niente del genere. Nonostante io faccia piccoli movimento
verso
di lui, vedo che non ha la minima intenzione di abbracciarmi.
Così, in modo
quasi meccanico, chiudo gli occhi. Quando li riapro, mi trovo in una
radura.
Non c’è niente intorno a me, solo una nebbia
bianca e compatta. Sento una
risata. La conosco. È quella di Finnick. Lo chiamo, ma dalla
mia bocca non esce
alcun suono. Poi, accanto a me, compare un tridente. Lo prendo e lo
osservo
attentamente. In men che non si dica, però, dal tridente
cominciano ad uscire
tante piccole lucertole, che mi si arrampicano su per il braccio.
Cominciano a
mordicchiarmi le mani, facendomi male. Cerco di scrollarmele di dosso,
ma
sembrano appiccicate alla mia pelle, come sanguisughe. Poi arriva Rue,
con le
sue ali che mi prendere e mi porta in salvo. Prim, cioè Rue,
però, viene
abbattuta da un dardo infuocato. È stato Gale a tirarlo,
anche se assomiglia in
modo inequivocabile al ragazzo del Distretto 1. Urlo, mentre precipito
nel
vuoto.
“ NOOOO!!!!”
grido.
Sdraiato accanto e me, sento Peeta.
“ Katniss! Un incubo?
“
Sì… Sì…” mormoro
terrorizzata. Mi giro e lo guardo negli occhi.
“ Peeta…
stringimi, ti
prego…
“ Katniss, io…
“ Ti prego…
Abbracciami.
Non ce la faccio da sola. Io e te sempre insieme, no?
“
Sì… sempre.
“ Allora per
favore…” la
mia è una supplica. Sento Peeta tremare leggermente, mentre
preme il suo corpo
sul il mio in un abbraccio da lasciare senza fiato.
“ Non te ne andare mai
più
via da me. Ti voglio sempre qui. Devi promettermelo.
“ Lo prometto.
“ Giuralo.
“ Lo giuro.
“ Sei l’unica
cosa bella
che mi è rimasta.
“ Tu eri
l’unica cosa
bella anche prima che non mi restasse niente, Katniss” mi
sussurra. Peeta. È
vivo. Quello che ha parlato è il MIO Peeta. Il tono di voce,
l’intensità, le
sue mani che mi stringono senza esitazioni…
“ Rivoglio questo Peeta.
Ogni giorno. Voglio il Peeta della grotta, il Peeta
dell’attico di Capitol
City.
“ Lo
porterò indietro” mi
assicura. Sulle mie labbra, un sorriso.
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Capitolo 3 *** Nonostante tutto ***
“ Katniss…
Katniss… Il
telefono…” mi sussurra Peeta. Ma che ore sono? Mi
sembra troppo presto per
ricevere una telefonata. Per quanto ho dormito?
“ Katniss…
é il dottor
Aurelius!” esclama la voce lontana di Sae. Immagino che Peeta
le abbia
insegnato come rispondere al telefono. Mi alzo a fatica, provocandomi
parecchi
giramenti di testa. Scendo le scale più velocemente
possibile, cercando di far
svegliare i miei sensi. Afferro il telefono confusamente
“ Pronto?”
chiedo con la
mia voce impastata.
“ Katniss, è
un piacere
sentire la tua voce” mi risponde.
Oh, già. Avevo preso la
fantastica abitudine di non rispondere al telefono. Che abitudine
meravigliosa.
“ Salve,
dottore… mi sono
appena alzata e…
“ Oh, non ti
tratterrò a
lungo. Come stai?
“ Bene” dico in
modo
secco. Ma che voleva? Non sono pazza, non lo sono mai stata. Non
capisco cosa
vuole.
“ Meraviglioso. Sae ha
accennato al fatto che Peeta stanotte ha dormito con te. Come
è andata?” mi
chiede. Scocco un’occhiata maligna a Sae. Lei e la sua
boccaccia.
“ Bene.
All’inizio ho
avuto un incubo, ma poi Peeta mi ha calmata con la sua
presenza” affermo prima
di poter scegliere accuratamente le mie parole. Mi guardo intorno.
Spero solo
che Peeta non mi abbia sentita.
“ Capisco…
cosa ne pensi
della cosa? È da etichettare come un fatto positivo o
negativo? Sei contenta di
questa azione… ‘calmante’ che Peeta ha
su di te?” mi chiede. Ma che razza di
domande sono?
“ No, preferivo tenermi
gli incubi per tutta la notte!” dichiaro sarcastica.
“ Quindi la cosa ti fa
piacere… bene, buon per te. Cosa fai in questi giorni? Vai a
caccia?
“ Sì. Di tanto
in tanto.
Ma proprio di tanto in
tanto. Quei luoghi… Gale.
“ Certo…
immagino che non
sia facile. Ho parlato con Haymitch in questi giorni, sai, dovevo
dargli alcune
direttive su una situazione che riguarda… bhè, ho
dovuto dargli dei consigli, ecco.
Quando ci ho
partlato mi ha detto che
state scrivendo un libro sugli Hunger Games. È una cosa
molto bella, Katniss. Anche
a livello terapeutico
“ Grazie. Sì,
molto bella”
affermo distrattamente. Quindi il dottore sta curando anche Haymitch?
Che si
sia fatto riaggiustare il telefono? No, Haymitch non accetterebbe mai
di farsi
curare. Allora… perché…? E se avesse
riaggiustato il telefono per parlare di me
con il dottor Aurelius? Se il dottore gli avesse dato delle indicazioni
per
tenermi sotto controllo, per impedirmi di fare pazzie? Questa forse
è una cosa
plausibile… Sennò, quali direttive potrebbe dare
il dottor Aurelius a Haymitch?
Non sapevo neanche che si conoscessero… Che Haymitch mi
abbia nascosto delle
cose? La collera cominciò a ribollirmi nel sangue.
“ Bene… io
adesso devo
andare. In ospedale, io e tua madre stiamo facendo gli straordinari per
occuparci di tutti. La situazione è ancora molto grave,
Katniss.
“ Sì, certo.
“ Ok… ci
sentiamo presto!”
esclama prima di agganciare. Afferro velocemente un cappotto ed esco di
casa,
andando in direzione di quella di Haymitch. Peeta mi raggiunge di
corsa.
“ Katniss,
dove…?
“ Casa di Haymitch. Devo
capire se ha riaggiustato quel maledetto telefono. Sennò
vorrei proprio sapere
come e quando ha parlato al dottor Aurelius. Ah, e soprattutto di
COSA!”
esclamo. Peeta non fa altro che camminare dietro di me. Ma non capisce?
Avranno
parlato di me. E di che altro potevano parlare? Della povera ragazza
pazza del
Distretto 12. Aurelius si sarà raccomandato con
Haymitch… Non metterle
pressione… falla riposare… Immagino…
Grazie, Haymitch di non avermi detto che
Aurelius ti aveva chiamato per chiederti se mi stessi facendo bene da
balia! Busso
alla porta di Haymitch. So già che non verrà ad
aprirci, quindi decido di
entrare lo stesso. Lo trovo seduto su quel lurido divano, intento a
scolarsi
una bottiglia di liquore. Singhiozza. Forse era addirittura
più ubriaco del
solito. Il mio sguardo viene catturato dal posto dove doveva esserci il
telefono. Era rotto.
“ Ciao
dolcezza…
“ Come hai fatto a
parlare
al dottor Aurelius se hai il telefono rotto? Che vi siete detti? Avete
sparlato
di me, eh? Per vostra informazione, sto bene, sto benissimo, quindi se
voi due
avete finito di spifferare su cose che…
“ Piano, piano, piano,
ragazza di fuoco. Innanzi tutto, volete un goccetto?” chiede
porgendoci la
bottiglia.
“ Io sì!
” dico sedendomi
decisa. Peeta scuote la testa contrariato. Haymitch si allontana per
prendere
uno dei pochi bicchieri puliti e, quando ritorna, mi versa un
po’ del liquido
bianco contenuto nella bottiglia. La alza e brinda:
“ Alla ragazza in fiamme,
la Ghiandaia Imitatrice o come diavolo ti chiamano” e si fa
un lungo sorso
dalla bottiglia. Io bevo, a piccoli sorsi. Odio quella roba. Ma mi
piace quel
senso di sregolatezza che mi procura.
“ Il dottor Aurelius
è
venuto a trovarmi qui sabato scorso. Voleva sapere come stavo, pensava
di
chiuderci in quel suo manicomio per pazzi. Poi ha voluto sapere se tu
saresti
stata d’accordo. Gli ho detto che, se accettava
l’idea della sua morte
imminente e dolorosa, forse ti avrebbe convinto. E poi ha fatto due
battutine
sul mio talento. Ah ah!” afferma ironicamente, indicando la
bottiglia.
“ E me ne sono uscito con
il fatto che voi due mi avete trascinato in questa ‘quanto
mai sana’ idea di
scrivere un libro. Adesso, la domanda è: perché
sei piombata nella mia casa per
chiedermi del dottor Aurelius? Vuoi che te lo dica io, dolcezza? Tu
pensi che
la tua condizione della Ghiandaia Imitatrice mentalmente instabile sia
il primo
pensiero che la mattina ci sveglia. Ma, portandoti alla
realtà delle cose… non
è così. Katniss di qua, Katniss di
là… tu non sei più al centro delle
nostre
attenzioni, dolcezza. Forse l’unica persona che fa eccezione
è questo povero
ragazzo qui, che hai fatto diventare matto a furia di prenderlo in giro
dalla
mattina alla sera, agendo in modo più egoistico possibile.
Ma il punto è… che
devi metterti in testa di non essere più il centro del
mondo, Katniss. E non
far finta che la cosa ti sia così tanto dispiaciuta,
perché non ci crede
nessuno” conclude con un ghigno. Mi alzo. Già so
quello che voglio fare. Mi sto
per avventare su di lui. Ma Peeta mi blocca prima che possa farlo,
così, mi
limito a sommergerlo di insulti. Lui, incredibilmente, resta calmo. Non
reagisce, si limita a mantenere quell’insopportabile ghigno.
Urlo il mio odio
per lui mentre Peeta mi trascina a casa.
“ Katniss, è
ubriaco, non
ha il tatto per affrontare un…
“ Peeta…
BASTA! Mi sono
stancata! Fa tutto alle mie spalle, non mi dice mai niente, come posso
fidarmi
di una persona del genere? Manipolatore e doppiogiochiusta! Abbiamo
fatto finta
di niente, abbiamo sempre chiuso un occhio e lui… LO
ODIO!”
Mi fa stendere sul letto,
mentre mi divincolo come un animale. Voglio uccidere Haymitch. Chi si
crede di
essere per dirmi quelle cose? Non capisce. Nessuno capisce. Scoppio a
piangere.
“ Katniss… ti
prego, non
costringermi a sedarti” mi dice Peeta. Sedarmi.
Sì, sarebbe bellissimo.
Sprofondare in un sonno… No. Gli incubi. Non voglio.
“ No… no, non
mi sedare…
io… mi calmo. Tu baciami” chiedo.
“ No, Katniss, non
peggioriamo le cose, ti prego, già la situazione
è quella che è…
“ Baciami, Peeta. Vuoi un
modo per calmarmi? Baciami.
“ Se ti abbraccio
è la
stessa cosa, no?” mi chiede. Ok, posso starci. Voglio starci.
Annuisco
meccanicamente e lui mi avvolge nelle sue braccia. Calde, rassicuranti.
Respiro.
Passiamo così qualche minuto prima di calmarmi, ma ce la
faccio. Le sue braccia
mi stringono. Quasi mi fanno male, per quanto mi stringono. Mi
stringono
troppo.
“
Peeta…” sussurro
cercando delicatamente di allentare la presa.
“
Peeta…” stavolta è una supplica.
Niente da fare, ormai mi gira la testa.
“
Katniss…” sussurra. La
sua voce è aspra, dura. Scioglie la presa, mentre io mi
scanso da lui
velocemente. Non oso guardarlo in faccia, ma sento i suoi respiri
affannosi. Mi
massaggio le costole, ma lui ha bisogno di me. E poi faccio la prima
cosa
sensata che mi viene in mente.
“ Sei Peeta Mellark. Sei
figlio del Distretto 12, questa è la tua casa. Tu ami
Katniss Everdeen, e non
faresti mai niente per farle del male. Penso che sia
un’affermazione vera”
concludo. I suoi respiri tornano a farsi più regolari e il
letto smette di
muoversi così tanto. Solleva la testa e mi allunga una mano.
Sì, i suoi occhio
sono azzurri. È di nuovo Peeta. Afferro la sua presa e mi
avvicino a lui. Non
mi farà del male, stavolta, ma non osa abbracciarmi.
“ Mi dispiace. Sono un
ibrido. Uno schifoso ibrido.
“ Non è
così. Io non ti
abbandonerò, Peeta. Ti devo tutto, anzi, troppo. Vedrai che
passerà” affermo
convinta. Annuisce, ma non sembra molto rassicurato. Passiamo il
pomeriggio a
parlare e a scrivere sul libro nuovi dettagli riferiti agli Hunger
Games. Peeta
ricorda solo la parte brutta di tutto questo: io che lo prendevo in
giro, io
che lo illudevo. Le poche cose belle che ho fatto per lui, le ricorda
quasi con
astio.
“ Quindi tu hai preso la
medicina per… salvarmi la vita?
“ Certo. Non ti avrei
lasciato lì a morire, Peeta.
“ Ma tu mi odiavi e mi
volevi ammazzare nel sonno, no?” chiede. Mi incupisco
improvvisamente.
“ Falso.
“ Quindi non sei stata tu
a procurarmi quella ferita?
“ No.
“ Ne sei proprio sicura,
Katniss? Conosco il tuo talento nel manipolare chi ti sta intorno
sfuttando i
sentimenti altrui” mi dice. Lo guardo negli occhi. Due pozze
nere. Sta per fare
qualcosa di brutto, me lo sento. Ma non mi importa. Quella frase mi ha
ucciso
più di venti lame conficcate nel collo. Non rispondo. Salgo
velocemente le
scale e mi rintano dentro l’armadio della mia stanza. Afferro
il mio arco e mi
avvolgo con i vestiti che riesco a trovare lì dentro. Per
fortuna Sae è uscita
a comprare la carne: non vorrei che sentisse le urla strazianti di
Peeta al
piano di sotto e i miei singhiozzi dentro l’armadio. Dopo
ore, o forse giorni,
non so, sento che l’anta si apre. Ma stavolta sono pronta.
Preparo una freccia.
È Peeta. Gliela punto addosso. Peeta ha uno sguardo
sconfitto. Ma è lui.
“ Ti prego, fallo. Mi
faresti un favore. Ti scongiuro.
Dopo
un’eternità, abbasso
lentamente l’arco. Scoppio a piangere, mentre Peeta mi fa
uscire dall’armadio.
“ Tu mi odi.
Già mi odiavi
prima, figuriamoci adesso.
“ Io non ti ho mai
odiato,
Peeta” riesco a dire tra un sussulto e un altro. Mi stendo
sul letto.
“ Avanti, puoi anche
ammetterlo, davvero. Ti capirò. Cacciami di casa, dimmi che
non vuoi più
vedermi.
“ Perché
dovrei dire una
cosa del genere?
“ Perché se
non mi farai
capire che è davvero quello che vuoi, non lo farò
mai di mia iniziativa. Non ci
riesco. Ci ho provato tante volte a starti lontano.
“ Non è quello
che voglio.
“ Ma è quello
che sarebbe
meglio per te. Non avere un pazzo assassino che cerca di ammazzarti, o
che ti
insulta e…
“ FINISCILA, CHIARO? Mi
trattate tutti come una bambina confusa che non sa quello che vuole, so
prendere da sola le mie decisioni, ok? E quanto è vero che
esisto, Peeta
Mellark, prova ad andartene da questa casa e ti trapasserò
il cervello con una
freccia, proprio come uno scoiattolo!” esclamo in collera.
Silenzio.
“ Mio padre parlava
sempre
dei tuoi scoiattoli a cena. Vero o falso?
“ Questo lo sai solo tu.
“ Oh, allora deve essere
vero. Se non fosse stato vero, mi avresti detto ‘
Falso’ senza pensarci due
volte. Sei troppo modesta. Fossi in te, comunque, tirerei fuori
l’arco
dall’armadio. Non si sa mai… con me
vicino…
“ Tu mi farai proprio un
bel niente. Devi solo convincertene.
Sento la porta che si
apre. Sae. Mi asciugo le lacrime dal viso mentre cerco di darmi un
contegno.
“ Ok. È
tornata. Vatti a
fare la doccia, mi occupo io della cena.
“ Katniss…
“ Non accetto repliche.
Senza offesa, ma hai un aspetto orribile, hai bisogno di una doccia.
“ Io…
grazie” mi dice
prima che io possa sbattere la porta alle mie spalle.
Io e Sae non parliamo
molto, ma averla accanto, qualche volta, mi dà sollievo.
È come tornare
indietro nel tempo, ai giorni in cui mi sorrideva quando riuscivo a
portarle un
bel falco appena catturato. Abbiamo fatto insieme uno stufato di manzo
con
qualche foglia di menta qua e là.
Peeta
non fa commenti, ma insiste affinchè io mi prenda un pezzo
di torta. Lo mangio
solo per non dargli dispiacere: la torta è buonissima, ma
ultimamentene ho abbastanza
di cose dolci. Io e Peeta ci ritiriamo in camera, dopo aver aiutato Sae
a
pulire i piatti. Ci sdraiamo sul letto e gli prendo la mano. Lui fa
come per
ritirarla, ma poi si costringe a stringere la mia con più
decisione. Chiudo gli
occhi.
“ Mi dispiace per
oggi”
bisbiglia. Non rispondo.
“ Katniss” mi
chiama. Apro
gli occhi. Mi sta facendo segno di mettere la testa sul suo petto. Lo
guardo
interrogativa, prima di vedere il suo capo annuire.
“ Sempre che
tu… non abbia
paura… o altro… e lo rispetto, ti giuro che lo
capisco! È solo che… mi aiuta
averti vicino, davvero.
“ Peeta, ti prego, non
essere ridicolo, certi pezzi non li reggo!” dico esasperata.
In realtà la cosa
mi fa piacere, anzi, colgo l’occasione al volo e aspiro
quell’aroma speciale
emanato dalla sua pelle. È bello stare lì, al
caldo. E tutte le ansie, le paure
della giornata, scivolano come gocce d’acqua sulla mia pelle.
Dimentico tutto e
tutti. Dimentico che Peeta sia stato depistato, dimentico che oggi ha
provato
ad ammazzarmi. Dimentico la paura che ho provato, il panico dentro
l’armadio. Poi
lo dico. Dico quello che mi era passato in testa tante volte, ma che
non avevo
mai avuto il coraggio di dire.
“ Togliti la maglietta.
Lui si mette seduto
incredulo. Forse non c’era momento peggiore per uscirmene
così.
“ Katniss, capisco che i
tuoi ormoni stiano prendendo il sopravvento, ma non mi sembra una buona
idea!”
esclama con una risatina nervosa. Mi scappa quasi una risata.
“ Non vergognarti. Lo
farò
anche io” affermo.
“ Questo mi conferma che
non è per niente una buona idea!” mi ripete
provando a sorridere. Sbuffo
infastidita.
“ Non hai capito niente.
Stai tranquillo, non voglio saltarti addosso nel cuore della notte. Non
ci
penso neanche.
“ Tu no, ma io
sì! È
questo il problema, Katniss!” mi dice implorante cercando di
ironizzare,
nonostante ci sia ben poco su cui fare ironia, soprattutto per la
scelta di
parole che ha usato. Sembra accorgersene:
“ No, non nel senso
brutto… oddio, per quanto possa essere considerato
‘ bello’ l’altro…
“ Cosa stai cercando di
dirmi?” chiedo sperando di aver già intuito la
risposta.
“ Sto cercando di dirti
che io sono un ragazzo, nonostante tutto! E tu sei una
ragazza… molto
desiderabile. Vogliamo metterla in questi termini?
Mi piace quando mi dice
queste cose. Ma non l’ammetterò mai. Neanche a me
stessa. Infatti monto su la
parte della ragazza offesa.
“ Peeta,
è solo perché mi
piace il calore che emani. Niente di più. E hai un buon
odore. Questo mi calma.
Non c’è niente di male, mi hai già
vista in reggiseno e io ti ho già visto senza
maglietta. Quindi… visto che ormai ci siamo gettati in
questa vicinanza
corporea… a questo punto non farà differenza che
tu abbia la maglietta o no.
Quindi, toglila!” dichiaro. Lui è esitante, mentre
lentamente si sfila la
maglietta e si adagia accanto a me. Faccio lo stesso, e, un attimo
dopo, la mia
testa è sprofondata sul suo petto. Sento il battito del suo
cuore. È alle
stelle. E mi dimentico di qualasiasi cosa che non sia Peeta . Sono Katniss Everdeen. E sono
una ragazza,
nonostante tutto. E sto con un ragazzo che ha provato ad ammazzarmi, ma
che è
sempre Peeta Mellark, nonostante tutto. In pace con il mondo, e
cullata dal
calore di Peeta, mi addormento.
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Capitolo 4 *** Nessuno mi potrà portare via da te. Neanche io. ***
C’è Gale. Con in mano
una bomba attaccata a un paracadute. Accanto a lui, un contenitore
pieno di
bigliettini. Con la mano libera, prende un biglietto dal contenitore di
vetro.
“ Primrose
Everdeen!”
grida con la voce di Effie. Eccola, la vedo. La mia paperella avanza
verso
Gale, che la guarda come un cacciatore farebbe con la sua preda.
“ No!” urlo.
“ NO! MI
OFFRO VOLONTARIA! Mi offro volontaria come tributo!” esclamo.
Ma Gale non mi
sente. È troppo concentrato su Prim. Lei mi guarda, come per
chiedermi aiuto.
“ Prim! Eccomi, arrivo!
Ti
salverò, ti porterò via di qui!
Aspettami!” grido. Ma Prim non riesce a
sentirmi.
“ Gale!
Mi sveglio. Peeta è
accanto a me, che mi accarezza i capelli.
“ Era solo un sogno,
Katniss… un sogno” sussurra delicatamente.
“ Era lui, Peeta. Gale.
Voleva Prim. Ma lei è mia, lo capisci? Io… io
l’avrei salvata… volevo salvarla,
ma lei non lo capiva e…
“ Katniss, sei sconvolta.
Calmati, prima. Respira.
Sembra facile. Mi metto
seduta sul letto, guardando un punto fisso. Questa volta mi concentro
sulla
maniglia della porta. Lui mi accarezza la schiena. Mi fa sembrare un
gatto.
Ranuncolo. Dove si sarà cacciato? Quando lo chiedo a Peeta
mi risponde che se
ne sta sempre in giardino ultimamente, nonostante il freddo. Penso che
stia
aspettando Prim. Ma non arriverà mai. Stupido gatto. Quando
comincio a
calmarmi, Peeta mi dice:
“ Guarda che se ti manca
posso chiedergli io di tornare. A Gale. Io lo so che lo ami.
Bene, Peeta. Nonostante
sia stato depistato, non riesci proprio a non pensare prima al mio bene
e poi
al tuo eh? Odio quell’altruismo incondizionato nei miei
confronti.
“ Io non amo Gale.
“ Lo dici solo
perché
adesso hai troppo rancore nei suoi confronti. Ma pensaci un secondo.
Lui ti
ama. E tu ami lui. Potresti avere una vita felice, Katniss. Lui
è un
cacciatore, potrebbe offrirti una condizione migliore di quella che
potrei
offrirti io. Alla fine lui è un membro della resistenza, io
invece non sono
altro che un fornaio depistato che non vede l’ora di
ammazzarti. Capisci che
sarebbe meglio per te?
Rido sprezzante. Mi viene
in mente un ricordo. “ Katniss
sceglierà
quello che ritiene indispensabile alla sua sopravvivenza”
. Riaffiora
quell’ira che avevo dovuto reprimere nel momento in cui avevo
sentito questa
frase. Gale.
“ Ah, è questo
quello che
credi? Che credete tutti? Che io mi sia seduta su una sedia, abbia
esaminato i
pro e i contro di ognuno di voi e che successivamente abbia tirato le
somme? O
che comunque possa fare una cosa del genere? Sei proprio come lui,
Peeta. Mi
reputi capace di farlo e questo mi ferisce.
“ Allora
dimmelo!” esclama
alzandosi in collera. Quando ha questi scatti mi lascia sempre
stupefatta. Non
è da lui. E ricordo il Peeta del distretto 11, il Peeta che
era esploso come
una furia.
“ Che cosa dovrei dirti,
Peeta?
“ Che ami me e non lui!
Dimmelo!
“ Io non amo Gale. Per
ora
dovrai accontentarti di questo” gli dico. Prima sospira quasi
sollevato. Poi lo
vedo irrigidirsi. Si butta sulla poltrona, e la sua protesi comincia a
tremare.
“
Peeta…?” sussurro
gentilmente. Si prende la testa tra le mani.
“ Tu e Gale avete parlato
male di me. Passavate così i vostri pomeriggi. Vero o
falso?” domanda.
“ Falso.
“Tu hai ucciso i miei
fratelli… ma Gale ti ha aiutato. Vero o falso?
“ Falso!” ma
come gli è
saltato in mente? Peeta fa un gesto meccanico con la testa, quasi di
assenso.
“ Ok. Bene. Adesso la
domanda peggiore e, ti prego, sii sincera. Tu e Gale l’avete
fatto vicino al
Forno e io vi ho visti. Vero o falso?
Questa, poi. Io e Gale a
farlo lì dietro. Immagino la scena, attraverso gli occhi di
Peeta. Penso a come
avrei reagito io. Riesco solo a percepire una parte del suo dolore.
“ KATNISS!”
esclama
allarmato.
“ FALSO, Peeta,
è falso!
Hai capito? Falso!” urlo con tutte le mie forze alzandomi dal
letto.
“ Non ci credo!
Tu… io vi
ho visti! Tu sei stata con Gale! Io ho visto quel bacio, Katniss!
Mi si ferma il cuore. Quel
bacio. Quale bacio? Il bacio dietro il Forno…? Ma come
faceva Peeta a scegliere
proprio quel posto? E poi ci rifletto. Snow sapeva del bacio. E se
qualcuno ci
avesse spiato? Anzi, se ci avesse filmato?
Se avesse mostrato il video a Snow? Quanto ci sarebbe
voluto per
persuadere Peeta che quello non era stato solo un bacio, durante il
depistaggio? Poco. Molto poco.
“ Peeta… era
solo un
bacio… ti giuro…
“ Io ti avevo dato la
vita, ma tu… tu sei la causa di tutto… tu,
schifoso ibrido che non sei altro!”
mi risponde fuori di sé, alzandosi. Indietreggio.
L’armadio è troppo lontano
per arrivare a l’unica arma in grado di difendermi. Comincio
a sudare freddo.
“ Peeta… sono
Katniss…
“ E’ proprio
questo il
punto! Katniss Everdeen, colei che ha ucciso la mia famiglia,
incendiato il
Distretto 12, mi hai soltanto usato! TU!” esclama tirandomi
un pugno in pieno
viso. Il tempo sembra fermarsi. Sento calde lacrime farsi spazio nei
miei
occhi.
“ Peeta…
guardami…
Dei passi dietro la porta.
No. Lei non può entrare. Non deve. Lo dirà a
Aurelius. Mi porteranno via Peeta.
Non se ne parla. È
lei: Sae la Zozza aprendo
la porta, mi guarda interrogativa. Stringe tra le mani un coltello da
cucina. La
sbatto fuori dalla stanza con uno spintone. Quella è una
questione tra Peeta e
me. E comunque, lei non può fare niente. Quando
mi giro, Peeta è ancora più vicino. Mi
prende i polsi tra le mani. Mi ha bloccata. Mi butta sul letto. I
nostri volti
sono vicinissimi. Vedo la rabbia nei suoi occhi. La mia vita
è finita. Rivedrò
Prim… e Finnick… e Rue… No, mi costringo
a non urlare né a opporre troppa resistenza. Devo fidarmi.
Lui non mi farà del
male. Non mi ucciderà. Ne sono sicura. DEVE essere
così.
“ Peeta… non
lasciarmi… ti
prego…
Piano piano, vedo le sue
iridi farsi sempre più azzurre e cristalline. Mi ci posso
specchiare dentro,
tanto i suoi occhi sono umidi. Lascia cadere il suo corpo sopra il mio,
affondando la faccia sul mio petto.
“ Tu sei mia, hai capito,
Katniss? Mia. Mi dispiace. Ti giuro che mi dispiace…
Io… Gale… lo usavano
contro di me, Katniss… Scusami…
Per quanto non mi piaccia
per niente l’idea di appartenere a qualcuno, quella parole mi
scaldano il
cuore. Gli accarezzo i capelli, senza dire niente. E penso che lui
abbia capito
ciò che non riesco ad esprimere. Respiro
ancora a stento quando allontana il mio corpo dal suo. Mi guarda in
faccia.
“ Katniss… Il tuo labbro!
Mi tocco la bocca. Quando
vedo la mia mano… sangue. Posso sentire il suo sapore in
bocca.
“ Non è
niente…” ciancico
confusamente tremando come una foglia. Di solito la vista del sangue
non mi
spaventa. Ma quel sangue… è stato Peeta. Peeta mi
ha dato un pugno in faccia.
Riesco a razionalizzarlo solo ora. Peeta, il ragazzo che mi amava, mi
ha
ferita. Anche Gale mi ha ferita. E lui non aveva detto di amarmi?
Tutti, in un
modo o nell’altro, mi hanno deluso, mi hanno fatto male. Sto
delirando, riesco
a capirlo, ma non a fermarmi. Cerco di riprendere lucidità
con brevi respiri.
Ma niente. Una serie di pensieri confusi si affollano nella mia testa.
Non
riesco a farli connettere tra di loro, ma sono consapevole del fatto
che non
hanno molto senso.
“ No, non dire che non
è
niente! Katniss… A - aspettami qui!” esclama
gettandosi in bagno. So già cosa
andrà a prendere. Il kit di pronto soccorso. È
sempre stato in bella vista su
uno degli scaffali. Mia madre era intransigente su questo proposito.
Mia madre
sta a Capitol City. Ma Prim no. Prim è morta, Katniss.
Rimango immobile, a
fissare un punto fisso della stanza. La maniglia della porta. Vedo
tante luci
colorate passarmi davanti agli occhi. La voce di Peeta è
ovattata mentre mi
disinfetta e mi tampona la ferita. Lo lascio fare. Sento le palpebre
farsi
pesanti, mentre il mio respiro è sempre più
affannoso. E, piano piano, il campo
visivo si restringe. Ombre nere avvoglono lentamente la mia visuale.
Sento
qualcuno che chiama il mio nome. Non importa. Vedo solo quella maniglia
scintillante, come una perla. Una perla. Peeta. E in preda a questa
visione
prodigiosa, mi lascio scivolare nell’oblio.
“
Katniss…”
“ Mamma…?
“ Sono Peeta.
“ Peeta… sei
vivo, Peeta?
Sei con me? Non mi lasciare anche tu…
“ No che non ti
lascio…
“ Sono morta?
“ No, direi di no. Sei
solo svenuta. Penso che tu abbia avuto un attacco di panico.
Apro gli occhi. Peeta è
in
piedi, con le mie gambe sulle sue spalle e un pezzo di cioccolata nelle
sue
mani.
“ Che cosa
diavolo…?”
faccio per tirarmi su con i gomiti. Ma non ci riesco. Sono troppo
pesante.
“ Non ti alzare. Prendilo
e mangiane un po’. Tutti zuccheri!” esclama
porgendomi il cioccolato. Ne
assaggio un po’ e uno strano tepore mi invade la testa. Poi
lo guardo. È
pallido come un cadavere.
“ Che… che
è successo?
“ Il sangue, il labbro.
Ti
ho ferita. Ti ho dato un pugno.
“ Oh” riesco a
dire
sbattendo gli occhi confusa. Peeta lascia perdere le mie gambe e si
butta sulla
poltrona con la testa tra le mani.
“ NO! Non è
per niente
‘Oh’! Sono morto quando sei svenuta, per fortuna
c’era Sae che mi ha aiutato…
non voglio perderti… non per colpa
mia…” sta piangendo come un disperato. Provo
ad alzarmi. Adesso solo la testa è pesante. Mi tiro su in
piedi, barcollando.
Mi avvicino a lui che, di scatto, mi cinge i fianchi in un abbraccio
disperato.
Affonda la testa sulla mia pancia, singhiozzando come un bambino.
“ Ti giuro, te lo
prometto… sono morto, cinque minuti fa… Adesso ho
capito… la paura di vederti
in quello stato mi ha fatto riprendere… andrà
meglio, ti giuro… me lo sento… Ti
scongiuro, Katniss…
Non so di cosa
precisamente mi sta scongiurando, ma comincio ad accarezzargli i
capelli. Lo
capisco. Ricordo le sensazioni che avevo provato nell’Arena,
quando il suo
cuore aveva smesso di battere.
“ Anche io non voglio
perderti. Non lasciare che avvenga.
“ No. Nessuno mi
potrà
portare via da te. Neanche io.
|
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Capitolo 5 *** Ma so quello che provo ora ***
I giorni che seguono sono
monotoni, ma non per questo poco produttivi. Peeta sta facendo dei
miglioramenti a dir poco prodigiosi. Ormai non ha problemi ad
abbracciarmi,
anzi, prende l’occasione al volo tutte le volte che
può. Lui dice che è stata
la paura di vedermi morta che lo ha fatto come
‘risvegliare’. Di tanto in tanto
riesce anche a darmi qualche bacio sulla testa, o a portarsi le mie
mani sul
suo viso. Sono quei piccoli cambiamenti a cui faccio caso. E mi
piacciono da
morire. Certo, il baciarci è ancora fuori discussione, ma
sono abbastanza
speranzosa. Mi costringo a non pensare a Gale, a Haymitch, a tutti. Ma
devo
ammettere che mi riesce abbastanza facile. La mattina, mentre Peeta
cucina, io
vado a caccia. È sempre contento quando ritorno con una
preda fresca fresca.
Gli piace il modo in cui uccido gli scoiattoli. E quando me lo fa
notare,
riaffiorano in lui dei ricordi dei nostri primi Hunger Games.
Incredibilmente,
riesce a ricordare le cose belle che ho fatto con lui con
un’insolita nota di
allegria. Sae la Zozza, però, non si fida più
tanto di Peeta. Continua a
tenerlo d’occhio con uno sguardo preoccupato, sempre tenendo
in braccio
Ranuncolo, quasi come ultima difesa in casi estremi. Forse le
dà conforto, non
saprei. Almeno quel maledetto gatto serve a qualcosa. Io e Peeta siamo
sempre
contenti quando arrivano i rifornimenti da Capitol City. Ma nessuno
viene a
farci visita. Se siano ordini di Aurelius, di Plutarch o di Paylor, non
posso
saperlo. Ma non mi importa poi così tanto. Mi basta Peeta.
Ormai è da più di
una settimana che dorme con me. Devo ammettere che i miei incubi sono
diminuiti, ma i volti inquietanti di Finnick, Prim e tutti gli altri,
fanno
davvero fatica ad uscire dalla mia testa, anche quando sono sveglia. Mi
rintano
negli armadi, nello sgabuzzino, nella doccia, ma Peeta riesce sempre a
scovarmi
e a portarmi a letto di peso. Non capirà mai quanto gliene
potrò essere grata.
“ Katniss… io
ho un
ricordo” se ne esce improvvisamente. Sta lavando i piatti,
mentre io sono
intenta a sparecchiare nel migliore dei modi. Odio fare le faccende di
casa.
“ Sentiamolo.
“ Io che muoio dentro
l’Arena. Ma non può essere vero, no?
“ No, direi di no. A meno
che tu non sia un fantasma o qualcosa del genere” affermo
sorridendo.
“ Certo, ci sei andato
vicinissimo… ma ti ho sempre salvato!” aggiungo
con una nota di piacere. Questo
è il mio compito. Salvare le persone. O meglio, provarci.
Non che la cosa mi
sia riuscita sempre bene, anzi.
“ No, in questo ricordo
tu
non ci sei. Sono dentro l’Arena… e qualcosa mi
rigetta indietro... forse un
colpo… e poi… muoio.
“ Aspetta!”
dico
prontamente. Qualcosa mi rigetta
indietro.
“ Di quale edizione degli
Hunger Games parli?
“ Di quella della
Memoria.
C’era l’acqua lì, no?
“
Sì… allora ho capito.
Sì, lì il tuo cuore ha smesso momentaneamente di
batttere” affermo non
riuscendo a trattenere un brivido. Ricordo l’ansia, la paura
di perderlo. Il
terrore di non rivedere più il suo sorriso, di non poterlo
più sentire le sue
braccia che mi avvolgevano… Volevo morire. Mi guarda
intensamente, come se mi
stesse studiando.
“ Come ho fatto a
sopravvivere?
“ Finnick. Ti ha
fatto… ti
ha baciato per rianimarti! E poi ti colpiva al petto…
“ Mi ha baciato? Mi
avrà
fatto la respirazione bocca a bocca, semmai!” esclama
sciogliendosi un po’.
“ Sì,
probabile…
“ E tu che hai provato
mentre lui cercava di rianimarmi?
“ Peeta, non
voglio…
“ Ti prego” mi
esorta
mettendosi a sedere e prendendomi per mano. La guardo, mentre si
intreccia alla
mia. Prendo un bel respiro.
“ Dolore. Tanto. Avevo
paura di perderti. Ti ho schiaffeggiato, ma tu non davi segni di
vita… Finnick
mi ha scansata e ha cominciato a rianimarti. Pensavo che ti volesse
finire, così
stavo per ucciderlo. Poi però, quando ho capito…
E subito hai riaperto gli
occhi e hai detto qualcosa come ‘ Attenzione,
c’è un campo di forza’ o una cosa
simile… All’inizio mi sono messa a ridere, ma lo
spavento del momento prima era
tale che non riuscivo a smettere di piangere come una disperata.
“ Perché ti
preoccupavi
tanto per me? Insomma… perdonami, ma non capisco. Non
avresti dovuto essere…
quasi sollevata? Insomma, se fossi morto… un peso in meno,
un concorrente in
meno, una possibilità in più di tornare a
casa… e poi era quello che volevo
anche io! Se fossimo rimasti solo io e te, ne sono sicuro, mi sarei
ucciso!” mi
dice con trasporto. Si interrompe un secondo, quasi per ripercorrere il
suo
ragionamento con il pensiero.
“ Io… volevo
questo.
Volevo farti vivere. Sì, mi sono offerto
volontario… per cercare di salvarti la
vita. Vero…o falso?” mi chiede esitante. Sorrido.
Un sorriso sincero.
“ Assolutamente
vero!”
dichiaro con una voce fin troppo smielata. Ma che mi sta succedendo?
Cerco di
cambiare il mio tono di voce, rendendolo un po’
più pratico e sbrigativo: “ Io
invece volevo proteggere te! Te l’avevo anche detto, dentro
l’Arena, quando poi
tu mi hai mostrato…” mi zittisco. Niente, il mio
tentativo è fallio. Sento un
principio di lacrima. Non devo piangere.
“ Il
medaglione!” esclama
come se avesse fatto la scoperta del secolo. Annuisco.
“ Sei stato furbo, molto
furbo. Me li hai spiaccicati in faccia nel momento in cui me
l’aspettavo di
meno. È stato molto sleale” aggiungo.
“ Il
medaglione…” continua
a ripetere tra sé e sé. “
Certo, avevo
pianificato tutto. La storia del bambino… anche quella
è stata opera mia, eh?
“ Assolutamente.
“ Ma
c’è ancora qualcosa
che non mi torna. Ok, io ti amavo. Ormai è una certezza.
Vero o falso?” chiede
quasi con una cantilena. Annuisco.
“ Così mi
dicevi, almeno.
“ Ma tu non amavi me.
Eppure, da quello che mi racconti, sei stata male all’idea
della mia morte.
Quindi… cosa devo dedurne?
Forse, la domanda più
difficile dell’universo. Rimango così, a fissarlo
senza emettere un solo suono
per due minuti abbondanti. Poi, di colpo, un lampo di genio per uscire
dalla
situazione:
“ Non lo so. Finnick, al
Distretto 13, mi ha confessato di essere rimasto stupito dalla mia
reazione.
Secondo lui quella era la prova tangibile del fatto che io
fossi… bhe…
“ Innamorata di
me”
conclude lui al posto mio. Abbasso lo sguardo.
“ Sì.
“ E tu che ne pensi?
“ Penso che non potevo
sopportare
l’idea di perderti” affermo. Spero solo di non
arrossire. Ma poi, perché
dovrei? È solo Peeta. Già. Peeta. Il sorriso che
vedo spuntargli un attimo dopo
la mia affermazione non mi piace per niente. Troppo compiaciuto.
“ Sono
contento” mi
spiega. Bene. Mi
alzo. Devo
assolutamente andarmene, non so perché.
“ Vado a farmi un
bagno”
dichiaro.
“ Ce lo facciamo
insieme?”
mi chiede speranzoso. Rimango di sasso. Non riesco a decifrare la sua
espressione. Fa sul serio?
“ Ah…
ahm…
“ Katniss, dovresti
vedere
la tua faccia! Stavo scherzando! Non posso neanche prenderti un
po’ in giro?
“ Che ridere, davvero
esilarante” sussurro tra i denti mentre mi volto. Arrivo al
bagno, e apro il
rubinetto. Adoro vedere quel flusso d’acqua continuo. Mi
ricordo di tutte le
volte che sono andata a prenderla al pozzo, quando non avevamo
l’acqua calda.
Mi sfilo i vestiti e mi immergo nella vasca. È comoda e
accogliente. Premo un
tasto lì vicino. Da un altro rubinetto alla mia destra esce
un flusso di
schiuma, tutta profumata e soffice. Mi piace da morire stare
lì, a mollo.
Respiro l’aroma dell’acqua. Sa di lavanda. Mi
immergo completamente. Qui sotto
l’acqua è tutto silenzioso, tutto
calmo… Vorrei poter stare qui per sempre.
Riemergo, stropicciandomi gli occhi. Poggio la testa su uno dei bordi
della
vasca. Chiudo le palpebre. Respiro profondamente…
Un falco. Un falco che
vola in un bosco. Lo vedo planare verso di me. Vuole raggiungere la
cosa che
tengo tra le mie braccia. È, probabilmente, la cosa
più importante del mondo.
Lui non può averla. Gli tiro una freccia, e non so come
faccio, visto che non
ho un arco… ma non importa. L’ho mancato. Ci
riprovo. Ma non riesco a trovare
nessuna freccia. Ma non mi importa, adesso sto dentro il mare, e cerco
disperatamente di mettermi in salvo sulla barca di Peeta. Ma fa finta
di non
vedermi e, nel frattempo, ride con il Presidente Snow…
C’è Haymitch, però, che
mi afferra e mi porta sotto l’acqua. Qui nuotiamo per un
po’, prima di
accorgermi che in realtà vuole affogarmi. Chiedo aiuto ad
Effie, ma lei
è troppo occupata a fotografare il
cadavere di Prim steso su uno strato di conglie… Urlo.
“
Katniss… KATNISS!” esclama Peeta da
dietro la
porta. Piango come una disperata. Non voglio vederlo. Non voglio vedere
niente.
Voglio solo morire. Ma come posso fare? Mi immergo sotto
l’acqua. Sì, è
perfetto. Affogarmi. Resterò qui. Al caldo. Al sicuro.
Cullata da questo eterno
silenzio che mi avvolge e… Due mani che mi sollevano la
testa fino in
superficie.
“ Katniss! SEI
IMPAZZITA?”
mi domanda Peeta. Non voglio guardarlo negli occhi. Mi limito a
piangere.
“ Lasciamelo fare! Ti
prego! Io devo rivederla! Mi manca… Peeta, lei mi
manca…” esclamo di botto
affondando il viso tra le sue braccia. Lui mi accarezza i capelli.
“ Era solo un brutto
sogno…
“ No! Non posso fidarmi
più di nessuno! La mia vita qui non ha senso! Senza di lei
niente ha senso!
“ Calmati…
vedrai che
passerà… te lo prometto… ma ora
calmati…” mi sussurra dolcemente. Faccio dei
respiri carichi di dolore e sofferenza. Si mette davanti al mio volto,
guardandomi negli occhi.
“ Katniss… per
quanto so
che la cosa non sia troppo confortante, tu avrai sempre me. Sempre
insieme, no?”
mi dice. I suoi occhi mi catturano. Sento l’energia che
emana. Quel calore che
si espande da lui anche senza un vero contatto fisico. I miei respiri
si fanno
più calmi, sento i nervi rilassarsi un po’. Ma mi
odio per questo. Mi odio
perché so che finirà, prima o poi. Che
più andremo avanti più si renderà
conto
di non provare più le stesse cose per me. Che la sua era una
fantastica
illusione, sulla quale io ho egoisticamente marciato. Devo essere
sincera con
me stessa. Come potevo pretendere che lui stesse sempre a mia
disposizione, che
rinunciasse a rifarsi un vita per assistere una pazza come me che cerca
di
affogarsi dentro una vasca? NO. Non posso fargli questo. Non
un’altra volta. E
poi ormai non mi ama più. Non c’è
niente che lo trattenga qui. Forse, solo la
prospettiva di recuperare sé stesso. Ma voglio davvero che
lo faccia? Voglio
davvero che continui a dannarsi per me, mentre io piango come una matta
per gli
incubi di ogni notte? Io non posso condannarlo a fare questo per il
resto della
sua vita. Volevo salvargli la vita, no? Ecco un modo per sdebitarmi:
farlo
allontanare da me. Da me, che non potrò mai ricambiare
l’amore e l’affetto che
un tempo mi dava. Perché io sono Katniss Everdeen.
Un’assassina. Un fredda
calcolatrice, a sentire Gale. Scuoto la testa.
“ No, Peeta…
tu te ne devi
andare, seriamente… Non c’è niente qui
per te! Niente! Solo urla durante la
notte e mancati tentativi di suicidio! Non è
così… non volevo che andasse
così…” singhiozzo coprendomi il volto
con le mani. Peeta mi sfiora la guancia
con le dita. Mi ritraggo. Deve andarsene. Non posso chiedergli di
sopportare
questo, di vedermi così. Non posso.
“ Non direi che non ci
c’è
niente qui per me. Ci sei tu.
Scoppio a ridere.
“ Ah,
bell’affare eh? Una
malata mentale che urla, si divincola, poi si rinchiude negli armadi
e…
“ Io ti amo, Katniss. Ti
amo.
Il tempo sembra fermarsi. Lo
guardo in faccia. Non scorgo alcune traccia di ironia né di
sarcasmo nei suoi
lineamenti.
“ C… cosa?
“ Ah, non fare finta di
non saperlo” mi risponde con un sorrisino.
“ Io… pensavo
che dopo il
depistaggio…” ciancico. Sento una strana
sensazione calda che mi invade il
petto. Quasi… speranza.
“ Esatto. Ma…
Lo sento.
Sento qualcosa, quando ci sei tu, che non sono in grado di esprimere a
parole.
Ogni volta che ascolto la tua voce, mi batte il cuore a mille. Quando
dormi ,
io ti guardo. E ti sento respirare… e il solo suono del tuo
respiro… mi fa
impazzire e desiderare di stringerti più forte. Cucino solo
perché tu possa
dire quanto sono bravo e quanto sono buone le cose che preparo. Mi
piace quando
arrosisci… insomma, fai di tutto per nasconderlo
perché non vuoi mostrarti
debole, o fragile, o semplicemente umana. Adoro la tua calligrafia.
Cioè, sì, è
orribile, ma in qualche modo è
‘tua’… non so. I tuoi occhi…
ci muoio per i tuoi
occhi, Katniss. Quando mi guardi in quel modo che mi piace
tanto… quando non
sai come prendere i complimenti che ti faccio… Sbatti le
palpebre e cerchi di
non sorridere. E in quel momento penso che passerei tutta la vita a
vederti
fare questo. Io… io sono sicuro di amarti, Katniss. Non
ricordo con precisione
quello che provavo per te prima. Solo vaghe sensazioni. Ma so quello
che provo
ora ” dichiara. Non riesco a credere alla portata delle sue
parole. Ma è
sincero, glielo leggo in faccia. Sto facendo anche in questo momento la
faccia
di cui mi ha parlato prima? Probabilmente sì,
perchè lo vedo troppo concentrato
sulla mia bocca. Il mio Peeta. È tornato. O, anche se non
è completamente
tornato, mi ama. E penso che, per ora, posso ritenermi più
che soddisfatta. Ma
lui… quanto è bravo, quanto è poetico
nel dire le cose. E invece io, l’unica
cosa che riesco a fare è provare a non arrossire e abbassare
lo sguardo sulle
mie gambe. Ma… IO SONO NUDA!
“ Peeta! Sono nuda dentro
la vasca!!!” urlo coprendomi con le mani il più
possibile. Ma ormai è tardi,
penso. Peeta mi avrà già visto prima. Lui scuote
la testa, girandosi.
“ Tranquilla, ho cercato
di non far cadere gli occhi su… strane parti del tuo corpo.
Ma, se proprio devo
essere sincero e onesto con te, prima…
“ NON VOGLIO
SAPERLO!”
esclamo sollevandomi dalla vasca. Mi gira la testa e sono costretta a
sedermi
sul bordo. Sospiro.
“ Mi devi aiutare. Da
sola
non ce la faccio”. Odio chiedere aiuto.
“ Ok, non
c’è problema!”
esclama voltandosi ad occhi chiusi ed allungando le braccia. Lo scruto
un po’
dubbiosa.
“ Non ti fidi di me, eh?
Andiamo, di qualcuno dovrai pur farlo, prima o poi!” mi
punzecchia. Afferro la
sua presa e, alzandomi piano piano, riesco ad avvoglermi con i
l’asciugamano.
“ Puoi aprire gli occhi,
adesso” sussurro. Lui li apre e, sorpreso, mi vede mentre mi
getto tra le sue
braccia, baciandogli la guancia. Dapprima si irridisce un
po’, ma poi si lascia
andare e mi stringe più forte. Sì, mi fidavo del
ragazzo del pane. Di Peeta.
Del ragazzo che mi ama.
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Capitolo 6 *** Mi hai capito, soldato Everdeen? ***
La consapevolezza che
Peeta Mellark è di nuovo innamorato di me,in questi giorni,
mi ha procurato
un’allegria sconsiderata. Sono sempre sorridente, anche
quando sto da sola, e i
fantasmi nella mia testa si affollano con meno frequenza. Riesco anche
a
ritrovare la forza di andare a fare un giro per il Distretto: si sta
timidamente ripopolando. Piano piano riprendono gli scambi nel Forno,
anche se,
da quello che sento, la mancanza di Sae si fa sentire. Penso che prima
o poi la
congederò. Ma in questo periodo si sta rivelando una
collaboratrice essenziale
per il mantenimento della casa, considerando che io non faccio niente e
che
Peeta sa praticamente solo cucinare. Di tanto in tanto, vado a vedere
se
Haymitch dà segni di vita, ma la casa mi sembra inabitata.
Una volta, riesco
anche a prendere il coraggio per bussare alla sua porta. Ma nessuna
risposta.
Vorrei poter entrare, ma se lo facessi senza il suo consenso, minimo
minimo mi
attaccherebbe. E non ho tempo, né voglia, né
forza fisica per cercare di
difendermi da un tentato omicidio. Quando lo dico a Peeta, non ci pensa
due
volte. Arriva a passo di marcia a casa di Haymitch e sfonda la porta
senza
contegno. Ma di Haymitch, nessuna traccia. Neanche nei giorni
successivi. Mi
manca davvero tanto. Avevamo un rapporto speciale, noi due. Non saprei
definirlo a parole, ma c’era una specie di filo che ci univa,
per quanto
potessimo avere comportamenti diversi rispetto a una determinata
situazione. Lunedì
mattina mi sveglio sempre con lui. È bello sentire il suo
respiro. So che è
sveglio. Dovrei baciarlo? Vorrei. Ma mi limitio a accarezzargli la
mano.
All’improvviso, sentiamo
il rumore di
una macchina. Proprio nel cortile di casa mia.
Mi fiondo fuori dal letto. Apro l’armadio.
Dietro alla pila dei vestiti
di Cinna vedo il mio migliore amico: il mio arco.
“
Non si sa mai” spiego velocemente a Peeta
che si stropiccia gli occhi e mi guarda confuso. Mi infilo la camicetta
e
afferro l’arco. Prendo una freccia e la tengo pronta.
È bello sentire come la
freccia non sia nient’altro che il prolungamento del mio
braccio. Peeta, dal
canto suo, apre la porta e va a svegliare Sae. Fortunatamente, stava
dormicchiando a due camere più in là della
nostra. Io, nel frattempo, scendo
lentamente le scale, pensando alla migliore strategia per avvicinarmi
alla
finestra senza essere vista. Procedere a carponi sul pavimento per poi
sbucare
direttamente davanti alla finestra o camminare con le spalle contro il
muro per
intravedere chi viene da fuori? Ma non ho il tempo di pensarci. Il
campanello.
Faccio per andare ad aprire, pronta con l’arco. Ma Peeta mi
raggiunge e mi
spinge contro il muro. Cerco di divincolarmi dalla sua presa, quando
lui,
improvvisamente, urla in direzione della porta:
“ Chi è?
“ Chi vuoi che sia, razza
di depistato!?
E in quel momento, lascio
cadere l’arco. Saprei riconoscere quella voce ovunque. Mi
prude un po’ la
ferita sull’avambraccio. Ma so il motivo. Mi fiondo
all’entrata, seguita da
Peeta. Apro la porta. È proprio lei.
“ Johanna!”
esclamo
sinceramente felice di vederla. Sogghigna, consapevole di aver fatto
un’entrata
di effetto.
“ Non te
l’aspettavi, eh?
Immaginavo. Ehi, voi due scimmioni!” urla rivolgendosi agli
autisti della
macchina.
“ Sono al sicuro. Sto
bene! Levatevi dai piedi!
“ Ci hanno dato precise
istruzioni.
Pattugliare il perimetro della casa della signorina Everdeen.
“ Allora fatelo, razza di
idioti!” dice prima di sbattere la porta alle sue spalle.
Sempre uguale, c’è
poco da fare. Dalle scale scende Sae la Zozza, protetta da un confuso
Ranuncolo
che la segue come un’ombra. La scena è quasi
comica.
“ Chi sei,
ragazzina?”
esclama rivolta verso Johanna. Trattengo una risata. Dare della
ragazzina a
Johanna comporta una morte lenta e dolorosa.
“ Sono una sicuramente
più
giovane di te, nonna” replica Johanna con fare altezzoso.
Sae, nonostante la
rispostaccia, sorride.
“ Un’amica di
Katniss,
considerando i modi” afferma. Grazie, Sae. Peeta si avvicina
a Johanna, mentre
Sae comincia a preparare la colazione.
“ Ciao Johanna.
“ Ciao sfortunato amante
del
Distretto 12. Noto con piacere che non hai ancora ucciso Katniss. Si
fanno
progressi, eh?
“ Eccome”
replica Peeta
mantenendo il suo classico e cortese sorriso, che ovviamente lascia
intendere
un miliardo di cose non dette. Io, dal canto mio, arrossisco
vistosamente.
Johanna sogghigna.
“ Oh sì, ve lo
leggo in
faccia… bè, a parte le vostre effusioni private,
che fate di bello qui?
Aurelius mi ha parlato di un certo libro o qualcosa del
genere…
“ Ancora ti fai visitare
da lui?
“ Quell’uomo
è pazzo di
me, ogni volta non vede l’ora di farmi entrare nel suo
studio, dove gioca a
fare il freddo psicologo… Fra l’altro,
l’idea di venire qui oggi è sua.”. Poi
mi guarda “ Dice che farebbe bene ad entrambe. Ma penso che
tu abbia già
trovato una specie di… fonte di distrazione, o
sbaglio?” Divertente. Davvero
divertente.
“ Sei la
benvenuta!”
esclamo io con fin troppa gentilezza. In realtà,
l’idea di condividere con
Johanna uno spazio così ristretto, mi spaventa un
po’. Sembra accorgersene
quando mormora:
“ Stai tranquilla,
piccioncina innamorata. Non resterò la notte. Quella la
lascio a voi due”
esclama gettandosi sulla poltrona dell’ingresso.
“ Fantastico”
dice Peeta.
Johanna ci regala un sorriso sarcastico.
“ Tu come te la passi
invece? Capitol City?” chiedo io mentre mi tuffo sul divano
di fronte alla
poltrona.
“ Ah, non
c’è male. Tutti
parlano della famosa Ghiandaia Imitatrice che ha liberato tutto e
tutti. Ma
nessuno si lascia sfuggire che ti hanno etichettato come ‘
mentalmente
instabile’, è ovvio” dice più
a sé stessa che a me. Sento la presenza di Peeta
accanto a me. Anche lui si sarà gettato sul divano.
“ Che fai durante il
giorno? Ti permettono di allenarti?
“ Oh, sì. Ci
provassero a
togliermi la mia ascia durante i miei allenamenti liberi. Non ci
metterei
niente ad ammazzare quei due idioti, se ne avessi una in questo
momento”
aggiunge guardando nervosamente la finestra.
“ E per quanto
riguarda…
il problema dell’acqua? Come stai, Johanna?”
domanda Peeta gentilmente. Oh,
già. Avevano condiviso le angherie e le torture di Capitol
City. Johanna prova
a sforzarsi di sembrare coraggiosa e sprezzante. Ma tutto quello che
riesce a
fare è avere un livello di controllo molto basso sul tono
della sua voce.
“ Ci stanno lavorando.
Grazie” sussurra. Peeta risponde con un grande sorriso
comprensivo. Decido di
cambiare argomento. Non so per quale motivo, ma la confidenza tra loro
mi dà un
certo fastidio.
“ Hai visto mia madre?
“ Oh, sì.
È proprio
bravissima. Ha un tocco magico. D’altronde è una
cosa di famiglia,
considerando…” si ferma. So benissimo cosa voleva
aggiungere. Prim. Lei aveva
un dono. Lei era un dono, per me. Era il mio miracolo, la mia vita. E
me
l’avevano portata via. L’idea di Gale, me
l’aveva portata via. Quanto alla
persona che aveva autorizzato tutto ciò… avevo
già ottenuto la mia vendetta. Mi
rabbuio. Sento i miei occhi diventare pesanti. Mi alzo dal divano, ma
Peeta mi
blocca. Voglio andarmene via. Andare via dalle parole di Johanna.
È possibile
farlo? Scappare da semplici parole? Sento passare da un paio di braccia
ad un
altro. Sono quelle di Johanna. La loro presa è
più stretta e lei non mi
abbraccia. Mi ha solo preso per le spalle, e mi guarda dritta negli
occhi.
“ Ascoltami bene, ragazza
in fiamme” mi dice “ Io so cosa si prova, chiaro?
È devastante. Distruttivo, o
come diavolo tu voglia definirlo. Ma pensa a tua sorella. A Prim. Lei
che cosa
avrebbe voluto? Avrebbe voluto che sua sorella desse di matto ogni
volta che la
ricordava? No. Lei avrebbe voluto vederti reagire. Che tu fossi degna
delle
aspettative che lei riponeva su di te. Mi hai capito, soldato Everdeen?
Le sue parole mi riportano
temporaneamente alla realtà. Lei… lei non avrebbe
voluto che mi riducessi così.
No. Se c’è una cosa che sapevo su mia sorella (
sulla donna che era diventata
al Distretto 13) è che lei, al posto mio, avrebbe lottato.
Avrebbe lottato per
tornare sé stessa, per andare avanti. Lei non si sarebbe
rintanata nello
sgabuzzino delle scope in attesa che Peeta venisse a portarla indietro
dal
mondo dei ricordi. Lei avrebbe alzato la testa e dichiarato al mondo
“ Sono
fiera di avere una sorella così coraggiosa”.
Sì, posso sentirla, mentre ripete
questa frase nella mia testa. Sono fiera, io sono fiera.
“ Io sono fiera di
lei”
dichiaro senza un apparente motivo. Ma il motivo
c’è. E forse sia Peeta che
Johanna l’hanno colto.
“ La
colazione!” esclama
Sae. Johanna allenta la presa su di me. Mi dà un abbraccio
un po’ forzato,
battendomi leggermente la schiena con la mano.
“ Dai, fatti forza.
Peeta mi tende il braccio,
mentre ci dirigiamo verso la cucina. Sae ha preparato la cioccolata
calda con
la panna. Quando non è insopportabile, la amo.
“
C’è una questione, poi,
della quale volevo parlarvi” dice Johanna facendosi cupa. La
guardo
attentamente. In quelle singole parole c’era… non
so che di umano in lei. Un
tono che non le apparteneva. E neanche le si addiceva più di
tanto, in realtà.
Si suoi capelli corti e sottili sembravano ancora più flosci
del solito.
“ Dicci” la
esorta Peeta
toccandole il braccio. Costringo l’animale che soffia dentro
di me a sparire
nei meandri del mio animo. Lei mi guarda, solo per cogliere il lieve
invito a
parlare che le rivolgo con il capo.
“ Il figlio di Annie e
Finnick. Annie vorrebbe che io e Peeta le facessimo da Secondi
Genitori”
bisbiglia. I Secondi Genitori. Certo. I loro tutori, nel caso
succedesse
qualcosa ai veri genitori. Io non ho mai avuto Secondi Genitori. La
nostra
famiglia e le nostre conoscenze non erano ristrette, ma è
sempre stata una dote
della nostra famiglia quella di non fidarci di nessuno. Capivo
perché Annie
aveva scelto Johanna. Tra lei è Finnick c’era
sempre stata una sorta di
complicità inespressa, comunque andassero le cose. Ma Peeta?
“ Perché
Peeta?” chiedo.
Johanna alza le spalle.
“ Forse perché
sembrate
proprio una coppietta di sposini, come lo erano lei e Finnick.
“ E lei come lo sa?
“ E chi non lo sa a
Capitol City? Non fanno altro che trasmettere le repliche degli Hunger
Games.
Soprattutto quelle di noi che abbiamo partecipato alla rivolta. E Annie
non fa
altro che vedersele, tutto il giorno.
È
tutta pazza, fidatevi. Non so quanto tempo le resti da vivere, ma non
ci
scommetterei sulla sua lunga e felice vita. Anzi. Senza Finnick che la
riporti indietro
dal mondo di Stranolandia…
“ Come si chiama il
bambino?” chiedo spontaneamente.
“ Hearten. Le sembrava un
nome appropriato, considerando Finnick.
Molto appropriato,
davvero. Sorrido. Un sorriso vero, senza sforzo. Anche lei lo fa. Non
so quale
passato ci sia tra lei e Finnick. Se l’abbia amato, se lui
abbia o non abbia
ricambiato il suo affetto. So solo che entrambe non passeremo un giorno
della
nostra vita senza rimpiangere la risata di quel tritone con tanto di
tridente.
Spazio Autrice: MA
SALVE!!! Allora… da dove cominciare? Grazie per
l’affetto con cui seguite
questa storia! Ve ne sono grata, davvero. Grazie anche per le
precisazioni e
per i suggerimenti che mi date: sono tantissimi stimoli per migliorare!
Risponderò a tutte le vostre recensioni, positive o negative
che siano! Colgo
l’occasione per precisare che Hearten significa “
rincuorare, incoraggiare”.
Finnick, alla fine, ha sempre cercato di stare vicino a Katniss,
soprattutto
nel Distretto 13. Insomma… un amico su cui poter contare, io
lo vedo così. E
poi vabbè, io amo Finnick, ma questo è un altro
conto <3 Aspetto i vostri
pareri :D a presto!!!
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Capitolo 7 *** Se mi ami davvero, non mi rifiuterai questo piccolo favore ***
Questa sera io e Peeta
decidiamo di guardare la televisione. Ci sono tantissimi programmi
d’intrattenimento, come quiz televisivi e altre cavolate del
genere.
“ La gente deve
distrarsi”
mi spiega Peeta quando glielo faccio notare. Ovviamente ha ragione. Mi
accoccolo tra le sue braccia, mentre guardiamo due o tre concorrenti
fare delle
figuracce epiche a forza di dare delle risposte sbagliate. Bhe, almeno
in
questo programma, se i concorrenti sbagliano, non vengono ammazzati.
Ora
capisco perché questi programmi non hanno un audience
elevata come quella degli
Hunger Games: senza sangue, morti e ferite varie, le cose sono
senz’altro meno
interessanti. Nel giro di un ora, infatti, sono KO. Sento le braccia di
Peeta
avvolgermi, mentre mi porta a letto. E mi sento al sicuro. Sento che
con lui
potrei andare ovunque. E sono… felice. Una
felicità nuova, strana, forse mai
sentita prima. Mi adagia dolcemente sul letto e mi copre con quelle
soffici
coperte. Sento che va in bagno, e poi si mette accanto a me. Non ha la
maglietta, lo sento.
“ Mi togli la
mia?”
chiedo. Non mi risponde, ma si limita a sbottonare la camicia e a
farmela
scivolare di dosso. Non importa se ho ancora i pantaloni della giornata
e non
quelli del pigiama. Non mi importa se ho solo quell’orrendo
reggiseno. Non mi
importa di niente. C’è solo una cosa di cui mi
importa. La sua bocca.
“
Peeta…” sussurro.
“
Sì?” risponde anche lui
un po’ assonnato.
“ Io voglio un
bacio”
riesco a dire. È una cosa così sciocca da dire.
Ma non riesco a trattenermi.
“ Anche io.
“ Allora dammelo.
“ Non posso.
“ Sì che puoi,
Peeta. So
che ce la puoi fare. Siamo io e te. L’ affrontiamo insieme.
“ Katniss, no…
ti prego.
“ Ti prego io, Peeta. Mi
fido di te.
“ Sono io che non mi fido
di me, Katniss. E tra i due, penso di essere quello ad avere
più giudizio, qui
dentro!” mi risponde accarezzandomi i capelli. Ma non mi
basta. Io voglio il
suo respiro sulle mie labbra. Non so perché. Ma qualcosa
dentro di me mi dice
che è ora di provarci. Lui mi ama, no? Me l’aveva
detto. Allora perché non
tenta di…
“ Non mi importa se
è
rischioso. Mi serve davvero.
“ Mi dispiace, Katniss.
Non posso darti quello che vuoi. C’è chi potrebbe,
però. Qualcuno che non abbia
cercato di strangolarti, per esempio.
“ Se ti stai riferendo a
Gale, sappi che…
“ E’ curioso,
no? Io non
ho nominato Gale. Ma tu hai pensato a lui. Cosa dovrei dedurne?
E bravo, Peeta.
Complimenti. Sei riuscito ad incastrarmi con le parole. Mi alzo dal
letto di
scatto.
“ Dove vai?
“ Da Gale.
Prenderò un
treno, non lo so. Tanto è lì che dovrei andare,
vero? Me lo dici sempre. Che dovrei
pensare io? Sembra che tu VOGLIA che vada da lui! E allora sai che ti
dico? Ci
vado! Ecco, adesso prendo i vestiti, faccio le valigie
e…” urlo afferrando la
camicetta come una pazza. Lui anche si alza e viene verso di me con
un’espressione un po’ troppo dolce. Ma non mi
incanterà, stavolta. Lo odio per
quello che mi dice. Perché non capisce niente. Mi accarezza
una guancia con la
mano e sento la mia determinazione, piano piano, cedere.
“ Sarebbe meglio per te,
certo. Lui potrebbe baciarti quanto ti pare. Ma se proprio devo essere
sincero,
non è quello che voglio io” mi sussurra. Sospiro,
quasi come per sfogarmi.
“ Io non voglio che lui
mi
baci quanto mi pare” affermo un po’ stupidamente,
con un’espressione quasi
confusa.
“ Siamo in due.
“ Allora smettila di
pensare che potrebbe rendermi più felice. Perché
non può.
“ Neanche io posso.
“ Tu sì
invece. Lo fai da
sempre. Hai capito?” chiedo prima di potermi fermare.
Nonostante la mia
accessiva dose di sincerità e sdolcinatezza, lui si limita a
fissarmi
interrogativo. Sembra
quasi
felice. Ma da lui non viene nessuna risposta.
“ Mi hai
capito?” ripeto
con più insistenza, quasi seccata. Lui annuisce
abbracciandomi.
“ Ok. Penso di aver
capito, finalmente” dichiara. L’enfasi con cui lo
dice mi rende sospettosa.
“ Bravo. Non era
difficile.
“Invece sì. E
… Grazie.
“ Di cosa?
“ Di esserti innamorata
di
me. E sappi che, anche se probabilmente non me lo dirai mai, posso
sentirlo.
Poi, che tu non voglia ammetterlo a te stessa è un altro
conto. Ma posso
dichiarare, in tutta sincerità, che sono il ragazzo
più felice del mondo!”
esclama staccandosi da me. Mi lascia così, in piedi davanti
al letto dove lui
si sdraia, confusa e spiazzata. Io… innamorata di lui? No.
Assolutamente no.
Non posso permettermi di essere innamorata di qualcuno. Ma…
perché no? Non lo
so. So solo che non è una cosa da me, ecco.
L’amore. Insomma, finché si intende
l’amore che provavo per Prim… quello era diverso.
Ma provare amore per un
ragazzo… per Peeta, poi… No. Io non sono
innamorata di Peeta Mellark. Voglio
solo baciarlo. È tanto difficile da capire? Vedo il suo
sguardo indugiare sulle
mie labbra, mentre mi sdraio ancora accanto a lui. Potrebbe…
il fatto che lui
credi che io sia innamorata di lui ( cosa assolutamente non vera,
penso),
potrebbe indurlo a darmi quello che tanto voglio? Alla fine, non chiedo
molto.
E il mio presunto amore per lui sarebbe un pretesto perfetto per
accontentarmi.
Quindi, non nego la sua affermazione, ma mi limito a dire:
“Peeta… fallo
adesso. Ti prego.
Sono io. Se mi ami davvero, non mi rifiuterai questo piccolo
favore” dico in
quel momento cercando di nascondere una nota di tristezza. Alzo gli
occhi su di
lui e catturo la sua espressione nella penombra. È il mio
Peeta. Mi vuole
baciare, lo posso sentire. Mi poggia una mano sulla guancia. Adoro
quando lo
fa. Mi fa scordare di tutto il mondo. Chiudo gli occhi: cosa provo?
Voglio che
lo faccia. Non riesco più a sopportare questa attesa
interminabile. Un semplice
bacio. Lui non mi farà niente, se non poggiare le sue labbre
sulle mie. Sento
il suo respiro farsi un po’ più vicino, ma non
voglio aprire gli occhi. Voglio
solo poter imprimere questo momento nella mia memoria, così
che, qualora non
venissero altri baci dopo di questo, possa ricordarmelo per bene. Sto sudando. Ormai le labbra
si sfiorano. Deve
farlo ora. Non penso che il mio cuore possa reggere questo strazio . E
dopo un
tempo che mi sembra un’eternità, mi bacia.
Lentamente. A fondo. Con una piccola
nota di passione. È lui. È il mio Peeta. E
improvvisamente mi riaffiorano i
ricordi legati a lui, il ragazzo del pane: la perla, la collana con la
Ghiandaia Imitatrice, la grotta, l’Arena, le sue mani che
dipingono. Sono cose
insignificanti, forse, ma in quel momento mi sembrano così
importanti… Mi
stacco delicatamente.
“ Come stai?”
gli chiedo
aprendo gli occhi. Lui non li apre. Mi sorride. Un sorriso
così genuino, così
privo di dolore, disperazione e guerra.
“ Sono io,
Katniss… Sono
io. Sono qui. Sarò sempre qui” sussurra allungando
di nuovo il collo verso di
me. E mi ribacia, e lo fa ancora, e ancora. Provo la stessa sensazione
che ho
provato dentro l’Arena l’anno scorso: fame dei suoi
baci, una voglia incontenibile.
Non so cosa ci stia prendendo. I suoi baci, dapprima delicati, si sono
fatti
più aggressivi, quasi tormentati. Mi sale un brivido. Che
stia cercando di
soffocarmi? Ma quando mi stacco da lui vedo che è ancora il
mio Peeta.
“ Che stai
facendo?” chiedo
sentendomi in imbarazzo. Riesco ad intuire la risposta. Mi risponde con
un
sorriso nervoso. Lo vedo come non l’ho mai visto prima:
imbarazzato. Cerco di
mettere su il sorriso più spavaldo che ho.
“ Tu che non sai cosa
dire? Un miracolo!” esclamo allegramente per cercare di
sdrammatizzare. In un
batter d’occio, il corpo di Peeta mi sta sopra. Impallidisco.
Che cosa vuole
fare adesso? Non starà pensando di…
“ Tranquilla, non
è quello
che pensi” mi risponde sorridendo, quasi come se mi leggesse
nel pensiero. Mi
rilasso un po’, ma non del tutto.
“ E allora
perché…
“ Ho… Voglio
fare così. Ma
stai tranquilla… e ti prego, non fermarmi” mi
risponde per poi riprendere a
baciarmi con foga. Sento che le sue mani indugiano prima di mettermele
addosso.
In generale, odio essere toccata, ma con Peeta è diverso.
Tutto quel contatto
nuovo, stranamente, mi piace. Ma ne ho quasi paura, ecco
perché non oso
assecondarlo più di tanto. Paradossalmene, però, ne voglio di più.
Comincio a sfiorargli i
capelli e…
“ Ok, penso che possa
bastare” affema staccandosi. Lo guardo interrogativa. Abbiamo
esagerato? Sta
per essere preso dai suoi soliti attacchi?
“ Perché?
“ Perché non
so se
riuscirò a controllarmi… Stavolta nel senso
buono!” esclama ridendo. Sì,
effettivamente posso constatare personalmente i motivi del
perché dica ciò.
Arrosisco.
“ La ragazza in fiamme
che
prende fuoco… abbastanza scontato, no?” mi prende
in giro togliendosi da me. Il
suo tono è quello del ragazzo che sosteneva l’
intervista con Caesar. Ironico,
divertente, allegro e spensierato. Cosa darei per avere anche solo una
scintilla di quello spirito… ma io sono Katniss Everdeen. La
“ mentalmente
instabile”, o come mi avevano etichettato. Mi guarda
intensamente, sfiorandomi
i capelli con le mani. Mi abbraccia fortissimo, prima che chiuda gli
occhi
definitivamente.
“ Ti amo con tutto me
stesso.
“ Lo so. Questo
è sicuramente vero.” e sprofondo in un
sonno senza sogni.
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Capitolo 8 *** Meglio o no, è quello che dovrai dire ***
Quando riapro gli occhi,
Peeta è già sveglio e mi accarezza un braccio.
Sbadiglio. Un sonno senza sogni.
Non potevo desiderare di meglio.
“ Ieri poteva andare a
finire male, Katniss” mi dice seriamente. Non riesco a capire
il vero
significato delle sue parole.
“ In… che
senso?” chiedo
soffocando la mia paura di fare una figuraccia. Ride, ma è
una risata forzata,
lo sento.
“ Nel senso che potevo
ucciderti. Io… quei flashback… non posso farti
del male. Mi ucciderei.
“ Tu non farai niente del
genere. Ti alzarai e mi andrai a cucinare qualcosa, ogni mattina.
Passeremo il
pomeriggio a cercare di non finire a non esagerare con l’acol
come Haymitch,
tenendoci occupati il più possibile. Puoi dipingere,
cucinare, fare quello che
vuoi, mentre io andrò a caccia. Durante la sera guarderemo
insieme qualcosa in
TV, e poi andremo a dormire. E se ci scappasse qualche bacio, mi
andrebbe bene.
Questo è il mio programma di ogni singola giornata. Voglio
questo” affermo. Non
so dove abbia trovato il coraggio di dire queste parole. Ma mi sono
appena
accorta di pensarle davvero. Io passerei la vita così.
Lontana dalla guerra,
dalla rivoluzione… e soprattutto dai ricordi. Vivere ogni
giornata come se
fosse l’ultima, con Peeta a colorarla di un giallo brillante.
Questo mi
basterebbe. Sento la sua felicità invadere la stanza, come
una macchia d’olio.
Le pareti color ocra sbiadito mi sembrano tanto sgargianti in questo
momento.
“ Bene. Perché
è
esattamente quello che voglio io” sussurra baciandomi la
testa. Non mi
accontento di questo. Voglio di più. Ma sento dal piano di
sotto Sae che ci
chiama per la colazione. Con un rapido cenno della testa, Peeta si alza
e
comincia a vestirsi. Mi giro dall’altro lato. Mi accorgo che
sorrido ancora. È
una bella sensazione.
I giorni passano e piano
piano sto capendo che sono viva. Anche la caccia, ultimamente, mi da
più
soddisfazione. Le temperature si stanno alzando e gli animali escono
più allo
scoperto. Ma la trasformazione migliore è quella che sta
subendo il mio corpo.
Le macchie rosate causate dagli innesti di pelle stanno cominciando a
sparire:
l’abbronzatura le sta ricoprendo delicatamente di un sottile
strato più scuro.
Non è ancora negli strandard del “
bello”, ma non è malissimo. Peeta è
stato
contentissimo, quando mi ha scovato nel bagno, non più
intenta a nascondermi, ma
a farmi la traccia da un lato mentre canticchiavo qualche canzone. E
quel
ritorno alle origini mi ha fatto sentire me stessa. Insomma, va tutto
bene. Gli
incubi stanno diminuendo, nonostante le macabre apparizioni di rose
rosse
impregnate di sangue. Ma c’è Peeta.
C’è il mio Peeta, finalmente. È
tornato,
stavolta. Certo, a volte fa un po’ fatica a restare dietro a
certe mie
conversazione, specie se gli parlo di fatti passati. Di tanto in tanto
si
immobilizza aspettando che i flashback siano finiti. A volte lo sento
parlare
un po’ nel sonno, biascicando parole senza senso alcuno. Ma
nonostante tutto,
andiamo avanti. E andiamo avanti proprio alla grande. Non abbiamo
più
sperimentato quello che abbiamo fatto qualche notte fa. Quella faccenda
del
saltarmi addosso. Ma forse è meglio così. Non
saprei. Sto in camera, quando
Haymitch viene a trovarci. Capisco che è Haymitch dalla
voce. Sento che sta
parlano con qualcuno. Ma poco importa. Saetto verso l’armadio
e prendendo
l’arco. Stavolta lo ammazzo. Sono appena scesa, quando lo
vedo all’ingresso.
Peeta gli aveva subito aperto. Doveva aspettarmi, che diamine. Avrei
potuto
prenderlo di sorpresa e ficcargli una freccia su per un occhio. Ma non
era
solo. Effie. Mi guarda malissimo, anche se non capisco
perché. Una rapida
occhiata alla mia freccia puntata sulla sua testa e comprendo il motivo
della
sua occhiata.
“ Katniss, le solite
maniere, vedo!” esclama con quel suo solito brio. Butto
l’arco a terra e mi
avvicino sospettosa. Per quanto sia contenta di vedere Effie, sarebbe
ottimistico fino alla stoltezza pensare che la sua sia una semplice
visita di
cortesia. Peeta, però, non è della mia stessa
idea.
“ Effie! Haymitch! Un
muffin? Li stavo appena togliendo dal forno…” dice
in modo più cordiale possibile,
con addosso ancora i guantoni da forno. Haymitch ricambia con un
sorriso
forzato, mentre Effie lo segue in cucina esaltanto l’odore
del muffin che viene
dalla cucina, che lei definisce “ profumo di un muffin degno
delle pasticcerie
di Capitol City”. Io e Haymitch ci squadriamo in silenzio.
Sembriamo due cani
rabbiosi. Sae sta in cucina con Peeta ed Effie. Perfetto. Non ci
saranno
testimoni mentre lo scorticherò vivo. Raccolgo il mio arco
da terra. Una sola
parola, una sola mossa falsa e lo ammazzo. Lui mi sorride beffardo.
“ Oh…
certo… uccidimi
pure, dolcezza. Che ne direbbe il tuo fidanzatino della mia morte? Sai
quanti
flashback saranno legati alla tua immagine che uccide
qualcuno?” mi provoca.
Preparo una freccia. L’odio e la collera si stanno rifacendo
sentire.
“ Che cosa vuoi,
Haymitch?
“ Farti da mentore,
ovviamente. Devo badare a te.
“ Non sono più
al centro
del mondo, l’hai detto tu.
“ Non del mio, no. Ma
Capitol City necessita dei vostri servigi, vostra
maestà” afferma simulando uno
squallido inchino.
“ E in che modo Capitol
City vuole utilizzarmi, stavolta? Travestendomi da uccello e
costringendomi a
cinquettare? Io non credo, Haymitch. Ed Effie cosa ci fa qui? Per
convincermi?
Che fine hai fatto in questi giorni? Non una parola, una lettera, un
messaggio.
Sei sparito. Io e Peeta ti siamo venuti a bussare, abbiamo cercato di
aprire,
ma la porta era chiusa, Peeta l’ha sfondata, e sembrava che
casa fosse vuota e…
Io…” mi trattengo. Non posso dare voce ai miei
pensieri.
“ Sì, Katniss,
anche tu mi
sei mancata. Chiedo scusa anche per la brutalità
dell’altro giorno. Immagino…
troppo whiskey ” replica inaspettatamente. Non noto ironia
né sarcasmo nella
sua voce. Mi lascio cadere sul divano, abbandonando l’arco e
le frecce. No, non
l’ho perdonato. Ma almeno non penso di ucciderlo. Non per
ora.
“ Dove sei stato? A
Capitol City?
Lui annuisce. Forse in
poche occasioni l’ho visto così serio.
“ Lo scherzetto che ci
hai
tirato assassinando la Coin non è piaciuto a nessuno,
Katniss. Ti vogliono in
un’ intervista, dove tu dichiarerai di aver passato un
periodo di instabilità
psicologica… ovviamente, sai la causa di tutto
ciò cosa sarà…” aggiunge a
bassa
voce. Certo che lo sapevo. Prim.
“ E…?
“ E dirai che adesso ti
sei ripresa, stai benissimo, il tuo amore per Peeta ti ha costretto ad
andare
avanti e sei pronta a dare la tua benedizione alla Paylor, con tutto il
tuo
sincero affetto.
“ Sicuramente
è meglio
della Coin.
“Meglio o no,
è quello che
dovrai dire.
“ E perché
dovrei accettare?
“ Servirebbe per dare
sollievo alla gente. E soprattutto per far capire che tu approvi il
nuovo
governo. Placherebbe gli animi. Il clima che si è instaurato
a Capitol City non
è dei migliori, Katniss… e considerando che
lì c’è tua madre…
“ Bene. Tanto ormai sono
abituata a farmi sfruttare. Ma l’intervista la voglio qui.
È per questo che hai
portato Effie, eh? Non ci vado a Capitol City” decreto
velocemente. Troppi
ricordi.
“ Katniss…
“ Sono la Ghiandaia
Imitatrice, no? Faccio quello che voglio. Tutto qui, per ora. A casa.
Sgombreremo
il salone.
“ Bene” dice
rassegnato.
“ E Peeta. Lo voglio con
me durante l’intervista.
“ E’ ovvio.
“ Ok.
“ Katniss… io
in realtà ho
fatto venire anche Effie perché probabilmente non crederai a
quello che ti dirò
io… l’intervista te la farà…
Ma già lo sapevo.
“ Caesar
Flickerman?” chiedo
scattando in piedi.
“ Katniss, io
penso…
“ NO! E’ fuori
questione.
È stato un burattino di Snow per tutto il tempo! Ha
conosciuto persone che ha
visto morire senza battere un ciglio! HA INTERVISTATO PEETA IN QUELLE
CONDIZIONI!” dico urlando. Peeta e Effie arrivano dalla
cucina.
“ Katniss, che succede?
“ Niente, Peeta, Katniss
ce l’ha con Flickerman… dovete fare
un’intervista con lui.
“Peeta, dopo tutto quello
che ha fatto a te…
“ Katniss…
calmati. Non
voglio sedarti. Sei fuori di te. Siediti” mi dice dolcemente
cingendomi le
spalle con un suo braccio. Sospiro. Mi siedo lentamente, ma tremo come
una
foglia. Effie si mette seduta sul divano accanto a me, prendendomi le
mani.
“ Katniss…
Ceasar
Flickerman ha cercato di fare il possibile per proteggere te e Peeta.
Io lo so.
Stava accanto alla mia cella” mi spiega Effie. Questa, poi.
Certo, come no. Ma
Effie ha parlato di una…
“ Cella?
“ Sì. Sapeva
che le cose
si stavano mettendo male per tutti noi, a Capitol City. Ha provato a
chiedere
al Presidente Snow di cercare un accordo con i ribelli… per
tutta risposta,
l’hanno messo in cella. Vicino a me. Te lo giuro, Katniss,
non è una cattiva
persona. Ha fatto solo il suo lavoro, che era quello di sostenere la
politica
del governo. Non lo condannerei troppo, fossi in te” mi
spiega velocemente. Ed
improvvisamente mi ricordo tutto. Ceaser Flickerman, un omino dai modi
stravaganti, ma che aveva sempre cercato di valorizzarci davanti al
pubblico,
che aveva sorretto la storiella degli sfortunati amanti del Distretto
12,
intuendo, come penso, che era tutta una finzione… Incrocio
le braccia mentre
rifletto a tutto ciò.
“ E vada per Flickerman.
Posso solo sapere perché proprio lui?
“ Pensiamo che sia il
caso. Darebbe un senso di stabilità e di
continuità. E poi vi conosce, sarà più
facile porvi bene le domande, vedrai.
“ Ottimo.
“ E poi sarà
lui a
presentare i prossimi…
“ NO!” esclama
Peeta.
Lascio andare le mani di Effie. Sospiro. Sono per la sua memoria. I
prossimi
Hunger Games con i bambini di Capitol City saranno per commemorare la
morte di Prim.
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Capitolo 9 *** L'Intervista con Caesar Flickerman ***
E quindi la Paylor voleva
mettere in atto l’idea della Coin, eh? I bambini di Capitol
City. Qualche mese
fa, mi era sembrata un’ottima idea. Risparmiare il massacro.
Poche vittime.
Anzi, in realtà, esattamente 23. E un solo superstite. Chi,
non avevamo modo di
saperlo. Ma si era fatta una lista. I sessanta uomini più
ricchi e famosi di
tutta Capitol City che avevano uno o più bambini. Che,
“ stranamente”, sono
riusciti a sopravvivere benissimo, nonostante l’attacco
diretto alla città. In
totale, più o meno duecento ragazzini saranno presenti alla
cosiddetta “
Mietitura di Capitol City”. Tutto sarà fatto
secondo le antiche tradizioni: la
Mietitura, il trasferimento dei Tributi, la parata, gli allenamenti, le
interviste, e poi… l’Arena. Gli Sponsor non
potranno essere i membri della
famiglia di un tributo. Anzi, le famiglie saranno
trasferite in un posto sicuro, continuamente
sorvegliate. Questi Hunger Games saranno i più crudeli e i
più ricordati nella
storia di Panem. La cosa più spiacevole, è che
saremo noi vincitori superstiti
a fare da mentori ai tributi. Li accoppieranno. E a alla coppia
verrà
sorteggiato il mentore. Non penso che la Paylor sia così
stupida da non sapere
che se toccasse a me questo infelice compito, Peeta starà al
mio fianco. E
viceversa, ovviamente. Non lo lascerò da solo a Capitol City
a vedere bambini
che muoiono. Dal canto suo, però, non fa che parlare della
crudeltà della cosa
per tutto il giorno. Non se ne capacita minimamente e si rifiuta di
accettare
la realtà degli eventi. Dice che farà da mentore
solo per cercare di salavare
il tributo a lui assegnato. Non per altro. Io, personalmente, non so
come
prendere questi Hunger Games. Possibile che, nonostante sia stata anche
io a
volerli, non riesca ad accettarli? Che lo spirito di pietà
sia più forte della
mia sete di vendetta? Strano ma vero, non ho il tempo di pensarci in
questi
giorni. Mi sto preparando per l’intervista. Sono venuti
qualche giorno fa i
membri del mio staff. Octavia, Flavius e Venia. Erano felicissimi di
rivedermi,
soprattutto Octavia. Non ha più quell’aria da
persona infestata dai brutti
ricordi, ma ancora è troppo magra. Nel giorno
dell’intervista, fa troppo
caldo. Ormai sta arrivando il periodo
dell’aridità, e l’aria è afosa
e quasi
irrespirabile. Ma non importa. La troupe si è fatta
trasportare direttamente da
Capitol City un congengo che, installato dentro casa, permette di
regolare la
temperatura dell’aria. Lo chiamano Refrigerator. I miei
preparatori stanno
finendo di truccare me e Peeta, quando Ceasar Flickerman entra dentro
la
stanza. Sorride raggiante.
“ Katniss… la
ragazza in
fiamme! Da quanto tempo!” esclama. È un
po’ più magro del solito, e noto che
alcuni capelli della sua amata parrucca colorata sono un po’
fuori posto.
Stavolta ha optato per il contrasto tra il bianco e il nero. Sembra uno
di quei
strani cani di Capitol City. Io gli rivolgo un sorrisetto sprezzante,
mentre
Peeta si alza dalla sua poltrona per salutarlo come si deve,
regalandogli un
sorriso cordiale.
“ Ti trovo bene,
Peeta”
dice Caesar.
“ Sicuramente meglio
dell’altra volta!” replica Peeta ironicamente.
C’è sempre quella complicità. Mi
dà ai nervi.
“ Questa battuta
riservala
per le telecamere, mio caro ragazzo…” dice a Peeta
facendogli un occhiolino. “Adesso…
vorrei chiedervi di lasciarmi da solo con la signorina Everdeen, se non
è
pretendere troppo” domanda al mio staff. Flavius si fa avanti
coraggiosamente,
armato di limetta per le unghie.
“ Signor Flickerman, ci
sono ancora alcuni dettagli, le unghie…
“ Oh, non ci
vorrà molto,
ve l’assicuro. Solo qualche minuto. Grazie” ripete.
La sua non era una
richiesta, e i miei preparatori sembrano capirlo. Si allontanano
sconfitti verso
l’uscita, con Peeta che mi rivolge un’occhiata
confortante. Chiudono la porta.
Flickerman si abbandona sulla poltrona che prima era occupata da Peeta.
“ Katniss, Katniss,
Katniss… ci avevo preso, su di te, eh? La ragazza in fiamme!
Chi avrebbe mai detto
che avresti procurato così tanti problemi… ?
La piega di questo
discorso non mi piace. Mi irrigidisco sulla sedia.
“ Mai quanti ne abbiano
procurati a me i vostri maledetti Hunger Games, Caesar”
replico sprezzante. Riconosco
in lui quell’egoismo di Capitol City. Gli rivolgo
un’occhiata pentrante, carica
di rancore.
“ Vero, vero…
e tu,
giustamente, mi reputi un nemico, no? Come darti torto, Katniss? Non
sono forse
io che ho assistito a centinaia di tributi che venivano spediti a
morire come carne
da macello senza battere ciglio? Immagino che tu abbia tutte le buone
motivazioni per avercela con me. Ma adesso chiedi a te stessa, Katniss:
non
sono forse io che ho sempre cercato di agevolarvi la situazione? Di
mettervi in
buona luce agli occhi degli sponsor? Di valorizzare tutto di voi, anche
quando
non c’era proprio un bel niente su cui lavorare? La
‘ Ragazza in Fiamme’,
Katniss. Io ho costruito la tua immagine. Senza di me, non saresti
viva. E non
lo sarebbe neanche Peeta. Io non approvavo la politica di Snow.
Né gli Hunger
Games. Ma quello era il mio lavoro. E, per quanto possa valere, ho
sempre
cercato di aiutare i tributi al massimo delle mie capacità e
per quanto mi
fosse concesso. Mi riconosci questi meriti, vero, Katniss?”
mi domanda
dolcemente. Rimango di stucco. Mi sto comportanto come una bambina,
devo
riconoscerlo. Perché prendermela con lui, in fin dei conti?
Li ha inventato lui
gli Hunger Games? No. Mi sta dicendo che ha sempre dovuto indossare una
maschera. Più o meno, ha fatto quello che ho fatto anche io
con Peeta davanti
alle telecamere. Improvvisamente, mi sembra quasi di capirlo. Vengo
invasa da
una sensazione strana, e sono indecisa su come classificarla. Ma questo
non mi
impedisce di decretare:
“ Sì. Capisco
la tua
posizione, Caesar. Davvero. Nessun rimorso ” . È
strano sentire queste parole
uscire dalla mia bocca. Io, che non sono per niente incline al perdono.
Forse
Peeta mi sta cambiando. O forse, la “ mentalmente
instabile” ha acquisito la
capacità di mettersi nei panni delle persone, di tanto in
tanto. Non saprei.
“ Bene, ragazza in
fiamme.
Sappi soltanto che ero io che, cambiando continuamente i turni per la
sicurezza
del segnale televisivo, facevo in modo che al vostro operatore Beetee
fosse più
semplice entrare nella rete. E non aggiungo altro” dice
alzandosi. Rimango
spiazzata da quelle parole. Riesco solo a boccheggiare confusamente
qualcosa.
Ceasar… che aiuta la Resistenza? Non è
possibile… o forse sì? Esce dalla
stanza. Non faccio in tempo a riflettere sul peso della sua
affermazione, che
mi ritrovo Octavia che armeggia sulle mie unghie, lamentandosi della
scarsità
della materia prima su cui lavorare. Dopo le ultime raccomandazioni,
Venia mi
fa indossare il vestito. È viola, con fantasie argentate che
sembrano muoversi
sul vestito, tanto sono sinuose. È sempre un disegno di
Cinna, lo si riconosce
subito. Cinna… cerco di soffocare il ricordo. Mi metterei a
piangere, e Venia
mi ucciderebbe. Per non parlare di Effie. Vado nel salone. È
stato
completamente trasfomato in uno studio televisivo: luci attaccate al
soffitto,
la mia poltrona e il mio divano sistemati e puliti, uno di fronte
all’altro… Flickerman
si è già adagiato sulla poltrona, circondato dal
suo staff che aggiunge gli
ultimi ritocchi alla sua parrucca nera e bianca. Haymitch mi compare
alle
spalle, seguito da Peeta e Effie.
“ Ricordati: hai subito
uno shock post-traumatico, adesso sei in grado di intendere e di volere
e non
ti ammazzi di sedativi per tirare avanti la giornata. Il ricordo
di… Prim… fa
troppo male, non ti va di parlarne, ma adesso, grazie al tuo amato
Peeta, stai
sistemando la cosa.
“ Devo dire la
verità,
insomma” aggiungo cupa. Haymitch mi mette una mano sulla
spalla.
“ Il ‘ tuo
amato Peeta’?
Katniss, davvero? ” mi chiede sorpreso e divertito insieme.
“ Non saltare alle
conclusioni sbagliate.
“ Oh, non lo farei mai,
ma
fidati, sarà un futuro argomento di
conversazione!” mi dice cercando di
soffocare una risata. “Poi niente, ovviamente fai anche
parlare Peeta, non
vogliamo sfiguri o sembri il tuo cagnolino” mi raccomanda.
Peeta non potrebbe
mai sfigurare. È troppo bravo, troppo abile nel sembrare
sempre felice e
spensierato, anche quando non lo è. Al contrario di me.
Anzi, rubandomi la
scena mi farebbe un favore.
“ Con molto piacere.
“ Rimarca il fatto che la
Coin ha dato l’ok per… per quella faccenda dei
bambini… ” sussurra. Come potrei
scordarmelo? Vorrei poter dare sfogo alle mie emozioni, esplose dentro
di me
solo con il citare il fatto. Ma provo a soffocare tutto e a borbottare
un
semplice:
“ Chiaro.
“… Ma che apprezzi la Paylor e
le auguri in bocca
al lupo!” conclude.
“ Haymitch, ho capito!
Non
sono ancora completamente da buttare, grazie. Che devo dire sugli
Hunger Games,
eh?” domando. Se proprio devo essere sfruttata, che almeno mi
sfruttassero
bene.
“ Tu cosa vuoi
dire?” mi
domanda a tradimento. Rimango allibita. Dal tono della sua voce e dal
luccichio
nei suoi occhi, capisco che, chiedendomi di dire la mia opinione, sta
andando
contro le disposizioni di Capitol City. Approfitto di
quell’occasione di libertà
di pensiero per cercare di formulare un parere convincente.
Come considerare gli
Hunger Games? Il punto è che non lo so. Dentro di me,
pensieri contrastanti.
Accettarla come una cosa positiva o negativa? Il voto è
rimasto segreto. La
gente non sa se ho votato sì o ho votato no. Quindi
perché dovrei assumermi la
responsabilità di quello che ho detto, dal momento che
nessuno, a parte coloro
che erano presenti, potrebbero mai puntarmi il dito contro? Non
c’era il
rischio di cadere in una contraddizione. Tanto la risposta di Peeta
già la
sapevo. Rivolgo ad Haymitch uno sguardo pieno di dubbi, prima che Effie
mi
prenda per il braccio.
“ Ricordati di sorridere!
Quello sarebbe stato un
problema. Lo staff attorno a Caesar se n’è andato.
La luce delle telecamere
diventa rossa. Tutto troppo veloce. Siamo in onda.
“ Signore e signori, di
Capitol City e dei Distretti, sono lieto di annunciarvi il momento che
tutti
voi stavate aspettando. In diretta dal Villaggio dei Vincitori del
Distretto
12… Katniss Everdeen e Peeta Mellark!” ci annuncia
Caesar. Entriamo
nell’inquadratura delle telecamere, sedendoci sul divano.
Sono un po’ tesa, ma
Peeta mi stringe la mano. Ottimo.
“ Peeta, stai benissimo!
“ Sicuramente meglio
dell’ultima volta, Caesar!” risponde Peeta
stringendomi un po’ di più la mano.
Cerco di sorridere, anche se mi riesce difficile. Caesar ride.
“ Non lo trovate
straordinario? Ma Katniss! La ragazza in fiamme! Ci avevo visto giusto,
eh? Eri
davvero destinata a infiammare il mondo con la tua scintilla!
“ Oh, em…
direi di sì, a
questo punto” ammetto provando a simulare un sorriso
spensierato.
“ Allora, come stai? Come
state, tutti e due? Immagino soltanto il vostro shock dopo le perdite
che avete
subito…
“
Sì… ma sto meglio,
davvero. Ho ripreso a ragionare lucidamente. Sapete, dopo
la…” mi blocco. No, è
più forte di me. Mi alzo in piedi. Voglio scappare. Vedo il
viso di Caesar
allarmato. Peeta , delicatamente, mi rimette seduta.
“ La morte di Prim
l’ha
devastata. E continua a farlo. Sapete tutti voi quanti Katniss ci
tenesse… è
per questo che ha fatto tutto ciò nell’Anfiteatro.
La Coin ha dato l’ordine di
uccidere i bambini… e Katniss ha visto sua sorella mentre li
assisteva… ha
intravisto Prim morire” conclude Peeta. Mi esce una lacrima.
Non so se resisterò.
“ Povera
ragazza…
terribile, terribile… Nessuno ti potrebbe accusare. Le tue
azioni sono state
giustificate, soprattutto nello stato in cui ti trovavi… ma
adesso?
“ Grazie
all’aiuto di
Peeta sto meglio, davvero. Non so cosa farei senza di lui”
dico in uno sprazzo
di lucidità.
“ Sì, ci
stiamo aiutando
molto. D’altronde, è questo che fanno due persone
innamorate, no?” chiede Peeta
rivolto verso la telecamera. Ottimo. Dobbiamo mandare avanti lo show.
“ Assolutamente
sì,
ragazzi. E ditemi, per il vostro matrimonio?
“
Direi…” comincia Peeta.
Ma io lo blocco.
“ Direi che ci stiamo
pensando. Prima però dobbiamo aspettare di sapere se faremo
o no da mentori ai
prossimi Hunger Games” affermo improvvisamente. Sento lo
sguardo stupito di
Haymitch sulla nuca. La temperatura nel salone scende, e so che il
Refrigerator
non c’entra niente. Tirare in ballo gli Hunger Games.
È un argomento che voglio
affrontare di petto. E soprattutto, voglio battere Peeta sul tempo.
Aspetto la
domanda di Caesar.
“ Oh, già! I
prossimi
Hunger Games! Che ne pensate?” domanda mettendo su una poco
convincente
maschera dell’allegro presentatore di un tempo.
“ Che sono necessari. Ma
li condanniamo come tali. Saranno gli ultimi, questa è una
promessa” dichiaro.
Peeta emette un lieve sospiro. Non può contraddirmi davanti
alle telecamere. Ho
agito d’anticipo.
“ Bhe, la nostra nuova
Presidentessa, la signora Paylor, ha reputato opportuno mettere in
pratica
l’idea della Coin… che ne pensate di lei?
“ Che è una
persona in
gamba e saprà sicuramente gestire e placare i disordini che
ancora oggi,
purtroppo, attanagliano alcuni distretti, specialmente il 2.
Farà un ottimo
lavoro” dice Peeta accomodante. Caesar annuisce cordialmente,
prima di
rivolgermi lo sguardo, facendomi capire che anche io dovevo dire la
mia. Prendo
fiato. E inizio a parlare.
“ La Paylor è
una donna
coraggiosa. Sono stata con lei, nell’attacco al Distretto 8.
È una donna
d’azione, sa come trattare questo genere di cose. Ma vorrei
dichiarare alcune
cose” mi rivolgo alla telecamera.
“ Signora
Paylor, lei è molto intelligente, non è come la
Coin o come Snow. Sa bene che
intimidire, spaventare e distruggere i Distretti e Capitol City non la
porterà
a niente. Io mi aspetto che, dopo gli Hunger Games, non si verifichi
più nessun
episodio di violenza sponsorizzata dal governo. Mai più. Ma
vorrei parlare a
voi, Distretti ancora in lotta, ribelli, conservatori. Questa
rivoluzione non
l’abbiamo fatta per rovesciare Capitol City.
L’abbiamo fatta per permettere a
tutti di avere un futuro. Di vivere, nel migliore dei modi. Non sapete
la vita
nei Distretti che cos’era, prima di questa rivolta. Nessuna
speranza, nessun
miglioramento. Ma adesso abbiamo la possibilità di vivere in
pace. Di vivere in
un mondo in cui gli uomini saranno uguali, in un mondo senza Hunger
Games,
senza 23 persone condannate a morire in nome di una rivoluzione che non
gli
appartiene. Adesso, Peeta, è il momento di dirlo: cessate il
fuoco! Non
sprechiamo la possibilità di essere felici e in pace. Gli
Hunger Games ci
saranno per l’ultima volta, a memoria di quello che anche
povere persone come
noi possono arrivare a fare. Ma niente di più. Basta
combattere il fuoco con il
fuoco. Per Prim, per Rue, per tutti noi!” dico alzando le
mani nel vecchio
saluto dei Distretti. I cameraman sono senza parole. Sento un applauso.
Haymitch. E non solo. Tutti si uniscono a lui, Caesar e Peeta compresi.
“ Signori…
è tornata la
ragazza in fiamme!” esclama Peeta rivolto alle telecamere.
“ La vera voce della
rivoluzione, eh? Straordinario, Katniss, straordinario. Siamo tutti
d’accordo.
Non siamo tutti d’accordo? Ho i brividi, signori, i brividi.
Bhe, Katniss,
diciamo che di fuoco ne abbiamo avuto a sufficienza, no?
“ Assolutamente
sì.
“ Tornerete a Capitol
City?
“ Se ci sarà
bisogno di
noi, torneremo. Sono sempre la Ghiandaia Imitatrice, no?
Dopo un pranzo condiviso
con tutti, piano piano la troupe comincia ad andarsene smontando tutte
le luci
che avevano installato. Dal canto mio, mi becco i complimenti di
Haymitch,
Effie e il mio staff. Il commento di Peeta alla mia performance
è stato:
“ La migliore intervista
di sempre, Katniss.
Ormai è tardo
pomeriggio,
quando la troupe sta finendo di caricare sui camion le ultime cose.
Tutti
stanno dando una mano, compresa Effie, che però si limita a
dare indicazioni e
a dirigere i collaboratori. A casa ci siamo solo io, Sae che lava i
piatti, e
Caesar che si sta aggiustando la parrucca in uno specchio. È
il momento
perfetto.
“ Caesar… devo
farti una
domanda” dico. Lui scuote la testa.
“ No, Katniss, perdonami,
ma non mi va di parlarne… i miei aiuti illegali per la Resistenza, rimangono una
faccenda privata tra
me, Plutarch e…
“ Non riguarda quello.
Non
mi interessa quanto tu abbia dato alla Resistenza. Quelle sono cose che
spero
non mi riguardino più. No, in realtà, volevo
sapere… Ci sei anche tu nella
Lista dei Sessanta?” chiedo esitante. So che non è
esattamente una delle
domande più carine e discrete da porgere a un uomo del suo
calibro. Ma,
nonostante questo, lui mi risponde con un largo sorriso. Non uno dei
suoi
soliti: uno vero, stavolta, dovuto non alle telecamere o alle buone
maniere, ma
semplicemente a un qualsiasi tipo di emozione umana.
“ No. Io ero
sessantaduesimo. La buona sorte è stata a mio favore,
Katniss. Non tanto per i
miei figli, loro sono grandi… ma per i miei nipoti. Non
avrei mai sopportato di
vederli morire nell’Arena. E poi, mi bastavate voi. E mi
basteranno questi che
moriranno, i figli dei miei amici. Ho sempre partecipato al vostro
dolore,
Katniss. Non direttamente, ma potevo sentirlo, potevo vederlo nei
vostri occhi.
Non mi aspetto che tu mi possa capire.
“
Sì… io capisco, Caesar.
Davvero. Ci rivedremo?” chiedo mentre si avvicina alla porta.
“ Oh, certo. Vienici a
trovare, di tanto in tanto. E spero che non ti tocchi fare da mentore.
Felici
Hunger Games!” ribatte con una nota di sarcasmo nella voce
prima di
attraversare la porta.
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Capitolo 10 *** Aiutare lei, per aiutare Prim. Poi andare da Gale. ***
“ E se ne sono andati
tutti!” esclamo io alle sette di sera, mentre il mio stomaco
si lamenta
vendicativo. Forse avrei dovuto mangiare di più a pranzo, ma
tra una cosa e
l’altra… Dopo aver salutato Effie, è rimasto
solo Haymitch. E Peeta. E Sae,
ovviamente. Diciamo, la mia famiglia.
“ Vado a preparti
qualcosa
da mangiare” mi dice Peeta dandomi un bacio sulla testa, al
quale io rispondo
con un sorriso sgargiante.
“
Grazie…” sussurro
rivolta alle sue spalle mentre sparisce in cucina. Haymitch, che si
è goduto
quella scena comodamente seduto sulla mia poltrona, esclama da dietro
di me:
“ Wow… quindi
non è più
una finzione, eh? Ah ah… lo sapevo, dolcezza, che prima o
poi avresti ceduto”
mi dice. Lo guardo indispettita. Ed ecco riaffiorare il carattere della
vecchia
Katniss: orgogliosa, testarda, desiderosa di mostrarsi dura.
“ Io non ho ceduto
proprio
a nessuno. Apprezzo solo quello che fa per me. È tanto
sbagliato?
“ Dimmi che non lo ami,
allora. Vediamo fino a che punto riesci a mentire a te stessa.
L’ho capito
anche quando ti stavo parlano prima dell’intervista. Troppo
tesa, dolcezza, al
suono delle mie parole. ‘ Il tuo amato
Peeta’… dimmi che la cosa non ti suona!
Apro la bocca. Sono strane
quelle volte in cui non mi esce niente. Mi sento come un pesce fuor
d’acqua che
boccheggia ansimando. Mi ammutolisco. Haymitch si alza in piedi, per
poco non
rovesciando il bicchere di rum che aveva poggiato sul tavolino davanti
a lui.
“ AH! Lo sapevo!
“ No, non sai un bel
niente!” dico alzandomi anche io.
“ Ehi, non ti scaldare,
ragazza in fiamme!” esclama sollevando entrambe le mani in
segno di pace.
“ E’ una bella
cosa, ok?
Molto bella. E ora, se non ti dispiace, io tolgo il
disturbo.” afferra il
bicchiere sul tavolino. “ Questo… Te lo riporto,
ok? Stammi bene!” mi grida
prima di chiudere la porta. Sbuffo. Pensa che io ami Peeta? Ma come gli
viene
in mente? Io che amo Peeta? NO. Immagino.
“ Katniss, è
pronto!
“
Sì… arrivo!” esclamo dirigendomi
verso la cucina. Sae e Peeta stanno parlando amichevolmente.
“
Sì… Katrine era una
ragazza deliziosa… non è vero, Katniss?
” chiede Sae. Peeta si alza per andare
a sfornare il tacchino.
“ Katrine? Oh,
em… sì…
Mi ricordo di Katrine. Una
ragazzetta insignificante, ma con un dono naturale per affascinare
tutti.
Pettegola, superficiale, fissata con l’aspetto fisico. I suoi
genitori vivevano
accanto alla casa del sindaco. Da quello che mi è stato
riferito da mia madre
al telefono, lei e i suoi parenti sono stati trasferiti
all’ospedale di Capitol
City, dopo aver passato un periodo in quello del Distretto 13. Forse
Gale aveva
salvato anche loro. Non ne ho la minima idea.
“ Peeta mi stava
raccontando di quando si sono dati un bacio!” afferma Sae con
fare pettegolo.
Peeta per poco non si lascia sfuggire la teglia dalle mani.
“ Io…
sì, se si può
chiamare tale!” mi dice sorridendo. Mi irrigidisco sulla
sedia. Stiamo
scherzando?
“ Tu e…
Katrine? Questa mi
è nuova” mormoro concentrandomi
sull’aspetto del pollo che mi viene servito da
Peeta.
“
Sì… un sacco di tempo
fa. Non avevo mai baciato una ragazza, e tutti sapevano che Katrine
aveva una
cotta per me… tutti tranne me, ovviamente!”
racconta con una noncuranza un po’
troppo innaturale.
“ E…?
“ E niente, un giorno mi
si avvicina, avevamo quattordicini anni o qualcosa del
genere… non sono mai
stato un tipo troppo intraprendente su queste cose… Mi
chiede di aiutarla a
slacciarle il fiocco dietro al vestito…
“ E
poi…?” chiedo ormai in
preda a strane convulsioni.
“ Niente, secondo lei
quello era un gesto fin troppo provocante. Glielo slaccio e aspetto che
succeda
qualcosa. Ma ovviamente le ho solo slacciato un nastro. Lei, dopo,
tutta
contenta, si gira e mi bacia! Tutto qui. Niente di speciale”
ammette sedendosi
anche lui insieme a me e a Sae.
“ Era proprio carina
quella ragazza…” sussurra Sae affogando i suoi
ricordi nel pollo.
Chissà perché
ma gli
aggettivi che mi vengono in mente non sono né carina
né altro. Mi vengono in
mente solo mille modi per impiccarla con il suo stesso nastro. Sento
che sto
cominciando a sudare, e mi butto sul pollo per camuffare la cosa.
“ Bhe, ti è
piaciuto?”
domando senza guardarlo in faccia.
“ Oh, sì, era
gustoso”
afferma Peeta con un tono troppo compiaciuto. Un bacio…
gustoso? Alzo gli
occhi. Ha già finito il pollo e mi guarda con
un’espressione divertita e
soddisfatta. Indica il piatto.
“ Il pollo era ottimo, tu
non credi? Qualche suggerimento?” mi chiede. Peeta. Vorrei
ammazzarlo, in
questo momento, ma è il mio Peeta.
“
Il bacio, idiota. Ti è piaciuto?
“ Mah, direi di no. A me
non piaceva Katrine, come tu ben sai. Chi vuole il dolce?”
chiede cortesemente.
Si alza quasi trotterellando. È da tanto tempo che non lo
vedo così felice. La
cosa mi urta parecchio. Per tutta la durata della cena, non riesco a
non
pensare a Katrine. La odio. Odio quegli occhietti neri e luccicanti,
odio quei
riccioletti biondi che le ricadevano composti sulle spalle…
Peeta è mio. Come
si è permessa? Non esiste. La cosa è
inaccettabile. Lei e quel suo nastro
maledetto. Aveva sempre i vestiti più belli del Distretto,
era proprio così.
Nella mia classe la invidiavano tutti. Guardo il mio. Bhe, in questo
momento
dovrebbe essere lei ad invidiare me. Scommetto che neanche nei suoi
sogni più
fantasiosi avrebbe potuto permettersi un capo del genere. Poi, altro
che
fiocchi. Il mio vestito ha quella cosa fantastica chiamata zip. Ah, ah, Katniss. Idea geniale.
Sì,
questa sera sono particolarmente silenziosa. Sto elaborando il mio
piano.
Saliamo in camera molto
presto. La giornata è stata stancante, e io non vedo
l’ora di mettermi a letto.
O meglio,questo è ciò che pensa Peeta. Mi strucco
velocemente, levandomi di
dosso quelle cose assurde tipo i brillantini o gli strass per il viso.
Ok, sono
tornata ad essere me stessa. Adesso mi serve del coraggio. Quel
coraggio vero,
quello che non ho mai avuto, in fin dei conti. Ammettere di essere
umani.
Scomporsi un po’. Forse questo mi servirà. Peeta
sta sdraiato sul letto, a
sfogliare il nostro libro. Quando mi vede, lo poggia delicatamente sul
comodino. Io mi siedo sul letto, dandogli le spalle. Prendo un respiro.
“ Senti… mi
slacci la zip
del vestito?
Una risata fragorosa. Mi
giro irritata.
“ Che hai da ridere?
Zitto
o Sae penserà che qualcosa non vada!” ma non la
smette di ridere come un matto.
Sentire Peeta che ride è bello. Mi contagia. Anche io
comincio a ridere.
“ Allora, me la vuoi
togliere o no?” chiedo cercando di essere infastidita. Si
sporge verso di me,
facendo scorrere la zip sul mio corpo. Lo fa troppo lentamente.
È una bella
sensazione. Mi schirisco la gola mentre borbotto un semplice
“ Grazie”. Faccio
per alzarmi, quando mi afferra un polso, trattenendomi. Sussulto
leggermente,
ma la sua presa è molto lieve, non può voler dire
niente di male.
“
Aspetta…” mi sussurra.
Mi sfiora con le dita la schiena, rimasta nuda. Prima con le dita, poi
con le
labbra. Mi alzo di scatto.
“ Io… vado a
infilarmi il
pigiama!” bofonchio
confusa. Altre
risate da parte di Peeta. Che avrà mai da ridere, mi chiedo
entrando nel bagno.
Mi guardo in faccia. Sono rossa come un peperone, perfetto. Fantastico,
direi.
Mi butto addosso un po’ d’acqua fredda. Va meglio.
“ Sei gelosa, Katniss.
Vero o falso?” mi domanda da dietro la porta. Cerco di
sviare. La risposta non
posso ammetterla a me stessa.
“ Di chi, scusa?
“ Di Katrine. Ti ho vista
a cena. E adesso questa tua reazione me lo sta confermando. Sei gelosa.
Vero o
falso?
“ Falso!”
esclamo vestendomi
velocemente.
“ Stai mentendo. Vero o
falso?” mi chiede trattenendo una risata. Spalanco la porta
del bagno, e sto
per dirgliene quattro, ma appena lo vedo… Ha un sorriso
bellissimo. Forse il
più bel sorriso del mondo. Non ce la faccio.
“
Vero…” sussurro. Lui mi
abbraccia di getto.
“ Lo sapevo! Questo
doveva
essere vero. Per forza!” mi dice baciandomi la testa.
Annuisco velocemente
scansandolo via. Ma che vuole? Che gli dica di sì? No, non
l’ammetterò mai! Mi
infilo nelle coperte.
“ Buonanotte,
Peeta!”
esclamo con fare quasi pomposo, mentre spengo l’interruttore
della luce. Sento
Peeta ridere un po’, prima di infilarsi sotto le coperte. Gli
do la schiena.
Non voglio vederlo neanche attraverso la penombra. Mi vergogno troppo.
Nonostante i miei buoni propositi, lui mi gira dolcemente e comincia a
baciarmi. E mi scordo di tutto. Sento la fatica della giornata
scivolarmi
addosso, l’immagine della parrucca di Caesar uscire dalla mia
testa, le urla
che mi tormentano quotidianamente attenuarsi fino a
scomparire… Poi Peeta si
stacca e decido di aprire gli occhi. La sua espressione è
dura, seria e decisa.
Prende un respiro.
“ Il
matrimonio… tu lo sai
che prima o poi ti chiederò di sposarmi, vero?
“ Sì, lo
so” affermo. Se
c’è un cosa che so di Peeta è che lui
è quel tipo di persona. Quel tipo di uomo
che ha bisogno di una donna accanto. Il problema è:
potrò essere io quella
donna?
“ E sai anche tu dirai di
sì, alla fine?” mi domanda. Sospiro e abbasso gli
occhi. Vorrei annuire, non so
perché. Ma decido di non farlo. Mi limito a dargli un bacio
lieve sule labbra
prima di dargli la schiena. Lui mi abbraccia da dietro.
“ Per adesso, questo
silenzio mi basta” dichiara. E dovrà bastargli.
Dovrà bastargli per un bel po’.
Finché non saprò quello che provo davvero.
Ammesso che provi qualcosa.
Il telefono.
“ Vuoi che vada a
rispondere io?” mi domanda. Annuisco, intenta a divorare la
mia colazione. Lui
si alza dal tavolo e va in salone. Ritorna qualche secondo dopo, un
po’
allarmato.
“ Katniss…
è Gale” mi
dice. Rimango un secondo di sasso mentre cerco di afferrare il
significato di
quelle parole. Gale. E per un attimo, sono contenta. Gale, il mio
migliore
amico, penso. E poi… riaffiorano in me troppi
ricordi… paracaduti… Vedo Peeta confuso.
“ Che faccio? Gli dico di
richiamare, che non vuoi parlargli, che arrivi …?
“ No. Eccomi”
dichiaro in
una specie di stato di trance. Varco la porta con fare sognante,
scacciando di
tanto in tanto, i paracaduti che si venivano a formare davanti ai miei
occhi.
Mi prude il polso nel posto in cui ci sarebbe dovuto stare il
braccialetto con
su scritto “ mentalmente confusa”. Tremando, afferro il
telefono.
“ P… Pronto?
“ Katniss”
ringhia una
voce. Gale.
“ Gale… come
stai?”
ciancico confusamente.
“ Al diavolo i
convenevoli, Katniss. Sai che ore sono?
“ Io…
no…
“ Sono le otto del
mattino. Posso chiederti CHE DIAMINE CI FA PEETA MELLARK A CASA TUA A
QUEST’ORA, CHE MI RISPONDE DICENDOMI CHE VI SIETE APPENA
ALZATI PERCHE’ IERI
AVETE AVUTO UNA GIORNATA FATICOSA?
“ Gale, io…
“ Dorme lì con te, eh? Nello stesso letto, magari?
Dimmi che mi sbaglio.
“ No… non ti
sbagli”
ammetto. Fingere non serve a nulla. Se le mie intenzioni con Peeta
sono
definitive, tanto vale mettere le cose in chiaro.
“ E’ vero,
allora, eh?
Giusto… un semplice fornaio ti rende tutto più
semplice… ma io credevo che
avessi dei sentimenti, Katniss…
“ Ce li ho… io
ce li ho…”
replico provando ad argomentare. Ma lui riparte all’attacco.
“ E allora
perché Peeta,
il tuo burattino, quello che etichettavi come un’idiota ogni
volta che me ne
parlavi…
“ Questo non è
vero…”
provo a dire. Ma mi escono solo suoni confusi. Non riesco a trovare la
forza di
parlare, di spiegargli. Non ho proprio la forza di fare niente.
“ … ma tu hai
baciato me,
Katniss. Avevi baciato me. O questo non conta?
“ Non più di
tanto. No.” e
poi mi ricordo perché sono arrabbiata con Gale.
L’ombra di Prim mi si è
appollaiata sulla spalla. Lui attacca il telefono. Gale… Che
cosa gli ho detto?
Quanto sono… “ bella stronza,
eh?”… no…
“
Peeta…” sussurro. Ma lui
è più veloce di me. Mi afferra da dietro prima
che possa cadere. Sento che sto
per svenire, vedo tutte luci colorate davanti ai miei occhi.
Un’esplosione.
“ Prendi me…
prendete
me..” mormoro cercando di restare più lucida
possibile. Sento il respiro di
Peeta.
“ Ci sono io. Sono qui
accanto a me. La risolviamo insieme, ricordi?” mi sussurra.
Sì… insieme. Faccio
dei respiri profondi. Sae, allarmata, mi porta un bicchiere
d’acqua. Quando ho
le forze per spiaccicare qualche parola, riesco a dire:
“ Voglio andare al
Distretto 2. Da Gale. Ora.
“ Non possiamo ora,
Katniss. Lo sai che il treno non passa qui tutti i giorni”
osserva Peeta.
“ Io troverò
un modo.
“ Non ci sono altri modi,
lo sai. Il prossimo dovrebbe passare qui tra tre giorni. Proprio
dopo…
“ Il sorteggio degli
Hunger Games. Già.
E questi tre giorni sono
passati, quando Sae accende la televisione. Sintonizziamo sul primo
canale di
Panem. Ed eccoli lì. La “ Mietitura di Capitol
Ciy”. Sono raccolti
nell’Anfiteatro almeno duecento ragazzi, tra i dodici e i
diciotto anni. Alcuni
sono forti, ma la maggior parte assomigliano terribilmente a pecorelle
impaurite. Mi fanno pena. Poi penso a Prim. Affogo la compassione
dentro di me.
I cittadini di Capitol City hanno guardato questo spettacolo per anni
senza
provare nessun sentimento di pietà. Perché io non
potrei fare così? Sento delle
trombe. E la Paylor sale sul palco.
“ Buonasera a tutti! Per
prima cosa, vorrei ringraziare tutti di essere qui. Ringraziare i
ragazzi, le
famiglie. Il vostro coraggio vi fa onore” dice. Come se avessero scelta… penso
io.
“ Ed ora… un
video per
voi!” annuncia mostrando lo schermo gigante alle sue spalle.
Appaio io. Io
nell’intervista di Caesar, che dichiaro che questi saranno
gli ultimi Hunger
Games della storia, per dimostrare quello di cui noi, povera gente,
siamo
capaci. La mia espressione è dura e decisa, perfetta per
l’occasione.
Ovviamente, Capitol City non mi ha interpellata per chiedere la mia
approvazione, ma vabbè.
“ Adesso… mi
accingerò a
leggere la ‘Lista dei Sessanta’. Snow, Tresyt,
Salemech, Rockyu…
Fino ad arrivare a ben
sessanta nomi di gente che non avevo mai sentito nominare.
“ E adesso… il
nostro
stratega sorteggerà i nomi dei ventiquattro tributi di
quest’anno!” annuncia
più felicemente che può. Il pubblico applaude in
modo poco convinto, quando
Plutarch sale sul palco.
“ Sorteggerò
prima il nome
di un giovane ragazzo e poi di una giovane ragazza” mescola i
biglietti e ne
tira fuori uno.
“
David Stranner!” esclama ad alta voce. Un
gemito dalla folla. Vedo avanzare un ragazzino di tredici anni, un
po’ troppo
rotondo per la sua età. Raggiunge il palco traballando dalla
paura.
“ E la signorina che
verrà
sorteggiata sarà… Jannet McGrams!”
dichiara al mondo. Un po’ meglio. Una
ragazza robusta, più o meno di diciassette anni avanzi
tronfia verso il palco.
Forse sa andare a caccia…
“ E il vostro mentore sarà… Haymitch
Abernathy!
Un
bell’applauso! Haymitch, ti aspettiamo a Capitol City!
“
Dovranno
nascondere la vodka!”
mi sussurra Peeta all’orecchio. Riesco quasi a farmi una
risata.
Poi
vengono sorteggiati Umos
Naruth, un ragazzo abbastanza forte di sedici anni, e Fraglia Reevees,
una
quattordicenne tutt’ossa. Beetee dovrà fargli da
mentore.
“
Occasione in più per rivederlo,
qualora venissimo estratti” commenta Peeta.
Ed
ecco il turno di Caleb
Rockforter, diciassettenne alto, biondo e affascinante, e
Mielinda Serviettey,
una ragazzina mora di appena quindici anni. Annie Cresta
dovrà accudirli. Mi
scatta una molla dentro il cuore. Quel ragazzo, Caleb… in
qualche modo
assomiglia a Finnick. Spero che questo non sia un problema per lei.
“
Jack Snow!” esclama Plutarch.
Non è possibile. Ma eccolo lì, che avanza.
Diciotto anni, alto e ben formato. I
capelli di un moro trascurato, quasi tendendenti al grigio. Saluta
sprezzante
Plutarch, prima di unirsi alla schiera dei tributi. Viene sorteggiata
Celine
Noiress. Incredibilmente bella, come una pianta carnivora. Affascinante
nel suo
tubino nero. In questo momento, desidero con tutto il cuore che non sia
io a
fargli da mentore. Li farei morire entrambi, e non è questo
il lavoro che un
buon mentore dovrebbe fare.
“
Johanna Mason!
“
Sono spacciati” dichiaro ad
alta voce. Mi dispiace ammetterlo ma è così. Quei
due penso che sappiano che la
loro fine è vicina, perché vedo un fremito di
paura attraversare gli occhi di
Snow.
Vengono
sorteggiati altri
tributi. Quelli che mi colpiscono di più sono una ragazzina
di dodici anni
tutta tremante e un ragazzino di quattordici anni che si mette a
piangere in
mezzo al palco. Per il resto, tutti volti di ragazzi che sanno che la
loro vita
potrebbe finire da un momento all’altro. Come mentori vengono
estratti nomi che
non conosco, probabilmente altri reduci degli Hunger Games. Arrivano le
ultime
due estrazioni.
“
Vincent Isher!
Un
ragazzo di diciassette anni,
fieri e deciso, si fa avanti tra la folla.
“
E… Primrose
Everdeen!” ed eccola lì! Prim che avanza
tra le altre ragazze, le quali tirano un sospiro di
sollievo…
“
PRIM!” urlo alzandomi dal
divano. Mi prendo due secondi per guardarla meglio. Non è
Prim. Peeta si alza.
“
Katniss… Questa bambina è
Angelique Prescott. Non hai sentito?” mi domanda rimettendomi
a sedere.
“
No…” affermo. Che stia
diventando pazza? Ma questa Angelique, di appena dodici anni,
assomiglia
tantissimo alla mia Prim. Stesse treccioline bionde, stesso passo
malfermo… Si
avvicina tremante e si mette affianco a Isher.
“
E il mentore sarà… Oh, c’è
una
sorpresa, signore e signori! I mentori saranno… Katniss
Everdeen e Peeta
Mellark!” grida trionfante. La bambina pare illuminarsi. Ma
sì, forse ha già
sentito il mio nome. Questo le dà speranza. E
improvvisamente capisco quello
che voglio fare. Voglio aiutare quella bambina.
“
Noi l’aiuteremo, Peeta. Quella
bambina. Non mi importa se quell’idiota di Gale dà
di matto, non mi interessa.
Ci penserò quando tutto sarà finito. Dobbiamo
aiutare Prim.
“
Angelique, Katniss…
“
Non mi importa il suo nome.
Peeta, dimmi che sarai accanto a me!” grido facendolo balzare
dal divano
insieme a Sae.
“
Sì… lo giuro” mi promette.
Bene. Devo aiutarla. Aiutare lei, per aiutare Prim. Poi andare da Gale.
Ma la
priorità è lei. PRIM.
Spazio
autrice: Allora!!! Per
prima cosa… GRAZIE INFINITAMENTE a voi, che recensite o
semplicemente leggete
la storia. Voi siete la mia fonte d’ispirazione
più grande, il motivo per il
quale scrivo. Senza i vostri commenti, i vostri apprezzamenti e le
vostre osservazioni
( belle o brutte non fa
differenza), io
non avrei scritto niente di tutto questo. E quindi, dopo i dovuti
ringraziamenti che meritate TUTTI VOI, nessuno escluso, vorrei
precisare il
fatto che nel corso di questa storia troverete che Katniss si rivolge
mentalmente ad Angelique chiamandola ‘Prim’. Questo
è un ‘errore’ assolutamente
voluto. Katniss non è guarita ancora, e piano piano
riuscirà ad entrare nella
fase di “ accettazione… ma per adesso è
questa qui J
Poi… so che il capitolo è vasto e parla di vari
argomenti, dal comico al
triste. Ma questa condensazione è necessaria, vi giuro.
Sennò ne sarebbero
venuti fuori tre capitoli e sinceramente, preferisco concentrarmi di
più sul
Katniss e Peeta come mentori degli Hunger Games. Prometto di fare il
mio meglio
per rappresentarli al meglio! GRAZIE DAVVERO, A TUTTI VOI! A presto
angelikakiki
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Capitolo 11 *** L'amaro sapore della verità ***
Capitol
City è proprio come me la
ricordo. Uguale. Probabilmente vogliono mantenere quella sensazione di
continuità dovuta al governo Snow. E ci sono riusciti alla
grande. O almeno, questa
è la mia opinione. È strano andare a Capitol
City, stavolta per aiutare altri a
sopravvivere alle nostre torture. Ma ehi, io sono la ragazza di fuoco,
no?
Trovare sponsor non dovrebbe essere un problema… o
sì? All’Ingresso
dell’Alloggio dei Tributi, veniamo ricevuti direttamente
dalla Presidentessa
Paylor.
“
Ciao ragazzi” ci saluta appena
ci vede. “ Allora… Dodicesimo piano. Quello
solito, insomma. I ragazzi vi
stanno aspettando” decreta.
“
Pensavo che ci fosse direttamente
la Parata stasera” afferma Peeta quasi con fare saccente. Non
ha perdonato la
Paylor. Lo capisco, in fin dei conti.
“
No, l’abbiamo rimandata a
domani. Così almeno potrete conoscere i vostri tributi,
prima.
“
Dove sono gli altri mentori?”
chiedo io.
“
Oh, nessun contatto tra
mentori. Dovrete aspettare domani. Staranno sulle tribute riservate
anche a
voi. Oh, Katniss, spero che non ti dispiaccia… ho fatto in
modo che i tuoi
preparatori si occupassero dei vostri tributi. Il dottor…
voglio dire, mi è
sembrata un’ottima idea per non spossarti troppo,
no?” dice quasi a mo’ di
giustifica. Bene, quindi il dottor Aurelius seguirà il
tutto. Grazie, Capitol
City, per ricordarmi continuamente che io non possiedo un libero
arbitrio.
Faccio finta di aver abboccato e mi mostro contenta e rilassata per
questa
notizia. Basta provocare incendi. Voglio solo essere lasciata in pace.
“
Già. Sì, ok, non c’è
problema.
Stilista?
“
Una certa Tigris. Aurel…
Aurelius mi ha detto che questo nome ti è famigliare, no?
Bhe, le abbiamo
assegnato l’incarico. Spero che concorderai!”
aggiunge. Sorrido. Tigris. Certo
che concordo sulla sua scelta.
“
Ah, Katniss… due parole in
privato?” mi chiede guardando Peeta. Lui si limita ad alzare
le spalle e a
procedere verso l’ascensore infastidito, mentre io rimango
indietro con la
Paylor.
“
Bell’intervista, davvero. Trovo
la tua opinione molto azzeccata. Ho usato il video
dell’intervista per…
“
Sì, la vedo la televisione”
esclamo con fare un po’ troppo seccato. Poteva anche chiedere
la mia
autorizzazzione prima, no? La Paylor mi guarda interrogativa.
“
Ce l’hai con me per aver approvato
l’idea della Coin?” mi chiede improvvisamente.
“
No” dichiaro d’un fiato. Lei mi
rivolge un’occhiata tipica di chi capisce più di
ciò che gli viene detto. Quasi
saccente. Forse ci ha preso, ma non l’ammetterò
mai.
“
Un po’ sì, e lo capisco. Ma
sono stata costretta, Katniss. Per placare gli animi, ecco”
aggiunge sollevando
le spalle. Annuisco velocemente. Lei mi da’ una pacca sulla
schiena.
“
Vai da Peeta. Ci vedremo
domani!” mi dice congedandomi. Con un’ultima
occhiata neutra, mi volto e
raggiungo Peeta.
“
Che voleva?” chiede.
“
Fare ammenda a sé stessa,
probabilmente” rispondo tagliando corto.
Saliamo
sull’ascensore. Afferro
la mano di Peeta. Quante ansie, quante paure mi legano a
quell’ascensore.
Peeta, dal canto suo, la stringe ancora più forte. Ma non
è per darmi conforto.
Lo guardo: la sua mascella si è irrigidita e trema
leggermente.
“
Peeta?
“
Hai tentato di ammazzarmi
facendomi sbattere la testa dentro l’ascensore, prima che
iniziassero gli
Hunger Games. Vero o falso?
“
Direi falso” dico gentilmente.
Peeta sospira, appoggiando la testa contro la parete di vetro.
“
Cosa devo fare per dimostrarti
che non sono un’assassina?” domando accarezzandogli
un po’ il dorso della mano
con le dita.
“
Non saprei… Dimmi che mi ami”
mi dice improvvisamente.
Io
non amo Peeta. Ma vorrei
dirgli di sì. Non so perché. Di colpo, arrossisco
e rido. Una risata nervosa
che non mi appartiene. E soprattutto, appare fuori luogo in un momento
così
delicato. Ma quando guardo Peeta, vedo l’azzurro dei suoi
occhi combattere
quelle due pozze nere piene di disperazione.
“
Grazie… Grazie, Katniss…” mi dice con
ancora
il fiatone. Non capisco il motivo della sua ripresa, anche
perché io non ho
fatto niente, ma sono contenta che sia finita. Gli stringo la mano
più forte,
sorridendogli. Forse lo amo davvero, ma non saprei proprio. Arriviamo
all’attico. Due guardie ci aprono la porta. È
proprio come me la ricordavo.
Tutto uguale, come se non fosse cambiato niente. Peeta cammina
più lentamente
del solito. Immagino perché: troppi falsi ricordi legati a
quel luogo. Ma gli
basta un bacio sulla guancia per farlo calmare un po’. E poi
la vedo. Vedo quel
piccolo angioletto biondo seduto sul divano azzurro, con le braccia
incrociate,
lo sguardo curioso e affascinato allo stesso tempo. Alle sue spalle, un
ragazzo
alto e castano, un po’ tenebroso. Mollo la presa di Peeta. Mi
avvento su Prim e
l’abbraccio, con tutta la forza che ho. Lei pare un
po’ spaventata,
inzialmente, ma poi si lascia andare. Prim, la mia Prim. Riesco a
sentire il
suo calore, lo sento. Da sopra la testa della bambina intravedo Peeta
che si
dirige verso il ragazzo castano che immagino essere Vincent, dandogli
un’amichevole pacca sulla schiena. Vincent onora Peeta di un
sorriso. Bene. Ma
io sto accarezzando i capelli di Prim.
“
Ciao Katniss… mi chiamo
Angelique…” mi sussurra quell’esserino
tra le mie braccia. Mi stacco da lei.
No, non è Prim. I suoi occhi sono ancora da bambina, mentre
quelli di Prim
erano un po’ più da donna. Aveva visto troppi
orrori e aveva ricoverato troppi
pazienti. Mi esce una lacrima.
“
Ciao… Angelique… come stai?” le
domando. Lei abbassa la testa.
“
Voglio tornare a casa…”
sussurra. Una fitta al cuore. Guardo Peeta. Io non sono adatta a questo
lavoro.
“
Vedrai che andrà tutto bene,
ok? Hai me. Hai Peeta. Ti aiuteremo. Vi aiuteremo!” rimarco
guardando Vincent.
Mi tende la mano. Io l’afferro, mentre accetto le sue
congratulazioni per il
mio atteggiamento durante gli Hunger Games.
“
Io tifavo per te” ammette un
po’ pomposamente.
“
Grazie, adoro avere così tanti
fan!” replica Peeta cercando di ironizzare. Mi asciugo la
lacrima e rido un
po’.
“
Ok, allora, parliamo di voi.
Che sapete fare?” domando. Angelique scuote la testa.
“
Niente… io so disegnare”
risponde. Sto per replicare sul fatto che disegnare non
l’aiuterà affatto, ma
Peeta mi rivolge un occhiata di rimprovero ed esclama :
“
Wow! Io sono un pittore, sai?
Mi fai vedere come disegni?” chiede. Angelique sorride
soddisfatta, mentre
scorta Peeta in camera sua. Vincent mi guarda, seduto sulla poltrona
davanti a
me.
“
Siamo spacciati, vero?”
domanda. Scuoto la testa.
“
No. Assolutamente no. Ma dovete
giocarvela bene, anzi, benissimo. Non è questione di forza.
È tutta furbizia e
strategia. Certo, è anche vero che avere un’arma
non guasta!” aggiungo alla
vista della sua occhiata scettica.
“
Tu sai fare qualcosa?
“
Scherma.
“
E sarebbe?
“
So lottare con una spada
abbastanza allungata, ecco.
“
Questo è un enorme vantaggio”
dico arricciando il naso. Non mi va a genio il fatto che i ragazzi di
Capitol
City sappiano praticare qesto genere di cose. Se erano così
preparati, perché
non ci andavano loro agli scorsi Hunger Games?
“
Sì, ma non ho mai ucciso
nessuno” mi spiega quasi dispiaciuto.
“
Sfortunatamente, quando stai
lì, non è così difficile come
sembra” affermo. Vedo che le mie parole l’hanno
scosso, quindi aggiungo “ Il punto è che
nell’Arena, come tu ben sai, conta la
propria sopravvivenza. E, di tanto in tanto, quella delle persone a cui
tieni
che stanno lì con te…
“
Come Peeta?
“
Come Peeta… “ confermo.
“
Non ci sono speranze per
Angelique, vero?” domanda. Abbasso lo sguardo. Come posso
dire una cosa del
genere? Io voglio aiutarla. E spero di poterlo fare nel migliore dei
modi.
“
Ci proverò. Farò di tutto per
aiutarla.
In
questo momento, tornano Peeta
e Angelique.
“
Angelique è bravissima a disegnare,
davvero… ad ogni modo… domani avrete la
Parata!” esclama sedendosi accanto a
me. Angelique sorride ancora, mentre si siede su un’altra
poltrona lì vicino.
“
Saranno presenti gli sponsor, è
un momento importantissimo. La vostra stilista sarà Tigris.
“
E’ brava?” chiede Vincent.
Peeta solleva le spalle.
“
Non penso che sia una
fuoriclasse come Cinna, ma penso che andrà bene”
ammette. Cinna. Un giramento
di testa. Vedo il sangue uscire da ogni singolo buco della casa. Mi
alzo.
Voglio andare via. Voglio fuggire. Cerco una via di fuga. Ma non
c’è. Forse
potrei buttarmi dal balcone e…
“
Katniss…” la dolce voce di
Peeta mi riporta alla realtà. Io devo aiutare Prim. E
così non la sto aiutando
per niente.
“
Certo. Sì, vi piacerà. Io ho
fame, Peeta” dichiaro inaspettatamente, lottando contro gli
spiriti nella mia
testa. Peeta chiede a due cameriere che stanno lì di
portarci la cena.
“
Che fine hanno fatto tutte le
persone che…” chiedo a una delle cameriere. I
Senza-Voce. Ma sì, la ragazza dai
capelli rossi. L’ex capitano dei Pacificatori…
tutti nomi e persone che mi si
affollano in testa, facendomi un po’ traballare.
“
Sono stati liberati, signorina.
Qui ormai è ammesso solo il personale abilitato per il
servizio. C’è un rigido
test da passare!” afferma in modo un po’ troppo
scorbutico. Tiro quasi un
respiro di sollievo. Almeno forse, si saranno salvati. Ma questo non mi
impedisce di non riuscire a mettere a fuoco la cameriera. Mi gira la
testa.
Sento cedere le ginocchia. Ma sento qualcuno tenermi forte.
È Peeta, che mi fa
accomodare su una sedia.
“
Katniss, stai calma…
“
Non ci riesco, non riesco…”
riesco a borbottare confusamente. E poi vedo Prim che mi corre
incontro,
abbracciandomi. Ora sì, ora riesco a ragionare. Sento il suo
calore, le sue
piccole manine che mi stringono forte… appena molla la
presa, le sorrido raggiante.
“
Grazie” sussurro con una voce tremante.
Lei sorride, e, piano piano, Prim torna a essere Angelique. Peeta mi
accarezza
la testa in maniera comprensiva. Vincent anche mi sorride leggermente
con fare
incoraggiante. Sento qualcuno tossire. È un cameriere che ci
avvisa che la cena
è pronta. Prendiamo tutti posto, mentre ci servono le varie
pietanze. A
malapena capisco quello che sto mangiando, tanto sono presa
dall’osservare quei
due ragazzi. Lascio a Peeta il compito di fare conversazione,
così da
concentrarmi sullo studio delle loro parole. Vincent è un
ragazzo brillante, un
po’ sognatore. Vorrebbe diventare uno scrittore, se dovesse
uscirne vivo. Ma c’è
qualcosa in lui che non mi convince, qualcosa che mi attira e mi
spaventa al
tempo stesso. Angelique,
invece, ha due
sorelle più piccole, un cagnolino di nome Steve e otto
bambole di porcellana.
La sua preferita si chiama Candy ed è bionda, con un vestito
rosa con i
fiorellini blu. A Vincent piace una ragazza di nome Mariss, ma lei
è fidanzata
con il ragazzo assegnato a Beete, Umos Naruth. Quando lo dice, vedo
un’ombra
attraversargli gli occhi. So chi sarà la prima preda di
Vincent. Oppure, chi
sarà il suo cacciatore. Questo non posso saperlo. Ad
Angelique piaceva il
vestito che avevo indossato alla prima intervista con Caesar. Dice che
sua
madre gliel’ha comprato uno uguale per la sua bambola Clarett
in uno dei negozi
che vendono prodotti firmati ‘ Hunger Games’.
Vincent adora ascoltare la musica
classica. Angelique ha una vera passione per i cavalli.
“
Quindi, quando vi sposate?” mi
chiede Prim improvvisamente.
“
Eh?” domando io uscendo dai
miei pensieri.
“
Tu e lui. Mamma ha votato per
scegliere il tuo abito da sposa, Katniss… eri proprio
bellissima. Da grande
voglio essere come te!” mi dice Angelique sorridendo. Riesco
a risponderle solo
con un sorrisetto nervoso, prima che Peeta mi salvi:
“
Prima pensiamo a questi Hunger
Games, eh?” afferma Peeta mandando giù un
po’ di brodo.
“
Ok… allora prima domanda: il
consiglio senza il quale la nostra morte sarà più
immininente?” domanda Vincent
più a Peeta che a me. Peeta mi guarda per un decimo di
secondo, prima di dire:
“
Dovete piacere alla gente.
Questo è il trucco. Fate modo che si affezionino a voi,
dovete crearvi dei fan
che vi seguano. Quindi, in questi giorni lavoreremo sulle vostre
particolarità,
su tutti gli elementi caratteriali e non che potrete sfruttare a vostro
favore.
Lo
dice in modo troppo pratico,
troppo freddo. So che si sta sforzando, lo percepisco. Ma mentre mi
servo
un’altra porzione di patate, sento lo sguardo di Angelique
sulla nuca.
“
E tu, Katniss? Che consiglio ci
dai?” mi chiede. Certo, hanno proprio uno schifo di mentore.
Mi sto
concentrando troppo sul conoscerli, piuttosto che sul modo con cui
salvarli. Mi
schiarisco la voce.
“
Cercate un modo per procurarvi
dell’acqua. E imparate a cacciare. Evitate lo scontro
diretto. Ma sappiate
uccidere, se servirà. Perché se non lo farete
voi, lo faranno loro” dichiaro.
Silenzio. Neanche il rumore delle posate. Tutti mi stanno fissando.
Sento Peeta
sospirare. Gli occhi di Angelique sono lucidi. Vincent mi guarda
sbalordito, ma
vedo che mi sta dedicando più considerazione del solito.
Peeta tossisce.
“
Chiediamo il dolce, eh? Mi sa
che è meglio” dichiara tra i denti. Abbasso lo
sguardo. Sì, anche secondo me è
meglio chiedere il dolce. È preferibile al sapore amaro
della verità.
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Capitolo 12 *** Whisky ***
“
Sono le undici. Tutti a letto,
domani vi voglio in gran forma per la Parata! Incontrerete i
preparatori e la
vostra stilista, e dovete farvi trovare riposati! A letto!”
esclama Peeta in
modo troppo gioioso per essere vero. Mentre Vincent mi saluta con un
breve
cenno della mano e del capo, Angelique mi abbraccia e mi sussurra un
timido “
Buonanotte”. Appena la vedo sparire nella corridoio, emetto
un singhiozzo.
Sento le braccia di Peeta cingermi le spalle. Mi ci aggrappo, con tutta
la
forza che ho. Ma non mi basta, non mi aiuta. Comincio a piangere,
provando a
emettere meno rumore possibile. Non voglio che Angelique mi senta. E
neanche
Vincent. Vorrei essere coraggiosa, vorrei essere fredda e distaccata,
così da
poterli aiutare meglio. Ora capisco Haymitch: con una buona dose di
alcol nel
corpo, il mio compito dovrebbe essere più facile.
“
Voglio bere” bisbiglio a Peeta
tra un singulto e l’altro. Lo sento sospirare. Ma un attimo
dopo, si rivolge
alla cameriera, dicendogli qualcosa che non riesco ad afferrare. Essa
sparisce,
per poi ritornare due attimi dopo, con in mano una bottiglia di whisky
e due
bicchieri. Peeta la apre e ne versa il contenuto nei due bicchieri di
vetro. Ne
afferra uno e lo alza, a mo’ di brindisi. Io prendo
quell’altro. Posso già
avvertire l’aroma.
“
Felici Hunger Games” sussurra amaramente
prima di mandare giù il liquido in un solo sorso.
È bianco cadaverico e trema
come una foglia. Io,
dal canto mio,
faccio lo stesso. Sento l’acol bruciarmi in gola. Ma non mi
importa. Quel
dolore mi aiuta a distogliere l’attenzione dal dolore vero.
Quello che si sta
verificando nella mia testa. Inquietanti immagini mi passano davanti
agli
occhi. Angelique morta, Vincent morto. O peggio, Vincent che uccide
Angelique,
con una spada allungata che… ne voglio ancora. Voglio altro
whisky. Me ne verso
dell’altro, avida di scacciare via le mie fantasie. Peeta,
dopo avermi scoccato
un’occhiata di rimprovero, mi imita. E entrambi mandiamo
giù un altro
bicchiere.
“
E’ terribile” mormoro provando
ad asciugare le lacrime sulle guancie con
l’estremità della mia manica. Ma
niente, ne scendono altre. È inutile, quindi lascio perdere.
“
L’avete voluto voi” mi sussurra
Peeta. Non riesco a ribattere, quindi mi porto una mano alla bocca per
trattenere
un singhiozzo. Ha ragione. Ha sempre avuto ragione. E non so cosa dire.
“
Dobbiamo aiutarli. Dovremmo
aiutare tutti” esclama Peeta con gli occhi lucidi. Spero in
cuor mio che sia
per il bruciore dell’alcol, ma non ne sono così
sicura.
“
Non possiamo farlo. Non
stavolta” mi dico abbattuta. Non mi riconosco nelle parole
che dico. Sento…
Rassegnazione. No, basta fare guai. Questo è
l’ultimo sforzo. L’ultimo ostacolo
tra me e la mia pace. Niente scappatoie. Stavolta i cattivi siamo noi.
Peeta mi
afferra la mano, forse con un po’ troppa forza. Parole non
dette fluttuano
nell’aria. Ribellione soffocata a tutto ciò. Un
urlo muto. Resiamo così per
qualche attimo, prima che sia lui a versarsi altro whisky nel
bicchiere. Appena
poggia la bottiglia, colgo l’occasione per afferrarla di
nuovo. Sto al terzo
bicchiere e mi gira la testa. Ma forse è meglio
così. Sento la testa farsi
pesante. Ma continuo a bere e… voglio
andare a letto.
“
Sono stanca” dichiaro a Peeta.
Lui annuisce e, dopo essersi alzato traballando un po’, mi
tende la mano per
aiutarmi. Ma appena riesco a mettermi dritta, sento le ginocchia
cedermi e sono
costretta ad aggrapparmi a lui. Sento qualcosa salirmi dalla bocca
dello
stomaco. Alcol. Vomito tutto sulla moquette blu.
“
Scusa…” sussurro un po’
confusamente. Non ci capisco niente. La voce di Peeta
è lontana
mille miglia quando la sento dire “ Ti prendo in
braccio”. Ed è proprio quello
che succede, penso, quando mi accorgo che i miei piedi non toccano
terra. Peeta
mi adagia delicatamente su una superficie morbida. Deve essere il
letto. Sì, è
il letto. Posso sentire le sue coperte soffici e calde. Qualcuno o
qualcosa mi
poggia un materiale freddo sulle labbra. Acqua. Peeta si allontana ed
entra in
quello che deve essere il bagno. Lo sento piangere. Io, nel frattempo,
tento di
mettere a fuoco i contorni degli oggetti che mi circondano. Faccio dei
respiri
regolari e controllati. O almeno ci provo. Ecco, piano piano ci sto
riuscendo.
L’acqua e il vomito mi hanno aiutata. Sento i capogiri farsi
più lievi ed
isolati e ormai non ho problemi a riconoscere la sagoma
dell’armadio alla mia
sinistra. Peeta esce dal bagno. Ha gli occhi rossi e i capelli
disordinati. Gli
scocco un’occhiata indagatoria, ma lui mi
rassicura subito:
“ Sto bene.
Scusa per… sono solo un po’ stanco.
“ Ok.
“
Tu… come va? Ancora giramenti o va meglio?
“ Va
meglio. Sono confusa, però. Mi dispiace. ”
dichiaro con assoluta
franchezza. Lui mi rivolge un sorriso carico di tristezza, prima di
adagiarsi
accanto a me. Non ci cambiamo neanche. A quanto sembra, abbiamo deciso
di
dormire così. Spegniamo le luci. Lo senso respirare. I suoi
respiri sono
mozzati, poco regolari. Mi avvicino a lui e lo abbraccio. Gli faccio
adagiare
la testa sul mio petto. Sembra quasi un bambino. Ed è in
questo momento che
inizia a singhiozzare nel verso senso della parola. E mi si spezza il
cuore.
Finnick ci aveva preso. Peeta ha vinto per puro caso gli Hunger Games.
Grazie a
me. Ma quei giochi, quella brutalità, quella
morte… Sono cose che non gli
appartengono, e che non gli apparterranno mai davvero. Lui non
è un assassino.
Non è un carnefice. Gli manca quella dose di cinismo
necessaria per uccidere.
Al contrario mio, invece. Al contrario di tutti i vincitori degli
Hunger Games.
Lui non dovrebbe trovarsi qui. Lui dovrebbe stare in Panetteria con suo
padre,
sua madre e i suoi fratelli, in questo momento, magari ad allestire le
vetrine
per il giorno seguente, o a ideare nuove decorazioni per le
torte… Ma ormai non
si può tornare indietro. Forse avrei dovuto lasciarlo morire
dentro l’Arena.
Avrei dovuto avere il sangue freddo di ucciderlo piuttosto che
condannarlo a
una vita piena di dolore, sofferenza e… depistaggi vari. E
dopo tutto quello
che abbiamo passato… questa è la beffa che segue
al danno. Fare da Mentori… No,
è troppo da sopportare. E’ troppo pure per Peeta.
Per la prima volta, non
riesce a farsi carico della mia disperazione. Anzi, è lui
quello che ha bisogno
di aiuto. Ma non quel tipo di aiuto che gli ho sempre dato
nell’Arena… stavolta
non ha qualche arto sanguinante da fasciare o un cuore momentaneamente
fermo.
Anzi, posso sentirlo battere nel suo petto. No, questa volta dovrei
occupari di
lui come lui si è sempre occupato di me: confortandomi,
abbracciandomi,
facendomi sentire la sua presenza. Gli comincio a dare qualche bacio
sulla
testa, accarezzandogli i capelli delicatamente. Sento i suoi respiri
farsi più
pacati. Bene. Si solleva dal mio petto e, in men che non si dica, fa
premere le
sue labbra contro le mie. Ci baciamo a lungo, a fondo, piano e con
calma, come
per assaporare il momento. E mi lascio tutto alle spalle. Non mi
importa del
fatto che quello che stiamo facendo è già sopra
la norma, considerando la sua
situazione. Io voglio di più, stavolta. E, improvvisamente,
faccio fatica a
pianificare un metodo di conforto adeguato per Peeta: ora mi sento io
quella da
consolare, da accontentare. Sento i miei nervi sciogliersi sotto le sue
mani
che mi accarezzano la faccia, ma non mi basta. Voglio sfogarmi,
distrarmi
dall’ombra della futura disperazione che avverto essere
sempre più vicina. Mi
aggrappo a quel bacio con tutta me stessa, unica luce, unica speranza
di quello
che ci sarà dopo tutta questa disperazione.
C’è un solo posto in cui posso
trovare la pace: dentro questa stanza. Fuori da essa vi è la
morte. Qui invece
c’è vita. Posso sentirla scorrere nelle mie vene,
dentro di me. Ma Peeta è
troppo calmo, non sembra accorgersi dell’energia che mi sta
penetrando le
membra. In un batter d’occhio, il mio corpo è
sopra di lui. Anche io sono
stupita di quello che sto facendo, ma qualcosa mi dice che è
giusto, che è
bello. Peeta mi guarda interrogativo e un po’ spaventato, lo
vedo nella
penombra, quando mi sussurra:
“
Katniss… non capisco…
“ Non
c’è bisogno di capire niente. Basta pensare,
voglio solo…
“ Katniss,
ascoltami, l’alcol…
Ma
io non lo voglio sentire:
voglio fare qualcosa per distarmi, per farci felici. Per una volta,
tocca a me.
Provare a salvarci. E so in cuor mio che i Morsi della Morte, stavolta,
non
saranno necessari. Comincio
a dargli
piccoli baci sul suo collo. Non mi ero resa conto di quanto la cosa
fosse
gradevole. E deve esserlo anche per lui, perché si fa
scappare un gemito. So
riconoscere i gemiti dovuti al dolore, ma questo non è tra
quelli. Infatti
sento le sue mani stringersi intorno a miei fianchi, come per
aggrapparsi a
qualcosa. Mi tocca e, per qualche strano motivo, vorrei che mi toccasse
di più.
Mi piace. Mi tolgo da sopra di lui e mi stendo sulle coperte. Lui pare
capire
quello che vorrei che facesse, infatti adesso è lui a stare
sopra di me. Fa
scorrere le sue mani sulle mie braccia, provocandomi tanti piccoli
brividi. Ma
non c’è niente da fare, voglio di più.
Cosa, esattamente, non lo so. Ma
qualsiasi cosa sia, la voglio ora. Faccio scendere le mie mani sulla
sua
schiena, giocherellando con il bordo della sua maglietta nera. Si
interrompe un
secondo e mi guarda fisso negli occhi. Non riesco a decifrare la sua
espressione: spaventata, contentissima o sconcertata? Sembra che stia
provando
a capire la situazione. Ma non ho il tempo di starci a riflettere
troppo. Si
mette un po’ più dritto e, con un solo gesto si
leva la maglietta. Nei suoi
gesti colgo qualcosa di disperato. Si sporge verso di me.
Sì, anche lui si sta
aggrappando a tutto questo. Ci sta provando, sta tentando di lasciare i
suoi
spettri lontano da noi. È giusto così. Tocco con la punta delle
dita i suoi
addominali e il suo petto. Sì, tutto questo è
mio, deve essere mio. Sento le
sue mani farsi un po’ più insistenti. Dove vuole
arrivare? Lo capisco in questo
stesso istante: sul mio seno. La sua mano destra è
delicatamente poggiata sul
mio seno sinistro. Ora capisco cosa stiamo facendo, o meglio, cosa
stiamo per
fare. Stiamo infrangendo le regole, ci stiamo ribellando, in qualche
modo. Il
nostro è un modo per dire “ Ehi, nonostante questa
sitazione, noi riusciamo
comunque ad andare avanti. Insieme”. Ma forse è
solo una mia romantica visione
della cosa. Mi invade una paura folle, ma un bacio di Peeta la soffoca.
Sì, è
questo quello che voglio. Tanto prima o poi sarebbe dovuto succedere.
Quale
momento migliore? Ci stiamo ribellando a noi stessi. Stiamo dimostrando
che
possiamo combattere le tenebre con… qualcosa di bello,
penso. Sento che mi sta
slacciando la camicetta. Gli blocco la mano.
“
Io… non ho il reggiseno sotto la camicia” ciancico
tutta accaldata. Ma
non è proprio quello il lato bello della questione? Forse
no, visto che l’ho
puntualizzato così. Peeta sorride.
“
E’ davvero un problema?” mi domanda insicuro.
Stranamente, lo sento un
po’ allarmato. Non
volevo farlo preoccupare.
Faccio affogare le mie paure. No, non sarà un problema,
penso. Dopo aver
slacciato l’utimo bottone, mi scopre il petto. Vorrei
coprirmi, ma sarebbe
stupido e poi sono stata io a cominciare il gioco. E adesso voglio
finirlo.
Peeta comincia a sfiorarmi con le labbra i miei seni e la cosa mi fa
letteralmente andare fuori di me. Nessuno mi ha mai toccata
così. Sono
spaventata a morte, ma anche esaltata da questa nuova sensazione. Mi
slaccio i
pantaloni e li sfilo velocemente aiutandomi con le gambe. Basta, tutta
questa
attesa mi fa impazzire. Adesso ho il coraggio di farlo e non so per
quanto
tempo la cosa può durare. Devo agire immediatamente. Ci
servirà, neanche il
dolore dell’alcol ha un potere di distrazione quanto questo
che stiamo facendo…
Porto una mano ai jeans di Peeta. Ma lui la blocca. Lo vedo alzare lo
sguardo
su di me.
“
Katniss… io non posso farlo” mi dice scansandosi.
Ho gli occhi sbarrati
e la testa che mi pulsa. No, non l’ha detto veramente. Non mi
sta rifiutando
sul serio. Ci deve essere qualche problema di fondo. E mi viene
un’idea. Ora
capisco. Che stupida, davo per scontato che ce li avesse. Ma a quanto
sembra
non li ha. E io non voglio restare incinta. Non resterò mai
incinta. Lo
spavento nei miei occhi fa spazio a una specie di…
rassegnazione. Ok, nessun
problema. Possiamo anche continuare senza… andare al punto.
Ma voglio ancora i
suoi baci. Li voglio dappertutto, come tanti piccoli cerotti, ad
assorbire le
mie ferite.
“ Ah, ok,
non hai i… quei cosi che si mettono per non avere figli. Ok.
Non c’è problema, davvero, d’altronde
anche io non voglio avere figli quindi…
“ No,
Katniss, quelli ce li ho. Stanno lì dentro lo zaino. Me li
ha dati
Haymitch dopo l’intervista, ridendo come un pazzo.
L’ha trovato divertente. Non
è questo il punto” dichiara in modo freddo. Mi
invade un senso di inadeguatezza.
Ma cosa diamine stavo facendo? Mi gira un po’ la testa, e
sento il respiro
farsi più controllato. Ora che sto razionalizzando quello
che volevo fare, mi
sembra una cosa stupida e non da me. Quasi innaturale. Ok, e questo
vale per
me, sono le mie sensazioni. Ma perché Peeta non vuole? Il
mio sguardo mi cade
sulla pancia. È chiazzata da tutte le cicatrici della
scottatura. Ora
capisco. Perfetto. Mi riallaccio la
camicetta, ben attenta a non guardare Peeta. Eppure mi sta accarezzando
i
capelli. L’incoerenza di questo ragazzo.
“ Ok.
Potevi dirmelo prima, Peeta.
“ Che cosa?
“ Che non
mi vuoi. Ok, davvero, ci sto. Non c’è problema.
Lui scoppia in una
risata fragorosa, mentre io sento alcune lacrime farsi
spazio nei miei occhi. Do un pugno sul materasso, mi alzo e scappo in
bagno.
Sento che Peeta mi chiama, stavolta con un tono più serio,
ma non importa.
Sbatto la porta dietro di me e mi guardo allo specchio. Ho i capelli
scompigliati,
il rossetto rosa che mi ero messa è tutto sbavato sulla
bocca e in parte sul
mento, il minimo di trucco sugli occhi è tutto calato, tanto
da farmi sembrare
un panda. Ci credo che non mi vuole. Neanche io mi vorrei in queste
condizioni.
Per non parlare poi delle cicatrici. Bene, Katniss, in fondo
è un bene che vi
siate fermati, no? Sarebbe stato… innaturale. Eppure sei
triste. Perché sono
triste? Non ci capisco niente e mi gira la testa. Mi risale la nausea.
Mi bagno
i polsi con l’acqua del rubinetto.
“ Katniss,
apri subito questa porta!” mi urla Peeta. Scuoto la testa.
Non
voglio vederlo. Non voglio che lui possa capire la mia umiliazione. Ma
prima o
poi dovrò uscire. Cerco di mettere su
l’espressione più fiera e dura che ho,
mentre stringo la maniglia della porta e l’attiro verso di
me. Peeta è sul
letto, seduto. Mi guarda quasi come per rimproverarmi.
“ Ti rendi
conto della stupidaggine che hai detto oppure sei davvero
convinta della tua opinione?
“ Ne sono
convinta. Non vedo altri motivi. Ma davvero, Peeta, nessun
problema. Capisco di non essere proprio il massimo della bellezza e
sinceramente non posso neanche biasimarti troppo. Quindi basta. Non mi
devi
nessuna spiegazione” rispondo. Peeta si alza in piedi e viene
verso di me.
“
Katniss… tu non puoi davvero pensare questa
assurdità! Ti prego, dimmi
che tutto quello che faccio per te ti abbia fatto maturare
l’idea che ti amo
più della mia stessa vita e che ti voglio con tutto me
stesso! Ti supplico,
dimmi che i miei sforzi producono qualche risultato! Così tu
mi uccidi,
Katniss! Come puoi pensare una cosa del genere?
“ Allora
perché dici che non possiamo…? Non che io voglia,
comunque”
dichiaro. Lui mi guarda scettico. Capisco che eviterà di
commentare l’ultima
mia affermazione.
“
Perché potrei metterti in pericolo! E se mi venisse uno dei
miei soliti
attacchi? E poi Katniss, ammettiamolo, se proprio deve succedere, non
così!
“
Così come?
“ Sei
brilla! E lo sono anche io, a dirla tutta! Ci siamo scolati una
bottiglia di whisky in due!” esclama. “ Non ti
comporteresti così se non fossi
mezza ubriaca!
“ Io sto
benissimo!” urlo fuori di me gettandomi sul letto e
infilandomi
sotto le coperte. Peeta sbuffa infastidito, ma mi raggiunge
immediatamente.
Stavolta però non mi abbraccia, non mi sfiora neanche. Ed
eccolo di nuovo:
l’orrore. Ecco i pensieri connessi agli Hunger Games
affliggermi il cervello,
stavolta ancora più forti. Chiudo gli occhi e provo a non
sentire le urla di
Prim, di Rue, di Angelique. Niente, non riesco a dormire. Rimango
immobile, con
la faccia spiaccicata contro il cuscino, a tentare di scacciare le
immagini
macabre e strazianti che si affollano davanti a me.
“
Katniss?” sento sussurrare
nell’oscurità. Non rispondo. Faccio finta di
dormire. Sento un movimento dietro la mia schiena. Peeta mi sta
abbracciando.
“ Stai
dormendo?” mi chiede. Ma che domanda sciocca. No che non sto
dormendo, dopo tutto il casino di prima. Ma non gli darò mai
questa
soddisfazione. Non emetto un fiato. Lui sospira.
“ Katniss,
io ti voglio con tutto me stesso… ma prima devo accertarmi
di
non essere un pericolo per te. Devo essere certo di avere le
capacità di non
rovinare un momento che sarà così bello per
entrambi. Ti prego,
cerca di capirmi…” bisbiglia. Provo
a non piangere. Ma spero che il singulto che mi esce venga scambiato da
Peeta
come un piagnucolio dovuto ai miei incubi. Non so se ci è
cascato, ma
nonostante questo, mi stringe più forte e mi sussurra
“ Ti amo, Katniss”.
“ Sei
sicura che non abbia abbandonato il palazzo?” chiedo alla
cameriera.
“
Assolutamente, anche perché avrebbe dovuto prendere
l’ascensore, e so
che stamattina l’hanno bloccato per problemi
tecnici… in realtà è fisicamente
impossibile che abbia lasciato questo appartamento!” esclama
infastidita.
Sbuffo. Dove diamine è andato? Poi mi viene un lampo di
genio. Salgo
sull’attico e lo trovo lì, intento a scrutare il
panorama. Sorrido un po’. Non
si è accorto di me. O forse sì?
“
Buongiorno” mi sussurra senza girarsi. Sospiro profondamente.
“
‘Giorno…” biascico mettendomi a sedere
accanto a lui.
“
L’ultima volta che siamo stati qui ho pensato che avrei
voluto passare
tutta la vita in quel modo. Io, te, quattro risate e una bella vista
sul mondo.
Niente problemi, niente Hunger Games. Sarebbe bello, eh?” mi
dice
all’improvviso.
“ I nostri
problemi stanno per finire, Peeta. Questi saranno gli ultimi
Hunger Games. E poi potremmo tornare a casa” affermo
timidamente. Alla fine,
sto dando voce ai miei pensieri. E poi, ormai è inevitabile.
È subentrata la
sensazione di rassegnazione. O forse no. Non saprei. Lui ride un
po’ divertito.
“ Oh certo,
tornerai a casa con un pazzo che, alla massima eccitazione,
decide di non continuare per paura di farti del male.
Bell’affare, eh?”
ironizza sarcastico. Rimango di sasso e cerco di non arrossire.
Massima… eccitazione???
Oddio, Peeta. Abbasso lo sguardo.
“
Tu… l’hai fatto per me, no? Non
perché… non mi vuoi, vero?” chiedo
stupidamente. Sembro una bambina di quattro anni che vuole il suo
lecca-lecca.
E mi rendo conto di quanto sia sciocco e imbarazzante fargli una
domanda così…
ma non riesco a farne a meno.
“ Katniss,
devo davvero risponderti che ogni mattina, prima di
svergliarti, devo combattere con qualcosa nei miei pantaloni
che…
“ Ok, ok,
ho capito!” grido con l’accenno di un sorriso
imbarazzato.
Peeta sembra rilassarsi.
“ Ecco.
Dimmi se te lo devo dire e te lo dico senza problemi. Io ti
voglio più di ogni altra cosa al mondo. Ma non posso
rischiare di ferirti,
Katniss. Se vuoi qualcuno che possa accontentarti senza farti del male
c’è
sempre…
“ NON OSARE
DIRLO!” grido. Già so cosa vuole dire. E non si
deve
azzardare. “ Ancora con questa storia? Io non ce la faccio
più! Sai una bella
cosa? Hai ragione! Sì, insomma, non vedo l’ora di
perdere la mia verginità, e
che sia tu o sia Gale non fa alcuna differenza! Anzi, sai che ti dico?
Andrò
con Gale! Lui sì che mi potrà dare quello che
voglio! SEI UN CRETINO, PEETA,
NON CAPISCI NIENTE!” esclamo correndo via da lui. Arrivo al
salone. Vedo
Angelique e Vincent seduti al tavolo, a parlare, mentre mangiano la
loro colazione.
Vorrei potergli gridare contro, sfogarmi con loro delle mie
frustrazioni. Ma
gli occhi di Prim mi riportano alla realtà. No, non posso
far trapelare i miei
sentimenti. Non è questo che fa un buon mentore. Io devo
aiutarli. Aiutare
Prim. Quindi metto su il sorriso più falso del mondo, nella
speranza che copra
il mio vero stato d’animo. All’occhiata intensa di
Vincent rispondo un semplice
“ Sto bene”. Mi avvento sulla colazione per
soffocare le mie lotte interne.
“
Allora… tesi per la Parata?” chiedo. Angelique
scuote la testa con
troppa violenza per poterle credere.
“ Ok,
statemi a sentire… è un momento davvero
importante, chiaro? Non
dovete sottovalutarlo. Voi sorridete, salutate tutti e andrà
tutto bene. Sono
sicura che Tigris avrà fatto un ottimo lavoro. Poi
c’è l’intervista. Piano
piano lavoreremo sulla vostra immagine. Io avrei già qualche
idea, ma starà a
voi decidere se seguirla o no” affermo ingurgitando un toast.
“
Dov’è Peeta?” mi chiede Angelique, come
se non avesse ascoltato una
parola del mio discorso.
“ Sta per i fatti
suoi” dichiaro un po’ stroppo sprezzante.
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Capitolo 13 *** La Parata ***
Peeta è
rimasto tutto il giorno sopra l’attico. Dopo stamattina, lo
vedo
solo quando torna in camera, per vestirsi per la Parata. Indossa un
semplice
smoking nero, e si tira i capelli indietro con una spazzola. Non mi
guarda.
Bene. Facesse l’offeso, non mi importa. Io opto per un
semplice abito rosa,
piuttosto sobrio in realtà. Mi tolgo tutti i vestiti da
giorni per entrare nel
mio abito. Sento una rapida occhiata di Peeta sulla nuca, ma quando mi
giro
verso di lui, si sta aggiustando la cravatta evitando il mio sguardo.
Perfetto.
Non ho bisogno delle sue attenzioni, io. Mi guardo allo specchio. La
sobrietà
di questo vestito darà i suoi frutti, spero. Non voglio che la mia
presenza offuschi Angelique
e Vincent. Le attenzioni devono essere focalizzate su di loro. Io e
Peeta ci
avviamo in silenzio verso l’ascensore, il quale si ferma al
terzo piano. Allo
sguardo interrogativo di me e Peeta, rispondono due occhi che ci
scrutano
attentamente. Johanna entra nell’ascensore, bellissima nel
suo vestito verde
semi-trasparente, che le lascia il seno un po’ scoperto.
Scocco un’occhiata a
Peeta. È leggermente rosso. Stringo i pugni. Non ho idea del
perché lo faccia,
ma sento la mia mascella leggermente contrarsi. Qualcosa mi sta dando
fastidio,
anche se non so che cosa.
“ Bel
vestito, meno scoppiettante, ma bello. Come va?” mi domanda
lei con
un lieve sorriso.
“
Abbastanza bene, tu? ” sussurro tra i denti sospirando un
po’. Almeno
interrompe il silenzio che si era venuto a creare.
“ Oh,
benissimo, odio Snow, non vedo l’ora di vederlo morire
nell’Arena
e… ciao anche a te, Peeta!” esclama alla vista di
Peeta. Effettivamente, è
strano il fatto che non l’abbia salutata quando è
entrata nell’ascensore…
Peeta le risponde con un rapido cenno della
testa. A questa mancanza di calore umano tipico di Peeta, Johanna si
volta
verso di me.
“ Tutto
a posto?
“
Sì, perché non dovrebbe?” chiedo di
botto.
“
Perché sembra che vi abbiano costretti ad ingoiare un litro
del veleno
degli Aghi Inseguitori. Senza offesa, Peeta” aggiunge.
“ Oh,
nessuna offesa” sussurra tra i denti. “ Siamo
arrivati, comunque!” dice
scendendo con fare un po’ brusco. Lo seguo attraverso il
corridoio. E lì li
vediamo: tutti i tributi sono stati vestiti e truccati per la parata.
Johanna
si fionda velocemente in un punto della sala, dove immagino essere i
suoi
tributi. Il mio sguardo indugia su tutti i volti e alla fine lo vedo:
Haymitch sta
dando dei consigli ai suoi tributi. È un po’
strano vedere la faccenda da
fuori.
“
Haymitch!” lo chiamo. Lui si volta e mi guarda un
po’ storto.
“ Dopo,
dolcezza, adesso vai dai tuoi tributi che io ho da fare qui!”
esclama bruscamente.
“ Carino
come al solito, eh?” dico a Peeta, che si limita a
ridacchiare a
forza. Niente, oggi quest’uomo ha deciso di trattarmi con
freddezza. È una
strana sensazione. E per un attimo, vorrei piangere. Ma non posso, non
ora.
Basta pensare a Peeta. Ora devo pensare ad Angelique, che
starà morendo di
paura. Ok, non c’è tempo da perdere. Intravedo
Annie, ma la saluterò dopo. Mi
dirigo verso i miei due tributi, senza preoccuparmi del fatto che Peeta
mi
segua o no. Sono vestiti in modo… animalesco. Sembrano dei
piccoli ghepardi o
qualcosa del genere. Le macchie sono state tatuate direttamente sulla
pelle, e
sembra che siano totalmente nudi. Solo a una vista più
accurata posso
distinguere i contorni di un paio di slip per Vincent e di un bikini
striminzito per Angelique. Per il resto, sono due ghepardi maculati.
Nonostante
l’eccentricità della cosa, però, sono
bellissimi. Tigris ci viene incontro.
“ Ciao
Katniss! Ti piacciono?” domanda.
“ Wow,
sono… come state?
“ Ho un
po’ freddo…” afferma Angelique.
Sì, posso vedere i brividi sul
suo corpicino minuscolo. Mi costringo a non ostentare un sorriso penoso.
“
Passerà… come sta Peeta?” chiede
Tigris. Mi giro. Non lo vedo. Dov’è
Peeta? I miei occhi percorrono la sala. Eccolo lì, in un
angolo, con la faccia
rivolta verso il muro. Mi avvicino a lui, dicendo a Tigris di non
seguirmi. Sta
tremando come una foglia.
“
Peeta?” chiedo un po’ timorosa. La vista dei suoi
pugni serrati mi fa
intuire che non è niente di buono. Non può avere
uno dei suoi attacchi. Non
adesso che Angelique…
“ Sono due
ibridi. Due schifosi ibridi. Li hai creati tu? Stai creando
degli ibridi per ammazzarmi nel sonno?” domanda. Scuoto la
testa.
“ No,
Peeta, quelli sono Angelique e Vincent. È stata Tigris a
dipingerli
così” gli spiego provando a celare una nota di
urgenza. Stiamo lasciando
Angelique da sola! Ma è pure vero che anche a Peeta serve il
mio aiuto… non ci
si può dividere in due, eh?
“ Ah,
Tigris è una tua complice, eh?” esclama senza
girarsi. Sbuffo.
“ No,
Peeta, è semplice pittura per la pelle, immagino. Una volta
mi ci
hai dipinto la faccia con quella robaccia. Agli allenameti
della…
“
Settantacinquesima edizione. Vero o falso?” chiede girandosi.
Vedo le
pozze nei suoi occhi ridursi sempre di più. Sorrido.
È tornato. Lo sento dalla
nota di dolcezza nella sua voce.
“ Vero.
Adesso andiamo, dobbiamo fare la parte dei mentori
responsabili”
affermo incamminandomi di nuovo verso Vincent e Angelique. Peeta mi
prende la
mano. Sospiro di piacere e stringo con l’altra mano il suo
braccio. Con lui
posso aiutare meglio Angelique. Con lui posso fare meglio tutto. Guardo
Angelique e Vincent, terribilmente a suo agio. Forse pure un
po’ troppo.
“ Allora,
sorridete. Non fatevi prendere dall’ansia. Noi saremo sugli
spalti, ok?” dico salutandoli con una mano. Vincent mi degna
di un lieve
sorriso, prima di girarsi dall’altra parte. Angelique si
limita ad annuire
tremante. Mi avvio verso gli spalti, seguita da Peeta.
“ Katniss,
per prima…” mi dice a bassa voce. Gli metto un
dito sulle
labbra.
“ Ne
parliamo dopo” affermo velocemente. Non possiamo parlarne
ora.
Adesso le mie attenzioni devono essere focalizzate su Prim. Ma
è anche vero che
il colorito di Peeta non mi piace per niente.
“ Tu adesso
stai bene, no?” chiedo speranzosa. Lui annuisce, bisbigliando
un debole “ Certo”.
“ Ok.
Allora, adesso salutiamo tutti e vediamo la parata. E poi in camera
chiariamo due o tre cosette. Ci stai?” dico. Annuisce ancora,
stavolta più
sereno. Arriviamo alla tribuna riservata ai mentori. Intravedo Annie,
di nuovo.
“
Annie!” la chiamo. Lei si gira spaesata, prima di rivolgermi
un cenno
con la mano. La morte di Finnick non le ha fatto bene per niente:
alcuni
capelli le sono diventati grigi e ha molte più rughe di
quanto ricordassi,
testimoni di un’antica bellezza. Non ha neanche
trent’anni. Mi siedo vicino a
lei.
“ Come stai?
“ Oh, bene,
Katniss… sto qui e sono felice… ma Hearten non
sta con me… è
triste, no?” mi domanda. Alla mia espressione sconcertata,
subentra Peeta.
“ Dove si
trova?
“ Ce
l’ha una ragazza … sua…” dice
sussurrando. Poi tace e si limita a
fissare il vuoto. Niente, è andata. Faccio cenno a Peeta di
lasciarla sola.
Provo ad avvistare Beete, e lo trovo vicino a Haymitch e a Johanna.
“ Hey,
ragazza in fiamme! Vieni a sentire le stupidaggini che dice il tuo
mentore!” esclama la voce gioiosa di Beetee.
“ Ex
mentore, direi… dolcezza… Ragazzo
Innamorato… come sta andando?”
domanda Haymitch.
“ Bene,
bene, Angelique e Vincent sono in gamba” afferma Peeta
prendendo
posto.
“ Non mi
stavo riferendo a quello, Peeta!” dichiara mandandomi a fuoco
la
faccia. Johanna sghignazza, dando la colpa dell’eccessiva
ilarità di Haymitch
alle due bottiglie di vino che si è scolato nel giro di
cinque minuti. Provo a
parlare con Beetee, ma sento le trombe: sta iniziando la parata. Ed
ecco la
voce di Caesar che parla alla moltitudine delle persone lì
radunate. Ma non mi
importa di quello chedice. Io voglio vedere come sta Prim. Ma ancora
non la
vedo. Nel frattempo, osservo gli altri tributi. I primi sono quelli di
Haymitch: David Stranner e Jannet McGrams. Sono vestiti tutti con
quella che
sembrerebbe una carta argentata. Mentre però Jannet riesce a
portarla quasi con
grazia, David sembra solo un enorme pralina al cioccolato incartata
male.
“
Gliel’ho detto allo stilista. Ma quello si è
limitiato a dire che non
capisco la sua ‘arte’. E valla a capire!”
ci sussurra Haymitch seccato. Poi è
il turno dei ragazzi di Beetee, Umos Naruth e Fraglia Reevees, vestiti
di un
tessuto pieno di lucine che si illuminano a intermittenza.
“ La
stilista deGorgoaunnex ha deciso di richiamare la mia
affinità con
l’elettricità. Dice che può essere un
metodo per richiamare l’attenzione degli
sponsor!” ci spiega Beetee. Ma ecco in arrivo Caleb
Rockforter e Mielinda
Servietty, bellissimi e splendenti nei loro abiti bianchi e neri. Non
riusciamo
a capire il motivo di quella scelta, anche perché quando
scruto Annie con la
coda dell’occhio, la vedo parlare da sola.
Un’occhiata complice a Johanna mi fa
comunicare ciò che non avevo il coraggio di ammettere: la
situazione di Annie è
peggiorata notevolmente. È il turno di Jack Snow e Celine
Noiress. Sono
terribili e bellissimi vestiti di… sole rose rosse. Mi alzo,
ma non sono
l’unica a farlo. Johanna ride.
“
Rilassati, ragazza in fiamme… gliel’ho chiesto io
alla stilista.
“ Per quale
assurda ragione?
“ Non
è ovvio? Chi vorrà sponsirazzare due ragazzi che
indossano… il simbolo
di Snow?” ammette lentamente, quasi come per assaporare il
momento. Mi rimetto
seduta. Non so come prendere le sue parole. Guardo Peeta. Lui scuote la
testa,
incredulo e scandalizzato. Non riesco a concentrarmi sugli altri
tributi,
finchè non è il turno di Angelique e Vincent.
Sono bellissimi con tutte quelle
macchie. Riesco anche a percepire la voce di Caesar. Fortunatamente non
mi
nomina, ma si concentra sui miei protetti, definendoli “
audaci”,
“straordinari”, “ pazzeschi”.
Un buon inizio, dai. Sento la Paylor pronunciare
un discorso. Non mi importa. La mia attenzione è concentrata
sulla mia Prim,
infreddolita e tremante. Quando la vedo sparire, mi affretto a tornare
nella
sala della preparazione. Riesco a intravedere Octavia, Flavius e Venia
che armeggiano
con la loro pelle, per togliere le macchie.
“ Ciao,
ragazzi! Scusateci, ma dobbiamo agire in fretta! Se non si
tolgono entro un ora, poi non vanno più via!”
esclama Flavius. Vedo il volto di
Angelique impallidire attraverso le macchie.
“ Stai
tranquilla, sono dei professionisti!” le spiego. Lei pare
rilassarsi. Vincent è particolarmente silenzioso e scruta
Umos con fare
assassino. Umos, dal canto suo, sembra fare lo stesso. Fantastico.
Faccio di tutto per
accellerare i tempi e per portare i miei ragazzi
nell’appartamento più in fretta che posso. Li
congedo con una buonanotte, ben
conscia che questa sarà tutt’altro che una
‘buona’ notte per loro. Domani
iniziano gli allenamenti. Dopo aver dato un bacio della buonanotte a
Prim e un
veloce saluto a Vincent, mi lascio cadere sul mio soffice e accogliente
letto,
con Peeta che si chiude la porta alle spalle. Lui fa lo stesso,
affiancandomi.
“ Adesso
parliamo” dice lui. Annuisco.
“
Sì, te l’ho detto io” riesco a
dichiarare.
“ Katniss,
ascolta… per la questione di ieri… io spero
davvero che tu
sappia che ti ho sempre voluta, ti voglio e sempre ti vorrò.
Questo è un dato
di fatto. È chiaro il concetto?
“
Sì… ma… io capisco anche
che…
“ No, tu
non capisci proprio un bel niente. Fosse per me ti strapperei i
vestiti di dosso anche in questo momento. Queste cose non te le dico
perché non
voglio fare la parte del maniaco sessuale, soprattutto con te che sei
così…
pura…
“ Mica
tanto, dopo lo show di ieri” provo a dire cercando di
ironizzare.
Mi giro verso di lui. Lo vedo sorridere, mentre fissa il soffitto.
“ Il punto
è che devo aspettare un altro po’. Voglio essere
sicuro di non
rovinare tutto con i miei pezzi da ‘ragazzo
depistato’. Tipo quello di stasera.
“
Vabbè, alla fine ti è passata subito…
“ No, non
hai capito. Oggi pomeriggio è stato un continuo. E anche in
ascensore. E dentro la sala. Litigare con te non mi fa bene per niente.
Ecco perché
non sono venuto subito a parlarti. Mi dispiace” mi spiega.
C’è riuscito di
nuovo. Mi fa sentire in colpa. Bravo. Ed è proprio quello
che mi merito. Non
avevo minimamente pensato alle ripercussioni che questa litigata
avrebbe avuto
su di lui. Annuisco, prendendogli la mano. Quanto sono
stupida…
“ Mi
capisci ora?” mi chiede. Sospiro.
“
Sì. Ho capito” sussurro.
“ E,
affinché tu lo sappia, non voglio che tu vada con Gale. E
spero che
non lo voglia neanche tu… Vero o falso?” mi
domanda con una risatina. Sarei
quasi tentata di dirgli “vero”, per vendicarmi di
questa domanda, ma non posso
farlo. Sarebbe una bugia e gli spezzerei il cuore. Per non parlare del
fatto
che mi sono comportata egoisticamente per tutta la giornata. Per una
volta,
posso non pensare a me stessa?
“ Vero. Ed
è Vero che io voglio solo te. E’ vero che mi sono
sentita
rifiutata. È vero anche che tu mi hai sempre dato tutte le
prove del contrario.
È vero che devo comprendere la tua posizione. Ma lo sai che
non sono mai stata
brava con i sentimenti degli altri” affermo in tutta
sincerità. Peeta mi attira
a sé, abbracciandomi.
“
L’affrontiamo insieme, no?
“
Sì. Insieme.
Mi da’ un
bacio sulla testa. Ma una domanda mi ronza per la testa.
“
Senti… ma tu hai mai…?
“ Ma certo
che no!” esclama lui quasi infastidito.
“
Ah… ok.
“ E
tu… neanche, vero? Cioè, i ricordi che ho di te
che fai qualcosa con…
sono falsi, eh?” mi domanda.
“ Ma certo
che sono falsi. Mi vergogno a dirti che ti amo, figurati se
andavo a farlo con Gale dietro il mercato” dichiaro. Un
attimo. Panico. Mi alzo
dal letto velocemente, cercando di non guardare Peeta. Sento le guance
andarmi
a fuoco.
“ Quindi tu
mi ami! Me l’hai praticamente detto, Katniss!”
esclama lui,
dal tono, più felice che mai.
“ Non ho
detto assolutamente questo, non farti strane idee, Peeta…
adesso
dormiamo!” concludo infilandomi nelle coperte, bene attenta a
non guardarlo
negli occhi. Peeta sta ridacchiando.
“ Ah,
quindi non mi ami, eh? E io, invece, che povero illuso,
credevo…
peccato!” afferma baciandomi la testa.
“
Buonanotte, Katniss. A domani!
“
Buonanotte Peeta” rispondo tremando un po’.
Perché mi vengono i brividi
anche quando mi bacia sulla testa? Bella domanda. Peccato che non abbia
le
risposte a tutte le domande che si affollano nella mia mente.
Spazio autorice: Allora, per
prima cosa, scusate per il ritardo! Ho avuto
un esonero di logica e non riuscivo proprio a scrivere niente. Seconda
cosa,
sono pienamente consapevole del fatto che questo non è uno
dei miei capitoli
megliori. Poco sviluppato, ne sono al corrente. E’ che in
questo periodo sono
davvero fusa, per via dello studio XD perdonatemi questo capitolo, e
spero di
fare meglio nel prossimo! GRAZIE INFITAMENTE COMUNQUE A TUTTI QUELLI
CHE
LEGGONO, RECENSISCONO O FANNO TUTTI E DUE! GRAZIE :D
|
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Capitolo 14 *** Quel cuore cesserà di battere per sempre ***
La mattina a
colazione ci svegliamo di buon ora. Oggi cominciano gli
allenamenti.
“ Allora,
devo chiedervelo, volete essere allenati insieme o
separatamente?” chiedo a Vincent e a Angelique.
“
Perché?
“
Perché magari tu hai qualche talento segreto che non vuoi
svelare ad
Angelique e viceversa!” spiega Peeta semplicemente. Vincent
scuote la testa.
“ So usare
una spada. Posso ammetterlo tranquillamente anche davanti a
lei” dichiara Vincent sollevando le spalle.
“ Io invece
non ho nessun talento segreto” afferma Angelique con voce
strozzata. Peeta le accarezza la testolina bionda. Vedo i suoi occhi
farsi
lucidi. Sorride a forza.
“
Tranquilla, Katniss ti insegnerà a tirare con
l’arco” sussurra.
Non ci avevo pensato.
Sollevo la testa verso Peeta. Lui annuisce
energicamente. E vada per l’arco. Provo a sorridere ad
Angelique.
“
Sì. Sono sicura che sarai bravissima! Vincent, tu pure
vuoi…
“ Senza
offesa, Katniss, ma preferisco la spada. Il tirare con l’arco
non
fa per me” afferma. Con un’occhiata eloquente, si
rituffa sul suo tramezzino. Io
non capisco il suo modo di fare, sul serio. Sembra sempre che ce
l’abbia con
me. Guardo l’orologio. È tardi. Li mando verso
l’ascensore.
“ Adesso
voi scendete, noi vi raggiungeremo più tardi per allenarvi.
Verso le sei, più o meno!” affermo con un ultimo
abbraccio ad Angelique. La
sento tremare come una foglia, e mi costringo a ingoiare le lacrime. La
vedo
scomparire dentro l’ascensore insieme a Vincent. Lui ostenta
fantastico sorriso
fiero e determinato. Un vero duro.
Dopo un pomeriggio
dedicato alla scrittura del nostro libro, alle sei io
e Peeta scendiamo per allenare i nostri due tributi. Peeta si dedica a
Vincent
insegnandogli le basi del combattimento corpo a corpo. La stazza di
Vicent,
nonostante non sia paragonabile a quella di Peeta, non è da
sottovalutare. Io,
invece, mi dedico al tiro con l’arco con Angelique. Domani
invece io starò
appresso a Vicent per insegnargli come procurarsi del cibo e Peeta
spiegherà a
Angelique come mimetizzarsi. Ne avrà bisogno, poverina.
Stiamo alla postazione,
mentre indico a Prim la postura corretta per tirare. Ma quando scocca
la prima
freccia, capisco che il nostro lavoro è appena iniziato. Non
ci mette né forza
né determinazione, e l’arco è
sicuramente troppo grande per un esserino così
minuto. Ma non importa. Devo cavarne fuori qualcosa. Decido di farle
scoccare
frecce a ripetizione, così da poterle parlare mentre lavora.
“ Allora,
Angelique, intanto che tiri, ascoltami… Sai come funzionano
gli
Hunger Games?
“ Mamma non voleva che li vedessi.
Diceva che erano troppo cruenti. Ma qualche volta, quando andavo da mia
cugina
li guardavamo… all’inizio stavate su quelle
pedane, vero?” mi domanda.
“
Sì. Davanti a te troverai un posto pieno di armi, la
Cornucopia. Ci
saranno zaini, provviste, armi. Tu non ci devi assolutamente andare.
Hai
capito, Angelique? Tu scapperai in un'altra direzione, più
lontana possibile.
Poi andrai a cercare l’acqua. Le armi arriveranno da sole,
fidati di me. Tu
devi pensare a come sopravvivere, non ad uccidere gli altri tributi.
È chiaro?”
le domando.
“
Sì, è chiaro” afferma. Scocca una
freccia, che si va a conficcare sulla
gamba della sagoma umana.
“
Bravissima!” esclamo io dandole una pacca sulla schiena.
Getto un’occhiata
a Vincent. Se la cava bene, riesce di tanto in tanto a sovrastare
Peeta.
Ottimo. Non avrà problemi quando qualcuno proverà
ad ammazzarlo.
E passiamo i due
giorni seguenti così. La mattina io e Peeta la usiamo
per riposarci e per aggiornare il nostro libro. Mangiamo e, dopo aver
dormito
un po’, andiamo ad allenare i ragazzi. Devo dire che
Angelique sta facendo dei
miglioramenti pazzeschi: ormai non ha più problemi a
centrare la sagoma umana,
nonostante non abbia una mira troppo precisa. Infatti, se le chiedo di
colpire
l’occhio destro, lei colpisce una spalla, ma va bene
così. Sa difendersi. È
questo l’importante. Ho spiegato a Vincent il metodo migliore
per raccogliere
il cibo, in particolare, le trappole per gli scoiattoli. Non le ha
capite
benissimo, ( o forse non voleva capirle) ma
almeno sa le basi. Poi si arrangerà lì con
quello che troverà. Prim ha una vera e propria passione per
la botanica, e
riconosce senza problemi le piante velenose e quelle medicinali.
Vincent invece
ha un talento naturale per la mimetizzazzione: riesce a stare fermo e
immobile,
quasi sparisce.
Arriva troppo presto
il giorno delle valutazioni. I miei due ragazzi sono
gli ultimi, ma, prima di accompagnarli dentro l’ascensore, io
e Peeta gli diamo
alcuni suggerimenti.
“ Vincent,
usa la spada, hai una dote innata. E, se ci riesci, fai vedere
come ti mimetizzi bene. Angelique, tu…
“ Tira con
l’arco! Non ti preoccupare se sbagli, anzi, un punteggio
basso
ti potrebbe anche permettere di essere sottovalutata, il che
è un enorme vantaggio!
Tu fai però del tuo meglio!” esclamo
abbracciandola. Prim risponde al mio
abbraccio in modo più caldo che può, nonostante
io senta il contatto con la sua
pelle fredda. Stringo la mano a Vincent.
“ Fatevi
valere!” dico ad entrambi. E li vedo sparire
nell’ascensore. Rimango
così, ad osservare quella porta metallica chiudersi. Mi
getto sul divano con
Peeta che mi abbraccia.
“
Allora… che vogliamo fare nel frattempo? Katniss, non mi
dire ‘bere’
perché ti giuro che ti rispondo male!” mi
sussurra. Sghignazzo un po’.
“ No.
Voglio andare a trovare mamma” rispondo. Peeta mi bacia la
testa.
“ Mi sembra
ragionevole. Andiamo allora, voglio che i ragazzi ci trovino
qui, appena avranno finito” mi spiega. Io mi alzo e mi avvio
verso l’ascensore.
Siamo fuori dal palazzo nel giro di pochi secondi. Ci avviamo verso
quello che
viene chiamato “ Capitol City Hospital”.
È facile trovarlo: ci sono indicazioni
ovunque. Nel frattempo, ne approfitto per guardare la città:
tante macerie sono
state tolte, molti palazzi riparati, ma nessuno può
nascondere le profonde
cicatrici che segnano le strade di Capitol City.
“ Senti,
Katniss… volevo dirti una cosa” mi dice Peeta
improvvisamente.
Lo guardo curiosa.
“
Sì, ok. Dimmi.
“ Questi
giorni sono stati… illuminanti, per me, in un certo
senso”
afferma lui evitando di guardarmi negli occhi.
“ Oh,
em… bene. Potresti illuminare anche me, allora?”
gli chiedo con un
sorriso che capisco essere fuori luogo solo troppo tardi.
“ Tu,
io… che ci occupiamo insieme di due persone… due
ragazzi… due
bambini, alla fine… insomma, siamo un po’ come
due… genitori, no?” mi domanda.
Panico. Mi casca il mondo addosso. Scoppio a ridere.
“ Due
genitori non mandano i figli a morire negli Hunger Games,
Peeta!”
esclamo provando a ignorare l’obiettivo del discorso.
Perché so dove vuole
arrivare a parare. Mi prende un polso.
“ Katniss,
ti prego, sono serio. Tu sai che un giorno…”
“ No,
Peeta. Io non posso permettermi di perdere nient’altro. Ne
morirei,
hai capito?” gli dico. E solo in questo momento realizzo di
pensarla così.
Ormai la scusa degli Hunger Games non regge più. Ormai ho
solo paura di
affezionarmi a qualcuno. Perdere Rue, poi Prim… e il
pensiero di Angelique mi
terrorizza, a dirla tutta. Peeta emette un sospiro.
“ Ti
capisco. Per ora. Ma io infatti non sto facendo progetti imminenti.
Dico solo che più in là, quando entrambi staremo
meglio potremmo…” lo blocco
subito.
“ No,
Peeta. Nessuna chance. Chiaro?” dichiaro. Lui,
inaspettatamente,
sorride.
“ Oh,
Katniss… vedrai che tra qualche anno la penserai
diversamente, ne
sono sicuro. Se vedessi con che cura ti occupi delle persone che a cui
tieni…
non capisci di avere uno spirito materno smisurato?” mi
domanda. Stavolta non
riesco a trattenermi dal ridere.
“ Certo,
Peeta, ok. Hai ragione tu, come ti pare” taglio corto. Il suo
discorso è assurdo e non voglio ascoltarlo un minuto di
più. Lui mi
sopravvaluta parecchio. La verità è che io non
sono stata programmata per amare
qualcuno. Solo una persona era l’eccezione. E questa persona
è morta. E forse
anche Peeta rientra nella categoria. Ma forse. Non lo so ancora.
Arriviamo
davanti all’ingresso dell’edificio, imponente e
statuario. Mette quasi paura.
Vi è un giardino, davanti a me.
E poi la
vedo: Prim. È lì, sta parlando con dei pazienti.
Vedo le sue mani allungate
accarezzare il mento di uno dei ricoverati, quasi per vedere che tutto
sia
apposto. No, non è Prim. È mamma. No,
è Prim. Non lo so. Barcollo un po’,
reggendomi Peeta.
“
Peeta… portami via, ti prego…” sussurro
cominciando a vedere le stelle.
“ Katniss,
cosa…
“ Ti
prego… portami via di qui… non farmi svenire, ti
scongiuro… Prim è
lì e se mi avvicinerò ancora esploderà
tutto… ti prego…” borbotto. Lui mi
afferra prontamente un braccio e vedo l’ospedale
rimpiccolirsi sempre di più.
Sorrido. È quello che voglio: fuggire. Sento le mie gambe
muoversi da sole,
mentre un’entità magica mi fa sdraiare su una
superficie morbida e mi
abbraccia. Questa entità mi accarezza. È Peeta.
Peeta, la mia speranza. L’unica
certezza di una vita normale. E pare percepire i miei pensieri.
Sorride. Ecco i
contorni farsi più nitidi.
“ Stai
bene?” mi domanda. Annuisco. Sì, ora sto bene. Con
lui sto bene.
Chiudo gli occhi. E non ho poi così tanta voglia di
riaprirli.
“ E
l’ho centrato, Katniss! L’ho centrato!”
mi urla Prim, dopo aver
terminato il suo racconto sulle valutazioni.
“ Sono
contenta” affermo concentrandomi sul mio panino. Angelique
aveva
tirato con l’arco, e, dopo la quinta volta, aveva centrato la
sagoma umana sul
petto. Non è un risultato molto confortante, ma è
già qualcosa. Scommetto che
pochi bambini di dodici anni saprebbero fare lo stesso. Vincent invece
era
stato più elegante. Aveva sfoggiato la sua
abilità con la spada, uccidendo un
paio di manichini. L’espressione di Peeta è
ottimista, mentre Angelique gli
rivolge un ampio sorriso. Accendiamo la televisione alle otto e mezza,
per
vedere i risultati. Sul canale di Panem, irrompe Caesar, più
felice che mai.
“ Salve,
Capitol City e Distretti! Buona sera! Come ben sapete, questo
pomeriggio i nostri tributi sono stati valutati da una commissione di
Strateghi, i quali, dopo tre giorni di attenta osservazione, hanno
attribuito
dei punteggi, che variano da uno a dodici! Adesso… andiamo a
vedere i
risultati!” esclama. Noto che Claudius non
c’è, sullo schermo. Devo ricordarmi
di chiederne a Caesar il motivo.
“ Ed ecco il primo…
David
Stranner…”
“ Sono
quelli di Haymitch!” mi ricorda Peeta.
“ Sei!
Jannet McGrams… nove!” esclama Caesar. Non male,
niente da ridire.
Mi concentro sulla ragazza. I suoi occhi sono freddi e letali. Non
dobbiamo
sottovalutarla.
“ Umos
Naruth… otto! Fraglia Reeves… sette!”
proclama Caesar. I ragazzi
di Beetee. Potevano andare meglio. Dalle foto non mi sembrano molto
pericolosi.
“ Caleb
Rockforter… dieci! ”
annuncia Caesar entusiasta. Fisso la foto. Annie dovrà
esserne fiera. Quel
ragazzo ha preso un dieci. Bello, alto e biondo,
c’è poco da fare: incarna
l’essenza di Finnick. Sarà un bel problema farlo
fuori.
“ Mielinda
Servietty… sette! Jack
Snow…” mi alzo in piedi. “
Dieci!”
Ecco qua. E ci credo,
dieci. Alto e muscoloso, sembra la versione mora di
Cato.
“ Celine
Noiress… nove!
E anche lei, i suoi
occhi sono gli stessi di Clove. Al solo pensarci, dei
brividi mi percorrono la schiena. Con la coda dell’occhio
guardo Angelique. Le
sue possibilità di uscirne viva sembrano affievolirsi.
Caesar continua a
sparare i numeri. Ed ecco un altro possibile nemico: Vixini Jackry, un
ragazzo
di quindici anni con un bel dieci stampato in testa, e Cassidy Liambo,
una
ragazza dai capelli fucsia con uno sguardo truce e un punteggio pari a
undici.
Per il resto, punteggi medi e molto bassi: a un bambino di dodici anni,
hanno
persino dato un uno. Ormai sappiamo i nomi di chi morirà il
primo giorno.
“ Vincent
Isher… nove!” dice Caesar. Batto le mani insieme a
Peeta.
“
Bravissimo, Isher! Bravo, bravo, bravo!” dichiaro
stringendogli la
mano. Lui non sembra però molto contento. Si limita ad
onorarci di un lieve
sorriso.
“ E, per
finire… Angelique Prescott… sei!
Il mio sorriso si
scioglie, mentre Peeta abbraccia Angelique.
“
Bravissima! Sei la migliore tra quelli della tua età!
È già un ottimo
vantaggio!” afferma guardandomi attentamente. Provo a
rimettere su il mio
sorriso.
“
E’ vero. Complimenti, Angelique” dichiaro. E mentre
l’abbraccio, sento
il suo cuore battere. Mi viene da piangere al pensare che, in poco
più di una
settimana, se tutto va bene, quel cuore cesserà di battere
per sempre.
“ Pronti per
l’intervista?” chiede Peeta con il suo sorriso
più smagliante. Avevamo
provato a intervistarli tutto il
giorno. Volevamo creare un’immagine
pura
per Angelique e aggressiva per Vincent. Sapevano parlare entrambi molto
bene,
erano sciolti e piacevoli da ascoltare, ma Angelique era un
po’… insicura. Le
avevo dato il consiglio di essere semplicemente se stessa, come aveva
fatto
Cinna con me. A Vincent, invece, né io né Peeta
avevamo dato consigli. Sapeva
cavarsela bene. Forse pure troppo. Vincent annuisce duro, mentre vedo
Angelique
rabbrividire. Tigris l’ha conciata come
un’angioletto: mi ricorda vagamente
Rue. Vincent invece è davvero… stupendo. Indossa
uno smoking nero con tante
macchie arancioni. Caesar l’ha battezzato come il “
Ghepardo”. Occasione
perfetta per attirare sponsor. Mi dispiace solo che Angelique non sia
stata così
fortunata. Intravedo Haymitch che da’ indicazioni ai suoi
tributi. Do’ una
pacca sulla schiena a Angelique, sussurrandole un “
Forza”. Ed ecco Caesar
sullo schermo. Dopo qualche istante, vedo Jannet, il tributo di
Haymitch,
apparire insieme a lui. È splendida nel suo tubino nero e
argento che le
valorizza le spalle forti e marcate. Vedo Haymitch correre verso di me
e
prendermi per un polso, allontanandomi da tutti. Allo sguardo allarmato
di
Peeta, Haymitch risponde:
“ Solo un secondo,
ragazzo”. Lo guardo interrogativa, ma lui scuote la testa per
farmi segno di
tacere. Mi porta fuori, lontano da tutti.
“ Domanda al volo,
dolcezza: vuoi far vincere almeno uno dei tuoi tributi?” mi
domanda prendendomi
le spalle con energia.
“ Ma che domanda
è?” chiedo
io infastidita. Ma è ubriaco? Lui annuisce.
“ Ok. Senti, io
l’avevo
proposto a Johanna, considerato Snow… ma a quanto sembra,
lei vuole farlo
morire, e quindi non ha nessuna intenzione di agevolargli la
situazione. Ma
Vincent… Secondo me quel ragazzo vale qualcosa. E tra di noi
possiamo fidarci.
Facciamo stringere a Jannet e a Vincent un’alleanza,
così almeno staranno
insieme. Saranno imbattibili … e poi alla fine decideranno
loro come concludere
la faccenda. Ci stai?” mi domanda. Rimango allibita. Lui pare
accorgersene,
mentre mi borbotta frettolosamente.
“ Questa è
un’occasione
per te, dolcezza… un buon mentore fa questo! Proteggere i
suoi tributi… insieme
possiamo collaborare bene, immagino che Peeta sarà
d’accordo… Andiamo!
“ Sì, va bene.
E’ brava
questa… Jannet?” gli domando sospettosa. Haymitch
si strofina le mani.
“ Molto, molto brava. Non
ti dico come maneggia il mazzafrusto!” esclama. Annuisco.
“ Ok. Fantastico.
Angelique e l’altro tuo tributo, però, staranno
con loro. E questa è una
condizione sulla quale non sono disposta a trattare!”
dichiaro. Vedo i contorni
di Haymitch afflosciarsi.
“ David Stranner?
Dolcezza, ti prego, quel ragazzino sarebbe solo un peso, e
Angelique…
“ La loro vita vale come
quella di Vincent e Jannet! Chiaro?” urlo. Ma ho sbagliato.
Ho fatto un passo
falso. E lo posso constatare guardando Haymitch. Mi guarda
quasi… divertito.
“ Mai affezionarsi ai
tributi, Katniss. Hai preso a cuore la ragazzina, eh?
Immaginavo… è
strabiliante quanto somigli a Prim, eh?” mi domanda.
Rabbrividisco. Prim. Prim,
non Angelique. O Angelique e Prim. Non lo so…
“ Far vincere Angelique
non ti riporterà Prim indietro. E la sua morte non deve
scuoterti. So che è
crudele, so che non è giusto, ma questo è quello
che un buon mentore deve fare
e…
“ Ci stai, allora?
Angelique e David stanno in squadra. O questo o niente”
dichiaro aggressiva
tendendogli la mano. Haymnitch l’afferra con riluttanza.
“ Spera che quella
ragazzina meriti più di un semplice sei, Katniss!”
mi dice. Annuisco. Almeno
per me, Angelique vale undici. Ma posso capire che non sia un parere
condiviso.
Vedo il volto di Haymitch rilassarsi.
“ Per quanto riguarda
Peeta, invece, dolcezza? Io e Johanna stiamo formulando tutte le
possibili
posizioni in cui…
“ Perché al
posto di
focalizzarvi su di noi, non vi concentrate su di voi? Sembrate proprio
una
coppia affiatata, potreste mettere voi in pratica quello su cui
spettegolate!”
urlo prima di riuscire a controllarmi. Non mi va proprio a genio il
fatto che
facciano congetture su me e Peeta in atteggiamenti… intimi.
Soprattutto
Johanna. Non so perché, ma non voglio che Johanna
fantastichi su Peeta che…
insomma, è terribilmente fastidioso. Peeta è mio.
“ Chi ti dice che non lo
facciamo già?” mi sussurra quasi come per
sfidarmi. Rimango di sasso, con la
bocca spalancata. Haymitch e Johanna… non
possono… Haymitch ride di gusto,
allontanandosi. Lo seguo con passo malfermo e ancora scandalizzata per
le
parole di Haymitch. No… loro non possono… o mio
dio… quando rientro, guardo
Johanna che parla con Celine. C’è poco da fare,
comunque: Johanna è sexy anche
quando parla. Non lo fa apposta: è qualcosa di incoscio,
penso. Anche quando
stavamo al Distretto 13, una volta tornata, tutti gli sguardi erano per
lei.
Raggiungo Peeta e gli comunico la scelta di Hyamitch. Sorvolo sul fatto
che ho
dovuto insistere per le vite di David e di Angelique. Reputa che sia
una buona
idea. Perfetto. Mi godo le interviste. Caleb Rockforter è
spavaldo,
irresistibile, a tratti quasi eroico. Getto un’occhiata a
Annie mentre lo
intervista Ceaser. Ha le lacrime agli occhi. Jack Snow è
silenzioso, scruta il
pubblico come un piccolo serpentello arrogante, risponde a monosillabi
alle
domande di Caesar. Celine invece è misteriosa e seducente,
ha un tono di voce
distaccato e elegante. Quel ragazzo, Vixini, è sveglio,
molto sveglio. Evita di
rispondere in modo diretto alle domande di Caesar riguardo alla sua
strategia.
Cassidy, la ragazza con i capelli fucsia, invece è piuttosto
schietta e
diretta. Anche umile, forse. Ormai manca poco. E dopo un altro
po’ di
interviste Caesar,
tutto sfavillante, esclama:
“ E ora, il nostro
‘angioletto’ di questa edizione…
Angelique!
E la vedo. Vedo Prim
avanzare traballante verso Caesar, con lo sguardo timido e vulnerabile.
Stringo
la mano di Peeta.
“ Allora, Angelique...
come stai? Questo vestito ti sta benissimo!
“ Oh, em…
grazie… ho
sempre desiderato indossare questi vestiti pieni di brillantini
!” ammette
sorridendo un po’. Un po’ di risate. La
mia Prim non riesce a guardare Caesar. Si guarda le mani, impaurita.
“ Allora, dicci un
po’,
com’è essere affidata alla leggendaria Katniss
Everdeen? E che dire di Peeta?
Immagino che ti stia facendo un po’ di torte per rallegrare
la giornata tra un
allenamento e l’altro, eh?” domanda. Angelique
scuote la testa, ma la vedo
rilassarsi. Sorride un po’ verso il pubblico.
“ No… ma
Katniss mi ha
insegnato a tirare con l’arco! È stato divertente!
“ NO!” esclamo
io allo
schermo. Si è rovinata da sola. Avrei dovuto dirglielo: non
doveva rivelare
questa cosa a nessuno. Adesso tutti sapranno che anche quel faccino
d’angelo è
capace di uccidere. Può essere scambiata per una minaccia. O
peggio. Caesar fa
una risata leggermente nervosa, mentre chiede al pubblico un applauso.
Cambia
argomento.
“ Senti,
Angelique… prima
di venire qui, hai salutato tua madre?” le domanda.
“
Sì… E ha detto che
quando tornerò a casa mi farà una torta con le
noci, una di quelle che mi
piacciono tanto! E mi comprerò un nuovo vestito per
Cindy!” dice contenta.
“ Chi è Cindy?
“ La mia bambola!
È
bellissima!” esclama lei. Una risata sarcastica da parte del
pubblico. Niente,
la folla, di Capitol City o dei Distretti, è un animale
cattivo. Angelique
sorride entusiasta. Non ha capito che la stanno prendendo in giro.
Caesar ride
provando a metterla sullo scherzo.
“ Cosa pensi di fare
durante questi Hunger Games?” chiede. O MIO DIO. Ha fatto la
domanda sbagliata.
Quella che avrebbe rovinato tutto. Ero stata io a dire a Prim di essere
se
stessa. Non dirglielo. Prim, menti. Non gli dire niente. Con la coda
dell’occhio, vedo Peeta diventare rosso. Mi trema la gamba.
Non dirglielo,
Prim.
“ Non andrò
dentro la
Cornucopia… Katniss mi ha detto che è troppo
rischioso… Fuggirò e andrò a
cercare l’acqua!” ammette. Do un calcio al muro,
rompendomi un tacco. Mi sta
esplodendo la testa. Si è rivelata. Ormai è
morta.
“ Ottimo! Bhe, vedo che
hai le idee chiare, e il nostro tempo è finito! Buona
fortuna, Angelique!”
conclude lui con un sorriso gigante. Angelique trotterella verso di me
quasi…
estasiata.
“ Oh, è
così bello stare
lì, eh, Katniss? Ci sono tutte quelle luci!”
esclama felice. L’abbraccio
piangendo come una matta. Non posso rovinarle questo momento. Anche
Peeta
l’abbraccia.
“ Bravissima,
Angelique…
Katniss, è stata bravissima, vero?
“
Sì… bravissima… mi hai
fatto commuovere…” sussurro io tra una lacrima e
un’altra. Caesar chiama
Vincent sul palco. Vincent, il Ghepardo. Ed eccolo lì.
C’è poco da fare, è
tutta un’altra cosa. Spavaldo, afferra la mano di Caesar,
sicuro di sé. Lui sa
quello che vuole. Vincere.
“ Vincent! Mio Dio, che
sguardo fiero!” nota Caesar con una specie di brivido.
“ Sono o non sono un
Ghepardo?” afferma guardando Caesar dritto negli occhi. Ed
è proprio così. I
suoi occhi color nocciola sembrano quasi dorati alla luce delle
telecamere. Fa
un effetto inquietante. Meglio, terrorizzerà i suoi
avversari.
“ Allora, queste
valutazioni! Hai proprio attirato l’attenzione di tutti! Come
ti senti?
Agitato?
“ Assolutamente no, non
vedo l’ora di scendere nell’Arena, a questo punto
dei giochi” ammette eccitato.
Adesso che lo guardo bene mi fa un po’… paura. Mi
inquieta questo ragazzo.
Perché dice così? Che fine ha fatto quel
ragazzo… un po’… intimorito, che avevo
visto in tv alla Mietitura? Guardo Peeta, che scuote la testa. Che sia
un
bluff? Che stia cercando di camuffare la sua paura? Bhe, è
una tattica
vincente, sicuramente…
“ Wow, proprio un vero
predatore! Senti, dicci un po’, com’è
farsi allenare da Peeta? Insomma, con
Angelique abbiamo parlato di Katniss…
“ Lui è
davvero un ottimo
allenatore. Ci fa lavorare duro, ma… bhe, vedrete i
risultati dentro l’Arena”
esclama rivolto verso il pubblico entusiasta.
“ Fantastico! Adesso
concentriamoci
su quello che succede fuori dall’Arena… qualche
ragazza che ti piace?” chiede
Caesar avidamente. Oh, no. Come diamine si chiamava quella ragazzina
che
piaceva a Vincent… che era fidanzata con Umos…?
“
C’è una ragazza che io
amo da sempre. Ma lei è fidanzata con Umos Naruth, che, fra
l’altro, sarà il
primo che ucciderò dentro l’Arena”
dichiara.
“ Ma è
impazzito?” urlo a
Peeta. Lui scuote la testa.
“ Gli avevo detto di non
dirlo…” sussurra portandosi una mano sulla fronte.
Sono furiosa. Ma non
capisce? Si è rivelato. Scocco un’occhiata a
Beetee e a Umos. Lui è pallido,
cadaverico se possibile, mentre Beetee mi rivolge uno sguardo eloquente
e
rassegnato. Probabilmente è anche lui a conoscenza della
faccenda. Ovviamente
quello è pane per i denti di Caesar, che si fionda
sull’argomento.
“ Wow,
Vincent… quindi
vedi l’Arena come una sfida per il cuore della
fanciulla?” chiede. Non invidio
per niente questa Mariss di cui mi aveva parlato. Praticamente
avrà sulla
coscienza la morte di Umos o di Vincent, a seconda dei casi. Vincent
annuisce,
rivolto verso lo schermo. Mi spaventa. Quando Caesar lo congeda, viene
verso di
noi. Non lo degno di uno sguardo, ma appena saliamo
nell’appartamento, lo
assalgo.
“ TI SEI IMPAZZITO? TI
SEI
RIVELATO! ADESSO TUTTA CAPITOL TIFERA’ PER UMOS, NESSUNO TI
DEGNERA’ DI UNO
SPONSOR, TU VUOI AMMAZZARE UN RAGAZZO SOLO PERCHE’
E’ FIDANZATO CON LA TIZIA
CHE PIACE A TE… LA MORTE NON E’ UN GIOCO,
VINCENT!” esclamo fuori di me.
Peeta sta cercando di calmarmi, ma non ci riesce. Vincent non prova
neanche a
ribattere, si limita a fissarmi orgoglioso. Non reagisce proprio.
Questo mi fa
ancora più imbestialire. Lo incito a sparire dalla mia vista
se vuole
sopravvivere a domani, e lui si ritira nella sua stanza. Mi fiondo sul
divano.
Peeta mi abbraccia da dietro. Angelique si siede vicino a me.
“ Katniss… lo
so che sei
arrabbiata, ma… posso chiederti una cosa?” mi
domanda. Alzo lo sguardo su di
lei, esausta.
“ Prim, davvero mi
dispiace ma…
“ Prim?”
domanda lei. Oh,
no. Ho fatto un passo falso. Peeta allenta la presa su di me. Vedo
Angelique
diventare pallida.
“ Perché mi
chiami Prim?
Io non sono Prim… Sono Angelique… Tu…
pensi che anche io morirò come Prim?” mi
domanda. NO, NO, NO. Abbandono le braccia di Peeta per prendere il viso
di
Angelique tra le mani.
“ Angelique, stai
calma…
mi dispiace, davvero…” dico frettolosamente. Ma
vedo le lacrime dentro i suoi
occhi farsi più incombenti.
“ Prim… No,
Angelique…
davvero, scusami, ti prego… è stato un errore,
no, tu non morirai, te lo
prometto… Scusami, per favore…”
sussurro. I tratti di Prim si mischiano a
quelli di Angelique. Penso che sto per diventare pazza.
L’abbraccio e lei
scoppia in lacrime. Allo stesso tempo, Peeta ci abbraccia entrambe.
Sembriamo
uniti, in questo momento. Sembriamo una famiglia. La lascio sfogare un
po’.
Quando sento i suoi respiri farsi più regolari, provo a chiederle:
“ Cosa volevi chiedermi?
“ Se potevo dormire con
te
stanotte. Con mamma lo faccio sempre prima di un giorno importante. E
domani
sarà un giorno importante, no? Dentro
l’Arena…” mi dice. Guardo Peeta, che mi
sorride.
“ Penso che Katniss non
avrà nulla da obiettare, no?” chiede. Mimo un
rapido “ grazie” a Peeta con le
labbra, prima di aggiungere:
“ Certo che puoi. Oggi
dormiamo insieme tutte abbracciate. Va bene?” chiedo. Lei
annuisce, ancora
abbracciata a me. Rue, Prim. Le bambine con cui ho dormito abbracciata
sono
sempre morte. Ma stavolta sarà diverso. Deve essere diverso.
Spazio autrice: Capitolo
lunghissimo, lo so. Ma è necessario che sia così:
iniziano gli Hunger Games. A
questi giochi saranno dedicati tre capitoli, al massimo quattro. Mi
scuso
subito per i pochi momenti in cui tratterò Peeta e Katniss.
Ma sappiate che,
dopo questi capitoli, la storia sarà nuovamente e
interamente incentrata su di
loro. Vi vorrei chiedere solo un piccolo favore: recensite, fatemi
sapere che
ne pensate. È terribilmente importante per me capire se sto
facendo o no un
lavoro apprezzabile. GRAZIE A TUTTI!!!!
|
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Capitolo 15 *** Tu vivrai ***
“ Katniss?
Sento una voce
nell’oscurità. Una voce angelica, piccola e pura.
Mi sveglio. È Angelique. Ci
siamo addormentate insieme, abbracciate, sfidando la notte, la paura,
forse il
tempo. Perché, tra qualche ora, lei sarà
nell’Arena. E non potrò più
abbracciarla come sto facendo adesso. Quindi ogni momento è
prezioso. Le
accarezzo i capelli dorati e boccolosi, le guance tenere e rosee. Il
suo
corpicino trema un po’.
“ Dimmi”
sussurro un po’
confusa.
“ Assomiglio tanto a
Prim?” mi domanda. Sospiro. Prim. Vorrei le mani di Peeta a
confortarmi. Ma
stavolta sono io che devo aiutare qualcuno. Angelique ha bisogno di me.
E, non
so perché, ma sento anche io di aver bisogno di lei, in
questo momento. Parlare
di Prim è difficile, ma, a quanto sembra, ci riesco.
“ Sì. Era
proprio una
bella bambina, bella come te. E dolce. E buona. Sì, me la
ricordi molto” dico.
La sento annuire.
“ Tu pensi che tra poco
morirò?” mi chiede. No. Non voglio crederci
davvero.
“ No. Vedrai che
andrà
tutto bene. Io ti aiuterò” bisbiglio dandole un
bacio sulla testolina. Lei si
stringe ancora di più a me.
“ Bene. Ma se dovessi
morire…
puoi dire tu a mamma e a papà quanto li amo?” mi
domanda. Annuisco. Ma certo,
glielo dirò.
“ Ho visto la tua mamma
in
televisione. E anche tuo cugino. Vorrei che organizzassi un pranzo
gigantesco,
invitando la tua famiglia e la mia. Puoi invitare anche Peeta, e
Vincent, se
vincerà. Dovrete sedervi intorno a un tavolo e mangiare, e
ridere, e scherzare,
e ricordarvi di me e di tutte le cose che più vi piacciono
di me. Me lo
prometti?” mi chiede. Mio cugino. Gale. Mi gira un
po’ la testa.
“ Sì, ma non
inviterò
Gale. Lui non è mio cugino” le dico. La sento
agitarsi un po’.
“ Davvero? E chi
è?” mi
domanda. Sospiro.
“ Un mio amico. Un
ragazzo
che si era innamorato di me. Ma è stato lui ad uccidere
Prim” dico tra i denti.
Non so perché stia riversando su questa bimba di dodici anni
i miei pensieri
deprimenti. È come se lei fosse l’unica in grado
di ascoltarmi davvero. Un po’
come faceva Prim.
“ L’ha fatto
apposta?
“ No” sussurro.
La sento
alzare le spalle.
“ Sei arrabbiata con lui
comunque?
“ Sì.
“ Dovresti perdonarlo. Se
non l’ha fatto apposta, perché ce l’hai
con lui? Io dovrei essere arrabbiata con
te e con Peeta, come Vincent… ma non avete colpa di
ciò che ci sta capitando,
no? Voi non potevate sapere che sarebbe stato estratto proprio il mio
nome…” mi
spiega. Sto trattenendo le lacrime. Quella bambina ha ragione. Ha
ragione su
tutto. Perché non ci ammazzano nel sonno, per vendicarsi di
una tale
ingiustizia? Io ho condannato Angelique a morte, dicendo quel
“sì” alla
proposta della Coin. Ma lei vuole stare con me, vuole farsi abbracciare
da me.
Tutto questo assume immediatamente un senso. Gale non poteva sapere
quello che
avrebbe fatto su di me la sua trappola. O su di Prim. E in questo
momento, mi
rendo conto che non sono diversa da lui. Ho condannato 23 bambini a
morte,
intenzionalmente. Ma non potevo sapere chi ci stava tra questi bambini.
E vorrei
averci pensato prima. Ora capisco Gale, il suo rimorso. E me ne sto
rendendo
conto ora, tra le braccia di questa bambina. Sorrido tra le lacrime.
“ Grazie. Ci
penserò su.
Ora dormi” le dico dolcemente. Mentre sento Prim sprofondare
nel sonno, capisco
quello che non sono riuscita a capire in tutti questi mesi: per trovare
la mia
pace, devo perdonare Gale. Sento bussare. Prim trema leggermente. Mi
alzo dal
letto e vado ad aprire. È Peeta.
“ Angelique
dorme?” mi
domanda entrando.
“
No…” dico tremando come
una foglia. Le parole di Angelique mi hanno sconvolto e mi sento il
cuore
battere a mille. Angelique si mette seduta sul letto, nella
più totale
oscurità.
“ Peeta… sei
venuto anche
tu a dormire con noi?” domanda. Sì,
perché Peeta sta qui? Lo guardo interrogativa.
Peeta annuisce.
“ Speravo che fossi
sveglia… ho fracassato un vaso là in
salone… mi sono addormentato sul divano e…
ho avuto un incubo” mi spiega mostrandomi la sua mano
fasciata. Annuisco.
Guardo Prim. Sorride. È contenta. Tanto su questo letto
c’è spazio per tutti.
Peeta si distende a sinistra di Angelique, mentre io mi stendo alla sua
destra.
Sembriamo una… una famiglia. Affrontiamo il terrore
dell’ignoto, la paura di
non poter più rivivere un momento del genere. Ci abbracciamo
lentamente. Vorrei
poter fermare il tempo. Ma so che è inevitabile: domani
sarà tutto diverso.
Una voce mi sveglia.
Peeta. Mi strofino gli occhi.
“ Katniss…
dobbiamo
scortare i ragazzi sul jet…” sussurra.
Sì, lo so.
“ Sveglia tu
Prim” gli
dico, fiondandomi in bagno. Ho appena il tempo di lavarmi e di
vestirmi, prima
di ritrovarmi in ascensore con Peeta, Vincent e Angelique. Mi sento un
po’ a
disagio con Vincent in ascensore, ma adesso come adesso il mio primo
pensiero è
far sopravvivere Angelique almeno a questa giornata. Poi
catturerò l’attenzione
degli sponsor su di lei. Non so come ci riuscirò, ma ce la
devo fare. Accompagno
i miei ragazzi sulla pista, dove li aspetta il jet. È tutto
troppo rapido,
troppo troppo. Non ho la concezione del tempo, infatti mi sembra di
vivere una
specie di sogno ad occhi aperti. Stringo
Angelique tra le braccia. Piange, trema, singhiozza.
“ Tu vivrai, hai capito?
TU VIVRAI!” le dico provando a essere più
convincente possibile, prima di
lasciare la sua presa. Guardo Vincent. Sospiro. Sto per dirgli di
badare ad
Angelique, ma lui mi precede.
“ Peeta mi ha detto
già
tutto. Jannet, David e Angelique. Ok. Proverò a proteggerla,
te lo giuro” mi
dichiara. È vero, tra tutto il casino che era successo, mi
ero scordata di dire
a Vincent di allearsi con Jannet. Gli sorrido, sussurrandogli un
grazie, prima
di stringergli la mano e lasciarlo andare. Li vedo salire sul jet, e
intravedo
lo sguardo intimidito di Angelique mentre gli sportelli si chiudono.
Gli Hunger
Games sono iniziati.
È vietato cercare
sponsor
durante il primo giorno. Ce lo dice Haymitch, mentre io e Peeta ci
dirigiamo
verso la piazza. Vedremo lì gli Hunger Games, sul
maxischermo, insieme a
Haymitch, Johanna e tutti gli altri mentori. Sento la voce di Caesar
echeggiare
nell’aria. Vengono proiettate le prime immagini
dell’Arena. È una montagna.
Perfetto, Angelique potrà nascondersi meglio. La Cornucopia
sta al centro di
una gola. Vedo le piattaforme alzarsi. Angelique. Chiamo il suo nome,
mentre
Peeta mi stringe la mano. È nervoso quanto me, lo sento.
Vedo le armi. C’è un
mazzafrusto per Jannet. Intravedo il suo volto soddisfatto. Una spada
sottile e
allungata. Quella è l’arma per Vincent. I numeri
scorrono troppo velocemente.
Uno sparo. Bambini che corrono verso le Cornucopia. Sangue. Chi
è morto? Non è
Angelique. Lei dov’è? Lei si sta dirigendo dalla
parte opposta alla Cornucopia,
verso la parete rocciosa. Essa è tempestata di spuntoni, sui
quali è possibile
arrampicarsi. Non capisce che è un errore? In questo modo
sarà un bersaglio facile
per chiunque voglia prenderla di mira con l’arco. La
telecamera punta Vincent,
che è già entrato in possesso di una spada.
Rivolge un’occhiata complice a
Jannet, mentre ammazza un bambino. David, nel frattempo, si nasconde
dentro la
Cornucopia. Spero che riuscirà a passare inosservato.
Angelique, grazie alla
sua agilità, è già quasi arrivata in
cima alla parete. Da lì, poi, sarà facile
trovare un rifugio. Ma vedo Fraglia Reeves afferrare un arco per
prenderla di
mira. Chiudo gli occhi. Qualcuno deve ammazzarla. Comincio a pregare
che
qualcuno lo faccia. Apro gli occhi, sentendo un respiro di Peeta.
Jannet l’ha
colpita con il mazzafrusto. È morta. Sospiro, guardando
Haymitch, terribilmente
soddisfatto. Ho fatto bene a dire di sì alla sua proposta.
L’idea di Angelique
è buona, in fin dei conti: si stanno arrampicando tutti. Ma
quella ragazza,
Cassidy, è brava con l’arco: sta ammazzando tutti
i tributi più lenti ad
arrampicarsi. Vedo Vincent dirigersi verso di lei con la spada, ma
Cassidy, puntandogli
l’arco contro, lo ferma.
“ Io e te siamo alleati,
vero?” chiede. Vincent, colto alla sprovvista, annuisce
velocemente. Jannet,
che ha assistito alla scena, sussurra qualcosa nell’ orecchio
di Vincent, prima
di andare a cercare David. Vincent urla il nome di Angelique, che pare
essersi dileguata.
Anche gli altri tributi sembrano essere spariti: alcuni sono riusciti
ad
arrampicarsi, altri, più semplicemente, hanno preso uno
zaino e sono corsi in
fondo alla gola, sperando di riuscire a trovare un modo per salire su e
per non
rimanerne intrappolati. La telecamera si sofferma su Snow, intento a
trovare un
rifugio. A quanto sembra è riuscito ad arrampicarsi e ad
evitare le frecce di
Cassidy. Bravo. Johanna accanto sbuffa infastidita. La situazione alla
Cornucopia sembra placarsi. Vedo il sangue dei bambini a terra. Jannet,
Vincent
e Cassidy hanno fatto piazza pulita. Caleb e Mielinda si sono fermati
dentro la
gola, non riescono a trovare il modo per salire. Umos invece
è salito insieme a
Snow, e probabilmente ha intenzione di stringere un’alleanza.
Vixini, nel
frattempo, ha stretto un’alleanza con Celine e, dopo essere
scappati lungo la
gola, hanno trovato alcuni spuntoni su cui arrampicarsi. Vincent, dopo
aver
esaminato i corpi, ha preso le armi e le provviste nella Cornucopia.
Jannet,
nel frattempo, rincuora David, che sta tremando come una foglia.
“ Angelique!”
urla Vincent
lungo la gola. Ed eccola lì, Prim : si era nascosta dietro
un masso, sopra di
loro. Esce allo scoperto, anche lei con i brividi dalla testa ai piedi
e
un’espressione scandalizzata sul volto. Vincent, Cassidy,
Jannet e David la
raggiungono arrampicandosi, con tanto di armi. Guardo i mentori.
“ Chi è il
mentore di
Cassidy?” chiedo io ad alta voce. Avanza dalla folla dei
mentori un uomo di
cinquant’anni circa, pieno di rughe, con gli occhi azzurri e
profondi.
“ Sono io, Markus Graw,
vincitore dei quarantunesimi Hunger Games, distretto 4” dice
speditamente. Gli
stringo la mano, e lo stesso fanno Peeta e Haymitch.
“ E’ brava la
tua ragazza,
con l’arco” esclama Haymitch guardando lo schermo.
Markus solleva le spalle.
“ Sì, peccato
che il
ragazzino sia morto subito per mano della tua” commenta
Markus a Haymitch, che
sorride tirato.
“ Sai come sono fatti
questi giochi… Ma adesso ti sarà più
facile aiutare la ragazza, no?” dice.
Markus annuisce. La freddezza con cui parlano di questi temi mi
sconvolge.
Peeta mi stringe di più la mano. Gli occhi di Markus mi
scrutano attentamente.
“ La ragazza in
fiamma…
ero molto ansioso di conoscerti, Katniss. Credo che potremo lavorare
bene, per
salvare il tuo tributo” sussurra.
“ O Angelique”
sbotto
infastidita.
“ O
Angelique…” rimarca
lui. Non capisco perché vogliano tutti far morire la mia
Prim. Perché ce
l’hanno tutti con lei? Markus, Haymitch, Gale, gli Strateghi,
le bombe, la
Coin, Snow… Mi gira la testa. Sento la voce di Peeta che mi
sussurra qualcosa
all’orecchio. Annuisco, anche se non so di cosa si tratta.
Sento che mi porta
via. Qualcuno mi saluta. Non mi interessa. Qualcosa di vetro, qualcosa
di
trasparente. Mi scendono le lacrime. Mani che mi reggono. Peeta. Peeta
mi
regge. Arrivo in quella che penso essere la mia stanza. Mi stende sul
letto e
accende la televisione. Mi abbraccia. Sento le sue braccia calme
avvolgermi. Mi
ci aggrappo, mi ci stringo. Piano piano sto riacquistando
lucidità.
“ Peeta… cosa
facciamo?”
chiedo io. Peeta sospira.
“ Proviamo ad aiutare
Angelique” dice. Ecco, l’unica persona che
starà sempre dalla mia parte,
l’unico che mi aiuta in ogni momento, anche quando non ci
sono i pretesti per
farlo. Annuisco velocemente, mentre i miei occhi indugiano sulla
televisione.
Angelique sembra essersi calmata e ride e scherza con David, mentre i
più
grandi controllano le provviste. Cassidy, di tanto in tanto, scocca
un’occhiata
pietosa ad Angelique. Sa che non uscirà viva da quella
Arena.
Per la notte, io e Peeta
decidiamo di fare i turni per controllare la situazione.
Un’ora a testa.
Sappiamo che sono morte già undici persone. Tra questi (
oltre Fraglia e gli
altri, praticamente tutti sotto i tredici anni), compare anche
Mielinda, la
ragazza di Annie, che ha assaggiato delle more selvatiche velenose.
Caleb,
quindi, sta da solo. I nostri Favoriti, invece, hanno subito trovato
l’acqua. È
stata Cassidy a scovare la fonte. Quella ragazza sta cominciando a
essermi
simpatica.
Sento che Peeta mi sta
svegliando. Che succede? Caleb è stato catturato da Jannet e
Vincent, che
l’hanno scovato mentre cercava di rubargli le provviste.
L’hanno legato intorno
ad un albero e stanno decidendo come ammazzarlo. La mia Prim sta in un
angolo
insieme a Cassidy che l’abbraccia.
“ Dovrei farlo io,
è un
lavoro da uomini!” esclama Vincent passandomi la lama della
sua spada tra le
mani. Caleb accenna un sorrisetto impertinente.
“ Io non vedo uomini tra
di voi. Ammazzetemi e basta, al posto di perdervi in discussioni
inutili. Io
accetto la morte” dichiara. Mi metto a sedere. E questo da
dove è uscito?
Cassidy si alza, abbandonado Angelique in compagnia di David.
“ Jannet,
Vincent… questo
tizio potrebbe esserci utile, non l’ammazziamo”
afferma. Vincent la guarda con
fare assassino.
“ Hai sentito cosa ha
detto? Questo bamboccio vuole morire. Me l’ha chiesto
esplicitamente” osserva.
Mi sale una rabbia incontrallabile. Scherza con la morte. La
sottovaluta. Pensa
che sia un gioco.
“ Ti sta solo provocando,
e tu ti stai comportando da stupido. Caleb Rockforter, vero?”
chiede Cassidy.
Vincent non replica, ma si vede che sta progettando mentalmente
l’uccisione di
Cassidy. Caleb scocca a Cassidy un’occhiata eloquente. Non so
perché, ma sembra
quasi… pensieroso. Pare esitare, mentre dice:
“ Sì, mia
graziosa
damigella, in persona.
“ Bene, Caleb. Mi sembri
abbastanza forte per trasportare le nostre provviste, considerando che
c’è un
solo ragazzo degno di nota nella nostra squadra. Senza offesa,
David” dice rivolta
al ragazzino di Haymitch, che gli risponde con un rapido accenno della
testa. Caleb
sorride, facendo un inchino con il busto ancora legato.
“ Sarebbe un onore per me
scortarvi” esclama. Cassidy, con un’ultima occhiata
sospettosa, lo slega, per
poi puntargli una freccia in direzione della testa.
“ Un solo passo falso e
ti
ammazzo con le mie mani, sono stata chiara?” domanda. Caleb
annuisce.
“ Bhe, sempre che la cosa
non dispiaccia al nostro maschion…
Un coltello. È tutto
così
veloce. Il corpo di David cade addosso ad Angelique. È pieno
di sangue. Un
rumore tra i cespugli. Celine Noiress sa lanciare i coltelli.
È Clove. È
proprio la sua reincarnazione. Ha centrato David nel petto. Urlo, con
Peeta che
mi abbraccia. Piango, fissando quel corpicino immobile. Angelique
comincia ad
urlare, ma Cassidy gli tappa la bocca. Caleb afferra il corpo di David.
Ma è
troppo tardi. Il suo cuore ha smesso di battere per sempre.
Nei giorni seguenti, in
realtà non succede nulla di particolarmente interessante.
Niente che riguarda i
miei tributi, almeno. Sanno dove si trova l’acqua, hanno le
provviste, Cassidy
procura del nuovo cibo, e Angelique raccoglie le piante che reputa
commestibili. Vincent, invece, è sempre e perennemente
imbronciato: non è utile
al gruppo, se ne sta in disparte. A volte, quando lo guardo dormire,
sussurra
tra i denti “ Umos”. Umos, nel frattempo,
sì è alleato con Snow, più per paura
che per vera necessità. Piano piano riesco a delineare i
caratteri dei tributi.
Umos è semplicemente un povero rammollito, particolarmente
abile con la sua
lancia. Snow è freddo, elegante, calcolatore. Non cerca lo
scontro diretto, no,
lui vuole sopravvivere. Inutile dire che non hanno ricevuto nemmeno un
paracadute. Johanna non si sta certo adoperando al meglio, nonostante
Peeta la
bacchetti sulla sua mancanza di diligenza. Ma a lei tutto questo
diverte. Non
so se approvo quello che fa o no. Si sta parlando di Snow. Celine
Noiress è la
migliore con i coltelli, sembra l’incarnazione di Clove. La
sua tecnica è
aggredire alle spalle e poi scappare, con la certezza di aver fatto
centro. E’
scaltra, sa mimetizzarsi bene. Vixini, invece, è
semplicemente innamorato di
lei: si vede da come la guarda, da come studia le sue mosse. In
compenso, sa
usare molto bene la sua ascia, donatagli da un generoso sponsor. Sono morti altri due
tributi. Sono stati
sfortunati: hanno incrociato la strada di Celine. Io e Peeta stiamo in
una
condizione di terribile apatia. Ancora non succede niente, quindi
è inutile
cercare sponsor. Haymitch mi dice che sono un’ingrata, ma in
realtà mi sento
inutile. È il terzo giorno, quando io e Peeta stiamo al bar
con Haymitch,
attaccati al maxischermo. Angelique si allontana per andare a cercare
delle
bacche. Vincent le da’ un arco, per preucazione. E la mia
Prim si avventura nel
bosco. È spaventata, lo vedo. Peeta emette un sighiozzo. Un
coltello guizza
nell’aria. È Celine. Prim scappa, terrorizzata. Mi
alzo in piedi.
“ NO!!!
Haymitch!” urlo disperata.
Haymitch anche si alza.
“ Katniss, non…
“ Haymitch, facciamo
qualcosa! Peeta! Prim!” esclamo fuori di me cominciando a
piangere e a
dibattermi tra la folla per avvicinarmi davanti allo schermo. Peeta mi
raggiunge, stringendomi la mano e tirandomi a sé. Vorrei
poter non guardare, ma
sono ipnotizzata dallo schermo. La mia Prim corre, ma Celine
è più veloce. La
placca, stringendole la gola con le mani.
“ Oh, piccola, piccola
Angelique… dove sta la tua squadra? Ti hanno lasciata
sola… che terribile errore…
wow, Snow aveva ragione… assomigli a Prim…EH,
EVERDEEN? NON ASSOMIGLIA A PRIM,
QUESTA BAMBINA? ” urla rivolta alle telecamere. Qualcuno la
tolga da lì,
qualcuno la salvi! No, non c’è nessuno. Qualcuno
la porti via… Prim… Assomiglia
a Prim… niente è a fuoco, davanti a me.
“ Urla, ti prego,
urla!”
ansimo io davanti allo schermo. Sento i respiri affannosi di Peeta. No,
Angelique non può morire. Non ora, per favore… mi
gira la testa, ma devo
salvarla. Sto cercando qualcosa con cui rompere lo schermo, uccidere
Celine…
Celine sorride, mentre affonda il coltello nel braccio di Prim. Lei
urla…
“ Fatela
smettere… ti
prego, falla smettere… PEETA!” grido disperata.
Peeta comincia a sussurrare
qualcosa. Non lo sento. Le urla di Prim. Le grida della folla. Aiuto.
AIUTO.
UCCIDETEMI. IO AL POSTO SUO. VI PREGO. Peeta urla. Apro gli occhi. Una
freccia.
Cassidy ha conficcato una freccia nel petto di Celine. La ragazza,
bellissima e glaciale, trema in modo innaturale prima di afflosciarsi
al
suolo. Angelique urla. Perde sangue. Cassidy la solleva, mentre Vincent
raggiunge le due, afferrando l’arco di Angelique da terra.
Sopraggiunge anche
Caleb. Lo sparo di un cannone. Celine è
morta. Caleb strappa un pezzo della sua maglietta e fascia il braccio
di Angelique.
Ma il coltello ha trapassato da parte a parte il braccio della mia
piccolina.
Lei urla. Perde sangue, troppo sangue… Sento Peeta
abbandonarmi. Io casco a
terra. È tutto nero.
|
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Capitolo 16 *** Dannatamente fortunata ***
Quando mi risveglio, sono
a letto. È sera, posso capirlo. Peeta mi sta accarezzando la
fronte.
“ Prim…
è viva?” domando.
Peeta annuisce con un sorrisetto. Peccato che ormai sappia riconoscere
quando
c’è qualcosa che non va.
“ Gli ho fatto avere la
crema che mi ha curato la ferita alla gamba. Sta meglio. Ma forse,
quando tutto
sarà finito, quel braccio le verrà amputato. Mi
dispiace” sussurra. Sospiro. Un
braccio in meno posso sopportarlo. Ma non deve morire.
“ Come hai…?
“ Ho detto a tutti che si
sta solo fingendo debole. Che in realtà è una
tiratrice esperta e che sta solo aspettando
il momento migliore per ammazzare tutti alle spalle. Insomma, ho fatto
credere
a tutti che stesse utilizzando la stessa tecnica di Johanna!”
mi spiega.
Sospiro. Peeta. Lui è bravo con le parole. Ci è
riuscito ancora. Io mi sarei
semplicemente messa a supplicare gli sponsor in ginocchio piangendo
come una
pazza. Peeta invece è scaltro, è abile. Mi ha
salavata. Di nuovo.
“ Altre
novità?” chiedo.
“ Sì, Caleb ha
ammazzato
Vixini. Si sono posizionati lì, Caleb e Cassidy, per
attendere che Vixini andasse
a cercare Celine. Devono aver capito che Celine non poteva agire da
sola. E
Caleb l’ha ammazzato a mani nude. Vixini aveva lasciato la
sua ascia a terra.
Ah, e Jannet ha ucciso un bambino” aggiunge abbassando lo
sguardo.
“ Sono rimasti
in…?
“ Otto”
dichiara Peeta.
Bene, cominceranno le interviste. Forse gli sponsor si commuoveranno,
vedendo
la famiglia di Angelique. Lo spero. Peeta mi prende il volto tra le
mani.
“ Katniss…
vorrei poterti
dire che Angelique vivrà, che starà bene e che
verrà fuori di lì” dice.
“ Ma… potrebbe
non
succedere. Questo tu lo sai, vero?” domanda. Annuisco. Lo so
bene.
“ Quindi, come
facciamo?”
chiedo. Lui scuote la testa.
“ Non lo so…
vorrei solo
che finisse, che finisse tutto” esclama. Sospiro.
“ E’ colpa mia,
Peeta.
Solo colpa mia. Ho detto di sì a questi Hunger Games. Lei
morirà per colpa mia”
dichiaro con le lacrime agli occhi. Lui mi accarezza i capelli.
“ No. Lei
morirà per colpa
di tutti, per colpa del tizio che settantasei anni fa si è
inventato gli Hunger
Games. Morirà per la pace, per la guerra, per
l’indifferenza e per l’odio.
Morirà per la libertà. La colpa è del
mondo in cui viviamo, per la crudeltà
delle persone. Non per colpa tua, o mia” dice. Annuisco, ma
non sono del tutto
convinta di quello che dice. Si avvicina al mio volto e mi bacia.
È il primo
bacio da… un bel po’. Tra gli Hunger Games e la
preoccupazione, mi ero quasi
scordata che qualcuno… Peeta… mi ama. Mi piace,
ne voglio ancora. Ci baciamo
per ore, forse per giorni, non saprei. E quando si stacca, capisco che
la
maggior parte dei miei problemi sono rimasti attaccati alle sue labbra.
Come
sempre. Sorrido un po’, provando a fargli capire quanto
apprezzi quello che fa
per me. Forse questo messaggio gli arriva, perché mi
accarezza leggermente la
guancia.
“ Ti va di accendere la
televisione? Oppure vogliamo, per una sera, non pensarci?” mi
domanda. Valuto
la sua proposta. Sarebbe bellissimo lasciare l’appartamento,
prendere il treno
e scappare a casa, lontanto da tutto e da tutti, solo io e lui. Ma non
riuscirei a chiudere occhio o a vivere con me stessa, senza sapere cosa
sta
facendo Angelique. Quando glielo dico, lui, con un’occhiata
comprensiva,
accende la televisione.
“ Ti porto qualcosa da
mangiare, eh? Ti va un’omelette?” mi domanda.
Annuisco come una bambina
piccola, mentre lui, con un lieve sorriso stampato sulla faccia, si
allontana
ed esce dalla stanza. Mi concentro sullo schermo. Probabilmente
è tardi, visto
che Caleb e Cassidy fanno la guardia agli altri che dormono.
“ Finalmente
soli”
dichiara Caleb a bassa voce. Mi metto a sedere. Cosa?
“ Se questo lo chiami
‘
soli’” sussurra lei a bassa voce, alzando gli occhi
verso il cielo. Caleb si
avvicina a lei.
“ Non mi importa. Tanto
domani lo verranno a sapere. Siamo rimasti in otto, qualcuno lo
renderà
pubblico. Perché mi hai ignorato per tutto questo tempo?
Durante gli
allenamenti ho cercato di parlarti più e più
volte, ma tu scappavi… perché non
hai detto agli altri che mi conosci? ” domanda. Chiamo Peeta.
Ma probabilmente
lui non mi sente.
“ Perché mi
avrebbero
accusato di favoritismo. Sarei morta prima di riuscire a spiegargli che
si
sbagliavano. Quel Vincent mi mette a disagio, è
più pericoloso di quanto
sembri” ammette. Non posso dargli torto. Caleb sorride.
“ Ah, perché,
l’avermi
risparmiato la vita non è già favoritismo? Provi
ancora qualcosa per me, eh?”
le domanda. Peeta entra nella stanza.
“ Peeta! Cassidy e Caleb
hanno avuto una storia, da quello che posso capire!” esclamo
mentre Peeta mi
porge il piatto e si siede accanto a me.
“ No… ti prego
dimmi di
no… sai cosa significa, vero?” domanda. Annuisco.
Gli sponsor adesso non
avranno occhi che per loro. Guardiamo ipnotizzati lo schermo.
“ Io non provo proprio
niente per te. Non più. Non da quando hai fatto quello che
hai fatto.
“ Cassy, te
l’ho spiegato
mille volte… è stata lei a baciare me. Io non
centro nulla.
“ Era la mia migliore
amica. Secondo te è stato piacevole per me?”
domanda. Santo cielo. Questi due
hanno avuto una storia. Si scatenerà il panico. E che
storia, poi. Una storia
ghiottissima per gli abitanti di Capitol City. Caleb abbassa lo
sguardo,
risentito.
“ No, certo che no. Ma
non
potremo lasciarci il passato alle spalle e ricominciare da capo? Cassy,
io…
“ Stiamo qua dentro.
Nessuno
di noi potrà ricominciare da capo con l’altro.
È inutile parlarne. Sicuramente
uno di noi due morirà. Non complicare le cose e lasciati
odiare in santa pace,
come facevo prima della Mietitura” afferma Cassidy. Ma
è una bugia, lo vedo. È
triste mentre dice queste parole.
“ Tu non mi odi, Cassy. E
io non odio te. In questo periodo ho pensato tanto a noi. Ma tra la
rivolta e
tutto… cosa avrei dovuto fare?” domanda
esasperato. Cassidy scuote la testa.
“ Niente. La sorte non
è a
nostro favore. Basta così. Ora voglio dormire”
dichiara alzandosi e andando a
svegliare Jannet. Caleb sospira, con gli occhi lucidi. Io, da canto
mio, sto
con il respiro mozzato. Le speranze di vedere Prim uscire
dall’Arena sembrano
affievolirsi sempre di più.
Il giorno dopo, guardiamo
le interviste. Jannet ha due fratellini piccoli e un padre austero e
severo.
Sua madre è morta due anni fa. Snow, invece, ha solo sua
madre, Sallyvan, una
donna alta, fredda e imperturbabile. Non sembra molto entusiasta,
mentre parla
di suo figlio. In realtà, dubito che quella donna sia mai
stata entusiasta per qualcosa.
Umos ha due genitori vecchi e stravaganti, particolarmente fanatici e
snob. Il
padre mi sembra molto autoritario. Quando gli chiedono di Mariss,
scuote la
testa, affermando di non averla mai vista in tutta la sua vita. Cassidy
ha
quattro sorelle, tre fratelli, un padre e una madre, con i suoi stessi
occhi
color ambra. Sono ansiosi di vederla tornare a casa, non voglio perdere
anche
lei, come hanno perso uno dei loro figli, Nussy, a causa delle bombe
progettate
da Gale. Ora capisco perché Cassidy è
così attaccata a Prim, e la mia stima
verso quella ragazza sale notevolmente. Ma dovrà morire
anche lei, per salvare
Angelique. Caleb ha un padre anziano e un fratello più
grande. Gli assomiglia
molto. Quando gli chiedono del rapporto tra Caleb e Cassidy, afferma
che sono
stati insieme per tanto tempo, ma non sa altro. La troupe prova anche
ad
intervistare l’ex migliore amica di Cassidy, una certa
Vorrette Bellar, ma
fugge davanti alle telecamere, coprendosi la faccia. Poi intervistano i
parenti
di un certo tributo ancora vivo : Francek Onomia. Ha dodici anni, ma
è furbo:
la sua tecnica consiste nel nascondersi, mimetizzandosi con le rocce.
Sua madre
dice che ha sempre avuto questo straordinario dono di passare
inosservato. Poi
arrivano i parenti di Vincent: sua madre è dolce e
riservata, parla a bassa
voce, timidamente. Confessa di essere preoccupata per il comportamento
di
Vincent, a causa della sua improvvisa aggressività. Il
padre, invece, si
esprime a monosillabi, a volte, di difficile comprensione. La troupe,
poi,
chiede ai genitori informazioni riguardanti Mariss, ma essi affermano
di non
saperne niente. Hanno fatto anche un giro tra gli amici di Vincent e di
Umos: nessuno
conosce questa ragazza. La cosa mi sembra strana, ma non mi importa, la
mia
attenzione è tutta focalizzata sulla famiglia di Angelique:
cinque sorelle più
piccole di lei, tutte rigorosamente bionde. La mamma è
distrutta, glielo si
legge in faccia: i suoi occhi azzurri sono gonfi e stanchi, come se non
dormisse da giorni. Mi ricorda la mia, quando papà
è morto. Anche il padre di Angelique
è morto, durante la rivolta. Questo mi spinge ancora di
più ad incrementare i
miei sforzi da mentore. Passo
tutto il
pomeriggio a lavorare sodo, insieme a Peeta. Incontriamo persone
stravaganti e
disgustosamente ricche: parliamo bene di Angelique e di Vincent,
focalizzandomi
sulle meravigliose doti da tiratrice scelta di Angelique. Il paragone
con
Johanna, studiato da Peeta, è azzeccato: la gente ci crede
davvero. Grazie alla
parlantina di Peeta, tutti si aspettano di vedere da un momento
all’altro la
mia Prim uccidere tutti nel sonno. Riusciamo a inviarle bende nuove per
fasciarsi la ferita, disinfettante e cerotti ipertecnologici,
sponsorizzati da
una vecchia signora bizzarra che, non a caso, è una grande
fan di me e Peeta.
“ Oh, Peeta, quando hai
tirato fuori quel medaglione con il cugino, la mamma e la sorellina di
Katnis…
ho pianto per giorni…” ci rivela mentre io, Peeta
e Haymitch prendiamo insieme
a lei qualcosa da bere. Vedo Haymitch alzare gli occhi al cielo, mentre
Peeta
riesce a sorridere soddisfatto, sussurrando un semplice “
Grazie”. Pure io
provo a sorriderle, ma senza distogliere gli occhi dallo schermo: la
mia Prim
si sta bendando la ferita, con l’aiuto di Cassidy. Vedo lo
sguardo di Vincent.
So che probabilmente mi odia per la mia mancanza di cosiderazione nei
suoi
confronti, ma, almeno per adesso, lui sta bene sotto ogni punto di
vista,
mentre Angelique perde sangue a intervalli. Devo pensare a lei. Come
mentore.
Come amica. Come sorella. Forse anche come…
“ Te l’avevo
detto che hai
un grande spirito materno, Katniss” mi dice Peeta la sera,
mentre guardiamo la
tv. Mi dice questa frase dopo il mio discorso sulla
necessità di impegnarci di
più per tenerla in vita. Sbuffo. Sto per replicare a tono,
ma, sullo schermo,
vedo Vincent dare l’arco ad Angelique. Deve andare a prendere
un po’ di legna
per accendere il fuoco, mentre Jannet e Cassidy vanno a cacciare, e
Vincent e
Caleb organizzano un rifugio. Questa sera, dentro l’arena, fa
davvero freddo,
lo vedo dai brividi che percorrono i loro corpi. La mia Prim si
avventura nel
bosco, a passi lenti e calmi. Le telecamere, inspiegabilmente, si
concentrano
su di lei. Non ne capisco il motivo: non è molto
più interessante vedere due
ragazze andare a caccia, piuttosto che osservare quella creaturina
tremante
raccogliere della legna? Comprendo questa scelta un attimo dopo: Snow e
Umos
sono nascosti dietro dei cespugli. Snow ha in mano una lancia. E la
punta verso
Prim. Mi alzo in piedi, allarmata, rovesciando per terra un bicchiere
d’acqua.
Mi avvicino allo schermo tremando come una foglia. Peeta mi raggiunge.
“ E’
Liambo?” chiede Umos
a Snow. Il ragazzo scuote la testa.
“ No. E’ la
bambina. Sta
raccogliendo della legna, penso. I suoi comnpagni devono essere qui
vicino.
Meglio andare via” sussurra. Sì. Sì,
Snow, ti prego. Vai via.
“ Non pensi che sia
meglio… uccidere la bambina?” domanda Umos. No.
No. No. Non pensa che sia
meglio, no. Non deve pensarlo. Ti prego, no. Ti scongiuro.
“
Peeta…” sussurro
inginocchiandomi davanti alla televisione. Sento le sue mani posarsi
sulla mia
spalla. Angelique, ti prego, accorgiti che hai una lancia puntata alla
tempia…
scappa più veloce che puoi… Snow la
ucciderà. Le telecamere si soffermano sui
suoi occhi glaciali: vedo un lampo, una scintilla. Sta per pronunciare
la
condanna a morte della mia bambina. Le sue labbra sottili e rosse come
il
sangue si aprono e…
“ No. E’ troppo
piccola.
Non costituisce un pericolo, e poi non voglio ammazzare una bambina
indifesa.
Non ce la farei proprio ” afferma abbassando la lancia. Che
cosa? Ho sentito
bene? Umos annuisce un po’ scettico, mentre si allontanano,
strisciando dietro
altri cespugli, fino a raggiungere dei cespugli appartati e sicuri. Mi
alzo in
piedi. Mi accorgo che ho le lacrime agli occhi e me le asciugo con una
manica.
Snow. Snow ha salvato Angelique. Io gli sono debitrice. Sono in debito
con il
nipote di Snow. E so come ripagarlo.
“ Stanno a corto di
viveri, vero?” chiedo a Peeta.
“ Chi?
“ Snow e quello di
Beetee…
Umos.
“ Penso di sì.
Ti ricordi
che oggi pomeriggio hanno provato a cacciare?” mi ricorda
scrutandomi
attentamente. Sospiro profondamente. È vero, non avevano
trovato niente.
“ Bene. Andiamo da
Johanna. Che le piaccia o no, stasera il prossimo paracadute
sarà per Snow”
affermo dirigendomi verso l’ascensore. Peeta mi segue, a
passo di marcia.
Quando premo il pulsante per il piano
dove alloggia Johanna, non riesco a fare a meno di vedere Peeta
sorridere. Mi
guarda quasi con… orgoglio?
“ Che
c’è?” domando.
“ Ti amo” mi
risponde
semplicemente. Non so perché abbia detto questa frase in un
momento così poco
opportuno, ma non riesco a fare a meno di arrossire un po’.
“ Perché me lo
dici?
“ Perché
riesci sempre a
fare la cosa giusta, in un modo o nell’altro” mi
spiega ben attento a non
distogliere i suoi occhi dai miei.
“ Non direi. Ho
condannato
a morte 23 tributi. Non si può dire che sia un esempio di
moralità” bisbiglio
tra i denti. Peeta solleva le spalle.
“ Anche tu sei umana. E
la
vendetta è un sentimento umano” dichiara. Non
riesco ad afferrare a pieno il significato
delle sue parole, ma adesso come adesso non è importante.
Devo concentrarmi.
Devo convincere Johanna ad aiutare Snow. Busso alla porta del suo
appartamento,
dove mi riceve un cameriere. Mi riconosce all’istante: lo
vedo dal sorriso che
si dipinge sulla sua faccia.
“ Katniss Everdeen e
Peeta
Mellark!” esclama. Annuisco velocemente guardando dietro le
sue spalle.
Johanna, che era comodamente seduta sul divano, si alza in piedi, un
po’
allarmata.
“ Ho già
capito tutto. No,
Katniss, non esiste! Mandagli qualcosa senza il mio aiuto! ”
urla mentre io
entro nel suo appartamento spingendo da un lato il cameriere. Le vado
vicino.
“ Lo sai benissimo che mi
serve la tua autorizzazzione, dal momento che tu sei il suo
mentore!” la
assalgo fissandola negli occhi. Lei scuote la testa.
“ No. Non ho nessuna
intenzione di agevolare quel ragazzino!” mi dice gonfia e
rossa per la rabbia.
Sento l’ira scorrermi nelle vene.
“ Johanna, ascolta, a me
in realtà non è sembrato così male,
non capisco perché ce l’hai tanto con
lui”
osserva Peeta da dietro le mie spalle. Johanna sbuffa infastidita.
“ E’ arrogante,
pieno di
sé, sbruffone e…
“ E questi ti sembrano
buoni motivi per ammazzarlo? So che il fatto che sia nipote di Snow ti
faccia
desiderare la sua morte, ma penso che sia diverso, ha risparmiato Prim
e…”
comincio io ringhiandole contro.
“ MI RICORDA MIO
FRATELLO!
VA BENE?” esclama Johanna fuori di sé, urlandomi
in faccia. Faccio un passo
indietro, barcollando un po’. Vedo che ha gli occhi lucidi.
Penso che si sia
resa conto troppo tardi della portata delle sue parole,
perché adesso distoglie
velocemente il suo sguardo dal mio. Sospira, stronfinandosi gli occhi
con le
dita e lasciandosi cadere sul divano.
“ Jeremy Mason. Aveva
diciassette anni. Lui… gli assomiglia. Le movenze, gli
atteggiamenti… io… non
lo so perché… e Snow me l’ha portato
via. L’ha fatto uccidere davanti ai miei
occhi, solo perché non ho… non ho voluto vendere
me stessa. Perché Jeremy è
morto e questo Jack è vivo? Non è giusto, mi
capisci? Io… non riesco a guardare
quel… Jack negli occhi! Mi fa sentire in colpa, mi ricorda
che se solo avessi
messo da parte l’orgoglio e mi fossi…
venduta… adesso lui… forse sarebbe ancora
vivo… non so… ormai non si tratta più
di vendetta nei confronti di Snow… si
tratta proprio di uccidere suo nipote… lui è vivo
mentre Jeremy… no… non potrò
vivere sapendo che il nipote di Snow è stato risparmiato e
che potrà avere un
futuro, forse una vita felice, mentre il mio Jeremy è stato
ammazzato per colpa
mia! Ha senso tutto questo? Non lo so…”
singhiozza. È strano vedere Johanna che
piange. Non è proprio da lei. Lei è dura,
è sempre stata dura. Ma forse, la
sua, era solo una maschera. Ed è terribilmente fragile in
questo momento,
seduta sul divano a coprirsi la faccia con le mani, mentre Peeta la
abbraccia. La
situazione è davvero imbarazzante, non so perché
ma mi vergogno per lei. E mi
vergogno anche per come l’ho trattata, adesso che so cosa
prova. Insomma, ho
dei sentimenti contrastanti, di fronte a questa scena. Stupore, pena,
compassione, tristezza, forse pure gelosia. Ma Peeta fa bene ad
abbracciarla.
Io non oserei mai farlo. Come al solito, sono del tutto incapace di
consolare
le persone. Peeta passa dieci minuti abbondanti stringendo Johanna,
sussurrandole parole tra i capelli, portando il suo volto al suo petto.
Guardo
altrove. So che sono una schifosa egoista, ma queste attenzioni di
Peeta verso
Johanna non mi fanno proprio piacere. Quando sento che i singhiozzi
sono
cessati, mi azzardo a poggiare di nuovo il mio sguardo su di lei.
Sì,
quell’espressione da cucciolo bastonato non si addice per
niente a Johanna.
Sembra accorgersene quando mi scocca un’occhiata decisamente
più dura e decisa.
“ Non posso. Mi dispiace,
Katniss. Puoi chiedere a Beetee, penso. Snow non sta insieme a
quell’altro
tizio? ” mi sussurra. Peeta mi guarda meravigliato. Ma
perché non ci abbiamo
pensato prima? Accenno un sorriso. È una buona idea.
“ Sì, hai
ragione. Lo
chiederò a Beetee… vado ora… forse
riusciamo a mandargli qualcosa anche adesso,
se l’orario ce lo permette…
Peeta si alza.
“ Vado io. Resta tu con
Johanna” mi dice dandomi un bacio sulla testa. No. Non ha
proprio capito. Non
voglio rimanere da sola con Johanna. La situazione è davvero
imbarazzante. Ma
quando provo a farglielo capire, è già troppo
tardi: Peeta è sparito in
ascensore. Johanna sospira. Mi guarda con un po’
di… rabbia? Non riesco a
decifrare il suo sguardo. Increspa le labbra, pur mantenendo gli occhi
lucidi.
Il suo sorriso è leggermente sprezzante.
“ Tu sei…
dannatamente
fortunata. Ma anche molto ingrata. Io ucciderei per un amore del
genere”
bisbiglia alzando le sopracciglia, come se stesse spiegando a una
bambina un
concetto semplice ed elementare. Vorrei risponderle a tono, magari
aggredendola
per avermi additata come ingrata. Ma tutto quello che riesco a dire in
questo
momento è un debole e flebile “ Lo so”.
Peeta ce l’ha fatta. Di
nuovo. Insieme a Beetee, è riuscito ad ammaliare un
vecchietto elegante, un
certo Huberts, direttore di una delle migliori imprese di catering di
Capitol
City. Hanno inviato a Umos e a Jack un bel pacco pieno di provviste.
Peeta mi
ha spiegato la necessità di scrivere chi gliel’ha
mandato, così da indurlo a
risparmiare Angelique nelle occasioni future. Stiamo abbracciati sul
letto,
mentre vediamo Jack e Umos che, sorridenti, mangiano una coscia di
pollo.
“ Ti ha dato fastidio
quando ho abbracciato Johanna. Vero o falso?” mi domando. Non
capisco il perché
della sua domanda improvvisa, e devo ammettere che riesce a cogliermi
impreparata.
“ Vero”
rispondo senza
pensarci. Sbuffo un attimo dopo essermi resa conto di averlo detto
davvero. Lui
mi abbraccia più forte.
“ Mi dispiace. Devo
ancora
entrare nell’ottica che ti potrebbe dar fastidio il fatto che
io abbracci altre
ragazze, anche se, te lo assicuro, non ho mai avuto nessun doppio fine.
Ci
starò più attento, te lo prometto” mi
risponde.
“ Puoi abbracciare chi
vuoi quanto vuoi. Non è una cosa che mi riguarda”
replico bruscamente. Lo sento
ridere un po’.
“ No, lo sai che non
è
così. Certo che ti riguarda. Voglio che ti riguardi per il
resto della mia
vita. Mi piace quando sei gelosa” afferma.
“ Non sono
gelosa”
dichiaro agitandomi un po’. Ridacchia ancora, mentre mi
accarezza la schiena.
“ Oh, sì che
lo sei. Mi
piace. E stavolta non ti chiedo neanche se è vero o falso.
Il tono con cui lo
dici non lascia spazio ai dubbi” mi dice. Sospiro un
po’. Odio quando ha
ragione. Scocco un’occhiata a Snow. Sembra un ragazzo
normale, mentre divora
quella coscia di pollo, non il nipote di un dispotico sanguinario. Ha
risparmiato
Angelique. Sorrido. Forse nessuno avrà il coraggio di
ucciderla, proprio perché
è così piccola. Spero che questo basti per farla
vincere.
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Capitolo 17 *** Il canto della vera Ghiandaia Imitatrice ***
Man mano che gli Hunger
Games procedono, io e Peeta capiamo sempre di più che
sarà necessario
inventarci qualcosa per far
vincere Angelique. Jannet ha ucciso il bambino di dodici anni che si
nascondeva
mimetizzandosi. Ci è inciampata addosso mentre
quest’ultimo dormiva, e, mentre
si svegliava, Jannet non ci ha pensato due volte prima di piantargli
gli
spuntoni del mazzafrusto nel cranio. Questo mi fa capire che, una volta
eliminati Umos e Jack, Angelique sarà quella puntata da
tutti, essendo la preda
più facile da uccidere. Vorrei confidare sul fatto che tutti
saranno mossi
dalla pietà, come Snow, ma non riesco a fare a meno di
constatare che, più i
giochi procedono, più Vincent è agitato e
violento. È ossessionato da Umos, ci
perde il sonno. A volte si sveglia urlando, sfoderando la spada verso
un nemico
immaginario. Una volta stava anche in procinto di uccidere Cassidy,
solo perché
lei aveva alzato un’obiezione sul suo comportamento
scorbutico. Spero solo che
non si scordi della promessa di proteggere Angelique.
E non si azzardi ad ucciderla lui. In caso
contrario, dopo la sua vittoria, gli concederò una
settimana. Il tempo di
rivedere i suoi cari. E poi lo andrò a cercare per
ammazzarlo.
“ Ormai ci siamo,
dolcezza. Faranno scontrare le due squadre, in un modo o
nell’altro. Troppi
tributi ancora vivi. Non era mai successo” mi spiega Haymitch
quando lo metto
al corrente delle mie preoccupazioni. Siamo nel ristorante al lato
della
piazza, la quale è gremita di gente. L’ultima
settimana degli Hunger Games. E
sono rimasti in sette. La situazione è destinata a farsi
più cruenta. E si sa,
il sangue attira la folla.
“ Ok, e fin qui ci ero
arrivata. Cosa devo fare per salvarla?” domando allarmata.
Haymitch mi porge un
bicchiere di rum. Lo scanso infastidita.
“ Questa non è
una
soluzione!” urlo.
“ Oh, sì che
lo è. Vuoi la
verità, dolcezza? Tu non puoi fare niente per salvarla.
È la dura realtà degli
Hunger Games. Triste, no?” osserva guardando attentamente il
suo bicchiere di
rum. Prova a fare lo spavaldo. Ma i suoi occhi pieni di disprezzo lo
tradiscono. Peeta, nel frattempo, ha lo sguardo incollato allo schermo
da
almeno mezzora. È teso, lo vedo.
“ E’ strano che
nessuno
abbia trovato questa Mariss, no?” domanda. Guardo anche io lo
schermo. Vincent
ha preso una pietra appuntita, e sta incidendo il nome di Mariss su un
albero,
mentre gli altri preparano da mangiare.
“ Sì, ma, in
tutta onestà,
Peeta… che ci importa? Ci stiamo concentrando su
Angelique” dichiaro io
leggermente esausta. Lui annuisce pensieroso.
“ Anche questo
è vero,
però non so… cioè, la troupe
è riuscita a rintracciare l’ex migliore amica di
Cassidy che nessuno aveva mai menzionato, e non riesce a rintracciare
una
ragazza di cui sanno perfettamente il nome? Non so… solo io
lo trovo bizzarro?”
domanda. Non faccio in tempo a dargli una risposta. Un urlo. Gli alberi
cominciano a cadere. Caleb, Cassidy, Jannet, Vincent e Angelique
corrono nel
bosco. Nel frattempo, la telecamera inquadra anche Umos e Jack: anche a
loro
sta succedendo la stessa cosa. Vogliono farli incontrare. Vogliono che
si
ammazzino a vicenda.
“ No!” urlo.
Haymitch
ridacchia.
“ Scommetto che adesso
che
hai capito come stanno le cose, vorrai questo rum,
dolcezza…” sussurra. Peeta e
io ci alziamo, dirigendoci ai piedi del maxischermo, facendoci largo
tra la
folla. Vedo Prim urlare e correre velocissima, fiondandosi dietro a
Cassidy.
Inciampa. Un albero la sta per travolgere… Cassidy riesce a
prenderla per un
braccio e a spostarla di lì, rimettendola in piedi e
facendola correre. Guardo
Markus, il suo mentore. Devo tutto a quella ragazza. Corrono fino a
perdere il
fiato, fino a che non raggiungono un’area rocciosa ma priva
di alberi. Essa si
affaccia su un dirupo. Nel frattempo, Snow e Umos si sono riparati
dietro una
di quelle rocce dell’area : Snow ha una ferita alla gamba,
causatagli dalla
caduta di un albero. Cerco con gli occhi Johanna, e la vedo accanto a
Beetee.
Anche lei è tesa. Umos e Jack non si accorgono che hanno
compagnia, infatti
Umos si alza in piedi, così da non essere più
nascosto dalla roccia e rivelando
la sua posizione. Un urlo. Il Ghepardo lo ha chiamato per nome. Vincent
lo vede
e si scaglia contro di lui, bloccandolo a terra e trattenendogli le
braccia.
Snow, essendosi anche lui rivelato, tenta di scappare, ma un grido di
Cassidy
lo blocca.
“Un altro passo e sei
morto, Snow!” esclama puntandogli addosso una freccia. Snow
si volta
lentamente, guardandola negli occhi.
“ Da quanto tempo sto
aspettando questo momento… tuo nonno ha giocato proprio un
bello scherzo a me e
alla mia famiglia…
ci ha mandato tre
guardie a prelevare mio fratello nel cuore della notte per metterlo
insieme ai
bambini che circondavano il suo palazzo…
finalmente… potrò vendicare Yonty… non
sei contento?” domanda. A stento riconosco la ragazza che
abbracciava Angelique
nel cuore della notte. Ha un’aria da folle, truce e
minacciosa, con gli occhi
spalancati. Angelique le tocca il braccio, alzandosi in punta dei
piedi.
“ Cassidy…
no…” sussurra.
Ma la ragazza non l’ascolta. Ha l’arco teso e
pronto per scoccare una freccia.
Snow apre la bocca lentamente.
“ Io non centro niente
con
quello che ha fatto mio nonno, ok, Liambo? E colgo
l’occasione per dirlo a
tutti!” esclama rivolgendosi verso il cielo. Rimango
pietrificata. Che cosa vuole
fare? I suoi occhi sono decisi, la sua espressione dura e sprezzante.
“ Io lo so
perché sono
qui! Non ci credo che su più di duecento ragazzi sia stato
estratto proprio il
mio nome! È una casualità che non posso ignorare!
Ma sappiate, persone
che mi stanno condannando
a morte, che, nonostante sappia che sono qui per mandare un messaggio
forte a
Capitol City e ai Distretti, io non ho mai avuto nulla a che fare con
le scelte
di mio nonno! Che debba morire, lo so dal giorno della Mietitura! Ma
non così! Non
essendo accusato di qualcosa per cui non ho colpa!” esclama
rivolgendosi di
nuovo verso Cassidy. Ma la ragazza si limita a fissarlo, ancora troppo
spietata.
“ Uccidilo Cassidy! Non
starlo a sentire! ” esclama Jannet truce. Snow le scocca
un’occhiata sarcastica.
“ Oh, sì, fai
la dura…
tanto l’ho visto agli allenamenti che sei pazza del Ghepardo,
mia cara Jannet!
Puoi fingere quanto vuoi, ma non avrai il fegato di ucciderlo, una
volta
rimasti voi due… qualora possa davvero succedere, cosa di
cui dubito!” esclama.
Jannet sembra non sapere come replicare, ma mette su uno sguardo
minaccioso.
Caleb, nel frattempo, si avvicina a Cassidy.
“ Cassidy… non
così… Yonty
non avrebbe voluto che…
“
Togliti dai piedi, Caleb! Non parlare di
cose che non sai! Yonty è morto, e per colpa sua
io…
“ Ma non è
colpa sua,
Cassidy! Te l’ha detto ora…” sussurra
Angelique. Levati Angelique. Scappa. Le
cose si stanno mettendo male e una bambina petulante potrebbe indurre
gli altri
a sbarazzarsene. Jannet la prende per un braccio e la allontana da
Cassidy,
sputando nella direzione di Snow. Nel frattempo, Vincent comincia a
ridere,
ancora sopra a Umos.
“ Ho aspettato
appositamente che Cassidy e Snow finissero il loro discorsetto plateale
e
toccante, così da spiegare al pubblico un po’ di
cosette, eh? Eh, TRADITORE?”
esclama sputando sopra il volto di Umos. Traditore? Guardo Beetee. In
che senso
traditore? Beetee mi pare stupito e confuso, mentre mi guarda a sua
volta. Angelique
prova a divincolarsi dalla presa di Jannet.
“ Signore e singori,
benvenuti ai Settantaseiesimi Hunger Games! Adesso vi darò
il più grande
spettacolo di intrattenimento mai avuto finora! Signor… Umos
Naruth, ci vuole
dire come mai ha deciso di uccidere Mariss nel bel mezzo della
ribellione?”
domanda Vincent. Che cosa? Sento le urla scandalizzate della folla
intorno a
me. Uccidere… eh? Ma non erano fidanzati?
“ Io non l’ho
uccisa…”
sussurra Umos con le lacrime agli occhi. Un pugno in faccia. Vincent
ride come
un pazzo. E’ fuori di sé. Comincio a tremare. Mi
fa paura. Ha perso il senno.
“ Gentili telespettaori,
ascoltatemi bene, questa parte vi interesserà
parecchio!” esclama rivolto al
cielo. “ E’ come se lo avessi fatto, brutto
bastardo! Lei e la sua famiglia
stavano dalla parte dei ribelli. Quando la resistenza di Capitol City
l’ha
capito, Mariss e i suoi cari avevano i minuti contati. Non sapevano
dove
andare. E indovina a chi ha chiesto aiuto Mariss? A un piccolo
vigliacco come
te, il suo fidanzato. Ospitare lei e la sua famiglia per qualche
giorno. E tu
gli hai detto NO, verme che non sei altro! Non volevi che papino
sapesse che la
tua fidanzatina era una ribelle, eh? Io li avrei nascosti a casa mia.
Io
l’amavo, Umos! Tu non l’hai mai meritata. Ma
ahimè, io ero ricoverato. E quando
la resistenza di Capitol City ha menato a sangue lei e la sua famiglia,
indovina dove è stata messa la sua barella, una volta in
ospedale? Proprio
accanto alla mia! Mi ha confessato tutto, Umos! Mi ha detto quello che
hai
fatto. Tu, ignobile scarafaggio!” urla dandogli una testata,
così da spaccargli
il setto nasale. Io rimango pietrificata e, insieme a me, tutti i
tributi.
Anche Cassidy ha leggermente abbassato l’arco per sentire
questa storia.
“ Perché
l’ho raccontata a
tutti? Perché devono sapere, prima di vederti morire, chi
sei. Ti ricordi la
prima volta che l’abbiamo vista? Era al club di scherma.
Stava cercando
qualcuno che le facesse delle lezioni. E tu, sudicio infame, subito ti
ci sei
fiondato! Una bella ragazza che vuole imparare l’arte della
spada, che preda
facile, eh? E già da allora dovevo capirlo, che eri solo un
ignobile insetto,
Umos. Siamo diventati amici, noi tre. Più in là,
ci ha svelato il suo segreto,
il motivo del perché non poteva andare troppo in giro, il
motivo per cui non
era saggio per lei frequentare la scuola. Poteva circondarsi solo di
pochi e
fidati amici. E tu, Umos… io non lo so lei che cosa abbia
visto in un essere
ripugnante come te. Lei si fidava! Lei ti amava! E tu… e tu
gli hai negato il
tuo aiuto… ora… ora che tutti sanno quello che
hai fatto… posso ucciderti!”
esclama puntandogli la spada verso la gola. Umos singhiozza
rumorosamente,
mentre la lama taglia lentamente la sua pelle e…
“ NO!” esclama
Angelique.
Morde il braccio di Jannet, che è costretta a mollare la
presa su di lei e si
avvicina a Vincent.
“ Vincent… ne
avevamo già
parlato… non per vendetta. Mariss non avrebbe voluto vederti
ammazzare Umos. Lo
sai! Questo non te la riporterà indietro!”
esclama. Ma è pazza? Sta affrontando
un ghepardo inferocito. Si avvicina verso di lui a passi lenti. Vincent
neanche
la guarda. Tiene gli occhi puntati su Umos.
“ Non ti immischiare,
Angelique! Lui è mio!” urla fuori di
sé. Caleb, nel frattempo, si mette tra
Snow e Cassidy.
“ Angelique ha ragione.
Non per vendetta, Cassidy. Sono sicuro che Mariss e Yonty non avrebbero
voluto
vedervi così accecati dall’odio. Questi due
dovranno morire, siamo dentro gli
Hunger Games… ma non così. Non per mano vostra.
Non con queste motivazioni. È
sbagliato” afferma. Vedo gli occhi di Cassdidy farsi lucidi,
mentre guarda
Caleb. Abbassa l’arco. Sospira. Guarda Snow. “ Tu
morirai. Ma… è vero. Yonty…
non avrebbe voluto che sprecassi tempo con te. Non oggi. Sei fortunato,
Snow.
Ma questa è l’ultima volta che ti lascio
andare” afferma. Caleb sorride, mentre
Snow si allontana velocemente da Cassidy, zoppicando per via della
gamba.
“ Vincent…
lascia andare
Umos. Avrai altre occasioni. Ma
non con
queste motivazioni. Se ci tenevi a Mariss… Lei e Yonty non
avrebbero voluto
questo, ne sono sicura. Caleb e Angelique hanno ragione. Dobbiamo
ricordarci
chi siamo” afferma Cassidy. Vincent, però, non
molla la presa e, se possibile,
appare ancora più sinistro.
“ No… no,
Cassidy, tu fai
come ti pare, ma lui… lui ha ucciso la mia
Mariss… Io non permetterò che la sua
morte non sia vendicata a dovere…
“ Vincent… Ti
prego… non
così… te ne pentiresti, devi
perdonarlo… non riusciresti a vivere con te
stesso…” sussurra Angelique avvicinandosi a lui.
No. No, Prim. Devi
allontanarti da Vincent. È fuori di sé, potrebbe
assalirti, potrebbe reagire male…
è troppo pericoloso. Tutti sono pietrificati, Snow compreso.
“ Stai zitta,
ragazzina!”
esclama Vincent guardando Umos, diventato bianco cadaverico per la
fuoriuscita
di sangue dal naso.
“ Vincent… mamma me lo dice sempre
che l’odio non serve
a niente… e la vendetta è una forma di odio,
Vincent… ti prego, la sua morte
non ti farà stare meglio, anzi!” urla Angelique.
Ma che fine ha fatto la dodicenne
che amava giocare con le bambole? Quella povera e indifesa bimba? Sta
dicendo
delle cose troppo forti per una bambina della sua età. Lei
è pura, lei è buona.
Lei ha capito che la vendetta è sbagliata, in tutte le sue
forme.
“ ANGELIQUE, STAI
ZITTA!”
grida Vincent chiudendo gli occhi. È furioso, rosso in viso.
Ormai Angelique
gli è accanto.
“ Vincent, io…
“ STAI
ZITTA!!!” ringhia Vincent
togliendo la presa da Umos e spingendo Angelique contro le rocce. La
mia
piccola Prim inciampa, e la sua testolina va a sbattere contro una
roccia
appuntita. Su quella roccia vi rimane il sangue. No. No. No. Urlo. Ma
non sento
niente. Mi dispero. Mi butto per terra. Vedo Vincent, che si toglie da
sopra
Umos e si fionda su Angelique. Tutta Panem è immobile. Il
mondo è fermo.
“ Angelique…
no… no… No,
Angelique, ti prego… mi dispiace…
Angelique…” sussurra piangendo Vincent. Vedo
una manina imbrattata di sangue posarsi sulla guancia di Vincent.
Angelique è
serena, mentre i suoi occhi si appannano.
“ Io…
ti… perdono” dice
con la sua vocina. Sono le sue ultime parole. Poi, un cannone. Prim
è morta. Di
nuovo. Le urla strazianti di Vincent invadono la piazza. Peeta anche
singhiozza. Io piango, urlo. La scena sembra durare
un’eternità. Mi guardo
intorno, qualcuno mi deve aiutare. Tutta la piazza sta…
piangendo. E ora
capisco. Capisco che è tutto finito. Gli Hunger Games sono
finiti. La gente
piange insieme a me, insieme a Vincent. Siamo… uniti. E
nonostante la rabbia,
la tristezza, la morte che mi avvolge tra le sue spire… io
voglio provarlo.
Voglio dimostrare a tutti quello che hanno fatto. Che abbiamo fatto. Mi alzo da terra,
raccogliendo tutto il
coraggio che ho. Nessuno parla. Ma io sì. Io canto.
“ Là in fondo
al prato, all’ombra del pino
c’è un letto d’erba, un soffice cuscino
il capo tuo posa e chiudi gli occhi stanchi
quando li riaprirai, il sole avrai davanti” incomincio. La
strofa dopo, la
canta tutta la piazza. Gente di Capitol City e gente dei Distretti.
Uniti,
finalmente, nel dolore di una perdita umana. Nella perdita di Rue. Di
Prim. Angelique
è riuscita a fare ciò che nessuno era riuscito a
fare finora: unire Panem.
“Qui sei al sicuro, qui
sei al calduccio,
qui le margherite ti proteggon da ogni cruccio,
qui sogna dolci sogni che il domani farà avverare
qui è il luogo in cui ti voglio amare.”
Timidamente, alzo un braccio al
cielo, facendo il
vecchio saluto dei Distretti. Tutti mi imitano. La guerra è
finita. È morta la
vera Ghiandaia Imitatrice. Lei è riuscita dove io avevo
fallito. E ora, la mia
strada è segnata. Il perdono. Angelique mi ha indicato la
direzione. Guardo
Peeta negli occhi. Ora capisco. Tutto è chiaro, adesso.
Haymitch, Johanna e
Beetee mi raggiungono.
“ Tirateli fuori da
lì. Ormai è inutile farli
combattere. Abbiamo organizzato questi Hunger Games per far arrivare un
messaggio. Il messaggio è arrivato” dichiaro.
Haymitch annuisce.
“ Ci puoi giurare. Dopo
questo spettacolo, dubito che
Plutarch voglia continuare. E Paylor non penso avrà nulla da
obiettare. Abbiamo
raggiunto lo scopo” ammette guardando tutti i capitolini
piangere a dirotto.
“ Non era mai successo
niente del genere prima d’ora”
afferma Beetee. Persino Johanna annuisce, mentre si allontana con
Hyamitch ee
Beetee. Peeta mi guarda negli occhi. Devo dirglielo. È il
momento. Ma lui mi
precede.
“ Tu non verrai con noi a
parlare con Plutarch, vero?”
domanda. Sospiro. Scuoto la testa.
“ No. Io andrò
al Distretto 2. Andrò da Gale. E lo
perdonerò” affermo provando a non guardare Peeta
negli occhi.
“ Quindi questo
è un addio?” domanda. Il punto è che
non lo so. Non so come si metteranno le cose, adesso che ho chiaro
quello che
devo fare, cioè, perdonare Gale. Potrei incontrarlo e tornarmene al Distretto 12
con Peeta. Oppure
potrei rimanere lì con Gale. Oppure potrei semplicemente
decidere di affogarmi
dentro una vasca. Non lo so.
“ Non lo so. Tu tornerai
a casa, se li tirano fuori da
lì?” chiedo. Lui annuisce.
“ Sì. Io
tornerò al Distretto 12. Mi troverai lì. Mi
troverai sempre lì ad aspettarti. Ho passato la vita ad
aspettarti, Katniss.
Ormai ci sono abituato” esclama prima di sparire tra la
folla. Una lacrima mi
riga la guancia. Ma devo andare da Gale. Angelique mi ha indicato la
strada da
seguire: quella del perdono. Glielo devo. Ma soprattutto, lo devo a me
stessa.
Spazio autrice: Io lo so che mi
odiate. Ne avete tutto
il diritto. Mi sto odiando anche io. Ho pianto per due ore e trentasei
minuti
dopo aver scritto questo capitolo. Angelique… non lo so.
È stato un frutto
della mia immaginazione. È stato come perdere una parte di
sé, non avete idea.
Far morire un personaggio è qualcosa di…
abominevole. Non ci sono parole per
descrivere quello che sto provando in questo momento. Ma… vi
prego, capitemi.
Era necessario. Grazie ad Angelique, alla bontà che la
caratterizzava… la sua
morte è stata vista come un sacrificio all’insegna
del perdono. E, secondo me,
è davvero importante. Adesso… che bel finale, eh?
Immagino. Sappiate solo che
il capitolo che verrà ( prestissimo, già ve lo
dico!) sarà molto… confortante,
nonostante tutto lasci pensare il contrario. Volevo ringraziarvi.
Grazie a tutti,
grazie a voi che, con il vostro sostegno, mi spingete a fare sempre
meglio.
Scusate, ma adesso non sono molto loquace. Sono tristissima. A presto
angelikakiki
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Capitolo 18 *** Perché io lo amo ***
Prendere il treno senza Peeta
è una strana sensazione.
Mi sento sola e indifesa, quasi vulnerabile, circondata da gente
estranea. Mi
rannicchio sopra il materasso del letto. Provo a chiudere gli occhi.
No, non
posso: vedo sangue. Mi massaggio le palpebre con le dita. Ci riprovo.
Niente, è
tutto rosso. Mi concentro su un quadro della mia camera. Un bambino e
una
bambina che giocano. Improvvisamente, la bambina del quadro mi guarda e
comincia ad urlare. È Angelique. Vuole essere salvata, ma
non posso fare niente
per impedirlo.
“ Peeta!”
chiamo. Niente, lui non c’è. Mi raggomitolo
abbracciando il mio cuscino. So che è frutto della mia
immaginazione, ma non
riesco a fare a meno di trascorrere l’intera notte urlando
con tutto il fiato
che ho. Più e più volte sento il rumore di passi
dietro la porta della stanza.
Forse sono gli inservienti del treno, preoccupati per me. Non mi
importa. Io
continuo a gridare, a chiamare il nome di Angelique invano, poi quello
di Prim,
e, infine, il nome di Rue. Anche la bambina del quadro urla e, la
maggior parte
delle volte, non capisco se usa la mia voce o quella delle bambine a
cui sto
pensando. Provo a soffocarmi con il cuscino, me lo premo in faccia, ma
le mie
urla sovrastano il treno. Non c’è modo di
fermarle. È una scena inquietante e
macabra, e tremo come una foglia fino all’alba. Arriviamo al
Distretto 2.
Appena scendo dal treno, trovo alcuni tizi armati che mi stanno
aspettando.
“ Buongiorno signorina
Everdeen, la stavamo
aspettando. Haymitch ci ha informati…” mi spiega
un ragazzo moro velocemente,
mentre mi accompagna verso un camion. Annuisco. Sono consapevole di
essere in
condizioni pietose, lo vedo dal modo con cui mi guarda questo tizio. Ma
in
realtà sono contenta che qualcuno mi stia scortando, non ho
la più pallida idea
di come fare a trovare Gale. È la prima cosa che chiedo al
ragazzo moro appena
salgo sul camion.
“Gale Hawthorne?
Stiamo andando proprio
da lui, al Commando Generale. Dovrebbe essere lì”
esclama. Sorrido leggermente.
Mi batte il cuore a mille. Non so perché. Arriviamo in uno
strano edificio blu.
Mi ci fanno entrare, e sento su di me gli sguardi di tutti. Gente
armata,
alcuni feriti… nel Distretto 2 c’è
ancora tanta rabbia.
“
Katniss ” esclama una voce rauca alle mie spalle. So chi
è. Mi giro lentamente.
È Gale. I suoi occhi grigi mi scrutano attentamente. A mio
avviso, è diventato
molto più robusto, e i suoi contorni sono ancora
più duri di come me li
ricordavo. Gale fa cenno alla mia scorta di lasciarmi sola con lui.
“
Hai
fame?” mi chiede bruscamente. Appena lo dice, avverto uno
strano brontolio allo
stomaco. Annuisco, e lui mi porta in una piccola saletta bianca con in
mezzo un
piccolo tavolino azzurro e quattro sedie, dove chiede a due infermieri
di
portarci qualcosa da mangiare. Io mi siedo su una delle sedie, e lo
fisso a
lungo. Devo essere sincera, non mi aspettavo un’accoglienza
così fredda.
Sembriamo due estranei. Avrei
dovuto
preparami un discorso, qualcosa da dire per tappare i buchi di silenzio
che
inevitabilmente si sarebbero creati. Ma niente, dalla mia bocca non
esce
niente.
“
Mi
dispiace per la bambina” sussurra lui dandomi le spalle.
Sospiro. Una lacrima
scende prima che riesca a fermarla.
“
Già.
“
Ma
almeno la sua morte è servita a qualcosa. Li hanno tirati
fuori di lì, proprio
questa mattina” afferma lui continuando a non guardarmi.
Vengo assalita da un
senso di soddisfazione. Peeta a quest’ora starà
tornando a casa, fiero di
essere riuscito a salvare non uno, ma ben sei tributi.
“
Bene” dichiaro velocemente. Lo sento sospirare. “
Come vanno le cose qui?”
chiedo guardandomi intorno. Forse è meglio fare un
po’ di riscaldamento, prima
di affrontare i discorsi più impegnativi.
“
Voglio
andare dritto al punto, Katniss. Che diamine ci fai tu qui, eh? Ho la
facoltà
di chiedertelo? Prima mi dici che dormi con Peeta, poi che il nostro
bacio non
conta niente per te, poi ricevo una telefonata da Peeta che mi dice che
stai
arrivando e Haymitch che manda i miei soldati a destra e a
sinistra… che cosa
devo pensare?” grida girandosi e guardandomi negli occhi.
Abbasso lo sguardo. Bene,
il mio piano non ha avuto successo. Tocca prendere la questione di
petto.
“
Io…
Angelique mi ha fatto capire tante cose. E ho capito che…
devo perdonarti. Se
non ti perdono ora, avrò il rimorso di non averlo fatto per
tutta la vita” gli
spiego. Semplice. Sono stata brava, no? Lui scoppia a ridere. Una
risata amara,
piena di astio. Mi allarmo un po’.
“
E
rieccoci qui, eh? Sempre a pensare a te! Mi stai perdonando per poter
continuare la tua vita felice con Peeta senza sensi di colpa, eh? Non
so se
voglio accettare questo atto di generosità, il tuo
‘perdono’!” esclama irato.
Non ha capito niente. Sì, certo lo faccio per me,
ma… non nel modo egoistico
che pensa lui. Lo faccio anche perché… Lo guardo
negli occhi.
“
Non
è solo per questo, Gale. Prim non avrebbe voluto vederci
così. E… Tu
mi manchi. Tanto. E io so di mancarti” gli
spiego prima di riuscire a trattenermi. Lui vuole replicare qualcosa,
ma i due
infermieri aprono la porta, portandoci due vassoi. Ci servono una
bistecca ai
ferri con il contorno di patate. Ci portano anche una brocca
d’acqua, prima di
sparire dietro la porta. Lui si siede di fronte a me, e mangiamo in
silenzio.
Ancora non mi ha dato una risposta, ma conosco abbastanza Gale da
sapere che ci
sta riflettendo. Dopo aver finito di mangiare tutto, lui riesce a
sussurrare:
“
Ma
certo che mi manchi. Io ti amo” mi risponde. Ahi. Ecco,
esattamente quello che
non mi doveva dire. Io non so proprio che dire. Ma lui vuole una
risposta, lo
sento. E io, in realtà, gliela devo. Apro la bocca. Bombe.
Bombe ovunque. I suoi
occhi mi ricordano la morte. Quella da cui sono scappata, in teoria.
Chiudo gli
occhi.
“
Katniss…” sussurra. E invece la sua voce mi
ricorda la vita, i tempi in cui
andavamo a cacciare nel bosco, solo io e lui. Che cosa devo pensare?
Che
significato ha tutto ciò? Lo guardo in faccia sollevando lo
sguardo.
“
Gale… io non lo so” ammetto semplicemente. Lui
sospira.
“
Ok.
Va bene, lo capisco. Non voglio una risposta immediata. Sei confusa.
Ok” mi
dice alzandosi e andando ad aprire la porta. Che abbia capito? Non lo
so.
“
Vado un secondo a controllare la situazione. Se deciderai di restare
oggi,
spero che mi aiuterai a scrivere le lettere alle famiglie dei soldati
caduti”
afferma. Ma ha capito che deve accettare il mio perdono?
“
Gale!” esclamo prima che esca dalla porta. Lui si volta.
“
Io
ti perdono. Per quello che hai fatto a Prim.
“
Te
l’ho già detto, io…
“
Non
è importante. Non mi interessa. Tu devi accettare il mio
perdono. Va bene?”
chiedo. Lui si avvicina, e mi stampa un bacio sulla testa.
“
Sì,
Catnip. Grazie davvero” mi risponde sinceramente commosso
prima di uscire dalla
stanza. Sorrido, sollevata. È come se mi fossi tolta un
grande peso dal petto.
Passiamo
tutto il pomeriggio insieme. Lo aiuto a rispondere alle lettere. Ci
metto anche
la mia firma. Gli è sembrata una buona idea, questo
omaggerà le famiglie dei
deceduti. Dopo aver fatto tutto ciò, mi porta dentro
l’ospedale. La mia
presenza dà gioia ai bambini feriti, che si affollano
attorno a me
meravigliati. Provo a trasmettergli tutto il mio affetto e il mio
sostegno.
Sento gli occhi di Gale che mi guardano in disparte. Scocco
un’occhiata nella
sua direzione, mentre abbraccio un bambino di otto anni con una spalla
lussata.
È come se fosse fiero di me, mi guarda amorevolmente.
Sorrido un po’
imbarazzata. Io mi sento… felice. Mi sento utile. Ma la cosa
più bella è aver
ripreso a parlare con Gale. Ci lanciamo piccole frecciatine, ridiamo un
po’, di
tanto in tanto mi abbraccia. Sono le cinque del pomeriggio, quando mi
avverte
che tra mezzora arriverà un treno. Il punto è:
voglio prenderlo o no? Stiamo
nella saletta bianca, quando me lo dice. Mi lascio cadere su una sedia,
sospirando. Che faccio? Torno al Distretto 12 da Peeta, o rimango al
Distretto
2 con Gale? Esamino i pro e i contro. Qui sarei felice. Con Gale. Ok,
c’è ancora
tanta rabbia nel Distretto 2… ma questo mi darebbe un
obiettivo, un modo per
distrarmi, una sorta di redenzione e di gioia nell’aiutare
gli altri. Nel
Distretto 12 c’è… Peeta. Peeta, che mi
ricorda che è colpa mia se Angelique è
morta, considerando che sono stata io a volere questi Hungr
Games… Peeta, che
continua ad avere degli attacchi in cui rischio ogni volta di rimanere
ferita,
Peeta che… non lo so. Guardo Gale. I suoi occhi
così simili ai miei mi danno
conforto. Lui potrebbe significare un nuovo inzio. Avremmo una nuova
guerra da
combattere, per il raggiungimento della pace anche nel Distretto 2.
Potrebbe
risorgere una nuova fiamma dalle ceneri della guerra. Ma è
davvero questo
quello che voglio? Un’altra battaglia? Non lo so. Ma oggi
sono stata bene con
Gale. Tanto bene. è una sensazione diversa da quella che
provo con Peeta: lui
mi tratta come una bambina da difendere, mentre per Gale sono
più… insomma, con
Gale mi sento forte. E la cosa mi piace.
“
Penso che non prenderò il treno. Penso che
resterò qui con te” affermo
timidamente. È veloce, troppo veloce. Si avventa su di me e
fa premere le sue
labbra sulle mie. Avverto… calore. Ma no quel calore buono e
rassicurante.
Sento qualcosa che brucia dentro di me, e mi fa stare male. Rispondo al
bacio,
ma c’è poco da fare: le nostre bocche non
combaciano per niente. Sono come due
pezzi uguali dello stesso ingranaggio, non si incastrano bene a
vicenda. Voglio
levarmi di lì, voglio correre lontano. Dove? La mia
immaginazione mi porta in
luogo familiare: la casa di Peeta. Lui mi abbraccerebbe, mi bacerebbe,
mi
provocherebbe mille piccoli brividi sul collo, mi farebbe sentire
protetta, al
sicuro, terribilmente vulnerabile, sì, perché
è così che mi sento, giustamente,
in questo momento della mia vita. A me serve una persona con cui posso
mostrarmi debole e, come dice Peeta, umana. E con Gale non
potrò mai, non ce la
farei. Con lui sarò sempre Catnip, la ragazzina che porta da
mangiare alla sua
famiglia. Ma non capisce che ho bisogno che sia qualcuno a prendersi
cura di
me, stavolta. E Gale… non potrò mai accettare
questo da lui. Il suo bacio mi
provoca un senso di tormento interiore, come una sorta di nausea, non
mi dà
pace, nessuna stabilità. Dentro questo bacio
c’è la guerra. Non sento delle
mani delicate che mi accarezzano la nuca, ma movimenti duri, quasi
meccanici,
per niente dolci. Non mi avvolge l’aroma di pane e speranza,
ma quello di
morte, furia, disperazione. Lo posso sentire. Mi scanso bruscamente.
“
Io
non posso. Devo tornare a casa” esclamo alzandomi. Gale mi
blocca i polsi.
“
Ma
che cosa stai dicendo? Sei impazzita? Un momento mi dici che vuoi
restare qui,
poi appena ti bacio te ne vuoi andare!” urla lui infuriato.
“
Gale, io e te non… non potremmo mai… non
potrò mai amarti, mi dispiace…
“
Perché?
“
Perché io amo Peeta” dichiaro. L’ho
detto. L’ho detto davvero. No ci posso
credere. Ho detto di amare Peeta Mellark davanti a Gale. E, cosa ancora
più
stupefacente, sento di esserne davvero convinta. Peeta. Io voglio
Peeta, voglio
le sue carezze, i suoi sorrisi, le sue attenzioni. Perché
sono qui con Gale?
Dovrei stare con lui! E solo ora mi accorgo che questo incontro con
Gale è
soltanto la prova eclatante di tutto ciò. Io amo Peeta
Mellark. Sospiro
lentamente. Sento Gale indietreggiare.
“
Sei
proprio una stronza” mi dice. Sì, lo so. Ma voglio
cambiare. Ora ho capito. Ho
capito chi ho sempre scelto dentro di me. Peeta è la
risposta. Peeta è il mio
futuro. Mi avvicino alla porta. Io prenderò quel treno.
“
Questo è un addio?” mi domanda sprezzante. Mi
volto. Ha gli occhi rossi e
lucidi.
“
Ti
conosco, Gale: puoi accettare che io ami lui e non te? Sarbbe
così impensabile
averti comunque nella mia vita, anche solo nel ruolo di amico?
“
NO.
“
Allora sì, è un addio” dichiaro
correndo via dalla stanza, dalla guerra, da Gale.
Finalmente,
alle quattro di notte, riesco ad arrivare a casa. Busso alla porta, e
Sae mi
apre.
“
Dov’è Peeta?” chiedo. Sae, ancora in
stato confusionale per via dell’orario,
indica la casa di Peeta. Bene. Mi incammino a passo di marcia verso
casa sua.
Busso. Non mi risponde nessuno. Busso ancora. Niente. Guardo la
finestra: c’è
una luce.
“
Peeta!” urlo nell’oscurità. Devo
sfondare la porta? E sia. Provo a fare
pressione sulla maniglia, ma mi accorgo che la porta non era stata
chiusa a
chiave. Ottimo. Mi addentro dentro casa sua.
“
Peeta…” sussurro. Nessuna risposta. Vado in
cucina. Urlo. Peeta ha la testa
sopra il tavolo, il quale è cosparso di bottiglie vuote.
Sento l’odore pungente
del rum.
“
Peeta!” urlo scuotendolo. Lui mi guarda lentamente,
svegliandosi. Ha gi occhi
arrossati, uno sguardo vacuo e assente. È ubriaco.
“
Oh…
Katniss…” mi dice con una voce rauca e ironica. Lo
guardo attentamente, mentre
indietreggio un po’.
“
Sei
tornata, eh? Quindi dopo essere andata a letto con Gale ti va di fare
un giro
con me? Ok… tutto quello che vuoi, amore
mio…” esclama sarcastico provando ad
alzarsi per cadere a terra. E’ completamente acceccato
dall’alcol. Lo aiuto ad
alzarsi in piedi.
“
Ma
come ti è saltato in mente di ubriacarti così,
Peeta? Sei impazzito?” gli
domando scortandolo verso la stanza.
“
Io…
mi… sono… ho preso… rubato…
Haymitch…
“
Dov’è lui?
“
A
Capiol... Ity…
“
Ok,
ok” dichiaro io sforzandomi di tenerlo in piedi. Siamo
arrivati nella sua
stanza. Ma appena provo a farlo sedere, vomita tutto a terra. Adesso
è tutto
sporco. Lui ride come un pazzo. Fantastico. Ora mi toccherà
fargli fare un bagno.
“
Peeta, spogliati, ti porto a fare un bagno, non puoi dormire
così!” esclamo io
facendolo sedere sul letto. Lui ride.
“
Vuoi spogliarmi tu? Tanto ormai ci sei abituata! Io, Gale, Finnick,
Haymitch…
tutti…” grida sdraiandosi. Ingoiando i mille
insulti che vorrei rivolgergli, mi
costringo a levargli le scarpe e a spogliarlo io.
“
Stai zitto, sei ubriaco. Come ti è venuto in mente,
poi…” osservo io. Lui si
alza in piedi e mi guarda negli occhi.
“
Mi
hai spezzato il cuore! Di nuovo! Adesso starai baciando Gale, se non
peggio!
“
Peeta, sono qui davanti a te!” replico ormai infastidita.
“
Ora
non conta, sono ubriaco, tu sei solo
un’allucinazione!” urla lui convinto. Sono
indecisa se ridere o piangere, così mi limito a sfilargli la
maglietta. Decido
di farlo rimanere almeno in mutande. Lo accompagno in bagno, e apro il
rubinetto della vasca. Lui, nel frattempo, mi guarda attentamente.
“
Sei
solo un ibrido. Un ibrido programmato per… spezzarmi il
cuore in… taaaaanti
pezzettini!” dice mimando il gesto di qualcuno che spezza
qualcosa. Sbuffo.
“
Non
sono un ibrido, ok? Sono qui per aiutarti, se me lo
permetterai!” gli spiego.
Sento con le dita la temperatura dell’acqua. È
abbastanza tiepida. Lo guardo.
Ha i capelli tutti spettinatti e uno sguardo assente.
“
Ora
entra qui dentro” gli ordino. Lui scuote la testa. I suoi
occhi si fanno
leggermente più scuri. Mi guarda con odio.
“
No.
Tu mi vuoi affogare. Tu sei stata programmata così. Io lo
so” esclama. È
estremamente lucido quando dice queste cose. Non so come comportarmi.
Ho
improvvisamente paura.
“
Sei
tornata per questo, eh? Per finire il tuo lavoro! Assassina!”
esclama con voce
impastata dandomi uno schiaffo. Mi porto una mano sulla guancia.
“
Sono tornata perché ti amo” gli dico tra le
lacrime. Il silenzio. Provo a
guardarlo. I suoi occhi sono cristallini.
“
Tu…
mi ami?” mi chiede confusamente. Annuisco.
“
Sì.
Ma adesso devi entrare dentro la vasca. Ok?” domando
asciugandomi gli occhi.
Lui annuisce ed entra nell’acqua, come un bambino. Afferro
una spugna e gliela
passo su tutto il corpo, lavandolo per bene. Lui, nel frattempo, mi
guarda
fisso. Quando ho finito il mio lavoro, gli dico che può
uscire. Con il mio
aiuto, si alza e si riveste. Lo faccio accomodare sopra il letto.
È stanco e
confuso, probabilmente non si ricorderà niente domani
mattina. Meglio così. Mi
sfiora con una mano la guancia che mi aveva colpito.
“
Mi
dispiace, Katniss” sussurra spaesato. Annuisco.
“
Lo
so. Ora dormi” dico alzandomi dal letto. Lui mi tiene per un
braccio.
“
Resta con me” mi implora. Sospiro. Mi risiedo sul letto.
“
Sempre” bisbiglio. Lui sorride contento, prima di chiudere
gli occhi. Si
addormenta in un istante. Mi sdraio accanto a lui. Mi abbraccia. Ed
eccolo lì,
il mio ragazzo del pane. Poteva essere anche stato depistato e
probabilmente
questo non sarà l’ultimo attacco che
avrà nella sua vita. Ma è Peeta Mellark,
sento il suo calore irradiarsi nell’aria. Sì, non
me ne andrò più da
questo letto, dalla pace, da Peeta.
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Capitolo 19 *** Vero o falso? ***
Il giorno dopo, vengo
svegliata dall’aroma di qualcosa di dolce. Apro gli occhi.
Sono sul letto di
Peeta. Che è successo ieri? Ah, sì. Gale. Peeta.
Io lo amo. La consapevolezza
di amare Peeta Mellark è ancora qualcosa di nuovo ed
inaspettato. Devo farci
l’abitudine. Peeta entra in camera. Tiene tra le mani un
vassoio verde, carico
di dolci. Me lo porge.
“ Per te. Sarebbe
l’ora di
pranzo, ma diciamo che questo è una specie di
colazione-pranzo, se si può
definire tale” mi spiega. Lo guardo attentamente. Mi
sembra… felice. Si può
essere felici dopo una sbronza del genere? A quanto sembra
sì. Nei suoi occhi
non vedo stanchezza o confusione. È
semplicemente… allegro. Ma perché? Penso
che sia contento che io sia tornata. Perché non
può ricordarsi le parole che ho
detto.
“ Grazie… tu
come stai,
piuttosto?” gli chiedo afferrando una ciambella dal piatto.
È davvero
buonissima. Come tutto quello che cucina Peeta, del resto.
“ Non sono mai stato
più
felice in tutta la mia vita!” esclama. Ok. Allora…
non può ricordarsi della mia
affermazione. Non può, dai. È impossibile. Era
ubriaco, no? Quindi… Annuisco,
provando a simulare la mia mancanza di interesse per la questione.
Forse, se
faccio così, penserà di essersi immaginato tutto.
Lui ride. Dopo qualche
secondo, si fa improvvisamente serio.
“ Parlando di cose meno
belle… ti fa male la guancia?” domanda. OH NO. Lui
si ricorda. È per questo che
è così pimpante. Mi porto istintivamente le dita
sulla guancia sinistra.
“ No, non mi fa
male” dico
velocemente. Peeta annuisce, abbassando gli occhi.
“ Ieri ho davvero
esagerato. Non pensavo potesse succedere a me di…
“ Posso sapere per quale
assurda ragione ti sei scolato…?” comincio
sentendo la rabbia salirmi
velocemente.
“ Oh, non lo
so” taglia
corto lui immediatamente increspando un po’ le labbra
“ Mi sembrava la cosa più
logica da fare, visto che pensavo che non ti avrei mai più
incontrato. Forse
speravo di morire in qualche modo. Non lo so. Ieri sera ero davvero
disperato,
mi dispiace” mi spiega velocemente. Sospiro. Vorrei poterlo
biasimare, dandogli
dell’esagerato. Ma, effettivamente, non sono nella posizione
più adatta per
fargli la predica. Neanche io sapevo se sarei più tornata.
Fino al bacio di
Gale.
“ Haymitch ti
ammazzerà
quando scoprirà che hai preso le sue scorte”
osservo. Peeta solleva le spalle.
“ Gliele
ricomprerò, non
c’è problema” dichiara sorridendo.
Annuisco. Passiamo qualche istante così, con
io che mangio e lui che mi guarda estasiato.
“ E’ vero
quello che hai
detto ieri sera?” mi domanda. Abbasso lo sguardo. Provo a
svicolare.
“ Che cosa? Ero tanto
stanca, non mi ricordo bene” esclamo con una vocina fin
troppo acuta. Lui
sghignazza un po’.
“ Ah no, eh?”
mi chiede
guardandomi con fare adorabile. Cavolo, è davvero adorabile,
è un bel problema.
Sa che sto mentendo. Vorrei potergli dire che in realtà so
benissimo quello che
ho detto e che, probabilmente, lo penso davvero. Ma non mi escono le
parole. Io
non sono come lui, non sono in grado di produrre discorsi toccanti e
particolarmente ricchi di emozioni. Ne sono proprio incapace. Quello che invece riesco a
fare è fissarlo
come un pesce lesso, arrossendo un po’. Mi dà un
bacio sulla testa.
“ Come stai?
Com’è andata
al Distretto 2?” mi domanda facendosi più pratico
e serio.
“ Bene. Ho perdonato
Gale.
E…” mi interrompo. Non posso dirglielo. Non posso
dirgli che mi ha baciata, che
ho capito di amare lui e non Gale. Non ancora. Non ce la faccio.
“ Ok. E le cose
lì come
stanno andando?
“ Ancora rivolte. Ma
penso
che le cose andranno meglio, ora che…” mi fermo.
Prim. Angelique. Sento delle
urla. Mi copro le orecchie. Urla ovunque. Peeta mima qualcosa con le
labbra. Ma
non lo sento. Non sento niente, non voglio sentire niente, piango
e… Peeta mi
abbraccia, mentre mi agito sul letto. E sento… calore. Tanto
calore. Calore
buono, finalmente. Sospiro, in una sorta di estasi. Lui mi aiuta. Lui
ci
riesce. Nessun altro può. Mi prende il volto tra le mani.
“ Li abbiamo fatti
uscire.
Te ne sono tutti riconoscenti. Abbiamo salvato sei innocenti. Dobbiamo
essere
fieri di noi” mi spiega mentre piango.
“ Ma Prim…
“ Ho parlato con sua
madre. È fiera di lei. Se ne è andata lottando
per quello in cui credeva. Non
esiste morte migliore, non esiste” esclama lui convinto.
Annuisco un po’. Lo
abbraccio io. Mi conforta, mi rende felice, mi consola, mi fa stare
bene,
finalmente. Voglio lui, ho sempre voluto lui. E mi vengono in mente le
parole
di Johanna “ io ucciderei per un amore
così”. E’ vero, sono
un’ingrata. Voglio
renderlo felice almeno la metà di quanto mi renda felice
lui. Sospiro.
“ Allora, ascoltami. Oggi
io e te facciamo un patto” mi dice. Lo guardo attentamente.
Che patto vuole
fare?
“ Faremo qualsiasi cosa
ti
vada di fare. Qualsiasi cosa. E, a fine giornata, io ti farò
una domanda. E
pretendo che tu sia assolutamente sincera. Te lo dico, non devi
mentirmi o
divagare, qualsiasi sia la risposta. Ci stai?” chiede con
enfasi. Lo guardo
interrogativa. A che gioco sta giocando? Non lo so. Lui ha detto
‘qualsiasi
cosa’. Che sia…? Non saprei. Ma so esattamente
quale sarà la domanda che mi
farà a fine giornata. Il punto è: io sono pronta
a rispondergli? Bhe, potrebbe
non essere quella a cui sto pensando ora, no? Potrebbe semplicemente
chiedermi
se Gale mi ha baciata o no. In quel caso risponderei un sì
amaro e carico di
vergogna, ma non sarebbe particolarmente faticoso da parte mia
ammettere una
cosa del genere. Spero che sia così. Sarebbe davvero
meschino non accettare un
patto così, sembrerebbe che abbia qualcosa da nascondere. E
non voglio che
possa pensare ciò.
“ Ci sto”
dichiaro tendendogli
la mano. Lui l’afferra prontamente.
“ Bene.
Quindi… che cosa
vuoi fare adesso? Posso accompagnarti dentro il bosco, farti una torta,
scrivere un po’ il libro, farti le focaccine
o…” comincia. Gli premo un dito
sulle labbra.
“ Oppure potrei portarti
al lago” dico improvvisamente. Non so perché mi
sia venuta questa idea, ma mi
accorgo che è davvero buona. Sì, voglio fare
questo. Lui mi guarda perplesso.
“ Oh, em…
sì, ok. Vuoi
passare tutta la giornata lì?” domanda. Annuisco.
“ Ti avverto solo che il
tempo non è dei migliori” mi informa. Scuoto la
testa.
“ Non mi importa. Voglio
andare lì” dico. Lui annuisce e fa una chiamata a
Sae per avvertirla che non ci
troverà a casa. Prepara dei panini, e dentro lo zaino
mettiamo due teli, così
da poterci stendere sull’erba. Prendo anche il mio arco. Non
si sa mai. Ci
incamminiamo.
“ Ti ha baciata,
eh?” mi
domanda di botto. Rimango un po’ spiazzata. Gale. Come fa a
sapere che…? Bene,
adesso so che non è questa la domanda prescelta della fine
della giornata. Non
gli rispondo, ma, stranamente, lui sorride amaramente.
“ Oh, è
normale. L’avrei
fatto anche io. Le avrei tentate davvero tutte!” mi dice
mentre scavalchiamo il
filo spinato. Lui mi precede, e mi dà le spalle.
“ Non è stato
proprio un
bacio vero” ammetto io. Non so perché ho usato
esattamente queste parole. Ma mi
accorgo che la penso davvero così. I baci veri, ormai,
appartengono solo a
questo ragazzo che cammina davanti a me. Lui alza le spalle.
“ Ho capito. Bhe, pensi
di
rivederlo ancora?” mi domanda. Leggo tra le righe la sua
tristezza. Ma stavolta
davvero, non ne ha motivo. Lo afferro per un braccio, costringendolo a
girarsi.
So che non sono proprio il massimo della femminilità e della
dolcezza, quando
gli dico:
“ Io ho scelto.
Peeta rimane come folgorato
da questa affermazione. Non riesco a interpretare però se ha
ben afferrato il
senso delle mie parole o no. In realtà non sono sicura di
averlo afferrato bene
neanche io. Lui, invece, rimane così, immobile e stupito.
Sbuffo, procedendo
davanti a lui. Non penso che sappia la strada. Arriviamo alla solita
casetta,
per poi vedere il lago. E’ strano condividere con Peeta un
luogo così. Mi
ricorda un po’ la mia vecchia vita. Mentre la mia nuova vita
sta in piedi
accanto a me. È una sensazione bizzarra. Peeta stende i teli
sull’erba, e
guarda il lago.
“ Hai imparato a nuotare
qui, eh? Mi sembrava strano che tu sapessi nuotare, considerando che
siamo
cresciuti nel Distretto 12” osserva. Dopo qualche secondo,
capisco a cosa si
sta riferendo. I Settantacinquesimi Hunger Games.
“ Sì, ho
imparato qui”
taglio corto. Vedo che vorrebbe chiedermi di più, ma non
osa. L’acqua è
cristallina e luccicante, in contrasto con il cielo grigio che ci si
prospetta
davanti. E’ terribilmente invitante. E poi, non mi faccio un
bagno da giorni,
considerando gli Hunger Games. Abbandono l’arco per terra.
“ Io mi tuffo!”
dichiaro
togliendomi il giacchetto. Non fa proprio caldissimo, ma il freddo non
è
neanche insopportabile. Si può fare, insomma. Mi sfilo la
camicetta. Tira un
po’ di vento, ma non mi importa. Peeta mi guarda
esterrefatto, quando mi levo
anche i pantaloni. Sono rimasta in biancheria intima, ma va bene
così. Stiamo
parlando di Peeta. Basta vergognarsi del proprio corpo. So che
qualsiasi cosa
farò, lui non se ne andrà. Quindi
perché avere il timore di sembrare… brutta ai
suoi occhi? Lo guardo. Gli tendo una mano.
“ Vieni anche tu.
L’acqua
non è molto alta. E possiamo rimanere nelle parti in cui si
tocca, se per te è
un problema” affermo. Peeta mi guarda esistante. Poi, i suoi
occhi guizzano sul
mio reggiseno rosa. Mi costringo a non arrossire.
“ Non so se è
una buona
idea. E l’acqua non è il mio problema in questo
momento ” osserva intimorito e
rosso in viso. Scuoto la testa.
“ Qualsiasi cosa io
voglia. Questi sono i patti, no?” replico. E’ bella
questa sensazione di
potere. Mi piace. Mi
scocca un’occhiata
imbarazzata e divertita allo stesso tempo, ma ancora non dice niente.
Si alza
in piedi e si toglie i pantaloni. Sorrido. Ho vinto io. Dopo essersi
tolto
anche il maglione e la maglietta, ci avventuriamo verso il lago. Tocco
l’acqua
con un piede: è inspiegabilmente calda. Sorrido ancora di
più, e mi ci tuffo
senza pensarci due volte. Peeta
è
esitante, lo vedo, ma dopo un primo attimo di incertezza, si tuffa
anche lui,
con un piccolo gemito. Sì, è davvero piacevole
stare dentro il lago con questa
bella acqua calda che ci avvolge. Immergo anche la testa. Peeta mi
imita.
Appena risale in superficie, mi getta addosso un po’
d’acqua. Ci schizziamo a
vicenda, felici. Dovrei essere triste. Dovrei essere triste, per Prim,
per
Angelique, per Rue, per Finnick, per tutti quelli che ho perso. Ma
adesso non
riesco a fare a meno di pensare a quanto sono fortunata ad avere Peeta
accanto
a me. E so che Gale non può darmi questo. Nessuno
potrà mai. Mi avvicino a
Peeta, cingendolo con le mie braccia e mi ci aggrappo letteralmente.
Restiamo
così, abbracciati, mezzi nudi. Lui mi accarezza i capelli
bagnati, e sento il
suo respiro sul collo. Ancora quei brividi. Mi stacco leggermente,
guardandolo
negli occhi. Un sorriso. Sorride veramente, sorride per la gioia di
stare con
me. Lo bacio. Sì, noi combaciamo. E’ come una
vecchia melodia che non stufa mai.
E infatti ne voglio ancora, voglio di più. E anche lui,
sento che si sta
lasciando andare completamente. Mi dà un bacio deciso, un
bacio che
approfondisce sempre di più, facendosi più intimo
di qualsiasi altro bacio mi
avesse mai dato. Mi stacco un po’, intontita e dolcemente
confusa.
“ Peeta… io
devo dirti una
cosa” borbotto. Lui sembra non ascoltarmi davvero. Mi vede,
ma non mi guarda. È
come… incantato.
“
Devo dirti una cosa” ripeto con più
convinzione. Ma forse il tono intimorito della mia voce mi tradisce. Mi
preme
il suo indice sulle labbra.
“ Se è quello
che penso…
te la renderò facile, Katniss. Non ti devi sforzare. So che
non sei… a tuo agio
nel dire alcune cose” osserva. Ok, basta. Questo è
troppo. Ha proprio
esagerato. Io… non so dare un nome alle emozioni che si
accalcano nella mia
testa. Ma so dimostrare molto bene tutto ciò: una lacrima e
un sorriso. Una
semplice lacrima illumina il viso di Peeta che, raggiante, mi bacia
ancora, e
ancora, e ancora. E io ne voglio di più, davvero. E so, in
cuor mio, che lo
vuole anche lui. Sento che il vento sta cominciando a farsi
più forte. Peeta mi
fa cenno di uscire dall’acqua, e io lo seguo. Quando usciamo,
lo vedo arrossire
vistosamente. Ne capisco il motivo solo troppo tardi: la mia biancheria
intima
si è incollata alla mia pelle, lasciando intravedere
praticamente tutto.
Afferro velocemente un asciugamano e mi copro. Mi stendo sul prato con
Peeta
guardando il cielo minaccioso.
“ Forse
pioverà. E’ una
brutta giornata” dichiaro.
“ Sì. Forse
pioverà. Ma
no, non è una brutta giornata. È la
più bella della mia vita” sottolinea Peeta.
Ha ragione. Sorrido. Mi metto seduta e i miei occhi indugiano sul suo
zaino. Lo
stesso che aveva portato a Capitol City. Lo stesso in cui…
arrossisco al
pensiero. Guardo Peeta, che ha gli occhi chiusi. La più
bella giornata della
sua vita. E direi che se la merita. Ma perché non
renderla… migliore? Ma lui
vorrà? Ha detto che possiamo fare qualsiasi cosa io voglia.
Ma io lo voglio? Lo
scruto attentamente. Io voglio sentire il suo calore sulla mia pelle,
le sue
mani tra i miei capelli e il suo respiro sul mio collo? Sì,
con tutta me
stessa. Voglio che lui sia il primo a…? Ma certo. Solo lui
potrebbe fare una
cosa del genere. Non permetterei di farlo a nessun altro. Mi fido di
lui?
Ovvio. E allora perché non buttarsi, per una volta nella mia
vita? Concedermi
un po’ di felicità. Per una volta. Dovrebbe essere
facile.
“ Mi stai
fissando” mi
dice Peeta di botto, facendomi sobbalzare. Apre gli occhi. “ A che
pensi?” chiede.
“
Io…” Mi arriva una
goccia in faccia. Sta cominciando a piovere. Mi alzo di scatto.
“ Sta per scatenarsi un
temporale. Andiamo a casa!” esclamo. Mi stanno cominciando a
venire i brividi
per il freddo. Lui se ne accorge, mentre ci rivestiamo. Mi abbraccia
scaldandomi con le sue mani.
“ Dai, appena arriviamo a
casa ci facciamo un bagno caldo per togliere il freddo” mi
dice.
“ Ce lo facciamo
insieme?”
chiedo io confusa. Non so se Peeta ha interpretato la mia come una
proposta o
come una semplice domanda per chiarire le sue parole. In
realtà, non so neanche
io che sfumatura di significato voglio dare alla mia domanda.Ma mi
sorride.
“ Sì. Insieme,
se è questo
che vuoi” sussurra.
“ Insieme”
mormoro. E mi
accorgo di volerlo davvero.
Arriviamo a casa di Peeta
zuppi fino al midollo e infreddoliti. Ok, andare al lago forse non
è stata una
buona idea. Ma ne è valsa la pena, in fin dei conti, no?
Peeta si fionda in
bagno, e fa scorrere un po’ d’acqua. Bene. I miei
occhi vengono catturati dal
mio riflesso proiettato sullo specchio della camera da letto.
Sono… orrenda,
davvero. I miei capelli sono bagnati e informi, il poco di trucco che
avevo è
letteralmente tutto colato sulle guance. Provo a darmi un contegno, o
almeno a
rendermi presentabile, avvalendomi dell’asciugamano. Faccio
un respiro. Ho
davvero acconsentito a farmi un bagno caldo con lui? A quanto sembra
sì, perché
sento che mi sta chiamando. Sto tremando come una foglia. Quando sente
che non
rispondo, mi chiama ancora, stavolta più allarmato. No, non
posso fargli
questo. Devo avere il coraggio di fare… ciò che
so di volere realmente. E cosa
voglio più di stare con Peeta, in questo momento? Niente.
Rispondo debolmente,
sfilandomi la camicetta. Mi slaccio i pantaloni. Sono ancora in
biancheria. E
fin qui non ci sono problemi. Appena entro in bagno, noto che lui
è ancora
vestito. Mi sento terribilmente a disagio. Ha chiuso il rubinetto
dell’acqua.
“ Solo se lo vuoi
davvero.
Nessuno ti obbliga” mi dice. Esito un secondo. Ma in fondo
sì. Abbiamo tutto il
tempo del mondo, a quanto sembra. Quindi perché fare ora una
cosa del genere?
Potremmo aspettare mesi… anni… fino a che non
prenderò il coraggio di… ma di
fare cosa, alla fine? Di spogliarmi? Quando lo facevo davanti a Cinna e
al mio
staff non era un problema. Allora perché adesso mi freno?
Perché è quello che
c’è sotto il gesto. Vuol dire fidarsi,
abbandonarsi a qualcuno. Non avere solo
io le redini della situazione. Mettersi in gioco, lasciarsi andare, per
una
volta. E voglio farlo. Perché
so che
dall’altra parte, c’è lui. Mi tolgo
lentamente il reggiseno sotto lo sguardo
stupito di Peeta. Prova a guardarmi negli occhi, ma vedo che non ci
riesce
molto bene. Ridacchio un po’. Anche lui ride imbarazzanto,
mentre riapre il
rubinetto e si sfila la maglietta. Ok. Ce la posso fare. Si leva anche
i
pantaloni. Ok. Perché sto sudando freddo? L’ho
visto in boxer più e più volte.
Ieri, per esempio. Quindi perché ho questo terrore
di… ecco, l’ha fatto. Si è
tolto la biancheria ed è entrato nella vasca. Lui non
arrosisce, sembra che si
denudi davanti a qualcuno tutti i giorni. Non osa guardarmi,
però. Meglio,
visto che tocca a me. Mi sfilo lentamente gli slip e mi precipito
dentro
l’acqua. È calda, è accogliente. La
vasca è abbastanza grande per entrambi, e
la schiuma copre un po’ di cose che… normalmente
sono coperte. Adesso mi sta
guardando negli occhi. Mi sta proprio scrutando.
“ A che pensi?”
gli
chiedo. Mi accorgo che la mia voce è incredibilmente rauca,
e ho la mandibola
leggermente contratta.
“ Sto cercando di capire
se potrebbe darti fastidio. Perché o ti rimetti qualcosa
addosso oppure…
“ Oppure?”
provo a dire
confusamente.
“ Bhe, non lo so. Adesso
come adesso so a malapena come mi chiamo. Non so” afferma.
È imbrazzato, lo
vedo. Mi esce una risatina nervosa. Lui si sporge verso di me. Ecco. E
adesso?
Che cosa devo fare?
“ Ascoltami, tu adesso mi
devi dire espressamente cosa vuoi fare. Perché la situazione
è abbastanza
ambigua, non so se hai notato!” dice sorridendo. Anche io non
posso controllare
la mia euforia.
“ Quindi, stiamo nudi in
una vasca di acqua calda, e…” dico provando a
razionalizzare.
“ E vorrei che venissi
più
vicina. Ma solo se lo vuoi” si limita a dire semplicemente.
Mi giro e gli
faccio segno di allargare la gambe. Mi posiziono con la mia schiena sul
suo
petto. Sento… qualcosa sulla mia schiena. Provo a non
ridere. Ma non ci riesco.
La situazione è tragica, ma non è assolutamente
seria. Ridiamo insieme. Con le
labbra mi sfiora il collo. E voglio di più, stavolta penso
di essere pronta. Lo
lascio fare. I suoi baci cominciano a farsi più esigenti.
Alludono ad altro. E
immagino di sapere di cosa si tratta. Siamo rimasti dentro questa vasca
abbastanza. Mi scanso.
“ Andiamo di
là” dichiaro
alzandomi. Lui distoglie appositamente lo sguardo da me, mentre mi
infilo
l’asciugamano.
“ Non posso”
sussurra con
gli occhi lucidi.Scuoto il capo e gli stampo un bacio sulla testa.
“ Questo fallo decidere a
me. Ti prego” chiedo io implorante. Sospira. Si alza anche
lui, legandosi un
asciugamano in vita. Sembra scocciato.
“ Potrei ucciderti,
Katniss” afferma ancora, pensando che possa davvero crederci.
Mi avventuro in
camera da letto, sdraiandomi sul soffice materasso. Inspiro
profondamente. Ha
un buon aroma, quello del pane, di Peeta, del…
dell’amore, penso. Infatti sto
per dare a Peeta quello che… ciò che sapevo che
sarei stata disposta a dargli.
Voglio farlo. Arriva anche lui, ma non si adagia accanto a me. Rimane
in piedi
a fissarmi. È combattuto. Io non intendo distogliere il mio
sguardo da lui. Lui
fa qualche passo incerto verso di me e si siede sul letto.
“ Io non posso farlo. Non
posso, Katniss. Mi dispiace, ti giuro. Non…”
Basta, mi ha stancato. Non
so dove trovo il coraggio di fare una cosa del genere. Non oso neanche
immaginarlo. Ma mi alzo in piedi e mi metto a cavalcioni sulle sue
gambe. Lui
rimane di sasso, quasi spevantato. Prova a scansarmi leggermente, ma io
non me
ne vado. Basta fuggire. Ho sempre pensato, durante gli Hunger Games,
che, ad un
certo punto, devi smettere di correre, girarti e affrontare chi ti
vuole morto.
Ma ci vuole coraggio per fare ciò. E il nemico di Peeta, in
questo caso, è sé stesso.
Sappiamo entrambi che, se sopravviveremo a questa prova, le cose
andranno
meglio. Ma lui deve avere il coraggio di farlo. E io voglio aiutarlo,
dandogli
tutta me stessa sia in senso letterale che figurato.
“ Perché?
Perché ora,
perché con me, perché
vuoi…?” comincia lui. Alzo le spalle.
“ Lo sai
perché. È una
cosa nuova per entrambi. E l’affrontiamo insieme,
vero?” chiedo. Ecco, di tanto
in tanto riesco ad essere anche io brava con le parole. E, per una
volta, hanno
l’effetto desiderato. Perfetto, Peeta non sa come rispondere.
Assaporo il
sapore della vittoria, baciandolo. Mi scansa ancora.
“ Io… vorrei,
te lo giuro…
“ Peeta, la vita
è troppo
breve, hai capito? Guarda Angelique, guarda Prim, Rue, Finnick! Finnick
ha
sposato Annie nel bel mezzo della rivolta! Bisogna afferrare il
momento, il…”
dolce della vita. Se vediamo qualcosa di dolce sarà
meglio… prenderlo al volo.
Finnick. Finnick Odair. I cavalli. La zolletta di zucchero. Finnick.
Annie.
Hearten. Suo figlio. Finnick ha un figlio che non conoscerà
mai. Perché Finnick
è morto. Mi scanso da Peeta, che mi guarda allarmato. Mima
qualcosa con le
labbra. Non so cosa sia. Mi stendo sul letto, tappandomi le orecchie.
Piango
disperata. Nella mia testa, un turbinio di pensieri. Finnick, con il
suo costume
per la Parata… Cinna, e i suoi abiti che vanno a
fuoco… il fuoco del Distretto
8, con l’ospedale, in ospedale lavora mamma, e anche Prim era
brava e… Sento
delle braccia avvolgermi. Peeta. Peeta mi sta avvolgendo. Mi calmo un
po’. Sì.
Lo risento. Risento la vita, quella vita che ho sentito dentro la
camera di
Capitol City. Fuori piove. Dentro questa stanza, invece,
c’è il sole. Un sole
giallo, brillante. Il giallo del dente di leone. La speranza. La
speranza di
vivere, di essere felici. Lo guardo negli occhi. Anche lui la sente, lo
posso
percepire. Mi prende il viso tra le mani, e mi bacia. E sento quella
fame, che
adesso riconosco essere fame di amore, di luce, di pace. Rispondo a
questo
bacio e penso che potrei farlo per tutta la vita. È tutto
così veloce, non
capisco esattamente cosa stia succendo. È solo un tornado di
emozioni. Paura,
sì, ma anche desiderio. Di cosa, poi? Di Peeta.
Perché è sopra di me e,
stavolta, penso che voglia farlo sul serio. Mi accorgo solo troppo
tardi che il
mio asciugamano è andato, così come il suo, e che
le mie gambe abbracciano le
sue. Sento il freddo della sua protesi sul polpaccio, che mi riporta
alla
realtà. È quello che voglio, vero? Non si
può tornare indietro? No, basta
fuggire. Questa è la mia pace. Peeta me la sta dando. Si
ferma un secondo,
accaldato. Mi guarda negli occhi. Io sono troppo confusa per
restituirgli uno
sguardo intenso come il suo.
“ E’ quello che
vuoi. Vero
o falso?” domanda. Bene. Ci siamo. Stiamo a un punto di non
ritorno. Vero o
falso? Vorrei dire vero, ma la paura mi blocca. Paura di cosa, non lo
so.
Appunto, posso avere paura di Peeta, il ragazzo che voleva farsi
uccidere per
me, che mi ha sempre protetta, che, nonostante il depistaggio, riesce
sempre a
pensare a me? No. Non posso davvero avere paura di lui. Sebbene sia
confusa e
spaventata, riesco a sorridergli.
“ Vero”
sussurro. Lui si
concentra ancora sulle mie labbra, baciandomi ovunque, sul collo, sul
petto… e
a questo punto penso che sia il momento. Non so esattamente come
funzioni la
cosa. Ma so che se ci penserò troppo non mi
deciderò mai. Sembra leggermi nel
pensiero, quando si ferma per aprire il cassetto di un comodino. Tira
fuori
qualcosa di… strano. Mi metto leggermente seduta. Non
capisco. Lui poggia
questa cosa sul letto, e continua a baciarmi. Ma mi sento molto
spaesata.
“ Peeta, che
cos’è… quel…?
“ Tu non vuoi avere
figli,
per ora, no?” domanda. Eclisso sul fatto che non esiste un
‘ per ora’. Io non
voglio avere figli e basta. Mai. Ma so che solleverei solo proteste,
affermando
ciò in questo momento. Quindi mi limito ad annuire. Lui mi
accarezza le
braccie, le gambe e…
“ Se ti faccio male,
dimmelo, ok?” chiede. Annuisco ancora, stavolta presa dal
panico. Che cosa
sta…? Mi sta toccando. Lì. Aiuto. Non so come
comportarmi. Lui continua a
baciarmi, il che è un bene. Non vedrà il mio
imbarazzo. Ha un tocco delicato,
attento. E va bene così. Ma dopo pochi istanti, capisco che
non mi basta più.
Ormai abbiamo superato l’ostacolo, penso, quindi…
come al solito, probabilmente
mi sta leggendo nel pensiero. Sento che il tutto sta diventando
più frenetico e
movimentato, e letteralmente vado a fuoco. Immagino che anche io debba
fare
qualcosa simile alla sua, ma… come faccio? Non ne ho la
più pallida idea. Provo
a pensare, quando capisco che forse l’ideale sarebbe iniziare
a… a ricambiare
la cosa. Quindi allungo una mano e a lui sembra far piacere.
Improvvisamente,
mi ferma. Non so perché. Velocemente, si infila
quel… quel coso di cui mi
annoto mentalmente di chiedere il nome. Mi guarda negli occhi. Non so
perché,
ma fatico a sostenere il suo sguardo. È profondo, intimo,
troppo intimo. La sua
espressione è sconvolta, ma anche felice. Non so proprio
come descriverla.
“ Qualsiasi
cosa… me lo
dici e mi fermo. Hai capito?” domanda. Provo a dire un
‘sì’. Ma dalle mie
labbra esce solo uno strano suono sibilato.
“ Katniss,
devi… devi
dirmi che mi vuoi, che lo vuoi, perché sennò
io…” sussurra tra i denti. Gli
premo l’indice sulle labbra.
“ Zitto.
È… è quello che
voglio” dichiaro. Ridacchia un po’ e, con
un’ultimo sguardo eloquente,
lentamente si fa strada dentro di me. Cio che
sento è un’esplosione. Sensazioni nuove e diverse
mi arrivano al cervello e non
riesco a organizzarle in modo razionale. Fa male, è vero. Ma
lui mi bacia,
ancora e ancora e, in questo momento, il dolore passa in secondo piano.
Dapprima doloroso, anche il semplice atto comincia a diventare
estremamente
piacevole. Ormai non fa neanche più male. Mi piace. Sto
facendo… lo sto facendo
davvero. Con Peeta. E sto bene, sono contenta, sono…
innamorata, ecco. Sì,
innamorata di Peeta, il ragazzo che mi sta baciando con tutta la
passione che
ha. Le sue mani mi afferrano i fianchi, provocandomi tantissime
scintille che
sento irradiarsi per tutto il mio corpo. Sento la fatica, e penso che
vorrei
faticare così tutta la vita. Le scintille arrivano fino al
mio petto, e mi
fanno un po’ gemere. Mi sento stupida, ma non mi importa: so
che Peeta non
penserà questo di me. I respiri sono corti e irregolari, ma
ormai i nostri
movimenti sono decisi. Apro
le palpebre.
Peeta ha gli occhi chiusi. Non mi sta baciando, visto che
l’aria scarseggia e
la bocca ci serve per respirare. Ma è comunque vicino a me.
Molto vicino. Sento
che sta accellerando i suoi movimenti. Richiudo gli occhi. Mi afferra i
polsi.
Sbarro le palpebre spaventata. Che stia… no… non
ora… per favore… no. No, non
vuole farmi del male. Lo vedo dal suo sguardo. I suoi occhi azzurri e
limpidi
mi sorridono. Mi rilasso con un lieve sospiro, e
chiudo ancora gli occhi. Da frenetiche, le
sue spinte si fanno calme e intense. Respiro. Ancora scintille dentro
la gola.
Gemo. Mi sta scoppiando il ventre, il cuore, la testa. Tutto va a
fuoco, un
fuoco caldo, accogliente, pacifico e curatore, che non ha nulla a che
vedere
con il mio, rabbioso e carico di ira. Questo è il fuoco di
Peeta. Con un’ultimo
respiro denso di piacere, Peeta si toglie da me. Sento l’aria
fredda
rimpiazzare il calore del suo corpo sulla mia pelle. Sospiro. Lui
scappa un
secondo in bagno, e non ne capisco il motivo. Ma non è un
problema. Mi
spiegherà tutto quando tornerà. E poi, adesso
come adesso, sono troppo
sconvolta per farmi troppe domande. Dopo qualche istante, Peeta torna e
si
sdraia sul letto. Si è messo i boxer. Mi sento in imbarazzo
per la mia nudità.
Abbasso lo sguardo, e i miei occhi indugiano sulla porta del bagno,
dove ci sono
i miei vestiti. Mi sto per alzare, ma lui mi parla:
“ Aspetta… un
secondo”
mormora. Mi blocco e lo guardo. Che cosa c’è? Al
mio sguardo interrogativo, lui
sorride.
“ Io… voglio
imprimere
questo ricordo nella mia mente per sempre. Quando avrò i
miei attacchi, voglio
revocare questa immagine, questa emozione, questo momento. Ti
prego” il suo
tono è implorante, e io non ho voglia di dirgli di no.
Nonostante sia
imbarazzatissima, provo a non arrossire. Ma non ho il coraggio di
guardarlo. Lui
mi scruta, sento il suo sguardo addosso.
“ Posso…
andare a prendere
i vestiti?” chiedo.
“ Sì.
Certo” mi risponde
sottovoce. Mi fiondo in bagno. Devo guardarmi allo specchio. Devo. Alzo
i miei
occhi sulla mia immagine. Mi sento… sono diversa. A stento
riconosco la ragazza
devastata e mentalmente confusa del Distretto 12. Mi sento…
bella. Le mie gote
sono rosse, i miei occhi dilatati e sprizzanti di… gioia? A
stento mi soffermo
sulle condizioni della mia pelle, non esamino neanche troppo i miei
capelli
arruffati. No, la mia espressione è cambiata radicalmente.
Meno dura e
risoluta, più… vulnerabile. Ma in senso
straordinariamente buono. È quasi…
dolce. Non mi riconosco. Ma mi piace. Indosso reggiseno e mutande e
raggiungo
Peeta. Sento un lieve dolore nella parte bassa dell’addome,
ma non mi importa.
Sono felice. Peeta guarda il soffitto.
“ A te
è… piaciuto quanto
è piaciuto a me, vero?” chiede. Ma che domanda
stupida. Rido un po’. Anche la
mia risata è cambiata. È argentina e limpida.
Sgombra da problemi.
“ Sì. E a
te… come è
andata?” domando. Lui si gira verso di me. Mi guarda
intensamente.
“ Katniss, io…
penso che
il termine ‘ benissimo’ sia riduttivo. Non ci sono
parole per descrivere…
“
Quindi, che farai, dipingerai questa cosa in
uno dei tuoi quadri?” domando io ironizzando. Lui scuote la
testa.
“ Non esistono colori
tanto belli” afferma. Arrossisco. È bravo con le
parole. È bravo.
Passiamo il resto della
serata a mangiare e a scherzare su tutto ciò che ci capita a
tiro. Mi preprara
un vassoio carico di una specie di pane pieno di olive. Mangiamo sul
letto,
disseminando briciole ovunque e ipotizzando i commenti che Haymitch
farebbe se
venisse a sapere della nostra nuova esperienza. Poi parliamo di Sae,
immaginando la sua espressione quando ci vedrà tornare a
casa mia domani
mattina, con i capelli scompigliati e un sorrisi larghi sulla faccia.
Lui mi
parla dei suoi progetti: vuole riaprire la sua panetteria. Io lo
sostengo,
dicendo che sarebbe proprio una bella idea. Io invece gli comunico la
mia idea
di fare un pranzo con tutti quanti, anche con i vincitori di questi
Hunger
Games. Lui è d’accordo, e propone di invitare
anche Johanna, Beetee, Annie ed
Haymitch. Poi lui comincia a giocherellare con i miei capelli, dicendo
che è
una cosa che gli è sempre piaciuta fare. Anche io la trovo
rilassante e
piacevole. Ci stendiamo sul letto, ancora con il sorriso a fior di
labbra.
Abbiamo spento la luce, quando lui mi sussurra:
“ Ho rispettato il patto.
Devo farti una domanda” mi dice. Sento il sorriso sciogliersi
sul mio volto.
Oh, no. No. No. No. Ci siamo. Questa giornata è ricca di
cose nuove, per me.
Non posso davvero dirglielo. No. So quello che mi chiederà.
Annuisco
lentamente.
“ Sì. Chiedi.
L’ho detto. Sto firmando
la mia condanna. Ma, in fondo, di quale condanna sto parlando?
Io… io amo Peeta
Mellark. È così, no? Quindi posso
dirglielo… glielo devo dire, io…
“ Tu mi ami. Vero o
falso?” sussurra. Nella penombra, mi volto a guardarlo. Sento
il panico
assalirmi. È ora. Devo dirglielo. Ma non trovo il coraggio.
Dire una cosa del genere
vuol dire renderlo ufficiale. Ammetterlo a me stessa, ammettendolo a
lui. Che
io lo ami, ormai è una certezza. Vedo i suoi occhi
scintillare un po’. Quanto
amo i suoi occhi. Quanto amo lui. Ed è proprio ora che
capisco che prima o poi
questo momento era destinato ad arrivare. Amo come mi fa sentire. Come
se ci
fosse qualcosa di bello nella mia vita che nessuno mi potrà
mai portare via.
Qualcosa per cui vale la pena svegliarsi la mattina. Che, nonostante
tutto,
rimanga con me. Nella mia testa, fuochi d’artificio, pane
appena sfornato,
zuppa, campi di forza, proposte di matrimonio… una perla.
Una semplice perla mi
fa capire come mi sento quando sto con Peeta. Mi sento una
rarità, mi sento
bene. Sento che posso diventare una perla, io, piccolo pezzo di
carbone, come
direbbe Effie. Peeta è il mio futuro. Aveva ragione Gale, in
qualche modo. Ho
scelto chi è indispensabile alla mia sopravvivenza. Ma non
nel senso brutto. Ho
bisogno di Peeta. Ho bisogno dei suoi baci, dei suoi abbracci, di lui.
Senza di
lui, sarei morta. Ed è in questo momento che riesco a
raccogliere il coraggio
necessario per sussurrare, senza esitazioni:
“ Vero.
Spazio autrice: 8 pagine
di Word. Ok. Allora… per quanto riguarda il capitolo, spero
che vi piaccia.
Succedono un sacco di cose importanti, e quindi si può
pensare che io voglia
finirla qui. Ma… questo non è l’ultimo
capitolo. E neanche il penultimo. So
perfettamente quando voglio finire di raccontare questa storia, e manca
ancora
un bel po’. Sappiate solo, che, sfortunatamente, i problemi
non sono finiti,
anzi. Ci saranno altri colpi di scena, posso assicurarvelo. Ma devo
dirvi,
grazie. Grazie a voi sono riuscita a scrivere tutto ciò.
Grazie a chi
recensisce. Grazie a chi ha messo la mia storia tra le preferite/
ricordate/
seguite. Grazie a chi l’ha indicata per le Storie Scelte del
sito. Grazie
semplicemente a chi legge e, silenziosamente, mi trasmette il suo
supporto. Grazie.
Vi auguro buone feste. Spero che possiate considerare questo capitolo
come una
sorta di “ regalo” per tutte voi. GRAZIE.
Angelikakiki.
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Capitolo 20 *** Gratitudine ***
Schiudo
un po’ gli occhi.
Niente incubi neanche stanotte. Sorrido felicemente. Sì,
perché sono felice.
Per cosa? Oh, sì. Adesso ricordo. Ma era troppo bello per
essere vero. Deve
essere stato un sogno. Dopo aver risposto “ Vero”,
Peeta mi aveva semplicemente
abbracciata. Non aveva detto niente. Ma sentivo le sue lacrime sulla
mia
spalla. E mi ero addormentata, certa che quelle lacrime fossero dovute
alla sua
gioia. La stessa gioia che provo ora, penso. Mi fanno male i muscoli.
È un
dolore piacevole, causato da una cosa piacevole. Sì,
immagino sia questo
l’aggettivo che dovrei usare.
“
Buongiorno” sussurra una
persona in lontananza. Apro gli occhi del tutto, mettendomi a sedere.
È Peeta
sulla sedia. Tiene in mano una specie di vassoio. Si alza e me lo
porge.
“
Colazione a letto.
Portia mi aveva raccontato di quando gliela portava tutti i giorni il
suo ex
marito. Mi diceva che ogni volta le faceva piacere. Quindi…
spero che faccia
piacere anche a te” mi spiega. Certo che mi fa piacere. Pane
appena sfornato,
burro, lamponi e una bella cioccolata calda con tanta panna. Mi ci
avvento
annuendo contenta. Però non capisco. Insomma, ha otttenuto
quello che voleva,
no? Ormai sono sua. Quindi… basta provare a impressionarmi.
“
Peeta” mormoro tra un
boccone e l’altro. “ Perché continui ad
essere così carino con me? Cioè… Ora
che, diciamo, te l’ho detto… Puoi anche finirla di
cercare di conquistarmi… Non
c’è bisogno di portarmi la colazione
per…
Peeta
ride. Stavolta però
è una risata un po’ amara.
“
Katniss, pensi che
queste cose le faccia per conquistare te? Non pensi che anche a me
faccia
piacere vederti felice?
Non
rispondo. Abbasso
timidamente gli occhi sentendomi un po’ in imbarazzo.
Strategica e fredda. Non
mi smentisco mai, almeno. Mantengo la mia coerenza. Complimenti,
Katniss.
“
Scusa. Lo so. E ti
ringrazio, davvero” ammetto. Lui sospira.
“
Fa niente, piano piano
ti convincerò del fatto che io voglio davvero prendermi cura
di te per tutta la
vita. Non importa” dice sedendosi accanto a me. Mi accarezza
la testa. E, improvvisamente,
un ricordo.
“
Anche mio padre lo
faceva. Quando mamma si arrabbiava con lui. Non avevamo molto, ma,
quando
litigavano, il giorno dopo papà si svegliava presto e andava
a comprare una
fetta di pane o due. E sopra ci spalmava il burro. Io lo aiutavo a
raccogliere
i mirtilli nella foresta. Poi raccoglieva una di quelle rose che
crescevano
dietro a casa nostra. E preparava un vassoio, più o meno
come questo. Svegliava
mamma e, dopo averla baciata, andava nella miniera. Mamma aveva il
sorriso stampato
sul viso per tutto il giorno. Diventava più bella”
gli spiego. Non so perché ho
le guance umide. Forse perché sto parlando di mio padre. Non
lo so. Peeta
sospira.
“
Papà invece non lo
faceva mai per mamma. Io… non penso che l’abbia
mai amata davvero, sai? So
riconoscere l’espressione di un uomo davvero
innamorato… basta guardarmi allo
specchio quando ci sei tu nei paraggi” sussurra ridacchiando
un po’ e
abbassando lo sguardo.
“
E… mio padre non
guardava mai mia madre… come guardava la tua, nelle rare
occasioni in cui si
incrociavano” dichiara.
“
Tua madre… lo sapeva?
“
Oh, sì, l’ha scoperto.
Hanno discusso a lungo mentre… durante la sua gravidanza.
Stava aspettando me,
sai? E… quando l’ha scoperto… non lo
so. I miei fratelli mi hanno raccontato che
è andata fuori di testa. Cercava in tutti i modi di
abortire, come se potesse
fare un torto a mio padre. Ma, alla fine, sono nato… e,
insomma… mamma non ha
mai avuto quello spirito materno innato, però…
sicuramente apprezzava i miei
fratelli molto di più di quanto apprezzasse me. Loro erano i
più forti, i più
utili, mentre io… combinavo un disastro dietro
l’altro, a sentire lei. Mio
padre, invece… credeva in me. Sì, lasciava sempre
a me il compito di decorare
le torte, mentre i miei fratelli preparavano il pane. Mi elogiava
sempre. Già.
È stato un buon padre” sussurra. La sua
espressione è cupa, carica di
nostalgia.
“
Spero, un giorno, di
seguire il suo esempio. Ma, per adesso, sarà meglio che mi
vesta. Haymitch è
tornato e pensavo che sarabba stata una buona idea andarlo a salutare.
Mi
accompagni?” domanda. È bizzarro come cambi
argomento all’istante. È la sua
cicatrice, il suo fardello da sopportare. E io, come al solito, mi ero
completamente dimenticata del fatto che anche lui ha perso qualcuno,
che anche
il suo passato è stato portato via esattamente come il mio.
Mi sento
terribilmente egoista.
“
Peeta” sussurro mentre
si alza. Lui rimane di sasso.
“
Sì?
“
Vorrei aiutarti a
riaprire la Panetteria, se per te non è un
problema” dichiaro. Mi stampa un bacio
sulla testa.
“
Grazie” bisbiglia. Fa
per andare in bagno, ma poi si volta.
“
Katniss… ieri… è stato
tutto… vero?” domanda. Lo guardo interrogativa.
“
Cosa?
“
Aver fatto…
“
Sì” dichiaro prontamente
prima che possa concludere la frase. Arrossisco un po’. Lui
sospira sollevato.
“
Oh, meno male, pensavo
di essermelo immaginato! Ed è vero che mi hai detto che
mi…
“
Esatto” rispondo.
Niente, oggi non sono in vena di fargli completare una frase. Sono
frasi
incriminanti, ecco. Il suo volto viene illuminato da un sorriso.
“
Puoi… puoi ridirlo?”
chiede meravigliato. Ridacchio. Peeta. Provo ad aprire la bocca. Bene.
Adesso
devo dire la frase completa. So che stavolta non posso cavarmela con un
semplice “ vero”. Devo dirgli quelle due parole
così piene di… significato,
ecco. Ma perché è tanto difficile? Lo guardo.
Respiro. No, non ce la faccio.
Non ho il coraggio di dirglielo in faccia, non so perché.
Darebbe alla cosa un
carattere definitivo. Ma non è proprio quello che voglio?
Sì, ma… non lo so.
“
Ti amo” sussurro
guardando intensamente il quadro alle sue spalle. Meglio di niente, no?
Infatti
si fionda verso di me, facendo premere il suo corpo contro il mio.
È strano,
ormai avrei dovuto superare l’imbarazzo della cosa. Eppure
sento ancora il
cuore battere a mille.
“
Non immagini quante
volte ho sognato questo momento. Non mi sembra vero ” dice
prima di baciarmi
dolcemente. Sorrido. Anche a me non sembra vero. Non mi sembra vero che
possa
sorridere.
Arriviamo
alla porta di
Hyamitch. Bussiamo. Dopo qualche minuto, ci viene ad aprire.
“
Ringraziami, Hyamitch:
Peeta voleva sfondare la porta. Ancora” dichiaro entrando in
casa. Ovviamente,
è sempre più lurida, non c’è
niente da fare. Lui alza le braccia.
“
Prego, dolcezza,
accomodatevi… stavo dando da mangiare alle oche. Ultimamente
sono irrequiete.
Ciao, Peeta” esclama alla vista di Peeta, che ricambia,
guardandosi intorno.
“
Questa casa cade a
pezzi, Hyamitch. Non pensi che sia il caso di fare un po’ di
pulizia?” domanda.
Sbuffo, esaminando il tavolo pieno di bottiglie vuote. Lui si siede sul
divano.
“
No, a me piace così. La
rende accogliente” osserva mentre riempie il suo bicchiere
con la bottiglia lì
vicino.
“
Stanno tutti bene?”
domando improvvisamente. Lui si fa serio.
“
Sì. Tutti bene. A quello
di Beetee hanno dovuto ricostruire il naso, ma è illeso.
Quel Vincent era
davvero un’animale feroce, eh?” dice ridacchiando
un po’.
“
Non poi così tanto, a
quanto sembra. Era semplicemente innamorato. Si fanno cose…
discutibili, quando
si perde la ragazza che ami. O quando si pensa di averla persa per
sempre”
osserva saggiamente Peeta, sedendosi su una poltrona lì
vicina. Sorrido
amaramente. È vero. Haymich guarda Peeta intensamente.
“
Suppongo che sia questo
il motivo per cui mancano delle bottiglie, eh? Eh, bellezza? Hai fatto
prendere
un bello spavento al giovanotto qui di fronte, immagino”
dichiara ridendo. Meno
male che l’ha presa bene. Alzo le spalle.
“
Immagino di sì” ammetto
increspando un po’ le labbra. Lui scuote la testa.
“
Fortuna che ho sempre
qualche bottiglia di riserva” afferma tirando su il suo
bicchiere. Poi si
rivolge a Peeta.
“
A proposito… penso che
il Forno abbia qualcosa di interessante. Mi andresti a comprare
altre…
bottiglie?
“
Sì, certo, te le devo!
Katniss, andiam…
“
No, la Ghiandaia
Imitatrice rimane qui con me. Io e lei dobbiamo fare un bel discorsetto
in
privato. A tra poco!” dichiara congedandolo. Che cosa vuole
da me? Non mi è
piaciuto per niente il tono con cui ha detto ‘Ghiandaia
Imitatrice’. Peeta si
alza, guardandomi leggermente sconcertato. So che mi sta chiedendo con
gli
occhi se può lasciarmi da sola con Haymitch. Annuisco
silenziosamente. Sì, può
andare. Posso gestirlo tranquillamente. Mi dà un lieve bacio
sulle labbra prima
di uscire dalla porta. Haymitch mi fa segno di accomodarmi. Sospiro,
facendolo.
Ha un’espressione un po’ sprezzante. Non mi piace
proprio. Io, dal canto mio,
sostengo il suo sguardo, come faccio con le mie prede. So che la cosa
è
efficace, e mi permette di avere un certo vantaggio psicologico,
facendogli
capire che ho il pieno controllo della situazione. Ma Haymitch non
intende
darmi questo vantaggio, a quanto sembra. Mi fissa a sua volta, proprio
come
faccio io.
“
Katniss, tu non puoi
prendere e andartene quando ti pare. Mi sono spiegato? La tua vita
è comunque
in pericolo, e lo sarà sempre. Non importa quanto le cose
possano migliorare,
sei la Ghiandaia Imitatrice. E di fanatici conservatori, in giro, ce ne
sono
tanti. Quando il tuo fidanzatino adorato mi ha informato della tua
partenza, mi
hai allarmato parecchio. Sul treno, poteva esserci chiunque. Sei stata
fortunata. Ma, considerando tutto, sei sempre stata particolarmente
fortunata,
tu sai a cosa mi riferisco” conclude guardando la porta dalla
quale, qualche
istante prima, è uscito Peeta.
“
Non intendevo
allarmarvi.
“
No, infatti.
Inizialmente ho pensato che volevi solo fare la vittima.
“
Io non volevo fare la
vittima. Se non sai le cose, non parlare. Sono andata lì per
Gale” dichiaro
scaldandomi. Lui alza le mani.
“
Mi pare di aver detto
‘inizialmente’. Poi, quando ho visto il tono con
cui Peeta mi informava della
tua partenza, ho capito tutto. Sai, ho pure mandato Johanna al Due, con
l’intento di persuaderti a tornare al Dodici, a tornare da
quel poveraccio del
tuo ragazzo. Non sai come stava, te lo giuro. Adesso parleremo anche di
questo”
prosegue con fare pratico. Mi soffermo sulle sue parole. Johanna? Mi
aveva
mandato Johanna?
“
E’ tornata al Distretto
Sette ora?” domando sinceramente preoccupata. Non so
perché, ma l’idea di
Johanna al Distretto Due con Gale mi infastidisce molto. Scuote la
testa.
“
Non lo so. Ma non sei
qui per parlare di Johanna. Adesso io e te parliamo di Peeta e del modo
in cui
lo tratti” esordisce con fare serio. Mi alzo in piedi sulla
difensiva. Ma che
vuole? Non ho niente di cui giustificarmi con lui.
“
Haymitch, io non…
“
No, tu adesso mi stai a
sentire. Io, fossi in te, comincerei a mostare un po’ di
gratitudine nei suoi
confronti, Katniss.
“
Non sei nella condizione
di fare il moralista, mi pare!” esclamo arrabbiata.
“
No, infatti. Ma la mia
non è una predicazione, non sono il dottor Aurelius. Sono
solo il tizio che si
è stufato di vedere quel ragazzo così maltrattato
da te. Se non lo ami, almeno
diglielo chiaro e tondo, così da non lasciare spazio alle
illusioni” dichiara
spazientito. Scuoto la testa.
“
Tu non sai niente. Io…
io gliel’ho detto” affermo evitando di guardalo
negli occhi. La verità è che mi
imbarazza molto parlare di queste cose con Haymitch. Con lui vorrei
almeno…
dare l’impressione di essere forte, di essere una roccia. A
volte non ci sono
riuscita, è vero, ma tentar non nuoce. E forse, anche
stavolta ho fallito: il
tono della mia voce non lascia spazio all’imaginazione. Lui
mi mette a sedere
dritto.
“
Eh? Che cosa gli hai
detto?
“
Quello che… che provo
per lui. Ok? Gliel’ho detto” esclamo. Lui mi
sorride.
“
Eh?
“
E ormai sono qui. Giungi
da solo alle tue conclusioni!” gli dico provando ad essere
più enigmatica
possibile. Lui si alza in piedi. Alza le braccia. Vuole darmi uno
schiaffo? Mi
ritraggo, ma lui mi stringe a sé. Tremo leggermente.
“
Ce l’hai fatta, eh? Era
ora” sussurra. È contento, lo sento. Sorrido anche
io leggermente. Annuisco
staccandomi.
“
Sì. Direi che se l’è
meritato” affermo guardando la porta.
“
Quindi avete tenuto Sae
sveglia tutta la notte a sentire…” ridacchia
rimettendosi a sedere sul divano.
“
NO! No, Sae… sarebbe il
caso di concedarla, vero?” gli domando. Effettivamente,
adesso come adesso la
sua presenza è inutile. Haymitch solleva le spalle.
“
Bhe… forse… se non ha nessun
posto dove andare… potrebbe stare da me, ecco. Almeno
qualcuno potrebbe dare da
mangiare alle oche in mia assenza” decreta semplicemente.
Sì, mi sembra la
soluzione migliore. Gli comunico i miei pensieri, prima di venire
interrotti
dal rumore della porta. È Peeta.
“
Haymitch, ce ne era solo
una, mi dispiace…” sussurra porgendogli la
bottiglia di rum. Haymitch alza le
spalle, stappando con i denti il tappo e versandoselo nel bicchiere.
Con una rapida
occhiata all’orologio del salone, io e Peeta capiamo che
è l’ora di andare.
Salutiamo Haymitch e ci dirigiamo verso casa.
“
Che voleva?” mi domanda
Peeta. Sbuffo.
“
Farmi la predica,
probabilmente. Ma stavolta non è riuscito nel suo intento di
farmi sentire in
colpa.
“
Non che ci sia mai
riuscito!” sottolinea Peeta sorridendo un po’.
Sospiro leggermente divertita.
Peeta. Lui mi conosce. Entriamo a casa mia. Sae ci guarda con fare
interrogatorio. Vorrei salutarla e comunicarle direttamente la mia
decisione di
congedarla, ma il telefono squilla inaspettatamente. Peeta si fionda in
cucina.
Chi può essere a quest’ora?
“
Pronto?” chiede Peeta
alla cornetta. Resto accanto a lui, leggermente preoccupata. Che sia
mia madre?
Il dottor Aurelius? Haymitch? Non lo so.
“
Sì, dottore, sono Peeta”
dice Peeta. Sospiro irritata. Che vuole a quest’ora?
“
Che cosa?” domanda
Peeta. Impallidisce guardandomi.
“
Che succede?” chiedo. Ma
la mia domanda non trova risposta. Lui si limita a parlare a
monosillabi,
allarmandomi ancora di più. Appena attacca la cornetta, lo
fisso preoccupata.
Peeta degludisce.
“
Era… Aurelius… dice che…
Annie… è peggiorata. Voleva chiederci se poteva
mandare qui Annie e Hearten per
qualche giorno, così da tranquillizzarla sulle sorti di suoi
figlio qualora lei
venisse a… a mancare. Sono… il suo Secondo
Genitore, no? E… e Johanna sta al
Due, in mezzo alle risse, insomma…”
“
Ma perché, come sta
Annie… che cosa…?
“
Aurelius parla di… una
malattia mentale che può portare… io…
non so che dire… mi serve un momento”
conclude andando nella direzione del bagno. Sospiro. Hearten. Il figlio
di
Finnick. Da quello che dice Peeta, probabilmente, un futuro orfano.
Spazio
autrice: Scusate
per l’attesa, davvero. Sono tornata oggi dopo aver passato
delle fantastiche
vacanze a Chiusi ( in Toscana), dove non mi prendeva il telefono
né avevo la
possibilità di scrivere! Spero di riuscire a rispondere a
tutte le vostre
numerosissime ( GRAZIE <3 <3 <3) recensioni il
più presto possibile!
Scusate anche per questo capitolo! È un capitolo di
passaggio, ma, come potete
notare, ci sono parecchie situazioni aperte. Nel prossimo capitolo ci
sarà il
pranzo con tutti quanti, e spero di non deludervi. Grazie ancora,
davvero.
|
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Capitolo 21 *** Tagli ***
Il giorno dopo, Annie si
presenta a casa nostra alle otto di mattina, svegliando sia me che
Peeta, il
quale ha pianto per tutta la notte, nonostante abbia provato a
camuffare la
cosa. Per quanto riguarda la questione Sae, ho deciso di tenerla con me
ancora
un po’. Immagino che la presenza di Annie e di un bambino
richieda maggior
lavoro all’interno della casa. Lavoro che, personalmente, non
saprei da che
parte cominciare. È Peeta che va alla porta ad aprire,
precendomi. Quando
scendo dalle scale, ancora in camicia da notte, la prima cosa che vedo
è lo
sguardo disperato di Peeta. Solo dopo qualche istante riesco a
riconoscere
Annie. Mi saluta con una mano, sulla faccia ha un sorriso che non le si
addice
per niente. Sembra… maniacale. La sua pelle è
secca, quasi rugosa, come i
contorni delle sue labbra. Sotto gli occhi ha due occhiaie violacee e
profonde.
Mi avvicino a lei, quasi titubante. Quando le afferro la mano, non
posso fare a
meno di notare qualcosa che sbuca da sotto la manica. Bende. Bende
candide le
circondano i polsi. Immagino di sapere cosa significhi.
“ Annie, come
stai?”
chiede Peeta quasi singhiozzando. Annie annuisce, senza parlare.
Interpreto la
risposta come un ‘bene, grazie, e voi?’.
“ Noi stiamo bene.
Dov’è
Hearten?” domando. I suoi occhi vuoti assumono
un’espressione terrorizzata.
Indica fuori. Guardo dietro di lei. Vi è una macchina
parcheggiata. Decido di
uscire io, nonostante l’aria mattutina sia fredda e
tagliente. Un uomo vestito
di nero è alla guida della macchina. Lo raggiungo,
chiedendogli di Hearten. Al
suono delle mie parole, una signora apre lo sportello posteriore. Ha
dei
vestiti ingombranti e arancioni, e tiene tra le braccia un…
fagottino. Me lo
porge, e, finalmente lo vedo. Hearten. È piccolo, minuscolo,
e agita le
braccine. Non piange, ma qualcosa mi fa capire che vorrebbe farlo. I
suoi radi
e sottili capelli sono rossicci. Sorrido. E lui mi fissa intensamente,
quasi
incuriosito. E solo troppo tardi li vedo. Due occhietti verdi e
profondi. Come
i suoi. Finnick. Urlo e mollo la presa sul bambino. Fortunatamente, la
signora
arancione lo afferra prima che possa toccare il suolo. Piango. Sento
rumore di
passi che mi raggiungono. Peeta. Sì, deve essere lui.
“
Finnick…” sussurro. E,
immediatamente, altre urla. Annie. E poi, ricordo. Le urla di Annie,
dentro
l’Arena. Finnick che corre. Le urla di Prim… ed
è tutto nero.
Non so quanto tempo sia
passato. Anni, giorni, forse secoli. Ma apro gli occhi. E, davanti a
me, vedo
Peeta. Mi sorride tristemente, accarezzandomi i capelli. Lo guardo
interrogativo. Che cosa è successo? Lui, quasi leggendomi
nel pensiero, mi
risponde.
“ Sei svenuta. Annie e
suo
figlio stanno nella stanza accanto. Anche lei è scossa, ma
si riprenderà. Sae
sta provando a farla parlare e tiene d’occhio…
Hearten” sussurra con un piccolo
sospiro. Mi metto a sedere sul letto.
“
Perché…? Io non capisco…
Finnick… Finnick era lì… e…
“ No,
Katniss, Hearten. Non Finnick. Ha
i suoi occhi, eh?” osserva con un leggero sorriso a fior di
labbra. Annuisco,
ancora scossa. Ora capisco. Ora capisco perché Annie
è uscita fuori di testa.
Io sono svenuta solo al ricordo di Finnick, un mio amico. Per Annie,
per la
quale Finnick era molto di più, non deve aver retto la vista
degli occhi di
Hearten.
“ Tu… stai
bene?” domando.
Peeta mi guarda.
“ Sì,
io… mi dispiace per
stanotte. Avrei dovuto pensare a te, e invece…
“ Non dire
assurdità. Sei
umano anche tu, Peeta” sussurro guardandolo intensamente
negli occhi. Lui
scuote la testa.
“ Ok, ma io non mi
sento…
bene con me stesso, se so di non aver provveduto alla tua
felicità. Mi spiego?”
chiede. Sospiro. Peeta. È sempre il solito,
c’è poco da fare. Scuoto la testa.
“ Bhe, lo fai. Lo fai
sempre” gli dico. Si sporge verso di me, baciandomi.
È da ieri mattina che non
lo fa, tra Haymitch, Aurelius e Annie, noi… non abbiamo
avuto neanche un
momento per goderci la novità che avevamo assaporato
insieme. Mi si mette
sopra, improvvisamente. Io infilo le mani sotto la sua maglietta
e… e si
allontana velocemente. Rimango così, spiazzata. Poi,
mettendomi a sedere, lo
vedo. Sta in un angolo della stanza, con i pugni contro il muro.
“
Peeta…” lo chiamo. No.
Non di nuovo. È da tanto che non ha i suoi attacchi, ormai
non ci sono
abituata. Lo chiamo, ancora e ancora. Niente, è andato.
Rimaniamo così, per
qualche istante infinito. Poi, si gira. I suoi occhi sono neri come la
pece,
ancora di più. Si avventa su di me. Rimango immobile,
paralizzata dalla paura.
“ Tu… tu hai
fatto con
Gale… e davanti ai miei occhi…”
sussurra trucemente. Vorrei rispondergli che
non è vero. Apro la bocca, ma non mi esce niente. Sono
totalmente paralizzata e
terrorizzata. L’espressione di Peeta è piena di
astio e di disprezzo, ma,
nonostante ciò, mi morde il collo, fino a farmi male. Gemo
leggermente, ma non
voglio urlare. Arriverebbe Sae, arriverebbe Annie. È questa è una cosa tra
me e Peeta. Con tutta la forza
che ho, provo a parlare.
“ Peeta,
ascoltami… ti
prego… non è così… non
è reale…” singhiozzo. Lui mi guarda, ma
non mi vede. Con
le sua mani, mi strappa la camicia da notte, lasciandomi il petto nudo.
“ E’
così che ha fatto
pure lui, eh? Sei un ibrido per accontentarci tutti, ma
adesso… cambierà
tutto…” sussurra facendomi tremare. Mi stritola i
seni, facendomi male. Appena
provo a urlare, mi tappa la bocca. Quindi, ci rinuncio. Piango,
pregando che il
tormento svanisca. Poi, improvvisamente, si toglie da me. Si alza in
piedi.
Quando lo guardo, i suoi occhi sono azzurri e pieni di lacrime.
“ Katniss, io…
Non… Mi
dispiace… Ti giuro che mi dispiace…
Katniss…” dice avvicinandosi a me. Non so
perché lo faccio, ma, istintivamente, mi ritraggo. Lui se ne
accorge. Restiamo
immobili a fissarci. Non so per quanto tempo riesco a rimanere
così.
“ Hai ragione. Sono un
mostro. Vado… vado a vedere… Annie… e
oggi dormirò sul divano, già te lo
dico”
afferma prima di uscire dalla stanza. Mi alzo traballando e mi guardo
allo
specchio. Il mio collo è arrossato, e piccole chiazze scure
stanno tappezzando
la mia pelle. Decido di mettermi una sciarpa, per camuffare il tutto.
Mi vesto
al volo e scendo. Al tavolo, vedo Annie con in braccio Hearten.
Immagino che
Peeta sia in cucina con Sae, a sentire dall’odore di pollo
che aleggia
nell’aria. Annie mi sorride velocemente, prima di dedicarsi a
Hearten. Lo fa
giocare con una pallina, che il piccolo si diverte a lanciare sul
tavolo. Annie
ha il solo scopo di riprenderla quando si allontana troppo. Sento la
risata di
Hearten e mi costringo a non ricordare quella di Finnick. Mi metto
seduta
vicino a Annie.
“
E’… è proprio un bel
bambino” osservo.
“ Sì, lo
è” replica Annie
con una voce roca e impastata. Sorrido. Finalmente ha ricominciato a
parlare.
Guardo ancora le sue maniche, dalle quali traspaiono le bende. Poi,
ancora
Hearten. È contento di stare con la sua mamma, lo vedo. Ma,
ora che ci penso,
da quando sono diventata una grande esperta di bambini? Oh,
sì. Ora ricordo.
Prim. Era una… proprio una bella bimba. Aveva tanti
ricciolini biondi che le
ricadevano sulle spalle che… provo ad affogare dentro di me
i miei pensieri.
No, non ce la faccio. Annie sembra accorgersene.
“
C’è qualcosa che ti
turba, Katniss?” domanda. Scuoto la testa. Lei sorride.
“ Non so, Finnick me
l’ha
raccontato che tu sei una che vuole sempre apparire forte. Ma mi ha
detto che a
volte, con lui, ti lasci andare. Tra poco arriverà, e spero
che potrai dire a
lui cosa ti turba, se proprio non vuoi dirlo a me!” esclama
accarezzandomi la
guancia. Resto immobile. Non so cosa dire. Lei è convinta
che Finnick sia
ancora vivo. Che tra poco arriverà e che potrà
stare con noi. Mi salgono le
lacrime agli occhi, lo sento. Fortunatamente, arrivano Peeta e Sae con
il cibo.
Hearten lancia un urletto soddisfatto. Ancora scossa, guardo Peeta. Lui
evita
il mio sguardo e si limita a servirci il pollo. Stranamente, non riesco
a
mandarlo giù. O è troppo secco, o la mia gola non
intende ingurgitare del cibo.
Stiamo in silenzio, un silenzio interrotto, di tanto in tanto, da un
versetto
di Hearten, oppure dal rumore di qualcosa che fa cascare per terra.
Forse per
richiere la nostra attenzione. Ma neanche Peeta riesce a dargliela,
stavolta. È
come se fossimo in lutto. Dopo aver sparecchiato, Peeta afferma di
volere
andare un po’ a casa sua. Quando lo trattengo per il polso,
lui scansa la mia
presa bruscamente, prima di uscire dalla porta. Quindi, io, Sae, Annie
e
Hearten decidiamo di vedere un po’ di televisione. Vengo
presa da una
stanchezza allucinante proprio a metà film. Annie afferma
che anche per Hearten
sarebbe l’ora di andare a dormire, a mi propone di andare a
letto portandomi
dietro Hearten. Scuoto la testa, ma un’occhiata eloquente di
Sae mi costringe
ad accettare. Afferro il bambino titurbante, e insieme entriamo nella
mia
camera. Lo adagio sul letto, mettendolo accanto a me. Il bimbo mi
guarda
incuriosito. È piccolo, la sua pelle deve essere proprio
morbida. Allungo una
mano, esitante. Lui, inizialmente si ritrae. Ma dopo qualche istante,
si lascia
accarezzare la testolina. Sorrido. Lui sembra gioire del mio contatto.
Bene.
Chiude gli occhietti. Aspetto che si addormenti del tutto, prima di
chiudere
gli occhi. E, quando lo faccio, vengo assalita da una strana
sensazione.
Nonostante tutto, la felicità.
Vengo svegliata dal rumore
di passi. Quando apro gli occhi, vedo Peeta. Guarda prima me e poi
Hearten, che
piange, appena sveglio. Lui mi siede accanto a lui, accarezzandogli le
braccia.
Si vede che con i bambini ci sa fare: Hearten smette subito di
piangere.
Prendendolo in braccio, esce dalla camera, gridando un neturo
“ La cena è
pronta” alle sue spalle. Mi costringo ad alzarmi dal letto,
in preda ai morsi
della fame. Scendo le scale e trovo Peeta che gioca con Hearten, mentre
Annie
li ammira soddisfatta. Gli tira un aereoplanino di carta e Hearten si
diverte
ad afferrarlo. E, immediatamente, capisco tutto. Peeta. Peeta vuole
essere
padre, lo vedo. La sua espressione è allegra, spensierata,
bellissima. E in un
attimo mi appare una scena davanti agli occhi: Peeta che gioca con mio
figlio,
biondo con gli occhi grigi, mentre io, seduta su una sedia, li guardo
felicemente… la voce di Sae che mi dice di sedermi mi
riporta alla realtà.
Appena Peeta si accorge della mia presenza, si incupisce. Mangiamo
delle verdure
con delle focaccine preparate da Peeta. Annie, di tanto in tanto, parla
da
sola, sussurrando parole senza senso a un Finnick immaginario. Non so
se ridere
o piangere. Finiamo di mangiare velocemente. Poi, Annie sbadiglia.
Vuole andare
a letto. Mentre sale le scale con Hearten tra le braccia, mi si
avvicina Sae.
“ Katniss, penso che
sarebbe meglio per lei che qualcuno la controlli mentre dorme. Prima ha
cercato
di tagliarsi le braccia con un coltello. Non vorrei che commettesse
qualche
pazzia. Se vuoi ci penso io” mi dice bruscamente. Annuisco.
“ Sì. Grazie Sae” le dico. Lei mi
sorride.
“ E’ una brava
ragazza, ci
ho parlato prima. Solo che non ha tutte le rotelle a posto,
ecco” dichiara.
“ Già. Come
tutti noi, del
resto” osservo prima di vederla salire le scale. I miei
occhi, poi, si poggiano
su Peeta. Ha un’espressione dura, risoluta. Guarda prima me e
poi il divano.
“ Io dormo qui. Ora.
Buonanotte, Katniss” esclama prima di sdraiarsi. Lo
raggiungo.
“ Non dire sciocchezze.
Ora andiamo in camera. Alzati” gli dico con fare minaccioso.
Lui scuote la
testa, senza guardarmi. Mi siedo sul divano e mi sdraio accanto a lui.
“ Allora dormiremo tutti
e
due qui. Peeta, io senza di te ho gli incubi, ok? Quindi non
c’è altra
soluzione!” esclamo. Peeta si alza, allontanandosi.
“ Sì,
c’è un’altra
soluzione! Scappare da me! Da me che ti ho…”
continua togliendomi la sciarpa e
scoprendo il collo. Lo guarda terrorizzato.
“ Che ti ho fatto
questo…
questo orrore… io… non si può vivere
così, Katniss! Io… ho paura a toccarti,
davvero!” prosegue orripilato. Scuoto la testa.
“ Bhe, io no, quindi non
vedo perché dovresti farti problemi!” dichiaro
alzandomi a mia volta. Lui
indietreggia.
“ E me lo chiedi?
Katniss,
ti ho… ti ho praticamente violentata, non so se il discorso
ti è chiaro!”
esclama.
“ Tu non mi hai
violentata, ok? Hai avuto uno dei tuoi soliti attacchi e hai reagito
male,
stop! Adesso tu sali con me in camera e… e risolviamo questo
blocco, ok?”
domando. Sospira, dirigendosi verso le scale. Io lo seguo, irata. Non
capisce.
Appena entriamo in camera, lui si stende sul letto. Spegne la luce.
“ Buonanotte!”
sbotta
seccato. Mi adagio accanto a lui.
“ Buonanotte!”
replico
irritata. Passiamo qualche istante così separati,
rimunginando sui pensieri che
ci affliggono. Perché deve essere tutto così
complicato? Poi Annie, Hearten,
Finnick… La presenza di Annie mi inquieta un po’,
a dirla tutta. Soprattutto
quando parla da sola, pensando di rivolgersi a un Finnick immaginario
vicino a
lei. Sbuffo. Io, in realtà, non potrei farle la predica.
Sono o non sono quella
che si mette a urlare come una disperata sentendo le urla di Prim nella
testa?
Gli Hunger Games. Gli Hunger Games ci hanno cambiati, hanno cambiato
tutto. E
il mio ultimo pensiero, mentre chiudo gli occhi, va ad Angelique,
che…
Sto salendo le scale. Alla
fine vi è una porta. La apro, e mi ritrovo in una stanza
imbrattata di sangue.
Angelique accanto a me ride, pensando che sia una visione divertente.
Ma non lo
è neanche un po’. Vi è una vasca,
lì in mezzo. C’è Annie che guarda un
manichino di Finnick, con i polsi pieni di…
“ NO!!!” urlo
tutta
sudata. Un sogno, uno stupido sogno. Peeta è accanto a me.
Mi fissa,
nell’oscurità.
“ Ti ho sentito parlare.
Le lame. Hai sognato Clove?” mi domanda. Scuoto la testa,
ancora terrorizzata.
No, magari avessi sognato Clove. Sarebbe stato sicuramente meglio. Lui
sospira
e mi fa cenno di avvicinarmi. Ma non mi basta. Mi butto tra le sue
braccia.
Lui, inizialmente titubante, mi asseconda. Un respiro di sollievo esce
dalle
mie labbra. Peeta. Mi bacia la testa, ancora e ancora. MI accarezza le
braccia.
La cosa mi rilassa parecchio.
“ Ascolta…
ascoltami… io e
te non possiamo allontanarci, capito? Guarda Annie, io… non
posso…” sussurro a
pezzi.
“ Ho capito. Lo so.
Davvero. Ma…
“ Ma niente. È
così e
basta. Io non voglio finire come Annie che…
“ Che si taglia le vene
per colmare l’assenza di Finnick. Penso di aver intuito
bene” conclude Peeta
annuendo. Lo imito, sospirando.
“ Sì. Tu devi
restare con
me, non ci sono altre soluzioni. Non mi importa quanto tu possa farmi
male, ok?
Io resisto, lo sai” esclamo con una voce acuta che non mi
appartiene.
“ Va bene. Ma dobbiamo
fare un accordo, Katniss” mi dice duro.
“ Che tipo di accordo?
“ Che non… che
non faremo…
per un bel po’… quello che abbiamo fatto
l’altro giorno. Non finché sto ancora
così. Ok? E tu non cercare di provocarmi,
sennò…” continua. Arrossisco,
pensando che la cosa migliore sia troncare direttamente il discorso.
“ Va bene. Ma anche io
devo chiederti un favore.
“ Quale?” mi
domanda.
“ Devi aiutarmi a
organizzare tutto. Tra una settimana faremo il pranzo con i Vincitori
di questi
Hunger Games e con i loro familiari. Io… avevamo detto che
l’avremmo fatto”
affermo quasi per rinfacciarlo a me stessa.
“ Certo. Inviteremo anche
Johanna, no?” chiede lui. Annuisco. In
realtà… in realtà ci sarebbe
dell’altro.
Avevo fatto una promessa ad Angelique. Una promessa che non so se
riuscirò a
mentenere.
“ Io… dovrei
invitare
anche Gale” sussurro. Peeta sospira.
“ Se è questo
quello che
vuoi…
“ No. Non voglio fargli
del male. Ma… Ci sono delle priorità.
Angelique…io a lei avevo detto che avrei
invitato anche lui, quando… quando gliel’ho
promesso. E c’è dell’altro. Voglio
vedere come gli Hunger Games hanno cambiato quei ragazzi. E, se posso,
li
aiuterò. Sei d’accordo?” domando
esistante.
“ Sì. Sono
d’accordo.
Allora lo faremo domani. Insieme” sussurra.
“ Sì,
insieme…” mormoro
prima di chiudere gli occhi. E, con una carezza di Peeta, scappo nel
mondo dei
sogni.
Spazio autrice: ESAMI,
ESAMI OVUNQUE! Care ragazze, non sono morta! Sono ancora qui! Scusate
le mie
negligenze, gennaio e febbraio sono due mesi orrendi ( chi, come me, va
all’università,
mi capirà fin troppo bene), ma da marzo
aggiornerò di nuovo una volta a settimana
:D Spero che vi sia piaciuto il capitolo… bhe, un
chiarimento per la condizione
di Annie. Sfortunatamente ho avuto la bruttissima esperienza di
incorrere in
questa forma di autolesionismo… in un periodo della mia vita
non mi sentivo
accettata, andava tutto storto. Ma poi, grazie alla mia forza di
volontà, sono
riuscita a tirarmene fuori. E chiunque faccia ciò, sappia
che non è solo, e che
uscirne fuori è possibile! Spero di non avervi annoiato! A
presto
angelikakiki
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