Teorema

di iosnio90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il vecchio pensionato ***
Capitolo 2: *** Robert E. Lee - Primo giorno ***
Capitolo 3: *** Ritorno a Fell's Church ***
Capitolo 4: *** L'amara scoperta ***
Capitolo 5: *** Invito ***
Capitolo 6: *** AVVISO ***
Capitolo 7: *** "Angelo" ***
Capitolo 8: *** Bacio di Mezzanotte ***



Capitolo 1
*** Il vecchio pensionato ***


Il vecchio pensionato

Quindi? Cosa ti hanno detto i tuoi genitori nell'ultimo videomessaggio?”
Bonnie sbuffò. A ripensarci le veniva da ridere, ma aveva solennemente promesso a se stessa che avrebbe fatto la testona arrabbiata per tutta la durata del viaggio, quindi si limitò a voltarsi verso il finestrino perchè l'amica non la vedesse mentre increspava appena le labbra.

Non te l'ho detto?” - rispose, atteggiandosi a finta tonta nonostante la palese inclinazione sarcastica della voce - “Si sono raccomandati -testuale- di spassarmela, perchè avrei fatto faville a Fell's Church. Ti rendi conto? A Fell's Church. Faville. Due parole che non c'entrano niente l'una con l'altra. Volevano solo evitarsi l'ennesima ramanzina da parte mia.”
Ma dai, smettila di fare la musona! Bonnie e musona, queste sono due parole che non c'entrano niente l'una con l'altra. Sono convinta che ci divertiremo, invece.”
Vogliono torturarmi...” - si lamentò.
Io, invece, credo che vogliano aiutarti. Sai...mandarti in un posto meno caotico, con meno ricordi. Non è la prima volta che i tuoi sono costretti a partire per lavoro per periodi lunghi. Due anni fa sono rimasti per diciotto mesi in Europa eppure non hanno avuto problemi nel lasciarci sole a New York sotto la supervisione di quel loro amico avvocato e dei domestici. Ed eravamo solo delle ragazzine. Questa volta, però, staranno in Cina solo un anno eppure ci hanno spedito a Fell's Church senza nessun diritto di replica. Cosa è cambiato? La risposta mi pare ovvia. Possono anche sembrare due svampiti -senza offesa...”
Nessuna offesa.”
Ecco, possono anche sembrare due svampiti, ma hanno visto come hai sofferto negli ultimi mesi per via di...lo sai.”
Bonnie sospirò, reclinando la testa contro il sedile del passeggero dell'auto nella quale stavano viaggiando. Per qualche attimo si perse a guardare le grosse nuvole bianche al di là del finestrino, perdendo il controllo sulla sua mente che venne subito invasa da ricordi che aveva deciso di non richiamare più alla memoria. Scosse la testa, nel tentativo di scacciarli via e capii in quel momento che, forse, Meredith aveva ragione; come sempre, del resto.
Lei, dopotutto, negli ultimi mesi trascorsi a New York non era stata molto discreta nel sul dolore. Se tornava a pensarci veniva invasa da una tremenda rabbia, verso se stessa e verso quel...bastardo -solo così lo si poteva chiamare- che le aveva inflitto tanti tormenti e sofferenze.
E pensare che aveva sempre biasimato quelle ragazze che si lasciavano definire da un ragazzo! Scoprire che lei non era per niente diversa da loro era stato un duro colpo per la sua autostima, già fortemente messa a dura prova da
lui.
Ma era passato -si disse-, i vecchi problemi di cuore doveva lasciarseli alle spalle. Forse i suoi genitori desideravano davvero soltanto esserle d'aiuto in qualche modo, regalandole quella pace che a New York non riusciva più a trovare. Non con tutti quegli scorci di paesaggi, quelle strade e quei luoghi che le riportavano costantemente alla mente i momenti perduti di quello che era stato il suo primo amore vero, sbocciato e morto nei sei mesi più intensi della sua vita.
Doveva ricominciare. Forse Fell's Church non era esattamente il posto più allettante ed esotico sulla faccia del pianeta, ma poteva farselo andare bene. Chissà, magari avrebbe pure scoperto che la vita di provincia era quella che faceva più per lei. E dopotutto aveva Meredith, aveva la sua amata danza, avrebbe riavuto con se la Signora Flowers e, come se non bastasse, aveva l'ultimo anno di liceo a cui badare. L'avrebbe smessa presto di lamentarsi. Solo qualche altro gorgoglio fino all'arrivo alla sua nuova casa e poi stop, basta lamenti, avrebbe accolto a braccia aperte e col sorriso la sua nuova vita. Non si aspettava di abituarsi subito ai ritmi meno frenetici che di sicuro avrebbe incontrato, ma avrebbe sfidato chiunque ad abituarsi in fretta a
Fell's Church dopo essere nato e cresciuto a Manhattan. Poteva farcela, lo sapeva. Ci volle poco a convincersi che le avrebbe fatto bene quel cambiamento, tutto grazie alle parole di sua sorella. Certo, lei e Meredith non erano sorelle di sangue, ma i signori Sulez, migliori amici dei suoi genitori sin dai tempi del liceo, avevano perso la vita in un'incidente stradale quando Mere aveva poco più di quattro anni e i suoi si erano subito dati da fare per adottarla. Erano sorelle sulla carta, quindi, legalmente, ma anche nell'anima, dove entrambe sapevano di condividere un legame molto più forte di qualsiasi parentela. All'epoca della disgrazia occorsa ai suoi genitori, Meredith era riuscita a ritrovare il sorriso soltanto grazie a quella buffa bambina coi boccoli rossi che le mise davanti un tubetto di plastilina verde e le insegnò a modellarla a forma di lumaca. “Prima fai un lungo verme, poi arrotoli” - era nato così il loro rapporto, con quelle assurde istruzioni copiate dalla donna che sarebbe stata la loro badante, amica, consigliera e nonna fino a poco più di un anno prima, quando era andata in pensione: la Signora Flowers.
Guarda. Siamo arrivate.” - fece Meredith, indicando con un cenno della testa il cartello su cui campeggiava la scritta semi-sbiadita che dava il benvenuto a Fell's Church - “Il pensionato di Teophila non dovrebbe essere molto distante.”
Oh, Toephilia! Giuro che appena la vedo la convinco a prepararmi la sua deliziosa crostata alle more.”
E cominciare con un'abbraccio, no?”
Ok, prima l'abbraccio e poi la convinco a farmi la crostata.” - concesse Bonnie.
Un quarto d'ora dopo, la grossa Range Rover nera, ultimo regalo che i signori McCollough avevano fatto alle ragazze una volta che queste avevano comunicato loro il desiderio di affrontare il viaggio in macchina loro due da sole, svoltò lentamente sul vialetto del pensionato al limite della cittadina e si fermò, permettendo alle due amiche di scendere dall'auto e sgranchirsi le gambe, intirizzite per il troppo star sedute.
Mentre Meredith recuperava ed infilava in borsa i documenti dell'auto, lo stereo e il navigatore satellitare, Bonnie si guardò intorno e realizzò che, in quella casa, sarebbero state addirittura più isolate di quanto avesse immaginato. Il pensionato, infatti, si ergeva su un grosso prato, da solo, circondato da un fitta boscaglia su tre lati e toccato dalla strada principale che portava nel cuore di Fell's Church sul quarto lato libero. Fatta eccezione per qualche auto che passava di lì di tanto in tanto o del rumore di risate di bambini provenienti dalla fattoria che avevano intravisto mentre arrivavano, non c'erano altri suoni tranne che per quelli del bosco e degli animaletti che lo abitavano.
Sarebbe stato un'ottimo scenario da film horror, ma Bonnie stava pensando a quanto sarebbe stato rilassante prendere il sole in estate sul giardino che vedeva alle spalle dell'edificio o a quanto avrebbe potuto godersi finalmente la sua cara musica classica a tutto volume mentre faceva i suoi regolari esercizi di danza nella sua stanza. A New York, una pace simile te la sognavi.
Un fruscio tra le foglie di un cespuglio basso su un lato della casa attirò la sua attenzione. Fece qualche passo in quella direzione e si fermò col sorriso, ammirata, quando il musetto marrore di una lepre fece capolino e gli occhietti neri dell'animale la fissarono.

Mere! Ci sono le lepri.” - cantilenò.
Bene. Vedo che il posto comincia già a piacerti.” - la stuzzicò l'altra, affacciandosi dal bagagliaio ormai aperto dal quale stava tirando fuori valigie su valigie.
Allora? Mi aiuti si o no con questi scatoloni? Guarda che è quasi tutta roba tua.” - aggiunse.
Bonnie voltò gli occhi al cielo, tornando indietro a piccoli saltelli, con la coda con la quale aveva legato i ricci rossi che dondolava da un lato all'altro, dandole ancor di più l'aria di una bambina spensierata.

I più pesanti, però, sono i tuoi. Pieni di libri---”
Che dovresti leggere, sai? Per una buona cultura. Possono sempre tornare utili.” - la interruppe Meredith.
L'ornitologia dalla A alla Z – a cosa potrà mai tornarmi utile un libro simile?”
Gli uccelli sono animnali estremamente affascinanti. E comunque quello l'ho preso in quel periodo durante il quale avevavo deciso di darmi al birdwatching.” - spiegò Meredith.
Birdwatching. A New York.”
Lo so. Idea folle. Me ne sono resa conto presto. Però, ad esempio, qui potrei farlo. E come farei senza quel libro?”
Mere? Sono convinta che tu possa trovare qualcosa di più....come dire....allettante del birdwatching.”
Ah! Come al solito tu sottavaluti la cosa. Gli uccelli sono animali--”
Estremamente affascianti. Si, l'hai già detto.”
Scoppiarono entrambe in una risata, tanto da attirare finalmente l'attenzione della donna in tuta da giardiniere che curava con attenzione i suoi garofani sul partico alle spalle del pensionato. La Signora Flowers riconobbe subito le voci sia dell'una sia dell'altra. Aveva trascorso quindici anni della sua vita in casa McCollough, a New York, accudendo quelle due ragazze che per lei erano come delle nipoti da amare e viziare come avrebbe fatto una vera nonna. L'età, però, ad un certo punto si era fatta sentire, così come la nostalgia di casa e, non appena entrambe le ragazze avevano raggiunto i sedici anni di età, aveva deciso di andare in pensione, ritirandosi nella sua vecchia e tranquilla casa d'infanzia, a Fell's Church. La felicità era stata immensa quando aveva ricevuto la telefonata di Bonnie che l'avvertiva dell'imminente viaggio d'affari dei genitori in Cina e le chiedeva se lei e Meredith avrebbero potuto trasferirsi da lei per l'ultimo anno di liceo prima del college. Accettare, dunque, era stata una scelta quasi obbligata visto il profondo affetto che nutriva per quella famiglia.

Ragazze!”
Bonnie e Meredith si voltarono subito non appena quella voce tanto familiare e cortese arrivò a chiamarle e osservarono la donna che, sorridendo, avanzava verso di loro e si sfilava i guanti da giardinaggio sporchi di terra.

Signora Flowers!” - chiamò Bonnie, raggiungendola per poterla stringere in quell'abbraccio che tanto desiderava darle. La donna allargò entrambe le braccia ed accolse sia lei che Meredith, stringendole a se e accerezzando loro la schiena, delicatamente, come faceva sin da quando erano due bambine un po' troppo vivaci.
Bambine mie, sono così contenta di avervi qui con me! Ditemi, com'è andato il vostro viaggio? E i tuoi genitori, Bonnie? Come stanno?”
Stanno meglio di noi tre messe insieme, si figuri! Proprio adesso sono su un'aereo diretti a Pechino. Solo due giorni prima di partire si sono resi conto che non sanno un'acca di cinese e mio padre è andato subito nel pallone, ma mia madre l'ha rassicurato dicendogli che se sarebbe finiti a preparare involtini primavera nel seminterrato della cucina di un ristorante cinese, almeno sarebbe stati insieme. Nella buona e nella cattiva sorte, ha aggiunto. Si sono fatti una risata e son partiti.” - rispose, scrollandolo le spalle - “Sempre i soliti.”
Il nostro viaggio, però, è andato bene. Siamo solo un po' stanche.” - aggiunse Meredith - “Adesso stavamo tirando giù le valige dall'auto.”
Oh, bene. Fate con calma, allora e, non appena avete finito, salite al piano di sopra e sceglietevi una stanza qualsiasi a testa. La mia è proprio all'inizio del corridoio al primo piano, ma per il resto sono vuote, così come quelle del secondo e la soffitta. Scegliete pure quella che vi piace di più.” - disse la Signora Flowers - “Io vi aspetto in cucina con un buon thè e una bella fetta di crostata alle more calda.”
Crostata alle more?” - a quel richiamo, Bonnie era saltata subito e aveva spalancato gli occhi, illuminati al solo pensiero della delizia che tra poco sarebbe tornata a mangiare.
Si, crostata alle more. E' già pronta, devo solo scaldarla. In questo modo, mia cara Bonnie, sia tu che io ci siamo rispiarmiate una buona ventina di minuti di suppliche. Quindi, salva per qualche altra occasione i tuoi occhioni da cerbiatto, oggi non ti serviranno.”
Ma...ma...lei è...come---....mi conosce fin troppo, ecco cosa.”
Puoi ben dirlo. Conosco entrambe, io.” - sorrise la donna, allontanandosi verso la porta d'ingresso e sparendo alla loro vista qualche attimo dopo, mentre ancora rideva.
Ma..l'hai sentita?” - fece Bonnie, fissando stranita e divertita il punto oltre il quale la Signora Flowers era scomparsa.
Beh, sei prevedibile, Bonnie cara.” - la prese in giro Meredith.
Ma dai! Non ti ci mettere anche tu, adesso!”
Lo neghi?”
Certo che lo nego! Io sono miss imprevedibilità.”
Certo. Come no. Hai assolutamente ragione.”
Smettila di assecondarmi!” - rise Bonnie, riportando alla mente ciò che aveva suggerito a lei stessa nemmeno un'ora prima: la nuova vita che l'aspettava non sarebbe stata così male. Si sarebbe lasciata ogni dolore alle spalle e sarebbe andata avanti col sorriso. Perchè poteva farcela, lo sapeva.

Quando la sirena arrivò a suonare la fine di quella prima partita di stagione, Stefan si ritrovò buttato a terra e schiacciato sotto il peso dei corpi dei suoi compagni di squadra, esultanti per la vittoria. Si ritrovò costretto a dare qualche spintone per riuscire a liberarsi e a rimettersi in piedi, ma le risate non abbandonarono il gruppo. Ormai era diventato un rito: al termine di ogni partita nella quale vincevano, lui si ritrovava ogni suo compagno addosso. Era una sorta di versione estremizzata di una normale pacca sulla spalla, interpretata dagli altri ragazzi come una sorta di ringraziamento per il quarterback che li aveva trainati alla vittoria e da lui come un supplizio al quale non poteva rinunciare.
Ad ogni modo, preferiva di gran lunga quel momento che quello che arrivava subito dopo: l'accerchiamento tattico da parte delle cheerleaders. Stefan apprezzava, davvero, tutto quell' “affetto” che le ragazze gli dimostravano al termine delle partite, tra palpeggiamenti, strusciamenti vari ed inviti sussurrati a mezz'orecchio, ma non era il tipo di ragazzo che ne approfittava. L'unica cheerleader dalla quale aveva mai accettato un di quei famosi inviti era stata Elena, ma allora era diverso, perchè lei era la sua ragazza ed erano innamorati l'uno dell'altra -o almeno a Stefan piaceva pensare che anche lei lo avesse amato tanto quanto lui aveva amato lei. Da che le cose tra loro erano finite, ed erano ormai passati quasi due mesi, non era più uscito con nessuna sebbene le occasioni non gli mancassero di certo. Quarterback della squadra di football della scuola, tra i primi in graduatoria in fatto di voti accademici, figlio del sindaco, poco interessato alla popolarità anche se ne aveva parecchia, gentile, educato, il ragazzo che ogni genitore vorrebbe come genero e, come se non bastasse, neppure esattamente da buttare neppure a livello esteriore, col suo metro e ottanta, il fisico asciutto e muscoloso, i capelli scuri e gli occhi verdi...insomma, come Caroline non faceva che ripetergli in continuazione, era consapevole del fatto che ogni ragazza a Fell's Church stava aspettando solo che lui dicesse una parola per cascare ai suoi piedi, ma era anche altrettanto consapevole del fatto che non era il tipo da illudere una ragazza solo perchè poteva e solo per il gusto di trascorrere una serata divertente. Forse era all'antica, ma voleva provare interesse, sentimenti, verso una persona prima di iniziare a frequentarla. Non credeva nelle storie senza amore. Anzi, non credeva proprio che potesse esserci alcuna storia senza un minimo di emozione a guidarla, anche se spesso erano proprio le emozioni più forti a farti provare i dolori più forti. Come con Elena, ad esempio. Lui l'aveva amata tanto, a volte credeva che forse l'amava ancora, ma il tradimento di lei era stato talmente tremendo che il suo cuore ne portava ancora i segni. Avrebbe potuto mandarla al diavolo, schioccare le dita e lasciare che quell'esperienza rovinasse il suo modo di concepire il mondo e le relazioni, ma non l'aveva fatto, non aveva voluto dare alla sua ex-ragazza tuta quella risonanza. Quindi aveva sofferto, silenziosamente, ma a poco a poco le cose erano andate sistemandosi. Tra lui ed Elena c'era ancora un forte imbarazzo, ma lo rincuorava il fatto di non aver perso se stesso in seguito a quella cocente delusione. Era una grande conquista.

Ehi voi! Andate a sculettare da qualche altra parte e lasciate in pace il mio amico troppo educato per mandarvi a quel paese. E' la vostra signora e padrona che ve lo ordina, altrimenti domani triplo allenamento per tutte, vi avverto!” - Caroline avanzò a grandi passi, gesticolando come un'ossessa mentre scacciava via una cheerleader alla volta. Lei e Stefan erano amici per la pelle da quando erano poco più che bambini, ma avevano un modo assai diverso di intendere il significato dell'espressione “capitanare una squadra”. Per Stefan, significava spronare i suoi compagni a dare il meglio di se stessi in campo, aiutarli e guidarli durante il gioco. Per Caroline, essere il capitano delle cheerleaders significava comandare a bacchetta quella povere disgraziate che avevano deciso di unirsi alla squadra.
Su! Una di voi, portategli un'asciugamano.” - appunto.
Care? Non ne ho bisogno, davvero. Vado a fare la doccia tra poco.” - tentò lui, cercando invano di porre un freno alle manie di controllo dell'amica.
Beh, vorrà dire che lo porteranno a me. Tutto quel ballare, saltare e urlare quanto Stefan Salvatore sia immensamente figo mi ha sfiancata.” - come non detto.
Ecco. Parliamone. Quei cori....non erano un po' troppo esagerati?”
E perchè mai? Non ho detto nulla che non si vero. E poi alle ragazze piace decantare la tua sublime perfezione. Ma se è per Elena che lo dici, perchè è costretta ad urlare quanto tu sia fantastico e quindi ad ammettere pubblicamente quanto sia stata un'idiota a lasciarti scappare....che dire, è vero che è una mia amica, ma non mi pare di aver mai nascosto il fatto di averla odiata per quello che ti ha fatto. Lei e quell'imbecille di tuo fratello.”
Ehmm...possiamo non parlarne?” - già era stato abbastanza difficile dover fare i conti col fatto che la ragazza che aveva amato lo avesse ricambiato con un tradimento, ma era diventato quasi impossibile da superarare quando aveva realizzato che l'aveva tradito col suo stesso fratello. Di certo, ora che le cose cominciavano ad andare per il verso giusto, proprio non gli serviva più nessuno che glielo ricordasse, neppure la sua migliore amica.
Certo, certo. Scusa. Dicevo solo che è stato un bene che Damon sia scomparso prima che potessi scattargli via la testa dal collo, ecco tutto. Scelta saggia la sua.” - commentò Care, appena in tempo per stamparsi in faccia un bel sorriso innocente all'arrivo di Elena.
Allora? Gliel'hai chieso?” - chiese quest'ultima, lasciando che i suoi occhi si spostassero velocemente dalla figura di Caroline a quella di Stefan per rivolgergli un sorriso e un “Bella partita!” imbarazzato come ogni altra conversazione tra loro da un paio di mesi a quella parte, dalla famosa notte.
Grazie.” - rispose Stefan, piuttosto sbrigativo, smanioso di cambiare subito argomento e riammettere Care nella conversazione - “Piuttosto...cos'è che dovevi chiedermi?”
Ah! Si, giusto! Mi sono persa nella conversazione e stavo quasi per dimenticarlo.” - rispose lei - “Mi stavo chiedendo se ti andasse di accompagnarci al vecchio pensionato tra poco, non appena sarai pronto. Sai la festa di inizio anno che organizzo ogni volta nel bosco dove c'è quel capanno da caccia abbandonato? Ecco, l'altro giorno tuo padre mi ha detto che quel capanno praticamente cade a pezzi e vogliono tirarlo giù, quindi sarebbe stato meglio trovare un'altra location per la festa, se proprio ci tenevamo a farla. Ed io ci tengo, lo sai.”
Il pensionato è così isolato che non daremo fastidio a nessuno ed è abbastanza vicino al bosco da mantenere di notte quell'aria di mistero che a Caroline piace tanto.” - continuò Elena, scoccando un sorriso all'amica - “Quindi vorremmo farla lì. Per tuo padre non ci sono problemi. Dice che è una proprietà privata, quindi l'unico permesso che dobbiamo chiedere è alla proprietaria, quella donna anziana appassionata di fiori che ci vive da sola, hai presente?”
Certo. La Signora Flowers. Teophilia. Mi offre sempre un bicchiere di succo d'arancia e dei biscotti fatti in casa deliziosi ogni volta che passo di lì tornando dal cimitero, la domenica mattina, quando vado da mia madre.” - rispose Stefan, mentre Caroline ed Elena si scambiavano uno sguardo d'intesa e un sorriso.
Ecco, esattamente quello che ha detto tuo padre. E' stato lui a suggerirci di venire da te. Visto che conosci quella donna, magari se sei presente anche tu quando andremo a chiederle di lasciarci tenere la festa in casa sua sarà più disponibile che se ci andassimo da sole.” - fece Caroline - “Allora? Ci accompagni?”
Stefan sospirò, guardando entrambe mentre tentavano invano di mostrargli la migliore espressione innocente che riuscivano a fare. Sarebbe stato facile dire loro che la Signora Flowers era una persona estremamente gentile e che di sicuro le avrebbe ascoltate, accolte e accordato loro il permesso senza bisogno che anche lui fosse presente, ma probabilmente sarebbero andati avanti per ore a discuterne. E se non fosse così, e se ti sbagliassi, e se invece è gentile con te, ma una vecchia inacidita col resto del mondo...Caroline diventata una furia quando si trattava di una delle sue feste, non l'avrebbe lasciato andare così facilmente. Di fatto, quell' “Allora? Ci accompagni?” non era una vera richiesta, ma più un ordine del tipo “Allora? Ti sbrighi ad accompagnarci o devo portarti fin laggiù trasciandoti di peso?”. Stando così le cose, si limitò ad annuire.

Va bene. Aspettatemi qui. Vado a farmi una doccia e arrivo.”
Non metterci troppo, eh?” - gli gridò dietro Caroline, come volevasi dimostrare.
Circa mezz'ora dopo, Stefan salutò in fretta i suoi compagni, si caricò il suo borsone in spalle e lasciò gli spogliatoi, raggiungendo le due ragzze che, nel frattempo, erano andate ad aspettarlo nei parcheggi della scuola riservati agli studenti, accanto alla sua auto.

Se non ti scoccia prendiamo la tua. E dopo magari ci dai anche un strappo a casa.” - avvertì Caroline, salendo dal lato del passeggero, mentre Elena prendeva posto sul sedile posteriore, lasciandogli lo spazio perchè poggiasse il suo borsone prima di mettersi al volante.
Quindi? Cosa le direte una volta arrivati lì?” - chiese.
Improvviseremo.”
Voi due...mprovvisare? Voi due non avete un piano? Fatico a crederci.”
A dire il vero io e Care un piano ce l'abbiamo.” - contraddisse Elena - “Sei tu il nostro piano, Stefan.”
Oh. Fantastico.”
Coraggio. Devi solo sorridere e abbagliarla col tuo irresistibile fascino.” - lo spronò Caroline.
Hai sbagliato fratello.” - mugugnò Stefan, a mezza voce, incapace di frenare la lingua.
Assolutamente no. Io non sbaglio affatto fratello.” - si sentì rispondere dall'amica al suo fianco che, evidentemente, aveva problemi a frenare la lingua tanto quanto ne aveva lui, nonostante avessero entrambi notato Elena sobbalzare dallo specchietto retrovisore.
Si disse, però, che non doveva sentirsi in colpa per una semplice frecciatina. Non aveva fatto nulla di male, lui. Se Elena si sentiva punta sul vivo la cosa doveva scivolargli addosso, così come a lei era scivolato addosso il fatto di ferirlo. Non era solitamente un tipo vendicativo o rancoroso, ma di tanto in tanto tutta quella rabbia da cui era stato investito in seguito al dolore doveva pur buttarla fuori in qualche modo. Non poteva semplicemente sorridere ad Elena e fare come se nulla fosse successo. Di tanto in tanto, anche a lei, la “regina della scuola”, doveva essere recapitato un monito di ciò che era stato e per il quale doveva darsi da fare se voleva ottenere il perdono che tanto sosteneva di agognare.
I restanti minuti di viaggio li trascorsero in silenzio, ognuno perso in chissà quali pensieri. Si riscossero solo quando Stefan accostò al marciapiede e spense il motore.

Bene. Andiamo. E mi raccomando, Stefan, mettiti in bella mostra.” - fece Caroline, affiancandolo mentre raggiungevano in tre la soglia del pensionato ed Elena suonavo il campanello.
Attesero qualche istante prima di sentire un rumore di passi avvicinarsi dall'altra lato della porta. E quando questa si aprì, rimasero sorpresi tutti e tre nel ritrovarsi davanti una ragazza in jeans e maglietta leggera, della loro età, con una cascata di indomabili boccoli rossi ad incorniciarle il viso a cuore invece dell'anziana donna che si erano aspettati di vedere.

Ehmm...ciao?” - fece Caroline, a nome di tutti.
Ciao!” - salutò la sconosciuta, sorridendo del loro visibile imbarazzo - “State cercando la signora Flowers?” - chiese loro.
Beh, in effetti si. E' in casa?” - rispose Caroline.
Certo. E' al piano di sopra adesso, sta aiutando me e mia sorella a sistemarci nelle nostre stanze, ma arriva tra un attimo.”
Cioè...tu e tua sorella vivete qui? Da quando?” - chiese Elena, incuriosita dalla novità.
Da oggi, a dire il vero.”
Oddio. Aspetta. Tu sei una delle due ragazze che da domani si traferiscono nella nostra scuola...da New York?” - Caroline era passata dalla modalità imbarazzo alla modalità euforica detentrice di ogni segreto di quella cittadina troppo in fretta perchè la ragazza che avevano davanti non si spaventasse e la classificasse subito come “pazza”. Stefan si fece avanti non appena sul viso della sconosciuta si fece largo l'espressione classica di chi si domandava come facesse Care a conoscerla se l'aveva appena incontrata.
La voce di due nuovi arrivi circola già da una settimana. E' un paesino piccolo e ci conosciamo tutti, così fa sempre scalpore quando qualcuno si trasferisce qui.” - spiegò - “In più lei è la regina dei pettegolezzi.”
Ehi! Che figura mi fai fare?” - lo rimproverò Caroline, assestandogli una leggera gomitata nelle costole - “Ad ogni modo, io sono Caroline Forbes, capo cheerleaders. Lei, invece, è la mia amica Elena Gilbert. E lui--”
Stefan. Stefan Salvatore. Benvenuta.” - s'intromise lui, allungando una mano verso la nuova ragazza con un sorriso ad illuminargli lo sguardo verde e tanto intenso, uno sguardo che sia Caroline che Elena conoscevano bene. La prima perchè in tutti quegli anni aveva imparato a memoria ogni cosa si celasse dietro il minimo cambiamento d'espressione di Stefan e la seconda perchè uno sguardo simile se l'era visto rivolgere ogni giorno fino a qualche mese prima. Entrambe, giunsero alla conclusione che, che se ne fosse reso conto oppure no, Stefan era rimasto fortemente colpito da quel nuovo arrivo che, a sua volta, tese una mano a stringere quella del ragazzo, sorridendogli di rimando con una leggera punta d'imbarazzo, sufficiente a tingerle le guance di rosso.
Grazie. Io sono Bonnie...McCollough.” - si presentò, quindi, invitandoli ad entrare quando Caroline le spiegò brevemente il motivo di quella loro visita. E fu un bene che la sua amica riprese subito in mano il discorso, perchè Stefan, per qualche attimo, aveva completamente dimenticato il reale motivo che l'aveva spinto con Caroline ed Elena al vecchio pensionato. Per qualche attimo, aveva percepito di nuovo la stabiliante sensazione di dimenticarsi di ogni cosa, di ogni persona, di ogni tormento, fatta eccezione per la mano della ragazza stretta nella sua. Per qualche attimo, l'unica parola, l'unico nome che gli risuonò nella mente fu uno solo, accompagnato all'immagine di una stupenda ragazza dai capelli rossi e gli occhi più puri che avesse mai visto: Bonnie.





NOTE:
Buon sabato sera a tutte!!!^^ *saltella in giro per il fandom*
Oddio, è passato...quanto? Quasi un anno dall'ultima volta che ho pubblicato una storia? Mi sa proprio di si! XD
Credevate di esservi liberate di me, vero? Ebbene, sono tornata ad infrangere i vostri sogni U_U
No, serio, dall'ultima volta che ho postato qualcosa tra problemi ad internet vari e cali d'ispirazione sono uscita quasi fuori di testa XD Ricordo di avervi promesso questa storia da tempo immemore, ormai, ma prima di iniziare a scriverla ho cambiato idea trenta volte perchè c'era sempre qualcosa che non mi convinceva. Alla fine ho deciso di darmi tempo, aspettare che il blocco passasse e quindi riprenderla. Ora....ora una trama da seguire sono riuscita ad impostarla, almeno fino a metà storia, poi il resto lo vedrò in corso d'opera. Ho già scritto tre capitoli e non mi sembra esattamente una grandissima schifezza come pensavo. Ad ogni modo avevo una gran voglia di tornare a farvi leggere qualcosa di mio, quindi...eccovi qua il primo capitolo.
E' una specie di prologo, vengono un pò descritte le varie situazioni di ogni personaggio per come sono ora all'inizio della storia. Se ricordate bene vi avevo detto che in questa storia sarebbero stati tutti umani (è il primo esperimento per me in questo senso XD) e infatti così è. Ci sono un bel pò di modifiche, quindi, rispetto ai libri che tutte conosaciamo. Qui Bonnie e Meredith sono "sorellastre" e si sono appena trasferite da New York per il loro ultimo anno di liceo e sono loro a vivere al pensionato in quanto i Salvatore (Stefan, Damon e Giuseppe) hanno casa loro XD Bonnie come al solito non riesco a farla fedelissima ai libri, ma c'è sempre la mia solita nota di forza in più che tanto mi piacerebbe che avesse. E c'è Caroline!! Non l'ho mai usata nelle mie storie e mi stuzzicava l'idea di introdurla. Il fatto è che avendo sempre scritto storie che si rifacevano in tutto e per tutto ai libri non avevo mai trovato il modo per infilarcela perchè nei libri il suo personaggio non è che mi piaccia molto. Ho approfittato di questa storia, quindi e ne è venuto fuori un miscuglio tra la Caroline del telefilm (che adoro^^) e una mia reinterpretazione del tutto personale, ma funzionale alla storia XD
Detto questo...vi lascio. Dovrei riuscire a postare circa una volta alla settimana visto che dei capitoli sono già pronti e continuo a scrivere un pò ogni giorno (mi sono data una tabella di marcia XD), quindi spero che il capitolo vi piaccia, la storia vi incuriosisca e decidiate di seguirmi in questa nuova avventura!!!
A sabato prossimo!!! Bacioni....IOSNIO90!!!

PS: Ogni accenno ai fatti passati citati sia da Stefan che da Bonnie verranno spiegati e chiariti più avanti.
PPS: Non vi preoccupate se Damon al momento non è comparso XD Sta arrivando e, ovviamente, si porterà dietro un bel pò di scombussolamenti e segreti XD









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Capitolo 2
*** Robert E. Lee - Primo giorno ***


Robert E. Lee – Primo giorno

Meredith era il tipo di ragazza che teneva particolarmente alla sua carriera scolastica. Non si definiva una secchiona, ma la spiccata intelligenza e l'intuitività innata le avevano sempre permesso di mantenere una media alta senza rinunciare alla vita sociale. Si impegnava tanto per se stessa e il suo futuro, certo, ma soprattutto lo faceva in memoria dei suoi genitori. Aveva appena quattro anni quando erano venuti a mancare e, nonostante lo scorrere del tempo avesse deteriorato e perso gran parte dei ricordi che aveva di sua madre e di suo padre, riusciva ancora a rammentare perfettamente il fatto che, fin da bambina, l'avevano sempre spronata a dare il massimo nello studio, a puntare sempre in alto, a superare ogni ostacolo e a non sottovalutare mai il potere della conoscenza, l'indipendenza e la stabilità data da un intelletto pronto e reattivo.
Il suo sogno era Harvard, era calpestare lo stesso suolo che aveva permesso ai suoi di crescere insieme e diventare le persone straordinarie che erano.
Per questo motivo, non solo si preoccupava della sua media, ma era solita fare volontariato ed unirsi a quanti più club scolastici possibili per riuscire a crearsi un curriculum adeguato. Non amava i ritardi. Arrivare in ritardo era visto dai professori come una totale mancanza di interesse verso la loro materia e Meredith non ci teneva per niente a farsi prendere di mira, consapevole del fatto che esistevano degli insegnanti particolarmente inclini a sfogare le loro frustrazioni personali sugli studenti. Oltretutto, non credeva fosse una buona idea neppure arrivare in ritardo al suo primo giorno di scuola.
Peccato che Bonnie non era mai stata del suo stesso avviso. Spesso si era chiesta come facesse ad essere una ballerina tanto dotata, istruita nelle migliori scuole, quando era la pigrizia fatta persona. E quella mattina avrebbero già perso abbastanza tempo in segreteria per la consegna di qualche altro documento e del ritiro del loro orario!

Giuro che se ci guarderanno male al nostro primo giorno te la farò pagare cara.” - minacciò - “Lo sai che ci tengo parecchio a queste cose...”
Si, lo so. Scusa. E' che ieri sera con quella visita inaspettata io e la signora Flowers abbiamo finito col fare tardi.” - si giustificò Bonnie dal sedile del passeggero mentre Meredith, alla guida, cercava un posto libero nel parcheggio della scuola.
Già. Giusto. Alla fine non mi hai più detto cosa volevano quei ragazzi.”
Beh, pare che la capo cheerleaders ogni anno organizzi una festa in un capanno nel bosco per l'inizio della scuola. Quest'anno, però, il comune ha deciso di smantellare quel capanno dato che cade a pezzi e allora sono venuti a chiedere alla signora Flowers se potevano tenere questa festa nel giardino sul retro del pensionato visto quanto è isolato.” - spiegò Bonnie, indicandole con una mano un posto libero qualche auto più avanti.
Meredith annuì: l'aveva già visto.

E la signora Flowers che ha detto?” - chiese.
Ha detto di si. Sembra che questa festa sia una specie di tradizione e non le dispiace avere un po' di gente in casa, di tanto in tanto. Oltretutto sostiene che sono tutti dei carissimi ragazzi. Testuale.”
Meredith non sapeva che pensare. Da un lato era sinceramente perplessa dalla cosa, ma dall'altro credeva anche che sarebbe stato un bel modo per lei e per Bonnie di conoscere meglio i loro nuovi compagni di scuola. Insomma, avrebbero dovuto trascorrere in quella cittadina il loro ultimo anno, avere degli amici non avrebbe di certo guastato. Oltretutto vedeva Bonnie particolarmente elettrizzata all'idea.
Lasciata l'auto, s'incamminarono entrambe verso l'entrata principale del liceo, tra le occhiate curiose degli studenti in attesa dell'inizio delle lezioni. Non ci badò molto. Probabilmente in un paesino tanto piccolo si conoscevano quasi tutti e loro rappresentavano la novità. Nei primi tempi si aspettava di venire fissata e additata come “quella nuova”, ma scommetteva sul fatto che tempo un mese e non avrebbero più fatto caso a loro. Da questo punto di vista, la festa al pensionato forse avrebbe accelerato le cose, favorendo la loro integrazione al gruppo.

Ciao Bonnie!” - la voce squillante di una ragazza bionda e sorridente in tenuta da cheerleader attirò la sua attenzione. Vide Bonnie sorridere di rimando e ricambiare timidamente con la mano anche il saluto del ragazzo in disparte con la bionda prima di riprendere a seguirla.
E quelli?” - le chiese, accennando ai due ragazzi che ancora le guardavano mentre mettevano piede nell'edificio scolastico spingendo con una mano ciascuna le spesse porte in vetro.
Lei è la capo cheerleaders di cui ti ho parlato poco fa. Caroline, mi pare. Ieri sera è venuta al pensionato insieme ad una sua amica e al ragazzo che era con lei. Stefan. La signora Flowers mi ha confidato di conoscerlo abbastanza, dice che è un vero ragazzo d'oro, come non se ne trovano più...”
Merdith, notato il lieve rossore che tinse le guance della sua amica, si ritrovò a sorridere, mentre le faceva strada verso l'entrata della segreteria in fondo al corridoio.

Stefan, eh? Sbaglio o anche a te è venuta voglia di conoscere “abbastanza” questo ragazzo d'oro?” - insinuò.
Meredith!”
Che c'è? Io parlo soltanto in virtù di ciò che vedo. E per quello che ho potuto vedere rientra perfettamente nel tuo tipo ideale. Alto, ben piazzato, bello, moro....Se non fosse che ispira fiducia e non ha per niente l'aria del bastardo sarebbe quasi uguale a tu-sai-chi.”
Meredith? Smettila.” - fece Bonnie, scuotendo lievemente la testa per mettere fine al discorso.
Meredith annuì.

Si, scusami, hai ragione. Dovrei smetterla di tornare su quell'argomento. E' solo che...a me non piace vederti soffrire e a causa di quell'idiota ti ho visto soffrire tanto, come non meriti affatto. Non voglio che ricapiti, quindi tendo a vedere ogni ragazzo che ti passa accanto come una possibile minaccia da eliminare.” - si scusò - “Ex-ter-mi-naaaaate! Dalek docet.” - aggiunse, sicura di strappare un sorriso all'amica.
Ti adoro, lo sai. Però Stefan non è affatto una minaccia. Insomma, ci avrò parlato si e no per due minuti e non ti nego che..beh, ha fatto decisamente colpo, ma l'hai visto, no? Riuscirebbe a fare colpo anche su una cieca. Tuttavia, non è che sto qui a prefissarmi chissà quale futuro per noi due, non mi sto struggendo d'amore, ma anche se fosse...l'hai detto tu stessa: ispira fiducia e non ha l'aria del bastardo. Inoltre Teophilia sostiene che sia un ragazzo gentilissimo e sappiamo quanto sia brava a giudicare le persone, quindi...credo proprio che Stefan non sia una minaccia. Puoi stare tranquilla.”
Uhm. Va bene.” - assecondò Meredith, intrecciando un braccio a quello delle rossa per trascinarsela dietro - “Adesso, però, andiamo. I ritardi non mi piacciono.”
Stavolta sarebbe colpa tua.” - fece notare Bonnie, divertita, aprendo per entrambe la porta in legno scuro che dava sugli uffici amministrativi del liceo.
Ma...zitta un po', piccola impertinente!” - il rimprovero scherzoso di Meredith venne accompagnato da una leggera spinta su una spalla della rossa che la costrinse oltre la porta aperta, dove una donna di mezza età, non appena le notò, si allontanò dall'uomo col quale stava conversando per farsi loro incontro ed accoglierle entrambe con un sorriso cordiale anche se un po' tirato.
E voi due dovete essere le due nuove alunne da New York. Finalmente siete arrivate...” - disse loro, allungando una mano per ricevere da Meredith gli ultimi moduli da firmare per ufficializzare l'ingresso nella loro nuova scuola. La donna si portò al di là di una alta scrivania e prese a trafficare su un computer un po' datato, inserendo velocemente gli ultimi dati e preparando ad entrambe una pila di fogli contenente il regolamento della scuola, una lista dei club e delle squadre sportive a cui potevano ancora iscriversi, un foglietto con su scritto tutti i numeri coi quali la scuola poteva essere contattata per qualsiasi evenienza ed una mappa. Tornò a rivolgersi a loro soltanto una volta finito.
Bene. E' tutto in regola. Allora...” - abbassò di nuovo gli occhi e diede una rapida occhiata al suo monitor - “Meredith Sulez e Bonnie McCollough, benvenute al Robert E. Lee. Questo è l'orario delle vostre lezioni.” - aggiunse, mandando in stampa dei nuovi fogli che consegnò velocemente alle due - “Ditemi. La vostra prima lezione?”
Meredith e Bonnie abbassarono gli occhi sui rispettivi orari e poi sorrisero quando si ritrovarono entrambe a rispondere: “Storia. Professor Alaric Saltzman.”

Oh, ma è davvero una fortunata coincidenza!” - esclamò la donna - “Potete andare con lui stesso a lezione..”
Il professor Saltzman – notò Meredith – era l'uomo col quale la segretaria stava chiacchierando nel momento in cui lei e Bonnie avevano messo piede nella stanza. Nel momento in cui l'aveva visto, aveva creduto tutto tranne che si trattasse di un professore. Non perchè non ne avesse l'aspetto o il portamento, ma semplicemente perchè non pareva averne l'età. Sembrava ancora uno studente universitario, almeno a lei che era abituata a docenti vecchio stampo, ultracinquantenni, con problemi di peso e calvizia incipiente. Quell'uomo, invece, era l'esatto opposto. Era alto, allenato, probabilmente laureato da poco, con l'ombra di una leggera barba a contornargli il mento e i capelli di un castano ramato tendenti al rosso. Avanzò verso di loro con un sorriso gentile e nei suoi occhi Meredith riuscì a scorgere quanto, al di là dell'aspetto, dovesse essere una persona a modo e cordiale, sveglia ed istruita.
Si ritrovò a sorridere, felice di essere sua allieva senza un reale motivo per esserlo, non ancora almeno.

Certamente. Non si preoccupi signora Douglas, me ne occupo io.” - fece lui.
La signora Douglas, la segretaria, annuì contenta.

Ragazze, siete assolutamente in buone mani. Il professor Saltzman lavora qui da un mese circa, dall'inizio di quest'anno scolastico. E' al suo primo incarico da insegnante, ma si è già guadagnato i favori del preside e dei suoi colleghi. Nessuno meglio di lui può aiutarvi ad integrarvi in un posto nuovo.” - le rassicurò, scatenando l'imbarazzo dell'uomo in questione, che si affrettò ad intervenire, esortandole a seguirlo.
Lei è troppo gentile, signora Douglas.” - fece - “Venite pure con me, ragazze, vi presento alla classe.”
Meredith e Bonnie, l'una di fianco all'altra, salutarono cortesemente la segretaria augurandole una buona giornata e seguirono il professore fuori dall'ufficio e poi lungo il corridoio alla loro destra. Mano a mano che avanzavano, lui indicava loro questa o quell'aula, nel caso avessero avuto problemi nel trovare le classi delle successive lezioni. Meredith ragionò brevemente sul fatto che, munite di mappa com'erano, lei non avrebbe avuto alcun problema nel muoversi in quei nuovi corridoi visto che, tra lei e Bonnie, era la rossa quella che rischiava di perdersi anche dentro casa propria. Di fatto, la sua amica si guardava intorno frettolosa e spaesata, dandole l'impressione che stesse ringraziando mentalmente per il fatto che almeno a quell'ora fossero nella stessa classe e avessero qualcuno a guidarle lungo il tragitto fino all'aula.
Giunsero a destinazione quando la campanella aveva già smesso di suonare da qualche minuto. La classe, dall'esterno, sembrava abbastanza silenziosa, tranne che per un lieve brusio di voci.

Pronte?” - chiese loro il professore, sorridendo affabilmente.
Meredith annuì tranquilla, Bonnie un po' meno e lui se ne accorse.

Bonnie, giusto?” - chiese, aspettando fino al cenno affermativo della rossa prima di continuare - “Arrivare in un posto nuovo a volte è difficile, ma questi ragazzi sono a posto. Scommetto che entro fine giornata avrete già delle nuove amiche e decine dei miei studenti ai vostri piedi.” - scherzò – “Almeno ai tempi in cui andavo io al liceo era così che funzionava quando c'erano dei nuovi arrivi...”
Non sembra che sia passato poi così tanto da quando frequentava il liceo, professor Saltzman..” - constatò Meredith.
No, a dire il vero no. Il che a volte credo che sia un bene e altre volte che sia un male. Dipende dalle giornate.” - rispose - “Entriamo, su.”
Prima di seguire l'uomo all'interno dell'aula, Meredith si voltò a guardare Bonnie e le strinse leggermente la mano, tentando di rassicurare lei e di rassicurare anche se stessa. Solo in quel momento, a qualche passo dall'inizio della sua prima giornata in quella nuova scuola, realizzò che era arrivata sul punto di cominciare un nuovo capitolo della sua vita. Fino a quel momento, quel concetto non era mai stato così reale, anzi...nella sua mente aveva continuato a galleggiare sotto forma di pensiero astratto. Si sentì preda di una leggera ansia, ma assaporò per poco quella sensazione così strana per lei e poi varcò la soglia. Bonnie la seguì un passo dopo, mentre l'insegnate le presentava, fissando insieme a lei gli occhi sui loro nuovi compagni di classe e sui due banchi vuoti circa a metà aula, l'uno di fianco all'altro.



Al suono della campanella che segnava la fine della sua terza ora di lezione, Bonnie si alzò e si precipitò fuori dall'aula, in ansia al solo pensiero di arrivare nuovamente in ritardo a causa del suo scarso senso dell'orientamento.
Dopo la lezione di storia, infatti, lei e Meredith avevano impiegato meno di un minuto per realizzare che non avrebbero avuto più nessuna classe da condividere fino all'ora di ginnastica, nel pomeriggio. A quel punto, mentre la sua amica la salutava e si allontanava convinta della direzione da prendere, Bonnie era entrata nel panico. Non sapeva che fare e si sentiva troppo impacciata per chiedere aiuto a qualcuno. Fortuna aveva voluto che l'aula di chimica fosse appena a qualche passo da lì, ma quando si era trattata della successiva lezione d'inglese aveva impiegato dieci minuti buoni prima di capire che si trovava dall'altra parte dell'istituto. Aveva corso a perdifiato nei corridoi quasi del tutto vuoti, quindi, prima di presentarsi alla nuova insegnante in preda all'affanno. Questa l'aveva giustificata con un abbozzo di sorriso, ma Bonnie faticava a credere che la scusa del “sono nuova e non riuscivo a trovare l'aula” avrebbe retto ancora a lungo.
Distratta com'era, aveva appena dato un'occhiata alla lista di libri da leggere per quel corso e non si era accorta della presenza di Stefan qualche banco più indietro nella fila al suo fianco, fino a che non se lo ritrovò davanti, appena uscito dalla sua stessa classe.
Le poggiò una mano su una spalla per attirare la sua attenzione e le sorrise, tirandola appena indietro di un passo per spostarla dalla traiettoria di una grossa palla di carta lanciata da chissà chi e finita chissà dove.

Grazie.” - ringraziò lei. Non si era accorta di niente tanto era presa nel districarsi tra il suo orario e la mappa che le era stata consegnata quella mattina e che adesso si afflosciava tra le sue mani senza dare segno di voler collaborare.
Sembri un po' in difficoltà...” - commentò lui.
Bonnie alzò sul ragazzo i suoi occhi già stanchi. Avrebbe voluto rispondergli “Solo un po'?”, ma temeva che la voce le sarebbe venuta fuori più astiosa di quanto intendesse, quindi restò zitta, lasciando che fosse il suo sguardo rassegnato a parlare per lei.
Stefan annuì. Probabilmente aveva capito il suo disagio e le si avvicinò ulteriormente per sbirciare sul suo orario. Alla fine sorrise.

Hai matematica col professor Turner. Sei fortunata. Pare che si sia preso l'influenza da suo figlio e la classe resta scoperta fino a domani.”
Davvero? Ne sei sicuro?”
Sicurissimo. Adesso anch'io avrei avuto lezione con lui.”
Bonnie sospirò, rilassando le spalle a mano a mano che la folla di studenti intorno a loro cominciava a diradarsi. Un'ora libera, quindi. Se fosse stata nel suo vecchio liceo avrebbe sicuramente avuto un'idea su come impiegarla, magari rintanandosi sui gradoni nel campo da football per provare qualche piroette, ma in quel posto nuovo non aveva la più pallida idea di che fare o dove andare. Forse poteva cercare il suo armadietto. Tra una lezione e l'altra non ne aveva avuto il tempo. O meglio, ne avrebbe avuto il tempo se fosse stata come Meredith, il tipo di persona che riesce a decifrare una mappa e ad aggirarsi in un posto sconosciuto con la stessa disinvoltura degli avventori abituali di un supermarket, ma lei non era affatto quel tipo di persona, purtroppo.
Dopo qualche attimo di silenzio, fu Stefan a parlare per primo, dimostrando ancora quanto fosse gentile e attento. A Bonnie tornarono subito in mente le parole “ragazzo d'oro” e si ritrovò a sorridere.

Posso mostrarti un po' la scuola, se vuoi. Magari può esserti d'aiuto un piccolo tour.”
Annuì. “Sempre che tu non abbia nient'altro da fare. Non vorrei prenderti troppo tempo...”

Figurati! Il programma era di aiutare Caroline a scegliere il carattere di scrittura adatto per i volantini della sua festa, ma ne faccio volentieri a meno.” - rispose lui - “Andiamo?”
Trovarono l'armadietto di Bonnie. Venivano assegnati in base all'iniziale del cognome, quindi era lontano sia da quello di Meredith che da quello di Stefan, ma restava abbastanza vicino all'uscita d'emergenza contraddistinta dalla luminosa scritta “Exit” e da due spesse porte di un rosso brillante impossibili da non notare.

Sarà facile ritrovarlo.” - commentò Stefan, scatenando l'ilarità sua e di Bonnie.
Messi al loro posto tutti gli spessi libri che si era costretta a portare da una lezione all'altra, continuarono a camminare lentamente tra i vari corridoi ormai vuoti. Stefan si fece passare il suo orario e le mostrò una ad una tutte le varie aule in cui si sarebbero tenute le lezioni che avrebbe dovuto seguire, segnandole a penna sulla mappa i percorsi più brevi da fare tra una lezione e l'altra. Poi le mostrò la piscina interna, la mensa, la palestra coi rispettivi spogliatoi e arrivarono al teatro, dove fu più che d'accordo nell'assecondarla nel suo desiderio di salire sul palco. Accese uno dei faretti e la lasciò fare, prendendo posto su una delle poltrone della prima fila in platea.
Bonnie salì di corsa la scalinata di legno scricchiolante, diede un'occhiata veloce alle piccole quinte e avanzò fino al centro del palco, sfiorando con le mani le assi di legno chiaro sotto i suoi piedi. Non era un gran teatro, di certo non era neppure paragonabile a quello della sua vecchia scuola di danza o a quello della sua scuola a New York, ma la fece sorridere il modo in cui era ben tenuto, con le luci luminose, il sipario pulito e le assi di legno levigate e lucenti. Camminò fino al fondale di drappo bianco che toccò con le mani, sentendone la familiare tensione sotto le dita, poi si sentì cogliere improvvisamente dal forte desiderio di approfittare di quel palco vuoto e corse, esibendosi nei suoi migliori salti davanti agli occhi verdi di Stefan, colti di sorpresa e meravigliati.

E quello?” - le chiese.
Sono una ballerina.” - spiegò lei, andando a sedersi sul bordo del palco - “O almeno mi piacerebbe diventarlo. Studio danza da quando ho memoria. Nel mio vecchio liceo ho partecipato ad ogni rappresentazione teatrale che abbiano mai messo in scena.”
Stefan si alzò dal suo posto e la raggiunse, poggiando le mani sulle assi del palco proprio accanto al punto nel quale si era seduta lei, con le gambe penzoloni.

Qui di spettacoli non ne fanno molti. Mio padre dice che ai suoi tempi mettevano in scena un musical una volta l'anno e c'era un club del teatro a cui tutti volevano iscriversi. Poi, con gli anni, gli sport hanno acquisito sempre più importanza e il teatro è diventato roba da femminucce. Adesso ci fanno soltanto i concerti di Natale della banda della scuola, le assemblee d'istituto quando fuori è brutto tempo e non possono usare il campo da football e viene occupato una volta al mese da una delle proiezioni aperte a tutti del club dei patiti del cinema.”
E' un peccato. E' davvero un teatro molto carino.”
Già.” - convenne lui - “Però in paese c'è una scuola di danza...” - aggiunse.
Bonnie annuì, voltandosi per guardarlo in viso.

La signora Flowers mi ha fatto avere il numero qualche settimana fa. Ho chiamato da New York e si sono occupati dell'iscrizione. Ho fatto anche una chiacchierata con l'insegnante e oggi pomeriggio sul tardi ho la mia prima lezione.”
Peccato. Quindi non avrò l'onore di vederti ai miei allenamenti di football mentre gridi il mio nome a squarciagola mandandomi baci a ripetizione dagli spalti?” - scherzò lui, assottigliando teatralmente gli occhi.
Mi dispiace, ma il football non è esattamente il mio genere.”
Questo mi ferisce.”
Risero nuovamente, ascoltando l'eco delle loro voci che rimbombava nel buio spazio vuoto di fronte a loro. Bonnie si sentì felice di aver accettato la proposta di Stefan per quel piccolo tour del liceo. Di solito si sentiva sempre preda di un profondo imbarazzo quando si trattava di parlare di lei con persone nuove, specialmente se erano ragazzi in gamba e belli quanto Stefan, ma lui aveva la straordinaria capacità di mettere le persone a suo agio con i suoi occhi limpidi e quel sorriso sincero e cordiale che non sarebbe mai stato in grado di nascondere nulla. E Dio solo sapeva quanto Bonnie ne avesse le scatole piene di tipi problematici dagli occhi impenetrabili e il sorriso pari ad una maschera! Era contenta di aver incontrato una persona come Stefan. Dopo tanto dolore causato da colui che sembrava il suo esatto opposto, sentiva di meritare di passare qualche ora in compagnia di una persona tanto trasparente, della quale non dovevi temere i possibili giudizi, sulla quale non dovevi interrogarti ad ogni passo per ciò che poteva o non poteva passargli per la testa. Forse il gioco del mistero era interessante, lei stessa ne era stata catturata neppure troppi mesi prima nel suo ultimo anno a New York, ma a lungo andare faceva soffrire e stancava, non ne valeva la pena.

Posso farti una domanda?” - chiese Stefan dopo qualche attimo di tranquillo silenzio, riportando su di sé l'attenzione.
Bonnie annuì.

Quella che stamattina era con te era tua sorella, giusto?”
Si. Meredith.” - confermò.
Ecco, non vorrei essere invadente, ma mi chiedevo come---”
Come fosse possibile che sia tanto diversa da me?” - interruppe Bonnie.
Stefan, imbarazzato, si portò una mano a scompigliare i capelli scuri.

Si. E anche come mai i vostri armadietti non siano l'uno di fianco all'altro.”
Meredith è la mia migliore amica e mia sorella adottiva. I suoi genitori erano grandi amici dei miei e sono venuti a mancare quando eravamo due bambine. Non aveva altri parenti tranne i nonni materni troppo anziani per prendersene cura, quindi i miei genitori la presero con loro, ma lei ha mantenuto il suo cognome: Sulez.” - rispose.
Oh. E' triste.” - commentò Stefan.
Già. Ma lei è sempre stata forte...”
Anch'io ho perso mia madre da bambino.” - confessò lui, di getto - “Di malattia. Da allora sono rimasto solo con mio padre e mio fratello maggiore. Poi lui è andato finalmente via di casa, al college.”
Finalmente?” - chiese lei, alla quale non era sfuggito il lieve cambio di tono nel sentirlo parlare di suo fratello.
Finalmente, si. Sin da bambino mio fratello non ha mai fatto altro che litigare con nostro padre. A volte mi chiudevo in soffitta pur di non sentire le loro urla. A scuola dicevano che era una ragazzino problematico e che non bisognava fargliene una colpa perchè sentiva soltanto la mancanza di nostra madre, perchè stava soffrendo ed era arrabbiato per la sua morte quindi se la prendeva col mondo, con nostro padre e con me. E ci credevo davvero, ci credevo e non me la prendevo per nessuno dei suoi scherzi o delle sue offese. Gli volevo bene.”
E poi?”
Poi ho capito che in realtà è soltanto un grosso bambino viziato, un'egoista che prova piacere nel vedermi star male.”
Bonnie si ritrovò senza parole. Evidentemente – e lo aveva capito dal tono amareggiato e deluso di Stefan - quello non era un argomento di cui aveva molta voglia di parlare sebbene fosse stato lui stesso a cominciare il discorso. Pensò che forse anche per lui era lo stesso che per lei, che sentiva di potersi aprire e parlare di tutto, per quel motivo non aveva mostrato alcuna reticenza nel rispondere alle sue domande curiose. La cosa, segretamente, la lusingò.
Tuttavia, non conosceva né la situazione né questo fratello di cui parlava, quindi ogni cosa la sua mente le suggerisse di dire le sembrava banale e poco appropriata. Decise, quindi, di rimanere in silenzio, ma alzò un braccio per posargli delicatamente una mano sulla spalla, attirandone l'attenzione, per poi sorridergli e accarezzargli dolcemente il viso, forzandolo con la tenerezza a distendere i lineamenti tesi e a sorridere.

Ti sto annoiando. Scusa.” - fece lui.
Bonnie scosse la testa. “Affatto.” - assicurò.
Arrivò il suono dell'ennesima campanella a rompere il momento. Bonnie, col viso improvvisamente in fiamme, tossì e spinse sulle mani per scendere dal palco. Stefan, nel frattempo, si riavvicinò al pannello elettronico e spense il faro ancora acceso sul palco, facendole poi strada lungo la scalinata che portava alla porta di accesso al teatro...



Stefan mi ha dato buca! Gliela farò pagare cara!”
Elena non aveva neppure messo piede fuori dall'aula che si era ritrovata addosso Caroline, saltata fuori al nulla con quel discorso che la lasciò non poco confusa.

Come, prego?”
Mi hai sentita! Doveva aiutarmi con i volantini per la festa durante la nostra ora libera e mi ha dato buca.”
Elena annuì, lentamente, una volta sola, sgranando leggermente gli occhi azzurri. Adesso capiva.

Sarà stato trattenuto. O avrà avuto da fare.” - lo giustificò - “Nel pomeriggio ti aiuto io. Promesso.”
Caroline le acciuffò un braccio con la stessa luce negli occhi di una bambina contenta davanti ad un'enorme cono al cioccolato con granella di nocciole e sembrò magicamente dimenticare del tutto lo sconcerto per il fatto che Stefan non si fosse presentato al loro appuntamento.
Elena scosse la testa e presero a camminare insieme vero i loro armadietti, con le fila di ragazzi e ragazze che si aprivano in due per favorire loro il passaggio. A volte si sentiva stupida a pensarlo, di certo sapeva che il suo era un atteggiamento a dir poco infantile, ma amava i momenti tra una lezione e l'altra, amava attraversare quei corridoi affollati con le stesse falcate sicure di sempre, amava le attenzioni e l'ammirazione che le venivano riservate da cinque anni a quella parte. Amava quella popolarità di cui aveva sempre goduto e che aveva guadagnato con un semplice sorriso già al primo giorno in cui aveva messo piede tra quelle mura.
Le sarebbe mancato il liceo. Sapeva con certezza che la sua carriera da “reginetta della scuola” sarebbe finita nello stesso istante in cui avrebbe lanciato in aria il tocco il giorno del ritiro dei diplomi e, per questo motivo, aveva sempre creduto che il suo ultimo anno sarebbe stato il più bello di sempre. 
Questa era la sua assoluta convinzione fino a qualche mese prima, quando si era giocata con le sue stesse mani la chance di un ultimo anno meraviglioso verso il finire dell'estate, quando aveva ceduto a Damon e Stefan l'aveva scoperto.
Aveva dato la colpa a tante cose – al caldo, a Damon stesso – prima di realizzare che la colpa era stata soltanto sua se era andata a finire in quel modo e se il suo rapporto con Stefan si era rovinato senza possibilità di rimettere davvero a posto ogni cosa.
Da che ricordava era sempre stata fortemente legata a Stefan, aveva sempre saputo di amarlo, per quello che era e per come la faceva sentire. Nel momento in cui era cresciuta, però e la sua bellezza era fiorita del tutto, trasformandola nella ragazza che era diventata, aveva cominciato ad attirare su di se anche le attenzioni di quel fratello maggiore di Stefan col quale da bambina aveva avuto molto poco a che fare. E lei, vanitosa come si era scoperta di essere, aveva provato piacere nell'essere contesa tra i due ragazzi più belli di Fell's Church.
Le cose erano andate avanti così per anni. Damon la punzecchiava di continuo e cercava di rimanere da solo con lei ad ogni costo. Elena, quando era con lui, si sentiva avvolgere ed ammaliare da quel suo fascino fuggevole e malizioso, ma nel suo cuore aveva sempre sentito ancorata la certezza che, alla fine dei conti, sarebbe sempre tornata da Stefan, nel suo amorevole abbraccio. Quindi si tirava indietro, faceva da preda in quel gioco in cui Damon non si preoccupava di coinvolgerla, ma alla fine tornava sempre a tirarsi indietro un attimo prima di cedere, credendo di mantenere così la sua coscienza pulita, ma ben consapevole del fatto che, in quel modo, non faceva altro che aumentare l'insoddisfazione del maggiore dei fratelli che alla volta successiva tornava ad insediarla con le sue piacevoli moine con ancora maggiore forza e vigore di quanto non avesse fatto in precedenza.
Poi, a metà agosto, lui era tornato improvvisamente a casa e si era presentato da lei in uno stato d'animo così tormentato che quasi l'aveva spaventata con la sua irruenza, perchè mai l'aveva visto in quel modo. Aveva tentato di respingerlo, ancora, ma lui l'aveva presa e baciata con tanta veemenza e passione che ne era rimasta travolta. Aveva cercato di pensare, di resistergli, di dire a se stessa che era sbagliato, completamente sbagliato perchè aveva finalmente una relazione col suo Stefan e che era importante, che stavano facendo addirittura piani per il college e per il loro futuro insieme, ma un secondo pensiero le si era insinuato nella mente a mano a mano che Damon la toccava, una seconda voce che le sussurrava che, invece, tutto ciò che stava succedendo in quel momento poteva andare bene, che nessuno l'avrebbe mai scoperto e che poteva godersi il momento, che addirittura potevano essercene altri di momenti come quello, sia con Damon che con Stefan. Chi o cosa le impediva di averli entrambi, dopotutto?
Era stata debole, egoista e vanitosa. Lo sapeva, lo sapeva così come sapeva che, se Stefan non l'avesse scoperta quel giorno stesso tra le braccia del fratello, avrebbe mantenuto il silenzio e continuato su quella strada, seguendo quell'infimo suggerimento della sua parte più oscura.
Persino in quel momento, a posteriori, quando ci pensava non sapeva decidere se fosse più dispiaciuta per ciò che aveva fatto o per il fatto che Stefan l'avesse scoperto.
Che razza di persona era? Era dal giorno in cui Caroline stessa le aveva urlato addosso quella domanda in difesa dell'amico col cuore a pezzi che tentava di darsi una risposta senza mai riuscirci.
Almeno – si diceva – non era rimasta del tutto sola. Gli stessi Caroline e Stefan, per quanto fosse imbarazzante, continuavano a comportarsi come se fossero ancora gli amici di un tempo. Lui pareva sulla strada del perdono ed era esattamente questo, questo tipo di gentilezza da parte del ragazzo i cui sentimenti aveva tradito e calpestato, che riportavano più frequentemente a galla quella famosa domanda. Che razza di persona era? Cosa aveva fatto? Che tipo di problema aveva?

...e devi aiutarmi a scegliere il tema.”
Elena si voltò improvvisamente verso Caroline. Erano arrivate di fronte al suo armadietto e non se n'era neppure accorta, così come non aveva ascoltato una sola parola di ciò che l'amica aveva detto.

Cosa?”
Caroline sbuffò.

Incredibile! Non hai sentito nemmeno una virgola.” - rimarcò - “Dicevo che, tra le altre innumerevoli cose di cui dobbiamo occuparci per la festa, la più importante è il tema. Devi aiutarmi a sceglierlo.”
Oh. Il tema. Che ne dici dei dinosauri?”
Caroline inarcò un sopracciglio. “Stai ancora guardando la maratona di Glee in televisione, confessa.”
Elena si voltò verso il lucchetto del suo armadietto e lo aprì velocemente lanciando una smorfia all'amica, impegnata qualche metro più in là nel suo stesso cambio di libri. Ripresero a camminare entrambe verso la loro successiva lezione.

Sentiamo, invece, tu che idee avresti?” - chiese.
Io ne avrei molte. Coppie storiche, ad esempio.”
E così hai eliminato dagli invitati metà della scuola, noi due incluse visto che non ce l'abbiamo il ragazzo per mettere in scena una coppia.”
Allora....potrebbe essere un decade dance! Anni '50, anni '80....uno a caso e via.”
Fa troppo teen-drama sui vampiri.”
Già. Hai ragione.” - corcordò Caroline - “Quindi?”
Che ne pensi dei supereroi? Vanno di moda adesso. E saremmo tutti in costume con maschere annesse.”
Ma...sai che non sarebbe male come idea? Dovrei parlarne col “club dei nerd che più nerd non si può” per i suggerimenti su una scenografia appropriata, ma si potrebbe fare...”
Elena sorrise, ma neppure diede troppo peso alla faccenda. Ora che Caroline aveva preso a fantasticare sul modo migliore e più spettacolare per rendere memorabile la sua festa, neppure farle presente che aggiungere al tutto una scenografia per una festa privata non era necessario. Dopotutto, si trattava sempre della ragazza che l'anno prima aveva deciso che il tema dovesse essere il Natale in anticipo e aveva fatto – Dio sa come – nevicare a Fell's Church coi 25° che c'erano stati nel caldo fuori stagione dell'inizio autunno dell'anno precedente! E, ad ogni modo, non si poteva dimenticare la fissazione che aveva per le feste in maschera.
Raggiunsero il corridoio che portava alla loro classe di biologia mentre Caroline stava ancora farfugliando. Nell'attraversarlo, però, gli occhi di entrambe vennero catturati dalla figura di Stefan che usciva ridendo dal teatro insieme ad una delle nuove ragazze appena trasferitesi, quella che avevano conosciuto la sera prima, Bonnie.
Caroline rimase a fissarli per qualche attimo, ma poi si avvicinò, trascinandosi dietro Elena, del tutto indifferente alla crisi di gelosia che questa si era sentita esplodere dentro nel vedere il suo ex-ragazzo così felice e tanto attento nei confronti di un'altra. Appena conosciuta, oltretutto.

Quindi è per questo che mi hai dato buca, eh?”
Quella frase di Caroline servì ad attirare l'attenzione dei due su di loro.

Scusa tanto, Care, ma ho trovato decisamente più allettante l'idea di mostrare a Bonnie la scuola.” - rispose lui, tanto prontamente quanto divertito.
Mmhh...ok! Ti perdono.”
Elena si voltò a guardarla. Come, come? Lo perdonava? Ma se fino a pochi minuti prima pareva terribilmente scocciata dal fatto che lui non l'avesse aiutata?

Ma non hai detto due minuti fa che gliel'avresti fatta pagare cara?”
Si, l'ho detto.” - confermò l'amica - “Ma era con Bonnie. E come non perdonarlo se era con Bonnie?”
Elena sentì qualcosa spingerle dal basso dello stomaco, un'irritazione forte verso tutta quella situazione, per il fatto che Stefan – il suo Stefan – avesse trascorso tutto quel tempo da solo con quella rossa sconosciuta e per il fatto che Caroline ne sembrasse addirittura contenta.
Lei aveva sbagliato si, lo ammetteva. Lo aveva fatto soffrire, ma ciò non significava che....che? Che cosa non significava?
Era confusa dai suoi stessi pensieri, ma l'irritazione non scemava.

Già. Giusto. E' nuova. Ha bisogno di una guida.” - sbottò, trattenendo il fastidio - “Anzi, sai che c'è? Dovresti venire a pranzo con noi. Per fare amicizia.”
Elena.” - il richiamo venne da Stefan. Lei non se ne curò e lo liquidò in fretta con una mano.
Che c'è? Se è amica tua allora può essere anche amica nostra, no?” - rispose, voltandosi poi verso la rossa - “Sei con tua sorella, giusto? Porta anche lei. Sia mai che finite col magiare da sole ad un tavolo vuoto.”
Aveva messo in imbarazzo la nuova arrivata, lo vedeva: le si erano tinte le guance di rosso e prese a mordersi un labbro, continuando pensierosa per qualche attimo prima di risponderle con un cenno affermativo del capo.
Elena non aspettò oltre e al suono della nuova campanella salutò in fretta con una mano e si avviò verso la sua aula, prendendo posto nello stesso istante in cui Caroline la raggiungeva lanciandole un'occhiata d'ammonimento che, per lei, voleva dire tutto e niente. Ormai era fatta, la rossa aveva accettato: perchè rimarcare? La conoscevano, avrebbero dovuto aspettarselo.
All'ora di pranzo riempì il suo vassoio alla mensa con una fetta di pizza, dell'acqua ed un'arancia e si avviò al suo solito tavolo. Gli altri quattro erano già lì e le avevano lasciato un posto vuoto accanto a Care. Stefan, che di solito le prendeva posto di fianco, quel giorno si era seduto tra Bonnie e sua sorella e pareva avere occhi solo per la rossa.
Poggiò il vassoio sul tavolo con più forza di quanta intendesse.

Oh. Elena!” - l'accolse Caroline - “Bonnie la conosci. Lei, invece, è Meredith. Ci stava raccontando che solo in questa prima mezza giornata ha fatto domanda d'iscrizione a metà dei club studenteschi e grazie alla sua davvero davvero incredibile media i geniacci del decathlon praticamente già la supplicano per unirsi a loro.”
Supplicare, adesso. Non esageriamo. Che siano diventati parecchio insistenti, però, è vero.” - scherzò la mora -Meredith- allungando una mano verso di lei mentre prendeva posto - “Piacere di conoscerti, ad ogni modo.”
Elena ricambiò la stretta con un sorriso: “Piacere mio.”

Tu devi essere l'altra ragazza che ieri ha fatto irruzione al pensionato con Caroline e Stefan per il permesso per la festa, giusto?”
Sono proprio io. Elena Gilbert.”
Bene. Almeno adesso conosco anche i vostri nomi. Stamattina Bonnie mentre raccontava ricordava alla perfezione soltanto quello di Stefan, mentre sui vostri era abbastanza incerta.”
Mere! Ma che dici?” - intervenne la diretta interessata, allungandosi per schiaffeggiare leggermente una mano della sorella.
Cosa? E' vero!”
Beh, se in piena notte avessi aperto la porta di casa e mi fossi ritrovata davanti uno sconosciuto tanto figo quanto Stefan...probabilmente anch'io avrei dimenticato chiunque altro fosse con lui.” - Caroline intervenne in quel modo, dal nulla, suscitando un riso leggero e d'intesa in Meredith e scatenando una furiosa tosse da parte di Bonnie, che per poco non si strozzava con l'acqua che le era andata di traverso. Stefan cominciò a darle leggere pacche sulle spalle e, quando si calmò, la sua mano prese a muoversi delicatamente in cerchi concentrici sulla schiena della rossa mentre lui si sporgeva a chiederle con accortezza se stesse bene.
In quel momento, Elena sentì il cellulare squillarle nella borsa in sincrono a quello di Stefan, che prese a vibrare al centro del tavolo.
Lui fece un cenno a tutte e rimase al suo posto mentre rispondeva, giustificandosi con un: “E' mio padre.”
Mano a mano che la telefonata di Stefan prendeva consistenza, Elena si abbassò di lato per riuscire a leggere il messaggio che le era appena arrivato.
Freddò sul posto. Due sole parole ed un'iniziale troneggiavano sullo schermo bianco del suo cellulare:
Sono tornato. D.
Alzò gli occhi, ma già sapeva cosa avrebbe trovato. Mentre leggeva e rileggeva, infatti, aveva sentito il tono di Stefan aumentare e l'irritazione nella sua voce crescere. Sapeva che i suoi occhi verdi erano direttamente puntati su di lei, freddi e delusi come solo un'altra volta li aveva visti:
quella notte.
Va bene, papà. Ho capito. Torno a casa presto, oggi.”
Stefan riagganciò poco dopo. Elena fece appena in tempo a trovare il coraggio per ricambiare il suo sguardo che lui si alzò e raccolse il suo vassoio, ancora quasi del tutto intatto.

Scusate.” - fece - “Mi è passata la fame.” - lanciò uno sguardo dispiaciuto a Bonnie, poi si voltò e andò via, lasciando direttamente la mensa.
Caroline fece cadere la forchetta che reggeva tra le mani e si sporse verso di lei.

Si tratta di chi penso che si tratti?”
Elena annuì a testa bassa. Caroline le soffiò accanto un sospiro e poi si alzò anche lei, sicuramente per raggiungere Stefan. Le aveva sempre messo bene in chiaro che, se mai si fosse trovata a scegliere, avrebbe sempre preferito lui a lei, quindi Elena non se ne dispiacque neppure più di tanto quando la vide allontanarsi.
Alzò gli occhi soltanto per trovarsi da sola a dover fronteggiare gli sguardi carichi di perplessità delle due nuove arrivate. Loro non sapevano e si trovò a domandarsi cosa avrebbero pensato di lei se avessero saputo.
Decise che avrebbe di gran lunga preferito non conoscere mai la loro risposta.






NOTE:

Ciao a tutti!! E buon sabato sera^^
Innanzitutto, voglio ringraziarvi tantissimo per la bellissima ri-accoglienza *D* Siete fantastiche, girls! Vi lovvo un sacco *D*
Passando al capitolo....beh, siamo ancora all'inizio della storia e si vede, stiamo ancora conoscendo i personaggi quindi non è successo un granchè xD
Tuttavia qualcosa c'è. Primo tra tutti: Alaric!!
Giuro, sono in ansissima a causa sua xD L'altro giorno, proprio rispondendo ad una della vostre fantastiche recensioni, ho realizzato che è la primissima volta che comincio una storia senza che Meredith e Alaric stiano già insieme O_O Questo vuol dire che è anche la prima volta che devo affrontare la faccenda "professore e allieva che si innamorano" O_O Amore proibito! Ci piace! Io, però, ho sempre fatto la furba, saltando direttamente a loro che stanno già insieme da anni xD Ebbene, sarà una sfida! U_U E ormai mi conoscete: parto con un'idea semplice per le mie storie e poi se non me le complico smetto di chiamarmi Valeria (è il mio nome, non so se ve l'ho mai detto xD).
Andando avanti, abbiamo trovato Bonnie e Stefan che cominciano a fare conoscenza. Mi pare ovvio che i ragazzi siano rimasti decisamenti colpiti l'uno dall'altra xD Per questa storia -vi avverto- non vi aspettate niente di solo platonico tra questi due. Avranno un bel cammino da fare insieme se riesco a non rovinarmi le mie stesse idee al momento di scriverle xD Ad ogni modo, abbiamo avuto un assaggio di com'è la vita di Stefan grazie al suo breve racconto e abbiamo scoperto qualcosa in più su Bonnie, la mia rosha ballerina xD
Infine...Elena!!! Lascio a voi giudicarla xD Almeno, però, abbiamo capito un pò di più di quello che è successo tra lei, Stefan e Damon qualche mese prima.
Mi sembra superfluo aggiungere che Damon arriverà nel prossimo capitolo. E, per chi fosse interessato, nel prossimo capitolo capiremo anche qualcosa in più su chi ha fatto soffrire tanto Bonnie mentre era a New York. Incontreremo questa persona? La risposta è si! E' stato il primo grande amore di Bonnie e le deve un pò do spiegazioni. Idee su chi sia? Personaggio nuovo o qualcuno che nei libri già c'è? Se si, chi?  Fatemi sapere, se vorrete, su chi puntate xD
Adesso vi lascio....Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che decidiate di recensirlo *shy*
Alla prossima settimana...BACIONI...IOSNIO90!!!


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Capitolo 3
*** Ritorno a Fell's Church ***


Ritorno a Fell's Church

Il giorno dopo Stefan non si presentò a scuola. Bonnie aveva provato a cercarlo prima dell'inizio delle lezioni per chiedergli come stesse, preoccupata per lui per come l'aveva visto andare via il giorno prima a pranzo, ma non era riuscito a trovarlo e nelle ore che, da orario, avrebbero dovuto condividere il suo banco rimase vuoto per tutta la mattina.
Ricordava perfettamente la tensione che aveva percepito nell'aria a mensa mentre Stefan parlava al telefono con suo padre e non le era piaciuta. Sia lui che Elena e anche Caroline avevano cominciato subito a comportarsi in modo strano e la cosa l'aveva un po' agitata.
Bonnie era il tipo di ragazza che tendeva ad affezionarsi subito ed era innegabile il fatto che fin dalla loro chiacchierata in teatro aveva avvertito una forte empatia nei confronti di quel ragazzo tanto gentile. Le interessava, quindi, sapere come stesse, ma non aveva avuto il coraggio di andare da Elena o da Caroline per chiedere loro notizie. La prima aveva mostrato fin da subito di non apprezzarla granchè e Bonnie non ci teneva particolarmente a trovarsi a fare quattro chiacchiere in privato con lei. Invece, per quanto riguardava la seconda, era convinta che Caroline si sarebbe di sicuro mostrata più aperta e cordiale, ma le uniche volte in cui l'aveva vista l'aveva trovata troppo impegnata a lanciare sguardi in cagnesco ad Elena e non le era parso il caso di mettersi in mezzo.
Una cosa era certa, però: la situazione tra quei tre non era tutta rosa e fiori come poteva apparire. A detta di Meredith, in passato doveva essere successo qualcosa di brutto tra Stefan ed Elena e Caroline si era schierata con l'amico; ora le cose andavano meglio, ma la tensione e le fazioni tornavano quando l'argomento risbucava fuori. A nessuno era sfuggita la frase che Caroline aveva sussurrato ad Elena poco prima di seguire Stefan fuori dalla mensa, quindi Bonnie era giunta alla conclusione che sua sorella non avesse poi tutti i torti, sebbene conoscesse quei ragazzi ancora meno di quanto non li conoscesse lei. Ma Meredith era Meredith e raramente sbagliava nel giudicare le persone: Bonnie le aveva sempre invidiato questa capacità.
Ad ogni modo, non le interessava cosa fosse o non fosse successo tra quei tre, non voleva alcun dettaglio in merito, le avrebbe solo fatto piacere sapere che Stefan stava bene. Forse Meredith aveva avuto ragione, forse quel ragazzo l'aveva colpita più del dovuto, ma continuava a credere che non ci fosse nulla di sbagliato: Stefan era un ragazzo a posto e sapeva che, anche se fosse caduta preda del suo solito innamoramento facile, lui non era tipo da illuderla.
Dopo la sua ultima grandissima delusione, ne era uscita col cuore così a pezzi che aveva cercato sempre, da quel momento in avanti, di tenere a freno il suo eccessivo romanticismo, guardando con sospetto alle lusinghe o alle attenzioni che ragazzi vari potevano avere nei suoi confronti. Con Stefan, però, non le era mai passato per la testa il dubbio che ogni parola gentile potesse avere un secondo fine atto solo a prendere in giro i suoi sentimenti. Nel verde intenso degli occhi del ragazzo aveva sempre scorto un'incredibile sincerità dietro ogni singolo gesto. Si fidava, quindi. Ed era una gran cosa per lei che aveva giurato che non si sarebbe più fatta trarre in inganno da nessun esponente del sesso opposto.
Dopo la fine delle lezioni, Meredith era filata dritta al pensionato, mentre lei si era attardata ancora un'ora in biblioteca, alla ricerca di un paio di libri da dover leggere per il corso di letteratura. Fece appena in tempo a trovarli entrambi che fu costretta a correre via se non voleva arrivare in ritardo alla sua seconda lezione di danza. Recuperò dall'armadietto il borsone che preventivamente Meredith le aveva fatto portare via fin dal mattino, ci ficcò dentro i nuovi libri e marciò fuori dall'edificio e quindi via verso il centro di Fell's Church.
Attraversò una stradina costeggiata sui due lati da una serie di villette a schiera prima di svoltare sulla strada principale che attraversava la cittadina da parte a parte, tagliandola in due metà quasi perfette. Visto il traffico pomeridiano che affollava quell'unica grande strada e teneva bloccati i pedoni ai semafori per dieci minuti ad ogni incrocio, decise di entrare nel parco e tagliare da lì, come le aveva consigliato di fare la Signora Flowers quella stessa mattina.
All'uscita dal parco, individuò la sua scuola di danza dall'altra parte della strada e rimase stranita nel notare chi c'era lì davanti.

Stefan?” - chiese.
Il ragazzo si scostò dall'auto -una Jaguar grigia- alla quale era appoggiato e le rivolse un sorriso imbarazzato, infilando entrambe le mani nelle tasche dei jeans scuri.

Ciao.” - la salutò lui - “Ti ho...fatto un'improvvisata.”
Lo vedo. Sono...sorpresa.”
Si, scusa. So che non sarei dovuto piombare qui fuori così, ma volevo scusarmi. Per ieri a mensa. Dev'esserti sembrato strano.”
Bonnie sospiro e abbozzò un sorriso. Non voleva mentirgli e neppure le pareva il caso di farlo.

A dire il verso si, un po' strano mi è sembrato.” - confermò - “Ma non deve scusarti né devi spiegarmi niente. Tu stai bene, piuttosto? Ieri parevi un po' sconvolto.”
Mio fratello torna a casa. Dovrebbe arrivare da un momento all'altro. Pare che si sia fatto cacciare dall'università o se ne sia andato lui, non ho ben capito.” - spiegò Stefan, scrollando le spalle con un amaro sorriso - “So solo che mio padre è fuori di sé dalla rabbia e che adesso ricominceranno le lite tra quei due a causa di questo ritorno.”
Bonnie riportò alla mente il tono col quale lui le aveva parlato di questo suo fratello il giorno prima e le cose che le aveva detto. Per quello che sapeva, credette di capire in parte l'improvviso sbalzo d'umore di Stefan del giorno prima.

Mi pare di aver capito che...tuo fratello non ti piaccia molto.” - azzardò.
Stefan aggrottò la fronte: “Non è che...non mi piaccia. Sicuramente sono io a non piacere a lui, ma non è che lui non mi piaccia. E' un rapporto complicato, sempre stato. E sono successe delle cose ultimamente che l'hanno complicato ancora di più. Non penso che averlo intorno adesso mi renda molto felice, però. Speravo che sarebbe passato più tempo...”
Bonnie gli poggiò una mano su un braccio e scosse lievemente la testa. Non voleva che lui si sentisse in dovere di raccontarle cose alle quali magari neppure voleva pensare.

Ascolta. Adesso ho la lezione, ma, se non ti va di esserci mentre tuo padre e tuo fratello si rivedono, potresti tornare qui quando ho finito. Potremmo fermarci ancora un po' a parlare oppure potresti mostrarmi come muovermi in città così come hai fatto con la scuola. Oggi, ad esempio, me la sono cavata alla grande con le tue istruzioni.” - propose, quindi, senza non poco imbarazzo, visibile soprattutto dalle sue guance improvvisamente rosse.
Mi chiedo...come tu abbia fatto a sopravvivere a New York se hai un senso dell'orientamento davvero così scarso.” - scherzò lui, aiutandola, forse involontariamente o forse no, a smorzare l'ansia.
Meredith lo considera uno dei grandi misteri della vita.” - rispose lei, assecondandolo.
Stefan fece un passo indietro e tirò fuori le chiavi dell'auto da una delle tasche.

Ok. Allora...a dopo?”
Finisco tra un paio d'ore.” - annuì Bonnie.



La Ferrari nera tirata a lucido svoltò lentamente nel vialetto di ghiaia di Villa Salvatore e si fermò a qualche metro dal portellone chiuso dell'imponente garage sul lato destro della costruzione. Damon sfilò gli occhiali da sole e scese dall'auto, facendo vagare per qualche attimo i suoi occhi scuri sulla distesa verde del parco e poi in alto, sulle cime degli alberi secolari illuminate dall'arancio tenue del tramonto. Era Ottobre e le giornate cominciavano a perdere ore di luce: erano appena le sei del pomeriggio eppure il sole già era quasi calato del tutto e la frescura serale cominciava a farsi sentire, soprattutto sulla piccola collinetta sulla quale si ergeva la villa e il parco che avevano sempre ospitato la sua famiglia da generazioni, come amava ripetere suo padre in continuazione con quel cipiglio tanto orgoglioso e la voce impostata.
Fosse stato per Damon, quella casa sarebbe stata demolita già molti anni prima. Di fatto, tendeva a passarci meno tempo possibile e il fatto di esserci dovuto tornare per forza lo disturbava nel profondo. Ma aveva bisogno di liquidi e, finchè non avesse trovato un nuovo posto dove stare, aveva deciso che si sarebbe divertito a mettere di malumore suo padre e a rendere la vita di suo fratello impossibile. Già se li vedeva entrambi: Giuseppe tutto impostato che gli ricordava ancora quanto l'avesse deluso e quanto fosse un totale fallimento e poi Stefan, che probabilmente ce l'aveva ancora su a morte con lui per quello che era accaduto con Elena qualche mese prima. Non era stata sua intenzione tornare allora, così come non era dipeso dalla sua volontà il fatto di essere tornato adesso. Era successo ciò che era successo forse neppure per i motivi giusti, ma queste erano questioni che non avrebbe mai discusso col suo fratellino anche se avrebbero potuto portare un po' di sollievo al suo fragile cuore ferito e spingerlo verso la riconciliazione. Neppure Damon, dopotutto, sapeva se voleva oppure no una sorta di riconciliazione e neppure gli interessava chiederselo perchè, ad ogni modo, non sarebbe servito a niente. Non prevedeva di rimanere molto a Fell's Church, ma aveva già una mezza idea di riprendere con la bionda il discorso bruscamente interrotto a suo tempo. Se c'era una cosa che aveva capito dalle esperienze del suo ultimo anno di vita era che Elena era tutto ciò che avrebbe mai potuto avere ed era già più che abbastanza, quindi perchè sprecare il suo tempo a desiderare di più o a guardare altrove? Che ci guardassero gli altri altrove! Che ci guardasse Stefan! Lui il suo obiettivo l'aveva già maturato e deciso.
Aprì il bagagliaio e tirò giù le due valige contenenti tutti i vestiti di cui avrebbe avuto bisogno. Il resto glielo avrebbero spedito per aereo tra qualche giorno, dritto dritto dall'ultimo college dal quale si era fatto espellere.
Era una sorta di gioco. Almeno per lui. Suo padre, il sindaco Giuseppe Salvatore, non faceva altro che ripetergli che avrebbe dovuto mettere la testa a posto, che avrebbe dovuto fare qualcosa della sua vita. Damon non era lo scemo che quell'uomo credeva che fosse, sapeva benissimo che avrebbe dovuto scegliere una sua strada un giorno e percorrerla fino alla fine. E lo avrebbe anche già fatto se suo padre non fosse sempre stato lì pronto a spingerlo verso ciò che
lui voleva e ciò che lui credeva che fosse meglio o adeguato. L'aveva fatto per anni, poi aveva cambiato tattica: aveva provato a lasciarlo scegliere da solo e l'aveva appoggiato. A quel punto in Damon era scattato automaticamente qualcosa di molto simile all'isterismo infantile e aveva cominciato ad opporsi anche a quello. Voleva soltanto essere lasciato in pace. Non voleva che suo padre gli dicesse cosa fare, ma non voleva neppure il suo appoggio quando decideva con la sua testa. Voleva essere lasciato solo, completamente solo. Solo coi suoi pensieri e le sue decisioni. Solo.
In casa non c'era nessuno, solo la vecchia domestica che suo padre aveva assunto alla morte di sua madre e che ancora veniva a passare l'aspirapolvere in giro tre volte alla settimana. Lei gli aprì la porta, lo salutò con un sorriso e un bentornato, si premurò di accertarsi che non volesse nulla né da mangiare e né da bere, quindi prese la sua borsa e se ne tornò a casa propria, dove l'aspettavano i suoi figli coi suoi nipoti -così aveva detto.
Damon portò le valige direttamente al piano di sopra, nella sua vecchia camera. Le finestre erano spalancate - probabilmente per cambiare aria all'ambiente in vista del suo ritorno – e le lenzuola erano state cambiate di recente. Le pareti di poster e fotografie erano state spolverate così come i mobili ed ogni elemento d'arredo. Il pavimento in marmo scuro era lucido sotto i suoi piedi. Se non avesse ben conosciuto la realtà dei fatti, avrebbe pensato che qualcuno in quella casa era felice di quella sua improvvisata.
Il suono di un'altra auto che si fermava sul vialetto di casa attirò presto la sua attenzione. Dalla finestra, vide la Jaguar di suo fratello parcheggiare direttamente alle spalle della Ferrari. Stefan spense il motore, scese dall'auto e rimase ad osservare l'auto davanti alla sua per qualche istante subito dopo i quali sospirò, con tanta rassegnazione che Damon se ne sentì investito persino dalla sua privilegiata posizione dall'alto.
Lasciò la stanza e andò incontro alla porta che si apriva dopo solo una mandata di chiave.

Fratellino.” - salutò, fermandosi sull'ultimo scalino con la ringhiera in spesso e rifinito legno scuro che gli faceva d'appoggio al gomito.
Damon. Credevo avessi detto che arrivavi in serata, forse addirittura in piena notte.”
Attento, Stef. Potrei pensare che tu non sia felice di vedermi.” - il tono ironico, però, non sembrò scalfire affatto il fratello, che scrollò le spalle e lo sorpassò con un gelido - “Infatti non lo sono.”
Damon alzò gli occhi al cielo. Tanta brutale sincerità da parte del perfettissimo Stefan era una novità troppo grossa per non stuzzicarlo ancora. Quanto ancora poteva reggere la messinscena di quello a cui poco gliene importava? Poco, molto poco – decise – trattandosi del suo sensibile fratello.

Oh, andiamo! Non dirmi che ce l'hai ancora su con me per la faccenda di Elena.” - fece, in un finto lamento, seguendo Stefan fin dentro la camera di quest'ultimo - “Eppure lei mi ha detto che ormai siete amici come prima voi due, che non ti interessa più cosa è successo.” - aggiunse, quindi, inarcando le labbra in un sorriso meschino, ben consapevole di ferire il fratello insinuando che tra lui ed Elena, dopo quella notte e le suppliche di perdono da parte di quest'ultima, non fosse mai cambiato niente nonostante le belle promesse.
Stefan si fermò davanti al suo armadio, ne tirò fuori una leggera giacca sportiva color sabbia e la infilò velocemente al di sopra della maglietta nera a mezza manica. Davanti allo specchio mise a posto i capelli e si voltò a sistemarsi il cappuccio grigio chiaro della stessa giacca, poi diede un'occhiata all'orologio e fece per marciare fuori.
Damon, per tutta risposta, gli sbarrò la strada.

Allora?”
Allora cosa?”
Allora non hai nulla da dirmi?” - chiarii.
Stefan sbuffò.

Cosa vuoi che ti dica, Damon?” - fece - “Elena pensa che tutto sia tornato come prima? Beh, è un'illusa. Ma su una cosa ha ragione: non mi interessa.” - chiarii - “Adesso, se non ti dispiace, avrei da fare.”
Gli scostò via il braccio e si avviò lungo le scale.

Appuntamento?” - ghignò Damon - “E' carina?”
Fuori dalla tua portata.” - si sentì rispondere, mentre la porta d'ingresso tornava a richiudersi alle spalle di Stefan.
Ecco,
quello era stato una sorpresa. Più del tono indifferente, più delle parole sprezzanti. Ciò che non si era aspettato era ritrovare suo fratello tanto...sereno dopo così appena poco tempo dalla notte in cui sembrava che gli avesse distrutto l'intero mondo. La cosa, per più di un motivo, lo irritò. Aveva raggiunto un vantaggio su suo fratello, lo aveva ferito nel profondo, ne aveva addirittura tratto piacere e alla fine si era rivelato tutto prettamente inutile, perchè Stefan sembrava stare anche meglio di prima.
Aveva bisogno d'aria.



Gelato?”
Bonnie sobbalzò, colta alle spalle dalla voce di Stefan non appena mise piede fuori dalla sala prove.

Ti ho spaventato!” - si stupì lui, sorridendole - “Questa è nuova! Di solito non spavento mai nessuno.”
Ero sovrappensiero.” - si giustificò lei - “Sai com'è, cercavo un amico col quale avevo un--”
Appuntamento.” - finì lui.
Bonnie rispose con un sorriso, nascondendo per un attimo il viso nei lunghi boccoli rossi che aveva lasciato sciolti sulle spalle. Si era fermata poco prima di pronunciare la parola “appuntamento” perchè non sapeva come sarebbe suonata dopo una conoscenza così breve e non voleva che Stefan la ritenesse una ragazza sfacciata e spocchiosa quando, magari, per lui si trattava soltanto di un paio d'ore in compagnia giusto per scacciare i cattivi pensieri e trascorrere la serata in modo diverso dal solito. Il fatto, quindi, che fosse stato lui stesso a chiarire che sì, si trattava di un appuntamento -improvvisato, ma pur sempre appuntamento- la lusingò ancora più di quanto avesse creduto possibile.
Lui le si avvicinò e le prese educatamente il borsone da una spalla.

Possiamo appoggiarlo nella mia auto fino a che non ti riporto a casa.” - propose, muovendosi solo dopo un cenno affermativo di lei.
Ti sei cambiato.” - si ritrovò a notare, in un momento di assordante silenzio.
Stefan scrollò le spalle. Faceva l'indifferente, ma il sorriso era caldo e sincero.

Ho solo messo una giacca, ma avevo un appuntamento e volevo essere carino.”
Bonnie si morse un labbro e scosse la testa. Stava per lasciarsi scappare quanto in realtà lo trovasse
sempre carino, anzi più che carino. Per quanto potesse ritenersi una ragazza timida soprattutto nei rapporti con l'altro sesso, aveva una vista abbastanza buona da aver classificato Stefan come “figo da paura” nell'istante stesso in cui l'aveva conosciuto, qualche sera prima al pensionato. E ancora non riusciva a credere a quanto lui si dimostrasse sempre gentile e disponibile, educato oltre ogni immaginazione. Un gentiluomo, quello era. Il principe azzurro impacchettato con un bel fiocco rosso sulla testa e posto dritto sulla sua strada: cominciava a credere che forse qualcuno lassù le voleva bene. Soprattutto da quella sera, mentre Stefan chiariva esplicitamente di essere almeno un po' interessato a lei. Bonnie non credeva, infatti, che fosse quel tipo di ragazzo da accettare di uscire per un appuntamento con qualsiasi bella donna gli capitasse a tiro, benchè avrebbe tranquillamente potuto permetterselo. Si poteva essere più perfetti di così?
Quindi...siamo amici?” - le chiese, tornando verso di lei.
Direi di si.”
E se dovessimo uscire per un altro appuntamento, stavolta organizzato a dovere, con cena, fiori e tutto il resto? Saremmo...sempre comuni amici?”
Beh, in quel caso suppongo che potremmo ridiscuterne.”
Cosa stava facendo? Stava flirtando? Davvero? Bonnie non se ne era mai ritenuta capace. Nemmeno a New York, nemmeno con...l'idiota che le aveva spezzato il cuore mesi prima. Era lui che flirtava, lei non ci era mai riuscita. Forse la differenza stava nel fatto che lui la intimidiva, Stefan no, con lui era diverso, si sentiva completamente rilassata, serena e sicura di sé. Perchè diamine non si era trasferita a Fell's Church anni prima? Si sarebbe risparmiata un bel po' della classica crisi da adolescente complessata.
Seguendo l'indicazione iniziale di Stefan, Bonnie si lasciò guidare attraverso il parco e poi verso la piazza centrale della cittadina, animata a sera da allegre famiglie di ritorno da una passeggiata e ragazzi appena usciti di casa per andare chissà dove a divertirsi. Qualche coppia già occupava le panchine sparse in giro, godendosi il romanticismo offerto dai lampioni accessi in supporto alla luna appena sorta.
Era...carino, caratteristico. Decisamente molto meno caotico delle sarete tipo che avevano fatto da sfondo alla sua vita fino ad una settimana prima.
Si diressero verso l'unico locale presente, il Black Magic, che faceva da bar, ristorante e pasticceria tutto in uno per l'intera Fell's Church. Potevano prendere lì i loro gelati e poi spostarsi altrove, magari tornare al parco e chiacchierare ancora, per ore, come avevano fatto a scuola durante il loro tour. Bonnie non poteva essere più d'accordo col piano.

Sembri più rilassato rispetto ad oggi pomeriggio.” - commentò lei.
Stefan scrollò le spalle.

Mio fratello è tornato in anticipo, l'ho già incontrato, lui non ha perso tempo nel punzecchiarmi con vecchie faccende non proprio facili da superare, ma mi sono accorto che forse non do più tanto importanza alla cosa come credevo di fare ancora.” - rispose lui - “Pensavo solo a non arrivare in ritardo da te. Credo proprio che tu mi faccia bene, Bonnie McCollough. Mi chiedo perchè sei arrivata solo adesso..”
Già. Me lo chiedo anch'io.”
Bonnie ricambiò lo sguardo intenso del ragazzo ed accettò l'offerta della sua mano tesa che la invitava a seguirlo all'interno del locale. La porta alle loro spalle si chiuse con un struscio ovattato e lei si ritrovò immersa in una nuova realtà, fatta di risate, musica di sottofondo e il delizioso odore delle torte appena sfornate che un cameriere dall'aria concentrata stava esponendo in uno dei banconi. I ragazzi presenti giocavano a biliardo, le ragazze chiacchieravano tra loro e i pochi adulti erano agli sgabelli del bar e bevevano alcolici; nessuno fece caso a loro, nessuno diede retta alla nuova arrivata mano nella mano col quarterback del liceo. Bonnie, per la prima volta da quando aveva lasciato il suo microverso a New York, non si sentì persa, sentì di appartenere a quel nuovo mondo.

Vado a prendere i nostri gelati. Se vuoi puoi aspettarmi qui, torno subito.” - l'avvertì Stefan.
Bonnie annuì: “Certo.” - fece - “Per me al cioccolato.” - istruì poi.

Golosa.” - dedusse Stefan - “Cioccolato sia.” - e lo vide allontanarsi per andare dritto dallo stesso cameriere addetto ai dolci col quale scambiò poche parole prima che questi cominciasse a trafficare con salviettine e coni.
Bonnie diede una nuova occhiata in giro e si premurò di spostarsi di lato non appena sentì il fruscìo della porta che tornava ad aprirsi alle sue spalle. Due ragazze la sorpassarono e le lanciarono un sorriso e un cenno di saluto: evidentemente dovevano averla vista in quei giorni per i corridoi del Robert E.Lee e, sebbene non le ricordasse minimamente, ricambiò il saluto con la stessa simpatica cortesia.

Bonnie?”
Tornò a guardarsi indietro quando quella nuova voce le arrivò alle spalle e raggelò sul posto, trovandosi davanti a due occhi neri impossibili da dimenticare benchè negli ultimi mesi l'avesse desiderato con tutta se stessa. Erano quegli stessi occhi che l'avevano fatta sognare nel suo ultimo anno a New York, spedendola letteralmente in paradiso per poi sbatterla crudelmente all'inferno da un giorno all'altro, trasformando tutto quel romantico sogno in un atroce incubo.
Non poteva essere. Cosa diavolo ci faceva Damon Lawson a Fell's Church? Era uno scherzo? Evidentemente chiunque le avesse voluto così bene da volere che conoscesse Stefan, aveva già cambiato idea.

Bonnie.” - Stefan tornò prima che potesse cominciare ad urlare in preda ad una crisi isterica. Glene fu profondamente grata. - “Ecco, tieni.” - fece, consegnandole quella delizia di cui aveva davvero bisogno per tirarsi su il morale andato a farsi benedire.
Damon, nel frattempo, non si era mosso di un centimetro ed era ancora lì, a qualche passo davanti a lei, intento a fissare lei e Stefan con una confusione negli occhi che non era abituata a vedergli.
Stefan ricambiò lo sguardo di Damon e alzò gli occhi al cielo.

Ecco, avrei preferito farlo in un secondo momento o non farlo affatto, ma a questo punto le presentazioni sono d'obbligo.” - disse, poggiandole una mano alla base della schiena a voltandosi a guardarla - “Lui è quel mio fratello maggiore di cui ti ho parlato, quello appena tornato in città. Damon Salvatore.”
Bonnie sbarrò gli occhi. Adesso quella confusa era
decisamente lei.
Che significava che erano fratelli?
Non poteva essere! Non poteva assolutamente essere vero. Stefan era così....e Damon...Impossibile. Impossibile che la vita fosse tanto dispettosa. Non poteva né voleva crederci che un tiro tanto mancino fosse proprio stato riservato a lei. No no e no.
Damon...Salvatore?” - si ritrovò a chiedere puntando gli occhi sul ragazzo in questione che rimase impassibile. Quindi...cosa? Non si chiamava Lawson? Le aveva mentito anche su questo? Era come sentirsi pugnale al cuore un'altra volta. In cuor suo, nonostante il modo in cui era andata a finire, aveva continuato a credere che non tutto fosse stato una finzione, che i sentimenti che gli aveva sempre visto riflessi negli occhi scuri nei loro momenti insieme fossero stati veri. Scoprire, invece, che addirittura le aveva mentito sul suo nome non faceva altro che avvalorare quelle che erano state le sue ultime parole e cioè che tutto ciò che avevano vissuto era stato tutto un gioco fin dal principio, divertente all'inizio, ma che l'aveva presto stancato. Era stata tanto insignificante per lui che non si era neppure scomodato a dirle come si chiamava realmente. Visto come stavano le cose faticava a credere che lui, invece, ricordasse ancora il suo di nome.
Desiderò dimenticare come non aveva mai desiderato prima di allora. Desiderò cancellare ogni cosa del tempo sprecato in quella vecchia storia che non era stata nient'altro che la stupida illusione di una ragazzina immatura, troppo ingenua per riconoscere un ragazzo che non aveva fatto altro che prendersi gioco di lei. Damon, il solo averlo davanti agli occhi, la faceva sentire una perfetta stupida e non voleva, non voleva che lui avesse tutto quel potere su di lei. Voleva...che nella sua vita non fosse mai esistito. Non voleva affrontarlo e neppure voleva che lui la affrontasse, che rivelasse quanto ingenua fosse stata. Non voleva vedersi rovinata quella nuova vita che proprio ora stava cominciando a piacerle. Damon doveva starne fuori, il più fuori possibile, doveva essere un estraneo.
Quindi prese un respiro e si forzò a sorridere. Non lo voleva nella sua vita e ci teneva che lo capisse fin da subito. Il fatto che fosse fratello di Stefan, cosa della quale ancora non riusciva a capacitarsi, non significava niente. Non
doveva significare un bel niente.
Sapeva che avrebbe dovuto guardare Stefan negli occhi e rivelargli tutto subito, ma non ci riusciva, non ancora. Se e quando quella faccenda sarebbe venuta fuori Bonnie voleva essere sicura di essersene distaccata del tutto e al momento provava ancora troppa delusione e troppa rabbia per riuscire a confessare. Sarebbe arrivato il momento -si disse. Forse stava per sbagliare tutto, ma il dolore, inconfessabile, era ancora troppo grande. E allora si, sorrise, un sorriso tanto finto che fece scattare un piccolissimo cambiamento nell'espressione di Damon, che aggrottò leggermente la fronte.

Oh. Piacere di conoscerti, Damon. Io sono Bonnie, un'amica di tuo fratello.”
E noi stavamo giusto andando, vero Bonnie?”
Damon continuò a fare scena muta. Bonnie allora annuì e si lasciò portare via da Stefan.







NOTE:

Ciao a tutti e buon sabato sera!! Grazie a tutti coloro che hanno letto e/o recensito lo scorso capito. Sono contenta che vi sia piaciuto nonostante succedesse poco e niente xD In questo è successo decisamente di più: è finalmente sbucato fuori Damon. E si, Damon è anche lo stesso che mesi prima ha spezzato il cuore a Bonnie mentre ancora era a New York.
Giuro, il fatto che l'abbiate indovinato praticamente quasi tutte mi fa sentire terribilmente prevedibile ç_ç  La vedrò con ottimismo xD Sperando che l'idea non vi dispiaccia e non vi sentiate deluse da questo risvolto.
Il fatto è che, quando ho impostato la storia, mi sono detta fin da subito di voler fare qualcosa di diverso da tutto quello che finora avevo scritto. Quindi ho pensato che modificare uno pò il classico schema di fondo delle coppie poteva essere un'idea fattibile. Insomma, fino ad adesso ero sempre partita da una situazione in cui Stefan era in gara col fratello per Elena e Bonnie veniva considerata poco e niente da Damon. Classico.
Allora mi sono chiesta: come andrebbe a finire se Stefan ed Elena fossero già stati insieme e si fossero poi lasciati, così come anche Damon e Bonnie? Sicuramente mi sembrava un qualcosa di diverso. O almeno non mi è mai parso di leggere in giro niente in cui soprattutto Damon e Bonnie fossero già stati una coppia in passato e poi fosse finita. Ma forse sbaglio, no so xD
Ad ogni modo ecco il fatto:  Stefan stava con Elena, erano innamorati, lei ha fatto la cretinata con Damon e si son mollati. Damon stava con Bonnie, erano innamorati, lui ha fatto una cretinata e si son mollati. Caso vuole che Stefan e Bonnie si conoscano, si piacciano, condividano senza saperlo la stessa delusione e comincino a provare dei sentimenti l'una per l'altro. Nel frattempo Elena resta la solita oca di sempre e Damon è deciso a riprendersela perchè -facciamo caso a questo- come lui stesso dice
"Se c'era una cosa che aveva capito dalle esperienze del suo ultimo anno di vita era che Elena era tutto ciò che avrebbe mai potuto avere ed era già più che abbastanza, quindi perchè sprecare il suo tempo a desiderare di più o a guardare altrove?"
che è molto diverso da dire di volerla perchè innamorato di lei U_U
Come andrà a finire lo scopriremo solo leggendo voi e scrivendo io xD
Nel prossimo capitolo cominceranno i flashback e ci sarà Damon in tutte le salse: con Giuseppe, con Elena e il primo vero faccia a faccia con Bonnie. Oltre, ovviamente, al proseguo dell'appuntamento tra Stefan e Bonnie, che ancora non vuole dirgli di lei e Damon. Questa cosa finirà male, me lo sento xD
Scusate se non ho risposto alle vostre recensioni, ma sicuramente mi rifarò con le prossime, se avrete voglia di commentare *D* Spero che il capitolo vi sia piaciuto!!!
A sabato prossimo...BACIONI...IOSNIO90!!!


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Capitolo 4
*** L'amara scoperta ***


L'amara scoperta

Il karma. Ma quanto poteva essere bastardo?!
Avrebbe fatto volentieri i conti con chiunque, chiunque tranne Bonnie. Si era fatto espellere dalla Columbia consapevole del fatto che sarebbe direttamente incorso nelle ire di suo padre, aveva fatto tutto col chiaro intento di mollare New York una volta e per sempre, per lasciarsi ancora una volta ogni cosa alle spalle, e invece? Invece ne risultava che metteva piede in quel fottutissimo buco di mondo che era Fell's Church e ci ritrovava lei, palesemente decisa a tenerlo fuori, probabilmente disgustata alla sola idea di dire in giro che era stata la sua ragazza e ben felice di uscire col suo fratellino. Era troppo.
Decisamente troppo.
Da quando la vita aveva preso ad architettare simili scherzi alle sue spalle? E poi perchè proprio Bonnie?
Damon si sentiva irritato e confuso, due sensazioni che combinate non gli avevano mai portato niente di buono. Alla fine, era proprio stato nel suo ultimo momento di irritazione e confusione che aveva perso Bonnie.
No. No –si corresse- Bonnie aveva già cominciato a perderla da prima. Perchè tutto era in grado di fare, tranne che dare a lei ciò di cui aveva bisogno. Una normale relazione non faceva per lui, quindi urlarle addosso, umiliarla e scappare era stata la cosa più logica da fare dal suo personalissimo punto di vista. Solo in seguito aveva ragionato sul fatto che avrebbe potuto parlarle molto più civilmente, ma ormai la frittata era fatta e non era mai stato il tipo che tornava indietro a chiedere scusa. Avrebbe voltato pagina, cambiato vita, cambiato città e in men che non si dica si sarebbe dimenticato di ogni cosa fosse mai avvenuta tra lui e la rossa. Un gran bel piano, che avrebbe sicuramente dato i suoi meravigliosi frutti se il dannato karma non si fosse messo di mezzo. Perchè di quello si doveva trattare, non poteva essere altrimenti. Qualcuno di molto in alto aveva dovuto decidere che l'aveva passata liscia fin troppe volte e l'aveva punito, rimettendogli sulla strada l'essere più dolce che avesse mai incontrato in vita sua e dandogli fin da subito la certezza che non l'avrebbe mai riavuta indietro perchè non ne era affatto degno, perchè forse lui era stato soltanto una misera tappa nella vita di Bonnie fatta solo per convincerla a lasciare Manhattan così da incontrare il suo perfetto fratello.
Cos'è che aveva pensato qualche ora prima? Che era meglio se Stefan lasciasse in pace Elena e guardasse oltre? A sapere che quell' “oltre” era rappresentato da Bonnie, gli avrebbe piuttosto augurato di finire sotto un tram.
Si era fregato con le sue mani, fin dal principio e se ne rendeva conto solo in quel momento, col sangue che gli andava al cervello.
L'unica cosa a cui riusciva a pensare che gli desse un po' di sollievo? A quanto sarebbe stato divertente rivelare a suo fratello del suo passato con Bonnie visto che lei era parsa più che decisa a non farne ancora parola. D'altra parte, però, c'era da tenere in considerazione il fatto che se avesse aperto bocca solo per sfregio nei confronti di Stefan, Bonnie non si sarebbe neanche più degnata di rivolgergli la parola anche solo per inutili convenevoli atti a portare avanti la messinscena secondo la quale si erano appena conosciuti.
Domanda: Quindi voleva che Bonnie tornasse a parlargli? Che facesse di nuovo parte della sua vita?
Gli sarebbe tanto piaciuto riuscire a dare almeno a se stesso qualche risposta sincera, ma non ne aveva. Quella ragazzina aveva sempre avuto uno strano effetto su di lui: restava tutto a posto fino a che lei non rientrava nel quadro generale che era la sua vita, ma non appena vi rimetteva piede calamitava tutta l'attenzione su di sé e, che lo volesse o meno, Damon si ritrovava a cercarla e desiderarla con insistenza. I suoi boccoli rossi, il suo profumo, la sua risata....era stato così fin dall'inizio....

6 mesi prima. New York. Columbia University.

Damon sbuffò, lasciando la presa sui fianchi della ragazza che gli si era attaccata addosso per poter seguire in un angolo della stanza Scott e Josh, due dei suoi migliori amici.
Era infastidito. La festa andava a gonfie vele e se la stava spassando alla grande, ancora qualche minuto e si sarebbe portato la mora di poco prima dritto in una delle camere del piano di sopra della villa di Scott, eppure quei due erano arrivati a rompergli le uova nel paniere.

Spero abbiate una buona scusa.” - avvertì.
Scott annuì, lanciandogli uno sguardo che stava a significare che era dispiaciuto quanto lui, ma che non poteva fare altrimenti.

Dobbiamo fermare la festa.”
Come, come?” - Damon non riusciva a credere alle sue orecchie. Davvero il mago dei party voleva interrompere una delle sue benedettissime feste tanto osannate in tutto il campus?
Lo so, ma pare che si siano infiltrati dei liceali.” - gli spiegò.
E cosa te lo fa credere?”
Non so, forse il fatto che ne ho appena beccato uno mentre tagliava la recinzione sul retro per riuscire a svignarsela?”
E che ne hai fatto?”
L'ho sbattuto fuori, ovvio.”
Damon alzò gli occhi al cielo, buttando giù l'ennesimo sorso di birra dalla bottiglia che teneva in una mano.

E allora è andata, no? Che bisogno c'è di rovinare il divertimento?”
Certo, perchè tu vuoi farmi credere che al liceo ti imbucavi alle feste degli universitari da solo.”
Damon annuì. “Si.” - era la pura verità. E mai una volta che fosse stato sgamato! Anzi, spesso e volentieri era anche riuscito a soffiare la tipa al bellone di turno quando aveva ancora appena diciassette anni o meno.
Scott roteò gli occhi.

Giusto! Dimenticavo chi ho davanti.” - fece - “Ad ogni modo, per noi comuni mortali le cose funzionano in maniera diversa. Ne ho preso uno, ma devono essercene di sicuro degli altri.”
E tu lasciali stare! Quando mai ti è importato di chi si imbucava alle tue feste?!”
Mi importa da quando questo qui...” -e indicò un mortificatissimo Josh al suo fianco - “...quasi non si becca una denuncia per tentata violenza sessuale su minore da parte del fratello maggiore della liceale che si stava per portare a letto alla scorsa festa.”
Lei ci stava!” - si difese Josh.
E non ne dubito. L'ho visto.” - rimarcò Scott - “Ma vorrei evitare un'altra situazione simile, amico. Le mie feste hanno una reputazione e, non te la prendere, ma tu sei un po' tonto quando si tratta di una bella tipa che te la sbatte davanti.”
Damon, afferrata l'antifona, sbuffò nuovamente.

Spegni la musica e dì a tutti che sta arrivando la polizia.” - istruì - “Se si viene a sapere che hai stroncato la festa per via di qualche liceale la reputazione te la rovini comunque.”
Dieci minuti dopo la casa era vuota.
Era una villa su due piani di proprietà della famiglia di Scott da generazioni e si trovava ad un paio di chilometri dalla Columbia. Scott e Josh vivevano lì; per un paio di mesi ci aveva vissuto anche lui, ma poi aveva avuto la bella idea di portarsi a letto la sorella di Scott durante l'addio al nubilato di quest'ultima e il padre del suo amico aveva deciso di sfrattarlo, rispedendolo di conseguenza in uno dei dormitori al campus. Damon non si lamentava, comunque, né rimpiangeva niente: quel pomeriggio in barca con la quasi sposa era stato davvero divertente. E Scott non gli aveva tolto il saluto, anzi l'aveva praticamente ringraziato per aver fatto scomparire dalla sua vita quel noioso di un quasi cognato che si sarebbe ritrovato se non fosse arrivato lui a rovinare ogni cosa.

Sono tutti fuori?” - chiese, dopo l'ennesimo giro di ricognizione in casa.
Pare di sì.” - rispose Scott - “Grazie dell'aiuto, amico.”
Sappi che me ne devi una. Mi hai rovinato la nottata.”
Non ti fa mica male passare una notte da solo di tanto in tanto.”
Disse colui che giusto ieri sera ha organizzato due appuntamenti con due ragazze diverse allo stesso posto e alla stessa ora nella speranza di fare una cosa a tre.”
Questa è classe.”
Questa è idiozia.” - corresse Damon, congedandosi con un cenno del capo prima di lasciare la casa e raggiungere il giardino sul retro, dove era parcheggiata la sua moto: una Ducati nera appena lanciata in commercio.
Infilò il giubbotto di pelle nera e sfilò il casco agganciato al manubrio. Fece per metterselo, quando sentì distintamente dei fruscii provenire da dietro un gruppo di cespugli alle sue spalle. Poi un gridolino.
Aggrottò la fronte e decise di avvicinarsi: dalla voce che aveva sentito pareva una ragazza.

Chi c'è?” - chiese.
Non ti avvicinare.” - rispose la stessa voce - “Sono...ehmm...armata.” - aggiunse ed una mano munita di spray al peperoncino fece capolino da uno dei cespugli.
Lo vedo.” - assecondò Damon, facendo qualche altro passo ancora.
Sei delle polizia?” - gli chiese la ragazza misteriosa.
Damon riflettè qualche attimo sulla risposta migliore da dare, poi decise di mentire.

Si, esatto. Agente Lawson.” - il cognome di sua madre era sempre quello che gli veniva in mente prima. Di fatto, stava persino meditando di adottarlo definitivamente.
Non ho sentito le sirene spianate e tutto il resto.”
Beh, quando arriviamo ad interrompere una festa ci piace arrivare di soppiatto. I ragazzi d'oggi sono furbi, sono già via prima del nostro arrivo.” - inventò sul momento, trattenendo a stento una risata.
Io non ero alla festa.” - si difese lei.
Ah no?”
No. Ero con un gruppo di amici, ma li ho persi quando mi sono rifiutata di entrare. Andiamo al liceo e ci hanno sfidati ad imbucarci qui. Mi sa che io ho perso la sfida visto che sono rimasta qui seduta tutta la sera.” - raccontò lei, ritirando il minaccioso spray e rimettendosi piano in piedi, cacciando via con una mano le foglie che le si erano attaccate al vestito di cotone blu, senza spalline e lungo solo fino al ginocchio, ma che le metteva in risalto i capelli rosso fragola e i punti forti del suo corpo, come la vita sottile e le gambe toniche.
Le guance le si imporporarono all'istante quando alzò gli occhi nocciola in quelli neri di Damon e deglutì un paio di volte prime di tornare a parlare.

Non mi sembri proprio un agente di polizia.” - fece.
Eh già. Ma almeno hai messo via quel tuo spray: non è molto piacevole.”
Lei, per tutta risposta, non appena lo vide muoversi nuovamente nella sua direzione, afferrò di scatto la borsetta dal prato e prese a rovistarci dentro. Damon, capite le sue intenzioni, la raggiunse con due falcate e le bloccò il polso con una mano.

Non voglio farti niente.” - chiarì subito.
Ma mi hai mentito poco fa!” - obiettò lei.
Si, perchè sei dentro la proprietà dei miei amici e non ho la più pallida idea di chi tu sia. Dovevo pur capire se chi si nascondeva dietro il cespuglio aveva brutte intenzioni oppure no, ti pare?” - le fece notare - “Coraggio, vieni fuori di lì.”
La ragazza annuì appena, decisamente poco convinta, ma mansueta abbastanza da lasciarsi guidare al di là di quel groviglio di rami e foglie.

Non ho brutte intenzioni.” - disse.
Lo so.”
Davvero? E come fai ad esserne così convinto?”
Perchè ho capito che non sei il tipo di ragazza che mente quando dice qualcosa. Ed hai appena detto di non avere cattive intenzioni.”
Non sono quel tipo di ragazza? Perchè, quanti tipi di ragazze conosci?”
Damon si ritrovò a sorridere. Abbassò la testa per qualche attimo, poi puntò gli occhi su di lei e la squadrò dall'alto in basso, ben consapevole di imbarazzarla facendo a quel modo.

Beh, abbastanza da sapere che se faccio così...” - e le si avvicinò di un altro passo, passandole un braccio intorno alla vita per stringerla contro di sé e accostare il suo viso a quello di lei - “...tu non approfitti subito della situazione ravvicinata per strofinarmiti addosso in cerca di un'intimità ancora maggiore, ma tieni le mani lungo i fianchi, tiri indietro il busto per mettere distanza e la testa per evitare che ti baci, proprio come stai facendo adesso. Perchè tu non sei il tipo di ragazza che bacia il primo ragazzo carino che le capita a tiro. Hai bisogno di conoscere un minimo una persona prima di deciderti, eventualmente, a cedere.”
Lei, dal canto suo, pareva rimasta senza parole. Voltò la testa prima a destra e poi a sinistra, cercando di capire come fosse possibile che lui le avesse appena descritto per filo e per segno la sua naturale reazione a quell'avvicinamento improvviso da parte di uno sconosciuto, poi tornò a guardarlo negli occhi, più rossa di prima.

Allora? Vuoi dirmelo o no come ti chiami?” - chiese Damon.
Ancora qualche attimo di silenzio, poi lei sospirò.

Bonnie.” - fece.
Damon le sorrise ancora, senza mollare la presa sul suo corpo minuto, ma perfetto così com'era, dall'incredibile profumo di fragoline di bosco.

Bene, Bonnie. Io sono Damon.” - si presentò, alzando l'altra mano ad accarezzarle la pelle delicata del viso - “Direi che adesso ci conosciamo abbastanza.” - decretò quindi, sporgendosi in avanti ad annullare la distanza rimasta tra i loro visi, catturando quelle labbra dolci e naturalmente rosse con le sue in un primo bacio che era solo la promessa di numerosi altri baci a venire.

Il tocco di una mano sulla spalla destra lo distrasse dai suoi pensieri che ormai correvano a briglia sciolta. Si voltò e la delusione fu talmente tanta da rivoltargli lo stomaco; un po' perchè si trattava di suo padre e suo padre era sempre una visione deludente, un po' perchè, spinto da quei pensieri, aveva quasi sentito nascere dentro di sé la speranza che si trattasse di Bonnie, tornata da lui anche soltanto per prenderlo a schiaffi come si era sempre trattenuta dal fare.
Si ricompose. Non era il momento di lasciarsi andare a stupidi sogni romantici che a niente avrebbero mai potuto portare. La sua vita non era così, non prevedeva nulla di così
giusto.
Sei arrivato prima.” - notò Giuseppe, guardandolo dall'alto in basso col suo cipiglio severo.
Non fate che ripetermelo. Scusate se la cosa vi amareggia tanto, la prossima volta tornerò con qualche giorno di ritardo, può andar bene?” - s'infastidì Damon.
L'unica cosa che potrà mai andarmi bene è il non vederti tornare affatto. E' il vederti scegliere una strada e percorrerla fino alla fine senza i tuoi soliti colpi di testa. Vedere che ti impegni veramente per raggiungere un obiettivo, questo mi andrebbe davvero bene.” - il tono di Giuseppe era il solito, tirato e marziale, come quello di un generale decorato.
Non ne saresti contento comunque.” - rispose - “Come non lo sei mai stato fino ad ora.”
E di cosa avrei dovuto essere contento, Damon? Mai una volta che mi dessi una qualche piccola soddisfazione. Fintanto che eri un bambino, accettavo e giustificavo il tuo comportamento, ma adesso si presuppone che tu sia un uomo, ormai, e a quest'ora avresti già dovuto avere bene chiare quali sono le priorità nella vita.” - ribattè Giuseppe - “La cosa triste è che tu sei intelligente, Damon. Sai esattamente cosa è giusto e cosa è sbagliato, ma ti ostini a prendere sempre la decisione peggiore solo per fare dispetto a me.”
Certo, perchè tu mi conosci nel profondo, vero, papà?” - ironizzò Damon.
E di chi è la colpa? Non puoi dire che io non ci abbia mai provato, Damon. Non penso proprio di essere un cattivo padre soltanto perchè voglio il meglio per te!”
Damon, dal canto suo, scosse la testa e lo liquidò con un gesto secco della mano.

Lasciami perdere.”
Non voleva più rispondergli, nemmeno voleva tornare a guardarlo in faccia per quella sera. Tante, troppe erano le motivazioni per le quali disprezzava suo padre. Stare lì a ripetergliele sarebbe stato soltanto uno spreco di tempo. Cosa potevi dire ad un uomo che aveva passato metà della tua vita ad ignorarti e l'altra metà a guardarti con biasimo quando veniva a dirti che era più che convinto di essere l'esempio perfetto del padre modello? Un paio di idee ce le aveva, ma i rapporti erano già quelli che erano e non gli sembrava il caso di rovinarli ulteriormente.
Quindi gli voltò le spalle. Così, senza dargli la possibilità di opporsi e fermalo. E uscì nella notte.



Sembri distratta. Qualcosa non va?”
La voce di Stefan arrivò come un fulmine a ciel sereno, riportandola sul pianeta chiamato Terra. Non ricordava poi molto da quando avevano lasciato il Black Magic, solo che, troppo presa dai suoi stessi pensieri, si era lasciata guidare da Stefan di nuovo verso il parco e poi fino ad una panchina che dava direttamente sul piccolo laghetto al suo interno. Si riprese di soprassalto a si ritrovò a fissare i rimasugli sciolti del gelato sul fondo della coppetta che stringeva tra le mani.
Era terribile, davvero terribile. Si sentiva una persona pessima. Stefan era lì con lei, tanto gentile e accorto eppure non riusciva a non lasciarsi distrarre dalla sua stessa rabbia per la scoperta che suo fratello maggiore e niente meno che Damon, lo stesso che l'aveva fatta innamorare come una stupida a New York, che le aveva regalato gli attimi più felici e spensierati della sua vita, al quale aveva donato ogni cosa di sé e che poi aveva calpestato tutto senza il minimo riguardo, ferendola e umiliandola, a parole e coi fatti.
Non riusciva a crederci di poterci stare ancora così male. Erano trascorsi mesi, aveva pianto, si era presa il suo tempo rinchiudendosi in se stessa e nel suo personale dolore, tentando di capire come fare per riempire il vuoto che, nonostante tutto, lui aveva lasciato nel suo cuore e, alla fine, senza farsi alcuna pressione, era arrivata quasi a credere di aver superato il peggio. Si sbagliava. Non aveva ancora fatto i conti con la furia e l'odio che erano derivati dal rivederlo. Ingenuamente aveva creduto -sperato- che non l'avrebbe mai più incontrato e che, se mai fosse successo, per allora lui sarebbe stato soltanto un ricordo lontano a cui guardare con perfetta e composta indifferenza. Invece no, la ferita quasi rimarginata ed in procinto di trasformarsi in cicatrice era stata grattata di nuovo e nel giro di qualche attimo era tornata aperta e sanguinante. E bruciava, tutto dentro Bonnie bruciava, di sofferenza, rabbia e disillusione.
Si sentiva così in colpa verso quel ragazzo perfetto che aveva di fianco, in colpa perchè non riusciva ancora a spiegargli cosa le fosse accaduto, perchè era ancora troppo presto per rivelargli una parte tanto grossa della sua storia personale, sebbene avesse a che fare con suo fratello.
Glielo avrebbe detto, quello sì, perchè non voleva che Stefan scoprisse tutto da qualcun altro, ma in quel momento non poteva. Un po' perchè non ne aveva la forza, un po' perchè lo conosceva appena da tre giorni e, per quanto si sentisse in sintonia con lui, era davvero troppo poco.
Che poi...com'era possibile? Quanto poteva essere meschino il destino che l'aveva spinta dritta tra le braccia del fratello di Damon? E quanto poteva essere assurda la vita che aveva dato lo stesso patrimonio genetico a due persone talmente diverse da risultare totalmente opposte?
Si voltò a guardare Stefan e tentò di rassicurarlo con un sorriso. Ora che ci faceva caso, però, al di là degli occhi straordinariamente verdi rispetto a quelli neri come la più profonda notte di Damon, i due si somigliavano molto. Damon era leggermente più basso, mentre Stefan aveva i tratti del viso tipici dei diciassettenni, quindi non ancora del tutto definiti, ma condividevano la stessa carnagione chiara in contrasto coi capelli neri, lo stesso portamento e persino lo stesso profilo. La differenza maggiore di certo non era fisica, ma stava nella luce diversa che c'era negli occhi di entrambi. Stefan aveva lo sguardo ingenuo e meravigliato dei sognatori, incapaci di accettare il male nel mondo, sempre pronti a vedere il buono negli altri. Ti dava sicurezza, certezza, stabilità. Gli occhi di Damon, invece, erano illuminati dalla consapevolezza che il male è in ognuno di noi, si annida ovunque, che la vita non è giusta, che bisogna mordere prima di essere sbranati vivi, che bisogna uccidere prima di venire uccisi. Lui ti dava mistero, rischio, incertezza. Completamente all'opposto.

Tutto bene?” - tornò a dire Stefan.
Bonnie annuì.

Si, scusami. Mi ero lasciata prendere dai miei pensieri. Nulla di grave, non preoccuparti. Ti prometto che presto ti racconterò tutto.”
Stefan scosse la testa, sorridendole tranquillo mentre le prendeva una mano e la intrecciava alla sua, lasciandole un bacio lieve sulla punta delle dita.

Non devi dirmi niente se non vuoi. Ci conosciamo da così poco, è normale. Neppure io ti ho raccontato ogni cosa di me.” - fece notare, toccandole una spalla con la sua, scherzoso - “Se ci dicessimo tutto adesso che gusto ci sarebbe poi ad uscire ancora?”
Giusto! I nostri appuntamenti!” - fece Bonnie, stando volentieri al gioco.
Eh già! Non dirmi che te n'eri già dimenticata! Insomma, non vorrai mica giocare coi miei sentimenti, giusto?”
Stefan continuava a scherzare, era evidente, ma Bonnie si sentì punta sul vivo lo stesso.
No, non voleva giocare coi suoi sentimenti. Sapeva come ci si sentiva e non sarebbe mai stata capace di infliggere un dolore simile a Stefan. Non poteva.
Si girò di scatto e si voltò sulla panchina, ritraendo entrambe le gambe per riuscire ad inginocchiarsi lì al suo posto. Poi tese le mani e le portò entrambe ad accarezzare il viso del ragazzo, che a sua volta tornò serio e girò il busto per riuscire a guardarla direttamente in viso.

Non voglio giocare coi tuoi sentimenti.” - fece lei, trattenendo un magone improvviso che le serrò la gola.
Stefan la guardò a lungo. Bonnie ebbe l'impressione di vedere in quegli occhi verdi il susseguirsi di nuove luci, di vecchie immagini, di tante emozioni in contrasto tra loro. Sembrava in conflitto, sembrava che una lotta interiore si stesse svolgendo silenziosa in quel momento nell'animo del ragazzo. Non sapeva a cosa era dovuta, cosa gli passasse per la mente, forse riguardava una di quelle cose che non le aveva ancora raccontato, ma aveva la strana certezza che, dall'esito di quella battaglia interiore, sarebbe dipesa ogni cosa sarebbe mai potuta accadere tra lei e Stefan da quel giorno in avanti.

No. Non lo farai.” - decretò lui, alla fine, portandole le mani sulle spalle per poi farle scendere lungo la sua schiena e poi fino alla vita, dove si serrarono e scivolarono all'indietro fino a racchiuderla in un abbraccio dal quale non avrebbe mai più voluto scappare.


Era sola in casa. Era la serata cinema e gelato di Margareth, ma aveva preferito saltarla invece di rovinare col suo malumore quell'uscita a cui la sua sorellina tanto teneva.
Erano stati due giorni terribili per Elena. Prima Stefan fatalmente colpito da quella nuova ragazza, Bonnie, e poi Damon che l'avvertiva del suo ritorno improvviso, gettando nuova ombra anche sul suo rapporto con Caroline che aveva fatto in modo di evitarla per tutto il giorno.
Elena sapeva il perchè, sapeva quanto la sua amica disapprovasse quello che definiva il “suo comportamento ignobile” coi due fratelli per via di quanto questo avesse fatto soffrire Stefan e sapeva altrettanto bene che quella lontananza era voluta da Caroline essenzialmente perchè si conosceva abbastanza da sapere che se fossero anche state a meno di due metri di distanza allora le avrebbe inveito contro. Tuttavia, Elena avrebbe davvero tanto voluto qualcuno che stesse dalla sua parte, che la capisse e l'appoggiasse. Nonostante sapesse quanto Caroline avesse ragione circa il suo “comportamento ignobile”, non poteva fare a meno si sentirsi tremendamente sola e trascurata. E questo era un qualcosa che andava al di là delle situazione con Damon, che era cominciata da poco e si stava sviluppando in fretta, con Caroline tutta presa dalla sua festa e tanto abbagliata dalle due nuove arrivate e Stefan....perso dietro quella assurda chioma rossa.
Al solo pensarci si sentiva ribollire dalla rabbia.
Avrebbe voluto chiamare Stefan, accertarsi che fosse da solo in casa sua. Avrebbe pagato oro pur di sapere dove fosse lui in quel momento, anche a costo di farsi sbattere il telefono in faccia. La furia l'avrebbe accettata più dell'indifferenza che le stava riservando in quei giorni, perchè almeno così avrebbe saputo che ancora gli importava di lei, molto più di quanto non paresse importargli di Bonnie.
Non aveva mai pensato al fatto che un giorno avrebbe dovuto competere con altre per il cuore di Stefan, aveva sempre confidato nel fatto che, per quanto potesse averlo martoriato, quel cuore sarebbe sempre rimasto suo. Scoprire così che si era sbagliata era stato scioccante.
Aveva appena messo nel lavello il piatto in cui aveva consumato la sua cena quando il campanello suonò. Si sciacquò velocemente le mani, le riasciugò con uno straccio e corse ad aprire, certa che fossero Maggie e sua zia.
Si sbagliava.

'Sera Angelo. Ti sono mancato?”
Damon!”
Già.” - le sogghignò e si fece spazio, entrando in casa senza aver ricevuto alcun permesso, praticamente come faceva ogni volta.
Elena si ritrovò spiazzata. Guardò Damon che si allontanava fino al suo soggiorno e poi la porta che teneva ancora aperta. Alla fine, lanciò un'occhiata all'esterno e si decise a chiudere e a raggiungerlo.

Quindi sei tornato per davvero.” - fece.
Damon inclinò leggermente la testa di lato, divertito.

Ne dubitavi?” - rispose - “Io non mento mai.”
Elena incrociò le braccia al petto e alzò gli occhi al cielo, sbuffando una risata, palesemente scettica.

Hai appena mentito dicendo di non mentire mai.” - fece notare.
Cambiamo argomento. Non hai ancora risposto alla mia domanda, Angelo. Ti sono mancato?”
Sospirò. Non ce l'aveva davanti neppure da cinque minuti e già era in piena difficoltà. Una risposta da dargli ce l'avrebbe anche avuta, ma temeva le conseguenze che questa avrebbe potuto portare. Damon era in grado di andare a stuzzicare con quelle sue occhiate e quel solito tono che sottintendeva tutto e niente anche con le più innocenti frasi il suo lato più oscuro e nascosto. Aveva già ceduto una volta e sarebbe stato semplice cedere ancora, lì e subito, senza stare di nuovo a girarci intorno, ma nemmeno il ritorno di Damon riusciva a scacciare il senso di gelosia che sentiva nel non sapere dove fosse Stefan.
Avrebbe dovuto smetterla, lo sapeva. Decidersi una buona volta sarebbe stato l'ideale per tutti, ma se avesse scelto Stefan e lui l'avesse respinta perchè innamorato di un'altra? Che male c'era a desiderare prima di sapere che qualsiasi scelta sarebbe stata certa? Era davvero così egoista? Reputava impossibile il fatto che prima di lei nessun'altra donna contesa tra due uomini avesse fatto lo stesso ragionamento. Impossibile.

Smettila, Damon.”
Di fare cosa, Angelo?”
Questo. Quello che fai sempre. Provocare.” - chiarii - “Sono contenta che tu sia tornato, ma oggi proprio non sono in vena...”
Si voltò a guardarlo, cercando nel suo sguardo tracce dell'irritazione che si era aspettata di vedere. Si ritrovò confusa nell'osservare negli occhi di Damon qualcosa di diverso dall'irritazione, qualcosa di simile alla curiosità mista a qualcos'altro che non riusciva a decifrare. Interesse, forse? Sicuramente per qualcosa di cui lei non era a conoscenza.

Scommetto che riguarda il mio fratellino.” - indovinò - “E il fatto che invece di essere in camera sua a struggersi pensando a cosa potremmo mai combinare noi due da soli in casa tua, è...ad un appuntamento.”
Elena inarcò entrambe le sopracciglia, colta alla sprovvista da quella rivelazione apparentemente buttata lì a caso, anche se con Damon nulla mai era buttato lì a caso. Tuttavia, non riusciva a pensare in quel momento a ciò che poteva nascondersi dietro le parole del ragazzo, preferiva avere altre di quelle delucidazioni che -lo vedeva chiaramente- Damon non vedeva l'ora di darle.

Appuntamento?” - chiese.
Esatto.” - confermò lui - “Un po' più bassa di te, piccolina, capelli rossi...bella. La conosci?”
Credi che sia bella?”
Devo dedurre che la conosci?” - sogghignò Damon.
Elena si arrese e annuì, passandosi una mano tra i lunghi capelli biondi sciolti per portarli tutti su una spalla sola.

Si chiama Bonnie, è arrivata da poco da New York con sua sorella. Vive al pensionato Flowers.”
Quando i fari di un auto sul vialetto sul retro illuminarono il corridoio buio che dava sulla cucina, Damon annuì, lentamente, avvicinandosi per sfiorare con una mano il suo braccio e percorrerlo tutto, dal polso alla spalla, per poi chinarsi a baciare quest'ultima.

E' stato...un vero piacere rivederti, Angelo. Come sempre.” - le disse, lasciandola per avviarsi alla porta.
Resterai in città per molto?”
Tutto il tempo necessario.”



Si sentiva più tranquilla, quasi come se Stefan fosse riuscito a guardarla dentro e a rassicurarla senza neppure sapere di farlo. O forse tentava di rassicurare se stesso. Era un mistero, quello, che restava ancora irrisolto, ma avrebbero avuto tempo per parlare di tutto con calma. Non doveva farne una tragedia, quella faccenda di Damon sarebbe venuta a galla e avrebbe affrontato tutto a testa alta, perchè non poteva permettergli di rovinarle ancora la vita e perchè meritava di essere felice. Anche con Stefan si! Non doveva farsi condizionare dal fatto che fossero fratelli.
Era quasi mezzanotte quando tornò al pensionato. Meredith era già a letto e così la signora Flowers, ma Bonnie sentiva ancora tutto lo stomaco in subbuglio per il suo appuntamento per riuscire a prendere sonno così facilmente, quindi, nonostante il giorno dopo avesse scuola, decise di prepararsi una buona camomilla, che le conciliava sempre il sonno, e andò a sedersi sul dondolo sul portico che dava sul giardino sul retro del pensionato per sorseggiarla tranquillamente.
Guardava il cielo ed era completamente persa nei suoi pensieri e nelle sue fantasie quando sentì un fruscio tra le foglie di un cespuglio.

Chi c'è?” - chiese, sulla difensiva.
In risposta ricevette soltanto una risatina che avrebbe riconosciuto tra mille e le mandò il cervello in tilt. Pochi istanti e Damon si fece vedere.

Carino il deja-vù.” - commentò.
Bonnie sapeva perfettamente a cosa si riferiva, ma scacciò in fretta il ricordo che si stava facendo strada tra i suoi pensieri a suon di spintoni e tornò a focalizzare la sua attenzione su Damon, che nel frattempo si era fatto avanti fino al gradino del portico e ci aveva già alzato un piede su, tenendo lo sguardo fisso su di lei.
Bonnie non si lasciò intimidire e lo fissò a sua volta, severa come mai lo era stata.

Cosa vuoi?” - chiese, lapidaria.
Beh, credo che come minimo dovremmo fare due chiacchiere.”
Io non credo affatto, invece.” - liquidò - “Anzi, non azzardarti più a venire qui, a cercarmi così o anche solo a parlarmi. Non ti voglio nella mia vita.”
Un po' difficile visto che esci con mio fratello.”
Smettila, Damon!”
Voglio solo parlare.”
Di che? Ti ricordo che sei stato tu quello che mi ha umiliata e mollata, non io. Tu per primo sei venuto a dirmi che avrei dovuto dimenticarmi di te, che se mai ti avessi rivisto non mi sarei neppure dovuta sprecare a salutarti perchè tu non l'avresti fatto di certo.” - ribattè - “Io l'ho fatto. Adesso vedi di ricambiarmi la stessa cortesia.”
Non aggiunse altro e non gli diede tempo di rispondere nulla. Non voleva che la coinvolgesse in una discussione che a nulla avrebbe mai portato, non voleva dargli l'occasione di confonderla di nuovo proprio adesso che aveva le idee così chiare su ciò che era giusto e sbagliato per se stessa.
Gli voltò le spalle e tornò dentro.





NOTE:
Ciao a tutti!!! Chiedo ancora scusa per il ritardo, ma spero di essere riuscita a farmi perdonare con questo capitolo finito in tempo record ora ora xD
Beh, dai, vi avevo promesso che Damon avrebbe avuto non poche persone da incontrare e così è stato.
Abbiamo avuto un assaggio di quello che è il suo rapporto col padre, nel quale mostra tutto il suo essere capriccioso e infantile. xD Abbiamo visto un accenno di un primo approccio con Elena e abbiamo visto di nuovo i pensieri di quest'ultima, incapace di prendere una decisione sensata che sia una.
D'altra parte abbia avuto i pensieri di Bonnie e spero di aver reso almeno un minimo la differenza che esiste tra le due ragazze nonostante la situazione in cui si trovano sia speculare.
Infine, il primo flashbak (a cui naturalmente ne seguiranno altri) col primo incontro tra Damon e Bonnie sei mesi prima e il primo faccia a faccia vero tra i due nel presente, deciamente molto diverso da quello che li aveva visti protagonisti a New York.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Come ho già detto nelle risposte alle recensioni, è ancora presto perchè Bonnie e Stefan si sentano sicuri di raccontarsi ogni aspetto del loro passato, ma la verità verrà a galla. Di certo, ci sarà da tenere d'occhio la famosa festa di Caroline che arriverà più o meno verso i capitolo 9 o 10, non ne sono ancora certa xD
Per il momento godetevi Damon ed Elena che rosicano e Stefan e Bonnie che più pucciosi non si può *D*
Nel prossimo capito, che arriverà regolarmente questo sabato sera, ci sarà un nuovo flashback, Caroline tornerà a rompere l'anima a tutti con la benedetta organizzazione della festa e avrà un bel momento in amicizia con Stefan che, a sua volta, condividerà l'ennesima scena dolcissima con Bonnie. Elena sarà idiota come sempre xD E..ah! C'è Matt! Un piccolissimo assaggio di quello che sarà il suo ruolo in questa storia *D*
Ringrazio tutti per le splendide recensioni e altrettanto chi legge silenziosamente!
Alla prossima...BACIONI...IOSNIO90!!!


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Capitolo 5
*** Invito ***


Invito

Questa è per te.”
Era a metà giornata, era appena uscito dalla sua classe di biologia e camminava a passo spedito verso la mensa. La sera prima, nel riaccompagnarla a casa, era rimasto d'accordo con Bonnie che avrebbero pranzato insieme il giorno dopo e, possibilmente, -così come era nelle intenzioni di Stefan- anche quello dopo ancora e ancora.
Aveva passato una serata splendida e soprattutto tranquilla. In compagnia di Bonnie era stato semplice dimenticare qualsiasi problema potesse scatenare il ritorno di Damon e rilassarsi, rimandando ogni pensiero angosciante a data da definirsi. Si sentiva libero con lei, libero come non si era mai sentito neppure con Elena. Nel suo rapporto con la bionda, infatti, si era sempre sforzato troppo e adesso lo capiva; si era sforzato per mantenere la sua popolarità, si era sempre sforzato per trovare i ristoranti migliori in cui portarla, gli argomenti più adatti di cui parlare, come se avesse costantemente bisogno di fare colpo ogni giorno che passava perchè sapeva bene, per quanto Elena stessa negasse, di doversi mettere in competizione con suo fratello per lei e che avrebbe potuto perdere il vantaggio sul cuore della sua stessa ragazza ad ogni secondo che passava senza dimostrarle quanto fosse lui la scelta migliore.
Si era dato da fare sì, si era sforzato e i fatti avevano poi dimostrato che era stato tutto inutile, che si era
decisamente impegnato un po' troppo in qualcosa che forse neppure gli avrebbe mai dato la felicità che voleva e la serenità a cui aspirava.
Con Bonnie il problema non si poneva neppure. Non la conosceva da molto, infinitamente poco sapeva di lei, ma già sapeva che dietro quegli occhi limpidi non poteva nascondersi una persona diversa da quella che mostrava, solare e sincera. C'erano molte cose di cui avrebbero dovuto parlare, lei stessa gliel'aveva confermato, ma Stefan era più che deciso a fare le cose con calma, secondo i tempi giusti per entrambi e senza forzare nulla e pretendere niente. Per una volta in vita sua, voleva godersi il momento.
Si fermò, fissando gli occhi sulla busta chiusa che Caroline, sbucata come al solito dal nulla e appoggiata ad una sua spalla, gli stava sventolando sotto il naso.

Cos'è?” - chiese.
Apri e lo vedrai.”
Per come era entusiasta e a causa del cumulo di altre buste tutte uguali che le vide nello zainetto aperto che portava con sé non appena si voltò a guardarla, immaginò che si trattasse di qualcosa che avesse a che fare con la sua adorata festa al pensionato.

E' l'invito alla festa?” - indovinò.
Caroline cambiò espressione in un attimo. Da felice che era mise su un broncio corrucciato e roteò gli occhi.

Smettila di fare il guastafeste e apri ti ho detto!”
Stefan le rivolse un sorriso, si rigirò ancora la busta tra le mani e alla fine si decise ad aprire.

Voglio vedere la tua faccia...” - rincarò Caroline.
Beh, Stefan non aveva la certezza di come fosse la sua faccia nel momento in cui si ritrovò l'invito tra le mani, ma poteva dire di sentirsi un po' perplesso.

Ma...perchè l'invito è a forma di pipistrello? Il tema non erano i supereroi, che c'entra Halloween?”
Si beccò un cazzotto su un braccio, un cazzotto che arrivò persino a fargli male perchè Caroline, sì, sapeva essere violenta. E manesca. Oltretutto con tutto l'esercizio che faceva da che era una ragazzina per via delle cheerleaders era anche diventata forte nel tempo.

Ma ti senti! Dovresti davvero farti una cultura di base prima della festa, Stef.” - lo rimproverò - “Pipistrello-uguale-Batman. Batman-uguale-supereroe.” - gli spiegò - “Hai presente? Quel tizio noiosissimo sul quale hanno fatto quei noiosissimi film.”
Stefan si accigliò.

Se credi che sia tanto noioso, perchè gli hai dedicato gli inviti?”
Mi sembra ovvio. Perchè è famoso, perchè farli a forma di ragnatela senza l'aiuto di nessuno mi veniva un po' difficile e perchè Christian Bale è figo.”
E certo! Come aveva fatto a non pensarci?

Ti ho già chiesto scusa infinite volte durante le tue infinite telefonate per non esserti stato di grande aiuto.” - le ricordò - “Ma avevi comunque l'aiuto di Elena, no?”
Elena? Ma andiamo! Praticamente dopo due giorni di silenzio totale sono tornata a parlarle soltanto oggi.” - gli rivelò, incrociando le braccia al petto, particolarmente scocciata.
Stefan sospirò. Conosceva Caroline da che andavano all'asilo e lui impediva agli altri maschietti della classe di attaccarle la gomma nei capelli, la conosceva da anni prima che conoscesse Elena ed erano sempre stati ottimi amici, quasi fratello e sorella. Si aiutavano a vicenda, si spalleggiavano, si urlavano contro se era necessario, ma poi tornavano a far la pace e tutto andava ancora meglio di prima. Erano stati il primo bacio l'una per l'altro, perchè dopo tanti anni d'amicizia, dopo essersi visti entrambi trasformarsi da bambini ad adolescenti, si erano quasi sentiti in dovere di provare a capire se poteva esserci qualcosa in più di una sincera amicizia tra loro. Stefan non rinnegava ciò che era stato e così neanche Caroline, non avrebbero cambiato quel ricordo per niente al mondo, ma erano più che consapevoli che davvero non avrebbero mai corso il rischio che ciò che li univa sarebbe sfociato in qualcosa di più, come l'attrazione o l'amore stesso. All'epoca era stato bello sì, delicato ed innocente, ma era stato come baciare una persona di famiglia, niente in confronto alle esperienze che avevano avuto dopo con ragazze e ragazzi che, sebbene li avessero fatti soffrire, avevano almeno rappresentato qualcosa nella vita di entrambi.
Si conoscevano profondamente, addirittura era capitato che buttassero lì l'argomento “piani per il college” nei loro discorsi, perchè, ora che il giorno del diploma di faceva vicino, non erano del tutto certi di essere disposti a voler affrontare l'esperienza universitaria da soli e distanti. E dopotutto avevano passato così tante cose insieme....
Stefan riusciva ad interpretare ogni minima espressione, ogni gesto di Caroline. Ne percepiva i cambiamenti d'umore e i pensieri. Sapeva quanto fosse legata ad Elena e non avrebbe mai voluto crearle dei problemi con lei solo a causa di quelli che erano stati i suoi personali drammi con la bionda.
Caroline, però, era testarda. Tutte le volte che le aveva fatto notare che non c'era alcun bisogno che rischiasse l'amicizia con Elena a causa sua, lei gli aveva sempre risposto che non poteva fare altrimenti, che biasimava l'amica e che era giusto che lei lo sapesse, che capisse il suo punto di vista e la sua posizione, perchè mai sarebbe riuscita a dare conforto a chi lo faceva soffrire coi suoi capricci.
In fondo, Stefan non poteva che capire. Probabilmente, se si fosse trovato nella stessa situazione, ad essere amico di un ragazzo che le aveva fatto del male, neanche lui sarebbe riuscito a non schierarsi ciecamente dalla sua parte, al diavolo il resto.
Quindi preferì non metterci bocca neppure in quel caso. Le si accostò e le passò un braccio intorno alle spalle, facendo sì che lei si aprisse in un sorriso e ricambiasse l'abbraccio, scoccandogli un bacio su una guancia.

Tu, piuttosto? Come va?” - gli chiese - “Damon è già tornato?”
Stefan annuì, riprendendo a camminare insieme a lei, mentre infilava l'invito nella tasca posteriore dei jeans.

Si, ieri nel pomeriggio. L'ho visto poco, comunque, ho preferito passare tutta la sera con Bonnie.”
Ecco. Si zittì all'istante, serrando occhi e labbra perchè, preso dalla risposta, aveva per un attimo dimenticato che quella era Caroline, Caroline l'impicciona. Lei, ovviamente, glielo fece presente all'istante.

Con Bonnie??
Non farne un affare di Stato, te ne prego.”
Altro cazzotto, stavolta in un fianco. Di quel passo sarebbe arrivato al punto di dover indossare le protezioni che usava in campo ad ogni discorso con Care.

Raccontami, raccontami, raccontami....”
Cosa vuoi che ti racconti? Abbiamo preso un gelato e siamo rimasti tutta sera al parco a parlare. Non c'è nient'altro da dire.” - in realtà ci sarebbe stato tanto altro da dire. Avrebbe voluto raccontarle di quanto si era sentito in leggero, di quanto aveva riso, della sensazione di calore e gelo insieme che aveva avvertito alla bocca dello stomaco quando Bonnie gli aveva preso il viso tra le mani. Ma si era trattato soltanto di una specie di primo appuntamento abbozzato che non sapeva ancora a cosa avrebbe portato. E lei era Caroline! Per quanto l'adorasse, sapeva benissimo che se le avesse detto tutte quelle cose avrebbe già afferrato un calendario e fissato la data delle nozze. Meglio di no, quindi, meglio non aprire bocca e rimanere ancora sul vago.
Ti piace?” - gli chiese.
Caroline!” - le intimò lui, indicandole con un cenno la figura di Bonnie ad una decina di metri da loro, che l'aspettava sulla soglia della mensa accanto a sua sorella Meredith.
Oh mio Dio. Ti piace!!!” - fece lei, in un sussurro concitato, cominciando a saltellare sul posto.
Stefan, divertito ed imbarazzato davanti a tutti gli sguardi che i loro compagni cominciarono a lanciare nella loro direzione da ogni dove, le afferrò i polsi e la trattenne, pregandola di smetterla.

Ok, si, aspetta un attimo.” - Caroline riafferrò lo zainetto contenente gli inviti e ne prese un altro, infilandoglielo direttamente nella tasca dei jeans insieme a quello che gli aveva già dato in precedenza - “Tieni anche questo.”
Un secondo invito?”
Certo! E' quello di Bonnie. Lo do a te così puoi consegnarlo tu stesso e invitarla ad andarci insieme.” - gli spiegò.
La festa è in casa sua.” - le ricordò - “Sarà già lì.”
Oh, andiamo, Stefan, un po' di inventiva!” - lo esortò - “Puoi approfittarne per invitarla prima a cena fuori.”
E' una festa in maschera. E il tema sono i supereroi. Dove credi che ci farebbero entrare conciati in quel modo?” - obiettò ancora.
Beh, ancora meglio. Usi la scusa del “dove ci faranno mai entrare conciati così” per organizzare la cena, voi due soli, in casa tua.”
Stefan inarcò entrambe le sopracciglia e la fissò per qualche attimo, interdetto.

Sei diabolica.” - commentò.
E' per questo che mi adori.”


Non sapeva che pensare. Di certo era sicuro che la pronta risposta di Bonnie e la porta in faccia che si era beccato l'avevano infastidito non poco, ma non sapeva ancora che pensarne né che fare in proposito. Dopotutto, ciò che lei gli aveva rinfacciato la sera prima era vero. Era vero che le aveva detto di non cercarlo più, era vero che le aveva detto di far finta che non si fossero mai conosciuti, era vero che le aveva detto che se la sarebbe dimenticata presto al punto tale da non associare più il suo volto al suo nome semmai l'avesse rivista. Era vero che aveva detto quelle cose, ma a conti fatti la realtà era ben distinta. Non si era dimenticato niente, appena avuta l'occasione l'aveva afferrata al volo e aveva mollato Elena per andare a cercarla lui stesso e lo faceva incazzare non poco il fatto che lei neppure avesse voglia di parlargli, che non si era neppure degnata di smentire quando aveva insinuato che usciva con suo fratello.
Bonnie non era quel tipo di ragazza, lo sapeva. Bonnie non faceva giochetti, non si era avvicinata a Stefan per attirare la sua attenzione e non restava con suo fratello per fargli dispetto. Se usciva con Stefan era solo perchè lui le piaceva davvero, se era decisa a continuare nonostante avesse scoperto la loro parentela era solo perchè suo fratello le risvegliava dentro reali sentimenti che avrebbero potuto crescere e consolidarsi, trasformandoli nella coppia più affiatata che avesse mai visto. E il tutto sotto i suoi occhi. La cosa non gli piaceva, non gli piaceva affatto.
Aveva capito da tempo che Bonnie non era roba per lui, che vivevano su due pianeti diversi, che, per quanto lei fosse stata affettuosa e paziente, lui non sarebbe mai stato all'altezza delle aspettative. Sapeva con assoluta certezza che reclamarla di nuovo per se sarebbe stato da bastardo egoista e aveva accettato il fatto che si rifacesse una vita lontano da lui, che trovasse l'amore che meritava stretta in braccia non sue. Ma Stefan....diamine! Quella non riusciva proprio a mandarla giù. Tra tanti, si era dovuta scegliere proprio l'unico che non sarebbe mai riuscito ad accettare?
La notte precedente, dopo il rifiuto di Bonnie di parlargli, aveva vagato in giro. Era troppo su di giri perchè riuscisse a tenere a freno l'istinto che gli urlava di correre da Stefan e sbattergli in faccia il suo passato con Bonnie al solo scopo di allontanarli, quindi aveva deciso che rinfrescarsi le idee in sella alla sua moto era decisamente meglio. Dell'odio che avrebbe scatenato in Stefan poco si preoccupava, ma non voleva umiliare Bonnie, non più di quanto avesse già fatto in passato. Oltretutto, conoscendola, non sarebbe passato molto prima che lei si decidesse a vuotare il sacco, soprattutto se lui restava nei paraggi, e allora forse sarebbe stato lo stesso Stefan ad allontanarsi di sua spontanea volontà, rivedendo nella faccenda la stessa situazione che si era creata a suo tempo con Elena. Sarebbe stato perfetto. E lui per una volta non sarebbe passato per il cattivo di turno. Si era convinto ad aspettare, quindi, almeno fino a quando non si sarebbe stancato. In quel caso, se per allora Bonnie non avesse ancora detto niente, ci avrebbe pensato lui a trovare il modo per esporre tutto. Problemi di sorta proprio non poteva farsene. Per il resto, si sarebbe attenuto a quelli che erano i piani originali e si sarebbe preso Elena. E a tal proposito...
Non vedeva il Robert E. Lee da anni, praticamente da che si era diplomato. Non era cambiato niente: l'edificio era sempre lo stesso, gli striscioni recitavano sempre gli stessi incitamenti alle squadre sportive, il professor Ross se ne andava ancora in giro col suo macinino risalente al dopoguerra e il parcheggio, concluse le lezioni, era affollato e rumoroso a causa del vociare dei ragazzi e i clacson delle auto in attesa di andarsene.
Era stato un bene prendere la moto anche quel giorno. Oltre che garantirgli un'entrata niente male e qualche occhiata di troppo che era sempre apprezzata, gli consentiva anche maggiore mobilità. Parcheggiò ad un centinaio di metri dall'entrata principale, abbastanza per essere notato da
chiunque uscisse.
Stefan gli passò di fianco poco dopo, sicuramente di ritorno dal campo dagli allenamenti di football.

Hai fatto tardi ieri sera.” - commentò, attirando l'attenzione del fratello che alzò gli occhi al cielo.
E esattamente come faresti a saperlo se al mio rientro neppure c'eri?”
Damon scrollò le spalle.

Ti ho visto in giro intorno a mezzanotte con quella tua amica... -com'è che si chiamava? Bonnie?”
Non azzardarti a metterle gli occhi addosso, Damon.”
E chi si azzarda.” - rispose, alzando le mani in segno di resa - “Piuttosto, torniamo a parlare della nostra eterna faida, ti va? Sono venuto a prendere Elena.”
Stefan si fermò a fissarlo per qualche lungo attimo di silenzio, poi abbozzò un sorriso e si chiuse nelle spalle.

Fà pure. Non c'è nessuna faida. Ormai quello è un gioco a cui giocate voi due da soli.”
Damon aggrottò la fronte e lo guardò mentre gli dava le spalle e si allontanava, raggiungendo direttamente Bonnie, ferma sui primi scalini dell'entrata principale. Li vidi cercarsi, toccarsi le mani e sorridersi. Stefan addirittura si spinse a poggiarle una mano sul viso e a scostarle i capelli dalla fronte, rigirandosi distrattamente tra le dita un boccolo rosso, con tutta l'innocenza che lui non aveva mai messo nel compiere il medesimo gesto....

6 mesi prima. New York.

Trovare quel liceo era stato complicato. Essenzialmente perchè a New York di licei ne esistevano a centinaia e neppure sapeva da che zona della città venisse la ragazza dai capelli rossi incontrata dopo la festa: Bonnie.
Aveva lasciato passare un paio di giorni da quella notte. Aveva conosciuto gente, visto ragazze e baciato un paio di queste prima di realizzare che non erano abbastanza, che per quanto esperte e navigate potessero essere, nessuno dei loro baci era assolutamente paragonabile a quello che quell'ingenua e dolce ragazza gli aveva donato. Ok si, lui le si era praticamente avventato sulle labbra, ma lei non si era tirata indietro, anzi, aveva ricambiato e anche con una certa urgenza.
Fortunatamente Scott, che aveva scoperto essere molto più intransigente con le sue feste di ciò che dava a vedere, gli era stato d'aiuto. Quella notte, infatti, aveva chiesto al ragazzo imbucato che aveva beccato chi fosse e da dove venisse; questi, impaurito, gli aveva risposto con nome, indirizzo, numero di telefono dei suoi e nome del liceo, ovviamente.
Quel giorno Damon si sentiva piuttosto sicuro di rivederla, quindi, mentre accostava la sua moto dall'altro lato della strada e camminava spedito fino al tronco dell'albero al quale si appoggiò, a qualche metro dall'entrata della Saint Jules High School. Dopotutto ricordava perfettamente che Bonnie gli aveva parlato di una sorta di scommessa tra lei ed altri suoi compagni di scuola.
La campanella suonò nel giro di un quarto d'ora circa e gli studenti presero a riversarsi all'esterno. I ragazzi gli lanciavano occhiate curiose e le ragazze sguardi languidi, tutta roba che aveva già visto succedere e che si aspettava anche lì. Non si lasciò distrarre. Attese pazientemente a braccia incrociate fino a che la sua attenzione non venne catturata da una chioma rossa che ricordava perfettamente, che addirittura splendeva sotto la luce del sole battente di quel giorno di fine marzo.
Sfilò via gli occhiali da sole e puntò gli occhi su di lei. Non fece altro, perchè non credeva affatto che servissero gesti perchè si accorgesse della sua presenza lì. Di fatto, erano così tanti i bisbiglii che sentiva lui stesso circa il ragazzo sconosciuto appostato all'entrata che non dovette attendere molto perchè anche Bonnie lo vedesse e le si imporporassero le guance.
Sorrise e le fece un cenno. Un chiaro invito a raggiungerlo.
Lei temporeggiò qualche attimo, scambiò qualche parola con la ragazza mora e il ragazzo biondo che aveva ai lati e poi si decise ad avvicinarsi.

Ciao.” - lo salutò, timidamente.
Ciao.” - rispose lui, decisamente più divertito.
Cosa...ehmm..ci fai qui?”
Credo che questa sia una domanda un po' troppo stupida per una ragazza tanto intelligente.” - commentò lui in risposta - “Sono venuto per te, ovviamente.”
Bonnie, se possibile, diventò dello stesso colore dei suoi capelli.

Oh!”- fece - “Ma come hai...insomma, il mio liceo...”
Ho le mie fonti.”
Bonnie annuì. Gli sorrideva, ma era visibilmente a disagio. A causa sua e sicuramente anche a causa di tutte le occhiate che stavano ricevendo.
Damon, malgrado tutto, si fece comunque avanti di un passo e la tenne contro di sé, poggiandole le mani sui fianchi.

Sono venuto per un motivo.”
Si?”
Uh-uh.” - confermò - “Voglio un altro bacio.”
Bonnie strabuzzò gli occhi.

C-cosa?”
Dalla sera della festa, non faccio altro che pensarci.” - ammise - “Ne voglio un altro.”
Una mano risalì da un fianco e le accarezzò una spalla prima di fermarsi sul suo viso, ravviandole all'indietro i capelli perchè riuscisse, con la punta delle dita, ad afferrarle un boccolo col quale prese a giocare.
La sentì rabbrividire e la vide socchiudere gli occhi al contatto.

Bonnie?” - chiamò, in un sussurro sul suo viso.
Lei non rispose ancora per qualche attimo, ma gli poggiò le mani sulle spalle e poi gli si strinse addosso, allacciandogliele dietro la nuca.

Ne voglio un altro anch'io.” - confessò poi, sottovoce, perchè solo lui riuscisse a sentire, dandogli di fatto il via libera che sperava di ottenere fin da quando aveva preso la decisione di cercarla e trovarla.
Poggiò le labbra su quelle di Bonnie, delicatamente, assaporandole come neppure la prima volta aveva fatto, perchè troppo preso dalla foga. Bastò qualche attimo per tornare a risentire ancora quella sensazione che non era più riuscito ad avvertire con nessun altra ragazza, una sensazione di calore all'altezza del petto e chiusura alla bocca dello stomaco, che aumentava a mano a mano che la sentiva arrendersi nel suo abbraccio, aggrapparsi letteralmente a lui perchè la sorreggesse. La sentii gemere sommessamente nella sua bocca, tanto contenuta ed innocente da scatenare in lui ogni sorta d'istinto. Il bacio crebbe, inevitabilmente. Si fece largo tra le sue labbra e le accarezzò il palato con la lingua, estraniandosi da ogni altra cosa tranne che dal suo sapore che -lo sapeva- da quel giorno in avanti lo avrebbe tormentato come nient'altro aveva mai fatto in vita sua.
Erano a corto di fiato quando si separarono, ma Damon continuò a tenere il viso abbastanza vicino a quello di Bonnie perchè potesse, di tanto in tanto, sfiorarle ancora le labbra con piccoli baci fuggevoli.
Bonnie riaprì gli occhi qualche istante dopo e, realizzando ciò che era appena accaduto alla mercè degli occhi di tutti i suoi compagni di scuola, tornò a chiuderli nuovamente, a serrarli del tutto, facendolo ridere tanto era buffa.

Ti accompagno a casa.” - le propose.
Lei annuì, senza stare troppo a pensarci, probabilmente a causa della troppa vergogna che sentiva.

Devo avvertire mia sorella, però.”
Damon la lasciò fare e restò a guardare mentre si avvicinava di nuovo alla ragazza mora che aveva scorto poco prima e che adesso lo fissava come se fosse un alieno da abbattere uscito dal nulla. Le due scambiarono qualche parola, poi Bonnie tornò da lui.

Sei mai stata in moto?” - chiese, indicandole con un cenno la Ducati dall'altra parte della strada.
A dire il vero, no.”
Damon annuì, le passò un braccio intorno alla vita e la esortò a seguirlo.

Allora dovrai abituartici, perchè con la bella stagione esco solo con quella.” - aveva parlato prima di pensarci, rendendosi conto solo in un secondo momento che, praticamente, le aveva appena detto che ci sarebbero stati altri incontri come quello, che si sarebbero rivisti ancora. Ma non si rimangiò nulla, anzi annuì di nuovo, a conferma di ciò che aveva detto e sottinteso.

Non staccò gli occhi da quei due fino a che non li vide allontanarsi verso l'auto di Stefan. Inconsciamente, stava aspettando di vedere se sarebbe scattato il bacio anche per loro, ma non fu così, almeno non davanti all'intera scuola. Gli passò per la mente l'idea che non poteva di certo sapere fin dove si sarebbe spinto suo fratello una volta da solo con lei al riparo della sua auto, ma poi ricordò che lo sapeva eccome, che lui era Stefan il santo e che era completamente il suo opposto, quindi non si sarebbe avventato su di lei come aveva fatto lui, ma avrebbe atteso il momento giusto. Fosse riuscito a rovinare ogni momento potenzialmente giusto sarebbe stato più contento.
Damon?”
Si voltò. La Jaguar stava lasciando il parcheggio e non aveva senso continuare con le sue stupide supposizioni, non quando aveva Elena a qualche passo da lui. Oddio, Caroline se la sarebbe anche evitata, ma a quanto pareva il suo Angelo proprio non voleva rinunciare all'amicizia di quella pettegola incallita.

Angelo.” - salutò, esibendosi nel suo miglior sorriso, che si trasformò in un ghigno beffardo quando si posò sulla migliore amica di Stefan - “Caroline! Non credevo ti saresti mai degnata di venire a salutarmi.”
Non volevo, infatti. Ma ho promesso ad Elena un passaggio e tu ti sei messo giusto davanti alla mia macchina.” - gli rispose, piccata come al solito, non preoccupandosi minimamente di nascondere neppure una briciola del disprezzo che provava nei suoi riguardi. Non che la cosa gli importasse, ovviamente.
Scrollò le spalle.

Non l'ho fatto di proposito.” - fece, sincero come poche altre volte quando si trattava di scherzetti ai danni di Caroline - “Aspettavo Elena. Ti riporto a casa, Angelo, ti va?” - propose.
Stefan ti ha visto?” - s'intromise, ancora una volte, Care.
Si.”
E sa perchè sei qui?”
Ovviamente, ma ha preferito andare via, invece di restare a fare quattro chiacchiere.”
Era con Bonnie?” - Elena parve parecchio infastidita nel fargli quella domanda, non si curò neppure dell'occhiataccia che le tirò la sua amica.
Damon non rispose neppure e Caroline aprì bocca soltanto per rincarare la dose con un: “Stefan è liberissimo di andare via con chi vuole.” - corredato da un sorriso un po' troppo luminoso, che esprimeva a pieno tutta la sua approvazione per la relazione nascente tra suo fratello e Bonnie. C'era da aspettarselo da Caroline, dopotutto. Peccato che non aveva fatto i conti con lui.
Era un bene, comunque. Più quella ragazzina restava all'oscuro, meno probabilità c'erano che gli rompesse le scatole mentre cercava il modo più adatto per allontanare suo fratello dalla rossa. Già avrebbe avuto abbastanza da fare con Meredith, senza che ci si mettesse di mezzo anche lei.

Allora? Vieni?” - fece ancora, allungando il secondo casco ad Elena.
Lei neppure se lo fece ripetere.

Elena!”
Non mi interessa Care.” - rispose al rimprovero, salendo in sella e allacciandogli le braccia intorno alla vita - “Andiamo pure, Damon.”
La moto riprese vita subito dopo quelle parole, sopprimendo del tutto le ennesime proteste di Caroline.



Grazie mille del passaggio.” - sorrise Bonnie, mentre si sporgeva per recuperare la sua borsa dal sedile posteriore.
Di niente.” - fece Stefan - “Tanto è di strada.”
Non è vero.”
Beh, lo sarà da oggi in poi.”
Si ritrovò a ridere, sporgendosi per poggiare una mano sulla spalla di Stefan e lasciargli un bacio su una guancia.

A domani, allora.” - lo salutò e fece per scendere dall'auto, ma il ragazzo le afferrò prontamente una mano e la trattenne.
Aspetta. Prima vorrei...” - lasciò cadere la frase, ma si mosse sul sedile per riuscire ad infilarsi una mano in tasca, estraendone una busta che poi le porse.
Bonnie l'afferrò, curiosa.

E' l'invito alla festa di Care.” - le spiegò.
Quella che farà in casa mia e per la quale vedo un po' superfluo l'invito?”
Proprio quella.” - assecondò Stefan - “Ho provato a farglielo notare, ma lei ha rigirato la frittata come suo solito e ha fatto notare una cosa a me.”
Ah si? E cosa?”
Hai presente quei nostri futuri appuntamenti di cui abbiamo parlato ieri sera?”
Bonnie annuì, decisamente contenta che Stefan tornasse sul discorso.

Certo.”
Che ne pensi di cenare insieme e poi tornare al pensionato per la festa?”
Stefan sembrava titubante, come se sentisse di stare azzardando un po' troppo con quella proposta. Bonnie, dal canto suo, la trovava invece perfetta. Aveva già sperato di trascorrere quella serata con lui, ballando pur vestiti come due fuori di testa. Cenare prima insieme avrebbe fatto sembrare il tutto molto più...ufficiale, però. E la cosa le piaceva.

Ci sto.” - fece - “Accetto volentieri.”
Si salutarono senza aggiungere molto altro, concordando sul fatto che avanzavano ancora due settimane alla festa di Caroline a avrebbero potuto mettersi d'accordo sui dettagli nei giorni a seguire, come sull'ora in cui vedersi e sui costumi da indossare.
Sarebbe stato carino avere costumi abbinati, magari quelli di una coppia – quello era stato un pensiero di entrambi.
Al rientro in casa era sola. La signora Flowers pareva non essere ancora tornata dalla sua gita fuori porta a casa di un'amica e Meredith le aveva già detto che si sarebbe attardata un paio d'ore al liceo col club degli scacchi. Salì in camera sua, quindi, con una manciata di biscotti fatti in casa: avrebbe approfittato del fatto che non aveva prove quel giorno per studiare per il primo test di algebra che aveva la settimana successiva. Prima, però, decise di fare una telefonata. Afferrò il cellulare, compose il numero e si buttò sul letto in attesa della risposta.
Dopo tre lunghi squilli finalmente arrivò una voce.

Ehi Bon Bon! Finalmente!”
Ciao Matt. Spero di non disturbare.” - salutò, altrettanto entusiasta di sentirlo.
Matt Honeycutt era il suo più grande amico dai tempi delle medie. Insieme a Meredith, avevano formato un trio inseparabile fino al momento del loro trasferimento a Fell's Church. Alto, biondo, occhi azzurri, gentile ed educato, frequentava il primo anno di college alla NYU grazie ad una borsa di studio per lo sport che si era guadagnato col football. A volte, negli anni, si era chiesta come avesse fatto a non innamorarsi di lui che sembrava il prototipo del principe azzurro che ogni ragazza sogna di incontrare, ma Matt era come un fratello per lei. C'era stato un tempo in cui le cose non erano state rilassatissime in quanto lui le aveva confessato di provare una certa attrazione nei suoi riguardi che andava ben oltre l'amicizia, ma la cosa era passata in fretta, era durata appena un'estate, poi aveva incontrato quella che era stata la sua ragazza fino a qualche mese prima e avevano dimenticato in fretta ogni spiacevole cosa ci fosse stata tra loro.
Ad oggi, era l'unica persona, oltre a Meredith, con la quale sentiva di poter parlare di tutto, di potersi confidare senza paura di un giudizio. Perchè Matt non giudicava, lui ascoltava e offrivaconforto e supporto incondizionato. Le mancava da matti.

Disturbare tu? Non dire cretinate.” - si sentì rispondere - “Piuttosto dimmi: com'è Fell's Church? Piena di vita come i tuoi avevano detto?”
Lui scherzava, ma Bonnie non era molto in vena circa quell'argomento.

Fin troppo piena di vita, Matt. Qualcuno dovrebbero sopprimerlo per purificare l'aria.”
Addirittura!” - si stupì lui - “Che è successo? Qualche oca bionda ti dà il tormento?”
Lui scherzava ancora, ma a Bonnie vennero subito in mente le battutine al vetriolo di Elena Gilbert e le occhiate che le lanciava. Ah, se gli sguardi potessero uccidere.....lei di sicuro sarebbe già morta.

A parte quello...” - fece.
Quindi una bionda insopportabile c'è davvero.”
Si, ma non è lei il problema. E la conosco davvero troppo poco per definirla insopportabile.” - non le piaceva sparare a zero, nemmeno su chi ovviamente non la trovava molto simpatica. Elena -si diceva- non sembrava stupida, doveva sicuramente avere i suoi buoni motivi. E lei non poteva pacere a chiunque.
Quindi il problema è...”
Ho conosciuto un ragazzo. E' gentile, bello, un vero cavaliere. E mi piace molto. Passiamo molto tempo insieme, poco fa mi ha invitato ad un appuntamento e già non vedo l'ora.”
Questo non mi sembra un problema.” - commentò Matt, confuso.
Infatti non lo è. Lui non è assolutamente un problema.” - chiarì Bonnie - “Suo fratello è il problema.”
Suo fratello?”
Damon.”
Che?”
Hai sentito. Ho detto “Damon”. E' il fratello maggiore del ragazzo che mi piace.”
Damon....quel Damon?”
Si, lui. L'ho incontrato ieri sera. A quanto pare, tra tutti i posti possibili e immaginabili in cui potevo andare a vivere, sono venuta dritta dritta nel paesino da cui viene lui.” - spiegò, esasperata - “Non ci credo! Mi ha sempre fatto pensare che fosse di New York e invece me lo ritrovo qui.”
L'hai già detto a Meredith?”
Ancora no. Glielo dirò quando arriva, tra poco.”
Tienila al guinzaglio.” - l'avvertì.
Lo so.”
E il fantastico fratello?” - chiese ancora Matt - “Lui lo sa?”
Bonnie sospirò.

No, ma conto di dirglielo presto.” - assicurò - “Guarda, se non fosse così assurdamente perfetto non gli avrei detto niente e me la sarei data a gambe, ma Stefan è davvero assurdamente perfetto. Lo conosco da poco eppure è evidente che non c'entra un bel niente con quel miserabile del fratello. Non voglio gettare all'aria qualcosa che ha tutte le potenzialità per diventare l'amore che ho sempre sognato d'avere, a causa di Damon. Ha già fatto abbastanza in passato lui, ha già rovinato pure troppo.”
Matt rimase in silenzio per qualche istante, probabilmente riflettendo su ciò che aveva appena appreso. Alla fine, sospirò e Bonnie potè immaginarlo sorridere dall'altro capo della linea.

E' giusto.” - disse - “Ma non far passare troppo tempo. Lo sappiamo com'è fatto Damon.”
Bonnie annuì: Matt aveva ragione.

Farò come dici.” - confermò.
Stai bene, Bon Bon?”
Prese qualche attimo per sé prima di formulare la risposta. Con lui poteva essere sincera e non affrettata, quindi valutò la sua situazione, bilanciò i pro e i contro di ciò che probabilmente si sarebbe trovata ad affrontare e poi parlò.

Sono arrabbiata, terribilmente arrabbiata.” - disse - “Ma, tolto questo, sì, sto bene.”






NOTE:
Ciao a tutti!! E buon sabato sera ^_^
Come promesso, ecco qui il nuovo capitolo. E' un capitolo di passaggio, purtroppo ce ne saranno un pò così fino a questa benedetta festa in cui si "consumerà la tragedia" xD Ma sono un male necessario, in quanto servono per preparare il terreno e delineare un pò le posizioni di tutti i personaggi, le loro storie passate, i loro pensieri, i loro sentimenti e via dicendo. Spero di non annoiarvi, comunque.
In questo capitolo ritroviamo Caroline, decisamente una fan di Stefan e Bonnie xD E mentre il primo sembra ormai del tutto oltre il passato con Elena, infatti non manca di farlo presente anche a Damon, la seconda sembra più che decisa a darsi una chance con lui, sebbene resti ancora più che furiosa con Damon e per ciò che in passato le ha fatto.
A tal proposito, visto che Amy in Wonderland mi ha chiesto di avvisarla per tempo, il flashback del prossimo capitolo sarà decisamente meno romantico di questo, riguarda esattamente ciò che tu mi hai chiesto Amy xD E c'entrerà con Elena, perchè torneremo su ciò che è successo tra Stefan, Elena e Damon e vedremo come la bionda è stata in grado di creare casini a Bonnie pur senza conoscerla xD
E poi c'è Matt!! Lo troveremo spesso da ora in avanti. E', di fatto, uno dei protagonisti della storia, sebbene per il momento resti ancora a New York. In tante mi avete anche chiesto cosa ne pensa Meredith di tutta la faccenda e, come vedete, pure Damon se ne preoccupa xD Beh, nel prossimo capitolo ci sarà nuovamente il suo POV xD
Adesso vi lascio. Grazie ancora a chi leggere e/o recensisce xD Vi lovvo tutti!!!
A sabato prossimo....BACIONI...IOSNIO90!!!

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Capitolo 6
*** AVVISO ***


Buon pomeriggio a tutte! ^_^ Questa settimana, purtroppo, il capitolo salta. Sono a Napoli con mia madre per la festa di laurea di mia cugina e mi sono resa conto che, nella fretta di partire (perchè è stata una decisione un pò improvvisa xD), mi sono dimenticata di passare il capitolo nuovo dal pc fisso al portatile per poterlo postare. Ergo ci rivediamo col prossimo capitolo sabato prossimo, così ne approfitto anche un pò per rivedere alcuni punti che non mi convincono! Però, per farmi perdonare, come piccolo spoiler vi lascio il titolo: "Angelo" (leggetelo come se fosse scritto in corsivo, prendete per buone le due virgolette ai lati e guardatelo con tanto tanto cinismo ed ironia xD) A sabato prossimo...BACIONI...IOSNIO90!!!

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Capitolo 7
*** "Angelo" ***


Previously on Teorema:

Bonnie e Meredith, diventate sorelle quando i genitori di Bonnie hanno adottato Meredith da bambina in seguito alla dipartita dei signori Sulez, si trasferisco per il loro ultimo anno di liceo da New York, dove hanno sempre vissuto, a Fell's Chirch, sotto la custodia della loro vecchia tata in pensione: la signora Flowers. L'intenzione delle ragazze è vivere il loro ultimo anno in serenità e divertendosi, soprattutto Bonnie che, a causa di una cocente delusione d'amore a NY, ha sofferto molto. Qui conoscono Stefan, quarterback del liceo, la sua migliore amica Caroline, capo cheerleaders, ed Elena, ex-ragazza di Stefan con cui il raporto è terminato quando lui ha scoperto il tradimento della ragazza con suo fratello Damon, attualmente all'università. Bonnie e Stefan si conoscono e tra i due si instaura subito un bel feeling, appoggiato da Meredith e Caroline e visto con odio dalla gelosa Elena.
Questo, fino al ritorno in città di Damon, dopo essere stato espulso dall'ennesima università. Questo ritorno causa nuove tensione tra lui e Stefan a causa di Elena e porta scompiglio anche nella nuova tranquillità di Bonnie perchè Damon è esattamente lo stesso ragazzo che le aveva spezzato il cuore mesi prima. Non sa come affrontare la cosa, il suo amico Matt le consiglia di raccontare tutto a Stefan e lei si convince che è la cosa più giusta visto anche il modo in cui Damon comincia a seguirla e a cercarla.
La festa di inizio anno organizzata da Caroline al pensionato si sta avvicinando, cosa succederà?
Bonnie farà in tempo a spiegare a Stefan del suo passato oppure Damon, pur di far soffrire ancora suo fratello, intralcerà i suoi programmi?




"Angelo"

Non è possibile!”
Ti dico di sì, invece.”
Non riesco a crederci.”
E lo dici a me?”
No, sul serio, come osa venire qui a Fell's Church?”
Tecnicamente, questa sarebbe casa sua, può tornarci quando vuole. L'estranea venuta da fuori sono io.”
Non mi sembra una giustificazione adeguata, ma se proprio ci tieni a puntualizzare, allora rettifico: come osa presentarsi qui da te al pensionato?”
Bonnie scrollò le spalle e quel gesto, se possibile, fece esplodere ancora di più tutta la voglia che Meredith sentiva di correre alla villa dei Salvatore e prendere a calci Damon, per il puro gusto di vederlo mortificato e ridotto a pezzi da una donna.
Meredith non era mai stata un tipo eccessivamente impulsivo e irascibile. Tra lei e Bonnie, era di certo la rossa quella più incline a divenire preda dei suoi stessi sentimenti. Per quanto la riguardava, lei amava riflettere sulle sue azioni, sulle conseguenze che queste avrebbero portato. Se qualcosa la coglieva di sorpresa lei si fermava e cercava di analizzare il motivo che l'aveva portata a provare tanta meraviglia, dopodiché tirava avanti dritto. A vederla dal di fuori sembrava una ragazza fredda, calcolatrice, ma in realtà, chi la conosceva bene, sapeva che era in grado di provare forti sentimenti, sia positivi che negativi, solo senza tutta l'impulsività che di quei tempi pareva tanto andare di moda. A detta di Meredith, impulsività e sentimento puro non sempre andavano a braccetto, anzi, spesso proprio per affrettare le cose e seguire l'impulso di un momento, si commettevano grossi errori. E lei, che a soli quattro anni aveva vissuto il dolore più terribile di tutti alla morte dei suoi genitori, era cresciuta con la convinzione che una buona conoscenza di se stessi, una buona analisi di tutte le situazioni e delle variabili coinvolte, avrebbe aiutato a non venire più così tanto travolta da sofferenze così terribili. La ragione le faceva da scudo, e questo le andava più che bene.
Esistevano, però, delle eccezioni. Bonnie, la sua felicità, era una di queste.
Provava nei confronti di quel Damon che tanto male aveva fatto a quella ragazza che era praticamente sua sorella una rabbia difficile da contenere, tanto violenta da lasciarla sfinita anche solo a sentirla. Lo disprezzava come poche altre volte le era capitato nella vita e mai -mai- era riuscita a convincersi del fatto che, forse, stesse esagerando un po' con tutto quell'astio.
Damon non le era mai piaciuto, fin dall'inizio aveva avvertito una stranissima sensazione collegata a quel ragazzo e avrebbe mentito se avesse detto che si sentiva tranquilla a vederlo ronzare intorno a Bonnie. Tuttavia, vedendo la sua amica tanto felice e così innamorata, si era tenuta per sé tutte le sue perplessità, non le aveva raccontate neppure a Matt, onde evitare di creare problemi lì dove parevano ancora non esserci. E che grande errore era stato quello di non intromettersi! Forse -si diceva- se avesse insistito di più per allontanare la sua dolce amica da quel ragazzo che pareva urlare “Pericolo” da ogni lato lo si guardasse, Bonnie le avrebbe dato ascolto e non sarebbe finita col soffrire così come aveva fatto.
Non la biasimava, eh! Pur essendo una ragazza razionale, era convinta che se arrivava l'amore allora c'era ben poco che si potesse fare per contrastarlo e fuggire, ma ancora si chiedeva perchè un'esperienza tanto brutta e con un simile e spregevole essere fosse capitata proprio alla rossa. E pensare che, ai tempi, per un certo periodo, vedendo tutte le attenzioni che Damon dedicava a Bonnie, si era quasi convinta a dargli un po' di fiducia! E invece non era stata altro che una farsa, l'aveva addolcita all'inizio, ci si era divertito e poi l'aveva scaricata senza una ragione valida. E quando una cosa simile succedeva alla persona più importante della tua vita, come potevi non odiare chi le aveva inflitto tanta pena?
Meredith aveva un nuovo obiettivo: trovare Damon e assestargli un cazzotto atto a rompergli il setto nasale, preferibilmente davanti ad una bella folla, e se questa folla avesse poi cominciato a ridere di lui allora la cosa avrebbe raggiunto dei picchi di perfezione assoluta che forse le avrebbero dato addirittura un briciolo di soddisfazione.

E Stefan? Che ne pensa?”
Non gli ho ancora detto niente di questa faccenda con Damon.” - confessò Bonnie.
Meredith inarcò un sopracciglio.

Bonnie...”
Lo so. Davvero. Ho già deciso di dirglielo alla prima occasione. Prima...volevo riflettere un po' sulla cosa, metabolizzarla. Ti confesso che ero ancora un po' indecisa sul da farsi, ma ne ho parlato ieri con Matt e lui mi ha fatto notare che è di Damon che stiamo parlando, e che di lui non c'è da fidarsi. Non voglio che vada da Stefan a raccontargli chissà cosa, voglio dirglielo io.”
E' giusto. Capisco che può essere difficile, ma è giusto così.”
Cercò di essere incoraggiante, rivolgendo un sorriso a Bonnie, seduta su uno sgabello dall'altro lato dell'isola della cucina. Si trovava in una posizione difficile e Meredith credeva che stesse facendo del suo meglio per uscirne. Onestamente, non sapeva cosa avrebbe fatto lei se si fosse trovata in una situazione simile. Sperava, però, che Stefan riuscisse a comprendere la situazione e a capire il motivo che aveva spinto Bonnie a prendersi qualche giorno prima di farsi avanti e parlare. Era un bravo ragazzo, le aveva fatto da subito una buona impressione. Dai racconti di Bonnie non sembrava che fosse in buoni rapporti con suo fratello, ma si augurava che non fosse il tipo da proiettare quel rancore anche sulla rossa. In fondo insieme, Stefan e Bonnie, stavamo bene, si vedeva che erano riusciti a far sbocciare qualcosa di bello nonostante si conoscessero da poco e quel nuovo rapporto le potenzialità per trasformarsi in qualcosa di importante e duraturo ce le aveva tutte, quindi proprio non le andava di veder spazzato via tutto da un brutto e fastidioso fantasma del passato che proprio non voleva saperne di scomparire. Bonnie non se lo meritava.

Giuro, quando al primo giorno di scuola scherzavo dicendo che Stefan pareva somigliare a Damon...non volevo portarti sfiga.”
Quella battuta aiutò entrambe a rilassarsi e a ritrovare il sorriso. Bonnie, ripresasi così dalla tristezza derivatale dal raccontarle tutta quella faccenda in cui si era trovata invischiata, ritrovò l'umore adatto a saltare giù dallo sgabello, afferrare il suo borsone e uscire dal pensionato per tornare a scaricare un po' di stress emotivo all'ennesima prova di danza.
Rimasta sola, a pomeriggio inoltrato, senza nulla da fare e coi compiti già finiti da un pezzo, Meredith non riuscì a pensare a niente di meglio che non fosse qualche ora sul divano a giocherellare col pc, aggiornando il vecchio profilo facebook e rispondendo alle e-mail inviatele da qualche amica di New York.
Erano passati appena venti minuti quando il campanello alla porta principale suonò.

Caroline!” - fece, sorpresa, rivolgendo un sorriso alla bionda accovacciata sulla veranda accanto a tre grossi scatoloni chiusi.
Meredith, devo chiederti un grosso favore.” - esordì l'altra.
O—okay?” - rispose, perplessa - “Che posso fare? E cosa c'è in quelle grosse scatole?”
Brava. Tu sì che fai sempre le domande giuste!” - si complimentò la bionda, lasciandola ancora più confusa di prima. Meredith, nonostante la conoscesse da qualche giorno appena, aveva ormai capito che Caroline Forbes era un tipetto un po' strano, ma forse doveva ancora farci l'abitudine - “Sono tutte cose che serviranno per la festa. Addobbi, festoni vari... lì sotto dovrebbero esserci dei bicchieri avanzati dall'anno scorso. Mi chiedevo se potevo cominciare a lasciarli qui, sempre se non è un grosso disturbo, ovviamente. E' per non essere costretta a portare tutto all'ultimo minuto.” - le spiegò.
Meredith abbozzò un nuovo sorriso e scrollò le spalle.

Figurati, nessun disturbo. Possiamo portarle giù in cantina e tirarle su appena serviranno.”
Ci misero poco, dieci minuti al massimo. E, appena finito, si fermarono entrambe a bere del succo d'arancia.

Non c'è nessuno in casa?” - chiese Caroline.
A dire il vero, no. Bonnie è a lezione di danza e ne avrà ancora per qualche ora, mentre la signora Flowers...sai che non lo so?”
Non lo sai?”
Meredith scrollò le spalle.

Lei è un po' uccel di bosco, è sempre in giro e a volte non dice neppure dove va. Esce al mattino presto e torna a sera, giusto in tempo per preparare la cena o per aiutare me. Bonnie fa un po' schifo in cucina.” - a quella piccola confessione scoppiarono a ridere e Caroline scosse la testa.
Beh, allora menomale che Stefan, invece, è un mago ai fornelli. Almeno quando finiranno con lo sposarsi non moriranno di fame.” - commentò.
Sposarsi?”
Certamente! Non so te, Meredith, ma io posso dirmi una grande fan della loro coppia. Li shippo particolarmente. Anche se, lo ammetto, shipperei qualsiasi ragazza che rendesse felice il mio amico.”
In quel momento, Meredith si rese conto che lei e Caroline avevano molte più cose in comune di quello che poteva sembrare. E che, se anche le loro storie erano diverse, tenevano ai loro amici allo stesso modo.

Concordo con te. Su ogni parola.”
Il portatile nel frattempo era rimasto acceso in salotto e lo squillo di una chiamata in arrivo tramite skype arrivò a distrarle entrambe. Meredith si scusò un attimo ed andò a recuperare il pc, poggiandolo sul ripiano tra lei e Caroline. L'idea era quella di rifiutare la chiamata e scrivere velocemente a chi l'aveva contattata che al momento era impegnata e ci avrebbe pensato lei in serata a farsi viva, ma si trattava di Matt. E non poteva rifiutare una chiamata da Matt.

Se vuoi...” - Caroline indicò con pollice alle sue spalle, come a dirle che, se era impegnata, lei poteva andare e si sarebbero riviste il giorno dopo a scuola, ma Meredith scosse la testa.
Puoi restare qui, se ti va.” - le disse - “E' Matt, il migliore amico mio e di Bonnie. Sono sicura che sarebbe felice di conoscerti, gli abbiamo parlato molto di te, di Stefan, della nuova scuola, della festa...” - spiegò - “Resta. A meno che tu non abbia altro di meglio da fare, ovvio.”
Oh no. Nient'altro da fare per oggi. Resto volentieri.”
Meredith, allora, diede l'avvio alla videochiamata e attese di vedere l'immagine di Matt sullo schermo, con un gran sorriso piazzato sul volto.
Lei e Matt erano diventati amici essenzialmente per Bonnie. Lei era sua sorella, lui il ragazzino con cui la rossa condivideva il banco durante il laboratorio d'arte. Avevano preso a frequentarsi così, per far piacere a Bonnie, ma alla fine proprio il comune affetto per la rossa aveva fatto sì che anche tra di loro si instaurasse una bella amicizia. Era un rapporto diverso da quello che Bonnie aveva con Matt. Per Meredith lui non era una persona a cui chiedere appoggio e consiglio, quanto più qualcuno con cui poter sempre parlare, con cui poter anche litigare e con cui confrontarsi. Le mancavano molto le ore intere trascorse sotto la neve a bere cioccolata calda mentre aspettavano Bonnie all'uscita della sua vecchia scuola di danza a New York.

Matt!” - chiamò.
Ehi, Mere!” - salutò l'altro, che pareva seduto ad una scrivania nella minuscola stanza nei dormitori della NYU che condivideva con un altro studente - “Credevo non rispondessi più. Quasi cominciavo a disperare.” - scherzò.
Scemo!” - gli fece il verso lei - “Stavo solo convincendo la qui presente e bellissima Caroline Forbes, capocheerleaders al Robert E.Lee di Fell's Church, a fermarsi qui e a degnarti di qualche parola. Dovresti ringraziarmi.”
Beh, se stanno così le cose, allora non posso che cedere.” - rispose lui - “Ciao, davvero bellissima Caroline Forbes. Io sono Matt. Honeycutt. ”
Meredith spostò lo sguardo sulla bionda e giurò di averla vista arrossire, appena per un attimo. Subito, però, Care si riprese a sventolò le dita davanti alla videocamera, sorridendo.

Ciao a te, Matt.”


Aveva il fiatone, Bonnie. Restando a parlare con Meredith non si era resa conto del tempo che passava e, da che si era ritrovata ad essere in anticipo per le prove, adesso aveva già cinque minuti di ritardo e doveva ancora svoltare l'angolo. Incredibile quanto i suoi stessi pensieri la distraessero da quello che era sempre stato il sogno di una vita. Aveva cominciato a danzare quando aveva appena quattro anni grazie a sua madre, perchè desiderava che sua figlia si cimentasse presto in un qualche sport e aveva notato una sua certa inclinazione a tenere perfettamente il ritmo battendo le mani e i piedi a tempo con la musica trasmessa alla radio che suo padre teneva accesa a tutto volume ogni domenica mattina perchè si sentisse bene in tutta casa. Era stato un gioco, all'inizio, uno sfizio di sua madre, ma che presto era diventata la sua più grande passione. In sala prove si sentiva potente, importante e bellissima. Era come se, danzando, perdesse tutta la sua naturale e solita goffaggine e si trasformasse, per quelle poche ore, da brutto anatroccolo in cerca di attenzioni a meraviglioso cigno in grado di guardare avanti da sé e a testa alta, senza il bisogno o l'appoggio di nessuno. Si sentiva indipendente, libera di fare ed essere qualsiasi cosa. Mai nella vita vera si era sentita così, lei che era sempre stata la ragazzina timida ed impacciata della porta accanto, quella carina sì, ma che di certo non poteva competere in bellezza con le top model alte un metro e ottanta che vedeva passeggiare nei cortile dei licei e che, purtroppo per la sua autostima, non esistevano affatto soltanto nei film. Elena Gilbert, ad esempio, era un'esponente di quella categoria più che reale.
Ma Bonnie non era mai stata il tipo da mettersi a competere, un po' perchè credeva che non ne sarebbe uscita affatto bene e un po' perchè non era affatto nella sua indole e non le andava. Lei era così com'era, faceva ancora un po' fatica a non osservarsi allo specchio con sguardo prettamente critico, ma almeno il problema era molto meno preoccupante di quanto non lo fosse stato anni prima, durante la prima adolescenza. Inoltre, credeva di avere anche lei qualche carta da giocare nella partita della vita. Se aveva attirato le attenzioni di un ragazzo come Stefan, allora non poteva essere del tutto da buttare.
Damon non contava, se ne rendeva conto adesso più che mai. Se un tempo si era sentita forte e sicura stretta nel suo abbraccio, ora che sapeva che non si era trattato di nient'altro se non di uno scherzo, tutta quella sicurezza si era trasformata in biasimo verso se stessa e la sua stupidità e poi, una volta superata la sofferenza iniziale per l'umiliazione subita e l'abbandono, in una cocente rabbia. Mai, mai lo avrebbe perdonato, perchè perdonarlo significava ridargli il potere di ferirla di nuovo e non voleva permetterglielo. Se c'era una cosa che la sua esperienza con Damon le aveva insegnato, era l'amor proprio.
Per questo motivo, benchè titubasse ancora e non si sentisse del tutto pronta, aveva deciso di parlare con Stefan ed essere sincera con lui, perchè ad aspettare ancora non si fidava. E, riflettendoci, si era ritrovata ad odiare la situazione in cui lei stessa si era infilata tacendo sulla sua storia passata, perchè era come se lei e Damon condividessero un segreto, qualcosa che ancora li univa e che teneva tagliato fuori Stefan dalla sua vita. Era insopportabile.

Sapevo di trovarti qui. Questa è l'unica scuola di danza nel raggio di chilometri, e tu senza la tua danza non vivi.”
Ritrovarselo così, davanti agli occhi, all'improvviso, era l'ultima cosa che Bonnie si aspettava da quella giornata. Ma, soprattutto, la irritava il fatto che lui si permettesse ancora di fingere di conoscerla.

Sono già in ritardo, Damon.” - tagliò corto, o almeno tentò.
Appunto. Quindi puoi anche prenderti qualche altro minuto da perdere con me.” - lui si scostò dalla sua moto semplicemente per sbarrarle la strada e, nel momento in cui lei si fece avanti con la forza e lo sorpassò assestandogli una spallata leggera su un braccio, lui si lasciò sfuggire una risatina e prese a seguirla, camminandole di fianco.
Mi sembrava di essere stata abbastanza chiara con te l'altra sera al pensionato.” - disse - “Devi lasciarmi in pace, Damon.”
Oh, andiamo, Bonnie! Cosa sarà mai una chiacchierata tra due vecchi amici?”
Bonnie alzò gli occhi al cielo. Tutta quell'insistenza la irritava più della sua presenza stessa, perchè davvero non la capiva, molto più di quanto non avesse mai capito tante altre cose di Damon.

Io e te non siamo mai stati amici. E non lo saremo mai. Scordatelo.”
Allora possiamo fare quattro chiacchiere da vecchi amanti.” - propose in cambio lui, con solito tono ammiccante - “E chissà che dalle chiacchiere non si passi ad altro...”
Bonnie si bloccò lì, a qualche passo dall'entrata della scuola di danza. Non sapeva dire se era perchè quella frase l'aveva pronunciata proprio Damon oppure se avrebbe reagito allo stesso modo anche se se la fosse sentita rivolgere da qualcun altro, ma si sentì offesa, profondamente.

Il massimo che ricaveresti da una chiacchierata con me a questo punto sarebbe un pugno in faccia.” - puntualizzò - “Forse ti sei dimenticato con chi hai a che fare, Damon. O forse hai sempre sovrastimato la tua capacità di capire le persone e, in realtà, non hai mai capito niente di me.” - continuò - “E ora vattene, ti ho detto. Ti ricordo che sei stato tu a mollarmi, tu a dirmi di non volermi più vedere. Io mi sono adeguata di conseguenza, e adesso tutta questa insistenza da parte tua è sgradevole e decisamente fuori luogo. Non abbiamo nulla di cui parlare noi due. Un tempo, forse, ma adesso non ne vale più la pena.”
Perchè?” - stavolta, per una volta, si era fatto serio persino lui - “Perchè adesso non ne vale più la pena? Per Stefan?”
No, non per Stefan. E' molto più semplice di così.” - gli rispose - “Dipende solo dal fatto che, finalmente, ho capito di volermi bene abbastanza da non voler fare la parte del tuo giocattolino, che lasci quando vuoi e riprendi per capriccio.” - gli spiegò - “Ma sai qual è il colmo in tutto questo? Che sono stata così male a causa tua che fino a qualche tempo fa mi sarei abbassata addirittura a tanto pur di riaverti con me.”
Non aspettò una risposta, non aggiunse nient'altro. Gli voltò le spalle, ancora una volta.


Elena si rigirò per l'ennesima volta tra le mani l'invito che Caroline le aveva consegnato il giorno prima. Era praticamente tutto, tranne ciò che le aveva sembrato di aver capito che dovesse essere dagli interminabili sproloqui di Care sull'organizzazione di quella festa, ma era simpatico, e al liceo non si parlava ormai d'altro. Erano stati invitati tutti, Caroline non era il tipo da fare discriminazioni quando si trattava di invitare persone ai suoi party, anzi per lei il detto “più siamo, meglio è” era una regola di vita che seguiva come meglio poteva. Chiunque poteva portare chi voleva, che andasse al liceo con loro oppure no. Così facendo, il numero di presenze tendeva sempre a triplicarsi. E Caroline era contenta.
Elena non faceva fatica ad immaginare che anche quella festa, come tutte le precedenti organizzate dalla sua amica, si sarebbe rivelata un successo. Sicuramente si sarebbero divertiti tutti; era sul fatto che si sarebbe divertita anche lei che cominciava ad avere qualche dubbio.
Fino a qualche mese prima non avrebbe avuto alcuna incertezza, avrebbe saputo che si sarebbe recata a quella festa accompagnata sicuramente da Stefan e che avrebbe trascorso una serata fantastica, ma adesso.... Stefan neppure la guardava più. Adesso lui pensava soltanto a Bonnie, parlava soltanto con Bonnie, pranzava con Bonnie, accompagnava a casa Bonnie, tutto faceva intendere che anche quella serata l'avrebbe trascorsa con Bonnie. E lei proprio non sapeva quanto sarebbe riuscita a tollerare l'immagine di Stefan che ballava con la rossa, con le sue braccia attorto alla vita di lei e coi visi così vicini che, col lento adatto che Care avrebbe sicuramente scelto apposta visto quanto appoggiava la nuova coppia nascente, avrebbero anche potuto finire in un bacio.
Andare oltre quella stupida gelosia e non pensarci più? Non sapeva se era poi tanto il caso di farlo. E se tra Stefan e Bonnie le cose non fossero andate bene e lei non fosse stata più lì, pronta a mettersi nel mezzo e a riprendersi il suo ragazzo? In fondo si conoscevano da troppo poco quei due per fare sul serio e, in cuor suo, Elena aveva sempre trovato confortante l'illusione che la vedeva di nuovo con Stefan, una volta che il ricordo del suo cedimento con Damon fosse scemato del tutto.
Certo, a proposito di Damon, lui rappresentava ancora e comunque una seconda opzione.
E se la scelta migliore era lasciar andare Stefan e dare una possibilità a Damon? Non ci aveva mai riflettuto seriamente, forse perchè non si era mai vista in una relazione seria col maggiore dei fratelli. Lui era così....libertino. Sarebbe riuscito a stare con lei e a darle tutto ciò di cui aveva bisogno? Stefan sicuramente sì, con Stefan c'era sicurezza. Ma adesso Stefan pareva voler Bonnie.
Inutile. Proprio non riusciva a venirne a capo. Si sentiva confusa e spiazzata da quelli che, a tutti gli effetti, erano stati veri scombussolamenti nella sua vita di sempre, quella alla quale si era abituata. Scombussolamenti come il ritorno di Damon e l'arrivo di una ragazza che era stata capace di prendere il suo posto nei pensieri di Stefan. Forse, se fosse stata meno egoista, avrebbe preso l'arrivo di Bonnie come una benedizione dal cielo, come un segnale che quello giusto per lei era Damon e che poteva stare con lui senza far soffrir Stefan, impegnato nel suo nuovo amore. Ma Elena si era riscoperta profondamente egoista, e non riusciva a rinunciare al ragazzo migliore che avesse mai incontrato, sebbene non poteva negare di nutrire da sempre una forte attrazione per Damon e forse qualcosa che andava ben oltre.
Si sentiva intrappolata da se stessa e dai suoi desideri. Ed era così arrabbiata con Bonnie McCollough! Non riusciva a farsela piacere e nemmeno ci provava.

Elena! Elena, vieni!” - la voce della sua sorellina arrivò a distoglierla dai suoi pensieri. Le aveva promesso di aiutarla ad impacchettare il regalo di compleanno per la sua amichetta del cuore e Dio solo sapeva quanto diventata insistente la piccola Maggie se non tenevi fede ad una promessa fattale.
Arrivo!” - rispose, lasciando l'altalena in giardino per poter rientrare in casa. A pochi passi dall'ingresso, però, si accorse di aver dimenticato l'invito alla festa di Care sul sediolino in legno di fianco a quello su cui aveva dondolato piano lei fino a qualche istante prima e tornò indietro a prenderlo. Fu allora che notò, dall'altra parte della strada, Stefan intento a litigare con un enorme scatolone che proprio non voleva saperne di restare chiuso. Sapendo che Caroline quel giorno aveva intenzione di darsi da fare per scavare tra i vecchi addobbi qualcosa di ancora riciclabile per la festa che stava organizzando, pensò che avesse coinvolto anche lui e lo raggiunse.
Addobbi per Caroline?” - chiese, per farsi notare - “Se vuoi ti portò altro scotch per chiuderlo.”
Stefan, al suono della sua voce, sobbalzò leggermente, colto alla sprovvista, ma nel guardarla abbozzò un sorriso e sospirò.

A dire il vero qui dentro ci sarebbe il mio travestimento per la festa.”
L'hai già scelto? - si stupì.
Non io. E' stata...Bonnie.”
Quella risposta la confuse.

Bonnie? E perchè mai lei dovr---” - si interruppe da sola, perchè era ovvio il motivo per cui era stata la rossa a scegliere il costume anche per Stefan - “Allora vai alla festa con lei. Non me l'avevi detto.”
Stefan, per tutta risposta, scrollò le spalle.
Ecco, era esattamente tutto quel tipo di nuova indifferenza che la irritava parecchio. Come se lui desse per scontato che quella cosa non la ferisse o come se addirittura lo sapesse e non gli importasse. E questo perchè era stata prima lei a ferire lui? Non l'aveva mai fatto un tipo così rancoroso. Di quel passo, come potevano far tornare di nuovo le cose come prima?
Sentiva la testa scoppiarle tanta era la gelosia.

Beh, buon divertimento allora.”
Elena...”
Era già di ritorno verso casa, quando si voltò di nuovo.

E, ora che ci penso, mi sa che forse lo scotch l'ha finito ieri Maggie. Scusa tanto, dovrai arrangiarti.”
Aggiunta infantile, davvero molto infantile, ma non era riuscita a trattenersi dal prendersi almeno quella piccola rivincita. L'aveva fatto per ripicca sì. E, parlando di ripicca, se Stefan non si era fatto poi così tanti problemi nell'invitare un'altra, allora proprio non vedeva per quale motivo dovesse farsene lei. Non se n'era forse già fatti troppi?
Mentre rientrava a casa, infilò la mano nella tasca posteriore dei pantaloni e ne estrasse il cellulare. Compose in fretta un numero, avviò la chiamata e attese la risposta dall'altro lato.

Ma guarda che sorpresa!”
Damon? Ho una cosa da chiederti...”


Il solito sorriso che Bonnie aveva stampato sul viso stanco dopo ogni sessione di prove morì nell'istante in cui, messo piede in strada, notò che Damon era ancora lì, a poco più di un metro da lei, ancora incollato alla sua moto. L'aveva aspettata lì, non riusciva a crederci.
Era sicura che dopo il loro ultimo scambio di battute di tre ore prima se ne fosse andato via così come gli aveva caldamente consigliato di fare, e invece no, invece si ostinava a mettersi sulla sua strada. Ancora un po' e sarebbe esplosa.
-E' di spalle! -
pensò all'improvviso, e considerato il fatto che era oltretutto così impegnato a parlare con qualcuno al telefono, se fosse stata brava a non urtare niente, a non fare rumore e a filare via alla svelta, avrebbe potuto andarsene senza essere vista.
-
Bel piano, Bonnie.- si complimentò con se stessa, addirittura con una punta di orgoglio, e se avesse potuto si sarebbe data il cinque da sola. Forse non stava facendo esattamente la figura della donna matura e coraggiosa che tanto voleva essere, ma avrebbe sfidato chiunque, nella sua situazione, a cimentarsi nell'ennesimo confronto con Damon. No, grazie, per quel giorno ne aveva avuto anche abbastanza.
Si assicurò il borsone in spalla e mosse alcuni passi lenti proprio alle spalle di Damon, ma purtroppo era quella la strada da fare per arrivare al parco e tagliare poi da lì per il pensionato.
Beh, l'avesse mai fatto! Gli era arrivata così vicina da riuscire ad ascoltare ciò che mai avrebbe voluto ascoltare, non in quel momento.

Va bene, va bene.” - stava dicendo Damon - “Festicciole del genere non sono esattamente il mio genere, ma per te faccio questo ed altro ancora, Elena. Quindi va bene, ti ci accompagno, un modo come un altro per passare una serata in compagnia del mio Angelo. Ma ricordati che mi aspetto qualcosa in cambio dopo.”
Il succo, quindi, era che Elena aveva chiesto a Damon di accompagnarla alla festa di Care e lui aveva accettato. Bene, anzi benissimo. Tutto stupendo, se non fosse stato per il fatto che Bonnie si era bloccata lì, a quella parola -Angelo-, la parola che, mesi prima, aveva distrutto ogni briciolo di felicità.


2 mesi prima. New York.

No...aspetta...che significa. Devi spiegarti meglio, perchè...è assurdo. Te ne rendi conto? E' assurdo!” - Bonnie balbettava, sentiva le lacrime affiorarle agli occhi e scenderle copiose lungo le guance. Avrebbe voluto urlare, cadere e svegliarsi di colpo, scoprire che si trattava soltanto di un brutto sogno, perchè no...non poteva essere, non riusciva a crederci né tantomeno riusciva a capire.
Cosa era successo a Damon? Al suo Damon? Perchè all'improvviso le faceva questo?

Sei scomparso per tre giorni, Damon. Ero preoccupata. Tanto preoccupata. Ti ho aspettato tutta la sera per la festa di diploma di Matt e non ti sei presentato, mentre mi avevi promesso di passare. Non sapevo dove fossi, cosa ti fosse successo. Ho provato a chiamarti, ma non rispondevi mai. Ho provato addirittura a chiedere ai tuoi amici, ma neanche loro hanno saputo dirmi niente.” - continuò, quasi isterica - “E adesso torni e...non capisco. Che stai cercando di dirmi?”
Lui alzò gli occhi al cielo, freddo come mai era stato con lei.

Ti sto scaricando, Bonnie. Non è così difficile.” - fece - “E smettila di piangere, per cortesia. Guardati! Sei ridicola. Una stupida e patetica ragazzina.”
Si sentiva ferita, nel profondo sentiva la sua anima stappata in due. Non riusciva a capire il motivo di tanto astio quando fino ad una settimana prima erano così felici...
Perchè? Perchè adesso faceva così? Perchè le diceva quelle cose? Perchè le faceva del male a quel modo, nel modo peggiore?
Tentò di avvicinarsi, tese le mani per toccarlo, ma lui le afferrò i polsi e la respinse indietro, scostandosi malamente.

Damon...no. Ascolta, qualsiasi cosa sia successa...possiamo risolverla insieme, noi due. Io... farò quello che vuoi, davvero. Io ti amo.” - aveva immaginato tante volte il momento in cui gli avrebbe detto che lo amava -il primo “ti amo” della sua vita-, ma mai aveva pensato che sarebbe successo così.
Damon, però, non parve minimamente toccato dalla cosa. E se lo fu, non lo diede a vedere.

Mi ami? Parli di amore? Ma con chi ti credi di avere a che fare?” - la derise - “Cosa speravi? Che saremmo stati insieme per sempre? Sei stata un passatempo, ragazzina. E' stato divertente sì, ma adesso basta, mi sono stancato.”
No, no no no no, non ci credo. Non ci credo!”
E invece devi crederci! Anzi, fatti un favore, Bonnie, e dimenticami del tutto, dimenticati che esisto perchè io di sicuro mi dimenticherò presto che esisti tu. Arriverà il giorno in cui non ricorderò più nemmeno il tuo viso, così come è successo con altre decine di ragazze prima di te e così come succederà con altre. E sai perchè? Perchè io non amerò mai nessuna di voi, non amerò mai te. Non hai mai avuto davvero nessuna chance per tenermi con te, Bonnie, sono sempre stato io a dirigere il gioco. E il motivo è semplice: esiste una ragazza che amo, l'unica per la quale varrà mai la pena e quella ragazza non sei tu, non lo sarai mai. Lei è il mio Angelo, e con lei non potrai mai competere, non sei all'altezza.”


Angelo. Il tuo Angelo.” - si ritrovò a ripetere, come un'accusa, attirando subito l'attenzione di Damon che, messo via il cellulare, si voltò a guardarla. Dalla sua espressione, era evidente che non si aspettava che avesse ascoltato tutto.
Bonnie...”
Il tuo Angelo.... Elena...” - collegò - “E' lei. Quindi durante quei tre giorni in cui eri scomparso, tu eri semplicemente tornato qui. Da lei. Dal tuo Angelo Elena. Elena Gilbert.” - che di amorevole, almeno con lei, non aveva ancora dimostrato di avere un bel niente. Ma, in fondo, c'era da aspettarselo che il famoso Angelo di Damon fosse una ragazza del genere - “Tutto questo è...ridicolo.” - scosse la testa, quasi le venne da ridere, ma si trattenne. Preferì girarsi e tornare sui suoi passi, allontanarsi da lì.
Damon, dal canto suo, però, si fece avanti e le afferrò un braccio. Stavolta fu Bonnie a sottrarsi malamente alla sua presa.

Dobbiamo parlare, Bonnie.”
E di che? Di cosa io e te dovremmo mai parlare, Damon?” - ritorse - “Per quanto mi riguarda, ribadisco che non c'è assolutamente più niente da dire. Piuttosto, perchè sei qui? Perchè ti ostini a starmi tra i piedi? Vai da Elena! Insomma, è per lei che sei tornato, no? Quindi che ci fai qui? Vai dal tuo Angelo, Damon. Ti ho già detto che io non voglio avere niente a che fare con te, quindi se è questo che ti preoccupa, sta pure tranquillo: non ho nessuna intenzione di essere un problema tra voi due.”






NOTE:

*Si prepara a  ricevere le tonnellate di pomodori e ortaggi vari che le verranno lanciati contro*
Oddio.....Scusate, scusate, scusate, scusate, scustate, scusate tantissimo!!!! Sono passati 4 mesi, lo so, ed è imperdonabile, so anche questo. Ora, non voglio giustificarmi e capirò se mi prenderete a male parole e/o snobberete del tutto le mie storie da ora in avanti, ma è stato un periodo un pò così per me, per quanto riguarda la scrittura. Vabbè, prima c'è stata l'estate che mi ha tenuto fuori per parecchio, quasi un mese e mezzo intero, poi recentemente mi son fatta un altro mese senza ADSL per via di casini vari e, nel frattempo, la mia voglia di scrivere ha raggiunto i minimi storici. Forse ho troppe robe in ballo, non so, fatto sta che sono del tipo che se non ho voglia di scrivere allora, pur di non scrivere della assurde stupidaggini tanto per fare, preferisco non scrivere affatto e lasciare le cose come stanno. Tuttavia, mi sento leggermente in ripresa e, vi dirò, pensare a continuare la ff decisamente mi alleggerisce la testa, prendendolo un pò come uno svago. Spero veramente che mi perdonerete per l'immensa assenza, non mi è mai capitato prima, ho sempre cercato di essere puntuale con gli aggiornamenti e non sono mai sparita così dalla circolazione, quindi sono un pò leggermente in ansia all'idea che vi siate dimenticate di tutto quello successo fino ad ora nella ff e non mi filerete di striscio. E avreste ragione! Sul serio, ma spero non lo farete e riprenderete a seguirmi.
Questo capitolo è anche un modo per farmi un pò perdonare, perchè racchiude in sè un pò di cose che mi avete chiesto.
POV Meredith e l'inizio della sua voglia di vendetta contro Damon: c'è.
Più Meredith e Caroline BFF: c'è.
Nuovi assaggi di Matt e la costruzione di una storia tutta sua: c'è. 
Elena che, metaforicamente, le prende da Stefan xD : c'è.
Flashback su cosa è successo al momento della rottura tra Damon e Bonnie: cè e non sarà l'unico, manca il punto di vista di Damon.
Bonnie che realizza quanto sia veramente una -passatemi il termine- cagna Elena in questa storia: c'è.
Non c'erano Bonnie e Stefan, ma nel prossimo capitolo, già in lavorazione, ci saranno e alla grandissima, perchè so quanto alla maggior parte di voi piacciano insieme e perchè...ci devono essere, sennò la storia non può andare avanti xD
Spero tanto tanto tanto che il capitolo vi sia piaciuto e che riprenderete a seguirmi. Per qualsiasi cosa -non vi è piaciuto il cap, insulti vari, suggerimenti su ciò che vi piace o no oppure su ciò che vi aspettate o no- io sono qui e sapete dove trovarmi. In caso, per insulti e reclami in via più diretta, trovate il link per il mio facebook nella mia pagina autore oppure potete anche mettere una taglia sulla mia testa nel gruppo Bamon su fb in cui milito, quello di SerenaEbe e Little Redbird tra le altre, per intendersi.
Prometto che il prossimo capitolo arriverà presto. Non vi dò una data di scadenza perchè ora come ora non so se sarei in grado di rispettarle, quindi, seguendo l'esempio di altre fatastiche autrici qui nel fandom, vi dico che dovrei riuscire a postare per settimane prossima, massimo 1 Dicembre.
Ripeto: spero che riprenderete a seguirmi. Grazie a tutti coloro che hanno letto e recensito in questi mesi di assenza e vi aspetto, se vorrete, prossima settimana col prossimo capitolo.  
A presto....BACIONI....IOSNIO90!!!

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Capitolo 8
*** Bacio di Mezzanotte ***


Bacio di mezzanotte

Matt Honeycutt aveva poche certezze nella vita e sapeva che le persone sulle quali poteva davvero fare affidamento poteva contarle sulle dita di una mano sola. Era un ragazzo responsabile, forse fin troppo per la sua età. Ad appena diciannove anni avrebbe dovuto interessarsi a feste e ragazze, così come la grandissima maggioranza dei suoi compagni di corso, ma aveva trascorso l'adolescenza a preoccuparsi per sua madre e sua sorella e questo gli aveva inevitabilmente portato via gran parte di quel sacrosanto diritto al menefreghismo che i ragazzi comuni avevano. Non si lamentava, sapeva che, nella disgrazia, era stato molto più fortunato con quel poco che aveva di molte altre persone lì fuori nel mondo, ma a volte gli veniva da pensare che un po' di spensieratezza in più non gli avrebbe fatto male, forse l'avrebbe aiutato ad affrontare l'esperienza del college nel modo migliore, prendendola non solo come l'opportunità di costruirsi un degno futuro, ma anche come la possibilità di tirare un sospiro di sollievo e rilassarsi. Con sua madre che aveva trovato finalmente un lavoro stabile e sua sorella che, trasferitasi da alcuni zii a Boston, aveva trovato la voglia per terminare gli studi al liceo, ora Matt poteva vivere semplicemente per se stesso. Aveva un lavoro alla caffetteria interna del campus, l'NYU gli aveva garantito una borsa di studio completa per il football e i suoi voti erano abbastanza buoni da riuscire a mantenere una media adeguata affinchè quella borsa di studio non gli venisse revocata, poteva effettivamente rilassarsi, eppure non era certo di riuscire a farlo, non era certo neppure di sapere come si facesse di preciso a rilassarsi.
Negli anni precedenti, Bonnie e Meredith erano state la sua unica valvola di sfogo. Il rapporto con loro era profondo e sincero, stare in loro compagnia gli permetteva di distrarsi e, adesso, ne sentiva la mancanza. Aveva degli amici, certo, ma non era la stessa cosa, con nessuno di loro poteva parlare liberamente ed era questo ciò che più lo aveva stranito del college: il fatto che non fosse ancora riuscito a trovare nessuno con cui legare subito, che condividesse il suo modo di vedere le cose e i suoi interessi, i suoi
altri interessi, quelli che andavano al di là dello sport. Tantomeno era riuscito a trovare una ragazza a cui interessarsi sul serio. Matt non era tipo da storie lampo o da un notte e via, a lui piacevano il romanticismo e l'attesa, le cose fatte per bene, e questo non potevi pretenderlo da qualsiasi ragazza ti capitasse a tiro. Forse, si diceva, neppure avere come migliori amiche di una vita due ragazze come Bonnie e Meredith era d'aiuto nella sua ricerca dell'anima gemella, perchè, inevitabilmente, finivi col fare paragoni. E quindi una era troppo...eccessiva, l'altra era troppo superficiale, l'altra ancora era troppo vanesia e così via per una serie interminabile di difetti che non riusciva a non notare subito.
Gli piaceva essere presente per loro e sostenerle, era stato il primo, al momento dei saluti, a dire che la lontananza non avrebbe rovinato nulla e che avrebbero continuato a sentirsi e ad essere sempre gli stessi gli uni con gli altri perchè in quel loro rapporto avrebbero sempre potuto essere semplicemente Matt, Bonnie e Meredith, quei tre ragazzini che erano cresciuti insieme giocando a tirarsi le palle di neve d'inverno, le foglie secche in autunno, i fuori in primavera e i palloncini pieni d'acqua d'estate. Quindi attendeva con ansia chiamate e videochat, le attendeva come le sue personali boccate d'aria fresca. E trovava conforto nell'ascoltare Meredith e Bonnie, trovava conforto nell'ascoltare i loro problemi e pensare a quelli piuttosto che ai suoi che, in sostanza, potevano essere racchiusi in un semplice: malgrado ciò che aveva dato a bere alle sue migliori amiche, lui non si stava integrando per niente al college né viveva la sua nuova vita al massimo come diceva di fare.
In parte, si sentiva in colpa per il fatto di non aver detto nulla e, forse, avrebbe trovato la forza di parlare se non fosse saltata di nuovo fuori tutta quella faccenda di Damon che aveva travolto così duramente Bonnie. Ora come ora, però, non credeva che le sue stupide insicurezze fossero importanti. Quelle poteva risolversele da solo col tempo e qualche uscita in più magari, al momento doveva occuparsi del dolore della sua amica.
“Quindi, stavamo pattinando, e Meredith -che si presupponeva avesse preso lezioni di pattinaggio- cade a capitombolo dopo appena mezzo giro...” - stava raccontando. Dall'altro lato della webcam, Caroline Forbes faceva di tutto per trattenersi dal ridere e Meredith si copriva il naso con entrambe le mani.
“Dio, Matt, è così imbarazzante...” - mormorò, la diretta interessata.
“Ma non è finita qui!” - continuò lui, con un mezzo sorriso, sordo alle suppliche dell'amica - “Non solo è caduta, ma si è rialzata e, per darci dimostrazione del fatto che si era trattato di un caso isolato e che lei era davvero una gran pattinatrice pronta per le Olimpiadi, si è data una nuova spinta, ennesimo mezzo giro, resta bloccata con la punta di uno dei pattini nel ghiaccio e...BAM....viene giù dritta, batte la faccia e si rompe la bellezza di due denti!”
“Noooo. Due denti?” - Caroline, impressionata, si voltò a guardare Meredith che, per tutta risposta, mise in mostra la dentatura e battè un'unghia sui due incisivi in alto, annuendo.
“Ebbene si. Si ruppero a metà, così il dentista dovette ricostruirli.” - confermò.
“Ti lascio immaginare come era stravolta la nostra insegnante.” - riprese Matt - “La signora Jones. Noi andavamo alle medie e lei avrà già avuto sessant'anni all'epoca. Credo che ne perse altri cinque soltanto a vedere Meredith che si risiedeva sul ghiaccio e, impassibile, senza versare neppure una lacrima, guardava le metà mancanti dei suoi denti e si diceva che doveva dire ai signori McCollough di cambiare dentifricio perchè, ovviamente, quello che usavano non rafforzava i denti.”
“Non. Ci. Credo.” - Caroline scoppiò allora nell'ennesima risata della sera, non riuscendo più a trattenersi - “Questa è la cosa più assurda che abbia mai sentito.” - commentò.
“Beh, cara capo-cheerleader, questa è Meredith Sulez e questo è il suo proverbiale stoicismo.”
“E come sempre ti ringrazio, Matt, per aver reso alla perfezione la mia persona con uno dei tuoi fantastici racconti.”
“Sei materiale da racconto, Mer.”
“Da libro di barzellette, magari.” - intervenne Caroline, coprendosi subito la bocca con la mano.
Matt rilasciò una potente risata e Meredith, dopo un attimo di meraviglia, diede una leggera spinta a una spalla di Caroline e non potè far altro che mettersi a ridere anche lei, concludendo in bellezza quel pomeriggio fatto di storie raccontante ai suoi danni.
Quel clima divertito raggelò nello stesso istante in cui la porta d'ingresso al pensionato si aprì e si richiuse con un tremendo tonfo. La voce di Bonnie arrivò poco dopo.
“Non ci credo! Meredith! Devi insegnarmi subito quel calcio rotante in aria che hai imparato a karate che devo darlo in faccia a chi dico io!” - le urla si disperdevano per tutto l'edificio, lasciando particolarmente perplessa soprattutto Caroline.
“Sembra un po' alterata....” - il commento di Matt venne accolto con un'occhiataccia da parte di Meredith che, però, non ebbe il tempo di rispondere che Bonnie si presentò nel vano della porta aperta che dava sulla cucina. Era rossa in volta e i riccioli, sempre a posto, erano del tutto scombinati. Probabile -pensò Matt- si fosse messa le mani nei capelli lei stessa mentre urlava poco prima, così come le aveva visto fare ogni volta che si arrabbiava tanto da sfuriare. Era pronta a rifarlo, si vedeva lontano un miglio, ma la presenza inattesa di Caroline la trattenne.
“Oh. Caroline.”
“Bonnie.” - salutò l'altra, cauta - “Ero venuta a portare delle cose per la festa e mi sono trattenuta con Mere in video col vostro amico...”
Solo allora Bonnie, particolarmente distratta dai suoi stessi pensieri, sembrò accorgersi del viso di Matt e della sua mano che sventolava in segno di saluto dall'altra parte dello schermo.
“Matt! Stavo per chiamarti io.”
“C'avrei scommesso.” - rispose lui.
“Sicura di star bene?” - intervenne Meredith.
Bonnie, alle strette, guardò prima l'una, poi l'altro, infine portò di nuovo gli occhi su Caroline ed abbozzò un mezzo sorriso, cominciando a tamburellare col piede sul pavimento.
“Assolutamente si. Benissimo.”
Pura menzogna. E quel continuo tamburellare quasi isterico rese palese a tutti che mentiva e che avrebbe voluto un po' di privacy coi suoi due più cari amici per sfogarsi. Caroline non se la prese, la capiva, quindi prese tra le mani la borsa attaccata alla sedia e si rialzò.
“Dio, è tardissimo. Devo cenare con mia madre, stasera.” - fece - “Quindi direi che è meglio andare. Oltretutto devo finire la nuova coreografia per le cheerleaders in vista della prossima partita.” - si scusò - “Grazie per il pomeriggio Meredith, ci rivediamo a scuola. Anche con te, Bonnie, ovvio. Matt è stato bello conoscerti, spero verrai a farci visita presto o tardi.”
“Contaci. Ho mille altri aneddoti imbarazzanti su Meredith da sbandierare ai quattro venti.” - rispose lui, cercando di stemperare un po' la tensione del momento.
Caroline, passando di fianco a Bonnie le toccò il braccio e le sorrise, quindi si allontanò verso la porta. La rossa si decise a parlare solo quando sentirono il rombo del motore di un auto che prendeva vita e si allontanava.
“Allora? Ce lo dici che è successo?” - fece Meredith.
Bonnie, finalmente libera di sfogarsi, sbuffò sonoramente, entrò del tutto in cucina e prese a fare su e giù da una parte all'altra.
“Voi non potete capire. Neanch'io riesco a crederci. Voi non avete idea di ciò che....quello lì ha osato dire e fare oggi.”
“Aspetta. Soggetto della frase? Damon?” - interruppe Matt.
Bonnie annuì.
“Si. Lui. Sempre lui. Quel dannato! Si è fatto trovare fuori le porte della mia scuola di danza, come se ne avesse il pieno diritto. Onestamente? Neppure ho capito che diavolo ci faceva lì.”
“Dio, quando la smetterà di essere un tormento? Lo prenderò presto a sberle, sei avvisata.” - decise Meredith.
“Fà pure. Ma aspetta che solo adesso viene il bello, perchè voi non avete idea di cosa ho scoperto!”
Bonnie raccontò, confusionaria come sempre, a grandi linee ciò che aveva scoperto dalla telefonata che aveva involontariamente ascoltato tra Damon ed Elena e ci aggiunse, ovviamente, tutte le sue supposizioni del caso, tutto ciò che aveva detto a Damon dopo e che lui non aveva neppure tentato di ritrattare. Meredith pareva addirittura presa in contropiede dalla notizia, sembrava confusa. Matt, che sapeva poco e niente di questa Elena, non sapeva che pensare tranne che avrebbe volentieri anche lui spaccato la faccia a quel Damon. Come, come si poteva tradire così una persona come Bonnie? Specie se innamorata come sapeva che Bonnie era stata innamorata di quel vigliacco?
“Elena Gilbert.” - fece Meredith - “Sicura di aver sentito bene? Che si trattava realmente di lei?”
“Ovvio che sono sicura. Oltretutto io stessa poi l'ho nominata nell'accusarlo, se si fosse trattata di un'altra Elena l'avrebbe detto.....credo.”
“E che lo trovo strano.” - continuò Meredith - “Insomma...a me era parso che a lei interessasse Stefan, a dirla tutta.”
Matt sgranò gli occhi.
“Che? Stefan, il fratello minore? Stefan, il ragazzo perfetto? Stefan, quello che piace a Bonnie?”
“Si, Matt. Lui. Non conosco molti altri Stefan. Tu?”
“Beh, Mer, io non conosco neanche lui, figurati!” - risposi - “Mi chiedevo solo...cosa te lo fa pensare? Da quando ne sento parlare non mi pare sia mai venuto fuori che questo Stefan abbia avuto qualcosa a che fare con questa Elena. Bonnie?”
Ma la sua amica aveva appena perso tutta la rabbia sfoderata fino a qualche istante prima che Meredith avanzasse con quella sua teoria e si era lasciata cadere sulla stessa sedia che poco prima aveva occupato Caroline, affranta.
“La mia vita è un disastro.” - sospirò - “Cosa volete che ne sappia io? Stefan non ne ha mai parlato. Anche se, se davvero lui interessa ad Elena, almeno questo spiega perchè lei è stata odiosa con me fin dal primo giorno.” - sospirò nuovamente - “Ho bisogno di un bagno caldo. Devo rilassarmi.”
“Si.” - concordò Meredith - “Io ti preparo qualcosa da mettere nello stomaco, nel frattempo.”
Bonnie annuì e poi si rivolse a Matt.
“Ci risentiamo domani?” - chiese.
“Certamente.” - rispose lui - “Tu cerca di calmarti, io adesso stacco che tra poco devo uscire per il turno serale alla caffetteria.”
“Va bene. A domani, Matt.” - Bonnie.
“Ciao, Matt.” - Meredith.
“A domani, ragazze. Tienila d'occhio anche per me, Mere.”
“Sempre.”
E dopo quella risposta lanciò un ultimo sorriso quindi chiuse la videochiamata. Si ritrovò nella sua stanza, da solo. Aveva un compagno di stanza, ma praticamente era più le volte in cui lo beccava nei corridoi che quelle in cui lo aveva in stanza. Si chiamava John e amava le ragazze – così gli si era presentato il primo giorno. Da allora, la loro conversazione più lunga era durata circa tre minuti -durante i quali John gli aveva spiegato il percorso più breve per la lavanderia- prima che una delle tante ragazze del suo coinquilino non venisse a portarselo via per una festa, un appuntamento, una gita tra amici e Dio solo sa cos'altro. Matt si era abituato presto alla solitudine, inoltre aveva comunque il lavoro e lo studio che gli tenevano la mente occupata e gli riempivano le giornate insieme agli allenamenti di football. Usò come distrazione il pensiero del lavoro anche quel giorno, per non pensare alla sua migliore amica ancora messa alle strette da quel Damon che non gli era mai piaciuto granchè. Troppo misterioso, troppo saccente, troppo vanaglorioso. Sapeva che avrebbe fatto soffrire Bonnie e così era stato. Ma poi lui aveva mantenuto almeno la sua ultima promessa ed era scomparso, Bonnie aveva sofferto, ma Matt aveva sperato che almeno quel trasferimento servisse a tirarla di nuovo su e, quando aveva ascoltato il tono che l'amica aveva nel parlargli di Stefan, aveva creduto davvero che lei avesse ritrovato la serenità. E ovviamente Damon era tornato in gioco, addirittura era il fratello maggiore del nuovo quasi ragazzo di Bonnie. Era normale che lei si sentisse turbata e frustrata, logico, perchè la cosa cominciava ad apparire quasi ridicola, a detta di Matt. Era il fatto di non riuscire ad aiutarla come avrebbe voluto che lo infastidiva.
Sì, qualche ora a servire caffè lo avrebbe aiutato a distrarsi.
Si cambiò velocemente, afferrò il suo borsone ed uscì dalla sua stanza, richiudendosi la porta alle spalle.
La vide già da qualche metro di distanza, mentre avanzava a passo fermo, tenendosi giusto al centro del cortile interno, come stesse affrontando una passerella. Il naso all'insù, l'espressione altezzosa, i capelli biondi che ricadevano ad onde sul giacchetto di pelle scura che indossava. Non appena anche lei si accorse di lui si fermò ed esibì la stessa espressione di Matt, con un sopracciglio alzato e gli occhi pieni soltanto di diffidenza. Matt, però, fece il primo passo e le si avvicinò.
“E tu che ci fai qui?”
“Ho deciso di seguire qualche corso.”
“Ma davvero?” - lo scetticismo era palese - “Non dovevi diventare una grande etoille, Bex?”
“Rebekah, prego. Ti sarei grata se usassi il mio nome per intero e scandito correttamente, Honeycutt.” - lo riprese subito - “Ricordati che gli amici di Bonnie McCollough non sono anche
miei amici.”



Si era messo senza neppure rendersene conto nel più grande impiccio in sui si potesse mettere. O almeno questo era ciò che gli suggeriva la coscienza.
Dannata! Tornava sempre a farsi sentire nei momenti meno opportuni. E lo spingeva a fare e dire cose che altrimenti non avrebbe fatto e non avrebbe dovuto fare affatto, a prescindere. Tipo seguire Bonnie e cercare di parlarle. A che pro? Non aveva intenzione di tornare con lei, troppo impegnativo e troppo complicato, quella ragazza era capace di portare le cose ad un tale livello di profondità che finiva col sentirsi a disagio. Lui, a disagio: quando mai si era visto?!
Quindi era colpa di Stefan, come sempre. Se non gli fosse presa quella strana fissazione con la sua ex probabilmente di Bonnie gli sarebbe fregato molto poco. Però il fratellino si era messo in mezzo, e adesso usciva con Bonnie, parlava soltanto di Bonnie, e Damon scommetteva che quando lo beccava assorto in silenzio in chissà quali grandi riflessioni in realtà stava pensando a Bonnie. E neppure si azzardava a pensare al modo in cui la pensava perchè, per quanto santo, Stefan restava comunque un diciassettenne maschio. Ovviamente era questo a spingerlo, il pensiero che fino a qualche tempo prima Bonnie era sua e che adesso suo fratello stesse cercando di prendersela. Perchè -ancora- la sua intenzione non era quella di tornare con Bonnie, ma solo di far sì che Stefan non l'avesse. Non Stefan. Per il resto, che la rossa andasse pure con chi voleva. Aveva altri obiettivi lui, e Bonnie si meritava e aveva tutto il diritto di trovare qualcuno come lei, che andasse bene. Tutti, ma non suo fratello.
Quando rientrò in casa era ormai sera. Ad aspettarlo trovò in un angolo all'ingresso una pila di scatoloni col suo nome.
“Tutta roba tua, immagino. Da New York. Metà l'ho già portata di sopra.” - Stefan se ne stava appoggiato a braccia incrociate allo stipite della porta che conduceva nella biblioteca al primo piano della villa, a qualche metro di distanza.
“Uhm. E a cosa devo tanta gentilezza?”
“Al fatto che quelle scatole ostruivano il passaggio fino alle scale. Ho dovuto spostarne alcune per forza.”
“A queste ci penso io.” - annuì Damon e Stefan alzò li occhi al cielo -un “grazie” da parte sua non l'avrebbe mai ricevuto nella vita.
“Non avevo intenzione di metterci mano.” - rispose, quindi fece per andarsene. Tuttavia, tutta quell'accortezza e quel riguardo da parte sua avevano sempre avuto uno strano effetto su Damon, lo infastidivano. Sapeva, in fondo, che Stefan non lo faceva a quello scopo, che semplicemente era nella sua perfetta natura fare sempre la cosa giusta e prodigarsi per gli altri -perchè lo conosceva fin troppo bene da sapere con certezza che, nonostante la ridicola scusa che gli aveva rifilato, suo fratello aveva messo a posto quegli scatoloni perchè voleva-, ma nonostante questo proprio non riusciva semplicemente ad accettare la cortesia così, a testa basta, senza vederla come l'ennesima dimostrazione di quanto fosse moralmente inferiore al suo fratellino, che lo aiutava anche se gli aveva dichiarato apertamente guerra.
E allora attaccò, con l'unica arma che aveva. Perchè, sebbene Stefan facesse il superiore e l'indifferente, credeva che stuzzicandolo un giorno sì e l'altro pure alla fine avrebbe ceduto.
“Ieri ho visto la tua amica, la sempre simpatica Caroline.” - buttò lì, sfilandosi la giacca di dosso per lasciarla cadere in cima alla pila di scatole - “Non mi sembrava così felice di rivedermi. Spero che la mia presenza alla sua festa non la disturbi troppo...”
“Come se la cosa ti importasse.” - fece Stefan, di getto, processando solo dopo qual era la reale informazione che Damon gli aveva appena passato - “Perchè, vieni alla nostra festa?” - chiese, quindi.
Damon scrollò le spalle.
“Elena ha chiamato nel pomeriggio per invitarmi e allora...”
“Nel pomeriggio.”
“Già.”
E Stefan abbassò la testa e curvò la bocca in una smorfia che tanto ricordava un accenno di sorriso.
Damon lo fissò a lungo, in silenzio, con gli occhi ridotti a due fessure e le labbra atteggiate nello stesso sorrisino del fratello prima di parlare.
“Lo trovi divertente?”
“Un po'. Sì.” - fece Stefan, ritrovando compostezza - “Ma spero che vi divertiate. Caroline non farà problemi, vedrai, me ne occuperò io.”- assicurò - “Ho solo una domanda: quel giorno tu ed Elena avete intenzione di uscire direttamente per la festa oppure vi vedrete da prima?”
“Usciremo prima. Noi due da soli.” - fu la pronta risposta di Damon.
“Bene. E tornerete prima a casa a cambiarvi oppure andrete dal vostro appuntamento alla festa?”
“Non ne ho idea. Non so i dettagli, ancora.” - tutte quelle domande cominciavano a dargli alla testa e il tono di Damon, così come l'espressione, inevitabilmente si era indurito - “Perchè vuoi saperlo?” - pretese.
“Perchè mi serve sapere se avrò casa libera tutta sera prima della festa oppure no.” - Stefan scrollò le spalle, con semplicità, come fosse una risposta talmente ovvia la sua che Damon avrebbe dovuto arrivarci da solo. E il punto era quello: lui ci era arrivato al punto in cui suo fratello era poi effettivamente andato a parare e la cosa non gli piaceva affatto.
“Ah! Hai invitato i tuoi amichetti qui così potete travestirvi tutti insieme?” - fece.
“Pensavo più ad una cena con Bonnie, a dire il vero.” - rispose Stefan - “Te l'ho detto, Damon: quello che state facendo adesso tu ed Elena è un gioco a cui giocate da soli. Io a quella festa ci vado con Bonnie, e l'ho detto anche alla stessa Elena proprio nel pomeriggio, poco prima che parlasse con te. Non mi interessa ciò che fate voi, sono serio.”
“E questo grazie a Bonnie? La rossa che ho visto con te?”
“Esattamente.”
“Non è tanto eccezionale.” - fece Damon - “Se ti affretti fai ancora in tempo ad invitare un'altra.”
“E perchè mai dovrei?” - il cellulare di Stefan cominciò a suonare in quel momento e lui lo sfilò dalla tasca dei pantaloni, dando un'occhiata veloce al display.
“Pensavo puntassi più in alto, a qualcosa di meglio.”
“Non esiste di meglio. Fidati, tu non la conosci.” - poi si allontanò e lo sentì rispondere alla sua chiamata.
Damon, rimasto solo con se stesso e le ultime parole di suo fratello, ripensò alla lite che nel pomeriggio aveva avuto con Bonnie, ripensò a tutto ciò che lei gli aveva detto da quando si erano rivisti lì a Fell's Church, al modo in cui gli aveva tenuto testa e al modo in cui l'aveva vista relazionarsi a Stefan, ridere e scherzare con lui. E poi ripensò di nuovo a quella ragazzina timida ed impacciata dai capelli di fuoco che aveva conosciuto sei mesi prima a New York, alla ragazzina che arrossiva ad ogni suo sguardo, a quella che parlava con un filo così sottile di voce che era quasi impossibile per lui sentirla. Ripensò a quella ragazzina che aveva distrutto e ridotto in lacrime quando l'aveva lasciata e poi ancora alla ragazza che qualche ora prima gli aveva urlato a chiare lettere ciò che pensava di lui. E capì che Stefan aveva ragione: forse, una volta, lui conosceva davvero Bonnie, ma adesso non più. Era diversa, era cambiata, in bene o in male non lo sapeva, ma sapeva che era colpa sua.



Ad Elena interessava Stefan -così aveva detto Meredith. E quella era esattamente l'ultima cosa che Bonnie avrebbe voluto sentire quel giorno.
Non si era mai sentita più frustrata in vita sua, e neppure più arrabbiata. Arrabbiata con la vita, col mondo e con la Gilbert, una ragazza con cui aveva si e no scambiato quattro parole in croce, ma che si era scoperta essere la rovina della sua felicità passata e, se non stava attenta, anche di quella futura.
Quel trasferimento avrebbe dovuto facilitarle la vita, crearle nuove opportunità per nuove amicizie, invece, per quanto effettivamente avesse conosciuto davvero delle persone nuove, in realtà queste non facevano altro che incastrarla sempre più nel momento più brutto della sua vita, quello che si era decisa a dimenticare. Forse era un tantino melodrammatica, forse era davvero esagerata nelle sue reazioni, ma Bonnie, in fondo, si conosceva abbastanza da riconoscere in se stessa un animo romantico, di quelli che ti fanno prendere una cocente delusione d'amore a diciassette anni come un affronto durissimo da superare. Avrebbe dovuto fregarsene di meno? Forse sì, forse si sarebbe risparmiata tanti casini e tanti pensieri, ma proprio non ci riusciva. Ricordava ancora troppo vividamente come si era sentita quando Damon.... -bè si, adesso poteva dirlo- ...quando Damon l'aveva lasciata per correre dietro ad Elena e non voleva più trovarsi in una situazione del genere. Non l'avrebbe sopportato, non di nuovo. E se Meredith aveva ragione su Elena e Stefan allora ne stava correndo nuovamente il rischio e non era accettabile. Non che potesse dirsi di già innamorata di Stefan così come era stata innamorata di Damon nel momento in cui l'aveva lasciata, lo conosceva troppo poco, ma poteva ammettere di star cominciando a provare qualcosa, qualcosa che poteva trasformarsi sì in quel genere d'amore intenso che desiderava da sempre, che aveva già creduto di aver trovato per poi essere amaramente delusa. Non voleva che succedesse ancora, non voleva essere ferita nuovamente, quindi si avvicinò allo specchio nella sua camera, si guardò risoluta e confermò a se stessa che era giunto il momento di parlare apertamente con Stefan, del passato di entrambi e di come affrontare il presente.
Un ticchettio alla finestra la colse alla sprovvista. Si guardò intorno, convinta di aver sentito male, ma poco dopo vide chiaramente un piccolo sassolino che colpiva il vetro chiuso della finestra che dava sul giardino sul retro del pensionato, rimbalzava e ricadeva giù. Si avvicinò, allora, cauta. Per un attimo le passò per la mente che potesse trattarsi dell'ennesima bravata di Damon e stava già lì lì per urlargli di andarsene e spegnere la luce, quando scorse la reale figura che le sorrideva dal giardino e allora si rilassò, sorridendo di rimando, addirittura con un pizzico d'imbarazzo visto il ridicolo pigiama che indossava: maniche corte, pantaloni lunghi, in cotone rosa e ricoperto di stampe a forma di fragole e lamponi. Non esattamente l'emblema della sensualità fatta persona, insomma.
Gli fece cenno di aspettare, infilò sul pigiama la leggera e morbida vestaglia che le aveva regalato la signora Flowers qualche anno prima e scese di sotto, attenta a non fare rumore e a non svegliare né Meredith né Teophilia vista l'ora tarda . Si accorse di essere a piedi nudi soltanto quando uscì in giardino e sentì l'erba fresca e bagnata sotto la pelle.
“Stefan.” - salutò, trattenendo a stento l'entusiasmo per la piacevole sorpresa. Entusiasmo e preoccupazione, anche, perchè non se l'aspettava e temeva che fosse successo qualcosa di spiacevole o che Damon avesse parlato dopo la sfuriata che gli aveva fatto nel pomeriggio, per puro dispetto - “Cosa...cosa ci fai qui?”
Lui parve improvvisamente in imbarazzo. Si portò una mano sulla nuca e scosse i capelli, chiaro segno di nervosismo.
“E' tardi. Hai ragione. E' che...volevo sapere come stavi.”
Che? Ecco, quella Bonnie non l'aveva prevista. A cosa si riferiva?
“Come sto?”
“Sì, Caroline mi ha telefonato prima di cena e mi ha detto che ti ha vista oggi e le eri sembrata un po'...sconvolta. Ma non prendertela con lei. Non voleva fare l'impicciona. In realtà mi ha chiamato perchè credeva che fosse colpa mia e voleva farmi la ramanzina.”
Bonnie avrebbe voluto scoppiare a ridere, ma non riuscì a fare altro se non abbozzare un sorriso. Improvvisamente l'aria si era fatta più fredda e carica di una tensione che non riusciva a spiegarsi e non sapeva se fosse un bene oppure solo il presagio di qualcosa di brutto.
“Sto bene.” - rispose, soltanto.
“Sicura?”
“Si. Certo. Tu non c'entri, davvero.”
“No?”
Bonnie scosse la testa, ma in realtà la mente le si era affollata di domande e dubbi. Eppure, stranamente, guardando in quegli occhi verdi si sentiva coraggiosa come mai lo era stata prima, si sentiva pronta ad affrontare con Stefan quel discorso che rimandava da giorni, battendo sul tempo Damon e qualsiasi cosa avesse in mente di fare. Stefan l'avrebbe capita, e insieme avrebbero affrontato la cosa. Capì che quella tensione che avvertiva non era dettata dalla paura, ma dall'euforia, era il suo corpo che l'avvertiva che era emotivamente pronta, che ne aveva la forza. Di certo non poteva immaginare che anche Stefan stesse facendo più o meno gli stessi pensieri in quello stesso momento.
“Stefan devo dirti una cosa...”
“No, aspetta, fa parlare me per primo.” - la fermò lui - “Se non lo faccio ora ho il timore di non riuscire a parlarne più in seguito.”
Bonnie, stranita da quella svolta inattesa, annuì.
“E' tutto apposto?” - chiese, incerta.
Stefan sospirò.
“Non proprio.” - ammise - “Cioè sì, è tutto apposto e vorrei che le cose continuassero a rimanere così, ma oggi ho parlato con mio fratello e...non so, non mi è piaciuto. Ci penso da un po', ho paura che possa venirti a dire qualcosa che possa allontanarti da me solo perchè sa che con te sto bene e vuole rovinarmelo. Lui è fatto così. Mi odia, credo.”
Ecco, quello....quello era del tutto inaspettato. Non era lei quella che aveva paura che Damon potesse raccontargli cose che potevano allontanare Stefan? E invece veniva fuori che per lui era lo stesso. E che Damon conosceva un po' troppi segreti per i suoi gusti. Tuttavia....cosa poteva dirle di un ragazzo tanto gentile e a modo come Stefan da convincerla a lasciarlo perdere? Le veniva in mente soltanto una cosa: la teoria di Meredith.
“Vuoi parlarmi di....Elena, per caso?” - tentò, cauta, ma lo sguardo sbigottito che ricevette in risposta fu più che sufficiente a farle capire che aveva centrato il punto.
“Tuo fratello non mi ha detto nulla.” - chiarì subito - “In realtà è stata Meredith. Lei ha occhio per le persone, anzi per ogni cosa a dire il vero. E mi ha detto che le sembrava che Elena fosse interessata a te...”
“Non lo chiamerei interesse. Io preferisco definirlo un capriccio.”
Bonnie annuì e serrò le labbra, in attesa, perchè onestamente non sapeva come e se continuare il discorso. Stefan, però, le prese le mani e riprese a parlare.
“E' una faccenda un po' lunga. Ma il succo è abbastanza semplice. Conosco Elena fin da quando eravamo ragazzini, siamo cresciuti insieme, è stata il mio primo amore e, diventati abbastanza grandi, decidemmo di metterci insieme. Siamo stati una coppia fino a qualche tempo fa. E in tutto quel tempo ho sempre saputo che anche Damon era interessato a lei. Era bella, spigliata, stava sempre in casa nostra, era naturale che anche lui, visto il carattere, si facesse avanti e non me la sono mai presa neppure quando lei ci faceva un po' la civetta perchè sapevo che in realtà era innamorata di me e perchè non sapevo che quelle scenette tra loro due si ripetevano anche fuori da casa, quando si incontravano tra loro. Poi Damon è partito per l'università e tutto è filato liscio fino a due mesi fa, quando sono andato da Elena, sono entrato in casa sua e l'ho trovata con mio fratello, a letto. Non è stato uno spettacolo piacevole. E lì ho perso ogni speranza con lui e ho capito che lei non mi ha mai amato davvero, che era innamorata solo dell'idea di averci in due ai suoi piedi.” - le raccontò, e nella sua voce Bonnie potè scorgere ancora una leggera nota della passata tristezza e del vecchio rancore- “Ora lui è tornato e non fa che stuzzicarmi. Ho visto Elena, ho parlato con Elena, uscirò con Elena, andrò alla festa con Elena.... Ma non mi tocca e lo sa, non mi tocca grazie a te e la cosa lo deve infastidire parecchio perchè oggi ha usato un tono che...non lo so...mi ha fatto temere che potesse venire a dirti chissà cosa e non volevo. Non voglio che ti faccia pensare che tra me ed Elena ci sia ancora qualcosa perchè non è così, davvero. E' una storia finita. Per quanto possano dire e possano fare, io sto bene con te.”
C'erano lacrime negli occhi di Bonnie. Non sapeva spiegare come si sentisse in quel momento né poteva tentare di spiegarlo a Stefan, non ancora. Ma provava così tanta empatia nei suoi confronti, una connessione così grande e così profonda...perchè avevano vissuto, senza saperlo, lo stesso dolore, perchè erano stati feriti, senza saperlo, nello stesso momento e dalle stesse persone. Eppure eccoli lì, si erano trovati, per chissà quale scherzo del destino. E stavano bene. Stefan aveva ragione.
Non rispose, non sapeva cosa dire o come dirlo. Piuttosto preferì lasciarsi trasportare dalle sensazione del momento e lì, sotto la luna di una nuova mezzanotte, si spinse sulle punte dei piedi, portò le mani sul viso del ragazzo che aveva davanti e poggiò le labbra sulle sue, lasciandosi completamente andare quando le braccia di lui le circondarono la vita. C'era dolcezza in quel bacio, tenerezza e serenità. Niente irruenza o sfrenata passione, ma una languida lentezza e un'intensità tale da riuscire a toccare ogni recesso dell'anima. Bonnie si sentiva sicura e tranquilla, protetta come mai prima di allora.
“Devo dirti anch'io una cosa di me, del mio passato....” - mormorò, scostandosi dopo attimi che erano parsi ore, tenendo però ancora la fronte contro quella di Stefan.

Non adesso. Per stasera ne abbiamo avuto fin troppo di passato.” - rispose lui.
“Devo farlo. È importante.”
“Nel weekend. Ci vedremo per la festa e passeremo tutta la sera insieme. Saremo soli e parleremo di ciò che vorrai.”
“Nel weekend?”
Stefan annuì, cercando ancora le sue labbra per un bacio leggero e fugace.
“Però prometti che mi ascolterai fino in fondo e che mi capirai, qualsiasi cosa io ti dica?”
“Farò di più. Ti prometto che, qualsiasi cosa tu mi dica, io ti risponderò con un bacio.”



NOTE:
Allora, allora, allora.... altri due mesi, lo so, sono imperdonabile, sarei da prendere a bastonate, scusatemiiiiiiii!!!! Ma, stavolta, ho dei motivi piuttosto validi per spiegare il mio ritardo. u.u
Punto primo: A Natale ho avuto parenti a casa e dopo Capodanno son stata via quasi due settimane senza pc, diciamo che l'ho riavuto giusto oggi xD
Punto secondo: Ho rivisto tipo...enormemente i miei piani originari per la storia e di conseguenza ho rifatto un pò le vecchie trame. Ho inserito nuovi pg, cioè...non pg nuovi, ma pg di cui non ho mai scritto, un po' come ho fatto per Caroline, presi dalla serie TV. E penso che trovandovi improvvisamente Rebekah spuntata fuori dal nulla tra le strade di New York possiate capire a chi mi riferisco. Di questo possiamo dare la colpa (xD) o il merito a Klaroline99 con la quale ho chiacchierato a lungo in chat su fb e che mi ha incitato a continuare coi vari cambiamenti.
Punto terzo: Ho avuto un po' la testa occupata per l'arrivo, giusto prima di Natale, di una fantastica notizia: insieme alla mia migliore amica sto per pubblicare il mio primo libro scritto a quattro mani!!!! Il titolo è Doppelganger (non ha nulla a che vedere coi vampiri, né con TVD, chiariamo xD) e racconta la storia di indagine, amore e morte di una giornalista che si troverà coinvolta negli intrighi delle tre famiglie più in vista di Città del Messico. Che dire....devo molto al sito per questo traguardo, perchè credo che senza EFP non mi sarei mai decisa a scrivere nulla di mio e a permettere ad altri di leggerlo. E ovviamente devo molto a voi che mi avete sempre spronata, spesso e volentieri, anche proprio a cimentarmi con qualcosa di originale!!! Quindi...milioni di Grazie!!!!
Ma tornando al capitolo.... non è un capitolo al cardiopalma, ma rimane ricco di cose. C'è l'introduzione di Rebekah e quindi della nuova fase della storia e anche del POV Matt, che apre il racconto anche alle vicende che succederanno ai pg ancora a New York che, quindi, non sarà solo più di ambientazione ai flashback Bamon. Mentre le due scene successive mostrano, da un lato Damon e tutta la frustrazione che si porta dietro, e dall'altro Stefan e Bonnie al momento della confessione di lui, della decisione di lei di rivelargli del suo passato e del loro primo bacio. A questo punto è logico quindi pensare che Stefan scoprirà tutto a breve e, in effetti, così sarà, è possibile immaginare quando, ma per il come....diciamo solo che Elena non starà così ferma nei prossimi capitoli. Qualcuno in una recensione mi ha scritto che, mentre di solito tendevo sempre a lasciare uno spiraglio per una possibile redenzione di Elena, in questa storia pare che non ci sia. Beh...forse sarà proprio così xD
Per la famosa festa bisogna aspettare i capitoli 10 ed 11, mentre le cene qui preannunciata tra Damon ed Elena e quella tra Stefan e Bonnie avverranno nel capitolo 9. Se vi state chiedendo cosa succederà quindi nel prossimo....beh....Rebekah non arriva mica da sola nella ff xD Altri arrivi, ragazze! Ben tre; uno per Alaric, uno per Caroline e l'altro per Elena. Idee??
Ora vi lascio che ho scritto un papiro xD Il prossimo capitolo arriverà a breve, tempo dieci giorni se non di meno. E stavolta è vero!!! Giuro!!! xD
Qui sotto vi lascio qualche link, se volete contattarmi o dare un'occhiata agli spoiler del mio libro.
Mia pagina facebook, son sempre là: https://www.facebook.com/valeria.cosentino.180
Pagina Facebook dedicata al libro in uscita, con, tra le altre cose, schede pg e scritti vari, vi aspetto: https://www.facebook.com/langolo.di.goethe.8890
Alla prossima....Grazie mille a chi ha letto e/o recensito lo scorso capitolo....BACIONI...IOSNIO90!!!











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