Ariel.

di Marichiaaa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Revenge. ***
Capitolo 2: *** Never. ***
Capitolo 3: *** One Thing. ***
Capitolo 4: *** Fear. ***
Capitolo 5: *** Life-and-death struggle. ***
Capitolo 6: *** Robert? Mom? ***
Capitolo 7: *** Louis. ***



Capitolo 1
*** Revenge. ***


《Tesoro sali in macchina, ci divertiremo nella nuova casa. A Londra ti farai dei nuovi amici.》 
《Io...io non voglio venire.》
                               
                                                       
Eccomi qui dieci anni dopo quel maledetto giorno piegata sulla tazza del cesso a vomitare. Bella merda Londra, tutti con la puzza sotto il naso ed io? Io sono la ragazza nuova, lo sono da dieci anni, da quando di una ragazza avevo ben poco. 
Ariel, 16 anni, bulimica. 
Ecco come uso definirmi. Mia madre mi chiamò Ariel per via dei miei capelli uguali a quelli della sirenetta...era sempre stato il suo cartone preferito, ne aveva anche una bambola un po' ingiallita, che fece fuori non appena trovò una bambola più nuova: mio padre. Stesso colore di capelli, stessi occhi. Io e mio padre siamo, anzi eravamo due gocce d'acqua. P​arlo al passato perché mia madre ha fatto fuori anche lui. Forse l'avranno attirato i suoi cap
elli "color sirenetta" e gli aveva fatto fare la stessa fine della bambola, buttata nel cesso proprio sei anni fa, quando seppe che era affetto di cancro al cervello. 
Lei non sa che io ho continuato a sentirlo, mio padre sta bene, lei non merita di saperlo. 
Lui mi ama, ma è distante, troppo per tirarmi fuori dal mio problema.

Mia madre è una donna avara, stronza e cattiva con tutti. Se credessi all'esistenza delle streghe la farei entrare in questa categoria. Lei mi ha fatta diventare cosi...con tutti i suoi "sei grossa" e "ma ti sei vista allo specchio? " 
Ogni mattina mi alzo e invece di ringraziare Dio per un nuovo giorno, ringrazio lei...per rovinarmi la vita ogni giorno di più. 

Questo cesso può parlare, credo sia il luogo in cui passo la maggior parte del mio tempo, dovrei andare a scuola, ma qualcosa mi tiene qua. L'istinto di buttare fuori anche l'anima. Sono in questa situazione da un anno e ho perso 10 kg, adesso sono in sottopeso, ma sto attenta a non crollare nel baratro perché da li nessuno mi tirerebbe fuori.
Stanotte mentre mi contorcevo nel letto per la fame ho pensato che non è giusto che io stia cosi. Voglio la mia rivincita. 
Lei non ha il diritto di rovinarmi la vita.




Ariel.
Ariel.


Spazio autrice.
Avevo già scritto in precedenza, ma ho avuto diversi impegni e ho dovuto lasciar perdere la storia, ora ne ho cominciata un'altra che spero vi piaccia (y)
Aggiornerò il prima possibile, ma mi piacerebbe ricevere tante visite, non chiedo recensioni, non ancora almeno ahah.
Vi piace Ariel? Ha il volto di Karen Gillan, mi è sembrata perfetta! Voi che ne pensate?
Byeeee. 

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Capitolo 2
*** Never. ***


#ARIEL’S POV.
<< Esci da quel bagno, sono di nuovo in ritardo per colpa tua. >> Fanculo. Non sa fare altro che lamentarsi, non solo mi ha rovinato la vita…
<< Hai capito ragazzina? >> Bussava forte sulla porta, ma io ero troppo impegnata a rigettare la colazione per ascoltarla sul serio. La sua voce mi arrivava ovattata, non ero sicura delle parole che le uscivano dalla bocca. Quando finalmente riuscii a smettere di vomitare tentai di alzarmi in piedi tenendomi dal lavandino e mi guardai allo specchio. “Che cosa devo fare con te?” Pensai, forse un po’ ad alta voce, tanto da farmi sentire da mia madre furiosa. Decisi di uscire e lasciarle fare quello che doveva, non l’avrei sopportata un minuto di più.
<< Finalmente hai avuto pietà di tua madre >> La sentii dire appena feci scattare la serratura della porta. Stronza. Non esisteva buongiorno o buonasera a casa mia, soltanto l’essere indifferenti l’una all’altra.
Entrai nella mia camera e chiusi la porta a chiave. Accesi lo stereo e aprii l’armadio. Mi serviva qualcosa di diverso, qualcosa che non mi facesse passare per la ragazza nuova, per l’anonima della situazione. Mia madre nonostante mi odiasse si ostinava a comprare vestiti che decisamente anonimi non erano, forse si vergognava di com’ero e mi voleva cambiare. Presi l’ammasso di vestiti appoggiati sul fondo del mio armadio e cominciai a guardarli tutti. Mini abiti, gonne, shorts decisamente troppo short! Forse non ero ancora pronta ad un cambiamento radicale perciò optai per la mia solita maglia bianca attillata ma non troppo, in una sola parola anonima e l’abbinai ad uno short nero all’opposto. Misi le mie amiche converse bianche e un cardigan nero. Non ero ancora convinta del risultato. Ero troppo pallida, così passai un po’ di phard, truccai gli occhi di nero e misi un rossetto chiaro. Pettinai i miei lunghi capelli e mi avviai verso scuola.
 
#LOUIS’ POV.
Un altro giorno di tortura stava per iniziare, fortuna che c’erano loro, i miei migliori amici. Zayn, Harry e Niall, e Liam, miei fratelli non che compagni di squadra. Faccio gli ultimi due tiri dalla mia sigaretta, mentre i miei amici commentano ogni singola persona che passa. Sono assente stamattina, vorrei tanto essere nel mio letto. Ma qualcosa mi riporta in questo mondo, tra i comuni mortali.
<< E quella chi è? >> Dissi indicando una rossa con un culo da paura. << Guardate che culo. >> Lanciai un fischio, ma quella non si girò, si girarono tutte tranne che lei. Forse non era interessata. Ci fu una risata di gruppo
<< Ti ha proprio ignorata Lou. – fece Harry ridendo. – Che fai perdi il tuo fascino? >>  Il mio viso diventò viola. << Non dire mai più una cosa del genere idiota! >> E mi avviai dentro scuola lasciando gli altri indietro. Ero suscettibile di mio, ma quando si trattava dell’effetto che avevo sulle ragazze nessuno poteva contestarmi.
 
#ARIEL’S POV.
“Oddio, perché quei buffoni mi hanno lanciato un fischio?” Pensai tra me e me. “Non è che ho esagerato?” Non ebbi neanche il tempo di rispondere a questa domanda che dovetti avviarmi in classe. Letteratura, che odio. Il prof fece l’appello e non appena mi vide entrare mi lanciò un occhiata un po’ ambigua. << Scusi chi è lei? Non appartiene a questa classe. >> Mi uscii una risata spontanea e lui aggrottò le sopracciglia. Mostrai lui il mio cartellino accuratamente sistemato nella taschina esterna della pinko nera e il professore rimase a bocca aperta.  << Si accomodi signorina Smith. >> Pronunciò quando si rese conto che la ragazza nel cartellino fossi davvero io.
Lezioni noiose, compagni noiosi, scuola noiosa. L’unica cosa che mi piaceva era il pranzo. Non per il mangiare ovvio, anche perché preferivo non rimettere a scuola. Qualcuno avrebbe potuto vedermi e sputtanarmi a vita. Amavo sedermi sui gradini di fronte al prato e fumare la mia sigaretta guardando il niente. Già poteva sembrare il niente, ma non lo era. Ero un po’come Leopardi che guarda l’aiuola e ci vede un mondo dietro. Io ci vedevo mio padre. Houston era troppo lontana da Londra e lui mi mancava così tanto. Fortunatamente aveva trovato una donna fantastica a cui legarsi sentimentalmente.
Persa nei miei pensieri non mi accorsi di qualcuno che si schiarì la voce. << Scusa, ma ci sei o ci fai? >> Mi voltai e vidi un ragazzo dai capelli castani e gli occhi azzurro oceano, Louis se non sbaglio. Louis e tutta la sua combriccola erano davanti a me, che stavano distruggendo il mio silenzio. << Che vuoi? >> Lo guardai per un secondo e mi rigirai verso il prato verde. << Io sono Lou…. >> Prima che potesse finire la frase lo interruppi. << So chi sei, falla breve…che cosa vuoi? >> Hey piccola sirenetta, da dove veniva tutta questa sicurezza? Forse era il mio nuovo look. << Hai le tue cose per caso? – Disse divertito l’idiota. – Sei nuova? >> Continuò lui. Ero davvero così irriconoscibile? << Frequento questa scuola da sempre, e tu mi hai sempre vista. >> Dire che lo lasciai interdetto è poco. I suoi amici dietro di lui non la smettevano di ridere per la figura di merda che aveva fatto Louis. << Senti carina, se hai sempre vissuto qui sai come funziona. – mi canzonò gesticolando come un ebete. – Non si dice di no a Louis Tomlinson, non si risponde male a Louis Tomlinson e se Mister Louis Tomlinson ti fa una domanda dovresti sentirti onorata. >> Il suo colorito diventava sempre più viola, e non riuscii a evitare di trattenere una risata. << Cosa del mio discorso non hai capito ragazzina? >> Fece lui col fumo che gli usciva dalle orecchie. Spensi la sigaretta con la mia scarpa e mi alzai in piedi. << Sono Ariel, Ariel Smith. >> Mi allontanai da loro, rivolgendogli un mezzo sorriso.
 
Altro giorno, altra lite con quella strega di mia madre e altro tempo passato a vomitare dopo la cena. Volevo mangiare, ma non potevo permettermi di prendere un solo kilogrammo.
<< Come siamo belle stamattina, sapevo che prima o poi quei vestiti ti sarebbero serviti. – Mia madre seduta con una tazza di caffè tra le mani mi squadrava dalla testa sino ai piedi. – Devi fare colpo su qualche bel ragazzo? >> Non avevo voglia di rispondergli ne di sentire le sue cazzate. Non mi sarei fatta vedere così se non avessi pensato che fosse uscita. Fasciata nel mio mini abito e nei miei stivaletti marroni, presi il giubbino di pelle e mi avviai verso la porta con la mia sigaretta della mattina. Sapendo già cosa mi aspettava.
<< Quante volte ti ho detto che non devi fumare in casa mia? >> Solita routine, niente di nuovo in quella schifo di vita.
<< Quante volte ti ho detto che non devi portare le tue avventure di una notte in casa quando ci sono io? >> La lasciai a bocca aperta. << Ci dovrebbe essere mio padre in quel letto, non quei morti di figa. >> Me ne andai sbattendo la porta e provando a ricacciare dentro che le lacrime che volevano uscire.
<< Hey rossa. – Non ti voltare, non ti voltare ripetevo a me stessa. Sapevo a chi apparteneva quella voce. A mister cadonotutteaimieipiedi Tomlinson. – Ti serve un passaggio? >> Mi voltai stupida me. << No. >> Dissi in breve. << Sali, non ti mangio mica. >> Fanculo anche a te Tomlinson pensai.
Salii in macchina con lui, ma non dissi una parola durante tutto il viaggio. Entrammo insieme a scuola visto che come sempre ero in ritardo. Non appena varcammo la soglia lui mi tirò da un braccio e mi portò con se nello sgabuzzino delle scope.
<< Non mi interessa quando, ne dove, tu verrai a letto con me e sarai tu a chiedermelo. >> Disse queste parole con tono serio e subito uscì di la dentro lasciandomi sola.
Io a letto con lui? Ma chi si crede? Non cadrò mai ai suoi piedi, mai.


SPAZIO AUTRICE. 
Mi scuso se questo capitolo è così breve è che avevo voglia di postarlo subito.
I prossimi saranno più lunghi I promise:)
Spero di ricevere qualche recensione, ma se così non sarà prometto di non buttarmi dal balcone.
A presto!! 

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Capitolo 3
*** One Thing. ***


#ARIEL’S POV.
Ho sempre odiato i ragazzi troppo pieni di se, infatti odiavo lui. Lo odiavo in ogni sua forma e dimensione, come si permetteva di dirmi quelle cose? Con me non avrebbe attaccato. Tornai a casa nervosa a causa della giornata di merda che avevo passato. Le parole di Louis mi avevano fatto sballare tutta la giornata, piena a sua volta di note e viaggi verso l’ufficio del preside per la mia troppa “saccenza”. Una volta a casa c’era solo una cosa che potesse peggiorare la giornata: Mia Madre.
Alta e slanciata, bionda ossigenata e tutta in tiro manco dovesse andare a cena con il principe William. Odiavo lei, odiavo Londra, odiavo Louis Tomlinson.
<< Ah finalmente sei tornata principessa. >> Ma chi cazzo voleva prendere in giro con quel suo tono da zoccola? << Non rompere che non è aria grazie. >> Ignorai la sua risposta, corsi verso il frigorifero a prendere un bicchiere di latte e lo portai su con me nella mia stanza. Accesi la musica a palla come facevo per allontanare mia mamma dal mio mondo, mi accesi una sigaretta, finii di sorseggiare il liquido bianco e andai a inginocchiarmi davanti alla tazza per il mio rituale quotidiano, anzi più che rituale era una tragedia quotidiana. Uscii dal bagno dopo mezz’ora e sentendo la porta sbattere capii che mia madre era andata via. Feci una doccia veloce, indossai una canottiera e un pantaloncino attillato e con la mia sigaretta accesa scesi giu e mi sedetti sul divano dove mi aspettava la mia attività quotidiana: lo zapping. Neanche il tempo di passare il primo canale che sentii suonare il campanello ma non avevo alcuna voglia di alzarmi. Il suono si ripetè più e più volte, ma io ero nel mio mondo quello dove al momento il signor Louis Tomlinson prevalicava su tutti gli altri pensieri. Che poi perché stavo pensando a quel coglione patentato? Forse avevo paura di dovergli chiedere di venire a letto con me? Oh no no grazie. Quando liberai la mia mente da quel pensiero oscurò sentii una dolce melodia provenire da fuori la porta che intonava una canzone a me sconosciuta.
 
“Get out, get out, get out of my head and fall into my arms instead. I don’t know what it is but I need that one thing.”
 
La canzone si interruppe. Bene se questo qualcuno voleva attirare la mia attenzione ci era riuscito. Andai ad aprire la porta e chi mi trovai d’avanti? Un Louis Tomlinson in jeans e converse, con un sorriso smagliante. Tirai l’ultimo po’ di tabacco dalla sigaretta e la buttai oltre il tizio davanti a me. << Che ci fai qui idiota? >> Lui non accennava a rispondere. << E come fai a sapere dove abito? >> Il coglione non accennava a darmi risposta, io sbuffai e feci per chiudergli la porta in faccia, ma lui me lo impedì bloccandola. Entrò la chiuse dietro di se e mi spinse contro il muro mettendomi le sue due braccia ai lati della mia testa. Si avvicinò al mio orecchio e mi sussurrò le stesse parole di prima, stavolta senza intonarle e poi mi stampò un dolce bacio sul collo. Non fece altro. Mi lasciò li imbambolata e aprì la porta andandosene. Eccome se era strano, ma io non sarei caduta nella sua trappola, non ero una delle tante. 
 
#LOUIS’ POV.
Si c’ero riuscito le avevo fatto venire i brividi, non era così forte come voleva far credere e nel giro di pochi giorni sarebbe finita nel mio letto!  I ragazzi non credevano che ce la potessi fare anche con loro, ma dovettero cambiare idea una volta saputo tutto. << Louis, non farle del male. >> Zayn, che cazzo voleva? Io ero nato per fare del male alle ragazze e i miei amici lo sapevano benissimo. << Qual è il tuo problema fratello? >> Gli diedi una leggera spinta e lo buttai sul divano, ma lui si alzò prontamente. << Tu sei il mio problema.  - Fece indicandomi con il suo dito indice ed uno sguardo minaccioso che avrebbe funzionato con chiunque tranne che con me. Infondo io e i ragazzi eravamo cresciuti assieme, non ci temevamo l’un l’altro. – La ragazza che vuoi portarti a letto si da il caso che sia mia cugina e tu sei pregato di non farle del male. >> Sua cugina, ma che cazzata era mai questa? Scoppiai in una fragorosa risata. << Tua cugina? >> Non potei smettere di ridere. << Si mia cugina coglione, quindi tu falle versare anche solo una lacrima e ti ammazzo chiaro? >> Zayn mi teneva dal colletto della mia polo. Ma che cazzo stava facendo? Si era ricordato solo ora della sua cuginetta? No aspettate, questo dovevo dirlo a lui. << Ah, ora che è una gran figa è tua cugina, prima però chi se la cagava vero Zayn? - I suoi occhi divennero neri come il carbone e mi diede un pugno scaraventandomi contro il divano. – Qui qualcuno ha una cotta per la sua cuginetta. >> Dissi ironicamente prima di accasciarmi per il dolore.
 
#ZAYN’S POV.
Si anch’io facevo del male alle ragazze, le usavo e poi le gettavo via come pezze vecchie. Ma lei era così delicata, non poteva toccarla, si sarebbe sgretolata sotto il suo tocco. E’ vero, non le ho mai prestato molta attenzione, era così poco curata, e così poco socievole…avrei messo a rischio la mia reputazione. Ma ora era tutt’altra cosa! Era bella, sicura di sé e solare, anche se io sapevo che la realtà non era questa. E poi diciamocelo quel pugno Louis se l’era meritato, lui parlava senza sapere. Non sapeva che lei non aveva nessuno a difenderla e io volevo stare dalla sua parte. L’ho sempre osservata da lontano, ma era così trasandata, nessun Louis Tomlinson ci avrebbe provato con lei così da metterla in pericolo, ora invece devo stare attento. Devo farlo per suo padre. Lui me l’ha chiesto e devo farlo, per quello che ha passato e per quanto vuole bene alla figlia.
 
#ARIEL’S POV.
“Com’eravamo belli” pensai guardando una vecchia fotografia che ritraeva me sulle spalle di mio padre a Houston.  Mio padre mi manca davvero molto, spero di poter andare a trovarlo prima o poi, ma lui si fa sentire poco e niente, le telefonate interurbane costano e lui non è mai stato un patito di skype, tuttavia so che anche se lontano lui per me c’è sempre.
 
Che un’altra giornata di merda abbia inizio. Non ho preso sonno, ho passato il tempo davanti a quella foto e come se niente fosse si sono fatte le sette di mattina. Vado a mangiare, sperando di non incontrare mia madre. Tiro fuori dal mio pacchetto da dieci di Winston Blue una sigaretta e comincio a fumarla, appena la finisco ecco che arriva la nausea. Ormai sapendolo mi trovo gia in bagno, gia davanti al cesso aspettando che quei cazzo di succhi gastrici misti a cibo risalgano per vomitarli e andare così a vestirmi. Stranamente oggi ci sto di meno a rimettere così posso correre a vestirmi. Leggins e felpa, magari così Louis non mi salterà addosso. Feci  la strada a piedi, pensando a mia madre. Chissà dove sarà, forse ha dormito a casa di qualche avventura di una notte e non si farà vedere fino a domani. Tanto ormai so fare la lavatrice, so cucinare, so tenere la casa, potrei perfettamente vivere da sola. Un suono di un clacson rimbomba nelle mie orecchie. Un range rover nero si ferma accanto a me e un finestrino si abbassa. Io chiusi gli occhi nella speranza che non fosse lui. Incrocio le dita e penso “fa che non sia lui per più di tre volte”. Poi una voce forte e chiara mi rimbomba nelle orecchie. << Hey rossa, che fai incroci le dita sperando sia io all’interno di questa macchina con i finestrini oscurati? Eccoti accontentata, salta su. >> Che cosa? Che presunzione, che odio! << No. >> dico con fermezza e continuo a camminare aumentando il passo e accendendomi una sigaretta “cazzo mi devo calmare” penso quando Louis scende dal pick up.
 
Eccomi in macchina con lui, ma come cazzo ho fatto a farmi convincere? Accendo subito un’altra sigaretta. << Potresti non fumare nella mia auto?  - Mi girai notando una visione al quanto strana, saranno gli occhiali da sole sulla sua faccia, ma mi sembra al quanto frocetto oggi e una risata mi esce spontanea. – Che cazzo ridi zoccola? >> Gli tirai uno schiaffo così forte, ma così forte che lo fece sbandare sulla strada. Zoccola a me? E ora la paghi. << Numero uno non chiamarmi zoccola – gli dissi quasi gridando. – Numero due levati questi cazzo di occhiali che sembri un frocio. >> Mi lasciai andare alla mia risata e gli sfilai gli occhiali. << Come ti permetti ah? >> Louis era rosso in viso, anzi fucsia. << Che cazzo ridi? >> continuò lui. Era davvero divertente quando si arrabbiava. Arrivammo a scuola e feci per scendere dalla macchina, ma poi mi arrestai. << Quando ti incazzi sei più carino. >> Gli lasciai un bacio con tanto di segno del rossetto sulla guancia calda dalla rabbia e mi inoltrai verso la scuola.
 
#LOUIS’ POV.
Lei quella zoccola, ma come si permette? Menomale che non aveva notato il mio zigomo gonfio sarebbe stato imbarazzante spiegarle il motivo. I miei amici ridevano di me ma non capivo perché. Zayn mi prestò lo specchio che si portava sempre dietro e mi ci guardai, mi aveva pure lasciato un segno del rossetto quella bastarda. Il fumo mi uscii dalle orecchie, mentre i miei amici continuavano a ridere senza mai finire. << Forse hai fatto colpo sulla mia cuginetta Lou. – Io e Zayn fortunatamente avevamo risolto, visto che gli avevo chiarito che lei mi avrebbe chiesto di scoparla, e non l’avrei obbligata. – Che bel segno che ti ha lasciato. >> Con un grugnito lo spinsi, spinsi anche Harry, Liam e Niall e entrai dentro l’edificio furioso. Ma come si permetteva quella stronzetta verginella a prendersi gioco di me? Del grande Louis Tomlinson? Non le facevo paura neanche un po’. Tanto avrei vinto, ci avrei scommesso la qualunque, ma lei sarebbe venuta a letto con me. Mandai un sms al numero che Zayn alla fine mi aveva concesso:

 
Hey stronzetta, non ci si prende gioco di Louis Tomlinson così,
guardati intorno e stai molto attenta,
non si sa mai cosa potrebbe succedere a chi abbassa la guardia un istante.
L. 


 
SPAZIO AUTRICE
Hey guys. 
Bentrovati. :D 
Sono riuscita a postare il nuovo capitolo, l'avevo immaginato in tutt'altro modo, ma l'ho rielaborato completamente mentre scrivevo. Spero sia di vostro gradimento e di riuscire a raccogliere qualche recensione! Vi voglio bene comunque:3

Alla prossima!

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Capitolo 4
*** Fear. ***


#ARIEL’S POV.

E ora questo cosa voleva dimostrare? Uuuuh, una minaccia da Louis Tomlinson che paura. Avevo finito di stare nell’ombra e anche di temere quel coglione perciò andai nella classe di algebra, dove mi aspettava la prof per interrogarmi. Bella merda. Fortunatamente andò tutto bene, ma quando cominciò a spiegare e non trovai il quaderno andai nel panico per un momento. Poi ci pensai. Louis, minaccia, quaderno scomparso. Wow se era così che me la voleva fare pagare andava più che bene.
Alla fine della lezione andai a cercarlo. Eccolo con i suoi jeans girati sulla caviglia e le converse bianche nuove di zecca. << Bel modo di farmela pagare coglione. Si addice proprio alla gravità, – Dissi marcando la voce sulla parola gravità. – di quello che ti ho fatto. Insomma, – spostai i miei lunghi capelli rossi su una spalla, - farmela pagare perché ti ho lasciato un filo di rossetto sulla guancia, perché ti ho deriso, chiamato frocio e tirarti uno schiaffo. Non puoi tenermi testa caro Tomlinson. >> Feci per andarmene girandogli le spalle e provai a camminare indietro da dove ero venuta quando sentii una forte stretta sul mio braccio e fu lì che ebbi davvero paura. Louis era cattivo, tutti lo sapevano, anch’io lo sapevo, se Louis diceva una cosa era quella e io stavo davvero entrando nella tana del lupo. Lui mi trascinò con se dentro un aula vuota e mi sbattè al muro facendomi male alla schiena. Cominciò a toccarmi ovunque, a lasciare quella lurida saliva su ogni lembo del mio collo ero sicura che mi sarebbero rimasti i segni dei succhiotti e dei morsi che mi aveva lasciato. Io chiedevo aiuto, gridavo, ma nessuno poteva sentirmi, era l’intervallo. << Louis, ti prego basta. >> Lui si staccò un attimo per puntare i suoi occhi nei miei. Quegli occhi così belli erano davvero sprecati su un maiale come lui. Di un azzurro oceano, tali da perdersi al loro interno. Lessi la rabbia nei suoi occhi. << Tu ancora non sai cosa succede a chi sfotte, insulta o si mette contro di me. Hanno tutti paura di me, ci sarà un motivo. >> Furono le sue uniche parole, dopo di chè continuò a mordermi ovunque e sollevò la mia felpa in modo da abbassarmi i leggins. Piangevo, ormai avevo anche rinunciato a gridare o a dirgli basta, sentivo piano piano mancare le forze. << Louis….. >> Fu l’unica cosa che uscii dalla mia bocca prima del buio che si pose davanti a me.
 
#ZAYN’S POV.

<< Avevi detto che non le avresti fatto niente, lo sapevo non mi dovevo fidare di te. >> Spinsi Louis contro una panca nello spogliatoio. Ci aveva raccontato tutto di come gliel’aveva fatta pagare, ci aveva detto di tutte le volte in cui lei aveva chiesto aiuto invano, di tutte le lacrime che ha buttato e lui dal cuore di ghiaccio aveva solo voglia di violentarla per farle capire che con lui non si scherza. Fui assalito dalla rabbia e gli tirai un pugno su una guancia, dove ancora era visibile il segno del giorno precedente. << Dov’è ora Louis?  - Gridai, ero disperato, avevo bisogno di vederla, di sapere se stesse bene. Chi avrebbe lasciato una ragazza svenuta all’interno di una classe e sarebbe andato via? Ovviamente Louis Tomlinson. – Louis dimmelo. – Lui non accennava a voler rispondere cosi gli tirai così tanti pugni sul viso finchè non sentii un grugnito. – Allora? >> Tutti gli altri si avvicinarono a lui per sentire le parole che sarebbero uscite dalla sua bocca. << Aula 93. >> Fu l’unica cosa che riuscì a dire. Io e gli altri ci precipitammo fuori. Quella ragazza non era roba per lui, lui si meritava solo di vivere da solo, lui e le sue canzoni sdolcinate dedicate a chissà chi. Louis non era buono, Louis non doveva avvicinarsi più a lei. Io seguito dagli altri entrai dentro l’aula, ma lei non c’era più, allora ci precipitammo in infermeria dove lei era sdraiata sul lettino. << Chi siete? Non potete entrare? >> Ignorai le parole dell’infermiera, non avevo tempo. << Come sta? >> La fissavo con sguardo malinconico. Non avrei dovuto permetterlo! Robert non sarà felice di saperlo, non deve saperlo, altrimenti non la potrò più proteggere. << Si riprenderà, - l’infermiera con la sua voce e il suo sorriso speranzoso mi diede un sollievo, - prova a chiamarla, magari si sveglia. >> Mi avvicinai al lettino e mi sedetti sulla sedia che si trovava di fianco a questo. Intanto girai uno sguardo verso i miei amici. << Andate, vi cerco dopo. >> Loro si dileguarono e io mi girai verso mia cugina. Com’era bella, capelli rossi, fisico magro, troppo magro per i miei gusti. Ariel stava perdendo le sue forme per colpa della madre, perché era solamente colpa sua. Le accarezzai il viso e presi una sua mano e la posai nella mia. Subito sentii stringere. << Ariel, - sussurrai. – Ariel sono Zayn svegliati, ora va tutto bene. >> Ariel aprì gli occhi, ma la sua espressione era corrucciata, forse aveva dolore da qualche parte, visti i lividi che aveva nel collo, o forse le faceva male la schiena dopo che Louis l’aveva sbattuta contro il muro. Ariel aprì la bocca per parlare ma non uscì neanche un suono. Aggrottò le sopracciglia e ci riprovò. << Devo vomitare, dammi qualcosa. >> Oh cazzo certo, l’infermiera le aveva fatto un iniezione visto che era debole e ora lei doveva buttare tutto fuori. L’infermiera che per tutto questo tempo era rimasta accanto al separé dietro di noi mi diede un recipiente che io subito passai ad Ariel. Non sapevo cosa fare così optai per tenerle i capelli mentre lei vomitava anche l’anima. Appena finì si sdraiò sul lettino nuovamente con il vomito nel recipiente ancora sulle gambe. Cercò la mia mano e io gliela diedi. << Grazie Zayn. >> Disse queste parole in un sussurro e poi svenne di nuovo. Quella malattia se la stava divorando! Doveva svegliarsi, se non l’avrebbe aiutata sua madre avrei fatto tutto da me. Un colpo di tosse attirò la mia attenzione. << Tu sei il suo ragazzo? >> Era l’infermiera. << No sono suo cugino. >> Gli risposi concedendogli un sorriso. << Allora…. Zayn? – Io annuì. – Lasciala riposare, ti chiamo io quando si sveglia, tranquillo. >> Annuii nuovamente, lasciai un bacio sulla fronte di Ariel e uscii dall’infermeria.
 
#LOUIS’ POV.

Provai ad alzarmi da terra anche se riscontrai diverse difficoltà. E’ vero forse facevo schifo per averla lasciata li senza sensi sul pavimento gelido di quell’aula, ma è questo che succede a chi si mette contro di me. Certo forse ho reagito in maniera esagerata, forse è stata la canna di poco prima.
Non avevo voglia di restare a casa e di incontrare i miei amici che mi avrebbero odiato tutti quanti così tornai a casa, mi feci un panino e mi misi a dormire. Ma volevo chiarire con loro, non potevo lasciare le cose così. Mandai un messaggio a tutti.
 
Dove sei? Devo parlare con tutti voi.
L.
 
Lo so magari non volevano parlare con me, sicuramente quella sgualdrina si era svegliata e aveva raccontato la sua versione di vittima, ma io dovevo raccontare la mia. Mi arrivò un messaggio.
 
Da Niall.
 
Ecco, erano incazzati con me, lo capivo ma loro non mi avrebbero abbandonato.
Una volta arrivato da Niall c’erano tutti tranne Zayn, lui era ancora a scuola, ancora accanto alla sua adorata cuginetta. I ragazzi non avevano alcuna intenzione di parlare con me, stavano li tra di loro a giocare all’x box e mi ignoravano, appena mi girai dicendo: adesso gioco io, loro si voltarono verso di me, mi lanciarono uno sguardo pieno d’odio e andarono via. Tutto per colpa di una maledetta ragazzina. Gliel’avrei fatta pagare sul serio adesso. L’avrei giurato, su quanto è vero che il mio nome è Louis Tomlinson.
 
#ZAYN’S POV.

Ancora niente, non accennava a svegliarsi. L’infermiera aveva chiamato sua madre che era venuta qui a fare la presa per il culo davanti alla figlia che ancora non riprendeva sensi. << E’ troppo debole, - spiegò l’infermiera ad entrambi, - se non si risveglia entro la prossima ora sarò costretta a chiamare un ambulanza. Ma lei signora sapeva della bulimia della ragazza? >> Ovviamente mia zia, quella brutta strega non avrebbe mai detto la verità. << Oh no, certo che no, - ecco appunto. – La vedevo mangiare, tutto qui. Non pensavo potesse avere problemi di questo tipo. >> L’infermiera non era convinta. << Sua figlia è deperita, lo si vede chiaramente, come ha fatto a non accorgersene? Forse è troppo poco presente e poco vigile sulla vita di sua figlia. Ha solo sedici anni. >> Eccola, si era alterata, non avrebbe potuto dire qualche altra cazzata, altrimenti la sua storia non sarebbe stata in piedi. << La prego di fare il suo lavoro, non si intrometta nelle questioni di famiglia grazie.  – Fece restare l’infermiera di stucco, che ormai aveva capito tutto. – Io vado a lavoro, chiamatemi solo se ci sono novità. >> Fece per uscire ma l’infermiera la bloccò. << Non ce ne saranno, quando sua figlia verrà portata in ospedale mi farò sentire io. >> Mia zia lanciò uno sguardo d’odio ad entrambi. Quanto poteva essere cattiva. Povera Ariel, così piccola e così indifesa in questo mondo di belve. Non l’avrei mai abbandonata. Mai.


SPAZIO AUTRICE. 
Aiuto che storia drammatica. Però mi sto appassionando sempre di più *-*
Spero che a voi succeda lo stesso, ma se non vi succede pazienza....io continuerò a scrivere :D 
Che cosa organizzerà Louis per la prossima volta? Magari scoppierà le ruote dell'ambulanza, se mai Ariel salirà su quell'ambulanza u.u
Vi lascio col dubbio.... buona serata!

 

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Capitolo 5
*** Life-and-death struggle. ***


#ZAYN’S POV.

Avevo seguito l’ambulanza con la mia auto e ora eccomi dietro ad una porta e vetri oscurati ad aspettare di parlare con qualche medico. Ariel non si era svegliata, era troppo debole per farlo. Questa era l’unica cosa che mi avevano detto i medici prima di entrare da quella stupida porta. I ragazzi mi raggiunsero all’ospedale, loro non mi avrebbero lasciato solo in quel momento. Nessuno di loro tranne Louis. Quando Louis decideva una cosa nessuno e dico nessuno riusciva a fargli cambiare idea! Louis avrebbe fatto i mezzi per avere Ariel ed io l’avrei protetta, non avrei lasciato che il suo “non le farò niente, verrà con me si sua spontanea volontà” si trasformasse in un “voglio possederla solo per il gusto di farlo”. 
Subito i medici mi raggiunsero. << Sei il suo ragazzo? >> mi chiese una dottoressa bionda con i capelli legati in una coda disordinata e un camice bianco? << No sono suo cugino, - risposi risoluto. – Lei come sta? >> La dottoressa prima di rispondere diede un’occhiata alla cartella che teneva sotto braccio. << Dobbiamo ricoverarla in un centro specialistico, le abbiamo attaccato una bombola di ossigeno per farla respirare, ma non puo’ continuare così. Ha bisogno di nutrirsi, noi ci stiamo provando con le flebo, ma ha bisogno di qualche mese in una struttura del genere. E’ troppo denutrita anche se il suo corpo non ha manifestato segni realmente evidenti. Se mi vuoi scusare, torno al mio lavoro. Devo parlare con entrambi i genitori. Falli venire al più presto possibile. E’ una questione di vita o di morte. >> Come cazzo non avevo fatto ad accorgermi che Ariel era del tutto denutrita e incapace di stare in piedi? Sono stato accecato da non so cosa per tutto questo tempo. Presi il telefono e avvisai subito mia madre.
 
Abbiamo un problema, Ariel. Vieni subito in ospedale, la madre non si è ancora presentata.
Z.
 
#LOUIS’ POV.

La piccola Ariel era finita all’ospedale allora. Uh come mi sento in colpa, pensai tra me e me. Ma vaffanculo se l’è cercata lei e se era bulimica io cosa ci colpo. Era perché adesso è un vegetale a come mi hanno detto. Quando Niall mi chiamò scoppiai a ridergli al telefono. “Come cazzo fai ad essere così schifoso?!” Fu l’unica cosa che Niall mi disse prima di staccarmi il telefono in faccia. Avevo deciso di prendermi una vacanza per un po’. Tanto finchè stava ricoverata in quel centro per ragazze problematiche non l’avrei potuta toccare. Tanto valeva andare via anche dai ragazzi che si ostinavano ad avercela con me.
Presi la mia valigia e ci infilai le cose necessarie per un mese o poco più, non avevo bisogno di molto. Uscii dalla porta e salii sull’aereo destinazione Doncaster, sarei tornato dalla mia famiglia, mi avrebbe fatto bene.
 
#ZAYN’S POV.

<< Zayn hai combinato un casino. – Neanche entrata nella sala d’aspetto mia madre cominciò a gridarmi contro. – Ora come facciamo? Robert l’aveva affidata a te. Tu non sei stato capace di starle attento. >> Intanto i ragazzi dietro di me guardavano la donna, identificata come mia madre sbraitare senza capire un emerito cazzo.  << Ora sarai tu a dirglielo mio caro, - disse portgendomi il cellulare con la chiamata in corso. – Non voglio responsabilità per questo. >> Chiusi la chiamata. << Tu stai pensando a quello che puo’ pensare Robert, ma non a come sta Ariel in questo momento. Ti sta importando solo della rabbia del padre e non della lotta tra la vita e la morte della figlia. E’ arrivata ad uno stato avanzato e non si vedeva. Questo lo dirò anche a lui. Io non ho colpe. >> La rabbia a volte mi giocava qualche brutto scherzo, ma cazzo come si permetteva a dire certe cose? Ora era in lacrime, sarei andato ad abbracciarla ma solo dopo la telefonata.
Composi il numero e subito dopo sentii la voce calda e forte di Robert rimbombare nel mio orecchio << Mary che c’è? Sono in riunione. >> Riunione? Aveva ricominciato a lavorare allora. Ma no aspetta, non era il momento. << Non sono Mary e Ariel è in ospedale. Prendi un aereo il più presto possibile ti aspettiamo. >> Tagliati corto, mi sembrava piuttosto irritato. << Tra dieci ore al massimo sarò li, ma la madre? >> Eh già quella strega chissà dov’era, mi ero pure dimenticato della sua esistenza. << Non si è fatta vedere e non risponde al telefono. >> Lo sentii sospirare. << Tranquillo arrivo io, grazie della telefonata. >> Staccai il telefono e corsi ad abbracciare mia madre. << Arriva. >> E sorridemmo assieme.
 
Dieci ore dopo Robert arrivò e della madre ancora nessuna traccia.
<< Robert, - disse mia madre correndo ad abbracciarlo. – Finalmente. >> Che scena commovente, avevo visto Robert si e no due volte, ma mi sembrava un tipo alla mano, forse dai racconti della sorella e dalle fotografie sembrava più il tipo che vuole mettersi al centro dell’attenzione, ma a me non sembrava affatto così. << E’ li dentro, - dissi indicando la porta a vetri dov’era trattenuta Ariel. – Grazie ragazzo. >> Ricambiò lui.
 
#ARIEL’S POV.

Sentii una mano grande sfiorare la mia e il primo istinto fu quello di ritirarla. Dopo ciò che avevo vissuto avevo paura anche della mia ombra. Aprii piano piano gli occhi e trovai davanti mio padre. Devo essere in paradiso pensai. << Papà… - dissi con la voce roca e non vedendolo chiaramente. – Sei tu?. >> Forse ero in paradiso. << Si bambina sono qui. >> Si avvicinò di più a me. << Sono forse morta e sono in paradiso?. >> La sua risata! Cazzo quanto mi era mancata la sua risata. << No amore mio, sei viva e io sono davvero qui. >> Al che cercai di riprendermi e la mia vista si fece più limpida. Era davvero lui, con un taglio di capelli diverso dall’ultima volta risalente a, tipo sei anni fa, ma era sempre lui. << Perché durante le nostre brevi telefonate non mi hai mai parlato del tuo problema? >> Girai la testa dall’altro lato non mi andava di rispondere. << E’ stata tutta colpa di quella strega di mia madre. Lei mi ha portata ad essere così. Chiedilo a chiunque la conosca. >> Vidi una lacrima solcare il suo viso e subito si chinò ad abbracciarmi. << Ho gia avuto conferma da Zayn che quanto dici è vero. Non dovevo lasciarti con lei. >> La mia mente si fermò sul quel nome…Zayn?  << Si lui mi ha salvata, oddio proprio salvata no, però è venuto da me in infermeria quando ero sola ed ha chiamato mia madre. – Già mia madre, lei non si era fatta sentire, allora era vero che non gliene fotteva un cazzo. – Lei dov’è? >> Mio padre si guardò intorno in cerca di una risposta. << Non ne ho idea, ma non è questo l’importante, ci sono io piccola. – Mi lasciò un bacio sulla fronte e subito dopo mi spiegò in breve cosa avevo. – Devi ricoverarti in un istituto per ragazze come te. >> Non era quella la conclusione che mi aspettavo. Non mi ero accorta di essere legata ad una bombola. Ragazze come me, che brutto termine.  << Ho già firmato le dimissioni, se mangi regolarmente dopi tutto ciò che ti hanno iniettato qui puoi stare anche senza flebo, proveremo a farti mangiare solo un po’, solo per un giorno finchè non sarà pronto il ricovero. -  Sospirai appena sentii quella parola. Mi ero davvero spinta così in fondo? – Staremo da Mary e Zayn, a casa di quella pazza non ti ci lascio. >>
 
Ero di nuovo in una casa, in una casa vera! Con un tetto e dei mobili non bianchi. Mi mostrarono la mia stanza e mi misi subito a letto ero troppo stanca per stare in piedi. Mio padre si mise assieme a me nel letto a due piazze, ci addormentammo assieme e ci svegliammo solo la mattina seguente. Appena sveglia provai a mettermi seduta, ma niente. Non volevo svegliare mio padre, ma avevo bisogno di andare in bagno. Toccava anche a me qualche volta. Scesi dal letto e provai a stare in piedi, ci riuscii. Notai che addosso avevo una maglietta lunga e grande e un paio di culottes. La maglietta sarà stata di Zayn. Barcollando raggiunsi il bagno e appena finii optai per cercare Zayn, magari lui mi avrebbe accompagnata di sotto, non volevo rischiare di fare le scale. Camminavo strisciandomi ai mobili quando lo vidi uscire da una porta. << Zayn. >> Dissi e lui corse ad abbracciarmi prendendo le mie braccia che si erano tese in avanti. << Ei cuginetta, tra un ora dobbiamo essere al centro che ci fai ancora in pigiama? -  Non volevo ricoverarmi, no. Mi sarei ripresa sola. Le lacrime cominciarono ad uscire e mi accasciai sul pavimento. Era come se Zayn avesse capito tutto. – Non puoi riprenderti da sola, guarda come stai. Hai bisogno di una mano. >> Lui mi tese una mano e mi accompagnò a prendere un jeans e una felpa. Aspettò che mi vestissi e poi entrò. << Ancora non ti ho ringraziato abbastanza. >> Lui sorrise. << Se sei qui con me è come se mi avessi ringraziato. >> Mi lasciò un bacio tra i capelli, mi prese in braccio e mi accompagnò in macchina dove c’erano gia mio padre e la madre di Zayn, la fotocopia al femminile di mio padre. Dopo venti minuti di viaggio che a me parsero cento venti, un’infermiera ci corse in contro e mi fecero accomodare sulla sedia a rotelle. Mio padre spinse la carrozzella fino alla stanza che mi era stata assegnata seguita dagli altri due. Sembrava una stanza d’ospedale solo un po’ più colorata e nel letto accanto al mio c’era una ragazza. Sul capo del suo letto c’era scritto Jasmine, ancora riposava e sul braccialetto che aveva attaccato al polso c’era scritto Anoressica. I miei mi lasciarono poco dopo, dicendomi che ci saremmo visti l’indomani. E ineffetti così fu. Vennero tutti e tre tutti i giorni per tre mesi, fino a quando non mi ripresi del tutto stettero con me.
Il giorno delle dimissioni mi aspettarono fuori e io corsi incontro a tutti loro stringendoli forte. Loro erano la mia forza, lo erano stati tutto questo tempo e lo sarebbero stati sempre. Anche gli amici di Zayn erano li, li salutai con un cenno della mano e regalandogli il sorriso più bello del mondo. Louis invece non c’era, eh gia Louis ogni tanto un mio pensiero andava anche a lui, mi aveva dedicato una canzone e poi aveva provato a violentarmi. Meglio non pensarci e godermi questo ritorno a casa finalmente sui miei stessi piedi. 

 
 
                                  Ariel.
 
Zayn.



 
SPAZIO AUTRICE.
GRAZIE A TUTTI DI CONTINUARE A SEGUIRE LA MIA STORIA. HO CERCATO DI FARE UN CAPITOLO UN PO' PIU' LUNGO. HO TAGLIATO CORTO CON LA BULIMIA PERCHE' HO ANCORA TANTO DA RACCONTARE. A PRESTO. :D
RECENSITE!

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Capitolo 6
*** Robert? Mom? ***


#ARIEL’S POV.
Avevo passato tre mesi della mia vita dentro quelle stupide mura bianche con una compagna di stanza che non aveva neanche le forze per stare in piedi e che dopo un mese mi aveva lasciata. Già, Jasmine aveva solo 14 anni ed era morta. Com’era crudele la vita a volte. Eppure devo ringraziare Jasmine, la devo ringraziare perché mi ha fatta riprendere. Insomma avevo trovato la mia dimensione, c’era mio padre, mia zia, mio cugino. Sentivo di poter stare bene, se prima durante la parte di vita con mia madre ho pensato anche solo qualche volta di voler morire, adesso non più. Lei si era lasciata morire, io non l’ho fatto. Ci ho scambiato solo due parole ogni mese, ma nonostante quello è stata la mia salvezza. Lei con quegli occhi spenti, che ogni volta che mi guardava mi provocava un pianto doloroso, certo non più doloroso delle sue condizioni. Grazie Jasmine, perché grazie a te io vivo. Ogni mattina appena sveglia piantavo i piedi sul pavimento e con un grande sorriso ringraziavo Dio di avermi fatto il dono più bello della mia vita, una famiglia.
Una volta a casa anche i ragazzi erano con noi. Avevo ricordi sfocati di quella casa. Mi ricordavo quando ero corsa da Zayn che non mi reggevo in piedi, della dormita con mio padre, ma niente di più.
Avevo passato tre fottutissimi mesi in quella clinica, ma sembrava essere passata una vita.
«Ariel tesoro ti ricordi qual ‘è la tua stanza?» Non volevo rispondere di no, ma non ricordavo assolutamente. Tuttavia feci cenno di si con la testa e mi avviai di sopra, aprendo tutte le porte fino a trovarne una poco addobbata, senz’altro la mia. Senza effetti personali e quant’altro. Mio padre mi raggiunse nella stanza. «Le tue cose arriveranno tra poco, non temere.» Mio padre mi cinse la vita e mi lasciò un bacio tra i capelli. Poi un pensiero avvolse la mia mente. Che giorno era oggi. Cioè, avevo completamente perso la cognizione del tempo. Considerando che ero arrivata a fine maggio ed erano passati tre mesi, ora doveva essere settembre. Oh no, il mese della scuola e anche il mese del mio compleanno. Ne compivo 17 il 10 settembre. «Papà posso farti una domanda? – Azzardai interrompendo il silenzio che si era creato. Lui fece cenno di si con la testa. – Che giorno è oggi?» Lui mi voltò verso di se e mi guardo negli occhi tenendomi dalle spalle, avevamo gli stessi occhi, stesso verde bottiglia. Mi sentivo tanto una bambina tra le sue braccia ed era la sensazione più bella del mondo. «Oggi è domenica 7 settembre. E questo vuol dire che…» Lo precedetti senza lasciarlo concludere. «Tra tre giorni sarà il mio compleanno.» «Esatto principessa. - Disse stringendomi a se senza quasi lasciarmi respirare.  – Ma… - continuò subio dopo, - tra quattro giorni inizierà la scuola. Il tuo quarto anno bambina mia. » Disse come se fosse fiero di me. Cazzo la scuola. Non volevo tornarci, tutti mi avrebbero giudicata, ma ora ero più forte di prima. Potevo affrontare la scuola positivamente, e ci sarei riuscita. L’avrei fatto per me e per la mia famiglia.
 
Passarono tre giorni finchè non arrivo il giorno del mio compleanno. La casa era piena di addobbi sia dentro che fuori. I miei parenti mi avevano organizzato una festa in giardino, con i miei amici e alcuni ragazzi della scuola. Mio padre tre giorni prima aveva concluso dicendo: ti dovrai integrare Ariel, adesso è il momento giusto. Guardati sei bellissima, chi non vorrebbe essere tuo amico?
Forse aveva ragione, o forse no…dovevo ancora pensarci. Erano già tutti sotto, intrattenuti da Zayn mentre io nella mia stanza seduta davanti allo specchio aspettavo mia zia che mi portasse il fatidico vestito che mi aveva comprato, con tanto di scarpe. Appena entrò un wow non potè fare a meno di uscire dalla mia bocca. Era un vestito nero, veramente carino anche se eccessivamente corto. Non era il mio stile. «Zia è veramente eccessivo.» Mia zia alzò gli occhi in cielo. «Ma non dire fesserie bambina, starai benissimo.» Sbuffai e mi decisi a provarmelo. Era corto, nero e con le maniche molto corte. Non era il mio stile, io preferivo altro. Mia zia mi impedii di ribattere e mi fece sedere sulla sedia di prima per aggiustarmi i capelli e truccarmi solo un po’.
Appena pronta scesi dagli ospiti e tutti nel vedermi rimasero e bocca aperta e io mi imbarazzai da morire, sapevo che era eccessivo. Poi tutti in coro partirono con Tanti auguri a te. E fu lì che non riuscii a trattenere due lacrime che mi solcarono il viso. Appena finirono gridai un grazie collettivo e fui raggiunta da Zayn seguito da una ragazza, che avevo visto tante e tante volte a scuola, ma non sapevo chi fosse. Zayn mi si avvicinò all’orecchio sussurrandomi un “sei bellissima” che fece ribaltare il mio stomaco e si fece da parte per presentarmi questa sua…amica?! «Lei è Alison, la capo cheerleader.» Perché mi stava presentando la capo cheerleader? Odiavo le cheerleader, sempre perfette e pronte a squadrarti dalla testa ai piedi.  Bionda, vestita di nero con scarpe color carne. Sorrideva amabilmente, stranamente. «Ciao io sono Alison.» Disse la biondina dai lunghi capelli. «Sono Ariel.» Sorrisi anch’io. «Zayn, mi ha detto che vorresti far parte delle cheerleader.» Mandai uno sguardo assassino a Zayn che in cambio annuì, come a dire sorridi e annuisci. Decisi di stare al gioco. «Esattamente.» Decisi di darle corda. «Allora ci vediamo domani, alle 12 in palestra.» Era dolce e simpatica, era una cheerleader o cosa? «A domani.» Le sorrisi trascinandomi via Zayn. «Che cosa ti è saltato in mente? Non voglio far parte delle cheerleader, - dissi scuotendolo a destra e a manca. – Mi devi una spiegazione.» Dissi cercando di rilassarmi. «Ricordi cosa ha detto tuo padre? Ti devi integrare Ariel ed io voglio aiutarti e poi Alison è così dolce.» Alzò gli occhi al cielo, quasi sognando. «Ti piace. E mi stai usando per avvicinarti a lei.» Zayn strabuzzò gli occhi. «Non è assolutamente vero!» Scoppiai a ridere come un handicappata. «Però ti piace – dissi spintonandolo con un braccio. – E dai confessalo alla tua cuginetta preferita.» Lui arrossì, mi lasciò un bacio sulla guancia e sparì tra la folla. Caro vecchio Zayn, com’era ingenuo.
 
Ok era il mio primo giorno di scuola. Il primo giorno del quarto anno. Entrai a scuola con Zayn e gli altri. Mia zia mi aveva scelto gli abiti per l’occasione, un pantaloncino di jeans, una maglia larga e un paio di stivaletti estivi. La giornata passò veloce, la gente mi salutava ed io ricambiavo. Fortunatamente nessun giudizio o critica nei miei confonti. Alle 12 mi recai in palestra dove Alison mi accolse con un abbraccio. «Ariel sei venuta.» Ricambiai l’abbraccio e lei mi porse la mia uniforme. Top e gonnellino entrambi rossi. «Ti starà benissimo.» Continuò la bionda. Mi accompagnò nello spogliatoio e indossai la mia uniforme. Legai i capelli in una coda e si, mi stava davvero bene. Una volta in palestra Alison mi presentò alle altre e mi spiegò i passi di una coreografia, mentre Zayn e Harry mi guardavano dagli spalti. Ero portata per fare la cheerleader ineffetti, avevo una certa fluidità nel corpo che mi permetteva di eseguire i passi al meglio. Poi tutte le ragazze erano simpatiche o forse lo erano con me perché gli andavo a genio. Quell’allenamento fu stancante, ma dovevamo prepararci per tifare alla partita di inizio anno di Lacrosse, alla quale avrebbe preso parte anche Zayn.
 
Sulla strada del ritorno abbracciai Zayn, ringraziandolo di aver parlato con Alison. «Sai Zayn stasera uscirò con le ragazze!» Ero davvero felice di avere delle compagne, delle amiche. «Sono felicissimo per te!» Mi prese dai fianchi e mi sollevò per aria. Mi stampò un bacio tra i capelli e mi tenne stretta a sé fino al nostro ritorno a casa. Appena varcata la porta si mise a gridare
«Robert, Mamma, Ariel si è fatta delle amiche e ci uscirà stasera, venite qua è importante.» Ma nessuno rispondeva. Li chiamammo più e più volte, ma niente. Una lacrima solcò il mio viso mentre pensavo al peggio. Non era loro abitudine andare via senza avvisare. Mi strinsi forte a Zayn mentre lui provava a rintracciarli sul cellulare, ma niente. Solo la segreteria telefonica.


Ariel. 


Alison. 

SPAZIO AUTRICE.
Forse è un po' corto,ma è profondo. O almeno penso. 
Cosa saraà successo a Robert e a Mary. Sarà una cosa grave o no? Forse sono solo andati a fare un giro.
E chi lo sa! Grazie a tutti quelli che seguono la mia storia. Grazie davvero.
Spero di aggiornare presto. Bye:)

 

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Capitolo 7
*** Louis. ***


#Ariel's POV.

Dove cazzo erano andati? Cos’era successo? Piangevo, ero disperata e buttata sul pavimento. Avevo un bruttissimo presentimento e speravo seriamente non fosse vero. Zayn mi prese in braccio e mi caricò subito in macchina. «Dove andiamo?» Zayn esitò per un momento, forse non era sicuro della risposta.«Dalla polizia.»

Per la seconda volta, non pensavo a niente solo il bianco davanti ai miei occhi, ero persa nei miei bianchi pensieri, come durante quelle lunghe giornate in clinica dove stavo sul mio letto a fissare il muro bianco in attesa che si tingesse di qualche colore. Io, Jasmine e un muro bianco. Talvolta vicine, altre volte ognuna sul suo letto, ma sempre a fissare il muro, scambiandoci poche parole ogni tanto. Non era una tipa molto loquace.

Zayn mi trascinò giù dall’auto e una volta trovata una sedia davanti ad una scrivania mi poggiò li. «Devo fare una denuncia.» Si rivolse ad un agente di polizia che subito lo fece accomodare. «I nostri genitori sono scomparsi.» Scomparsi, che parola di merda. Avevo appena ritrovato mio padre e qualcuno me lo aveva portato via. «Siamo tornati da scuola e loro non c’erano più. Il telefono è spento e non hanno lasciato neanche un biglietto. In casa non ci sono segni di inflazione, ma ho paura che li abbiano potuti trarre fuori con l’inganno.» Il poliziotto annotava tutto sul suo computer aperto sulla pagina: Modulo denuncia. «Quand’è stata l’ultima volta che li avete visti?» Zayn guardò prima me, poi l’agente. «Ieri sera.»
 

Eravamo stati cacciati via come niente. Un misero: non sono ancora passate 48 ore non bastava a calmare i nostri animi. Con questa frase non li avremmo riavuti indietro. Adesso anche Zayn piangeva, aveva gli occhi appannati dalle lacrime, non so come facesse a vedere la strada davanti a sé. Una volta a casa si buttò sul letto di sua madre ed io mi misi accovacciata accanto a lui. Piangemmo per non so quanto tempo. Non ci muovemmo per ore. Non c’erano ne fame, ne sete, ne bisogno di andare in bagno. C’eravamo noi abbracciati stretti stretti in compagnia dei nostri pensieri. Non una parola, un sussurro. Solo due cuori distrutti. Il nostro presentimento si faceva sempre più forte. Avevamo entrambi paura che le uniche persone a cui volevamo bene ci fossero state portate via da qualcuno.
Ci svegliammo solo quando sentimmo una chiave girare nella toppa, forse erano loro. Erano passate quanto 72 ore, ma non avevamo avuto la forza di andare di nuovo al comando di polizia. Avevamo deciso di riprenderci dal trauma e solo allora di andare a fare la denuncia. Scendemmo di sotto con i vestiti sudati e le facce piene di lacrime. Erano li davanti a noi i nostri genitori. Appena ci videro si gettarono su di noi piangendo anch’essi. «Scusa bambina mia.» Fu l’unica cosa che mio padre mi sussurrò. Restammo in quel modo per un’inifinità di tempo. Quando mio padre ci propose di sederci tutti in salone.

«E’ successa una cosa. - Disse così piano che fu difficile sentirlo. Ecco lo sapevo io che i miei presentimenti erano fondati. -­ Riguarda tua madre.» Quella strega? Cosa voleva ancora da me? Non risposi, mi limitai ad annuire. «Che cosa vuole ancora quella stronza?» Fu Zayn a prendere parola. «Vuole che gli venga affidata sua figlia!» Minuto di silenzio e quando mi resi conto di ciò che aveva detto mi alzai in piedi di scatto battendo le mani sul tavolino davanti a me. «Che cosa?» I miei occhi erano pieni d’odio. «Cercherò di impedirlo. Ho solo bisogno di un buon avvocato. Ci metterò tutto me stesso te lo giuro Ariel.» Mio padre aprii le braccia come ad accogliermi, ed io mi ci fiondai dentro. Lui mi accarezzò i capelli sussurrandomi solamente un “non ti abbandonerò mai.”
Zayn si schiarì la voce e interruppe quel momento padre figlia. «Il padre di Harry è un avvocato molto stimato, è sempre dalla parte dei più deboli e non chiede mai molti soldi.» Zayn alludeva alla nostra situazione economica e faceva bene, ma c’era da non dimenticarsi che anche mia madre era un avvocato. «Allora voglio parlare con lui oggi stesso.»
 

Passavano i giorni ed io ero sempre più triste, mio padre mi diceva sempre che sarebbe stato difficile. Insomma, il processo era esattamente tra tre mesi e avevano pochi fogli in mano. Mio padre mi aveva spiegato perché ci avevano lasciato in quel modo. Non gli avrei mai permesso di incontrare la strega è vero e gli sarei corsa incontro dovunque fosse. Si scusò un miliardo di volte, ma io non ce l’avevo mica con lui.
Erano passati tre mesi. Io non potevo andare in tribunale in quanto minorenne, ma sarebbe stato meglio, almeno non avrei visto quella strega. Credevo in mio padre e nel signor Styles. Lui era la mia salvezza.
 Aspettai tutto il tempo facendo su e giù per il corridoio che culminava col portone di casa mentre il mio pigiama di pile mi riscaldava. Mille pensieri mi passavano per la testa. Vivere con mia mamma sarebbe stato peggio della permanenza in clinica. Lo era stato prima di finire lì e lo sarebbe stato anche dopo.  Appena mio padre entrò dalla porta non dissi una parola, ma gli rivolsi uno sguardo speranzoso, mentre mia zia Mary e mio cugino ci raggiungevano davanti la porta. «Ho una cattiva notizia ed una buona.» Ma mi pigliava per il culo? «Comincia dalla cattiva.» Dissi andandomi a sedere sul divano in modo da evitare uno svenimento. «La cattiva è che tua madre ha ottenuto l’affidamento e. – senza darmi tempo di replicare continuò con la buona. – Abbiamo già fatto ricorso. Sostengono che io sia malato e non possa prendermi cura di te, ma abbiamo trovato un modo per smentire tutto questo. Vedi tesoro, chiameremo il dottore che mi ha seguito durante tutta la mia malattia e lo faremo testimoniare. Non ho più il cancro, devo solo sottopormi ad un controllo che via via si farà sempre più rado nel tempo.» Sospirai, ero contenta che ci fosse un’altra via d’uscita. «Questo vuol dire che?» Non rispondere quello che penso, non lo fare. Pensavo tra me e me. «Finchè non ci sarà una nuova udienza, dovrai stare con tua madre. Nella tua vecchia casa.» Ecco, ero pronta a morire. Non volevo andare a vivere con quella troia. Sarei caduta in depressione questa volta, altro che bulimia.
Ma purtroppo non potè impedirlo. Nonostante questo con Zayn attuammo un piano. La mattina sarei stata lontana da lei andando a scuola. Fino alle tre avrei avuto gli allenamenti ed il pomeriggio l’avrei passato con lui o con Alison. La sera avrei cenato fuori molte volte a settimana e il week-end l’avrei passato con mio padre, secondo la sentenza del giudice. Era un piano infallibile, dovevo starle il più lontana possibile e ci sarei riuscita. Ero positiva, lei non mi avrebbe scalfita, non questa volta. Non con i miei cari a difendermi. Anche gli amici di Zayn erano pronti a difendermi ed anche Alison.
 


Primo giorno di convivenza.
Arrivai la sera prima in quella casa decisa a non rivolgerle la parola, ma quella volta fu lei a farlo. «Sicuramente ti chiederai dove sono stata per tutti questi mesi. – Si lo avevo fatto. – Sono andata a schiarirmi le idee lontana da qui. Non sapevo se tornare o no, non sapevo se volevo una figlia. – Oh così si che mi consolava. – Alla fine ho capito che la mia vita senza di te non aveva senso.» Cazzata più grande non poteva esistere, ma non avevo intenzione di ascoltarla ancora. Così me ne salii in camera senza neanche dirle buonanotte. Non se lo meritava. Lei non voleva me, voleva l’infelicità di mio padre. Lei lo aveva buttato via ed era intenzionata a farlo soffrire ancora, ancora e ancora. Tanto presto sarei stata libera, anche se mio padre non avrebbe ottenuto l’affidamento, avrebbe prolungato i tempi il più possibile, fino a quando non sarei diventata maggiorenne. Lui non voleva vedermi solo tre giorni su sette, lui voleva vivermi.
 
Non avevo dormito completamente quella notte pensando alla cattiveria di mia madre. Misi la mia uniforme da cheerleader, stirai i capelli, mi truccai e con la mia borsa scesi al piano inferiore. «Buon giorno.» Era proprio uguale alla strega cattiva in Biancaneve e i Sette Nani. «Buongiorno.» Mugugnai prendendo una mela. Fuori c’era Zayn ad aspettarmi. Appena salii in macchina gli stampai un bacio sulla guancia. «Portami lontano da qui.» Lui fece un risolino e in men che non si dica arrivammo a scuola.
Scuola, che bella parola. Aveva un suono tutto suo stamattina. Forse perché qualsiasi cosa era meglio di mia madre. Salutai gli amici di Zayn e poi fui trascinata via da Alison. «Stasera casa Styles, sembra perfetto per il piano vero?» Oh si lo era. L’abbracciai forte forte. «Sei la migliore.» Le sussurrai all’orecchio. Eh già Alison era la cosa migliore che potessi desiderare, sia in quel momento che sempre. Quella giornata la passammo assieme ed io ignorai tutto il tempo le telefonate di mia madre, poteva aver ottenuto il mio affidamento, ma non il mio affetto. Io e Alison arrivammo a casa mia. Mi dovevo pur cambiare per la festa no?
Indossai un abito corto a balze, niente di troppo aderente, volevo essere libera di muovermi, con un paio di decolletè. Stirai i lunghi capelli rossi e inserii un fiocco rosso tra i capelli. Scendemmo sotto e mia madre non potè fare a meno di notarmi. «Dove credi di andare?» La guardai in cagnesco. «Ad una festa. – Il suo sguardo era infuocato. – Eh già, vai a dirlo pure al tuo amico giudice se non ti piace che lo faccia.» Uscii di casa sbattendo la porta e io e Alison scoppiammo a ridere. Avevamo le lacrime agli occhi per le risate.

Lei indossava un abitino nero con scollatura sulla schiena e un paio di stivali tacco 12.
Appena entrammo salutammo Harry con un bacio e ci accomodammo al tavolo dei drink. Amavo bere e anche Alison lo faceva. Eravamo identiche. Era la sorella che non avevo mai avuto. Zayn non si era fatto vedere tutto il tempo, chissà dov’era!
Io Alison e le altre cheerleader passammo una bellissima serata, piena di bevute e balli scatenati sopra i tavolini. Ma quando io e la mia amica stavamo per avviarci verso il tavolo dei drink vidi una figura avvicinarsi. Oh no pensai.

Louis. In quel momento mille e pure più cattivi pensieri mi attraversavano la mente, che cosa ci faceva qui? Alison notò la mia inquietudine e appena si girò lo vide. Non avevamo mai parlato di questa storia, ma c’erano state tantissime voci sull’accaduto. La maggior parte delle quali veritiere. «Allora è tutto vero?» Alison mi fissava. Io mi limitai ad annuire e mi trascinò via. Fuori da quella casa, che per me si era trasformata nell’inferno. Che cazzo voleva? Non bastava mia madre, ora si doveva mettere in mezzo pure lui?! 


SPAZIO AUTRICE.
Personalmente mi piace questo capitolo anche se forse non sono riuscita a renderlo al meglio. Beh, spero che piaccia anche a voi.
Ringrazio coloro che seguono la mia storia. Siete voi a darmi energia e voglia di scrivere. 
Cosa succederà nel prossimo capitolo? Perchè Louis è tornato? Robert riuscirà a rintracciare il medico e ad ottenere l'affidamento totale di Ariel? Lo scoprirete nella prossima puntata!
Non mi abbandonate :D
A presto!

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