Children of Strenght - La Razza Orgogliosa in pericolo

di Chilemex
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un incontro improvviso ***
Capitolo 2: *** Il racconto di Ranulf ***
Capitolo 3: *** La partenza ***
Capitolo 4: *** Oscuri avvertimenti ***
Capitolo 5: *** L'affronto della truppa ferossita ***
Capitolo 6: *** Attacchi e sorprese ***
Capitolo 7: *** Problemi in riva al mare ***
Capitolo 8: *** Navi, battaglie e magie [1/2] ***



Capitolo 1
*** Un incontro improvviso ***


Non c’era molto da fare, dopo la grande guerra che aveva portato l’esercito d’Ylisse alla vittoria contro Grima, il Drago Maligno.
Infatti, i Pastori si ritrovavano un’altra volta a vagare in gruppo per le valli della patria, guardandosi intorno, chiacchierando ed assicurandosi che tutto fosse a posto.
Il gruppo era riunito al completo, il che succedeva raramente, e stava viaggiando su una piana situata a nord di Ylisstol, più vicina ai Regna Ferox che ad altro.
Nonostante ci fossero tutti, non viaggiavano compatti; si dividevano in piccoli gruppetti sparpagliati, ciascuno con un argomento di conversazione diverso.
Chrom, ovviamente, si trovava in testa all’intero esercito, accompagnato dalla moglie Sumia e dalle figlie Lucina e Cynthia.
«Che noia… Cosa stiamo facendo qui? Non c’è assolutamente niente! È tutto così calmo e tranquillo…» stava dicendo la figlia minore, tenendo il broncio.
«Il che è un bene!» le rispose la madre «Siamo qui per controllare proprio questo. Dobbiamo assicurarci che non ci siano problemi!»
«Sì, questo lo so, però…» ribatté Cynthia, sempre afflitta «Ci vorrebbe un po’ di azione! Non lo so, qualche banda di banditi da sbaragliare, cittadini da aiutare, qualche Risorto da trafiggere!»
Chrom guardò la figlia con sguardo sbigottito ma comunque divertito: «Cynthia, abbiamo sconfitto i Risorti un bel po’ di tempo fa, come puoi volere che ne arrivino altri?»
La ragazzina scoppiò a ridere, il che contagiò anche la sorella Lucina: «Scherzavo, papà! È ovvio che nemmeno io voglio il ritorno di quei mostri… Ma non nascondo la mia voglia di riprendere in mano lance e tomi e colpire qualcuno! Un‘eroina deve tenersi in forma!»
Chrom sospirò, sempre col sorriso sulle labbra: «Fantastico, mia figlia è una piccola assassina…», e tutti e quattro ricominciarono a ridere. Insomma, sembravano davvero la classica famiglia felice.
 
Nonostante la tranquillità della situazione, i Pastori iniziarono ben presto a notare qualcosa di strano. Quasi all’unisono, tutti sollevarono la testa e videro il problema in questione: il cielo si era improvvisamente ricoperto di grosse e cupe nuvole nere, che preannunciavano un temporale decisamente pericoloso e devastante. L’arrivo improvviso delle nubi fu accompagnato da un fortissimo rombo di tuono che fece bloccare l’intero gruppo, che rimase abbastanza colpito.
«Giuro che non sono stato io!» disse Henry ridendo, e suscitando solamente la breve risatina di Tharja.
«Che strano… Fino a pochi secondi fa c’era il sole e non c’era traccia di una nuvola…» mormorò Lissa, guardando il cielo con aria inquieta.
«Già, mi sa che sta arrivando un gran bel temporale» affermò Frederick, guardando poi Lissa e dicendole: «Spero non abbiate paura dei temporali, principessa…»
Lei si voltò con aria orgogliosa. «Ti sembra che possa avere paura di un temporale, Frederick? No, trovo solo strano il fatto che stia arrivando così all’improvviso…»
Chrom interruppe il dibattito, alzando leggermente la voce: «Mi sa che non manca nemmeno molto all’inizio. Guardate le nuvole, sono vicinissime. Lo so, il fatto che nessuno le abbia notate finora è strano…»
«Questo perché finora non c’erano, eh!» sbottò Sully, ma Chrom la ignorò e continuò a parlare.
«Se restiamo qui ci inzupperemo non poco, è meglio tornare ad Ylisstol!»
«Non credo abbia senso!» disse Vaike, attirando l’attenzione di tutti «Poco più a nord di qui, prima dei Regna Ferox, c’è un villaggio popolato da gente molto amichevole. In qualche minuto dovremmo essere lì, è sicuramente più rapido che tornare indietro!»
Chrom ragionò, guardandosi intorno. Quel viaggetto era stato programmato per essere un semplice giro di ricognizione, perciò nessuno aveva avuto l’idea di portare una mappa. Tuttavia, decise di fidarsi dell’istinto di Vaike.
«Va bene. Fai strada, allora! Ci dirigiamo verso questo villaggio!»
 
Il gruppo avanzava di nuovo, stavolta più compatto e più rapidamente, con Vaike in testa e Chrom subito dietro di lui. Il calore che fino a poco prima il sole conferiva alla piana era del tutto svanito, rimpiazzato da un buio inquietante e da un vento gelido che si presentava ogni tanto a brevi raffiche. Inoltre, stavano già cadendo le prime gocce di pioggia.
«Quanto manca ancora?» domandò Ricken dal centro della formazione, urlando per farsi sentire da Vaike.
«Circa una decina di minuti!» sbottò Vaike in risposta.
All’improvviso ed in modo assolutamente inaspettato, un altro tuono riempì l’aria col suo suono assordante, accompagnato da un fulmine che cadde non molto distante dal punto in cui si trovavano i Pastori. Subito dopo, la pioggia cominciò a cadere in modo molto più forte e violento, quasi impedendo all’esercito di vedere davanti a sé.
Lissa urlò, ma Owain e suo marito Gaius andarono a tranquillizzarla. Evidentemente aveva davvero paura dei temporali.
«Maledettissima pioggia…» disse Virion a denti stretti, infastidito dal temporale come tutti gli altri.
‘Questo non è normale… Non ho mai visto un temporale così violento ed improvviso…’ pensò Chrom, incoraggiando la truppa ad avanzare più velocemente.
All’improvviso, si sentì qualcuno urlare; era Yarne, che si era fermato distaccandosi dal resto del gruppo e rimanendo indietro. Tutti si voltarono a guardarlo, temendo che fosse in pericolo, ma non era così.
«Venite qui, svelti! C’è qualcuno a terra!» stava urlando Yarne, per farsi sentire sovrastando il rumore incessante della pioggia.
Pur esitando, una piccola parte del gruppo raggiunse Yarne tornando indietro, tra essi anche Chrom.
Fu proprio lui il primo ad esaminare il pezzo di terreno indicato dal Taguel, ed a sussultare alla vista di ciò che vi si trovava.
Rannicchiato a terra in una posizione raccapricciante, in mezzo al fango appena formatosi, c’era la figura immobile di un uomo.
«Che diamine…» mormorò Chrom, sotto gli occhi preoccupati di tutti.
Il suo corpo non era del tutto visibile, tanto meno in quella situazione, ma si riusciva a capire che l’uomo era completamente nudo. L’unico indumento che indossava era una fascia arancione che gli circondava la testa all’altezza della nuca. Aveva i capelli piuttosto corti, di un colore azzurro pallido, quasi grigio. Sul suo volto regnava un’espressione di dolore devastante, sembrava stesse soffrendo in quel preciso momento.
Chrom fece un passo indietro barcollando, nel momento in cui Donnel lo raggiunse.
«Woah… È morto?» chiese l’ex contadino, allontanandosi a sua volta.
«Non lo so… Vai a chiamare un curatore!» ordinò Chrom, e Donnel corse indietro. Pochi secondi dopo, Maribelle raggiunse il corpo a terra e lo esaminò rapidamente.
«Non è morto, ma sta davvero molto male» affermò lei «Se vogliamo salvarlo, dobbiamo portarlo al più presto da un esperto professionista!»
Chrom rimase in silenzio per un attimo, poi annuì vigorosamente. Subito dopo, Zelcher lo raggiunse.
«Ho sentito tutto, so io come aiutarlo» disse la donna, che poi si rivolse al cielo ormai completamente oscurato ed emise due forti fischi in rapida successione. In pochi secondi, la viverna Minerva le fu al fianco.
Chrom, facendo molta attenzione, sollevò di peso il corpo da terra. Da vicino, riuscì a vedere che oltretutto l’uomo presentava parecchie ferite aperte, da cui usciva molto sangue. Rimaneva ancora immobile, con gli occhi semichiusi, l’aria sempre sofferente. Chrom non esitò più, ed appoggiò delicatamente il corpo sul dorso di Minerva, che aveva aperto le ali per fornire lo spazio necessario.
«Portalo velocemente al paese qui avanti, in un luogo sicuro e riparato, dove potrà ricevere delle cure! Presto!» le ordinò Zelcher con dolcezza, e in un attimo la viverna spiccò il volo, dirigendosi nel cielo tempestato verso nord.
«Bene, muoviamoci!» ordinò Chrom.
Il gruppo ricompose la formazione ordinata di prima, e ricominciò ad avanzare velocemente. Pochi minuti dopo, i Pastori si affacciarono su un paesaggio illuminato da luci artificiali quali torce e fiaccole. Erano arrivati al villaggio.
 
La mattina successiva, sembrava che non fosse successo nulla di strano. Il sole era tornato a splendere com’era normale che facesse in piena estate, e non c’era una traccia che potesse provare che il giorno prima ci fosse stato un temporale apocalittico.
Chrom, come la maggior parte del resto dei Pastori, non aveva chiuso occhio per tutta la notte. Era rimasto nella sua stanza nella taverna che li aveva ospitati, a guardare fuori dalla finestra e ad osservare i fulmini che cadevano sul continente. La mattina, molto presto, era sceso nell’infermeria in cui era stato portato l’uomo trovato nel mezzo della piana, dopo esser stato trasportato lì da Minerva.
Aveva trovato la porta dell’infermeria chiusa, il che significava che vi stavano ancora lavorando.
Vagò davanti alla porta per quasi un’ora, finché questa non si aprì. Ne uscirono Lissa, Libra, Maribelle e Brady. Avevano tutti l’aria esausta; d’altronde, avevano lavorato tutta la notte.
Chrom non riuscì a trattenersi e chiese: «Cos’è successo? Sta bene?»
Fu Libra a rispondergli: «È vivo, e sta riprendendo lentamente i sensi»
Chrom si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo, poi Libra continuò: «Dovrebbe riprendersi del tutto molto presto, ma per il momento sta ancora dormendo. Quando l’abbiamo trovato era davvero sul punto di morte, ma gli dei hanno salvato la sua anima»
Lissa mormorò: «Povero ragazzo, era messo davvero male… Chissà cosa gli è successo…»
«Lo scopriremo solo chiedendoglielo» disse Chrom, avviandosi verso l’entrata dell’infermeria.
«Ehi, che stai facendo? Ti abbiamo detto che il ragazzo sta dormendo!» sbottò Brady cercando di fermarlo, ma Maribelle trattenne suo figlio, permettendo a Chrom di entrare. Prima di sparire attraverso la soglia, il capitano si voltò ancora una volta verso i quattro curatori.
«Grazie mille, siete stati di grande aiuto. Andate a riposarvi» disse loro, sorridendo. I quattro ricambiarono il sorriso e si allontanarono.
Nell’infermeria, con pareti e pavimento bianchi, si trovavano parecchi letti dello stesso colore, ma soltanto uno era occupato. Chrom si avvicinò, e vide che sotto alle coperte c’era l’uomo che avevano trovato il giorno prima. Portava ancora quella strana fascia ai capelli, e soltanto la testa gli spuntava da sotto le lenzuola. Guardandolo meglio, sembrava piuttosto giovane.
Non sembrava più sofferente, al contrario… Stava dormendo pacificamente. Chrom notò che aveva delle strane cicatrici sul volto, e alcuni segni dello stesso colore dei suoi capelli… Ma non riuscì ad esaminarlo meglio, perché in quel momento il ragazzo si mosse. Gli occhi si muovevano, e la bocca iniziava ad aprirsi formando una piccola fessura sottile. Si stava svegliando.
Chrom fece qualche passo indietro, per evitare di opprimere il risveglio del ragazzo. Dopo pochi secondi, questo spalancò gli occhi come se fosse stato svegliato all’improvviso.
Senza alzare la testa dal cuscino, si guardò intorno furtivamente, finché non notò Chrom. Per un attimo sembrò spaventato, ma poi si calmò. Forse aveva capito che non era in pericolo… O che non avrebbe avuto chance di affrontarlo in quelle condizioni.
«Oh, buongiorno» disse Chrom, guardandolo con disinvoltura «È una nuova moda quella di addormentarsi nei campi o succede solo a noi di incontrare queste persone?»
Il ragazzo lo guardò con aria confusa. In questo modo, Chrom riuscì a notare una cosa particolare. I suoi occhi, piuttosto piccoli, avevano due colori diversi: uno verde ed uno azzurro.
«C-come scusa?» mormorò il ragazzo con un filo di voce debole. Il suo tono di voce era leggermente acuto, ma non per questo infantile. Si potrebbe dire una tonalità “molleggiata”.
Chrom si limitò a sorridere, confondendo ancora di più l’altro.
«D-dove mi trovo?» chiese, con la voce che lentamente tornava a farsi sentire. Si stava sforzando al massimo di non farla tremare.
Chrom gli spiegò tutto: «Ti trovi nel regno d’Ylisse, in un villaggio di periferia. Ieri pomeriggio io ed i miei amici, i Pastori, ti abbiamo trovato in fin di vita in mezzo ad una radura. Devo esser sincero… Vedendoti in quelle condizioni ho pensato che ti fossi perso in seguito ad una sbornia, ma a quanto pare non è così. Stavi morendo. Così ti abbiamo portato qui, in un’infermeria»
Il ragazzo distolse per un attimo lo sguardo da Chrom, guardando nel vuoto con lo sguardo perso ma concentrato. «Già… Ora ricordo…» sussurrò a sé stesso, ma Chrom lo sentì comunque. Il suo sguardo affascinante tornò sul capitano.
«Dove hai detto che mi trovo?»
«Nel regno d’Ylisse» ripeté Chrom, pazientemente.
Lui sembrò ancora confuso. Evidentemente non era mai stato lì prima di quel momento.
«Sì, ora ricordo tutto. Grazie di avermi salvato, se fossi rimasto lì qualche altro minuto sarei morto» disse, finalmente con una voce abbastanza sicura.
«Figurati, è il nostro lavoro. Io sono Chrom, il capitano dei Pastori»
Il ragazzo esitò per un attimo, ma poi rispose.
«Piacere di conoscerti, Chrom» Il suo tono di voce era quasi divertente, ma ciononostante sembrava sicuro di sé.
 
«Il mio nome è Ranulf. Vengo dalle Terre di Gania, sono un Laguz»








Ta-dah!
La mia prima fan fiction a capitoli su Fire Emblem, in questo caso… Una specie di crossover!
Mi credereste se vi dicessi che l’ispirazione per questa storia mi è venuta TUTTA ieri sera? Già, ieri sera. Ed ora il primo capitolo è già qui.
Che dire… Adoro Awakening ed adoro Path of Radiance, soprattutto i personaggi dei due giochi, quindi non ho resistito e ho dovuto creare questa cosa.
Non so se questa fan fiction verrà letta da qualcuno, e soprattutto se piacerà a qualcuno, ma voglio essere sincero… Ho grandi aspettative. Non vorrei sembrare vanitoso o cose del genere, ma ho qualche idea piuttosto carina per questa storia e non vedo l’ora di continuarla.
Oh, una cosa… Siccome non sono riuscito a descrivere decentemente il tono di voce di questo personaggio, Ranulf, vi pregherei di dare una rapida occhiata ai primi minuti di queeeeesto video ed ascoltare la voce che gli è stata data. Mi sono basato proprio su quella, è una voce che trovo perfetta per Ranulf, e mi piacerebbe che ve ne faceste almeno un’idea.
Strano, volevo dire molte cose a riguardo ma ora non mi viene in mente nulla… Beh, allora credo di poter chiudere qui.
Grazie mille agli eventuali lettori! Se vi va, fatemi sapere la vostra opinione su questo primo capitolo e le vostre aspettative! Grazie ancora, see ya next time! :D

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Capitolo 2
*** Il racconto di Ranulf ***


Chrom per un attimo pensò di non aver capito bene, e continuò a fissare vagamente il ragazzo.
«Sei un… Cosa?» riuscì a chiedere, balbettando.
L’altro sorrise, trattenendo una risata.
«Ripeterò tutto daccapo. Mi chiamo Ranulf, vengo dalle Terre di Gania e sono un Laguz!»
Chrom rimase impietrito.
«Terre di Gania? Non ne ho mai sentito parlare. E nemmeno di questi… Laguz…?»
Ranulf rise di nuovo.
«A quanto pare non sono l’unico confuso qui, eh? Capisco…»
Chrom sembrò incuriosito, e disse: «Davvero, non ho idea di che cosa tu stia dicendo… Ti andrebbe di parlarne?»
Prima di rispondere, Ranulf allungò le braccia verso l’alto, stiracchiandosi ed emettendo un verso tremendamente simile ad un miagolio.
«Se proprio hai voglia di ascoltare, te ne parlerò con piacere. Dunque… Hai detto di non avere idea di cosa sia un Laguz. Beh, è piuttosto semplice, a dirla tutta. I Laguz sono creature che possiedono l’abilità di trasformarsi in specifici animali quasi a loro completo piacimento. È un’abilità effettivamente molto comoda, bisogna ammetterlo. Per quanto riguarda le Terre di Gania… Sono un Regno decisamente molto lontano da qui, che fa parte del grande continente di Tellius. È popolato dalla Tribù delle Bestie e governato da Re Caineghis e da suo nipote Skrimir. E non posso fare a meno di vantarmi di essere il vassallo più fidato del Re!»
Chrom sembrava davvero interessato.
«Siete capaci di trasformarvi in animali? Interessante…»
«Sì, ma non tutti gli animali» specificò Ranulf «Ci sono diverse specie di Laguz, e ciascuna può trasformarsi in un certo animale. Ci sono le tigri, i falchi, i corvi, i draghi, i lupi… Io appartengo alla stirpe dei gatti!»
Chrom non aveva nessuna intenzione di mancare di rispetto all’ospite, ma non riuscì a trattenere un commento: «Gatti? Sei un carinissimo gattino, quindi?»
In effetti, Ranulf sembrò leggermente infastidito da quella frase. A Chrom parve di vedere qualcosa muoversi rapidamente sotto le lenzuola, ma non ne fu sicuro.
«Non è affatto come sembra, Beorc. Anzi, posso confermarti che noi gatti siamo dei guerrieri molto forti e, al contempo, molto carini. E spesso questo nostro pregio ci ha concesso la vittoria sui nemici»
Chrom annuì rispettosamente, più che altro per farsi perdonare: «Lo immagino»
Ci fu un attimo di silenzio, poi Chrom fece un’altra osservazione.
«Ho conosciuto altri tipi di specie capaci di trasformarsi, i Taguel e i Manakete, ma dei Laguz non avevo mai sentito parlare»
«Come io non ho mai sentito parlare delle razze che hai appena nominato!»
«Ma allora… Se i Laguz non sono tipici di queste parti, come sei finito in quella radura nel bel mezzo d’Ylisse?»
Ranulf sospirò.
«Sei sicuro di voler ascoltare? È una storia lunga, che mi sono ricordato solo pochi minuti fa quando mi sono svegliato…»
Chrom si sedette su un letto adiacente a quello di Ranulf, dicendo: «Sì, ho bisogno di sapere cosa succede nella mia patria. Sono tutto orecchi… Ranulf»
Il Laguz si sistemò meglio sul letto, quindi cominciò il suo lungo racconto.
 
«È una storia molto più semplice di quanto tu possa aspettarti… E al contempo più tremenda. 
Proprio ieri pomeriggio mi stavo dirigendo verso il castello dove risiedono i reali di Gania, poiché doveva tenersi una riunione importante tra le varie Tribù delle Bestie. Beh, ero quasi arrivato ai giardini del castello, quando… Qualcosa mi colpì con violenza alle spalle, talmente forte da farmi crollare a terra. Non ebbi nemmeno il tempo di chiedermi perché non avessi sentito prima arrivare il colpo col mio istinto “quasi animale“, che un altro attacco proveniente dalla stessa direzione mi colpì in pieno.
Momentaneamente incapace di rialzarmi, mi voltai per vedere che cosa diamine mi stesse attaccando. Vidi una figura umana avvicinarsi lentamente a me, quindi d’istinto indietreggiai e mi rimisi in piedi. Allora riuscii a vedere meglio.
Era un uomo, vestito con gli abiti di un mago, e si stava ancora approcciando a me. Aveva i capelli scuri, di un colore simile al verde cupo, ed era piuttosto alto. Capii subito che era stato lui a scagliare quei due attacchi, poiché una delle sue mani brillava ancora di una luce particolare che non avevo mai visto, neanche guardando altri maghi combattere. Non saprei come descriverla… Era come una luce oscura, anche se è difficile da immaginare una cosa del genere. Gli chiesi perché diamine mi avesse colpito, ma tutto ciò che mi rispose fu, con un tono sprezzante: “Zitto, lurido semiumano”.
Quella parola è considerata un insulto per noi, come i Beorc considerano un insulto la parola umano. Confuso, non potei far altro che allontanarmi da lui, anche se l’uomo continuava costantemente a seguirmi camminando lentamente.
La situazione si stava rivelando davvero inquietante, e il mio istinto rileva sempre il pericolo nelle circostanze. In quel caso, sentivo il pericolo arrivare da tutte le parti. Non potei più controllarmi, e mi lasciai sfuggire un leggero ringhio minaccioso, mentre le mie unghie iniziavano lentamente ad allungarsi.
L’uomo lo notò, e mi guardò con ancora più disprezzo.
“Avresti il coraggio di affrontarmi, feccia?” mi disse, a denti stretti. Non sapendo cosa rispondere, continuai a ringhiare ed a guardarlo minacciosamente.
In un attimo, l’uomo mi fu addosso. Mi scaraventò a terra senza che potessi accorgermene, tenendomi immobilizzato con un braccio. La mano libera stava di nuovo brillando, e la stava lentamente avvicinando al mio viso. Più si avvicinava, più un particolare tipo di dolore mai provato prima si presentava. Era come… Se quell’incantesimo mi stesse bruciando dall’interno. Era terribile.
Per fortuna, un attimo prima che la sua mano mi toccasse, riuscii a liberarmi dalla sua presa e a rimettermi in piedi. Lui, con lo sguardo neutro e vuoto, continuò a fissarmi mentre la mano gli si spegneva di nuovo.
“Che cosa vuoi da me?! Cosa stai facendo?!” gli chiesi, mentre il dolore se ne andava. E lì iniziò il suo stupido monologo. Ricordo perfettamente ogni sua singola parola.
“Il mio nome è Verlith. Sono un Sommo Stregone, e provengo da una terra di cui tu non hai il diritto di conoscere il nome. Sono venuto fino a qui con un solo intento: migliorare l’umanità,  e salvarla da ciò che più la affligge e la tormenta. Mi riferisco proprio a voi: voi, schifosi semiumani. Da anni, da secoli, siete la rovina della razza umana. Vi credete superiori, più abili, ma alla fine siete voi a dipendere vitalmente dagli umani. Senza di noi, non sareste che delle bestiacce che passano le giornate a rotolare nel fango. E d’altronde non è che la situazione sia effettivamente molto diversa. Il punto è che la razza inferiore siete voi. Voi per gli umani non siete altro che parassiti, che pretendono di avere gli stessi diritti. Costruite castelli personali, e pretendete perfino di formare un Regno popolato e governato sempre da voi. Ma è giunta l’ora di metter fine a questo scempio. Gli umani stanno in cima, ed i vermi… Sottoterra. Eliminerò ogni singolo esemplare di semiumano presente in questo schifoso continente, a cominciare dai più potenti… A cominciare da te!”
Questo è ciò che mi disse, prima di scagliarsi di nuovo su di me per attaccarmi con estrema violenza. Stavolta, però, riuscii a schivare il suo rapidissimo attacco, facendolo rimanere abbastanza male. D’altronde, dopo quell’epico discorso senza senso, cima né fondo, avrebbe voluto fare il finale ad effetto… Me l’aspettavo, per quello sono riuscito ad evitarlo.
Mentre si voltava di nuovo verso di me con aria impaziente, ebbi il tempo di fare quello che volevo fare dal primo momento in cui l’avevo visto: trasformarmi.
In un attimo, infatti, mi ritrovai nella mia comodissima forma gatto, pronto a combattere contro quel pazzo.
In quel piccolo spiazzo non lontano dal castello, purtroppo, non passò nessuno che potesse aiutarmi. Combattemmo entrambi da soli.
La battaglia non durò molto: lui continuava a sferrare sempre lo stesso attacco, e io continuavo a schivare e contrattaccare con qualche morso qua e là. Riuscii a tenergli testa per più di cinque minuti, sebbene con un grande sforzo, ma poi… Iniziarono i problemi seri.
Nonostante la mia resistenza, dopo quella battaglia ero davvero stremato ed affannato. Lui, invece, sembrava perfettamente in forma, come se non avesse fatto nulla. Una forza impressionante; in quel momento iniziai a pensare che forse era veramente un Sommo Stregone.
I nostri sguardi si incrociarono, e vidi tutta la rabbia e l’odio nei suoi occhi.
“È il momento di farla finita, bestiaccia. Non potrai più opporre resistenza!” mi disse, e poi… Accadde tutto in meno di un attimo.
L’intero corpo dell’uomo venne immediatamente avvolto dalla stessa luce che fino a poco prima veniva emanata dalla sua mano, e lui volò verso di me ad una velocità impressionante. Non riuscii a muovere un muscolo, quel suo nuovo attacco mi centrò in pieno. Ma la cosa ancora più stupefacente fu che, subito dopo aver incassato quell’attacco, lo scenario intorno a noi cambiò. Dopo un brevissimo lampo di luce, come quelli che si vedono nei temporali, non eravamo più nei pressi del castello di Gania. Ci trovavamo in uno spazio completamente diverso, un’immensa piana mai vista prima. Il luogo in cui mi avete trovato.
Non so che tipo di magia avesse usato, ma era devastante. Oltre ad avermi colpito con violenza inaudita, ci aveva teletrasportato in un altro luogo. Una magia mai vista prima. Magia nera, davvero notevole.
Intontito per quell’improvviso “cambio di scena”, non ebbi il tempo di reagire al suo attacco successivo. Stavolta non si trattava di magia.
Verlith mi colpì alle spalle con una spada, questa apparentemente semplice, ma con una forza impressionante. L’attacco mi trafisse una spalla, e a causa del dolore non trovai più la forza di stare in piedi. Mi ritrovai di nuovo nella forma umana, quella in cui mi vedi ora, disteso sull’erba di quel posto sconosciuto.
L’aria della zona si fece improvvisamente fredda, il sole sparì e fu rimpiazzato da del fastidioso vento e da una lieve pioggia, che preannunciavano un gran bel temporale.
“Finalmente…” mormorò Verlith, avvicinandosi a me tenendo stretta la spada con cui mi aveva colpito. Da dove l’avesse presa non ne ho idea…
“È dunque questa la forza di voi semiumani… E vi definite anche forti… Siete la vergogna dell’umanità” disse, guardandomi dall’alto in basso. Cercai in tutti i modi di rialzarmi, ma fu inutile.
Senza aggiungere altro, lo Stregone iniziò a scaricarmi addosso una raffica di colpi velocissima ed intensissima. Il dolore iniziò ad esplodere da ogni singolo angolo del mio corpo. Non trovavo nemmeno la forza di respirare, di ansimare, di sputare il sangue che si annidava nella mia bocca.
Riuscivo a pensare ad una sola cosa: “Uccidimi. Uccidimi subito. Voglio morire”. Una sensazione di incredibile debolezza che non avevo mai provato prima, e del quale mi vergogno.
Continuò per un infinito minuto, poi si bloccò all’improvviso. Riuscivo ancora a vederlo e sentirlo, ma il dolore impediva a qualsiasi altro senso di funzionare.
Lo sentii dire qualcosa: “Muori, lurido semiumano! Ed ora… Tocca a tutti gli altri”
Dopodiché, persi del tutto i sensi. L’unica cosa che continuai a sentire fu il dolore e, successivamente, il freddo.
Non so dopo quanto tempo mi risvegliai, ma fu proprio qui, in questa infermeria, pochi minuti fa»
 
Chrom aveva ascoltato l’intero racconto di Ranulf in assoluto silenzio, non perdendosene una sola parola. Alla fine, dopo una breve pausa di silenzio, gli disse qualcosa.
«Ti ringrazio di aver condiviso questa storia con me. Hai proprio ragione, quest’avvenimento è davvero tremendo. Almeno, ora gli elementi principali di questo caos combaciano»
«Cosa intendi dire?» chiese Ranulf.
«Sappiamo come sei finito qui. Questo Stregone sconosciuto ha usato una magia mai vista prima per teletrasportarti qui, allontanandoti dalla tua patria»
«Già, è proprio così» confermò Ranulf «Sospetto che abbia voluto uccidermi lontano da Gania per evitare che qualcuno sospettasse qualcosa. Trovare il vassallo del Re morto nei giardini del castello avrebbe causato un certo scalpore. Così, invece, lo Stregone può proseguire indisturbato il suo lavoro»
«Il suo lavoro?» domandò Chrom, sempre più interessato. Ranulf si incupì.
«Sì. Hai sentito quello che ha detto? Vuole eliminare ogni esemplare di Laguz presente sulla terra, “a cominciare dai più potenti”.Verlith ha intenzione di uccidere ogni singolo Laguz, partendo dai più forti come Re Caineghis. Poi passerà per i suoi vassalli… I miei amici… E finirà con i civili. Le femmine, i cuccioli, gli anziani, i saggi… Farà una strage»
A Chrom sembrò di vedere gli occhi colorati di Ranulf brillare. Infatti, subito dopo, la sua voce tremò.
«Ed io… Non sono riuscito a fermarlo… Probabilmente ha già iniziato ad uccidere… E con la forza che possiede, nessuno può riuscire a fermarlo…»
Ranulf si passò una mano ricoperta di fasce curative sugli occhi, cercando di nascondere le lacrime che vi stavano uscendo.
 
Chrom rimase sbigottito. Vedendo la reazione del ragazzo, capì che teneva davvero molto alla sua razza, ai suoi compari ed amici… 
A quelli come lui. 
A tutti quelli che, in quel preciso istante, rischiavano di venire uccisi da un pazzo.
Uno sterminio del genere non poteva essere permesso.
Ed anche se si trattava di affari di altri Regni, Chrom non avrebbe mai potuto rimanere ad osservare senza agire.
«Ti aiuteremo, Ranulf»
 
Ranulf non reagì subito. Dovette impiegare qualche attimo per riprendersi da quel momento di tristezza che l’aveva appena colto. Ma non appena i suoi occhi tornarono su Chrom, il suo viso si distorse in un’espressione interrogativa.
«Come… Come hai detto?»
Chrom sorrise apertamente.
«Ho detto che ti aiuteremo. Io ed i miei amici Pastori ti daremo una mano a fermare quello Stregone pazzo ed a salvare la tua specie!»
Ranulf sembrò stupito e sorpreso, e nonostante la dubbiosità, si notava già un filo di speranza nel suo tono di voce.
«Ma… Quel tizio è fortissimo… Come potremmo pensare di sconfiggerlo?»
Chrom fece spallucce.
«In qualche modo. L’importante, è salvare gli altri Laguz prima che facciano una brutta fine. Hai il nostro completo appoggio, Ranulf»
Finalmente, il Laguz ricambiò il sorriso di Chrom, molto più deciso.
«Io… Davvero, non so che dire. Per voi sono solo uno sconosciuto trovato in mezzo ad una radura… E volete aiutarmi?»
«Abbiamo già avuto un’esperienza del genere. Ed è stata l‘esperienza più bella della nostra vita. Perciò, non possiamo tirarci indietro e tanto meno far finta di niente!»
Ranulf mantenne il sorriso.
«Grazie. Grazie davvero, Chrom. Se voi appoggerete me, io appoggerò voi. Però… Quale sarebbe il tuo piano?»
Chrom ci pensò per un attimo, poi rispose: «Andremo direttamente alle Terre di Gania, per avvertire i cittadini del pericolo e sbaragliare Verlith»
«Ma Gania è lontanissima…» mormorò Ranulf, dubbioso.
«Allora sarà un lungo viaggio, forse il più lungo che abbia mai fatto… Ma lo faremo!»
Nonostante, alla fine, Ranulf fosse un perfetto sconosciuto per Chrom, lui sentiva che poteva fidarsi di lui. Lo stesso valeva per Ranulf, che sentiva nella voce di Chrom una possibilità di salvezza della sua razza.
«Allora verrò con voi!» affermò il Laguz «Conosco il mio territorio anche a miglia di distanza, perciò rintracciare la strada giusta non dovrebbe essere un problema. Vi accompagnerò e vi aiuterò qualora dovessero presentarsi dei problemi!»
Chrom scese dal letto e si avvicinò a Ranulf, porgendogli una mano.
«È dovere dei Pastori aiutare chi è in difficoltà, e questo è il caso più particolare che abbiamo mai affrontato. Avrai il nostro aiuto, Ranulf!»
Ranulf strinse vigorosamente la mano a Chrom, col sorriso sulle labbra.
«E voi avete la mia più grande gratitudine. Non hai idea di quanto io apprezzi il vostro aiuto. Grazie ancora, Chrom!»
Il capitano si allontanò dal letto, diretto verso l’uscita.
«Partiremo non appena ti sarai ripreso. Speriamo non ci voglia molto, ma non possiamo rischiare di partire con dei feriti, quindi dovrai prenderti il tempo necessario» disse a Ranulf «Buon riposo, allora!»
Prima che lui potesse rispondere, la porta dell’infermeria si aprì e qualcuno vi si affacciò. Era Cordelia.
«Oh, Cordelia… Buongiorno!» la salutò Chrom.
«Buongiorno a voi, capitano!» rispose lei, sorridendo. La donna appoggiò qualcosa su una scrivania presente nella stanza.
«Questi sono i vestiti che sono stati preparati per l’uomo che abbiamo trovato ieri. Dovrebbero essere della misura giusta» spiegò.
«Oh, perfetto!» le rispose Chrom «Grazie mille per essertene occupata, Cordelia!»
«Oh, no… Io ho solo portato qui i vestiti, li ha cuciti Gaius! Comunque, è stato un piacere. Col vostro permesso, capitano…»
Lui salutò Cordelia, che si allontanò richiudendosi la porta alle spalle. Dopodiché, Chrom si voltò di nuovo verso il letto di Ranulf… E vide che lui non era più lì.
Il Laguz si era spostato: era accanto alla scrivania su cui Cordelia aveva appoggiato i vestiti, e li stava esaminando. Era ancora nudo, e prima di voltarsi di nuovo per dargli la privacy necessaria, Chrom notò qualcosa che partiva dalla parte posteriore della sua vita e scendeva fino al pavimento: una lunga coda dello stesso colore dei suoi capelli. Ecco cos’era che si muoveva prima sotto le lenzuola!
«Oh, non preoccuparti, non mi vergogno. D’altronde sono in questo stato ogni volta che mi trasformo, sai?» disse Ranulf, ridendo dopo aver visto che Chrom si era voltato.
«Sì, ok, però…» Chrom cacciò via il pensiero della coda di Ranulf, capacitandosi del fatto che non c’era nulla di strano. Poi continuò a parlare, quasi balbettando.
«Non dovresti alzarti! Immagino che sarai ancora ferito, devi riposare!»
«Ah, non è un problema. Noi Laguz, una volta ricevute le cure necessarie, guariamo davvero in fretta. Soprattutto i gatti. Anzi, ti dirò la verità… Mi sento davvero in forma!» rispose Ranulf, con un tono allegro.
«Beh, se ne sei sicuro… Meglio così, sono felice che ti sia già ripreso!»
«Già, lo sono anch’io, così perderemo meno tempo!» disse il Laguz, per poi cambiare discorso «Wow, questi vestiti sono fatti di tessuto perfetto!»
Chrom poté finalmente guardarlo di nuovo. Ranulf indossava ora una maglia senza maniche marrone, dei pantaloni blu opaco, un tessuto arancione legato all’altezza della vita, dei guanti e degli stivali verdi.
«Tessuto perfetto?» chiese Chrom.
«Sì! Con questi abiti posso trasformarmi in gatto e tornare alla forma umana senza poi ritrovarmi nudo. Certo, potrebbe essere una buona distrazione per i nemici, ma preferisco di no…»
Chrom rise. Il senso dell’umorismo di Ranulf, anche in quella situazione particolare, rendeva l’atmosfera più allegra.
«E sono anche identici ai vestiti che indossavo prima che Verlith mi attaccasse!» aggiunse Ranulf.
A quel punto, Chrom non poté trattenersi dal fare una domanda: «Ma come mai eri in quelle condizioni quando ti abbiamo trovato?»
Ranulf scosse le spalle, rispondendo: «Immagino che sia stato Verlith stesso a portarmi via i vestiti, nel tentativo di farmi morire di freddo nel caso i suoi attacchi non fossero bastati. Forse non sa che i gatti sopportano abbastanza bene il freddo…»
Chrom ridacchiò di nuovo, quindi si avviò ancora verso l’uscita. Prima di andarsene, però, disse ancora una cosa a Ranulf.
«So che potrebbe essere una grossa responsabilità per te, ma dato che nessuno di noi sa dove si trovi Gania… Spetterà a te il compito di guidarci verso il Regno. Quindi… Fammi sapere quando sei pronto per partire. Prenditi tutto il tempo che ti serve e assicurati soprattutto di stare bene. Nel frattempo darò agli altri Pastori la notizia, in modo che anche loro inizino i preparativi»
Ranulf annuì, sicuro di sé.
«Va bene. Grazie ancora, Chrom!»
«È un piacere… Amico!»
Con quell’ultima parola che fece pensare sia Ranulf che Chrom, quest’ultimo uscì dall’infermeria.
 
Il tempo fuori ora era davvero gradevole. Soltanto una leggera brezza estiva ed un caldo sole inondavano il villaggio. In quell’ambiente, Chrom respirava un’aria che raramente aveva sentito nella sua vita: aria di avventura. 
Pochi minuti prima, Chrom aveva ufficialmente vincolato una promessa che aveva intenzione di mantenere… Anche a costo della sua stessa vita.
Il capitano si avviò verso la taverna in cui aveva dormito, per dare la notizia ai suoi compagni.




 
 

Ed ecco il secondo capitolo!
È arrivato davvero velocemente, il che mi fa piacere. Ho iniziato a scriverlo subito dopo aver pubblicato il primo, e… Non mi sono fermato :3 Spero almeno che non sia venuto troppo male.
Ho infatti paura di aver espresso male la reazione di Ranulf all’offerta di Chrom; così non sembra entusiasta com’è veramente… Beh, sappiate solo che il caro Laguz è davveeeero felice :D
So che forse sta accadendo tutto troppo velocemente… Insomma, è strano che Chrom abbia voluto fidarsi immediatamente di Ranulf e di aiutarlo, però… Secondo me questo rispecchia il suo carattere. D’altronde Chrom ha voluto fidarsi subito degli sconosciuti anche nell’opera originale, no?
Bene, ho finito con questa note inutili. Grazie ancora a chi leggerà questa storiella che, lo dico sinceramente, sto scrivendo con tutto il cuore ^_^ Grazie, alla prossima!
 
Voce di Ranulf
Ogni eventuale doppio senso presente nel testo è puramente casuale e non voluto.

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Capitolo 3
*** La partenza ***


Chrom non andò molto lontano. Dopo pochi passi, infatti, una voce decisamente familiare lo chiamò.
«Chrom, aspetta!»
Lui si voltò, e vide che Ranulf lo stava raggiungendo di corsa. Nei suoi “nuovi” vestiti e con quell’atteggiamento sembrava  davvero un’altra persona rispetto a come Chrom se l’era immaginato. Sembrava forte, orgoglioso e sicuro di sé.
La sua lunga coda azzurra era completamente visibile, poiché sistemata oltre il tessuto arancione che Ranulf portava alla vita.
«Ranulf… Dove stai andando?» chiese Chrom, fermandosi mentre il Laguz lo raggiungeva.
«Hai detto che saresti andato a dare la notizia della… Ehm… Nuova missione ai tuoi compagni» rispose Ranulf «Ho pensato che sarei potuto venire con te, visto che alla fine sono il diretto interessato… Nonché quello a cui affibbiare tutta la colpa in caso di incidente»
«Ma…» Chrom non riusciva a smettere di preoccuparsi «Sei sicuro di stare bene?»
Ranulf emise di nuovo il verso che aveva fatto prima, quella specie di miagolio.
«Mai stato meglio, meow!»
Evidentemente gli veniva naturale, non c’era bisogno di preoccuparsi né tanto meno di polemizzare. Anzi, Chrom lo trovava quasi carino.
«Oh… In pratica vuoi presentarti a loro!» disse il capitano.
«E ringraziarli per avermi salvato la vita. Dirlo ad una sola persona non credo possa bastare» aggiunse Ranulf. Ormai aveva perennemente il sorriso sulle labbra, e questo faceva piacere anche a Chrom.
«Va bene, come preferisci. Vieni con me!» lo invitò, e Ranulf lo seguì.
 
Raggiunsero l’entrata della taverna in meno di un minuto. Alla destra dell’edificio, in una specie di stalla extra large, sonnecchiava la viverna di Zelcher.
«Grazie mille dell’aiuto, Minerva!» le disse Ranulf, salutandola con un cenno e parlandole normalmente. Con grande sorpresa di Chrom, Minerva “rispose” a Ranulf con un debole ruggito, che sembrò quasi dolce. A quanto pare, il Laguz e la viverna potevano comunicare in modo molto semplice.
Finalmente Chrom entrò nella taverna, seguito immediatamente da Ranulf. Non si trattava affatto di un alloggio lussuoso, anzi, era un luogo molto modesto. L’ingresso era poco ampio, ed un breve corridoio conduceva alla sala principale, la sala da pranzo per gli ospiti.
Tutti i Pastori, nessuno escluso, sedevano ad una lunga tavolata fatta di sedie e tavoli in legno. Stavano facendo colazione (effettivamente era ancora piuttosto presto), alcuni scambiando qualche parola. Molti di loro mostravano gli evidenti segni di un risveglio accaduto pochi minuti prima o di una notte insonne, come i capelli in completo disordine o delle occhiaie molto visibili.
Quasi tutti, vedendo entrare Chrom, lo salutarono semplicemente. Nessuno, però, sembrò notare Ranulf, fermo al suo fianco ad esaminare l’intera tavolata.
«Buongiorno, amici!» disse finalmente Chrom. Non era intenzionato a sedersi e fare colazione, non aveva affatto appetito.
«Dormito bene?» chiese Stahl, con la bocca piena di biscotti.
«Più o meno…» rispose Chrom, titubante. Poi passò a parlare di cose più serie.
«So che questo non è probabilmente il momento migliore per dirvelo, mi dispiace disturbare la vostra colazione, però… Abbiamo una nuova missione da compiere. Una missione davvero urgente»
Diversi mormorii si levarono dalla tavolata. Chrom non riuscii a capire se fossero lamentele, sussulti, espressioni di stupore… Nessuno, però, sembrò infastidito.
«Di che si tratta?» chiese Nah, osservando il tavolo in cerca di qualcos’altro da mettere sotto i denti.
Chrom fece un passo di lato ed indicò Ranulf, che era rimasto accanto a lui.
«Questo è il ragazzo che abbiamo trovato ieri nella piana. Il suo nome è Ranulf»
In un attimo, 41 paia di occhi si posarono sul Laguz. Per un attimo lui sembrò imbarazzato (e come biasimarlo), ma subito dopo sfoderò un altro dei suoi sorrisi apparentemente sarcastici ma in realtà sinceri ed agitò una mano, dicendo: «Salve, Pastori!»
In molti rimasero (positivamente) stupiti dalla scioltezza con cui Ranulf li aveva salutati, compreso Chrom, però… Ci fu qualcuno che invece, con enorme delicatezza e tatto, notò un’altra cosa.
«Quella è… UNA CODA?!» esclamò Vaike, indicando in modo maleducato l’arto di Ranulf, ancora perfettamente visibile.
Ranulf, a braccia conserte, girò la testa verso la coda che si mosse leggermente, e rispose in tono del tutto indifferente: «Beh, direi proprio di sì!»
«Beh, papà… Di cosa ti stupisci?» si intromise Yarne «Sei tu quello che ha sposato una Taguel, e… AAH!»
Tra Yarne, Palne e Vaike scoppiò immediatamente un’animata discussione, che suscitò le risate del resto del gruppo. Tuttavia, bastò uno sguardo di Chrom per placare i tre componenti della famigliola. Vaike, però, continuò a fissare la coda di Ranulf con aria negativamente stupita.
Nonostante il suo forte carattere, Ranulf iniziò a sentirsi leggermente a disagio, e guardo Chrom con uno sguardo che implicava una silenziosa richiesta di aiuto.
Chrom, infatti, non perse un attimo e tornò a parlare.
«Stavo giusto per spiegarvelo, grazie mille Vaike. Ho parlato con Ranulf, e mi ha spiegato un bel po’ di cose»
In poco più di cinque minuti, Chrom raccontò ai Pastori tutta la storia, sotto l’attenzione ed il silenzio di tutti.
Parlò della particolare abilità di Ranulf, delle sue Terre di provenienza, di come fosse stato improvvisamente attaccato da uno Stregone sconosciuto di nome Verlith, di come questo avesse dichiarato di voler sbaragliare l’intera razza dei Laguz, e di come avesse letteralmente massacrato Ranulf.
Concluse l’intero racconto dicendo: «Per questo motivo, ho promesso a Ranulf di aiutarlo a ritornare nelle Terre di Gania per salvare i suoi amici e tutti i Laguz in pericolo. In altre parole… Sì, abbiamo una nuova missione. Una missione davvero importante…» Chrom fece un respiro profondo prima di pronunciare l’ultima parte.
«Da cui dipende la sopravvivenza di una razza intera»
 
Ci fu una lunga pausa di silenzio, in cui l’intero gruppo di Pastori continuava a spostare lo sguardo da Chrom a Ranulf e viceversa.
Il povero Laguz iniziò seriamente a vergognarsi: si sentiva come se un immenso peso gli fosse piombato addosso in pochi attimi, e questo peso corrispondeva alla responsabilità del rischio che avrebbe fatto correre a tutte quelle persone. Come se il senso di colpa per non esser riuscito a fermare Verlith non fosse già abbastanza.
«Non costringerò nessuno di voi a seguirci in questa missione, se non lo vorrete» disse improvvisamente Chrom, attirando di nuovo l’attenzione di tutti «Ma se avete intenzione di unirvi a noi, vi consiglierei di iniziare a prepararvi. Partiremo il più presto possibile, forse addirittura già domani mattina»
Di nuovo il silenzio, ma stavolta non fu un silenzio d’imbarazzo o di stupore: fu un silenzio di tensione.
«Mi avete salvato la vita in una notte» disse Ranulf, guardando ciascun Pastore negli occhi «Non voglio che qualcuno di voi si metta in pericolo per me. Se accetterete di aiutarmi, come ha fatto Chrom, voglio che lo facciate con tutta la vostra volontà, non perché vi sentite obbligati»
In un modo o nell’altro, tutti sembrarono sinceramente colpiti da quelle parole.
Qualcuno si alzò e si avviò verso il punto in cui si trovavano Chrom e Ranulf. Era Palne.
La Taguel si fermò davanti al Laguz, e i suoi occhi sottili ed orgogliosi incontrarono quelli sicuri e forti di Ranulf.
«So cosa si prova, Laguz» disse Palne, con un tono di voce calmo ma profondo «Aver paura che da un momento all’altro tutti i tuoi amici e compagni possano morire… Vederli sparire uno alla volta… Trovare i loro corpi senza vita in mezzo al bosco…»
Ranulf rabbrividì, ma non disse nulla, mentre Palne continuava.
«Non voglio che qualcun altro provi quell’orribile sensazione. Da quando mi sono unita a questo gruppo, ho capito che per non soffrire nella propria vita bisogna fare di tutto per migliorare quella degli altri, non per peggiorarla. Sono dalla tua parte, Laguz. Verrò con voi e vi aiuterò con tutte le mie forze»
Palne strinse la mano a Ranulf, gli disse il suo nome e si avviò verso la rampa di scale principale della taverna, salendole dicendo: «Vado a preparare le mie cose»
Un attimo dopo, quando Ranulf e Chrom tornarono a guardare la tavolata, Yarne si alzò e fece la stessa cosa della madre, presentandosi a Ranulf e salendo le scale.
Successivamente, altre tre persone si alzarono in piedi, dirigendosi verso il centro della stanza: erano Nowi, Nah e Tiki.
«Nemmeno noi possiamo tirarci indietro» affermò Tiki «Sappiamo che ci sono persone che sborserebbero milioni di monete solo per avere una scaglia della nostra pelle appesa in salotto. Questi pazzi assassini vanno fermati, e non solo quelli che se la prendono coi Manakete. Conta su di noi, Ranulf»
«Già, e poi… Scommetto che in fondo il viaggio sarà divertente!» esclamò Nowi, entusiasta, mentre Nah alzava esasperatamente gli occhi al cielo. Le tre Manakete strinsero la mano a Ranulf e salirono al piano superiore.
Nei minuti che seguirono, a brevi intervalli di tempo, ciascuno dei Pastori eseguì le stesse azioni. Flavia, Kellam, Lon’zu, Severa, Kjelle, Íñigo…
L’ultimo a farlo fu Vaike, nonostante tutto con la stessa convinzione di tutti gli altri. Alla fine, Ranulf osservò la tavolata: non era rimasto nessuno.
«Io… Non so davvero cosa dire…» mormorò il Laguz, trattenendo con un grande sforzo l’entusiasmo che gli cresceva dentro. Vedere tutte quelle persone che si preoccupavano per lui, oltre che a farlo preoccupare per la loro incolumità, lo rendeva estremamente felice. Lo faceva sentire apprezzato, anche se si trattava di mezzi sconosciuti; gli sarebbe quasi venuto da piangere dalla gioia.
«Visto? Sapevo che nessuno di loro si sarebbe rifiutato di aiutarti. E non l’hanno fatto perché si sono sentiti obbligati, li conosco abbastanza bene per dirlo. L’hanno fatto perché hanno compreso la gravità del tuo problema, ed hanno deciso di aiutarti» disse Chrom, sorridendo.
«In pratica, vi ho fatto pena…» rispose Ranulf, soffocando una risata.
«Non è così» ribatté ancora Chrom «Hai sentito cos’hanno detto Palne e le altre? Non vogliono vedere altra gente soffrire, e tu non fai eccezione!»
Ranulf guardò Chrom in faccia, con un sorriso sincero e lusingato.
«Grazie, Chrom. Davvero»
Il capitano dei Pastori ricambiò il sorriso, avviandosi poi verso le scale.
«Credo sia il caso che vada a prepararmi anch’io, allora… Se tutto va bene partiremo davvero domattina! Sei sicuro di saper rintracciare la strada?»
«Sicurissimo. Sento l’odoro familiare di Gania già da qui… Mi sa che è un buon segno! Beh, io non ho molto da prepararmi, Verlith ha deciso di non lasciarmi prendere le mie cose prima di cercare di uccidermi, quindi… Andrò a farmi un sonnellino. A più tardi, Chrom!»
Il capitano salì le scale e sparì. Ranulf rimase per qualche attimo al centro della sala da pranzo, poi uscì dalla taverna. La sensazione di rassegnazione che aveva provato prima era sparito, rimpiazzato da un crescente senso di speranza. Per lui, e per tutta la sua specie.
 
La sera stessa, gran parte dei Pastori aveva già finito i preparativi. Chrom aveva fatto preparare dei carri, che sarebbero serviti a trasportare le armi ed i rifornimenti di tutti i componenti dell’esercito.
Sumia, Lucina e pochi altri si trovavano nuovamente nella sala da pranzo, a sgranocchiare qualcosa per “fare riserva”.
«Frederick mi ha confermato di aver ricontrollato per bene l’armeria, e sembra tutto a posto» stava dicendo Sumia alla figlia «A quanto pare è confermato: si parte davvero domattina!»
«Ottimo, davvero» rispose la figlia «Speriamo che vada tutto bene. Mi preoccupo per quei poveri Laguz, per la loro sopravvivenza…»
«Se saremo abbastanza bravi e veloci» rispose ancora Sumia «Salveremo i Laguz e fermeremo quello Stregone prima che chiunque possa rendersene conto!»
Sumia finì di mangiare il piatto di verdure che si trovava davanti, poi si alzò.
«Credo che andrò a prendere una boccata d’aria. È tutto il giorno che sono chiusa in camera a preparare le mie cose…»
«Va bene. Io invece andrò a dormire, voglio essere pronta e fresca per domani mattina. Buonanotte, mamma»
«Buonanotte, Lucina!»
Sumia uscì dalla taverna, ritrovandosi sulla strada principale del borgo.
L’aria fuori era piacevolmente fresca, senza vento né pioggia. La temperatura ideale, per una sera estiva.
Decise di fare due passi, per godersi quell’atmosfera calma e rilassante.
Tuttavia era anche piuttosto buio, non si vedeva molto davanti a sé, e questo sommato alla sbadataggine naturale di Sumia non portò ad un buon risultato.
La ragazza infatti, ad un certo punto, calpestò qualcosa e questa si mosse, accompagnata da un urlo acuto molto vicino: «MEEEOW! Che dolore!»
Sumia si spaventò, ed inciampò cadendo rumorosamente a terra.
Quando si voltò di nuovo verso ciò che si era mosso, una forma nelle ombre della sera si fece sempre più chiara e nitida…
«R-Ranulf… Sei tu?»
I profondi occhi del Laguz brillarono nell’oscurità, e Sumia si tranquillizzò, rialzandosi.
«P-perdonami, non era mia intenzione calpestare… Ehm…» cominciò lei, balbettando imbarazzata.
«La mia coda?» concluse Ranulf, liberando poi una breve risata divertita «Non preoccuparti. Di solito non è così sensibile, solo quando viene colta alla sprovvista. Finora ha causato solo problemi, da quando sono qui, dovrei nasconderla… Anche se poi mi ritroverei a camminare gobbo per le prossime tre settimane!»
L’umorismo di Ranulf rasserenò Sumia, che rise insieme a lui.
«No, non farlo. È… Graziosa!»
Probabilmente quello non era il complimento migliore che si potesse fare ad un guerriero mutaforma, ma Ranulf sembrò comunque apprezzarlo.
Il Laguz era seduto sul bordo di un marciapiede, affacciato sul lato esterno della strada che portava, tramite un breve sentiero boschivo, alla piana da cui lui ed i Pastori erano arrivati. Sumia si sedette accanto a lui, iniziando a giocherellare con l’erba.
«Come mai sei qui fuori? Tutti gli altri sono nella taverna…» chiese Sumia, con delicatezza.
«Lo so, non è mia intenzione allontanarmi dal resto del gruppo, anzi, vorrei conoscervi tutti meglio…» rispose Ranulf, con lo sguardo puntato verso il bosco «Però… Ho voluto uscire un po’, sentivo il bisogno di stare da solo e… Ragionare»
«Ti capisco» disse Sumia, comprensiva «Molte volte succede anche a me. Però, quando parlo con qualcuno delle cose che penso, mi sento ancora meglio. Quindi… Ti andrebbe di parlarne un po’ anche con me?»
Sumia voleva far di tutto per sembrare amichevole con Ranulf, per non farlo sentire a disagio ed accoglierlo bene nel gruppo. E a quanto pare funzionò.
Ranulf guardò Sumia e sorrise, quindi disse: «Volentieri. Effettivamente, non ci avevo pensato. Sai, non ho nessuna intenzione di sembrare pessimista e tanto meno di far credere di non aver fiducia in voi, al contrario… Però, stavo pensando…»
Il Laguz alzò gli occhi al cielo, meravigliosamente stellato.
«… E se dovessimo fallire? Se la nostra missione non andasse a buon fine?»
A Sumia parve di vedere Ranulf rabbrividire.
«E se Verlith riuscisse nel suo intento? È a questo che mi sono ritrovato a pensare poco fa, e… Beh, un enorme senso d’ansia mi è saltato addosso come un gatto ad un gomitolo di lana» Si fermò per un attimo, poi specificò «Un gatto semplice, non un Laguz guerriero, si intende»
Sumia sorrise, leggermente divertita.
«Ho capito» gli disse «Dubiti nel successo della missione. Beh, ti garantisco che spesso questa sensazione ha colpito anche me. In diverse situazioni mi sono ritrovata a guardare le battaglie da bordo campo, ad assistere alle scene dei miei amici che rischiavano la vita al posto mio, e il tutto perché non avevo fiducia nelle mie capacità…»
Ranulf annuì, come se stesse comprendendo e condividendo personalmente ciò che Sumia stava dicendo. Eppure, lui era sempre stato così sicuro ed orgoglioso di sé…
«E da quelle orribili situazioni ho imparato una cosa» continuò Sumia «Quando non mi sentivo pronta a combattere o a fare qualsiasi altra cosa, seguivo a ruota Chrom e gli altri e cercavo di imitare le loro azioni, per farmi valere come facevano loro. Così ho imparato che, per avere fiducia in sé stessi, bisogna sapersi fidare anche degli altri. Poi, finalmente, ho iniziato a trovare il coraggio di compiere le mie azioni… Tra cui anche quella di confessare a Chrom l’amore che provavo per lui. Che ho sempre provato per lui»
Ranulf ascoltava Sumia come se ne fosse rimasto incantato.
«Quello che voglio cercare di dirti con tutta questa storiella, Ranulf, è… Non avere paura. Sii sempre ottimista! Chrom è un uomo molto forte, sa il fatto suo, e sono sicura che anche tu sei come lui. Sotto il vostro comando, la missione non potrà fallire!»
Sumia pronunciò l’ultima frase con tutto l’entusiasmo che riuscì a trovare, e con un dolcissimo sorriso sulle labbra. Subito dopo, Ranulf sembrò decisamente sollevato.
«Hai ragione, Sumia. Non so che diamine mi sia preso!» esclamò il Laguz, sempre sorridente «Anch’io ho avuto fiducia in Chrom fin dal primo momento in cui l‘ho incontrato, ossia poche ore fa, e continuerò ad averla!»
Ranulf si rimise in piedi, tornando ad essere il classico Ranulf orgoglioso e sarcastico di sempre.
«Grazie mille per il tuo supporto, Sumia. Ripeto, non so cosa mi abbia demoralizzato, ma ora sto decisamente meglio. Voialtri siete delle persone fantastiche!»
“Per essere degli umani”, avrebbe voluto aggiungere Ranulf, ma non gli sembrava adeguato.
Anche Sumia si rialzò, dicendo: «Sono felice di averti potuto aiutare! Mi dispiaceva vederti così cupo, non sembravi lo stesso Ranulf che ho conosciuto stamattina!»
Entrambi risero, poi si avviarono verso la taverna, guidati dalla luce che si intravedeva oltre le finestre di quest’ultima. Una volta dentro, videro che la sala da pranzo era di nuovo deserta.
«Wow…» disse Ranulf, improvvisamente sottovoce «Pare che tutti si siano già ritirati nelle loro stanze…»
«Già» approvò Sumia «In effetti è piuttosto tardi, credo che andrò anch’io. Domani sarà la prima di una lunga serie di giornate movimentate, è meglio dormire in pace finché ne abbiamo la possibilità!»
«Hai ragione» concluse Ranulf, avviandosi verso la rampa di scale seguito dalla ragazza. I due si divisero quando lui intraprese il corridoio che portava alla stanza che gli era stata assegnata e lei a quella in cui alloggiava Chrom.
«Buonanotte, Sumia. Grazie ancora!»
«Buonanotte, Ranulf. È stato un piacere!»
 
La mattina arrivò molto più presto del previsto. E pensare che a Ranulf sembrava di non essere andato a dormire a chissà che ora tarda…
E infatti non l’aveva fatto. Era colpa di Frederick, che alle sei in punto si era presentato già equipaggiato nelle varie stanze a svegliare i Pastori ed ad avvertirli che presto ci sarebbe stata la partenza. In realtà, mentre lui era già tutto pronto, né Chrom né Ranulf (né tutti gli altri) lo erano.
Lentamente ed in fila indiana, come una fila di condannati diretti al patibolo, i Pastori presero le loro cose e scesero le scale, per poi uscire all’esterno e caricare tutto sulle carovane (magari masticando qualche fetta di pane tostato nel frattempo).
Circa per le 6:15, tutti i Pastori erano fuori dalla taverna, alcuni più intontiti di altri.
Nonostante il sole fosse già abbastanza alto, l’aria era ancora piuttosto fresca.
Chrom, nonostante l’inizio lento, aveva già tutte le sue cose pronte, quindi poteva concedersi una breve pausa. Non aveva ancora incontrato Ranulf, quella mattina, ma sapeva che anche lui doveva essere quasi pronto perché Frederick gli aveva confermato di averlo svegliato.
Mentre stava rinfoderando la sua amata Falchion, appoggiato ad un muro, qualcuno lo chiamò.
«Capitano Chrom!»
Lui si voltò: era Miriel, anche lei già in tenuta da viaggio, che si stava dirigendo verso di lui a passo lento.
«Oh, buongiorno Miriel!» la salutò educatamente, mentre lei lo raggiunse «Hai bisogno di qualcosa?»
La donna rispose, col suo solito tono calmo ed educato: «Buongiorno a voi. Vi stavo cercando poiché desideravo mostrarvi qualcosa che, con molta probabilità, potrà tornarci utile»
Miriel scavò per un attimo nel suo borsello, per poi tirarne fuori un foglio di pergamena arrotolato, che porse a Chrom.
«Di che si tratta?» chiese lui.
«Durante tutta la notte» rispose lei «Io ed il mio primogenito Laurent abbiamo eseguito delle ricerche molto accurate sul luogo di cui ci ha parlato ieri, le cosiddette Terre di Gania»
«Davvero? Siete stati svegli tutta la notte? Miriel, non so davvero…» iniziò a dire Chrom, ma lei non lo lasciò continuare.
«Un luogo davvero affascinante, a mio parere. Non è stato affatto facile ritrovare delle informazioni fondate su questo Regno, ma quel poco che abbiamo trovato potrebbe rivelarsi molto utile. Ci siamo dedicati anche alla ricerca di informazioni sulla razza dei Laguz, ma ahinoi, non siamo riusciti a trovare nulla di tecnicamente utile»
«Capisco…» riuscì a dire Chrom, prima che Miriel continuasse a parlare dopo essersi sistemata gli occhiali.
«La pergamena che vi ho porto non è altro che una mappa riassuntiva e, a mio parere, non molto cristallina disegnata da Laurent, che potrebbe permettervi di farvi un’idea su quanto possa essere distante il Regno di Gania, e sulla strada da intraprendere»
Chrom srotolò la pergamena, e guardandone il contenuto rimase stupito.
Disegnata su quella superficie ruvida si trovava una riproduzione apparentemente perfetta del continente che comprende il Regno d’Ylisse, i Regna Ferox e la Plegia. La riproduzione in scala permetteva di avere un’ampia visuale, che arrivava fino al mare che circondava l’intero continente. Una linea era stata messa in risalto sopra a tutte le altre, che partiva dal preciso punto d’Ylisse in cui si trovavano attualmente i Pastori fino ad arrivare, attraverso strane curve e ghirigori, ad un porto a nord del continente, fermandosi sulla linea che delimitava il confine col mare.
«La linea evidenziata» spiegò Miriel, vedendo nello sguardo di Chrom un leggero smarrimento (oltre allo stupore) «Rappresenta il percorso che dovremmo intraprendere. Purtroppo non abbiamo trovato alcuna mappa che potesse permetterci di disegnare la rotta da seguire via mare, le mie più sentite scuse…»
«No, ma…» balbettò Chrom, ancora meravigliato «Scherzi? Questa mappa ci tornerà estremamente utile! Ora abbiamo un’idea chiarissima della strada da seguire finché ci troviamo in questo continente! Non importa poi per le vie marine, raccoglieremo informazioni lungo il tragitto, e l’istinto di Ranulf ci impedirà di perderci. Io… Non so davvero come ringraziarti, Miriel. Hai passato la notte in bianco per il bene della missione, e i tuoi sforzi non saranno vani. Grazie mille, Miriel. E dovrò ringraziare personalmente anche Laurent!»
Miriel sorrise (cosa, a dirla tutta, piuttosto rara) e rispose: «Sono profondamente lusingata dai vostri elogi, capitano Chrom. E sono altrettanto rasserenata dal fatto che pensiate che tutto ciò potrà rivelarsi utile, spero che sarà davvero così. È stato un piacere. Ora, con il vostro permesso…»
Miriel eseguì un leggero inchino, quindi tornò nella zona dei carri su cui gran parte dei Pastori stava ancora caricando le varie cose. Chrom ripiegò la pergamena, e la ripose delicatamente per evitare di rovinarla. Era sinceramente convinto che si sarebbe rivelata molto utile.
 
Chrom rimase dov’era, a dare un’occhiata da lontano ai Pastori che ultimavano i preparativi, finché qualcun altro non gli si avvicinò.
«Oh! Eccoti qua, Ranulf!» esclamò Chrom, andandogli incontro. Il Laguz, stiracchiandosi e “miagolando” come il suo solito, aveva davvero l’aria di essersi appena svegliato. Nonostante ciò, però, si notava la prontezza e la determinazione nel suo sguardo forte.
«Buongiorno, Chrom!» rispose amichevolmente, raggiungendo il capitano «Mi sembra di vedere che siamo praticamente pronti a partire!»
«Proprio così! I Pastori stanno finendo di prepararsi, partiremo in meno di un’ora! Tu sei pronto?»
«Mai stato meglio!» esclamò ancora il Laguz, sfoderando un altro dei suoi sorrisi «E sono particolarmente ottimista. Sento che con voi la missione non fallirà!»
«Certo che non fallirà!» concluse Chrom. I due, poi, andarono ad aiutare gli altri a preparare le loro cose, in modo da velocizzare il processo.
 
Pochi minuti dopo, era finalmente tutto pronto.
I carri, pieni di armi e rifornimenti, erano stati sigillati in modo da non perdere nulla lungo la strada. Erano trainati da alcuni cavalli, che erano a loro volta guidati dai vari paladini e cavalieri dell’esercito, che si erano messi d’accordo per “darsi il cambio”.
I vari cavalieri pegaso, come i due cavalieri viverna, erano accompagnati dai loro destrieri, ma non li cavalcavano. Preferivano rimanere a terra ed andare a piedi, come facevano tutti gli altri.
La formazione era piuttosto ordinata: in testa c’erano Chrom (con la mappa di Miriel in mano) e Ranulf, seguiti da tutti gli altri. I carri si trovavano al centro, in modo da essere protetti.
Sembrava davvero che tutto fosse pronto per la partenza.
«Ho pagato il proprietario della taverna per la notte e per il cibo che ci ha dato» confermò Frederick, seduto sul bordo di uno dei carri in modo da guidare il cavallo che lo trainava «E tutte le stanze sono state ripulite»
«Perfetto!» disse Chrom, per poi farsi sentire da tutti «È ora di partire, Pastori! Secondo la mappa, dobbiamo dirigerci verso nord seguendo il sentiero alla fine del borgo! Ranulf, inoltre, ci aiuterà a rintracciare eventuali zone “interessanti”» un attimo di pausa «Sono davvero felice che tutti voi abbiate deciso di affrontare questa missione, siete persone di cui andare orgogliose!»
Chrom si voltò verso la strada, ancora deserta, che stavano per intraprendere.
«È tempo. Forza, andiamo!»
Lentamente, i Pastori iniziarono ad avanzare. Dopo gli attimi iniziali, l’esercito era già in movimento.
In quel momento, la loro avventura ebbe ufficialmente inizio.





 
 

Ecco qua il terzo capitolo!
Stavolta non ho davvero molto da dire… Si parte!
Grazie per averlo letto, spero vi sia piaciuto! :D
 

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Capitolo 4
*** Oscuri avvertimenti ***


La formazione non si poteva definire né ordinata né disordinata: avanzava in maniera complessivamente lineare, ma non come un esercito di soldati sull’attenti. Se non fosse stato per i carri pieni di armi, quella avrebbe potuto essere una semplice passeggiata.
L’andamento era generalmente lento, ma comunque sostenuto. Le posizioni rimanevano più o meno lo stesse, in particolare quelle di Chrom e Ranulf, che continuavano a stare in testa.
«A giudicare dalla mappa» disse Chrom, giusto per avere un argomento di conversazione «Dovremo arrivare fino alla punta nord del continente, da cui poi immagino dovremo farci un bel pezzo via mare… Mi sa che ci vorrà un bel po’ solo per arrivare fin lì…»
«Capisco» rispose Ranulf, tranquillo e sereno «Beh, avanzando continuamente di questo passo non avremo problemi. Sono sicuro che, a grandi linee, Gania non è così lontana… Almeno, non troppo…»
Con quel ottimismo un po’ dubbioso, il gruppo avanzò.
 
Ed avanzò, avanzò, avanzò…
Per più di un’ora, per più di tre ore, per più di cinque ore…
Parlando tra loro e chiacchierando…
Sempre attraverso lo stesso identico paesaggio boschivo, guidati dai vari sentieri e dalla mappa… Tutto sembrava uguale, tranne qualche spiazzo d’erba qua e là.
Tra una breve pausa e l’altra, più quella più lunga per il pranzo, il cielo iniziò ad assumere un colore tendente all’arancione, ed il sole a tramontare dietro alle montagne.
«Cosa?» esclamò Chrom, stupito come molti altri «È già sera?»
«Lo credo bene!» urlò Lissa dal fondo della formazione «Hai idea di quanto abbiamo camminato?! Non mi reggo più in piedi!»
«In effetti ha ragione…» approvò Ranulf, che non sembrava per niente stanco «Siamo partiti stamattina e praticamente non ci siamo fermati… Ne abbiamo fatta di strada, per essere il primo giorno!»
Chrom guardò la mappa, chiedendosi dove si trovassero precisamente in quel momento.
«Siamo nei territori ad est dei Regna Ferox» disse Basilio, come se avesse letto nel pensiero a Chrom «Estremo est, oserei dire. Conosco bene questo posto e posso confermartelo. Ma so che manca ancora un bel po’ al porto nord…»
Chrom si impensierì: «Un bel po’? Quanto circa?»
Basilio sospirò, prima di rispondere: «Con questo andamento, più o meno un giorno e mezzo di viaggio»
Si sentì Lissa liberare un lungo mormorio, più di disperazione che di stupore.
«Però non possiamo viaggiare tutta la notte, sai? Avrò anche fatto riserva di zuccheri prima di partire, ma mi sembra di vedere che c’è qualcuno che non ce la fa più…» protestò Gaius, con tono comunque calmo.
Chrom osservò il gruppo di Pastori: effettivamente, stancarsi ulteriormente e continuare a camminare anche di notte sarebbe stato molto sconveniente, nonostante la fretta richiesta dalla missione.
«Aspettate… Com’è che siamo passati dall’Ylisse ai Regna Ferox senza accorgercene?» chiese improvvisamente Kellam, e stranamente qualcuno lo sentì.
«In questa zona dei Regna Ferox, i confini sono piuttosto deboli ed è facile attraversarli. È una zona abbastanza dimenticata, essendo dell’estremo est…» rispose Basilio, per poi ricevere uno schiaffo debole da qualcuno.
«Non dire cavolate, caprone!» esclamò Flavia, ritirando la mano «Sono stata io, ieri sera, ad ordinare alle guardie di confine di lasciarci passare senza troppe storie. Non cercare di diffamare i Regna Ferox dell’est, perché non ci riesci!»
Chrom sorrise divertito, quindi ripiegò la mappa e la mise via, per poi annunciare ad alta voce: «E va bene, avete vinto. Se Ranulf è d’accordo, per oggi basta così… Ci fermiamo qui per la notte!»
 
Trattandosi di una sola notte di sosta, i Pastori non persero troppo tempo a piantare tende complicate o ad organizzare le varie zone del campo. Semplicemente trovarono una radura abbastanza ampia dove sistemarsi, e lì piantarono delle tende più piccole e rapide da impostare.
Contro ogni aspettativa, avanzò addirittura un po’ di tempo alla fine dei lavori, così i Pastori poterono raccogliere un po’ di legna e fare un piccolo falò, attorno al quale poi si radunarono per mangiare qualcosa dai rifornimenti… In stile campeggio extralarge.
In questa occasione, i Pastori ebbero modo di continuare a conversare come stavano facendo prima camminando. In particolare, molti vollero parlare proprio con Ranulf. Alcuni gli chiesero “come fosse essere un Laguz”, o chi fossero i suoi amici, e lui si ritrovò a raccontare diverse storie e racconti. Cosa che non poté che fargli piacere, poiché lo aiutò ad integrarsi di più nel gruppo dei Pastori ed a conoscerli meglio.
«Quindi sei il vassallo numero uno del Re delle tue terre?» gli chiese, per esempio, Linfan nel bel mezzo di un racconto.
«Nonché capitano del suo esercito di Laguz gatti!» aggiunse Ranulf, con un pizzico di vanità nella voce.
«Ecco perché quello stregone ha attaccato te per primo, allora…» commentò Owain.
«Non credo…» rispose il Laguz, incupendosi un po’ «Probabilmente sono stato semplicemente il primo che ha incontrato sulla sua strada. Almeno spero di esserlo stato…»
In effetti era un particolare che nessuno aveva considerato. Forse, prima di Ranulf, Verlith aveva aggredito qualche altro Laguz… Ranulf non volle nemmeno pensarci, il pensiero lo terrorizzava.
La serata continuò per un po’, in totale per circa due ore, poi ognuno si ritirò nella propria tenda per riposare.
 
Anche quella sera, però, Ranulf non si sentì a proprio agio.
Non avrebbe saputo dire nemmeno lui perché, ma non riusciva ad addormentarsi. Continuava a fissare il tessuto della tenda intorno a lui, sforzandosi di chiudere gli occhi ma senza risultato.
Ad un certo punto, stressato, si alzò ed uscì dalla tenda, per cercare di liberare la mente all’aria aperta dal peso dell’insonnia.
Il campo era perfettamente silenzioso, e c’era un leggero movimento solo nel punto in cui era stato acceso il falò, ormai spento. Ranulf strinse gli occhi, e non gli ci volle molto per capire che si trattava di Noire e di sua madre Tharja, rimaste sveglie poiché incaricate di fare la guardia.
Ranulf preferì non farsi notare, per evitare che si agitassero per nulla, e si avviò verso una zona più fitta del bosco, partendo da un sentiero dietro alla sua tenda.
Nonostante fosse davvero molto buio, ciò non inquietava Ranulf. Era abituato a passare delle notti nei boschi, lo faceva molto spesso, e lo trovava piuttosto rilassante. Per questo era uscito dalla tenda, nella speranza di rilassarsi.
Il Laguz si sedette alla base di un albero, guardandosi intorno in modo neutrale e vedendone tanti altri identici.
Adorava davvero il bosco di notte: la temperatura fresca, l’aria vuota e priva di ogni odore, la pace, il silenzio…
Il silenzio.
Ranulf lo notò dopo qualche minuto: nei dintorni non c’era nulla che emettesse il benché minimo suono. Di solito si sentiva il fruscio delle foglie, il verso dei grilli… Ora nulla. Silenzio assoluto, una neutralità decisamente inquietante.
Solo allora Ranulf si rese conto di ciò che provava. Non era insonnia, era ansia.
Di nuovo un attacco d’ansia, come la sera precedente. Solo che stavolta non c’era nessuna Sumia a risollevarlo. Si sentiva davvero solo, come se tutti quelli come lui fossero spariti all’improvviso…
L’ansia che provava ora però era diversa da quella della sera prima. Non era semplicemente agitato: percepiva il pericolo.
E lo sentiva anche vicino.
Raramente il suo istinto semianimale lo aveva tradito, ed era abbastanza sicuro che non lo stesse facendo nemmeno stavolta.
Se fosse stato cieco, probabilmente avrebbe pensato che intorno a lui tutto stesse venendo distrutto, devastato, eliminato… Ma a vedere, sembrava tutto normale. Sentiva odori e rumori che gli ricordavano soltanto la parola pericolo, ma vedeva solo alberi e terriccio. Tutto normalissimo.
Dopo qualche minuto, Ranulf scosse vigorosamente la testa e si alzò, dirigendosi di nuovo verso l’accampamento a passo rapido ed agitato.
Cosa diamine gli stava succedendo? Perché un Laguz forte e sicuro come Ranulf sentiva tutta quell’agitazione?
Fortunatamente arrivò presto alla sua tenda, e prima di rientrare vide che qualcuno si stava dirigendo verso di lui, a passo lento.
Era solo Tharja, ed era ancora piuttosto lontana, quindi Ranulf ne approfittò per rientrare subito prima che lo notasse.
Si buttò sul pavimento della tenda, in un attimo la sua ansia sparì esattamente com’era arrivata e, dopo pochi secondi, si addormentò.
 
Anche stavolta, il risvegliò arrivò molto prima del previsto. Però, strano ma vero, non c’era nessun Frederick che accendeva la luce a sorpresa per intimarlo a svegliarsi.
Ranulf sbatté gli occhi un paio di volte, poi li aprì.
Era ancora nella tenda, disteso sulla schiena, esattamente come si era addormentato.
Si tirò su, e a giudicare dalla luce solare che filtrava attraverso il tessuto della tenda capì che era già mattino. Uscì in fretta, abituandosi subito alla luce ed al calore che lo colpirono.
Ora il campo era di nuovo affollato ed abbastanza movimentato, e nel luogo in cui la sera prima si trovava il falò c’erano ora i carri che trasportavano le armi ed il resto.
Molti Pastori erano sistemati attorno ad essi, senza far nulla in particolare, come se fossero in attesa di qualcosa.
«Oh, buongiorno!» esclamò qualcuno alle spalle di Ranulf, e lui si voltò trovando Severa. Non ne fu sorpreso, aveva sentito la presenza di qualcuno già poco prima.
«Ehm, buongiorno… Severa, giusto?» rispose il Laguz, sorridendo leggermente alla ragazzina.
«Sì! Finalmente ti sei svegliato, vedo!» continuò lei, e Ranulf inclinò la testa.
«In che senso “finalmente”?» chiese.
«Beh, sai… Tutti gli altri si sono svegliati più di un’ora fa, e si sono già preparati per ripartire. Mancavi solamente tu, ma Chrom ha voluto lasciarti dormire. Comincio a credere davvero a questa storia della trasformazione, perché so che ai gatti piace dormire molto…»
«Manco solo io? Oh, diamine…» la interruppe Ranulf, allarmato, smontando rapidamente la tenda e dirigendosi con essa verso la zona con i carri.
«Eccomi!» esclamò una volta arrivato, mettendo la tenda al suo posto «Scusate. Ho dormito troppo, vero?»
Chrom lo raggiunse, sorridendo.
«No, hai solo dormito un po’ più degli altri. Pronto a ripartire?»
«Prontissimo!» affermò il Laguz, e in pochi attimi la formazione del giorno precedente venne fedelmente ricreata. Poi il gruppo ricominciò a muoversi, seguendo un sentiero che si addentrava un po’ di più nel bosco e seguendo le indicazioni della mappa.
 
Avanzarono per circa mezz’ora, viaggiando tra alberi tutti identici, finché non arrivarono in un altro spiazzo più aperto, simile ad una piana.
Ma non appena i primi membri della formazione vi si affacciarono, non ci fu una bella sorpresa. 
Chrom rimase a bocca aperta, Flavia sussultò, Frederick assunse un’espressione tristemente inorridita, e Ranulf… Non si mosse.
Man mano, tutti riuscirono ad uscire dal fitto bosco e ad osservare il paesaggio… Portando a delle reazioni poco piacevoli.
Dopo esser rimasto immobile per un po’, Ranulf realizzò tutto in un attimo. Capì la motivazione dell’ansia della sera prima, della sua percezione del pericolo, di tutti quei strani suoni ed odori… Tutto si fece chiaro in un battibaleno.
 
L’erba, gli alberi, il terriccio, i cespugli… Era tutto bruciato.
L’aria era densa e pesante, nonché piena di pulviscolo e bollente, mentre l’ambiente era impestato dall’orribile odore di fumo.
Non un suono o un movimento… Solo il silenzio accompagnato da del fumo bianco che saliva sempre più in alto, partendo dai cumuli di cenere che prima dovevano essere alberi.
Era come se fosse appena scoppiato un incendio, ma non un incendio normale… Qualcosa di molto peggio.
«Per gli dei… Cosa è successo qui?» mormorò improvvisamente Chrom, il primo a parlare dopo quell’interminabile momento di silenzio.
«Un… Incendio?» balbettò Gerome, stupito e scandalizzato come tutti gli altri.
«Impossibile» ribatté Virion «Ce ne saremmo accorti in precedenza, un incendio non passa inosservato…»
Finalmente qualcuno si mosse, avanzando verso il centro completamente grigio e privo di vita della radura: Ranulf.
«Dove stai…?» fece per chiedere Chrom, che però decise sarebbe stato più saggio seguirlo.
I due camminarono sulle ceneri di quel pezzo di bosco, inorriditi ed in silenzio.
Ad un certo puntò Ranulf si arrestò, e così fece Chrom. Tutti e due abbassarono lo sguardo sul terreno, ad osservare la cosa che entrambi avevano notato nello stesso momento.
A terra, su una piccola zolla di pochi centimetri, brillava qualcosa. Sembravano scintille, o lucciole, o addirittura dei gioielli colpiti dal riflesso del sole ancora più scottante.
Ma non era nessuno di queste. Si trattava di piccole fiammelle, di un colore tendente al blu scuro, che aderivano al terreno muovendosi leggermente avanti e indietro.
Ranulf e Chrom provarono l’impulso di toccarle, mi si trattennero quando videro che le piccole luci, se osservate da lontano, formavano una piccola composizione che dava vita ad una frase. Una breve frase scritta a caratteri piccoli e luminosi:
 
Non ci provare, semiumano.
 
Non appena i due ebbero finito di leggere le parole, le fiammelle iniziarono a scoppiettare e sparirono una alla volta, facendo tornare il terreno grigio e vuoto.
Chrom e Ranulf si guardarono per un istante: entrambi avevano capito perfettamente la situazione.
«Ci sta osservando, non è così?» mormorò Chrom, con un filo di voce, quasi come se volessi che gli altri Pastori non lo sentissero.
Ranulf annuì lentamente, e rispose: «Proprio così. Deve aver usato i suoi poteri da stregone per devastare questo posto a distanza. Probabilmente l’ha fatto comodamente disteso sul suo divano in pelle di Laguz…»
Chrom rimase stupito dal fatto che Ranulf, anche senza sorridere, riuscisse a fare battute cupe anche in quella situazione.
«Mi dispiace» si affrettò a dire il Laguz «Mi dispiace di star causando tutti questi problemi, non è certamente mia intenzione. Questo deve esser stato un suo avvertimento, a giudicare dalla scritta che abbiamo visto. Deve aver notato che abbiamo intenzione di fermarlo, e ci ha intimato a lasciar perdere. Se non lo faremo, continuerà a sferrare attacchi a distanza»
Chrom sospirò pesantemente: «Non ho mai visto una magia in grado di sferrare attacchi così distruttivi da una distanza così enorme… Sono scioccato»
Ci fu una pausa, poi Chrom proseguì: «Ma non possiamo fermarci ora. Non solo perché quello Stregone ci ha minacciato dando fuoco ad un bosco. Se l’ha fatto da lontano, vuol dire che è soltanto un vigliacco che non ha il coraggio di affrontarci faccia a faccia. Non dispiacerti, Ranulf. Dobbiamo andare avanti e non demoralizzarci, perché è quello che Verlith vuole: aggredire il nostro ottimismo!»
Ranulf continuò a fissare il terreno bruciato per qualche secondo, poi tornò a Chrom, ed annuì dicendo: «Hai ragione. Allora andiamo avanti!»
I due tornarono un po’ indietro, e preferirono non comunicare agli altri Pastori ciò che avevano appena scoperto (ad esclusione di Flavia e Basilio, che avevano il diritto di conoscere la verità) per evitare che essi si preoccupassero. Gliel’avrebbero spiegato più avanti, al momento opportuno; per il momento si limitarono ad incitarli a proseguire, ignorando quel paesaggio raccapricciante.
In un certo senso funzionò: l’esercito di Pastori ricominciò ad avanzare seguendo il solito sentiero, tornando nel bosco semplice e lasciandosi alle spalle la zona bruciata.
 
Ma, anche stavolta, non andarono molto lontano. Ancora meno della volta precedente.
Dopo un altro breve tratto di bosco, si ritrovarono nell’ennesima radura ampia poco meno di un campo da calcio… Ma questa non era vuota come tutte le altre, e nemmeno bruciata.
Brulicava di gente. C’erano persone adulte sparpagliate ovunque, che continuavano a guardarsi intorno come in attesa di qualcosa.
Soltanto dopo aver osservato meglio, Ranulf notò che non si trattava di semplice persone civili: erano soldati. Lo capì poiché vide che ciascuno di loro impugnava almeno un’arma, si trattasse di una spada, un’ascia, una lancia, un arco… Tutto ciò che avrebbe potuto far male.
Nessuno dei Pastori ebbe nemmeno il tempo di farsi notare, poiché i soldati lo fecero per conto loro… E non amichevolmente.
«Eccoli! Sono loro!» urlò un uomo dal mezzo della radura, puntando un dito verso i Pastori ed agitandosi. Ovviamente, tutti si voltarono.
«È vero… Sono i Pastori dell’Ylisse!» esclamò un altro uomo, dal lato destro.
«Capitano, sono arrivati! Dobbiamo agire!» gridò un terzo uomo dal fondo, rivolto ad un’altra persona a pochi metri di distanza da lui.
Per un po’ nessun altro disse nulla, ma la tensione nell’aria non se ne andò.
«Chi sono questi pazzi?» chiese Kjelle sottovoce, per evitare di farsi sentire da altri che non fossero i Pastori.
«Non lo so…» rispose Flavia altrettanto a bassa voce «Ma conosco alcune di quelle facce. È gente ferossita, ma non li ho mai visti indossare tenute da soldato…»
Mentre tutti rimanevano confusi, si sentì qualcuno in fondo alla formazione parlare, l’uomo che era stato chiamato “Capitano”.
«Ottimo… Finalmente un po’ di lavoro per noi! Soldati, preparatevi ad attaccare!»
 
Naturalmente, tutti rimasero stupiti e colpiti da quella dichiarazione. Tanto è vero che coloro che in quel momento stavano “guidando” i carri (in quel caso Gregor, Laurent e Stahl) saltarono giù da essi, lasciandoli in una zona del bosco ancora fitta.
«Cosa succede?» chiese Gregor, confuso.
Non ci fu bisogno di rispondere: i soldati nella radura cacciarono all’unisono un urlo barbarico, quindi la maggior parte di loro iniziò a correre verso i Pastori con le armi in pugno, aggressivi.
Il capitano dei Pastori cercò di urlare qualcosa in direzione dell’uomo che aveva dato il via all’assalto, qualcosa tipo “Veniamo in pace, non vogliamo attaccarvi”, ma nessuno sembrò dargli retta. Al contrario, fu completamente ignorato.
«Hanno davvero intenzione di attaccarci!» esclamò Chrom, colpito da quella visione come un pugno in piena faccia. Quasi controvoglia, sfoderò la sua Falchion che brillò alla luce del sole, e si rivolse rapidamente ai suoi soldati.
«I cavalieri rimangano a proteggere i carri, è importante che tutto rimanga dov‘è! Arcieri e curatori, rimanete nelle retrovie ed avanzate solo se necessario. Tutti gli altri… Fate attenzione e non perdetevi mai di vista, attaccate solo quando siete sicuri di poterlo fare!»
Nonostante tutti fossero stati presi alla sprovvista, in pochissimi attimi seguirono le indicazioni di Chrom e, mentre una piccola parte tornava indietro per rimanere vicino ai carri, tutti gli altri si ritrovarono in assetto da battaglia.
Chrom spostò lo sguardo su Ranulf, al suo fianco, e notò che anche lui in quel momento lo stava guardando.
«Pare che dovremo combattere contro degli sconosciuti che ci sbarrano la strada…» gli disse il capitano «Ti senti pronto?»
Ranulf assunse improvvisamente un’espressione agguerrita e determinata, e a Chrom parve di vedere qualcosa brillare nei suoi occhi.
«Prontissimo!» rispose, quasi ringhiando. Poi, fece qualcosa che stupì ancora di più tutti quanti.
Con un salto, eseguì un’agilissima capriola aerea all’indietro, e nel preciso momento in cui toccò di nuovo terra ci fu un breve lampo di luce. Quando questo sparì, Ranulf non c’era più.
Al suo posto, c’era un felino a quattro zampe grosso quasi quanto una tigre, con il pelo dello stesso colore azzurro dei capelli di Ranulf. Il suo sguardo era rivolto verso i soldati ormai molto vicini, la sua coda si muoveva nervosamente e degli affilatissimi artigli gli spuntavano da ognuna delle quattro zampe. Poco sopra a ciascuna di esse c’erano delle fasce color verde scuro, e gli occhi dell’animale erano di due colori diversi: uno verde ed uno blu.
«R-Ranulf?» esclamò Chrom, stupefatto ma in maniera positiva «Ti sei…»
«Sì» La voce familiare di Ranulf interruppe Chrom; proveniva proprio dalla bestia appena comparsa, che aveva parlato digrignando i denti.
«Andiamo!» aggiunse, con la voce leggermente più profonda del solito.
Nei primi momenti Chrom esitò, ancora colpito da quella improvvisa trasformazione, ma poi scosse la testa realizzando che quello era ancora Ranulf, il Laguz forte, generoso e sarcastico che voleva salvare la sua razza.
«Certo. Forza Pastori, all’attacco!»
L’esercito che si era organizzato iniziò a correre verso gli avversari, ormai vicinissimi, e la battaglia ebbe inizio.
 
 




 

Ed ecco qui il quarto capitolo!
La volta scorsa avevo detto che dall’inizio di questa parte sarebbero iniziate le cose “interessanti”… Oltre al fatto che questa intera storia ha davvero poco di interessante, mi scuso perché mi rendo conto che i contenuti di questo capitolo sono davvero pochi ed abbastanza insignificanti.
Mi impegnerò ancora di più nel futuro; l’ispirazione per questa long non mi ha ancora abbandonato e dubito che lo farà, perché voglio vederla bella e finita!
Credo di non avere altro da dire, il che è meglio. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, grazie mille per averlo letto e… Beh, alla prossima! Bye! C:
 

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Capitolo 5
*** L'affronto della truppa ferossita ***


Nonostante il modo in cui i soldati avversari si scagliarono inizialmente sull’esercito dei Pastori, la battaglia si svolse poi in modo più o meno “ordinato” (per quanto possa essere ordinata una battaglia).
Gli alleati che iniziarono a correre verso l’orda di improvvisi nemici furono: Chrom, Ranulf, Virion, Vaike, Miriel, Donnel, Lon’zu, Flavia, Lucina, Owain, Severa, Linfan, Yarne, Noire, Nah, Palne e Gaius. I quattro curatori specializzati dell’esercito (Lissa, Libra, Maribelle e Brady) rimasero dov’erano, impugnando comunque i propri bastoni. I rimanenti, infine, tornarono indietro per proteggere i carri, sistemandosi nei dintorni di essi.
Anche se ormai i Pastori avevano imparato che le battaglie erano più facili se combattute dividendo l’esercito in coppie, stavolta quasi tutti attaccarono da soli.
Questo perché, a giudicare dal numero di nemici, far concentrare ogni Pastore su un solo avversario si sarebbe rivelato più rapido, e la battaglia sarebbe finita prima.
E l’idea non sembrava poi così sbagliata: i nemici erano in totale 20, mentre gli alleati erano in 17 curatori esclusi. In questo modo, con un Pastore concentrato su un solo nemico e i Sacerdoti nelle retrovie, vincere non avrebbe dovuto essere troppo difficile.
Così i Pastori, correndo per raggiungere i propri avversari, si divisero in modo da concentrarsi ciascuno sul proprio obiettivo, l’avversario che avevano scelto.
 
Flavia si ritrovò di fronte ad un mirmidone, che impugnava la sua lama letale saldamente e con aria determinata… Almeno finché lei non si presentò davanti a lui. L’avversario, infatti, dopo averla vista, sussultò ed arretrò di qualche passo, iniziando a sudare.
«Khan… Khan Flavia?» balbettò l’uomo, senza abbassare la spada ma facendola tremare in modo evidente.
«Vicecomandante Mark, che sorpresa…» disse Flavia, in tono sarcastico «Ti conviene spiegarmi cosa diamine state facendo prima che questo esercito sgomini te, i tuoi amici ed il comandante Berth!»
L’uomo vacillò ancora, come se stesse cercando di combattere contro l’impulso di agire.
«N-non… Non posso dirvelo, Khan Flavia… Mi dispiace…» mormorò poi, con voce roca.
«“Non posso dirvelo” non significa nulla, soldato. Spiegami cosa stai facendo, subito!» rispose Flavia, autoritaria. Ma non ci fu verso.
«No… Non posso proprio farlo… Perdonatemi, Khan Flavia!» esclamò subito dopo l’uomo, per poi riafferrare saldamente la sua lama letale e scagliarsi su Flavia.
Lei, però, non si fece cogliere impreparata nonostante la confusione. Posizionò di traverso la sua spada d’argento in modo che questa parasse perfettamente il colpo della lama avversaria, che si bloccò quindi a pochi centimetri dal suo viso. Flavia diede una forte spinta e l’uomo venne respinto, arretrando e barcollando.
Ciononostante, non perse tempo e tornò all’attacco con una serie di colpi rapidi, che però Flavia parò senza difficoltà.
La storia si ripeté per più di un minuto: l’uomo continuava ad attaccare e Flavia continuava a neutralizzare i suoi colpi, senza però reagire per evitare di ferire qualcuno che, fino a poco tempo prima, le era stato fedele ed aveva servito i Regna Ferox.
Ad un certo punto, però, Flavia si stancò di resistere. Parò l’ennesimo colpo, quindi tese la propria spada all’indietro e sferrò un fendente rapido e al contempo potente, che centrò in pieno l’avversario incapace di difendersi.
L’uomo, dopo un attimo di confusione, crollò a terra con tutto il suo peso.
Flavia, contrariata per ciò che aveva appena fatto, gli si avvicinò e lo guardò.
«Dimmi perché ci state attaccando. È un ordine, vicecomandante Mark!» esclamò la donna, adirata.
Ma lui, con la voce che gli veniva a mancare, continuò a rispondere: «N-non… Posso… Farlo… Chiedo perdono, Khan Flavia…»
Poi, l’uomo tossì un paio di volte e non si mosse più.
Flavia sospirò, con disappunto, e senza che nessun altro lo notasse fece cadere una Pozione accanto alla mano dell’uomo. Sapeva perfettamente di non averlo ucciso.
Fatto ciò, si diresse verso un altro soldato che si trovava nei pressi di quella zona.
 
Ranulf e Chrom erano due dei pochi che preferirono combattere in duo. Infatti, avanzarono nella piana fianco a fianco, e Chrom ebbe delle serie difficoltà a mantenere il passo con Ranulf: il Laguz, nella sua forma animale, era davvero veloce.
In ogni caso, i due furono costretti ad arrestarsi dopo pochi secondi; davanti a loro si era presentato all’improvviso uno spadaccino armato di spada di ferro che, a giudicare dallo sguardo, aveva solo intenzione di colpire qualcuno e fargli male.
Chrom cercò nuovamente di parlare con lo spadaccino in modo pacifico, per farsi spiegare il motivo di tutto ciò, ma lui lo ignorò completamente. Peggio ancora, l’uomo scattò all’improvviso e si lanciò verso Ranulf con la spada alzata, pronto a colpirlo.
Lui, che aveva previsto quell’attacco, si spostò con una velocità impressionante e si posizionò alle spalle del soldato, che rimase confuso.
Quello, pensò Ranulf, sarebbe stato il momento perfetto per attaccare il nemico e finirlo in un solo colpo alle spalle. Si preparò ad assalirlo, ringhiando, ma… Qualcosa lo bloccò. Dentro di sé, Ranulf sentì che non avrebbe potuto attaccare quel soldato, e le sue zampe rimasero a vacillare sul terreno della piana.
Il nemico non poté che approfittare di questo attimo di esitazione di Ranulf, così gli saltò di nuovo addosso, pronto a colpirlo… E stavolta il Laguz non schivò.
L’uomo afferrò Ranulf al collo, e solo allora lui iniziò a porre resistenza ed a cercare di liberarsi, ma la stretta era troppo forte.
«Reagisci, Ranulf!» urlò Chrom, ma lui non reagì, anche se gli sarebbe bastato un morso od un graffio ben assestato per liberarsi. Ormai era in balia del soldato.
«Ah! È proprio vero che i semiumani sopravvalutano la propria forza! Siete ridicoli! Addio!» esclamò lo spadaccino, ridendo istericamente, alzando la spada di ferro e poi abbassandola velocemente verso la gola di Ranulf…
Un colpo secco risuonò nell’aria… Poi la spada di ferro cadde a terra, a pochi centimetri da Ranulf, insieme al soldato che l’aveva sostenuta fino a quel momento.
Dietro di lui c’era Chrom, con la sua Falchion lucente e tesa in avanti, che aveva appena colpito il nemico in modo fatale.
Ranulf, finalmente libero dalla presa, si rialzò e riconquistò il controllo di sé.
«Stai bene?» gli chiese Chrom, abbassando Falchion ma senza riporla.
«Sì, tutto bene… Grazie Chrom, mi hai salvato di nuovo…» rispose Ranulf, con la sua voce più profonda da Laguz trasformato, con un pizzico di vergogna.
«Non preoccuparti, so cosa ti è successo» continuò Chrom, notando la preoccupazione dell’altro «Ti sentivi in colpa ad attaccare la gente di questo posto, vero?»
«Sì, è così… Come hai fatto a capirlo?» domandò Ranulf, mentre i suoi occhi felini scrutavano i dintorni.
Chrom sorrise: «Non è la prima volta che vedo una cosa del genere, anzi, molte volte sono stato colpito anch’io da questa sensazione… Era come se stessi attaccando un amico… Ma ricorda, sono stati loro ad attaccare noi, abbiamo tutto il diritto di difenderci! E per quanto possa essere triste, questo è l’unico modo per uscirne incolumi!»
Ranulf sembrò approvare, ed annuendo leggermente rispose: «Hai ragione. Scusami, non avrei dovuto esitare. Andiamo avanti, c’è altra gente che ha bisogno di una mano!»
Chrom, felice di vedere di esser riuscito a risollevare il morale di Ranulf, lo seguì ancora attraverso la piana.
 
Lucina, con la sua Falchion Gemina impugnata saldamente, stava attraversando una zona “libera” del campo di battaglia per scrutare attentamente le posizioni dei vari nemici ed elaborare una strategia.
Dopo pochi attimi di studio, decise di andare ad attaccare un guerriero apparentemente non impegnato in altre battaglie, poco lontano da lì.
Lucina iniziò a correre, concentrata sul suo nuovo obiettivo, finché non notò qualcosa con la coda dell’occhio…
Si voltò a sinistra, ed i suoi sospetti furono confermati: un arciere, distante quasi dieci metri da lei, le stava puntando addosso una freccia tesa col suo arco d’acciaio, ed era sul punto di scagliarla.
Nel preciso momento in cui l’arciere nemico lasciò andare il filo dell’arco, Lucina si abbassò agilmente… E la freccia le volò sopra la testa, schivandola per pochissimo.
La ragazza si rimise in piedi, e guardandosi intorno capì che, nonostante la sua schivata, l‘attacco non era andato a vuoto. La freccia infatti, dopo aver mancato Lucina, aveva colpito in pieno Donnel alla spalla (anche lui stava passando di lì alla ricerca di qualche nemico da attaccare), ferendolo.
«Oh santo cielo!» esclamò lei, correndo da lui «Donnel, stai bene?»
L’ex contadino rispose: «Oh beh, sono stato meglio, ma non è nulla di grave… Che sfortuna, eh?»
Donnel, anche se si notava una certa sofferenza sul suo volto, stava sorridendo e scherzando sull’attacco appena subito. Lucina lo aiutò a togliere la freccia dalla spalla, ma la ferita si stava ancora prendo.
«Wow, deve aver beccato un nervo o qualcosa del genere… Non riesco a muovere il braccio!» disse Donnel, ora leggermente preoccupato.
Prima che Lucina potesse rispondere qualsiasi cosa, e prima che si preoccupasse più del necessario, una luce verde avvolse Donnel per qualche secondo, e quando sparì la sua ferita alla spalla non c’era più.
Entrambi si voltarono, e videro che Maribelle si era avvicinata, in groppa al suo cavallo, ed aveva appena usato il suo bastone di Cura su Donnel.
«Wow, incredibile!» esclamò il ragazzo, muovendo il braccio prima ferito ed impugnando la propria spada, soddisfatto «Grazie mille, Maribelle!»
«Figurati, ho visto la scena… Sì, hai avuto davvero sfortuna!» rispose la valchiria, ridendo ed allontanandosi di nuovo senza farsi notare da altri nemici.
Ridendo a sua volta, Donnel tornò a voltarsi verso l’arciere che l’aveva colpito (e che ora se la stava ancora ridendo), dicendo: «Tu invece hai avuto fortuna… Fino ad ora!»
Iniziò a correre verso il nemico, schivando le due frecce che questo gli lanciò in tutta fretta, e con un solo fendente lo atterrò definitivamente.
«Ottimo lavoro, Donnel!» si congratulò Lucina, ricominciando a correre e tornando all’attacco.
 
Vaike decise di affrontare un lottatore, che come lui era armato di ascia. Essendo lui stesso un guerriero, avrebbe attaccato il nemico a distanza usando il suo arco di ferro.
Non appena Vaike fu abbastanza vicino, tese l’arco e si preparò a scagliare la freccia, sperando di eliminare l’avversario in un colpo solo.
Il soldato, però, si accorse di Vaike e schivò la sua freccia in tempo.
«Umpf, che piantagrane» borbottò Vaike, riabbassando l’arco… E notando che l’avversario si stava già preparando a contrattaccare.
Vedendo che, pur preparando l’attacco, l’altro rimaneva nello stesso punto, Vaike capì che la sua arma era un’ascia da lancio.
«Interessante… Sarà ancora più facile!» disse tra sé e sé.
Il guerriero ripose l’arco ed iniziò a concentrarsi intensamente, come se stesse cercando di formulare un incantesimo intricato (cosa molto improbabile, per Vaike).
Il lottatore avversario, non curandosene, scagliò la sua ascia da lancio verso Vaike…
E lui, aprendo gli occhi all’improvviso, alzò una mano e la prese al volo, senza farsi un solo graffio.
Il nemico sembrò decisamente sconvolto.
«C-come diamine…?!» balbettò, a bocca aperta.
«Te lo spiegherò un’altra volta!» esclamò Vaike, ridendo di gusto per il successo della sua tecnica, per poi rilanciare l’ascia al suo legittimo proprietario.
Questo, ovviamente, fu colto di sorpresa da quel contrattacco davvero particolare; fu colpito in pieno e cadde a terra, sconfitto.
«Meno male che ha funzionato…» mormorò Vaike, con un ghigno divertito stampato in faccia «Avanti il prossimo!»
 
Pochi metri più in là, l’ennesimo spadaccino si stava preparando ad attaccare il primo bersaglio capitato a tiro: in questo caso, il nemico puntò a Severa.
La ragazzina era girata da un’altra parte, e non sembrava impegnata in nessun’altra battaglia… L’occasione perfetta!
Lo spadaccino iniziò a correre, senza però fare troppo rumore, caricando intanto un fendente con cui atterrare Severa.
Appena fu abbastanza vicino, sferrò l’attacco… Ma non colpì la ragazza, bensì la spada d’acciaio che le apparteneva.
Severa, infatti, era riuscita a parare la spada avversaria tenendo la sua con entrambe le mani… E sempre rimanendo girata dall’altra parte.
Stupefatto, il soldato continuò a far forza sulla spada cercando di rompere la difesa dell’altra… Ma la resistenza di Severa era impressionante.
«Oh, andiamo…» lo schernì la ragazzina, girandosi all’improvviso verso lo spadaccino e mantenendo la spada in posizione «È davvero questo tutto quello che sai fare? Un attacco alle spalle… Con una spada così?»
Severa balzò all’indietro, facendo sbilanciare il suo avversario, e un secondo dopo lo attaccò con un affondo secco. Non ci fu molto da fare per l’uomo, che cadde a terra ancora con un’espressione sconvolta sul volto.
«Siete piuttosto debolucci, eh?» ridacchiò Severa, andando poi ad aiutare il padre Lon’zu che si stava occupando di un sacerdote guerriero alquanto aggressivo.
 
Linfan era a pochi metri di distanza da un cavaliere armatura, e lo stava fissando costantemente in attesa di un eventuale attacco a cui reagire.
Il nemico, ad un certo punto, si mosse e si preparò a colpire la ragazza… Ma senza spostarsi. A quel punto, Linfan capì che aveva intenzione di attaccarla con un giavellotto, perciò si concentrò per schivarlo.
Il cavaliere scagliò la sua arma con violenza, talmente forte che Linfan non riuscì a prevedere il momento giusto per spostarsi… E fu colpita.
Il giavellotto ferì Linfan in maniera davvero grave, decisamente più di quanto potesse aspettarsi da un normale giavellotto. La ragazza cadde a terra, incapace di reagire e contrattaccare… Era stato un colpo critico.
«Cavolo, che sfortuna…» mormorò Linfan, tastando l’erba della piana nella speranza di rialzarsi, ma invano.
L’avversario, naturalmente, non perse tempo ed approfittò di quel suo attacco fortunato per sferrarne un altro, stavolta da vicino. Cambiò arma, afferrando una lancia d’acciaio ed avvicinandosi il più velocemente possibile alla ragazza inerme.
Una volta arrivato a portata, l’uomo caricò il colpo con la lancia, pronto a dare il colpo di grazia a Linfan.
Mentre lei chiudeva gli occhi, trattenendo le lacrime e sperando già di vedere il volto di suo padre… Sentì qualcosa muoversi intorno a lei, e l’erba sparire dalla sua presa.
Immediatamente, spalancò gli occhi e si guardò intorno: era stata proprio lei a muoversi, ed ora si trovava a moltissimi metri di distanza dal cavaliere che l’aveva colpita. Linfan si rialzò, guardandosi intorno, e dopo aver visto Brady che la osservava preoccupato, capì che lui aveva usato Soccorso su di lei per salvarla.
«Oh, Brady… Mi hai seriamente salvato la vita! Grazie!» esclamò Linfan al ragazzo, di nuovo serena.
«Sì, figurati, ma vedi di stare più attenta, stavi per farti ammazzare!» le rispose Brady, con aria apparentemente seccata ma comunque sorridente.
«Sì, certo… Grazie ancora!» replicò la ragazza, e prima che potesse tornare sul campo di battaglia, Lissa (che si trovava lì vicino insieme agli atri curatori) eseguì una magia di Cura per guarire i danni causati dal colpo critico col giavellotto.
Linfan tornò dal cavaliere che l’aveva colpita, scagliò una semplice magia di Arcifuoco e questo fu sconfitto definitivamente.
 
Miriel si stava occupando di un semplice mago che, distante qualche metro da lei, era pronto a sferrare il suo attacco.
Purtroppo, nonostante le sue capacità di osservazione, Miriel non riuscì a capire di che tipo di magia si trattasse quella del tomo usato dall’avversario, e venne decisamente colta di sorpresa quando questo scagliò un semplice attacco di Fuoco, che colpì Miriel e la ferì lievemente.
Lei vacillò per un po’, più per la sorpresa che per il colpo in sé, e qualche attimo dopo vide avvicinarsi un altro attacco, uguale a quello appena subìto.
Miriel cercò di schivarlo, ma non fu necessario, perché prima che la sfera di fuoco potesse raggiungerla, essa si disintegrò nell’aria. L’incantesimo non era stato sferrato nella maniera corretta, perciò aveva perso il suo effetto a metà strada.
Il nemico sembrò confuso, e Miriel non poté che approfittarne: prese il suo tomo di Bolganone e sferrò rapidamente un attacco magico. La lava letale, come previsto, comparve dalla zona di terreno su cui si trovava il nemico e lo investì, facendo bastare un colpo solo per atterrarlo.
«La vostra eccessiva convinzione ed esaltazione causata dal primo attacco andato a segno vi ha portato ad eseguire il secondo incantesimo in maniera frettolosa e poco curata. Un errore sciocco, per un mago apparentemente specializzato» disse Miriel, rivolta all’avversario appena sconfitto. Senza curarsene ulteriormente, proseguì la battaglia aiutando gli altri alleati.
 
Il tiratore scelto maschio del gruppo, Virion, stava letteralmente duellando a suon di arco e frecce con un altro arciere. Sistemati ad una distanza abbastanza ampia per poter prendersi di mira facilmente, i due attaccavano a turno scagliando una freccia alla volta. Per qualche minuto, nessuno dei due fu colpito, ma ad un certo punto…
«Smettila di schivare, stupido damerino!» urlò il nemico, in preda alla rabbia, caricando il colpo successivo.
Naturalmente, Virion lo schivò senza troppi problemi; tuttavia, subito dopo aver scagliato la prima freccia, il ferossita ne caricò un’altra e mirò più in basso.
Virion, dopo un attimo di confusione, capì cos’aveva intenzione di fare e rimase immobile, preparandosi mentalmente. La freccia partì, dritta verso le gambe di Virion, e lui… Con un semplice saltò in alto la schivò.
«Ah, buon uomo… Questa tecnica è decisamente prevedibile, soprattutto in questo caso» lo schernì Virion, ridacchiando e caricando una freccia «E poi… Mi sembrava che avessimo detto di lanciare una freccia alla volta… È stato sleale, da parte vostra! Ora, se permettete…»
Sorprendendo il nemico, la freccia di Virion eseguì una traiettoria ad arco salendo all’inizio e scendendo alla fine, per poi colpire perfettamente il petto dell’obiettivo.
Questo, naturalmente, non poté fare molto altro e cadde a terra.
«Decisamente un dilettante…» mormorò Virion, non divertito ma lusingato.
 
Gaius, dopo aver sistemato un altro ladro acrobata con una silenziosa pugnalata alle spalle, aveva deciso di andare ad aiutare suo figlio Owain, il quale stava affrontando un mercenario dotato di spada di ferro.
Con  la sua lama letale (accuratamente rinominata), arma con la quale il rosso poetico era specializzato, non c’era molta difficoltà.
«Questa mano…» stava esclamando Owain, con la sua solita aria drammatica «Questa mano non frenerà la mia spada viste soltanto le tue origini, vile ferossita! Sfiderò ogni uomo che si presenterà sulla mia strada per ostacolarmi, e tu non farai eccezione!»
«Oh, avanti, Owain…» mormorò Gaius, alzando gli occhi al cielo «È solo un tizio pagato per essere qui che trema solo a vederci… Non fare tante storie!»
«Argh… Papà, perché devi sempre rovinare i miei momenti di gloria?» protestò Owain, simulando brevemente un broncio, per poi impugnare improvvisamente la lama letale e scagliarsi sul mercenario.
Il nemico fece di tutto per schivare, ma Owain fu letteralmente fulmineo e lo stese in un colpo.
«Vedi? È stato meno emozionante di quanto entrambi potessimo sperare…» sospirò Gaius, con un ghigno divertito, facendo sorridere anche il figlio.
 
Nah, che aveva appena atterrato uno spadaccino con un semplice soffio in forma drago, stava esaminando il campo di battaglia per osservare i (ormai pochi) nemici rimasti.
La Manakete, tornata in forma umana, notò in lontananza un’alleata decisamente in difficoltà. Si avvicinò, e vide che Noire era letteralmente terrorizzata dal mago che stava affrontando.
«Noire, che ti succede?» chiese Nah, avvicinandosi all’altra ragazza tenendo lo sguardo fisso sul mago.
«Ha un tomo… Un tomo del Vento!» esclamò Noire in risposta, in preda al panico «Il vento devia la traiettoria delle frecce e non riesco a colpirlo!»
Nah sorrise, alzando per un attimo gli occhi al cielo, poi tenne stretta la sua Pietra Drago.
In un attimo, Nah tornò ad essere un drago vero e proprio.
«Vedrai che ora il vento non sarà più un problema!» disse, con la sua voce “amplificata” dalla forma drago, per poi girarsi verso il mago nemico (rimasto paralizzato dallo stupore) e colpirlo con un altro attacco semplice.
Questo, naturalmente preso in pieno, rimase fortemente stordito… L’occasione perfetta per Noire, che non perse un attimo e scagliò una freccia in direzione del nemico. Non servirono altri colpi.
Nah tornò nuovamente in forma umana, stiracchiandosi.
«G-grazie, Nah… È stato uno dei miei tanti momenti di paura ed esitazione, cercherò di evitare che si ripetano» mormorò Noire, accennando un sorriso.
«Di niente, figurati. Ho già steso qualche altro tizio qui intorno, perciò non potevo che aiutarti!» rispose la Manakete, ridacchiando. A quanto pare si stava divertendo.
 
Dopo questi, rimasero poco meno di una decina di nemici. Tutti questi furono sistemati senza nessun problema da Yarne, Palne, Nah, Lucina e Virion. Un paio di loro raggiunse la zona dei carri con l’intento di saccheggiarli, ma entrambi furono fermati definitivamente da coloro che stavano sorvegliando i rifornimenti.
Rimaneva soltanto una persona sul campo di battaglia: l’uomo che aveva ordinato di attaccare.
«Immagino che quello potremmo lasciarlo a Ranulf e a papà» disse Lucina, rinfoderando la Falchion Gemina «Se il capitano nemico è forte come i suoi soldati, non avranno alcun problema!»
Così Lucina, seguita dagli altri che avevano combattuto, tornò nelle retrovie dove si trovavano i curatori, e guarire eventuali piccole ferite e ad assistere alla battaglia contro il capitano.
 
Chrom e Ranulf si erano fatti strada senza troppi problemi, ed erano finalmente giunti di fronte al capitano del piccolo esercito ferossita, il quale era rimasto a guardare i suoi soldati che si facevano ammazzare per tutto il tempo. Impugnava una spada d’argento, ma non era dotato né di scudo né di cavallo.
«A quanto pare abbiamo sottovalutato la forza di voi ylissiani…» disse Berth, il comandante, con tono disgustato «O forse siete voi che vi state sopravalutando!»
«Non ho idea di cosa tu stia dicendo» rispose Chrom con calma, rimanendo al fianco di Ranulf (ancora in forma animale) «Ma se appoggerai la tua arma e dichiarerai la resa, eviteremo di farti fare la fine dei tuoi soldati. Sei un ferossita… Non vogliamo affrontare un alleato»
Berth scoppiò a ridere, sempre più sprezzante, poi tornò a provocare Chrom e Ranulf.
«Sei ridicolo, principe Chrom! Una volta rispettavo te, i tuoi ideali, i tuoi metodi… Ma poi, quando il tuo esercito ha cominciato a riempirsi di feccia semiumana, non ho potuto che cambiare idea. Avrei potuto chiudere un occhio sui Taguel e sui Manakete, razze molto rare e potenti, ma cosa vedo qui…»
Berth spostò lo sguardo su Ranulf, che rimaneva pronto a reagire nonostante un accenno di esitazione.
«Laguz! Le bestie di Gania… Allearti con questo stupido gattino è stata una brutta mossa. I Laguz sono i parassiti di Tellius, se dovessero cominciare a comparire anche nel nostro continente, sarebbe la fine! Devono essere fermati ed io sono qui per questo!»
Chrom avrebbe voluto direttamente zittire il comandante a suon di fendenti, ma qualcosa lo incuriosì.
«Un momento… Cosa sai tu delle Terre di Gania e di Tellius? In questo continente non se ne è mai parlato, e nemmeno dei Laguz… Come sai tutte queste cose?»
Berth non sembrò intenzionato a rispondere. Al contrario, alzò la sua spada argento e la puntò verso Ranulf.
«Basta chiacchiere, ylissiani! È ora di combattere! Fatemi vedere quanto valgono questi semiumani!»
 
Il comandante nemico, con uno scatto decisamente inaspettato, si scagliò su Ranulf a spada tratta. Il Laguz, stranamente colto di sorpresa, non ebbe il tempo di schivare e fu colpito.
Non fu un attacco terribile, ma Ranulf ebbe comunque un attimo di esitazione. Un attimo durante il quale Chrom poté andare in suo soccorso, attaccando Berth con un fendente ed allontanandolo dall’alleato prima che potesse fargli ancora del male.
«Tutto bene?» chiese Chrom, voltando la testa verso Ranulf.
«Direi di sì, non è stato nulla di grave… Solo la sorpresa!» rispose il Laguz, rialzandosi e sembrando perfettamente sano «Posso avere l’onore, ora?»
Gli artigli di Ranulf spuntarono all’improvviso dalle sue zampe, e con un vero e proprio scatto felino il Laguz fu addosso a Berth, graffiandolo al petto e in qualsiasi altro punto che avrebbe potuto essere debole.
Dopo qualche attimo tornò indietro, lasciando Berth confuso e ferito, ma ancora in piedi.
«Wow… Stiamo davvero per finirlo così? In modo così poco memorabile?» scherzò Chrom, esitando ed abbassando Falchion.
«Se non lo fai ora, causerà altri problemi anche al resto dell’esercito. Vai!» esclamò Ranulf, lasciando la scena a Chrom. Il capitano, facendo spallucce, impugnò di nuovo Falchion e corse verso Berth, pronto a dargli già il colpo finale.
Il nemico rimaneva immobile ed ansimante, guardando l’avversario che si avvicinava, con tutto l’odio che poteva esserci nei suoi occhi. Chrom si sarebbe aspettato una schivata dell’ultimo momento, un contrattacco…
E invece nulla. Berth fu colpito, volando all’indietro a causa dell’impatto con la spada, ed una volta atterrato non si rialzò più.
«Finito, quindi?» mormorò Chrom, quasi dispiaciuto, riponendo la sua spada leggendaria.
Nonostante l’attacco devastante, Berth non era ancora del tutto sconfitto. Si sentiva ancora il suo respiro soffocato, e stava cercando di dire qualcosa.
«Eh, come se non me lo aspettassi… S-siete degli sciocchi, ylissiani… Sconfiggendo me non avete f-fatto… Nulla!» disse il comandante ferossita, con la voce soffocata e debole ma ancora piena di odio e fastidio.
Ci fu un brevissimo lampo di luce alle spalle di Chrom; lui si girò, e vide che Ranulf era tornato in forma umana. Vestito esattamente come prima, senza un graffio, perfettamente in forma.
«Non può continuare a provocarci, non ora» disse Ranulf, sospirando «Scusa, Chrom…»
Il Laguz si avvicinò al corpo quasi immobile di Berth, e si abbassò per andargli più vicino.
Sentiva un forte rimorso per ciò che stava per fare, ma da una parte sapeva che era necessario. D’altronde, solo in quel momento si stava rendendo conto dell’importanza della missione che aveva intrapreso; non poteva permettersi tutte quelle esitazioni, non faceva nemmeno parte del suo carattere.
Ranulf afferrò Berth con la mano sinistra e lo tirò su, trattenendolo dal torso, mentre la mano destra si avvicinava alla gola della vittima. Nonostante la forma umana, le unghie di Ranulf si allungarono improvvisamente diventando dei veri e propri artigli.
Chrom, rimasto indietro, riuscì a vedere gli occhi del Laguz ribollire di rabbia, cosa che da quando l’aveva conosciuto non avevano mai fatto.
Ranulf avvicinò gli artigli appena sfoderati alla gola di Berth, sfiorandola.
«Che cosa sai delle Terre di Gania?» chiese, la voce piena di rabbia e furore «Chi te ne ha parlato? Ti conviene dirmelo!»
Anche se il ghigno di scherno non abbandonava il volto di Berth, questo parlò col poco fiato che gli rimaneva.
«È stato… Uno stregone…»
Ranulf stava per insistere per saperne il nome ma non fu necessario.
«V-Verlith… Mi ha dato moltissimo oro… E l’ha dato anche agli uomini del mio esercito… Ha detto che quell’oro sarebbe stato nostro se… A-avessimo fermato l’avanzata dei Pastori e del… S-semiumano…»
Chrom rimase a bocca aperta, ed anche Ranulf sembrò negativamente stupito.
«M-ma è stato tutto… Inutile. N-non avrei dovuto accettare… Ma ha minacciato di uccidere la mia famiglia… Tutte le fesserie che ho detto prima di affrontarvi… Me ne vergogno… P-perdonatemi, principe Chrom…»
Il fastidioso ghigno scherzoso dell’uomo svanì, rimpiazzato dall’espressione di un uomo morente e sinceramente dispiaciuto.
Finalmente Chrom capì il motivo di quell’imboscata. Se ciò che aveva detto Berth era vero, c’era Verlith dietro a tutto ciò.
Anche Ranulf, sospirando, lasciò andare il comandante ferossita che tornò ad accasciarsi sull’erba.
«Hai fatto ciò che avrebbero fatto tutti, comandante Berth. Non bisogna fartene un torto. Accetto le tue scuse» disse Chrom, calmo e rispettoso.
Dopodiché, il comandante Berth non si mosse più.
 
Tutti i Pastori, sia quelli che avevano combattuto che quelli che erano rimasti ai carri, raggiunsero Chrom e Ranulf. Il capitano dei Pastori spiegò brevemente ai suoi amici ciò che aveva confessato Berth, e tutti loro sembrarono visibilmente colpiti.
«Quindi… Verlith ha pagato il comandante ferossita per farci ammazzare?» chiese Anna «Un comportamento meschino ma astuto, direi»
«Non ci voglio credere» sbottò Flavia, apparentemente sconvolta «Conoscevo il comandante Berth di persona. Non avrebbe mai cercato di uccidere un esercito innocente per un po’ di sporco denaro. È sempre stato un’ottima persona»
«Davvero?» iniziò Chrom, inclinando la testa «Non vorrei mancargli di rispetto, ma non sembrava una persona molto amichevole quando ci ha affrontato. Al contrario, era molto sgarbato e… Poco sottile. Soltanto prima di morire ha dimostrato un po’ di buonsenso…»
«Lo stesso» ribatté Flavia «Anzi, ancora peggio. Il suo carattere non è mai stato così, era sempre educato e gentile con tutti. Una persona non può cambiare così tanto solo per dell’oro…»
«Questo è quello che credi tu» disse Basilio, intromettendosi «Il denaro ha un potere più grande di quanto tu possa immaginare, soprattutto quando è tanto. E resta anche un altro dilemma… Perché Berth ha confessato tutto quando Ranulf l’ha minacciato? Ormai era in punto di morte, avrebbe potuto tranquillamente portarsi il segreto nella tomba e lasciarci all’oscuro di tutto…»
Nessuno seppe trovare una risposta.
«E non credo che quello sia l’unico elemento confuso di tutta questa storia» aggiunse Sully «Verlith non è quello che tanto parla della superiorità degli umani? Se tiene così tanto alla razza umana, come può mandare dei soldati a caso a farsi ammazzare? Non ha senso…»
Chrom sospirò, riconoscendo che anche quella era una parte degli eventi ancora molto confusa. Una delle tante.
«È tutto così strano…» disse il capitano «Soldati ferossiti che ci attaccano e che dichiarano di esser stati assoldati da Verlith…»
Ci fu qualche attimo di silenzio, poi Chrom riprese a parlare normalmente.
«Non ci siamo organizzati bene per questa battaglia. Avremmo dovuto portare più persone all’attacco, invece di concentrarci troppo sulla difesa. Diciamo che il fatto che la battaglia si sia presentata così all’improvviso ci ha distratto dalle priorità. Ciononostante, non ci sono stati problemi e abbiamo combattuto molto bene. Forse perché siamo abituati a lotte più… Difficili»
Flavia si lasciò sfuggire una risata, dicendo: «Già, in effetti le truppe del comandante Berth sono sempre state un po’ deboluccie, rispetto alla media. Li ho sempre rimproverati per questo!»
Chrom avrebbe voluto ripetere a Flavia che gli dispiaceva di aver sconfitto una delle truppe dei Regna Ferox, ma sapeva che anche lei comprendeva la gravità della situazione e la necessità dell’aver combattuto.
Frederick si avvicinò al capitano dei Pastori, dicendo: «Signore, i carri sono pronti a ripartire. Possiamo riprendere la marcia quando volete»
Chrom annuì: «Grazie Frederick. Bene Pastori, è il momento di ricominciare ad avanzare. Questa battaglia ci ha fatto perdere del tempo prezioso, dobbiamo recuperare. Siete pronti?»
Quasi tutti i Pastori annuirono, e alcuni dei cavalieri del gruppo ripresero il controllo dei carri.
«Molto bene. In marcia!»
L’esercito ricominciò a muoversi con lo stesso andamento di prima, avanzando lungo il sentiero che stava seguendo precedentemente alla battaglia.
 
 




 

E questo era il quinto capitolo!
Non saprei cosa dire… Ho come l’impressione di non cavarmela troppo bene con le battaglie, e questa era la prima della storia…
Ho cercato di raccontare la battaglia seguendo lo stile del gioco vero e proprio, aggiungendo qualche dettaglio… Non saprei dire se è venuto bene o no :3
In ogni caso, la prima battaglia è finita (in modo davvero poco memorabile) ed è il momento di proseguire!
E questa nota finale è inutile.
Grazie mille in anticipo agli eventuali lettori di questo capitolo e… Alla prossima! :D
 
P.S. Ultimamente sto rigiocando Fire Emblem Awakening, per fare una playthrough identica a quella che ho concluso circa un mese fa, che era la prima… È un lavoro lunghissimo e tedioso, devo recuperare 75 ore di grinding, ma… Questo gioco non stanca mai! C’:
E ho già detto che voglio fare tantissime playthrough con l’obiettivo di sbloccare TUTTE le conversazioni di sostegno disponibili? Ci metterò una vita, ma nonostante tutto dubito che mi stancherò… I love this game ♥
 
P.P.S. Stavo pensando di cambiare il titolo dell'intera storia, ma non mi viene in mente nulla... Qualcuno avrebbe un buon consiglio? Va bene anche in lingua inglese, volendo!

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Capitolo 6
*** Attacchi e sorprese ***


Una volta superata la radura in cui si era svolta la battaglia, tutto proseguì normalmente. Nulla, lungo il sentiero, avrebbe potuto far credere che poco prima ci fosse stata una lotta tra due eserciti teoricamente alleati, o ancor peggio, che qualche chilometro indietro fosse scoppiato un incendio magico.
In testa al gruppo c’erano, come sempre, Chrom e Ranulf. Stavolta, però, il capitano stava parlando con sua sorella Lissa. Il Laguz, quindi, viaggiava da solo. E non era proprio al massimo del buonumore, al contrario… Si sentiva a pezzi.
 
«Come mai quella faccia affranta?» chiese una voce familiare alle spalle di Ranulf, sempre più vicina. Era Flavia.
«Eh?» rispose confuso il Laguz, cercando di sorridere «Faccia affranta? Io?»
Flavia rise, col suo solito tono sostenuto: «Ah! Non sei davvero in grado di nascondere le tue emozioni! Si vede a miglia di distanza che c’è qualcosa che non va!»
Ranulf accennò finalmente un sorriso, facendo roteare lo sguardo.
«Beh, sì… In effetti è così»
Flavia continuò a parlargli, stavolta però in tono più serio: «Allora, di che si tratta? Riguarda la battaglia che abbiamo appena vinto?»
Ranulf annuì e sospirò: «A quanto pare l’hai capito da sola. Quindi immagino che non ti ci vorrà molto per capire che cosa mi preoccupa, nello specifico»
Lei rispose: «Vediamo… A giudicare dalla tua faccia… Direi che forse ti senti in colpa per aver ferito ed ucciso dei soldati dei Regna Ferox?»
Ranulf avrebbe voluto sorridere, ma non ci riuscì, quindi si limitò a sospirare di nuovo e dire: «Mi hai beccato. E credo che dirlo a te sia la cosa meno conveniente che potessi fare, dato che, da quel che ho capito, tu governi questa nazione…»
All’inizio Flavia rimase in silenzio, il che non fece altro che mettere il povero Ranulf tremendamente a disagio, ma poi rise di nuovo, sciogliendo la tensione.
«È davvero questo che ti tormenta così tanto?» chiese il Khan.
«Beh, forse… Ma direi di sì. Insomma… Non ti dà fastidio il fatto che abbia affrontato dei soldati che appartengono alle tue truppe? So di averlo fatto perché era necessario per il proseguimento della missione, ma… Pare che da quando sono arrivato in questo continente, senza nemmeno volerlo, abbia causato solo problemi…»
Flavia, con poca sensibilità, rise di nuovo. Ma prima che ciò potesse suscitare ancora più sconforto in Ranulf, tornò a parlare.
«Aah, Ranulf… Pensi davvero che ciò che hai fatto poco fa sia sbagliato? Se è così, non conosci davvero i Regna Ferox… Qui la gente combatte! Combatte e basta! Siamo un regno che si basa su questo, non per niente ogni anno organizziamo un torneo in cui la gente si fa ammazzare… E tu credi che aver sconfitto un comandante ferossita sia stata una cosa orribile e sbagliata? Avrebbe potuto esserlo se l’avessi fatto di tua spontanea volontà, ma sono stati LORO ad attaccare noi senza un motivo preciso. Sapevano benissimo a cosa stavano andando incontro, perciò non bisogna fartene un torto. Anzi… Dovrei ringraziarti! Se il comandante Berth avesse continuato ad assalire tutte le persone che passavano da quella zona, sarebbe stato ancora peggio. Ammetto che mi sembra strano il fatto che sia diventato improvvisamente così… Ma non è questo il punto. Hai fatto la cosa giusta, Laguz, e non hai motivo di sentirti in colpa!»
Nonostante le parole di Flavia non potessero essere considerate leggere e delicate, Ranulf ne trasse davvero conforto. In pochi attimi, infatti, il suo umore si risollevò, dopo aver capito che ciò che diceva il Khan non era sbagliato.
«Hai ragione! Non so davvero perché ultimamente mi senta sempre così disturbato… Sarà la nostalgia di casa! Per quanto questo posto possa essere bello, certo…» rispose Ranulf, finalmente con un vero sorriso sulle labbra «Grazie, Flavia!»
Lei, soddisfatta del suo lavoro, diede una pacca sulla spalla a Ranulf dicendo: «Non sarò il comandante di questa missione come lo siete tu e Chrom, ma se ti vedo un’altra volta con quel muso lungo… Te la vedrai con la mia ascia!»
«Ah! Accetto le condizioni, allora!» ribatté Ranulf, divertito.
 
I Pastori continuarono a camminare incessantemente per molto tempo, seguendo il sentiero intrapreso fin dall’inizio, finché il cielo non si tinse di nuovo d’arancione e il sole iniziò a calare dietro alle montagne.
«Pare che si stia già facendo buio…» disse Chrom, rivolgendosi a tutti gli altri «Raggiungiamo la prossima radura e sistemiamoci lì per stanotte!»
Oltrepassando un ultimo tratto di bosco fitto, l’esercito arrivo su un altro piccolo spiazzo e lì cominciò a piantare le proprie cose.
Anche stavolta, decisero di non soffermarsi troppo sulla sistemazione “complicata”, limitandosi semplicemente a piantare qualche tenda per riposare.
La serata si svolse esattamente come la volta precedente: un piccolo falò intorno al quale si radunarono tutti i Pastori per mangiare, per poi passare del tempo insieme chiacchierando e divertendosi. Qualche storia horror “pesante” raccontata da Henry (che affascinarono Tharja e terrorizzarono Yarne), qualche poema interpretato da Owain in maniera esageratamente teatrale, addirittura delle barzellette inventate da Stahl, che fecero ridere la maggior parte dei Pastori, tranne i più irremovibili.
Anche quella sera, per stare a suo agio, Ranulf si ritrovò a raccontare storie e vicende riguardanti le Terre di Gania, facendo immaginare i loro bellissimi paesaggi ed esprimendo tutto l’affetto che provava per la sua patria.
«Sembra davvero un posto incredibile!» commentò Chrom «Una nazione abitata solo da Laguz, ma che confina con regni governati da umani…»
«Già» disse Ranulf, con lo sguardo perso. Evidentemente stava pensando a casa sua.
«E la cosa bella è che i rapporti tra Beorc e Laguz sono molto stabili, con rare eccezioni» continuò, dovendo poi specificare cosa fosse un Beorc «Verlith è una di queste eccezioni, a quanto pare… Però sono ottimista. Re Caineghis è davvero molto forte, come anche gli altri residenti del castello. Sono sicuro che riuscirà a tenere impegnato quel maledetto stregone per abbastanza tempo!»
«Ne sono sicura!» aggiunse Lissa, col sorriso sulle labbra, e con il suo solito tono allegro e contagioso. Tanto è vero che Ranulf non poté fare a meno di sorridere.
«Quando arriveremo lì e i problemi saranno risolti» affermò il Laguz «Faremo organizzare una festa alla quale siete tutti invitati!»
«Con il cibo?» chiesero Gaius e Stahl all’unisono, facendo ridere tutti.
«Sì, con del cibo!» replicò Ranulf, allegro.
«Bello!» commentò Íñigo «Così avremo un’altra motivazione! Oltre a quella di salvare una razza o quella di farci ammazzare da uno stregone psicopatico…»
La risata generale continuò. Quei piccoli momenti di allegria e spensieratezza, in mezzo a quella missione rivelatasi più pericolosa del previsto, servivano veramente molto per sollevare il morale dei Pastori.
Dopo un’ora, il gruppo si sciolse ed ognuno si ritirò nella propria tenda, stanco ma soddisfatto.
 
Ranulf stava dormendo disteso sulla schiena, com’era solito fare, e finalmente il suo sonno si stava rivelando pacifico e piacevole.
Almeno fino ad un certo punto.
Nel bel mezzo del suo sonno, Ranulf fu svegliato bruscamente da una voce, forte ed agitata.
«Svegliati! Ranulf, svegliati!»
Spalancò gli occhi, confuso, e si alzò in piedi barcollando leggermente. Sbattendo le palpebre un paio di volte, vide che all’entrata della sua tenda si era affacciato qualcuno: Kjelle.
«C-che succede?» balbettò il Laguz, intontito.
«Esci immediatamente dalla tenda e fai attenzione!» esclamò Kjelle, agitata «Siamo stati attaccati!»
 
Ranulf scivolò fuori dalla tenda il più velocemente possibile, preceduto da Kjelle, e una volta fuori non volle credere ai suoi occhi.
I Pastori, o almeno gran parte di essi, stavano correndo in giro per l’accampamento con le armi in mano, e molti di loro stavano già attaccando altre persone che Ranulf non riuscì a riconoscere. Ma la prima cosa che vide davvero fu un’altra: fuoco.
I carri erano situati nel preciso punto in cui erano stati lasciati la sera prima, ma erano completamente avvolti dalle fiamme, rosse ed altissime, che sembravano non volersi placare mai più.
«Cosa diamine…» riuscì a balbettare il Laguz, decisamente sconvolto.
«Stavo facendo la ronda insieme a mio padre e dei banditi sono entrati nell’accampamento all’improvviso!» spiegò Kjelle, impugnando la sua spada e preparandosi ad andare all’attacco «Ho sentito Basilio dire che si tratta di altri ferossiti, ma spero vivamente che non sia così. Ora dobbiamo difendere questo posto!»
La figlia di Sully partì all’assalto di un uomo situato nelle vicinanze che stava cercando di attaccare Tiki, che però non si fece cogliere impreparata e schivò l’attacco prima che Kjelle potesse intervenire.
Ranulf, ancora non completamente ripreso dalla sorpresa, decise di entrare in azione prima che fosse troppo tardi. Si concentrò, saltò all’indietro e in un attimo si trasformò, diventando il gatto azzurro e combattivo che tutti avevano visto il giorno prima. Poi, iniziò a correre con tutta la sua velocità felina verso un paio di banditi che stavano infastidendo il pegaso di Sumia, ridendo; il Laguz li colpì alle spalle con un solo e potente graffio, e la forza dei suoi artigli unita all’effetto sorpresa devastò i due nemici, atterrandoli immediatamente.
 
Miriel, in qualche modo, era riuscita a radunare in un angolo difeso dell’accampamento tutti i Pastori in grado di utilizzare dei tomi magici, e quindi abili con la magia. Il suo scopo era quello di elaborare una strategia con la quale affrontare alla meglio i nemici e limitare i danni. Da molto tempo, infatti, Miriel rappresentava in un certo senso “l’ambasciatrice” dei maghi del gruppo, proprio perché era la più abile nella arti magiche.
«Il capitano Chrom mi ha affidato il compito di chiamare a raccolta voi, che come la sottoscritta siete in grado di padroneggiare la magia e gli incantesimi, per trovare il modo di estinguere le fiamme nella zona dei carri dei rifornimenti al più presto!»
Il primo a protestare, più preoccupato che arrabbiato, fu Ricken, in groppa al suo cavallo.
«Noi? E come facciamo? Non abbiamo portato nessun tomo dell’acqua! Almeno non io…»
«Nessuno se li è portati!» esclamò Maribelle, anche lei sul suo destriero, intontita ed infastidita da quel brusco risveglio non adatto alle sue nobili abitudini «Vengono usati molto raramente e non sono nemmeno molto utili! Soltanto in questi casi…»
«Ci sono molti tomi anche nei carri, in questo momento!» aggiunse Cordelia, cercando ci calmare il suo pegaso «Dobbiamo sbrigarci!»
Ci fu qualche attimo di teso silenzio, finché qualcuno sembrò avere un’illuminazione.
«Il vento!» affermò Linfan, col viso improvvisamente colto da un sorriso piuttosto sicuro «Potremmo usare i tomi del vento più potenti che abbiamo per spegnere l’incendio e salvare il maggior numero di cose possibile!»
Tutti parvero apprezzare l’idea, ma rimasero dubbiosi.
«Col vento?» chiese Cynthia inclinando la testa «Io credevo che, soffiando addosso ad una fiamma grande, la si alimentasse…»
«Normalmente è così» rispose Laurent, riferendosi a Cynthia ma guardando la sorella Linfan «Ma in questo caso, se la forza dei vari tomi dovesse sovrapporsi in maniera più che sufficiente all’intensità del fuoco, questo si estinguerebbe in pochi attimi. È un piano che potrebbe effettivamente funzionare, sorellina!»
«Allora non indugiamo oltre ed affrettiamoci a metterlo in atto!» annunciò Miriel, e i vari maghi iniziarono a muoversi velocemente verso la zona dei carri, ancora in fiamme.
«Attaccate tutti da angolazioni diverse, così le fiamme verranno oppresse!» ordinò la maga, e tutti eseguirono come aveva detto. Già dopo qualche minuto di incantesimo ininterrotto, le fiamme iniziarono ad abbassarsi e a perdere intensità. Stava funzionando.
‘Possiede davvero la mentalità geniale del padre…’ pensò Miriel, un po’ malinconica, rimanendo comunque concentrata sul suo lavoro.
 
Sully, armata di tutto punto con la sua spada argento, si stava occupando di un paio dei banditi che avevano assalito il campo.
Si avrebbe potuto dire che Sully fosse la più euforica, in quella situazione… Da quando era stata svegliata, non aveva perso un attimo per infilzare gente a destra e a manca.
«Se c’è una cosa che non sopporto…» stava dicendo la ragazza, sul suo cavallo, stringendo la sua spada «Sono le imboscate. E odio anche essere svegliata all’improvviso. Perciò, avendomi svegliata all’improvviso a causa di un’imboscata… La pagherete!»
Il cavallo di Sully partì alla carica verso i due banditi che, colti alla sprovvista da quell’improvviso movimento, non ebbero nemmeno il tempo di spostarsi. Il destriero frenò nel momento perfetto, com’era abituato a fare, e la spada colpì perfettamente i due nemici, atterrandoli e lasciandoli lì dov’erano.
«E state contenti che non vi abbia colpito da qualche altra parte!» sbottò Sully, quasi divertita, girandosi e tornando alla carica di altri saccheggiatori.
 
Gregor, nonostante fosse stato uno degli ultimi a svegliarsi, aveva già recuperato armi e cavallo, e si era concentrato su un solo nemico, questo armato solamente di coltello, che lo aveva minacciato.
Si era tenuto a distanza dal nemico in questione, poiché aveva deciso di attaccarlo con il suo fidato arco d’acciaio. Stranamente, notò Gregor, il suo avversario non si mosse né tentò di attaccarlo.
«Ah! Tu paura di attaccare Gregor, sì? Avanti, Gregor ancora addormentato!» lo schernì l’ex mercenario, ridendo. Comunque, l’altro non si mosse; ancora più stranamente, sembrò impaurito da qualcosa, come se il fatto di affrontare Gregor potesse rivelarsi per lui un suicidio.
«Tu non parla e non scappa, eh? Beh, allora arrivederci!» esclamò infine il “vecchio”, preparando una freccia e tendendo l’arco. Qualche secondo per prendere la mira e… Tutto inaspettatamente regolare.
Il nemico venne colpito perfettamente dalla freccia e cadde a terra, sconfitto. Solo allora, Gregor notò che non era stata solo la sua freccia a colpirlo, bensì anche un’altra.
Si guardò rapidamente intorno, e non ci mise molto a notare che qualcun altro, come lui, aveva attaccato lo stesso nemico da una posizione distante.
«Íñigo?»
«Proprio così. A quanto pare abbiamo avuto la sfortuna di vedere entrambi lo stesso bandito!»
I due cavalieri arco si avvicinarono, allontanandosi per un po’ dalla battaglia.
«Tu era appostato dietro cespugli per inchiodare nemico, sì?» chiese Gregor, ridendo spensieratamente.
«Già» rispose Íñigo, sorridendo ma senza sembrare troppo divertito «Quell’uomo è stato davvero sfortunato, ritrovandosi ad essere l’obiettivo di ben due arcieri provetti…»
«Cavalieri arco, non arcieri!»
«Giusto, giusto… Beh, andrò a vedere come se la sta cavando mia madre, ho visto che stava affrontando uno spadaccino da sola e non vorrei si ferisse… Buona fortuna, Gregor!»
Íñigo si congedò, allontanandosi sul suo cavallo ed andando effettivamente al fianco di Olivia, non molto distante da lì.
‘Hehe, Gregor sta davvero diventando vecchio. Lui non ha visto ballerino arrivare ma nemico sì! C’è bisogno di un esame per vista…’
Ancora ridendo, Gregor tornò all’attacco, stavolta mirando a degli altri arcieri nascosti tra i cespugli ai confini dell’accampamento.
 
Tutti i curatori (escludendo Maribelle, che si stava ancora occupando dell’incendio), stavolta, erano passati alle armi offensive ed avevano preferito attaccare piuttosto che difendere.
Libra, ad esempio, si trovava di fronte ad un cavaliere armatura dotato di lancia di ferro, il quale si era fermato davanti al sacerdote mentre questo stava cercando di andare ad aiutare Lon‘zu.
«Ah! Dove credi di andare, signorina?» gli aveva gridato contro il bandito «Forse non l’avete capito, ma nessuno di voi lascerà questo accampamento, stanotte!»
Libra eseguì un profondissimo respiro ad occhi chiusi, come se stesse cercando di trattenere la rabbia, mormorando nel frattempo qualcosa.
«Dei, perdonatemi per ciò che sto per fare…»
La presa del sacerdote si strinse all’improvviso intorno alla sua ascia d’argento, poi Libra spiccò un salto in alto che nessuno si sarebbe aspettato.
Mentre rimaneva in aria, tese l’ascia dietro alla testa e caricò un colpo, e al momento della caduta, attaccò.
L’ascia colpì perfettamente il cavaliere armatura, non lasciandogli un attimo di tregua.
«C-come… Come hai fatto…?» boccheggiò il nemico, riuscendo a malapena a parlare dopo quel colpo devastante.
«Non. Sono. Una. Donna» fu la risposta di Libra, scandendo per bene le parole.
Quello era stato uno degli attacchi critici più fenomenali che avesse mai eseguito.
 
Tharja stava letteralmente massacrando un mirmidone nemico che si era solamente avvicinato a lei, poco prima, con l’intento di attaccarla.
Non aveva avuto molte possibilità, pur avendoci provato: Tharja si era distanziata di qualche passo prima che potesse colpirla, e poi aveva aperto il suo tomo di magia nera. Recitando una breve formula, era riuscita a scagliare sul mirmidone una maledizione decisamente poco leggera: l’uomo, incapace di muoversi o reagire, era avvolto da un’inquietante velo oscuro che, in qualche modo, gli impediva di respirare. Inoltre, come se il tutto non fosse già abbastanza raccapricciante, la magia non permetteva alla vittima di morire. Questa, quindi, continuava a soffrire incessantemente, coi polmoni in fiamme e nessuna parte del corpo capace di muoversi.
A giudicare dal ghigno sadico stampato sulla faccia della maga nera, si avrebbe potuto dire che Tharja se la stava spassando.
«P-per… F-favore… Pietà…» gorgogliò il nemico, quasi incomprensibilmente.
«Tsk, aspetta e spera!» disse Tharja, col suo solito tono cupo «Prima vieni ad attaccare un accampamento di notte e poi implori pietà? Non sei un tipo molto coerente…»
La maga nera non interruppe la maledizione, senza mostrare nemmeno un briciolo di compassione
«Oh, avanti, Tharjuccia» disse una voce alle spalle di Tharja «Ammiro questo tuo lavoro, ma credo che così possa bastare!»
Lei si voltò, sempre mantenendo vivo l’incantesimo, e vide che Henry le si era avvicinata.
«Che ci fai qui? Vai a combattere!» lo rimproverò lei, come una madre al figlio «Decido io cosa fare a questi vigliacchi!»
«Niah ah, ma certo! Anzi, devo dire che questa maledizione che stai utilizzando sembra piuttosto interessante…»
«Vuoi testarla anche tu?»
«Passo, grazie. Comunque… Davvero, fossi in te mi fermerei. Ci sono tanti altri nemici da affrontare e maledire, non ha senso concentrarsi su uno solo! Per quanto possa comprendere il tuo divertimento, certo…»
«Oh, basta che la fai finita!» sbottò infine Tharja, chiudendo di colpo il tomo ed annullando la magia. Il nemico crollò a terra e non mosse più un muscolo, l‘espressione sofferente ora immobile.
«Solo perché me l’hai chiesto tu…» mormorò la maga, passando la mano sotto al mento di Henry, graffiandolo leggermente con le sue unghie «Ah, la prossima volta che mi chiami di nuovo Tharjuccia, posso assicurarti che testerai davvero questa maledizione!»
Detto ciò, Tharja si allontano, lasciando Henry da solo.
«È stato più facile del previsto, direi! Niah ah ah!» rise, camminando nella direzione opposta alla ricerca di qualche altra vittima.
 
Un altro sacerdote guerriero che aveva preferito combattere piuttosto che difendere era Brady.
Il figlio di Maribelle, infatti, si trovava faccia a faccia con un lottatore. Il nemico impugnava un’ascia leggera, mentre Brady teneva stretta una scure.
Con aria orgogliosa e poco pacifica, l’avversario non perse troppo tempo e lanciò la sua arma verso Brady, cercando di colpirlo.
La fretta e l’agitazione, tuttavia, lo portarono a sbagliare completamente mira e a far finire l’ascia leggera a più di qualche metro di distanza dal sacerdote.
Lasciandosi sfuggire una risatina sprezzante, il biondo recuperò l’arma del nemico e l’impugnò nella mano sinistra (dato che l’altra era occupata dalla scure).
«Ah! Abbastanza patetico, davvero… Magari dedicandoci un secondo in più avresti potuto colpirmi! Beh, sarà per la prossima volta. E visto che non sei l’unico ad avere un’arma da lancio, qui…»
Detto ciò, Brady approfittò del fatto che il suo avversario fosse rimasto disarmato e lanciò entrambe le asce, quella leggera e la scure, verso di lui, una subito dopo l’altra.
«Centro! Dieci punti per me!» esclamò poi il sacerdote, recuperando entrambe le armi dal corpo del nemico, caduto a terra.
 
Poco più in là, qualcuno si stava davvero divertendo.
Si trattava di Nowi, l’allegra Manakete dei Pastori, che se la stava spassando prendendo in giro un povero arciere.
Questo, infatti, stava sparando frecce a raffica da più di un paio di minuti, nel disperato tentativo di colpirla. E lei, addirittura in forma umana, continuava a schivarle semplicemente spostandosi di qualche metro a destra, a sinistra o all’indietro.
«Basta!» urlò ad un certo punto l’arciere, esasperato «Smettila di schivare, stupida ragazzina vigliacca!»
Avvicinandosi un po’ a Nowi, tese l’arco per l’ennesima volta e fece partire un’altra freccia… E stavolta la colpì al braccio.
«Ahw!» esclamò Nowi, sorpresa «Alla fine ci sei riuscito!»
Prima che l’altro potesse esultare o preparare un secondo attacco, però, la Manakete strinse la propria Pietra Drago nella mano, e dopo la solita e breve trasformazione, Nowi divenne un drago.
Come si aspettava, l’arciere rimase impietrito e stupito, tanto da abbassare l’arco ed osservarla a bocca aperta. Un’occasione imperdibile!
Con un normalissimo soffio, Nowi colpì il suo avversario e lo atterrò in un colpo solo.
«Ho più anni di te e di tutti i tuoi bisnonni messi insieme! Altro che ragazzina!» rise lei, volando verso l’alto per scrutare il campo di battaglia e per andare poi ad aiutare il suo marito, Donnel.
 
Chrom, il capitano, era stato uno dei primi a svegliarsi ed a partire all’attacco. In quel momento stava affrontando ben due banditi, un ladro ed un mago, che avevano deciso di allearsi per attaccare il “maledetto principino”.
«State commettendo un grosso errore!» disse Chrom ai nemici, puntando verso di loro la leggendaria Falchion, che risplendeva anche nel buio della notte «I miei alleati hanno già eliminato gran parte dei vostri amici! Se volete evitare di fare la stessa fine, appoggiate le armi ed andatevene subito!
Gli altri due si scambiarono uno sguardo e scoppiarono a ridere.
«Non crederti forte quando non lo sei, principe Chrom!» borbottò il ladro «Forse non hai ancora capito che il nostro scopo non è principalmente quello di uccidervi, quanto quello di rallentarvi e farvi perdere tempo, mentre…»
Si interruppe.
«Mentre cosa?» non riuscì a trattenere Chrom, ma come si aspettava, non ci fu risposta sensata.
«Vedi? Non sai nulla! E ora combatti!» urlò il mago nemico, aprendo improvvisamente il suo tomo e scagliando un colpo di Tuono in direzione di Chrom.
Lui, naturalmente abituato, riuscì a neutralizzare la magia prima che potesse colpirlo semplicemente mettendo di traverso la sua spada.
Nonostante ciò, l’esplosione andata a vuoto dell’incantesimo provocò la comparsa di un denso fumo nero nell’aria, che ridusse molto la visibilità.
Nel tentativo di scacciare il fumo, infatti, Chrom fu colpito più volte da una spada d’acciaio, che lo ferì ad una gamba. Quando la nuvola si diradò, il capitano vide che ad attaccarlo era stato il ladro.
«La tecnica ha funzionato!» esclamò il mago soddisfatto, causando anche una risata del suo alleato.
«Non pensare di cavartela così facilmente!» urlò Chrom, infastidito, lanciandosi all’attacco nonostante la ferita alla gamba.
La lama di Fachion colpì il mago prima che questo potesse reagire in alcun modo, e lo sconfisse immediatamente.
«C-come…» riuscì a sospirare il nemico, ma Chrom lo ignorò completamente.
Il capitano, poi, iniziò a guardarsi intorno alla ricerca del ladro, in modo da attaccare anche lui. Stranamente, non riuscì a vederlo da nessuna parte.
‘Deve essere scappato dopo aver visto che fine ha fatto il suo amico…’ pensò Chrom, abbassando ingenuamente la sua spada. Fu proprio quella la mossa che lo tradì.
Qualcosa colpì la lama di Fachion, e poiché la stretta di Chrom su di essa si era allettata poco prima, la spada venne lanciata via.
Lui ebbe soltanto il tempo di voltarsi nella direzione da cui era arrivato l’attacco, colto dalla sorpresa, per poi venire clamorosamente atterrato da qualcosa di rapido e pesante che gli cadde addosso.
Sbattendo gli occhi in seguito all’impatto a terra, Chrom capì che a lanciarsi su di lui era stato proprio il ladro.
Il capitano fece di tutto per allungare la mano e recuperare Falchion, ma questa era caduta troppo lontano.
«Questo conferma ciò che ho detto prima!» esclamò il nemico, impedendo a Chrom di rialzarsi rimanendoci sopra con tutto il suo peso «Tu sopravvaluti molto la tua forza, principino! Orgoglio di qua, orgoglio di là… E alla fine vieni atterrato da un ladruncolo! Ah! Addio, fallito!»
Ridendo istericamente, il ladro sollevò in alto la sua spada. Chrom continuò a dimenarsi per cercare di ribaltare la situazione, ma non ci riuscì.
Il nemico abbassò improvvisamente la spada, divertito ed esaltato…
 
E la sua arma cadde a terra con un tonfo.
Chrom non aveva percepito altri rumori, ma era sicuro che fosse successo qualcosa.
Spalancò gli occhi, e vide che il ladro era crollato di lato, liberandolo dal suo peso, e non si muoveva più.
Il capitano sollevò la testa, e vide proprio quello che sperava.
«Ranulf?»
Il grosso felino azzurro era lì, davanti a lui, con l’aria agguerrita ed orgogliosa.
Chrom guardò il corpo del ladro caduto al suo fianco, e notò che sulla schiena dell’uomo c’era ancora l’impronta di un forte e profondo graffio, sferrato pochi secondi prima.
«Oh…» riuscì soltanto a dire il principe, rialzandosi e recuperando finalmente Falchion.
«Vedo che sei ferito… Riesci a camminare?» domandò Ranulf, avvicinandosi.
«Io…» balbettò Chrom, senza sapere bene cosa dire «Hai davvero… Wow. Mi hai salvato la vita, Ranulf. Grazie!»
Sul muso da gatto di Ranulf comparve un piccolo sorriso, non divertito ma lusingato.
«Scherzi? L’ultima volta l’hai salvata tu a me… Quindi ora siamo pari! Anzi, no, tu l‘hai fatto due volte…»
Chrom ridacchiò. La fiducia che lo legava a Ranulf diventava sempre più forte, soprattutto in quel momento. Non si trattava più solo dell’aiutare uno sconosciuto nella sua missione: sentiva che si stava creando una vera e propria amicizia, sostenuta dalla lealtà reciproca.
«Grazie. Davvero» ripeté Chrom, voltandosi poi verso il centro dell’accampamento.
Con sua grande sorpresa e piacere, vide che non era rimasto più nemmeno un bandito. Tutti i Pastori si stavano avvicinando, con aria stanca, alla zona dei carri, i quali non erano più avvolti dalle fiamme (anche se il fumo continuava a partire da lì e salire verso l’alto).
Ranulf si mise a fianco a Chrom, e in un attimo ritornò in forma umana. Nonostante ciò, pensò l’altro, rimaneva sempre lo stesso, sotto ogni punto di vista.
«A quanto pare ce la siamo cavata, eh?» disse il Laguz, con aria soddisfatta, osservando anche lui l’accampamento «Mi sorprende di essere riuscito a svegliarmi in tempo. Di solito, quando mi addormento, dormo per un bel po’… Anche se poi mi sveglio in fretta!»
Chrom rise, felice che la battaglia fosse finita.
«Beh, andiamo a vedere quanti danni ha causato quest’imboscata…» affermò poi, avviandosi zoppicando verso la zona dei carri, seguito da Ranulf.
 
Tutti i Pastori erano vicini ai carri, a curare eventuali ferite, con l’aria assonnata e stanca. Alcuni di loro, addirittura, si addormentarono sull’erba della zona.
Chrom, che aveva appena fatto sparire la ferita alla gamba grazie ad un unguento, stava parlando con Miriel.
«Tu e gli altri maghi avete fatto un ottimo lavoro! Spegnere il fuoco con la magia del vento è stata un’idea geniale!»
Miriel eseguì un leggero inchino.
«Vi ringrazio per la lusinga, capitano Chrom, ma l’idea non è stata mia. Piuttosto, dovreste fare le vostre congratulazioni a mia figlia Linfan. È stata lei ad illuminarci!»
Chrom sorrise.
«Lo farò… Appena si sarà svegliata!»
Anche Miriel accennò un sorriso, poi si allontanò. Nel frattempo, ad avvicinarsi al capitano fu Basilio.
«Chrom, ho una notizia sconcertante di cui forse sarai già a conoscenza. I vigliacchi che ci hanno attaccato stanotte… Anche loro vengono dai Regna Ferox. Li conoscevo di persona!»
L’altro sussultò.
«Cosa?! Ma… Come… Perché i soldati dei Regna Ferox continuano ad attaccarci? Non possono esser stati anche loro…»
«Oh, invece è molto probabile che sia così» lo interruppe Basilio «Se è vero che il comandante Berth è stato corrotto e minacciato da quello stregone, è possibile che l’abbia fatto anche con questi banditi!»
«Che comportamento vigliacco…» si intromise Ranulf, il quale ribolliva di rabbia ogni volta che sentiva parlare di Verlith «Però questo vuol dire che sta continuando a fare avanti e indietro tra questo continente e Gania… Se continua a venire qui per corrompere i soldati dei Regna Ferox, c’è la possibilità di trovarlo qui e stanarlo prima che possa tornare indietro!»
«È una possibilità, ma la vedo dura… Servirebbe molta fortuna, o molta sfortuna…» iniziò a dire Chrom, ma poi vide che Frederick si stava avvicinando a lui, quindi si interruppe.
«Mio signore, io ed alcuni altri Pastori abbiamo appena finito di ispezionare i carri e di riesaminare l’inventario di ciò che contengono… Temo di avere cattive notizie»
Chrom sospirò, e dopo aver visto che Frederick aveva attirato anche l’attenzione di Ranulf, lo intimò a continuare.
«Nonostante l’incendio arrecato dai banditi sia stato estinto abbastanza in fretta» spiegò Frederick «Ci sono stati dei forti danni. Gran parte delle armi da attacco fisico, come spade ed asce, è andata distrutta o gravemente danneggiata, rendendola inutilizzabile. Inoltre, tutti i tomi di magia contenuti nei carri sono stati completamente bruciati, nessuno escluso; rimangono solamente quelli che i maghi avevano a portata durante la battaglia. Ma la notizia peggiore è che…»
Frederick prese fiato, gesto che causò la preoccupazione di Chrom.
«Le scorte alimentari sono andate perse. Tutto il cibo che abbiamo portato dall’Ylisse… Non ne è rimasta una briciola»
«Cosa?!» si sentì urlare Stahl, ma tutti lo ignorarono. Non era l’unico ad esser rimasto sconvolto da quella notizia.
«Oh Dei, questo è un gran problema…» mormorò Chrom.
«Beh, abbiamo ancora le monete, no? Potremmo acquistarne dell’altro!» suggerì Kellam.
«Sì, ma siamo nel bel mezzo del bosco… Dove lo troviamo un negozio di alimentari nella foresta est dei Regna Ferox?» ribatté Zelcher.
«Già» continuò Chrom «Potremmo nutrirci di selvaggina, però…»
Ragionò per un po’, in silenzio, poi si rivolse a tutti i Pastori.
«So che potrà sembrarvi una follia, una cattiveria, o un’idea sciocca… Ma dobbiamo proseguire il cammino. Immediatamente. Stanotte!»
Molti di loro iniziarono a chiedersi perché, e Chrom non perse tempo a spiegare.
«Oltre al problema del cibo, ce n’è un altro. Il bandito che ho affrontato si è lasciato sfuggire un commento… Diceva che quest’imboscata non era un tentativo di sconfiggerci, bensì di rallentarci. Questo vuol dire che, se è vero che anche questi banditi erano stati assoldati da Verlith, lui vuole farci perdere tempo per compiere il suo… Operato»
Chrom guardò Ranulf per un attimo, incrociando il suo sguardo attento ed ansioso.
«Perciò non possiamo permetterci di perdere tempo. Se prima eravamo ad un giorno e mezzo di marcia dal porto nord dei Regna Ferox, avanzando di notte dovremmo riuscire a recuperare del tempo, ed arrivare lì entro domani sera. E c’è anche il problema della scarsità di alimentari a spingerci a muoverci; immagino che al porto troveremo dei rifornimenti. So che vi sto chiedendo troppo, marciare di notte non è affatto facile… Ma dobbiamo farlo, per il compimento della missione e… Se tutto ciò è vero, per il bene dei Laguz!»
Il discorso sembrò motivare davvero i Pastori: sebbene poco prima sembrassero scettici e lontani dall’idea, ora tutti stavano andando a smontare la propria tenda e a caricarla su ciò che rimaneva dei carri.
«Molto bene… Ottimo lavoro, Pastori!» si complimentò Chrom, vedendo che la fedeltà dei suoi amici non vacillava mai.
«Starò io in testa!» si offrì Ranulf «Riesco a vedere molto bene anche di notte, per cui potrei guidarvi sul sentiero giusto. È il minimo che possa fare!»
«Va bene, Ranulf. Grazie» acconsentì il capitano.
«No, Chrom… Grazie a te!»
Dopo qualche minuto, il gruppo era di nuovo pronto ad avanzare. I carri, e quel poco che rimaneva al loro interno, erano come sempre al centro della formazione.
«Se percepite qualche pericolo, fatevi subito sentire» raccomandò Chrom «Bene… Avanziamo!»
L’esercito dei Pastori seguì il sentiero indicato, addentrandosi nuovamente nell’oscurità del bosco notturno.
 
Il gruppo viaggiò con andamento spedito ma tranquillo, rimanendo quasi in assoluto silenzio, il che non fece altro che aumentare la tensione e l’inquietudine della situazione.
Ranulf, davanti a tutti, continuava a scrutare il sentiero ed il territorio circostante, quasi senza sbattere le palpebre. Aveva davvero l’aria di un felino pronto a reagire a qualsiasi eventuale attacco.
«Forza e coraggio, Pastori!» incitò Chrom, giusto per rompere il ghiaccio, sembrando più che altro il capo di una banda di boy-scout «Verrete ripagati per questo sforzo quando saliremo sulle navi! Lì potremo riposare comodamente e senza preoccupazioni!»
Nonostante tutto, il morale della truppa era abbastanza stabile… O almeno non era basso e triste, anche se a vederli in faccia i Pastori sembravano più che altro un’orda di Risorti.
 
Dopo poco più di due ore di marcia, l’esercito si rese conto di esser partito dall’accampamento in un momento di notte inoltrata. Questo perché, quasi all’improvviso, dall’orizzonte cominciò ad ampliarsi una linea color rosa pallido che dipinse lentamente il cielo, prima oscuro e tetro.
«È già l’alba…» mormorò Frederick, dal fianco di uno dei carri «O stiamo viaggiando da molto tempo o siamo partiti tardi…»
«O magari entrambe!» suggerì Lissa, stanca ma non distrutta.
«Io credo, invece, che vedere cosa ci aspetta poco più avanti farà piacere a tutti!» li interruppe Ranulf, apparendo risollevato.
Subito, tutti iniziarono a “scavalcarsi” delicatamente per arrivare in testa al gruppo, ma non fu necessario fare tutta quella confusione. In pochi attimi, infatti, tutti i Pastori uscirono improvvisamente dalla zona fitta della foresta per ritrovarsi all’imponente ed evidente entrata di un borgo cittadino. Inoltre, fu impossibile non notare la brezza marina proveniente da nord e il forte odore del mare nell’aria.
«Siamo arrivati!» esultò Olivia, rossa in viso (a causa della fatica) «Il borgo del porto nord dei Regna Ferox!»
«Proprio così!» confermò Flavia, respirando profondamente «Ah, non sono stata qui molte volte… Ma adoro l’odore del mare!»
«Siamo stati velocissimi ed abbiamo recuperato molto tempo!» continuò Chrom «Bene, ora raggiungiamo il porto e prendiamo qualche nave!»
«E un bel carico di cibo!» ricordò Gaius, dal fondo della formazione «Non dimentichiamoci che siamo a secco e che non mangio qualcosa di zuccherato da più di dodici ore!»
Impazienti e felici, i Pastori si mobilitarono di nuovo ed entrarono nel borgo.
 
La strada principale del villaggio era completamente deserta e silenziosa, il che rendeva tutto abbastanza inquietante, nonostante l’apparentemente buona accoglienza del posto.
«Wow… Non c’è nessuno, in giro…» commentò Ricken.
«Per forza. Il sole deve ancora sorgere del tutto, la gente sta ancora dormendo» replicò Gerome.
«Beh, non è una cosa di cui preoccuparsi. Il borgo si animerà presto, e riusciremo a raccattare tutto quello che ci serve per partire anche prima di mezzogiorno!» disse Chrom, fiducioso.
«Oh… Invece abbiamo qualcosa di cui preoccuparci, eccome…» mormorò qualcuno dalle prime file della formazione.
Era stato Ranulf, che aveva appena raggiunto un punto sopraelevato del paese, da cui si riusciva già a vedere il porto cittadino e, di conseguenza, il mare. Ma il suo tono, ovviamente, non era sereno.
«Cosa intendi dire, Ranulf?» chiese Chrom, raggiungendo il Laguz sul punto panoramico, per poi osservare ciò che si vedeva del porto.
Sussultò, e così fecero tutti gli altri Pastori che lo seguirono, dopo aver visto tutto.
«Oh, Dei… Ancora?» disse Noire, con un filo di voce, preoccupata come tutti gli altri.
La zona del porto era molto ampia, e piena di piccoli edifici costruiti probabilmente per gestire il porto stesso.
Ma la cosa più preoccupante era il fatto che l’area fosse interamente occupata da soldati, tutti rigorosamente armati, che si erano sistemati in modo da non far arrivare nessuno fino al mare.








Olè, sesto capitolo!
Anche stavolta spero di non aver molto da dire alla fine… Soltanto un chiarimento riguardante le storia stessa: l’assenza dell’avatar.
Per quanto l’idea possa sembrare paradossale e per nulla fedele a ciò che lascia intendere il gioco stesso, ho deciso di non inserire il personaggio.
Lo so, non ha molto senso, ma sono partito con l’idea di non metterlo, e farlo comparire ora dal nulla sarebbe piuttosto strano… Voglio dire, se ci fosse stato, avrebbe già dovuto parlare in questi ultimi sei capitoli, no?
Quindi… Mi dispiace, ma niente avatar :C Peccato, è un personaggio che mi piace (frase che sembra molto narcisista, dato che in un certo senso l’avatar sarei io)…
Bene, ho finito. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che la storia vi stia interessando, se notate qualcosa di negativo/osceno/terrificante non esitate a farmelo sapere, e… Alla prossima parte! :D
 
P.S. Prima che vi facciate l’idea sbagliata… No, Tharja non sta con Henry. Lei sta con Gregor (best couple ever, ma anche no), mentre lui è single… Poverino :c Ma purtroppo ci sarà sempre qualche forever alone, e in questo caso sono Henry, Frederick e Stahl.
Tharja va semplicemente molto d’accordo con Henry, tutto qui :3

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Capitolo 7
*** Problemi in riva al mare ***


Prima di iniziare questo capitolo, ho un piccolissimo chiarimento da fare.
Dopo aver parlato con Depeep (che ringrazio, ovviamente), ho cambiato NUOVAMENTE idea ed ho deciso di inserire l’Avatar nella storia. Inserirlo ora potrebbe sembrare poco… Bello. Ma alla fine ho capito che, per far sì che la storia abbia un senso logico, l’Avatar deve esserci. Perciò, da questo capitolo in poi, fate finta che l’Avatar ci sia sempre stato!
E si chiamerà Daraen, che è il nome default fornito dal gioco (mi fa strano chiamarlo così visto che sono abituato a chiamarlo col nome che gli ho dato io nel gioco, ma va beh).
Inoltre, l’Avatar non sarà l’unico personaggio a comparire da questo capitolo in poi. Da adesso, infatti, sarà come se anche i sei personaggi SpotPass (Gangrel, Walhart, Emmeryn, Yen’fay, Aversa e Priam) ci fossero sempre stati. Ho deciso di inserire anche loro… Per giustizia, se non altro!
Bene, tutto qui, non voglio rubare troppo spazio al capitolo con questo chiarimento. Buona lettura!






«Non è possibile…» mormorò Chrom, quasi ringhiando, con lo sguardo fisso sul paesaggio poco gradevole «Il porto è infestato da soldati… E sono armati fino al collo!»
«E se vuoi un’altra cattiva notizia» si intromise Flavia, anche lei molto preoccupata «Anche questi sono ferossiti. Li riconosco»
«Ma come?» sbottò Ranulf «Com’è possibile che Verlith abbia corrotto così tanta gente con dell’oro? Sempre che anche questi siano stati corrotti, certo…»
«Sarà brutto da dire, ma DEVONO esser stati corrotti» rispose Basilio «Non ci sarebbero altre scuse, per sbarrarci la strada in questo modo. Ci scommetto le mutande che questi tizi non hanno intenzione di farci passare senza problemi»
Per un po’, tutti rimasero in silenzio, con lo sguardo fisso sui numerosi soldati appostati tra gli edifici del porto, e su quelli che impedivano l’accesso diretto al mare ed alle navi.
«Non concluderemo nulla rimanendo qui a guardarli» disse Chrom ad un certo punto «Dobbiamo avanzare e farci vedere. Riponete tutte le armi, dobbiamo far vedere che non abbiamo intenzione di attaccarli. Almeno che non siano loro a farlo per primi…»
I Pastori obbedirono, e ciascuno nascose le proprie armi. Dopodiché, in formazione compatta ed ordinata, il gruppo ricominciò a muoversi scendendo dall’altura ed avviandosi verso la zona del porto vero e proprio.
Molti dei soldati ferossiti li notarono, e questo sembrò inquietarli, ma Chrom intimò i suoi amici a rimanere calmi in modo da non farli alterare.
In particolare, uno dei soldati appostati al confine con la spiaggia si accorse di loro e cercò di urlare qualcosa, ma riuscì a dire soltanto «Voi!», poi venne interrotto da qualcuno.
Un uomo dall’aria molto trasandata si stava avvicinando di corsa al soldato in questione, il quale invece indossava la tenuta rossa dei soldati dei Regna Ferox.
I Pastori si fermarono a metà strada, senza ancora aver raggiunto il porto, ad osservare la scena, insospettiti.
Molti ferossiti iniziarono a muoversi per fermare l’uomo che stava correndo, ma il loro comandante (ossia colui che aveva cercato di urlare qualcosa ai Pastori) li fermò con un semplice gesto della mano. L’uomo, quindi, riuscì a proseguire la sua avanzata, raggiungendo proprio il comandante della truppa.
«C-che cosa state facendo?!» esclamò lo sconosciuto, ancora col fiatone. Chrom e gli altri erano abbastanza vicini da poter sentire tutto ciò che veniva detto.
«E tu chi saresti? Non credevo di trovare gente in giro a quest’ora del mattino…» disse il comandante ferossita, con un fastidioso tono di scherno.
«S-sono il proprietario del porto, signore…» rispose l’altro, ancora provato dalla corsa «Ero a casa mia e da lì ho visto che c’erano delle persone… Così sono corso qui e ho visto che si trattava di soldati! Perché siete qui? Cosa avete intenzione di fare?»
Il comandante si lasciò sfuggire una risata, anche questa molto fastidiosa, poi replicò: «Quindi tu sei il proprietario di questo posto, eh? Se vuoi la mia opinione, per essere il porto nord dei Regna Ferox, è un posto abbastanza deprimente…»
«Beh, la mia famiglia ha lavorato duramente per creare questo posto…» mormorò l’uomo «Ora l’eredità è passata a me e faccio del mio meglio. Io vorrei soltanto sapere perché siete…»
«Escludiamo il fatto che non hai il diritto di fare domande del genere ad un tuo superiore, omino» lo interruppe il comandante «Ma comunque non sono affari tuoi. Siamo qui per motivi che non ti interessano»
L’uomo respirò profondamente, iniziando a sudare e sembrando ancora più preoccupato ed agitato, per poi rispondere: «N-non posso accettare una risposta del genere, signore… Questo è il mio porto ed ho il diritto di sapere cosa vi accade, soprattutto se è pieno di soldati armati. Soltanto un’informazione, la prego…»
Il ferossita guardò l’altro negli occhi, con uno sguardo pieno d’odio, e ringhiò qualcosa in risposta.
«Dunque non mi hai ascoltato, eh? Se non riesci a capire me, lascerò che sia qualcun altro a spiegarti come sta la situazione…»
Con un gesto rapido ed inaspettato, il comandante impugnò la propria lancia e, veloce in modo da impedire eventuali reazioni, trafisse l’uomo.

Ogni singolo Pastore che aveva assistito alla scena sussultò, alla vista della lancia del comandante che perforava il petto del proprietario del porto e spuntava dalla sua schiena, macchiata di sangue, il quale cominciava già a scorrere dall’enorme ferita formatasi.
Senza ritirare l’arma, il ferossita avvicinò la propria faccia a quella del povero uomo, sorridendo odiosamente, e gli sussurrò qualcosa.
«Siamo qui per fermare l’avanzata dei Pastori e di quei dannati semiumani che li seguono. Spero che ora ti sia chiaro, stupida feccia arrogante…»
L’uomo, incapace di assumere una qualsiasi espressione interpretabile, riuscì soltanto a gorgogliare qualcosa, prima che il sangue invadesse anche la sua gola. Qualcosa come «Figli… Pietà…».
Poi, bastò un solo gesto.
Il comandante ferossita, impugnando la lancia con una sola mano, la tese dietro la schiena e la agitò con forza in avanti; in questo modo, l’uomo che vi era rimasto trafitto si “staccò”, ed il suo corpo sofferente volò verso l’alto come un sacco vuoto, per poi cadere in modo altrettanto raccapricciante dritto in acqua, oltre il molo principale del porto.
«Oh, dei!» fu tutto quello che Chrom riuscì ad urlare, prima che tra i Pastori scoppiasse il caos.
Tutti avevano visto l’orribile scena, ed erano rimasti a dir poco sconvolti.
«Ha… Gettato l’uomo in mare?!» balbettò Daraen.
«Peggio ancora! L’ha ucciso e POI l’ha gettato in mare!» rispose Flavia, ancora più sconvolta, se possibile.
«E noi dovremmo cercare di trattare con questi bruti?» gridò Maribelle «Al diavolo!»
«Mi spiace dirlo, ma Maribelle ha ragione» dichiarò Chrom, impugnando improvvisamente Falchion «Se questi soldati sono come quelli che abbiamo incontrato finora, parlare con loro sarebbe inutile. Come l’ultima volta, Pastori! Un gruppo rimanga a proteggere i carri, il resto… All’attacco!»
«Beh… Veramente non è la miglior strategia che abbia mai visto…» disse Daraen quasi tra sé e sé. Infatti, nessuno lo sentì.
Prima che i Pastori iniziassero a muoversi in massa, Cynthia si fece avanti in groppa al suo pegaso, fermandosi a pochi passi da suo padre.
«Papà, lasciami andare a recuperare l’uomo che è stato lanciato in mare!» supplicò la ragazzina, comunque in tono deciso «Potrebbe essere ancora vivo e potremmo cercare di salvarlo!»
Chrom inizialmente esitò, vedendo la situazione in modo pessimistico: «Non lo so, Cynthia… Potrebbero esserci degli arcieri tra quei soldati, e non è detto che siano deboli come quelli incontrati finora…»
«Oh, papà, per favore!» sbottò Cynthia, interrompendolo «Smettila di trattarmi come una bambina! Credi che non sia capace di schivare un paio di frecce? Devo ricordarti che ho tomi magici e lance per difendermi? Eddai…»
Chrom fece spallucce, rassegnandosi al fatto che non poteva cercare di fermare la sua figlia più piccola quando questa si metteva in testa qualcosa.
«E va bene, Cynthia…» mormorò infine, con un debole sorriso rovinato dall’evidente preoccupazione «Ma ti prego, devi stare attenta!»
La ragazzina cercò di trattenere un piccolo esulto, poi partì in groppa al suo pegaso, girando al largo dal porto in modo da evitare i nemici, diretta al punto del mare in cui era stato lanciato il proprietario.
«Speriamo bene…» sussurrò ancora una volta Chrom, per poi rivolgersi rapidamente verso Ranulf, al suo fianco con lo sguardo puntato al porto, e chiedergli: «Sei pronto?»
L’altro non disse una parola; semplicemente, il suo corpo venne brevemente avvolto da una lieve luce azzurra, che in pochi attimi lo fece passare alla forma animale.
«Pronto!» rispose poi il gatto, di nuovo con lo sguardo agguerrito.
«Ottimo!» replicò Chrom, alzando improvvisamente il tono di voce «Pastori, all’attacco!»
Un gruppo abbastanza numeroso di alleati si mobilitò immediatamente, iniziando a correre (o volare) verso la zona “popolata” del porto, con le armi sguainate.

In un attimo, dall’altra parte, il comandante della truppa ferossita si accorse dell’imminente assalto dei Pastori.
«Ha funzionato, non sono riusciti a rimanere fermi…» disse l’uomo, ridendo tra sé e sé «Bene, allora. Uomini, non risparmiatene uno! Non devono arrivare alle navi per nessun motivo!»
Gran parte dei soldati agli ordini del comandante iniziarono subito a correre verso l’orda di Pastori in avvicinamento, molti invece rimasero fermi preparandosi sul posto. Questo poteva significare solo una cosa…

Una volta arrivati nella zona del porto vero e proprio, i Pastori si divisero e ciascuno di loro si concentrò su nemici diversi.
Una di quelli che si lanciarono all’attacco fu Sumia, accompagnata dal suo fedelissimo pegaso, che si occupò del sorvolare il campo di battaglia per esaminare la situazione e decidere se e chi attaccare. Armata di lancia forte, Sumia si sentiva stranamente determinata.
Per avere una visuale molto ampia del luogo, decise di prendere quota e salire ancora più in alto, e questa manovra servì a darle un’orribile notizia.
Il porto, infestato dai soldati nemici, era pieno zeppo di arcieri e cecchini, armati di archi apparentemente molto forti.
‘Oh, no… Questo posto è una trappola… Tutto questa battaglia è una trappola!’
Prima che Sumia potesse tornare a terra per avvertire i suoi alleati del pericolo, però, il peggio arrivò anche per lei.
Dall’alto, infatti, riuscì a scorgere un arciere appartenente alla truppa nemica, con una freccia incoccata, che mirava proprio a lei.
Per quanto il suo pegaso potesse essere veloce, Sumia capì che cercare di schivare la freccia spostandosi sarebbe stato praticamente impossibile. Non c’era via di fuga.
‘Il giavellotto… Dove ho messo il giavellotto…!’
Non ci fu più tempo per pensare. In meno di un secondo, la freccia volò dal terreno fino al pegaso…
E lei la schivò. La creatura, immediatamente terrorizzata ed imbizzarrita, riuscì a schivare la freccia nemica con un rapido e brusco spostamento laterale. Un movimento talmente improvviso… Da far sbilanciare Sumia, che iniziò a precipitare.
Cadendo, la ragazza non riusciva a vedere nulla. Sentiva solo tutta la propria voce che le usciva dalla gola, trasformata in un urlo di terrore, mentre si avvicinava inesorabilmente al duro terreno del porto…
Sumia chiuse gli occhi, pronta al peggio imminente.
Atterrò su qualcosa, e solo dopo una lunga manciata di secondi si rese conto di non essere ferita né tanto meno morta, ma al contrario di essere perfettamente incolume.
Riaprì gli occhi, ricominciando lentamente a vedere il paesaggio intorno a lei ed a sentire i suoni della battaglia.
Non era atterrata su qualcosa, ma tra le braccia di qualcuno.
«Chi… Cosa…» balbettò debolmente, non realizzando ancora di essere ancora viva.
Recuperò completamente la vista, poi incrociò finalmente uno sguardo per lei inconfondibile e rassicurante.
«C-Chrom?»
Il capitano dei Pastori, nonostante avesse l’espressione di qualcuno che era stato colto impreparato, era riuscito ad afferrare Sumia al volo, evitandole di schiantarsi a terra.
«Come hai…?» iniziò a dire lei, ma Chrom riuscì ad interromperla semplicemente sorridendole.
«Non ti preoccupare» le rispose «L’importante è che tu sia salva. Anche se effettivamente non so nemmeno io come ho fatto…»
Sumia rise, e Chrom non poté evitare di fare lo stesso.
«Chrom… Grazie, davvero! Mi hai letteralmente salvato la vita! Sono stata così sbadata… Come sempre! Ti ringrazio!» continuò a dire Sumia, mentre si rimetteva lentamente in piedi e il suo pegaso atterrava di nuovo accanto a lei.
«Oh, suvvia, tutti questi ringraziamenti non hanno senso!» replicò Chrom, sempre sorridendo «Sto solo ripagando il mio debito!»
Sumia lo guardò con aria confusa.
«Confine dei Regna Ferox, un bel po’ di tempo fa, all’inizio della guerra con la Plegia… Ricordi?» specificò Chrom.
«Oh, quello!» esclamò Sumia, scuotendo la testa, divertita «Ancora non l’hai dimenticato? Non potevo non farlo!»
«Non importa, mi hai comunque salvato la vita!» continuò Chrom, guardandosi intorno temendo di vedere nemici in avvicinamento.
«Oh… Ti amo, Chrom!» fu tutto quello che lei riuscì a rispondere ancora, con un tono di voce che avrebbe fatto sciogliere chiunque.
«Ti amo anch’io, Sumia!» rispose naturalmente lui «Ora torniamo all’attacco. Cerca di stare attenta, mi raccomando!»
Lei risalì sul suo pegaso, mentre lui si allontanò con Falchion tesa e pronta ad attaccare.
«Lo farò. A più tardi, Chrom!» esclamò Sumia guardandolo andarsene, per poi ricominciare a muoversi rimanendo però vicina al terreno, senza prendere quota.

Poco più in là, il Tiratore Scelto Virion si stava facendo strada tra i nemici utilizzando la sua tecnica preferita, nonché quella che metteva sempre in atto: girare al largo dai nemici, avanzando di nascosto.
Infatti, Virion aveva lasciato la lotta diretta a tutti gli altri, scivolando da una parete all’altra sperando di non farsi notare.
«Non c’è nulla che un arciere, sebbene abile quanto il sottoscritto, possa fare contro vili soldati armati di spade ed asce… Io sono nato per attaccare da lontano, quindi questa battaglia non fa per me!» stava mormorando tra sé e sé, guardandosi intorno.
Camminando lungo la parete esterna di uno dei tanti edifici presenti, però, Virion riuscì a notare qualcosa guardando in alto.
Appostato sul tetto della casa stessa, infatti, c’era un uomo. Un soldato nemico che, impossibile non notarlo, era armato di arco d’argento ed una riserva di frecce decisamente numerosa.
«Cecchini appostati sui tetti?» sussurrò Virion «Che bersagli semplici e banali… Ma se dovesse notarmi? Sarebbe la fine per il grande Virion…»
Continuò a rimuginare, rimanendo nascosto, non riuscendo a decidere se attaccare il cecchino o meno.
«Bah, meglio il grande Virion che Sully, Kjelle o qualunque altra anima di questo esercito!» esclamò ad un certo punto, facendosi inevitabilmente notare dal nemico «Buongiorno, buon uomo!»
Il cecchino nemico cercò immediatamente di caricare un attacco con il quale colpire Virion, ma lui, stranamente più abile e rapido, preparò due frecce contemporaneamente col suo arco forte e le sparò sull’avversario.
Le frecce centrarono perfettamente il cecchino ancor prima che questo riuscisse a sferrare il suo attacco, e lo sconfissero definitivamente.
«Ah, è stato fin troppo facile. E poi mi danno del codardo! Però ce ne saranno sicuramente altri… Il mio dovere ora è avvertire i miei alleati!»
Virion ricominciò ad avanzare nel campo di battaglia, cercando di rimanere il più nascosto possibile, alla ricerca di altri cecchini appostati o di qualche altro Pastore da avvisare.

Lucina, sicura di sé come sempre, aveva deciso di andare ad attaccare un mirmidone che si stava rivelando piuttosto problematico, per l’intero gruppo di Pastori.
Il nemico aveva appena realizzato che lei aveva intenzione di attaccarlo, perciò si era scagliato su di lei a tutta velocità, con la sua lama letale pronta a colpirla.
Parando e schivando i suoi attacchi grazie a Falchion, Lucina cercò di parlare col ferossita.
«Spiegateci perché state facendo tutto questo! Perché voi soldati dei Regna Ferox state attaccando noi dell’Ylisse?» chiese, sempre più affaticata, tra una parata e l’altra.
«Vi siete alleati coi semiumani e questo vi disonora!» fu tutto ciò che rispose il nemico, senza desistere.
«Cosa ne sapete voi dei Laguz? Credevo che nessuno nel continente ne sapesse nulla! Come fate a giudicarli?» replicò ancora Lucina, ma stavolta non ci fu risposta… Soltanto un’incessante raffica di fendenti.
Rassegnata, Lucina decise di passare all’attacco. Parò un ultimo colpo, poi saltò agilmente all’indietro, allontanandosi dal nemico, per poi andare lei stessa ad attaccarlo con un semplice affondo di Falchion. L’altro, impreparato e già stanco, si fece colpire in pieno e cadde a terra.
Lucina, sebbene contrariata, sapeva che l’unica soluzione era finire il nemico subito e rapidamente. Così si preparò al colpo di grazia, ma prima che Falchion potesse colpire l’avversario, un dolore insopportabile si impossessò del braccio della ragazza, e la spada leggendaria le sfuggì di mano, scivolando lontano da lei.
Voltandosi rapidamente verso il punto da cui si originava il dolore, Lucina vide che a colpirla era stata una freccia, che si era conficcata proprio sulla spalla. Si guardò intorno, e non ci mise molto a capire che a lanciare la freccia era stato un arciere posizionato sul tetto di un edificio lì vicino, che si stava già preparando al secondo attacco.
«Arcieri sui tetti? Oh no…» mormorò Lucina, estraendo la freccia dalla spalla, liberando così la ferita che si stava sempre più allargando.
Alla situazione già pericolosa si aggiunse lo spadaccino attaccato poco prima, che non perse l’occasione per rialzarsi e scagliarsi nuovamente su Lucina, pronto ad attaccarla senza tregua.
«No… No!» gridò la ragazza, indifesa, cercando di recuperare velocemente Falchion… Ma il nemico fu più veloce, e la sua lama letale la colpì violentemente, facendola cadere a terra.
Ora Lucina era letteralmente intrappolata: a terra, disarmata, con un mirmidone da una parte ed un arciere dall’altra.
«Non può… Finire… Qui…»
Non riuscendo veramente a fare nulla, Lucina chiuse gli occhi e si preparò al peggio, mentre una freccia volava dritta verso di lei…
Ma nulla la colpì.
Immediatamente, la ragazza spalancò gli occhi e si guardò intorno. In piedi davanti a lei, immobile e girata di spalle, c’era un’enorme armatura viola.
«Kjelle?»
La figlia di Sully era effettivamente lì, ed aveva appena fatto letteralmente da scudo a Lucina, neutralizzando la potenza della freccia nemica con la sua resistente armatura da generale.
«La spada, Lucina!» gridò Kjelle, e Lucina capì subito cos’aveva intenzione di fare.
Ora che era protetta dalle frecce, si spostò e raggiunse immediatamente Falchion, recuperandola con il braccio non ferito ed utilizzandola contro il mirmidone, il quale era rimasto indietro vista l’entrata in scena di Kjelle. Bastarono due rapidi fendenti con la spada leggendaria, e lo spadaccino nemico venne atterrato.
«E ora?» chiese Lucina, ancora molto debole, guardando verso Kjelle.
«Ora lascia fare a me…» disse semplicemente lei, brandendo un’arma che Lucina non riuscì ad identificare.
Era ancora girata verso l’arciere sul tetto, il quale continuava a scagliare frecce che andavano ad infrangersi miseramente sull’armatura della ragazza, finché ad un certo punto Kjelle non lanciò l’arma che aveva in mano proprio in direzione del nemico.
Solo allora Lucina capì che si trattava di un’ascia da lancio, arma che non era mai stata utilizzata prima da Kjelle. Ciononostante, il tiro fu perfetto e l’ascia colpì in pieno l’arciere, che poi non si mosse più.
«Asce da lancio? Da quando?» chiese Lucina, risollevata.
«Da mai! È la prima volta che la uso in battaglia, e credimi… Non mi sono allenata molto!» rispose Kjelle, ridendo.
Capendo che, per il momento, la situazione era sotto controllo, Lucina sospirò.
«Grazie, Kjelle. Mi hai davvero salvato…»
«Oh, non preoccuparti, lascia perdere i ringraziamenti!» la interruppe Kjelle, sorridendole amichevolmente «Eri in una situazione che avrebbe messo in difficoltà chiunque, figurati se non ti avessi aiutato!»
Lucina si limitò a sorridere in risposta, grata di avere un’amica come Kjelle.
Solo allora si rese conto che c’era ancora un problema: le ferite che le erano state causate dal mirmidone e dall’arciere.
«Ehm… Credo di avere qualche unguento qui e…» iniziò a dire Kjelle, notando la preoccupazione dell’altra, ma prima che potesse fare qualunque cosa, una familiare luce verde ed intensa avvolse Lucina per qualche secondo. Quando questa sparì, le ferite erano completamente guarite.
Entrambe le ragazze si guardarono intorno, e in un attimo notarono Lissa, a qualche decina di metri di distanza da loro, con un bastone di Lenimento in una mano e con l’altra che si agitava per salutarle.
«Grazie, zia Lissa!» le gridò Lucina, salutandola a sua volta.
«Benissimo, allora siamo a posto così. Ora tornerò a cercare qualche altro scemotto da far fuori. A dopo, Lucina!» affermò Kjelle, iniziando poi ad allontanarsi verso la zona centrale del porto, la più popolata da nemici.
«Certo. Ciao Kjelle, grazie ancora!» rispose Lucina, tenendo stretta Falchion e dirigendosi verso un’altra serie di piccoli edifici circostanti.

Un altro Pastore che stava agendo da solo era Ricken: in groppa al suo cavallo, il ragazzino stava a sua volta avanzando attraverso i vari edifici presenti nel porto, badando bene a rimanere a distanza dalla zona più piena di nemici.
Tuttavia, sapeva bene che anche la zona in cui si trovava lui non era sicura. In poco tempo, infatti, notò in lontananza un soldato dell’armata nemica, girato di spalle, immobile e senza nulla da fare.
Sperando che non si voltasse e lo vedesse, Ricken fece dirigere il suo cavallo dietro alla parete di un edificio lì vicino, uscendo dal campo visivo del nemico e nascondendosi.
«Ok… Non posso scappare o nascondermi, devo attaccarlo!» si disse Ricken, ovviamente a voce bassissima. Senza nemmeno scendere dal cavallo, pensò al modo in cui avrebbe potuto attaccare.
«Non mi conviene attaccarlo con la spada… Dovrei avvinarmi troppo ed intanto avrebbe tutto il tempo per colpirmi… Meglio rimanere con la magia!»
Dopo aver preso ed aperto il suo tomo Rexcalibur, Ricken fece un bel respiro profondo.
«Non è difficile… Sono solo dei soldati che non sanno cosa stanno facendo… Ho affrontato di peggio…»
Finalmente pronto, Ricken si mise in posizione d’attacco e partì al galoppo, uscendo di nuovo allo scoperto, diretto velocemente verso il nemico avvistato poco prima.
Questo, naturalmente, si voltò dopo aver sentito i passi veloci del cavallo di Ricken, ed allora quest’ultimo poté capire di che tipo di soldato si trattasse: era anche lui un mago.
Senza esitare, Ricken continuò a galoppare verso il nemico, preparandosi a sferrare il suo attacco magico. Purtroppo, però, l’altro fu decisamente più rapido, e con un solo gesto della mano aprì il suo tomo e scagliò un attacco in direzione di Ricken. Senza avere nemmeno il tempo di capire di che tipo di magia si trattasse, il ragazzino fu colpito e cadde miseramente a terra, giù dal suo cavallo.
«Ugh! Quello era un… Arcituono?» esclamò, cercando di rialzarsi ma non avendone il tempo. Subito dopo il primo attacco, infatti, ne arrivò un altro dello stesso tipo, ed anche stavolta andò a segno. Ora la situazione si faceva decisamente pericolosa.
«Non… Ci voglio… Credere…» balbettò ancora Ricken, mettendocela tutta per rialzarsi e raggiungere di nuovo il suo fedele cavallo. Realizzò presto che provarci sarebbe stato inutile.
Il nemico, infatti, stava già caricando il terzo colpo di Arcituono, e questo sarebbe stato decisamente fatale. Ricken doveva reagire in fretta.
Si accorse che, nonostante la caduta, non aveva ancora mollato la presa sul suo tomo Rexcalibur, e capì che quella era la sua unica speranza.
Aprì il tomo e scagliò un attacco veloce e poco accurato, di potenza piuttosto debole, ma che colpì il nemico e riuscì a fargli perdere la concentrazione necessaria per attaccare.
«Perfetto!»
Finalmente Ricken ebbe il tempo di rialzarsi, e non aspettò un attimo per scagliare un secondo attacco di Rexcalibur, stavolta più potente.
Anche il secondo colpo andò a segno, e stavolta fu il nemico a cadere a terra, disarmato. Era l’occasione imperdibile.
Ricken si concentrò intensamente, intenzionato a finirla subito. Il tomo si aprì di nuovo, il vento cominciò a soffiare più intensamente intorno a lui, e poi attaccò. Una raffica di vento degna di un Rexcalibur si diresse verso il nemico atterrato, lo sollevò da terra e poi lo fece cadere di nuovo con violenza. Fu il colpo decisivo, poiché poi il mago non si mosse più.
«Oh… Ce l’ho fatta! Phew…» esclamò Ricken, soddisfatto del suo lavoro ma anche sollevato dal fatto di esser sopravvissuto «Però ora sono messo piuttosto male… Meglio tornare ai carri!»
Così dicendo, un po’ sconsolato, il mago risalì sul suo cavallo e tornò indietro, uscendo dalla zona del porto ed andando appunto ad aiutare i suoi alleati nella zona dei carri.

Perfino Ranulf, stavolta, aveva preferito andare ad attaccare da solo piuttosto che in coppia, per evitare di coinvolgere qualcun altro in un suo eventuale fallimento (per quanto potesse essere sicuro di sé, era rimasto un po’ sconcertato dopo aver visto cosa aveva fatto il comandante al proprietario del porto, come tutti gli altri).
In forma animale, si era fermato di fronte ad un sacerdote guerriero della truppa avversaria, il quale gli si era stagliato davanti brandendo un’ascia d’acciaio.
«Eccolo! È il semiumano! È la bestiaccia che stiamo cercando!» aveva urlato non appena l’aveva visto, attirando l’attenzione di qualche altro suo compagno, tra cui svariati spadaccini e lottatori con asce.
Ranulf preferì non muoversi ed evitare di attaccare subito, ma non abbassò minimamente la guardia e continuò a fissare il sacerdote negli occhi, intimorendolo.
«Allora, gattino? Sei circondato, ora!» gli disse il nemico, attorno al quale si erano schierati circa una decina di altri soldati «Cosa speri di fare ora, per salvarti? Sputare una palla di pelo? Fare gli occhioni dolci? Ah! Non puoi scappare, semiumano…»
Il sacerdote che aveva parlato rimase fermo, mentre gli altri nemici che lo avevano raggiunto iniziarono lentamente ad avvicinarsi a Ranulf, con le armi strette in mano.
«Oh, ma falla finita!» sbottò lui ad un certo punto, con tono quasi annoiato, per poi balzare in maniera velocissima ed inaspettata verso il sacerdote, con gli artigli sguainati.
Quest’ultimo, che come tutti gli altri non si aspettava quell’assalto, non ebbe il tempo di preparare la sua arma, e in un attimo Ranulf gli fu addosso.
Lo graffiò e lo morse svariate volte, ma poi venne sbattuto via da qualcosa; rialzandosi agilmente ed allontanandosi per un attimo, capì che a colpirlo era stata una freccia.
«Frecce? Ma dove…?»
Neanche il tempo di pensarci, che Ranulf fu colpito di nuovo da un’altra freccia. La sua resistenza gli permise di “incassare” decentemente anche quell’attacco, ma in poco tempo la cosa avrebbe potuto peggiorare. Finalmente, con un rapido sguardo verso l’alto, si accorse che a colpirlo era stato l’ennesimo cecchino posizionato sul tetto di un edificio.
Ignorandolo, Ranulf tornò a concentrarsi sul sacerdote che l’aveva affrontato poco prima… O almeno ci provò.
Distratto a causa dell’arciere, infatti, il Laguz non si rese conto che un lottatore nemico gli stava venendo addosso, e lo aveva quindi colpito con forza con la sua ascia.
Al tutto, come se non bastasse, si aggiunse una terza freccia scagliata dal cecchino. Ora Ranulf era circondato da decisamente troppi nemici, stava sanguinando e temeva di non essere all’altezza.
Lo temeva… Ma nel profondo sapeva che non era così.
In confronto alle battaglie che aveva affrontato, o a quelle che avrebbe dovuto affrontare, sapeva che quella non era niente.
Perciò si fece coraggio, e con la determinazione che gli brillava negli occhi da gatto si scagliò nuovamente sul sacerdote.
Non si rese conto nemmeno lui della forza impiegata in quell’assalto. Tanto è vero che, con una serie di graffi ben assestati al punto giusto, il Laguz riuscì ad atterrare definitivamente il suo violento avversario, che cadde a terra e non si mosse più.
«Fragilino, eh?» disse, mentre tutti i soldati circostanti (arciere compreso) rimanevano a bocca aperta «Dai, lo scherzo della palla di pelo è diventato vecchio già anni fa…»
Detto ciò, Ranulf posò i suoi occhi felini su tutti coloro che erano rimasti ad osservare la scena (e che lo avevano attaccato). Quel suo sguardo, accompagnato dal modo in cui aveva appena sconfitto il sacerdote, bastò a metterli in fuga in maniera codarda ed infantile.
«Ne ho conosciuti di Beorc strani… Ma questi sono davvero un’eccezione!» mormorò Ranulf divertito, dirigendosi quindi nella zona in cui si teneva la battaglia più “intensa”, alla ricerca di Chrom.

Proprio nella zona in questione, ossia al centro del porto, qualcuno si era tuffato nella battaglia in maniera davvero molto avventata, per non dire estremamente pericolosa.
La persona in questione era Aversa, che era arrivata nel campo di battaglia carica di energia e voglia di maledire qualcuno. Il problema era che lei, in groppa al suo pegaso, non era ancora stata informata dell’enorme quantità di arcieri presenti in tutto il porto… Soprattutto lì.
Il pegaso di Aversa era l’unico presente sul campo di battaglia, poiché tutti gli altri erano rimasti nelle retrovie, quindi la sua figura spiccava perfettamente in mezzo a tutte quelle dei soldati a piedi. Un altro punto a suo sfavore, in questo caso.
«Avanti, non guardatemi così…» disse Aversa ad un gruppo di nemici che la stavano affrontando, con il suo solito tono di voce sensuale e punzecchiante «Sono abituata a questo tipo di sguardi increduli, ma voi state esagerando! Forse dovrei semplicemente togliervi di mezzo per farveli sparire!»
Detto ciò, Aversa aprì il suo tomo Devastazione e sferrò due rapidi attacchi in successione, entrambi andarono a segno e sconfissero un gruppo di circa cinque soldati.
Prima di poter attaccare ancora, però, Aversa sentì una voce.
«Aversa! Cosa stai facendo?! Torna indietro, questa battaglia non è per te!»
Era la voce di un maschio, ma la maga non ebbe nemmeno il tempo di capire a chi appartenesse che qualcosa colpì il suo pegaso, facendolo nitrire dal dolore e mandandolo nel panico.
«Cosa…?!»
Un altro attacco al pegaso, che perse completamente la ragione, ma ciononostante Aversa non mollò la presa.
Un terzo attacco, ma questo non colpì il pegaso, bensì Aversa stessa. Quando la donna ritirò la freccia che l’aveva appena colpita alla gamba, capì di essersi letteralmente gettata nella fossa dei leoni.
«Arcieri? Uh oh…»
Ed infatti non era stato solo un arciere ad attaccarla… Era letteralmente circondata. Ce n’erano a terra, sui tetti, dietro alle pareti… Dappertutto. E tutti, nessuno escluso, miravano a lei.
La quarta freccia non tardò ad arrivare, ed anche questa colpì il pegaso, che essendo già ferito dagli attacchi precedenti non riuscì più a trattenersi. Si agitò all’impazzata fino a far cadere a terra Aversa, poi volò via in luogo sicuro.
«Brutto traditore…» mormorò lei, ferita ulteriormente dalla caduta, anche se non pensava realmente ciò che aveva appena detto.
Anche se il pegaso se n’era andato, Aversa non aveva smesso di essere il bersaglio preferito di tutti gli arcieri, nonché dei soldati circostanti, ora che era messa così male.
Un altro paio di frecce la colpì in maniera superficiale, ma ad approfondire le ferite ci pensarono spade, lance ed asce vicine. Il massacro ad Aversa proseguì per qualche secondo, finché un fulmine evidentemente provocato da un Thoron non allontanò (e sconfisse) i soldati che la stavano colpendo. Successivamente, qualcuno si avvicinò alla maga moribonda.
«Aversa! Te l’ho detto che dovevi andartene! Questo posto è pieno zeppo di arcieri, non puoi irrompere in groppa ad un pegaso!»
Aversa capì subito che la voce che le stava parlando era la stessa che l’aveva avvertita pochi attimi prima che venisse colpita la prima volta: si trattava di Daraen.
«Oh… Umpf, e io… Che ne sapevo…?» mormorò lei, cercando di rialzarsi ma reggendosi a malapena in piedi.
«Si vede che non sei stata avvisata in tempo…» replicò Daraen, aiutandola a recuperare l’equilibrio «L’importante è che ora torni nelle retrovie è ti fai curare da qualche guaritore. Ce la fai?»
«Se ce la faccio? Mi sottovaluti, Daraen. È il pegaso quello che impazzisce per un paio di frecce, mica io…» continuò a dire lei, ammiccando allo stratega e dirigendosi lentamente e zoppicando verso l’uscita del porto.
«Ehm… Certo… Beh, fai attenzione!» concluse Daraen, un po’ disorientato, riprendendo il suo Thoron e tornando all’attacco dei soldati che avevano attaccato Aversa.

Noire era uno dei Pastori che avrebbe avuto un enorme vantaggio avanzando ed attaccando i nemici più lontani, ma la cui paura ed esitazione le impedivano di tuffarsi nel pieno della battaglia per aiutare i suoi amici nel modo giusto.
«Oh santo cielo, è pieno di spadaccini, lancieri e lottatori…» mormorò Noire a sé stessa, immobile in mezzo ad un viale lontano dal campo di battaglia «Un solo colpo da quelli là e posso dire addio a questa vita… Oh, come faccio a rendermi utile senza rischiare la vita?»
La figlia di Tharja si guardò intorno, e finalmente notò l’elemento più pericoloso e fastidioso della battaglia in corso.
«Arcieri e cecchini sui tetti? Cosa? Ma… Che strategia subdola! È difficile vederli e se dovessero attaccare qualcuno ci riuscirebbero senza problemi… Non è giusto!»
Balbettando e divagando, tra un sussulto inutile e l’altro, Noire mise le mani su qualcosa che teneva in tasca. Lo tirò fuori e lo osservò: era uno dei tanti talismani che si costruiva autonomamente per darsi coraggio. Questo, in particolare, era un piccolo drago di legno con le ali spiegate e la bocca aperta, pronta ad attaccare.
«Non è… Giusto…» mormorò ancora Noire, e poi tutto cambiò.
Tutto cambiò, a partire da Noire.
«IGNOBILI SOLDATI SENZA ONORE! NON AVETE IL CORAGGIO DI AFFRONTARE I VOSTRI AVVERSARI FACCIA A FACCIA, EH? BENE! ALLORA SARÒ IO A VENIRE DA VOI E A FARVI SCENDERE! SCENDERE GIÙ… FINO ALL’INFERNO! BWAHAHAHAHAHAHAHA!»
La seconda identità di Noire si era appena rivelata, e doveva ancora iniziare ad agire.
La ragazza notò che Gerome si trovava a pochi metri di distanza da lei, in groppa alla sua viverna, a terra senza far nulla; non perse tempo e lo raggiunse subito di corsa.
«FORZA, COMPAGNO D’ARMI!» iniziò ad urlare, saltando sulla schiena di Minerva ed alzando l’arco al cielo «CONDUCIMI NELLE ZONE ALTE DEL CAMPO DI BATTAGLIA, DOVE CI OCCUPEREMO DEGLI ARCIERI VIGLIACCHI!»
Gerome, colto di sorpresa e quasi spaventato da quell’entrata in scena a dir poco singolare, non seppe cosa rispondere.
«Noire, cosa stai dicendo? E cosa ci fai sulla mia viverna? Scendi subito!»
«NON FARE STORIE, RAGAZZO! LA VITTORIA CI ATTENDE ED I NOSTRI ALLEATI HANNO BISOGNO DI NOI! ORA VOLA!»
Gerome continuò ad esitare: «Noire, davvero, credo che dovresti scendere e darti una…»
«INSOLENTE! ORA SONO IO A DARE GLI ORDINI QUI! MUOVITI!»
A quel punto, Gerome non poté fare altro. Sbuffò, afferrò le redini e fece “decollare” Minerva, che si alzò in volo e si diresse verso il luogo dove stava avvenendo la battaglia.
«MOLTO BENE! ORA PASSA VICINO A TUTTI GLI EDIFICI DEL PORTO, NESSUNO ESCLUSO! ABBIAMO DEL LAVORO DA FARE!»
«Noire, però credo che dovresti almeno sederti. Stare in piedi su una viverna in volo non…»
«ECCONE UNO! LAGGIÙ!»
Gerome sospirò di nuovo e si diresse verso il punto indicato da Noire. Quando capì di cosa si trattava, sussultò.
«Arcieri? Noire, sei impazzita? Non possiamo volare con degli arcieri in giro, è pericoloso per le viverne!» esclamò, volendo a tutti i costi cambiare direzione ma non facendolo.
«NON TEMERE, CAVALIERE MASCHERATO! HO LA SITUAZIONE IN PUGNO! HA-HA!»
Sempre rimanendo in piedi (non si sa come), Noire caricò una freccia col suo arco forte e la scagliò dritta verso il cecchino che avevano puntato, il quale notò solo in quel momento l’enorme viverna che gli stava venendo addosso.
La freccia di Noire lo colpì in pieno, e ne bastò una per sconfiggerlo.
«OTTIMO! AVANTI IL PROSSIMO! FATEVI AVANTI, VILI VERMI!»
La storia si ripeté per svariati minuti: Gerome guidava Minerva verso uno degli arcieri appostati sui tetti degli edifici, e Noire li attaccava ed eliminava in un solo colpo, gridando cose senza senso e ridendo incessantemente.
Una volta tolti di mezzo tutti i cecchini, Minerva non aveva subito un solo attacco e così nemmeno i due sul suo dorso.
«OTTIMO LAVORO, COMPAGNO DALLA MISTERIOSA MASCHERA! ORA TORNIAMO A TERRA!» ordinò Noire dopo che il lavoro fu finito, e Gerome si vide costretto ad obbedirle senza fare storie.
La viverna atterrò e Gerome scese per primo, seguito da Noire, la quale lasciò il dorso di Minerva con un solo balzo.
Una volta a terra, per qualche motivo, la ragazza tornò ad essere la Noire di sempre… O per meglio dire, quella sana di mente.
«Cosa è… Successo? Io…» iniziò a sussurrare, ma fu interrotta da un’altra voce maschile molto familiare.
«Sorprendente. Avete liberato il campo di battaglia da ogni singolo arciere presente! Ora anche i nostri alleati a cavallo di destrieri alati potranno assisterci!»
Noire e Gerome si voltarono, e videro che a parlare era stato Laurent, sceso dal suo cavallo, che si stava avvicinando a loro.
«Oh, Laurent!» esclamò Noire, barcollando verso il ragazzo. Poco prima di raggiungerlo, la ragazza inciampò e fece per cadere, ma fu afferrata in tempo da Laurent, così si ritrovò tra le sue braccia.
«Io, ehm…» balbettò, imbarazzata «Come… Come sono andata?»
«Egregiamente, mia cara» le rispose Laurent, sorridendole «Ho assistito a tutta la scena, non avrei saputo fare di meglio. Considerando il fatto che non sono in grado di maneggiare neppure il meno valoroso degli archi…»
Noire ridacchiò, poi abbracciò il ragazzo, il quale non esitò a fare lo stesso.
«Tutto ciò è molto romantico… Ma credo che andrò a rendermi utile, ora che gli arcieri non sono più un problema. Con permesso…» borbottò Gerome da dietro, risalendo in groppa a Minerva e preparandosi a ripartire.
«La mia gratitudine va anche a voi, Gerome!» disse Laurent, mentre l’abbraccio tra lui e Noire si scioglieva lentamente «Diventate ogni giorno più abile. Voi e Minerva formate una squadra pressoché imbattibile!»
«Già…» balbettò Noire, rimanendo a fianco di Laurent «Grazie, Gerome… E scusami per…»
«È stato un piacere, non preoccuparti» la interruppe lui, brusco ma con l’accenno di un sorriso sul volto. Detto ciò, decollò ed andò all’attacco.

Grazie all’utilissimo intervento di Noire, che aveva messo fuori combattimento tutti gli arcieri, anche le unità alate poterono tornare in campo ed attaccare. Ora in netta superiorità numerica, i Pastori non ebbero praticamente nessun problema ad annientare la truppa nemica. L’unico rimanente, dopo pochi minuti, era solamente il comandante.
«Papà, papà!» chiamò una voce stridula ed infantile alle spalle di Chrom, il quale si trovava nella zona centrale del porto in cui si era appena conclusa la battaglia “intensa”.
Chrom si voltò e vide che Cynthia stava volando verso di lui.
«Cynthia! Sono felice di vedere che stai bene! Come hai fatto a schivare tutte quelle frecce?» chiese il padre, fino a poco prima molto preoccupato.
«Oh, è stato facile… Ho fatto il giro largo!» rispose la ragazzina, ridendo.
«Wow… L’eroina del passato intraprende la strada della schivata senza affrontare il nemico?» la schernì Lucina, ridacchiando «Sto scherzando, hai fatto la cosa giusta!»
«Lo so perfettamente, grazie!» sbottò Cynthia, irritata ma comunque divertita «In realtà volevo avvisarvi che sono riuscita a recuperare il proprietario del porto! Ora l’ho portato dai curatori, hanno detto che ci penseranno loro. Però, quando l’ho trasportato, ecco… Non si muoveva e non parlava…»
Chrom scosse la testa: «Non ci pensare ora, hai fatto un ottimo lavoro. Grazie mille, Cynthia!»
La ragazzina tornò a sorridere: «Figurati, papà! Adoro rendermi utile in modo eroico!»
Il capitano rise, poi tornò a voltarsi verso il molo più vicino al mare, dal quale il comandante ferossita aveva assistito all’intera battaglia senza fare nulla.
A Chrom si era appena affiancato Ranulf, sempre in forma animale, con le ferite appena guarite dai curatori.
«Forse non ci sarà bisogno di affrontarlo… Forse, vedendo che abbiamo fatto fuori tutto il suo esercito, si arrenderà…» disse Chrom, sempre con lo sguardo fisso sul comandante.
«Mi piacerebbe poterci sperare, ma purtroppo mi riesce difficile» rispose Ranulf «Hai visto cos’ha fatto a quell’uomo prima, vero? È un pazzo…»
«Lo vedremo. Se sei pronto, possiamo andare»
Il Laguz annuì, dopodiché lui e Chrom si avviarono lentamente verso il molo principale, dove l’ultimo nemico li stava aspettando.

Si fermarono a qualche passo di distanza dall’uomo. Era alto, con tanto di armatura rossa, una lancia d’argento stretta in una mano, i capelli castano scuro e lo sguardo colmo d’odio, disprezzo ed un pizzico di inquietudine.
«Sei rimasto solamente tu» iniziò a dire Chrom, improvvisamente «Tutta la tua truppa è stata inevitabilmente annientata. Se getterai le armi subito, ti risparmieremo la stessa fine. Cosa intendi fare?»
Inizialmente, il comandante rimase in silenzio. Poi, dopo aver sospirato profondamente, strinse con ancora più decisione la lancia e la tese in avanti.
«Non mi arrenderei mai di fronte a qualcuno alleatosi con un semiumano. O ancor peggio, di fronte ad un semiumano stesso. Se volete prendere queste navi, dovete passare sul mio cadavere»
Anche Chrom sospirò, quindi afferrò Falchion e la puntò a sua volta verso la lancia del nemico.
«E sia. Non credevo saremmo dovuti arrivare a tanto, ma non ci lasciate scelta»
Un attimo di pausa e silenzio, poi Chrom corse verso il suo nuovo avversario, pronto a colpirlo con dei forti fendenti.
L’armatura del nemico lo aiutò ed ostacolò allo stesso tempo: fu colpito a causa del movimento limitato che essa gli conferiva, ma vista la sua resistenza, i danni furono minimi.
Successivamente, Chrom riuscì a schivare agilmente un colpo di lancia saltando all’indietro, per poi urlare: «A te, ora!»
Subito dopo questo “segnale”, Ranulf balzò addosso al nemico e vi si “attaccò”. Sempre a causa dell’armatura, l’altro non riuscì a schivare.
«Argh! Via, bestiaccia!» gridò lui, dimenandosi, ma Ranulf rimase dov’era. Essendo la testa l’unica zona direttamente “attaccabile”, il Laguz iniziò a colpirlo proprio lì, come solo lui in quell’esercito sapeva fare: artigli e morsi a raffica.
Quando si allontanò, il nemico era decisamente intontito e provato, con svariate ferite su tutta la faccia.
«Non pensiate di aver già vinto…» mormorò, respirando affannosamente. Dopodiché, in pochi rapidi movimenti, si tolse l’armatura e la gettò in mare. Pur consapevole del fatto che questo lo avrebbe esposto a danni maggiori, era disposto a sacrificare la difesa per la fluidità dei suoi movimenti.
Non essendosi aspettato quella mossa, infatti, Ranulf non riuscì a schivare poi il velocissimo ed inaspettato affondo di lancia che il nemico scagliò verso di lui, e fu colpito con violenza. L’attacco causò immediatamente l’apertura di una ferita sul corpo del felino, ma Ranulf non sembrava soffrirne troppo.
Tuttavia, il comandante nemico sembrava essersela presa particolarmente col Laguz, poiché successivamente lo attaccò di nuovo con un rapido colpo di lancia… E anche questo andò a segno.
Nonostante l’enorme capacità di schivata di Ranulf, infatti, il nemico senza armatura era decisamente veloce.
«Credo che ora dovresti smetterla!» esclamò Chrom, avvicinandosi al comandante e cercando di colpirlo con due rapidi affondi diretti.
Soltanto la punta della lama di Falchion colpì il bersaglio, causando qualche lieve ferita superficiale, ma bastando a far barcollare all’indietro il nemico.
Solo allora quest’ultimo, sebbene controvoglia, lasciò perdere Ranulf e si diresse verso Chrom per attaccare lui. Con la sua improvvisa rapidità, il comandante iniziò a sferrare una serie di vari attacchi con la lancia, e ognuno di essi rendeva ancora più imprevedibile l’attacco successivo.
Parare i colpi di lancia con la spada non era facile, ma Chrom riuscì ad evitare di farsi troppo male per un lungo periodo di tempo, anche se ciò lo stancava sempre di più.
Finalmente, dopo quasi un minuto di attacchi ininterrotti, la situazione si bloccò: Chrom era riuscito a parare perfettamente l’ennesimo fendente, immobilizzando l’avversario ed impedendogli di continuare ad attaccare.
«Tu, brutto…»
Tenere fermo il nemico richiedeva uno sforzo enorme, ma Chrom sapeva che se l’avesse lasciato andare, la situazione sarebbe precipitata di nuovo. Doveva resistere.
«Vai, Ranulf! Tocca a te, presto!» urlò Chrom, sforzandosi di non mollare.
Il Laguz capì subito cosa intendeva. I due combattenti, infatti, si erano immobilizzati proprio al limite del molo su cui si stava svolgendo la lotta; essendo il nemico incapace di agire, Ranulf avrebbe potuto facilmente saltargli di nuovo addosso e spingerlo in acqua. Da lì, questo non avrebbe avuto più nessuna possibilità di attaccare e sarebbe stato sconfitto.
Il gatto allora si avvicinò al punto da cui avrebbe spiccato il salto… Ma ancora una volta si ritrovò di fronte ad una barriera di esitazione, che continuava a fargli credere di non star facendo la cosa giusta.
Era una sensazione, un presentimento, qualcosa che gli faceva temere che, pur uccidendo quel comandante ferossita, la sua razza non si sarebbe salvata.
Rassegnazione? Paura? Senso di colpa? Qualsiasi cosa fosse, Ranulf non se la sentiva di attaccare.
«Cosa stai aspettando? Muoviti!» gli gridò Chrom, riportandolo alla realtà.
«Sì, semiumano… Fallo! Continua pure a credere che, uccidendomi, riuscirai a fermare Verlith!» urlò il comandante ferossita, che in quel momento sembrava non stesse nemmeno provando ad opporre resistenza all’immobilizzazione di Chrom.
Ranulf, allora, capì subito cosa doveva fare.
Avendo appena avuto la conferma che anche quella truppa era stata coinvolta da Verlith, si rese conto che non c’era altro da fare.
E che, indipendentemente dal futuro dei Laguz, la cosa giusta da fare in quel momento era aiutare il suo amico in difficoltà.
Il gatto azzurro balzò addosso al nemico, e questo si sbilanciò definitivamente, perdendo la presa sulla sua arma e cadendo in acqua.
Da lì, Chrom riuscì a riprendere il controllo di Falchion, e non aspettò ad utilizzarla per infliggere il colpo di grazia.
Un solo fendente, potente e preciso, bastò ad infliggere la ferita decisiva: il corpo del comandante ferossita galleggiò sull’acqua vicino al molo, immobile e senza vita.
«Ce l’abbiamo fatta!» esclamò Chrom, trionfante e finalmente rilassato «La truppa che ci ostacolava è finalmente caduta. Possiamo proseguire!»
Ranulf, avvolto dalla solita lieve luce azzurra, tornò immediatamente in forma umana, dimenticando l’ennesimo attacco di esitazione che l’aveva colpito poco prima e sorridendo.
«Già! Bisogna dire che è stato più difficile rispetto alle altre battaglie, no?» disse il Laguz «Oh beh, immagino che adesso potremo rilassarci per un po’!»
«Puoi dirlo forte, Ranulf» approvò Chrom, riponendo finalmente la spada «Bene, torniamo indietro e prepariamoci per bene. Dobbiamo acquistare armi, rifornimenti e… Navi!»
I due ripercorsero il molo, tornando alla zona abitata del porto.

La battaglia si era svolta all’alba, ma ora il sole era già sorto del tutto ed era già mattino. Il porto si stava lentamente ripopolando delle persone che vi lavoravano ogni giorno… E ciascuna di esse rimaneva sconvolta nel vedere gli evidenti segni della battaglia che si era appena svolta.
I Pastori erano sparsi ovunque per il porto, impegnati a rifornirsi, curarsi, acquistare le armi perdute precedentemente e riposarsi.
Soltanto Chrom e Ranulf, però, si trovavano nell’edificio principale del posto, quello in cui solitamente avvenivano le trattative più importanti, tra cui appunto l’acquisto ed il noleggio di mezzi ed imbarcazioni.
Dall’altra parte del banco c’era un ragazzo, decisamente giovane ma dall’aspetto piuttosto maturo; Chrom e Ranulf gli avevano appena raccontato ciò che era successo pochi minuti prima, nei minimi dettagli e senza tralasciare nulla.
«Non avevo mai sentito parlare di questi Laguz, prima…» stava dicendo il ragazzo «Interessante. Pastori, vi ringrazio per aver salvato il porto dei Regna Ferox dalla distruzione che quei soldati avrebbero sicuramente causato. Ora, per rendere onore a mio padre, starà a me gestirlo nel migliore dei modi… Come faceva lui!»
«Ehm, a proposito di tuo padre…» iniziò a dire Chrom, un po’ cupo e titubante «Dopo che è stato gettato in mare, abbiamo recuperato il suo corpo ed abbiamo fatto di tutto per salvarlo. Ci abbiamo provato, davvero, ma i curatori hanno detto che non c’era nulla da fare, che la sola lancia sarebbe bastata ad eliminarlo subito. Mi dispiace, davvero…»
Il ragazzo sospirò, evidentemente malinconico.
«Non è colpa vostra. Voi avete fatto quello che potevate, e anche di più. Mio padre era un uomo forte ed è morto difendendo ciò che gli stava più a cuore. Sono orgoglioso di lui… E sono infinitamente grato a voi, Pastori dell’Ylisse, per aver eliminato coloro che minacciavano questo porto. Se c’è qualcosa che posso fare per sdebitarmi, non esitate a dirmelo, vi prego…»
Chrom e Ranulf si scambiarono un rapido sguardo, poi il Laguz ricominciò a parlare.
«In effetti, il vostro aiuto ci tornerebbe estremamente utile. Sapete… Dobbiamo raggiungere una terra molto lontana da questo continente, e l’unico modo per raggiungerla è attraversare l’oceano. Perciò, ecco…»
«Se sono delle imbarcazioni che vi servono» lo interruppe gentilmente il ragazzo «Non c’è nessun problema. Abbiamo ben tre navi di grandissime dimensioni a nostra disposizione, e siamo disposti a cedervele tutte e tre. Gratuitamente, certo. Se la vostra missione è davvero così importante, è il minimo che possiamo fare!»
Ranulf sorrise, sereno e contento di aver sentito quelle parole.
«Grazie mille, davvero. Non hai nemmeno idea di quanto ci torneranno utili… Grazie!»
«No, ribadisco, sono io a dover ringraziare voi. Avete la mia autorizzazione e prendere quelle imbarcazioni ed a partire. Sono tutte e tre ormeggiate nella zona est del porto, dovrebbero bastare a trasportare voi, i vostri rifornimenti e i vostri cavalli… Pegasi e viverne compresi, si intende»
«Molto bene. Grazie ancora!» disse Chrom sorridente, avviandosi verso l’uscita dell’edificio insieme a Ranulf.
«Buona fortuna per la vostra missione!» rispose il nuovo proprietario del porto, salutandoli con un gesto della mano.

Non appena i due furono fuori, vennero raggiunti immediatamente da Frederick, ancora in groppa al suo destriero.
«Mio signore, porto buone notizie!» iniziò a dire il cavaliere «Abbiamo finito di eseguire tutti i preparativi per la partenza. Abbiamo acquistato cibo, vivande ed armi a volontà, in modo da compensare la quantità di rifornimenti persi nell’incendio. Abbiamo speso molte monete d’oro, certo, ma possiamo ritenerci pronti a tutto. E poi qualche monetina è avanzata comunque…»
«Molto bene, grazie mille Frederick» rispose Chrom, felice di sentire una buona notizia dopo l’altra «E le ferite da combattimento?»
«I sacerdoti si sono occupati di tutti quanti, siamo nuovamente in perfetta forma. Il porto è stato inoltre ripulito dalle tracce della battaglia, è tutto come nuovo» spiegò Frederick, anche lui apparentemente sollevato.
«Perfetto! Allora, dì a tutti di dirigersi verso quelle tre navi laggiù e di prepararsi a partire. Abbiamo ottenuto il consenso per utilizzarle, perciò le useremo per raggiungere le Terre di Gania» ordinò il capitano. Frederick ubbidì, ripartendo e dirigendosi verso il punto in cui sostavano gli altri Pastori.
«Finalmente potremo riposarci, sulle navi. Questa missione sembra star stremando tutti…» disse Ranulf, senza quasi accorgersi di star parlando ad alta voce.
«Non sottovalutarli, sono molto più resistenti di quanto sembrino… Il che è tutto dire!» replicò Chrom, e i due non poterono fare a meno di ridacchiare.
Dopodiché, finalmente, andarono ad aiutare tutti gli altri a caricare il necessario sulle imbarcazioni, ed a prepararsi alla partenza.

Poco più di un’ora, e le tre navi erano già perfettamente preparate a lasciare il porto. L’intero esercito dei Pastori si era diviso in tre gruppi pressoché uguali, e lo stesso si era fatto per i rifornimenti, in modo che tutti avessero ciò che poteva servire.
Chrom, Ranulf e Daraen si trovavano ovviamente sulla stessa nave; tutte e tre erano effettivamente molto grandi, con un ponte molto ampio ed una stiva molto spaziosa, che poteva ospitare sia le scorte che le zone adibite al riposo.
In quel momento, però, tutti quanti erano sistemati sul ponte, ed ammiravano con stupore ed emozione il mare aperto che li attendeva.
«È quasi ora di partire… Sarà un viaggio lunghissimo…» disse Daraen, con lo sguardo perso «E non vedo l’ora di iniziarlo!»
«Questo sì che è entusiasmo!» fece Ranulf, ridendo e dando una pacca sulla spalla allo stratega.
«Ranulf…» iniziò a dire Chrom, uno dei pochi con l’aria un po’ insicura «Sei sicuro di riuscire a decidere la rotta giusta… Solo basandoti sull’istinto?»
«Oh, certo! Non sottovalutare il fiuto di un gatto… Te l’ho detto, riesco a sentire l’odore familiare di Gania già da qui! Mescolato ad un po’ di mare e pesce, certo…» rispose il Laguz.
Chrom non riuscì a trattenere una risata, sentendosi effettivamente meglio: «Allora io starò al timone e tu mi dirai dove andare. Mi fiderò di te!»
Ranulf annuì, felice di vedere di aver ottenuto la fiducia di qualcuno che, fino a qualche giorno prima, non sapeva nemmeno dell’esistenza dei Laguz.
Chrom alzò poi il tono di voce, in modo che tutti i Pastori distribuiti sulle tre navi potessero sentirlo: «Pastori! Ora è tutto pronto… Stiamo per lasciare il continente in cui siamo nati per raggiungerne uno completamente nuovo! Se anche voi siete pronti…»
Il capitano aspettò di vedere la reazione dei suoi amici, che si dimostrarono veramente decisi a partire per quel lungo viaggio.
«Allora… Andiamo!»

Gli ormeggi delle navi vennero sciolti, e in pochi attimi le tre imbarcazioni iniziarono a muoversi. La riva si fece sempre più lontana, mentre l’entusiasmo dei Pastori aumentava man mano che il porto si faceva più piccolo.








 
Argh, che situazione vergognosa…
Vi rendete conto che, dalla pubblicazione dell’ultimo capitolo, è passato un mese ed un giorno? È una cosa terrificante.
Lo so che i lettori di questa long non sono molti, al contrario… Ma fa lo stesso; il fatto di averci messo così tanto ad aggiornare è un po’ una delusione personale.
Comunque, in questa inutilissima nota finale voglio fare una promessa.
Non so a quante persone possa importare, probabilmente poche, ma lo dico comunque.
Non importa quanto ci metterò, non importa quanto frequentemente ci saranno aggiornamenti, ma una cosa è certa: continuerò e finirò questa long.
Dovessi metterci decenni, ma giuro che continuerò questa storia. Perché voi non avete la benché minima idea di quanto io ci tenga. Davvero, ci tengo moltissimo e non voglio assolutamente abbandonarla o sospenderla. Perciò, sappiate solo questo: continuerà!

E poi, che altro dire… È il capitolo più lungo finora, e nonostante ciò è uno dei peggiori (a mio parere, più che altro trovo che sia scritto abbastanza male, ma non saprei come migliorarlo…), ma vi assicuro che da ora in poi le cose si faranno più interessanti. Dopo la partenza dai Regna Ferox, tutto si farà più… Serio? Forte? Non saprei, ma personalmente non vedo l’ora di continuare.
Come sempre, so di avere moltissime altre cose da dire ma, ovviamente, non me ne viene in mente nessuna. E che diamine.
Vabbè, forse è meglio che la chiuda qui prima che la cosa si faccia troppo noiosa.
Vi chiedo ancora scusa per averci messo VERAMENTE troppo ad aggiornare, vi ringrazio per aver letto il capitolo e… Ci si becca alla prossima!
Bye bye! :D

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Capitolo 8
*** Navi, battaglie e magie [1/2] ***


Nel giro di pochi minuti, la riva del porto da cui il gruppo era partito si fece a malapena visibile all’orizzonte. Le tre navi infatti, contro ogni aspettativa, viaggiavano ad una velocità piuttosto elevata, ma comunque moderata in modo da non perdere l’equilibrio ad ogni sbalzo.
«Incredibile!» esclamò Daraen, affacciandosi dal ponte principale ed osservando la base della nave che infrangeva senza tregua il velo dell’acqua «Non so quanto sia lontana Gania, ma se procediamo sempre a questa velocità ci metteremo meno del previsto!»
Ranulf, che stava osservando il mare con sguardo pensieroso accanto allo stratega, sorrise debolmente.
«Che sia veloce o meno, ho paura che almeno un mese di navigazione non ce lo toglie nessuno» sospirò il Laguz.
«Beh, finché la situazione rimane calma, il tempo non è un problema» intervenne Chrom, raggiungendo gli altri due sul ponte principale.
«Già, suppongo che tu abbia ragione!» replicò serenamente Ranulf, sorridendo ed annusando l’aria. Le due orecchie da gatto, che si intravedevano oltre alla benda arancione, si mossero appena.
«Gania è davvero molto lontana… Eppure posso percepirne già l‘atmosfera. Forse non è un cattivo segno, d’altronde…» disse, quasi sussurrando.
Per un po’ ci fu il silenzio, rotto soltanto dal forte rumore del vento che soffiava impetuoso, poi Daraen riportò lo sguardo sulla nave, rompendo il ghiaccio: «Ranulf… Non ci hai detto molto del luogo da cui vieni. Certo, sappiamo che Gania è una nazione popolata solo da Laguz, ma nient’altro… Ti andrebbe di parlarcene un po’? Sempre se ciò non fa suscitare brutti ricordi, certo…»
Il Laguz annuì felicemente e si avviò verso il punto superiore del ponte, dicendo: «Certo, lo farei volentieri! Venite, vi aiuterò a farvi un’idea chiara di Gania e Tellius!»
Chrom e Daraen lo raggiunsero, e i tre si radunarono intorno ad una piccola scrivania sulla quale era sistemata una grande pergamena. Ranulf recuperò una piuma da scrivere da un cassetto, quindi iniziò a tracciare delle linee.
In pochi attimi finì di disegnare in maniera molto stilizzata la forma di un ampio continente che, tramite ulteriori linee interne, si divideva in nove aree.
«Dunque, questa è Tellius» iniziò a raccontare Ranulf, attirando l’interesse di Chrom e Daraen «Un enorme continente circondato dal mare. All’interno di esso troviamo otto nazioni, ciascuna con la propria lunga e spesso disastrosa storia. Gania è una di esse, e si trova esattamente qui!»
Il Laguz indicò l’area all’estremo occidente del continente.
«Come ho detto, è una nazione popolata e governata solo da Laguz, in particolare gatti, tigri e leoni. È costituito principalmente da foreste, habitat perfetto per noi, e il castello reale si trova sul colle più alto dell’intera nazione. Attualmente è governata da Re Caineghis, aiutato dal nipote Skrimir e dal sottoscritto. Nel castello vivono anche Kysha, Muarim, Mordecai, Lethe e sua sorella Lyre» a Chrom sembrò di notare in Ranulf un tono di voce diverso, più pensieroso, pronunciando quell’ultimo nome «È lì che sono stato attaccato da Verlith, mentre mi stavo recando al castello…»
Con Chrom e Daraen che continuavano ad ascoltarlo annuendo, Ranulf proseguì la spiegazione indicando talvolta le nazioni a cui si riferiva.
«A sud di Gania c’è Goldoa, un’altra nazione Laguz. Qui vivono i Laguz Draghi, da molti considerati i più potenti della razza. In passato Goldoa si è sempre dichiarata neutrale in tutti i conflitti avvenuti all’interno di Tellius, e tale cerca di rimanere tuttora. Non so quanto neutrale rimarrà, se Verlith intende sterminare anche loro…
Al trono siede Re Kurthnaga, aiutato da Ena, Nasir e Gareth.
A nord di Gania, invece, si trova Ozna. Una nazione Beorc, molto pacifica rispetto alle altre; è sempre stata alleata di Gania, poiché il vecchio Re Ramon era amico del nostro Re Caineghis. Anche se ormai il razzismo nei confronti dei Laguz sta sparendo lentamente, Ozna è sempre stata la nazione in cui essi valevano esattamente quanto i Beorc… Generalmente.
Re Ramon era il padre dell’attuale regina, Elincia, che regna con il sostegno dei fedelissimi Geoffrey, Lucia e Bastian.
Scendendo a sud troviamo Serenes, che non è una nazione bensì una regione. Si tratta più che altro della Foresta di Serenes, dove una volta vivevano i Laguz Aironi. Tempo fa, però, i cittadini della nazione più a est, Begnion, bruciarono l’intera foresta e sterminarono quasi l’intera specie, pieni di odio ingiustificato che provavano a causa di un’enorme bugia. Gli unici sopravvissuti sono tre fratelli: Reyson, Leanne e Rafiel.
I due arcipelaghi a sud di Serenes sono due nazioni di Laguz della Tribù degli Uccelli. La prima è Phoenicis, la nazione dei Laguz Falchi, governata da Re Tibarn con l’aiuto degli efficienti e fedeli Janaff e Ulki. L’altra invece è Kilvas, la nazione dei Laguz Corvi, governata da Re Naesala, il quale è sempre sotto l’ala protettiva del vecchio Nealuchi. Il Re è sempre stato un tipo piuttosto “controverso”, ed ha spesso tradito quelli che dovevano essere i suoi alleati. A quanto pare, però, le sue azioni erano giustificabili e quindi è stato perdonato… Ha messo la testa a posto, poi. Tra l’altro, ha recentemente messo su famiglia insieme alla principessa degli aironi, Leanne.
I rapporti tra Phoenicis e Kilvas non sono mai stati molto pacifici, ma dopo l’ultima guerra che ha sconvolto Tellius, i Re hanno finalmente deciso di allearsi ed ora le nazioni si aiutano a vicenda.
Proseguendo verso est troviamo l’enorme impero di Begnion, il più grande di tutta Tellius. Si può dire che questa è la nazione che ha causato più problemi di tutte, in passato. Non scendo nei particolari, ma diciamo che lo sfruttamento dei Laguz e la loro schiavizzazione sono solo due degli orribili crimini di cui Begnion si è macchiata in passato. Fortunatamente ora è sotto il governo dell’Apostolo Sanaki, che sta sistemando la situazione in maniera ottimale.
A nord di Begnion c’è Daein, un’altra nazione che in passato si è rivelata piuttosto problematica, soprattutto per quanto riguarda Ozna. Nell’ultima guerra, tuttavia, si è alleata con essa e con i Laguz per fermare le azioni e le manovre del senato di Begnion, dopo un “piccolo” malinteso iniziale. Attualmente è governata dalla Regina Micaiah, con il suo compagno d’infanzia Sothe.
Infine, ancora più a nord di Daein, si trova Hatari. Un’altra nazione di Laguz, stavolta si tratta di Lupi. Di Hatari non si sa praticamente nulla, poiché sorge in un deserto che nessuno ha mai potuto visitare ad eccezione degli stessi abitanti. La nazione, comunque, è piuttosto ampia, ed è governata dalla Regina Nailah con l’assistenza di Volug.
È questo è tutto per quanto riguarda Tellius, o almeno per quanto ci può importare. Molte, infatti, sono state le guerre ed i conflitti che l’hanno colpita, non solo quello tra Laguz e Beorc… Che non credevo potesse arrivare a tanto»
Ranulf smise di parlare, e per quasi un minuto regnò il silenzio.
«Non avrei mai pensato che ci fosse tutta questa… Organizzazione, dietro al paese da cui vieni» disse ad un certo punto Chrom «E ancor di più mi stupisce che l’Ylisse, per tutti questi anni, abbia ignorato anche la sola esistenza di Tellius. Grazie per aver condiviso con noi tutte queste informazioni, Ranulf»
«È stato un piacere!»

Per ben tre interi giorni non successe assolutamente nulla di particolare. La navigazione proseguiva ininterrottamente, e di tanto in tanto Ranulf chiedeva che venisse cambiata la direzione di viaggio, in modo da rimanere sulla traiettoria giusta per Tellius.
Alla notte del quarto giorno, come al solito, tutti (ad eccezione di colui o colei a cui toccava stare al timone per quella volta) si ritirarono nei propri alloggi notturni dopo aver cenato insieme, Ranulf compreso.
Il Laguz non ci mise molto ad addormentarsi; ormai si stava già abituando all’andamento di quel viaggio, che si stava prospettando molto lungo ma al contempo tranquillo. Sentiva che le cose stavano andando sempre meglio, che Gania era sempre più vicina, e che sarebbe riuscito nel suo intento insieme a Chrom e a tutti gli altri.
Ma la calma stava per essere spezzata in maniera più brusca di quanto avrebbe mai potuto aspettarsi.
Percepì appena un urlo di allarme, senza riuscire a capirne il significato, ma riconoscendo la voce Say’ri.
Poi… Qualcosa colpì violentemente la nave, che ondeggiò bruscamente rischiando di capovolgersi.
Ranulf non ebbe nemmeno il tempo di chiedersi cosa stesse succedendo che si precipitò fuori dalla sua stanza, diretto verso il ponte principale. Non appena lo raggiunse, la nave venne colpita di nuovo allo stesso modo, e per poco Ranulf non cadde a terra.
Il Laguz si affacciò dalla fiancata della nave per cercare di capire quale fosse il problema; era notte fonda, quindi era piuttosto buio, ma a pochi metri di distanza dalle tre navi si riusciva perfettamente a notarne una quarta, delle stesse dimensioni, dalla quale continuavano a partire delle sfere luminose che, lentamente ma con potenza, si dirigevano verso ciascuna delle imbarcazioni e le colpivano alternativamente, danneggiandole.
«Maledizione…» ringhiò Ranulf a denti stretti, tornando sul ponte principale. Si rese conto che, nel frattempo, molti altri Pastori avevano raggiunto la zona, la maggior parte di loro con aria confusa o sconvolta.
Ranulf si mise immediatamente a cercare Chrom o Daraen, messo in difficoltà dalle continue oscillazioni della nave, finché non li trovò entrambi vicino al timone.
«Ranulf, meno male che sei qui! La situazione è gravissima!» esclamò Chrom, che nonostante l’agitazione generale sembrò più rasserenato.
«Già, ho avuto modo di accorgermene…» commentò il Laguz «Chi diamine sono quelli? Pirati?»
«Molto probabilmente sì» spiegò Daraen «Ma non ne siamo sicuri. Sappiamo solo che la loro nave è vicinissima e che, di questo passo, ci saranno addosso. Ci stanno attaccando con la Magia del Fuoco, e se non li fermiamo subito le navi verranno distrutte!»
Daraen si fermò per un attimo, volgendo uno sguardo all’imbarcazione che si stava avvicinando sempre di più, senza smettere di sparare attacchi magici.
«Si riescono a vedere delle viverne… Attaccheranno sicuramente anche con quelle! La scelta migliore è contrattaccare con la magia, così l’effetto sarà doppio. Non perdiamo tempo!»
Lo stratega afferrò il suo tomo Thoron e corse via, preparandosi a rispondere all’attacco.
«Non sappiamo neanche chi sono questi “pirati“, e non abbiamo avuto il tempo di preparare bene l’esercito, i destrieri non sono nemmeno pronti! Mio signore, non possiamo iniziare a combattere così!» esclamò Frederick, che era stato uno dei primi ad arrivare sul ponte.
«È vero, Frederick… Ma Daraen è stato chiaro. Se non contrattacchiamo subito, non rimarrà nulla di noi o delle navi» replicò Chrom, rivolgendo poi uno sguardo a Ranulf «Spero che tu sia pronto. La situazione qui è molto pericolosa!»
Ranulf non disse nulla, e fece ciò che aveva sempre fatto nelle altre situazioni simili in cui si era ritrovato da quando aveva incontrato i Pastori: sorrise, venne avvolto da una strana luce azzurra e, in pochi attimi, si trasformò nel fiero guerriero felino dello stesso colore.
Chrom impugnò Falchion, e si rivolse a tutti gli altri presenti sulle tre navi alleate.
«Pastori! Proteggete queste imbarcazioni con tutte le vostre forze! I maghi rimangano a contrattaccare sul ponte, gli altri si assicurino che nessun nemico ci metta piede! Al lavoro!»
I gruppi si dispersero, e un’altra battaglia (navale, si potrebbe dire) ebbe inizio.

Una delle prime a lanciarsi all’attacco, determinata e stranamente sveglia, fu Linfan. Con il suo Arcifuoco stretto tra le braccia, infatti, la piccola stratega era vicinissima alla fiancata della nave dalla quale si poteva vedere il nemico, che si approcciava sempre di più.
‘Va bene… Devo tenere lontana la nave nemica e tutta la gente che vi sta a bordo’ si disse Linfan, prendendo fiato e cominciando intanto a sfogliare il tomo ‘Attacco e mi abbasso, attacco e mi abbasso… E ripeto la strategia finché tutti non si sono allontanati. Non è difficile, forza!’
La figlia di Daraen, dunque, si affacciò completamente ed iniziò ad attaccare, mirando alle persone che riusciva ad intravedere sull’altra imbarcazione.
I nemici, però, continuavano a schivare i suoi attacchi magici e a rispondere ad essi con altre sfere di fuoco, che non facevano altro che infastidire e confondere la povera Linfan.
«Maledetti…» iniziò a dire lei, rifugiandosi di nuovo dietro alla ringhiera, venendo però interrotta da una voce familiare proveniente dall’alto.
«Serve forse aiuto, signorina?»
Un enorme viverna atterrò improvvisamente accanto a Linfan, spaventandola per un attimo, prima che potesse accorgersi che si trattava solo di Minerva, sul cui dorso sedeva Zelcher.
«Cosa… Come hai fatto a recuperare il tuo drago in così poco tempo?» chiese la ragazzina, stupita.
Zelcher rise, rispondendo: «Ah, Minerva non dorme quasi mai, ed ha percepito il pericolo prima di tutti… Così mi ha svegliato e ci siamo preparate in anticipo per la battaglia!»
Linfan decise di non fare ulteriori domande, vista anche la situazione piuttosto pericolosa, quindi continuò a schivare gli attacchi di fuoco provenienti dall’altra nave.
«Ah già, ti serviva aiuto! Dunque, ascolta…»
‘Dovrei essere io quella che formula i piani, qui…’ pensò Linfan, un po’ delusa di sé stessa, continuando però a rimanere in silenzio e ad ascoltare l’altra.
«Ecco, cerca di attaccare nello stesso istante in cui il nemico sferra il suo attacco, in modo che i vostri due incantesimi si scontrino a metà strada. In questo modo…»
«In questo modo non si vedrà più niente per colpa del fumo, e tu potrai volare dall’altra parte e stanare i nemici!» la interruppe la stratega, come presa da un’illuminazione.
Zelcher annuì: «Proprio così. Il fumo non è un problema per Minerva, quindi non avrà difficoltà a raggiungere l’altra nave. Speriamo solo che le altre viverne non cerchino di ostacolarla…»
Le due misero subito in atto il loro piccolo piano, con la maga ancora appostata dietro al riparo e la viverna pronta a partire.
Non appena Zelcher si accorse che il nemico stava caricando l’ennesimo attacco magico urlò «Ora, vai!», e Linfan uscì allo scoperto sferrando un altro incantesimo di Arcifuoco.
Come previsto, le due fiammate si incrociarono perfettamente, esplodendo a metà strada e sollevando immediatamente un’enorme nube di fumo. Zelcher non aspettò un attimo e partì a tutta velocità, gettandosi a capofitto nella nuvola, pronta all’assalto. Raggiunse facilmente l’altra nave, ed ebbe soltanto qualche secondo per accorgersi di quanto fosse piena di soldati, prima di attaccare alcuni dei maghi che continuavano a sparare sfere di fuoco. Nessuno di loro le diede troppi problemi e li eliminò piuttosto facilmente, dopodiché tornò altrettanto rapidamente sulla nave alleata.
«Allora, com’è andata?» chiese immediatamente Linfan, curiosa ed emozionata.
Zelcher sorrise ancora, atterrando e rispondendo: «I maghi non saranno più un problema, suppongo»
Linfan sembrò soddisfatta, come se il “suo” piano avesse funzionato alla perfezione. Un passo avanti nel suo tentativo di diventare una stratega a tutti gli effetti!

Daraen si stava occupando, grazie al suo tomo magico, di alcune delle viverne nemiche che già si stavano aggirando intorno alle imbarcazioni dei Pastori. Essendo specializzato nella magia del tuono (e in maniera molto approfondita), contro la quale le viverne sono deboli, per lui non era affatto difficile.
Proprio mentre faceva volare via l’ennesimo drago nemico, però, lo stratega sentì qualcuno che lo stava chiamando.
«Daraen! Daraen, dove sei?»
Riconoscendo immediatamente la voce di sua moglie Miriel, egli si fece sentire e corse a cercarla. La donna si trovava in mezzo alla confusione regnante sul ponte principale, e si guardava intorno alla ricerca del marito, il quale la raggiunse e le appoggiò le mani sulle spalle.
«Miriel, sono qui!»
«Oh, finalmente ti sei presentato. Devo fornirti delle informazioni che potrebbero rivelarsi estremamente utili per il compimento dell’attuale missione!»
Daraen si guardò intorno, controllando di non essere nel raggio diretto del nemico, poi rimase ad ascoltare Miriel, la quale gli spiegò la sua idea.
«L’imbarcazione nemica sembra essere gremita di soldati, i quali hanno la palese intenzione di approcciarsi e salire direttamente sulle nostre navi, attaccandole dall’interno. Suppongo, quindi, che la cosa migliore da fare sarebbe distruggere direttamente l’imbarcazione stessa, in modo da impedire ai singoli soldati di avvicinarsi»
«E come è possibile una cosa del genere? La loro nave è grande quanto la nostra…» obiettò Daraen, ma Miriel aveva la risposta pronta.
«Valflame. Rimembri? Uno dei tomi magici più potenti mai esistiti, di cui disponiamo soltanto per le “situazioni estreme”. Ebbene, oserei dire che questa È una situazione estrema. Se mi permetteste di guadagnare del tempo, quindi, potrei salire sull’albero più alto della nostra nave, e da lassù preparare un potente incantesimo. Se riuscissi a mettere abbastanza energia in tale attacco, ne basterebbe solamente uno per eliminare la nave nemica in pochi attimi. Come ho detto, però, mi servirebbe del tempo per caricare l’incantesimo e fornirgli la potenza necessaria… Qualche minuto dovrebbe essere sufficiente!»
Daraen ci pensò per un attimo: a sentirlo così non sembrava un piano brillantissimo, ma effettivamente la nave nemica si stava avvicinando sempre di più, e nel giro di pochi attimi quelle alleate sarebbero state invase… Bisognava almeno provarci. E poi, l’intelletto di Miriel non l’aveva mai deluso.
«D’accordo, cara. Mettiamo in atto questo piano al più presto!» le disse, convinto che fosse la cosa giusta.
«Ottimo. Mi reco velocemente a recuperare il tomo ed inizio a salire sull’albero, dunque!» rispose la donna, dando un rapido bacio a Daraen e correndo via. Lui la guardò andarsene e sorrise; ogni giorno che passava, era sempre più convinto che sposarla fosse stata la cosa più giusta che avrebbe mai potuto fare in tutta la sua vita.

Il tiratore scelto Virion stava partecipando alla seconda battaglia di fila, proprio perché il suo talento con arco e frecce si sarebbe potuto rivelare decisivo in una battaglia del genere, che consisteva più che altro in scambi di attacchi a distanza.
Virion si trovava molto vicino alla fiancata di una delle tre navi, e si stava occupando dei cavalieri viverna che continuavano ad arrivare; uno dopo l’altro, questi cadevano non appena venivano colpiti dalle frecce dell’arciere.
«Ah, che gran fatica… Non solo questi maledetti disturbano il sonno di cui tutti noi avremmo bisogno, ma si permettono anche di attaccare in maniera così brutale ed insistente!» disse l‘uomo, pensando ad alta voce come era solito fare, ma senza smettere di sparare frecce.
«Wow, guarda lì quanti draghi! Sembra proprio che stiano venendo da questa parte!»
Virion si fermò per un attimo e si voltò verso il punto da cui proveniva quella voce, e si rese conto di averla riconosciuta subito: si trattava di Nowi, che con la sua solita aria allegra e spensierata stava correndo verso di lui.
«Qual buon vento, signorina Nowi! Ha deciso di partecipare alla battaglia di questa serena notte?» iniziò lui, abbassando l’arco e rivolgendo a Nowi un sorriso amichevole.
«A dire il vero stavo cercando Donny e Nah, ma a quanto pare si sono spostati su un’altra nave. Qui piuttosto… Sembra che tu stia avendo qualche problemino, vero cravattino?»
Neanche il tempo di reagire all’ennesimo nomignolo che Virion venne sfiorato da un’ascia leggera, lanciata da uno dei cavalieri viverna che gli svolazzavano intorno, che lo ferì lievemente al braccio.
«P-problemino? Cosa glielo fa pensare? Non saranno certo un paio di draghi a mettere in difficoltà Virion il Grande!» esclamò l’arciere, dando le spalle a Nowi e ricominciando a colpire i nemici.
«Hey, non vale! Voglio giocare anch’io con i draghi!» rispose lei con lo stesso tono di voce, quindi prese la rincorsa e, inaspettatamente, si lanciò oltre la ringhiera della nave. 
Vedendola cadere dritta verso l’acqua, Virion si spaventò, ma capì subito dopo qual’era la sua intenzione. Come sospettava, infatti, la ragazza sollevò in aria la sua Pietra Drago, il che le permise di passare in pochi attimi alla sua forma alternativa, dopo esser stata avvolta come al solito da una luce verde e rosa.
Virion sorrise, felice di vedere che aveva intenzione di aiutarlo.
«Ora non avete che da temere, zotici cavalieri! Se non vi bastano delle frecce, c’è un drago tutto per voi! …Certo, devo stare attento anch’io a non colpire QUEL drago…»
L’arciere e la Manakete collaborarono per tenere lontani dalle navi i cavalieri viverna, sconfiggendoli o costringendoli a fuggire. Nessuno riuscì più a colpirli, nel corso di quella battaglia.

Ranulf si trovava ancora sulla nave al centro della formazione, agguerrito e pronto ad aiutare i suoi alleati. Tuttavia, dato che i soldati nemici continuavano a concentrarsi sugli attacchi a distanza, per lui non c’erano molte possibilità di agire direttamente.
Mentre il Laguz vedeva Miriel che iniziava ad arrampicarsi sull’albero della nave, però, si accorse che qualcosa stava accadendo poco lontano da essa.
L’imbarcazione nemica, infatti, si era pericolosamente avvicinata a quella dei Pastori su cui si trovava Ranulf, e i soldati che vi si trovavano a bordo stavano facendo cadere qualcosa su di essa. Il gatto non ci mise molto a capire di cosa si trattava: un asse. Avevano intenzione di creare una specie di ponte, con il quale avrebbero potuto avere libero accesso alla nave avversaria, per assediarla.
Immediatamente, Ranulf iniziò a correre verso la zona in cui era caduta l’asse, ma i soldati nemici iniziarono a percorrerla altrettanto rapidamente. Nessuno riuscì a colpire il Laguz, ma quando questo raggiunse il punto interessato, già poco più di cinque persone erano riuscite a salire sull’imbarcazione. Senza pensarci troppo, allora, Ranulf percorse l’asse e fece perdere l’equilibrio a tutti quelli che la stavano attraversando in quel momento, facendoli precipitare in acqua. Successivamente, con un balzo, raggiunse il ponte principale della nave nemica e, con una lieve testata, spostò l’asse e fece cadere anch’essa.
Si era letteralmente intrappolato nella tana dei nemici, pur di evitare che essi invadessero quella dei suoi alleati.
«Ranulf, che diamine stai facendo?!» fu l’urlo di Chrom, che aveva assistito alla scena senza essere in grado di reagire, poiché si stava occupando dei pochi soldati che lo avevano raggiunto a piedi.
«Non ti preoccupare, ci penso io qui! Tu difendi la nave!» gli gridò Ranulf in risposta, cercando di fare un cenno in direzione del punto in cui Miriel aveva appena iniziato a preparare il suo incantesimo.
«Ma guarda un po’… E noi che credevamo che prendere il gattino sarebbe stato difficile… È stato lui a venire da noi, invece!»
Una voce roca, grave ed inquietante aveva appena parlato alle spalle di Ranulf. Egli si voltò rapidamente, e si accorse di essere circondato da un gruppo di circa dieci soldati, capitanati da un berserker, il quale impugnava un’ascia d’argento. Il Laguz rimase in silenzio, un po’ sotto pressione, ma si preparò silenziosamente all’attacco.
«Che c’è, cucciolotto? Hai realizzato che salendo su questa nave hai firmato la tua condanna a morte? Oh, poverino… Dai, vieni qui! Se ti metti a fare anche le fusa ti possiamo portare fino a Tellius, così potrai assistere direttamente allo sterminio della tua razza!» gli disse ridendo il “capo”, agitando minacciosamente la sua arma.
Ranulf, ad un certo punto, non riuscì più a trattenersi e partì all’assalto, aggrappandosi al berserker ed iniziando ad attaccarlo con violenza. Poiché i soldati erano troppi, però, non riuscì a resistere a lungo e fu costretto a balzare via. In quel momento, allora, i nemici smisero di provocarlo e andarono all’attacco.
Ranulf era da solo contro un’intera ciurma armata, ma sentiva di poter cavarsela. Sapeva di poter riuscire a resistere a sufficienza per dare a Miriel il tempo di caricare il suo attacco magico. Doveva farcela.







 
Io… Non so davvero cosa dire.
L’ultimo capitolo è stato pubblicato all’inizio di settembre. SETTEMBRE. È una cosa davvero vergognosissima. Perdonatemi, anche se i lettori di questa long sono (o erano, a questo punto) pochissimi.
E questo capitolo non è nemmeno completo. Già, in teoria avrei dovuto far svolgere tutta questa battaglia in un capitolo, ma poi ci sono stati dei problemi “lungo la strada”… Scuola, computer inutilizzabili, cambio di PC… E così ho deciso di “spezzare” questo capitolo in due parti. Almeno, in questo modo, posso far capire che anche se ci sarà un aggiornamento all’anno o cose del genere, questa storia continuerà e finirà. Oh, se lo farà.
Inoltre, oltre a continuare questa long, ho tantissime altre idee per delle one-shot da pubblicare in futuro… Alcune sono solo idee remote, altre un po’ più chiare… Qualcosa ne verrà fuori, spero!
Bene, basta scrivere cose che non interessano a nessuno. Spero che, se avete letto questo capitolo dopo tutti questi secoli di inattività, vi sia almeno piaciuto c:
Grazie mille e… Alla prossima!
(E scusate ancora per questo ritardo a dir poco sconvolgente!)

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