RIPORTANDO
TUTTO A CASA
CAPITOLO
2
E'
TEMPO PER LA FAMIGLIA
Era
mattina, la luce del Sole entrava dalla finestra della stanza di
Artemis ma per il giovane genio era ancora buio: la sua mente era
immersa in una placida oscurità, un sonno privo di sogni e
riposante
per la prima volta dopo molto tempo.
Niente
corse contro il tempo per salvare il mondo, niente morti davanti ai
suoi occhi, niente di niente.
Solo
pace e solitudine.
E
la sensazione di stare galleggiando su di una nuvola mentre tutto
attorno il tempo continua a scorrere senza fretta.
Artemis
non voleva svegliarsi, non ancora almeno: quel tepore era piacevole e
non si sentiva ancora pronto per tornare nella vita reale.
Con
un lento cigolio, la porta si aprì quel tanto che bastava
per far
entrare due piccoli esserini zompettanti, coi piedini avvolti in un
paio di vecchi ma caldi calzini; il basso bisbiglio dei due non
sarebbe stato sufficiente per svegliare il ragazzo più
grande ma
loro volevano solo sincerarsi di una cosa.
“Sicuro
che il fratellone Artemis stia bene?” borbottò
Beckett,
sporgendosi al di là della spalla del gemello; Myles
restò in
silenzio, praticamente immobile, per alcuni secondi poi
annuì: “Papà
dice di sì.”.
“E
la signora fatina?” continuò Beckett preoccupato.
Il
fratello scosse la testa, della fatina non avevano più avuto
notizie
da qualche ora, neppure Leale – che montava la guardia fuori
dalla
stanza senza sosta – l'aveva vista.
Mentre
Myles era perso nei propri pensieri, però, Beckett non
sembrava
intenzionato a stare fermo e, rapido e silenzioso, il piccolo si
arrampicò sul letto del fratello maggiore, sfruttando le
lenzuola e
le coperte come liane.
Quando
Myles se ne accorse, era però troppo tardi: appollaiato sul
petto di
Artemis, il bimbo lo fissava nella penombra con un'aria frustrata:
“Artemis sempliciotto!” bisbigliò dalla
sua posizione, “Artemis
sempliciotto!” ripeté, accompagnando il tutto ad
un colpetto sulla
fronte.
“Beckett,
scendi da lì!” esclamò l'altro,
cercando di imitarlo per
raggiungerlo e tirarlo giù da lì:
“Lascialo stare, dorme!”
aggiunse.
Ma
Beckett non si scompose e continuò a chiamare Artemis, con
le
lacrime che minacciavano di scendere ad ogni lettera appena
mormorata: “Non vuoi vedere i fiori della mamma?”
lo sentì
sussurrare Myles.
Con
un sospiro, il più giudizioso dei due bimbi imitò
il fratellino e
si arrampicò a propria volta, restando in ginocchio nel
fazzoletto
di spazio lasciato libero dal corpo mingherlino del primogenito dei
Fowl; spiando il volto del maggiore con un'aria addolorata, lo
punzecchiò col dito sul braccio:
“Artemis.” lo chiamò, “Ci
manchi, fratellone.” disse con un filo di voce.
Da
sopra le loro teste, a Spinella sfuggì un singhiozzo.
Era
rimasta tutto il tempo appollaiata tra le travi di legno del
soffitto, intenta a vegliare il suo Fangosetto preferito, ma non era
pronta ad una simile tempesta emotiva da parte di quei due
scriccioli, copie in miniatura del suo caro amico.
Avrebbe
voluto scendere e rassicurarli ma neppure lei sapeva bene cosa
avrebbe potuto dire loro: era certa, però, che l'unica
persona in
grado di rassicurarli sarebbe stato lo stesso Artemis, una volta
svegliatosi.
Sì,
ma quando?
Era
già da una giornata intera che dormiva, così
profondamente che
neppure gli scanner cerebrali di Polledro erano in grado di rilevare
qualcosa e cominciava a preoccuparsi alquanto: che fosse...
Spinella,
a quel pensiero oscuro, scosse vigorosamente la testa: non doveva
essere pessimista, Artemis si sarebbe svegliato e lei lo avrebbe
preso a calci dove non batte il Sole, e se Leale si fosse opposto...
avrebbe preso a calci anche lui!
“Calma,”
si disse subito dopo, inspirando profondamente: “Non
è una
reazione corretta...” continuò, sbirciando poi
nella stanza
sottostante.
I
due bambini erano usciti senza che lei se ne fosse minimamente
accorta: stava perdendo colpi, e tutto per colpa di quel dannato
Fangosetto!
Planando
silenziosamente, atterrò in ginocchio sul letto ormai
disfatto per
il continuo passaggio e si avvicinò al corpo di Artemis, ne
osservò
il volto da vicino, poteva quasi contare i capillari sotto la pelle
traslucida, e gli occhi chiusi, cerchiati di nero, poteva sentirne il
respiro fievole sul viso, tanto erano vicini: era praticamente
poggiata sul suo petto.
“Spinella...
Non per dire... Ma mi stai facendo male...”
La
voce arrochita che le giunse improvvisamente alle orecchie la fece
sobbalzare e Spinella si alzò di scatto, librandosi quel
tanto che
bastava per spiare il viso del Fangoso.
L'occhio
azzurro era aperto e la guardava confuso.
“A-Artemis...”
balbettò lei.
Il
ragazzo annuì, scuotendo la testa e muovendosi faticosamente
sotto
le coperte: “Ho la testa che sembra voler
scoppiare...” grugnì,
massaggiandosi le tempie: “Tu cosa... fai qui...?”
riuscì a
chiedere, anche parlare gli risultava estremamente difficoltoso.
Spinella
atterrò e si sedette infine nel piccolo spazio vuoto dove
già Myles
si era accomodato: “Da solo non sei molto affidabile, vorrei
evitare di doverti nuovamente venire a recuperare
all'inferno.”
disse, pentendosi subito dopo delle proprie parole, era evidente che
Artemis fosse provato e riesumare così repentinamente
l'esperienza
vissuta non era stata la più grandiosa delle idee.
“Non
esiste l'Inferno...” sussurrò lui, aprendo piano
anche il secondo
occhio: “Solo tanto buio... E tanta solitudine.”.
“Cosa
vuoi dire...?” chiese l'elfa.
“Dico...
che l'Inferno non esiste. Spinella, c'era solo buio e nient'altro.
Nessuna anima, nulla di nulla. Una solitudine perenne e un gelo che
ti penetra nelle ossa prima dell'oblio definitivo. Quando poi il
tempo è tornato a scorrere anche per me, ero talmente
stanco...”
Artemis sembrava confuso, tremava al punto che Spinella –
istintivamente – gli drappeggiò una coperta sulle
spalle, coperta
rivenuta in fondo al letto e lasciata lì abbandonata.
“Vuoi
che vada a chiamare Leale?” tentò lei ma il
ragazzo scosse la
testa: “N-non sono ancora pronto...”
bisbigliò, tremando come
una foglia.
Rimasero
per alcuni minuti in silenzio, durante i quali l'elfa non smise un
attimo di sfregare le mani piccine sul corpo dell'amico per cercare
di riattivarne la circolazione, poi alla fine si decise a lasciare
andare il peso che le gravava sul cuore: “Ricordi... quello
che è
successo, quindi?”.
Lui
annuì: “Non tutto ma in gran parte... E' stato un
piano...
avventato. Ma era la sola possibilità.”
confessò a mezza voce,
“Ma il dopo... è stato doloroso. Non ho mai
provato una cosa del
genere... Quando sono... è stata una liberazione. E poi, di
nuovo la
luce e vi.. vi ho visti...” ella non aveva mai visto Artemis
così
fragile, così indifeso e non aveva la più pallida
idea di come
comportarsi: riusciva solo a stargli vicino, in silenzio, conscia che
tutte le parole sarebbero state superflue se non dannose.
“Mi
dispiace.”.
Quelle
parole ebbero l'effetto di una bomba per Spinella, la quale
sobbalzò,
prima di guardare l'amico con aria confusa: “Mi dispiace...
per
avervi fatti preoccupare.” ammise con un filo di voce.
Ma
l'elfa scosse la testa, sorridendo appena: “Fangosetto, non
è da
te dire certe cose, non vorrei che la Terra saltasse per aria
perchè
Artemis Fowl ha chiesto pubblicamente scusa per un suo piano
bislacco.” e poi si lasciò scappare una risatina
sollevata.
Il
giovane uomo sospirò, cercando di imitarla ma ottenendo solo
un
gorgoglio affaticato: “Ci vorrà ancora un po' di
tempo prima di
riprendermi... Ma vorrei... vorrei vedere mia madre... Se
possibile...” rantolò, i pugni stretti attorno ad
un lembo del
lenzuolo, la nostalgia per la sua famiglia era fortissima: sapeva
dove si trovava e l'idea che fossero così vicini lo
lancinava nel
profondo.
Spinella
annuì e balzò giù dal letto:
“Leale è qui fuori, vado a
chiamarlo, d'accordo? Non posso farmi vedere dai tuoi genitori, non
ancora almeno.” concluse, allontanandosi verso la porta.
Poco
prima di aprirla, però, si voltò verso il letto:
“E comunque,
sono contenta di rivederti. La vita senza di te è piuttosto
noiosa
da queste parti.” disse solo, uscendo nel corridoio.
§§§
Quando
la porta della stanza a cui faceva la guardia da più di 24
ore si
aprì cigolando, per un attimo a Leale mancò la
terra sotto i piedi.
D'istinto,
estrasse la pistola che riposava nella fondina, maledicendosi un
attimo dopo: non poteva che essere Artemis, era l'unico lì
dentro e
i gemelli erano già usciti da qualche minuto.
Quando
infine Spinella Tappo emerse dall'oscurità, la prima cosa
che ella
vide fu la canna della pistola lucente puntata contro il proprio
petto, elevatosi all'altezza di quest'ultima per via del librarsi in
volo dell'elfa.
“Scusa.”
disse soltanto l'eurasiatico, rifoderandola.
“Nervi
tesi, scommetto.” disse lei, planando a terra senza fare
rumore.
“Non
sapevo fossi lì dentro.” ammise lui.
“Volevo
solo assicurarmi che le cose andassero bene.”.
Leale
sospirò, poi le fece un po' di spazio e lei poté
nascondersi
nell'ombra proiettata dal massiccio guardiano: “E
allora?” chiese
questi, squadrandola da capo a piedi.
“Artemis
è sveglio. Sta bene.” precisò subito:
“Vuole vedere i suoi
genitori... E credo anche i due Fangosetti.”.
Il
cuore di Leale minacciò seriamente di fermarsi.
Era
indeciso se lasciarsi cadere in ginocchio, nella solitudine di quel
corridoio deserto, o se precipitarsi all'interno della stanza.
Artemis
era sveglio, finalmente.
Non
gli sembrava vero.
“Grand'uomo,
se vuoi piangere, io certo non te lo impedirò”
ribatté lei con
espressione amichevole: “Solo, ti chiedo di andare a chiamare
in
fretta chi di dovere. Il piccolo Arty sembra parecchio stanco e non
vorrei che si facesse un altro pisolino lungo qualche decina di
ore.”.
L'ironia
di Spinella nascondeva un'emozione palpabile per ciò che
stava
accadendo ma Leale fu abbastanza delicato da soprassedere e non
infierire: “D'accordo. Me ne occuperò io. Tu
potresti restare qui
fino a quando non sarò tornato?”.
L'elfa
annuì e assistette all'allontanarsi dell'amico con nel cuore
la
segreta speranza di una vita finalmente normale.
Leale,
da parte sua, corse lungo i corridoi deserti, ignorando le persone
che di quando in quando incrociavano la sua strada, in testa un solo
obiettivo.
E
fu solo quando giunse infine nella serra di Angeline Fowl che si
fermò, col cuore in gola, sulla soglia.
Dentro,
in una bolla di pace e tranquillità, c'erano i due coniugi e
i
gemelli, accompagnati da una Juliet dai capelli cortissimi: il
maggiore dei due fratelli non aveva approvato del tutto la decisione
della sorella di tagliarseli, seppur anche per evitare che si
impigliassero durante i numerosi tornei di lotta libera a cui
partecipava di frequente, ma era contento di rivederla a casa.
Fu
proprio lei ad accorgersi della presenza di Leale, balzando in piedi
per accoglierlo: “Ho saputo della notizia. Come
sta?!” chiese
subito, non dandogli manco il tempo di salutarla.
“Sono
venuto qui proprio per questo.” replicò, muovendo
un passo in
avanti: “Artemis è sveglio e vuole
vedervi.” aggiunse, il viso
rivolto verso la famiglia riunita, famiglia che era un po' anche la
sua.
Angeline
si portò le mani alla bocca, commossa, mentre i gemelli,
scapicollandosi, corsero oltre Leale e sparirono nel corridoio.
“Vi
accompagno.” si offrì subito.
Fowl
senior e consorte annuirono e, seguiti a brevissima distanza da
Juliet, i tre uscirono dietro i gemelli in fuga.
§§§
Spinella
stava seduta a gambe incrociate sul pavimento quando sentì
distintamente il suono di piedi in corsa, fu lesta quindi ad attivare
la schermatura ma subito si pentì di averlo fatto: non erano
i
signori Fowl ma piuttosto i Fangosetti esagitati come mai li aveva
visti.
“Fratellone!”
gridò Beckett, battendo i pugnetti sulla porta:
“Fratellone!”
ripetè.
“Calmati.”
lo rimbrottò Myles: “Aspettiamo mamma e
papà.”.
“Ma
voglio vederlo!” si lamentò Beckett, con una
lacrima che
minacciava di scendere e il labbro inferiore che tremava: “Mi
manca
il fratellone...”.
“Bambini,
calmatevi.”
L'elfa
riapparì dal nulla, facendo sobbalzare i due bambini:
“La fatina!”
esclamò Beckett, con la bocca aperta a formare una piccola O.
“Shhh!”
lo rimproverò Myles per la seconda volta in pochi minuti:
“Sta
arrivando la mamma, loro non sanno delle fatine.” disse lui.
“Ho
poco tempo, quindi. Ascoltatemi, Artemis è sveglio ma non
sta ancora
bene. Se ve lo affido, voi siete in grado di occuparvene?”.
“Certamente.
Non abbiamo più tre anni, siamo perfettamente in grado di
prenderci
cura di Artemis-sempliciotto.” Myles sembrava irremovibile.
“Allora
d'accordo. E ricordate, voi non mi avete vista.” concluse
Spinella,
sparendo di nuovo, schermata.
“MYLES!
BECKETT!”.
Angeline
Fowl comparve pochi istanti dopo, seguita dal marito e dai due
fratelli Leale: “Bambini, non dovete scappare
così.” li
rimproverò il padre, inginocchiandosi alla loro altezza,
“Scusa...”
borbottarono in coro i due, allungando le manine a stringere quelle
dell'uomo.
Il
massiccio eurasiatico si fece avanti e bussò due volte, col
cuore in
gola.
In
un angolo, non vista, Spinella li osservava spasmodicamente, tendendo
l'orecchio.
“Avanti...”.
Una
voce fievole si udì dall'altra parte, presto coperta dal
tramestio
dei bambini che si affannavano a cercare di arrivare alla maniglia.
Furono
preceduti da Leale, che la abbassò cautamente prima di
spingere la
porta, che si aprì con un lento cigolio.
Juliet,
agguantando Beckett per il colletto, lo fermò prima che
facesse il
suo solito chiasso, e al contempo offrì il braccio ad
Angeline per
eventualmente sorreggerla.
Ma
seppur pallida, la donna declinò gentilmente l'offerta e si
mosse
sulle proprie gambe, dando la mano al figlio più tranquillo
per
entrare.
Leale
senior entrò dietro la sorella e, nel corridoio deserto,
restò
soltanto Fowl senior, osservato curiosamente da Spinella stessa.
“So
che sei qui. E ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per la mia
famiglia.” disse improvvisamente lui con tono criptico mentre
guardava insistentemente verso il punto dove l'elfa si trovava, in
aria.
Ma
non poteva vederla, vero?
L'uomo
non disse altro: entrò soltanto, lasciandola preoccupata e
confusa.
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