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Personaggi:Rose Tyler, Mickey Smith, Jackie Tyler, Pete
Tyler, Jack Simmons
Rating:Verde (può
variare)
Avvertimenti:Da collocare dopo 2X13 "Doomsday".
Note:Rose è nel mondo
di Pete, con sua madre e Mickey, deve decider cosa fare della sua vita adesso,
ma non è facile con il pensiero del Dottore sempre nella sua mente.
Buona Lettura
Disclaimer:Doctor Who e tutti i suoi personaggi non sono di mia proprietà
(purtroppo), tutti i diritti sono dei legittimi proprietari, il mio è solo un
divertimento.
Beta:Paolettazza e
Feyilin
Prologo
Guardava quel muro bianco da tanto che le facevano male
gli occhi; le mani doloranti stringevano quel maledetto disco giallo ancora al
suo collo. La mente le urlava di andare via da là, sapeva che aveva bisogno di
lasciare quella stanza, ma non ci riusciva, non poteva ancora farlo … si
aspettava di sentire la sua voce urlare il suo nome, con felicità stavolta, non
con dolore e disperazione, si aspettava di vederselo spuntare dietro, o
ascoltare ancora una volta il suono della sua meravigliosa TARDIS.
Si! Il suo Dottore sarebbe tornato a prenderla, e
sarebbero tornati a correre tra le stelle. Così era,
così dovrebbe essere per sempre.
Si asciugò le ultime lacrime che
bagnavano le sue guance, non era quello il momento di piangere, ma di
aspettare, aspettare il suo Dottore.
"Tesoro, è ora di andare, sono passate ore" la
voce di sua madre la riportò alla cruda realtà. Si era messa accanto a lei,
seduta sul pavimento.
"Devo aspettare cinque ore e mezza,
devo sempre aspettare cinque ore e mezza" disse con convinzione, con la
gola in fiamme per aver a lungo urlato contro quella maledetta parete. Jackie
le mise un braccio attorno alle sue spalle.
"Piccola, sono passate otto ore" le disse con
gentilezza. Rose chiuse gli occhi respirando lentamente, non poteva
essere, non poteva averla davvero lasciata indietro, non dopo tutto quello che
si erano detti, non dopo la promessa che le aveva fatto.
"Non posso … mamma non posso"
le disse cercando di nascondere le lacrime. La madre la strinse a sé per
confortarla.
Faceva male, terribilmente male, dover ammettere di
rimanere indietro, di non poterlo più rivedere. Aveva bisogno di lui in modo
così inteso da farle paura.
"Non posso lasciarlo andare via" disse lasciandosi andare all'ennesimo pianto mentre la madre le
accarezzava la schiena con dolcezza cercando di farla calmare.
"Andrà bene tesoro, supereremo anche questa" le
disse con calma dandole un piccolo bacio tra i capelli.
Rose si sentiva devastata come
mai nella sua vita, il petto le faceva un male tremendo. Voleva smettere di
piangere, voleva alzarsi e lottare per tornare da lui,
ma non ci riusciva, sentiva il suo petto squarciato da una profonda ferita.
"Non voglio dimenticarlo" disse tra i
singhiozzi.
"Nessuno ti chiede questo, piccola" la consolò
la madre prendendole il viso tra le mani e asciugandole le lacrime.
"Devi solo cercare di sopravvivere" disse la
donna. Rose sapeva che sua madre aveva passato una
volta tutto questo e, se qualcuno poteva capirla, era lei.
"E solo così difficile" continuò la biondina
disperata.
"Ce la farai, riuscirai a superarla, del resto sei
una Tyler" continuò facendole scappare un piccolo sorriso.
Rimasero così sedute sul quel freddo pavimento, davanti a
quella parete, in silenzio, con Rose che cercava di calmare i suoi singhiozzi.
Note dell'autore:Eccovi il primo vero capitolo di questa mia
nuova storia. Spero di
essere riuscita a descrivere le emozioni di Rose e Jackie in questa nuova
situazione e, soprattutto, spero di non essere uscita dai personaggi, non lo
sopporterei.
Buona lettura e alla prossima (se volete J).
Beta:Paolettazza e
Feyilin
Capitolo I
Run
Scese con calma le scale guardandosi meglio attorno a sé.
Da sempre aveva sognato di vivere in una casa del genere. Certo, non poteva
lamentarsi della sua vita a Powell Estate con le sue feste, i suoi amici e la
sua piccola Rose, ma mancava quel qualcosa che l'avrebbe resa perfetta, il suo
amato Pete, e a quanto sembrava, nonostante
l'assurdità della situazione, l'Universo le aveva concesso una secondo
possibilità.
L'unica cosa che le stringeva il cuore e non le faceva
ancora vivere al meglio quella situazione, era il sapere che la sua piccola
Rose stava soffrendo e che lei, oltre a starle accanto, non poteva fare altro. Conosceva
fin troppo bene come si sentiva Rose, perché in
passato aveva provato lo stesso alla morte di Pete. Aveva sperato che la sua piccola
non dovesse mai provare quel senso di vuoto e dolore che comporta la perdita di
una persona così importante, un dolore che sa bene l'accompagnerà
per il resto dei suoi giorni, anche se avrà accanto altre persone.
Arrivò nella cucina di quell'immenso posto, aveva bisogno
di una buona tazza di tè, voleva chiarirsi le idee per affrontare al meglio i
giorni successivi. Doveva dare una nuova direzione alla sua vita, doveva capire
come comportarsi con questa nuova versione di Pete, ma soprattutto doveva
occuparsi di Rose, aiutarla a reagire a tutto quel dolore.
"Jackie" la voce di Pete le arrivò una volta superata
la soglia della cucina, la donna fu sorpresa di vederlo lì, seduto al tavolo da
solo, con una tazza di tè caldo tra le mani.
"Pensavo stessi dormendo" disse avvicinandosi e
stringendosi nella sua vestaglia: si sentiva imbarazzata ed emozionata. Era la
loro prima notte sotto lo stesso tetto e avevano deciso di passarla in stanze
separate, per abituarsi nuovamente all'idea.
"Avevo bisogno di un po’ di tè caldo" rispose
sorridendogli. Jackie forzò un sorriso e si versò una tazza di tè per sé, per
poi mettersi allo stesso tavolo con lui.
"Anch'io" confessò sorridendole.
"La giornata non è conclusa …"
"Senza una buona tazza di tè" dissero
all'unisono sorprendendosi entrambi.
"Anche la mia Jackie aveva quest'abitudine"
spiegò Pete abbassando lo sguardo.
"Da quanto tempo l'hai persa, se posso permettermi?"
chiese a voce bassa.
"Tre anni" rispose con
voce sommessa, senza guardarla negli occhi.
"E' stata colpa dei Cybermen" continuò con
tristezza.
"Tu?" chiese di rimando poi schiarendosi la
voce.
"Oh beh diciannove anni, per uno stupido incidente
d'auto" spiegò con calma, sorseggiando il suo tè.
"Oh diciannove, da parecchio tempo" rimase
colpito lui.
"Non abbastanza" aggiunse sinceramente
abbassando lo sguardo, stringendo la tazza calda.
"Non ti abbandona mai, immagino" continuò lui.
"Mai, la consapevolezza che non tornerà più è sempre
lì con te" ammise con la voce rotta dalle lacrime.
"Beh, potremmo aiutarci l’un l’altro, se vuoi"
le disse sorridendole e stringendole le mani. Lei sorrise.
"Possiamo provare, perché no?" rispose
sorridendo di rimando.
"Lei come sta?" chiese poi rompendo il silenzio
in cui erano caduti entrambi.
"Oh si riprenderà, è una Tyler, noi ci riprendiamo sempre" disse con orgoglio, sapendo
comunque che non sarebbe stato così semplice.
"Li ho conosciuti anni fa, erano così uniti, così …
" disse non riuscendo a trovare le giuste parole per descriverli.
"Perfetti insieme"
continuò lei.
"Beh potrà contare su noi, per venirne fuori"
rassicurò Pete.
"Anche se non sarà così facile" ricordò la
donna.
Pete le strinse nuovamente le mani per rassicurarla e le
sorrise ancora una volta con dolcezza. Jackie si lasciò trascinare da quel
senso di benessere che riusciva a provare con lui accanto, proprio come una
ragazzina alla sua prima cotta.
"Rose"
suonò la voce del Dottore nel buio della sua camera,
svegliandola, ma lei la ignorò girandosi dall'altra parte decisa a continuare a
dormire, sprofondando di più in quelle calde coperte.
"Rose
è ora di alzarsi" risuonò ancora, sempre più vicino.
"Va
via!" urlò lei nascondendo la testa sotto il cuscino.
"Su,
Rose" aggiunse buttandosi sul suo letto accanto a lei. Decisamente
doveva imparare a chiudere la camera per evitare tutto questo.
"Come
puoi dormire in una giornata come questa" disse attirando la sua
attenzione e facendole uscire la testa da sotto il cuscino.
"Cosa succede di così emozionante oggi?" chiese
guardandolo scettica.
"Tutto"
disse semplicemente sorridendo freneticamente.
Rose si voltò dall'altra parte sperando di poterlo ignorare,
nascondendo nuovamente la testa sotto il cuscino.
"Come
puoi anche solo pensare di dormire, sapendo cosa ci può
esser fuori le porte del Tardis" continuò togliendole il cuscino,
costringendola a voltarsi e affrontarlo.
"Ho
bisogno di dormire, lo sai" si difese lei.
"Oh ma
voi umani dormite così tanto da perdervi le cose
migliori di questo universo" si lamentò.
"Abbiamo
un patto noi due, mi lasci dormire per otto ore e poi facciamo quello che
vuoi" ricordò la biondina.
"Ma
senza di te mi annoio così tanto" si giustificò
mettendole il broncio.
Rose
sorrise non riuscendo a resistere a quella espressione.
"D'accordo,
dammi il tempo di vestirmi" disse alzandosi.
"Aspetto
qui!" disse mettendosi comodo su quel letto, mentre la ragazza andava
verso il bagno.
"Ah
Rose, questo è un sogno, ora devi svegliarti"
disse il Dottore fermandola.
Si svegliò di colpo trovandosi in quella vuota e
silenziosa camera da letto. Sospirò sentendosi una
stupida a sognare tutte le notte la stessa cosa,
sognare lui che veniva a svegliarla nella sua camera del Tardis, come ogni
tanto in passato era successo.
Si mise seduta e si passò le
mani sul viso, era stanca, aveva sonno, ma i ricordi e il dolore le impedivano
di dormire tranquillamente, era passata solo una settimana, ma ancora il petto
e il cuore le facevano tremendamente male.
Si voltò e sul comodino alla sua destra vide la sua
chiave, lasciata lì come un qualsiasi oggetto. Ne accarezzò i contorni con la
punta delle dita, pregando di poter avere ancora una possibilità di avere con
sé il suo amato Dottore, di poter tornare a stringergli la mano e correre
insieme verso nuove avventure.
Doveva reagire in qualche modo, riprendere in mano la sua
vita, era bloccata nuovamente sulla terra, nonostante tutto. Doveva dargli un
minimo di senso, altrimenti tutto quello che aveva fatto con il Dottore non sarebbe servito a niente e lei non voleva
tornare ad essere nessuno, voleva che il suo Dottore, anche se lontano, potesse
essere davvero orgoglioso di lei.
Prese la chiave sul comodino accanto a lei e si alzò;
aveva bisogno di rilassarsi e cacciare per un attimo il pensiero
di lui dalla sua mente, anche se sapeva quanto fosse difficile.
Pete, Jackie e Mickey cercavano in tutti modi di farla
sentire a suo agio, in questo nuovo mondo, di farla
sentire a casa, ma in realtà viveva il tutto come un’estranea. Per non farli
preoccupare tentava di sorridere e uscire dalla sua camera anche solo per un
saluto e mangiare qualcosa, nonostante lo stomaco rifiutasse categoricamente il
cibo.
Quella casa era enorme, ma c'erano volte in cui si
sentiva in trappola, soprattutto quando erano tutti in salotto o in cucina a
mangiare. Mickey e sua nonna si erano trasferiti lì e, nonostante volesse bene
entrambi, a volte desiderava solo essere ancora sola con sua madre nel suo
piccolo appartamento a Powell Estate.
Sentiva i muscoli in tensione e non sapeva come fare a
calmarsi. Erano ancora le quattro e mezza e non sapeva
cosa fare, gli altri ancora dormivano e sicuramente non si sarebbero alzati per
altre due-tre ore.
Prese la decisione di uscire un attimo nel giardino,
sicuramente sarebbe stata meglio. Si legò i capelli in
una coda alta, prese un paio di pantaloni di tuta, una maglia e una felpa, mise
la chiave attorno al collo e uscì da quella stanza. Il corridoio era buio e
silenzioso, tutti come previsto stavano ancora
dormendo tranquillamente. In punta di piedi attraversò il corridoio superando
la camera da letto dei suoi, scese di sotto e diede
un’occhiata in giro con calma. Non aveva ancora avuto modo di memorizzare quel
posto; non era male, era grande, spazioso e ben arredato, anche se mancava ancora un tocco femminile, anzi, mancava del tutto
il tocco di sua madre. Era evidente che in quegli anni, da quando era morta
l'altra Jackie, Pete non aveva avuto alcuna storia importante.
Andò in cucina, superando la sala da pranzo, e diretta
verso il frigo aprendolo, magiare qualcosa poteva aiutarla, peccato che non avesse
voglia di niente in quel momento. L'odore di cibo che proveniva dal frigo
aperto le fece venire un po’ di nausea, richiuse, quindi, subito e si fermò
sulla finestra che dava sul giardino. Ricordò quando era stata in quella casa e
i cyberman arrivavano diretti proprio dalla fine di
quel posto. Scacciò subito quel ricordo per non ricadere sempre nello stesso
circolo, aveva voglia di correre, correre lontano da
quei ricordi e così fece. Senza rendersene conto, con un profondo respiro, aprì
quelle porte finestre e corse fuori senza una meta prestabilita. L'aria fresca
contro la sua pelle fu rigenerante, i muscoli tesi fino a quel momento
sembravano sciogliersi con un gesto così familiare per loro. Oh sì, correre
l'avrebbe aiutata a riprendere in mano la sua vita.
Aveva corso per parecchio fino ad arrivare in un
delizioso parco, si sentiva decisamente meglio, i
nervi e i muscoli si erano rilassati e lei era più tranquilla. Il peso e il
dolore, che in quella settimana l'avevano accompagnata, sembravano assopiti,
sentiva che poteva farcela, poteva affrontare il
tutto.
Dopo essersi fermata a prendere qualcosa da mangiare,
decise di riprendere la via di casa. Osservava attorno a sé curiosa, il sole
faceva una sua timida apparizione nel cielo sereno, la vita a Londra sembrava
prendere vita con calma, la calma delle prime ore di
luce. Non aveva idea di che ore fossero, nel suo impeto era partita senza
telefono e orologio. Camminò per un bel po’ prima di arrivare a villa Tyler, la
porta finestra della cucina era aperta come l'aveva lasciata, dentro sua madre
e Pete in vestaglia camminavano nervosamente con il viso teso e preoccupato.
"Oddio, eccola!" disse sua madre nel vederla
entrare. Corse ad abbracciarla stringendola a sé.
"Non ti abbiamo vista nel
letto e ci siamo preoccupati" disse l'uomo.
"Dove sei andata, hai idea di come mi hai fatto
stare?" la rimproverò sua madre sciogliendosi dall'abbraccio e guardandola
con severità.
"Scusa non è stato
intenzionale, sono solo andata a correre" disse avvicinandosi al microonde
per riscaldarsi la brioche che si era presa prima.
"E' andata a correre, non lo hai mai fatto in tutta
la tua vita. Non puoi andartene in giro come se
niente fosse, e se ti fosse successo qualcosa?" la rimproverò ancora sua
madre.
"Sto bene mamma, posso cavarmela anche da sola, lo
sai" rispose Rose non sopportando quell'atteggiamento che le ricordava
troppo l'apprensione che il Dottore aveva nei suoi confronti.
"Jake non è ancora riuscito a trovarla …" entrò
in cucina Mickey con il telefono in mano, anche lui in pigiama. Si ammutolì
quando vide la biondina.
"Oh eccoti" disse sorridendole.
"Vado a farmi una doccia" disse seccata per la
discussione avuta con sua madre. Prese la sua brioche e uscì dalla cucina, correndo
nuovamente in camera sua.
I ricordi del Dottore tornarono prepotentemente nella sua
testa, il dolore e il peso che sentiva nel petto tornò a tormentarla, buttò via
la brioche nauseata dall'odore e sentendo lo stomaco richiudersi di nuovo,
sbuffò e si chiuse in bagno per farsi una doccia, forse lì poteva nuovamente
trovare un po’ di pace.
Note dell’autore:Eccovi
il secondo capitolo di questa mia storia.
Dovete perdonare il mio ritardo nell’aggiornare ma sono rimasta senza
internet fino a Pasqua e sono riuscita solo ora a rimettermi sotto a scrivere.
Spero di non aver perso il tocco e che riesca a rimanere nei personaggi
nonostante abbia delle grosse distrazioni, beh aspetto le vostre recensioni.
Beta: Paolettazza
e Feyilin
Capitolo 2
New Identity
Dopo una doccia ed essersi cambiata, Jackie
arrivò in cucina, ancora nervosa per la discussione avuta con Rose. Quando si
era alzata quella mattina e aveva trovato la porta della sua camera aperta, era
stata sollevata. Da quando si erano trovati lì Rose usciva raramente da quella
stanza, giusto per mangiare qualcosa o solo per salutarli, niente di più. La
sua tranquillità, però, era scomparsa nel trovarsi la porta finestra della
cucina aperta e nessuna traccia della figlia. Era corsa a svegliare Pete e
Mickey, troppa spaventata che le fosse successo qualcosa, la paura era stata
più forte della razionalità. E poi lei era spuntata a casa come se niente
fosse, tranquilla e sorpresa di vederseli tutti lì, avrebbe potuto almeno
avvertirla con un foglietto o almeno portarsi il cellulare.
Respirò cercando di calmare i nervi, si mise
ai fornelli per preparare la colazione al resto della famiglia, era quasi ora
di andare a lavoro per Pete e Mickey, mentre lei sarebbe rimasta in
quell'enorme casa con una figlia che preferiva rimanere chiusa in camera da
sola. Doveva trovarsi un qualcosa da fare in quella casa o sarebbe impazzita.
"Jacks lascia stare, non devi farlo
tu" giunse la voce di Pete che entrava nella stanza.
"Voglio farlo Pete" disse senza
smettere di cucinare.
"Può farlo anche Milly, la pago per
questo" continuò l'uomo mentre tentava di sistemarsi la cravatta.
"Ho fatto a meno della domestica per 40
anni, continuerò a farne a meno" rispose lei un po’ infastidita, si fermò
un attimo è sbuffò.
“Sono stata abituata a fare tutte cose da
sola e non sono per niente abituata a starmene ferma” disse voltandosi per
guardare Pete.
“Lo so e lo capisco” disse lui dolcemente.
Jackie sorrise e si avvicinò per sistemargli la cravatta della tonalità azzurra
e bianca.
“Ti sta bene questo colore” disse dolcemente
accarezzandogli la cravatta, ricordando quando regalò al suo Pete una cravatta
dello stesso colore. Naturalmente quella che aveva comprato lei era una qualità
più scadente, la più economica in offerta, gliela aveva regalata per il loro
prima natale da sposati. Si guardarono sorridendosi dolcemente, gli era mancato
tanto il suo sorriso, un sorriso che donava solo a lei o alla piccola Rose.
"Rose?" chiese lui cambiando
discorso e scostandosi un po’ da lei.
"Credo sia ancora in camera"
rispose con calma, aveva bisogno di tempo per abituarsi gli uni agli altri.
Fece tutto con calma, non aveva alcun
programma per il giorno, di solito se ne stava nella sua stanza a rimpiangere
di non essere con il Dottore, ma quel giorno voleva darsi da fare, voleva
iniziare a prendere in mano la sua vita, forse poteva cercarsi un piccolo
lavoro che la tenesse impegnata. I suoi pensieri furono interrotti dal bussare
alla porta, invitò a entrare aspettandosi sua madre, ma si sorprese nel vedere
Mickey.
"Ehi, tutto bene?"chiese il ragazzo
entrando.
"Certo, come sempre" disse mettendo
via alcuni maglioni che si era provata.
"Stamattina sei andata subito via"
disse con tono preoccupato.
"Scusa, ma non sopportavo un'altra
discussione con mia madre" spiegò continuando a riordinare.
"Cosa è successo? Tua madre mi ha fatto
prendere un colpo svegliandomi, ha interrotto anche un bellissimo sogno"
scherzò facendola sorridere un po’.
"Oh, niente di che, sono solo andata a
correre" disse mettendosi seduta sul bordo del letto. Mickey la segui
mettendosi accanto a lei.
"Sei andata a correre, perché?" chiese
sorpreso.
"Non lo so, sentivo di averne bisogno,
in realtà non mi sono accorta di aver iniziato a correre fino a che non sono
uscita da casa" confessò con calma senza guardarlo.
"Allora, come mai non sei al
lavoro?" chiese cambiando discorso.
"Oh giusto dimenticavo, tuo padre
vorrebbe parlarti" disse alzandosi e porgendole una mano.
"Non ho voglia di vederli in questo
momento" sbuffò lei.
"Rose, è una cosa importante" le
disse lui con calma.
La ragazza sbuffò ancora una volta, si alzò
indicando la porta a Mickey che le sorrise e la aprì.
Scese con Mickey, si aspettava una ramanzina
per quello che era successo nella mattinata, ma una volta arrivata, si trovò
sua madre sul divano a leggere qualcosa e Pete in piedi che parlava con un
giovane ragazzo dai capelli castani e gli occhi chiari.
"Bene, siete qui" disse Pete
vedendola entrare e avvicinandosi a lei.
"Ehi amico, è bello rivederti"
disse Mickey colpendo amichevolmente la spalla al ragazzo.
"Ti presento Ianto Jones, il mio braccio
destro al Torchwood" disse Pete indicando il giovane accanto a lui.
"E' un piacere conoscerla miss"
disse con calma e sorridendo.
"Chiamami Rose per favore" rispose
lei mettendosi accanto a sua madre.
"Certo, come vuole”, disse senza
scomporsi tanto.
"Ecco, magari dandomi del tu"
scherzò lei mentre si metteva seduta accanto a sua madre.
"Allora, cosa dovevi dirmi di così
importante?" chiese rivolto verso Pete.
"Bene, allora è passata una settimana da
quando siete qui, con Ianto abbiamo pensato di crearvi una nuova identità"
spiegò l'uomo con calma.
"Nuova identità? Io non voglio perdere
il mio nome" disse di fretta Rose seccata.
"No, tesoro non lo perderai!" la
rassicurò sua madre, Ianto le passò una cartellina di documenti.
"Ti chiamerai sempre Rose Tyler, ma non
sei mia figlia, beh non figlia naturale almeno" spiegò con calma Pete.
"La mia Jackie aveva una sorella con una
figlia, entrambi scomparsi la notte dei Cybermen" continuò la spiegazione.
"Abbiamo pensato che Jackie avrebbe
cresciuto la nipote come sua figlia dopo aver perso la sorella" continuò
Ianto.
Rose diede un occhiata ai documenti che Pete
le aveva passato; c'era tutto, certificato di nascita, il certificato di morte
dei veri genitori, i documenti dell'adozione di Jackie e Pete, i documenti
delle scuole e le pagelle, e poi anche un diploma.
Si soffermò su quel pezzo di carta tenendolo
tra le sue mani, per anni si era pentita di non averlo preso, di non aver
potuto rendere la madre orgogliosa, e ora eccolo lì, un misero foglio di carta
che attestava che lei si era diplomata, peccato che non fosse così.
"Cos'è questo?" chiese senza alzare
lo sguardo.
"Il tuo diploma" spiegò Mickey.
"Io non mi sono mai diplomata"
rispose lei.
"Serviva una qualche qualifica per farti
entrare al Torchwood e questo era un punto di partenza" continuò a
spiegare Pete. Rose lo guardò infastidita. Lei al Torchwood? Dicevano sul
serio?
"Io non voglio lavorare al
Torchwood" disse.
"E' la scelta più logica Rose, sei stata
preparata dal Dottore, nessuno può vantare un addestramento simile" intervenne
Pete, a quello Rose scattò in piedi.
"Non era per niente un
addestramento" disse stringendo i pugni e trattenendo le lacrime, perché
era così difficile anche solo parlare di lui?
"Rose, ascolta, tu sei adatta a fare
questo lavoro, hai più esperienza di metà dei miei colleghi" continuò
Mickey con calma.
"Io non voglio lavorare al Torchwood e
non voglio assolutamente un diploma falso" continuò lei.
"E allora cosa vuoi fare, non puoi
restare in camera nella speranza che lui torni, lo sai che non può farlo"
le ricordò la madre con severità.
"Lo so mamma, non c'è bisogno che me lo
ricordi" le rispose con lo stesso tono.
"Tesoro, so quanto tu stia soffrendo, ma
devi reagire in qualche modo, accettare questo lavoro potrebbe fare la
differenza per te" le disse con più dolcezza Jackie avvicinandosi e
accarezzandole le braccia per confortarla.
"Io non voglio lavorare per loro, lo
capisci?" chiese lei con più calma.
"Prenderò il diploma per conto mio, e
poi lavorerò lontano da loro, cerca di capirlo mamma, io non riesco a …"
cercò di parlare con un groppo in gola, la madre l'abbracciò forte,
accarezzandole la schiena.
"Bene, allora t’iscriveremo nel miglior
corso, potresti prendere anche lezioni in privato e …" cercò di spiegare
Pete ma Rose lo fermò, si sciolse dall'abbraccio di sua madre, scuotendo la
testa.
"No Pete, davvero, anche se lo apprezzo
molto, non voglio essere privilegiata solo perché sono la figlia di Pete Tyler,
voglio essere solo io, Rose Tyler" spiegò con calma.
"Lo capisci, vero?" chiese la
ragazza con calma, Pete annuì, Rose prese il finto diploma e lo gettò nel
camino acceso.
"Bene, sistemerò le ultime cose prima di
questo pomeriggio, ci vediamo alla Vitex"disse Ianto salutando tutti e
distraendo Rose dai suoi pensieri.
"Cosa succede oggi?" chiese la
ragazza prima che il ragazzo potesse uscire.
"Terremo una conferenza stampa, così che
i giornalisti sappiano della vostra identità ed evitino di seguirvi ovunque
andiate" spiegò il ragazzo con gentilezza.
"I giornalisti? Sul serio?" chiese
guardando Pete.
"Mi dispiace Rose, ma dobbiamo, i
giornalisti potrebbero diventare fin troppo pressanti, non avremmo più
pace" spiegò l'uomo preoccupato. Rose fece una smorfia infastidita, l'idea
che la sua vita privata fosse disturbata da altre persone, le faceva rivoltare
lo stomaco.
"Pete è un uomo importante, Rose, devi
abituarti" disse il suo amico Mickey.
"D'accordo, ma non voglio che mi siano
fatte domande o altro, intesi?" disse rivolta verso Ianto, il ragazzo le
sorrise.
"Farò il possibile, a più tardi"
disse per poi uscire.
Rose guardò ancora una volta la cartellina
dei documenti che aveva lasciato sul divanetto accanto a sua madre, vide Pete
sedersi accanto a lei e rassicurarla accarezzandole la mano e sorridendole.
Aveva sognato questo per tutta una vita, ma adesso non le bastava più, adesso
non si sentiva affatto felice.
"Vado a mangiare qualcosa" disse
prendendo i documenti della sua nuova identità e uscì via.
Note dell’autore:Eccovi il terzo e
conclusivo capitolo di questa storia, naturalmente questo è solo l’inizio,
consideratelo solo un grande prologo, dalla prossima storia si fa sul serio,
Rose entrerà davvero in azione.
Spero che
vi piaccia e che continuate a seguirmi, anche se in questa serie il Dottore
sarà solo nominato. Aspetto le vostre recensioni e i vostri giudizi.
Beta:Paolettazza
Capitolo III
To go in new life
Arrivarono alla Vitex nel pomeriggio, a bordo di una
limousine nera, il palazzo non era molto grande c’erano in tutto quattro piani,
tutto in vetri, sulla porta d’ingresso una grande scritta “Vitex” dagli stessi
colori dell’etichetta sulle varie bibite. Rose seguì Pete e la madre fuori
dell’abitacolo, davanti all’ingresso, nel suo completo, c’era Ianto con accanto
Mickey, sorrise cordialmente e salutò prima Pete poi Jackie e lei.
“Sono arrivati?” chiese Pete in tono apprensivo mentre si
accomodavano nell’atrio del palazzo.
“Stavamo aspettavo
voi” rispose Ianto, Rose si guardava attorno, la Hall era accogliente, colori
caldi come l’arancio sulle pareti e il rosso scuro sui divanetti e le poltrone
alla loro destra accoglievano i visitatori, al centro in fondo c’era un lungo
bancone di legno chiaro dietro il quale sedeva una giovane donna, poco più
grande di Rose, lavorava al computer mentre parlava all’auricolare.
Ianto li condusse in un corridoio a sinistra, dove una
serie di porte si susseguivano una dopo l’altra ed in fondo c’era una porta
trasparente che si apriva sulle scale antincendio.
“Credevo che avessi una fabbrica” disse Jackie
guardandosi attorno.
“Infatti, questo è solo il centro amministrativo, la fabbrica
vera e propria si trova a qualche chilometro a sud di qui” spiegò Pete con
calma.
"Po … potremmo andarla a vedere se ti va” disse un
po’ indeciso.
Ianto si fermò davanti ad una porta bianca senza alcuna
scritta, sulla parete a destra un lettore per le tessere; Ianto fece scorrere
la sua fin quando la luce verde si accese e la porta si aprì con uno scatto, si
ritrovarono in una stanzetta con due divanetti uno di fronte all’altro, e un
tavolinetto al centro.
“Che cosa dovremmo fare?” chiese Jackie guardandosi
attorno.
“Oh, entreremo da quella porta” disse indicando alle sue
spalle, “Voi vi accomoderete dietro il tavolo ed io parlerò con i giornalisti”
spiegò il ragazzo, Rose iniziò a sentirsi davvero in forte disagio in mezzo a
tutta quella situazione, non le piaceva, voleva tornarsene alla villa.
“Tutto bene?” chiese sottovoce Mickey accanto a lei, Rose
deglutì e fece di si con la testa cercando di calmarsi. Seguirono ancora una
volta Ianto nella stanza accanto, Rose si fermò un attimo e cercò di respirare
con calma, si accorse di stare tremando leggermente, strinse le mani a pugni
come per calmare il leggero tremore, per poi seguire gli altri, Mickey la stava
aspettando, mentre sua madre e Pete si erano accomodati dietroun tavolo bianco con delle caraffe di acqua.
La stanza era molto più grande con delle vetrate che davano sul giardino, il
tavolo era rialzato su una piccola pedana di velluto rosso come le sedie sulle
quali erano seduti una decina di giornalisti davanti a loro.
Ianto rimase alzato, mentre lei si metteva tra Jackie e
Pete, i giornalisti li osservavano e i fotografi si scatenarono con le loro
macchinette, tutti interessati a loro, si sentiva a disagio, come un animale in
trappola, trovava tutta quella situazione assurda, cosa poteva importargli
della loro vita privata, perché dovevano dare spiegazioni?
Ianto sembrava a suo agio mentre parlava tranquillamente,
proprio come Pete e Mickey, Jackie si vedeva che sta sforzando un sorriso per
nascondere la tensione e lei, beh lei era sempre più un pesce fuor d'acqua,
avrebbe dato tutto pure di tornare a essere la semplice Rose Tyler che abitava
al Powell Estate con sua madre. Sentiva il tremore aumentare a ondate e
un’orrenda sensazione di soffocamento si faceva strada in lei lentamente,
sentiva la voce di Ianto soffocata e irreale.
"Che cosa si prova a diventare l'erede principale di
una delle aziende più produttive dell'Inghilterra?" chiese un giovane
giornalista verso di lei, Rose si sentì in forte disagio, guardò Ianto e poi
Pete.
"Niente domande alla famiglia, grazie" disse
Ianto, ma non sembrava essere ascoltato.
"I nostri lettori saranno davvero incuriositi da
lei" continuò il giovane, Rose si guardò in giro, tutti quei giornalisti
aspettavano una sua risposta, questo la metteva in crisi. Era strano, aveva
sempre avuto la risposta pronta per tutti, non importava chi erano, ma in quel
momento sentì la bocca impastata, sudava freddo, le mancava fiato e il cuore
sembro aumentare vorticosamente il battito, non sapeva che fare, come reagire a
tutto quello quindi seguì il suo istinto, si alzò e corse via, uscì dalla sala
da una delle due porte a due ante, salì le scale antincendio cercando di
calmarsi senza successo, corse per diversi piani, fino a quando non arrivò sul
tetto, e fu una liberazione, l’aria fresca contro il viso sembrò ristorarla,
prese un respiro profondo riprendendo il controllo del suo intero corpo, si
lasciò scivolare contro il muro fino ad arrivare a terra, il cuore sembrava
rallentare lentamente, e il suo respiro ristabilirsi, il tremore stava
lentamente andando via.
Già immaginava i titoli dei giornali il giorno dopo,
giovane ereditiera scappa dalla conferenza stampa. Sentì la porta aprirsi e
Pete fare capolinea.
"Tutto bene?" chiese preoccupato sedendosi
accanto a lei.
"Adesso sì, grazie" rispose lei sorprendendosi
nel sentire la sua voce un po’ tremante.
"Mi dispiace, so che era importante, non capisco
cosa mi sia preso" si scusò sentendosi tremendamente in colpa.
"Tranquilla, hai avuto solo un attacco di panico,
può capitare a tutti" spiegò Pete.
"Non mi era mai successo" disse ancora
appoggiando la testa al muro, sentendo ancora le mani tremanti.
"Un attacco di panico, dio è così assurdo"
continuò incredula.
"Io ho affrontato di tutto in questi ultimi anni,
Dalek, Cybermen, Sicorax, ho visto la fine del mondo nel futuro, sono stata
intrappolata in una televisione negli anni 50 e sono stata insignita del titolo
di Dame dalla Regina Vittoria in persona dopo averle salvato la vita da un
lupo, ed ero ho avuto un attacco di panico perché un giornalista mi ha fatto
una domanda diretta, non ha alcun senso" disse senza fermarsi con tono
ironico, Pete sorrise.
"Beh prima di oggi non avevi perso una persona così
importante" spiegò l'uomo.
"E’ successo anche a te?" chiese lei
guardandolo, l'uomo abbassò lo sguardo
"Alla prima uscita pubblica dopo la morte della mia Jackie"
disse con tristezza.
"Quando hai smesso di avere questi attacchi?"
chiese la ragazza cambiando argomento.
"Non ho mai smesso" disse sinceramente.
"Bugiardo" lo accusò sorridendo.
"Ti ho visto in mezzo alle persone, sei così calmo e
tranquillo, ti viene quasi naturale" disse Rose.
"E' solo una facciata, devo esserlo, la mia
posizione lo richiede, non ho mai avuto il coraggio di seguire l'istinto di
scappare, come hai fatto tu oggi" le spiegò sorridendo.
"Devi Imparare solo a conviverci e poi andrà
meglio" continuò in tono rassicurante.
"A volta credo che invece sarà una cosa
impossibile" disse la ragazza sinceramente.
“Dipende solo da te, Rose, da come affronterai la cosa,
io e gli altri ti saremo sempre vicino” continuò.
“Io non so cosa voglio, questa non è la vita che volevo,
avrei continuato a viaggiare con lui per il resto dei miei giorni”.
“E tutta questa situazione mi terrorizza, perché non sono
niente senza di lui, non mi sento in grado di affrontare nulla” continuò la
ragazza tremante.
“Non essere ridicola, sei Rose Tyler, sei la ragazza
coraggiosa che è a discapito di tutto, è entrata con me nella fabbrica dei
Cybermen” la incoraggiò l’uomo.
“Sarà” disse non molto convinta.
“Su avanti,
torniamo da tua madre, o saremo entrambi nei guai” disse alzandosi e porgendole
una mano.
“Allora vieni?” chiese sorridendole, la ragazza accettò
l’invito di Pete e si alzò.
“Grazie Pete” disse con gentilezza abbozzando un piccolo
sorriso.
“Grazie, per prenderti cura di lei, di entrambe” continuò
sinceramente colpita dall’atteggiamento dell’uomo che aveva di fronte.
“E’ un vero onore avere questa secondo possibilità con
voi” disse lui con la sua solita calma e il suo sorriso incoraggiante, le
circondò le spalle con un braccio e insieme andarono alla porta che portava
all’interno dell’edificio.
“Sai penso che dovresti invitare mamma ad un primo
appuntamento romantico” suggerì la biondina, Pete scosse la testa sorridendo a
quella prospettiva. Sarebbe andato bene, doveva solo impegnarsi un po’,
accettare l’aiuto di chi aveva attorno, e un giorno sarebbe andata avanti per la
sua strada.
Questo era il primo passo verso una nuova vita, una vita
senza il suo amato Dottore, le faceva paura certo, ma era certa che poteva
rialzarsi, glielo doveva, per tutte le volte in cui le aveva salvato la vita e
aveva creduto in lei.