Being a Half.

di Ambros
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Weird encounters. ***
Capitolo 2: *** Weird Encounters (II) ***
Capitolo 3: *** Halfbeings ***
Capitolo 4: *** New World ***
Capitolo 5: *** New Family ***
Capitolo 6: *** Training ***
Capitolo 7: *** Changing ***
Capitolo 8: *** Misunderstandings ***
Capitolo 9: *** Worst. Idea. Ever. ***
Capitolo 10: *** Leaving ***
Capitolo 11: *** Time does not heal ***
Capitolo 12: *** Big and small disasters ***
Capitolo 13: *** Blood ***
Capitolo 14: *** Waking Up ***
Capitolo 15: *** It was about time ***
Capitolo 16: *** Choices ***
Capitolo 17: *** Not a Goodbye ***
Capitolo 18: *** Feeling Hopeless ***
Capitolo 19: *** A Silent Goodbye ***
Capitolo 20: *** Don't let me go ***
Capitolo 21: *** Letting Go ***
Capitolo 22: *** I won't let you go ***
Capitolo 23: *** It's worth savin' you ***
Capitolo 24: *** I will be your guardian ***
Capitolo 25: *** Always ***
Capitolo 26: *** Promise ***
Capitolo 27: *** Maybe It's a Goodbye ***
Capitolo 28: *** I Love You ***
Capitolo 29: *** Until My Dying Day ***
Capitolo 30: *** Let it Be ***
Capitolo 31: *** Light ***
Capitolo 32: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Weird encounters. ***


Alloooora.
Questa è la mia prima long, quindi siate buoni ma, vi prego, recensite e fatemi sapere cosa ne pensate :)
E' molto, molto, molto, molto OOC. MOLTO.
Ed è diversa dalle altre che ho scritto (decisamente meno demenziale, per intendersi), ma ugualmente folle (leggendo capirete perché).
Ho già scritto la maggior parte della storia, quindi dovrei essere puntuale con gli aggiornamenti (se la seguirà qualcuno, ovviamente); pensavo di aggiornare una volta a settimana, due nel caso di un capitolo imbarazzantemente breve.
Enjoy! 



Chiunque abbia detto che l’adolescenza è il periodo più bello della vita, si meriterebbe una sedia. Scaraventata con violenza.
Sui denti.
Sul serio.
Chi è stato il genio che non si è accorto di come l’adolescenza sia l’equivalente esponenziale –esponenziale, sì, perché mica la vogliamo far durare due minuti- di una porta sbattuta sui denti? E non una, ma molteplici volte.
Chiunque fosse, in un certo senso un po’ è da compatire: pensateci bene; se l’ha detto, evidentemente per lui il periodo più bello dev’essere stata davvero l’adolescenza. Immaginatevi il resto della sua vita cosa non dev’essere stato.
Perché essere adolescenti significa essere perennemente sbagliati, nel posto sbagliato, nel momento sbagliato e con persone ancora più sbagliate. E se per caso, un giorno, tutte queste eventualità non si verificassero nello stesso istante, state pur certi che pioverà; e no, non avrete l’ombrello nello zaino. Sì, anche se è Ferragosto.

O almeno, era così che si sentiva Blaine, mentre si trascinava per il corridoio semideserto di un liceo pubblico, impaziente di andare a casa e nascondersi tra i cuscini del divano, possibilmente con un chilo di cioccolata fra le mani.
Erano gli ultimi mesi dell’ultimo anno del liceo, e non ne poteva assolutamente più.
Gli sembrava che la sua vita si fosse ridotta ad un misero susseguirsi di svegliarsi-sopravvivere a scuola a eventuali spintoni-tornare a casa-studiare-dormire, e lo trovava snervante e demotivante.
Senza contare che negli ultimi giorni si era sentito osservato, come se qualcuno lo stesse seguendo, e un senso di inquietudine l’aveva pervaso per non lasciarlo più; una volta, nel cuore della notte, si era svegliato, certo di aver visto una figura scura rannicchiata sul davanzale della propria camera; ci aveva messo due ore buone per convincersi di averla solo immaginata, perché la sua stanza era al primo piano, e nessuno avrebbe potuto raggiungere la finestra dal giardino. Senza contare che nessuno sarebbe riuscito a saltare giù dal davanzale nel tempo di un battito di ciglia, non senza rompersi una gamba.
Uscì di malavoglia nell’aria tiepida di fine marzo, e non riuscì a godersi appieno i timidi raggi di sole che illuminavano dolcemente il parcheggio della scuola: sarebbe dovuto tornare a piedi anche quel giorno.
La macchina era ancora dal meccanico, e, nemmeno a dirlo, per evitare di essere tormentato all’uscita, aveva anche perso l’autobus; sbuffò, aggiustandosi meglio la tracolla sulla spalla, avviandosi a passo lento: non aveva fretta.
Non c’era nessuno a casa ad aspettarlo, i suoi erano sempre troppo presi dal lavoro, dai loro viaggi attorno al mondo e dai loro finti amici, per pranzare con lui nei giorni feriali. O in quelli festivi, per quello che poteva valere. Per di più, era figlio unico.
Rabbrividì, mentre quella familiare sensazione di ansia e preoccupazione tornava a farsi sentire, vivida come non mai: non capiva cosa gli stesse succedendo, non gli era mai capitato di avvertire così prepotentemente quel nodo allo stomaco, mentre un istinto primordiale, ma sempre più insistente, lo costringeva ad accelerare il passo, incurante della stoffa ruvida della tracolla che gli sfregava dolorosamente la gola.
Sentiva di dover assolutamente arrivare fino a casa, perché lì sarebbe stato al sicuro; nemmeno lui sapeva bene da cosa, o da chi.
Affrettò ancora di più il passo, e quasi si mise a correre, obbedendo ad una voce imperiosa nella testa che gli intimava di muovere velocemente le gambe. Più velocemente.
Si rilassò quando ormai mancavano pochi minuti all’arrivo: avrebbe girato l’angolo, e avrebbe visto la staccionata dipinta di bianco, che contornava il familiare giardino ben curato.
Ma fu proprio lì il suo sbaglio.
Si bloccò, col cuore che gli batteva furiosamente in gola, quando vide due figure snelle e alte, coperte da degli ampi mantelli, sbucare quasi dal nulla dal ciglio della strada alberata.
Cercò di deglutire, riflettendo febbrilmente: c’erano comunque alte probabilità che non fossero lì per lui, che non gli stessero andando incontro.
Ma un istinto sconosciuto gli urlava che stavano cercando proprio lui, e che sarebbe dovuto scappare, con urgenza; riconobbe il segnale che il proprio corpo cercava di mandargli: pericolo.
Si girò, e cominciò a correre più veloce che poteva, mentre dei passi rimbombavano dietro di lui, sempre più vicini: ormai non poteva avere più alcun dubbio; erano lì per lui.
Riusciva a sentire solo il proprio respiro spezzato, i muscoli delle gambe che bruciavano insopportabilmente, una mano stretta convulsamente attorno alla tracolla, il battito del cuore che gli rimbombava fragorosamente nelle orecchie, senza lasciargli il tempo o lo spazio per pensare, per voltarsi anche un solo istante e vedere chi lo stesse seguendo; si guardò attorno disperatamente, ma le strade erano deserte. C’erano solo lui, i due inseguitori sempre più vicini e quell’istinto che continuava a gridargli di correre il più lontano possibile; ma quella maledetta strada sembrava non dover finire mai.
Un grido gli si strozzò in gola, quando qualcosa di tremendamente simile ad una corda gli arpionò una caviglia, trascinandolo sull’asfalto; ebbe la prontezza di atterrare sulle mani e non di faccia, graffiandosi i palmi, e sentì un dolore bruciante anche alle ginocchia, che strusciarono sul cemento ruvido, facendolo gemere di dolore.
Riuscì a girarsi per fronteggiare le due figure incappucciate, e rimase senza fiato; di fronte a lui c’erano un uomo e una donna, i più belli che avesse mai visto, di una bellezza terribile: avevano i tratti delicati, leggermente in ombra per via dei cappucci, gli occhi azzurri e innaturalmente luminosi, lunghi capelli fini raccolti in pettinature complicate, e le labbra delicate dischiuse sui denti perfettamente bianchi, in due ghigni identici; l’uomo reggeva una sottile catenella perlacea, e Blaine la riconobbe come quella che l’aveva trascinato per terra.
Mosse di scatto la gamba imprigionata, istintivamente, cercando invano di liberarsi, ma l’altro non fece una piega: si limitò a rivolgergli un sorriso ancora più sprezzante, quasi vittorioso, e Blaine cominciò a sentire un terrore gelido invadergli lo stomaco, mentre da quei volti scompariva una qualsiasi traccia della bellezza che aveva visto qualche attimo prima.
Lottò ancora, disperatamente, perché doveva assolutamente scappare da lì, lo sentiva fin dentro le ossa; doveva mettere fra sé e quelle creature –che di umano avevano ben poco- tutta la distanza possibile.
Il respiro gli si fece affannoso e il panico gli annebbiò la vista, mentre la donna gli si avvicinava, rigirandosi fra le mani un pugnale dalla lama corta e sottile, un sorriso sinistro stampato sul volto.
Blaine chiuse gli occhi automaticamente, pregando che tutto quello fosse solo un incubo, perché era troppo assurdo da concepire; ormai vivevano nel ventunesimo secolo, nessuno usava più i pugnali, nessuno indossava più dei mantelli …
Un sibilo curiosamente musicale lo costrinse ad aprire gli occhi, e sussultò vedendo il volto della donna a poche spanne dal proprio “Finalmente ti abbiamo preso, bastardo.”
Qualcosa si smosse dentro di lui, al suono di quella voce; come se un tassello fosse scivolato esattamente al proprio posto, come se, in un punto imprecisato vicino al suo cuore, si fosse aperto un mondo completamente nuovo, e agì prima di potersene rendere conto: scoprì i denti, mentre un ringhio basso e terrificante, che lasciò basito persino lui, gli sfuggiva dalle labbra, minaccioso.
Lei rise, sinceramente divertita, guardandolo con sufficienza, e quel suono gli arrivò amplificato, mentre una furia gli cresceva nel petto, scacciando la paura che vi aveva albergato fino a due secondi prima, facendogli vibrare la cassa toracica mentre un altro ringhio, più profondo del precedente, gli saliva direttamente dalla gola.
Voleva liberarsi, ma stavolta non per scappare: voleva azzannare quel collo flessuoso, dilaniarlo. Voleva vedere quegli occhi azzurri riempirsi di terrore e lacrime. Per la prima volta, mentre la vista gli si tingeva di rosso, voleva uccidere.
Provò a fare leva sui propri avambracci, ma la donna fu più veloce di lui: gli strinse la gola in una morsa incredibilmente forte, costringendolo a terra, con un ghigno, mentre il volto di Blaine si faceva paonazzo e i suoi polmoni annaspavano, alla ricerca disperata d’aria.
Accadde tutto all’improvviso; la presa di lei svanì dalla sua gola, e sentì un gemito soffocato, mentre inspirava profondamente, boccheggiando.
Si tirò su più velocemente che poteva, e siccome la catena non lo teneva più bloccato, riuscì a mettersi in piedi, barcollando un po’, con un dolore sordo al collo.
Spalancò gli occhi per la scena che aveva di fronte: di spalle rispetto a lui c’era un ragazzo, vestito completamente di nero, che faceva vorticare nelle proprie mani due pugnali le cui else erano curiosamente incurvate verso le lame, che dovevano essere lunghe quanto i suoi avambracci, con un’abilità sorprendente.
Gli altri due lo guardavano con astio, e la donna aveva un taglio sullo zigomo che sanguinava.
“Andate via” disse tranquillamente il ragazzo, con voce cristallina “E mi sforzerò di non uccidervi.”
Blaine spalancò gli occhi; era impazzito? Voleva forse morire?
Sembrava che anche le due figure incappucciate la pensassero allo stesso modo, perché scoppiarono a ridere contemporaneamente, i loro volti assolutamente privi di una qualsiasi allegria.
“Sul serio, moccioso?” Stavolta fu l’uomo a parlare “Penso che tu ti sia montato troppo la testa, a giocare con quelle ridicole lime per unghie.”
“Speravo che lo dicessi.” Blaine percepì che il ragazzo stava sorridendo, ma non ebbe tempo di registrare l’informazione, perché lo vide avventarsi ad una velocità sovrumana contro l’uomo, un pugnale teso in avanti e l’altro vicino al petto.
I loro movimenti erano talmente veloci da risultare quasi invisibili; il ragazzo schivava e attaccava con una grazia e un’agilità che non aveva mai visto in nessun altro, e la sua figura snella riusciva sempre ad evitare di un soffio i corti pugnali degli altri due, saltando e girando su se stessa, in una danza mortale.
Lo vide abbassarsi di scatto, e affondare una lama nel ventre dell’uomo “Dì ‘ciao’ alle mie lime per unghie” gli sibilò, con un ghigno soddisfatto sul volto.
Blaine vide il volto della donna contrarsi in una smorfia terribile, e urlò prima di rendersene conto, senza badare al bruciore che gli infiammò la gola “Attento!”
Il ragazzo non si voltò nemmeno; estrasse rapidamente la lama dal corpo dell’uomo, e spiccò un balzo verso il cielo, atterrando dietro la donna con una capriola a mezz’aria; le incrociò le lame dietro il collo, prima che lei potesse dire qualcosa “Va’ via” le sibilò, con una furia terribile trattenuta a stento nella voce.
Lei annuì, mentre una serie di emozioni indecifrabili le attraversavano il volto; le lame si allontanarono dal suo collo, e si mise a correre, troppo velocemente per poter essere vista.
Solo in quel momento Blaine alzò gli occhi sul ragazzo che l’aveva salvato, e poté osservarlo meglio: era più alto di lui, e indossava degli anfibi, dei pantaloni neri molto stretti e una maglia dello stesso colore; aveva i capelli castani, e i tratti del volto erano molto delicati, ma c’era qualcosa di strano.
Erano le orecchie, che terminavano con una punta appena accennata, ma ben visibile. E i canini, che si intravedevano tra le labbra dischiuse, anche quelli leggermente a punta. E infine, c’erano gli occhi: verdi attorno alla pupilla e color ghiaccio nella parte più esterna dell’iride, ma per quanto fossero straordinari, era ancora qualcos’altro che fece rabbrividire Blaine: le pupille; erano sottili e verticali, proprio come quelle dei gatti.
Lo osservò avvicinarsi con passo felpato e sinuoso al corpo dell’uomo, e notò solo in quel momento quanto fosse cambiato: non era più bellissimo; due piccole corna gli spuntavano sopra gli occhi, e i tratti non erano più delicati, ma ben marcati, e gli conferivano un aspetto macabro; il ragazzo lo smosse sprezzante con un piede, osservandolo un attimo: gli piantò uno dei pugnali nel cuore con una precisione raccapricciante, e lo estrasse velocemente, pulendolo sul mantello dell’altro.
Dopodiché, il cadavere svanì nel nulla, come se non fosse mai esistito.
Fu a quel punto che Blaine perse i sensi, e l’ultima cosa che vide fu il ragazzo che gli si avvicinava di scatto, con un’espressione preoccupata.

“Coraggio, svegliati” una voce cristallina stava borbottando delle parole nel suo orecchio, vagamente preoccupata e scocciata.
Blaine aggrottò le sopracciglia, gli occhi ancora chiusi, mentre cercava di ritrovare la strada fino alle sue palpebre.
“Forza, non ho tutto il giorno!” sbottò di nuovo quella voce, e stavolta la nota d’impazienza si fece sentire più chiaramente.
Avrebbe voluto dirgli che ci stava provando, ma che era tremendamente difficile, soprattutto con quel dolore pulsante alla gola.
“E va bene, l’hai voluto tu”
Spalancò finalmente gli occhi quando uno schiaffo lo colpì in pieno viso “Ahia!” boccheggiò, guardando offeso il ragazzo inginocchiato accanto a lui, che non sembrava affatto dispiaciuto “Scusa” disse, con una scrollata di spalle “Non sapevo cosa altro fare.”
Si alzò, tendendogli poi la mano; Blaine la afferrò dopo un attimo di esitazione, e una lieve scossa gli percorse il braccio, facendolo rabbrividire, ma l’altro interruppe subito il contatto, con un’espressione confusa.
Si guardarono per qualche istante, entrambi imbarazzati, cercando qualcosa da dire; lo sgomento di Blaine prese il sopravvento.
“Ma che diavolo è successo …?” Allargò le braccia, accennando con un gesto esasperato alla strada attorno a sé, deserta. “Mi sono immaginato tutto, vero?”
L’altro gli rivolse un sorrisetto sarcastico “Se ti riferisci alla scena di te che cavalchi un unicorno mangiando zucchero filato, sì, te la sei immaginata.”
Blaine lo guardò malissimo “Sai perfettamente di cosa parlo” borbottò, notando con sorpresa che le pupille dell’altro non erano più sottili e verticali. “E poi tu chi diavolo sei?!” sbottò, mentre tutta la tensione e tutta la paura lasciavano il posto allo sgomento.
“Ehi, ehi, a cuccia” lo rabbonì l’altro con una punta di fastidio, raccogliendo da terra i suoi strani pugnali “Prima di tutto, io sono il tizio che ti ha salvato la vita. Quindi prego.” Continuò, piantando i propri occhi di ghiaccio in quelli ambrati di Blaine “In secondo luogo, mi chiamo Kurt Hummel.”
“Blaine Anderson.” rispose lui, in un mormorio.
“Ma suppongo che questo non abbia risposto alla tua domanda.”
L’altro annuì, e gli parve di cogliere un lampo di comprensione negli occhi di ghiaccio “No. Affatto.”
Kurt emise un piccolo sbuffo, e per la prima volta sembrò giovane e stanco “Lo so che hai fin troppe domande, e vorrei davvero rispondere, solo che … Non è il luogo adatto” sembrò esitare un attimo “Dovresti venire con me.” Concluse, incerto.
“Venire dove?!”
“Al Castello.”
“Al Cast--- Va bene, d’accordo, ho capito. Tu sei completamente pazzo. Io vado a casa.” Blaine si avviò a passo di marcia, ma dovette fermarsi, sbigottito, nel momento in cui Kurt gli atterrò davanti con grazia, dopo un salto di due metri, impedendogli di continuare.
“MA COME DIAVOLO FAI? E SI PUÒ SAPERE CHI DIAVOLO ERANO QUELLI?  E COSA DIAVOLO È SUCCESSO AI TUOI OCCHI?!” esplose, urlando con tutto il fiato che aveva in corpo.
Kurt sembrò muovere le orecchie all’indietro, infastidito, socchiudendo gli occhi e allontanandosi di poco da Blaine.
“Piantala di urlare!” sbottò, interrompendolo “Di questo passo mi farai diventare sordo!”
Colse lo sguardo stralunato degli occhi ambrati, e capitolò “E va bene, facciamo così; adesso andiamo a casa tua, prendi qualche cambio, lo spazzolino e cose così, poi andiamo al Castello e risponderò a tutte le tue domande, va bene?” L’altro si limitò a guardarlo, in silenzio “Blaine, non sono pazzo, okay? Non ti farò del male, lo prometto; ma in questo momento c’è gente molto più pericolosa di me che ti sta cercando, e non puoi proprio rimanere da solo.” Aveva parlato in fretta, come se fosse davvero preoccupato “Fidati di me. Per favore. Okay?” Non seppe dire di no a quegli occhi di ghiaccio, che trasudavano sincerità, così si limitò ad annuire, sopraffatto da tutto quello che era successo.
Kurt sembrò sollevato; raccolse in fretta la tracolla di Blaine e gliela porse, invitandolo con un cenno del capo a fargli strada.
Si incamminarono con calma, e in pochi minuti arrivarono alla staccionata dipinta di bianco; attraversarono il giardino a passo più svelto e, inaspettatamente, Anderson superò l’altro e raggiunse la porta d’ingresso quasi di corsa, ma Kurt capì troppo tardi il motivo di tanta fretta; precisamente, nel momento in cui la porta gli sbatté quasi sul naso, lasciandolo sui gradini dell’ingresso.
“Oh, andiamo” mormorò, esasperato, alzando gli occhi al cielo “Non può fare sul serio!”

Blaine si appoggiò un attimo alla porta con le spalle, mentre il cuore gli batteva all’impazzata; avrebbe  chiamato la polizia e avrebbe denunciato quel pazzo che lo voleva portare chissà dove, poco ma sicuro.
Strinse per un attimo la tracolla, poi si avviò di corsa su per le scale, deciso ad allontanarsi il più possibile da quella sottospecie di animale da circo.
Chiuse la porta di camera sua poggiandovi contro la fronte, col respiro corto.
“Scappi da qualcuno?”
Quella voce lo fece impietrire.
Com’era possibile che fosse in camera sua?!
“Non guardarmi con quell’aria sorpresa, Anderson. Non mi hai appena visto fare un salto di due metri, o una capriola a mezz’aria? Davvero credevi che non sarei riuscito ad arrivare alla tua finestra?”
E in effetti, Kurt era comodamente semi-sdraiato sul davanzale, le gambe distese davanti a sé, mentre sembrava scrutare con attenzione la lama di uno dei suoi pugnali.
Blaine si sentiva in trappola, e con una gran voglia di scappare. Gli occhi cominciarono a pizzicargli fastidiosamente, mentre cercava di trattenere le lacrime stringendo le labbra.
Cosa diavolo stava succedendo alla sua vita? E cosa voleva da lui quel tizio? E perché due pazzi avevano provato ad ucciderlo in mezzo alla strada?!
“B-Blaine? Oh mio Dio, non starai … Oh, Dio! Mi dispiace, non volevo spaventarti … Blaine? Blaine?”
Kurt era sceso dal davanzale con un salto, e gli si era avvicinato senza sapere bene cosa fare; allungò una mano verso di lui, incerto, ma Anderson si tirò indietro con uno scatto, guardandolo pieno di dolore e diffidenza.
“Va’ via!” gli sibilò, quasi con disperazione.
Le pupille di Kurt si dilatarono “Ma …”
“Va’ via!” sbottò, stavolta con più forza; l’altro lo osservò ancora per un momento, e per la prima volta sembrò veramente dispiaciuto.
Ma non disse una parola; si arrampicò agilmente sul davanzale, e saltò giù silenziosamente.


Fatemi sapere, mi raccomando!
 

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Capitolo 2
*** Weird Encounters (II) ***


Ecco il secondo capitolo!
Pubblico oggi perché 1) è corto in maniera imbarazzante e 2) ho deciso che d'ora in poi aggiornerò di Sabato ;) (Più, eventualmente, di mercoledì in caso di capitolo corto)
Enjoy!




Erano passate due settimane.
Due settimane da quando le figure incappucciate lo avevano fermato mentre stava tornando a casa.
Due settimane da quando avevano tentato di ucciderlo.
Due settimane da quando aveva ringhiato a qualcuno.
Due settimane da quando Kurt l’aveva salvato, solo per farlo precipitare ancora più a fondo.
Due settimane, e Blaine aveva vissuto ogni singolo momento nella paura; di rivedere altre figure incappucciate, di provare di nuovo quella furia, quel desiderio di uccidere, di essere completamente impazzito.
Aveva avuto paura di andare a scuola, e di tornare a casa; aveva avuto persino paura di non svegliarsi la mattina, e di chiudere gli occhi la sera.
Vedeva solo il baluginio dei pugnali, il colore del sangue, il volto contratto di quell’essere che Kurt aveva ucciso.
Ucciso.
Si dovette fermare un attimo, nel bel mezzo della strada che lo avrebbe riportato a casa; si sedette sul marciapiede, prendendosi la testa tra le mani, cercando di calmarsi, di trovare un senso a tutto quello, senza riuscirci.
Alzò il volto di scatto; c’era uno strano odore nell’aria, come di erba bruciata, ed era stranamente familiare.
Si mise in piedi con circospezione, mentre il suo istinto lo metteva in guardia, di nuovo: pericolo.
Avrebbe voluto urlare, correre, andare via, qualsiasi cosa, pur di non vedere quella figura ammantata dirigersi verso di lui inesorabile e terribile.
La riconobbe subito. Era lei. La donna che aveva provato ad ucciderlo due settimane prima. Ma stavolta aveva uno sguardo diverso, un portamento diverso; era divorata dalla rabbia, dall’odio, dal dolore. Glielo si leggeva in faccia, nei lineamenti duri, nelle labbra contratte sui denti.
Stavolta Blaine non si mosse, non voleva scappare.
Perché aveva di nuovo quella furia nel petto, che gli fece salire alla labbra un ringhio gutturale e violento.
Cosa mi sta succedendo?
Sentiva una voce disperata dentro di sé che cercava di riportarlo alla ragione, senza riuscirci.
La rabbia era tutto ciò che riusciva a percepire.
Ormai erano uno di fronte all’altra; lei estrasse lentamente il pugnale corto “La faremo finita, bastardo. Occhio per occhio.” Sputò, avventandosi contro di lui.
Blaine riuscì a scostarsi all’ultimo secondo, guidato dall’istinto, mentre il suo sguardo si tingeva di rosso; le si avventò contro con le mani chiuse ad artiglio senza nemmeno rendersene conto, e cercò di raggiungerle la gola, proprio come aveva fatto lei giorni prima. Ma lui era inesperto, e perse la presa; lei ne approfittò per ferirlo di striscio ad un fianco; Blaine gemette di dolore –quasi guaì- quando la lama sfiorò la carne, facendogli avvertire un pulsare sordo e bruciante sotto le costole.
Si tirò leggermente indietro, zoppicando, con le labbra arricciate sui denti in un ringhio muto.
La voce dentro di lui cercava sempre di svegliarlo, di fargli prendere realmente coscienza di ciò che stava facendo, ancora una volta senza riuscirci.
La donna lo stavo guardando con un odio puro, senza il ghigno che la volta precedente non l’aveva abbandonata nemmeno un attimo; lo raggiunse con un balzo, e prese a colpirlo di striscio in più punti, facendolo a pezzi lentamente: su un polpaccio, sull’altro fianco, su un braccio.
E Blaine continuava ad arretrare, sempre più disperato, sempre più furioso, sempre più in gabbia.
Avvertiva i suoni con maggiore chiarezza, i colori erano più vividi, gli odori erano dappertutto, e gli davano informazioni sull’ambiente circostante che prima non aveva potuto cogliere.
L’ennesimo ringhio gli sfuggì dalle labbra, ma stavolta era basso e prolungato, come un avvertimento e una minaccia insieme.
La donna non accennava a fermarsi, lo stava torturando lentamente.
Occhio per occhio, aveva detto.
Finalmente il terrore si fece largo tra la furia, riportandogli un po’ di lucidità: l’avrebbe ucciso.
Sarebbe morto lì, quel pomeriggio.
Un sorriso sinistro gli salì alle labbra; si sarebbe perso molte cose. Forse troppe. Ma in quel momento riusciva a pensare solo a quanto fosse stato sciocco a non accettare l’aiuto di Kurt.
Cambiò qualcosa, nell’aria.
C’era un odore nuovo, un po’ pungente, ma gradevole; come di erba tagliata, di fiori, di aria fresca.
Si fece improvvisamente attento, irrigidendosi istintivamente; ma una pugnalata lo colpì ad un ginocchio, facendolo cadere rovinosamente a terra.
Fu in quel momento che l’odore si intensificò.
“Blaine!” Aveva pregato con tutto se stesso di sentire quella voce cristallina, quel pomeriggio; forse era un ipocrita, ma non gli importava.
Si alzò, facendo leva sui palmi delle mani, mentre tutte le ferite cominciavano ad esigere il loro prezzo, facendogli girare la testa.
“K-Kurt …” riuscì a mormorare, alzando lo sguardo; e lo vide.
Era sempre vestito di nero, e stava correndo verso di loro ad una velocità sovrumana, mulinando i suoi pugnali;  la donna si girò verso di lui, con un ghigno inquietante e un lampo di comprensione nello sguardo.
“Ah, quindi tu saresti Kurt Hummel, non è vero?”
Il ragazzo si irrigidì, fermandosi di colpo, e così fece anche Blaine.
“Non sei forse lo scherzo della natura, Kurt?” Sputò il suo nome come se fosse un insulto, e Anderson vide il ragazzo castano ammutolire, e un lampo di dolore attraversargli lo sguardo.
“Non sono uno scherzo della natura” sibilò, furioso e ferito.
“Oh, sì che lo sei; sai perfettamente che quelli come te non dovrebbero essere Halfbeing … Pare che rallentiate la specie, non so se mi spiego.”
Blaine non stava capendo niente, ma rimase pietrificato nel vedere Kurt che tremava. Non credeva che fosse capace di provare paura o dolore.
“Sta’ zitta” la voce di Hummel tremava persino più delle sue mani, ed era terrificante.
La donna rise, e fu una risata senza gioia.
“Sai cosa ti dico, Kurt? Che mi hai appena reso il compito di uccidere questa nullità molto più divertente! D’altra parte, tu hai ucciso Lythion …  In un certo senso ti ripagherò con la tua stessa moneta … Non trovi ironica tutta questa situazione?”
“Non hai capito niente” la voce di Kurt sembrava un ringhio basso che gli covava in petto “Lascialo stare e basta. Sai benissimo quali sono i patti!”
“Certo che lo so” ghignò lei “è proprio per questo che mi piace infrangerli.” Non fece in tempo a concludere la frase, che scattò di nuovo contro Blaine, il pugnale ben teso; l’avrebbe colpito dritto al cuore, se un’elsa incurvata su una lama piuttosto lunga non l’avesse bloccato.
La donna non fece nemmeno in tempo ad assumere un’espressione sorpresa: un pugnale le si piantò nella schiena, poco prima che Kurt la spingesse con violenza, allontanandola da Anderson; un ultimo colpo, dritto al cuore, e scomparve.
Blaine rimase intontito per qualche secondo a fissare il punto in cui, fino a qualche attimo prima, c’era stato un cadavere, finché non ebbe la forza per alzare lo sguardo: Hummel non lo stava guardando, aveva le labbra contratte e il respiro affannoso, le pupille verticali persino più sottili del solito.
Scosse la testa di scatto, come a liberarsi di un pensiero fastidioso, e rimise i pugnali nei foderi che gli pendevano dai fianchi, con un gesto meccanico; solo allora incrociò gli occhi ambrati, e piano piano le sue pupille si dilatarono, tornando normali, il respiro gli si regolarizzò e i suoi muscoli sembrarono rilassarsi, facendogli distendere la schiena, dolorosamente contratta.
Blaine sembrava a disagio “Io … M-Mi dispiace per l’altra volta …”
“Non ti scusare” la voce di Kurt lo interruppe, fredda, distante “Capisco perché non ti fidi di me, non mi devi nessuna spiegazione.” Si voltò, e fece come per andarsene.
“No, aspetta!”
Si bloccò, girandosi lentamente “Cosa c’è?”
Blaine gli si avvicinò lentamente, con le ferite che bruciavano dolorosamente, fino a che non si trovarono a poco più di mezzo metro di distanza; non riusciva a sostenere quegli occhi di ghiaccio, così puntò lo sguardo sulla strada “Mi dispiace davvero; avrei dovuto ascoltarti, non fare l’idiota e …”
“Blaine” la voce di Kurt si era addolcita “Non importa, va bene? Lo so che è difficile, e che ci sono parecchie cose che non capisci … Ma io posso aiutarti. Noi possiamo aiutarti.”
“V-Voi?”
“Sì, ehm … Non ci sono solo io.” Hummel arrossì leggermente “Stiamo … Stiamo tutti al Castello e …”
“Il Castello?”
“Sì, è la casa di Sebastian. Cioè, casa è riduttivo. C’è un motivo, se la chiamiamo il Castello …”
“Sebastian?”
“Sì, è uno di noi. Lui … è come me. Come te.”
“Che vuol dire, ‘come me’?”
Kurt lo guardò negli occhi, combattuto “Non è semplice …”
Blaine si passò una mano sul viso stanco e pallido, mentre dei brividi di freddo gli correvano lungo la schiena. Stava perdendo troppo sangue; la testa prese a girargli all’improvviso, e sentì che le ginocchia gli cedevano. L’ultima cosa che avvertì furono due braccia forti che lo afferravano al volo, impedendogli di cadere.
Merda!” borbottò la familiare voce cristallina.
“Déjà vu” soffiò Blaine, con un sorriso, prima di abbandonarsi all’incoscienza.





Mi dispiace che sia un po' ripetitivo :\
Prometto che dal prossimo si capiranno più cose (spero)!
Un mega ringraziamento alle fantastiche persone che hanno messo la storia fra le seguite/preferite, che l'hanno recensita e, soprattutto, un enorme grazie a 
Joan Douglas e elisav82.
Alla prossima! 
Fatemi sapere come sempre!
                

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Capitolo 3
*** Halfbeings ***


*prende un respiro profondo*
Okay, questo è il terzo capitolo.
Ringraziamo le festività che mi permettono di pubblicare di mattina *ringrazia*
Da ora cominceranno a capirsi un po' di cose (spero). Se no, vuol dire che ho scritto una schifezza :D
Ma bando alle ciance!
Buona lettura!






Una sensazione di morbidezza sotto la guancia, un tepore piacevole lungo tutto il corpo.
Inspirò a fondo l’odore di lenzuola pulite, confuso: non si ricordava di averle cambiate.
Aprì lentamente gli occhi, avvertendo un leggero bruciore su più parti del corpo; fu quel dolore, e la vista di una camera che decisamente non era sua, a fargli ricordare ogni cosa.
La donna, il pugnale, le ferite, Kurt, lo svenimento. Il buio.
Si tirò su a sedere, di scatto, pentendosene immediatamente: dovette afferrarsi la testa con le mani quando la nausea lo investì, colpendolo come un maglio.
Aspettò che la testa smettesse di girare, prima di scostare i palmi dal viso e osservare cautamente la stanza: era molto ampia, ma arredata semplicemente, con un armadio, una scrivania e una cassettiera, tutto di legno scuro, compreso il morbidissimo letto a due piazze sul quale era disteso. Di fianco alla scrivania era appoggiato un borsone che riconobbe come suo, e scese dal letto con circospezione per analizzarlo più da vicino: quasi boccheggiò quando vide che era pieno di suoi vestiti.
Come ci erano arrivati fin lì?
Fu distratto da alcune voci concitate che sembravano venire non molto lontano dalla porta chiusa della camera; la aprì, attento a non far rumore.
Si ritrovò in un corridoio ampio e ben illuminato con le pareti di pietra, e le voci si fecero subito più chiare; le seguì, andando a sinistra, e si fermò dopo qualche passo davanti ad una porta massiccia di legno chiaro.
Fece per aprirla, ma si bloccò.
“Perché l’hai portato qui?!” Era una ragazza a parlare “Lo sai perfettamente che non puoi portarci chiunque!”
“Ora basta, Santana, fallo parlare! Se l’ha portato ci sarà un motivo, no?” Un’altra ragazza, che usava un tono più calmo, pacificatore.
“Sta’ zitta, Rachel! Non sto parlando con te! Perché l’hai portato qui, maledizione?! Non lo sai che dovremmo nasconderci?! Proprio tu?!”
“Adesso basta! State zitti tutti, e fatelo parlare, se volete svegliarvi ancora interi, domani mattina!” Stavolta fu una voce maschile ad interrompere le grida della ragazza, ed era strana: sembrava un sibilo.
“L’ho portato qui perché dovevo, Santana.” Riconobbe quella voce cristallina, e si sentì sollevato: era Kurt “Esattamente come ha fatto Rachel con Finn; sbaglio, o a lei non ti sei opposta?” Sembrava molto arrabbiato.
“Kurt … Sai perfettamente perché sono due situazioni completamente diverse … Lei l’aveva visto.”
“Non sono diverse, sono esattamente le stesse! Anch’io l’ho visto, maledizione!” Per poco Hummel non lo urlò, esasperato; nella stanza calò un silenzio tombale, che sembrava palpabile anche nel corridoio.
“Che … Che cosa?” La voce sottile –forse era quella di Rachel- fu solo un sussurro, incredulo e sorpreso.
“È così” la voce di Kurt era solo un vago mormorio “Io l’ho--- Nick, ma cosa …?”
La porta si spalancò, e Blaine sbatté le palpebre, nel trovarsi davanti un ragazzo poco più alto di lui, con dei corti capelli castani e due profondi occhi color cioccolato, che fece spallucce, allontanandosi da lui “Mi è sembrato carino far partecipare attivamente il nostro ospite alla conversazione.”
Anderson arrossì furiosamente, entrando in quella che riconobbe come un’ampia cucina, con un tavolo di legno posto nel centro; fece correre velocemente lo sguardo sui presenti: erano in sette, e dovevano essere tutti poco più grandi di lui; si sentì sollevato nell’incrociare i familiari occhi di ghiaccio, che però lo scrutavano mortificati.
Incrociò due occhi neri che lo guardavano con astio, e cercò di non soffermarsi sulla loro proprietaria: una ragazza dai tratti ispanici con dei lunghi capelli corvini, seduta su un bancone accanto al frigorifero; di fianco a lei c’era un’altra ragazza, minuta, con dei lunghi capelli castani e un piccolo sorriso comprensivo sul volto. Al tavolo erano seduti tre ragazzi: uno la cui enorme stazza era intuibile anche vedendolo seduto, uno più piccolo, ma comunque molto muscoloso, con un’enorme cresta e un sorrisetto divertito sul volto, e poi c’era il ragazzo che aveva aperto la porta. In piedi, dalla parte opposta rispetto alle due ragazze, c’erano Kurt e un altro ragazzo, biondo, con dei brillanti occhi verdi, che lo scrutava inquisitorio, ma visibilmente incuriosito.
Blaine arrossì ancora di più; in effetti, lo stavano scrutando tutti con una certa curiosità, accompagnata da più o meno astio.
Nessuno sembrava intenzionato a spezzare quel silenzio, che si faceva sempre più insopportabile; fortunatamente, dopo qualche minuto, la ragazza minuta parlò, chiedendo con gentilezza “Come ti senti?”
“Oh, io … M-Meglio, grazie.” Balbettò Anderson, guardandola con riconoscenza.
Lei gli si avvicinò, tendendogli una mano “Io sono Rachel”
“Blaine …” riuscì a mormorare lui, ancora troppo intontito.
“Visto che nessuno qui dentro sembra abbastanza educato da presentarsi, faccio io” affermò lei, decisa, con una nota di rimprovero nella voce “Lei è Santana” indicò l’ispanica “lui è Finn” il ragazzone seduto al tavolo “e Noah … Ma tutti lo chiamiamo Puck” il tizio con la cresta “Poi c’è Nick” il ragazzo che aveva aperto la porta “Ovviamente conosci Kurt … E lui è Sebastian” il biondo con gli occhi verdi “Mancano Jeff e Quinn, sono a casa loro … Te li presenteremo quando tornano” concluse Rachel, con un sorriso dolce.
“Piacere” ormai Blaine era più che imbarazzato; stavolta fu Sebastian ad interrompere il silenzio, con un tono frettoloso “Bene, banda di randagi; si è fatto tardi, che ognuno vada ad appestare la propria stanza. Oh, no, Hummel, non pensarci nemmeno” bloccò Kurt, che si stava già allontanando col solito passo felpato, posandogli una mano sul petto “Tu porti a casa il cucciolo dalla strada, tu te ne prendi cura. È la regola.”
“E da quando, di grazia?! Lo sai che queste cose spettano a Shuester!”
“Da adesso, perché questa è casa mia e Shuester non c’è; senza contare che sai perfettamente perché spetta a te” Sebastian gli aveva rivolto un’occhiata carica di significato, ma Kurt non voleva in alcun modo cedere.
“Voglio andare a dormire, sono stanco.”
“Devo corromperti con del latte?”
“Oh, ma quanto sei spiritoso!”
“Va bene, adesso faccio la persona seria. Te ne occupi tu, Hummel. Fine della storia. E fatti tornare normali quei dannati occhi, lo sai che mi mettono ansia quando fai quella cosa strana.”
“Non è una cosa che posso controllare” borbottò Kurt, risentito; sembrava essersi arreso.
“Allora sei perdonato. Ora va’, e fa’ quello che devi” Sebastian uscì, con uno svolazzo elegante della mano, chiudendo la porta dietro di sé.
Era incredibile la velocità con cui si erano volatilizzati tutti, lasciando Kurt e Blaine da soli, incapaci di guardarsi in faccia; stavolta fu lo stomaco di Anderson a spezzare il silenzio, borbottando, con estremo imbarazzo di quest’ultimo; ma l’altro gli rivolse un piccolo sorriso “Fame?”
Annuì “Non sai quanta.”
“Aspetta, ti preparo qualcosa …”
“Non c’è bisogno, davvero, posso fare da solo …”
“Blaine” Kurt lo immobilizzò con un solo sguardo “Sei rimasto svenuto per più di mezza giornata, hai perso una discreta quantità di sangue, è notte fonda, e per di più non conosci minimamente la cucina; finiresti per attingere dalle scorte di Santana, e, fidati, proprio non è il caso, se sei affezionato a tutti i tuoi arti.”
Anderson deglutì, ripensando agli occhi scuri della ragazza ispanica “Va bene, mi arrendo” si sedette al tavolo con sollievo: non si era accorto di quanto lo avesse stancato stare in piedi.
Dopo poco, uno sfrigolio d’olio riempì l’aria, assieme ad un delizioso profumo di carne e rosmarino, che fece brontolare ancora di più lo stomaco di Blaine; quando finalmente si ritrovò davanti un petto di pollo fumante, furono solo la curiosità e il timore a trattenerlo dal divorare anche il piatto.
“Kurt—”
“Dopo che avrai finito di mangiare” lo interruppe lui, sedendoglisi di fronte “Quando avrai finito, risponderò a qualsiasi domanda. Lo prometto.”
Blaine annuì: in fondo, stava morendo di fame.
Mormorò un piccolo “Grazie” prima di portare alle labbra il primo boccone di carne, e la trovò squisita; cercò di masticare lentamente ogni singolo morso, ma da qualche parte dentro di lui una strana voce lo esortava a divorarla intera, possibilmente senza usare le posate; scosse la testa infastidito, scacciando quella sensazione.
Riuscì a finire di mangiare senza sembrare un vichingo a digiuno da tre mesi; prese un lungo sorso d’acqua, e si abbandonò sulla sedia con un sospiro soddisfatto “Grazie mille” soffiò “Stavo davvero morendo di fame.”
Kurt fece spallucce “Figurati.”
Rimasero in silenzio per qualche secondo.
“Allora … Qualche domanda?”
Blaine cercò di riordinare i propri pensieri; cosa voleva sapere?
Tutto, fu l’unica risposta che gli venne in mente.
Si morse il labbro, pensieroso, scrutando il soffitto.
“Voglio sapere … Chi sei tu. Cosa sei tu. E cosa sono io. E cos’è questo posto. E chi erano quei tizi che mi hanno quasi ucciso” rabbrividì al pensiero “E anche che cos’è quella cosa che fai con gli occhi.”
Kurt ridacchiò, sentendo l’ultima richiesta, ma sembrava nervoso “Io … Posso provare a risponderti, okay? Ma non ti assicuro di essere proprio chiarissimo.”
Blaine annuì, convinto: qualsiasi cosa sarebbe stato meglio di niente.
L’altro prese un respiro profondo, prima di iniziare “Mi hai chiesto cosa sono io … Io sono quello che molti chiamano un Halfbeing. Un essere a metà. E anche tu lo sei. Alcuni … Alcuni esseri umani hanno un legame più profondo, con la natura, di quanto non lo sia di solito, e alcuni … Non molti, in realtà … Lo esprimono sviluppando delle affinità … particolari con un animale; anzi, con l’animale a cui più assomigliano caratterialmente … A volte anche fisicamente. Questo posto, come ti avevo accennato, è il Castello; noi lo chiamiamo così, in realtà è semplicemente la villa di Sebastian –anche se villa, forse, non è il termine più adatto; vedrai, è enorme. La maggior parte di noi vive qui, siamo più al sicuro e … più a nostro agio; gli altri di solito si limitano a tornare a casa solo la sera. Per quanto riguarda i due che hanno provato a ucciderti … Loro erano elfi. Ce ne sono molti in giro; c’è un patto che vige, tra elfi, uomini e Halfbeing, e che dovrebbe mantenere la pace. Ma ultimamente gli elfi hanno iniziato a cercare quelli come noi … ad ucciderci. Perché loro hanno un legame con la natura che è persino più profondo del nostro; ne sono l’incarnazione, lo spirito, l’essenza. E odiano gli uomini per ciò che stanno facendo al pianeta. E odiano noi, perché proteggiamo gli uomini. Per quanto riguarda la cosa degli occhi … Be’, la mia metà è il gatto, ma forse ci sarai già arrivato; da qui deriva la mia agilità, la mia velocità, l’udito fin troppo sviluppato … Ma non è solo questo. Solitamente, le caratteristiche fisiche non vengono intaccate dalla metà; un essere umano si rende conto di essere un Halfbeing attorno ai quattordici anni, quando le emozioni diventano troppe da gestire e, solitamente, l’istinto animale è più difficile da reprimere: non può fare altro che esplodere. Io sono uno dei pochi che … Che è ‘esploso’ prima. Avevo solo otto anni. Per questo sono stato più … contagiato. Per questo le mie pupille cambiano, così come le mie orecchie e i miei denti.” Concluse, con un piccolo sorriso, mostrandogli i canini momentaneamente appuntiti; aveva parlato con cautela, soppesando attentamente tutte le reazioni del ragazzo riccio seduto di fronte a lui, che sembrava stranamente impassibile, ma attento. Non voleva spaventarlo, o sembrare pazzo; non voleva farlo fuggire.
“Qual è la mia metà?” chiese, in un soffio. Kurt lo scrutò un attimo: si aspettava quella domanda, ma non sapeva quale fosse la risposta giusta “Sei sicuro di non saperlo già?”
Blaine ci rifletté un attimo, chiudendo gli occhi; esplorò tutto se stesso, scoprendo una parte totalmente nuova e estranea: era una parte di sé istintiva, quasi violenta; gli tornò alla mente tutto, ogni ringhio, ogni volta che la vista gli si era tinta di rosso, ogni volta che aveva provato quella furia terribile, ogni volta che aveva sentito il desiderio di uccidere, e abbracciò tutte quelle sensazioni, facendole sue, finalmente senza temerle. E lo vide, davanti a sé: il pelo scuro e lucente, due occhi consapevoli e ambrati, esattamente come i suoi.
“Un lupo” mormorò, quasi senza rendersene conto, aprendo gli occhi lentamente; Kurt gli rivolse un sorriso debole “Sì, era quello che pensavo. Per questo hai un odore vagamente fastidioso” aggiunse, scherzoso, arricciando leggermente il naso.
Blaine spalancò gli occhi, arrossendo “Cosa?”
Stavolta l’altro ridacchiò più apertamente “D’altra parte io sono un gatto, tu sei quasi un cane … Sai come di … Pino, e legno. È un odore … Freddo, e pungente. Ma non cattivo” gli sorrise, rassicurante, arrossendo un  po’ “Sempre meglio di Nick, comunque. Lui sì che puzza!” Concluse, ridacchiando di nuovo.
“Hummel, guarda che ti sento!” Una voce offesa li raggiunse dal corridoio, facendo ridere Kurt più apertamente: aveva davvero una bella risata; sembrava preziosa, forse perché se la permetteva raramente.
Anche Blaine ridacchiò “Come ha fatto a sentirci?”
“La metà di Nick è un cane” rispose l’altro, pratico “Anche lui ha un udito molto sviluppato. Non quanto il mio, ma comunque …”
“Hummel, continuo a sentirti!”
Lo ignorarono, scambiandosi un’occhiata divertita; Blaine si fece curioso “E gli altri? Quali sono le loro … Metà?”
“Quella di Rachel è un cerbiatto; le si addice, è molto dolce” Kurt sorrise, intenerito, e Blaine capì che dovevano essere molto amici “Quella di Puck un leone, quella di Santana una pantera –forse hai capito anche perché- quella di Sebastian un serpente, quella di Finn un orso –per analogie fisiche, in realtà è una persona gentilissima-, quella di Quinn una volpe e quella di Jeff una scimmia –ma non osare prenderlo in giro, perché, fidati, è capace di renderti la vita un inferno.” Concluse, con una smorfia infastidita che fece sorridere Blaine.
Restarono in silenzio per un po’, ma Kurt non resistette “Scusa se te lo chiedo, ma … Non mi sembri affatto sconvolto.”
“Non è una domanda.”
“Perché non sei ancora scappato da qui urlando, dandomi del pazzo?”
Blaine aspettò un po’, prima di rispondere “A dire la verità … Sono sollevato. In questi giorni mi sono sentito così … diverso” continuò, in risposta allo sguardo sorpreso dell’altro “Avevo paura di star impazzendo. Mi sentivo sempre così furioso, così pieno di rabbia, persino … persino pronto ad uccidere.” Gli si spezzò la voce “E sapere che c’è una spiegazione a tutto questo … Anche se è assurda e incomprensibile … Mi fa sentire meglio” concluse, con un’alzata di spalle.
Kurt annuì; lo capiva. Avvertire istinti estranei e violenti che prendono possesso del proprio corpo era piuttosto traumatico, se non ci si era abituati e non li si sapeva controllare.
“È per questo che volevo che tu venissi qui; cioè, anche per questo. Prima di tutto perché tu fossi più al sicuro, e poi perché imparassi a … gestire tutte queste sensazioni nuove, e magari sfruttarle. Possono essere molto prepotenti, e potresti finire col fare del male a qualcuno.”
Blaine annuì, pensieroso “Sì” disse lentamente “Credo che sia più saggio rimanere qui … I miei nemmeno se ne accorgeranno” il tono di voce si era fatto amaro, e Kurt si trattenne a stento dal chiedergli il perché; il viso di Anderson si illuminò di nuovo quando gli venne in mente un’altra domanda “Cosa sono quei pugnali con cui combatti?”
Kurt sorrise “Si chiamano Sai; molti di noi usano delle armi, per combattere. Non possiamo usare armi da fuoco, la natura non ce lo permette; solo Finn e Sebastian ne fanno a meno. Finn per via della sua stazza … E poi perché non è capace di camminare tenendo in mano una tazza, figuriamoci usare una spada. A Sebastian bastano i suoi denti” ghignò, divertito “Anche lui è stato precoce e … diciamo che questo l’ha reso decisamente velenoso. Anche tu potrai imparare ad usare un’arma, se vorrai.”
Blaine sorrise, estasiato: quel tipo di cose l’avevano sempre affascinato “Mi piacerebbe molto!”
Kurt arricciò le labbra in risposta, e rimasero così per un po’, a guardarsi con dei piccoli sorrisi imbarazzati, lasciando che i loro corpi si rilassassero al suono dei loro respiri.
E Blaine cominciò a sentire la testa farsi pesante e le palpebre diventare dei macigni “Coraggio” mormorò Kurt, gentilmente “È il caso che tu vada a dormire; non credo che riuscirei a portarti di nuovo in braccio.”
“In braccio?!”
L’altro fece una smorfia “Be’, sì. Come credi che ti abbia portato fino alla macchina, trascinandoti per i capelli? Non farei mai una cosa del genere alla tua adorabile pelliccia” ridacchiò.
Blaine era arrossito di nuovo “I-Io … M-Mi dispiace … G-grazie.”
“Tranquillo; ormai qui dentro siamo diventati un’associazione di mutuo soccorso” ammiccò, con un sorriso rassicurante.
Anderson sbadigliò, prima di alzarsi dalla sedia e dirigersi barcollando verso il corridoio; si bloccò, quando gli venne in mente un’altra domanda “Kurt?” biascicò, con quel poco di lucidità che gli era rimasta.
“Mh?”
“Come facevi a sapere di dovermi salvare? Cioè, come facevi a sapere chi fossi?”
Lo vide arrossire, visibilmente in difficoltà “Non posso certo svelarti subito tutti i segreti del mestiere” si salvò in extremis, con un’incredibile faccia tosta.
Blaine mugugnò un po’ “Antipatico” bofonchiò “Buonanotte.”
Sentì Kurt ridacchiare, mentre si richiudeva la porta alle spalle “Buonanotte, Blaine.”
Uno strano brivido gli percorse la schiena, quando sentì quella voce cristallina accarezzare il proprio nome.

                                                                                                                     *********



*scappa urlando*
Vi prego, vi prego, fatemi sapere se si capisce qualcosa o se sembra solo il delirio di una pazza!
Tanti saluti! :*

 

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Capitolo 4
*** New World ***


Non chiedetemi perché sto pubblicando oggi e, soprattutto, perché sto pubblicando a quest'ora: non ne ho idea.
Sarà che domani ho una giornata di studio che mi fa venire voglia di battere la testa contro un muro fino a perdere i sensi, sarà che sto scrivendo e questa storia mi sta prendendo un sacco (grazie al cavolo, direte, la sto scrivendo io, ma va be'), insomma, sarà per tutta una serie di motivi che a voi non interessano, ma fatto che sta che pubblico oggi. E aggiornerò anche Sabato! Ma non vi abituate u.u

 

Being a Half.
4.New World.



 

Sollevò pigramente le palpebre, e si sentì perfettamente riposato; stavolta sapeva perfettamente dove si trovava, e si stiracchiò per bene sul materasso incredibilmente morbido, con una leggera smorfia: la pelle attorno alle ferite tirava ancora in modo fastidioso.
Mugolò soddisfatto, scostandosi le coperte dal corpo, e scese dal letto; si diresse verso il borsone coi propri vestiti, e ne estrasse una maglia leggera, nera, e un paio di jeans. Si cambiò in fretta, poi si diresse verso la cucina, sentendosi finalmente rilassato; si beò del delizioso profumo di caffè che aveva invaso l’ambiente, ed entrò timidamente nell’ampia stanza; fu immensamente sollevato nel vedere che, in piedi davanti ai fornelli, c’era solo Rachel.
Si schiarì la voce, e lei si girò, sorpresa, sorridendogli immediatamente “Blaine! Buongiorno!” esclamò, allegra.
“Buongiorno” rispose lui, con un piccolo sorriso.
“Stavo giusto preparando il caffè e i pancake … Ti unisci a me? Stanno ancora dormendo tutti; tranne Kurt, ovviamente; non so proprio come faccia quel ragazzo a dormire così poco …” terminò la frase, borbottando contrariata, e Blaine drizzò le orecchie, attento a qualsiasi informazione riguardo Hummel che poteva carpire dalle labbra della ragazza.
“E ora dov’è?”
Lei lo guardò per una frazione di secondo, e Anderson non poté interpretare la luce che le aveva illuminato lo sguardo “Nel parco; ha un posto tutto suo, sotto il salice … Dopo ti ci accompagno, se vuoi; così potrai anche fare un giro per il castello” buttò lì, con tono volutamente leggero; Blaine le era infinitamente grato “Sì, grazie; mi piacerebbe molto” soffiò, prendendo la tazza colma di liquido scuro che la ragazza gli stava porgendo; sorseggiò il caffè caldo socchiudendo gli occhi: era davvero buono.
Si sedette su una sedia, e Rachel lo imitò dopo aver posato sul tavolo due piatti con dei pancake fumanti e profumati.
“Grazie mille” disse Blaine, prendendo timidamente la forchetta “Mi dispiace di darvi tanto disturbo …”
“Oh, non essere sciocco” lo interruppe lei, dolcemente “Nessun disturbo; sei uno di noi, ci piace considerarci una famiglia. E poi, devi essere una persona speciale, o Kurt non ti avrebbe aiutato; raramente dà tanta confidenza a qualcuno.”
Anderson rimase con la forchetta a mezz’aria, il cuore che gli scalpitava nel petto “Come mai?” chiese, in un sussurro.
Rachel lo guardò con gli occhi spalancati, visibilmente in imbarazzo “V-Veramente io non dovrei parlartene, m-mi dispiace” balbettò “Parlo sempre troppo”.
Blaine arrossì “No, figurati, è colpa mia. Mi impiccio sempre degli affari degli altri.”
“Allora, ehm … Sono buoni i pancake?”
“Deliziosi, ti ringrazio!” Come per sottolineare la propria affermazione, ne prese un’altra forchettata, e il resto della colazione trascorse in un silenzio rilassato.

                                                                                                                    ***
“Quella è la biblioteca. Lì c’è uno dei cinque salotti –mi pare sia quello col camino, mentre in quel salotto c’è una tavola da biliardo, e in quello c’è uno schermo stupendo: sembra di essere al cinema! Oh, quella è la sala delle armi, ma lascio che te la mostri Kurt: è più bravo di me in queste cose; e quella è la sala degli allenamenti.”
Rachel e Blaine stavano facendo il tour del piano terra – al primo piano c’erano solo camere da letto e bagni, e due cucine- anche se il ragazzo non vedeva l’ora di uscire nel parco: aveva bisogno di prendere aria, gli sembrava di essere chiuso tra quelle mura di pietra da troppo tempo. E non riuscì a mentire a se stesso: voleva anche rivedere Kurt. Perché quegli occhi gelidi erano l’unica cosa familiare che aveva in quell’enorme castello.
Fortunatamente, Rachel sembrò intuire la sua smania, perché spalancò l’enorme portone di legno e pietra, che dava su un immenso prato verde brillante, luccicante per i primi raggi del sole; Blaine spalancò gli occhi per la sorpresa: il parco era veramente enorme, e si stendeva a perdita d’occhio su tutti i lati dell’edificio; a duecento metri buoni, nella zona più lontana dal castello, iniziava una piccola foresta di faggi e frassini, che circondava tutto il giardino.
Anderson non poté fare a meno di sorridere, prendendo una boccata d’aria fresca, lasciando che i polmoni si dilatassero il più possibile, godendo di quella sensazione di libertà: non si sentiva così bene da molto tempo.
“Allora … Vogliamo andare?” La voce dolce di Rachel lo riportò alla realtà, e si riscosse, con un piccolo sorriso “Sì, certo.”
Rachel si avviò verso destra, girando attorno alle pareti di pietra, finché non arrivarono dalla parte opposta rispetto al portone d’ingresso, e Blaine si sorprese ancora una volta di quanto fosse grande il Castello; la ragazza si avviò verso gli alberi con passo sostenuto, e lui si affrettò a raggiungerla.
“Così, ehm … Tu vivi qui?”
“Oh, sì, praticamente; i miei sanno tutto, quindi mi hanno lasciata venire qui senza fare troppe storie” si strinse nelle spalle, senza rallentare, e Blaine quasi faceva fatica a starle dietro “E tu? Vivrai qui?”
“Io … In realtà ancora non ci ho pensato.”
“Sarebbe un problema per i tuoi genitori?”
“No, affatto. Loro … Non ci sono mai, a casa. Ma ho comunque la scuola, quindi dovrei sicuramente tornare in città almeno la mattina.”
Rachel annuì “Capisco.”
“E voi?”
“Noi cosa?”
“Nessuno di voi va a scuola …? Kurt non sembra molto più grande di me …”
Lei lo guardò di sottecchi “Abbiamo tutti finito il liceo; Kurt non l’ha mai frequentato, anche se ha un anno più di te.” Rispose, asciutta, cogliendo la domanda implicita.
Blaine ne fu sorpreso “Oh.”
“Già. Ha studiato per conto suo, e ha preparato gli esami da casa. È sempre passato con il massimo dei voti, comunque.” Un orgoglio non troppo celato le fece tremare la voce.
Rimasero in silenzio qualche istante, e Blaine stava per parlare, ma Rachel lo precedette, fermandosi per guardarlo negli occhi “Non chiedermelo. So che vuoi sapere qualcosa di più su di lui, ma lascia che si apra con i suoi tempi. Solo così riuscirai a conquistarti davvero la sua fiducia, okay?”
Lui annuì, stringendo le labbra, e stava muovendo un passo che l’avrebbe portato sotto i rami degli alberi, ormai vicinissimi, quando la mano di Rachel gli si posò sul braccio, con delicatezza “Blaine … Lo so che è una domanda troppo personale, e che non ci conosciamo affatto, ma devo chiedertelo … Per il bene di Kurt, perché è il mio migliore amico e ne ha già passate tante. Ti importa davvero di lui? Non mi importa se sei gay o se lo vuoi solo come amico, voglio solo essere sicura che tu non sia solo curioso … Voglio dire, se anche tu lo fossi non ci sarebbe alcun problema, ma se è solo questo … Allora fermati. Non andargli più vicino di così.” Prese un bel respiro “Quello che sto cercando di dire è … che dovresti entrare nella sua vita solo se sei davvero intenzionato a rimanerci.”
Blaine l’aveva osservata in silenzio, col respiro corto: quel discorso l’aveva colto completamente alla sprovvista, non si aspettava che lei fosse tanto diretta; eppure, non ebbe nemmeno bisogno di pensare prima di rispondere “No, io … Io voglio conoscerlo meglio, voglio … Mi importa davvero di lui … Lo so che è stupido, l’ho incontrato davvero solo ieri, ma è come … come se …” Non riusciva a spiegarsi, e strinse i pugni per la frustrazione.
“Come se qualcosa ti spingesse a proteggerlo e cercarlo?”
Alzò gli occhi, spalancati per la sorpresa: era esattamente così che si sentiva, come se una forza lo riconducesse inesorabilmente a quegli occhi azzurri ogni volta che se ne allontanava; annuì vigorosamente, e Rachel lo studiò con attenzione, con uno scintillio emozionato nello sguardo “So come ti senti.” Disse in un sussurro, abbassando lo sguardo “Ora andiamo, però. E, mi raccomando, non dire più niente; da qui potrebbe sentirti.”
Si avviò sotto l’ombra degli alberi senza aspettare il cenno d’assenso del ragazzo, che la seguì quasi di corsa, attento a non perderla di vista; non fu facile, perché la ragazza si muoveva fra i tronchi con naturalezza e silenziosamente, manifestando tutta la grazia che divideva con la propria metà, e che in quel momento la rendeva estremamente simile al cerbiatto che albergava in lei.
Anche Blaine si rese conto di trovarsi estremamente a suo agio sotto quell’intreccio di rami, e con sua somma sorpresa i suoi passi si erano fatti felpati e silenziosi, i colori attorno a lui si facevano sempre più aranciati, i suoni più vividi, gli odori più forti; quella sensazione durò poco, scivolò via dalle sue mani anche se aveva tentato febbrilmente di trattenerla, e il mondo attorno a lui tornò ad essere opaco e banale.
Seguì Rachel ancora per poco, e si fermò quando lo fece lei, osservando incantato l’inconfondibile figura raggomitolata contro il tronco di un salice bellissimo e maestoso, che accarezzava il terreno coi propri rami; sembrava un luogo incantato.
Blaine si avvicinò quasi inconsapevolmente, attento a non fare rumore, anche se era sicuro che Kurt li avesse già sentiti da un pezzo; scostò le fronde dell’albero con delicatezza, accorgendosi solo in quel momento che Rachel non l’aveva seguito ma che, anzi, sembrava essere sparita nel nulla. Decise comunque di andare avanti, osservando il ragazzo appoggiato elegantemente con la schiena al tronco del salice, le gambe accavallate e distese davanti a sé.
Gli occhi azzurri incrociarono quelli ambrati senza alcuna sorpresa, solo con un’ombra di tristezza.
“Buongiorno” la voce cristallina gli accarezzò i timpani.
“Buongiorno” mormorò in risposta, sedendosi cautamente di fronte a lui: la ferita dietro il ginocchio aveva cominciato a dargli di nuovo noia, quindi distese la gamba davanti a sé con una piccola smorfia.
“Tutto bene?”
“Cosa? Oh, sì. Solo quello stupido pugnale e quello stupido elfo …”
“Fa’ vedere” il tono di Kurt non ammetteva repliche, quindi Blaine si sollevò con fatica la stoffa dei jeans, trattenendo il fiato quando la sentì scorrere sulla ferita, ruotando la caviglia perché il taglio, che ancora non si era completamente rimarginato, fosse visibile.
L’altro ragazzo la studiò per un momento, poi si alzò con un movimento fluido, allontanandosi di pochi passi; si chinò su una pianta bassa e staccò con attenzione un pezzo di una delle foglie, curiosamente spesse e rigide. Si sedette di nuovo vicino a Blaine, maneggiando la foglia con cura; la spellò, rivelando un gel trasparente che si affrettò a raccogliere con un dito, per poi spalmarlo con delicatezza sulla ferita dell’altro, che sospirò subito di sollievo per la freschezza di quella pomata improvvisata.
“Aloe” spiegò Kurt, con un piccolo sorriso “L’ho piantata un anno fa; torna sempre utile.”
Blaine era sempre più sbalordito “Sei anche un esperto di botanica?”
Le guance dell’altro si tinsero di rosso “No, ma quale esperto. So solo … Qualcosa.”
“Un gatto esperto di botanica che salva sconosciuti in mezzo alla strada facendo fare delle giravolte a dei pugnali troppo cresciuti … Non la smetterai mai di sorprendermi?”
Kurt gli tirò un pugno scherzoso su una spalla “Ehi! Si chiamano Sai, e non dovresti offenderli!”
Blaine ridacchiò “Mi sorprende che non abbiano un nome tutto loro!”
“E infatti ce l’hanno! Si chiamano Jhonny e Carl!” gli rivolse una linguaccia molto poco offesa.
Ridacchiarono di nuovo, insieme, poi Kurt inclinò lievemente la testa di lato “Così … Non sei ancora scappato?”
“Dovrei?”
“Be’ … Diciamo che non ne sarei sorpreso.”
“No, non sono ancora scappato. E non voglio farlo. Sono stanco di scappare da quello che sono.”
Gli occhi azzurri lo scrutarono intensamente, cercando risposte a domande che non osavano essere poste ad alta voce, senza trovarle.
Rimasero a guardare il bosco che li circondava, in silenzio.
“Questo posto … Sembra davvero magico” osservò Blaine, piano.
Il volto di Kurt si aprì lentamente in un sorriso dolce “Sì. È per questo che l’ho scelto. È il mio rifugio.”
“Oh, m-mi dispiace! Forse non sarei dovuto piombare qui senza nemmeno chiedertel—”
“Blaine Anderson” Hummel lo interruppe con un finto tono austero “Smettila di scusarti per ogni cosa. Se non ti avessi voluto qui, io e i miei pugnali troppo cresciuti te l’avremmo fatto notare già da un pezzo.” Accennò con un sorrisetto ai foderi che gli pendevano dai fianchi “E poi non so nemmeno perché mi ostino a definirlo un rifugio, visto che tutti sanno dov’è” scrollò piano il capo, fingendosi rassegnato.
Ci fu qualche attimo di silenzio, poi il riccio sentì il bisogno di dirglielo “Prima … Mentre stavo venendo qui, con Rachel … è successa una cosa strana” gli occhi di ghiaccio si fecero attenti “Stavo camminando nel bosco e … e l’ho sentito. Tutte quelle sensazioni da lupo … Gli odori, i colori, i suoni … Ma non sono riuscito a trattenerle. Sono scivolate via quasi subito.”
Kurt lo guardò, comprensivo “È perfettamente normale, non devi preoccuparti; devi solo convincere la tua parte razionale ad accettare la parte di te più … animalesca. È normale che la rifiuti, all’inizio, perché la sente distante, come un qualcosa di estraneo e pericoloso. Devi imparare a farle convivere, senza mai lasciare che una prenda il sopravvento sull’altra.”
“E come si fa?” Non era riuscito a trattenere quella domanda, forse un po’ infantile.
Hummel sembrò esitare “Io …” scosse la testa “Io non so se ci riesco, Blaine; non l’ho mai insegnato a nessuno, e non mi sembra il caso …”
“Ma io mi fido di te” lo interruppe Blaine, con sicurezza, guadagnandosi un’occhiata sorpresa “So che lo puoi fare e--”
“No. No, Blaine, io … Mi dispiace, ma devo andare.” Si alzò di scatto “C’è un sentiero, dietro quel faggio; seguilo, arriverai fino al parco.” Si allontanò, dirigendosi verso la vegetazione più fitta, senza guardarlo, quasi fuggendo.
Il riccio rimase ad osservare il punto in cui aveva visto scomparire la sua schiena, con aria costernata; resistette a quella strana forza che voleva costringerlo ad inseguirlo. Aveva fatto abbastanza danni.





Sì, è cortino.
Io e la divisione in capitoli non andiamo molto d'accordo.
Capitolo un po' di passaggio, in effetti, ma mi serviva per introdurre Blaine nel "Nuovo mondo"; fatemi comunque sapere cosa ne pensate -cioè, salvatemi dallo studio con qualche recensione. :P
A Sabato!

 

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Capitolo 5
*** New Family ***


Ecco qui il quinto capitolo!
 

Being a Half.
5. New Family

 

Rimase accoccolato sotto i lunghi rami ancora un po’, aspettando che il bruciore al ginocchio scemasse; si sentiva tremendamente in colpa per aver fatto scappare Kurt, anche se non aveva ben capito cosa fosse successo, ed era dispiaciuto: non voleva allontanare da sé l’unica persona che poteva dire di conoscere, anche se molto superficialmente. E forse non voleva allontanare da sé proprio Kurt. Ma questo, a se stesso, ancora non lo aveva ammesso.
Si alzò lentamente, attento a non far sanguinare di nuovo il taglio; si mise in piedi con un’occhiata soddisfatta, avvicinandosi al piccolo sentiero sterrato che gli aveva indicato l’altro ragazzo.
Ci mise poco a raggiungere di nuovo il prato, ormai completamente inondato dalla luce del sole, e per la seconda volta avvertì tutto il mondo farsi più vivido, come se la natura attorno a lui si stesse svegliando all’improvviso; chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi, di trattenere quelle sensazioni, vi si aggrappò quasi con disperazione, ma ancora una volta le sentì scivolare via; mugugnò per la frustrazione, avviandosi a passo svelto verso l’enorme edificio di pietra.
Avvertì, più che vederlo davvero, il ragazzo biondo che gli si avvicinava velocemente; era accompagnato da un odore dolceamaro che gli faceva rizzare i capelli sulla nuca, come se il suo corpo lo stesse mettendo in guardia.
“Buongiorno Blaine” gli rivolse un mezzo sorriso, con espressione furba.
“Buongiorno … Sebastian, giusto?” Quello annuì, affiancandolo.
“In persona.”
Camminarono in silenzio per un po’, finché Anderson non cominciò a sentirsi a disagio “Ehm … C’è qualcosa che posso fare per te?”
Sebastian si grattò il mento, con espressione pensierosa “No, non direi. Mi sto solo assicurando che tu non sia un completo idiota.”
Blaine rimase spiazzato; forse in quella casa non esistevano le mezze misure.
Cercò di non fargli capire quanto l’avesse sorpreso “E … E come sta andando?”
“Dipende. Dove stai andando?”
“Ehm … In casa, presumo …”
“Va bene Blaine, e una volta in casa dove andrai?” usò il tono che si riserva di solito ad un bambino fastidioso e capriccioso.
“Uhm … Io, v-veramente … N-non lo so, ancora.”
Sebastian inarcò un sopracciglio “Ti stai praticamente facendo una maratona in mezzo al giardino, e non sai ancora dove vuoi andare?”
Blaine capitolò: lo sapeva bene. “Io … Sto cercando Kurt. Devo aver detto qualcosa di sbagliato e … e se n’è andato. Volevo scusarmi.” Abbassò lo sguardo sul prato sotto i suoi piedi, imbarazzato.
“Sia ringraziato il cielo. Allora non sei un completo idiota.”
Lo guardò con gli occhi spalancati, ma Sebastian lo ignorò “In tal caso, Kurt è nella sala degli allenamenti, piano terra. Occhio quando entri, potresti ritrovarti pelato senza nemmeno accorgertene.”
“Parli per esperienza personale?”
Un ghigno incurvò le labbra sottili dell’altro, piacevolmente sorpreso dalla sfacciataggine di Blaine “Quasi.”
Si allontanò, lasciando il riccio da solo davanti all’ingresso “Ah, Anderson, un’ultima cosa … Non fare cazzate. Mi fa schifo mordere le persone.”
Se ne andò definitivamente, fischiettando allegramente, mentre la mascella di Blaine si rifiutava di ritornare al proprio posto –che no, non era a due millimetri dal pavimento.
Ci mise un po’ a riprendersi, ma alla fine riuscì ad entrare in casa, vagamente intimorito.
Si diresse verso la sala degli allenamenti a passo incerto, e drizzò immediatamente le orecchie: sentiva distintamente il sibilo dei Sai che tagliavano l’aria, e dei leggeri tonfi; aprì la porta piano, tenendo bene a mente l’avvertimento di Sebastian.
Rimase incantato dai movimenti fluidi ed eleganti della figura vestita completamente di nero: Kurt tracciava degli ampi cerchi attorno a sé facendo volteggiare le lame, con gli occhi chiusi, muovendosi senza alcun rumore; si abbassava piegando le ginocchia, girava su se stesso, si chinava fino all’inverosimile, tendendo la schiena all’indietro, saltava in aria con delle capriole perfette, e riatterrava con sicurezza, senza vacillare.
Blaine sospirò, e bastò quello: gli occhi di ghiaccio si spalancarono immediatamente, e Kurt si girò verso di lui, il fiato corto, semi-rannicchiato sul pavimento; si rimise in piedi in un batter d’occhio, in imbarazzo.
Erano entrambi imbarazzati, in verità; nessuno dei due sapeva cosa dire, perché nessuno dei due sapeva cosa fosse realmente successo.
Fu Blaine a spezzare la sottile tensione che si era creata “Io … Lo so che mi hai detto di non scusarmi, ma … Mi dispiace, davvero; non volevo costringerti a fare niente, tu mi hai già aiutato molto e … E forse hai anche altro da fare, invece che aiutare me … E non volevo metterti a disagio, ecco.” Concluse, guardando ovunque fuorché nella direzione dell’altro ragazzo.
“Sono stato io a comportarmi come uno sciocco” la voce cristallina era venata di stanchezza “E …” Scosse la testa “Non dovrei lasciare che tutto questo mi influenzi” mormorò, rivolto più a se stesso che a Blaine, frustrato: se avesse avuto anche la coda, sicuramente questa avrebbe sferzato l’aria muovendosi a destra e sinistra, bassa.
Sospirò, prima di parlare “Ti aiuterò. Non sarà un problema, non ti preoccupare. E poi, se qualcosa non dovesse funzionare, potrai sempre chiedere a Shuester di darti una mano.” Sembrava soddisfatto di quel compromesso.
“Sei sicuro? Non voglio essere un peso …”
“Blaine, tranquillo. Le mie giornate sono piuttosto noiose, in realtà; sarà divertente” il tono si era fatto volutamente più leggero, e aveva persino accennato un sorriso.
“D’accordo, allora … Quando cominciamo?” il riccio scoprì di essere molto più impaziente di quanto non credesse, e questo fece sorridere Kurt “Anche subito.”


Si trovavano sotto le fronde degli alberi da un paio d’ore, ormai, e Blaine cominciava a morire di fame.
Era riuscito a tenere sveglia la sua Metà solo per qualche minuto di fila, ed era rimasto basito nello scoprire che Kurt lo faceva costantemente e inconsciamente, e così anche Sebastian.
“Ma è solo perché noi siamo stati piuttosto precoci” aveva cercato di rassicurarlo Hummel, vedendo lo sguardo affranto dell’altro “ E poi tu ti sei svegliato da pochissimo, per di più hai già diciassette anni, non puoi pretendere troppo da te stesso.”
Ma Blaine aveva messo su un’espressione corrucciata: lui voleva abbracciare quella parte di sé, voleva sentirsi finalmente completo e giusto, voleva diventare quello che era nato per essere.
E si era impegnato, aveva affondato le unghie nei palmi, aveva preso dei respiri profondi, aveva provato a concentrarsi sugli odori e suoi suoni.
“Devi avvertire l’ambiente che ti circonda come un qualcosa di familiare, che fa parte di te, non una cosa estranea. Tu sei il mondo attorno a te, è parte di te.”
La voce di Kurt lo aiutava e lo guidava, cercava di portarlo più vicino ai confini proibiti della sua mente e di farglieli scavalcare, ma inciampava sempre un attimo prima.
Chiuse gli occhi, aggrottando le sopracciglia; fiutò l’odore di alcuni uccelli che cinguettavano tra i rami, il sentore di qualche sporadico fiore dal prato, ma c’era sempre qualcosa che lo distraeva: il profumo di Kurt.
Era troppo vicino, e continuava ad attirare la sua attenzione, investendolo da ogni parte, ma non gliel’avrebbe mai confessato: era troppo imbarazzante.
Stavolta, fu il brontolio del suo stomaco a farlo inciampare e arrossire; spalancò gli occhi, imbarazzato nel vedere il divertimento in quegli occhi di ghiaccio “Fame?” gli chiese, con finta innocenza.
Blaine borbottò qualcosa di incomprensibile, guardando il prato “Può essere” bofonchiò.
“Torniamo dentro, coraggio; Rachel avrà sicuramente preparato qualcosa per pranzo.”
“Ma io volevo …”
“Anderson, i lupi affamati mi ispirano decisamente poca fiducia. Possiamo continuare più tardi, okay?”
Blaine si arrese, anche perché stava davvero morendo di fame; si affrettò a raggiungere l’altro, che si era già avviato con passo sicuro tra gli alberi. Esitò un attimo, prima di rivolgergli una delle domande che più gli premevano “È … È normale? Che io non ci arrivi …”
Kurt lo scrutò a fondo “È perfettamente normale, okay? Non ti devi preoccupare; ce la farai. Ognuno ha i suoi tempi”scrollò le spalle “Nick ci ha messo dei mesi, tu hai iniziato solo ieri. Datti tempo, d’accordo? E soprattutto, non essere troppo duro con te stesso.”
Blaine annuì, leggermente confortato. “E per te … Tu quanto ci hai messo?”
L’altro si bloccò, con una tristezza indicibile nello sguardo “Nemmeno mezzo secondo.” Poi riprese a camminare, più veloce di prima: chiaramente, per lui la conversazione era chiusa.


“Kurt!”
Si voltarono, e una ragazza bionda con dei lucenti occhi verdi, accompagnata da un ragazzo altrettanto biondo e piuttosto alto, si affrettò a raggiungerli accelerando il passo e agitando una mano, con un sorriso sul volto.
“Quinn! Jeff! Come mai ci avete messo tanto?”
La ragazza scrollò il capo “Jeff si è perso; riesci a crederci? Dopo due anni che viene qui, ancora non è riuscito ad imparare la strada.”
Il ragazzo biondo mise su un’espressione offesa “Ehi! Io non mi sono perso!”
Lei sbuffò “Sì, come no. Non vedevi l’ora di finire in quel motel a ore gestito dall’esatta copia dello zio Fester, vero?”
Lui arrossì fino ai limiti dell’immaginabile, borbottando qualcosa di simile a “Lo sai che non lo farei mai”
“Tranquillo Jeff, lo so che hai occhi solo per Nick” lo rassicurò lei, con una spallata giocosa, facendolo arrossire ancora di più.
Kurt si voltò verso Blaine, attento a cogliere la sua reazione, ma il ragazzo non aveva fatto una piega: sembrava solo curioso.
Hummel si schiarì la voce “Quinn, Jeff … Lui è Blaine” la ragazza gli strinse delicatamente la mano: profumava di lavanda; il biondo, invece, rischiò di slogargli una spalla con la sua stretta energica, rivolgendogli un sorriso ampissimo.
“Oh, Blaine, finalmente! È un piacere conoscerti! Sembri molto più attivo quando non sei semisvenuto tra le braccia di Kurt!”
Oh cielo” borbottò Quinn, alzando brevemente gli occhi al cielo “Coraggio Jeff, andiamo da Nick; stargli lontano ti fa male” lo trascinò letteralmente via per un braccio, voltandosi solo per urlare un “Ci vediamo dentro!”
Kurt ridacchiò, e Blaine ne fu sollevato; aveva avuto paura di aver rovinato di nuovo tutto.
“Quindi … Jeff e Nick stanno insieme?”
“Oh, ehm … No. Non ancora, almeno. Sono sempre insieme ma … È un po’ complicato.”
“Come mai?”
“Io …” Kurt si guardò attorno, come se cercasse la risposta nelle pietre del muro del Castello “Non credo di essere la persona più adatta a spiegarlo. Stavolta davvero.” Concluse, con un piccolo sorriso sofferente.
Blaine capì che non era il caso di insistere “D’accordo” annuì, entrando dopo di lui.


La tavolata era piuttosto festosa, e dominata da un’enorme ciotola di pasta squisita, da cui tutti attingevano allegramente; Blaine aveva avuto paura, perché temeva che non sarebbe riuscito ad inserirsi, ma subito l’avevano trascinato con foga in tutte le conversazioni, e quasi facevano a gara per ottenere la sua attenzione, soprattutto Jeff e Nick. Blaine li aveva osservati con attenzione, per capire cosa avesse voluto dire Kurt, ma non riusciva a spiegarselo.
I due ragazzi erano le estremità di un solo corpo: si muovevano come due pezzi complementari, se si spostava uno, si spostava inconsciamente anche l’altro; se ad uno serviva una cosa, l’altro gliela stava già porgendo; se uno iniziava una frase, l’altro l’aveva già finita. Erano incredibili. E i loro sguardi, i loro gesti, andavano ben oltre la semplice amicizia, era chiaro.
Eppure non si lasciavano mai andare; non c’era mai uno sfioramento di troppo, mai un tocco sbilanciato. Si limitavano ad esserci l’uno per l’altro.
Blaine era sempre più perplesso, ma Sebastian lo distrasse dalle sue elucubrazioni “Allora novellino … Hai deciso cosa farai? Resterai qui?”
Anderson dovette rifletterci un attimo, e non poté fare a meno di far trasparire tutta la tristezza e un po’ della paura che sentiva “Credo … Credo che dovrei tornare a casa la mattina, per andare a scuola; potrei tornare qui subito dopo le lezioni, e … Magari rimanere anche la notte, se non è un problema.”
“Oh, figurati, ma quale problema …”
La voce gentile di Rachel venne interrotta da un entusiasta Jeff “Oh mio Dio, che carino, vai ancora a scuola! Che tenerezza!”
Sebastian alzò gli occhi al cielo “Senti Nick, dovresti davvero controllare che il tuo ragazzo, qui, prenda regolarmente le sue pasticche, comincia a diventare imbarazzante. Riguardo a te, Anderson, puoi restare, non ti preoccupare, e andare e venire come ti pare; ormai lo fanno tutti. Almeno hai la macchina?”
“Oh, ehm … è dal meccanico, ma fra una settimana dovrebbe essere pronta …”
“D’accordo, allora o trovi una buon’anima che ti accompagni, o per questa settimana resti a casa, e magari passi solo il pomeriggio---”
La voce di Puck sovrastò quella di Sebastian “Può accompagnarlo Kurt! Tanto non ha mai niente da fare, e sono stufo di vederlo ciondolare per casa; senza contare che mi inquieta, con quei coltellacci---”
“Dio Puckerman, si chiamano Sai!” Sbottò Kurt, che per poco non si era strozzato con la pasta “E poi non ciondolo sempre per casa …”
“Invece sì, Hummel, non negarlo” intervenne Santana “E così potrai evitare di preoccuparti ogni singolo secondo di quello che potrebbe succedergli, rischiando di stressare e far suicidare persino le pietre …”
Kurt era color magenta, e aveva immerso il viso nel bicchiere d’acqua; riemerse tossicchiando “E va bene” borbottò “Se per Blaine non c’è nessun problema …”
Gli occhi azzurri e quelli ambrati si incontrarono per una frazione di secondo, prima che Rachel intervenisse un’altra volta “Oh, sono sicura che a Blaine non dispiaccia, in fondo sei l’unico che lo conosce un po’ di più … Lo stai anche aiutando con la Met---” Si interruppe di colpo, mordendosi il labbro, cogliendo l’occhiataccia dell’amico, che sillabò un “Grazie tante”, prima che si facesse sentire la voce maliziosa di Nick “Ma davvero? E qual è la tua Metà, occhioni d’oro?”
Blaine cercò una salvezza da quella follia nei familiari occhi di ghiaccio, e li trovò costernati e pieni di scuse; si sforzò di deglutire e mantenere la calma “Un lupo” mormorò, abbassando gli occhi sul piatto ormai vuoto.
“Oh, finalmente!” Nick gli rivolse un sorriso soddisfatto “Ci voleva un altro canide in questa gabbia di matti!”
“Ragazzi” fu Quinn a salvarli da quella situazione imbarazzante “Ora lasciateli un po’ in pace, d’accordo? Li avete torturai anche troppo.”
Ci fu un borbottio generale di “E va bene”, “Stavamo solo scherzando”, “Quando mai vedremo di nuovo Kurt in difficoltà?” e “Ma è un canide! Come me!”, poi tornarono tutti a conversazioni più o meno tranquille, e Hummel e il riccio poterono finalmente tirare un sospiro di sollievo, troppo imbarazzati per guardarsi in faccia.








Eccoci qua!
Bene, finalmente abbiamo introdotto -quasi- tutti i personaggi!
Dal prossimo capitolo la storia inizierà ad evolversi un po' di più, non temete.
Che dire ... Spero vi sia piaciuto, e fatemi sapere!
Ci vediamo Sabato prossimo!
P.S. Amo tanto questo Sebastian :D (Eh be'. E' un mio personaggio. Ma va be'.)

 

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Capitolo 6
*** Training ***


Ce la farò mai ad aggiornare il giorno giusto?
No. Ovvio.
La verità è che, ormai, aggiorno per risollevarmi dallo studio.
Tra poco arriverò ad aggiornare tre volte al giorno.
Sono disperata.
MA, a voi tutto questo non interessa. Lo so. *aria sconsolata*
Dunque! Sesto capitolo! A voi :)

Being a Half.
6. Training

 

Dopo quel pranzo disastroso, Blaine conobbe finalmente il famoso Schuester, che tutti continuavano ad invocare come se fosse una strana divinità.
Al contrario di quanto credeva il riccio, Will –perché quello era il nome di Schuester -, non era un Halfbeing come i ragazzi, ma un banale uomo di circa quarant’anni con un’innata, e forse un po’ malsana, passione per tutto ciò che esulava dall’ordinario.
Ma quel banale uomo gli aveva fornito un’informazione preziosissima, mentre lo accoglieva con dei lunghi discorsi calorosi: era stato lui a trovare Kurt e Sebastian; anzi, era proprio per via del castano che aveva sviluppato quell’interesse nei confronti degli esseri come loro.
Dal poco che aveva potuto sentire, e il molto che gli era stato concesso di intuire, aveva capito che Schuester aveva assistito al risveglio di Kurt, un bambino di soli otto anni, e aveva deciso di prenderlo sotto la sua ala protettiva, senza esserne spaventato: era stato una sorta di padre adottivo. E quello fornì un’altra importantissima informazione a Blaine: Kurt era orfano.
Will l’aveva accudito e cresciuto, studiandolo con attenzione, cercando di capire come e perché.
Dopo un paio d’anni aveva trovato anche Sebastian, e aveva convinto i suoi genitori, due ricchi inglesi piuttosto altezzosi e distratti, a lasciarglielo portare in America per fargli “frequentare tutte le scuole più prestigiose”. I genitori di Sebastian dovevano essere persone molto distratte.
Era passato molto tempo prima che Schuester ne trovasse un altro: Puck. Poi era stato il turno di Santana, Jeff e Nick –nemmeno a dirlo, furono trovati praticamente lo stesso giorno- , Quinn, e Rachel; a questo punto, il discorso si era fatto confuso –Will aveva parlato di una palla di cristallo?-, ma a Blaine era parso di capire che fosse stata la ragazza a trovare Finn.
E in tutti quegli anni, Schuester aveva continuato a studiarli, e aveva trasferito quel sapere in alcuni libri, che ora si trovavano nella biblioteca assieme ad alcuni manoscritti sugli elfi; perché c’erano stati moltissimi Halfbeing prima di loro, che avevano lasciato testimonianze scritte delle loro esperienze e delle loro storie, e anche del loro accordo con quelle strane creature: un tesoro a dir poco inestimabile.
Gli fece anche leggere un brano da uno di quei libri, che gli permise di carpire qualche altra informazione sugli elfi.
            

                Gli elfi –chiamati così dal nome che loro stessi hanno deciso di darsi- appartengono allo stesso genere
                    di cui fanno parte gli esseri umani –Homo-, ma a specie diversa: Homo sapiens iunctus naturae.
                   Questa specificazione deriva dalla loro stretta comunanza con la natura; sebbene vivano a fianco degli
                   esseri umani senza difficoltà –grazie alla loro capacità di mutare parzialmente aspetto-, gli elfi manifestano
                   un profondo rispetto nei confronti di ciò che li circonda. Da qui, le loro capacità sovrannaturali:sono agili, forti e
                   veloci, posseggono sensi molto sviluppati, alcuni hanno addirittura abilità specifiche*, e, soprattutto,
                  per  ucciderli definitivamente è necessario colpirli esattamente al cuore,
                  o il loro legame con la natura li riporterà  in vita nel giro di mesi, settimane o anni,
                 in base alla gravità delle ferite riportate.
                  I cadaveri degli elfi scompaiono non appena diventano tali, e la leggenda vuole che essi si riuniscano alla Madre
                 Terra.
                 Gli elfi possono cambiare il loro aspetto a piacere, assumendo sembianze umane o meno (vedi figura); quando
                muoiono, assumono automaticamente le sembianze originali.
                                     

                *L’elfo Re viene scelto dopo uno scontro mortale con gli altri elfi aspiranti, selezionati tra coloro con le abilità
                  più significative (vedi, Re Thiryon,capace di manipolare l’acqua).

  
                                                                                                                   *****
 
In due settimane la sua vita cambiò radicalmente; ricominciò ad andare a scuola, con un notevole miglioramento: Kurt lo accompagnava praticamente tutte le mattine. Blaine aveva provato a dissuaderlo, dicendogli che gli dispiaceva che dovesse svegliarsi presto appositamente per lui, ma il castano era stato irremovibile; e in verità, al riccio non dispiaceva affatto.
Dopo essere sopravvissuto alle lezioni tornava al Castello, e studiava più in fretta che poteva, cercando di non badare al ghigno soddisfatto e divertito che gli rivolgeva Puck quando lo vedeva chino sui libri; aveva persino scoperto che Kurt aveva un’innata passione per la matematica, e questo lo aveva decisamente aiutato con calcolo –materia che per lui rimaneva comprensibile quanto l’aramaico. Non che riuscisse a studiare molto, in realtà, quando Kurt e il suo profumo erano così vicini. Ogni volta finivano per chiacchierare del più e del meno come due vecchi amici, e parlavano di tutto: di musica, di film, di libri, dei loro interessi. L’unico argomento che non sfioravano mai era il passato. Era evidente che il castano non ne volesse assolutamente parlare, e il riccio aveva iniziato ad evitare l’argomento; non che gli dispiacesse, in realtà. Gli bastava stare a chiacchierare tranquillamente con lui, lasciando che la sua presenza lo rilassasse.
Diventarono inseparabili senza nemmeno rendersene conto, sotto le occhiate maliziose degli altri abitanti del Castello: non erano abituati a vedere Kurt così socievole e solare, ma era un cambiamento piacevole.
Passavano un’oretta nel bosco tutti i pomeriggi, e Blaine tentava di mantenere sveglia la propria Metà il più a lungo possibile; il suo record era di cinque minuti e qualche secondo, ma gli costava un’enorme fatica, e quasi sempre si ritrovava spossato solo dopo un minuto, ma cercava di tenere duro per non deludere l’altro ragazzo, che lo spronava e lo incoraggiava senza stancarsi mai.
Una novità entusiasmante fu, poi, la scoperta dell’armeria.
Kurt lo aveva portato lì un pomeriggio, con un largo sorriso stampato sul volto: sapeva che a Blaine sarebbe piaciuta; e infatti, il riccio si era guardato attorno con gli occhi spalancati e luccicanti, osservando attentamente l’ambiente che lo circondava: era una sala piuttosto piccola, soprattutto se paragonata alle altre,  ma ognuna delle tre pareti libere era completamente coperta da una rastrelliera occupata da ogni tipo di armi, disposte ordinatamente.
C’erano pugnali dalle lame più o meno lunghe e sottili, dritte o incurvate, dall’elsa semplice o elaborata; uno in particolare aveva attirato l’attenzione di Blaine: nell’elsa era incastonata una pietra d’ambra, nel punto in cui si incontravano guardia e manica; su quest’ultima, si avvolgeva una pianta rampicante, lavorata così finemente da sembrare vera, e le estremità di alcune foglie arrivavano a sfiorare la base della lama, che si assottigliava verso il centro per poi allargarsi di nuovo in un’elegante curvatura verso la punta.
Aveva osservato degli strani aghi molto spessi e decisamente appuntiti; “Senbon” aveva risposto la voce cristallina dietro di lui alla domanda inespressa, “Possono essere usati come pugnali o armi da lancio; sono di Rachel”.
Aveva anche rivisto i Sai di Kurt, rigorosamente posti in alto, lontano dalle altre lame, ma non aveva osato toccarli –ci teneva ad avere quattro arti anche a fine giornata.
Aveva notato, leggermente distaccata rispetto alle altre, un’arma che non aveva mai visto: era un bastone, di un legno scuro e tremendamente duro e liscio, che aveva una lama sottile e non troppo lunga per estremità; avrebbe voluto sfiorarla, ma sapere che era di Santana l’aveva fatto stranamente desistere.
Aveva continuato a guardarsi attorno con  la bocca spalancata, nell’osservare estasiato tutte quelle spade belle e terribili: se ne stavano altere, dritte, perfettamente consapevoli della loro maestosità, eccezion fatta per due, inclinate l’una verso l’altra, con le else incrociate.
“Sono le spade di Jeff e Nick” aveva mormorato Kurt, con un tono di voce quasi malinconico e distante, e Blaine si era limitato ad annuire, osservandole meglio: erano lame eleganti e fini, a due mani, le else decorate da una spirale in rilievo; anzi, non era una spirale: era un drago, sinuoso e sottile, realizzato con un’evidente attenzione per i dettagli.
“Sono armi gemelle” aveva continuato Hummel, sempre a bassa voce, stavolta con un sorriso amaro “Vedi?” Aveva ruotato le spade e aveva avvicinato le else: combaciavano perfettamente, e in questo modo, un singolo drago sembrava distendersi su entrambe le lame.
Blaine aveva avvertito una strana stretta allo stomaco quando aveva notato lo sguardo degli occhi azzurri: era lontano e perso, e per un attimo aveva temuto irrazionalmente di non riuscire a riportarlo indietro.
Ma Kurt si era riscosso, aveva messo su un’espressione impassibile, e l’aveva portato verso l’ultima rastrelliera, dopo avergli mostrato l’imponente sciabola che apparteneva a Puck: e il riccio si era illuminato.
Gli archi erano in assoluto le armi più raffinate e minacciose che avesse visto in quella sala: elegantemente ricurvi, sembravano curiosamente fieri, consapevoli della loro superiorità.
C’erano anche degli shuriken a cinque punte, eleganti e terribilmente mortali –“Di Quinn”, aveva specificato Kurt, seguendo sempre il suo sguardo-; ma anche stavolta, era stato un arco ad attirare immediatamente la sua attenzione: gli si era avvicinato quasi senza rendersene conto, ammaliato dai bagliori azzurri che sembrava emanare; e quando l’aveva potuto vedere per bene, si era dovuto trattenere per non spalancare poco elegantemente la bocca. Su tutta la sua lunghezza si avvolgevano a spirale dei minuscoli frammenti di acquamarina, creando dei vortici impossibili da seguire con lo sguardo, responsabili di quell’effetto magnifico. Lo aveva sfiorato inconsciamente, completamente stregato, e si era voltato solo nel sentire che l’altro aveva trattenuto il fiato “Oh, scusa, non sapevo fosse il tuo …”
“N-No, non è mio, non preoccuparti; non è di nessuno. Io … Io uso solo i Sai.” Aveva concluso, con un leggero sospiro che avrebbe dovuto essere impercettibile. “Lo ha fatto il nonno di Rachel” aveva proseguito, quasi sovrappensiero, senza notare lo sguardo sbalordito dell’altro “Lui … Sapeva di sua nipote. Anche lui era un Halfbeing. E … ha realizzato qualcuna di queste armi.” Aveva concluso, sfiorando le rastrelliere con lo sguardo.
“Lo conoscevi?”
Gli occhi azzurri lo avevano scrutato con un po’ di dolore “Sì. È morto sei mesi dopo che Rachel è venuta qui. Andavamo molto d’accordo” un piccolo sorriso gli aveva incurvato le labbra “Era un vecchietto burbero e insopportabile.”
Blaine non aveva potuto fare a meno di sorridere con dolcezza, vedendolo chiaramente perso nei suoi ricordi.
Kurt si era riscosso dopo qualche secondo, con un mezzo sorriso che non aveva allontanato del tutto la tristezza che si era depositata nelle sue iridi di ghiaccio “Credo di aver capito da cosa vuoi cominciare.”
Anderson si era morso il labbro; in realtà, lo aveva incuriosito parecchio anche il pugnale, ma dopo aver ripensato ai movimenti assurdamente eleganti di Kurt, era stato imbarazzato dall’idea di fare una figura pessima; “E a Rachel non dispiacerà?”
L’altro aveva scosso la testa, in segno di diniego “No, direi proprio di no. Non fa altro che lamentarsi perché sta lì a prendere polvere …”
“D’accordo, allora …” Le dita di Blaine si erano chiuse incerte attorno all’arco, ma subito la sua presa si era fatta più sicura nel sollevarlo con attenzione, sentendolo più pesante di quanto non si aspettasse. L’arco sembrava essersi svegliato sotto il suo tocco.

                                                                                                        *******
                                                                                                 
Da quel pomeriggio, quindi, Blaine si era allenato anche nel tiro con l’arco, ma, con suo grande disappunto, non era stato Kurt ad aiutarlo, bensì Sebastian –che sembrava saper usare alla perfezione qualsiasi tipo di arma, anche se non ne aveva affatto bisogno.

“Blaine, hai per caso l’ernia?”
“No, perché?”
“Perché nemmeno mia nonna terrebbe la schiena in quel modo.”

“Se continui a tenere la freccia così, finirai per mandarla in salotto. E la cosa grave è che il salotto è dietro di te.”

“Anderson, stai cercando di tirare con l’arco, non stai facendo il bucato.”

“Sento quella freccia invocare pietà.”

“Sai occhioni d’oro, ho come la sensazione che quella corda si tenderebbe di più se lo facesse da sola …”

“Blaine. Seriamente. Stai infrangendo tutte le leggi della fisica. Anche quelle che non esistono.”

“Ottimo! Sei riuscito a centrare il bersaglio! Ah no, aspetta … Il bersaglio è quello tondo col cerchio in mezzo, non la finestra sei metri più in là.”

Certo, gli allenamenti erano una sicura fonte di svago per Puck e Santana, che assistevano divertiti ad ogni strafalcione del riccio, immediatamente seguito da dieci minuti di battute e commenti cinici prontamente sfoderati da Sebastian; dopo un po’, Blaine aveva cominciato a pensare che se li preparasse la notte.
Fortunatamente c’era sempre Kurt, appoggiato allo stipite della porta con un’espressione paziente sul viso, pronto ad intervenire con un’occhiataccia micidiale ogni volta che i commenti si facevano un po’ troppo pesanti o che Sebastian sembrava sul punto di impiccarlo con la corda dell’arco; era un po’ come un angelo custode.
Per questo Blaine fu invaso da una strana inquietudine quando, un tardo pomeriggio di qualche settimana da che era arrivato al Castello, Kurt non si presentò ai suoi allenamenti.
Non l’aveva nemmeno accompagnato a scuola, quella mattina, e non si era presentato per la sessione di esercizi nel bosco.
Rachel aveva evitato le sue domande, ma gli aveva lanciato delle occhiate piuttosto eloquenti, quindi si era deciso ad avviarsi a passo svelto per il prato; sapeva che Kurt aveva bisogno dei propri spazi e che forse non si sarebbe dovuto intromettere, ma non gli importava: era preoccupato.
Sapeva che l’avrebbe trovato lì.
Era raggomitolato elegantemente contro il tronco del salice, come suo solito, e sembrava un dettaglio naturale e indispensabile del paesaggio.
Si avvicinò senza preoccuparsi del rumore che faceva, e si sorprese quando gli occhi azzurri non cercarono il suo sguardo come al solito.
“Kurt …?” mormorò, tendendo leggermente un braccio verso di lui.
Solo a quel punto l’altro ragazzo si girò, lentamente, dandogli modo di osservare il volto triste e stanco, segnato dalla mancanza di sonno. Si accovacciò accanto a lui, con uno strano nodo nel petto “Cosa c’è che non va?”
“Il passato.” Fu un sussurro flebile, come se non volesse farsi davvero sentire.
Blaine rimase immobile, una mano appoggiata sul suo avambraccio, in attesa. Se anche Kurt non avesse voluto dirgli nulla, sarebbe rimasto. Lo sapeva. Non se ne sarebbe potuto andare nemmeno volendo.
Gli si bloccò il respiro in gola quando una lacrima bagnò la pelle chiarissima dello zigomo di Kurt; la asciugò con il palmo, attento e delicato, e i due occhi azzurri lo scrutarono sorpresi e diffidenti.
Fu il tempo di un sospiro; quegli occhi si riempirono di lacrime, che cominciarono a correre silenziose sulle sue guance. Blaine gli circondò immediatamente le spalle con un braccio, facendosi più vicino a lui, lasciando che si rifugiasse sul proprio petto, senza parole: Kurt non lasciava mai che qualcuno gli stesse così vicino, tanto meno si permetteva di piangere in presenza di altre persone.
Fu questo che lo convinse a parlare “Kurt, cosa succede?” chiese sottovoce, angosciato.
Le spalle dell’altro tremarono leggermente sotto la sua stretta, che si fece più forte quando la voce cristallina risuonò nella piccola radura, spezzata “È successo esattamente undici anni fa.” Blaine quasi smise di respirare, per paura di allontanarlo “Era notte. Avevo otto anni. I miei genitori mi avevano portato ad una festa fuori città, eravamo tornati tardi … Le strade erano deserte. Avevamo parcheggiato poco lontano da casa … È sbucato praticamente all’improvviso.” Aveva lo sguardo perso nel vuoto mentre raccontava “Era un disperato, si vedeva … Aveva una pistola, l’ha puntata contro mio padre e voleva i soldi, ma lui cercava di farlo ragionare, voleva convincerlo, aiutarlo …” Blaine lo strinse a sé ancora più forte, deglutendo a vuoto per allontanare quel maledetto groppo che gli ostruiva la gola “Ma quello ha sparato. Tre volte. E li ha uccisi. Così, come se nulla fosse, se ne sono andati. E io sono rimasto lì, da solo, con tutta quella rabbia, tutto quel dolore … E sono esploso. Letteralmente. Io …” Prese un respiro profondo con evidente difficoltà, prima di concludere “Non so cosa avrei fatto se non mi avesse trovato Shuester. Davvero non lo so.” Il suo fu solo un sussurro spaventato, e bastò: Blaine lo abbracciò, cullandolo piano, invitandolo a ritornare al presente, perché lui c’era, e non l’avrebbe mai lasciato affondare.
E osservando il volto dell’altro che si rilassava, mentre le lacrime si arrestavano lentamente, qualcosa si smosse dentro di lui. Qualcosa che lo spinse a giurare a se stesso che avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggerlo da ciò che avrebbe potuto ferirlo.
Non gli importava il perché, non voleva dare un nome a quella sensazione. Sarebbe stato così e basta.


Dopo poco, Kurt riuscì a calmarsi e si allontanò lentamente dal petto di Blaine, rivolgendogli una timorosa occhiata di scuse “Mi dispiace per lo sfogo, non so cosa mi sia preso …”
Il riccio scosse energicamente la testa, osservandolo ancora con attenzione; vedere l’altro ragazzo tanto ferito l’aveva davvero scosso “Non devi preoccuparti. Insomma, sono stato contento di … Di esserci stato. Di averti potuto aiutare, ecco.” Borbottò, un po’ a disagio.
Kurt arrossì lievemente, ma non distolse i propri occhi da quelli dorati e un piccolo sorriso gli si dipinse sulle labbra; Blaine faceva seriamente fatica a collegare l’idea di quel ragazzo dolce, meraviglioso e indifeso a quella dello spietato predatore.
“Anch’io sono stato contento che tu fossi qui.” Quelle parole sembravano aver lasciato le labbra del castano contro la sua volontà, e ora erano lì, sospese fra loro, vagamente minacciose.
Blaine gli sorrise spontaneamente, con dolcezza, e non poté impedirsi di stendere lentamente un braccio e sfiorargli una spalla con delicatezza “Sarò qui, okay? Tutte le volte che avrai bisogno di parlare.”
Kurt lo guardò negli occhi per un lunghissimo momento, prima di sorridere; i loro sguardi rimasero incatenati, come se fosse fisicamente impossibile separarli, e una strana scossa sembrò attraversare l’aria attorno a loro.
Si raddrizzarono di scatto, rendendosi conto solo in quel momento di essersi avvicinati in maniera impercettibile ma significativa.
Kurt si alzò in piedi con un movimento fluido e una strana espressione sul viso; respirò profondamente prima di tendere una mano a Blaine “Andiamo. Non voglio farti perdere altro tempo; mi dispiace di aver saltato gli allenamenti oggi. Sebastian è stato molto terribile?”
Blaine si strinse nelle spalle, ancora leggermente confuso, alzandosi con l’aiuto dell’altro “No. Voglio dire, in fondo a nessuno interessa fare cose superflue come camminare o respirare a fine giornata, no?”
Kurt rise, visibilmente sollevato, e gli occhi dorati di Blaine si illuminarono un po’ nel sentire quel suono.


 


Allooooora!
Capitolo un attimino più interessante dei precedenti.
Scriverlo mi ha divertito un sacco, sia per via delle armi -ho per tutte un'idea abbastanza precisa di come dovrebbero essere, ma a disegnare sono una frana :(- che per la scena Klaine ** (era anche l'ora eh).
Tenete a mente il discorso sugli elfi!
Fatemi sapere, come sempre!
*torna dai libri con aria depressa*


Coming next:
-"Scrivere quella bugia gli costò uno sforzo enorme. [...] 
Ma non poteva. Non sarebbe stato così egoista.
21.41 Kurt
D’accordo. Fammi sapere al più presto, per favore.

Chiuse gli occhi, mentre una lacrima finalmente gli rigava una guancia per tutto quello che si stava lasciando alle spalle."



Lo so. Dopo questa vorrete uccidermi. 
P.S. Le mie facoltà intellettive sono state azzerate dalla visione di Colfer shirtless. Non so se condividete, ma penso che domani, guardando la puntata, mi distrarrò parecchio.
Bacioni a tutti! 

 
 

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Capitolo 7
*** Changing ***


Sono pessima.
Ormai è anche inutile che tenti di giustificarmi.
Non pubblicherò mai il giorno giusto.
Che vergogna.
*si allontana con la coda tra le gambe*

 

Being a Half.
7.Changing

 

Dopo un altro degli sfiancanti allenamenti con Sebastian, Blaine si trovò estremamente spossato, e l’unica cosa che riuscì a fare fu buttarsi sul letto dopo aver fatto una doccia, aspettando che Kurt gli portasse qualcosa da mangiare, troppo sfinito persino per andare in cucina: i muscoli della schiena e delle braccia gli bruciavano da impazzire, e non poteva muoversi o girarsi senza un mugugno di dolore.
Cercò di accomodarsi meglio sul materasso, ovviamente senza riuscirci; grugnì in risposta ad un bussare discreto sulla sua porta, e un debole sorriso gli distese le labbra, nell’avvertire il profumo familiare che invadeva la stanza.
“Altra sessione estenuante?”
“Nemmeno te lo immagini” gemette il riccio, con gli occhi chiusi.
Il materasso si curvò leggermente quando Kurt si sedette sul letto, vicino a lui.
“Coraggio” mormorò la voce cristallina, con dolcezza “Rachel ha fatto il tuo piatto preferito: lasagne.”
Poteva sentire dal tono della sua voce che stava sorridendo: ormai lo conosceva troppo bene.
Con uno sforzo immane sollevò le palpebre, e il suo cuore fece un’inspiegabile capriola nel trovarsi davanti quei lineamenti così delicati e regolari, quegli occhi incredibilmente chiari che a volte sembravano brillare di luce propria, e quella tristezza: Blaine la odiava, quella malinconia che non abbandonava mai quei tratti angelici, avrebbe voluto cacciarla via, o prenderla su di sé, tutto: purché sparisse.
Si tirò su con estrema calma, senza riuscire a reprimere un mugolio mentre i muscoli della sua schiena protestavano con foga.
Kurt lo guardò un po’ dubbioso, tendendogli il piatto “Forse, se parlassi con Sebastian …”
“No! No, non lo fare, per favore.” Blaine non voleva essere l’anello debole, soprattutto non davanti a lui.
“Ma riesci a malapena a muoverti, sta esagerando col suo ‘amore crudele’, comincio a pensare che il suo sia più sadismo …”
“Kurt. Per favore. Sto bene, non devi sempre prenderti cura di me.” Lo aveva detto con un’eccessiva durezza nella voce, e negli occhi di ghiaccio passò un lampo di tristezza.
“D’accordo. Io … Io vado di là.”
Il riccio non ebbe nemmeno il tempo di provare a trattenerlo, per scusarsi, per convincerlo a rimanere a chiacchierare con lui, come facevano tutte le sere, rimase solo a fissare la porta chiusa, mordendosi le labbra.
Finì di mangiare più in fretta che poteva, poi si alzò dal letto, ignorando il dolore: odiava discutere con Kurt. Era vero, ormai aveva stretto rapporti abbastanza stretti anche con gli altri, soprattutto con Jeff, Nick e Rachel, ma Kurt … Kurt era speciale.
E non aveva osato andare oltre quello, da quella sera sotto il salice, da quando si erano fatti ancora più vicini. Non aveva osato indagare più a fondo, perché aveva paura. Paura che tra loro potesse cambiare qualcosa, che potesse rovinare tutto ciò che aveva costruito con fatica; era riuscito a guadagnarsi la stima e la fiducia dell’altro ragazzo, non avrebbe rischiato di distruggerle.
Si avviò verso la cucina con passo stranamente silenzioso –la sua Metà era sempre più sveglia, al contrario delle sue doti da arciere-, ma si bloccò quando udì distintamente due voci al di là della porta chiusa; fiutò l’aria, piano, sentendo il profumo di Kurt e quello di Rachel.
“Tesoro … Questa situazione ti sta logorando e si vede … E non so davvero come aiutarti” la voce della ragazza sembrava costernata.
“Lo so, Rachel, lo so, ma che altro posso fare?” Sobbalzò nell’udire la voce cristallina venata quasi di disperazione “Io non so come devo comportarmi, e averlo sempre qui … È come se qualcuno mi dovesse costantemente ricordare tutto quello che c’è di sbagliato in me, tutto quello che non posso avere,  e---” La voce si spezzò.
“Kurt, va tutto bene, okay? Va tutto bene, shhh, va tutto bene.”
Rimasero in silenzio per un po’, e Blaine non riusciva a muoversi, impietrito fuori dalla porta. Non capiva e allo stesso tempo capiva troppo bene. Ma soprattutto, Kurt stava piangendo.
“Rachel, io … Io non so cosa fare … Cerco di aiutarlo, di proteggerlo, ma fa male, dannazione …”
“Tesoro … Tu l’hai visto, come è successo a me con Finn, questo deve significare qualcosa, magari …”
“No, lo sai come funziona; è impossibile che io … Per questo Jeff e Nick non l’hanno fatto …”
“Kurt, ha scelto proprio quell’arco; non ti ricordi cosa disse mio nonno? Aveva fatto quell’arco per te, per il colore dei tuoi occhi, pensando al modo in cui ti muovi … Come fa a sembrarti solo un caso? Magari non sappiamo così bene come funziona …”
Ma Blaine non sentiva più niente.
Kurt stava piangendo.
E in qualche modo era colpa sua.
Perché averlo lì gli faceva male, anche se non lo dava mai a vedere.
Una parte di lui si rese anche conto di quanto avesse ragione Rachel: il colore di quell’arco, la forma elegante … Erano i suoi occhi luminosi. I suoi movimenti. Il suo incedere silenzioso. La sua forza. Per questo l’aveva scelto. Forse inconsciamente, forse no. Forse se n’era accorto fin da subito.
Si maledisse, mentre il suono di quei singhiozzi soffocati continuava a ferirgli le orecchie.
“E averlo sempre qui … È come se qualcuno mi dovesse costantemente ricordare tutto quello che c’è di sbagliato in me …”
Non gli interessava cosa avesse fatto di sbagliato, non lo voleva nemmeno sapere.
Gli stava facendo del male.
E a Blaine bastò sapere questo.
Si precipitò in camera, raccolse il borsone con i suoi vestiti, le chiavi della macchina e quelle di casa, lo zaino con i libri.
Scese le scale di corsa, fortunatamente non c’era nessuno in giro.
Arrivò all’auto col fiato corto, e non si concesse di guardarsi attorno. Sapeva che, se l’avesse fatto, non avrebbe più avuto il coraggio di andarsene. Buttò il borsone e lo zaino sui sedili posteriori, mise in moto.
Non l’avrebbe più rivisto.
Si allontanò velocemente, e gli parve di sentire una voce che lo chiamava.


Il telefono vibrò nella sua tasca dopo qualche minuto, ma aspettò prima di accostare, con gli occhi pericolosamente velati di lacrime.

21.35 Kurt
Dove sei? Va tutto bene?


Immaginare quella voce e quegli occhi venati di angoscia fece ancora più male.
Perché Kurt continuava a preoccuparsi per lui, se così si feriva e basta?

21.40 Blaine                                                                                                             
Tutto ok, sono tornati i miei a casa. Devo andare.
Mi sa che non torno per un po’.


Scrivere quella bugia gli costò uno sforzo enorme.
“Non va bene niente. Vienimi a prendere, ti prego. Dimmi che non ti faccio stare male, che non è per colpa mia che piangi … Che ti ricordo solo quello che c’è di bello in te, perché non hai niente di sbagliato … Dimmi che non vuoi che vada.”
Ma non poteva. Non sarebbe stato così egoista.

21.41 Kurt
D’accordo. Fammi sapere al più presto, per favore.


Chiuse gli occhi, mentre una lacrima finalmente gli rigava una guancia per tutto quello che si stava lasciando alle spalle.

                                                                                                      *****
Passarono cinque giorni, prima che Kurt decidesse di andarlo a prendere di nuovo a scuola.
C’era qualcosa che non andava.
Blaine era sempre apatico e distante, persino attraverso dei semplici messaggi.
Aveva sentito uno strano freddo invadergli il petto, quando era passato davanti a casa Anderson: era evidente che non ci fosse nessuno a parte il ragazzo.
E allora aveva cominciato ad avere paura: cosa significava tutto quello? Perché Blaine stava scappando da lui?
Alla paura si era aggiunta la tristezza, e una strana consapevolezza: era stato ovvio fin dall’inizio che sarebbe finita così, gli si era avvicinato troppo, l’aveva spaventato, ma non se n’era voluto rendere conto, aveva preferito chiudere gli occhi. Ora sarebbe stato peggio per lui.
Ma allora cosa ci faceva lì, appoggiato con la schiena al cofano della macchina, a giocherellare nervosamente con le chiavi, con una sensazione terribilmente familiare che gli pungeva gli occhi? Che senso aveva ferirsi ancora?
Poi si era risposto: perché tenerlo con sé faceva molto meno male che perderlo del tutto. Anche se non avrebbe potuto nemmeno sfiorarlo. Anche se questo avrebbe significato guardarlo da lontano. Avrebbe sempre potuto proteggerlo, assicurarsi che stesse bene, magari che fosse felice. Per questo doveva provarci.
Sentì il proprio cuore volare nel petto quando la campanella suonò, ma sapeva che avrebbe dovuto aspettare un po’: Blaine usciva sempre dopo gli altri.
L’attesa gli parve infinita, ma poi lo vide: la sua vista registrò subito l’incarnato troppo pallido, le occhiaie scure, l’andatura esitante e stanca.
Si sporse in avanti d’istinto, muovendo qualche passo, come faceva sempre, ma si bloccò subito: in fondo era cambiato tutto, no?
Gli occhi ambrati intercettarono subito il suo movimento, e il riccio si impietrì sulla porta; Kurt sentì la ferita nel petto allargarsi un po’ di più. Come c’erano arrivati a quello?
Il tempo si dilatò.
Poi Blaine camminò incerto verso di lui.
“Ciao” mormorò, lo sguardo puntato a terra.
Kurt non riusciva a smettere di cercare i suoi occhi. Ne aveva bisogno. Gli sfuggì un piccolo sospiro quando li incrociò.
“C-Come va?”
“Blaine. A casa tua non c’è nessuno. I tuoi non sono mai tornati.”
Il riccio boccheggiò, spalancando gli occhi per la sorpresa; non solo per ciò che l’altro aveva detto, ma per il tono che aveva usato: avrebbe voluto essere freddo e distaccato, ma era solo ferito, scosso e deluso.
Avrebbe voluto avvicinarsi e sfiorarlo, intrappolare per sempre quegli occhi gelidi nei suoi, spiegargli ogni cosa, capire finalmente tutto, ma non lo fece.
“Ma fa male, dannazione …”
“Lo so …”
“Che vuol dire che lo sai? È ovvio che lo sai, ci vivi lì.” Kurt sentiva le lacrime premere sui suoi occhi, ma non si permise di piangere.
Blaine prese un respiro profondo “Io … Avevo bisogno di andare via. Di tornare a casa.”
“Perché?”
Era inutile cercare ti mentirgli “Ti ho sentito, Kurt.” Sussurrò.
“Che … Che vorrebbe dire?”
“La sera in cui sono andato via … Io … Volevo chiederti scusa, ma tu e Rachel stavate parlando in cucina e … E vi ho sentiti.”
Il respiro gli si impigliò in gola, e dovette lottare con tutte le sue forze per evitare che le lacrime gli rigassero le guance “È per questo che te ne sei andato? Per quello che ho detto?”
Blaine sembrava confuso, aveva gli occhi più lucidi del solito “Sì” rispose in un soffio, semplicemente.
Il petto gli si squarciò. La ferita divenne una voragine. Era ovvio. Non se l’era aspettato fin dall’inizio?
“Capisco” da qualche parte sentì la propria voce che mormorava, fortunatamente senza lasciar trasparire tutto quello che provava “Allora sarà meglio che vada.”
“Kurt …”
Ma non si girò. Blaine avrebbe visto riflesso sul suo volto il dolore che lo stava divorando, e non poteva permetterlo.
Si limitò a salire in macchina, senza guardarlo.
Guidò velocemente, e non aspettò nemmeno di essere arrivato al Castello.
Lasciò che l’istinto prendesse il sopravvento, abbracciò la sua Metà con tutto se stesso, sentì che le pupille si assottigliavano, e si lasciò andare.
Non sentiva niente.

                                                                                             *****
“Kurt, tesoro, forse dovrest---”
“Lasciami in pace!”
Le pupille di Rachel si dilatarono, gli occhi le diventarono lucidi, e un silenzio gelido scese sulla cucina.
Erano tutti seduti attorno al tavolo, intenti a pranzare; tutti tranne Kurt. Erano due settimane che viveva praticamente sotto il salice, mangiando poco o niente, dormendo ancora meno. La ragazza era solo preoccupata per lui.
“Si può sapere che diamine ti prende?” Santana fu l’unica ad avere abbastanza coraggio per fronteggiarlo “Sono giorni che ti comporti come un pazzo; Blaine se n’è andato, d’accordo, ci dispiace per te, ma prendertela con noi è esagerato! Ma dico, lo vedi come ti sei ridotto?!”
“Santana, non esagerare …”
“Esagero eccome, Nick! Ce ne siamo accorti tutti! Sono curiosa di sapere chi di voi non la pensa come me” le rispose solo il silenzio “Come immaginavo” sbottò, con una punta di soddisfazione.
“Adesso basta.” Il sibilo di Kurt fece rabbrividire persino l’ispanica “Voi non sapete niente. Non capite niente. E la mia vita non è affare vostro.” Sulle ultime parole, la sua voce era diventata quasi un ringhio.
“Guardami” la voce di Sebastian era pacata, rilassata.
“Cos’hai detto?”
“Mi hai sentito, Kurt. Guardami.” Il castano alzò lo sguardo su di lui, lentamente.
Lo guardarono tutti con attenzione, per la prima volta da due settimane. E trattennero il fiato contemporaneamente. C’era qualcosa di tremendamente sbagliato sul suo viso; non era più suo. Le orecchie erano molto più a punta del solito, le pupille strette e lunghe, i canini sporgenti, il volto contratto, gli occhi leggermente a mandorla. Sembrava sempre di più un gatto.
“Kurt, ma cosa …?” Quinn non riuscì nemmeno a finire la frase.
Il ragazzo si precipitò fuori dalla stanza correndo.


“Hummel, lo so che sei sotto al salice. E ti avverto, sto arrivando. Spero per te che tu non abbia intenzione di graffiarmi, non voglio doverti portare al pronto soccorso e inventarmi qualcosa che spieghi i buchi sul tuo collo.”
“Vieni pure” la voce di Kurt era strana, bassa e roca.
Sebastian si avvicinò a passo svelto, e si accovacciò accanto a lui, guardandolo con attenzione “Hai una faccia orribile” decretò alla fine, con una scrollata di spalle.
“Lo so” le labbra dell’altro furono incurvate da un mezzo sorriso amaro.
“Kurt, cosa stai facendo?”
“Che vuoi dire?”
“Lo sai benissimo cosa voglio dire.”
“No. Non lo so.”
“Piantala di fare il finto tonto con me, non attacca. Ti rendi conto che ci conosciamo da più di dieci anni? Ormai ti leggo nel pensiero, e vedo cosa ti sta succedendo. O meglio, cosa stai lasciando che ti succeda.”
“Allora magari vorrai illuminarmi, perché io non ne ho idea.” Kurt tentò di mettere su un’aria beffarda, ma si stava sgretolando.
“Vuoi sentirtelo dire, non è vero? Perché finché non ci sbatti il muso, tu non capisci! Ti aspetti che abbia pietà di te? Ti sbagli.” Lo fissò negli occhi “Ti stai lasciando andare. Ti stai arrendendo. Stai permettendo alla tua Metà di prendere il sopravvento, non sei più in grado di ragionare con lucidità. Anzi, vorresti che fosse così. Perché tu non vuoi sentire. Perché hai paura di affrontare il dolore, proprio tu! Non ho forse ragione?”
Kurt aveva voltato il capo, per non dover incrociare i suoi occhi, e non rispose.
“Coraggio, dimmi che mi sto sbagliando! Dimmi che non sei un codardo che scappa solo perché la sua armatura si è un po’ intaccata! Dimmi che sei più felice dopo aver fatto piangere Rachel, ora che non senti niente …”
“Io sento tutto! Sento, Sebastian, sento tutto! Lo capisci?! Sento, e fa schifo!” Kurt era esploso, voltandosi di scatto, con il volto rigato di lacrime, i lineamenti finalmente normali.
L’altro ragazzo tirò un piccolo sospiro di sollievo, prima di avvicinarsi e abbracciarlo con naturalezza: era tornato in sé.
Lo sentì rilassarsi tra le sue braccia, ed emise un piccolo sbuffo preoccupato quando cominciò a singhiozzare quasi con violenza. Gli accarezzò piano le spalle, aspettando che si calmasse.
Ci vollero dei minuti piuttosto lunghi prima che la schiena di Kurt smettesse di sussultare, e il ragazzo avesse la forza di allontanarsi dal petto di Sebastian, asciugandosi le guance bagnate con una mano.
Rimasero in silenzio per un po’, senza fare realmente caso al tempo che passava; ormai si conoscevano troppo bene, potevano non parlare e comunicarsi ugualmente tutto quello che si sarebbero voluti dire.
“Lo so che è difficile, ma così non andrai da nessuna parte.”
Kurt gli rivolse uno sguardo disperato e sconsolato, senza parlare.
“Non guardarmi in quel modo, è la verità; mi spieghi cosa è successo, per favore?”
Hummel prese un respiro profondo, prima di raccontargli brevemente la vicenda, con la voce tremante e incupita dalle lacrime.
Sebastian ascoltò con attenzione e pazienza, ma era sempre più scettico “Sei sicuro che abbia sentito tutto?”
“Sì” mormorò l’altro, improvvisamente stanco “Altrimenti perché se ne sarebbe andato?”
“Non saprei … Non mi sembrava certo un omofobo, è anche diventato tanto amico di quei due pazzi … C’è qualcosa che non quadra, non ha molto senso ... Voglio dire, non credo che se ne sarebbe andato perché ti ha sentito dire a Rachel che lui ti piace.” Si grattò il mento con aria pensierosa “Senti Kurt … Tu ci tieni a lui?”
“Che razza di domanda è?”
“Quella che non hai ancora avuto il coraggio di rivolgerti. Forza, rispondi.”
Sbuffò, alzando gli occhi al cielo “Sì. Sì, ci tengo a lui. Forse troppo.” Abbassò gli occhi, deglutendo per sciogliere il groppo che gli si era formato in gola.
“Mmh … Anche adesso?”
“Sì. Anche adesso.”
“E non vuoi sapere come sta? Non vorresti chiarire, magari senza uscire di scena come una Prima Donna? No! Non mettere su quell’aria offesa, sai che ho ragione. Allora? Non senti il bisogno di cercarlo?”
“Certo che lo sento! È per questo che è tutto tremendamente difficile! È da quando ho guardato in quel maledetto affare che la mia testa se ne va in giro per i fatti suoi.”
Sebastian gli tirò uno scappellotto sulla nuca “Ahi! Perché?!”
“Perché sei un idiota, Hummel. Perché in queste due settimane sei stato così depresso che i miei divani hanno bisogno di uno psicanalista. Ora ondeggia col tuo passo felino fino agli improbabili ricci di quell’altro idiota, e vedi di chiarire, una volta per tutte. E ti avverto” concluse alzandosi “O torni qui con lui, o senza di lui. E quando dico senza di lui, intendo che dev’essere fuori anche dalla tua testa. Sono stato chiaro?”
Kurt annuì, mentre gli occhi verdi lo scrutavano dall’alto con severità.
“Molto bene. Allora sbrigati. Tra poco esce da scuola, no? La macchina è al solito posto.” Se ne andò con la sua camminata elegante.
Il castano non poté reprimere un piccolo sorriso, trovando finalmente la forza di alzarsi.







*tossicchia*
Sì, dunque ... Non mi uccidete, in fondo non è successo niente di così male, no?
E' solo un enooorme malinteso: Kurt pensa che Blaine se ne sia andato perché l'ha sentito parlare con Rachel della sua "cotta" per lui (NB, Kurt non sa che Blaine è gay). Blaine, avendo sentito solo uno stralcio di conversazione, pensa che, per qualche motivo, stando al Castello faccia del male all'altro, quindi decide di andarsene (perché ha una cotta per Kurt, e viceversa, l'abbiamo capito tutti). 
Morale della fiaba: Blaine, se non pensi è meglio, parte I.

In sostanza, meno male che c'è Sebastian.
Che dire... I capitoli da qui in avanti mi mandano nel panico, perché la storia comincia finalmente ad evolversi, quindi potrei scrivere enoormi cavolate.
Quindi, vi prego, lasciatemi una recensione e fatemi sapere :)
Un enorme grazie a tutti quelli che l'hanno messa tra le seguite/preferite eccetera e a chi l'ha recensita!
Bacioni!



Coming next:
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Il castano aprì piano la porta, che dava su una stanza ampissima, piena di libri fino all’inverosimile; il riccio non poté fare a meno di spalancare gli occhi guardandosi attorno, ma si affrettò a seguire l’altro, che si muoveva tra le librerie con passo svelto e sicuro; sembrava nervoso.
Arrivarono fino a quello che doveva essere il centro della sala, e si bloccarono: in un piccolo spiazzo lasciato libero c’era un tavolino di legno, sul quale era poggiato un cuscino rosso, su cui era adagiata una strana sfera trasparente, che sembrava emanare un lieve bagliore.



(Sì, finalmente sapremo cosa "nasconde" Kurt :P)

 

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Capitolo 8
*** Misunderstandings ***


Ed eccoci qua!
Sento che questo capitolo vi piacerà! (Ora magari farà schifo a tutti. Ma va be')


 

Being a Half.
8. Misunderstandings


 

Blaine si trascinò per il corridoio deserto con aria mogia.
Erano giorni che andava avanti così, in realtà.
Non riusciva a dormire, o a mangiare decentemente; barcollava da casa a scuola e viceversa, spesso senza neppure accorgersene. Si era chiuso in se stesso fino ai limiti dell’inverosimile, non aveva nemmeno risposto a Rachel, a Jeff o a Nick.
Anzi, aveva buttato il cellulare da qualche parte sotto i cuscini del divano.
Non voleva che gli ricordassero ogni secondo a cosa aveva rinunciato. A chi aveva rinunciato.
Non che ne avesse bisogno, comunque, ci pensava benissimo da solo; quegli occhi di ghiaccio lo scrutavano persino mentre dormiva.
Si sentiva stanco, ed era una sensazione che andava al di là del sonno. Non ce la faceva più a combattere contro se stesso, contro ciò che provava; lo aveva fatto per tutta la vita, e ora avrebbe solo voluto lasciarsi andare. Ma non poteva farlo. Non se questo avesse significato provocare la sofferenza di Kurt. Ancora non riusciva a togliersi dalla mente la sua espressione ferita e delusa.
Gli mancava ogni giorno; erano diventati amici, ormai. Forse qualcosa di più, ma non osava pensarci. E gli mancava anche il Castello, con la sua atmosfera assurdamente familiare
Arrivò alla porta di ingresso e la aprì svogliatamente, sentendo che qualsiasi attività gli risultava troppo faticosa; non fece nemmeno caso all’elettricità strana che sembrava propagarsi nell’aria, ormai aveva imparato ad evitare quella parte di sé. Sapeva che era sbagliato, ma non aveva potuto farci niente. La sua Metà si era assopita sempre di più, ma non era mai scomparsa del tutto.
Scese i gradini con lentezza, ma rimase paralizzato quando alzò lo sguardo.
Erano in quattro, molto più alti e robusti di lui, tutti con indosso le stesse dannate divise di football e lo stesso ghigno divertito.
Si sentì morire dentro, perché non era sicuro di poter sopportare anche quello.
Chiuse gli occhi, pregando che fosse solo un sogno; magari si sarebbe svegliato, e sarebbe stato di nuovo al Castello, e Kurt sarebbe stato sotto il salice, coi suoi occhi e il suo sorriso …
No, non poteva essere un sogno.
Nei sogni non si sente il dolore di un pugno nello stomaco. Non si avverte la sensazione dei muscoli che si contraggono, disperati, cercando di resistere ai colpi. Non si ha l’asfalto ruvido che preme sulla schiena attraverso la stoffa sottile della maglia. Nessuno sibila la parola “Frocio” col preciso intento di farti del male.
Una lacrima gli rigò inesorabilmente la guancia.
Poi accadde qualcosa.
Dovette riaprire gli occhi, perché non poteva essere vero. Doveva averlo solo immaginato, quel profumo.
Invece, il cuore gli si fermò nel petto.
Non l’aveva immaginato.
Non era nemmeno un sogno.
Kurt era lì, era davanti a lui, di spalle, stava fronteggiando i suoi assalitori.
“Andate via” sibilò, con un malcelato disgusto.
Quelli rimasero per un po’ a fissarlo, sbalorditi, finché uno non tirò di nuovo fuori il suo ghigno per avventarglisi contro con un pugno in pieno viso.
Ma Kurt era pur sempre Kurt. Con uno scatto invisibile gli afferrò la mano e gli ruotò il braccio, premendoglielo contro la schiena con violenza e rabbia.
“Ho detto andate via!” gli ruggì in un orecchio, stringendogli il braccio con forza.
Quello annuì, tremando da capo a piedi; solo allora il castano lo liberò dalla sua morsa, e non si curò nemmeno di guardarli mentre si allontanavano quasi di corsa.
Si voltò verso il riccio, ancora disteso per terra, con lo sguardo pieno di angoscia.
“Blaine …” mormorò, inginocchiandosi vicino a lui lentamente, la voce preoccupata.
“Sto … Sto bene …” riuscì a tossicchiare lui, cercando di sollevarsi facendo leva sui gomiti; un dolore acuto lo raggiunse immediatamente, e capì che dovevano averlo colpito all’altezza delle costole; mugugnò, senza riuscire ad alzarsi.
“Ti aiuto” intervenne prontamente Kurt, passandogli un braccio attorno alle spalle; non gli importava se tra loro non era cambiato niente, se Blaine non aveva cambiato idea: doveva proteggerlo a tutti i costi.
Si sollevarono insieme, sfiorandosi con cautela, e nessuno dei due poteva credere davvero che l’altro fosse lì.
Avrebbero voluto spiegarsi e chiedersi tante cose, ma non era il momento adatto; e non volevano spezzare l’incantesimo che aveva legato i loro sguardi.
Fu Kurt il primo a riscuotersi, quando una voce dentro di lui gli ricordò cos’era successo fra loro, e si impose di non precipitare di nuovo in quegli occhi ambrati, perché stavolta non ne sarebbe mai uscito, lo sapeva.
Lo condusse verso la propria macchina senza parlare, e fortunatamente Blaine non protestò; decise di non portarlo al Castello, sarebbe stato troppo presto.
Guidò fino a casa sua, mentre il silenzio fra loro si appesantiva.
Lo aiutò a scendere, sempre pronto ad afferrarlo, e lo accompagnò fino alla porta d’ingresso.
Quello era il momento di andarsene, lo sapeva; l’aveva aiutato, ora sarebbe dovuto tornare al Castello e dimenticarlo.
Ma non ce la faceva. Qualcosa lo teneva legato ai suoi occhi.
Rimase con lo sguardo basso finché la voce calda che gli era mancata così tanto non ruppe il silenzio, esitante “Non entri …?”
Vide che gli stava tenendo aperta la porta, e annuì meccanicamente.
Sarebbe stato infinitamente più difficile lasciarlo, dopo, lo sapeva. Ma non gli importava. In quel momento, non gli importava.
Avanzò di qualche passo, lasciando che la porta si chiudesse dietro di lui, e si riscosse solo quando vide che Blaine aveva zoppicato fino al divano del salotto, e vi si era lasciato cadere con un gemito di dolore.
Gli si avvicinò velocemente, mentre la preoccupazione, la tristezza, l’angoscia e la rabbia si impossessavano di nuovo di lui.
“Blaine …?”
Gli occhi insopportabilmente ambrati si soffermarono su di lui, interrogativi.
“Hai del ghiaccio da qualche parte?”
“In cucina; quando entri a destra” soffiò in risposta, con gli occhi lucidi.
Kurt tornò dopo qualche secondo con un involto freddo tra le mani, che gli passò con delicatezza, prima di sedersi su una poltrona accanto a lui.
Blaine lo poggiò con un sospiro sulla pelle livida; non aveva il coraggio di parlare, e il silenzio si stava facendo di nuovo pesante.
Non voleva che arrivasse il momento in cui Kurt si sarebbe alzato, ricordandogli quanto gli facesse male stare lì, con lui.
Non voleva salutarlo.
Fu l’altro, stavolta, ad interrompere il silenzio prima che li soffocasse “Blaine … Cos’è successo? Cosa ti stavano facendo? Perché non hai reagito?”
Il moro abbassò lo sguardo, senza aver davvero la forza di rispondere “Non ce l’ho fatta” mormorò, ignorando le altre domande.
“Avrebbero potuto farti molto più male di così” sussurrò l’altro, la voce venata di tristezza e preoccupazione.
Blaine continuava a stare in silenzio; voleva sentire ancora la sua voce.
“Devi stare attento, lo capisci? I-Io … Non …” Kurt si prese la testa tra le mani, appoggiandosi coi gomiti sulle ginocchia, senza riuscire a concludere la frase.
Il riccio non riuscì più a trattenersi; allungò una mano, sfiorandogli un braccio, e l’altro risollevò il viso di scatto, gli occhi sbarrati, le pupille pericolosamente sottili. “No” mormorò, come se fosse a corto di fiato “Non farlo.”
“Fare cosa?”
“Questo!” esalò, alzandosi velocemente “Tu te ne sei andato per quello che ho detto. Ora non devi consolarmi, o prenderti cura di me solo per pietà, non sopporto che tu lo faccia; non quando so che non vorresti più rivedermi—”
“Cosa stai dicendo?” lo interruppe l’altro, mettendosi a sedere, gli occhi spalancati dalla sorpresa.
“Co-Come?” Kurt aveva smesso di fare su e giù per il salotto.
“Di cosa stai parlando? Perché non dovrei più volerti rivedere?”
“Be’, p-per quello che hai sentito … Per quello che ho detto … Tu te ne sei andato …”
“A-Appunto, io credevo di farti un favore!”
“Un favore?! E perché mai?”
Blaine ridacchiò nervosamente “Non c’è più bisogno di mentire, Kurt. Ormai lo so …”
Cosa sai?”
“Che … Che avermi vicino ti ricorda tutto quello che c’è di sbagliato in te e ti ferisce.” Dovette abbassare lo sguardo, o l’altro vi avrebbe letto tutto il dolore che sentiva.
La risata vagamente isterica di Kurt squarciò il silenzio, facendogli spalancare gli occhi “Perché stai ridendo?!”
“È davvero solo questo? O hai paura che ti farei del male se mi dicessi la verità?”
“Farmi del male? Tu?! Ma figurati!”
Un ghigno inquietante si dipinse sul volto dell’altro “Io non ci giurerei …”
“Non mi hai risposto, non cambiare argomento! Cosa c’è da ridere?!”
Kurt sembrava imbarazzato “È che … Ci sono davvero tante cose che non hai sentito, e che avrebbero chiarito tutto … Ma—”
“No, niente ma! Dimmelo! Sono stanco di sapere le cose a metà!” Non sapeva nemmeno da dove gli venisse quello scatto d’ira, ma non gli importava.
“Blaine, davvero, non è il caso …”
“No, niente ‘Blaine’, Kurt. Mi sono sentito uno schifo, lo capisci? Era colpa mia se stavi piangendo, hai detto che ti ricordo tutto quello che c’è di sbagliato in te, che ti faccio del male! Del male! Lo capisci, cosa vuol dire?! Mi sono sentito uno stronzo senza nemmeno sapere cosa avevo fatto! Credi che sia stato facile andarmene via così, lasciare tutto e tutti, lasciare te--?!” Si bloccò di colpo. Aveva detto troppo.
Gli occhi azzurri si erano spalancati, e il respiro del castano si era fatto lievissimo; non sapeva proprio cosa dire.
Sapeva solo di doversi spiegare, e non aveva più così tanta paura.
“Va bene” mormorò, piantando gli occhi di ghiaccio in quelli ambrati.
“V-Va bene? Cosa va bene?”
“Hai ragione, tu meriti di saperlo. Ma devi venire con me, al Castello; c’è una cosa che devo farti vedere.”

                                                                                                       *******
Arrivarono al Castello nel tardo pomeriggio, e Blaine sospirò nel rivedere il parco: gli era mancato.
Oltrepassarono il portone in silenzio, e si diressero verso la biblioteca; incrociarono Sebastian nel salotto, che rivolse loro un’occhiata interrogativa e quasi soddisfatta, a cui Kurt rispose con un piccolo sorriso timoroso e un cenno della mano.
Il castano aprì piano la porta, che dava su una stanza ampissima, piena di libri fino all’inverosimile; il riccio non poté fare a meno di spalancare gli occhi guardandosi attorno, ma si affrettò a seguire l’altro, che si muoveva tra le librerie con passo svelto e sicuro; sembrava nervoso.
Arrivarono fino a quello che doveva essere il centro della sala, e si bloccarono: in un piccolo spiazzo lasciato libero c’era un tavolino di legno, sul quale era poggiato un cuscino rosso, su cui era adagiata una strana sfera trasparente, che sembrava emanare un lieve bagliore.
Blaine si avvicinò come attratto da una forza invisibile, ipnotizzato: sembrava che sul fondo di cristallo cominciasse a muoversi una figura dorata, e tese una mano, istintivamente, senza nemmeno accorgersene.
“No!”
Sobbalzò; non si era nemmeno reso conto di cosa stava per fare.
Si girò di scatto “Cosa?”
Kurt gli si avvicinò lentamente, con gli occhi bassi e le guance rosse, le spalle che tremavano leggermente. “Non toccarla” mormorò.
“C-Come mai?”
“Perché …” Hummel sospirò, trovando finalmente il coraggio di guardarlo negli occhi “Quella sfera … L’ha trovata Will qualche anno fa. Ne aveva letto in un libro, ed era curioso. Non sappiamo di preciso cosa faccia, ma stando a quello che c’è scritto in qualche libro, quando uno di noi … Quando un Halfbeing la  tocca … Succede qualcosa. In fondo siamo animali, no? Per noi l’amore è solo un istinto, serve a far andare avanti la specie … E quando tocchi la sfera, vedi qualcosa. Qualcuno. Vedi … Vedi la tua metà perfetta, la persona con cui porterai avanti la specie in maniera ottimale” il suo tono si era fatto amaro, ma non sapeva come continuare.
Blaine fece un mezzo sorriso, cinico “Allora io non vedrei nessuno.”
Kurt sussultò, ferito sempre più a fondo “Perché?” sussurrò.
Il riccio si passò una mano tra i capelli, con un piccolo sbuffo, visibilmente in difficoltà “Perché … Perché … Io … Io sono gay, Kurt. N-Non sarebbe possibile, temo …” Era arrossito, ma non era riuscito a distogliere lo sguardo dagli occhi azzurri, che lo scrutavano con una strana intensità.
“Era quello che credevo anche io” mormorò l’altro, guardando altrove.
“Cosa vuoi dire?”
“ … Rachel è stata la prima a provare. Ci ha messo un po’ prima di decidersi, ma alla fine si è convinta. L’ha sfiorata e … E ha visto Finn. Non ha saputo aspettare nemmeno cinque secondi, si è precipitata subito da lui –è come se la sfera guidasse il tuo istinto finché non trovi la persona che hai visto, è impossibile ignorarlo. Lo ha salvato. Non capiva cosa gli stesse succedendo, ed è stato solo merito di Rachel se non è impazzito per davvero.
Poi c’erano Jeff e Nick. Loro … è evidente che si amano. Lo hanno saputo da subito, da quando si sono incontrati. Per questo non hanno voluto provarci, perché non gli importava; non volevano vedere nessun altro, o lasciare che qualcuno decidesse al loro posto, loro si bastavano. E poi … Io … Io non volevo farlo.” Il tono si era fatto di nuovo triste “Non volevo toccarla, perché … Sapevo di essere gay. L’ho sempre saputo. E non volevo toccarla e vedere il buio. Sapere che c’è qualcosa, in me, di così profondamente sbagliato da non permettermi nemmeno di trovare qualcuno … Come è successo a Rachel. Mi sentivo male. Costantemente fuori posto.” Deglutì, mentre il riccio lo guardava, paralizzato, con gli occhi spalancati e emozionati; non riusciva ad andare avanti.
“E poi?” il mormorio di Blaine fu come una carezza, e gli diede un po’ di forza.
“Poi l’ho fatto” sussurrò “Ero arrabbiato, frustrato, amareggiato … Non ne potevo più. L’ho toccata. Volevo dimostrare a me stesso che non mi importava, che ero più forte di così. Ma non ho visto il buio. C’era una figura dorata anche per me.” Gli occhi gli si erano fatti lucidi “Io ho visto te.”
Blaine smise di respirare, era come se una scossa l’avesse attraversato da capo a piedi.
“E io non volevo cercarti, mi sembrava una cosa così egoista … Ma non ho potuto farne a meno, è stato più forte di me. Dovevo trovarti. Ti ho osservato per un po’” arrossì “E mi dispiace, ma io … Avevo paura di avvicinarmi …” scosse la testa “Poi ti hanno attaccato … Due volte. E dovevo fare qualcosa. Dovevo proteggerti. Avrei continuato a farlo anche se non fossi venuto qui” mormorò, abbassando gli occhi. “Ho provato a non dirti niente, a … A mantenere le distanze. Poi te ne sei andato, e io credevo che fosse perché mi avevi sentito discuterne con Rachel … Pensavo che fossi arrabbiato, disgustato da m—”
Il suo tono concitato e nervoso si spense sulla spalla di Blaine, che l’aveva abbracciato di slancio, stringendolo a sé, aggrappandosi a lui quasi con disperazione.
Kurt si lasciò andare dopo qualche secondo, abbracciandolo a sua volta, esitante, e rimasero così, mentre tutto attorno a loro si fermava.
Qualcosa dentro di lui si rilassò, come un muscolo che era stato contratto per troppo tempo.
Inspirò profondamente, e fu come se i suoi polmoni ricevessero ossigeno per la prima volta.
Blaine si scostò da lui delicatamente, con un piccolo sorriso sulle labbra “Non credevo che l’avrei mai detto, anche perché ci tengo alla mia salute, ma … Sei un idiota, Kurt Hummel” lo sguardo dolce che gli rivolse rese completamente inoffensivo l’insulto.
“Ah sì?” Ridacchiò l’altro, gli occhi ancora lucidi.
“Assolutamente” sentenziò il riccio, annuendo “Come hai fatto a pensare che … Che io fossi disgustato … Da te?!” il tono si fece scandalizzato.
Kurt scrollò le spalle, arrossendo lievemente “Ancora non leggo nel pensiero, e non sapevo se fossi gay e avevo paura che fosse solo un enorme casino …” borbottò, impacciato.
Blaine si fece pensieroso, e lo osservò per un po’ prima di assumere un cipiglio deciso; sollevò una mano con deliberata lentezza, e vide le pupille assottigliate e verticali dell’altro che seguivano attentamente i suoi movimenti; gli accarezzò piano una guancia, e un brivido lo attraversò, correndogli lungo la spina dorsale.
L’istinto gli suggeriva di non fare movimenti bruschi, e poteva sentire il corpo teso di Kurt sotto le proprie dita; gli posò il palmo sul viso, continuando ad accarezzarlo col pollice, e fece per avvicinare i loro volti.
“No” soffiò la voce cristallina, con una nota di paura.
Il riccio si tirò un poco indietro, confuso “Cosa? Perché no? Io pensavo che tu …”
“Blaine, non è questo” il tono si addolcì “Per te è successo tutto così velocemente, e io non voglio che tu … Ti senta obbligato. Voglio che ci pensi, va bene?” aspettò che l’altro annuisse prima di continuare “Non ti lasciar condizionare, d’accordo? Per favore. Tutto questo” indicò la sfera “non cambia niente. Io sarò sempre qui … Anche se deciderai di cercare qualcun altro. Qualcuno di normale. Possiamo essere anche solo amici, a me andrà bene ugualmente.” Riuscì con soddisfazione a non far trasparire nemmeno una nota di tristezza.
“D’accordo” annuì Blaine, deglutendo per ingoiare il groppo che gli si era formato in gola.
Sapeva di dover rispettare i tempi di Kurt; solo così gli avrebbe creduto davvero. E in effetti, la confusione si stava già facendo largo nella sua mente, lasciandolo scombussolato.
Quasi non si accorse di quando le sue gambe seguirono l’altro ragazzo di nuovo nel corridoio, e poi su per le scale,  fino a quella che era stata la sua stanza.
“Vuoi … Vuoi che ti riporti a casa?”
Blaine si lasciò affondare in quelle iridi di ghiaccio, con un peso in meno sullo stomaco, perché finalmente poteva farlo senza paura, senza sforzarsi di studiare ogni minima pagliuzza verde o azzurra, cercando di memorizzarle, temendo che quella fosse l’ultima volta in cui gli sarebbe stato concesso di farlo.
“Sono a casa.” Mormorò.








*Arriva fluttuando*
Duuuuuunque.
Solo un paio di cose.
Il discorso della sfera è volutamente vago, verrà chiarito -spero- più avanti; però avete capito un po' cosa credono che sia?
Seconda cosa: spero si capisca perché non li ho fatti baciare qui ... Sarebbe sembrata solo una cosa dettata dalla suggestione, no? Quindi non odiatemi.
Fatemi sapere, mi raccomando!


 
Coming next:
-“Quante volte devo ripetertelo? Sarebbe stata esattamente la stessa cosa; solo che, con Kurt, è tutto più amplificato, perché siete … Che so, tipo anime gemelle.”
“E che senso avrebbe innamorarmi di qualcuno, se è lui quello giusto?”
“Il fatto che lui sia quello giusto, non implica che ora siate pronti per stare insieme, sai? E poi sei piccolo, hai gli ormoni in subbuglio … Potresti divertirti un po’.”
Blaine sospirò.
Era ancora più confuso di prima.




Eheh...
Bacioni a tutti!

 
 

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Capitolo 9
*** Worst. Idea. Ever. ***


Sìsì, eccomi qui, bla bla. Ormai, tanto, l'abbiamo capito che aggiorno Martedì e Sabato.
Dunque dunque.
Siamo già al nono capitolo!
Grazie mille a tutti quelli che mi hanno seguito fin qui -e che, spero, continueranno a seguirmi- e un abbraccio con tanto di caramelle alla mia triade preferita: lolalola, Mellark_ e Slytherin_Malvi. 
Buona lettura, ci vediamo di sotto!

 

 Being a Half
9. Worst. Idea. Ever.

 
E Blaine provò a rifletterci davvero.
Non fece altro per qualche sera, dopo essersi allenato con l’arco; era meno stanco rispetto alle prime volte, anche perché aveva momentaneamente interrotto le sedute con Kurt. Per l’esattezza, era stato l’altro a reputare più saggio sospenderle, cercando di lasciarlo libero di pensare senza essere influenzato dalla propria presenza.
Blaine aveva provato a protestare, ma non c’era stato modo di fargli cambiare idea; ed era qualche giorno, ormai, che non lo vedeva, se non sporadicamente nei corridoi o nel parco. Il castano passava le sue giornate tra gli alberi, o lontano dal Castello, e non si lasciava mai trovare.
E Blaine era sempre più confuso.
Sentiva la sua mancanza, lo avrebbe voluto accanto a sé, per parlargli e … E cos’altro? Era questo il problema.
C’era sicuramente qualcosa, fra loro, lo aveva avvertito dal primo istante; ma quanto di quella sensazione dipendeva dal suo istinto, dal suo essere un animale? Era la cosa che più lo spaventava; se quei sentimenti non fossero stati suoi, ma solo del lupo? Se lui, in realtà, non avesse provato niente per Kurt?
No, non poteva essere così.
In fondo, lui l’aveva salvato. Così tante volte, e in così tanti modi diversi.
Non poteva non provare niente. Il battito accelerato del suo cuore, il respiro frettoloso, il nervosismo … Era tutto vero.
O no?
Sbuffò, frustrato.
Non ne sarebbe mai uscito.
Qualcuno bussò piano alla sua porta, e non poté fare a meno di sperare che fosse lui “Avanti!” esclamò, con un po’ troppa foga.
Si risedette, frustrato, quando vide Nick che faceva timidamente capolino dallo stipite “Ehm … Blaine, ti dispiace se entro?”
“No, certo, vieni pure” rispose lui, sconsolato.
Nick si sedette accanto a lui, con un sorrisetto “Ti ho sentito sbuffare così tante volte che sono venuto a controllare che tu non fossi svenuto.”
Blaine borbottò qualcosa di incomprensibile.
“Ne vuoi parlare?”
“Io … Non so se c’è davvero qualcosa da dire. Non so nemmeno da dove cominciare …”
“Facciamo che cominci dall’inizio?”
Il riccio sbuffò, piano, ma in fondo gli era estremamente grato: nessuno avrebbe potuto capire meglio di lui.
“Sai che Kurt mi ha raccontato tutto” esordì, incerto; Nick annuì, facendoli segno di continuare “Mi ha detto della sfera, e del fatto che lui ha visto me; e in quel momento, nella biblioteca … Mi è sembrato tutto chiarissimo: ero sicuro di provare qualcosa per lui, avrei voluto abbracciarlo in eterno, baciarlo, rimanere lì per sempre. Solo noi due. Ma poi … Ha detto che avevo bisogno di tempo per riflettere, perché era successo tutto troppo velocemente, e che non dovevo lasciare che la sfera mi influenzasse; e poi ha detto …” deglutì “Ha detto che lui ci sarà sempre, per me. Anche se deciderò di cercare qualcun altro. E sono giorni che non parliamo, non si lascia nemmeno avvicinare, e io non ci sto capendo più niente, non riesco più a distinguere quello che sento io da quello che sente il lupo, non so se provo davvero qualcosa per lui o se è solo suggestione, non …” si interruppe, inspirando profondamente “Ho paura” concluse, in un sussurro.
Nick rimase in silenzio per un po’, forse cercando il modo giusto per aiutare l’altro a capire.
“Non posso dirti quello che devi fare, Blaine. Questo lo sai già. Ma lascia che ti chieda un paio di cose … Prima di sapere della sfera, e di tutta questa storia, provavi già qualcosa per lui?”
“Io … Sì, credo di sì.”
“Okay … E quando ho bussato, prima, chi hai sperato che fosse?”
“Kurt” rispose in un soffio.
“Perché?”
Non dovette nemmeno rifletterci “Perché con lui non solo posso parlare di tutto. Con lui voglio parlare di tutto. Perché ho bisogno di sapere se sta bene, e cosa ha fatto mentre io non c’ero …”
Nick gli rivolse un piccolo sorriso “E questo non risponde già alla tua domanda?”
“No” borbottò Blaine, frustrato “Se tutto quello che sento non fossero altro che i miei istinti? Se non fossero sentimenti?”
“Sai, occhioni d’oro, credo che tu stia estremizzando tutto quanto; l’animale che è in te non è una parte degenerata del tuo essere un umano, è un’amplificazione dei tuoi rapporti con la natura. Non è il lupo che prova sentimenti, sei tu: prima di tutto, perché siete un’unica cosa. Secondo, perché quando uno di noi si innamora … è esattamente come se si innamorasse una persona normale … Forse a noi succede con maggiore intensità. L’amore è un istinto, Blaine. Per tutti. Ma questo non lo rende un sentimento meno vero.”
Anderson lo stava guardando con gli occhi pieni di speranza, ma non riusciva ancora a convincersi “E se fosse Kurt a non provare davvero qualcosa per me? Voglio dire, se lo facesse solo perché mi ha visto nella dannata sfera?”
Nick fece spallucce “Così finiamo in un circolo vizioso … A quanto pare la sfera mostra la tua metà perfetta, Blaine. Se anche vi foste incontrati per caso, sareste stati comunque l’uno il pezzo mancante dell’altro. Certo, magari è per quello che ti ha cercato, ma è … ovvio e naturale che vi innamoriate l’uno dell’altro.”
“E c’è una sola metà per ciascuno di noi?”
Stavolta l’altro esitò un attimo, prima di rispondere “Onestamente, non lo so … Io sento che Jeff è la mia. Ma ho comunque paura di guardare in quel dannato affare” mormorò, più a se stesso che a Blaine; si riscosse, prima che l’altro potesse fargli altre domande “Perché me lo chiedi?”
“Stavo pensando … E se io fossi la sua metà, ma lui non fosse la mia? Voglio dire, è possibile?”
Nick sollevò le sopracciglia, sorpreso “Vorresti che fosse così?”
Blaine strinse i pugni, frustrato “No, certo che no … Ma non riesco a capire niente di quello che sento, e mi sembra di essere … costretto. Non fraintendermi” si affrettò ad aggiungere “Sono davvero felice che sia lui, è solo che … Non lo so, dannazione. È tutto tremendamente confuso.”
“Blaine, scusa se te lo chiedo … Ma non hai nessun metro di paragone?”
“Che intendi?”
“Voglio dire … Non ti sei mai preso una cotta, non sei mai uscito con un ragazzo? Hai quasi diciott’anni, no? Non ti sei mai innamorato?”
Anderson arrossì furiosamente “I-Io, v-veramente … Forse, ma … No.”
Nick alzò gli occhi al cielo, e il riccio si sentì in dovere di difendersi “Non è facile essere gay al liceo! E poi sarebbe stato diverso, no?”
L’altro sbuffò “Quante volte devo ripetertelo? Sarebbe stata esattamente la stessa cosa; solo che, con Kurt, è tutto più amplificato, perché siete … Che so, tipo anime gemelle.”
“E che senso avrebbe innamorarmi di qualcuno, se è lui quello giusto?”
“Il fatto che lui sia quello giusto, non implica che ora siate pronti per stare insieme, sai? E poi sei piccolo, hai gli ormoni in subbuglio … Potresti divertirti un po’.”
Blaine sospirò.
Era ancora più confuso di prima.

                                                                                                   ****
Tutta quella situazione non aveva senso.
I cinque shot che aveva in corpo non avevano senso. E tanto meno ce l’aveva il sesto che reggeva in mano.
Quella musica ripetitiva non aveva senso.
Quello strano odore misto di alcol e sudore non aveva senso.
Quel locale –che era più un buco- non aveva senso.
Quelle luci psichedeliche non avevano senso.
Ma soprattutto, quel biondino insignificante non aveva senso.
Le loro labbra appiccicate, non avevano senso.
La mano di lui che si faceva fastidiosamente strada tra i suoi ricci non aveva senso. Figuriamoci quella che gli stava esplorando la schiena.
E i suoi occhi non avevano senso. Dei banali occhi marroni.
E il suo odore non aveva senso.
E il contatto fra di loro; nemmeno quello aveva alcun senso.
L’unica cosa che aveva senso, era l’insopportabile sensazione di nausea che si irradiava per tutto il suo corpo, e il mal di testa che gli martellava le tempie.
Si allontanò di botto dalla presenza invadente e irritante di quel ragazzo che gli si era avvicinato con un sorriso sornione e gli aveva offerto da bere, ormai qualche ora prima.
Corse in bagno, con la testa che girava inesorabilmente, e dovette appoggiarsi per un attimo alla parete squallida; solo una fitta al ventre lo costrinse a chinarsi e lasciare che la sbornia si prendesse la sua rivincita.
Prese il cellulare dalla tasca, con un gemito di dolore, e riuscì a malapena a comporre il numero; il segnale di chiamata gli parve assordante.
“Blaine? Che c’è?”
“Nick … Vienimi a prendere” gemette.
“Dove sei?” la voce si era fatta preoccupata.
“Allo Scandals … E’ vicino---”
“So dov’è” lo interruppe l’altro “Arriviamo” concluse, sbrigativamente, riattaccando.
“No, aspetta, non portare—”
Gli rispose solo il ricevitore muto.
“--- Kurt.” Mormorò, lasciandosi scivolare lungo la parete.
Chiuse gli occhi, mentre l’acidità gli invadeva di nuovo lo stomaco, costringendolo a piegarsi su se stesso.
Si alzò a fatica, raggiungendo uno dei lavandini, e si sciacquò la faccia come meglio poteva, con un sapore terribile sulle labbra.
Dovette sedersi di nuovo, con la schiena contro il muro e gli occhi chiusi, mentre il mondo attorno a lui continuava a vorticare.
Passò un tempo indefinito, prima che una presa delicata sulla sua spalla lo riscuotesse.
“Blaine?”
Quella voce cristallina era inconfondibile, e il riccio si sentì persino peggio: non voleva che Kurt lo vedesse in quello stato.
“Blaine, riesci ad alzarti?”
Dovette scuotere il capo: no, non ci riusciva.
Un braccio muscoloso gli passò dietro le spalle, sotto le braccia, e lo aiutò a mettersi in piedi con delicatezza; ancora non aveva osato aprire gli occhi, e già la testa gli girava di nuovo.
Si lasciò trascinare quasi senza rendersene conto.
“Mio Dio, ma che gli è successo?” Nick. Quello doveva essere Nick.
“Mi pare ovvio che il nostro cucciolo preferito ha deciso di prendersi una bella sbronza. Ottimo Blaine! È questo lo spirito giusto!”
“Sebastian, non cominciare” borbottò Kurt, senza smettere di sorreggerlo.
“Ullallà, Blaine! Dov’eri finito?! Ci stavamo divertendo!”
“E questo chi diavolo dovrebbe essere?!”
“Nick, non abbaiare …”
“Abbaio eccome! Ma non lo vedi che è un biondino scialbo … Senza contare che è tinto! Ha le sopracciglia nere!”
“Stavolta concordo con Fido. Tu chi saresti, scusa?” la voce di Sebastian si era ridotta ad un sibilo, letteralmente.
“Io …” Pigolò l’altro, improvvisamente incerto “Mi chiamo Chandler … Stavo, ehm … Io e Blaine stavamo …”
Sui quattro calò un silenzio gelido, e il riccio sentì il corpo di Kurt irrigidirsi notevolmente. Sotto la montagna di nebbia causata dall’alcol, si maledisse miliardi di volte; cosa diavolo gli era venuto in mente?
“Vi prego. Vi prego, ditemi che ho capito male.” Sebastian aveva dovuto chiudere gli occhi, massaggiandosi la fronte con il pollice e l’indice.
“Forse Chad …”
“Chandler …”
“Quello che è! Dicevo, forse Chace intendeva dire che, magari, ecco, lui e Blaine stavano parlando … Di … Fisica quantistica … Che dici, Seb …?”
Gli occhi di Sebastian erano ridotti a due fessure, e scrutavano Blaine e Chac—Cha—Chandler con cattiveria “Dico,  mio ingenuo amico, che Anderson si ritroverà due denti piantati nella gola, stasera. Ah, e non so se ho specificato: quei denti saranno i miei.”
“Ora basta” mormorò la voce cristallina, che tremava; riuscì comunque a far zittire gli altri due “Andiamo a casa, per favore.”
“D’accordo” annuì Sebastian, scrutando gli occhi azzurri con preoccupazione: il volto di Kurt era una maschera impassibile, ma si vedeva che tremava dietro la facciata.
Uscirono dal locale affollato non senza fatica, e non senza che il biondino scialbo si prendesse due spallate ben assestate.
Il castano riuscì a far sedere Blaine sul sedile posteriore della macchina di Sebastian, e vi si lasciò cadere subito dopo, mentre gli altri due si sistemavano sui sedili anteriori.
“Se mi vomita sul seggiolino glielo faccio ripulire coi capelli. E gli interni li rifaccio con la sua, di pelle!”
“Seb, ora calmati …”
“No, Rex, non mi calmo! Quell’idiota …! Come gli è venuto in mente?!”
“Smettila di urlare, gli dai noia …”
“Kurt, smettila! Smettila! Ma che ti prende? Lo vedi cosa combina, in continuazione?! È un casino dopo l’altro, e ti sta facendo del male!”
“Kurt …” Il biascichio ubriaco e lamentoso di Blaine fece zittire tutti.
“Sono qui; dimmi.”
“Kurt …” Dovette concentrarsi per trovare le parole giuste, per spiegargli come mai si era ritrovato in quello squallido locale di periferia, come mai aveva baciato quel ragazzo che non valeva nemmeno la metà di lui “Io … Io non so se voglio innamorarmi di te” soffiò.
Forse non erano propriamente le parole giuste.
La temperatura all’interno dell’abitacolo precipitò, sfiorando lo zero assoluto.
Poi Sebastian premette il piede sul freno, facendo cadere Blaine nel misero spazio tra i sediolini anteriori e quelli posteriori.
Kurt era impietrito, lo sguardo fisso davanti a sé.
Sebastian si girò verso di lui, palesemente in preda alla furia, cercando freneticamente il volto del riccio con lo sguardo; un lampo di soddisfazione lo colse quando lo vide dolorante per terra. “Fuori dalla mia macchina, coglione.”
“Okay, Seb, forse stai esagerando …”
“Non sto esagerando, Lessie! Non starei esagerando nemmeno se cominciassi a fargli dei mosaici sulle braccia con un trinciapollo, è chiaro?! Lo. Voglio. FUORI.”
“Non riuscirebbe a tornare a casa, non vedi che nemmeno si regge in piedi?” In effetti, Blaine era riuscito a rimettersi a sedere solo con un enorme sforzo, e aveva abbandonato la testa all’indietro, gli occhi chiusi.
“È esattamente quello che spero!”
“Nick ha ragione” sussurrò Kurt, gli occhi ancora spalancati e fissi “Portiamolo al Castello, ha bisogno di dormire e … E di una doccia, e di riprendersi, e … e …” Concluse con quello che sembrava un sospiro, e che nessuno degli altri due avrebbe potuto giurare di aver sentito davvero “E non ha bisogno di me.”
                  
                                                                                                     ****

Furono delle mani delicate e sottili a condurre Blaine fino alla propria stanza; non erano quelle di Kurt.
Riconobbe vagamente il profumo di Rachel nell’aria.
Gemette di nuovo, confuso, quando si ritrovò sul suo letto mentre qualcuno lo copriva delicatamente con un lenzuolo.
Non ricordava niente, era tutto buio, la testa gli faceva male e aveva un sapore dolciastro  e disgustoso sulla lingua.
Si sarebbe voluto alzare, farsi una doccia, lavarsi i denti, ripensare e ricordare tutto quello che era successo, ma si scontrava con un muro comparso dopo il terzo shot. 
Così si limitò a galleggiare nell’incoscienza, finché il sonno non lo catturò, cullandolo fino ad un riposo fortunatamente senza sogni.




Morale della fiaba: Blaine, se non pensi è meglio, parte II. Anzi, facciamo che non parli proprio.
Mi dispiace, ma io non c'entro nulla.
E' Blaine. Non è colpa mia se è scemo. Oh.
Spero che abbiate apprezzato Chandler-Ullallà. (Sì, immagino quanto lo adoriate, proprio)
E spero soprattutto che tutti i dubbi di Blaine non vi sembrino troppo astrusi.
E sopra ogni altra cosa, spero che mi lasciate una recensione per farmi sapere cosa ne pensate ;)
*sparge marshmallow mentre si allontana*

Coming next:
-
“Dimmi che non lo fai per via di Anderson, quello è solo un cretino!”
Il lampo negli occhi azzurri fu una risposta più che sufficiente.
“NO! Ti vieto categoricamente di andartene per colpa sua, lo vado a buttare fuori a calci immediatamente …” Stava già uscendo dalla stanza, quando una presa forte sul braccio lo costrinse a fermarsi.
“Sebastian …”



Eh. Eheh. Eh.

*si dilegua*
Bacioni!
 

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Capitolo 10
*** Leaving ***


Stavolta c'è una ragione semi-valida per cui pubblico per la trentottesima volta della settimana.
Cioè, questo capitolo è corto in maniera veramente imbarazzante. Ed è un capitolo imbarazzante.
Quindi, per evitare ritorsioni a lungo termine, aggiornerò anche Sabato.
Così non avrete tempo per venirmi a cercare con i fucili.

 

Being a Half.

10. Leaving

“Kurt … Cosa stai facendo?”
Hummel si sollevò di scatto; come aveva fatto a non sentire Sebastian?
“Me ne vado. È ovvio.”
“No, te lo scordi!” l’altro avanzò velocemente all’interno della stanza, mettendosi fra lui e il borsone che si stava riempiendo con le sue cose.
“Non puoi lasciarmi da solo con questa banda di pazzi, d’accordo? Non posso gestire un manicomio da solo! Non ora che Shuester non c’è quasi mai e gli elfi ci girano attorno aspettando solo che ci distraiamo un attimo! Per favore, Kurt …”
Ma l’altro non accennava a fermarsi, continuava a raccogliere le proprie cose.
“Dimmi che non lo fai per via di Anderson, quello è solo un cretino!”
Il lampo negli occhi azzurri fu una risposta più che sufficiente.
“NO! Ti vieto categoricamente di andartene per colpa sua, lo vado a buttare fuori a calci immediatamente …” Stava già uscendo dalla stanza, quando una presa forte sul braccio lo costrinse a fermarsi.
“Sebastian …”
“No, Hummel, ti prego, non usare quel tono dolce con me, te lo vieto! Io … No, metti via quegli occhioni lucidi, per carità. Ma … Io … Oh, maledizione!” Alzò le braccia al cielo, esasperato, e si lasciò cadere sul letto. “Giochi sporco.”
Kurt gli rivolse un piccolo sorriso, che non gli accese lo sguardo “Puoi scommetterci.” Si fece subito serio “Io devo andare, Seb. Per poco tempo, davvero. Tornerò tra qualche giorno, al massimo; sai che non ti lascerei mai in questa gabbia di matti, è solo che … Ho davvero bisogno di stare un po’ da solo. Capire. O magari avercela col mondo per un po’ e piangermi addosso.” Concluse, non senza una punta di sarcasmo.
Gli occhi verdi lo guardarono, arrabbiati e tristi “Non so se riuscirò a non ucciderlo” bofonchiò.
“Ci riuscirai. Per me.” Kurt gli rivolse un sorriso leggermente più deciso.
“Vedi, è questo che non capisco. Perché? Come mai lo difendi ancora?” continuò, vedendo lo sguardo confuso dell’altro “Perché non ti arrabbi e non lo lasci un po’ a se stesso?”
Il castano parve improvvisamente svuotato di ogni energia, e si lasciò cadere accanto a lui senza la grazia che caratterizzava di solito i suoi movimenti “Non so come spiegarlo, Seb. Io so che dovrei essere arrabbiato con lui –anche se non sarebbe giusto, in realtà, perché sono stato io a dirgli che avrebbe potuto cercare qualcun altro, se avesse voluto. È solo che … Non ci riesco. Qualcosa dentro di me mi impedisce di fare qualsiasi cosa che potrebbe allontanarlo. E mi sta uccidendo” ammise, con tono amaro “Tu mi conosci. Io … Non sono così, di solito. Riesco ad essere freddo, razionale, distaccato … Ma da quando ho guardato in quella sfera … è cambiato tutto. Sono cambiato io. E non sono sicuro di piacermi, così … vulnerabile. Per questo ho bisogno di staccare, solo per qualche giorno. Solo per capire se incontrarlo mi ha cambiato radicalmente.”
“E se fosse così? Se quell’idiota non mettesse mai la testa a posto, cosa faresti? Continueresti a scappare?”
“Io … Immagino che troverò una soluzione, un equilibrio … Come sempre, no?” concluse, con un sorriso privo di qualsiasi allegria.
“Cerca di non stare via troppo a lungo, Hummel.”
“Cerca di non uccidere la mia dannata anima gemella, Smythe.”

                                                                                                   *****

Il karma aveva fatto un lavorino niente male.
Perché, in quel momento, la testa gli pulsava in maniera insopportabile, le tempie sembravano essere compresse da delle tenaglie e la bocca era impastata con un sapore simile a quello di uno sciroppo per la tosse rigorosamente scaduto da qualche decennio.
Blaine sapeva di doversi alzare da lì, doveva farsi una doccia e lavarsi i denti.
Ma, soprattutto, doveva cercare di rimettere insieme i pezzi. Per sapere cosa diamine fosse successo la sera prima.
O meglio, cosa fosse successo dopo il terzo drink che il biondo palesemente tinto gli aveva offerto con un sorriso malizioso.
Rotolò fuori dalle coperte con uno sforzo non indifferente e un gemito di dolore.
Si guardò attorno con aria spaesata, e cercò di ricordare come fosse arrivato al Castello, ma una fitta alla testa lo fece desistere.
Mise a fuoco un bicchiere d’acqua sul comodino di fianco al letto, e vi si avvicinò con cautela, sempre massaggiandosi una tempia.
Sospirò di sollievo nel vedere l’aspirina, e lasciò che il liquido trasparente gli sciacquasse via il saporaccio che aveva in bocca; solo allora notò il bigliettino ripiegato.


Ben sveglio.
Spero che tu ti senta bene, anche se onestamente ne dubito, viste le condizioni in cui sei in questo momento.
(Sono le cinque del mattino, e … Sono entrato un attimo in camera tua; non per fare lo stalker, davvero, è solo che … Dovevo decidere).
Prima che tu ti chieda cosa sia successo –anche perché so che questo danneggerebbe quei pochi neuroni che ti sono rimasti-, te lo racconterò io; perché posso. Forse, in fondo, perché mi spetta; forse, ancora più in fondo, perché lo devo a me stesso.
Ieri sera hai chiamato Nick dallo Scandals, ed eri piuttosto ubriaco. Diciamo ubriaco fradicio. Quindi io, Nick e Sebastian abbiamo deciso di venirti a prendere; nemmeno a dirlo, sono stato io a trovarti. Merito del gatto.
Eri accasciato contro la parete nel bagno, bianco come un lenzuolo, e mi hai fatto prendere un colpo; ti ho accompagnato fuori dal locale, in macchina –non prima di aver avuto il piacere di conoscere Chandler, con cui non credo tu abbia parlato di fisica quantistica, come ha provato a sostenere Nick.
… Poi mi hai detto “Io non so se voglio innamorarmi di te.”
E io lo rispetto, lo rispetto davvero.
Non sono stato forse io a dirti che avresti dovuto cercare qualcuno di … Normale? Quindi hai avuto tutto il diritto di dire una cosa del genere, anzi, in realtà sei stato sorprendentemente onesto.
Almeno, è quello di cui ho cercato di convincere me stesso per buona parte della notte. Ma non ci sono riuscito.
Sono riuscito a pensare solo a quanto tutto quello facesse male, e a quanto fossi stato sciocco; perché in fondo è stata colpa mia, è stato tutto troppo veloce, e non avrei dovuto dirti tutte quelle cose, tutte insieme … è stata una mossa imprudente, e non ti biasimo affatto. Per quello che hai detto, per quello che hai fatto. Voglio che tu lo sappia, che non è per te che … Che ho deciso di andare via. Perché è questo che dovevo decidere. Se andarmene o no. E ho deciso che … è la cosa migliore. Per me. E anche per te, in fondo.
Perché ho bisogno di respirare, di essere libero da tutto questo …
E tu non hai bisogno della mia parte lunatica, in questo momento.
Ho già parlato con Nick, Jeff, Rachel e Finn: ti aiuteranno, vedrai. Con il lupo; e Sebastian continuerà con le sue lezioni.
Andrà tutto per il meglio, lo sai.
Onestamente, non so nemmeno se ti interessi, ma non so di preciso quando tornerò. La verità è che, ora come ora, ho solo voglia di andare. Partire.
Partire da me stesso, magari. Da quello che sono da quando ti ho visto. Suona sbagliata, come frase? Mi dispiace, davvero, non ti voglio incolpare di niente, e non voglio che tu ti senta responsabile.
Io … Ho solo bisogno di allontanarmi. Di ritrovarmi.
Tornerò. Questo lo so.
Buona fortuna, Blaine.
                                                                        … Lo sai. Tuo. Kurt

P.S. Ricordati che metti sempre le chiavi della macchina nel primo cassetto del comodino. Ti fai sempre prendere dal panico, quando non le trovi. E succede spesso. 

                                                                                                   

Ogni sensazione sembrò essergli risucchiata via dalle mani.
Si sedette sul letto senza nemmeno accorgersene, stringendo convulsamente quel misero pezzo di carta.
Non riusciva a capacitarsi del fatto che se ne fosse andato.
Era ridicolo. Non per colpa sua.
In fondo, quella era la sua unica casa, che senso aveva andarsene? Se ne sarebbe andato lui, all’istante.
Si alzò di scatto, e corse senza nemmeno pensarci verso la sua camera; perché lui sarebbe stato lì, era ovvio.
Spalancò la porta con le scuse sulle labbra; gli avrebbe detto quanto era stato stupido e codardo, che non doveva, non poteva andarsene: lui era l’unico motivo per cui Blaine aveva resistito.
Ma non c’era nessuno. La stanza era vuota. Non c’era più niente che gli ricordasse Kurt. Non c’erano più i suoi vestiti, i suoi libri, i suoi cd.
Solo il suo profumo, che sembrava aleggiare ancora in quella desolazione.
Si sentì improvvisamente svuotato, esattamente come l’ambiente che lo circondava.
“Sì. Se ne è andato davvero.”
Si voltò di scatto, al suono di quella voce sottile venata di dispiacere e, quasi, sorpresa.
“Rachel, io …” Non seppe continuare; gli occhi gli si erano fatti lucidi “Mi dispiace così tanto, è solo colpa mia …”
“Blaine, non è colpa tua … Cioè, forse un pochino sì. Ma non sentirti in colpa per questo, okay? Kurt … Aveva bisogno di qualcuno che lo svegliasse. Che lo facesse sentire vivo. Anche così.”
“E allora perché sembra così sbagliato?” Fu solo un sussurro, disperato.
“… Perché lo è. È sbagliato che lui se ne sia andato. Ma tornerà” gli si avvicinò, strofinandogli delicatamente una mano sul braccio “Vedrai, tornerà presto.”
Ma Blaine non riuscì a convincersene.
Rimase in piedi al centro della stanza anche dopo che Rachel fu uscita, e si maledisse innumerevoli volte.
Aveva sbagliato tutto.
Avrebbe potuto semplicemente parlargli, cercare le risposte in lui, con lui.
Invece l’aveva ferito un’altra volta.
Sembrava essere in grado di fare solo quello, ferirlo; Kurt, invece, sembrava capace solo di salvarlo.
Si afferrò la testa con le mani, e realizzò in pieno quanto avesse sbagliato.
Perché lo amava, era così ovvio; lo amava da quando lo aveva salvato, lo amava dai loro pomeriggi di studio, lo amava da quella sera sotto il salice. Non da quando aveva saputo della sfera, non era stata solo suggestione, non era stato solo istinto.
Perché in quel momento gli mancava da impazzire, e il dolore bruciante nel suo petto era tutto fuorché una semplice suggestione.
Afferrò il cellulare con una mano tremante, e compose il suo numero.
Ma gli rispose solo uno squillare muto.
Lo realizzò in quel momento.
Kurt se n’era andato. Ed era soltanto colpa sua. 

                                                                                                              ****

Le spranghe per picchiare Blaine sono alla vostra destra.
Si consiglia caldamente di non usarle contro l'autrice, altrimenti poi non saprete mai come va a finire la storia.
E poi non è colpa mia.
Sono due scemi.
L'ho sempre detto che, fosse stato per me, si sarebbero messi insieme nel primo-secondo capitolo e buonanotte.
Ma anche basta.
Dunque, non odiatemi, plis.
Pooooi. Fatemi sapere, come sempre! (E sarete ricompensati con una caramella. [Questa fissazione per le caramelle comincia a diventare imbarazzante])
Si nota che sto delirando? Nooo.
Piccola informazione di servizio: vi comunico che la storia avrà, probabilmente, una trentina di capitoli. Nel senso che sto scrivendo ora il 25esimo :)

Direi basta, queste note sono abbastanza deliranti.
 
Coming next:
-Prese un altro lungo sorso, che gli bruciò un po’ la gola, e riabbassò il bicchiere con lentezza.
“Posso offrirtene un altro?”
Si voltò, trovandosi di fronte due limpidi occhi azzurri.
I suoi sono più chiari. Meno piatti.


Zan zan. 
Un bacione!
Fatemi sapere!
A Sabato! :*

 

 

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Capitolo 11
*** Time does not heal ***


Ohoh, eccoci qui!
Nessuna nota particolare, ci vediamo giù!

Being a Half.
11. Time does not heal


 

Passò qualche giorno, e Blaine non si perse d’animo.
Ogni volta che tornava al Castello, dopo la scuola, sperava di vedere la sua macchina parcheggiata lì fuori, i suoi occhi azzurri pronti a perdonarlo.
Ma non successe mai.
Passò una settimana, poi due, tre. 
Passarono persino gli esami, il diploma del liceo, l’incubo che l’aveva accompagnato per quattro anni.
Andò sotto il salice, il giorno del diploma; tutti i ragazzi erano andati a vederlo, persino Sebastian –sbuffando e con gli occhi perennemente rivolti verso il cielo. 
Ma lui non c’era.
Quell’assenza gli era pesata come un macigno, e aveva sentito il bisogno disperato di ricercarlo; ma quel luogo era desolato, senza di lui. Aveva perso la maggior parte della sua magia.
Rimase ad osservarlo, con quella stupida toga di poliestere appesa al braccio.
Vide la pianta di aloe avvizzita e secca, ma ancora combattiva. 
Corse a prendere dell’acqua; rimase lì tutto il pomeriggio.

                                                                                              ****

Passò un mese. Due, tre.
E Blaine cercava di non scordarsi il colore dei suoi occhi, i tratti delicati del suo viso; si sentiva svuotato, privo di un qualsiasi perché. Andava avanti per forza d’inerzia.
Aveva provato a chiamarlo un’infinità di volte, ma il cellulare risultava sempre staccato, e alla fine rinunciò; ogni tanto, quando la voragine nel suo petto cominciava a bruciare dolorosamente, gli scriveva un messaggio. Magari prima o poi li avrebbe letti, e avrebbe capito. Che loro si appartenevano, e questa cosa non gli faceva più paura; non ora che sapeva cosa volesse dire stare senza di lui.

                                                                                       ****

Quattro mesi. Cinque, sei.
Cominciò a crescere qualcosa, dentro di lui.
Una barriera.
La schiena si fece più forte ed elastica, le braccia più muscolose.
Non faceva più fatica quando tendeva l’arco, Sebastian non aveva più scuse per rivolgergli le sue battute pungenti –che si erano, se possibile, persino moltiplicate da quando Kurt se n’era andato.
Sentiva il lupo sempre più vicino, non riusciva ancora a svegliarlo ogni volta che voleva, ma gli odori e i suoni erano sempre vividi e chiari, senza che dovesse concentrarsi.
Non aveva ancora dimenticato il colore dei suoi occhi.

                                                                                                        ****

Sette mesi.
Ormai frequentava lo Scandals abitualmente; a volte andava con Jeff e Nick; altre, come quella, preferiva andare da solo. A volte aveva bisogno di sedersi al bancone, bersi un paio di drink, andare a casa e dormire, senza sentire ogni singolo istante la presenza prepotente di Kurt in ogni angolo del Castello.
Prese un altro lungo sorso, che gli bruciò un po’ la gola, e riabbassò il bicchiere con lentezza.
“Posso offrirtene un altro?”
Si voltò, trovandosi di fronte due limpidi occhi azzurri.
I suoi sono più chiari. Meno piatti.
Ci pensò un attimo; in fondo, perché no? Il ragazzo era carino: capelli scuri, lineamenti regolari. Niente di speciale.
“Sì, puoi” rispose semplicemente, indicandogli lo sgabello di fianco al suo.
“Io sono Mike” gli strinse la mano; aveva una presa calda, sicura.
“Blaine.”
Contro ogni aspettativa, Mike chiacchierò e basta; non gli importava che Blaine non sembrasse troppo interessato, si limitò a cercare di farlo ridere, di distrarlo. E l’altro finì per rimanerne profondamente impressionato.
Non gli capitava spesso di incontrare ragazzi aperti e gentili, che non pensassero solo ad una sveltina nello squallido bagno del locale.
Fu per questo che gli lasciò il proprio numero; e rispose ai primi messaggi. Scoprì che era una persona estremamente piacevole, di buona compagnia, solare; e fu per questo che ci uscì più volte, per questo permise alle loro labbra di incontrarsi. Forse non sembrò giusto come avrebbe dovuto essere, ma cercò di non farci caso.
Non aveva ancora buttato quel pezzetto di carta.
Tuo. Kurt.

                                                                                                        ****


Otto mesi.
Lo salutò con un lungo bacio sulle labbra, e lo guardò andar via con dolcezza; ormai Mike passava con lui quasi tutti i pomeriggi, si salutavano felici, poi Blaine andava al Castello, dove restava fino al mattino dopo.
Ovviamente, l’altro non sapeva di lui; non si era mai sentito abbastanza a suo agio da rivelargli tutto. La verità, era che nemmeno gli pesava così tanto, quel segreto. Gli piaceva avere qualcosa che fosse soltanto suo in cui rifugiarsi, e non si era mai chiesto se fosse una cosa normale o no. Non si era mai chiesto se, per caso, non fosse perché quello era il segreto suo e di Kurt, e ne fosse semplicemente geloso. Gli andava bene così. Senza troppe domande.
Prese le chiavi della macchina e si avviò con calma; arrivò al Castello in venti minuti.
Quando arrivò alla sala degli allenamenti, vide che Sebastian lo stava già aspettando “Anderson! Alla buon’ora!” 
“Oh, andiamo Seb! Non hai niente da fare tutto il giorno, di che ti lamenti?”
“Non stuzzicarmi, cagnaccio” borbottò, sventolandogli un pugnale sotto il naso.
Gli occhi di Blaine si illuminarono “Seb! Insegnami ad usare il pugnale! Ti prego, ti prego, ti prego!”
Smythe alzò gli occhi al cielo “Dio Anderson, quando ti ci metti sembri un bambino di cinque anni. Come mai questo cambiamento? Stanco dell’arco?”
“Certo che no! Non potrei mai stancarmi dell’arco” soprattutto di quell’arco “Ma voglio provare qualcosa di nuovo.”
“Mmh … E va bene. Purtroppo non posso impedirtelo.”
Blaine sorrise; col tempo, aveva imparato che quella di Sebastian era solo una facciata.
“Forza, muoviti! Scegline uno!”
Una facciata un po’ fastidiosa.
Si avvicinò alla rastrelliera; sapeva già quale arma scegliere. 


Forse, quella dei pugnali, non era stata l’idea del secolo; maneggiarli non era affatto semplice, tranne che, ovviamente, per Sebastian, il quale, in compenso, si stava divertendo da matti ad osservare da lontano un impacciatissimo Blaine che cercava di camminare e mulinare il pugnale contemporaneamente. 
“Va bene Anderson, ti prego, basta! Mi fanno male gli addominali dal troppo ridere!”
Il riccio si voltò verso due ridenti occhi verdi, offeso “Ehi! Non sono andato così male!”
“No, certo; è un gran bel traguardo il fatto che tu abbia capito che il pugnale va tenuto dall’elsa e non dalla lama …”
“Non sei per niente simpatico” bofonchiò.
Bevvero da due bottiglie che tenevano sempre pronte nella sala degli allenamenti.
“ … Per caso l’hai …?”
“No, Blaine. Lo sai che se mi avesse scritto te l’avrei detto.”
“Ma come pensi che stia?”
“È Kurt; starà bene, di sicuro.”
“Dici?”
Sebastian sbuffò “Anderson, giuro che non ti capirò mai. Sei fidanzato, o no? Cosa ti importa?”
Blaine abbassò lo sguardo, ferito “Io … Mi piace Mike. Ma con Kurt era diverso.”
“Forse avresti dovuto pensarci, quella sera; non credi?” Il tono dell’altro si era fatto acido, e il riccio non poté fare a meno di sentire la voragine che bruciava un po’ di più. 
Sì, avrebbe dovuto pensarci quella sera.
Afferrò il cellulare.

Blaine 18.03
Ci vediamo stasera?

Mike 18.05
Certo!
Passo da te alle 8 :)

                                                                                                     ****

Nove mesi.
Affondo, parata, attacco.
Schiva, abbassati, affondo.
Parata, attacco.
Il pugnale sembrava essere dotato di vita propria, tra le sue mani.
L’arco sarebbe stata sempre la sua arma prediletta, ma ben presto aveva scoperto che anche il pugnale si addiceva alla sua Metà: i suoi movimenti erano bruschi, veloci, aggressivi, quasi violenti, e lo rendevano particolarmente abile; persino Sebastian ne era rimasto sorpreso, e spesso lo lasciava ad allenarsi da solo.
Girò su se stesso, tendendo di scatto il braccio di fronte a sé, trafiggendo il cuore di un nemico immaginario; chiuse gli occhi, e si concentrò solo sul proprio respiro, mentre il lupo ringhiava entusiasta dentro di lui: erano i momenti in cui lo sentiva più presente, più sveglio.
Anche lui arricciò istintivamente le labbra, scoprendo i denti in un ghigno soddisfatto; fletté le ginocchia, schivando un affondo, si rialzò piroettando su se stesso, disegnando un ampio arco con la lama.
La lama, che si scontrò con qualcosa, producendo uno stridente rumore metallico.
Non fece nemmeno in tempo ad aprire gli occhi, perché una voce cristallina lo paralizzò, bloccandogli il respiro “I tuoi movimenti sono sporchi, fai troppe moine inutili.”
Solo allora riuscì a guardarlo.
Se lo trovò davanti, ed era più bello che mai. Sembrava quasi più selvatico, con i capelli un po’ più lunghi e spettinati ad arte, i lineamenti più marcati, il fisico ancora più asciutto e muscoloso.
Ma gli occhi erano rimasti gli stessi, e Blaine si complimentò con se stesso per essere riuscito a ricordarli alla perfezione.
Fece per dire qualcosa, ma l’altro lo precedette “Devi essere più veloce” fece allontanare le loro lame con uno scatto del polso “Più preciso” girò su se stesso, puntandogli un pugnale alla gola così rapidamente da essere quasi invisibile “Combatti come un animale in gabbia” i Sai gli lambirono il collo, a forbice.
Il petto di Blaine si alzava e si abbassava velocemente, cercando di seguire il ritmo del suo respiro affannato.
Kurt era tornato.
Fece per dire qualcosa, qualunque cosa sarebbe andata bene, ma la porta dietro di loro si spalancò, e dovette distogliere lo sguardo da quello magnetico dell’altro ragazzo.
Fece il suo ingresso un giovane molto attraente, dal fisico asciutto e muscoloso, i capelli castano chiaro e gli occhi azzurro-verdi, un lieve accenno di barba attorno alle labbra ben disegnate, incurvate in un sorriso furbo.
“Andiamo micetto, cosa ti avrà fatto di tanto male?” 
Micetto?!
Il castano raddrizzò la schiena, mettendo i Sai nei foderi, con un sorrisino forzato “Neal, lui è Blaine; Blaine, lui è Neal.” 
Li presentò con un breve cenno, e i due si strinsero la mano scrutandosi quasi con circospezione; un profumo pungente e fastidioso raggiunse il riccio: sapeva quasi di gelsomino.
“Oh, sei un canide!”
Blaine lo guardò stranito, per un attimo.
“Si sente dall’odore” spiegò l’altro “È abbastanza fastidioso, in realtà … Ma solo perché io sono un felino.”
“Sono un lupo” borbottò Anderson, vagamente risentito.
“Io una tigre” rispose l’altro, con un ghigno.
Kurt li osservava, teso, e si distese un po’ solo quando Neal gli passò un braccio attorno alle spalle, con fare protettivo “Ehi, tutto bene?” mormorò con dolcezza.
Hummel chiuse gli occhi per un breve istante, sospirando “Sì, tutto bene” sussurrò in risposta, evitando gli occhi dorati che continuavano a fissarli pieni di dolore e di confusione.
“Se vuoi posso farti rilassare …”
Kurt alzò gli occhi al cielo, allungandogli una gomitata tra le costole “Piantala, Neal” ma stava evidentemente trattenendo un sorriso.
Blaine sentì un peso depositarsi sul fondo del proprio stomaco, mentre distoglieva lo sguardo arrossendo furiosamente.
“E va bene, micetto.”
“Lo sai che non sopporto quando mi chiami micetto” borbottò, fingendosi offeso.
“Appunto” un sorriso ancora più ampio si disegnò sulle labbra di Neal.
“Sembri davvero un bambino di cinque anni!”
“Mi adori per questo” gli schioccò un bacio sulla guancia nello stesso momento in cui Blaine sentì la voragine nel proprio petto spalancarsi e bruciare come non aveva mai fatto prima. 

                                                                                                         ****




Kurt's back, bitches.
No, sul serio. Non riesco a tenerli lontani nemmeno per un capitolo.
Sono pessima.
Ma, a parte questo, un paio di appunti:
1) Fidatevi, amerete Neal (o almeno spero, perché io gli voglio tanto bene). E non odiate Mike. Lui non c'entra nulla.
2) Non so se vi interessa, ma per me Neal ha l'aspetto di Matt Bomer (l'ho chiamato Neal proprio perchè in White Collar il personaggio che interpreta Matt Bomer si chiama Neal Caffrey); e no, non ha niente a che vedere col fratello di Blaine, tranquilli.

Spero sinceramente che il capitolo vi sia piaciuto! (Ho pensato che fosse l'ora che Kurt avesse la sua "rivincita", per la miseria.)
Visto che l'altra volta la promessa delle caramelle ha funzionato, stavolta prometto addirittura una scatola di cioccolatini a chi recensirà **
Ovviamente un grazie ENORME a chi ha recensito, a chi l'ha messa tra le seguite/ricordate/preferite, siete bellissimi :D

Coming next:
-
“Allora Kurt … Come hai, ehm .. conosciuto Neal?”
Non c’era mai stata una cena più imbarazzante di quella.
Rachel, Sebastian, Finn, Jeff e Nick non sapevano chi o dove guardare, tra Blaine, Kurt e il nuovo arrivato, quindi avevano deciso di fissare i propri piatti, con l’intenso desiderio di sparirci dentro.


A Martedì, gente!
Un bacione a tutti!
Fatemi sapere!


 
 
 

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Capitolo 12
*** Big and small disasters ***


Eccoci qua con il dodicesimo capitolo, nonostante tutto! (Cioè, nonostante io domani abbia un compito di astronomia. Prendete nota: l'ultimo anno di liceo si affronta facendo finta di niente.)
Ma per oggi vi risparmio lo sclero ^^
Buona lettura!
Ci vediamo giù ;)



 

Being a Half.
12. Big and small disasters


 

Allora Kurt … Come hai, ehm .. conosciuto Neal?”
Non c’era mai stata una cena più imbarazzante di quella.
Rachel, Sebastian, Finn, Jeff e Nick non sapevano chi o dove guardare, tra Blaine, Kurt e il nuovo arrivato, quindi avevano deciso di fissare i propri piatti, con l’intenso desiderio di sparirci dentro.
Ovviamente, era stata la ragazza ad interrompere quel silenzio che rischiava di soffocarli.
“Oh, ehm … Ci siamo incontrati in Florida …”
“In Florida, Hummel? Sul serio? Ma se sei praticamente allergico alla luce del sole!”
“In effetti” intervenne Neal, allegro “ho dovuto faticare parecchio per convincerlo ad uscire un po’ da casa sua; l’ho incontrato una mattina presto, stava passeggiando sulla spiaggia, e l’ho praticamente pedinato per giorni, finché non sono riuscito ad estorcergli il suo nome” era palesemente fiero della sua impresa “Non c’è voluto molto perché ci rendessimo conto di avere di fronte un altro Halfbeing, e da allora … Be’, siamo diventati ben più che amici.” Concluse, con uno sguardo malizioso a cui Kurt rispose con una linguaccia.
“Certo. Capisco.” Il sarcasmo e lo scetticismo di Sebastian invasero la stanza come una nebbia pesante e fitta.
Blaine cercò disperato gli occhi di Jeff e Nick, che gli seppero solo rivolgere degli sguardi desolati e basiti; Rachel continuava a far saettare i grandi occhi castani da Kurt a Neal a Blaine, Finn aveva trovato un dettaglio molto interessante nel legno del tavolo che sembrava aver bisogno di tutta la sua attenzione.
Non volava una mosca.
“Forza, sputate il rospo: qual è il vostro problema?”
“Il nostro problema, Hummel? Dico, vuoi scherzare?”
“No, Seb. Sto seriamente cercando di capire perché questa cena mi sembri una riunione di condominio.”
“Vedi, tesoro, è solo che …”
“Non capiamo cosa cavolo sia successo.” Jeff interruppe Rachel, troppo ansioso per aspettare i tempi della ragazza.
“In che senso?”
“Kurt. Lo sai in che senso.” Le parole di Nick furono dure, e gli sguardi di tutti volarono tra Blaine e il castano, che assunse un’espressione severa “Non so cosa vi aspettaste tutti. So solo che vi state comportando come dei maleducati; io e Neal siamo amici, e ogni tanto ci divertiamo: e allora? Cosa c’è di male? Sapete benissimo tutti perché me ne sono andato, quindi è inutile che mettiate su quelle espressioni sconvolte. Vi sembra che io sia stato l’unico ad andare oltre, a lasciarmi tutto alle spalle? Non mi pare proprio. Non posso crederci …” scosse la testa, amareggiato “Credevo che almeno voi avreste capito, che mi avreste supportato … Invece vi mettete lì e giudicate, senza sapere niente.” L’ultima parola gli sfuggì come un sibilo furioso, le pupille pericolosamente strette e verticali, i canini ben visibili dalle labbra dischiuse: faceva quasi paura.
Neal si limitò a poggiargli una mano sul braccio con delicatezza, facendolo voltare verso di sé; lentamente, ritornò al proprio aspetto originario.
“Andiamo in camera, okay?”
Kurt si limitò ad annuire, e uscì con l’altro ragazzo senza aggiungere altro.
La cucina fu invasa di nuovo da un silenzio surreale, mentre tutti guardavano Blaine di sottecchi, aspettando una sua reazione; il riccio teneva gli occhi fissi sul proprio piatto, e li sentiva pizzicare terribilmente.
“Vi sembra che io sia stato l’unico ad andare oltre, a lasciarmi tutto alle spalle? Non mi pare proprio.”
Quell’accusa implicita l’aveva raggiunto come una coltellata.
Era vero.
Per l’ennesima volta, era stato lui a far capire a Kurt che non lo voleva, mettendosi con Mike.
“Questa situazione è insostenibile” sbottò Sebastian con rabbia, scaraventando la forchetta nel piatto, facendo voltare tutti verso di sé.
“Seb … Stai calmo. Lo sai che quando ti arrabbi diventi velenoso …”
“Lessie, non sei affatto simpatico. L’avete visto tutti, questa cosa è … contro natura!”Quattro paia di occhi lo osservarono scettici “Sì, insomma, avete capito cosa intendo. Cosa diamine ci fa Kurt con quella sottospecie di modello?”
Rachel, Jeff e Nick borbottarono qualche imbarazzato “Sottospecie?”, “Ma l’hai guardato bene?” e “A me sembra l’ottava meraviglia del mondo … Ahi! Sì, nona, Nick, ovviamente dopo di te.”
Sebastian rivolse loro un’occhiata assassina, facendoli zittire immediatamente.
“Ehm … Scusate” fece Finn, esitante “Ma non vi pare che Kurt abbia … Che so … Un po’ ragione? Voglio dire, in fondo … Ci ricordiamo tutti cosa disse Blaine –senza offesa amico-; come fate a biasimarlo per aver trovato qualcuno con cui divertirsi?”
Rachel strabuzzò gli occhi “Finn! Stai scherzando, spero! Ti rendi conto che sono due anime gemelle?! Anime gemelle” sillabò, infuriata “Significa che devono stare insieme, perché è giusto così!”
“M-Ma Blaine ha detto di non volere …” Fu quasi comico vedere il gigante che rimpiccioliva sotto lo sguardo sempre più furioso dei dolci occhi castani di Rachel.
“Questo perché Blaine, a volte –spesso- tende a comportarsi da idiota!”
“Grazie mille, Nick” ribatté il riccio, acido.
“Ehi, lo vuoi forse negare? O magari finalmente ci spiegherai perché ti sei messo con Mike?!”
“Per l’ennesima volta, Mike mi piace! Mi fa sentire bene, è bello che sia normale! Niente sfere assurde! Io gli piaccio per quello che sono, non perché qualcuno gli ha detto che è destino o qualche altra cavolata da oracolo!”
“Io e Finn ci amiamo, non è una cavolata da oracolo!”
“Allora beati voi, Rachel, cosa vuoi che ti dica? Siete stati fortunati! Evidentemente, la sfera a volte si sbaglia!” Avrebbe voluto parlare con rabbia, ma gli uscì solo un suono tremolante e ferito; si alzò velocemente, nel silenzio generale, fiondandosi in camera, con una mano premuta sugli occhi e una stretta fra le labbra, per soffocare i singhiozzi che gli scuotevano il petto.
Si asciugò le lacrime con rabbia, cercando di tranquillizzare il respiro affannato, ma si sentiva in trappola.
Afferrò il cappotto, e quasi corse fino a che non raggiunse la porta d’ingresso; inspirò profondamente, rabbrividendo appena per l’aria fredda di fine Novembre.
Seguì le proprie gambe quasi senza pensarci: erano mesi, ormai, che aveva un solo luogo in cui rifugiarsi.
Lasciò che fosse il lupo a muoversi per lui, a passo svelto, silenzioso, e lo accolse con gioia; poté bearsi della sensazione del terreno freddo, dei tronchi spessi e robusti, dei rami secchi che sembravano tendersi come artigli verso il cielo grigio.
Arrivò al salice, e si impietrì; in effetti, era ovvio che lui si trovasse lì.
Quello era il suo rifugio. O gli aveva tolto anche quello? Non l’aveva forse costretto lui ad andarsene? Non era stato merito suo se aveva trovato Neal, che sembrava capirlo così bene?
Deglutì, cercando di respingere il groppo che gli si era fastidiosamente imposto in gola. Si concesse solo un attimo per osservare quella figura flessuosa ed elegante, raggomitolata contro il tronco dell’albero; avrebbe voluto sorridere, perché aveva ripensato alla prima volta che lo aveva visto proprio lì, in quella stessa identica posizione, ma la voragine nel petto gli ricordò quante cose erano cambiate.
Si girò, e mosse un passo, pronto ad andarsene.
“Lo sai che c’è il tuo odore ovunque?” La voce cristallina era pungente.
Blaine dovette bloccarsi, girandosi lentamente “C-Cosa?”
Kurt lo guardò, e fu come se i loro sguardi si fossero incrociati per la prima volta; gli occhi di ghiaccio sembravano velati di tristezza, e lo scrutavano a fondo. “Qui attorno … C’è il tuo odore ovunque.” Indicò il salice e la piccola radura attorno a loro con uno svolazzante gesto della mano. Sembrava infinitamente stanco.
“Io … M-Mi dispiace, v-venivo qui spesso …” Ovviamente, aveva combinato un altro piccolo disastro.
Kurt non rispose, e allontanò lo sguardo da lui.
Avrebbe potuto andarsene, e lasciare le cose così, irrisolte ma, in un certo senso, definitive. Avrebbe potuto.
Ma non lo fece; non avrebbe distrutto quel poco che era rimasto fra loro, non gli avrebbe dato un altro motivo per allontanarsi.
Gli si avvicinò, senza sapere davvero cosa dire; gli occhi azzurri continuavano ad evitarlo, così si inginocchiò accanto a lui, posandogli una mano sul braccio con delicatezza.
Kurt lo guardò, con gli occhi spalancati, e si allontanò con uno scatto, raggomitolandosi mezzo metro più indietro “Non toccarmi” sibilò.
Blaine sentì qualcosa spezzarsi, dentro di sé “Ti prego, io … Mi dispiace, davvero …”
“Per cosa, Blaine? Per cosa ti dispiace?” la voce fredda, il tono distaccato, lo ferirono più a fondo di quanto non avesse immaginato.
“Io … Mi dispiace per tutto” mormorò semplicemente, abbassando lo sguardo.
“Stavolta no, Blaine.”
“Cosa?”
“Stavolta sono io che non sono sicuro di …” Non ci fu bisogno che finisse la frase; si alzò e si allontanò, senza guardare Blaine, che non era più riuscito a trattenere le lacrime.

                                                                                                                       ***

“Anderson. Mi spieghi dove stai andando?”                  
“Non credo proprio che siano affari tuoi, giusto … Neal?”
“Lo sono, invece. Io tengo a Kurt.”
Eccolo. Era arrivato il momento in cui metteva in chiaro le cose, gli diceva che ormai loro stavano insieme e che non voleva più che gli girasse attorno.
Sì sentì stanco: non voleva ascoltare.
“Senti Neal … Ho già capito, va bene? Tu ora stai con Kurt, devi marcare il territorio e tante belle chiacchiere, ho capito; non hai niente di cui preoccuparti, se proprio lo vuoi sapere, se ti farà sentire meglio, ha messo bene in chiaro di non volermi più. Nemmeno come amico.” Verso la fine, la voce si era ridotta ad un sussurro; odiava essere debole di fronte a lui.
“Anderson, non hai capito proprio niente.” La voce di Neal era asciutta, pacata.
“Certo” sbottò il riccio, esasperato “Allora forse vorrai illuminarmi, dall’alto della tua saggezza?”
L’altro storse il naso “Niente sarcasmo con me, cucciolotto. L’ho praticamente inventato io.”
“Sarei davvero onorato di rimanere qui e guardarti adorante mentre mi illumini con le tue innumerevoli perle di saggezza, ma devo andare dal mio ragazzo e---”
“Blaine” fu quasi strano quando Neal lo chiamò per nome “Adesso piantala. Primo, perché sto cercando di aiutarti. Secondo, perché sono certo che tu non ci tenga a vedere uno dei tuoi arti sul pavimento. Giusto? Appunto. Bene, come stavo dicendo. Io tengo a Kurt, va bene? E’ una persona speciale, ma non c’è bisogno che te lo dica. Certo, questo non spiega come mai tu abbia fatto e detto certe cose” Gli lanciò un’occhiataccia, prima di proseguire “Ma andiamo con ordine. Dunque. Quando ho conosciuto Kurt, non sapevo praticamente niente di lui; ci siamo divertiti e basta, per un po’. E non fare quella faccia scioccata! Lui è bello, io sono bello … Matematica elementare. Comunque, stavo dicendo. Per un po’, è stato solo quello: puro svago. Poi ho capito che c’era qualcosa che non andava. Sai, non sorrideva mai davvero, non si lasciava mai andare completamente … Così ho cominciato a fargli qualche domanda; mi ci è voluto un po’, ma alla fine mi ha raccontato quello che era successo, con te e tutto il discorso della sfera; è stato … strano, sai? Quasi surreale. Vederlo sgretolarsi tra le mie mani. All’inizio mi era sembrato così forte, chiuso nella sua armatura …” Scosse la testa, con un pizzico di rimprovero nello sguardo; non che ce ne fosse davvero bisogno: i sensi di colpa stavano divorando Blaine dall’interno, lentamente e dolorosamente, impedendogli di parlare “L’ho aiutato a rimettere insieme i pezzi. E ne sono fiero. Siamo diventati ottimi amici. Ma non era felice, era evidente. È per questo che l’ho riportato qui. E non è stato affatto facile, fidati. Quindi non ti permetterò di rovinare tutto. Non ti azzardare a comportarti da idiota un’altra volta” gli sventolò un indice sotto al naso “o ti sbrano sul serio.”
Blaine era rimasto senza parole “Forse non avresti dovuto farlo” mormorò, mentre la paura e lo sconforto lo invadevano “Non avresti dovuto riportarlo qui; lo ferirò di nuovo, ora sto con Mike …”
Neal lo scrutò pensieroso per qualche secondo “Ho visto come lo guardi, sai? Credo che preferiresti perdere una mano, piuttosto che ferirlo di nuovo. Sì, di questo sono sicuro. Per quanto riguarda questo Mike … Ho sentito quello che hai detto agli altri, dopo che io e Kurt abbiamo fatto la nostra uscita trionfale dalla cucina; forse sei ancora un po’ confuso, per tutta la storia della sfera, e di determinate cose dovrai discutere per forza con Kurt …” si grattò il mento, meditabondo “Datti un altro po’ di tempo” concluse “Forse devi sbatterci la testa contro, prima di rendertene conto.” Fece un piccolo sorriso.
Blaine non osava sperare davvero “Non vuole più parlarmi” ribatté, sconsolato “Non si lascerà avvicinare più.”
“Anderson, se fosse così non sarebbe tornato in camera di corsa con gli occhi rossi, raggomitolandosi sul letto con le cuffie nelle orecchie dopo la vostra chiacchierata sotto il salice, non ti pare?”
“Ma allora … Perché è andato via?”
“Perché non vorrebbe fidarsi di te, ecco perché. Perché non può fare a meno di starti vicino, eppure sta combattendo questa sensazione con tutto se stesso; perché sì, piccolo folletto, tu gli hai fatto del male, mi dispiace dirtelo così brutalmente, e ci vorrà un po’ prima che torni a volersi fidare di te.”
Blaine rimase in silenzio per qualche secondo. “Grazie, Neal” l’altro sorrise, forse per la prima volta con sincerità “Mi ringrazierai decentemente quando riuscirò a vedere un vero sorriso sulle deliziose labbra del nostro micetto preferito.”
“Ti prego, non chiamarlo micetto. Mi vengono i brividi.”
L’altro rise, allontanandosi “Buon appuntamento, cucciolotto!”
Un pensiero completamente irrazionale attraversò la mente del riccio: quale appuntamento?
 

                                                                                                                  ***


Dunque dunque.
Ora volete un po' più bene a Neal, vero? :D
E a Sebastian, ci scommetto.
Ed è giusto così!
(Stranamente) non ho particolarmi commenti riguardo al capitolo, spero solo che vi sia piaciuto :)
  


Coming next:
-“Caspita, se avessi saputo che le uscite a quattro sono così divertenti avrei cominciato a farle qualche anno fa!”
Nemmeno Mike riuscì a trattenersi dal rivolgere a Neal un’occhiata basita, prima di immergere il viso nella tazza di caffè, subito imitato dagli altri.
Sarebbe stato un lungo pomeriggio.



Fatemi sapere, come sempre, per favore! :)
Un abbraccio enorme a tutti quelli che continuano a seguirmi (detta così è molto inquietante) e a tutti i lettori silenziosi!
*se ne va cospargendo di marshmallow chiunque stia leggendo*

A Sabato!

 

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Capitolo 13
*** Blood ***


Ohoh, eccoci qui!
Col tredicesimo capitolo!
Bando alle ciance (una volta tanto), ci vediamo giù!


 

Being a Half.
13. Blood

“Ehi, amore, ci sei?”
Due dita gli schioccarono davanti al naso, facendolo sobbalzare “C-Cosa?”
“Ti eri incantato” sorrise Mike, guardandolo con dolcezza.
“Oh, scusami …”
“Figurati! Ti stavo chiedendo se ti andava di andare al cinema, domani sera; o, non so, fare qualcos’altro … Sai che non usciamo quasi mai la sera?”
“Lo so” mormorò in risposta, abbassando lo sguardo sul proprio caffè.
“Blaine … Sei sicuro di sentirti bene?” La voce dell’altro si era fatta preoccupata.
“Io … Sì. Sì, sto bene.”
Gli occhi azzurri lo scrutarono con attenzione per qualche secondo “Forse è meglio se domani sera ti lascio con i tuoi amici …”
“No! No, no, affatto; davvero, mi dispiace, io … Sto bene; voglio uscire con te.” Gli accarezzò il dorso della mano appoggiata sul tavolino, cercando di convincere entrambi della veridicità di quelle parole.
Mike sembrò vagamente rassicurato “D’accordo, allora … Passo da te alle otto?”
“Blaine!”
Si voltarono entrambi di scatto verso la loro destra, le mani ancora intrecciate sul tavolino; il riccio ebbe un tuffo al cuore nel vedere Neal e, un passo dietro di lui, Kurt. Anche loro si tenevano per mano.
Ci fu qualche secondo di imbarazzante silenzio, finché Mike non si schiarì la voce, alzandosi con un sorriso cordiale “Piacere, io sono Mike … Voi dovete essere degli amici di Blaine …?”
“Ah, Mike! Il piacere è tutto nostro! Io sono Neal” gli strinse la mano “Lui invece è Kurt” l’altro ragazzo esitò un istante prima fare un passo avanti e rivolgergli un piccolo sorriso falso “Piacere” mormorò, evitando in qualsiasi modo lo sguardo accorato e ferito di Blaine.
“Allora, ehm … Vi sedete con noi?”
“Oh, no, non vorremmo interrompere …”
“Figuratevi! È un piacere conoscere qualcuno degli amici di Blaine! Unitevi a noi, insisto” Il sorriso di Mike era irresistibile, così Neal si sedette accanto a lui, costringendo Kurt a mettersi accanto al riccio.
Ci fu qualche secondo di silenzio imbarazzante.
“Quindi … Da quanto conoscete Blaine?”
“Io solo da qualche giorno, in verità … Mentre Kurt … Da quanto vi conoscete, voi due?” chiese, guardando gli altri due con uno strano luccichio negli occhi.
“Nove mesi” risposero, all’unisono. Si guardarono per un attimo, sorpresi, ma distolsero immediatamente lo sguardo.
Neal incurvò leggermente le labbra, prima di continuare “Tu e Blaine, invece, da quanto state insieme?”
“Poco più di un mese … Giusto amore?”
L’altro annuì cautamente in risposta, mordicchiando svogliatamente il muffin che aveva davanti.
“Tu e Kurt?”
“Oh, noi siamo … Una coppia aperta; vero, micetto?” Rivolse al castano uno sguardo innocente che stonava col ghigno divertito che gli si era dipinto sulle labbra; gli occhi di ghiaccio lo guardarono furiosamente, mentre Blaine tossicchiava pezzetti di muffin in ogni direzione.
“Tesoro, ti senti bene?”
“B-Benissimo” boccheggiò il riccio, la voce spezzata dai colpi di tosse; non poté fare a meno di lanciare un’occhiata veloce a Kurt, il cui volto era una maschera di impassibilità, e si sentì infinitamente triste.
“Caspita, se avessi saputo che le uscite a quattro sono così divertenti avrei cominciato a farle qualche anno fa!”
Nemmeno Mike riuscì a trattenersi dal rivolgere a Neal un’occhiata basita, prima di immergere il viso nella tazza di caffè, subito imitato dagli altri.
Sarebbe stato un lungo pomeriggio.

                                                                                                             ****

Blaine non era mai stato più contento di uscire da un bar in vita sua, e così anche gli altri –tranne Neal, che sembrava essersi divertito da matti.
Le due coppie si separarono, e Mike rimase stranamente in silenzio finché non arrivarono di fronte alla casa del riccio.
“Blaine …” sembrava esitante, e l’altro lo guardò senza vederlo veramente. Era stato vicino a Kurt tutto il pomeriggio, eppure non l’aveva mai sentito così distante; e questo gli faceva male. Poteva ancora sentire la sensazione bruciante nel proprio petto.
“Blaine.” Stavolta Mike reclamò la sua attenzione con fermezza, e il moro dovette metterlo a fuoco.
“Mh?”
Gli occhi azzurri lo scrutarono per un po’, addolorati “Pensi che potrò avere la tua piena attenzione? Almeno mentre ti lascio?”
Gli occhi ambrati si spalancarono per la sorpresa “Che cosa?!”
L’altro rispose con un sorriso amaro “Non fingerti sorpreso. Non sono certo cieco, Blaine.”
“Cosa … Cosa vuoi dire?”
“Voglio dire che non mi hai mai guardato come guardi lui.”
“Chi? Neal?! Ma sei pazz—”
“Ovviamente non stavo parlando di Neal” lo interruppe l’altro con una smorfia “Sto parlando di Kurt.”
L’altro non diede segno di voler ribattere.
“Già … Sai che lo guardi come se fosse l’unica cosa che davvero conta, per te? Se non lo cercano i tuoi occhi, è il tuo corpo che lo fa per te; ti muovi con lui, sei sempre … teso verso di lui. Non so cosa ci sia stato fra di voi, o perché non stiate più insieme, ma … E’ fin troppo evidente che non è finita. Per nessuno di voi. E per quanto tu mi piaccia … Non posso competere, Blaine. Non si compete coi sogni.”
E Blaine non riuscì nemmeno a negare.
Non avrebbe avuto alcun senso: era semplicemente la verità.
Anche se fra loro non era mai iniziato nulla, non davvero, era ovvio che non si erano mai lasciati davvero; non avrebbero mai potuto farlo.
Avrebbero potuto allontanarsi, non parlarsi, sforzarsi di non guardarsi nemmeno; sarebbero stati indissolubilmente legati. Poteva infuriarsi per questo, sentirsi in trappola e costretto, ma non avrebbe mai potuto avercela con Kurt: lui era sempre il suo porto sicuro, la sua ancora, l’unico che lo capisse al volo, l’unico di cui non si sarebbe mai stancato. Lui era sempre stato, semplicemente, l’unico. E lo sarebbe stato sempre.
Per questo si limitò a rivolgere a Mike uno sguardo mesto, chiedendogli di perdonarlo “Mi dispiace. Lo so, mi sono comportato malissimo, e … È tutto così complicato, non ci capisco niente nemmeno io. Mi dispiace.” Lo guardò, accorato, nel pronunciare quelle parole intrise di sincerità; avrebbe voluto raccontargli tutto, chiedergli consiglio, ma non poteva.
“Non preoccuparti” gli regalò un piccolo sorriso “Capita a tutti, no? Di avere paura di se stessi. Basta che ad un certo punto tu abbia il coraggio di affrontare quello che senti.”
Blaine avrebbe voluto dirgli quanto davvero capisse e sentisse quelle parole fin nel profondo, ma si morse la lingua, limitandosi ad annuire con gli occhi lucidi.
“Allora … Ci vediamo in giro, okay?” Mike si allontanò.
“Okay” rispose Blaine, un po’ troppo tardi.
Poi si precipitò in casa per prendere le chiavi della macchina.
C’era una cosa che doveva fare.

                                                                                                       ****

Guidava decisamente con poca prudenza, ma non gli interessava; doveva raggiungere il Castello al più presto.
Era troppo eccitato per rendersi conto della strana tensione che aleggiava nell’aria, o si sarebbe subito accorto che qualcosa non andava: c’era un’elettricità spaventosa.
Parcheggiò nel parco, al solito posto, e scese di corsa dalla macchina.
Fu allora che li sentì; stridii familiari, che aveva sentito innumerevoli volte nella sala degli allenamenti, ma stavolta erano di più. Molti di più. Erano troppi per essere un semplice allenamento.
Corse senza pensarci, con un ringhio basso e cupo nel petto, ignorando l’odore che, per la terza volta nella sua vita, lo raggiungeva come un pugno nello stomaco; lo riconobbe immediatamente: elfi.
Fece il giro di tutto il Castello, mentre i rumori si intensificavano, mescolandosi a ringhi e sibili cupi; aveva un solo pensiero in testa: Kurt. Doveva assicurarsi che stesse bene, più di qualsiasi altra cosa.
Rimase senza parole, bloccandosi di colpo, quando si trovò di fronte due schieramenti che lottavano sull’erba con tutte le loro forze; dovevano esserci quindici figure ammantate di nero che brandivano i corti pugnali cercando di spezzare la difesa degli Halfbeings, costretti lentamente ma vistosamente ad arretrare verso le mura di pietra.
Lo individuò in un batter d’occhio: lo sguardo concentrato, il volto contratto per lo sforzo, i Sai che lampeggiavano attorno a lui, invisibili, Kurt stava combattendo contro due avversari contemporaneamente; ce la stava mettendo tutta, ma era visibilmente in difficoltà. Non riusciva a seguire il ritmo dei due elfi, e ben presto un taglio si disegnò sul suo zigomo, facendogli stringere gli occhi per il dolore, ma cercò di non badarci; piegò la schiena, evitando di un soffio una pugnalata che l’avrebbe raggiunto alla gola.
Blaine non ci vide più.
Quel sangue, su quella pelle così chiara e pura, gli annebbiò la vista.
E lo sentì, come non l’aveva mai sentito: il lupo che ruggiva assieme a lui, infuriato, facendo interrompere per un momento la maggior parte dei combattimenti; si lanciò sull’elfo che aveva appena ferito Kurt, superando con due balzi i metri che li separavano, e lo trascinò via arpionandosi alla sua schiena, facendo cadere rovinosamente entrambi. Si accovacciò subito, in posizione di difesa, le labbra arricciate sui denti scoperti, un odio che non aveva mai provato che si faceva strada nel suo petto, incendiando qualsiasi cosa, mentre l’elfo si voltava verso di lui, le bocca piegata in una smorfia infastidita; avrebbe voluto portare Kurt via di lì, immediatamente, metterlo al sicuro, ma non poteva distrarsi.
Blaine scrutò il proprio avversario per qualche secondo, con gli occhi che ardevano per l’ira e un ringhio che gli faceva vibrare il petto: gli si avventò contro con un balzo, ma dovette fermarsi immediatamente per evitare il pugnale che, altrimenti, gli avrebbe lacerato il ventre. Si trovava nettamente in svantaggio, armato soltanto delle proprie mani, e l’elfo se n’era reso conto, perché ghignò soddisfatto, un attimo prima di avanzare, fulmineo, il pugnale in mano; Blaine lo evitò di un soffio, ma un gemito lo distrasse, facendolo voltare: un altro taglio era comparso sulla pelle lattea di Kurt, che cominciava ad avere il volto segnato dalla stanchezza.
L’elfo intercettò il suo sguardo, e rise, con un’occhiata consapevole; saltò, con l’intento di superare il riccio e atterrare alle spalle di Kurt, ma Blaine non glielo permise: seguì l’istinto, saltando a sua volta, afferrandolo per le gambe e scaraventandolo di nuovo a terra. Non gli lasciò nemmeno il tempo di rialzarsi; lo afferrò per il collo, e girò le braccia con violenza: il movimento fu accompagnato da un rumore cupo di ossa che si spezzavano, che lo fece rabbrividire e gioire insieme. Ne fu disgustato e terrorizzato solo per un attimo, prima che il lupo ringhiasse la propria approvazione, contagiandolo.
Si tirò su immediatamente, girandosi verso Kurt: il ragazzo era di schiena, le spalle che si alzavano e si abbassavano velocemente, seguendo il ritmo del respiro affannato, i Sai ancora stretti in pugno, con le lame sporche di sangue.
Blaine sentì la rabbia svanire dal proprio petto, immediatamente sostituita dalla preoccupazione “Kurt …” mormorò; era certo che l’avrebbe sentito anche in mezzo a quel frastuono.
Gli occhi di ghiaccio si posarono immediatamente su di lui, attenti, per poi scivolare sul corpo dell’elfo; gli si avvicinò di scatto, piantandogli una lama nel petto. “Al cuore, Blaine … Gli elfi muoiono definitivamente solo dopo averli colpiti al cuore.” Si rialzò, evitando gli occhi dorati che cercavano invano quelli celesti.
“Kurt, guardami!”
E, finalmente, lo guardò, con gli occhi pieni di dolore, rabbia e disperazione “Non ora, Blaine.” Mormorò. Per un attimo sembrò distrutto, ma fu solo un istante.
Un grido li fece voltare entrambi, e Kurt si mosse prima di pensare: Rachel era stata ferita di striscio ad un fianco. Gli bastò un salto: atterrò con grazia alle spalle dell’elfo, e gli piantò un pugnale nel cuore, congelandogli un urlo sulle labbra. Si voltò preoccupato verso la ragazza, che gli rivolse un breve cenno d’assenso, guardandolo con determinazione: avevano ancora parecchio da fare.
Blaine si guardò un attimo attorno, stravolto: Jeff e Nick combattevano l’uno appoggiato alla schiena dell’altro, mulinando le lunghe spade, e cercavano di difendersi a vicenda, attaccando più il nemico dell’altro che il proprio; Quinn e Rachel cercavano di attaccare gli elfi da lontano, ma erano molto caute, perché colpire uno dei loro per sbaglio sembrava fin troppo semplice; Puck e Neal sembravano divertirsi parecchio, mulinando due sciabole gigantesche con un ghigno identico sulle labbra, lanciandosi occhiate e sorrisi d’intesa, complimentandosi a vicenda; il sorriso di Neal si ampliò quando Kurt si unì a loro, con un cenno del capo. I movimenti dei due mezzi felini erano incredibilmente eleganti, semplici e puliti: sembrava che danzassero, fendendo l’aria con gesti delicati e letali. Non si poteva proprio dire lo stesso di Finn: l’elfo con cui stava combattendo era decisamente spiazzato, e non sapeva cosa fare contro quel gigante che mulinava le braccia con un’espressione feroce sul viso; un suo compagno fece per intervenire, ma qualcosa di evidentemente pesante gli finì in testa, rintontendolo e dando l’occasione a Finn di stenderlo con un pugno: un senbon di Rachel completò l’opera, facendo dissolvere il cadavere dell’elfo.
“SHUESTER!” l’urlo di Sebastian fece rabbrividire tutti “DIMMI CHE NON HAI APPENA USATO LA MIA COPIA DEL FAUST CON TESTO IN TEDESCO A FRONTE PER SALVARE YOGHI!”
Una testa riccia e bionda fece capolino da una finestra, proprio sopra Finn “Scusa Seb! Dovere!”
Sebastian borbottò qualcosa di indefinito, ma la sua attenzione venne immediatamente attirata da Santana, che stava combattendo con due elfi contemporaneamente; evidentemente in difficoltà, ormai con le spalle al muro, non riusciva ad usare la lunga lancia a due lame.
“Oh, POTETE SCORDARVELO, BELLI!” Con un sibilo, Sebastian corse verso la ragazza, e piantò i propri denti nel collo di uno dei due assalitori, dandole il tempo di finirli entrambi; si sorrisero, complici, sotto gli occhi sorpresi degli altri Halfbeings.
“Seb, dopo io e te dobbiamo parlare!” Kurt aveva un piccolo sorriso sulle labbra, la fronte imperlata di sudore mentre si abbassava e scattava facendo volteggiare i Sai.
“Facciamo così, Hummel: se sopravviviamo, ti prometto che ci facciamo una bella chiacchierata!”
“Ci sto!” il sorriso di Kurt si ampliò.
Sebastian rivolse un’ultima, lunga occhiata a Santana “Fai attenzione” le mormorò, accorato, prima di ributtarsi nella mischia con un sorriso e gli occhi di una curiosa sfumatura gialla.

                                                                                                    ****

Ci volle una buona mezz’ora prima che tutti gli elfi fossero uccisi, e i ragazzi si ritrovarono con le braccia a pezzi, i volti stanchi e pallidi; erano in piedi in mezzo al prato, vicino agli alberi, stravolti, quando Kurt alzò il volto di scatto: c’era un odore … sbagliato.
Si voltò verso la piccola foresta, ma non poté reagire in alcun modo: un pugnale scagliato da dietro un tronco lo raggiunse ad un fianco, conficcandosi nella carne; poté emettere solo un mugolio strozzato, portandosi le mani alla ferita. Quasi stentava a crederci. Eppure il dolore non lasciava spazio ad alcun dubbio. Lo avvolse il buio, mentre si sentiva risucchiare all’indietro.

“No! NO!” L’urlo lasciò le labbra di Blaine bruciandogli la gola, straziandolo.
 Scattò in avanti, afferrandolo prima che cadesse, e la testa prese a girargli quando lo vide così pallido, il volto esangue.
Rimase a fissarlo, incredulo, mentre il mondo attorno a lui si fermava, silenzioso, perdeva importanza. Riuscì solo a tenere gli occhi piantati su quel viso. Ebbe il coraggio di ammetterlo a se stesso solo in quel momento. Era il viso che amava con tutto il proprio cuore.
Tutto quello che lo circondava divenne rosso. Rosso sangue.
Non riuscì più a pensare.

                                                                                                          *******




Dovete ammettere che in alcuni capitoli non faccio succedere nulla, poi in uno succede di tutto.
Quindi, un paio di commenti.
1) Per chi non lo sapesse, il Faust di Goethe (che stavo leggendo quando ho scritto il capitolo) è un mattone colossale, quindi sì, è credibile che stenda qualcuno, se lanciato da una finestra (prendete nota).
2)Blaine. O meglio, Blaine e Mike. 
Secondo il mio modesto parere, è giusto che sia andata così. Nel senso, Blaine non amava Mike. E se ne è reso conto in tempo, alla fine. Quindi spero che non lo odiate per questo.
3)Accenni Sebtana. Piacciono? Io ho scoperto di apprezzarla come coppia solo scrivendone. E li adoro.
4) La lotta con gli Elfi; che ne pensate?
5) Il finale per cui vorreste uccidermi. Lo lascerò commentare a voi.


Coming next:
-
La prima cosa che lo colpì fu l’odore. Familiare e perfetto. Fu solo per quello che si arrischiò ad aprire gli occhi e girare il capo –forse un po’ troppo velocemente.
Gli occhi azzurri sembravano essere l’unica fonte di luce di tutta la camera, praticamente immersa nell’oscurità.



Fatemi sapere come sempre, plis!
Vi voglio tanto bene **
Un abbraccione!

 

 

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Capitolo 14
*** Waking Up ***


Sono veramente impossibile. Dico davvero.
Diciamo che ho delle attenuanti.
1) Slytherin_Malvi. Ringraziate lei se pubblico anche oggi. ( <3 ) (VOGLIO I MIEI DOLCI)
2) FIDATEVI, questo capitolo non lo volete avere in sospeso per troppo tempo.
3) Martedì ho una simulazione di terza prova (cioè sono sull'orlo del suicidio) e non sono nemmeno le 9 di domenica mattina. E dopo la puntata -che ho visto stanotte, e non commenterò nemmeno- sono psicologicamente più instabile del solito.




 

Being a Half.
14. Waking Up



 

“Blaine! Blaine smettila! Dannazione Blaine, basta! L’hai ucciso, ora BASTA!” Sebastian provò a tirarlo via con tutte le proprie forze dal corpo martoriato dell’elfo, senza riuscirci; intervenne Finn, raggiungendo i due ragazzi solo in quel momento, al limitare del piccolo bosco, e strinse le braccia attorno al torace del riccio, irriconoscibile, col volto trasfigurato in una maschera d’odio, che continuava a dimenarsi con le mani sporche di sangue.
Sebastian dovette respirare a fondo chiudendo gli occhi per evitare di vomitare, alla vista di ciò che era rimasto dell’elfo: una massa informe e sanguinolenta, irriconoscibile, la gola irrimediabilmente squarciata e lunghe artigliate profonde sulle braccia. Eppure era ancora lì: evidentemente, Blaine non l’aveva mai colpito dritto al cuore. Prima che potesse formulare la richiesta ad alta voce, una delle estremità della lancia di Santana si conficcò nel corpo straziato con precisione letale, facendo finalmente scomparire quell’incubo da davanti ai loro occhi.
Sebastian si voltò verso Finn, e vide che Blaine sembrava essere svenuto tra le braccia del gigante; quest’ultimo era sconvolto e basito quanto tutti i ragazzi e Schuester, che avevano assistito atterriti alla scena.
Solo Nick, col volto pallido e velato di sudore, riuscì a dar voce ai pensieri di tutti “Che diavolo è successo?”

                                                                                                   ****

Aprì le palpebre lentamente, avvertendo immediatamente un sapore amaro sulla lingua e un dolore pulsante dietro la testa.
Si rese conto dopo qualche istante di non essere nella propria stanza; girò lentamente il capo sul cuscino, guardandosi attorno: era in una delle camere del Castello solitamente vuote, disteso su un letto, con una stretta fasciatura attorno al busto.
Le imposte della finestra erano chiuse, e non riusciva a capire che ore fossero; le sue pupille si allargarono, accogliendo la scarsissima luce presente nella stanza, e solo allora sentì di non essere solo. Dal letto di fianco al suo proveniva un respiro basso e regolare; il profumo era inconfondibile.
Blaine.
Avrebbe voluto alzarsi, capire cosa fosse successo, perché avvertisse quel dolore bruciante sotto le bende, ma i suoi pensieri andavano quasi a rilento, e i suoi muscoli non volevano saperne di obbedirgli, di muoversi, di permettergli anche il minimo gesto.
Si arrese, e lasciò che l’incoscienza lo avvolgesse di nuovo.

                                                                                               ****

C’era uno strano dolore sordo che premeva sui confini della sua mente, costringendolo a mantenere alta la guardia: non poteva distrarsi, o sarebbe stato travolto dalle fitte.
La prima cosa che lo colpì fu l’odore. Familiare e perfetto. Fu solo per quello che si arrischiò ad aprire gli occhi e girare il capo –forse un po’ troppo velocemente.
Gli occhi azzurri sembravano essere l’unica fonte di luce di tutta la camera, praticamente immersa nell’oscurità.
Si sentì bene come non gli era mai successo, mentre un’indescrivibile sensazione di sollievo gli riempiva il petto “Kurt” riuscì solo a mormorare, in un sospiro.
L’altro si voltò lentamente verso di lui, lievemente sorpreso “Blaine” bisbigliò in risposta, come se solo pronunciando il suo nome avesse potuto comunicargli tutto ciò che aveva bisogno di dirgli.
Rimasero a fissarsi in silenzio, per un po’, cercando di dare un senso a tutto quello che sentivano; fu il castano il primo a rinunciare, con un sospiro “Cos’è successo?” chiese, cercando di ignorare il dolore alla gola.
Il riccio aggrottò lievemente le sopracciglia, il viso contratto nello sforzo di ricordare “Tu … Sei stato ferito. Non ci eravamo accorti di non essere riusciti ad uccidere tutti gli elfi, e quando l’hai scoperto ti ha pugnalato.”
Kurt annuì, lentamente “Sì, questo lo ricordo … Ma … Tu? Perché sei qui?”
Blaine era confuso “Io … In realtà non lo so. Eri ferito tra le mie braccia, ma poi … Si è tinto tutto di rosso; ho un vuoto da quel momento fino ad ora.”
Gli occhi azzurri lo scrutarono, preoccupati, ma Kurt non fece in tempo a dire nulla, perché la porta della stanza si aprì, lasciando intravedere un Sebastian col volto concentrato, seguito da Rachel, Neal, Jeff e Nick.
“Ah! Vi siete svegliati. Finalmente!”
“Come vi sentite?”
“Io meglio, grazie …”
“E tu Blaine?”
“Io … Io non lo so. Rachel, che mi è successo? Che ci faccio qui?”
I ragazzi sulla porta si guardarono esitanti, cercando le parole giuste da dire.
Fu Jeff a parlare “Intendi … Non ricordi nulla di quello che è successo?”
Blaine lo guardò, sempre più confuso “So solo che Kurt era stato ferito, e io lo stavo tenendo … Poi mi sono svegliato qui.”
Cinque paia di occhi lo guardarono, sorpresi e sconcertati.
“Ragazzi, smettetela, mi state spaventando. Qualcuno può parlare, per favore?” La voce di Kurt era ferma e decisa.
Fu Neal a rispondere, e il castano provò un intenso sollievo nel vedere che stava bene “Dopo che quell’elfo ti ha ferito … È successa una cosa a Blaine e … Diciamo che è stato difficile controllarlo.”
“Che vuol dire che mi è successa una cosa? Perché è stato difficile controllarmi?” Il tono del riccio era preoccupato.
“Blaine, calmati, okay?” Intervenne Sebastian “Ti racconteremo tutto quando starai bene. Quando starete bene. Pare che sia fondamentale la presenza di Kurt, per farti calmare, quindi aspetteremo il momento opportuno; non ci tengo ad essere preso a pugni un’altra volta.”
“Che vuol dire, ‘preso a pugni un’altra volta’?!”
“Vuol dire, Zanna Bianca, che mi hai tirato un bel destro sulla mascella” mostrò scocciato un alone violaceo vicino al mento.
Blaine aprì la bocca, scioccato, senza riuscire a dire niente; era a dir poco mortificato, e decisamente confuso.
“Va bene, facciamo così.” Neal prese in mano la situazione “Adesso vi portiamo in cucina, così vi rifocillate, e poi parleremo. Okay?”
Annuirono tutti, ancora abbastanza perplessi; Neal si avvicinò a Kurt, e lo sollevò con delicatezza, passandogli un braccio attorno alle spalle, attento a non scuoterlo, e Blaine non poté reprimere un’ondata di tristezza e gelosia che lo costrinse a distogliere lo sguardo, mentre Nick lo aiutava ad alzarsi. Scoprì con sollievo di riuscire a stare in piedi anche da solo; leggermente traballante, seguì il gruppetto che si radunò nella cucina, per poi sedersi attorno al tavolo.
Kurt era molto pallido, ma mise a tacere con un gesto della mano le preoccupazioni di Rachel “Non ho alcuna intenzione di tornare a letto. Voglio sapere cos’è successo.”
“Forse prima dovreste mangiare qualcosa …”
Il castano fece spallucce “Io non ho fame. Blaine?”
Il riccio scosse la testa in segno di diniego; Kurt non l’aveva nemmeno guardato.
Sebastian sbuffò, scrollando le spalle “Hummel, sei davvero insopportabile.”
“Non iniziare, Seb. Non mi sono scordato della nostra chiacchierata …”
Smythe strabuzzò gli occhi e, inaspettatamente, arrossì; si morse la lingua per non ribattere, guardando per aria.
“Allora … Chi racconta?”
Si scambiarono tutti delle veloci occhiate, poi fu Rachel a prendere la parola, esitante “Ecco … Dopo che tu sei stato ferito … Blaine ha avuto una reazione piuttosto … violenta. Ha … Lui ha … Attaccato l’elfo. A mani nude. E l’ha ridotto piuttosto male. Finn l’ha dovuto trascinare via di peso dal … Dal corpo. Sembrava che avesse perso conoscenza, ma quando l’abbiamo allontanato da te è quasi impazzito. Ha aperto gli occhi di scatto, aveva il viso completamente sfigurato, sembrava … sembrava … Non sembrava più lui. Ha cominciato ad agitarsi, e ha colpito Sebastian; si è calmato solo quando ti ha rivisto, per questo vi abbiamo messo nella stessa stanza. Fortunatamente, poi, è come svenuto un’altra volta.”
Rimasero tutti in silenzio per quasi un intero minuto, cercando di immaginarsi la scena o rivivendola con dei brividi di puro terrore che correvano lungo la schiena.
“Cosa mi è successo?” Fu il sussurro terrorizzato di Blaine a spezzare la tensione che aleggiava incontrastata.
Lo guardarono tutti con compassione, ma il riccio si aggrappò solo agli occhi di ghiaccio, che lo scrutavano con qualcosa che andava al di là della preoccupazione.
“Noi … Noi non lo sappiamo Blaine. Anche Schuester non aveva idea di cosa fosse successo …”
“M-Ma voi dovete saperlo … Voglio dire, io l’ho … L’ho ucciso a mani nude, e non mi ricordo niente! NIENTE! Com’è possibile che non mi ricordi di aver aggredito Sebastian?! Mio Dio, io l’ho … L’ho ucciso … A mani nude …” si fissò i palmi per un attimo, terrorizzato, temendo di vederli ricoperti di sangue, prima di dover scattare verso il cestino e riversarvi quel poco che aveva nello stomaco.
Una mano delicata fu subito sulla sua schiena, due occhi chiari e comprensivi fissi nei suoi “Blaine … Ora andiamo in camera, okay?”
Lui annuì, con gli occhi chiusi, e si lasciò condurre fuori, seguendo il passo incerto e traballante di Kurt.
Si ritrovò seduto sul letto, con lo stomaco sottosopra e un sapore terribile sulle labbra. Si portò una mano alla bocca e una allo stomaco, avvertendo un altro conato; il castano lo notò subito, in piedi di fronte a lui, e gli indicò una porta che prima non aveva notato “Lì c’è il bagno.”
Blaine scattò di nuovo, accasciandosi dopo poco sul pavimento freddo, lo stomaco stretto in una morsa.
Kurt lo raggiunse dopo poco, col volto pallido e visibilmente affaticato, ma si inginocchiò ugualmente accanto a lui, stringendo le labbra quando i punti della ferita gli tirarono la pelle.
“Ehi” mormorò gentilmente, accarezzandogli piano la schiena “Va un po’ meglio?”
Blaine scosse piano la testa, in segno di diniego, guardandolo con disperazione, una domanda muta negli occhi lucidi: Cosa sono diventato?
Kurt capì, come sempre, senza bisogno di parole; gli si avvicinò ancora di più, stringendolo cautamente in un abbraccio, e decise di ignorare l’istinto che gli urlava di stare attento, perché così si sarebbe ferito di nuovo.
“Va tutto bene, va tutto bene” gli mormorò nell’orecchio dolcemente, come un mantra, finché non lo sentì rilassarsi un po’ fra le sue braccia; solo allora si allontanò piano, con gli occhi fissi in quelli dorati, lucidi e rossi “Ce la fai ad alzarti?”
“Sì” rispose in un sospiro, con la voce arrochita dal pianto. Si aggrappò al lavandino, e si tirò su con uno sforzo che gli parve sovrumano; poi notò che l’altro non riusciva ad alzarsi, e aveva il viso contratto in una smorfia di dolore.
Si ricordò solo in quel momento della ferita di Kurt, e si maledisse un migliaio di volte; si abbassò, gli passò un braccio attorno alle spalle e tornarono in camera insieme, sostenendosi a vicenda.
Si sedettero sul letto che apparteneva momentaneamente a Blaine; le loro mani si intrecciarono quasi automaticamente, e ne rimasero sorpresi: si fissarono per qualche lungo istante, prima di fare l’unica cosa che in quell’istante sembrava avere senso. Si abbracciarono. Si gettarono disperatamente l’uno nelle braccia dell’altro, stringendosi e cullandosi, beandosi l’uno della presenza dell’altro; si sentirono così completi da ritrovarsi col fiato corto per il sollievo.
“Mi sei mancato …” Quando la voce cristallina mormorò queste parole, quasi con timore, Blaine sentì che un peso gli veniva sollevato dal petto, e una lacrima gli rigò una guancia.
“Anche tu” sussurrò, lasciando che quel profumo gli invadesse le narici.
Si ricordò in quel momento perché era corso al Castello, ormai un giorno e mezzo prima, e la consapevolezza lo colpì di nuovo come un maglio.
“Ho lasciato Mike” iniziò, sondando il terreno; Kurt si scostò immediatamente da lui, teso e attento.
“Perché?” la voce cristallina era ridotta ad un sussurro, pieno di angoscia e con un pizzico di speranza.
Blaine pensò a mille modi diversi in cui avrebbe potuto rispondere, perdendosi in quegli occhi di ghiaccio, e rimase in silenzio per qualche secondo, mentre un calore nuovo lo invadeva, facendogli dimenticare per un istante tutto quello che era successo.
“Perché ti amo” disse semplicemente.
E il mondo si fermò in quell’esatto istante.
 

                                                                                 ****



Lo so! Vi prego, non odiatemi! *si nasconde dietro il libro di fisica*
Guardate il lato positivo: aggiornerò Martedì! Eh? No, eh? ...
Dunque dunque. Cosa starà succedendo a Blaine?
E Kurt? Finalmente si deciderà?
Chissà ...


Coming next:
-
“Fammi capire … Lui ha detto che ti ama?”
“Esattamente.”
“Quanto tempo fa?”
“Mmmh … Circa un’ora fa.”
“Un’ora fa, eh?”
“Già.”
Neal lo guardò in silenzio.
“Che c’è?”
“Kurt, ma sei completamente rimbecillito?”



Ma quanto sarò buona, oggi?!
Va be', basta. Torno nel mio piccolo antro isterico.
Fatemi sapere, vi prego (aka, salvatemi, NON CE LA FACCIO A STUDIARE).
Bacioni a tutti! Mi migliorate le giornate <3

 

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Capitolo 15
*** It was about time ***


Ragazzi, contro ogni aspettativa sono sopravvissuta **
Quindi eccomi qua con il capitolo, che è dedicato a tutte le meravigliose persone che hanno la pazienza di recensire tutte le sante volte. Vi adoro ** E questo è il vostro capitolo.

 

Being a Half.
15. It was about time



 

“C-Che cosa?” Balbettò Kurt, il cui cervello sembrava incapace di assimilare quelle parole.
Blaine prese un respiro profondo, prima di ripetere “Perché ti amo.” Lo disse guardandolo negli occhi, con sicurezza. Non era mai stato tanto certo di qualcosa in tutta la sua vita.
Notò con stupore che le pupille del castano si erano assottigliate “Kurt …?”
“No, ti prego, non farmi questo” mormorò l’altro, con la voce piena di dolore.
Blaine gli afferrò i gomiti, preoccupato “Di cosa stai parlando?”
“Io … Lo so, l’ho capito, ormai l’ho accettato, okay? Non devi dirmi niente solo perché hai paura che me ne vada, io resterò qui, ti aiuterò a passare questa cosa … Qualunque cosa sia, non me ne andrò, ma ti prego, non farmi questo, non farmi credere che … Se poi …” l’aria gli si impigliò in gola, scuotendogli il petto; dovette abbassare la testa di scatto, nel vano tentativo di calmarsi.
Blaine gli posò dolcemente due dita sotto al mento, con la mano che quasi tremava per il sollievo di quel contatto, e lo costrinse ad incrociare il proprio sguardo; voleva davvero che capisse, ma temeva di non poter trovare le parole giuste “Kurt, io … Lo so che ti ho ferito, e mi dispiace. Mi dispiace da morire, te lo giuro. Se potessi tornare indietro farei tutto diversamente, ti direi subito che l’ho sentito fin dal primo istante che saresti stato l’unico … Ma sono stato uno sciocco, non mi sono fidato, né di te né di me stesso. Ho visto tutto come un’imposizione, senza capire che è la più grande fortuna che mi potesse capitare. Che tu sei la più grande fortuna che mi potesse capitare. Tu sei … Sei perfetto” mormorò “Non solo per me. Sei davvero perfetto. E so che l’ho capito tardi, che ho dovuto sbatterci la testa e capire che qualsiasi cosa con Mike non valeva un decimo di un’occhiata scambiata con te. E non so cosa dire se non che mi dispiace. Mi dispiace così tanto, se solo potessi fartelo capire …” rimase aggrappato con tutte le proprie forze agli occhi azzurri che lo scrutavano sorpresi, scettici, speranzosi, tristi e con un altro migliaio di emozioni che non riuscì ad identificare.
Rimasero in silenzio per qualche secondo, senza abbassare lo sguardo.
“Puoi … Puoi dire qualcosa, per favore?” ridacchiò Blaine, nervosamente “Qualsiasi cosa, davvero, anche mandarmi a quel paese—”
“Non so cosa dire” lo interruppe Kurt a mezza voce, leggermente spaesato “Davvero, io non so …” Scosse la testa, senza concludere la frase.
“Allora non dire niente, okay? Tu … Pensaci. In fondo mi hai aspettato per tanto di quel tempo … È giusto che io rimanga sulle spine per un po’, no?” Ribatté il riccio con un sorriso amaro.
“Blaine, non è per questo, io non intendo---”
“Kurt” lo interruppe, posandogli dolcemente un dito sulle labbra “Lo so. Sei troppo buono per fare una cosa del genere. Voglio solo che tu sappia che ti aspetterò. Per tutto il tempo necessario.”
Gli occhi azzurri si fecero ancora più chiari e lucidi, un attimo prima che il castano annuisse lentamente con un debole sorriso sulle labbra.

                                                                                                             ****

“Fammi capire … Lui ha detto che ti ama?”
“Esattamente.”
“Quanto tempo fa?”
“Mmmh … Circa un’ora fa.”
“Un’ora fa, eh?”
“Già.”
Neal lo guardò in silenzio.
“Che c’è?”
“Kurt, ma sei completamente rimbecillito?”
“Perché?!”
“Come perché?! Non ti ricordi perché siamo tornati qui?!”
“Certo che me lo ricordo! Tu mi hai praticamente trascinato per un orecchio perché pensavi che non fossi felice.”
“Sbagliato! Ti ho praticamente trascinato per un orecchio perché eri la quint’essenza della depressione …”
“Quello che è.” Kurt agitò una mano con noncuranza.
“Bene … Mi sembrava avessimo concordato che l’unico modo per farti essere felice sarebbe stato farti chiarire con Blaine … Qualsiasi cosa questo comportasse, qualsiasi risposta avessi ricevuto, poi saresti andato avanti.”
“Sì …” il castano annuì lentamente.
“Allora mi spieghi che diavolo ci fai in camera mia nel bel mezzo della notte dopo che la tua anima gemella ti ha dichiarato amore eterno?!” sbottò Neal, esasperato.
Kurt abbassò lo sguardo sulle proprie mani, mordendosi il labbro “È solo che … Non so se posso fidarmi di lui, Neal. Io … Ho paura che qualcos’altro vada male, ho paura che stavolta non potrei sopportarlo …” la voce gli si affievolì, mentre l’altro lo scrutava con un briciolo di comprensione in più “Kurt … Io ti voglio bene. Okay? Però ti stai comportando da idiota. Voi due siete fatti per stare insieme. Ormai l’hanno capito tutti. Era l’ora che ve ne rendeste conto anche voi, per la miseria!” allargò le braccia, sempre più esasperato.
“Quindi … Credi che dovrei fidarmi?”
“Va bene. Cerco di fartelo entrare in testa. Cosa vorresti fare ora?”
Le guance di Kurt si colorarono immediatamente “Andare in camera sua e abbracciarlo.”
“Sì, diciamo pure che questa è la versione per i minorenni” ghignò Neal, prima di continuare “Questo è quello che ti suggerisce l’istinto, no?”
“… Sì.”
“Quando mai si è sbagliato?”
“ … Mai.”
“E allora cosa diamine stai aspettando?”

                                                                                                       ****

Sentì che la porta della camera si apriva piano, e si sforzò di simulare una respirazione profonda e cadenzata; la verità era che non sarebbe mai riuscito a dormire, non dopo quello che era successo.
Si sarebbe probabilmente rigirato nel letto tutta la notte, ma non gli importava. Aveva fatto la cosa giusta.
“Lo so che sei sveglio.” Mormorò la familiare voce cristallina, da un punto imprecisato nell’oscurità.
Blaine sospirò, aprendo gli occhi; poteva vederlo nonostante il buio “Come lo sapevi?” sussurrò in risposta, temendo che un suono più forte avrebbe potuto spezzare la magia di quel momento.
Kurt scrollò le spalle “Ho sentito che cercavi di respirare più piano poco prima che entrassi.”
“Ah … Certo …”
Blaine rimase ad osservarlo mentre si sedeva sul letto, esattamente di fronte a lui, e si tirò su d’istinto.
“Anch’io sono innamorato di te” mormorò Kurt, dopo qualche attimo di silenzio, così piano che persino i sensi acuti di Blaine riuscirono a coglierlo a malapena, ma non osò chiedere conferma; in quel momento, aveva smesso persino di respirare.
Il castano ridacchiò nervosamente “Dio, è ovvio che sono innamorato di te. Ho provato a farmela passare, quando ti ho visto con quel ragazzo, e sembravi felice … Ho pensato che tornare fosse stata la cosa peggiore che avrei mai potuto fare. Perché sono tornato per te, è naturale” sospirò “Volevo … Volevo vedere come stavi, avevo bisogno di saperlo. Anche dopo tutto quello che era successo, sarei voluto tornare indietro non appena ho messo piede fuori di casa. Questo dannato … istinto, o qualunque cosa sia non mi ha lasciato in pace nemmeno per un secondo, per tutto il tempo …” Lo guardò, scoprendo che gli occhi dorati lo stavano fissando spalancati e sorpresi “Per tutto il tempo non ho pensato ad altro che a tornare indietro. A tornare da te. A ricominciare a fingere che avremmo potuto essere amici, che a me sarebbe andato bene anche così. E non è solo perché me l’ha detto una stupida sfera, perché è destino o chissà cos’altro. Sono innamorato di te e basta. Di ciò che sei. Di ciò che fai. Io … Sceglierei sempre te, Blaine. Fra milioni di alternative, continuerei a scegliere te.”
Per la seconda volta, quella notte, il mondo sembrò fermarsi.
Rimasero solo Kurt e Blaine; l’uno spaventato a morte, ma finalmente leggero, l’altro incapace di dire qualsiasi cosa, tranne forse “Se non ti bacio adesso potrei svenire” in un soffio.
Dalle labbra del castano sfuggì una lieve risata, a metà con un singhiozzo liberatorio.
Stavolta si sporse senza indugiare, facendo incastrare i loro volti alla perfezione.
Ci fu una scossa nell’aria, che sembrò scuotere l’intero universo. O almeno, il loro universo.
Rimasero solo due ragazzi, vicini quanto non lo erano mai stati con nessuno altro, le mani intrecciate, i respiri mescolati, le labbra ad un soffio di distanza, i corpi che si fondevano in uno solo, finalmente.
E quando si baciarono, capirono perfettamente perché non avrebbe mai potuto funzionare con nessun altro.
In quel momento si resero conto di quanto fosse vero e tangibile il loro essere anime gemelle; non erano solo parole, non era solo uno strano scherzo del destino: era reale.
Era pura follia anche solo pensare di cercare qualcun altro, lo seppero con certezza mentre i loro corpi si sfioravano, ed ogni incertezza, ogni passo falso, ogni sospiro, ogni lacrima sembrava trovare un senso, una sua collocazione, una ragione.
Non si erano mai sentiti così giusti.
Per questo le mani dell’uno non riuscivano ad abbandonare il volto dell’altro; erano nati per completarsi, e quelle sensazioni erano troppo dolci per rinunciarvi.
Continuarono a baciarsi finché non dovettero necessariamente allontanarsi, con i respiri affannati; si guardarono negli occhi, emozionati, felici ed increduli, le fronti ancora a contatto.
“Wow” riuscì a sospirare Blaine, chiudendo per un attimo gli occhi.
“Già” gli rispose Kurt, senza fiato, con un sorriso sulle labbra.
Il riccio gli accarezzò delicatamente una guancia, come ad essere sicuro che fosse realmente lì, che non fosse solo un sogno; lo baciò di nuovo, piano, quasi attento a non spezzarlo.
Era strano nel senso migliore del termine avere Kurt, solitamente così schivo e diffidente, abbandonato tra le braccia, e riusciva a stento a credere che fosse capitato proprio a lui, mentre si chiedeva perché non si fosse lasciato andare immediatamente, perché avesse aspettato tanto per provare qualcosa di così perfetto.
Decise di approfittare di quel momento; gli intrecciò le mani dietro la schiena, avvicinandolo a sé, e lo portò delicatamente ad appoggiare il capo sul proprio petto. Rabbrividì nel sentire il suo respiro sulla propria pelle, e prese ad accarezzargli distrattamente i capelli, continuando a guardarlo con meraviglia.
Era suo.
Gli baciò dolcemente la fronte, inspirando profondamente quel profumo così familiare.
Si fermò quando sentì un gorgoglio basso e roco, e tese le orecchie ascoltando con attenzione; ci mise un attimo a realizzare da dove venisse.
“Kurt … Ma stai facendo le fusa?” Chiese, con un evidente sorriso nella voce.
L’altro si allontanò da lui di scatto, arrossendo di botto “Cosa?! No! Le fusa?! Ma sei matto?!”
“In effetti non erano proprio fusa …” Notò Blaine, mordendosi le labbra per non ridere “Però era un suono stupendo, quindi, se non ti dispiace …” Si allungò sul letto, gattonando, e raggiunse Kurt, che si era raggomitolato sull’angolo del materasso, estremamente imbarazzato; si riaccoccolò accanto a lui, e riprese ad accarezzarlo sulla schiena, ignorando le sue deboli proteste, che ben presto si spensero lasciando il posto a dei borbottii incomprensibili.
“E dai” gli disse Blaine con un enorme sorriso stampato sul volto “Lasciati andare. Per me? Per favore?” spalancò gli occhi, e Kurt lo guardò male “Niente sguardo da cucciolo, Anderson” bofonchiò.
“Scommettiamo che riesco a convincerti?” un lampo malizioso attraversò gli occhi dorati, prima che le sue labbra finissero velocemente sulla pelle lattea del volto dell’altro.
Gli depositò dei dolci baci su tutta la mascella, prima di passare ad esplorare con dedizione la pelle del suo collo, sospirando di piacere: con Mike non c’era mai stato niente di neppure lontanamente simile alle emozioni che stava provando in quel momento.
Sorrise nel sentire i mugolii trattenuti di Kurt; lo fece distendere lentamente sul letto, senza smettere di baciarlo, poi si sporse lievemente in avanti, per mormorargli in un orecchio “Allora? Questo piccolo favore?” col tono più innocente che riuscì a simulare.
Il castano fece per protestare, ma le labbra del riccio coprirono le sue prima che potesse parlare; mugugnò, contrariato per quei metodi di convincimento sicuramente illegali.
Si arrese nel momento in cui la lingua di Blaine iniziò a solleticargli la pelle dietro l’orecchio; chiuse gli occhi, rilassandosi completamente, permettendo a quella sensazione di benessere e felicità che l’aveva pervaso poco prima di farsi nuovamente strada nel suo petto; ci volle poco perché la sua cassa toracica tornasse a vibrare sommessamente, accompagnando quel particolare gorgoglio basso e ritmato, simile a dei respiri profondi.
Blaine si allontanò di poco da lui, osservandolo con gli occhi luccicanti e un enorme sorriso sul volto; nel guardarlo, Kurt sentì per un attimo che il respiro gli veniva meno: il riccio lo stava fissando con adorazione e devozione, e con tanto di quell’affetto che si sentì sopraffatto dall’emozione.
Chiuse gli occhi, il volto disteso in un sorriso beato.
“Sei bellissimo” mormorò la voce bassa e roca, costringendolo a sollevare pigramente le palpebre per rivolgere al riccio uno sguardo felice; anche Neal gliel’aveva ripetuto un centinaio di volte, col suo modo di fare giocoso e scherzoso, ma quando lo diceva Blaine sentiva di poterci credere davvero.
“Anche tu” sussurrò, col cuore che scalpitava contro la sua cassa toracica; lo abbracciò, costringendolo con delicatezza a distendersi al suo fianco. Si accoccolò contro il suo petto, lasciandosi accarezzare dolcemente.
“Ti amo, Blaine.”  Bisbigliò, chiudendo gli occhi.
Sentì la tensione e le emozioni di quella giornata pesargli sulle palpebre all’improvviso, e sbadigliò; allungò un attimo le braccia sopra la propria testa, stiracchiandosi, prima di piegarle nuovamente tra i loro corpi meravigliosamente vicini.
“Ti amo anch’io, piccolo” mormorò Blaine, senza smettere di accarezzarlo, cullandolo col suono della propria voce.
Sentì che finalmente qualcosa, nella sua vita, era andata per il verso giusto.
Anzi, si corresse mentalmente, osservando il viso di Kurt rilassato nel sonno, è andata per il verso migliore.
Lo baciò un’ultima volta, prima di addormentarsi stringendo tra le braccia la cosa più preziosa che avesse mai posseduto.

                                                                                                             ****



*si scioglie*
Il fluff tra questi due mi farà morire.
Sì, anche quando l'ho scritto io.
Allora? Cosa ne pensate? Siete soddisfatti? Soprattutto sulla cosa delle "fusa": ero indecisa se metterlo o no, perché avevo paura di "ridicolizzare" il personaggio, ma dalla regia mi hanno detto che è una cosa tenera, quindi ... Fatemi sapere il vostro parere!
Spero davvero che vi sia piaciuto, perché pubblicarlo mi emoziona tantissimo **
E un grazie gigantesco, davvero, a tutti quanti. Siete bellissimi e vi manderei chili e chili di caramelle.


Coming next:
-
“Che nessuno si muova” disse Sebastian sottovoce; si alzò lentamente dalla sedia, dirigendosi verso di loro con la sua camminata fluida. Li osservò attentamente coi cangianti occhi verdi per qualche istante, gli sguardi confusi di tutti fissi su di lui. “Siete due idioti.” Decretò alla fine, tornando a sedersi, stavolta con un sorrisetto sulle labbra.


Seb <3
A Sabato!
Bacioni a tutti! **
 

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Capitolo 16
*** Choices ***


Bene bene, eccoci qua!
Sedicesimo capitolo, a voi!


 

Being a Half.
16. Choices



 

Aprì gli occhi molto lentamente, sbattendo le palpebre per scacciare definitivamente il sonno che ancora gli appannava la vista.
Percepì immediatamente il respiro regolare che proveniva dalla sua sinistra, ma non ne avrebbe avuto bisogno per sapere che era lì, al suo fianco, abbracciato a lui esattamente come la sera prima.
Sorrise quasi inconsciamente, osservando il suo viso disteso dal sonno, e trattenne un attimo il respiro: sapere che Blaine era suo, incondizionatamente, che lo amava, che lo voleva … Erano quasi troppe emozioni da provare.
Ma sentiva il calore del suo tocco sul proprio fianco, il suo respiro sul proprio collo, il suo profumo che gli incendiava le narici e non potevano esserci dubbi: era tutto reale.
Si morse il labbro, rendendosi conto di star ancora sorridendo, ma non poté impedirselo; Blaine aveva detto di amarlo. Aveva lasciato il proprio ragazzo per lui. Gli aveva scritto tutti quei messaggi mentre era stato via, convinto che non li avrebbe letti; in alcuni lo pregava semplicemente di tornare, in altri si limitava a raccontargli le proprie giornate, le follie di Jeff e Nick, l’acidità di Sebastian che spesso nascondeva qualcos’altro, la dolcezza con cui Rachel l’aveva aiutato, gli esami che erano passati in un soffio, il giorno del diploma. Gli aveva persino raccontato di Mike. Di come l’aveva incontrato, dei momenti che avevano passato assieme. Ma l’ultimo messaggio era quello che preferiva. Blaine l’aveva inviato a notte fonda, probabilmente inibito dal sonno.

Blaine 2.04
Ci sei? Forse ci sei. Forse no, e avresti ragione. Cosa sto facendo? Devo smettere di scriverti. Ora sto con Mike, e non è giusto, non lo merita. È solo che lui non ha i tuoi occhi.

L’aveva letto talmente tante volte da saperlo a memoria.
Era tornato per quello.
L’aveva sentito. Che Blaine aveva capito, come l’aveva capito lui. Che cercare qualcun altro era prendere in giro se stessi.
Si allungò con delicatezza, per lasciargli un bacio lieve sulla fronte, invasa dai riccioli scuri.
Un bruciore lo fece mugolare per il dolore, colpendolo all’improvviso e ricordandogli della ferita al fianco.
Socchiuse gli occhi mordendosi il labbro, sforzandosi di non fare ulteriori rumori, ma ormai era troppo tardi; Blaine si mosse lentamente di fianco a lui, stiracchiandosi con un sospiro soddisfatto; cercò immediatamente il viso di Kurt con lo sguardo, e un sorriso dolce gli distese le labbra quando lo trovò.
“Buongiorno” mormorò, con la voce ancora impastata dal sonno.
“Buongiorno” rispose il castano con un sussurro, una mano ancora premuta sul fianco: il taglio aveva ricominciato a sanguinare, lo poteva sentire da sotto le bende. “Mi dispiace, non volevo svegliarti.”
“Non ti preoccupare” Blaine si sporse verso di lui “È stato il miglior risveglio di sempre.” Fece per avvicinare i loro volti, ma Kurt si tirò indietro istintivamente.
Nella stanza calò il gelo assieme ad un silenzio surreale.
“N-No, io … Non è come sembra, ti assicuro …”
“Okay …” Rispose il riccio lentamente, cercando di non assumere un’espressione ferita.
“Lo giuro, non so nemmeno perché l’ho fatto, è stato …”
“Istintivo?”
Kurt annuì, con espressione mortificata. “Mi dispiace, davvero, non volevo …” Gli si avvicinò, accarezzandogli dolcemente il viso.
“No, io …” Blaine sospirò, chiudendo un attimo gli occhi, appoggiandosi col capo alle sue dita, che non smisero di sfiorare la sua pelle “Hai ragione. Hai tutti i motivi per non fidarti di me. Sono stato uno sciocco, Sebastian aveva ragione e---”
“Shh.” Kurt lo zittì posandogli l’indice sulle labbra “Smettila di colpevolizzarti. Non eri pronto, ed è stato meglio così. Perché ora lo vogliamo entrambi. Okay?” Incatenò i propri occhi a quelli dorati.
Blaine annuì dopo un attimo di indecisione; fu il castano, stavolta, a sporgersi verso di lui per lasciargli un bacio dolce sulle labbra; il riccio cercò di avvicinarlo a sé esercitando una lieve pressione sul suo fianco, ma qualcosa di caldo bagnò immediatamente la sua mano.
Spalancò gli occhi, nel vedere le proprie dita tinte di rosso.
Cominciò immediatamente a perdere contatto con la realtà, mentre il lupo tornava ad emergere rabbiosamente, prepotentemente, stanco di essere ignorato.
Si sentiva come risucchiato da un abisso che era dentro di lui, ma sentiva che non era giusto, che sarebbe stato esattamente come l’ultima volta.
“Blaine? Blaine! Blaine, ti senti bene?”
Fu la voce cristallina, più che la presa sulla sua spalla, a farlo ritornare lentamente padrone di sé.
Sbatté le palpebre quasi come se si fosse ricordato di averle solo in quel momento, e riuscì a mettere a fuoco il volto preoccupato di Kurt.
“Blaine” la voce del castano era un sospiro, intrisa di sollievo “Cos’è successo?”
“Io …” Il moro si guardò un attimo attorno, confuso e spaesato “Io non lo so. Ho visto il tuo sangue, e si è fatto tutto rosso, e il lupo! Il lupo era ovunque, lo potevo sentire così vicino, così presente nella mia testa … Come l’altro giorno” proseguì in un sussurro “Come quando ho ucciso l’elfo.”
Kurt non smise di accarezzargli dolcemente una guancia “Va tutto bene, okay? Non succederà più, te lo prometto.”
Blaine annuì, respirando profondamente, ma un odore inconfondibilmente metallico lo costrinse a ritornare in sé velocemente.
“Stai sanguinando” constatò, pratico, osservando con gli occhi spalancati la maglia di Kurt, ormai irrimediabilmente macchiata.
“Non è niente” tentò di minimizzare il castano, scrollando le spalle, ma il riccio non si lasciò affatto convincere “Rimani lì.” Gli intimò; si alzò velocemente dal letto, si diresse in bagno e tornò subito dopo con dell’ovatta, dell’acqua ossigenata e delle bende pulite.
“Sdraiati” comandò di nuovo, perentorio; Kurt non osò disubbidire, curioso e felice della piega che stava prendendo la situazione; si appoggiò lentamente con la schiena al cuscino e sollevò cautamente la maglia, fino a scoprire la ferita.
Blaine gli tolse le bende con cautela, sfiorandolo di tanto in tanto con delle carezze che facevano rabbrividire entrambi; rimase ad osservare il taglio per qualche secondo, sforzandosi per non perdere nuovamente il controllo.
“Non sapevo che ci fosse un medico provetto al Castello.” Commentò, bagnando un po’ di ovatta con dell’acqua ossigenata.
“Quinn” spiegò Kurt, osservandolo attentamente “Qualcuno doveva pur imparare a ricucirci. Sarebbe stato strano andare in ospedale con delle ferite da arma da taglio …”
Blaine si limitò ad annuire stringendo le labbra, prima di passare delicatamente l’ovatta sulla ferita; trattenne il respiro quando il ventre del castano si contrasse per il bruciore improvviso, e cercò di essere  il più attento e veloce che poteva. Coprì i punti con le bende, cercando di non fasciarlo troppo stretto.
Lo baciò esattamente nel punto in cui si trovava la ferita, ormai coperta, facendo perdere un battito al cuore di Kurt. Infine, gli riabbassò la maglia con diligenza.
“Grazie” mormorò il castano, visibilmente emozionato; fece per aggiungere qualcos’altro, ma Blaine lo anticipò “Non ringraziarmi. Voglio prendermi cura di te.”
Lo disse con un’intensità ed uno sguardo tali da non lasciare spazio ad alcun dubbio: non stava parlando solo della ferita. Ancora non si era perdonato per ciò che aveva fatto.

                                                                                                             ****

Le loro mani si intrecciarono automaticamente quando si trovarono davanti alla porta della cucina.
Quella sarebbe stata sicuramente la parte più difficile.
Blaine aprì la porta, esitante; entrambi avevano percepito la presenza di tutti gli Halfbeings e di Schuester già dal corridoio, e questo non era mai un buon segno.
Si zittirono immediatamente non appena li videro entrare, mano nella mano, entrambi pallidi e stanchi ma visibilmente più felici.
“Che nessuno si muova” disse Sebastian sottovoce; si alzò lentamente dalla sedia, dirigendosi verso di loro con la sua camminata fluida. Li osservò attentamente coi cangianti occhi verdi per qualche istante, gli sguardi confusi di tutti fissi su di lui. “Siete due idioti.” Decretò alla fine, tornando a sedersi, stavolta con un sorrisetto sulle labbra.
Anche Kurt sorrise, perché sapeva che quello era il massimo a cui sarebbe arrivato Sebastian.
Dopo quel momento surreale, Rachel si alzò con un sorriso enorme e andò ad abbracciarli stretti, strappando un piccolo gemito di dolore al castano, di cui però non si preoccupò affatto “Ve lo meritate, ragazzi” bisbigliò, lasciandoli andare sempre sorridente.
Anche Neal andò loro incontro, scendendo dal bancone sul quale era seduto, con un ghigno furbo sulle labbra “E come mai ci avete messo tutta la notte per deciderlo?” sussurrò con malizia, in modo da essere ben udibile; la cucina risuonò di risatine represse, scoraggiate dall’occhiata omicida di Kurt.
Ma Neal lo conosceva; gli sorrise con sincerità “Sono contento per te … Micetto.” Aggiunse, dopo un attimo di indecisione, lanciando un’occhiata veloce e divertita a Blaine, che aveva messo su un’espressione disgustata.
“Non chiamarlo—”
“Lo so, Anderson, lo so!” esclamò Neal, sbuffando giocosamente, e passandogli un braccio attorno alle spalle “Adesso lui è tuo, io non devo intromettermi, sei geloso, bla bla.” Alzò gli occhi al cielo, con finta rassegnazione.
“Già.” Annuì Blaine, soddisfatto, sotto lo sguardo esterrefatto di Kurt.
“Comunque, fagli di nuovo del male e prenderò seriamente in considerazione l’idea di apportare consistenti modifiche al tuo apparato motorio.” Mormorò al suo orecchio, mortalmente serio.
“Non lo farei mai.” Ribatté il riccio, asciutto, guardandolo negli occhi.
Neal annuì, soddisfatto, prima di tornare a sedersi.
Kurt e Blaine si guardarono attorno per un attimo, spiazzati da tutte quelle attenzioni, e osservarono sorpresi i sorrisi sinceri ma tirati che si presentarono sul volto di tutti.
“Ragazzi …” chiese il riccio, esitante, preoccupato da quale avrebbe potuto essere la risposta “Cosa sta succedendo?”
Schuester sospirò “Sedetevi. Dobbiamo parlare di alcune cose.”
Blaine prese immediatamente delle sedie per entrambi, e si sedette solo dopo che lo ebbe fatto anche Kurt; li osservavano tutti con curiosità e attenzione, soprattutto Jeff e Nick.
Fu Will ad interrompere il silenzio “Mi dispiace, ragazzi” disse, accennando col capo a Blaine e Kurt “Non vorrei rovinare questo momento, ma non possiamo permetterci che la situazione peggiori ancora. Non reggeremmo ad un altro attacco, abbiamo già rischiato anche troppo.” Rivolse a tutti loro uno sguardo preoccupato, poi prese un respiro profondo “Dobbiamo andare a parlare con gli elfi.”
Calò il silenzio per alcuni interminabili secondi.
“Che vuol dire …” Chiese lentamente Blaine “Che dobbiamo andare a parlare con gli elfi? Sappiamo dove sono?”
“Sappiamo dov’è il loro re.” Rispose velocemente Schuester “E tutti rispondono a lui. Vive sotto un lago, ad Allegheny, in Pennsylvania.”
“Ma è un’idea completamente folle!” Intervenne Puck, spalancando gli occhi “Ci ucciderebbero immediatamente!”
“Credi che l’avrei proposto, se fosse stato così?” Ribatté Will, risentito “Eridian non farebbe una cosa simile. Gioca sempre rispettando le regole.”
“Chi è Eridian?” Chiese il riccio, a nessuno in particolare.
“Il loro re.” Rispose Neal, che però sembrava perso in altri pensieri.
“Cosa risolveremmo, se anche ci andassimo a parlare?”
“Almeno sapremmo cosa fare.” Fu Sebastian a rispondere alla domanda di Quinn, calmo e meditabondo “Sapremmo se dobbiamo prepararci per una guerra.”
Calò nuovamente il silenzio.
Guerra.
“Quando dovremmo partire?” chiese Finn, pragmatico.
“Non andremmo tutti” rispose Schuester, dopo un attimo di esitazione; quella sarebbe stata la parte più difficile.
Vide le mani di Jeff e Nick, Finn e Rachel e Kurt e Blaine stringersi convulsamente, Sebastian e Santana lanciarsi uno sguardo preoccupato; continuò col cuore stretto in una morsa “Non potremmo andare tutti, si sentirebbero minacciati. Non potrei andare nemmeno io, sono un umano, non mi concederebbero mai il permesso di presentarmi al cospetto di Eridian.”
Ancora una volta, le parole affondarono in un silenzio quasi incredulo.
“Andrò io.” Annunciò Sebastian, con voce sicura.
La testa di Santana scattò immediatamente verso di lui, poi i suoi occhi saettarono verso Schuester “Allora andrò anch’io.”
“Santana, non---”
“Non ti azzardare, Sebastian” lo interruppe lei, rivolgendogli uno sguardo accorato e deciso “Non osare dirmi che non lo devo fare, perché questa è la volta buona che ti stacco la lingua.”
Il ragazzo non rispose, nello stupore generale, e si limitò a rivolgerle uno sguardo implorante che lei ignorò.
“Vengo anch’io.” Disse Nick, risoluto, poggiando una mano su quella di Jeff, che era immediatamente scattata sul suo braccio, e rivolgendogli uno sguardo eloquente.
Blaine lo seppe. Non ci fu nemmeno bisogno che Kurt aprisse bocca, già l’aveva capito. Poté solo chiudere un attimo gli occhi, sperando che quella voce cristallina non avesse seriamente detto quelle parole “E io.”
Risollevò le palpebre di scatto, puntando nei suoi gli occhi dorati “No” mormorò, con una nota di disperazione nella voce “Non puoi. Non adesso, non subito …”
“Blaine” Kurt lo interruppe con dolcezza, mentre gli altri distoglievano lo sguardo dalla scena, come a voler lasciare loro un po’ di privacy “Tornerò prima che tu possa sentire la mia mancanza, te lo prometto.”
“Allora vengo con te” mugugnò il riccio, lasciando che i propri occhi vagassero in quelli azzurri.
“Non puoi” mormorò gentilmente il castano “E se avessi un altro attacco mentre siamo lì? Rischieresti di far saltare tutto.”
Blaine non rispose; sapeva di non avere alcuna possibilità di convincerlo.
“Cosa vuol dire ‘un altro attacco’?” chiese Sebastian, facendosi di nuovo attento.
Kurt parlò senza allontanare gli occhi da quelli dorati “Prima, mentre eravamo in camera … La mia ferita si è riaperta. E quando Blaine ha visto il sangue è come … Era come se non ci fosse. Non mi sentiva, aveva lo sguardo perso, e il volto …” Si interruppe, incerto “Sembrava un’altra persona. Poi per fortuna è tornato in sé.” Concluse, scrollando le spalle.
“Come quando ha ucciso l’elfo …” Intervenne Jeff, sovrappensiero.
Blaine si limitò ad annuire, lo sguardo rivolto verso il basso. Kurt gli accarezzò piano un braccio “Ehi. Andrà bene, okay?”
Il riccio riuscì solo a puntare nei suoi i propri occhi lucidi.
“In questo caso, Kurt ha ragione.” Intervenne Schuester “Non potresti andare, sarebbe troppo rischioso.”
“Perché mi succede?” chiese il moro, con voce traballante.
Rimasero tutti in silenzio per un attimo, a riflettere.
“Succede solo quando Kurt è ferito” disse Rachel, lentamente “Magari ha a che fare con il vostro legame. Forse la tua Metà sente il bisogno di proteggerlo.” Accennò un piccolo sorriso.
“E come mai a voi non succede?” La voce di Blaine era quasi angosciata.
Rachel lo scrutò, pensierosa e desolata “Non lo so, tesoro. Ma non devi avere paura. Lo risolveremo.”
Kurt gli strinse una mano, sorridendogli rassicurante, come a voler sottolineare la veridicità di quelle parole.
Il riccio decise di tentare un’ultima volta “Ti prego, non andare …”
“Non preoccuparti, cucciolotto.” Intervenne Neal con un ghigno, prima che il castano potesse rispondere “Lo terrò d’occhio io. Andrò con loro.”
“No.” Kurt si voltò velocemente verso di lui, e si sporse verso il suo orecchio “Voglio che tu resti qui e ti assicuri che stia bene. D’accordo? Qualsiasi cosa succeda.” Sussurrò quelle parole concitatamente, e nessuno poté coglierle, nonostante i sensi raffinati della maggior parte di loro.
Neal esitò un attimo prima di annuire con sguardo grave.
                    
                                                                                                ****





Ed eeeccoci qui!
Solo un paio di cose; il lago esiste davvero! Avevo anche trovato una foto, ma, ehm ... Chissà dov'è finita.
Poi: nel prossimo capitolo ci saranno scene random di qualche coppia -oltre, ovviamente, la Klaine-, dopodiché incontreremo il misterioso Eridian (Che ne dite del nome?) 
E Blaine? Quale sarà il grande mistero di Blaine? Eheh.


Coming next:
-
Sebastian aprì lentamente la porta della propria camera.
“Hummel, è sempre un piacere trovarti nell’ultimo posto in cui ti vorrei” sbuffò, osservando il profilo dell’amico disteso comodamente sul letto.
Kurt si girò verso di lui con un enorme sorriso estremamente divertito “Io potrei dirti che è sempre un piacere trovarti in camera con Santana, ma rischierei di sembrare un pervertito.”


Era l'ora di lasciare un po' di spazio anche alla Sebtana u.u
Manca una settimana, gente. Una settimana prima delle vacanze. Ce la possiamo fare!
Come sempre, fatemi sapere e ditemi cosa ne pensate ;)
Vi adoro, davvero. Siete fantastici **
*abbracci pieni di caramelle*
A Martedì!

 

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Capitolo 17
*** Not a Goodbye ***


Eccomi! 
Chiedo umilmentissimamente venia per il ritardo!
Vi lascio direttamente al capitolo (uno dei miei preferiti, ve lo dico :P)




 

Being a Half
17. Not a Goodbye

“Mi prometti che starai attento?” La voce di Jeff risuonò nella camera in maniera quasi surreale.
Nick si voltò, posando gli occhi sul volto dell’altro; assunse immediatamente un’espressione dolce “Lo sai che tornerò tutto intero.”
Jeff si tormentò le mani con lo sguardo basso “No. Non lo so.” Sussurrò alla fine.
“Credi davvero che Shuester ci manderebbe, se non ne fosse sicuro?”
Il ragazzo sbuffò, prima di rispondere “Sa solo che se non facciamo qualcosa andrà sempre peggio. Non ha scelto la strada migliore, ha scelto la meno disastrosa. E tu ci caschi, come al tuo solito; e mi lascerai qui, ad aspettare, e---”
“Jeff” Nick lo interruppe con decisione, poggiandogli le mani sulle spalle “Io tornerò. Da te. Lo prometto. Lo sai che devo tornare da te; anche se non volessi lo dovrei fare.” Sorrise lievemente, cercando di tranquillizzarlo. 
Sembrava che qualcosa stesse ancora tormentando l’altro ragazzo “Parlami. Cosa c’è che non va?”
“È che … Stavo pensando …” Jeff esitò un attimo, poi scrollò le spalle e continuò “Per Kurt e Blaine ha funzionato” mormorò.
Nick trattenne il respiro: ci aveva pensato anche lui.
“La sfera aveva ragione riguardo a loro. E io mi chiedevo …”
“Se non dovremmo provarci anche noi?” concluse l’altro per lui, in un soffio.
Jeff annuì, lentamente.
“Tu vorresti provare? Perché io non ti direi di no, voglio dire, sei libero di farlo, se vuoi, in fondo la nostra situazione è assurda, abbiamo deciso di non cercare nessuno, non dopo quel bacio, eppure non stiamo ancora insieme e—”
“Nick! Ehi, calmati, per favore.” Jeff gli rivolse un sorriso debole, ma deciso “Veramente … Era quello che volevo dirti io. Cioè, sei libero di provare, se vuoi, adesso che sappiamo che funzionerà anche per noi. Ma io non lo farò. Non ne ho bisogno. Non mi serve nessuna stupida sfera, per saperlo, sai come la penso.” Gli poggiò una mano sul petto, all’altezza del cuore che prese a scalpitare sotto il suo tocco “Amo te. Sei tu la mia anima gemella, il mio pezzo mancante o qualsiasi cosa sia. Per questo non ho intenzione di farlo. Ma capirò, se tu la pensi diversamente …”
“No. No, la penso esattamente come te. Sei tu. E l’ho sempre saputo.”
Si guardarono negli occhi a lungo, emozionati.
Poi si mossero contemporaneamente, avvicinando i loro volti; quando le loro labbra si incontrarono, fu esattamente come quella prima e ultima volta di tre anni prima: troppo perfetta e sconvolgente per essere fraintesa.

“Ehi, Jeff, ti stavo cercando! Seb ha chiesto se vogliamo allenarci un po’ con lui …” Nick si interruppe, notando il volto triste dell’altro; gli si avvicinò, sedendosi accanto a lui sul divano davanti al camino “Ehi.” Lo fece voltare verso di sé “Ti senti bene?”
“No.” Mugugnò in risposta Jeff, stringendosi le ginocchia al petto.
“Come mai?”
Il ragazzo esitò qualche momento, prima di rispondere “Rachel vuole toccare la stupida sfera.”
Nick rise per l’appellativo, ma tornò subito serio “Lo so. Kurt me l’ha detto.”
Rimasero in silenzio un altro po’, ma Jeff non sembrava voler dire altro.
“E questo ti fa sentire poco bene perché …?” Lo incoraggiò Nick, dandogli una lieve spallata.
“Perché io mi sono reso conto di non volerlo fare.” Mormorò Jeff, a voce bassissima; sapeva che l’avrebbe sentito comunque.
Avvertì che il corpo di Nick si irrigidiva accanto al suo, prima di sussurrare “Perché?”, come se non avesse voluto chiederlo davvero.
“Perché ho una teoria” rispose l’altro, a voce altrettanto bassa “Credo che la sfera sia solo per coloro che sono sicuri di non avere accanto la persona che amano, e quindi possono permettersi di cercarla altrove.”
Nick finse di non aver capito. In fondo, era assolutamente impossibile che non avesse frainteso completamente. Gli rivolse uno sguardo interrogativo.
“Io non potrei farlo, non capisci?” mormorò Jeff, guardandolo negli occhi “Non avrebbe alcun senso. Finirei per cercare qualcosa che ho già, e perderei solo tempo.”
“Tu …” La voce di Nick tremava, e non riuscì a terminare la frase: stava davvero dicendo ciò che pensava lui? Era possibile?
“Sì. Io sono innamorato di te.”
Per qualche secondo furono avvolti dal silenzio.
“Sono stato un idiota, non avrei dovuto dirtelo, ora ho rovinato tutto e—” Jeff si era già alzato di scatto, blaterando, ma una stretta attorno al polso lo costrinse a fermarsi e a voltarsi, col cuore in gola.
“Anche io sono innamorato di te.” Mormorò Nick, quasi incredulo; si alzò, senza lasciarlo andare, avvicinando i loro volti “Sono innamorato di te” ripeté “Da quando ti ho incontrato.”
Fu un bacio dolce a suggellare quelle parole; sapeva un po’ di malinconia, ma la scarica di adrenalina che attraversò le loro schiene servì solo a confermare quello che si erano appena detti.
Rimasero con le fronti a contatto, cercando di riprendere fiato.
“Noi non …”
“Lo so.”
“E sarebbe strano … Con Kurt …”
“Sì, sarebbe complicato.”
Jeff annuì, sospirando.
“Ma aspetterò.”
“Anch’io. Aspetteremo il momento giusto.”
Sorrisero ancora.


Entrambi sospirarono a quel ricordo, mentre si accarezzavano piano le labbra.
“Pensi che sia arrivato il momento giusto?”
Nick sorrise: era come se Jeff gli avesse letto nel pensiero.
“Sì” disse, emozionato “E niente mi impedirà di godermelo. Tornerò.”
Annuirono entrambi, stringendosi forte.

                                                                                                    ****

“Tu sei assolutamente la persona più testarda e insopportabile che io abbia mai conosciuto!”
Sebastian spalancò la porta di camera sua come un uragano.
“Cosa ti salta in mente?!” continuò, facendo salire quasi istericamente il proprio tono di voce “Non capisci che è una cosa pericolosa, e che rischiamo di lasciarci tutti la pelle?!”
Santana gli rivolse uno sguardo esasperato “Ma non mi dire!” esclamò sarcastica, alzandosi per fronteggiarlo “E io che pensavo che stessimo andando al mare!”
“Non fare la simpatica con me!” Raramente Sebastian aveva alzato così tanto la voce; di solito riusciva a rimanere calmo e pacato anche quando era infuriato. Adesso, invece, gesticolava come se fosse in preda ad una crisi isterica “Adesso andrai da Shuester e gli dirai che hai cambiato idea!”
“Scordatelo” Ribatté lei con forza, lanciandogli un’occhiata di sfida “E poi da quando ti interessa tanto? Va’ a preoccuparti per qualcun altro, sono in grado di prendermi cura di me stessa anche senza di te!”
Sebastian alzò le braccia verso il cielo, con fare teatrale ed esasperato “Perché fai finta di non capire?!”
“Non faccio finta di non capire, ti assicuro che proprio non sto capendo nulla!”
“Mi piaci, Santana, per la miseria! Da mesi!”
Calò un silenzio surreale.
“Che cosa?” sbottò lei, spalancando gli occhi.
“Mi piaci.” Ripeté lui, riacquisendo la sua abituale calma. “E non voglio che tu venga con noi. Sarebbe troppo pericoloso.”
Sembrò per un attimo che la ragazza fosse troppo sbalordita per parlare; poi un sorriso furbo le incurvò le labbra ben disegnate “E tu avresti il coraggio di giudicare Kurt e Blaine?” gli chiese sardonica, inarcando un sopracciglio.
Lui fece per rispondere, con espressione imbarazzata, ma Santana glielo impedì; gli si avvicinò di un passo, facendo sfiorare i loro volti “Sei tu l’idiota, Sebastian Smythe. E verrò, perché qualcuno dovrà pur proteggerti” sussurrò, prima di annullare la distanza tra loro e baciarlo con trasporto, un sorriso sulle labbra e le mani intrecciate dietro al suo collo.
“Mi farai diventare pazzo” sussurrò lui, quando si separarono per riprendere fiato, rimanendo comunque vicini.
Lei sorrise “Siamo tutti pazzi, qua dentro.”
Poi lo baciò di nuovo.

                                                                                              ****

“Non c’è niente che io possa dire, per convincerti a restare?”
Kurt lo guardò con dolcezza, poi gli appoggiò il capo su una spalla “No” rispose semplicemente, con delicatezza “Voglio andare, per sapere cosa possiamo fare perché tutto questo finisca.”
“Non puoi proprio lasciare che vadano gli altri? Sei anche ferito.” la voce di Blaine era appena udibile nel piccolo spiazzo delimitato dai rami del salice, che accarezzavano docili il terreno.
“Tra un paio di giorni sarò in grado di muovermi come prima; e poi non sarebbe giusto, lo sai” rispose il castano pazientemente “Potrei aiutarli parecchio.”
“Sbruffone” mugugnò Blaine, poggiando a sua volta la propria guancia sul capo dell’altro, facendolo ridacchiare sommessamente.
“Sono solo realista.” Ghignò in risposta.
Blaine tornò immediatamente serio “Capisco quello che dici, è solo che …”
“Lo so” Kurt si scostò da lui, guardandolo negli occhi “Ci siamo appena trovati, e …” Scosse la testa, perché non voleva pensare che c’erano effettivamente delle possibilità che non si rivedessero più; Shuester poteva avere ragione, come poteva non averne. “Ma io tornerò.” Continuò, sicuro “Ti prometto che tornerò e staremo così tanto tempo insieme che finirai col non sopportarmi più e mi dovrai pregare di lasciarti in pace.”
Riuscì a strappargli un piccolissimo sorriso “Questo non accadrà mai.” Dichiarò Blaine, convinto “Al massimo sarai tu a dovermi minacciare coi tuoi pugnalacci  perché ti lasci un po’ in pace.”
“Va bene; allora sarà una sfida a chi cede prima.”
“Ci sto.”
Sorrisero entrambi, con un pizzico di malinconia, prima di baciarsi lentamente, con dolcezza; avevano bisogno di avvertire con calma l’uno la presenza dell’altro.
Sospirarono, allontanandosi, mantenendo le fronti a contatto.
Rimasero in silenzio per qualche momento.
“Dovrei farmi una chiacchierata con Sebastian.”
Blaine inarcò le sopracciglia “Come mai?”
Kurt ghignò, compiaciuto “Santana.” Si limitò a dire, ammiccando lievemente.
Il riccio sorrise, divertito “La coppia perfetta.” Gli lasciò un bacio leggero sulle labbra, prima di lasciarlo libero di alzarsi “Fammi sapere come va, mi raccomando.” Ridacchiò, guardandolo dal basso.
“Sarà fatto, pettegolo.”
Lo guardò dolcemente un’ultima volta, prima di allontanarsi a passo svelto.

                                                                                              ****

Sebastian aprì lentamente la porta della propria camera.
“Hummel, è sempre un piacere trovarti nell’ultimo posto in cui ti vorrei” sbuffò, osservando il profilo dell’amico disteso comodamente sul letto.
Kurt si girò verso di lui con un enorme sorriso estremamente divertito “Io potrei dirti che è sempre un piacere trovarti in camera con Santana, ma rischierei di sembrare un pervertito.”
Sebastian boccheggiò “Tu … Come … Tu … Oooh, accidenti a me che credo ancora di avere un po’ di privacy!” sbottò, esasperato.
Kurt fece spallucce, tirandosi su a sedere “A mia discolpa posso dire che stavate urlando parecchio. Poi avete smesso di urlare e, be’ …”Mise su l’espressione più innocente che riuscì a simulare.
Non doveva essere molto credibile, perché Sebastian emise un altro piccolo sbuffo esasperato.
“E dai Seb! Adesso mi devi raccontare tutto, e lo sai! Non me ne andrò finché non avrai risposto ad ogni mia domanda.” Incrociò le braccia sul petto, e rimase perfettamente immobile, in paziente attesa.
Smythe riuscì a resistere solo qualche secondo “A furia di stare con Anderson diventerai un cocciuto bambino di cinque anni troppo cresciuto esattamente come lui” bofonchiò, prima di lasciarsi cadere sul materasso con poca delicatezza.
Kurt si limitò a rivolgergli uno sguardo piuttosto eloquente.
“E va bene” Sebastian alzò brevemente gli occhi al cielo “Non so cosa vorresti sapere, di preciso” iniziò, borbottando “Non c’è molto da dire. Lo sai che Santana mi ha incuriosito da quando è arrivata. L’ho conosciuta meglio e … È scattata la scintilla, presumo. Qualche mese fa. Mi sono preso una cotta colossale. Ma non volevo dirle nulla; lo sai quanto sono complicate queste cose fra noi, per via della sfera e tutto il resto.” Scrollò le spalle, prima di continuare “Ma oggi è venuto tutto a galla. Ed è stata decisamente una buona cosa.”
“Vorrei avere una macchina fotografica per immortalare il sorriso ebete che hai sulla faccia in questo momento.” Ridacchiò Kurt, sinceramente felice.
Sebastian gli lanciò un’occhiataccia che avrebbe incenerito chiunque; chiunque tranne lui.
“Te lo meriti, Seb! Me l’avresti dovuto dire prima!”
“Eri troppo impegnato a crogiolarti nel tuo amore per Zanna Bianca.” Ribatté l’altro, fingendosi offeso.
Kurt lo ignorò, limitandosi a spingerlo scherzosamente con una spallata.
Rimasero in silenzio qualche minuto, ognuno immerso nei propri pensieri; era sempre stato così, tra di loro: il silenzio era naturale e rilassante quanto le parole.
“Credi che riusciremo a tornare?” La voce di Sebastian era pacata, non tradiva alcuna emozione.
Kurt non ebbe bisogno di chiedergli a cosa si riferisse: era la stessa domanda che si poneva incessantemente da quella mattina; ancora non aveva trovato una risposta.
“Onestamente non lo so. Mi fido di Will, ma gli elfi sono imprevedibili. Immagino che possiamo solo tentare, per scoprirlo.” Rimase in silenzio per un attimo “Spero di sì, comunque. Non so cosa succederebbe se io … Sai, Blaine …” Non riuscì a completare nessuna di quelle frasi, perché tutte le volte che ci provava un nodo gli faceva dolere la gola.
“Lo so” annuì Sebastian, poggiandogli delicatamente una mano sulla spalla; aspettò che si fosse calmato, prima di chiedere “Ti penti mai di averlo fatto? Voglio dire, di aver guardato nella sfera”, con voce incerta.
Kurt sorrise “No. Affatto. Alla fine aveva ragione, no?”
Sebastian si grattò il mento, pensieroso “Lo sai che quell’affare non mi è mai piaciuto” borbottò “Mi è sempre sembrato privo di senso.”
“In effetti lo è. O almeno, considerando il mio caso … Dovrebbe mostrare la tua perfetta metà genetica, no? Eppure io ho visto Blaine, contro ogni logica.”
“Questo perché, probabilmente, l’hai interpretata male tu.” Sebastian fece spallucce.
Kurt si fece più attento “Che intendi dire?”
“Intendo solo dire che … Riguardo a quell’affare girano parecchie storie assurde, no? Leggende e tutto il resto. Però Jeff mi ha riferito una sua teoria, un po’ di tempo fa, e mi ha davvero colpito: secondo lui la sfera ci mostra la nostra anima gemella, non in senso meramente biologico o genetico. Mostra solo … La nostra Metà. Quella vera. Possiamo anche chiamarci ‘Halfbeings’, ma bene o male siamo tutti delle metà, no? Finché non incontriamo la persona giusta. Ed è quella che mostra la sfera. O almeno, secondo la teoria di Jeff, la mostra soltanto a chi non la ha già accanto a sé. A chi ha davvero bisogno di trovarla.”
Il castano rifletté un attimo su quelle parole, in silenzio. “Sì” disse alla fine “Credo che sia una buona teoria.”
Rimasero in silenzio qualche altro secondo.
“Non mi starai diventando un romantico, vero Seb?”
Sebastian gli tirò una cuscinata.

                                                                                           ****




Eccomi!
Dunque dunque.
Come ho detto sopra, questo capitolo è uno dei miei preferiti, perché spero di essere riuscita a rendere le diverse coppie che si creano (ribadisco, spero).
Quando Jeff e Nick dicono che "sarebbe strano ... Con Kurt ..." si riferiscono al fatto che Kurt era in fase piuttosto depressa perché Rachel aveva deciso di guardare nella sfera e quindi era venuto fuori il presunto problema dell'omosessualità (visto che mia sorella non l'aveva capito, ho pensato che fosse meglio prevenire :P)
Sebtana ** E non aggiungo altro.
Sarà l'interpretazione giusta della sfera? Mah, chi lo sa!

Queste note hanno meno senso del solito.

Coming next:
-
Eridian sorrise, senza allontanare gli occhi dalla figura snella e flessuosa del castano “È molto semplice, vedi … Io giuro solennemente di lasciarvi in pace ad una semplice condizione.” Si passò lentamente la lingua sulle labbra “Voglio lui” [...]


Quanto sono insopportabile.
Ci vediamo Sabato!
Come sempre, vi voglio un'infinità di bene!
E courage, perché, quando aggiornerò, inizieranno le vacanze **

 

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Capitolo 18
*** Feeling Hopeless ***


Tutta colpa di Slytherin_Malvi, come al solito.
Mi promette i dolci, e io non è che posso dirle di no!
Va be' basta, già vi tartasserò con le note in fondo; enjoy.


 

Being a Half.
18.Feeling Hopeless


 

I due giorni passarono molto più velocemente di quanto Blaine non avesse sperato.
Avrebbe voluto avere più tempo per convincere Kurt a restare, per tenerlo vicino a sé, al sicuro.
Ma non ce l’aveva fatta.
Così aveva inconsciamente sfruttato quelle quarantotto ore per stargli il più vicino possibile, non l’aveva lasciato andare nemmeno un attimo.
Per fortuna, Sebastian era stato troppo preso dal preoccuparsi della sicurezza di Santana durante il viaggio per notarlo, e non li aveva tartassati coi soliti commenti cinici; nemmeno l’avrebbe fatto, probabilmente, in verità, dato che lui stesso sembrava essere diventato la quint’essenza del romanticismo travestita malamente da sarcasmo: quello che veniva fuori risultava raccapricciante per tutti, tranne che per Santana.
La storia tra Sebastian e Santana aveva suscitato molta sorpresa, perché nessuno aveva potuto prevederla, al contrario di quella tra Jeff e Nick, che tutti aspettavano solo di vedere sviluppata.
Entusiasmo –soprattutto da parte di un insospettabile Puck- per le nuove coppie a parte, a farla da padrone nel Castello per quei due giorni furono l’ansia e la tensione.
Nessuno di loro era realmente pronto all’idea che potesse succedere una cosa del genere, nessuno di loro voleva ammettere che quella sarebbe stata una situazione incerta e potenzialmente pericolosa.
Cercarono semplicemente di ignorare ciò che sembrava troppo difficile da concepire.
Ma passarono anche quei due giorni, e dovettero capitolare di fronte all’evidenza.
Sebastian, Santana, Kurt e Nick si ritrovarono nel parco la mattina presto, gli occhi stranamente vigili; avevano portato solo le armi, per precauzione.
Nessuno andò a salutarli. Avevano voluto così, o avrebbero rischiato di non partire mai più.
Salirono in macchina in silenzio, con Sebastian alla guida; erano poco più di tre ore di viaggio, non si sarebbero fermati.
Lanciarono inconsciamente un’ultima, lunghissima occhiata al parco e al Castello.
Poi partirono.

“Ricordati che ti amo, okay? Ogni secondo, ricordatelo. E ricordati che se non torni da me tutto intero la considererò un’offesa personale, e verrò a reclamare vendetta dovunque sarai. E sarà doloroso. Chiaro?” Le parole di Blaine rendevano evidenti le lacrime che cercava di trattenere.
Era notte fonda; sarebbero partiti di lì a qualche ora, nessuno dei due aveva voluto chiudere occhio; si erano solo abbracciati e baciati tutta la notte, distesi sullo stesso letto, sussurrandosi promesse che speravano di poter mantenere.
Kurt ridacchiò, ma aveva gli occhi lucidi “Se sarà doloroso, vedrò di tornare tutto intero. Mi fai troppa paura.”
Blaine sospirò, affondandogli il naso nel collo; lasciò che le loro gambe si intrecciassero con naturalezza, e gli si fece ancora più vicino.
Lo baciò dovunque, ricordandogli tra un bacio e l’altro che senza di lui non sarebbe sopravvissuto.


Kurt poggiò la fronte contro il finestrino, sospirando pesantemente.
Già gli mancava.
Si trattenne a stento dal mandargli un messaggio: l’avrebbe fatto solo preoccupare.
Una mano si posò sulla sua spalla, lieve, cercando di confortarlo.
Si voltò, e incontrò gli occhi color cioccolato di Nick.
Sapeva che lui lo poteva capire.
Gli rivolse un sorriso piccolissimo che sapeva di pianto ed uno esattamente identico arricciò le labbra dell’altro.

                                                                                                   ****

Quando la macchina si fermò, si riscossero tutti all’improvviso, come se si fossero resi conto solo in quel momento di ciò che stavano facendo.
“Ci siamo” mormorò Sebastian, sbloccando finalmente la situazione; scesero sbattendo le portiere, e il rumore secco sembrò scuotere l’aria tersa attorno a loro.
Si trovavano a pochi metri da una placida distesa d’acqua, azzurra per il cielo che vi si rifletteva; un leggerissimo vento fece ondeggiare l’erba con delicatezza.
Kurt non resistette.
Estrasse il cellulare dalla tasca del giubbotto.

A Blaine
9.07
Ti amo.


Alzò gli occhi appena in tempo per vedere Nick che faceva scivolare di nuovo il proprio telefono nella tasca dei jeans con uno sguardo determinato.
Sebastian fece intrecciò velocemente la propria mano con quella di Santana e la strinse brevemente, prima di avanzare con passo deciso, seguito anche dagli altri tre.
Si fermarono, esitanti, quando arrivarono ad un passo dal lago.
“E adesso?” persino il sussurro di Nick sembrò rimbombare nel silenzio assoluto che regnava nella distesa erbosa.
“Shuester ha detto che saranno gli elfi a trovarci …” mormorò Sebastian, con un brivido lungo la schiena.
Non fece nemmeno in tempo a concludere la frase, che un rombo basso ma ben distinto cominciò a martellare contro i loro timpani.
Kurt dovette coprirsi le orecchie con le mani.
Spalancarono gli occhi quando si resero conto di cosa aveva accompagnato quel rumore: non molto lontano da dove si trovavano, si era aperta come una voragine nell’acqua; si avvicinarono senza poterselo impedire, basiti per la scena che si presentò loro davanti.
Delle pareti trasparenti si erano innalzate oltre la superficie del lago, impedendo all’acqua di riversarsi all’interno di quello che sembrava un corridoio illuminato da una voce verdastra, a cui si accedeva grazie a delle scale, rese visibili solo dal lieve baluginio che producevano riflettendo la luce solare.
Sarebbero voluti rimanere a contemplare quello spettacolo incredibile, ma si riscossero velocemente, guardandosi negli occhi con un cenno d’assenso.
Kurt sguainò i Sai e scese per primo, seguito da Nick, Santana e, per ultimo, Sebastian.
Rimasero incantati dal tremolante mondo subacqueo che si intravedeva oltre le pareti trasparenti, e fu difficile mantenere alta la guardia, cercando di non distrarsi.
Scesero lentamente le scale, e attraversarono il corridoio ponderando attentamente ogni passo, le armi sguainate e i sensi all’erta, ma sembrava tutto silenzioso. Troppo silenzioso.
Ben presto giunsero ad un bivio; Kurt si girò verso gli altri, con un’ovvia domanda negli occhi.
Nick fiutò l’aria per qualche secondo, poi indicò il corridoio a destra “Lì c’è un odore meno disgustoso.” Commentò, scrollando le spalle.
Non esitarono, e imboccarono immediatamente la direzione indicata dal ragazzo.
Riuscirono a muovere solo pochi passi, prima che un fischio alto e acuto perforasse i loro timpani con una violenza tale da costringerli a fermarsi; i volti di tutti e quattro si contrassero in smorfie dolorose, e indietreggiarono quasi immediatamente, tornando nel corridoio principale di corsa, ansimando, con le mani premute quasi dolorosamente sulle orecchie.
Il sibilo si interruppe subito dopo.
“Cosa diavolo era quello?” Sibilò Kurt, gli occhi ridotti a due fessure e i canini appuntiti che gli sfioravano delicatamente il labbro, sporgendo pericolosamente.
“Credo” sbuffò Sebastian, cercando di respirare regolarmente “Che fosse il loro modo carino di dire ‘direzione sbagliata’.”
“Oh, ma quanto sono premurosi.”Sbottò sarcasticamente Santana, le dita strette con forza attorno alla lancia a due lame.
Sebastian le sfiorò piano un braccio, poi si incamminò lentamente ma con piglio deciso verso il corridoio che prima avevano evitato.


Furono colpiti altre tre volte da quel fischio acuto, e sia Kurt che Nick avevano gli occhi lucidi per il dolore, amplificato a causa dell’udito sensibile.
Erano stremati quando, dopo l’ennesima svolta, arrivarono in un ampio salone, le cui pareti sembravano sfavillare per via della luce che filtrava dalla superficie dell’acqua da qualche metro sopra di loro; socchiusero gli occhi, infastiditi, le armi ben strette in pugno.
Avanzarono solo di qualche passo prima di irrigidirsi, esterrefatti: allineati lungo le pareti c’erano decine e decine di elfi, con i piccoli pugnali sguainati e dei ghigni crudeli stampati sui volti.
Sebastian afferrò bruscamente la mano di Santana, spostandola dietro di sé in modo da farle scudo col proprio corpo, e i suoi occhi assunsero immediatamente una sfumatura giallo cangiante, mentre i canini si appuntivano pericolosamente; Nick si lasciò sfuggire un ringhio, basso e gutturale, le pupille di Kurt si assottigliarono e le sue orecchie scattarono istintivamente all’indietro, mentre si avvicinava cautamente agli altri tre, le nocche bianche per la forza con cui stringeva i Sai.
Una risata divertita riecheggiò dal fondo della sala.
I ragazzi sollevarono immediatamente lo sguardo, tesi; Kurt poteva sentire il cuore degli altri tre battere freneticamente nel silenzio assoluto.
“Coraggio bestioline, non siate timide” continuò divertita la voce chiara e musicale, il cui proprietario era reso invisibile da una zona d’ombra “Venite avanti.”
I ragazzi si lanciarono un’occhiata veloce, terrorizzata e determinata insieme; avanzarono con lentezza, la guardia alta. Sebastian e Nick continuavano a lanciare occhiate gelide agli elfi, sempre rigidamente disposti lungo le pareti, che li guardavano beffardi.
Kurt sentì un brivido corrergli distintamente lungo la spina dorsale, ma si sforzò di continuare a camminare, lento e deciso; poteva già distinguere i lineamenti dell’elfo che aveva parlato nonostante l’oscurità.
Era bello persino nella sua forma originaria; i tratti erano stranamente delicati, le labbra piene, gli occhi di un impossibile grigio, sottolineato dalle due piccole corna nere sulla sua fronte; i capelli erano lunghi, sembravano una cascata d’inchiostro sul mantello argentato che gli copriva morbidamente le spalle.
Era seduto su quello che si sarebbe potuto definire un trono, di marmo bianco, con le gambe comodamente accavallate su uno dei braccioli e un braccio abbandonato mollemente in cima al rigido schienale, il busto appena voltato verso la sala.
Si alzò lentamente e con la grazia tipica della sua specie, andando incontro ai propri ospiti con passo indolente.
Trattennero tutti e quattro il fiato quando lo videro definitivamente alla luce; sembrava emanare austerità e potenza, e nessuno si sarebbe mai chiesto come fosse riuscito a diventare re.
“È un piacere conoscervi ufficialmente” sorrise nel sottolineare quell’ultima parola, diventando ancora più bello e terribile.
“Vorremmo poter dire lo stesso” sibilò Sebastian, i canini bene in vista e il corpo teso in avanti, appena trattenuto da una mano di Santana posata sul suo braccio.
Due elfi si avvicinarono immediatamente, così velocemente da risultare invisibili, ma il Re li fermò con un cenno della mano e un sorriso divertito sul volto “Sebastian Smythe” disse dolcemente, come se stesse recitando una poesia imparata a memoria “Uno dei due Halfbeings trasformati da bambini. La tua Metà è un serpente. Puoi uccidere con due semplici morsi.”
Sebastian cercò di nascondere lo sgomento e la sorpresa dietro una maschera di indifferenza, ma non ebbe tempo di ribattere, perché il Re fece scivolare lo sguardo sulla ragazza di fianco a lui “Santana Lopez” continuò “Trasformata a sedici anni. Metà: pantera. Nick Duvall, trasformato a sedici anni. Metà: cane.”
Aveva camminato lentamente pronunciando quelle parole, passandoli in rassegna uno per uno; si fermò di con un ghigno divertito e quasi ammirato di fronte a Kurt, che lo guardava con aria di sfida, i Sai ancora stretti in pugno. Il castano non gli lasciò il tempo di parlare “Eridian” esclamò con voce squillante, trattenendo a stento la furia che gli covava in petto “Diventato re dodici anni fa sconfiggendo quindici pretendenti al trono. Abilità particolari: può controllare gli elementi.”
Il ghigno sul volto di Eridian si allargò “Kurt Hummel” accarezzò quel nome con la propria voce “Trasformato ad otto anni. Metà: gatto.” Esitò un attimo “Gay.” Disse infine, con aria divertita, sfidandolo con lo sguardo.
Kurt strinse i denti, respirando pesantemente “Esatto” sibilò, affondandosi le unghie nei palmi per impedirsi di affondare una lama nel petto del Re.
Eridian rise, sinceramente divertito “Non c’è bisogno che ti scaldi.” Mormorò, avvicinandosi pericolosamente all’orecchio del castano, che rabbrividì e si allontanò immediatamente, disgustato dall’odore di erba bruciata che accompagnava l’elfo.
Il Re rise ancora più apertamente, gettando la testa all’indietro; tornò a sedersi sul trono con aria annoiata.
I quattro ragazzi erano pietrificati.
“Dunque” Eridian abbandonò le braccia e la schiena contro il marmo bianco, accavallando le gambe “A cosa devo l’onore di questa visita?”
Per un attimo sembrò che nessuno avesse il coraggio o la forza di rispondere, poi si fece avanti Sebastian, lanciando al Re un’occhiata di fuoco “Vogliamo che i patti vengano rispettati.” Sibilò. “Cinque giorni fa siamo stati attaccati da un gruppo di elfi, e non è stato affatto divertente. State alla larga da noi.”
Eridian sorrise furbescamente “Vedi Sebastian, il problema di essere re è questo: devi sempre accontentare il popolo” allargò le braccia, indicando gli elfi ancora disposti lungo le pareti “E quando il popolo ha bisogno di una valvola di sfogo … Ecco che la vostra razza trova una sua utilità.” Continuò beffardo.
Smythe digrignò i denti, mentre Santana gli poggiava una mano sulla spalla cercando di calmarlo “Tu” sbottò infuriato “Non puoi—”
“Ma” il Re lo interruppe alzando semplicemente una mano “c’è anche un notevole pregio nella mia carica” sorrise, facendo scivolare gli occhi grigi sulla figura di Kurt “Posso avere quello che voglio. E cedere in cambio quello che voglio.”
Nella sala scese un improvviso gelo.
Nick, Santana e Sebastian si girarono immediatamente verso Kurt, che sembrava impietrito e terrorizzato.
“Cosa vuoi dire?” la voce di Smythe era tombale.
Eridian sorrise, senza allontanare gli occhi dalla figura snella e flessuosa del castano “È molto semplice, vedi … Io giuro solennemente di lasciarvi in pace ad una semplice condizione.” Si passò lentamente la lingua sulle labbra “Voglio lui” disse infine, indicando Kurt.
I quattro Halfbeings sbiancarono di colpo “Tu sei matto” sussurrò Sebastian, impietrito “Non accetteremo mai una condizione del genere.”
“Oh, io non direi” Eridian era sempre più divertito “Forse dovreste rifletterci meglio, perché, come dire … Se non accettate, invierò al tuo adorato Castello così tanti elfi che non ne rimarrà nemmeno la polvere.”
Sebastian fece per parlare, ma il bisbiglio di Kurt lo interruppe; era pallidissimo, sembrava sul punto di svenire “Cosa vuoi da me?” chiese, rivolto al Re.
“Mettiamola così, Kurt” Eridian si sporse leggermente in avanti “Gradirei molto averti a mia disposizione finché ne avrò voglia. Sono sempre stato un tipo curioso …”
“Tu sei completamente pazzo!” esplose Nick, contraendo le labbra in un ringhio furioso.
Santana lo afferrò per un braccio prima che potesse scattare in avanti “Calmati! Così rovinerai tutto!” gli mormorò ad un orecchio, concitata, ma con un evidente panico nella voce; non avevano idea di cosa fare.
“Quindi, se io rimanessi qui con te …” La voce calma e cadenzata di Kurt fece chiudere per un momento gli occhi a Sebastian: lo sapeva. Lo conosceva fin troppo bene. “Se io rimanessi con te, tu ci lasceresti in pace? Per sempre?”
Eridian annuì, con espressione attenta.
“Quanto dovrei rimanere?” la voce del castano era poco più di un sospiro.
“Kurt, non puoi accettare una cosa del genere, è folle …!”
Ma il castano mise a tacere Nick con un gesto secco della mano.
Il Re scrollò le spalle con un’occhiata soddisfatta “Non saprei. Diciamo … Non credo più di qualche mese. Un anno, al massimo.”
“Mi sarà fatto del male?”
“Non se obbedirai.” Il ghigno sulle labbra di Eridian divenne quasi osceno.
Santana e Nick erano sbalorditi; Sebastian si limitava a fissare Kurt con una profonda tristezza.
“Non capisco” mormorò  il castano, scuotendo il capo “Voi elfi pensate che essere gay sia contro natura. Com’è possibile …?”
Eridian sbuffò “Non è affatto così. Lo pensano alcuni sciocchi dalla mentalità chiusa. E poi, come ti ho già detto, sono solo molto curioso. E annoiato. Ho bisogno di un passatempo.” Un sorriso scintillante tornò ad illuminargli il volto. “E tu sei famoso persino tra noi, Kurt. Quasi quanto il tuo ragazzo. Immagina quale onore sarebbe averti tra le mie conquiste!” Esclamò, sinceramente estasiato dall’idea.
Ma il ragazzo non lo stava più ascoltando “Cosa hai detto?” sussurrò.
“Che sei famoso …?”
“No. Cosa c’entra Blaine?” Lo sguardo di Kurt era piantato negli occhi grigi del Re.
Eridian ghignò “Oh, quindi non lo sai?”
Il silenzio basito dei quattro Halfbeings fu una risposta sufficiente.
“Questo sì che sarà divertente” ridacchiò il Re “Il vostro caro e amato Blaine è un abominio. Il frutto di un’unione punibile con la morte –ed effettivamente punita con la morte, ora che ci penso. Sua madre era un’elfa, ma suo padre no. Suo padre era un rozzo essere umano.” Quelle parole furono accompagnate da un’espressione disgustata. “Per questo avevo ordinato che fosse ucciso. Da qui, la storia la conoscete.” Concluse, con un movimento noncurante della mano.
La risata fredda e incredula di Sebastian rimbombò nella sala “Stai mentendo” disse, scrollando le spalle “Ed è la bugia più ridicola che io abbia mai sentito.”
Il sorriso non scomparve dal volto del Re; si voltò verso di lui, impassibile “Allora dimmi, perché il nostro Kurt, che sicuramente lo conosce meglio di te, non sta ribattendo?” indicò il castano con un gesto fluido della mano “Anzi, quasi non sembra nemmeno sorpreso!”
“Kurt …?” Nick lo scosse, afferrandogli un braccio “Che sta dicendo? Cosa vuol dire?”
Dal volto del castano si intuiva tutto il dolore che stava provando “Credo che stia dicendo la verità” sussurrò, senza avere il coraggio di guardarli in faccia “Quando … Quando Blaine ha avuto quella crisi, in camera … È successo qualcosa al suo volto. Sembrava più … Grottesco, e … Era proprio come quello di un elfo.” Aveva lo sguardo perso nel vuoto “Ma credevo di averlo solo immaginato.” Scosse la testa, sforzandosi di non cadere a pezzi proprio lì.
Sebastian, Santana e Nick erano esterrefatti.
Eridian, dal canto suo, sembrava estremamente divertito.
“Probabilmente il ragazzo non riesce a sopportare così tante nature diverse quando le sue emozioni sono fuori controllo” scrollò le spalle con noncuranza “Sapete ragazzi, vorrei davvero rimanere a chiacchierare con voi, ma ho delle faccende da sbrigare; direi che faremo così: vi concedo due giorni di tempo. All’alba del terzo giorno, se Kurt non sarà qui, dedurrò che rifiutate il mio accordo e ne trarrò le debite conseguenze e … Be’, la parte in cui morite ve la risparmio.” Il sorriso angelico con cui accompagnò quelle parole scatenò in Sebastian l’improvviso bisogno di piantargli i denti nella gola; si limitò a rivolgergli un’occhiata assassina, prima di voltarsi verso gli altri tre. Kurt teneva lo sguardo piantato a terra, sembrava sul punto di crollare.
“Andiamo via” mormorò Nick, afferrando saldamente il braccio del castano.
Uscirono velocemente dalla sala, ripercorsero il dedalo di corridoi senza nemmeno curarsi di mantenere alta la guardia.
Volevano solo uscire di lì, al più presto.
Ma quando finalmente infransero la superficie del lago, il peso insopportabile della realtà non smise di opprimere i loro petti, impedendo loro di respirare.


                                                                                                ****

Dunque.
Inizio col dire che ci vogliono seriamente tre ore di macchina per arrivare da Lima (all'incirca) fino ad Allagheny. Ho controllato su Google Maps :D
Poi, il punto fondamentale del capitolo. Eridian.
Spero che come personaggio vi "piaccia" (non che vi stia simpatico, per carità) perché io, come cattivo, lo trovo molto affascinante. E' pazzo. Nel vero senso della parola. Ha dei disturbi psichici non meglio identificati -purtroppo non sono un'esperta-, ma mi sono vagamentissimamente ispirata al Joker. Vuole solo "veder bruciare il mondo". Ed è annoiato, povera stella *-*
E poi, be', viene svelato un grande mistero: Blaine. Vorrei fare un applauso a wislava, che aveva praticamente indovinato: sei troppo furba u.u
Insomma, fatemi sapere cosa ne pensate; vi voglio tanto bene  (quindi non odiatemi, plis) <3

Coming next:
-
Ma Kurt e Blaine non sentirono niente di tutto questo.
Erano ancora stretti in un abbraccio che quasi faceva male, ma non avevano alcuna intenzione di separarsi.
Kurt si chiese come aveva fatto Blaine a non sentire il rumore del suo cuore che si spezzava, lentamente e dolorosamente, esattamente a metà.


Lo so. 
Sono una persona meschina.
Ma vi regalerò chili e chili di caramelle, promesso!
A Sabato!


 

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Capitolo 19
*** A Silent Goodbye ***


Vacanzeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee.
Bene, scusate.
Sono poco seria.


 

Being a Half.
19. A Silent Goodbye

 

“Non diremo nulla.” La voce di Kurt era stranamente bassa e roca; aveva pianto parecchio.
Ormai mancava poco più di mezz’ora all’arrivo. Erano le prime parole che venivano pronunciate nella macchina da quando erano partiti.
Nick e Santana si voltarono verso di lui, mentre Sebastian si limitava a scuotere il capo, senza staccare gli occhi dalla strada.
“Che intendi dire?” chiese lentamente la ragazza, sperando di non aver capito.
“Non racconteremo a nessuno dell’incontro. Diremo loro che Eridian ci ha assicurato che non ci attaccherà più e che rispetterà i patti.” La voce del castano era ridotta ad un sussurro.
“Perché?” Non c’era davvero bisogno che Nick lo chiedesse. L’avevano già capito.
“Perché voglio accettare l’accordo.”
Sebastian chiuse gli occhi per un attimo, cercando di mantenere la calma; strinse le mani attorno al volante “Non puoi farlo. È disumano.”
“Posso, Seb, e devo. Un anno, e in cambio ci lasceranno in pace per sempre.”
“E che mi dici di te? Come diavolo farai a resistere per un anno in mezzo agli elfi? Potrebbero farti del male, e tu dovrai … Dio, dovrai …” Mosse la testa a scatti, cercando di non perdere il controllo.
“Io sono io. Mi conosci. Resisterò.”
“E Blaine?”
Bastò quel nome perché le lacrime tornassero ad invadere gli occhi di Kurt; si morse il labbro per impedire che gli rigassero le guance.
“È per lui che lo faccio.” Mormorò.
“Sono sicuro che sarà contentissimo di saperlo!” Sbuffò Sebastian, al limite della disperazione.
Quelle parole ferirono Kurt al petto come una pugnalata, e dovette stringersi le braccia attorno al torace per non cadere a pezzi.
“Seb” il tono di Nick era ammonitore.
“Kurt …” Santana lo stava scrutando coi profondi occhi scuri “Non farlo. Ce ne andremo, cercheremo un altro posto …”
“Non ci lascerà mai andare. Non capisci? Come credi che facesse a sapere tutte quelle cose su di noi? È chiaro che ci sta facendo spiare, manderebbe immediatamente un esercito di elfi che noi non potremmo affrontare. E io posso impedirlo.” Il tono di Kurt si era fatto più duro, nonostante gli occhi lucidi e arrossati. “Non mi farete cambiare idea, lo sapete. Quindi … Aiutatemi. Semplificatemi le cose. Vi prego. Blaine non …” Non fu capace di finire la frase, perché il respiro gli si era impigliato in gola semplicemente pronunciando il suo nome. Si prese la testa tra le mani, con un gemito silenzioso: gli si era aperta una voragine nel petto, e bruciava come non mai.
“No. No, mi dispiace, non ti aiuterò a fare una cosa del genere.” La voce di Sebastian era bassa, ma non ammetteva repliche.
“Seb, ti prego …”
“NO!” esplose lui “Scordatelo! Ti rendi conto che ci conosciamo da tutta la vita?! Come ti aspetti che io resti a guardare mentre ti rovini?! Non lo farò e basta! Ti incatenerò ad una parete, se sarà necessario!”
“Vuoi che la uccidano?” Il tono di Kurt era diventato improvvisamente dolce, tanto che Sebastian spalancò gli occhi, basito “Di chi parli?”
“Di Santana.” Il tono di Kurt era sempre estremamente delicato.
“No” il panico si era impossessato della voce di Smythe “Non osare chiedermi di scegliere tra te e lei, non puoi, non---”
“Ma è proprio questo il punto. O io me ne vado per qualche mese, o ci uccideranno tutti.”
“Ti prego, lascia che cerchi un’altra soluzione” Il tono di Sebastian era implorante “Dammi questi due giorni per pensare.”
“D’accordo” Kurt annuì, stranamente calmo “Ma se non riuscirai a trovare una soluzione partirò.”
Sebastian annuì, sconfitto.
Santana e Nick si scambiarono un’occhiata sconsolata piena di tristezza.
“Ma comunque non diremo nulla agli altri.”

                                                                                                       ****

Ci misero molto più tempo del previsto a tornare; Sebastian guidava piano, immerso nei propri pensieri, ma nessuno degli altri volle lamentarsi. Avevano tutti bisogno di tempo per pensare.
Kurt aveva bisogno di tempo per accettare.
Si fermarono a mangiare lungo la strada, ma nessuno ne aveva davvero voglia.
Si limitarono a scendere dalla macchina per un po’, passeggiando nell’erba secca che circondava il locale.
Alla fine arrivarono, e si resero conto che sarebbe stata una delle cose più difficili che avessero mai fatto.
Jeff si lanciò tra le braccia di Nick immediatamente, senza lasciargli nemmeno il tempo di scendere completamente dalla macchina, facendolo quasi cadere all’indietro sul sediolino.
Si sforzarono di sorridere, sperando che le smorfie che ne vennero fuori potessero essere scambiate per manifestazioni di stanchezza.
Furono raggiunti immediatamente anche da tutti gli altri, che li sommersero di domande a cui avrebbero voluto rispondere sinceramente.
Sebastian sollevò un attimo le mani, ottenendo subito il silenzio “È andata bene” disse, ma aveva gli occhi vuoti e freddi, disperati “Eridian ci ha assicurato che non ci attaccheranno più e che rispetterà i patti.”
Santana gli strinse una mano con forza, cercando di nascondere gli occhi lucidi.
Nick si strinse a Jeff un po’ di più.
Risuonarono ovunque sospiri ed esclamazioni di sollievo, risate liberatorie.
Ma Kurt e Blaine non sentirono niente di tutto questo.
Erano ancora stretti in un abbraccio che quasi faceva male, ma non avevano alcuna intenzione di separarsi.
Kurt si chiese come aveva fatto Blaine a non sentire il rumore del suo cuore che si spezzava, lentamente e dolorosamente, esattamente a metà.


Si diressero tutti nel salone grande, sistemandosi un po’ ovunque davanti al camino acceso.
Gli altri avrebbero voluto sapere per filo e per segno cos’era successo alla corte di Eridian, ma Sebastian, Santana e Nick rispondevano a monosillabi, cercando di trincerarsi dietro un ostinato silenzio che venne interpretato come il sintomo di una stanchezza più che giustificata.
L’atmosfera divenne quindi rilassata e casalinga, i ragazzi tornarono lentamente alla spensieratezza che più si addiceva alla loro età.
Kurt li osservò un po’ in disparte, appoggiato con le spalle ad una piccola finestra che affacciava sul parco, silenzioso e bianco per la neve che aveva cominciato a cadere.
Non poté fare a meno di sospirare di sollievo quando vide Blaine ridere per una battuta detta da Puck, e si disse che, in fondo, lo lasciava in buone mani.
Evitò di incrociare lo sguardo di Neal, che continuava a cercarlo con insistenza; sapeva che, se fosse rimasto a parlare con lui per più di qualche secondo, l’altro avrebbe immediatamente capito che qualcosa non andava; forse l’aveva persino già capito.
Sorrise con dolcezza, notando l’abbraccio di Finn e Rachel, gli sguardi che si scambiavano Nick e Jeff, le mani quasi timidamente intrecciate di Sebastian e Santana. Cercò di assimilare tutte quelle sensazioni, l’atmosfera familiare: voleva poterle ricordare.
Sollevò lo sguardo, sentendosi osservato, e incrociò gli occhi dorati di Blaine, che lo scrutavano con attenzione, preoccupazione e tenerezza. Gli sorrise quasi automaticamente, e il riccio ricambiò subito, avvicinandoglisi lentamente; gli strinse i fianchi, lasciandogli un bacio a fior di labbra.
“Ehi” mormorò Kurt, poggiando la propria fronte contro quella dell’altro.
“Ehi” rispose il riccio “Che fai qui tutto solo?”
“Lo sai che ai gatti non piace la compagnia …”
“Oh. Allora posso tornare a parlare con Puck …” Blaine fece per allontanarsi, con un sorriso sulle labbra perché le dita di Kurt si erano immediatamente chiuse attorno al suo polso, trattenendolo.
“Non mi hai fatto finire; ai gatti non piace la compagnia, a meno ché non si tratti di un lupo.” Affermò il castano convinto, mordendosi il labbro per non sorridere.
Blaine scoppiò a ridere “Ah, certo! Ci avrei scommesso!”
Il sorriso di Kurt fu debole, non gli accese gli occhi come al solito. “Che ne dici se andiamo in camera? Sono un po’ stanco.” disse, accarezzandogli una guancia.
Il riccio annuì, accantonando il vago senso di inquietudine che cercava di metterlo in guardia da qualcosa.
Kurt è qui, si ripeteva, adesso è qui, andrà tutto bene. Adesso staremo insieme.



Quando arrivarono in camera non poté più mentire a se stesso.
Adesso che erano solo loro due sentiva la realtà bruciargli lentamente il petto e fargli mancare il respiro.
Niente gli aveva mai fatto così male.
Avvertiva quasi prepotentemente la presenza di Blaine, e sentirlo così vicino quando sapeva che gliel’avrebbero portato via era peggio di una tortura. Era come se gli stessero lentamente togliendo l’ossigeno, come se il suo cuore si stesse dividendo a metà.
Per un attimo, un solo istante, accarezzò l’idea di dirgli la verità, di raccontargli tutto, ma se lo impedì con tutte le proprie forze: non avrebbe mai potuto farlo.
Era un patto equo, si disse. Danneggiare un po’ se stesso per proteggere il ragazzo che amava.
Lo condusse sul letto con delicatezza, senza dire neanche una parola, e Blaine lo assecondò, distendendosi accanto a lui.
Kurt si raggomitolò contro il suo petto, come era solito fare, ma quella volta fu diverso: affondò il viso nella spalla dell’altro, inspirando profondamente e beandosi del profumo che gli incendiava le narici facendolo rabbrividire di piacere.
Non l’aveva mai fatto, prima; pensava di avere ancora tanto tempo per amarlo, per assistere a tutti i suoi  folli cambiamenti d’umore, per affondare la mano in quei caotici ricci, per perdersi in quegli occhi meravigliosamente dorati, per farlo sorridere. Ma il tempo è una gran fregatura.
Se ne rese conto troppo tardi, forse. Mentre Blaine gli accarezzava il viso e la schiena, il suo raziocinio gli fece realizzare con una crudezza che quasi lo lasciò senza fiato quanto avrebbe perso. Come minimo per un anno. Ma non sperava che Blaine l’avrebbe perdonato, anzi: l’avrebbe capito se non avesse voluto più vederlo; si sarebbe concesso al nemico in modi che non osava nemmeno immaginare, non importava quale fosse la ragione. Probabilmente Blaine non avrebbe voluto avere più niente a che fare con lui. Avrebbe trovato qualcun altro da amare, perché non avrebbe più amato lui. Avrebbe amato qualcun altro. Quella consapevolezza gli accelerò il respiro, costringendolo ad aggrapparsi con forza alla schiena dell’altro per non sprofondare.
Sentirlo così vicino gli fece ancora più male.
Si maledisse quando le lacrime cominciarono a scorrere inevitabilmente sulle sue guance.
“Ehi” la voce di Blaine era insopportabilmente calda, dolce e preoccupata “Cosa c’è?” gli asciugò una lacrima con un bacio lievissimo.
“Niente” sussurrò Kurt in risposta, sforzandosi di non tremare e imponendosi di non piangere “Ho solo avuto paura di non rivederti più.”
Blaine sospirò, facendogli sollevare il viso; in quegli occhi dorati sembrava tutto perfetto. “Adesso sei tornato, okay? Non ti lascerò andare per niente al mondo. Lo giuro. Resteremo insieme, e sarà tutto meravigliosamente perfetto, esattamente come meriti.” Lo baciò sul naso con un’espressione imbarazzata e divertita insieme, e Kurt non poté reprimere un minuscolo sorriso.
“Con te lo sarà di sicuro” mormorò flebilmente in risposta, prima di sporgersi per baciarlo a lungo sulle labbra; le loro lingue si intrecciarono immediatamente, facendoli sospirare per il sollievo.
Le loro gambe si incastrarono perfettamente, facendo in modo che i loro petti fossero ancora più a contatto.
Kurt se lo portò ancora più vicino, facendo scivolare lentamente la propria mano lungo il mento dell’altro, arrivando a stringergli con dolcezza e fermezza la nuca; abbandonò le sue labbra solo per lasciargli una scia di baci infuocati sulla gola deliziosamente scoperta: voleva averlo vicino, perché sarebbe stata la prima e ultima volta, e faceva troppo male per pensarci.
“Kurt …” Blaine gemette il suo nome in un modo che non avrebbe mai scordato, nemmeno in un’eternità; piantò i propri occhi di ghiaccio in quelli dorati “Possiamo, solo … Ti va bene se …?” mormorò, ad un soffio dalle sue labbra.
Il riccio lo guardò negli occhi per un lunghissimo istante, prima di annuire lentamente; sapeva che qualcosa non andava, ma decise che ne avrebbero parlato il mattino successivo.
Riprese a baciarlo lentamente, aumentando con calma la profondità del bacio; non aveva fretta. Non ancora. C’era ancora tempo.
Blaine gli strinse le mani sui fianchi, attirandolo più vicino al proprio bacino per far scontrare le erezioni appena accennate; Kurt mugolò di piacere contro le sue labbra, ignorando la ferita che sembrava bruciare nel suo petto, e gli mordicchiò delicatamente il lobo per poi accarezzarlo con la lingua, facendogli perdere il controllo con un’estenuante lentezza.
Blaine si spostò con decisione, scavalcandolo con un ginocchio per trovarsi sopra di lui e avere un maggiore accesso alla pelle candida del suo collo: cominciò a baciarla, leccarla e mordicchiarla, accarezzando con la punta delle dita il suo stomaco sotto la stoffa sottile. Kurt rabbrividì a quel contatto, e si sollevò sui gomiti per dargli modo di togliergli la maglia; Blaine lo capì subito, e gliela sfilò velocemente, accarezzandogli immediatamente il petto e gli addominali ben scolpiti; si staccò dalla sua pelle solo per farsi togliere la camicia, per poi tornare a succhiargli un lobo con un sospiro di puro piacere.
Kurt lo fermò poggiandogli con decisione le mani sul petto e allontanandolo piano, con uno scintillio negli occhi azzurri “Lascia a me un po’ del divertimento” mormorò, ribaltando le loro posizioni.
Si fiondò immediatamente sulla sua pelle, che aveva un profumo assolutamente meraviglioso; gli accarezzò le ossa sporgenti del bacino con la lingua, tirando dolcemente la pelle coi denti, e Blaine gemette sotto di lui, inarcando istintivamente la schiena; Kurt fece scivolare la mano lungo i suoi addominali, accarezzandolo con una lentezza estenuante, con gli occhi scuri per il piacere piantati nei suoi, fino ad arrivare all’orlo dei jeans; li sbottonò e glieli sfilò con un sorriso sornione, per poi gattonare di nuovo verso di lui.
Blaine sorrise quando le labbra di Kurt si scontrarono di nuovo con le sue, ma gli sfuggì un gemito di puro piacere e sorpresa quando la mano del castano lo accarezzò con delicatezza e fermezza da sopra la stoffa troppo sottile dei boxer; era talmente eccitato da provare quasi dolore.
Quasi non si accorse della mano di Kurt che gli sfilava lentamente i boxer, ma si accorse decisamente della presa dell’altro che si faceva più sicura sulla sua erezione, strappandogli dei gemiti quasi imbarazzanti.
Si rese conto solo in quel momento di essere completamente nudo, mentre l’altro aveva ancora addosso i pantaloni; con uno sforzo immane, afferrò il polso sottile fermando la mano che lo stava facendo decisamente impazzire.
Kurt gli rivolse un’occhiata sorpresa, ma Blaine non gli lasciò il tempo di parlare; prese a leccargli e succhiargli la pelle del collo e della gola, facendolo ansimare per la sorpresa e il piacere, e ribaltò di nuovo le loro posizioni; gli slacciò immediatamente la cintura, cercando di non indugiare con le mani sull’erezione ormai ben visibile dai jeans stretti, e gli sfilò i pantaloni con un movimento secco, facendolo sibilare per la sorpresa. Gli abbassò anche i boxer, stavolta con lentezza, e non poté fare a meno di pensare che Kurt fosse la cosa più bella che avesse mai visto.
Gli baciò il ventre e le cosce muscolose ma sottili, e Kurt si lasciò sfuggire un mugolio impaziente; solo allora il riccio si decise ad avvicinare le labbra all’erezione dell’altro, avvolgendola sperimentalmente con la lingua. Il castano poté solo spalancare gli occhi, mentre il respiro gli si faceva pesante, perché all’improvviso pensare sembrava un’attività improponibile; si morse la lingua per non gemere ad alta voce, mentre le labbra di Blaine si chiudevano definitivamente su di lui e la sua mano gli accarezzava delicatamente un fianco.
“Oh mio … Blaine!” Esalò, incapace di trattenersi oltre.
Il riccio alzò gli occhi dorati, puntandoli nei suoi, e gli accarezzò l’erezione con la lingua un’ultima volta, prima di allontanarsi con un sorriso sulle labbra per tornare a baciarlo.
“Esatto” mormorò tra un bacio famelico e l’altro “Il tuo Blaine.”
Kurt dovette sforzarsi seriamente per non venire all’istante
Lo folgorò la consapevolezza che Blaine sarebbe stato suo ancora per poco. Troppo poco.
Si affondò le unghie nei palmi con violenza per non piangere, mentre l’altro gli baciava la gola con una dolcezza insopportabile; avrebbe iniziato sicuramente a sanguinare, se le mani di Blaine non avessero accarezzato lentamente le sue fino a fargli smettere quella tortura.
Ormai i loro bacini si scontravano ritmicamente, facendo mugolare entrambi per il piacere e la frustrazione.
“Fallo tu” mormorò Kurt con voce spezzata nell’orecchio dell’altro, che si limitò a guardarlo un attimo coi suoi magnifici occhi dorati, prima di annuire, baciandogli il viso e il collo per poi allungarsi per prendere il lubrificante e un preservativo dal comodino.
Kurt inarcò un sopracciglio scoccandogli un’occhiata maliziosa che fece arrossire il riccio; “È sempre meglio essere preparati” bofonchiò, facendogli una linguaccia, ma stava sorridendo.
Si risistemò sopra di lui con un altro lunghissimo bacio; si versò un po’ di lubrificante sul dito, prima di farsi delicatamente strada dentro di lui, senza smettere di accarezzarlo e baciarlo ovunque. Il castano annaspò un attimo sulle sue labbra, ma si spinse immediatamente contro di lui con un gemito, chiedendo di più.
Blaine mugolò prima di versarsi un altro po’ di lubrificante per inserire due dita, e gli accarezzò l’erezione con la lingua per rendere l’intrusione meno fastidiosa; funzionò.
“Blaine … Blaine, ti prego” mugolò Kurt, facendosi violenza fisica per non muovere i fianchi in avanti.
Il riccio sorrise, prima di allontanare le labbra dalla sue erezione e baciarlo con dolcezza sul ventre.
Si infilò lentamente il preservativo, senza allontanare i loro sguardi; si allungò su di lui, baciandogli la fronte “Ti amo, lo sai?”
Kurt dovette ridacchiare per non piangere “Non è il momento migliore per dirlo, lo sai?”
Blaine sbuffò, alzando gli occhi al cielo con un sorriso sulle labbra “Sei un idiota” ma lo disse baciandogli scherzosamente la punta del naso.
Kurt si morse il labbro inferiore, ma si sforzò di non chiudere gli occhi, quando Blaine si fece strada dentro di lui con la maggior delicatezza possibile. Il riccio gli accarezzò i capelli, poggiando la propria fronte sulla sua, baciandolo a fondo per fargli ignorare il bruciore, mentre una sua mano andava a dare sollievo all’erezione dell’altro; Kurt si rilassò immediatamente, e si spinse contro di lui finché Blaine non fu completamente perso nella sua stretta.
“Un attimo solo” sussurrò il castano, ansimando leggermente; il riccio annuì senza smettere di accarezzarlo.
Dopo qualche secondo, Kurt si spinse di nuovo contro di lui, facendogli capire che avrebbe potuto muoversi.
Il riccio cercò di muoversi piano, ma il castano gli afferrò i fianchi con decisione, spingendolo dentro di sé con un sorriso malizioso a cui Blaine rispose con un’occhiata sorpresa e un sorriso mozzafiato.
Cominciarono a muoversi insieme, i respiri sempre più affannati e spezzati, le lingue intrecciate.
Vennero nello stesso momento, gemendo l’uno nelle labbra dell’altro.
Cercarono di respirare profondamente, i petti ancora a contatto; Blaine uscì da lui con una leggera smorfia infastidita, e si ripulì velocemente e sommariamente prima di tornare da Kurt con un fazzoletto; pulì attentamente anche lui, mentre gli occhi azzurri lo scrutavano con amore e dolore.
“Vieni qui” sussurrò il castano, ancora disteso sul materasso, dopo essersi rimesso i boxer.
Blaine ritornò sul letto dopo aver buttato i fazzoletti sporchi, e gli si distese accanto.
Fu Kurt ad avvolgere con le braccia il petto di Blaine, tirandoselo vicino, affondando il viso tra quegli assurdi capelli ricci che adorava.
Il riccio alzò il viso per incontrare il suo sguardo; gli accarezzò una guancia con la punta delle dita.
“A volte non riesco a credere di averti trovato, sai?”
Gli occhi azzurri lo scrutarono con dolcezza e con un pizzico di sorpresa “Tecnicamente sono stato io a trovarti, sai?” Mormorò con un piccolo sorriso.
Blaine sbuffò, alzando gli occhi al cielo “Hai capito cosa intendevo” gli sfiorò il collo col naso.
Stettero in silenzio per un po’.
“Mi dispiace di averci messo tanto …” sussurrò il riccio.
“Ehi” Kurt gli fece sollevare il viso per incrociare i suoi occhi “No, okay? Ci hai messo il tuo tempo. È stato perfetto così.”
Un lampo di comprensione e paura attraversò gli occhi dorati “E lo sarà ancora, no?”
Kurt dovette deglutire e prendere un respiro profondo, per evitare che i suoi occhi si facessero lucidi “Sì” sussurrò, quando fu sicuro che la sua voce non avrebbe tremato “Lo sarà finché vorrai.”
“Allora lo sarà per sempre.” Sospirò Blaine, soddisfatto, baciandogli il mento.
Il castano chiuse gli occhi, lasciando che quella sensazione di pace e tranquillità si impossessasse di lui; l’avrebbe portata con sé come un amuleto.
Gli sfuggì un’unica lacrima, ma la nascose prima che l’altro potesse vederla.
Blaine gli stava accarezzando dolcemente un fianco; con un sorriso consapevole, lasciò che la cassa toracica risuonasse di quel suono così simile alle fusa di un gatto, perché sapeva che gli occhi di riccio si accendevano di una luce magnifica quando lo faceva.
E infatti, Blaine spalancò gli occhi, con un enorme sorriso sul volto.
“Ti amo, lo sai?” gli ripeté, stavolta in un momento più consono, con un’espressione felice.
“Anch’io” sussurrò Kurt in risposta, con un sorriso che gli fece male quasi quanto una pugnalata al petto “Ti amo anch’io.”

                                                                                                        *****



A parte il fatto che sono una persona detestabile.
Credo onestamente di avere dei problemi con le scene smut in momenti tragici. (Chi ha letto 
Let me love you (Until you learn to love yourself.) capirà.) E poi ho un problema con lo smut in generale, è evidente.
A parte questo, non odiatemi. Davvero.
E poi, io lo so, lo so, che per voi la Klaine non si dovrebbe separare mai, ma se no la storia sarebbe venuta di due capitoli. Quindi, abbiate fede e pazienza <3
Poooi, che altro; ah, ho aggiunto angst alle caratteristiche (?) della storia. Mi è sembrato giusto dirvelo, perché ce ne sarà un bel po', ad un certo punto.
Insomma, fatemi sapere -dopo queste note sconclusionate come sempre-, perché i capitoli semi-smut mi mettono sempre una certa ansia.


Coming next:
-
Non aveva mai guidato così velocemente.
Di solito rispettava i limiti di velocità perché era una persona prudente.
Ma ora voleva scappare. Da se stesso. Da tutto quello che si stava lasciando alle spalle. Dalla parte di sé che moriva sempre di più, metro dopo metro.


Non mi odiate, vero?
Baci baci, ci vediamo Martedì! (Che sarà anche la Vigilia **)
Ah, nel caso vi interessasse, credo che Lunedì pubblicherò il primo capitolo di 3 di una mini-long Klaine su Natale/Capodanno. 
Ma magari non ve ne frega niente.
Va be'.




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Capitolo 20
*** Don't let me go ***


Buona Vigilia a tutti! 
Ingozzatevi ben bene, mi raccomando **


Canzone consigliata per il capitolo: 
http://www.youtube.com/watch?v=gy9TczXqHQM


 

Being a Half.
20. Don't Let me go


 

“Quindi micetto … Dove pensi di andare, esattamente?”
Kurt si bloccò, irrigidendosi immediatamente, e strinse la presa sul borsone che aveva in mano.
Imprecò mentalmente, prima di girarsi.
Era buio, ma poteva distinguere chiaramente i tratti di Neal; sospirò, passandosi una mano sul viso.
“Io …”
Ma l’altro lo interruppe prima che potesse iniziare ad inventarsi qualcosa “Niente stronzate, Kurt.” Gli disse, serio come non mai “Per favore. Non offendere la mia intelligenza in questo modo. Ho visto che c’era qualcosa di strano in voi quattro, quando siete tornati, e mi hai evitato tutto il tempo ieri sera. Quindi non raccontarmi balle.”
Il castano si sentì immediatamente svuotato di ogni energia.
Era stanco di essere forte. Voleva solo chiudere gli occhi, tornare da Blaine, accoccolarsi di nuovo vicino a lui, stracciare quel misero bigliettino con cui l’aveva salutato. Ma non poteva. Non poteva perché lo amava più di se stesso, e così l’avrebbe protetto.
“Ho mentito” sussurrò, senza poterselo impedire; se non ne avesse parlato con qualcuno sarebbe esploso.
“Questo l’avevo capito” commentò Neal, avvicinandosi a lui; gli poggiò le mani sulle spalle, lo costrinse a guardarlo negli occhi “Kurt. Dimmi la verità.”
“Non è andata bene con gli Elfi, Neal” la sua voce era un mormorio appena accennato, venato di disperazione “Eridian ha detto che non ci avrebbe lasciati in pace, che avrebbe mandato un esercito al Castello … Che ci avrebbe fatti uccidere tutti. A meno ché … A meno ché io non avessi accettato di passare del tempo con lui.”
Neal cercò di mantenere la calma, respirando profondamente “Che vuol dire ‘passare del tempo con lui’?” Chiese lentamente.
Kurt dovette chiudere gli occhi “Ha detto di essere … Credo che …” Scosse la testa, sforzandosi di concludere la frase “Credo che sia attratto da me.” Trattenne bruscamente il fiato, e Neal con lui, come se avesse appena realizzato che cosa avrebbe comportato tutta quella situazione.
Essere toccato in quel modo da qualcuno che non fosse Blaine lo nauseò tanto che dovette prendere dei respiri profondi per calmarsi.
“E tu hai accettato?”
“Mi ha dato due giorni per pensarci, ma non c’è un’altra soluzione. Devo farlo.”
Neal socchiuse gli occhi, scrutandolo con attenzione “Santana, Nick e Sebastian lo sanno, vero?”
Kurt annuì brevemente “Sì. Ma sono riuscito a convincerli a non dire niente. Loro credono che aspetterò per capire se possiamo cercare un’altra soluzione, ma …”
“Ma tu non credi che ci sia un’altra soluzione.” Concluse l’altro al posto suo.
“Esatto.”
Rimasero in silenzio per qualche istante.
“È una follia.” Decretò alla fine Neal, piantando con durezza i propri occhi in quelli azzurri “Non puoi farlo. Non devi sacrificarti come se fossi un martire, troveremo davvero un’altra soluzione.”
“Neal.” La voce di Kurt era troppo calma, quasi stanca “Non ho intenzione di rischiare che facciano del male a Blaine, o a qualcun altro di voi. Lo capisci? Posso evitarlo, e lo farò.”
“Ti distruggerà.”
“No, non lo farà.” Ribatté il castano con forza, sforzandosi di tenere bassa la voce “Sono più forte di quanto tutti voi sembriate pensare. E vuoi sapere un’altra cosa?” Continuò, prima che l’altro lo interrompesse, cercando forse di convincere più se stesso che lui “Io ce la farò per lui. Perché pensare che potrebbe succedergli qualcosa quando avrei potuto facilmente evitarlo fa più male di qualsiasi cosa potranno mai farmi gli Elfi.”
“E non hai pensato a come reagirà Blaine? Dio, Kurt, non hai pensato al fatto che impazzirà, letteralmente? Avrà un’altra delle sue crisi e se non ci sarai non saremo in grado di calmarlo!”
“Credi sul serio che io non ci abbia pensato?” La voce di Kurt si ridusse improvvisamente ad un sussurro roco “Lui è stata l’unica cosa a cui ho pensato, Neal. Da quando è iniziata questa follia non sono riuscito a pensare ad altro. Quindi mi devi credere se ti dico che non ho trovato un’altra soluzione. E tu più di tutti dovresti sapere quanto mi fa male lasciarlo andare, dopo tutto il tempo che ci abbiamo messo a trovarci.”
Neal strinse le labbra abbassando lo sguardo, frustrato.
Avrebbe voluto trovare qualcosa da dire, qualsiasi cosa, ma sapeva che non sarebbe mai riuscito a convincerlo, non se Blaine fosse stato in pericolo.
Rialzò il viso, la bocca semiaperta per provarci comunque, perché lasciarlo andare così non era concepibile; ma Kurt se n’era andato.
Si morse le labbra quasi a sangue quando sentì il rumore degli pneumatici sul viottolo sterrato, e una lacrima gli attraversò lentamente una guancia quando si rese conto di non averci provato abbastanza.
Corse fuori; nemmeno lui sapeva per fare cosa. La macchina di Kurt non c’era più.
Si affondò le mani tra i capelli, sforzandosi di mantenere il controllo e di ragionare con lucidità: avrebbe trovato una soluzione, avrebbe svegliato Sebastian e Rachel, l’avrebbero riportato indietro e gli avrebbero fatto capire che quella era solo un’assurdità.
Ma un urlo terrificante squarciò il silenzio quasi surreale della notte.
Non ebbe nemmeno bisogno di chiedersi da quale camera provenisse.

                                                                                                      *****

Non aveva mai guidato così velocemente.
Di solito rispettava i limiti di velocità perché era una persona prudente.
Ma ora voleva scappare. Da se stesso. Da tutto quello che si stava lasciando alle spalle. Dalla parte di sé che moriva sempre di più, metro dopo metro.
Ma non fu abbastanza veloce, non lo sarebbe mai stato.
Non sarebbe mai stato abbastanza veloce da scappare da Blaine.
Pregò soltanto che quell’urlo finisse presto, altrimenti avrebbe dovuto lasciare il volante per premersi le mani sulle orecchie, perché quel suono lo stava lacerando dentro.
Voleva solo tornare indietro.
Ma non poteva, non poteva.
Non lasciarmi andare.
Lo urlò dentro di sé, ma Blaine non poteva sentirlo.

                                                                                            ****

Si era svegliato con una strana sensazione nel petto.
Ci aveva messo qualche secondo a realizzare che era angoscia. E paura. Desolazione.
Aveva allungato la mano sul materasso di fianco a sé; non che ce ne fosse davvero bisogno. Poteva sentire l’assenza di Kurt nella voragine che si era scavata di nuovo nel suo petto. Si era alzato a sedere lentamente, e aveva sentito freddo. Un gelo l’aveva fatto rabbrividire, scuotendolo completamente.
Si era mosso come in un sogno, senza ordinare davvero al proprio corpo di farlo. Aveva raggiunto il comodino, e quando aveva visto quel bigliettino di carta aveva cominciato a perdere qualsiasi contatto con la realtà. Era tutto dolorosamente familiare, esattamente come l’ultima volta che Kurt se n’era andato, lasciandolo da solo. Ma stavolta non poteva essere così, non dopo quella notte, non dopo tutto quello che si erano detti. Non c’era motivo.
Ma quando aveva visto quelle parole, vergate con quella calligrafia, aveva sentito il mondo scivolargli via dalle mani.

Ti prego, perdonami. Lo faccio per te. Non cercarmi.
Ti amo. Ti amerò sempre.

 
Tutto si era fatto rosso.
Ora poteva solo urlare. E provare dolore. 


“MALEDIZIONE, NICK, VA’ A CHIAMARE FINN! DOV’ È KURT?! CI SERVE KURT!”
Sebastian evitò di un soffio la mano di Blaine chiusa ad artiglio che altrimenti gli avrebbe raggiunto la gola; Neal cercò di bloccargli le spalle in una morsa da dietro, ma non ci riuscì e a malapena si tirò indietro evitando una testata.
Il Castello si era svegliato all’improvviso a causa dell’urlo, ed erano tutti corsi immediatamente nella camera di Kurt e Blaine; della stanza era rimasto molto poco. Avevano trovato Blaine accasciato sul pavimento, scosso da tremiti profondi, le mani premute sul viso orribilmente contratto. Sebastian aveva sentito un brivido corrergli distintamente lungo la schiena nel vedere i lineamenti dell’altro tanto cambiati e tanto profondamente simili a quelli di un Elfo; aveva realizzato in quell’istante che Eridian non aveva affatto mentito. Poi Blaine aveva alzato il volto di scatto, con un’espressione furiosa dipinta sul viso, e non aveva più avuto alcun modo di pensare.
Rachel si affacciò alla porta della camera, pallida in volto e con i capelli in disordine “Kurt non c’è.” Sussurrò, con gli occhi spalancati, evidentemente in preda al panico “La sua macchina non è più nel parcheggio.”
Sebastian imprecò sonoramente, abbassandosi per evitare un pugno mentre Puck cercava in tutti i modi di tenere fermi i polsi di Blaine senza fargli del male. “Che cazzo vuol dire che Kurt non c’è?! Dov’è andato?!” Una risposta gli si affacciò prepotentemente alla mente, ma la respinse con tutte le proprie forze.
“È andato via, Seb.” La voce di Neal era bassa ma tormentata “È andato da Eridian.”
Sarebbe calato un silenzio irreale, se Blaine non avesse continuato a ringhiare furioso tra le braccia di Puck che cercava in tutti i modi di tenerlo fermo.
“Che cosa?” La voce di Rachel era ridotta ad un misero sussurro “Di cosa state parlando?”
Gli occhi di Sebastian erano spalancati, terrorizzati. “No” mormorò, incredulo.
Finn e Nick irruppero nella stanza con i respiri pesanti per la corsa, e gettarono un’occhiata veloce alla camera distrutta prima di avvicinarsi velocemente a Puck, Neal e Sebastian che avevano circondato Blaine, ormai quasi irriconoscibile. Aveva le labbra contratte sui denti scoperti, i lineamenti marcati in maniera grottesca e due piccole sporgenze sulla fronte. Negli occhi dorati non c’era più alcuna dolcezza.
“Kurt non è nemmeno sotto il salice!” Rachel rivolse un’occhiata angosciata a Santana, che si appoggiò allo stipite della porta cercando di riprendere fiato; il suo sguardo scivolò immediatamente sul gruppetto al centro della stanza “Ma che diavolo …?” sussurrò, osservando il volto di Blaine con gli occhi scuri spalancati.
“Santana, Rachel, uscite!” ordinò Finn, gli occhi puntati sul riccio che si guardava attorno come un animale in gabbia, alla ricerca di una via d’uscita.
Le due ragazze obbedirono dopo essersi lanciate un’occhiata d’intesa, e uscirono velocemente dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
Rachel corse in camera, seguita da Santana, e afferrò il cellulare con le mani che tremavano.
Compose velocemente il numero, pregando che rispondesse.
Rachel.” La voce che rispose era stanca, roca e scossa.
Kurt!” esclamò la ragazza, sotto gli occhi attenti e sorpresi di Santana “Kurt, dove sei? Ti abbiamo cercato dappertutto, Blaine ha avuto un’altra crisi, devi tornare—”
Non posso” la interruppe lui con dolcezza.
Che … Che vuol dire che non puoi?” La voce di Rachel cominciava ad essere venata dalla paura.
Non posso tornare, Rachel.
Che assurdità stai dicendo? Certo che puoi, qualsiasi problema tu abbia avuto con Blaine si risolverà, ne sono sicura …
Blaine non c’entra niente” La voce gli si spezzò nel pronunciare il suo nome, ma deglutì e andò avanti “Neal, Santana, Nick e Sebastian vi spiegheranno. Non … Non mi venite a cercare, d’accordo? Ti voglio bene, Rachel. Prenditi cura di lui. Per favore.
Cadde la linea.
Rachel rimase col telefono premuto sull’orecchio per qualche secondo, gli occhi spalancati e lucidi.
Si voltò verso Santana, che aveva sentito tutto con chiarezza ed era diventata improvvisamente pallida “Che diavolo sta succedendo?” mormorò, spaventata.


Un taglio rosso si disegnò su un avambraccio di Finn, che si allontanò con una smorfia.
“Adesso basta!” Esclamò Sebastian, visibilmente al limite della sopportazione, scansando l’ennesimo pugno.
Da venti minuti stavano provando a far calmare Blaine senza fargli del male, senza nessun successo.
“Andiamo Anderson” sbottò Puck, scrollandolo poco saggiamente per le spalle “Torna in te!” Ottenne in risposta una testata sul naso che lo fece gemere di dolore, con gli occhi lucidi; lo lasciò andare immediatamente.
“Puck! Tutto bene?” Nick tese istintivamente una mano verso di lui, senza distogliere lo sguardo da Blaine che continuava a camminare furiosamente all’interno del piccolo cerchio formato dai ragazzi che lo circondavano.
“Ti sembra che vada tutto bene, Duvall?” la voce di Noah era attutita dalle mani chiuse a coppa sul suo naso “Ha rovinato il mio profilo perfetto!”
Neal scosse la testa alzando un attimo gli occhi al cielo, ma un’idea gli fece volgere velocemente lo sguardo sul riccio
“Blaine” disse dolcemente, facendolo voltare con uno scatto.
Anche gli altri puntarono gli occhi speranzosi su di lui.
“Lo sai che Kurt non vorrebbe vederti in questo stato” proseguì, con voce melliflua, cercando di nascondere la paura.
Gli occhi dorati si spalancarono, e per un attimo sembrarono ritornare alla loro abituale dolcezza; ma fu solo un attimo: vennero immediatamente invasi di nuovo dal terrore e dalla rabbia.
“Non lo nominare” ruggì, scagliandoglisi addosso; Neal non riuscì a scansarsi abbastanza in fretta, e un ampio taglio gli si disegnò su un fianco, facendogli contrarre il viso in una smorfia di dolore.
Cercò di sottrarsi ai suoi colpi arretrando, ma incespicò nelle coperte del letto, malamente buttate per terra.
“Ora basta!” sbottò Sebastian, ormai sull’orlo di un crollo nervoso “Finn, fa’ quello che devi.”
“Ma è Blaine …”
“Potrebbe essere il Papa per quanto mi riguarda! Fallo e basta!”
Finn si esibì in una smorfia contrariata, prima di avvicinarsi lentamente a Blaine, che si voltò verso di lui distogliendo lo sguardo da Neal, che aveva continuato ad arretrare con crescente difficoltà.
Non gli diede il tempo di fare alcunché.
Lo colpì con un destro in pieno viso, facendolo cadere mollemente all’indietro; Neal e Sebastian lo afferrarono al volo poco prima che si scontrasse col pavimento.
Quasi senza rendersene conto, si ritrovarono tutti a sedere sul pavimento, esausti e svuotati di qualsiasi emozione.
Fu la voce di Puck a spezzare perentoriamente il silenzio, una mano ancora intenta a massaggiare il naso “Adesso qualcuno mi dica cosa cazzo è successo.”
Nick e Sebastian si scambiarono un’occhiata significativa, poi quest’ultimo si voltò verso Neal, ricordandosi improvvisamente cosa gli aveva detto poco prima “Tu lo sapevi” mormorò, inchiodandolo coi propri occhi verdi.
Neal sostenne fieramente il suo sguardo “Tu lo sapevi, e ci hai mentito.” Si voltò verso Nick, mentre la rabbia prendeva lentamente possesso della sua voce “Voi lo sapevate. Se solo ce lo aveste detto, avremmo evitato questo disastro!” cominciò ad urlare quasi senza rendersene conto.
“Non ci ha lasciato scelta!” Sibilò Sebastian, la furia trattenuta a stento.
“Era uno solo, maledizione! Un solo dannato ragazzino, e non vi ha lasciato scelta?!”
Scattarono entrambi in piedi, fronteggiandosi con i respiri affannati.
“Non credere di potermi fare la morale! Lo conosco da tutta una vita e certo---”
“STATE ZITTI!” La voce di Santana li fece ammutolire.
Rachel entrò con lei nella camera, che ormai era un completo disastro, e le bastò lanciare un’occhiata veloce a Blaine per correre a prendere del ghiaccio.
Un silenzio pesante si fece largo nella stanza, intrappolandoli sotto una cappa.
Rachel tornò poco dopo, e allungò l’involto freddo a Nick, che lo posò con delicatezza sul volto di Blaine.
“Adesso” disse lentamente Santana, lanciando una lunga occhiata a Sebastian “Dobbiamo parlare.”
 
*********


Note:

Mi dispiace infinitamente di lasciarvi con un capitolo così triste per la Vigilia, davvero :\
Cercate di non odiarmi!
Non ho molto da dire, tranne che, come sempre, spero vi sia piaciuto, spero che me lo facciate sapere e grazie. Come avrei fatto senza di voi? :')

Coming next:
-
“Oh, ti sbagli, Kurt” Eridian aveva sul volto un sorriso angelico che lo rendeva persino più terribile “Io non mento. Mai. Dimmi, quando hai guardato nella Sfera, cosa hai visto di preciso?”
“Blaine.” Pronunciare quel nome gli procurò un indicibile dolore al petto.
Il Re scosse la testa, con un sorriso “Sbagliato. Pensaci bene.”
[...]
“Ti voglio rivelare un segreto, Kurt” [...] “Nella Sfera non hai visto niente.”


Lo so, sono orribile :(
Perdonatemi!
Ah, posso farmi pubblicità da sola? Ma sì. Mi farebbe un immenso piacere se voleste dare un'occhiata ad una mini mini long Klaine di Natale: 
A Merry Christmas.
Bene, ora mi sento un po' ridicola.
Ma va be'.
Buone Feste!
A Sabato!

 


 

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Capitolo 21
*** Letting Go ***


Buone feste a tutti!

Non so davvero come ringraziarvi per la costanza e l'entusiasmo con cui mi seguite **
Vorrei abbracciarvi tutti!
Questo capitolo è per Lockedche mi fa aggiornare anche oggi ^^ 

Canzone consigliata per il capitolo (sì, ci sto prendendo gusto): 
http://www.youtube.com/watch?v=zMBTvuUlm98

 

Being a Half.
21. Letting go


 

“Non potete dire sul serio.” Rachel aveva gli occhi spalancati per l’incredulità “Kurt non può aver fatto una cosa simile. Non se ne andrebbe così …” Ma la voce le morì in gola, perché lo sapevano tutti che l’avrebbe fatto. Per proteggerli, e soprattutto per proteggere Blaine.
Sebastian, Nick, Santana e Neal abbassarono lo sguardo, mortificati.
“Non l’avevo capito” sussurrò Smythe “Credevo che avrebbe aspettato davvero …” Gli si spezzò la voce e strinse le mani a pugno, maledicendosi: come aveva fatto a non accorgersene?
“Non è colpa tua” sussurrò Nick, poggiandogli delicatamente una mano sulla spalla.
“Avreste dovuto dircelo” intervenne Puck con durezza, premendosi il ghiaccio sul naso ormai violaceo “Avremmo potuto evitare tutto questo.”
“Non è il momento, okay?” Finn strinse gli occhi mentre Rachel gli avvolgeva la ferita, fortunatamente superficiale, con una benda “Adesso dobbiamo solo pensare a come riportarlo indietro.”
“Giusto” annuì Neal, ansioso di fare qualcosa, qualsiasi cosa, accarezzandosi distrattamente le bende che erano state prontamente avvolte attorno alla ferita sul fianco.
“Forse dovremmo aspettare che tornino Jeff, Quinn e Shuester, non abbiamo nemmeno un piano …” Obiettò Nick con voce incerta.
“Chi se ne importa” gracchiò una voce dal materasso, terribilmente rauca.
Si voltarono tutti di scatto verso il letto: Blaine si stava alzando a fatica facendo leva sui gomiti, ed era pallidissimo; Puck gli si avvicinò prontamente e lo aiutò a mettersi seduto.
“Non guardatemi tutti così” borbottò il riccio, in risposta alle occhiate sorprese e timorose che gli rivolsero i presenti “So cos’è successo. Ho un vuoto di almeno mezz’ora, quindi lo posso immaginare. E mi dispiace per qualsiasi cosa io abbia fatto. Ma vi prego, per favore, dobbiamo andare a prendere Kurt” la voce gli si era venata di disperazione, e gli occhi gli si erano fatti lucidi “Non abbiamo tempo da perdere. Potrebbero fargli del male e …” non riuscì a finire a causa del groppo che gli si era formato in gola.
I ragazzi si scambiarono delle occhiate incerte.
“Blaine” iniziò Rachel lentamente, comprensiva “Se anche noi andassimo … Tu non potresti venire. Non sappiamo cosa scatena le tue crisi e … La situazione potrebbe scatenarne un’altra …”
Sebastian, Santana e Nick si guardarono per un attimo, a disagio, ma al riccio non sfuggì “Cosa?” Chiese immediatamente “Cosa sapete?”
I tre rimasero in silenzio, indecisi su cosa dire.
“Non mentitemi” la voce di Blaine si era fatta improvvisamente cupa “Non tenetemi all’oscuro. L’avete già fatto. Avete lasciato che Kurt andasse via. Ora, qualsiasi cosa sia, se riguarda me, ho il diritto di saperlo.”
Sebastian sospirò: aveva ragione. “Quando siamo stati alla corte di Eridian” parlava con lentezza, come se così avesse potuto alleggerire  il peso della verità; gli occhi di tutti erano puntati su di lui, sorpresi e impazienti “Ci ha detto una cosa, su di te.” Prese un respiro profondo “Ci ha detto che … Che tua madre era un’Elfa e tuo padre un uomo. Probabilmente le tue crisi sono collegate a questo, infatti il tuo aspetto cambia e sembri …” Non terminò la frase, facendo un cenno vago con la mano.
Blaine aveva gli occhi spalancati, il respiro affannato e i pugni così stretti da fare male.
“Mentiva” mormorò “I miei genitori sono …” Ma si interruppe, perché nemmeno lui sapeva cosa avrebbe voluto dire.
I suoi genitori.
I suoi genitori erano sempre stati lontani, non si erano mai realmente curati di lui. Non si erano mai comportati da veri genitori. Non si erano nemmeno preoccupati di non averlo trovato a casa, quando erano tornati e lui si trovava al Castello. Aveva sempre pensato che fosse perché era gay.
Ma non poteva essere vero. Questo avrebbe voluto dire che la maggior parte della sua vita era stata solo una bugia.
Si prese la testa tra le mani, senza curarsi delle occhiate preoccupate che gli stavano lanciando i ragazzi attorno a lui.
Iniziò a respirare lentamente, imponendosi di calmarsi.
Kurt.
Doveva pensare a Kurt. Kurt era in pericolo. Era andato dagli Elfi da solo. Eridian lo voleva per sé, per uno sciocco capriccio.

Ti prego, perdonami. Lo faccio per te. Non cercarmi.
Ti amo. Ti amerò sempre.


Non l’avrebbe mai lasciato andare così.
Doveva salvarlo.
Del resto si sarebbe curato in un altro momento.
Prese un ultimo, profondo, tremante respiro prima di sollevare il capo e incrociare gli sguardi preoccupati e comprensivi attorno a lui.
Rachel aprì la bocca per parlare, ma Blaine non glielo permise “Dobbiamo andare a cercarlo.” Ribadì, con un tono di voce che non ammetteva repliche.
Santana e Sebastian si scambiarono un’occhiata d’intesa. “Sì.” Concordò lui, con uno sguardo deciso “Dobbiamo andare a cercarlo.”

                                                                                    ****

“Neal, tu rimani qui.” Sebastian parlava velocemente, conciso e diretto, mentre si dirigeva a passo svelto verso la macchina “Jeff, Quinn e Shuester arriveranno tra un’ora. Ci raggiungerete non appena potrete. Potete prendere la macchina di Finn.”
Neal annuì, serio, fermandosi accanto alla portiera aperta “State attenti.” Disse solo, stringendogli brevemente la spalla.
Sebastian fece un breve cenno d’assenso col capo prima di salire al posto del guidatore.
Blaine, già seduto di fianco a lui, strinse nervosamente l’elsa del pugnale con la pietra d’ambra, l’arco scomodamente appoggiato sulle ginocchia.
Smythe gli lanciò un’occhiata decisa “Lo salveremo. Fosse l’ultima cosa che faccio.”
Il riccio annuì brevemente, evidentemente teso.
Sebastian fece un cenno con la mano fuori dal finestrino, e Santana, dalla macchina dietro la sua, assentì col capo in risposta.
Entrambe le auto si misero in moto, e partirono velocemente.
Kurt doveva essere quasi arrivato.
 
                                                                                                  ****

Non sapeva come avesse fatto ad arrivare fin lì.
Non sapeva come avesse trovato la forza di scendere dalla macchina.
Si era come svegliato da un sogno nel momento in cui era arrivato davanti al lago, e le scale gli si erano rivelate, scintillanti nell’alba, esattamente come il giorno prima.
Sembrava che fosse passata una vita.
Non aveva pianto. Aveva solo guidato, ed era arrivato in meno di due ore e mezzo.
Ma ora si trovava lì, e non aveva il coraggio di muovere quei passi.
Si limitava a stringersi le braccia attorno al petto, e si sforzava di non pensare che poche ore prima qualcun altro l’aveva abbracciato allo stesso modo; in quella stretta si era sentito al sicuro. Completo. Per la prima volta nella sua vita aveva sentito di potersi affidare completamente a qualcuno. E forse era stata anche l’ultima.
Scosse la testa.
Ormai era troppo tardi. Non poteva più tornare indietro. E anche se avesse potuto non l’avrebbe fatto: doveva salvarlo.
Pensò solo ai suoi occhi, muovendo qualche passo in avanti quasi alla cieca.
Percorse i corridoi trasparenti con passo svelto, e arrivò nell’ampia sala del trono troppo presto.
Il respiro gli incespicò dolorosamente nella gola, e dovette chiudere gli occhi per non crollare.
La sala era vuota. C’era solo una figura mollemente adagiata sul trono.
“Kurt” la voce di Eridian era melliflua, compiaciuta. “Sapevo che saresti venuto.”
Il castano non rispose; non era sicuro di come sarebbe suonata la propria voce, e non voleva mostrarsi debole di fronte a lui.
Il Re si alzò dal trono e si avvicinò al ragazzo con un ghigno vittorioso sulle labbra “Devo dire che mi hai sorpreso, però. Pensavo che ci avresti messo di più a convincere il tuo Blaine.” Quel nome lasciò le sue labbra quasi come se fosse stato un insulto.
Ma Kurt non poteva pensarci. Non poteva pensare ai suoi occhi e al suo sorriso. Deglutì, e maledisse i propri occhi che si erano fatti improvvisamente lucidi.
“Ah, capisco” la soddisfazione e il compiacimento di Eridian erano palpabili “Non gliel’hai detto, non è vero?”
Il tono di voce carezzevole che aveva usato lo costrinse a sforzarsi per impedire alla propria testa di girare.
Eridian cominciò a girare attorno a lui, lentamente, sfiorandolo accuratamente con lo sguardo; Kurt dovette trattenersi per non voltarsi con lui ed evitare di sentirsi così vulnerabile sotto i suoi occhi.
Quello era solo l’inizio.
“No, non gliel’hai detto.” Mormorò Eridian con una dolcezza simulata che fece rabbrividire Kurt. “Meglio così, giusto?” un ghigno increspò le labbra del Re “Non vogliamo che venga a disturbarci.”
Kurt era sicuro di avere il volto contratto in un’espressione di disgusto, e dovette reprimere dei brividi di terrore che minacciavano di corrergli prepotentemente lungo la schiena.
“Questo tuo mutismo, però, non ci porterà troppo lontano” Eridian finse un piccolo broncio, gli occhi grigi scintillanti “Non lo sai che il dialogo è la base stabile di ogni rapporto?”
Kurt non poté trattenere una risata amara priva di qualsiasi allegria “Il gatto mi ha mangiato la lingua.” Ribatté sarcasticamente, con la voce carica di acidità.
Eridian gettò la testa indietro, ridendo sguaiatamente “Capisco, non sei in vena di chiacchiere” annuì fra sé e sé. “Quindi” continuò battendo le mani, eccitato “ho un’ultima domanda; se risponderai, sarai libero di andare nella tua cella!”
Kurt aspettò, in silenzio.
“Dimmi … Come mai non gliel’hai detto?” Gliel’aveva chiesto con finto garbo e una malcelata curiosità, inclinando il capo su una spalla “Forse non eravate così innamorati come credevi?”
Dalle labbra del castano fuggì un sibilo ben distinto “Io amo Blaine, e lui ama me” ringhiò, con le mani che quasi tremavano “Tu non sai niente di noi, io l’ho visto, non osare---
“Oh, ma certo” ridacchiò Eridian interrompendolo, per nulla turbato “Tu l’hai visto” lo scimmiottò “nella magica Sfera di Nythrian.” Il sarcasmo nella sua voce era evidente. “Uno sciocco artefatto creato da un’Elfa dalla mente troppo ottusa e contorta” alzò gli occhi al cielo, riabbassandoli in tempo per cogliere l’espressione interrogativa del ragazzo di fronte a lui “Giusto! Dimenticavo che voi Halfbeings credete che quella sfera sveli il volto della propria anima gemella.” Il tono era chiaramente disgustato ed irrisorio.
“È quello che fa.” Mormorò Kurt, improvvisamente spiazzato; voleva solo andarsene da lì, non aveva più la forza di resistere.
“Sbagliato, ragazzino.
“Menti” lo interruppe il castano, prima che potesse continuare “Non fai altro che mentire, e sono stufo. I patti non erano questi.” La voce gli tremava.
“Oh, ti sbagli, Kurt” Eridian aveva sul volto un sorriso angelico che lo rendeva persino più terribile “Io non mento. Mai. Dimmi, quando hai guardato nella Sfera, cosa hai visto di preciso?”
“Blaine.” Pronunciare quel nome gli procurò un indicibile dolore al petto.
Il Re scosse la testa, con un sorriso “Sbagliato. Pensaci bene.”
Kurt aprì la bocca per parlare, ma un pensiero lo costrinse a tacere, sbigottendolo.
“Esatto” Le labbra di Eridian erano curvate in un sorriso vittorioso e consapevole “Non hai visto Blaine.”
Gli occhi azzurri erano spalancati, increduli. Terrorizzati.
“Ti voglio rivelare un segreto, Kurt” le labbra del Re si avvicinarono pericolosamente al suo orecchio, facendolo rabbrividire e inchiodandolo sul posto “Nella Sfera non hai visto niente.”
Il respiro del ragazzo si fece affannoso, ma Kurt si sforzò di mantenere la calma, di ragionare; lo realizzò pienamente in quel momento.
Lui amava Blaine. Indipendentemente dalla Sfera, indipendentemente da qualsiasi altra cosa.
Lo amava con tutto se stesso, e non gli importava cosa avrebbe potuto dire Eridian.
Questa certezza gli diede la forza di guardare dritto negli occhi terribilmente grigi, ostentando indifferenza e sicurezza.
Negli occhi del Re passò uno scintillio divertito “La Sfera si limita a risvegliare la parte di voi animaletti che sente uno sciocco bisogno di amare. Il vostro istinto vi spinge a cercare febbrilmente qualcuno che possa essere giusto. Quando lo trovate, vi convincete di aver visto il suo volto nella Sfera. Pura suggestione” fece spallucce “Per questo funziona solo con chi non è innamorato. Se uno di voi la toccasse e fosse già innamorato, il suo istinto lo spingerebbe verso colui di cui è già innamorato.” Un ghigno divertito accompagnò quelle ultime parole.
Il volto di Kurt era una maschera di indifferenza, e un piccolo sorriso consapevole gli incurvava le labbra “Niente di quello che dici mi interessa” scrollò le spalle “Io lo amo” concluse con sicurezza, guardandolo dritto negli occhi “Indipendentemente da qualsiasi altra cosa.”
Il colpo secco risuonò nella sala.
La testa di Kurt scattò di lato, e non poté trattenere un gemito più di sorpresa che di dolore; la mano di Eridian era stata così veloce che nemmeno l’aveva vista. La guancia iniziò a bruciargli qualche secondo dopo, ma non ci fece caso.
“Sarai anche carino, ragazzino.” Sibilò il Re, furioso; il sorriso sardonico di poco prima aveva abbandonato le sue labbra “Ma non sei nessuno. Potrei farti uccidere in qualsiasi istante, quindi tieni a freno la lingua.”
Kurt gli lanciò uno sguardo di puro odio, le pupille improvvisamente sottili, e non poté trattenere un ringhio basso che gli fece vibrare il petto.
Nemmeno stavolta riuscì a vedere il pugno del Re, che lo raggiunse allo stomaco con violenza, costringendolo a piegarsi con un gemito furioso.
Si raddrizzò immediatamente, cercando di non badare al dolore, e lo fronteggiò di nuovo, orgoglioso, senza togliersi il sorriso dalle labbra.
“Oh, capisco” mormorò Eridian, con un ghigno inquietante sul volto “Qualcuno ha bisogno di una lezione di buone maniere.”
Quando il colpo successivo lo raggiunse ad una gamba, Kurt strinse i denti e non gli diede la soddisfazione nemmeno di una smorfia di dolore.
Aveva uno sguardo dorato bene in mente, e un sorriso mozzafiato davanti agli occhi.
E li amava.

*********


Note:
Mi dispiace prima di tutto che sia abbastanza corto, e poi che anche questo sia abbastanza triste.
Solo un piccolo appunto sulla questione della Sfera (che finalmente si leva dalle scatole); io spero vivamente che si capisca, comunque, eventualmente, chiedete pure senza problemi! Io l'ho immaginata come un artefatto che risveglia un istinto (non so se mi spiego), così non c'è nessun tipo di "obbligo" o "costrizione", e gioca un ruolo fondamentale anche la suggestione, come dice Eridian.
Poi, Eridian, il Simpaticone. Capite ora cosa intendo per pazzo nel senso letterale del termine?
Scusami Kurt, giuro che non volevo :(

Coming next:
-
“Siete stati voi ad accettare l’accordo, o sbaglio? Il nostro adorabile Kurt è venuto qui di sua spontanea volontà.” Accompagnò quelle parole ad un gesto elegante nella direzione del ragazzo.
Blaine tremava. Tremava, e sentiva di star perdendo il controllo.
“Non ci interessa” sbottò Puck “Sei un pazzo maniaco dalla sessualità confusa. Quindi Kurt torna a casa con noi.”

Puck che inquadra il personaggio di Eridian in una frase <3
Insomma, non odiatemi troppo, continuate a mangiare (come sono andati i regali? No, perché Natale è il momento migliore per i parenti per dimostrare quanto poco ci conoscano, io lo so °-°), e a Sabato! (O a domani, se seguite anche la Klaine natalizia!)
Bacioni! *-*

 
















 

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Capitolo 22
*** I won't let you go ***


Being a Half.
22. I won't let you go


 

Kurt non sapeva esattamente quando il mondo avesse cominciato ad essere un vorticare indistinto di dolore.
Era a malapena consapevole del proprio respiro spezzato, che riusciva a spingere fuori dai polmoni a fatica, e ogni volta aveva l’impressione che una lama gli stesse penetrando un fianco assieme all’aria che respirava.
Non era stata la quantità dei colpi, ma la loro violenza.
Non riusciva nemmeno a tenere gli occhi aperti. Si limitava a starsene rannicchiato per terra col capo abbandonato contro la parete, e non osava chiedersi come avrebbe resistito dei mesi così. Un dolore sordo lo stava divorando anche dall’interno, costringendolo a rimanere vigile nonostante lo strato di sofferenza che gli attutiva i sensi, rendendo ovattata tutta la sala del trono.
Non si sarebbe mai abituato a quell’odore, lo sapeva. Era pungente, aspro. Gli faceva venire mal di testa.
Arricciò il naso, con una nuova fitta di dolore al capo, quando percepì la presenza di un altro Elfo nella sala.
Lo sentì avvicinarsi ad Eridian, ancora in piedi a qualche metro da lui, ma non ebbe la forza di aprire gli occhi; si limitò ad ascoltare, e colse i sussurri concitati delle due creature.
“Mio Signore, gli Halfbeings si stanno avvicinando. Saranno qui tra meno di dieci minuti.”
Il cuore di Kurt sussultò, facendolo gemere piano: non sarebbe dovuta andare così. Aveva detto loro di non cercarlo, non potevano essere stati davvero così sciocchi da disubbidirgli, da mettere in pericolo tutti. Da mettere in pericolo Blaine. Si sarebbe voluto alzare, avrebbe voluto dire ad Eridian che ci avrebbe parlato lui, che li avrebbe convinti a tornare indietro; qualsiasi cosa, purché li lasciasse andare via in pace. Ma non aveva la forza di parlare.
“Oh, questo sì che è interessante.” Poté percepire dalla sua voce il ghigno divertito sulle labbra di Eridian, e un brivido gli corse lungo la schiena.
Doveva fermarli, in qualche modo. Non poteva lasciare che cadessero nella sua trappola.
Aprì lentamente gli occhi, ignorando il pulsare costante nella sua testa; quello che vide per poco non lo fece tremare.
Si ritrovò ad affondare in uno sguardo grigio e terribile, accompagnato da un sorriso divertito e soddisfatto “Se non vogliono rispettare i patti, non vedo perché dovrei farlo io. Non credi anche tu, Kurt?”
Ovviamente non aspettò che rispondesse; si rivolse nuovamente all’altro Elfo “Fateli entrare, e lasciateli arrivare qui. E mandatemi trenta Elfi, immediatamente.”
“Mio Signore … Non potremmo ucciderli nei corridoi?”
“Oh, no” mormorò Eridian, piantando i propri occhi in quelli azzurri e sofferenti di Kurt “Voglio che Blaine lo veda. Non ho mai assistito al Risveglio di un Mezzelfo, e sono sinceramente curioso di sapere quanto può essere forte” Estrasse quasi sovrappensiero dal suo fodero una delle corte lame con cui erano soliti combattere gli Elfi, e la scrutò per un attimo “Chissà se sarebbe più forte di me.” Concluse con un sorriso, rigirandosi il pugnale tra le mani.
Kurt chiuse gli occhi, lottando contro le lacrime che minacciavano di tradirlo.
Non poteva essere stato tutto inutile.
Cominciò a ragionare in maniera febbrile, cercando disperatamente un modo per avvisarli, ignorando il dolore.
Doveva fare qualcosa.

                                                                                        ****

Scesero dalla macchina velocemente, senza curarsi di muoversi con cautela.
La tensione era palpabile nell’aria attorno a loro.
Santana, Nick e Sebastian si diressero a passo deciso verso il lago, seguiti dagli altri, più esitanti e confusi.
Blaine strinse i denti, la mano aggrappata quasi dolorosamente all’elsa irregolare del pugnale. Respirò a fondo; ormai erano lì, Kurt era a pochi metri di distanza, l’avrebbero portato via, sarebbe andato tutto bene.
Una mano delicata si posò sul suo braccio, e si voltò per incrociare lo sguardo rassicurante di Rachel “Andrà tutto bene, vedrai.” Gli mormorò lei, stringendo la mano di Finn.
Blaine annuì, in silenzio, e riprese a respirare più tranquillamente. Raggiunse Nick e Sebastian, che osservavano tesi la scala trasparente immersa nel lago.
“Suppongo che non ci resti che scendere” sospirò Smythe, lanciandosi un’occhiata veloce attorno; la sua mano scattò immediatamente verso quella di Santana, afferrandola saldamente.
“Ci staranno aspettando” mormorò Puck, stringendo nervosamente l’elsa dell’imponente sciabola.
“Allora facciamo loro questo favore” sbottò Blaine, spezzando l’immobilità che sembrava tenerli inchiodati su quel prato. Scese gli scalini senza esitazione, seguito immediatamente da tutti gli altri.
Si mossero cauti nel labirinto di corridoi, guidati da Nick; si aspettavano un attacco da un momento all’altro, ma sembrava non dover arrivare mai.
Avevano le orecchie tese, sussultavano persino per i rumori attutiti che provenivano dall’acqua del lago oltre la parete trasparente.
Blaine cominciò a sentire il sangue che gli scorreva velocemente nelle vene, troppo velocemente; un ruggito basso iniziò a riempirgli le orecchie, il respiro gli si fece più affannoso.
Una presa forte sulla spalla lo costrinse a fermarsi; si voltò, quasi inconsapevole dei propri movimenti, scontrandosi con due limpidi occhi color nocciola.
“Blaine, adesso calmati.” La voce di Finn era pacata e tranquilla, e riuscì a raggiungerlo nonostante quelle sensazioni, ormai tremendamente familiari, lo stessero sommergendo.
Regolarizzò il proprio respiro e riacquistò la calma; rivolse un cenno del capo e un piccolo sorriso grato a Finn, che gli diede una pacca sulla spalla in risposta per poi riaffiancare immediatamente Rachel, passandole un braccio attorno alle spalle.
Sebastian si fermò poco prima di quella che sembrava l’ennesima svolta in quel dedalo di gallerie luccicanti, e li guardò tutti, uno per uno; sembrava addolorato, e rassegnato.
Santana si fece avanti, stringendogli la mano; gli sorrise “Ti amo, sciocco” sillabò, accarezzandogli una guancia. Anche sul volto di lui si disegnò un minuscolo sorriso “Anch’io” rispose, sempre senza emettere alcun suono.
Rachel si fece ancora più piccola nell’abbraccio di Finn, che le baciò i capelli con dolcezza.
Puck si voltò verso Nick con un ghigno “Vuoi che ti baci?” mimò; in risposta ottenne soltanto una sberla ben assestata. Blaine alzò gli occhi al cielo, sbuffando una risata nervosa e silenziosa.
Sebastian scosse il capo con finta rassegnazione, poi strinse ancora di più la mano di Santana con un sospiro “E andiamo” mormorò con decisione, muovendo i pochi passi che li separavano dalla sala del trono.

                                                                                                     ****

Kurt si sforzò di concentrarsi; aprì gli occhi, e stavolta non poté richiuderli. Schierate lungo le pareti della sala c’erano diverse decine di Elfi, avvolti nei loro mantelli neri, i corti pugnali sguainati.
Si allontanò con uno scatto dalla parete a cui era appoggiato, facendo ridere fragorosamente le figure ammantate più vicine a lui; incespicò nei propri passi, prima di raggiungere a fatica il centro della sala. Provava ancora dolore, ma c’era qualcosa di persino più pressante: doveva salvarli, doveva proteggerli.
Si guardò attorno per un attimo, spaesato, ma un rumore di passi lo costrinse a voltarsi verso l’entrata della sala con una smorfia di dolore.
Sentì il suo odore. Quel profumo di aghi di pino che sembrava così sbagliato se mescolato all’odore di erba bruciata che impregnava la sala; sentì il bisogno irrefrenabile di portarlo via da lì, al sicuro.
Ma era troppo tardi; li vide entrare, e il cuore gli sprofondò nel petto.
Fino a che non incrociò due occhi dorati.


Blaine sentì che il respiro gli si impigliava in gola, ma non gli importava.
Non gli importava di niente che non fosse quella figura alta e flessuosa al centro della sala, che ricambiava il suo sguardo con due occhi indecifrabili.
Non prestò alcuna attenzione alle decine di Elfi che osservavano il misero gruppetto con dei ghigni sanguinari pieni di aspettativa, e nemmeno ad Eridian, che si era sporto in avanti, seduto sul proprio trono, e ora lo osservava con un’intensa curiosità.
Corse. Perché era l’unica cosa in grado di fare.
E Kurt lo accolse tra le proprie braccia quasi istintivamente, di slancio, senza pensare.
Lo strinse a sé, e Blaine si aggrappò alle sue spalle con tanta forza da fargli quasi male.
“Accidenti a te” mormorò il riccio con voce spezzata, evidentemente scosso, le spalle che quasi tremavano.
Kurt si morse le labbra e chiuse gli occhi, inspirando profondamente quel profumo, ascoltando il suono di quella voce, abbandonandosi a quelle mani delicate il cui tocco strideva in maniera intollerabile con i colpi appena ricevuti.
Quella constatazione lo riportò alla realtà come una zavorra.
Sciolse l’abbraccio con delicatezza e urgenza, e fece in tempo solo a lanciare un’occhiata veloce a tutti i volti familiari che lo scrutavano con preoccupazione, prima di voltarsi zoppicando verso Eridian, ancora seduto sul proprio trono, spostando Blaine dietro di sé, nel vano tentativo di proteggerlo.
Il riccio sembrò accorgersi solo in quel momento dello stato in cui si trovava Kurt, e i suoi occhi diventarono due pozze nere mentre un ringhio gli lasciava le labbra, furioso.
Il Re rise, e si alzò, avvicinandosi a loro lentamente. Sebastian e gli altri fecero lo stesso, fino a che non si trovarono alle spalle di Kurt, a qualche passo da Blaine.
Il castano mosse istintivamente una mano all’indietro, e sfiorò il braccio del riccio; lo accarezzò con dolcezza, senza staccare gli occhi dalla figura sinuosa di Eridian.
“E così” esordì il Re, non senza una punta di divertimento “Siete venuti a trovarmi! Finalmente!”
La tensione nell’aria stava diventando insopportabile.
“Questa follia finisce qui, Elfo.” Sputò Sebastian con rabbia, senza riuscire a trattenersi oltre.
“Follia?” Il Re sembrò sinceramente sorpreso “Siete stati voi ad accettare l’accordo, o sbaglio? Il nostro adorabile Kurt è venuto qui di sua spontanea volontà.” Accompagnò quelle parole con un gesto elegante nella direzione del ragazzo.
Blaine tremava. Tremava, e sentiva di star perdendo il controllo.
“Non ci interessa” sbottò Puck “Sei un pazzo maniaco dalla sessualità confusa. Quindi Kurt torna a casa con noi.”
Eridian sembrò riflettere attentamente per qualche secondo “Quindi, vediamo se ho capito bene.” disse poi, rigirandosi il corto pugnale tra le mani “Nonostante voi siate venuti nel mio palazzo e siate circondati dai miei Elfi, che stanno aspettando solo un mio cenno perché non vedono sinceramente l’ora di uccidervi, voi pretendete di far fare qualcosa a me.” Li guardò con un sorriso angelico “Capite che il ragionamento non torna, vero?” mormorò con dolcezza.
“Nessuno pensa che sarà una chiacchierata pacifica” sibilò Santana, stringendo la presa sulla lancia a due lame e sul braccio di Sebastian.
“Meglio così.” Eridian scrollò il capo “Peccato però. Mi dispiacerà uccidervi.” I suoi occhi grigi si fermarono su Kurt, e un sorriso gli incurvò le labbra “Magari posso evitare che uccidano te. Dovresti restare con me per sempre.” Inclinò il capo di lato, guardandolo come se lo vedesse per la prima volta “Non so perché non ci ho pensato prima” concluse, con un nuovo ghigno.
Kurt era pallido, e temeva che avrebbe cominciato a tremare da un momento all’altro.
Sentiva dolore ovunque.
“Puoi scordartelo, bastardo.” ringhiò una voce quasi irriconoscibile dietro di lui.
Si voltò, sorpreso, e i suoi occhi si scontrarono con due pozze nere che invadevano quasi completamente quella sfumatura dorata che tanto amava.
“Blaine” sussurrò, in preda al panico; non poteva permettergli di perdere il controllo, o non sarebbe riuscito a proteggerlo da Eridian.
Perché Blaine si sarebbe salvato.
L’avrebbe salvato a costo della vita.
In fondo l’aveva già fatto.
Gli poggiò una mano sulla spalla, con delicatezza, e lo costrinse a tornare in sé.
Il riccio scosse la testa, lentamente, come se stesse cercando di allontanare una sensazione fastidiosa; l’oro tornò ad invadere i suoi occhi, che si fissarono immediatamente in quelli celesti di Kurt.
Il castano sospirò di sollievo.
Ma il respiro gli si incastrò violentemente in gola quando una mano pesante lo afferrò per un braccio con violenza, strattonandolo; l’oro fu sostituito da un grigio terribile “Non puoi interrompere i miei giochi, ragazzino” sbottò Eridian ad un soffio dal suo viso; non fece in tempo a dire altro, perché Blaine scattò in avanti e lo colpì con un pugno in pieno viso, costringendolo a lasciare la presa sul braccio di Kurt.
Successe in un attimo, e fu il caos.
Gli Elfi si scaraventarono contro il gruppo al centro della sala con dei ghigni ferini, i corti pugnali stretti in pugno.
Blaine si spostò immediatamente in avanti, facendo scudo a Kurt col proprio corpo; non avrebbe lasciato che qualcuno glielo portasse via un’altra volta.
Rachel si trovò coperta dall’enorme mole di Finn, con in mano alcuni senbon intinti nel veleno: solitamente non lo faceva, le era sempre sembrata una cosa vigliacca, ma non stavolta.
Santana e Sebastian rimasero fianco a fianco, le mani unite in un’ultima stretta.
Nick e Puck si scambiarono un cenno d’intesa, un vago sorriso sulle labbra “Portiamo con noi un po’ di questi stronzi, Duvall.”
“Puoi scommetterci, Puckerman.” Sguainarono contemporaneamente le spade, avventandosi immediatamente contro gli Elfi.
Sebastian e Santana sembravano nati per combattere assieme; intuivano l’una le mosse dell’altro senza nemmeno guardarsi, si muovevano in sincrono, come se fossero gli arti di uno stesso corpo.
E Santana gli lanciava un’occhiataccia tutte le volte che lui si sporgeva un po’ di più per difenderla. E Sebastian sibilava di frustrazione ogni volta che lei interveniva cercando di proteggerlo.
Blaine stava seriamente cercando di evitare che Kurt prendesse parte al combattimento, ma era sempre più difficile: ormai lo stavano attaccando in tre, riusciva a non indietreggiare solo per miracolo e l’arco con la faretra sulla sua schiena lo impediva nei movimenti.
Strinse i denti con un ringhio esasperato quando un taglio si disegnò sul suo braccio, e piantò il pugnale nel cuore dell’Elfo responsabile. Un altro prese immediatamente il suo posto.
Era schiena contro schiena con Kurt, che fortunatamente aveva i Sai con sé, e cercava di tenere a bada due Elfi contemporaneamente; i colpi ricevuti poco prima si facevano sentire, e anche respirare era tremendamente doloroso. Ma si sforzava di non pensarci, perché fare in modo che Blaine uscisse da lì sano e salvo era l’unica cosa importante. Spostò il braccio appena in tempo per evitare una pugnalata, e piantò con decisione una lama  nel petto della creatura; fece volteggiare i Sai per qualche momento, prima di fare lo stesso con l’altro Elfo. Non fece in tempo nemmeno a prendere un respiro, perché Blaine gemette di dolore dietro di lui, facendolo voltare di scatto: vide che l’altro aveva un taglio abbastanza profondo su un fianco.
Non dovette nemmeno pensare; afferrò una freccia dalla faretra sulle spalle di Blaine e fece un mezzo giro su se stesso, piantandola esattamente nel cuore dell’Elfo che aveva osato ferirlo.
Si trovarono occhi negli occhi, e per un attimo sembrò loro che tutti i suoni fossero scomparsi.
La paura di non rivedersi era stata troppa, li aveva quasi annientati.
Kurt aprì la bocca per parlare, ma gli occhi di Blaine si spalancarono, puntandosi su qualcosa dietro di lui; non fece in tempo a girarsi, ma i suoi sensi l’avevano già percepito: un Elfo aveva spiccato un balzo, e gli sarebbe atterrato addosso facendolo cadere rovinosamente, se il riccio non avesse avuto la prontezza di riflessi di afferrare una freccia e scagliarla come se fosse una lancia, colpendolo dritto al cuore.
“Dopo” mormorò solo Blaine, col respiro pesante, preparandosi ad affrontare altri due Elfi diretti verso di loro “Ora dobbiamo solo pensare ad uscire da qui.”
Kurt annuì, sforzandosi di ignorare la stanchezza e il dolore, e fece volteggiare un paio di volte i Sai cercando di ritrovare la concentrazione.
Blaine era la sua priorità.
Si voltarono entrambi, e si rituffarono nel combattimento.
Poco distanti da loro, Nick e Puck mulinavano le lame schiena contro schiena, facendo spesso il vuoto attorno a loro; ma gli Elfi erano tanti, e continuavano a sostituirsi a quelli caduti, in un ciclo che sembrava infinito e che cominciò immediatamente a demoralizzarli: così non avrebbero resistito a lungo.
Blaine e Kurt si voltarono di scatto, contemporaneamente, quando Sebastian sibilò di dolore, stringendo furiosamente gli occhi, un pugnale conficcato nell’avambraccio sinistro.
“SEB!” gridò il castano, cercando invano di liberarsi degli Elfi che continuavano ad incalzarlo da tutte le parti e restio a lasciare Blaine da solo.
Santana cercò disperatamente di raggiungerlo, mentre il ragazzo era costretto ad indietreggiare, schivando i colpi meglio che poteva, ma non riuscì a muovere più di due passi nella sua direzione.
Sebastian incespicò nei suoi stessi passi, cadendo in ginocchio, una mano premuta sulla ferita che sanguinava copiosamente; rivolse gli occhi completamente tinti di giallo alla creatura che lo sovrastava con espressione vittoriosa, spalancando minacciosamente la bocca con un sibilo, i canini appuntiti bene in vista, ma fu tutto inutile: l’elfo continuò ad avanzare verso di lui con un ghigno sulle labbra, e sollevò il pugnale sopra la testa.
Kurt scelse; si voltò velocemente verso Blaine “Sta’ attento” sussurrò, rapidamente “Ti amo.”
Gli occhi dorati si piantarono nei suoi per una frazione di secondo, dopo di che il riccio annuì con espressione sicura; afferrò una freccia dalla faretra che gli pendeva fastidiosamente su una spalla e la scagliò con tutta la forza che aveva contro l’Elfo che stava impegnando Kurt: non lo uccise, ma fu abbastanza da distrarlo.
Il castano non esitò nemmeno un attimo; saltò, e riuscì ad atterrare alle spalle dell’Elfo che stava minacciando Sebastian: gli affondò i Sai nel petto con violenza, i lineamenti distorti dalla furia, e la creatura si dissolse immediatamente.
Si ritrovò improvvisamente a fissare gli occhi verdi di Sebastian, colmi di paura. Prese un profondo respiro, tremando, e tese un braccio per aiutare l’altro ad alzarsi.
Sebastian fece per ringraziarlo, pallido e stanco, ma l’urlo di Rachel raggelò loro il sangue nelle vene “KURT! AIUTA BLAINE!”


 ************


Note:
Stranamente, non ho molto da dire.
Come sempre, spero che il capitolo vi sia piaciuto, nonostante il cliffhanger (dovete ammettere che lo uso raramente :P)
Devo un enorme grazie a tutti quelli che mi seguono e recensiscono, siete fantastici :)

Coming next:
-
“È perfettamente inutile, Blaine. Nemmeno tu potrai proteggerlo. Vi prenderò entrambi” passò un dito sulla lama affilata del pugnale, con delicatezza “Un pezzo alla volta.” Sorrise con dolcezza, e quello fu l’unico segnale.


Ci vediamo Lunedì (il mio compleanno *agita maracas*) con chi segue A Merry Christmasmartedì con BaH.
Fatemi sapere!
Bacioni a tutti ^^



 

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Capitolo 23
*** It's worth savin' you ***


Being a Half.
23. It's worth savin' you


 

Kurt si voltò non appena l’urlo di Rachel ferì il suo udito sensibile, ma gli sembrava di muoversi troppo lentamente; fece correre febbrilmente lo sguardo sulla sala, alla ricerca disperata di Blaine, e si sforzò per non lasciarsi distrarre dal clangore delle armi, dal sangue che rendeva scivoloso il pavimento, dai gemiti di dolore che rimbombavano sulle pareti, dal groviglio di corpi sudati.
Lo vide poco dopo, ed emise un sospiro di sollievo; ma il cuore gli si fece di piombo quando un Elfo si scostò, permettendogli di notare chi stava fronteggiando il ragazzo che amava: Eridian.
Il Re si divertiva a stuzzicare Blaine, girandogli attorno, dicendo cose che Kurt non riusciva a sentire, non con tutto quel frastuono; e il riccio cercava di mantenere la calma, gli occhi dorati erano ridotti a due fessure, aveva il volto contratto per lo sforzo, l’elsa del pugnale stretta dolorosamente nel pugno.
“BLAINE!” urlò Kurt, istintivamente, anche se sapeva che l’altro non avrebbe potuto sentirlo; si slanciò immediatamente in avanti, correndo scompostamente, e riuscì a scansare tutti gli Elfi che provarono a fermarlo.
“BLAINE!” gridò di nuovo, con la gola in fiamme e il fiato corto; stavolta il riccio lo sentì, e spalancò gli occhi, cercandolo immediatamente con lo sguardo.
Kurt non smise di correre, ma anche Eridian si accorse di lui, e gli lanciò un’occhiata gelida, seguita da un ghigno divertito: Blaine gli stava dando incautamente le spalle per rintracciare gli occhi azzurri del castano.
“ATTENTO!” urlò, senza nemmeno pensarci, ormai a poco più di tre metri da loro; Blaine non si voltò nemmeno: si limitò a scattare di lato, evitando di un soffio la lama di Eridian che andò a stridere sul pavimento della sala con un sibilo terribile.
Kurt raggiunse Blaine in quell’esatto momento, e lo afferrò immediatamente per un braccio, trascinandolo dietro di sé. “Stai bene?” gli chiese, concitato, senza staccare gli occhi dal Re, che si stava rimettendo in piedi con un’espressione furiosa dipinta sul viso.
“Sì. Tu?” mormorò il riccio in risposta, muovendo qualche passo in avanti fino a che non si trovò alla stessa altezza di Kurt.
“Sono stato meglio” ribatté il castano, la voce carica di tensione.
Eridian raddrizzò la schiena lentamente, gelido. Lanciò un’occhiata di puro disprezzo alle mani di Kurt e Blaine, che si erano unite senza che i due ragazzi se ne accorgessero “Siete davvero nauseabondi” commentò il Re, con espressione disgustata; mosse la mano in un gesto secco, facendo fermare due Elfi che si stavano avvicinando di soppiatto ai due ragazzi, prima di rigirarsi pigramente il pugnale tra le mani.
Attorno a loro tre si creò un piccolo vuoto; gli altri Halfbeings provarono a raggiungerli, ma si ritrovarono immediatamente costretti ad indietreggiare, pungolati dai pugnali degli Elfi e impegnati subito in nuovi combattimenti.
Sebastian sibilò di frustrazione, scoccando un’occhiata preoccupata a Kurt e Blaine, prima di concentrarsi sulla creatura che gli stava di fronte, con una smorfia di dolore per la ferita al braccio.
Il riccio si spostò un po’ in avanti, cercando di fare scudo a Kurt, il cui respiro si era fatto pesante per le ferite che erano tornate prepotentemente a farsi sentire dopo la scarica di adrenalina.
Eridian rise sguaiatamente, notando il movimento “È perfettamente inutile, Blaine. Nemmeno tu potrai proteggerlo. Vi prenderò entrambi” passò un dito sulla lama affilata del pugnale, con delicatezza “Un pezzo alla volta.” Sorrise con dolcezza, e quello fu l’unico segnale.
Il Re fece uno scatto sovrumano, che nemmeno Kurt riuscì a cogliere totalmente; Blaine fece appena in tempo ad afferrarlo per un braccio e tirarlo di lato, evitando per un soffio che il pugnale di Eridian si piantasse tra le sue costole.
Eridian non si scoraggiò, anzi: un ghigno divertito e compiaciuto gli arricciò le labbra, prima che si avventasse nuovamente contro di loro.
Il combattimento divenne confuso, troppo veloce per essere realmente seguito; Kurt e Blaine finirono schiena contro schiena nel vano tentativo di ripararsi dai colpi di Eridian, ma era pressoché impossibile: il pugnale del Re sembrava raggiungerli nell’esatto secondo in cui la loro guardia presentava anche la più piccola falla, e i due ragazzi avevano minuscole ferite ovunque: li stava prendendo esattamente un pezzo alla volta, proprio come aveva promesso.
Kurt riusciva a malapena a reggersi in piedi, e dovette quasi appoggiarsi di peso a Blaine, che gli lanciò un’occhiata intrisa di preoccupazione da sopra la spalla.
Un ultimo colpo, e le ginocchia del castano cedettero; si ritrovò con i palmi premuti sul pavimento freddo quasi senza accorgersene.
Blaine si inginocchiò immediatamente accanto a lui, afferrandogli le spalle “Kurt!” esclamò, scuotendolo con delicatezza; il ragazzo rispose solo con un mugolio di dolore “Kurt, ti prego, devi alzarti” riprese il riccio, il panico e la disperazione sempre più evidenti nella sua voce.
“Non ce la faccio” mormorò Kurt, sollevando a fatica lo sguardo per affondare un’ultima volta in quei magnifici occhi dorati.
 “Sì che ce la fai” gli sussurrò Blaine, dilaniato dal dolore; avrebbe solo voluto portarlo via da lì, al sicuro “Ce la facciamo insieme. Per favore” aggiunse, mentre gli occhi gli si facevano lucidi “Non lasciarmi di nuovo.”
Un sorriso esausto e triste sbocciò sulle labbra dell’altro “Blaine” mormorò, accarezzandogli una guancia con dolcezza “Non ti lascerò mai.”
Il riccio chiuse un attimo gli occhi, e una lacrima bollente gli solcò la guancia: forse quella sarebbe stata davvero la fine. Forse non avrebbe più potuto stringerlo a sé. Aveva avuto troppo poco tempo. “Nemmeno io” rispose alla fine in un soffio, con voce tremante “Mai.”
“Sono quasi commosso” commentò Eridian interrompendoli, scrutandoli dall’alto con un ghigno di scherno “Ma buon per voi.” Fece spallucce “Anche se sono piuttosto curioso di scoprire come farete a non lasciarvi quando vi avrò uccisi.”
Blaine si alzò di scatto, fronteggiando i due occhi grigi che continuarono a scrutarlo impassibili e beffardi. “Non gli farai del male” sibilò, stringendo l’elsa del pugnale.
“Ci siamo già passati, Mezzelfo; ti ho dimostrato piuttosto chiaramente che posso fare del male sia a lui che a te. Quindi non cominciare” ribatté il Re, con aria annoiata.
Blaine sentiva che avrebbe perso il controllo.
Lo sapeva, ormai aveva imparato a riconoscere i segnali.
Ma non poteva lasciare che succedesse, Kurt non l’avrebbe voluto.
Digrignò i denti per la frustrazione; non poteva lasciare che gli fosse fatto del male.
“Prendi me” soffiò, inchiodando il Re con lo sguardo; Eridian inarcò un sopracciglio, scettico “Come, scusa?” chiese.
“Prendi me” ripeté Blaine, stavolta più sicuro “Al posto di Kurt. Io sono un Mezzelfo, giusto? Molto più interessante di un semplice Halfbeing. Resterò con te. Ma lasciali andare.” Riuscì a sentire il respiro trattenuto violentemente dal ragazzo ancora semirannicchiato sul pavimento dietro di lui.
Eridian piegò lievemente il capo su una spalla, osservandolo con curiosità “Siete davvero degli esseri sciocchi” decretò alla fine, con voce soffice “Saresti disposto a sacrificare la tua libertà per la sua. Eppure nessuno di voi sarebbe felice.” Scosse il capo, muovendo qualche passo verso di loro “Per fortuna” sussurrò, ormai ad un soffio dal viso di Blaine “Posso risolvere i vostri problemi. Mi limiterò ad uccidere entrambi. Ma ucciderò prima Kurt.” Un brivido incontrollabile attraversò come una scarica il corpo del riccio “Così finalmente potrò scoprire se sei forte come dicono.”
“Facciamo che tu non uccidi nessuno e la pianti di comportarti come uno psicopatico.”
“Neal!” Kurt spalancò gli occhi con un’esclamazione strozzata; il ragazzo gli sorrise in risposta, puntando l’estremità acuminata della sciabola contro la schiena di Eridian, esattamente all’altezza del cuore.
Anche Blaine lo fissò con una speranza muta nello sguardo, il respiro affannato.
“Che fai, micetto? Ti arrendi?”
“Mai” mormorò Kurt in risposta, guardandolo negli occhi; un lampo determinato gli attraversò lo sguardo, e fece leva sulle proprie braccia con uno sforzo che gli parve sovrumano, ma riuscì ad alzarsi in piedi e ad affiancare Blaine, che gli rivolse un sorriso colmo di felicità, speranza e sollievo.
Si accorsero solo in quel momento del cambiamento radicale degli equilibri nella sala: se prima gli Elfi erano sembrati invincibili, adesso accusavano i colpi degli Halfbeings con violenza, e l’arrivo di Nick, di Quinn e di Neal sembrava aver rinvigorito tutti.
Un sibilo feroce li costrinse a riportare l’attenzione sul Re; Eridian si era voltato così velocemente che Neal non l’aveva quasi visto, e si era avventato contro il ragazzo con ferocia, mulinando violentemente il pugnale; Neal riusciva soltanto a difendersi, e poteva solo continuare ad indietreggiare.
“Ora basta” mormorò Kurt con decisione. Si avventò contro Eridian, troppo impegnato a combattere contro Neal per prestargli attenzione; fu quasi surreale la facilità con cui riuscì a piantargli un pugnale nel fianco, affondando nella carne con crudeltà.
“Questo è per Blaine, bastardo” gli sibilò in un orecchio, estraendo con violenza la lama dal corpo del Re; Eridian gemette di dolore, e tutti gli Elfi nella sala si voltarono contemporaneamente verso di lui, l’orrore inciso nei tratti ferini dei loro visi.
Kurt non fece in tempo ad affondare il pugnale nel petto del Re una seconda volta, per ucciderlo definitivamente, perché Blaine lo afferrò per un braccio e iniziò a correre, trascinandolo via.
“VIA!” Gridò Sebastian “FUORI, TUTTI FUORI!”
I ragazzi non se lo fecero ripetere due volte; si precipitarono verso l’uscita e il dedalo di corridoi, ma gli Elfi li seguirono, infuriati.
Non ce l’avrebbero fatta a scappare, erano troppo veloci.
Sebastian si guardò attorno disperato, senza smettere di correre; un’idea quasi folle gli attraversò la mente.
Afferrò la lancia dalle mani di Santana, che non fece in tempo a chiedergli cosa stesse facendo, e la lanciò a Finn urlando “La parete!”
Il ragazzo guardò un attimo l’arma tra le sue mani, confuso; poi capì.
Si fermò e tirò indietro il braccio con violenza; con tutta la forza che aveva in corpo, piantò la lancia nella parete trasparente del corridoio.
Una miriade di crepe si diramarono immediatamente dal punto in cui era conficcata l’arma, che Finn estrasse con difficoltà, ripassandola a Santana.
I ragazzi rimasero un attimo imbambolati di fronte allo spettacolo dell’acqua che entrava placidamente da quelle righe sottili come capelli, e gli Elfi con loro.
Le crepe si allargarono quasi subito, permettendo all’acqua di entrare a fiotti. Il pavimento cominciava ad allagarsi.
“VIA” gridò Nick, dando per primo l’esempio e correndo fuori, trascinando con sé anche Jeff.
Tutti gli altri lo seguirono immediatamente, e quando Kurt salì per ultimo le scale il lago si stava già riversando con prepotenza e violenza sui corpi degli Elfi, che non erano stati abbastanza veloci da raggiungerli.
Rimasero per un attimo fermi sul prato, ansimanti, increduli, e sentirono distintamente il rumore delle pareti che cedevano sotto la forza della pressione dell’acqua.
Si guardarono con gli occhi spalancati, troppo sorpresi per poter dire qualsiasi cosa: erano ancora vivi.
Ben presto, la razionalità prese il sopravvento: corsero fino alle macchine e vi salirono velocemente, perché ancora non si sentivano al sicuro.
Sebastian, Puck e Nick misero in moto con un rombo, partendo immediatamente.
“Cavoli” esalò Santana, ancora col respiro affannato, mentre il paesaggio scorreva rapidamente fuori dal finestrino “Ci siamo andati molto vicino.”
Sebastian, di fianco a lei, annuì, le mani strette sul volante e gli occhi sbarrati. “Puoi dirlo forte” soffiò, la schiena ancora scossa dai brividi causati dall’adrenalina.
Kurt e Blaine, dai sedili posteriori, non commentarono.
Tra loro era calato un silenzio strano. Non imbarazzante, ma nemmeno rassicurante come al solito.
Le loro mani erano intrecciate sul sedile, strette in una morsa, ma il riccio teneva lo sguardo piantato fuori dal finestrino; si voltava solo ogni tanto, per qualche breve attimo, e rivolgeva al ragazzo seduto di fianco a lui sguardi carichi di emozione: preoccupazione, sollievo, frustrazione, dolore, rabbia, amore.
Kurt non lo perse di vista nemmeno un attimo; non allontanò mai gli occhi dal suo profilo, per tutta la durata del viaggio.
Gli stava chiedendo in silenzio di perdonarlo, ma Blaine non era pronto.
E tantomeno lo era Sebastian.
“Come diavolo ti è venuto in mente, Kurt?! Mi spieghi a cosa stavi pensando?! Hai messo a rischio la vita di tutti, mi hai mentito, te ne sei andato senza dire niente a nessuno … Cosa ti stava dicendo il cervello?!”
Anche mentre rispondeva, Kurt mantenne lo sguardo su Blaine, che aveva appoggiato la testa all’indietro, socchiudendo gli occhi “Volevo solo proteggervi, Seb” mormorò “Non pensavo che mi avreste seguito.”
“E cosa pensavi che avremmo fatto, di preciso?! Sei parte della famiglia, era ovvio che ti avremmo seguito anche in capo al mondo! E non te ne saresti dovuto andare così, lo sai benissimo. Ci hai lasciato con milioni di spiegazioni da dare, ci hai fatto mentire! Ma a queste cose non ci pensi, vero?! No, certo che no---”
“Basta Seb.” Intervenne Blaine duramente, aprendo gli occhi; quel tono di voce, così inusuale per lui, fece zittire persino Sebastian.
Nel frattempo, infatti, Kurt non aveva fatto una piega, ma i suoi occhi si erano fatti lucidi, e il riccio se n’era accorto immediatamente.
Strinse un po’ di più la mano di Blaine, che gli rivolse uno sguardo indescrivibile: era un misto di rimprovero, paura, tenerezza e amore.
Sembrava che il riccio fosse sul punto di cadere a pezzi.
Ma riuscì a resistere fino al Castello.
Quando arrivarono all’immenso parco, scesero dalla macchina lentamente, come se avessero bisogno di tempo per percepire davvero il terreno sotto i loro piedi.
Shuester si fece subito loro incontro, e fece per tempestarli di domande; bastò un’occhiata stremata di Sebastian per fargli capire che non era affatto il momento.
Rachel e gli altri Halfbeings si avvicinarono velocemente a Kurt, soffocandolo con abbracci lacrimosi e rimproveri pieni di preoccupazione; ma il castano non prestò loro alcuna attenzione.
Stava seguendo con lo sguardo la figura di Blaine, che si stava allontanando sul prato.
Si scusò con un minuscolo sorriso, e seguì il riccio senza che nessuno lo fermasse.


*******
Note:
Mi dispiace che il capitolo sia un po' corto :\
Però, insomma, spero che ora siate tutti più tranquilli u.u

Coming next:
-
“Non osare mai più sacrificarti per me. O per noi. Siamo in due in questa storia, devi mettertelo in testa. E io ti amo, Kurt. Ti amo, lo giuro, e mi dispiace se ti ho dato tutti i motivi per dubitarne, ma ora sono qui. Sono qui, e voglio amarti. Ma tu devi lasciarmelo fare. Devi lasciare che mi prenda cura di te, o sarà tutto inutile. Non puoi fidarti? Magari avremmo trovato un’altra soluzione, e nessuno ti avrebbe fatto del male” 


Preparatevi ad un bel po' di fluff nei prossimi capitoli :)
Buon ultimo dell'anno a tutti!
Fatemi sapere, a Sabato!

 

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Capitolo 24
*** I will be your guardian ***


Being a Half.
24. I will be your guardian


 

Si limitò a seguire Blaine sotto le fronde degli alberi, anche se aveva capito dove stavano andando; voleva lasciargli il tempo e lo spazio di cui aveva bisogno.
Era spaventato; molto più di quanto non lo fosse stato di fronte ad Eridian.
Blaine non gli aveva rivolto la parola per tutto il viaggio, e Kurt non osava immaginare quanto dovesse essere arrabbiato, deluso, frustrato.
Per questo lo seguì con passo esitante, il cuore pesante quanto un macigno.
Arrivò sotto il salice qualche attimo dopo di lui, e vide che si era già seduto sul tappeto di foglie.
Kurt gli si accoccolò affianco, non contro il tronco dell’albero come suo solito, e non poté trattenere un mugugno di dolore.
Cercò di ignorare il bruciore delle ferite e l’intorpidimento dovuto ai lividi che macchiavano la sua pelle nivea; posò una mano sul braccio di Blaine con tutta la delicatezza di cui era capace, costringendolo ad incrociare il proprio sguardo.
Ammutolì quando vide la stanchezza incisa nei tratti del suo volto, e gli occhi gli si riempirono di lacrime quando osservò anche il resto del suo corpo: era coperto di lividi e piccoli tagli, che si intravedevano soprattutto sulle braccia, sotto ampi squarci aperti sul maglione dai pugnali degli Elfi.
“Mi dispiace” fu l’unica cosa che riuscì a mormorare, lentamente, senza allontanare gli occhi dai suoi. “Pensavo che così vi avrei protetti. Non volevo mettervi in pericolo. Non volevo mettere te in pericolo …”
Ma la freddezza e l’incredulità negli occhi di Blaine non gli permisero di continuare.
“Mettere in pericolo me? Kurt, ma per---” Si interruppe, passandosi stancamente una mano sul viso “Non capisci?” mormorò alla fine, arrendendosi al peso che quelle ultime ore gli avevano poggiato sulle spalle “Non ho più bisogno che tu mi difenda. Mi sono allenato. Sono in grado di farlo da solo. Ma se ti fosse successo qualcosa …” Dovette fermarsi di nuovo, perché un singhiozzo aveva minacciato di togliergli violentemente l’aria dai polmoni. Solo allora Kurt si azzardò ad avvicinarglisi un po’ di più, gli passò un braccio attorno alle spalle, lo strinse a sé. Solo allora si permise di respirare con più calma.
“Non mi è successo niente, okay? Sono qui. Sono di nuovo qui.”
Dalle labbra di Blaine sfuggì una risata amara, che si spense contro la spalla di Kurt “Per quanto tempo, stavolta?”
Il castano si irrigidì “Che intendi dire?”
Il riccio si scostò da lui, costringendolo delicatamente a sciogliere l’abbraccio, e lo guardò negli occhi per dei lunghi istanti prima di parlare “Non osare mai più sacrificarti per me. O per noi. Siamo in due in questa storia, devi mettertelo in testa. E io ti amo, Kurt. Ti amo, lo giuro, e mi dispiace se ti ho dato tutti i motivi per dubitarne, ma ora sono qui. Sono qui, e voglio amarti. Ma tu devi lasciarmelo fare. Devi lasciare che mi prenda cura di te, o sarà tutto inutile. Non puoi fidarti? Magari avremmo trovato un’altra soluzione, e nessuno ti avrebbe fatto del male” gli accarezzò dolcemente una guancia e la mandibola, dove si era formato un alone violaceo.
Kurt deglutì, cercando di ingoiare le lacrime, senza riuscirci. “Lo so, mi dispiace” sussurrò “Mi fido di te, davvero. È solo che … Hai visto Eridian. Non si sarebbe fermato, Blaine. Non si fermerà. Ti avrebbe ucciso, e io non sapevo cosa fare. Ho pensato …” Prese un profondo respiro, ignorando le lacrime che gli correvano bollenti lungo le guance “Ho pensato che quello sarebbe stato più facile che vivere senza di te.”
Anche gli occhi del riccio si fecero lucidi, e inclinò la testa di lato rivolgendogli uno sguardo pieno di amore e tenerezza; “Kurt” sospirò soltanto, rimproverandolo con dolcezza, prima di permettergli di rifugiarsi tra le sue braccia.
Gli accarezzò lentamente i capelli e la schiena, mentre le spalle del castano erano scosse dai tremiti.
“Nemmeno io potrei vivere senza di te, lo capisci?” mormorò delicatamente. “Non farmi più una cosa del genere, per favore. Te ne sei andato già troppe volte.”
“Lo prometto” rispose Kurt, affondando il viso nel suo petto “Non ti lascerò mai, ricordi?”
“Nemmeno io” mormorò piano Blaine, appoggiando il viso sul capo dell’altro e inspirando profondamente il suo profumo “Nemmeno io” ripeté, quasi sovrappensiero.


Rimasero abbracciati sotto il salice per qualche minuto, senza badare al freddo che trasformava i loro respiri in delle nuvolette ghiacciate.
“Tu …” Mormorò Kurt, esitante, sollevando lievemente il capo per guardarlo negli occhi “Sebastian ti ha detto …?”
Blaine trattenne violentemente il fiato; quelle ultime ore erano state così dense e tese che non aveva avuto il tempo di ripensarci.
“Sì” sussurrò, lo sguardo perso nel vuoto.
Il castano gli rivolse uno sguardo cauto, avvolgendogli il viso con le mani “Come ti senti?” mormorò.
“Io … Non lo so.” Rispose sinceramente “Non ci ho ancora pensato davvero. Non penso di averlo metabolizzato, sai?” tentò di mettere su un piccolo sorriso “È solo che … I miei genitori … Loro non …” Scosse la testa, cercando di assimilare quella verità. Era stato adottato.
“Sono sicuro che ti vogliano bene lo stesso” sussurrò Kurt, accarezzandogli il viso; ma Blaine scosse la testa con amarezza “No.” Ribatté, convinto “Non ci sono mai stati per me. Non mi hanno mai voluto bene. Sono sempre stato soltanto un peso per loro.” Kurt avrebbe voluto convincerlo del contrario, ma il riccio non glielo permise “Meglio così, no? È meglio che non siano i miei veri genitori” continuò, in risposta allo sguardo interrogativo dell’altro “In un certo senso sono … giustificati. Per essersi comportati in questo modo.”
“No, ehi, no” Kurt gli afferrò il viso con entrambe le mani, piantando i propri occhi in quelli dorati “Tu meritavi di essere amato. Da loro, quanto dai tuoi veri genitori. Perché sei una persona straordinaria, forte, coraggiosa. Se non sono riusciti a capirlo … Sono gli unici ad averci perso. Okay?”
Blaine annuì con un sospiro, e rimase in silenzio qualche secondo, appoggiando il capo alle dita di Kurt, che gli massaggiavano dolcemente una tempia “E i miei veri genitori?” soffiò alla fine, con voce esitante.
Il castano esitò un attimo, prima di rispondere a bassa voce “Eridian ha detto di averli fatti uccidere. L’unione tra Elfi e uomini è severamente vietata.”
Blaine si irrigidì per un momento, e un sospiro lasciò le sue labbra mentre una lacrima gli scivolava placidamente su una guancia; Kurt la asciugò con un bacio, e il riccio chiuse gli occhi a quel contatto, rilassandosi di nuovo.
Le labbra del castano non abbandonarono il suo viso: percorsero, soffici, la linea della sua mandibola, le sue guance, si posarono con delicatezza sulle sue palpebre e sulla sua fronte. Fu Blaine a sollevare il capo per baciarlo con trasporto, accarezzandogli il labbro inferiore con la lingua; quel bacio sapeva di lacrime.
Kurt capì, ed intrecciò le proprie mani sulla sua schiena, cercando di farlo sentire al sicuro, a casa. Voleva fargli capire che avrebbe sempre avuto una famiglia, qualcuno su cui contare.
Blaine lo intuì, e si abbandonò totalmente contro il suo petto dopo avergli lasciato un ultimo, lunghissimo bacio sulle labbra.
Kurt gli accarezzò la fronte, scostando i ricci che vi ricadevano scompostamente, cercò di non pensare al bruciore che tutte le ferite gli stavano procurando.
“Sono un mostro.”
La schiena di Kurt si irrigidì nel sentire quel sussurro flebile e sconsolato.
“No” ribatté con forza, stringendolo a sé ancora di più “Sei la cosa più bella che io abbia mai visto, la persona migliore che io abbia mai conosciuto. Forse non sei perfetto, ma che importa? Nessuno di noi lo è.”
“Tu sì.” Mugugnò Blaine sulla pelle del suo collo.
“Oh, certo” ridacchiò Kurt “Infatti non ho appena combinato un disastro, e Sebastian non vuole decapitarmi.”
“Dettagli insignificanti” borbottò Blaine, con un piccolo sorriso “E Sebastian non deve azzardarsi a torcerti nemmeno un capello, o se la vedrà con me.”
“È una bella sensazione” mormorò Kurt, socchiudendo gli occhi “Avere te che mi proteggi.”
Blaine sorrise, baciandogli la gola scoperta “Ti proteggerò sempre, amore. Che tu lo voglia oppure no.”
Gli occhi di Kurt luccicarono per l’emozione quando incontrarono quelli dorati “Amore” ripeté, mordicchiandosi il labbro “Suona bene.”
“Sì” Blaine gli baciò di nuovo la gola “amore” la mascella “suona” una palpebra “dannatamente” l’altra palpebra “bene” la punta del naso “amore” le labbra.
Kurt ridacchiò, scompigliandogli i ricci con una mano, mentre con l’altra gli accarezzava la schiena.
“Be’” disse, non appena ebbero ripreso fiato “Sicuramente ti pentirai della tua promessa, ora che torneremo dentro. Forse non avrai paura di Sebastian, ma Rachel può diventare decisamente feroce.”
“Non importa” Blaine scrollò le spalle “Vuol dire che ti difenderò anche più strenuamente!” Gli si lanciò addosso senza alcun preavviso, facendolo finire di schiena sul tappeto d’erba; Kurt non ebbe nemmeno il tempo di sorprendersi, perché le labbra di Blaine catturarono immediatamente le sue, impedendogli di parlare. “Se saremo entrambi vittime della furia omicida di Rachel” sussurrò il riccio direttamente nel suo orecchio “Tanto vale avere un bacio d’addio come si deve, no?”
Kurt sorrise, prima di affondare di nuovo le mani tra i capelli ricci e far riavvicinare le loro labbra.

***

Rientrarono velocemente, la mano di Blaine saldamente ancorata alla vita di Kurt, come se avesse avuto paura di perderlo di nuovo, e si diressero subito verso il salotto da cui sentivano provenire la voce di Will “… Mi dispiace ragazzi, ma è chiaro. Non è finita.”
Quando spalancarono la porta, si voltarono tutti verso di loro, la preoccupazione incisa in ogni volto stanco fino all’inverosimile.
“Cosa succede?” chiese immediatamente il castano, teso, avvicinandosi inconsciamente a Blaine.
Sebastian sospirò prima di parlare, massaggiandosi la ferita avvolta in una benda con un’espressione sofferente “Gli Elfi. Ci attaccheranno.”
“Ma cosa dite?” Chiese Blaine, scettico “Li abbiamo sconfitti. A quest’ora saranno tutti a galleggiare in quel lago, possibilmente con i polmoni pieni d’acqua. Torneranno in vita tra quanto, tre settimane? Possiamo ucciderli nel frattempo.”
Nessuno parlò. Kurt e Rachel si scambiarono un’occhiata, e il castano capì “Eridian” mormorò, con gli occhi sbarrati.
Blaine si girò verso di lui “Cosa?” chiese, improvvisamente preoccupato per la leggera nota di panico che aveva avvertito nella voce dell’altro.
“Eridian” ripeté lui, con un filo di voce “Può controllare gli elementi. L’acqua non gli avrà fatto niente, e avrà protetto anche gli altri Elfi.”
Il riccio si irrigidì immediatamente “NO” sbottò “Merda”.
Kurt gli accarezzò delicatamente un braccio, trascinandolo sul divano di fronte a quello su cui erano accoccolati Jeff e Nick.
“Cosa dobbiamo fare?” Chiese Blaine, la voce ridotta ad un ringhio.
“Non lo sappiamo” sospirò Santana, accarezzando dolcemente il braccio ferito di Sebastian “Non sappiamo quanto tempo abbiamo.”
“Forse non ne abbiamo.” Sussurrò Jeff, abbassando lo sguardo.
Nella stanza calò un silenzio costernato.
“Così non andiamo da nessuna parte” sentenziò Puck, strofinandosi i palmi sui jeans; si girò verso Will “Quanto ci vorrà perché Eridian si riprenda dalla ferita che gli ha inferto Kurt?”
Shuester si riscosse “È un Elfo incredibilmente forte. Direi … Due giorni. Forse tre.” Scosse il capo, sconsolato.
“Due giorni …” Mormorò Neal, pensieroso, scambiandosi un’occhiata con Puck.
“Potremmo andare via …” Suggerì Quinn, lo sguardo perso nel vuoto.
Jeff scosse la testa “Ci ritroverebbero immediatamente. E poi ci spiano, ricordi?”
Cadde di nuovo il silenzio.
“Possiamo organizzare la difesa.” Disse Finn, la voce bassa e cupa.
“Sarebbe un suicidio” sussurrò Nick, guardando istintivamente il ragazzo accoccolato tra le sue braccia.
“Non se ci organizziamo per bene” decretò Shuester, con una nuova speranza nello sguardo. “Potremmo gestire l’attacco con una difesa dall’alto; Blaine, Rachel, Sebastian e Quinn potrebbero stare alle finestre e—”
“Will” lo interruppe delicatamente Rachel, posandogli una mano sul braccio “Parliamone domani. Siamo tutti esausti e abbiamo bisogno di mangiare e dormire. Non saremmo comunque in grado di pensare a niente, ora come ora.”
Shuester annuì dopo un attimo di esitazione, rivolgendole un piccolo sorriso. “D’accordo; allora ne parleremo domani mattina.”
I ragazzi si rilassarono leggermente, e si alzarono con aria stanca per dirigersi verso la cucina alla spicciolata.
“Mi dispiace” mormorò Kurt, abbassando lo sguardo, poco prima che uscissero tutti; i ragazzi si voltarono verso di lui, guardandolo in silenzio per qualche secondo.
Sebastian sospirò, e gli si avvicinò con un piccolo sorriso paziente sul volto “Ti voglio bene anche io, piccolo, sciocco, idiota, romantico e—”
“Okay, Seb, credo che possa bastare” ridacchiò Rachel dietro di loro.
Sebastian fece un mezzo sbuffo, alzando gli occhi al cielo, prima di stringere Kurt a sé in un abbraccio stritolatore che divenne immediatamente un abbraccio di gruppo.
Gli occhi azzurri incrociarono quelli dorati, che luccicavano in un sorriso.


****



Note:
Sono le 8:48 di Sabato mattina. Ho sonno. Quindi queste note saranno inesistenti.
Spero solo che vi sia piaciuta la parte fluff (ma almeno è fluff?) e sappiate che sì, anch'io odio Eridian. Lui e i suoi maledetti poteri (vi ricordate? L'aveva detto Kurt quando erano andati alla corte degli Elfi, che Eridian è in grado di controllare gli elementi.)
Poi.
Vi sta ancora piacendo la storia? Cioè, è ancora abbastanza coinvolgente?
Lo spero tanto ç_ç

Auto-pubblicità:
Mi farebbe molto piacere se leggeste due OS angst con happy ending (chiaramente solo se è il vostro genere) che mi stanno molto a cuore *w*

Le parole pesano.
Chiudi gli occhi.

Ovviamente, grazie se l'avete già fatto.

Importante: 
Ho finito di scrivere BaH. La storia avrà 31 capitoli più l'epilogo. E wow. Ancora non ci credo.
Poi, che dite se aggiorno anche Lunedì sera? Solo per questa settimana, così piangiamo insieme la fine delle vacanze.

Coming next:
-
“Ho un’idea” esordì Santana, sedendosi sul letto di fronte a Sebastian “Adesso noi prendiamo una macchina e andiamo alla stazione più vicina. Lì prendiamo un treno. Ce ne andiamo a New York, o a Los Angeles. O a San Francisco. Ho sempre voluto vedere San Francisco.”
Sebastian aggrottò leggermente le sopracciglia, scettico “Questo non ha niente a che vedere col fatto che fra un paio di giorni saremo attaccati da un esercito di Elfi, vero?”

Bene, note chilometriche.
Un bacionissimo a tutti, ancora buon anno nuovo, e grazie!




 

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Capitolo 25
*** Always ***


Credo che questo capitolo sia un po' per Cory, un po' per Finn. Dal mio piccolo.
"Only the good die young,
They're only flying too close to the sun."

 

Being a Half.
25. Always

 

 
Quinn si appoggiò stancamente all’anta aperta  del frigo, senza vedere realmente cosa ci fosse dentro.
“Qualcosa di interessante?”
Quasi sobbalzò nel sentire la voce di Puck direttamente nel proprio orecchio.
“Puckerman!” esclamò, tirandogli una leggera pacca su un braccio “Mi hai fatto prendere un colpo.”
“Sono sicuro che le uova potrebbero dire lo stesso a te” affermò lui, chiudendo il frigo con delicatezza prima di prendere le sue mani tra le proprie e trascinarla dolcemente verso il tavolo per farla sedere su una delle sedie; si accomodò di fronte a lei, scrutandola con una serietà che non gli si addiceva.
“Allora biondina” esordì alla fine “Dimmi cosa ti turba.”
Quinn lo guardò con un po’ di tristezza, tormentandosi le mani “Non lo so” sospirò “È solo che …” scosse la testa “Lascia stare. Mi considereresti una sciocca.”
Fece per alzarsi, ma Puck la trattenne per un polso, costringendola a sedersi di nuovo “Non lo farei mai” disse, serio “Lo sai che puoi parlarmi di tutto. Ormai sono anni che ci conosciamo.”
Quinn si mordicchiò un labbro, indecisa, prima di inspirare rumorosamente dal naso “E va bene.” si arrese “Ho paura che ci succeda qualcosa” disse velocemente, mentre gli occhi le si facevano lucidi “Ho paura che moriremo” aggiunse sussurrando, guardandolo timidamente, sforzandosi di non piangere “E lo so che è infantile, però …” Nascose il viso tra le mani per un attimo, asciugandosi le guance bagnate di lacrime con i palmi, e mise su un piccolo sorriso anche se le tremavano le labbra “Mi dispiace. Sono una sciocca.”
Puck la scrutò per un po’ con un pizzico di dolcezza, piegando lievemente il capo di lato “Non sei una sciocca” mormorò, accarezzandole una guancia lentamente per raccogliere una lacrima che le era sfuggita “È normale avere paura” i grandi occhi verdi di Quinn si fecero di nuovo lucidi “Ma non ne hai alcun motivo” continuò con dolcezza, portandole una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio “Perché io ucciderò qualsiasi Elfo cattivo che oserà avvicinarsi alla mia biondina preferita.”
Quinn tirò su col naso con una piccola risatina acquosa “Sono l’unica biondina della casa” disse, con una finta smorfia indignata.
“Assolutamente no” ribatté Puck, serio “C’è anche Jeff. E ti fa una concorrenza spietata.”
Quinn rise, inclinando lievemente il capo di lato, e gli rivolse un’occhiata colma di gratitudine.
Puck sorrise “Vedrai dolcezza” mormorò, accarezzandole una spalla “Andrà tutto bene.”

 **

Rachel si sedette sul divanetto vicino alla finestra della camera, e si avvolse il busto con le braccia, guardando il giardino coperto di neve.
“Un penny per i tuoi pensieri?” Mormorò Finn, appoggiandosi con una spalla allo stipite della porta con le braccia incrociate sul petto.
Lei si girò, sorridendogli dolcemente “Sprecheresti un penny. Non sto pensando a niente in particolare.”
Il ragazzo si sedette vicino a lei, con tutta la delicatezza che gli permetteva la sua mole non indifferente “Fingerò di crederti” sussurrò, passandole una mano tra i lunghi capelli castani “Ma solo perché so che fra qualche secondo me lo dirai lo stesso.”
Lei sospirò, poggiandogli il capo su una spalla “Mi conosci troppo bene” bofonchiò, mettendo su un broncio adorabile.
Finn ridacchiò, posandole delicatamente le labbra sulla fronte “Se non ti conoscessi non potrei amarti così tanto.”
“Ti amo anch’io, tesoro.”
“Ma …?”
Rachel lo guardò per un momento, prima di riappoggiarsi col capo alla sua spalla per guardare fuori “Ma sono preoccupata.”
Finn aspettò pazientemente che continuasse “Non fraintendermi” riprese infatti lei “Non vedo l’ora di farla finita con questa storia una volta per tutte. Soprattutto dopo aver visto cosa Eridian ha fatto a Kurt. È solo che … Non lo so. Mi sembra di non avere abbastanza tempo per abituarmi all’idea che potrebbe finire tutto. Così. In un attimo. Basta una cosa così sciocca … Un attimo di distrazione, un passo sbagliato. E finirà tutto.”
Finn rimase in silenzio per qualche momento, poi le fece sollevare il viso poggiandole due dita sotto il mento “Se succedesse” le disse, serio “Perché purtroppo non ti posso assicurare che non accadrà, voglio che tu sappia che la mia vita è stata perfetta da quando ti ho incontrata. E che mi hai salvato. In tutti i sensi. Quindi me ne andrei … Felice.”
Gli occhi di Rachel si fecero lucidi, ma non pianse “Non osare lasciarmi da sola, Finn Hudson. O ti verrò a cercare, dovunque sarai, e sappi che ti farò molto male.”
“Non credo che ci possa essere qualcosa di peggio di quando ti ho portata a mangiare carne per il nostro … Terzo appuntamento?” Finn ridacchiò al ricordo.
Rachel si girò completamente verso di lui, tirandogli scherzosamente un pugno sulla spalla “Quella è stata davvero una scelta di pessimo gusto! La mia Metà è un cerbiatto. Come potrei mangiare carne?!”
Finn la guardò mordendosi un labbro per non ridere, e le scompigliò i capelli con dolcezza “Lo sai che non sono mai stato un asso nel pensare.”
“Per fortuna penso io per tutti e due” sospirò Rachel, prima di baciarlo con lentezza, accoccolandosi sul suo grembo.
“E non pensare di liberarti di me così facilmente” gli sussurrò in un orecchio quando si separarono “Non permetterò che tu mi lasci per una cosa banale come il pugnale di un Elfo piantato tra le costole.”
Finn le sorrise rassicurante: sapeva che Rachel non voleva far vedere di avere paura. “Certo che no, piccola. Lo sai che ci sopporteremo a vicenda finché non saremo grigi e cadenti.”
“Tu sarai cadente. Io sarò sempre bella!”
“Questo è poco ma sicuro.”

**

“C’è da dire che il nostro tempismo è davvero pessimo” sbuffò Jeff, lasciandosi cadere pesantemente sul divano del salotto.
“Perché?” chiese Nick, sedendosi accanto a lui con più delicatezza.
“Come perché?! Ti rendi conto che nel momento in cui ci siamo messi insieme si è scatenato il finimondo?!”
L’altro ragazzo aggrottò le sopracciglia, guardandolo con un sorrisetto paziente “Non credo che dipenda dal fatto che ci siamo messi insieme.” Gli fece notare, mordendosi il labbro per non ridere.
“Sarà” bofonchiò Jeff, affondando la testa nelle spalle “Ma il nostro tempismo rimane pessimo.”
Nick alzò gli occhi al cielo, spingendolo scherzosamente con una spalla “Il nostro tempismo è stato impeccabile, amore. Abbiamo fatto la cosa giusta, e a me sta bene così.”
“Ovviamente anche a me sta bene così!” esclamò Jeff con forza, incrociando le braccia sul petto “Però non mi sarebbe dispiaciuto avere qualche decade in più!”
“Parli come se stessimo andando incontro a morte certa!”
“Be’, non è che i pronostici siano proprio a nostro favore!”
“Ehi” Nick afferrò con decisione il mento di Jeff, facendolo voltare verso di sé “Non lasceremo certo a qualche Elfo la possibilità di dividerci, vero?”
Jeff lo scrutò per qualche secondo, combattuto “Ma potrebbe succedere” sussurrò alla fine “È come quando sei partito per andare alla corte di Eridian, e non sapevo se saresti tornato. Ed è stato un Inferno. E non ho nessuna, nessuna intenzione di stare senza di te. Non riesco nemmeno a immaginarlo.” Chiuse gli occhi, abbassando il capo.
“Jeff” Nick lo chiamò con voce dolce, costringendolo a socchiudere le palpebre “Sai che ti amo?”
L’altro spalancò gli occhi, che si fecero subito lucidi “C-Certo” riuscì a balbettare “E ti amo anch’io.”
“Quindi” mormorò lentamente Nick avvicinando i loro volti, prima di baciarlo “Cos’altro importa?”

**

Neal sentì un bussare delicato alla porta.
“Avanti” sospirò stancamente, stiracchiandosi sul materasso senza alzarsi.
Kurt fece capolino dallo stipite “Posso?” chiese esitante.
“Sì, puoi” sbuffò il ragazzo, socchiudendo gli occhi.
Il castano entrò tormentandosi nervosamente le mani senza sedersi, e mantenne gli occhi costantemente puntati sul pavimento dopo aver chiuso la porta, senza sapere cosa dire.
Neal gli lanciò un’occhiata di sbieco “Hummel, sappi che mi stai facendo venire l’ansia. Non che non ne abbia già abbastanza di mio. Quindi, parla. O esci. La porta è quella.”
Kurt sospirò brevemente, prima di iniziare a parlare “Mi dispiace da morire, davvero. Avrei voluto dirti tutto, Neal. Ho avuto così tanta paura … Ma non potevo, capisci? Io … Volevo provare a salvarvi—”
“Smettila” lo interruppe l’altro sbottando, mettendosi a sedere con uno scatto “Se te lo sento dire un’altra volta mi sento male.” Si alzò, avvicinandoglisi pericolosamente “Tu” gli puntò un dito contro il petto “Hai voluto fare l’eroe, e onestamente non me ne frega niente del fatto che tu sia stato egoista e incosciente. La cosa che più mi fa incazzare di tutta questa storia, è che tu hai deliberatamente scelto di non parlarmene. A me! Dio, Kurt, ti ricordi di tutte le volte che mi sei caduto a pezzi tra le braccia?! E hai deciso di non dirmelo?!”
“Lo so, mi dispia—”
“NON TI AZZARDARE A RIPETERE CHE TI DISPIACE.”
Kurt cercò di mantenere lo sguardo e la voce fermi “E cosa dovrei fare, allora?” mormorò alla fine, con i pugni stretti.
Neal gli rivolse un’occhiata gelida “Potresti scappare. Lo fai sempre. Sei scappato da Blaine. Per ben due volte. Anzi, la seconda sei scappato da tutti. Complimenti, Kurt! Ci hai fregati tutti in una sola---”
“Smettila” lo interruppe Kurt duramente, ritraendosi leggermente, cercando di proteggersi da quel fiume di parole “Non me lo merito, e lo sai.” Sussurrò poi, cercando di incrociare lo sguardo dell’altro “Ti prego, Neal. Non sai quanto avrei voluto dirti tutto. E sono stato un idiota, va bene, lo so. Ma non posso cambiarlo, ormai l’ho fatto. Quindi, per favore, perdonami. O tirami un pugno, quello che vuoi. Ma non puoi continuare ad avercela con me, non adesso che …”
“… Che potremmo non avere più tempo?” Terminò Neal al posto suo, con una nota d’amarezza nella voce.
Kurt annuì leggermente, con un sospiro.
Neal sbuffò, prima di lasciarsi ricadere sul materasso “Mi farai diventare matto” mugugnò, affondando la testa tra le mani.
Il castano si rilassò leggermente, capendo che il peggio era passato, e si sedette accanto a lui con delicatezza, poggiandogli una mano sulla spalla “Ti voglio bene anch’io” mormorò, sorridendo.
Neal gli lanciò un’occhiataccia “Potrei sempre decidere di tirarti un pugno, micetto. Quindi non tirare troppo la corda.”
Kurt si morse il labbro per non ridere, e si appoggiò all’altro ragazzo con un piccolo sospiro “Sono felice di averti incontrato.”
“Certo che lo sei” borbottò lui in risposta “Se non fosse successo, saresti ancora a deprimerti sul lungomare come il degno protagonista di un romanzo da quattro soldi.”
“Probabile” il castano scrollò le spalle, sorridendo.
Neal sospirò, guardandolo pazientemente per qualche secondo; scattò senza dargli alcun preavviso, e prese a scompigliargli furiosamente i capelli, mentre Kurt tentava invano di ribellarsi.
“Questo” dichiarò alla fine Neal, osservando con soddisfazione lo stato pietoso in cui versavano i capelli dell’altro “è ciò che ti meriti per essertene andato ed esserti messo in pericolo senza dirmelo.”
Kurt lo osservò scioccato per qualche istante, portandosi le mani alla testa con lentezza; le sue pupille si assottigliarono, mentre un ghigno divertito e ferino gli incurvava le labbra “Oh” sussurrò “Questo decisamente non avresti dovuto farlo!” e si avventò contro di lui con le mani tese in avanti.

**

“Ho un’idea” esordì Santana, sedendosi sul letto di fronte a Sebastian “Adesso noi prendiamo una macchina e andiamo alla stazione più vicina. Lì prendiamo un treno. Ce ne andiamo a New York, o a Los Angeles. O a San Francisco. Ho sempre voluto vedere San Francisco.”
Sebastian aggrottò leggermente le sopracciglia, scettico “Questo non ha niente a che vedere col fatto che fra un paio di giorni saremo attaccati da un esercito di Elfi, vero?”
“Assolutamente no” rispose lei, incrociando le braccia sul petto “Volevo solo dirti che ho sempre voluto vedere San Francisco. E non so se ti ho detto che non sono mai stata in Europa, e che vorrei davvero andarci.”
Sebastian la scrutò per un attimo, inclinando lievemente la testa di lato “Lo sai che hai tutto il tempo di farlo, vero?”
“No!” sbottò lei, lanciandogli un’occhiataccia “Non ho affatto tempo. E vuoi sapere perché? Perché degli Elfi pazzi e maniaci hanno deciso che non possono lasciarci vivere in pace.”
Ci fu qualche secondo di silenzio.
“Cosa c’è?!” esclamò la ragazza, ricambiando l’occhiata divertita di Sebastian.
“Oh, niente” rispose lui, avvicinandosi a lei per posarle le labbra sulla fronte “Penso solo che tu sia adorabile.”
Lei mugugnò qualcosa di incomprensibile, affondando il viso nella spalla del ragazzo.
Lui le fece sollevare il capo, avvolgendole il viso con le mani e accarezzandole le guance con i pollici “Ce la faremo, vedrai” sussurrò, appoggiando la propria fronte sulla sua.
“Lo spero tanto” rispose lei in un soffio.

**

Kurt si chiuse alle spalle la porta della camera di Neal, ridacchiando, i capelli completamente stravolti.
Camminò con passo leggero, seguendo inconsciamente il leggero profumo di aghi di pino.
Lo trovò seduto sulle ampie scale di legno, e si accomodò vicino a lui lentamente, appoggiandogli delicatamente il capo su una spalla.
“Cos’è successo ai tuoi capelli?” gli chiese Blaine, lanciandogli un’occhiata divertita.
“Neal” borbottò il castano in risposta, cercando di rimediare con le mani al disastro che aveva in testa.
“Devo essere geloso?” soffiò il riccio, afferrandogli i polsi per farlo smettere e posargli un bacio dolce tra i capelli.
“Direi proprio di no” sbuffò Kurt, guardandolo a lungo negli occhi.
“Che c’è?” chiese Blaine dopo qualche secondo di silenzio, leggermente a disagio.
“I tuoi occhi sono bellissimi.” Affermò Kurt con sicurezza, senza distogliere lo sguardo.
Il riccio si allontanò di poco per poterlo guardare meglio, e piegò leggermente la testa di lato con un’espressione interrogativa.
Il castano sollevò una mano, esitante, e gliela poggiò lentamente sul viso “Prima di andarmene” iniziò, piano “Riuscivo solo a pensare a quanto stavo perdendo. E al fatto che avrei voluto avere più tempo. Per guardare i tuoi occhi, per esempio.”
Blaine si appoggiò alle sue dita, sorridendo con dolcezza “Sei diventato un romantico, insomma” sospirò.
Kurt ridacchiò, piano “Forse. Credo che sia colpa tua.”
“Ne sono molto, molto orgoglioso, allora.” Sorrise il riccio, baciandolo sulle labbra.
Il castano inspirò a fondo, poggiando la propria fronte contro quella dell’altro “Blaine … Se dovesse succedermi qualcosa …”
Ma il riccio si allontanò di scatto, spalancando gli occhi “No.” Esalò, con voce tremante “Non lo dire nemmeno.”
“Invece te lo devo dire” ribatté l’altro con forza “Perché potrebbe succedere. E io” continuò velocemente, prima che potesse interromperlo “Voglio che tu mi prometta che andrai avanti. Come stavi facendo con Mike.”
“No. No, scordatelo. Non ci penso nemmeno.”
“Blaine” Kurt gli prese il volto tra le mani, costringendolo a guardarlo “Devi pensarci. Tu vorresti che io andassi avanti, o no?”
“E tu vorresti andare avanti?” ribatté lui velocemente, gli occhi lucidi “Se mi succedesse qualcosa, vorresti andare avanti?”
Ma il silenzio di Kurt fu una risposta più che sufficiente.
“Appunto” riprese Blaine con la voce che tremava “Quindi non dirlo. Non dirlo.
“Ho bisogno di sapere che sarai felice.”
“E io ho bisogno di te, per essere felice. Quindi resta con me.”
“Sempre.” Promise Kurt, in un soffio.
“Sempre.” Ribadì Blaine con un sospiro tremante, affondando il viso nella spalla dell’altro.

***



Note:
Non voglio aggiungere altro a quello che ho scritto in cima riguardo alla scena tra Finn e Rachel, perché rischierei di fare un monologo senza senso; però vorrei davvero sapere cosa ne pensate. 

Insomma, spero che il capitolo vi sia piaciuto, perché, come il prossimo, sarà un capitolo di "preparazione", diciamo, e mi piace scrivere della diverse coppie; la Puck/Quinn è nata un po' per caso, in verità, ma spero che la apprezziate ^^

E domani si ricomincia!
Forza e coraggio :)

Coming next:
-
Si sporse per prendere un maglione blu scuro tra quelli di Blaine, che gli aveva visto addosso solo una volta ma che adorava indiscutibilmente, e se lo infilò con attenzione, mentre gli occhi del riccio si facevano grandi e limpidi.
Forse gli stava un po’ largo, ma adorava sentirsi avvolto da quel calore, e poteva sentire il profumo di Blaine che lo circondava.
“Ora va meglio” sussurrò, socchiudendo gli occhi per inspirare profondamente, lasciando che l’odore di aghi di pino lo stordisse leggermente.

Non vorrei essere ripetitiva, ma voglio davvero ringraziarvi tutti. Siete fantastici **
A domani!
Anzi, quasi dimenticavo: una FF sui vampiri è troppo banale?
Ce  la possiamo fare :D






 

 

 

 

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Capitolo 26
*** Promise ***


Being a Half.
26. Promise

 

Blaine si svegliò lentamente, sollevando le palpebre con cautela, perché aveva paura che fosse stato solo un sogno. Temeva che Kurt non sarebbe stato accanto a lui.
Ma un respiro lento, profondo e regolare che proveniva da un punto indefinito vicino al suo fianco lo rassicurò, facendolo sorridere lievemente.
Dopo un attimo percepì il corpo caldo di Kurt sul suo petto, e si rese conto di essere totalmente aggrappato alle sue spalle con le braccia.
Il sorriso gli si ampliò quando si ritrovò ad osservare il volto dell’altro, rilassato e disteso dal sonno, completamente abbandonato sulla sua spalla; la preoccupazione e un dolore vago ma persistente gli invasero il petto non appena si ricordò del pericolo che avevano corso, e di quello che ancora dovevano affrontare.
Lo contemplò per qualche secondo, perché era bellissimo anche mentre dormiva, e sapeva che non si sarebbe mai stancato di guardarlo.
Sollevò delicatamente una mano, attento a non far cigolare il materasso, e gli accarezzò una tempia, spostando un ciuffo ribelle che gli proiettava un’ombra irregolare sulla fronte.
Si ritrovò a pensare che era un miracolo che un ragazzo del genere si fosse innamorato di lui. Kurt era speciale. La persona più speciale che avesse mai incontrato.
L’avrebbe protetto da qualsiasi cosa.
Non avrebbe mai sopportato di perderlo. Non di nuovo.
In quel momento il respiro di Kurt accelerò, le sue palpebre si contrassero leggermente e un vago colorito gli invase le guance, appena un attimo prima che aprisse gli occhi.
Si stiracchiò con calma, ancora un po’ intontito dal sonno.
“Oh, buongiorno” mormorò, assonnato, non appena si rese conto che Blaine era sveglio e lo stava guardando con tenerezza.
“Buongiorno” rispose lui, sporgendosi lievemente in avanti per depositargli un piccolo bacio sulle labbra.
Kurt mugugnò di disappunto per quel contatto così breve, e Blaine ridacchiò, lasciando che le loro labbra si incontrassero di nuovo, stavolta per più tempo.
“Dormito bene?” sussurrò poi, accarezzandogli il viso.
“Decisamente meglio dell’ultima volta che sono stato qui” sospirò Kurt, prima di irrigidirsi, rendendosi conto di cosa aveva detto “Non intendevo … Cioè, quella notte con te è stata fantastica, solo che …”
Blaine lo tranquillizzò con un bacio sulla fronte “Ho capito. Sapevi di dovertene andare ed è stata dura.”
Kurt annuì con un sospiro sollevato “Sì” sussurrò, affondando il viso nel petto dell’altro.
“Per questo l’hai fatto?” chiese Blaine, dopo un attimo di esitazione “Quella notte …” continuò lentamente “C’è stata per questo?”
Kurt sollevò leggermente il volto per guardarlo negli occhi, cercando di capire dove volesse andare a parare “Volevo portare con me qualcosa a cui aggrapparmi” cercò di spiegare, senza allontanare i loro sguardi “I ricordi belli. Avevo paura che senza non ce l’avrei fatta.”
Blaine lo scrutò per qualche momento, prima di annuire; rimasero in silenzio per un po’, assaporando distrattamente l’uno la presenza dell’altro.
“L’avresti fatto davvero, non è così?” mormorò il riccio alla fine, fissando il soffitto.
Kurt annuì dopo un attimo di esitazione “Sì; non so come avrei fatto, ma …” Fece spallucce, scrollando il capo.
Improvvisamente Blaine gli intrecciò le mani dietro la schiena, stringendolo a sé così forte da fargli quasi male “Dio” mormorò, la voce carica di emozione “Ho avuto così tanta paura.” Non aggiunse che il terrore gli stava divorando lo stomaco anche in quel momento, perché sapeva che gli Elfi stavano arrivando e temeva che non sarebbe più riuscito a proteggerlo.
Kurt ridacchiò, accoccolandosi meglio tra le sue braccia “Di questo passo mi soffocherai, e sarà stato tutto inutile.”
Blaine sbuffò, divertito “È quello che ti meriteresti per tutta l’ansia e la preoccupazione che mi hai fatto patire. E vogliamo parlare delle crisi isteriche di Sebastian? No, dico, avresti dovuto vederl---”
Kurt soffocò quel fiume di parole con un bacio, strappando al riccio un sorriso sorpreso e soddisfatto.
“Ti amo” soffiò, non appena si furono allontanati per riprendere fiato.
“Anch’io.”


“Coraggio piccioncini, è ora di alzarsi!” urlò Sebastian dal corridoio, facendo sobbalzare i due ragazzi ancora abbracciati sul materasso.
“Seb!” protestò Kurt “Ma cosa urli?!”
“Non potevo certo entrare, Hummel” sbuffò l’altro, la voce leggermente attutita dalla porta chiusa “Avrei rischiato di rimanere traumatizzato a vita.”
Kurt incurvò le labbra in un ghigno furbo, e Blaine lo osservò inarcando le sopracciglia; il castano gli ammiccò, prima di rispondere “Devo ricordarti che la tua camera è proprio accanto alla nostra, e che ho un udito particolarmente sensibile? O passo direttamente a chiederti dove ha dormito Santana stanotte?”
Il riccio soffocò una risata nella spalla di Kurt mentre Sebastian si allontanava borbottando improperi incomprensibili, imbarazzato fino all’inverosimile.
“Sei malefico” ghignò Blaine, stiracchiandosi indolentemente.
“Puoi scommetterci” rispose il castano, soddisfatto, mettendosi a sedere sul materasso.
“Coraggio” aggiunse poi, alzandosi a fatica “Dovremmo andare.”
Osservò un attimo i propri vestiti, stropicciati e irrimediabilmente rovinati “Dopo esserci cambiati.” Decretò alla fine, avvicinandosi all’armadio per prendere una felpa e gli immancabili pantaloni scuri e aderenti.
“Sì, questa mi sembra un’ottima idea” mormorò Blaine, decisamente più vicino di quanto non si aspettasse Kurt, che rabbrividì quando la voce dell’altro gli scivolò lungo il collo.
Il castano si girò lentamente, trovandosi intrappolato tra il corpo del riccio e l’armadio alle sue spalle.
“Dobbiamo andare …” Cercò di protestare debolmente, senza neanche sapere cosa avrebbe voluto dire perché il suo profumo, il colore dei suoi occhi, il suo calore erano troppo vicini.
“Lo so” mormorò Blaine, accarezzandogli la mascella con le labbra “Voglio solo … Averti vicino per tutto il tempo che posso. Non voglio sprecare nemmeno un secondo.” Gli occhi dorati si velarono di lacrime, che scomparvero in un battito di ciglia.
Kurt annuì lentamente, con consapevolezza: non l’aveva scordato nemmeno per un attimo, che quella poteva essere la fine di tutto.
Gli avvolse il viso con le mani, accarezzandogli con dolcezza gli zigomi, prima di baciarlo lentamente e delicatamente, come se fosse la cosa più preziosa che avesse mai avuto.
Blaine gli intrecciò le mani dietro la schiena, stringendogli la vita stretta, e lo avvicinò a sé ancora di più, quasi con disperazione; gli sollevò la maglia con delicatezza e gliela sfilò velocemente, accarezzandogli il petto e le spalle per tornare immediatamente sulle sue labbra.
Si allontanarono un attimo per riprendere fiato, e gli occhi del riccio si scurirono quando scivolarono su tutti i tagli e le abrasioni che macchiavano la pelle nivea dell’altro; gli baciò ogni ferita con una dolcezza che avrebbe potuto e voluto far sparire tutto il dolore che aveva provato.
Kurt gli fece sollevare il viso con delicatezza, e gli sfilò la maglia senza mai distogliere lo sguardo da quegli occhi dorati; nemmeno alle sue labbra sfuggì un singolo graffio, un livido, una ferita.
Blaine lo coinvolse in un altro bacio dettato dall’urgenza, dall’ansia, ma il castano gli poggiò le mani sulle spalle, massaggiandole con delicatezza, cercando di infondergli sicurezza con le proprie labbra.
Va tutto bene.
Il riccio si rilassò lentamente sotto il suo tocco, e il suo respiro si fece meno affannato; inspirò a fondo il profumo di Kurt, poggiando la propria fronte contro la sua.
“Dobbiamo andare” mormorò la voce cristallina, con una nota di malinconia.
Blaine esitò un attimo, prima di annuire; afferrò la felpa che Kurt aveva scelto per sé, rimasta abbandonata sull’anta dell’armadio, e gliela infilò con delicatezza, prima di stringerlo per un ultimo bacio “Sei perfetto come sempre” sospirò poi, allontanandosi di un passo.
Gli occhi azzurri luccicarono mentre Kurt gli rivolgeva un minuscolo sorriso tremulo; esitò un attimo prima di sfilarsi la felpa e ripiegarla per metterla al suo posto, sotto lo sguardo attento degli occhi dorati. Si sporse per prendere un maglione blu scuro tra quelli di Blaine, che gli aveva visto addosso solo una volta ma che adorava indiscutibilmente, e se lo infilò con attenzione, mentre gli occhi del riccio si facevano grandi e limpidi.
Forse gli stava un po’ largo, ma adorava sentirsi avvolto da quel calore, e poteva sentire il profumo di Blaine che lo circondava.
“Ora va meglio” sussurrò, socchiudendo gli occhi per inspirare profondamente, lasciando che l’odore di aghi di pino lo stordisse leggermente.
Blaine non poté fare altro che osservarlo incantato per qualche secondo, prima di stringerlo di nuovo fortissimo a sé.


 Il profumo di caffè aleggiava piacevolmente nella cucina già sovraffollata, ma stranamente molto silenziosa; tutte le sedie attorno al tavolo erano già occupate, e i ragazzi stavano facendo colazione in silenzio mentre Schuester faceva nervosamente su e giù davanti ai fornelli, per quanto glielo permettesse il poco spazio rimasto libero; diedero loro il buongiorno con un mormorio appena accennato.
Kurt si sedette su uno dei banconi, e Blaine si appoggiò di schiena contro il suo petto dopo aver preso una tazza di caffè per entrambi.
La tensione era palpabile e incredibilmente soffocante.
Ci volle qualche attimo perché Schuester si rendesse conto che ormai erano tutti a sedere, e smettesse quindi di fare su e giù per la cucina; si fermò prendendo un respiro profondo, poggiandosi le mani sui fianchi.
“D’accordo” esordì, la voce bassa per il nervosismo “Siete ancora sicuri di quello che stiamo facendo? Nessun ripensamento? Siamo ancora in tempo, potremmo andare via …”
I ragazzi non esitarono nemmeno un attimo prima di scuotere la testa in segno di diniego.
“No” rispose Sebastian per tutti “Sarebbe inutile. E vogliamo farla finita.”
Schuester annuì, rivolgendo loro un’occhiata grave “Molto bene. Vedete, ci ho pensato un po’ e … Purtroppo non abbiamo molti punti a nostro vantaggio. In verità, abbiamo dalla nostra solo l’effetto sorpresa: non si aspettano di trovarci pronti.” Si interruppe per un attimo, scrutando ad uno ad uno i volti tesi e seri attorno a sé “Direi che l’unico modo efficace per provare a fermarli è disporre Sebastian, Blaine, Quinn e Rachel alle finestre del salotto; probabilmente arriveranno dalla stessa strada che usiamo noi di solito, quindi dovremmo riuscire a rallentarli dall’alto stando lì.”
“No, aspettate …”
“Io non credo che …”
Sebastian e Blaine lo interruppero contemporaneamente, le espressioni corrucciate. Si voltarono tutti verso di loro, in un’impaziente attesa “È solo che …” riprese il riccio dopo un attimo di esitazione “Credo che anche Seb …”
“Non vogliamo lasciare Santana e Kurt.” Intervenne velocemente il biondo, con decisione.
I due lanciarono loro un’occhiata a metà tra l’intenerito e lo scocciato, prima di scuotere il capo e far cenno a Schuester di continuare, mettendo a tacere le proteste degli altri due ragazzi.
“Gli altri li aspetteranno nel parco.” Concluse semplicemente, rivolgendo agli Halfbeings uno sguardo desolato “Mi dispiace” aggiunse, mesto “Non sono riuscito a trovare niente di meglio.”
“Non importa” lo rassicurò Nick con una pacca sulla spalla “Credo che non ci sia un piano migliore.”
Ma erano tutti visibilmente tesi e spaventati, i volti pallidi e contratti.
“Ce la possiamo fare” sussurrò Neal, in un silenzio quasi surreale.
Puck gli rivolse un sorriso un po’ amaro, un po’ sardonico “Non abbiamo molta scelta, no?”

**

Si allenarono tutto il giorno, quasi senza pause, più per stemperare la tensione che per un vero bisogno.
Kurt e Blaine erano uno di fronte all’altro, nel parco, i pugnali sguainati in posizione di difesa, cercavano di vincere quella sensazione che li spingeva a lasciar cadere immediatamente le armi, perché non avrebbero mai potuto far del male all’altro.
Mossero qualche passo di lato, contemporaneamente, ancora indecisi.
Fu il castano a scattare in avanti per primo, con i Sai premuti contro i fianchi; arrivato a mezzo metro dal riccio, deviò all’improvviso, puntando con le lame al suo collo; Blaine fu incredibilmente veloce a sollevare il pugnale, che intercettò le armi dell’altro un attimo prima che lo raggiungessero. Lo respinse con violenza, mentre un ringhio istintivo gli saliva alle labbra. Lo represse con fastidio, scuotendo il capo senza distogliere lo sguardo dal castano, che continuava a girargli attorno lentamente, cercando di confonderlo.
Fu di nuovo Kurt ad attaccare, stavolta direttamente, i Sai tesi verso il petto dell’altro; Blaine non si scompose, si limitò a scartare con un balzo di lato, senza approfittare del fatto che il castano fosse momentaneamente di schiena.
Kurt gli rivolse un’occhiata indecifrabile, prima di attaccarlo con una serie di colpi furiosi e serrati, che gli lasciavano a malapena il tempo di respirare; Blaine rispondeva ogni volta senza sbilanciarsi, si limitava a difendersi di polso, senza nemmeno muovere i piedi.
“Cosa stai facendo?” chiese Kurt, col respiro pesante, dopo l’ennesima serie di attacchi durante la quale Blaine si era limitato a difendersi.
Il riccio esitò un attimo prima di rispondere “Non ci riesco” disse alla fine, scrollando le spalle “Mi dispiace. Ma tu sei sempre tu e … Non posso.”
Il castano lo osservò per qualche secondo, le braccia abbandonate lungo i fianchi; gli si avvicinò con passo leggero, fino a che le loro fronti non si sfiorarono.
“Io ho bisogno di sapere che sarai in grado di difenderti. Capisci? Devo vederlo con i miei occhi. Ti prego” proseguì, accorato, cercando gli occhi dorati, incatenandoli ai propri “Fallo per me. Per favore.”
Blaine sospirò pesantemente “Ma non posso pensare di farti del male. Se penso che tra due giorni potrebbero essere gli Elfi, io … Io non penso di farcela, Kurt.”
“Lo so” soffiò il castano “Lo so.” Gli accarezzò il viso con dolcezza, scostandogli i ricci dalla fronte “Ma è l’unico modo che abbiamo per essere un po’ più sicuri. Okay? E non mi farai del male, lo so.” Concluse con sicurezza, baciandogli la punta del naso.
Il riccio chiuse per un attimo gli occhi “Kurt” gemette alla fine, e gli occhi azzurri si spalancarono per il dolore che trasparì da quella singola parola.
Dovette usare tutta la propria forza di volontà per non piangere “No. Ehi, ehi” cercò di calmarlo, accarezzandogli i capelli, costringendolo ad aprire gli occhi.
“Andrà bene. Andrà tutto bene.” continuava a ripetere, cullandolo tra le proprie braccia.
“Promettimelo” gli disse Blaine, la voce appena soffocata dalle lacrime trattenute “Promettimi solo che non mi lascerai. Per favore.”
“Mai” sussurrò il castano, aggrappandosi con forza alle sue spalle.

**

Santana si rigirò la lancia tra le dita con sicurezza, un ghigno divertito stampato sul volto.
Sebastian la osservò da lontano senza battere ciglio, gli occhi verdi attenti e fissi su di lei.
Nemmeno un sospiro precedette la mossa della ragazza: si limitò a scattare in avanti scoprendo i denti in un ringhio appena trattenuto; all’ultimo momento strinse la presa sull’arma con entrambe le mani, e la abbatté con violenza nel punto in cui, fino ad un attimo prima, si trovava Sebastian; il ragazzo, infatti, aveva aspettato l’ultimo secondo prima di fare un passo di lato per evitare il colpo dell’ispanica, e cercò di approfittarsi della sua momentanea perdita di equilibrio per stringerle il collo in una morsa. Lei riuscì ad impedirlo spostando immediatamente la lancia sulla propria gola e spingendo via le mani dell’altro; si girò subito per evitare di dargli la schiena, e lo scrutò con un sorriso furbo, il respiro pesante.
Anche sul volto di Sebastian si disegnò un ghigno, un attimo prima che le si facesse di nuovo incontro, scivolando sull’erba del prato per evitare le lame della ragazza; si rimise in piedi con un movimento fulmineo, e afferrò con forza il bastone per evitare che lei potesse usarlo.
Si guardarono negli occhi solo per un istante, prima che Santana sorridesse candidamente; la ragazza si limitò a saltare con una capriola a mezz’aria per atterrare dietro Sebastian, che dovette lasciare la presa sulla lancia per evitare di venire ribaltato per terra; il ragazzo non fece in tempo a voltarsi che la punta di una delle due lame gli accarezzò delicatamente il collo, facendolo sibilare di sorpresa e frustrazione.
Santana gli sfiorò un orecchio con le labbra, un sorriso divertito percepibile anche nella voce “Mi sa che ho vinto io!”
Lui si girò molto lentamente, e si sporse per baciarla; la ragazza abbassò la lancia quasi inconsciamente, mormorando di compiacimento mentre le labbra dell’altro si facevano strada lungo il suo collo. Sussultò quando i canini appuntiti di Sebastian le sfiorarono la pelle “Sbagliato” sussurrò lui con un ghigno soddisfatto “Ho vinto io.”
Lei sbuffò, alzando gli occhi al cielo “Hai intenzione di baciare tutti gli Elfi che proveranno ad ucciderti?”
Sul volto di lui si disegnò un’espressione disgustata “No, forse non sarebbe il caso” ammise “Ma” aggiunse “potrei sempre baciare tutti quelli che proveranno ad uccidere te, se questo basterà a distrarli.”
“Ti sopravvaluti, Smythe” soffiò lei, sulle sue labbra.
“Dimostramelo” ghignò Sebastian, prima di baciarla.

**

Blaine lo strinse a sé possessivamente, afferrandogli i fianchi per averlo ancora più vicino.
A Kurt sfuggì un gemito mentre la lingua dell’altro gli accarezzava dolcemente le labbra; si ritrovò disteso sul materasso quasi senza accorgersene, e la bocca del riccio catturò immediatamente la sua, coinvolgendolo in un bacio bisognoso e dettato dall’urgenza.
Il castano gli intrecciò le mani sul collo, e gli mordicchiò un lobo con delicatezza, solleticandoglielo con la lingua; il riccio gemette direttamente sul suo collo, affondandoci il viso e inspirando a pieni polmoni il suo profumo, prima di far correre impazientemente le mani all’orlo della sua felpa, per sfilargliela velocemente.
Gli accarezzò il petto con gesti ampi e controllati, assaporando ogni secondo la sensazione della sua pelle sotto i propri polpastrelli, prima di sfiorargli il petto con le labbra in modo quasi famelico.
Kurt gemette sotto di lui, contorcendosi sul materasso, e riuscì a malapena a raggiungere la maglia di Blaine per sfilargliela e farla cadere da qualche parte sul pavimento; gli affondò le dita nelle spalle muscolose, percorrendo il profilo delle scapole, la linea infossata della spina dorsale.
Blaine sospirò a quel contatto, prima di scendere a marchiargli con i denti la pelle lattea del bacino; Kurt gli fece scivolare le mani sul viso per riavvicinare i loro volti e baciarlo scompostamente, mentre gli avvolgeva una gamba attorno alla vita facendo rotolare entrambi sul materasso, scambiando le posizioni.
Gli slacciò i pantaloni con un gesto fluido, e glieli sfilò velocemente, facendo lo stesso con i propri. Si rifugiò immediatamente sul petto di Blaine quando l’aria fredda gli accarezzò la pelle, e il riccio lo strinse a sé, facendo scontrare ritmicamente i loro bacini.
Kurt continuò a baciarlo ovunque, succhiandogli la pelle del collo, e fece scivolare le proprie mani lungo il ventre dell’altro fino a che non raggiunse l’elastico dei boxer; glieli sfilò con delicatezza, liberando la sua erezione, già piuttosto visibile.
Si allontanò lentamente dalla sua gola, senza però allontanare le proprie labbra dalla pelle dell’altro; continuò a baciargli il petto e gli addominali scolpiti, arrivando a sfiorargli con la lingua le ossa sporgenti del bacino. Blaine gemette sotto di lui con un movimento scomposto, ma non gli disse di fare veloce, più veloce, perché così era poco meno di una tortura: non voleva che tutto quello finisse.
Trattenne violentemente il respiro quando la lingua di Kurt si avvolse attorno alla sua erezione, e si morse le labbra per trattenersi dall’inarcare la schiena. La bocca dell’altro scivolò con fermezza su di lui, facendolo impazzire con una lentezza estenuante.
Gli avvolse il viso con le mani, costringendolo ad abbandonare la sua erezione, ormai quasi dolorosa, e lo baciò con tutta la dolcezza di cui era capace mentre gli faceva scivolare i boxer lungo le gambe muscolose per accarezzarlo lentamente facendolo gemere di piacere.
Bastò qualche altro movimento della mano del riccio sull’erezione di Kurt perché quest’ultimo si allungasse sopra di lui per prendere un preservativo e il lubrificante dal comodino; li porse a Blaine, che però scosse la testa. “Fallo tu” sussurrò, la voce roca e spezzata.
Il castano esitò un attimo prima di annuire e baciarlo dolcemente sulla fronte.
Il riccio gli avvolse la vita con le gambe, baciando e mordendo senza particolare delicatezza la pelle nivea tesa sulla sua clavicola.
Kurt si versò del lubrificante sulle dita, cercando di non allontanarsi dalle labbra dell’altro, e stuzzicò un po’ la sua apertura facendolo respirare affannosamente tra i gemiti, prima di prepararlo con attenzione.
Un lieve strato di sudore imperlò la fronte del riccio quando Kurt si fece strada dentro di lui, lentamente e con tutta la delicatezza possibile, mentre lo baciava sulle labbra e sul collo, mormorandogli tra un bacio e l’altro che lo amava.
Fu Blaine ad andare incontro alle spinte dell’altro con il bacino chiedendo di più: più contatto, più vicinanza, più baci, più carezze, più lui.
E Kurt lo accontentò, aumentando il ritmo delle spinte e accarezzando la sua erezione con decisione.
L’orgasmo li travolse nello stesso momento, e gemettero l’uno il nome dell’altro, come se quell’unica parola fosse in grado di salvarli.
Si concessero un attimo per separarsi e ripulirsi sommariamente, prima di tornare a stringersi sul materasso senza dire niente, a far finta che quel momento potesse durare per sempre.

****


Note:
Non commenterò il primo giorno di scuola. Spero solo che il vostro sia stato migliore del mio.
Poi; questa scena smut mi convince meno del solito, il che è tutto dire >.>
Quindi, davvero, se mi faceste sapere cosa ne pensate vi sarei eternamente grata!

Coming next:
-
Strinse gli occhi, cercando di capire che cosa fosse; gli corse un brivido lungo la schiena che lo scosse fin nel profondo, quando si rese conto che quella linea scura si muoveva. Si avvicinava al Castello, lentamente ma inesorabilmente.
Non aspettò un secondo di più, perché nel profondo sapeva esattamente cosa fossero. Chi fossero.
Si voltò immediatamente, e corse lungo il corridoio “ARRIVANO!” urlò con tutta la voce che aveva in corpo “ARRIVANO!”

Eh già.
ZAN ZAN.
Insomma, fatemi un po' sapere cosa ne pensate della storia, prometto i dolci della calza (sì, ho avuto la calza della Befana.) in cambio!
A Sabato!

 

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Capitolo 27
*** Maybe It's a Goodbye ***


Being a Half.
27. Maybe It's a Goodbye


 

Blaine si svegliò all’improvviso con un peso che gli opprimeva il petto, e spalancò gli occhi nell’oscurità col respiro affannato. C’era qualcosa di tremendamente sbagliato, una tensione nell’aria che gli faceva correre dei brividi lungo la spina dorsale.
Solo la presenza calda e solida di Kurt al suo fianco riuscì a tranquillizzarlo, ma non abbastanza.
Cercò di respirare con calma, inspirando profondamente, ma quella sensazione di inquietudine non lo abbandonò.
Scese dal materasso con calma, cercando accuratamente di non svegliare il castano, che si agitò leggermente nel sonno; il riccio gli lasciò un bacio dolce sulla fronte prima di uscire dalla stanza a piedi scalzi, per ritrovarsi nel corridoio silenzioso e completamente immerso nell’oscurità.
Il lupo si mosse per lui, impedendogli di inciampare, e si ritrovò quasi inconsciamente affacciato ad una delle finestre che davano sul parco: scrutò la notte con aria pensierosa, quel peso insopprimibile ancora sul petto; i suoi occhi vagarono distrattamente in lontananza, e furono attirati da una sottile linea scura all’orizzonte che gli impediva di vedere la strada.
Strinse gli occhi, cercando di capire che cosa fosse; gli corse un brivido lungo la schiena che lo scosse fin nel profondo, quando si rese conto che quella linea scura si muoveva. Si avvicinava al Castello, lentamente ma inesorabilmente.
Non aspettò un secondo di più, perché nel profondo sapeva esattamente cosa fossero. Chi fossero.
Si voltò immediatamente, e corse lungo il corridoio “ARRIVANO!” urlò con tutta la voce che aveva in corpo “ARRIVANO!”
Nel giro di qualche secondo, tutti i ragazzi si ritrovarono nel corridoio, le espressioni stravolte dal sonno e dallo shock; Kurt si affacciò subito alla porta della loro camera, con gli occhi spalancati e il respiro affannato per la paura “Sei sicuro?” soffiò, cercando quasi disperatamente il suo sguardo.
Blaine annuì un’unica volta, e Sebastian imprecò a voce alta, il viso segnato dalla stanchezza “Non dovevano arrivare prima di dopodomani!” sibilò, mentre Santana, accanto a lui, si precipitava nella propria camera per vestirsi.
“Forse ho sottovalutato la forza di Eridian …” mormorò Will, desolato.
“Non importa” disse velocemente Nick, muovendo qualche passo nel corridoio “Ora non abbiamo tempo di pensarci. Ognuno prenda le proprie armi, ci vediamo nell’ingresso fra due minuti.”
I ragazzi cercarono disperatamente di ricomporsi, e alla fine riuscirono ad annuire, pallidi e risoluti.

                                                                          ***

Kurt lanciò di sfuggita un’occhiata alle mani di Blaine che vagavano freneticamente nell’armadio alla ricerca febbrile di un paio di jeans, e vide che tremavano.
“Amore” lo chiamò con gentilezza e dolcezza, ignorando la fretta che lo spronava a prepararsi più velocemente; il riccio si voltò verso di lui con uno scatto nervoso che tradì tutta la sua agitazione, e Kurt si limitò a coprirgli una mano con la propria, delicatamente, accarezzandogli il dorso con il pollice.
“Resta con me” gli disse semplicemente, baciandogli la fronte; Blaine esitò un attimo prima di annuire e prendere un respiro profondo, le mani finalmente libere dai tremori.
“Sempre.”

                                                                           ***

“Mi piacevi anche tu” sbottò Santana, affacciandosi alla porta aperta quasi col respiro affannato.
“Che cosa?” Sebastian si voltò di scatto, stringendo tra le mani una felpa nera.
“Mi piacevi anche tu” ripeté lei con più sicurezza, guardandolo negli occhi e avvicinandoglisi con passo deciso “Mi piaci da quando ti ho visto scambiare un mazzo di peonie che Finn aveva comprato a Rachel con uno di orchidee perché sapevi che lei era allergica e non volevi che lui facesse brutta figura. E l’hai fatto di nascosto, perché volevi far credere a tutti di essere uno stronzo di prima categoria. E io ti odiavo all’inizio” continuò, avvolgendogli il viso con le mani mentre gli occhi di lui si facevano grandi e lucidi “Perché eri sempre così freddo, e distaccato, e stronzo. Ma poi …” Prese un respiro profondo, deglutendo “Poi ho visto te. E in realtà sei così dolce, e gentile, e premuroso. E ci sono cascata” scosse la testa con un lieve sorriso sulle labbra “Mi sono innamorata di te. Da allora. E quando mi hai detto che ti piacevo mi sono sentita come una ragazzina alla sua prima cotta” si lasciò sfuggire una risatina acquosa.
Sebastian era senza parole; continuò a guardarla senza sapere cosa dire, accarezzandole le mani che aveva poggiato sul suo viso.
“Perché me lo dici adesso?” sussurrò alla fine.
Lei si limitò a sorridere amaramente, perché entrambi conoscevano la risposta: “Avremmo potuto avere più tempo”.
Ma nessuno dei due lo disse ad alta voce.
Si avvicinarono con un sospiro, prima di baciarsi, lentamente ma con dolcezza.

                                                                                    ***

“Ti senti bene?”
Quinn annuì con un unico cenno del capo, prima di sporgersi sulla rastrelliera per afferrare gli shuriken e riporli nel sacchetto di pelle che le pendeva su un fianco dalla spessa cintura di cuoio.
Puck le afferrò un polso con delicatezza, costringendola a voltarsi verso di lui.
“Che fai?” chiese lei, inarcando le sopracciglia, sorpresa “Dobbiamo andare, non c’è tempo …”
“Quinn” la interruppe lui, guardandola negli occhi con fermezza “Ti senti bene?” le chiese di nuovo, senza distogliere lo sguardo dal suo.
Gli occhi verdi di lei si riempirono improvvisamente di lacrime e le tremarono le spalle, mentre una stanchezza indicibile le incideva il viso; Puck la avvolse tra le proprie braccia senza dire una parola, e le accarezzò i capelli “Andrà tutto bene.” le mormorò in un orecchio “Vedrai”. La cullò stringendola a sé per qualche secondo, finché non la sentì rilassarsi sotto il proprio tocco.
“Ma potrebbe non andare tutto bene” soffiò Quinn, passandosi una mano sulle guance bagnate “Potrebbe succedere qualcosa a qualcuno di noi e---”
“Ehi, ehi, ascoltami” Puck le posò le mani sulle spalle, costringendola a guardarlo “Ho promesso che ti avrei protetta, no? Ed è quello che farò. Te lo giuro.”
“Non sono preoccupata per me” mormorò lei, inclinando lievemente il capo su una spalla. “Non voglio che ti succeda qualcosa.” Aggiunse dopo qualche secondo, arrossendo.
Puck si fece leggermente indietro, con espressione confusa “Cosa vuoi …?” Ma si interruppe quando Quinn gli si avvicinò con un pizzico di esitazione, fino a poggiare le proprie labbra sulle sue così delicatamente che il contatto fu quasi impercettibile.
Puck chiuse inconsciamente gli occhi, colpito dal profumo di lavanda, e si perse immediatamente tra le labbra della ragazza, che si allontanarono dalle sue troppo presto.
Rimase per un attimo a fissare gli occhi incredibilmente verdi di Quinn, sbattendo le palpebre, quasi incredulo; un’espressione mortificata si disegnò sul volto di lei, ed era già sul punto di scusarsi un miliardo di volte, ma lui non glielo permise: le intrecciò le mani dietro e la schiena e la strinse fortissimo a sé, prima di annullare la distanza tra i loro visi e baciarla a lungo.
Ora” sussurrò col respiro spezzato quando si allontanarono “Non c’è assolutamente niente che potrebbe impedirmi di tornare da te.”

                                                                                 ***

“Will, Blaine, Sebastian, Rachel e Quinn, voi andrete al piano di sopra” ricapitolò velocemente Nick, scrutando rapidamente i volti tesi dei propri compagni “Scendete solo nel caso in cui non vi sia possibile attaccare dall’alto. Tutti gli altri staranno nel parco.” Cercò qualcos’altro da dire, ma non trovò nulla che fosse abbastanza.
Lasciò che fosse il silenzio a dire loro quale piacere fosse stato averli incontrati, quanto sperasse che si potessero parlare ancora alla fine di quella giornata.

“Sarò proprio lassù. Non ti perderò d’occhio nemmeno per un secondo. Capito?”
Kurt si perse in quegli occhi dorati ingoiando le lacrime, un attimo prima di annuire.
Blaine lo strinse a sé con tutta la forza che aveva, prima di precipitarsi al piano di sopra stringendo l’arco con forza.

“Non fare scherzi, Lopez. Non pensare di liberarti di me dopo quello che mi hai detto. Voglio avere la possibilità di rinfacciartelo per tutta la vita.”
“Sei un idiota, Smythe.”
“Ti amo, Santana.”
“Ti amo anch’io, accidenti.”

“Noah.”
Puck si girò immediatamente, fermandosi sul primo che scalino che portava nel parco.
Quinn gli si avvicinò a passo svelto, e non ci fu esitazione nei suoi gesti quando poggiò le proprie labbra sulle sue. “Alla fine di tutto questo” gli sussurrò ad un soffio dal viso “Voglio un appuntamento vero.”
Il ragazzo sorrise “Puoi scommetterci, biondina.”

“Tutto bene, piccola?”
I grandi occhi castani di Rachel si posarono sull’imponente figura di Finn; la ragazza prese un respiro profondo, prima di avvicinarglisi di slancio e stringerlo in un abbraccio mozzafiato.
“Sì” rispose alla fine, la voce soffocata dalla maglia del ragazzo “Va tutto bene.”

“Jeff.”
Il ragazzo distolse lo sguardo dall’orizzonte, dove ormai era ben visibile la schiera di Elfi che si avvicinava.
Nick gli afferrò semplicemente una mano, senza dire niente, e la strinse con dolcezza.

“È quasi strano, vero?”
Kurt si voltò verso Neal sfregandosi le mani, e lo guardò con espressione interrogativa.
“Tutto questo” spiegò l’altro, facendo un cenno vago col mento in direzione degli Elfi, ormai arrivati al limitare del parco “È … Strano. Surreale. Sembra che non debba accadere davvero.”
Il castano sbuffò una nuvoletta ghiacciata, sollevando momentaneamente gli occhi alla finestra dove poté cogliere lo scintillio dorato degli occhi di Blaine.
“Forse” rispose alla fine, sottovoce “Ma sta succedendo davvero.”
Neal non rispose, e si limitò a puntare gli occhi chiari sul prato.
“Mi dispiace.” Kurt si voltò verso l’altro ragazzo, ripetendo “Mi dispiace. Non avrei dovuto trascinarti in tutta questa follia.”
Neal sorrise, poggiandogli una mano sulla spalla “Non dirlo. Davvero. Sono contento di essere stato trascinato.”
Kurt gli rivolse un piccolo sorriso, prima che il rumore cadenzato di una moltitudine di passi in avvicinamento lo costringesse a sollevare lo sguardo.

Erano troppi.
Fu il primo pensiero che attraversò la mente di tutti.
Dovevano essere più di cinquanta Elfi, avvolti nei loro lunghi mantelli scuri e con dei ghigni perfettamente identici stampati sui loro volti a distorcere i lineamenti ferini; avanzavano su una fila unica, al centro della quale spiccava una figura ammantata d’argento: Eridian. La schiera, terribile e spaventosa nella sua omogeneità, si fermò ad una ventina di metri dai ragazzi.
Il Re rivolse un sorrisetto vittorioso agli Halfbeings, facendo scorrere lo sguardo sulle poche figure che si opponevano a lui e al suo esercito; lanciò un’occhiata divertita alle finestre del Castello, e ammiccò in direzione di Will.
“Umano! Devo dire che siete ancora più maleducati di quanto non ricordassi; la tua specie non conosce le buone maniere?” allargò le braccia con un sorriso beffardo sul volto “Si accoglie così un ospite?”
“Quando l’ospite è uno stronzo” sibilò Sebastian in risposta, a voce abbastanza alta da poter essere udito, mentre incoccava una freccia sull’arco, prendendo immediatamente la mira sulla figura di Eridian; il Re, per tutta risposta, allargò le braccia esponendo il petto nella sua direzione “Lo prenderò come un complimento, Smythe!”
Santana trattenne a fatica un ringhio.
“Direi che i convenevoli non sono necessari, non vi sembra?”
Gli Elfi ridacchiarono all’unisono, estraendo i pugnali dagli ampi mantelli.
Eridian fece scorrere un’altra volta lo sguardo sugli Halfbeings, prima di soffermarsi su Kurt, che stava stringendo i Sai con talmente tanta forza che le unghie gli si stavano conficcando nei palmi.
“Non credere che mi sia dimenticato di te, dolcezza” gli mormorò, sapendo che il castano avrebbe potuto sentirlo comunque “Avere un tuo pugnale piantato nella schiena non è stata un’esperienza piacevole. Mi assicurerò che tu provi lo stesso durante la nostra breve visita … Ma magari la mia lama sarà piantata nel tuo cuore” concluse mellifluo, lanciando un’occhiata significativa a Blaine, il quale, per tutta risposta, scoprì i denti ringhiando minacciosamente.
Un tremito percorse la schiena di Kurt, che si aggrappò con forza ai Sai rivolgendo ad Eridian uno sguardo di puro odio.
Il Re rispose con un sorriso angelico, indietreggiando di qualche passo senza voltarsi; alzò semplicemente una mano. Sembrò che tutti gli Elfi prendessero un respiro profondo contemporaneamente. Poi Eridian piegò il polso in avanti con un gesto secco. Le figure ammantate scattarono in avanti con una corsa ordinata ma precipitosa, i ghigni immutati sui loro volti e i pugnali stretti tra le mani.
Pochi istanti dopo, dei sibili inconfondibili fenderono l’aria, e cinque Elfi incespicarono nella corsa, cadendo rovinosamente a terra, feriti dalle frecce, da un senbon e da uno shuriken; i loro compagni non ne furono minimamente turbati, e si limitarono a continuare a correre, serrando la fila per coprire gli spazi vuoti. Le frecce presero a piovere incessantemente su di loro, non abbastanza precise da ucciderli, ma sufficienti a rallentarli.
Kurt prese un profondo respiro, mentre il cuore gli batteva furiosamente nel petto; non osò sollevare lo sguardo per incrociare quello di Blaine, ma sapeva che lui era lì, poteva percepire la sua presenza con una consapevolezza disarmante.
Si chinò leggermente in avanti, facendo ruotare nervosamente i Sai tra le proprie dita. Aspettò che gli Elfi fossero più vicini di qualche metro, prima di scattare con un ringhio cupo nel petto.
Furono subito in tre a circondarlo; i suoi sensi gli fecero piegare la schiena all’indietro un attimo prima che uno dei pugnali tagliasse l’aria dove poco prima si trovava il suo collo, e non dovette nemmeno pensare prima di allungare un braccio in avanti e piantare un pugnale nel cuore dell’Elfo, che si dissolse immediatamente con un grido strozzato.
Gli altri due non si scomposero, e presero ad attaccarlo con un ritmo serrato, costringendolo a concentrarsi solo sulla difesa; ignorò il bruciore delle ferite che già gli macchiavano la pelle assieme ai lividi, e aggrottò la fronte per lo sforzo di difendersi; riuscì a voltarsi all’ultimo secondo con uno scatto sovrumano, e una lama tagliò l’aria a pochi centimetri da lui quando un terzo Elfo si unì agli altri due per attaccarlo. Uno tese velocemente il braccio in avanti, cercando di colpirlo al volto: Kurt si scansò all’ultimo secondo, e gli inferse un taglio profondo al polso, costringendolo a lasciar cadere la lama; si abbassò appena in tempo per evitare che uno degli altri due Elfi si approfittasse di quel momento di distrazione, ma si immobilizzò quando si rese conto di avere un fianco completamente scoperto, alla mercé dell’altra creatura. Si risollevò immediatamente, e, senza nemmeno pensarci, sorprese l’Elfo alla sua sinistra piantandogli uno dei pugnali nel petto; si voltò subito verso destra, pronto a difendersi, ma vide soltanto una freccia dall’impennaggio azzurro chiaro che giaceva ai suoi piedi con la punta insanguinata.

“Non dovevamo fare matematica?”
Blaine si girò verso di lui con un piccolo sobbalzo, la lingua ancora intrappolata tra i denti in un’espressione concentrata; si girò di nuovo verso il tavolino, arrossendo furiosamente, e pregò con tutte le proprie forza che Kurt decidesse di non avvicinarsi.
“Ho trovato qualcosa di più divertente da fare.” Borbottò, imprecando mentalmente quando il castano gli si avvicinò con passo leggero. “Che sarebbe … Dipingere frecce?” chiese Kurt con una punta di divertimento nella voce.
Blaine gli rivolse una linguaccia “Sì.”
“E quale colore avresti scelto?”

Quello dei tuoi occhi, pensò. Ma non lo disse ad alta voce.
Si limitò a mostrargli una boccetta di pigmenti azzurro chiaro, e lo sguardo di Kurt si fece indecifrabile per qualche secondo.


Si concesse di sollevare lo sguardo sulla finestra solo per un secondo, e colse un inconfondibile scintillio dorato, prima di attaccare uno dei quattro Elfi che stavano mettendo Finn in difficoltà.
Jeff e Nick, poco distanti da loro, continuavano a combattere instancabilmente schiena contro schiena, coprendosi le spalle a vicenda, mentre Santana, Puck e Neal attaccavano gli Elfi fianco a fianco, senza allontanarsi gli uni dagli altri di qualche metro.
I minuti sembravano dilatarsi all’infinito, e i loro respiri si fecero affannati dopo quelle che sembrarono ore, quando anche i loro muscoli cominciarono a bruciare in maniera quasi insopportabile, e i tagli sui loro corpi si erano moltiplicati aggiungendosi a quelli che già c’erano; per ogni Elfo che uccidevano, sembrava essercene immediatamente uno pronto a prendere il suo posto, ed erano sempre più veloci, i loro colpi sempre più violenti; o forse erano gli Halfbeings ad essere sempre più stanchi, più lenti, più deboli.
Kurt riuscì soltanto a respirare affannosamente per qualche secondo, osservando con gli occhi spalancati la neve candida macchiata di sangue.
“Finalmente abbiamo un momento tutto per noi.”
Sollevò lo sguardo con le spalle che già gli tremavano, per incrociare due occhi grigi che lo scrutavano, beffardi.

****


Note:
Scusate se ho pubblicato più tardi del solito e se ci metto una vita a rispondere alle recensioni, ma la scuola mi sta letteralmente uccidendo!
Come sempre, fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo, per favore! :)

Coming next:
-
“Guarda come hai lasciato che si riducesse, Blaine” la voce del Re era un ringhio acuto e folle, appena udibile in mezzo al frastuono che li circondava “Hai lasciato che gli facessero del male.” [...] “Coraggio, Blaine” [...] “Vieni a riprenderti la tua anima gemella. Arrabbiati. Sai che non hai nessuna possibilità, contro di me. E se doveste perdere …” [...] “Be’ … Chissà che fine farebbe, questo tuo adorato amante.” Concluse il Re, con un sussurro.

Scusate per le note sconclusionate, ma sono a pezzi =.=
Grazie tantissimo a tutti, come sempre, davvero :)
Fatemi sapere, a Martedì!

 

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Capitolo 28
*** I Love You ***


Avvertimenti:
NON leggete questo capitolo se:
-siete emotivamente instabili.
-avete tendenze suicide/omicide.

 

 

Being a Half.
28. I Love You


 

Eridian lo scrutò per qualche secondo con un’espressione estremamente divertita, mentre Kurt cercava di riacquisire un minimo di controllo sul proprio respiro. Non poteva lasciarsi prendere dal panico. Ce la poteva fare.
Se lo avesse ucciso, le loro speranze di vittoria sarebbero aumentate a dismisura. E Blaine sarebbe stato al sicuro.
Rafforzò la presa sui Sai, scoccando ad Eridian uno sguardo di puro odio.
Il Re rispose con un ghigno, accarezzandosi le labbra con la lingua. Fu l’unico segnale, prima che balzasse in avanti con una velocità sovrumana; Kurt riuscì a malapena a vederlo, e scattò di lato appena in tempo. Non diede ad Eridian il tempo di girarsi, cercò di piantargli immediatamente una lama nella schiena, ma l’Elfo l’aveva previsto: si girò in tempo per intercettare il pugnale dell’altro col proprio e spingerlo all’indietro con violenza. Kurt rimase fermo per un attimo, respirando pesantemente, e aspettò la mossa del proprio avversario; Eridian gli rivolse un piccolo ghigno, prima di attaccare di nuovo, stavolta prendendo di mira la spalla dell’altro: il castano incrociò le lame dei Sai e riuscì a respingere il colpo, deviandolo di lato. Il Re si sbilanciò per un attimo, e Kurt ne approfittò immediatamente, disegnandogli un taglio rosso sulla schiena; l’Elfo sibilò di dolore, voltandosi con uno scatto, e cominciò ad attaccare alla cieca, furiosamente. Il castano prese ad indietreggiare con un sibilo sorpreso, sforzandosi di difendersi come meglio poteva, e strinse gli occhi per il dolore quando il pugnale sottile gli raggiunse la pelle candida della guancia, ferendolo superficialmente. Eridian non si fermò: lo colpì di striscio più volte, e Kurt cominciava a sentire la stanchezza che gli appesantiva le gambe e le braccia. I suoi movimenti erano sempre meno fluidi e composti, sempre più lenti e impacciati.
Strinse i denti e cercò di fare breccia tra gli attacchi furiosi dell’altro, e riuscì a ferirlo ad un fianco, incidendogli a fondo la carne.
Eridian imprecò ad alta voce, e sul volto gli si dipinse un’espressione d’odio così feroce che Kurt rabbrividì istintivamente, arretrando di qualche passo; fu un leggero spostamento d’aria ad avvisarlo: si chinò appena in tempo per evitare l’attacco di un secondo Elfo che aveva cercato di sorprenderlo alle spalle.
Rotolò sul prato, mettendosi in piedi con uno scatto, i Sai stretti in pungo: riusciva a sentire soltanto il proprio respiro affannato e il bruciore delle ferite che gli annebbiava il cervello.
Inspirò a fondo, osservando con circospezione i due Elfi che gli si avvicinavano lentamente, con passo cadenzato.
Cercò di mantenere la calma anche quando le due creature cominciarono a girargli attorno, costringendolo a seguire con lo sguardo o uno o l’altro Elfo.
Eridian fu il primo a balzare verso di lui, lasciandogli un lungo taglio lungo il polpaccio, per poi farsi immediatamente indietro, senza lasciargli nemmeno il tempo di reagire; Kurt mugolò di dolore, stringendo gli occhi, e riuscì a malapena a respingere l’attacco dell’altro Elfo incrociando debolmente i Sai sopra la fronte. Quando il Re scattò di nuovo, non riuscì ad evitare il pugnale che lo raggiunse al ginocchio, facendolo crollare per terra.
Kurt spalancò gli occhi, sibilando per la sorpresa e il dolore: davvero sarebbe finito tutto così? Forse, se avesse alzato lo sguardo, avrebbe potuto incontrare per un’ultima volta i suoi occhi.
Un ringhio furioso lo distolse da quei pensieri, costringendolo a sollevare il viso; accadde tutto così velocemente che riuscì a malapena a vederlo.
Una freccia si conficcò nella schiena dell’Elfo con una violenza tale da attraversargli tutta la cassa toracica; la creatura scomparve con un’espressione di orrore ancora congelata sul viso.
Eridian venne spinto di lato con violenza, così velocemente che non riuscì ad opporsi.
Kurt si ritrovò a fissare gli occhi dorati che amava, annebbiati dalla furia; ma Blaine era ancora lì, poteva vederlo. Lo percepiva dalla preoccupazione e dall’amore che gli accendevano lo sguardo. Non si era lasciato sopraffare. Stava controllando anche l’Elfo che albergava in lui.
“Stai bene?” gli chiese con voce affannata, inginocchiandosi velocemente accanto a lui mentre cercava di valutare le sue condizioni con un’occhiata sommaria.
“S-Sì” tossicchiò Kurt in risposta, mentre un senso di sollievo indicibile gli pervadeva le membra a partire dai punti in cui le dita di Blaine lo stavano sfiorando con attenzione e delicatezza.
“Mi dispiace di non essere intervenuto prima, io non---”
Ma non riuscì a completare la frase, perché due mani incredibilmente forti lo afferrarono per il maglione e lo scaraventarono di lato, facendolo rotolare malamente sul prato.
Kurt allungò automaticamente una mano verso di lui con un gemito sconnesso, ma un calcio violento lo raggiunse al petto, costringendolo a ripiegarsi su se stesso, improvvisamente a corto d’aria.
Avrebbe urlato, se ogni singola parte del suo corpo non fosse stata tormentata da un dolore insopportabile.
Una parte del suo cervello registrò uno spostamento innaturale: qualcuno l’aveva sollevato di peso, e lo stava costringendo a stare in piedi; la sua vista era ancora appannata, e davanti agli occhi gli danzavano delle pozze di luce, ma riconobbe l’inconfondibile odore di erba bruciata. Eridian.
“Guarda come hai lasciato che si riducesse, Blaine” la voce del Re era un ringhio acuto e folle, appena udibile in mezzo al frastuono che li circondava “Hai lasciato che gli facessero del male.” Continuò con tono lamentoso, come un bambino piccolo, e Kurt avrebbe solo voluto superare quella nebbia che gli appannava la mente intrecciandogli la lingua per dire a Blaine di andare via, perché così stava dando ad Eridian solo ciò che voleva.
“Coraggio, Blaine” continuò il Re, la voce improvvisamente più bassa e dolce, melliflua “Vieni a riprenderti la tua anima gemella. Arrabbiati. Sai che non hai nessuna possibilità, contro di me. E se doveste perdere …” Fece una pausa, ghignando, e affondò il viso nei capelli di Kurt, inspirando a fondo; il ragazzo rabbrividì, e un tremore incontrollabile cominciò a scuotergli le mani e le braccia. “Be’ … Chissà che fine farebbe, questo tuo adorato amante.” Concluse il Re, con un sussurro.
Quando Kurt sentì un ringhio basso, minaccioso e terribile provenire da qualche parte di fronte a lui, un terrore primordiale lo invase, costringendolo a ritrovare la strada per i propri occhi, incurante del dolore e di qualsiasi cosa avrebbe potuto vedere; Blaine. Blaine non poteva perdere il controllo, o Eridian l’avrebbe ucciso.
Il riccio era a qualche passo da loro, con gli occhi chiusi e tutti i muscoli contratti; aveva le unghie conficcate nei palmi ad una tale profondità che dei rivoli di sangue gli scorrevano tra le dita e finivano a macchiare la poca neve che era rimasta sull’erba.
Nel vederlo così, Kurt provò solo l’impulso di liberarsi da quelle mani che lo toccavano prepotentemente e correre da lui, proteggerlo, portarlo via di lì.
Scrollò violentemente le spalle con un ringhio basso e furioso, prendendo in contropiede Eridian, che non riuscì a trattenerlo; si mosse in avanti con passo incerto e veloce, e avvolse immediatamente con le proprie le mani di Blaine, scuotendolo lievemente. “Non farlo” riuscì a mormorare, costringendolo ad aprire gli occhi “Non dargli quello che vuole. Ce la puoi fare.”
L’oro negli occhi del riccio sembrò fondersi lentamente, perdendo quella furia che l’aveva congelato fino a qualche secondo prima; riacquisì la sua abituale dolcezza, mentre le unghie delle mani allentavano la presa sui palmi martoriati. Sembrò tornare a respirare, mentre rivolgeva a Kurt uno sguardo pieno di gratitudine e affetto.
Aprì la bocca per parlare, ma una voce lo precedette, sibilando furiosamente “Quante volte ti devo dire” ringhiò Eridian, avvicinandosi a loro con un’espressione infuriata che gli distorceva i lineamenti in maniera così grottesca da renderlo quasi irriconoscibile “Di non interrompere i miei giochi?” quasi urlò l’ultima frase, prima di balzare in avanti brandendo il pugnale.
Accadde tutto così velocemente che Kurt, di schiena rispetto al Re, nemmeno se ne accorse; non aveva fatto in tempo nemmeno a girarsi verso l’Elfo.
Le mani di Blaine gli strinsero con forza i gomiti, e in un attimo le loro posizioni si ribaltarono.
Kurt si ritrovò a fissare gli occhi dorati, spalancati per il dolore.
Abbassò istintivamente lo sguardo mentre la presa delle mani dell’altro sulle sue braccia si allentava, e vide la macchia scura che si allargava sulla felpa di Blaine.
Non capì. Il suo cervello si rifiutò di fargli comprendere un concetto che sembrava così semplice e lineare.
Fu solo quando gli occhi dorati si chiusero e un pallore mortale si fece strada sul volto del ragazzo che amava, che la consapevolezza di ciò che stava succedendo lo colpì, con così tanta forza che sentì ogni singolo organo dentro di sé urlare e bruciare.
“NO! BLAINE, NO! Ti prego, ti prego, Blaine, NO!” Kurt si lanciò in avanti nel momento in cui Eridian estrasse la lama dal corpo del riccio, e fece appena in tempo ad afferrarlo prima che cadesse in avanti, privo di forze.
Il castano si rese a malapena conto di aver iniziato a singhiozzare.
Si rese a malapena conto degli altri ragazzi che si giravano di scatto alle sue urla.
Riusciva a vedere solo il volto di Blaine, riusciva a sentire solo il suo respiro affannato, flebile.
“No, no, no” continuava a mormorare, mentre le lacrime bollenti gli scavavano inesorabilmente le guance e un dolore sordo si faceva strada nel suo petto, e il sangue – il sangue – di Blaine gli macchiava le mani, che tremavano in maniera incontrollabile.
“Andiamo, ti prego, apri gli occhi. Non puoi farmi questo, per favore …”
Qualcosa che andava al di là del dolore lo spezzò esattamente a metà, gli affondò nel petto e lo trascinò verso il basso, squarciandolo.
Non sapeva più come respirare. L’aria continuava ad impigliarsi nella sua gola, scuotendolo.
Non poteva essere vero.
Il capo di Blaine era adagiato sul suo grembo, il suo volto era pallido. Una larga macchia scura continuava ad allargarsi sulla maglia.
Le sue palpebre si sollevarono di qualche millimetro, lasciandogli la possibilità di bearsi della luce dorata dei suoi occhi per l’ultima volta.
“Kurt …” soffiò Blaine a fatica; il castano si sentì morire dentro, e realizzò con una cruda razionalità che, senza di lui, non ce l’avrebbe mai fatta.
“Sono qui” sussurrò, mentre un singhiozzo gli scuoteva di nuovo il petto.
“Hai visto?” Un colpo di tosse costrinse Blaine ad interrompersi, ma riprese immediatamente; le sue labbra erano diventate del colore dell’avorio “Ho mantenuto la promessa. Ti ho protetto.”
Kurt sentì che il dolore lo schiacciava, e le sue spalle si incurvarono verso il petto dell’altro, mentre un bruciore quasi insopportabile lo colpiva alla gola.
Non stava succedendo davvero.
Non poteva …
“Avevi detto che ci saresti stato sempre” gemette, accarezzandogli disperatamente il volto con le mani “Non puoi lasciarmi da solo. Non ce la faccio, Blaine, non ce la faccio, ti prego …”
Il riccio lo guardò con preoccupazione, tristezza e un’infinita quantità d’amore. Le lacrime cominciarono a pungergli gli occhi, ma nemmeno se ne accorse. Dio, c’erano talmente tante cose che avrebbe voluto dirgli.
“Ce la fai” soffiò soltanto, aggrappandosi alla luce del suo sguardo, mentre le lacrime di Kurt e le sue si mescolavano sul suo viso, e il castano scuoteva il capo, incapace persino di parlare per via di quel dolore che, ne era certo, l’avrebbe ucciso.
Blaine pensò che avrebbe davvero tanto voluto abbracciarlo. Avrebbe voluto farlo sentire al sicuro, protetto. Avrebbe voluto non dovergli dire addio. Ma una forza lo stava trascinando sempre più giù, verso il basso, verso il buio. E aveva paura. Non voleva lasciarlo da solo. Ma non ebbe il tempo di dire niente di tutto quello. Lo stava avvolgendo uno strano torpore, e avrebbe solo voluto guardare per sempre l’azzurro dei suoi occhi – non gli aveva mai detto quanto fosse bello quando sorrideva e gli si formavano quelle fossette sulle guance. Perché?-, ma non poteva. Il buio lo stava avvolgendo.
“Ti amo” riuscì solo a mormorare, aggrappandosi all’ultimo respiro che aveva, mentre un dolore sordo si propagava per tutto il suo corpo, a partire dal petto.
Poi il buio lo avvolse.
L’ultima cosa che vide furono le labbra di Kurt che sillabavano qualcosa, tremanti e bagnate dalle lacrime.
Ti amo anch’io.

 

***


Note:
...
Mettete giù le asce (Ti vedo, Slytherin_Malvi, metti giù il lanciafiamme!).
Vi sto scrivendo dal mio bunker antiatomico (sì. Ne abbiamo uno. In Groenlandia.).
Voi non mi odiate, vero?
Vi prego.
Ho bisogno che vi fidiate di me. Concedetemi solo due capitoli. 
Poi, se ancora vorrete uccidermi, lo potrete fare.
Plis? **

Coming next:
-
Strinse forte i Sai fra le mani quando Eridian si chinò su di lui mormorandogli in un orecchio “L’amore non è più forte della morte, dolcezza.”
E Kurt urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, perché aveva maledettamente ragione.
Non era riuscito a salvarlo.
Non era servito a niente, era stato tutto in utile.

Vi prego, vi prego ç_ç
Se vi chiedo di lasciare una recensione rischio il linciaggio? ...
Io vi voglio ancora bene <3


 

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Capitolo 29
*** Until My Dying Day ***


Being a Half.
29. Until My Dying Day


 

Nel momento esatto in cui Blaine chiuse gli occhi, il mondo di Kurt divenne buio.
Non era capace di muoversi; non gli sembrava nemmeno di essere in grado di respirare.
Le lacrime continuavano a corrergli sul viso, in silenzio.
Gli sembrò ridicolo che il mondo attorno a lui non si fosse fermato.
Strinse le mani su quella stoffa familiare, le fece scorrere sul suo petto. Non si muoveva. Non stava respirando.
Blaine non respirava più.
Blaine non avrebbe più respirato.
L’aveva lasciato. Per sempre.
L’aria si incastrò nella sua gola per l’ennesima volta, costringendolo a boccheggiare, ma le sue mani non riuscivano ad abbandonare il volto di Blaine. Era freddo. Era innaturalmente freddo. Ed era troppo pallido.
Seguì con le dita il profilo che conosceva a memoria, ma non lo poteva vedere; i suoi occhi bruciavano – ma il dolore non era niente rispetto a quello che gli stava divorando il petto – ed erano così pieni di lacrime – lacrime che sembravano non dover finire mai – che non riusciva nemmeno a vederlo. Ma ne aveva bisogno.
Aveva bisogno di lui.
“Ops” e quella voce stonava così tanto col suo dolore che gli ferì i timpani e gli diede la nausea, e la sua testa aveva cominciato a girare, ma non avrebbe mai saputo dire quando.
“Pare che io l’abbia ucciso” disse Eridian con un ghigno, facendo spallucce. “Ma non preoccuparti, Kurt. Lo rivedrai tra poco.”
E Kurt pensò che l’avrebbe lasciato fare. Sarebbe morto volentieri.
Perché non ce l’avrebbe mai fatta. Non sarebbe mai sopravvissuto da solo.
Voleva solo seguire Blaine. Anche se significava seguirlo nel buio, l’avrebbe fatto.
Per rivederlo un’ultima volta. Solo il suo sorriso. Lo scintillio dorato dei suoi occhi. Voleva solo quello.
Ma furono quegli occhi dorati, quel sorriso, ad impedirgli di arrendersi.
Non poteva.
Non lo realizzò in quel momento, perché l’unica cosa che poteva davvero percepire era solo il dolore. Ovunque, costante. Ma una voce dentro di lui gli disse che non poteva. Blaine non avrebbe voluto che lui si arrendesse. E anche Kurt, in fondo, sapeva di non poter lasciare che finisse così.
Chiuse gli occhi, e seguì i propri sensi – non avrebbe mai potuto seguire la propria ragione, perché la consapevolezza cruda e fredda l’avrebbe colpito e ucciso.
Strinse forte i Sai fra le mani quando Eridian si chinò su di lui mormorandogli in un orecchio “L’amore non è più forte della morte, dolcezza.”
E Kurt urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, perché aveva maledettamente ragione.
Non era riuscito a salvarlo.
Non era servito a niente, era stato tutto in utile.
Gli bruciava tutto: gli occhi, la gola, i polmoni, il cuore.
Uno scintillio dorato, il bagliore di un sorriso che non avrebbe mai più visto; lo guidarono anche stavolta.
Stava ancora urlando quando il suo braccio scattò in avanti, e la lama del pugnale affondò nel petto di Eridian senza che Kurt lo vedesse davvero, mentre si chiedeva se le lacrime avrebbero mai smesso di scorrergli sul viso.
Morì banalmente, il Re degli Elfi.
L’ultimo ghigno gli si congelò sulle labbra, e gli occhi grigi si spalancarono sotto il peso dell’incredulità per una frazione di secondo; ebbe il tempo di realizzare cosa fosse successo, prima di scomparire per sempre.
Calò un silenzio surreale sul prato; tutti smisero di combattere.
Kurt continuò a tenere gli occhi chiusi, i pugni stretti su quella maledetta stoffa macchiata di sangue, i Sai gettati da qualche parte sulla neve.
Non si accorse che tutti gli Halfbeings avevano cercato o stavano cercando di raggiungerlo, feriti o meno; Sebastian si era precipitato dietro Blaine quando avevano visto Kurt in difficoltà, ma era stato fermato da tre Elfi, ed era riuscito a malapena a difendersi, perché la ferita profonda sul suo braccio si era riaperta; ora zoppicava vistosamente a causa di un taglio slabbrato che gli correva lungo tutto il polpaccio.
Rachel aveva un taglio sul braccio sinistro, se l’era procurato cercando di scagliare un senbon su Eridian per proteggere Blaine, ma l’Elfo contro cui stava combattendo era riuscito a fermarla con un sibilo.
Neal trascinava la sciabola sul prato, la desolazione incisa in ogni tratto del suo viso, e zoppicava anche lui.
Jeff e Nick erano ricoperti di lividi e piccoli tagli per tutte le volte che avevano provato a raggiungere Kurt e Blaine, e si dovettero poggiare alle spade per non cadere sulla neve.
Santana aveva una mano premuta sul fianco ed era innaturalmente pallida, ma i suoi occhi erano spalancati e fissi sul corpo di Blaine, ancora adagiato sul grembo di Kurt.
Finn avvolse immediatamente Rachel tra le proprie braccia, rivolgendo un ringhio basso e cupo agli Elfi di fronte a loro, perché le spalle della ragazza stavano tremando in maniera incontrollabile; anche lui aveva lo sguardo perso nel vuoto.
Puck mosse qualche passo all’indietro, la sciabola tesa di fronte a lui, e raggiunse Quinn, che aveva l’orrore inciso sul volto e le mani sporche premute sulla bocca.
Will aveva ancora l’arco stretto in pugno, una mano tesa ad afferrare una freccia dalla faretra, e per dei lunghi momenti si chiese se sarebbe stato in grado di muoversi di nuovo.
Gli occhi di tutti erano arrossati e pieni di lacrime.
Ci fu un terribile momento di stallo, in cui nessuno seppe più cosa dovesse essere fatto.
Poi la maggior parte degli Elfi si diede ad una fuga disordinata, lanciandosi in una corsa disperata che li portasse via da quel parco e da un Re morto.
I pochi che rimasero ingaggiarono dei combattimenti esausti e poco convinti, e furono sconfitti dalla forza della disperazione.
Bastarono pochi minuti perché sul prato non ci fosse quasi più traccia degli Elfi; l’unica rimase tra le braccia di Kurt, il cui volto era ancora seppellito nel petto immobile di Blaine.
Non stava singhiozzando.
Solo le sue spalle tremavano.
Le sue mani erano ancora strette sulla stoffa del maglione, e le lacrime che ormai scorrevano sulle sue guance con una facilità disarmante precipitavano su quell’indumento che riscaldava inutilmente un corpo freddo.  
Il silenzio si protrasse per alcuni interminabili minuti, finché un singhiozzo strozzato non sfuggì al controllo di Rachel, che si districò a fatica dall’abbraccio di Finn per avvicinarsi barcollando a quel ragazzo raggomitolato su se stesso che cercava di non cadere a pezzi.
“K-Kurt” mormorò, mentre il suo petto sussultava in maniera incontrollabile; lui non diede segno di aver sentito. “Kurt” ripeté, con le lacrime che le spezzavano continuamente la voce.
Nessun altro osò muoversi. Sembrava che il gelo li avesse penetrati fin nelle ossa.
Rachel si inginocchiò accanto a lui, asciugandosi le guance con mano tremante; gli accarezzò una spalla con tutta la delicatezza di cui era capace “Kurt, portiamolo dentro.” Sussurrò, cercando di addolcire la propria voce.
Solo in quel momento il ragazzo sollevò il viso; era pallido, aveva gli occhi rossi e ancora lucidi. Tremava.
Rachel sentì che qualcosa si stava spezzando dentro di lei, ma non lo diede a vedere; Kurt annuì in silenzio, prima di alzarsi con compostezza.
La ragazza si alzò con lui, e l’immobilità che si era creata sembrò frantumarsi come una lastra di ghiaccio.
Mossero tutti un passo in avanti, pronti ad aiutarlo, ma qualcosa negli occhi di Kurt li costrinse a desistere; una sorta di dignità, mescolata ad un oceano di dolore che lo costringevano a mordersi le labbra con forza per non crollare.
Non ancora.
Gli fece passare un braccio attorno alle spalle e uno dietro le ginocchia, e riuscì a sollevarlo senza sforzo.
Barcollò quando lo colpì il ricordo della prima volta che aveva dovuto portarlo in braccio.
                                                                   

                                                                    “Merda!” aveva esclamato, sorprendendo perfino se stesso: non era                                                                                     
                                                                      sua abitudine essere volgare. Si era lanciato in avanti prima che il
                                                                      ragazzo – Blaine – cadesse sull’asfalto. Aveva scrutato il suo volto
                                                                     con preoccupazione, ma aveva sospirato di sollievo nel percepire
                                                                     chiaramente il suo respiro. Gli aveva scostato i ricci scuri dalla fronte,
                                                                     consapevole del fatto che, forse, era un gesto troppo intimo perché lo
                                                                     facesse lui, un estraneo. Ma in quel momento non gli era importato.
                                                                    Lo aveva osservato con un pizzico di meraviglia, incantato dalle
                                                                    ombre che le lunghe ciglia scure gli proiettavano sulle guance di quel
                                                                    colore meravigliosamente ambrato.
                                                                    “Blaine” aveva mormorato quasi sovrappensiero, assaporando quel
                                                                     nome, facendolo rotolare sulla propria lingua.
                                                                     Il ragazzo aveva sospirato con un piccolo mugolio soddisfatto, e Kurt
                                                                     non aveva potuto fare a meno di sorridere, sorprendendosi per la
                                                                    seconda volta nel giro di qualche minuto: di rado gli era capitato di
                                                                    sorridere, in quell’ultimo periodo. L’aveva preso in braccio senza uno
                                                                    sforzo eccessivo, adagiandolo con cura sul sedile della macchina.
                                                                    L’avrebbe portato al Castello per la prima volta.
                                                                    Aveva pensato che quel ragazzo avrebbe potuto essere un motivo
                                                                    valido per sorridere di nuovo.

 

Dovette fermarsi nel bel mezzo del parco e deglutire, ricordandosi di respirare.
Il suo volto sembrava una maschera di cera.
Una voce nella sua testa gli ordinò di camminare senza aggrapparsi al corpo senza vita che giaceva tra le sue braccia, perché altrimenti non ce l’avrebbe mai fatta. E Kurt non aveva la forza di opporsi a niente. Non sapeva nemmeno come fosse in grado di camminare.
Percepì inconsciamente i passi alle proprie spalle, lievi eppure così assordanti nel silenzio che li circondava.
Seguì i propri piedi senza chiedersi dove lo stessero portando, scese le scale che l’avrebbero portato in quelle stanze di pietra che gli avevano sempre messo addosso una strana inquietudine.
Continuò a camminare mentre le dita bianche si stringevano di nuovo sulla stoffa del suo maglione; arrivarono in una stanza che sapeva di umido, di freddo.
C’era una tavola antica, di marmo, bassa; vi lasciò scivolare il corpo di Blaine con delicatezza, come se lo stesse mettendo a dormire.
Gli altri erano in piedi alle sue spalle, di nuovo immobili.
Non avrebbe saputo dire se fossero passati pochi secondi o delle interminabili ore dal  momento in cui erano entrati in quella stanza fino a quello in cui lo lasciarono solo.
Ad un certo punto, semplicemente, non rimase nessuno con lui.
Kurt si riscosse, sollevando il viso sul corpo che giaceva di fronte a lui.
Blaine era pallido. Il suo volto era disteso, quasi come se fosse perso in un sonno profondo. Le labbra, del colore dell’avorio, erano leggermente dischiuse. I ricci gli cadevano in maniera scomposta sulla fronte. Aveva le mani e la felpa macchiate di sangue.
Sembrava doversi svegliare da un momento all’altro.
Kurt gli accarezzò il profilo della mascella quasi inconsapevolmente, solo con la punta delle dita; aspettava che Blaine aprisse gli occhi e lo guardasse con quei limpidi specchi dorati. Gliel’avrebbe fatta pagare per lo spavento che gli aveva procurato, eccome se l’avrebbe fatto. Ma poi ci avrebbero riso su. O magari avrebbe dovuto tenere il broncio per un po’. In fondo non avevano ancora mai litigato sul serio, forse quello sarebbe stato un ottimo motivo per cominciare.
Sì, decise. Stavolta Blaine l’avrebbe sentito. Non poteva semplicemente fare cose del genere. Non era giusto.
La sua presa si fece un po’ più forte sulla spalla immobile dell’altro, e lo scosse lievemente.
“Blaine” sussurrò, quasi interrogativo “Puoi svegliarti ora. Ma non aspettarti di passarla liscia, perché mi hai fatto prendere un colpo.”
Il riccio non si mosse, e nemmeno aggrottò le sopracciglia con aria confusa come faceva sempre prima di svegliarsi.
Kurt lo scosse di nuovo con delicatezza “Blaine” ripeté, a voce un po’ più alta. Ma lui non si mosse.
Le mani del castano corsero al suo viso, mentre il panico gli inondava il petto “Blaine! Blaine, apri gli occhi, Blaine!” ma la voce gli tremava, e sapeva, dentro di sé, che per quanto avesse urlato, non sarebbe riuscito a raggiungerlo.
Si impose di respirare, e solo in quel momento la sentì. La mancanza.
Si rese conto che da qualche parte dentro di lui c’era sempre stato un posto riempito soltanto dai respiri di Blaine. E ora era vuoto. I suoi respiri non c’erano più, perché Blaine non stava più respirando.
Blaine era morto.
Si aggrappò con forza al marmo sotto le sue dita, perché la testa aveva cominciato a girargli e non sarebbe stato capace di non cadere. Si lasciò scivolare sulla ginocchia, e nemmeno sentì il freddo che gli penetrò nelle ossa dal pavimento di pietra.
“No, no, no, no, no” continuò a ripetere, singhiozzando, mentre l’aria gli si incastrava tra i polmoni e la gola, scuotendogli il petto con così tanta violenza che dovette premersi una mano sul cuore per cercare di frenarli.
Sollevò il viso inondato di lacrime sul corpo che giaceva di fronte a lui.
Blaine se n’era andato.
Se n’era andato senza di lui.
L’aveva lasciato solo.
Solo come non si era mai sentito in tutta la sua vita.

***


Note:
*allunga a tutti un pacchetto di fazzoletti*
Bene, dunque.
Solo un paio di cose:
- Ho fatto morire Eridian in maniera così "banale" perché Kurt non ce l'avrebbe fatta in un combattimento "vero", quindi spero che la cosa non vi abbia deluso u.u

Siete stati davvero tutti carinissimi nello scorso capitolo, e sono contenta che abbiate la pazienza di sopportarmi ** (Anche se, devo ammetterlo, qualcuno mi fa un pochino pochino paura. Ma sono dettagli.)

Insomma, che vi devo dire?
Abbiate fede!

Coming next:
-
“Non ti sto dicendo di dirgli addio” sussurrò, accarezzandolo dolcemente su un braccio “Solo di andarti a cambiare. Farti una doccia, mangiare. Ti prometto che dopo potrai tornare qui.”
Kurt rimase in silenzio per qualche secondo “È stato lui a dirmi addio, Seb” sussurrò alla fine, mentre le lacrime correvano sulle sua guance e il dolore nel suo petto si faceva ancora una volta insopportabile.

Il prossimo sarà un capitolo molto intenso °-°
Mi fate sapere cosa ne pensate?
Vi prego :)
Un bacione, a Martedì!


 

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Capitolo 30
*** Let it Be ***


Being a Half.
30. Let it Be



 

Il Castello era avvolto da una nebbia surreale.
La neve aveva ripreso a cadere, soffice e silenziosa, e seppelliva ogni cosa, precipitandola nella quiete.
Un freddo gelido e secco appannava i vetri, e sembrava penetrare fino alle ossa.
Ma Kurt non lo sentiva.
Kurt non sentiva più niente.
Era raggomitolato sul pavimento da dieci giorni.
Non mangiava da dieci giorni, a malapena aveva bevuto.
Non permetteva a se stesso di addormentarsi.
Quando il sonno gli chiudeva dolcemente le palpebre, vedeva solo quegli occhi dorati, sentiva solo il suono della sua risata. E quando si svegliava di soprassalto, il sogno per un attimo riusciva ad imporsi sulla realtà; una fiammella gli si accendeva nel petto e gli illuminava gli occhi, si voltava convinto che avrebbe affondato il viso in quei meravigliosi capelli ricci per inspirare a pieni polmoni il suo delizioso profumo. Ma ogni volta, ogni singola volta, la verità gli strappava un altro pezzo di anima.
Perché quando si voltava, l’unica cosa che vedeva era quel maledetto tavolo di marmo su cui era adagiato il corpo senza vita del ragazzo che amava. Di Blaine.
E tutte le volte, Kurt si sentiva morire daccapo.
Come se non dovesse finire mai, il dolore e la sensazione di aver perso la propria vita gli facevano bruciare il petto in maniera intollerabile; lo facevano annaspare alla frenetica ricerca d’aria, e allo stesso tempo gli facevano desiderare disperatamente che tutto quello finisse, che l’ossigeno smettesse di devastargli la gola e i polmoni, perché lui non ce la faceva. E soprattutto non voleva. Non voleva continuare a respirare, perché era troppo. Era semplicemente troppo doloroso.
Voleva solo rimanere lì e lasciarsi andare.
Forse non ne era nemmeno consapevole, ma stava semplicemente aspettando il buio.
Sentiva già la stanchezza strisciare lungo i suoi muscoli, intorpidendoli; sapeva di non essere in grado di camminare, e le mani gli tremavano costantemente.
Stava solo aspettando l’oblio.
Il resto gli scivolava addosso come se non fosse realmente lì.
Rachel aveva provato molte volte a portargli da mangiare, a parlargli; aveva cercato di convincerlo ad andare in camera sua, l’aveva abbracciato. Ma Kurt non si era mosso. Si era limitato a rimanere immobile, una perfetta statua di cera con le guance solcate dalle troppe lacrime che aveva versato.
Sebastian si era limitato ad osservarlo da lontano, un’espressione costernata dipinta sul viso; aveva sussurrato un “Mi dispiace” con le lacrime agli occhi, ma non aveva cercato di convincerlo: sapeva che sarebbe stato inutile.
Neal gli si era accovacciato accanto, era stato in silenzio con lui per ore.
Non aveva chiesto niente, non aveva detto niente.
Aveva provato a confortarlo così, ci avevano provato tutti.
Nick, Jeff. Puck, Finn, Santana. Will. Quinn.
Tutti, nessuno escluso, ognuno con le proprie ferite, erano scesi nei sotterranei per trovarsi davanti due vite interrotte.
Ma Kurt non li aveva lasciati avvicinare a Blaine.
Era stato lui a cambiarlo, a lavarlo. Gli aveva persino ricucito la ferita – aveva assistito abbastanza alle operazioni di Quinn, aveva finito con l’imparare anche lui. Aveva pianto così tanto che gli occhi avevano bruciato per ore, e non aveva smesso di tremare nemmeno per un attimo. Alla fine si era dovuto accasciare a terra, stremato.
E non si era più rialzato.
Nessuno avrebbe potuto capire.
Era solo colpa sua.
Se non fosse stato tanto egoista da guardare nella Sfera, Blaine avrebbe continuato a vivere la propria vita tranquillamente. Non sarebbe morto.
Era solo colpa sua. E della sua patetica incapacità di stare da solo.
E avrebbe dato qualsiasi cosa pur di rivederlo. Ogni suo singolo respiro, in cambio di un istante per affondare ancora una volta in quegli occhi dorati.
Ma non gli era concesso. L’unica cosa che gli era concessa per ricordare era un dolore che il tempo non sarebbe mai stato in grado di cancellare.
Non gli era importato neppure quando Sebastian gli aveva detto che tra gli Elfi si era affermato un nuovo Re: Thabit. Gli aveva anche raccontato che Eridian, in realtà, aveva portato avanti una politica del terrore ed aveva avuto veramente solo pochi sostenitori fedeli.
Thabit aveva immediatamente contattato il loro gruppo di Halfbeings e li aveva ringraziati. Li aveva ringraziati e aveva giurato loro che avrebbero vissuto in pace e avrebbero abbandonato il Lago ad Allagheny per trasferirsi in Europa.
A Kurt non era importato.
Non aveva chiesto dove fossero gli Elfi dissidenti quando Eridian li stava attaccando.
Non aveva chiesto perché.
Solo una domanda gli era importata davvero. Tutto questo avrebbe in qualche modo riportato indietro Blaine?
No.
Blaine non sarebbe tornato indietro.
Ed era solo colpa sua.


“Kurt, devi mangiare.”
Sebastian incrociò le braccia sul petto, mantenendosi a distanza dalla tavola di marmo; Kurt non rispose, rimase immobile a fissare il vuoto, raggomitolato per terra, col mento appoggiato sulle ginocchia.
“Sono undici giorni che non mangi. Devi mangiare qualcosa. Qualsiasi cosa, per favore.”
Sembrava che Kurt non l’avesse nemmeno sentito; Sebastian si sforzò di prendere un respiro profondo, prima di trovare la forza necessaria ad avanzare di qualche passo, lentamente. Gli occhi azzurri, spenti ma vigili, si spostarono improvvisamente su di lui, e presero a seguire con circospezione ogni suo movimento.
Un ringhio cupo nacque nel petto di Kurt, ma Sebastian non si fermò; camminò lentamente finché non lo ebbe raggiunto, e gli si inginocchiò accanto, ricambiando quello sguardo diffidente e devastato.
Kurt si ritrasse istintivamente, arrivando a sfiorare con le spalle la tavola di marmo.
“Per favore, torna su. Lui non vorrebbe questo, lo sai.”
Gli occhi di Sebastian scivolarono per una frazione di secondo sul corpo che giaceva privo di vita di fronte a lui.
“Come fai a sapere cosa vorrebbe?” la voce di Kurt fu poco più di un sussurro spezzato, roca, bassa, e fece rabbrividire Sebastian “Non lo puoi sapere. È morto. Nessuno saprà mai cosa avrebbe voluto.” Gli occhi azzurri si riempirono di lacrime per l’ennesima volta, ma non le lasciò andare.
“Non è vero, e lo sai.” Sebastian si sforzò di mantenere un tono di voce basso, delicato “Non ti ha salvato perché poi ti lasciassi morire di fame.”
“No” concordò Kurt, con un mormorio, lo sguardo di nuovo perso nel vuoto “Mi ha salvato perché potessimo stare insieme. Ed è stato inutile.”
Sebastian deglutì, avvicinandoglisi ancora un po’ di più “Ti ha comunque salvato. Se continui così, il suo sacrificio sarà stato inutile.”
Kurt tornò a guardarlo, ma i suoi occhi erano spenti e persi in lontananza; si era arreso, Sebastian glielo poteva leggere in faccia.
Non aveva alcuna intenzione di ricominciare a lottare, perché non credeva di avere una ragione per farlo. E si sentì impotente, perché sapeva di non potergli dare nessuna ragione. 
“Non ti sto dicendo di dirgli addio” sussurrò, accarezzandolo dolcemente su un braccio “Solo di andarti a cambiare. Farti una doccia, mangiare. Ti prometto che dopo potrai tornare qui.”
Kurt rimase in silenzio per qualche secondo “È stato lui a dirmi addio, Seb” sussurrò alla fine, mentre le lacrime correvano sulle sua guance e il dolore nel suo petto si faceva ancora una volta insopportabile “È  stato lui a dirmi addio” ripeté, la voce interrotta dai singhiozzi che lo scuotevano; Sebastian lo strinse a sé e dovette chiudere gli occhi col viso rivolto verso il soffitto, il respiro leggermente affannato. Poggiò il mento sul capo di Kurt, le cui spalle erano scosse da dei tremiti incontenibili e continuava a chiedere “perché” come un mantra, aspettando una risposta che non sarebbe arrivata. Lo strinse ancora di più, aspettando che i singhiozzi smettessero di squarciarlo.


Sebastian non lo accompagnò nella loro stanza. Lo portò nella vecchia camera di Kurt, quella che aveva prima delle crisi di Blaine, prima che si rendessero conto che Kurt era l’unico vero rimedio a quegli accessi d’ira. Sembrava essere passata una vita.
Kurt si ritrovò in bagno con un cambio di vestiti in mano, e si spogliò meccanicamente, ignorando il dolore che ancora gli procuravano i lividi e i tagli, solo parzialmente guariti.
Non si guardò alle specchio. L’idea di vedere il proprio riflesso lo nauseava.
Si fece la doccia velocemente, quasi graffiandosi la pelle; non voleva ricordare le carezze di Blaine. Non poteva. Si rivestì, ma il profumo del maglione lo colpì come un pugno nello stomaco, e dovette stringere i denti e chiudere gli occhi.
Era il maglione di Blaine. Quello blu, quello che si era messo il giorno prima della battaglia.

“Sei perfetto come sempre.”
 

La sua voce gli risuonò nelle orecchie con violenza, come se Blaine fosse ancora lì, di fronte a lui, con i suoi occhi dorati e i suoi riccioli disordinati, con il suo sorriso luminoso e il suo tocco gentile.
Si avvolse le braccia attorno al busto, ma le spalle continuarono a tremare; respirò a fondo, e il profumo di aghi di pino gli annebbiò la mente come succedeva ogni volta.
Si lasciò scivolare lungo la parete della stanza, avvolgendosi le braccia attorno alle ginocchia; affondò il volto nella spalla, inspirando più forte che poteva, e per un attimo gli parve di sentire le sue dita sulla pelle del proprio viso. Ma quando si guardò attorno, si rese conto di essere solo.


Non avrebbe saputo dire quando si fosse alzato dal pavimento e avesse attraversato il corridoio fino ad arrivare a quella stanza.
Non avrebbe nemmeno saputo dire se avesse incontrato qualcuno perché, se anche fosse successo, non se ne sarebbe accorto. Si stava muovendo come in un sogno. E adesso si trovava nella loro stanza. Quella in cui Blaine gli aveva detto per la prima volta che lo amava. Quella in cui si erano baciati per la prima volta. Quella in cui avevano fatto l’amore per la prima volta.
C’era il suo profumo dappertutto.
Se chiudeva gli occhi, poteva ancora vederlo di fronte a sé.
 

                                                                                                                         “Ho lasciato Mike.”
                                                                                                                         “Perché?”
                                                                                                                         “Perché ti amo.”

                                                                                                                         “Se non ti bacio adesso potrei svenire.”


                                                                                                                              “È stato perfetto così.”
                                                                                                                              “E lo sarà ancora, no?”
                                                                                                                              “Sì. Lo sarà finché vorrai.”
                                                                                                                              “Allora lo sarà per sempre.”

 

Si prese la testa fra le mani, voltandosi di scatto verso i letti; voleva continuare a ricordare, voleva tenerlo con sé ancora, non poteva lasciarlo andare, anche se faceva male, così male che a malapena riusciva a respirare.
Per sempre. Che parole stupide.
Un luccichio dal comodino attirò la sua attenzione. Lo vide, appoggiato placidamente lì sopra. Con quella pietra incastonata nell’elsa, che aveva lo stesso colore impossibile dei suoi occhi. Afferrò il pugnale senza pensarci, e gli parve quasi di poter sentire il calore delle sue dita ancora strette attorno all’arma.
Doveva continuare a ricordare, dove mantenerlo vivo nella propria memoria, doveva. Uscì dalla camera quasi correndo, si precipitò nel parco.
Ignorò il freddo che lo pungeva ovunque, ignorò i capelli ancora bagnati, ignorò una voce che sembrava chiamarlo da lontano. Corse col fiato corto, nonostante il suo corpo gli stesse urlando di smetterla perché non aveva le forze sufficienti per farlo, corse sotto gli alberi inciampando malamente nelle radici nude che spuntavano dal terreno, corse finché non arrivò a qualche passo dal salice.
Allora si fermò all’improvviso, e procedette lentamente, muovendosi silenziosamente.
Chiuse gli occhi quando si ritrovò nella piccola radura. Chiuse gli occhi e lasciò che i ricordi lo soffocassero.

“Ti prometto che tornerò e staremo così tanto tempo insieme che finirai col  non sopportarmi più e mi dovrai pregare di lasciarti in pace.”                            
“Questo non accadrà mai. Al massimo sarai tu a dovermi minacciare coi tuoi pugnalacci  perché ti lasci un po’ in pace.”
“Va bene; allora sarà una sfida a chi cede prima.”
“Ci sto.”


“Kurt! Kurt, ti prego, devi alzarti”
“Non ce la faccio”
“Sì che ce la fai. Ce la facciamo insieme. Per favore. Non lasciarmi di nuovo.”
“Blaine, non ti lascerò mai.”
“Nemmeno io. Mai.”

Un sorriso amaro gli incurvò le labbra a quel ricordo.
Mai.

 “Non osare mai più sacrificarti per me. O per noi. Siamo in due in questa storia, devi mettertelo in testa. E io ti amo, Kurt. Ti amo, lo giuro, e mi dispiace se ti ho dato tutti i motivi per dubitarne, ma ora sono qui. Sono qui, e voglio amarti.”

“Forse non sei perfetto, ma che importa? Nessuno di noi lo è.”
“Tu sì.”
“Oh, certo. Infatti non ho appena combinato un disastro, e Sebastian non vuole decapitarmi.”
“Dettagli insignificanti. E Sebastian non deve azzardarsi a torcerti nemmeno un capello, o se la vedrà con me.”
“È una bella sensazione … Avere te che mi proteggi.”
“Ti proteggerò sempre, amore. Che tu lo voglia oppure no.”
Amore … Suona bene.”

“Ho bisogno di sapere che sarai felice.”
“E io ho bisogno di te, per essere felice. Quindi resta con me.”
“Sempre.”
“Sempre.”

Sempre.
Com’erano stati sciocchi a crederci davvero.

“Andrà bene. Andrà tutto bene.”
“Promettimelo. Promettimi solo che non mi lascerai. Per favore.”
“Mai.”

“Io ho mantenuto la mia promessa, amore” mormorò, senza aprire gli occhi. “Ma tu dove sei?”
Proprio qui, sussurrò una voce nella sua testa, e gli occhi gli si riempirono di nuovo di lacrime che gli caddero immediatamente sulle guance, perché era la sua voce, l’avrebbe riconosciuta tra mille.

“Kurt …”
“Sono qui.”
“Hai visto? Ho mantenuto la promessa. Ti ho protetto.”
“Avevi detto che ci saresti stato sempre … Non puoi lasciarmi da solo. Non ce la faccio, Blaine, non ce la faccio, ti prego …”
“Ce la fai … Ti amo.”
“Ti amo anch’io.”

Non sapeva quando le sue ginocchia l’avevano tradito, facendolo crollare sulla neve. Ma non sentiva il freddo. Avvertiva solo la sagoma irregolare dell’elsa del pugnale tra le dita.
Alzati, ordinò quella voce nella sua testa.
Scosse il capo. Non senza di te.
Alzati, Kurt, mormorò più dolcemente, L’hai promesso.
Ce la facciamo insieme, Blaine, non ti ricordi?  Rispose, altrettanto teneramente, Da solo non posso alzarmi.
Ce la fai, invece. Sei così forte, amore. Puoi fare tutto.

Ma Kurt sapeva che quella voce si sbagliava.
Strinse ancora di più l’elsa del pugnale, si alzò in piedi lentamente.
Si mosse ancora come in un sogno, camminò finché non si ritrovò davanti a quella maledetta tavola di marmo.
Non posso fare niente, amore mio.


“Non so cosa potremmo fare” mormorò Sebastian, il volto distrutto dalla stanchezza; Santana gli accarezzò delicatamente il braccio, passandogli una tazza di tè ancora fumante.
“Non mangia, non dorme. A malapena beve. Rimane fermo lì.” Rachel si strinse ancora di più a Finn, perché le sembrava di avere freddo dentro.
Nick e Jeff si scambiarono un’occhiata impotente, quasi disperata. Puck aveva lo sguardo perso nel vuoto, la mano stretta a quella di Quinn. Neal era seduto su una sedia accanto al tavolo, il volto affondato tra le mani; Will non era mai sembrato tanto vecchio.
“Non possiamo lasciarlo morire di fame.” Mormorò Finn.
“Non possiamo nemmeno costringerlo a mangiare.” Ribatté Neal, senza muoversi, la voce stanca “Lo sapete. Kurt non può essere costretto a fare niente.”
“Ma dovremmo allontanarlo da lì” sussurrò Rachel, gli occhi spalancati e lucidi “Non … Non può rimanere per sempre lì sotto …”
“Rachel ha ragione” sottolineò Puck, passandosi una mano sul viso “Senza contare che … Il corpo …”
Sebastian si irrigidì quando quelle parole lo raggiunsero, e sollevò immediatamente lo sguardo “Cosa hai detto?” chiese, spalancando gli occhi.
Puck sembrava vagamente a disagio, ma ripeté comunque “Pensavo che, sapete … Il corpo, ormai … Sono passati undici giorni …”
Sebastian si sentì folgorato. Spalancò gli occhi, mentre la consapevolezza lo immobilizzava, impedendogli di parlare.
“Seb! Seb, ti senti bene?” Santana gli avvolse il viso con le mani, scuotendolo, spaventata dall’improvvisa rigidità del ragazzo.
Sebastian spostò lentamente lo sguardo su di lei, gli occhi ancora spalancati e lo sguardo quasi stralunato “Il corpo” ripeté “Il corpo di Blaine.”
“Il corpo di Blaine cosa, Seb?” chiese Nick, concitato “Per favore, ci stai spaventando.”
Sebastian rimase in silenzio per qualche secondo, passandosi lentamente la lingua sulle labbra “Non si è decomposto” sussurrò alla fine “Sono passati undici giorni, e non si è ancora decomposto.”
Nella cucina calò un silenzio surreale.
“Non ci sono macchie violacee sulla pelle?” sussurrò Quinn, incredula “Nessunissimo segno di decomposizione?”
Sebastian scosse il capo in segno di diniego, pallido come non mai “Nessuno.” Rispose in un soffio “Non è nemmeno pallido.”
Quinn spalancò gli occhi, trattenendo il fiato assieme a tutti gli altri.
“Seb” sussurrò “Blaine … Blaine è …”
“Un Mezzelfo.” Concluse il ragazzo per lei, mentre un brivido correva lungo la schiena di tutti.
“Mio Dio.” Sussurrò Neal, spalancando gli occhi.
Sebastian iniziò a correre.


Non posso fare niente, amore mio.
Si ripeté quelle parole, le assimilò, si rese conto di quanto fossero vere.
Abbassò gli occhi sul volto di Blaine, ancora immobile e rilassato, e di nuovo gli parve che dovesse semplicemente svegliarsi da un momento all’altro.
Ma era solo un inganno, adesso lo sapeva. Blaine non si sarebbe mai svegliato. Blaine era morto.
Strinse con forza il pugnale tra le proprie dita, sollevò entrambe le braccia e non rabbrividì quando la lama fredda sfiorò la pelle candida e delicata del suo polso.
Guardò un’altra volta l’ambra incastonata nell’elsa tra le foglie scolpite, e sorrise perché era esattamente il colore dei suoi occhi.
Il suo sguardo scivolò sul metallo che gli stava accarezzando la pelle, e ne rimase affascinato per un attimo; l’ultimo residuo di istinto di sopravvivenza che possedeva gli stava impedendo di premere, di incidere la carne più a fondo, ma sapeva che l’avrebbe sconfitto a breve.
No! No, no, no, non farlo, non farlo!
Sorrise, chiudendo gli occhi mentre una beatitudine assoluta si faceva strada sul suo viso.
Sto arrivando da te, amore mio.
“NO!”
Una presa ferrea gli immobilizzò il polso.
Uno scintillio dorato riempì il suo campo visivo.
Poi si fece tutto buio.

***



Note (dall'autrice più crudele che si sia mai vista):
Intanto, mia sorella vuole che le sia riconosciuto il fatto che l'idea di utilizzare proprio il pugnale di Blaine è stata sua. (Contenta?! Gne.)
Poooi.

Blaine è un Mezzelfo. Gli Elfi muoiono solo se colpiti al cuore. Quindi ... Eh già!
Tanti complimenti a chi ci era già arrivato :D (Tra gli altri, soprattutto a wislava) e anche a Locked, che si è ricordata delle innumerevoli volte in cui ho detto che non so scrivere storie senza un Happy Ending :)
Insomma, non so che dire; penso che questo sia il mio capitolo preferito **
Quindi mi farebbe molto, molto piacere se mi diceste cosa ne pensate :)

Coming next:
-
E il cuore di Kurt, semplicemente, esplose.

Mi fate sapere che ve ne è parso?
Grazie mille a tutti, come sempre, siete meravigliosi e vi devo tante caramelle!
Risponderò alle recensioni il prima possibile, come al solito sono sommersa dai compiti =.=
A Sabato :*


 


 

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Capitolo 31
*** Light ***


Questo capitolo è dedicato a tutti quelli che hanno avuto la pazienza di seguirmi fin qui. :*


Being a Half.
31. Light



 

Si sentiva trascinato piacevolmente alla deriva.
Gli sembrava di essere cullato dall’oscurità, e gli andava bene così.
Era tutto deliziosamente ovattato, e gli sembrava di essere al sicuro, più di quanto non lo fosse mai stato. Sentiva che sarebbe potuto rimanere così per sempre.
Si chiese per un attimo se significasse quello, morire.
Ma poi il buio gli ottenebrò di nuovo la mente, e non fu più in grado di pensare.


Una luce persistente continuava a danzargli davanti alle palpebre.
Avrebbe voluto afferrarla, provò a sollevare un braccio per raggiungerla, a piegare le dita, ma non riusciva a trovare il proprio corpo, si sentiva come immerso nel cemento.
Eppure si sarebbe voluto svegliare così tanto, avrebbe voluto semplicemente aprire gli occhi e afferrare quella luce. Ma il buio ancora non lo lasciava andare.


Un tocco delicato lo fece sussultare, da qualche parte nel buio.
Non riusciva a capire da dove venisse, sapeva solo che gli stava mandando dei brividi incontrollabili lungo quel corpo che ancora non riusciva a controllare, poteva solo avvertire la sua pesantezza, qualcosa di morbido che premeva contro di lui, ma era tutto troppo confuso, e sapeva che, da qualche parte, un dolore pressante stava cercando di raggiungerlo, tentava di superare la coltre di oscurità che lo stava proteggendo.
Una carezza.
Ci mise qualche secondo a collegare quel concetto al tocco delicato che continuava a cullarlo. Era una carezza.
Conosceva quella sensazione, sapeva di conoscere quel tocco
Ma stavolta il buio lo prese senza preavviso, trascinandolo di nuovo sul fondo, lontano da quella carezza.
Una voce riecheggiò nell’oscurità che regnava dentro di lui e gli sussurrò che quel tocco non poteva essere. Ma non fece in tempo a capire il perché, si fece tutto confuso e si sentì cadere all’indietro.


Di nuovo quel tocco.
Di nuovo quella carezza.
Si concentrò intensamente su quella sensazione, seguendo quasi con interesse i brividi che si facevano strada da quel punto raggiungendo ogni parte del suo corpo, rendendolo improvvisamente consapevole dei suoi confini.
Fu allora che lo sentì. C’era altro, oltre quel semplice sfioramento; un mormorio sommesso, come il rumore dell’acqua che scorre in lontananza.
Si sforzò ancora di più, rendendosi conto di voler sentire; lo colpirono soltanto due parole.
Kurt. Svegliati.
E in quel momento esatto, desiderò non averci mai provato.
Lo travolse il ricordo specifico di tutto ciò che riguardava lui.
Ogni parola che si erano detti, ogni promessa che si erano scambiati, ogni occhiata, ogni tocco, ogni bacio.
Il momento in cui gli aveva detto addio.
La luce che abbandonava i suoi occhi dorati, il suo petto immobile, il volto pallido che non si sarebbe aperto in un sorriso. Mai più.
Blaine.
Il nome gli rimbombò nella mente come un tuono, lo fece rabbrividire fin nelle ossa, ed ebbe paura.
Blaine era morto.
Lui no. 

Il terrore lo travolse, l’aria abbandonò i suoi polmoni di botto quando il dolore lo colpì al petto con una precisione letale.
Si rifugiò nel buio, pregando perché gli fosse concesso di non lasciarlo mai più.


Ma alla fine fu l’oscurità ad abbandonarlo; lo spinse lontano da sé, lo costrinse a riprendere coscienza di ogni singolo ricordo, gli passarono davanti agli occhi prepotentemente e dovette osservarli uno ad uno.
Le volte in cui le loro labbra si erano sfiorate e il momento in cui l’ultimo respiro aveva abbandonato quelle di Blaine.
Tutte le carezze e l’ultima con cui aveva sfiorato quel corpo immobile.
Si ribellò, avrebbe solo voluto urlare; non voleva tornare indietro, non poteva tornare indietro, perché non c’era niente da cui valesse la pena tornare.
Lo aspettava solo un dolore troppo grande da poter essere sopportato; non ce l’aveva fatta la prima volta, non ce l’avrebbe fatta nemmeno la seconda.

Sei così forte, amore. Puoi fare tutto.                                                                                
                                                                                              Ti amo.
Non ti lascerò mai.

                                                                                      Nemmeno io potrei vivere senza di te.

Voleva solo tapparsi le orecchie e urlare.
Qualsiasi cosa, pur di far smettere quella voce, la sua voce.
Gli faceva male in così tanti punti diversi del corpo, in modi così diversi, che sentiva il bisogno di ripiegarsi su se stesso e scappare lontano dalla propria mente.
Cercò di nuovo l’oscurità, la chiamò disperatamente, ma non gli fu concesso l’oblio.
Si sentiva sull’orlo di un precipizio, e fu il dolore a spingerlo e farlo cadere.
Lo colpì al petto, al cuore, con così tanta forza che gli mancò il fiato e l’aria gli si incastrò in gola, costringendolo a tossire.
Spalancò gli occhi, atterrando nel buio.
Quando si rese conto che non sarebbe più potuto tornare indietro, che ormai c’era solo dolore, ovunque, le lacrime gli invasero gli occhi, rendendolo violentemente consapevole di poter vedere.
“Ti sei svegliato.”
La voce gli arrivò un po’ ovattata, ma la sentì con una chiarezza tale che gli sembrò un urlo.
E il suo cuore mancò un battito.
Si voltò immediatamente, rendendosi conto di troppe cose contemporaneamente per poterle comprendere tutte: era coperto, al caldo, e alcune bende gli fasciavano le braccia e il busto, la sua testa era poggiata su un cuscino, ma niente di tutto questo aveva importanza.
Blaine” non aveva idea di come avesse pronunciato il suo nome, poteva essere stato un singhiozzo o un urlo di gioia.
Blaine.
Con i suoi capelli ricci adorabilmente scompigliati, i suoi occhi dorati così pieni di dolcezza, la sua voce che sembrava avvolgerlo e cullarlo. Ma poi Blaine sorrise. Sorrise, e il cuore di Kurt si fermò, prima di spezzarsi per l’ennesima volta.
Non poteva essere.
Per lo stesso motivo per cui quella carezza doveva essere solo un’illusione, anche vedere Blaine, lì, davanti a lui, non poteva essere possibile.
Blaine era morto, e lui non l’avrebbe mai più rivisto.
Come aveva immaginato la sua voce, adesso stava immaginando persino di averlo lì.
Chiuse gli occhi per qualche secondo quando il dolore lo raggiunse di nuovo al petto, costringendolo a smettere di respirare.
“Kurt? Ti senti male?”
Spalancò di nuovo gli occhi e trattenne violentemente il fiato quando sentì – gli sembrò di sentire, perché tutto quello non poteva essere reale – il palmo caldo e liscio di Blaine contro la sua guancia, delicato e leggero come se stesse sfiorando la cosa più preziosa del mondo.
“Kurt?” chiese di nuovo, la preoccupazione evidente negli occhi dorati “Devo andare a chiamare Quinn …?”
Kurt scosse la testa in segno di diniego, mentre le lacrime continuavano a corrergli mute lungo le guance, e si abbandonò completamente al tocco rassicurante di quelle dita, sforzandosi di non pensare che tutto quello sarebbe finito non appena si fosse svegliato.
“Mi manchi da morire, Blaine” soffiò, senza aprire gli occhi “Non puoi nemmeno immaginartelo.”
“Sono qui, Kurt, non vado da nessuna parte.” Lo rassicurò Blaine, sorpreso, avvolgendogli il viso con entrambe le mani “Sono qui” ripeté, asciugandogli le lacrime delicatamente col pollice.
“Non davvero” gemette Kurt, che si sentiva così stanco “Quando mi sveglierò tu non ci sarai più.” Si sforzò per trattenere tra le labbra i singhiozzi che gli avrebbero potuto spezzare la voce.
“Di cosa stai parlando?” Blaine gli sorrise lievemente “Certo che sarò qui; puoi tornare a dormire, quando ti sveglierai sarò proprio qui, promesso.”
Kurt scosse la testa, affondando in quegli occhi dorati – si complimentò con se stesso perché la sua immaginazione era riuscita a replicare ogni singola sfumatura color caramello – e maledicendo le lacrime che continuavano ad offuscargli la vista, perché voleva poterlo guardare per tutto il tempo che gli era rimasto “Non è vero” riuscì a mormorare, col cuore pesante “Tu mi hai lasciato.” Mormorò, mentre un’altra lacrima bollente gli solcava il viso; avrebbe tanto allungare una mano e sfiorarlo, ma aveva paura di scoprire che tutto quello era solo un sogno.
Si limitò a guardarlo mentre si accigliava, e lo trovò così bello che gli fece male fisicamente.
“Cosa stai dicendo?” gli chiese Blaine, confuso “Certo che non ti ho lasciato. Lo sai che non ti lascerei mai, l’ho promesso, ricordi?”
Kurt scosse la testa, mordendosi il labbro per trattenere il dolore, perché sì, certo che lo ricordava. Come avrebbe potuto dimenticarlo?
E credere di nuovo a quelle parole sarebbe stato così semplice, così dolce, così perfetto. Ma non poteva, perché era tutta un’illusione.
“Non farlo” mormorò, allontanandosi di scatto con gli occhi sbarrati per la paura e il dolore “Non dirlo” continuò, mentre gli occhi di Blaine si spalancavano per la sorpresa “Sarà ancora peggio quando …” ma non riuscì a continuare, dovette deglutire mentre il petto continuava ad alzarsi e abbassarsi velocemente, cercando di tenere il passo coi suoi singhiozzi “Tu sei morto” riuscì a soffiare alla fine, tremando “T-Tu mi hai lasciato.” Il dolore che lo colpì al petto cominciava a diventare tremendamente familiare.
Negli occhi di Blaine passò un lampo di comprensione, e sulle sue labbra si disegnò un piccolo sorriso; si avvicinò a Kurt inginocchiandosi sul letto lentamente “Temo che la faccenda sia un po’ più complicata di così” mormorò, inclinando lievemente il capo su una spalla, cercando di rassicurare il ragazzo spaventato di fronte a lui che stava ancora tremando “Sai, il fatto che sono per metà Elfo e tutto il resto …” scrollò lievemente le spalle “Pare che anch’io sia abbastanza difficile da uccidere” abbozzò un minuscolo sorriso “Non ti libererai di me così facilmente.” Mormorò, allungando lentamente una mano, aspettando che fosse Kurt a farsi avanti per poggiarvi il viso.
Ma la mente di Kurt si rifiutava di crederci.
Continuava a mantenere alta la guardia, gli imponeva di non crederci, perché stavolta il dolore l’avrebbe ucciso quando si fosse svegliato.
Si ritrasse ancora, guardando con un misto di desiderio e terrore quelle dita ancora tese verso di lui; desiderava così tanto quel contatto che dovette farsi violenza fisica per non concederselo.
Blaine attese qualche secondo, la mano ancora davanti a sé, prima che nei suoi occhi passasse un lampo deciso; accadde tutto così velocemente che Kurt non avrebbe potuto evitarlo nemmeno volendo.
Blaine gli si avvicinò con fermezza, avvolgendogli il viso con le mani, scrutò quegli occhi di ghiaccio col profondo desiderio di poter cancellare ogni traccia di dolore e di paura “Sono qui amore” disse con forza “E non ti lascerò andare mai più. Nessuno stupido pugnale potrà tenermi lontano da te. Te lo giuro, io …” Inspirò bruscamente, rendendosi conto in quel momento di quanto la presenza di Kurt lo facesse sentire completo “Dio, ho avuto così tanta paura.” Sospirò alla fine, accarezzandogli il volto con le mani; gli occhi azzurri continuavano a scrutarlo, spalancati e increduli.
Le labbra di Blaine si strinsero in una linea sottile, e il ragazzo aggrottò la fronte, prima di assumere un’espressione decisa; avvicinò le proprie labbra a quelle di Kurt quasi con violenza, ma quando si incontrarono divenne tutto spaventosamente naturale e familiare: le mani di Blaine gli andarono a stringere i fianchi prima che le sue braccia gli avvolgessero la vita sottile, mentre le dita di Kurt trovarono il loro posto tra i ricci ribelli dell’altro ragazzo, scompigliandogli ancora di più dopo solo un attimo di esitazione.
E il cuore di Kurt, semplicemente, esplose.
Lo sentì. Blaine era ovunque, poteva percepire la sua presenza con ogni terminazione nervosa che aveva in corpo, era solido, e reale, e vivo, poteva sentire il battito prepotente del suo cuore contro il proprio petto; lo stava stringendo davvero, niente di tutto quello era mera immaginazione.
Era certo che sarebbe svenuto per il tumulto di emozioni che gli stavano riempiendo il petto e la testa, ma si limitò a stringerlo ancora di più – forse gli fece anche male, ma a nessuno dei due importò davvero – e Blaine capì, e sorrise nel bacio, inspirando forte e stringendogli talmente tanto la vita da sollevarlo leggermente dal letto.
Kurt ridacchiò, mentre le lacrime continuavano a corrergli sul viso, e le sue mani tremanti trovarono immediatamente il loro posto sugli zigomi del ragazzo che ancora lo stava abbracciando “Sei vivo” mormorò, spalancando gli occhi mentre la gioia gli invadeva il petto “Sei vivo” ripeté, sfiorando ogni parte di quel volto che era stato così vicino a perdere.
Blaine mormorò di approvazione, lasciandosi andare a quel tocco leggero con gli occhi socchiusi “Se non sbaglio avevo promesso che non ti avrei mai lasciato, no?”
“Sì” mormorò Kurt con un singhiozzo liberatorio. “L’hai promesso” lo strinse di nuovo con tutta la forza che aveva, affondando il viso tra i suoi capelli, inspirando a pieni polmoni.
“Mi sei mancato così tanto, Blaine.” Continuò a mormorare, instancabilmente “Così tanto. Mi sono sentito così perso, io—”
“Shhh” Blaine lo interruppe posandogli delicatamente l’indice sulle labbra “Va tutto bene, adesso sono qui, okay? Non vado da nessuna parte, te lo prometto.”
Kurt si accoccolò contro il suo petto, stringendosi a lui il più possibile, permettendosi di credere a quella promessa “Non ti libererai mai più di me” sussurrò, strofinando lievemente il viso contro il suo petto.
“Lo spero proprio” mormorò Blaine, abbassando il capo per sfiorare i suoi capelli con un sorriso, accarezzandogli dolcemente la schiena.
“Ti amo, Blaine.” Mormorò contro il suo collo, poggiando la testa sull’incavo della sua spalla.
“Ti amo anch’io. Così tanto” sussurrò Blaine in risposta, cullandolo lentamente.


Rimasero in quella posizione per un tempo indefinito, in silenzio.
“Per quanto ho dormito?” sussurrò Kurt ad un certo punto, con gli occhi chiusi e il viso ancora premuto sulla spalla del riccio.
“Tre giorni” rispose Blaine, continuando ad accarezzargli la schiena “Sebastian e gli altri hanno detto che non hai mangiato per tutto il tempo” mormorò, con un pizzico di rimprovero nella voce “Abbiamo dovuto farti ingoiare del brodo mentre eri incosciente.”
Kurt si strinse a lui ancora di più, con un sospiro soddisfatto, senza rispondere all’accusa implicita.
Kurt” lo richiamò Blaine dolcemente ma con fermezza, costringendolo a sollevare il viso “Cosa stavi facendo?” gli chiese con un sospiro.
“Ti stavo raggiungendo” rispose lui, senza esitare nemmeno un secondo. “Lo so quello che stai per dire” lo interruppe velocemente, posandogli un dito sulle labbra con delicatezza “Che non avrei dovuto farlo, che avrei dovuto pensare a me e cercare di andare avanti. Ma non potevo, Blaine” scosse il capo “Non potevo” ripeté con forza, gli occhi lucidi, prima di affondare di nuovo il viso nel suo petto, come se stesse cercando una rassicurazione, una protezione.
Blaine avrebbe voluto aggiungere qualcos’altro, dirgli quanto era stato sciocco, che non ne sarebbe valsa la pena, che alla fine ce l’avrebbe fatta anche senza di lui, ma qualcosa nel modo in cui Kurt gli si strinse addosso lo fece semplicemente sospirare e chiudere gli occhi, per poi affondare il viso tra i capelli dell’altro.


Non ci volle molto perché Kurt si addormentasse di nuovo; era stremato, e le braccia di Blaine erano il luogo più accogliente e sicuro che conoscesse.
Blaine continuò ad accarezzargli la schiena e i capelli con dolcezza, stendendosi in modo che l’altro fosse disteso sopra di lui; lo osservò mentre dormiva, in silenzio, e si sentì completo. Al posto giusto nel momento giusto, e sentì di poter rimanere così per sempre.
Gli stava scostando delicatamente un ciuffo di capelli dalla fronte, quando la porta si aprì senza fare rumore; Rachel, Sebastian e Neal spalancarono gli occhi per la sorpresa, prima che degli enormi sorrisi si facessero strada sui loro volti.
“Si è svegliato” sussurrò la ragazza, guardandoli con dolcezza.
“Sì” rispose Blaine, sottovoce, senza smettere di cullare l’altro con aria protettiva “Un’ora fa, più o meno. Non vi ho chiamati perché abbiamo chiarito alcune cose, poi si è addormentato e …”
“Non importa” lo interruppe Sebastian, mormorando, rivolgendo a Kurt, ancora profondamente addormentato, un’occhiata affettuosa “È rimasto molto traumatizzato?” chiese, con un piccolo sorriso.
Blaine sbuffò piano, alzando gli occhi al cielo “Mi ci è voluto un po’ per convincerlo che non ero solo un sogno, ma niente traumi” rispose con una linguaccia.
“Purtroppo non si può dire lo stesso di me” borbottò Sebastian, strappando a Blaine un altro sbuffo “Andiamo Seb; che ci sarà mai stato di traumatico?”
“Intendi in me che entro in una stanza sotterranea e vedo te – che dovresti essere morto – che impedisci al mio migliore amico di suicidarsi?” Sbuffò “Assolutamente niente.”
“Appunto” asserì Blaine con un sorrisetto soddisfatto, fingendo di non cogliere il sarcasmo.
Neal alzò gli occhi al cielo, ma aveva anche lui un sorriso sulle labbra “Lasciamo soli i piccioncini, che dite?” chiese, rivolto a Sebastian e Rachel, che annuirono immediatamente, altrettanto felici.
“Sì, andiamo a dire anche agli altri che Kurt si è svegliato.” Mormorò la ragazza, scoccando a Blaine un ultimo sorriso prima di uscire assieme agli altri due.
Quando la porta si chiuse, Blaine tornò ad osservare il ragazzo che ancora giaceva tra le sue braccia “Sono proprio qui, amore mio.” Sussurrò; quelle parole scivolarono fino all’orecchio di Kurt, penetrarono il suo sonno, e per un attimo gli parvero stranamente familiari.
Ma la stanchezza ebbe la meglio, e scivolò di nuovo in un sonno tranquillo con un sospiro beato.


****

Note:
*si soffia rumorosamente il naso*
Okay, io adesso vado a piangere; manca solo l'epilogo, e non so davvero come sopravviverò dopo.
Vi voglio solo ringraziare tutti; davvero siete magnifici, e prometto che oggi pomeriggio risponderò a tutte le recensioni.
Fatemi sapere, come sempre.
Un bacione lacrimoso!



P.s. Stavolta niente coming next; suvvia, potete resistere u.u Ah, come al solito mi faccio pubblicità da sola: ho pubblicato una OS Crisscolfer, se vi andasse di leggerla mi farebbe molto piacere :) Grazie se l'avete già fatto!

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Capitolo 32
*** Epilogo ***


Solo ... Wow.

 

Being a Half.
Epilogo





 

Puck si aggiustò nervosamente le maniche della giacca di pelle – che Kurt l’aveva aiutato appositamente a scegliere, assieme ai jeans scuri e alla semplice maglietta grigia che indossava –, prendendo un respiro profondo prima di bussare.
“Arrivo” rispose dopo qualche secondo una voce femminile, leggermente attutita dalla porta che li divideva.
Una luce si accese nell’ingresso, poco prima che la porta si aprisse per lasciar intravedere una figura sottile.
“Puck!” esclamò Quinn sorpresa, spalancando gli occhi “Che ci fai qui?” chiese, arrossendo vagamente, iniziando immediatamente a tormentarsi le dita.
Anche Puck arrossì, porgendole un mazzo di peonie che aveva tenuto per tutto il tempo dietro la schiena con una certa attenzione – sempre su raccomandazione di Kurt – , che lei accettò con un pizzico di esitazione prima che un sorriso estasiato le si disegnasse sulle labbra, illuminandole gli occhi.
“Sono venuto per l’appuntamento che ti ho promesso” le disse, prendendo coraggio.
Lei spalancò gli occhi, sorpresa “Oh … Certo! Vado solo a cambiarmi e …”
“Non essere sciocca” la interruppe lui, rivolgendole un sorriso dolce “Stai benissimo così.”
Lei si osservò un attimo, rivolgendo un’occhiata critica ai jeans e alla polo che stava indossando, per poi alzare il viso e lanciargli uno sguardo eloquente.
Lui scosse il capo “Niente da fare; abbiamo una prenotazione, non possiamo fare tardi.”
“Nemmeno se ci metto cinque minuti?” chiese lei, implorante.
“No” rispose lui, con un sorrisetto beffardo. “Ti toccherà venire al naturale.”
“D’accordo” borbottò lei, prima di inspirare a fondo il profumo delle peonie con un sorriso “Grazie per queste” mormorò, regalandogli uno sguardo pieno di dolcezza.
Lui arrossì leggermente “Figurati, non sono niente” scrollò le spalle, prima di tenderle una mano “Allora, andiamo?”
Quinn fece un passo indietro “Solo un attimo! Metto le peonie in un vaso e arrivo!” scappò via prima che Puck potesse fermarla.
Passarono dieci minuti buoni prima che la ragazza si ripresentasse alla porta con un vestito semplice color panna che fece sospirare Puck per molti motivi; le lanciò un’occhiata di finto rimprovero, prima di prenderle una mano con delicatezza per accompagnarla alla macchina “Stavi benissimo anche prima” le sussurrò, chiudendo lo sportello.
Lei non rispose; si limitò ad arrossire abbassando lo sguardo, lisciandosi delle pieghe inesistenti del vestito.


Quando vide gli occhi verdi di Quinn illuminarsi per il ristorante non troppo pretenzioso ma raffinato, quando lei a fine serata gli concesse un bacio dolce sugli scalini del portico e lo salutò con un enorme sorriso, scoccandogli un’occhiata raggiante prima di chiudere la porta dietro di sé, Puck si annotò mentalmente di ringraziare Kurt un milione di volte per tutti i consigli che gli aveva dato, e scagliò i pugni in aria trotterellando verso la macchina; forse, per stavolta, sarebbe andato tutto bene.

*

“Finn, amore? Kurt ha detto che dovevi” Rachel spalancò la porta della loro camera, e la voce le morì in gola “ … parlarmi” riuscì a mormorare, guardandosi attorno con gli occhi spalancati.
La camera era immersa nell’oscurità, eccezion fatta per alcune candele che rischiaravano l’ambiente con la loro luce tremula; nell’aria aleggiava un intenso profumo di vaniglia.
Ci mise un attimo ad accorgersi dei petali che erano sparsi sul pavimento e su parte dei mobili, e dovette sbattere le palpebre più volte per convincersi di non star sognando.
“Ti piace?”
Si voltò di scatto a quella voce esitante per ritrovarsi davanti ad un Finn vagamente insicuro che cercò immediatamente lo sguardo di lei.
“Non volevo che fosse una cosa pacchiana o esagerata” continuò lui freneticamente, guardandosi attorno con una buona dose di nervosismo “Volevo che fosse giusto per te, ma—”
Lei lo interruppe delicatamente poggiandogli l’indice sulle labbra “È perfetto” mormorò, con gli occhi che luccicavano, guardandosi di nuovo attorno.
Finn si rilassò visibilmente, con un sospiro sollevato, prima di farsi ancora più nervoso e dover prendere numerosi respiri profondi e cadenzati per cercare di rimanere calmo.
Quando Rachel si girò di nuovo, Finn era inginocchiato di fronte a lei, una scatolina di velluto posata delicatamente esattamente al centro del palmo della sua mano tesa.
La ragazza spalancò immediatamente gli occhi, coprendosi la bocca con le mani, facendo correre lo sguardo febbrilmente dalla scatolina al volto emozionato del ragazzo di fronte a lei, che stava cercando di non andare in iperventilazione.
“Che cosa …?” chiese, in un soffio, senza riuscire davvero ad articolare una domanda che avesse un senso.
“Fammi parlare senza interrompermi, okay?” le chiese lui, con un piccolo sorriso tremulo “Se no rischio di svenire prima di dire tutto quello che vorrei, e mi sono preparato un discorso e voglio che tutto sia perfetto.”
Lei annuì, in silenzio, gli occhi ancora spalancati dalla sorpresa.
Lui prese un respiro profondo, con le mani che gli tremavano, prima di iniziare a parlare “Quando ci siamo conosciuti, mi hai spaventato a morte” ammise, con un minuscolo sorriso che lei ricambiò immediatamente, con dolcezza “Pensavo sinceramente che fossi pazza, o qualcosa del genere. Parlavi di mezzi animali, sfere, Elfi …” Deglutì, scuotendo lievemente il capo “Ma poi mi sono dovuto ricredere, perché avevi ragione su tutto” fissò nei suoi i propri occhi, di un rassicurante color nocciola “E da allora è sempre stato così. Mi hai salvato quando ci siamo conosciuti, e continui a salvarmi ogni singolo giorno, perché per qualche strana ragione hai scelto di amare proprio me, e credo che non ti sarò mai abbastanza grato per questo. Anche se non siamo perfetti, e litighiamo, e spesso e volentieri io non capisco cosa stai cercando di dirmi e tu a volte diventi puntigliosa in maniera maniacale …” le lanciò un’occhiata timida, temendo di averla offesa, ma Rachel stava sorridendo con le guance bagnate di lacrime, quindi continuò, un po’ più sicuro “Io ti amo. Ti amo, e sono sicuro che non potrei mai amare nessun’altra. Perché tu sei …” si strinse nelle spalle, con un sorriso timido “Be’, sei semplicemente Rachel. La mia Rachel. E senza di te io non ho praticamente senso. Quindi” prese un respiro più profondo, aprendo con qualche difficoltà la scatolina di velluto che aveva in mano, per rivelare una fascetta delicata che luccicava tenuamente riflettendo le luci delle candele “Rachel Berry” gli occhi della ragazza sembrarono farsi ancora più grandi “Io prometto di amarti, onorarti, essere paziente e proteggerti ogni giorno per il resto delle nostre vite. Mi vuoi sposare?”
Un singhiozzò sfuggì alle labbra della ragazza, prima che lei si lanciasse in avanti per stringere il collo di Finn in una morsa mozzafiato e abbandonasse il proprio volto contro la spalla di lui, piangendo per l’emozione.
“Sì” esalò, guardandolo negli occhi “Sì, voglio sposarti.” Singhiozzò, mentre l’emozione rischiava di farle esplodere il petto.
Sul volto di Finn si disegnò un sorriso gigantesco, e anche i suoi occhi si fecero lucidi quando, con mano tremante, estrasse l’anello – così piccolo per le sue mani – dalla scatolina con delicatezza e lo calzò al dito di Rachel, che lo rimirò per un attimo con gli occhi che luccicavano, prima di abbracciarlo di nuovo con trasporto; Finn le avvolse la vita con le braccia, baciandola con dolcezza.


Un sorriso furbo si disegnò sulle labbra di Kurt, seduto fuori dalla camera di Finn e Rachel con la schiena appoggiata al muro, mentre il ragazzo osservava gli altri Halfbeings e Schuester cercare di premere il più possibile le orecchie contro la porta per capire cosa stessero dicendo.
 “Ha detto di sì” mormorò, sfruttando l’udito sensibile che gli permetteva di sentire tutto piuttosto chiaramente anche attraverso la parete; si lasciarono andare tutti a dei sospiri estasiati, esultando in silenzio.
“Ovviamente” sussurrò Blaine, sedendosi di fianco a lui con un sorriso felice “Ha provato la proposta con te almeno cinque volte.”
Kurt gli poggiò la testa sulla spalla, socchiudendo gli occhi con un sospiro beato “Alla fine l’ha improvvisata tutta” sbuffò, con un piccolo sorriso, beandosi della risata silenziosa che scosse il petto di Blaine.
“Ovviamente.”

*

“Finn e Rachel saranno molto felici insieme” commentò Santana, sedendosi sul letto con delicatezza.
“Sì” annuì Sebastian, sedendosi di fianco a lei “Lo credo anch’io. Nonostante tutto.” Aggiunse con uno sbuffo dopo un attimo di esitazione.
Lei inclinò lievemente il capo su una spalla, sfiorandogli il viso “Sono passati cinque giorni da quando Kurt si è svegliato; forse potresti cominciare a dormire, non credi?”
“Stai per caso insinuando che in questo momento non sono bello?” chiese lui, fintamente offeso, sollevando orgogliosamente il mento.
Dalle labbra di lei sfuggì una risata leggera “Non oserei mai.” Assicurò, scuotendo lievemente il capo. “Ma dovresti davvero cominciare a rilassarti” aggiunse dopo qualche secondo, guardandolo con un pizzico di serietà in più.
Le labbra di Sebastian si strinsero in una linea sottile “Credo che non sarà possibile” disse, con espressione grave.
Santana inarcò un sopracciglio, scrutandolo attentamente con un po’ di apprensione “Perché no?”
Sebastian non rispose, si limitò ad allungarsi sul letto per arrivare ad aprire il cassetto del comodino ed estrarne una busta di carta che le passò senza dire una parola.
“E questo cosa significherebbe?” chiese lei, cominciando a preoccuparsi sul serio.
“Aprila e lo scoprirai” le rispose, mordendosi le labbra per non sorridere.
Lei lo scrutò ancora per un attimo, prima di concentrarsi sulla busta che teneva tra le mani; la aprì lentamente per estrarre due cartoncini che fissò per qualche secondo, spalancando gli occhi.
Sebastian la guardò attentamente, quasi fremendo per l’impazienza.
“Parigi” sussurrò lei alla fine, con un filo di voce, spostando lentamente lo sguardo dai biglietti aerei che aveva in mano al ragazzo sorridente che le stava seduto di fianco.
Sebastian scrollò le spalle, prima di rispondere “Hai detto che hai sempre desiderato andare in Europa, no? Ho pensato che … Ti avrebbe fatto piacere andarci con me. Parigi, Londra, Roma, Berlino, Barcellona … Ho già prenotato gli alberghi.”
Santana era ancora senza parole, continuava a tenere gli occhi spalancati fissi su di lui.
Sebastian cominciò ad agitarsi “Ma se vuoi andare da sola non è un problema, voglio dire, solo perché ho prenotato per due non significa che debba per forza venire io con te e—”
Ma lei non lo lasciò finire; gli intrecciò le braccia attorno al collo, trascinandolo in un bacio che avrebbe potuto sostituire tutte le parole del mondo.
“Io … Dio, tutto questo … È troppo” mormorò, tra un bacio e l’altro.
“Non lo è affatto” rispose lui con un sorriso, scuotendo lievemente il capo prima di baciarla di nuovo “È quello che posso offrirti, e ho intenzione di farlo.” La guardò intensamente negli occhi, prima di scrollare le spalle “E poi tanto vale approfittarne prima che degli altri Elfi psicopatici provino ad ucciderci, no?”
Lei sbuffò una risata, prima di sporgersi per abbracciarlo e stringerlo forte a sé “Dio Smythe, ho paura che potrei amarti per sempre.”
Il cuore di Sebastian mancò un paio di battiti, mentre sul suo viso si disegnava un sorriso felice “Anch’io temo che dovrai sopportarmi ancora per parecchio tempo.” 

*

“Quindi, fatemi capire.” Neal sollevò scetticamente un sopracciglio “Se voi volete rimorchiare, venite in questo bar dimenticato da Dio?” indicò con aria critica lo Scandals, illuminato leggermente dalla luce blu dell’insegna.
“Perché no?” chiese Jeff, facendo spallucce, prima di affondare le mani nelle tasche e avviarsi verso l’entrata prendendo a braccetto Nick, che lo seguì con un sorriso.
“Perché è il posto più triste che io abbia mai visto” sbuffò Neal, sollevando teatralmente le braccia, senza muoversi di un passo.
“Non fare il guastafeste” lo rimbrottò Kurt con un sorriso, dandogli una piccola spallata nel sorpassarlo, mano nella mano con Blaine.
“Senti chi parla di non fare il guastafeste” borbottò lui per tutta risposta, mettendo su un piccolo broncio; Kurt si limitò a voltarsi e rivolgergli una linguaccia scherzosa, prima di entrare nel locale con un sorriso.
Neal sbuffò per l’ennesima volta, alzando gli occhi al cielo; non poteva rimanere da solo nel parcheggio tutta la sera. Si fece avanti con aria scocciata, prima di aprire la porta che si era appena chiusa dietro la schiena di Blaine; lo investirono immediatamente l’aria fumosa, il volume altissimo della musica e l’odore di alcol, ma non ne fu per niente infastidito.
Si guardò un attimo attorno, valutando i ragazzi presenti; non che ce ne fossero molti, in realtà. Erano per lo più uomini oltre i quaranta, che cominciarono immediatamente a fissare i nuovi arrivati con un interesse vagamente inquietante, e qualche coppia di ragazzi che dovevano avere la loro età.
Sbuffò, seguendo il resto del gruppo che si era impossessato di un tavolo; sarebbe stato circondato da coppiette felici per un’altra interminabile serata.
Kurt gli tirò una piccola gomitata di incoraggiamento tra le costole, sedendosi di fianco a lui, a cui Neal rispose con un sospiro sconsolato.

Un consistente numero di drink dopo, Neal si ritrovò esattamente nella stessa posizione, ma decisamente più solo; gli altri quattro erano andati a ballare invitandolo ad unirsi a loro con dei sorrisi entusiasti, ma lui aveva rifiutato scuotendo il capo con aria rassegnata.
Stava scrutando il fondo del proprio quarto – o quinto? – drink come se fosse stato alla ricerca del senso della vita in quelle poche gocce di alcol colorato, quando Kurt cominciò a lanciargli frequentemente delle occhiate dispiaciute; Blaine, che stava ballando con lui, se ne accorse, e gli fece un piccolo cenno col capo facendogli capire che poteva andare; Kurt esitò un attimo, prima di sporgersi in modo da poter parlare direttamente nell’orecchio del riccio e farsi sentire nonostante la musica “Se qualcuno si avvicina a te” mormorò, con voce roca, facendogli correre un brivido lungo la schiena “Ringhia.
Blaine annuì sotto l’occhiata severa dell’altro, senza riuscire a nascondere un sorriso; Kurt geloso era uno spettacolo che adorava.
Il castano si premurò di lasciargli un lunghissimo bacio sulle labbra, stringendogli possessivamente i fianchi prima di allontanarsi con passo sinuoso per raggiungere il tavolo a cui era seduto Neal.
Blaine constatò, con enorme disappunto, che molti sguardi piuttosto interessati lo seguirono.
“Non ti diverti?” urlò Kurt per sovrastare la musica, sedendosi sulla sedia accanto a quella dell’amico.
Neal sollevò lo sguardo su di lui “Non proprio” biascicò in risposta, incrociando le braccia sul tavolo per poi posarci il capo e lanciare all’altro un’occhiata sconsolata.
Kurt gli accarezzò delicatamente un braccio con un piccolo sorriso, e un ringhio basso ma inconfondibile lo raggiunse nonostante la musica; si girò d’istinto, pronto a farla pagare a chiunque stesse osando ballare con Blaine, ma quando lo individuò tra la folla, vide che il ragazzo stava ballando con Jeff e  Nick, e i suoi occhi dorati, ridotti a due fessure, stavano fissando con una buona dose di disappunto la mano di Kurt, ancora appoggiata sul braccio di Neal.
Kurt alzò gli occhi al cielo, rivolgendogli una linguaccia e un occhiolino, a cui Blaine rispose con un finto gesto stizzito.
“Proprio di questo stavo parlando” borbottò Neal, quando Kurt si girò di nuovo verso di lui.
“Di cosa?”
“Di voi coppiette felici” rispose l’altro, lanciandogli un’occhiata sconsolata “Siete tutti … puccipucci! Mi fate sentire uno sfigato solo. Cosa che io non sono affatto.” Borbottò, mettendo su il broncio.
Kurt gli lanciò un’occhiata sorpresa, cercando di non ridere “Ma prima o poi troverai qualcuno anche tu” ribatté, convinto “Basta avere un po’ di pazienza.”
“Pazienza” ripeté lui con tono disgustato “Io non sono per niente un tipo paziente. Io voglio adesso qualcuno da—” Si interruppe di colpo, spalancando gli occhi azzurri per fissarli sulla porta che si era appena aperta per lasciar entrare cinque ragazzi che dovevano avere l’età di Blaine.
Kurt si girò, seguendo il suo sguardo, e sorrise scuotendo leggermente il capo nel vedere chi aveva attirato l’attenzione di Neal.
“Ci vediamo domani, tigre” gli rivolse un occhiolino che l’altro probabilmente nemmeno colse, troppo impegnato a valutare i nuovi arrivati con occhio clinico.

“Quindi alla fine Neal è riuscito a trovare qualcuno?” chiese Blaine con un sorriso, inspirando l’aria fresca del parcheggio fuori dal locale, un braccio stretto attorno alla vita di Kurt, che aveva il capo poggiato sulla sua spalla.
“L’ho visto ballare con un tipo niente male” rispose Nick, intrecciando le proprie dita a quelle di Jeff “Moro, occhi blu … Credo che stanotte non lo vedremo tornare.” Concluse, sbuffando una piccola nuvola ghiacciata.
Kurt stava per ribattere, quando una voce lo interruppe “Duvall, dai sempre un sacco di cose per scontate” proclamò Neal, superandoli per raggiungere la macchina.
Lo fissarono tutti e quattro con gli occhi spalancati “Non mi dire” mormorò Jeff “Il primo ragazzo nella storia del mondo a dirti di no?” chiese, shockato.
“Non essere ridicolo” borbottò Neal, scoccandogli un’occhiata infuocata, prima di assumere un’aria stranamente timida che non gli si addiceva “È solo che abbiamo parlato un po’ ed è venuto fuori che potrebbe starmi davvero simpatico. È un ragazzo intelligente, interessante … Purtroppo si chiama Drew” si strinse nelle spalle “Ma non si può avere tutto nella vita. Comunque, gli ho detto che lo chiamerò domani.”
Gli altri quattro lo fissarono a bocca aperta “Vuoi … Vuoi dire che vi siete persino scambiati i numeri di telefono?” chiese Kurt, incredulo.
“No, ovviamente mi metterò a chiamare tutti i Drew che trovo nell’elenco telefonico. È ovvio che ci siamo scambiati i numeri di telefono!”
Le espressioni sconcertate non svanirono dai volti degli altri, e alla fine Neal esplose “Che c’è?!” sbottò, incrociando le braccia sul petto.
“Oh, niente” rispose Blaine velocemente, prima di avviarsi a passo svelto verso la macchina “Andiamo?” chiese immediatamente, con un’espressione fin troppo innocente.
Gli altri lo seguirono con un po’ meno convinzione, osservando ancora Neal con una buona dose di scetticismo, dato che il ragazzo aveva cominciato a canticchiare sottovoce.
“Questo è un buon segno, giusto?” chiese Blaine a Kurt con un mormorio impercettibile.
“Direi proprio di sì” rispose lui in un soffio con un ampio sorriso.

*

“Senti, Jeff, io … Stavo pensando una cosa.”
Il ragazzo gli rivolse un’occhiata interrogativa, lasciandosi cadere sul divano con aria stanca.
“Ecco, vedi …” Riprese Nick, torcendosi dolorosamente le dita “Le cose tra noi vanno bene, no?”
L’espressione di Jeff si fece immediatamente più attenta e guardinga “Sì, direi proprio di sì” rispose lentamente, cercando di capire dove volesse andare a parare.
“Ecco, sì, sembra anche a me che vadano molto, molto bene. E io stavo pensando, visto che tu parlavi di voler provare ad andare al College, e che anche a me non sarebbe dispiaciuta come idea, io mi stavo chiedendo, ecco …”
“Nick?” Jeff lo interruppe delicatamente, alzandosi per poterlo guardare negli occhi “Primo, respira. Secondo, smettila di ripetere ‘ecco’, okay? Terzo, respira di nuovo e parla. Lo sai che puoi dirmi qualsiasi cosa.”
Nick lo guardò per un attimo prima di annuire e cominciare effettivamente a respirare più regolarmente “Okay” disse, non appena il cuore smise di corrergli nel petto “Allora” respirò profondamente “Io mi chiedevo se non volessi venire a vivere con me.” Disse, tutto d’un fiato, prima di guardare Jeff negli occhi, cercando di capire come aveva preso la proposta.
Il ragazzo non batté ciglio, si limitò a mordersi le labbra per non sorridere.
“Va bene, ora mi stai spaventando.” Borbottò Nick dopo qualche secondo di silenzio “Jeff? Puoi dire qualcosa, per favore? Anche un ‘no’ va bene, lo capisco se non sei pronto; insomma, alla fine non stiamo insieme da molto, però ho pensato che dovremmo comunque aspettare qualche mese perché inizino i corsi e quindi avremmo tutto il tempo di abituarci e cercare un posto--”
Jeff lo interruppe, posandogli l’indice sulle labbra “Tu parli troppo, quando sei nervoso” sorrise con dolcezza “E tanto per la cronaca, trovo che sia un’idea fantastica. Soprattutto perché praticamente viviamo già insieme, e in realtà avrei voluto chiederti la stessa identica cosa.”
Nick spalancò gli occhi “Davvero?” borbottò contro l’indice ancora premuto sulle sue labbra.
Jeff annuì, sorridendo “Non vedo l’ora di vivere con te in un appartamento troppo piccolo e disordinato” mormorò, prima di far incontrare le loro labbra in un bacio lento e dolce.

*

“Ma di che diavolo stai parlando?!” Sbottò Blaine spalancando le braccia, dopo essersi chiuso violentemente la porta alle spalle.
“Di cosa sto parlando?!” gli fece eco Kurt, incredulo, rivolgendogli un’occhiata stralunata “Sto parlando del fatto che se proprio vuoi una storia da una notte, almeno non sventolarmela sotto il naso!”
“Almeno ti stai sentendo?!” esclamò Blaine, spalancando gli occhi “Perché dovrei volere una storia da una notte?!”
“Ti ho visto” sibilò Kurt, le pupille improvvisamente sottili, incrociando le braccia sul petto per soffocare il tremore alle mani “Ci stavi provando spudoratamente con quel tizio quando sei andato a prendere da bere!”
Blaine si lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, basito “Io non ci stavo provando proprio con nessuno! Perché mai dovrei fare una cosa così stupida?!”
“Oh, non lo so, dimmelo tu!” sbottò Kurt, gesticolando, i canini sempre più sporgenti “Magari perché ti vergogni di me!”
“Vergognarmi di te?” ripeté Blaine, incredulo “Ma di che diavolo stai parlando?”
“Non fare il finto tonto” ribatté Kurt, furioso “Cos’è, sono troppo appariscente? Non ho abbastanza barba, Blaine, cosa?”
“COSA STAI DICENDO?” Urlò improvvisamente Blaine, esasperato “Perché mai dovrei vergognarmi di te?!”
“Allora trovami un’altra spiegazione plausibile per cui non mi hai ancora presentato ai tuoi genitori!” anche Kurt alzò la voce, e sentì che le orecchie cominciavano a diventare più appuntite.
Blaine lo fissò, sinceramente sconvolto “Ti rendi conto che i miei genitori sono omofobi e per di più non sono neanche i miei veri genitori, vero?” gli chiese lentamente, cercando di recuperare la calma.
“Lo vedi?! Ti vergogni di me!”
“Non mi vergogno di te, mi vergogno di loro!” gridò, esasperato “Odiano me, odierebbero anche te! Perché mai dovrei lasciare che ti giudichino con la loro aria strafottente?!”
“Perché sono la tua famiglia!” ribatté Kurt con forza.
“Loro non sono la mia famiglia” sibilò Blaine a denti stretti, inspirando con forza dal naso. “E non voglio dar loro la possibilità di rovinare noi, va bene?!”
“È una mia scelta, avrò il diritto di decidere—”
“No.” Lo interruppe Blaine, ringhiando “Su questa cosa non hai nessun diritto di decidere, fine della discussione! Vatti a fare un giro alla Scandals, se proprio non riesci a superare questo dannato complesso di inferiorità!” ammutolì immediatamente non appena si rese conto di quello che aveva detto e del tono con cui l’aveva detto.
Kurt puntò gli occhi lucidi sul pavimento e si morse il labbro, avvolgendosi il busto con le braccia, riacquisendo immediatamente il suo aspetto originario.
Blaine sentì l’impulso irrefrenabile di stringerlo immediatamente tra le proprie braccia dopo essersi tirato un pugno, ma l’altro ragazzo non gliene diede la possibilità; uscì dalla camera a passo svelto, col capo chino.
“Kurt, aspetta” mormorò debolmente il riccio, seguendolo per qualche passo nel corridoio. Ma lui non si fermò.

“Dite che dovremmo preoccuparci?” chiese Santana, stringendo le mani a coppa sulla propria tazza di tè.
Rachel ridacchiò, sedendosi al tavolo della cucina, e scosse la testa assieme a Jeff, che aveva un sorriso furbo sul volto “Ah, il primo litigio …” sospirò con aria sognante.

“Kurt?” Blaine si fece timidamente avanti, scansando i rami del salice, e il suo cuore ebbe un minuscolo tremito quando lo vide rannicchiato contro il tronco, visibilmente infreddolito.
Gli si avvicinò con un sospiro, avvolgendolo con una coperta che aveva saggiamente portato; Kurt alzò lentamente lo sguardo su di lui, gli occhi ancora rossi e lucidi.
“Mi dispiace” sussurrò immediatamente Blaine, accoccolandosi vicino a lui per stringerlo tra le proprie braccia; Kurt si rilassò lentamente, raggomitolandosi ancora di più contro il suo petto, quasi inconsciamente “A me dispiace” bisbigliò.
“No, io …” Blaine scosse la testa “Sono stato uno stupido. Non avrei dovuto alzare la voce, e dire quelle cose.”
“Sono stato io a iniziare. Lo so che non ci stavi provando con quella sottospecie di foca.”
“Certo che no” mormorò Blaine, lasciandogli un bacio dolce tra i capelli “E io non potrei mai, mai, vergognarmi di te. Sei la cosa migliore che mi sia capitata.” Gli accarezzò lentamente un braccio “Lo sai che ti porterei dai miei genitori anche domani. Anzi, se vuoi li chiamo e chiedo quando hanno intenzione di tornare a casa—”
“No” lo interruppe Kurt, rigirandosi nell’abbraccio così da poterlo guardare negli occhi “Io … Lo so … Lo so che non è quello, è solo che … Non lo so, ti ho visto parlare con quel tipo … E a volte …” Tirò su col naso, con un piccolo sospiro tremante “Lo so che ti ho detto che è tutto passato, però … A volte ho così tanta paura che mi lasci di nuovo, e che stavolta non tornerai indietro, e … Non lo so, comincio a sragionare.” Si strinse debolmente nelle spalle, per poi affondare il viso nell’incavo della sua spalla.
“Lo so che non è tutto passato” sussurrò Blaine, riprendendo ad accarezzarlo con dolcezza “A volte ti agiti nel sonno” spiegò, quando Kurt sollevò il capo per rivolgergli un’occhiata interrogativa “Più che altro ripeti il mio nome. Ti calmi solo se ti stringo o ti mormoro qualcosa.”
Gli occhi di Kurt si fecero più grandi e limpidi “Oh” riuscì soltanto a mormorare, sopraffatto.
Blaine lo guardò con dolcezza, spostandogli un ciuffo di capelli che gli era finito sulla fronte “Ma adesso sono qui” sussurrò “E tu sei l’amore della mia vita. Non ho nessuna intenzione di lasciarti, non sarei mai così stupido.”
Kurt lo guardò per alcuni secondi, lasciando che quella sensazione di felicità si impossessasse completamente di lui “Ti ho già detto che ti amo da morire?” soffiò alla fine, inclinando lievemente il capo su una spalla.
“No” mormorò Blaine, sorridendo “E sentirtelo dire è una di quelle cose che non smetterà mai di farmi andare il cuore a mille.”
Anche Kurt sorrise, avvicinandoglisi “Lo posso sentire” sussurrò, prima di baciarlo lievemente sulle labbra “Ti amo”, lo baciò di nuovo, e ad ogni nuovo bacio alternava un “Ti amo” sottovoce.
Kurt finì per accoccolarsi sul petto di Blaine, come faceva sempre, e quasi non si rese conto di aver iniziato a fare quelle che, di comune accordo, avevano deciso di chiamare “fusa” per comodità.
Blaine sorrise, beato, chiudendo gli occhi per sollevare il viso verso il cielo, un braccio che circondava le spalle dell’altro ragazzo.
“Kurt?”
“Mh?”
“Sei tu la mia famiglia.”

***

                                                                                                    The end.




Note:
Oh. Mio. Dio. 
Sono senza parole, davvero. 
La prima long che finisco. Va bene se vado a piangere un po'?
Prima però vi devo ringraziare. Siete stati fantastici, vi meritereste galassie di caramelle.
Nello specifico, vorrei ringraziare soprattutto la mia triade: Locked (che è stata dolcissima e pazientissima), Slytherin_Malvi (anche se dice parole brutte, ho adorato tutte le recensioni), Mellark (che mi ha dovuto sopportare anche per mp). Poi wislava, che aveva già indovinato mezza trama (:D) e Joan Douglas, che è stata una delle prime a recensirmi (**), KIAsia, Klainarry, elisav82, Ivolounteerasklainer, este, 14antonella65, e tutti gli altri che hanno avuto la pazienza e la gentilezza di lasciarmi una recensione. 
Grazie ad S. ed A., che hanno sopportato i miei scleri e si sono lette tutta la storia in anteprima.
Poi, tutti coloro che hanno messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate, e tutti coloro che nelle scorse recensioni mi hanno detto che non vorrebbero dover finire questa storia, grazie. Non potete capire quanto significhi **
Siete stati tutti stupendi, non saprei cos'altro dire :)
Spero che l'epilogo vi abbia soddisfatti!
Sbizzarritevi con le recensioni, direi. 

Forse ci sentiremo presto, ho qualche long in mente ... Magari una anche già avviata.

Un bacio enorme a tutti, è stato davvero magnifico :')
Alla prossima!
Ambros.



 

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