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di _wackowriter_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Gunshots noise ***
Capitolo 3: *** Here, until the death ***
Capitolo 4: *** Oh, wait. You don’t know anything, right? ***
Capitolo 5: *** Songs ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo.

 
Poggiava i libri nell’armadietto, lo chiudeva, si allontanava.
Ecco il primo spintone, un fischio, un’occhiatina derisoria.
La sua vita era così. Casa, scuola; prigione, inferno. Era una routine. Un ciclo continuo. Un circolo vizioso da cui non era mai riuscita ad uscire.
Le ore a scuola scorrevano lentamente; a casa altrettanto. Da una parte era una ragazza sola, indifesa, in balia di una corrente di pregiudizi e apparenze; dall’altra parte, era una ragazza indipendente, trascurata, invisibile.
 
Durante la lezione, poteva sentire le risatine alle sue spalle, che nella sua testa coprivano qualsiasi rumore o pensiero.
Cosa c’era di sbagliato in lei?
Se lo chiedeva da molto, troppo tempo. In diciotto anni di vita non aveva trovato ancora una risposta.
Semplicemente, sperava nel futuro.
Sperava di poter lasciare New York, una città così intrigante fuori, così marcia dentro.
Avrebbe voluto visitare l’Europa; quell’Europa che faceva da sfondo alle numerose fiabe che le narrava la nonna.
Avrebbe voluto visitare la Spagna, quel Paese così divertente; la Francia, così affascinante; l’Italia, così simpatica; e ancora l’Inghilterra, il Belgio, la Germania...
Perché non poteva? Aveva diciotto anni, eccome se poteva.
La verità è che non ci riusciva; aveva paura, paura che tutto si rivelasse un’illusione.
 
Mentre usciva da scuola, qualcuno le fece cadere il materiale di mano.
Non seppe dire chi era, ma oramai era abituata; semplicemente, si chinò e li raccolse.
Perché la trattavano così?
Insomma, non era una modella, certo, ma non era neanche brutta.
Aveva provato a piacersi; una volta, tempo fa, si piaceva.
Le piacevano i suoi capelli, neri come la pece, boccolosi, morbidi. Aveva cambiato idea quando sua madre li aveva definiti “una massa uniforme, stepposa e ispida”.
Le piacevano i suoi occhi, verdi come smeraldi profondi; aveva cambiato idea quando un suo compagno aveva commentato con: “Mi fanno paura, sono due fondi di bottiglia vuoti e inespressivi!”.
Le piaceva il suo corpo, snello e agile; aveva cambiato idea, quanto tutti avevano pensato che fosse divertente denominarla “anoressica”.
In effetti, era molto bella, ma per un motivo o per un altro, qualcuno l’aveva indotta a credere il contrario.
 
Si richiuse la porta di casa alle spalle. Nella villa regnava il silenzio.
Portò lo zaino in camera e si recò in sala da pranzo.
Gracie, la domestica, stava apparecchiando la tavola, indisturbata.
«Gracie» proruppe la ragazza «Sai, per caso, dove sono i miei genitori?».
«Signorina Tobia, credo siano al lavoro!» le rispose.
Ecco un’altra cosa che aveva finito per odiare: il suo nome.
Inizialmente, lo aveva valutato interessante.
Insomma, una ragazza con un nome da ragazzo, era davvero strano; eppure le piaceva, la faceva sentire in qualche modo speciale.
Poi, però, erano cominciate le prese in giro.
“Secondo me i tuoi genitori volevano un figlio maschio, sfigata!” le dicevano, “Devo dire che il tuo nome si addice al tuo aspetto, sembri un uomo!”.
Perché lo facevano?
 
«Sai quando dovrebbero tornare?» riprovò.
«Suppongo domani mattina, hanno un affare importante da concludere».
Che novità, pensò.
Era sempre stato così, fin da quando era bambina.
Se ne andavano, sparivano per giorni, settimane, perfino mesi, senza degnarsi di avvisarla.
Perché, ovviamente, i loro affari erano più importanti della loro unica figlia.
Perché la sua vita doveva essere così dura?
 


 

Primo capitolo della mia prima storia.
WOW.
Okay, non è proprio un capitolo, è più un’introduzione di quella che sarà la storia; vi ho fatto capire com’è un po’ la vita della protagonista e il suo aspetto.
Comunque, immaginatevela come volete.
Non vi chiedo delle recensioni (ovviamente, se volete lasciarle non sarò io a fermarvi), ma se magari continuate a leggerla, la mettete tra le seguite... mi fareste un grande favore.
 
Va be’, vi saluto.
 
Be A WACKO!

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Capitolo 2
*** Gunshots noise ***


Gunshots noise.

 

La sveglia trillò, provocando un rumore assordante, che si espanse per l’ampia camera da letto.
Toby, come di consueto, si alzo e si diresse verso il bagno.
Si lavò la faccia e pettinò i capelli; indossò l’uniforme scolastica e le ballerine candide.
Scese al piano di sotto, dove un vassoio ricolmo di squisitezze l’attendeva, sul tavolo della cucina.
Sebbene avesse voluto mangiare tutto quel ben di Dio, non ne aveva il tempo; la scuola non aspettava di certo lei!
Si limitò ad una fetta di pane tostato con marmellata e un buon cappuccino caldo; risalì al piano superiore per lavarsi i denti, recuperò lo zaino, preparato la sera prima, e uscì di casa.
Fuori la aspettava, come al solito, l’auto bianca, luccicante, che ogni giorno la accompagnava a scuola.
Rivolse un cenno cordiale all’autista che le aprì la portiera, e si accomodò nell’abitacolo.
Sì, era ricca. Molto ricca.
Forse era per questo che era vittima di scherno da parte dei suoi coetanei.
Ma a cosa serviva la ricchezza a lei?
Non aveva amici con cui dare una festa, nessuno con cui fare shopping sfrenato, nessuno con cui partire per vacanze memorabili.
Sentì l’auto rallentare, segno che era arrivata a destinazione.
Chiuse il libro di Freud che era intenta a leggere e lo ripose nello zaino, attendendo che la macchina si fermasse del tutto.
Scese, chiudendosi la portiera alle spalle; come al solito, qualche occhiatina curiosa le era stata rivolta, rimpiazzata istantaneamente da un ghigno divertito.
Cercò di non badarci e si diresse verso l’entrata.
Sorpassò la squadra di lacrosse che se ne stava appoggiata al muro a chiacchierare; qualcosa andò storto.
Sentiva una presenza dietro di sé, ma, prima che se ne potesse davvero rendere conto, lo zaino le venne strappato dalle spalle.
Per il forte strattone, cadde a terra, in mezzo ai suoi libri.
Sentì uno scrosciare di risate.
Stava per raccogliere il tutto, quando proprio il suo amato libro sulla psicoanalisi le venne soffiato sotto al naso.
«Cos’è questa merda?!» esordì il capitano della squadra, scatenando l’ilarità generale.
La ragazza si alzò in piedi.
«Ridammelo!» urlò.
Il ragazzo le rivolse uno sguardo di sfida, per poi aprire il libro e strapparne le pagine.
«Divertiti con il tuo Frida!» ghignò, prima di andarsene.
«È Freud, idiota!» sussurrò lei, in risposta.
Si morse immediatamente il labbro, pentendosi di ciò che aveva detto, non appena vide il ragazzo fermarsi e tornare verso di lei.
La spinse contro una fila di armadietti.
«Come mi hai chiamato?!» ringhiò.
Toby boccheggiò, in preda al panico.
Fu la campanella, la quale segnava l’inizio delle lezioni, a salvarla.
Il giovane emise un grugnito.
«Non finisce qui» le sibilò, prima di sparire dentro un aula.
Una volta recuperata la calma, andò in classe.
 
«...Quindi, questa è la differenza tra una cellula eucariote e procariote...».
La lezione di scienze risultava più noiosa del previsto.
Le cellule; le aveva studiate già una cinquantina di volte, ormai.
Che bisogno c’era di ripassarle nuovamente?
Appoggiò il mento sulla mano e chiuse gli occhi.
Si concentrò sul battito regolare del suo cuore, e, a poco a poco, la voce dell’insegnante sparì.
Pensò a ciò che era accaduto poco prima.
Perché l’aveva detto?
Si diede mentalmente della cretina; sarebbe sicuramente tornata a casa con un occhio nero.
Non che fosse la prima volta, ma, essendo il capitano della squadra di lacrosse il diretto interessato, non si aspettava niente di leggero.
Quanto era stata stupida...
Ad interrompere i suoi pensieri, fu un lieve fracasso, proveniente dal corridoio; si udiva a malapena, ma, avendo lei un udito fine, lo aveva captato subito.
Man mano che i secondi passavano, il rumore si fece più forte.
Ora, anche altri compagni lo sentivano.
Erano passi, colpi...
Toby sbiancò.
Erano spari.
Il rumore ora si percepiva chiaramente.
L’insegnante interruppe la spiegazione, ma, prima che potesse verificare cosa stesse succedendo, la porta si spalancò.
Degli uomini armati, con il volto coperto, fecero irruzione nella classe.
Tutti i presenti si catapultarono sotto i banchi.
«Se qualcuno osa fare qualcosa, può dire addio alla sua vita!» urlò uno, puntando un MP5 da una parte all’altra dell’aula.
C’era chi urlava, chi piangeva, soprattutto, ma Toby... lei se ne stava sotto il suo banco, il cuore che batteva velocemente, il fiato corto, e lo sguardo puntato sugli uomini a pochi passi da lei.
Si udì la sirena della polizia, urla, poi qualcuno parlò al megafono.
Un poliziotto, probabilmente, aveva ordinato di mostrarsi alla finestra per poter parlare.
Un uomo, contro il muro, vicino alla finestra; un altro, dalla parte opposta, proprio davanti al suo banco.
Quello più lontano dai lei parlò.
«Nicho, non ci cascare. Se ti mostri, ti spareranno!».
«Lo so» rispose quello a pochi centimetri da lei «Ma in qualche modo ci devo pur parlare!».
«Prendi un ostaggio, non spareranno mai ad uno studente» replicò quell’altro.
“Nicho” annuì e si voltò; abbassò lo sguardo.
I suoi occhi incrociarono quelli di Toby, cui mancò il fiato.
Dopo un attimo d’esitazione, venne afferrata per un braccio, trascinata da sotto il banco e sbattuta contro la finestra aperta.
Le scappò una smorfia di dolore.
La ragazza poté notare una folla numerosa, accalcatasi sotto la scuola per capire il motivo di tanto trambusto.
Un urlo dal basso le fece voltare velocemente la testa.
«La mia bambina!» stillò qualcuno.
Sua madre stava accanto ad un agente di polizia, il volto stravolto dal terrore.
A Toby venne quasi da ridere, pensando a quanto sua madre fosse preoccupata per lei in questo momento; dov’eri prima, mamma?, le chiese, mentalmente.
L’uomo aumentò la presa sul suo braccio.
«Voglio Grant Coleman qui, subito!» urlò quest’ultimo.
La ragazza, così come la madre, sbarrò gli occhi.
La donna afferrò il megafono dalle mani di un agente.
«M-mio marito è via per lavoro, non tornerà prima di una settimana» disse, spaventata.
«Marito? Quindi tu sei la figlia di quel bastardo...» sussurrò l’uomo, all’orecchio di Toby.
La spinse di più verso la finestra, rischiando di farla cadere al di fuori di essa; la ragazza istintivamente gli afferrò il bordo della giacca.
«Tranquilla, tesoro. Non ti farei mai cadere, tu mi servi...».
A quell’affermazione le si gelò il sangue nelle vene.
L’uomo sorrise, poi si rivolse di nuovo alla folla.
«Va bene, sono una persona paziente e lo aspetterò, ma, nel frattempo... credo che mi prenderò una piccola garanzia» disse, appoggiando il capo contro quello della ragazza.
La madre della ragazza urlò, protestando vivacemente, ma ormai io due erano spariti, come il resto della banda.
 
 

Wow, ho davvero scritto un altro capitolo?
Sono piena di energie.
Be’, qua iniziano i guai.
ZAN ZAN ZANNN.
Okay, al primo non ci sono state né recensioni, né seguiti... né visualizzazioni :c
BE’ MI SEMBRA OVVIO VISTO CHE L’HO PUBBLICATO 5 MINUTI FA!
Dio, quanto sono sfigata...
Va be’, se siete arrivati fin qua, vuol dire che non vi ha fatto così schifo il prologo :3
 E vi prego infinitamente di continuare a leggere :D
Okay, la smetto.
Me ne vado.
 
Be A WACKO!

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Capitolo 3
*** Here, until the death ***


Here, until the death

 

Toby non era mai stata in quella parte della scuola.
Non era mai scesa nei sotterranei, benché ne avesse sempre visto le scale.
Erano composti da lunghi corridoi angusti e poco illuminati; le pareti di cemento, non pitturate, erano ricoperte di muffa. L’umidità era sovrana in quel posto.
Storse il naso per il forte odore, mentre camminava verso una meta imprecisa.
Ancora non se ne rendeva conto di ciò che le stava accadendo.
Era appena stata presa in ostaggio, l’avevano rapita e la stavano portando chissà dove per chissà quanto tempo.
Un brivido le percorse la schiena.
Fino a quel momento, non aveva mai valutato come la sua vita sarebbe potuta andare peggio.
Ora lo sapeva.
Scorse un bagliore alla fine di uno dei corridoi. Una scala saliva in superficie, spuntando in un campo per lo più desertico.
Schiuse leggermente la bocca, stupita. Sapeva che la sua scuola era antica, ma non pensava avesse perfino passaggi segreti sotterranei.
Pochi metri più avanti, una Land Rover Discovery, laccata di nero, li attendeva, immobile.
Toby sembrò svegliarsi solo ora da quello stato di trance che aveva avvolto i minuti precedenti, rendendosi conto che quello che stava accadendo, purtroppo, non era un incubo.
Cominciò a dimenarsi, percependo improvvisamente la presa ferra delle mani che la trattenevano.
«Lasciatemi, lasciatemi stare! Do-dove mi state portando?» sbraitò, terrorizzata.
Gli uomini, ancora incappucciati, le rivolsero uno sguardo stralunato.
«Tesoro, stiamo camminando da almeno mezz’ora. Te ne sei accorta solo ora di quello che succede?» le chiese Nicho.
La ragazza lo guardò a lungo.
«Che succede, paura di parlare?» riprese l’uomo.
«Che succede, paura di mostrarmi il tuo volto?» ribatté la giovane.
Per la seconda volta, in quella giornata, Toby si rese conto di aver osato troppo con le parole.
Stranamente, a differenza del capitano della squadra, Nicho si mise a ridere.
«Audace la ragazza!» sentenziò «Però, hai ragione. Mi sembra giusto mostrarti il mio viso, dato che staremo a stretto contatto per almeno una settimana».
Detto questo, si sfilò il passamontagna.
Se Toby si era aspettata un uomo con il volto segnato dalla cattiveria, dovette ricredersi.
Davanti a lei, un ragazzo dai ricci castani e gli occhi color cioccolato attendeva una sua qualsiasi mossa.
Non doveva essere molto più grande di lei, ma dalle braccia muscolose poteva giurare fosse mille volte più forte.
«So di essere bello, ma puoi smetterla di guardarmi!».
La ragazza distolse lo sguardo, arrossendo fino alle punte delle orecchie; forse, l’aveva studiato un po’ troppo a lungo.
«Comunque, piacere, Nicholas; ma chiamami pure Nick» disse poi, allungando una mano.
La giovane gliela strinse con riluttanza.
«Tobia; ma chiamami pure Toby».
Dopo un veloce cenno del ragazzo, i due uomini che la trattenevano la accompagnarono poco delicatamente in macchina, e la fecero sedere al posto centrale.
Si accorse che anche loro avevano rivelato le loro facce; loro, però, erano proprio come se li aspettava: due omaccioni dall’espressione dura e impassibile.
Un altro ragazzo era seduto sul posto anteriore del passeggero. Un altro ragazzo, ma, essendo girato, non riusciva a distinguerne il volto.
Il motore ruggì all’accensione della macchina e partirono.
 
Il viaggio non sembrava affatto corto.
Stava durando più di un’ora, durante la quale la ragazza tentò inutilmente di capire in quale parte della Grande Mela si trovasse.
Non vedeva niente intorno a sé, se non la strada su cui sfrecciavano e qualche cespuglio qua e là.
Sconsolata, appoggiò la testa allo schienale e chiudette gli occhi.
Una marea di domande, che non l’avevano assillata prima, ora si riversavano nella sua testa come un uragano incontrollabile.
Una in particolare, più delle altre, le lampeggiava in testa: perché non era triste?
Perché non provava nessun tipo di ansia o paura per la situazione in cui si trovava?
Al momento non seppe rispondersi, ma se ci ripensasse ora, risponderebbe: “Perché non avevo niente da perdere”.
In effetti, era così.
Cosa aveva da perdere? Niente.
Non aveva un amore familiare da non ricevere più, non aveva amici da non rivedere più, non aveva luoghi che avrebbe rimpianto di frequentare.
Non aveva niente.
Sentì la macchina fermarsi. Finalmente, erano arrivati.
Aprì gli occhi e scese dalla vettura, sempre scortata dai due energumeni.
Di fronte a lei si stagliava un alto edificio, simile ad un palazzo di uffici, circondato da un piccolo giardino.
Vi fece il suo ingresso titubante, e, a differenza del paesaggio desertico che lo circondava, rimase sorpresa dal frenetico via vai di persone che vi trovò all’interno.
Non fece in tempo a guardarsi completamente attorno, che una mano si poggio sulla sua schiena.
«Vieni, tesoro. Ti porto a fare un giro turistico» disse Nick.
Perché continuava a chiamarla così? La infastidiva, e non poco.
La condusse verso un ascensore e salirono di due piani.
«I primi due piani sono uffici e sale da riunione, niente che ti riguardi. Tu starai al terzo, e non ti muoverai di lì. Sono stato chiaro?» sentenziò il ragazzo.
Toby annuì, intimorita da quel tono così severo.
Le porte dell’ascensore si aprirono, rivelando un breve corridoio al termine del quale c’era una porta.
Vi si diressero, mentre il ragazzo tirava fuori dalla tasca un mazzo di chiavi.
Aprì la porta, mostrando un ampio appartamento ad un piano.
La stanza cui si faceva ingresso dalla porta era la più ampia, e comprendeva una piccola cucina con tavolo e il salotto; esattamente di fronte all’ingresso, si trovava un’apertura ad arco, che portava alle camere e ai bagni. Il tutto arredato con gusto e ordine.
Nicholas si avviò verso le camere e ne indicò una alla ragazza.
«Quella è la tua stanza, a tempo indefinito».
La ragazza lo guardò spaesata.
«Non... non capisco. Perché lo fai?» gli chiese.
«Credevi che ti avrei rinchiusa in uno sgabuzzino e nutrita con pane e acqua? Per l’amor del cielo, no! Sono un gentiluomo io» rispose lui.
«Per quanto dovrò rimanere qua, con voi?» domandò ancora.
«Finché non raggiungerò il mio scopo; può essere una settimana, se tuo padre si dà una mossa, come può essere un mese, nel caso se la prenda comoda. Dipende tutto da quanto vuole bene alla sua... bambina».
«Allora mi toccherà rimanere qui fino alla morte...» sussurrò Toby.
Il ragazzo la guardò a lungo, non intuendo cosa volesse dire con quella frase.
«Non credo di aver capito...» proruppe infine.
«Se stai chiedendo a mio padre di scegliere tra me e gli affari... stai pur certo che sceglierà sempre gli affari».
«Oh, andiamo! È tuo padre, ti ha messo al mondo, e sei la sua unica figlia; quale genitore farebbe mai una cosa simile?»
«Tu non lo conosci...» concluse Toby.
Nicholas alzò le spalle, rassegnato, e si diresse verso un’altra stanza.
Davvero non capiva le affermazioni della ragazza. I suoi genitori erano sempre stati presenti e amorevoli con lui.
Ma una cosa era certa: qualcosa, in quel tono così affranto, gli era arrivato dritto al cuore.
 
 
 

Omg, ho davvero scritto il terzo capitolo?
Ma certo che l’ho fatto!
Okay, sto vomitando arcobaleni per l’ultima frase; ma quanto sono romantica?!
Bleah.
Però almeno sappiamo che Nick ha dei sentimenti.
Va bene, la storia è ancora in fase di sviluppo.
Però, OMMIODDIO.
Due capitoli, la scorsa volta: un prologo, un capitolo.
4, BEN 4 RECENSIONI, 2 PREFERITI E 2 SEGUITI.
Il cielo si sta aprendo, lo vedo, lo sento.
Io vi amo.
Vi AMO.
Con la A, la M e la O maiuscole.
Quindi:
un grazie super speciale a
xnickmasterpiece che ha recensito entrambi i capitoli.
Garzie a
CRIloveNJ
e a lety_Tommo243 che hanno recensito il secondo capitolo e hanno inserito la storia tra preferite/seguite.
Grazie a
Evevevva e a JasMe che hanno inserito la storia tra preferite/seguite.
Voi avete fatto la mia giornata <3
A questo punto mi avete illusa, e mi aspetto (per favore :3) altre recensioni anche a questo capitolo (è colpa vostra, eh!).
 
Okay, mi dileguo.
 
Ai lov iuuuuuu.
 
Be A WACKO!

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Capitolo 4
*** Oh, wait. You don’t know anything, right? ***


Oh, wait. You don’t know anything, right?

 

Nicholas udì un leggero bussare alla porta del suo ufficio.
Poteva essere solo una persona; infatti, poco dopo, la testa di Toby fece capolino dall’uscio.
Il suo ufficio era la stanza accanto alla sua camera da letto; aveva preferito sistemarsi in quel luogo tranquillo piuttosto che essere in mezzo a tutti i suoi colleghi.
Proprio questi ultimi, in genere, prima di disturbalo lo avvisavano tramite telefono o cercapersone.
«Bisogno?» chiese, notando che la ragazza non aveva alcuna intenzione di aprire bocca.
«In effetti, sì. Io... avrei bisogno di ulteriori abiti, considerando che devo trattenermi qua a lungo. E, inoltre, sono molto affamata. La vostra piccola interruzione nella mia scuola non mi ha permesso di recarmi in mensa».
Il ragazzo rimase molto stupito dal modo sofisticato con cui la giovane si era espressa.
Ora poteva perfettamente notare l’appartenenza della ragazza all’alta società.
La verità, semplicemente, era che lei era così. Fin da piccola era stata abituata ad esprimersi in modo educato, caratteristica che scompariva quando era sottopressione; in quel caso, un’involontaria schiettezza si impadroniva di lei.
«Come hai detto, prego?» domandò il ragazzo, divertito.
«Mi pare che tu abbia compreso perfettamente ciò che ti ho riferito...».
Ecco che lo faceva ancora, ecco che parlava come una vera signorina.
«Perché parli così?» continuò il ragazzo, senza degnare di una risposta Toby.
«Così, come?» chiese lei, confusa.
«In modo così... principesco».
«Comunemente chiamato educato, scusa se sono stata cresciuta così. Ora, per piacere, potresti farmi questi due piccoli favori?».
Nicholas le sorrise, per il suo tono quasi supplichevole, e premette un tasto su di un telefono fisso appoggiato sulla scrivania.
«Gregory, puoi venire su al mio appartamento? La nostra ospite è affamata» disse.
Una risposta affermativa arrivò dall’altra parte dell’apparecchio.
«Vai pure in cucina, tra poco uno dei nostri chef migliori verrà a prepararti qualcosa. In quanto ai vestiti... penserò a qualcosa» concluse il ragazzo.
La ragazza fece dietrofront, curandosi di chiudere la porta dell’ufficio.
Cosa intendeva dire con “uno dei nostri chef migliori”? Non si aspettava che in un “covo malvagio” ci fossero grandi chef ...
Nonostante ciò, pensò che apparecchiare la tavola sarebbe stato il minimo.
Si diresse in cucina e frugò in vari cassetti, prima di trovare stoviglie e tovaglia.
Dispose tutto ordinatamente sul piccolo tavolo: posate, bicchieri, piatti e tovaglioli.
Solo dopo si accorse di aver apparecchiato per due.
Udì la porta dell’appartamento aprirsi: doveva essere arrivato il grande chef.
Doveva ammetterlo: sembrava tutto meno che un uomo rude.
Era alto, leggermente robusto, pochi capelli in testa ed uno sguardo dolce.
«Salve» le disse cordialmente «Tu devi essere Tobia, avevo sentito del tuo arrivo. Io mi chiamo Gregory, piacere di conoscerti!».
«Ehm... piacere mio» rispose la ragazza.
L’uomo le sorrise.
«Allora, che ne dici se ti cucino un bel piatto di verdure stufate? So che sei abituata al meglio, ma non sono proprio uno chef, scusa l’espressione, squisitamente bravo; non ancora, almeno».
Anche la giovane sorrise.
«Non si preoccupi. Va benissimo!».
Gregory si mise immediatamente ai fornelli, mentre Toby si diresse nuovamente verso l’ufficio di Nicholas.
Bussò cautamente e aspettò una risposta prima di entrare.
Entrò lentamente nella stanza; il ragazzo era seduto alla scrivania, intento a compilare delle carte.
Esitò un po’, cercando le parole giuste per esprimersi.
«Grazie per avermi assicurato il pranzo. Il signor Gregory sta preparando le verdure stufate e... mi chiedevo se ti andrebbe di unirti a noi; ho apparecchiato un posto a tavola in più».
Nicholas rimase nuovamente stupito da quel modo di parlare, ma si riprese in fretta.
«Non saprei... Ho molto lavoro da sbrigare» le disse, indicando tuti i fogli presenti sul banco in legno «Magari, dopo. Ora proprio non posso».
Toby annuì, e scomparì dietro l’uscio.
Tornò in cucina, dove, a giudicare dal profumo, le verdure dovevano essere quasi pronte.
Si sedette a tavola e si versò un po’ d’acqua nel bicchiere.
«Allora» cominciò Gregory, poggiandole il piatto fumante davanti agli occhi «Per quanto hai intenzione di trattenerti qui?» le chiese.
La ragazza ingoiò il boccone che stava masticando.
«Non lo so, finché non si concluderà questa storia e potrò tornarmene a casa» rispose.
«Ah... e cosa farai con tuo padre?».
«Non saprei, dovrei fare qualcosa?».
«Oh, per favore! Non dirmi che dopo tutto quello che ha fatto tu...» si interruppe, notando l’espressione interrogativa della ragazza.
«Oh, aspetta. Tu non sai niente, vero?» le domandò.
«Non so cosa?».
«Gregory!».
Una voce li interruppe.
Nicholas stava appoggiato al muro dietro di loro, e guardava lo chef con aria di rimprovero.
«Mi è venuta fame, perché non lo prepari anche a me un bel piatto di verdure, visto che la nostra ospite si è scomodata ad apparecchiare anche per me?» disse.
Gregory annuì e tornò ad armeggiare con fuoco e padelle.
Toby osservò il giovane sedersi di fronte a lei, poi parlò.
«C’è qualcosa che dovrei sapere, Nicholas?» gli domandò.
«Mi stai chiedendo se c’è qualcosa che devi sapere, o se c’è qualcosa che vorresti sapere?» ribatté il ragazzo.
«Sai che non si risponde ad una domanda con un’altra domanda?»
«Lo hai appena fatto, sapientino».
Toby rimase interdetta.
«Cosa ha fatto mio padre?» riprovò.
«Non saprei dirti tutto quello che ha fatto; tante, troppe cose, per la maggior parte sbagliate».
«Cosa ha fatto mio padre a te?».
Nicholas divenne improvvisamente serio.
«Queste non sono cose che ti riguardano. Se ti interessa tanto saperlo, lo chiederai a tuo padre, una volta che ti avrà riportata a casa».
Detto questo, si alzò da tavola e tornò a rinchiudersi nel suo ufficio, incurante del piatto di verdure quasi pronto che aveva richiesto.
La ragazza rimase sconcertata da quella risposta così brusca.
Aveva detto qualcosa di sbagliato?
Aiutò Gregory a sparecchiare la tavola e andò a stendersi sul suo letto.
Chiuse gli occhi per qualche secondo.
Forse per l’agitazione delle ore precedenti, per il viaggio spossante o per le poche ore di sonno in cui aveva dormito la notte precedente, ma quel poco tempo bastò per farla cadere tra le braccia di Morfeo.
 
Quando riprese coscienza di se stessa, le erano state poggiate accanto due buste, piene dei vestiti e della biancheria di cui aveva bisogno.
«Spero ti bastino, perché non ho affatto voglia di tornare in quello squallido centro commerciale».
Voltò la testa di scatto, trovando Nicholas appoggiato allo stipite della porta.
«Come... come hai fatto a comprare i vestiti delle dimensioni giuste?» chiese Toby.
«Ho controllato la taglia di quelli che hai addosso».
Vedendo l’espressione per niente rassicurata della giovane, il ragazzo scoppiò a ridere.
«Tranquilla, ho controllato solo maglietta e felpa, per il resto sono andato a occhio!» esclamò.
La ragazza tirò un sospiro di sollievo e cominciò a tirare fuori gli abiti.
Nicholas la guardò per qualche secondo, poi tornò al lavoro.
In realtà aveva controllato anche la taglia dei jeans, ma preferì non riferirlo a Toby.
 
 
 
 

Ebbene, sì!
Ho davvero aggiornato, non è un miraggio.
Per prima cosa, mi scuso.
Avevo promesso di aggiornare presto, e, invece, non l’ho fatto.
L’ispirazione se n’era completamente andata e mi sono lasciata un po’ prendere dai festeggiamenti per la grande riuscita dei miei esami.
Poi ho dovuto preparare la valigia per andare al mare questo weekend.
Insomma, sono stata un po’ occupata.
Ma questa sera, benché mi si stessero chiudendo gli occhi, mi sono seduta davanti al mio maledetto computer e ho scritto il capitolo.
Lo so che non è un gran che; in fondo è solo un capitolo di passaggio.
Qua scopriamo solo che il padre di Toby ha fatto qualcosa a Nicholas, vediamo un po’ com’è il carattere della protagonista e... be’, il capitolo si conclude con una frase a mio parere comica.
Forse un po’ perversa, ma comica.
 
Passiamo ai ringraziamenti.
Allora, premettendo che allo scorso capitolo ho ricevuto la bellezza di 2 recensioni, in totale queste ammontano a 8!
NO, MA, DICO IO, OTTO RECENSIONI?! IO MUOIO.
VI AMO.
VI A EMME O.
Tutto maiuscolo.
Quindi:
grazie a
xjoickslips, per aver recensito tutti i capitoli in una sola volta, e a xnickmasterpiece
che ha recensito anche lei tutti i capitoli, sebbene mano a mano che li pubblicavo.
Grazie a
lety_Tommo243 per il commento breve (sì, ti ho ringraziata per avermi scritto quattro volte la stessa parola).
Grazie a
Isabel92 JasMe lety_Tommo243 Missy96 xnickmasterpiece per aver inserito la storia tra le seguite.
Grazie a
CRIloveNJ Evevevva Isabel92 ketNJJJ
per aver inserito la storia tra le preferite.
 
Bene, direi che ho finito.
Ah, una precisazione (probabilmente inutile, ma meglio scriverla): nella frase “Lo hai appena fatto, sapientino” la parola “sapientino” l’ho messa di proposito al maschile, perché l’ho intesa come quel gioco che si dà – si dava – ai bambini per imparare le parole (io ce l’avevo, era il mio migliore amico).
 
Un’altra cosa: alcune mie amiche ed io abbiamo creato un gruppo su whatsapp per tutti i fandom/fanbase, tanto per conoscerci e fare amicizia. Per ora siamo undici. Se qualcuna vuole prendervi parte, non deve fare altro che dirmelo tramite messaggio qui su EFP :).
 
Ora vado davvero perché sto crollando dal sonno.
 
Byeeeeee.
 
Be A WACKO!

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Capitolo 5
*** Songs ***


Songs.

 

Una leggera brezza le colpì il volto.
Inspiro profondamente quell’aria fresca e pulita prima di aprire gli occhi.
Era mattina.
Un’altra mattina che non si svegliava nel suo letto.
Un'altra mattina che la sua sveglia non suonava.
Un'altra mattina che non le era concessa trascorrere normalmente.
Ma lei non la vedeva così, la situazione.
Per lei, era un’altra mattina che poteva passare in purgatorio, anziché scendere all’inferno.
Quant’era passato dal giorno del rapimento?
Due giorni?
Tre, tre giorni.
Tre giorni che non usciva all’aria aperta, come spesso faceva.
Tre giorni che non aveva notizie della sua famiglia, e di quello che stavano facendo per riportarla a casa.
Si tirò su a sedere e stropicciò gli occhi.
Qualcuno aveva aperto la finestra della sua camera.
Ripercorse gli avvenimenti delle giornate precedenti, si volto, appoggiò la faccia al cuscino e soffocò un urlo.
Era frustrata, e non poco.
Si sentiva un animale in gabbia; era abituata ad una situazione del genere, ma prima, almeno, poteva uscire all’aria aperta, poteva svagarsi con i suoi hobby.
Aveva passato i giorni precedenti vegetando dalla camera alla cucina al bagno. Aveva fatto una lunga doccia rilassante ogni mattina, sebbene, una volta lontana dall’acqua, le pressioni tornavano a farsi sentire.
Si tiro su a sedere e si passò una mano fra i capelli.
Cammino, o, più letteralmente, strisciò fino al bagno, dove si diede una sistemata e si vestì.
Ritornando in camera chiuse la finestra e si diresse in cucina.
Sul tavolo, racchiusa tra due piatti, l’omelette fumante che Gregory si preoccupava di farle trovare ogni mattina. Tra tutte le persone in quello strano ufficio del male, Gregory era sicuramente la più gentile.
Mangiò con calma, non aveva fretta, non doveva andare a scuola.
Rise a quel pensiero; non doveva andare a scuola, non doveva vedere i suoi odiosi compagni che per quattro anni aveva sopportato, non doveva subire le peripezie di giocatori di lacrosse e cheerleaders. Ringraziò mentalmente Nicholas, per averle risparmiato un occhio nero.
Proprio quest’ultimo spuntò improvvisamente dal suo ufficio, raggiungendo la ragazza in cucina.
«Buongiorno» esordì lei, mentre lui si limitò a un semplice cenno del capo.
Toby sospirò e poggiò il piatto sporco nel lavandino.
Stava per tornarsene in camera quando la voce del ragazzo la fermò.
«Senti… mi sento in colpa a tenerti rinchiusa qui senza darti niente con cui divertirti» disse. Poi indicò il grande televisore in salotto.
«Puoi usarlo, se vuoi».
La ragazza esitò, poi tornò sui suoi passi e si andò a sedere sul sofà, afferrando il telecomando.
Accese la TV e la sintonizzò sul telegiornale locale.
La prima cosa che le saltò all’occhio fu l’immagine della sua scuola nello sfondo; seguì poi la voce dell’anchorman: “…dato nessun esito le ricerche della ragazza presa in ostaggio e rapita pochi giorni fa…”; infine, a lasciarla decisamente di stucco, fu l’apparizione di una sua foto sulla parte destra dello schermo.
«Ehi, sono in TV!» esclamò, un po’ troppo entusiasta.
In fondo, chi non ha mai voluto apparire in televisione?
Nick si allontanò dal tavolo per andarsi a sedere accanto alla ragazza.
«Cristo, che foto orrenda che hanno preso!» fu il suo commento.
La ragazza fece una smorfia di disappunto, ma non poteva dargli torto. Avevano preso la foto dell’annuario scolastico del secondo anno, la foto peggiore che le fosse mai stata scattata.
Ricordò che, poco prima che l’obbiettivo catturasse la sua immagine, era stata assalita da un terribile prurito al naso, che l’aveva costretta ad un’espressione quantomeno esilarante.
Il ragazzo prese il telecomando e cambiò canale, sintonizzando il ricevitore su MTV.
«Non ti conviene guardare il telegiornale, spara solo un mucchio di cazzate» concluse, prima di tornare a chiudersi nel suo ufficio.
Le ricordò vagamente se stessa all’età di tredici anni, quando l’unica cosa che faceva era starsene chiusa in camera sua, attaccata al computer o ad un buon libro.
Riportò lo sguardo sullo schermo, dov’era appena iniziato il video di Happy di Pharrell Williams. Saltò su come una molla nel sentire le note di una delle sue canzoni preferite.
Sorrise, e si sentì improvvisamente più leggera, più tranquilla; come se la familiarità di quella canzone le avesse infuso coraggio.
Cominciò a dondolare la testa a ritmo e a intonare qualche strofa.
 

Because I’m happy
Clap along if you feel like a room without a roof
Because I’m happy
Clap along if you feel like happiness is the truth
Because I’m happy
Clap along if you know what happiness is to you
Because I’m happy
Clap along if you feel like that’s what you wanna do

 
Prima che se ne potesse rendere conto, cominciò a cantare, sempre più forte.
La canzone finì, ma ne seguirono altre: Roar, Royals, Story Of My Life, Love Me Again.
Tutte hits, canzoni che non amava particolarmente, ma che conosceva bene; e, ad ogni canzone che passava, il volume aumentava.
Stava passando Alive quando Nicholas uscì come una furia dalla sua “grotta”.
Attraversò a grandi falcate il salotto per dirigersi verso la porta d’ingresso.
«Dove vai?» si permise di chiedere la ragazza.
«Ovunque, lontano da qui. Mi hai fatto venire il mal di testa con quel dannato televisore! Quando mai ti ho dato il permesso di usarlo…».
Detto ciò si richiuse la porta alle spalle.
Toby si lasciò scappare un risolino; Nick non sembrava veramente arrabbiato, più che altro, stralunato!
 
Quando il ragazzo fece ritorno al suo appartamento, la ragazza non era più in salotto.
La trovò in camera da letto, seduta contro la spalliera, intenta ad attorcigliarsi una ciocca di capelli intorno alle dita.
Toby avvertì la sua presenza solo quando un piccolo oggetto nero le atterrò accanto: un MP3, con degli auricolari collegati.
Lo prese accuratamente tra le dita affusolate e lanciò uno sguardo confuso a Nick.
«Non voglio più sentire una sola canzone mentre sto lavorando, chiaro?» disse lui in tutta risposta.
La ragazza annuì.
«Oh, puoi usare il mio computer per caricarci sopra le canzoni; ma fallo subito, dopo devo usarlo» aggiunse.
Senza farselo ripetere due volte, Toby si alzò dal letto e corse verso l’ufficio.
Il portatile sulla scrivania era già acceso e iTunes era già stato scaricato.
Aprì Safari e cercò un sito per scaricare musica da YouTube – non avrebbe mai pagato per scaricare della buona musica.
Scaricò ad una ad una le sua canzoni preferite: Happy, Double Vision, Don’t Bring Me Down, Maniac e ancora Waterfalls, Wannabe, Back To Life.
Scaricò tutto quello che poté dei Green Day e di Joan Jett.
Aveva quasi terminato il download delle ultime canzoni quando Nick entrò nella stanza.
«Hai finito? Devo finire di lavorare» disse lui.
«Oh, s-sì, sì. Ho finito, ecco».
Cliccò un paio di volte sul mouse e, finalmente, si alzò.
Se ne stava per andare quando il ragazzo la richiamò.
«Ehi, lo stavi dimenticando» disse, tendendole l’MP3.
La ragazza si sporse in avanti per riprendere il lettore musicale, e le loro mani entrarono in contatto.
Avvertì un leggero formicolio alle dita, ma non seppe dire se anche lui lo sentì.
Scossa o non scossa, Toby non sposto la mano. Nicholas nemmeno.
 
 
 

Oh Cristo…
Ho… ho davvero aggiornato?
O è tutto un miraggio, e ho solo sognato di scrivere un capitolo?
Okay, no.
Non ci sono scuse per il ritardo.
MI dispiace tantissimo, davvero, ma l’arrivo al liceo è stato traumatizzante, in tutti i sensi. Rendiamoci conto che non solo ora studio cinque lingue (italiano, inglese, tedesco, spagnolo, latino), ma mi sono ritrovata in una classe nuova dove non conoscevo N E S S U N O!
È stato un pochino sconvolgente.
Ma non è comunque una buona scusa, me ne rendo conto. Posso solo dirvi che mi dispiace.
Non so nemmeno se qualcuno segue più questa FF!
Eh già, EFP è passato di moda :(
Comunque, so che il capitolo non è niente di che, ma l’ultima parte… ahw!
 
Ringraziamenti:


Kira_Iris
AbbieJ
Directioner_LZLNH
MakeMe_Glow
xnickmasterpiece
eleonora_jb_stellina94

per le recensioni.
 
 
eleonora_jb_stellina94
Isabel92 
Kiara_Jonatic95
MakeMe_Glow
Missy96
xnickmasterpiece
xWarriorStayStrong
per i seguiti.
 
 
Directioner_LZLNH
eleonora_jb_stellina94 
 Evevevva
Isabel92
ketNJJJ
Kiara_Jonatic95
Kira_Iris
stay for him
per i preferiti.
 

Kiara_Jonatic95 
per il ricordato.

E grazie anche a chi segue la storia in anonimo (se ce ne sono...)
 
V lowo tntiximo <3
 
Be A WACKO!

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