Hunger Games

di Sophias Doll
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I promise. ***
Capitolo 2: *** Don't Be Scared. ***



Capitolo 1
*** I promise. ***


Hunger Games



I Promise.
Rimasi immobile, accuratamente nascosta dietro un castagno ingiallito.
Dalla faretra sguainai una freccia leggera e veloce ma proprio quando tesi per la millesima volta la corda bianca dell’arco il coniglio, intento a mangiare una carota, scappò via spaventato dal passo inesperto di una terza persona.
Non dovevo stare lì. Se mi avessero trovata nel bosco mentre cacciavo i Pacificatori mi avrebbero ammazzato. Era illegale andare a caccia nel polveroso e fatiscente Distretto 12 ma se quello era l’unico modo per evitare lo sguardo affamato dei bambini dell’orfanotrofio avrei corso il rischio di qualche frustata.
La persona si avvicinava con passo pesante e quando avvertii la sua presenza dietro un albero distante da me qualche decina di metri mi inoltrai nella foresta correndo a perdifiato, cosciente di svegliare tutti gli animali che entro quella sera sarebbero stati serviti cotti su un piatto.
Mi arrampicai sul castagno più alto che intravedevo e una volta coperta dalle foglie ancora verdi mi sistemai comoda in una biforcazione attendeno con ansia l’arrivo della persona che mi seguiva.
Rallentai il respiro e lo resi più leggero quando una freccia sfiorò di poco il mio collo e si incastrò in un ramo più alto. C’era mancato un soffio. Immobile, squadrai la freccia rossa che mi stava per uccidere e sorrisi all’idea di sapere a chi appartenesse quella freccia unica nel suo genere. Louis.
Vidi una figura scura aggirarsi sotto l’albero, ero coperta dalle foglie dorate ma i miei capi sporchi di polveri e cenere sarebbero saltati all’occhio tra quel gruppo lucente. Saltai con grazia da un ramo all’altro e quando fui sicura che il ragazzo dai capelli castani non mi avesse visto, scagliai una freccia che non scoccò per poco sulla sua spalla scoperta.
Si girò attorno e in quel momento mi lasciai cadere a braccia aperte dal ramo secco che mi aveva ospitato per quegli istanti e caddi sopra a lui che anche se colto alla sprovvista non tardò a prendermi al volo.
“Oh mio Dio! Un Pacificatore si salvi chi può!” Urlai teatralmente divincolandomi dalla sua stretta. Ammirai i suoi occhi cristallini che con la luce del sole, tipica del cielo estivo del Distretto 12, brillavano come delle pietre preziose.
“Sa Signorina Everdeen che non dovrebbe andare a caccia? Le potrei infliggere una grave punizione nella piazza principale del Distretto.” Modificò la voce rendendola più bassa, tanto bassa da farmi ridere.
“Che tipo di punizione, Signor Pacificatore?” Domandai con la voce da bambina.
“Questa.” Allargò le braccia e mi fece cadere a terra. Strillai dal dolore e  massaggiai con calma il mio fondoschiena dolorante. Proprio quando stava per scappare dalla mia ira gli feci uno sgambetto che lo costrinse a terra assieme a me. Mi misi a cavalcioni su di lui e tesi l’arco davanti al suo naso, consapevole che non l’avrei mai centrato visto le mie larghe risate che non mi permettevano di stare immobile.
“Prima mi avevi quasi preso, razza di idiota.” Poggiai l’arco a destra del suo capo e gli tirai amichevolmente un orecchio.
“Sapevo che l’avresti schivata, Katnip.” Katnip. Mi dava i brividi questo soprannome. Mi chiamava così perché la prima volta che ci incontrammo io, molto intimidita dalla sua figura, sussurrai il mio nome. Lui non lo capì e lo scambiò per Katnip.
Rise e ribaltò la situazione così ritrovandomi sotto di lui. Aveva una foglia di castagno fra i capelli ma rimasi in silenzio, beandomi alla vista del suo volto dai tratti delicati incorniciato dai capelli castani e adornato dagli occhi azzurri come il mare.
“Muori Louis!” Gli dissi all’orecchio mentre mi divincolavo dalla sua stretta.
“Non se non mi ammazzi tu prima.” Si alzò da me e si spolverò i pantaloni marroni pieni di toppe dai colori sgargianti. Mi tese una mano e mi sorrise, la afferrai saldamente e mi alzai con il suo aiuto.
“Judith mi ha detto di cercarti. I mocciosetti hanno fame.”
“Andiamo a sfamare i pargoli.” Soffiai rassegnata “Ho preso 7 scoiattoli e due conigli tu?” Gli confidai mentre lo stomaco brontolava terribilmente, cosciente che di quei sette scoiattoli solo una minima parte sarebbe entrata nella mia pancia.
“Un fagiano e cinque scoiattoli.” Rispose a petto gonfio mentre gli davo un colpetto al braccio e gli lanciavo un’occhiata soddisfatta. Noi due avevamo il compito di portare cibo, cacciato illegalmente, all’orfanotrofio di cui eravamo ospiti da dieci lunghissimi anni in cambio di qualche rubia rovinata.
“Ci darà almeno tre rubie. Non sei felice?” Annuii energicamente e mi alzai in punta di piedi per poi stampargli un bacio sulla guancia.

 
***

“Buon appetito a tutti.” Esclamò Judith, seduta comodamente sulla sua sedia, iniziando a mangiare la sua porzione di scoiattolo selvatico con le olive verdi. Era il suo piatto preferito ma comunque preferiva lasciarlo ai ragazzini più piccoli che dovevano crescere sani e forti. Aveva sempre amato i bambini e il tipico focolare domestico così sedici anni fa aprì un orfanotrofio nel Distretto 12 e cominciò ad accogliere nell’edificio pericolante tutti i bambini che non avevano genitori. Io e Louis eravamo uno di questi.
“Altrettanto.” Esclamarono all’unisono tutti i bambini unendo le voci in un coro angelico. Li guardai soddisfatta, si poteva dire che li avevamo allevati noi tre. Io, Louis e Judith. Soprattutto nell’ultimo periodo la povera Judith non godeva di ottima salute così eravamo io e Louis che mandavano avanti l’orfanotrofio visto che eravamo i ragazzi più grandi.
 Proprio accanto a Judith c’era il piccolo Mike seguito da Cassandra e Harold. Mancava qualcosa o meglio qualcuno. Ma certo! Mi sbattei una mano in fronte.
“Dov’è Chris?” Judith lasciò cadere la forchetta sul piatto creando un suono molto sgradevole che rimbalzò come una pallina di ping-pong per tutta la stanza. Portò lo sguardo sui bambini allineati a tavolo che, momentaneamente, avevano smesso di mangiare quell’ottimo stufato di fagiano. Con occhi colmi di terrore si alzò dalla tavola, lanciando il tovagliolo in un antro polveroso della stanza, che precedentemente si trovava sulle sue gambe magre.
“Lo vado a cercare.”
“Non ti preoccupare lo cerco io. Tu continua a mangiare, sei molto stanca.” Mi alzai dal tavolo “Ti seguo, Katniss.” Si offrì volontario Louis ad aiutarmi e a passo veloce lasciammo la stanza in cerca di Chris.
“CHRIS? CHRIS DOVE SEI?” urlammo in coro mentre guardavamo nei posti che a lui piacevano particolarmente. Come le siepi del giardino, dove una volta si era nascosto per un’intera giornata beccandosi dopo la paternale di Judith, la cesta dei giocattoli in legno marcio e la credenza della cucina.
“Io lo cerco in soffitta.” Avvertii Louis e con mano esperta abbassai la scaletta di acciaio che portava alla soffitta. “Io nello scantinato.” Appena entrai mi si chiusero le narici per tutta la polvere che vi era là dentro ma dovevo far finta di non notarla, consapevole che avessi contribuito anch’io a crearla, accatastando tutti i giocattoli rotti dei bambini invece che buttarli.
Ma ecco che sentii il rumore di un’esplosione e vidi  il muro illuminato da una luce bianca. Mi feci  spazio fra gli scatoloni e intravidi Chris mentre guardava la televisione come incantato.
“Eccoti piccola peste. Vedevi la televisione eh? Judith stava impazzendo!” Ma lui non mi rispose e indicò la televisione, alzai le sopracciglia scettica e mi sedetti con le gambe incrociate accanto a lui.
“Katnip l’hai trovato?” urlò Louis dal piano inferiore. “Si. Sto in soffitta. Sali!”
In televisione passava il telegiornale serale del Distretto 12, ovviamente diretto da  giornalisti rigorosamente provenienti da Capitol City. Odiavo Capitol City. Certo, non ci ero mai andata solamente perché era contro la legge viaggiare da un Distretto all’altro e farlo significava essere uccisi. Poi quando tanto tempo fa ci siamo ribellati contro questa ha deciso di cancellare per sempre il Distretto 13 dalle cartine geografiche, lui insieme a tutti i suoi abitanti.
Intravidi la testa di Louis sbucare dal pavimento e si sedette accanto a me lanciandomi un’occhiata perplessa.
“E anche la settantanovesima edizione annuale degli Hunger Games si è conclusa con la piccola vincitrice più sponsorizzata del Distretto 1. La piccola Lamp, infatti, dopo aver ucciso Liuk si è aggiudicata il primo posto.” La giornalista si fermò un attimo e si premette l’indice sull’orecchio, ascoltando gli ordini da un suo informatore. “Lo studio ci dice che possiamo vedere la vincitrice di questo edizione.”
La schermata si oscurò di colpo.
“Togli questa merda, Katniss.” Il tono fermo e roco di Louis mi fece sobbalzare. Odiava Capitol City, lui aveva contagiato anche me. Odiava quegli stupidi giochi e detestava qualunque persona o oggetto che rappresentasse solo lontanamente lo stato di Panem governato da un’atroce dittatura.
“Non si dice.” Stupito, Mike si mise una mano davanti alla bocca. Fra qualche anno lo avrebbe detto anche lui capendo cosa facevano gli abitanti di Capitol City per svagarsi.
“Questo è il camion che trasporta la piccola vincitrice, fra poco apriremo le porte e le chiederemo un’intervista.” Le ante del furgone si aprirono bruscamente e un urlo di dolore squarciò il brusio dei giornalisti. In fondo al furgone, in penombra, vi era un’esile figura a testa bassa che si dimenava come un animale in trappola mentre due uomini le tenevano le braccia ustionate.
“Lamp come è stato nell’arena?” La ragazzina alzò la testa e non ci volle nemmeno una frazione di secondo prima che io chiudessi gli occhi a Chris. Il volto sfigurato, l’occhio destro non c’era più mentre il viso era solcato da profondissime cicatrici e ustioni. Urla, urla forte.
E primi che io abbassassi il volume, Louis con un gesto lascivo spense la televisone.
“Basta ora! Andate a mangiare.” E nonostante la televisione fosse l’unica fonte di luce riuscii comunque a vedere il viso amareggiato e irato di Louis.
Scendemmo dalla soffitta e lui invece di tornare a mangiare se ne andò nella nostra stanza per dormire. O meglio per suonare.

 
***

Aprii la porta cigolante e  mi si schiuse un sorriso sul volto quando era intento a lucidare la sua chitarra malconcia. Al Forno la vendevano per 432 rubie e inutile dire che risparmiò per anni soldi guadagnati non cacciando ma svolgendo lavori qua e là nel Distretto 12 per comprarla.
“Sei sempre più bravo. Quando ti potrò chiedere un autografo?” Gli chiesi ridendo. Stranamente né mi rispose né sorrise ma appoggiò la chitarra a terra. Si avvicinò a me con passo lento e posò le sue mani sulle mie guance lattee “Mi devi promettere che non parteciperai mai e poi mai agli Hunger Games.” Sospirai e tolsi i suoi palmi dal mio viso per poi cingergli le spalle con entrambe le braccia.
“Sai che non lo possiamo decidere noi. Se ci toccherà partecipare agli Hunger Games però promettimi che rimarremo sempre insieme e non cercherai mai di uccidermi.”
“Te lo prometto, Katnip.”

 
Buongiorno.Buongiorno Un Cazzo. Risponderei se mi conosceste.
Ma visto che è sera entrerò in scena con un Buonasera.
Ho deciso di scrivere una storia completamente ispirata a Hunger Games per piacere personale.
Ovviamente ispirandomi anche al meraviglioso manga 'Battle Royale' da cui anche la Collins s'è ispirita.
Se lascerete recensioni senza dubbio vi risponderò.
Baci e al prossimo capitolo,
Sophias Doll.

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Capitolo 2
*** Don't Be Scared. ***


Hunger Games



Don't Be Scared.
 “Mi raccomando, siate educati con il sindaco Madge. E restate sempre con la Professoressa McGranit non vorrei vi perdesse nel municipio.” Ci raccomandò Judith, intenta a sistemare il colletto rovinato della blusa di Louis.
“State sempre vicini, va bene Katniss?” Mi chiese mentre con entrambe le mani sistemava accuratamente la lunga treccia di capelli sulla mia esile spalla.
“Va bene Judith ma mollaci! In fondo è solo la nostra prima gita, non succederà niente di troppo emozionante o pericoloso.” Le sibilò scocciato Louis. Ci sistemammo la cartella nera, sporcata dalla cenere, e dopo aver salutato uno a uno tutti i bambini chiudemmo la porta dietro di noi.
Sospirammo e raggiungemmo quasi correndo la Piazza Principale del Distretto 12, fortunatamente avevamo preso la corriera trasandata e terribilmente puzzolente prima che partisse senza di noi.
E con il sorriso stampato sul volto cominciammo a cantare assieme agli altri studenti una canzone che cantavano gli antichi minatori mentre estraevano il carbone dalle miniere, emozionati dalla meta che avremo raggiunto di lì a poco.
Se ci fossimo arrivati. Giravano voci dagli studenti più grandi, che la corriere del Distretto 12 aveva una pessima fama nel trasporto, di fatti si diceva che si bloccasse almeno ogni due o tre viaggi. E ben più di una volta gli alunni sono dovuti scendere dalla corriera per spingere il veicolo almeno fuori dalla strada non asfaltata.
Mentre intonavo l’allegro ritornello dalla canzone Louis, nel posto accanto al mio, mi stirò il braccio e fece portare il mio sguardo dentro la sua cartella colma di buste di cui ignoravo il contenuto.
“Guarda cosa ho preso ieri al Forno.” Estrasse un sacchetto di carta, unta e sporca, dalla cartella e con calma fece scivolare sul palmo della mano il contenuto.
“Hai la cioccolata alla fragola?!” Gli sussurrai stupita prima che appoggiasse la mano senza caramelle sulle mie labbra, zittendomi.
“Sai meglio di me che non le possiamo mangiare.” Gli ricordai mentendo a me stessa perché nel mio profondo volevo anch’io assaggiarne una. La cioccolata alla fragola veniva da Capitol City ma per quanto odiassimo la temuta capitale non facevamo a meno di acquistare illegalmente i suoi cibi che erano infinitamente più gustosi delle bacche selvatiche che mangiavamo di solito.
Ne scartò una e guardandomi negli occhi me la passò. Sprizzante di gioia gli diedi un bacio sulla guancia e ne mangiai una metà. Il gusto di fragola si diffuse velocemente nella mia bocca ma quando lui stava per portare alla bocca la sua cioccolata la corriera, inaspettatamente, morse il freno.
La cioccolata alla fragola sfuggì dalla presa ferrea di Louis, alzò gli occhi al cielo sia perché la sua cioccolata alla fragola, costata minimo tre rubie –l’equivalente di tre settimana di caccia-, era caduta sotto il sedile di Remus Lupin sia perché la corriera s’era fermata. E tutto d’un tratto il pensiero di scendere dal mezzo e spingere balenò nella mia testa e fu quasi inevitabile sbuffare dalla noia.
Porsi a Louis la mia metà di cioccolata alla fragola “ Mangia tu la mia.”
“Questa l’ho comprata per te. Io mi arrangerò.”
“Stai scherzando? Le rubie erano le tue non le mie.”
Il rumore delle porte aperte fece concludere bruscamente il nostro discorso e un minuto dopo nessuno aveva più la forza di parlare.
Sbadigliai e ebbi la forza di nascondere l’involucro della Cioccolata nel sedile per poi vedere un Louis assonnato che percorreva la via centrale della corriera.
Un soldato di Capitol City gli si parò davanti e gli diede una botta in testa. Mi alzai con un’immensa fatica dal mio posto e mi guardai attorno. Tutti avevano smesso di chiacchierare e le loro teste ciondolavano fuori dal sedile, erano tutti addormentati.

 
***



***

 
“Katniss svegliati!” Mi urlò terrorizzato Louis nell’orecchio.
Lui non aveva mai paura, era sempre lui a incoraggiarmi difronte a tutti gli ostacoli più terrificanti e non osai immaginare cosa gli facesse così tanta paura, ma non potei scappare dalla realtà e aprii gli occhi.
Mi ritrovai in una stanza scarsamente illuminata colma di ragazzi  che erano spaesati più di me. Non conoscevo nessuno fra loro e il desiderio di trovare qualche volto familiare si faceva mano a mano più irraggiungibile mentre scorrevo velocemente le facce dei presenti.
“Dove siamo Louis?” Gli domandai non capendo quello che mi sarebbe successo di lì a poco.
“Non lo so Katniss. Non lo so.” Mi abbracciò dolcemente e mi lasciò un bacio fra i capelli puliti e privi di odore di fumo o cenere. Si alzò titubante dalla sedia con me al seguito, infondo alla stanza scorsi una porta di legno massiccio aperta e non esitai neanche un minuto prima di correre verso di essa.
Uscita, trovai due soldati armati fino ai denti che mi afferrarono bruscamente per le braccia e mi buttarono come un sacco pieno di patate dentro la stanza.
Avevo battuto la testa contro un mobile di acciaio che stranamente sembrava una cattedra, mi alzai da terra e cercai con lo sguardo Louis che invece stava provando a forzare la finestra assieme a due ragazzi mai visti prima.
Vestivano meglio di noi due. Indossavano delle camicie verde acqua che risaltavano sopra i pantaloni privi di toppe. Sicuramente nessun abitante del Distretto 12 poteva permettersi vestiti del genere. Erano…più ricchi di noi.
Guardai ogni ragazzo presente nella stanza e solo allora mi accorsi con terrore dove ci avevano portati. Mi appoggiai al mobile di ferro dietro di me e allargai il colletto della mia blusa, sbottonando qualche bottone. La tensione stava divorando la mia sanità mentale mentre il pensiero di trovarsi in trappola stava dilagando nel mio cervello.
 Ma quando le mie dita cercarono il primo bottone di legno entrarono a contatto con un pezzo di ferro, di cui non mi ero minimamente accorta fino a quel momento. Lo cercai di togliere ma invano. Era come un collare che si metteva al bestiame. Un collare che mi stringeva il collo tanto da risultare asfissiante.
“Tira di là.” Sul collo di Louis si intravedevano le sue vene rosse e pulsanti  -in parte coperte dal mio stesso collare- mentre si sforzava di sollevare un vetro di una finestra assieme ad altri due ragazzi.
Un uomo con gli occhi aguzzi e il naso largo superò l’uscio della porta, era diverso dai due uomini di prima. Non era armato e indossava una giacca elegante che poteva appartenere solo ad un abitante di Capitol City benestante. L’ozio in cui vivevano quegli uomini non era minimamente paragonabile alla vita del più ricco abitante del Distretto 12.
“Buoni ragazzi! Fate un attimo di silenzio, per favore!” Si fermarono tutti nella stanza e scrutarono con i loro occhietti indagatori l’omino appena entrato che sfoggiava un sorriso da un orecchio all’altro.
Sembrava quasi divertito davanti al nostro terrore e la nostra angoscia. Angoscia dell’ignoto e paura di non vedere mai più la propria a casa e i propri familiari.
Andò con passo lento dietro la cattedra e cominciò a scrivere sulla lavagna con un gessetto arancione, la calligrafia era pulitissima e più che comprensibile. Per nostra sfortuna.
“Allora visto che a quanto pare vi siete svegliati tutti adesso vi spiego tutto!” esclamò con gioia mentre si sistemava la cravatta a righe mostrando un sorriso sornione.
“Io sono il vostro nuovo responsabile, il mio nome è Seneca Crane.” Dal fondo della sala qualcuno sussultò impaurito mentre Louis strinse la mia mano in una presa talmente forte da non far passare più il sangue. Mi lanciò uno sguardo triste mentre una lacrima amara del sapore della sconfitta attraversava la sua gote destra. Aveva già capito tutto.
“Ehi! Il Gioco a cui parteciperete è estremamente interessante e tutti voi avrete la possibilità di ricoprire un ruolo attivo.” Passò fra i nostri corpi eretti e ciondolanti mentre a ogni ragazza accarezzava i capelli possessivamente. Quando stava per toccare me Louis gli lanciò uno sguardo inceneritore che fece arrestare il movimento della sua mano. Seneca Crane sorrise meschinamente a Louis prima di strizzarmi la guancia che si arrossò dopo poco.
“Tra di voi ci saranno quelli non ce la faranno e quelli che ce la faranno…quelli che cercheranno di unirsi a un gruppo…e coloro che giocheranno individualmente…quelli che non si fideranno di nessuno” Lanciò uno sguardo canzonatorio a Louis “…ma che, ciononostante proveranno a farlo e poi ci saranno anche alcuni che impazziranno!”
Un mormorio di voci giovanili si fece più alto della voce di Seneca Crane.
“Che cosa?” Mormorò uno “Non è possibile!” Disse un altro “Eh?”
“Fantastico no?” Continuò sorridente  “Ma per farla breve finche fra le 24 persone qui presenti non sarà uscito un vincitore voglio che voi.” Prese una pausa e un lungo respiro “Voglio che voi vi ammazziate a vicenda!”
La stanza cadde in un silenzio spettrale. Una lacrima solcò il mio viso.
Come avrei fatto ad uccidere Louis? Come? Lui per me era come un fratello. Lui c’era sempre stato nei momenti peggiori. Con lui avevo condiviso tutto quello che possedevo e quello che provavo, come avrei fatto ad ammazzare la persona che più mi era cara al mondo? Chiusi gli occhi e morsi il labbro inferiore mentre scoppiavo silenziosamente a piangere.
“Non la faranno franca. Noi due non ci uccideremo.” Mi sussurrò all’orecchio Louis con voce tremante dalla rabbia. Neanche lui ne era sicuro. “Noi vivremo…insieme.”
Un urlo straziante e colmo di disperazione ci fece sobbalzare. Un urlo tanto agghiacciante che potevo paragonare solo a quello di un uomo prima di morire.
Ci girammo tutti incrociando con gli occhi l’esile corpo di una ragazzina di 14 anni che stringeva i pugni saldamente e piangeva a dirotto. In frazioni di secondi si lanciò come una furia su Seneca Crane.
“IO NON VOGLIO GIOCARE. VOGLIO TORNARE DAI MIEI GENITORI NELLA MIA CASA!”
Un soldato si avvicinò alla figura avvinghiata della ragazzina ma prima che portasse fuori dal fodero la pistola Seneca Crane aveva già sparato un colpo al viso della ragazza che cadde a terra, inerme, accanto a lui. Si alzò da terra e si spolverò i pantaloni pieni di polvere e si pulì le mani.
La sua capacità di aver ucciso una ragazzina senza batter ciglio fece perdere il respiro a tutti i presenti e fece scatenare l’ira di Louis che si fiondò sull’omino.


 

Buongiorno. Ecco a voi il secondo capiolo da Hunger Games.
Come avrete capito Capitol City ha catturato i nostri due arzilli e pimpanti protagonisti.
Avrete già capito qualcosa sull'odio che provano Katniss e Louis verso Capitol City.
Ho deciso di ommettere tutto il 'Pre-Hunger Games' prendendo spunto da Battle Royale.
Toglierò la parte del vestito, del talk show con Caeser e manterrò solo il pezzo della cornucopia perchè a mio parere è
FA-VO-LO-SO.

Se lascerete recensioni risponderò sicuramente.
Baci e al prossimo capitolo,
Sophias Doll.
 
(Vi lascio con Silente e vado a vedere Pottahh su Italia 1.)

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