La seconda Possibilità di AxXx (/viewuser.php?uid=218778)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I tributi (Parte 1) ***
Capitolo 2: *** Tributi (Parte 2) ***
Capitolo 3: *** Il Primo Sangue ***
Capitolo 1 *** I tributi (Parte 1) ***
TRIBUTI (Parte 1)
Nihal
osservò il tribunale degli elfi pronta a giudicarli.
Il suo povero figlio aveva pochi anni e guardava spaventato quelle
creature che
potevano imporgli il loro volere. Era stato torturato e maltrattato, ma
lei non
avrebbe permesso che gli facessero altro male.
Osservò
il suo marito adorato e sorrise sicura.
Sapeva
cosa fare.
Afferrò
l’amuleto e si lasciò uccidere. La sua morte
avrebbe placato l’ira degli Elfi, avrebbe salvato la sua
famiglia.
L’unico
suo rimpianto era di non poter rimanere al loro
fianco.
Ethan
vide Percy che lo guardava: vide la paura nei suoi
occhi, ma oltre vide la speranza, una lealtà che il figlio
di Nemesi non
conobbe mai.
Avanzò
lentamente.
Conosceva
il punto debole del figlio di Poseidone, ma per
una volta, decise di non farsi comandare. Sarebbe stato lui a decidere.
Non
Crono, non Zeus. Solo lui: Ethan Nakamura.
Avanzò
a attacco Crono.
La
lama, però si infranse in una pioggia di schegge
metalliche, una delle quali lo colpì e vide il suo stesso
sangue colare dal
petto. Osservò Percy Jackson e lo pregò prima di
cadere nel vuoto. Era certo di
morire, ma non fu il buio ad accoglierlo.
Piton
si considerava al sicuro, ma doveva immaginare che
sarebbe morto presto. Voldemort era crudele e malvagio. Lui voleva solo
il
potere e non gli interessava chi fosse morto. Il mondo
iniziò a sciogliersi.
Vide
due occhi, due occhi che amava, che ricordava e che
desiderava.
Harry
era lì, ancora ignaro del suo destino di morte. Il
professore morente decise che era il momento: di concentrò.
Ultimo sforzo,
prima di morire, nel richiamare i ricordi più importanti,
quelli più sepolti,
nascosti, eppure più importanti.
“Guar…
da… mi…” Furono le sue ultime parole.
Non voleva
morire senza memoria, odiato e distrutto. Voleva che, almeno la sua
memoria fosse
pulita, almeno sarebbe stato considerato meglio nella morte, che nella
vita.
Poi
venne il buio… e la luce.
Lucy
stava ancora osservando la mela dell’Eden: un
semplice globo di metallo che emanava luce dorata, eppure ne era
così attratta.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per carpirne i segreti. Quella poteva
essere la
chiave per porre fine ad una guerra millenaria.
Ma
poi tutto si fece nero.
Desmond
si era avvicinato a lei e l’aveva pugnalata a
morte. Il freddo pavimento le si avvicinò e lei
morì senza un lamento, ucciso
da colui che amava.
Brom
si considerava un veterano, un soldato esperto.
Eppure era disteso, in quella grotta, morente. Il veleno lacerava le
sue carni
dall’interno. Non poteva confessare tutto, ma poteva avviare
suo figlio.
Mostrò
il simbolo dei cavalieri.
Confessò
molto della sua vita e vide le lacrime del
figlio. Il dolore terribile, ancor più terribile del veleno.
Avrebbe potuto
risparmiargli quel dolore, ma era la vita. Presto Eragon sarebbe morto
davanti
ai suoi figli. Era il ciclo della vita.
Alla
fine il veleno lo consumò e pianse l’ultima
lacrima.
Disse
addio a suo figlio e alla sua gente, sapendo che
erano in buone mani: quelle di Eragon.
E
la luce lo avvolse.
Carla
era la creatura più potente del mondo. Un essere
dal corpo così grande da poter avvolgere un’intera
nave, ma poi Ada Wong la
colpì dove il suo intelletto era centrale. Urlò
di dolore e rabbia, mentre le
frecce esplosive le laceravano la carne.
Nulla,
però, poteva distruggerla. Eppure sentì il gelo
che la avvolgeva.
La
morte arrivò veloce come il fulmine e la luce la
avvolse, ma non prima di urlare vendetta contro Ada, Chris e tutto il
mondo.
Kazuya
era un combattente nato, abituato al peggio. Suo
padre l’aveva addestrato brutalmente affinché
potesse distruggere ogni suo
nemico.
Schiva…
para… attacca… schiva…
rispondi… attaccao…
Ma
alla fine era caduto sconfitto. Lo scontro era
terminato e lui era in ginocchio sull’orlo
dell’abisso.
“Mi
vendicherò, padre! Morirai!” Urlò,
prima di sentire
il piede dell’uomo spingerlo di sotto.
Verso
il vuoto…
Verso
la morte…
Verso
la luce…
Rose
si lanciò contro il Dio. L’armatura di dragone era
devastata, colpita più volte dai poteri del mostro.
Impugnò con tutte le sue
forze l’ammazzadraghi, mentre le sue braccia stringevano
Zieg, unico suo amore.
Diecimila anni passati a combattere senza speranze… ora
sarebbe morta con essa,
sapendo che i suoi vecchi amici l’avrebbero accolta, mentre
Dart e i suoi
sarebbero vissuti per lei.
“Sono
felice… di averti incontrato.” Disse, rivolta al
figlio di Zieg, poco prima di lanciarsi contro Melbu Frahama colpendo
con tutte
le sue forze.
L’urlo
del mostro fu tale che l’esplosione che seguì fu
quasi coperta.
Mordin
osservò dall’alto del velo Tuchanka, patria dei
Krogan. Ricordò i giorni in cui lavorava per
l’S.O.S. Al tempo era stato uno
scienziato, una spia, ed un soldato. Aveva combattuto, aveva pianto,
aveva riso
e aveva creato una malattia.
Era
pentito.
Aveva
fatto di tutto per giustificarsi, ma il Comandante
aveva ragione: non puoi nascondere centinaia di migliaia di morti
dietro a dei
semplici dati.
Aveva
sbagliato.
Ora
vedeva la verità dietro la sua opera di distruzione:
lo sterminio di un’intera razza. Era felice di poter morire
salvando quel
pianeta.
Riparando
ai suoi errori.
Flemeth
era la strega più potente della palude, eppure
non pensava che qualcuno l’avrebbe scoperta. Era forte, ma il
suo nemico
combatteva bene, tenendosi a distanza, stando attento a non farsi
colpire. Si
era trasformata in un drago per distruggerli, ma poi la lama del
Custode si
piantò nel suo petto.
“è
una danza che mia figlia conosce bene… ti propongo un
patto, custode.” Sussurrò tenendosi la ferita.
Avrebbe potuto curarla, ma ci
sarebbe voluto tempo.
Il
guerriero bloccò il suo compagno, pronto ad ucciderla,
e fece cenno alla strega di farsi avanti.
“Porta
il mio grimorio a mia figlia… dille… che mi hai
uccisa.” Propose, cercando di non mostrare la paura della
morte, in migliaia di
anni, mai sperimentata.
Ma
la lama fredda del custode la portò alla morte.
E
alla luce.
Khal
Drogo considerava se stesso il più potente dei
guerrieri, eppure non poteva nulla contro il più potente dei
nemici umani. Un
nemico che nessuna arma poteva sconfiggere: la debolezza di una
malattia. Lui
era il più potente dei Khan, mai era stato sconfitto. La sua
lunga treccia era
floscia e intoccata, trofeo
di decine di
duelli vinti.
Sua
moglie gli avrebbe dato un bellissimo figlio, di
quello era sicuro. Sarebbe stato un Khan, un Re nel popolo
dell’Ovest. Sarebbe
stato al suo fianco, ma non personalmente.
Il
suo spirito sarebbe rimasto.
E
mentre la litania della strega si faceva più fioca,
sentì la malattia arrivare al cuore, che cessò
presto di battere, nel forte
petto del guerriero.
Rue
sentiva ancora il dolore della lancia, quando sentì
il canto di Katniss che addolciva la sua fine. Era un canto dolce e
caldo, di
una persona veramente addolorata. Lei sarebbe morta, ma
sperò che la sua amica
sopravvivesse rimanendo ciò che era.
Non
meritava di cambiare, perché era una ragazza forte,
ma anche dolce. Sarebbe stata una brava madre. Pregò che
avesse una famiglia e
che vivesse felice.
Sentì
le lacrime dell’amica scenderle sul viso, mentre il
dolore spariva. Chiuse gli occhi, come se dovesse dormire, ma poco
prima di
cadere nell’oblio, sentì l’odore dei
fiori che Katniss le disponeva intorno,
come una bellissima tomba.
Un
ultimo omaggio alla purezza di Rue, una bambina, morta
per colpa di Panem.
Jake
si sentì colpito dal cecchino che aveva alle spalle.
Aveva
fallito.
Il
suo viaggio lungo il deserto fino alla terra del nord
si era concluso con un unico modo. Nonostante tutte le fatiche,
nonostante
tutti i sacrifici che aveva fatto per vincere, era caduto, sconfitto.
“Così
muoiono gli sciocchi come te… saresti dovuto
rimanere a casa.” Sbuffò l’uomo che
l’aveva ucciso, una volta che si avvicinò a
lui. “Non prendertela… nulla di personale,
ragazzo, mi hanno pagato per farti
fuori.” Aggiunse estraendo la pistola.
Jake
sentì la rabbia montare. Aveva fallito: non era
riuscito nel suo intento e sarebbe morto lì, sul tetto di un
palazzo nella
scura notte di Los Angeles.
“Che
tu sia maledetto…” Sussurrò, poco prima
di sentire
la pallottola colpirlo alla fronte.
Miraz
era furioso. Era stato sconfitto in duello da un
ragazzino. Lui, che era Re di Telmar e di tutte le terre circostanti,
non
poteva morire così. Si alzò, pronto a colpire
alle spalle, ma poi un dolore
lancinante lo travolse, a partire da un punto imprecisato della sua
schiena.
Troppo
tardi, capì che il colpo era stato scagliato da
uno dei suoi… tradito dai suoi stessi uomini.
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[Angolo
dell’autore]
Salve
gente! :D
Lo
so, mi odierete, ma questa storia è folle: ho
preso dei personaggi morti in varie storie che mi piacciono (Alcuni
sono libri,
altri sono videogiochi). Cronache
del Mondo Emerso, Percy Jackson, Hunger Games, Harry Potter, Trono di
Spade,
Eragon, Tekken, Legend Of Dragoon, Mass Effect, Assassin’s
Creed, Dragon Age,
Resident Evil. Inoltre
ho aggiunto due personaggi (Un
maschio e una femmina) fittizi di un mondo non specificato. In pratica,
i
tributi saranno 26 più 2, in pratica 28. Per chi tifate?
Chi
vincerà lo scontro della vita?
Chi
riuscirà ad ottenere il proprio obbiettivo?
AxXx
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Capitolo 2 *** Tributi (Parte 2) ***
Tributi (Parte 2
)
Amhal
sentiva il sapore del sangue in bocca e la vita che
scivolava via dal suo corpo martoriato. Il medaglione che lo teneva
prigioniero.
Senza sentimenti gli aveva lasciato solo una profonda ferita mortale.
Gli
dispiaceva di tutto quello che aveva fatto: aveva provocato
così tanta morte
che ne era stanco.
Strinse
a sé Adhara, l’unica che non aveva mai dubitato
della sua buona fede e afferrò il suo pugnale.
L’energia
fuoriuscì dal suo corpo in una volta sola e la
vita lo abbandonò.
Bianca
voleva bene a suo fratello, avrebbe dato qualsiasi
cosa per salvarlo. Era passato così poco tempo da quando
aveva avuto la
possibilità di salvarsi dalla manticora che, per poco, non
ebbe paura.
Ma
la profezia era stata chiara: per salvare tutti, uno
si doveva sacrificare.
Porse
la miniatura di Ade a Percy, affinché potesse
portarla a Nico. Un ultimo dono dalla sua adorata sorella. Si
gettò contro
l’automa impazzito, con le urla dell’amico che la
raggiungevano. Ma lei non lo
ascoltò, saltò su di esso e poi sentì
il calore dell’esplosione avvolgerla.
Cato
era stato addestrato per combattere ed uccidere, ma
una parte di lui sapeva che Panem non lo voleva vivo. Lui non aveva
conquistato
il pubblico come Peeta e Katinss. Sarebbe stato il cattivo, il nemico,
l’ostacolo che due innamorati dovevano superare. Anche se
avesse vinto, non
avrebbe mai avuto lo stesso peso dei due. Loro l’avevano
comunque battuto.
Non
poteva fare altro che svolgere il suo ruolo fino in
fondo: se Panem voleva il sangue, l’avrebbe fatta sudare.
Combatté
fino alla fine, ma poi la freccia lo colpì al
fianco. La stretta sul collo di Peeta si fece più debole, ed
infine cadde,
morente, mentre gli ibridi dilaniavano le sue carni.
Bellatrix
osservò con rabbia la sua avversaria, che si
era sostituita alle due ragazzine che poco prima stavano per cadere.
Non poteva
credere che quella sciocca traditrice sperasse di sconfiggerla, eppure
eccola,
pronta a combattere.
Lanciò
maledizioni terribili, eppure, sentì le forze
venirle meno.
Lei,
però, non avrebbe mai dato la soddisfazione ai
dannati traditori di arrendersi. La sua fedeltà
all’Oscuro Signore non sarebbe
mai venuta meno.
Tese
il braccio, per lanciare un altro incantesimo, ma si
rese conto dell’errore: Molly si abbassò e la sua
maledizione la uccise,
passando sotto il braccio ancora teso.
Catelyn
osservò il corpo morente del figlio Robb che
cadeva a terra con le frecce piantate nel petto. Lei strinse a se il
pugnale
con il quali sperava di poterlo salvare, ma nessuno, in un mondo dove
la gente
desidera solo uccidere, ha rispetto per amore di una madre.
Il
dolore per il figlio era così straziante da oscurare
quello per il coltello che le tagliò la gola.
Duncun
era un Custode Grigio, non temeva la morte.
Combatté finché le forze non gli vennero meno.
Nella mente le grida confuse dei
Prole Oscura, furiose e impazzite, desiderose di uccidere. Nelle
orecchie
quelle dei soldati, disperati e in fuga. Eppure il Re non
indietreggiava.
Continuava a combattere al fianco del Custode, fino alla fine.
Poi
il ruggito: l’imponente Ogre torreggiò sul
sovrano,
afferrandolo con la sua enorme mano, stritolandolo nella sua stessa
armatura.
Duncan
Urlò furibondo, colpendo il mostro al petto più
volte. Lo abbatté, nonostante le gravi ferite, ma
capì che la battaglia era
persa.
Vide
il segnale acceso, ma i rinforzi non arrivavano. I
soldati erano in ritirata e la guardia reale sconfitta.
Abbassò lo sguardo sul
corpo del Re e poi vide l’ascia dei Prole Oscura dirigersi
contro di lui.
Non
fu doloroso: la fine arrivò fulminea, come la lama
contro il suo collo.
Ashley
osservò le forze nemiche avvicinarsi alla carica
che aveva piazzato. Non c’era stato il tempo di caricare a
bordo anche lei. La bomba
stava per esplodere, distruggendo tutto in quella base, ma il
Comandante non
sarebbe arrivato a salvarla.
Altre
macchine attaccarono veloci, cercando di
abbatterla, ma lei le respinse, mentre il timer, ormai, lasciava
intravedere
solo dieci numeri.
Nove…
Otto…
Sette..
Sei…
Aveva
combattuto a lungo, era un soldato dell’alleanza, e
da soldato sarebbe morta.
Tre…
Due…
Uno…
L’esplosione
fu così potente che non sentì nemmeno un
po’
di dolore. Il suo corpo fu dilaniato e si disperse, ridotto a frammenti
piccoli
come atomi.
Albert
Wesker, creatura mutante, mostro senz’anima. La
sua base era distrutta e il suo piano fallito. Tutta cola di quella
maledetta
spina nel fianco di Chirs. L’avrebbe ucciso, avrebbe
dilaniato le sue carni e
lo avrebbe ridotto in poltiglia, calpestandolo più e
più volte, fino a renderlo
irriconoscibile.
Allungò
i suoi tentacoli verso l’elicottero, nel
tentativo di trascinarlo a terra con tutta la sua forza.
Due
missili partirono, però, dall’alto e uno lo
colpì
direttamente al volto, l’altro al torace. I tentacoli gli si
spezzarono e fu
come se gli avessero tagliato le braccia.
Si
sbilanciò e cadde all’indietro, bruciando
nell’abisso
di lava del vulcano sottostante.
Dana
si considerava una donna fredda e spietata, ma non
aveva mai creduto che sarebbe morta così. Era certa di
essere in grado di
sopravvivere a qualsiasi cosa, eppure, con tutta la sua esperienza di
infiltrato non era riuscita a cogliere il tradimento dietro la sua
stessa
squadra.
Alla
fine il buio arrivò silenzioso, come il coltello che
uno dei suoi stessi compagni le piantò nella schiena.
Islanzadi
si considerava una guerriera senza pari,
eppure, davanti al Barone Barst, nemmeno lei, poteva molto. Rinforzato
dalle
oscure magie di Galbatorix, quell’umano era veloce come un
elfo e forte come un
Urgali. I due combatterono fino alla fine. Le loro lame si incrociarono
più e
più volte, sprizzando scintille.
Ma
alla fine fu lui ad avere la meglio: con un unico
colpo abbatté la regina ed infierì su di lei.
Il
dolore per Islanzadi fu grande, ma alla fine tutto
cessò nell’oscuro silenzio della morte.
Lavitz
era sempre stato fedele al suo Re. Aveva
combattuto una guerra per lui ed era pronto a difenderlo con la sua
stessa
vita.
Quando
vide quell’uomo incappucciato ferirlo alle spalle,
però, la rabbia montò, annebbiando la sua mente.
Saltò ed evocò il suo potere.
L’armatura lo avvolse da capo a piedi, fino a diventare un
tutt’uno con il suo
corpo. Allargò le ali e si precipitò
sull’avversario, deciso a difendere il suo
re e, con esso, tutta la sua gente. Non capì che
così, la sua morte si
avvicinava.
La
lama fiammeggiante lo trafisse da parte a parte. Il
dolore fu assoluto e, alla fine, crollò a terra, morto.
Jun
amava suo figlio. Era pronta a difenderlo fino alla
morte. Però non poteva fare nulla, contro la malattia. Lei
era una lottatrice
ed una combattente esperta, ma non c’era lotta contro la
malattia. La morte era
imminente e pensò.
Pensò
al figlio, ancora giovane, eppure forte, abbastanza
da sconfiggere il padre.
Pensò
a se stessa, che aveva tentato di porre fine ai
tormenti del marito demone, senza riuscirci.
Infine
la morte arrivò, su quel lettino di ospedale,
perché nessuno, nemmeno il più abile dei
combattenti può sfuggire alla fine.
Cesare
Borgia parò il colpo diretto alla sua gamba, ma
troppo tardi si rese conto che quella di zio era una finta. La lama
celata lo
ferì al petto e lo spagnolo ebbe solo il tempo di
indietreggiare per
sfuggirgli. La ferita era grave, ma non mortale.
Altri
due suoi uomini corsero verso l’assassino, che,
però, li uccise rapido come un ombra, senza dar loro il
tempo di fare qualcosa.
Cesare
estrasse la pistola e la puntò di nuovo verso
Ezio, ma il colpo non partì, dato che il fiorentino gli
torse il polso
facendogli cadere la pistola.
A
quel punto i due si affrontarono di nuovo in duello. Lo
spagnolo tentò un ultimo disperato affondo, ma, alla fine,
l’assassino lo
aggirò e gli saltò addosso, facendolo cadere a
terra. La spada gli scivolò di
mano e la lama celata lo condusse nelle mani della morte.
Jadis
era certa di vincere. Il suo esercito era più forte
e lei la strega più potente di tutta Narnia. Quei ragazzini
avevano osato
sfidarla con troppo ardore e lei li avrebbe puniti per la loro
insolenza.
Era
vicina a Peter, pronta ad affondare la lama nel suo
petto e porre fine alla guerra, finché non sentì
il peso schiacciante buttarla
a terra.
Per
un attimo il suo sguardo si fissò in quello
cristallino del Leone Aslan, prima che le zanne affondassero sulla sua
gola
portandola alla morte.
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Ci
siamo, tutti i tributi sono in campo, pronti a
combattere. Hanno una seconda possibilità.
Alcuni
moriranno subito, appena si capirà cosa stia
succedendo, ma posso dire che la maggior parte sopravvivrà
al massacro finale.
Per
chi tifate? Recensite in tanti!
AxXx
|
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Capitolo 3 *** Il Primo Sangue ***
Il Primo Sangue
[POV
Finnik]
Finnik
aprì gli occhi, stordito dalla luce. Si guardò
intorno e capì di trovarsi in una specie di capsula dalle
bianche pareti lisce,
come il guscio di un uovo… ed effettivamente anche la forma
era quella di un
uovo. La luce veniva da un punto imprecisato sopra la testa, ma i
riflessi
della superficie lo stordivano parecchio.
Provò
a spingere le pareti per liberarsi, ma non ci
riuscì. Sembrava che le pareti fossero state costruite
intorno a lui.
L’ex-tributo
si chiese come avesse fatto a finire lì: era
certo che gli ibridi l’avessero ucciso nell’ultima
incursione al Palazzo di
Panem. Lo avevano sbranato, dilaniandolo come una carcassa, impossibile
che lo
avessero curato. Ci sarebbe voluto un intervento chirurgico velocissimo
e anche
così sarebbe stato un miracolo tenerlo in vita.
‘Sono
morto?’ Si chiese,
dubbioso. Escluse l’ipotesi. Sentiva di essere ancora vivo:
il cuore batteva e
aveva sensazioni ansiose, come se stesse attendendo qualcosa.
Fu
all’improvviso che una voce rimbombò nella sua
mente.
Cercò di individuarne la provenienza, ma non
c’erano altoparlanti,
semplicemente era una voce nella sua testa.
“Benvenuto,
tributo del primo universo.” Annunciò una
gutturale voce solenne, come se stesse parlando qualcuno dai
più profondi
abissi infernali.
“Sei
nell’Arena della Morte. Il Caos desidera premiarti
per i tuoi servigi, concedendoti un’altra
possibilità. In vita o con la tua
morte tu hai provocato molto disordine, alimentando i suoi poteri. Ora
egli ti
premia. Combatterai in un’arena per la tua vita.”
Un
altro Hunger Games ai servizi di una folle divinità
che voleva dargli un presunto premio per divertirla come un giullare
alla corte
di un Re? Non era nei suoi piani.
“Per
vincere dovrai sopravvivere ad un lungo percorso.
Dovrai affrontare prove difficili e arrivare da solo alla fine.
Potresti non
essere l’unico a sopravvivere, ma ricorda: molti di quelli
chiamati sono pronti
a pugnalarti alle spalle. Sicuro di poter correre il rischio?”
“Fottiti!
Io non sarò il giullare di nessuno! Non
più!”
Sbottò Finnik furibondo. Ne aveva abbastanza di uccidere
mentre altri lo
vedevano da uno schermo. Lui non era un giocattolo.
La
voce, però, non si scompose e, anzi, assunse un tono
molto calmo, quasi mortale: “Nemmeno se il premio della
vittoria… fosse la
vita?”
“Cosa!?”
Il tributo sussultò, come se gli avessero dato
un pugno. “D-davvero?”
“Sì…
tuo figlio… tua moglie… torneresti da loro in un
epoca posteriore alla guerra. Il tuo mondo vivrebbe in pace e tu
potresti
vivere tutta la tua vita con la tua famiglia. Crescere tuo figlio,
vivere
accanto a tua moglie… ma solo se vincerai
quest’arena.”
Finnik
non era certo di poter reggere. L’ipotesi di poter
tornare alla sua vita, dalla sua amata moglie, era troppo allettante.
Annuì:
“Dimmi cosa devo fare.”
“Perfetto.”
Fu il compiaciuto commento della voce. “Come
ogni tributo, sei vicino alla Cornucopia. Più ti avvicini al
centro, più i
premi saranno allettanti. Ovviamente, però, il numero di
avversari aumenterà più
ti avvicini. A te la scelta della strategia da adottare. Una volta
finito,
prendi una direzione qualunque, mi assicurerò che tu prenda
la strada giusta
nel labirinto.”
L’ex-tributo
sbuffò, a metà tra l’annoiato e il
furioso.
Era proprio come partecipare agli Hunger Games, stesse regole, a parte
il
percorso da seguire. Conosceva le proprie capacità e i
propri limiti. Non si
sarebbe spinto oltre il limite.
Avrebbe
vinto, per poter tornare dai suoi cari.
[POV
Bianca]
Bianca
vide le pareti della capsula aprirsi per rivelare
una pianura circondata da alberi. Guardandosi intorno vide che
c’erano molti
altri partecipanti a quella specie di macabro gioco al massacro. Non le
piaceva
uccidere le persone, sperò davvero che le bastasse correre
lontano dalla
mischia sfruttando la sua naturale velocità, ma non si
faceva illusioni.
Vide
in quella massa di persone un gran numero di persone
diverse. Alcune erano poco più che ragazzi, proprio come
lei, altri erano
vecchi, veterani, con cicatrici erughe, ma ancora forti.
C’erano persino una
ragazzina poco più piccola di lei e uno strano essere che
ricordava un rettile
bipede con due occhi neri grossi la metà della faccia con
una strana tuta
addosso. Ricordava vagamente uno di quegli alieni dei raduni
fantascientifici:
i grigi.
‘Spero
davvero di vincere… Nico…’
Una fitta di tristezza le trafisse il
cuore. Si era unita alle cacciatrici di Artemide per prendere la sua
strada,
sperando che anche suo fratello lo facesse. Ma era terribilmente
pentita.
Avrebbe voluto così tanto rivederlo. Lui e i suoi amici al
campo: Annabeth,
Percy, Zoe, Grover e Talia.
Puntò
i suoi occhi su un arco e uno zaino poco lontano,
nemmeno così vicino al centro. Se fosse riuscito ad
afferrarlo al volo si
sarebbe dileguata nella foresta prima che la prendessero in
considerazione.
Forse, il fatto di essere una delle più giovani
l’avrebbe risparmiata dalle
attenzioni dei veterani, che si sarebbero combattuti a vicenda.
Sperò
davvero che fosse così, mentre il countdown nella
sua mente arrivava a cinque…
Quattro…
Tre…
Due…
Uno…
E
partì, insieme a tutti gli altri.
[POV
Brom]
Brom
corse con tutta la forza che aveva in corpo mentre
si concentrava, espandendo la mente per poter leggere le intenzioni
degli
altri. Anche il più giovane di quelli era un guerriero
abilissimo e ognuno
aveva conoscenze, armi e abilità diverse.
Percepì
anche la familiare mente della regina degli elfi
Islanzadi, ma non ebbe tempo di capire cosa ci facesse lì,
il suo unico
obbiettivo era suo figlio Eragon.
Decise
di tentare un approccio non troppo deciso, si
spinse all’interno del cerchio di provviste più
importanti e dribblò un uomo
imponente che stava combattendo con una donna dai capelli neri.
Indossava un
abito viola che arrivava alle ginocchia e una sciarpa rossa e, anche
senza armi
riusciva a resistere all’enorme guerriero con la treccia, che
si era fatto
strada fino al centro e impugnava un enorme spadone.
Il
vecchio cavaliere evitò anche un raggio verdognolo che
rischiò di colpirlo di poco, mentre una ragazzina di dodici
anni strisciava via
tra le gambe degli avversari, con uno zaino in spalla. Davanti a lui si
parò,
però, una donna dai capelli biondi e gli occhi di ghiaccio
con una spada in
mano che mulinò contro di lui.
Brom
fu rapido e scartò di lato, nonostante fosse
disarmato e rotolò via. La sua avversaria
incalzò, ma lui continuò ad evitarla,
mentre lei urlava: “Sciocco! Io tornerò in vita,
sono la Regina di Narnia e
riuscirò a tornare in vita per vendicarmi di quegli sciocchi
ragazzini!”
‘Ci
mancava solo la pazza…’
Pensò il cavaliere, abbassandosi sotto
l’ennesimo fendente. Alla fine riuscì ad espandere
la mente verso la donna e ne
abbatté le difese mentali. Lei non si era aspettata quella
mossa e lui ebbe la
possibilità di paralizzarla per poi pronunciare una delle
dodici parole di
morte, uccidendola sul colpo.
Non
perse altro tempo: afferrò la spada, uno zaino, una
corda e corse via buttando un’occhiata a chi era morto: un
uomo a torso nudo
dal corpo muscoloso pieno di cicatrici giaceva a terra, ucciso dal
gigante che
poco prima combatteva contro la donna, anche lei morta poco distante.
Poco
più in là un ragazzo in un armatura con
decorazioni
verdi con una lancia in mano era a terra, trafitto alle spalle, forse
mentre
cercava di scappare. Superò il cadavere di una giovane donna
dai capelli neri
disarmata, ma con un tonico corpo da lottatrice. Appena
arrivò nei pressi della
foresta un altro corpo era a terra.
Brom
notò che, a parte il gigantesco guerriero che stava
perdendo tempo a prendere un arma ancor più grossa, essendo
l’unico
sopravvissuto, tutti gli altri se l’erano data a gambe,
così decise di
esaminarlo. Era certo che qualcuno fosse nascosto nella foresta, in
attesa che
l’enorme combattente se ne andasse, ma comunque, era rimasto
poco. Più che
combattere, la maggior parte di loro si era concentrata nel prendere e
scappare. Alcuni avevano tentato, ma nessuno aveva preso più
del dovuto.
Era
il corpo di una donna piuttosto avanti con gli anni,
i capelli rossi e il corpo magro. Indossava un elegante abito da
nobildonna, ma
non eccessivamente ricco. Sul suo corpo non c’erano tracce di
ferite.
La
curiosità lo spinse a sapere chi fosse ed espanse la
mente verso ciò che rimaneva della coscienza della povera
donna.
Catlyn
non voleva combattere, ne aveva abbastanza di sangue. Aveva visto
morire tutti
i suoi figli. Non le importava chi le dicesse cosa, nemmeno il
desiderio di
vendetta l’avrebbe guarita da quel dolore. Così si
era seduta al limitare della
mischia, in attesa che qualcuno ponesse fine alla sua vita.
Poi
la vide: una ragazzina di dodici anni, veloce e scattante che correva
tra i
combattenti. Le ricordava in modo incredibile la sua più
giovane figlia: Arya.
Poco
lontano una donna dai capelli neri mossi e lo sguardo folle
puntò la piccola e
Catlyn capì che l’avrebbe uccisa.
Si
alzò e corse da quella parte: non avrebbe permesso la morte
di una bambina.
Anche se quel mostruoso gioco lo richiedeva.
La
maledizione partì e la donna cadde a terra, uccisa sul
colpo.
Brom
tornò nel suo corpo, osservando impietosito quella
donna così umana da non aver abbandonato nemmeno
lì, la propria umanità. Aveva
perso tutto, ma il suo istinto di madre le aveva dato l’unica
morte onorevole
che una persona potesse desiderare.
“Stydia
unin mor’ranr, Catlyn Elda.*” Sussurrò
il vecchio
cavaliere chiudendole gli occhi, in un ultimo segno di rispetto. Prima
di sparire
tra le fronde degli alberi.
Giorno
1
Caduti:
Lavitz (The legend of Dragoon), Catlyn (Il Trono
di Spade), Carla (Resident Evil), Jun, Kazuya (Tekken) Strega bianca
(Cronache
di Narnia).
*
“Riposa in pace, Catlyn, donna di grande rispetto.”
In elfico
(Eragon)
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[Note
dell’Autore]
So
che siete pochi a seguire, ma spero che il
primo sangue non sia stato troppo ovvio. Ho cercato di evitare troppi
morti in
questa prima fase per non diminuire la longevità della
storia, tuttavia sei di
loro sono già morti. Ora sappiamo chi vuole cosa, ma forse
ci saranno maggiori
possibilità per tutti.
Non
dimenticate di lasciarmi detto cosa ne
pensate.
AxXx
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