La seconda Possibilità

di AxXx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I tributi (Parte 1) ***
Capitolo 2: *** Tributi (Parte 2) ***
Capitolo 3: *** Il Primo Sangue ***



Capitolo 1
*** I tributi (Parte 1) ***


                        TRIBUTI (Parte 1)

 

 

 

 

 

Nihal osservò il tribunale degli elfi pronta a giudicarli. Il suo povero figlio aveva pochi anni e guardava spaventato quelle creature che potevano imporgli il loro volere. Era stato torturato e maltrattato, ma lei non avrebbe permesso che gli facessero altro male.

Osservò il suo marito adorato e sorrise sicura.

Sapeva cosa fare.

Afferrò l’amuleto e si lasciò uccidere. La sua morte avrebbe placato l’ira degli Elfi, avrebbe salvato la sua famiglia.

L’unico suo rimpianto era di non poter rimanere al loro fianco.

 

 

Ethan vide Percy che lo guardava: vide la paura nei suoi occhi, ma oltre vide la speranza, una lealtà che il figlio di Nemesi non conobbe mai.

Avanzò lentamente.

Conosceva il punto debole del figlio di Poseidone, ma per una volta, decise di non farsi comandare. Sarebbe stato lui a decidere. Non Crono, non Zeus. Solo lui: Ethan Nakamura.

Avanzò a attacco Crono.

La lama, però si infranse in una pioggia di schegge metalliche, una delle quali lo colpì e vide il suo stesso sangue colare dal petto. Osservò Percy Jackson e lo pregò prima di cadere nel vuoto. Era certo di morire, ma non fu il buio ad accoglierlo.

 

 

 

Piton si considerava al sicuro, ma doveva immaginare che sarebbe morto presto. Voldemort era crudele e malvagio. Lui voleva solo il potere e non gli interessava chi fosse morto. Il mondo iniziò a sciogliersi.

Vide due occhi, due occhi che amava, che ricordava e che desiderava.

Harry era lì, ancora ignaro del suo destino di morte. Il professore morente decise che era il momento: di concentrò. Ultimo sforzo, prima di morire, nel richiamare i ricordi più importanti, quelli più sepolti, nascosti, eppure più importanti.

“Guar… da… mi…” Furono le sue ultime parole. Non voleva morire senza memoria, odiato e distrutto. Voleva che, almeno la sua memoria fosse pulita, almeno sarebbe stato considerato meglio nella morte, che nella vita.

Poi venne il buio… e la luce.

 

 

 

Lucy stava ancora osservando la mela dell’Eden: un semplice globo di metallo che emanava luce dorata, eppure ne era così attratta. Avrebbe dato qualsiasi cosa per carpirne i segreti. Quella poteva essere la chiave per porre fine ad una guerra millenaria.

Ma poi tutto si fece nero.

Desmond si era avvicinato a lei e l’aveva pugnalata a morte. Il freddo pavimento le si avvicinò e lei morì senza un lamento, ucciso da colui che amava.

 

 

 

Brom si considerava un veterano, un soldato esperto. Eppure era disteso, in quella grotta, morente. Il veleno lacerava le sue carni dall’interno. Non poteva confessare tutto, ma poteva avviare suo figlio.

Mostrò il simbolo dei cavalieri.

Confessò molto della sua vita e vide le lacrime del figlio. Il dolore terribile, ancor più terribile del veleno. Avrebbe potuto risparmiargli quel dolore, ma era la vita. Presto Eragon sarebbe morto davanti ai suoi figli. Era il ciclo della vita.

Alla fine il veleno lo consumò e pianse l’ultima lacrima.

Disse addio a suo figlio e alla sua gente, sapendo che erano in buone mani: quelle di Eragon.

E la luce lo avvolse.

 

 

 

Carla era la creatura più potente del mondo. Un essere dal corpo così grande da poter avvolgere un’intera nave, ma poi Ada Wong la colpì dove il suo intelletto era centrale. Urlò di dolore e rabbia, mentre le frecce esplosive le laceravano la carne.

Nulla, però, poteva distruggerla. Eppure sentì il gelo che la avvolgeva.

La morte arrivò veloce come il fulmine e la luce la avvolse, ma non prima di urlare vendetta contro Ada, Chris e tutto il mondo.

 

 

Kazuya era un combattente nato, abituato al peggio. Suo padre l’aveva addestrato brutalmente affinché potesse distruggere ogni suo nemico.

Schiva… para… attacca… schiva… rispondi… attaccao…

Ma alla fine era caduto sconfitto. Lo scontro era terminato e lui era in ginocchio sull’orlo dell’abisso.

“Mi vendicherò, padre! Morirai!” Urlò, prima di sentire il piede dell’uomo spingerlo di sotto.

Verso il vuoto…

Verso la morte…

Verso la luce…

 

 

 

Rose si lanciò contro il Dio. L’armatura di dragone era devastata, colpita più volte dai poteri del mostro. Impugnò con tutte le sue forze l’ammazzadraghi, mentre le sue braccia stringevano Zieg, unico suo amore. Diecimila anni passati a combattere senza speranze… ora sarebbe morta con essa, sapendo che i suoi vecchi amici l’avrebbero accolta, mentre Dart e i suoi sarebbero vissuti per lei.

“Sono felice… di averti incontrato.” Disse, rivolta al figlio di Zieg, poco prima di lanciarsi contro Melbu Frahama colpendo con tutte le sue forze.

L’urlo del mostro fu tale che l’esplosione che seguì fu quasi coperta.

 

 

 

Mordin osservò dall’alto del velo Tuchanka, patria dei Krogan. Ricordò i giorni in cui lavorava per l’S.O.S. Al tempo era stato uno scienziato, una spia, ed un soldato. Aveva combattuto, aveva pianto, aveva riso e aveva creato una malattia.

Era pentito.

Aveva fatto di tutto per giustificarsi, ma il Comandante aveva ragione: non puoi nascondere centinaia di migliaia di morti dietro a dei semplici dati.

Aveva sbagliato.

Ora vedeva la verità dietro la sua opera di distruzione: lo sterminio di un’intera razza. Era felice di poter morire salvando quel pianeta.

Riparando ai suoi errori.

 

 

 

Flemeth era la strega più potente della palude, eppure non pensava che qualcuno l’avrebbe scoperta. Era forte, ma il suo nemico combatteva bene, tenendosi a distanza, stando attento a non farsi colpire. Si era trasformata in un drago per distruggerli, ma poi la lama del Custode si piantò nel suo petto.

“è una danza che mia figlia conosce bene… ti propongo un patto, custode.” Sussurrò tenendosi la ferita. Avrebbe potuto curarla, ma ci sarebbe voluto tempo.

Il guerriero bloccò il suo compagno, pronto ad ucciderla, e fece cenno alla strega di farsi avanti.

“Porta il mio grimorio a mia figlia… dille… che mi hai uccisa.” Propose, cercando di non mostrare la paura della morte, in migliaia di anni, mai sperimentata.

Ma la lama fredda del custode la portò alla morte.

E alla luce.   

 

 

 

Khal Drogo considerava se stesso il più potente dei guerrieri, eppure non poteva nulla contro il più potente dei nemici umani. Un nemico che nessuna arma poteva sconfiggere: la debolezza di una malattia. Lui era il più potente dei Khan, mai era stato sconfitto. La sua lunga treccia era floscia e intoccata,  trofeo di decine di duelli vinti.

Sua moglie gli avrebbe dato un bellissimo figlio, di quello era sicuro. Sarebbe stato un Khan, un Re nel popolo dell’Ovest. Sarebbe stato al suo fianco, ma non personalmente.

Il suo spirito sarebbe rimasto.

E mentre la litania della strega si faceva più fioca, sentì la malattia arrivare al cuore, che cessò presto di battere, nel forte petto del guerriero.

 

 

 

Rue sentiva ancora il dolore della lancia, quando sentì il canto di Katniss che addolciva la sua fine. Era un canto dolce e caldo, di una persona veramente addolorata. Lei sarebbe morta, ma sperò che la sua amica sopravvivesse rimanendo ciò che era.

Non meritava di cambiare, perché era una ragazza forte, ma anche dolce. Sarebbe stata una brava madre. Pregò che avesse una famiglia e che vivesse felice.

Sentì le lacrime dell’amica scenderle sul viso, mentre il dolore spariva. Chiuse gli occhi, come se dovesse dormire, ma poco prima di cadere nell’oblio, sentì l’odore dei fiori che Katniss le disponeva intorno, come una bellissima tomba.

Un ultimo omaggio alla purezza di Rue, una bambina, morta per colpa di Panem.

 

 

 

Jake si sentì colpito dal cecchino che aveva alle spalle.

Aveva fallito.

Il suo viaggio lungo il deserto fino alla terra del nord si era concluso con un unico modo. Nonostante tutte le fatiche, nonostante tutti i sacrifici che aveva fatto per vincere, era caduto, sconfitto.

“Così muoiono gli sciocchi come te… saresti dovuto rimanere a casa.” Sbuffò l’uomo che l’aveva ucciso, una volta che si avvicinò a lui. “Non prendertela… nulla di personale, ragazzo, mi hanno pagato per farti fuori.” Aggiunse estraendo la pistola.

Jake sentì la rabbia montare. Aveva fallito: non era riuscito nel suo intento e sarebbe morto lì, sul tetto di un palazzo nella scura notte di Los Angeles.

“Che tu sia maledetto…” Sussurrò, poco prima di sentire la pallottola colpirlo alla fronte. 

 

 

 

Miraz era furioso. Era stato sconfitto in duello da un ragazzino. Lui, che era Re di Telmar e di tutte le terre circostanti, non poteva morire così. Si alzò, pronto a colpire alle spalle, ma poi un dolore lancinante lo travolse, a partire da un punto imprecisato della sua schiena.

Troppo tardi, capì che il colpo era stato scagliato da uno dei suoi… tradito dai suoi stessi uomini.

 

 

 

 

 

 

 

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[Angolo dell’autore]

Salve gente! :D

Lo so, mi odierete, ma questa storia è folle: ho preso dei personaggi morti in varie storie che mi piacciono (Alcuni sono libri, altri sono videogiochi). Cronache del Mondo Emerso, Percy Jackson, Hunger Games, Harry Potter, Trono di Spade, Eragon, Tekken, Legend Of Dragoon, Mass Effect, Assassin’s Creed, Dragon Age, Resident Evil. Inoltre ho aggiunto due personaggi (Un maschio e una femmina) fittizi di un mondo non specificato. In pratica, i tributi saranno 26 più 2, in pratica 28. Per chi tifate?

Chi vincerà lo scontro della vita?

Chi riuscirà ad ottenere il proprio obbiettivo?

AxXx

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Capitolo 2
*** Tributi (Parte 2) ***


                              Tributi (Parte 2 )

 

 

 

Amhal sentiva il sapore del sangue in bocca e la vita che scivolava via dal suo corpo martoriato. Il medaglione che lo teneva prigioniero. Senza sentimenti gli aveva lasciato solo una profonda ferita mortale. Gli dispiaceva di tutto quello che aveva fatto: aveva provocato così tanta morte che ne era stanco.

Strinse a sé Adhara, l’unica che non aveva mai dubitato della sua buona fede e afferrò il suo pugnale.

L’energia fuoriuscì dal suo corpo in una volta sola e la vita lo abbandonò.

 

 

 

Bianca voleva bene a suo fratello, avrebbe dato qualsiasi cosa per salvarlo. Era passato così poco tempo da quando aveva avuto la possibilità di salvarsi dalla manticora che, per poco, non ebbe paura.

Ma la profezia era stata chiara: per salvare tutti, uno si doveva sacrificare.

Porse la miniatura di Ade a Percy, affinché potesse portarla a Nico. Un ultimo dono dalla sua adorata sorella. Si gettò contro l’automa impazzito, con le urla dell’amico che la raggiungevano. Ma lei non lo ascoltò, saltò su di esso e poi sentì il calore dell’esplosione avvolgerla.

 

 

 

Cato era stato addestrato per combattere ed uccidere, ma una parte di lui sapeva che Panem non lo voleva vivo. Lui non aveva conquistato il pubblico come Peeta e Katinss. Sarebbe stato il cattivo, il nemico, l’ostacolo che due innamorati dovevano superare. Anche se avesse vinto, non avrebbe mai avuto lo stesso peso dei due. Loro l’avevano comunque battuto.

Non poteva fare altro che svolgere il suo ruolo fino in fondo: se Panem voleva il sangue, l’avrebbe fatta sudare.

Combatté fino alla fine, ma poi la freccia lo colpì al fianco. La stretta sul collo di Peeta si fece più debole, ed infine cadde, morente, mentre gli ibridi dilaniavano le sue carni.

 

 

 

Bellatrix osservò con rabbia la sua avversaria, che si era sostituita alle due ragazzine che poco prima stavano per cadere. Non poteva credere che quella sciocca traditrice sperasse di sconfiggerla, eppure eccola, pronta a combattere.

Lanciò maledizioni terribili, eppure, sentì le forze venirle meno.

Lei, però, non avrebbe mai dato la soddisfazione ai dannati traditori di arrendersi. La sua fedeltà all’Oscuro Signore non sarebbe mai venuta meno.

Tese il braccio, per lanciare un altro incantesimo, ma si rese conto dell’errore: Molly si abbassò e la sua maledizione la uccise, passando sotto il braccio ancora teso.

 

 

 

Catelyn osservò il corpo morente del figlio Robb che cadeva a terra con le frecce piantate nel petto. Lei strinse a se il pugnale con il quali sperava di poterlo salvare, ma nessuno, in un mondo dove la gente desidera solo uccidere, ha rispetto per amore di una madre.

Il dolore per il figlio era così straziante da oscurare quello per il coltello che le tagliò la gola.

 

 

 

Duncun era un Custode Grigio, non temeva la morte. Combatté finché le forze non gli vennero meno. Nella mente le grida confuse dei Prole Oscura, furiose e impazzite, desiderose di uccidere. Nelle orecchie quelle dei soldati, disperati e in fuga. Eppure il Re non indietreggiava. Continuava a combattere al fianco del Custode, fino alla fine.

Poi il ruggito: l’imponente Ogre torreggiò sul sovrano, afferrandolo con la sua enorme mano, stritolandolo nella sua stessa armatura.

Duncan Urlò furibondo, colpendo il mostro al petto più volte. Lo abbatté, nonostante le gravi ferite, ma capì che la battaglia era persa.

Vide il segnale acceso, ma i rinforzi non arrivavano. I soldati erano in ritirata e la guardia reale sconfitta. Abbassò lo sguardo sul corpo del Re e poi vide l’ascia dei Prole Oscura dirigersi contro di lui.

Non fu doloroso: la fine arrivò fulminea, come la lama contro il suo collo.

 

 

 

Ashley osservò le forze nemiche avvicinarsi alla carica che aveva piazzato. Non c’era stato il tempo di caricare a bordo anche lei. La bomba stava per esplodere, distruggendo tutto in quella base, ma il Comandante non sarebbe arrivato a salvarla.

Altre macchine attaccarono veloci, cercando di abbatterla, ma lei le respinse, mentre il timer, ormai, lasciava intravedere solo dieci numeri.

Nove…

Otto…

Sette..

Sei…

Aveva combattuto a lungo, era un soldato dell’alleanza, e da soldato sarebbe morta.

Tre…

Due…

Uno…

L’esplosione fu così potente che non sentì nemmeno un po’ di dolore. Il suo corpo fu dilaniato e si disperse, ridotto a frammenti piccoli come atomi.

 

 

 

Albert Wesker, creatura mutante, mostro senz’anima. La sua base era distrutta e il suo piano fallito. Tutta cola di quella maledetta spina nel fianco di Chirs. L’avrebbe ucciso, avrebbe dilaniato le sue carni e lo avrebbe ridotto in poltiglia, calpestandolo più e più volte, fino a renderlo irriconoscibile.

Allungò i suoi tentacoli verso l’elicottero, nel tentativo di trascinarlo a terra con tutta la sua forza.

Due missili partirono, però, dall’alto e uno lo colpì direttamente al volto, l’altro al torace. I tentacoli gli si spezzarono e fu come se gli avessero tagliato le braccia.

Si sbilanciò e cadde all’indietro, bruciando nell’abisso di lava del vulcano sottostante.

 

 

 

Dana si considerava una donna fredda e spietata, ma non aveva mai creduto che sarebbe morta così. Era certa di essere in grado di sopravvivere a qualsiasi cosa, eppure, con tutta la sua esperienza di infiltrato non era riuscita a cogliere il tradimento dietro la sua stessa squadra.

Alla fine il buio arrivò silenzioso, come il coltello che uno dei suoi stessi compagni le piantò nella schiena.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Islanzadi si considerava una guerriera senza pari, eppure, davanti al Barone Barst, nemmeno lei, poteva molto. Rinforzato dalle oscure magie di Galbatorix, quell’umano era veloce come un elfo e forte come un Urgali. I due combatterono fino alla fine. Le loro lame si incrociarono più e più volte, sprizzando scintille.

Ma alla fine fu lui ad avere la meglio: con un unico colpo abbatté la regina ed infierì su di lei.

Il dolore per Islanzadi fu grande, ma alla fine tutto cessò nell’oscuro silenzio della morte.

 

 

 

 

Lavitz era sempre stato fedele al suo Re. Aveva combattuto una guerra per lui ed era pronto a difenderlo con la sua stessa vita.

Quando vide quell’uomo incappucciato ferirlo alle spalle, però, la rabbia montò, annebbiando la sua mente. Saltò ed evocò il suo potere. L’armatura lo avvolse da capo a piedi, fino a diventare un tutt’uno con il suo corpo. Allargò le ali e si precipitò sull’avversario, deciso a difendere il suo re e, con esso, tutta la sua gente. Non capì che così, la sua morte si avvicinava.

La lama fiammeggiante lo trafisse da parte a parte. Il dolore fu assoluto e, alla fine, crollò a terra, morto.

 

 

 

Jun amava suo figlio. Era pronta a difenderlo fino alla morte. Però non poteva fare nulla, contro la malattia. Lei era una lottatrice ed una combattente esperta, ma non c’era lotta contro la malattia. La morte era imminente e pensò.

Pensò al figlio, ancora giovane, eppure forte, abbastanza da sconfiggere il padre.

Pensò a se stessa, che aveva tentato di porre fine ai tormenti del marito demone, senza riuscirci.

Infine la morte arrivò, su quel lettino di ospedale, perché nessuno, nemmeno il più abile dei combattenti può sfuggire alla fine.

 

 

 

Cesare Borgia parò il colpo diretto alla sua gamba, ma troppo tardi si rese conto che quella di zio era una finta. La lama celata lo ferì al petto e lo spagnolo ebbe solo il tempo di indietreggiare per sfuggirgli. La ferita era grave, ma non mortale.

Altri due suoi uomini corsero verso l’assassino, che, però, li uccise rapido come un ombra, senza dar loro il tempo di fare qualcosa.

Cesare estrasse la pistola e la puntò di nuovo verso Ezio, ma il colpo non partì, dato che il fiorentino gli torse il polso facendogli cadere la pistola.

A quel punto i due si affrontarono di nuovo in duello. Lo spagnolo tentò un ultimo disperato affondo, ma, alla fine, l’assassino lo aggirò e gli saltò addosso, facendolo cadere a terra. La spada gli scivolò di mano e la lama celata lo condusse nelle mani della morte.

 

 

 

Jadis era certa di vincere. Il suo esercito era più forte e lei la strega più potente di tutta Narnia. Quei ragazzini avevano osato sfidarla con troppo ardore e lei li avrebbe puniti per la loro insolenza.

Era vicina a Peter, pronta ad affondare la lama nel suo petto e porre fine alla guerra, finché non sentì il peso schiacciante buttarla a terra.

Per un attimo il suo sguardo si fissò in quello cristallino del Leone Aslan, prima che le zanne affondassero sulla sua gola portandola alla morte.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Ci siamo, tutti i tributi sono in campo, pronti a combattere. Hanno una seconda possibilità.

Alcuni moriranno subito, appena si capirà cosa stia succedendo, ma posso dire che la maggior parte sopravvivrà al massacro finale.

Per chi tifate? Recensite in tanti!

AxXx

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Capitolo 3
*** Il Primo Sangue ***


                                   Il Primo Sangue

 

 

 

 

[POV Finnik]

Finnik aprì gli occhi, stordito dalla luce. Si guardò intorno e capì di trovarsi in una specie di capsula dalle bianche pareti lisce, come il guscio di un uovo… ed effettivamente anche la forma era quella di un uovo. La luce veniva da un punto imprecisato sopra la testa, ma i riflessi della superficie lo stordivano parecchio.

Provò a spingere le pareti per liberarsi, ma non ci riuscì. Sembrava che le pareti fossero state costruite intorno a lui.

L’ex-tributo si chiese come avesse fatto a finire lì: era certo che gli ibridi l’avessero ucciso nell’ultima incursione al Palazzo di Panem. Lo avevano sbranato, dilaniandolo come una carcassa, impossibile che lo avessero curato. Ci sarebbe voluto un intervento chirurgico velocissimo e anche così sarebbe stato un miracolo tenerlo in vita.

‘Sono morto?’  Si chiese, dubbioso. Escluse l’ipotesi. Sentiva di essere ancora vivo: il cuore batteva e aveva sensazioni ansiose, come se stesse attendendo qualcosa.

Fu all’improvviso che una voce rimbombò nella sua mente. Cercò di individuarne la provenienza, ma non c’erano altoparlanti, semplicemente era una voce nella sua testa.

“Benvenuto, tributo del primo universo.” Annunciò una gutturale voce solenne, come se stesse parlando qualcuno dai più profondi abissi infernali.

“Sei nell’Arena della Morte. Il Caos desidera premiarti per i tuoi servigi, concedendoti un’altra possibilità. In vita o con la tua morte tu hai provocato molto disordine, alimentando i suoi poteri. Ora egli ti premia. Combatterai in un’arena per la tua vita.”

Un altro Hunger Games ai servizi di una folle divinità che voleva dargli un presunto premio per divertirla come un giullare alla corte di un Re? Non era nei suoi piani.

“Per vincere dovrai sopravvivere ad un lungo percorso. Dovrai affrontare prove difficili e arrivare da solo alla fine. Potresti non essere l’unico a sopravvivere, ma ricorda: molti di quelli chiamati sono pronti a pugnalarti alle spalle. Sicuro di poter correre il rischio?”

“Fottiti! Io non sarò il giullare di nessuno! Non più!” Sbottò Finnik furibondo. Ne aveva abbastanza di uccidere mentre altri lo vedevano da uno schermo. Lui non era un giocattolo.

La voce, però, non si scompose e, anzi, assunse un tono molto calmo, quasi mortale: “Nemmeno se il premio della vittoria… fosse la vita?”

“Cosa!?” Il tributo sussultò, come se gli avessero dato un pugno. “D-davvero?”

“Sì… tuo figlio… tua moglie… torneresti da loro in un epoca posteriore alla guerra. Il tuo mondo vivrebbe in pace e tu potresti vivere tutta la tua vita con la tua famiglia. Crescere tuo figlio, vivere accanto a tua moglie… ma solo se vincerai quest’arena.”

Finnik non era certo di poter reggere. L’ipotesi di poter tornare alla sua vita, dalla sua amata moglie, era troppo allettante. Annuì: “Dimmi cosa devo fare.”

“Perfetto.” Fu il compiaciuto commento della voce. “Come ogni tributo, sei vicino alla Cornucopia. Più ti avvicini al centro, più i premi saranno allettanti. Ovviamente, però, il numero di avversari aumenterà più ti avvicini. A te la scelta della strategia da adottare. Una volta finito, prendi una direzione qualunque, mi assicurerò che tu prenda la strada giusta nel labirinto.”

L’ex-tributo sbuffò, a metà tra l’annoiato e il furioso. Era proprio come partecipare agli Hunger Games, stesse regole, a parte il percorso da seguire. Conosceva le proprie capacità e i propri limiti. Non si sarebbe spinto oltre il limite.

Avrebbe vinto, per poter tornare dai suoi cari.

 

 

 

[POV Bianca]

Bianca vide le pareti della capsula aprirsi per rivelare una pianura circondata da alberi. Guardandosi intorno vide che c’erano molti altri partecipanti a quella specie di macabro gioco al massacro. Non le piaceva uccidere le persone, sperò davvero che le bastasse correre lontano dalla mischia sfruttando la sua naturale velocità, ma non si faceva illusioni.

Vide in quella massa di persone un gran numero di persone diverse. Alcune erano poco più che ragazzi, proprio come lei, altri erano vecchi, veterani, con cicatrici erughe, ma ancora forti. C’erano persino una ragazzina poco più piccola di lei e uno strano essere che ricordava un rettile bipede con due occhi neri grossi la metà della faccia con una strana tuta addosso. Ricordava vagamente uno di quegli alieni dei raduni fantascientifici: i grigi.

‘Spero davvero di vincere… Nico…’ Una fitta di tristezza le trafisse il cuore. Si era unita alle cacciatrici di Artemide per prendere la sua strada, sperando che anche suo fratello lo facesse. Ma era terribilmente pentita. Avrebbe voluto così tanto rivederlo. Lui e i suoi amici al campo: Annabeth, Percy, Zoe, Grover e Talia.

Puntò i suoi occhi su un arco e uno zaino poco lontano, nemmeno così vicino al centro. Se fosse riuscito ad afferrarlo al volo si sarebbe dileguata nella foresta prima che la prendessero in considerazione. Forse, il fatto di essere una delle più giovani l’avrebbe risparmiata dalle attenzioni dei veterani, che si sarebbero combattuti a vicenda.

Sperò davvero che fosse così, mentre il countdown nella sua mente arrivava a cinque…

Quattro…

Tre…

Due…

Uno…

E partì, insieme a tutti gli altri.

 

 

[POV Brom]

Brom corse con tutta la forza che aveva in corpo mentre si concentrava, espandendo la mente per poter leggere le intenzioni degli altri. Anche il più giovane di quelli era un guerriero abilissimo e ognuno aveva conoscenze, armi e abilità diverse.

Percepì anche la familiare mente della regina degli elfi Islanzadi, ma non ebbe tempo di capire cosa ci facesse lì, il suo unico obbiettivo era suo figlio Eragon.

Decise di tentare un approccio non troppo deciso, si spinse all’interno del cerchio di provviste più importanti e dribblò un uomo imponente che stava combattendo con una donna dai capelli neri. Indossava un abito viola che arrivava alle ginocchia e una sciarpa rossa e, anche senza armi riusciva a resistere all’enorme guerriero con la treccia, che si era fatto strada fino al centro e impugnava un enorme spadone.

Il vecchio cavaliere evitò anche un raggio verdognolo che rischiò di colpirlo di poco, mentre una ragazzina di dodici anni strisciava via tra le gambe degli avversari, con uno zaino in spalla. Davanti a lui si parò, però, una donna dai capelli biondi e gli occhi di ghiaccio con una spada in mano che mulinò contro di lui.

Brom fu rapido e scartò di lato, nonostante fosse disarmato e rotolò via. La sua avversaria incalzò, ma lui continuò ad evitarla, mentre lei urlava: “Sciocco! Io tornerò in vita, sono la Regina di Narnia e riuscirò a tornare in vita per vendicarmi di quegli sciocchi ragazzini!”

‘Ci mancava solo la pazza…’ Pensò il cavaliere, abbassandosi sotto l’ennesimo fendente. Alla fine riuscì ad espandere la mente verso la donna e ne abbatté le difese mentali. Lei non si era aspettata quella mossa e lui ebbe la possibilità di paralizzarla per poi pronunciare una delle dodici parole di morte, uccidendola sul colpo.

Non perse altro tempo: afferrò la spada, uno zaino, una corda e corse via buttando un’occhiata a chi era morto: un uomo a torso nudo dal corpo muscoloso pieno di cicatrici giaceva a terra, ucciso dal gigante che poco prima combatteva contro la donna, anche lei morta poco distante.

Poco più in là un ragazzo in un armatura con decorazioni verdi con una lancia in mano era a terra, trafitto alle spalle, forse mentre cercava di scappare. Superò il cadavere di una giovane donna dai capelli neri disarmata, ma con un tonico corpo da lottatrice. Appena arrivò nei pressi della foresta un altro corpo era a terra.

Brom notò che, a parte il gigantesco guerriero che stava perdendo tempo a prendere un arma ancor più grossa, essendo l’unico sopravvissuto, tutti gli altri se l’erano data a gambe, così decise di esaminarlo. Era certo che qualcuno fosse nascosto nella foresta, in attesa che l’enorme combattente se ne andasse, ma comunque, era rimasto poco. Più che combattere, la maggior parte di loro si era concentrata nel prendere e scappare. Alcuni avevano tentato, ma nessuno aveva preso più del dovuto.

Era il corpo di una donna piuttosto avanti con gli anni, i capelli rossi e il corpo magro. Indossava un elegante abito da nobildonna, ma non eccessivamente ricco. Sul suo corpo non c’erano tracce di ferite.

La curiosità lo spinse a sapere chi fosse ed espanse la mente verso ciò che rimaneva della coscienza della povera donna.

 

Catlyn non voleva combattere, ne aveva abbastanza di sangue. Aveva visto morire tutti i suoi figli. Non le importava chi le dicesse cosa, nemmeno il desiderio di vendetta l’avrebbe guarita da quel dolore. Così si era seduta al limitare della mischia, in attesa che qualcuno ponesse fine alla sua vita.

Poi la vide: una ragazzina di dodici anni, veloce e scattante che correva tra i combattenti. Le ricordava in modo incredibile la sua più giovane figlia: Arya.

Poco lontano una donna dai capelli neri mossi e lo sguardo folle puntò la piccola e Catlyn capì che l’avrebbe uccisa.

Si alzò e corse da quella parte: non avrebbe permesso la morte di una bambina. Anche se quel mostruoso gioco lo richiedeva.

La maledizione partì e la donna cadde a terra, uccisa sul colpo.

 

Brom tornò nel suo corpo, osservando impietosito quella donna così umana da non aver abbandonato nemmeno lì, la propria umanità. Aveva perso tutto, ma il suo istinto di madre le aveva dato l’unica morte onorevole che una persona potesse desiderare.

“Stydia unin mor’ranr, Catlyn Elda.*” Sussurrò il vecchio cavaliere chiudendole gli occhi, in un ultimo segno di rispetto. Prima di sparire tra le fronde degli alberi.

 

 

 

 

 

 

 

Giorno 1

Caduti: Lavitz (The legend of Dragoon), Catlyn (Il Trono di Spade), Carla (Resident Evil), Jun, Kazuya (Tekken) Strega bianca (Cronache di Narnia).

 

* “Riposa in pace, Catlyn, donna di grande rispetto.” In elfico (Eragon)

 

 

 

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[Note dell’Autore]

So che siete pochi a seguire, ma spero che il primo sangue non sia stato troppo ovvio. Ho cercato di evitare troppi morti in questa prima fase per non diminuire la longevità della storia, tuttavia sei di loro sono già morti. Ora sappiamo chi vuole cosa, ma forse ci saranno maggiori possibilità per tutti.

Non dimenticate di lasciarmi detto cosa ne pensate.

AxXx

 

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